He loves me not di Kim WinterNight (/viewuser.php?uid=96904)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Laugh at your distress ***
Capitolo 2: *** You're saying that she's all that you desire ***
Capitolo 3: *** At least now I know ***
Capitolo 1 *** Laugh at your distress ***
provanvu
Laugh at your
distress
15
maggio 2018
Arianna
prese ad accordare la sua chitarra acustica,
guardandosi attorno di tanto in tanto.
A
Bologna faceva caldo, si soffocava, e lei era costretta a
stare rinchiusa in un minuscolo locale, con la speranza di guadagnare
qualche soldo
in più con la sua musica.
Aveva
fatto parte di diverse band, ma ormai il tempo era
scivolato via e tutte le persone con cui aveva collaborato si erano
fatte serie
e responsabili.
«I
tempi dei concerti da metallari sono finiti, adesso ho
una famiglia» le aveva detto Alfonso, il suo ultimo bassista,
prima di
scaricarla.
«Non
siamo abbastanza famosi per poterci permettere di
perdere tempo a suonare in locali squallidi nella periferia di
Bologna» aveva
commentato una volta Maria, la sua cantante.
Arianna
sospirò. Alfonso aveva una famiglia, e anche Maria
si era sposata e aspettava un bambino.
E
lei? Lei continuava a suonare per i fatti suoi e a vivere
nel passato, con i pensieri a confluire unicamente sul suo grande
amore: Mike.
Scacciò
il pensiero dell’uomo che amava e si concentrò per
trovare il suono perfetto alla chitarra.
Fece
appena in tempo a terminare, che il gestore del locale
– un certo Ettore – si avvicinò a lei e
la invitò con poca gentilezza a
cominciare la sua esibizione.
Arianna
si presentò sul minuscolo palco, sentendo addosso
gli sguardi diffidenti e disinteressati dei presenti. Il pubblico era
per lo
più formato da ragazzi e uomini gonfi di alcol e con ben
poca voglia di
ascoltare un po’ di musica dal vivo.
Le
venne da vomitare e desiderò di essere rimasta a casa.
Forse Alfonso e Maria avevano avuto ragione fin dal principio.
Tuttavia,
scacciò indietro il pesante senso di repulsione
che si stava facendo largo in lei, sistemò una ciocca di
capelli decolorati
dietro l’orecchio sinistro e imbracciò la
chitarra, sedendosi comoda sul
traballante sgabello che le era stato messo a disposizione.
Mike
era sempre stato mille passi avanti a lei, lo aveva
sempre saputo. Lui sì che era capace di tenere il palco, di
interagire con il
pubblico, e soprattutto di sfruttare al meglio la sua voce, in tutte le
sue sei
ottave d’estensione.
Arianna
si schiarì goffamente la gola e parlò al
microfono
con fare incerto: «Buonasera. Ehm… ho qui per voi
alcune cover. La prima è Perfect
Illusion di Lady
Gaga».
Ricevette
scarso entusiasmo dai presenti, tuttavia ignorò il
senso di disagio e cominciò a eseguire i primi accordi
dell’intro.
Fa
diesis minore, Mi…
forza, Arianna!
Dovette
farsi forza per non lasciarsi travolgere dalle
lacrime, si concentrò e cominciò a cantare.
Pressure's
takin' its toll
Stuck in the middle zone
I just want you alone
My guessing game is strong
Way too real to be wrong
Caught up in your show
Yeah, at least now I know
It
wasn’t love, it wasn’t love
It
was a perfect illusion
Mistaken for love, it wasn’t love
It was a perfect illusion
Oh
You were a perfect illusion
La sua
voce tremava, ma non sapeva fare di meglio. Quella
canzone raccontava ciò che era successo con Mike, e lei
cominciava sempre così
i suoi concerti. Voleva far comprendere ai suoi ascoltatori quanto
fosse legata
a lui.
O
forse cercava soltanto di dimostare a se stessa che non lo
aveva dimenticato, nonostante tutto il dolore che stava continuando a
patire a
causa sua.
I
don’t need eyes to see
I felt you touchin’ me
High like amphetamine
Maybe you’re just a dream
That’s what it means to crush
Now that I’m wakin’ up
I still feel the blow
But at least now I know
It wasn’t love, it wasn’t love
It was a perfect illusion
Mistaken for love, it wasn’t love
It was a perfect illusion
Arianna
proseguì a cantare ancora una volta il ritornello,
per poi concludere il brano e lasciarselo alle spalle.
Ora
aveva rotto il ghiaccio e poteva andare avanti, almeno
finché non fosse arrivata all’ultimo.
Gli
avventori continuarono a ignorarla, ma ormai Arianna si
era immersa nella sua musica e non ci faceva caso. Eseguì
parecchi brani, si
lasciò avvolgere dalle note e non si preoccupò di
commettere degli errori.
«Siamo
arrivati all’ultima. Zombie
Eaters,
buonanotte» concluse, per poi prendere un profondo
sospiro.
Mike
gliel’aveva dedicata, e lei ci era affezionata,
nonostante quella canzone fosse tutt’altro che romantica e
stucchevole.
«Potevo
dedicarti una stupida canzoncina d’amore, ma sarebbe
banale» aveva commentato, poco prima di poggiare le mani
sulla tastiera del
pianoforte e di cominciare a suonare.
Arianna
era rabbrividita ed era rimasta in ascolto,
lasciando che la voce istrionica del suo amato la penetrasse fin nel
profondo.
E
adesso lei voleva cantare quella canzone, ne avvertiva un
viscerale bisogno, anche se non si accostava minimamente al modo in cui
lui la
eseguiva. Lei non aveva lo stesso talento di Mike, non aveva le sue
stesse
potenzialità, né poteva ricevere il suo amore.
Sorrise
amaramente e cominciò a cantare con la morte nel
cuore.
You're
everything
That's why I cling to you
When I emerge
My thoughts converge to you
To you
The world is so small
Compared to you
And everybody's wrong
Compared to you
To you
I begin to see through your eyes
All the former mysteries are no surprise
So now, you listen
Cuz I'm omniscient
Stava per
scoppiare a piangere, ma ce l’avrebbe fatta a
resistere. Era quello il momento in cui doveva tirare fuori la grinta e
gridare
nel microfono tutta la sua rabbia, il suo risentimento e il suo dolore.
Aveva
imparato da Mike a essere così cattiva e risoluta. Lui
era sempre stato un ottimo insegnante per tutto, sapeva un sacco di
cose e gli
piaceva condividerle.
Hey
look at me lady
I'm just a little baby
You're lucky to have me
I'm cute and sweet as candy
As charming as a fable
I'm innocent and disabled
So hug me and kiss me
Then wipe my butt and piss me
I
hope you never leave
Cuz who would hear me scream?
Nobody understands
Except the toys in my hands
So
now you listen
Cuz I'm omniscient
Hey
look at me lady
I'm just a little baby
If I smile, then you smile
Then I'll get mad for awhile
I melt in your mouth
And in your hands whenever I can
But I really do nothing
Except kickin' and fussin'
I
like to make a mess
I laugh at your distress
I sit all day in my crib
Absorbing all you give
I'm
helpless
I'm flawless
I'm a machine
Give me, I need my toys...
Keep me hot
Keep me strong
Keep me everlong
So
now you listen
Cuz I'm omniscient
Quando
Arianna concluse la sua esibizione, il pubblico
rimase basito dall’energia che aveva saputo portar fuori.
Infine
i presenti si decisero ad applaudire, ma lei se n’era
già andata. Ripose con cura i suoi strumenti nelle apposite
custodie e si
sedette in un angolo a costruire l’ultima sigaretta della
giornata.
Avrebbe
fumato e poi avrebbe ritirato i suoi soldi, infine
se ne sarebbe tornata a casa a bordo della sua vecchia Panda verde.
Aveva
sfogato la sua angoscia, ma una frase continuava a
tormentarla.
I
laugh at your
distress, diceva
Mike. E forse lei avrebbe dovuto capire che lui avrebbe
riso della sua angoscia, forse si sarebbe dovuta accorgere che lui
l’aveva
presa in giro e illusa fin dal principio.
Quando
tornò a casa, si ritrovò faccia a faccia con due
realtà: il suo gatto Warhol in cerca di cibo e attenzioni, e
il post-it
arancione fosforescente che campeggiava sul suo frigorifero.
Arianna
sospirò e si dedicò al suo gatto, per poi
afferrare
dal freezer una vaschetta di gelato alla stracciatella. A lei non
piaceva più
di tanto, ma Mike insisteva sempre per comprarlo, lo adorava. E da
allora anche
lei aveva cominciato a adorarlo.
