La regina delle catene

di milla4
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Nome forum EFP / autore EFP: milla4
Titolo: La regina delle catene
Fandom: Il trono di spade
Pacchetto scelto: John Doe (Seven)
Elementi del pacchetto utilizzati: condizione; oggetto; frase; stagione
Rating: giallo
Generi: introspettivo; romantico; fantasy
Avvertimenti: what if
Note Autore: sotto la storia





La regina delle catene


Capitolo I



L’estate non era mai stata un problema nei territori del Sud, il calore che accarezzava la pelle era un continuo tripudio alla vita, per le vie di Approdo del re l’odore dei fiori lasciati a marcire sui banchi del mercato cittadino si mescolava con la fragranza del pane appena sfornato e le interiora di pesce eviscerati, gli escrementi delle capre e dei maiali, il fetore della povertà, ma nessuno di questi odori valicava le spesse mura della Fortezza rossa, lì soltanto le più pure essenze avevano diritto di avvolgere le alte personalità che vi soggiornavano. Margaery Tyrell aveva fatto della sua sopportazione ad ogni tipo di odore un suo punto di forza. Ma da quando il re aveva fatto il suo dovere e l’aveva resa portatrice del legittimo erede dei Sette regni aveva imparato che era meglio fare a meno delle pietanze a base di cavolo e stranamente anche a quelli con il miele.
 
«Non sapevo che anche il miele avesse un odore, ma evidentemente al futuro re non deve piacere molto» la giovane regina accarezzò il ventre gonfio, il sorriso sul suo volto per le dame radunate intorno al tavolo era un sintomo di sincerità e orgoglio mentre per chi la conosceva davvero, come la Regina delle spine, era compiacenza e forse una punta di perfidia; la capostipite di casa Tyrell se ne stava seduta elegantemente ad un angolo del chiostro, si mostrava intenta ad ascoltare il triste canto di un menestrello ma in realtà si godeva il ridicolo teatrino che andava avanti almeno da un paio d’ore. La sua piccola rosa si stava prendendo il suo momento di gloria. «Altezza, il re le vuole parlare nelle sue stanze private»

«Oh, ma certo, chiedo soltanto un piccolo aiuto…» cercò di alzarsi caricando il peso sulla pancia per mostrare ancora una volta l’impegno non solo fisico a cui era sottoposta: in lei vi era il probabile erede al trono e nessuno avrebbe dovuto dimenticarlo, mai.

Il servo impacciatamente le afferrò un braccio e l’aiutò a incamminarsi verso l’interno del palazzo. Margaery sorrise alle sue compagne mormorando parole di scuse. Appena attraversata la porta lasciò la mano del ragazzo, il passo divenne meno incerto, le Spine della sua rosa erano pronte per pungere.


Era seduto sulla sedia dorata del suo scrittorio da un’ora circa, era arrivato alla sua centesima firma e la mano gli doleva enormemente; in realtà aveva smesso di leggere ciò che gli veniva posto davanti già da una trentina di fogli, il Primo cavaliere cercava di spiegargli il problema della successione degli Stokeworth e della recente invasione di parassiti nella regione ma quelle parole non attecchivano nella sua mente. Aveva comunque compiuto enormi passi dalla sua incoronazione, ora riusciva a seguire almeno venti minuti di più rispetto agli inizi, quando ancora non conosceva la sua firma né aveva mai sentito parlare di testamenti. Per fortuna Randyll Tarly stava ottimamente riuscendo a recuperare ciò che Twyn Lannister aveva tralasciato prima della sua improvvisa morte. Certo era meno flessibile e troppo quadrato, ma forse era quello che serviva al regno in assenza di una vera guida, un uomo che sapeva cosa fosse giusto e cosa sbagliato. E che magari fosse un fedele alleato della casata Tyrell certamente non era una cosa tanto negativa.
«Mi avete mandato a chiamare, mio amore?» il re alzò la testa e sorrise per poi girarsi di scatto e notare, o ricordare, che nella stanza non fossero soli «Ser Tarly vi ringrazio per il vostro tempo, continueremo dopo il pasto mattutino»

L’anziano fece un composto inchino e se ne andò senza ulteriori domande; forse quel ruolo gli si addiceva più di quanto credessero.
«Te l’ho già detto, non puoi chiamarmi così davanti a persone di tale calibro. Perderei la mia autorità nei loro confronti»
Margaery si avvicinò, la pancia protesa verso l’esterno, si appoggiò al braccio del marito «Marito Rmio ti chiedo scusa, sono molto stanca. Purtroppo il piccolo ha mostrato tutta la sua irruenza stanotte e non mi ha lasciato molto dormire.» la mano strinse la manica verde smeraldo del vestito «di cosa mi volevi parlare?»

