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di ineedofthem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Avviso ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 48: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 50: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 51: *** Capitolo 50 ***
Capitolo 52: *** Capitolo 51 ***
Capitolo 53: *** Capitolo 52 ***
Capitolo 54: *** Capitolo 53 ***
Capitolo 55: *** Capitolo 54 ***
Capitolo 56: *** Capitolo 55 ***
Capitolo 57: *** Capitolo 56 ***
Capitolo 58: *** Capitolo 57 ***
Capitolo 59: *** Capitolo 58 ***
Capitolo 60: *** Capitolo 59 ***
Capitolo 61: *** Capitolo 60 ***
Capitolo 62: *** Avviso ***
Capitolo 63: *** Capitolo 61 ***
Capitolo 64: *** Capitolo 62 ***
Capitolo 65: *** Capitolo 63 ***
Capitolo 66: *** Capitolo 64 ***
Capitolo 67: *** Capitolo 65 ***
Capitolo 68: *** Capitolo 66 ***
Capitolo 69: *** Capitolo 67 ***
Capitolo 70: *** Capitolo 68 ***
Capitolo 71: *** Capitolo 69 ***
Capitolo 72: *** Capitolo 70 ***
Capitolo 73: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

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Capitolo 1



La sveglia suona imperterrita sul comodino, mentre io sprofondo ancora di più con la testa nel cuscino, ancorandomi a esso.
Non sono pronta ad affrontare una giornata lavorativa, non dopo la serata di ieri. E pensare che l'avevo pure detto di non poter fare tardi, ma hanno insistito così tanto affinché rimanessi e il tempo è volato tra chiacchiere, balli che ci hanno indolenzito le gambe, e risate a perdifiato.
Nonostante non voglia, sono costretta a trascinarmi giù dal letto.
La sveglia segna a carattere cubitali le 7:00 e ciò non fa che mettermi ansia: ho solo un'ora per prepararmi e arrivare al lavoro, ma devo prima sistemare camera, scegliere cosa indossare, fare una doccia e magari mangiare pure qualcosa.
Ce la posso fare, ce la posso fare...
Un'ora e 10 minuti sono pronta. Ho racchettato una camicia e un jeans dall'armadio, indossato delle ballerine e spruzzato del profumo sul collo. Sono però bloccata nel traffico cittadino. Vorrà dire che arriverò tardi al lavoro in ritardo, per la prima se non unica volta!
Pigio il clacson indispettita dagli automobilisti dietro e, rassegnata, mi appoggio al volante, coprendomi la faccia con i capelli castani.
Chiudo gli occhi, mentre nella mia mente si fanno spazio vividi i ricordi di ieri sera.
Un venerdì sera qualunque passato in un bar della zona con degli amici: è un po' il nostro ritrovo da quando avevamo 17 anni e condividevamo i banchi di scuola. Ora di anni ne sono passati, di impegni ne abbiamo tutti, a detta di Nicola, il mio migliore amico, io fin troppi, ma troviamo ancora il tempo per rincontrarci, facendo finta che niente sia cambiato.
Proprio mentre sto per sonnecchiare, i clacson mi risvegliano, facendomi intendere che è ora di ripartire. Arrivo trafelatata in ospedale, la ventiquattrore in bilico tra il braccio e lo stomaco, mentre cerco di scovare il badge dalla borsa. Riesco a trovarlo non prima che essa mi sia cascata più volte dalle braccia e lo passo sul monitor, respirando agitata.
Mi becco le occhiatacce della signora alla reception che picchietta il dito smaltato di rosso sul suo orologio da polso, e io con la coda tra le gambe mi dirigo all'ascensore. Le porte di esso si aprono velocemente, permettendomi di salire e dirigermi al reparto.
Mi appoggio con la testa alla parete e sospiro frustrata. Adoro il mio lavoro, per carità, fare la pediatra è quello che progetto da anni, ma ci sono mattine in cui preferirei rimanere sotto le coperte a poltrire. Batto ritmicamente il piede e mi dirigo poi a passo svelto in corridoio, una volta che le porte si aprono sul mio piano. Mi tengo lontana da occhi intimidatori mentre penso che non ho niente di cui rimproverarmi, capita a tutti di arrivare in ritardo, eh!
Mi dirigo nello studio che mi è stato assegnato, quando la voce del primario mi richiama, facendomi bloccare sulla soglia. Stringo i pugni lungo i fianchi mentre conto fino a dieci, sperando che non mi faccia una ramanzina.
Alfredo Visconti, primario del mio reparto, uomo di mezz'età e un metro e sessanta di cinismo e avidità. Illude con le sue guance paffute e l'aria da finto bonario, ma è davvero difficile entrare nelle sue grazie, ottenendo la sua stima.
Mi volto quasi meccanicamente e un sorriso affiora sulle mie labbra, cercando di essere il più naturale possibile.
Mi avvicino a lui con flemma, accorgendomi delle due persone al suo fianco che stanno parlando.
La prima è Maria Luciani: un'infermiera sulla cinquantina che dimostra meno della sua età, fisico snello e slanciato, capelli biondi lunghi e fluenti, occhi azzurri piccoli e vispi.
E' la prima persona che ho conosciuto quando sono venuta a lavorare qui. Ero un medico alle prime armi, spaventata dal futuro, e lei mi accolse con un sorriso dolce, mostrandomi il reparto e facendomi sentire a mio agio. Ancora oggi è un punto di riferimento.
L'altra persona, invece, mi dà le spalle, è un uomo, postura diritta e abbigliamento elegante.
Il dottor Visconti, a quel punto, mi rivolge un sorriso di circostanza e, prima che possa dire qualcosa, lo precedo: "Buongiorno dottore, volevo scusarmi per il m..."
Lui, però, non mi lascia finire il discorso che mi interrompe. "Dottoressa, non sono qui per rimproverarla per il suo ritardo, ma che non succeda più". La sua voce, al contrario di quanto mi aspettassi, risuona gentile alle mie orecchie ed è capace di farmi tirare un sospiro di sollievo.
"Volevo semplicemente presentarle il nuovo medico, il dottor Luca Franzese" mi spiega, calmo, e già sentire quel nome lo stomaco mi si contorce. Ma non voglio farci caso, può davvero essere un omonimo.
Ho la conferma, però, di trovarmi davanti a la persona che non avrei mai voluto rincontrare, quando il dottorino, richiamata la sua attenzione, si volta a guardarmi e il sorriso scompare dalle sue labbra carnose.
" E tu!?" esclamiamo all'unisono.
Mi chiamo Anita Castaldo e no, questa giornata non è iniziata affatto bene.

Angolo autrice:

Buonasera a tutti miei cari lettori, per chi mi conosce già bentornati, per i nuovi, benvenuti. E' una storia senza pretese questa, nata per caso, ma mi farebbe davvero piacere che qualcuno magari la leggesse o che l'aggiungesse da qualche parte, non so.
E niente questo capitolo è corto, e non si capisce molto, ma si spiegherà tutto meglio nei successivi. Ringrazio chiunque leggerà e alla prossima! <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


capitolo 2

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Capitolo 2



Il primario ci guarda corrucciato, cercando di capirci qualcosa.
"Scusate, ma voi due vi conoscete?" ci domanda, una vena di curiosità nella voce.
Luca si limita a scrollare le spalle, io, invece, lo scruto confusa mentre spiego sia una vecchia conoscenza.
Il dottor Visconti, a quel punto, si limita a liquidare l'infermiera, che si allontana non prima di avermi sorriso, e poi batte una mano sulla spalla del mio collega. Non credo di averlo mai visto così vivace, prima d'ora.
"Caro mio, visto e considerato che vi conoscete",la sola parola mi fa storcere la bocca,"non sarà un problema per voi collaborare, vero?" ci domanda, passando lo sguardo prima sull'uno poi sull'altro.
Per poco non rischio di strozzarmi con la mia stessa saliva e lo maschero con un colpo vigoroso di tosse, che fa ridere sotto i baffi Luca.
"Beh, Alfredo..."il suo cingermi le spalle subito dopo e il suo parlargli informalmente mi lasciano perplessa. Non sapevo si conoscessero, ma ora tutto mi è più chiaro.
"Non sarà di certo un problema per me" nel dirlo mi lancia un'occhiata eloquente che faccio finta di non cogliere, "lavorare con una mia carissima vecchia amica" continua, facendo affiorare un sorriso sulle sue labbra.
Di anni ne sono passati tanti, ma ai miei occhi è come se fosse sempre lo stesso.
Gli occhi verdi brillanti, lo stesso doppio taglio di capelli. Forse la barba incolta lo rende più maturo, donandogli un'aria vissuta, ma per il resto è lo stesso ragazzino che mi spezzò il cuore.
Sì, perché Luca Franzese è il ragazzo di cui da adolescente ero innamorata. Mi ero illusa tante volte che quelle sue occhiate o quei gesti nei miei confronti potessero significare qualcosa. Ma evidentemente non ci avevo mai capito nulla e mi ero ritrovata spesso ferita dal suo trattarmi bene e poi male contemporaneamente.
Era sempre stato il ragazzo per cui avrei messo in pausa la mia canzone preferita o smesso di leggere un libro e lui mi aveva ricompensato baciando un'altra ragazza davanti ai miei occhi.
Prima di quel momento, ci avevo provato tante volte a dimenticarlo, ma bastava che lo vedessi e che lui mi guardasse con i suoi occhioni verdi per farmi vacillare.
Poi c'era stato il colpo di grazia, ci ero rimasta talmente male da piangere chiusa in camera mia. A quei tempi non l'avevo mica capito che non ne valesse la pena. Dopo le lacrime era arrivata la rabbia che mi aveva portato a cancellare ogni tipo di rapporto con lui, perfino l'amicizia su facebook. Lui si era permesso di venirmi a chiedere cosa fosse successo e io gli avevo sputato tutta la verità in faccia, lasciandolo basito.
Da quel giorno non c'eravamo più parlati. Adesso, addirittura direi, me lo ritrovo in ospedale, e ok che sapevo avesse intrapreso medicina come me, ma mai a pensare che finissimo un giorno sullo stesso posto di lavoro.
"E tu, Anita, cosa dici?" il modo in cui pronuncia il mio nome mi fa rabbrividire, ma ci faccio poco caso e fingo un sorriso, guardando il dottor Visconti.
"Va bene" rispondo atona, poi aspetto che il primario ci dia una pacca sulla spalla e ci auguri buon lavoro, prima di scoppiare.
"Bene, ci mancava solo che dovessi ritrovarmi a lavorare con te!" sbotto, puntandogli un dito contro il petto.
Lui, a quel punto, mi osserva confuso e alza le braccia al cielo. "Scusa, cosa avresti contro di me? Guarda che al contrario di quello che pensi, sono una persona professionale e competente!" risponde, accusatorio e offeso.
Sbuffo sonoramente e mi allontano, lasciandolo da solo.

Finalmente mi dirigo nello studio, indosso il camice bianco, e mi siedo alla scrivania dove controllo se ci siano le cartelle dei piccoli pazienti. Proprio mentre sto per fare ciò, il bussare della porta mi interrompe.
Maria fa capolino dalla porta, dopo che io le abbia detto di entrare, una mano in una tasca del pantalone mentre l'altra mantiene un bicchiere di caffè.
"Dottoressa, ho pensato che fosse una brutta giornata per lei e le ho portato il caffè" mi dice con un sorriso, appoggiando il bicchiere sulla scrivania.
Ecco, molto spesso mi chiedo come farei se non ci fosse Maria a farmi da sostegno.
Infilo le mani nelle tasche del camice e sposto il peso sui talloni, mentre un sorriso si fa spazio sul mio viso.
"Quante volte devo dirti di darmi del tu, Maria? E comunque grazie, sei sempre gentilissima"le replico, strappandole un sorriso.
Mi affretto ad afferrare il bicchiere tra le mani, così veloce da scottarmi quasi le dita, e ne bevo un sorso.
Il sapore della caffeina mi invade il palato, lasciandomi un retrogusto amaro in bocca.
"Cosa ne pensi del nuovo dottore?"mi chiede a bruciapelo e io la guardo di sottecchi, facendo finta di niente. A quel punto lei si siede sul bordo della mia scrivania, ticchettando le dita su di essa.
Giro il cucchiaino per rendere il mio caffè più dolce e mi volto a guardarla, sputando la mia sentenza con acidità. "Un pallone gonfiato".
Lei allora ride sotto i baffi. "A me è sembrato un tipo professionale, simpatico" ammette tranquilla.
"Con quel suo bel faccino è capace di ingannare tutti" replico sulla difensiva.
Maria scuote le spalle. "Ne parli come se lo conoscessi molto bene..."indaga curiosa, però non do segni di cedimento. Non ho voglia di parlare di questa storia.
"Sì, eccome"mi limito a rispondere.
La bionda, allora, si batte una mano sulla fronte e mi porge una cartellina. "Ci sono i risultati delle analisi di Lucia, qui" mi fa presente, rabbuiandosi. Mi viene subito da pensare che non ci sia scritto niente di buono e mi rattristo al pensiero.
"L'hai...vista?"chiedo titubante.
A quel punto Maria mi sorride dolce, poggiandomi una mano sulla spalla. "Sì, Anita, chiedeva di te". Poi, dopo avermi lasciato una carezza sulla guancia, mi lascia sola.
Mi massaggio le tempie e raccolgo lo stetoscopio dalla ventiquattrore, prima di uscire dall'ufficio.
La stanza dove si trova la piccola è la più luminosa ma anche quella più lontana. Al momento la condivide con due bambini e lei, da sempre, ha il posto vicino alla finestra.
Quando mi avvicino alla soglia, controllo che Lucia non possa vedermi e la noto assorta in una fitta conversazione con il nuovo dottorino.
Fantastico...
Faccio finta di niente.
"Buongiorno miei piccoli pazienti"sorrido, entrando nella stanza.
I bambini esultano al mio arrivo e Luca si volta, squadrandomi da capo a piedi.
Mi fermo a salutare Sara, ricoverata per una broncopolmonite, e mi appresto a controllare che non abbia febbre e a visitarle le spalle. Poi passo a Lorenzo, che mi osserva con i suoi occhioni azzurri, mentre mi abbasso a baciargli la fronte.
"Come ti senti, campione?" gli domando, controllando la febbre. In risposta lui mi sorride. La piccola finestrella che ha tra i denti, lo rende buffo e dolcissimo.
"Bene" pronuncia.
"Visto che la tua febbre è passata, penso che tu oggi possa tornare a casa piccolo, contento?" gli domando, scompigliandogli i capelli biondi.
Lui annuisce energico, mentre gli sorrido, allontanandomi.
"Dottoressaaaa!"trilla Lucia, sporgendo le braccia in avanti vedendomi arrivare, ma le faccio segno di sdraiarsi di nuovo.
Le bacio una guancia e poi mi volto a guardare Luca che ha seguito insistentemente i miei movimenti.
Adesso indossa il camice bianco, dove sulla tasca sinistra sono cucite le sue iniziali, e una montatura quadrata e sottile di occhiali.
"Vedo che hai conosciuto il nuovo dottore" ammetto senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi, che dopo anni riescono a farmi ancora uno strano effetto.
Lucia annuisce vigorosamente e gli prende una mano tra le sue, lasciandolo spiazzato. Gli accarezza le nocche screpolate dal freddo. "Sì, è simpatico! Mi piace il nuovo dottore, sì mi piace tanto!"confessa, sorridendo felice.
Lucia è una bambina di 8 anni, rimasta orfana a 5, quando i suoi genitori morirono in un incidente stradale. Affidata ad una comunità in assenza di parenti che potessero occuparsi di lei, è stata ricoverata qui qualche mese fa. Ha lunghi capelli castani che ogni mattina pettina e raccoglie in treccine, un paio di occhi chiari espressivi.
E' un uragano di vita, un mix di vivacità e di dolcezza: non c'è stato giorno in cui io l'abbia vista giù di morale se non davvero in momenti sporadici.
Lui le sorride dolce mentre passa ad accarezzarle una guancia con la mano libera, e per la prima volta dopo anni ritrovo quel buono in lui, quello che mi aveva fatto innamorare.
Lucia chiude gli occhi a quel contatto, poi li riapre di scatto, battendo le mani felice.
"Si sieda pure lei, dottoressa" mi fa presente , indicandomi il posto accanto a Luca.
Annuisco titubante, mentre lui mi fa spazio sul lettino. Prendo posto accanto a Luca, cercando di mantenere una certa distanza tra noi e di ignorare il suo profumo che mi invade le narici. Una fragranza forte, ma buona.
Lucia ci osserva entrambi e nei suoi occhi leggo un velo di tristezza, poi afferra le nostre mani, decisa.
"Noi siamo una squadra...vero?" chiede titubante.
Mi mordo il labbro inferiore e lancio un'occhiata di sbieco al mio collega che sembra averla già a cuore.
"Sì, siamo una squadra" le rispondiamo all'unisono.

Mi siedo, appoggiandomi allo schienale della sedia girevole del mio studio, mentre mi massaggio le tempie. Sono di ritorno da un giro di visite con il dottor Visconti che non ha fatto altro che parlarmi di Luca. Ho saputo di lui che si è laureato in medicina con il pieno di voti e specializzato successivamente in cardiochirurgia; rinomato e già ricercato da tutti gli ospedali del Nord Italia, dove gli era stato offerto anche un lavoro in uno dei migliori policlinici, è tornato qui per problemi di famiglia e Visconti ha fatto di tutto pur di averlo a lavorare qui da noi.
La porta si spalanca, facendomi sobbalzare.
Luca entra in stanza con due caffè tra le mani. Richiude la porta con un calcio e mi si avvicina.
"Ho pensato che dovessimo fare due chiacchiere, io e te"proferisce, accomodandosi sulla sedia davanti alla scrivania.
Lo osservo incredula, accettando il bicchiere che lui mi porge e me lo porto alle labbra, sorseggiando piano.
"Pensa che stavo per venirti a dire la stessa cosa" ammetto sarcastica.
Lui mi guarda con un velo di speranza negli occhi. "Davvero?"domanda.
Lo guardo di sbieco e arriccio le labbra in una smorfia.
"No!" gli rispondo con un tono eccessivamente acido.
Luca sbuffa, appoggiandosi allo schienale.
"Senti, seriamente potrem...anzi no, potresti mettere da parte quest'odio nei miei confronti ed essere più professionale, grazie?!" sbotta, guardandomi fisso negli occhi.
A quel punto poso il caffè e mi sporgo, appoggiando il viso sulle mani. Non saranno un bel faccino e un paio di occhi chiari a intimorirmi.
"Ascoltami bene, solo perché sei un medico a tutti gli effetti e conosci Visconti non venire a fare il superiore con me"replico infastidita.
 Lui rimane impassibile davanti alle mie parole. "Non lo sto facendo" sorride tranquillo.
Sbuffo contrariata: "Ok, avremo un rapporto esclusivamente professionale".
Sono costretta a cedere, ricordandomi che lo stia facendo solo per Lucia. "Adesso puoi andare" gli dico, indicando la porta.
Lui si alza, ergendosi in tutta la sua altezza, poi si avvia alla porta.
"Ah..."richiama la mia attenzione, una volta sulla soglia. "Penso sarà un piacere lavorare insieme, collega" mi fa l'occhiolino prima di uscire.
Mi passo una mano sul viso mentre penso che, in questo momento, ho solo bisogno di andare a casa.

Angolo autrice:

Buongiorno a tutti!
Sono stata molto veloce nell'aggiornare come vedete ed eccomi qua a postare il secondo capitolo della storia. Il primo non ha riscosso moltissimo successo e sono consapevole che le cose non fossero molto chiare, comunque ringrazio chi l'ha inserita tra le seguite e le ricordate e Giulia e Lottie che hanno recensito.
Spero vi piaccia e aspetto i vostri commenti. Bacioni, alla prossima! <3


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

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Capitolo 3



Giulia si fa spazio nel mio appartamento, entrando allegra, un sacco di takeaway tra le mani.
 "Allora, cara, qual è questa novità di cui dovevi parlarci?" mi chiede curiosa, una mano a sbottonare già la giacca.
Faccio finta di niente, adoro tenerle sulle spine. "Non è davvero messicano quello, vero?" domando, indicando la busta tra le sue mani.
"Oh, sisi, Anita, è proprio messicano". Carlotta entra con un sorriso, seguita da Cristina che, al suo fianco, cerca di reprimere una risata.
"Non sono riuscita a fermarla, giuro" alza le mani in segno di scusa, un'espressione buffa dipinta in viso.
Giulia fa un cenno con la mano libera di lasciarla perdere, mentre io alzo le braccia al cielo.
"Mi verrà un'indigestione a furia di mangiarlo"ammetto senza però riuscire a nascondere il brontolio del mio stomaco.
"Beh, sei un medico e sai come curarla, un'indigestione" sorride Lottie, appoggiandomi un braccio sulle spalle e lanciando un'occhiata d'intesa a Giulia.
Ci spostiamo in salotto e, subito dopo, io e Cristina andiamo a recuperare dei piatti in cucina. Sto prendendo delle posate nei casetti, quando Cristina si accorge di qualcosa.
"Questa cos'è?" chiede curiosa, raggirando la foto tra le sue mani.
Mi giro con le posate sospese a mezz'aria, mentre il cuore comincia a battermi all'impazzata.
"Non è niente" rispondo, mentre con ansia gliela strappo dalle mani, nascondendola dietro la schiena.
Cristina aggrotta la fronte e arriccia le labbra in una smorfia: so a cosa stia pensando.
"C'entra di nuovo lui, non è vero?" indaga, guardandomi fissa negli occhi e il suo sguardo io non riesco a sostenerlo, così mi limito a guardarmi le ciabatte.
"Ehi, ma quanto ci vuole per prendere due piatti?!"Giulia ci richiama dal salotto e prima che possa dire qualcosa a mia discolpa, almeno, Cristina mi lancia un'ultima occhiata.
"Ti aspetto di là" mi fa presente, prima di uscire. 
Rimasta sola, tiro fuori la foto, appoggiandola al bancone. Raffigura me e Luca in una delle poche se non uniche foto che abbiamo insieme. Non ricordo chi ce l'abbia scattata, ma non ne eravamo consapevoli, tanto è vero che lui sta gesticolando, il viso tranquillo e gli occhi brillanti, mentre io al suo fianco sorrido, lo sguardo incentrato esclusivamente su di lui come se fosse la cosa più bella del mondo. Non so spiegare perché io sia andata a ripescarla, so solo che le gambe si sono mosse da sole fino in camera, e le mie dita tremanti l'hanno ritrovata in un vecchio baule.
L'ho contemplata per ore, ripercorrendo ricordi che ancora oggi fanno male e, subito dopo, ho digitato un messaggio di s.o.s nel gruppo di whatsapp condiviso con le ragazze, chiedendo loro di raggiungermi in serata a casa, dimenticandomi di aver lasciato la foto in bella vista.
Mi curo di metterla in un cassetto e raggiungo le altre in salotto. Giulia si è appropriata del divano, stendendosi, mentre Carlotta e Cristina stanno dividendo le porzioni.
"Uhm, ma ci sono anche i nachos"sorrido, indicandoli. "Ne ho bisogno davvero, e anche di molta salsa, sì piccante"ammetto buffamente, facendole scoppiare a ridere.
"Ma non avevi detto di aver paura di prenderti un'indigestione, tu?!" mi prende in giro Giulia, mettendosi a sedere a gambe incrociate.
"Eeeh, qui qualcuno ha improvvisamente fame" le replica Carlotta, ridendo.
"O vorrà dimenticare qualcosa, affogando i suoi dispiaceri nel cibo?" aggiunge invece Cristina.
Le ragazze la guardano confuse, mentre sbuffo contrariata sedendomi sul divano e incrociando le braccia al petto.
"Dai bimba, mangia, non la pensare" mi sorride Giulia, avvicinandomi la vaschetta con i nachos. Ne prendo uno, brontolando.
"Su, mettiti in forze che dopo vogliamo sapere le novità". Carlotta batte le mani, felice come una bambina. Scuoto la testa, sorridendo.
"Già e io penso di aver capito di cosa si tratti..." confessa Cris.
Faccio finta di non aver sentito e intingo un altro nachos nella salsa.

"Ho sentito bene? Luca, quel Luca?" domanda sconcertata Giulia, alla fine del racconto. Sia lei che Lottie sono entrambe chi più chi meno scosse dalla notizia, Cristina ammette che se l'aspettava riguardasse lui. Certo, dopo aver visto la foto.
"Credo sia stato davvero un duro colpo..."ammette a quel punto sarcastica Carlotta, dedicandomi poi un sorriso di chi la sa lunga.
"Sì, secondo me nel suo studio ha fatto i salti di gioia. Prima ho addirittura trovato una loro foto in cucina" le dà corda Cristina, coprendosi poi la bocca con le mani, lo sguardo colpevole, mentre le lancio un'occhiataccia.
"L'ho ritrovata oggi per caso, volevo buttarla"mento spudoratamente.
Carlotta si avvicina, sorridendomi rassicurante. "Tesoro, non devi vergognarti a dire che hai ripescato una vostra foto" mi fa presente.
Incrocio il suo sguardo, mordendomi un labbro. "Sì, perchè non è normale che io la vado a cercare questa foto, dopo che avevo promesso a me stessa di dimenticarlo" ammetto, buttandomi in bocca due nachos.
"Hai ancora quella scorta di gelato in frigo, vero? No, perché penso che ne avremo bisogno"tenta di sdrammatizzare Giulia.
La osservo, dedicandole un sorriso. "Mi va bene anche un abbraccio" sussurro, facendole ridere. In men che non si dica mi ritrovo stretta in uno di quei loro caldi abbracci capaci di scaldarmi il cuore.
"Mi raccomando, fai vedere a quel pallone gonfiato di che pasta sei fatta" mi avverte Cristina, seria.
Le lancio un breve sguardo. "Oh sì, non ho intenzione di fargliela passare liscia"ammetto convinta.
"Sappi per qualsiasi cosa ci trovi qua" sorride dolcemente Lottie, scompigliandomi i capelli.
Ricambio il sorriso, mentre la voce di Giuls risuona nelle mie orecchie. "Sicuro, tesoro. Se continuiamo a mangiare messicano, io mi trasferisco da te, eh!" scherza, facendoci ridere tutte.
"Quanto vi voglio bene" le abbraccio di nuovo mentre nella stanza rimbomba un loro aww colletivo.
Carlotta, Cristina e Giulia sono le mie migliori amiche dai tempi del liceo.  Se dovessi indicare un tratto che sicuramente ci accomuni di più, dovrei dire sicuramente la pazzia.
Dal primo momento che le vidi, capii che sarebbe nato qualcosa di speciale tra noi, che ci avrebbe tenuto unite per sempre.
Ora a distanza di anni, nonostante la scuola sia finita e ognuno di noi abbia preso strade diverse,  riusciamo ancora a trovare il tempo per vederci e, spesso e volentieri, ad incrontrarci anche con il resto della classe, almeno con quelli rimasti qui. Eravamo una classe molto unita ai tempi.
Giulia, con la quale condivido anche l'amore spropositato per i bambini, è diventata insegnante e lavora nell'asilo comunale della città.
Carlotta ha proseguito con le lingue e insegna inglese nel liceo che da ragazzine abbiamo frequentato.

Infine Cristina, avendo lasciato il liceo prima del terzo anno, per iscriversi ad una scuola di estetica, ha aperto un centro specializzandosi nel campo.

Loro tre e Nicola, mio migliore amico, sono le persone di cui mi fido ciecamente dopo la mia famiglia.

Il giorno seguente nel pomeriggio, sono pronta ad affrontare il mio turno in ospedale.
Saluto affettuosamente Maria in corridoio e mi chiudo nello studio, dove sistematicamente indosso il camice, afferro lo stetoscopio, una penna che infilo nella tasca, ed esco. Queste azioni sono diventate così parte della mia routine che compierle mi viene spontaneo
Affianco Visconti in alcune visite ai nuovi pazienti e qualche neonato; è sempre un piacere avere tra le braccia un piccolo appena nato, è una nuova vita venuta al mondo ed è sempre una grande emozione. Solo in un momento di pausa mi dirigo da Lucia.
Il primario che l'ha precedentemente visitata mi ha detto di averla trovata giù di morale, nonostante la situazione sia stabile. Controllo che io abbia ancora qualche caramella in tasca ed entro in stanza.
Il letto di Lorenzo è ormai vuoto: il piccolo in buone condizioni è stato dimesso in mattinata.
Sara, invece, dorme beata, la bocca leggermente socchiusa, l'espressione tranquilla.
Mi avvicino per controllare che respiri meglio e le sposto qualche ciocca di capelli dal viso olivastro, prima di allontanarmi.
Lucia ha lo sguardo rivolto verso la finestra, la luce del Sole le illumina il viso, accentuandone il pallore. Ha un braccio sotto la testa per sorreggerla e un'aria assorta. Mi chiedo a cosa stia pensando.
Ci sono davvero volte in cui vorrei solo sapere cosa passi per la testolina di questo piccolo angelo, magari per riuscire a strapparle qualche sorriso in più nei momenti no.
Mi siedo delicamente sul letto, appoggio una mano sul lenzuolo, creando cerchi immaginari sul tessuto. Lucia si volta a guardarmi e un piccolo sorriso affiora sulle sue labbra.
"Mi è mancata tanto dottoressa" ammette lei, sedendosi composta sul lettino.
Giunge le mani tra loro, appoggiandole sulla pancia.
"Come ti senti oggi, piccolina?"le sorrido amorevole, avvicinandomi per stringere una sua mano tra le mie.
Rabbrividisco al contatto, è fredda.
"Sono un po' stanca..."ammette, cominciando a giocherellare con le mie dita.
Mi apro in una smorfia:"Ti ho portato un regalino" le faccio notare, estraendo una caramella dal mio camice.
Lei a vederla storce il naso, rifiutandola e lasciandomi meravigliata. Sono le sue caramelle preferite.
"Non mi va"protesta, mettendomi il broncio.
 Aggrotto la fronte."Lucia, cosa succede?" le domando preoccupata.
Lei a quel punto incrocia il mio sguardo con gli occhi velati di lacrime.
"Il nuovo dottore e quello vecchio non fanno altro che visitarmi e farmi domande, sono stanca e mi sentivo sola".
Alle sue parole sento lo stomaco contorcersi.
"Piccola"le accarezzo una guancia. "Tu non se..."non faccio in tempo a finire la frase che Maria entra trafelata in stanza.
"Dottoressa, c'è un pronto soccorso, il primario è impegnato e c'è bisogno di qualcuno che visiti il bambino"mi spiega.
Io annuisco seria, alzandomi in piedi, e lancio un'ultima occhiata a Lucia.
"Ci vediamo tra un po', ok?"le prometto.
Lucia annuisce, affranta, rigirandosi di nuovo nel letto, poi esco dalla stanza seguendo l'infermiera.
"Cos'ha?"mi chiede preoccupata Maria, al mio fianco, in corridoio.
Mi limito a lanciarle uno sguardo eloquente e lei scuote la testa mormorando un "povera piccola".
Quando arrivo giù, una donna sulla trentina mi corre incontro, un bambino tra le braccia.
"Dottoressa...la prego, faccia qualcosa"mi supplica con lo sguardo.
Le faccio strada fino in stanza e la tranquillizzo, chiedendole di spiegarmi la situazione.
Lei inizia ad enunciarmi che il figlio, 4 anni compiuti, ha vomito, diarrea e febbre da giorni. Passo a visitarlo, tastando l'addome e la tranquillizzo spiegandole poi che si tratta di una gastroenterite, prescrivendole una giusta terapia a base di sali minerali, per curare la disidratazione. Accarezzo una guancia del bimbo sofferente e sorrido rassicurante alla donna, che ricambia riconoscente.
"Dottoressa, io non so come ringranziarla. Sono una mamma alle prime armi e molto apprensiva, sa, mi preoccupo facilmente".
 Le appoggio una mano sulla spalla, rivolgendole un sorriso.
" Non deve ringraziarmi, semplicemente è il mio lavoro"le rispondo, accompagnandola alla porta.
"E' bello sapere che ci sono ancora persone come lei, arrivederci"mi saluta grata e io esco dalla stanza soddisfatta.
Per strada incrocio Visconti che si congratula con me e io sospetto che si sia finto impegnato per mettermi alla prova, per l'ennesima volta.
Lo ringrazio, poi lui prende a parlarmi di un piccolo paziente ricoverato in mattinata.

Qualche ora dopo, mi ricordo di aver promesso a Lucia che sarei tornata presto e mi dirigo a passo svelto verso la sua stanza. Proprio mentre sto per metterci piede, Maria mi blocca sulla soglia.
"Anita, aspetta... non puoi entrare" pronuncia con un filo di voce e noto che ha ripreso a chiamarmi per nome.
Il cuore comincia a battermi all'impazzata mentre un brutto presentimento si fa spazio nella mia mente.
"Maria...che succede?"chiedo in preda all'ansia.
Lei mi appoggia una mano sulla spalla. "Lucia ha avuto un attacco di panico"mi spiega.
Un po' ciò mi rassicura, ma sapere che sia stata male, mi fa contorcere lo stomaco.
"Ah, sei qui!"Luca esce improvvisamente dalla stanza, le mani nelle stanche, lo stetoscopio che pende più da un lato, in bilico, e il volto stanco.
Il suo tono mi sa molto di accusatorio.
"Ero al pronto soccorso per un'urgenza, che è successo?" chiedo con un tono fermo.
Lui fa segno a Maria di andare a controllare che sia tutto a posto, poi comincia a parlare.
"Tu non arrivavi e Lucia ha cominciato ad agitarsi. Ha avuto un attacco di panico"mi spiega, appoggiandosi con una spalla al muro.
I suoi occhi mi fissano con insistenza, non hanno più quella loro tonalità di verde lucente, ne hanno assunto una più scura.
"Ma le ho fatto somministrare un calmante e sta riposando, adesso" si limita a dire, per rassicurarmi, notando la mia espressione.
"Senti"si passa una mano tra i capelli lasciando che alcune ciocche gli ricadano sulla fronte.
Io lo ascolto, incrociando le braccia al petto, mentre aspetto che continui.
"Lucia è molto legata a te. Però sai, penso che per il suo bene sia meglio che tu abbia un rapporto esclusivamente professionale nei suoi confronti" mi fa notare, nessuna  incertezza nella voce.
I miei occhi si assottigliano mentre assimilo le sue parole.
"Alla faccia della collaborazione. Tu mi stai chiedendo di starle lontana!?"sbotto offesa, mentre scuoto la testa, sconcertata.
Non può davvero avermelo chiesto, non può.
Luca mette le mani in avanti, in preda al panico. "Nono, aspetta, io..."tenta di rimediare.
Non ci credo nemmeno un po' che non fosse sua intenzione, quindi non lo lascio nemmeno finire che gli punto un dito contro.
"Sì certo come no!L'avevo capito che fossi stronzo, sai? Ma non fino a questo punto!" lo accuso, poi giro i tacchi e mi allontano di fretta.
Una lacrima mi riga la guancia, ma non faccio niente per nasconderla.

Angolo autrice:

Buonasera a tutti, mie care lettrici!Come state? Beh io non tanto bene, mi sono beccata una bella influenza :( e approfittando del fatto che io stia meglio, sto dedicando queste giornate alla scrittura. Ho già scritto tre capitoli e ne ho pronti altri due.
Volevo ringraziare Giulia e Carlotta, i miei tesori per aver recensito e tutte le persone che l'hanno aggiunta tra le preferite/seguite/ricordate, sono feliccisima, grazie!
Anche se mi piacerebbe ricevere qualche parere in più.
Visto che capitolo? Pieno di sorprese, lascio a voi i commenti. E queste migliori amiche come vi sembrano? Sono ispirate alle omonime mie migliore amiche a distanza che salutoooo! <3 <3
Aspetto i vostri commenti e a presto! ;-)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
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Capitolo 4



"Non ci credo che sia arrivato a dirti una cosa del genere!"esclama Lottie sorpresa, dall'altro capo del telefono.
L'ho chiamata appena sono tornata a casa perché avevo bisogno di parlarne con qualcuno e lei era l'unica reperibile.
"Oh, devi, invece. Mi ha implicitamente detto di allontanarmi da lei e meno male che dovevamo collaborare" sbotto, esasperata.
"Tesoro, non capisco perché si stia comportando così con te"ammette Carlotta, poi la sento borbottare qualcosa  tra sé.
"Semplice, Lottie, sta cercando di mettermi i bastoni tra le ruote".
Prendo una pausa prima di continuare. "Oh, ma io non glielo permetterò"affermo decisa, poi bevo un sorso di camomilla per calmarmi.
"E fai bene!"concorda lei "adesso devo lasciarti, ho dei compiti da correggere. Ci sentiamo e tienimi aggiornata"mi avverte.
Sorrido anche se non può vedermi. "Assolutamente. Ciao, un bacio"la saluto, riattaccando.
Poso il cellulare sul divano, nel mentre mi affretto a finire la mia camomilla in tranquillità. Non riesco davvero a capacitarci che abbia potuto dirmi una cosa del genere. Tutto il buono che il giorno prima avevo ritrovato in lui è stato annullato da implicite parole che mi hanno ferito nel profondo del cuore.
Ma non lascierò che mi tratti in questo modo, no.
Il trillare del mio cellulare mi risveglia dai miei pensieri, mi affretto a posare la tazza, e afferrarlo per controllare i messaggi.
"Ehi, dottoressina, non ti fai sentire più, eh?Ho capito che i tuoi impegni sono troppi :-P ma un pensierino ogni tanto potresti dedicarlo al tuo caro amico,no?"
Sorrido, leggendo il messaggio di Nicola e digito i tasti velocemente per rispondergli.
"Parli tu che non hai mai niente da fare! E comunque sono stati giorni terribili, sono a pezzi..."
"Successo qualcosa?Vuoi parlarne?
Ps. sto trovando lavoro :-P"
Scuoto la testa davanti alla sua affermazione: Nic è uno scansafatiche, lui e lavoro stonano nella stessa frase.
"Ma niente, solo un nuovo collega che vuole mettermi i bastoni tra le ruote, tutto qui.
Ps. Nic, non ti credo!"
Nascondo volutamente il nome del mio collega perché altrimenti Nicola sarebbe capace di andarlo a prendere a schiaffi.
"A chi devo andare a prendere a calci, eh?!" come volevasi dimostrare...
"Nessuno deve far soffrire la mia dottoressina. Vuoi che ti venga a tirar su di morale? Lo sai mi vesto e sono da te".
Reprimo un riso al suo messaggio e controllo l'ora.
"Ok, Nic. Non portare nulla, stasera cucino io ;-)"
"Oh, mamma, chi me l'ha fatto fare :-P"
Faccio una linguaccia, come se avessi Nicola davanti invece che un telefono. Non capisco perché continui a criticare la mia cucina, non sono poi così male come cuoca.
Apparecchio la tavola e, successivamente, metto una pentola sul fuoco, versandoci un po' d'olio. Prendo dal frigo le cotolette, preparate ieri, e le metto a friggere, e nel frattempo preparo anche un'insalata. Sto per versarci dell'aceto, quando il campanello suona con insistenza: è lui.
Mi affretto ad andare ad aprire e lo trovo appoggiato con un braccio al muro, le gambe incrociate e un sorrisetto stampato in viso.
"Ciao, bambolina"mi saluta.
Nic e i suoi soprannomi, non so quanti me ne abbia affibbiati negli anni.
"Ciao, Nic"mi sposto di lato, lasciandolo entrare. Lui, disinvolto, si leva la giacca, appendendola, e poi sfrega le mani tra di loro.
"Allora, cosa si mangia?"domanda.
"Cotolette e insalata"lo informo con i pollici all'insù e facendogli un occhiolino.
Lui rotea gli occhi al cielo."Sto arrivando a pensare che tu sappia cucinare solo questo"borbotta, mentre mi segue in cucina.
Impiatto le cotolette e lui si appoggia al bancone, seguendo i miei movimenti.
"Allora, questo collega?"mi chiede, il suo sguardo brucia sulla mia schiena.
"Ma niente, è uno nuovo e Visconti ci ha chiesto di collaborare, sai per Lucia"gli spiego, appoggiando i piatti sul tavolo.
"Non c'ha niente da fare sto primario, eh!?" afferma infastidito. È inevitabile dire che a Nicola non sia mai stato simpatico. Prende posto a tavola e io di fronte a lui, mentre gli spiego la situazione.
Nicola si mostra allibito e taglia con forza la sua cotoletta: sono sicura stia immaginando quella sia la faccia di Luca.
"Ma che stronzo, oh! Io sono uno serio e ti rispetto, altrimenti sarei già andato a prenderlo a schiaffi"afferma furente.
Appoggio una mia mano sulla sua, sul tavolo."Nic, è solo un pallone gonfiato, uno che ha l'appoggio di Visconti, ma so benissimo vedermela da sola"lo rassicuro.
La sua mano libera prende ad accarezzarmi dolcemente una guancia. "Lo so bambolina, sei un osso duro, tu" mi fa notare, strappandomi un sorriso.
"E allora, queste cotolette?"gli domando, appoggiando il mento su una mano.
Lui ingoia il boccone, prima di rispondere. "Sarà pure l'unica cosa che sai fare, ma io le adoro" risponde, facendomi scoppiare a ridere.
Nicola Rossi, occhi profondi castani e capelli del medesimo colore, perennemente in disordine, talvolta tirati indietro con il gel, viso dai tratti mascolini e labbra carnose.
Ha un rapporto un po' burrascoso con la sua famiglia, non si sente apprezzato da essa. Appena finito il liceo si era iscritto ad economia e commercio, lui, però, l'università non l'ha mai portata a termine, e di lavori pure ne ha cercati e altrettanti ne ha trovati, ma si è fatto licenziare ogni volta per le sue assenze o ritardi. Al momento fa il mantenuto a casa di mamma e papà.
Nonostante si nasconda, talvolta, dietro un atteggiamento da duro, è una bella persona. Una di quelle che ti danno il cuore, esuberante, capace di strapparti un sorriso continuamente. È una di quelle persone che vorrei se non ci fosse già nella mia vita.


I giorni seguenti passano freneticamente, i miei turni in ospedale sono duri e lunghi. Tra pronto soccorsi, ricoveri e quant'altro, non ho nemmeno il tempo di guardarmi in faccia e torno stanchissima a casa.
Visconti fa di tutto pur di tenermi al suo fianco, come se volesse allontanarmi da Lucia, e sospetto che lui e Luca siano d'accordo. Ma io riesco a trovarlo sempre un momento per lei, anche se solo guardandola di sfuggita, e la noto sempre con lo sguardo rivolto verso la finestra. È triste e il mio cuore si spezza ogni volta.
Io e Luca ci vediamo sporadicamente, quelle poche volte che lui e Visconti si consultano riguardo Lucia, e io sono presente. Non mi ha nemmeno chiesto scusa ed evita il mio sguardo ogni volta, codardo.
È un giorno freddo, quello, sembra che il tempo ci stia invitando a ricacciare dagli armadi i vestiti invernali. Sono nel mio ufficio, piegata su scartoffie sparse sulla scrivania, quando sento qualcuno armeggiare con la maniglia della porta e successivamente essa si spalanca, rivelando Lucia sulla soglia.
Indossa il pigiamino a pois che le ho regalato mesi addietro: le si è arrotolato il pantalone fino al ginocchio destro e il suo peluche Chicco, un coniglietto bianco, penzola dalla mano destra. I capelli sono sciolti e scompigliati e ha un'aria stanca dipinta sul volto pallido. Si strofina un occhio con la mano libera, mentre la sento cominciare a singhiozzare.
La mia sedia stride per terra, quando mi affretto a raggiungerla e, nemmeno il tempo di abbassarmi alla sua altezza, che me la ritrovo tra le braccia. Mi si stringe al collo, strofinando il nasino sulla mia spalla. All'inizio sono impacciata, poi mi appresto a ricambiare l'abbraccio, lasciandole carezze sulla schiena.
"Perché non sei venuta più a trovarmi?" singhiozza.
 È la prima volta dopo mesi che mi dà del tu, nonostante io innumerevoli volte le abbia chiesto di chiamarmi per nome, e la cosa mi lascia spiazzata e piacevolmente sorpresa allo stesso tempo.
La prendo in braccio, mentre lei mi lega le gambe al bacino, e,dopo aver chiuso la porta, torno a sedermi.
"Ho avuto molto da fare, scusami, ma ti ho lasciato in buone mani, no?" pronuncio, accarezzandole i capelli.
Lei storce la bocca e i suoi occhioni pieni di lacrime si riflettono nei miei.
"Pensavo non mi volessi più bene"ammette, facendomi il labbruccio.
Le sorrido dolcemente, mentre mi appresto ad asciugarle le guance. "Non lo dire neanche per sogno"la rassicuro.
La sua fronte si appoggia alla mia, mentre ricambia il sorriso, e delle piccole rughette di espressione le si formano attorno alle labbra.
Le pizzico le guance: "Adesso però, raccontami un po' cosa hai fatto in questi giorni"la sprono curiosa.
Lei lascia cadere Chicco sulle mie gambe e prende a contare sulle dita delle manine.
"Il nuovo dottore è venuto a trovarmi, era triste e non so perché. Sai, è simpatico ma non è buono come te. Ah! Poi è arrivato un nuovo bambino, si chiama Francesco e non parla mai, e ho giocato anche con Sara, qualche volta però, perché ha avuto di nuovo la febbre"mi spiega, facendomi sorridere.
Le accarezzo i capelli, districandone alcuni nodi.
"Lucia...adesso penso tu debba tornare in camera. Non voglio che qualcuno si preoccupi non vedendoti"le faccio notare, seria.
La piccola, a quel punto, mette il broncio, incrociando le braccia al petto.
"Ci torno solo se mi accompagni tu"replica.
Roteo gli occhi al cielo, arrendendomi, e annuisco. Lei salta con un balzo dalle mie gambe e poi mi afferra la mano, trascinandomi in corridoio.
Le dico di andar piano e di far silenzio, ma lei continua a parlottare allegra, attirando l'attenzione di molti che, vedendola, sorridono. È come se d'un tratto le fosse tornato il buon umore.
Fuori dalla sua stanza troviamo, però, una visita. Luca ha le gambe incrociate e le braccia al petto, lo sguardo serio.
Appena ci vede arrivare, alza gli occhi dal pavimento. "Lucia, quante volte ti ho detto di non uscire dalla stanza senza il mio permesso?"la rimprovera, burbero.
Il sorriso svanisce dal volto della piccola, portandola a nascondersi dietro di me, che mi curo di lanciare a Luca uno sguardo torvo.
I nostri occhi si incrociano, dopo giorni, e il mio cuore sussulta.
"Ero andata a trovare Anita...m-mi mancava" Lucia sbuca da dietro di me e lo guarda con un'espressione dolce in viso.
A quel punto, Luca si scioglie come neve al Sole e sbuffa arreso.
"Va bene, ma la prossima volta avvertimi"si abbassa, scompigliandole i capelli.
Lei annuisce vigorosamente e poi prende le nostre mani tra le sue, trascinandoci con sé.
"Andiamo, andiamo, voglio farvi vedere una cosa" ci esulta a seguirla.
Il mio sguardo confuso incrocia di nuovo quello di Luca, ora divertito, e per l'ennesima volta il mio cuore sussulta.
Lucia ci indica la finestra, incitandoci a guardare fuori, lì dove il Sole si appresta a tramontare.
Il cielo assume sfumature di arancione, rosso e rosa, rendendo l'atmosfera magica.
La piccola è incantata da questo spettacolo, il suo vicino schiacciato contro il vetro. Adoro il suo emozionarsi davanti alle piccole cose e sono sempre più convinta che dai bambini si debba imparare molto.
Il mio sguardo si perde ad ammirare il cielo, mentre prendo ad accarezzare la manina di Lucia. Però, è più grande questa per essere quella di una bambina, la pelle ruvida al contatto e le nocche screpolate. Mi volto con un brutto presentimento e noto la mia mano stretta a quella di Luca.
Ci guardiamo imbarazzati, staccandoci come se scottati da quel contatto.
Evidentemente Lucia si è allontanata senza che noi ce ne accorgessimo.
Il mio sguardo si perde proprio alla ricerca della bambina, che saltella per la stanza, mentre incita Sara ad alzarsi per vedere il tramonto.
"Lucia, non puoi affaticarti, fila a letto" la rimprovera Luca.
Lei si volta a guardarlo angelica, facendogli gli occhi dolci e, quindi, si infila sotto le coperte di corsa.
Non so cosa abbia in mente quella birbantella, ma sicuro niente di buono.

Angolo autrice:


Salve a tutti! Se ve lo starete chiedendo, sì sto scrivendo continuamente ahaha, mi sono talmente appassionata a questa storia che appena ho un attimo libero, mi metto a scrivere. Beenee, in questo capitolo facciamo la conoscenza di Nicola, il famoso migliore amico. Che ne dite?Come vi sembra? Non vi anticipo nulla, ma sarà molto presente nel corso della storia ;-)
E poi avete visto come è dolce Lucia? È un amore e io la adoro! Per chi si stesse preoccupando riguardo la sua salute, tranquille la piccolina starà bene, forse ahahah!
Prima però ha un piano da portare a termine, come avrete capito, quello di far avvicinare i nostri protagonisti!
E niente ringrazio infinitamente le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, il mio cuore è colmo di gioia, thanks! Grazie anche a chi l'ha aggiunta tra le preferite/ricordate/seguite e ai lettori silenziosi.
Ci vediamo alla prossima, intanto vi lascio un piccolo spoiler dal prossimo capitolo :)

"Hai una faccia conosciuta, sai?"gli domanda dubbioso e io mi passo una mano sul viso preoccupata.
"Beh, probabile che ci siamo già visti"sorride calmo Luca, il mio migliore amico sembra pensarci su e poi noto il suo viso illuminarsi e le sue labbra arricciarsi in un ghigno. Credo che stia per scoppiare la bomba...

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

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Capitolo 5



Le giornate passano velocemente, continuo a vedere Lucia regolarmente, adesso, e sembra che le cose tra me e Luca vadano meglio. E' come se Lucia stesse cercando in tutti i modi di avvicinarci. Il nostro rapporto non è certo idilliaco, non ci vediamo nemmeno spesso, solo per quanto riguarda la bambina, però riusciamo a scambiare qualche parola.
E' una sera fredda quella, con un vento capace di raggelare le ossa e io sono ancora in reparto per salutare la piccola, prima di tornare a casa.
Le rimbocco le coperte, mentre Lucia ha gli occhi socchiusi sul punto di dormire, poi passo ad accarezzarle i capelli sparsi sul cuscino. E' impossibile che una bambina come lei non sia mai stata adottata da nessuno. Un senso di rabbia mi pervade il corpo, ma allo stesso tempo sono felice che lei possa stare ancora con me: ed è un gesto egoista, lo so, perchè sì, lei avrebbe bisogno di una famiglia a prendersene cura.
"Come sta la mia paziente preferita?!"Luca entra in stanza, facendo molto baccano, sprizza gioia da tutti i pori, è allegro come non l'ho mai visto da quando lavoriamo insieme.
Mi volto, facendogli segno di abbassare la voce, ma ormai Lucia ha già spalancato i suoi occhioni azzurri, sorridendo felice di vederlo.
Lui le si avvicina. "Sono passato a salutarti come volevi"le dice, pizzicandole una guancia.
Lei gli fa una linguaccia, allontanando la sua mano, e io sorrido alla scena.
"Adesso,però, torna a dormire, ci vediamo domani" pronuncia con dolcezza.
Lucia annuisce, girandosi da un lato, e comincia a sonnecchiare.
Mi giro a guardarlo e per la prima volta da quando è entrato nella stanza, lo osservo davvero. Ha i capelli più spettinati del solito, con delle ciocche che gli ricadano morbide sulla fronte, il viso pallido contrasta con il rossore delle sue guance. Non ha il camice, indossa un maglioncino di cashmire blu notte, un jeans e delle stringate di pelle. A guardarlo così, sembra lo stesso ragazzino di qualche anno fa.
"Sei molto legata a lei"parla lui, più che altro a sè stesso che a me, che faccio quasi fatica ad avvertire la sua voce.
 Distolgo lo sguardo, posandolo su Lucia che dorme beata, e i braccialetti sul mio polso tintinnano.
"Sì, dalla prima volta che ci siamo viste è come se fossimo entrate in simbiosi, lei mi sta dando molto, sai? E io spero di star facendo la stessa cosa"ammetto e non so nemmeno per quale motivo io stia aprendo il mio cuore a lui, ma le parole escono da sole, libere.
La sua mano si posa sulla mia spalla in un gesto delicato, e io sussulto.
"Credimi Anita lo stai facendo, eccome. Le stai donando la forza di vivere".
Le sue parole mi lusingano, facendomi sentire importante per qualcuno.
"E scusa per l'altro giorno, non era mia intenzione dirti di starle lontana, anzi la situazione è precaria ed è meglio che... Lucia abbia accanto le persone a cui tiene di più"la sua voce va via via scemendo, diventando quasi impercettibile, ma sembra che queste parole me le abbia urlate.
Mi volto di scatto con un' espressione di terrore sul viso.
 "C-cosa...succede Luca?"chiedo incerta.
Lui posa gli occhi su ogni cosa che non sia io, come se avesse paura che io possa leggerci la verità. Poi finalmente mi guarda e il mio stomaco si contorce, ma non ho il tempo di pensarci, perchè la sua mano preme di più sulla mia spalla.
"Vai a casa e stai tranquilla"tenta di rassicurarmi.
Lo guardo attonita, mentre lui, piano, si allontana.
"Buonanotte, Anita" mi saluta. Il modo in cui pronuncia il mio nome è dolce.
Mi sta nascondendo qualcosa, ne sono sicura,e nella mia mente si fanno spazi i più svariati pensieri. Per quanto, a volte, la verità possa far male, io devo scoprirla.

Sono seduta al tavolo del bar, nostro ritrovo. Siamo io e le mie amiche che aspettiamo Nicola, che arrivi in compagnia di Emiliano, suo cugino. Mi ha chiesto se potesse portarlo e io non ho esitato a dirgli di si, lo conosciamo da poco, ma è una persona di buona compagnia nonostante sia un pò timido.
Con mezz'ora di ritardo Nicola entra trafelato, seguito da suo cugino. Si libera del cappotto, impregnato di umidità, e si siede sullo sgabello, appoggiando i gomiti sul tavolo.
"Buonasera, bellezze"ci saluta.
 Carlotta al mio fianco arrossisce. E' segretamente innamorata di lui da un pò, e pensare che all'inizio quasi non lo sopportava. Stava sempre lì a puntualizzare e a giudicare i suoi comportamenti, talvolta infantili, infastidendolo. Emiliano, invece, ci rivolge un sorriso, prima di imitare i gesti di Nicola.
Emiliano Rossi, una zazzera di capelli ricci neri, un paio di occhi castani con delle pagliuzze dorate, tenuti nascosti da grandi occhiali neri, viso squadrato e labbra sottili. Laureato in informatica e con un stipendio fisso, timido e impacciato, non sembra nemmeno che lui e Nicola siano parenti, sono praticamente l'opposto.
"Emiliano, non sapevo ci fossi anche tu"sorride a quel punto Giulia, facendolo arrossire. Ho la netta sensazione che il ragazzo abbia una cotta per la mia migliore amica: arrossisce vistosamente ogni volta che lei gli parla o semplicemente gli rivolge uno sguardo, e poi comincia a balbettare, è carinissimo.
Si passa una mano dietro la nuca. "Beh...s-si, Nicola mi...ha invitato"risponde impacciato.
A quel punto la mia amica appoggia una mano sul tavolo, facendola sfiorare con la sua. "Ha fatto benissimo"gli sorride dolce.
Nicola allora ride, lanciando un'occhiata al cugino che non si sa in che mondo sia andato a finire, mentre la mia attenzione viene attirata da qualcun'altro.
Luca Franzese cammina disinvolto, facendosi spazio tra la folla, ha i capelli tirati indietro dal gel e indossa un giubbino di pelle in netto contrasto con il freddo che c'è fuori. E' bello da mozzare il fiato.
"Hei, terra chiama Anita"sento Cristina al mio fianco passarmi una mano sul viso e mi giro a guardarla, un'espressione preoccupata sul viso. Impegnata com'ero non mi sono nemmena accorta che Emiliano e Giulia si siano alzati per andare a prendere qualcosa al piano bar. Penso che la cotta sia reciproca.
"Lui è qui"ammetto sottovoce, sperando che Nicola non senta. Ci guarda confuso, mentre noi parlottiamo sottovoce.
"Perchè non lo inviti ad unirsi a noi? Hai detto che le cose tra voi vanno meglio, no?"propone Lottie. Io rischio di strozzarmi con la mia stessa saliva, mentre lei mi dà colpetti sulla schiena.
"No, certo che no!"replico, alzando la voce di un'ottava e destando la preoccupazione di Nicola.
"Buonasera Anita"la voce di Luca alle mie spalle mi fa sussultare e il cuore comincia a battermi all'impazzata. Le mie amiche smettono di parlare e io riesco a voltarmi dopo qualche secondo, notando Giulia al piano bar farmi segno con i pollici all'insù.
Poi mi soffermo a guardare lui, un'ombra di sorriso sul volto, e per quanto io ci provi, nessuna parola esce dalla mia bocca come se d'improvviso mi si fosse frenata la lingua.
"Però, Franzese è cresciuto proprio bene"mi sussurra Cristina all'orecchio.
Le do una gomitata, mentre riesco a biascicare un timido ciao. La mia amica notando che io non sia capace di farmi avanti, gli porge la mano. "Ciao Luca, Cristina, ricordi?Perchè non vi sedete con noi?"gli domanda tranquilla. Lei che Luca Franzese non l'ha mai sopportato più di tanto, gli ha chiesto di unirsi a noi? Credo di non sentirmi bene.
Lui si gratta la nuca in imbarazzo.
"Sì dai, unitevi a noi"concorda Lottie a quel punto.
Nicola, invece, lo squadra da capo a piedi, il sospetto disegnato sul viso.
Luca prende posto proprio accanto a lui e il suo amico, di cui mi accorgo solo ora, alla sua destra.
"Nicola Rossi"il mio amico gli porge la mano, serio, aspettando che Luca gliela stringa.
Il ragazzo ricambia il gesto vigorosamente, credo che non si ricordi più di lui, e si presenta come un mio collega.
"Levami una curiosità, tu sei il famoso collega pallone gonfiato di Anita,no?"inizia a parlare il mio amico, mentre io gli tiro un calcio da sotto il tavolo per il nomignolo che gli ha affibiato.
"Hai una faccia conosciuta, sai?"gli domanda dubbioso e io mi passo una mano sul viso preoccupata.

"Beh, probabile che ci siamo già visti"sorride calmo Luca.
Nicola sembra pensarci su, poi noto il suo viso illuminarsi e le sue labbra arricciarsi in un ghigno.
Ohoh, guai in vista...

"Ma certo!"si batte una mano in fronte "Luca Franzese, sei quel coglione che spezzò il cuore ad Anita"sbotta lui, inchiodando il suo sguardo per sfidarlo.
La mia mano stringe forte il legno del tavolo mentre lancio un'occhiata preoccupata alle mie amiche.
Luca, però, non si scompone minimamente alle sue parole.
"Tu saresti? Il suo ragazzo?" chiede, indagando.
Riesco quasi a vedere del fumo uscire dalle orecchie di Nicola.
"No, sono il suo migliore amico quello che avrebbe tanto voluto spaccarti la faccia, brutto stronzo"replica lui indignato.

La mano di Lottie si chiude attorno al mio braccio. "Fa qualcosa..."mi supplica con lo sguardo.
"Nic..."la voce mi esce in un sussurro mentre quella di Luca "come hai osato chiamarmi, eh?" sovrasta la mia.
Nicola si alza di scatto e lo sgabello cade rovinosamente a terra, attirando l'attenzione dei presenti.

"Affrontami se ne hai il coraggio, eh avanti!?" lo incita, indicandosi e capisco che la situazione stia degenerando.
Luca gli rivolge solo uno sguardo sprezzante ma non lo fronteggia, no.
Lui è sempre stato un tipo pacato, sono davvero rare le volte in cui lo ricordo arrabbiato e preferiva usare le parole più che le mani, ma questa volta resta in silenzio come se non avesse il coraggio di dire nulla.
Guardo Nicola che a differenza sua si sta rivelando così immaturo.

Poi si alza dallo sgabello, stringendo il bordo del tavolo tra le mani, e mi guarda un'ultima volta prima di uscire dal locale seguito dall'amico.
Senza che io me ne accorga le mie gambe si stanno già muovendo per raggiungerlo, mi curo di fulminare con gli occhi Nicola e afferro il cappotto che Cristina mi lancia, uscendo finalmente dal locale.
"Luca...aspetta"lo richiamo esausta prima che lui possa salire in auto.
Lui si volta nell'oscurità della notte e rimane sorpreso di vedermi lì.
Continuo ad avvicinarmi con le braccia che si stringono al petto, le mani che si sfregano sugli avambracci per prendere calore.

"Mi dispiace, io...non so cosa gli sia preso, non lo riconoscevo"parlo tutto d'un fiato.
Luca incrocia il mio sguardo e in un gesto inaspettato la sua mano si posa sulla mia guancia.
"A domani Anita" proferisce in un sussurro. Poi si allontana.

Rimango sola, con il cuore che batte forte e le gote in fiamme, mentre guardo la sua automobile sparire piano dalla mia vista.
Quando rientro nel locale, Giulia mi corre incontro. "Ma cosa è successo?"chiede preoccupata.
Afferro la borsa, che ho lasciato al tavolo, inchiodando lo sguardo rammaricato di Cris e Lottie.
"Chiedilo a lui"le indico Nicola, che non ha nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia e vado via. Sono a pezzi.


Angolo autrice:

Buonasera mie care! Siamo giunte già al 5°capitolo, pieno di sorprese non trovate? Fatemi sapere che ne pensate :)
Prima di salutarvi vorrei ringraziare tutte le ragazze che stanno recensendo la storia, tutte quelle che l'hanno aggiunta tra le preferite/ricordate/seguite e anche i lettori silenziosi. Siete sempre di più a seguirla la storia e ciò mi rende felicissima, davvero.
Bene, detto questo vi saluto dicendovi che il prossimo capitolo è solo da ricopiare al pc e sarà un pò triste.
Bacioni e a presto! <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 6

"Agitata?" domando a Cristina, mentre percorriamo la strada dal parcheggio all'ingresso dell'ospedale.
Lei mi guarda, l'ombra di un sorriso sul suo volto. "Nono, è solo un prelievo, infondo"risponde ironica.
Rido alla sua affermazione, ricordando l'ultima volta che lei aveva ripetuto una cosa del genere e non era finita nel modo in cui sperava.
Prima che possa dirle qualcosa è lei a parlare.
"Piuttosto, tu come stai? Hai più sentito Nicola?" mi domanda.
"No...mi ha mandato messaggi e chiamato innumerevoli volte, ma non ho mai risposto. Cris, io quasi non lo riconoscevo"ammetto, passandomi una mano tra i capelli nervosa.
Lei a quel punto assume un'espressione pensierosa.
"Io me la sarei aspettata una reazione del genere da lui, sai? Ha un atteggiamento fin troppo protettivo nei tuoi confronti, Anita"replica Cristina, lanciandomi un'occhiata eloquente.
Annuisco. "Sì, beh ci conosciamo da anni"parlo frettolosamente. Credo di aver capito dove voglia andare a parare e questo è un argomento di cui non voglio discutere.
"Non penso che tu, però, avresti reagito così al posto suo"osserva lei.
Non posso che darle ragione. "Ok, però adesso andiamo, su"la incito, prendendola a braccetto.
Facciamo l'accettazione e poi ci sediamo in sala d'attesa aspettando che sia il turno della mia amica e fortuna vuole che la chiamino presto. Nel frattempo racchetto una rivista e leggo qualche frivolo gossip.
Poco dopo la mia amica mi raggiunge, il braccio steso mentre l'indice e il medio della mano destra premono sul cerotto.
"Tutto ok?"le domando curiosa. La scorsa volta c'è stato un piccolo problemino, c'era un infermiere alle prime armi che non riusciva a trovarle la vena e Cristina ha rischiato di sentirsi male.
Lei, allora, arrosisce imbarazzata.
"Cosa è successo, tesorino?"le chiedo sorridendo.
Lei temporeggia. "Oh beh...c'era questo infermiere che mi ha fatto il prelievo e ho avuto la sensazione che stesse flirtrando con me"ammette  impacciata. 
Scoppio a ridere."Fai conquiste, eh?"la prendo in giro.
Lei si copre il viso con le mani mentre "e come era lui? Carino?"le domando curiosa.
"Beh...si"mi tiene sulle spine lei, e io mi curo di lanciarle un'occhiataccia.
"Allora...capelli castano chiaro, tenuti alzati in un ciuffo e rasati ai lati, occhi verdi e un bel sorriso"elenca Cristina arrossendo.
"Ah, ma parli di Edoardo"confesso io tranquilla e destando la sua attenzione. "Non lo stai dicendo solo perchè ho una cotta per Edoardo Purgatori, vero?"ride lei, puntandomi un dito contro.
Cristina ha una cotta spropositata per quell'attore e ho l'impressione che segua un medico in famiglia solo per lui.
Mi limito a scuotere la testa e la porta della stanza si spalanca, rivelando proprio il ragazzo sulla soglia.
Sorrido."Edoardo, ciao!"richiamo la sua attenzione, alzando la mano in un gesto di saluto.
Cristina si volta di scatto e i suoi occhi si spalancano, sorpresi.
Lui socchiude le labbra meravigliato di vedermi là e si avvicina svelto. "Anita cara, ma che piacere rivederti" le sue braccia si spalancano mentre mi fa segno di avvicinarmi per abbracciarlo.
Ci perdiamo in convenevoli e lo sguardo del ragazzo si posa subito sulla mia amica. Le sorride.
"Come va?"le dice indicandole il braccio. "Sono stato bravo, vero?"la osserva pavoneggiandosi.
Cristina è come se fosse entrata in trans, ci vuole un mio colpo di tosse per risvegliarla.
Lei arrossisce visibilmente imbarazzata. "Scusate, ero sovrappensiero. Comunque sì, tutto ok, non ho sentito niente"gli sorride grata.
"Oh beh, modestamente"si indica sorridendo beffardo, mentre io gli do uno scappellotto dietro la nuca. In risposta lui mi fa una linguaccia.
"Edo, comunque lei è Cristina la mia migliore amica"la indico, mentre loro si presentano.
"Lo sapevo già il suo nome, ma ok"ride divertito, e facendola arrossire.
"Dovremmo andare a fare colazione, se non hai da fare perchè non ti unisci a noi?"gli domando.
A quel punto la mia amica al mio fianco strabuzza gli occhi. " E questo adesso?"mi chiede tra i colpi di tosse.
Le sorrido. "Ieri hai fatto la stessa cosa con Luca, ricordi?Diciamo che adesso siamo pari"le sussurro facendole l'occhiolino.
Cristina in risposta rotea gli occhi al cielo, ma senza nascondere un'espressione divertita.
"Sì, per me va benissimo"la risposta di Edoardo attira la mia attenzione, facendomi sorridere.
Quando arriviamo al bar subito un forte odore di cornetti ci invade le narici e io mi appresto a dirigermi al bancone, mentre la mia amica e il ragazzo occupano un tavolo.
"Dottorè buongiorno, non sapevo foste di turno oggi"mi saluta caloroso Antonio, il barista veterano.
E' di origini napoletane, un uomo sulla sessantina, capelli brizzolati e un viso dolce contornato da una barbetta bianca. Tra di noi c'è stata simpatia dal primo giorno che ci siamo visti. Sapevo che quando ne avessi avuto bisogno, lui mi avrebbe offerto non solo il caffè ma anche la sua di spalla, e io avevo capito di potergli confidare ogni minima preoccupazione. Adesso sono davvero rare le volte in cui ci vediamo perchè i nostri turni purtroppo non coincidono più.
"Nono, sono qui con una mia amica. L'ho accompagnata a fare un prelievo" sorrido gentile, mentre lui prende a lavare delle tazzine sotto il mio sguardo.
"Comunque mi faresti tre caffè? Ah, e poi mi dai anche un cornetto al cioccolato"gli dico.
A quel punto annuisce. "Subito dottorè, nel frattempo vi do subito il cornetto così vi mettete a posto lo stomaco"mi sorride porgendomelo. Antonio sa quanto io amo mangiare i cornetti. "Ma non è per me, almeno non questa volta"rido e contagiando anche lui.
"Molto strano, comunque i caffè ve li porto io, state tranquilla" mi comunica.
Annuisco, rimproverandolo sul fatto che non voglio mi dia del voi e gli indico il tavolo, dove intravedo i miei due amici parlare.
Poi mi allontano, avvicinandomi ai miei due amici."I caffè arrivano tra un pò, ora ecco a te il cornetto. Forza mangia, bimba" la incito io, mentre lei sorride entusiasta addentando un pò di cornetto.
"Ok, comunque dicevo alla tua amica che potrebbe avvisarmi se dovesse fare altri prelievi, così che il giorno potrebbe coincidere con quello del mio turno, sai, sono il suo infermiere preferito"si pavoneggia lui, indicando la mia amica, che sorride annuendo, mentre finisce il suo cornetto.
Io e Edoardo ci perdiamo in chiacchiere. Mi racconta che sta facendo il corso per diventare caposala e io gli sorrido contenta che ci stia riuscendo. Era già nei suoi progetti e me ne aveva precedentemente parlato quando mesi addietro ci eravamo conosciuti durante una sua sostituzione ad una collega nel mio reparto.
Infine mi chiede di Lucia e io gli spiego che la situazione non sia delle migliori. Edo annuisce affranto, è bello sapere che qualunque persona la conosca si sia affezionato a lei in modo spropositato e poi mi sorride rassicurante, dicendomi che verrà a trovarla un giorno di questi. Lucia ne sarà contenta.
Proprio in quel momento, Antonio si avvicina al nostro tavolo, poggia i tre caffè davanti a noi e poi infila il vassoio sotto il braccio.
"Buongiorno Antonio"gli sorride allegro Edoardo, facendogli segno di darsi il pugno.
Il barista lo osserva divertito. "Giovane, sei allegro stamattin, eh?Che hai conquistato il cuore di qualche bella fanciulla?"gli domanda con una simpatica cadenza napoletana.
"Ce l'hai davanti" Edo indica Cristina, che si ferma con il cornetto a mezz'aria, mentre lo guarda imbarazzata.
Antonio ride, scuotendo la testa. "Povera ragazza"sorride complice alla mia amica, che scuote la testa.
"Nono, non è come pensa"si limita a spiegare.
Edoardo scuote le spalle. "Antò, sono in compagnia di queste due belle donzelle, cosa posso chiedere di più?"sorride beffardo.
Io al suo fianco gli tiro un pugno sul braccio."Sei uno sbruffone"mormoro divertita.
Cristina ingoia il suo boccone in tranquillità e poi ride sommessamente.
Il mio amico finisce di fretta il suo caffè, rischiando di scottarsi la lingua.
"Adesso vado proprio di fretta, devo scappare. Da futuro caposala devo pur dare l'esempio, no?"dice trafelato e alzandosi subito dopo. Si sistema la casacca verde che indossa e poi caccia un bigliettino dalla tasca di essa, porgendolo a Cristina, che lo osserva curiosa.
"E' il mio numero, questo. Magari mi chiami se vuoi vedermi...ceh, ovviamente intendo per il prelievo, no?"gli spiega e per la prima volta da quando lo conosco, Edoardo è imbarazzato.
Cristina annuisce vigorosamente senza però riuscire a nascondere il rossore delle sue guance.
"Sì certo, ok" mormora.
Lui alza i pollici all'insù e, dopo averle fatto l'occhiolino, si allontana.
Antonio dopo poco si congeda salutandoci, e io e la mia amica rimaniamo sole. Lei avvicina la sua tazza alle labbra e ci soffia sopra.
"Visto, ti ha pure rifilato un implicito appuntamento, se non fosse stato per me"rido, facendole storcere la bocca.
"Non iniziare con la storia che non fosse stato per te non sarebbe successo ciò, eh! Magari un giorno ci saremmo rincontrati e le cose sarebbero venute da sè e poi non è un vero appuntamento, quello"protesta lei facendomi la linguaccia.
Alzo le mani in segno di resa. "Come vuoi, ma non puoi negare di esserne già cotta"mormoro divertita.
Lei in risposta arrossisce, confermando la mia tesi.
"Mi riaccompagneresti a casa? Dovrei aprire il centro tra un pò" replica e lasciando la tazzina di caffè mezza piena sul tavolo. Sono sicura che l'abbia fatto per evitare il discorso.
Lascio il conto e la mancia ad Antonio sul tavolo, e mi allontano con lei.
Mancano solo quattro ore e rivedrò Luca.

Il mio telefono squilla imperterrito nella tasca dei jeans. Non c'è bisogno che io controlli per sapere di chi si tratta, Nicola continua constantemente a chiamarmi da stamattina.
Mi curo di annullare la chiamata e di metterlo in modalità silenziosa, sperando che capisca. Infilo le mani nelle tasche del camice e cammino per il corridoio, i miei stivali a tronchetto che ticchettano sul pavimento.
Luca entra in reparto, il suo sguardo vago. Proprio quando penso che si stia per avvicinare, fila dritto senza nemmeno guardarmi.
"Luca..." lo richiamo e lui si volta di scatto, sorpreso.
"Ehm ciao"sorride in imbarazzo.
Mi avvicino svelta. "Mi scuso ancora con te per l'episodio dell'altra sera, sono sicura che Nicola non volesse dire quelle cose" farfuglio.
Lui mette una mano in avanti per fermare il mio fiume di parole.
"Ne abbiamo già parlato. Il tuo amico dovrebbe imparare a tenere la lingua a freno"dice, lo guardo rammaricato a quelle parole.
"Ma non posso dargli nemmeno torto, sì insomma, sono stato davvero uno stronzo"ammette, grattandosi la nuca in imbarazzo.
I miei occhi si strabuzzano alle sue parole.
"No!"parlo con troppa foga, il suo sguardo incrocia il mio incuriosito.
"Ceh, si ti sei comportato male, ma è una cosa tra me e te e lui non avr..."
Luca non mi da nemmeno il tempo di finire che le sue mani si appoggiano sulle mie spalle, facendomi tacere.
I suoi occhi si fissano nei miei e arrossisco.
"Anita, non ne parliamo, ok? Il passato è passato"mi sorride lui.
Io annuisco a corto di parole, è come se dopo anni io ricominciassi a sentirmi la ragazzina di un tempo.
"Dottore, dottore"un infermiere arriva trafelato al nostro fianco, e lo sguardo preoccupato di Luca si posa su di lui.
L'uomo si piega sulle ginocchia, riprendendo fiato, poi si aggiusta gli occhiali sul naso. "C'è una persona che la cerca, io le ho spiegato che era impegnato, ma ha insistito"spiega.
Luca fa un cenno di assenso con il capo. "Dille che arrivo subito"gli dice prima che lui annuisca, andandosene.
Lo guarda allontanarsi, la fronte che gli si corruccia.
"Beh, allora vai, non farla aspettare questa persona"lo incito.
Lui annuisce sovrappensiero, poi comincia a camminare nella direzione opposta.
Per il resto del mio turno non lo vedo, non passa nemmeno a salutare Lucia che mi chiede con insistenza di lui.
Alle otto di sera mi chiudo nello studio, con gli occhi che a stento riescono a rimanere aperti,e pensare che devo fare anche il turno di notte per sostituire un collega malato.
Sono molto giù di morale oggi, con il pensiero che la situazione di Lucia stia peggiorando. Oggi abbiamo dovuto cominciare a somministrarle di nuovo farmaci endovena e poi il fatto che io e Nicola non ci parliamo fa peggiorare la situazione.
Mi infilo il cappotto e la sciarpa da sopra il camice e metto il cercapersone nella tasca, in caso qualcuno chiami, e mi allontano dal reparto senza che nessuno mi veda.
Il terrazzo dell'ospedale dà una bella vista, di notte ancor di più, con le luci della città che si confondono con quelle delle stelle. Penso di essere sola, siamo in pochi a conoscere questo posto, quando nella penombra scorgo una persona, le spalle ricurve e le mani tra i capelli.
Mi avvicino cauta, stando attenta a non fare il minimo rumore, quando rischio di inciampare in non so cosa. La persona si volta di scatto e, a disagio per la situazione, incontro gli occhi verdi di Luca.
Biascico un ciao imbarazzata e mi siedo al suo fianco.
Lui rimane in silenzio, torturandosi le mani in modo nervoso.
"Successo qualcosa?Non ti ho visto..."i suoi singhiozzi sovrastano la mia voce facendomi sobbalzare.
Si volta a guardarmi, gli occhi pieni di lacrime, e il mio cuore si stringe.
Titubante la mia mano si appoggia sulla sua spalla.
"L'ho persa. L'ho ritrovata e persa nello stesso giorno"dice lui, il labbro inferiore che gli trema.
Lo guardo senza capire di chi stia parlando. E' la prima volta che lo vedo così, senza barriere. Senza quell'atteggiamento da pallone gonfiato dietro il quale si nasconde.
Lasciandomi spiazzata si appoggia alla mia spalla, le sue lacrime che mi bagnano il cappotto. Impacciata gli stringo il busto.
"Di chi parli?"gli domando.
Alza lo sguardo inchiodandolo nel mio. "La mia ragazza"confessa, facendomi torcere lo stomaco.
"Voglio dire, la mia ex. Oggi era lei la persona che voleva vedermi. Aveva un viso pallido e solcato da due profonde occhiaie che mi son spaventato. Stentava quasi a parlare ed è venuta fin qui da Milano per dirmi addio, le era stato diagnosticato...un cancro". Stringe i pugni forte fino a far diventare le nocche bianche.
"Io...ho, ho fatto appena in tempo a prenderla prima che cadesse a terra. H-ha avuto un'embolia polmonare e il...suo".
La sua voce è rotta di nuovo dal pianto. "Il suo cuore...ha smesso di battere".
Si copre la faccia mentre altre lacrime scendono copiose dai suoi occhi, il suo corpo scosso da fremiti.
Rabbrividisco al racconto, capisco perfettamente cosa si prova a perdere una persona a cui si tiene tanto. Prendo ad accarezzargli i capelli con premura.
"L'amavi molto"parlo in un sussurro che dubito lui possa sentirmi, invece la sua voce sovrasta la mia.
"No"ammette serio e lasciandomi seriamente perplessa. "Almeno non come avrebbe meritato. Io e Giusy ci siamo conosciuti quando ero ancora all'università, lei frequentava la facoltà di ingegneria. C'è stata subito una forte attrazione tra noi e ad un certo punto pensavo di essermi innamorato di lei, ma nei suoi confronti provavo solo un amore fraterno.Dio! Mi sono sentito uno stronzo"aggiunge, passandosi le mani tra i capelli e tirandone le punte, frustrato.
"E' per questo che sei tornato? Per allontanarti da lei?"indugio.
Lui temporeggia ma, poi, continua a parlare.
"Si..."confessa"ma non avrei mai dovuto farlo. Se solo io l'avessi saputo, le sarei rimasto vicino, io..."la sua voce è rotta di nuovo dal pianto.
"Non è colpa tua Luca, siamo impotenti davanti al destino"gli replico, cercando di calmarlo.
Lui a quel punto si allontana da me e si alza in piedi. "Sì che è colpa mia, Anita! Finisco per fare sempre la cosa sbagliata e mi sento uno stronzo"alza le mani al cielo, gesticolando nervoso.
Lo guardo preoccupata e abbasso lo sguardo incapace di dire qualcosa.
"Vedi noi"incrocio i suoi occhi, mentre lui ci indica.
"Cosa c'entriamo adesso io e te!?"gli chiedo nervosa.
Lui scuote la testa. "Ho rovinato tutto con te, io non avrei dovuto lasciare che tu pensassi..."
"Che pensassi, cosa?"domando avvicinandomi a lui, rabbrividisco.
"Ma tu hai freddo"constata lui, notandomi tremare, e sviando a quel punto il discorso.
In un altro momento avrei pensato che fosse dolce il suo interesse nei miei confronti, adesso no, e quando cerca di appoggiarmi una mano sul braccio lo allontano.
"Parla, Luca"lo supplico con lo sguardo, poi un "Anita, hei, sei qui?"rimbomba nelle mie orecchie, facendomi voltare di scatto.
I miei occhi si strabuzzano per la sorpresa. "Nicola, che ci fai qui?!".

Angolo autrice:
Buonasera a tutti! Finalmente ce l'ho fatta! In verità il capitolo era pronto da un bel pò ma dovevo finire di trascriverlo al pc e oggi praticamente non ci sono stata.
Comunque è un pò triste e scopriamo qualcosa in più su Luca. Che pensate volesse dire ad Anita?Fatemi sapere, aspetto i vostri pareri. Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo e chi ha aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite.
Adesso vi saluto e ci vediamo alla prossima! <3
Ps. spero ti sia piaciuta la sorpresina Cris :D



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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 7


"Nicola, cosa ci fai tu qui?"
Il silenzio che ne segue è quasi assordante, poi Nicola ride nervoso.
"Avrei dovuto immaginare che tu fossi con lui. Ormai siete pappa e ciccia, cip e ciop"mi schernisce.
Lo guardo di sbieco, mettendo le mani sui fianchi. "Nicola...per favore, smettila"lo ammonisco esasperata da questo suo comportamento.
Lui non risponde e osserva Luca al mio fianco, poi alza le mani in segno di resa.
"Sì, hai ragione. Non sarei nemmeno dovuto venire"fa un passo indietro, avvicinandosi all'uscita, con il capo chino.
"No, aspetta!" lo fermo prima che se ne vada.
Lui mi guarda sorpreso, sono sicura che non se lo aspettasse, poi mi volto a guardare un'ultima volta a Luca e mi avvicino a Nicola, facendogli segno di seguirmi.
Scendo le scale, di corsa, senza nemmeno aspettarlo, e sento i suoi  passi alle mie spalle. In reparto avverto la sua voce chiamare spesso il mio nome, ma io non lo ascolto. Non voglio che pensi che io non sia arrabbiata con lui. Solo davanti alla porta del mio studio mi fermo e gli faccio segno di entrare. Lui a quel punto si guarda intorno, osservando qualsiasi cosa, mentre io mi libero del cappotto e della sciarpa, appendendoli.
"Chi ti ha detto che ero qui?" gli domando accusatoria.
Lui si volta a guardarmi, squadrandomi dalla testa ai piedi e sorride. Non so cosa gli stia passando per la testa e non so lui, ma io non ho proprio voglia di scherzare, non adesso.
"È la prima volta che ti vedo così, in veste di dottoressina. Ti sta bene il camice"mi fa presente.
Sapevo che avrebbe trovato anche la benchè minima scusa per sviare il discorso. Roteo gli occhi al cielo."Ripeto la domanda, chi ti ha detto fossi qui?"replico.
Lui infila le mani nelle tasche dei jeans, sposta il peso del corpo sull'altro piede e temporeggia. L'attesa è snervante.
"Carlotta..."confessa alla fine. Mannaggia lei e la sua cotta, avrei preferito che avesse continuato ad odiarlo!.
Rido nervosa e scuoto il capo. Lui mette una mano in avanti per spiegarmi. "Non te la prendere con lei, l'ho costretta"ammette, abbassando lo sguardo. Ci mancherebbe solo che mi arrabbiassi con lei.
"E cosa le hai promesso, eh?! Ormai quella ragazza pende dalle tue labbra"dico e solo in quel momento mi rendo conto di aver parlato troppo. Lui mi guarda a lungo, a fondo. "Non capisco cosa tu voglia dire. Lottie voleva solo aiutarmi. È questo che fanno gli amici, no?" mi chiede confuso.
Sì, certo! La verità è che voleva solo attirare la tua attenzione, ma questo non glielo dico. È giusto che sia Carlotta stessa a parlargli dei suoi sentimenti, se mai lo farà.
Mi soffermo, però, sulla sua ultima frase. "Sì, certo! Gli amici fanno anche questo"lo scimmiotto.
"Nicola, io sono molto delusa da te, sappilo, ti rendi conto che stavi per ricominciare?"lo accuso.
Nicola si passa una mano sul viso, dispiaciuto.
"Lo so...mi dispiace".
Gli punto un dito contro."Ti dispiace? Tu non hai nemmeno idea di come mi senta. Noi siamo qua per lavorare e non puoi nemmeno immaginare il dolore che si provi qui dentro. Lucia sta peggiorando,sai? E ho paura che possa andarsene da un giorno all'altro e Luca mi ha raccontato una storia che solo a pensarci mi vengono i brividi"la mia voce si incrina "e tu ti presenti qui con l'intenzione di prendere di nuovo questione".
Non so nemmeno per quale motivo, forse per la tensione, ma le lacrime cominciano a sgorgare dai miei occhi, lasciandolo spiazzato.
Nicola mi guarda preoccupato e fa per avvicinarsi, ma io lo scanso, dandogli poi le spalle.
"Non voglio che ti immischi nella mia vita, Nicola, e adesso lasciami sola, tra poco inizia il mio turno"gli dico, stringendo le braccia al petto, sento il suo sguardo bruciare sulla mia schiena.
"Aspetta, Anita, lasciami spiegare" lui tenta un ultimo approccio, ma scuoto la testa, indicandogli l'uscita.
Mi guarda un'ultima volta, prima di allontanarsi con gli occhi pieni di rammarico."Mi dispiace per Lucia, spero starà bene"ammette con lo sguardo rivolto alle sue scarpe e si chiude poi la porta alle spalle.
Mi passo una mano sul viso e scoppio in un pianto liberatorio.

Il giorno dopo ho un permesso per rimanere a casa, mi sveglio tardi, e fino all'ora di pranzo cerco di ammazzare il tempo sistemando il mio appartamento, leggendo qualche libro e ascoltando della buona musica.
Il campanello suona, improvvisamente, mentre sono distesa sul divano a mangiare un pò di pasta. Poso il piatto sul tavolino di fronte e mi avvio a vedere chi sia. Spalanco la porta e un uomo robusto mi si piazza davanti, ha la fronte aggrottata e madida di sudore nonostante fuori faccia freddo. La prima cosa che però mi colpisce è il mazzo di fiori, peonie rosa-per l'appunto miei fiori preferiti- che mantiene tra le mani callose.
Lo guardo senza capire e lui inizia a parlare. "Sono per lei, signorina..."fa per leggere a fatica su un notebook il mio cognome, ma io lo precedo. "Castaldo" gli dico.
Lui annuisce sovrappensiero e mi porge il mazzetto tra le mani.
Ne osservo ogni particolare, dal colore tenue dei fiori al fiocco rosso che stringe la carta crespa. Tasto le tasche, trovando alcuni spicci da consegnare all'uomo, e lui, dopo avermi ringraziato gentile,si allontana, e io rientro in casa confusa.
Mi porto i fiori vicino al viso, annusandone il profumo e poi ne tocco i petali delicatamente, sorrido. Mi affretto ad appoggiarli sul mobile dell'ingresso e afferro trepidante il biglietto, aprendolo.
"Alla dottoressina più testarda che io conosca. So di aver sbagliato e mi dispiace.
Ti prego, perdonami.
-Nic"
La calligrafia è corsiva e disordinata, tipica di Nicola; l'avrei riconosciuta anche se non ci fosse stata la sua firma sotto. Scuoto la testa e metto i fiori in un vaso pieno d'acqua. Per quanto io voglia sorvolare sulla questione, non vorrei che lui pensasse di poter ripetere lo stesso errore e di ottenere il mio perdono ad occhi chiusi. Invio un messaggio alle ragazze, chiedendo loro di passare nel pomeriggio.
Qualche ora dopo, il campanello di casa suona con insistenza, e mi appresto ad andare ad aprire.
"Ciao tesoro, come volevi siamo corse in tuo aiuto"mi saluta Lottie con un bacio sulla guancia. Le osservo con un  sorriso.
"Esattamente! Faremo di tutto pur di farti tornare il buon umore"aggiunge Cristina con i pollici all'insù e facendosi spazio in casa.
"Ah, e io ho portato il tiramisù fatto con le mie mani, quello che ti piace tanto tanto"sorride Giulia, facendomi una faccia buffa con la vaschetta incartata tra le mani.
Rido di gusto e mi tasto la pancia, imitando il brontolio dello stomaco. Poi la lascio passare e chiudo la porta, dicendole di mettere il tiramisù in cucina, mentre le altre si accomodano in salotto.
Cristina si siede al mio fianco con le gambe incrociate sul divano, Carlotta di fronte a noi sulla poltrona e Giulia si accomoda in braccio a lei, facendola borbottare.
"Allora spiegaci, a cosa è dovuto quel faccino triste?"domanda a quel punto Giulia, incrociando le braccia al petto.
Tiro un lungo sospiro e mi sistemo una ciocca di capelli dietro le orecchie, prima di cominciare a parlare.
"Nicola si è presentato in ospedale ieri sera, sapete? Io ero con Luca e stava per ricominciare a fare una scenata"ammetto affranta.
Giulia spalanca la bocca."Non ci credo"ammette.
"Sta esagerando, seriamente"aggiunge Cristina.
Carlotta mi guarda colpevole. "Non avrei dovuto dirglielo"ammette, abbassando lo sguardo.
Giulia si volta a guardarla, sorpresa. "Tu hai fatto cosa!?"trilla, alzando la voce di un'ottava.
"Aah l'amour"sospira Cris al mio fianco.
"Non fa niente Lottie, sei solo una ragazza innamorata e poi penso che non si sarebbe arreso ugualmente"le dico, rassicurandola.
"Oggi mi ha mandato quelli"indico poi i fiori che fanno capolino dal vaso e mi perdo a raccontare la vicenda nei minimi dettagli.
"Anita, sai come la penso sull'argomento, no? Nicola dimostra sempre di più di provare più di un'amicizia nei tuoi confronti"interviene Cristina, guardandomi seria.
È da un pò di tempo che continua a ripetermelo che quasi me ne sto autoconvincendo anche io, ma non riesco ad immaginare Nicola come qualcuno che vada oltre la figura di un amico, di un fratello.
"Sì, lo so"annuisco, passandomi una mano tra i capelli e tirandone leggermente le punte.
"Che sfortuna, davvero"ammette Lottie, rattristandosi."Il ragazzo che mi piace è probabilmente innamorato della mia migliore amica, beniissiimo".
La mano di Giulia stringe forte la sua. "Eh nono, non ti rattristare pure tu, adesso"le sorride, strappandole una risata.
"Ah, e non immaginavo che Franzese avesse un cuore"aggiunge Cristina sorridendo.
Mi volto a guardarla torva e lei alza le mani in segno di resa, mentre le altre ridono.
"Però, è una storia triste. Ci credo che fosse così sconvolto" ammette Carlotta.
"Vi prego,adesso però, possiamo parlare di argomenti frivoli?"domando io speranzosa.
"Oh si!"annuiscono entusiaste le altre.
Carlotta sfrega le mani tra loro divertita. "Sapevi che questa ragazza qua, l'altra sera, ha rifilato un appuntamento con Emiliano?" dice, indicando la nostra amica Giulia, che arrossisce.
"Hai capito Giulia! Dai,dai, racconta"la incito.
Lei ci guarda imbarazzata. "E' solo un'uscita tra amici, davvero"risponde, appoggiandosi una mano sul cuore melodrammatica.
Io e Cristina ci scocchiamo un'occhiata complice.
"Sì certo, come no"la prendo in giro.
"Ci aspettiamo che tu ci racconti tutto, nei minimi dettagli"aggiunge la mia amica, lanciandole un'occhiata eloquente.
"Sei nei guai"le mormora all'orecchio Carlotta, ridendo. Alla fine Giulia si arrende affranta.
"Invece la volete sapere una cosa sulla nostra Cris?"dico e loro mi guardano curiose, la diretta interessata preoccupata.
"Non vi ha parlato di Edo?" domando, mentre loro scuotono vigorosamente la testa.
"Beh io vado a prendere qualcosa da bere, lascio che sia lei a raccontarvelo"rido alzandomi.
Sento lo sguardo di Cristina sulla mia schiena e penso che mi stia maledicendo in tutte le lingue.
Torno poco dopo di là con quattro bicchieri di coca cola.
"Sembra interessante questo Edo!" ammette entusiasta Giulia, facendo arrossire l'altra.
Mi siedo di nuovo sorseggiando dal mio bicchiere e sorridendo complice.
"Ma non è giusto!"protesta Lottie."Tu lavori al fianco di quel figo pazzesco di Franzese"mi indica e io sorrido nascondendomi.
"Lei ha un appuntamento con il dolcissimo cugino di quell'idiota"punta il dito contro Giulia. "E lei, ne ha rifilato uno andando a fare un prelievo in ospedale" indica Cristina che ride.
"Non c'è nessun collega carino a scuola?"tento sorridendole.
 Lei mi guarda torva. "No! Sono tutti brutti e vecchi"confessa in una smorfia.
 Ridiamo allegramente, contagiando la stessa ragazza. "Lottie, l'amore arriverà anche per te" la rassicuriamo.
"Oddio, ma è già ora di cena!"esclama all'improvviso Cristina, controllando il suo orologio da polso.
La osservo, un sorriso sul volto. "Perchè non rimanete a mangiare qua? Prepariamo qualcosa insieme"chiedo speranzosa.
Loro annuisco balzando in piedi."Ma che non siano cotolette, eh!"mi punta un dito contro Lottie e facendomi sorridere.
Poi la guardo superiore. "Non le ho preparate, ma posso pur sempre rimediare"la avverto scherzosa.
"No...ti prego"borbotta lei mentre raggiungiamo la cucina.
"Hei Anita, prima però, posso collegare il tuo cellulare alle casse? Si cucina meglio con della buona musica"mi domanda Giulia dal salotto.
Prima che possa dire qualcosa le note di Baby Love di Petite Meller rimbombano nelle nostre orecchie e la ragazza ci raggiunge entusiasta. Prepariamo l'occorente canticchiando le parole della canzone e muovendoci a ritmo.
"Baby loooove!"trilla nelle mie orecchie Cristina, passandomi dei pomodori. Rido alla scena.
Lottie ondeggia il bacino e muove la testa mentre lava dell'insalata. Giulia invece afferra la scopa e balla biascicando parole contorte. Le adoro.
Attimi di silenzio precedono la nuova canzone dalla melodia dolce, stavolta. E' inconfondibile non riconoscere la voce roca e dal timbro potente di Barry White. Ho una passione spropositata per quel cantante, trasmessami dai miei genitori, suoi grandi fan, ma soprattutto per Just The Way you are, la canzone corrente. E' capace di farmi sognare e battere forte il cuore ogni volta che l'ascolto.
I miei occhi instintivamente si chiudono mentre la mia mente si libera dei cattivi pensieri, lasciandone spazio a uno più piacevole. Immagino il sorriso dolce di Luca, i suoi occhi verdi brillanti che mi fissano intensamente, e poi le nostre mani che si intrecciano in una stretta forte. Le voci delle ragazze sono ormai lontane e rimbombano in un eco ripetutamente, poi, all'improvviso, la voce di Giulia che mi richiama, mi fa sobbalzare, riportandomi alla realtà.
"Tesoro, tutto bene?" mi chiede preoccupata Carlotta.
Mi porto una mano al viso, tastandomi una guancia, e scappo in bagno sotto i loro sguardi confusi.

"Ragazze"comincia a parlare Lottie, incrociando lo sguardo delle due amiche? che la incitano a parlare. "Non so voi, ma io penso che Anita sia irremediabilmente cotta di Luca"confessa.
Un sorriso compare sulle labbra di Cristina."Lottie, era chiaro dalla prima volta che l'ha rivisto!"esclama. "
Aaah l'amouur" aggiunge sognante Giulia al suo fianco.

Mi sciacquo la faccia con dell'acqua fredda, scacciando ripetutamente quel pensiero che, continuamente, fa capolino nella mia mente, e mi appresto a raggiungere le ragazze, che si zittiscono alla mia vista. Per tutta la serata sento il loro sguardo insistente addosso e mi domando il perchè.

Angolo autrice:
Ce l'ho fatta! Ho finito di scrivere il capitolo proprio adesso e prima di andar a dormire ho deciso di postarlo per fare un regalino ad un'amica che mi ha chiesto con insistenza di saperne di più ahaha, si parlo di te Lottie. Non ho molto da dire, lascio a voi i commenti e poi vi consiglio per chi non la conoscesse di andare ad ascoltare just the way you are di Barry White perchè è davvero bellissima.
Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo e chi ha aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite. Questa volta spero davvero di poter ricevere qualche parere in più :)
Adesso vi lascio, alla prossima!
Buonanotte e buon inizio di settimana a tutti <3

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
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Capitolo 8




Quel giorno sono decisamente più tranquilla, passare una serata con le ragazze non ha fatto altro che gioviare sul mio umore. Sono i momenti passati in sana compagnia, a ridere e scherzare, quelli che preferisco. Durante la mia vita ho avuto molto delusioni, soprattutto nel campo dell'amicizia. Sono sempre stata molto buona e ho sempre dato tanto, a volte ricompensata con niente, e ho finito per aprire il mio cuore, lasciando trapelare tutte le mie debolezze, alle persone sbagliate.
Prima che conoscessi le ragazze, il mio rapporto con quella che consideravo la mia migliore amica, era finito bruscamente, senza nemmeno un motivo in particolare. Mi ero sentita ferita nel profondo da una persona che credevo fosse come una sorella e che poi si era rivelata essere una gran vigliacca. Preferiva parlare male di me alle mie spalle, senza avere il coraggio di affrontarmi, per dirmi cosa fosse successo, se davvero ce ne fosse stato uno di motivo. Si era allontanata, infatti, senza una minima spiegazione ed io ero arrivata a pensare che non gli servissi più ora che aveva trovato qualcuno da comandare e che eseguisse i suoi ordini senza battere ciglio. C'ero rimasta di sasso e ciò era andato a compromettere una situazione già precaria. Stavo attraversando il periodo più brutto della mia vita dopo la morte di mio nonno e vari problemi di salute che erano subentrati in quell'anno. L'arrivo delle ragazze era stato come una ventata di aria freschezza, lo spiraglio di luce in un tunnel buio senza via d'uscita. Mi avevano aiutato a stringere i denti e a rialzarmi più forte di prima,con il sorriso sempre sulle labbra, e le avrei ringraziato infinitamente per questo. La nuova Anita esisteva anche grazie a loro.

Aggiusto le maniche del camice, arrotolandole, e tiro un lungo sospiro, sono pronta ad affrentare anche questa giornata lavorativa.
Il mio primo pensiero corre a Lucia e mi fiondo in corridoio per passarle a dare un saluto prima di cominciare. Mi fermo a guardarla sull'uscio della porta, gioca distratta con i pollici delle mani, muovendo la testa a ritmo, e ad un tratto il suo viso si contrae in una smorfia di dolore, forse infastidita dall'ago della flebo ancora nel suo braccio.
"Anita..."un sussurro richiama la mia attenzione, improvvisamente.
Mi volto a guardare Luca, il volto stanco contornato da delle occhiaie profonde, i capelli che gli ricadono senza un ordine preciso sulla fronte.
"Ciao, come stai?"indugio.
Lui si passa una mano dietro la nuca, tentennando. "Ho potuto darle un ultimo saluto prima che la salma partisse per Milano, è stato...straziante"ammette, chiudendo d'istinto gli occhi.
Non so cosa sarebbe giusto dire adesso, ma anche se avessi pensato a qualcosa, non avrei il coraggio di pronunciarlo. La mia mano tocca inconsapevolmente il suo braccio mentre ne accarezza delicamente la stoffa del camice.
I suoi occhi si fissano nei miei, inibendomi. Mi sento impotente davanti a quel suo sguardo, che non so nemmeno spiegare come mi faccia sentire in subbuglio. Le sue dita affusolate si muovono caute ad accarezzare il dorso della mia mano, provocandomi il solletico, e riuscendo a calmare la tempesta che c'è in me in questo momento.
"Mi dispiace...so come ti senti. Perdere una persona cara è sempre qualcosa di così difficile da accettare. Sono anni che mio nonno ormai non c'è più, ma a me sembra che sia sempre il primo giorno"ammetto a quel punto, abbassando lo sguardo.
"Già..."indugia lui, formando cerchi immaginari sulla mia mano. "E' brutto sapere che non sentirai più la sua voce o non vedrai più il suo sorriso. Sono bravo ad aggiustare il cuore degli altri e in questo vorrei che qualcuno aggiustasse il mio"il tono diventa improvvisamente basso a quelle parole, lasciandomi spiazzata. Sento dei brividi attraversarmi la schiena
"Io..."tentenno a corto di parole, incontrando il suo sguardo incuriosito. Si aspetta davvero che io dico qualcosa?.
A quel punto scuote la testa lisciandosi il camice, la mia mano che ha lasciato il suo braccio.
"Dovrei visitare Lucia, entri con me?"domanda.
Annuisco, seguendolo poi nella stanza. La bimba sorride entusiasta alla nostra vista e io mi appresto ad abbassarmi per baciarle la fronte, mentre la mia mano le accarezza con premura i capelli.
Luca ricambia a stento il suo sorriso, le sue labbra si piegano leggermente all'insù, e Lucia prende ad osservarci entrambi, mentre lui, silenzioso, si sistema lo stetoscopio.
"Dottore...è triste?" domanda a quel punto lei e sporgendosi per incrociare il suo sguardo.
Luca le si avvicina per sentirle i battiti del cuore."No, stai tranquilla piccolina, sono solo un pò stanco. Adesso, però, controlliamo il tuo cuoricino, ok?"la rassicura, accarezzandole una guancia.
Lucia annuisce vigorosamente distendendo il viso in un dolcissimo sorriso."Meno male, pensavo che aveste litigato"ammette, facendo il labbruccio.
Io e Luca ci guardiamo sconvolti e una risata scappa inconsapevolmente dalle nostre labbra. Con la sua innocenza e spontaneità, sembra che questa birbantella ci abbia fatto tornare di buon umore.
Il ragazzo la visita scrupoloso, corruccia ogni tanto la fronte, ma non dice niente, lasciandomi sulle spine. Questa attesa è snervante.
Tira un lungo respiro concentrato e finisce di misurarle la pressione, leggendone i risultati, poi si volta a guardare Lucia, concedendole un sorriso.
"Stai meglio, campionessa. Non devi affaticarti, però, e per sicurezza continueremo a somministrarti dei medicinali"l'avverte.
Lei a quel punto annuisce e si indica il braccio con una smorfia di dolore. Povera piccolina.
Lui le accarezza i capelli e poi mi fa segno di seguirlo fuori la stanza. Lancio un ultimo sguardo a Lucia, facendole un cenno con la mano, a cui lei risponde triste, e mi allontano.
Luca mi aspetta in corridoio, le braccia incrociate al petto.
Gli faccio segno di parlare e lui si inumidisce le labbra prima di cominciare.
"Anita, voglio che tu sappia la verità"mi avverte serio, ma sembra che poi il suo tono tentenni. Non sopporto il suo tenermi sulle spine. "La situazione è stabile, ora, ma potrebbe cambiare in ogni momento" continua.
Annuisco e appoggio il mento su una mano, pensierosa.
"Ok..."pronuncio in un sussurro. "Mi avvertirai se dovesse succedere qualcosa, vero?"chiedo speranzosa.
Lui mi guarda, l'ombra di un sorriso sul volto."Saresti la prima persona a saperlo"annuisce, dandomi una pacca sulla spalla.
"Buona giornata"mi saluta allontanandosi.

Le prime ore del mio turno passano tranquillamente, Visconti chiede il mio consulto su alcuni casi di bambini, da poco arrivati, e insieme facciamo visite. Amo il mio lavoro in una maniera sproporzionata, è quello che sogno di diventare da sempre, ma l'ho scelto anche perchè mio nonno ripeteva sempre che io sarei diventatata una dottoressa e in qualche modo vorrei che lui, da lassù, fosse orgoglioso di me.
Era una delle persone più importanti della mia vita, lui. Un finto burbero? che faceva finta di arrabbiarsi, per poi sciogliersi alla mia vista. Passavamo ore e ore a chiacchierare e lui mi raccontava anneddoti della sua vita, dispensando consigli a destra e manca.  Era una bella persona, di quelle che ti danno il cuore, nonostante avesse ricevuto molte batoste e il destino gli avesse riservato momenti belli e brutti. Si era formato da solo e nello stesso modo aveva mandato avanti la famiglia, ma aveva sempre affrontato il tutto con il sorriso e con la forza che lo contraddistingueva. Il nostro era un bellissimo rapporto e ricordo che quando se n'era andato io ero nell'altra stanza ed ero stata la prima ad accorgermi che non ci fosse più. Il mio cuore si era lacerato alla triste realtà e la notte non avevo dormito perchè lo strano rumore dello scarico del bagno guasto mi ricordava il suo respiro affannoso, alimentato dalla bombola d'ossigeno.
Ci avevo messo tanto tempo per superarlo, ma avevo trovato in lui la forza per andare avanti.

Mi distolgo dai miei pensieri quando mi accorgo di essermi fermata nel bel mezzo del corridoio e, all'improvviso, una barrella con un codice rosso sfreccia davanti ai miei occhi. Le voci mi rimbombano nelle orecchie in ripetuti echi e quando sento scuotermi forte per le spalle, incrocio la sguardo preoccupato di Maria. Mi passo una mano sugli occhi, stropicciandoli, e prima che io possa parlare, la sua voce si diffonde forte nelle mie orecchie.
"Anita...stanno trasferendo Lucia in rianimazione."
Il mio corpo ha l'impulso di cedere al dolore che sto provando in questo momento, le sue parole echeggiano rumorosamente nella mia testa, provocandomi fitte alle tempie.
"No..."è il mio urlo strozzato da una mano portata alle labbra tremanti.
Maria mi appoggia le mani sul viso, per incrociare il mio sguardo, ma io osservo tutto tranne che lei, poi senza ascoltarla mi divincolo dalla sua presa e le mie gambe si muovono veloci, il cuore che mi batte forte nel petto e nelle orecchie.
"Lucaaa, aspetta! Lucaaa" strascico le parole, chiamandolo prima che sparisca oltre il corridoio. Sento il respiro mancare insieme alle forze e sono costretta a piegarmi sulle ginocchia, mentre sento la sua voce farsi vicina.
"Dio, Anita! Ma che ci fai qui!? replica esasperato, passandosi una mano tra i capelli, nervoso.
Mormoro qualcosa di incomprensibile annaspando. "Voglio venire con voi" pronuncio in un momento di coraggio.
Lui mi osserva allibito, mettendo una mano in avanti,capendo le mie intenzioni. "Non te lo permetto. Sei troppo coinvolta emotivamente, non saresti d'aiuto"replica freddo, con un tono che mi fa rabbrividire.
Sto per replicare, quando Maria arriva al mio fianco e mi appoggia un braccio dietro le spalle, cercando di portarmi via da lì.
"Anita, devi stare calma. Adesso, io e te ci andiamo a prendere un caffè, ok?" tenta di rassicurarmi e mi parla con eccessiva dolcezza, quasi fossi una bambina. Storco il naso voltandomi indietro e di Luca non c'è già più traccia.
"Ti prego, salvala" mormoro in un sussurro impercettibile, poi mi lascio trasportare via. Maria continua a parlare e sono sicura stia facendo di tutto per non farmici pensare, l'ascolto in silenzio e non dico più nulla.

Sorseggio il mio caffè, il secondo da quando sono arrivata al bar, in religioso silenzio, sotto lo sguardo di Antonio. Maria è andata via poco fa, chiedendo esplicitamente al barista  di tenermi sott'occhio.
"Dottorè, forza, fatemi un sorriso, ja"mi chiede Antonio, appoggiandosi al bancone, lo straccio con cui lo stava pulendo, sulla spalla.
Si sporge per incrociare il mio sguardo e mi fa una faccia buffa.
Scuoto la testa mentre un sorriso si fa spazio sul mio viso.
Gli occhi di Antonio si illuminano felici. "Oh, ma vedete comm sit bell, quando sorridete, poi"mi pizzica una guancia, facendomi ridere sonoramente.
"Antonio, non esagerare, adesso" mi nascondo la faccia imbarazzata.
"Dottorè, io non esagero mai e poi vi ho fatto ridere, no?"mi guarda superiore, gli sorrido grata, poi prendo a sorseggiare il mio caffè, lui invece si allontana per servire altri clienti.
Picchietto il piede sullo sgabello e mi volto osservando le persone che si avvicinano, più che altro medici ed infermieri dell'ospedale, quando intravedo una persona di mia conoscenza che si dirige nella mia parte, è Luca. Strabuzzo gli occhi, è l'ultima persona che vorrei vedere in questo momento e mi guardo intorno alla ricerca di un appiglio, scorgendo un tavolo libero.
"Antonio, vado a finire il mio caffè, lì"gli indico il tavolino, prendendo la tazza tra le mani, lui annuisce sovrappensiero e servendo un succo.
Mi siedo, accavallando le gambe, e nascondo la mia faccia con i capelli, mentre finisco di bere il caffè. Il mio piano di non farmi notare, purtroppo, fallisce miseramente, quando lo noto sedersi di fronte a me, i gomiti poggiati sul tavolo e il mento su una mano.
"Heilà, non vuoi sapere come sta Lucia?"mi domanda sorridendo e io sbuffo perchè ha colpito il tasto dolente.
Mi volto con tutta la calma che ho in corpo e lo guardo tranquilla, indossa ancora la casacca verde sotto il camice.
"Dimentichi che sono un medico anche io e che se volessi potrei ricevere le informazioni da qualcuno che non sia tu" gli sorrido ironica.
Lui mi osserva a lungo, le labbra che gli si schiudono come se volesse dire qualcosa, ma nessun suono esce dalla sua bocca.
L'ho zittito!.
Sorrido soddisfatta e lui rotea gli occhi al cielo."Senti Anita, io ti ho detto quelle cose per un semplice motivo. In momenti come quelli bisogna essere freddi, mettere in mezzo i sentimenti complicherebbe solo le cose e non si scherza con la vita delle persone. Non volevo sminuirti o quello che pensi tu"mi spiega spazientito.
Lo guardo storcendo la bocca e mi alzo di fretta. "Sì ok. Ma adesso devo andare" dico prima di allontanarmi.
Non faccio nemmeno un passo che la sua mano afferra saldamente il mio braccio, facendomi voltare. Luca mi sovrasta con la sua altezza, mai prima di questo momento avevo notato quanti fossero i centrimetri a dividerci. Cerco di liberarmi dalla sua presa, ma lui mi strattona e in men che non si dica mi ritrovo stretta nel suo abbraccio.
Arrossisco imbarazzata, la mia faccia che sfiora il suo petto muscoloso, e le sue braccia possenti che mi stringono, mentre le sue dita mi lasciano carezze sulla schiena. Le mie braccia invece sono distese lungo il corpo, non osano muoversi dalla loro posizione, e io non riesco a prenderne il controllo. "Devi stare tranquilla, siamo riusciti a salvarla"ammette lui, facendomi battere forte il cuore. I miei occhi si chiudono d'istinto e una lacrima va a bagnarli la casacca. Mi lascia un bacio tra i capelli e le mie mani tremolanti corrono alla schiena, stringendo forte la stoffa del suo camice. Per la prima volta, direi dopo giorni, mi sento bene.
Luca non glielo dice, ma quell'abbraccio ha rimesso insieme i pezzi del suo cuore.

Angolo autrice:
Ciaooo!Non smetto più di scrivere ahaha! In questo capitolo c'è molto di me e davvero in questa storia ci sto mettendo tutta me stessa. E' un pò triste ed è stata dura scriverlo per la complessità della situazione ma spero di essere riuscita a far trapelare i sentimenti di Anita.
Ringrazio tutte coloro che mi seguono assiduamente recensendo la storia, chi l'ha aggiunta tra le preferite/seguite/ricordate e i lettori silenziosi, però mi piacerebbe davvero tanto tanto ricevere qualche parere in più.
Adesso vi lascio, mandandovi un grosso abbraccio virtuale <3



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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
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Capitolo 9


Nei giorni a seguire, Lucia viene ricoverata in terapia intensiva, perchè ancora troppo debole, ma risponde bene alle cure e i medicinali somministrati diminuiscono sempre di più.
Passo a trovarla spesso e volentieri, e lei mi chiede, con insistenza, quando tornerà nella sua stanza. La terapia intensiva è un posto dove una bambina non dovrebbe mai stare, peggio di tutto l'ospedale messo insieme, asettico e dalle parete spoglie, nessuna finestra da cui poter vedere il Sole sorgere o tramontare, e dal forte odore di medicine e di tristezza.
Salgo le scale che mi portano al terzo piano trepidante, Luca dice che questo sarà il suo ultimo giorno lì dentro, e non vedo l'ora di comunicarlo a Lucia, ne sarà entusiasta.
Quando entro,saluto gli infermieri che ormai non ci fanno nemmeno più caso alla mia presenza, passo la maggior parte del tempo qui dentro. Mi avvicino cauta al lettino di Lucia notando una persona al suo capezzale.
"Edoo!"esclamo felice, tappandomi subito dopo la bocca, ricevendo le occhiatacce di un'infermiera.
"Oh Lucia, ma guarda un pò chi c'è qui? La dottoressina Anita" lui mi circonda le spalle, e io appoggio la testa nell'incavo del suo collo sorridendo, mentre la bambina esulta contenta.
"Invece tu che ci fai qui, sbruffone?" gli dico, punzecchiandogli il petto con un dito.
Lui fa una smorfia, facendo ridere Lucia fragorosamente. "Ma sentitela! Sbruffone a me? Hei, hei, ragazzina calma con le parole e tu principessina difendimi, su!"indica la bambina pavoneggiandosi e lei si nasconde dietro il suo pupazzetto di Elsa.
"Shiii..."ammette facendo sbucare la testolina piano e fa un sorriso dolce. "Edo è mio amico. Guarda Anita, guarda che mi ha portato" dice facendo oscillare il pupazzo, gli occhi le brillano di gioia e il mio cuore scalpita alla vista di Lucia così felice.
Mi copro la bocca con le mani sorpresa, Edoardo invece si abbassa alla sua altezza.
"Brava la mia nanerottola"le dice, facendole strane smorfie.
Lucia si copre gli occhi con le manine e poi li scopre facendogli la linguaccia. Rido alla scena, non so chi sia il bambino al momento.
"Beh tesoro, devo ammettere che hai scelto proprio la persona sbagliata con cui stringere un'amicizia, così profonda"mi fingo superiore, portandomi una mano al petto melodrommatica.
Loro si sussurrano cose all'orecchio confabulando contro di me.
"Lucia non la pensare, Anita è solo gelosa" mi fa una linguaccia Edo.
A quel punto appoggio le mani sui fianchi e metto il broncio, mentre lui ride divertito, battendo il cinque con la piccolina.
"Ma chi? Io?"mi indico fingendomi seria, ma un sorriso nasce spontaneo sulle mie labbra.
Edoardo annuisce vigorosamente. "Sisi proprio tu, la dottoressina più antipatica che io conosca"mi prende in giro, mentre "noo Anita è buona"controbbatte Lucia ridendo.
"Ah si? mi volto a guardare il ragazzo interrogativa e poi faccio l'occhiolino alla bimba.
Lui cogliendomi di sorpresa comincia a farmi il solletico sotto gli occhi divertiti di Lucia e quelli furenti della stessa infermiera di prima. Speriamo non ci cacci.
"No Edoo, bastai daai"rido cercando di divincolarmi perchè io al solletico proprio non resisto.
"Ma cos'è tutto questo baccano?!"una voce maschile ci fa voltare di scatto, zittendoci.
"Ciao Luca"lo saluto con un sorriso, l'infermiera, di poco prima, si allontana borbottando un "che indisciplinati".
"Anita, siamo in una terapia intensiva, non posso tollerare che vi mettiate a ridere e scherzare come se niente fosse"mi rimprovera lui serio.
Abbasso lo sguardo e annuisco. "Scusa, ci siamo lasciati prendere dalla mano, Lucia era così contenta"gli spiego.
Lui annuisce sospirando e osserva con sospetto il ragazzo al mio fianco. "E lei è?"gli domanda, alternando lo sguardo continuamente da me a Edoardo.
Il ragazzo a quel punto gli porge la mano. "Edoardo Colombo, un infermiere dell' ospedale" si presenta e Luca ricambia il gesto titubante.
"Lei invece deve essere il nuovo dottore, quello di cui tutta la popolazione femminile dell'ospedale parla" ammette ridendo il mio amico. Strabuzzo gli occhi, mentre un pizzico di gelosia si fa spazio dentro di me al pensiero di personale o pazienti che sospirano sognanti alla sua vista. Luca è un bell'uomo e questo non si può negare.
Luca aggrotta la fronte, sembra non capire."Sono il dottor Franzese, il nuovo cardiochirurgo"proferisce.
Edoardo annuisce vigorosamente."Beh, piacere di averla conosciuta. Adesso devo proprio scappare" si abbassa a salutarmi con un bacio sulla guancia e scompiglia i capelli a Lucia, lasciandole una carezza sulla guancia.
"Ah, Anita"richiama la mia attenzione sull'uscio della porta, gli sorrido incitandolo a parlare.
"Salutami Cristina e magari dille che se vuole, possiamo vederci per un caffè, basta che mi chiami"dice, facendomi l'occhiolino.
Rido lievemente e annuisco prima che lui esca frettoloso dalla stanza.
Incrocio lo sguardo di Luca ed è come se vi leggessi una luce nuova, adesso, gli occhi sono più vivaci e il volto più rilassato.
"Si è preso una bella cotta per la tua amica, eh?"scherza a quel punto, avvicinandosi per visitare Lucia.
Annuisco divertita, mentre lui prende a consultare i parametri delle analisi.
"Allora Lucia, non so se la dottoressa te l'ha detto, ma domani torni nella tua stanza"le si rivolge dolce e scompigliandole i capelli.
Lucia sorride entusiasta della notizia e approfittando della sua vicinanza gli cinge il collo con le braccia, lasciandolo spiazzato. Gli si stringe al petto, mentre esistante lui le lascia carezze sulla schiena.
"Anita, Anita!"mi richiama subito lei, notandomi in disparte, mi fa segno di avvicinarmi stringendoci entrambi in un caldo abbraccio. Guardandoci non posso far altro che immaginarci come una famiglia e sorrido al pensiero.