Cominciò
a raschiare dalla vaschetta un po’ di gelato,
tentando in tutti i modi di evitare di osservare il frigorifero.
Ma
i suoi occhi tornavano sempre lì, a quel post-it
fluorescente e impossibile da ignorare.
Ricordava
perfettamente quando Carolina aveva appiccicato il
foglietto incriminato nel bel mezzo dello sportello del frigo,
proclamando a
gran voce: «Ho preso i biglietti, perciò ci
andiamo e tu non farai storie».
Il
concerto dei Dead Cross si sarebbe svolto il 5 giugno
all’Estragon di Bologna, e Arianna non voleva andarci. Non le
piaceva molto
quel posto, aveva un’acustica a suo parere pessima, e poi non
voleva assolutamente
rivedere Mike.
Lui,
molto probabilmente, non si sarebbe accorto della sua
presenza, così aveva deciso che poteva rischiare e seguire
Carolina
nell’ennesima follia. Del resto lei era la sua migliore amica
storica, se
pensava che fosse una buona idea portarla fuori a svagarsi, forse non
aveva
tutti i torti. La conosceva perfettamente, ed era una delle poche.
Insieme
a Mike.
Si
era aperta completamente a lui e aveva creduto che tutto
potesse funzionare. Ci aveva sperato davvero. Se ne era convinta anche
quando
aveva ricevuto segnali evidenti del fatto che si trattasse di un
teatrino
tragicomico di cui lei era sempre stata la sfortunata vittima.
Sospirò
e strinse le dita attorno alla vaschetta del gelato.
Non aveva più voglia di mangiare, voleva soltanto smettere
di pensare e
lasciarsi avvolgere dall’oscurità della notte.
♫
♪ ♫ ♪ ♫
Ciao
a tutti e benvenuti nella mia prima storia su Mike
Patton.
Okay,
sono quasi certa che nessuno la leggerà, non tanto per
una questione di poco gradimento nei confronti della sottoscritta, ma
per il
semplice fatto che ancora su EFP non ho trovato qualcuno che lo conosce
e lo
stima come me :D
Tranne
Soul, ovviamente ♥
Ma
bando alle ciance, sono qui più che altro per darvi delle
piccole spiegazioni!
Avete
trovato un brano di Lady Gaga, Perfect Illusion,
questo perché fa parte
del pacchetto che ho scelto per partecipare a “Il Contest
Sdolcinato”.
Poi
ho
inserito Zombie
Eaters dei Faith No More,
tratta dal primo album della band con Mike alla voce, The Real Thing
del 1989.
I
Dead Cross, invece, sono uno dei progetti più recenti di
Mike, nei quali alla batteria c’è Dave Lombardo
degli Slayer.
La
data e il luogo del concerto sono veri, ma ovviamente
tutto il resto è frutto della mia fervida nonché
malata immaginazione XD
Questo
capitolo serve un po’ a introdurre il personaggio di
Arianna, la situazione generale e a curare un poco la sua
introspezione, ma nei
prossimi due apparirà attivamente Mike, così
avrete modo di approfondirlo e
conoscerlo se già non lo conoscete!
Credo
di aver detto tutto, ma se avete dubbi, perplessità o
domande, non esitate a pormele nelle recensioni! E ovviamente attendo,
se vi fa
piacere, di sapere che cosa pensate di questo racconto ^^
Alla
prossima e grazie a chi ha eventualmente deciso di
fermarsi a leggere ♥
|
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Capitolo 2 *** You're saying that she's all that you desire ***
provanvu
You’re saying that she’s all that
you desire
23 giugno 2008
Arianna stava sistemando dei
dolcetti all’interno della vetrina, quando il campanellino tintinnò,
annunciando l’ingresso di un nuovo cliente.
Era appena cominciata l’estate e
la proprietaria del negozio aveva deciso di accendere l’aria condizionata. Si
moriva di caldo, Bologna in estate era invivibile.
«Salve» salutò il nuovo arrivato.
Arianna notò subito l’accento
affatto italiano, così sollevò di scatto lo sguardo e mise a fuoco la figura di
un uomo sui quarant’anni, ben piazzato e dall’aria simpatica.
«Buongiorno! Prego, mi dica»
esordì in tono cortese, rivolgendogli un breve sorriso.
«Mi può fare un panino?» chiese
lui, mettendo in mostra ancora una volta il suo accento straniero.
Lei non sapeva come
identificarlo, e non era sua abitudine impicciarsi degli affari altrui. La sua
titolare le ripeteva spesso che doveva essere più spigliata e socievole con i
clienti, comportarsi un po’ come Carolina, lei che sapeva sempre come rabbonire
anche le persone più esigenti.
«Ma certo! Che cosa le do? Uno
sfilatino, uno di questi all’olio…» cominciò a elencare, mostrandogli diversi
tipi di pane.
«Quello che vuoi» tagliò corto
lui.
Arianna aggrottò le sopracciglia,
ma evitò di domandargli perché avesse cominciato a darle del tu. «Signore, scelga
lei…»
«Quello» disse lui. «Con la
mortadella.»
Ad Arianna si illuminarono gli
occhi. «Certo, con la mortadella» ripeté.
«Sono americano, ma mi piace
molto» commentò lui.
«È un prodotto amato in tutto il
mondo» si lasciò sfuggire lei, mentre afferrava il panino e lo tagliava per
poterlo imbottire.
«Io la mangio molto. E si vede»
scherzò l’uomo.
Arianna gli rivolse un’occhiata
incerta, per poi lasciarsi contagiare dalla leggera e cristallina risata di
lui.
«Ma no!»
«Sì, guarda come sono!» proseguì
lui.
Lei trovava singolare il modo in
cui lui ironizzava su se stesso, il modo maldestro con cui pronunciava alcune
parole, il modo in cui interagiva con disinvoltura, fregandosene degli
strafalcioni.
«Sta bene, signore, non dica
così» lo rassicurò Arianna, arrossendo lievemente.
«Signore? Io sono Mike» disse lui
con semplicità.
«Mike, certo. Ecco, il suo panino
è pronto. Fa un euro e sessanta» disse.
«Ecco, il resto lo tieni tu»
decise Mike, poggiando una moneta da due euro sul bancone.
«Non posso accettare…» bofonchiò
la ragazza.
«Dai! Tu come ti chiami?» volle
sapere, sfoderando un sorriso accattivante che fece tremare le gambe della
ragazza.
Solo in quel momento si rese
conto degli occhi scuri e penetranti che la scrutavano con attenzione, dei lineamenti
attraenti e del fatto che non le dispiacesse poi tanto ricevere quelle
attenzioni da un uomo tanto affascinante.
«Arianna» replicò lei, strappando
lo scontrino dal registratore di cassa e porgendolo a Mike.
«Arianna» ripeté lui, le sillabe scivolarono sinuose fuori dalle sue
labbra sottili. «Grazie. Per questo» aggiunse poi, agitando il sacchetto
contenente il suo fragrante panino.
«Si figuri, dovere» borbottò lei,
sentendosi sempre più a disagio.
«Tra un mese suono nella piazza
Santo Stefano. Ci vieni?» propose d’un tratto Mike, facendo trasalire Arianna,
già pronta a rilassarsi perché quel bizzarro cliente se ne sarebbe presto
andato.
«Davvero?» fu tutto ciò che
riuscì a dire.
Mike confermò con un suono a
bocca chiusa. «Ti piace Celentano?»
Arianna strabuzzò gli occhi,
gesto che fece scoppiare a ridere Mike. Ancora una volta quella risata
cristallina e contagiosa raggiunse le orecchie della ragazza, facendola fremere
un poco.
«Canto pure lui» proseguì l’uomo,
sorridendo ancora. «Ci vieni?»
Arianna si ritrovò ad annuire
senza nemmeno rendersene conto, e quando si accorse di ciò che aveva fatto, era
ormai troppo tardi. Un gruppetto di clienti abituali irruppe nel negozio, e
quando la commessa si guardò attorno in cerca di Mike, lui era già scomparso.
Sbatté le palpebre, credendo di
esserselo soltanto immaginato.
18 luglio 2008
Piazza Santo Stefano era gremita
di persone. Si vociferava di un concerto epocale, i cartelloni affissi per
tutta la città non avevano fatto che accrescere l’ansia che Arianna aveva
provato dal giorno in cui Mike l’aveva invitata al suo concerto.
