The Otherside

di _Lightning_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mark I - Sparks ***
Capitolo 2: *** Mark II - Darker ***
Capitolo 3: *** Mark III - Crimson ***
Capitolo 4: *** Mark IV - Captive ***
Capitolo 5: *** Mark V - Late ***
Capitolo 6: *** Mark VI - Legacy ***
Capitolo 7: *** Mark VII - Question ***
Capitolo 8: *** Interludio ***
Capitolo 9: *** Mark XLII - Hold ***
Capitolo 10: *** Mark XLVI - Broken ***
Capitolo 11: *** Mark L - Gods ***
Capitolo 12: *** Mark XLIX - Rescue ***



Capitolo 1
*** Mark I - Sparks ***


1. Sparks

 
"I'm waking up to ash and dust
I wipe my brow and I sweat my rust
I'm breathing in the chemicals
I'm breaking in, shaping up,
Then checking out on the prison bus
This is it, the Apocalypse"
[Radioactive – Imagine Dragons]
 

I

I vapori ustionanti della fucina gli bruciavano la pelle madida di sudore e polvere, ma non si fermò se non per osservare il blocco di ferro che prendeva man mano forma sotto il martello e le pinze. Aveva dimenticato quanto potesse essere appagante faticare per realizzare qualcosa. Il fatto che quel qualcosa potesse diventare la sua unica via di fuga rendeva il suo lavoro molto più stimolante, spingendolo a riversarvi ogni fibra del suo essere.
 
Sentiva i muscoli delle braccia indolenziti e rigidi a forza di forgiare e plasmare placche metalliche, e i polmoni affaticati dall'aria satura di fumo, ma un'incontenibile energia vitale gli impediva di fermarsi e riposare. E non era solo il veemente desiderio di fuggire a sostenerlo. Era animato da una fermezza ben diversa, da un vigore letale che pompava coraggio e furia nelle sue vene. 
Sentiva il reattore pulsare, quasi a ricordargli la sua esistenza, e non faceva che alimentare la sua determinazione.
 
Fissò il metallo rovente sull'incudine, prendendo fiato per un istante. La maschera di ferro sembrava fissarlo, le orbite vuote e nere, come se non chiedesse altro di essere indossata.
 
Una pioggia di scintille si riversò sui suoi rozzi lineamenti, che per un attimo sembrarono prendere vita illuminati dal bagliore cupo delle braci.
 
 


Note Dell'Autrice:

Buonsalve!
Immagino siano necessarie delle spiegazioni... ordunque. Questa cosa che vedete piazzata quassù nasce da una mia personale interpretazione della psicologia del caro Mr. Stark, che spero non me ne voglia per averlo maltrattato come al solito.
Ho sempre ritenuto estremamente interessante il punto di vista "dietro alla maschera", nel senso che pensandoci bene potevano venirne fuori dei pensieri un po' fuori dalla norma. E visto che ce piace strano, eccomi qua. Per farla breve, ho adottato -o adattato, dipende- un'interpretazione più dark e meno ottimista della doppia identità di Tony, giusto per creargli più turbe psichiche di quelle che già ha <3
Sono consapevole di non aver spiegato un accidente, ma mi impegnerò ad essere più chiara nei prossimi capitoli, che ripercorreranno grossomodo le varie armature create da Tony nel corso dei film. Per ora sono pronte la Mark I, II e III, ma non le "userò" tutte: insomma, solo quelle che reputo più significative e direttamente collegate a determinate riflessioni che associo al nostro playboy preferito.


Ah, lo dico da ora -pare una minaccia, ma vabbè-: prestate particolare attenzione alle canzoni-citazione, prima di tutto perché sono splenderrime, secondo perché mi hanno mandata ai pazzi mentre cercavo d'ispirarmi e terzo perché sono veramente molto collegate al capitolo stesso e a volte esprimono delle sfumature che ho lasciato vaghe nel testo. 

Grazie a chiunque leggerà o recensirà!

 
-Light-
 
Disclaimer:
Non concedo, in nessuna circostanza, né l'autorizzazione a ripubblicare le mie storie altrove, anche se creditate e anche con link all'originale su EFP, né quella a rielaborarne passaggi, concetti o trarne ispirazione in qualsivoglia modo senza mio consenso esplicito.

©_Lightning_

©Marvel

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Capitolo 2
*** Mark II - Darker ***


2. Darker

 
"Whenever I feel black and blue I feel the past
 I share the bruise with everyone that's come and gone
 My head is clear, my voice is strong,
 Now I'm here to right the wrong."
 [Bully – Shinedown]
 

II

"Ho decisamente un problema con gli atterraggi." concluse Tony premendosi forte la borsa del ghiaccio sulla testa. 
 
Si lasciò cadere sulla sedia, socchiudendo gli occhi quando il laboratorio oscillò attorno a lui e il suo corpo gli ricordò di aver sfondato un tetto, due pavimenti, un pianoforte e un'auto in caduta libera. Bofonchiò un'imprecazione e i suoi pensieri tornarono all'armatura semidistrutta dopo il suo volo d'inaugurazione. Iniziò a parlare sovrappensiero, gettando occhiate distratte agli schermi che lo circondavano mentre J.A.R.V.I.S. si attivava per eseguire le sue istruzioni. Sbuffò nel vedere una proiezione della Mark II nel suo stato attuale e la scacciò con un gesto secco della mano, ignorando la voce della sua I.A. che continuava a blaterare di modifiche e potenziamenti, trapanandogli il cranio già abbastanza ammaccato.
 
«Muto.» sbottò infine, assaporando l'improvviso silenzio. 
 
Si abbandonò allo schienale della sedia, picchiettando distrattamente sul Reattore come aveva preso a fare spesso, ultimamente, come ad assicurarsi che fosse ancora lì.
 
Non si sentiva soddisfatto. E non per l'atterraggio fallimentare di poco prima, né per la testa che gli doleva in modo atroce o per la prospettiva di dover trovare una spiegazione plausibile per la colonna di fori che adesso attraversava i tre piani della sua villa. Stava tentando di scacciare quella sensazione da ore, ma non faceva altro che sentirsi sempre più inquieto e turbato. Era come se una spiacevole consapevolezza stesse tentando di prendere il sopravvento ma lui continuasse a rifiutarla. Era conscio di non avere uno scopo.
 
Stava assemblando quell'armatura perché... perché gli sembrava molto più costruttivo che riparare l'ennesima macchina o progettare altre armi di distruzione di massa. Perché lo distoglieva dai ricordi e riduceva le sue ore di sonno quel tanto che bastava da scampare agli incubi che lo assalivano non appena chiudeva gli occhi. Perché in realtà quella era un'altra arma, con l'unica differenza che sarebbe stato lui ad usarla in prima persona. 
 
Si sentì pervadere da un improvviso formicolio a quel pensiero. Non erano solo i lividi che si era appena procurato a fare male. Sul suo corpo portava ancora impresse le cicatrici della prigionia, e il pensiero di poter rendere indietro quel che aveva subito, per quanto appagante potesse essere, non faceva altro che acuire quel profondo senso di frustrazione che gli dilaniava il petto.
 
