Cosa portò Evelyn ad essere ciò che è?

di Pescefritto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Lasciate che vi racconti una storia. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: La caduta di Atene ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Winston e i genitori ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: La fine di Achille ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: È il mio turno! ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Ehy, ciao Elastigirl. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: La pena. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Lasciate che vi racconti una storia. ***


Ciao a tutti questa storia l’ho scritta seguendo I Never Know What People Want: Redux + Law & Order(Eli Gold)+The L World quindi, ovviamente, per quanto io possa cercare di essere originale le somiglianze ci saranno. Comunque tranquilli, odio copiare, comunque amando la storia da me citata trovo assolutamente corretto nominarla. Inoltre non aspettatevi nulla di simile a ciò che troverete su internet qui è Evelyn che parla di Winston.
Ah, il primo capitolo l’ho scritto ascoltando New York Jazz Lounge - Smooth Bar Jazz Classics(in onore a Metroville che è Manhattan e New Urbem che è Brooklyn).
Ho i files originali, so come provare che queste storie siano mie.


 

Capitolo 1: Lasciate che vi racconti una storia.
 

Era sempre stata la ‘sorella disagiata’.
Sì, avete presente?
Quella che in classe non si impegnava.

Quella senza amici e via dicendo.
Non si piangeva addosso, anzi, riteneva che questo sia stato il fattore chiave del suo ‘successo‘.
Gli unici che l’hanno amata in quel periodo erano i suoi genitori, specialmente sua madre.
La capivano, senza che lei dovesse neppure parlare, la amavano.
Non era mai stata brava nel farsi amare, ha sempre avuto paura dei sentimenti e di ciò che essi implicavano nella sua vita.

Loro semplicemente la rispettavano.
E poi c’era lui, Winston.
Oh, il figlio perfetto e prediletto.
Il figlio maschio, di cinque anni più anziano, che portava alto il nome dei Deavor.
Aveva sempre avuto la vita facile: bel carattere, bei regali, bei voti e con le donne latin lover.
A lei-lui- la rimproverava come se si vergognasse.
Vi dico, sì, si vergognava e lo si leggeva tra le righe.
I suoi cercavano di riappacificarli ma lui trovava sempre qualcosa in lei.
In quel periodo, fino ai suoi suoi sedici anni, aveva avuto una cara amica.
Essa la prese con sé come si fa con un gatto randagio e malaticcio, sentiva di doverle la vita.
Non fraintendete la relazione fra loro due era basata principalmente sull’indifferenza e sul parlare dei morosi di quest’ultima.
Winston non la gradiva, trovava tutto ciò ‘malato’.
Che di malato non so cosa ci potesse essere: il fatto che aveva smesso di frequentare quei pochi amici? Che un pomeriggio la sua amica passò un’ora intera a suonare perchè le diede buca? Perchè le era succube?
Lo so, lo so che suona male...ma non era questo.

Vi assicuro che non era questo ad infastidirlo.
Sapete, beh, lui quando aveva in mente un progetto diventava un bimbo esagitato ma quando voleva sapeva essere acuto.
Questo in lui l’aveva sempre stupita.
Non aveva mai capito come potesse passare da un estremo all’altro, ma lo faceva.


Crescendo Evelyn cominciò a rendersi conto d’amare le donne.
In quel periodo, circa dai diciassette fino ai ventitré anni, faceva di tutto per negarlo a sè stessa cercando di farsi piacere i ragazzi.
Ci riusciva anche, ma non era la stessa cosa.
Si sentiva che cercava altro, non era facile da spiegare, cercava qualcosa di imprecisato più viscerale e delicato ma allo stesso tempo complesso.
Per questo si buttò sullo studio, dove nessuno o nessuna poteva interromperla.
Aveva imparato ad amare la solitudine, a perdersi ore ed ore nelle sue invenzioni.
L’avevano sempre distratta.
Odiava la società di famiglia.
“Evelyn sei una donna e che credi di poter fare in una società come quella americana, eh?”