«Neanche lo conosco, Caro, eppure
mi sento una cretina…» si lamentava Arianna, mentre la sua amica e collega la
teneva sottobraccio e si guardava intorno in cerca del famoso Mike.
«Quello ci provava, peccato che
non c’ero» ribatté l’altra, schermandosi gli occhi per proteggerli dal sole.
«Come no, ma va’…»
La gente attorno a loro era
impaziente, non vedeva l’ora che lo spettacolo cominciasse, ma rimaneva
comunque discreta e piuttosto silenziosa: si trattava pur sempre di uno
spettacolo orchestrale, e la gente provava sempre una certa soggezione per
eventi di quel tipo.
Era il 18 luglio e Arianna
rimpiangeva di non essere rimasta a casa a rinfrescarsi con il condizionatore
al massimo, ma Carolina era in fibrillazione. A quanto pare conosceva già Mike
Patton, era il cantante di un gruppo che ascoltava negli anni Novanta, e non
aveva voluto sentire ragioni quando era venuta a conoscenza del concerto.
«Se non ci godiamo questa roba,
Mariangela si pente di averci dato il giorno libero insieme!» le aveva detto,
prima di trascinarla fuori di casa.
E adesso si trovavano lì, in
mezzo a un sacco di persone eccitate e sudate.
Quando la performance ebbe
inizio, l’atmosfera si fece subito nostalgica e intima: tutto il pubblico cantò
all’unisono con Mike, mentre l’orchestra eseguiva egregiamente un suggestivo
strumentale.
Arianna rimase a bocca aperta,
mentre il cuore batteva a mille e i suoi occhi si appannavano per l’emozione.
Quella voce la stava penetrando,
le toglieva il respiro e la faceva sentire immensamente inadeguata.
Quando sei qui con me
Questa stanza non ha più pareti
Ma alberi, alberi infiniti
Quando tu sei qui vicino a me
Questo soffitto viola
No, non esiste più
Io vedo il cielo sopra noi
Che restiamo qui abbandonati
Come se non ci fosse più
Niente, più niente al mondo
«Il cielo in una stanza? È folle!» strillò Carolina, ma Arianna non
le prestava attenzione.
Tutto di lei era completamente
catturato da quell’uomo che sapeva come mettere in scena uno show sensazionale,
come emozionare e sorprendere.
Come farsi amare.
Ripensando a quando, un mese
prima, Mike era entrato con nonchalance nel panificio e aveva flirtato
spudoratamente con lei, le venne quasi da ridere. non poteva essere successo
davvero, era surreale.
Ascoltò con profondo interesse,
estraniandosi da ciò che la circondava. Non le era mai successo qualcosa del
genere a un concerto.
Era un uomo che non sapeva amare
Era un uomo che non sapeva amare
Scusami, non lo farò mai più
Perdonami, io cambierò per te
Ora capisco il male che ti ho fatto
Ero un uomo che non sapeva amare
Arianna lasciava scivolare le
note e le parole nelle sue orecchie, fin nelle viscere, mentre il cuore si
faceva sempre più furioso e difficile da controllare.
Quando tutto finì, non le parve
neanche vero. Si ritrovò nuovamente nel mondo reale, solo con una
consapevolezza in più: lui era fantastico, si era perdutamente innamorata della
sua voce e lo avrebbe seguito ad altri concerti, se ne avesse avuto la
possibilità.
«Per me ha fatto qualcosa di
grande! Anche se quelle canzoni le ascoltava mio nonno…» commentò Carolina,
accendendosi una sigaretta.
Arianna si stava costruendo la
sua ed evitò di replicare, rendendosi conto che a lei sarebbe andato bene anche
se Mike avesse cantato l’elenco del telefono.
Carolina si sedette su un basso
muretto di cemento e fumò con calma, lasciando scorrere gli occhi verdi sulle
persone che pian piano lasciavano il luogo del concerto. «Ari, ci sei?»
«Sì, sì… certo. È stato…
singolare» se ne uscì, finendo di chiudere la sua stecca di tabacco.
L’amica le porse un accendino e
Arianna lo accettò.
«Dove hai la macchina?» chiese
Carolina.
Arianna stava per rispondere,
quando qualcuno le batté piano sulla spalla, facendola sobbalzare. La ragazza
si voltò e si ritrovò faccia a faccia con uno scimmione della security.
Sbiancò, indietreggiando appena.
«Mi scusi, ce ne andiamo subito…» farfugliò.
«Non si preoccupi. Il signor
Patton chiede di lei» le comunicò l’uomo, regalandole un’occhiata amichevole.
Carolina balzò in piedi e si
affiancò a lei. «Parla sul serio o ci prende in giro?» intervenne.
«Mai stato più serio di così.
Dice che la conosce e che l’ha vista e vuole salutarla. Se vuole seguirmi…»
Arianna si sentì andare a fuoco e
si voltò a fissare la sua amica. «Caro…»
«Vai, che cosa stai aspettando?
Io ti aspetto qui» la incoraggiò l’altra, annuendo per dare ancora più senso
alle sue parole.
L’addetto alla sicurezza cominciò
a far strada alla ragazza, e lei si ritrovò a seguirlo senza neanche
comprendere cosa stesse per succedere. Mentre avanzava, si rese conto che non era neanche
riuscita a fumare la sua sigaretta.
In breve si ritrovarono sul lato
del palco, e quando Arianna si guardò indietro, poté scorgere chiaramente
Carolina. Forse Mike l’aveva vista da lì e aveva mandato quello scimmione a
chiamarla.
Era allibita.
«Ciao.»
Sobbalzò e tornò a voltarsi,
ritrovandosi di fronte il viso sorridente di Mike. «Ciao. Complimenti… per
oggi» balbettò, non sapendo cos’altro dire.
Lui si strinse nelle spalle. «Non
ho dimenticato il panino. Era buono» replicò il cantante.
«Mi fa piacere. Come mai volevi
vedermi?» riuscì a chiedere Arianna, sentendo le mani sudate e la gola secca.
«Così. Mi piace parlarti.»
La ragazza si stupì di quanto lui
fosse schietto. «Ah… grazie.»
«La tua amica ti aspetta, eh?
Vengo a trovarti in negozio, torno spesso a Bologna» affermò lui tranquillo,
allungandosi per darle una breve carezza sui capelli con la mano sinistra. «Ci
vediamo» concluse.
Arianna per poco non scappò via a
gambe levate. Il cuore le stava per schizzare fuori dal petto e non seppe
neanche spiegarsi come riuscì a rientrare a casa.
Era un uomo che non sapeva amare.
Ma è impossibile non amarlo.
3 settembre 2008
Mike mantenne la sua promessa:
tornò a trovare Arianna.
Ordinava sempre un panino con la
mortadella bolognese, e a volte si fermava a mangiarlo e a chiacchierare con la
ragazza, se non c’erano altri clienti in vista.
Un pomeriggio di inizio settembre,
Mike le chiese di uscire con lui a prendere un gelato.
«Sto lavorando, Mike» declinò
cortesemente lei, rivolgendogli un piccolo sorriso.
«Dopo?» insistette lui,
sfoderando tutto il suo charme, quello a cui Arianna non sapeva proprio
resistere, quello che le faceva tremare le gambe e battere il cuore
all’impazzata.
«Non so se sia il caso…»
farfugliò Arianna.
«Dai! Ti porto in una gelateria
buonissima!» si entusiasmò lui, e quando faceva così sembrava un ragazzino.
Lei arrossì e si sfilò i guanti,
per poi uscire da dietro il banco e prendere a risistemare i suoi capelli tinti
di viola. Li legò nuovamente in una coda di cavallo, sentendo lo sguardo di
Mike addosso: seguiva ogni suo gesto, la scrutava e sembrava volerla studiare
approfonditamente.
Arianna si sentiva nuda sotto
quegli occhi pungenti e indagatori.
«Va bene» cedette infine,
lanciandogli un breve sorriso.
«Ah sì? Hai detto davvero sì?»
scherzò, allungando una mano per lasciarle un tenero buffetto sulla guancia.
«Sì, Mike! Chiudo tra due ore»
gli comunicò, scappando nuovamente dietro il banco. Ogni volta che lui la
toccava, si sentiva andare a fuoco.
«Torno dopo» concluse lui, poi
lasciò il negozio, mentre due ragazze si accingevano a entrare.
Arianna non vedeva l’ora di
rivederlo.
«Avevi ragione: è buonissimo!»
disse la ragazza, immergendosi nel suo cono stracolmo di gelato fragola e
pistacchio.