Il campanellino tintinna quando apro la porta della caffetteria e subito un odore di caffeina e di pasticcini appena sfornati mi invade le narici. Lottie alza una mano, facendomi segno di avvicinarmi al tavolo. Giulia è già qui che sorseggia la sua cioccolata calda. Sorrido apprestandomi a salutare entrambe con due baci sulle guance e, dopo aver levato giubbotto e sciarpa, mi siedo al loro fianco.
"Allora, questa novità?"dico, sfregando le mani tra loro nel vano tentativo di riscaldarle.
Carlotta ci ha mandato un messaggio nel primo pomeriggio chiedendoci di vederci al bar vicino al centro di Cristina, in modo tale che in un momento di pausa potesse esserci anche lei.
Lottie sistema i capelli dietro le orecchie. "Beh...Cristina dovrebbe essere qui tra poc...o"non fa nemmeno in tempo a finire la frase che la ragazza ci raggiunge trafelata.
Mette le mani in avanti e tira un sospiro. "Ho solo mezz'ora prima del prossimo appuntamento. Bando alle ciance, comincia a raccontare, tesoro"la incita sedendosi. Accavalla le gambe e appoggia i gomiti sul  tavolo aspettando che Lottie parli.
Giulia appoggia la sua tazza con la cioccolata a metà e si pulisce le labbra con un fazzolettino. "Ciao anche a te Cris, è un piacere per noi vederti"ride, facendo arrossire la nostra amica.
Cris scuote la testa sorridendo."Ciao ragazze, scusate se non vi ho nemmeno salutato"replica.
"Beh, adesso posso iniziare?"chiede divertita Lottie.
Annuiamo in contemporanea assumendo anche la stessa posizione e la nostra amica ci guarda preoccupata cominciando poi, finalmente, a parlare.
"Non sapete chi ho incontrato..."lascia la frase in sospeso, e io roteo gli occhi al cielo perchè non sopporto il suo volerci tenere sulle spine.
Batto le mani. "E avanti Lottie, parla!"la incito.
"Ok, ho rivisto Federico Bianchi!"trilla parlando tutto d'un fiato.
La guardiamo allibite e ci lanciamo sguardi sorpresi.
Federico Bianchi, rappresentante d'istituto del nostro liceo e alunno con la più alta media in matematica. Non l'avevo mai potuto vedere e non solo perchè riusciva sempre a soffiarmi il voto più alto in tale materia. Odiavo il suo muoversi così disinvolto nei corridoi, sfoggiando un sorriso brillante e quello sguardo affascinante capace di far cadere le ragazze ai suoi piedi. Carlotta ci era cascata e al liceo si era innamorata di lui, finendo miseramente per soffrire per uno come lui.
"Quanto è piccolo il mondo, sembra proprio che il passato stia tornando a bussare alle nostre porte" ammetto lanciando un'occhiata eloquente a Lottie.
"Daaai, raccontaci che siamo curiose"aggiunge Giulia curiosa.
Lei prende un lungo sospiro prima di ricominciare a parlare."Ero in classe durante la mia ora di lezione,no?" si assicura di aver tutta la nostra attenzione prendendo una pausa. "Quando hanno bussato ed è entrato questo ragazzo, ossia Federico Bianchi. Era appena arrivato e pensava che toccasse a lui stare in classe, avendo sbagliato a leggere l'orario. E niente, si è presentato, e io l'ho riconosciuto subito, insomma i suoi occhi verdi con quelle pagliuzze grigiaste sono inconfondibili e poi ha tagliato i capelli, sapete? Ah, ed è il nuovo docente di matematica"spiega logorroicamente.
Sorrido notandola arrossire. E' davvero incredibile quello che ci stia capitando, prima Luca e adesso addirittura anche Federico rispunta fuori.
Cristina fa una smorfia, avvicinando le sue mani a quelle di Carlotta sul tavolo."Promettici di essere prudente, stavolta. Non vogliamo che tu soffra, non più" le dice premurosa.
Lei ci fa segno di avvicinarci e stringe le nostre mani, forte. "Ho la capacità di innamorarmi sempre degli stronzi, è vero, ma starò attenta, non mi farò ingannare dal suo fascino"ammette con un sorriso.
Annuiamo speranzose e poi io chiamo la cameriera per far portare delle cioccolate calde a me e Lottie, invece per Cris un caffè.
"Lucia sta meglio?"mi chiede a bruciapelo Giulia e io mi irrigidisco sulla sedia. "Non la conosco nemmeno, ma mi sono affezionata a quella bimba, aaah sono così...sentimentale"ride lei, finendo poi per contagiarci tutte.
"Sta molto meglio, stamattina sono andata a trovarla e ho trovato Edoardo, lì" spiego con un sorriso.
"Edo era lì?"trilla a quel punto Cristina, facendoci voltare tutte nella sua direzione.
"Siamo passati già ai soprannomi, eh?"la prendo in giro e lei arrossisce abbassando lo sguardo.
"Mi ha chiesto di te e mi ha detto di dirti che se vuoi potete vedervi per un caffè, basta che lo chiami" gli racconto seria, ma lei non osa incrociare il mio sguardo.
"Secondo me dovresti farlo, Cris"le parla dolce Lottie.
"Sì Cris, chiamalo"aggiunge Giulia.
Lei si tortura le dita delle mani curate e, evitando di proposito di guardarci, si alza frettolosa. "Beh, io adesso dovrei proprio andare"dice allontanandosi.
"Ma..il caffè? tenta di fermarla Giulia, ma lei è già uscita.
Ci lanciamo degli sguardi tristi, osservando il suo posto ormai vuoto. "Non capisco perchè faccia così, è evidente che le piaccia" protesta Carlotta.
"E' ancora ferita, lo sapete che l'ultima storia non è finita bene. Ha bisogno di un pò di tempo"ammetto.
Poco dopo anche Giulia ci lascia perchè sua madre le aveva chiesto di passare per casa, così io e Carlotta rimaniamo da sole.
Sorseggio la mia cioccolata in silenzio, è più buona di quanto pensassi, e sento lo sguardo della mia amica addosso. Mi volto a guardarla interrogativa e prima che posso rendermene conto Nicola si avvicina al nostro tavolo. Le mani nelle tasche del giubbino e un berretto verde in testa. Sorride a Carlotta che abbassa lo sguardo in imbarazzo.
"Che ci fai qui? Ora ci segui?" gli domando confusa, attirando poi la sua attenzione.
Lui scuote la testa senza proferire nulla. "Gli ho detto io di venire, Anita. E' giusto che vi chiariate" risponde per lui Lottie.
La guardo allibita cercando un appiglio a cui aggrapparmi. Carlotta non dice più nulla e, dopo aver indossato cappotto e sciarpa, mi appoggia una mano sulla spalla.
"Ci sentiamo tesoro, è meglio che restiate da soli" mi dice, poi si allontana.
Osservo Nicola sedersi di fronte a me e togliersi il capellino, rivelando i capelli scombinati, che lui riavviva con una mano, lasciando che cadono tutti da un lato.
"Allora, i fiori ti sono piaciuti?"chiede appoggiando il mento su una mano.
Sorrido e sto per rispondergli che i fiori mi siano piaciuti tantissimo e che io abbia apprezzato il gesto. Non posso negare a me stessa che Nicola mi sia mancato perchè direi una bugia e non voglio che la nostra amicizia finisca così, quando la sua voce mi distoglie dai miei pensieri.
"Spero tu non abbia pensato fossero da parte di qualcun'altro"proferisce sarcasticamente.
Ho capito benissimo di chi stia parlando e arriccio le labbra in una smorfia. "Non capisco perchè tu debba sempre metterlo in mezzo"lo rimprovero seria.
Lui a quel punto scuote la testa, tirando un sospiro, poi le sue mani si avvicinano alle mie sul tavolo, e questa volta non faccio niente per sottrarmi al suo tocco, anzi lascio che si stringano.
"Scusami, finisco sempre per sbagliare, dovrei imparare a tenere la lingua a freno"sorrido alle sue parole ricordandomi quelle di Luca, lui mi guarda confuso, ma io lo incito a continuare.
"Mi dispiace così tanto, rivederlo mi ha fatto ricordare quanto tu sia stata male per lui, e lo sai quanto ci tenga a te. Perdonami, perchè davvero questi giorni senza te sono stati orribili, Anita"ammette e sento il mio cuore battere forte.
"Voglio che tu sappia che so cavarmela benissimo da sola..." non finisco nemmeno di parlare che la sua voce sovrasta la mia.
"Sì, lo so" proferisce mentre abbassa lo sguardo.
"E mi sei mancato"confesso sorridendo. Lui a quel punto fissa i suoi occhi nei miei ed esulta quasi fosse un bambino. Il sorriso che mi rivolge, subito dopo, mi fa sciogliere il cuore.

Angolo autrice:
Buonasera a tutte! A distanza di un giorno eccomi di nuovo qui a postare il capitolo per far felicissima la mia carissima Carlotta. A differenza degli altri questo è un capitolo leggero e finalmente rivediamo Lucia, che sta bene e non è in fin di vita, contente?
E' presente anche Edo che dimostra tutto il suo interesse nei confronti di Cristina che non ha il coraggio di chiamarlo. Voi che ne pensate?
E alla fine ma non meno importante riappare Nicola ed è bene quello che finisce bene, no?
Lascio a voi i commenti e ringrazio le ragazze che hanno lasciato una recensione e coloro che l'hanno aggiunta in qualsiasi lista!
Alla prossima! Bacioni <3



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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 10



Lucia è tornata nella sua stanza, è molto più serena adesso, e passa il tempo a giocare con i suoi compagni di stanza.
Sara sta molto meglio e penso che a giorni verrà dimessa, Francesco invece è ancora sotto cura, ricoverato qui per un'infiammazione dell'appendice. Visconti, consultandosi con il chirurgo che lo segue, ha deciso di valutare bene la situazione e decidere in seguito se operarlo o meno.
Sta cominciando a spiccicare parola, il suo mutismo era solo una conseguenza al suo malessere, coinvolto nei giochi da Lucia che gli fa insistentemente domande e lui le racconta delle sue giornate, come se attraverso i suoi occhi volesse mostrarle com'è la vita fuori. Si sta estaurando proprio un bel rapporto tra loro.
Entro a salutarli e noto il bambino seduto sul letto della piccola mentre giocano con delle vecchie macchinine, sorrido alla scena. Sara, invece, rimane in disparte mentre spazzola i capelli ad una bambolina.
Appoggio le mani sui fianchi."Tu che ci fai qui? Non dovresti stare a letto?"dico, pizzicando una guancia al bambino.
Lui salta immediatamente giù dal letto lasciando un bacio sulla guancia a Lucia, che abbassa lo sguardo, e corre nel suo di letto.
"Non diventerai come l'altro dottore, quello vecchio, vero?"domanda a quel punto lei, incrociando le braccia al petto, e io le sorrido scompigliandole i capelli.
"Buongiornooo, miei cariii amici!"una voce allegra e sconosciuta mi fa sobbalzare facendomi voltare, ed un urlo sorpreso esce dalle mie labbra alla vista del pagliacco sulla soglia.
Lucia ride, portandosi le manine alle labbra e nascondendosi dietro di me.
Il clown ha la faccia paffutella dipinta di bianco, le guance colorate di rosa e un naso rosso e rotondo. Indossa una parrucca di ricci verdi e abiti stravaganti, tra cui larghi pantaloni verdi in tinta con la capigliaura, mantenuti da bratelle gialle, e una maglietta rossa con un papillon a pois sul colletto. I riccioli oscillano mentre cammina verso i bambini. Francesco e Sara corrono giù dai loro letti esultando e si aggrappono ai suoi pantaloni.
"Sono feliceee di vedervi piccoli miei e voglio presentarvi una persona, diciamo un compagno di... pagliacciate"ride lui indicando la porta, i piccoli si sporgono curiosi.
Luca entra sorridente in stanza, indossa anche lui un naso rosso, e al suo seguito ci sono dei bambini del reparto.
"Ho portato ospiti"annuncia indicandoli, e il pagliaccio batte le mani entusiasta e si muove goffamente, come se ogni gesto che compia sia fatto per suscitare risate.
"Benissimooo, venite, venite, che adesso cominciamo a giocare"strascica le parole parlando, e Francesco e Sara lo seguono attenti, mentre lui saltella tra i bambini, poi estrae delle caramelle dalla tasca e le distribuisce.
"Ci divertiremo tantissimoooo!"sorride loro.
"Siii!"replicano i piccolini e alzano le braccia al cielo.
A quel punto Luca incrocia il mio sguardo e sorride. Quel gesto mi provoca una sensazione piacevole e il cuore comincia a battermi forte come è solito fare, da un pò a questa parte, ogni volta che lui mi è vicino.
Si avvicina lento, mentre Lucia dalla mia spalla osserva i suoi compagni giocare.
"Ciao"mi saluta e sento le guance diventarmi color porpora, poi la sua attenzione si sposta sulla bambina che si nasconde sorridendo per non farsi vedere.
"Birbantella esci fuori, ti ho visto"ride lui e a quel punto Lucia salta fuori. "Sorpresaa!"esclama portando le braccia in aria.
Mi volto e spalanco le braccia, dove lei ci si fionda con un balzo, e fa una smorfia a Luca che le si avvicina per metterle il broncio.
Lei ne approfitta per rubargli il naso, invano. Luca si ritrae e lo nasconde.
A quel punto il clown ci raggiunge saltellando su un piede solo. "Aaah, ma tu devi essere Lucia!"tira i lati agli angoli della bocca e fa una linguaccia.
La piccola ride nascondendosi nell'incavo del mio collo. "Mi hanno parlato molto di te, sai? Perchè non vieni a giocare con noi?"le domanda cercando di incrociare il suo sguardo, poi fruga nella tasca alla ricerca di qualcosa.
Noi tutti lo osserviamo curiosi, e lui tira fuori un altro naso. Lucia si desta interessata e lo guarda a lungo, poi un sorriso le compare sulle labbra a cuoricino, illuminandole il volto.
"Un regalino per te...tieni Lucia"glielo porge sul palmo della mano aperto e la bimba lo guarda esitante.
Avvicino la mia mano prima della sua e prendo il naso, prima che possa farlo lei, e lo indosso.
"Beh, se non lo vuoi, lo prendo io"mi giro facendole una linguaccia, lei si dimena cercando di prenderlo, ma io mi allontano. Avverto lo sguardo divertito di Luca puntato su di me.
"Okok...te lo cedo"mi arrendo alla fine e lascio che Lucia si prenda il nasino e che lo indossi fiera.
 Con un  balzo scende dalle mie braccia e, quando il clown le porge la mano, lei l'accetta volentieri e lo segue dagli altri.
"Guardate chi è arrivata? Luciaaa!" esclama lui. Tutti i bambini si soffermano a guardarla."Anche io!anche io!"replicano indicando il suo naso. Francesco le sorride e le fa segno di sedersi accanto a lui.
"Bella iniziativa non è vero? Sai, nel mio vecchio ospedale si organizzavano spesso cose del genere e ho pensato fosse una bella cosa da proporre"parla a quel punto Luca.
Mi volto a guardarlo, ha un bel profilo, il naso dritto e le labbra pronunciate in un sorriso.
Mi limito ad annuire mentre li osservo giocare, il pagliaccio sta mettendo in scena uno spettacolo per intrattenerli, Lucia batte le mani entusiasta.
"Sì, è bello vederli con il sorriso sulle labbra, così felici"annuncio assorta.
Noto che il suo sguardo si posa su di me e che i suoi occhi mi scrutano curiosi, ma non mi volto. Subito dopo avverto il sospiro che tira, lo osservo mettere le mani nelle tasche e incrociare le caviglie.
"Sapevi che... Lucia era in lista, per giunta già da un pò, per un nuovo cuore?"mi domanda, una nota di incertezza nella sua voce.
Mi volto a guadarlo, la fronte che mi si aggrotta mentre scuoto la testa.
Ero consapevole dal primo momento che l'avevo incontrata che la sua situazione non fosse buona, ma non mi era mai stato detto che avesse bisogno di un nuovo cuore.
"Visconti penso te l'abbia tenuto nascosto per non farti star male, ma è giusto che tu lo sappia Anita. Questa volta l'abbiamo salvata e ci è andata bene, e sei poi succedesse di nuovo?"pronuncia lui.
La mia mente comincia ad elaborare vari pensieri che però si concludono tutti allo stesso modo e vorrei urlargli di stare zitta, ma non riesco a frenare la preoccupazione che, incalzante, si fa spazio dentro di me. La verità fa male, davvero.
"M-mi stai dicendo che...s-se non trovassimo un nuovo cuore per lei..."comincio a parlare titubant,e ma la mia voce viene sovrastata da quella di Lucia che saltella allegra fino a noi, i capelli che ondeggiano ad ogni suo passo.
"Anita, Anita vieni a giocare con noi!"la sua mano stringe forte la mia mentre mi incita a seguirla, e io annuisco senza dire nulla. Mentre mi allontano lancio un' ultima occhiata a Luca, ma lui abbassa lo sguardo.

Nelle ore successive mi arriva un messaggio di Nicola che mi chiede di vederci per passare una serata insieme, come non capita da troppo tempo e io accetto volentieri. Svagarmi mi farà bene e gli dico di passarmi a prendere, perchè la macchina mi ha dato buca oggi, costringendomi a prendere i mezzi pubblici.
Mi chiudo la porta dello studio alle spalle e aggiusto la borsa sulla spalla mentre cammino per il corridoio, finalmente questa giornata è finita.
Al pronto soccorso un'equipe medica sfreccia davanti ai miei occhi e ne segue una barrella che viene trascinata in corsia. Rimango immobile mentre è come se stessi rivivendo una scena, e il pensiero di Lucia trasferita in rianimazione si fa spazio, di nuovo, nella mia mente.
Le voci diventano lontane, vedo tutto ma non sento più niente, a parte il cuore che mi batte forte persino nelle orecchie.
Poi succede tutto in un attimo, le mani del medico intervenuto lasciano il torace del paziente e una si avvicina alla sua fronte mentre si arrende alla triste realtà che non ci sia più niente da fare. L' urlo disperato di una donna lo avverto forte e mi mette i brividi.
Le mie gambe si muovono da sole mentre indietreggio e poi, di colpo, la mia schiena si impatte contro qualcosa e incosciente porto una mano alle labbra che mi tremano e scorgo gli occhi preoccupati di Luca.
Chiama spesso il mio nome e sento le sue mani scuotermi per le spalle, ripetutamente. Una lacrima sfugge al mio controllo, non riesco a fermarla e poi le sue braccia mi circondano il corpo, togliendomi il respiro. Mi accarezza i capelli. "Shh, è tutto ok, ci sono io qua"mi sussurra dolce, ed è come se d'un tratto ricominciassi a prendere il controllo e le mie braccia stringono forte la sua schiena.
Quando Luca scioglie la nostra stretta, è come se mi sentissi nuovamente vuota, come se mi mancasse un parte e il mio corpo la reclamasse con insistenza.
Le sue mani si posano sulle mie guance e ne asciugano le lacrime. "Ci vieni in un posto con me?"mi chiede con un sorriso.
Annuisco mordendomi un labbro e lo seguo in silenzio.
Mi porta in una caffetteria non lontana dall'ospedale, l'ambiente caldo e accogliente mi dà subito  una buona impressione. Anche il personale si dimostra cortese ed efficiente e una cameriera ci assegna il tavolo che dà sulla strada.
Mi piace l'idea di osservare i passanti e potermi immergere nelle loro storie, due fidanzatini che si baciano, un bambino che ride prendendo per mano la madre, o due anziani che camminano abbracciati.
"Ti piace qui?"la voce di Luca attira la mia attenzione e mi volto a guardarlo, soffermando poi gli occhi sulle nostre mani unite sul tavolo. Non mi sono nemmeno accorta che le avesse strette, ma mi piace il loro tocco, il calore che mi trasmettono.
"Si" annuisco riprendendo il controllo della parola e lui mi sorride. Un sorriso caldo che mi fa scaldare il cuore.
"Menomale che stai meglio, mi sono preoccupato vedendoti in quelle condizioni"tira un sospiro di sollievo. "Ti capita, spesso?" mi domanda poi serio.
"No..."ammetto prendendo un respiro. "Penso sia lo stress. Sai, con il fatto di Lucia sono molto sotto pressione e poi quello che mi hai detto mi ha messo un'angoscia addosso".
Lui arriccia le labbra in una smorfia. "Scusami, non avrei dovuto addossarti quest'altro problema"ammette.
Sorrido perchè non posso fare a meno di pensare a quanto sia dolce il suo interessamento nei miei confronti.
"No,per quanto la verità faccia male, ti ringrazio per avermelo detto, per avermi reso partecipe della situazione. Lucia mi sta molto a cuore, penso tu l'abbia capito. C'è un legame profondo tra noi, come se una calamita ci unisse. E' come se ogni volta il suo dolore lo avvertissi anche io. Dalla prima volta che l'ho vista, mi è bastato che mi guardasse con i suoi occhioni per innamorarmene"ammetto e per la seconda volta gli apro il mio cuore. Mi riesce naturale, non riesco a fermare la lingua, come se la sua presenza mi desse sicurezza.
Lui piega i lati agli angoli della bocca e la sua stretta si fa più forte. "E' un uragano quella bambina. E' così forte ma fragile allo stesso tempo e hai l'istinto di proteggerla da qualsiasi cosa la circondi. Quando è stata male ho fatto di tutto pur di salvarla e sentire il suo cuore ricominciare a battere mi ha fatto provare un'emozione che non so spiegare"la sua voce si incrina e leggo commozione nei suoi occhi.
Lucia ha un bell'effetto su di lui, è dolce il modo in cui gli occhi gli brillano quando ne parla. Ha il potere di cambiarci, di farci uscire allo scoperto per quello che siamo davvero quella bambina.
Il trillo del mio cellulare interrompe bruscamente l'atmosfera che si è creata e scusandomi mi affretto a rispondere, il nome Nic lampeggia sullo schermo. Presa del resto mi sono dimenticata che dovesse venirmi a prendere.
"Nic..."avvicino il telefono all'orecchio, la voce in un sussurro.
"Hei Anita, ma dove sei?"chiede trafelato.
"Potresti raggiungermi alla caffetteria vicino l'ospedale?"domando speranzosa. Lo sento sospirare e immagino si stia passando un mano tra i capelli. "Si...arrivo"dice prima di riattaccare.
Luca mi osserva incuriosito e prima che possa accorgermene Nicola ci raggiunge affannato.
"Ah, sei qui. Ti aspettavo"pronuncia indispettito.
Mi limito ad abbassare gli occhi e di sottecchi vedo il suo sguardo posarsi su Luca, con aria di sfida.
"Eri qui...con lui" la sua suona molto come un'accusa.
Roteo gli occhi. "Usciamo un attimo"lo supplico con lo sguardo, mentre lui annuisce poco convinto.
"No Anita parlate tranquillamente, è arrivata l'ora che io vada. Ti lascio in buone mani, credo"la voce di Luca richiama la mia attenzione, mentre lui sorride ironico alzandosi.
Nicola lo guarda assottigliando gli occhi.
Luca mi passa accanto appoggiandomi una mano sulla spalla mentre si rivolge al mio amico.
"E' stato un piacere rivederti" gli dice con aria di sfida, poi ci lascia soli.
Gli chiedo lo stesso di uscire perchè tutti quegli sguardi puntati addosso mi infastidiscono e lui mi guarda in silenzio.
Mi porto le braccia al petto mentre le sue parole mi rimbombano nelle orecchie.
"Io ti stavo aspettando, mentre tu eri qui in compagnia di quel dottorino. Ci stai ricascando di nuovo, vero? Lui ti farà soffire, non lo capisci!"mi accusa infastidito.
Prendo un respiro profondo."Tu non lo conosci, è maturato, cambiato. Mi ha aiutata perchè ho avuto un attacco di panico assistendo alla morte di un paziente,sai?Ma tu non lo capisci questo! Stai sempre lì a giudicare, a puntare il dito contro gli altri, quando il primo da guardare saresti tu stesso!Ma che ti prende?"replico e porto le braccia al cielo.
Lui mi guarda con aria di sfida, non mi ha mai rivolto uno sguardo così.
"Lo vuoi davvero sapere che mi prende, Anita?! Mi prende che non faccio altro che pensarti, che quando non ci sei tu ad illuminarmi le giornate con il tuo sorriso, mi sento perso, come se non vedessi la luce alla fine del tunnel e odio il fatto che tu non sarai mai mia come desidero. Io...non lo so nemmeno come sia successo...ma mi sono innamorato di te, Anita "la sua voce si affievolisce piano mentre le sue parole mi colpiscono dritte al cuore, lasciandomi senza respiro.
Non mi sono nemmeno resa conto di quanto mi sia vicino, delle sue mani sulle mie guance e delle sue labbra che quasi sfiorano le mie. Succede tutto in un attimo, le sue labbra si posano sulle mie in un delicato bacio a stampo.
Le mie dita a quel punto si muovono veloci, poggiandosi sul suo petto, allontanandolo prima che lui possa approfondire il gesto. Tutto questo è sbagliato.
Nicola mi guarda triste e si allontana prima che possa fermarlo.
Sconvolta da quello che è successo, afferro il cellulare e compongo il primo numero che mi viene in mente.
Cristina risponde dopo vari squilli. "Tesoro, è successo qualcosa?"domanda, la voce impastata.
Mi guardo intorno spaesata. "Cris puoi venirmi a... prendere?"un mio singhiozzo si perde nell'aria.


Angolo autrice:
Buonasera mie care! Scrivere questo capitolo è stato davvero un parto ahah e grazie ai suggerimenti di Giuls e Lottie sono riuscita a completarlo. E' pieno di sorprese e Nicola è uscito allo scoperto eheh! C'era d'aspettarselo da un tipo come lui così impulsivo. Poi scopriamo qualcosa in più sulla situazione di Lucia, ve lo aspettavate fosse così grave? E per ultimo ma non meno importante abbiamo anche un ulteriore avvicinamento tra Anita e Luca. Beh e niente adesso aspetto vostri pareri eh! :)
Ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti quelli che l'hanno inserita in qualsiasi lista.
Prima di lasciarvi vorrei invitarvi a passare da la luna nera e leggere la sua nuova storia 107 ma anche le altre eh, perchè meritano davvero! <3
Detto ciò alla prossima! Bacioni <3

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11
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Capitolo 11


Cristina mi scruta preoccupata facendomi segno di seguirla fino alla sua auto parcheggiata poco più in là, le quattro frecce lampeggiano davanti ai miei occhi.
Cammino in silenzio, le mani nelle tasche del giubbino, le gambe che improvvisamente sembra siano diventate di gelatina.
Salgo in auto con una flemma che  non mi si addice e incrocio le braccia al petto. Prima che la mia amica possa solo dire qualcosa, non riesco a tenere più a freno la lingua e le parole escono libere. Cristina quasi sobbalza per questa mia improvvisa spigliatezza.
Raccontare quello che è appena successo mi dà la possibilità di metabolizzare le parole che sono uscite dalla sua bocca. E' proprio in quel momento che vacillo e la forza mi abbandona, poi quando arriviamo a casa scorgere una nostra foto sul mobile dell'ingresso mi dà il colpo di grazia e mi chiudo a riccio.
Cristina mi fa sedere sul divano, poi si dirige in cucina per prepararmi una camomilla e la scorgo armeggiare con il cellulare, starà sicuramente avvertendo le altre. Il silenzio che aleggia nella mia stanza interrotto dal ticchettio dei miei stivaletti mi fa stringere il cuore.
Per quanto io avessi cercato di autoconvincermi spinta da Cristina che Nicola fosse innamorato di me sentire quelle parole che confermavano la nostra tesi mi ha spiazzata. Ho sempre visto la sua figura come quella di un amico, di un fratello ben lontana da quella di un possibile fidanzato. Come potrei negare davanti all'evidenza? L'ipotesi che la nostra amicizia se ancora si possa definire tale possa venir rovinata così, mi spaventa tantissimo.
Prima che me ne possa accorgere la mia amica mi porge la tazza fumante sorridendo incerta e io l'afferro avvicinandola alla bocca.
Cristina si siede al mio fianco scrutando tutti i miei movimenti e la sua mano si appoggia sulla mia spalla. Non dice nulla e io so che anche se non parlandole apertamente ha capito benissimo come io mi senta in questo momento. Vuole che sia io ad aprirmi prendendomi i miei tempi e spazi e gliene sono grata.
Il campanello suona poco dopo e lei si alza sospirando per andar ad aprire. Carlotta e Giulia si fanno spazio in casa, quest' ultima indossa un vestitino con le maniche a tre quarti viola, delle calze nere e un paio di francesine diversamente dai suoi maglioni e i suoi jeans, il suo viso è più truccato del solito e i capelli lisci le incorniciano il viso tondo. Spero di non aver rovinato i suoi piani.
Mi sorridono entrambe e io ricambio incerta apprestandomi a bere un sorso della mia bevanda. Lottie si siede sulla poltrona mentre le altre due mie amiche vengono a sedersi al mio fianco sul divano. Sento i loro sguardi puntati addosso ma oso rispondere a tutta la curiosità celata dai loro occhi, quindi lascio che sia Cris a spiegare la situazione.
"Nicola ha vuotato il sacco, ragazze!"esclama lei lasciandole basite e poi prende a spiegare la situazione nei dettagli.
Carlotta ha sempre sperato infondo che la nostra amica si sbagliasse come anche io, ma per due motivi diversi. Io per quelli già citati e beh lei per la cotta che si era presa per lui. Sono sicura che se la cosa fosse successa un pò di tempo prima le sarebbe pesata molto di più, ma da quando Federico è rientrato nella sua vita è come se Nicola fosse passato in secondo piano, nemmeno ci pensa più, e non so se sia un bene o un male dopo i trascorsi.
Giulia si porta una mano sotto al meno. "Wow, bella situazione"parla scuotendo la testa.
Carlotta accenna ad un sorriso. "E' riuscito ad ammetterlo, ti sei tolta il dubbio, no?"cerca di sdrammatizzare la cosa.
Alzo lo sguardo finalmente e le mie labbra si spalancano, un verso strozzato esce da esse.
"Avevo sperato fin all'ultimo che lui provasse solo un profondo senso di protezione nei miei confronti e che il suo atteggiamento fosse causato dai trascorsi tra me e Luca, tutto qui. E adesso la paura che la nostra amicizia si possa interrompere mi attanaglia"riesco finalmente a prendere parola mentre le mie dita ticchettano nervose sulla tazza.
"E cosa vuoi fare?"chiede incuriosita Cristina al mio fianco.
 Mi limito a scrollare le spalle. "Prendermi del tempo per pensare"rispondo.
Loro annuiscono comprensive. "Forse non è tutto ancora perduto, no?"sorride incerta Carlotta per rassicurarmi ma sono sicura che non ci creda nemmeno lei stessa. Sappiamo tutti come sia fatto Nicola.
La stessa ragazza cambia subito argomento soffermandosi sull'altro ragazzo citato nel discorso e decantandone la sua dolcezza. Ripenso a Luca, al suo sorrise gentile, le nostre mani strette e il mio cuore inizia a battere forte.
La suoneria Drag me down dei 1D del cellulare di Giulia mi riporta alla realtà. La ragazza ha una passione spropositata per il gruppo citato influenzata dalle chiacchiere e dal canticchiare le loro canzoni delle sue piccole alunne. Ricordo che per un periodo di tempo si era presa una cotta per il bel Liam Payne del gruppo decantandone bellezza e dolcezza e immaginando una loro impossibile relazione e poi era arrivato Emiliano, che da quando aveva scoperto la cosa non faceva altro che prenderla in giro. E lei si imbronciava, faceva finta che si fosse arrabbiata seriamente da non rivolgergli più la parola ma bastava che lui le sorridesse per farla sciogliere.
Giulia si alza frettolosa dal divano iniziando la chiamata. "Ciao Emiliano"esclama arrossendo.
Poso lo sguardo su Cristina e Carlotta che cercano di trapelare qualcosa dalla conversazione della nostra amica, invano. Infatti lei si è allontanata in modo tale che le impiccione non possano sentirla.
"A proposito di telefonate..."lascio la frase in sospeso incatenando gli occhi di Cristina, che deglutisce preoccupata.
Lottie sorride divertita. "L'hai più chiamato Edo?"lei mi fissa mentre abbassa lo sguardo colpevole.
Carlotta scuote la testa rassegnata. "Perchè non lo fai?Stai sprecando un'occasione"per quanto il suo sembri un rimprovero, il tono con cui le parla invece è dolce.
"Non ti costringerò a fare una cosa che non vuoi, perchè devi esserne convinta e appunto l'iniziativa deve partire da te, ma dovresti farlo sai?"replico io cercando di incrociare il suo sguardo.
Lei alza di scatto la testa. "Ook...lo farò"ammette scrollando le spalle.
"Cris..."tento ma la sua voce sovrasta la mia. "Nono ne sono convinta, davvero".
Le sue dita cercano tremanti il cellulare nella tasca dei pantaloni, sbloccandone successivamente lo schermo.
Mi sporgo per guardare ma lei si ritrae subito inconsapevole che io sia riuscita a vedere come abbia salvato il suo nome in rubrica: Edo affiancato da un cuoricino.
Carlotta batte le mani eccitata mentre le chiede di mettere in vivavoce e i tututu della chiamata rimbombano nella stanza. Cristina è quasi rassegnata a mettere giù e io la guardo indicandole di non demordere, infatti proprio quando fosse sicura di riattaccare la voce strascicata di Edoardo rimbomba forte nelle nostre orecchie.
La linea è disturbata e lui parla forte per sovrastare la musica. "Chi...è?domanda incerto.
"Ehm..."la mia amica tentenna e noi la incitiamo a continuare. "Sono Cristina, ricordi?".
Silenzio. Sembra che Edoardo abbia perso la voce e che tutto si sia bloccato, perchè la musica non si sente più.
"Cristina, ciao! Che bello sentirti! Scusa è che mia sorella festeggia gli anni ed eravamo in un locale ma adesso mi sono spostato. Dimmi tutto"la sua voce allegra risuona subito dopo attraverso l'apparecchio e lui appare logorroico mentre tenta quasi di giustificarsi.
Cristina tira un sospiro profondo. "Volevo dirti che se vuoi possiamo vederci un giorno di questi...e intendo fuori dall'ospedale"dice mentre Carlotta trattiene una risatina notando la sua espressione buffa.
Edoardo non può vederla ma compie lo stesso gesto e Cristina è quasi offesa sentendosi derisa.
"Ne sono contento Cristina, davvero. Scegli tu il giorno"le si rivolge subito dopo.
Passano il resto della telefonata accordandosi sul martedì sera. Quando la nostra amica termina la chiamata ha un sorriso stampato in faccia.
Ah l'amouuur!.
Giulia saltella fino a noi cercando di non inciampare nei lacci della scarpa sinistra che le si sono slacciati. "Mi sono persa qualcosa?"domanda portandosi la mano ai fianchi e guardandoci curiosa.
"Ho un appuntamento con Edo, martedì!Si ho un appuntamento con lui!"ammette allegra la nostra amica e sembra quasi che ripeterlo come un mantra le faccia realizzare che sia la realtà.
Giulia esulta gesticolando. "Ah!"si batte una mano in fronte. "Emiliano sarà qui a momenti, avevamo un appuntamento stasera"ci spiega.
Arriccio le labbra in una smorfia. "Non c'era bisogno che tu venissi se dovevi uscire Giuls"ammetto abbassando lo sguardo.
Lei mi fa segno con la mano di non preoccuparmi. "Abbiamo rimandato solo di un'ora e tu sei pur sempre la mia migliore amica"sorride lei rassicurante.
Il campanello di casa mia la fa sobbalzare e si affretta a sistemarsi il vestito mentre io la accompagno alla porta.
Emiliano sorride imbarazzato salutandola mentre lei si avvicina per stampargli un bacio sulla guancia e lui tentenna un pò prima di stringere un braccio attorno al suo busto. Il suo sguardo si posa poco dopo su di me e mi sembra che si irrigidisca quasi come se si sentisse a disagio, probabilmente Nicola gli ha raccontato del nostro litigio.
Sorrido per stemperare la situazione e li incito ad andar via e passare una bella serata. L'unica cosa che sento prima di chiudermi la porta alle spalle sono le loro risate.
Quando torno in salotto noto le mie due amiche occupate in una fitta conversazione.
"Ma voi due di cosa inciuciate, esattamente?"domando divertita portandomi le mani ai fianchi, un cipiglio sul volto.
Cristina mi guarda, le braccia sospesa a mezz'aria. "Di quell' idiota di Federico Bianchi! Vuoi sapere che ha fatto?"mi chiede indispettita.
Alzo solo le sopracciglia sorpresa mentre Carlotta abbassa lo sguardo. "Ci ha provato con me l'altro giorno e io ovviamente gli ho risposto tra le righe perchè come ho già detto non voglio cascarci ma mi ero sentita in qualche modo importante lo stesso e pensavo che fosse davvero interessato un pò a me e poi l'ho visto filtrare con quella di storia, bello stronzo!" ammette sbuffando.
Ok abbiamo decisamente bisogno di un pò di gelato.

E' domenica e come di consueto c'è il pranzo dai miei, è tradizione passare questo giorno tutti insieme in famiglia. E' mio padre ad aprirmi. Alfonso, mio papà, è un uomo pacato e silenzioso.
Capelli brizzolati e occhi verdi che nessuno di noi due figli ha ereditato, nascosti da occhiali da vista e un sorriso gentile.
Non manifesta molto i suoi sentimenti apertamente e spesso si nasconde dietro un'aria da finta burbero che non gli si addice, ma nonostante ciò sappiamo quanto sia legato a noi.
E' un pò metodico nelle sue cose, ad esempio la mattina beve solo caffè amaro, non salta nemmeno una partita dell'Inter e ama leggere il giornale seduto in poltrona.
Sorride felice di vedermi mentre io mi avvicino per stampargli due baci sulle guance e lui mi pizzica una guancia.
Sbuffo infastidita, ha lo stesso vizio da quando ero solo una bambina.
Mi levo il giubbotto appendendolo. "La mamma?"domando sfregando le mani.
Lui indica la cucina con la testa. "All'opera con il pranzo"mi spiega mentre ritorna a leggere il suo giornale in tranquillità.
Mia madre Elisa è molto più espansiva di mio padre infatti non appena si accorge della mia presenza corre ad abbracciarmi tempestandomi le guance di baci.
"Ti vedo stanca e sciupata, ma stai mangiando?" chiede lei apprensiva.
Elisa, mia madre. Capelli castani con delle meches più chiare tagliati in un caschetto e dolci occhi castani. Un mix di allegria e caparbietà.
Mi limito ad appoggiarle le mani sulle spalle e nonostante io voglia sembrargli offesa dalla sua insinuazione che non mangi come si deve, un sorriso si fa spazio sul mio volto. "Sì mamma, è stata solo una settimana un pò movimentata"le spiego.
Lei tira un sospiro di sollievo baciandomi la fronte mentre si allontana per continuare a mescolare il ragù sul fuoco.
"Quella piccolina come sta?"domanda fissandomi coi suoi occhi castani.
Mi appoggio all'angolo cottura incrociando le braccia al petto. " Fortunatamente sta meglio, adesso è ritornata in stanza"replico con un sorriso.
Lei lascia cadere il mestolo, lasciando che del sugo sporchi il fornello e porta le braccia al cielo."Grazie a Dio! Sono proprio contenta che quell'angioletto stia bene".
Annuisco ridendo mentre mi accingo a sbirciare il contenuto della pentola, pronta a farci la scarpetta con un pezzo di pane quando la sua mano si infrange sulla mia facendomi sobbalzare per il dolore. Sono i momenti come questi che mi fanno ritornar bambina, quando mi facevo beccare in flagrante.
Lei sorride divertita, poi si batte una mano in fronte. "Sai, stamattina io e tuo padre abbiamo incontrato la madre di Nicola in Chiesa, non mi aspettavo che aveste litigato"parla lei portandosi un'altra mano questa volta al cuore.
Mi soffermo sulle sue parole pensando che sicuramente il mio amico se lo sia lasciato scappare per caso perchè lui non è certo il tipo che racconta della sua vita alla madre. Poi penso alla mia di madre, a quanto ci sia rimasta perchè in tanti anni di amicizia non c'è stato mai un battibecco che potesse essere definito degno di nota. I miei sono sempre stati molto affezionati a Nicola, mio padre commercialista lo vedeva già praticante nel suo studio ma lui l'università a stento l'ha cominciata e poi mia madre lo considerava quasi un figlio adottativo, lo riempiva di complimenti e cercava in tutti i modi di farlo rimanere a pranzo o cena ogni volta che Nic passasse il tempo a casa nostra. Provava simpatia nei suoi confronti ma lo faceva anche perchè mio fratello Marco era partito per il servizio militare e in qualche modo era come se il mio amico glielo ricordasse.
"Ci sono rimasta di stucco, dopo tanti anni di amicizia e mai un litigio tra voi..."pronuncia lei sconfortata.
Come volevasi dimostrare...
Punto lo sguardo su qualsiasi cosa che non sia mia madre e scopro che vicino al frigo SIA stata aggiunta una nuova calamita, e che le fughe del pavimento siano più bianche, segno delle pulizie generali di mia madre.
"Sì andava tutto bene finchè non sono subbentrati nuovi sentimenti"parlo sovrappensiero lasciandola sorpresa.
A quel punto incomincio a raccontarle la vicenda, dal ritorno di Luca, la gelosia di Nicola, fino al suo amore nei miei confronti.
"Oh Gesù!"esclama sorpresa mia madre e io sono tentata dal dirgli che sia stata quella mattina in Chiesa ma mi astengo e aspetto che lei continui. "Questo mi lascia ancora più sconvonta, Nicola innamorato te! E poi Luca Franzese è di nuovo qui? La tua vecchia fiamma?!".
Abbasso lo sguardo in imbarazzo alle sue parole.
Proprio mentre mia madre è alle prese con il suo sproloquio, mio fratello maggiore Marco entra in cucina di soppiatto.
Marco Castalo, arruolato in Aeronautica Militare e dal carattere decisamente bipolare. Burbero ed elige al lavoro in caserma, eterno bambino in casa.
Abbiamo i tratti del viso simili se non fosse per la barba e le sopracciglia folte che gli donano mascolinità. Da bambini complice la stessa altezza, il nostro modo di parlare talvolta contemporaneamente e le mimiche facciali quasi programmate qualcuno aveva addirittura pensato che fossimo gemelli. Poi durante l'adolescenza qualcosa era cambiato, lui soprattutto era cresciuto d'altezza e si era inserito benissimo nel ruolo di fratello maggiore geloso.
Per i primi due anni di liceo ero conosciuta come la sorella di Marco Castaldo il bellissimo rappresentante di istituto ambito da tutte le ragazze. Lui però non aveva mai risposto alle avances di nessuna di loro troppo innamorato di Sabrina, la timida ragazza della 5 C. Ce ne aveva messo di tempo per conquistarla, più che altro perchè Sabri si portava dietro un brutto passato. Aveva perso i genitori quando aveva solo 12 anni e da allora si era chiuso a guscio. Marco al contrario era spigliato e aveva una bella famiglia, non poteva capire come lei si sentisse a detta della ragazza. Ma si sa gli opposti si attraggono, no?.
"Nicola innamorato di te, che sorpresa! Madre ti conviene preparare i soldi"sorride divertito lui porgendo una mano a nostra mamma.
Lei si batte una mano in fronte e scuote la testa mentre io alterno lo sguardo dall'uno all'alta.
Poi mi viene sbiegato diligentemente da mio fratello che hanno fatto una scommessa su me e Nicola, lui decisamente convinto che non potesse esserci amicizia tra uomo e donna aveva detto che il mio amico o io saremmo finiti per innamorarci dell'altro, nei migliori dei casi anche ricambiati, mentre mia madre affermava che non potesse esserci altro che amicizia tra noi. Marco ha vinto.
"Una scommessa, ma davvero?!"gesticolo nervosa mentre mio fratello annuisce divertito circondandomi le spalle.
"Dai sorellina l'importante è che io abbia vinto" lancia un'occhiata di vittoria a mia madre che lo fulmina con lo sguardo.
"Ah"il suo sguardo si posa su di me. "E questo Franzese chi è ?"domanda divertito mentre io roteo gli occhi al cielo.
"Oh Marco una vecchia fiamma di tua sorella"sorride mia madre complice mentre lui sogghigna scuotendo la testa.
La mia bocca si spalanca mentre batto il piede a terra come una bambina. "Mammaaa!"mi lamento.
"Amoree lascia stare tua sorella!" mia cognata Sabrina entra in cucina mantenendosi il pancione.
Sabrina Castelli, grandi occhi azzurri e capelli biondi legati in una treccia. Di lei posso dire che sia estremamente dolce e romanticona.
Sul mio volto appare un sorriso. "Sabrii!"corro a salutarla abbracciandola per quanto sia possibile, poi passo ad accarezzarle l'addome tondo. "Come sta la mia Agnese, eh?"mi rivolgo alla sua pancia come se la bimba mi potesse sentire.
Un sorriso divertito si fa spazio sul mio viso mentre ripenso alla scelta del suo nome. Le proposte molteplici ci hanno tenuti impegnati per numerosi giorni e nomi come Francesca, Martina, Rebecca e altri venivano proposti. Rebecca soprattutto da me era stato scartato a priori perchè era il nome della bambina che era solita tirarmi le treccine all'asilo, anche quello di una bambina che mi aveva rovesciato del succo sul camice i primi tempi di specializzazione per il semplice fatto che odiasse l'ospedale e i medici e soprattutto era il nome della ragazza che Luca aveva osato baciare davanti ai miei occhi.
Beh tutti questi nomi e molti ancora, per un motivo o un altro, erano stati scartati lasciando il posto ad Agnese apprezzato da tutti. Questa bambina che non vedeva l'ora di venire al mondo avrebbe portata tanta gioia nelle nostre vite.
Un singhiozzo mi porta alla realtà e noto Sabrina portarsi una mano alla bocca emozionata.
"Ha scalciato!Ha scalciato!L'hai sentito anche tu, vero Anita?"domanda mentre una lacrima sfugge al suo controllo.
Proprio mentre sto per dirle qualcosa un nuovo calcio lo avverto anche io e sorrido commossa mentre lei incita mio fratello a raggiungerci. Lascio che prenda il mio posto, che le accarezzi la pancia tenendo le loro mani una sopra l'altra e che la stringa al suo di petto commosso.
Io e mia madre ci guardiamo sorridendo. Piacerebbe anche a me un giorno creare una famiglia e non so per quale motivo ma istintivamente penso a Luca e Lucia.

Angolo autrice:
Dopo una settimana rieccomi! Scrivere questo capitolo è stato molto difficile nonostante poi non è che succeda qualcosa di così eclatante, ce l'avevo in mente da qualche giorno ma si è risultato un pò complicato trascriverlo ahah! La prima parte soprattutto non ne sono molto soddisfatta ma finalmente novità ci sono e Cris ha chiamato Edooo!
La seconda invece mi è piaciuta tanto scriverla e ho voluto presentarvi la stravagante famiglia di Anita che personalmente adoro ahaha e la scommessa, poi? E' un'idea che avevo in mente da un pò ahah!
Mi scuso personalmente a nome di Anita lol se qualcuno che dovesse leggere la storia si chiamasse Rebecca, bellissimo nome!
E niente vedrò di cominciare a scrivere qualcosa al più presto sperando che il blocco passi :(
Ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, chi l'ha inserita tra le preferite/ricordate/seguite e i lettori silenziosi <3
Spero vi piaccia e aspetto i vostri pareri :)
Alla prossima!Bacioni :*

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
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Capitolo 12



Ho avuto giusto il tempo di eliminare quel poco di matita sbavata sotto gli occhi e di ritoccare il trucco, prima di uscire di nuovo di casa. Ora sono fuori l'ingresso principale del centro commerciale che aspetto le mie amiche. Mi hanno mandato un messaggio quando ero ancora dai miei genitori chiedendomi di vederci qui, ma in questo momento non c'è ancora traccia di loro tre.
Controllo l'orario sul cellulare nella borsa, costatando che sia quello prefissato e, proprio mentre sto per alzare lo sguardo, avverto la voce di Giulia farsi sempre più vicina. "Anitaaa, siamo qui!".
Sventola una mano nella mia direzione, mentre Lottie al suo fianco si sistema la sciarpa intorno al collo.
Le trovo poco dopo al mio fianco che respirano affannose per la corsa fatta, mentre Cristina,invece, dietro di loro, dopo aver inserito l'antifurto alla macchina, cammina tranquilla.
"Scusaci per il ritardo, c'è stato un problemino...sai, con il traffico"spiega Giulia, piegando gli angoli della bocca all'insù in un sorriso innocente.
"Si..con il traffico"ride Carlotta prendendola in giro e poi la indica con un dito canzonatoria. "La verità è che è stata tutto il tempo al telefono con il suo Emiliano che non si è nemmeno resa conto di che ora fosse e non era pronta ancora quando siamo arrivate a casa sua".
La mia bocca si spalanca sorpresa e subito dopo mi porto una mano davanti ad essa per soffocare una risata.
Giulia la guarda con un sopracciglio alzato e porta una mano ad allontanare il dito che le ha puntato, sbuffando. Sono sicura che in macchina le abbiano fatto notare abbastanza la cosa.
"Beh, fa nulla, l'importante è che siate qui...stavo per morire dal freddo qui fuori"dico e infatizzo la cosa portandomi una mano al petto, melodrammatica.
Un sorriso divertito, che lei cerca di nascondere, affiora sul volto di Lottie.
"Ma va" mi prende in giro Giulia, colpendomi al braccio. "Hei!"le replico imbronciata.
Nel frattempo Cristina ci raggiunge, ha lo sguardo abbassato mentre cerca alla rinfusa nella sua borsa qualcosa, la sciarpa le è scivolata in avanti e alcune ciocche di capelli sono sfuggite al cappello infastidendola.
"Eccoti qui!"la richiamo io con un sorriso. Lei alza lo sguardo con le sopracciglie corrucciate."Caramella?"replica indicandoci il pacchettino che ha trovato. Ne accettiamo una tutte ben volentieri, sono quelle gommose alla frutta e io le adoro.
"Beh adesso che sei qui..."le lancio un'occhiata eloquente.
"Possiamo andare" sorride lei prendendo a braccetto Giulia. Io e Carlotta compiamo lo stesso gesto affiancandole.
"Tu devi ancora raccontarci dell'appuntamento, eh!"le chiede a quel punto Cris lanciando un'occhiata a tutte noi. Giuls a quel punto rotea gli occhi al cielo e rivolge lo sguardo a qualsiasi cosa che non siamo noi che la guardiamo curiose.
Poi scuote la testa sorridendo. "Non so di cosa tu stia parlando..."risponde vaga.
"Sì certo come no, sputa il rospo" replica Lottie lanciandole uno sguardo eloquente.
Per il seguente tempo Giulia non fa altro che parlarci di quella strana e bella sensazione che ha provato quando le loro mani si sono sfiorate e che sa quasi per certo dall'espressione che ha assunto il suo viso che per Emiliano sia stata la stessa cosa. Hanno visto un film e ci riferisce che il ragazzo abbia deciso di farlo scegliere a lei e che si sia sorbito 90 minuti di una storia romantica nonostante i suoi gusti comprendano più horror o film di fantascienza ma non ha detto nulla e di quanto sia stato carino a pagarle la cena in un locale in centro dove hanno mangiato. Ammette che le piace questo rapporto che sta crescendo a piccoli passi, fatto di sorrisi, di sfiorarsi le mani e di abbracci.
Giulia ha avuto una storia importante che è finita tragicamente con la partenza del ragazzo per un lavoro all'estero e con lui che l'ha lasciata non riuscendo a sopportare una relazione a distanza. Sono felice che adesso sia di nuovo così raggiante ma sono sicura che vorrebbe Emiliano fosse spinto da più iniziativa qualche volta.
"Ti piace tanto, eh?"le domando io con un sorriso e non riesco a sentire la sua risposta per le persone che ci passano affianco.
Non sopporto andare al centro commerciale nei weekend, c'è sempre troppa gente che limita i movimenti e alimenta file a cassa e camerini, ma la domenica è anche l'unico giorno libero in cui possiamo incontrarci senza il peso del lavoro e di altri impegni  e Cristina aveva decisamente bisogno di comprare qualcosa per il suo appuntamento di martedì.
"Comunque si..."ammette lei quando riesco a raggiungerla e cerca di non far trapelare il rossore delle sue guance facendosi spazio tra le relle di abiti. Nel frattempo Carlotta ne sta accumulando alcuni sulle braccia di Cristina che dovrà provarli tutti, a detta della nostra amica.
Prima che possa dirle qualsiasi cosa è la mia amica a farlo per me.
"Hei Cris,  prova anche questo"le porge l'abito che raggiunge gli altri mentre Lottie la spinge verso i camerini.
 La risata di Cristina si disperde nel negozio. Rimango in disparte mentre parto alla ricerca di qualcosa che possa piacere a me, è da tempo che non mi dedico allo shopping e il mio guardaroba ha decisamente bisogno di essere rimodernato un pò.
Adocchio un abito bianco e nero dalle maniche a tre quarti che scende morbido e stretto in vita da un centurino di strass. Lo prendo tra le mani rigirandolo.
"Anita, sei qui! Vieni abbiamo bisogno del tuo parere"mi raggiunge Carlotta gesticolando trafelata.
Mi volto a guardarla confusa, l'abito che pende dal mio braccio destro, mentre lei mi incita a seguirla. Poi si blocca di scatto alzando un dito. "Carino, dovresti prenderlo"mi sorride dolce e io ricambio il gesto. E' incredibile come ognuna di loro riesca sempre a capire cosa penso.
Molto tempo dopo siamo fuori dal negozio, è stato difficile decidere quale abito comprare perchè Cris continuava a bocciarli tutti.

Alla fine con un sorriso divertito
ha ammesso che in realtà l'ha fatto anche perchè le piaceva vederci correre disperate da una parte all'altra alla ricerca di qualcosa che le piacesse. Giulia le ha fatto una partaccia riferendole quanto i piedi le facessero male invece io e Lottie siamo rimaste in disparte cercando di trattenerci dal ridere.
"Ho assolutamente bisogno di un caffè"sospira Carlotta mentre ci avviciniamo al bar più vicino.
Il cellulare di Giulia squilla improvvisamente e lei si allontana per rispondere ma la sua voce che saluta Emiliano ci arriva lo stesso forte alle orecchie.
"Tra rose e fiori nasce l'amor..."canticchia a quel punto Cristina.
"Quanto sono carini"sospira sognante Lottie io invece la seguo con lo sguardo per non perderla di vista. Ci mancherebbe solo che poi non la trovassimo più innamorata com'è.
"Ohoh!"esclama all'improvviso Cristina, le sopracciglia alzate.
Sorpresa mi volto a guardarla di scatto e lei tossicchia imbarazzata mentre Carlotta la prende a braccetto.
"E' carinissimo quell'abito, sisi...Cris accompagnami dai"le dice spingendola a camminare in una direzione diversa.
"Anita aspettaci qui!"mi urla quando ormai sono lontane.
Le osservo allontanarsi confusa, le labbra che mi si arricciano in una smorfia, rimasta da sola.
"Anita, ciao!"la voce che risuona successivamente nelle mie orecchie così vicina mi sembra familiare ma presa da tutt'altro non riesco ad associarla a nessuno di mia conoscenza e quando voltandomi incontro lo sguardo di Luca, non riesco a nascondere la sorpresa che mi investe di vederlo lì. E' incredibile come sia piccolo il mondo, siamo riusciti ad incontrarci anche qui in un posto che brulica di gente.
"Ciao, anche tu qui?"gli domando allegra e lui sorride annuendo.
Mi soffermo a guardarlo, ha i capelli pettinati all'indietro tenuti fermi dal gel, la barba ispida gli ricopre il mento e un ha colorito più vivace del solito, non riesco a non trovarlo bellissimo.
Infila le mani nelle tasche dei pantaloni e sposta il peso del corpo sull'altro piede. "Beh ero a casa dei miei, sai pranzo domenicale..."soffoca una risata.
"Oh si ne so qualcosa, credimi"gesticolo con le mani poi arrossisco accorgendomi di averlo interrotto.
Lui scuote il capo per niente infastidito e continua a parlare. "Mia nipote è una bambina tenera e dolcissima ma è impossibile smuoverla dalla sua posizione quando si mette in testa qualcosa. Ha visto in tv un pupazzo, che tra l'altro mia sorella le aveva promesso da tempo, ed eccoci qui. Spero per te che non abbia anche tu una nipote così"spiega divertito.
Il mio sguardo si perde oltre le sue spalle dove una donna sorseggia tranquilla il suo caffè, mentre al suo fianco una bambina penzola le gambe allegra.
Non ho mai conosciuto sua sorella Eleonora, almeno non di persona. La vedevo spesso a scuola perchè nonostante lei frequentasse il classico, l'ingresso era però in comune e lei non passava di certo innosservata.
Le piaceva indossare abiti stravaganti abbinando colori impropabili e le sue extension rosse stonavano con i suoi capelli biondi. Aveva poi un caratterino niente male capace di intimorire anche il più sbruffone della scuola.
In verità non avevo mai conosciuto la sua famiglia, non ero mai stata a casa sua e la nostra specie di amicizia non implicava che io li conoscessi. Però in compenso sapevo tante cose di loro, ad esempio che sua madre fosse un'ottima cuoca e preparava lasagne buonissime, che suo padre fosse l'uomo più buono del mondo ma guai a farlo ad arrabbiare e che il suo fratellino più piccolo si infilava sempre nel suo letto quando c'erano temporali. Parlava sempre di loro con ammirazione e dolcezza che anche sua sorella, fuori di testa a scuola non sembrava male attraverso i suoi occhi.
Mi desto all'improvviso dai miei pensieri arrossendo quando vedo una sua mano passare davanti al mio viso.
Scuoto con vemenza il capo e punto lo sguardo nel suo, che è confuso. Gli si sono formate tante rughette sulla fronte e ha il labbro inferiore leggermente sporto in avanti.
"Non... ho nipoti, almeno non ancora ma di bambini ne vedo tutti i giorni, ricordi?"replico piegando gli angoli della bocca in un sorriso.
 Lui annuisce ridendo. "Tu invece, perchè qui?"domanda scrollando le spalle.
Sposto lo sguardo prima a destra e poi a sinistra cercando di intercettare le ragazze ma non vedo traccia di loro. "Ero qui con le mie amiche...ma non so che fine abbiano fatto"gli riferisco ridendo nervosa.
Lui dischiude le labbra per dire qualcosa ma una vocina allegra lo interrompe. "Zio, zio sei qui!".
Abbasso lo sguardo intercettando una piccola bambina bionda. Quando lei incrocia i miei occhi le sorrido dolcemente mentre lei assottiglia i suoi marroni e vispi fissandomi curiosa.
Luca le accarezza i capelli mentre lei si appoggia alle sue gambe inclinando leggermente il capo. Si porta un ditino alle labbra dischiudendole appena.
"Tu chi sei?" domanda passando lo sguardo da me allo zio. Poi prima che uno dei due possa dire qualcosa lei ci interrompe continuando a parlare, le sue manine che freneticamente si muovono davanti al viso roseo.
"Sei un'amica di zio? Sisi sicuro, perchè non puoi essere la sua fidanzata anche se sei bella, sì sei molto bella"sorride innocentemente lei dondolandosi sui talloni. Non so se per la sua spigliatezza o perchè abbia inserito la parola fidanzata nella frase ma arrossisco e avverto il mio cuore cominciare a battere più freneticamente del solito.
Luca mi lancia uno sguardo di scuse. "Sofi, Anita è una mia collega, lavoriamo insieme sai?"le si rivolge serio.
E non so per quale motivo mi ritrovo a storcere il naso alle sue parole, collega. Avrei preferito un'amica anche se non so davvero quale sia il rapporto che ci lega.
Prima che possa rifletterci ancora il mio sguardo viene attirato di nuovo dalla piccola che annuisce con foga porgendomi poi la sua manina allegra "sono Sofia e tu sei simpatica".
Rido ricambiando il gesto, la sua mano che svanisce avvolta dalla mia e nonostante sia così piccola lei la stringe vigorosamente.
"E' un piacere conoscerti Sofia"le dico abbassandomi alla sua altezza e scompigliandole i capelli.
Lei gonfia le guance e i suoi occhi si spalancano mentre dondola la testa a destra e sinistra facendomi sorridere, Luca fa lo stesso e dal basso incrocio il suo sguardo divertito.
A quel punto Sofia prende una mano dello zio tra le sue. "Andiamo?"domanda con un sorriso.
Lui annuisce dolcemente e poi si muove a disagio sul posto guardandomi, come se non sapesse che fare.
Mi lascia sorpresa avvicinandosi per stamparmi un bacio sulla guancia, la sua barba ispida mi provoca il solletico e il suo buon profumo mi invade le narici. Poi si allontana con la piccola che mi fa ciao ciao con la mano.
Il suo sguardo resta fisso sempre su di me finchè non arrivano al tavolo. I miei occhi non lo lasciano fino a quando non mi dà le spalle. Se non avessi sentito la sua barba a contatto con la mia pelle e il calore affluirmi alle guance non avrei nemmeno avvertito quel gesto per la delicatezza del suo tocco, sorrido involontariamente.
Le ragazze mi raggiungono dopo pochissimo tempo, Giulia termina la sua conversazione con un "anche io" e ripone il cellulare sotto i nostri sguardi attenti.
A parte lei sono sicura che le altre due si siano allontanate dopo aver scorto Luca tra la folla e abbiano pensato di defilarsi lasciandoci soli ed è proprio quello che sto per dire quando "non vi siete professati amore eterno e non ce l'hai detto, vero?" dice Cristina. Mi volto a guardarla e noto che la sua attenzione sia puntata sulla nostra amica Giulia.
Lei scuote il capo con vemenza. "No, mi ha semplicemente detto che mi vuole bene, tutto qui".
Cristina spalanca gli occhi sorpresa portandosi poi una mano alla fronte e l'altra la guarda giustamente interrogativamente, poi un braccio della prima si posa sulle spalle dall'altra.
"Tesoro, penso che tu debba dare una svegliata al tuo ragazzo"la prende in giro.
Giulia arrossisce abbassando lo sguardo. "Non è il mio ragazzo..."protesta. "Almeno non ancora".
 Cristina ride allegra portandosi una mano allo stomaco. "Sei innamorata cotta, eh?"le dice colpendola ad un braccio.
L'altra la guarda sorridendo. "Non posso dire il contrario di te, Cris. E tu ed Edoardo non siete nemmeno usciti insieme".
Cristina si ritrova ad alzare le mani in segno di resa. "Non posso darti torto".
Carlotta si avvicina a me, il suo braccio che si incrocia con il mio. "Vanno avanti così praticamente da quando siamo passata a prenderla"ride appoggiandosi alla mia spalla.
Il mio sguardo corre alle mie amiche che più avanti ridono contente e si posa successivamente su Luca che non so per quale motivo stia guardando nella mia direzione, un sorriso che gli increspa le labbra. Quando Lottie mi incita ad andare a stento la sento, lei allora scuote il mio braccio ripetendomi la domanda.
"Cosa?Oh sisi andiamo"acconsento lasciandomi guidare da lei.
"Va tutto bene tesoro, c'è qualcosa che devi dirmi?"domanda lei incrociando il mio sguardo.
Mi mordo il labbro inferiore. "Nono sta tranquilla" la rassicuro concedendole un sorriso.
Un solo pensiero si insinua nella mia mente e avverto il mio cuore martellare forte nel petto.

Quando quel mattino entro in ospedale, le mani ancora nelle tasche del cappotto per proteggerle dal freddo, Maria  mi corre incontro, una mano che cerca continuamente di sistemare una ciocca di capelli sfuggita alla coda e il labbro che le trema leggermente e ciò non è affatto rassicurante.
Il suo sguardo mi allarma facendomi pensare che sia successo qualcosa a Lucia e lei accorgendosene mette le mani in avanti.
 "Lucia sta bene, almeno sotto un punto di vista"la risatina che le scappa mi rassicura un pò, ma sono decisa a controllare la situazione con i miei occhi.
Con un cenno del capo la saluto senza che lei mi dica più nulla e mi dirigo verso la stanza di Lucia che dal punto dove sono non è poi così lontana.
"Lucia, Lucia stai bene?"entro trafelata in stanza e Luca mi corre incontro passandosi le mani sul camice e rilassa il volto. "Meno male che sei arrivata, non riuscivavamo a calmarla. Francesco è stato operato stamattina d'urgenza e svegliandosi non l'ha trovato" fa per posare le mani sulle mie spalle ma mi scanso annuendo e avvicinandomi al letto.
La piccola mi scruta preoccupata e stringe le mani sui miei avambracci, alcune lacrime che le rigano le gote.
"Dov'è... Francesco? domanda in un sussurro.
Passo ad accarezzarle una guancia sorridendole dolce. "Ti prometto che tornerà presto. Stai calma adesso, ok?".
Lucia tira su col naso annuendo.
"E poi non penso che a Francesco piacciano le bambine piagnucole eh"le pizzico una guancia ridendo per sdrammatizzare la cosa e mi avvicino al suo viso facendo scontrare i nostri nasi. Lei ride posando le mani sulle mie guance, che gonfio per poi soffiarle l'aria in faccia.
"Però tu ora stai qui tranquilla, non possiamo permetterci che il tuo cuoricino si agiti"una mia mano si posa sul suo cuore. "Me lo prometti?".
Lei annuisce vigorosamente alle mie parole.
"Adesso devo lasciarti che altrimenti il dottore chi lo sente"rido posandole un bacio sulla fronte poi mi allontano raggiungendo Luca che è rimasto in disparte.
Mi osserva con un sorriso e un sopracciglio alzato. "Cosa le hai detto?"domanda divertito.
Mi ci avvicino mantenendo sempre una certa distanza tra noi. "Cose da donne, che tu non puoi capire" gli faccio la linguaccia lasciandolo poi solo.
In corridoio avverto i suoi passi farsi sempre più vicini e la sua mano poi circondarmi il polso. Arrestando i miei di passi la mia schiena si scontra con il suo petto e una scarica di brividi mi scuote il corpo. Mi volto a guardarlo e il sorriso che mi rivolge mi lascia interdetta per secondi, forse minuti.
"Penso che dovresti lasciarmi il tuo numero, potrei chiamarti per emergenze del genere". Mi soffermo a pensare alle sue parole, mi ha chiesto il numero, certo utilizzandolo per il bene di Lucia, ma l'ha fatto e io non posso evitare che il cuore cominci a battere più forte.
La risata che ne segue è così cristallina e contagiosa che non riesco a trattenermi e le nostre risa si diffondono in corridoio, i nostri occhi si cercano, verde nel marrone.
Poi si ferma di botto scrutandomi curioso. "Ci andiamo a prendere un caffè insieme, ti va?"il sorriso costante sul suo volto.
Non so cosa sia ma c'è qualcosa di diverso in lui, come se la sua maschera fosse finalmente calata del tutto dimostrando la vera persona che si nascondeva dietro di sè. Questo Luca mi piace molto, sì. Istintivamente la mente mi riporta a noi due al liceo, a quel ragazzino non molto diverso dall'uomo che ora ho davanti, che mi fece battere il cuore.
Non so spiegare nemmeno io come mi senta adesso, sì perchè credo che il passato stia travolgendo anche me facendomi assomigliare tanto a quella ragazzina che pendeva dalle sue labbra, arrossiva trovandoselo davanti, che giustificava i suoi comportamenti come se questo potesse farla sentire meglio ma soprattutto quella che aveva scoperto cosa significasse amare una persona accettandone pregi e difetti.
Mi passa una mano davanti al viso facendomi tornare alla realtà. Mi capita spesso di perdermi nei miei pensieri e spero davvero che non pensi ci sia qualcosa che non vada in me se non lo pensi già, visto che al liceo era solito prendermi in giro con un...
"Hei torna tra noi"sussurra lui in modo tale che possa sentirlo solo io come se ci fosse qualcun'altro in giro.
Mi sembra di avere un deja-vù. I miei occhi si spalancano e le labbra si dischiudono appena, uno sbuffo fuoriesce da esse.
"Ma stai bene, sembra che tu abbia visto un fantasma"mi prende in giro lui appoggiando le mani sulle mie spalle, una risata divertita sgorga dalle sue labbra.
Sbuffo scrollandomi dalla sua presa quasi come se mi fossi scottata e gli punto un dito contro il petto.
"Non è divertente Luca, non è divertente"lo rimprovero risentita.
Lui alza le mani in segno di resa e sorride quando lo sbattere di una porta ci fa voltare entrambi verso destra. Una donna che non potrà avere sui trent'anni ci passa accanto, i suoi capelli che oscillano per la furia dei suoi movimenti, e lei che tenta di sistemarli mentre i denti mordono forte il labbro inferiore.
Osservo Luca irrigidirsi sul posto mentre la fissa così intensamente che mi chiedo se la conosca. I suoi occhi sono vitrei, hanno perso quella luce che prima li contraddistingueva e riesco quasi a scorgerci un velo di malinconia.
La donna si volta un' ultima volta quasi come se si sentisse osservata o seguita da qualcuno e poi cammina dritta per la sua strada.
Luca a quel punto scuote la testa con vemenza serrando gli occhi e quando li apre si guarda attorno agitato come se avesse visto qualcosa capace di spaventarlo.
La mia mano fa per posarsi sul suo braccio. "Hei, stai bene?Sembra che tu abbia visto un fantasma" gli chiedo ma a differenza sua non c'è nessuna presa in giro nelle mie parole.
Lui si passa una mano tra i capelli scompigliandoli appena. "Devo andare, scusami"mi rivolge un ultimo sguardo rammaricato e poi si allontana. I suoi occhi che continuano a guardarsi attorno preoccupati.
Rimango sola mentre mi chiedo cosa gli sia successo da averlo sconvolto così tanto da rinunciare a bere un caffè insieme.

Angolo autrice:
Salve e buona domenica a tutti! Ce ne ho messo di tempo per pubblicare, eh? A mia discolpa posso dire che via via che si va avanti la storia diventa sempre più intricata e quindi mi risulta più difficile da scrivere, ma ce l'ho fatta siii! Ahaha!
Un altro capitolo piacevole da leggere e da scrivere ahah considerateli come la quiete prima della tempesta muahahah! Mi è piaciuto tanto scriverlo, descrivere l'amicizia che lega le ragazze mi fa sorridere perchè mi fa pensare a quella che lega me con le mie amiche a distanza.
Poi facciamo la conoscenza di un nuovo personaggio, rullo di tamburi, l'adorabile nipotina di Luca, Sofia! Ha messo in imbarazzo Anita, che biricchina ahahah adoro i bambini non si è capito?
E avete notato questi strani comportamenti di Luca? Uhm che gli sarà successo secondo voi? Aspetto tutti i vostri commenti e spero che vi sia piaciuto.
Nei prossimi capitoli ci sarà una svolta ;-) recensite, su su!
Ah e prima di lasciarvi vorrei ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo e chi l'ha inserita in qualsiasi lista :)
Ciao ciao!A presto <3



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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13
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Capitolo 13



Potevo decisamente affermare che quella giornata non fosse iniziata nei migliori dei modi. In mattinata il cellulare aveva squillato nel bel mezzo del mio sonno, facendomi sobbalzare. Avevo testato il comodino più volte, con gli occhi semichiusi, prima di riuscire a recuperarlo e nel frattempo avevo quasi sperato che fosse stato Nicola a chiamarmi dato che ormai da giorni non avevo più sue notizie. Avevo dovuto accantonare il pensiero in un angolino scorgendo il nome di Cristina sul display.
Ero stata tentata dal rimproverarla per avermi svegliata ma la voce quasi disperata con la quale mi aveva parlato mi aveva fatto dimenticare ogni cosa.
Per questo motivo ero scattata giù dal letto rabbrividendo a contatto con il pavimento freddo e avevo lasciato che mi confidasse tutte le sue paure per quell'imminente appuntamento. L'avevo ascoltata e rassicurata dicendole che sarebbe andato tutto bene. Non conoscevo abbastanza bene Edoardo come la mia amica, ma potevo dire che non si sarebbe azzardato a far soffrire Cristina e nel caso fosse successo il contrario ci avrei pensato io a fargli una bella ramanzina. Avevo avuto modo di appurare però nei giorni in cui avevamo lavorato che fosse una brava persona quindi potevo dormire sogni tranquilli.
Il rapporto che lega me e le mie amiche è fatto di tanta complicità ed è bello pensare che ci saremo sempre l'una per l'altra e che faremmo tutto pur di vedere le altre con il sorriso.
Ho un senso di protezione nei loro confronti che mi porta a tenerle lontane dai pericoli facendomi sentire quasi una mamma con i propri figli.
Ero felice che avesse deciso di sfruttare questa occasione ed era giusto che ognuno vivesse la propria vita, non potevamo sempre crogiolarci nel pensiero che non avessimo bisogno di un uomo al nostro fianco. E allora perchè all'improvviso mi si era formato un groppo in gola?.
Cristina se ne era accorta subito che qualcosa non andasse, avevo negato in tutti i modi facendole credere che fosse tutto apposto ma la sua voce irrimovibile mi aveva portato a cedere. La verità è che desideravo che ci fosse un cambiamento a livello amoroso nella mia vita e il mio non era affatto un pensiero egoistico nè gelosia. Istintivamente la mia mente era corsa a colui che avevo visto sempre come la persona che avesse potuto donarmi l'amore di cui avessi bisogno, Luca. Era completamente impossibile però che ci potesse essere qualcosa tra di noi, non sapevo nemmeno che tipo di rapporto ci fosse tra me e lui. Mi sembrava che facesse un passo avanti e poi successivamente uno indietro, costruendo un muro insormontabile tra noi così come era successo il giorno prima.
Sapevo che quando mi aveva aperto il suo cuore quella fredda sera sul terrazzo dell'ospedale era stato solo un momento di debolezza e dubitavo sarebbe successo ancora facilmente.
Potevo decisamente affermare che il passato mi stesse travolgendo trasportandomi di nuovo al liceo. Era sempre stato così tra noi, un susseguirsi di alti e bassi, niente di troppo stretto ma nemmeno di distante. Non riuscivo mai a capire fino a fondo cosa pensasse, ma preferivo crogiolarmi nell'idea che un giorno lui si fosse accorto di me per davvero. Non l'avevo mai completamente rimosso dalla mia mente e ne avevo avuto la conferma quando l'avevo rincontrato.
Allora per quale motivo continuavo a pensare che le cose potessero cambiare e che ci fosse anche se minima speranza tra noi?.
Scossi la mia testa con vemenza scacciando tutti quei ricordi. Avevo confessato tutte quelle cose alla mia amica e lei aveva cercato di mettermi in guardia come al liceo, non valeva la pena che io stessi male così e nel profondo sapevo che avesse ragione.
"Esci stasera e vai a divertirti, hai bisogno di svagarti un pò"aveva detto prima di salutarmi. A niente era servito raccomandarle di non pensare a me e di godersi la sua di serata perchè aveva già attaccato e le mie parole erano rimbombate nella stanza.
L'unica nota positiva era stato arrivare nel pomeriggio in ospedale per il mio turno e trovare Lucia che riposava tranquilla.
Ed ora sono seduta al suo capezzale che l'osservo dormire. Il suo viso è rilassato e le labbra leggermente piegate all'insù quasi come se sorridesse. E' serena  e questo incentiva la mia contentezza. Vorrei davvero che fosse sempre così, che le venisse concesso di vivere la sua vita con spensieratezza come è giusto che sia per una bambina.
Scuoto la testa ripetutamente per scacciare le lacrime che minacciano di uscire e tiro un lungo sospiro distogliando lo sguardo da lei per puntarlo sul resto della stanza. Il letto accanto a quello della piccola è sistemato, le lenzuola pulite.
Sara è stata dimessa, della sua presenza non c'è più traccia, solo il ricordo dei giorni passati qui e dell'abbraccio che lei e Lucia si sono scambiate con la promessa di vedersi al di fuori.
Nessuna certezza, tanta aspettativa. Desidero che qualcuno da lassù faccia in modo che questo tacito accordo tra loro venga rispettato.
Il letto di Francesco invece è disfatto, alcune macchinine adagiate sulle lenzuola. Al momento è stato portato al piano di sotto per una visita di controllo ma la situazione è stabile. E' stato riportato in stanza ieri sera quando io non c'ero già da un pò e immagino quanto sia stata felice di rivederlo Lucia.
Mi avvicino al suo viso osservandone i dettagli, ha più colorito rispetto agli altri giorni e le lentiggini che le tempestano le guance sono quasi invisibili. Respira regolarmente e ogni tanto arriccia il nasino. Le mie mani che prima controllo non siano fredde si posano sul suo viso accarezzandone le gote e un sospiro fuoriesce dalle sue labbra facendomi sorridere.
Prima di andar via mi abbasso per baciarla sulla fronte, distolgo poi lo sguardo e mi avvio verso l'uscita.
Proprio quando sto per lasciare la stanza sento la sua voce chiamarmi, mi volto quasi spaventata mentre la noto portarsi le manine alle labbra soffocando le risate. Piccola birbantella!.
"Ma non stavi dormendo tu?"le domando avvicinandomi a lei, le mani sui fianchi mentre mi sforzo di fingermi seria.
"Anche la mia mamma faceva così" risponde invece lei evitando la mia domanda. Sento il mio cuore sussultare.
"Mi accarezzava sempre le guance quando mi addormentavo e poi prima di andarsene mi baciava qui" parla dolcemente dapprima indicandosi le gote e successivamente la fronte.
Le sorrido tristemente sedendomi di nuovo al suo fianco per stringerle le mani tra le mie.
"Ti manca tanto, vero?"domando flebilmente.
"Un pò..."sussurra lei con lo sguardo oltre la finestra.
"Hei piccola..."richiamo la sua attenzione con la voce che mi trema. "Lei, insieme al tuo papà è sempre qui"la mia mano si posa sul suo cuore accarezzandone la stoffa del pigiama. Avverto i suoi battiti, si intervallano tra veloci e altri un pò più lenti.
Una lacrima le scorre lungo la guancia e la mia mano corre a raccoglierla.
"Sei una bambina speciale tesoro, nessuno potrà mai eguagliare il bene dei tuoi genitori perchè è impossibile ma sono sicura che lì fuori ci sia qualcuno che saprà darti l'amore che meriti, sai?"tento di rassicurarla.
Lei mi fissa attenta, gli occhi velati di malinconia. So che se mai venisse adottata non la rivedrei più, il triste pensiero si insinua nella mia mente ma lo scoccio con prepotenza. Voglio solo il meglio per lei e se dovesse capitare lo accetterei, mal volentieri certo, ma lo farei. Le accarezzo dolcemente una guancia.
"Non è vero!"protesta lei distogliendosi dal mio tocco. "Nessuno mi vuole! L'unica famiglia che mi aveva preso con sè mi ha portato in comunità dopo due settimane"la sua voce si incrina e ho paura che possa scoppiare a piangere di nuovo.
"Piccola"attorciglio le sue mani con le mie e lei ricambia la mia stretta con forza. "Te lo prometto, troverai qualcuno che ti voglia bene, davvero"le dico dolce.
Mi guarda negli occhi e annuisce flebilmente. "E tu mi vuoi bene, vero?".
Piego gli angoli delle labbra all'insù in un sorriso. "Certo, te ne voglio tantissimo"le dico abbassandomi per darle un bacio sulla guancia.
"Come la mia mamma?" sussurra queste parole giocando con le mie dita, ma a me sembra che le abbia urlate.
Gli occhi si spalancano così come la bocca e sento il mio cuore nel petto iniziare a battere più forte.
Non ho il tempo di metabolizzare bene la cosa nè di formulare qualcosa che una voce attira la nostra attenzione.
"Salve" il suo suono è così stridulo come lo ricordavo che mi provoca brividi lungo il corpo. Irene Berardi è la donna più calcolatrice che io abbia mai conosciuto in vita mia. Indossa il suo tailler elegante, hai capelli neri, di cui nessuno fuori posto, acconciati in una crocchia ed è impeccabile come sempre. La donna in questione è l'assistente sociale che si occupa del caso di Lucia.
La bambina non accetta la sua presenza nè quella di psicologi che negli anni l'hanno seguita. Sono arrivata alla conclusione che non le piacesse essere tartassata di domande e controllata a vista.
L'assistente sociale passava a trovarla spesso i primi mesi, poi sempre più sporadicamente poichè la piccola non reagiva bene alle sue frequenti visite. Lei fingeva un sorriso tranquillo ai suoi rifiuti e poi abbassava lo sguardo uscendo dalla stanza. Ho sempre saputo o almeno sperato che l'avesse presa un pò a cuore ma non lo dava a vedere e di una cosa ero sicura, che la Berardi sapesse svolgere bene il suo lavoro. Non avevo mai detto tante parole in sua presenza perchè con me c'era sempre Visconti che l'aggiornava sulla situazione e anche perchè i suoi occhi di ghiaccio mi mettevano in soggezione, mi limitavo a stringere la mano di Lucia per rassicurarla.
L'ultima volta che era stata qui la bambina aveva avuto un attacco di panico e il primario l'aveva accompagnata al di fuori della stanza consigliandole espressamente di non farsi vedere per un pò per il bene di Lucia. Ora era tornata, di sicuro qualcuno l'aveva avvertita e perchè come sempre io non ne sapevo nulla? Una cosa era certa, sarei rimasta al fianco della bambina.
Prendo un respiro profondo e quando Lucia mi guarda a lungo preoccupata, le sorrido per rassicurarla ma ne esce solo una smorfia. La donna si avvicina a passo svelto verso di noi, i tacchi che ticchettano sul pavimento. Mi lancia una breve occhiata curiosa passando poi ad ispezionare le nostre mani intrecciate sul lenzuolo e successivamente alla bambina che abbassa lo sguardo intimorita.
"Ciao Lucia, sono venuta a trovarti, non sei contenta?"le parla con dolcezza e quasi penso che infondo anche lei sia umana ma non le si avvicina. Mantiene sempre una certa distanza tra loro e forse penso che Lucia vorrebbe che fosse il contrario, ha solo bisogno di qualcuno che le dimostri il suo affetto. Ma lei svolge solo il suo lavoro d'altronde.
"No"risponde Lucia fissandola duramente e io le lancio una breve occhiata per rimproverarla facendo una smorfia con le labbra. In verità non sono nemmeno io contenta che lei sia qui. Sento il suo sguardo addosso, come se volesse scavarmi a fondo e non lo sopporto.
Lei tira un respiro profondo ma non si scompone minimamente davanti al suo rifiuto.
"Sai, mi hanno detto che sei stata poco bene e sono passata a vedere come stavi. Un giorno e presto uscirai da questo posto, una famiglia ti prenderà con sè e ti renderà felice"le dice lisciandosi la giacca del suo completo.
Trattengo il respiro per un secondo, infondo sono più o meno le stesse cose che le ho detto anche io, e allora perchè dette da lei mi provocano tutto questo fastidio?.
Lucia mi stringe forte le mani. "Voglio restare qui" sussurra flebilmente.
Lei aggrotta la fronte e si porta una mano alla testa meccanicamente scostando una ciocca di capelli, una risatina divertita fuoriesce dalle sue labbra tinte di rosso.
"Piccola, ma quale bambina vorrebbe rimanere in ospedale? Non vuoi avere una nuova mamma e un nuovo papà, andare a scuola, giocare con altri bambini?".
La bambina si agita e noto il suo petto alzarsi e abbassarsi velocemente e lunghi sospiri fuoriescono dalle sue labbra.
Prendo profondi respiri, non posso farmi prendere dal panico.
"Signorina Berar..."tento di parlarle ma la sua voce sovrasta la mia. "Lei chi è? Non l'ho mai vista", il suo sguardo si posa velocemente su di me lanciandomi una lunga occhiata.
Vorrei dirle che sono sempre stata qui ogni volta che passava a farle visita ma mi ritrovo ad abbassare gli occhi.
Lucia incomincia a respirare affannosamente e serro la mascella cercando di infondermi coraggio.
"Signorina Berardi... le chiedo cortesemente di lasciare la stanza"pronuncio con incertezza.
Lei aggrotta la fronte portandosi le braccia al petto e riesco a leggere quasi della sorpresa nel suo sguardo, come se non se l'aspettasse.
"Come prego? Credo di non aver capito" sorride lei calma. E' invidiabile questa sua compostezza, il suo rimaner così tranquilla davanti alla situazione.
Cerco aiuto in tutta la sicurezza che posseggo e riesco a ripetere la frase molto più ferma adesso.
"Lei mi sta davvero dicendo di uscire?" la sua voce si alza leggermente di un tono ma io non mi lascio intimorire, non più e sostengo il suo sguardo cercando di non vacillare alla sua occhiata di ghiaccio.
D'altronde sono sicura di quello che sto facendo, sono un medico ed è nelle mie facoltà agire per il bene dei pazienti ma a quanto pare lei non è d'accordo con me e noto che piano piano quella sua maschera di assoluta calma comincia a vacillare.
"Non accetto ordini da lei, che non so nemmeno chi sia. Sono un'assistente sociale lo sa?".
Deglutisco lanciando un'occhiata a Lucia che alterna lo sguardo da me alla Berardi e le sorrido brevemente.
"Sì lo so ma anche io sono qui per svolgere il mio di lavoro e quindi per il bene della bambina le chiedo di lasciare la stanza"affermo sicura.
La sua faccia si contrae in una smorfia e noto quasi del fumo uscirle dalle orecchie.
"Ma che razza di ospedale è questo!"replica lei indispettita, l'indice puntato verso di me.
"Cosa succede qui?"Luca entra frettolosamente in stanza attirato sicuramente dai toni alti della conversazione. Il suo sguardo interrogativo si posa su di me e sull'altra donna presente che sorride vittoriosa.
"Dottore menomale che è arrivato. Questa ragazza che non so nemmeno se sia una specializzanda o forse addirittura una tirocinante ha preteso di darmi degli ordini. Mi ha aggredito chiedendomi di uscire dalla stanza!"esclama lei portandosi una mano al cuore enfatizzando la cosa.
La mia bocca si spalanca sorpresa, mi ha appena accusata di non essere in grado di svolgere la mia mansione.
A quel punto sento la vocina di Lucia chiamarmi. Le rivolgo uno sguardo rassicurante. "Stai tranquilla, mh?".
Lei annuisce iniziando a giocare con le dita della mia mano.
Luca non mi guarda più e rivolge tutta la sua attenzione alla Berardi cercando di placare la situazione, la gelosia mi assale quando posa una mano sul suo braccio.
"Anita è vero quello che dice la signorina?"mi si rivolge. Questa volta sono io a stringere di più le mani di Lucia tra le mie come se solo in lei potessi trovare la forza.
Sono adulta e consapevole di quello che faccio e allora perchè sento mi stiano trattando come una bambina? Parlano tra loro come se io non ci fossi e ancora una volta mi domando se io valga qualcosa qui dentro. Sono sempre l'ultima a sapere le cose, no? E adesso devo pure rendere conto a loro delle mie azioni?.
"Certo che no Luca. Le ho solo gentilmente chiesto di lasciare la stanza, Lucia stava cominciando a sentirsi poco bene" rispondo con calma.
A quel punto la Berardi mi lancia un' occhiata astiosa e mi chiedo se lo stia facendo apposta per vedere fin dove arriva la mia pazienza.
"Dottore se per lei gentilmente significa aggredire una persona allora penso che dobbiate pensarci bene prima di assumere qualcuno in questo ospedale"replica lei indispettita e non riesco a notare la reazione di Luca perchè chiudo gli occhi prendendo un lungo sospiro.
Uno, due, tre...
"Signorina la dottoressa svolge diligentemente il suo lavoro, mi creda".
I miei occhi si riaprono di scatto alla voce del ragazzo e un sorriso affiora sulle mie labbra.
Lei non si scompone minimamente alle sue parole, con assoluta calma annuisce sovrappensiero come se quella frase non l'avesse scalfita minimamente.
"Per qualunque cosa le abbia detto la prego di scusarla, lei è sempre ben accetta qui. Torni quando vuole".
Il sorriso svanisce istantaneamente lasciando lo spazio ad una smorfia per il tono così cordiale con cui si è rivolto a lei.
Lucia cerca di incrociare il mio sguardo sporgendosi, ma io ora non ho nemmeno il coraggio di rivolgerle un sorriso per rassicurarla. Non posso credere che abbia preferito ingraziarsi lei invece che difendere me. Non dovrei ma la sto prendendo molto sul personale e questo mi rende più nervosa. E' un bene che sia di spalle perchè se lo guardassi negli occhi penso potrei trafiggerlo con il solo sguardo.
Resto in disparte notandolo salutare gentilmente e lei si allontana con il sorriso sulle labbra, soddisfatta.
Luca sospira profondamente e si volta a guardarmi incrociando le braccia dietro la schiena.
Fa per parlare ma lo blocco sul nascere. "Per favore... non dire più niente"dico flebilmente poi lancio un ultimo sguardo di scuse a Lucia lasciando le sue mani e noto lei ricambiare con uno triste.
Si gira di lato dandoci le spalle e mi allontano passandogli accanto. Luca fa per afferrarmi un braccio ma io mi scanso velocemente scappando letteralmente dalla stanza.
E poi la sento di nuovo la sua voce, il tono duro. "Anita aspettami!".



Angolo autrice:
Buonasera mie care lettrici. Ce l'ho fatta! Se dovessi dare un titolo a questo capitolo lo chiamerei pene d'amore ahaha! Povera Anita :(
Vi dico che doveva continuare ma sarebbe risultato troppo lungo e ho deciso di lasciarvi sulle spine.
Ma di questo Luca che ne pensate? Una mia amica, si Lottie parlo di te ahah, l'ha definito lunatico e come non darle ragione.
Secondo voi come continuerà? Aspetto le vostre opinioni!
Intanto ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo, chi ha inserito la storia tra preferite/seguite/ricordate e chi legge solamente. Siete sempre di più e questo mi rende felice, grazie davvero :)
Alla prossima! Bacioni <3






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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
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Capitolo 14



E poi la sento di nuovo la sua voce, il tono duro. "Anita aspettami!".
Ma io non lo ascolto, continuo a camminare impetterita e mai il corridoio mi è sembrato così lungo da percorrere.
Stringo i pugni lungo i fianchi mordendomi forte il labbro inferiore fino a screpolarlo mentre avverto i suoi passi sempre più vicini.
Per quanto io voglia accellerare i miei, lui risulta sempre più veloce di me e sento piano il mio respiro farsi irregolare quasi avessi corso.
"Anita fermati, non fare la stupida!"ritenta lui cercando di indurmi a fermarmi e il fatto che sia andato a captare proprio il mio punto debole mi destabilizza e mi induce a voltarmi, con l'indice della mano destra sospeso a mezz'aria pronta a ribattere.
Noto un sorriso soddisfatto farsi spazio sul suo volto del mio collega. E' consapevole di aver colpito nel segno e avverto un moto di rabbia montarmi dentro.
Porta le braccia al petto incrociandole e sposta il peso del corpo sull'altra gamba con assoluta calma, poi dischiude leggermente le labbra pronto a dire qualcosa ma lo blocco sul nascere mettendo una mano tra noi.
"Nono, adesso sei tu che ascolti me"socchiudo gli occhi riducendoli a due fessure e gli punto il dito contro. "Cosa ci faceva quella donna qui?".
Lui scrolla le spalle indifferente. "L'ho chiamata io, era giusto informarla sulle condizioni di Lucia".
Sospiro pesantamente distogliendo lo sguardo per un attimo dai suoi occhi e puntandolo sul pavimento.
"Non hai pensato che io non fossi d'accordo? Che sapessi Lucia avrebbe potuto reagire male" la mia voce esce in un sussurro che ho quasi paura lui non abbia sentito ma so che l'ha fatto.
Un guizzo sorpreso attraversa i suoi occhi e lo noto irrigidirsi sul posto. E il fatto che la sua espressione così sorpresa mi ricordi quella di Berardi non fa altro che alterarmi di più. E questa volta il mio tono è più fermo quando parlo.
"Rispondo io per te: certo che no! D'altronde io sono solo una semplice specializzanda. Ma a chi vuoi che importi l'opinione di Anita! Lei non è mica ai miei livelli, dottore nominato, nono lei resterà sempre qualche gradino più in basso se non addirittura alla fine della scala" mi interrompo per ridere amaramente e per riprendere un minimo di fiato prima di riprendere.
Luca mi osserva visibilmente interessato, senza batter ciglio.
"E sono sicura che Visconti fosse d'accordo con te, no? Ma certo teniamola pure all'oscuro di tutto, d'altronde succede sempre così!"gesticolo  nervosa e il tono della mia voce si alza un poco di più.
Quando però avverto la sua mano stringersi attorno al mio polso non posso fare a meno di soffermarmi un pò troppo su quel gesto che sembra lo stesso compiuto delicatamente rispetto all'espressione che gli si è dipinta in viso. Però non posso fare in modo che ciò mi distragga.
"Visconti... non c'entra nulla, l'ho contattata io" digrigna tra i denti e la sua voce è più bassa e roca.
Il mio volto si contrae in una smorfia e intrappolo il labbro inferiore tra i denti cercando di ignorare l'occhiata che mi sta lanciando.
I suoi occhi verdi incatenano i miei facendomi vacillare per un secondo. Sento la sicurezza scivolare piano e ciò mi porta a scuotere con vemenza il capo liberandomi dalla sua presa. Avvicino il braccio al petto quasi come se mi fossi scottata.
"Oh ma allora tu sorpassi proprio tutti eh! Fai tanto il superiore ma tu qui sei l'ultimo arrivato, ricordatelo bene!"lo accuso e lo sguardo gelido che mi rivolge mi provoca i brividi. Ma non mi curo di ciò e nemmeno dei mormorii degli spettatori fermatosi attirati dai toni della nostra conversazione. Poco più in là scorgo Maria appoggiata allo stipite di una porta di una stanza e anche da questa distanza riesco a notare la sua fronte corrucciata e l'espressione preoccupata che le aleggia in viso.
"La vuoi sapere invece tu una cosa!?"replica Luca indispettito e sporgendosi per incrociare il mio sguardo.
 Annuisco impercettibilmente.
"Adesso fai tanto tu la superiore ma dovresti solo ringraziarmi! Chi sa come avresti reagito se non fossi arrivato in tempo" mi punta un dito contro accusandomi.
Mi porto alcune ciocche di capelli dietro le orecchie sospirando. Puntare sul personale è proprio la sua arma forte non c'è dubbio.
"Mi credi davvero...capace di ciò?"ribatto con la voce che si incrina un pò di più ad ogni parola.
Lui scuote la testa ridendo nervoso. "Non lo so cosa ti passi per la testa Anita, quindi sì".
Le sue parole mi feriscono più di quanto abbiano fatto tutte le altre.
Chiudo gli occhi mentre sento alcune lacrime minacciare di uscire ma mi impongo di rimanere forte, non voglio certo dargli la soddisfazione di vedermi così vulnerabile.
"Tu non... mi conosci affatto"borbotto più a me stessa e ciò mi rende consapevole di quanto siano veritiere queste parole. Mi inducono a pensare che lui non si sia mai fermato a capire davvero come fossi, a conoscermi a fondo.
Sento come se un vortice mi stesse risucchiando e io fossi impotente davanti ad esso o forse stessi lasciando che mi portasse via.
La voce di Visconti mi impone di mantenere i piedi ancorati bene a terra e di fare i conti con la realtà. Si fa spazio tra i presenti fermandosi al fianco di Luca e mi accorgo di quanto sia basso al suo confronto.
Ci osserva spazientito e noto il suo pomo d'Adamo ingrossarsi."Che qualcuno mi spieghi subito cosa è successo!"ci accusa puntando un dito prima sull'uno e poi sull'altra.
"Lo chieda al suo beniamino qui"gli indico con indifferenza Luca e prima che qualcuno dei due possa dire qualcosa giro i tacchi e mi allontano.
Avverto qualcuno chiamare il mio nome, la voce è più calda e dolce e l'indirizzo subito a Maria ma ormai non mi fermo più.

Ho sempre pensato che fare la doccia servisse a distogliermi per un momento dai miei pensieri e invece sembra che nel silenzio del bagno interrotto solo dallo scrosciare dell'acqua sulle piastrelle del box, questi si ripresentano più prepotenti di prima facendomi ripercorrere la mia giornata.
Luca alla fine si è beccato un ramanzina da Visconti che non ha gradito la sua iniziativa e io ho sogghignato in silenzio prendendomi una piccola rivincita personale quando Maria nel mio studio me l'ha riferito. Certo il primario non si è risparmiato nel dirmi che vorrebbe non si verificasse più una situazione così e che non si usassero più toni del genere in reparto e io non ho potuto far altro che abbassare lo sguardo colpevole. Ho passato il resto della giornata buttandomi nel lavoro e cercando di distogliere dalla mia attenzione da tutto il resto. Ho rincontrollato esami più volte pur di occupare la mia mente e soprattutto mi sono tenuta lontana dalla stanza di Lucia per evitare spiacevoli incontri e perchè so che se avessi incrociato lo sguardo rammaricato della piccola avrei sicuramente lasciato trasparire tutte le mie debolezze e non avrei retto più. Ma non potevo lasciare che Lucia si addossasse pure i miei di problemi. Non deve subire forte emozioni nelle sue condizioni e nelle ultime settimane ne sta provando fin troppe.
Maria mi ha raccontato di averla sentita singhiozzare nascosta con la faccia nel cuscino e che a niente era servito che Francesco la tirasse su di morale. Il mio cuore si è stretto dai sensi di colpa perchè so che lei si aspettava io andassi a tranquillizzarla e non l'ho fatto.
L'infermiera mi ha anche riferito di come Luca sia inaspettatamente entrato nella sua stanza e abbia passato del tempo con lei, cercando di strapparle un sorriso.
Ho incassato il colpo quando mi ha confessato di averla sentita ridere per un attimo e quando si è affacciata per controllare li ha visti giocare insieme.
Sono letteralmente fuggita dall'ospedale alla fine del turno e non so se sia stata la mia mente a giocarmi brutti scherzi ma mi è sembrato di sentire una voce che assomigliava molto a quella di Luca che mi faceva sentire più in colpa di quanto io non lo fossi già.
"Dici di tenerci tanto a lei e poi non passi nemmeno a salutarla".
Sospiro frustrata avvolgendomi nel mio caldo accappatoio di spugna ed esco fuori dal box. Friziono i capelli umidi legandoli successivamente. Sono leggermente bagnati alle punte quindi non c'è bisogno che li asciuga. Indosso un pantalone della tuta e una maglia di cotone a maniche lunghe. I termosifoni hanno reso l'aria più calda e avvolgente, non c'è rischio che senta freddo. Calzo le mie pantafole pelose e mi avvio in cucina.
Il progetto per la serata è quello di prepararmi un brodo caldo e poi passare a leggere un buon libro. Metto una pentola sul fuoco e ci verso il brodo preparato da mia madre. E' solita infatti cucinare qualcosa e farmela recapitare in settimana in modo tale che io abbia sempre da mangiare. Pensa che io da sola non riesca a prepararmi un piatto sostanzioso, in verità non ho mai tanto tempo da passare ai fornelli. E per quanto io debba prenderla come un'offesa, mi rende felice il fatto che si preoccupi per me come se fossi ancora la sua bambina.
Mangio il mio pasto in silenzio, e mi ritrovo a pensare che l'allegria che si respirava in casa mia un pò mi manca. Quando io e Marco scorazzavamo ancora per casa, lui faceva arrabbiare la mamma ogni due per tre soprattutto quando insisteva nel non voler sistemare la sua stanza. Erano rare le volte in cui io in salotto non la sentissi urlare e mentre lei in cucina rimproverava mio fratello, io mi stringevo al petto di papà ed entrambi cercavamo di soffocare una risata. Poi mamma con un gesto della mano distoglieva l'attenzione dalla questione sconfitta e giungeva da noi con un sorriso brillante. "E' pronta la cena" annunciava dolcemente.
Vivere in un appartamento da sola è stata una mia scelta. Avevo da poco iniziato l' università e trovare questo appartamento così vicino alla facoltà fu una benedizione.
Avevo preso questa occasione al volo, l'affitto non era poi così alto e l'appartamento era già arredato. Certo poi l'avevo personalizzato e reso più piacevole e accogliente di come era e poi mi conveniva che fosse così vicino alla facoltà. Non dovevo nemmeno più prendere i mezzi pubblici. All'inizio però era stata dura dovermi dividere tra studio e lavoro ma non avevo mai voluto pesare in alcun modo ai miei genitori soprattutto quando non ero più sotto il loro tetto. A volte però di ritorno dal pranzo a casa avevo trovato dei soldi nel cappotto che mi ero curata di restituire rimproverando mia madre. Più volte lei aveva espresso il desiderio di vedermi tornare ma ero adulta e avevo bisogno della mia indipendenza. Qualche anno fa l'inizio della specializzazione mi aveva permesso di lasciare il lavoro come cameriera essendo retribuita. Dovevo fare i turni in ospedale e non potevo di certo permettermi altri incarichi.

Il campanello suona improvvisamente e sono costretta ad andar ad aprire. Sono sorpresa di ritrovarmi davanti Carlotta. La mia amica si fa spazio frettolosamente nel mio appartamento sorpassandomi e si guarda intorno come per verificare che io sia sola. Io dietro di lei la guardo picchiettando il piede a terra, curiosa.
"No ma fai pure come se fossi a casa tua" la prendo in giro costringendola a voltare lo sguardo nella mia parte. Ha qualcosa di diverso stasera, oltre al fatto che sia più carina del solito, ma non riesco a capire cosa.
Lei mi rivolge un accenno di sorriso tornando poi terribilmente seria. "Vatti a cambiare che usciamo".
Inarco un sopracciglio incrociando le braccia al petto. "Credo di non aver capito...aspetta ma cosa hai fatto ai capelli!?"esclamo sorpresa.
Lei sorride scompigliando leggermente i suoi ricci lasciando che alcuni le ricadano sul viso. Fino all'ultima volta le arrivavano a metà schiena adesso sono acconciati in un taglio asimmetrico. Raggiungono la nuca e davanti sono più lunghi. Le stanno bene, le donano un' aria diversa e le affinano il viso.
"Avevo in mente di cambiare un pò ed ecco qua"fa una giravolta su sè stessa senza smettere di sorridere e mi ritrovo a condividere il suo entusiasmo.
"Stai benissimo"le faccio presente e lei annuisce lusingata.
Si desta all'improvviso incrociando le braccia al petto. "Non cercare di distrarmi, vai a prepararti su su!"mi indica la camera con un cenno del capo.
Roteo gli occhi al cielo. "Scommetto che Cristina ti ha mandato in missione"l'accuso puntandole un dito contro.
Lei mi osserva con assoluta calma allontanando la mia mano. "No veramente sono qui di mia spontanea volontà. Avanti abbiamo bisogno di uscire un pò..."mi supplica con lo sguardo.
Punto il mio su ogni cosa che non siano gli occhi della mia amica indifferente. "Chi ti dice che io ne abbia voglia? Guarda avevo intenzione di leggere un libro".
"Anita..."
"Che c'è?!"protesto.
"Non eri tu quella che diceva di non abbattersi e che valesse la pena di vivere la vita con il sorriso sempre sulle labbra, nonostante le varie vicissitudini?"mi fa presente lei piegando la testa di lato per incrociare i miei occhi.
Porto le mani sui fianchi guardandola sconfitta. "E' scorretto puntare così sul personale. Mi fai sentire in colpa...".
Carlotta sorride soddisfatta appoggiandomi le mani sulle spalle. "Ti voglio bene"dice dolcemente.
A quel punto le faccio il verso e sospirando raggiungo la mia camera con passo strascicato.
Quando mi chiudo la porta alle spalle rimasta sola mi fermo a pensare che è inutile io stia così. Per cosa poi? Per un diverbio avuto con una persona che non merita nemmeno le mie lacrime?.
Ne ho passate tante nella mia vita alcune peggiori di questa ma non mi sono mai lasciata abbattere da niente e sono andata avanti.
Sono sicura che un pò di svago farà bene a me e Carlotta. Da quello che ne so nemmeno lei sta passando uno dei suoi momenti migliori e sono sicura che sia successo qualcosa di importante da spingerla a supplicarmi di uscire.  Siamo più simili di quanto si possa immaginare, tanta timidezza e la capacità di innamorarci delle persone sbagliate ci accomunano. Io però con gli anni sono riuscita ad uscire un pò dal mio guscio e rafforzare il mio carattere ma sotto la corazza sono ancora molto sensibile e fragile. Lottie però dice di ammirarmi per come sono e per come ho affrontato tutte le prove a cui la vita mi ha sottoposto.
Scelgo un abito blu notte che non fasci troppo il mio corpo ma che lo valorizzi comunque slanciando la mia figura. Non mi è stata donata tanta altezza e nemmeno un fisico da modella ma con gli anni ho imparato ad accettarmi così come sono. Durante l'adolescenza avevo preso qualche chilo per delle cure fatte per un problema di salute e avevo accomulato ciccia su fianchi e gambe. Ne avevo fatto un dramma all'inizio perchè non riuscivo ad accettare quel corpo che non assomigliava a quello che consideravo mio e sentirsi dire che ero ingrassata da persone che mi erano molto vicine non faceva molto bene al mio umore.
Avevo ricominciato a far sport una volta risolto il mio problema ed ero riuscita a rassodare quei punti che non mi piacevano molto. Mi definivo normale, non avevo il fisico che si definirebbe perfetto ma delle forme che consideravo giuste per me e mi piacevo.
Sorrido incoraggiante davanti allo specchio e liscio le pieghe del mio abito abbinandoci poi una giacca di lana nera.
Carlotta bussa alla porta prima di entrare e mi sorride chiedendomi se sia pronta. Faccio un giro su me stessa facendola ridere e mi abbasso a prendere le francesine.
La noto appoggiarsi allo stipite della porta e incrociare le braccia al petto. "Stai bene, sai?"la sua voce mi porta ad alzare lo sguardo per puntarlo nel suo e le sorrido lievemente. "Anche tu".
Indossa un paio di jeans skinny neri a vita alta, una camicia bianca con delle rouche sul davanti e delle scarpe con il tacco nere che la slanciano facendola sembrare più alta di quanto già sia.
Finisco di allacciarmi le scarpe e preparo una borsa a tracolla mettendoci l' occorrente e poi la raggiungo.
"Allora andiamo?"le dico dandole una pacca sulla spalla, lei annuisce sovrappensiero.
"Andiamo con la tua macchina e guido io"all'improvviso mi ferma prima che possa aprire la porta e la noto sogghignare divertita.
Mi volto a guardarla sbarrando gli occhi. "Stai scherzando...vero?"domando titubante.
Lei scuote la testa. "Non mi sembra il caso di girare in piena notte con la mia vespa"sorride innocente poi fa segno con le mani di porgerle le chiavi.
"Posso benissimo guidare io"la guardo superiore incrociando le braccia al petto.
"Andiamo in un posto che non conosci, quindi guido io. Non vorrei rovinarti la sorpresa"mi fa una linguaccia.
"Trattala bene, ok?Aaah il mio gioellino!"sospiro scuotendo il capo.
Lei mi osserva divertita. "Anita sarai al mio fianco"mi prende in giro avvicinando una mano alla mia per prendere le chiavi.
Titubante gliele cedo e lei le osserva vittoriosa rigirandole tra le mani.
Non sono una di quelle persone che tratta la macchina come la cosa più preziosa che abbia però la mia nuova Clio rossa acquistata qualche anno fa l'ho comprata con una parte dei miei risparmi e per la prima volta ho accettatto un aiuto dai miei genitori e quindi ci tengo a mantenerla in buono stato.
La mia amica non è molto brava alla guida probabilmente perchè anche avendo la patente non ha mai avuto un'automobile. Ha preferito comprare una vespa, più economica e pratica. Ha l'abitudine di frenare un pò troppo bruscamente e parcheggiare non è il suo forte come sto constatando ma l'importante è che siamo arrivate sane e salve e che la mia Clio non abbia subito danni. Forse il mio stomaco ne ha risentito un pò ma nulla di grave.
Lottie esulta scendendo e io la seguo con molto meno entusiasmo di prima. Non posso che ammettere però che già da fuori il locale sia carino.
"Mi spieghi come hai trovato questo posto?"le faccio notare incuriosita.
Lei scrolla le spalle con non chalance. "Oh...per caso"ammette e riesco a scorgere della titubanza nelle sue parole.
Mi paro davanti a lei incrociando le braccia al petto e lei cerca di sorpassarmi ma le ostruisco il passaggio. "Avanti come l'hai scoperto"la incito sorridendo.
Lei sbuffa. "Ci ho visto entrare una volta Federico!"ammette lanciandomi un'occhiataccia.
"Ah ah"sorrido vittoriosa. "Così adesso sei pure una stalker!".
Lei nasconde la faccia con le mani ma riesco comunque a notare le sue guance arrossarsi. "Stavo tornando a casa un giorno e l'ho visto entrare"borbotta imbarazzata.
 Scoppio a ridere divertita dalla sua espressione. "O meglio l'hai seguito. Tu abiti dall'altra parte della città Carlotta"le faccio notare.
"Quindi stasera mi hai portato qui nella speranza di vederlo?"indago colpendola ad un braccio.
Lei scopre un occhio corrucciando il sopracciglio. "Certo che no! Se lo vedessi scapperei a gambe levate!"protesta lei facendo una smorfia con la bocca.
Annuisco facendo finta di compatirla e lei mi prende sottobraccio mormorando un "andiamo" infastidita.
La mia risata viene sovrastata dalla musica che si diffonde nel locale. E' un bel posto, moderno. I colori predominanti sono il bianco e il nero e le luci soffuse creano ombre sulle pareti.
Troviamo un posto  non distante dal piano bar e ci accomodiamo vicine sul divanetto di pelle nero. Dalla posizione in cui mi trovo riesco a  scorgere meglio altri particolari. Poco più in là il barman sta preparando un cocktail facendo passare la bottiglia da una mano all'altra e si muove a ritmo della musica proveniente dalla console vicina. Lì il dj sta incitando gli altri a portare le braccia al cielo mentre mixa varie canzoni di genere house.
Un cameriere poco dopo ci raggiunge portandomi a rivolgergli la mia attenzione. Ordiniamo due analcolici. Non mi piace bere,  non sopporto molto bene l'alcool, di conseguenza bevo qualcosa di più forte solo nelle grandi occasioni. Lui annuisce in silenzio torturandosi il piercing al labbro e appunta tutto prima di allontanarsi.
Carlotta ed io parliamo tranquillamente nonostante siamo costrette a volte ad alzare il tono di voce per sovrastare il volume della musica. Mi racconta delle sue giornate riferendomi che sta cercando in tutti i modi di evitare Federico. Quando se lo ritrova davanti cosa che accade spesso visto che hanno lezione in ore vicine in alcuni giorni, lo saluta cordialmente per educazione e poi con una scusa scappa via prima che lui possa approfondire la conversazione. Le faccio notare che non credo sia molto corretto il suo comportamento. Si troverebbe poi lei dalla parte del torto essendo il ragazzo convinto di non aver fatto nulla di male. Mi rendo conto quella sera che lei sia ancora interessata ancora a Federico e che il suo comportamento da latin lover l'abbia ferita più di quanto voglia dimostrare. E' consapevole che lui l'affascini ancora e sta cercando di tenerlo lontano da lei, invano. Mi convingo che quindi quella per Nicola fosse solo un'infatuazione e svio l'argomento proprio su di lui.
"Probabilmente mi ero illusa di poterlo dimenticare soffermandomi su Nicola. Credo che alcuni suoi comportamenti me lo ricordassero e quando Federico è tornato ho capito che non ho mai smesso di provare qualcosa per lui"le sue parole vanno a confermare la mia tesi.
Annuisco sovrappensiero rendendomi conto che anche io sia nella sua stessa situazione. Certo io a differenza sua non avevo puntato la mia attenzione su nessun' altro. Ho avuto delle brevi storie in passato ma nessuna è andata a buon fine.
"Senti Lottie ma tu l'hai più sentito Nicola?"le domando.
La noto irrigidirsi e muoversi a disagio sul posto. "No!"alza il tono della voce improvvisamente. "Voglio dire no, non l'ho sentito!"tenta di rimediare.
C'è qualcosa nel suo sguardo e nelle sue parole che mi fa pensare non mi stia dicendo tutta la verità ma decido di non indagare. Prendo il bicchiere con la mia bibita tra le mani e ne sorseggio un pò. Ha un buon sapore. Non riesco a percepire bene di cosa sappia ma distinguo tra tutti l'arancia.
Il mio sguardo si punta sul piano bar puntando ad un ragazzo di cui non riesco a scorgere bene i tratti per la penombra. E' appoggiato al bancone e sta sorseggiando la sua bibita. Ricambia il mio sguardo passando ad osservare la mia amica con insistenza. Quando noto che sta muovendo qualche passo verso noi picchietto con un dito la spalla della mia amica rivolgendole un'occhiata preoccupata.
"Quel ragazzo sta venendo al nostro capo"le sussurro indicandolo con il capo.
Lei punta lo sguardo su di lui guardandolo a lungo. Sgrana gli occhi coprendoseli successivamente. "E' Federico, Anita. E' lui oddio!"esclama allarmata.
Corruccio la fronte facendo una smorfia quando sento scuotermi per un braccio.
"Dobbiamo andarcene, subito!"mi avverte lei spingendomi ad alzarmi.
"Certo che no! Se lo vedessi scapperei a gambe levate!" le sue parole mi ritornano in mente. Allora era seria.
Le lancio un'occhiataccia massaggiandomi il braccio. "Ma perchè!?"replico indispettita. L'idea di uscire e di venire qui è stata sua e adesso vuole andarsene.
"Ti prego..."mi supplica con lo sguardo poi prende a frugare nella sua borsetta ansiosa. Appoggia i soldi sul tavolo aggiungendoci una mancia e mi afferra un polso.
"Andiamo Anita..."lancia uno sguardo alle sue spalle costatando che il ragazzo sia stato trattenuto e sospira di sollievo. Poi mi spinge a seguirla facendosi spazio tra la gente.
Mi sento sballottata a destra e poi a sinistra e la tiro per la manica della giacca.
"Per quanto tempo vorrai scappare dai problemi, Carlotta!?"le faccio presente indispettita, la mia mano che stringe la stoffa del suo soprabito.
Lei mi osserva e scorgo del rammarico nel suo sguardo ma continua a camminare strascinandomi fino all'uscita.
"Carlotta"la richiamo seria in volto divincolandomi dalla sua presa.
Lei distoglie lo sguardo incrociando le braccia al petto "Anita..."
"Anita cos..."persisto ma un'altra voce stavolta più bassa e roca sovrasta la mia facendoci voltare entrambe.
"Carlotta, sei tu?.
"Federico!?"esclama sorpresa la mia amica voltandosi poi a guardare me smarrita.
Il mio sguardo invece è puntato sul ragazzo che ci è difronte. A confronto suo e di Carlotta mi sento piccola piccola. Mi soffermo a guardarlo bene per quanto la fioca luce me lo permetta e noto dei nuovi piccoli dettagli. I capelli castano chiaro che prima portava più lunghi sono corti e tirati indietro. Il viso non sembra aver subito tanti cambiamenti però un filo di barba incolta gli ricopre il mento. Quello che mi colpiscono di più sono i suoi occhi, verdi e screziati di grigio, che brillano alla luce apparendo più chiari di quanto già siano.
Ho sempre pensato che fossero bellissimi ma anche tanto freddi. E' la prima volta dopo anni che mi soffermo a guardarlo con così attenzione, infatti al liceo nonostante non volessi ammettere avevo capito che un pò mi metteva a disagio. Era così tanto bello e sicuro di sè da farti credere di essere una nullità. Semplicemente ora  stavo constatando che anche lui con gli anni fosse cambiato e speravo non solo fisicamente.
I suoi occhi si posano su di me passandomi a scrutare con curiosità e il suo viso si distande in un sorriso cordiale; una schiera di denti bianchissimi e dritti; che mi affretto a ricambiare.
Poi passa ad ispezionare la mia amica, un guizzo divertito che attraversa i suoi occhi.
"Tutto bene Carlotta? Sembravi che stessi scappando"il suo suona molto come un rimprovero tale da fare irrigidire Carlotta e farmi quasi strozzare con la saliva ma maschero il tutto con un vigoroso colpo di tosse.
Da ciò ne sussegue una sua risata fragorosa che ci fa trattenere il respiro per un secondo e poi sospirare di sollievo.
"Scherzavo" ridacchia divertito. "O forse no?".
"Mi sentivo poco bene e Lottie mi ha accompagnato fuori"mi premuro di dire. Sono ancora un pò indispettita dal suo comportamento ma resta comunque la mia migliore amica.
Mi osserva a lungo, con curiosità e divertimento. "Lottie eh?Che hai tu?"mi indica con il capo.
"Nausea"
"Mal di testa"
Io e Carlotta finiamo per rispondere contemporanemente ma affermando due così talmente diverse da lasciarlo basito.
Mi porto una mano alla fronte ridendo nervosa. "Avevo la nausea. Ma ora si è aggiunto questo gran mal di testa" nel frattempo mi avvicino alla mia amica tirandole un pizzicotto sul fianco furtivamente e sorrido innocente al ragazzo, lei invece trattiene un lamento.
Federico annuisce poco convinto e approfittando del fatto che non mi veda mi passo una mano sul  viso scuotendo il capo.
"Volevo invitarti a prendere qualcosa insieme"ammicca verso Carlotta e sento muoverla a disagio.
Allora il ragazzo che non sembra per niente turbato dalla sua titubanza mi indica con il capo. "Ovviamente l'invito è anche per la tua amica..." lascia in sospeso la frase non sapendo il mio nome.
"Anita"preciso.
"Sisi, sempre che lei si senta bene"mi prende in giro lui divertito dalla situazione.
Gli lancio un'occhiataccia che non lo intimorisce per niente anzi lo fa  ghignare soddisfatto.
Carlotta prende la parola stringendo una mia mano tra le sue e non riesce a nascondere il rossore  che le imporpora le guance mentre gli si rivolge, titubante. "Veramente noi..."
Mi premo di bloccarla prima che possa declinare. "Accettiamo volentieri" sorrido falsamente al ragazzo.
"Benissimo, allora prego" apre la porta del locale facendoci segno di rientrare, lo ringraziamo con il capo.
"Cosa stai facendo, Anita?"mi sussurra la mia amica approfittando del fatto che lui sia un pò più indietro. Mi premo di rassicurarla stringendole una mano.
Federico appoggia una mano all'altezza delle scapole della mia amica facendola scendere poi a metà schiena e invitandola a seguirlo. Lei si volta a guardarmi smarrita e preoccupata. Mi limito a sorriderle rassicurante seguendoli in silenzio.
Quando raggiungo poco dopo anche io il tavolo Federico sta presentando Carlotta ai suoi tre amici come la sua bellissima collega. Il suo braccio che la tiene stretta a sè. Li noto lanciarsi tra loro occhiate strane e interpreto il suo gesto come senso di protezione però penso lo stesso che sia troppo confidenziale.
Mi schiarisco la voce e tre paia di occhi si posano su di me, di sottecchi noto la mia amica sospirare di sollievo.
"Oh invece lei è Anita, un'amica di Lottie" mi presenta lui sottolineando il soprannome della ragazza che sorride in imbarazzo.
Due dei ragazzi mi si presentano come Diego e Alberto. Entrambi con un paio di occhi chiari e glaciali capaci di mettermi a disagio con un solo sguardo. Il ragazzo al loro fianco che io denomino il riccio non conoscendo il suo nome mi osserva con curiosità facendo poi un passo avanti per avvicinarsi.
"Ciao!Piacere Biagio!"mi si presenta con enfasi e stringendomi vigorosamente la mano. Questo suo modo di fare mi fa sorridere e mi limito a ricambiare il gesto un pò più disinvolta.
Federico e Carlotta prendono posto vicini sul divano difronte a quello dove sono seduti gli altri tre. Mentre faccio per raggiungere la mia amica la voce di Diego mi richiama.
"Vieni a sederti accanto a noi".
"Sì Anita, accomodati pure"aggiunge Alberto sorridendomi malizioso.
Li guardo sbarrando gli occhi e sorrido riconoscente a Biagio quando lo noto tirare uno scappellotto dietro la nuca ad entrambi.
Alla fine mi siedo accanto a Carlotta lanciandole un'occhiata eloquente. Lei mi concede un piccolo sorriso prima di riprendere a chiacchierare con Federico.
"Lasciali stare...sono solo idioti"mi fa l'occhiolino il ragazzo riferendosi ai suoi amici e io mi porto una mano alla bocca soffocando una risata.
Ordiniamo tutti i nostri drink, i loro alcolici che già dal nome si capisce siano molto forti.
"Allora bellezza parlaci un pò di te"esordisce Alberto poggiando il mento sui palmi delle mani pronto ad ascoltarmi.
"Uhm non saprei cosa dire..."ammetto in imbarazzo.
"Hai l'aria di essere intelligente. E' così?"chiede invece Diego accompagnando il tutto con un occhiolino.
"Io..."
"Rilassati babe non ti mangiamo mica"ride divertito Alberto sottolineando il soprannome affibiatomi.
Sospiro profondamente.
"Di che ti occupi Anita?"domanda tranquillo Biagio.
 Gli rivolgo un sorriso gentile. "Sono un medico. Mi sto specializzando in pediatria". Con lui mi è molto più facile parlare, mi sento a mio agio. "E tu Biagio?"continuo evitando le occhiate degli altri due.
Noto i suoi occhi castani illuminarsi ma il commento di Diego non gli lascia il tempo di parlare. Il ragazzo si indica vittorioso. "L'avevo detto io che era una tipa intelligente"dice.
Alberto al suo fianco gli tira un pugno sul braccio. "Sisi ma abbassa le vele, resti lo stesso un perdente".
Biagio a quel punto scuote la testa ridendo e mi soffermo a guardarlo mentre manda la testa all'indietro facendo oscillare i suoi ricci divertito dal battibecco in atto tra i suoi amici.
In seguito il mio occhio cade su Carlotta e Federico al mio fianco. La mia amica sorride molto più rilassata facendo ticchettare le sue dita a ritmo di musica, quelle del ragazzo che sfiorano le sue ma che non approfondiscono il contatto. Osservo tutti i più piccoli dettagli, da lui che le si avvicina pericolosamente al viso spostandole una ciocca di capelli e sussurrandole un "stai benissimo così" all'orecchio a lei che arrossisce balbettando.
Ma a quanto pare non sono l'unica che si è soffermata a guardare la scena e me ne rendo quando Alberto comincia a parlare.
"Hei piccioncini appartatevi da un'altra parte"esclama attirando la loro attenzione.
Federico gli lancia un'occhiataccia stringendo la mia amica a sè che è a disagio per la sua battuta. Arrivo a pensare che non sia stata una buona idea accettare l'invito.
"Sono geloso Federicuccio, sappilo"aggiunge Diego sbattendo le ciglia civettuolo.
Lui preferisce ignorarli voltandosi a guardare Carlotta.
Alberto a quel punto tracanna metà del suo drink e con il mignolo li indica. "Scommetto che riesce a portarsela a letto alla fine della serata"sussurra in direzione dei suoi amici, ma io riesco ad udire lo stesso, un ghigno che affiora sulle sue labbra.
Diego gli dà manforte facendo finta di maneggiare dei soldi. "Puoi dirlo forte! Se potesse secondo me se..."mi copro le orecchie osservandoli disgustata prima che possa sentire altri loro commenti così espliciti.
Biagio si accorge della mia espressione e mi indica per incitarli a smettere.
"Tu che dici Biagio?" gli domanda Diego e in risposta lui scuote la testa roteando gli occhi.
"Non ti dispiace bambolina se parliamo di affari vero?"mi si rivolge Alberto avvicinandosi pericolosamente usando uno dei suoi stupidi soprannomi.
Il suo alito che sa di alcool mi fa storcere il naso e i suoi occhi azzurri mi fanno rabbrividire. 
La mia mano si chiude a pugno sul tavolo. "Ma è possibile che voi maschi dobbiate pensare solo a quello?!esclamo indispettita alzando il tono di voce e attirando l'attenzione anche di Lottie e Federico.
La mia amica mi osserva preoccupata quando mi alzo dal mio posto con foga. Afferro la mia borsa e le lancio un'occhiata rammaricata.
"Vado a prendere...una boccata d'aria", poi senza incrociare lo sguardo di nessuno esco dal locale ed in realtà non torno più dentro.