disse un Winston ubriaco che festeggiava del nuovo incarico nella società di famiglia.
In quel momento ad Evelyn caddero tutti i sogni.
Si alzò e non tornò a casa per mesi, era da anni che voleva visitare l’Europa.
Al ritorno si scusò ma ormai aveva venticinquenne, si faceva schifo da sola per l’incapacità di non farsi un proprio nome nella società.
In quei mesi, comunque, si era divertita a progettare un malvagio di nome Screenslaver.
Era divertente, anche se era ancora dalla parte dei Supers ed i suoi genitori erano ancor vivi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: La caduta di Atene ***


Capitolo 2: La caduta di Atene

 

Era una serata allegra ed una appena trentenne Evelyn stava cenando con la sua fidanzata del tempo.

Una ragazza bionda, occhi azzurri, pelle pallida e viso squadrato

Aveva un caschetto liscio stile anni ‘20 ed era un'atleta di salto in alto.

A lei facevano impazzire i suoi muscoli ma non erano ben assortite.

Si conobbero al college, anche se ne frequentavano due diversi a Manhattan, per delle ripetizioni in matematica.

Dopo cinque anni di frequentazione, in cui Evelyn credeva che Gwen fosse etero, si misero insieme.

Ed ora erano tre anni che questa relazione, pigramente, andava avanti.

Era una di quelle relazioni di comodo.

Loro non si erano mai realmente amate, si facevano comodo a vicenda.

Era una ‘comfort zone’ per entrambe e credevano, o almeno così Evelyn credeva, che era comodo avere un partner fisso.

Gwen non era famosa per la bravura nel percepire le emozioni e sentimenti altrui.

Ma era divertente.

Con lei un gioco come il mimo diventava uno show ed era per questo che stavano insieme.

Evelyn, o Evvy come a lei piaceva chiamarla, era sempre stata un essere malinconico e delicato.

Gwen le faceva fare le fusa, cosa che con nessun'altra aveva mai fatto.

Non la capiva ma le faceva dimenticare le cose brutte della vita, che era giá molto.

Insieme Evelyn cambiava, diventava allegra e spensierata.

Le piaceva esserlo.

I giorni si susseguivano e sembrava che nulla potesse rovinare la situazione.

Eccetto quando un giorno per caso si trovarono nella stessa tavola calda in cui era presente suo fratello.

Come già detto suo Winston non era mai stato una cima, ma aveva rari spicchi di genio ed era particolarmente bigotto su ciò che la società potesse pensare della propria famiglia.

Nel vedere sua sorella capì, dal sguardo di Evelyn, chi essa sia.

Specialmente in quel periodo in cui lui cercava di prendere le redini dell’azienda famigliare e nulla come l'omosessualità di sua sorella poteva minarne l’ascesa economica.

Andò da lei e parlarono di questo, era su tutte le furie Winston.

Inutile quanto Evelyn non fosse d'accordo ma l'amore per la sua famiglia era maggiore.

Evelyn provò a ribellarsi alla famiglia ma era inutile, si sentiva troppo legata ad essa.

Pian piano suo fratello influì all’interno della sua vita privata al punto di trovare Gwen a letto con il ragazzo della porta accanto che ogni volta le faceva il filo alludendo alla loro relazione saffica.

Le cadde il mondo addosso.

Arrivò alle mani e Gwen dovette chiuderla fuori casa.

Il senso di colpa, la perdita del primo vero amore.

Queste cose fecero giurare ad Evelyn di non innamorarsi mai più.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Winston e i genitori ***


Capitolo 3: Winston e i genitori

 

I suoi genitori non perdevano un momento ad elogiare suo fratello.

Anche lei veniva elogiata per l’acume, per carità, ma non erano a conoscenza di ciò che suo fratello le faceva passare.

La teneva sotto controllo e qualsiasi cosa la morale la società non riconoscesse come corretta a lei semplicemente era negata.

Non poteva uscire con ragazze.

Non poteva protestare contro il governo.

Non poteva dire come la pensava.

Non poteva, semplicemente, essere sé stessa.

Arrivò ad odiarlo.

Ma resisteva.

Sapeva che, se voleva, poteva usarlo come trampolino.

Se solo avesse amato di meno la famiglia se ne sarebbe fregata.