«Mangia veloce che si scioglie»
farfugliò Mike, stravaccato sulla poltroncina in plastica, il corpo proteso in
avanti in modo da non rischiare che il gelato gli sgocciolasse addosso.
«Io detesto la stracciatella»
commentò Arianna, lanciando un’occhiata in tralice a ciò che lui stava
gustando.
«Il gusto migliore» la
contraddisse Mike.
I due rimasero in silenzio finché
non ebbero finito i loro gelati, dopodiché si ripulirono accuratamente le mani
e rimasero a chiacchierare a lungo.
Arianna si sentiva a suo agio con
lui, anche se a volte lo trovava estremamente riservato e impenetrabile. Era
raro che Mike parlasse di qualcosa di personale, si limitava a scherzare e a
chiedere informazioni su di lei e sulla sua vita. Quando lei provava a fare lo
stesso, lui si chiudeva a riccio e cambiava argomento.
La cosa le suscitava non pochi
dubbi, eppure tentava di non farci troppo caso e di accontentarsi di quel poco
che poteva sapere su di lui. Parlavano di musica, di libri, di viaggi e di
cinema.
Mike adorava i videogames, ma
Arianna era negata in materia e non riusciva mai a capire granché dei suoi
discorsi a riguardo.
Quella sera faceva insolitamente
fresco e si stava bene, Arianna sarebbe voluta restare con lui a parlare per
tutta la notte, ma a un certo punto comprese che era il caso di rientrare: il
mattino seguente doveva essere al lavoro alle sette.
«Mi tocca andare» annunciò,
dispiaciuta per quella decisione.
«Vai già via?» si dispiacque
Mike.
«Domani mattina lavoro» sospirò
lei, mettendosi in piedi.
«Vado a pagare e ti accompagno
alla macchina» decise lui, scomparendo all’interno della gelateria prima che
potesse fermarlo.
Il cuore di Arianna era in
subbuglio, e da tempo ormai un pulsante desiderio la tormentava: voleva
perdersi tra le braccia di Mike, voleva baciarlo e stringerlo a sé. Le piaceva,
ormai ne era completamente innamorata, e non aveva più la forza di negarlo
neanche a se stessa.
Carolina glielo aveva detto fin
da subito, eppure lei non ci aveva fatto caso e aveva cercato di ignorare la
cosa.
Lei e Mike si avviarono a piedi
verso la vecchia Punto verde di lei, chiacchierando e ridendo come al solito.
Arianna si ritrovò piuttosto
vicina a lui, e lasciò che le circondasse le spalle con un braccio e la
attirasse al suo fianco. Il cuore le batteva furioso, non sapeva come gestire
la situazione e si sentiva come un’adolescente alle prese con la prima cotta.
«Mi sono divertito» disse Mike,
rompendo il silenzio che si era creato tra loro. La sua pronuncia
dell’italiano, che solitamente risultava buffa, in quel momento giunse alle
orecchie di lei come un’ulteriore conferma di quanto lui fosse sensuale e
attraente.
«Anche io, Mike. Grazie.»
Giunsero all’auto di Arianna e si
fermarono. Lei si scostò da lui, ma Mike la afferrò per i fianchi e la spinse
contro lo sportello della macchina. I loro visi erano talmente vicini da
permettere ai loro respiri di fondersi.
Arianna non ebbe la forza di
aprire gli occhi, né di compiere il minimo movimento.
«Just keep on passing it mouth to mouth… to mouth…» sussurrò Mike,
per poi baciarla.
Fu inaspettatamente forte,
passionale, come lei non si sarebbe mai immaginata. E rispose con lo stesso
ardore, spingendo il suo corpo contro quello di lui, circondandogli le spalle
con le braccia e permettendo alle loro lingue di giocare e scontrarsi.
Quando si staccarono, Mike
sorrideva sornione. Poi sollevò la mano destra e la fissò con disappunto.
«Vorrei sentire il tuo corpo anche con questa, ma da giovane ho fatto una
cazzata» commentò.
«Mike…» Arianna pronunciò il suo
nome, poi posò delicatamente le labbra sul dorso della mano destra di lui. «Non
importa.»
«Buonanotte, Ariana» la salutò, senza mai smettere di sorriderle.
Non decisero quando si sarebbero
rivisti, ma lei sapeva che lui avrebbe trovato il modo per rincontrarla.
Mentre guidava verso casa,
sintonizzò lo stereo su Virgin Radio e lasciò che l’abitacolo venisse invaso
dalle note di una canzone. Le sembrava di star levitando su una nuvola, era
talmente felice ed eccitata che non badò minimamente alle note di Liar dei Korn.
O forse non voleva prestare
attenzione a ciò che il testo le stava suggerendo.
Hey you
You're saying that she's all that you desire
Liar
Hey you
You think you can throw water on this fire
Liar
♫ ♪ ♫
♪ ♫
Ed
eccoci giunti al secondo capitolo ^^
Allora,
abbiamo visto finalmente Mike, e vorrei sapere da voi cosa pensate del suo
personaggio: vi piace o vi inquieta? A me entrambe le cose, onostamente, ed è
per questo che lo adoro :D
Okay,
allora, solite spiegazioni di rito: avete visto il testo di due canzoni
italiane, e queste fanno parte del progetto Mondo Cane di Mike; con questo
progetto lui ha portato – e porta ancora – in giro successi italiani degli anni
50 e 60, cantando interamente in italiano e venendo accompagnato da
un’orchestra!
Vi
consiglio di ascoltare Il cielo in una stanza e L’uomo che non sapeva
amare nella versione di Mike, almeno potete farvi un’idea di ciò che
Arianna ha sentito ^^
La
data e il luogo del concerto sono veri, ma come sempre tutto il resto è frutto
dei miei vaneggi XD
La
canzone che Arianna ascolta in macchina su Virgin Radio (XD) è Liar dei
Korn, mi sembrava appropriato come testo ^^
La
frase “Just keep on passing it mouth to
mouth to mouth” che Mike pronuncia prima di baciare Arianna, è tratta dal
brano Mouth To Mouth dei Faith No
More, facente parte di Album Of The Year
del 1997.
Come
ultima cosa volevo parlare del citato incidente di Mike alla mano destra: una
volta era sul palco e ha avuto un incidente, una bottiglia di vetro rotta gli
recise tendini e nervi. I medici gli assicurarono che avrebbe recuperato le
piene funzionalità, ma questo non avvenne mai e tuttora Mike è privo della
sensibilità alla mano destra.
Spero
di essere stata chiara, ma come sempre vi esorto e farmi sapere cosa ne
pensate, se avete domande, curiosità o perplessità!
Grazie
e al prossimo (e ultimo) capitolo ♥
|
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Capitolo 3 *** At least now I know ***
3.
At least now I know
5 giugno 2018
L’Estragon era discretamente affollato, molte persone erano
giunte fin lì per assistere all’imperdibile concerto dell’ennesimo progetto di
Mike Patton. Le aspettative erano alte, soprattutto perché i Dead Cross
potevano contare anche sulla presenza di uno dei batteristi più famosi e
quotati della scena metal: Dave Lombardo degli Slayer.
Arianna era nervosa e si era rintanata in un angolo,
incollandosi a una parete. Stava già soffocando all’interno di quel capannone,
e a nulla erano valsi i tentativi di Carolina di convincerla a spostarsi un po’
più vicino al palco.
La sua migliore amica, allora, dopo essersi assicurata che
lei stesse bene e che fosse certa della sua decisione, aveva deciso di andare
insieme al suo fidanzato a dare un’occhiata in giro.
Arianna si sentiva sempre più inquieta, e non riusciva a
concentrarsi minimamente sulla musica prodotta dal gruppo spalla. Non sapeva
neanche come si chiamava, non le importava più di tanto. Forse non sarebbe
dovuta neanche andare a quel dannato concerto, perché si era lasciata convincere
da Carolina?
Si guardava attorno con circospezione, sperando di non dare
nell’occhio.
La musica rimbombava pesantemente all’interno del
palazzetto, le orecchie di Arianna stridevano e la sua voglia di rimanere
diminuiva sempre più.
Carolina e Massimo, poco dopo, tornarono da lei e le porsero
un bicchiere di birra. «Ti aiuterà a scioglierti un po’!» gridò la sua amica,
su di giri.
La ragazza dai capelli decolorati sorseggiò lentamente il
liquido ambrato. «Se lo dici tu…» sussurrò tra sé.
Il gruppo spalla abbandonò il palco, sostituito da una
musica d’intrattenimento. Partì Walk
dei Pantera e tutti i presenti esultarono, presi da una profonda eccitazione e
stima per chiunque avesse selezionato quel brano.