Il giovane re abbassò gli occhi a terra e lei capì. «Non posso farlo... non posso farle questo…»
«Ne abbiamo già parlato, devi»

Un colpo violento, Tommen si alzò di scatto «Io sono un re, non devo fare assolutamente nulla» per la prima volta Margaery ebbe paura del suo dolce e tenero marito, in quegli occhi non c’era ingenuità né desiderio, ma qualcosa che non poteva controllare, rabbia. La stessa rabbia che aveva visto negli occhi del suo secondo marito e che sperava di non dover più vedere. Gli prese il volto tra le mani, tenendolo fermo.
«Tu sei Tommen, Re degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Lord dei Sette Regni e Protettore del Reame e nessuno potrà mai metterlo in discussione, né io né nessun’altro, e io sono la tua regina, la tua alleata, la persona che ti ama di più al mondo» strinse le mani intorno, occhi nei occhi… nessuno poteva lasciare quegli occhi, erano qualcosa di intenso e di magnetico, c’era malizia, intelligenza, ingenuità, ognuno poteva vedervi la gamma d’ emozioni a cui più sentiva affine.

«Io ti amo, mio re. Darei la mia vita per te, sempre. Ma…» prese una mano di lui e se la portò sul grembo «… ma ha cercato di ucciderci, di uccidere nostro figlio e se non la fermerai tenterà di farlo ancora e ancora, finché non ti avrà di nuovo tutto per sé.»
«Lei ci odia; odia me perché le ho tolto un bambino per farne un uomo e odia lui» premette la mano del marito, voleva che sentisse «perché le toglie potere. E tu sei un re e un re deve fare tutto ciò può fare per la sua famiglia e il suo popolo. Ogni cosa.»

«Anche imprigionare sua madre?» era una domanda fatta da un ragazzo, in quel momento della regalità non c’era nulla in lui.
Lei annuì «Anche imprigionare l’attentatrice alla vita della regina e del legittimo erede al Trono di spade», posò con leggerezza la bocca sulla sua, le labbra si toccarono delicatamente all’inizio per poi approfondire la loro conoscenza, era qualcosa che aveva imparato da Tommen e che le piaceva molto. Il re di discostò appena dal volto di sua moglie «sai, ho pensato molto a ciò che mi hai detto e credo tu abbia ragione, mia sorella deve sposarsi e andarsene da qui… non le fa bene la Capitale…». Il volto della donna si aprì in un ampio sorriso.

«Bene, hai qualche pretendente in mente?»
«Beh… in realtà avrei un nome a cui sto pensando da qualche tempo e forse so anche come organizzare tutto» ricambiò il sorriso con orgoglio per nulla celato.

***

Quella maledetta servetta? Dove diavolo era finita? Aveva chiesto dell’acqua dieci minuti prima e la sua gola era ancora in fiamme. Cersei aveva sempre amato l’estate del sud, così suadente, viva e diversa dalla freddezza dei territori del nord e dei suoi abitanti, ma in quella lurida cella ciò che più amava era diventato intollerabile. La seta del suo elegante vestito color malva, con piccoli inserti di zaffiri a decorarle le maniche le si era appiccicato addosso per il sudore insieme alla sporcizia e la paglia di quello che era il suo letto da più di due mesi. Puzzava, non aveva diritto ad un cambio di abiti né di un bagno, era la Regina Madre eppure non aveva diritto a nulla. I capelli biondi, vanto della sua casata, ricadevano flosci sulle spalle.
Le era stata concessa soltanto una ragazzina per servirla, Jena, ma era lenta e stupida, lo scarto del palazzo. Ogni tanto la trovava ad osservarla, gli occhi sgranati, vedeva quel suo piccolo cervellino pensare a chissà quale sciocchezza e a ogni sua mossa reagiva scattando, come se avesse paura di lei.

Sentì dei piccoli passi affettati «Era ora, dove diavolo sei andata a prendere quell’acqua? Dai ghiacci della Barriera?» la ragazza le posò davanti un cambio di vestiti mentre uno dei guardiani trascinava una tinozza dentro la cella per poi riempirla d’acqua.

«Mia signora, la Regina Margaery verrà a farti visita. Per l’enorme affetto che nutre nei tuoi confronti, ti manda degli abiti del tuo guardaroba»
«Ma guarda… e dimmi, mia piccola, puoi andarmi a prendere la mia cavolo d’acqua?»
Jena fece un inchino «Certamente, mia signora. Vado subito» si voltò verso la porta

«E… ragazza: dì alla Regina Margaery che questa cella sarà sempre chiusa per lei.»