Non fraintendete, Wiston era una bravissima persona.

Ma era bigotto e credeva nel bene assoluto sul male.

Credeva nella Bibbia e credeva anche nel Levico.

La loro famiglia era cristiana cattolica, di stampo irlandese.

Lei lo sapeva che quello che faceva era amore, ma era soffocante.

Lei aveva bisogno di libertà.

Non era un criceto in gabbia, e non lavorava per dimenticarsi della gabbia che era di ridotte dimensioni.

Non lo era.

Era un’umana con tutti i fabbisogni da umana.

Ma non sembrava importare alla sua famiglia.

Suo fratello diventò il ‘fulcro’ famigliare e ora lei era soltanto 'parcheggiata’ nella sala invenzioni.

Avrebbe voluto smettere di inventare, ma anche qui l'amore per la famiglia la bloccò.

Inoltre amava troppo inventare, unica sua fonte di gioia.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: La fine di Achille ***


Capitolo 4: La fine di Achille


Un anno dopo Evelyn cercava di raccogliere i pezzi del suo cuore lavorando.

Non faceva altro.

Quelle volte che si prendeva la libertà di uscire e divertirsi si sentiva come se stesse sbagliando.

Che ci poteva fare se tutte le sue amiche erano lesbiche?

Non sapeva perché ma era finita in mezzo a quei circoli senza rendersene conto.

Eppure non amava i chiassosi Club Lgbt.

Lei preferiva locali come i bar lounge di Brooklyn od i cabaret.

E qualche volta si chiedeva se era vero che le lesbiche sono come una élite.

A lei sembrava assurdo, lo ci si nasce così e non lo decidi.

Ma finì per crederci.

Conosceva pure molti jazzisti e Galvaki era un suo intimo amico.

Ma il suo circolo era quello.

E frequentarlo poteva creare problemi finanziari potenzialmente irreversibili.

Questo la portò a chiudersi in sè stessa.

E a rendere la sua psiche già instabile più di quanto fosse prima.

Da adolescente fu spesso messa sotto farmaci per psicosi e depressioni, ma a nessuno importava.

Suo fratello monopolizzava l'attenzione e la sua salute psichica vacillava sempre più.

Fisicamente era perfetta e il suo stile era sempre più impeccabile.

I tempi in cui Gwen la prendeva in giro bonariamente perché “ti sbrodoli come una bimba” o “quando mangi sei oscena” erano finiti.

Ora c'era la nuova lei, quella fredda e compiacente.

Suo fratello lo lesse come un voler collaborare, in realtà ormai era morta dentro e con lei i suoi valori.

Il suo cuore non rispondeva e neppure il suo cervello.

Alla notizia della morte di sua madre, resa peggiore dalla recente morte di suo padre, in cinque secondi gli passarono idee per il futuro: scappare? Darsi al sesso? Uccidere Winston che era la colpa di tutto? Uccidersi? Vendicarsi sui Supers.

Decise per i primi due nell'immediato futuro e magari un giorno l’ultima scelta.

Sicuramente doveva andarsene.

Aveva una casa a Copenhagen, città che amava, e ci si trasferì senza dir nulla.

Winston e nessun’altro sapeva dell'esistenza di quest'ultima.

Ci andava sotto falso nome, girava con una parrucca bionda e lenti castane.

Le uniche persone che vedevano il suo vero aspetto erano le donne con cui andava a letto scelte accuratamente per una privacy totale.

Ed ecco come era la vita di Evelyn ormai quasi trentaduenne.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: È il mio turno! ***


Capitolo 5: È il mio turno!

 

Ora i Supers sono illegali suo fratello voleva renderli legali, non c'era nulla di più bello che fingere di essere d'accordo.

Inoltre il fatto di lavorare con Elastigirl, con cui aveva avuto più di qualche sogno erotico, la eccitava enormemente.

E la rendeva scalpitante che tutto ciò accadesse.
Ormai erano mesi che non pensava ad altro e ne era letteralmente ossessionata.
SI svegliava e ci pensava, rideva e ci pensava...la sua vita girava intorno a questo momento.