"Sai penso che Biagio avrebbe gradito tu rimanessi ancora. Sapessi che faccia ha fatto quando te ne sei andata"non passa tanto tempo prima che io sento la risata di Carlotta.
Mi volto a guardarla con il broncio. "E perchè non è venuto a dirmelo lui!?"ribatto infastidita. In verità non ho motivo di avercela con lui, è stato gentile nei miei confronti.
Carlotta mi osserva sinceramente dispiaciuta e io sospiro frustrata abbandonando l'ascia di guerra. "Scusa. D'altronde è stata mia l'idea di accettare"ammetto.
Lei mi sorride rassicurante. "Non è andata poi così male. Non fartene una colpa adesso".
Certo tu hai passato tutto il tempo con Bianchi  penso e mi ritornano in mente le parole dei suoi stupidi amici.
"Mi hanno infastidito i loro commenti..."insisto.
Lei al mio fianco sospira profondamente. "Anita...io non sono il tipo di ragazza che lui frequenta spesso e volentieri e questo Federico lo sa benissimo. E' stato carino stasera ma dovrà fare ancora molto per conquistare la mia fiducia" tenta di rassicurarmi.
Annuisco poco convinta e le faccio segno di seguirmi. "Dai torniamo a casa. Ah e restituiscimi le chiavi che adesso guido io"le dico porgendole una mano e lei annuisce sconfitta separandosene.

"Mi fai compagnia un altro pò?" propongo una volta a casa. Lei accetta volentieri seguendomi fino in cucina dove riempiamo dei bicchieri con del gelato. Ci sistemiamo in salotto adagiando un plaid sulle nostre gambe per riscaldarci e decidiamo di vedere una commedia romantica che stanno trasmettando in seconda serata. Parliamo di tutto e di niente decidendo di spostare la nostra conversazione su qualcosa di più frivolo e talvolta commentando i comportamenti dei protagonisti.
"Ti assomiglia Daicy" dice la mia amica portandosi una cucchiaiata di gelato in bocca.
La osservo dubbiosa rendendomi poi conto della scenata che la protagonista citata da Lottie sta facendo a dei ragazzi molto simili ad Alberto e Diego ritrovandomi successivamente a ridere di gusto.
Lo squillare del cellulare della mia amica che l'avverte dell'arrivo di un messaggio mi fa rivolgere l'attenzione a lei che legge.
"Chi è che ti scrive a quest'ora?"domando curiosa e divertita. Lei sorride. "E' Federico. Mi manda la buonanotte". La sua espressione la dice lunga su quello che sta pensando.
Dovrà fare ancora molto per conquistare la mia fiducia. Dicevi Carlotta?.
Decido però di non commentare oltre e mi rannicchio meglio sul divano. Senza che me ne accorga cado in un sonno profondo.

Angolo autrice:
Buonasera a tutte! Dopo un bel pò di ritardo eccomi qui con il nuovo capitolo. Mi scuso ma ho avuto un pò di problemi con il pc, però l'importante è che io sia riuscita a postare.
E uno dei più lunghi che abbia mai scritto e anche molto movimentato. Nella prima parte si scoprono le reazioni di Anita e Luca e i due hanno un acceso battibecco! Eheh ma cosa ci combini dottorino?! 
Anita in pieno conflitto interiore ci rimane malissimo e non ha nemmeno il coraggio di andare da Lucia, ma a quanto pare ci pensa qualcun'altro...
Nella seconda parte la cara Carlotta riesce a convincerla ad uscire e facciamo la conoscenza di Federico Bianchi, finally! Lottie è visibilmente tormentata perchè mentre il suo cuore batte ancora per lui, la mente le ripete di stargli lontana. Aaah l'amour! 
E questi amici? Che tipi! Però io trovo Biagio molto carino a differenza degli altri due.
Nient'altro dire, adesso lascio a voi i commenti.
A proposito che fine pensate abbia fatto Nicola? Boh...
Ringrazio chi sta seguendo assiduamente la storia facendomi sapere la propria opinione, chi l'ha aggiunta in qualsiasi lista e i lettori silenziosi.
Alla prossima! Un bacio <3

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
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Capitolo 15



Quando mi sveglio quella mattina Carlotta è già andata via, al suo posto un bigliettino dove mi avvisa di essere tornata a casa per prepararsi. In compenso mi ha lasciato la colazione composta da un cornetto al cioccolato sul tavolo della cucina.
Mangio e mi appresto a prepararmi costatando che sia tardi per la mia tabella di marcia. Fortunatamente che la sveglia è suonata altrimenti avrei avuto ancora meno tempo. Una ventina di minuti sono pronta e lascio il mio appartamento.
Ho ancora dei minuti buoni quindi il traffico non si rivela tragico per me e riesco ad arrivare in tempo al lavoro.
E' come se attraversata la soglia del reparto mi sentissi invadere dall'ansia consapevole di dover affrontare la situazione e un possibile reazione negativa da parte di Lucia. Forse è proprio questa la cosa che mi spaventa ma armandomi di tutto il coraggio possibile riesco a raggiungere la stanza.
E' ancora mattino presto quindi qualcuno dorme ancora però lei è già sveglia. Saluto Greta, una graziosa bimba dai capelli rossi, un paio di vivaci occhietti verdi e un visino tondo e pieno puntellato di lentiggini. E' ancora in dormiveglia però mi risponde con un allegro sorriso.
Francesco invece sta dormendo. Mi avvicino al suo letto senza emettere il minimo rumore e lo osservo intenerita. I capelli biondo scuro gli ricadono scompigliati sul viso e mi appresto a spostarli dagli occhi. Ha le mani giunte sotto la guancia sinistra ed è rannicchiato su se stesso. Riposa tranquillo qualche sbuffo d'aria fuoriesce dalle labbra semichiuse. Gli accarezzo la fronte e mi allontano notando che Lucia stesse seguendo tutti i miei movimenti. Si è accorta della mia presenza ma non ha fatto niente per farmelo notare. Mi ha osseravato attenta, la schiena dritta e gli occhietti leggermenti assottigliati.
"Ciao"le sorrido lievemente arrivando al suo capezzale.
Lei distoglie lo sguardo puntandolo fuori dalla finestra e fermandosi ad osservare lo spiraglio di luce che giunge fino al davanzale.
"Non sei venuta..."
Sento l'aria mancarmi per un secondo e prendendo un lungo respiro mi siedo accanto a lei accostando le mie dita alle sue ma senza toccarle e cerco di intercettare il suo sguardo.
I suoi occhi sono vagui, sembra sia lontana anni luce da me.
"Scusami davvero Lucia. So che avrei dovuto ma sono stata troppo male e non ce l'ho fatta a venire da te"glielo dico con una semplicità che quasi sconvolge me stessa. Alla fine penso che la verità sia sempre la cosa migliore da dire e non penso sarei riuscita a mentirle. Lucia è solo una bambina ma è più matura di quanto si possa immaginare e a volte arrivo a pensare che non abbia otto anni ma d'altronde è dovuta crescere troppo presto.
Lei annuisce lievemente. "Avete litigato..."lo dice in un sussurro ma mi fa sobbalzare lo stesso.
Glielo ha detto lui? O ci avrà sentiti lei? Non posso fare a meno di pensare a lei e Luca che scherzano insieme e il solo pensiero mi infastidisce.
"Te l'ha detto lui?"mi appresto a domandarle.
Per la prima volta da quando sono qui mi guarda negli occhi. Vi leggo malinconia nei suoi azzurri che si riflettono nei miei trasmettendomi un pò delle sue emozioni.
"Perchè voi adulti siete così..."lascia la frase in sospeso non riuscendo a trovare un termine per definirci e si porta un dito alle labbra pensierosa, mordicchiandone una pellicina.
"Così come?" la incito e nella foga del momento le stringo una mano tra le mie. Lei sussulta impercettibilmente ma non allontana le sue dita dalle mie.
"Così...c-complicati, sì".
Sono troppo presa dalla bella sensazione che sto provando per accorgermi di quello che ha detto. Lucia riesce sempre a trasmettermi tanta forza e sono sicura che se ieri mi fossi fermata da lei sarei stata meglio e non avrei lasciato che il senso di colpa incombesse su di me. Ma a volte scappare dai problemi sembra la soluzione migliore.
Noi siamo così, non riusciamo a stare lontana l'una dall'altra un giorno di più. Abbiamo bisogno costantemente di conferme e molto spesso le troviamo nei piccoli gesti, stringersi la mano può valere più di mille parole.
Luca entra poco nella stanza, me ne accorgo subito da quel profumo tutto suo. E' un odore forte all'inizio a cui però ti abitui facilmente e poi non ti sembra così male.
Non mi degna di uno sguardo mentre si avvicina a Lucia. So che non dovrei ma io a differenza sua lo osservo un pò troppo dettagliatamente soffermandomi sul suo profilo, gli occhiali calati leggermente sul naso, la linea dritta di esso, la mascella indurita, la barba fresca di rasatura.
Mi sento avvampare colta in flagrante da lui che si volta a rivolgermi uno sguardo indecifrabile. Ma non mi sconvolge più di tanto anzi lo sostengo senza scompormi, non posso mostrarmi debole ai suoi occhi.
"Hai visto chi è arrivato Lucia?"sorrido ironica alla bambina.
Lui non è minimanente toccato dal tono che ho utilizzato. "Qualche problema a riguardo?"domanda con assoluta calma.
Mi porto una mano alla bocca trattenendo uno sbadiglio. "No"rispondo annoiata. "Ho saputo che sei stato qui ieri..."
Lui corruccia la fronte aggiustandosi gli occhiali sul naso. "Proprio così. E tu non sei passata"mi accusa sorridendo falsamente.
Lucia socchiude gli occhi di poco facendo saettare lo sguardo da me a lui ripetutamente.
"Oh, ho avuto molto da fare" replico calma.
Lui sorride ironico. "Certo chiuderti nel tuo studio per tutto il giorno"prende una pausa per osservare la mia reazione ma io non lascio trapelare niente dal mio sguardo. Mi tengo tutto dentro torcendomi lo stomaco.
"Dici tanto di tenerci a lei e poi non passi nemmeno a salutarla"prima che me ne possa rendere conto sgancia la bomba facendomi pentire di essere stata così calma e riflessiva fino ad adesso. Non so se mi sconvolga quello che ha detto o come l'ha fatto.
Gli lancio un'occhiataccia che non sembra scalfirlo minimamente. "Non hai il diritto di accusarmi in questo modo"replico infastidita.
Lui scrolla le spalle alzando le mani in segno di resa. "Sto solo dicendo la verità"sorride soddisfatto e prima che io possa reagire la voce di Lucia ci porta a voltarci verso di lei.
"Adesso basta!"incrocia le braccia al petto mettendo il broncio. Non lo urla per paura di svegliare gli altri ma il suo tono è così autoritario che stona detto da lei così piccola e angelica.
"Sono...stanca! Smettetela!"si copre la faccia con le mani sbuffando. Poi ci osserva per constatare le nostre reazioni ma siamo entrambi ammutoliti.
"Fate pace...avanti!"ci ingita gesticolando e noi due ci guardiamo entrambi completamente a disagio.
"Vedi Lucia..."comincio io.
"Le cose sono complicate"finisce per me Luca ma la piccola non è affetto d'accordo dall'espressione che le si dipinge in volto e lo ripete questa volta con voce più ferma.
Tiriamo entrambi un lungo sospiro e ci muoviamo quasi in sincrono. Le nostre mani che a scatto si avvicinano per stringersi e i nostri sguardi che non si incrociano nemmeno per sbaglio mentre sussurriamo un "pace". Ci stacchiamo velocemente scottati da quel contatto.
Quando però ci voltiamo in direzione di Lucia lei non sembra soddisfatta e osservando prima me e poi lui apre le braccia e stringendole poi al petto simulando un abbraccio. "Dovete fare così". Ci sta davvero chiedendo di abbracciarci?.
"Lucia..."tenta Luca di dissuaderla.
"Noi bambini facciamo così pace"replica lei con un sorriso.
"Ma noi siamo..."intervengo io ma lei non dà nemmeno il tempo di finire che mi interrompe.
"Complicati?"domanda ridendo.
Mi porto le mani ai fianchi guardandola severa ma lei mi sorride ingenuamente.
"No siamo adulti"replica Luca.
Lei dondola sul posto facendo gli occhi dolci. "Anche mamma e papà si abbracciavano quando facevano pace" ci informa facendoci successivamente una linguaccia.
Quindi è chiaro che lei proprio non ammetta un rifiuto e non ci resta che acconsentire a cioè che ha detto. Che sarà mai un abbraccio?.
Dal modo in cui ci avviciniamo a piccoli passi capisco che questo gesto stia causando uno sforzo enorme ad entrambi. Ci stringiamo appena ma questo contatto provoca dei brividi lungo la mia schiena e sento che anche  lui non è rimasto indifferente a ciò perchè avverto i suoi muscoli tendersi sotto il mio tocco.
Lucia ci osserva vittoriosa. "Sì!"esulta portando le braccia al cielo coprendosi successivamente la bocca con le mani.
Il mio cuore batte così forte che a momenti penso possa uscire dal mio petto. Sono davvero così agitata per un abbraccio? Mi stacco velocemente da lui ricompondemi.
"Ok adesso devo proprio scappare"mi passo frettolosa le mani sul camice e poi mi avvicino a Lucia baciandole una guancia. Poi scappo letteralmente dalla stanza senza rivolgergli uno sguardo.

I giorni passano freneticamente. Io e Luca secondo un tacito accordo
stiamo facendo in modo di incontrarci il meno possibile. Quelle poche volte che ci becchiamo parliamo il minimo indispesabile e siamo entrambi molto a disagio però per il resto sembra vada tutto bene.
La situazione di Lucia è stabile ma c'è sempre la probabilità che possa cambiare da un momento all'altro e se non dovesse arrivare per lei un nuovo cuore non ci sarebbero molte speranze.
So che se fosse per me io farei di tutto affinchè lei resti in viti, ma siamo impotenti davanti al destino.
Quel giorno avverto una strana sensazione, come se sentissi che stesse per succedere qualcosa di brutto. E' una cosa che mi assale per tutto il tempo del mio turno, passo anche più tempo con Lucia perchè ho paura che possa accaderle qualcosa di brutto e vorrei essere al suo fianco. Quando arrivo a casa la sera, però c'è una brutta sorpresa ad attendermi e lo capisco aprendo la porta di casa e scovando una lettera infilata sotto la soglia. Penso sia la posta che mi viene recapitata dal portiere quando non ci sono ma mi accorgo di sbagliarmi notando una busta completamente bianca e firmata da Nicola.
Sento il mio cuore cominciare a battere sempre di più e penso a cosa ci possa essere scritto. Non ho più sue notizie da giorni ma in questa settimana mi ha chiamata due o tre volte.
Sono certa che fosse lui perchè qualche sera fa è comparso il suo numero sullo schermo ma lui ha staccato subito sicuramente resosi conto di aver sbagliato e successivamente ha cominciato a telefonarmi con il privato pensando che io non sapessi fossi lui. Non ci siamo detti nulla, siamo rimasti in silenzio per minuti interminabili ad ascoltare uno respiro dell'altro fin quando lui non ha staccato la chiamata.
La apro con mani tremanti e prima di cominciare a leggere mi siedo sul divano appoggiandomi allo schienale. La tiro fuori con flemma come se volessi rinviare questo momento ma alla fine sono costretta ad affrontare la situazione.
La sua calligrafia risulta un pò più lineare e ordinata rispetto alle altre volte come se si fosse impegnato a renderla tale ma risultano comunque alcune cancellature. Prendo lunghi respiri e poi finalmente leggo:

Ciao Anita,
quando...leggerai questa lettera io sarò già molto lontano e sono un codardo sì, so che lo stai pensando. Non ho avuto nemmeno il coraggio di dirtelo di persona.
Sai che c'è? Non posso che darti ragione e aggiungiamoci che sono anche un grande stup stronzo perchè sinceramente queste parole me le merito tutte.
Ci ho pensato tanto in questi giorni sai? Ho soppesato bene cosa fosse giusto o sbagliato e sono arrivato ad una sola conclusione:andar via.
Questo ti farà star male più di quanto tu già stia, lo so...ma vedi è l'unica cosa che vedo bene per me. Non posso rimanere in questa città un giorno di più.
Mi sembra che qui mi parli tutto di te. Ogni cosa che io vedo mi porta a te, ad un momento nostro e mi fa capire che mi manca quella complicità che c'era tra noi. In questa settimana ti ho chiamata, so che hai capito fossi io. Risentire la tua voce dopo tanti giorni mi ha provocato una strana sensazione che non ti so spiegare. Lo sai io con le parole non sono mai stato bravo, già il fatto che io ti sia scrivendo è un immenso sforzo. Quello che so è che mi ha dato la spinta per prendere questa decisione.
Ti ricordi di Giovanni? Quante ne abbiamo combinate insieme, eravamo davvero delle teste calde e tu stavi lì a rimproverarci come se fossi la nostra mammina. Mi hai tirato tante volte dai guai...Anita. Beh chi lo avrebbe mai detto, è diventato un biologo marino e si trova a Genova adesso. Lui che era quanto di più simile a me ci potesse essere ce l'ha fatta! Si è realizzato nella vita! Tutti hanno trovato il proprio posto, sembra che io sia l'unico ad aver sprecato occasioni...
Ci siamo sentiti spesso soprattutto in questi giorni e mi ha offerto di stare da lui. Penso che un pò di aria nuova mi farà bene, ho bisogno di un cambiamento nella mia vita, di staccare per un pò da tutto quello che mi lega qui e chi lo sa un giorno potrei tornare completamente diverso! Sono sicuro che tu ne saresti contenta. Qualche volta mi hai fatto notare che tu volessi fossi meno impulsivo, immaturo...insomma meno Nicola. A volte io pensavo che non fosse giusto che tu mi dicessi cosa dovessi farne di me però forse se ti avessi ascoltata adesso non sarei a questo punto.
Lo vedi Anita? Lo vedi che mi fai?! Inevitabilmente io sono legato a te, ogni cosa mi riporta a quello che ne è stato di noi. Oddio basta devo concludere questa lettera!.
Mi dispiace, mi dispiace! Avrai tutte le ragioni per odiarmi, te lo lascio fare liberamente ma sappi che io non mi pento di niente Anita. Questi anni passati insieme a te sono stati i migliori della mia vita. Tu non lo sai ma mi hai fatto diventare migliore. Mi hai insegnato il valore dell'amicizia, esserci sempre l'uno per l'altro, condividere insieme gioie e dolori, spero di avertelo dimostrato abbastanza. E grazie a te ho capito anche un'altra cosa...cosa significa amare una persona incondizionatamente e profondamente così come io ho amato e amo te come se fossi stata l'unica cosa bella al mondo. Tu sei la mia luce nel buio.Non ti faccio una colpa di niente anche perchè non sarebbe giusto.
Non è affatto un addio questo ma per il momento deve andare così. Spero di rivederti un giorno.
Ti
amo.
-Nicola

Senza che io me renda conto le lacrime cominciano a scendere sulle mie guance, il mio corpo è scosso da fremiti.
No, no, no ripeto continuamente nella mia testa, non deve andare così! Mi alzo a fatica dal divano mentre sento il cuore battere così forte da farmi mancare il respiro.
Annaspo aria frugando nella borsa alla ricerca del cellulare, le mani mi tremano talmente forte che mi risulta difficile prenderlo.
Mentre con il dorso di una mano mi asciugo le lacrime che continuano a scendere impeterrite, le dita dell'altra scovano il suo numero che è ancora lì tra i preferiti.
Uno, due, tre... rispondi, rispondi! Scatta la segreteria per interminabili volte ma io continuo ancora a chiamarlo nella speranza che risponda ma lui non lo fa. E' davvera finita così?.
Lancio un urlo disperato buttando il cellulare sul divano.
"Ti odio, ti odio..."lo sussurro tra le lacrime come se fosse un mantra ma la realtà è che non lo penso davvero. Forse è proprio questo che mi fa star più male, sapere che nonostante tutto io continuerò a volergli bene, sempre.
Mi copro il viso con le mani mentre sento delle voci lontane chiamarmi. Quando sento scuotermi le spalle mi costringo ad aprire gli occhi.
Giulia è accovacciata davanti  a me, Carlotta e Cristina invece sono in piedi dietro di lei.
"Hai lasciato la porta aperta, non è da te essere così sbadata..."scherza la mia amica ma c'è qualcosa di diverso nella sua voce.
"Ci dispiace Anita" ammette Lottie abbassando lo sguardo colpevole.
Ed è lì che capisco tutto. Loro sapevano.
"Eravate a conoscenza di tutto, voi lo sapevate..."lo sussurro ma le guardo negli occhi mentre lo dico, e i loro sguardi addolorati mi dicono tutto.
"Non lo condividevamo Anita, ma abbiamo dovuto accettarlo. Non potevamo decidere della sua vita"si giustifica Cristina facendo un passo avanti per avvicinarsi.
Mi scanso dalla presa di Giulia e scuoto il capo sorridendo ironica.
"Come pensate che io mi senta, eh?!Se voi me lo aveste detto io..."il mio tono di voce si incrina notevolmente riducendosi ad un sussurro. Non riesco a vedere le loro espressioni avendo lo sguardo basso ma avverto tutta la tensione che aleggia nella stanza.
"Le cose non sarebbero cambiate. Aveva già deciso..."sento Carlotta singhiozzare e mi si stringe il cuore.
Ma sono troppo chiusa nel mio dolore per fare qualcosa. "Ho bisogno di rimanere sola"aggiungo flebilmente.
Ma loro compatte non dermono. "Non ce ne andiamo Anita"dicono insieme.
Mi passo una mano sul viso chiudendo gli occhi. Se non se ne vanno loro, sarò io a farlo. Evitando ogni loro sguardo e tutti i loro tentativi di dissuadermi, esco di casa.

Angolo autrice:
Buongiorno e scusate per il mio ritardo. In questo periodo il tempo per scrivere sta via via scemendo e lo ammetto ho anche un pò la testa altrove. Il capitolo l'ho cominciato un bel pò di giorni fa ma una volta una cosa poi un'altra l'ho terminato solo adesso. Purtroppo qualche giorno fa è arrivata una notizia che mi ha sconvolta non poco. Penso abbiate sentito parlare tutti della riforma "Buona Scuola", no? Ecco a causa di ciò dovrò trasferirmi con la mia famiglia in un'altra regione e lasciare tutto. Lo so che non potrebbe interessarvi ma il mio stato d'animo è tormentato ahah perchè per quanto io sia felicissima per mia madre che ha realizzato un traguardo importante c'è anche da dire che noi tutti dovremmo lasciare quello che ci lega qui, non per sempre ma la nostra vita sarà comunque rivoluzionata e non l'abbiamo deciso di nostra spontanea volontà. Ecco mi sento molto Nicola in questo momento, pronta per affrontare un cambiamento nella mia vita.
Questo solo per dirvi che ciò ha giocato molto sul mio stato d'animo e per questo motivo mi sono dedicata poco alla scrittura. Ma state tranquille che non vi abbandono anzi ho già in mente tante cosine e a proposito sto lavorando ad una one-shot! Faremo un salto nel passato, curiosi di sapere come sarà stata l'adolescenza di Anita e tutti gli altri? Vi aggiornerò presto a riguardo ;)
Intanto vi svelo che nel prossimo capitolo potrebbe esserci una sorpresina eheh...
Ma passiamo al presente: se dovessi dare un titolo a questo capitolo sapete quale sarebbe? Le trionfali uscite di scena di Anita ahahah!
Allora che ne pensate? Fatemi sapere tutto tutto! Aspetto con ansia tutti i vostri commenti :)
Prima di lasciarvi volevo fare un ringraziamento a tutte le ragazze che continuano a seguire la storia con assiduità. E' sempre un piacere ricevere un vostro parere. Un grazie ai nuovi lettori, a chi ha aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate e a chi legge in silenzio :)
Alla prossima! Bacioni <3

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
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Capitolo 16





Al di fuori del tepore della mia casa capisco che non sia stata propria una buona idea uscire così nel buio della notte. Indosso solo una felpa leggera e sento il freddo insinuarsi sotto gli abiti e raggelarmi le ossa.
Non sono arrabbiata con le mie amiche anzi sono sicura che domani mi sarà già passato tutto nei loro confronti. Penso che se mi fossi messa nei loro panni avrei capito quanto per loro fosse stato difficile nascondermi una cosa del genere però i miei panni già mi stavano stretti e ho reagito d'istinto.
Resta il fatto che sia io che Nicola siamo loro amici e che in quanto loro tengono a noi in equo modo o almeno credo. Penso che la cosa che mi abbia fatto più male sia stato proprio che io non mi sia sentita tutelata in alcun modo dalle mie migliori amiche. Non erano d'accordo con lui e Nicola aveva già deciso tutto e ma loro hanno fatto il possibile per fargli cambiare idea?.
Ecco, se me lo avessero detto le cose sarebbero potute andare diversamente, magari l'avrei fermato da fare tutto ciò. Io e Nicola abbiamo avuto sempre un rapporto speciale, ero io la persona che ascoltava sempre e a cui confidava le cose più intime e solo da poco ho capito che avessimo modi di vederla completamente diversi su ciò che ci univa.
E ora ha davvero lasciato che la nostra amicizia finisse così? C'è un detto che dice "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" ma quando si è innamorati di una persona lei continuerà costantemente a far parte della tua vita nonostante sia distante chilometri da te e lo dico per esperienza. Quando io e Luca ci siamo persi di vista io pensavo davvero che potessi riuscire a farmene una ragione, credevo che sarei riuscita a dimenticarlo. Però io a differenza sua ero rimasta nella nostra città dove i ricordi arrivavano a tartassarmi ovunque e non mi facevano vivere a pieno la mia vita. Mi ci è voluto tanto per seppellire tutto ciò infondo alla mia mente e al mio cuore e proprio quando dopo anni ero riuscita a farmene una ragione Luca è ricomparso e con lui tutto il resto.
Quello che penso su Nicola è che abbia avuto davvero un coraggio a lasciarsi così tutto alle spalle, non metto in dubbio che il pensiero l'abbia tormentato a lungo ma così facendo lui è riuscito ad andare avanti a cambiare la sua vita da un giorno all'altro. Io non so se ci riuscirei e per quanto io voglia far credere a me stessa che lo odi non posso. Nicola c'è stato per me in un periodo in cui mi sembrava tutto buio, è stata una delle prime persone estranea di sesso maschile con cui riuscivo a relazionarmi senza imbarazzo. Eravamo complici. Come potrei odiare una persona che ha rappresentato qualcosa di bello per me?.

Appoggio la testa sulle ginocchia portate al petto. La città è ancora così...viva con lo sfrecciare delle auto per le vie, le luci delle case che si riflettono sulle strade, gli schiamazzi dei bambini che non sono ancora pronti per andare a dormire e che scorazzano per i corridoi delle loro abitazioni. Mi sembra di vederli davanti ai miei occhi così felici e spensierati.
Quando ero piccola nella mia casa così accogliente e con il costante profumo dei dolci di mamma non riuscivo a dormire senza che uno dei miei genitori mi leggesse la favola della buonanotte. Facevo storie qualche volta e trovavo un nascondiglio per non farmi trovare o insistevo affinchè mi facessero vedere la televisione ancora per un pò ma alla fine filavo sempre a letto. Marco invece era più teppistello, avendo 3 anni in più  diceva di essere grande abbastanza per rimanere ancora sveglio. Una volta ricordo di avergli tirato un cuscino per farlo star zitto e da quel momento eravamo finiti per litigare. Alla fine mamma e papà arrivati a dividerci non solo ci avevano mandato a letto ma anche proibito di vedere la televisione. Mi scappa un sorriso triste e malinconico al pensiero, da piccoli sembra tutto più semplice.
Mi distolgo dai miei pensieri vedendo una figura stanziarsi davanti a me. Sono così spaventata da poterla guardare in faccia ma la voce che avverto poco dopo mi fa sospirare di sollievo, so benissimo a chi appartiene. Luca.
"Anita m-ma che ci fai qui?" il suo tono è confuso e concitato.
Mi ritrovo inconsapevolmente a puntare il mio sguardo nel suo ma lui è sfuggente e sorpreso di vedermi. Lo noto dal suo torturarsi il labbro, dalle sopracciglie aggrottate e quella postura troppo rigida.
Ribalto la stessa domanda a lui, ritenendomi subito dopo una stupida. La mia risulta più banale e senza senso anche perchè quella seduta su una panchina da sola di notte sono io. Mi mordo il labbro con vemenza.
"Non si risponde ad una domanda con un'altra"mi avverte lui alzando un dito e riesco a scorgere un sorriso nella sua espressione.
"Comunque io abito qui vicino, proprio lì"mi indica un punto poco distante da noi con il capo e io annuisco lievemente stringendomi nelle spalle.
Sento un brivido attraversarmi la spina dorsale e non so se sia per la sua vicinanza o per il freddo. Alla fine mi impongo di credere che sia per la seconda, non sarei dovuta uscire di casa ma l'ho fatto. Al solo pensiero mi sale un magone in gola e tiro su con il naso.
Non so cosa sia stato, forse lui ha recepito una richiesta d'aiuto nel mio gesto?.
"Stai bene?" la dolcezza con cui mi parla mi sconvolge più del suo profumo che mi avvolge non appena si siede al mio fianco.
Mi accorgo di quanto lui sia vicino solo quando sporgendosi verso di me il suo ginocchio urta il mio e io tremo, questa volta non per il freddo. Non gli rispondo.
"Hei..."mi sorride ed è uno di quelli caldi e veri che ti fanno battere il cuore.
Perchè si comporta così con me? Prova pena nel vedermi così triste e infreddolita o è davvero interessato a me?.
"S-si sto bene" il tremolio nella mia voce contrasta con le mie parole e lo noto scuotere la testa.
"Vieni su. Ti offro qualcosa di caldo, ok?".
Mi ritrovo a sbarrare gli occhi e la bocca per la sorpresa e prendo a torturarmi le mani. Cosa devo fare?.
Sento il suo sguardo posarsi su di me con insistenza e percepisco il suo respiro così vicino com'è. Mi sento fragile come non mai.
Perchè lo stai facendo, Luca?.
"N-no"nego. "Tu stavi per uscire e i-io devo...tornare a casa, sì"non lo guardo nemmeno negli occhi mentre lo dico perchè so che se lo facessi vacillerei all'istante.
"
Dai insisto e posso benissimo disdire con i miei amici" scrolla tutto con il gesto della mano rendendomi le cose ancora più difficili.
Faccio per alzarmi ma la sua mano mi ferma il braccio costringendomi a rimanere seduta. Nella sorpresa del gesto mi volto a guardarlo incrociando i suoi occhi. Mi rivolge un sorriso accentuando la fossetta al mento e io mi sento avvampare per l'imbarazzo.
Lui però non sembra preoccuparsene affatto con l'insistenza con la quale continua a guardarmi. Piega la testa e noto i suoi tratti tesi. Sta aspettando una mia risposta.
Guardarlo negli occhi è stato l'errore più grande che potessi commettere, mi stavo convincendo di non volerlo il suo aiuto ma alla fine lo accetto.

Luca abita in un palazzo residenziale di nuova costruzione nel centro della città. L'androne è elegante e raffinato con i muri in cartongesso e il pavimento in marmo. Una rosa dei venti in mosaico incastonata in esso. Questo posto sprizza lusso da ogni parte, non oso immaginare come sia l'appartamento.
Prendiamo l'ascensore che ci porta al terzo piano e io seguo Luca in silenzio che mi guida fino in casa. La prima cosa che mi investe non appena entriamo in è il suo profumo. Come se fosse impregnato nell'aria, mi entra nelle narici provocandomi un lieve capogiro e un tremolio lungo la schiena.
Anche qui nell'appartamento è ripreso il cartongesso e l'ambiente è pulito e ben distribuito. Luca mi si avvicina cauto rivolgendomi un piccolo sorriso."Hei, i termosifoni sono spenti, nel frattempo che si riscalda casa ti prendo qualcosa, mh?"mi spiega tranquillo.
Porto lo sguardo velocemente su di lui facendogli segno di no con la testa. "Sto bene, grazie"sorrido lievemente.
Lui sbuffa pesantemente ma non sembra davvero infastidito dal mio comportamento. "Smettila di rifiutare ogni cosa!". Poi sparisce nell'ultima stanza infondo il corridoio.
Tiro un lungo sospiro e cerco di darmi una calmata invano. Stare qui in casa sua mi rende agitata.
Luca torna dopo poco e mi lascia una sua felpa tra le mani, che tremano leggermente.
"Ti va una cioccolata calda?"mi domanda.
Accarezzo con le dita la stoffa cercando di reprimere un sorriso.
"Non vorrai attentare alla mia vita, vero?"indago seria in volto.
Lui scoppia a ridere allegramente e non posso fare a meno di notare quanto sia bello, con i capelli che gli ricadono sulla fronte e le guance leggermente arrossate. Instantaneamente mi sento molto più rilassata.
Fa finta di asciugarsi delle lacrime e porta le mani in avanti. "Sofi dice che sono un ottimo cuoco, ceh almeno la cioccolata la so fare".
"Ma Sofia è solo una bambina"gli faccio presente prendendolo in giro e mi rendo conto che star qui a scherzare con lui, mi piace.
Luca trattiene un risolino guardandomi superiore. "Donna di poca fede! Ora avrai la conferma che la mia cioccolata è la migliore".
Mi fa un occhiolino facendomi segno di sedermi. "Fai come se fossi a casa tua, io sarò qui tra poco".
Annuisco lievemente e alzo i pollici all'insù dicendogli di star tranquillo.
Ora lontana dal suo sguardo non posso evitare di portarmi la sua felpa al viso, inspirandone il profumo. Indossare qualcosa di suo mi sembra una cosa così intima da fare e ciò mi fa battere incessantemente forte il cuore.
La indosso rendendomi conto di quanto sia più grande per me eppure non posso fare a meno di sorridere, stringendomi le braccia al petto come se potessi sentirlo più vicino.
Prendo poi posto sul divano in pelle appoggiandomi allo schienale. Nel farlo un suono stridulo simile ad un qua qua mi fa sobbalzare. Tasto il cuscino spostandolo successivamente e rido sommessamente notando una paperella sotto di esso sicuramente lasciata da Sofia.
Subito dopo decido di alzarmi per fare un giro della stanza notando altri dettagli. Ci sono due finestre con balconi e l'ambiente sembra molto arioso, sono sicura che di giorno ci sia molta luce.
La casa è moderna e arredata con gusto. I colori che prevalgono sono il bianco e il nero. Il salotto è ampio con il pavimento in parquet, ci sono poi due divani in pelle bianca con cuscini neri disposti uno difronte l'altro e tra di loro un tavolino rettangolare in vetro.
Alla mia destra un televisore al plasma disposto nel centro di una parete attrezzata che funge da libreria.
Non so se l'abbia arredata tutto da solo questa casa ma ne riconosco il suo tocco nei piccoli dettagli soprattutto nei quadri appesi alle pareti. Ho sempre saputo che gli piacesse l'arte in generale e al liceo era molto bravo nel disegno. Mi era capitato di vedere alcuni suoi disegni quando il suo professore decise di organizzare una mostra nell'atrio del nostro liceo e anche i suoi furono esposti.
Dò un'occhiata ai libri, la maggior parte di medicina ma ne scovo anche altri di narrativa moderna.
Proprio mentre lascio vagare lo sguardo delineando con il dito il contorno di una mensola, una cornice posta nell'angolo salta ai miei occhi. La prendo tra le mani corrucciando la fronte. Sono raffigurati Luca e una ragazza che riconosco essere la sua ex. E' molto bella con i capelli biondi raccolti, il viso sfilato con gli zigomi alti e un paio di lucenti occhi azzurri. Il suo fisico slanciato è fasciato in un lungo abito rosso che le lascia scoperto le spalle.
Luca è dietro di lei vestito con uno smoking nero che lo fascia alla perfezione. Le sue braccia le cingono la vita e il capo è rivolto verso di lei, un sorriso gli increspa le labbra.
Sembrano entrambi così felici che non posso fare a meno di pensare che anch'io avrei voluto essere guardata o stretta così da lui. E lei è così perfettamente bella e composta da farmi sentire meno all'altezza e a disagio con il mio corpo, ed è una cosa che non mi succedeva da tempo.
"Che fai?!"la voce di Luca alle mie spalle mi fa sobbalzare e mi affretto a mettere al suo posto la cornice, come se avessi paura di aver invaso i suoi spazi.
Lui però non dice nulla, anzi mi scruta a lungo soffermandosi sulla sua felpa che indosso e mi sembra quasi di vedere un'ombra di sorriso sul suo viso, ma lui distoglie subito lo sguardo puntandolo davanti a sè.
Mi sfiora il braccio con il suo e questa volta i brividi che percorrono la mia schiena non sono più per il freddo e riprende la cornice tra le mani.
Lo scruto incuriosita per questo suo gesto ma anche visibilmente rilassata.
Ne accarezza piano il contorno. "Questa foto ci è stata scattata l'estate scorsa. Eravamo al matrimonio di una coppia di amici che ci avevano chiesto di far loro da testimoni. Lei era più bella del solito quel giorno, con il suo sorriso radioso, l'espressione serena e anche noi eravamo felici sai? Lo eravamo molto"incomincia a raccontare e il suo sguardo è assorto, quasi come se stesse rivivendo nella sua mente quel momento.
Quando una persona scompare ci si aggrappa ai ricordi, come se attraverso quelli noi riuscissimo a sentire quel qualcuno più vicino a noi. Proprio adesso mi sembra di percepire la presenza di questa ragazza qui e ciò mi destabilizza e mi fa sentire quasi di troppo.
Si rabbuia improvvisamente incrinando la voce. "E'...incredibile come le cose possano cambiare da un anno all'altro. Io sono un medico, avrei dovuto capire che ci fosse qualcosa di strano in lei. Mi ha tenuto nascosto tutto e io ho creduto davvero che stesse bene".
L'argomento è ancora molto dolente e la questione lo attanaglia più di quanto dovrebbe. Non voglio che si riapri una ferita perchè mi si stringerebbe il cuore a vederlo triste però mi impongo di dire qualcosa.
"Hei, tu non devi sentirti in colpa, le hai dato tutto l'amore di cui aveva bisogno e non te ne rendi conto. Sono sicura che lei ti abbia nascosto questa cosa perchè non voleva soffrissi"mi risulta difficile dire queste cose ma le penso davvero.
Lui riposa bruscamente la cornice sulla mensola in chiaro segno di volere archiviare la questione e si volta a guardarmi. E' teso ma non vuole farlo notare e io a quel punto non dico più nulla perchè so che altrimenti peggiorerei solo le cose.
"Allora la beviamo questa cioccolata?"mi domanda indicando le tazze  fumanti sul tavolino e alla fine lo seguo in silenzio fino al divano. Adesso stargli così vicina mi rende terribilmente agitata ma allo stesso tempo è un bisogno.
Abbasso lo sguardo puntandolo sulla tazza che ho tra le mani. Ci soffio sopra per raffredarla prima di berne un pò. Sento subito un'ondata di calore pervadermi e socchiudo gli occhi assaporandone il gusto. Personalmente adoro la cioccolata calda ma questa è così buona che istintivamente mi scappa una risatina.
Quando però riapro gli occhi mi accorgo dello sguardo di Luca su di me e ammutolisco di colpo. C'è qualcosa di diverso nel suo sguardo, così intenso da farmi arrossire.
"Cos'è che ti fa ridere eh?"mi domanda curioso e divertito.
"Oh...sai che questa cioccolata è proprio buona?"rispondo nascondendomi con la tazza per berne un altro sorso e questa volta è il suo turno di scoppiare a ridere.
"Beh allora sono riusciuto a conquistare un'altra fan" si pavoneggia prendendosi gioco di me. "Ah e per l'appunto sei buffa!".
"Hei!"protesto mettendo il broncio.
Lui a quel punto sorride sghembo. "Non vorrei offenderti ma hai della cioccolata proprio qui"mi indica gli angoli della bocca divertito.
Sbarro gli occhi coprendomi la faccia e afferro velocemente un tovagliolo per pulirmi. So che sta facendo di tutto per prendermi in giro ma non riesco a non notare quanta complicità ci sia al momento tra noi. Probabilmente domani torneremo ad essere quelli di sempre, però adesso quello che c'è tra noi mi piace.
"Sembri una bambina"parla lui a quel punto e mi accorgo di quanto sia vicino solo quando alzando lo sguardo scorgo il suo viso vicino al mio.
"Smettila!"mi allontano mettendo delle distanze tra noi eppure non riesco a non trattenere un sorriso.
Luca allora sorride furbo. "Solo se mi dici che ti è successo. Che ci facevi seduta su quella panchina tutta sola e triste?"domanda.
Il sorriso svanisce dalle mie labbra lasciando spazio ad un'espressione mistra tra la sorpresa e lo smarrimento.
"Perchè dovrei dirlo proprio a te?!"scatto sulla difensiva.
Lui si gratta la nuca a disagio sorpreso dalla mia reazione e temporeggia un pò prima di parlare.
"Forse perchè ti ho dato ospitalità e offerto una buonissima cioccolata?!" risponde a quel punto con ovvietà ma non è pungente nel farlo anzi c'è addirittura una punta di divertimento nella sua voce che mi lascia più scombussolata di prima.
Eppure per quanto io cerca di reprimere le parole, esse escono libere e non è la prima volta che mi trovo a confidare qualcosa di personale a lui.
"Ti è mai capitato di sentirti deluso da delle persone a cui tenevi di più?"gli domando con un filo di voce.
Lui ci pensa un attimo su."Uhm...sì. Ma cosa è successo?".
"Ti ricordi di Nicola? Ma certo come potresti dimenticartene...dopo come ti ha trattato! Oh non voglio nemmeno pensarci!!" finisco per cominciare a parlare a macchinetta ma è lui ad interrompermi con un sorriso.
"Anita...sta calma".
Scuoto la testa prendendo un lungo respiro."Sì scusa, hai ragione. Ma vedi è che da quando tu sei ritornato che lui ha cominciato ad avere una sorta di possessività nei miei confronti...e io non volevo credere alle mie amiche quando mi dicevano che io per lui fossi più di un'amica. E poi è stato proprio lui a confessarmelo quella sera al bar dopo che tu te ne sei andato e non...non ci siamo più parlati" ammetto tristemente.
"Prevedibile. Insomma mi ricordo bene come ti faceva da cane da guardia al liceo" sogghigna divertito lui a quel punto.
Ci metto pochi secondi a metabolizzare la cosa. "Aspetta...COSA?"domando e la mia voce diventa improvvisamente più acuta.
"Cosa?"replica lui angelicamente.
"Ti ricordavi di lui?!"esclamo sorpresa e puntandogli un dito contro.
"Mai detto!"si difende lui portando le braccia in alto ma non mi sfugge il risolino che tenta di trattenere.
"Ricordo bene come ti faceva da cane da guardia al liceo" lo canzono citando le sue stesse parole.
"Ok...l'ho fatto solo per provocarlo"si arrende lui. "Ma stavamo parlando di te non di me"sorride furbo prima che io possa dire qualcosa.
"Ok...non ci siamo sentiti per giorni fin quando oggi di ritorno da lavoro non ho trovato una sua stupida lettera dove mi diceva che partiva. CHE PARTIVA, CAPISCI?!"gesticolo nervosa e noto di sottecchi Luca guardarmi impaurito.
"E la cosa più brutta è che le mie amiche sapevano della sua decisione e me l'hanno tenuto nascosto, e io..."la mia voce si incrina.
"Anita ascolta..."
"No ascoltami tu! Hai idea di come mi senta? E' che io...io voglio fare tanto la forte, voglio far finta che vada tutto bene ma sono...fragile"prima che me ne renda conto sento le lacrime scendere calde sulle mie guance e mi appresto a coprirmi la faccia ma non riesco a nascondere le mie debolezze.
Luca non dice ma avverto il suo fiato vicino al collo e prima che possa renderme conto lui mi abbraccia. E proprio lì tra le sue braccia mi sento piccola piccola. E' strano pensare come si possa trovare conforto nell'ultima persona che avevamo immaginato. Ma io lì stretta nel suo abbraccio con lui che mi carezza la schiena sussurrandomi parole dolci capisco che non ci sia alcun posto dove io adesso voglia stare.
Quando lui avvicina il suo viso al mio e il suo sguardo passa incessantemente dai miei occhi alle mie labbra mi chiedo se stia per succedere quello che sto pensando ma non ho il momento di rendermene conto che le sue labbra lambiscono le mie e mi sembra quasi di vivere un sogno.
Ho sempre immaginato come potesse essere un nostro primo bacio, sì ci ho pensato a lungo finendo per sorridere ogni volta, ma questo, beh questo va oltre ogni aspettativa.
E' dolce il modo in cui le nostre labbra si toccano assaporandosi per la prima volta, per l'appunto le sue sanno di cioccolata, come una mano prenda ad accarezzarmi i capelli e l'altra stringa il mio fianco sinistro quasi avesse paura che io possa scappare.
Rimango immobile facendo i conti con il cuore che mi batte così forte nel petto che temo possa uscire fuori dal petto e quando lui tenta di approfondire il bacio io lo lascio fare.
Non chiudo gli occhi perchè voglio leggere attraverso i suoi le emozioni che sta provando ma sono socchiusi. Gli allaccio le braccia attorno al collo rendendolo più vicino di quanto sia e lascio che le nostre lingue si trovino e si aggroviglino.
Quando però lui indugia accarezzandomi brevemente la guancia per poi allontanare la mano quasi come se si fosse scottato  mi accorgo che c'è qualcosa che non va.
Interrompe il bacio appoggiandosi con la fronte alla mia, siamo entrambi con il respiro corto. Nonostante io però cerca di incrociare il suo sguardo lui non mi guarda nemmeno e lì lo capisco che l'incantesimo è finito.
"E' meglio che ti riaccompagni a casa" mi dice, l'agitazione che traspare dalla sua voce, poi si alza e fa finta di essere occupato per non dovermi prestare attenzione.
Ci sono tante cose che vorrei dire in questo momento eppure nonostante io ci provi dalle mie labbra non esce nessun suono.
Il viaggio fino a casa procede nel più assoluto silenzio, lo noto guardarmi di striscio ma non dice nulla e quando ferma la sua auto fuori casa mia mi premuro di scendere il più velocemente possibile.
Lui indugia a lungo prima di partire e io sul portone d'ingresso lo osservo con il cuore che batte e mi sembra quasi di vedere dipingersi una smorfia sul suo viso.
Ma poi lui va via e io lontana da ogni suo sguardo mi porto un dito alle labbra lì dove le sue si sono posate regalandomi l'emozione di un bacio tanto bramato. Sento le lacrime salirmi agli occhi ma questa volta le ricaccio indietro.
Non credo ci sia molto da dire anzi penso che quello che sia successo lì a casa sua mi abbia sconvolta più di tutto il resto.
E' un crack quello che ho appena sentito all'altezza del cuore?.

Angolo autrice:
Ciaaooo! Credevate fossi sparita eh? Beh in effetti sono stata assente per un bel pò ma a tutto c'è una spiegazione, no?.
Come avevo accennato nell'ultimo angolo autrice mi sono trasferita a Rimini. Quindi con una partenza di mezzo, le ultime cose da finire, i borsoni da preparare il tempo di scrivere non c'è stato. Poi devo dire che è stato difficile dover abbandonare il mio posto natale ho attraversato un periodo di alti e bassi. Qui non mi posso lamentare, le persone sono disponibili e cordiali e pensate che dalla mia casa vedo il mare😍😍 però casa è casa e devo ancora fare abitudine al posto nuovo.
Devo ammettere che poi è mancata anche un bel pò la voglia di scrivere, avevo iniziato il capitolo tempo fa e l'ho ultimato solo ieri. Non vi sto a dire quanto sia stato difficile scriverlo ahaha non vorrei annoiarmi ma nonostante io non sia molto soddisfatta del risultato spero che a voi piaccia lo stesso😊😊
A proposito spero abbiate passato buone feste, e ne approfitto per augurare a tutti un buon 2016!!🎊🎊
Ma passiamo al capitolo ne succedono di cose, eh? EEh povera Anita è così tormentata, la partenza di Nicola è stato un duro colpo per lei e la vediamo così triste e sola...ma Luca arriva a salvarla!
Cosa ne pensate di questi due? Riusciranno mai a trovare una stabilità??
Ah avete visto abbiamo anche un banner adesso! E' un self- made e nel mio piccolo spero di aver fatto qualcosa di decente ahah! All'inizio ero molto scettica nell'inserirlo anche perchè per i personaggi di questa storia soprattutto per Anita e Luca ho un'immagine ben definita  che si ispira a persone che mi sono molto vicine. Poi una mia amica dopo aver visto il banner mi ha detto che secondo loro i prestavolto scelti erano perfetti e mi ha convinta ahah! Ma ditemi non è troppo carina Luciaa?😍😍
Dopo aver detto questo, sperando di non avervi annoiato vi saluto, mandando un abbraccio virtuale a chiunque segue la storia.
A presto, si spera!😜




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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17
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Capitolo 17





Il portone del palazzo è stranamente aperto ma non ci bado più di tanto, sono sicura che qualcuno l'abbia lasciato così.
Al momento mi importa solo di andare a casa ed infilarmi sotto le coperte. Non so specificare adesso cosa provi o come mi senta.
Ricordo che alle elementari facevamo una sorta di gioco, si chiamava l'appello emotivo. Proprio quando la maestra ci chiamava per constatare che fossimo presenti, noi dovevamo associare il nostro stato d'animo ad un numero da una scala da 1 a 10 e motivare la nostra risposta.
Probabilmente adesso direi che mi sento 5 e mezzo. Un numero in bilico tra il 5 e il 6 un pò come mi sento io, in bilico tra due stati d'animo completamenti opposti. Quel pizzico di felicità che non posso fare a meno di nascondere per quello che è successo che si mischia poi alla tristezza.
Mentre sto per avvicinarmi all'appartamento mi accorgo della porta socchiusa e mi sembra di scorgere qualcuno che sbirci per vedere chi sia. Un brivido mi attraversa la schiena e impaurita arresto i miei passi fino a quando mi salta in mente che le ragazze erano a casa prima che me ne andassi. Che siano rimaste qui per tutto questo tempo? Improvvisamente mi sento così in colpa per averle fatte stare in pensiero ma al momento scappare mi era sembrata la cosa più giusta da fare.
Mi scappa un sorriso a sentirle discutere per chi debba controllare o uscire a vedere chi sia e quando tutte e tre compaiono sull'uscio spalleggiandosi, mi copro il viso trattenendo le risate. Sembrano volermi incenerire solo con lo sguardo ma non mi sfugge il sospiro di sollievo che tirano tutte alla mia vista, molto più rilassate di vedermi tornare.
Nonostante io sia stata la causa della loro preoccupazione e ne sia consapevole non voglio lasciarglielo trapelare e quando cauta arrivo al loro fianco, sostengo i loro sguardi ferma.
"Ma dove ti eri cacciata?! Siamo state così in pensiero per te"mi ammonisce Giulia con un tono che non le ho mai sentito utilizzare in questi anni. Non rispondo.
"Anita...stai bene?"tenta Carlotta appoggiandomi una mano sulla spalla.
Cristina dietro di loro non dice niente, ma il suo sguardo vale più di mille parole e alla fine io impotente davanti a loro mi arrendo.
Caccio un lungo sospiro passandomi le mani sul viso, soffocando quasi le parole.
"Non significa che...vi abbia perdonate, m-ma adesso abbracciatemi...ne ho bisogno".
E nel momento in cui lo fanno mi sembra di ritrovare tutta la forza di cui necessito e che non ci siano mai stati litigi o bugie tra noi. E' bello sapere che nonostante tutto non ci sia niente che possa scalfire questa nostra, bella amicizia. E come se ci fosse un filo invisibile, un legame viscerale, che non ci permetta di star lontane.

Per i prossimi trenta minuti non fanno altro che riempirmi di attenzioni e ammetto che sentirmi così coccolata da loro mi piace.
Mi soffermo a guardarle notandole scherzare tra loro e un sorriso nasce spontaneo sul mio viso. Ci metto un pò a parlare e mi assicuro di avere la voce più ferma possibile.
"Voglio che adesso non ci nascondiamo più nulla. Ci diremo sempre la verità" dico appoggiando la tazza di tè che mi hanno preparato sul tavolino in vetro.
Loro si lanciano degli sguardi, annuendo successivamente. Giulia si muove irriquieta sul posto battendo successivamente le mani sulle cosce. "Inizio io" dice con enfasi.
Prima di iniziare a parlare però si assicura di aver attirato l'attenzione di tutte noi."Ho litigato con Emiliano" sputa fuori parlando talmente veloce che mi risulta difficile capirla.
Ognuna di noi le lancia uno sguardo interrogativo e la prima a parlare è Carlotta. "Emiliano è un ragazzo timido, sarà successo qualcosa di grave per farlo arrabbiare!"esclama sorpresa.
Giulia inarca un sopracciglio portandosi una mano al petto. "Ma tu da che parte stai?!".
Non dò il tempo alla mia amica di replicare che spingo Giulia a raccontarci cosa sia successo. La verità è che un Emiliano arrabbiato sconvolge anche me.
"Ok..."prende un lungo respiro prima di cominciare a parlare. Sembra che raccontarlo le costi più del dovuto, mi pare di scorgere pentimento
sul suo volto come se si sentisse lei la causa di tutto.
"Volevo attirare la sua attenzione e allora gli ho detto che il padre di un bambino mi fa delle avances, che tra l'altro è vero, ma io gli ho fatto credere che questa cosa mi piacesse e...e lui si è arrabbiato"ammette coprendosi il volto con le mani.
"Ci credo..."la interrompe Cristina mordendosi la lingua subito dopo.
"Ok forse ho esagerato un pò" prosegue lei. "Comunque lui mi ha chiesto di mostrarmi il più distaccata possibile nei confronti di questa persona ma io gli ho spiegato che resta il padre di un mio alunno e devo mostrarmi gentile. Alla fine la situazione è degenerata e io sono scoppiata. Gli ho detto che per attirare la sua attenzione ho dovuto mettere in scena questa cosa. Vorrei che lui facesse un primo passo, invece siamo in una situazione di stallo e mi spaventa pensare che io sia solo un'amica per lui quando io..."si interrompe mordendosi il labbro.
Cristina al suo fianco la guarda comprensiva."Quando tu, ti sei innamorata di lui, non è vero?"le dice con dolcezza accarezzandole un braccio.
"Si..."risponde lei con un filo di voce.
Mi scappa un sorriso alla sua reazione."E' proprio qui che ti sbagli, Giuls. Emiliano tiene a te più di quanto pensi e ciò che è accaduto lo dimostra. Vedrai che si sistemerà tutto"cerco di consolarla.
Lei alza lo sguardo speranzosa."Dici davvero?"chiede con gli occhi che le si illumina. Annuiamo rassicurandola.
"Ok..."attira la nostra attenzione Lottie."Credo di dovervi dire una cosa importante".
"Dicci"la incitiamo a parlare.
"Federico mi ha chiesto di uscire"confessa lei con un sorriso. Sembra così felice che non me la sento di rovinarle il momento con una predica quindi la sprono a raccontarci.
Osserva le nostre reazioni soffermandosi su Cris come se avesse paura di lei. "Ho detto si..."sussurra.
Mi ritrovo a sbarrare gli occhi sorpresa alle sue parole ma è proprio la reazione di Cristina a stupirmi.
La guarda malissimo. "Che significa che hai accettato?!"l'ammonisce.
Carlotta tenta di farsi piccola piccola. "E' che io..."tenta di giustificarsi ma l'altra continua impetterrita.
"Ma ti rendi conto...tu sei pazza!"
"Lo so, lo so!Sembrava sincero..."Lottie mi appare disperata nel parlarle come se avesse capito di non poterle spuntare.
Cris sorride nervosa. "Certo!Non ci sarò quando ti farà soffrire di nuovo,sappilo"l'avverte.
Lottie a quel punto le lancia uno sguardo di sfida. "Mica è detto che mi farà soffrire".
"Certo com..."
I miei occhi e quelli di Giulia saettano da Cristina a Carlotta ripetutamente. Giulia tenta di placare la situazione richiamandole ma la sua voce viene sovrastata da quella dell'altre.
"Basta! Smettetela tutte e due"le rimprovero osservandole severa.
Carlotta si porta le ginocchia al petto facendosi piccola piccola sulla poltrona mentre Cris sostiene il mio sguardo.
"Ci hai detto tu di dirci tutta la verità. E questo è quello che io penso"si difende lei piccata.
"Cris..."la richiamo esasperata.
Non me la sento di schierarmi dalla parte di nessuna delle mie amiche. "E' vero. Ma ognuno di noi è libero di decidere per la propria vita. Lottie è grande abbastanza per assumersi la responsabilità delle sue azioni"tento di farla ragionare.
Lei non dice più nulla ma riesco a notare dal suo sguardo che un pò le mie parole l'hanno colpita, Carlotta invece mi mima un grazie con le labbra.
Giulia cerca di scacciare il malumore che ci ha invaso e sprona proprio Cristina a raccontarci qualcosa. Lei in un primo momento si mostra offesa, ma l'altra cerca in qualsiasi modo di dissuaderla dalla sua idea di voler star zitta.
"Sono sicura che anche tu nasconda qualcosa, non è proprio giusto che te lo tenga per te, eh!".
Alla fine Cristina scuote la testa ridendo e il suo sguardo si illumina come se d'un tratto avesse ricordato qualcosa che la rende felice.
"Edo ha tentato di baciarmi"lo bisbiglia quasi come se fosse un segreto.
"Ohoh!"esclama Giulia al suo fianco guardandola complice.
"E tu cosa hai fatto?" la incita a quel punto Carlotta incuriosita.
"E beh" le sue guance si imporporano." L'ho baciato ovvio, mica so scema"ammette divertita.
Le risa che ne seguono rimbombano nella stanza, seguiti dai lamenti di Cristina che tenta di liberarsi da noi che le facciamo il solletico.
"E quando sarebbe successo tutto questo?"la prendo in giro pizzicandole un fianco.
Lei chiede pietà tentando di divincolarsi dalla nostra presa. "L-a...sera dell'ap-punta...mento"ride tra le parole.
"Brutta traditrice quando avevi intenzione di dircelo, eh?"la canzona Giulia pizzicandole la guancia.
Lei sorride maliziosa. "Forse, mai".
"Hei...penso che la lezione non le sia bastata"continua Carlotta lanciandoci uno sguardo d'intesa.
"Vi prego...basta"ci supplica Cris con lo sguardo, ma noi non l'ascoltiamo.

Ci osservo così, distese sul tappeto del salotto con le espressioni felici e lo sguardo al soffitto.
"Non avevo mai notato che le pareti di casa tua fossero così bianche, Anita. Perchè  non dai un tocco di colore?"dice a quel punto Giulia, rotolandosi per sistemarsi a pancia sotto, il mento appoggiato sulle mani.
Mi alzo facendomi leva con i gomiti e mi volto a guardarla ridendo. "Che diavolo di domanda è, Giuls?!"la prendo in giro.
Cristina e Lottie distese tra me e lei mi seguono a ruota scoppiando a ridere.
"Uhm..."Giulia fa finta di pensarci. "Non lo so, mi è venuta questa cosa in mente e dovevo dirtelo" mi spiega lei sorridendo ingenuamente.
"Beh sì, probabilmente dovrei cambiare col..."
"TU NON CI HAI ANCORA DETTO NULLA?!"mi interrompe lei parlando così velocemente che mi risulta difficile capirla.
"C...cosa?"domando ingenuamente. "Stavamo parlando delle pareti della mia casa..."
"Si infatti Anita sei l'unica a non averci raccontato niente"le dà manforte Lottie osservandomi maliziosa.
"Ma non ho nulla da raccontare"rispondo tenendo lo sguardo basso.
Cristina alza un sopracciglio, facendosi vicina, il suo viso che sfiora il mio, gli occhi che saettano curiosi. "Ma come, sei scesa da una bellissima macchina sportiva e non hai niente da raccontarci?".
Sento le mie guance imporporarsi di colpo e mi appresto a coprirmi la faccia con il braccio.
"Ah-ah!Ma allora hai davvero qualcosa da nascondere".
Scopro leggermente il viso, accorgendomi di tre paia di occhi che mi fissano intensamente.
Sbuffo mordendomi il labbro. "Ho baciato Luca"confesso, parlando talmente velocemente da sconvolgere anche me stessa.
E ora, ammetterlo così ad alta voce lo fa sembrare ancora più vero e incessantemente il cuore comincia a battere nella gabbia toracica.
Sento gli sguardi delle mie amiche puntate addosso, scrutano, indagano ma non proferiscono parola e io penso sia meglio. Buttare fuori tutto d'un fiato mi farà bene.
"O meglio lui ha baciato me. E lo ammetto è stata la cosa più bella che mi potesse capitare...erano anni che lo aspettavo. Non saprei spiegare cosa io abbia provato, un turbinio di emozioni tale da aver pensato di star sognando, ma era reale. Erano reali le sue mani che mi carezzavano, i suoi occhi che mi rivolgevano sguardi pieni di una luce diversa ed erano reali le sue labbra, così morbide che lambivano le mie in un dolcissimo bacio. Io l'ho sentito che anche il suo cuore ha sussultato al contatto, ma come tutto è iniziato, è finito. Luca ha interrotto tutto e poi si è comportato in modo strano, distaccato. Ho il presentimento che si sia pentito di quel momento, il nostro momento e questo mi distrugge. Quel bacio mi è stato di conferma per capire che sì, io lo amo ancora".
Quando smetto di parlare mi ritrovo senza fiato e non so se sia per quello che ho detto o per l'ansia che mi attanaglia.
Ammettere di amare ancora Luca invece di farmi sentire meglio mi ha provocato un gran senso di vuoto quasi come se sentissi che non ci possa essere un futuro per noi, nemmeno stavolta.
Cosa sono per te, Luca?.
Una lacrima sfugge al mio controllo ma prima che possa solo asciugarla mi ritrovo stretta tra le braccia delle mie amiche. Mi avvolgono, mi sussurrano paroli dolci e io lì piccola piccola tra le loro braccia mi costringo a pensare di potercela fare anche stavolta.
"Non disperare per qualcosa che non è successo ancora, non sai mai che la vita possa sorprenderci"mi sorride Lottie con lo scopo di rassicurarmi, e io schiacciata tra la sua spalla e la guancia di Giulia accenno un sorriso.
"Parlagli, solo così potrai avere una risposta alle tue domande" propone Giuls lasciandomi una carezza tra i capelli.
"Tu lo sai che Luca non mi è mai andato giù più di tanto e non perchè fosse una cattiva persona, qualcuno da cui star lontana. La cosa che non riuscivo a sopportare era che fosse così cieco da non accorgersi di te, degli sguardi carichi d'amore che gli lanciavi. O forse non lo so, se ne era accorto ma voleva far finta di niente perchè io lo so che un pò ci teneva a te e questo mi dava ancora più fastidio. Ma adesso dopo anni io continuo a vedere nei tuoi occhi quello stesso amore e non posso fare a meno di dirti che vorrei che tutto ciò che desideri si realizzasse" Cristina è l'ultima a parlare, ma le sue parole  mi colpiscono dritto al cuore, gli occhi mi pizzicano per la dolcezza con cui le ha pronunciate. Lei che non l'ha mai sopportato mi sta spingendo a non demordere, eppure io non lo so se la sopporterei un'altra delusione.
"Non so se ce la farei..."la voce mi esce in un sussurro, non c'è bisogno che io continui, loro capiscono. Lo fanno sempre. Le loro mani si uniscono alle mie.
"Ci saremo, qualunque cosa succeda ci saremo, questo vale per ognuna di noi. Niente più bugie anche se dette a fin di bene e niente segreti, solo la pura verità" e con un abbraccio suggelliamo la nostra promessa.

La mattina seguente sento la pelle appiccicosa segno del trucco che si è sciolto durante la notte. Un calcio dritto al fianco mi fa sobbalzare per il dolore. Mi appresto a dare uno spintone a Giulia che ha l'abilità di muoversi continuamente nel sonno, e rido per la capacità che abbiamo avuto di addormentarci una addosso all'altra.
Lei borbotta qualcosa nel sonno ma non si scompone minimamente mentre io penso al modo in cui possa liberarmi da questo groviglio.
Lottie al mio fianco si stiracchia rotolando poi di lato e sporgendosi troppo finendo quasi per cadere.
"Ragazze..."tento di svegliarle con un filo di voce. Cristina  sospira sognante ma non accenna a muoversi.
Tento a quel punto di liberare le mie gambe, ma appena ci riesco mi ritrovo intrappolata da Lottie che mi avvolge il busto in un abbraccio. Sarà dura alzarsi stamattina.
"Ragazze!"questa volta il mio tono di voce è alto tanto da farle sobbalzare tutte e tre per lo spavento. La nostra giornata inizia così, i capelli scompigliati e le facce assonnate con nessuna voglia di andare al lavoro.

La notte mi ha dato la possibilità di pensare e di acquistare il coraggio per parlare con Luca. Quando raggiungo l'ospedale il mio intento è questo, non voglio farmi paranoie o quant'altro, solo chiedendogli cos'ha significato quel bacio per lui potrò ricavare risposte.
Per prima cosa decido di andare a salutare Lucia. Quando entro nella sua stanza la noto che ha il viso contratto in una smorfia, i denti che mordono insistentemente il labbro inferiore. Mi accorgo dell'infermiera al suo fianco, laccio emostatico tra le mani e un carrello con provette e siringhe affianco e capisco il perchè della sua espressione. Lucia ha una fobia per aghi, siringhe e tutto ciò che ne concerne e farsi fare un prelievo le richiede uno sforzo enorme.
Mi avvicino cauta rivolgendole un sorriso per rassicurarla. Lei si illumina alla mia vista quasi come se fossi la sua ancora di salvezza, ma non ha il tempo di dir nulla perchè la ragazza le scorcia la manica del pigiama sistemandole il laccio emostatico attorno al braccio. E' così giovane ma sicura di quello che fa.
"Farò piano sta tranquilla, ok?"le dice gentile rivolgendo poi un'occhiata a me.
Le sorrido complice. Lucia però non sembra d'accordo con noi infatti sbuffa risentita.
"La farfallina si posa sul fiore..."Lucia chiude gli occhi volgendo lo sguardo dall'altra parte e io mi metto al suo fianco accarezzandole i capelli. "Succhia il polline e poi poof vola via per posarsi su un altro fiore" le slaccia il laccio emostatico e noto Lucia cominciare ad acquistare colorito.
"Non sono più una bambina, lo so benissimo che non è una farfallina vera ma un ago e il mio braccio non è un fiore"Lucia mette il broncio portandosi poi le braccia al petto e smorfiando per la foga con cui ha compiuto il gesto.
La giovane sentendosi chiamata in causa alza lo sguardo, e le fa segno di stendere il braccio per applicarle il cerotto, poi le sorride dolce.
"Mi dispiace, lo terrò a mente per la prossima volta".
Lucia non dice nulla, ma è soddisfatta della sua risposta.
"Chi ha richiesto queste analisi?"le domando prima che vada via.
Lei ci pensa su un attimo, quasi come se non si aspettasse la mia domanda. "Il dottor Franzese ha chiesto periodicamente di fare dei prelievi per tenere sotto controllo gli enzimi del cuore" spiega.
"Mmh"annuisco sovrappensiero. "Lui adesso dov'è?".
Lei alza lo sguardo dopo aver sistemato le provette nel contenitore."Ha comunicato un lieve ritardo, penso debba essere qui a momenti"ammette tranquilla.
E come si suol dire parli del diavolo e spuntano le corna, Luca entra nella stanza. Lo fa con una tale disinvoltura da lasciare il mio stomaco in sobbuglio.
"Buongiorno, oh Monica sei qui!"sorride e nonostante lei non voglia farlo notare sotto lo sguardo di Luca arrossisce.
"Sì dottore, ho finito proprio adesso di fare i prelievi alla bambina, li stavo portando in laboratorio" spiega sistemandosi nervosa una ciocca di capelli sfuggita alla coda. E' incredibile l'effetto che è capace di provocare.
Lui sembra voglia rassicurarla con lo sguardo."Ottimo!Allora cerca di farmi avere al più presto i risultati".
Lei cerca di darsi un contegno sorridendo gentile. "Certo dottore, arrivederci". Poi arresta i suoi passi quasi come se avesse ricordato qualcosa. "Ciao piccola"si rivolge a Lucia e accenna un sorriso nei miei confronti.
Rimasti sola osservo Luca, il suo sguardo non si è posato su di me nemmeno una volta, come se volesse evitarmi. Sventola un sacchetto bianco davanti ai suoi occhi.
"Questa bambina non ha ancora fatto colazione, vero?" le domanda dolce.
Lucia ha gli occhi che le brillano."No"risponde entusiasta.
"Beh allora io avrei qualcosina per lei, sempre che qualcuno abbia fatto la brava"le sorride complice porgendole il sacchetto.
Lucia lo osserva furba. "Già il fatto che io abbia fatto il prelievo vuol dire che sia stata brava"poi accetta la bustina che lui le porge, la scarta con foga scoprendone il cornetto al cioccolato che lui le ha portato.
Luca non ribatte, ma la guarda così preso che mi ritrovo a reprimere un sorriso. Alla vista di quella leccornia batte le mani contenta, ringraziandolo con un sorriso.
Lui le accarezza il capo con dolcezza e solo per un momento indugia il suo sguardo su di me. Sembra voglia dirmi tutto e niente, ma alla fine si limita a scuotere la testa.
"Sono molto in ritardo oggi, i miei pazienti mi aspettano, ti va se passo a trovarti più tardi?" le si rivolge.
Lei annuisce, con la bocca piena e le labbra sporche di cioccolato, ma il suo sguardo esprime tutto. So che aspetterà con ansia che lui passi da lei, davvero. Mi ritrovo ad essere felice del legame che si stia creando tra loro.
Luca si passa le mani sul camice, i suoi gesti lasciano trapelare nervosismo nonostante lui non voglia farlo notare. Inizia a dirigersi verso la porta della stanza, ed è a quel punto che mi impongo di fermarlo, non voglio più lasciare le cose in sospeso tra noi.
Lucia ci osserva entrambi, lui è voltato già di spalle quindi non può vederla, ma so che ha capito. Il sorriso che mi rivolge è rassicurante, è pieno di quella dolcezza che la contraddistingue e alla fine lo faccio, lo raggiungo a grandi passi prima che esca.
"Luca..."la voce mi esce in un sussurro ma è capace di farlo sobbalzare. "Possiamo parlare?".
"Prima che tu possa dire qualsiasi cosa, so che ti dà fastidio venire a conoscenza delle cose per ultima e ok non posso che darti ragione ma è una cosa che avevo deciso al momento, quindi te ne avrei parlato appena fossi arrivato ma l'hai scoperto da sola, quindi" fa un sorriso biricchino quando lo dice.
Scuoto la testa guardandolo interrogativa. "Non volevo parlarti di questo".
Lui sembra sorpreso della mia affermazione. "Ah no? Beh ad ogni modo me ne parlerai un'altra volta"mi precede.
"Davvero, è importante..."tento, supplicandolo con lo sguardo.
Lui mi indica il suo orologio da polso. "Un'altra volta Anita, un'altra volta...."dice e io guardo questa opportunità scivolarmi con irruenza dalle mani.
Lo osservo allontanarsi indispettita e mi volto per rientrare. Lucia mi aspetta lì, con metà del suo cornetto appoggiato sul pacchetto che lo avvolgeva e il suo bel sorriso.
Mi porge l'altra metà quasi come se avesse saputo fin da subito che sarei tornata triste e affranta da lei. A volte non so come faccia, sembra conoscerci meglio di noi stessi e la cosa mi sconvolge sempre più. L'accetto volentieri perchè 1 stamattina non ho fatto colazione e il mio stomaco alla sua vista ha cominciato a brontolare incessantemente e 2 i dolci sono il miglior rimedio per il malumore.
"Ti voglio bene, tanto"le sue parole sono naturali e piene di quella dolcezza che la contraddistinguono.
La osservo con un luccichio negli occhi, lei non lo sa quanto mi abbia fatto bene sentirgliele pronunciare.

Passare del tempo con Lucia è sempre un toccasana, non c'è dubbio. La sua spensieratezza e la sua dolcezza mi fanno credere sempre che possa andare tutto bene, questo fino a quando non mi trovo impalata fuori dallo studio di Luca. Lì tutta l'iniziativa e il coraggio che mi sono imposta vengono a mancare. Per tutto il giorno ho tentato in tutti i modi di parlargli, cosa a dir poco umiliante visto che l'ho quasi rincorso per tutto un'ospedale. Mi passo una mano sul viso, ma cosa ti sei abbassata a fare Anita, sei patetica.
Però ora nonostante mi costi un'impresa ho bisogno di mettere in chiaro le cose e devo farlo subito. Apro la porta, senza bussare ma non ci dò poco conto almeno non prima di rendermi conto che Luca non è solo. Vorrei sprofondare in questo preciso istante, non tanto per l'espressione che lui mi rivolge, ma per l'altra persona presente nella stanza, che nonostante non voglia far caso alla mia entrata in scena resta comunque un nostro superiore. Franchi è il più giovane primario dell'ospedale, sguardo spavaldo e malizioso. Rimango immobile in un angolo, con le braccia penzoloni e le mani che sudano mentre Franchi sorride complice ad entrambi.
"Non voglio togliervi altro tempo, vi lascio" la sua affermazione sa tanto di illusoria, che mi porta ad arrossire una volta che è uscito dalla stanza.
Luca è infastidito, imbarazzato. Si avvicina svelto alla porta costatando che lui non sia più nei paraggi e chiude la porta.
"Si può sapere cosa ti salta in mente, piombare qui all'improvviso senza nemmeno bussare. Chissà cosa avrà pensato Franchi, l'hai sentito anche tu,no?"ribatte severo.
"Si,ed è stato particolarmente di cattivo gusto...."ammetto intimidita, le braccia portate al petto.
"E questo non sarebbe mica successo se tu non fossi venuta"continua lui indispettito.
A quel punto mi impongo di reagire, perchè non posso permettere che lui rigiri sempre la frittata.
"Oh"porto le braccia al cielo sfinita. "Questo non sarebbe mai successo se tu in tutto questo tempo mi avessi ascoltata invece di evitarmi"lo accuso.
Lui sorride biricchino. "Avevo di meglio da fare, sai? Ma adesso sentiamo che cos'è che avevi di così importante da dirmi?".
Porta le braccia al petto con fare indagatorio.
"C'è che non lo so cosa ti prenda, prima ti comporti in un modo e successivamente in un altro. Non ti interessa dei sentimenti altrui, che magari così potresti ferirli in qualche modo. Pensi solo ed esclusivamente a te stesso, ti comporti da bamb...."potrei continuare all'infinito con gli appellativi da affibbiarli e probabilmente lo farei se le sue labbra non si fossero posate irruentemente sulle mie.
Sento improvvisamente il fiato venirmi a mancare, la sua mano dietro la mia nuca mi avvicina a sè e non riesco a pensare a nient'altro, con gli occhi sbarrati, le braccia sospese nell'aria e il cuore che batte forte nella gabbia toracica, che ne vorrei di più, vorrei che approfondisse il bacio ma io stessa al momento non avrei la forza. L'unica cosa che so è che l'amore che provo per lui è sbagliato e disarmante e non ne uscirò integra da questa situazione.
Un attimo dopo ritorna a guardarmi, con quel sorriso che la dice lunga sulla situazione. Boccheggio sentendomi indifesa sotto il suo sguardo. "E... questo cosa s-significa"chiedo con un filo di voce.
"Non la smettevi di blaterare". Le sue parole sono un colpo al cuore.


Se potessi rimangiarmi le parole e negare di provare questo sentimento lo farei, eccome se lo farei. Perchè è praticamente impossibile che io mi sia innamorata di un cretino come lui.


ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tutte mie carissime lettrici. Finalmente dopo mesi faccio ritorno con un nuovo capitolo, che non vi nascondo sia in stesura da tempo. Chi segue la mia storia, sa che ho trascorso sei mesi a Rimini per il lavoro di mia madre. Che dire, all'inizio ero molto scettica a riguardo e mi risultava parecchio difficile dover lasciare famiglia e amici per partire alla scoperta di una nuova città. Non vi nascondo che ci siano stati molti alti e bassi, momenti in cui avrei voluto solo tornare a casa ma adesso non posso che ammettere che Rimini mi manchi.
Ho trascurato molto la lettura e la scrittura, in quanto sono stati mesi molto frenetici. Sono a casa da due settimane e mi sono imposta di dedicarmi per quanto sia possibile a questa storia. Non so a voi ma a me Anita & Co. erano mancati tantissimo e ritornare a scrivere di loro è stato bello, sì.
La prima parte si apre con il ritorno a casa di Anita, dove rincontra le sue amiche e nonostante quello che sia successo non possono fare a meno di riappaccificarsi, perchè tra loro è così e non riescono a stare lontane. Mi piace tantissimo scrivere di loro quattro insieme, per me rappresentano l'emblema dell'amicizia, esserci sempre nei momenti belli e altrettanto in quelli brutti.
Dopo un pò di tentennamento anche Anita riesce ad aprirsi, ammettendo di essere ancora perdutamente innamorata di lui e questa cosa la fa stare male in quanto non riesce ad interpretare i comportamenti di Luca e un'altra delusione la distrugerebbe. Quindi non resta che parlargli, ma ormai penso che abbiate imparato a conoscerli, sono come due calamite che si attirano e si respingano. Litigano, ma poi l'attrazione è troppo forte...
Aspetto con ansia i vostri commenti, sono proprio curiosa! Intanto ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi costantemente legge e mi lascia la sua opinione, è importante per me!
Prometto di farmi viva presto e vi mando un bacio....alla prossima!!😘😘💗💗
 













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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18
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Capitolo 18




"Solo una stupida come me poteva ricascarci. Avrei dovuto imparare la lezione, tanto un  bacio è stato insignificante"esordisco quella sera a casa di Carlotta, le mani nei capelli, l'espressione corrucciata.
"Tesoro dovresti calmarti"si premura lei accarezzandomi un braccio.
Sono piombata come un uragano in casa sua e lei dimostra sempre tanta pazienza nei miei confronti.
"Oh Lottie sono così giù di morale..."ammetto affranta nascondemi il viso. "Ma cosa ho fatto di male per meritarmi questo?".
Lei sorride dolce, facendomi segno di avvicinarmi per un abbraccio.
"Vieni qui, adesso ci prepariamo una bella cioccolata calda e vedrai le cose subito sotto un'altra prospettiva".
Cioccolata calda-casa di Luca-bacio, penso che la mia amica abbia sbagliato proprio paragone.
Storco il naso ma la seguo lo stesso in cucina, la sua mano che si stringe attorno al mio braccio.
Il tavolo è scorparso di fogli, il pc acceso.
"Avevi da fare?" chiedo mordendomi il labbro a disagio.
Lei mi rassicura con un sorriso. "Ma no, solo qualche compito da correggere, stai tranquilla" si affretta a spiegarmi sistemando il pc e i fogli da parte.
"Non avevo voglia di stare da sola stasera"ammetto timidamente portandomi le braccia al petto in un gesto di protezione."Comincio a pensare di essere patetica".
"Anita..."la voce le esce in un sussurro, il suo sguardo dice tutto e niente.
"No è vero...sono ridicola. Mi vedi come mi sono ridotta per un uomo? E' insopportabile che lui riesca a farmi questo effetto dopo anni. Io stavo così...così bene e poi è tornato. Ma perchè non se n'è stato a Milano eh? No lui doveva tornare qui e rovinarmi la vita. Ero felice, e c'era Nicola con me. Lui se n'è andato e chissà se mai tornerà e sai perchè l'ha fatto?. Perchè sapeva che io ero ancora follemente innamorata di lui. L'aveva capito subito e si è fatto da parte, capisci? Io, il mio amore per lui, ho rovinato tutto. E anche quell'ospedale, ora lo odio. Odio dovermi alzare la mattina e sapere che lo vedrò. Con quella sua espressione che sembra dirmi tutto e niente, con il suo sguardo da duro che si scioglie solo con Lucia. Odio vederlo guardarmi senza mai farlo per davvero. E' lacerante. Se non fosse per quell'amore di bambina non so che farei. Tu mi capisci, vero?Dimmi di sì, a volte arrivo a non capirmi da sola".
Lottie si appoggia al bancone della cucina facendosi leva con le braccia e accenna un sorriso comprensivo. "Non lo odi davvero, ti stai solo convincendo. Sei stressata, non devi pensarci".
"Quindi non capisci come mi sento?" le chiedo mettendo il broncio.
"Non è questo. Pensa a qualcosa di bello dai".
"Lucia mi ha detto che mi vuole bene stamattina  e sono rimasta senza parole"le confesso.
Lei mi osserva, lo sguardo illuminato. "Non è bello?" domanda.
"Che lei mi voglia bene? Si è bellissimo. E io mi sto affezionando in modo particolare a lei, lo sai,no? A volte...ho un pensiero stupido ma vorrei regalarle quella famiglia di cui lei avrebbe bisogno".
Carlotta è speranzosa di saperne di più. "Vorresti essere tu la sua mamma?".
"Si..."ammetto timidamente avvicinandomi a lei che mi fa segno di sedermi allo sgabello dall'altra parte del bancone.
Mi stringe le mani tra le sue e mi osserva premurosa.
"E' un pensiero bello, d'altronde avete un legame speciale, ma manca un lui. Tu da sola potresti richiedere solo un affido temporaneo, lo sai..."i suoi occhi perdono la lucentezza di prima, il suo sguardo si fa pensieroso.
"Certo che lo so, ma..."non c'è bisogno che io continui, perchè so che ha capito.
Lottie a quel punto ride sotto i baffi. "Ma tu un papà per lei l'hai già trovato, vero? Ed è Luca. Tu, lui e Lucia, beh siete le persone con la quale passa più tempo e ha con entrambi un bellissimo rapporto. Il tuo ragionamento non fa una piega..."
"Eccetto per il rapporto che lega me e Luca"ammetto affranta.
"Eh nono, stiamo di nuovo parlando di lui, non va b..."non ha il tempo perchè il suo cellulare l'avvisa dell'arrivo di un messaggio.
Mi sporgo per vedere il destinatario e non credo ai miei occhi.
"Da quanto in qua tu e Federico vi mandate messaggi e lui ti invia sue foto?" domando sconvolta.
Lei nasconde il cellulare portandoselo al petto, sembra quasi offesa dal mio commento. "Da quando tu sei follemente innamorata di Luca, da non accorgerti che frequento Fede".
"Hai ragione..."
"Non avrei mai accettato il suo invito se non fossi stata sicura che è cambiato. Cris non sembrava capirlo però."ammette lei risentita.
"Non vuole che tu soffra, è protettiva".
"Anche tu lo sei, ma lasci che sia io a decidere della mia vita. Se io ti dicessi che Luca non è per te, tu cosa mi diresti?"Si interrompe per portarsi una mano al cuore. "Ragioni con questo e continuerai a trovare del buono in lui nonostante ti allontani e avvicini continuamente. Una seconda possibilità non si nega a nessuno. La mattina prima di andare a scuola ci incontriamo al bar fuori al liceo. Prendiamo un cornetto ed un caffè. Sediamo ad un tavolino e parliamo, di qualsiasi cosa e mi basta questo per iniziare bene la giornata. Ho scoperto tante cose su di lui, suona ancora la chitarra, sai? E non importa che io sia stata così insignificante da non ricordarsi di quella ragazzina al liceo, io voglio guardare al presente. E nel mio presente c'è un Fede diverso ed è sinceramente interessato a conoscere la Carlotta di adesso e mi piace che lui mi guardi diversamente, per davvero.
Probabilmente sto sbagliando tutto e mi ritroverò alla fine con il cuore in mille pezzi, ma ci avrò provato, avrò mosso dei piccoli tasselli per comporre quel futuro  a cui aspiro".
Quella sera mentre torno a casa penso spesso alle parole di Carlotta. Un pò di felicità ce la meritiamo tutte. E io continuerò a cogliere qualcosa di positivo in Luca se darò ascolto al mio cuore. Non sapevo e immaginavo che di lì a poco avrei dovuto cambiare modo di pensare.

La mattina dopo sono di riposo e ne approfitto per dedicare del tempo a me stessa. Vado dal parrucchiere per prima cosa, mi autoconvinco che mi sto facendo bella solo per me stessa e nessun altro e mi dedico allo shopping. Amo passeggiare per il centro, tra i porticati e i monumenti della città mi sembra quasi di rivivere la storia del paese e poi con l'arrivo del Natale assume tutto un'aria più magica.
Alla fine entro in un negozio per bambini ed acquisto una tutina con i pupazzetti per mia nipote Agnese e una magliettina a fiori per Lucia. Mi premuro per lei quasi fossi sua madre, ed è forse arrivata l'ora che mi tolga dalla testa questo pensiero, irrealizzabile.
Percorro la strada per casa di mio fratello che è poco lontana dal centro e penso che oggi l'aria sia proprio piacevole. Mio fratello è al lavoro all'aereoporto militare a quest'ora ma Sabri è sicuramente a casa.
Non ci vediamo da tempo, in quanto per due settimane per un motivo e per un altro abbiamo saltato i pranzi a casa dei miei. Mi fermo a comprarle i suoi pasticcini preferiti, una visita le farà piacere e poi penso che non dedico del tempo a mia nipote da un pò. Ne parlo come se già fosse nata e il pensiero mi fa sorridere. Una bambina in casa porterà una ventata di felicità nella nostra famiglia.
Busso ed è la sua dolce voce a parlarmi attraverso il citofono. Riesco a percepire già il suo entusiasmo.
Sabri mi accoglie, il pancione che cresce a dismisura e con un' espressione radiosa. La gravidanza la rende ancora più bella. Mi lascia entrare, le porgo i pacchetti ed è entusiasta di scartarli, sembra quasi una bambina.
Prepara un caffè per entrambe e mangiamo quei deliziosi pasticcini che ho portato. Parliamo di svariati argomenti, mi racconta dei progressi e mi mostra la cameretta che stanno preparando per Agnese. E' così felice mentre ne parla e non mi è difficile immaginare lei e mio fratello genitori. Ho sempre pensato fin da ragazzina che si completassero. Mi viene da pensare a mio fratello guardare Agnese scorazzare per casa, con un velo di emozione negli occhi, sono sicura che la nascita di questa bambina lo renderà pazzo di gioia.
La guardo mentre mi parla, con gli occhi a cuore dell'ultima ecografia che ha fatto dove le è stato permesso vedere come già il corpicino della piccola si stia formando e fa quel sorriso che trapela emozione.
Mi immagino al suo posto con una famiglia tutta mia. Un pargoletto tra le braccia e Lucia e Luca al mio fianco. E ancora quel pensiero si insinua insistentemente nella mia testa...sarà difficile scacciarlo!.
Ahimè mi accorgo che è giunta l'ora di andare. Ci salutiamo e ci abbracciamo per quanto il pancione lo permetta e ridiamo di cuore.
"Vienimi a trovare più spesso"mi chiede Sabri prima che vada via. Leggo speranza nel suo sguardo e mi viene da pensare che un pò si senta sola in quella grande casa. E' una promessa che le faccio sorridendo affettuosamente e io sono una che le mantiene.

Oggi di andare al lavoro proprio non mi va, manca solo un'ora e ho giusto il tempo di mangiare un boccone.
"Sono appena uscita da scuola, giornata pesante. Pranzetto insieme, ti va?".
Il mio telefono lampeggia segnalandomi l'arrivo di un messaggio. E' Giulia. L'accontento indicandole l'indirizzo di un ristorante self-service che hanno aperto nelle vicinanze. Ci incontriamo lì e da subito noto qualcosa che non vada. Giulia è radiosa, affettuosa e invece quell'aria triste dipinta sul suo viso non mi piace.
"Raccontami cosa è successo, dai"la incito facendole strada dal parcheggio.
Lei è un pò titubante, la noto tentennare sulle parole. "Ma niente è stata una giornata pesante, mi sento sovraccaricata di pensieri..."sospira stanca.
Ho come l'impressione che ci sia ben altro dietro e credo di saperne bene il motivo. Vedere le mie amiche star male mi angoscia sempre pù di tanto, mi preoccupo molto finendo per addossarmi un pò del loro malumore.
"Mmh Emiliano l'hai più sentito?" domando speranzosa appoggiandole una mano sulla spalla. Voglio capisca che si puù confidare, sfogare e che io sarò qui a sostenerla. L'argomento è ancora dolente da affrontare per lei, lo capisco dal senso di colpa dipinto nel suo sguardo.
"No, ma va bene così..."tentenna. "Mi sto autoconvincendo che non gli sia mai interessata. Che non abbia voluto nemmeno recuperare il rapporto in qualche modo, lo dimostra, ma mi va bene"risponde frettolosa, evasiva.
Cerco di incrociare il suo sguardo ma non me lo permette.
"Sei sicura, perchè...."
"Sto bene!" quasi lo urla, mordendosi successivamente la lingua resasi conto del gesto.
"Davvero Anita, sto bene. Non devi preoccuparti per me, me la caverò in qualche modo. E adesso andiamo a mangiare che ho una fame"alle fine il suo stomaco brontola e ridiamo.
"Come vuoi, sono felice che tu mi abbia chiesto di vederci. Passare del tempo con la mia migliore amica non guasta mai"le faccio l'occhiolino prendendola a braccetto.
Giulia mi indica un tavolo libero dove sederci e si accomoda sistemandosi con la schiena contro il muro, le gambe accavallate.
"Cosa ti prendo?"le chiedo vedendola osservare il menù.
Lei allora sorride. "Fai tu".
Prendo un vassoio e ci sistemo il foglio del menù sopra. Sto per mettermi in fila, ma nella frettolosità del gesto non mi accorgo di essere andata a scontrarmi con un'altra persona.
Alzo lo sguardo un pò mortificata pronta a scusarmi ma la sorpresa mi investe trovandomi di fronte Emiliano. E' visibilmente imbarazzato e impacciato nei movimenti, alla fine è lui a chiedermi scusa quando non se ne presenterebbe il bisogno.
"Mi dispiace..."dice e non so se sia una mia impressione ma credo nelle sue parole si nasconda molto di più.
"Ma cosa dici, anzi dispiace a me, ti sono praticamente venuta addosso"replico in risposta portandomi una mano al petto.
"Non intendevo questo..."lascia la frase in sospeso, con quello sguardo che sembra comunicarmi tutto quello che ha dentro.
Si passa una mano dietro la nuca, un pò a disagio e scompigliando i capelli più di quanto non siano e puntualmente gli vanno a finire negli occhi.
"Oh..."tentenno io. "Di cosa ti dispiace esattamente? Di essere il cugino di Nicola o che per te la mia migliore amica stia male?"domando confusa, il tono burbero più di quanto avrei voluto.
E mi ritrovo a pensare che il solo nominare il suo nome, mi faccia cambiare completamente umore.
So che le mie parole l'abbiano colpito, forse anche più di quello che speravo. E' invece la sua reazione a stupirmi, ci si aspetta che l'altra persona controbatta, lui rimane fermo, al suo posto, con lo sguardo un pò impallidito e mi domando cosa sia che lo porti a comportarsi così come se fosse indifeso ed impaurito della situazione.
Mi prendo un momento prima di ricominciare a parlare, assicurandomi che lui mi stia guardando.
"Senti Emiliano, io lo so che parlare con me ti crei imbarazzo. Pensi che io ti odi per il semplice fatto che tu sia il cugino di Nicola ma non è vero, ti reputo una brava persona indipendentemente da quello che è successo con lui, ma d'altronde cosa c'entreresti tu? L'unica cosa che però posso rimproverarti è che tu sia così terribilmente introverso, impacciato nei gesti e nelle parole. Sembra che la vita ti scorra davanti e tu rimanga inerme senza nemmeno accorgertene. Devi credere in te, lottare per quello che vuoi indipendentemente da quello che potrebbe comportare. Se vuoi dire una cosa, fallo. Ricorda solo che se una cosa la trascuri, poi diventa di qualcun' altro".
Mi sembra di aver attirato la sua attenzione, lo riconosco dal suo sguardo, pieno di interesse. E mi ritrovo a pensare se io sia riuscita a dargli quella spinta di cui necessitava.
"No, hai ragione..."
Sorrido alle sue parole. "Giulia è qui con me, se vuoi parlarle mi sta aspettando al tavolo. Riconosco che io possa essere di troppo quindi toglierò il disturbo. Vi lascerò tutto il tempo e lo spazio di cui abbiate bisogno".
Gli indico il punto dove la mia amica è seduta e noto il suo sguardo perdersi tra la folla, alla ricerca di Giulia. E poi fa quello sguardo che gli ho visto dipingersi molte volte in sua presenza, pieno di affetto, un sorriso dolce ad increspargli le labbra e illuminargli il viso.
"Sei pronto?"gli domando, con un'espressione amorevole così come una mamma potrebbe guardare un figlio.
Lui si volta ad osservarmi, con un sorriso pieno di graditudine. E' un ragazzo di poche parole non c'è dubbio ma con gli occhi riesce a comunicare più che con le labbra. Mi sembra di scorgervi tutto un mondo dentro.
Faccio sistemare il mio pranzo in un sacchetto da portare via e sistemo quello di Giulia sul vassoio di Emiliano. Mi incammino verso il tavolo, lui mi segue in modo tale da rimanere un pò indietro e io ho modo di avvisare la mia amica.
"Ho incontrato una persona e vorrebbe parlarti".
Emiliano in quel momento appare al mio fianco, e noto Giulia irrigidirsi sul posto, con l'espressione spiazzata e un pò spaesata.
"Vi lascio..."lancio un'occhiata ad Emiliano intimandogli di usare le parole giuste, e sorrido rassicurante a Giulia.
"Ne vale la pena"le sussurro all'orecchio avvicinandomi per salutarla e poi li saluto lasciandogli spazio.
Dopo questo momento è come se mi sentissi una persona migliore. Quelle parole sono state di incoraggiamento anche a me. Mi sembra di riuscire ad affrontare qualsiasi cosa.

Mangio il mio pranzo in silenzio prima di arrivare in ospedale. Ed è proprio lì dal mio posto nel parcheggio che una scena mi fa insospettire.
A pochi passi dall'entrata c'è Luca, al suo fianco una minuta ragazzina dall'aria un pò spaesata. Sembra unirli un rapporto molto confidenziale, intimo perchè lui l'abbraccia, le sue braccia la cullano amorevolmente. Le stesse braccia che hanno stretto me sere fa e al pensiero sento pervadermi da un brivido.
Le sussurra qualcosa all'orecchio, e lei sembra rasserenarsi ascoltando le sue parole e si decide a seguirlo nella hall dell'ospedale. La mano di lui appoggiata sulla schiena di lei. E io da spettatrice a quella scena mi chiedo chi sia quella ragazza. Cosa l'abbia spinto ad essere così premuroso nei suoi confronti. E mi accorgo di avere il bisogno di saperlo.


ANGOLO AUTRICE:
Buonasera mie care lettrici!
Come state trascorrendo questi giorni? Qua da me fa molto caldo, che avrei solo bisogno di essere al mare...ancora un pò di giorni prima delle vacanze, nel frattempo mi accontento di andarci nel weekend.
Mi sono fatta attendere anche stavolta per il capitolo, lo so ma almeno è passato solo un mese e non di più😊😂
La prima parte si apre con una Anita un pò sconsolata, il nostro caro dottorino la fa stare davvero male e spesso viene citato anche Nicola qua e là. E' sempre pù evidente il suo desiderio di voler creare una famiglia di cui possano far parte Luca e Lucia ma questo è irrealizzabile a detta sua, chissà....
Come notato ho voluto dar spazio un pò alle altre coppie, perchè  un pò ne hanno bisogno anche loro ma il nostro caro Luca non ci abbandona mica. Lo vediamo al fianco di una misteriosa ragazza. Chi sarà? E beh basta seguire la storia per saperlo.
Ci tenevo a ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo e chiunque abbia inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate!
Prima di salutarvi, volevo dirvi una cosuccia. Nella storia il Natale è alle porte, mi fa strano parlarne quando qua siamo in piena estate ahaha e l'arrivo del caldo mi ha fatto pensare alla one-shot che scrissi quasi un anno fa.
Summer Love vi lascio il link nel caso qualcuno volesse dare un'occhiatina :)
Alla prossima, che spero sia il prima possibile❤❤
Un bacio e buona estate a tutti!













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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 19



Ho bisogno di sapere chi sia quella ragazza. E questo prevale sul buon senso quando decido di seguirli. Resto un pò in disparte perchè non voglio davvero che Luca se ne accorga, come giustificherei il mio comportamento? Osservo da lontano i loro passi un pò cadenzati e flemmatici, ma non mi sfugge come lui tenga salda la sua mano.
La direzione che prendono è quella del bar e mi ritrovo a pensare che questo potrebbe rendere la mia presenza lì ancora più casuale, un bel caffè è quello di cui ho bisogno.
Mi impongo di mostrarmi indifferente a qualsiasi comportamento sospetto. Fingerò di essere lì per un caffè, atteggiamento disinvolto e disinteressato.
Ed è quello che faccio sedendomi ad un tavolo in cui posso essere sicura che non mi veda. C'è un giornale, un quotidiano, sul tavolo e fingo di leggere. Ma si rivela più interessante di quanto pensassi. Mi piace essere attenta e informata sulle notizie del giorno. Questo però non mi distrae dal mio obiettivo in quanto Luca lo tengo sempre d'occhio.
La mia attenzione viene catturata da quella strana e minuta ragazzina che gesticola nervosamente quasi come se lo stesse riproverando su qualcosa e Luca la osserva divertito. Alla fine mi viene da pensare che lei abbia la meglio, non mi è possibile vedere la sua espressione ma so che sia vittoriosa. E lui senza speranze, le sorride vedendola allontanarsi dal tavolo. E' a quel punto che noto il suo sguardo posarsi un pò ovunque quasi come se si sentisse osservato e mi ritrovo a coprimi la faccia con il giornale.
"Che stai facendo?!" è indubbiamente la sua voce a richiamarmi e non so a quel punto alzare lo sguardo o meno, ma lo faccio.
I suoi occhi mi scrutano severi e indispettiti tanto da farmi sentire sbagliata. Come se non dovessi trovarmi in questo posto in questo momento. Si prende un attimo per osservarmi con attenzione e io penso sia l'istante più lungo della mia vita poi riprende a parlare.
"Pensi che non me ne sia accorto? Che fai, adesso mi spii pure?".
Mi fingo disinteressata al suo discorso e penso a come abbia fatto a capire. Quanto sei scaltro...Eppure non posso dargli la soddisfazione di avere ragione.
"Sono qui per il tuo stesso motivo o almeno credo. Prendermi un buon e fortissimo caffè prima del lavoro"questo glielo dico continuando a leggere il giornale e questo mio comportamento non fa altro che peggiorare le cose.
Lo sento sbuffare, infastidito. Poi dalle sue labbra si propaga una breve e nervosa risata.
"Lo so che muori dalla voglia di sapere lei chi sia".
E quando lo dice il mio sguardo corre direttamente a lei, la protagonista di questa squallida situazione. La noto al bancone del bar, la posa un pò scomposta. Sembra alquanto a suo agio, nei gesti e nelle parole quando comincia una conversazione con la barista. Sento la sua allegria arrivarmi fino a qua e mi infastidisce.
"Cosa te lo fa pensare?" ribatto brusca questa volta guardandolo dritto negli occhi. Li noto spenti ed inespressivi e le parole che escono dalle sue labbra mi fanno vacillare di tutte le convinzioni.
"E' la mia fidanzata"più che un'affermazione mi sembra una domanda e mi ritrovo a pensare se lui stesso sia sicuro delle sue parole. Eppure mi fanno male, mi colpiscono più di quanto dovrebbero. Mi fanno anche perdere la considerazione che avevo di lui. Da dove spunta questa insolita ragazza?.
Mi mordo forte il labbro inferiore sentendo la parte più vulnerabile di me venire a galla. "Vedo che tu non ci abbia messo molto a sistemarti. Sono felice per te"gli dico fredda e atona, ma sentendo un uragano manifestarsi dentro di me. Vorrei che lui non mi guardasse con così tanta insistenza.
E penso che non mi interessi sapere altro, non voglio perdere altro tempo dietro lui e faccio per alzarmi. Vorrei farlo se non sentissi le gambe farsi molli, finendo per accorgermi che sia stato la sua mano a stringere il mio braccio tenendomi ferma. Per quanto andremo avanti così?.
"Dove vai?"chiede, il tono divertito. E che lui sia divertito dalla situazione mi infastidisce.
Mi impongo di rivolgergli lo sguardo più cattivo che mi riesca. "Mi è passata la voglia di stare qui" eppure non lo guardo, non voglio che lui veda quanto mi abbia ferita, mi abbia resa vulnerabile.
Vorrei solo scappare da qui, se non fosse che l'arrivo di questa ragazza mi immobilizza sul posto. Quando la guardo mi sembra di avere un colpo al cuore. Tutto in lei mi dice che io l'abbia già vista ma non so dove. Capelli biondi, occhi verdi-azzurri, naso alla francese e labbra carnose, questa ragazza emana bellezza da ogni poro. Eppure il suo aspetto è trasandato, ha gli occhi di una persona che ha pianto, lievemente rossi e i capelli acconciati in una coda un pò scompigliata e poi quegli abiti che indossa sembra le stiano due taglie più grandi.
Però ha un bel sorriso, uno di quelli contagiosi.
"Ti ho trovato"lo guarda con quell'espressione dolce, sembra che abbia occhi solo per lui e quando posa lo sguardo di me, vorrei farmi piccola piccola.
"Oh ciao! Tu devi essere un'amica di Luca, giusto? Io sono Vanessa" mi porge una mano cordialmente, il tono di voce spontaneo e allegro. Sembra che sia una brava persona, che quasi mi pento di averla giudicata all'apparenza. Se solo sapesse che amo il suo ragazzo.
Ricambio il gesto, con meno enfasi e il mio sguardo si punta istantaneamente su Luca. Lo scopro ad osservarmi, quasi come se cercasse di prevedere il mio comportamento.
"Anita, piacere".
Lei corruccia la fronte buffamente, assomigliando ad una bambina e poi sorride dolcemente.
"Io e Luca pensavamo di prendere un caffè. Ti va di unirti a noi?"chiede carinamente. I suoi modi di fare, le parole che mi rivolge mi fanno sentire male con me stessa.
Prima che io possa solo dire qualcosa, è Luca a farlo per me. Le rivolge un'occhiata tenera e premurosa quasi come se prendersi cura di lei, farla star bene fosse il suo unico pensiero.
"Vane, Anita stava andando via, ha del lavoro da sbrigare".
Mentre le parla il suo sguardo incrocia il mio, i suoi occhi mi fissano con insistenza quasi come se mi parlassero e mi intimassero di stare al mio posto.
Lei fa un'espressione dispiaciuta. "Oh mi spiace"ma non si risparmia di concedermi un sorriso speranzoso mentre "sarà per un'altra volta?" mi chiede.
E io la osservo rigida sul mio posto, con le braccia strette al petto in modo protettivo."Si..."sussurro a disagio. Non ci sarà mai un'altra volta.
Non voglio che pensi il mio comportamento sia sgarbato o distaccato ma non mi resta che salutarla ed andare via frettolosamente. Avverto lo sguardo di Luca seguirmi, ma non mi volto, mi farebbe troppo male.
E' questo? E' questo il prezzo da pagare per aver creduto in qualcosa di impossibile?.
Lontana dai loro sguardi sento gli occhi farsi lucidi, le lacrime premono per scendere. Ho solo bisogno di stare sola, staccare la mente fino a quando mi sarà possibile.
E poi la noto Maria venirmi incontro con quel sorriso che sa tanto di premuroso, ma che si spegne all'istante alla vista del mio volto. Quando con ansia chiama il mio nome, sembra che lo ripeta all'infinito eppure io continuo per la mia strada, chiudendomi nel mio studio.
Mi lascio scivolare contro la porta, coprendomi il viso con le mani e finalmente piango. ll mio è un pianto silenzioso ma liberatorio.
E quando avverto Maria bussare, rimango lì con la testa appoggiata, lo sguardo perso al soffitto e il corpo scosso da singhiozzi.
"Anita, apri subito questa porta!"questa volta lo ripete con più fermezza e la paura di attirare attenzione su di me, mi fa cedere. Maria è lì sulla soglia della porta, con le mani portate sui fianchi. Mi fissa con apprensione. "Oh piccola..."
La cosa più giusta da fare è di abbracciarla, so che lei potrebbe darmi conforto ed è quello che faccio. Lei lo capisce, non dice nulla, mi stringe soltanto carezzandomi la schiena e mi sta bene. Maria ha quel potere, ti infonde quel calore tale da farti sentire sicura e protetta ed è cosi che credo di essere tra le sue braccia. Piango fin quando non sento di non avere più lacrime.
"Oh Anita, dimmi che ti è successo?"mi domanda guardandomi rassicurante ma non rispondo.
Lei a quel punto mi alza il mento con un dito. "Non sarà mica quel Franzese a farti stare così male?" mi osserva con apprensione.
Il singhiozzo che ne segue le fa capire tutto, quasi come se le avessi dato conferma.
Lei fa finta di imbronciarsi gesticolando nervosa. "Lo sistemo io a quello lì" poi rivolge lo sguardo a me premurosa e dolce.
"Ce la fai a stare qui? Vuoi andare a casa?"chiede.
Scuoto la testa sentendomi così sciocca mentre tiro su con il naso.
"Oh tesoro, asciuga quei lacrimoni. Sei così bella, non mi piace vederti piangere. E poi guardati avevi fatto anche i capelli"mi lascia una carezza sul capo. Mi viene da ridere e poi da piangere, non l'ha nemmeno notato.
Mi stringe una spalla, per infondermi coraggio. "Sistemati e vieni con me. Conosco una persona che ti farà stare meglio". Mi guarda complice, come se fossimo entrambe a conoscenza di chi essa sia.

Lucia è al suo posto, la fronte corrucciata, il labbro inferiore sporto leggermente in avanti e un quadernino che scruta attentamente tra le mani.
"Lucia"la richiama dolcemente Maria accarezzandole i capelli.
Lei si desta sorridendo entusiasta e la sua attenzione si posa su di me.
"Oh Anita, ciao!"ride lei e mi trovo a sorridere per la sua espressione buffa.
"Che stai facendo birbante?"le domando incuriosita facendo cenno al quadernino e noto il suo sguardo illuminarsi, e poi perdersi in quelle pagine piene di numeri e scritte.
"La maestra dell'ospedale è venuta a trovarmi, sai? Abbiamo fatto un sacco di cose insieme. Ho ripassato le tabelline e adesso devo fare queste operazioni. Mi aiuti? Ti prego, ti prego, ti prego!" mi supplica con lo sguardo e alla fine ridere mi viene naturale. Questa piccolina è una forza di natura.
Maria sorride complice, un pò commossa e mi dà una pacca sulla spalla. "E' di lei che hai bisogno, per essere felice" e con queste parole va via lasciandomi sola con Lucia.
"Mi aiuti?"ripete per conferma, entusiasta.
Le sorrido amorevolmente. "Certo che ti aiuto".
Lucia annuisce facendomi spazio sul letto in modo tale che io possa sedermi accanto a lei.
"Passiamo a vedere queste operazioni, su su!"la incito e lei batte le mani allegra.
"E' così divertente. Voglio andare a scuola tutti i giorni". E mentre la guardo, noto la luce nei suoi occhi e penso che mi fa bene vederla così. E' spontanea, vivace mentre racconta di questa giornata e ammette che vorrebbe anche le altre fossero così. E mentre lo fa penso che mi piaccia passare momenti con lei. Mi piace guardarla corrucciarsi mentre fa i compiti, mi piace che chieda il mio aiuto e che chieda la mia approvazione quando non è sicura di quello che sta facendo. Mi piace accorgermi poi di quanto sia invece intuitiva e apprenda velocemente. Vorrei che diventasse una quotidianità nella mia vita, nelle nostre vite.
Quando Luca entra in stanza ci trova così, una distesa affianco all'altra. Un mio braccio che le circonda le spalle mentre la osservo premurosa. Lei che attorciglia i miei capelli tra le dita e parla a bassissima voce quasi fosse un segreto. "Sei così bella oggi Anita, mi piacciono i tuoi capelli".
E quando lui ci guarda, mi convinco che non mi importa cosa pensi di me, io ho bisogno di lei, così come Lucia di me.
La piccola punta l'attenzione su di lui, sorride ma rimane accocolata al mio petto e ne sono felice.
Non voglio che lui rovini il nostro momento.
"Ciao Lucia"la richiama lui. "Come stai oggi?".
"Sto bene, benissimo"risponde lei allegra.
Lui la scruta curioso, lievemente divertito. "Sono contento"le dice eppure il suo sguardo si posa su di me e mi sembra che la sua mascella si contragga.
"Anita mi ha aiutato a fare i compiti, le operazioni. E' proprio brava. La dottoressa migliore del mondo"gli racconta a quel punto Lucia, come se volesse attirare la sua attenzione e le sue parole suscitano infatti non poco interesse in lui.
"Ah sì?" lui finge di sentirsi offeso mettendo un broncio. "Anche migliore di me?".
Lucia si porta una mano al mento pensierosa e il suo sguardo si alterna tra me e Luca quasi come se le fosse difficile da dire.
"Si..."ammette intimidita accocolandosi contro il mio petto ed il mio primo impulso è di stringerla dandole protezione.
Beccati questa Franzese!.
Lui rimane lì impalato, le braccia portate al petto e un'espressione pensierosa in viso.
"Ed io che ti avevo portato una bella cosa..."le lancia uno sguardo divertito lasciando di proposito la frase in sospeso volendo catturare la sua attenzione. Alla fine è quello che succede, perchè Lucia alzo lo sguardo curiosa. "Cosa?cosa?"trilla entusiasta.
Lui sorride soddisfatto e io non posso fare a meno di osservarlo indispettita. Fa finta di guardarsi intorno quasi come se avesse paura di essere scoperto e poi le si avvicina cauto sussurrandole qualcosa all'orecchio e facendole ridere divertita. Insomma siamo un bel quadretto.
Cerca qualcosa nella tasca del camice estraendone una barretta al cioccolato e Lucia l'osserva con gli occhi che brillano.
"Grazie, grazie!"sorride lei allegra portando le braccia all'aria.
Lui ride scompigliandole i capelli. "Resta un segreto tra me e te"le lancia uno sguardo facendole segno di stringere un patto e le tende il mignolino. E io mi ritrovo a pensare che la loro sintonia mi infastidisce e mi induce ad agire di impulso.
"Pensi di comprartela così, viziandola?" lo sfido indispettita afferrando la barretta tra le mani.
Lui a quel punto punta lo sguardo su di me, sorpreso e rammaricato. "Cosa?certo che no!".
Le sue parole mi fanno ridere nervosamente. "Sono sicura sia uno dei tuoi dispetti. Vuoi portamela via?!".
Lucia punta lo sguardo su di me e poi su di lui continuamente. "E' mia Anita, ridammela", tenta di riprenderla ma io non glielo permetto.
"Anita"la voce di Luca è ferma, assomiglia molto ad un rimprovero.
"Forse è meglio che io me ne vada..."ammetto a quel punto abbassando lo sguardo. Mi rendo conto che non voglio che un mio capriccio rovini il rapporto tra me e Lucia. Andare via eviterà problemi.
"Non andare..."il modo in cui insieme pronunciano quelle parole mi fa sobbalzare.
 Arresto i miei passi e mi volto a guardarli, così vicini che mi immagino noi tre come una famiglia e il pensiero mi fa male. Luca è l'uomo che amo, ma una relazione tra noi è impossibile a maggior ragione ora che lui è felicemente fidanzato. Non mi resta che farmene una ragione.

Non voglio e non posso più dare ascolto al mio cuore. Franzese è ufficialmente off limits. Ha una ragazza...😂  scrivo quella sera quanto torno a casa. Decido di aggiungere un' emoticon che ride per non far trapelare quanto la situazione mi abbia distrutta.
Tesoro, come stai?domanda a quel punto Lottie e io vorrei davvero risponderle che sto bene ma non ci riesco.
Sto così...ma passerà.
Vorrei abbracciarti interviene Cristina, e io sorrido intenerita. Sono contenta di averle accanto.
Starò bene  scrivo per rassicurarle ma mi viene da pensare a quanto questo si dimostrerà vero. Riuscirò mai a guardarlo con occhi che non siano d'amore?.

Dopo pochi minuti ricevo una telefonata da Maria, sua figlia minore sta festeggiando il ventesimo compleanno. Ho avuto modo di vederla qualche volta quando si è trovata a passare per un saluto veloce a sua madre. Ne è la fotocopia, nell'aspetto, nei gesti e nelle parole. Riesco a percepire gli schiamazzi fino a qui eppure mi fa piacere che Maria abbia trovato un minuto per me, mi chiede come stia ed io fingo di star bene. Non le ho raccontato cosa mi fosse successo, ma sono consapevole che lei si sia fatta una teoria tutta sua. A quel punto però le parole mi escono naturali, e comincio a spiegarle tutta la storia.
Lei mi ascolta tranquilla e comprensiva e non si risparmia di affibbiare strani nomignoli a Luca e questo mi provoca una risata. Parlare con lei mi fa sentire un pò meglio. Mi chiede alla fine di unirmi a loro, eppure non ho la voglia di partecipare ad una festa, quindi declino l'invito.
Mi addormento presto, stanotte ho bisogno di spegnere la mente.