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***




Capitolo II
 




Aveva dimenticato come fosse il caldo di Approdo del re, era un caldo mite ma al contempo appiccicoso e snervante i lunghi abiti non facevano filtrare nulla, si sentiva soffocare; spostò con le dita l’acqua della fontana, i pesci scapparono impauriti per quell’intrusione improvvisa.
Le mancava l’aria della sua casa, del luogo dove aveva conosciuto nuovi sapori, l’amore. A Dorne era stata libera di crescere, essere non più la piccola principessa ma una giovane donna pronta a esplorare il mondo e, soprattutto, se stessa. Aveva imparato cosa fosse l’attrazione per l’altro sesso, ammaliata dal fascino del principe Tristan, l’aveva incontrato che lei era un bocciolo e l’aveva lasciato che era una rosa. Ora di quei pezzi della sua vita era rimasto un braccialetto inciso di piccole croci d’oro che il suo innamorato le aveva donato prima della partenza; si era dispiaciuto per quello che le Arpie avevano fatto, il dolce viso corrugato; Myrcella ne era sicura, l’avrebbe amata per sempre come lei avrebbe aspettato di divenire sua moglie. Si sentiva ancora sconvolta, era stata ad un passo dalla morte e se non fosse stato per il mercenario di suo zio che aveva captato qualcosa di strano in quel bacio, ora sarebbe nella cripta con suo padre e il suo fratello maggiore. Scosse ancora la mano ma questa volta sentì scivolare qualcosa dal proprio braccio e un luccichio si posò su una piccola roccia nella fontana.

«Oh no… oh no» si alzò subito in piedi
.
«State tranquilla, principessa, lo prendo io» Myrcella si girò in direzione di quella voce familiare, Dickon Tarly avanzò con passo svelto nella sua direzione alzandosi le maniche della sua casacca rosso rubino, poi immerse un braccio nell’acqua stagnante per risalire portando con sé il prezioso gioiello.
Il giovane sorrise soddisfatto «Tenete, mia signora» era così strano quel ragazzo, non parlava molto e se lo faceva la sua conversazione verteva soltanto su tornei o battaglie, talvolta sulla caccia. Eppure era buono e forte e galante… l’aiutava con l’abito se troppo lungo e le parlava della natura e delle navi, tutto ciò che era all’esterno, una vita fuori.
«Vi ringrazio, mio Lord» sfilò il braccialetto dalle mani del suo salvatore, si sentiva sempre più turbata.
«Eh eh… non sono ancora un lord, mia lady» le sorrise «ma quando lo sarò un vero uomo» Dickon le offrì il braccio per passeggiare insieme, Myrcella accettò di buon grado l’offerta «Cosa intendete dire? Allora cosa siete ora?»

«Ora sono solo un ragazzo che gioca a fare l’amministratore della sua tenuta, che gioca a fare il cavaliere ma una volta che sarò il Lord di Collina del corno, dovrò essere un comandante» era così strano, ogni volta che parlava con lei, anche nei momenti di debolezza riusciva a sentire la sua mascolinità e la sua maturità, si sentiva protetta e, non sapeva nemmeno lei il perché, nei giorni era nata la sensazione che potuto renderla ancora felice, amarla. Un amore maturo, di complicità, di famiglia. Non aveva compreso che se l’amore per Tristan era stato un amore adolescenziale, viziato dalla crescita insieme, quello per Dickon sarebbe stato quello della vita di coppia, della vita.
Si sentì osservata, con gli occhi di traverso vide Dickon che la guardava «mia lady, che ne dite se vi mostro il mio nuovo destriero?»

«Certamente» che male poteva farle andare a vedere un cavallo? Lei amava gli animali,,,e Tristan, questo non poteva dimenticarlo.
«Spero sia forte come dice il mio stalliere… devo tornare alla svelta a casa e non posso tardare per un cavallo lento»
«Come dite?» Myrcella abbassò il tono di voce, forse non era pronta alla fine di quel corteggiamento.
 
*

«Non so se esserne contenta o disgustata»

«Nonna!» la Regina si portò una mano sulla bocca per evitare che qualche mollica del pasticcio di oca le sfuggisse, non era elegante parlare con la bocca piena ma sua nonna le faceva infrangere molte delle regole acquisite sin dall’infanzia «non puoi dire una cosa del genere, è la Principessa» Lady Olenna scosse la mano «ma no, non intendevo ovviamente quello. Sono stata anche io una ragazzina e lo sai; sono giovani, cosa pensi che dovrebbero fare? Discutere del parassita della vite? No, no io intendevo  la scelta del pretendente.» prese un dolce al miele dando un piccolo morso «Intendiamoci sono ben felice che la scelta sia capitata su una casata alfiere dei Tyrell, ci renderà tutto più facile ma è una principessa, Margaery, e una principessa ha bisogno di un marito alla sua altezza. Dickon è un caro ragazzo, di bell’aspetto e anche intelligente… a modo suo, ma Myrcella è una pedina troppo importante per essere sprecata così»
«Mi dispiace contraddirti, nonna, ma la decisione è stata presa dal Re in persona e credo che sia stata una buona idea»
«Uhm? Cos’è il cuore sta parlando?»

«Forse ti stupirà sapere che quel ragazzo è più intelligente di quanto tu possa pensare.»

