L'ultimo lampo di Fiore di Giada (/viewuser.php?uid=695733)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CHAPTER ONE ***
Capitolo 2: *** CHAPTER TWO ***
Capitolo 1 *** CHAPTER ONE ***
Il
cielo notturno era illuminato dall’argenteo chiarore della
luna, che accendeva di riflessi candidi i tetti del monastero Shaolin
e le statue, sistemate ai lati del giardino, mentre un flebile vento
scuoteva le foglie degli alberi, facendole risuonare di deboli
fruscii.
Raiden,
con passo calmo, percorreva le strade e il suo sguardo si posava ora
sulle statue, ora sulle piante.
Un
altro giorno., pensò.
Con la sconfitta di Kronika e del suo folle piano, il corso del tempo
era stato ripristinato.
Il
futuro era stato ricostruito.
La
Terra era rinata e l’umanità, con la sua duplice natura,
stava scrivendo una nuova storia.
Liu
Kang, il suo amato allievo, si era rivelato un valido argine alle
forze multiformi del male.
Ne
era sicuro, la sua guida avrebbe fatto sorgere una nuova generazione
di eroi nella luce scintillante della giustizia.
Raiden
accennò ad un tenue sorriso. Il suo allievo era asceso ad un
livello assai elevato nella gerarchia divina, ma, a differenza dei
suoi predecessori, aveva serbato la purezza adamantina del suo cuore
umano.
Nessuna
ombra aleggiava sul suo animo.
Una
farfalla verde smeraldo iniziò a volteggiare attorno a Raiden,
che, d’istinto, sollevò il braccio destro.
L’insetto,
per alcuni istanti, parve esitare, poi si posò sulla mano
dell’ex dio del tuono.
– Ne
è valsa la pena. – mormorò. Una bellezza fragile
si condensava in quel corpo così minuto, eppure tanto forte.
La
natura terrestre aveva saputo creare esempi di sublime bellezza.
E
non meritavano di essere distrutti dal capriccio di divinità
annebbiate dalla loro stessa superbia.
Una
nube di malinconia oscurò il suo sguardo. La sua natura,
malgrado la diversità dei fini, non era difforme da quella
delle altre divinità.
Il
suo cuore si era lasciato travolgere dall’onda della superbia e
della collera.
La
sua mente, in altre linee temporali, era stata inebriata dal sangue e
dal miraggio di una facile salvezza per la Terra.
Si
era convertito in un guerriero crudele e corrotto, che scambiava la
speranza per gli esseri umani col compiacimento del suo egocentrismo.
Quante
vite erano state sacrificate a questo suo sogno crudele?
Gli
occhi luccicarono di lacrime. Gli sconvolgimenti di Kronika erano
stati annullati, ma un simile risultato aveva richiesto un alto,
crudele tributo.
Fujin
era morto.
Con
la sua dipartita, il suo cuore era stato pervaso dal gelo della
solitudine.
La
sua famiglia ancestrale era stata distrutta dal peso delle epoche.
– Mi
manchi, fratello mio. – mormorò. Certo, gli esseri umani
erano il suo nucleo famigliare d’elezione, ma la presenza di
Fujin gli aveva consentito di mantenere un legame con le sue radici.
Il
loro legame dava delle stabili fondamenta alla sua identità.
Con
lui, tutto questo era stato annientato.
Cosa
restava in quel momento della sua stirpe?
Con
un gesto nervoso, allontanò le lacrime. La realtà,
netta e crudele, si stagliava davanti ai suoi occhi.
Lui
era una reliquia di un’epoca cancellata dalla storie, come le
orme sulla sabbia dilavate dal mare.
Perché
ancora proseguiva un cammino privo di scopo?
Cosa
lo spingeva ad una simile esistenza?
La
farfalla, rapida, si alzò in volo e scomparve nella notte.
– Che
sia un segno? – mormorò, cogitabondo. Quei leggiadri
insetti, in alcune culture terrestri, simboleggiavano le anime dei
defunti.