Tirò un profondo sospiro, cercando di ricomporsi, di sotterrare quel lato bramoso di vendetta che aveva fatto capolino per un solo istante, ma lo sentì comunque premere dentro di sé, appena sopito, pronto a risvegliarsi. Stordito, prese distrattamente la maschera dell'armatura rimasta a fissarlo fino ad allora, poggiandola sul volto e scrutando il mondo improvvisamente ridotto a due fessure nel buio. Scorse in fondo al laboratorio il blu elettrico del vecchio reattore e quello nuovo impiantato nel suo torace sembrò sobbalzare, come di rimando.

La lucida maschera di metallo sembrò diventare insostenibile e si sentì risucchiare dall'oscurità dietro di essa, interrotta solo da quel fievole bagliore azzurrino.

 
Ce l'aveva ancora, un cuore? 


 


Note Dell'Autrice:

Buonsalve, eccomi di nuovo qui a tempo di record. Se non si fosse capito, 'sta raccolta mi prende assai, a parte le elucubrazioni mentali che mi causa per scriverla.
Come già precedentemente accennato, ho fatto emergere i pensieri più intrinsechi di Tony, quelli che magari non si evincono subito. E magari ho pure toppato e sarebbe legittimo pensarlo, ma questa qua è solo una visione del film tutta personale. Siete autorizzate a fucilarmi, insomma.
La scena, naturalmente, ha luogo poco dopo che il nostro prode neo-eroe sfonda bellamente tre piani di villa dopo le sue bravate aeree, ha già trovato il regalo di Pepper e non sa ancora della festa di beneficenza. Questo per esser chiari, visto che qualcuno -la mia santa Beta <3- m'ha fatto giustamente notare "oh, ma 'sto Reattore vecchio da 'ndo sbuca?". E credetemi, riguardo a questo è stata dura non divagare e non far scapocciare Tony anche sul significato di quel regalo, ma queste son cazzole mentali mie.
Ultimo appunto: sono consapevole che l'ultima frase è l'apoteosi del pleonastico, ma era per dare pathos *cccerto* 

Ringrazio tanto Alley e evenstar che hanno recensitol o scorso capitolo <3 e la mia santa Beta MoonRay che ho assillato per giorni e giorni e si è ritrovata a dover betare tre capitoli in una botta. Povera (scusa <3). 
A presto!

-Light-

P.s. L'avevo già detto nelle risposte alle recensioni, ma mi ripeto perché così mi va. Il prossimo capitolo. Lo amo. Probabilmente lo odierete, ma "I do what I want" <3

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Capitolo 3
*** Mark III - Crimson ***


3. Crimson

 
"My lightning's flashing across the sky
You're only young, but you're gonna die
I won't take no prisoners, won't spare no lives
Nobody's putting up a fight
I got my bell, I'm gonna take you to Hell!"
[Hells Bells – AC/DC]
 

III

Rosso.
 
Quel colore gli si addiceva. Rispecchiava sicuramente i sentimenti che gli scuotevano l'animo mentre sfrecciava nel cielo  attraverso le nubi, spinto da una furia che mai aveva provato in vita sua.
 
Sentiva l'ira montare dentro sé come una marea ribollente, mozzandogli il respiro e spingendolo sempre più verso il limite, quella linea sottile che intravedeva non troppo lontana e che non era sicuro di poter varcare nuovamente una volta superata.
 
Un altro passo verso il baratro, quando finalmente atterrò in un clangore metallico e sentì i sensi offuscarsi e la ragione vacillare, sul punto di abbandonarsi all'istinto brutale che lo artigliava nel profondo. Ci fu un attimo di stasi in cui tutto sembrò rimanere sospeso nel silenzio irreale, così opprimente che minacciò di frantumarlo e schiantargli il cuore.

Tutto sembrava aver mutato prospettiva e senso dietro al velo metallico della maschera. 

 
Il mondo sfumò in un lampo vermiglio mentre si lanciava all'attacco, il colore della sua armatura confuso al sangue che la macchiava mentre ogni cosa vorticava attorno a lui in una massa sfocata, come un uragano attorno al suo occhio.

Ma in lui non c'era alcuna calma, stordito dalla furia ed esaltato dalla foga dello scontro. 
Era invincibile, assetato di vendetta e incurante del nuovo rosso con cui si stava dipingendo.
 
Il suo respiro affannato riempiva il casco dell'armatura, così assordante da coprire qualsiasi altro suono, persino il dibattersi del suo cuore impazzito, così frenetico che sembrava voler squarciare la corazza. Non lo aveva mai sentito pulsare così prepotentemente. Forse perché stava per uccidere chi glielo aveva strappato?

Il volto del suo carceriere era contratto dal terrore, gli occhi sbarrati in una muta supplica che si infrangeva sulla sua impenetrabile maschera di ferro. Sarebbe bastato stringere appena un po' di più il suo fragile collo perché si spezzasse sotto le sue dita metalliche.

Qualcosa ruggì dentro di lui, stracciando la nebbia che gli offuscava la mente e svuotandolo così all'improvviso da fargli mancare l'aria. E all'improvviso fu cosciente delle decine di sguardi puntati su di lui, avidi di giustizia, rossa e insanguinata come l'uomo di ferro davanti a loro.

 
Sarebbe stato così facile ucciderlo.
 
 


Note Dell'Autrice:

Questo è, del tutto immodestamente, quello che considero il miglior capitolo della raccolta o, almeno, il mio preferito e quello che mi sono divertita di più a scrivere. Vi parlavo del famoso lato oscuro? Eccovelo <3 
Ah, ovviamente l'uomo che Tony sta per uccidere è il panzone terrorista del primo film, quello che lascia poi in pasto agli abitanti incazzati neri. Ho solo rivisitato un po' la scena...
Non ho molto altro da dire -strano, ve'?- se non che adorando io stessa il capitolo ed essendo per una volta soddisfatta di ciò che ho scritto, subirò il lancio di pomodori con un sorriso stampato in faccia *Tony le lancia una zucca*
Piuttosto: il prossimo capitolo. È un martirio, nel senso che avevo in mente di passare direttamente alla Mark V, ma in realtà un'ideuzza per la IV ce l'ho. Solo che è, appunto, una schifezza.
Deciderò al momento se svilupparla e pubblicarla o meno, sappiate però che mi esonero da qualsiasi responsabilità per l'orrore che potrebbe derivarne.

Ringrazio Alley, evenstar e Thirrin che hanno recensito gli scorsi capitoli <3 Mi rendete feligizzima *svolazza con alucce angeliche* <3
Spero a presto,

-Light-

P.s. Amate, adorate, osannate gli AC/DC che mi hanno ispirata tanto tanto per questo capitolo <3

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Capitolo 4
*** Mark IV - Captive ***


4. Captive

 
"I'll make a beast out of myself,
Get rid of the pain of being a man
I've known it from the start
All these good ideas will tear your brain apart."
[Bat Country – Avenged Sevenfold]
 

IV

Per la prima volta in vita sua, si sentiva a disagio di fronte a un pubblico. Sentiva tutti quegli sguardi bruciargli la pelle, velenosi e maligni, mentre cercavano una qualsiasi breccia che potesse farlo crollare dinanzi a loro.
 
Dopo tanto tempo, ebbe paura. Aveva imparato a riconoscere quella morsa gelida che gli occludeva la gola e rendeva i suoi pensieri spezzati e frenetici. Su di lui premeva l'istinto di scendere da quel palco e sfuggire a tutti quegli occhi indagatori, ma lo dominò, conservando a fatica il suo inutile orgoglio.
 