Quella mattina Maria ha una cera strana, quasi come se avesse scoperto qualcosa e le provocasse inquietudine. Ho paura di sapere cosa la turbi. Mi vede arrivare, e penso a come io le possa sembrare indifesa stretta nel mio parka, le braccia portate al petto. Mi rivolge uno sguardo premuroso mentre si passa ripetutamente le mani sulla casacca e mi intima di seguirla. Alla fine raggiungiamo il mio studio e Maria si chiude la porta alle spalle con flemma, guardandosi intorno quasi temesse di essere vista. Nel frattempo mi tolgo il cappotto e indosso il mio camice.
"Anita"la sua voce è ferma e io mi volto a guardarla un pò sulle spine. E' agitata e io accenno ad un sorriso per rassicurarla. Vorrei davvero non tremare al pensiero di quello che lei stia per dirmi.
"Quella ragazza..."lascia la frase in sospeso lasciandomi intendere di chi stia parlando. Si ferma a riflettere quasi avesse bisogno di soppesare le parole da usare.
"Quella ragazza che hai visto ieri. Lei beh, è incinta".
Nel momento in cui lo dice desidero che quelle parole non siano mai uscite dalle sue labbra. Mi appoggio alla scrivania dietro di me, sentendomi come schiacciata da un peso.
"Stai b-bene?"domanda a quel punto preoccupata, alzo lo sguardo per puntarlo nel suo. Vi leggo apprensione, agitazione.
Mi mordo forte il labbro trai denti. "Sei sicura?"chiedo titubante, sento che le gambe hanno incominciato a tremarmi.
Lei si passa una mano sul viso, mi sembra che tiri un respiro esasperata. "Le voci circolano e anche in fretta, tesoro. Prima di dirtelo però mi sono accertata di quanto esse siano veritiere. La verità è questa Anita..."
Maria non è una che crede alle dicerie, odia i pettegolezzi. So quanto sia sicura di quello che dice, metabolizzare la cosa mi risulta difficile. All'improvviso nella mia mente tutti i tasselli di questo intrigato puzzle giungono al loro posto. Questa ragazza Vanessa, aspetta un bambino, che risulta essere figlio di Luca e lui ha deciso di assumersi le sue responsabilità, il che gli fa onore. D'un tratto vedo tutti i miei progetti, tutte le mie convinzioni sfumare quasi fossero castelli di sabbia. Sento quel peso schiacciarmi completamente.
"Oddio..."sussurro portandomi una mano al viso.

ANGOLO AUTRICE:
In una calda e afosa serata di agosto, mi ritrovo a postare un nuovo capitolo della storia. Questa volta sono stata brava, non è passato un mese prima che io mi facessi di nuovo viva😂😂
State passando bene queste vacanze? Siete al mare? Io ci andrò in questi giorni e quindi è probabile che non possa aggiornare per un pò. Cercherò di dedicare del tempo alla storia nonostante tutto ma non vi assicuro niente.
Questo capitolo è pieno di sorprese, ma non aggiungo altro. Lascio a voi i commenti. Intanto ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e chi ha aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
Buona estate a tutte, alla prossima!
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 20



Da quel giorno mi ero detta e avevo promesso a me stessa quanto fosse sbagliato vedere Luca in un modo diverso da un collega. Eppure era impossibile ignorare i sentimenti che provavo per lui e che purtroppo non sarebbero svaniti così facilmente. Ne avevo paura, avevo paura che essi mi investissero e non mi permettessero di ragionare a mente lucida. Non potevo evitare che il mio cuore cominciasse a battere più velocemente alla sua vista. Allora mi convincevo che lo odiavo, odiavo lui per avermi attirato in questa trappola e odiavo me stessa per essermi permessa di ricascarci per l'ennesima volta. L'attimo dopo mi dicevo che non l' odiavo poi così tanto e nel profondo pensavo che il suo gesto fosse stato maturo e responsabile.
Mi dicevo che stargli lontano potesse essere la scelta migliore. Meno l'avrei visto più sarebbe stato meno doloroso per me e il mio povero cuore. Ma questa possibilità si presentava alquanto difficile quando eravamo costretti a vederci ogni giorno per discutere del bene di Lucia.
Allora in una recondita parte della mia mente o del mio cuore, appunto, si accendeva la speranza che avremmo potuto essere amici, ma io non sapevo se mi sentissi pronta. Arrivavo alla conclusione che mi odiavo, e odiavo lui e la sua fidanzata spuntata all'improvviso e questo bambino. Le voci si insinuavano nei corridoi, passavano di bocca in bocca, che il nuovo medico arrivato, stesse diventando padre era il pettegolezzo del momento.

Luca ne rimaneva indifferente, non aveva mai rivelato niente al riguardo e io avevo sperato fino all'ultimo che lo smentisse ma non era successo. Lo guardavo mentre scrutava Lucia con occhi pieni d'amore e capivo che sarebbe stato un bravo papà. Peccato che non potesse essere il suo.
Potevo contare sull'aiuto di molte persone, ma sapevo che era una battaglia interiore che avrei dovuto combattere da sola. Le mie amiche mi stavano vicine, cercavano di coinvolgermi nelle loro uscite e non mi lasciavano mai sola. Eppure io mi sentivo quasi un peso, nonostante loro non me lo facessero notare.
Era successo quella mattina che Cristina mi aveva contattata per berci un caffè insieme come ormai non succedeva da troppo tempo. Eravamo così prese dal nostro lavoro da non accorgerci che ci stavamo un pò trascurando ed è per questo che c'eravamo date appuntamento per fare colazione insieme. Era filato tutto liscio finchè Edoardo non aveva fatto il suo ingresso. Mi aveva guardato e nonostante avesse tentato di nasconderlo era rimasto sorpreso di vedermi lì, mi aveva osservato con uno sguardo che avrei giurato fosse compassionevole e io avevo pensato che non volessi passare per la povera amica che ha bisogno di aiuto, per quella che sta passando un brutto periodo.
Poi aveva preso a salutarmi e Cristina aveva sorriso addolcita sul posto. Quando però lui si era voltata ad osservarla, le aveva accarezzato con dolcezza la guancia e si era avvicinato per darle un bacio, lei si era ritirata scuotendo il capo divertita.
In quel momento avevo capito che non volesse che mi sentissi in imbarazzo in nessun modo e avevo compreso che non volevo limitassero la loro vita per me.
Sembrava che tutti avessero paura che io potessi cedere da un momento all'altro. Anche mia madre rimasta all'oscuro si preoccupava per me. Mi telefonava più del solito e me la ritrovavo spesso in casa. Avevo sempre avuto un rapporto aperto con lei, le raccontavo ogni cosa perchè sapevo quanto i suoi consigli si fossero potuti rivelare utili ma questa volta avevo preferito tacere perchè non volevo la questione fosse sinonimo di apprensione per lei ed era successo il contrario. Lei con discrezione non poneva domande, sapevo che volesse fossi io a raccontarle ogni cosa e la ringraziavo. D'altronde le mamme sono così, ci capiscono e ci conoscono più di quanto facciamo noi stessi.
Poi al lavoro c'era Maria che da una settimana a questa parte non faceva altro che viziarmi, mi portava sempre il caffè durante il turno e faceva in modo che io non mi sentissi mai sola, che avessi sempre una spalla su cui piangere se ne avessi sentito l'esigenza.
Ma io ero forte, o almeno volevo dimostare di esserlo. Guardavo al passato e pensavo a quanto avessi sofferto nella mia vita e non volevo che questo accadesse ancora.

Sbuffo distesa sul divano mentre faccio zapping tra i canali alla tele. Forse le mie amiche hanno ragione quando dicono che dovrei uscire. Stare a casa mi farà pensare ed è questa l'ultima cosa di cui ho bisogno.
Il campanello di casa suona improvvisamente e non ho il tempo di accorgermene che Carlotta si intrufola in casa.
Porto le braccia al cielo richiudendomi la porta alle spalle. Lei porta le sue al petto fissandomi seria. "Sei a casa" proferisce.
Scuoto la testa interrogativa alzando le spalle. "Ma davvero?".
Lei continua a guardarmi in quel modo e io arrivo a pensare che possa scavarmi l'anima. "E' sabato sera e tu non dovresti essere a casa."
Mi mordo il labbro inferiore, ticchettando con le dita sul braccio ma non oso rispondere.
Lei allora sospira pesantemente portandosi ciocche di capelli dietro le orecchie.
"Non voglio vederti così Anita..."il suo tono è quasi affranto mentre lo dice. Prende una pausa per osservare una mia reazione e poi riprende a parlare. "Cris mi ha raccontato che stamattina sei letteralmente scappata. Che ti succede?".
Mentalmente mi maledico perchè so che le sto facendo preoccupare e abbasso lo sguardo. "Sto bene, davvero..."
Lei ride ironicamente, nervosamente. "Non è vero. Vorrei che tu tornassi ad essere quella di sempre. L'Anita spontanea, allegra che eri prima che lui tornasse..."
Sento le sue parole colpirmi dritte al cuore, la verità è che lo vorrei tanto anche io.
Questa volta è il mio turno di guardarla negli occhi, il mio sguardo è supplichevole. "Non sono cambiata Lottie", ma poi mi accorgo mentre lo dico di non crederci neanche io.
Lei si avvicina, mi lascia una carezza sul braccio e io avverto le lacrime salirmi agli occhi. "Lo odio tanto, sai?. Odio Franzese per quello che ti sta facendo. Allo stesso tempo però so che solo con lui tu saresti felice".
"Diventerà padre..."singhiozzo e a quel punto Lottie non dice più nulla, mi abbraccia e basta e io penso che vada bene così.
Lottie mi asciuga le lacrime sulle guance e mi sorride. "La fai adesso una cosa per me? Vai a vestirti e mi accompagni in un posto?".
Tiro su con il naso strofinandomi un'occhio e la osservo scettica.
"Ma tu stasera non avevi quella cena con Bianchi?".
Lei si muove un pò a disagio e la noto arrossire sotto il mio sguardo. "Esatto".
"Allora con te non ci esco. Non vengo mica a fare il terzo incomodo"rispondo imbronciata.
Lottie sorride dolcemente mentre mi dà un buffetto sulla guancia. "Non è vero e poi a Fede farà piacere"replica divertita.
Porto le mani ai fianchi. "Fede, Fede lo chiami già come se foste una coppietta e comunque no non credo di stargli simpatica. Lo sai che non ci siamo mai potuti vedere"le spiego seria.
Lei mi dà una spinta. "Ma smettila, stai trovando solo scuse".
"Hei!"la richiamo a quel punto offesa.
"Anita..."mi richiama. "Ti divertirai, davvero".
Roteo gli occhi al cielo, perchè quando Lottie mi guarda in quel modo non posso dirle di no.
"E va bene, ci vengo".
Lei esulta trionfante e io sbuffo ma non posso che trovarla dolce.
"Lottie"la richiamo prima di scomparire nella mia stanza, lei mi dà le spalle mentre sistema un cuscino sul divano, ma si volta subito. "Sì?"domanda sorpresa.
Le sorrido dolce e riconoscente. "Ti voglio bene".

La pizzeria che Federico ha scelto per la serata mi piace. Fa angolo in una delle stradine più caratteristiche del centro.  Con le pareti in legno bianco e le tovaglie a quadrettini mi sembra familiare, ti trasmette calore.
Individuo Federico seduto al tavolo, si guarda intorno con circospezione e in uno momento di illucidità, immagino, penso che sia tenero. Poi mi volto ad osservare Carlotta, mi accorgo che mi tiene sottobraccio ma sembra quasi che le sue dita mi vogliano perforare la carne con la forza con la quale lo stringono, è agitata.
"Ricordami perchè sono qui..."le sussurro.
"Perchè mi vuoi bene"sorride lei a disagio,poi il suo sguardo intercetta quello di Bianchi e io penso che non sarà una bella serata per me.
Federico si alza dal suo posto lisciandosi le mani sulla maglietta bianca che indossa sotto la giacca blu e fa quel sorriso che lo reputa così affascinante. Si perchè di fascino Bianchi ne ha tanto.
"Ciao Lottie"lui le appoggia una mano all'altezza delle costole e  si salutano con due baci sulle guance.
La mia amica arrossisce sotto il suo sguardo. Poi i suoi occhi passano ad ispezionarmi, sembra che sia sorpreso e scioccato di vedermi.
"Ciao..."
Sento di volermi fare piccola piccola sotto il suo sguardo. "Ciao, Federico"lo saluto terribilmente in imbarazzo.
Vedo Carlotta sorridere allegra per stemperare la situazione e lui tituba un pò sul posto prima di prendere la parola di nuovo.
"Beh allora accomodiamoci pure" accompagna Carlotta al suo posto, spostandole la sedia per aiutarla a sedersi e poi fa la stessa cosa con me prima di prendere il suo di posto.
Cade un imbarazzante silenzio e io non credo di non essermi mai sentita più a disagio di così. Allora penso che non avrei mai dovuto assecondare la mia amica e starmene a casa. Non mi avrebbe fatto male.
Osservo Carlotta a lungo come se volessi supplicarla di salvarmi da questa scomoda situazione. Che poi tanto lo so che Bianchi mi stia odiando. Gli si legge palese in faccia che avrebbe preferito starsene solo con la mia amica.
Lei tira un sospiro sorridendo nervosamente e la sua mano incontra quella di Federico, quasi volesse placare il ticchettio delle sue dita sul tavolo
. Lui punta lo sguardo sorpreso sulle loro mani che si sfiorano ma non dice nulla.
"Allora cosa ordiniamo?" domanda Lottie alternando lo sguardo da me a Bianchi.
Lui scruta il menù con interesse e scorrendo il dito sulle portate. "Sono ancora molto indeciso...tu cosa vorresti prendere?"le chiede.
Mi soffermo ad osservarli entrambi, riesco a scorgere tanta sintonia tra quei due tale da soffocarmi.
"Io vado un attimo al bagno"sussurro e penso che loro nemmeno l'abbiano sentito ma i loro sguardi si puntano con insistenza su di me.

...Nel frattempo
"Fede..."
"Lottie..." sussurrano entrambi all'unisono una volta che Anita sia sparita dietro l'angolo.
Lottie sorride imbarazzata e Federico nonostante vuole nasconderlo la osserva con tenerezza.
"Senti Fede, mi dispiace se ti abbia infastidito la presenza di Anita"pronuncia Carlotta a disagio.
Federico corruccia la fronte interrogativo. La verità è che la prima cosa che abbia pensato quando le ha viste entrare è se Lottie lo stesse prendendo un giro. Insomma non si aspettava che lei portasse un'amica, quando era palese quello fosse un appuntamento tra loro due. Che Carlotta stesse facendo un passo indietro? Il pensiero lo stava torturando ma sarebbe stato troppo poco da lui ammetterlo.
"No Carlotta"nega a quel punto, ma evita il suo sguardo. Frequenta quella ragazza da pochi mesi certo, ma ha imparato a conoscerla bene. Sa che il suo punto debole sono i suoi occhi, che quelli saprebbero leggergli pure l'anima. Ah, quegli incantevoli occhi!.
Lottie sa che se mai dovesse stilare una lista dei difetti di Federico, metterebbe in alto l'orgoglio. Eh sì, perchè Bianchi orgoglioso lo è un sacco e ormai sta imparando a conoscerlo così bene da capirlo con un solo sguardo.
Trattiene a stento uno sbuffo un pò imbronciata e lei non lo sa ma nascosto dal suo sguardo Federico ha sorriso.
A quel punto Carlotta decide che se non sarà lui a parlare allora lo farà lei, perchè 1 non vuole che lui pensi chissà che, 2 non può permettere che la sua amica si senta a disagio e fuori posto e 3 vuole che sia davvero una bella serata.
"Vedi Fede, è un periodo davvero molto incasinato per lei e io non me la sono sentita di lasciarla sola stasera. Pensavo tu avessi capito"prende a spiegargli assicurandosi che lui la stia ascoltando.
Lui non ha distolto nemmeno un pò lo sguardo stavolta e notare Lottie arrossire lievemente sotto i suoi occhi un pò l'ha reso felice. Un pò si sente anche stupido per aver solo potuto dubitare di lei, ma è contento di sapere che tutto si sia risolto. Certo all'inizio sbuffa un pò perchè comunque resta il fatto che debba avere ragione lui ma alla fine cede perchè quando Lottie lo guarda con quei suoi occhioni dolci lui non resiste.

Anita's pov
Prendo un lungo respiro prima di uscire dal bagno. Quando arrivo al tavolo Lottie mi sorride e mi fa un'occhiolino ma in quel momento non ne capisco il motivo.
Mi siedo con cautela, Federico con la testa china, rialza lo sguardo puntandolo su di me. Non so per quale strano motivo i suoi occhi mi scrutino diversamente.
"Abbiamo ordinato anche per te, spero non sia un problema!? domanda, ma la sua è più un'affermazione.
Nego silenziosamente, chiedendomi mentalmente cosa sia successo quando mi sono assentata. Che abbiano parlato di me?.
Non ho il tempo per pormi domande che ugualmente non mi porterebbero a nessuna risposta esaustiva perchè un cameriere si avvicina al nostro tavolo per portare le nostre ordinazioni.
Alzo lo sguardo  e non mi sembra nemmeno vero che il ragazzo si riveli essere Biagio.
"Biagio?!"domando a quel punto con la voce carica di stupore.
Lui sorride sul posto, con le mani incrociate dietro la schiena. "Ciao anche a te Anita" risponde gentilmente.
"Wow ma che ci fai qui?" domando curiosa. Poi la mia domanda risulta essermi così stupida, insomma è chiaro lavori qui. La sua risata echeggia nel locale, così come quella di Lottie e Federico, e io mi mordo il labbro inferiore perchè lo ammetto viene da ridere anche a me.
Lui si indica con un dito, facendomi notare la scritta con il nome del locale stampata sulla maglietta bianca che indossa.
"E' la pizzeria di mio padre, lo aiuto nei weekend".
"Oh capisco"sussurro.
Lui annuisce spostando il peso sull'altro piede, facendo sfregare le mani tra di loro. Sembra indeciso sul da farsi.
Noto Federico sorseggiare un pò di  birra, indicandolo. "Amico quand'è che finisci il tuo turno? Magari potresti unirti a noi!" gli propone a quel punto.
"Già!"mi ritrovo inconsapevolmente ad assecondarlo.
Lui dà un'occhiata all'orologio da polso."Beh tra qualche minuto potrò essere da voi"ci informa.
Lo osservo a lungo mentre parla, il suo viso è sempre disteso e rilassato, l'ombra di un sorriso che persiste sulle labbra. Sembra l'allegria fatta persona. Mi accorgo di essere contenta che lui si unisca a noi.
Detto fatto, libero dal grembiule e dal taccuino Biagio ci raggiunge con una pizza e una birra tra le mani e si siede al mio fianco.
La serata procede tranquilla, è forse che in lui rivedo una figura amica ma mi rilassa. Non avrei mai pensato potessi dire che Federico fosse simpatico e gentile. Non me ne capacito nemmeno quando ne prendo atto. Parliamo di svariate cose e mi stupisco di come lui sappia argomentare. Ho sempre pensato che di lui non ci si potesse fidare, di stare sulla difensiva e in allerta in sua presenza ma mi meraviglio di vederlo diverso stasera. Forse è proprio vero che il tempo può cambiare le persone.
Rido come non mi capitava di fare da tempo, che poi Biagio quando ci si mette sa essere davvero esilarante. Per una sera decido che voglio staccare la mente e lasciarmi travolgere. Al suo posto accanto a Federico, Lottie sorride e io ricambio il suo sguardo.
Sottovoce Biagio mi domanda se voglia della birra e io che non bevo mai, accetto. "Grazie Biagy"rido mentre lui me ne versa un pò nel bicchiere. Mi scruta divertito per quel soprannome inventato sul momento.
"Andiamo un pò fuori, sento troppo caldo"sussurro dopo un pò a Biagio. Credo sia arrivato il momento che Federico e Carlotta passino del tempo soli. Decido che posso fidarmi di lui, che posso affidargli la mia amica.
Biagio annuisce in silenzio forse capendo il mio intento e mi fa cenno di seguirlo fuori.
"Ops"sussurro finendogli addosso cercando di evitare la gente che sta entrando. Mi aggrappo alle sue spalle soffocando una risata divertita. Mi sa che la birra stia cominciando a fare il suo effetto.
Il suo sguardo incronta il mio e lui provvede a riportare una ciocca di capelli finitami sugli occhi dietro l'orecchio. Lo spingo un pò via ridacchiando.
"Non ci starai mica provando con me, eh Biagy?".
Lui si ritrae quasi scottato alle mie parole, porta le mani in avanti all'altezza del mio viso.
"Certo che no!" protesta cambiando d'un tratto umore.
Mi chiedo cosa l'abbia fatto scattare così. Cerco di stemperare la situazione. "Meglio così, sono troppo innamorata di qualcuno per poter solo pensare che...".
Però la sua voce sovrasta la mia non permettendomi di portare a termine la frase. "Tu non mi piaci Anita!". Me lo dice con le braccia portate al petto, sulla difensiva.
Le mie labbra si schiudono per la sorpresa, ma niente ne fuoriesce. Mi fa piacere sapere di non interessargli e allora perchè le sue parole risuonano così cattive nelle mie orecchie?.
Rido sarcasticamente gesticolando."Beh viva la sincerità!".
Mi accorgo mentro lo dico che il mio tono risulti amaro. Le mie braccia si stringono al petto in uno spontaneo gesto di protezione.
Lui sussulta alle mie parole, addolcendo un pò lo sguardo. Sembra seriamente dispiaciuto da cosa le sue parole abbiano provocato in me. Ricambio il suo sguardo e mi sembra di scorgere una titubanza nei suoi occhi come se volesse confessarmi qualcosa ma non ne trovasse il coraggio. Le sue labbra si schiudono e poi richiudono a corto di fiato.
Ticchetto le dita sul braccio rendendomi conto che vorrei dire anche io qualcosa ma non saprei da dove cominciare. Mi domando a come siamo passati ad una tale situazione di imbarazzante silenzio.
"Sai Anita"mi precede lui in questo gioco di sguardi e parole difficili da pronunciare. Prende un respiro assicurandosi di catturare la mia attenzione e riprende a parlare."Io sono convinto che tu mi piaceresti. D'altronde sei una ragazza che non mi lascerei mai scappare e ho come l'impressione che la persona che tu ami con tutta te stessa non si accorga nemmeno di come tu sia. Ma vedi, io...io sono attratto dai ragazzi".
Il modo in cui me lo confessa è destabilizzante ed affrettato, da non riuscire a metabolizzare la cosa.
"Wow..."sussurro scioccata.
Non avrei mai pensato che lui potesse confessarmi una cosa del genere. In una generazione che si basa su dei pregiudizi per giudicare una persona è difficile per una persona omosessualità aprirsi e affrontare l'argomento, quindi se l'ha fatto è perchè ha riposto della fiducia in me e non voglio che le sue aspettative su di me cambino. Allora perchè non riesco ad apir bocca?!.
"Io..."
Biagio mi osserva scuotendo il capo, si passa una mano sul viso frustrato. Sembra che i suoi occhi mi mostrino tutto il loro dolore, ma io non voglio che lui pensi io lo stia giudicando come fanno tutti gli altri.
"Io, ceh...voglio dire, io..."
Ma perchè diavolo ho iniziato a balbettare in questo modo?!. Mi sento così stupida ed infantile.
Il suo sguardo deluso mi fa sentire piccola piccola.
"Va bene così Anita, non è la prima volta che qualcuno si fa un'idea sbagliata su di me per degli insulsi pregiudizi"la sua mano si posa sul mio braccio mentre lo dice, i suoi occhi sembra che vogliano perforarmi l'anima.
"No!"lo fermo sovrastando la sua voce. "No,no, no ti stai sbagliando su di me!". "Io non ho nessun pregiudizio su di te, credimi. Non sarà un tuo orientamento sessuale a farmi cambiare idea su di te. Non mi importa che ti piacciono i ragazzi, a me interessi tu come persona, una persona con cui ho piacere di passare del tempo e chi mi fa sempre tornare il buonumore, indipendentemente dal resto".
Nella mia voce c'è fermezza e convinzione che me ne stupisco io stessa ma è la verità.
So quanto le mie parole l'abbiano colpito, i suoi occhi non hanno smesso di guardarmi un attimo, si sono così tanto illuminati alle mie parole e riesco a scorgervi un velo di commozione.
"D-dici davvero?"mi domanda con la voce che gli trema per l'emozione.
"Certo Biagy, per chi mi hai preso?!"rispondo di rimando colpendolo scherzosamente ad un braccio e quando meno me lo aspetto lui mi stringe in un abbraccio. Rimango con le braccia a mezz'aria per la sorpresa, ridendo e ricambiando poi la sua stretta.
"Sei davvero una ragazza meravigliosa Anita...spero che quella persona che ti fa stare tanto male lo capisca presto"sussurra lui sulla mia spalla e il mio corpo viene scosso da brividi alle sue parole.
Sono diventata un libro aperto? Come è possibile che lui sia riuscito ad intravere nei miei occhi una sofferenza, abbia capito che sto male per qualcosa, per qualcuno?.
"Oh è davvero una lunga storia"ammetto tristemente.
Lui mi afferra per le spalle, speranzoso. "Ma se vuoi, puoi sempre raccontarmela. Ho tutto il tempo".
Accenno ad un sorriso tirato, passando a scompirgli i capelli ricci. "Magari un'altra volta, ok?". So quanto possa essere opprimente l'argomento per me.
"Anita, andiamo?"è la voce di Carlotta a richiamarmi. Mi raggiunge in compagnia di Federico che le cinge i fianchi con un braccio. Lo sguardo della mia amica si posa contemporaneamente da me a Biagio, mi sembra di vedere una scintilla attraversarle gli occhi. Il sorriso d'intesa,velato di malizia che mi indirizza mi fa ridere divertita. Pensa davvero che tra me e Biagio possa nascere qualcosa?.
"Ti aspetto alla macchina"mi informa facendo un cenno di saluto al ragazzo al mio fianco, poi lei e Federico si incamminano sotto i portici del centro storico.
"Beh...allora ci si vede"gli sorrido dondolandomi un pò sul posto.
Lui ricambia divertito. "Già, devi ancora raccontarmi molte cose. Ricorda che io sono stato molto sincero con te" mi avverte con una linguaccia.
Mi porto una mano alle labbra soffocando una risata.
Lui intanto si porta una mano alla tasca dei pantaloni cacciandone qualcosa che assomiglia molto ad un biglietto da visita.
"E questo cos'é?" indago confusa e curiosa.
"Oh beh, un invito...organizzo una serata al Music, mi farebbe piacere se tu venissi"mi fa un occhiolino.
"Cos'è adesso fai anche il dj?"lo scimmiotto rigirandomi il bigliettino tra le mani.
"Ah ah"mi apostrofa lui."Sono solo un ragazzo dalle mille risorse".
La mia risata rimbomba nel silenzio della notte. "Oh lo so, lo so".
"Ciao Biagy, buonanotte"lo saluto facendo ciao ciao con la mano.
Mi incammino nella direzione che la mia amica e Bianchi hanno preso dapprima lentamente e poi molto più velocemente. Avverto i miei tronchetti con il tacco ticchettare sulle vasole. Un sorriso affiora sulle mie labbra mentre penso che questa serata sia andata meglio di come mi aspettassi. E' arrivato il momento per me, di darmi una possibilità per essere felice.


ANGOLO AUTRICE:
Dopo mesi di assoluto silenzio, come sempre 😂, finalmente ritorno! Buon pomeriggio mie care lettrici!❤
Questo capitolo devo ammetterlo è stato assolutamente difficilmente da scrivere. Come penso si sia evinto all'inizio Anita è rimasta molto colpita da quanto accaduto e come biasimarla? Dopo i trascorsi tra lei e Luca è assolutamente comprensibile che ci stia male, ma lei è una donna forte e a volte non se ne rende conto.
Tra di loro non è successo niente più, anzi lui è praticamente assente così come la piccola Lucia, ma torneranno tranquille. Ho voluto incentrare il capitolo su altri personaggi, su Carlotta che si rivela essere sempre un'ottima amica e questo strano Federico Bianchi che potrebbe essere cambiato sul serio. Ma chi lo sa...
E poi Biagy! Non so a voi, ma a me piace particolarmente, è l'allegria e serenità fatta persona. Chi l'avrebbe mai detto custodisse un segreto? Che tra l'altro ha voluto rivelare ad Anita. Il nostro caro Biagio entrerà a far parte delle scena e sarà un personaggio fondamentale per Anita e per la storia😉.
Prima di salutarvi volevo ringraziare chiunque abbia inserito la mia storia in qualsiasi storia e le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo. Grazie, davvero❤
Enjoy and stay tuned! Alla prossima!

Vi lascio con quest'immagine creata da me e che volevo condividere con voi...la dolcissima sognatrice Anita, interpretata dalla bellissima Victoria Justice che si avvicina molto a come io la immagino.


















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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21
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Capitolo 21





Incomincio la giornata con uno spirito diverso, voglio seriamente dimenticare tutto quello che è successo e voglio dedicare de tempo a me stessa. Ritrovare il mio equilibrio. Non sarà facile, ma non posso permettere che la situazione mi butti giù, devo riprendere la mia vita in mano.
Fisso il mio riflesso allo specchio, ho passato anni ad accettarmi, a pensare se ci fosse qualcosa di bello in me e Luca era riuscito ogni volta a far vacillare le mie certezze. Ho osservato tutte le sue donne, così perfette e stereotipate da farmi rabbrividire e mi sono messa in continuo paragone con loro arrivando a credere che Luca non potesse mai accorgersi di me quando in giro c'erano donne molto più belle di me. Cosa potevo avere io di speciale?.
Ma adesso che mi rivedo, capisco che non ci sia niente in me che non vada. Mi tocco il viso e osservo i miei occhi, con quel taglio a mandorla e penso che siano sempre stati la parte del mio viso che mi sia piaciuta di più. Con quello sguardo languido ed allungato, le guance rosee, mi accorgo di conservare ancora l'ingenuità e la fanciullezza di una bambina. Negli anni ho capito che avessi dovuto imparare ad amare prima me stessa, con tutte quelle imperfezioni e i difetti che facevano di me una donna reale. La perfezione a cui spesso cerchiamo di ambire non esiste.
Devo andare avanti e devo farlo perchè posso. Ho sempre camminato da sola e  me la sono cavata con le mie forze. Non sarà un uomo a farmi vacillare, non posso permetterlo.
Quando quella mattina entro al lavoro sono felice. Sarà l'atmosfera del Natale, con le strade che si riempiono di luci, l'aria magica che strasmette, mi rende felice.
I miei stivali a tronchetto ticchettano sul pavimento e sento la borsa oscillare procedendo di buon passo.
E' infantile pensare che voglio che lui mi veda, che veda come il mio sguardo si illumini oggi e la causa non sia lui? Che veda che non ho bisogno di lui e non dipendo dai suoi gesti o dalle labbra.
"Anita, Anita!"sento una voce chiamarmi ma è come se fossi lontana anni luce da me e poi avverto che qualcuno mi stia scuotendo le spalle. E' Maria che mi osserva preoccupata in volto. Mi chiedo perchè il suo sguardo sia così confuso. Ma non lo vede che sono felice?.
"Ciao Maria" la saluto con il sorriso.
"Ehm ciao Anita"ricambia lei, ma il suo sorriso sembra tirato mentre mi osserva in volto, le sue mani passano dalle spalle al viso, facendolo oscillare prima a destra e poi a sinistra a verificare che sia a posto.
"Ma stai bene?" domanda confusa.
Scrollo la sua mano dal mio viso, ridendo. "Certo che sto bene Maria!".
"Oh...ok"annuisce lei accondiscendente e a me viene da pensare che mi stia trattando come una bambina.
"Maria...sto bene, davvero"la rassicuro. "Cosa c'è non ne sei contenta?" le domando.
"Oh sisi, certo!" esclama lei a quel punto eppure i suoi occhi indagano sul mio volto, ancora.
Faccio un passo in avanti. "Bene" le sorrido. "Vado a salutare Lucia".
Lei mi ferma per un braccio e io mi volto confusa invitandola a parlare. Lei però sembra molto evasiva. "Niente, niente"dice facendomi cenno con una mano di andare.
Raggiungo la stanza di Lucia confusa. Improvvisamente mi rendo conto che il pensiero le possa essere successo qualcosa non mi abbia sfiorata minimamente. Forse è questo che cercava di dirmi Maria. Perchè sono stata così stupida?.
Luca è lì con lei e le accarezza la testa con premura. "Adesso va tutto bene Lucia, ok?".
Entro silenziosamente nella stanza. Non c'è nessuno al di fuori di noi, i  bambini stanno seguendo la lezione nella sala comune.
"Hei"sorrido a lei, che tiene le braccia conserte sulla pancia distesa di lato sul suo lettino.
Luca seduto al suo fianco si alza frettolosamente dal suo posto. "Ciao"mi saluta.
Mi volto ad osservarlo sorpresa. "Ciao"ricambio atona sorpassandolo per farmi vicina a Lucia. Mi abbasso alla sua altezza baciandole la fronte "stai bene?".
Lei annuisce mocia mocia accucciandosi meglio da un lato. Mi fa male vederla così. Sembra triste e stanca e io mi sento talmente una sciocca egoista.
Le lascio un'ultima carezza sul viso lasciandola addormentarsi.
"Lasciamola riposare" Luca appoggia una mano sul mio braccio e io sento la pelle scottare al suo contatto.
Mi stringo le braccia al petto, massaggiandomi gli avambracci in un senso spontaneo di protezione, a difendermi da lui. La sua mano resta per poco sospesa a mezz'aria mentre i suoi occhi indugiano sul mio viso.
Lo seguo in silenzio fuori dalla stanza di Lucia e lo noto appoggiarsi alla parete, incrociando le caviglie e le braccia al petto. Mi chiedo perchè continui a fissarmi in quel modo, quasi come se volesse che io capitolassi al suo sguardo.
"E' molto agitata e lo sai meglio di me che non le fa bene. Ha saputo che Francesco uscirà presto dall'ospedale e la notizia l'ha molto impaurita, si è così affezionata a lui" mi parla e mi domando perchè il suo tono di voce sia così basso e roco anche adesso che siamo fuori.
Annuisco flebilmente. "Certo, è comprensibile".
Il suo busto si stacca dalla parete, in un chiaro segno di volersi fare più vicino e io mi accorgo di quanto sia più alto di me. Inevitabilmente faccio un passo indietro come ad imporre la distanza tra noi.
"Non dici nient'altro?" domando lui a quel punto, fermo.
Mi viene da ridere alle sue parole, ma le mie risa risultano malinconiche e tristi. "E cosa dovrei dirti?"ribatto.
Luca allora fa un passo indietro a sua volta, quasi colpito dalla freddezza delle mie parole e scuote il capo.
"Non lo so" ammette e mi sembra che la sua voce abbia assunto una sfumatura di inquietudine e malumore. "Di solito fai tante di quelle domande. Oggi mi sembra che tu non voglia nemmeno parlarmi".
Fermo il mio sguardo nel suo rendendomi conto che il suo si sia rabbuiato.
"Forse perchè è quello che voglio fare davvero. Non pensare che ti sia sempre tutto dovuto, perchè non è così" gli rispondo e mi allontano prima che lui possa dire qualcosa e che veda come le mie stesse parole mi abbiano fatto male.

Non sopporto occuparmi della parte burocatrica del mio lavoro, carte, carte ovunque. Sbuffo appoggiandomi con la testa sulla scrivania, sentendo il mio stomaco brontolare. Forse dovrei prendermi una pausa ma il solo pensiero di poter rivedere Luca mi agita.
Bussano alla porta e io mi domando chi sia. Arrivo addirittura a pensare che possa essere lui, testardo com'è nel voler avere sempre lui l'ultima parola.
"Avanti..."sussurro flebilmente sperando che la persona dall'altra parte abbia sentito.
"Ciao!" Cris si fa spazio nella stanza con dei pacchetti in mano.
"Non mi pare che Edoardo oggi sia di turno"la prendo in giro mentre lei poggiando i pacchetti sulla scrivania mi si siede difronte.
"Ah ah, davvero divertente"incrocia le braccia al petto facendomi una linguaccia. "Sono qui per te, ho portato il pranzo".
"Grazie"le sorrido complice. "Sei un angelo. Non è il massimo lavorare di lunedì".
Lei soffoca una risatina facendosi più vicina e appoggia le sue mani sulle mie. "E quando lo è?Ma è per questo che sono qui. Come stai?".
Il suo sguardo esita scontrandosi con i miei occhi. "L'altro giorno mi è dispiaciuto tu te ne sia andata in quel modo".
Socchiudo gli occhi prendendo un respiro, il solo pensiero mi fa sentire così sciocca. "Ti chiedo scusa, è stato un comportamento talmente infantile" le replico.
Lei sorride amorevolmente. "Adesso stai meglio?"mi domanda.
"Mi sono odiata, mi sono odiata tanto Cris. Ho pensato che fossi gelosa enormemente di te e poi mi sono detta, diavolo Anita come puoi minimamente provare un tale sentimento nei confronti della tua migliore amica?" le confesso.
Lei annuisce comprensiva. "Ho sbagliato anche io Anita, non avrei dovuto dire ad Edo di venire...."
Stringo una sua mano tra le mie. "Ma cosa stai dicendo Cris! Tu non devi rimproverarti di niente, la colpa è solo mia. Io voglio che tu stia bene e sono contenta che Edoardo sia l'artefice della tua felicità".
Lei sorride emozionata. "Sì"annuisce.
Mi pare che mentre mi parli il suo sguardo si perda altrove, felice. "Edoardo è qualcosa che non so spiegare. Lui mi fa ridere e mi sostiene in qualsiasi cosa. Mi sembra di vedere le cose in modo diverso da quando c'è lui. Tutte le mie debolezze lui le trasforma in punti di forza e io credo di essermi innamorata di lui".
"Vieni qui" faccio il giro della scrivania per stringerla in un abbraccio. Lei ride sulla mia spalla per la foga del mio gesto.
"Ti voglio bene" mi punta il dito contro ed entrambe scoppiamo a ridere. "Vorrei che anche tu fossi felice, Anita"la sua voce è seria questa volta mentre lo dice.
"Io lo sono Cris, sono felice"le rispondo.
Lei indugia a lungo, facendo contrarre le sue labbra in una smorfia. "Non devi fingere con me" mi fa notare.
"Ok, mi dispiace di avervi fatte preoccupare, tutte quante. Ma io sto bene, voglio stare bene. Ho bisogno di tranquillità per me stessa e ritrovare il mio equilibrio. Capiscimi, mi sono successe tante di quelle cose una dietro l'altra ma voglio guardare avanti, godermi la mia vita" le confesso sincera.
Lei annuisce sorridendo. "Ah la mia piccola Anita" ammette pizzicandomi una guancia.
"Hei!"la riprendo imbronciata.
Cristina scoppia a ridere indicandomi le vaschette con il pranzo. "Dai mangiamo che avrei una certa fame".
"Cosa hai portato?"le domando curiosa.
Lei sorride complice facendomi l'occhiolino."Ho preparato un'insalata di riso, so quanto ti piaccia".
"Perchè non l'hai detto prima?!le faccio una linguaccia. "Avanti passami quella vaschetta!".

Sono le 20.00 passate quando esco dall'ospedale, ho salutato Lucia e le ho promesso che sarei stata più tempo con lei ma non è servito a farle tirare su il morale.
"Anita, posso parlarti?!".
Arresto i miei passi nel parcheggio dell'ospedale, riconoscerei la sua voce tra mille. Un brivido mi attraversa la schiena. Serro i pugni a far diventare le nocche bianche, mentre mi volto.
"Che c'è?"cerco di dare un tono alla mia voce ma non ci riesco non appena incontro il suo sguardo. Ha il viso stanco e stravolto. Mi viene da pensare a cosa gli sia successo.
"Posso parlarti?"ripete lui cauto allungando una mano verso di me.
Non so perchè lui cerchi insistentemente un contatto con me, ma mi allontano sempre di più da lui facendo in modo di tenerlo lontano ma lui non fa altro che avvicinarsi a me. Capisco di essere in trappola quando avverto di essermi scontrata con un'automobile dietro di me. Chiudo gli occhi distogliendo lo sguardo dal suo, ma una volta che li riapro lui è lì con quei suoi occhi che indugiano sul mio corpo. Sembra che io mi senta nuda sotto il suo sguardo, quasi come esso potesse scavarmi affondo e leggere tutto quello che provo.
Mi porto le braccia al petto. "Dimmi"gli sussurro mordendomi il labbro inferiore.
Lui alterna il suo sguardo dai miei occhi alle mie labbra. "Io..ci sto provando" sembra quasi disperato mentre lo dice, noto dai suoi movimenti rigidi e dal suo scompigliarsi i capelli che qualcosa lo turbi, come se stesse combattendo una  lotta interiore.
"Ma tu..."i suoi occhi occhi incatenano i miei e io sento una morsa formarsi nel mio stomaco e le gambe molli. Resto ferma sul posto, con le braccia portate lungo i fianchi, in attesa che lui continui.
"Mi rendi le cose difficili"le sue parole restano così nell'aria mentre meno me lo aspetti le sue labbra lambiscono le mie e lo fanno in un modo passionale ed irruento da farmi tremare.
Un gemito sorpreso viene soffocato dalla sua bocca. Le sue braccia mi stringono da dietro la schiena avvicinandomi a sè e nella foga della sua stretta mi ritrovo a portare le mani all'altezza delle sue spalle per sorreggermi. Quasi come se potessi evitare di sentirmi così, di combattere contro la voglia di voler ricambiare questo bacio.
E' un desiderio difficile da contrastare perchè quando lui mi prende il viso tra le mani e mi osserva con quei suoi occhi verdi sembra che essi mi gridino "perchè?!", io penso sia la fine.
Perchè il mio cuore batte troppo forte e non riesco a ragionare lucidamente. E allora io lo capisco che no, non è vero che io non dipenda dalle sue labbra o dal suo sguardo. Non voglio essere una pedina nelle sue mani, non voglio che lui decida di baciarmi quando gli pare e piace, quando la sua donna, la sua compagna di vita non sarò mai io.
Una lacrima sfugge al mio controllo e ancora una volta capisco che lui tiri fuori la parte più fragile di me.
Lui rialza lo sguardo puntandolo nel mio e l'indice della sua mano destra si occupa di cancellare quella lacrima dal mio viso. Appoggio la mia fronte alla sua e il suo respiro affannoso si infrange con il mio.
Gli carezzo una guancia, lentamente, solleticandomi le dita a contatto con la sua barba ispida. Non è così che deve andare.
"Non posso..."sussurro. "Non voglio".
Mi allontano lasciandolo lì solo nel parcheggio dell'ospedale. Avverto una fitta al cuore consapevole di star lasciando un capitolo alle spalle ma è così che deve andare.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio mie care lettrici. Come state trascorrendo questi giorni? Io ne sto approfittando per prendermi una pausa dallo stress giornaliero, vorrei queste feste durassero a lungo😂😂
Questa volta non è passato così tanto dall'ultima volta che ho postato un capitolo, sto migliorando😂😂, mi sono prefissata l'obiettivo di poter dedicarmi di più a questa storia durante le vacanze, feste permettendo. 
Spero che il capitolo vi piaccia e aspetto le vostre opinioni. Nel frattempo ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e chiunque segua la storia.
Ne approfitto per augurarvi Buon Anno, e ancora buone feste!
Alla prossima <3

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22
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Capitolo 22



"Ti va di parlare?"domando a Lucia mentre la osservo guardare con insistenza il letto di Francesco. Questa mattina il mio primo pensiero è corso a lei.
Lei annuisce un pò sovrappensiero prendendo a giocare con le dita della mia mano.
"Sono triste che lui vada via" ammette con il broncio.
"Lucia, Francesco è guarito, non ha più bisogno di star qui, lo sai" cerco di convincerla.
Lei allora si porta le braccia al petto poco convinta. "Certo che lo so, ma non è giusto!" protesta.
"Lucia"la richiamo.
"Con chi giocherò adesso?"domanda lei tristemente.
Le sorrido con dolcezza accarezzandole una guancia. "Ma Lucia, ci sono così tanti bambini con cui potrai giocare e fare amicizia, Francesco avrà sempre un posto nel tuo cuore ma non ha più bisogno di stare qui".
Il suo labbro alle mie parole trema e io penso che non vorrei vederla così. "Alla fine tutti non hanno più bisogno di stare qui, tranne io!" esclama.
Prima però che possa dire qualsiasi cosa Francesco e sua madre entrano nella stanza.
Lei si abbassa alla sua altezza scompigliandogli i capelli."Tesoro ho da prendere l'ultima borsa nell'armadietto, tu nel frattempo puoi salutare la tua amica"sorride verso Lucia.
Il suo sguardo a quel punto si punta su di me e lei accenna un sorriso nella mia direzione.
"Buongiorno" ricambio cordiale.
"Ciao" Francesco si avvicina al letto di Lucia e il suo sguardo si illumina."Tra un pò vado via"ammette con gioia.
"Si lo so..."replica lei abbassando gli occhi alle dita che giocano tra loro.
"Però se vuoi puoi tenere questa. Così non ti dimentichi mai di me" le sorride lui gonfiando un pò il petto, e le porge una delle sue macchinine. Lei la scruta con curiosità, sul suo viso un accenna di sorriso.
"Grazie" pronuncia prendendo a giocare con una delle piccole ruote.
"Io sono pronta tesoro, andiamo?" lo richiama a quel punto la mamma.
Francesco dondola sui talloni annuendo e poi lancia uno sguardo a Lucia sorridendole prima di seguire sua madre fuori.
Lucia ha gli occhi che si riempiono di lacrime, lo avverto e penso che vorrei fare qualsiasi cosa affinchè torni a sorridere ma Francesco rientra di corsa nella stanza e lei lo osserva a lungo sorpresa, con i lacrimoni che premono per uscire ma è felice.
Francesco le si avvicina arrestandosi a pochi passi da lei. Le parole che poco dopo pronuncia sanno di dolcezza e spontaneità.
"Adesso lo so cosa chiedere a Babbo Natale come regalo".
Lei gli sorride con gli occhi in un tacito accordo e lui si china per baciarle una guancia prima di andare via e questa volta definitivamente.
Il suo sguardo si eclissa di nuovo e prima che me ne accorga Lucia fugge dal suo letto e io ho quasi il presentimento che possa rincorrerlo ma lei va alla grande finestra che dà sul cortile e i suoi occhi si perdono oltre essa quasi come se aspettasse di vederlo passare da un momento all'altro.
Si appoggia con le mani piccole al vetro e il suo respiro si infrange su esso, appannandolo. Rimango lì, dietro di lei in silenzio, senza mai perderla di controllo ma senza dire una parola.
Un singhiozzo le scuote le spalle rimbombando nella stanza e seguito poi da altri ancora. Corro verso di lei abbracciandola da dietro in modo tale da farle sentire la mia vicinanza, lei abbassa lo sguardo poggiando le sue manine così piccole sulle mie, che la stringono. Poggia il viso nell'incavo del mio collo e io la prendo in braccio.
Nel momento in cui le sue braccia si stringono attorno al mio corpo, capisco che ci sarà sempre qualcosa che mi legherà a lei indipendentemente da tutto. Mi accorgo vedendola così minuta e fragile di quanto mi venga naturale cullarla.
"Shh tesoro non piangere,shh"le sussurro tra i capelli imprimendoci un bacio. "Ci penso io a te, ci penso io".

La osservo dormire e le rimbocco le lenzuola in modo tale che stia al caldo. Sul suo viso, un'espressione serena in contrasto con le forti emozioni che hanno caratterizzato questa lunga giornata. Mi sono premurata di non staccarmi nemmeno un secondo da lei e le mie attenzioni hanno avuto l'effetto di tranquillizzarla, come speravo. A volte penso che non dovrei affezionarmi, più di quanto io abbia fatto già, va contro ogni mio principio. Da medico sono chiamata ad affrontare le cose con più freddezza, per reagire meglio ad esse, ma io non ci riesco. Come potrei rimanere così indifferente davanti ad una bambina che soffre?.
"Immaginavo fossi ancora qui" Maria entra nella mia stanza con una tazza di tè tra le mani. "Tieni, bevi qualcosa di caldo".
"Grazie"le sussurro con graditudine.
Lei accenna un'occhiata in direzione di Lucia che dorme prima di tornare a guardare me. "Sei stanca"constata premurosa.
Mi passo una mano sul viso. "Non vedo l'ora che il mio turno finisca, eppure vorrei rimanere qui".
Maria annuisce comprensiva. "Lo capisco". Poi continua a parlare ma il suo tono assume una sfumatura diversa. "C'è Franzese ad ore due, ce la fai ad affrontarlo?".
"Si..."le rispondo ma mi accorgo che la voce mi trema. Sarebbe la prima volta che lo vedo, perchè è stato impegnato con un intervento e non si è praticamente fatto vivo.
Maria mi poggia una mano sulla spalla per confortarmi e Luca entra nella stanza. Mi domando perchè incontrare i suoi occhi mi procuri questo groviglio allo stomaco. Maria dopo una sua occhiata ci lascia soli e io penso che invece avrei proprio bisogno di un suo sostegno.
"Ciao"sussurra lui in modo tale che Lucia non ci senta.
"Ciao" ricambio atona.
Lui dondola un pò sul posto portando le mani nelle tasche. "Hai fatto un buon lavoro qui, me l'hanno detto" il modo in cui me lo dice mi fa sembrare quasi che sia orgoglioso di me, ma io non ho tempo per illusioni.
"Grazie"abbasso lo sguardo in imbarazzo perchè il suo viso è troppo vicino al mio e in me è ancora vivido il ricordo di quel bacio. Non ne abbiamo più parlato ed è stato un bene eppure so che per quanto io non voglia ammetterlo ho avuto modo di appurare il segno che abbia lasciato in me.
L'aria è tesa tra di noi e io penso a cosa possa dire, questo silenzio è assordante. Mi passo le mani sul camice in imbarazzo.
"Tra un pò finisco qui. Ci vediamo"accenno ad un saluto.
Lui rimane fermo sul posto in una posizione un pò rigida e rimane ad osservarmi con uno sguardo che definirei affranto. Lo sorpasso, ma una volta sulla soglia lui mi richiama.
Mi volto quanto basti per rincontrare il suo sguardo e quando lui "Anita mi dispiace..."sussurra, le sue parole sono un colpo al cuore per me. Capisco ci sia un riferimento che vada oltre quel bacio che ci è stato, ma non dico nulla. Non trovo parole adatte. La scelta migliore mi sembra andare via.

"Ciao!" la voce di Biagio risuona nell'abitacolo della mia auto. Il suo entusiasmo è palpabile come sempre eppure non riesce a smorzare il malumore che mi porto dietro. Tolgo il vivavoce inserito portandomi il cellulare all'orecchio.
"Hei Biagy"rispondo.
"Ti ricordi della festa di questo sabato, vero? Io ti aspetto! E poi normalmente puoi portare chi vuoi!" esclama lui, e anche se non mi e possibile vederlo penso stia sorridendo.
"Sisi certo...ci sarò".
"Bene, ne sono contento. Ma va tutto bene?"domanda lui allora con apprensione.
Mi passo una mano sugli occhi stanca, non mi sembra nè il modo nè il momento per parlargli. "Sì davvero, è solo stata una lunga giornata. Ti va se ci sentiamo un'altra volta?" gli domando.
Lui annuisce poco convinto salutandomi. E' stata una giornata così lunga ed estanuante che senza rendermene conto appena arrivo a casa, mi addormento.

Ci ho pensato a lungo durante il giorno, d'altronde gliel'ho promesso e non posso tirarmi indietro, andrò alla festa di Biagio. Ho deciso di osare per una volta e ho indossato uno dei miei vestiti migliori. Sorrido davanti allo specchio, per una volta mi sento bella.
Il Music è proprio come lo ricordavo, con quell'aria un pò vintage. Ci ho passato molti dei diciottesimi dei miei compagni qui e tornarci mi dà molta nostalgia. Non vedo nè Biagio e non so nemmeno se sia arrivata Carlotta, in quanto mi ha comunicato sarebbe venuta con Federico.
Mi muovo tra la calca, c'è già molta gente.
"Anita" mi volto accorgendomi che sia proprio Biagio a chiamarmi. Gli sorrido rasserenata.
Lui mi abbraccia stampandomi due baci sulle guance, è sempre così solare.
"Sono così contento che tu sia qui. Vieni con me che ti presento gli altri".
Mi rendo conto che il suo gruppo è proprio davanti al bancone rosso del piano bar e riconosco sia la mia amica che Bianchi. Non vedo l'ora di rimanere un pò da sola con lei per chiederle cosa ci sia tra loro due.
A malincuore riconosco anche Diego ed Alberto ed entrambi si voltano ad osservarmi con quei sorrisini biricchini che odio. Diego mi fa addirittura un occhiolino sfacciato.
Biagio mi presenta sua sorella Alessandra e ho modo di notare quanto siano diversi tra loro. Lei hai i capelli neri tagliati a caschetto e un paio di occhi azzurri che spiccano sul suo viso pallido. E' più timida e sta sulle sue ma si rivela essere molto simpatica.
Biagio ha una vasta cerchia di amici, ed è un abitudinario del posto. Infatti non è la prima volta che lui organizzi serate qui, non mi è sfuggito che qui tutti lo conoscano e siano così felici di averlo attorno. Sarà che Biagio con la sua spigliatezza e la solarità riesce a coinvolgerli tutti.
"Hei"sorrido complice a Carlotta in un momento di distrazione di Federico.
"Ciao!"esclama lei.
"Ma allora, tu e Bianchi?" le domando sottovoce. Lui sembra impegnato in una conversazione con uno dei ragazzi del gruppo ma non voglio lo stesso che senta.
"Beh...siamo amici, credo" ride con imbarazzo la mia amica.
"Certo amici, valla a raccontare a qualcun'altro questa bugia"la prendo in giro appoggiandomi al bancone dietro di me.
Lei sorride nascondendosi ma io non ho modo di aggiungere altro perchè Biagio mi si avvicina posando una mano sulla mia spalla.
"Ste, dai da bere ai miei amici" urla in direzione del ragazzo dietro al bancone, poi si rivolge a me con un sorriso. "Ci vediamo dopo".
Annuisco vedendolo raggiungere la sua postazione del dj. Che la festa abbia inizio, penso.
Carlotta mi sfugge nel momento in cui Federico smette di parlare con Marco e io mi volto un pò imbronciata afferrando la bibita che Stefano, il barista, mi offre osservandola a fondo. Nel locale risuonano le note di Starboy.
Alessandra si siede al mio fianco, sorridendo timidamente e io ne approfitto per iniziare una conversazione con lei. Scopro che è la sorellina più piccola di Biagio e che è una studentessa fuori sede. Infatti studia architettura a Bologna.
Mi comunica che in comune lei e suo fratello abbiano solo una passione per l'arte in generale, infatti mentre suo fratello vive di musica, lei sogna di diventare una design.
"Non potevo mica perdermi una serata di mio fratello, lui ci tiene molto" ammette con un sorriso, sorseggiando un pò della sua bibita.
Dalle sue parole si evince tantissimo affetto per lui. Mi spiega infatti che torna a casa solo per le feste e per qualche weekend sporadico, ma questo era da ritenersi una buona causa. La osservo mentre ne parla e io penso che essere una studentessa fuori sede abbia i suoi pro e contro. Mentre ti apre un mondo diverso; l'arrivo in una città diversa comporta un cambiamento nella propria vita e abitudine; la lontananza a volte si fa impellente. Io l'università l'ho fatta qui, vicino casa, e mentre la guardo le sorrido con ammirazione.
All'improvviso la nostra conversazione viene spezzata dall'arrivo di Alberto. Mi volto a guardarlo infastidita ma lui deve farsi forza della cosa.
"Ciao Anita"mi saluta sorridendo sfacciato.
Alessandra al mio fianco è ammutolita abbassando lo sguardo, e io mi chiedo se sia perchè la sua presenza le metta soggezione o perchè le piaccia.
A quel punto lui sembra notarla perchè si volta nella sua direzione e le sorride, ma questa volta non c'è scherno nelle sue parole.
"Ciao piccola Marchetti".
"Ciao Ferraro"replica allora lei.
"Non sapevo ci fossi anche tu stasera, non ti avevo vista..."
Il suo sguardo si rabbuia improvvisamente. "Già...tu non mi noti mai" sussurra.
Ma lui non deve affatto cogliere il suo cambio repentino di umore perchè torna a rivolgersi a me con entusiasmo.
"Balliamo?"
"Spero tu stia scherzando"ribatto inespressiva.
"Veramente no" ammette lui spavaldo e avverto Alessandra saettare lo sguardo da me a lui ripetutamente.
"E perchè dovrei ballare con te, scusa?" domando portandomi le braccia al petto accusatoria.
"Perchè sono bello, bravo a ballare, e perchè so che ti piacerebbe" sorride lui sornione.
Dischiudo le labbra per la sorpresa e l'irritazione. "Ma neanche per sogno!"ribatto.
"Oh ma non si dicono le bugie Anita..."lui si avvicina a me cantilenando, il suo viso è pericolosamente vicino al mio e non mi piace per niente.
"Lasciami in pace" lo spintono lontano da me. Lui sobbalza incespicando nei suoi passi e si porta una mano al petto con fare dispiaciuto.
"Anita, mi ferisci così".
"Sei davvero..."
"Davvero?"domanda lui derisorio.
"Fammene andare, va!"lo sorpasso cercando di andare il più lontano possibile da lui ma proprio mentre penso di averlo seminato lui mi afferra un braccio. Mi volto spaventata nella sua direzione e lo strattono portandomi il braccio al petto.
"Lasciami stare, ti ho detto!"gli urlo contro.
"Hei tu! Ti ha detto di lasciarla stare!".
Ci voltiamo entrambi nella direzione della persona che ha parlato. "Luca?!" esclamo sorpresa.
Alberto si volta verso di me osservandomi con curiosità. Luca gli lancia un'occhiata di sfida per intimorirlo. "Allora che ci fai ancora qua? Vai via!".
"Hei amico, ma non ti scaldare troppo eh! Me ne vado, me ne vado!" ammette lui portando le mani in avanti prima di scomparire dalla mia vista. Grazie per avermi liberato da lui, vorrei dirglielo eppure le parole che escono dalle mie labbra sono ben diverse.
"Che ci fai tu qui eh? Non dovresti stare con la tua ragazza?!"lo accuso indispettita.
Lui appare sorpreso dalla mia affermazione. "E' così che mi ringrazi? E io che ti aiuto!" replica.
Rido nervosamente alle sue parole, e lo osservo scettica."Tu che mi aiuti, oh ma guarda, credo di non ricordarmelo!".
Luca dischiude le labbra pronto a ribattere ancora e si tira su gli occhiali che gli sono scivolati sul naso. E' strano che li porti fuori dal lavoro, penso. Ma mi accorgo che io non dovrei nemmeno farle osservazioni del genere, non dovrei soffermarmi su tutti questi dettagli.
Mi porto le braccia al petto in attesa, ma lui non dice niente.
"Non hai niente da dire, Franzese?" lo provoco.
Luca a quel punto mi osserva con sfida ed irritazione. "Sai che c'è? Avrei fatto bene a lasciarti in compagnia di quello lì. Chi lo sa che sotto sotto non ti dispiacessero le sue attenzioni" sbotta.
Sbarro gli occhi alle sue parole, ma non ho tempo di rendermene conto che Carlotta accorre al mio fianco, e noto che con lei ci siano anche Federico e dei ragazzi del gruppo.
"Hei, hei, ma cosa succede qua? Anita, stai bene?" mi appoggia una mano sul braccio e io gliela stringo. "Si..."le sussurro.
Ma il suo sguardo si focalizza su Luca e io vedo nei suoi occhi qualcosa che non le ho visto forse mai.
"Ma cosa ci fai qui Franzese? Sei sempre in mezzo! Perchè non la lasci un pò in pace, eh? Da quando ci sei tu, non ci sono altro che guai in giro!" gli urla contro.
Mi volto a guardarla sconvolta ed impaurita. Non l' ho mai vista reagire così. Federico la trattiene per un braccio e io osservo Luca per una sua reazione. Lui deve pensarla allo stesso modo perchè i suoi occhi non smettono di guardarla un attimo. Colpito, scioccato, rammaricato?.
Ma alla fine non dice niente, classico per lui scappare davanti alla realtà e ai problemi, e così com'è venuto se ne va. Codardo.
Mi porto una mano all'altezza del cuore, accorgendomi che stia battendo troppo forte. E io che pensavo potessi divertirmi. Venire a questa festa si è rivelato l'errore più grande della mia vita. E poi adesso con gli occhi di tutti addosso sento che potrei sprofondare dalla vergogna.
Lottie sta cercando di darsi una calmata, Federico al suo fianco che la rassicura. Li sorpasso tutti quanti per andare a riprendere il mio cappotto e andare via. Incrocio lo sguardo di Alberto, di nuovo e credo che potrei usare parole poco carine nei suoi confronti.
"Mi dispiace" dice lui.
E allora io penso che quel tono non gli si addica per niente e mi metto a ridere con l'intenzione di deriderlo. "Mi dispiace? Sai che c'è? Vuoi uomini siete tutti uguali!" sbotto.

Sola e fuori dal locale mi sembra di tornare a respirare. Il silenzio della notte viene però interrotto dalla voce di Biagio.
"Anita, ma che fai? Te ne vai?" domanda tristemente.
Incrocio i piedi portandomi le mani nelle tasche del cappotto. "Biagio guarda, ti ringrazio per l'invito ma preferisco tornarmene a casa. E' stata una serata abbastanza movimentata" gli spiego brevemente.
Lui sorride rassicurante. "Andiamoci a prendere qualcosa insieme, ti va?".
"Ma, ma tu hai la serata, ti staranno cercando tutti..."
"Oh non ti preoccupare, c'è qualcuno che potrà sostituirmi ma tu adesso hai bisogno di un amico".
"Grazie"gli sorrido.
Sorseggio la mia cioccolata calda in silenzio mentre Biagio sgranocchia dei biscotti secchi.
"Allora, mi dirai mai cosa è successo? domanda lui perplesso.
Mi porto un tovagliolo alle labbra pulendole. Annuisco ricordandomi quanto lui sia stato sincero con me e prendo a raccontargli tutto quello che è successo.
"Sai cosa ti dico Anita? Che non dovresti lasciarti condizionare da un uomo. Sei bella, intelligente, e devi vivere la tua vita" mi consiglia lui, serio.
"Già" annuisco. "E' solo che io ci sto provando, davvero. Ma è sempre colpa sua. Quando tento di fare un passo avanti, lui si ripresenta continuamente" ammetto sconsolata.
"Sai che penso? Io credo che l'unico modo per mettere fine a questa storia sia confessare a lui tutta la verità. Rivelagli cosa provi e digli di smettere di giocare con i tuoi sentimenti, una volta e per sempre".
Ammettere di amare Luca sarebbe come una sconfitta, come servirgli la vittoria su un piatto d'argento e io non posso permetterlo.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio mie carissime lettrici! Come state? Qui oggi c'è un tempo uggioso che mi mette tanta tristezza addosso...
Ma passando al capitolo, parecchio complicato e fatemelo dire povera Anita, gliene succedono di tutti i colori. Non avrei voluto essere nei suoi panni😂
Fatemi sapere cosa ne pensate, aspetto i vostri pareri. Nel frattempo ringrazio le ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo e che seguono assiduamente la storia, chiunque l'abbia inserita tra le seguite/preferite/ricordate.
Alla prossimaa!

















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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23
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Capitolo 23




Parlare con Luca mi sembra fuori discussione, come potrei avere il coraggio di dirgli che mi sono innamorata di lui, ancora? Non dopo quello che è successo tra noi, non dopo che lui ha una ragazza e diventerà padre.
Questo pensiero mi ha tartassato per tutto il weekend e sento che continuerà a farlo, la testa mi scoppierà.
"Tutto bene?" domanda Maria affiancandomi.
"Ho avuto un weekend da schifo" ammetto sbuffando.
"Cosa è successo? chiede lei con apprensione.
"Sabato sera ho passato davvero una brutta serata e poi c'è una cosa che mi ha assilato per molto tempo"le spiego.
Lei mi fissa, seriosa. "Cosa?"domanda.
Mi appoggio al muro dietro di me incrociando le gambe e portando le mani nelle tasche. "Voglio fare qualcosa per Lucia. Insomma Maria, io so che l'unica cosa che possa farla stare davvero bene sia un cuore, ma al momento non ce n'è uno compatibile. Lucia ha bisogno di tanto amore, di essere normale, almeno per una volta".
Maria mi osserva silenziosa, ma con il sorriso sulle labbra. "Cosa vuoi fare?".
"Oh beh lo vedrai, al momento c'è sola una persona che potrebbe aiutarmi"le confesso e nel momento in cui lo faccio sorrido.

Parlare con Luca adesso mi sembra la cosa più giusta da fare. La causa è quella più giusta che ci sia, penso mentre busso alla porta del suo studio.
Ne seguono attimi di silenzio, forse troppi e io arrivo a pensare che non ci sia. Sono pronta a fare dietrofront quando avverto la sua voce dall'altro lato e abbasso lentamente la maniglia.
Come pensavo non sono pronta ad affrontarlo, non dopo quello che è successo sabato sera. La tensione è palpabile nell'aria, l'avverto. I miei muscoli si tendono all'allerta, quasi fossi pronta a scappare da un momento all'altro, ma non lo posso fare.
"Ciao"lo saluto cercando di accennare un sorriso cordiale.
Lui alza lo sguardo dal suo pc e finalmente mi guarda. Ma i suoi occhi non trasmettono nessuna emozione. Sento le mie gambe tremare lievemente.
"Ciao" ricambia lui aggiustandosi gli occhiali sul naso, apparentemente calmo.
"Vuoi sederti?"mi indica le sedie di fronte a sè e io nego con la testa. Stargli vicina sarebbe come infligermi una ferita da sola. "No grazie, rimango in piedi".
Lui annuisce distratto dalle scartoffie sulla sua scrivania. "Volevi dirmi qualcosa?" domanda, ma questa volta non mi guarda nemmeno mentre lo dice.
"Ho bisogno del tuo aiuto"gli confesso decisa.
Lui allora mi osserva da sotto i suoi occhiali togliendoli poi definitivamente. Si massaggia il naso lì dove gli hanno lasciato il segno e sogghigna. "Tu che chiedi il mio aiuto!". Il suo riferimento alla festa di sabato mi innervosisce.
"Luca"lo supplico con lo sguardo. "Si tratta di Lucia".
Sento di aver colto la sua attenzione quando lui flette le braccia appoggiandosi con le mani alla scrivania.
"Avanti, dimmi" proferisce serio.
"Io, io lo so che è una cosa impossibile e da matti, perchè mi rendo conto di quanto possa essere pericoloso e rischioso per lei, ma ho bisogno che tu mi aiuti a farle vivere un giorno normale, fuori di qui" gli confesso.
Lui si allontana dalla scrivania facendo stridere le rotelle della sua sedia e prende a ridere sonoramente. "Sei tutta matta!"ammette.
Pensa davvero che per me sia un gioco?.
Il fastidio che sento di provare in questo momento è così forte e tale da farmi stringere i pugni delle mani. "Non sono mai stata così seria in vita mia!" ribatto.
Lui porta le mani giunte sotto al mento appoggiandosi allo schienale della sua sedia e scuote il capo.
"Anita, Anita"cantilena."Tu non hai idea di cosa mi stia chiedendo".
"Lo so invece e so che probabilmente non ti interessi niente, ma sai cosa ho pensato io? Che non potrò mai far nulla affinchè Lucia torni a star bene. Solo un nuovo cuore potrebbe aiutarla ma questo cuore potrebbe arrivare domani così come potrebbe non arrivare mai. Tu ci pensi mai?
A quel punto lei continuerà a star in quel letto d'ospedale mentre la vita le scorre davanti e lei pensi che non è giusto sia sempre l'unica a dover rimanere qui. Ecco, io voglio solo che lei si senta normale per un giorno, voglio che non esistano medicine, flebo, cuori malati o l'ospedale. Desidero solo che lei viva un giorno diverso, da bambina spensierata, serena, felice. Vorrei che fosse quel giorno lei ricorderà per sempre" ammetto. Se mai dovesse succedere qualcosa a Lucia, non so come reagirei. Il solo parlarne mi fa salire un magone in gola.
Luca ha fatto il giro della scrivania e adesso mi fronteggia. Scoprirmi così vulnerabile davanti a lui, mi imbarazza. Abbasso lo sguardo asciugando una lacrima che mi è sfuggita.
Lui fa per accarezzarmi una guancia, ma la sua mano rimane per un pò sospesa mentre mi scruta indeciso sul da farsi. Quando incrocio i suoi occhi lo scopro ad osservarmi in un modo che fa aumentare il mio battito cardiaco.
Alla fine ritrae la mano stringendo le nocche lungo il fianco. "Sai cosa penso? Ci sono tanti, davvero tanti motivi per cui io debba dirti di no. Lo sai meglio di me quando questo possa essere rischioso e la decisione non dipende completamente da me, ma sai che c'è? Che davanti a Lucia, e davanti a te che mi guardi così io non posso dire di no".
Gli sorrido senza dire niente, sapevo che alla fine lui avrebbe capito.
Lui a quel punto fa un sorrisino arrogante e biricchino e porta un indice all'altezza del mio viso. "A patto che io venga con voi!"esclama.
Il sorriso svanisce dal mio volto, avrei dovuto aspettarmelo, ma d'altronde penso che andrà bene così. Questo non glielo dico di certo, con Luca sono costretta sempre a ponderare le parole da usare.
"Lucia ne sarà felice"ribatto a tono.
Lui annuisce ma poco convinto dalle mie parole e io penso che non vorrei mi guardasse così. Gli dò le spalle appoggiando una mia mano sulla maniglia della porta.
"Anita" mi richiama lui pronunciando il mio nome lentamente, in un modo che definirei dolce. Mi volto quanto basti per trovarlo di fronte a me, di nuovo.
"E tu?" domanda in un sussurro.
A quel punto decido di rimanere fedele alla promessa che mi sono fatta e non dargli la soddisfazione di pensare che io dipenda da lui.
"Vado a dare la notizia a Lucia" gli rispondo allora uscendo.
Fuori da lì e libera da ogni suo sguardo mi fermo per permettere al mio cuore di rallentare i suoi battiti. Adesso però devo smetterla di reagire così in sua presenza o mi renderò la vita impossibile.

Oggi è il gran giorno. Ricordo che quando lo comunicai a Lucia lei non fece che esultare di gioia e io guardandola capii che avessi fatto la scelta giusta. Ne era seguito un percorso burocatrico assai noioso ma indispensabile e con riconoscenza avevo ringraziato Luca di essersi occupato di tutto. Il passo più difficile era stato monitorare Lucia nei giorni che avevano preceduto questo. Controllavamo ogni volta qualsiasi parametro, qualsiasi analisi scrupolosamente affinchè fossimo certi che sarebbe andato tutto per il meglio. Un pò mi ero sentita in colpa venuta a conoscenza della totale responsabilità che Luca si era assunto.
Mi avvicino alla porta della stanza di Lucia, sento le sue risa fino a qui. Mi sporgo sorridendo e noto che Maria la stia aiutando a vestirsi.
Lucia è così allegra, non fa altro che saltellare da una parte all'altra del letto. Rido sonoramente alla scena e mi appresto ad entrare.
I loro sguardi si posano su di me, Maria sorride teneramente e Lucia batte le mani entusiasta.
Quando mi avvicino a lei, si butta tra le mie braccia aggrappandosi al mio collo.
"Ti voglio bene"sussurra sulla mia spalla  e io le accarezzo la schiena dolcemente.
Maria osserva la  scena intenerita e anche  emozionata.
Mi dà una pacca sulla spalla. "Ci pensi tu qui,vero? "sussurra quasi non voglia rovinare il nostro momento.
Annuisco mentre lei lascia una carezza sul viso di Lucia. "Goditi questa giornata che sarà bellissima" le sorride un'ultima volta  prima di lasciare la stanza.
Rimaste sole Lucia rimane ancora per un pò abbracciata a me stringendomi le braccia attorno alla schiena e io penso che vorrei questo momento durasse per sempre.
Alla fine l'aiuto a prepararsi infilandole il vestitino a fiori che ha scelto e sorrido. Dedicarmi così tanto a lei, mi fa stare bene, mi fa sentire anche se solo per un pò la sua mamma.
Lucia mi chiede di farle le trecce e io acconsento. Lascio che si sieda sul bordo del letto e inizio ad intrecciarle i lunghi capelli.
Luca entra nella stanza, indossa già il giaccone e si strofina le mani tra di loro come se volesse riscaldarle. Il suo sguardo si posa su di me, mi osserva a lungo,e io sento di non saper reggere i suoi occhi su di me.
Lucia sorride così tanto vedendolo che quando lui le si avvicina e le accarezza il volto devo distogliere il pensiero di noi tre come una famiglia dalla mente.
"Questa piccolina è pronta?" le sorride entusiasta.
Lei annuisce gonfiando le guance e scende dal letto. Fa un giro su se stessa allargando il vestito. "Sono bellissima, vero?"domanda con un sorriso.
Ridiamo alla scena e a quel punto Luca la prende tra le braccia facendola volteggiare. "Sei meravigliosa"le sorride.
Se lui fa così non riesco proprio a non pensare a noi insieme. Distolgo lo sguardo e mi avvicino agli armadietti in stanza.
"Luca, le metteresti il giubbino, io nel frattempo preparo una borsa". Avverto i suoi occhi addosso ma so che se mi voltassi sarebbe un duro colpo per me eppure lo faccio. In un gioco di sguardi e di silenzi comprendo che anche lui stia pensando alla stessa cosa.

Siamo fuori. Lucia è fuori dall'ospedale e io vorrei che lo fosse per sempre, ma stasera deve rientrare. Tiene la mano a me e a Luca mentre raggiungiamo la macchina di lui. Lucia parla, parla ma giuro che non mi stancherò mai di ascoltarla.
Fuori da quelle quattro mura capisco un'altra cosa però e sento che l'ansia si stia impossessando di me.
"Allora piccolina cosa vuoi fare?"le domanda Luca.
Lei a quel punto si porta un dito alle labbra pensierosa  ma sorridendo biricchina. "Mmh voglio andare al parco, andiamo a giocare!".
Io e Luca ci osserviamo contemporaneamente mentre lei lo dice ma lì infondo al nostro cuore la risposta la conosciamo già. So che in altre occasioni le difficoltà e il buonsenso ci frenerebbero ma abbiamo promesso che questo debba essere il suo giorno migliore e lo sarà.
"E parco sia!" esclama Luca divertito. Lucia annuisce entusiasta saltellando e facendo oscillare le nostre braccia.
Lucia corre felice e allegra verso le giostre e io mi porto le mani al petto con apprensione. C'è una luce nei suoi occhi, sembra proprio che almeno oggi la malattia non abbia effetto sul suo corpo. Lucia dimostra di avere una tale forza e gioia di vivere.
Un sorriso che nasce sulle mie labbra mentre la osservo dondolarsi sull'altalena sa di tristezza e malinconia ma anche di aspettativa e speranza.
"Vieni, sediamoci su quella panchina" sento una mano di Luca posarsi con delicatezza sulla mia spalla ma al gesto sussulto. Penso se sia il caso di allontanarci, non voglio lasciare Lucia da sola ma lui mi rassicura spronando a seguirlo ed è quello che faccio.
Prendiamo posto su una panchina che non è molto distante da lei e questo mi rende più facile scrutarla. Mi sistemo ad una distanza di sicurezza di lui perchè so quanto mi possa far male la sua vicinanza. Alla fine il pensiero di lui padre torna a tormentarmi, è più forte di me ma non riesco ad accettarlo, ancora. Prendo a giocare con le dita delle mani distratta.
All'improvviso Luca ferma le mie stringendole tra le sue e io le osservo a lungo. Nelle sue mani le mie quasi scompaiono eppure sembrano fatte apposta per combaciare. Rialzo lo sguardo puntandolo finalmente nel suo, il cuore sembra voglia uscirmi dal petto, batte ferocemente e io non riesco a calmarlo.
"So a cosa stai pensando" mi dice e sembra che i suoi occhi vogliano leggermi anche l'anima. E io penso che se davvero lui sia capace di leggere nel mio pensiero,  sono nei guai. Le mie labbra si aprono e si richiudono senza sapere ben cosa dire, ci metto un pò prima di rispondere ma alla fine lo faccio.
"Non capisco".
Lui a quel punto scuote il capo ma non riesco a leggere la sua espressione distratta dalla voce di Lucia che mi chiama. Sorrido facendole ciao con la mano.
"So che tu stia pensando agli innumerevoli rischi" parla lui e io sento le sue parole arrivarmi dritte al cuore.
"Avevi ragione tu. Forse mi sono lasciata prendere troppo dall'entusiasmo e ho paura che le possa succedere qualcosa"gli confesso ma non lo guardo mentre lo faccio. Nonostante mi abbia seguita e mi abbia appoggiata so quanto gli sia sembrata una richiesta matta.
Luca non dice nulla, ma sento un sospiro pesante uscire dalle sue labbra e poi un sorriso affiora sul suo viso, genuino e con emozione negli occhi.
"Non è vero, alla fine avevi ragione tu. Quell'espressione, quella sul viso di Lucia, il modo in cui è felice, in cui sembra che viva la sua normalità è impagabile. Non me lo sarei perso per niente al mondo".
Mi ritrovo ad ascoltare le sue parole, con l'emozione che mi attraversa il cuore e gli occhi. E' bello l'effetto che Lucia eserciti su di lui.
"Lo so...non mi sembra nemmeno vero che tu per una volta sia dalla mia parte" mi esce naturale dirglielo, ma me ne pento nell'istante in cui noto il suo sguardo rabbuiarsi.
"Non è vero...io sono, sono sempre dalla tua parte, lo sai" nega ma mentre lo dice ho come la sensazione che non ci creda nemmeno lui stesso. Bugia, e se è così non me lo dimostri tanto spesso, caro Luca. Vorrei dirglielo ma mi limito a sorridergli con amarezza.
"No..."sussurro.
Mi allontano subito da lui, sentendo di non riuscire a stargli accanto. Ultimamente sembra che io voglia scappare da lui.
Mi stringo nel cappotto accelerando il passo mentre raggiungo Lucia.
"Anita, guardami, dai dai!!" attira la mia attenzione lei, oscillando le braccia al cielo dall'alto di uno scivolo.
"Fai attenzione Luci" le ricordo con apprensione ma le si è già lasciata scivolare giù, con le braccia all'aria e il sorriso in volto. Arrivo appena in tempo per prenderla e lei rimane un pò sul posto riprendendo fiato.
Sono subito al suo fianco. "Stai bene?" le domando in ansia."Lucia respira molto lentamente".
Lei sorride innocente e si aggrappa al mio corpo. "Scherzetto!" esclama.
"Luciaa!"la rimprovero. "Non farlo mai più".
La piccola alle mie parole mantiene il sorriso con quell'espressione angelica e io penso che serva questo a spazzare tutto il resto via.
La osservo tra le mie braccia e le sposto una ciocca di capelli dagli occhi e penso che Maria abbia ragione, io ho bisogno di lei per essere felice. Mi guardo alle spalle e in un recondito posto del mio cuore spero che Luca mi raggiunga ma lui è impegnato al telefono e mi viene da pensare con stizza se sia Vanessa, la madre del suo bambino!.
Lucia mi solletica le guance con le dita, attirando la mia attenzione."Anita, sei triste?" domanda abbassando lo sguardo.
Colta in flagrante le sorrido lievemente. "Certo che no tesoro. Ero solo pensierosa".
Lei annuisce poco convinta, so che abbia capito qualcosa mi turbi, ma "mi spingi sull'altalena?" chiede con dolcezza. Le dò una carezza sulla guancia ridendo. "Certo che sì!".
Lei sorride alle mie parole e mi abbraccia forte.

Luca ci raggiunge poco dopo e noto il suo sguardo posarsi a lungo su di noi e penso se sia tristezza, amarezza, senso di colpa quello che leggo nei suoi occhi. Per cosa poi?.
"Allora le mie ragazze che dicono?" accompagna il sorriso con un occhiolino in direzione di Lucia mentre lo dice e io mi chiedo che significhi. Non siamo le sue ragazze e io non sono nemmeno la sua donna. Lui di donna ce ne ha già una ad aspettarlo a casa, con in grembo il loro figlio e non sono di certo io!.
Mi sa che sto prendendo questa situazione un pò troppo sul serio...
"Luca, voglio un gelato!" esclama a quel punto Lucia sorridendo angelicamente.
Lui annuisce tendendole la sua mano. "Conosco un posto dove fanno il gelato più buono della città" la osserva complice mentre lei con un balzo salta giù dalla sua altalena.
Afferra la sua mano e ironia della sorte sembra che sia lei a guidare lui e non viceversa. Rimango in disparte spettatrice di questa scena.
Riconosco tanta complicità tra di loro e arrivo a pensare che una famiglia formata da noi per Lucia sarebbe l'ideale, allo stesso tempo però il mio sembra un sogno così lontano ed utopistico.
Lucia arresta i suoi passi facendo quasi incespicare Luca nei suoi e si volta ad osservarmi puntano i piedi a terra e le mani sui fianchi. "Anita vieni con noi, avanti!" esclama.
Luca al suo fianco soffoca una risata e io sorridendo divertita accelero il passo seguendoli.
"Allora piccolina come lo vuoi questo gelato?" le domanda Luca abbassandosi alla sua altezza.  
Lei dondola un pò sul posto pensierosa. "Nocciola e stracciatella "trilla e a me viene da pensare che siano i miei gusti preferiti.
"Allora una coppetta per la signorina, stracciatella e nocciola" spiega al ragazzo dietro il bancone e poi si volta verso di me. "Tu cosa vuoi, Anita?" mi domanda.
"Oh nono, io non lo prendo, grazie" nego in imbarazzo sotto il suo sguardo attento.
Lui annuisce poco convinto ma non proferisce parola.
Tendo una mano a Lucia. "Incominciamo a prendere posto, ti va?" le chiedo indicandole i tavolini nella sala. Lei annuisce seguendomi ma il suo sguardo rimane su Luca, in attesa di quel suo gelato che è ansiosa di gustare.
"Ti stai divertendo?" le domando allora prendendo posto al suo fianco.
Lucia annuisce vigorosamente facendo un gran sorriso. "Moltissimo" risponde.
"Eccomi qua!" esclama Luca. "Questo è per te, signorinella".
Porge la coppetta a Lucia e poi il suo sguardo si posa su di me allungandomi un cono gelato."Questo è per te, al gelato non si rinuncia mai" proferisce con un sorriso.
Porto lo sguardo al mio cono, alla stracciatella e alla nocciola e penso come abbia fatto a saperlo e poi lo porto su di lui scoprendolo a fissarmi.
"Grazie..."sussurro.
Lui colto in flagrante distoglie lo sguardo portandolo su Lucia. "Ti piace?"le domanda mentre lei quasi lo divora quel gelato.
Lei annuisce con il boccone e mi appresto a prenderle un fazzoletto per quelle sue labbra sporche di gelato. E' così adorabile.
"Attenta al tuo gelato Anita, sta colando" mi avverte Luca, indirizzando lo sguardo al mio cono.
Il gelato si sta vistosamente sciogliendo. Divento rossa, odio sentimi così in imbarazzo e cerco di rimediare al danno leccando il gelato che sta colando.
Avverto i loro sguardi puntati addosso e mi appresto a lanciare un'occhiata storta ad entrambi. "Che c'è?"chiedo in protesta.
Lucia sorride divertita mentre lei e Luca si lanciano sguardi di intesa e complici.
"E' che sei buffa e maldestra"mi prende in giro lui. "E poi hai del gelato proprio qua" indica la punta del mio naso e io rossa per la vergogna mi appresto a pulirmi ma in un gesto affrettato del gelato cade sui miei pantaloni.
A quel punto i due traditori non si trattengono più dal ridere. Mi alzo di botto, un pò offesa ma anche intenzionata a darmi una ripulita.
Quando ritorno dal bagno li sento confabulare tra di loro.
"Dici che si sarà offesa?" domanda Luca alla piccola.
Lei fa finta di pensarci su, portandosi  le mani sotto il mento per poi annuire dispiaciuta. "Mi sa di sì".
"Dovremo chiederle scusa"aggiunge poi sorridendogli risolutiva.  La verità è che non sono arrabbiata ma per un pò voglio lasciarglielo pensare.
"Eccomi qua"esclamo facendoli sobbalzare spaventati. "Dovete dirmi qualcosa?"indago.
Lucia osserva a lungo Luca, lanciandogli uno sguardo eloquente e mi viene da ridere pensando a chi sia il più grande.
"Ecco noi..."comincia allora lui a disagio. "Vorremo chiederti scusa, per prima sai".
"Sentite io dovrei cambiarmi, abito qui vicino, potremo passare per casa e poi continuare la nostra passeggiata, ok?" domando loro, invece.
A quel punto Lucia batte le mani entusiasta. "Ma allora non sei arrabbiata?" chiede per conferma.
Le sorrido scompigliandole i capelli. "Certo che no, ma non è stato divertente"rispondo facendo una linguaccia ad entrambi.

Durante il tragitto verso casa Lucia non fa altro che canticchiare una canzone ed io e Luca non facciamo che ridere tutto il tempo con lei.
"Eccoci qua" esclamo aprendo la porta dell'appartamento e mi faccio da parte lasciandoli entrare.
"Vado a darmi una sistemata, voi nel frattempo fate come se foste a casa vostra" dico prima di scomparire nella mia stanza. Mi cambio osservandomi a lungo nello specchio. Chissà cosa pensi di me Luca, mi domando.
Quando torno da loro lo trovo a guardarsi intorno interessato e mi viene da pensare cosa ne pensi di casa mia. Casa mia non è come la sua. Non traspare lusso da tutte le parti, non c'è un arredamento ultramoderno ma sa di casa. Trasmette quel vissuto, quel tepore che la propria casa può dare.
Lucia invece,seduta sul divano, che lascia pendolare le gambe, sembra che abbia qualcosa tra le mani ma non riesco a capire cosa sia.
Luca si accorge della mia presenza e lascia andare una cornice, la foto riesco a notarla bene. Raffigura me qualche anno fa, il giorno della mia laurea con quella corona di alloro e la tesi tra le mani mentre sorridevo felice e spensierata all'obiettivo. A pensare a cosa avesse portato la specializzazione anni dopo.
"E' carino qui" ammette continuando ad ispezionare l'ambiente. Sembra che sia attratto da ogni particolare lo circondi.
Mi passo le mani sui pantaloni, chiedendomi perchè d'improvviso siano sudate. "Beh non è proprio il massimo, ma è una casa" gli rispondo.
Lui mi scruta con il sorriso. "E', è bella".
Lucia si alza dal divano osservandoci tutti e due e riesco a notare che tra le mani abbia una pallina. "Facciamo l'albero!" esclama.
"Cosa?" le domando non capendo.
"Si Anita facciamo l'albero, dai dai!!" ripete con insistenza indicando lo scatolone con l'albero di Natale in un  angolo.
"Oh" esclamo a quel punto.
Luca si abbassa alla sua altezza. "Ma non volevi uscire tu? ride prendendola in giro.
"No" si impunta lei portando le mani ai fianchi "Voglio fare l'albero di Natale!".
"E va bene piccolina" mi abbasso per prendere la pallina dalle sue mani. "D'altronde qui si sta così al calduccio, eh?" le sorrido prendendo a solleticarle i fianchi. Lei ride dimenandosi sotto le mie dita. "Basta Anita, basta!".
Luca osservandoci dall'altro ridacchia."Allora questo albero, lo facciamo?" le chiede.
Lei attenta si stringe a me con il sorriso."Sì!"esclama.
Se dovessi indicare un momento particolare della giornata dovrei citare per forza questo. Perchè la complicità che aleggia tra di noi è qualcosa di unico. Anche litigare per chi deve mettere la pallina lì, chi qui, diventa momento di gioco. Luca e Lucia giocano a farmi i dispetti e la piccolina si diverte a farmi le linguacce. Le sorrido divertita passandole il filo delle luci colorate da sistemare e lei sembra così felice e spensierata.
"Stai attenta" le mani di Luca si ancorano ai miei fianchi in una presa salda, e sento la mia pelle lì dove mi ha toccata andare in fiamme. Sobbalzo sorpresa voltandomi nella sua direzione, le mie mani sulle sue spalle. Lui mi scruta a fondo. "Stavi per inciampare, fai attenzione". Porto lo sguardo ai miei piedi, dove giace il filo attorcigliato. Lucia si abbassa per raccoglierlo e ci osserva, sembra che sia molto divertita  dalla situazione. Nel suo sguardo c'è una luce diversa. A quel punto mi fermo ad osservare il mio albero di Natale e mi accorgo che manchi solo qualcosa. Mi volto in direzione di Luca e Lucia e sorrido intenerita mentre lui la prende tra le braccia per aiutarla a posare una stella sulla cima.
Il volto di Lucia si illumina, un sorriso affiora sul suo viso. Quasi come una stella che brilla di luce propria. I suoi occhi si velano di emozione quasi come se stesse ripercorrendo un momento nella sua mente e quando lei mi esorta a farmi vicina, lo faccio. Lei si stringe ai nostri corpi, in un incastro perfetto, come una famiglia. A volte non c'è bisogno di parole, a parlare sono gli occhi e il cuore.

"Abbiamo fatto proprio un bel lavoro" le sorrido entusiasta, osservando il mio albero al centro del salotto. Sembra quasi che la mia casa abbia acquisito un'aria diversa, magica. Le lucine giocano a creare ombre sui muri e io mi ritrovo ad osservarle con gli occhi di una bambina. Come Lucia.
"Sì,sì" saltella lei facendo ondeggiare il vestitino. Lancio un' occhiata all'orologio e mi accorgo che le ore stiano passando e si avvicina l'orario in cui dobbiamo riaccompagnarla in ospedale. Come vorrei non arrivasse mai.
"Vado a preparare qualcosa per la cena, voi state qui. Ok?."
Loro annuiscono seduti sul divano mentre Lucia accocolata a lui gli racconta una storia.
Vado in cucina, e prendo tutto l'occorrente che possa servirmi per la pasta e metto a preparare un sugo veloce. Taglio dei pomodorini e li lascio cuocere in padella.
Luca mi raggiunge dopo poco e io sobbalzo sorpresa vedendolo arrivare. "Ma che fai? Hai lasciato sola Lucia?" gli chiedo con preoccupazione.
Lui sorride tranquillo rassicurandomi. "Sta guardando i cartoni alla tele. Piuttosto tu, hai bisogno di qualcosa?" mi domanda.
La sua vicinanza però non mi rende affatto serena.
"No" rispondo prendendo un mestolo per girare il sugo.
Lui si appoggia al piano cottura, facendosi leva con le braccia  e io mi rendo conto che sia troppo vicino e non va bene. Finchè c'era Lucia andava tutto bene, lei riesce ad amalgamare bene le cose, quasi come se fosse un collante per noi due ma adesso da soli tutto è diverso.
Luca incrocia le braccia al petto incuriosito dalla mia indifferenza. "Anita che cosa c'è?".
"Che deve esserci Luca, niente" dibatto allora sulla difensiva.
"Sei arrabbiata con me?" tenta di nuovo lui e mi accorgo che si sia fatto ancora più vicino con provocazione.
"No"nego.
"Si"insiste lui e io abbasso lo sguardo facendo finta di prestare troppo attenzione a quel sugo.
"Eppure sembravano così felici prima. Perchè d'un tratto tutto è cambiato?" domanda lui con la voce amareggiata. I miei occhi si incastrano nei suoi. "Sai cosa?" gli chiedo.
Lui sembra sorpreso e incuriosito e mi incita a continuare. "Controlla questo sugo, che vado a chiamare Lucia"gli rispondo.
Alle mie spalle lui sbuffa evidentemente scocciato dalla mia non risposta, ma io sto raggiungendo la piccola. Lucia è rannicchiata su se stessa sul divano.
"Luci" la chiamo ma lei non si sveglia, il suo respiro è lento e profondo e questo mi rassicura. Lascio che dormi tranquilla e la sistemo meglio stendendole un plaid sulle gambe, in modo che stia al caldo. Mi siedo al suo fianco e prendo ad accarezzarle i capelli. Lucia mi trasmette una tale pace tranquillità.
Mentre la guardo,penso,perchè le cose non possono essere facili? Perchè io e Lucia non possiamo vivere con te, felici, come una famiglia? Tutte queste domande ad affollarmi la mente ma so che non avrò risposta a nessuna di esse.
"Ho buttato la pasta, dovrebbe..."Luca si interrompe entrando in salotto e mi raggiunge svelto, un velo di preoccupazione sul volto.
"Va tutto bene?" si abbassa alla mia altezza guardando nella direzione di Lucia. La sua mano prende ad accarezzarle il viso, scontrandosi con la mia.
"Sì. Si è solo addormentata, era molto stanca." gli rispondo per rassicurarlo. Lui annuisce senza dire nient'altro.
"Peccato però, volevo farle assaggiare la mia pasta al sugo" rido sovrappensiero.
Lui alza lo sguardo incrociando il mio, divertito. "Avrai altre occasioni" replica.
Alla fine la pasta la mangiamo io e lui, seduti sul divano di casa mentre teniamo d'occhio Lucia addormentata. Ci scambiamo pochi sguardi, a volte veloci e fugaci e rimaniamo così fin quando non riaccompagniamo Lucia in ospedale.
La tengo tra le mie braccia, con lei che si è ancorata al mio corpo con la testa sulla spalla. Luca segue i miei passi scrutando Lucia. La riportiamo in stanza e io mi premuro di metterle il pigiama e di rimboccarle le coperte. E' così che deve andare.
Luca mi osserva con preoccupazione, io so che abbia capito ci sia qualcosa che non vada ma per questa volta non voglio che sia lui a lenire le mie ferite perchè in parte la causa ne è lui, sempre lui.
Lascio un bacio in fronte a Lucia e lui si scosta lasciandomi passare ma sento il suo sguardo seguirmi fin fuori. Il suo sguardo è poi sostituito dai suoi passi che rintoccano di nuovo al mio fianco. Ma non dice nulla, rimane in silenzio e io penso sia la cosa migliore.
Finisce di nuovo tutto qui, io ritorno a casa e lui dalla sua ragazza nel loro caldo e bell' appartamento. Non mi sono resa conto così come oggi di quanto il mio desiderio di famiglia sia impellente ma c'è adesso l'esigenza di spazzarlo via. Non posso dare una famiglia a Lucia.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio mie care lettrici. Questa volta non ci ho messo molto ad aggiornare, yeah!😂😂
Scrivere questo capitolo mi è piaciuto, l'idea di dare la possibilità a Lucia di vivere un giorno normale era nella mia mente da tantissimo e ho pensato che questo fosse il momento giusto. Spero di avervi strappato un sorriso con la sua dolcezza.
Le cose rimangano però ancora in sospeso tra Luca ed Anita. Di cose questi due ne avrebbero da dirsi ma lasciano che vada tutto così...
Ringrazio coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e chiunque abbia inserito la storia tra seguite/preferite/ricordate.
Aspetto i vostri pareri! Un abbraccio e alla prossima❤💖





 






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Capitolo 24
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Capitolo 24



Guardo il mio riflesso allo specchio. Il camice inamidato che mi fascia il corpo. Fin da piccolina dicevo che da grande volessi fare la pediatra.
Il primo anno di superiori la professoressa di lettere ci aveva chiesto che aspirazione avessimo per il futuro. Io avevo saputo fin da subito cosa rispondere e l'idea di raccontarlo mi allettava. Quando era arrivato il mio turno, avevo sorriso rispondendo. "Voglio fare la pediatra!".
Lei era sembrata incuriosita e interessata a saperne di più. "Perchè?" mi aveva domandato.
"Mi piacciono molto i bambini"avevo replicato.
Lei non soddisfatta della mia risposta si era sporta leggermente sulla cattedra incrociando le braccia al petto.
"Perchè non fai la maestra, allora?" mi aveva chiesto.
"Di solito i bambini hanno paura del medico, la loro figura li spaventa. Io che i bambini li amo tantissimo, voglio mettermi al loro livello, loro che riescono a capire a pelle, da un solo sguardo come sia fatta una persona. Voglio che ogni volta che mi guardino, capiscano che si possano fidare di me, che si sentano sicuri" le avevo risposto con fierezza.
Lei non aveva aggiunto altro ma aveva ricambiato il mio sorriso. Nel tempo quella mia consapevolezza e passione si era rafforzata.
Mi guardo allo specchio e penso che sono riuscita nell'obiettivo che mi ero prefissata. All'università ti insegnano tante cose, ma è sul campo che riesci a dare il meglio di te, a scoprire le tue capacità e i punti deboli. Fin dai tempi del tirocinio avevo capito che non sarei mai riuscita a reagire con freddezza a qualsiasi cosa ti accadesse intorno, perchè io sono fatta così. Sono sensibile, emotiva ed empatica. Avevo capito che non potessi guardare una persona stare male senza fare nulla. Anche se non fossi riuscita a salvarla dalla sua malattia, le avrei donato un sorriso, un attimo di felicità. Sono soddisfatta di quello che ho fatto per Lucia, donarle una giornata normale è stata una delle migliori scelte che io abbia mai fatto. Osservare la luce del suo sguardo, quella spensieratezza che per una volta ha invaso i suoi occhi. Andare al parco, mangiare un gelato, quelle che noi consideriamo azioni normali talvolta banali, cambiano prospettiva quando ci troviamo difronte a persone che per la malattia non riescono a vivere la loro quotidianità. Non avrei mai pensato che potessi considerare l'ospedale come una seconda casa, un posto che fa paura a tutti ma che avevo riscoperto sotto un altro aspetto anche grazie a Lucia. Lei non lo sa, ma mi sta dando tanto.
Esco dal bagno dell'ospedale e percorro il corridoio. Nel reparto pediatrico si respira armonia e una tale magia. Lo spirito del Natale è arrivato anche qui. Nell'aria risuonano le note di "Jingle Bells". L'arrivo del Natale cambia radicalmente l'atmosfera.
Raggiungo la sala comune dove i bambini si ritrovano per giocare tutti insieme, per seguire le lezioni, per vivere la quotidianità per quanto sia possibile.
Un open space dai colori sgargianti e le pareti tappezzate di disegni. Una stanza a forma di bambino, con i tavolini e le sedie colorati in miniatura, i tappettini gommati che i piccoli si divertono a comporre e tanti, tanti giochi. C'è poi un lato della stanza con una grande bacheca dove sono custoditi i momenti più belli passati insieme. I bambini sono felici oggi. Abbiamo pensato che fosse giusto loro vivessero la gioia e l'attesa del Natale e dopo la giornata che avevamo passato con Lucia, l'iniziativa ci era sembrata ancora più giusta. Nel reparto pediatrico è giusto che si respiri un'aria familiare e serena. Oggi ci sono genitori, medici, infermieri, specializzandi, tutto il personale riunito qui per loro e i bambini sono entusiasti, si divertono. La malattia per un giorno non esiste. Scorgo Lucia tra di essi, sorride mentre parla con enfasi. I suoi occhi brillano.
"Hei Anita, devi assolutamente indossare uno di questi, altrimenti non fai parte della festa!".
Giorgio, un collega di specializzazione blocca il mio cammino presentandosi con un'espressione buffa e un cappello da Babbo Natale tra le mani. Rido alle sue parole, ma non dico niente mentre lui mi sistema il cappellino sulla testa con attenzione. Una ciocca di capelli finisce davanti ai miei occhi e ci soffio per mandarla via. Incrocio lo sguardo di Luca a pochi passi da noi. La sua espressione neutra, la mascella contratta ma i suoi occhi che intercettano interessato ogni gesto.
Mi sembra quasi che ruoti gli occhi al cielo quando Giorgio si allontana. E' patetico.
Lo ignoro passandogli accanto e nemmeno lui mi chiama o dice niente.
Ci divertiamo ad addobbare la stanza, appendiamo delle ghirlande all'ingresso, incorniciamo la grande porta finestra con delle lucine colorate e prepariamo un alberello al centro. Così come quella sera a casa mia, tutto assume un'aria diversa. Lucia mi chiede di prenderla in braccio per aiutarla e io lo faccio volentieri. La osservo poi giocare con gli altri bambini, Lucia è timida ma una volta che si sente a suo agio si scioglie. E' solare e chiacchierona e si trova bene con gli altri. Mi guardo intorno mentre sistemo una pallina decorata e mi sembra di avere un deja-vù. Maria al mio fianco sorride canticchiando e mi dà una pacca sulla spalla notando il mio sguardo.
"Bella giornata,vero?" mi domanda sottovoce.
Non le rispondo ma accenno ad un sorriso, i bambini che mi circondano richiamando attenzioni, le canzoncine di Natale in sottofondo e le risate che rimbombano nell'aria. Sono felice anche io oggi. Il mio sguardo incrocia quello di Luca infondo alla sala che parla con un collega. Gesticola tranquillo eppure c'è qualcosa nei suoi occhi, un turbamento che non so capire.
Lucia si aggrappa alla mia gamba sinistra e io abbasso lo sguardo per chiederle cosa succeda. Lei sorride angelica scoprendo quella finestrella che le è spuntata, è così buffa e dolce.
Mi abbasso alla sua altezza pizzicandole il nasino. "Sei felice?" le chiedo.
Lei si stringe un pò a me. "Mi piace tanto il Natale" sussurra sulla mia spalla.
Ci dividiamo in squadre, medici, genitori, infermieri e bambini per dei giochi da tavola.
Lucia mi chiede di essere in squadra con lei e si siede sulle mie ginocchia. Luca è in quella avversaria e incita i bambini che lo circondano a vincere.
Giochiamo ad "indovina chi" e scoprire il personaggio misterioso della squadra opposta si rivela essere divertente. Lucia esulta ad ogni punto guadagnato, qualcuno batte il cinque tra di loro e anche se qualcun'altro sbuffa contrariato ci divertiamo a egual modo.
Ha gli occhi azzurri, neri? E' pelato? Ha i capelli lunghi? Ha gli occhiali...continuiamo all'infinito e Luca si dimostra essere molto competitivo.
"Tanto vinciamo noi"lo prende in giro Lucia facendogli una linguaccia e scatenando l'ilarità dei presenti.
Lui si finge offeso e pensieroso. "Ne sei proprio sicura?" ammette con un cipiglio scherzoso. Non sa che lei ne è proprio convinta  e alla fine la partita la vinciamo noi.
Lucia entusiasta gli fa le facce buffe e lui prende a fargli il solletico, mentre lei ride divertita.
La giornata continua tra canti e giochi e alla fine qualcuno finisce il suo turno pronto a tornare a casa, qualcun'altro torna al lavoro, un genitore abbraccia e culla il suo bambino stanco, ma tutti sappiamo che questo momento ce lo porteremo sempre nel cuore, non lo dimenticheremo mai.

Raggiungo il mio studio tranquilla, nel reparto si respira ancora aria di festa nonostante i bambini siano nelle loro stanze da un pezzo, qualche genitore si appresta a raggiungerli. E' stata proprio una bella giornata.
Il Natale è sempre stata una delle mie feste preferite. Da piccola attendevo quel giorno con trepidazione, ma non tanto per la smania di ricevere regali più che altro perchè era una delle poche volte in cui la mia famiglia si riuniva tutta. Erano rassicuranti le braccia dei nonni quando li abbracciavi, erano divertenti le risa dei parenti che ti incitavano a recitare la poesia, era magico l'arrivo della mezzanotte. Avevo sempre pensato che la mia fosse una bella famiglia, unita, con i valori ed è tuttora una convinzione che dopo anni mi porto dietro, con un senso di orgoglio.
Abbasso la maniglia ed entro nel mio studio, mi stupisco di trovarci Luca.
"Luca?!" esclamo sorpresa, lui mi dà le spalle ma si volta spaventato nella mia direzione. Mi domando cosa possa farci lui qui finchè il mio sguardo non si sofferma alle sue mani, lì dove giace una lettera di mia conoscenza. Stamattina ho ricevuto un'altra lettera di Nicola, ma non ho voluto leggerla. Mi sono resa conto che mi facesse male, solo leggere delle parole mi provocasse dolore.
Lui nasconde le mani dietro la schiena, cercando di gestire la situazione e di trovare una qualsiasi scusa plausibile a giustificare il suo gesto.
"Che cosa hai fatto Luca?!" ribatto avvicinandomi di un passo a lui, sento il sangue affluirmi alle guance. "Chi ti ha dato il permesso di leggere quella lettera?" rincaro, quando ormai le cose mi sono fin troppe chiare.
Lui a quel punto infastidito dalla mia reazione, prende a rigirarsela tra le mani e questo suo gesto se è possibile mi irrita ancora di più.
"Dici questa?" domanda con innocenza.
Perchè ti ostini a farmi arrabbiare? Perchè non mi lasci in pace?
"Smettila Luca"lo supplico infastidita cercando di toglierla dalle sue mani, ma lui si divincola furbo e l'altezza gioca a suo favore.
Abbassa poi gli occhi alla lettera, la scruta ora con curiosità ora con divertimento e il mio sguardo non lo perde di vista un attimo,attenta a scoprire fin dove arrivi.
"Ma sai, io non volevo leggerla, sul serio. Poi mi sono reso conto che la curiosità avesse preso il sopravvento e quindi" accompagna le sue parole ad una breve risata fastidiosa e io sento il cuore arrivare a pulsarmi pure nelle orecchie.
Rimango ferma al mio posto, con le braccia lungo i fianchi, le mani strette nei pugni. Il respiro comincia ad affannarsi e le mie labbra si arricciano in una smorfia.
"Ti ho detto di smetterla!"ribatto e in quel momento mi accorgo di quanto lui mi sia vicino. Il suo viso è sporto verso il mio, in un affronto.
Alterna i suoi occhi da me a quella lettera e il suo sguardo brucia su di me. "Oh ma guarda! Qui per esempio dice che sei la luce dei suoi occhi, non è un pò troppo smielato?" replica ironico. Sembra che ogni aspetto della situazione lo diverta ma per me è l'esatto contrario.
"Ma chi sei tui, eh!"esclamo puntandogli un ditro contro. "Ma chi sei tu per giudicare gli altri?!"prendo a dargli pugni sul petto.
Luca non reagisce, porta le mani all'altezza del petto e io continuo quasi come se questo riuscisse a farmi stare meglio ma capisco che ad ogni punto sferrato che si infrange sul suo petto muscoloso avverto il mio cuore sgretolarsi in piccoli pezzi.
"Almeno Nicola ha avuto il coraggio di confessare i suoi sentimenti a differenza di altri!".
Luca blocca i miei pugni nelle sue mani e in un slancio mi ritrovo bloccata tra il muro dietro di me e il suo corpo che sovrasta il mio. Lo osservo con il respiro affannoso, lui fa lo stesso. Le mie mani rimangono intrappolate nelle sue all'altezza della mia testa, il suo corpo che è troppo vicino al mio e io penso che non sia quello che mi serva adesso. 
Non diciamo nulla ma i nostri sguardi si incatenano senza volersi lasciar andare. Lenti i suoi occhi percorrono il mio corpo, il mio viso. Lenti sono i brividi che percorrono la mia schiena, lente le sue mani liberano le mie ma senza lasciare le mie braccia.
Il suo sguardo spetta alle mie labbra e avverto il suo respiro infrangersi pericolosamente sul mio viso. Schiaccio il mio corpo contro il muro quasi a voler imprimere maggior lontananza tra di noi ma se è possibile la sua vicinanza si fa più insistente.
Non ci diciamo niente ma io so che nei nostri sguardi si nascondono troppe parole. Lui lascia scontrare i nostri nasi.
Non farmi questo, non baciarmi e abbandonarmi adesso, penso.
Ma il mio corpo reagisce in un modo completamente diverso al contatto e chiudo gli occhi al nostro sfiorarsi. In una tortura dolorosa dove a pagar le pene sarei io. Sono sicura che ci baceremmo se non fosse per il suo cercapersone che inizia a squillare improvvisamente.
Lui porta il suo sguardo frettoloso alla tasca, io riapro gli occhi sentendomi terribilmente indifesa e lì l'incantesimo finisce. Luca ha già lasciato andare i miei polsi e la pelle dove mi ha toccata scotta e mi solletica.
Lo osservo, con lo sguardo sconvolto, che scruta attento l'oggetto tra le sue mani.
"Devo proprio andare" sussurra con smania e preoccupazione.
Non rispondo nemmeno alle sue parole e lo guardo lasciare la stanza di corsa. Mi porto le dita alle labbra che reclamano un bacio non avuto e sospiro. Per lui è stato così facile lasciarmi andare, al momento un riferimento metaforico, ma io sono davvero sicura di riuscire a fare lo stesso?.

ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tutte mie care lettrici! Questa volta mi sono fatta aspettare un pò e me ne dispiace, purtroppo molteplici impegni mi hanno tenuta lontana dalla storia. Ho tanti pensieri per la testa, tra cui la maturità, ma vi confesso che ogni volta che scrivo mi sembra di liberare la mente. Volevo ringraziare le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, grazie di cuore! Le nuove lettrici e tutte quelle persone che hanno aggiunto la mia storia in qualsiasi lista, la scorsa volta siete stati in tantissimi😍😍
Passando al capitolo, ho voluto parlare di questo momento all'ospedale...un avvenimento magico e spensierato. Mi fa strano parlare di Natale ma rimane davvero un periodo dell'anno che mi piace molto e di cui ho bei ricordi.
L'avvenimento che racconta Anita all'inizio mentre parla della sua passione per la pediatria è vero, in primo superiore la professoressa di lettere ci chiese davvero a cosa ambissimo per il futuro e io le risposi così. Il mio sogno nel cassetto è come quello di Anita, studiare medicina e specializzarmi in pediatria.
L'ultima parte tra Luca e Anita è stata invece quella più difficile da scrivere ma posso dire in minima parte soddisfatta. Questi due sono proprio incorreggibili, ma a me piace scrivere tanto di questo loro rapporto amore-odio. Si lasceranno mai andare? Non dimentichiamoci però che al momento gli ostacoli sono troppi...
Spero vi piaccia e vi abbraccio! Alla prossima❤













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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25

 
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Capitolo 25



Mi sveglio, la giornata è splendida, e questo dovrebbe incoraggiarmi ad alzarmi ma non lo fa. Sento la testa pesante e piena di pensieri, che potrebbe scoppiarmi. Il sole entra in un bagliore, illuminando la stanza ma io non voglio lasciare il mio letto.
Ho riflettuto a lungo, penso di essermi addormentata sul tardi senza badare che dovessi andare al lavoro subito la mattina dopo.
Luca ha invaso i miei pensieri ininterrotamente. Quello che c'è stato tra di noi o quello che ci sarebbe stato se lui non fosse corso via, mi ha torturato a lungo. Odio che lui mi tratti in quel modo, è bipolare e confuso e odio che faccia sentire me nel medesimo modo.
Un minuto prima sono pronta a respingerlo ma quello dopo a reclamare un suo bacio.
Ho sempre creduto che non avessi lasciato ad un uomo che mi trattasse così, a suo piacimento, perchè andava contro ogni mio principio morale e invece sto lasciando che Luca mi usi. Che mi plasmi in una donna insicura e confusa. Vederlo per me è come combattere un conflitto interiore ogni giorno, lo odio o lo amo?.
Stendo le braccia e le gambe cercando di acquistare forza e a fatico mi alzo. Mi sento apatica.
Schiocco il pollice e il medio davanti al mio viso. Svegliati Anita, tu non sei così.
Mi sciacquo il viso una, due volte e me lo asciugo con forza quasi come se potessi cambiare l'espressione che aleggia su di esso e alla fine mi rassegno.
Preparo un caffè e ticchetto le dita sul bancone della cucina aspettando che sia pronto. Nel frattempo il mio sguardo vaga oltre la finestra della stanza. Sarebbe la giornata ideale per uscire a fare una passeggiata ma mi tocca andare al lavoro. L'unica nota positiva che riesco a trovare è quella di rivedere Lucia. Ma è possibile che ogni volta io torni a casa lei mi manchi così tanto? Si lo è.
Con questo pensiero riesco ad iniziare la giornata con uno spirito diverso ma non in grado di cambiare il mio umore del tutto e finisco di prepararmi. Bevo il mio caffè rigenerante e scappo a vestirmi.
Non appena fuori dal mio appartamento un brivido di freddo oltrepassa il montgmery che indosso e mi raggela anche le ossa. C'è il sole, eppure il freddo incombe sulla città. Stamattina come l'aria anche il mio cuore è un pò più freddo.
Arrivo a lavoro e sembrano tutti più felici a mio confronto ma ci faccio poco caso, qualche collega mi saluta ma io ricambio a stento. Che maleducata.
Preparo tutto l'occorrente per il mio giro di visite e prendo un bel respiro profondo. Il pensiero di rivedere Luca si insinua di nuovo nella mia mente, scuoto la testa per cacciarlo ma lui rimane lì e io mi rassegno.
Insomma è normale che io possa vederlo, lavoriamo sotto lo stesso ospedale, abbiamo gli stessi turni e per uno scherzo del destino lui passa i tre/quarti della sua giornata nel mio reparto quindi è inutile sperare di non rivederlo. Si insinua anche il pensiero di nascondermi ma sarebbe praticamente impossibile. Dovrei parlare con le mie amiche di questa opprimente situazione, sono sicura che loro possano aiutarmi a fare un pò pace con me stessa.
"Ciao!" mi saluta Arianna non appena sono in corridoio.
Ricambio il suo sorriso con molta meno enfasi e alzo una mano a mò di saluto.
Arianna è una mia compagna di specializzazione, ricordo che all'università l'avevo intravista di sfuggita perchè non frequentavamo gli stessi corsi. Ho avuto modo di conoscerla di persona solo quando il professore Visconti ci ha presentato il nuovo gruppo di specializzandi.
Probabilmente se dovessi indicare un tratto che mi ricordo in particolare di lei credo sia la logorrea e non vorrei adesso trovarmi nella situazione di doverla zittire.
Ma lei non si arrende. "Come stai? Il professore Visconti mi ha detto che posso fare il giro delle visite con te e sono elettrizzata. Aspettavo questo giorno da sempre, il mio sogno nel cassetto è quello di poter tenere tra le braccia un neonato. Dimmi, è così fantastico come penso?"
Un sorriso tenero mal celato si insinua sul mio viso, nonostante non sopporto il suo essere logorroica Arianna è alle prime armi e non mi va di essere scorbutica con lei. Sinceramente non so nemmeno se tutta questa antipatia mi si addica. Lei è piccolina, inesperta e un pò mi ci rivedo a quando anche io ero come lei.
"Sì, è una bella sensazione" le replico.
Un gran sorriso le incornicia il volto ma mi accorgo che non mi stia ascoltando. Seguo il suo sguardo trovandolo su Luca che fa il suo ingresso in reparto. Con quella camminata tutta sua, le mani nelle tasche, l'espressione concentrata e io penso che sia bello.
"Buongiorno dottor Franzese!" esclama lei eccitata alzando una mano nella sua direzione per farsi notare. Arianna potrei cambiare idea su di te.
Mi ritrovo inconsapevolmente a fulminarla con lo sguardo.
Lo sguardo di Luca si posa su di noi e le riserva un sorriso cortese, prima che i suoi occhi con velocità passino ad ispezionare me.
Lei sembra così emozionata al pensiero che lui l'abbia notata. Questa ragazza si esalta per così poco! Ma poi sfortunatamente o fortunatamente, non saprei dirlo con precisione si accorge del nostro scambio di sguardi e si mostra  molto sorpresa.
"Oh mio Dio?!" si porta le mani al viso simulando una o. "Ma lui ti piace?!".
Si nota così tanto?
mi domando. Perchè se così dovesse essere sarei davvero nei guai.

Mi volto di scatto, spaventata, nella sua direzione supplicandola di non dire una parola. Spero solo che Luca non abbia sentito, solo che al momento non ne sono così sicura. Ho il presentimento che tutti l'abbiano sentita.
"Arianna, sta zitta, ti prego!"la rimprovero. Ma lei è talmente su di giri che nemmeno mi ascolta.
"Oddio...io ho visto come lo guardavi e sei arrossita quando lui ha ricambiato il tuo sguardo. Ti piace proprio tanto!"aggiunge risolutiva.
A quel punto mi ritrovo a doverle tappare la bocca con una mano per evitare che continui.
Lei strabuzza gli occhi meravigliata e confusa dal mio gesto.

"Basta, basta" le ripeto.
La lascio andare ormai sicura che lei non proferirà parola e le premetto alcune cose per essere chiara.
"1 Il dottor Franzese non mi piace per niente! Se Anita non ci credi nemmeno tu.
 2 Se vuoi venire a fare il giro delle visite con me ti conviene tenere a freno la lingua, sono qui per lavorare e non per fare pettegolezzo!"
Lei annuisce mortificata dalle mie parole e io penso che un pò questo suo sguardo possa farmi sentire in colpa.
"Scusami, io" si porta una mano al petto e rivolge l'altro palmo verso di me." Starò zitta, giuro" promette abbassando lo sguardo alle sue scarpe.
Sospiro ritornando ad essere la persona calma e riflessiva di sempre. "Scuse accettate. Anzi mi dispiace che abbiamo iniziato con il piede sbagliato e ammetto di essere stata un pò dura con te. Non ce l'ho con te, io di solito non sono così. Ma sai, stamattina credo di avercela con il mondo intero!".
Lei sorride leggermente e annuisce intimidita. "Ma io lo so. Ti ho osservata spesso in questi giorni e sei diventata quasi un idolo per me"ride alle sue stesse parole. "Anche il prof dice che sei una delle sue migliori specializzande!"aggiunge.
Il mio sguardo si illumina improvvisamente alle sue parole facendomi sentire così fiera di me stessa. "Grazie, ma Visconti pensa davvero questo di me?"le chiedo.
Il suo sorriso si allarga coinvolgendo anche i suoi occhi che sprizzano esultanza. "Oh sì!". Poi si schiarisce la voce imitando quella del nostro superiore. "Vada pure a fare il giro delle visite con la dottoressa Castaldo. La lascio in mani sicure".
Non pensavo che il mio tutor potesse pensare queste cose di me, almeno fino ad oggi. Sorrido al pensiero che gli sforzi e gli anni di studio siano stati ripagati.
"Andiamo? Conviene che ci sbrighiamo!".
Arianna annuisce sinceramente contenta e mi segue nel corridoio. La osservo camminare al mio fianco, con quella postura un pò ricurva, e le mani nelle tasche e mi rendo conto di averle appena dato una seconda possibilità. Alla fine quando non assume quell'atteggiamento da fangirl sa essere simpatica.
Le spiego come funzionino le cose, le presento i bambini.
Lucia mi sussurra all'orecchio che la trovi strana ma io la scorgo ridere a quelle sue facce buffe e la parlantina che la contraddistingue e alla fine mi ritrovo a sorriderle anche io.
Dovrei sentirmi superiore nei suoi confronti, eppure ci tengo a mantenermi al suo livello. D'altronde sono come lei e non voglio apparire come una so tutto io solo perchè ho più esperienza di lei. Ci siamo passati tutti.
Alla fine Arianna si ricongiunge ai suoi colleghi salutandomi calorosamente e lascia la stanza.
Saluto anche io Lucia che oggi ha deciso di seguire una lezione di scuola nella sala comune e la osservo unirsi agli altri bambini con gioia.