Aveva predisposto tutto.
I suoi piani erano precisi ed era sicura di riuscirci.
Sapeva come e dove viveva Elastigirl, sapeva in generale qualsiasi cosa riguardasse i Supers famosi.
Conosceva le loro mosse e li studiava.
Andava dove lavoravano, guardava le gare sportive dei loro figli...li spiava.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Ehy, ciao Elastigirl. ***


Capitolo 6: Ehy, ciao Elastigirl.

 

Elastigirl era così bella che le dispiaceva farle del male.

Era di una bellezza mozzafiato, aveva tutte le curve al posto giusto e quel sexapeal inconsapevole che solo poche donne potevano vantare.

Vederla entrare, con suo marito.

Guardarla stupirsi quando le chiesero se potesse prendere posto al piano, vedere la reazione di suo marito...fantastico!

Ne era attratta ed a primo impatto non riusciva a pensare ad altro.

Aveva un bel seno.

Aveva belle coscie.

Questo qualche anno fa l’avrebbe mandata in crisi facendola balbettare ma ormai era adulta.

Prima abbiamo parlato di suo fratello, ammetto d’aver esagerato, esso era contro al fatto che si potesse sapere e non all’omosessualitá della sorella in sé ed ormai l’aveva largamente accettata, semplicemente non gli piaceva il fatto che la gente ne potesse venirne a conoscenza.

Ma tornando a noi, questa era una mia dovuta specificazione, Evelyn ormai sapeva gestire le sue pulsazioni..

I suoi impulsi ormai non le facevano nè caldo nè freddo.

Il suo obiettivo non  era portarla a letto ma rendere illegali i Supers, questo era il suo scopo.

Non le importava quanto Helen fosse affascinante.

E comunque appena Winston cominciò a parlare delle sue analisi costi e benefici i suoi giri di pensieri si focalizzarono immediatamente sul piano.

Sapeva che fare.

Helen aveva un marito geloso, soffocante.

Era una madre casalinga, cosa che per una super eroina femminista come lei probabilmente doveva essere molto deprimente.

Facendo leva sul maschilismo, sicuramente, sarebbero diventate amiche.

Inoltre per anni Helen aveva avuto amicizie femminili strette, Evelyn non ci sperava troppo ma una parte di lei sperava di portarsela a letto.

Sapeva che tirando i giusti nervi sarebbe potuta essere la sua marionetta, ne era a conoscenza.

E quando arrivò il momento del treno l’idea che usasse la sua bici la eccitava non poco.

Quando la immaginò salvare la ministra era semplicemente un qualcosa di idilliaco.

E le dispiaceva non poco il pensiero che tutto ciò dovesse finire, ma doveva vendicarsi.

La vendetta valeva più di tutte le sue fantasie.

Ogni tanto voleva rapirla per tenerla con sé.

Quando si rese che il pizzaiolo era ipnotizzato era incazzata con lei perché era riuscita a scovare il suo piano.

E la infastidì non poco il fatto che la salvò.

Ma la cosa che la fece più incazzare fu il fatto che i Supers ora erano legali, non lo poteva sopportare.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: La pena. ***


Capitolo 7: La pena.

 

In realtà sarebbe potuta andar peggio la situazione, alla fine non poteva soltanto uscire di casa.

Aveva tutti i comfort e tutte le visite che desiderava, a patto di fregarsene delle videocamere

Non poteva usare nulla di tecnologico, ma di analogico sì.

Poteva leggere i suoi libri preferiti, poteva avere il giornale nuovo ogni giorno.

Era una buona situazione, visto ciò che aveva fatto per finirci.

Ma le mancava Helen.

Le mancava la sua presenza e le sue risate.

Provò a contattarla e normalmente non le rispose.

Ma le piaceva immaginarla nella sua vita quotidiana e, sì, le piaceva immaginarla a letto insieme a suo marito.

Ora si trovava a Copenaghen, cittá che per anni le diede felicitá, fu il posto che scelse come luogo penitenziario.

La penitenza era a vita ma giurava che un giorno sarebbe evasa, anche se nel suo caso la sicurezza era totale e la possibilità di evadere era impossibile persino per lei.

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