Come
dio, ben conosceva la vacuità di simili superstizioni, ma il
suo cuore umano ardeva dalla brama di avere un segno.
Era
diviso tra la sua mente e il suo cuore.
Ad
un tratto, un pensiero attraversò la mente dell’ex dio e
il suo sguardo, prima cupo, si rasserenò.
– Va
bene. Non mi tirerò indietro. – mormorò, il tono
sereno. Il suo compito era terminato.
Il
mondo non aveva più bisogno di lui.
Ma
questa necessità era foriera di conseguenze positive.
Si
tolse il cappello e i lunghi capelli candidi, come una massa di seta,
caddero sulle sue spalle.
– Sono
così stanco… – mormorò. L’invecchiamento
non aveva privato il suo corpo della forza giovanile.
La
sua età sembrava essersi pietrificata.
Ne
era sicuro, Liu Kang si stava servendo dei suoi poteri per stornare
da lui l’ombra della Morte.
– Ti
ringrazio, ma non può continuare così. –
sussurrò. Lui era animato da intenzioni encomiabili, ma non
poteva impiegare i suoi poteri per impedire al corso del tempo di
compiere la sua opera.
Liu
Kang, malgrado la sua nuova natura, aveva un cuore umano, con le sue
forze e le sue debolezze.
Questa
sua opera acuiva il peso della sua alienazione.
E
la morte, in quel momento, gli appariva un porto di quiete.
Fissò
la luna, che signoreggiava nell’oceano sospeso del cielo. Non
si sarebbe nascosto dalla Morte.
Anzi,
le sarebbe andato incontro, il cuore bramoso di un eterno sonno privo
di risveglio.
Chissà,
avrebbe rivisto Fujin e gli altri suoi fratelli, uccisi da un destino
crudele e doloroso.
Rasserenato,
si girò e rientrò nell’accademia Shaolin.
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Capitolo 2 *** CHAPTER TWO ***
La
figura di Raiden, come un lampo, si materializzò nel palazzo
degli Dei Anziani.
Colto
da un accesso di nausea, l’ex dio del tuono barcollò.
Con l’acquisizione della natura mortale, i suoi poteri non
erano scomparsi, ma il loro utilizzo era per lui faticoso.
Anzi,
consumava sempre più la sua energia vitale.
– Che
cosa importa? – mormorò, divertito. Presto,
quell’esistenza si sarebbe conclusa.
Quel
malessere fisico, per quanto fastidioso, era una seccatura
transitoria.
Ora
capisco molte cose…, pensò.
Certo, il suo cuore amava ancora gli esseri umani, ma solo in quel
momento riusciva a immedesimarsi nei loro pensieri e nelle loro
emozioni.
Comprendeva
la loro difficoltà ad andare oltre l’effimero, perché
erano condizionati dalla loro natura, fragile e mortale.
Eppure,
tendevano all’infinito, malgrado le pesanti catene della loro
fragilità.
Con
passo calmo, percorse le grandi sale del palazzo, vuote di vita.
Che
silenzio., si
disse. In un tempo remoto, l’edificio era impregnato del potere
degli Dei Anziani.
Quell’energia
ancestrale illuminava d’una luce calda le strutture del
palazzo, in quel momento fredde e inerti.
Nulla
era rimasto di quelle entità, da lui credute eterne e
immortali.
Con
la cronofusione, erano scomparse.
Solo
quel palazzo ricordava la loro lunga esistenza.
Sospirò.
Gli sembrava, in quel momento, di essere in una tomba.
Anzi,
quell’edificio, tra pochi istanti, si sarebbe tramutato nella
sua sepoltura.
Si
sedette a gambe incrociate sul pavimento marmoreo e ne contemplò
affascinato il mosaico foggiato a forma di kolam, scintillante di
bagliori policromi.
Poi,
trasse da una tasca del vestito un lungo pugnale dalla lama
serpentina, l’elsa dorata incrostata di smeraldi, scintillanti
di deboli bagliori verdi.