«Come sta andando il ricamo, nipote mia?» l’anziana donna guardò la più giovane che fossilizzò il suo sorriso in una maschera «è difficile nonna, non riesco a indirizzarlo come dovrei.»
«Ma mia dolce ragazza, la trama è importante per qualsiasi ricamo, è da lei che nasce e tu stai cercando di portagliela via… è un delitto quello che stai commettendo»
«Lo so e sto male ogni singolo giorno per questo, ma ha fatto male a tutto ciò che amo e deve pagare almeno una volta della sua vita.»

*

Tommen era stato il più piccolo tra i figli di Cersei ma non il suo preferito; ogni attenzione era concessa a Joffrey, il futuro re, doveva essere guardato a vista, Tommen ne aveva avuto paura anche se sapeva che non gli avrebbe fatto davvero male, anche se avrebbe potuto farlo a qualcosa a cui tenesse, Myrcella era la figlia femmina, l’unica figlia e così il giovane aveva dovuto accontentarsi della categoria del bravo ragazzo, colui che non farà mai nulla di male perché troppo buono, da guidare e comandare, ma questo era l’errore che aveva commesso sua madre e su cui era scivolata anche sua moglie. Era giovane per essere re ma non era stupido, per questo aveva fatto fare delle indagini prima di credere a quello che Loras della casa Tyrell gli aveva confessato. Sua madre aveva cercato di ucciderlo, Loras e suo nonno erano entrati nella sala, usciti vittoriosi dalla Battaglia delle Acque nere e ciò che si trovarono davanti fu una madre con un veleno in una mano e il bambino tra le braccia.
Margaery aveva compreso subito che non avrebbe mai dovuto mettersi in mezzo e il suggerimento di parlare con suo fratello era stato soltanto premura di una donna per suo marito, non aveva dovuto chiederle nulla, era come se lei sapesse cosa gli servisse, eppure sentiva come se lei non riuscisse a comprenderlo del tutto, come se fosse una tentatrice che lo spingesse a compiere uno dei crimini peggiori che potesse fare e si ritrovava a odiarla.
Rigirò tra le mani la fiala rotta.

«Pensavo che avremmo perso, non volevo che ci prendessero… ascoltami, ti amavo e ti amo troppo per vederti soffrire. Sei mio figlio!»

Aveva confessato, come anche di aver armato il Culto per sbarazzarsi della sua nuova famiglia; se non fosse stato rivelato che Margaery aspettava un bambino il popolo non sarebbe mai stato dalla sua parte e suo zio Kevan e le armate inviate dai Tyrell non avrebbero avuto via libera per distruggere quell’orrenda setta. Ma come poteva farlo? Come poteva togliere la vita alla donna che gliel’aveva donata? Anche solo vederla in quella gelida cella, sporca e ornata di escrementi di topo gli aveva fatto contorcere lo stomaco, Myrcella non gliel’avrebbe mai perdonato. Mai.

Un urlo femminile lo fece sobbalzare dalla sedia, sentì rumore di passi concitati, piccoli squittii di paura «Ser Myr cosa sta succedendo?» cercò di attirare l’attenzione verso l’esterno della stanza bussando sulla scrivania di quercia ma non ottenne nulla, allarmato si alzò per andare a vedere; con cautela aprì le porte, la spada sempre al suo fianco a dargli forza, la corona in testa a conferirgli potere, si guardò attorno, nessuna guardia a controllare la sua camera solo  piccoli rimasugli del contenuto di un pasto gettato nel pregiato tappeto, accanto una brocca di vino rotta in mille pezzi e un cucchiaio a dieci passi più avanti. Lentamente seguì le tracce, quasi svenne quando si accorse che portavano nelle stanze della sua regina, mentre avanzava la figura di una donna gli tagliò la strada facendolo arretrare di scatto.
«Vostra altezza, la regina chiede di voi» una delle ancelle di sua moglie uscì correndo dalla stanza, Tommen non riusciva a capire nulla ma si ricompose, Margaery aveva bisogno di un uomo non di un ragazzino, si preparò mentalmente alla tragedia che gli si poteva mostrare davanti; quello che trovò entrando fu sua moglie distesa sul triclinio dorato circondata da donne e guardie, Myrcella era seduta sul letto, guardava fisso davanti a sé tremando.

«Mia regina» Tommen si gettò per terra prendendo una mano di Margaery tra le sue «cosa ti è successo?» ma lei non rispose, lo guardò un secondo per poi svenire.
«Cos’è successo? Cosa diavolo è successo?» Tommen si alzò in piedi sbraitando e brandendo la spada ruotandola intorno a sé.
Nessuno disse nulla, guardavano il loro timido e gentile re con occhi divisi tra lo stupefatto e l’ammirato: aveva reagito, per una buona volta aveva mostrato il sangue Baratheon che scorreva in lui. O Lannister, a seconda delle storie.
«Mio Signore, qualcuno è entrato nelle stanze reali e ha cercato avvelenare il cibo ma una delle ancelle ha notato che qualcosa non andava e l’ha fermata…»
«Fermata? Era una donna?»
«Sì…»