Is there no standard anymore?
What it takes, who I am, where I've been belong?
You can't be something you're not
Be yourself by yourself
Stay away from me
A lesson learned in life
Known from the dawn of time
Respect, walk
What did you say?
Respect, walk
Are you talking to me?
Are you talking to me?
Arianna conosceva quella canzone, anche se ormai non
ascoltava più molta musica metal.
E le piaceva quell’energia, tant’è che si ritrovò a muovere
a tempo il capo, trascinata dai ricordi di tempi in cui era stata felice, aveva
vissuto con spensieratezza e il cuore non le si era ancora spezzato.
Dopodiché fu il turno di un brano degli AC/DC, che fece
cantare ed esaltare tutti. Era tutto pronto, Arianna se lo sentiva: stava per
rivedere Mike, e non era assolutamente preparata.
Ci aveva pensato e ripensato, eppure non se ne era resa
conto finché non era successo.
E infine eccolo, Mike. Comparve sul palco senza preavviso,
mandando in visibilio tutto il pubblico. Anche Arianna si ritrovò a gridare,
trasportata dalle forti emozioni che solo lui sapeva farle provare.
Aveva nuovamente perso di vista Carolina e Massimo, ma non importava.
Quando lui era sul palco, quando interagiva con il pubblico
e quando cantava, tutti i ricordi negativi a lui legati scomparivano.
«Bella Bologna! Sono tornato a casa, eh?» gridò lui al
microfono.
«Cazzone!» urlò qualcuno tra la folla.
«Siete pronti a morire? Siete pronti per i Dead Cross?»
proseguì ancora il carismatico cantante.
Arianna era ipnotizzata, e improvvisamente i suoi occhi si appannarono.
Desiderò di poterlo abbracciare ancora una volta, ricominciando a illudersi che
tra loro potesse essere vero amore.
Con potenza, il primo brano ebbe inizio, e lei venne
catapultata in un mare di emozioni ancora più profonde e struggenti.
Conosceva a memoria tutte le canzoni di Mike, lei non si era
mai staccata da lui, non ce la faceva.
Quella era Seizure And
Desist.
Arianna cominciò a sgomitare tra la folla, trasportata dall’incontrollabile
necessità di ritrovarsi sotto il palco, a gridare e divertirsi, idolatrando
quell’artista che tanto amava e che sapeva come prenderla fin nelle viscere e
rivoltarla come un calzino, fino a far esplodere tutte le sue emozioni.
The paperwork explosion
There will come a day when the righteous laugh and rejoice
With a pure voice
Bathe your feet in the wicked's blood
Ezxplode!Top of Form 1
1 ottobre 2008
Il
sesso, con Mike, era qualcosa che Arianna non aveva mai sperimentato con nessun
altro. Lui era irruento e passionale, ma non le faceva male, la trattava con
rispetto e la amava con tutto se stesso.
Era uno
dei rari momenti in cui lei riusciva a scorgere qualcosa di vero e di puro in
lui, che quasi sempre era celato dietro la sua personalità enigmatica e
incomprensibile.
Lei e
Mike stavano riprendendo fiato, avvinghiati l’uno all’altra, quando lui parlò.
«Ti sei
messa nei casini con me» disse.
Arianna
sorrise e gli accarezzò i corti capelli intrisi di sudore. «È bello» commentò.
«È
terribile…»
«Mike?»
Lui
sollevò il capo, che fino a poco prima era abbandonato sul petto di Arianna. La
giovane lo trovò tenero, con gli occhi spalancati e l’espressione leggermente
spaesata ed estremamente dolce.
Lei
sorrise e sussurrò: «Ti amo».
Mike
scosse appena il capo e rimase per un attimo in silenzio, con fare pensoso.
Poi si
sollevò sui gomiti e, accarezzandola sul viso e tra i capelli, cominciò a
canticchiare sottovoce.
But you're perfect, and I cannot breathe
Forever longing to make you mine
But I can't escape your stare...
Hold me closer, keep me near
My underwater love
Hold me closer, keep me near
I'll never get enough
Touch me from below
I'll never let you go
But I can't escape
La voce
di Mike era roca, talmente bassa ed emozionante che gli occhi di Arianna non
tardarono a velarsi di lacrime.
Lui era
fatto così. Non le avrebbe mai risposto con uno stupido anche io ti amo, no; lui era tutto fuorché scontato.
E
Arianna sapeva che anche Underwater Love
sarebbe diventata una delle sue canzoni preferite.
5 giugno 2018
I Dead
Cross cominciarono a eseguire il secondo brano in scaletta, ovvero Idiopathic, e ormai Arianna si era
avvicinata parecchio al palco. Non le importava di trovarsi all’Estragon e del
fatto che detestasse quel luogo, non le importava di sentirsi schiacciata e
spintonata da chiunque.
Lei
voleva soltanto vederlo, ascoltarlo, lasciarsi avvolgere ancora da quella voce
e da quel carisma magnetico e irresistibile.
I
faretti piroettavano tra la folla e si infrangevano sulla band, illuminando
tutti i musicisti e soffermandosi ogni tanto su qualcuno in particolare.
Arianna
non riusciva più a smettere di piangere, i ricordi la stavano sopraffacendo e
la nostalgia si faceva sempre più opprimente.
Non
avrebbe dovuto dare retta a Carolina, sarebbe dovuta restare a casa e coccolare
Warhol sul divano e a guardare qualche stupido programma come La dottoressa schiacciabrufoli o Altà infedeltà.
Invece
era lì, a piangere, in mezzo a scimmioni decerebrati che pogavano e si
esaltavano per Dave Lombardo che picchiava sulla sua mastodontica batteria.
14 novembre 2008
«Lo sai
che devo lavorare, Ariana» le fece
notare Mike, aggirandosi per il piccolo appartamento.
«Anche
a Natale? Vorrei farti conoscere i miei» replicò Arianna, seduta con le gambe
incrociate sul divano.
«Registro
musica anche a Natale. Non vengo in Italia» precisò Mike, per poi sorriderle.
«Ma ti faccio un regalo.»
Arianna
aggrottò la fronte. «Un regalo? Non è necessario» borbottò imbarazzata.
«Ti
piace di certo» le assicurò lui, per poi raggiungerla e accarezzarle i capelli.
«Ora vado. Stammi bene, eh?»
Lei
sollevò il viso e incrociò i suoi occhi. Erano distanti, non erano caldi come
se li aspettava. Mike non aveva ancora lasciato il suo appartamento, ma lei già
sentiva che era altrove. Pensava ad altro, progettava altro.
«Mike?»
Lui le
fece cenno di proseguire, le dita della mano sinistra sotto il suo mento.
«Non
hai più tempo per me» sospirò.
Lui le
rivolse un sorriso sghembo e si chinò a baciarla sulle labbra, poi lasciò
l’appartamento senza aggiungere altro.
Improvvisamente
il freddo pungente di Bologna si era fatto ancora più penetrante e
insopportabile.
5 giugno 2018
Il
pubblico non faceva che richiamarli sul palco. Tutti sapevano che non era
finita così, Arianna lo sapeva più di tutti. Non avrebbero mai chiuso un live con
Church Of The Motherfuckers.
E lei
li aspettava, lo aspettava.
Mentre
Mike cantava those eyes, son lies, can’t
hide durante l’ultimo brano, Arianna aveva avuto come l’impressione che i
loro sguardi si fossero incrociati.
E
adesso non poteva più tirarsi indietro.
Non
sapeva dove fossero Carolina e il suo ragazzo, non sapeva cosa sarebbe successo
e se avrebbe ricevuto ancora pugni e spintoni, ma era lì per stare vicino a
Mike.
I Dead
Cross, dopo un po’, tornarono sul palco e cominciarono a eseguire Raining Blood degli Slayer. Una cover
che molti dei presenti stavano aspettando con ansia, visto che la reazione
generale fu piuttosto eloquente.
«Grandi,
cazzo!» strillò un tizio, mentre un altro si infilava due dita in bocca e
fischiava come se stesse richiamando le pecore a raccolta. Tutto direttamente
nelle orecchie di Arianna, la quale le tappò per un istante e si voltò a
guardarsi intorno spaesata.
Mike
non l’avrebbe mai lasciata là in mezzo da sola, non lo aveva mai fatto nel
periodo in cui si erano amati.
Raining blood
From a lacerated sky
Bleeding its horror
Creating my structure
Now I shall reign in blood!
Mike
era feroce, tutto nel suo modo di cantare lo rendeva estremamente psicopatico.