Era incapace di farcela da solo, realizzò all'improvviso, e inutilmente il suo sguardo vagò in cerca degli occhi azzurri e limpidi in cui era certo di poter ritrovare la sua sicurezza. Iniziò a provare un senso di claustriofobia, mentre si rendeva conto di essere con le spalle al muro.
 
Gli serviva un sostegno. Qualcosa che gli offrisse una via di fuga. Una corazza che lo proteggesse.
 
«La verità è che...»
 
Un brivido freddo gli corse lungo la schiena, mentre si sentiva come se stesse firmando un contratto indelebile con quelle parole terribilmente estranee:
 
«Io sono Iron Man.»
 
Improvvisamente l'armatura rosso-oro non sembrava più così rassicurante, e gli sembrò quasi di scorgere la sua figura imponente di fronte a lui, più simile a un altro carceriere che a un protettore.
 
Inclinò appena le labbra di fronte all'ironia della sorte che lo voleva ancora prigioniero, e nessuno colse la piega amara di quel sorriso, già celata dietro la sua nuova maschera.
 
 
 


Note Dell'Autrice:

Non riesco ad essere soddisfatta di questo capitolo, non volevo neanche pubblicarlo a dirla tutta, ma considerato il tempo e il sudore che ci ho speso sopra ho cercato perlomeno di renderlo decente.
Immagino ci voglia praticamente una parafrasi per leggere quest'accozzaglia di roba... ma credo che mi sbizzarrirò nelle risposte alle recensioni. È a libera interpretazione, diciamo.
Mi limito a dire che, come avete visto, finalmente Pepper ha fatto una vaga comparsa, ma anticipo che la sua figura sarà sempre piuttosto marginale, se non per un capitolo e immagino sappiate già di cosa parlo.

Quindi, ringrazio millemila volte le anime pie che hanno recensito gli scorsi capitoli, cioè Alley, evenstar, Thirrin e Tony Stark e mi scuso per non avervi ancora risposto ed aver prima aggiornato, ma volevo "togliermi il dente" il prima possibile per passare direttamente al 5° capitolo, che reputo decisamente meglio riuscito. Vi risponderò sicuramente domani <3
Un grazie tutto speciale alla mia Beta JuliaSnape, mia maestra e guida che è stata in grado di evaporare o almeno attenuare i miei dubbi su questo capitolo <3 (È colpa/merito suo se vi rompo l'anima su EFP, sappiatelo!)
Grazie a tutti,

-Light-

P.s. Si ringraziano gli Avenged Sevenfold per il testo a dir poco fondamentale durante la stesura: se non fosse stato per quella canzone probabilmente questo capitolo non sarebbe neanche nato.



 

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Capitolo 5
*** Mark V - Late ***


5. Late

 
"You've become a part of me
You'll always be right here
You've become a part of me
You'll always be my fear
I've let myself become you"
[Figure.09 – Linkin Park]
 

V

Era in ritardo come al solito, e come al solito la cosa non lo turbava più di tanto.
 
Si ravviò i capelli fissando con aria critica il suo riflesso, spostò una ciocca ribelle all'indietro, si ritenne soddisfatto e inziò ad abbottonarsi la camicia. Aveva assunto senza accorgersene un'espressione corrucciata, che provò a distendere senza risultati evidenti. Un riflesso cupo rimaneva nei suoi occhi, adombrando il suo volto e spegnendo la sua consueta vivacità. Sorrise esitante allo specchio, che gli restituì un ghigno spavaldo e sicuro di sé. Si sentì più sollevato. Non era forse la maschera di Iron Man, ma poteva andare.

Il sorriso si spense come era apparso, lasciando di nuovo posto alle ombre che si annidavano nei suoi occhi.
 
«Tony, ha finito? L'aereo ci sta aspettando da quasi un'ora!» la voce di Pepper arrivò come un piacevole diversivo e si constrinse a rispondere camuffando la tensione, suonando come sempre irresistibilmente irritante:
 
«Non ho ancora capito perché mai dovrei arrivare in orario se il jet è mio.»
 
Gli anni di paziente allenamento di Pepper le impedirono probabilmente di fare irruzione in camera, afferrarlo per la collottola e trascinarlo di peso all'aeroporto.
 
«Si sbrighi,» si limitò a intimare alla porta chiusa, e il rumore dei suoi tacchi che si allontanavano coprì quello del suo sospiro esasperato.
 
Tony sorrise appena, stavolta inconsapevolmente, e riprese a prepararsi. Doveva ammettere, come sempre, di aver avuto una brillante idea nel far partecipare il suo marchio al Grand Prix de Monaco, nonostante la cosa avesse causato forti esaurimenti nervosi a Pepper. Stranamente, nonostante la sua smodata passione per le auto, non aveva mai avuto modo di assistervi, vuoi per un impegno -impostogli spesso da Pepper- vuoi per qualche festa irrinunciabile. Quella volta però né la mondanità né la sua assistente – "amministratore delegato", si corresse accigliandosi – avevano potuto distoglierlo dal suo intento. Questo perché, secondo ciò che le aveva detto, aveva messo lui stesso le mani sull'auto da corsa e non si sarebbe perso la vittoria del suo gioiellino per nulla al mondo.
 
Secondo la più cruda opinione del rilevatore di tossicità, invece, era perché probabilmente non sarebbe vissuto abbastanza a lungo da vedere un altro Grand Prix.

Tony ripose nel taschino l'aggeggio infernale che si era appena illuminato di verde in un minaccioso 37%Di nuovo inquieto, prese ad annodarsi la cravatta sforzandosi di ignorare il reticolo bluastro che si dipanava sul suo petto. Non era facile: lo sentiva quasi stritolargli i polmoni. Inspirò a fondo come se potesse rompere quelle catene immaginarie, ma il senso d'oppressione rimase immutato, così s'infilò la giacca con un gesto nervoso e fece per uscire dalla stanza prima che Pepper venisse a prelevarlo con la forza.
 
Si bloccò con il piede già sulla soglia e lanciò un'occhiata all'angolo opposto della camera, dove era riposta una valigetta rosso-argento.
 
Esitò.

Si trattava solo di cinque giorni, dopotutto. Cinque giorni senza il suo alter ego a fargli da scudo.

Pochi secondi dopo la valigetta era stretta nella sua mano. Non la ricordava così pesante. Non avrebbe dovuto esserlo. Era stata un'idea geniale, la Mark V, doveva riconoscerselo. Un'armatura portatile era decisamente ciò che gli serviva per far pensare a Pepper di aver preso tanto sul serio il suo compito da voler essere in grado di intervenire all'istante ovunque andasse.
 
E Tony glielo aveva lasciato credere. Non era esattamente ciò a cui aveva pensato quando l'aveva costruita, ma d'altra parte non aveva motivo di infrangere le sue convinzioni. Aveva pensato piuttosto a quanto amasse indossare quell'armatura e sentirsi invulnerabile per un po'. Solo un poco, prima di tornare alla brutale realtà in cui il congegno che lo teneva in vita gli divorava il cuore e la consapevolezza di stare solo accelerando la sua fine gli faceva temere Iron Man quanto aveva temuto il bagliore azzurrino del reattore. Eppure non riusciva a rinunciare alla sicurezza che riconquistava ogni volta che era immerso nel metallo, all'ebbrezza che provava nel librarsi in aria ed essere in grado di infrangere qualsiasi regola o limite. 
 