«È stata lei…» quasi tutti si girarono verso la principessa Myrcella, tremava ancora ma le guance avevano ripreso un poco di colorito, lo sguardo piantato in basso per non incontrare quello di altri.
«La ragazza è una serva che lavora in cucina soprattutto, ma l’ho incontrata spesso giù nelle segrete, è l’ancella di…»
«Nostra madre» Tommen finì la frase, il pallore che prima aveva preso la sorella ora aveva avvolto i suoi lineamenti donandogli un’aura di misticismo e di terrore. «Già»

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III



Sembrava così piccola Myrcella Baratheon alla luce del sole; piccole goccioline di sudore le ornavano il volto, piccole perle che attorno a una corona di capelli biondi sciolti e sparsi sul cuscino di un piccolo divano dello studio del re. Tommen era entrato già da cinque minuti eppure non avrebbe mosso un muscolo finché lei non si fosse accorta della sua presenza; non sapeva cosa fare, erano sì parenti ma non aveva mai avuto una sorella, Myrcella era stata cresciuta da altri e in un altro luogo, aveva imparato ad apprezzare il suo candore pian piano; la sua curiosità lo aveva divertito ma non avevano mai costruito un vero rapporto, ora di quella splendida ragazzina era rimasto un involucro mentre sulla sua anima era scesa un’enorme macchia nera che nessuno avrebbe più potuto togliere, forse con il tempo si sarebbe riassorbita ma quella genuinità se n’era andata nel momento in cui aveva visto la vera faccia della propria madre.

«So che sei qui… puoi anche avvicinarti»

«C-certo» a piccoli passi raggiunse la sorella, fermandosi accanto al divano; Myrcella si rialzò mettendosi seduta, picchiettò il legno per invitarlo a sedersi, un invito che goffamente egli accettò.

Rimasero lì, fermi, uno accanto all’altra per almeno un minuto aspettando qualcosa che li smuovesse.
«Ero lì nella camera di Margaery, mi aveva invitata per parlare di come stesse andando la mia… conoscenza con Lord Dickon Tarly… di cosa ne pensassi e poi siamo passate a parlare di cose da donne, dei nuovi tessuti provenienti da Volantis e poi quell’ancella ha bussato, Cassy, la sua ancella notato che mentre versava da bere svuotava una fiala… poi tutto diventa confuso… piatti caduti, quella donna si è avventata sulla regina e poi Margaery è caduta svenendo e nulla.»
«Stai bene?» le domandò il fratello «No, non credo di stare bene. Insomma, so molte cose su di lei, su quello che ha fatto, ma credevo di averla conosciuta del tutto e invece ho scoperto che la sua malvagità è molto più perversa di quanto credessi» alzò le spalle «avrei accettato tutto; ho accettato tutta la nostra situazione ma volere così male a una creatura che ancora deve venire al mondo solo per vendicarsi è qualcosa di malato. E non credo di volerci avere niente a che fare»

«Quale situazione?» Myrcella si sentì osservata e girandosi trovò la faccia corrucciata di suo fratello a un centimetro dalla sua «di noi tre fratelli divisi intendevo» «Va bene» quella risposta lo soddisfaceva.
«Ha già tentato di fare una cosa simile in realtà… non so perché non le piaccia Margaery e cosa voglia…» Tommen si bloccò «hai per caso visto dove sia finita la fiala?»

*

Strano colore avevano i riflessi del vetro a diretto contatto con il sole, le poche gocce del liquido trasparente erano state prelevate dal maestro Pycelle per essere studiate e ora aveva la conferma che sua moglie e suo figlio erano stati ad un passo da un morte certa.
Il cuore improvvisamente cominciò a rimbombargli nelle orecchie, stava trattenendo il respiro e non se n’era reso conto, prima di sera avrebbe dovuto affrontare la questione prendendola di petto; si odiava per la sua mancanza di coraggio, usare il proprio studio per nascondersi era qualcosa che avrebbe potuto fare Tommen, il principe, ma un vero re non lo avrebbe mai fatto. Robert Baratheon non lo avrebbe mai fatto. Lasciò andare l’aria trattenuta, prese le due teste di cervo intagliate nei braccioli della sedia stringendole fino a sentire le corna degli animali dentro la carne, poi fece pressione e si alzò. Un re, un re sono un re.
 
Quello che il sovrano vide appena entrato fu una scena che gli rimase impiantata nel cuore per il resto della vita; Lady Olenna era accucciata in ginocchio accanto al letto dove giaceva sua nipote, la mano della giovane tra le sue, nessuna lacrima da quel volto rugoso ma ci si sarebbe sorpresi del contrario, i suoi occhi erano però espressione primaria di dolore e preoccupazione.