Mi fermo nel corridoio con un plico contenenti delle analisi consegnate stamattina. Sarà che oggi ho la testa altrove ma mi sembrano solo un ammasso confuso di numeri.
"Anita, Anita!"alzo lo sguardo svelta sentendomi chiamare. Una piccola e dolce bambina dai riccioli biondi corre verso di me. Gioia e sorpresa nel suo sguardo. Sofia.
Lascio stare per un attimo tutte quelle carte sorridendole. Lei alza le mani in aria entusiasta avendo catturato la mia attenzione e quando arriva al mio fianco mi abbasso per carezzarle i capelli.
Sua madre la raggiunge poco dopo, i tacchi che ticchettano sul pavimento. Eleonora, la sorella di Luca, è bella. E' bella di una bellezza che non passa innosservata, che ti colpisce al primo sguardo.
Il suo viso è  accuratamente truccato ma naturale e armonioso, i capelli biondi sono acconciati con cura e l'abbigliamento perfettamente coordinato. Il tubino nero che si intravede da sotto il cappotto la slancia e le dona quel tono in più di grazia e classe che indubbiamento già le appartiene.
I suoi occhi verdi si fissano nei miei. Sussulto al suo sguardo, sono così simili a quelli di suo fratello eppure talmente diversi. Una luce li attraversa rendendoli luminosi. Sofia non ha ereditato gli occhi di sua madre e suo zio, i suoi sono color cioccolato, ma il taglio li accomuna.
"Ciao! Quindi sei tu Anita?" domanda cordiale. Mi porge la sua mano che mi premuro di stringere. "Piacere di conoscerti!".
Sofia dolcemente si dondola sul posto. "Sì mammina, è l'amica dello zio Luchi!"le sussurra aggrappandosi ad una sua gamba.
A lei scappa una risata breve e leggera. "Oh Anita, non sai quanto questa piccolina abbia parlato di te nonostante ti abbia vista solo una volta!".
Le sorrido dolcemente."Sofia è una bambina adorabile."
Lei annuisce concordando. "Oh sì. Ti dirò quando vuole sa essere tremenda, ma è dolce".
"Mami!" protesta lei puntando i piedi a terra e le mani sui fianchi. "Io sono la bimba più buona del mondo!".
Io e sua madre ridiamo divertite lanciandoci sguardi di intesa e Sofia a quel punto ne approfitta per mostrarmi quasi fosse un trofeo il cerotto colorato che le risulta sul braccio.
"Guarda Anita, guarda che bello! L'ho scelto io!"esclama indicandolo.
Mi abbasso alla sua altezza per vederlo meglio. "Ma allora vuol dire che sei stata proprio brava e il tuo cerotto è bellissimo!" le replico sorpresa. Lei sorride entusiasta. "Mi piacciono tanto i fiori, tanto tanto!.
Le lancio un'occhiata di intesa, complice. "Ma lo sai che piacciono tanto anche me?".
Eleonora le accarezza con affetto i capelli. "Siamo venute a fare il vaccino e Sofia non ha pianto neanche un pò!".
"Sì il dottore mi ha regalato anche tantissime caramelle" aggiunge lei fiera. "Ma le mangerò poco alla volta perchè mami dice che poi ho male al pancino".
Ma questa bambina è un angelo!.
"Brava il mio tesoro" Eleonora si abbassa a baciarle una guancia e lei sorride gonfiando le guance. Poi si appresta a trattenerla per una spalla per sussurrarle qualcosa all'orecchio. Sua madre protesta un pò rimproverandola sul fatto che non si bisbigli davanti agli altri ma è costretta a cedere.
"Mami, mami! Le diciamo quella cosa?".
Riesco a sentirlo distintamente. Eleonora corruccia la fronte non capendo subito.
"Mami, la festa dello zio Luchi!" protesta Sofia allargando le braccia e guardando sua madre con fare ovvio. Saetto gli occhi da una all'altra e sorrido davanti alla loro complicità. Il rapporto che si instaura tra madre e figlio è un qualcosa di unico e speciale.
Lei ride divertita dal comportamento di sua figlia e il suo sguardo torna a puntarsi su di me.
"Sabato diamo una festa a sorpresa per il compleanno di Luca. Vorrei che tu venissi, Sofia ne è entusiasta e anche noi farebbe piacere che tu ci fossi. Abbiamo sentito parlare di te molte volte e quale occasione migliore per conoscerci meglio?".
Non penso tuo fratello ne sarebbe così entusiasta, penso.
Cosa significa che hanno sentito parlare spesso di me? Luca ha detto qualcosa di me? E se sì, cosa?.
La fisso di rimando impacciata "io non so se..."
Sofia prende le mie mani tra le sue facendole oscillare. "Dai Anita, daiii!"mi supplica.
"Se tu volessi raggiungerci la festa è a casa di Luca alle 20. Un suo amico lo porterà via per distrarlo e quando torneranno gli faremo questa sorpresa"mi spiega sorridendomi complice. "Mi raccomando completa discrezione"aggiunge facendo segno di tapparsi la bocca.
Osservo Sofia che mi fa il labbruccio e lei che sorride tranquilla quasi come se sapesse già la mia risposta. Alla fine cedo.
Prima che possa dire qualsiasi altra cosa Luca ci raggiunge e noi ci zittiamo sul posto.
"Ah ma mi sembrava di sentire una vocina così familiare!" esclama sorridendo a sua nipote. "Cos'è che dicevi con così tanto entusiasmo eh?"le domanda.
"Niente zio, è una sorpresa!"replica la piccola, per poi portarsi le mani alla bocca soffocando una risata."Ops..."
Io e sua madre ridiamo per la sua spontaneità e Luca facendo finta di niente le fa segno di avvicinarsi per stringerla in un abbraccio. La fa volteggiare mentre lei ride entusiasta.
"Zio Luchi, mettimi giù!"
Lui sorride divertito riempiendola di baci sulle guance e sulla fronte e lei cerca di divincolarsi ma senza nascondere quanto sia felice di essere tra le sue braccia.
Luca con i bambini è adorabile. La premura che dimostra per sua nipote, per Lucia è un qualcosa che mi colpisce. É forse una delle caratteristiche che mi attrae più di lui.
"Hai fatto il vaccino, principessa?" le chiede.
Lei annuisce portando le braccia conserte. "Sì, il il dottore mi ha dato anche tante caramelle!" racconta. Parlarne la eccita.
Luca la mette giù annuendo fiero. "E brava la mia nanerottola!" le sorride scompigliandole i capelli.
Poi passa a salutare sua sorella circondandola la vita in una dolce stretta. Lei si accocola a lui serena e Sofia si porta le mani ai fianchi indispettita.
"Hei zio Luchi! La mamma è solo mia!" li richiama.
Le nostre risate si disperdono nell'aria e finalmente Luca si accorge di me. Il suo sguardo si incatena al mio senza volerlo lasciare andare e io mi sento vacillare sotto i suoi occhi. Mi perforano e ispezionano ogni parte del mio viso ma dalle sue labbra non esce niente.
"Zio Luchi, abbiamo incontato Anita, hai visto?!" gli chiede ingenua Sofia.
Lui annuisce distrattamente.
"Sono così felice zio! Anita è bellissima e simpaticissima!" esulta lei sorridendomi. Le sorrido di rimando lasciandole una carezza.
Luca non risponde ma i suoi occhi rimangono su di me e io vorrei che non mi guardasse così. Ancora una volta avremo tante cose di cui parlare. Vorrei chiedergli se avesse davvero intenzione di baciarmi ieri e perchè si comporti così con me, ma so che resteranno solo nella mia mente.
Sofia si porta un ditino alle labbra, pensierosa. "Zio ma perchè Anita non è la tua fidanzata?" domanda.
Arrossisco imbarazzata e abbasso lo sguardo alle mie scarpe. Anche Luca sembra sorpreso ma non dice niente.
"Sofia!"la rimprovera sua madre. "Metti in imbarazzo Anita così e non si fa! Adesso vieni qui che dobbiamo andare!" la esorta richiamandola vicino a sè.
Lei annuisce un pò intristita e mi lancia un ultimo sguardo. Le sorrido facendole segno che vada tutto bene e lei vuole che sua madre l'aspetti prima di andare perchè vuole darmi un bacio.
"Vorrei veramente che tu fossi la fidanzata di zio, così ci potremmo vedere sempre sempre" mi sussurra lontana dai loro sguardi e io le sorrido divertita.
Anche Eleonora si sporge a salutarmi con due baci sulle guance e mi fa l'occhiolino prima di andare via.
"Ciao zio Luchi, ciao!" lo saluta agitando la manina nella sua direzione mentre si allontana nel corridoio.
"Sofì dà la mano alla mamma" la esorta lei e la piccola gliela stringe dopo aver sorriso un'ultima volta ad entrambi.
Rimasta sola con Luca il peso delle nostre parole non dette incombe su di me e quando mi volto a guardarlo mi accorgo di quanto lui sia vicino, le nostre spalle quasi si sfiorano.
Lui si volta verso di me e sfodera un sorriso divertito e provocatorio. "Anita ma...io ti piaccio?"
Strabuzzo gli occhi sorpresa, ha sentito davvero la nostra conversazione! Sono nei guai! E non so che dire perchè sento la mente affollata dai pensieri e mi sento terribilmente in imbarazzo.
No Luca, non mi piaci affatto! Io bacio gli uomini così,dal nulla!.
"Ma cosa dici?! Certo, certo che no!"esclamo. "Tu non mi piaci affatto, e poi adesso non ho tempo da perdere qui con te. Il mio turno tra poco finisce e devo andare, ciao!!".
So di star mentendo a me stessa, ma adesso una bugia mi sembra l'unica soluzione e anche scappare mi alletta tantissimo. Vado via così velocemente da sentirlo ridere divertito dietro di me.

Entro in auto e svolgo le solite azioni sistematicamente. Allaccio la cintura, un piede sulla frizione, uno sull'acceleratore e metto in moto.
Alzo il volume di qualche  tacchetta e lascio che la musica inondi l'abitacolo.
La musica ha un effetto terapeutico su di me, influisce sul mio stato emotivo e lenisce le mie ferite. Se mi sento giù, essa è capace di trasportarmi in una dimensione parallela, libera da ogni pensiero, facendomi sentire leggera come una piuma.
La musica accompagna ogni mia giornata, senza di essa non riesco a vivere. E' spettatrice dei miei momenti di gioia come di quelli di tristezza. Talvolta solo con essa riesco a dare libero sfogo alle mie emozioni.
Lascio che una lacrima sfugga ai miei occhi e mentre mi ripeto di essere forte, penso. Penso a come la mia vita sia cambiata e come l'abbia plasmata l'arrivo di Luca. Penso a quella lettera di Nicola che non ho avuto il coraggio di leggere e penso a lui così lontano da me ma che riesce a predominare nei miei pensieri lo stesso.
Mi asciugo le lacrime e tiro un sospiro. Non so come sia possibile ma mi sento meglio.
Piangere ha rappresentato per me uno sfogo e mi sento rigenerata. A volte ci vuole, un momento per stare soli con noi stessi.
Guido tranquilla fino al liceo  dove lavora  Carlotta, quel luogo che racchiude tanti ricordi della nostra adolescenza. Accosto l'auto e mi sembra quasi di rivederci così spensierati.
Luca che mi bacia una guancia e io sorrido nascondendo una tempesta interiore pronta ad esplodere nel racconto alle amiche.
Scuoto la testa e mando un messaggio veloce a Carlotta.
"Sono qui fuori!".

Carlotta esce poco dopo tenendo con una mano la tracolla salda alla spalla, con l'altra una cartellina con dei fogli. Sorride vedendomi ed accelera il passo.
Ci salutiamo con due baci sulle guance e io premuro di chiederle se stia bene.
"Oh sì, è stata una lunga giornata, ma tutto bene"riferisce.
Annuisco accompagnandola fino all'automobile poco distante ma lo sguardo della mia amica si posa su Federico che le passa affianco distratto.
Lei lo richiama per attirare la sua attenzione. "Hei Fede!".
Lui si volta e la guarda come se la vedesse solo adesso e lo guardo anche io. Ha il volto stanco e la barba ispida, un aspetto un pò troppo trasandato per lui.
Accenna ad un sorriso lieve. "Ciao Carlotta, ho un consiglio di classe. Ci vediamo, ok?".
Lottie apre la bocca per dire qualcosa ma lui è già scappato via e la mia amica lo osserva allontanarsi con l'umore a terra.
Che cosa ti prende Bianchi?!
"Sembrava volesse evitarmi..."la voce le esce in un sussurro ma io la udisco lo stesso.
"Andiamo Lottie, magari era solo davvero di fretta. Non angosciarti" cerco di tranquillizzarla appoggiandole una mano sulla spalla.
Lei annuisce poco convinta ma mi segue lo stesso.
"Grazie per essermi passata a prendere. Sei il mio angelo" sorride prendendo posto al mio fianco.
Ricambio il sorriso mettendo in moto l'auto e guido verso casa sua.
Lei si sporge giusto il poco per incrociare il mio sguardo attento alla strada.
"Sai che stavo pensando ad una cosa?".
Corruccio la fronte incitandola a parlare.
"Ti ricordi quando compiesti 18 anni? Ti dissi che appena avresti preso la patente saresti stata l'amica a cui avrei scroccato tutti i passaggi. Alla fine avevo ragione".
Ricambio il suo sguardo ridendo alle sue parole. Me lo ricordo eccome. Carlotta mi scrisse una bellissima frase, scoppiai a piangere per l'emozione ma quelle sue parole così come oggi furono capace di scapparmi un sorriso. Sorridere tra le lacrime.
Ci accorgiamo mentre ridiamo divertite che il buonumore sia tornato ad entrambe. Siamo una l' artefice del sorriso dell'altra.

Nel pomeriggio le ragazze mi raggiungono a casa. Ho preparato un dolce dopo pranzo, una torta allo yogurt fatta con le mie mani, e ne sono soddisfatta.
Dispongo dei piattini in salotto con il dolce e verso il thè alla vaniglia nelle tazze.
Il campanello suona subito dopo e io avverto il mio sorriso allagarsi alla vista delle mie amiche.
Se ci sono delle persone dopo la mia famiglia su cui posso contare sono loro e me lo dimostrano ogni giorno. Le lascio entrare e sembrano così sorprese dalla merenda che ho preparato.
"Ahi ahi, qua sento odore di problemi!" sussurra Giulia dando una gomitata a Cris.
E' vero, quando sono giù di morale o nervosa, ho bisogno di tenere la mente impegnata e quale migliore modo per distrarsi se non cucinare. Inoltre ho sempre amato preparare dolci.
"Dai sedetevi"le incito."Ho bisogno di un vostro consiglio".
Giulia prende il piattino dal tavolo e addenta un pezzo di dolce. "Mmh è buonissima!"esclama.
Mi assicuro di avere la loro attenzione e inizio a parlare.
"Sono stata invitata ad una festa. Stamattina sono passate in ospedale la sorella di Luca con sua figlia, la piccola Sofia. Sono stata invitata alla festa a sorpresa che stanno preparando per Luca. Io non so quali cose sappiano di me, ma sembravano che ne conoscessero troppe.
Io volevo dire di no, perchè sono sicura che lui non sarebbe entusiasta di avermi lì ma hanno insistito tanto e non volevo dire di no a Sofia e quella bambina è un amore! Ma adesso non mi sento poi sicura di volerci andare, ho paura..."ammetto.
I loro sguardi si posano su di me, scrutandomi curiosi.
"Secondo me dovresti andarci"consiglia Giulia attenta.
"Luca non ne sa niente di tutta questa storia quindi secondo me la vera sorpresa per lui sarebbe trovarti lì. Fidati, io non me la vorrei mai perdere la sua espressione" aggiunge Cristina divertita.
Carlotta al mio fianco mi dà un buffetto sulla spalla incitandomi. "Quindi indossa un vestito, fatti bella e vai a quella festa. D'altronde hai fatto una promessa e devi mantenerla".
Sospiro e d'un tratto scompare la paura di sentirmi di troppo, la paura che lui possa essere infastidito dalla mia presenza, la paura che Luca non mi degni di uno sguardo e si fa spazio nel mio cuore la consapevolezza della scelta che farò.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutte!
Scrivo questo capitolo da ore ormai e riesco a terminarlo solo ora, ma volevo farvelo leggere. Questa volta ci ho messo una settimana ad aggiornare e ne sono soddisfatta. E' uno dei capitoli che ho più amato scrivere, con i pensieri di Anita, la logorrea di questo strano personaggio che la nostra protagonista ha conosciuto, la spigliatezza e l'ingenuità di Sofia, il divertimento di Luca, il potere dell'amicizia.
Volevo ringraziare le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e chiunque abbia aggiunto la storia in una lista, siete sempre di più e vi ringrazio. Inoltre la storia ha superato la quota 100 recensioni! Per me un grande traguardo❤
In più qualche mesetto fa ho iniziato a postare la mia storia anche su wattpad, se qualcuno volesse seguirla anche lì vi lascio il link qui:
https://www.wattpad.com/user/Ros-18

Se non dovessi riuscire ad aggiornare prima, vi auguro una serena  Pasqua.
Alla prossima! Un abbraccio!















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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26
 RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 26




Sabato arriva prima che me ne renda conto. Mi è difficile incontrare Luca e nascondere che ricordi il suo compleanno. L'avrei saputo indipendentemente dalla sorpresa svelatami, l'ho contato per tanti anni.
Lo trovo in stanza di Lucia e lui oggi è più felice che mai, sarà l'entusiasmo del compleanno?.
"Sai che giorno è oggi?" domanda alla piccola.
Lei lo osserva divertita e arricciando le labbra in una smorfia decisamente tenera. Cerca di capire cosa lo renda così ma non ci riesce e Luca si appresta a renderle le cose più facili.
"Anche se questo vuol dire spegnere una candelina in più, sono felice perchè oggi è il mio compleanno"le sorride dolcemente.
Lucia strabuzza gli occhi, portandosi una manina alle labbra."Che belli i compleanni, tanti auguri!".
Luca l'osserva con amore. "Grazie Luci".
Lei a quel punto si porta una mano al mento pensierosa. "Cosa fai per il tuo compleanno?" domanda curiosa.
Mi appoggio allo stipite della porta in modo tale che possa godermi meglio la scena.
Luca rimane un pò impacciato al suo posto, porta le mani nelle tasche e sposta il peso del corpo da un piede all'altro.
"Non so, penso di festeggiarlo con la mia famiglia. Magari prenderò una torta per spegnere le candeline" ammette divertito.
Oh Franzese, non hai idea di cosa la tua famiglia stia preparando per te e non vedo l'ora di godermi la faccia che farai, penso in un sorriso.
Lucia annuisce sorridendo a labbra chiuse. "A me sono sempre piaciuti i compleanni.
"Anche se l'ultimo l'ho festeggiato con la mia mamma e il mio papà, tre anni fa" aggiunge rattristandosi.
"Hei piccolina" Luca richiama la sua attenzione tendendo l'indice sotto il suo mento ma lei continua a raccontare giocando con le dita delle mani in grembo.
"I compleanni alla casa famiglia non erano mai felici, io speravo sempre che la mamma e il papà tornassero e mi portassero via da lì"proferisce tristemente.
Povera piccola...
Luca le sorride per incoraggiarla tenendole il viso tra le mani e le accarezza le guance con premura.
"Sai cosa faremo per il tuo compleanno? Organizzeremmo una festa tutta per te!" le promette.
Sorrido anche io; lui è così dolce e premuroso che se fosse possibile potrei innamorarmi ancora di più di lui.
Lo sguardo di Lucia si  illumina alle sue parole. "Lo faresti davvero?" domanda con le lacrime agli occhi.
"Certo che lo faremmo Luci. Per te, noi faremmo qualsiasi cosa" rispondo io al posto di Luca, entrando nella stanza.
Lucia incrocia il mio sguardo gioiosa. Luca sorride compiaciuto mentre io prendo ad accarezzarle i capelli.
La piccola si stringe a me, sfregando il nasino contro la mia maglia e io penso che potrei passarci la vita così, cullandola tra le mie braccia.
"Auguri"mimo con le labbra al ragazzo di fronte a me. Lui non dice niente, ma il suo sguardo si incatena al mio e sorride.
Il mio cuore prende a scalpitare forte nel petto.
Lucia a quel punto, ci stringe entrambi in un abbraccio. Il suo gesto è veloce e spontaneo che per poco io e Luca rischiamo di far scontrare le nostre fronti.
"Io vi voglio così bene!" sussurra mentre una sua lacrima va a bagnarmi la maglia. Ma le sue, sono lacrime di gioia.

In un modo altrettanto veloce arriva il momento di prepararmi per la festa. E' più che altro una preparazione pscicologica a quello che mi aspetta. Le ragazze si sono radunate a casa mia per aiutarmi.
Osservo il vestito blu appeso all'armadio e tiro un sospiro. "Ripetetemi perchè io stia facendo questa cosa"
Cristina soffoca una risata mentre mi acconcia i capelli. "Perchè hai fatto una promessa e sei tenuta a mantenerla. In ogni caso sai già come la penso a riguardo"ammette divertita.
"Oh certo, io non mi perderei mai l'espressione di Franzese quando ti vedrà"la scimmiotto.
"Anita!"mi richiama Giulia. "Una volta a scuola ho seguito un corso sulle tecniche di rilassamento. Beh, penso che l'unica cosa che io abbia imparato siano state il chiudere gli occhi, espirare e inspirare profondamente" si interrompe per ridere brevemente e io mi volto interessata.
"Ti dirò ai tempi ci guadagnai pure una bella dormita ma boh è probabile che possa aiutarti a mantenere la calma"aggiunge pensierosa.
"Oh grazie per l'arguta raccomandazione!" le faccio una smorfia con le labbra, senza nascondere quanto le sue parole mi abbiano dilettata, e Cristina mi segue a ruota.
"Ahi!" si lamenta però subito dopo, portandosi un dito alle labbra. "Mi sono scottata!". 
Io e Giulia sogghignamo divertite e lei non si risparmia dal lanciarci occhiate fulminee.
"Le avevo detto di lasciar fare a me" borbotta Giulia, ma la nostra amica non sta a sentirla.
Lottie sopraggiunge in quel momento con un vassoio di biscotti tra le mani. Silenziosamente la ringrazio, ho bisogno di mettere qualcosa nello stomaco. Forse questo calmerà il mio subbuglio.
"Wow, ragazza!" si ferma sulla soglia sbarrando gli occhi dalla sorpresa "stai proprio bene!".
"Oh e non hai ancora visto nulla!" si pavoneggia Cris.
Questo non fa altro che aumentare a dismisura la mia curiosità, ma non mi è permesso assolutamente specchiarmi, almeno non fino a quando la mia amica avrà finito.

Quando mi guardo finalmente allo specchio riconosco che abbia fatto proprio un bel lavoro. Insomma Cristina è la regina del make-up, ne ha fatto il suo lavoro, e il risultato allo specchio lo dimostra. Mi sembra quasi di non riconoscermi.
Ha reso il mio viso luminoso con la cipria e di quelle piccole imperfezioni non c'è traccia. Il mio trucco è naturale e sobrio ma valorizza i tratti del mio volto. I miei occhi a mandorla, soprattutto, assumono una forma più allungata del solito.
Passo ad ispezionare i miei capelli, lasciando giocare le mie dita tra di essi. Mi ricadono in morbidi boccoli sulle spalle e li adoro.
Non sono abituata a questa immagine di me stessa, ma mi piace.
Faccio una giravolta su me stessa, soddisfatta.
Giulia punta un dito nella mia direzione, divertita. "Ma ciao bella! Possiamo conoscerci?".
Mi porto una mano alle labbra, stando attenta a non far sbavare il rossetto rosato e nascondo un sorriso.
"Hei! Indossa queste scarpe!" Lottie mi passa un paio di tacchi color argento.
La osservo sorpresa mentre mi chiedo come abbia fatto a trovarli, penso siano lì dal mio diciottesimo compleanno e sono passati quasi 10 anni da allora. Menomale che mi vadano ancora!
Ringrazio il plateau per renderle estremamente comode e il tacco per regalarmi centimetri di altezza.
Scruto i visi delle mie amiche attraverso lo specchio e lascio che mi cingano le spalle. 
"Non so come farei senza voi" sorrido riconoscente.
"In bocca al lupo!" mi sussurrano.
Com'è che diceva Giulia? Chiudi gli occhi, espira e inspira.

Prima di andare via di casa mi ricordo del regalo di Luca adagiato sul divano del salotto.
Ho pensato fino all'ultimo a cosa potessi prendergli, insomma non abbiamo tutta questa confidenza, almeno sotto un punto di vista, ma non potevo nemmeno permettermi di fargli un regalo importante.
Poi mi era venuta in mente un'idea alquanto stupida e avevo optato per un berretto di lana. Blu, come alcune pagliuzze dei suoi occhi.
Non gliene avevo mai visto indossare uno ed era arrivato il momento che qualcuno glielo regalasse. Forse era stato il troppo freddo ad avergli congelato il cervello, non permettendogli di ragionare a dovere.
Avevo riso da sola nel pensarlo. Ma ero fiduciosa a riguardo, sarebbe stato proprio un bel gesto per Luca Franzese. Mi ero premurata anche di farglielo notare nel bigliettino di auguri.
Dopo quello avevo creduto di essere diventata matta.
Il mio sguardo era ritornato a quella nostra foto, che continuavo a custodire gelosamente e mi ero accorta ci fosse un periodo in cui lui indossasse il berretto.
Lui quel giorno ne indossava uno, esattamente blu come quello che gli avrei regalato.
E beh, il mio cuore aveva iniziato a battere furente e io avevo sorriso portandomi la cornice al petto.

Trovarmi nell'androne del palazzo dove Luca abita mi rende inquieta. Ricordo esattamente la sera in cui ci sono stata per la prima volta.
Mi sembra quasi di sentire ancora le sue mani sulla mia pelle. Una sensazione che ahimè mi sono imposta di tenere sotto controllo e di tener fede alla mia parte più razionale. Non posso permettermi di sospirare alla sua vista e ai suoi baci, non quando lui ha una fidanzata. 
Busso al campanello tenendo stretto tra le mani il pacchetto regalo.
Ad accogliermi è la stessa Eleonora. Impeccabile e bellissima come sempre. Mi sorride allegra, sfoggiando una fila di denti bianchi e dritti. Parliamone, non so se ci sia qualcosa che in lei non sia al posto giusto!.
"Ciao Anita, come sono contenta che tu sia venuta!.
Prima che me ne renda conto mi abbraccia. La sua presa è salda ed affettuosa. Mi ritrovo con le mani sospese prima di ricambiare, ma lo faccio volentieri.
"Vieni, entriamo. Gli altri sono ansiosi di conoscerti!" ingiunge appoggiando una mano alle altezze delle mie spalle e mi accompagna in casa.
Entrare in casa di Luca, mi fa uno strano effetto. Questa casa sa di lui, c'è il suo profumo. Mi sembra che ci sia anche quando è assente.
Qui ci siamo scambiati il nostro primo bacio e il mio sguardo corre a quel divano, lì dove adesso siedono degli invitati e sono costretta a distogliere gli occhi.
Mi accorgo che tutta l'attenzione sia posata su di me. Qualcuno si domanda io chi sia, qualcun'altro mi scruta con curiosità.
La mano di Eleonora rimane lì, tra le mie scapole, e sorride gentile.
Vorrei sapere anche io perchè mi trovi qui e perchè qualcuno sorride conoscendomi come da sempre.
E poi vedo sua madre. La madre di Luca cammina verso di me e sento di essere terribilmente in imbarazzo.
La signora Franzese è una donna dalla media stasura e corporamente robusta. La riconduco ad Eleonora perchè di viso si assomigliano tantissimo.
Sono bionde e chiare ma quegli occhi verdi lucenti e il suo sguardo mi fanno pensare a Luca. Mi chiedo se li abbiano ereditati tutti da lei.
Dicono che gli occhi siano lo specchio dell'anima e così è. Ha uno sguardo amorevole e sereno e io penso che sia davvero una bella persona.
Si mostra sorpresa di vedermi e io credo che possa abbracciarmi anche lei, però non lo fa. Ma i suoi occhi non smettono un attimo di scrutarmi.
"Anita, che piacere!" esclama allargando le braccia. "Sei anche più bella di come ti immaginavamo!".
Arrossisco fino alla punta dei piede mentre le sorrido cortese. Queste persone sanno troppe cose di me.
"Ho sentito parlare così tante volte di te, che non vedevo l'ora di conoscerti!"aggiunge poggiando una mano sul mio braccio.
Il suo sguardo si posa su sua figlia ancora al mio fianco.
"Eleonora!" le si rivolge con la voce velata di rimprovero. "Aiuta Anita a togliere il suo soprabito e portale qualcosa da bere!".
La ragazza annuisce senza scomporsi e mi aiuta nel togliere il cappotto e mi chiede di consegnarle il regalo per suo fratello, poi si allontana in corridoio.
La osserviamo allontanarsi e io penso che vorrei avere la sua stessa grazia nei movimenti. Quando distolgo lo sguardo, mi rendo conto che la madre di Luca mi stesse osservando già da tempo.
Si avvicina quanto basti per sussurrare al mio orecchio. "Non devi sentirti in imbarazzo, cara. Fai come se fossi a casa tua!" mi sorride cordiale.
Non sa che il solo stare in questa casa mi renda agitata. A quel punto ricambio il sorriso divertita e mi passo una mano sulla fronte, mortificata.
"E' un piacere conoscerla, anche per me".
Lei annuisce serena lasciando una carezza sul mio braccio. "Oh cara!"esclama."Sono Luisa e voglio espressamente che mi dia del tu".
Annuisco impacciata. "Certo, come vuole...come vuoi, Luisa!".
Dalle sue labbra scappa una risata breve e leggera e io la osservo portarsi una mano al petto, pensierosa. I suoi occhi mi scrutano bonari e con un velo di affetto.
"Sai Anita?"domanda assicurandosi che io la stia ascoltando. "Più ti guardo e più capisco che le parole di Luca non ti rendano giustizia. Tu sei sicuramente molto meglio di come ti immaginavo".
Le sue confidenze fanno sussultare il mio cuore, esso scalpita nel mio petto con vemenza. Luca ha parlato a lei di me!.
Eleonora sopraggiunge alle spalle di sua madre e io penso sia un sollievo, non perchè mi abbia salvato da sua madre ma più che altro dall'imbarazzo che le sue parole hanno provocato in me.
Mi porge un bicchiere di prosecco e mi sorride rassicurante.
"Mamma non dirmi che hai messo in imbarazzo Anita!" si rivolge a sua madre, rimprendendola divertita.
Luisa scuote il capo sorpresa. "Certo che no, tesoro!" si giustifica.
A quel punto nascondo una risata dietro il mio bicchiere, mentre ne bevo un sorso.
Conosco anche il padre di Luca, un uomo silenzioso, non fa molte domande,  ma allo stesso modo si mostra cortese.
Li guardo e penso siano una bella famiglia. C'è tanta complicità tra di loro e io ho bisogno di prendermi del tempo, da sola. Per assimilare tutte le informazioni ricevute e per prepararmi al suo arrivo.
"Avrei bisogno di andare al bagno. Dov'è?"chiedo ingenuamente.
Entrambe le donne di casa mi indicano la porta a destra infondo al corridoio e io mi allontano ringraziandole con lo sguardo.
Mi muovo come se questa casa la conoscessi già, il che sotto un piccolo aspetto è vero.
Mi chiudo la porta alle spalle e tiro un sospiro. Il mio viso appare stravolto nel riflesso dello specchio. Non ho nemmeno ancora visto Luca.
Mi bagno i polsi per rendere le mie pulsazioni più regolari e nel silenzio della stanza mi sembra che i miei battiti rimbombano.
Aspetto che riprendano ad essere più lenti e costanti e ritorno in salotto.
Il festeggiato è già arrivato e mentalmente ringrazio il mio tempismo per avermi permesso di essere assente al suo arrivo.
Qualcuno lo stringe ancora in un abbraccio divertito, facendogli gli auguri.
Tra tutti il suo sguardo incrocia il mio facendomi bloccare sul posto. A niente serve che io espiri e inspiri.
Leggo sgomento e sorpresa nei suoi occhi e per un piccolo istante mi sembra che tutto scomparga. Non esiste nessun'altro al di fuori di noi in questa stanza.
I suoi occhi che si incatenano ai miei e viceversa. Le voci si attudiscono, aleggia un silenzio quasi assordante intervellato dai battiti incessanti del mio cuore.

I miei tacchi ticchettano sul parquet mentre mi appresto ad unirmi agli altri. Lui non mi perde di vista nemmeno un attimo e dal modo in cui mi guarda capisco che voglia delle spiegazioni. Ma siamo in due, perchè anche io ne vorrei da lui.
Non faccio in tempo a pensare o a fare altro che una piccola riccioli d'oro saltella nella mia direzione.
"Anita" esclama stringendo le sue braccia attorno alle mie gambe.
Mi abbasso alla sua altezza lasciandole una carezza sulle guance.
"Ciao principessa".
E poi la guardo, stretta nel suo vestitino a balze e di tulle rosa e penso che Sofia una principessa lo sia, per davvero.
Lei sorride dondolando sul posto, lusingata dal mio complimento e mi poi mi abbraccia. Le sue manine si stringono attorno al mio collo con slancio e io premuro di fare lo stesso. Il mio abbraccio la ingloba, facendola scomparire nelle mie braccia. Le accarezzo la schiena.
"Sapevo saresti venuta"sussurra sulla mia spalla e lei non lo sa, ma io sorrido per la sua dolcezza.
Penso a Lucia e Sofia, alle compagne di giochi che potrebbero essere. Condividono questa spontaneità, la dolcezza e quando penso a loro non posso che paragonarle ai marshmallow e allo zucchero filato.
Il sorriso però svanisce dalle mie labbra nel momento esatto in cui mi accorgo di Vanessa. Abbraccia Luca tempestendalo di baci sulle guance.
Il braccio di lui le circonda la vita con premura, ma non si spinge più in oltre. La tiene a stretta a sè mentre sorride lusingato e la ringrazia.
Li guardo e spero che da un momento all'altro mi venga svelato che sia tutta una bugia, tutta una messinscena.
Vanessa oggi a differenza di quei vestiti grandi e sgualciti che indossava la prima volta che la vidi, è molto femminile. Indossa un vestitino di lana blu, blu come il berretto che io ho regalato a Luca, ed esso le pronuncia l'addome arrotondato. I suoi capelli lunghissimi e biondi, le ricadono in morbide onde sulla schiena.
Mi rendo conto di essere gelosa di lei, delle attenzioni che Luca le riserva.
Sofia prende una mia mano tra le sue e io riporto il mio sguardo su di lei. La piccola mi sorride a labbra chiuse, pronunciando le guancotte.
"Andiamo dallo zio Luchi. Sarà felice di vederti".

Luca non si mostra così felice di vedermi, in realtà. Mi rivolge uno sguardo fulmineo mentre tiene stretta ancora a sè Vanessa. Lei ci dà le spalle e sembra così agio tra le sue braccia.
Sofia sembra l'unica così entusiasta e smaniosa di ricevere le attenzioni di suo zio."Guarda zio, c'è anche Anita!" esclama.
Vanessa alza lo sguardo rimanendo però così vicina a lui, un suo braccio che ancora gli stringe il busto.
Non appena si accorge di me, mi rivolge un gran sorriso. Perchè sembrano tutti così contenti di avermi qui?.
Io la guardo di rimando, e penso che il suo viso mi sembri ancora una volta troppo familiare.
"Anita, che piacere rivederti!" esclama gentile.
Mi accorgo che mi sarebbe più facile non sopportarla se lei fosse antipatica, ma non lo è. E' sempre così carina e gentile.
La mia gelosia nei suoi confronti passa in secondo piano e ricambio il suo sorriso.
Luca saetta i suoi occhi da me e lei, come se volesse prevedere le mie azioni. Si aspetta che io faccia una scenata di gelosia?.
"Anche per me".
Accetto che mi dia due baci sulle guance. Poi il suo sguardo ritorna a posarsi su Luca, di nuovo. Di nuovo un  bacio sulla guancia e non sulle labbra.
"Vado ad aiutare tua madre, ci vediamo dopo" lo saluta sorridendogli.
Sorride anche a me e lascia una carezza a Sofia, congedandosi.
Gli occhi di Luca tornano su di me e prendono ad accarezzare il mio corpo con interesse e bramosia. Il suo sguardo è capace di farmi sentire nuda. Nuda in un senso più profondo, ovvio. Vulnerabile ed esposta.
Sofia fa dondolare la mia mano che tiene stretta ancora tra le sue e io mi accorgo che sia qui.
Ancora una volta mi è sembrato che ci fossimo solo io e lui.
Luca sfodera un sorriso impertinente."Ciao Anita".
Sì, ciao!
"Ciao Luca" replico atona.
Eleonora ci raggiunge sorridendo forzatamente e sembra che sia proprio lei quella a sentirsi di troppo, qui. Arriva con quella che sembra senza dubbio una scusa e cerca di portare via Sofia. La piccola fa storie, puntando i piedi a terra ma alla fine sua madre la prende tra le braccia e comincia a raccontarle una storia per distrarla. Il suo intento è quello di lasciarmi sola con Luca, lo capisco e me ne rendo conto ancor di più quando lei allontanandosi mi fa un occhiolino.
Le seguo con lo sguardo, vedendole andare via e mi rendo conto che sono davvero sola con Luca. Mi assale l'ansia.
Una sua mano si stringe attorno al mio polso attirandomi a sè, ma quanto basti a mantenere una certa distanza tra me e lui. Si guarda attorno quasi avesse paura che qualcuno ci osservi, ma sarebbe impossibile non attirare l'attenzione.
I suoi occhi saettano su di me.
"Perchè sei qui?"domanda con voce sommessa.
Abbasso lo sguardo al mio polso cercando di divincolarlo dalla sua stretta ma lui non me lo permette. Sbuffo infastidita e lui allenta di poco la presa.
"Per lo stesso motivo per il quale la maggior parte della gente si trova qui"gli rispondo tagliente.
Lui soffoca una risata nervosa e ripete la sua domanda con più decisione.
"Sono stata invitata, Luca" replico in difesa.
Ma lui non è affatto d'accordo e il suo viso si accosta al mio, in un affronto.
"Non hai pensato di non venire?" chiede provocatorio.
Ci ho pensato, ma questo non te lo dirò mai.
"No!" ribatto offesa. "Tua sorella e tua nipote mi hanno invitata e io non potevo venire meno alla promessa che avevo fatto".
Lui sorride indispettito e so che continuerebbe a replicare se non fosse distratto dall'arrivo di un ragazzo alle spalle. Lui lo circonda divertito.
"Auguri vecchio!" esclama prendendolo in giro. Sono quasi sicura che sia suo fratello minore.
Lo sguardo di Luca si imbroncia, ma so in realtà che sia dilettato dalle sue parole. Glielo si legge negli occhi.
"Riccà, smettila!" lo rimprovera pronto a sferrargli un buffetto sulla spalla, ma suo fratello è più veloce e lo schiva.
"Lo dico io che l'età incalza"sogghigna divertito.
Luca sbuffa risentito.
Gli occhi di Riccardo a quel punto si posano sorpresi su di me e mi rendo conto non ci sia niente di innocente nel suo sguardo.
Si morde un labbro avvicinandosi per stringermi una mano.
"Sono Riccardo, indubbiamente il fratello bello di Luca" si presenta con un sorriso malizioso e avvicinando le sue labbra alla mia mano.
Mi bacia le nocche e io sbarro gli occhi sussultando a quel contatto.
"Anita"replico sorridendo timidamente.
Luca al suo fianco lo fulmina con lo sguardo e lui sembra farsi forza della sua espressione.
Non riesco ancora a credere che Riccardo sia lo stesso bambino di cui Luca mi parlava. Non è possibile che sia lui lo stesso bambino ingenuo e timido, colui che si rifugiava nelle braccia di suo fratello durante un temporale.
I dieci anni di differenza si notano eccome, Luca ha lo sguardo vissuto e maturo ma Riccardo sembra solo la sua fotocopia più giovane.
La barba ispida gli conferisce qualche anno in più ma non fa comunque la differenza.
Hanno gli stessi capelli castani e mossi, acconciati in tagli diversi, certo. Ma credo che più di tutto siano quegli occhi verdi e biricchini, che adesso ne sono sicura abbiano ereditato tutti e tre, ad accomunarli inconfondibilmente.
Riccardo però porta gli occhiali, un paio tartarugato, dalla montatura rotonda e sottile e non so se la sua sia miopia o solo moda.
"Luca, ma perchè non mi hai presentato prima la tua amica?" domanda impertinente lasciando vagare il suo sguardo lungo il mio corpo.
Il fratello maggiore è infastidito, serra la mascella. Con la mano che prima stringeva il mio polso, mi attira a sè e prima che me ne renda conto finisco così vicina al suo corpo, le mie mani che si ancorano al suo petto in imbarazzo.
Una delle mie mani è così vicina al suo cuore, da sentirlo battere furente sotto le mie dita.
Il suo braccio passa attorno al mio fianco, la sua stretta è possessiva e protettiva.
Ma come fai a stringermi e a comportarti così, quando la tua fidanzata è a pochi passi da noi?!
Cerco di divincolarmi infastidita dalla sua presa ma lui non me lo permette, sono così vicina a lui.
"Smettila di flirtare con lei, Riccardo. E' troppo grande per te!" digrigna  tra i denti.
Riccardo ride divertito gongolando per quel suo accenno di gelosia.
Sei davvero geloso di me, Luca?.
"Avresti dovuto dirmi fin da subito che in ospedale ci fossero ragazze così carine. Non ci avrei pensato nemmeno un attimo ad iscrivermi a medicina"lo provoca, allora.
Leggo nei suoi occhi un divertimento tale da farmi capire che lo stia facendo apposta per scaturire una reazione da parte di suo fratello.
"Ah-ah"lo schernisce Luca. "Davvero divertente!".
Riccardo si apre in una risata lunga e fragorosa tenendosi la pancia con le mani. E' solo un ragazzino, infondo.
"Vorrei che tu potessi vedere la tua faccia. Sei rosso dalla rabbia e terribilmente geloso" ammette tra le risate.
Luca è davvero livido di rabbia e stringe un pugno lungo il  fianco.
Sofia arriva a salvare la situazione, perchè non sono sicura sarebbe finita tranquillamente e i fratelli si zittiscono ritrovando la calma. Avverto i muscoli di Luca stendersi.
Mi divincolo fugace dalla presa di Luca e torno a prestare attenzione alla piccola. La trovo che mi sta già guardando con un'espressione buffa e dolce.
"Anita, voglio farti vedere una cosa" ammette con un sorriso.
Ricccardo si unisce alla conversazione sorridendo e allargando le braccia.
"Principessina non saluti lo zio?".
Sofia fa finta di pensarci su, portandosi una mano alle labbra. "No!"replica con una linguaccia. "Ci vediamo dopo!".
Riccardo perde il suo entusiasmo ma senza nascondere che sia divertito dalla sua risposta.
Sofia mi prende con sè cominciando a saltellare per la casa e io la seguo a fatica con i tacchi.

La stanza dove arriviamo io e Sofia è rosa e piena di giochi ed io mi ritrovo ad ammirarla incantata. Il muro è tappezzato da una carta da parati tenue e delicata, e sulla parete centrale è rappresentato un unicorno rosa alato. Da ogni angolo di questa stanza traspare dolcezza.
"E' bellissima, Sofia" le sorrido. "Lo zio Luca ha fatto tutto questo per te?".
Lei annuisce entusiasta, le brillano gli occhi. "Oh sì. Quando sono dallo zio, passo tutto il tempo qui"racconta.
Mi fa cenno di seguirla e io lascio vagare ancora il mio sguardo tutt'intorno. Ci sediamo ad un piccolo e rotondo tavolino di plastica e io mi sento così bassa.
"Giochiamo a fare le principesse?" trilla elettrizata.
Mi passo le mani sulle ginocchia. "E princepesse, sia!" rido.
Assecondo ogni iniziativa, lascio che mi posi una coroncina sulla testa e ci caliamo completamente nella parte, attengiandoci a gran signore.
Sofia mette in mostra un servizio da tè e ridiamo mantenendo la tazzina con il mignolino in sù come se fossimo delle inglesine.
La piccola ride divertita e io penso che mi piaccia passare il mio tempo con lei.
"Sei perfetta"mi sorride ad un certo punto. "Sei una vera principessa".
"Vorrei che tu fossi la fidanzata di zio per poter giocare sempre sempre con te"ammette stringendosi a me. Rimango dapprima sorpresa dal suo gesto e poi passo ad accarezzarle la schiena con premura. Mi spiace deludere le sue aspettative.
"Tesoro, non credo sia possibile" ammetto con la voce sommessa.
Lei alza lo sguardo per puntarlo nel mio e assume un'aria pensierosa corruciando la fronte.
"Perchè? Tu sei bella e simpatica e dolce. Perchè non puoi essere la fidanzata di zio Luchi?".
Luca quasi come se si fosse reso conto stessimo parlando di lui, appare sulla soglia della stanza.
La porta è aperta ma lui appoggia un pugno sul legno facendo finta di bussare, per attirare le nostre attenzioni.
"E' permesso?" domanda sorridendo verso sua nipote.
Lei annuisce nascondendo una risata sulla mia spalla.  "Entra zio!".
Sofia scioglie il nostro abbraccio, indicandomi. "Guarda zio, guarda Anita come è bella! E' una vera principessa!" esclama spontanea.
Lo sguardo di Luca si posa su di me e lo fa in un modo completamente diverso dalle altre volte. Mi osserva con dolcezza.
"Si lo è" sussurra. "Anita è molto bella".
Abbasso lo sguardo imbarazzata alle sue parole.
Il mio io interiore gongola per il suo complimento.
Mi sono fatta bella per te!.
Lui a quel punto si avvicina a sua nipote, abbassandosi alla sua altezza.
"Sofi, lasceresti me e Anita, soli? Lo zio deve parlarle" le accarezza teneramente i capelli.
No Sofia, non andare!. Ma lei lo fa.
Annuisce vigorosamente alle sue parole e i suoi occhi brillano. "Vado dalla mamma. Ciao Anita!" mi saluta facendo ciao ciao con la manina ed esce trotterellando dalla stanza.
Sono di nuovo sola, con lui. E' il suo compleanno, nessuno reclama la sua presenza?.
Mi rimetto in piedi togliendo la coroncina e gli dò volutamente le spalle.
"Non hai niente da dirmi?" domanda dietro di me.
Mi volto di scatto, rimanendo con una mano a mezz'aria e corruccio la fronte curiosa.
"No, non ho niente da dirti" replico.
Lui incrocia le braccia al petto indispettito e so che non dovrei ma il mio sguardo cade sui suoi bicipiti che si contraggono.
"Potresti iniziare dal fatto che tu sia qui. Un invito si può sempre declinare!" mi provoca.
Lo scruto assottigliando gli occhi. "Sei sicuro che non sia tu a dovermi dire qualcosa? Potresti iniziare dal fatto che tutti qui dentro sembrano conoscermi così tanto!" lo accuso puntandogli un dito contro, ma so che non avrò risposta.
Lui sembra sorpreso dalla mia affermazione, i suoi occhi si sbarrano impercettibilmente, ma poi è lui a riprendere il controllo della situazione.
"Vorrei baciarti" proferisce in un sussurro.
E io non voglio!.
Mi raggiunge in due falcate e io mi ritrovo ad arretrare di uno, due passi. Ma questo non fa altro che avvicinarlo ulteriormente.
Ho paura che possa baciarmi, so che non me lo richiederebbe e lo farebbe davvero.
Ho paura di non riuscire a riprendermi da un suo bacio e ho bisogno che lui mi stia lontano.
Mi ritrovo intrappolata tra il muro e il suo corpo.
Deja-vù.
Ferma le mie mani tra le sue, impedendogli di sottrarmi.
Calcolatore.
I suoi occhi corrono alle mie labbra, famelici.
Sembra che con i suoi occhi lui già mi stia baciando, con l'intensità con cui mi guarda.
Sorride impercettibilmente abbassandosi e il suo viso raggiunge il mio.
Cerco di tenere a bada il mio cuore ma mi è impossibile controllarlo quando lui lascia scontrare i nostri nasi. Sospiro.
Anche i nostri corpi si sfiorano, facendomi rabbrividire.
I nostri occhi si scrutano in una muta richiesta.
No! gli gridano i miei!.
Ma la mia richiesta non è accolta, perchè le mie labbra sono già lambite dalle sue, così familiari.
Questo bacio è diverso da tutti gli altri, non c'è niente che si possa definire dolce o innocente in esso.
C'è irruenza e passione.
Le sue mani mi stringono con possessività imprimendosi sul mio corpo. Risalgono le mie braccia, e raggiungono il mio busto. Vanno a posarsi lì, in un angolo tra le mie costole e la mia schiena e io avverto la pelle bruciare sotto tutti gli strati dei vestiti.
Le sue labbra si muovono esperte sulle mie, saggiandole e mordicchiandole.
Sono completamente assuefatta da questo. Non riesco a ragionare e rispondere del mio corpo.
Lascio che faccia quello che vuole, che si prenda quello che vuole.
Lui sospira sulle mie labbra per riprendere fiato e io finalmente riprendo cognizione della ragione e lo allontano da me.
Le mie mani premono sul suo petto due volte, facendolo barcollare un pò all'indietro.
Lui fissa il suo sguardo nel mio, sorpreso e ancora sconvolto dal bacio.
Il suo petto si muove su e giù mentre cerca di regolarizzare il respiro e io gli tiro uno schiaffo.
Gli tiro uno schiaffo e lui si porta una mano alla guancia dolorante e soffocando un gemito, ma io anche se per poco mi prendo una piccola vittoria personale.
Mi ha soggiogata di nuovo, facendomi sentire terribilmente esposta e vulnerabile.
"Come puoi baciarmi così, quando nella stanza accanto c'è la tua fidanzata?!" gli urlo contro.
Mi accorgo dallo sguardo che mi rivolge che sia mortificato, ma non dice niente per discolparsi e io penso sia arrivato il momento di andare.
Lo sorpasso con foga, mentre mi prometto che non lo bacerò mai più. Provo vergogna per me stessa.
Non lo bacerò mai più, non quando lui ha una fidanzata e non quando io non voglio essere l'altra.
"Anita...io ti piaccio" le sue parole mi raggiungono come aghi sulla pelle ma io non mi volto più.

Reprimo le lacrime attraversando il corridoio con la convinzione di andare via, ma Eleonora arresta i miei passi. Adesso vorrei solo che lei mi lasciasse andare, ma non lo fa.
"Anita, va tutto bene?" domanda con preoccupazione.
Devo avere davvero una faccia sconvolta.
"Preferisco tornare a casa, mi sento poco bene" le sorrido incerta.
Lei annuisce e so che abbia capito ci sia molto di più, ma non fa ulteriori domande. Il suo sguardo si perde oltre le mie spalle e tira un sospiro affranta.
"Rimani almeno per la torta" mi supplica.
Alla fine mi lascio convincere.
Luca ritorna poco dopo e non mi degna più di uno sguardo. La sua attenzione è rivolta tutta a Vanessa; che coccola premurosamente ma di nuovo non c'è nessun bacio tra di loro; e alla sua famiglia.
Le luci si spengono, rimane accesa solo quella di una fioca abatjour e sua madre corre a prendere la torta in cucina.
Le candeline con il numero 30 creano strane ombre sul muro.
La poggia sul tavolo, sotto lo sguardo attento di suo figlio che le sorride.
"Tanti auguri a te, tanti auguri Luca" tutti intorno intonano la canzoncina mentre lui con lo sguardo emozionato si sporge per soffiare. Noto i suoi occhi chiudersi impercettibilmente e le sue labbra soffiare.
Esprimi un desiderio.
Intorno a lui c'è affetto e amore.
I suoi familiari lo circondano abbracciandolo stretto, compresa Vanessa. Sofia gli salta in braccio riempiendolo di baci mentre gli stringe la faccia tra le manine e lui ride divertito.
Una lacrima sfugge al mio controllo. Lui ha la sua famiglia, i suoi amici, qualsiasi persona qui dentro gli è legata  per un motivo e io chi sono per lui?.
Chi sono per te, Luca?
Mi sento quasi di troppo, una nota stonata in un pezzo impeccabile.

Nessuno mi vede mentre vado via e questo mi dà modo di farlo indisturbata.
Mentre lo faccio, però, il mio sguardo cade sulla stessa fotografia che mi capitò di guardare sere addietro e prendo consapevolezza di una cosa.
Ora capisco per quale motivo Vanessa mi sembrasse così familiare. Perchè lei assomiglia tantissimo a Giusy, la sua ex fidanzata, e adesso mi è chiaro perchè lui l'abbia scelta. Lei, gliela ricorda.

ANGOLO AUTRICE:
Dopo una settimana sono di nuovo qui a postare e non mi sembra vero!😂😂
Sono passate veloci anche le vacanze pasquali e si ritorna alla normalità. Spero abbiate passato una serena Pasqua.
Che dire di questo capitolo? Ce l'avevo in mente già da tempo e mi è stato facile scriverlo anche se fino all'ultimo non mi soddisfaceva.
La festa di Luca è l'argomento principale e penso abbiate compreso che si è rivelata essere molto movimentata. Ma lascio a voi qualsiasi commento.
Ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e chiunque l'abbia aggiunta in una qualsiasi lista. Siete sempre di più e il mio cuore è colmo di gioia!❤
Vi abbraccio forte! Alla prossima!!























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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27
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Capitolo 27




Ho pensato a lungo a quello che dovessi fare. Ci sono tante cose che non mi sono chiare, prima fra tante perchè io non sia indifferente alla famiglia di Luca. Mi è sembrato che loro conoscessero così tante cose su di me da farmi domandare per quale motivo lui ne abbia parlato ai suoi.
Lui non mi risponderebbe mai se glielo chiedessi e me l'ha già dimostrato.
Non posso continuare così, a corrergli dietro. Non posso permettermi di reclamare le sue attenzioni e poi sentirmi in colpa. Come se la traditrice fossi io.
Luca è incoerente e infantile. Si è mostrato infastidito di vedermi alla sua festa come se avesse gradito che non ci fossi stata e poi mi ha baciata.
Non può fare così, il suo comportamento mi ha stancata.
Quindi prendo una scelta, tenermi lontana  da lui o per lo meno evitare di coinvolgere ancor di più  i sentimenti nel nostro legame.
Avere un rapporto con lui strettamente lavorativo e formale.
Sarà difficile e me ne rendo conto, ma devo farlo per la mia mente e il mio cuore.
Ma poi succede una cosa. Cammino nel parcheggio dell'ospedale, per raggiungere l'ingresso.
E' pomeriggio inoltrato, il cielo è plumbeo, sembra che tra poco si possa scatenare un temporale. Dall'altra parte riconosco Luca.
Cammina tranquillo, con le mani nelle tasche del suo montgomery. Avvicina impercittibilmente una mano alla sciarpa per accostarla di più al viso e il mio sguardo ricade su quel berretto blu sul suo capo.
Riesco a riconoscerlo subito. E' quello che io gli ho regalato.  Lui ha indossato il mio cappellino e io devo dimenticarlo.

Maria arriva nel mio studio quel giorno facendomi destare preoccupata. Il suo respiro è irregolare quasi come se avesse corso e nei suoi occhi leggo smarrimento, ansia.
Mi alzo dalla mia postazione, svelta e in allerta.
"Maria, che succede?!".
Lei si appoggia alla porta dietro di lei, chiudendola con una mano e dall'altra estrae una lettera. Una lettera piccola e bianca.
Il suo sguardo è velato e io mi domando cosa abbia letto da turbarla tanto.
Faccio un passo verso di lei, indugiando.
"Lo so" ammette tirando un sospiro. "Probabilmente sarebbe stato meglio se non l'avessi fatto, ma oh Anita volevo che tu leggessi cosa Lucia ha scritto qui".
Abbassa gli occhi estraendo frettolosa il foglio dalla bustina chiusa. Il mio cuore riprende a battere meno velocemente. L'ansia però rimane lì, pronta ad attanagliarmi con il pensiero delle parole di Lucia.
Non dico niente e nemmeno Maria parla più, lascia che io legga in silenzio.
La calligrafia di Lucia è corsiva, piccola e tipica di una bambina ma ordinata.
Prendo un respiro e finalmente leggo.

"Caro Babbo Natale,
i miei compagni dicono che sia stupido credere che tu esisti davvero, mi chiamano sciocca. Ma a me non interessa, lo so che non è vero.
Tra poco è Natale ed è la mia festa preferita. Quest'anno mi sono comportata bene, come un angioletto, e non ho fatto arrabbiare nessuno. Sono stata tanto brava.
Babbo Natale io non ti chiedo giocattoli o barbie anche se però sarei felice lo stesso.

Mi interrompo per lasciare spazio ad un sorriso mentre accarezzo quelle pagine, me la immagino che scrive assorta e tenera.

Però una cosa te la chiedo, per questo Natale vorrei un nuovo cuore e una nuova famiglia. Una nuova famiglia con Anita e Luca.
Babbo Natale a volte loro non si parlano nemmeno e litigano, io sono triste per questo. Voglio tanto bene a loro.
Puoi fare qualcosa? Ti pregoooo
-Lucia

Alla fine del foglio Lucia ci ha rappresentati che ci teniamo per mano, ha indicato il nostro nome sugli omini che ci raffigurano. La sua immagine è così dolce. Passo le dita su quel disegno.
Alzo lo sguardo per puntarlo in quello di Maria, che scruta attenta ogni mia mossa. Ma non riesco a dire niente.
Avverto i miei occhi riempirsi di lacrime e faccio fatica a rimandarle indietro.
Vorrei darti una famiglia, Lucia...

Il Natale arriva veloce e passa nel modo più sereno possibile. La mattina  sono a pranzo dai miei. Ci scambiamo gli auguri e i regali.
Mia madre prepara il pranzo e io e Sabrina ci offriamo di aiutarla con le pietanze. Il mio stomaco brontola per quegli odori  e sapori così familiari. Mia madre è una cuoca eccellente.
Ci guardo seduti al tavolo e sorrido, ho sempre pensato che la famiglia fosse alla base di tutto.
So che se dovessi succedere qualcosa saprei su chi contare, sono cresciuta con questa convinzione. La mia è la famiglia che aspiro di avere un giorno. Solida e unita.
Vorrei essere come mia madre, con quella sensibilità tutta sua, essere premurosa e amorevole e vorrei che la persona al mio fianco fosse come mio padre, che mi supportasse e mi affiancasse nella gestione della casa e nell'educazione dei nostri figli. Vorrei potermi svegliare al mattino e sorridere sapendolo al mio fianco. Avere una complicità tutta nostra, nonostante i litigi, nonostante le difficoltà perchè d'altronde anche quelle formano la coppia. Vorrei crescere i miei figli con serenità, cucinare per loro, aiutarli nei compiti, rimboccargli le coperte  dopo la favola della buonanotte. Mi piacerebbe leggere negli occhi dei miei bambini quella dolcezza, quella ammirazione con cui io ho sempre guardato e continuerò a guardare i miei genitori.
Arriverei alla sera stanca per il lavoro, per le faccende di casa, ma felice e soddisfatta per quello che ho costruito. Con la gioia di poter ritrovare la mia persona accanto.
Dopo aver salutato i miei sono pronta per il mio turno di pomeriggio all'ospedale. Mi piace particolarmente, oggi, passarlo con i miei bambini. Mi piace ricevere le loro attenzioni e regalare le mie a loro. La professione di medico non conosce domeniche o giorni di festa ma ho imparato a riscoprire sotto un certo punto di vista anche questo aspetto.
Tutto cambia quando ci sono loro e io sarei capace anche di sacrificare il mio giorno libero affinchè siano felici.
Oggi Luca non c'è e io mi ritrovo ad esserne sollevata.
Festeggiamo insieme nella sala comune, come quel giorno. L'aria è festosa e serena. Un medico del reparto ha accettato di travestirsi da Babbo Natale, arriva con il suo buffo travestimento e un sacco colmo di regali.
Abbiamo organizzato una colletta affinchè ogni bambino potesse averne uno. Ci sembrava giusto che respirassero l'attesa del Natale.
I bambini sono sorpresi ed entusiasti, scartano con smania le carte regalo colorate, i loro occhi brillano di gioia.
Lucia si rivela eccitata alla vista della sua nuova barbie, la mostra come se fosse il suo trofeo preferito.
So che non è quello che avrebbe voluto davvero, ma non ho saputo come poterla accontentare. Spero che il mio amore basti a compensare il resto.
La sua lettera è custodita a casa mia, gelosamente, e di tanto in tanto la rileggo. Ogni volta il mio cuore sussulta a quelle sue parole. Mi rendo conto che il nostro desiderio di famiglia sia condiviso.
Lucia si volta nella mia direzione sorridendomi con le labbra e con gli occhi, il suo viso è sereno e rilassato. Ricambio il suo sguardo amorevolmente e lei si apre in una breve e leggera risata prima che qualcosa d'improvviso accada. La sua barbie cade a terra, producendo un forte tonfo. Non so se sia davvero così o perchè il resto sia attutito completamente.
Il suo volto impallidisce mentre si porta entrambi le manine al centro del petto, stringendole tra di loro. I suoi occhi si spalancano, velandosi.
Le mie gambe si muovono con foga, la prendo un pò prima che si lasci cadere all'indietro.
"Lucia!" urlo con apprensione stringendola tra le mie braccia.
Gli sguardi di un'intera sala si posano su di noi, mentre tutti si apprestono a circondarci.
Tengo Lucia tra le mie braccia mentre lei lascia che una lacrima le scenda lunga le braccia. Non parla, il dolore l'ha ammutolita.
Il suo sguardo è sofferente e il respiro affannoso.
"Hai male, qui?" le domando accennando al suo cuore.
La piccolina annuisce impercittibilmente, ma qualcuno me la porta via e io non faccio più niente. Non sarò io ad occuparmi di lei, questa volta lo capisco.
Noto medici ed infermieri allontanarsi al suo seguito. Tutti sono smaniosi riguardo alla sua situazione, si preoccupano tutti per lei.
Penso che il destino sia davvero crudele con lei. Lucia desiderava solo un cuore nuovo, non posso permettere che le possa succedere qualcosa.
Li guardo allontanarsi mentre la portano via e giungo le mani lasciandomi andare ad un pianto silenzioso.
Improvvisamente tutta l'atmosfera magica e felice viene spazzata via.
Ho già vissuto una scena così, e non riesco ad abituarmi all'idea che Lucia possa lasciarsi. Lei non può.
Qualche genitore abbraccia il suo bambino piangente, allontanandolo per tranquillizzarlo, e io rimango al centro della stanza immobile.
Una mano si posa sulla mia spalla ma non mi volto, fisso un punto indefinito della stanza, con l'ansia e la disperazione che mi attanaglia.
"Andrà bene" le parole di Arianna sono accompagnate da una lieve carezza. Vorrei crederci ma non riesco a farlo.
Le condizioni di Lucia ci tengono con il fiato sospeso per tutto il tempo.

Qualche ora dopo Lucia ritorna nella sua stanza. Il suo corpo è cosparso di elettrodi che la monitorano, una flebo che inietta medicinali. Mi è permesso farle visita ed è già un gran sollievo per me. E' un sollievo saperla viva.
"Dottore mi dica...come sta?" domando varcando la soglia. La voce mi trema.
Il primario si volta nella mia direzione, un cipiglio sulla fronte. "L'abbiamo stabilizzata. Ha avuto un attacco di angina, pensiamo dovuto ad un eccesso di emozioni o stress, ma il suo cuore resiste, a fatica ma resiste. Purtroppo il suo ventricolo sinistro è seriamente compromesso e non ci resta che sperare trovino un cuore nuovo" spiega  diligentemente eppure riesco a notare nella sua compostezza un vacillamento.
Annuisco senza dire niente, d'altronde non ci riuscirei. Cosa accadrebbe se non trovassero un cuore per lei?.
Il dottor Visconti mi passa accanto tirando un sospiro. "Ho già avvisato il dottor Franzese. Gli ho detto che non ci fosse bisogno venisse ma lui ha insistito tanto. Intanto se vuole...lei può restare qui".
Silenzio.
Cerco di immaginare quale sia stata la reazione di Luca alla notizia.
"Grazie"ammetto sincera.
Lui non dice nient'altro, annuisce con l'ombra di un sorriso sulle labbra ed esce dalla stanza.
Lucia dorme tranquilla, il suo respiro lento e regolare. La stanza è così silenziosa, interrotta solo dai bip del monitor, senza la sua voce.
Mi siedo al suo fianco, prendendo una sua mano tra le mie. Osservo le sue dita esili, bianche e le stringo tra le mie.
Il suo colorito è pallido ma il suo volto ha assunto di nuovo un' espressione serena.
"Sei qui" sussurro appoggiandomi a lei. "Non lasciarmi Luci, non lo sopportorei".
Con la mano libera prendo ad accarezzare i suoi capelli sparpagliati sul cuscino. Vorrei districarli al mattino appena sveglia, acconciarli in una treccia, imprimerci un bacio della buonanotte, ma non vorrei farlo così, adesso che lei sta male.
Le mie dita sfiorano le sue guance e silenziosamente mi permetto di lasciar libero sfogo alle mie lacrime.
"Non farlo mai più, ti prego. Tu, tu sei la mia Luce".
E' la notte di Natale e io la passo addormentandomi al suo capezzale.

Mi sveglio cullata da amorevoli carezze. Il sole filtra dalla finestra della stanza e mi chiedo che ore siano. I miei occhi fanno fatica ad aprirsi e li stropiccio un pò. Luca è al mio fianco e mi rendo conto siano state le sue mani ad imprimere quel così rilassante tocco sulle mie spalle. Lascio che mi massaggino dalla nuca alle scapole. C'è premura nel suo gesto.
Sospiro, mi sembra quasi che un gran peso mi si tolga dalle spalle.
"Dovresti andare a casa" sussurra, la sua voce così vicina al mio orecchio.
Mi volto nella sua direzione, rendendomi conto di quanto lui mi sia vicino, mi basterebbe muovere il viso un pò per sfiorarci. Arrossisco. Ha lo sguardo stanco, con un accenno di occhiaie sotto quegli occhi bellissimi ma lui è sempre così affascinante.
"Voglio restare un altro pò"ammetto.
Lui passa ad accarezzarmi una guancia e io avverto il bisogno di chiudere gli occhi a quel contatto ma non lo faccio, non posso.
"Sei rimasta tutta la notte qui, Anita. Devi riposare".
Dalla sua voce traspare assoluta dolcezza da farmi rabbrividire. Amo che lui si preoccupi per me.
Porto una ciocca di capelli dietro all'orecchio e nel farlo le nostre mani si sfiorano. L'allontano velocemente quasi avessi preso la corrente. E lui fa lo stesso portando lo sguardo lontano dal mio.
"Lo farò..."gli prometto. "Ma non adesso".
Lui riporta gli occhi su di me, accarezzando il mio viso, e si arrende alle mie proteste. "Va bene".
Sa che quando si tratta di Lucia non c'è niente che possa farmi cambiare idea.
Riconduco le mie attenzione alla piccolina. Noto il suo nasino arricciarsi impercittibilmente e sorrido tra me e me. E' così tenera. Imprimo un bacio sulla sua fronte e sotto il mio sguardo Lucia apre gli occhi.
Apre gli occhi piano e a fatica ma io e Luca ci destiamo sorpresi dal suo risveglio. I suoi occhioni azzurri e grandi fissano il loro sguardo nei nostri.
"Bentornata" le sorrido emozionata.
Luca si fa più vicino, e io gli lascio spazio per far sì che lui accarezzi Lucia.
"Come ti senti, piccola?" domanda amorevolmente. Mi perdo in quei suoi piccoli gesti.
I parametri di Lucia sono tornati stabili eppure lei è ancora molto debole e le manca la forza di parlare.
Non mi importa di nient'altro se non saperla qui, con noi e mi premuro di godermi qualsiasi momento con lei.
"Nono, shh. Non affaticarti".
Mi premuro di farla sentire protetta e amata con le mie carezze e i miei baci. E anche Luca fa lo stesso.
Forse mai come oggi mi era capitato di vederci così presi da lei e mi rendo che saremmo una bella famiglia se fosse possibile.
Una cosa la so, però. L'amore per Lucia ci accomuna entrambi. Sarebbe impossibile non notarlo.
Lucia lascia che una piccola lacrima le bagni una guancia e io la cancello con le mie dita.
"Adesso...sto bene"sussurra.

Torno poche ore dopo a casa stanca, ma felice che Lucia sia tornata tra noi.


ANGOLO AUTRICE:
Un pò in ritardo e mi scuso per questo. Buon pomeriggio a tutte!
Torno con un capitolo triste e un pò difficile da scrivere, ma spero voi possiate apprezzarlo❤❤
Non ho molte parole da dire a riguardo, le lascio a voi.
Intanto vi ringrazio tutte, per seguire questa storia e per i vostri pareri che mi fanno sempre sorridere. GRAZIE!!
Un abbraccio e alla prossima!💞💗









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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28
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Capitolo 28




Luca dice che questo episodio ha permesso a Lucia di scalare in lista riuscendo ad arrivare ad uno dei primi posti. Ci sono più possibilità che lei possa ricevere un nuovo cuore.
Eppure perchè non riesco a star tranquilla? Questa notizia dovrebbe allietarmi eppure non c'è una sicura possibilità che arrivi in tempo un cuore per Lucia. Le sue condizioni sono stabili eppure il suo cuore è compromesso.
Ticchetto le dita sul legno della scrivania.
Ci ho riflettuto a lungo e ho pensato che la mia inquietudine possa dipendere anche dal fatto che una volta guarita Lucia possa andare via da qui. Subìto un trapianto e una riabilitazione cardiaca- motoria non ci sarebbe nessun motivo per cui lei resti qui.
Immagino come potrei vivere senza lei. Ma il solo pensiero di saperla viva e in forze potrebbe aiutarmi ad andare avanti.
Scuoto il capo con vemenza. Non posso essere così egoista, non posso desiderare che lei rimanga a lungo in ospedale, devo invece sperare che trovino un cuore compatibile e che Lucia possa tornare a vivere la sua vita.
Non ha importanza cosa io pensi o desideri costruire, non può averne quando in gioco c'è il bene di una bambina.
Prenderò costantemente consapevolezza di questo, capirò che non sarò io a darle la famiglia che vuole, non saremmo nè io nè Luca, ma Lucia troverà qualcuno che possa donarle tutto l'amore e la cura di cui necessita.
Mi alzo con velocità, ho dei compiti da svolgere e rimanere chiusa qui dentro non gioverà di certo alla mia sanità mentale.
Luca è lì in corridoio, gesticola tranquillo e io mi trattengo ad osservarlo.
E' diligente e professionale nei modi mentre si ferma a parlare con i tutori di Lucia. Ha contattato la casa famiglia e gli assistenti sociali, ha dato loro un appuntamento e si è preso la responsabilità di aggiornarli sulla situazione della piccola.
Mi ritrovo a guardarlo con una punta di ammirazione, è sempre così sicuro di quello che fa, è caparbio, affronta le cose con il giusto distacco ma dimostra allo stesso modo di essere così umano e vicino. La professione di medico gli calza a pennello.
Eppure aldilà dell'eccellente medico che dimostra di essere mi rendo conto che personalmente sia tutta un'altra persona.
Il suo comportamento lascia ancora milioni di dubbi in me. Non ci siamo avvicinati più dopo quello che è successo l'altro giorno. Se ci è capitato di vacillare è stato solo in un momento di debolezza che riguardasse Lucia ma non ci siamo più sfiorati nemmeno per sbaglio.
Sembra che in un tacito accordo i nostri occhi si siano detti tante cose. Continuano a farlo ogni volta che si incrociano.
Ho capito che star lontana da lui mi fa male. L'indifferenza è peggiore di qualsiasi parola.
Per quanto la sua vicinanza sia logorante a volte mi appare come l'unico appiglio. L'amore per Lucia in qualche modo ci unisce, e so che lui possa capirmi più di qualunque altro.
Se parliamo gli chiedo di lei e niente di più. Niente che possa spingersi oltre convenevoli.
Lucia sta meglio, risponde bene alle cure. Ogni giorno la guardo e penso che in un corpo così piccolo sia racchiusa tanta forza. Lucia è una piccola, grande guerriera.
Mi fermo a parlarle e a strappare un sorriso prima di andare via, gioco con lei, le accarezzo i capelli. Lucia è sempre così contenta delle mie attenzioni, lo so, non fa altro che ripetermelo.
Ma non potrei fare altro che notarlo, dai suoi occhi che si illuminano al mio arrivo, da come allunghi le mani verso di me, con la dolezza e la meraviglia con cui mi guarda. Potrei emozionarmi per il solo modo in cui lei mi parli.

Aspetto che siano andati tutti via e decido di fare un passo avanti nella sua direzione.
"Come è andata?" gli domando.
Lo colgo di sorpresa, perchè lui in una posa troppo rigida si volta verso di me.
"Ciao, non ti ho sentito arrivare" risponde accennando ad un sorriso tirato.
Mi rendo conto che i suoi occhi prendano a scrutarmi come ogni volta. Eppure c'è qualcosa di diverso nel suo sguardo ma non so decifrarlo.
Luca porta le mani nelle tasche del suo camice, osservo le sue spalle larghe strette nella camicia e abbasso lo sguardo imbarazzata.
Lui sembra accorgersene ma non dice niente e sembra quasi che voglia imprimere ancora più distanza tra noi. Incrocia le caviglie appoggiandosi al muro dietro di noi. Non credo di averlo mai sentito così distante da me.
"Bene. Ho spiegato loro tutta la situazione. Lucia è minorenne e spetterà al suo tutore firmare per un eventuale trapianto. Sono preoccupati per lei, le vogliono bene e sperano che si possa trovare un cuore" spiega.
Lo guardo ma lui ha già distolto gli occhi, la sua mascella è contratta. Sembra preoccupato.
"C-certo è comprensibile. E' quello che speriamo tutti." sussurro.
Lui rialza gli occhi e tira un sospiro. In quel gesto si nasconde molto di più.
Osservo adesso il suo sguardo e mi rendo conto che sia così stanco.
"Tu come stai?" domanda facendo un cenno del capo nella mia direzione. Ma non mi appare così interessato a saperlo, davvero.
La sua domanda mi appare così stupida, come potrei spiegargli come mi senta? Come potrei rivelargli che il solo stargli vicino mi provochi un turbamento?.
"Bene..."indugio.
Lui annuisce distrattamente, la sua attenzione attirata adesso da quel costoso orologio al suo polso.
"Beh ci si vede. Il mio turno qui è finito. Vanessa stamattina non stava bene, è meglio che torni a casa a prendermi cura di lei".
Le sue parole sono misurate, in un colpo mi spiattella di nuovo la verità in faccia. Una verità cruda e amara. Mi confessa che tornerà a casa da lei, che andrà a prendersi cura di lei e io sento dentro di me qualcosa lacerarsi. Forse è il mio stomaco o il mio cuore ma è quasi peggio di una ferita inferta.
Vorrei che lui si prendesse cura di me, che le sue mani si posassero sulle mie spalle e le accarezzassero con premura come hanno fatto giorni addietro.
Niente di tutto questo succede, io non dico niente e nemmeno lui lo fa ma è consapevole di avermi ferita e io lo odio per questo. Lo osservo allontanarsi per il corridoio e mi rendo conto che lui abbia appena innalzato un muro tra di noi.

Ritorno a casa e mi rendo conto che manchino pochi giorni al Capodanno. 
Ho sempre atteso questo momento. Ho sempre riposto fiducia e speranza nell'arrivo di un nuovo anno. Da piccola mi piaceva contare le ore che mancassero alla mezzanotte. Le attendevo con l'ansia, il sorriso.
Mi piaceva che ci riunissimo attorno alla tavola a giocare a tombola, con il sottofondo dei nostri schiamazzi e della nostra tv, lo scoppiettio del camino acceso. Sistemavamo il panettone e lo champagne per brindare. Poi il conto alla rovescia.
10
Mancava così poco alla mezzanotte. Mezzanotte significava tante cose, mezzanotte era gioia, era malinconia. Mezzanotte era lasciarsi alle spalle un anno meno fortunato e guardare speranzosi a quello futuro.
Mezzanotte era chiudere gli occhi mentre intorno ci si scambiava gli auguri ed esprimere un silenzioso desiderio.
Da bambina mi sembrava così facile, mi importava che i miei familiari fossero lì, che stessimo tutti bene e che qualcuno mi prendesse in giro perchè avevo paura dei fuochi d'artificio.
Con gli anni le cose erano cambiate, io ero cresciuta e avevo preso consapevolezza della realtà. Le feste rimanevano sempre le mie preferite eppure ci guardavo con un pò di malinconia nel cuore. Osservavo la nostra tavola e mi rendevo conto che ci fosse sempre quel posto che ti creasse un vuoto dentro.
Con gli anni aumentavano le responsabilità e con esse le difficoltà. Me ne ero resa conto quando una volta avevo incrociato gli occhi dei miei familiari e mi erano sembrati un pò più stanchi, con il sorriso tenue e gli sguardi lucidi. Quasi come se un peso gravasse sulle loro spalle.
La vita a volte non era semplice bensì tortuosa e ingiusta. E io di ingiustizie ne avevo viste. Bastava guardarsi intorno per scorgerne subito una dietro l'angolo. Con il lavoro che avevo deciso di intraprendere non era così difficile.
Era ingiusto che i propri sacrifici si rivelassero vani, era ingiusto che incombesse una malattia, era ingiusto che una persona perdesse la vita. Soprattutto quando a farlo erano piccole anime innocenti.
Da piccola avevo prefissato che la più grande ingiustizia avessi subito fosse stato perdere mio nonno. Egoisticamente desideriamo che le persone a noi più care rimangano in vita per sempre. Come possiamo accettare che ci lascino in balia di un vuoto troppo grande da colmare? Secondo le cinque fasi dell'elaborazione di un lutto, la prima che si attraversa sia quella del rifiuto e successivamente quella della rabbia anche se non c'è un ordine preciso.
Avevo attraversato queste due fasi sentendo montarmi dentro un resentimento nascosto, quando di notte piangevo in silenzio nel buio della mia stanza e nella mia mente si prefissavano tante domande, tra tutte del perchè qualcuno lassù avesse permesso che mi portassero via una persona così.
C'era stata poi quella della depressione ed era stata sicuramente quella più lunga da superare. Mi sentivo come chiusa in un limbo, impossibilitata ad uscirci. Come se tutti i miei punti di riferimento fossero crollati e non riuscissi più ad aggrapparmi a niente. Anche il solo alzarsi stava diventando un peso.
Forse mi trovo tutt'ora in una fase di accettazione perchè ancora dopo anni non riesco a prendere coscenza di questa perdita. Il dolore è latente ma ho capito che è possibile imparare a convincerci, vivere con i ricordi, nonostante sia ancora impossibile accettarlo.
Mio nonno era cardiopatico. Il suo cuore l'aveva abbandonato lentamente, costringendolo ad esalare l'ultimo respiro prima che potessi dirgli quanto gli volessi bene, ancora. Il cuore è il motore del nostro corpo.
E' difficile pensare quanto la nostra vita dipenda da esso. Questo incomprensibile muscolo involontario che può decretarne la fine.
Ogni volta che penso a Lucia, mi torna lui in mente. Ormai è chiaro quanto io nutra nei suoi confronti un affetto materno.
Lucia è forte e questa è una caratteristica che li accomuna entrambi. Il non arrendersi mai, il reagire davanti alle difficoltà.
Mi sono resa conto che non riuscirei a sopportare un'altra perdita, in me è adesso legata una parte di lei.
Lucia è un gioiello prezioso, e se io non dovessi mai darle una famiglia, mi crogiolerò nel pensiero che sia così. Lucia fa parte già della mia famiglia, quando l'abbraccio mi sembra di sentire il profumo di casa.
E se c'è una cosa che probabilmente io desideri più di qualsiasi altra, quest'anno, sia un cuore nuovo per lei.

Il campanello suona nel silenzio della casa. Mi domando chi possa essere.
Dò una veloce occhiata al mio abbigliamento, una tuta un pò troppo larga, ma mi dico che possa andare bene.
"Biagio!" esclamo ritrovandolo sull'uscio di casa.
Lui è qui, con dei cartoni di pizza tra le mani e il sorriso più dolce del mondo ad incorniciargli il volto.
"Ciao Anita. Spero di non disturbarti. Ho chiesto a Carlotta dove abitassi ed eccomi qui. Mi auguro tu non abbia cenato di già perchè ho portato le pizze."
Il bello di avere degli amici è proprio questo. Gli sorrido piena di gratitudine e interrompo il suo fiume di parole.
"E' stato un bel pensiero da parte tua, vieni entra".
Gli lascio spazio per passare e lui ringrazia con un sorriso.
"Puoi appoggiarle lì" gli indico il tavolo del salotto facendogli segno di riporre le pizze lì e Biagio annuisce in silenzio.
I suoi occhi prendono a scrutare l'ambiente circostante e lo noto passarsi le mani sui pantaloni un pò a disagio.
"Ho pensato che potesse farti piacere la mia compagnia o almeno lo spero" proferisce in un sussurro.
E' così dolce che mi viene voglia di stringerlo in un abbraccio.
"Biagio, sei gentile" gli sorrido per conferma.
Lui a quel punto alza lo sguardo rimanendo con le braccia lungo i fianchi  e una postura un pò rigida.
Quando i suoi occhi incrociano i miei sento che il suo sguardo potrebbe scavarmi dentro. Biagio ha gli occhi grandi ed espressivi. Quando lo guardo mi sembra di poterci scorgere tutto un mondo dentro.
Biagio è una continua scoperta. Rispetta i miei silenzi e lascia che sia io ad aprirmi se voglio. Non è invadente ma ho avuto modo di rendermi conto che c'è se ho bisogno.
In alcuni atteggiamenti, in alcune movenze, anche solo nel portarsi i capelli dietro, mi ricorda Nicola. Forse questo è uno dei motivi a farmelo piacere di più.
"Va tutto bene?"domanda incerto.
Tiro un sospiro profondo ma lui non dice nient'altro. Annuisce impercettibilmente e poi riprende a parlare.
"Non dirò niente Anita, non ti chiederò niente se tu non vorrai ma sono qui. Non ci conosciamo da tempo, è vero, ma io e te ci siamo detti più cose di quanto potessimo immaginare. So che di te mi posso fidare, ti ho confessato il mio segreto per questo. Io non farò niente se tu non vorrai, ma sei hai bisogno di parlarne, io ti ascolterò" i suoi occhi non smettono nemmeno un attimo di guardarmi, sembra che stia soppesando bene le parole.
Non posso fare almeno di sciogliermi in un sorriso, traspare da esse una tale premura.
"Biagio?"
"Mmh?"
"Biagio ho bisogno che tu mi abbracci".
E lui lo fa. Le sue braccia mi stringono di slancio forti e le sue mani prendono ad accarezzare la mia schiena su e giù.
"Cosa significa questo?" domanda lui tirando un sospiro sulla mia spalla.
Rido brevemente alle sue parole."Che mi fido, mi fido di te e sono felice di essere tua amica".
Lui mi colpisce scherzosamente sulla spalla."Sisi ok, ma adesso mangiamo quelle pizze!".

La serata passa nella tranquillità più assoluta . La stanza si inonda delle nostre risate.
A piccoli passi io e Biagio ci conosciamo. Lui mi racconta di sè. Del lavoro alla pizzeria di suo padre nei weekend, delle serate come dj nei locali.
Mi parla della sua famiglia, del rapporto che ha con le sue sorelle. Lui il terzo, l'unico figlio in una schiera di donne. Alessandra è la piccola di casa e colei con cui lui ha un legame speciale, considerato anche che sia stata la prima ad accorgersi che Biagio fosse omosessuale.
Me ne parla con il sorriso e mi rendo conto che lei gli manchi. Sono così lontani eppure so che loro due con il cuore siano più vicini di quanto immaginino.
Biagio è una brava persona, è legato alla sua famiglia e mi rendo conto mentre ne parliamo che io e lui siamo molto simili sotto questo punto di vista.
Così come ha fatto lui, anche io gli racconto di me. Gli parlo della mia famiglia, della mia nipotina in arrivo e del desiderio di famiglia che anima i miei pensieri. Gli racconto di Lucia e lo noto guardarmi mentre lo faccio con interesse e un bel sorriso.
"Sembra così speciale questa bambina"ammette.
"Lo è, è la mia piccola Lucia".
Il racconto si sposta sul mio rapporto con Luca e lui si dice basito. Non riesce a capacitarsi del suo comportamento anche se lui una spiegazione a tutto questo ce l'avrebbe ma non vuole proprio rivelarmela. Il suo consiglio rimane sempre lo stesso nonostante si dica titubante.

"Ma se tipo ti invitassi ad un'altra festa a Capodanno, tu ci verresti?" mi domanda mentre sorseggiamo un pò della cioccolata calda che ho preparato.
"Una festa?" replico corrucciando la fronte.
"Sisi, una festa. Mi piacerebbe che tu venissi, chissà magari stavolta sarà meglio della prima e puoi invitare anche le tue amiche. Così finalmente le conosco".
Il pensiero dell'ultima festa mi tormenta. Ma non posso limitare la mia vita per paura di incontrarlo. E poi non è mica detto che io lo riveda.
"Pensi come sarebbe bello iniziare un nuovo anno insieme?" mi incita lui facendo un occhiolino. 
Non glielo dico ma ho già deciso cosa farò.

Capodanno.
Capodanno arriva prima che me lo aspetti. Le ragazze sono elettrizzate all'idea di passarlo insieme. Siamo state a fare shopping e farci belle.
Allo scoccare della mezzanotte un anno nuovo che spero possa riservarci tante sorprese.
Guardo il mio riflesso allo specchio. Il vestitino nero di macramè che fascia il mio corpo.  E' smanicato con il corpetto drappeggiato e la gonna che scende svasata sui fianchi. 
Trucco il mio viso leggermente ma quanto basti a dargli colore e faccia risaltare i miei occhi. Dicono che per la notte della Vigilia sia buon auspicio indossare qualcosa di rosso, e quindi decido di stendere un rossetto rosso sulle mie labbra.
Sono molto soddisfatta del risultato, non mi trucco mai tanto e molto spesso gli abiti non sono compresi nel mio vestiario ma per questa sera speciale penso sia il momento. Ognuna di noi qualche volta dovrebbe osare di più.
Calzo i miei tacchi alti e preparo una pochette con l'essenziale.
Le mie amiche si sono offerte di passare a prendermi ma ho declinato, la mia io interiore suggerisce di sgattaiolare via se ne dovessi avere il bisogno.
Mentalmente mi appunto che Luca sia di turno stanotte e non ci sia assolutamente il pericolo che lo incontri.

Il Music stasera è affollatissimo, sembra che tutta una città si sia riversata qui dentro. Osservo i giochi di luce proiettarsi sulle pareti, la musica inonda le mie orecchie e ho come una sensazione di sbandamento.
"Anita sei meravigliosa" come la prima volta Biagio corre in mio aiuto e io mi chiedo come faccia a trovarmi, sempre.
Mi rivolge un sorriso rassicurante e mi abbraccia. Sa di acqua di colonia e io lo guardo. Biagio stasera è bellissimo.
Indossa una maglietta nera che evidenzia un paio di pettorali scolpiti sotto una giacca del medesimo colore.  I suoi capelli ricci sono portati all'indietro, si è rasato la barba e dei suoi occhiali da vista non c'è traccia.
Lo ringrazio lusiganta e lui mi fa spazio verso i nostri amici. La sua mano si posa sulla mia schiena eppure non mi infastidisce, so che nel suo gesto non ci siano doppi fini.
Riconosco subito le mie amiche ed è un sollievo. Sono radiose e bellissime. 
Emiliano mi fa un cenno con il capo accennando ad un sorriso e io ricambio. Lui e Giulia hanno chiarito da molto ormai e sembrano così affiatati. Il litigio se è possibile ha raddoppiato l'intesa tra di loro e adesso che i loro sentimenti sono chiari è giusto che vivano la loro storia d'amore. Tiene la mano alla mia amica e le sussurra qualcosa all'orecchio mentre lei sorride lusingata da queste sue attenzioni.
Non ho tempo di dire nient'altro perchè qualcuno mi colpisce alla spalla soffocandomi in un abbraccio.
"Bella doc, da quanto tempo!" esclama Edoardo.
Sorrido sulla sua spalla e osservo Cristina alle sue spalle trattenersi dal ridere.
Gli appoggio le mani sul petto fingendomi infastidita. "Giù le mani, Edoardo!".
Lui si apre in una risata fragorosa divertito dalla mia presa in giro. "Ma tanto lo so che mi vuoi bene".
In risposta gli faccio una linguaccia.
Improvvisamente la sua espressione diventa seria e io mi chiedo cosa gli sia successo. "Anita mi dispiace per quella volta e che tu stia passando questo momento. Come stai, adesso?" mi domanda.
Divento terribilmente tesa se penso al turbinio di emozioni che sto vivendo in questo periodo. Cristina se ne rende conto e ci raggiunge. Si stringe al suo fidanzato e gli sorride. "Non assillare Anita".
"Gli stavo solo chiedendo come stesse" replica lui in difesa.
La mia amica scuote il capo sorridendomi comprensiva. "Anita è una donna forte e si riprenderà presto da tutto questo.  Ma se ne ha bisogno noi ci saremo per lei".
Le mimo un grazie con le labbra.

Come la prima volta ci sono gli amici di Biagio e c'è di nuovo sua sorella Alessandra. Diego e Alberto si astengono da qualsiasi commento e io penso sia un bene. La lezione gli è servita.
Alessandra mi sorride entusiasta. Suo fratello mi aveva già informato della sua presenza, d'altronde lei torna a casa per le vacanze natalizie.
Ci perdiamo in presentazioni. Le mie amiche vanno subito d'accordo da lei ma sarebbe difficile fosse il contrario. E' una ragazza dolcissima e amichevole.
Biagio si è allontanato da noi per dirigersi alla console e armeggia con i mixer incitando la folla a portare su le mani. Lottie e Federico si sono già persi tra di loro.
Sorseggio il mio drink portando lo sguardo verso gli altri. I ragazzi stanno intavolando una conversazione tra di loro, non mi sarebbe difficile immaginare di cosa stiano parlando.
"Dai ragazze, andiamo a ballare!" propongo.
Alessandra accetta ben volentieri la mia iniziativa. Il suo sguardo segue un punto fisso nella sala e non riesco a capire cosa sia quel turbamento che attraversi i suoi occhi. Giulia e Cristina decidono di rimanere in disparte.
Ci lasciamo travolgere dalla musica. Muovo il copo a ritmo, scuoto la testa e mi sento improvvisamente così leggera. Così libera dai pensieri.
Io e Alessandra ridiamo spensierate, portando le braccia all'aria mentre le note di "Be mine" degli Ofenbach si diffondando nell'aria.
Lei socchiude gli occhi portando leggermente il capo all'indietro. Individuo una sagoma conosciuta dietro alle sue spalle e quando Alberto le circonda il bacino da dietro, lei sobbalza spaventata. Un urlo sorpreso fuoriesce dalle sue labbra.
Si volta allora nella sua direzione tranquillizzandosi che sia solo lui. Io al suo posto non mi sentirei così al sicuro, soprattutto quando lui ha gli occhi rossi e la voce delirante.
"I want you be mine" le sussurra marchiando i suoi fianchi con le mani. Strascica le parole,è ubriaco.
Io e la ragazza ci lanciamo delle occhiate in allerta. Il suo sguardo è turbato.
"E' meglio, è meglio che io lo porti via di qui prima che mi collassi addosso" annuncia lei risoluta. Gli circonda il busto con le esili braccia e lui appoggia la testa sulla sua spalla.
"Vuoi che ti accompagni?" le domando accennando al ragazzo al suo fianco. Fa strano vedere uno come Alberto così. Blatera senza senso, sembra quasi buffo e fragile.
"Aleshandra tu sheeii la donna della mia vitaaa!" lei ride divertita dalle sue parole ma so che in realtà le abbiano provocato un subbuglio interiore. E' chiaro che le piaccia.
"Smettila di fare il cretino!" gli tira un buffetto sulla spalla allontanandosi con lui. 
Rimasta sola decido di tornare dalle mie amiche ma mi rendo conto che sarà difficile muoversi tra tutta questa gente.
Mi imbatto in due ragazzi che si baciano incuranti, qualcuno mi spintona e io sfortuna vuole che gli finisca addosso.
Mi volto in imbarazzo pronta a scusarmi e mi rendo conto che siano proprio Federico e Carlotta. I miei occhi si sbarrano per la sorpresa.
La mia amica ha il viso rosso e sembra a disagio.
"Oddio mi dispiace, scusate...io, io vado" gesticolo nervosa senza sapere bene cosa dire e li lascio soli nonostante senta che la mia amica mi stia chiamando.
Raggiungo Cristina con lo sguardo ancora un pò sconvolto e lei mi chiede se io stia bene, ma non le rivelo niente di quello che ho visto.
A quel punto lei mi avverte che abbia sentito il mio telefono squillare.
Mi rendo conto di essere curiosa di sapere chi sia stato a chiamarmi, non ho nemmeno la reperibilità in ospedale. Ed è quello che faccio non appena mi porge la pochette.
Il numero è sconosciuto e decido di lasciar perdere ma proprio quando sto per riporlo nella borsa, esso prende a squillare di nuovo, insistentemente.
"Chi è?" la mia amica sporge lo sguardo per capirci di più.
Le mostro il cellulare corrucciata. "Non lo so, è un numero che non conosco".
Lei allora scuote il capo contrariata. "Lascia stare Anita, pensiamo a divertirci".
Nonostante Cristina cerchi di desistermi ho paura che possa essere importante e il messaggio che dopo ne consegue me lo conferma.

Ciao Anita.
Scusa il disturbo, sono Luca. Non vorrei farti preoccupare, ma appena puoi richiamami.

Luca, quel numero che fino a poco fa mi stava chiamando era suo.
I miei occhi si spalancano e il mio pensiero corre a Lucia. Ho paura che possa esserle successo qualcosa. Eppure lui mi ha detto di non preoccuparmi.
Afferro la giacca riposta sul poof con il cuore che mi batte più forte.
Cristina segue i miei movimenti aggrottando la fronte.
"Anita ma che fai?!" la sua mano si posa sul mio braccio a fermarmi.
"Cris...devo andare".
"E' successo qualcosa? chi era che ti chiamava?" la sua voce si vela di ansia.
"Io...era Luca. Sembra importante" replico nascondendomi dai suoi occhi.
Il suo sguardo si indurisce. "Sei sicura sia per questo? Anita perchè lasci che lui ti rovini la serata?" mi rimprovera.
Mi divincolo dalla sua presa sorda a qualsiasi tentativo. Lei non capisce.
"Non capisci? E se fosse per Lucia? Se le fosse successo qualcosa io non me lo perdonerei"
Le lancio un ultimo sguardo scrutando un pentimento nei suoi occhi e mi allontano.

Ci metto poco ad arrivare in ospedale, manca poco alla mezzanotte e per strada non c'è nessuno.
Le luci in corridoio sono già soffuse e faccio attenzione ad essere il più silenziosa possibile. Mi tolgo addirittura le scarpe per evitare che i tacchi ticchettino sul pavimento. Il silenzio che aleggia è quasi assordante.
Il pensiero va alla mia piccola Lucia. Voglio accertarmi che stia bene.
Raggiungo la sua stanza in fretta e sospiro di sollievo alla sua vista. Lucia dorme tranquilla con il respiro lento, le labbra lievemente socchiuse.
E' sdraiata di lato con le manine giunte sotto la guancia e qualche ciuffo di capelli le ricade disordinato sul viso.
Sorrido a questa dolce vista.
Mi abbasso per rimboccarle le coperte e baciarle la fronte. Lucia sa di rose e vaniglia.
Mi piace osservarla, mi piace cogliere ogni dettaglio del suo volto. Se fosse per me rimarrei qui, ma non posso, ho davvero bisogno di sapere cosa volesse Luca. Spero davvero che Cristina non avesse ragione e che il mio gesto sia stato avventato.
Arrivo al suo studio e picchietto il pugno sul legno della porta due volte ma lui non risponde subito.
Riprovo ma la mia mano rimane sospesa a mezz'aria perchè è proprio lui stesso ad aprirmi.
Luca ha il volto assonnato, i capelli scompigliati sulla fronte. Ha lo sguardo di chi stesse dormendo.
Non mi risparmio di notare ogni dettaglio del suo viso, come se dovessi imprimerli nella mia mente.
Osservo la sua camicia con collo alla francese sotto il suo camice. I primi bottoni sono sbottati lasciando intravedere una lieve peluria sul suo petto.
Anche lui fa lo stesso. I suoi occhi passano ad ispezionarmi, guardano il mio viso e il mio corpo ma la sua espressione rimane immutata.
Si passa una mano dietro la nuca e fa un cenno con il capo al mio abbigliamento.
"Spero di non aver interrotto niente, mi dispiace".
"N-no, non fa niente"replico.
A quel punto  lui annuisce e mi fa segno di entrare. Chiude lentamente la porta alle sue spalle appoggiandosi poi contro di essa ma non accenna a dirmi niente. Il suo studio è in penombra, una lampada accesa sulla scrivania. Mi soffermo a guardare il suo viso, illuminato per metà.
Cerco di capire cosa possa essere a turbarlo e mi chiedo se questo non stia stato solo un suo scherzetto per rovinarmi la serata. L'attesa mi sta attanagliando.
"Luca?" attiro la sua attenzione.
Lui fa un passo nella mia direzione rimanendo fermo nel bel mezzo della stanza con un sorriso che improvvisamente affiora sulle sue labbra.
Mi chiedo se sia inopportuno il pensiero di volerle baciare quelle sue labbra.
"Luca perchè mi hai chiamato?" gli chiedo allora facendo un cenno con la mano nella sua direzione.
Lui non risponde subito, si prende un attimo per pensare o per rendersi conto che io lo stia ascoltando e poi finalmente mi rivela tutto.
"Anita, abbiamo un cuore per Lucia".
Mi porto una mano al petto una volta che le sue parole sono state elaborate dalla mia mente. Non riesco a crederci, un nuovo cuore per la nostra Lucia.
Il mio sguardo incrocia il suo e ci osserviamo silenziosi. Luca rimane fermo al suo posto con le mani dietro la schiena e quel bellissimo sorriso ad incorniciargli il viso. Lo stupore invade i miei occhi, si disegna sulle mie labbra. Il cuore prende a battere voracemente nel mio petto mentre mi porto le mani a coprirmi le labbra, senza parole.
E poi lo abbraccio. Lo abbraccio allo scoccare della mezzanotte.
Lo abbraccio con il frastuono dei fuochi d'artificio che brillano nel cielo ed invadono la stanza sovrastando i nostri batticuori.
Mezzanotte e non ho bisogno di esprimere il mio desiderio, si è appena avverato.
Luca è sorpreso dal mio gesto, avverto i suoi muscoli contrarsi al mio contatto ma non osa allontanarmi. Se è possibile mi tiene stretta ancora più a sè soffocando una risata sulla mia spalla. Ascolto il suo respiro fondersi con il mio e una lacrima silenziosa riga la mia guancia.
Non mi importa di nient'altro, non mi interessa della distanza che avevo deciso di imporre tra noi.
Sono troppo felice.
E' mezzanotte e davanti a noi si prospetta un anno nuovo. Un anno nuovo che si apre con una dolce e speranzosa prospettiva. Un cuore nuovo per Lucia.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio mie care lettrici. Dopo un pò di tempo ritorno con un nuovo capitolo e me ne scuso ma tra qualche settimana ho l'esame di maturità e devo dedicarmi allo studio.
Scrivo questo capitolo da un pò e non vi nascondo che sia stato difficile farlo. Chi mi conosce sa che in esso ci sia molto di me, un pò come in tutta questa storia ci sia qualcosa di me.
Una bella notizia in arrivo: un nuovo cuore per la nostra Lucia! Spero che il capitolo possa piacervi e possa farvi emozionare tanto quanto me.
Aspetto i vostri pareri.
Intanto ringrazio le dolcissime ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e chiunque abbia inserito la storia in qualche lista. Siete sempre di più e mi si riempe il cuore di gioia. GRAZIE!!
Non so quando potrò postare di nuovo perchè l'esame incombe ma farò del mio meglio. Alla prossima!










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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29

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Capitolo 29




Rimango ancora un po' stretta a Luca inebriandomi del suo profumo fresco. Lui appoggia le sue mani sulle mie spalle ma il suo tentativo non è quello di allontanarmi bensì di incrociare i miei occhi, per cogliere ogni sfumatura del mio sguardo.
Lui mi guarda, in un modo che è solo suo, e io mi ritrovo ad abbassare gli occhi imbarazzata dal suo gesto.
Luca sorride, sul suo viso aleggia un'espressione pacifica e serena. E' impossibile che lui non mi trasmetta la sua tranquillità.
"Quando l'hai saputo?" gli chiedo con il frastuono nel cuore e nella mente. Non riesco a pensare lucidamente, non quando c'è speranza per la mia piccola Lucia.
Lui imprime una docile carezza sulla mia spalla, quasi mi stesse preparando alla notizia che mi darà da qui a poco.
"L'ho saputo poco fa. Purtroppo un bambino stanotte è venuto a mancare, gli stato diagnosticato un decesso cerebrale. I suoi genitori hanno già firmato per la donazione degli organi e il suo cuore risulta compatibile con quello di Lucia".
Il pensiero che un'anima innocente abbia perso la vita mi rende triste e irrequieta. La morte è sempre così ingiusta e inaccettabile, ma quando a rimetterci la vita è un bambino essa lo appare ancora di più. Li osservi e pensi che abbiano ancora tante cose da fare davanti a loro, tanti traguardi da raggiungere.
"Oh...."la mia voce si affievolisce.
"Anita" Luca appoggia il pollice e l'indice sotto il mio mento facendo in modo che i nostri sguardi si incontrino. I suoi occhi mi scrutano con curiosità, un cipiglio che gli si disegna sulla fronte.
"Non sei contenta? So che possa sembrar brutto, non avrei mai voluto che quel bambino morisse ma il gesto generoso dei suoi genitori può dare una speranza a Lucia".
Le sue parole sono accompagnate da un sorrivo lieve e speranzoso.
Annuisco con l'ombra di un sorriso sul mio viso e distolgo gli occhi dai suoi. La sua mano scivola dal mio mento lungo il mio collo, provocandomi un fremito, che voglio ignorare.
Il mio sguardo si spinge oltre le vetrate della finestra alla mia destra, lì dove i fuochi d'artificio illuminano e colorano il cielo. I miei occhi si perdono entusiasmati in essi facendomi vagare con la mente.
Luca segue il mio sguardo, i giochi di luce che si riflettono nei nostri occhi. I suoi, mi appaiono ancora più chiari.
Ascolto i battiti dei nostri cuori all'unisono, i respiri irregolari e quella voglia di speranza che non ci abbandona, bensì stasera ci anima più che mai.
Mi volto verso di lui, di nuovo, non appena la sua mano raggiunge di nuovo la mia spalla, stringendola delicatamente. Scruto le sue dita lunghe e affusolate, il pollice che imprime una carezza lungo la clavicola. Si abbassa all'altezza del cuore, come ad appurarsi che anche il mio batta forte come il suo. Mi rendo conto che le sue attenzioni mi piacciono, le sue carezze si vestono di tenerezza e protezione.
"Buon anno, Anita" la sua voce si perde in un sussurro.
"Buon anno anche a te, Luca" replico.
Non ci diciamo nulla, ma d'altronde stasera non abbiamo bisogno di molte parole.

Esco dall'ospedale, nel buio e nel silenzio della notte. Il mio cellulare prende a squillare avvisandomi dell'arrivo di molteplici messaggi.
Rispondo ad una telefonata dei miei genitori. E' così insolito che io stasera non sia con loro, ci scambiamo gli auguri e mi ricordano del pranzo a casa loro.
Non faccio in tempo a riporre il cellulare in borsetta che esso riprende a squillare. Cristina.
"Hei" le rispondo flebilmente.
"Buon anno Anitaaaa!"
Allontano l'apparecchio dal mio orecchio. La voce dei miei amici mi arriva forte e chiara nonostante la musica circondi l'ambiente in cui si trovino. Mi porto una mano alle labbra soffocando una risata.
"Buon anno anche a voi, ragazzi!"
Mi rendo conto che all'improvviso i loro borbottii mi appaiono invece così lontani. Avverto un fruscio e uno strano silenzio accompagna la voce della mia amica.
"Sei in ospedale?" mi chiede con preoccupazione.
Accosto il cellulare all'orecchio guardandomi intorno circospetta. Il parcheggio dell'ospedale è illuminato eppure nel silenzio della notte assume un'aria così tetra. Affretto il passo per raggiungere la mia auto.
"Nono...sto per tornare a casa" le replico.
Cristina tira un sospiro e me la immagino che silenziosamente stia annuendo.
"Scusami per prima, non ho pensato che potesse essere successo qualcosa a quella bambina" ammette prendendosi una pausa prima di continuare. "Come sta?".
"Sta bene per quanto sia possibile, ma ho avuto una bella notizia, stasera. Abbiamo trovato un nuovo cuore per lei!" le confesso entusiasta.
Avverto la sua risata, divertita. "E' una notizia fantastica, Anita!" esclama di rimando.
"Già...quest'anno non poteva iniziare in modo migliore" sorrido.
Nemmeno il pensiero di essere così sola in questo parcheggio la notte di Capodanno, riesce a scalfirmi.
Avvisto la mia auto, entro e attivo le sicure. Appoggio la testa al seggiolino e tiro un sospiro chiudendo gli occhi.
"Anita, sei ancora in linea?"domanda lei, per conferma.
"Oh sìsì...scusami".
"Ah, aspetta!" mi avverte. "C'è qui Lottie che vorrebbe parlarti".
Prima che possa rendermene conto le ha già passato il cellulare.
Mi scappa una risata silenziosa al ricordo di lei e Federico che si baciavano. Non posso fare a meno di pensare a quanto io sia felice per lei.
"Ciao..."mi saluta con la voce velata di imbarazzo.
"Ciao Lottie...."replico.
La mia amica prende una pausa eppure sembra quasi che si stia trattenendo per rimanere seria. "Anita, riguardo a prima..."
"Lottie! E' stato davvero imbarazzante" la rimbecco puntando un dito nell'aria.
La mia amica a quel punto scoppia in una fragorosa risata.
"Sembravamo in una di quelle fanfiction che leggevamo da piccole" ammette divertita.
E' impossibile che il suo divertimento non contagi anche un pò pure me, un dolce sorriso si disegna sulle mie labbra ma non posso farglielo notare.
"Ah ah"la scimmiotto.
"Comunque"riprende la parola lei cercando di mantenere un tono serio. "Non preoccuparti, io e Fede abbiamo riso fino alle lacrime ma tranquilla poi siamo andati avanti da dove ci hai interrotti!".
Mi copro il viso con una mano, scuotendo il capo. "Lottie sei una stupida! Io ti dico che sia stato imbarazzante e tu ridi di me!" la richiamo.
Il suo tono diventa cantinelante, come una bambina. " E dai Anita! Vuoi che pianga quando sono al settimo cielo?". Avverto fino a qui il suo sospiro sognante.
"Hai ragione amica mia...sono felice per te!".
Lottie lancia un gridolino eccitata. "Non potevo iniziare l'anno in modo migliore!".
Si interrompe improvvisamente. "Ma tu perchè sei andata in ospedale?" indaga curiosa.
"Oh sisi" le riferisco. "Abbiamo un nuovo cuore per Lucia".
"Ma daai è una notizia meravigliosa, tesoro! Quindi quest'anno è iniziato nei migliori dei modi anche per te".
"Sì..."la mia voce si perde in un sussurro.
Non dovrei pensarlo ma quando mi sono ritrovata tra le braccia di Luca, mi sono sentita a posto con me stessa. Come se non ci fosse altro posto dove dovessi stare.

L'indomani arrivo a casa dei miei, con la felicità di poter riabbracciare la mia famiglia. Ad accogliermi c'è Sabrina, splendida e radiosa stretta nel suo abitino blu premaman.
Ci scambiamo gli auguri e insieme ci facciamo spazio verso il salotto. Mamma ha già apparecchiato il tavolo della sala da pranzo. Ha scelto la sua tovaglia preferita, rossa con gli inserti di vischio, i bicchieri di cristallo, i piatti del servizio, una candela dorata ad illuminare la tavola.
Riconosco la cura e il dettaglio che dimostra nei suoi gesti e mi viene da sorridere pensando che sotto questo punto di vista mi riveda molto in lei.
Devo riconoscerlo, a volte so essere estremamente pignola, ma cosa ci posso fare se mi piace che ogni cosa sia al posto giusto?.
Mi avvicino per salutare mio fratello e mio padre, che chiacchierano tranquilli davanti al caminetto.
Mio padre mi sorride caloroso stringendomi a sè e baciandomi una tempia. Mi piace essere stretta da lui, le sue braccia sono rassicuranti e forti.
Marco mi colpisce scherzosamente alla spalla, increspando le labbra in una smorfia divertita.
"Eccola qui, la piccolina di papà!".
Mi volto nella sua direzione, rimanendo stretta mio papà e gli faccio una linguaccia in risposta. Mio padre soffoca una risata.
Mio fratello incrocia le braccia dietro la schiena nascondendo un sorriso. Io e Marco non ci scambiamo mai tante dimostrazioni di affetto, pochi abbracci o carezze ma la certezza di esserci sempre l'uno per l'altra. In un richiamo silenzioso di sguardi lui sembra capire ogni mia cosa. A lui è legata la mia parte più spensierata, quando lo guardo mi sembra sempre di rivederci bambini, quando giocavamo a rincorrerci per casa.
Non dice più nulla, anche perchè distratto dalle amorevoli attenzioni di Sabrina e io ne approfitto per raggiungere mia madre in cucina.
Mi fermo, appoggiandomi allo stipite della porta e la osservo dedicarsi alle sue faccende. Mi viene da sorridere vedendo il grembiule che indossa, glielo abbiamo regalato io e Marco per la festa della mamma di qualche anno e lo abbiamo fatto personalizzare con la scritta "alla migliore mamma del mondo".
"Mamma"la richiamo cauta.
Lei si volta verso di me pulendosi le mani con uno strofinaccio e sorride gioiosa.
"Ciao tesoro".
Ci scambiamo un dolce abbraccio.
Lei mi lancia un'occhiata curiosa. "Come stai? Ti vedo contenta oggi" mi accarezza con dolcezza una guancia.
"Sì mamma, è così"ammetto abbassando lo sguardo.
Lei sorride tra sè come se avesse capito tante cose e in realtà io so che sia così. Io e lei abbiamo avuto sempre questo rapporto particolare, la capacità di parlarci con gli occhi.
"Allora dimmi tesoro, cosa c'è che ti fa stare così?".
"Mamma!" esclamo. "Non puoi capire che sorpresa! Ieri sera Luca mi ha chiamato dicendomi che avessero trovato un cuore per Lucia e io, io sono così felice!.
L'emozione è palpabile nella mia voce, riesco a sentire il mio cuore battere forte nelle orecchie.
Mia madre si porta una mano al petto, con enfasi. "E' una notizia meravigliosa, bambina mia".
Le sorrido complice lasciandomi andare ad un sospiro sereno.
Mamma mi lancia una lunga occhiata indagatoria e curiosa appoggiando le mani sulle mie spalle. "Ma Luca, Luca Franzese?".
Mi lascio andare ad una risata breve e leggera, nascondendomi il viso con le mani.
"Sì mamma, è proprio lui!".
La sua espressione è vittoriosa e cospiratoria. "E dimmi tesoro, non c'è proprio nessuna novità?".
Mi rendo conto che la situazione stia per degenerare e potrebbe diventare davvero imbarazzante.
"Mamma"la supplico.
"Oh andiamo" interviene lei con un sorriso. "Una mamma queste cose le capisce e poi ci siamo mai nascoste qualcosa, io e te?".
Le riservo un'occhiata arrendevole e lascio che il turbamento torni a tormentarmi. Aprirmi con mia madre però, si rivela proficuo. Mi permette di liberarmi da un peso che incombeva da troppo su di me. Lei mi ascolta tranquilla e comprensiva, annuisce con il capo alle mie rivelazioni facendomi segno di continuare e mi rivela i suoi pareri.
E' scontato dire quanto io l'ammiri, sa sempre quale sia la parola giusta.
Mi osserva con quella sua espressione serena e rassicurante e io sento che con il suo aiuto i miei problemi inizino a scemare.
Ci pensa mio fratello a rovinare il nostro clima di pace e tranquillità ingiungendo in cucina.
"Mà, ma quando si mangia?!" esclama frettoloso.
Blocco il mio fiume di parole improvvisamente, voltandomi per lanciargli un'occhiata fulminea.
Sabrina dietro di lui, accenna ad una risata divertita accarezzandosi la pancia.
"Sei proprio un ragazzino, lo sai?" lo riprende affettuosamente.
Lui si volta verso di lei, con lo sguardo innamorato. "Ma tu questo ragazzino lo ami, no?".
"No"gli replica lei dispettosa.
"Uff" sbuffa lui. "Mamma allora, quando si mangia?" ripete.
Mia madre indispettita gli fa segno di far silenzio, portandosi l'indice alle labbra.
"Shh tesoro, tua sorella mi parlava di Luca Franzese!".
La mia bocca si spalanca alle sue parole.
"Mamma!" protesto imbronciata.
Lei a quel punto mi rivolge un'occhiata colpevole di essersi lasciata scappare una cosa così.
Sabri si rivela subito interessata all'argomento, la ritrovo subito curiosa al mio fianco.
"Luca Franzese, quel Luca Franzese?" domanda smaniosa di ricevere informazioni.
Roteo gli occhi al cielo. Sento mio fratello alle mie spalle sbuffare e me lo immagino che stia assumendo la mia stessa espressione.
"Ancora?!" protesta lui. "Ma che vuole questo Luca Franzese da te?!".
Sabrina si volta verso di lui puntando i piedi a terra. Così piccola ma con la forza di una guerriera. Gli rivolge uno sguardo divertita e provocatoria.
"Marco andiamo, non fare il fratellone geloso".
E' il mio turno di scoppiare a ridere.
Lui fa una smorfia, risentito. "Non sono geloso, vorrei solo sapere cosa leghi mia sorella a questo qui...".
"Oh tesoro" gli dà manforte mia madre. "Il loro è davvero un rapporto complicato. Da telenovelas".
"Voglio sapere tutto!" trilla Sabrina lanciando un'occhiata complice a mia madre.
"Hei!" li richiamo. "Smettetela di parlare della mia vita privata come se non fossi presente. Ci manca solo che qualcuno di voi chiami papà e lo rendi partecipe!".
Marco sorride sornione alle mie parole. "Ohoh sorellina è un'ottima idea. Pà! Vieni a sentire un pò di questo Franzese!".
"No, no...Marco!" gli urlo contro.
Mio padre compare poco dopo sulla soglia e ci scruta stranito.
"Chi è Luca Franzese?"domanda soffermando gli occhi su ognuno di noi. Mi porto una mano alla fronte scuotendo il capo, non pensavo potesse diventare una notizia di dominio pubblico.
Mio fratello gli circonda le spalle con fare cospiratorio.
"Oh vedi papà, è solo l'uomo della vita della tua piccola Anita".
Lancia un sorriso nella mia direzione. "Sbaglio?" domanda.
Io sento ribollirmi di rabbia, il sangue che affluisce alle mie guance facendole diventare rosse.
"Oh oh" sussurra Sabri.
"Marcoooo!Sei un impiccione!" lo accuso colpendolo alla spalla.
Lui si volta verso di me, bloccando il mio pugno nella sua mano, scoppiando in una risata divertita."Daai, non fare la permalosa".
Apre le braccia facendomi segno di avvicinarmi. "Vieni qua, dal tuo fratellone impiccione".
Rimango ferma sulla mia posizione per un pò, soffermandomi sugli sguardi dei presenti che aspettano di sapere cosa farò.
Alla fine mi arrendo e lascio che lui mi abbracci. Avverto Sabrina e mio padre tirare un sospiro di sollievo e osservo mia madre distendere il viso in un'espressione placida.
Ma d'altronde la famiglia è questo. La famiglia è il nido, è protezione, è il porto sicuro dovre sempre ti rifuggerai. Sorrido al pensiero che adesso il desiderio di famiglia per Lucia non è poi così impossibile da avverare.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera mie care lettrici!
Dopo un pò finalmente torno a postare, mi dispiace avervi fatto attendere di nuovo ma è stato davvero un periodo particolare. Ho avuto gli esami di maturità fino a due settimane fa, e il desiderio di tornare a scrivere è svanito subito dopo la perdita che la mia famiglia ha subito.
Non pensavo di poter postare ma mi sono resa conto che scrivere è il mio modo migliore per non pensare e stare bene e quindi eccomi qui.
Grazie a coloro che mi supportano, a chi recensisce e a chi ha aggiunto la storia in qualsiasi lista. Il mio cuore si riempie di gioia.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e aspetto i vostri commenti.
Un abbraccio, alla prossima! <3



















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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 30



Svegliarsi a casa dei miei genitori non ha prezzo. Respiro l'aria di casa, quell'odore che sa di protezione e sorrido. Era da così tanto tempo che non restavo a dormire qui e mi rendo conto mi mancasse. Tutto è rimasto al proprio posto, la mia camera con il suo tenue lilla e rosa. La scrivania bianca accanto alla portafinestra, con il primo pc e i miei libri. La libreria di fianco, con i romanzi, i poster, le fotografie incorniciate al muro. Ogni piccolo particolare sa di ricordi.
Uno stralcio di sole fa capolino dalla stanza, proiettando un'ombra ai piedi del mio letto. Mi stiracchio i muscoli e stropiccio un pò gli occhi al pensiero di alzarmi.
Mia madre si sporge dalla porta semichiusa aprendosi in un sorriso vedendomi già sveglia. Tra le mani, ha un vassoio con una tazza di latte e dei biscotti secchi. Lo appoggia sul mio letto dandomi il buongiorno. Pregusto la mia colazione già con gli occhi.
Prima di sedersi al mio fianco, scosta le tende inondando di luce l'ambiente e apre la finestra per fare arieggiare. Solita routine.
"Allora, dormito bene?" mi chiede con un sorriso.
Sorseggio un pò del mio latte annuendo.
"Sì, come non facevo da tempo" le replico.
Lei accarezza le pieghe del lenzuolo con lo sguardo un pò malinconico e perso.
"Dovresti tornare qui più spesso, ci manchi" ammette in un sussurro.
"Mamma" appoggio la mia mano sulla sua, stringendola lievemente. "Lo sai, sono grande abbastanza per avere la mia indipendenza. Ma questo non cambia niente".
A volte penso che mia madre non si sia ancora rassegnata all'idea che io sia cresciuta, e quando la guardo non riesco a fare a meno di provare un pò di tenerezza per lei. Gli anni passano così in fretta.
"Lo so...lo so"mi accarezza una guancia. "Ma tu resti la mia piccolina. Ti voglio bene".
"Anche io mami" le sorrido grata.
"Adesso però devo seriamente andare o farò tardi al lavoro" l'avverto colpendola scherzosamente ad un braccio.
Mia madre si apre in una breve e leggera risata. "Certo".
Sgranocchio un biscotto e finisco il mio latte. Poi mi alzo per scegliere cosa mettere. Fortuna che io lasci sempre qualche vestito qui.
Lei rimane ancora lì seduta al suo posto scrutando ogni mio gesto.
"Cosa c'è?" mi volto verso di lei, con un'espressione divertita.
Mi regala uno di quei suoi sorrisi amorevoli e tenui. Mi osserva come se volesse scavare a fondo, oltre tutto. Perchè lo sappiamo che le mamme siano capaci di conoscerci più di quanto noi siamo in grado di fare.
"Deve essere proprio speciale per renderti così".
"C-cosa?" le domando con un pizzico di ingenuità e malcelando un sorriso.
"Hai una luce negli occhi, Anita. Sei felice ed è lui a renderti così".
E' la verità. Una verità un pò scomoda da accettare.
"Mamma" la supplico a quel punto con lo sguardo, stringendo più forte la mia maglietta tra le mani.
"So cosa stai pensando ma le cose sono più semplici di quello sembrano tesoro, vedrai". Le sue parole sanno di premura e affetto. Eppure so che al momento purtroppo i suoi consigli potrebbero risultare vani.
"Mamma credimi sono fin troppo complicate, ma adesso non mi va molto di parlarne" ammetto a bruciapelo.
Lei a quel punto fa un passo verso di me. "Va bene, va bene così" si avvicina per darmi un bacio sulla fronte stringendomi delicatamente le guance.
"Buon lavoro".