Cinque giorni erano troppi per rinunciare a tutto questo.

Sospirò stremato, picchiettando piano sul reattore in un gesto abituale che era ormai diventato un cupo memento. 
Aveva sempre amato la velocità, ma la sua vita stava scivolando via troppo in fretta per poterne sprecare anche un solo istante. 
 
La valigetta sembrò pesare più che mai, la sua àncora di salvezza che lo trascinava sempre più a fondo. 
 
«Tony! È pronto?»
 
La rete venefica sul suo petto serrò la stretta e il cuore sussultò, iniziando a battere più faticosamente.
 
«No.»
 
 
 


Note Dell'Autrice:

Salve a tutti!

Questo capitolo non è uscito esattamente come volevo, ma quasi mai riesco a trasporre come vorrei io quello che penso, quindi fingerò di ritenermi soddisfatta. Come al solito, il tutto è a libera interpretazione e sarò lieta di disquisire con voi nelle risposte alle recensioni *indossa occhialetti da psicanalista*
Dunque, a parte il capitolo... sì, anch'io ho visto Iron Man 3! E... e... e... *sospiro* e mi dispiace annunciare che mi ha deluso non poco. Non sto dicendo che è un brutto film, anzi, ma mi ha indiscutibilmente deluso sotto molti punti di vista, nonostante vi fossero delle trovate molto ben riuscite. Giusto per scassarvi le scatole perché non lo faccio abbastanza, mi limito a dire che ho odiato il regista per 3 motivi principali: 1) Il Mandarino; 2) Trattazione dei personaggi; 3) Niente AC/DC. E sì, il terzo motivo conta quanto gli altri, perché a certe scene mi sono cadute le braccia a sentire la musica... Scusate, mi sfogo qui perché forse voi mi sopporterete di più degli altri comuni mortali <3

Dopo questo sproloquio, ringrazio tantissimo Alley, evenstar, Tony Stark e JuliaSnape per aver recensito gli scorsi capitoli e la mia storica Beta, MoonRay, per essersi sorbita ancora una volta le mie follie. Ti voglio bene, donna, sappilo <3
Detto ciò, scompaio e spero di essere puntuale col prossimo aggiornamento, perché il prossimo capitolo è ancora in cantiere e mi dà non pochi grattacapi...
Bye bye!

-Light-

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Capitolo 6
*** Mark VI - Legacy ***


6. Legacy

 
"And you see the things they never see
All you wanted I could be
Now you know me
And I'm not afraid"
[I'm Still Here – Goo Goo Dolls]

 

VI

Tony si tolse finalmente gli occhiali protettivi, concedendosi uno sbuffo soddisfatto. Dalla nuova cavità triangolare che solcava la placca frontale dell'armatura si levavano sottili fili di fumo. Analizzò con occhio critico il suo lavoro, ridefinendo con il saldatore le piccole imperfezioni che solcavano il metallo cromato, rivolgendosi allo stesso tempo a JARVIS:

«Come procede l'assemblaggio della Mark VI?»

«È in fase di completamento, signore. Tutte le funzionalità sono state ricalibrate per sostenere e sfruttare al meglio la potenza del nuovo elemento.»

«Ottimo.»

Tony lasciò perdere le rifiniture e affidò la corazza ai bracci meccanici perché fosse integrata al resto dell'armatura.

«Preparala sulla piattaforma e assicurati che anche questo rottame funzioni a dovere,»disse sbrigativo, gettando via guanti e vestiti da lavoro e iniziando a infilarsi il più rapidamente possibile la tuta apposita che indossava sotto l'armatura.

Si soffermò brevemente a osservare le vene bluastre che risaltavano attorno al reattore, marcate ed evidenti quanto il giorno prima, per poi coprirle rapidamente con la maglietta, non osando dare voce ai timori che gli affollavano la mente. Si accomodò sulla sedia girevole, iniziando quasi subito a muoversi avanti e indietro, improvvisamente nervoso.

«Il palladio?» chiese infine, sperando che la notevole intelligenza e perspicacia di cui aveva dotato JARVIS fossero sufficienti a fargli cogliere i sottintesi di quella domanda.

«Il livello d'intossicazione è fermo al 57% da quasi due ore e il nuovo elemento sembra non avere ripercussioni a breve termine sul suo corpo, se non un livello di adrenalina leggermente superiore al normale.»

Il computer proiettò un grafico a dimostrazione della sua analisi, mostrando l'insolità stabilità delle sue condizioni. Tony diede un colpetto quasi affettuoso al suo reattore, lieto che avesse smesso di ucciderlo e un peso scivolò via dal suo petto, liberandogli mente e corpo. Sentì di poter respirare più liberamente. Gli venne quasi da ridere per il sollievo e finalmente si sentì di nuovo sereno.

 
Poteva continuare ad essere Iron Man. La consapevolezza lo colpì all'improvviso, lasciandolo spaesato per qualche istante. Non sapeva cosa volesse dire "continuare ad essere Iron Man". Aveva detto lui stesso che lui e l'armatura erano una cosa sola, e aveva sempre dato per scontato l'esservi legato indissolubilmente, nonostante questo lo avesse quasi condotto alla morte. Si rendeva conto di avere una scelta, adesso. Qualcuno, forse un po' in ritardo, gli aveva dato la possibilità di compierla.
 
Il suo sguardo corse al plastico della Stark Expo e si soffermò ad osservarne i particolari, i dettagli, scorgendo chiaramente tutto il lavoro e i sogni che c'erano dietro. Posò una mano sul nuovo reattore, scoprendolo piacevolmente tiepido. Uno strano sentimento di gratitudine si fece strada in lui e accolse con sollievo la voce robotica di JARVIS che arrivò a interrompere le sue riflessioni:

«Signore, la Mark VI è pronta all'uso.»

Annuì assente, scoprendosi a sorridere come un idiota. Tentò inutilmente di ricomporsi e di frenare le parole di suo padre che continuavano a risuonargli in testa, proprio come aveva sempre desiderato.

"La mia più grande creazione sei tu.

Scosse la testa, frastornato dalle emozioni contrastanti che si dibattevano in lui. Non poteva riscattare vent'anni passati a ignorarlo dicendo qualche bella parola e salvandogli la vita, si ripeté, ma nonostante tutto continuò a sentirsi insensatamente felice. 
Salì sulla piattaforma con la testa leggera e le gambe malferme, incapace di concentrarsi e registrando passivamente i bracci meccanici che gli saldavano addosso le familiari placche rosso-oro.
 
Mai l'abbraccio metallico dell'armatura gli era sembrato così accogliente. Lo sentiva riverberare di un calore lontano che aveva agognato per troppo tempo.
 
Sorrideva ancora, quando la maschera dell'armatura celò il suo volto.
 