«Ragazzo non devi temere il dolore perché insieme alla rabbia è ciò che ci rende più vicino agli animali, e a volte la razionalità è solo un ostacolo.» la donna non aveva alzato lo sguardo eppure ogni suo senso era in all’erta per captare ciò che stava succedendo accanto a sua nipote.

«Tommen…» Margaery lo chiamò

«Bene, vedo che il mio aiuto non serve più.» La Regina delle spine si alzò in piedi, battè le mani due o tre volte «avanti mia dame, una coppia di innamorati ha bisogno della sua privacy» in breve tempo la stanza fu sgomberata dalla presenza femminile, le porte vennero chiuse.
«Margaery, che ti ha fatto?»
La giovane donna sorrise in modo dolce, già materno «Oh, mio re mi dispiace averti fatto preoccupare, non sai quanta paura ho avuto in quei momenti… e la povera Myrcella ha dovuto assistere a tutto questo.» si passò una mano sulla fronte corrucciata «è venuta a trovarmi questa mattina all’alba, era ancora scossa per ciò che è successo. Direi a Maestro Pycelle di preparale del latte di papavero per calmarla, ma credo che in questo momento sia la cosa meno indicata»

Il re alzò lo sguardò verso quello della sua regina «Tu sai?!?» ella annuì; Margaery con molta difficoltà riuscì a alzarsi e a mettersi seduta «tuo zio Kevan è venuto a parlare con mia nonna, pensavano che dormissi ma avevo soltanto gli occhi socchiusi. Hanno trovato la serva; Myrcella aveva ragione è a servizio della regina Cersei. Ha detto che è stata lei a ordinarle di avvelarmi obbligandola minacciando la sua famiglia»
Tommen si prese la testa tra le mani «è sicuro?»
«Le guardie hanno usato dei metodi molto persuasivi per spingere la ragazza a parlare. Ha detto che le ha indicato dove maestro Pycelle tenesse le sue scorte, con la scusa di prenderle degli abiti è riuscita a intrufolarsi e a prendere una fiala, il resto è intuibile. Ho chiesto esplicitamente al maestro di venirmi a informare.»
«Qualcuno le ha sentite parlare? Ha sentito quel comando oltre a lei?»
«Di questo dovresti parlare con il tuo concilio, non mi hanno voluto dire molto, queste sono questioni da re e non da regina. So solo che c’entrano dei bigliettini messi all’interno del pane avanzato.»

Margaery vide l’espressione sorpresa del marito, bloccò ogni obiezione sul nascere «è stato confermato che la scrittura fosse la sua; hanno confrontato le pergamene da lei stessa redatte.»
Ci fu silenzio in quella stanza, interrotto solo dalle cicale che frinivano fuori dal palazzo «So che non vuoi sentirtelo dire ma devi farlo. Devi farlo come padre e come marito»
Scosse la testa «Sono anche un re e un figlio e in entrambi i casi non posso fare una cosa del genere… non posso»
Il volto della giovane donna si scurì di colpo: aveva visto quell’espressione soltanto quella volta che le avevano imprigionato il fratello e Tommen sperava di non doverla più vedere «La verità è che non vuoi, non vuoi prenderti questa responsabilità… ma che farai in futuro, quando dovrai decidere della morte di una persona? So che le vuoi bene, è tua madre, anche gli Dei sanno che farei la stessa cosa, ma ormai è fuori controllo» il tono di voce era calmo ma forte «E non possiamo fare finta che non sia successo niente, non ora che stiamo per diventare genitori» indicò il suo ventre. Margaery prese la mano di suo marito, la strinse con forza abbassando la voce «credo… credo che sia meglio che torni ad Alto giardino, questa per adesso non è casa mia, non mi sento al sicuro qui»

«Tu non puoi, sei la regina, non puoi lasciarmi così» il biondo scansò la mano della sua compagna e la guardò ma lei non ricambiò lo sguardo, sentiva che la stava perdendo, la stava deludendo ancora una volta. Quella lotta contro se stesso stava dilaniando quel giovane corpo dall’interno, riusciva a sentire la sua coscienza premergli la gola soffocandolo. In quelle lunghe notti aveva avuto tempo di pensare e per la prima volta riusciva quasi a svagarsi con la mente procurandogli dei sorrisi che subito andavano a rinfoltire la schiera dei sensi di colpa che portava dietro come enormi macigni.
I bellissimi occhi di lei ora erano diventati freddi e glaciali «allora comportati da re e elimina la minaccia alla tua famiglia.»
«Myrcella…»

«Myrcella ha perso la fiducia in sua madre molto tempo fa, credo che per lei sarebbe catartico non avere la sua influenza, tra poco diventerà la moglie di un futuro Lord e non sarà più tuo compito proteggerla; è cresciuta, Tommen, cresci anche tu» dopo queste ultime parole smise di parlare, non aveva altro da dire era tutto nelle mani del piccolo uomo che le avevano dato come marito e che ora la guardava con gli occhi spauriti come quelli di un cerbiatto.