Arrivo in ospedale poco più tardi e mi reco subito in ospedale per gli impegni che mi aspettano in giornata. Saluto alcuni colleghi presenti e decido che un caffè non possa che farmi bene. Prendo alcune monetine dalla tasca e le inserisco in macchinetta. Aspetto un pò prima di poterlo assaporare.
"Ciao!" l'arrivo di una pimpante Arianna mi fa destare all'improvviso. Rischio quasi di scottarmi la lingua.
"Ciao" la saluto cordiale.
Mi scosto di lato permettendole di prendere il suo caffè. Sembra contenta oggi, almeno più di quanto dimostri di essere ogni giorno.
"Come hai passato il Capodanno?" mi domanda con tranquillità.
"Bene, con amici e famiglia. Tu?" le replico.
Arianna annuisce appoggiandosi alla macchinetta dietro di sè.
"Lo stesso, sono andata in montagna dai miei genitori, ma i giorni festivi durano sempre così poco" ammette con un velo di tristezza. E' strano vedere i suoi grandi occhi rivestirsi di malinconia.
E' vero, il tempo sembra passare così in fretta quando si sta bene.
"Che impegni hai per oggi?" prosegue a quel punto spazzando via ogni malessere. Ho quasi l'impressione che voglia fare di nuovo il giro delle  visite con me, ma lo ammetto, questa volta non mi dispiacerebbe.
Arianna sa come portare una ventata di aria fresca e come essere una buona amica quando ne hai bisogno. Da quando lavoriamo insieme ho imparato ad apprezzarla di più e posso dire che la sua compagnia non mi dispiaccia.
Ricordo di quando quella sera Lucia stette molto male e lei dimostrò molta empatia nei miei confronti. A volte le situazioni  più tristi ci avvicinano alle persone.
Bevo un sorso di caffè ma prima che possa risponderle Giorgio sopraggiunge alle nostre spalle.
"Scusate" ci richiama con la voce pacata.
Sia io che Arianna facciamo per spostarci ma involontariamente io e Giorgio finiamo per scontrarci.
"Scusa" ammettiamo contemporaneamente finendo per unirci in una breve risata. Sembra quasi che la ragazza al mio fianco ci guardi interessata.
"Ciao Anita" mi saluta a quel punto con il sorriso.
"Ciao Giorgio" gli replico allo stesso modo.
Gli lascio spazio per passare e aspetto che prenda il suo caffè e silenziosamente si allontani prima di continuare a parlare. Lo scorgo lanciarmi un'occhiata fugace prima di lasciare la stanza.
A quel punto mi volto verso Arianna scoprendola a scrutarmi divertita e interessata. In effetti subito dopo si apre in una risata.
"Cosa c'è?" le chiedo corrucciando la fronte.
"Ciao Anita" lo scimmiotta in un buffo tentativo di imitare la sua voce.
"Ma lo hai visto? Non ha smesso di guardarti un attimo...secondo me gli piaci" ammette con un'espressione cospirante.
"Ma no, cosa dici?! Io e Giorgio ci conosciamo dai tempi dell'università ma non ci sono mai  state tante parole tra noi" replico divertita e scioccata dalla sua affermazione.
"Uhuh un amore platonico!" esclama con un'aria melodrammatica.
"Ma sì, credo che tu gli piaccia, certe cose le si capisce e poi è carino, dai".
Mi volto a guardarla aprendomi in una smorfia, non so dove voglia andare a parare. Giorgio è alto e magro, l'aria da bravo ragazzo e una bellezza comune, di quelle che sicuramente non noti al primo sguardo ma che ha il suo fascino. Carino sì, ma il mio cuore e la mia mente al momento sono già occupati da qualcun'altro.
"Carino sì, ma non mi piace e poi adesso sono concentrata sul lavoro. L'amore non è quello che mi serve" le confesso per placare i suoi filmini mentali.
"Sarà" risponde con un'aria fintamente dispiaciuta per poi colpirmi affettuosa ad una spalla. "Oppure troppo concentrata sul dottor Franzese, tanto lo so che lui invece ti piace eccome!".
Mi lancia un'occhiata di intesa e maliziosa e io sento che potrei sprofondare.
"Ma smettila!" le dò una spinta in imbarazzo. "Te l'ho detto, non mi piace".
Arianna non ci crede nemmeno un pò e nemmeno io stessa.
"Ragazze ma che fate, poltrite?!" Maria mi abbraccia da dietro affettuosa e sentire la sua voce dolce mi fa sorridere.
"Nono, parlavamo un pò di gossip" le risponde complice Arianna.
"Aah ecco, ora mi è tutto più chiaro. Pensavo voleste rimanere qui per tutto il tempo" ci fa notare.
Arianna ride brevemente portandosi una mano alle labbra. "No capo, tranquilla. Ci mettiamo subito all'opera".
"Sì infatti, Ari ha ragione" aggiungo.
Maria sorride addolcendo lo sguardo e si rivolge a me poggiando una mano sulla mia spalla.
"Ho visto il dottor Franzese prima, sembrava contento. Questa notizia l'ha reso entusiasta" mi confida.
Arianna nel frattempo ascolta la nostra conversazione attenta. "Ma te pensa Maria! Prima parlavamo proprio di lui" ammette con gioia.
"Hei! Ma non dovevi andare al lavoro, tu?!" la rimprovero bonaria.
Lei a quel punto porta una mano alla fronte imitando il saluto militare e mi fa un occhiolino. "Agli ordini, capitano!".
Rimaste sole io e Maria ci lanciamo un'occhiata complice e scoppiamo a ridere per quella strana e buffa ragazza che ci è capitata.
"Lo avete già detto a Lucia?" mi chiede con interesse.
"No..." ammetto incrociando le braccia al petto."Penso che Luca lo farà presto o almeno credo sia così".
"Sai Anita, credo che lui voglia il tuo supporto. E' più giusto che glielo diciate insieme, no? Prima ti cercava, sarà meglio che tu lo raggiunga".
Mi lancia una breve occhiata prima di lasciarmi sola e io seguo il suo consiglio, con l'ansia a mille e il batticuore.

Lo trovo poco dopo o meglio è lui a trovare me. Sopraggiunge alle mie spalle prendendomi per un braccio e mi sorride.
La sua espressione si tramuta però in una smorfia non appena si accorge che mi abbia spaventata. Non so se sia più spaventata da questa sua intrusione o da quello che si cela dietro i suoi occhi. Un turbamento, angoscia. Mi chiedo cosa gli abbia fatto passare l'entusiasmo o forse sono solo io a sapergli leggere dentro.
La sua voce è pacata, sottile. "Vorrei dare la notizia a Lucia. Lo facciamo insieme?" domanda in attesa di un consenso.
Mi rendo conto che Maria avesse ragione, supporto, l'ha chiamato così. Luca vuole il mio supporto. Il pensiero mi fa sentire importante.
Luca mi tende una mano e io mi chiedo se questo sia sbagliato? Ma prima che una risposta si formuli nella mia mente e nel mio cuore, io gli ho già teso la mia. Me la stringe delicato e forte allo stesso tempo e io penso che sia maledattamente giusto solo perchè si tratti di Lucia.
"Sì, si va bene".
Un lieve sorriso si fa spazio sul mio viso mentre lo seguo nella stanza di Lucia. Lei è lì che sembra aspettarci.
Alla sua vista il mio cuore si colma di gioia, mi rendo conto rivedendola di quanto sia stato difficile starle lontana per un giorno.
"Hei" la saluto accarezzandole una guancia, lei socchiude gli occhi sotto il mio tocco.
"Ciao piccola" aggiunge Luca rimanendo al suo posto.
Lei a quel punto accenna un sorriso nella sua direzione appoggiandosi allo schienale del letto.
"Dobbiamo dirti una cosa, Luci" le anticipo.
Luca annuisce tra sè. "Già, una cosa che spero possa piacerti molto".
Lucia corruccia un pò la fronte portandosi un dito alle labbra. "Va bene" ammette ansiosa.
Luca prende un respiro incrociando il mio sguardo quasi volesse di nuovo il mio consenso. Nei suoi occhi mi sembra di scorgere ancora quel turbamento, una certa tensione. Certo, mi rendo conto che la sua posizione non sia così facile.
Lo guardo per un pò, annuendo poi nella sua direzione.
Mi siedo accanto a Lucia, prendo una mia mano tra le sue accarezzandole la pelle delicatamente. Mi preparo a vivere l'emozione che ho provato nel momento in cui Luca mi ha detto che avessimo un nuovo cuore per lei. Spero che per Lucia possa essere lo stesso.
"Ok, da dove cominciamo?" il mio collega fa strofinare le mani tra di loro aprendosi in una breve risata.  Quasi a voler scemare l'ansia. Ma lei rimane lì a perturbargli gli occhi e l'anima. E credo che lo attenaglierà per un pò finchè non deciderà di esprimere a parole cosa lo preoccupi.
La verità però, a volte ci spaventa e facciamo di tutto per nasconderci dietro alla forza.
"Vedi Lucia, l'altra sera, abbiamo avuto una notizia che ti riguarda" lascia in sospeso la frase per attirare la sua attenzione.
In effetti la piccolina è attenta eccome e non mi sfugge quel cipiglio preoccupato che le aleggia in viso.
Dischiude le labbra per ribattere ma sembra che non riesca a pronunciare parola o che abbia paura di farlo.
"E' una cosa brutta? Sto male?" domanda con la sua ingenuità da bambina.
Io e Luca ci lanciamo uno sguardo davanti alla sua affermazione.
"Nono Luci, anzi tutt'altro" la rassicuro accarezzandole la testolina.
Lucia si dimostra piacevolmente colpita dalla mia risposta, spalanca leggermente gli occhi.
"E allora cos'è? Sono guarita?" domanda con lo sguardo che le si illumina ad ogni parola.
Oh Luci vorrei che le cose fossero più semplici...
E' Luca ad intervenire, con una voce sottile. "Vedi, le cose sono un pò più complicate".
Mi ritrovo a guardarlo con un'espressione di rimprovero. Non mi sembra sia il caso di tenerla a lungo sulle spine. L'attesa sta mettendo a dura prova la tranquillità di Lucia e anche la mia.
Luca si avvicina di qualche passo e incrocia le braccia dietro la schiena.
"Tu sai che il tuo cuoricino è molto malato, vero?".
La piccola annuisce in silenzio, gli occhi intrisi di malinconia.
"Non voglio nasconderti che purtroppo solo un nuovo cuore potrebbe aiutarti a vivere normalmente e vedi è successa una cosa. Noi questo cuore per te l'abbiamo trovato. Questo non significa che tu sia guarita, ma c'è una possibilità. Certo, dovremmo fare ulteriori esami e prepararti a questo importante intervento che subirai. Non posso assicurarti sarà facile, ma..."
Luca parla talmente veloce ma il peso delle sue parole è forte e grava su di me. Ci pensa la piccolina ad interrompere il suo fiume in piena.
"Ce la farò?" domanda con la voce ridotta ad un sussurro. Avrei voluto che questa notizia fosse per lei motivo di gioia eppure perchè c'è una brutta espressione ad incorniciargli il viso?
Osservo Luca irrigidito sul posto, i pugni chiusi lungo i fianchi e mi aspetto che sia lui a fare o dire qualcosa.
Invece il compito spetta a me. Forse questa volta la forte tra i due sono io.
"Certo Lucia...certo che ce la farai" cerco di tranquillizzarla ma il pensiero spaventa anche a me e l'uscita di Luca non mi rende molto le cose facile.
Con il passo trafelato e lo sguardo confuso lascia la stanza.
Mentre lo osservo allontanarsi incrocio gli occhi assorti di Lucia e capisco che adesso sia lui ad avere più bisogno di me.

Lo trovo di fuori, con la postura terribilmente curva, le mani nelle tasche del camice e quegli occhi smarriti che scrutano il panorama al di là della finestra.
Gli sono dietro ma non oso avvicinarmi più del dovuto.
"Non credo sia il momento giusto per farti venire in mente certi pensieri" lo riguardisco con la voce più dura di quanto avrei voluto.
Lui a quel punto si volta verso di me lanciandomi uno sguardo fulmineo.
"Vorrei stare un pò solo" ammette.
La mia mano fa per appoggiarsi sulla sua schiena ma la ritraggo dopo poco.
"Cos'è che ti turba, Luca?" gli chiedo con la voce pacata e addolcita. "Sai che a me puoi dirlo".
Lui socchiude gli occhi lasciando trapelare un respiro stanco dalle sue labbra. Si massaggia la fronte corrucciato.
"Anita..."mi supplica con lo sguardo. Pare che io lo stia mettendo a dura prova.
"Va bene, non vuoi parlarne. Ma intanto di là c'è una bambina che aspetta con ansia di sapere il suo destino" gli faccio notare gesticolando nervosa.
"Ho paura!" sbotta rendendosi conto solo in seguito di aver alzato troppo la voce.
"Ho paura, ok?" ripete in un sussurro.
Non appena prendo consapevolezza di quello che lui mi ha appena confessato ho il desiderio di sorridere soddisfatta perchè avevo ragione. Sarà che lo conosco più di quanto credessi.
"Ma allora sei umano anche tu!" gli faccio notare.
La mia affermazione deve sembrargli cattiva perchè socchiude gli occhi offeso e imbronciato.
"Non scherzare Anita, non è così semplice" ammette arricciando le labbra in una smorfia.
Mi porto una mano al petto, sincera. "E allora spiegami, rendemi partecipe" gli chiedo.
Luca tentenna un pò prima di tirare un lungo respiro e quando la sua mano stringe la mia mi sembra che il fiato un pò mi manchi.
"Andiamo in un posto più tranquillo, ok?" domanda il mio consenso ma io lo avrei seguito comunque.
Luca richiude la porta di sè e io seguo ogni suo movimento in attesa. Il nostro silenzio avvolge la stanza.
"Ti ricordi quando ti dissi che era meglio tu avessi un rapporto con Lucia esclusivamente professionale?" mi chiede a bruciapelo.
E io me lo ricordo eccome, sento ancora le sue parole attraversarmi la mente e pesarmi addosso.
"Si..." ammetto in un sussurro.
"Avrei voluto servissero di insegnamento anche a me perchè forse adesso non mi troverei in questa situazione" mi confessa.
Fa una pausa incrociando i miei occhi per scrutare la mia reazione e sembra che voglia sia io a dire qualcosa.
"Io..."
"Andiamo Anita" gesticola con le mani. "Lo sappiamo bene tutti e due quanto questo intervento sia rischioso e non sento di addossarmi questa responsabilità".
Responsabilità. Non vuole addossarsi questa responsabilità. Perchè sento che d'un tratto lui stia peccando di codardia. Sappiamo i rischi e pericoli di questo lavoro.
"Luca" lo richiamo. "Sappiamo a cosa andiamo incontro dal momento in cui decidiamo di essere medici. La vita delle persone è nelle nostre mani e a volte più di altre, sai, noi siamo artefici del loro destino."
Luca si passa una mano tra i capelli, nervoso. "Tu non capisci Anita, non riuscirei ad operarla, non quando io sono così coinvolto emotivamente e potrei lasciarla andare tra le mie mani" ammette con il fiato corto. Sembra che gli stia costando una fatica ammetterlo.
"Luca, sei un ottimo chirurgo. Quando sei arrivato sapevamo tutti prima della tua brillante carriera prima che il tuo nome. Hai affrontato altri interventi in modo impeccabile e scrupoloso. Sei così giovane e talentuoso, non vedo cosa possa andare storto".
Lui appare colpito dalle mie parole, forse ora come non mai sono riuscita ad ammettere quanto io lo stimi. Una luce di orgoglio attraversa i suoi occhi verdi ma ritornano ad offuscarsi il minuto dopo.
Scuote la testa con vigore quasi a volerle cancellare, le mie parole. "Questa volta è diverso, con Lucia è diverso" si passa una mano sul viso esausto, "non mi perdonerei mai se le succedesse qualcosa".
Se all'inizio non fossi riuscita a comprenderlo pienamente, adesso si fa spazio in me un moto di tenerezza ed empatia nei suoi confronti.
"Hei" mi avvicino quanto basti a guardarlo negli occhi, accarezzo ogni dettaglio del suo viso con lo sguardo. Lui così fragile ed indifeso, con lo sguardo tormentato e corrucciato ma sempre così affascinante.
Luca incrocia il mio sguardo e sembra che in silenzio mi  stia dicendo molte più cose di quanto abbia esternato.
Non avrei mai pensato che lui mi rivelasse le sue insicurezze. Ma voglio che sappia che sono qui, che sono pronta ad ascoltarlo ogni qualvolta ne abbia bisogno.
Una mia mano si posa sul suo braccio. Ne accarezza la stoffa del camice, piano. Luca alterna gli occhi da me alla mia mano, avverto il suo respiro farsi pesante come se la situazione si stesse facendo difficile.
"Non è detto che questo accada. Io mi fido di te e so che è in buone mani" cerco di sorridergli speranzosa.
Luca scosta la mia mano dandomi le spalle, contrariato dalla situazione e il suo mi appare come un rifiuto. Mi fa male.
"Oh andiamo Anita! Non diciamoci sciocchezze, se dovesse accadere qualcosa a Lucia tu mi odieresti. So quanto possa distruggerti la notizia che le sia accaduto qualcosa. E perdervi, perdervi entrambe per me sarebbe troppo".
Il cuore batte forte nelle mie orecchie non appena mi rendo conto di quello che lui mi abbia appena confessato. Chiudo gli occhi a trovare le parole giuste. Sento i brividi attraversare la mia schiena.
"Non potrei mai farlo. Non potrei mai odiarti Luca" gli sussurro con il respiro corto.

Non credo di essere riuscita a convincere Luca, ma sono contenta di aver fatto la mia parte. Nonostante lo capisco non penso sia giusto il suo voler meno ai suoi doveri di medico. Egoisticamente credo che non ci possa essere altra persona a potere operare Lucia. Magari il suo volerle così bene potrebbe essere una spinta a fare del suo meglio, mi auguro che lo capisca.
In qualsiasi caso non potrei mai odiarlo se qualcosa dovesse andare storto, come potrei?.
Vorrei solo che Lucia potesse star bene e mi rendo conto che le mie gambe si muovano da sole verso la sua stanza. La trovo lì, seduta sul suo letto con le gambe penzoloni, le braccia che fanno leva sul materasso. I suoi occhi seguono affascinati lo spettacolo fuori dalla finestra.
Rimango ferma al mio posto come una spettatrice silenziosa. E' meraviglioso quanti colori possa assumere il cielo, ed è meraviglioso quanto Lucia riesca ancora ad emozionarsi davanti alle più piccole cose. Osservo le sfumature rosse, arancione e rosa, con il sole che all'orizzonte tramonta e sento pervadermi da un senso di benessere.
Il cielo va via via imbrunendosi e percepisco quel piccolo spettacolo scemare. Lucia alza lo sguardo in una muta richiesta. Qualunque cosa stia chiedendo, mi sembra di conoscerla. Il pensiero la tormenta e ahimè oggi il suo male non è solo fisico.
Scruto i suoi occhi turbarsi improvvisamente lasciando spazio alla malinconia e quando una piccola lacrima sgorga dai suoi occhi capisco che le sue debolezze siano arrivate a galla.
"Luci" le sussurro carezzandole una spalla.
Lei si volta verso di me, con il labbro tremante e si stropiccia un occhio.
"Vieni qui" le faccio segno di avvicinarsi per stringerla in un abbraccio.
Lei lo fa, circondandomi le spalle con le sue esili braccia. L'aiuto a sistemarsi sulle mie gambe e incrocio i suoi occhi tristi.
"Hai paura?" le chiedo a bassa voce. Quasi come se fosse un segreto tra noi due.
Lei abbassa lo sguardo giocando distratta con le mani e annuisce in silenzio.
"Sai tesoro pensavo che questa notizia potesse essere per te motivo di gioia ma non avrei mai voluto che si tramutasse in paura. Non devi averne, perchè noi, noi siamo tutti qui per te e non lasceremo mai che ti accada qualcosa".
"Ok?" le chiedo accarezzandole una guancia.
"Si..."ammette lei in un sussurro.
Un placido sorriso si fa spazio sul mio viso. "Ci sono tante cose belle là fuori che ti aspettano". Prendo una pausa per indicarle il panorama al di là della stanza. "E io non vedo l'ora che tu possa ammirarle coi tuoi occhi".
Lucia soffoca una risata e il suo sguardo sa di gratitudine. Torno a stringerla contenta di averle risollevato il morale e mi rendo conto che quando ci sembra tutto nero e le cose iniziano ad andare male abbiamo solo bisogno che qualcuno ci sia, che comprenda senza troppe parole.

E' stata una giornata molto pesante, sento come se un macigno potesse schiacciarmi. Quando mi chiudo la porta del mio appartamento alle spalle tiro un sospiro di sollievo. Finalmente a casa.
Oggi mi sono dedicata talmente agli altri che le mie forze sembrano prosciugate. Ho bisogno di prendermi un pò cura di me stessa.
Decido di preparare la vasca con l'acqua calda.
Osservo l'ambiente riscaldarsi e la mia vasca riempirsi di schiuma profumata alla vaniglia. Avvolta da quel tepore mi sembra di sentirmi già meglio.
Preparo un cambio di abiti comodo e mi spoglio di quelli che indosso. I miei muscoli si distendono sotto il calore dell'acqua, che bella sensazione!.
Se potessi, rimarrei così per sempre. Ma ahimè ho bisogno di mettere qualcosa nello stomaco. Mi avvolgo nel mio accappatoio di spugna e prendo a vestirmi. Indosso il mio pigiama a strisce e le ciabattine pelose.
Dò una sistemata al bagno togliendo qualsiasi traccia di disordine e mi dirigo in cucina per preparare la cena. Accendo la tv e nonostante non la guardi minimamente mi dà l'impressione di essere in compagnia.
Il mio piatto di pasta fumante è sul tavolo, prendo posto accavallando le gambe e mi preparo a gustare la mia buona dose di carboidrati.
Il vocio della televisione in sottofondo, lo sbattere delle posate contro i piatti interrompono il silenzio della stanza e improvvisamente sento pervadermi da un senso di solitudine. Mi rendo conto che non sia l'ideale, non adesso. Faccio zapping tra i canali della tv per interessarmi a qualcosa e finalmente la mia attenzione è attirata da un talk show.
Dopo la cena mi sposto in salotto, per godermi un bel film dal divano. Sono stanca ma non mi va ancora di andare a dormire. Scelgo un film d'amore, classico per una romanticona come me e mi appresto a trascorrere la mia serata così.
Sono le undici inoltrate; lo controllo sul display del cellulare; quando all'improvviso nel silenzio della notte il campanello di casa, suona.
Mi chiedo chi possa essere e un pò indugiante mi dirigo all'ingresso. Mi scorgo a controllare dallo spioncino della porta e sento vacillarmi per un secondo.
Ci metto un pò ad aprire, ho quasi l'impressione che la persona dall'altra parte possa spazientirti. Non riesco a credere ai miei occhi, non può essere che Luca Franzese sia qui, che sia fuori la porta del mio appartamento.
Il campanello torna a suonare insistente facendomi sobbalzare. Ho paura che possa svegliare tutto il vicinato.
"Hei, Anita  so che sei in casa!".
Improvvisamente faccio scattare la serratura e gli apro. Luca  è qui. Perchè mi risulta così difficile crederlo?.
Lo osservo, in una posa un pò scomposta, le braccia portate al petto,  una spalla al muro e un sorriso sghembo  ad incorniciargli il volto.  
"Luca, ma che ci fai qui?" gli chiedo.
Lui ride brevemente.  "Sorpresa di vedermi?" mi replica divertito.
Mi rendo conto mentre parli però che nella sua voce ci sia qualcosa di strano, come se non fosse pienamente in sè. Una sensazione comincia a farsi spazio nella mia mente.
"Che c'è Anita, non mi fai entrare?!" non mi accorgo di quanto si sia avvicinato fin quando quasi non mi alita in faccia. Sa disgustosamente di alcool.
A quel punto lo tiro per un braccio e lui vacilla un pò, perdendo per un istante il controllo del suo corpo. Mi auguro che non si sia preso una sbornia per affogare i suoi dispiaceri nell'alcool. Non è mai una buona idea.
Mi chiudo la porta alle spalle repentina, voltandomi per incrociarlo ma lui mi dà le spalle.
"Allora, mi spieghi cosa ti porta qui e soprattutto perchè tu sia ubriaco?".
A quel punto lui si volta verso di me, sfoderando un sorrisino divertito.
"Non sono ubriaco, sono solo un pò brillo"ammette con non curanza poi con un balzo prende posto sul divano del salotto.
Rimango in piedi davanti a lui con le braccia al petto e lo scruto curiosa. "E' per quello che sta succedendo? E' per quello che hai bevuto troppo?" gli chiedo cercando di celare la mia preoccupazione nei suoi confronti.
Luca scuote leggermente il capo, sembra che la situazione non sia così importante per lui. "Non arrivo di certo a questo. Sono uscito con degli amici e ho bevuto una birra di troppo, tutto qui" il suo tentativo di minimizzare la cosa però è vano.
"Mi auguro che tu non sia stato così incoscente da guidare fino a qua. Non sei molto in te" lo reguardisco puntandogli un dito contro.
Lui sfodera un sorriso intenerito abbassando il mio dito sospeso. I suoi occhi sono un pò troppo lucidi e rossi. "Ho chiamato un taxi" risponde.
Dentro di me sospiro di sollievo lanciandogli una lunga occhiata ma non oso dire nulla.
Mi tende una mano, "vieni qui" facendo segno di avvicinarmi.
Titubante lo ascolto e quando lui mi stringe vigorosamente a sè sento di vacillare. Sono così vicina al suo corpo e al suo viso e la mia espressione deve sembrargli impaurita perchè un cipiglio gli si disegna sul volto. Un suo braccio mi circonda la schiena mentre l'altra mano è ancora stretta attorno alla  mia. Mi sento in trappola, sono spaventata dalla sua intrusione in casa mia, sono spaventata dai nostri occhi che si incrociano e dalle parole che vorrei pronunciare.
"Mi piace che ti preoccupi per me" ammette sottovoce, il suo sguardo alle mie labbra.
Porto un mano sul suo petto ad allontanarlo. "Luca..." lo supplico, la voce che mi trema. Non voglio complicare ulteriormente le cose tra di noi.
Ma lui non mi ascolta minimamente e quando si stringe a me inglobandomi in un abbraccio avverto il mio cuore battere così forte che temo potrebbe fuoriuscirmi dal torace.
Un suo sospiro si infrange sul mio petto e porto una mano dietro al suo collo. L'istinto di accarezzargli i capelli è così forte che devo impormi di non farlo.
So quanto questo sia sbagliato e invece perchè in questo preciso istante mi sembra la cosa più giusta che ci sia?.
"Luca" lo richiamo. "Tu non dovresti essere qui".
Lui rialza lo sguardo improvvisamente, tenendomi ancora stretta a sè. Non dice nulla ma il suo sguardo si corruccia. Sembra non capire il perchè delle mie parole.
"Dovrei chiamare Vanessa, sarà in pensiero per te" aggiungo.
I suoi occhi si velono di preoccupazione. "No!" esclama improvvisamente.
Lo scruto a fondo cercando di capire il suo repentino cambiamento di umore.
"No, non farlo" ripete lui a voce bassa. "Credimi sarebbe più preoccupata se sapesse delle mie condizioni".
"Ma..." tento di replicargli.
"Oh andiamo, Anita!" sbuffa spazientito. "Abbiamo litigato e me ne sono andato di casa, sono venuto qui perchè speravo che non avessi fatto domande".
E io che speravo fosse qui perchè avesse bisogno di me. Mi stacco come scottata da lui. Luca sembra colpito dalla mia improvvisa freddezza ma non dice niente.
"Vado a prepararti qualcosa di caldo" lo informo. Gli lancio solo un ultimo sguardo, lui che si appoggia allo schienale del divano lasciando ciondolare un pò la testa di lato e passandosi una mano sul viso stanco. Scuoto la testa con veemenza, allontanandomi da lui.
Le sue parole ancora mi tormentano, dovrei mandarlo via, subito. Ma mi rendo conto che è notte fonda, lui non è pienamente in sè e decido di farmi del male ancora una volta.
Ritorno di là con una tazza di camomilla in una mano, un'aspirina nell'altra.
"Mmh ho un tale mal di testa" ammette toccandosi le tempie dolorante. Credo che il suo post sbornia sia solo agli albori.
Cerco di apparirgli inespressiva mentre gli porgo la tazza. "E' camomilla, bevila tutta. Ti ho portato anche un'aspirina per il mal di testa".
Luca annuisce in silenzio, sorseggiando la bevanda. "Grazie" ammette alla fine, riconoscente.
Non gli rispondo nemmeno, non ne ho le forze.
"Come va?" gli chiedo.
"La testa va meglio, ma mi sento stanchissimo" risponde con la voce stanca e flebile.
"Vieni qui" gli allungo la mia mano, per aiutarlo ad alzarsi.
Luca si sporge all'indietro e quasi finisco per cadergli addosso, ma lui si rivela più forte di me e mi aiuta a mantenermi in piedi. Non vedo l'ora che questa situazione così imbarazzante e scomoda cessi. Ma mi rendo conto che ci ho messo anche del mio decidendo di tenerlo qui.
"Ti aiuto a raggiungere la mia camera" proferisco in un sussurro.
Luca mi lancia uno sguardo titubante. "Anita, stai facendo già troppo per me, non c'è bisogno. Posso dormire qui" ammette indicando il divano dietro di noi.
Scuoto la testa tirando un sospiro. "Non vorrei averti sulla coscenza quando prenderai un bel capitombolo da qui".
Luca accenna ad una breve risata. "Mi piace quando ti preoccupi per me" ammette malizioso.
Lo colpisco ad un braccio scherzosa. "Sta zitto e seguimi!".
Mi rendo conto mentre entrambi raggiungiamo la mia stanza che questa cosa mi provochi non poco imbarazzo. E' da tempo che un uomo non mette piede nella mia camera da letto, ma Luca è diverso, con Luca è diverso.
"Il bagno è di fronte nel caso tu dovessi averne bisogno nella notte, non ho vestiti da prestarti quindi spero tu possa essere comodo anche così e niente..."
Luca interrompe il mio flusso di parole sfilandosi la maglia davanti ai miei occhi. Osservo il suo petto nudo, il suo corpo sodo e muscoloso e sento le mie guance arrossarsi.
"C-che stai...facendo?".
Lui sembra colpito dal mio sguardo, una smorfia divertita e soddisfatta si impossessa delle sue labbra. "Mi spoglio, no? Dormirò più comodo senza vestiti" ammette.
Mi passo una mano tra i capelli cercando di placare la mia ansia. "Ok, sei non hai più bisogno io andrei...b-buonanotte" gli replico gesticolando nervosa.
Gli volto le spalle velocemente, pronta a non rimanere un minuto di più nella stanza.
"Anita" mi richiama lui.
Mi appoggio allo stipite della porta, con il petto ansante.
"Si?" gli chiedo voltandomi.
Mi rendo conto che si sia appropiato del mio letto e che il lenzuolo gli lasci scoperto il busto.
La tensione è palpabile nell'aria e anche la sua espressione adesso è seria.
"Non andartene, rimani qua".
Sono tentata dal rifiutare, le cose sono già complicate di loro. Ma mi rendo conto che lui non sia in sè e che stasera sia io quella ad aver bisogno di lui e accetto.
Mi stendo dall'altra parte del letto cercando di non apparire rigida e imbarazzata. Se solo sapesse che cosa si stia scatenando in me.
Luca si volta verso di me, stendendosi su un lato, la testa sostenuta da una mano . Il suo braccio mi circonda il corpo e io sento uno strano calore pervadermi. Non so se sia lui a stringersi a me o viceversa, ma siamo così vicini che è difficile capirlo. Una mia mano è sul suo petto, avverto il suo cuore battere sotto il mio palmo. Lo osservo addormentarsi dopo poco, con il viso così vicino al mio e il respiro lento e tranquillo. Una ciocca di capelli gli ricade biricchina sugli occhi e mi premuro di rimetterla al suo posto. Passo ad accarezzargli una guancia, sorridendo ala sensazione della sua barba ispida sotto la mia mano. Libera dal suo sguardo mi sento più rilassata, senza il pensiero di dover ponderare le mie azioni.
Appoggio il mio viso al suo petto creando dei cerchi immaginari su di esso. E' così bello essere qui, tra le sue braccia.
Alzo lo sguardo lievemente per appurare che dorma e torno ad accocolarmi a lui.
"Sai Luca, noi siamo così complicati. E' già così complicato parlare di un noi. Ma adesso guardaci, vorrei che tutto fosse semplice, che abbracciarci e stare così vicini non fosse sbagliato. Vorrei che tu fossi mio, senza doverti dividere con un'altra donna che ti aspetta a casa".
le mie parole si perdono nel silenzio della notte. Sapere che lui stia dormendo mi rende più sicura di confessargli cosa provi e mi auguro che lui non abbia sentito e mai si ricordi di questo.
Luca si muove sotto di me spostando un braccio e portandolo a stringermi più forte. Le sue braccia sanno di casa, la sua stretta sa di premura e dolcezza.
Non so se quello che abbiamo condiviso stasera possa essere memorabile per lui, ma mi rendo conto che stasera abbiamo fatto entrambi qualcosa l'uno per l'altro.
Con lui non mi sento più sola.


ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio :)
dopo molto tempo torno a postare un capitolo e mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto. A mia discolpa posso solo dire che sia stato un periodo molto particolare. Adesso però sono qui e sono impaziente di sapere cosa pensiate di questo capitolo.
Non ho molte parole da dire a riguardo, ma vi assicuro che scriverlo sia stato difficile e spero apprezziate lo sforzo. Aspetto tanti commenti.
Nel frattempo ringrazio qualsiasi persona abbia recensito lo scorso capitolo e chiunque abbia aggiunto la storia in qualsiasi lista. Siete sempre di più e mi si riempe il cuore di gioia. Grazie!
Spero di riuscire a dedicarmi a questa storia di più perchè la scrivo da davvero troppo tempo e vi aspetto alla prossima.
Un abbraccio❤❤















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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 31



Il mio risveglio al mattino seguente non è come lo speravo, ma d'altronde non potevo aspettarmi che Luca fosse ancora qui accanto a me.
Osservo il lato del materasso che ha preso la sua forma, tutto adesso in questa stanza, sa di lui, del suo profumo e di quello che stanotte abbiamo condiviso.
Mi lascio andare un sospiro abbracciando il cuscino, il suo. Improvvisamente penso a come comportarmi non appena lo rivedrò al lavoro.
Prima di uscire decido di cambiare le lenzuola, non potrei dormire una notte in più in questo letto senza respirare il suo profumo.

Sapevo fin da quando sono uscita da casa di poterlo rivedere, non mi aspettavo così presto. Mi sorprende vederlo prendere il caffè nella sala comune. Mi stupisce con quanta facilità si muovi nell'ambiente, saluti i colleghi, interagisca con loro. Sembra così a suo agio.
Non avrei mai pensato quando lui è arrivato in questo ospedale e Visconti ci ha chiesto di collaborare che lui potesse passare più tempo in pediatria che nel suo reparto.
Mi appoggio silenziosa alla porta della stanza, da spettatrice. Sembra che nessuno stamattina faccia caso a me, scruto i bambini infondo mentre
si dilettano tra giochi e lezioni, chiusi in una bolla di spensieratezza ed entusiasmo. E' bello sapere che nonostante si trovino in ospedale
riescano a trovare in esso attimi di felicità.
I loro sguardi rivelano speranza. Quella speranza che con il tempo un pò ci abbandona, perchè siamo stanchi di attendere. Eppure quando meno ce lo aspettiamo, le cose succedono.
Osservo Luca, con quelle sue spalle larghe, le braccia strette nel camice inamidato, le stesse che stanotte mi hanno stretto a sè e cullata. Nonostante non riesca a vederlo mi immagino che la fronte gli si sia corrucciata e abbia fatto una smorfia con le labbra.
Mi viene da sorridere pensando che lo faccia sempre quando qualcosa non quadra. Sembra proprio che abbia problemi con la macchinetta.
Alla fine soffoco una risata portandomi una mano alle labbra e lo noto riprovare.
Una mano appoggiata alla macchinetta mentre attende impaziente che il suo caffè sia finalmente pronto; forse uno sbuffo fuoriesce dalle sue labbra; l'altra a massaggiarsi il collo. Nel suo gesto riconosco tanta stanchezza accumulata. La giornata non deve essere iniziata nei migliori dei modi.
Un altro movimento, questa volta del capo, come a voler sciogliere i muscoli e allegerire la tensione.
Inconsciamente sto già muovendo i passi verso di lui.
"Cos'hai?" gli domando avvicinandomi.
Luca allora, si volta verso di me, con la sorpresa che gli si disegna in viso. Lo scruto, non ha una bella cera e ha lo sguardo stanco solcato da delle occhiaie: è comprensibile dopo che lui si sia preso una sbronza. Eppure non mi sfugge il guizzo che attraversa i suoi occhi alla mia vista.
"Mmh" mugugna massaggiandosi la nuca. "Stanotte ho dormito malissimo" ammette con una velata provocazione.
Mi rendo conto che il suo, sia un riferimento alla notte passata a casa mia, con me.
Mi appoggio alla macchinetta dietro di me, le braccia portate al petto, una posa un pò scomposta e lo sguardo che sostiene il suo, in segno di sfida. Non avrei mai pensato che potessimo ritrovarci a parlare così, a provocarci scherzosamente.
"Eppure, a me sembrava che tu stanotte dormissi benissimo".
Con soddisfazione osservo i suoi occhi sbarrarsi impercettibilmente, e poi scrutarsi attorno;in allerta; quasi come a paura che qualcuno abbia sentito le mie equivoche parole.
Poi in un gesto fulmineo il suo sguardo ricade su di me, e io mi rendo conto che no, non oserà replicare alle mie parole. Ma a me basta questo, basta che mi guardi così come fa. Che sulle sue labbra appaia l'ombra di un sorriso sorpreso, attratto.
Nel frattempo inserisco delle monete nella macchinetta e aspetto che il mio caffè sia pronto.
Luca non dice nient'altro, ma il suo sguardo si fa ad un tratto pensieroso e io mi chiedo cosa gli stia passando per la mente. Avvicina il suo bicchiere alle labbra, con flemma, attento a non scottarsi e i suoi occhi si socchiudono pregustando il suo caffè.
Nel momento in cui io faccio lo stesso, mi scappa un sorriso.
"Ci ho pensato, sai?" mi domanda allora.
Sono costretta a voltarmi e non capisco subito a cosa lui si stia riferendo.
"Ho pensato molto all'intervento di Lucia" aggiunge in modo esplicativo.
Ed eccolo lì, penso, l'argomento dolente. E' il mio momento di destarmi sorpresa alle sue parole, ma non dico niente e lascio che sia lui a parlare.
"Ho deciso di parlarne con la dottoressa Baldini, sarà lei ad occuparsene" ammette risoluto e con una sicurezza che non leggevo nei suoi occhi da un pò.
Le sue parole suscitano non poco disappunto in me. "Cosa?!" gli domando indispettita.
Luca è intenzionato ad archiviare la situazione e a non aggiungere altro ma io non sono  propensa ad arrendermi.
"Hai capito bene, Anita. Non ho intenzione di operare Lucia" ribatte serio.
Sbuffo portando lo sguardo lontano da lui, è una battaglia persa.
"Quindi permetti che sia lei a prendersi tutti i meriti? La segui per mesi, Lucia ti adora e Dio solo sa quanto lei si fidi di te, ti fai in quattro per trovarle un cuore e poi ti tiri indietro, così?" gli faccio presente.
Mi rendo conto troppo tardi che la nostra conversazione abbia attirato non pochi sguardi.
Luca assottiglia lo sguardo, infastidito dal mio tono e si fa più vicino in chiaro segno di starmene buona.
"Qua non si tratta di meriti Anita, é di Lucia che si parla" digrigna tra i denti. Il suo volto è vicino al mio, quasi a voler chiarire meglio il concetto.
Faccio un passo indietro scontrandomi con la macchinetta dietro di me, sospirando esasperata.
"Oh andiamo, smettila!".
"No, smettila tu! Per quanto mi riguarda la questione è chiusa, ho preso la mia decisione" sbotta.
Come siamo passati dal provocarci ad urlarci contro, così?.
Prima che possa solo replicargli, lui se n'è già andato, con lo sguardo spavaldo e sicuro. Butto il mio caffè con rabbia nel cestino mentre soffoco un grugnito.

"Problemi con Franzese?"
Mi volto con un velo di stupore, trovando Giorgio alle mie spalle. Non mi ero accorta fosse nei paraggi. Ma d'altronde mi rendo conto che lo sguardo di tutti si sia puntato su di noi, interessato.
Mi porto le braccia al petto, ritrovando un pò della calma persa.
"No, stavamo solo parlando" ammetto, rendendomi poi conto che le mie parole facciano acqua da tutte le parti.
Giorgio scuote il capo non apparendo convinto dalla mia risposta ma non dice nulla e io credo sia finita lì. Ma non è così.
"Anita, c'è qualcosa tra di voi?" mi domanda, con lo sguardo indagatore.
"Ma cosa dici Giorgio?! Da dove ti viene fuori una cosa del genere?" gli replico indispettita.
Lui porta le mani in avanti a scusarsi, stupito dal mio comportamento. "Ti ho solo fatto una domanda e poi lo sai, le voci circolano".
"E tu lo sai che la gente è brava a parlare e a creare le voci? Tra me e il dottor Franzese c'è solo un rapporto esclusivamente professionale".
Bugia
"Certo, certo" ammette lui serio. "Ci tenevo solo a dirtelo. D'altronde nonostante lui non sia il tuo tutor, è in buoni rapporti con Visconti e tu sei una sua specializzanda. Sono a conoscenza di quanto tu lavori sodo e meriti. Non vorrei qualcuno pensasse tu sia privilegiata, tutto qui".
Le sue parole al contrario non mi sembrano così buoniste come vogliono apparire anzi le considero delle insinuazioni.
Per la prima volta scruto Giorgio con uno sguardo diverso. Lui non è quello che vuol far credere. Più lo guardo e più mi rendo conto che del ragazzo buono non ci sia più traccia.
"Ti ringrazio per l'avvertimento. E adesso se non ti dispiace, ho del lavoro da fare".
Lo lascio là, allontanandomi svelta e indispettita dalla situazione. Come se non bastasse, ci voleva anche questa. Non riesco a smettere di pensarci. Mi sono sempre data da fare per conquistare quello che ho, non voglio che la mia immagine sia infangata da delle stupide voci.

Maria nota il mio turbamento, non nascondo di avere la testa altrove. I suoi occhi non smettono un attimo di osservarmi con preoccupazione.
Mi rendo conto che oggi sia un bene lei mi affianchi nel giro delle visite, sento che se dovessi sbagliare lei sarebbe qua a porre rimedio.
Osservo il bambino tra le mie braccia, scruto il movimento delle sue mani verso di me e mi viene spontaneo sorridergli. E' così piccolo ma pieno di vita.
Lo ripongo, dopo averlo pesato e misurato in altezza, nella culletta e lascio la stanza seguita dall'infermiera.
"Anita, che succede?" mi chiede lei.
"Niente, tranquilla" nego ma lei non è affatto convinta.
"Avanti, dimmi cosa ti turba tanto" insiste parandosi difronte a me.
Alla fine mi arrendo tirando un lungo sospiro e incrocio il suo sguardo.
"Maria, hai mai pensato che io fossi una privilegiata?" le domando.
"Privilegiata? E perchè mai?" chiede di rimando, confusa.
"Sì, in giro circolano delle voci, credono che io abbia una relazione con il dott...con Luca e questo fa di me una privilegiata. Non voglio questo. Intraprendere questa strada non è stato facile e nemmeno arrivare dove sono, non voglio che qualcuno pensi questo non sia merito mio, ma di conoscenze e favori" ammetto con un velo di risentimento e tristezza.
Lo sguardo di Maria è attento ma si vela di dolcezza alle mie parole e quando le sue mani si posano sulle mie spalle sembra che esse mi trasmettino tanto conforto.
"Sai Anita, la gente è molto brava a parlare, a fare congetture. Purtroppo l'invindia è una brutta bestia ma tu non devi badare a loro, devi pensare a te stessa. Tu sei l'unica giudice delle tue azioni".
Annuisco con lo sguardo carico di riconoscenza nei suoi confronti.
"Giuro che quando trovo l'artefice di queste malelingue mi sente. Ma adesso continuiamo, ti va?" mi domanda con un sorriso.
"Sì".

Non avrei mai pensato di dire che la signorina Berardi potesse sembrarmi umana.
La osservo, sorpresa, dalla mia postazione in corridoio, in silenzio.
Scruto il suo abbigliamento, composto da abiti comodi e sportivi, i capelli sciolti lungo le spalle. Mi sembra che tutto in lei oggi sia diverso. Come se per un momento avesse abbandonato qualsiasi austerità.
Appoggia una mano allo stipite della porta, indugiando sul da farsi. Un piede a metà tra il corridoio e la stanza di Lucia. Sembra stia pensando a cosa fare.
Sono in una posizione tale da catturare l'espressione dl suo viso, il cipiglio che le si disegna sulla fronte e la consapevolezza del rifiuto nella sua espressione. Sono certa che non entrerà.
Questa volta non mi domando nemmeno cosa ci faccia qui, non ho bisogno di pensarci troppo per capire Luca l'abbia chiamata per l'intervento di Lucia. Ma oggi, mi dico, oggi che lei è senza barriere e difese, mi fa meno paura.
E' questa convinzione a farmi avvicinare a lei, cauta e silenziosa. Nè un saluto, nè una parola.
Alla fine ci osservo, di fianco, con le braccia portate al petto, lo sguardo assorto e tanti pensieri per la testa.
Io e lei siamo così diverse, ma forse se ci impegnassimo riusciremmo ad andare d'accordo.
"Io lo so cosa sta pensando, sa?".
La sua domanda mi colpisce, costringendomi a voltarmi nella sua parte. La osservo e senza tutto quel trucco che si ostina a portare sembra completamente diversa, più giovane. Ma d'altronde non credo sia di molto più grande di me.
La incito a continuare con lo sguardo e lei si schiarisce la voce prima di farlo.
"La maggior parte delle persone che conosco mi giudicano, per il lavoro che faccio. Molti credono che io sia quella che porta via i bambini dai loro genitori, che lascia li portano in case famiglie e pensano che tutto questo per me sia divertente. Ma non è così, sono solo dei pregiudizi. Io non sono nè senza scrupoli nè la cattiva della situazione e spesso quello che faccio ha in sè del buono. Perchè è questo quello che lei pensa di me, Anita. Non è così? Ma veda, se lei si fermasse a pensare a quanto mi sia difficile fare quello che faccio, si renderebbe conto che non siamo poi così diverse. Il nostro obiettivo è agire solo ed esclusivamente per il bene di Lucia".
Le sue parole mi lasciano con l'amaro in bocca. Mi rendo conto di non avere il coraggio di risponderle e anche se lo avessi, non saprei cosa dire.
Non ho mai pensato che Irene Berardi agisse in cattiva fede e per il male di Lucia, assolutamente no. Non l'ho nemmeno giudicata per il lavoro che svolge, d'altronde conosco assistenti sociali che svolgono con pazienza e coscienza il proprio dovere. Ma forse abbiamo un metro di giudizio diverso. Mi rendo conto di quale sia il suo obiettivo, portare Lucia via di qui e garantirle una famiglia. Ma lei non sa cosa ciò mi provochi.
Sarà anche diversa dal solito ma sa sempre dove colpire.
Lei deve accorgersi del mio essere restia nel rispondere e in un modo molto loquace riprende a parlare.
"Il dottor Franzese mi ha comunicato dell'operazione di Lucia, imminente. Mi ha elencato una serie di rischi che farebbero accapponare la pelle a chiunque ma si dice fiducioso. E' un ragazzo così giovane ma sicuro di sè, sembra davvero in gamba e credo che Lucia sia con lui in ottime mani".
La stima che dice di provare nei suoi confronti traspare dai suoi occhi e dalle sue parole e mi rendo conto di avvertire le stesse cose.
Ma poi un pensiero balena nella mia mente: lei sembra all'oscuro della decisone che Luca ha preso e mi chiedo perchè lui abbia omesso una cosa così importante. Ma non sarò io a dirglielo.
"Già..."ammetto pensierosa.
"Non è fantastico? Sapere che Lucia potrebbe avere una vita normale al di fuori di qui".
"Sì, lo è".
La conversazione si interrompe lì, lasciandoci libere di tornare ai nostri pensieri. Ci sono tante cose che vorrei dire al momento ma mi rendo conto che il silenzio sia la risposta migliore.
Luca arriva a salvarmi da questo imbarazzo e mai come ora sento di essergli grata. Scruto il suo sguardo stupido di vederci insieme ma non proferisce parola e io penso sia un bene.
Le parole che ci siamo urlati contro sono ancora nella mia mente. Lui non mi rivolge alcuna attenzione e comincia una conversazione con Irene.
Guardo con quale disinvoltura le si rivolge, dialogano in modo pacifico e amichevole e credo di sentirmi esclusa e fuori lugo ma il momento dura davvero poco. Infatti non passa tanto prima che la Berardi decida di andare via.
La scruto allontanarsi sicura nel corridoio per poi tornare a guardare davanti a me.
Luca si appoggia al muro dietro di sè, incrociando le braccia al petto e dalle sue labbra fuoriesce un sospiro stanco.
"Allora?" mi domanda "non mi chiedi cosa ci facesse la Berardi qui?".
Finalmente lo guardo e mi accorgo che come ogni volta i suoi occhi siano per me un colpo al cuore.
"Lo so già, le hai parlato dell'intervento e mi chiedevo come mai tu non l'abbia messa al corrente della decisione che hai preso".
Cerco di usare un tono brusco e distaccato ma mi rendo conto che la curiosità prenda il sopravvento.
Luca mi lancia un'occhiata indagatoria e io credo di sentirmi a disagio.
"Non ce n'è stato bisogno" ammette sicuro di sè  ma non riesco a decifrare il sorriso che gli si disegni sulle labbra.
"Ah no?" gli chiedo allora con la curiosità che mi divora.
Parla Luca.
"No" replica divertito.
E' il mio momento di osservarlo, le mie mani distese lungo i fianchi si chiudono a pugno, le spalle si curvano leggermente.
Non devo fargli paura nemmeno un pò, piccola come sono.
"Non ce n'è stato bisogno, perchè qualcuno mi ha fatto cambiare idea" confessa lui, con lo sguardo fisso davanti a sè.
Studio il profilo del suo viso, la piega che assumono le sue labbra mentre i suoi occhi si perdono ad osservare la finestra davanti a sè.
Vorrei poter capire chi sia stato.
Che sia stata la Berardi a fargli cambiare idea?.
"Qualcuno che crede tanto in me" aggiunge lui con la voce divertita "e che non si è certo risparmiata di urlarmi contro quanto fosse sbagliata la mia decisione".
I suoi occhi incontrano i miei mentre parla e una strana sensazione si fa spazio in me.
"La...la conosco questa persona?" gli domando con la voce sottile.
Lui sorride e mi chiedo perchè non lo faccia così spesso.
E' strano essere passati dall'urlarci contro a sorriderci in un modo così divertente e complice. Non mi sono nemmena resa conto di quando avessimo oltrepassato il limite tra le due cose tale è la spontaneità dei nostri gesti.
E allora lui sorpassa un altro limite tra noi e mi si avvicina con una disinvoltura disarmante.
Mi domando quale siano le sue intenzioni e il cuore mi scoppia nel petto quando mi accorgo di quanto lui mi sia vicino. Se ci muovessimo riusciremmo a sfiorarci. Ma io non ho intenzione di fare un passo.
Ascolto il mio respiro ansante, con il petto che fa su e giù e mi rendo conto che lui abbia piegato la testa di lato.
La sua mano a contatto con il mio viso mi fa bruciare la pelle. Una carezza lenta e studiata che mi induce al desiderio di chiudere gli occhi sotto al suo tocco ma non lo faccio. Resto ferma a guardarlo, occhi dentro occhi.
"Oh sì che la conosci" mormora lui a bassa voce, quasi come se fosse un segreto tra di noi. "Meglio di quanto pensi".
E poi se ne va, lasciandomi in corriodio, sola. Con la consapevolezza che si fa spazio dentro di me.
La persona di cui parlava sono io.


ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti!
Ritorno in punta di piedi dopo ben quattro mesi con un nuovo capitolo. Che dire? Ne è passato di tempo e mi auguro che la storia possa suscitare ancora un pò di interesse. Mi dispiace aver fatto passare così tanto tempo ma ho avuto un blocco pazzesco e non riuscivo a trascrivere quello che pensavo.
Ma passando al capitolo. Cosa ne pensate? Ad Anita non ne va bene una e adesso si aggiunge un nuovo grattacapo. Non è mica serena che inizino a girare in ospedale pettegolezzi su lei e Luca.
Loro certo danno parecchio spettacolo finendo per attirare l'attenzione di tutti. Come andrà a finire? E soprattutto ora che Luca ha deciso di operare Lucia come pensate vadano le cose?
Lp scoprirete nel prossimo capitolo😜 che spero di riuscire a terminare nel più breve tempo possibile!
Detto questo, ringrazio infinitamente le persone che hanno recensito lo scorso capitolo e chiunque abbia aggiunto la storia in qualche lista. GRAZIE!
Ah, ultima cosa ma non meno importante. La mia carissima amica Lottie ha cominciato a scrivere da poco una storia stupenda e ha bisogno di sostegno. Mi farebbe piacere se passaste a darle un'occhiatina ;)
Di dischi volanti e contorno di libri per un'inguaribile romantica

Alla prossima!❤❤❤





















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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Capitolo 32
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 32



A Carlotta, un'amica speciale. Auguri tesoro!


La procedura per l'intervento di Lucia può avere inizio. Non mi sembra neanche vero. Il pensiero mi fa andare via dall'ospedale con il sorriso.
Guido tranquilla per le strade della città, il cielo è limpido all'orizzonte e la luce del sole inonda l'abitacolo della mia automobile.
Non ho molto tempo per tornare a casa, Sabrina mi ha chiesto di vederci e non posso dirle di no.
Imbocco la strada per il centro e mi adopero a trovare un parcheggio. Non ci metto molto, è primo pomeriggio e la città a quest'ora non è così frenetica.
Raggiungo a piedi il posto in cui ci siamo date appuntamento. Un bar molto in voga della zona.
Come pensavo di lei non c'è ancora traccia, ma d'altronde è comprensibile. Lo studio legale dove lavora è nel centro direzionale, una zona opposta a questa e poi il pancione che le cresce a dismisura l'ha rallentata molto nelle sue cose.
A quel punto mi siedo ad un tavolino assicurandomi che dia sulla strada e l'aspetto. Un cameriere mi si avvicina. E' mingherlino e molto giovane, credo sia nuovo perchè non l'ho mai visto prima. Mi sorride chiedendomi cosa desideri ordinare, ma attendo che arrivi la mia amica.
Appoggio una mano sotto al mento facendo leva con gomito sul tavolo e il mio sguardo viene catturato dalla luminosità del posto, favorito sicuramente dalle portafinestre in vetro che nei mesi caldi creano un open space sulla strada.
Osservo le pareti gialle ocra in contrasto con il nero dei tavolini in ferro battuto, ma che richiamano il pavimento in marmo, la soffittatura in cartongesso con i faretti a creare giochi di luce.
E poi le vetrine, con le prelibatezze, i sapori e gli odori che emanano. Le alzatine con le torte in pasta di zucchero, con rifiniture così dettagliate e a tratti reali, così belle da guardare ma altrettanto da saggiare.
Tutto in questo posto emana cura e finezza ma soprattutto dolcezza.
Io e Sabrina l'abbiamo scoperto anni fa, quando lei e mio fratello erano ancora adorabili fidanzatini e io mi dividevo tra università e lavoro.
La mia cognatina ha occhio in queste cose e dalla prima volta che mi ha proposto di prendere un caffè insieme, questo è diventato il nostro posto.
Sabrina è entrata nella mia vita in punti di piedi, ma ci siamo accorte dal primo momento che non ci sarebbe stato difficile legare.
Credo che ad averci unito di più sia stato la necessità di avere una sorella a cui appoggiarsi.
Lei non ha mai avuto sorelle, tragicamente quando i suoi genitori hanno perso la vita in un incidente stradale, sua mamma aspettava una bambina. L'avevano saputo qualche giorno prima del triste evento e Sabrina era entusiasta. Con l'incidente purtroppo aveva perso la sua famiglia e la possibilità di avere una sorella le era sfumata davanti agli occhi.
Un fatale destino che me la fa ricondurre a Lucia.
Sabrina a differenza sua ha avuto la fortuna di essere circondata da amore dal primo momento e nessuno ha esitato nel decidere di prendersi cura di lei. I suoi zii, Angelica e Luigi, non ci avevano pensato un attimo e l'avevano accolta in casa come una figlia. Un grandissimo gesto d'amore.
Il legame e l'affetto li avevano sempre uniti ma quella nuova prospettiva li aveva resi legalmente una famiglia.
Mi aveva raccontato spesso quanto non fosse stato facile, ma il sostengo non le era e non l'è mai mancato.
Suo cugino Emanuele che poi è diventato suo fratello, l'aveva accolta in casa allettato dall'idea di poter condividere i suoi giochi con qualcuno. Che fosse femmina e non gli piacessero le macchinine poco gli importava. Sabrina e lui hanno un bellissimo rapporto tutt'ora, nonostante lui sia lontano per i suoi studi, ma ci sono cose in cui un fratello non può competere con una sorella. E questo lo so bene anche io.

Un acchiappasogni tintinna ad annunciare l'arrivo di qualcuno e la scorgo sulla soglia della porta, trafelata.
Alzo una mano nella sua direzione facendole segno di avvicinarsi. Mi rendo conto che nonostante sul suo viso sia presente una notevole stanchezza, non perda mai il suo dolce sorriso.
"Scusami, mi hanno trattenuta. Nemmeno adesso che sono nelle mie condizioni, hanno pietà di me" si interrompe per aprirsi una breve risata. "E comunque ti ringrazio per essere venuta".
"Non c'è bisogno nemmeno che tu lo dica. Allora, cosa prendi?".
Appoggio una mia mano sulla sua per stringerla.
Sabrina sorride riconoscente ma poi si fa d'un tratto pensierosa. "Quei biscotti al burro sono invitanti e deliziosi ma non dovrei mangiarli o rischierò di diventare una balena...a meno che io non lo sia di già" ammette con un sbuffo.
Mi lascio andare ad una risata. "Smettila di dirlo!" la rimprovero.
"Di dire, cosa?" chiede ingenua.
"Che sei una balena! Per la precisione, bisogna stare attenti a non accumulare peso per evitare l'insorgere di patologie, ma è normale prendere dei chili e devi pensare che siano per una giusta causa. Pensa a quando stringerai Agnese tra le tue braccia, non ti importerà di altro" le faccio presente.
Sabrina mi scruta con attenzione, annuendo alle mie parole. "Ma quanto è saggia la mia doc! Allora un paio di biscotti li prendo volentieri!"
"Ora non esagerare, eh!" le replico ed entrambe ci lasciamo andare ad una risata complice.
Alla fine ordiniamo dei biscotti da dividerci, un succo per lei e un caffè per me.
"A proposito, sei pronta per un pomeriggio di shopping?" mi domanda. "Ne ho proprio bisogno, i jeans non mi entrano più!"
Mi desto per farle una linguaccia. "Beh, gireremo per negozi premaman, praticamente acquisterai più tu che io".
Sabrina replica con un'espressione divertita. "Puoi sempre credere che siano dei normali capi oversize. E poi se vuoi, ricaveremo del tempo anche per te, bella mia. Hai proprio bisogno di un rinnovo dell'armadio. Altrimenti il tuo dottorino come lo conquisti?" domanda con un sorriso malizioso.
"Sabrina!" la rimprovero cercando di celare le mie guance rosse.
"Che c'è?" chiede lei portandosi una mano alle labbra, ingenuamente. "L'hai detto tu che lui ti piace!".
"Ma non è vero!" tento di negare l'evidenza.
"Credo che anche Agnese sia d'accordo con me, tanto che si muove" aggiunge con un tenero sorriso che sparisce nel momento in cui mi punta un dito contro. "Ultimamente non fai altro che parlare di questo Franzese che sarei proprio curiosa di conoscerlo" ammette con ironia.
Mi porto una mano alla fronte soffocando una risata.

Alla fine ci ritroviamo in un negozio di articoli per la prima infanzia e che abbia anche un reparto dedicato all'abbigliamento per la mamma e il nascituro. Mi muovo a disagio tra carrozzine e culle, seguendo Sabrina che sembra conoscere questo posto come le sue tasche. Ma d'altronde credo che sia proprio così.
"Anita, cosa te ne pare di questi?".
Mi mostra un paio di jeans premaman e a me sembrano irrimediabilmente uguali a tutti gli altri che ha provato ma non glielo dico.
"Provali" le rispondo accennando ai capi tra le sue mani.
"Guarda anche questo vestitino, non è carinissimo?" mi chiede di nuovo, entusiasta.
Le sorrido teneramente, di rimando. "Sì...fai una cosa, tu prova tutto, io mi faccio un giro e se trovo qualcosa che mi piace te lo porto".
Lei annuisce e prima che le possa dire altro si allontana svelta, lasciando ondeggiare la sua chioma bionda. Non ha mai nascosto quanto le piacesse fare shopping, ma oggi più che mai è felice come una Pasqua.
Faccio dietrofront per orientarmi in questo posto. Mi osservo intorno, quasi soffocata da tutto ciò che mi circonda. Ma non perchè mi dia fastidio, anzi. Ma sembra che con insistenza mi facciano pensare al mio incolmabile desiderio di famiglia.
Scruto quei futuri genitori, con la gioia nel cuore e sul viso e mi ritrovo a provare un pò di invidia per loro.
Mi faccio spazio tra i reparti e mi fermo incantata da pupazzetti e scarpine. Mi ritrovo ad accarezzare un peluche a forma di orsetto tra le mani.
"Ma guarda un pò chi si vede. Non avrei mai pensato di trovarti qui".
Non mi ci vuole molto per riconoscere la sua voce.
Mi volto spaventata con l'oggetto sospeso a mezz'aria. Mi sento quasi colta in flagrante, come se poi avessi fatto qualcosa di male.
Ma lui è qua e mi rendo conto che mai avrei pensato di vederlo.
Lo guardo, con la sorpresa che mi invade il cuore e mi rendo conto sia solo. Osservo la sua posa, scomposta, con le braccia portate al petto e  un sorriso spavaldo che lui rivolge a me.
"Dovrei dire la stessa cosa di te, no?"
Capisco però, osservando la smorfia che gli contrae le labbra che la mia domanda non risulti corretta e nel frattempo in cui ci penso, mi rendo conto del perchè.
"Ah già, mi dimentico sempre che tu stia per diventare padre" gli faccio notare con un tono indispettito.
Luca strabuzza gli occhi, quasi come se non si aspettasse le mie parole. Non mi capacito del perchè sia così sorpreso. D'altronde è la verità, no?.
Lui fa per dischiudere le labbra e sono sicura che aggiungerebbe qualcosa se non fossimo interrotti dall'arrivo della mia cognatina.
"Anita ti ho cercata dappertutto. Sei qui"ammette Sabrina alle mie spalle, con un'espressione confusa.
Contemporaneamente a lei, fa il suo ingresso in scena Vanessa.
Mi chiedo come faccia a risultare sempre impeccabile anche con i suoi abiti sportivi. Io a differenza sua con una tuta sembro anonima e trasandata.
"Sei qui!" esclama rivolgendosi a Luca e poi il suo sguardo si posa su di me. Sulle sue labbra l'ombra di un sorriso.
Credo non sorriderebbe tanto se sapesse...
"Anita, che sorpresa!".
Avrei dovuto immaginarlo lui non fosse solo, perchè d'un tratto il mio umore è mutato completamente?.
"Già...ciao Vanessa".
Sabrina li scruta con occhio indagatore, spero loro non se ne rendano conto.
Mi rendo conto che la posizione in cui ci troviamo io e Luca sia quasi equivocabile e mi appresto a fare un passo indietro.
"Ehm scusate" ci interrompe schiarendosi la voce. "Anita, non ci presenti?" chiede sorridendomi maliziosamente. Perchè ho l'impressione che abbia capito già tutto?.
"Oh beh" le replico "lui è Luca Franzese, un mio collega di lavoro".
BINGO!
Non sto nemmeno qui a spiegarvi come l'espressione di Sabrina cambi alle mie parole. Dai suoi occhi trapelano eccitazione e smania di saperne di più.
"Oh Luca Franzese" ammette sorridendo nei suoi confronti. "E' un piacere conoscerti, sapessi quanto ho sentito parlare di te" gli rivela facendomi sprofondare nell'imbarazzo più totale.
Gli occhi di Luca si posano su di me e mi sembra che ci siamo solo io e lui. Mi sorride in un modo sfrontato e provocatorio.
"Mi auguro che lei ti abbia parlato bene di me" le replica con la voce divertita.
Se sapessi...
"Certo che sì! Mi ha raccontato tante di quelle cose" confida lei con un tono di sfida.
"Okaay!" la fermo prima che possa continuare anche se so non si lascerebbe sfuggire niente di opportuno. Ma mi rendo conto dal suo sguardo che Sabrina abbia qualcosa in mente.
Vanessa invece ha assistito alla conversazione attenta e senza battere ciglio. Mi viene da chiedermi cosa stia pensando.
"Lei invece è Vanessa..." attiro l'attenzione di Sabrina e Luca che si voltano interessati nella mia direzione mentre la diretta interessata si apre in un sorriso cordiale.
Ci pensa il mio collega a darle una definizione.
Le cinge le spalle con un braccio, in un gesto affettuoso e le sorride in quel modo tutto suo. "Vanessa è...è una persona speciale" ammette.
E' possibile che io abbia letto per un istante della titubanza nei suoi occhi? Come se non sapesse spiegare bene nemmeno lui la relazione che li unisce. Insomma, che difficoltà c'è, è la sua fidanzata, no?!.
La situazione si fa d'un tratto imbarazzante e ci pensa Sabrina ad alleggerirla.
"Cielo cara, ma adesso che ci faccio caso...abbiamo una pancia in comune. A che mese sei?" le domanda amichevolmente.
"Sono entrata da qualche giorno nel quarto. Tu invece?" le replica Vanessa allo stesso modo.
"Bello! Quindi saprai presto se aspetti un maschietto o una femminuccia. Io invece sono al sesto mese e non vedo l'ora di abbracciare la mia Agnese" le comunica accarezzandosi il pancione con dolcezza.
Vanessa annuisce con un'espressione bonaria in viso. "Ho comprato un paio di scarpine. Nel dubbio le ho prese di entrambe i colori. Mi fanno una tale tenerezza".
Mentre Vanessa e Sabrina si perdono in una fitta conversazione; sono future mamme è facile capirsi per loro; mi rendo conto che lo sguardo di Luca sia stato puntato su di me tutto il tempo. I suoi occhi indagatori non mi hanno persa di vista un attimo, sempre pronti a catturare le mie reazioni.
Scruto la sua ragazza mostrare come un trofeo le sue scarpine e mi viene da immaginarlo papà.
Sabrina le chiede se hanno già fatto supposizioni e come hanno intenzione di chiamare il lui o la lei che verrà.
Luca si muove a disagio sul posto, in palese difficoltà: anche se la domanda non è rivolta a lui è chiaro che sia coinvolto. Penso se per lui questa sia una situazione difficile di cui parlare. Forse si è trovato stretto in qualcosa di troppo grande per lui e non sa come uscirne.
Vanessa appare in un primo momento perplessa ma poi risponde in un modo evasivo, come a voler scacciare la questione.
"Non ci abbiamo ancora pensato".
La conversazione si conclude poco dopo e ci rendiamo conto un pò tutti che la situazione si sia fatta tesa.
Li guardo allontanarsi e sembrano così distanti. Luca fa per appoggiarle una mano sul braccio ma lei si scansa in disappunto. Mi chiedo cosa li abbia resi così. E poi non so se sia una mia impressione ma mi sembra che prima di sparire oltre il corridoio, Luca si volti a sorridermi.
Rivolgo la mia attenzione a Sabrina che silenziosa ha lo sguardo puntato su di loro.
All'improvviso sulle sue labbra si disegna una smorfia di dolore facendole contrarre i lineamenti del viso.
"Va tutto bene?" le domando preoccupata.
Lei si volta nella mia direzione accennando ad un sorriso.
"Sisi, Agnese ha calciato troppo forte".
"Hei nipotina, non fare la dispettosa" ammetto poggiandole premurosa una mano sulla pancia. Il mio gesto ci fa sorridere entrambe.
"Però!" esclama lei pizzicandomi il braccio. "Quel Franzese è proprio figo".
"Ah ah" annuisco.
"Ma in tutto questo, cosa hai pensato di acquistare?" le domando sviando il discorso.
Sabrina comprende il mio intento e non approfondisce oltre l'argomento.
"Adesso ti faccio vedere".

"Senti un pò, ma quella ragazzina è la famosa fidanzata di Luca?" mi chiede mentre siamo per strada. La sera è calata da un pò avvolgendo la città nell'oscurità e abbiamo deciso di fermarci in pizzeria prima di tornare a casa.
Scruto la sua espressione, confusa e pensierosa.
"Sì, è lei" le confermo.
"Sarà..."ammette infilando le mani nelle tasche del suo cappotto e scrollando le spalle.
Mi volto quanto basti ad incrociare il suo sguardo. "Cos'è che  non ti convince?" le domando curiosa.
Sabrina si schiarisce la foce prima di iniziare a parlare, i nostri respiri formano delle nuvolette nell'aria.
"Guarda Anita che quei due tutto mi sembravano al di fuori di una coppia" ammette lei con enfasi.
E' una cosa che ho notato anche io ma non credo che questo basti a constatare la veracità della situazione.
Arresto i miei passi mettando una mano in avanti per fermare anche lei.
"Cosa te lo fa pensare?" le chiedo con la voce incrinata.
Sabrina deve notare che ci sia qualcosa che non vada nel mio sguardo perchè mi accarezza un braccio con premura.
"Mah non lo so, mi hanno dato questa impressione. Forse il mio metro di giudizio è alterato e tendo a vedere le cose in modo diverso perchè ci conosci. Io e Marco siamo tutto miele e sorrisi. E poi caspita! Stanno per avere un bambino...dovrebbero sprizzare gioia da tutti i pori invece sembrava che l'argomento fosse per loro molto spinoso" mi spiega convinta della sua tesi.
"Magari non se lo aspettevano..." le faccio notare.
Lei incrocia le braccia al petto, una smorfia che le si disegna sulle labbra. "Allora ripeto o quei due sono una coppia mal assortita o magari non lo so per niente" aggiunge pensierosa. "Lei era molto distante, non so mi ha dato questa impressione e lui non ne parliamo. Sembrava si stesse arrampicando sugli specchi".
Mi viene da pensare a come Sabrina sia riuscita a capire tutte queste cose in poco tempo. Molti degli atteggiamenti di cui parla li ho notati anche io ma probabilmente lei riesce ad analizzare meglio la questione perchè è esterna alla situazione.
Poi mi rendo conto di una cosa, sta sfoderando la sua abilità da avvocato, uno sguardo che ostenterebbe in tribunale. Sono sicura che non sarà contenta finchè non riuscirà a dimostrare quanto sia esatta la sua tesi.
"Hai detto che stanno insieme da poco..."indaga curiosa.
"Sì...lei è spuntata come un fungo. E poi sono venuta a conosceza che fosse incinta".
"Aspetta!" Sabrina si porta un dito alle labbra, con lo sguardo che si illumina.
"Magari hanno avuto una storia da una notte e lei è rimasta incinta. Una volta che lui l'ha scoperto non ha potuto fare altro che accettare l'evidenza e assumersi le dovute responsabilità. Il che gli fa onore, non è così facile trovare un uomo che non scappi".
"Già...è quello che penso anche io" le confesso.
"Ma si vede che non è felice. E' una cosa che gli sta molto stretta, Anita. A lungo andare le cose potrebbero peggiorare. E' inutile costringersi a portare avanti qualcosa quando non c'è amore"aggiunge con un tono malinconico.
"Sì, è possibile" mi ritrovo a darle ragione anche se non credo spetti a noi trarre queste conclusioni.
Sabrina ritrova la sua euforia e mi spintona per un braccio.
"E poi l'hai visto come ti guardava?" mi chiede sfoderando un sorriso malizioso.
"Come...come mi guardava"ammetto ingenua.
Lei punta le mani sui fianchi indispettita ma senza nascondere un'espressione divertita.
"Nemmeno se me lo giurassi crederei che non te ne sia accorta. Ti mangiava con gli occhi!".
"Sabri ma non starai mica esagerando?" le chiedo con preoccupazione.
"A quanto pare sei l'unica che non se ne sia resa conto. Anche la piccoletta l'ha capito a giudicare dalla sua reazione quando sono andati via" ribatte convinta.
"Sarà..." rispondo con titubanza.
Sabrina ritorna a prendermi a braccetto, stringendosi a me in un gesto affettuoso.
"Vedrai che ho ragione, io non mi sbaglio mai" sussurra con un sorriso.
Prendiamo ad incamminarci di nuovo, con i nostri stivaletti che ticchettano sull'asfalto. Le parole di Sabrina occupano la mia mente per la maggior parte del tempo. Sarà vero quello che dice?.


Il grande giorno è vicino, domani opereranno Lucia.
Il mio pensiero va a lei e mi chiedo come si senta in vista di questo importante intervento.
Io mi sento speranzosa, sono a conoscenza di quanto possa essere caparbio Luca ma a volte ci sono cose più grandi di noi e difficili da controllare.
Arresto i miei passi fuori la stanza di Lucia. La trovo silenziosa e sola e mi accorgo che lei sia troppo piccola per affrontare il peso di questa situazione. Ma non  sarà sola, perchè noi che le vogliamo bene le siamo accanto.
Batto il pugno chiuso contro la porta, bussando.
"Si può?" le domando con un sorriso.
Lucia si volta verso di me, con un'espressione gioiosa e mi rendo conto di una cosa: che il suo viso abbia assunto sembianze più adulte, come se avesse dovuto crescere troppo in fretta.
I segni della stanchezza sono evidenti, non sono stati giorni facili per lei ma questa piccolina non perde mai il sorriso.
"Ciao Anita" esclama.
"Sai una cosa?" le domando "riuscivo a vedere tutti gli ingranaggi della tua testolina. Cosa stai pensando, piccoletta?".
"A domani" proferisce in un sussurro.
Non posso fare a meno di osservarla con tenerezza.
"Ti spaventa il pensiero?".
"Un pò..."ammette imbarazzata.
Mi sembra di avere un deja-vù. Sono a conoscenza di quanto l'aspetto emotivo possa influire sulle sue condizioni e non è proprio il caso che lei si rattristi prima dell'operazione.
"Va bene..."ammetto sedendomi con un balzo sul suo letto. "Posso fare qualcosa per far passare questa tua paura?" le chiedo incrociando il suo sguardo.
Lucia cattura i miei occhi nei suoi e mi rendo conto di quanto siano chiari e limpidi. Voglio godermi ogni momento con lei ma non voglio assolutamente pensare che possa essere l'ultimo. Lucia guarirà!.
La piccola mi osserva a lungo con un'espressione esitante e torturandosi le manine.
"Qualcosa ci sarebbe..."
"Davvero?" indago solleticandole un braccio e facendola ridere divertita sotto il mio tocco. "Cosa?".
"Mi piacerebbe ballare" ammette con un timido sorriso.
Lucia non deve affaticarsi ma in ogni caso potrebbe essere tutto controproducente nelle sue condizioni e io decido che quando lei mi guarda così, non riesco a dirle di no.
"Luci, lo sai...non puoi stancarti" mi fingo contraria.
La piccola unisce le mani a mò di preghiera e sfodera una delle sue espressioni più angeliche.
"Ti prego, ti prego!" mi supplica.
Rilascio uno sbuffo divertita, arrendendomi.
"E va bene...faremo un'eccezione".
"Grazie, grazie, grazie!" esulta lei, entusiasta. Non posso fare altro che rivolgerle un sorriso.
Velocemente ha già scostato le coperte che l'avvolgevano. La fermo, prendendo le mie mani tra le sue.
"Non così in fretta, Luci. Si fa a modo mio" le faccio notare, seria.
Lei protesta un pò ma poi si lascia andare. Sa che non può ribattere ancora.
Afferro il cellulare dalla tasca e prima di poggiarlo sul comodino accanto al letto faccio partire un lento. Le note si diffondono nella stanza, trasmettendo una melodia dolce e rilassante.
Invito Lucia a ballare e insieme scoppiamo a ridere per quel mio improvvisato inchino e la mia voce grossa.
Lei con il mio aiuto si alza in piedi sul letto e fa finta di afferrare i lembi di un abito elegante. La sua riverenza ci fa sorridere di nuovo.
Le prendo una mano tra le mie e poi l'altra, delicatamente. Le appoggio sulle mie spalle e lascio che lei si aggrappi al mio collo.
Lucia mi abbraccia, unendosi a me in una stretta calda e avvolgente.
La cullo tra le mie braccia, facendo ondeggiare i nostri corpi sulla melodia della canzone.
La stanza si inonda delle nostre risate e presto le nostre menti sono più leggere e libere dai cattivi pensieri.
Lucia ride con gioia, portando la testa e le mani all'indietro mentre la faccio volteggiare e mi rendo conto che esistiamo solo io e lei. Che qualcuno possa sentirci ed entrare poco mi importa.
La piccola torna a stringersi  me poco dopo, con un placido sorriso che mostra tutta la sua riconoscenza nei miei confronti e io decido sia arrivato il momento di metterla a letto.
"Grazie Anita" ammette in un sorriso mentre con attenzione le rimbocco le coperte. "Ti voglio bene".
Cerco di celare l'emozione che scaturiscono le sue parole, perchè stasera più che mai assumono un significato importante.
Passo ad accarezzarle con premura una guancia e Lucia socchiude gli occhi sotto il mio tocco.
"Te ne voglio anche io. Adesso dormi piccola, domani sarà una lunga giornata".
Le mie parole sono ormai ridotte ad un sussurro mentre la noto appisolarsi sotto il mio sguardo.
Imprimo un bacio sulla sua fronte.
"Io ti aspetto qui".

Luca è sulla soglia della porta e a me quasi viene da sobbalzare quando me ne rendo conto.
"Cielo Luca, devi smetterla di arrivare così, all'improvviso!" gli faccio notare portandomi una mano al cuore.
Lui appare divertito dalle mie parole ma sul suo viso si malcela  uno sguardo soddisfatto.
"Mi dispiace" ammette dilettato.
"Ok, ti perdono?" gli chiedo con un'espressione interrogativa.
E' così strano per noi, tutta questa complicità che ci unisce.
Luca però non mi sta guardando, il suo sguardo è catturato da Lucia che riposa, alle nostre spalle. Il suo sguardo lascia presagire un turbamento.
Da quando ho avuto l'altra sera quella conversazione con Sabrina, non riesco a fare a meno di pensare alla sua situazione. 
"Lo so, che non avrei dovuto..." gli confido in imbarazzo ma le parole che poco dopo lui mi rivolge sono per me un colpo al cuore.
"Non devi pensare sia sbagliato, non se te lo sentivi di fare. Anche se ci troviamo spesso in disaccordo io penso che tu sia un ottimo medico".
Non ho mai creduto che Luca potesse pensare queste cose di me ma il solo pensiero mi fa battere il cuore e sorridere riconoscente. Non c'è bisogno che io aggiunga qualcosa, Luca sa già cosa pensi di lui.
A quel punto mi fa segno di seguirlo in modo tale da ritagliarci del tempo per parlare in un luogo più intimo.
Nel momento in cui la sua mano si posa sulla mia spalla io mi sento sussultare.
"Allora, domani è il gran giorno!" ammetto portandomi le braccia al petto in un gesto di protezione.
Luca si protende in avanti e io mi rendo conto di aver fatto un passo indietro.
"Già..."annuisce lui con titubanza.
Il suo sguardo si focalizza su di me e mi osserva a lungo prima di ricominciare a parlare.
"Senti Anita, vorrei chiederti una cosa. Se ti va, domani puoi assistere all'intervento, mi farebbe piacere che tu fossi lì e credo che anche Lucia ne sarebbe contenta".
Non mi sarei mai aspettata che lui me lo chiedesse, sembra quasi una richiesta d'aiuto ma infondo al mio cuore so già quello che farò.
"Ti ringrazio Luca, ma non so se io abbia il coraggio" gli confesso.
Lui accenna ad un sorriso. "Capisco la tua titubanza".
Nel frattempo faccio dei passi nella sua direzione, ma sempre mantenendo una certa distanza tra noi.
"Va a casa, Luca. Riposati" gli faccio notare e mi sembra di tornare lì in stanza con Lucia. La mia voce che assume una dolce sfumatura. "Domani sarà una lunga giornata".
Vorrei poterlo accarezzare così come ho fatto con lei ma ritraggo la mano perchè mi rendo conto che un contatto tra di noi sarebbe troppo e faccio un passo indietro salutandolo.
Ascolto i battiti del mio cuore mentre mi allontano e poi lui mi richiama.
"Anita..."ammette con la voce in un sussurro. "Ti aspetto".

L'indomani mi sveglio con l'ansia in corpo, ma credo sia normale. Ho preso la mia decisione e non assisterò all'intervento. Chiamatela codardia o paura ma non me la sento. Non voglio essere lì quando incideranno il suo corpo da bambina ed estraranno il suo cuore malato.
Lucia è pronta per l'intervento e io scruto Luca dall'altra parte del corridoio che parla con un collega.
Quasi come se avesse avvertito il mio sguardo su di sè, si volta nella mia direzione. Non c'è bisogno che io gli dica nulla, ha già capito tutto.
Mi guardo intorno rendendomi conto che siamo tutti qua per lei, sembra che un intero ospedale si sia riunito per Lucia. E' bello sapere quante persone le vogliano bene.
La barella sfreccia davanti ai miei occhi e io osservo Luca ostentare uno sguardo sicuro e impertubabile, seguito dalla sua equipe medica e dagli specializzandi che ha scelto per assistere all'operazione.
Lucia sta parlando con l'anestesista e stanno scherzando con Luca su quanto resisterà la piccola prima di cadere sotto l'effetto dell'anestesia.
"Piccolina, scommetto che cadrai in un sonno profondo prima che io arrivi a 5"
"Non è vero!" ribatte lei, sicura.
Mi avvicino a loro, cauta e Lucia si mostra entusiasta di vedermi.
"Anita, sei arrivata!"
"Stiamo andando Anita" mi comunica Luca serio in volto.
"Sisi, certo. Faccio un saluto veloce".
Abbasso lo sguardo per rivolgerlo a Lucia che mi sorride e le afferro una mano. Lei ricambia la stretta con più forza. Nei suoi occhi riesco a percepire tante parole nascoste.
"Io ti aspetto qui. OK?".
Poco dopo li lascio andare, scrutandoli allontanarsi e mi premuro di cancellare una lacrima silenziosa nel momento in cui Luca si volta verso di me. Mi rivolge uno sguardo rassicurante.
Sarò forte.

Gli esiti dell'operazione ci terranno in ansia per tutto il tempo.

Tre ore dopo, sono nel corridoio che mi muovo avanti e indietro cercando di placare la mia tensione. Forse dovrei calmarmi perchè rischierò di consumarmi le unghie a furia di mangiarle ma è più forte di me e non riesco a farne a meno.
Sono consapevole di aver attirato l'attenzione degli altri presenti ma poco mi importa.
Vorrei solo sapere cosa stia succedendo lì dentro. Forse, mi dico, se ci avessi pensato di più avrei deciso di assistere all'operazione. Certo, e l'avrei seguito passo dopo passo ma sarei stata capace di reagire nel caso fosse successo qualcosa?.
Ad interrompere i miei pensieri ci pensa lo spalancarsi della porta della sala operatoria e noi tutti ci voltiamo nella direzione della persona che è appena uscita. E' solo uno specializzando impaurito che vuole scappare lontano.
"Hei!" lo richiama qualcuno con la voce concitata. "Che succede lì dentro?".
"Han-no, hanno appena e-estratto il cuore. L'hanno collegata alla macchina cuore-polmone" ammette con il respiro affannoso e la voce balbettante. Il suo viso si contrae in una smorfia e mi rendo conto abbia proprio la faccia di uno che vorrebbe vomitare. In realtà è quello che credo farà una volta via di qui.
L'altro tenta di replicare qualcosa ma il ragazzino è già scappato via.
"Ragazzini che giocano a fare i chirurghi e poi si impressionano per un'operazione a cuore aperto!" borbotta infastidito e tagliente.
Rimango immobile sul posto mentre penso a quanto tempo ci vorrà ancora prima che io la veda uscire da quella porta.
Uno, due, tre, quattro, cinque...
Ti prego fa che vada tutto bene
...è la muta preghiera che rivolgo al cielo.
Comincio a contare silenziosamente mentre sento i battiti del cuore rimbombarmi nelle orecchie.
"Anita"mi richiama Edoardo appoggiando le mani sulle mie spalle. "Andrà tutto bene, ok?."
Le sue parole non mi rassicurano fino infondo ma sono contenta di poter contare sul sostegno di qualcuno.
Il mio amico mi accompagna a sedermi lì accanto e io rilascio un respiro pesante dalle mie labbra. Edoardo rimane all'in piedi davanti a me senza più dire nulla ma come a controllare che io non vacilli.
Il cellulare prende a vibrare nella tasca del mio camice e io mi chiedo chi possa essere. In un primo momento non ci bado più di tanto ma le chiamate si fanno insistenti.
"Conviene che controlli chi sia" mi avverte Edoardo facendo riferimento all'apparecchio nella mia tasca.
Incrocio il suo sguardo prima di prendere il cellulare tra le mie mani.
Il nome di mio fratello Marco lampeggia sullo schermo e il mio cuore perde un battito. Marco non mi chiama mai nell'orario di lavoro e sicuramente non così tanta insistenza. E se fosse successo qualcosa? Non oso nemmeno immaginarlo.
Lascio che continui a squillare tra le mie mani ma non ho il coraggio di rispondere. Sono come paralizzata.
Avverto dei passi farsi vicini ma mi rendo conto che sia Maria solo quando mi si avvicina. Chiede ad Edoardo cosa succeda ma nemmeno lui riesce a spiegarle.
Maria capisce che ci sia qualcosa che mi faccia agitare e si abbassa alla mia altezza appoggiando le mani sulle mie ginocchia.
"Anita, che succede?" chiede lasciando trapelare la preoccupazione dalla sua voce.
"E', è mio fratello"gli comunico. Forse non dovrei pensare subito al peggio magari non è niente di che.
Lei mi rivolge un sorriso rassicurante lasciandomi una carezza. "Rispondi così saprai cosa ha da dirti"
E' quello che faccio.

"Pronto?" avvicino il cellulare all'orecchio e sia Maria che Edoardo fanno un passo indietro come a lasciarmi un pò di privacy.
Marco risponde poco dopo e capisco dalla sua voce che ci sia qualcosa che non vada. Ho avuto questa situazione da subito.
"Anita, finalmente! Sei, sei al lavoro?" mi domanda concitato.
Aggrotto le sopracciglia nonostante non possa vedermi.
"Sì...sono al lavoro" gli confermo. "Ma che succede?" aggiungo subito dopo, frettolosa.
Marco ci mette un pò a rispondermi e mi chiedo se quello che abbia represso sia un singulto. Sento il suo respiro farsi affannoso, è chiaro sia qualcosa di grave.
"Non lo so Anita, non lo so. So solo che mi hanno chiamato e sono qua in ospedale. Sabri, Sabri...sta male" mi confessa con la voce incrinata.
Il cuore mi arriva in gola nel momento in cui mi rendo conto che stia piangendo. Sarà per il rapporto che ci lega ma io sento tutto il suo dolore arrivarmi fino a qui.
"Dove sei?" gli domando.
"Sono al pronto soccorso, ma non mi dicono nulla. Anita...ho paura".
Non c'è bisogno che dica altro. "Arrivo".
Nel momento in cui chiudo la telefontata prendo consapevolezza della gravità della situazione e mi capacito ora più che mai che mio fratello abbia bisogno di me. Osservo la porta della sala operatoria e mi rendo conto che da qui non potrei fare comunque niente per Lucia.
"Anita"mi richiama Maria avvicinandosi. "Cosa succede?."
Finalmente mi volto nella sua direzione e lei deve trapelare che sia successo qualcosa di molto grave perchè mi stringe un braccio affettuosamente.
"Era mio fratello. Devo, devo andare. Sua moglie sta, sta male" le spiego.
Maria annuisce capendo che il pensiero di Lucia mi stia facendo tentennare. "Devi andare Anita" mi incita.
"Qualsiasi cosa succeda, mi chiamerete, vero?" domando inquieta.
"Certo, Anita. Diglielo anche tu, Edoardo" si rivolge nei confronti del mio amico, che annuisce convinto.
Mi muovo a piccoli passi e poi prendo a camminare sempre più velocemente.
Per arrivare devo passare per tre piani e nonostante ci metta più tempo decido di farli a piedi. Mi aiuterà a scaricare la tensione.
Il pronto soccorso brulica di gente, non si sta tranquilli in nessun'ora del giorno e faccio fatica ad adocchiare mio fratello.
Il mio sguardo vaga per il reparto e mi rendo conto di sentirmi improvvisamente smarrita. Le persone mi passano davanti senza ben capire.
Poi finalmente lo vedo. Mio fratello è di spalle, ma indossa la sua divisa verde militare e io lo riconoscerei tra mille.
"Marco" la mia voce è ridotta ad un sussurro ma sembra che il suo nome lo abbia urlato. Mio fratello si volta verso di me e noto sia distrutto.Il suo viso è stravolto, con gli occhi gonfi e arrossati.
Ho visto piangere davvero poche volte mio fratello nella mia vita e a vederlo così fragile mi si stringe il cuore.
Compiamo insieme dei passi nella direzione dell'altro senza dire una parola. Tra di noi non ce n'è bisogno.
Lo stringo tra le mie braccia e lo sento tremare. "Shh, andrà tutto bene. Sono qui" gli sussurro.
Marco mi avvolge ancora di più nel suo abbraccio come se potesse trovare il conforto di cui ha bisogno. Osservo le sue braccia, forti e rassicuranti in cui spesso mi sono rifugiata e mi rendo conto che quella forte oggi debba essere io. Mio fratello ha bisogno di me e non posso tirarmi indietro.
Incrocio il suo sguardo e porto una mia mano ad accarezzargli una guancia ispida e poi i capelli che gli ricadono sulla fronte, scompigliandoli leggermente.
Rimango stretta a lui ma quanto basti a guardarlo comunque negli occhi.
"Hei, adesso ci penso io. A me daranno qualche spiegazione in più. Ora tu te ne stai qui, calmo e avverti gli altri mentre io vado a vedere cosa mi dicono".
"Ok?" gli chiedo per conferma.
Lo noto sedersi in sala d'aspetto, esausto. Come schiacciato da un grosso peso sulle spalle.
Lo scruto ancora un pò con preoccupazione prima di andare via. Rilascio un respiro prima di voltargli le spalle. Mentre mi allontano penso se questo sia uno scherzo di cattivo gusto del destino. Non è possibile che oggi contemporaneamente tre delle persone più importanti della mia vita stiano lottando tra la vita e la morte.
Mentre percorro il pronto soccorso so già dove devo andare e cosa fare. Sono un medico dell'ospedale e mi daranno le informazioni di cui necessito.
La dottoressa De Angelis la conosco bene. Ho seguito alcune sue lezioni ai tempi dell'università ed è una tipa in gamba. Venire a sapere che si sia occupata lei di Sabrina mi rassicura molto.
Quando la scorgo uscire da una stanzetta infondo al corridoio la raggiungo di fretta. In un primo momento lei si mostra sorpresa, ma senza che dica nulla è la targhetta sul mio camice a parlare per me. E' chiaro che io sia una specializzanda ma non sono lì certo per i motivi che crede. Io ho bisogno di informazioni su Sabrina. La dottoressa in questo è concisa e diretta.
Ha avuto un distacco della placenta il che può essere molto rischioso sia per il feto che per la mamma. Sabrina ha perso molto sangue e le hanno dovuto fare una trasfusione ma la sua fortuna è stata che la superficie che si è staccata non superasse i 2/3. L'hanno sottoposta ad un'ecografia e stanno bene. Sabrina e Agnese ce l'hanno fatta, sono salve. Ciò non toglie che presto la trasferiranno in reparto per tenerle sotto monitoraggio.
La ringrazio, sentendo il cuore più leggero e le chiedo se sia possibile vederla. La dottoressa non obietta e mi lascia libera di darle un saluto.
"Hei"
Quando entro nella piccola stanzetta in penombra, Sabrina è distesa. Le sue mani sono giunte in un gesto di protezione sulla pancia e ha lo sguardo altrove, perso.
Si volta allora nella mia direzione accennando ad un sorriso.
"Ciao Anita..." sussurra con la voce rauca.
Mi avvicino a lei a piccoli passi. Scruto una sedia lì accanto e la sistemo in modo da starle vicino. Appoggio le mie mani sul letto ma senza tenderle verso di lei. Ci pensa Sabrina a stringere una delle mie mani tra le sue. Nel momento in cui lo fa mi rendo conto di una cosa: mi sta ringraziando per essere qui.
La guardo, ha il viso stanco e pallido eppure nonostante oggi ci abbia rischiato la pelle dimostra una gran forza d'animo.
"Come ti senti?" le domando cauta.
"Come una che si è presa un grande spavento" replica con ironia.
Prendo ad accarezzarle una mano con premura stando attenta a non intaccare l'ago che le inietta il medicinale. "L'importante è che stiate bene. Marco lì fuori è sconvolto. Ho avuto tanta paura anche io" ammetto con la voce che mi si incrina.
"Hei, non vi sbarazzerete così facilmente di me" risponde con divertimento ma riesco a notare la paura attraversarle gli occhi. Mi chiedo come si possa essere sentita.
"Tu sei una grande, Sabrina. Non smetterò mai di dirtelo" le confesso con un tono commosso e quando poco dopo lei prende ad accarezzarmi la testa mi accorgo che stia trattenendo le lacrime perchè vuole fare la forte. E' strano pensare che sia lei quella di supporto a me quando dovrebbe essere il contrario.
"Marco è lì fuori?" mi chiede a bassa voce.
"Vuoi che lo faccia entrare?"le domando incrociando il suo sguardo. Lei annuisce cancellando alcune lacrime silenziose che hanno perturbato il suo viso.
"Certo, ma prima lascia che mi dia una sistemata. Non sono un bello spettacolo, potrei farlo scappare" mi comunica divertita. La sua affermazione ci fa ridere entrambe, ancora con le lacrime agli occhi.

Quando esco dalla stanza poco dopo, mi chiedo cosa stia succedendo di sopra. Lucia come sta? L'intervento sarà finito e quale sarà stato l'esito?.
Nel frattempo mi incammino in direzione di mio fratello, non vedo l'ora di potergli comunicare che Sabrina e Agnese stiano bene. Ha aspettato già troppo tempo.
Ma all'improvviso succede qualcosa. Mi sento chiamare e io la sua voce la riconoscerei tra mille.
"Anita!".
Mi volto nella sua direzione e mi rendo conto lui sia dall'altra parte del corridoio.
"Luca" sussurro.
Siamo entrambi fermi ai nostri posti e sembra che non abbiamo intenzione di muoverci. I nostri sguardi si incrociano e i nostri occhi sembrano dirsi tante cose. Quando lui muove un piccolo passo verso di me lo faccio anche io.
Comincio a contare i passi che ancora ci dividono, con l'ansia che mi attanaglia il petto.
Uno...
Luca è qui, sta cercando me.
Due...
Lucia come starà?
Tre...
Lucia è salva?
Mi rendo conto che solo lui potrà darmi questa risposta. Io e Luca ci muoviamo uno nella direzione dell'altro in un primo momento molto lentamente e poi sempre più velocemente, con la smania di volerci raggiungere.
Alla fine lo osservo a pochi metri da me, e i miei occhi gli gridono una sola domanda: Lucia come sta?.
Scruto i nostri petti ansanti e il respiro farsi affaticato e poi in uno slancio le sue mani sono sul mio viso che mi stringono. La sua presa sulle mie guance è calda e dolce.
Luca avvicina i nostri visi e io riesco a scorgere ogni sfumatura dei suoi occhi. "Cielo Anita, ti ho cercata ovunque"sussurra con il respiro che si infrange sulle mie labbra.
Appoggio le mie mani sulle sue, stringendole. "Luca, Lucia come sta?" gli chiedo speranzosa.
E allora lui mi guarda, e mi rendo conto che la risposta sia già nei suoi occhi, ma la sua voce me ne dà la conferma.
"Lucia è salva".
Nel momento in cui realizzo la cosa, mi porto le mani tremanti alle labbra, reprimendo un urlo di gioia.
Lucia è salva.
"Lucia è salva!" esclamo nella sua direzione. Vorrei mettermi a saltellare ma sarebbe troppo eppure i miei occhi trasmettono bene cosa io stia provando. Luca è divertito ma non smette un attimo di guardarmi con la gioia che gli inonda il cuore e lo sguardo.
"Io lo sapevo, lo sapevo!" ammetto lasciando che alcune lacrime mi righino le guance.
E poi non lo so cosa succede, non so se sia io a stringermi a lui o viceversa perchè è tutto così veloce e spontaneo. So solo che quell'urlo represso prima, ora sgorga dalle mie labbra a pieni polmoni. Luca mi stringe tra le sue braccia e in un impulso io mi sento mancare la terra sotto i piedi. Mi ha appena sollevato da terra facendomi volteggiare e io mi sento libera e felice come non mai. Sorrido portando la testa all'indietro. Poco mi importa che ci stiano guardando tutti. 
"Lucia è salva" ripeto in un sussurro. Appoggio le mani sul suo petto e incrocio il suo sguardo. Avverto sotto gli strati dei vestiti il suo cuore battere feroce come il mio.
"Sì Anita...Lucia è salva" replica lui con un placido sorriso.
E io, io giuro di sentirmi bene come credo mai mi sia successo.

ANGOLO AUTRICE:
Torno ad aggiornare dopo nove giorni e mi sembra un record. Ringraziate Carlotta, perchè questo è il suo regalo di compleanno😂😂😂
Che dire, questa storia è nata esattamente nel momento in cui ho pensato all'ultima scena. Luca che comunica ad Anita che Lucia sia salva.
Credo non potesse esserci soluzione migliore.
Vi confesso che scrivere questo capitolo sia stato molto difficile anche emotivamente parlando e non vi nascondo che qualche lacrimuccia durante la stesura ci sia scappata.
La prima parte si apre con una scena molto frivola, vedetela come la quiete prima della tempesta. Anche se poi alla fine non è così tranquilla come si pensi, e secondo voi i dubbi che Sabrina ha insinuato possono avere un minimo di verità?.
Si passa poi al gran giorno e come se non bastasse, lì la nostra Anita ha da affrontare un altro problema. Marco ha bisogno di lei, Sabrina e Agnese stanno male.
Non so se io abbia ben reso il loro rapporto, ma se avessi un fratello vorrei che fosse proprio come lui. Per fortuna tutto è bene quello che finisce bene. Rimane Lucia e Anita non nè sa niente finchè non incontra Luca.
Ebbene ragazze mie, festeggiamo pure insieme: LUCIA E' SALVA! Non potrei essere più felici.
Spero che il capitolo abbia regalato le stesse emozioni anche a voi e aspetto i vostri commenti. Su lettrici silenziose, fatevi avanti!😉
Ringrazio come sempre le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e vi mando un grosso abbraccio riconoscente❤

Una gif della nostra Anita che vede arrivare Luca:





















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Capitolo 33
*** Avviso ***


Avviso Buonasera a tutti!
Questo non è un capitolo, bensì un avviso. Vi comunico che ho appena postato una sorta di prequel della storia. E' una one-shot che racconta di Anita da adolescente con le sue insicurezze e le sue paure. Ma soprattutto che parla del primo incontro tra lei e Luca.
Se ne volete sapere di più, non dovete fare altro che cliccare qui:
First Love- Dove tutto ebbe inizio
Aspetto le vostre opinioni sperando che possa suscitare le stesse emozioni in voi!

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Capitolo 33
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 33


Luca mi stringe da dietro la schiena, in un modo forte e rassicurante, e io mi sento bruciare la pelle, nonostante tutti gli strati dei vestiti.
Le sue dita afferrano i miei fianchi, scendendo lente in carezze misurate, e io mi chiedo se non sia sbagliato. Il modo in cui ci guardiamo o ci tocchiamo, non è quello di due che si fingono colleghi. E non è nemmeno normale che, mentre finiamo di urlarci contro per la sola voglia di colpirci a vicenda, l'attimo dopo siamo pronti a cercarci tra tutti e a parlarci, solo come gli occhi sanno fare.
Ma forse, mi dico, oggi è un giorno speciale e noi viaggiamo sulla stessa lunghezza d'onda. La notizia delle condizioni di Lucia ci ha portato in cima, a cavalcare intrepidi la forza del mare. Ma il mare, è imprevedibile e ingannatore, e ho quasi paura che questa possa essere la quiete prima della tempesta. Per il momento, però, scelgo di godermi l'attimo.
Mi rendo conto di aver rimesso i piedi a terra, ma la mia mente è ancora altrove, stordita dall'accettazione che mi ha colpita.
Luca impone una certa distanza tra di noi ma senza lasciarmi andare sul serio, allora io lo guardo e lui fa lo stesso.
E' molto più alto rispetto a me, tale da farmi sentire più bassa di quanto sia, ma nel momento in cui lui abbassa il suo viso, per sporgersi verso di me, mi rendo conto che i centimetri a dividerci siano pochi. Mi accorgo che il suo sguardo sia puntato altrove, concentrato dalle mie spalle.
E allora, approfittando della sua distrazione, io lo guardo: nonostante sia grande e il suo aspetto sia ormai maturo, mi sembra di ritrovare in lui, lo stesso ragazzino di anni addietro. Accarezzo con gli occhi ogni dettaglio più nascosto, dalle leggere lentiggini che gli puntellano il naso,lievemente arrossato, al piccolo neo appena sopra le labbra. Luca non è perfetto, il suo viso è caratterizzato da piccole e quasi nascoste imperfezioni, ma questo se è possibile, me lo fa piacere ancora di più.
Sono curiosa di sapere chi abbia attirato la sua attenzione, e sono pronta a voltarmi anche io, ma Luca non me ne dà il tempo. Un attimo dopo torna a guardare me e solo me.
Sul suo viso si disegna un'espressione buffa che gli fa contrarre la fronte in un cipiglio e arricciare il naso.
"C'è un militare dietro di noi che ci fissa da troppo tempo. Ho paura possa fulminarmi con il solo sguardo".
Nel momento in cui parla, sento il suo respiro infrangersi sulla pelle del mio collo, segno di quanto si sia fatto vicino. Un lieve sospetto si insinua in me e mi volto pronta a sciogliere ogni dubbio.
E lo vedo, mio fratello. Ci sta guardando con un'espressione indispettita a perturbargli il viso, ma che non lo rende assolutamente credibile con il volto ancora arrossato e le guance incrostate di lacrime.
A quel punto rido e incrocio lo sguardo di Luca, che mi osserva dall'alto curioso. Rido e torno a nascondermi nel nostro abbraccio, il mio viso che preme contro il suo petto.
"E' solo mio fratello" ammetto divertita.
Luca si rilassa alle mie parole, avverto i suoi muscoli sciogliersi, eppure non so fino a che punto si sentirà tranquillo, quando gli sarà difronte.
Sono sicura che se non dovessi raggiungerlo di mia spontanea volontà, sarà mio fratello a farlo. Perchè la voglia di stuzzicarmi e impicciarsi dei fatti miei non gli passerà mai.
E allora io gli rendo le cose facili. "Vieni con me, te lo presento" gli dico.
Marco è fermo al suo posto; appena mi ha vista avvicinarsi, ha cercato di darsi un contegno, ci guarda con la sua espressione da indagatore, che riuscirebbe ad impallidire anche il più dei temerari. La sua sarà sicuramente deformazione professionale, ma lui non riesce a fare a meno di mettere le persone che non conosce in soggezione. Il suo sguardo ti si attacca sulla pelle, come se volesse scavarti a fondo. Prevedere tutte le tue azioni.
Adesso i suoi occhi sono puntati proprio su di me e Luca. Li lascia vagare dai nostri visi alle nostre mani, con insistenza, e io mi rendo conto di un piccolo particolare: gli ho preso la mano, senza nemmeno rendermene conto. Provvedo ad interrompere questo contatto, subito, come se mi fossi scottata.
Mio fratello è confuso, è chiaro che non riesca ad interpretare il nostro legame, e credo che veda questa cosa come una sconfitta personale. Lui che per il suo lavoro è tenuto a tenere sempre tutto sotto controllo.
"Marco" lo richiamo. "Lui è il mio collega, Luca Franzese".
Sono consapevole della situazione in cui mi sia cacciata. L'argomento "Luca Franzese" è diventato una costante nella nostra famiglia e sono sicura che Marco non si risparmierà di farglielo notare.
Anche Luca lo scruta a lungo, e passa ad osservare di nuovo me. Sembra sorpreso dalla somiglianza che ci accomuna.
Luca e Marco non si guardano in modo molto amichevole, direi che la loro sia più una sfida.
"Piacere" il mio collega gli porge la sua mano, cercando di sembrare gentile.
Mio fratello pare titubante, ma alla fine ricambia il gesto, parlandogli con un tono piatto.
"Il piacere è tutto mio".
Vorrei ridere per l'ambiguità della situazione, ma mi rendo conto che sarebbe inopportuno.
Poco più in là scorgo mia madre e mio padre, insieme ai genitori di Sabrina. Non si sono accorti di noi, ma come se avessero avvertito il mio sguardo su di loro, si voltano nella mia direzione. Ci raggiungono frettolosi, per sapere notizie da me.
Scorgo preoccupazione nei loro occhi e nel momento in cui mia madre stringe le sue mani tra le mie, capisco che le condizioni di Agnese e Sabrina abbiano la priorità.
"Anita, come stanno?"mi domanda, con la voce carica di apprensione.
Anche gli altri si destano improvvisi alle sue parole, mio fratello è stato messo indietro da mia madre, ma lo noto sporgersi  con il busto verso di me. Nel momento in cui lo fa, riesco a scorgere della colpevolezza nel suo sguardo, come se sia pentito di non averlo chiesto lui stesso, appena mi ha vista arrivare.
I genitori di Sabrina mi chiedono aiuto silenziosi, mentre si stringono tra di loro, a darsi conforto.
L'unico a non capirci nulla è proprio Luca.
"Stanno bene...ho appena visto Sabrina. La dottoressa, che si è occupata di loro, mi ha rassicurato sulle loro condizioni"prendo a spiegare loro. Osservo i loro volti assumere consapevolezza delle mie parole e le loro espressioni farsi più leggere e serene.
Angelica, la madre di Sabrina, fa un passo in avanti. Ha gli occhi lucidi, ma lo sguardo di chi le lacrime le sta cercando di trattenere. All'improvviso la sua somiglianza con Sabrina mi investe in pieno.
"Grazie, Anita" replica con riconoscenza.
Non ho altro da aggiungere.
Il mio sguardo ricade su Marco, con la sua postura rigida, alle spalle di mia madre, e mi rendo conto che abbia assunto un'espressione pensierosa.
"Possiamo vederla?" mi chiede.
"Certo, ero venuta a dirti che Sabrina ti cerca. Poi, ad uno ad uno potrete entrare a vederla, tutti".
Mio fratello rimane fermo sul posto, ma osservo le sue spalle rilassarsi e un piccolo sorriso farsi spazio sulle sue labbra. Lancia uno sguardo titubante ai genitori di Sabrina, come se volesse il loro consenso.
"Oh, caro" Angelica appoggia, in modo affettuoso, una mano sul suo braccio e gli parla con un tono dolce. "E' te che vuole, va da lei. Dopo potremo vederla tutti noi" gli fa notare, indicandogli gli altri presenti con la mano libera.
Mio fratello annuisce, sereno più che mai, e si volta nella mia direzione. Nei suoi occhi leggo quello che adesso non riesce a dirmi a parole, grazie. Ma nel suo sguardo riesco a scorgere anche tante altre cose, come la fretta e l'emozione di un uomo, che vuole rivedere sua moglie, per assicurarsi che stia davvero bene; l'amore che prova per lei e la bambina che aspettano.
E' a quel punto che mi rendo di una cosa: l'amore che provano l'uno verso l'altro è così forte e vero, che risulta difficile non rendersene conto. Per un pò, solo un pò, mi ritrovo ad invidiarlo il loro amore, perchè se c'è una cosa che io desideri un giorno, è che un giorno, qualcuno guardi me così, come Marco fa con sua moglie.
Mio fratello va via poco dopo, con la smania di raggiungere Sabrina, eppure, non si risparmia di lanciare un ultimo sguardo a Luca e con gli occhi sembra dirgli: ti tengo d'occhio.

Mi volto verso Luca, scoprendolo a fissarmi con un sorriso teso in viso. Siamo rimasti soli con i miei genitori, mentre quelli di Sabrina sono tornati a sedersi.
Lo imbarazza, trovarsi in questa situazione?
Mia madre è la prima ad accorgersi di Luca, un sorriso curioso e sorpreso ad accennarsi sulle sue labbra.
"Anita, non ci presenti il tuo amico?" mi chiede in un'occhiata complice.
Luca si tende alle sue parole, riesco a notare un cambiamento impercettibile sui suoi tratti. Nonostante cerchi di sembrare rilassato, non lo è.
"Oh sì, mamma...lui è Luca Franzese, il mio collega"le faccio presente, portandomi le mani dietro la schiena.
Il sorriso sulle sue labbra di mia madre accresce e lei porta le mani in avanti a spalancarsi con sorpresa.
"Luca Franzese?" gli chiede per poi lanciare un'occhiata nei miei confrontie, come a dire : "quel Luca Franzese?"
Ma è un attimo, perchè torna subito a rivolgersi a lui. "Cielo Luca, ti ricordavo un ragazzino" ammette divertita. "Quanto tempo sarà passato?".
Tanto, ma non troppo per smettere di pensare a lui.
La visione di Luca ragazzino mi fa sorridere e allora lo guardo, scrutandolo composto al suo posto, le mani incrociate dietro la schiena,  le labbra arricciate in un sorriso cordiale.
"Un pò, signora"replica.
Mia madre contrae le labbra in un sorriso divertito. "Ma per favore, chiamami Elisa, mi fai sentire terribilmente vecchia" gli fa presente in tono scherzoso.
"Alfonso, hai capito chi è questo bel ragazzo? Luca, Luca Franzese. Hai presente?" fa notare, rivolgendosi a mio padre, che è rimasto in disparte per tutto questo tempo. Nel momento in cui lei lo rende partecipe, sono consapevole di dover sperare nella sua riservatezza.
Mio padre, però, si desta incuriosito e porta la sua attenzione sul ragazzo al mio fianco.
"Ma certo che ho capito, Elisa. Chi sa come mai, ultimamente non sento parlare d'altro" le replica, senza nascondere la sua provocazione. Le sue parole sono capaci di lasciarmi spiazzata.
Luca è divertito dalla sua affermazione e corruccia la fronte, assumendo una buffa espressione. Sono sicura che prenderà subito la palla al balzo. "Sono a conoscenza di quanto Anita ami parlare di me".
L'ha detto davvero?
"Ah-ah, che simpatico!" gli faccio presente senza astenermi dal lanciargli un'occhiataccia. "Ma caro Luca, potrei dire la stessa cosa di te".
Lui è pronto a ribattere, ma è costretto a richiudere la bocca dopo essersi conto delle mie parole.
Ecco, te lo meriti, perchè vorrei farti mettere nei miei panni, quando a casa tua, erano tutti così convinti di conoscermi.
Mi sbaglio quando penso che lui non abbia più niente da dire in riguardo. "Sei ancora più carina quando ti arrabbi" mi sussurra in un orecchio.
Le sue parole riescono a farmi arrossire come se fossi una ragazzina alla sua prima cotta.
I miei genitori hanno seguito con interesse il nostro scambio di battute, non mi è sfuggito che mia madre ci guardasse come se ne sapesse più di noi sul nostro futuro. Mi duole ammettere, che qualsiasi cosa le pensi, si sbagli.
Subito dopo, però, torna a rivolgersi a Luca e lui anche se per un pò, mi sembra imbarazzato.
Mi godo la scena, in silenzio, senza intervenire. Mia madre si rivela essere un osso duro, sembra vorrebbe conoscere tutti i dettagli della sua vita, eppure le sue domande non sono sconvenienti. Gli chiede del lavoro, di cose banali e di circostanza.
Guardo mio padre e noto sul suo viso rivelarsi l'ombra di un piccolo sorriso divertito.
E poi Luca si volta verso di me e i suoi occhi sembrano dirmi: "salvami!"
Mi rendo conto di provare nei suoi confronti un moto di compassione e mi premuro di interrompere il flusso di parole di mia madre.
Appoggio una mano sul braccio di Luca, con i suoi occhi fissi su di me.
"Mamma, scusaci, ci piacerebbe davvero tanto rimanere qui, a parlare con voi, ma abbiamo molto lavoro da fare e noi, noi dobbiamo andare".
Lancio uno sguardo carico di scuse ai miei genitori e osservo Luca fare lo stesso, prima di allontanarci, senza aspettare una reale risposta.
Io e Luca prendiamo a camminare prima piano e poi sempre più velocemente, muovendoci con sicurezza per i corridoi dell'ospedale. Non mi rendo conto, subito, che lui abbia stretto la sua mano con la mia. Svelto prende una direzione che conduce in un padiglione esterno dell'ospedale, e non ne capisco il motivo.
A dire il vero non mi interessa molto dove mi stia portando, non faccio che pensare al sorriso che è affiorato sulle sue labbra, felice e spensierato, e di riflesso non posso fare a meno di sorridere anche io.
Mi guardo intorno pensando sia una fortuna questo padiglione sia deserto: è un'ala dell'ospedale di nuova costruzione e non è ancora stata adibita a nessun reparto. Siamo soli.
"Poi un giorno mi dirai perchè tuo fratello mi guardava come se volesse fulminarmi" mi avverte sorridendo. Abbiamo ripreso a camminare a fianco, a fianco, ad un ritmo regolare.
La mia risata sembra rimbombare nel silenzio dell'ambiente, mentre mi volto a guardarlo. "Non fare caso a lui".
Luca mi tira per un braccio, fermendosi nel bel mezzo. La luce illumina per metà la stanza, riesco quasi a notare delle piccole ombre formarsi ai nostri piedi.
"Dici che siamo abbastanza lontani affinchè il suo sguardo laser non mi raggiunga?" Mi domanda fingendosi terribilmente serio.
Lo guardo, facendogli una smorfia con le labbra. "Non ti facevo così timoroso, Franzese" gli faccio presente con un tono divertito.
E' il suo turno di ridere, e lo osservo portare la testa all'indietro, i denti che mordono il labbro inferiore.
"Non sono timoroso, solo che ci tengo alla mia integrità fisica, sai?" ammette portandosi una mano al petto, un sorriso sfacciato ad arricciargli le labbra.
"Oh ecco, hai paura che mio fratello possa rovinare il tuo bel faccino?"gli replico, alzando le sopracciglia in modo eloquente.
Luca a quel punto sfodera un sorriso malizioso, trattenendo il labbro con i denti. "Non oso immaginare cosa la tua famiglia sappia di me, ma a giudicare come tuo fratello mi guardava, mi avrai definito come uno stronzo" ammette divertito. "Chissà, un giorno me lo racconterai".
"A patto che tu faccia la stessa cosa con me" gli faccio notare con il tono indispettito. Le mie dita puntellano sul suo petto e io mi rendo conto che l'aria si sia fatta improvvisamente tesa. Riesco a sentire l'elettricità scorrere tra di noi.
Ci siamo già sfiorati prima e altre volte ma sento che ora ci sia qualcosa di diverso. Mentre ci osservo, mi rendo conto che non c'è più traccia di sorriso sui nostri volti.
Rimango ferma, senza sapere più che fare, la mia mano al centro del suo petto, con il cuore che pulsa sotto le mie dita.
Con Luca mi rendo conto di dover ponderare sempre le mie azioni, scindere la mia parte razionale da quella istintiva. Perchè con lui non mi ritrovo ad essere solo l'Anita di oggi; la donna che tende a psicanilizzare la situazione, che conosce bene le conseguenze delle sue azioni, dall'altra vive ancora in me, l'Anita di ieri, la ragazzina di un tempo, con le sue insicurezze e paure, alle prese con il suo primo amore.
Però, ammetto, quando lui lascia scivolare la sua mano nella mia, libera, io sento di non riuscire a distinguere più quale delle parti stia agendo.
Mi ritrovo contro il suo corpo, e penso che sia difficile negare cosa ci provochi, il solo sfiorarci. Vorrei che la situazione non fosse così, vorrei sentirmi libera di confessargli il mio amore, di vivermi questo sentimento, senza pensare alla donna che lo aspetta a casa.
Luca mi guarda e i suoi occhi sembrano dirmi tante cose, eppure so cosa stia per succedere, so che archivieremo il gesto come abbiamo sempre fatto, ma io decido che oggi non voglio pensarci.
Quando lui mi bacia, io sento riversare nel nostro bacio tutto quello che a parole non riusciamo a dirci, e avverto in un attimo le mie certezze venire meno, nella passionalità del nostro gesto.
In un slancio, Luca mi stringe da dietro la schiena e io mi ritrovo ad appoggiare le mani sulle sue spalle per sostenermi. Mi alzo sulle punte come a bramare un'ulteriore vicinanza.
Il nostro è un dapprima sfiorarci, come se volessimo andare piano e imprimere questo momento nella nostra mente, i nostri sguardi pieni di richieste, di consensi, e poi è tutto un groviglio di lingue, di passione e trasporto.
Quello che sento di provare non è razionale, così come non lo è che il cuore mi martelli in petto e le gambe mi tremino. Socchiudo gli occhi assuefatta dalle mie emozioni. Sento di camminare in bilico tra ciò che è giusto e sbagliato.
Luca mi accarezza una guancia, e io mi rendo conto che sia capace di toccarmi e guardarmi in un modo tale da farmi sentire amata e desiderata.
Lui per me rimane un enigma. Vorrei riuscire a capire cosa pensi e provi anche se una parte di me mi dice che ci sia qualcosa anche da parte sua. Non sono così stupida da non vedere quanta chimica scorri tra di noi.
Dimmi cosa sono per te, Luca.
Ed ecco che la mia parte razionale mi induce a riflettere. In un tratto subbentra il senso di colpa e la vergogna per me stessa.
Ma lui, lui si sente in colpa?
Ho giurato a me stessa che non mi sarei lasciata abbindolare più, eppure, mi rendo conto che ci sia come una calamità a spingerci l'uno verso l'altro.
Dei passi che si fanno sempre più vicini ci inducono a fermarci, e io penso sia un bene, perchè mi hanno tolto da uno scomodo compito.
Allo stesso tempo però mi spaventa che qualcuno ci trovi qui, così, avvinghiati, con i respiri corti. Abbiamo già innalzato parecchie voci, non vorrei dovermi trovare a dare spiegazioni.
Lancio uno sguardo di Luca, lo osservo riprendere fiato e in una muta richiesta gli chiedo di far qualcosa. Lui mi spinge dietro un pilastro, che non ci rende visibili dall'entrata, nascondendomi con il suo corpo.
Ascolto i nostri battiti accelerati, quasi sussulto quando la porta antipanico si chiude dietro di sè in uno scatto. I passi si allontano piano facendoci sospirare di sollievo. Il pericolo è passato, ma mi rendo conto, mentre ci allontaniamo imbarazzati, che come pensavo non ci sarà nessuna parola, nessuna spiegazione su questo. Prendiamo direzioni diverse, distanti. L'incantesimo è finito.