Arianna
stava impazzendo, voleva di più. Voleva tornare indietro nel tempo, ripensare a
quei giorni felici in cui lei lo aveva visto esibirsi e poi, subito dopo, era
sgattaiolata nel suo camerino e si era presa cura di lui per far sì che si
rilassasse. A volte gli aveva fatto dei massaggi, altre volte aveva fatto la
doccia con lui, e qualche volta avevano fatto l’amore con enfasi e trasporto.
Era
bello e doloroso ricordarlo.
Epic fu il brano
successivo. Arianna sorrise: Mike non perdeva mai occasione di fare un tributo
ai suoi Faith No More.
Un
ricordo abbagliante fece sì che un luminoso sorriso le increspasse le labbra,
mentre la musica cominciava a diffondersi in ogni cellula del suo corpo.
27 dicembre 2008
Quando
Arianna tornò a casa dal lavoro, quella sera, trovò una scatola di cartone sul
pianerottolo.
La
osservò con sospetto, temendo quasi di toccarla.
Poi un
dolce miagolio si diffuse e rimbombò per l’enorme androne, facendo sobbalzare
la giovane.
Si
inginocchiò di fronte alla scatola e sollevò i lembi, intravedendo all’interno
del contenitore un batuffolo di pelo grigio.
Il
miagolio si fece più acuto e insistente, forse il piccolo gatto aveva paura di
lei.
«E tu
chi sei?» mormorò la ragazza, allungando una mano per poter accarezzare
l’animaletto.
Quest’ultimo
si ritrasse e si rintanò in un angolo, smettendo improvvisamente di miagolare.
Arianna
allora recuperò le chiavi e aprì la porta, per poi apprestarsi a sollevare lo
scatolone. Solo in quel momento si rese conto che di lato, attaccato con cura,
campeggiava un bigliettino piegato in due.
Lo
staccò con delicatezza e lo spiegò, trovandosi di fronte delle parole scritte
al computer e stampate su carta semplice.
Ho deciso di diventare grigio, così nessuno avrebbe saputo quanti anni
avevo e poi mi avrebbero trovato più giovane dell'età che mi davano. [Andy
Warhol]
Buon Natale,
M.
Sorrise
e strinse al petto il piccolo foglietto strapazzato. Il suo Mike infine le
aveva fatto un regalo, e aveva trovato il modo per farle battere il cuore a
mille, per farla commuovere e sorridere.
Afferrò
lo scatolone ed entrò in casa, per poi richiudere l’uscio con un colpo d’anca.
Appoggiò
l’oggetto sul tappeto di fronte al divano e guardò nuovamente all’interno,
riuscendo finalmente a sfiorare il pelo morbido del gattino.
«Oh,
allora le fai le fusa» sussurrò. «Ma ciao!» Arianna afferrò la piccola creatura
con entrambe le mani, portandola fuori dalla scatola.
Il
gattino ricominciò a miagolare, e non si rifiutò di lasciarsi accarezzare.
«Tu sei
Warhol. Ti piace?»
5 giugno 2018
You can touch it, smell it, taste it so sweet
But it makes no difference cuz it knocks you off your feet
You want it all but you can't have it
Arianna
si rivedeva in quelle parole, era il modo in cui lei si era sempre sentita
accanto a lui. Aveva sempre saputo di volerlo e di non poterlo avere, ma aveva
ignorato quella consapevolezza e si era immersa nella luce abbagliante dei suoi
sentimenti per Mike.
Era
stata una vera stupida, e solo adesso si rendeva conto di quanto lui fosse
distante.
All’improvviso
sentì l’impellente necessità di uscire da quel luogo infernale e di prendere
aria, non le importava se il concerto fosse finito o meno.
Cominciò
a farsi largo controcorrente, affrontando con spintoni e spallate la folla in
delirio. Ricevette non poche imprecazioni e fu certa che il suo corpo sarebbe
stato cosparso di lividi per settimane. Non le importava, doveva andare via di
lì e far entrare aria fresca e pulita nei suoi polmoni.
Stava
per uscire dal gorgo di corpi e sudore, quando inciampò e piovve addosso a un
tizio muscoloso e sbronzo. Lui la spinse via e Arianna riuscì miracolosamente a
non perdere del tutto l’equilibrio.
Raggiunse
subito una delle uscite laterali ed emerse velocemente all’aperto, prendendo
lunghe e rigeneranti boccate d’aria.
Aveva
sbagliato tutto. Non ci faceva niente in quell’inferno.
Si
sentiva fuori posto, alienata nella sua stessa angoscia. Forse Carolina non
aveva avuto torto quando, un paio d’anni prima, le aveva consigliato di vedere
uno psicanalista.
Da
dieci anni, Arianna non faceva che vivere nel passato.
12 marzo 2009
«Mike,
finalmente!»
Non
appena udì il suono del campanello, Arianna si precipitò ad aprire la porta.
Non lo vedeva da più di due mesi e le mancava terribilmente.
Quando
se lo ritrovò di fronte, fece per abbracciarlo, ma lui sollevò una mano e le
fece cenno di lasciarlo entrare.
La
ragazza lo fissò sbalordita, seguendo con lo sguardo i suoi movimenti. Mike era
evidentemente nervoso, c’era qualcosa che non andava.
«Cos’hai?»
gli domandò, dopo aver chiuso la porta.
Warhol
raggiunse il nuovo arrivato e gli si strofinò sulle caviglie. Poi, vedendo che
lui non aveva alcuna intenzione di considerarlo, se ne andò ed emise un lungo
miagolio che faceva intendere il suo completo disappunto.
Mike
prese a camminare avanti e indietro, senza mai staccare gli occhi da lei.
«Allora?»
insistette Arianna, sempre più preoccupata.
«Dobbiamo
chiudere. Questa cosa non va più bene.» Lo disse e basta, diretto, senza giri
di parole.
La
giovane sgranò gli occhi. «Che cazzo dici?»
«Dico
che ti devo lasciare, Ariana» spiegò
ancora Mike.
«Non…
ma… perché?» Le lacrime cominciarono a scorrere sulle guance arrossate di
Arianna, si sentiva come se l’intero universo avesse cominciato a girare
improvvisamente in senso opposto rispetto al solito.
«Troppe
cose da fare, impegni… non riesco a continuare. Lo sai, no?» Mike si strinse
nelle spalle e cercò il suo sguardo. «Perché piangi?»
La
giovane si lasciò cadere sul divano e guardò dritto davanti a sé. Stava male,
le faceva male tutto, anche l’anima. Eppure non era affatto sorpresa. Era come
se l’avesse sempre saputo, in fondo stava soltanto aspettando con timore quel
momento.
Lei e
Mike appartenevano a due mondi completamente diversi, e non importava che lei
ogni tanto suonasse nei locali con la sua stupida chitarra.
Lui le
si inginocchiò di fronte e si fece spazio tra le sue ginocchia con il busto,
per poi abbracciarla e farle posare il capo sulla sua spalla. «Ehi…» La cullò
con dolcezza e le accarezzò i capelli, baciandola di tanto in tanto sul capo. «Ariana» sussurrò.
Poi
cominciò a cantare qualcosa.
"Don't worry about a thing
'Cause every little thing gonna be all right"
Singin': "Don't worry about a thing
'Cause every little thing gonna be all right!"
Rise up this mornin'
Smile with the risin' sun
Three little birds
Pitch by my doorstep
Singin' sweet songs
Of melodies pure and true
Sayin': "This is my message to you"
Arianna
piangeva senza lacrime, era in uno stato talmente catatonico che le impediva
addirittura di rendersi pienamente conto del fatto che si trovasse ancora una
volta tra le braccia dell’uomo che amava più della sua stessa vita.
Lui
voleva che lei stesse bene, ed era convinto che ciò potesse accadere
lasciandola andare. Ma la giovane era pienamente consapevole che ciò sarebbe
stato impossibile.
Mike si
era infilato con nonchalance nella sua esistenza e vi era penetrato a fondo, e
adesso pretendeva di uscire di scena come se niente fosse, di lasciare il
palcoscenico come faceva ogni volta che si esibiva, e di non lasciare alcun
segno del suo passaggio.
Arianna
non ce l’avrebbe fatta.
Si
disperò, d’improvviso, si aggrappò a lui e gridò, gli graffiò le braccia e lo
implorò di non lasciarla, di ripensarci, di ascoltare quanto lo amava e quanto
viveva in sua funzione.
Mike la
lasciò, restando irremovibile, e a lei parve di leggere nei suoi occhi una
compassione malata, una pietà che non aveva niente a che fare con l’amore che
aveva creduto di ricevere da lui.