 


Note Dell'Autrice:

Momento momento momento momento momento, questo non è il mio bicchiere di Iron Man! Sono sicura di avervi sconvolti: non c' angst in questo capitolo! (o meglio: ce n'è meno del solito...)
Questo perché con tutto l'angst che mi si riversa addosso ultimamente avevo decisamente bisogno di una boccata d'aria. E l'idea che la Mark VI fosse nei pensieri di Tony in qualche modo collegata al padre mi è sempre piaciuta tantissimo, e ho infine deciso di svilupparla. Non ho resistito a descrivere Tony che lavora, perché Tony che lavora è per me l'amore assoluto e adoro descriverlo appallando voi <3
Chiudo qui i miei sproloqui sperando di non avervi deluso con questo capitolo che, sebbene mi piaccia relativamente -per quanto possa apprezzare i miei scritti- non so assolutamente quanto sarà gradito da voi...

Ringrazio mille e più volte Alley, evenstar, Thirrin e Tony Stark che continuano a seguire questa raccolta, e un altro grazie speciale a voi per aver sopportato i miei deliri post-Iron Man 3. Mi ha fatto davvero piacere parlare con voi :)
Un bacio alla mia Beta JuliaSnape, che ormai si sogna le armature pure di notte...
Alla prossima!

-Light-

P.s. Il titolo si rifà al discorso di Tony riguardo al "retaggio" (appunto, "legacy") all'inizio di Iron Man 2.

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Capitolo 7
*** Mark VII - Question ***


7. Question

 
"Do we, do we know, when we fly?
When we, when we go,
Do we die?"
[Question – System Of A Down]
 

VII

Era quello, il momento?
 
Un nodo d'ansia gli serrò lo stomaco, mentre cercava d'ignorare quell'insistente e impellente voce che gli urlava di lasciare che gli eventi facessero il loro corso e di tornare indietro finché poteva. Di salvarsi la vita, finché era in tempo. 
 
Non si era mai definito un "eroe": quella parola aveva sempre avuto un suono sgradevole e discordante, quanto di più lontano potesse immaginare da lui. Non gli piaceva quando la gente lo chiamava così, e "supereroe" era anche peggio, se pensava al fatto che lo era diventato per colpa di una bomba, un chirurgo un po' alternativo e un corpo che andava a batterie.
 
Lui era un consulente, un inventore, un genio; lui costruiva e riparava cose, non salvava persone. Iron Man, lui, lui era l'eroe, ideato dalla sua stessa mente e plasmato dalle sue stesse mani; lui salvava le persone.

Era per questo che l'aveva inventato, no? Per rimediare ai suoi errori. E per proteggere se stesso, ma quello era un pensiero sgradevole, in quel momento più che mai. Pensare alla tua debolezza non aiuta quando hai una testata nucleare sulle spalle e sei consapevole che potrebbe esploderti in mano da un momento all'altro. Ma in quel momento più che mai si rendeva conto della sua fragilità.

Quello davanti a lui era un portale alieno. I suoi compagni di squadra erano un invincibile bestione verde, un semidio, un supersoldato e una coppia di assassini provetti. Quella maledetta armatura era l'unico motivo per cui i Chitauri non l'avevano polverizzato e Loki non l'aveva schiantato ai piedi della sua torre.

 
Senza quella, cos'era? Un patetico essere umano con una lampadina azzurra piantata nel petto, pronto a spezzarsi alla minima pressione. A quello servivano i braccialetti che portava ai polsi. Lo facevano sentire un po' più protetto, un po' più sicuro. Lo illudevano che forse un qualche potere l'aveva anche lui e che non era del tutto indifeso se poteva chiamare in suo soccorso la Mark VII. E anche così, la morte l'aveva sfiorato e adesso le stava andando incontro di sua volontà, forse proprio per dimostrare a se stesso, al mondo, che non serve essere un supersoldato per fare ciò che è giusto.
 
Il portale incombeva ormai su di lui, una voragine oscura che spalancava le sue fauci sul mondo sottostante, pronto a risucchiarlo nelle sue viscere. Puntò dritto verso di esso, con la testa improvvisamente vuota e leggera, nella calma e forse incosciente accettazione di non poter più tornare indietro e che ciò che aveva davanti era immensamente più potente di lui. Anche la sua armatura sembrò fragile e ridicola al cospetto di quella forza mostruosa.
 
L'ultimo pensiero coerente che ebbe era intriso di rammarico nel vedere quella foto lampeggiare sul display e il trillo di un telefono che squillava a vuoto...
 
Fu inghiottito dal nero.
 
Per un attimo sentì solo un forte vuoto allo stomaco, come se fosse appena decollato con la sua fidata armatura. Poi le familiari e rassicuranti interfacce azzurrine tremolarono e si spensero, lasciando solo due sottili fessure affacciate sul vuoto profondo dello spazio.
 
I potenti propulsori emisero un ultimo, morente getto d'energia, poi si esaurirono, dandogli l'impresisone di perdere peso e consistenza. Era solo, adesso, col suo corpo di uomo  intrappolato in un involucro di metallo inerte.
 
I suoi sensi si annebbiarono e tutto divenne fioco ed estraneo. Chiuse gli occhi, chiedendosi perché non avesse paura. Il cuore gli martellava nel petto e sentiva di non riuscire a respirare per quanto i suoi muscoli erano contratti. Forse aveva paura.
Non era così che si era immaginato la sua "eroica" dipartita. Aveva sempre pensato a qualcosa di spettacolare ed assolutamente grandioso, un degno riflesso di se stesso, se proprio avesse dovuto scegliere. Invece sarebbe semplicemente... scomparso

Di lui sarebbe rimasto solo il ricordo di un'armatura scintillante.

 
 


Note Dell'Autrice:

Inizio subito con lo scusarmi, per due motivi ben evidenti: 1) L'aggiornamento in iper-ritardo (era troppo bello riuscire a pubblicare puntualmente...), a causa di scuola, studio e una buona grandinata di verifiche, oltre ad altri eventi non esattamente piacevoli che hanno bloccato la mia ispirazione per un po'; 2) Proprio a causa della triste dipartita dell'ispirazione 'sto capitolo è probabilmente il peggiore della raccolta, quello che mi piace di meno e quello su cui ho penato di più. Ho perso il conto delle volte che l'ho riscritto. Alla fine, non raggiungendo mai un risultato soddisfacente, l'ho lasciato così, limando il più possibile le imperfezioni, abusando del corsivo e sperando che il senso fosse chiaro -no, non lo è, ma posso aprire un banchetto da psicologa per fugare i vostri dubbi.
Posso solo dire che il tema è il solito: fragilità, divisione tra uomo e armatura, consapevolezza di doversi affidare totalmente alla tecnologia e paura di essere da questa abbandonato. Sì, ho veramente scritto tutto ciò. Bontà divina... [cit.]
Piccolo preavviso: il prossimo capitolo sarà un po' diverso dai precedenti. Aspettate e vedrete (?).

Ringrazio infinitamente Alley, evenstar, Tony Stark, Thirrin e JuliaSnape che continuano a seguire e a recensire questa raccolta. Mi rendete davvero felicissima, non credevo davvero di ottenere un tale seguito e saltello come un'idiota ogni volta che trovo le vostre recensioni.
Grazie a tutti! <3
Mi eclisso definitivamente.
Adiòs,

-Light-

P.s. Come sempre, occhio alle lyrics.
P.p.s. Questo capitolo non è stato sottoposto ad alcuna betatura, poiché la prode Julia era troppo impanicata per l'esame di guida e la fedele MoonRay è a zonzo per l'Italia e sommersa dallo studio (tranquille, vi amo lo stesso). Siete autorizzati a prendermi a pomodori in faccia per qualsiasi eventuale errore di grammatica/sintassi.