Lucia è stata ricoverata in rianimazione, in un ambiente sterile e che la tenga ben lontana da complicazioni e infezioni. Le sue difese immunitarie sono così basse che è giusto adottare delle precauzioni. Prima di entrare nella sua stanza, indosso i copriscarpe, camice, cuffia e mascherina e mi rendo conto che in una situazione del genere, essere un medico giochi a mio beneficio.
Entro silenziosamente nella sua stanza, ascoltando i bip del monitor a cui è collegata tramite elettrodi. Mi avvicino a Lucia, guardandola con un sorriso ad affiorarmi sulle labbra. Mi rendo conto di quanto io sia felice, che lei sia qui. Indugio prima di accarezzarla, ho quasi paura di poterla svegliare, ma so benissimo che questo non possa succedere: le è stato indotto il coma farmacolgico affinchè la ripresa sia più rapida. Il suo viso ha assunto un colorito pallido, con il riflesso delle luci la sua pelle mi sembra ancora più chiara, eppure la sua espressione è serena. Le mie dita le accarezzano una guancia, segnano il profilo del suo piccolo naso, scendono al collo e lì dove spunta la medicazione, si fermano.
Mi siedo al suo fianco, tirando un sospiro. Mi viene da pensare che Lucia sia un piccolo miracolo, il suo nuovo cuore sia un miracolo. Le è stata data una nuova possibilità per vivere.
La mia mano si avvicina alla sua, adagiata sul letto. Le mie dita sfiorano le sue, prima di intrecciarsi. Ascolto il suo respiro regolare e mi sento di scaricare tutta la tensione accumulata in una lacrima silenziosa.
Ti voglio bene, Lucia.
Luca entra poco dopo nella stanza, non c'è bisogno che io mi giri per saperlo, saprei riconoscerlo dal solo profumo.
Avverto la sua presenza dietro di me, ma resta in silenzio, come se non volesse invadere i miei spazi. Mi rendo conto che dopo quello che è successo tra di noi, non riesco ad affrontarlo.
E poi lui, lui appoggia una mano sulla mia spalla e il suo tocco è capace di mettermi in allerta.
La sua presa si sposta lungo la clavicola in segno di conforto ma io sento che questo sia troppo per noi, non può farmi questo dopo il bacio che ci siamo dati. Appoggio una mia mano nella sua, voltandomi nella sua direzione. Mi rendo conto che lui stia guardando Lucia.
Aumento la presa, facendolo voltare nella mia direzione.
"Va tutto bene?" mi chiede ignaro di quello che si celi dentro di me. Lui avvicina una sua mano alla mia guancia a cancellare i residui di una lacrima.
"Hei..."
"Va tutto bene" sussurro. "Sono solo felice"ammetto, abbassando lo sguardo.
"Piangere non è una brutta cosa, Anita. Non devi nasconderti da me" accenna un sorriso nella mia direzione.
Mi viene da pensare che sia tornato tutto alla normalità, come se non fosse successo niente.
Ci pensi mai a noi, Luca?
"
Grazie Luca" gli confesso. Lui aggrotta le sopracciglia senza capire cosa intenda.
"Grazie per questo, per Lucia".
Luca scuote il capo, facendo spallucce: è chiaro che non voglia prendersi dei meriti che di diritto gli spettano. Tralasciando ciò che succede tra di noi, ho sempre pensato che lui fosse un bravo medico e questo intervento ne è la dimostrazione.
"Non ho fatto niente, credimi. E' stato tutto merito suo" si interrompe per lanciare un'occhiata a Lucia e poi torna a guardare me "e tuo, per aver creduto in me".
Nelle sue parole riesco a percepire tutta la riconoscenza che prova. Mi ritrovo a nascondere un sorriso, abbassando lo sguardo.
"Cosa succederà, adesso?" gli domando.
"Il cuore ha risposto bene fin da subito ma le prime 48 ore sono sempre quelle più critiche. Le stiamo somministrando degli immunosoppressori per evitare un rigetto...se tutto va bene, passato qualche giorno ridurremo la dose dei farmaci e la sveglieremo del tutto"mi spiega in modo scrupoloso.
"Immagino che la ripresa sarà lunga" gli replico.
Luca annuisce, con lo sguardo davanti a sè. "Ha subìto un trapianto e non è una passeggiata, ma Lucia ce la farà" ammette con un sorriso dolce.
"Non ne dubito" sussurro stringendo la mano di Lucia tra le mie. Luca aggiunge la sua mano sulla mia, e in quella stretta sembriamo riversare tutto l'affetto che proviamo per lei.
Noi siamo qui per te, Lucia. Ti aspettiamo.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti!
Dopo un mese, finalmente eccomi qui! Sono stati giorni un pò frenetici ed è mancato il tempo per scrivere, altrimenti credo che sarei riuscita ad aggiornare anche prima. Sul capitolo in sè non ho  molto da dire, lascio a voi i commenti😊
Siete sempre di più e la storia ha da poco raggiunto i 50 preferiti e i 100 seguiti, per qualcuno possono sembrare dei piccoli traguardi, ma vi garantisco che per me è davvero importante. Ringrazio infinitamente chiunque recensisce i capitoli, i nuovi lettori, e chiunque abbia aggiunto la storia in qualsiasi lista.
Poi, prima di salutarvi vi comunico che qualche settimana fa, ho postato una one-shot. Una sorta di prequel della storia che ripercorre scorci di Anita adolescente, e una piccola chicca: il suo primo incontro con Luca😉
Vi lascio qui il link per chi non l'avesse ancora letta:
First Love
Aspetto i vostri commenti, su su fatevi sentire! Vi abbraccio, augurandovi una Buona Pasqua!❤❤❤❤
Alla prossima!



















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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Capitolo 34
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 34




Lucia, come ci aspettavamo da una piccola guerriera qual è, supera le prime 48 ore. Il suo percorso da ora in poi non sarà semplice, la ripresa è lenta ma lei ha già fatto passi avanti, avendo superato la parte più critica, soprattutto per la sua giovane età.
La dose dei farmaci le viene diminuita man mano fino al suo rivesglio, che avviene quattro giorni dopo l'intervento.
Risvegliarsi, dopo un trapianto così delicato come il suo, è riprendere a vivere di nuovo; devi fare i conti con un organo esterno che all'improvviso fa parte di te e non è sempre facile come sembra, soprattutto quando ti trovi a far fronte a tutti i rischi e i pericoli che esso può comportare. Lucia dovrà essere costantemente monitorata, fin quando non lascerà l'ospedale, ma i suoi controlli dovranno essere periodici anche al di fuori, continuerà a prendere i farmaci immunosoppressori e dovrà seguire un percorso di riabilitazione.
Una settimana dopo l'intervento, Lucia viene riportata nel reparto di pediatria, ma le viene assegnata una stanza singola in modo tale da prevenire l'insorgere di complicazioni.
Non riesco ancora a credere che lei stia bene e si sia ripresa; ricordo bene il giorno in cui si è svegliata, il suo volto pallido, gli occhi che faticava a tenere aperti ma che brillarono di sorpresa, il sorriso che si disegnò sul suo viso, non appena si rese conto che io fossi la prima persona al suo fianco nel momento del risveglio. Non poteva essere altrimenti, tutti i giorni in cui era stata in coma, per quanto mi fosse possibile, li avevo passati accanto a lei, come se dalla sua vita dipendesse anche un pò della mia.
Ho seguito con attenzione i suoi progressi, ho gioito del suo risveglio e mi sono prodigata affinchè lei sentisse tutto il mio affetto nei suoi confronti.
Luca si sente fiducioso a riguardo, in giornata ha sottoposto la nostra piccola Lucia ad una prova sottosforzo per verificare come reagissero il suo organismo e il nuovo cuore, e non ha riscontrato nessuna anomalia in esso.
Fa strano sentirla chiamare "nostra Lucia", ma mi è risultato spontaneo sorridere nel momento in cui, lui, con facilità ha ammesso queste parole.
E' bello pensare che Lucia sia un pò di tutti noi, perchè dopo il tempo che ha passato qui in ospedale, è  inevitabile non affezionarsi, eppure, quelle parole hanno significato molto altro per me.
Luca pensa che la sua nuova condizione non la costringa a rimanere ancora qui, nonostante la convalescenza sia ancora lunga, eppure, sento di voler tenere, il giorno in cui Lucia se ne andrà, il più lontano possibile.
E allora non ci penso, e cerco di godermi al meglio ogni momento passato con lei.
Mi fermo sull'uscio della sua stanza, illuminata solo dalle luci esterne, Lucia dorme, questa volta non sono riuscita ad arrivare prima che lei si addormentasse, ma ormai il darle la buonanotte è diventato come un rituale.
Tutte le volte che rimango in ospedale fino a sera, entro nella sua stanza, lei sorride sempre alla mia vista, dimostrandomi il suo affetto nei miei confronti. Lascio che si addormenti e mi premuro di rimboccarle le coperte e di rimanere a contemplarla per un pò. Lucia è una bellissima bambina e non mi è difficile immaginarla da grande, una giovane e forte donna.
Entro nella stanza, silenziosa, compiendo ogni minimo passo facendo attenzione a non svegliarla. Lucia dorme con il volto rivolto verso la finestra, ma mi rendo conto, subito, che qualcosa nel suo sonno non vada. Lucia ha un sonno agitato, me ne accorgo sentendola mormorare parole confuse, e nonostante il suo battito sia accellerato, esso non rivela anomalie.
Mi siedo al suo fianco, sperando di poterla tranquillizzare dal suo brutto sogno, osservo il suo capo scuotersi da una parte all'altra, una smorfia accennarsi sulle sue labbra. Una mia mano si muove nella sua direzione, cercando di darle conforto, ma le sue parole mi fanno sussultare.
"Mamma!" ansima. "Mamma..."ripete in un sussurro.
La sua sembra quasi una richiesta ed è capace di farmi gelare sul posto. Nel silenzio della stanza sento il mio cuore battere forte.
Le mie dita si muovo con delicatezza, accarezzando una sua guancia.
"Sono qui, Lucia, sono qui" mormoro.
Le mie parole sono soffocate nel momento in cui lei sembra aggrapparsi a me, ancora in balia del sonno che la tormenta, ma il suo respiro va piano piano regolizzandosi. Sento la sua mano premere sul mio braccio, stringere con forza il camice tra piccole dita e l'avverto premersi addosso, nella morsa di un abbraccio. Non posso fare a meno di stringerla più forte, lasciandole carezze sulla schiena, e sentendo i suoi capelli solleticarmi il viso.
"Mamma..."ripete, lasciandosi andare ad un sorriso sereno e io mi rendo conto che si sia calmata. Lo riconosco dal suo respiro lento e controllato, dalla presa che si è allentata su di me.
La guardo e mi rendo conto che le sue parole mi diano da pensare.
Io non sono la tua mamma, Lucia, anche se vorrei. Ma se tu, stasera, vuoi, io posso esserlo, in realtà posso esserlo tutte le volte che lo desideri.
L'adagio, con delicatezza,sul cuscino, facendo attenzione a non compromettere il suo sonno già precario. Mi torna in mente quel disegno che lei fece per Natale, la sua richiesta nella letterina, senza sapere che il destinatario sia stata proprio io.
La lascio che finalmente riposa, sperando che, un giorno, io possa portare a termine il desiderio che tanto mi sta a cuore.

Non ho idea, però, degli eventi che si susseguiranno nel corso dei giorni.

Un nuovo giorno si prospetta all'orizzonte e sento di dover salutare Lucia prima di iniziare. Non mi sorprende di trovare con lei, Luca.
Sta monitorando la sua situazione, da professionale medico qual è, e la sta sottoponendo a svariati esami.
"Avanti piccola, adesso fammi vedere un pò alcuni dei tuoi esercizi".
Lucia sorride, annuendo successivamente.
Luca e il fisiastra hanno concordato un piano riabilitativo da seguire a cui la piccola si sottopone ogni giorno.
Lucia si esercita nella respirazione, soffiando in una bottiglietta, scruto la determinazione nel suo sguardo e, il modo in cui incrocia gli occhi di Luca, mi fa capire che cerchi la sua approvazione.
Mi faccio spettatrice della loro scena, sorridendo per la complicità instaurata tra di loro.
Luca sorride soddisfatto e orgoglioso della sua piccola paziente che fa progressi ogni giorno.
"Sei proprio una campionessa, avanti, dammi il cinque!" le fa cenno con una mano, e quando il palmo della piccola Lucia si infrange contro il suo, lei scoppia a ridere fragorosamente.
"Allora, come sta la nostra paziente?" domando, entrando nella stanza.
Lucia si volta, subito, verso di me. Avverto dai suoi gesti la smania di vedermi avvicinare.
"Ciao, Anita" mi saluta, con un tono di voce estremamente dolce.
Mi premuro di ricambiare mentre mi faccio vicina per accarezzarle il capo, e, nel momento in cui lei si appoggia a me con la testa, mi  sembra di tornare indietro all'altra sera.
Luca mi guarda e credo che si sia reso conto di un turbamento nel mio sguardo, ma non accena ad indagare, e torna a scrutare Lucia con un grande sorriso.
"Lucia fa passi da gigante, è davvero incredibile la sua ripresa, se le cose dovessero procedere come mi auguro, potrebbe tornare..."
Luca si interrompe improvvisamente, come se non trovasse le parole giuste per continuare, e mi rendo conto che, forse, pensiamo alla stessa cosa, perchè sarebbe strano dire che lei torni a casa, quando una vera casa non ce l'ha.
E' triste pensare che l'unica casa che vorrei lei considerasse come tale, sia con noi due.
Avverto il suo sguardo addosso e sento di non poterlo sopportare, non quando anche gli occhi di Lucia si puntano nei miei e lei prende a sorridermi nel modo in cui le riesce meglio fare.
"Potrebbe essere dimessa, presto"ammette Luca, senza distogliere gli occhi da noi due. Mi aspetto che da un momento all'altro mi urli:"te lo avevo detto di non affezionarti!", ma mi rendo conto che il suo sguardo si sia fatto confuso e ombrato.
Non ho idea di cosa stia pensando, e vorrei tanto saperlo, ma è chiaro che il pensiero di Lucia, lontana da qui, rattristi anche lui.
Lucia sembra accorgersi dei nostri sguardi e ci osserva perplessa. Ma anche lei reagisce in un modo diverso da come ci aspettavamo.
"Andrò via?" domanda in un sussurro.
Sono a conoscenza di quanto Lucia desideri poter avere una casa e una famiglia, eppure, lo sguardo che ci rivolge sembra dire tutt'altro.
"Non ne sei contenta? Hai sempre sognato uscire da qui" ammette Luca, ignaro. Se solo lui sapesse quello che ho avuto modo di leggere.
La piccola Lucia rimane stretta a me, in un modo possessivo, quasi abbia paura che la lasci sola, e una smorfia si dipinge sul suo viso.
"Sì, ma mi mancherete" confessa, facendosi piccola, piccola.
Le sue parole sono capaci di farci sciogliere entrambi per la tenerezza e la spontaneità con cui le ha pronunciate. Io, però, sono a conoscenza di qualcosa che ad alta voce si vergogna di confessarci: il desiderio di noi due come suoi genitori.
Luca allora le sorride, lasciandosi andare ad un'espressione serena, a rincuorarla. "Dovrai sottoporti a delle visite periodiche anche fuori dall'ospedale, ma potrai comunque venire a trovarci ogni volta che ne sentirai l'esigenza. Noi saremo sempre qui per te, Lucia".
Mi viene da pensare, però, mentre Luca le parla, che non sarà così semplice quando lei lascerà l'ospedale. Certo, ci saranno le visite, ma non potremmo mai avere lo stesso rapporto di adesso, soprattutto se lei dovesse avere una nuova famiglia. A quel punto, non potremmo interferire in nessun modo. Io non potrei fare più niente per lei.
Lucia non appare soddisfatta delle sue parole, riesco a notare una certa incertezza palesarsi nel suo sguardo, ma sarà che nei mesi in cui sono stata al suo fianco ho imparato a conoscere ogni tratto e sfumatura di lei. Luca non gli dà la stessa importanza, almeno è quello che vuole farci pensare.
"Adesso pensa a guarire del tutto e poi vedremo il da farsi, ok?"le fa presente con un tono che sembra di promessa, ho modo di notare Lucia annuire prima che lui ricominci a parlare. "Io e te ci vediamo più tardi, ho da proseguire il mio giro di visite, fai la brava, eh!" le fa un occhiolino prima di congedarsi.
Ma mi accorgo, mentre lo vedo andare via, con lo sguardo basso e le mani giunte dietro la schiena, che la situazione abbia turbato anche lui. E' chiaro che, messi davanti alla realtà, qualcosa,oggi, sia cambiato in ognuno di noi.

Il mio turno è ormai iniziato da un pezzo, ma sento ancora il peso della conversazione avuta ore prima. Penso a Luca, al suo strano comportamento, allo sguardo triste e rammaricato di Lucia al solo pensiero di allontanarsi da noi e penso a me, all'immensa prova a cui la vita mi sta sottoponendo. Non ho il tempo neccessario, però, per rifletterci come dovrei, perchè dal corridoio vedo palesarsi Vanessa, con un andamento incerto e uno sguardo confuso.
Rimango fissa nel corridoio, mentre lei si fa sempre più vicina.
"Vanessa, ciao" la saluto sorpresa e richiamando la sua attenzione. Non so cosa ci faccia qui e sono curiosa di scoprirlo.
Lei sembra destarsi all'improvviso e sul suo viso affiora un sorriso soddisfatto, come se stesse cercando proprio me.
"Anita, proprio te cercavo. Posso chiederti un'informazione?" mi domanda con un tono cauto.
Annuisco in risposta anche se il pensiero che lei mi stesse cercando non mi rende così tranquilla. E se si fosse accorta dei miei sentimenti nei confronti del suo fidanzato?.
Lei abbassa lo sguardo alla sua pancia, prendendo ad accarezzarla. Mi soffermo un pò troppo sul suo gesto, sentendomi cattiva per aver solo pensato di essere gelosa di quell'esserino che cresce dentro di lei.
"Sono passata in ospedale per una visita ginecologica e stavo cercando Luca. Ma non è nè nel suo studio nè in reparto. Mi hanno detto che avrei potuto trovarlo qui, tu sai aiutarmi?" mi chiede.
Nella mia testa tiro un sospiro di sollievo, facendomi subito più tranquilla. Vanessa non vuole marcare nessun territorio, cerca solo Luca.
"Vanessa, qui Luca non c'è, non saprei davvero come esserti d'aiuto" le faccio presente. Non vedo Luca da questa mattina, quando era con Lucia, mi viene da pensare dove si possa essere cacciato.
Lei annuisce, e non posso fare a meno di notare un velo di preoccupazione nei suoi occhi. Mi sembra così piccola e indifesa.
"Qualcosa non va?"le domando, pentendomene subito dopo. Non vorrei risultare invadente.
Eppure, lei rialza lo sguardo, puntandolo nel mio, e mi sorride in un modo rassicurante.
"Nono, volevo solo informarlo che era andato tutto bene e che ho saputo il sesso del bambino. Avrò un bambino, Anita" non posso che accorgermi dell'entusiasmo che le si dipinge in volto e che le colora il tono di voce. Ma le sue parole mi feriscono più di quanto dovrebbero. Avranno un maschietto e questo bambino è sempre più reale.
"Congratulazioni" mi è spontaneo replicarle, se solo sapesse quanto questa notizia mi faccia stare male.
Vanessa non se ne accorge neanche un pò, e io penso sia un bene, perchè subito dopo torna a parlarmi.
"Avrei solo voluto condividere la notizia con lui" mi riferisce. "Ma non importa, sarà meglio che vada a casa" ammette, rattristandosi subito dopo.
E' a quel punto che qualcosa dentro di me si smuove e io sento di provare nei suoi confronti un moto di compassione.
"Hai provato a chiamarlo?" le domando.
"Certo, Anita" ribatte lei, con un tono ovvio, "ma non mi risponde. Ho come il presentimento che lo stia facendo di proposito".
"Perchè, è successo qualcosa tra di voi? Avete litigato?" le domando, facendole strada di seguirmi.
"Nono" ammette. "Ma Luca è strano in questi giorni e non ne capisco il motivo".
Che Luca fosse strano mi era chiaro da un bel pò. All'improvviso tante domande iniziano ad affollarmi la mente. E se Luca si sia pentito della scelta che ha fatto, questa situazione gli sta stretta? E se così fosse, perchè la sta in qualche modo, illudendo?.
E' quello che fa anche con te, mi urla una vocina nella testa.
Mi tengo per me tutto questo, come potrei confessarlo a Vanessa, non so nemmeno se sia la verità. Ma d'un tratto mi sento più vicina a lei di quanto pensassi.
"Adesso io e te ci prendiamo qualcosa di caldo e se ti va, lo aspettiamo insieme, va bene?" le sorrido con dolcezza.
Le offro una tazza di tè e la invito a seguirmi nel mio studio, dove potremo stare più tranquille. Vanessa mi si siede difronte, muovendosi con delicatezza, attenta a qualsiasi movimento che possa procurare del male al suo bambino.
Vanessa si dimostra riconoscente nei miei confronti e, prima che possa dirle qualsiasi cosa, lei inizia a parlarmi.
"Sai Anita, quando mia sorella se n'è andata, io pensavo che la mia vita non potesse avere più un senso. Giusy era stata da sempre il mio esempio, la mia fonte d'ispirazione e il mio punto di forza, mi sono resa conto fin da subito che la mia vita, senza di lei, non sarebbe stata più la stessa. Non sapevo come avrei potuto reagire al pensiero di non poterla più riabbracciare, vederla sorridere, parlare con lei, immaginavo che anche il solo litigare mi sarebbe mancato. Poi è successo che ho scoperto di essere incinta, e mi sono chiesta se qualcuno non si stesse prendendo gioco di me. La vita mi aveva tolto quanto di più caro avessi, ma mi avrebbe donato un bambino. Non è stato così facile, mi sentivo così sola, Anita, e in realtà lo ero. Il mio ragazzo mi aveva lasciata qualche settimana prima che lo scoprissi e i miei genitori si erano chiusi nel loro dolore. Erano ciechi a qualsiasi tentativo di avvicinarmi a loro. Non l'hanno presa bene, mio padre, soprattutto, mi ha dato contro e mia madre ha sottostato al suo volere. In verità non li biasimo, e una parte di me comprende che stavano attraversando un periodo difficile e non hanno appresso la mia notizia con la giusta lucidità. Ma quando mi hanno detto che pensavano fossi troppo giovane, con i miei studi da finire e senza un lavoro che mi permettesse di andare avanti, sono arrivata a crederci. Ho soli 23 anni, Anita, e quando me l'hanno detto io ho pensato di voler abortire. Sarei ipocrita se non lo ammettessi. Ma qualcosa è cambiato nel momento in cui ho sentito il suo cuore, un piccolo cuore che batteva, segno della vita che stava nascendo dentro di me e ho pianto" si interrompe perchè la voce le si è incrinata, è chiaro che raccontarlo gli crei emozioni constratanti tra di loro. Avverto le domande affollarsi nella mia mente per quello che sto apprendendo, ma la lascio continuare.
"Ho pianto tanto e ho capito che questo bambino sarebbe stato la mia forza, la mia spinta a rinascere, a vivere. Per Giusy, per me e per lui. E sapevo che c'era una sola persona che avrebbe potuto aiutarmi, Luca. Lui è stato per molto tempo a casa nostra, era diventato parte della nostra famiglia, e ti dirò che per me non è mai stato solo il ragazzo di mia sorella, lui era un fratello e quando l'ho chiamato non si è tirato indietro. Luca è una persona speciale, mi ha aperto le porte della sua casa e mi ha offerto la sua spalla. Non lo ringrazierò abbastanza per questo."
La fermo, sentendomi la testa improvvisamente scoppiare per tutte le informazioni che ho assimilato.
Vanessa è la sorella di Giusy, l'ex fidanzata di Luca, e questo bambino non è il suo.
"Che cosa significa?" le domando con preoccupazione.
Lei mi osserva, cercando di capire il repentino cambio del mio umore. "Cosa significa cosa, Anita?".
Premo le mani sulla scrivania difronte a me, avvertendole tremare per la tensione.
"Luca, Luca per te, è-è come un fratello" constato, gesticolando con le mani, confusa.
"Certo Anita, è importantissimo per me. Ma perchè me lo richiedi?" domanda con un tono ovvio nella voce.
Tiro un sospiro pesante come schiacciata dal peso delle parole che sto per pronunciare. "Io..." sussurro "io sapevo che fossi la sua ragazza!" esclamo sbigottita. Ho bisogno di riprendere fiato dopo averlo detto.
Vanessa mi osserva a lungo, cercando di capire se io sia seria o meno, e all'improvviso scoppia a ridere.
"Cosa?Anita, ma cosa stai dicendo? Io e Luca non stiamo insieme, come, come..." si interrompe, constatando che io, invece, sia terribilmente seria. "Aspetta Anita, è stato Luca a dirti una cosa del genere?" mi chiede.
"Si..."le sussurro e man mano che prendo consapevolezza delle cose, subentra la rabbia. La rabbia per le bugie, per l'inganno di cui sono stata vittima. Guardo Vanessa e mi rendo conto di quanto la situazione le risulti ambigua. Ci troviamo ad affrontare qualcosa di cui eravamo incoscienti entrambi.
"Non ci posso credere" ammette lei, più confusa di me.
"Anita" mi richiama, cauta. "Tu provi qualcosa per lui, non è vero?" mi domanda, cercando di sembrare il più delicata possibile.
Io la guardo, rialzando gli occhi dal pavimento, sento che non accetterà una bugia come risposta. Ma io sono la prima stanca di mentire a me stessa e agli altri. "Si".
Vanessa ricambia il mio sguardo, con un velo di comprensione nei suoi occhi, mi viene spontaneo chiedermi cosa pensi, ma lei non mi dà tempo di dire altro.
Muove un passo all'indietro, rimanendo con i suoi occhi su di me. Mi chiedo come le possa sembrare, con lo sguardo sconvolto e il viso pallido.
"Io" un secondo passo, "devo andare". Prima che me ne possa solo rendere conto, lei è già uscita dalla stanza.
Rimango sola a fare i conti con la realtà.

"E' la mia fidanzata"
"Vanessa stamattina non stava bene, è meglio che torni a casa a prendermi cura di lei"
"Guarda Anita che quei due tutto mi sembravano al di fuori che  una coppia"

Come piccoli tasselli a ricomporre il puzzle, tante cose mi risultano più chiare. Adesso capisco tanti atteggiamenti, tutti i segnali che in questi mesi avevo avuto modo di scorgere mi sono finalmente chiari. Bugie, bugie, bugie, e mentre mi accorgo che la mia testa potrebbe scoppiare da un momento all'altro e ho bisogno di appoggiarmi a qualcosa per non cadere, mi viene da pensare al perchè Luca abbia deciso di farmi questo.


Non ho versato nemmeno una lacrima, ma non ho mai pensato di potermi sentire così, in un attimo quello che ho passato da ragazzina mi sembra niente a confronto. All'improvviso sento di ritornare indietro nel tempo, ritorno a quel cortile della scuola, quando ero un'adolescnte insicura, piena di paure.
Sento di rivivere la storia davanti ai miei occhi, quell'atto che, all'epoca, nella immaturità della mia età associai ad un tradimento; e lo rivedo, lui è lì e abbraccia Rebecca, la ragazza con cui mi ero sentita una rivale fin da subito, ma con cui non potevo competere.
Perchè lei riusciva ad attrarlo in un modo di cui non ero capace, Luca sembrava invaghito dal suo corpo e dai suoi gesti. Rebecca era di quelle ragazze che amano primeggiare, biondissima e bellissima, ma con una mente con  un QI pari a zero. Di una cosa adesso ne sono sicura, a Luca piacciono le bionde.
Li rivedo davanti ai miei occhi, e, ancora una volta, non riesco a staccare lo sguardo dalle sue mani sul corpo lei, il modo in cui aderiscono ai suoi fianchi, dal modo in cui sono vicini, dal sorriso candido ma sensuale di lei. Io li guardo e con una mano vorrei cancellare questa scena per non soffrire più. Il mio cuore ha un sussulto quando Luca incrocia il mio sguardo, e i suoi occhi sembrano lanciarmi una tacita sfida. Rebecca è ignara di quello che sta accadendo ed è curiosa di capire chi abbia attirato l'attenzione, ma un attimo dopo Luca torna a guardare lei, e la bacia.
Lui la bacia, davanti alla scuola, davanti a me, e lo fa in un modo tale da farmi tremare e desiderare di scomparire.

Mi copro con forza gli occhi, cercando di scacciare quelle immagini dalla mia mente. Tiro le mie mani indietro, facendole scorrere tra i miei capelli mentre scuoto il capo. No, no, no...
La verità è che in confronto a quei tempi, avessimo condiviso davvero poco. Non so nemmeno se fosse stato giusto definirmi sua amica, Luca aveva un modo di approcciarsi con me tutto suo. Ma adesso è tutto diverso, perchè, a differenza di quello che pensavo, Luca mi ha sfiorata, mi ha guardata, mi ha baciata e amata nel modo in cui volevo sentirmi.
Questo sentimento lo avverto dentro di me, dirompente e più forte di prima, e sento accrescere un risentimento nei suoi confronti. Lo odio per avermi attratto verso di lui, e odio me stessa per essermi lasciata abbindolare, di nuovo. Perchè lui è riuscito ad abbattere tutte le mie certezze di volergli stare lontano.
Cammino e sento rimbombare i miei passi, veloci e scoordinati, così come i miei battiti, e mi accorgo che ho sperato da sempre che Vanessa non fosse la sua ragazza, ma non avrei mai pensato di doverlo scoprire così. Non posso credere che, per tutto questo tempo, Luca si sia lasciato andare al desiderio di stringermi a sè e baciarmi, facendomi credere fosse impegnato. Ha avuto tante di quelle occasioni per confessarmi la verità, ma non l'ha mai fatto. E io, che stupida, gliel'ho lasciato fare, quando la reltà era così chiara ai miei occhi.
E allora, giusto perchè non stia soffrendo abbastanza, avverto nella mia mente ripercorrere tutti i momenti che abbiamo passato insieme. Una lacrima, lenta e calda, scivola dai miei occhi. La cancello con una mano.
Sii forte Anita, sii forte
Casa sua è vicina, intravedo il centro residenziale dove abita; ci ho pensato a lungo e ho capito che questa sia la cosa più giusta da fare. Affrontare la situazione e metterci fine una volta e per sempre.
Prima che possa suonare al citofono, Vanessa attraversa il vialetto con i suoi passi che fanno scricchiolare la ghiaia, e mi arriva difronte. 
"Oh, Anita" sussurra comprensiva.
"Ciao" le replico  atona.
La sua mano va a poggiarsi sulla mia spalla, in un gesto rassicurante. "Sei qui per dirgliene quattro, non è vero?" mi domanda, accennando ad un sorriso.
"In ogni caso ci ho già pensato anche io, credo che non si dimenticherà le mie parole per un pò, ma adesso è tutto tuo" mi confida in un modo complice. E' così strano trovarci in questa situazione, e lo è ancora di più come la mia concezione nei suoi confronti sia cambiata in un solo giorno.
Non le rispondo, ma lei comprende il mio stato d'animo e la sua presa sulla mia spalla si fa più forte. "Cosa fai ancora qui impalata? Vai e fagli vedere chi sei e cosa ha perso!" esclama, incintandomi ad entrare.
Annuisco silenziosamente, vedendola allontanarsi da me, e ho quasi l'istinto di scoppiare a ridere per l'ambiguità di questa situazione, ma mi sembra inopportuno. Realizzo quello che sto per fare quando mi ritrovo, sola, sul pianerottolo del palazzo. Cerco di seppellire qualsiasi emozione positiva che questo mi provochi,  e lascio che a prevalere sia il senso di rabbia, di frustazione. Vorrei che Luca non fosse mai tornato, perchè adesso lo so, il confine tra amore e odio è così sottile.
Busso con impazienza al campanello di casa e aspetto che lui venga ad aprirmi, calcolando i minuti che mancano per affrontarlo, e, quando sento i suoi passi farsi più vicini, conto.
Uno...respira Anita,
Due...puoi farcela,
Tre...il respiro mi si ferma in gola alla sua vista.
"Vanes...Anita?!"scruto la sorpresa che gli invade gli occhi alla mia vista, ma anche la mascella che gli si contrae in un chiaro segno di tensione. E' consapevole del perchè io sia qui e non mi risparmierò di farglielo notare.
"Tu, brutto stronzo!" esclamo allora, spintonandolo. Le mie mani puntellano sul suo petto una, due volte, ma questa volta poco mi importa della sensazione che questo mi provochi. Luca incespica nei suoi passi, come se non si aspettasse la mia reazione. Osservo i suoi occhi sbarrarsi, ma anche quando riprende controllo del suo corpo, non mi ferma.
"Tu mi fai schifo, tu, Luca Franzese, mi fai seriamente schifo! Io non credo di aver mai incontrato una persona più disonesta, calcolatrice e bugiarda di te! Sai che c'è? Io stavo bene prima di te, stavo benissimo.
Avevo la mia vita, il mio lavoro all'ospedale e pensavo non potessi desiderare di più...ma poi sei arrivato tu ed è cambiato tutto. Perchè con te è ritornato tutto di nuovo, la paura, le bugie, le parole dette e non dette e io non potevo e non volevo permettere che mi innamorassi di te, perchè tu il mio cuore l'avevi già spezzato una volta e non doveva succedere più. Ma tu, Luca, vuoi che vada tutto secondo i tuoi piani, fai sempre quello che ti passa per la testa e non badi mai ai sentimenti altrui. Non hai mai pensato a quanto potessi soffrire, sapendo quello che mi stavi facendo. Non potevi baciarmi, farmi sentire importante, guardarmi in quel modo, quando io pensavo che saresti tornato a casa da Vanessa, la madre di tuo figlio! Ma non ti vergogni, eh? Io ti odio, Luca, con tutto il mio cuore io ti odio!".
Luca non reagisce, porta le mani all'altezza del petto e lascia che io sfoghi tutta la mia rabbia su di lui, ma se pensavo che questo potesse farmi stare meglio, mi sbagliavo. Ad ogni parola che urlo contro di lui sento la mia forza di volontà venire meno, ad ogni pugno che si infrange contro il suo petto avverto il mio cuore sgretolarsi in piccoli pezzi.
Poi lui blocca i miei polsi tra le sue mani, e cerca di tirarmi indietro, verso di lui. Ha paura che se qualcuno ci sentisse, questo rovinerebbe la sua impeccabile reputazione? Ma io sono sorda a qualsiasi tentativo di farmi stare zitta.
"Anita, lasciami spiegare..." tenta, supplicandomi con lo sguardo.
"Ma cosa vuoi spiegare, eh?Cosa!?"mi avvicino a lui, in un affronto. Ascolto i nostri respiri affannosi.
Cerco di divincolarmi dalla sua presa, ma lui non me lo permette, nonostante mi dimeni tra le sue braccia.
"Ti prego..." sussurra.
"Io spero tu abbia un motivo valido per questo, ma sai, non so se riuscirei mai a trovare una giustificazione al perchè tu abbia deciso di farmi soffire così tanto".
Approfittando di un suo momento di distrazione, mi divincolo dalla sua presa, portandomi le braccia al petto, scottate dalla sua presa.
Luca socchiude gli occhi, contraendo il viso, sembra che dire qualcosa gli venga così difficile.
"Perchè..."
Mi fa ridere pensare che nemmeno lui stesso lo sappia. Scuoto la testa davanti al tentativo di aggiustare qualcosa.
"Vorrei che tu non fossi mai tornato, Luca, perchè adesso non starei così male per te" gli confesso, sentendo la mia voce incrinarsi. Ma ho promesso a me stessa, che non avrei pianto, non gli avrei mai dimostrato quanto lui mi abbia resa fragile e debole.
Quando inizio a correre giù per le scale, Luca non si arrende. A differenza di quel giorno di molti anni prima, Luca non esita a seguirmi. Sento i suoi passi rimbombare con i miei, e vorrei tanto che lui non mi si avvicinasse, non quando le lacrime bagnano il mio viso e io cerco inutilmente di frenarle. 
"Anita!"sento la sua voce chiamare il mio nome, ma non mi fermo. Nonostante sia chiaro non voglia dargli ascolto, i suoi passi persistono.
Lasciami andare, Luca, è quello che avresti dovuto fare tanto tempo fa.
Cammino e osservo le mie gambe prendere velocità, non so dove io stia trovando la forza. Poi intravedo la porta d'ingresso e mi sento così vicina alla mia salvezza, ma Luca, velocemente, riesce a prendermi un pò prima che io esca.
La sua mano si incatena al mio polso e la sua presa è capace di farmi voltare verso di lui.
Ci osservo, alla resa dei conti, e penso se lui stia provando un minimo di quello che sento io. Si sente in colpa per questo?.
Sussulto per quel contatto e nel silenzio dell'ingresso, avverto i nostri battiti accellerati, i respiri affannosi.
Abbasso lo sguardo alla sua mano che mi stringe, mi auguro non si accorga stia tremando.
"Anita, ci sono tante cose che non sai, lascia che ti spieghi" fa un cenno verso di me, cercando di avvicinarsi. Ma io sono sorda a ogni suo tentativo, e scuoto il capo con vemenza a destra e sinistra.
"Non c'è niente da spiegare...lasciami stare!" ribatto con la voce inasprita. Luca si fa vicino, con l'espressione di chi non si arrende e io sento la sua stretta intensificarsi. Ma non si è accorto che mi ha persa?
In un gesto fulmineo, le sue mani sono su di me, mi lambiscono il viso, le guance. Chiudo gli occhi, sopraffatta dalla sua vicinanza. Una lacrima percorre lenta la mia guancia, ma Luca blocca il suo cammino.
"Lasciami andare" gli sibilo.
"Anita" sussurra "ti prego".
E io riapro gli occhi, fissandoli nei suoi, e macchiandoli di tutto il biasimo che possiedo. Vorrei che sentisse cosa dentro provi. Vorrei che sapesse che mentre gli sto confessando di odiarlo, vorrei che lui fosse l'unica persona a consolarmi.
Le sue mani scottano su di me e io sento di non riuscire a resistere ancora di più. Quando mi divincolo, Luca mi lascia andare, arrendevole.
Poi le mie mani si muovono, tremanti e dai movimenti scoordinati, verso la mia borsa. Alla rinfusa ricerca di qualcosa. Lui segue ogni mio gesto, turbato. La lettera è lì, in fondo, che sembra aspettare io la prendo.
Quando la spiattello davanti ai suoi occhi, Luca mi rivolge uno sguardo confuso, corrugando la fronte. Non ha idea di quello che ci sia scritto.

Ma io lo so, Luca, e vorrei che tu, leggendo le parole di Lucia, provassi un pò di quello che ho provato io, che stessi male quanto ci sia stata io.

Ho sperato che un giorno a lenire le ferite che mi porto dentro, fossi stato proprio tu, ma non puoi esserlo quando adesso mi hai fatto così male. E ora, ora è troppo tardi, per te, per me, perchè io,adesso, ti lascio andare e non sono più disposta a lottare per noi.


ANGOLO AUTRICE:
Ed eccoci qui! Non mi sembra nemmeno vero che io stia aggiornando a distanza di così poco tempo. Questo capitolo è stato estenuante da scrivere, c'è un grande lavoro dietro, e, nonostante non sia pienamente soddisfatta di quello che ho scritto, spero che voi possiate trovarlo emozionante come lo è stato scrivere per me. Vi avevo parlato di un famoso punto di svolta, ma vi aspettavate che il colpo di scena fosse così cruento? La verità è venuta a galla e Anita non può fare a meno di raccogliere i pezzi del suo cuoricino. Pensavate potesse succedere una cosa del genere? Fatemi sapere le vostre opinioni a riguardo ;)
Intanto ne approfitto per ringraziare di cuore le ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo, chi ha iniziato a seguire la storia da poco, chi l'ha aggiunta in qualsiasi lista. E' davvero importante per me ricevere i vostri pareri. Fatevi sentire, su, su!!
Pooi, prima di salutarvi, vi ricordo, per chi ancora non l'avesse fatto, che qualche tempo fa ho scritto una one-shot/prequel della storia e vi lascio qui il link, nel caso voleste leggerla:
First Love

Alla prossima! Un abbraccio💕




















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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


Capitolo 35
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 35



Sento di non poter affrontare quello che mi è successo. Se avessi una macchina del tempo, vorrei tornare alla mia vita di mesi addietro, per poter cancellare tutto questo.
Da ragazzina pensavo che vedere il ragazzo che ti piace baciare un'altra fosse uno dei mali peggiori del modo, eppure, oggi ho scoperto che c'è di peggio. Io mi chiedo come farò ad affrontarlo, a vederlo ogni giorno a lavoro. Non posso dopo che lui mi ha fatto questo. E alla fine mi tocca dar ragione a Nicola quando mi diceva che Luca non sarebbe mai cambiato, ma io ero troppo innamorata di lui per capirlo.
E adesso scusami Nic, se ci ho messo tutto questo tempo, ma vorrei che tu fossi qui, a tirarmi su il morale come meglio sapevi fare...
È ormai calata la sera e penso di non voler tornare a casa. Casa mi sembrerebbe troppo vuota e silenziosa. E stasera meno che mai io abbia bisogno di stare sola. E allora prendo una direzione, quella che mi porterà al sicuro.

La villetta dove abitano i miei genitori è dalla parte opposta, ma ci metto poco, la città, stasera, è tranquilla. Guardo i condomini dai colori tenui che si stagliano fieri sulla città, osservo il piccolo quartiere dove ho vissuto per anni, e mi sembra quasi di sentire le risate dei bambini che giocano a pallone nel cortile, le urla animate dei vicini che litigano. Ammetto di averli odiati da ragazzina, quando mi toglievano la concentrazione dallo studio, ma adesso, a pensarci, questa semplice quotidianità mi manca. Perché era bello poter tornare a casa la sera e sapere che mamma e papà sarebbero stati lì e mi avrebbero protetto da tutto.
Suono al campanello di casa, e sento la voce di mamma che parlotta con papà.
"Tesoro, ciao!" mia madre si dimostra sorpresa di vedermi e, nonostante io non riesca a ricambiare il suo stesso entusiasmo, lei non mi fa domande.
"Ciao, mamma" la saluto.
Lei mi guarda a lungo, cercando di andare oltre alla mia maschera e nel momento in cui avverto le sue mani poggiarsi sulle mie spalle, le sue dita stringermi delicatamente, mi rendo conto che lei abbia capito ci sia qualcosa che non va.
"Non pensavamo venissi, se mi avessi avvertita ti avremmo aspettato per la cena" mi fa presente, amorevole.
Accenno ad un sorriso. "Non c'è problema, devo solo prendere alcune cose in camera". Bugia.
Lei annuisce, lasciandomi entrare, ma non sembra affatto convinta di quello che le stia dicendo. Sento che questo gran peso sullo stomaco potrebbe schiacciarmi da un momento all'altro. Sono la prima a disdignare le bugie, oggi ho scoperto me ne siano state dette fin troppe, ma ho bisogno di nascondermi dietro questa menzogna per non preoccuparla ulteriormente.
Mi spoglio del cappotto, appendendolo all'ingresso. Un forte e buono odore mi invade. L'odore di casa.
Avverto mia madre seguire ogni mio passo e gesto, quasi avesse paura mi possa capitare qualcosa da un momento all'altro, e quando la ritrovo al mio fianco, mi volto verso di lei.
"Vuoi che ti riscaldi qualcosa? È rimasto del pollo, se lo vuoi..."
"Mamma, sono a posto così. Te l'ho detto, devo solo..."
"Sì, sì, devi solo prendere delle cose in camera, ho capito. E allora andiamo, ti accompagno" mi fa presente con un sorriso ironico.
"Mamma" le replico di rimando, "conosco la strada".
Attraverso il corridoio in silenzio, sentendo i suoi passi rimbombare al mio fianco. L'ingresso dà sul salone, lì mio padre è seduto al suo posto, sulla poltrona accanto al caminetto acceso, lo sguardo fisso ad un libro di letteratura. Ha lo sguardo concentrato, gli occhiali da vista che un po' gli scivolano sul naso, una grossa ruga sulla fronte per la concentrazione.
Al rumore dei nostri passi, i suoi occhi si posano su di noi e io riesco a notare tutta la sorpresa che li invade alla mia vista.
"Tesoro, chi era...Anita, che sorpresa!" mi saluta con un sorriso caloroso.
"Ciao, papà"replico.
Mamma sopraggiunge dietro di me, appoggiandomi una mano sulla spalla, il suo tocco è rassicurante.
"Hai visto chi ci è venuta a trovare, Alfonso?" Si rivolge nei suoi confronti, lasciando che le sue dita imprimano una stretta sulla mia spalla.
"Dovresti farlo più spesso" mi sussurra.
"Tua madre ha ragione" le dà manforte mio padre, aggiustandosi gli occhiali sul naso. Il suo sguardo si fa improvvisamente serio e si posa su di me per diversi secondi, forse minuti.
"Vuoi venirti a sedere accanto a me, nel frattempo che tua madre scalda qualcosa?" mi domanda.
Le sue parole sanno di premura e di quella quotidianità che stasera cerco, quella che nel corso degli anni è andata un po' persa. Con le sue parole,però, lui sembra anche dirmi sono qui. Mi sono sempre meravigliata della sensibilità che i miei genitori dimostrano di avere, e stasera più che mai credo di potermi mettere a piangere per tutto l'amore che dimostrano di provare per me.
Ma prima sento di dover assimilare le cose da sola. "No papà, ho bisogno di prendere alcune cose".
Mia madre mi lascia andare senza dire niente e nemmeno mio padre, ma le loro voci mi arrivano forti e chiare mentre attraverso il corridoio che conduce alle scale del piano superiore.
Mia madre è la prima a dare voce ai suoi pensieri:"Credi anche tu che le sia successo qualcosa?"
"Sì, e credo non sia un bene se ne stia da sola in camera"
"Dopo ci andrò a parlare, magari mi dirà qualcosa, lo sai che ci siamo sempre dette tutto".

Quando mi chiudo la porta della stanza alle spalle, mi ci appoggio contro, rilasciando un lungo sospiro. Sono sicura che i miei genitori si siano accorti di qualcosa, soprattutto dopo che li ho sentiti parlare, così come so che non mi domanderanno niente se non sarò io la prima a parlare.
Adesso per stare bene mi basta poco, solo sentirmi a sicuro in queste quattro mura che mi hanno vista crescere. La mia camera è intatta, sembra quasi che qui dentro il tempo si sia fermato e io sia di nuovo la ragazzina di un tempo.
Osservo la finestra davanti a me, coperta dalle tende, e mi ci avvicino. Ricordo che da piccola mi rilassava affacciarmi per guardare i campi che si estendono oltre i palazzi. Nelle sere di estate mi era possibile anche ascoltare il canto dei grilli.
Apro un'anta, ignorando il vento che mi sferza i capelli, e tiro un lungo sospiro. Respiro l'aria fresca, socchiudendo gli occhi. L'orizzonte è già scuro, con una luna chiara e piena ad illuminare la notte. Osservo i campi coltivati estendersi sotto i miei occhi e mi viene da pensare a come questo posto sia racchiuso in una piccola bolla di tranquillità, quando a pochi passi si estende la statale che ci collega all'altra parte della città.
Mi è sempre piaciuto restarmene qui, così, con un senso di pace addosso. Ma, stasera, mi rendo conto che io provi tutt'altro che pace dentro di me. Sento che se non mi lascerò andare, questo peso, che mi opprime, finirà per schiacciarmi.
E allora ci penso, come si fa a superare una delusione d'amore e come ci si riesce quando a farti soffrire è la stessa persona che l'ha fatto tempo addietro? Mi sento così ferita e arrabbiata con me stessa per essermi fidata e lasciata abbindolare da lui.
Non è bastato che tu tornassi, no. Dimmi, ti sei divertito a giocare alle mie spalle in tutti questi mesi, quando mi facevi credere che fossi importante? Non ti è bastato tornare, hai dovuto intralciare la mia vita con la tua, tessendo una tela di intrigi e bugie. Così, come hai sempre fatto, mi hai portato su, e mi hai lasciato cadere in un attimo.
E adesso, Luca, vorrei che tu andassi via, e sparissi dalla mia vita, per non soffire più.
Richiudo la finestra dietro di me con uno sbuffo e fisso un punto davanti a me. Alla fine mi lascio cadere di peso sul letto, girandomi da un lato e poi dall'altro, senza trovare una posizione adatta. Lascio andare un lungo sospiro, giungendo le mani sotto la guancia.
Un album sul comodino accanto attira la mia attenzione: deve avercelo messo mia madre, perché non ricordo fosse mai stato qui.
Spinta dalla curiosità, lo afferro, carezzandolo con le dita.  È molto datato perché la copertina presenta segni di ingiallimento, e a quel punto inizio a sfogliarlo. È un colpo al cuore, questo album sembra ripercorrere la mia vita da quando ero ancora in fasce. Sfoglio le pagine intrise di ricordi, foto di me bambina, con i miei genitori, i nonni, i miei primi passi e compleanni, per arrivare ad una me più grande, l'apparecchio che negli anni adolescenziali ho odiato, il mio taglio all'ultima moda, le mie amiche, Nicola e poi eccoti qui, ancora tu.
È così difficile non pensarti e fare a meno di te, quando tu sei qui, in ogni momento, in ogni più piccolo gesto!
La cosa carina e curiosa di questo album è l'aggiunta di note sotto ogni foto, con annessa didascalia.
Ma anche se non ci fosse scritto nulla, questa foto me la ricorderei benissimo. Riporta la data e uno scarabocchio riportato a penna: Noi <3
La nostra gita scolastica a Barcellona.
Tu eri bellissimo, come sempre, e io avevo capito che stessi iniziando a innamorarmi di te. La sera prima, mi avevi rivolto la parola, e io mi ero sentita la ragazza più felice di questo mondo.
Pensavo che quella gita sarebbe stata un punto di svolta per me e per te, nonostante non ci fosse ancora niente a legarci, eppure Luca, stavamo iniziando a passare più tempo insieme per via dei nostri amici in comune, ed era sembrato che ti fossi accorto di me.
E allora mi avevi guardata, facendomi contorcere lo stomaco in una morsa. I tuoi occhi erano rimasti a lungo su di me, oserei dire con un velo di curiosità, prima che ti rivolgessi a me.
"Anita, ci sei anche tu, stasera?"
La tua domanda mi era sembrata stupida, in un primo momento, anche perché era chiaro che ci fossi anche io, ma tu con una semplice frase eri stato capace di mandarmi in tilt.
"Si..." ti avevo risposto intimidita.
Inspiegabilmente mi avevi sorriso, ma eravamo tornati ad ignorarci il momento dopo.
Quello che non mi aspettavo è che tu mi parlassi ancora, il giorno successivo.
La Sagrada Familia si stagliava alta e imponente davanti ai nostri occhi. Più la guardavo e più mi veniva da pensare che capolavoro di architettura fosse, con le guglie frastagliate, a farla sembrare un grande castello di sabbia.
Ti eri avvicinato; non c'era stato nemmeno bisogno che mi voltassi a guardare per sapere fossi tu. Avevi incrociato le braccia davanti a te, con lo sguardo serio rivolto alla struttura di fronte a noi.
"Bel posto, non è vero?" mi avevi domandato, allora.
E io mi ero voltata verso di te, scoprendoti a sorridere ancora e ancora. Mi piaceva tanto quando sorridevi, nonostante portassi l'apparecchio, sembrava che tu non te ne vergognassi affatto. Tu eri alto e fiero.
Ti osservavo da tempo ormai e mi venne da pensare se da un momento all'altro non ti fossi messo a raccontare della costruzione della Sagrada nel minimo dettaglio, per uno come te, innamorato dell'arte, doveva essere un onore ritrovarsi davanti al capolavoro di Gaudì.
"Sì"ti avevo risposto, come se fosse la sola cosa che sapessi dire. La verità è che pensavo a quanto, invece, fossi bello tu.
Per uno strano scherzo del destino, mi ero sentita successivamente tirare per un braccio ed entrambi eravamo capitati vicini, stretti in un groviglio di corpi insieme ai nostri compagni.
"Dai che il prof ci fa una foto!"
Un nostro compagno aveva affidato la sua macchina fotografica nelle mani del professore di storia dell'arte, che ci aveva invitati ad un sorriso. Il solo minimo contatto con te mi aveva fatto arrossire, ma non c'era stato spazio per altro imbarazzo perché, l'attimo dopo,  ero finita contro il tuo petto e la fotocamera aveva immortolato il momento.

Adesso questa foto la guardo e la sfioro, con delicatezza, quasi a paura di sgualcirla. Chi l'avrebbe mai detto che un giorno l'avrei rivisto.
Quando mia madre entra in camera, richiudo con uno scatto l'album sulle mie gambe.
Lei incrocia il mio sguardo e i miei occhi non possono che celarsi di colpevolezza.
"Devo averlo lasciato lì, dopo che mi sono messa a sfogliare le tue foto. Bei ricordi, non è vero?" accenna ad un sorriso, facendo riferimento all'album tra le mie mani.
"Si..."ammetto, abbassando lo sguardo.
Mia madre rilascia un sospiro profondo prima di ricominciare a parlare. "Hai trovato quello che cercavi?" mi domanda.
"No, a dire il vero, non ne ho avuto ancora il tempo" ammetto.
"Di cosa hai bisogno, esattamente? Posso darti una mano".
Di essere felice.
 Mi rendo conto solo in seguito il suo sia un riferimento alla situazione che mi tormenta.
"Vecchi libri, di quando andavo all'università, sono sicura siano ancora qua da qualche parte, ricordo di averli lasciati..."
"Anita" mi interrompe lei, con la voce decisa ma dolce.
"Sì, mamma?" le replico con ingenuità.
"Lo sai che non mi riferivo a questo" pronuncia comprensiva. "Sono tua madre e capisco benissimo quando ci sia qualcosa in te che non va. Abbiamo sempre avuto un rapporto solido, aperto, e credo di essere la prima a comprenderti meglio di quanto possa fare tu stessa. Mi sono resa conto dal primo momento che hai messo piede in questa casa che ci sia qualcosa che ti faccia stare male, e sai che a me puoi dire tutto. Io sono qua, Anita. Sono qua e sarò qua ogni volta che vorrai".
"Oh, mamma..."
Lei mi è accanto in un attimo, la sua mano si posa sul mio ginocchio a mo' di conforto.
Soffoco un singulto al gesto.
"Se ti senti di piangere, fallo. Può aiutarti a stare meglio" mi fa presente con dolcezza.
La guardo e mi viene da pensare sia vero lei mi capisce sempre, anche meglio di quanto faccia io, e quando, finalmente, mi lascio andare alla tristezza e allo sconforto, non esita a stringermi a sé. Le sue braccia sono rassicuranti e mi infondono quel senso di protezione di cui sento di aver bisogno.
E adesso tu, mamma, stringimi così, tienimi tra le tue braccia e fammi sentire ancora bambina.
"Mamma" le sussurro contro la spalla, "cosa ho fatto di male per meritarmi questo?"
"Oh, Anita"replica, accarezzandomi il capo. "Non dire sciocchezze."
"E allora mamma, allora spiegami tu perché debba stare così male per lui!" le confesso.
Non c'è bisogno che io dica altro, lei capisce subito di chi stia parlando. "Cosa ha fatto Luca?" mi domanda comprensiva.
Quando me lo chiede, io, finalmente, mi lascio andare e le racconto tutto. Le parlo delle sue bugie, del modo in cui mi ha ingannata per tutti questi mesi, di come io sia arrabbiata con lui e con me stessa per essermi lasciata intortare.
Mia madre mi ascolta, in silenzio, sostenendomi tra le sue braccia mentre singhiozzo.
"E alla fine, mi sono ridotta così, per lui" pronuncio, coprendomi il volto con le mani, con frustazione.
"Oh, tesoro" ammette lei con rimmarico, "non immaginavo che la situazione fosse tanto grave".
Lascio andare uno sbuffo, appoggiandomi alla sua spalla. "Mamma, non so che fare. Io, io mi sento così ferita e male al pensiero di rivederlo. Come posso solo pensare di incontrarlo, domani, al lavoro e fare finta di niente?!".
"Anita"mi richiama lei, appoggiando l' indice e il medio sotto il mio mento, in modo tale da incrociare il mio sguardo.
"Non puoi fare finta di niente, non devi.  Da mamma ti dico che non valga la pena stare male per lui, versare tutte queste lacrime non ha molto senso, a maggior ragione quando lui ti ha fatto tutto questo, ma sono stata ragazza anche io e ti posso assicurare che in amore non è sempre tutto così roseo. Credi che io e tuo padre non abbiamo mai avuto da ridirci negli anni? Eppure guardaci, siamo ancora qui e ci amiamo come dal primo giorno, forse ancora di più. Io capisco come ti senta, sei ferita e delusa dalla persona che ami, e in cui avevi riposto tante aspettative, ma vedi, io penso tu debba parlarci e chiarire con lui, solo a quel punto potrai decretare la parola fine a questa storia.
Permettigli di spiegare le ragioni del suo gesto, e mi auguro che lui ne abbia di molte e valide per averlo indotto a questo. Dopo di ciò, quello che ti dirà, potrà significare due cose: la prima è che non avrete più niente da dirvi, e a quel punto non potrei fare altro che rialzarti e andare avanti per la tua strada, la seconda è, dopo aver compreso le sue ragioni, di concedergli un'altra possibilità, e nel migliore dei casi, vivere una storia d'amore."
Mia madre ha ragione, ma d'altronde da una donna molto saggia come lei, non potevo aspettarmi altro, eppure, come ci si comporta quando cuore e mente sono in contrapposizione?
"Credi che riuscirei a reggere il confronto con lui, ancora?" le sussurro, nascondendo il viso sul suo petto.
Le carezze di mia madre sul mio capo sanno di premura e dolcezza.
"Certo che ce la farai"
"Mamma" rialzo lo sguardo, puntandolo nel suo, "grazie per tutto quello che fai per me, grazie per quello che sei".
Mia madre, in risposta, sorride, e riesco a notare i suoi occhi velarsi di commozione.
"Non devi nemmeno dirlo, lo sai che anche per la piccola sciocchezza, sono qua ad ascoltarti" asserisce.
A quel punto, la stringo forte a me, e lei si lascia andare ad una risata divertita.
"Che ne dici se, adesso, andiamo di là a far compagnia a tuo padre?" mi chiede poco dopo.
"Mi do una sistemata e vi raggiungo, ok?" le replico.
"Ok" si apre in un sorriso, lasciando la mia stanza.
Tiro un lungo sospiro, asciugandomi il viso. Non deve essere uno bello spettacolo, ma al momento poco mi interessa. Raggiungo il salotto, flemmatica. I miei genitori si sono appropriati del divano e siedono lì, abbracciati. Mia madre con la testa sulla spalla di mio padre, e lui che la stringe a sé, a mo' di conforto. È grazie a loro se ho una visione dell'amore vero e puro, perché i miei genitori si amano tanto, e se lo dimostrano ogni giorno, nei più piccoli gesti quotidiani.
Mi fermo a guardarli così, e quasi mi dispiace dovere interrompere questo loro momento.
"Oh, eccoti!" esclama mio padre, vedendomi entrare.
Gli sorrido, prendendo posto alla poltrona dove poco prima sedeva lui, e osservo il fuoco del camino alimentarsi; il suo calore mi avvolge.
"Allora, hai trovato quelle cose che cercavi?" mi domanda.
Li guardo entrambi, osservo mia madre sorridermi in modo rassicurante e mi viene da pendare che io, stasera, abbia fatto la scelta giusta a venire qua.
"Sì".
Sì, adesso sto meglio, ed è solo grazie a voi.

Il mio risveglio non è come lo speravo. Dopo essere rimasta a casa dei miei, ho finito per riaddormentarmi.
Non ho riposato molto bene, a dire la verità, e al mattino il mio viso non è un granché, soprattutto con i segni del trucco sciolto sulle guance e le occhiaie.
Cerco di darmi una sistemata ma sarà difficile. Potrò curare la mia parte esteriore ma non quella interiore.
La casa è ancora silenziosa quando esco, ma preferisco sia così. Non voglio destare altra preoccupazione nei miei genitori. Così, lascio un messaggio veloce a mia madre per avvisarla, e mi chiudo la porta alle spalle.
Prima di andare al lavoro, passo da casa per cambiarmi. In realtà, sembra io sia un'automa, scelgo gli abiti vedendoli a stento e svolgo le mie solite funzioni mattutine controvoglia.
Mi do una sciacquata alla faccia, appoggiandomi al lavandino di fronte, e mi ripeto che sono forte abbastanza per superare anche questa.
Non ti permetterò più di farmi del male, Luca. Non soffrirò più per te.
Lo scrosciare dell'acqua rimbomba nelle mie orecchie e abbasso lo sguardo, vedendola venir risucchiata dallo scarico.
Mi bagno le mani, massaggiandole poi, con forza, sul mio viso, quasi come se potessi lavare via tutta la tristezza. Poco dopo, quando sono pronta per andare al lavoro, cerco di armarmi di tutta la volontà di cui sono capace.

Quando arrivo in ospedale, le note di "I hate you, I love you" rimbombano nell'abitacolo della mia automobile, e mi viene da pensare che mai più canzone sia giusta per me, adesso.
E poi lo vedo arrivare. Cammina stretto nel suo cappotto a doppio petto, le mani nelle tasche, come se volesse proteggersi dal freddo della giornata. Il suo sguardo è basso e mi viene da chiedermi se si senta in colpa solo un po'. Si sente in colpa, sta male all'idea di avermi ferito?.
Io lo guardo e mi ripeto che non avrà più importanza, che non mi farà più del male, eppure, sono qui che piango per lui.
Abbandono l'abitacolo dell'auto e richiudo lo sportello dietro di me, con forza.
Inizio a camminare verso l'ingresso, con lo stomaco in subbuglio e il cuore che martella nel petto.
Luca non si accorge di me, ma, d'altronde, io faccio di tutto pur di non avvicinarmi a lui. Proseguiamo per la stessa strada per diversi minuti, ma lui ignora completamente la mia presenza, poi prendiamo due direzioni diverse.
Vorrei fosse per sempre, vorrei che lui prendesse una direzione diversa dalla mia, per sempre.
Mia madre pensa che la giusta soluzione sia affrontarlo, fare in modo che mi spieghi cosa lo abbia spinto a fare questo, ma io, oggi, decido di scegliere la strada più facile: ignorarlo.
So che mi costerà parecchio farlo, ma ne va della mia salute mentale.
Maria si accorge, subito, che qualcosa non vada. È impossibile non capirlo.
Non mi chiede spiegazioni, anche se il suo sguardo si vela di consapevolezza, non è difficile comprendere chi sia il motivo del mio malessere.
E allora lei si fa mia complice e mi accompagna durante la giornata. Ignorare Luca si rivela essere,però, più difficile del previsto.
Non so se sia un caso o lui lo faccia di proposito, ma sembra che oggi passi più tempo qui dentro che in qualsiasi altro reparto. A quel punto faccio in modo di non mettere piede nei luoghi in cui sono sicura di trovarlo. Evito di andare in sala comune, alle macchinette, ma mi rendo conto non serva a molto quando lo ritrovo nei corridoi.
L'unica reazione che mi viene spontanea alla sua vista è quella di sbuffare, sonoramente.
Gli occhi di Luca si posano du di me e riesco a leggere nei suoi un velo di sorpresa ma anche di turbamento.
Guardami Luca, sono il risultato di quello che mi hai fatto.
Maria segue il mio sguardo, facendolo alternare da me a lui, continuamente.
"Anita..."sussurra lei al mio fianco.
I miei occhi sostengono quelli di Luca, aspettando che lui faccia qualcosa e cerco di macchiare i miei di tutta l'indifferenza di cui sono capace.
Poi, quando mi rendo conto di non riuscirci più, la mia attenzione torna a Maria.
"Andiamocene, Maria" la supplico con lo sguardo.
Lei annuisce, comprendendo sia l'unica cosa possibile per me, ma quando meno me lo aspetto, sento la voce di Luca rimbombare nelle mie orecchie.
"Anita" cerco di trovare un'incrinazione nella sua voce ma,al contrario, il suo torno è fermo e serio.
Scelgo di ignorarlo.
Ma lui ritenta, imperterrito. Avverto muovere alcuni passi nella mia direzione e mi auguro non si spinga oltre, non quando siamo in ospedale e potrebbero guardarci tutti.
"Anita, forse..."Maria appoggia una mano sul mio braccio, stringendolo appena, ma facendo in modo che mi fermi. Io mi volto nella sua direzione, la guardo e questo basta per farle capire che non le darò ascolto.
"No Maria. Io devo andarmene, andiamocene" le sussurro, sentendo le lacrime salirmi agli occhi.
Lei non dice più nulla e, quando mi lascio Luca alle spalle, lui non fa più niente per fermarmi.

La porta del mio studio si chiude con un tonfo dietro di me.
"Non ti ho chiesto nulla, ma dopo questo, dopo che vi ho visti così, non posso fare finta di niente". La voce di Maria suona decisa alle mie spalle.
Mi volto, appoggiandomi alla scrivania dietro di me. Sono stata brava, ho ricacciato tutte le lacrime, non ho pianto. Devo solo resistere un altro po'.
"Non  c'è nulla da spiegare, Maria" ammetto, con gli occhi bassi.
Lei, allora, muove un passo verso di me, incrociando le braccia al petto.
"Anita, invece, io credo di sì. Sai, non mi è sfuggito come vi siate guardati in corridoio".
Il mio tono, a quel punto, si macchia di irritazione. "Cosa vuoi che ti dica, Maria? Vuoi che ammetti come io mi sia lasciata fregare dal bel dottorino? È questo che vuoi faccia? E allora lo farò, perché la verità è proprio questa e non c'è niente di più squallido nell'essere delusi e feriti dall'unica persona che avresti voluto non lo facesse!"
"Anita..."
"Va tutto bene" replico, avvertendo una lacrima scivolarmi lungo la guancia. No che non va bene, non va bene niente.
"Anita, tesoro" aggiunge Maria, facendosi vicina. Quando mi stringe in un abbraccio, ho la vista appannata dalle lacrime e lascio che lei mi dia conforto.
"Va tutto bene, ok?" mi sussura e io non faccio più niente per trattenermi, lascio che le lacrime facciano il suo corso.
Va tutto bene.

Da quando sono arrivata non ho ancora salutato Lucia, e me ne dispiace davvero tanto, perché se penso che lei un giorno possa andare via dall'ospedale, mi sale il magone.
Non voglio, però, che lei mi veda in queste condizioni ma, allo stesso tempo, ho intenzione di passare ogni momento libero con lei.
Incrocio nei corridoi lo sguardo di parecchi colleghi, e mi viene da pensare perché molti mi guardino in modo compassionevole. Sono messa davvero così male? O magari la scenetta di me e Luca ha dato scalpore e non ha fatto altro che alimentare i pettegolezzi.
Non me ne curo, adesso non ho tempo per questo. Voglio solo andare dalla mia piccola Lucia ed è quello che faccio.
Ma qualcosa, appena sull' uscio della sua stanza, mi fa bloccare.
Luca è lì, accanto a lei.
Vattene via Luca, vattene via.
Una mano si posa sullo stipite, e mentre sento il bisogno di andare via, le mie gambe faticano a muoversi dal loro posto. Allora rimango qui, e il mio sguardo si sofferma su di loro. Sono così belli. È bello il modo in cui Luca gioca con Lucia, e lo è altrettanto lei che si lascia andare ad una risata. Gioiosa, piena di luce.
Io vi guardo, Luca, e mi viene da pensare che tu saresti un padre perfetto, e sarebbe ancora più bello se tu lo fossi per Lucia.
Li guardo, silenziosa, spettatrice di un momento solo loro. Ma quasi come se Luca si fosse accorto del mio sguardo su di lui, si volta nella mia direzione e i suoi occhi bruciano su di me.
Beccata, è l'unica parola che riesco a pensare. Lui si è accorto di me e, quando mi nascondo, appiattendomi al muro dietro di me, mi rendo conto di non poter scappare.
Mi auguro solo che Lucia non se ne sia accorta, non riuscirei a sopportare la sua delusione nei miei confronti.
Avverto i passi di Luca farsi vicini e ci provo lo stesso. Provo a sfuggirgli. Muovo un passo, poi due, poi tre. Ma mi rendo conto che sia troppo tardi quando avverto la sua voce. Sono in trappola.
Prima che possa solo muovere un altro passo, sento le sue dita stringersi attorno al mio polso. La sua stretta è decisa. A quel punto, Luca mi tira verso di sé, costringendomi a voltarmi nella sua direzione.
Lo scontro con i suoi occhi è disarmante.
"Lasciami andare, Luca" gli sussurro, ma lui non mi dà ascolto. Sento la sua presa intensificarsi. "Adesso mi ascolti, invece"
"Lasciami. Adesso." gli replico, allora, con foga.
Luca scuote il capo a destra e a sinistra, rendendosi conto che nessuno ci stia ascoltando o sia nei paraggi. A quel punto,  nonostante io cerchi di divincolarmi dalla sua presa, puntando i miei a terra, lui prende a trascinarmi per il corridoio.
Non mi lascia finché non siamo nel mio studio. La sua presa è forte su di me e sento sia destabilizzante per il mio corpo.
Lui richiude la porta dietro di sé, appoggiandosi ad essa, facendo così in modo che non scappi.
Non posso scappare da lui e dal suo sguardo. E allora mi abbatto contro di lui, colpendolo al petto. Una, due, tre volte.
Ma mi rendo conto che, a differenza di quello che pensavo, ad ogni corpo sferrato, la rabbia invece di affievolirsi, aumenta.
"Adesso basta!" è un attimo prima che mi ritrovi bloccata dalla sue braccia. Ci osservo, ascolto il mio cuore che batte forte, il respiro affannoso.
Lo guardo a mo' di affronto. "Non voglio ascoltarti Luca, lo capisci o no?" gli rinfaccio con astio.
Luca sembra sorpreso dal mio tono, ma è un attimo, perché il momento dopo riprende ad urlarmi contro.
"E invece adesso mi ascolti e la smetti di fare la bambina. Credi che non mi sia accorto di quello che hai fatto prima, pensa se Lucia ti avesse vista scappare...sei proprio infantile!".
Sento ribollirimi dentro dalla rabbia e quando riesco a liberarmi dalla sua presa, lo spintono con forza.
"Tu?! Tu osi dare dell'infantile a me? Dopo tutto quello che hai combinato, la bambina sarei io? Ma ti senti?!"
"E allora ascoltami, posso spiegarti!"
"Ma cosa, cosa vuoi spiegare?" sbotto.
Non so esprimere con esattezza cosa succeda subito dopo ma è chiaro che l'urlarsi contro diventa quasi una sfida. 
Maria entra nella stanza, trovandoci trafelati per lo sfogo. Mi viene da pensare che non abbiamo sentito nemmeno che avesse bussato, tanto presi dalla nostra discussione, ma le sono grata per la sua intrusione.
Lei, al contrario, rimane ferma sulla soglia, in imbarazzo, resasi conto di aver interrotto qualcosa. Sia io che Luca cerchiamo di darci un contegno, voltandoci verso di lei, aspettando che apra bocca.
"Dottoressa, c'è la sua amica, ha bisogno urgente di parlarle".
Luca lascia la stanza poco dopo, nel silenzio più totale e quando Carlotta fa il suo ingresso nel mio studio mi rendo conto che ci sia qualcosa che non vada.
Maria ci lascia sole, e Carlotta comincia a parlare a raffica, gesticola nervosa. Sembra sia in preda ad una crisi isterica.
"Lottie..."la richiamo, ma sembra quasi impossibile calmarla.
"Io non ci credo, non ci credo..."proferisce in un sussurro.
"Di cosa si tratta esattamente?" le domando.
A quel punto lei lascia andare un sospiro frustrata, sembra che le costi tanto ammettere questa cosa.
"Si tratta di Federico, mi ha ingannata".
Rilascio uno sbuffo sonoro, portando le mani al cielo. "Anche lui? Andiamo bene!" ammetto esasperata.
Di una cosa ne sono certa, non c'è mai fine al peggio.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti, come state?
Spero stiate trascorrendo delle buone vacanze e che vi stiate godendo un po' di meritato riposo. Io sono al mare, in vacanza, ma qui c'è davvero un tempaccio, sta piovendo e ne ho approfittato per dedicarmi alla stesura del capitolo.
Ammetto che una buona parte di esso fosse pronta da tantissimo, ma un po' per mancanza di tempo, un po' per voglia, mi sono ridotta a finirlo solo ora. Però, meglio tardi che mai. Mi auguro che a qualcuno possa ancora interessare questa storia, e che il capitolo possa piacervi. Spero che Anita non risulti troppo melodrammatica, ma mettetevi nei suoi panni: si è sentita presa in giro e ferita dall'uomo che ama, non è una situazione facile da superare per lei...
Questo, però, è solo l'inizio di tante peripezie, anche perchè il motivo del comportamento di Luca non è ancora chiaro. Avete teorie a riguardo?🤔
Aspetto i vostri commenti e vi do appuntamento alla prossima, sperando non sia tra altri tre mesi!😅😂
A prestooo!







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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


Capitolo 36
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 36




Mi volto a guardare Lottie, che mai come oggi, sembra condividere il mio stesso dolore. Mi fermo a scrutare il suo aspetto, ha l'aria trasandata, come se fosse uscita di casa di corsa, chissà magari proprio da quella di Federico.
Osservo i suoi occhi, sono rossi, come se nel tragitto avesse pianto; riesco a leggerci tutta la tristezza e il turbamento che una delusione d'amore può provocare.
 Adesso, però, c'è la necessità che i miei problemi vengano messi per un po' da parte, perché lei ha bisogno di me.
"Lottie..."la richiamo,accarezzandole un braccio, con delicatezza.
"Scusa Anita se sono piombata qui, tu stai lavorando e io..." sento che se dovesse continuare a parlare così, a raffica, potrebbe sentirsi seriamente male.
"Shh, Lottie. Respira"le consiglio. "Va tutto bene, ok?".
Sotto un certo punto di vista è strano ritrovarmi a rassicurarla quando io sono la prima a sentirmi vacillare.
Carlotta sembra ascoltare le mie parole, cerca di riprendere la calma inspirando ed espirando lentamente, ma dura solo un attimo perché il momento dopo si lascia andare ad uno sbuffo, risentita.
"Perché è tutto così ingiusto? Mi sento tanto sciocca ad essermi fidata di lui e Federico mi ha solo usata, io, io sono stata solo una stupida scommessa da vincere!" mi confessa con stizza.
Alle sue parole, sulla mia faccia si dipinge un'espressione di ribrezzo."Ma è terribile..."le replico con repulsione.
È in quel momento che la noto vacillare come schiacciata dal peso delle sue stesse parole.
"Già..."sussurra con le lacrime agli occhi.
I suoi occhi sono stanchi e spenti, resi opachi dalla tristezza.
"È uno stronzo senza cuore" la sua voce si macchia di disprezzo "lo odio!".
Il mio pensiero, inevitabilmente, corre a Luca e a quello che è successo poco fa tra di noi.
Cosa sarebbe accaduto se Maria non ci avesse interrotto? Per quanto avremmo continuato a battibeccare?
"Anita, mi stai ascoltando?!"
Mi volto nella sua direzione, colta in flagrante.
"Mi dispiace Lottie, ero sovrappensiero" ammetto, abbassando lo sguardo.
Lei, in cambio, mi rivolge uno sguardo carico di quella dolcezza che la contraddistingue.
"Non è una giornata facile nemmeno per te, vero?" mi chiede.
È strano perché adesso sembra che sia lei che voglia dare conforto a me.
"No, ma adesso non è così importante come quello che mi stavi dicendo"cerco di sviare il discorso, riportando l'attenzione su quello che mi stava raccontando, ma Carlotta non deve essere del mio stesso avviso.
"Anita..."
"Facciamo così, se fosse possibile, vorrei dedicarti tutto il tempo di cui hai bisogno, ma il dovere mi chiama. Io ti aspetto stasera, a casa: passiamo una serata insieme. Io, tu e le ragazze,ok?" le sorrido rassicurante.
Lottie stringe le mie mani tra le sue "non devi scusarti, Anita. Fai già abbastanza per me, per tutte noi. Io adesso vado, a stasera."mi saluta.
A quel punto, la guardo andare via, lasciandomi andare, esausta, sulla sedia girevole del mio studio.

Mi siedo sul letto, accarezzando le lenzuola lisce e fresche di bucato; devono averle cambiate in mattinata. Lascio dondolare i piedi sul pavimento, in attesa. E poi, eccola lì, la vedo entrare, accompagnata da un infermiere di ritorno dalla sua seduta di riabilitazione. Non sembra nemmeno una piccola bambina che tre settimane fa ha avuto un intervento a cuore aperto.
Lucia, oggi, è felicissima e raggiante. Sorrido di rimando.
Lei non sembra accorgersi sùbito di me, troppo impegnata in una divertente conversazione con l'infermiere. Osservo la sua scomposta seduta sulla sedia a rotelle, il suo peluche stretto al petto, e il busto rivolto verso il suo interlocutore.
Mi appoggio al letto dietro di me, facendo leva sulle braccia.
"Un uccellino mi ha raccontato che qualcuno, qui, abbia fatto passi da gigante"esclamo nella sua direzione.
È un attimo prima che Lucia si volti verso di me, riesco a notare lo stupore invadere i suoi occhi.
"Anita!"
Ho poco tempo per rendermi conto che lei sia balzata giù dalla sedia a rotelle per venire ad abbracciarmi. Avverto le sue braccia stringersi attorno al mio corpo e una sua risata soffocarsi sul mio petto. Non mi sfugge l'espressione dolce che ci rivolga l'infermiere.
Sùbito dopo, abbasso gli occhi alla mia piccola Lucia, ricambiando con enfasi la sua stretta.
"Può andare, ci penso io qui" faccio presente all'uomo rimasto sulla soglia.
"Certo, Lucia verrò più tardi a cambiarti la medicazione. A dopo" le comunica prima di lasciare la stanza.
Lucia scioglie l'abbraccio, sedendosi accanto a me, sul letto. La osservo imitare la mia posizione e cominciare a dondolare le gambe l'attimo dopo. È così dolce.
"Sono passata a salutarti, tra un po' vado via" le dico.
E, allora, lei mi guarda, annuendo contrariata.
"Uff, di già?" mi domanda con uno sbuffo.
Alle sue parole non posso fare a meno di trattenere una risata, accarezzandole con amore il capo.
"Mi piacerebbe tanto rimanere qui con te, ma il mio turno per oggi è finito. Però io torno domani, lo sai" la rassicuro.
Lucia annuisce, stringendosi un po' a me: "va bene" replica "ma domani devi passare tanto tempo con me"
"Certo" le concedo un sorriso.
Lucia sembra pensarci su, come se non fosse pienamente soddisfatta da quello che le ho detto, la sua espressione si rabbuia improvvisamente.
"Hei" appoggio due dita sotto il suo mento, facendo in modo che il suo sguardo incroci il mio. "C'è qualcosa che non va, qualcosa che vuoi dirmi?" le domando.
La piccola non risponde sùbito, ma nel momento in cui lei si accocola a me, aggrappandosi morbosamente al mio braccio, mi rendo conto che sia il pensiero di vedermi andare via a preoccuparla.
"Prometti che non mi lascerai mai" sussurra.
Le sue parole mi lasciano sorpresa e con l'amaro in bocca.
"Lucia..."
"Lo devi promettere, Anita. Promettilo" mi fa presente, con una certa insistenza.
Mi rendo conto di essere impotente davanti al suo sguardo, Lucia ha bisogno di una promessa, di certezze che forse non le posso dare.
"Va bene, Lucia. Te lo prometto" le replico, e mi viene da pensare sia un bene sia tornata a stringermi serena, in modo che non si renda conto di quanto le sue parole mi abbiano turbato.
Riuscirò a mantenere la promessa?

Tornare a casa con il pensiero di ospitare le ragazze da me, stasera, fa apparire questa giornata più leggera di quanto sia.
Quando sono nervosa, cucinare mi rilassa. E infatti, mi sono prodigata affinché io e le mie amiche potessimo goderci una buona e sostanziosa cena.
Non ho preparato le mie amate cotolette perché saprei i commenti che potrebbero fare a riguardo, ma, per una volta, ho voluto stuzzicare la mia fantasia e il loro palato.
Mettermi ai fornelli è un lusso che non posso permettermi così spesso, perché il lavoro non me lo concede, ma quando questo accade, sapere di potervi dedicare tanto tempo e cura, lo fa sembrare quasi normale, quotidiano.
Guardo il mio orologio da polso, rendendomi conto che manchi poco all'arrivo delle ragazze e do un'ultima occhiata al tavolo apparecchiato. Per una maniaca del controllo come me, è importante sapere che tutto sia al posto giusto. È quasi una sensazione rassicurante notare che tutto procede come si desidera.
Le ragazze, puntuali, fanno il loro ingresso in casa poco dopo e si guardano intorno sorridenti, entusiasmate dal buon profumino che emanano le pietanze preparate.
"Ma che dolce che sei, Anita. Hai preparato tutto questo per noi" mi fa presente Giulia con un sorriso caloroso.
"Dobbiamo festeggiare qualcosa?" indaga Cristina, incuriosita.
Scuoto il capo, lanciando uno sguardo a Carlotta, ferma sulla soglia della porta.
"No, credo che dopo la giornata di oggi non ci sia tanto da festeggiare, ma noi non abbiamo bisogno di questo per passare una serata insieme, no?"
Lottie annuisce riconoscente, avendo capito che il riferimento non sia così casuale e, mentre le ragazze raggiungono il salotto, mi ferma per un braccio.
"Grazie" mi sussurra prima di seguire le altre.
Richiudo la porta dietro di me e mi rendo conto che il tonfo da essa provocato mi faccia sobbalzare.
Che la serata abbia inizio.
"Ah, Anita" mi chiama Giulia, indicando un vassoio tra le mani, "ho preparato un tiramisù. Vado a metterlo in frigo, ok?".
"Sì Giuls, ma credo che stasera faremo davvero il pieno di dolci. Mi sono fermata a comprare una vaschetta di gelato di ritorno dal lavoro" le faccio presente.
"Ma chi se ne frega, ho un bisogno disperato di dolci" aggiunge Cristina, tastandosi la pancia.
"Uuuhm, ma qui qualcuno ha proprio fame" le sorride sorniona, Giuls.
"Puoi dirlo forte, ultimamente non faccio che ingurgitare zuccheri" Cristina si lascia andare ad una risata, divertita.
"E la tua voglia di diventare una silhouette?" le fa notare l'altra.
Cristina le lancia un'occhiata maliziosa avendo capito che tra le sue parole si nasconda una velata provocazione.
"Da quando ho saputo che Edoardo mi preferisce così come sono, ho smesso di dare conto a quelle stupide diete che mi imponevo di seguire"
Giulia le dà manforte, perdendosi a parlare di quanto le loro relazioni vadano a gonfie vele. Io e Carlotta ci lanciamo uno sguardo a disagio: per carità, sapere che stiano bene, ci rende più che felici, ma stasera, dopo quello che è successo, è quasi un pugno allo stomaco.
"Okaay..."
"Ragazze, che ne dite di dedicarci, finalmente, alla nostra cena?"
Richiamo la loro attenzione su di me, sortendo l'effetto sperato.

È inutile dire che la mia cena sia stata più che gradita, il mio pollo accompagnato da peperoni fritti, ha riscosso un tale successo che le ragazze mi hanno fatto promettere di riprepararlo al più presto.
Dopo la cena, ci siamo spostate in salotto, appropiandoci del divano per gustare il dolce. Decidere cosa mangiare tra il tiramisù e il gelato si è rivelata un'impresa, ma alla fine il dolce preparato da Giulia ha avuto la meglio.
La serata procede più che bene, ma d'altronde non avevo dubbi su questo: non c'è niente di meglio che passare una serata con le mie amiche.
Gli argomenti spinosi sono rimasti per un bel po' nell'angolo; la povera Lottie ha rifiutato qualsiasi telefonata di Federico, in modo che tutto ciò non potesse rovinare la spensieratezza di questi momenti.
Ma, adesso, sento che quello che ho nascosto prema per uscire allo scoperto.
"Ragazze" reclamo la loro attenzione, facendole voltare nella mia direzione.
I sorrisi che poco prima coloravano i loro visi sono appassiti, resesi conto della seria inclinazione della mia voce.
"Io, io devo dirvi una cosa".
Prima di iniziare a parlare, prendo un respiro profondo, preparandomi a quello che andrò a raccontare.
"Quando, stamattina, Lottie è piombata nel mio studio, non sapeva di essere appena stata la mia salvatrice. Poco prima che lei arrivasse, infatti, Luca era lì e noi eravamo impegnati in un'accesa discussione. Il che non vi sembrerà strano, dato il fatto che per noi battibeccare sia un classico, ma questa volta dietro di questo c'è un motivo ben più serio".
Osservo i loro corpi tendersi alle mie parole, gli occhi assottigliarsi, le espressioni impensierirsi e quando, con foga, quasi in un disperato bisogno di consigli e supporto, prendo a raccontare quello che è successo, i loro visi non fanno che rabbuiarsi ancora di più.
Mentre ne parlo, mi rendo conto di quanto sia difficile per me accettare la realtà della situazione. Però, questa volta, riesco a tenere le debolezze lontano, utilizzando un tono freddo e distaccato, quasi come se non gli stessi dando molta importanza.
La prima a parlare è proprio Carlotta, con un'espressione contrita in volto:
"Oh Anita, mi dispiace così tanto, sono venuta da te addossandoti i miei problemi, quando tu stavi penando tanto".
Le sorrido, di un sorriso triste e malinconico.
"Non dirlo nemmeno Lottie, quando sei arrivata da me, mi sono resa conto che venissero prima i tuoi problemi dei miei, perché era chiaro che in quel momento avessi bisogno di conforto" ci tengo a farle notare.
Noto gli occhi di Carlotta velarsi di lacrime e quando mi stringe in un abbraccio, ricambio con una stretta più forte.
"È per questo che ti vogliamo così bene Anita, perché tu sei tanto buona e hai un cuore talmente grande da mettere al primo posto i problemi degli altri prima dei tuoi"
Le parole di Giulia sono capaci di scaldarmi il cuore. È bello sapere che abbiano questa considerazione di me.
"Non dite così che poi mi fate piangere" faccio notare, nascondendo un sorriso commosso.
"È vero Anita, ci dimostri ogni giorno che persona speciale tu sia, e che potremmo contare su di te ogni volta che ne avremmo bisogno. Devo ricordarti di quel giorno, al self-service, quando hai incitato Emiliano a venirmi a parlare? Se tu non lo avessi fatto, probabilmente ora non saremmo a questo punto, non saremmo così felici" ammette Giulia.
"Giulia ha ragione. Ricordi  quando ero così riluttante all'idea di chiamare Edoardo? Era chiaro non comprendessi perché il solo prendere un caffè con lui mi spaventasse tanto. Non mi hai detto niente, ma al momento giusto sei stata capace di farmi capire stessi sbagliando, dandomi quella spinta necessaria ad aprire il mio cuore a qualcuno"aggiunge Cristina, dandole manforte "e poi lo sai che mai avrei voluto ammetterlo, ma ti ringrazio ogni giorno per averlo convinto quella volta ad unirsi a noi" scherza, cercando di stemperare la situazione e strappandoci un risolino divertito.
"Ok, avrei voluto resistere, ma se mi rivolgete tutte queste belle parole, mi è difficile trattenere le lacrime" sussurro, piena di gratitudine.
"Anita" mi richiama Cristina "ci siamo sempre dette che ci saremmo state nel momento del bisogno, quindi, adesso, siamo qua e comprendiamo quanto sia difficile il momento che tu stia passando. Vorremmo poter fare qualcosa per te".
Vorrei poter dire che stanno facendo già abbastanza per me, dopo quello che mi hanno detto, mi sento quasi in debito con loro.
"Mmmh, ci penso su. Se aveste una bacchetta magica per far tornare la mia vita indietro di mesi, sarebbe tutto più semplice" cerco di ironizzare sulla situazione, ma non mi riesce poi così bene.
"Sinceramente, se mi trovassi davanti Luca Franzese gliene vorrei dire di cotte e di crude" ammette Cristina con un sorriso trionfante.
"Io sono sicura che una spiegazione ci sia, insomma, deve esserci per forza" dà voce ai suoi pensieri, Carlotta, con un filo di voce.
"Ti prego Lottie, non farlo" il tono di Cristina sa di supplica ma anche di rimprovero "non giustificarlo, non dopo che Federico ti ha trattata allo stesso modo".
Osservo gli occhi di Carlotta intristirsi improvvisamente, resasi conto delle parole di Cristina.
"Cris, però, forse Lottie non ha tutti i torti a riguardo. Penso che niente possa giustificare il loro comportamento, ma è possibile che dietro di ciò ci sia una motivazione" tenta di farla ragionare, Giulia.
"Oh beh, vediamo, che motivazione troveresti affinché ci possa essere spiegato che Federico abbia fatto una stupida scommessa per portarsi a letto Carlotta?!" ribatte, allora, lei con astio.
Giulia schiude la bocca pronta a ribatterle, sembra quasi rifletterci ma alla fine rimane in silenzio.
Rimarcare la situazione non fa che renderla più difficile da accettare. Non oso nemmeno pensare come si possa essere sentita Carlotta scoprendo che la sua relazione fosse fondata su una squallida scommessa. Mi immagino come la notizia l'abbia talmente sconvolta, facendola sentire umiliata e ferita.
"Ecco vedi, non ce ne sono, lui rimane solo un bastardo senza cuore!" le fa presente con un'espressione ovvia.
Non faccio che alternare lo sguardo da loro a Lottie che cerca di farsi piccola piccola dopo il loro concitato scambio di battute.
"Basta, ragazze adesso basta!" Carlotta alza il tono di voce per sovrastare il loro dibattito ,"è già difficile di suo".
"Lottie ha ragione" le do manforte, cercando di placare gli animi. "E poi..." vorrei continuare a parlare se non fosse che il mio cellulare prenda a squillare con insistenza.
Mi sorprende leggerci il nome di Biagio sul display.
"Chi è?" mi domandano, aprendosi in un "ooh" di coro quando gli mostro il mittente della chiamata.
"Non rispondere, sono sicura che sia con Federico. È suo amico, chi mi dice che lui non abbia assecondato questa stupida scommessa?" ribatte Carlotta, contrariata. È accecata dal risentimento perché sono sicura non potrebbe mai pensare a Biagy come un complice di Federico.
"Non so, Biagio non mi sembra proprio il tipo" le replico, infatti.
"Ohoh, cos'è lo difendi?" mi fa notare Giulia, divertita.
"Assolutamente no, ma se dovessi pensare a lui come ideatore di questo sporco gioco mi verrebbe da ridere per l'assurdità, su Alberto e Diego, invece, non ho dubbi".
"È vero, quando stamattina sono scappata da casa di Federico, Alberto era lì e gli chiedeva della scommessa" ci comunica Carlotta, abbassando lo sguardo.
Le sue parole non lasciano spazio ai dubbi.
"Rispondi, Anita" mi incita Cristina. "Chi ci dice che sia con lui, magari vuole solo proporti di uscire".
Sono un po' turbata dalle loro parole: le mie amiche non sono a conoscenza di quello che Biagio mi abbia confessato e io non ho intenzione di dire niente a riguardo. Non perché non mi fidi del loro giudizio, le conosco così bene da pensare che rimarrebbero sconvolte all'idea che non possa essere un mio papabile pretedente più che dalla sua omosessualità. Ma è a me che Biagio ha deciso di confidare il suo segreto e io ho il dovere di far rimanere le sue parole come tale.
Alla fine, rispondo.
"Pronto"
"Ehm...ciao, Anita" il suo tono mi sembra esitante, preoccupato.
"Biagio, cosa devi dirmi?" gli chiedo senza giri di parole.
Lui prende un respiro prima di iniziare a parlare. La sua non è l'unica voce che avverto dall'altro capo del telefono e, data la situazione, mi viene da pensare che sia con Federico.
Nel frattempo le ragazze mi chiedono di mettere il vivavoce e la sua voce si propaga presto nella stanza.
"Ecco, vedi Anita" comincia "sono sicuro al 100% che Carlotta sia lì con te e credimi, questa situazione mi provoca parecchio disagio, ma io non ho mai visto Federico così preoccupato, quindi, ti prego, se potessi dirle di rispondere alle sue chiamate, mi faresti un grande piacere".
Le ragazze seguono con attenzione la nostra conversazione, non mi sfugge come la mia amica abbia contratto le labbra in una linea dura.
"Biagio..."
"Nono, hai ragione, capisco il tuo punto di vista. Carlotta è tua amica ed è normale che tu sia dalla sua parte".
Il mio tono di voce si inasprisce, forse più di quanto avrei voluto.
"Ah beh, certo. Federico è tuo amico, quindi, dopo quello che ha fatto, è normale che tu sia dalla sua parte?" gli faccio notare.
"Nono, Anita. Io non sono dalla parte di nessuno, vorrei solo che tu capissi che le cose non sono come sembrano...se solo Carlotta potesse ascoltarlo, se ne renderebbe conto".
Le sue parole mi lasciano perplessa e io vorrei rispondergli ma il gesto di Carlotta è inaspettato. Prima che me ne renda conto, mi ha sfilato il cellulare dalle mani e se l'è portato all'orecchio.
"Ciao Biagio, sì sono Carlotta e sì, so che Federico, adesso, sia lì con te. E sai cosa c'è? Ti pregherei di riferire al tuo amico che no, non ho nessuna intenzione di ascoltare quello che ha da dirmi  e niente e nessuno potrà farmi cambiare idea!" sbotta, chiudendo in modo repentino la telefonata.
"Carlotta?"
"Sto bene, io devo solo calmarmi, ma sto bene, ok?" ci fa presente come a voler convincere prima lei stessa che noi.
"Lottie, io capisco che tu stia male, però, povero Biagio, forse non si meritava che gli urlassi contro" le faccio notare.
Carlotta rilascia uno sbuffo come ad allentare la tensione, ma, al contrario di quello che pensavo, è concorde con me.
"Passami il cellulare, per favore" mi chiede.
La scruto dapprima titubante, non riesco a capire cosa voglia fare.
"Voglio chiedere scusa a Biagio. Ho sbagliato a prendermela con lui" dà voce ai miei pensieri.
Lottie si porta l'apparecchio all'orecchio, in attesa, ma non passa molto prima che il ragazzo accetti la chiamata.
"Anita..." pronuncia sorpreso.
Carlotta sembra in imbarazzo: "ehm ciao Biagio, sono Carlotta" gli replica esitante.
"Ciao Carlotta..."
La mia amica cerca di armarsi di coraggio e prende a parlare. "Senti, riguardo a prima, ho esagerato. Non avrei dovuto prendermela con te, è solo che sono molto arrabbiata con Federico e..."
Biagio si dimostra essere molto comprensivo, ma non avevo dubbi a riguardo. "Va tutto bene, Carlotta. Sta tranquilla" tenta di rassicurarla.
"No, Biagio, davvero, il mio comportamento è inaccettabile, ma ecco, vedi, è tutta colpa di Federico, sì è tutta colpa sua!"
"E adesso, visto che è accanto a te, permettimi di ribadirgli un certo concetto".
Io e le ragazze ci lanciamo uno sguardo preoccupate dal cambio repentino del suo tono di voce. "FEDERICO!" esclama arrabbiata, "PER COLPA TUA HO TRATTATO MALISSIMO BIAGIO. SE VUOI PARLARMI, NON DEVI MANDARE I SOSTITUTI OPPURE I PICCIONI VIAGGIATORI, VA BENE? SE NON RISPONDO, EVIDENTEMENTE, È PERCHÉ NON HO NULLA DA DIRTI!".
Dall'altra parte segue il silenzio, e questo non fa che inalberare Carlotta.
"Hai capito?!" continua, rincarando il concetto.
Poi, stizzita, è pronta a chiudere la telefonata di nuovo, ma la voce allarmata di Federico ci fa destare tutte, curiose,
"Carlotta, ti prego, ascoltami. Lasciami spiegare"
D'un tratto è come se avessi un deja-vù e al posto della sua voce, io sentissi quella di Luca che, con insistenza, mi chiede di ascoltare, di capire.
Perché mi hai fatto tutto questo, Luca. Perché?
Lottie chiude la telefonata, sùbito dopo, restituendomi il cellulare come se si fosse scottata. È chiaro che sia turbata da tutto ciò, nonostante non voglia darlo a vedere, la osservo lasciarsi cadere di malavoglia sulla poltrona e portarsi le ginocchia al petto, stanca.
"Hei" in un attimo siamo di nuovo accanto a lei, pronte per stringerla in uno dei nostri soliti abbraccioni.
Forse questo non basterà a farle dimenticare quello che è successo, ma è il nostro modo di dimostrarle che ci siamo, e mi rendo conto che questo serva anche a me.
"Sentite" propone Giulia con la voce concitata. "Sarò controcorrente, ma io credo che sia giusto ascoltare cosa hanno da dire questi due. Così, quando avrete saputo cosa li ha spinti a comportarsi in questo modo, avrete un motivo in più per odiarli, no?".
"Sarà divertente sapere come cercheranno di discolparsi"ammette Cristina, con sarcasmo.
"Comunque ne sono sicura, se Federico e Luca si conoscessero, potrebbero essere migliori amici" le replica Carlotta, infastidita.
"Ok" annuncio, battendomi le mani sulle cosce. "Cosa ne dite di mangiare quella vaschetta di gelato?
"E gelato sia!".

Al mattino, quando mi sveglio, le cose non vanno nel migliore dei modi, la paura di dover riaffrontare Luca mi assale: ieri l'arrivo di di Carlotta ci ha interrotti, ma se oggi ci incontrassimo, come ci comporteremmo?.
Dopo aver dato una veloce sistemata alla casa, mi appresto a fare colazione. Mi siedo, lasciando penzolare con noia le gambe e appoggiandomi al bancone della cucina dietro di me. Do un'occhiata alla finestra, dove il cielo si prospetta sereno: meglio così, non dovrò preoccuparmi anche del brutto tempo.
Il borbottio della caffettiera mi risveglia dai pensieri che mi affollano la testa, portandomi a spegnere i fornelli e versare un po' di caffè fumante nella mia tazza di latte. Pensare che fino a qualche anno fa il caffè nemmeno mi piaceva, invece, adesso, è diventato essenziale per iniziare la giornata.
Lascio cadere senza voglia alcuni biscotti, osservandoli dispendersi nella mia bevanda calda.
Il display del mio cellulare, accanto a me, improvvisamente si illumina e io penso che la telefonata di Biagio, la quale mi strappa un sorriso, in un modo o nell'altro, mi risolleverà un po' l'umore.
"Biagio!" esclamo.
"Ciao Anita" replica lui con la voce pacata. "Disturbo?"
"Assolutamente, dimmi tutto!"
"Ecco vedi, mi dispiace davvero tanto per quello che è accaduto ieri sera. Ti ripeto, è stato molto imbarazzante chiamarti per dirti quella cosa, ma Federico è un amico. E lo so, sembra difficile da credere, ma lui non è come si pensa" mi spiega.
Rilascio un sospiro. "Biagio, stai tranquillo. Però, forse è il caso che se la vedono da soli, non credi?" gli faccio notare.
"Sono d'accordo" replica. "Non vorrei scatenare ancora l'ira di Carlotta" mi fa presente, strappando una breve risata ad entrambi.
A quel punto, però, la nostra conversazione sembra arrivare ad un punto morto, il che per noi è così strano. Con Biagio è impossibile che ci possa sentire a disagio. Ad un tratto, mi viene da pensare perché io mi sento delusa dalla nostra telefonata. Cosa mi aspettavo volesse dirmi?
"Beh, allora..." forse dovrei interrompere questa chiamata, ma la voce di Biagio arriva a sorprendermi.
"Anita, guarda, ieri ho trovato inopportuno chiedertelo, sarebbe stato imbarazzante sapere cosa avessero pensato le tue amiche, ma, volevo dirti, ti va di vederci un giorno di questi?" mi domanda, e non so perché ma sento che nel dirmelo sia quasi impacciato.
Sì, certo che mi va, certo che sì.
Cerco di darmi un contegno, non voglio sembrargli disperata, quasi come se non aspettassi altro.
"Oh...sì, va bene"
"Bene, ne sono contento" lo immagino che stia sorridendo.
"Anche io" d'istinto mi ritrovo a sorridere. Non so quando e come Biagio sia diventato così importante per me, ma il pensiero di poter contare su una persona come lui, mi dà sicurezza.
"Poi magari ci organizziamo, ho saputo di alcuni mercatini per la fiera del cioccolato, sai..."
"Certo" accetto, volentieri.
"Perfetto!" esclama.
"Allora, ciao"
"Ciao, Biagy".
Rimango a fissare la tazza del latte, lasciando girare il cucchiaino lentamente. Il mio latte è ormai freddo, ma poco mi importa, perché il pensiero che mi è appena balenato in testa, mi fa sorridere.

A togliermi il buonumore, però, ci pensa proprio Luca, che si palesa in corridoio, al mio fianco.
"Ciao" mi saluta, camminandomi vicino.
Ma davvero fa?
Sento i suoi occhi addosso, e mi volto a guardarlo con un'espressione corrucciata.
"Fai sul serio?" gli faccio notare, inasprita. "Luca, ti rendi conto dell'assurdità di questa situazione? Non puoi venire qui e dirmi "ciao", come se niente fosse!".
A quel punto lui sembra esasperato dal mio comportamento e porta una mano al cielo, gesticolando nervoso.
"Guarda Anita, io ci sto provando, ma davvero non so come poter avere una conversazione civile con te" mi fa presente, contraendo la mascella in un'espressione seria.
Mi fermo nel bel mezzo del corridoio, portando le braccia al petto.
"Se tu mi lasciassi stare, sarebbe meglio" lo scruto con uno sguardo di sufficienza.
"Ok" mi concede lui, arreso. "Piuttosto, la tua amica come sta? Mi è sembrata parecchio turbata, ieri" mi chiede, portando le mani nelle tasche del camice. Mi rendo conto che, mentre lasci dondolare i talloni sul posto, impacciato, sia quasi tenero, ma non devo lasciarmi prendere dal sentimentalismo.
È solo Luca, il ragazzo che odio con tutta me stessa.
Mi volto a guardarlo, aprendomi in una risata piena di scherno.
"Sai cosa? La mia amica, Carlotta, sta male e sai perché? Per colpa di uno stronzo che l'ha ingannata, riempiendola di bugie...e ora dimmi, non ti sembra una storia un po' familiare? Ma, forse sai, è perché voi uomini siete così prevedibili" le mie parole sono ponderate, scandite lentamente, ma velenose.
Luca è colpito da quello che ho detto, vorrei sorridere soddisfatta scrutando la sua espressione rabbuiarsi, ma mi rendo conto che, forse sapere di averlo ferito, innesca un certo senso di colpa in me.
Senso di colpa? Ma lui i sensi di colpa se li è fatti mentre ti riempiva di frottole?
No, no di certo.
Lo osservo rilasciare uno sbuffo e assottigliare lo sguardo. "Sai Anita, io ero venuto qua con buone intenzioni, ma a quanto pare tu non ce la fai proprio a non farmi notare il tuo odio nei miei confronti.
"Oh" mi porto una mano alla bocca, con fare ingenuo, "e cosa dovrei fare? Sorridere facendo finta che vada tutto bene?"
Luca non risponde, ma forse la sua occhiata fulminea basta a farmi capire che, adesso, quello arrabbiato sia lui. Meglio così, forse se ne andrà.
Fa un passo indietro, puntandomi un dito contro: "il discorso non è chiuso, non credere sia finita qua" dichiara.
"Sisi" mi ritrovo a rispondergli quasi a volergli dar ragione.
Poi, lo guardo andare via, allontanandosi, ma qualcosa sulla soglia della porta antipanico deve farlo bloccare.
L'orario delle visite è appena iniziato e la gente comincia ad affollare il reparto, impaziente di salutare i propri piccoli.
Ciò mi impedisce di capire cosa abbia fatto fermare Luca, fin quando l'affluenza inizia a scemare e riesco a distinguere la figura di un bambino al suo fianco.
Luca gli sta scompigliando teneramente i capelli, e quando, quasi come se avesse percepito il mio sguardo su di lui, si volta nella mia direzione, comprendo chi sia il mio piccolo ometto accanto a lui.
Sorrido, avvicinandomi per poterlo salutare.
"Francesco, ciao, cosa ci fai qui?!"

ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tuttiii, come state? Sì, lo so, ho il brutto vizio di sparire per mesi, ma questa volta, a mia discolpa, posso dire di aver avuto un'estate molto movimentata che ho voluto passare in compagnia dei miei amici. Ogni tanto si ha bisogno di staccare dai social, e da cellulari e pc, non trovate?
Comunque, scrivere questo capitolo, come dico da un po' a questa parte; sì sono ripetitiva, è stato un parto, quindi ringraziate la mia carissima amica Carlotta che è venuta in mio aiuto, permettendomi di portare a termire quello che avete letto.
Alloraa, le cose si complicano un bel po', scopriamo cosa è successo alla povera Lottie, che ora più che mai sembra condividere il dolore di Anita. Ma cos'hanno in testa Federico e Luca? Un criceto in prognosi riservataaa? Forse il miglior consiglio è quello di ascoltare per capire cosa li abbia spinti a comportarsi così, ma né Anita né Carlotta sembrano essere d'accordo su questo punto.
Invece, voi cosa ne pensate, come vi comportereste a riguardo?
E adesso che la piccola Lucia si sta rimprendendo, cosa pensate accadrà? Di sicuro la nostra paziente preferita sarà contenta di rivedere il piccolo Francesco, il suo fedele compagno di stanza😊
Intanto adesso vi saluto, sperando di poter tornare al più presto con un nuovo capitolo e ne approfitto per ringraziare le dolcissime ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo e che, con entusiasmo, continuano a seguire questa storia. GRAZIE!
Grazie anche a chiunque l'abbia inserita nelle liste, aumentate sempre più, e ai lettori silenziosi che, qualche volta, sarebbe bello sentire.
Alla prossima, ciaooo!





















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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


Capitolo 37
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 37







"Francesco, ciao, cosa ci fai qui?!"
Il piccolo, allora, si volta nella mia direzione, mostrando un sorriso sdentato ma fiero. Nonostante abbia solo un anno più di Lucia, sembra voglia atteggiarsi a più grande.
"Sono venuto a trovare Lucia" afferma con sicurezza.
Luca, a quel punto, incrocia le braccia dietro la schiena, lasciandosi andare ad una risata, divertito. "Adesso capisco il perché della tua fretta" gli fa presente con un'espressione di curiosità.
Francesco storce il naso, alzando il viso orgogliosamente; sembra si senta preso in giro dalle sue parole.
Luca incrocia il mio sguardo, e mi rendo conto che non voglio pensi quel sorriso dolce, affiorato sul mio viso, sia rivolto a lui, quindi indurisco, di colpo, la mia espressione.
"Devi sapere, Anita, che mentre  uscivo, questo piccoletto, per poco, non mi veniva addosso" mi racconta, senza distogliere gli occhi dai miei.
Abbasso lo sguardo, al piccolo Francesco, dedicandogli tutta la mia attenzione.
"Lucia sarà contenta di vederti" gli sorrido, lasciando una carezza sulla sua testa.
Lui annuisce vigorosamente, ricambiando il mio sorriso e gonfiando le guance teneramente.
"Francesco!".
Sua madre ci raggiunge poco dopo, e la sua espressione non è delle migliori. Osservo il suo viso contratto in una smorfia di preoccupazione.
"Quante volte ti ho detto di non correre, se non avessi saputo fossi diretto qua, avrei potuto perderti. Lo sai, no?" gli fa presente in tono di rimprovero, abbassandosi alla sua altezza.
Il piccolo annuisce, facendole il labbruccio in modo da intenerire sua madre e ci riesce, perché, l'attimo dopo, lei sbuffa addolcendosi.
"Non lo fare mai più, ok?"
"Va bene, mamma" gli promette.
Allora, il suo sguardo si posa su di noi, spettatori silenziosi della scena e ci sorride, tendendoci una mano per stringerla.
"Buongiorno".
Io e Luca le rispondiamo molto cordialmente prima di iniziare una conversazione con lei. Il primo a parlare è proprio Luca.
"Francesco ci ha fatto presente volesse far visita a Lucia" le si rivolge.
Lei annuisce, stringendo per una spalla il figlio a sè.
Francesco, al suo fianco, freme, come se non vedesse l'ora di liberarsi di noi e correre dalla sua amichetta.
La madre di Francesco si dimostra essere una persona molto a modo e gentile.
"Sì, siamo passati qui per una visita di controllo, sapete dopo l'operazione che Francesco ha avuto. Però, prima di andarcene, ha espresso il desiderio di salutare la sua amica Lucia. È possibile?" domanda con la voce pacata.
"Guardi signora, Lucia ha subìto un trapianto di cuore poche settimane fa, capisce che prendere precauzioni sia indispensabile" Luca replica in modo molto professionale, elencando i rischi che la visita del bambino potrebbe comportare.
Ho sempre affermato di amare questo lato del suo carattere, sempre così impeccabile nel suo lavoro, ma, adesso, mi rendo conto che vorrei lui non fosse sempre così elige al dovere. Ok le precauzioni, ma stiamo parlando di Francesco che vuole solo dare un saluto a Lucia.
Riesco a scorgere un velo di preoccupazione attraversare gli occhi della signora che mi è di fronte.
"Ma lei sta bene, vero?" chiede.
Luca le sorride rassicurante. "Sì, sta reagendo bene, non si preoccupi".
Sia lei che Francesco sembrano tirare un sospiro di sollievo alle sue parole, però, riesco a notare negli occhi del piccolo un velo di delusione alla notizia di non poterle far visita.
Vorrei fare qualcosa per lui, ma mi rendo conto di non avere molta voce in capitolo a riguardo, anzi, forse al momento la mia presenza qui è marginale. È Luca l'incaricato a prendere decisioni del genere.
Ma, all'improvviso, Francesco prende una mia mano tra le sue, tirandola per attirare la mia attenzione.
I suoi occhi sembrano vogliano supplicarmi.
"Ti prego, ti prego..." cantilena.
Mi muovo a disagio, avvertendo lo sguardo di Luca su di me. Immagino mi stia incenerendo con gli occhi, incollerito che Francesco lo abbia scavalcato, ma a differenza, la sua espressione è solo sorpresa: come se sia curioso di una mia risposta.
Sa che io mi trovi in difficoltà, vuole capire come mi comporterò.
La madre di Francesco gli scompiglia i capelli, posando poi una mano sulla sua spalla. "Hai sentito il dottore, Franci, è meglio che tu, adesso, non veda la tua amica, ma potremmo tornare a trovarla un altro giorno" gli fa notare con un dolce sorriso.
Lui non è d'accordo e mostra presto il suo disappunto, puntando i piedi a terra: "Non è giusto!" esclama capriccioso.
"Però, forse, possiamo fare un'eccezione questa volta, no?" tento di dissuadere Luca dalla sua decisione, notando gli occhi del piccolo illuminarsi alle mie parole.
Luca temporeggia ma, alla fine, sbuffa, allargando le braccia, arreso. "Va bene" acconsente, "ma si fa a modo mio".
Francesco esulta, stringendo il pugno e portandolo in aria. Anche sua madre sembra esserne felice, il suo sorriso sarebbe capace di illuminare la stanza.