Solo
una frase martellava nel suo cervello.
Now everything’s
ruined.
Now everything’s
ruined.
Now everything’s
ruined.
5 giugno 2018
La
notte era fresca, Arianna era contenta di poterne godere.
Voleva
tornare a casa, l’Estragon si era rivelato ancora una volta un luogo orribile e
per niente incline a curare le sue ferite.
Dall’interno
proveniva ancora della musica, ma non era più quella dei Dead Cross. Avevano
finito, ora qualcuno stava mandando famosissimi brani rock e metal. Il pubblico
in delirio, Arianna che affogava nella sua stessa angoscia.
Decise
di inviare un messaggio a Carolina per avvertirla che avrebbe chiamato un taxi
e se ne sarebbe andata. Sapeva che la sua amica adorava trattenersi ai concerti
anche quando la band aveva smesso di suonare, le piaceva gustarsi l’atmosfera
che si faceva a tratti malinconica e notare quanto l’adrenalina scemasse in
fretta.
Anche
ad Arianna piaceva, in genere, ma non quella sera.
Sospirò
e finì di digitare sullo schermo dello smartphone, poi prese a scorrere i
numeri in rubrica in cerca di quello di una qualsiasi compagnia di taxi.
Udì
delle voci, ma le ignorò e continuò a frugare nel suo cellulare. Tremava
leggermente, le veniva male premere i comandi sullo schermo.
Poi
qualcosa attirò la sua attenzione e si bloccò, gli occhi sgranati e il cuore
spezzato che batteva a mille.
Mike.
«Possiamo
fare una foto?» chiese qualcuno, una voce maschile che biascicava un poco.
«Come
no!» replicò Mike.
Arianna
si sentiva male. Sapeva di doversi dirigere verso via Stalingrado come stavano
facendo alcuni ragazzi, e poi da lì chiamare il dannato taxi che l’avrebbe
riportata nel suo covo sicuro. Lo sapeva, eppure tese le orecchie e rimase in
ascolto, protetta dall’oscurità.
«E
Lombardo dov’è? Volevo una foto anche con lui…» si intromise un altro tizio.
«Non ho
idea» replicò Mike, era gentile. Arianna strinse i pugni per non gridare.
«Lo
chiami?» se ne uscì una ragazza dalla voce sottile.
«Non so
dov’è» mentì Mike, Arianna lo percepiva dall’inflessione leggermente irritata
che aveva assunto il suo tono.
«Comunque
mi fai troppo ridere!» riprese il primo che aveva parlato.
«Grazie.»
Arianna
voleva avvicinarsi e spingerli via, riprendersi colui che amava e che le aveva
spezzato il cuore.
Per
scacciare l’istinto di correre in quella direzione, cominciò a canticchiare
sottovoce la prima canzone che le venne in mente. Midlife Crisis, il ritornello in loop per almeno tre, quattro
volte. Almeno smise di ascoltare quelle conversazioni patetiche, che non le
appartenevano.
You're perfect, yes, it's true
But without me you're only you
You're only you
Your menstruating heart
It ain't bleedin' enough for two
Si
riscosse quando vide passare di fronte a lei i ragazzi che fino a poco prima si
erano intrattenuti con Mike. Abbassò lo sguardo per non guardarli con odio, del
resto non era colpa loro.
Poi non
riuscì più a resistere e le sue gambe si mossero in automatico. Uscì
dall’oscurità e camminò a passo spedito.
Lo vide
che tracannava dell’acqua da una bottiglietta, era solo.
Non
avrebbe permesso che qualcun altro rovinasse quel momento.
«Adesso
vieni con me» esordì Arianna. Non lo salutò, si limitò ad afferrarlò per il
braccio sinistro, era un riflesso incondizionato. Era ancora abituata ad avere
un occhio di riguardo per lui, sapeva che non amava particolarmente essere
toccato sulla parte bassa del braccio destro.
Le
aveva raccontato com’era andata, le aveva spiegato di quando aveva perso la
sensibilità alla mano destra e questo lo aveva portato a rivalutare tutte le
sue abitudini e a diventare mancino per forza di cose.
«Ariana» si stupì lui, ma non si ritrasse
e lasciò che lei lo trascinasse con sé, nuovamente dentro il locale.
Poi
Arianna ci ripensò e tornò indietro, spingendolo ad allontanarsi dal
palazzetto. Lo portò verso un’altra struttura poco distante e, dopo essersi
assicurata che nessuno fosse nei paraggi e li stesse seguendo, lo spinse contro
la parete e lo inchiodò con le mani e con lo sguardo.
«So che
non ti sono mancata, Mike Patton. Ma vedi, purtroppo tu sei mancato a me. E
molto» esordì.
Lui la
fissava senza ribattere, senza capire. Arianna lo sapeva, lui non aveva mai
capito niente. Era senza speranze.
Lei
voleva ripagarlo con la sua stessa moneta, cantargli qualcosa anziché dire ciò
che aveva in testa. Lui lo aveva sempre fatto, aveva lasciato parlare la musica
e non le aveva mai davvero parlato con il cuore in mano.
Questo
la faceva impazzire.
Lo
baciò con foga e si strinse a lui, avvertendo finalmente la familiare
sensazione di completezza che solo lui sapeva darle. Lo tenne per le spalle e
spinse con forza la lingua dentro la sua bocca.
Mike
non si tirò indietro, respirava forte e lasciava scivolare le mani sul corpo di
lei.
Poi
Arianna si staccò e lo guardò con rabbia, per poi spostarsi a solleticare il
suo orecchio con la lingua.
E
cominciò a cantare Motherfucker.
Hello Motherfucker
My lover
You saw it coming
Goodbye Motherfucker
My lover
You had it coming
Mike
gemette quando i denti di lei affondarono con poca grazia nella pelle del suo
collo. Arianna voleva marchiarlo, voleva averlo tutto per sé e non aveva
intenzione di lasciarlo andare.
Non si
preoccupò di accarezzarlo, di essere delicata e dolce come era sempre stata.
Del resto Mike non era stato dolce con lei, l’aveva abbandonata e trasformata
in un involucro pieno soltanto di dolore e risentimento.
Lo
sentiva rispondere ai suoi baci rabbiosi, lo sentiva toccarla con urgenza, e
così liberò la sua erezione e la torturò con le mani, guardandolo drittò negli
occhi.
Lo
teneva fermo contro la parete e ne faceva ciò che voleva, giocava con lui.
Adesso
Arianna aveva le idee chiare, vedeva con lucidità ciò che il loro rapporto era
sempre stato. Sesso, chiacchiere di poco conto, qualche carezza di circostanza.
Anche
se lei lo aveva amato e lo avrebbe sempre amato, la realtà dei fatti le si
presentava con una trasparenza disarmante.
Anche
quando lui la sbatté contro la parete, invertendo le posizioni. Anche quando le
disse che gli era mancata. Anche quando la penetrò con decisione e la fece sua
come mai aveva fatto.
Anche
quando Arianna gemette di un piacere sconosciuto che non aveva mai
sperimentato.
Anche
mentre nella mente offuscata della giovane si formava la consapevolezza che
quello sarebbe stato il vero addio, l’ultimo, il definitivo.
Anche
quando sentì l’ansia mischiarsi all’orgasmo e ai suoi gemiti soffocati e
intrisi di lacrime amare.
E Separation Anxiety strabordava dalle sue
orecchie.
Separate the anxiety
You know it's mine
Had love come back
Like it was before
House creaking
The hinges on the door
Thoughts creeping
Separating anxiety
You know it's mine
Say when your mind
Has a mind of its own
Please take mine
Don't leave me alone
Capture me
Separation anxiety
You know it's mine
I can't let you go
Cause you're a part of me
Not apart from me
You got a song from me
Well, it's good enough for me
I cannot separate from this anxiety
Come home and make our truce
Violence is what we learned
Listen in reverence
Why it can not pass
If you only make us
Then violence is what we learn
How can I separate
From this anxiety?
Closing my eyes
Rimasero
spossati a lungo, aggrappati scompastamente l’uno all’altra, i respiri
affannati e irregolari.
Arianna
teneva ancora i denti affondati sulla spalla sinistra di lui, gli occhi
cosparsi di lacrime e stravolti dalla sua nuova consapevolezza.
Sollevò
il capo e incrociò quelli torbidi di Mike.
«Sei
stato tutto per me, lo sarai sempre. Anche se io non ho alcun valore per te.