 

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Capitolo 8
*** Interludio ***


8. Interludio

 
"And either way you turn
I'll be there
Open up your skull
I'll be there
Climbing up the walls"
[Climbing Up The Walls – Radiohead]
 

Tony era sprofondato nel divano, con la testa china e le mani incrociate davanti a sé che reggevano un bicchiere di whiskey. Il liquore ambrato catturava la luce azzurra del Reattore, acquistando una sfumatura fredda e innaturale. Di tanto in tanto l'uomo sollevava lo sguardo verso l'immensa vetrata affacciata sul mare, non traendone evidentemente alcun conforto e lasciando così ricadere il capo in un gesto rassegnato.

Erano passate dodici ore.

 
Eppure era ancora corroso dal dubbio e dall'incertezza, dai ricordi e dal vuoto che tentava in continuazione di sopraffarlo. Un lampo davanti a i suoi occhi e vide di nuovo il nero del portale vorticante che squarciava il cielo e sentì di nuovo freddo, così tanto che si ritrovò a tremare e si costrinse a mandar giù un altro sorso d'alcool. Il liquido parve rimanere sospeso tra la bocca e lo stomaco, dove rimase a bruciare, ma non lo riscaldò.
 
Poche ore prima era ancora a New York, in una città ferita e devestata che stentava a prendere atto di ciò che era accaduto, attorniato da migliaia di persone e domande e con l'adrenalina che gli impediva di rilassarsi nonostante il pericolo fosse passato. Aveva la testa piena, straripante di pensieri, freneticamente concentrata sul presente e smaniosa di rimanerlo; per lungo tempo non si era sentito così vivo, ma una parte di sé era terribilmente cosciente che quella non era una vittoria, ma una rassegnata accettazione di ciò che si era perso. Perché avevano perso, tutti quanti. Nonostante ci si ostinasse a nasconderlo, dietro festeggiamenti, congratulazioni ed onorificenze si nascondevano altrettanti lutti, dolori e perdite.
 
Aveva salvato la città, certo. Ma adesso chi avrebbe salvato lui?
 
Era come se fosse stato in carica fino ad allora e all'improvviso qualcuno avesse staccato la spina, lasciandolo esaurire a poco a poco. Tamburellò sul Reattore, quasi sorridendo alla diabolica ironia di quel paragone. Troppe volte aveva avuto conferma di quanto in realtà fosse vulnerabile. Bastava togliergli le batterie come a uno di quei robottini con cui giocava da bambino e aspettare che gli ultimi residui di energia si esaurissero, lasciandolo infine inerte. Nel portale aveva avuto l'ennesima prova di non essere affatto invincibile. Non era altro che un uomo che si era costruito un'immagine più grande di lui nella speranza di non essere mai visto.
 
Si prese la testa tra le mani, sentendola pulsare dolorosamente mentre visioni spezzate e frammentarie balenavano davanti ai suoi occhi. Il nero. Una galassia in lontananza. Un lampo accecante. Serrò gli occhi pregando che quella successione frenetica di immagini si arrestasse, ma non poté fare altro lasciarle scorrere, sempre più numerose e caotiche. Ebbe la sensazione che il suo cervello stesse per implodere.
 
Chi era lui realmente? 
 
"Tony Stark" e "Iron Man" collidevano in modo stridente e non riusciva a capire se si fosse schierato da una delle due parti o se fosse piuttosto intrappolato nel mezzo, schiacciato dalla mole di quelle due figure da cui sentiva di non essere rappresentato né protetto.

Si alzò di scatto, col respiro che accelerava diventando affannoso e incontrollato. Inspirò a fondo, tremando e trattenendo il prepotente istinto di mettersi a urlare. Più pensava, più voleva smettere di farlo, e più allo stesso tempo continuava, spinto verso una consapevolezza che non aveva mai voluto accettare. Nessuno sentiva mai il bisogno di vedere lui. Loro volevano solo il playboy miliardario, prima, e il potente supereroe, ora. Il Tony umano, che soffriva, viveva, si poneva dubbi e domande, che veniva pian piano divorato dal suo stesso alter ego, quello non era mai interessato a nessuno. E il pensiero che un "eroe" potesse crollare era semplicemente inconcepibile. Anche lei, l'unica persona che lo capiva veramente e che adesso dormiva tranquilla in quella stessa casa, era ignara che per lui il "disastro di New York" non era ancora finito.
 
Si stupì che il sentore di whiskey nella sua bocca non fosse più così piacevole ma assomigliasse piuttosto ad acido sulla sua lingua mentre la mente iniziava a vacillare, le vene corroborate dal calore dell'alcool. Scosse la testa, riuscendo solo a far girare in tondo la stanza e a confondere ancor di più i suoi pensieri. Trascorse interi minuti nel tentativo di stabilizzare il respiro, ma si sentiva soffocare.
 
Snervato, frustrato, con troppa energia latente che chiedeva di essere sfogata, scese quasi correndo i gradini del laboratorio, alla disperata ricerca di qualcosa in cui riversare la sua irrequietezza.
 
L'armatura. Doveva perfezionarla. Fare in modo che fosse in grado di soddisfare ogni necessità, di affrontare qualsiasi situazione e, soprattutto, di poter intervenire tempestivamente nel momento del bisogno. Il giorno prima era arrivata appena in tempo, ma forse un giorno non sarebbe stata abbastanza rapida.
 
Si bloccò nel mezzo del laboratorio, di nuovo paralizzato da una morsa di paura mentre la sensazione di cadere gli arpionava lo stomaco strattonandolo a terra. rievocando ricordi fin troppo vividi. Era sul pavimento, adesso, boccheggiante e indifeso, con le vertigini che gli impedivano di tenere aperti gli occhi. 
 
L'armatura. Non bastava perfezionarla. Doveva diventare parte integrante e definitiva di sé, per sopperire alle mancanze di quel fragile corpo su cui sentiva di aver ormai perso ogni controllo.
 
Si rialzò lentamente, ansimando, e si trovò a fissare la parete delle armature, simili a guardiani silenziosi che lo fissavano in attesa di un ordine. Sembravano quasi vive. Il suo respiro divenne spezzato, più simile a un rantolo. Temeva da un momento all'altro di essere di nuovo assalito da quel panico prepotente e brutale che l'aveva pervaso privandolo della sua volontà. 
 
Non successe. Ma dentro di sé continuava a cadere, a cadere, e a cadere sempre più giù.
 