«Non voglio che soffra.»
«Nemmeno io voglio questo, ci sono modi che rendono il passaggio più… morbido, pagheremo il miglior boia che esista, cercheremo anche nel continente orientale, ma dovrà essere un’esecuzione pubblica.»

«Perché così sarà d’esempio a chiunque voglia attentare alla famiglia reale» finì con la voce rotta Tommen.
«Sì»
«Rimarà comunque un omicidio e non voglio che lo dimentichiamo, mai. Voglio parlare con lei, voglio sentirlo dire dalle sue labbra», Margaery annuì, poi chiuse gli occhi, era veramente stanca.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


  



Capitolo IV



La pioggia porta sempre con sé emozioni che variano da persona a persona, spesso porta a galla ricordi perduti nella memoria ma per chi vive nella povertà quell’acqua può essere vita o morte, a seconda della quantità. Ad Approdo del re la pioggia cominciò a scendere con sempre più intensità impregnando la città e i raccolti dei cittadini da più di una settimana; sembrava che ogni goccia dei Sette regni si fosse concentrata in un unico luogo. Il re sin da piccolo aveva una speciale predilezione per quell’evento, sin quando era un piccolo principe amava farsi avvolgere da quelle lacrime scese dal cielo, sfuggiva dalle spire della sua septa e si gettava in meno al cortile, spesso sua sorella Myrcella si divertiva con lui a saltare nelle pozzanghere di fango; Joffrey li reputava infantili e non si univa mai a loro. Ma ora in quei momenti il ricordo aveva svegliato una consapevolezza, la distanza con quel bambino dolce lo aveva assalito come un leone assaliva la sua preda. Sua madre era sempre lì, spesso a osservarli dalla finestra o nel porticato, ma la sua presenza era costante, due ali di cicogna a proteggerli in ogni istante; ora sarebbero state le sue ali quelle protese verso suo figlio, avrebbe rotto quel filo che lo univa a Cersei Lannister.

Tese al suo scudiero il braccio per indossare la giacca di broccato; tre giorni prima aveva convocato il Concilio per trovare una scappatoia, ora che il suo Primo cavaliere era andato al Nord per capire se le voci su Sansa fossero vero l’unica persona che sentiva sua alleata tra quegli avvoltoi era suo zio Kevan ed egli stesso aveva confermato che quei dieci bigliettini erano usciti dal pungo della Regina madre: con la ragazza non aveva mai comunicato a voce del piano ma sua madre era una donna molto furba e se lo fosse stata anche Jena avrebbe avuto entrambe salva la vita. Ad ogni ricerca della verità aveva visto sua moglie allontanarsi sempre più, non lo aveva abbandonato ma la sua presenza era diventata sempre più effimera e ingombrante allo stesso tempo; sentiva la pressione, ogni giorno che tardava era un passo di lei nella direzione opposta.

*

Ormai era tutto deciso, voleva soltanto una sua confessione, forse una richiesta di perdono, quello che trovò fu una donna cui l’oscurità e la solitudine erano stati nutrimento. «Ti ha preso, sei il cucciolo spaurito da addestrare con baci e carezze.»

«Madre, vi prego se parlate…»

«E cosa dovrei dire, ormai la mia confessione è un accessorio inutile» lo guardò con sdegno «No, non sei come tuo padre e mi dispiace soltanto lasciare il regno nelle mani di un Piccolo uomo comandato da una puttana.»
Era uscito da quella cella e non era più tornato indietro, il venerdì sarebbe stato il giorno in cui sarebbe diventato ufficialmente un orfano.

*

La testa della Regina delle catene, come venne soprannominata dal suo stesso popolo, fu appiccata come quella di un traditore qualunque, come quella della sua aiutante, Jena. L’acqua non smise per un istante di cadere, ripulendo il patibolo. Voci nella corte mormoravano che la regina Margaery era vista spesso passeggiare e andare a vedere la testa di sua suocera gettando della cenere alla base dell’asta.


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Così cominciò la fine di Cerseri Lannister

Margaery era entrata nella cella senza avvertire la sua ospite, non poteva rifiutarla ancora una volta perché non ci sarebbe stato più tempo, un futuro per la donna rinchiusa.
«Ecco qui che l’uccellino viene a trovare il falco nella sua gabbia» Cersei Lannister era seduta su uno sgabello, una giovane serva le stava pettinando i capelli inutilmente visto che erano talmente unti da essere ingestibili.

«Regina madre, sono venuta a portarti delle coperte e degli altri abiti» Margaery fece un inchino.
«Puoi smetterla con questa commedia… siamo soltanto noi due e quest’essere insulso qui dietro che ora uscirà» con un’occhiata fece intuire alla ragazza di andarsene, cosa che prontamente ella fece.
«Bene» il volto della regina perse il suo sorriso per diventare una piatta tavola priva di espressioni.
«Quando dicevo che ti ammiro dicevo sul serio, sei stata una vera Rgina, hai supportato tuo marito in ogni occasione lo richiedesse, sapevi di essere una moglie trofeo, ma a te importava soltanto dei tupi figli. Li avresti uccisi pur di non vederli soffrire, avresti preferito strapparti il cuore che vederli gemere di dolore… e ti capisco.» si strinse le mani sul ventre.