Rimirò
la lama e si specchiò nel freddo chiarore del metallo, che gli
restituì l’immagine del suo volto, atteggiata ad una
espressione serena, simile alla statua di un Buddha.
–
Già.
– mormorò. Quella risoluzione, così ferrea, gli
aveva donato la serenità che per tanto, troppo tempo si era
rivelata un miraggio per lui.
Anche
quella era una sensazione umana?
Quando
gli uomini giungevano ad un tale carico di pena, provavano una tale
pace nella morte?
Giunti
al termine del loro percorso, gioivano della possibilità di
rivedere i loro familiari?
Una
lieve folata di vento sollevò un poco i suoi lunghi capelli e
gli sfiorò il collo.
Sussultò,
turbato. In quel momento, gli pareva di sentire la presenza di Fujin…
Quel
tocco, così etereo, gli dava l’illusione di una
rinascita di suo fratello.
Scosse
la testa. No, era solo un inganno del suo cuore, anelante ad un
ricongiungimento.
Suo
fratello era morto.
La
crudele criomante Frost, su ordine di Cetrion, l’aveva
congelato.
Era
stato condannato ad una morte orribile.
A
lui non era stata data la possibilità di vedere la nuova era.
Non
poteva compiacersi delle conquiste degli umani e delle opere
benefiche di Liu Kang.
Quel
giovane si era mostrato un protettore ben più degno di lui.
Ma
il suo amato fratello nulla sapeva di questo.
Era
un corpo privo di vita, rinchiuso in un sepolcro di ghiaccio.
Ma
la punizione, implacabile, si era abbattuta sulla folle allieva di
Subzero.
Quella
donna non si sarebbe servita del suo potere per compiacere la sua
brama di dominio.
E
Cetrion, come una brava e obbediente figlia, aveva offerto la sua
vita e i suoi poteri a Kronika.
Non
aveva saputo discernere il giusto dall’ingiusto.
Si
ammantava di una virtù fallace e confondeva la purezza con la
brama di potere della sua crudele madre.
Lui
avrebbe desiderato porre termine all’esistenza di Cetrion, ma
non poteva non considerarsi soddisfatto.
Il
suo amato fratello poteva riposare in pace.
E,
presto, si sarebbe ricongiunto a lui.
Con
un gesto deciso, strinse il pugnale e lo immerse nel ventre.
Il
sangue, d’impeto, esondò, macchiando prima le candide
vesti dell’ex dio, poi il pavimento.
Raiden,
privo di forza, cadde di schiena, le braccia leggermente sollevate e
lo sguardo fisso verso l’alto. Finalmente, era riuscito a porre
termine alla sua lunga esistenza.
Col
sangue, fuggiva la sua vita.
Gli
smeraldi sul pugnale, ad un tratto, brillarono di una sempre più
forte luce verde.
L’uomo
accennò ad un sorriso. Pochi giorni prima, aveva benedetto il
pugnale con una particolare magia, capace di imprigionare l’anima
in un’arma.
Nessun
tiranno si sarebbe servito dei suoi poteri.
– Non
con me… – mormorò. Lo sapeva, l’oscurità
sarebbe sempre risorta in nuove forme.
Ma
lui non avrebbe dato il suo pur involontario contributo a eventuali
nemici.
Ad
un tratto, un tocco leggero sulla sua guancia lo scosse dai suoi
pensieri.
Con
fatica, girò la testa e la sua vista, ormai annebbiata, scorse
una figura umana dai lunghi capelli, china su di lui.
La
felicità inondò il suo cuore. Lo spirito di suo
fratello era giunto.
La
debolezza della morte opprimeva i suoi sensi, ma il suo cuore poteva
avvertire il suo tocco.
–
Fujin…
Sei venuto a prendermi? – soffiò, la voce flebile.
Non
sentendo nulla, l’ex dio del tuono scosse la testa.
– Va
bene così… Grazie di essere venuto. – mormorò,
prima di precipitare nell’oscurità.
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