 

 
Note Dell'Autrice:

Sono di nuovo in ritardo, ma naturalmente era troppo sperare di poter aggiornare in tempi brevi con la scuola che mi opprime e svariati impegni che si accumulano nel peggiore dei modi.
Dunque, la particolarità di questo capitolo, che avevo preannunciato in quello precedente, è semplicemente il fatto che non viene trattata un'armatura in particolare ma, piuttosto, la figura di Iron Man in sé e quella di Tony -sempre secondo il Light-verse, che ovviamente può essere o meno condivisibile-, fungendo quindi da momento di stallo o di svolta tra The Avengers e Iron Man 3. Ho dato una sorta di spiegazione per i famosi attacchi di panico del terzo film. Avevo apprezzato particolarmente questo dettaglio perché era una delle poche cose sensate che alzava un po' il pathos nelle scene drammatiche... peccato che suddetta cosa sia stata presentata, sviluppata appena e subito accantonata senza fornire ulteriori spiegazioni in proposito. Insomma, per quanto possa essermi piaciuta come trovata, era un po' buttata lì. Mi sentivo in dovere di scriverci sopra e di farmi odiare ancora un po' da Tony...

Ringrazio tantissimo Alley ed evenstar che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti coloro che hanno recensito tutti gli altri <3
Bye bye,

-Light-

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Capitolo 9
*** Mark XLII - Hold ***


9. Hold

 
"Seasons change and so can I
Hold on boy
No time to cry
Untie these strings
I'm climbing down
I won't let them push me away"
[Another World – Dream Theatre]
 

XLII

C'erano due cose di cui aveva paura: le altezze e gli spazi chiusi. L'armatura concentrava in sé queste due fobie che, unite alla naturale repulsione che provava ultimamente per quell'ammasso di metallo, rendevano quella situazione decisamente insopportabile.

Situazione che in quel momento comprendeva il suo compagno in pericolo di vita, la loro casa che collassava, una donna che avrebbe fatto meglio a sparire dalla sua vista e, non ultimi, degli elicotteri traboccanti di missili e terroristi che non chiedevano di meglio che ucciderli. Oh, e poi c'era lei, intrappolata in un'armatura che le si era saldata addosso contro la sua volontà, con delle potenzialità pressoché infinite, tra cui sparare raggi di energia, un armamentario da far invidia a un F22 e volare -no, per l'amor del cielo, no- e lei non aveva la minima idea di come sfruttarle. Una lastra d'intonaco le cadde addosso, ma fu come se qualcuno le avesse dato una pacca sulla spalla. Almeno era invulnerabile.

"Ma Tony no. Non ora," realizzò, improvvisamente incapace di muoversi. All'interno del casco si riversò un fiotto d'informazioni azzurrine, contornate da decine di riquadri e mirini che per lei non avevano nessun significato e servivano solo a confonderla ulteriormente.

Salvare Tony. Proteggere Maya. Allontanare e neutralizzare i terroristi. Limitare i danni a Villa Stark.
 
Il suo cervello andò in tilt. Era così che si sentiva Tony in missione? Frastornato dalle sensazioni, trascinato dagli eventi e con la consapevolezza di dover fare troppe cose in poco tempo? Cosciente di dover proteggere chi gli stava a cuore senza la certezza di farcela? Da ogni suo gesto dipendevano delle vite, adesso. Come poteva sopportare quell'onere, simile a una mano gigantesca che minacciava di schiacciarla a terra?
 
Tentò di muoversi, impacciata dal guscio rigido che la avvolgeva e sparò involontariamente un raggio di energia che disintegrò una vetrata. Barcollò all'indietro per il rinculo, la spalla dolorante.
 
Fu allora che lo vide, ed ogni insicurezza fu improvvisamente spazzata via. Seguì l'istinto, imperioso, e adesso era come se in vita sua non avesse fatto altro che indossare quell'armatura. Corse verso di lui e si slanciò in avanti, frapponendosi fra il suo corpo e la sezione di soffitto che si infranse sulla sua schiena in un ventaglio di calcinacci e polvere.
 
Lo sguardo di Tony era stupefatto. Il proprio era probabilmente terrorizzato e ringraziò che lui potesse vedere solo due fredde ed inespressive fessure azzurrine. Ma poi sollevò l'elmo dell'armatura, rivelando gli occhi luminosi, accesi di preoccupazione e angoscia e incastonati nel volto contratto dalla paura.
 
Era risentimento quello che balenò per un istante negli occhi di Tony? O sollievo? Forse entrambi. Incrociò le sue iridi nocciola.
Paura. Era paura. Se ne rese conto nell'istante stesso in cui Tony parlò. All'improvviso capì il motivo di tutte quelle armature, la sua ossessione, le notti insonni e l'appello disperato che le aveva lanciato e che lei aveva scelto d'ignorare.
 
Non era per lui; o almeno, non era solo per lui. C'era un motivo più grande che soverchiava la sua insicurezza ed era ben più di una semplice "distrazione", e lo lesse negli occhi sbarrati di Tony. Le armature significavano protezione, per lui stesso e per gli altri. Soprattutto per gli altri.

«Ti ho salvato,» riuscì a dire, poco più di un sussurro nell'aria sconvolta da crolli ed esplosioni.

La paura si affievolì negli occhi scuri di Tony e quelli limpidi di Pepper si addolcirono. 

«L'ho fatto prima io.»

Pepper sorrise.
 

 

 
Note Dell'Autrice:

Sono sparita per un'infinità di tempo e torno solo ora ad aggiornare questa raccolta con il suo capitolo conclusivo. Mi rendo conto che questo "atto finale" non è esattamente all'altezza delle aspettative, ma l'ultimo mese è stato devastante sotto molti punti di vista e non ho avuto né la forza per migliorarlo né quella per rimandare ancora l'aggiornamento. Non ne sono totalmente insoddisfatta, comunque. Semplicemente, so che avrei potuto far di meglio, ma so anche che prima che la mia ispirazione si ristabilisca ne passerà di tempo, quindi... è andata così.
La canzone citata ha per me un significato particolare, poiché è legata a una persona speciale; quindi grazie a G. per avermela fatta conoscere (sappi che l'avrò ascoltata una decina di volte di seguito ed è maledettamente ispirante :)

Naturalmente questo è il PoV di Pepper, quindi è per questo che le conclusioni che trae non sono esattamente quelle a cui è arrivato Tony nei precedenti capitoli. E scusate il miele finale, ma dopo capitoli e capitoli di angst puro ci voleva pure...

Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno seguito, recensito o messo tra le ricordate/preferiti questa storia<3

Grazie a tutti, spero che questa raccolta vi sia piaciuta e che l'abbiate letta con piacere :)

-Light-


 

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Capitolo 10
*** Mark XLVI - Broken ***


10. Broken
 

 
"Below my soul
I feel an engine
Collapsing as it sees the pain
If I could only shut it out
I've come too far
To see the end now"

[Nothing Left To Say – Imagine Dragons]
 

XLVI

Quando riuscì ad alzarsi sulle ginocchia, la sua gabbia toracica scricchiolò in un crepitio di ossa rotte e giunture deformate.

Strinse le labbra – rotte anche quelle – e portò una mano al petto, al reattore frantumato che riversava una pioggia tintinnante di vetro sul cemento gelido, chiazzato del suo sangue.
Fece leva sulla mano per alzarsi, e le costole sembrarono chiudersi come una trappola per orsi sul suo sterno, strappandogli un grido strozzato. Sentì lacrime di dolore pungergli gli angoli degli occhi, subito fredde sulla sua pelle, e ricadde a terra con un clangore sordo.