«Io… io… lo amo già. Ma hai rinchiuso me e mio fratello in una cella, hai goduto mentre marcivamo nel nostro stesso fetore, hai voluto umiliarci... ammettilo» Non ci fu risposta, Margaery prese il silenzio come un invito a proseguire. Sapeva che le prossime parole le avrebbero fatto male
«Myrcella sposerà Dickon dei Tarly tra meno di un anno, ho chiesto io al re di comunicartelo» finalmente con quelle parole aveva causato una reazione nel volto inespressivo di sua suocera.

«Povero figlio mio, nelle mani di una serpe che non sa cosa sta facendo»
«Mi dispiace contraddirti, mia regina, ma è stata un’idea del re e soltanto sua, non ne ho nessun merito»
«Il merito è tra le tue gambe, sguardinella; stai svendendo la mia unica figlia al figlio di un Lord di una casata minore. Da Dorne a Collina del Corno, ogni cosa per i Tyrell» Cersei, la Regina delle catene come veniva sarcasticamente chiamata tra le strade di Approdo del re,era seduta sul suo trono di legno e liquame, aveva rifiutato il cambio che Jena le aveva portato su ordine della regina prima dell’incontro incontro che aveva provato a evitare; se non poteva rifiutarsi avrebbe dovuto vederla come l’aveva ridotta e come Tommen l’aveva trovata quella mattina.
«Non sarai mai come me, i miei figli sono la parte migliore di me, è l’unico amore reale che mi è concesso avere… e loro lo sanno» tolse con una mano un filo di paglia dalla manica destra «sono sicura che tra meno di un mese la Regina Madre Cersei otterrà il perdono reale e potrà fare ritorno ai possedimenti della sua famiglia»
«Vedo che non hai perso la sicurezza sulle tue qualità»
«La sicurezza è la prima cosa che se va quando si cade così in basso, quella che vedi in me è rabbia con forse qualche punto di orgoglio, non fare l’errore di confonderli»
«Mi dispiace… mi dispiace molto ma non credo sarà possibile» Margaery sembrava assorta nell’ascoltare i rumori provenienti dall’esterno «I tuoi figli ti dimenticheranno, l’influenza dei Lannister sta morendo, mi dispiace soltanto che tu non te ne sia ancora resa conto.»

L’aveva provocata abbastanza, Jena entrò proprio nel momento che le serviva avere un testimone. Finalmente i giorni passati nel vuoto della propria solitudine uscirono fuori come un fiume in piena.
«Tu sei il male, quella cosa lì» indicò la pancia «farebbe meglio a morire e avvizzire prima di vedere che razza di madre che gli sia capitata.»
«Hai davvero minacciato il legittimo erede alla corona? Non riesci a comprendere che pentirti è l’unico modo per uscire viva da questo posto?»
«Preferisco morire che lasciare a voi luridi Tyrell l’ultima parola»
«Benissimo, sarai accontentata» pensò la regina riemergendo alla luce del giorno
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Note: salve a tutti, questa storia è nata per un contest molto particolare e per questo avevo intenzione di fare qualcosa di nuovo, per me come scrittrice almeno. Non sono un drago delle long e ho voluto osare come so che il mio genere è il puro introspettivo senza dialoghi quasi e anche qui ne ho osato. Diciamo che sto cercando di spingermi oltre la mia zona di confort, quindi per me ho già vinto (anche se temo fortemente di non aver preso a pieno il tema del contest, o perlomeno, di averlo poco approfondito).

Ci sono alcune precisazioni che all’interno della storia non hanno avuto seguito perché odio gli spiegoni e sarebbero stati resi come tali
  1. Randyll Tarly va al Nord perché si ha avuto notizia del possibile matrimonio di Sansa con un Bolton… non so se al momento della sua partenza Sansa si sia già sposata o no, a voi la scelta
  2. Dickon e Myrcella sono una coppia uscitami al momento, lei doveva essere ancora viva e già ci avevo pensato ma introdurre lui è stato un colpo di pazzia. Ci sarà in futuro una storia su loro due, mi sta prendendo molto scrivere di storie minori nei fandom (in realtà credo di essere l’unica su questa coppia)
  3. Il caro Bronn, visto il gesto del bacio ha ricollegato un po’ quello successo nelle carceri e ha salvato Myrcella gettando a terra la Serpe baciatrice e strappandole l’antidoto al collo (dovrei rivedere la puntata ma mi pare lo avesse al collo)

Contenuto e personaggi non sono di mia proprietà ma di chi ne detiene i diritti, non ho nessuno scopo di lucro su questa storia

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