Sono sempre stata questo, vero? Una bella scopata, niente di più.»
Lo
spinse via con disgusto, si sistemò i vestiti e non lasciò mai i suoi occhi.
«E adesso
cosa vuoi cantare per me, Mike Patton?» chiese retorica.
Lui,
con calma, si sistemò a sua volta gli abiti alla bell’e meglio, poi si accostò
ad Arianna e prese ad accarezzare piano il suo viso.
Lei
sapeva cosa stava per succedere, sapeva che lui avrebbe tradotto in note e
melodie i suoi pensieri.
Now I'll say what I think
I'll never be what you want me to be
(Just to be who I am)
What do you want me to be?
You'll be on your knees
Tell me
Tell me it's not true
Arianna
aveva riconosciuto She Loves Me Not;
le canzoni di Mike, tutte, facevano parte di lei e la permeavano, le erano
familiari e scivolavano sotto la sua pelle con naturalezza.
Si
scostò da lui e scosse il capo. «Adesso me ne vado. E sappi che io ti amo, sarà
sempre così. Ma adesso non sarò più il tuo ostaggio. Sei stato una perfetta
illusione per me, ma adesso è finita.»
Si
avvicinò e lo baciò con calma, lo abbracciò con il cuore a pezzi e lo accarezzò
come non aveva fatto finora.
Poi si
voltò e lo lasciò, stavolta era lei ad andarsene. Era lei a decidere di porre
fine a tutto quanto.
Non era
certa che non avrebbe più visto Mike, non poteva vivere senza di lui e la sua
musica, ma qualcosa era mutato in lei. Non aveva più provato quei sentimenti
struggenti e scintillanti nel fare sesso con lui.
Aveva
avvertito chiaramente che lui non la ricambiava.
Finalmente
l’aveva capito e aveva fatto sua quella cruda e necessaria verità.
7 agosto 2018
Un
piccolo locale nella periferia di Bologna era ancora una volta lo scenario in
cui Arianna si sarebbe esibita.
Aveva
apportato una sola modifica alla scaletta, ma per il resto era tutto come
prima. Lei, la chitarra e il suo cuore sanguinante.
Eppure
si sentiva meglio, forse perché avrebbe suonato all’aperto e non si sarebbe
sentita soffocare all’interno di un buco angusto e afoso.
La
veranda del piccolo bar sorgeva su una piccola piazza, c’erano diversi
avventori e stavolta anche Carolina era riuscita a presenziare.
Arianna
finì di accordare la sua chitarra, scaldò un poco la voce e si concentrò su ciò
che doveva fare.
Si
sistemò sullo sgabello a lei dedicato e salutò il pubblico con un lieve
sorriso: «Buonasera, sono Arianna. Vi faccio ascoltare delle cover. Zombie Eaters dei Faith No More è la
prima».
Aveva
stranamente voglia di interagire con il suo pubblico, nonostante gli avventori,
come al solito, le stessero prestando poca attenzione.
Aveva
deciso di inserire quel brano per primo anziché per ultimo, era il suo modo per
esorcizzare il passato e lasciarselo alle spalle, per poi proseguire con la
scaletta.
Riuscì
immediatamente a catturare i presenti con la sua energia, e allora capì che
forse avrebbe dovuto sempre iniziare con un brano potente. E decise che avrebbe
continuato a farlo.
Notò
una certa curiosità nei presenti, forse contagiati dall’entusiasmo spumeggiante
di Carolina, la quale si esibiva spesso in applausi, grida d’approvazione e commenti
qua e là.
Arrivò
all’ultimo brano e si guardò attorno, sorridendo a chi le sorrideva, a chi la
ignorava e a chi mostrava aperto disinteresse.
«Vi
saluto con Perfect Illusion di Lady
Gaga. Buonanotte.»
E
neanche il finalmente borbottato da
qualcuno la scalfì. Era diventata una roccia, non trascorreva più il tempo a
medicare le sue ferite. Tanto aveva compreso che non si sarebbero più rimarginate,
si era abituata al dolore. Le era amico, compagno di vita, si sarebbe sentita
sola se lui d’improvviso fosse sparito.
It wasn't love, it wasn't love
It was a perfect illusion (perfect illusion)
Mistaken for love, it wasn't love
It was a perfect illusion (perfect illusion)
Oh
You were a perfect illusion
Certo
che non era stato amore tra lei e Mike, e non lo cantava con rabbia o
risentimento. Cantava con dolce malinconia, con nella mente impressi i bei
momenti e quelli dolorosi; ripensava a tutto con un certo distacco, riusciva
ora a guardare le cose da una nuova angolazione, e sentiva che non sarebbero
potute andare diversamente.
Cantò
l’ultimo ritornello e ripeté diverse volte le frasi.
It was a perfect illusion
Somewhere in all the confusion
You were so perfect
You were a... you were a perfect illusion
Infine
ripeté le ultime due frasi dello special, mettendoci enfasi e sentendo dentro
sé che era vero ciò che stava pronunciando.
I'm over the show
Yeah, at least now I know
Era
alla fine dello show e adesso sapeva, era finalmente consapevole di se stessa e
di quell’amore per Mike che non sarebbe mai cambiato.
Ed era
pronta a vivere ancora.
♫ ♪ ♫ ♪
♫
Siamo
giunti alla fine di questa piccola avventura, miei cari lettori!
Sono veramente
emozionata, non avrei mai pensato di poter scrivere su Mike. È una persona
molto enigmatica, non è affatto semplice riuscire a caratterizzarlo, e questo
mi ha spinto a provarci. Perché a me le sfide piacciono, anche quando sono
difficili, soprattutto in questo caso.
Spero
di aver fatto un lavoro quantomeno decente, ma ovviamente non conosco Mike e
non vi assicuro che lui sia proprio così come l’ho descritto! :D
Ma
veniamo alle solite spiegazioni, e questa volta vado di elenco perché ho da
dire diverse cose e voglio fare con ordine:
- Il primo brano
nominato è Walk dei Pantera, una canzone molto energica e che ci sta
proprio bene in un’occasione come quella descritta;
- Per scrivere
particolari sulla scaletta del concerto dei Dead Cross a Bologna (che, come già
detto, è avvenuto realmente all’Estragon il 5 giugno 2018), ho cercato
informazioni su internet, perciò se ci dovesse essere qualche imprecisione,
abbiate pietà ^^
- I brani Seizure
And Desist, Idiopathic e Church Of The Motherfuckers
provengono tutte e tre dal primo EP omonimo dei Dead Cross, uscito nel 2017;
- Il brano Underwater
Love, cantato da Mike durante il primo flashback, proviene dall’album The
Real Thing dei Faith No More del 1989, così come Epic e Zombie
Eaters;
- I brani Midlife
Crisis (che Arianna canticchia mentre cerca di non ascoltare Mike che parla
con i suoi fan) e Everything’s Ruined (il cui verso viene in mente ad
Arianna dopo che Mike lascia definitivamente il suo appartamento) sono estratti
entrambi dall’album Angel Dust dei Faith No More, anno 1992;
- Mentre Mike
abbraccia Arianna, dopo averle detto che tra loro è finita, canta Three
Little Birds di Bob Marley;
- Le canzoni Motherfucker
e Separation Anxiety, presenti nel momento in cui Arianna e Mike si
trovano assieme per l’ultima volta, provengono entrambe dall’album Sol
Invictus dei Faith No More, uscito nel 2015, a diciotto anni dal loro
ultimo lavoro in studio;
- Il brano She
Loves Me Not fa parte del disco Album Of The Year dei Faith No More,
anno 1997;
- I Dead Cross hanno
eseguito, oltre alla cover di Epic, anche quella di Raining Blood degli
Slayer, brano del 1986 estratto dal terzo album in studio della band, Reign
In Blood;
- Infine trovate
nuovamente Perfect Illusion di Lady Gaga, che come già detto faceva
parte del pacchetto che ho scelto di seguire per partecipare al contest di
MaryLondon.
Credo
di aver detto tutto, ma intanto voglio ringraziare sia Soul che Mary per avermi
accettato nei loro bellissimi concorsi, spero di non averle deluse con questo
racconto ^^
Un grazie
speciale va anche a chi ha letto e seguito questa mini-long, pur non conoscendo
questo artista eccezionale: come sempre mi date fiducia e questo mi fa sentire
davvero felice *-*
E
infine ringrazio il favoloso Mike Patton, capace di ispirare tantissimi aspetti
della mia vita, e di aiutarmi a creare storie e scenari che prima non avevo mai
sperimentato!
Alla
prossima avventura ♥
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