Ispirò e fu fuoco nei polmoni schiacciati, compressi da una mola, come fossero pieni d’acqua e incapaci di incamerare ossigeno. Scacciò la bocca nera di un barile dalla sua visuale e trasse un altro respiro – più un rantolo, costretto dal suo bozzolo di ferro che lo stava facendo annegare nel metallo, fuso col suo petto in un grappolo d’agonia. Sentiva il reattore sprofondare nella carne come quando gliel'avevano impiantato.
S’immobilizzò e chiuse gli occhi, oscurando il paesaggio innevato e il buio stantio del bunker, dove la stella bianca in campo blu riluceva freddamente, occhieggiando vittoriosa nella sua direzione.

Si era rotto, come tutte le cose che aveva cercato di proteggere, come tutte quelle che aveva costruito per farlo. Inutilmente.
Sputò a terra, serrando i denti.

In bocca sentiva solo il sapore acre del sangue, troppo simile a ferro

 


 

 
 
Note Dell'Autrice:

Come dice il detto: chi non muore si rivede!
E infatti eccomi qua ad aggiungere un altro pezzetto a questa raccolta, che a questo punto è arrivata quasi alla fine – mancano solo un paio d'armature, se i miei calcoli sono corretti.
Non potevo tagliar fuori la Siberia dalla raccolta, quindi sono corsa a rimediare con questa cosetta scritta di getto, assistita dall'ispirazione che nell'ultimo periodo si è dimostrata clemente con me. Sposterò poi il capitolo nel suo ordine cronologico corretto.
Grazie a tutti coloro che hanno seguito e commentato gli scorsi capitoli e alla prossima!

-Light-

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Capitolo 11
*** Mark L - Gods ***


10. Gods
 

"Go tell that long tongue liar
Go and tell that midnight rider
Tell the rambler, the gambler, the back biter
Tell 'em that God's gonna cut 'em down"

[God's Gonna Cut You Down – Johnny Cash]
 


L


Sei anni di incubi.
È colpa sua.

Le perenni stelle annidate dietro ai tuoi occhi.
È colpa sua.

La ricerca di un calore inesistente nel metallo.
È colpa sua.

Gli errori, le debolezze, il tuo stupido orgoglio.
Quelli sono colpa tua, lo saranno sempre.

Davanti a te si staglia il tuo terrore più grande, minacciosamente invitante. Quando potrai guardare il cielo di New York e vedere solo un azzurro terso?

Punti in alto, proprio come sei anni fa. La sensazione di deja-vu aumenta.

E invece di invertire i propulsori acceleri, ti tuffi nel grigio non solo perché devi, ma perché vuoi.

 

§


Il sangue sgorga dall'ennesima falla della tua corazza, bollente e viscoso.

È davanti a te. Lo guardi a viso aperto, senza elmo, con la vita che ti sfugge già via scorrendo sul rosso della tua seconda pelle.

Non provi paura. La paura è nel futuro, nelle grida di coloro che periranno se fallirai. Ma le tue gambe non rispondono e ti accasci a terra, inerte.

Ti sei messo di nuovo contro gli dèi; tu, un semplice mortale in un'armatura fragile e difettosa, caduto sul campo di battaglia.

Hai fallito di nuovo.


Che te ne fai, del rispetto di un dio?




 

Note Dell'Autrice:

Ops, I did it again.
Eee niente, stavo risistemando il layout delle mie storie e mi sono chiesta perché mai avessi fatto finire questa raccolta così "male".
E visto che Infinity War ancora mi tortura l'anima, ecco una doppia drabble scritta di getto per colmare il vuoto (saltando un po' di armature nel processo) e donare una degna conclusione a questo lavoro, a cui sono molto affezionata.
Ammetto che il focus qui è più su Tony che sull'armatura, che anzi rimane quasi marginale, ma a questo punto si presume che quel broccolo abbia fatto pace con se stesso per le problematiche di Iron Man 3 ad essa inerenti. Tanto c'è molto altro da cui attingere per le sue turbe mentali. Tipo Thanos che lo "patta" sulla testa e gli fa i complimendos mentre agonizza, yeah.

Grazie a chiunque leggerà e/o recensirà! :)

-Light-

P.S. L'approccio in seconda persona non è tra i miei punti di forza (ehm, ho barato, perché per le drabble è molto pratico) quindi sarei felice di ricevere opinioni al riguardo :)



 

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Capitolo 12
*** Mark XLIX - Rescue ***


11. Rescue

 
“And as you leave
I won't hold you back, beloved

We'll sit and talk the stars
Down from the sky
And I'll not forget the chaos in your eyes, love
And as you leave
You must know you are beloved”

 [Beloved – Mumford&Sons]
 

 

    LXXXV                                       XLIX

Atterra di fronte a lui, e il caos e il dolore si fermano.

La lastra dorata e inespressiva si solleva, con le fessure azzurrine che lasciano posto a una sfumatura più calda, di stelle e pianeti conosciuti. Il suo sguardo sfocato s’impiglia in quelle iridi cerulee e limpide, e lui trova l’ossigeno per un altro respiro, pochi atomi che gli pungono i polmoni smuovendo appena la corazza vermiglia che lo racchiude.

La chiama, e la sua voce proviene già da un altro luogo, la sente risalire come un’eco grave dall’abisso in cui sta sprofondando. Eppure, cerca di regalarle un sorriso, perché va tutto bene: finalmente la vede indossare uno dei suoi regali, ed è come se la stesse abbracciando. Lei cerca di ricambiarlo, con le lacrime appese alle ciglia, regalandogli un altro respiro, più flebile, mentre segue le linee delicate del suo volto.

Trova quella piega dolce che punta all’insù e le accende le gote, la curva morbida che ha baciato ogni giorno e che ha sempre lenito le ferite sotto la superficie, quelle che non mostrava a nessuno.
La vede di nuovo, forte e tremante allo stesso tempo, e sa che è l’ultima volta in questa vita1.
Stringe la mano sottile premuta sul suo petto, sul suo doppio cuore, come a guidarlo in quell'estremo e tortuoso percorso, e tra un respiro a fior di labbra e un battito quieto, si perde.

E poi si ritrova, nel sorriso e negli occhi di chi ama, nel porto sicuro in cui getta per l'ultima volta la propria àncora

Non sono mai state le armature a salvarlo.

 


 
 
Note:
1Piccolo riferimento alla mia shot Fermarsi.


Note Dell'Autrice:

Cari Lettori,
avevo concluso questa raccolta tempo fa, almeno così credevo, ma dopo aver visto Endgame non potevo non aggiungere questo capitolo. Non è nulla di che, visto il tema trito e ritrito nel fandom, ma considerato l'andamento e il fulcro della raccolta, ovvero le armature, mi sembrava un finale adeguato. E sì, questo è davvero il finale stavolta, ma... c'è un ma. Ho ignorato qualche armatura in corso d'opera, saltando da Iron Man 3 a Infinity War, e ho avuto quanche ideuzza per integrare almeno parte di quelle mancanti, quindi è probabile che vedrete un altro paio di aggiornamenti (che riordinerò poi in ordine cronologico).

Addosso tutta la colpa di questa mia creatura alla mia cara shilyss, che mi ha inconsapevolmente ispirata riguardo a Rescue <3 Grazie a tutti quelli che leggeranno, e alla carissima _Atlas_ e leila91 che hanno recuperato tutta la raccolta tempo fa <3
Alla prossima,

-Light-

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