Lucia, in realtà, non è più così debole: i suoi parametri lo dimostrano, eppure, prevenire è sempre meglio che curare. Com'è che si dice? La prudenza non è mai troppa.
Così, prese le dovute misure di prevenzione, Francesco è pronto per far visita a Lucia. Già la immagino la sua espressione, sarà talmente felice da non dimenticare mai questo giorno.
Mi sono presa l'incarico di accompagnarlo da lei, e sua madre ci ha informato che l'avrebbe aspettato in sala d'attesa. Luca è rimasto tutto il tempo al nostro fianco, in silenzio, ma, per la prima volta in questi giorni, non ho trovato la sua presenza fastidiosa. D'altronde, gli sono grata di aver permesso questo incontro.
"Eccoci qua" annuncio, fermandomi fuori l'uscio della sua stanza. "Vado prima io, tu aspetta qui finché non ti dirò di entrare, ok?" gli faccio presente.
Francesco non sta più nella pelle. "Va bene" annuisce.
Lui e Luca rimangono fuori, mentre mi faccio spazio nella camera di Lucia.
"Hei, piccola guerriera" la saluto, con un sorriso dolce a incorniciarmi il viso.
Lucia si volta verso di me e osservo i suoi lineamenti distendersi alla mia vista.
"Ciao, Anita" esclama, allegra.
Mi avvicino quanto basti per esserla vicina e mi siedo accanto a lei, sul letto.
"Sei venuta" mi sorride, lasciando gonfiare le guance. Si riferisce alla promessa che mi ha chiesto di mantenere solo il giorno prima.
Le lascio, allora, un buffetto, divertita, sulla mano.
"Ti avevo promesso che sarei stata un po' di tempo con te, no?" le faccio notare con un cipiglio.
Lucia annuisce, giocando con una ciocca dei suoi capelli. "Che facciamo?" mi chiede.
"Oh ben io, io ho una sorpresa per te..."
"Una sorpresa!" Lucia spalanca le labbra a formare una O, stupita. "Che sorpresa?" domanda eccitata.
Alla sua espressione non posso fare a meno di ridere divertita, lasciandole una carezza sulla testa.
"Oh beh, vedi" le faccio presente, "una persona è venuta a trovarti".
Il mio sguardo si punta alla porta, e Lucia segue attenta ogni mio movimento, ansiosa di scoprire di chi si tratti.
Francesco, poco dopo, esce allo scoperto, affacciandosi con il viso alla porta.
"Franci!" trilla Lucia, sorpresa.
Osservo i suoi occhi spalancarsi mentre si porta le mani alla bocca. Sembra così contenta di vederlo che, all'improvviso, tutti i dubbi che ci hanno assalito si dissolvono.
Francesco entra, piano, nella stanza, con le mani incrociate dietro la schiena.
"Ciao, Lucia" la saluta. Sembra quasi imbarazzato, mi è apparso di vederlo arrossire.
Entrambi sono così teneri e innocenti.
Quando è abbastanza vicino, mi rendo conto che Lucia sia presa dalla smania di fargli tante di quelle domande. La scruto agitarsi un po' sul posto e torturarsi le mani.
"Ma, ma, ma cosa ci fai qui?" gli chiede, così felice di averlo, qui, con lei.
"Sono venuto a trovarti".
Lucia sorride, abbassando lo sguardo.
"Mi mancavi, Franci" ammette intimidita.
Francesco gonfia il petto alle sue parole, come se non aspettasse altro che sentirselo dire.
"Anche tu" le replica, con un piccolo sorriso e lasciando dondolare i talloni sul posto.
A quel punto, mi viene da pensare che, forse, se non ci perdessimo ad analizzare qualsiasi aspetto delle situazioni, a tenerci tutto dentro, ma fossimo più spontanei e naturali, come i bambini, sarebbe diverso, magari più bello.
Avverto essere di troppo; Lucia e Francesco non si vedono da tanto e avranno tante di quelle cose da dirsi, raccontarsi, e decido di lasciarli soli. Non li perderò di vista, eh no, il mio occhio vigili non li abbandonerà, ma lo farò da fuori.
"Bambini" richiamo la loro attenzione. I due mi fissano sconvolti, quasi come se il mio nomignolo non gli si addicesse e non riesco a trattenere un sogghigno divertito alle loro espressioni.
"Mi raccomando, mi allontano per un attimo" alzo un dito nella loro direzione. "Ricorda Francesco, non più di 10 minuti, ti verrò a chiamare quando sarà ora di andare" gli faccio notare, poi, osservandoli un'ultima volta, lascio la stanza.
Al contrario di quello che mi aspettavo, Luca è ancora qui, ed è proprio lui a sbarrare il mio cammino un po' prima che mi allontani.
Quasi quasi, vorrei essere rimasta nella stanza, ma non posso tirarmi indietro.
"Li hai lasciati soli?" chiede, sembra sia sconvolto dalla mia azione.
"Sì" gli replico, annoiata.
Luca, allora, lancia uno sguardo alle mie spalle, assottigliando gli occhi, prima di tornare a rivolgere la sua attenzione a me.
"Ci possiamo fidare?" mi domanda, corruciando la fronte.
Se non fossi accecata dal risentimento che provo nei suoi confronti, potrei dire che sia quasi buffo e tenero, come un papà geloso.
A quel punto, roteo gli occhi, portando le mani al cielo come ad enfatizzare la questione.
"Cosa vuoi che facciano, Luca, sono bambini!".
Luca si gratta la nuca in imbarazzo.
"Hai ragione" ammette. "Ma non dobbiamo comunque perderli di vista" mi fa presente, composto.
Davanti alla sua espressione e l'ilarità della situazione, però, non posso più fare a meno di scoppiargli a ridere in faccia.
"Ma ti senti, Luca? Sembri un papà iperprotettivo!".
Luca sembra scrutare ogni mio movimento, allibito. Osservo i suoi occhi sbarrarsi impercettibilmente alle mie parole, il mio punto di vista deve averlo stupito.
"Anita" mi richiama, allora, serio in volto. "Forse sei tu che non capisci la gravità della situazione" mi fa notare.
"Tu dici?" gli replico, portandomi le braccia al petto. "Voglio ricordarti che Lucia sia uscita indenne da un trapianto al cuore, non vedo perché dobbiamo preoccuparci di un bambino".
Luca alza un sopracciglio, imitando la mia posizione. È chiaro che voglia aver ragione.
"Semplice, perché è chiaro che a quel bambino piaccia Lucia. Guarda!" constata con tono indispettito, indicando Francesco con una mano. Mi volto a guardare nella sua stessa direzione, e mi viene da sorridere alla scena di lui che lascia un bacio sulla guancia di Lucia.
Adesso capisco perché Luca sia così risentito nei suoi confronti: è ovvio che, nonostante forse non voglia ammetterlo a se stesso, prova qualcosa di più di un affetto sincero nei confronti di Lucia, il suo sembra quasi un interesse paterno.
Stupido Luca, stupido, stupido!
È un attimo prima che si allontani, pronto a fare il suo ingresso nella stanza. Osservo il suo passo veloce, come se avesse fretta di interrompere qualcosa.
Sento, a quel punto, riaffiorare dentro di me quel risentimento che mi sono imposta di provare nei suoi confronti e che non mi permette di ragionare lucidamente, richiamandolo un po' prima che entri.
Luca si volta verso di me e, nonostante non siamo più vicini come prima, riesco a scorgere un velo di sorpresa invadere i suoi occhi.
Non si aspettava gli potessi rivolgere parola di mia spontanea volontà, ma lui non ha idea di cosa io abbia intenzione di dire.
"Sai, Luca" mi assicuro che la sua attenzione sia completamente su di me e cerco di macchiare la mia voce del tono più sprezzante possibile.
"È un peccato che quel bambino, sì quell'esserino che Vanessa porta in grembo, non sia tuo figlio. Saresti proprio un ottimo padre!".
Luca mi da le spalle, velocemente, senza rispondere, come scottato dalle mie parole o almeno me lo auguro.
Ma no, non mi sento affatto soddisfatta, anzi, ho come l'impressione che più che ferire lui, abbia ferito me stessa.
"Ok Francesco, è ora di andare" afferma, fingendo una voce grossa, ma io avverto qualcosa nel suo tono incrinarsi.

Lascio giocare la forchetta nel mio piatto, rigirando i pezzi di petto di pollo da una parte all'altra, svogliata. 
"Hei, Anita, posso sedermi?".
La voce di Arianna mi fa destare, all'improvviso, portandomi a voltarmi verso di lei, in piedi, davanti al mio tavolo.
Osservo il vassoio tra le sue mani, il risotto da cui si propaga un buon profumino. Arianna lascia affiorare un piccolo sorriso sulle sue labbra, ricambiando lo sguardo.
"Certo, Arianna" le concedo, indicandole il posto di fronte al mio. Forse, con lei, il mio pranzo non sarà più così triste.
Torno a porre attenzione al mio piatto, portandomi un altro boccone alle labbra, infilzando il pollo con forza.
La sedia stride bruscamente quando Arianna la scosta per sedersi, ma una volta preso posto, mi appare silenziosa, fin troppo.
"Non vorrei mai trovarmi al posto di quel povero pollo. Stai pensando a qualche persona in particolare mentre lo infilzi con tanta forza?" mi fa notare, con un tono fintamente serioso.
Alzo, allora, lo sguardo e osservo la sua espressione, le labbra contratte in una smorfia divertita, il cipiglio in fronte, e non posso fare a meno di trattenere una risata.
Improvvisamente, con le sue parole è stata capace di risollevarmi l'umore.
"No, nessuno di particolare" le replico, vaga.
Arianna porta una mano al cuore, inscenando un'espressione di stupore. "Ma davvero? Io avrei detto il contrario"
"Ah sì?"
"Sì" esclama con un sorriso biricchino. "Mi è lampeggiato un nome nella mente, così, per caso, visto che non si fa che parlare di altro".
Ad un tratto, la questione si fa interessante, imponendomi di usare un tono estremamente serio.
"Cosa vuoi dire?" le domando allarmata.
Arianna prende un sorso di acqua, pulendosi le labbra con un tovagliolo, senza mai distogliere lo sguardo dal mio. Anche la sua voce ha perso quella inclinazione divertita di poco prima e questo mi fa pensare che non sia un buon segno.
"Beh, tu e il dottor Franzese, ormai non si fa che parlare di altro. Qualcuno ha insinuato che abbiate una storia, magari clandestina, ma, forse, questo lo sai già" mi racconta in tono grave.
Dovevo aspettarmelo che fosse questo il motivo, d'altronde Arianna non mi dice niente di nuovo. Come lei dice, sono a conoscenza di quanti pettegolezzi abbia creato questo rapporto tra me e Luca.
"Ma è vero, Anita? Avete davvero una storia?."
Non vedendomi proferire parola, Arianna ritorna ad attirare la mia attenzione, usando un tono basso, intimidita. Da quando la conosco, mi sono resa conto che lei sia tutto al di fuori che timida.
"No, Arianna, non abbiamo nessuna storia" le chiarisco, inasprita.
Lei sobbalza alle mie parole, assumendo un'espressione mortificata.
"Scusami, non volevo sembrarti invadente, ma concedimi il beneficio del dubbio" mi fa presente dispiaciuta.
Ho imparato a conoscere Arianna nel corso di queste settimane e devo ammettere che mi sia stata spesso vicina, anche nei momenti in cui non mi aspettavo di poter contare su di lei, e so che sia sincera. Mi rendo conto, quindi, di essere stata parecchio aspra con lei e me ne dispiace.
"Io e Luca ci conosciamo dai tempi del liceo, lui all'epoca era la mia cotta, ma il nostro è sempre stato un rapporto intricato. Abbiamo parecchie cose in sospeso, per questo c'è molta tensione tra di noi: si tratta di ferite non rimarginate" le faccio presente con tono di scuse.
Arianna appare sùbito rapita dal mio racconto, è eccitata all'idea di conoscere qualsiasi dettaglio, ma per questa volta dovrà accontentarsi di questo.
"Quindi, vi siete rincontrati dopo anni?" domanda, curiosa.
"Sì" le replico, accondiscendente. Ho paura che la sua voglia di sapere non sarà placata facilmente.
"Lo sai che la vostra potrebbe essere la trama di una serie tv? Una di quelle che guardi su Netflix, con la differenza che, per seguirla, non ho bisogno di spendere nemmeno un centesimo di abbonamento" mi fa notare, dilettata dalla situazione.
"Sei mitica, lo sai?."
Mi rendo conto che oggi avessi proprio bisogno di qualcuno che mi facesse ridere così tanto come sta facendo Arianna. È un bene che questa ragazza così spontanea e divertente sia capitata sulla mia strada.
Quando mi ricompongo, ho quasi le lacrime agli occhi, ma la sua espressione non mi rende facile smetterla.
"Modestamente, me lo dicono in tanti" mi fa presente, pavoneggiandosi.
Scuoto la testa, divertita.
"Dovrò aspettare la prossima puntata per sapere qualcosa in più, vero?" mi domanda, allora, in tono solenne.
"Esatto"
Arianna lascia sfregare le mani tra di loro, pregustando già le notizie che, prima o poi, riceverà.
"Non vedo l'ora!" esulta.
Incrocio il suo sguardo con un sorriso ad affiorare sulle mie labbra.
"Grazie, Arianna. Devo ammettere che tu mi abbia risollevato la giornata" il mio tono nei suoi confronti è assolutamente riconoscente.
Lei sorride in imbarazzo."Non ho fatto niente, Anita. Siamo amiche, no? Le amiche ci sono nel momento del bisogno".
"Hai ragione".
"Ecco, Anita, allora permettimi di metterti in guardia da Giorgio. Non è così bonario come vuole far credere" mi confida a bassa voce, quasi avesse paura che qualcuno ci senta confabulare.
"Lo so, ho avuto modo di constatarlo giusto qualche settimana fa"
"Nono, Anita, lui è tremendo, ti giuro" aggiunge con preoccupazione, "pensa che in questi giorni, accortosi di questa nostra amicizia, mi ha avvicinata; mi ha fatto delle domande su di te, mi ha chiesto cose che in un primo momento non mi sono sembrate strane, ma ho capito. Giorgio è geloso di te, Anita, poi con questa storia del capo specializzando è diventato competitivo: sa che la candidata migliore potresti essere tu e ti teme".
Assimilare quello che Arianna mi dice mi viene difficile, soprattutto perché non sono a conoscenza dell' idea di Visconti di nominare un capo specializzandi.
Lui è geloso di te, ti teme, le sue parole non fanno che tormentarmi.
"Capo specializzandi?" le domando, confusa.
"Sì, Anita" proferisce ovvia, "pensavo lo sapessi. Sai, con il concorso e un nuovo gruppo di specializzandi da gestire, la situazione si complica. Visconti, in qualità di tutor, vuole scegliere uno tra gli specializzandi degli ultimi anni, il migliore, per seguirli".
In effetti, negli ultimi giorni, ho avuto altro a cui pensare, ma adesso quello di cui sono venuta a conoscenza, mi provoca un pizzico di ansia: ho come la sensazione che questa rete di pettegolezzi che qualcuno sta tessendo, potrebbe portare non pochi problemi.
"Anita" mi richiama, allora, lei.
"Starò attenta, non ti preoccupare" le prometto.
Forse, fare quattro chiacchiere con Giorgio, sarebbe necessario.

Tornata in reparto, però, mi accorgo che ci sia qualcosa di più importante di questo ad impensierirmi. Il mio problema, adesso, ha un nome, si chiama Irene Berardi.
Mi viene da pensare che no, non sia affatto un caso che lei sia qui: deve esserci un motivo alla sua visita.
Mi appiattisco al muro dietro di me, quasi come se volessi che la mia presenza passi inosservata.
La Berardi non è affatto sola, al suo fianco riesco a scorgere la figura di un uomo. Deve essere Maurizio Accorsi, il responsabile della comunità che si occupa di Lucia. Osservo la sua corporatura nella norma, la sua altezza che fa sembrare Irene più bassa di quanto non sia.
L'ho visto così poche volte qui che la sua presenza mi fa pensare la questione sia davvero importante. Però, per quello che ho potuto conoscerlo, mi è sempre sembrato un uomo buono, un po' impacciato nei modi, ma gentile.
Li guardo, cercando di notare se qualcosa li unisca. Il loro rapporto non è esclusivamente lavorativo e me ne rendo conto mentre si lasciano andare ad un gesto che esprime più di quanto vogliano far credere. Quello sfioramento di mani non è così casuale, soprattutto quando riesco a notare, all'anulare sinistro di lui, una fede nuziale. Lei lascia ondeggiare i capelli, aprendosi in una risata breve, forse per qualcosa che lui le ha sussurrato.
In un attimo, l'unica cosa che riesco a pensare è che abbiano una relazione, anche se una conferma reale non ci sia, però, mi rendo conto, quel sorriso che vedo nascere sulle labbra di Irene è genuino, sincero, come forse lei non si è mai dimostrata. È questo l'effetto dell'amore?.
Quasi come se si fosse accorta del mio sguardo su di sè, lei si volta nella mia direzione e il sorriso svanisce dal suo volto.
I suoi occhi si velano di preoccupazione, resasi conto che io sia stata spettatrice di qualcosa che non avrei dovuto vedere tra di loro. E, nonostante cerchi di indossare una maschera d'indifferenza, la noto imporre quanta più distanza tra loro.
Luca sopraggiunge, poco dopo, e il richiudersi della porta antipanico dietro di sè, mi fa sobbalzare di sorpresa.
Lui, invece, mi nota subito; capisco che si stia domandando che ci faccia lì. I suoi occhi, improvvisamente, sembrano guardarmi con rimprovero.
Ma ammetto, in questo momento, non mi importi cosa pensi di me.
Luca li raggiunge a passo svelto, sorpassandomi con indifferenza, e si pone nei loro confronti in modo affabile.
"Vogliate scusarmi, un paziente mi ha trattenuto più del previsto" fa presente in tono di scuse.
Aspetta che loro annuiscano, comprensivi, prima di continuare a parlare.
"Prego, seguitemi" li fa strada, indicando la direzione da seguire con una mano.
So dove stiano andando, lo studio di Visconti è lì vicino.
Di una cosa sono sicura, non potrò mai chiedere al mio superiore cosa si siano detti, lì, tra quelle quattro mura, ma forse, in questo, Luca potrà essermi d'aiuto.



ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti!
Come potete vedere, questa volta sono stata davvero brava, tornando a postare dopo solo una settimana. Si tratta di un capitolo di passaggio, dove sembra non accada molto, ma in esso sono nascosti degli spunti per i capitoli che verranno. Cosa starà per succedere?
Non vi basta che continuare a seguire per scoprirlo.
Intanto spero che il capitolo vi sia piaciuto e ditemi, ma Franci e Luci non sono dolcissimi?😍 E  Luca geloso della piccola? Vogliamo parlarne ahahah!
Aspetto le vostre opinioni e ringrazio le dolcissime ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, chiunque l'abbia aggiunta tra le liste e i lettori silenziosi di cui, non vi nascondo, qualche volta mi piacerebbe ricevere un parere.
Poi vi ricordo, nel caso qualcuno non l'abbia ancora fatto, di leggere la one- shot prequel della storia che ho postato qualche mese fa. Non siete curiosi di scoprire come si siano conosciuti Anita e Luca?.
Qui il link: First Love- Dove tutto ebbe inizio
Spero di poter postare in breve tempo, di nuovo, e vi ringrazio infinitamente per tutto.
Alla prossima!




















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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


Capitolo 38
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 38



Il colloquio è durato a lungo, talmente tanto da farmi chiedere cosa avessero di così importante da dirsi. Ahimè, però, non mi è stato permesso venirne a conoscenza prima perché il lavoro mi ha tenuta impegnata per il resto della giornata.
Ho cercato di concentrarmi sui miei compiti, rendendomi conto di dover continuare a dedicarci la stessa passione e dedizione, assolvendoli come ho sempre fatto. Mi sono concessa troppe distrazioni nell'ultimo periodo, così tali da avermi fatto dubitare di essere all'altezza di quello che faccio. Non posso perdere il mio obiettivo, non dopo l'impegno che ci ho messo per raggiungere questa posizione e poi, adesso, che sembra io sia nell'occhio del mirino, ho come l'impressione di dover dimostrare quanto io valga e che quello che ho, l'abbia conquistato da sola, senza aiuto alcuno.
Così, quando sono finalmente libera, mi metto alla ricerca di Luca. Devo assolutamente sapere cosa si siano detti e togliermi questo pensiero fisso che mi assila la mente: forse solo questo allieverà la grande distrazione che esso mi provoca.
Cammino svelta, infilandomi le mani nelle tasche del camice, mentre mi faccio spazio nel reparto di cardiochirurgia. La mia presenza passa totalmente inosservata qui dentro, tanto è il brulicare di persone. Riconosco tra di loro alcuni compagni di università, che hanno intrapreso una strada diversa dalla mia, e rivolgo loro dei sorrisi di circostanza.
Raggiungo, presto, lo studio di Luca. Non so per quale motivo, prima di bussare, mi guardi intorno, ma ho come l'impressione che un po' prima che il mio pugno tocchi il legno della porta, quegli sguardi schivi di poco fa, si posino, con insistenza, su di me.
Busso, una, due volte, ma la delusione si fa spazio in me, insieme al disagio che questa situazione mi stia causando.
Dove sei, Luca? Stai giocando a nascondino?
Sospiro, riprovando una terza volta; magari, mi dico, non ha nemmeno avvertito avessi bussato.
Presto, però, devo rassegnarmi all'idea di sbagliarmi perché un infermiere mi si avvicina, cauto.
"Scusi?"richiama la mia attenzione. "Sta cercando il dottor Franzese?".
Mi volto nella sua direzione, osservandolo scetticamente. Scruto i suoi occhi piccoli scuri, nascosti dietro una spessa montatura di occhiali, che sembrano guardarmi con la stessa attenzione, in attesa di una risposta.
"Sì" affermo.
"Mi dispiace" l'infermiere assume un'espressione costernata, "il dottor Franzese è impegnato in un delicato intervento, non credo riuscirà a liberarsi prima delle 3 ore".
Dovevo aspettarmi che Luca potesse essere impegnato, d'altronde è un chirurgo e come tale è soggetto anche a operazioni impreviste, ma il pensiero di doverlo attendere tanto, mi provoca una certa ansia.
"Oh...ok"replico, trattenendomi dall'essere dispiaciuta. "Quando lo vede, può dirgli che lo stavo cercando?" gli chiedo, cortese.
Lui annuisce, elige al dovere, scrutando il nome sulla targhetta del mio camice.
"Certo, riferirò" mi fa presente, gentile.
Sorrido a mo' di ringraziamento e lo sorpasso, pronta a lasciare il reparto.
Un po' prima che io mi chiuda la porta alle spalle, è la voce dello stesso infermiere a richiamarmi, facendomi voltare incuriosita.
Luca deve essersi liberato prima del previsto, e mentre lo vedo avvicinarsi, ne capisco il perché. Si toglie la mascherina, stringendola a sè con stizza. È arrabbiato, riesco a leggere nei suoi occhi l'impotenza che l'esito negativo di quell'operazione gli ha procurato.
Raggiunge a passo svelto l'infermiere, istruendolo sul da farsi: contattare la famiglia. Lo immagino dovergli comunicare la notizia della scomparsa del proprio caro e sento il mio stomaco contorcersi.
Luca si muove sul posto, cercando di nascondere l'agitazione che lo pervade, ma i suoi tratti sono tesi. Poi l'infermiere deve comunicargli della mia visita, perché mi indica con lo sguardo e gli occhi di Luca sembrano inchiodarmi.
Lui mi guarda e sembra che voglia scavarmi affondo; osservo i suoi occhi assottigliarsi e velarsi di sorpresa alla mia vista.
L'altro uomo si allontana, pronto a svolgere i suoi compiti e lasciandoci solo ad affrontarci.
Luca si passa una mano sugli occhi, stropicciandoli appena, stancamente. Non ha bisogno che io dica qualcosa per capire sia qui per parlargli.
Mi fa, allora, un cenno con la mano, indicando il suo studio. "Vieni, entra".
Lascia che sia io a farlo per prima, e sembra quasi che con il suo corpo voglia incastrarmi tra sè e lo stipite, poi, lanciando un'ultima occhiata fuori, si chiude la porta alle spalle.
Lo guardo allontanarsi da me, senza nemmeno sfiorarmi per sbaglio. Seguo i suoi movimenti, osservandolo indossare il camice sulla casacca verde medica. Lo fa con un'estrema lentezza, quasi volesse mettermi alla prova.
Improvvisamente, il silenzio che aleggia, mi mette agitazione.
Rimango in piedi, nel bel mezzo della stanza, le mani incrociate all'altezza della pancia. D'un tratto le parole sembrano mancarmi, il che è strano, perché, prima di venire qui, sentivo di volergli dire e chiedere tante di quelle cose.
Luca prende posto alla sua scrivania, incrociando le braccia su di essa. Il suo sguardo curioso e corrucciato si posa su me. Incrocio i suoi occhi, che sembrano fissarmi con una certa impazienza, e per un attimo mi rendo conto non è vero io non sappia cosa dire, la verità è che quando l'ho visto uscire da quella sala operatoria, ho provato il desiderio di dirgli tutt'altro.
"Vuoi sederti?" mi domanda, indicando la sedia davanti a sè.
Faccio un passo nella sua direzione, prendendo posto. Non vedendomi, però, proferire parola, è Luca ad esprimersi per primo.
"Anita" la sua voce assume un tono stanco, "non so perché tu sia qui, ma non ho voglia di litigare, quindi se sei qui per questo..."
"No!" affermo con foga. "Non sono qui per questo motivo" tengo a precisare.
Luca sembra rasserenarsi alle mie parole, ma il suo volto rimane comunque confuso.
"E allora, cosa vuoi dirmi?".
Appoggio le mani sulle ginocchia, cercando di placare la mia agitazione, poi prendo un respiro prima di cominciare a parlare.
"Cosa ci faceva la Berardi qui? È successo qualcosa?"gli chiedo.
Luca appoggia una mano alla tempia destra, cercando di alleviare la tensione. Comprendo che, forse, non ho scelto il momento migliore per placare la mia curiosità, ma ne ho bisogno.
"Niente di importante, discutevamo della degenza di Lucia qui: quella piccoletta sta facendo dei grossi passi avanti e abbiamo ritenuto che presto possa far ritorno in comunità" mi comunica, scrollando le spalle.
Improvvisamente, sento il peso delle sue parole investirmi in pieno e il pensiero che Lucia possa andare via, ma come prima d'ora, mi preoccupa.
Avverto la bocca asciutta dalla salivazione, forse se non lo avessi saputo, sarebbe stato meglio.
Luca si accorge che ci sia qualcosa in me che non vada, perché prende a fissarmi con preoccupazione.
"Anita, va tutto bene?"mi domanda, sporgendosi verso di me.
Incrociare il suo sguardo ha un effetto disarmante su di me. Vorrei che i suoi occhi non rimanessero così a lungo sulla mia figura.
"Sì..."ammetto, muovendomi a disagio sulla sedia. "C'è altro che devo sapere?" indago.
Luca si appoggia allo schienale dietro di sè, facendo leva con le mani sulla scrivania. Vuole imporre una distanza tra di noi.
"No, Anita, nient'altro"replica, frettoloso.
Riesco a leggerlo nei suoi occhi che, invece, ci sia qualcosa che stia omettendo, ma mi rendo conto che non sarà disposto a dirmi altro.
"Bene" affermo, asciutta. In un attimo, mi alzo veloce dalla sedia, quasi come se ne fossi scottata. Non posso rimanere un minuto di più in questa stanza.
Mi allontano, senza dirgli nulla, ma è chiaro quali siano le mie intenzioni.
Un po' prima che io esca, con le mie dita strette al pomello della porta, lui mi richiama, portandomi a concedergli un ultimo sguardo prima di andare via.
Per un attimo, incrociando i suoi occhi, vorrei dirgli che mi dispiace per la sua giornata e che abbia perso un paziente in quell'intervento, che credo, però, in lui e lo reputi un ottimo medico. Ma non faccio niente di tutto questo, perché sento l'orgoglio mangiarmi dentro.
"Anita...mi dispiace"
Capisco che il suo sia un riferimento che vada oltre questa situazione, racchiude tutto quello che nell'ultimo periodo ci è successo.
So che si aspetti una risposta, noto i suoi occhi rimanere a lungo su di me, cercando di ottenere una mia reazione, ma io decido di voltargli le spalle e chiudermi quella porta come a dividerci.

Mi sciacquo il viso con forza, quasi come se potessi cancellare la tristezza. Ho sempre saputo che Lucia potesse andare via da qui, anche se ho sperato che lei potesse varcare l'uscita accompagnata da me e Luca. Ma adesso, che tutto ciò diventa così reale, vorrei che lui avesse quantificato quel presto. Quanto tempo ci rimane? Due settimane, una, chissà, forse pochi giorni? Quanto tempo ho per prepararmi a vederla andare via e godermi, quindi, ogni momento possibile con lei?.
Osservo il mio volto nello specchio, seguendo la scia delle gocce di acqua che bagnano le mie guance, accompagnate dal nero del trucco che comincia a sciogliersi. Afferro un po' di carta per tamponarmi il viso, cercando di rimediare al pasticcio che ho combinato, ma invece di migliorare il mio aspetto, non faccio che peggiorarlo.
Mi porto dentro una strana sensazione, come se avessi gli occhi di Luca ancora addosso e il suo sguardo fosse capace di dirmi: te lo avevo detto, non dovevi affezionarti.
Stringo il marmo del lavandino tra le mani con forza, poi, mi allontano, chiudendomi la porta del bagno alle spalle. La realtà mi aspetta.
Ma quando esco, sola nell'antibagno, quella strana sensazione che sentivo come ad avvertirmi di qualcosa di brutto, si  fa più viva e forte, quando scorgo Giorgio palesarsi davanti a me.
Ho l'istinto di fare un passo indietro, deglutendo a fatica. Vorrei non dovermi trovare in sua presenza, da sola, non dopo quello che Arianna mi ha detto. Ma forse, come mi ero promessa, questa questione va risolta una volta per tutte.
Giorgio si finge sorpreso di vedermi, ma il guizzo maligno che vedo attraversare i suoi occhi, mi fa pensare che sapesse esattamente dove fossi.
Mi si avvicina, stampandosi quel sorriso falso in viso e io mi rendo conto di non averlo mai conosciuto prima. Perché ne sono sicura, qualche mese fa, non avrei mai pensato che quel ragazzo così buono e gentile con cui avevo condiviso i banchi dell'università, potesse guardarmi ora, così.
Se una volta, però, la sua vicinanza non mi procurava alcuna sensazione, adesso avverto una scarica di brividi attraversarmi la schiena.
I suoi occhi si posano su di me, prendendo a fissarmi con curiosità e insistenza. Di riflesso, come in un gesto di protezione, mi porto le braccia al petto, stringendole con forza.
"Che c'è, Anita, problemi in Paradiso?" il suo tono assume una sfumatura di risentimento.
Giorgio ha completamente abbandonato i convenevoli e i modi bonari con cui era solito rivolgersi nelle settimane precedenti, mostrandosi per la persona calcolatrice qual è.
"Non fare finta che ti importi" gli faccio notare, secca.
Lui ride alle mie parole, ma la sua risata è roca, quasi maligna.
"Ti sbagli Anita, mi importa, eccome"
Stringo i denti, contraendo la mascella in una smorfia, infastidita. Osservo l'uscita alle sue spalle, e mi sembra così lontana.
Lo supero, stizzita, tenendomi ben distante da lui, come se avessi paura di sfiorarlo. Ma Giorgio, prevedendo le mie mosse, si volta verso di me, velocemente, afferrandomi per un polso.
Un improvviso gelo sembra calarmi addosso al suo tocco e ho paura che se lui legesse il terrore che sta attraversando i miei occhi, potrebbe essere il segno della sua vittoria.
Perché Giorgio, non vuole altro che questo, mostrarmi quanto sia capace di intimorirmi.
Così, gli do le spalle, socchiudendo gli occhi quando sento il suo respiro infrangersi sul mio collo.
"Hai litigato con Franzese, eh? È un vero peccato, sai, proprio adesso che c'è in ballo questa storia del capo specializzandi..." il suo tono è basso e insolente.
Riesco ad immaginarle tutte le impudiche insinuazioni che si nascondono dietro le sue parole.
Così, mossa dalla rabbia che esse hanno procurato in me, riesco a liberarmi dalla sua stretta e fronteggiarlo.
"Giorgio, ma che vuoi da me?! È per il posto del capo specializzando? Prenditelo, è tuo, a me non interessa!".
Lui sogghigna, come a volermi schernire per quello che ho detto. I suoi occhi sono scuri e cattivi, come non li ho mai visti.
"Andiamo, Anita" mi fa presente, puntandomi un dito contro, "sappiamo entrambi che quel posto sarà tuo. Visconti stravede per te..."
Mi rendo conto di quanto la sua vicinanza mi dia fastidio, quando mi accorgo del suo viso a un palmo dal mio. Mi sporgo all'indietro, cercando di allontanarlo, ma lui, contrariato, fa in modo che non possa scappargli, abbassandosi alla mia altezza per parlarmi all'orecchio.
"Chissà se penserebbe lo stesso di te, se io facessi con lui due chiacchiere a riguardo" le sue parole sono ridotte ad un sussurro, ma riconosco un certo controllo, una certa serietà nel suo tono. Cosa sarà capace di architettare pur di ottenere quel posto?.
La mia mancanza di risposta alle sue parole deve dargli la conferma di aver raggiunto il suo obiettivo perché, prima di allontanarsi completamente da me, non si risparmia di sorridermi soddisfatto.
La porta si chiude alle sue spalle con un tonfo, facendomi sobbalzare. Mi appoggio al muro dietro di me, come a volermici aggrappare, cercando di placare il cuore che mi batte così forte che potrebbe scoppiare.
Riesco a vedere il terrore nei miei occhi, riflessa nello specchio, e la mia faccia pallida a far concorrenza alle piastrelle bianche. Vorrei piangere, ma la verità è che non ne sono capace, perché d'un tratto, oltre le parole, sembrano mancarmi anche le lacrime.
Adesso che conosco le vere intenzioni di Giorgio, mi rendo conto di non poter più sottovalutare la situazione, perché sono sicura che quello che lui abbia in mente, porterà non pochi problemi.

Esco, finalmente, da quel bagno, con la sensazione di voler scappare da esso e dimenticare le minacce che tra quelle mura abbia ricevuto.
Le mie gambe si muovono da sole, velocemente, poi sempre più lentamente prendendo un ritmo regolare e conducendomi dall'unica persona di cui sento di aver bisogno in questo momento.
Tiro un respiro profondo prima di entrare nella stanza di Lucia; è strano tornarci solo poche ore dopo quell'incontro con Francesco, con un umore praticamente opposto. Ma non voglio che la piccola lo percepisca, non voglio che si prenda anche i miei problemi.
Mi faccio spazio nella stanza, piano, e infatti Lucia non si accorge sùbito di me, così assorta com'è a sfogliare quel nuovo libro come se fosse la sua nuova attrazione preferita. Deve essere un regalo della Berardi, perché stamattina sono sicura Lucia non lo avesse.
Magari Luca e Visconti hanno permesso che si incontrassero e lei le ha portato un regalo.
"Cosa leggi?" le domando, palesandomi al suo fianco.
Lucia sembra affascinata dai colori che caratterizzano le immagini, non fa che passarci il dito sopra, ricreandone i margini. Richiamata la sua attenzione, si ridesta dalle illustrazione che compongono il racconto, ponendo il suo sguardo su di me.
"Ciao, Anita" mi saluta, felice. "È un regalo. La protagonista si chiama Perla ed è una fatina del mare" spiega, eccitata.
Le sorrido teneramente, sciogliendomi alle sue parole così cariche di gioia.
"Posso sedermi accanto a te?" le chiedo, allora, facendole seno di farmi spazio al suo fianco.
Lucia sembra sorpresa dalle mie parole, lo deduco dal modo in cui prima di rispondermi, si soffermi a guardarmi.
"Certo, Anita"
Prendo posto, velocemente, al suo fianco, ansiosa di colmare quella distanza che ci separava e mi appoggio alla testiera del letto dietro di me. Lucia, a quel punto, si sistema in modo da essermi vicina, appoggiando il capo sulla mia spalla.
La esorto a parlarmi di qualsiasi cosa: ho bisogno di distrarmi dalla mia lunga giornata e lei lo fa, prendendo a raccontarmi di quanto sia stata felice di rivedere Francesco. Riesco a notare l'emozione invadere i suoi occhi mentre me ne parla e mi rendo conto di pendere dalle sue labbra, senza voler mai smettere di ascoltarla.
D'un tratto, però, Lucia sembra arrestarsi di colpo, osservandomi preoccupata. Il suo viso si tende, assumendo un'espressione corrucciata. Non mi rendo conto sùbito del perché  ma mi basta tastare una guancia per accorgermi io stia piangendo.
Mi premuro di asciugare le mie lacrime silenziose, frettolosamente, sotto lo sguardo di Lucia, attenta a qualsiasi mio movimento.
Avverto di averla turbata ma il mio è stato un gesto così incontrollato, da non rendermene conto nemmeno.
Lucia, allora, porta  una mano sulla mia guancia e, nonostante resti ferma in un punto, sembra quasi una dolce e piccola carezza.
"Perché piangi, Anita?" mi domanda, confusa, arricciando le labbra in una smorfia.
Tiro su con il naso, facendo affiorare un piccolo sorriso sul mio volto e appoggiando una mia mano sulla sua.
"Non lo so, ma adesso passa, davvero..."le replico, scrollando le spalle.
Lucia annuisce, nonostante non sembri molto convinta delle mie parole, però, quando lei mi stringe a sè, cogliendomi di sorpresa, mi rendo conto che il motivo delle mie lacrime lo conosco, eccome.
Lucia sembra incastrarsi perfettamente nell'incavo tra il mio petto e la mia spalla e allora io l'abbraccio a mia volta, socchiudendo gli occhi e inebriandomi del suo profumo dolce. La verità è che più della paura di non riuscire a mantenere la promessa che le ho fatto, più di quella scaturita dalle parole di Giorgio e di quello che sta accadendo, mi rendo conto che ce ne sia una altrettanto più reale e grande. La paura di perdere Lucia.

Questa giornata mi sembrava così infinita che, quando arriva il momento di andare via, stento a crederci. Lascio il mio studio che ormai la notte è calata, i corridoi sono silenziosi con le luci soffuse che creano delle strane ombre.
Forse, mai come ora, mi provocano una certa ansia: ho come la sensazione che Giorgio possa sbucare da dietro l'angolo da un momento all'altro. Così, mentre mi stringo nel mio giubbotto, pensierosa, velocizzo il mio passo, ansiosa di uscire fuori da questo posto che sento cominci a starmi stretto.
Solo una volta fuori, mi permetto di ricominciare a respirare regolarmente. Non riesco a farne a meno, ma dopo quello che è successo, sento che qualcosa stia cambiando, e ho paura che questo, in qualche modo, possa condizionare me e il lavoro che svolgo. Se l'intenzione di Giorgio di mettermi Viscontri contro dovesse andare a buon fine, il mio operato qui potrebbe concludersi.
"Ciao, Anita!".
La voce di Arianna mi porta a sobbalzare dallo spavento.
Lei deve accorgersene perché, quando mi volto a guardarla, mi scruta con preoccupazione.
"Scusa Anita, non volevo spaventarti" mi fa presente, accarezzandomi un braccio con premura.
L'accenno di un sorriso affiora sulle mie labbra.
"Sta tranquilla, Arianna. Non è colpa tua".
Il suo sguardo resta a lungo su di me, come a volersi capacitare che io stia bene.
"Anita" prende a fissarmi, ansiosa. "Cosa è successo? Si tratta di Giorgio, vero? Che ti ha fatto?".
Il suo flusso di parole sembra impossibile da colmare.
Però lei è stata la prima a mettermi in guardia su questa situazione e io sento che possa essere l'unica a comprenderne la gravità. Quindi, prendo a raccontarle cosa è successo oggi, in quel bagno.
Arianna assume un'espressione sconvolta e contrariata.
"Oddio, Anita, quel ragazzo è proprio uno stronzo!" ammette, con stizza, stringendo le mani in dei pugni.
Abbasso lo sguardo alle mie scarpe, dondolando sul posto. Avverto ancora dei brividi scuotermi le spalle.
"Già..."sussurro.
"Hei" lei richiama la mia attenzione, portandomi a incrociare i suoi occhi così sinceri.
"Anita, non conosco bene la situazione ma, sappi, per quel che vale, io sono dalla tua parte" mi fa presente, comprensiva.
Le sue parole sono capaci di scaldarmi il cuore; nonostante sembri che in quell'unico posto, dove mi sono sentita spensierata, tutto cominci a remarmi contro, sono felice di sapere che ci sia qualcuno che mi sostenga.
Lo sono ancora di più per averlo raccontato perché, adesso che Arianna mi ha dimostrato il suo appoggio, mi sento meno sola in questa silenziosa battaglia.
"Vale tanto, davvero" le replico, con riconoscenza.
Arianna gongola entusiasta alle mie parole e senza che me ne accorgo, cominciamo a percorrere, vicine, il tratto che ci conduce al parcheggio.
"Allora ci vediamo domani, ok?" mi chiede, arrivate davanti la mia auto.
"Sì" le sorrido.
"Bene" ammette, lasciando sfregare le mani tra di loro. "Non dimenticarti che io aspetto ancora la seconda puntata della tua telenovelas"aggiunge, facendomi un'occhiolino, maliziosa.
Mi fingo infastidita dalla sua curiosità e le faccio segno di allontanarsi, divertita. Insieme, allora, ci lasciamo andare a una risata, spensierate.
Poi ci salutiamo, tanto stanche e infreddolite per poter continuare a parlare.
Un po' prima che lei sia troppo lontana, però, la richiamo, facendo in modo che si volti verso di me.
Nonostante non sia così vicina, riesco a distinguere un'espressione corrucciata sul suo viso.
"Grazie, Arianna" le confesso in un sorriso pieno di gratitudine.
Lei annuisce, ricambiando il mio sorriso, poi prosegue per la sua strada.

Quando torno a casa, mi sento al sicuro. È una bella sensazione poter tornare, finalmente, tra queste quattro mura.
Mi lascio cadere sul divano con un balzo, rilasciando un sospiro stianco. Scalcio via gli stivali, lasciandoli in un angolo e do una controllata veloce al  cellulare che giace al mio fianco.
Apro la casella dei messaggi, scorgendo alcuni non letti, per lo più di mia madre e delle mie amiche. Carlotta mi chiede come stia e mi viene da sorridere dolcemente; è così premuroso da parte sua preoccuparsi per me, quando è chiaro anche lei stia male. Sono così fortuntata di poter contare su di loro, perché un'amicizia come la nostra è una cosa così unica e rara da trovare.
Sorprendentemente, tra i miei messaggi ce n'è uno di Biagio, che risale a qualche ora fa, dove mi chiede di vederci, stasera.
Così, gli rispondo, scusandomi di avergli risposto dopo tanto tempo, ma ero al lavoro e non potevo fare altrimenti. Biagio è comprensivo e mi fa presente che se mi va, l'invito è ancora valido. Inconsapevolmente, ho già accettato.
Mi preparo velocemente e, nonostante opti per un abbigliamento molto casual, ci dedico abbastanza cura. Biagio mi ha fatto presente gli sarebbe piaciuto andare a fare una passeggiata ai mercatini allestiti per la fiera del cioccolato e mi sono appuntata mentalmente le sue parole: vestiti comoda.
Osservo il mio riflesso nello specchio, soddisfatta: ho scelto un jeans a vita alta, uno di quei modelli a palazzo, abbinato ad un dolce vita color avio e, per finire, ai piedi un paio di stivaletti bassi. Do una sistemata ai miei capelli, lasciandoli sciolti lungo le spalle e mi trucco poco, ma quanto basti a darmi un aspetto più luminoso.
Biagio è puntualissimo, ma d'altronde se non vogliamo trovarci bloccati nel traffico, dobbiamo sbrigarci.
Non posso fare a meno di sorridere alla sua vista. È appoggiato alla sua macchina, una Lancia Elefantino grigio scuro, con le braccia e le caviglie incrociate. Non riesco a non trovarlo tenero, stretto nel suo cappotto a doppio petto, mentre si massaggia gli avambracci per riscaldarsi dall'umidità della sera.
Non si accorge sùbito di me con lo sguardo basso, assorto nei suoi pensieri. Mi avvicino, allora, attirando la sua attenzione.
"Ciao, Anita" mi saluta, facendo un passo verso di me. Un sorriso ad incorniciargli il volto.
Ricambio, lasciandomi condurre verso la sua auto. Lo guardo e mi rendo conto che lui sembra abbattere tutti gli stereotipi che la gente crea sugli omosessuali. Tipo quelli che li vogliono vestiti con abiti prettamente chiari, sgargianti e atteggiamenti effemminati.
Biagio, a differenza, sprizza viralità da tutti i pori, e se non fossi a conoscenza del suo orientamento sessuale, potrei pensare sicuramente il contrario. Forse, mi dico, a furia di tenerlo nascosto, ha imparato a fingersi una persona che non è.
Lui mi apre lo sportello, facendo in modo che io prenda posto, poi fa il giro dell'automobile, sistemandosi al volante.
Come mi aspettavo, il viaggio con lui è rilassante; non c'è stato spazio per l'imbarazzo che una situazione del genere potrebbe creare, perché la sua presenza è rassicurante e sapere che nei suoi gesti non ci siano doppi fini ma solo amicizia, mi mette a mio agio.
Il ragazzo al mio fianco mette su una playlist di brani da lui stesso mixati e mentre la musica inonda l'abitacolo, lasciandoci liberi di tornare ai nostri pensieri, mi appoggio al finestrino, permettendomi di ammirare il panorama che ci circonda.
La nostra città si trova in un punto strategico, alle pendici delle colline, ma comunque anche molto vicina al mare: il litorale, infatti, dista solo 40 minuti, dandoci la possibilità di godere di un clima abbastanza mite durante l'anno.
Mi soffermo a guardare le vette che si stagliano ormai così vicine ai miei occhi. Giù, in pianura, è raro che si raggiungano temperature da neve ed è così strano pensare che a soli pochi minuti da casa, essa sia capace di creare un ambiente tanto suggestivo. Il tocco di bianco che ricopre i monti, infatti, mischiato alle luci delle case a fare da contorno, conferisce al paese un'atmosfera magica. Quella che stiamo raggiungendo, appunto, è la parte più alta della nostra città, quella più antica e storica. Un piccolo borgo medievale, con il duomo e il campanile a dominare ai piedi dei monti, e i cui vicoli sembrano ricordare lo splendore di un tempo ormai passato. 
Mi piace tornarci perché ho tanti bei momenti legati a questo posto: qui c'è il ricordo delle tazze di cioccolata calda sorseggiate nei locali tipici, e  quello delle giornate di nevicate, quando ci si rifugiava qui per apprezzare un paesaggio che ci rendeva felice perché rappresentava una novità, e si giocava a lanciarci palline di neve e creare pupazzi di neve.
Ogni anno, in questo periodo, vengono allestiti dei mercatini per la fiera del  cioccolato. L'idea di passeggiare tra i vari stand, gustando le leccornie che propongono, inebriandosi dell'odore di cioccolata calda e vin brulé nell'aria è allettante.
Così, quando arriviamo a destinazione, io e Biagio siamo concordi sul mettere qualcosa sotto i denti. Nessuno dei due ha cenato e i nostri stomaci cominciano a brontolare.
Nonostante sia un giorno settimanale, eventi del genere attirano sempre tanta gente. È strano pensare che fino a qualche ora mi sentissi così spaurita perché, adesso, quella sensazione sembra essere praticamente sparita, lasciando spazio ad un senso di serenità.
Camminiamo ad un ritmo lento, ma non sembra darci fastidio, perché questo ci permette di bearci meglio di quello che ci circonda. Osservo il campanile del duomo, stagliarsi davanti ai miei occhi, alto e fiero, mentre da esso si propagano i rintocchi dell'orologio.
Per l'occasione, molti abitanti del posto, hanno avuto l'idea di indossare abiti d'epoca, intrattenendo la gente accorsa con balli e canti del folklore popolare. È tutto così bello e pieno di vita.
I turisti si lasciano coinvolgere da questo entusiasmo, lanciandosi al centro della piazza. Senza che me ne renda conto, Biagio mi ha attirata a sè, invitandomi a seguirli. E, quando ci lasciamo andare, ballando sulle note di una tarantella, accompagnati dalla gente attorno che batte le mani a ritmo, io sento nascere una risata dal profondo del mio cuore. Una risata rumorosa, sincera.

Biagio si è dimostrato un grande ballerino; devo aggiungere questa dote alla lista infinita delle sue qualità, e abbiamo scoperto di avere una buona affinità come partner di ballo.
"Non pensavo sapessi ballare così bene" gli faccio presente, appoggiandomi al muro dietro di me. Abbiamo scelto un posto più appartato e silenzioso per gustare la nostra cena, ma che ci faccia godere di una bella vista panoramica.
Biagio dà un morso generoso alla sua crepes, prima di rispondermi.
"Non ci crederai mai, ma ho preso delle lezioni in passato" replica con un sorriso. "Ma tu non sei da meno, sei davvero brava".
In realtà, ballare la tarantella non è così difficile come si pensa, ma Biagio deve riferirsi all'improvvisazione in cui siamo esibiti. Lasciandoci prendere dall'entusiasmo che la musica aveva scaturito in noi, infatti, non abbiamo smesso di ballare, esibendoci in passi che abbiamo inventato sul momento, catturando l'attenzione dei presenti che hanno fatto diventare di noi l'attrazione del momento.
"Oh beh, ho fatto danza per molto tempo" gli racconto, con un sorriso malinconico. In passato ho frequentato una scuola di ballo, prendendo lezioni di modern/contemporaneo; il ballo ha, quindi, rappresentato una parentesi importante nella mia vita, mi ha accompagnato per diversi anni, e doverlo lasciare è stata una scelta piuttosto dolorosa.
Biagio appoggia una mano sul mio braccio, accarezzandolo con premura. "Immaginavo fossi stata una ballerina, hai una buona coordinazione dei movimenti" replica con un sorriso, imbarazzato.
Ricambio il sorriso come a volerlo ringraziare per le sue parole, poi prendiamo a finire il nostro pasto in silenzio.
Il trillare del cellulare di Biagio interrompe la quiete che si era venuta a creare, e entrambi puntiamo lo sguardo sull'apparecchio che squilla con insistenza.
Il mio amico mi rivolge un sorriso di scuse, capisco che la sua telefonata sia importante dall'espressione che assume il suo viso alla vista del mittente. Quindi, mi allontano di poco da lui per lasciargli la dovuta privacy. Chissà, magari è qualcuno con cui si sta frequentando e non vorrei dovermi trovare ad origliare una loro conversazione.
Mi avvicino, allora, alla balaustra, stringendo il ferro tra le mie mani. È bello poter osservare tutta la città da un punto così alto. Le stelle, in un ambiente così lontano da quello frenetico e cittadino, sembrano brillare ancora di più. Mi rendo che sarebbe quasi romantico se avessi una persona con la quale condividere una tale vista.
Biagio mi raggiunge poco dopo, appoggiando una mano sulla mia spalla per richiamare la mia attenzione. Mi volto nella sua direzione, accennando un sorriso, ringraziandolo silenziosamente per essere sopraggiunto proprio quando la mia mente cominciava a viaggiare verso pensieri malinconici e tristi.
Lo osservo portarsi le mani nelle tasche, dondolando i talloni sul posto. "Scusa se ti ho lasciato sola, ma era una telefonata importante" ci tiene a precisare, come se pensasse che il suo allontanamento mi avesse infastidita in qualche modo.
"Tranquillo, Biagio. Che ne dici se continuiamo la nostra passeggiata?" gli domando, indicando le stradine illuminate del borgo a pochi passi da noi.
Lui annuisce, rimanendo con lo sguardo fisso su di me. Non accenna a muoversi. "Anita" il suo tono assume un'inclinazione seria. Sento che mi voglia dire qualcosa.
"Sì?"
"Era Federico"mi fa presente, con voce sottile.  Non capisco, sùbito, l'intento della sua affermazione, vuole forse riportare l'attenzione su quello che è successo tra i nostri amici? So che una conversazione del genere potrebbe incrinare il mio buonumore. Infatti, improvvisamente, mi ritrovo ad essere infastidita dalla sua voglia di mettermi al corrente della telefonata con lui.
Roteo gli occhi al cielo, appoggiandomi alla ringhiera dietro di me. Io e Biagio ci troviamo schierati da due parti opposte ed è chiaro che sia io che lui vogliamo prendere le difese dei propri migliori amici.
"E cosa voleva? Non mi dire che sia così disperato dal commettere una sciocchezza, perché non ci crederei" gli replico, inasprita.
"Anita" lui pronuncia il mio nome in tono basso, come a rimproverarmi. "Federico sta male per questa situazione, Carlotta si ostina a non volerlo ascoltare, lo sai no?"
"Certo, Biagio, lo so bene" ribatto, portandomi le mani conserte al petto. "Ma, forse, il tuo amico avrebbe dovuto pensarci bene prima di portarla a letto per una stupida scommessa. Non trovi?" gli faccio presente, piegando le labbra in una smorfia.
Poi, come a dimostrare che consideri questo scambio di battute chiuso, mi allontano, prendendo a camminare verso il centro abitato.
"Anita, aspetta!" Biagio mi richiama e io avverto i suoi passi alle mie spalle, seguirmi.
"Non è come pensi" ammette, una volta al mio fianco. "C'è stato un malinteso, Fede non è il cattivo di questa assurda situazione, lui Carlotta la ama davvero" mi fa presente, convinto delle sue parole. Non riesco a fare a meno di scrutarlo con scetticismo, mi è impossibile scindere la figura di Federico, ragazzo innamorato, dalla sua fama di donnaiolo che, da sempre, l'ha preceduto. Eppure, il modo in cui Biagio sembra parlarmene, così certo di quello che dice, per un po' mi fa pensare che nelle sue parole ci possa essere dal vero.
"Dovrebbe lasciarla in pace, non fa che peggiorare la situazione" gli ribatto. L'ultima cosa che voglio è di vedere soffrire ancora la mia migliore amica. E quindi il nostro diventa quasi un dibattito, dove ognuno vuole dimostrare all'altro di aver ragione sulle proprie convinzioni.
"Federico non è un tipo che si arrende, Anita" Biagio alza il tono di voce per sovrastare il mormorio della gente che ci è intorno, piazzandosi di fronte a me, facendo arrestare di colpo la mia camminata. "E non lo farà, a maggior ragione quando in questa questione è assolutamente innocente..."
Il suo flusso di parole sembra impossibile da placare, ma c'è stato un momento in cui la mia mente ha smesso di ascoltarlo, focalizzandosi su qualcosa che fosse più importante di quello che mi sta dicendo.
Il mio sguardo rimane fisso alle sue spalle, lì dove per uno strano scherzo del destino, i miei occhi hanno incrociato quelli di Luca. Lui è lì e improvvisamente minaccia di poter far scoppiare la bolla di spensieratezza in cui mi sono rifugiata per sfuggire alla realtà.
Ma, adesso, che è a pochi passi da me, io avverto il mio cuore prende a battere furiosamente per questo nostro scambio di sguardi. Dopo quello che ci siamo detti, oggi, nel suo studio, come se ci fosse così tanto di insospeso tra noi, sento il forte desiderio di andare da lui e parlargli.
I suoi occhi sembrano non vacillare neanche un po' alla mia vista, sostenendo i miei, che mi sento sciogliere alla sola sua presenza. Per un momento la mia rabbia e il risentimento sembrano sparire; è come se percepissi tutte le difese e quelle barriere innalzate per proteggermi da lui, abbassarsi ai suoi occhi su di me. Mi rendo conto che ci sia qualcosa di peggio di cercare di sopprimire e nascondere il mio amore per lui, far finta di odiarlo.
Biagio si rende conto che la mia attenzione non sia rivolta più a lui, il suo tono è confuso. "Anita, ma che..."
Il suo sguardo segue il mio, scoprendomi vulnerabile, catturata dagli occhi magnetici di Luca. Le parole mi muoiono in gola vedendo scivolare la possibilità di poterlo avvicinare, non appena lui va via, attirato dai suoi amici. E io mi ritrovo a desiderare che torni a voltarsi verso di me e che non mi lasci andare più via.
"Non mi dire, è lui! Vero?" Biagio sembra voler colmare quella sua voglia di curiosità che assistere al nostro scambio di sguardi gli ha procurato.
Mi volto nella sua direzione, quando ormai Luca è già sfuggito ai miei occhi. La mia espressione imbarazzata deve dargli la conferma della vericità delle sue supposizioni.
"Adesso capisco perché ti piaccia così tanto!" esclama, allargando le braccia per enfatizzare la cosa. "Anita, è un figo pazzesco!".
Una risata nasce spontanea alle sue parole. "Ti prego..."la mia voce nasconde quasi una supplica, mentre mi porto le mani alle orecchie per non sentire il mio amico fare apprezzamenti su Luca. È una situazione abbastanza imbarazzante. Quasi quasi, vorrei che tornassimo a parlare di Lottie e Federico.
"Che peccato io non possa essere il suo tipo..." mi prende in giro, dandomi un buffetto sulla spalla. In risposta, lo spintono scherzosamente, fingendomi imbronciata. "Ma smettila!".
Biagio, a quel punto, mi attira a sè, portando un braccio a cingermi le spalle. "Avanti, raccontami un po' cosa combina quel bell'imbusto" mi incita.
Mi appoggio al suo petto, accennando un lieve sorriso e mi rendo conto che parlarne con lui mi venga proprio naturale. Chissà, magari un parere completamente esterno alla situazione, potrà essermi di grande aiuto.
"Sai, Anita" Biagio si assicura di avere la mia più totale attenzione prima di riprendere a parlare, prendendo le mie mani tra le sue e stringendole in modo tale da infondermi conforto, "è normale che tu ti senta così, sei ferita e arrabbiata con lui per averti mentito. Ma non lasciare che l'odio e il risentimento prevalgano su di te, permettigli di spiegare cosa lo abbia spinto a comportarsi così con te, anche per una sola e semplice forma di educazione. Solo così potrai capire se ne valga ancora la pena di lottare per questo tuo amore e quando lo avrai scoperto, non arrenderti, non permettere a nessuno di ostacolare la strada verso la tua felicità".
Mentre me ne parla, sento che gli occhi comincino a velarsi di lacrime; non so se ne valga ancora la pena, quando ho scoperto che lui mi avesse mentito, ho giurato a me stessa che non fossi più disposta a lottare per noi, ma è chiaro che io non possa nascondere quello che provo.
Però, di una cosa ne sono certa, adesso sono pronta a dargli la possibilità di spiegargli.
Perché non sono pronta a lasciarti andare, Luca, e cerco di aggrapparmi a qualsiasi sguardo, a qualsiasi cosa mi faccia sperare ancora in un noi.


ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti,
ormai si può dire che io non smetta di scrivere ed è proprio così. Ho l'ispirazione a mille e ne sto approfittando per portarmi avanti nella stesura della storia. È un progetto che porto avanti da troppo tempo ed è giusto trovi una sua conclusione. Quindi, mi auguro di riuscire a mantenere spesso ritmi così veloci, perché la vicenda è vicinissima ad una svolta che riguarda proprio Lucia. Presto lascerà l'ospedale per raggiungere la comunità a cui è affidata, cosa pensate possa accadere. La piccola riuscirà mai ad avere la famiglia che sogna?
Povera Anita, quante notizie cattive è costretta ad apprendere e, soprattutto, questa improvvisa competizione con Giorgio potrebbe portarle non pochi problemi...
Fortuna che ci sono gli amici e a tal proposito la parte con Biagio è stata una di quelle parti che ho più adorato scrivere. Anita si meritava di poter essere spensierata per un po'. E poi il suo incontro con Luca sembra averle aperto gli occhi, facendole pensare sia giusto lasciarlo parlare.
Cosa ne pensateeee? Aspetto i vostri commenti a riguardo.
Intanto ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso e chiunque l'abbia inserita tra le sue liste. GRAZIE!!
Alla prossima💕








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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


Capitolo 39
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 39




Da quel giorno ne sono passati ben quattro, che sembra siano trascorsi nella quiete più assoluta. Il che mi è parso davvero strano, visto che fino a poco fa, sembrava stesse per scatenarsi una tempesta.
Io e Luca, in verità, da come mi ero prefissata, non abbiamo più parlato: lui pare essersi arreso all'idea che non voglia ascoltarlo e se ne sta lì, nell'angolo, o forse sta solo aspettando che la mia rabbia sia sbollita per potersi avvicinare. Sta di fatto che ho avuto la sensazione mi stia evitando e probabilmente questo mi è stato d'aiuto per prepararmi a quando dovrò affrontarlo.
Però, mi son detta, questo al momento è proprio l'ultimo dei miei problemi: l'improvvisa assenza di Giorgio, infatti, non mi fa di certo dormire sogni tranquilli. Ho come il sospetto che lui stia tramando un piano alle mie spalle, pronto a colpirmi quando meno me lo aspetti.
D'altronde, me lo ha fatto capire, farà di tutto per mettermi in cattiva luce, e lo farà alimentando le malelingue.
Però, nonostante l'ansia che questa situazione mi possa provocare, ho cercato di passare questi giorni nella mia più tranquilla e quotidiana routine, alternandomi tra lavoro e casa senza sosta.
Il lavoro, beh, quello mi ha tenuta impegnata parecchio e penso sia stato un bene, perché mi ha evitato di pensare a tutto quello che stia succedendo. Ho cercato di mostrare il meglio, attenta ad ogni mia piccola azione per non deludere il dottor Visconti che mai prima d'ora si è dimostrato interessato a scrutare se assolvessi al meglio i miei doveri. I suoi occhi su di me, ogni volta, mi hanno fatto pensare se fosse a conoscenza di qualche pettegolezzo mi riguardasse  che gli facevano dubitare del mio operato. Mi è stato con il fiato sul collo per minuti, ore, giorni: la sua presenza al mio fianco è diventata quasi asfissiante, in uno strano modo di mettere alla prova me e e la mia pazienza.
Ma, forse, mi sono detta, il suo interesse è dovuto solo alla scelta di un adeguato capo specializzando. Vuole essere sicuro che io possa esserne all'altezza?.
Così, l'unico momento di libertà che in questi giorni mi sia concessa è stato passare del tempo con Lucia. Non mi è dato sapere quando lei possa andare via e ho cercato di godermi qualsiasi attimo con lei. Però, mi sono resa conto, ho cominciato a guardarla in modo diverso da quando ho saputo stia per lasciare l'ospedale. Io la osservo e non posso fare a meno di pensare che, presto, sarà lontana da me e non mi sarà possibile vederla in brevi tempi. Anche Lucia deve essersi accorta che qualcosa stia per succedere perché il suo interesse nei miei confronti è diventato quasi possessivo.
Quanto avrei voluto che Luca, quel giorno, mi desse una data, qualcosa che mi confermasse quando andrà via. Potrebbe succedere in qualsiasi momento e non sono pronta all'evenienza.

"Anita."
Alzo lo sguardo dalla cartella clinica che sto visionando, per puntarlo su Maria che mi si avvicina in modo frettoloso.
Il suo tono è fermo, quasi di rimprovero. Mi chiedo cosa l'abbia infastidita tanto.
Non posso fare a meno di scrutarla con un cipiglio in fronte.
"Hei, Maria. Che succede?"le domando non appena mi è vicina.
Lei arriccia le labbra in una smorfia, combattuta su cosa dirmi e forse indecisa sul modo in cui riferirlo.
"Devi venire subito" mi fa presente, seria. "È successa una cosa, ci sono delle persone che vogliono vedere Lucia".
"Cosa?" le replico senza ben capire, "cosa significa ci siano delle persone che vogliono vederla?".
Ma ben presto qualcosa nella mia mente comincia a smuoversi, facendomi pensare che il motivo per cui delle persone siano qui per lei lo conosco, eccome.
Lei, allora, mi guarda e i suoi occhi sembrano velarsi di compassione alla vista di me, ignara di cosa stia accadendo.
Forse è perché si accorge che ci sia qualcosa ad incrinarsi dentro di me a spingerla a prendermi una mano tra le sue e stringerla con forza.
"Oh, Anita" sussurra "è una coppia, li ha accompagnati l'assistente sociale".
Il mondo alle sue parole sembra cadermi letteralmente addosso. Come posso solo pensare che Lucia andrà via di qui, con una famiglia che non desidera.
Poi ecco venire tutti i tasselli del puzzle al loro posto; sono sicura fosse questo quello che Luca non ha avuto il coraggio di dirmi. Lui sapeva quali fossero i piani della Berardi, li avranno concordati insieme, e me l'ha nascosto. E, allora, mi dico, forse questo può essere anche peggio.
Sono già troppo lontana quando Maria cerca di richiamarmi, ma io sono sorda a qualsiasi suo tentativo di fermarmi, acceccata dalla voglia di affrontare Luca.

Così, mentre percorro con foga i pochi passi che mi separano dalla stanza di Lucia, è proprio lui che incontro sulla mia strada.
"Proprio te cercavo!" gli faccio presente, andandogli incontro.
Lui arresta i suoi passi, rimanendo impalato. Luca appare sorpreso di vedermi, ma il suo stupore si tramuta in imbarazzo non appena si rende conto di quanto il mio tono sia duro e serio.
Senza aspettare che risponda, torno ad inveire contro di lui. "Cosa c'è, Luca? Non ti aspettavi lo sapessi?" aggiungo con una risata piena di scherno. "E dimmi, in questa situazione, tutti quei rischi, tutte quelle precauzioni che dicevi si dovessero adottare con Lucia, dove sono finiti?!".
Lui rimane rigido al suo posto, colpito nel segno dalle mie parole. Avverto voglia dirmi qualcosa ma si tira indietro l'attimo dopo.
A quel punto, senza aspettare che lui parli, lo supero, con rabbia, entrando finalmente nella stanza di Lucia e quello che vedo mi procura una fitta al cuore.

Irene Berardi è qui e nemmeno questa volta è sola; al suo fianco riesco a scorgere benissimo la coppia di cui Maria mi aveva accennato.
Sembrano due persone per bene e dal modo in cui sono vestiti mi rendo conto siano anche abbastanza facoltosi, ma non posso fare a meno di rivolgere loro uno sguardo carico di astio. Perché questi due mi porteranno via Lucia e le garantiranno una vita e una famiglia che io, al momento, non posso assicurarle. Io li guardo e mi viene da pensare che no, non voglio che lei se ne vada.
Rimango ferma sulla soglia della stanza, con gli occhi fissi su questi ospiti indesiderati, ma mi rendo conto che tutto quello che mi circondi sia ovattato in confronto a quello che avverto montarmi dentro. Ascolto e vedo tutto ma è come se non lo facessi davvero.
Forse è un bene che nessuno si sia accorto di me, potrei sempre sgattaiolare via senza che mi vedano.
Guardo Irene e mi rendo conto che lei sia la più entusiasta di questa situazione. Per lei deve essere una grande soddisfazione sapere di essere vicina a trovare una famiglia a Lucia.
"Lucia, loro sono i signori Cattaneo e vorrebbero tanto conoscerti"le fa presente in modo stucchevole. Il suo improvviso interesse per Lucia  è così fastidioso. Vorrei tanto dirle di tornarsene da dove è venuta ma non riesco a proferire parola.
Stringo le mani in pugni, sentendo una scarica di brividi percorrermi la schiena.
I signori Cattaneo potrebbero essere i nuovi genitori di Lucia. Ma sentite, Lucia Cattaneo suona così male...
Allora il mio sguardo ricade di nuovo sui diretti interessati e mi viene da pensare che siano una coppia affiatata o almeno è quello che mi lasciano pensare. Il signor Cattaneo, un omone alto e dai capelli brizzolati, si dimostra essere molto premuroso mentre stringe a sè la moglie, piuttosto imbarazzata per la situazione.
Mi viene da pensare, però, che Lucia si meriti un'unione familiare e forse la loro complicità potrà essere d'aiuto nel costruire qualcosa per lei.
Il mio occhio critico non smette di osservarli, quasi come se volessi conoscerli a fondo, perché se davvero dovessero diventare i suoi genitori, voglio essere sicura che la mia piccola Lucia sia in mani giuste.
E allora la scruto, la signora Cattaneo, e mi viene da pensare che sia una bella donna. Nonostante il suo viso non sia poi più così fresco e riposato come quello di una ragazzina, non ha perso la sua luminosità. Devono aver superato la quarantina, e mi rendo conto che, nonostante vorrei il loro interesse non fosse proprio Lucia, questo gesto faccia loro onore. Improvvisamente vorrei conoscere così tanti dettagli su di loro, sapere se abbiano altri figli o adottare per loro significa poter compensare a quel dono che non hanno avuto la fortuna di ricevere. In ogni caso, la signora Cattaneo ha gli occhi buoni e il senso di maternità stampato in viso.
D'improvviso, sento di voler piangere perché mi ritrovo ad essere gelosa di una donna che nemmeno conosco ma che potrebbe portarmi via la cosa più preziosa che abbia.
Allora lei fa un passo nella direzione di Lucia, suo marito invece rimane un po' più indietro ma comunque vicino così da sostenerla.
"Ciao Lucia, io sono Clelia e lui è mio marito Massimo. Siamo davvero felici di conoscerti" le si rivolge cordiale.
Finalmente questa donna ha un nome e mi viene da pensare che non ci sia niente che non sia dolce in lei.
Lucia ricambia il suo sguardo, ma non c'è nemmeno l'ombra di un sorriso sul suo volto. Anzi, osservo i suoi occhi sbarrarsi impauriti alla loro vista; conosce la prassi, Lucia ha avuto tanti colloqui del genere e sa perfettamente perché loro siano qui.
Io la guardo e capisco che la sua voglia di mostrarsi gentile con loro è pari  a zero.
Io lo so, Lucia, so che non te ne vuoi andare, che ti ho promesso non ti avrei lasciata, ma io, io cosa posso fare adesso per rimediare a tutto questo?
Muovo, allora, un passo nella sua direzione, con il desiderio di avvicinarla a me, stringerla e dirle che andrà tutto bene, ma so quanto questo possa risultare inopportuno in una tale situazione.
Nel silenzio che è calato nella stanza, però, i miei passi sembrano rimbombare, facendo voltare tutti dalla mia parte. Ad un tratto, è come se mi sentissi colta in flagrante, come se mi trovassi a fare qualcosa che non dovrei.
E allora Lucia incrocia i miei occhi e i suoi, piccoli e tristi, sembrano chiedermi di aiutarla.
E io ti guardo, mia piccola Lucia, e mi viene da pensare che io possa fare ben poco.
"Anita..." mi richiama speranzosa.
Ma io resto immobile, con un forte senso di impotenza ad invadermi.
Poi Luca entra nella stanza e il suo arrivo sembra inclinare ancora di più il mio stato, in un punto di non ritorno. Sento di voler piangere e gridare allo stesso tempo.
"Signori, buongiorno"
La sua presenza sembra distogliere l'attenzione dei presenti da me, ma Luca, a differenza, non trova niente di più interessante che guardarmi.
I suoi occhi incrociano i miei e mi viene da pensare a come faccia ad essere così tranquillo in una tale situazione. Ma non lo vede che Lucia soffra? Pensa davvero che tutto questo sia per il suo bene?
Perché sei così cieco, Luca? Perché non ti accorgi di quanto tu ci faccia male?
Il suo sguardo alla mia vista diventa serio, duro, e i suoi occhi su di me sembrano intimarmi di non fare sciocchezze e stare al mio posto.
Però mi rendo conto che io qui dentro sia quasi di troppo; e se ancora restassi potrei sentirmi seriamente male, quindi mi volto, per andare via e non tornare più indietro.

Se pensavo che una volta fuori potessi sentirmi meglio,  mi sbagliavo, perché avverto un principio di attacco di panico farsi spazio dentro di me.
Il mio respiro si fa pesante e avverto il mio cuore accellerare così tanto da non riuscire a controllarlo. Sento di non essere padrona del mio corpo e solo per un attimo vorrei abbandonarmi al turbinio di emozioni contrastanti che mi sta travolgendo.
Il cuore mi batte, incessante, tale da avvertirlo nelle orecchie e sotto le mie dita che stringono il tessuto della maglietta.
Respiro forte e a lungo ma questo non sembra affatto calmarmi, bensì sortisce l'effetto contrario perché la gola mi si secca e avverto un conato di vomito arrivarmi in bocca. Ho seriamente voglia di vomitare.
Mi appoggio, quindi, alla parete dietro di me, aggrappandomici con le mani, mentre gli occhi mi si appannono per le lacrime. Questa volta non faccio niente per fermarle e lascio che cadano libere sulle mie guance. Il mio pianto è però silenzioso ma disperato.
"Anita!" avverto qualcuno chiamarmi ma non riesco a distinguere di chi sia la voce. Sono così stordita e annebbiata che non mi rendo conto di cosa stia accadendo attorno a me. Sento afferrarmi per le braccia, in un modo così forte e premuroso e mi viene da pensare che sia un bene qualcuno mi abbia afferrata, avrei rischiato di cadere. Le mie gambe, infatti, sono deboli e, nonostante sia sorretta, mi rendo conto che le forze per stare in piedi mi manchino.
"Anita, tesoro" finalmente la riconosco: Maria è qui e come un angelo custode sta facendo in modo che non crolli, dimostrandomi la sua vicinanza.
Così, presa dallo sconforto, mi abbandono alla sua stretta, lasciandomi avvolgere dal suo abbraccio rassicurante.
Io ti ho lasciata sola, Lucia. Tu volevi che ti aiutassi, ma vedi, io ho bisogno che, adesso qualcuno aiuti me.

Maria mi ha ascoltata, è sempre tanto comprensiva con me. Si è sorbita tutte le mie ansie e paure e ha confidato che sarà difficile, anche per lei, vedere andare via Lucia.
Anche Maria, come me, conosce benissimo quale sia il vero volere della bambina e comprende quale possa essere il mio stato d'animo.
"Come ti senti?" domanda, mentre sorseggio un po' d'acqua. Mi appoggio al distributore dietro di me, scrollando le spalle come una bambina. Mai come oggi la sala comune mi è sembrata così silenziosa e vuota. Ma mi dico sia un bene, perché al momento un po' di tranquillità è proprio quello di cui avrei bisogno. Non mi va di essere guardata con compassione o additata per scherno.
Maria appoggia una sua mano sulla mia spalla, premurosamente, per attirare la mia attenzione.
"Anita, mi hai fatto preoccupare" mi fa notare, facendo una lieve pressione con le dita sul tessuto del camice.
Incrocio il suo sguardo, mortificata. Mi vergogno di quello che è successo; mi domando se qualcuno mi abbia visto, cosa abbia pensato di me nel pieno di un attacco di panico? Ma ormai è troppo tardi per rimediare.
"Mi dispiace, Maria. Non avrei voluto capitasse".
Lei annuisce, ma i suoi occhi su di me mi infondono un certo senso di rassicurazione. Sono contenta che lei sia qui, perché Maria è dotata di un forte senso materno e di empatia e questo fa di lei una persona di cui potersi fidare e capace di farmi sentire protetta, al sicuro.
Però, quel lieve senso di benessere che pensavo di aver riacquistato, sembra svanito nel nulla, quando vedo Luca dirigersi verso di noi.
Maria deve accorgersi che mi sia irrigidita perché il suo sguardo segue il mio, puntandolo sul ragazzo che cammina nella nostra direzione.
I miei occhi non possono fare a meno di scrutarlo.
Deglutisco a fatica, come se la salivazione mi mancasse ancora e ancora; avverto il peso di questa sua ennesima bugia schiacciarmi.
Sono sicura di quale siano le sue intenzioni e mi rendo conto che se qualche giorno fa avevo pensato di dargli la possibilità di spiegare, adesso sono più che certa di non voler più aver niente a che fare con lui.
"Ti stavo cercando" la sua voce, non appena mi è vicino, mi fa percepire un sentore di guai. È chiaro che non sia venuto con buone intenzioni. Riesco a notare una sorta di rimprovero nei miei confronti da come la sua postura sia rigida e il suo viso contratto in una smorfia. Ogni fibra del suo corpo sembra mettermi in allerta.
Ma io, io sì, sono pronta ad affrontarlo, se necessario.
"Devo parlarti" proferisce con un tono che non ammette repliche.
"Da soli" aggiunge non appena si rende conto che Maria non accenni a muoversi.
L'infermiera, però, non si lascia intimorire dal suo sguardo di sfida, perché lo sostiene allo stesso modo e non ci pensa nemmeno a lasciarmi sola con lui.
"Maria, puoi andare, non preoccuparti" le faccio notare, accennando ad un piccolo sorriso.
Lei annuisce e rispetta il mio volere, nonostante sia contraria a lasciare che Luca mi si avvicini. Poi, facendo saettare lo sguardo da me a lui, si allontana.
Luca, allora, scuote il capo, esprimendo un sorriso divertito dalla situazione, ma ben presto i suoi occhi tornano su di me.
Incrocio le braccia al petto, impaziente di scoprire cosa abbia da dirmi.
Luca rimane a lungo con lo sguardo su di me, mi scruta a fondo come se volesse accertarsi di quali siano le mie condizioni.
"Stai bene?" domanda e mi rendo conto che non mi aspettavo potessi percepire della preoccupazione dalla sua voce.
"Sto bene" replico, dura.
"Anita..."
Che lui sia stanco ed esasperato da questa situazione è chiaro, ma è quasi un controsenso, perché se facesse a meno di creare guai, sarebbe tutto diverso.
"Tu lo sapevi..." gli faccio presente, come in un affronto e stanca di troppi preamboli.
"Sì..." ammette a disagio. Immaginavo lui lo sapesse ma averne la conferma è a dir poco irritante.
Distolgo lo sguardo dal suo, puntandolo su un punto indefinito alle sue spalle. La verità è che sono stanca di litigare, la rabbia lascia spazio solo ad un profondo senso di delusione.
"Dovevo immaginarlo..."
Luca sembra, però, ostinato a creare una giustificazione plausibile per le sue azioni. Come se non fosse chiaro mi abbia esclusa da una cosa così importante.
"Anita" mi richiama, sporgendosi per incrociare i miei occhi. "Mi dispiace, davvero. Ma io te lo avrei detto, sul serio, stavo solo cercando il modo adatto per comunicartelo."
Io lo guardo e mi viene da ridere per questo suo stupido tentativo di scusarsi. Così, notando che si sia fatto più vicino, faccio un passo indietro, spaventata da un possibile contatto.
"E certo..." gli replico in tono di scherno. "Ti aspetti anche che ti creda?"
"Anita."
"Luca, ma seriamente, quando smetterai di mentirmi? Dimmi, ci sarà mai una fine alle tue bugie?" le mie parole sono dettate dalla pura voglia di fargli del male e, forse, notandolo abbassare lo sguardo, spero di esserci riuscita.
Vorrei che un po' di quel dolore che provo io, lo sentisse anche lui. Se solo si fermasse a pensare a come questa situazione mi faccia soffrire, forse capirebbe.
Così, approfittando del suo essere a corto di parole, prendo le dovute distanze, svincolandomi da lui.
Io ti guardo Luca e ammetto a me stessa che tu un po' mi faccia pena. Io ci guardo e mi rendo conto che tra noi sia irrisolvibile, perché tu hai rovinato tutto, di nuovo.
E allora io me ne vado, e ti lascio qui, perché sono stanca di lottare contro te e le tue bugie. Ti lascio solo augurandomi tu possa riflettere sul tuo comportamento. E mi allontano con il cuore che sembra spezzarsi, mentre mi rendo conto che non so cosa sia peggio tra aver perso te e perdere Lucia.
"Anita" lui tenta di fermarmi un po' prima che io sia lontana, ma non sono disposta a concedergli nemmeno uno sguardo e un briciolo del mio tempo. Così, continuo imperterrita per la mia strada.
E allora infastidito dal mio modo di sfuggirgli, mi richiama a gran voce.
"Tra una settimana dimettiamo Lucia, ci tenevo a fartelo sapere".
Il suo modo di attirare la mia attenzione è pressappoco inutile, ma non posso nascondere che le sue parole abbiano suscitato in me una reazione. E allora io incasso il colpo, rendendomi conto che ancora una volta non sia stata io a ferire lui ma viceversa.

Appena fuori, non posso fare a meno di scontrarmi con la realtà e notare cosa stia succedendo.
La sua figura è ancora piccola e lontana, ma riuscirei a distinguerla anche ad occhi chiusi.
Lucia si muove nel corridoio, veloce, affannata, come se stesse scappando. Io la immagino dover affrontare una situazione più grande di lei, da sola.
Strepita, sfuggendo ai richiami. Mi rendo conto, quindi, che il suo obiettivo sia io, quando lei, vedendomi ferma, chiama il mio nome a gran voce. Ma io, questa volta, la sua richiesta di aiuto non voglio e non posso ignorarla.
Lucia non è sola, dietro di lei riesco a distinguere alcuni infermieri che cercano di placare la sua corsa, ma lei continua, avvicinandosi.
Così, mi abbasso alla sua altezza, allargando le braccia per accoglierla in una stretta. Lo slancio è così forte che per poco non mi sbilancio all'indietro.
Ma adesso ho altro a cui pensare. Mi rendo conto che respiri in modo veloce e sconnesso e mi premuro di calmarla.
"Shh, sono qui" le sussurro tra i capelli.
È un sollievo constatare che Lucia non sia affatto arrabbiata, perché alle mie parole la sua stretta diventa quasi possessiva. È bello pensare che la prima persona di cui senta di aver bisogno sia io.
"Anita..."sussura concitata. "Non mi lasciare".
Mi viene da pensare sia un bene che lei sia nascosta nel mio abbraccio, così che non possa accorgersi del turbamento sul mio viso.
Però, accorgendosi che io non le abbia dato una risposta, incrocia il mio sguardo, posando le manine sulle mie guance.
"Anita, io voglio stare con te. Solo con te" ammette con la voce distorta dal pianto. Non mi ero resa conto che avesse preso a singhiozzare ma sulle sue guance le lacrime scendono copiose.
Allora io la guardo e vorrei fosse così facile. Ma forse, mi viene da pensare, quella che ho creato nella mia testa è solo un'illusione. E ora più che mai lei ha bisogno di qualcosa di concreto.
Lucia scruta con attenzione ogni mio movimento, in attesa che io le dica qualcosa. Osservo i suoi occhi così piccoli da cui traspare un velo di preoccupazione.
A me fa male il cuore al solo pensiero di vederla andare via.
"Luci" le replico, appoggiando le mie mani sulle sue. "Andrà tutto bene".
Lei sorride speranzosa ma non completamente soddisfatta dalle mie parole. So cosa voglia sentirsi dire.
"Non mi lasci, vero?" chiede, tirando su con il naso.
Torno a stringerla a me, socchiudendo gli occhi.
"No, Lucia. Non ti lascio".
Ma io, beh io sono una pessima bugiarda.
Riesco, però, a scorgere sul suo viso un velo di soddisfazione e mentre lei torna a stringersi a me, aggrappandosi al mio camice come a paura che possa lasciarla, mi rendo conto che tutto questo, un giorno, potrebbe ritorcersi contro di me.
Ma adesso, mi dico, mi basta questo: che lei sia con me e non ci sia opposizione alcuna.

Osservo le porte dell'ospedale chiudersi dietro di me come un miraggio. Ero arrivata a pensare che questa giornata potesse non finire mai, e adesso, una volta fuori, è come se assaporassi di nuovo la libertà.
Guido con tranquillità verso casa, ansiosa di potermi rilassare dopo tutto lo stress accumulato in queste ore. Forse, mi dico, poter far un bagno caldo allenterà tutta questa tensione.
Arrivo a casa presto, chiudo lo sportello, veloce, inserendo l'antifurto all'automobile. Una volta fuori dall'abitacolo, rabbrividisco per il freddo della sera; per fortuna l'ingresso è a pochi passi.
Però, mi rendo conto che, se pensavo le sorprese per me oggi fossero finite, mi sbagliavo.
Infatti, una volta davanti l'uscio del portone di casa, devo fare i conti con qualcuno che non vedevo da così tanto e che sembra esser tornato.
Io lo guardo, lui fa lo stesso, ed entrambi non possiamo fare a meno di scrutarci così a lungo, come a capacitarci di essere proprio davanti alla persona che non vedavamo da tanto tempo. Ma lui è qui e io mi rendo conto mi fosse mancato
I nostri occhi si invadono di sorpresa mentre nessuno dei due sembra intenzionato a parlare, forse in questo momento dire qualcosa sarebbe superfluo. Poi, mi premuro di interrompere il nostro scambio di sguardi e prendo la parola, dando voce ai miei pensieri.
"Nicola, cosa ci fai qui?!"

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti!
Faccio ritorno con una sola settimana di ritardo, ma ci sono stati impegni improrogabili che mi hanno tenuta per un po' lontana dalla lettura. In ogni caso, adesso sono qui con un capitolo che segna una svolta davvero importante nella storia. Lucia è vicina dall'andare via dall'ospedale e forse lo farà con una famiglia che non è quella composta da lei, Luca e Anita. Cosa ne pensate a riguardo? Ve lo aspettavate?
So che forse questa notizia non sarà molto gradita ma non è ancora stata scritta la parola fine. Tutto è possibile...
E poi, colpo di scena, vi aspettavate che Nicola tornasse??
Su, aspetto le vostre opinioni ;) e nel frattempo ne approfitto per ringraziarvi del sostegno che mi date, soprattutto voi ragazze che continuate a seguire con assiduità la storia. Grazie anche a chiunque l'abbia inserita tra le liste e ai lettori silenziosi :)
Alla prossima, un abbraccio!!




















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Capitolo 41
*** Capitolo 40 ***


Capitolo 40
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Capitolo 40



"Nicola, cosa ci fai qui?"
Quando l'ho visto, lì, fermo davanti al portone di ingresso mi sono resa conto che la rabbia che sentivo di provare nei suoi confronti sia passata in secondo piano. Perché Nicola è qui, il mio Nicola è tornato da me e nemmeno la consapevolezza di averlo a pochi passi riesce a farmelo credere.
Nicola non risponde sùbito e il suo sguardo rimane a lungo su di me, come se volesse imprimere ogni dettaglio del mio viso nella sua mente. Sono passati mesi dall'ultima volta che ci siamo incontrati e i cambiamenti sono piuttosto evidenti. Nicola è cambiato, almeno esteticamente parlando; ha tagliato di poco i capelli, portandoli un po' spettinati, in un doppio taglio, e ha accorciato la barba. Il suo aspetto sembra molto più curato, non che lui sia mai stato trasandato, eppure, c'è qualcosa che mi fa presupporre che i cambiamenti in lui non siano solo fisici.
Rimango, allora, ad aspettare che parli, in attesa e infastidita. Comincia a far freddo e pur di non congelare ho fretta di avere una risposta, quindi torno a porgli la domanda, con fermezza.
Nicola, a quel punto, porta le mani nelle tasche del cappotto scuro che indossa. Incassa il collo, come a volersi proteggere da una folata di vento e io mi rendo conto che lo trovi tenero.
Poi mi sorride, in quel modo che è solo suo, incastrando il labbro inferiore tra i denti.
"Non mi fai entrare?" domanda, facendo segno all'ingresso dietro di noi.
Improvvisamente, comincio ad analizzare la situazione con la giusta lucidità: perché Nicola è tornato dopo essere partito con una stupida lettera a spiegarmi e, adesso, non può venire qui e credere che sia tutto come sempre.
"Dovrei?"
Lui scuote il capo, divertito, allargando le braccia come per enfatizzare il concetto. "Fa parecchio freddo qui fuori, non trovi?"
E allora io lo guardo e mi viene da pensare da quanto tempo sia qui ad aspettarmi, visto le sue guance e il suo naso arrossati. E mi rendo conto che, mentre sbuffando gli faccio spazio verso il mio appartamento, lo lascio entrare solo perché mossa da un senso di compassione. Ma Nicola sorride vittorioso come se avesse ottenuto il suo principale scopo.
Non appena entra in casa, mi sembra di ritornare indietro nel tempo, quando accoglierlo tra queste quattro mura era la normalità, e lui deve pensare la mia stessa cosa mentre ci lasciamo andare ad un'espressione malinconica.
Chiudo la porta dietro di me, osservandolo muoversi nell'appartamento a suo agio: Nicola è stato così tante volte qui dentro che conosce ogni millimetro di questo posto.
Eppure, mi rendo conto che, saperlo qui, sia una sensazione a cui non sono più abituata. Se un tempo avrei trovato la sua intrusione rassicurante, adesso mi appare quasi fastidiosa.
Così, mentre lui  si guarda intorno interessato, mi avvicino, ansiosa di avere delle risposte.
"Allora?" domando con fare sostenuto. "Mi dici che sei venuto a fare?!".
Nicola si volta verso di me, appoggiandosi al divano dietro di lui, pensieroso.
"Ti ho mandato una lettera..."
"Oh sì!" replico, asciutta. "Quello stupido pezzo di carta con il quale mi spiegavi te ne fossi andato?".
"Anita..." mi rendo conto che il suo tono sia quasi supplichevole. Ma dopo la giornata che ho avuto, Nicola, adesso, è proprio la persona più adatta sulla quale scaricare la mia rabbia.
E mentre lo osservo abbassare lo sguardo colpevole, capisco che non ha intenzione di placare in nessun modo il mio fiume di parole. Questo è un confronto che è rimasto in sospeso da troppo tempo.
"No, Nicola, non puoi tornare qui dopo mesi, pensando che sia tutto come prima. Hai idea di quanto io ci sia stata male? Eri il mio migliore amico e quello che hai saputo fare è stato scrivere un'insulsa lettera. Avrei voluto che tu, certe cose, me le dicessi in faccia e non nascondendoti dietro un foglio di carta!."
Nicola, dopo le mie parole, muove un passo nella mia direzione, ma io mi impongo di imporre quanta più distanza tra noi, quindi, quando lui cerca di avvicinarsi, mi allontano.
Riesco a scorgere la delusione farsi spazio sul suo viso, ma non poteva aspettarsi che gli saltassi al collo, entusiasta.
È innegabile che dentro di me si stiano insinuando emozioni contrastanti, ma adesso è la parte più ferita di me ad agire.
"Anita..."lui richiama la mia attenzione. Nicola sospira, portandosi una mano tra i capelli, è chiaro sia determinato a dimostrare le sue ragioni.
"Come pensi potessi dirti quelle cose quando sapevo del tuo rifiuto? Io ti amavo ma ero consapevole che tu non ricambiassi, quindi, dimmi come avrei potuto? Era già doloroso di suo".
Forse sarò stata egoista, ma non mi ero mai soffermata a pensare a cosa avesse potuto provare lui. Dopo le sue parole, però, la domanda mi sorge spontanea.
"E adesso, Nicola? Adesso cosa provi per me?" chiedo, incerta.
Lui mi guarda a lungo, sembra che i suoi occhi vogliano scavarmi a fondo.
"Ho imparato ad accettare la cosa, sono andato oltre" ammette, con fare sicuro.
Ricambio il suo sguardo e mi rendo conto che, nonostante nel suo tono non ci sia traccia di incertezza, ho bisogno di essere chiara nei suoi confronti. Forse mi sono arresa troppo presto, Nicola si merita che io gli dia una seconda possibilità, ma devo essere sicura che lui non fraintenda.
"Nicola..." pronuncio, muovendo un piccolo passo nella sua direzione, "tu sai che io più di un'amicizia non posso darti. Se tu sei sicuro di poterlo accettare, che questa situazione non ti potrebbe creare nessun problema, mi sta bene, ma se dovessi rendermi conto che tu non riesci a distinguere le due cose..."
Nicola mi interrompe prima che io possa finire; in uno slancio, annulla tutta la distanza tra di noi. Ma mi rendo conto che, questa volta, io non faccia niente per fermarlo. Così, quando lui prende le mie mani tra le sue, non mi sottraggo al suo tocco.
Mi ritrovo, quindi, a scoprire che il contatto con la sua pelle sia rassicurante e mi fosse mancato. Il cuore allora comincia a battermi così forte per quella piccola emozione che sento farsi spazio dentro di me all'idea di riaverlo qui.
Il mio amico non riesce a nascondere la felicità che il mio velato perdono abbia scaturito in sé. Non può fare a meno di sorridere, gli occhi che si velano di emozione.
"In questi mesi mi sei mancata tanto, Anita. Ho capito che la nostra amicizia è più importante di qualsiasi cosa e io non voglio perderti" ammette con il cuore in mano. Sarò ingenua, ma voglio credere che le sue parole siano dette in buon fede, forse in un momento dove sento i miei punti fermi abbandonarmi, ho bisogno di aggrapparmi alla certezza che Nicola possa essere ancora mio amico.
"Giuro che questa volta non farò sciocchezze" aggiunge con tono di scuse, notando il mio silenzio.
Ma poi non so se siano le sue parole o l'espressione buffa con la quale le ha pronunciate, sta di fatto che non riesca a trattenere le risate.
"Perché ridi?" domanda lui, confuso e un po' offeso. Pensa che trovi il suo sfogo poco credibile ma, in realtà, ho la sensazione che il mio sia solo un modo per smaltire la tensione accumulata.
Così, stringo le sue mani più forte, ritornando seria.
"Nic, mi sei mancato" ammetto. "Ma non sparire mai più, hai capito?" gli faccio notare, puntandogli un dito contro.
Lui accenna un tiepido sorriso, rilassando le spalle, come liberatosi da un peso.
"Non accadrà, te lo prometto. Davvero Anita, mi sento così fortunato che non ti farò mai pentire di avermi dato una seconda possibilità" promette, sincero.
E, alla fine, nonostante mentre gli rispondo il mio sembri quasi un avvertimento: "Me lo auguro", mi rendo conto che Nicola capiti al momento giusto. Perché, forse, ora più che mai, ho bisogno della sua presenza nella mia vita.

L'incontro con Nicola mi ha fatto dimenticare per un po' cosa fosse successo. Ed è stato bello riscoprire quella complicità che ci ha sempre legati, mentre abbiamo preso a parlare come se non ci fossimo mai lasciati, aggiornandoci sugli eventi che hanno caratterizzato le nostre vite in questi mesi, lontani. Ho scoperto sia tornato in città
da qualche giorno, nonostante il suo fosse un desiderio coltivato da tempo. Parlandone alle ragazze, sembra che però anche loro ne fossero all'oscuro e mi è venuto da pensare che la prima persona da cui lui si sia recato sia stata proprio io.
Nicola ha ammesso di avermi parlato della sua voglia di tornare nell'ultima lettera che mi ha mandato, quella che però non ho mai avuto il coraggio di leggere. Mentre lo ascoltavo raccontarmi di quanto fosse felice di aver dato una svolta alla sua vita, non ho potuto fare a meno di sentirmi orgogliosa di lui.
Così, quando se n'è andato, mi sono addormentata con il sorriso.
Al mattino, però, le mie ansie sono tornate, facendomi rimpiombare nella triste realtà. Il pensiero che Lucia debba lasciare l'ospedale si è insinuato nella mia mente, mettendomi a dura prova. Ma mi sono detta che, dopo il desiderio che la mia piccolina ha espresso, nascosta nel mio abbraccio, non me ne starò con le mani in mano: farò qualcosa.
È per questo che, una volta pronta, mi sono recata dall'unica persona che potrà darmi una mano in questo.
Suono il campanello con impazienza: la mia curiosità rischia di mangiarmi viva se non mi premurerò di saziarla al più presto.
Sabrina si dimostra sorpresa di vedermi, d'altronde non le avevo accennato della mia visita, ma sapevo a prescindere che fosse in casa: dopo il distacco della placenta che ha subìto qualche settimana fa, è stato disposto che stesse a riposo per tutto il corso della sua gravidanza.
"Anita, ciao!" mi saluta.
"Sabrina, disturbo?" le domando, facendo dondolare i talloni sul posto.
Lei sorride dolcemente, facendomi cenno di entrare. "Ma scherzi? Anzi sono felice tu sia qui, stare costretta in casa è una vera noia" ammette, sbuffando.
Sopprimo un risolino, facendomi spazio nel suo appartamento e tenendo per me, almeno per il momento, il vero motivo per cui sia qui.
"Ma tu stai bene, no?" mi premuro di chiederle, seguendola per il corridoio.
Lei rotea gli occhi al cielo, fingendosi infastidita dal mio sincerarmi delle sue condizioni: "Certo che sto bene, non capisco perché vi ostiniate a pensare il contrario"
"Ok, ok" le replico, accondiscendente. "Devi capirci, siamo solo preoccupati per te e Agnese"
Sabrina annuisce, ritrovando il sorriso. "Ma adesso siediti,preparo un caffè. Va bene?" mi domanda. Io la guardo e un po' mi sento egoista nel riferirle che la mia visita non sia dovuta al solo desiderio di vederla.
Lei, però, si rende conto presto che il mio improvviso mutismo nasconda un certo turbamento e mi dedica tutta la sua attenzione, curiosa di saperne di più.
"Anita, devi dirmi qualcosa?" domanda sospettosa.
"Sì, Sabrina. Ho bisogno del tuo aiuto" le replico, speranzosa.
Lei accenna un sorriso, prendendo posto accanto a me sul divano.
"Dimmi, cosa posso fare per te?".
Annuisco, prendendo un respiro profondo prima di cominciare a parlare. Il discorso è piuttosto lungo e, mentre inizio a raccontarle tutto quello che è successo, Sabrina mi ascolta con interesse.
"Forse sono inopportuna, ma devo seriamente ammettere che la vostra sia una storia da telenovelas" mi fa presente con un sorriso, divertita.
Roteo gli occhi, colpendola scherzosamente al braccio. "Ah ah, che simpatica..."
"Però, sai" aggiunge lei, facendosi pensierosa. "Questo dimostra che avessi ragione nel credere quei due non fossero assolutamente una copia. E ti dirò, sono felice di saperlo perché, questo, rende le cose molto più semplici".
Scuoto il capo, rilasciando uno sbuffo. "Io penso che siano tutt'altro che facili...siamo arrivati a un punto di non ritorno. Non so nemmeno per quale motivo lui mi abbia mentito e ti giuro, se prima avessi pensato di potergli dare la possibilità di spiegarsi, adesso è sfumato tutto davanti ai miei occhi".
"Anita." Sabrina ha abbandonato qualsiasi inclinazione divertita, prendendo a parlarmi con un tono estremamente serio. "Da come ne parli, come te, anche Luca è estremamente legato a quella bambina e credimi quando ti dico che sono sicura lui abbia mentito a riguardo perché comprende benissimo cosa tu provi per lei. Penso che il suo sia stato solo un'istinto di protezione nei tuoi confronti, forse è vero non avrebbe dovuto nascondertelo, ma credo che, questa volta, la sua sia stata una bugia a fin di bene" ammette.
Io l'ascolto e forse mi rendo conto che lei possa aver ragione. La verità è che quando l'ho saputo, ero sorda a qualsiasi tentativo di fermarmi, purtroppo dopo quello che mi ha fatto, non posso fare a meno di essere prevenuta nei suoi confronti.
L'idea che Luca l'avesse fatto per tutelarmi in qualche modo non mi ha lontanamente sfiorata ma, adesso, che lei mi pone davanti questa possibilità, mi viene da pensare che, forse, nemmeno il mio comportamento sia stato tanto corretto. Ho agito di impulso senza dargli modo di spiegarmi, ma l'idea che Lucia se ne vada, mi fa uscire di testa. Il pensiero che, tra meno di una settimana, lei possa lasciare l'ospedale, senza che io riesca a fare qualcosa, mi spaventa. Perché se dovesse andarsene, scemerebbe con lei anche l'unica possibilità di poter trovare un accordo con Luca.
Senza lei, noi due perderemmo l'unico punto in comune e, forse, ora più che mai, mi rendo conto che se ci fosse qualcosa da fare, lo dovremmo fare insieme.
"Non voglio che Lucia se ne vada, Sabrina" le confesso. "Sarò egoista se ti dico che non voglio lei abbia una famiglia diversa da quella che vorrei darle, ma è proprio così".
Sabrina appoggia una mano sul mio braccio, stringendo delicatamente la stoffa della mia maglia tra le sue dita. "Tu non sei egoista, Anita. Il tuo sarebbe un gesto pieno d'amore, ma mi dispiace dirti che penso, in questa situazione, tu possa far ben poco" replica lei, affranta.
"Cosa, cosa succederà, adesso?" domando poco convinta. Se da una parte sono curiosa di sapere come si svilupperà la vicenda, dall'altra ho paura di sentirmi dire qualcosa che mi sarà difficile accettare. Conosco la prassi che seguirà in questi casi, ma Sabrina è un avvocato e di cavilli di questo genere ne sa più di me.
Riesco a notare una certa tensione insinuarsi sul suo viso; lei è cosciente che qualsiasi cosa stia per dirmi, non mi piacerà affatto.
"Prima dell'adozione legittimante, vera e propria, si avvia un periodo di affido, dove gli assistenti sociali e gli organi competenti verifcheranno che tra la coppia e la bambina ci sia una certa affinità, che possano andare d'accordo. Di solito, questo periodo dura un anno, poi entrambi le parti saranno ascoltate da un giudice del Tribunale dei Minori che stabilirà ci possano essere i requisiti per procedere all'adozione. Ma, mettiamo caso che, come dici, quella coppia possa essere la sua nuova famiglia, Lucia cosa ne pensa?".
Mi torturo un labbro con nervosismo; non riesco a smettere di pensare a cosa lei mi abbia detto, ieri.
"Sabrina, lei una famiglia l'ha già scelta. È con me che vuole stare".
Lei, allora, si lascia andare ad un respiro, sfregando le mani tra di loro, in tensione. "Ora come ora, data la situazione, potresti ottenere solo un affido temporaneo, purtroppo sono davvero rari i casi in cui venga concessa l'adozione ai single e, vista la probabile vicina adottabilità di Lucia, mi viene da pensare che ci sia ben poco da fare" ammette tristemente.
Le parole di Sabrina si presentano più dure di quanto pensassi: ero venuta qui speranzosa di poter ottenere un aiuto, ma sono costretta a far fronte alla realtà dei fatti.
"A meno che tu non sia la sola a chiedere il suo affido; mi sembra di aver capito che nei progetti di Lucia sia compreso anche Luca e ti garantisco che, in quel caso, sarebbe tutto più semplice. La bambina con voi due ha instaurato un rapporto di affetto e complicità e questi aspetti sono fondamentali nella formazione di una famiglia" aggiunge, speranzosa, illuminandosi come se avesse avuto un colpo di genio.
Accontentare il volere di Lucia sarebbe la cosa migliore, eppure come posso solo pensare di poterle garantire una famiglia, quando io e Luca siamo così pieni di orgoglio e rancori?
"Sabrina..." pronuncio affranta "sai bene che, ora come ora, sarebbe una cosa impossibile".
"Anita penso che, in questo momento, mettere da parte ogni dissapore tra di voi per il bene di Lucia, sia la cosa migliore".
Sabrina ha ragione, ma se così non fosse, sarò davvero costretta a lasciarla andare via?.

Poche ore dopo, mi reco al lavoro, ansiosa di poter rivedere Lucia e assicurarmi sia più tranquilla.
Però, mi rendo conto che, oggi, l'aria sia piuttosto tesa e non posso fare a meno di notare come gli sguardi si puntino, curiosi, su di me. Nonostante cerchi di ignorarle, riesco a percepire le risatine e i sussurri ripetersi dietro di me.
Maria arriva, svelta, a farmi distogliere l'attenzione da queste pettegole.
"Anita" mi richiama.
Riesco a percepire subito che qualcosa non vada. "Che succede?" le domando con apprensione.
"Va da Lucia, ti prego" mi chiede, "credo che non abbia preso bene la notizia della sua uscita dall'ospedale."
Non aspetto che dica altro perché sto già raggiungendo la sua stanza ma non posso che sorridere vittoriosa, quando sento distintamente Maria richiamare all'ordine quelle malelingue.
"Beh? Non avete nient'altro da fare, filate a lavoro!".
Grazie di esistere, Maria.
Come mi aveva accennato, Lucia è contraria all'idea di andare via e, appena fuori la sua stanza, mi rendo conto della gravità della situazione.
Luca è al suo fianco e mi viene da pensare che sia toccato proprio a lui il compito di comunicarle che dovrà lasciarle l'ospedale.
Lucia è furiosa, riesco a scorgere benissimo il suo viso contratto in un'espressione di tensione. È in piedi sul letto, in un equilibro un po' precario, mentre prende a premere con le sue mani piccole e tremanti sul petto di Luca.
"Tu sei cattivo, sei cattivo!" gli urla contro. "Vattene via, non ti voglio vedere mai più" aggiunge cercando di spingerlo lontano.
Il suo viso diventa rosso per lo sforzo e delle piccole lacrime prendono a cadere sulle sue guance.
Luca rimane fermo al suo posto, per niente scalfito dagli schiaffi di Lucia.
Nonostante i suoi colpi non gli provochino alcun dolore, non si può dire lo stesso delle sue parole. Luca non fa niente per placare la sua ira, incassando le sue parole, ma riesco a notare quanto lo ferisca sentirsi allontanare da Lucia.
Io li guardo e sento qualcosa dentro di me spezzarsi alla vista del rifiuto della bambina; nonostante Luca non abbia avuto un comportamento sempre corretto nei miei confronti, non si merita questo. Lucia è però accecata dalla rabbia perché sono a conoscenza di quanto affetto, invece, provi per Luca.
"Lucia" la richiamo con un tono fermo e terribilmente serio. Lei sembra bloccarsi nel sentir pronunciare il suo nome e, incrociando il mio sguardo, corre da me, balzando dal letto.
Luca cerca di prenderla, evitando che si faccia male, ma lei, scaltra, gli scivola veloce dalle mani. Lo osservo stringere le mani in dei pugni: non deve essere facile per lui sapere di non riuscire a gestire e calmare la rabbia di Lucia.
"Anita!" strepita, correndo verso di me. "Diglielo anche tu, diglielo che io voglio stare con te".
Lucia si aggrappa alle mie gambe, stringedole in una morsa stretta. Traballo al suo strano abbraccio, incrociando lo sguardo di Luca dall'altra parte della stanza. Lui contrae la mascella in un'espressione tesa e seria. Riesco a notare tutta l'impotenza che questa situazione gli provochi.
Porto l'attenzione alla piccola, abbassandomi, per quanto lei me lo permetta, alla sua altezza.
Lucia incrocia il mio sguardo con gli occhi rossi di pianto e il labbro tremolante.
Appoggio le mie mani sulle sue spalle, stringendo lievemente la presa su di esse. "Adesso basta, Lucia. Devi calmarti, non fa bene al tuo cuore, ok?" le faccio notare.
Lei annuisce, facendo una smorfia con le labbra e portando una mano a strofinarsi l'occhio destro.
"Va bene" ammette. "Ma tu diglielo. Hai capito?" chiede, lasciando scemare piano la sua voce, fino a ridurla ad un sussurro.
Il mio sguardo alle sue parole incrocia quello di Luca, silenzioso e impassibile alla scena.
Lucia si stringe a me in uno slancio e mentre cerco di placare i suoi singhiozzi, i miei occhi rimangono fissi sul mio collega.
"Luca" il mio richiamo si riduce ad un sussurro.
"Devo andare" lui abbassa lo sguardo, sfuggendo al confronto e, nel momento in cui ci sorpassa, andando via, mi viene da pensare a come questa situazione si possa risolvere.
Non te ne andare, Luca, perché noi, io e Lucia, abbiamo bisogno di te.


ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti!
Questa volta torno a distanza di tre giorni, vi rendete conto?. Sto scrivendo alla velocità della luce ahahaha pur di regalarvi un bel capitolo da leggere. Ammetto che, questo, sia un pelino più corto di quelli precedenti ma è necessario sia così. Preparatevi perché potrebbero essere previsti grandi lacrimoni per il prossimo. Se pensavate che l'ira di Lucia fosse finita qui, vi sbagliate di grosso!
A proposito di ciò, come pensiate si possa evolvere il tutto? Anita ha chiesto consiglio a Sabrina e, a quanto pare, sembra che non ci sia speranza possa tenere con sé Lucia, a meno che lei non sia sola... quindi, aspetto tanti vostri bei commenti a riguardo!!
Prima di lasciarvi, ci tenevo a ringraziare le dolcissime ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e chiunque l'abbia inserita nelle liste. La scorsa volta siete aumentati a vista d'occhio e non potrei che esserne più che felice.
Il nuovo capitolo, poi, è già in fase di scrittura e mi auguro di riuscire a postarlo in breve tempo, quiiiindi, a prestoo!
Un abbraccio, alla prossima <3












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Capitolo 42
*** Capitolo 41 ***


Capitolo 41
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Capitolo 41



Lucia non ne vuole sapere di andare via, ha preso già la sua decisione: non uscirà dall'ospedale a meno che non lo faccia in mia compagnia. Come posso solo pensare di dirle che dovrò venire meno alla promessa che le ho fatto? Perché lo so, Lucia si arrabbierà così tanto che temo possa rivolgersi a me in modo cattivo. Ho avuto modo di appurare nel tempo e oggi quanto possano ferire le cose dette in un momento di rabbia. E sapere che lei possa andarsene di qua, dopo aver asserito che mi odi, mi spaventa tantissimo.
Ma, nonostante manchino pochi giorni alla sua uscita, voglio cercare di tentare il tutto per tutto.
Quindi, quando vedo Luca allontanarsi per il corridoio, lo seguo, cercando di raggiungerlo e stare al suo passo. Perché prima, in quella stanza, la speranza di potergli parlare mi è scivolata dalle mani, ma non posso permettere che accada. Per una volta, se è necessario, metterò da parte il mio orgoglio e farò il primo passo verso di lui.
Luca, però, non è intenzionato a permettermi di parlargli e, quasi come se si fosse accorto che io gli sia dietro, accellera in modo che mi sia difficile continuare a sostenere il suo ritmo. Ok che non sia così allenata, ma le sue gambe sono molto più lunghe delle mie!.
Ma dico, lo stai facendo di proposito? Perché non vuoi ascoltarmi?
"Luca" lo richiamo, mentre avverto un filo di affanno macchiare il mio respiro per questa estanuante corsa contro il tempo e altrettanto strano tentativo di giocare a rincorrerlo.
Lui, allora, prosegue silenzioso e veloce senza badare a me che tento di afferrarlo.
Così, innervosita che lui mi stia ignorando, torno a chiamare il suo nome a gran voce. Luca sembra destarsi all'improvviso, come preoccupato che possa fargli una scenata davanti a tutti. Ma non c'è nessuno.
Questo, però, mi fa modo di raggiungerlo senza problemi perché lui, distratto, ha ripreso un'andatura regolare.
Quando, a quel punto, gli sono di fianco, mi paro di fronte a lui, ostacolandogli con austizia la strada. Sono determinata a catturare la sua attenzione affinché mi ascolti.
"Anita, ho da fare" replica stizzito, cercando di sorpassarmi.
Ma io, più veloce di lui, faccio in modo che non mi scappi, allargando le braccia per limitare il suo spazio di movimento il più possibile.
Luca deve considerare la mia mossa alquanto infantile perché contrae le labbra in una smorfia, ma arrendendosi all'idea che non lascerò se ne vada.
Io, allora, lo guardo e devo reprimere un sorriso, soddisfatta per questa piccola vittoria personale.
"Avanti, che devi dirmi?" mi domanda, con un tono sostenuto, le braccia portate al petto in un chiaro segno di superiorità. Poi, come a dimostrare sia infastidito, sbuffa sonoramente.
Assottiglio leggermente gli occhi davanti al suo atteggiamento, poi lo imito, incrociando le braccia come in un segno di affronto.
"Si tratta di Lucia, io ti posso assicurare che  non volesse dire quelle cose. Lei non vuole andarsene, Luca, soprattutto adesso  che il pensiero di poter essere adottata da quella famiglia la spaventa tantissimo".
Lui sostiene a lungo il mio sguardo, ascoltando con interesse le mie parole. Poi, però, sul suo volto impenetrabile sembra insinuarsi un ghigno.
"Ora come ora, per quello che mi riguarda, Lucia è solo una bambina che fa i capricci" ribatte lapidario e gelido. "Non mi preoccupa quello che ha detto, la rabbia le sarà passata prima di quanto pensi" aggiunge, rincarando la dose.
Le sue parole mi lasciano con un grande senso di amaro in bocca. Non è il vero Luca a parlare, lo è solo una sua brutta copia, quella ferita e arrabbiata. Ho visto Luca affezionarsi a Lucia, emozionarsi per la complicità che li univa ed essere spaventato all'idea che potesse succederle qualcosa, non posso credere che possa usare termini così duri riferendosi a lei. Non lo accetto.
"Perché ti comporti così, Luca?" gli domando, confusa e delusa. "Io comprendo che le sue parole ti abbiano potuto ferire, ma questo non sei tu, come puoi solo pensare che Lucia sia solo una bambina capricciosa!".
Luca si sporge verso di me, come in un affronto e io mi ritrovo ad arretrare davanti alla sua iniziativa.
"Sei tu a non capire, Anita" replica con un tono basso e roco. "E adesso, se non ti dispiace, ho cose più importanti di cui occuparmi" mi fa presente, irriverente.
Contraggo la mascella duramente, seccata dal suo modo di mentire davanti all'evidenza. È chiaro che la sua sia solo una sorta di autodifesa.
Perché io lo so Luca, io ti conosco, so che il pensiero che Lucia possa pensare quelle cose ti ha fatto accaponare la pelle. Ma se non sei disposto ad abbassare la guardia, chiudendoti nel tuo stupido orgoglio, c'è qualcosa che io possa fare?.
Così, quando lui mi sorpassa, svincolandosi dal mio tentativo di fermarlo, mi rendo conto che non può pensare di trattarmi così e aspettarsi che lo lasci andare senza avergliene prima dette quattro.
Ah l'orgoglio, questo maledetto...
"Sai Luca" gli urlo dietro, sperando che le mie parole possano farlo tornare sui suoi passi.
"Io credo che tu sia un vigliacco, sì. Smettila di nasconderti dietro questa facciata da duro, come se ne niente possa scalfirti. Non sei onnipotente e commetti tanti errori, ultimamente fin troppi. Lucia non vuole andarsene veramente da questo ospedale, speravo che tu potessi aiutarmi a trovare una soluzione. Ma..." mi interrompo per riprendere fiato e stringere i pugni per trattenere  la rabbia che sento invadermi, "dato che sei così cieco davanti all'evidenza, puoi anche andartene al diavolo!". Le mie parole sono dettate dalla pura voglia di scuotere una reazione in lui. Così, mi aspetto che lui ribatta pesantemente, rendendomi conto che vorrei anche e solo discutere con lui, pur di non saperlo tanto distante da me. Perché io sto solo cercando un confronto, sperando di trovare in lui l'unico appiglio per rendere questa situazione meno dolorosa.
E, allora, quando lui si ferma a metà del corridoio, voltandosi a mezzo busto verso di me, io mi auguro che i miei occhi, tristi e socchiusi, siano capaci di trasmettergli quello che le mie parole non sono state in grado di fare.
Perché io e Luca siamo più simili di quanto pensiamo e riconoscendo nel suo sguardo la stessa espressione mortificata e ferita, mi rendo conto che vorrei correre da lui, adesso, in questo preciso istante, e appianare tutte le nostre divergenze.
Ma io il primo passo, verso di te, l'ho già compiuto e, mentre aspetto impaziente che tu mi dica qualcosa, qualsiasi cosa, mi viene da pensare che il tuo silenzio sia la risposta peggiore tu potessi darmi.
Perché io lo osservo, con le spalle un po' ricurve e scruto la porzione di viso che ha deciso di mostrarmi, contratta in una smorfia dura e sono costretta ad arrendermi davanti all'improvviso mutismo che sembra averlo colpito.
E allora mi volto, senza più speranza e insoddisfatta, pronta a lasciarmelo alle spalle.
Però passa solo un minuto prima che avverti la sua voce richiamarmi a sé. Avverto stia compiando dei passi e non mi ci vuole molto per rendermi conto si stia avvicinando a me.
Mi volto verso di lui speranzosa di poter ottenere la reazione che ho desiderato dal primo momento in cui abbia deciso di scagliarmi contro lui.
Luca è una furia e me ne rendo conto da come a grandi falcate prenda a raggiungermi.
"Vuoi dirmi qualc..." le mie parole si perdono sulle sue labbra. Il modo in cui si avventa su di me è così disperato da farmi tremare dal piacere. Sembra che voglia scaricare tutta la rabbia in questo bacio.
Così, lui mi morde le labbra, approfondendo il contatto e lo lascio fare, stupendomi del grande tasso di passione che siamo in grado di accendere.
Star lontani tanto tempo ha creato una sorta di astinenza che, adesso, ha bisogno di essere colmata.
E, allora, mi rendo conto che non fosse proprio questa la reazione che pensavo di ottenere in lui, però forse, mi viene da pensare che questo superi di molto le mie aspettative.
Le mie mani rimaste in sospeso, quando lui, a sorpresa, si è fiondato su di me, corrono, allora, ad aggrapparsi al suo collo, insinuandosi sotto il tessuto della sua camica e riversando nel mio gesto tutta la volontà di sentirlo più vicino.
Avverto il cuore martellarmi nel petto e mi sento così assuefatta dalle emozioni che provo da pensare che se qualcuno ci vedesse non me ne importerebbe niente.
Luca, però, non deve pensarla allo stesso modo; è cosciente che con questo gesto possa andarne della sua professionalità.
Quindi, tenendomi per i fianchi, e senza smettere di baciarmi, fa in modo che io cominci a muovermi all'indietro, alla ricerca di un posto appartato. Non ho idea di dove mi stia portando, ma aspetto che sia lui a guidare me.
Nel frattempo, nessuno dei due ha intenzione di lasciare l'altro, ci baciamo, ma sentiamo che questo non basti a colmare un vuoto.
La porta di uno stanzino buio si chiude dietro di me, spegnendo quello spiraglio di luce che proveniva da fuori, ma ci tiene ben lontani da occhi indiscreti.
Il contatto con il muro dietro di me, mi fa gemere di dolore.
"Scusa..." sussurra lui, sulle mie labbra, premurandosi che non mi sia fatta male, scendendo ad apporre una dolce carezza sul punto dietro la nuca con cui ho battuto.
Abbiamo entrambi il respiro corto e ansante, ma nonostante siamo al buio, riesco a distinguere in qualsiasi nostro gesto, la stessa voglia di non fermarci.
Così, mi alzo sulle punte e imprimo un bacio sulle sue labbra, piccolo e casto, che non ha niente a che fare con quello che ci siamo scambiati, ma è un modo per ringraziarlo della sua premura di poco fa. Lui mi tiene per i fianchi, accompagnando i miei movimenti, e facendomi finire irremediabilmente addosso al suo corpo. Il solo contatto è capace di farci rabbrividire, e ringrazio il buio di nascondere le mie gote arrossate.
Allora gli sfioro le labbra, di nuovo, come se non potessi farne a meno, e chiudendo gli occhi come a voler imprimere questo momento nella mia mente per sente.
Luca fa risalire le sue mani lungo le mie braccia, fermandole sulle mie guance.
"Anita, aspetta..."
Ma ho ritrovato il lume della ragione: per quanto mi sia piaciuto, mi sono resa conto che questo non abbia risolto pronto niente, anzi, forse ha solo peggiorato le cose.
Così, torno al mio posto, appoggiandomi al muro e tirando un sospiro.
Luca muove a tentoni una mano dietro di me, alla ricerca di un'interruttore e, quando si illumina la stanza, mi rendo conto che un po' faccia fatica a sopportare la luce.
Luca è davanti a me, con le labbra invitanti e rosse per i miei baci. Osservo che nella foga gli ho sbottonato due bottoni della camicia, che mi riservano la vista di una leggera peluria sul suo petto.
Lui, allora, lascia scontrare la mia fronte con la sua, respirando vicino al mio viso.
"Anita, io non sto evitando il problema e non sto nemmeno sottovalutando la gravità della situazione" mi fa notare, a bassa voce.
Mi viene da pensare che, dopo aver scaricato la tensione, gli sia venuta voglia di parlare.
Mi porto una mano alle labbra, pensierosa.
"Sei sicuro?" gli domando.
"Sì" ribatte, serio.
"Bene" gli faccio notare, spintonandolo leggermente, "dimostramelo."
Luca si apre in un piccolo e divertito sorriso.
"Lo farò" ammette come a volermi sfidare. Attento Luca che io poi ci credo.
"Ok"
"Ok".
Poi, ricomponendosi, fa un passo indietro, pronto a lasciare per primo la stanza.
Però, un po' prima che lui possa andarsene, lo richiamo, facendo in modo che si volti verso di me, incuriosito.
Così, mi avvicino a lui, fingendo non curanza, ma nel momento in cui le mie mani si posano sul suo petto, noto che Luca sia impaziente di sapere cosa abbia in mente.
Allora lascio che le mie dita si muovano lentamente, raggiungendo il colletto della sua camicia, accarezzandolo lievemente, senza mai distogliere lo sguardo dal suo. Passo ad abbottonargli i due bottoni lasciati aperti, sfiorando puntualmente la porzione di pelle lasciata scoperta. Luca, a sua volta, non riesce a smettere di mettermi gli occhi addosso, e dal modo in cui il suo pomo d'Adamo faccia su e giù, mi viene da pensare che io stia mettendo il suo autocontrollo a dura prova. Mi ritrovo ad esserne soddisfatta, perché mi piace penare che non sia solo lui ad avere un certo effetto su di me, ma è un qualcosa di reciproco.
"Ecco, adesso puoi andare" annuncio, battendo le mani sulle sue spalle.
Luca si allontana, deglutendo a fatica.
"Sì, devo andare. Assolutamente." ammette teso.
Beccati questa, Luchino.
E, mentre lo lascio andare, vedendolo chiudersi la porta alle spalle, da solo, per non destare sospetti, mi viene da pensare che in un altro contesto mi verrebbe da ridere per questo, per l'effetto che siamo capaci di provocarci a vicenda, ma mi rendo che, data la situazione, adesso non ci possa essere niente capace di farmi sorridere.


...tre giorni dopo

Il solo pensiero che tra due giorni Lucia debba andare via senza che io sia riuscita a fare nulla, mi fa impazzire. Così, mi sono presa una pausa dal lavoro, rifugiandomi nella caffetteria dell'ospedale con la sola intenzione di stare lontana da visite, analisi, scartoffie. Per di più, il ruolo del capo specializzando ha reso la vita in reparto estenuante. Mi sento come messa sotto pressione.
Torturo il mio labbro inferiore a lungo, è solo la sensazione ferrosa di sangue in bocca a farmi desistere dal continuare.

Abbasso, allora, lo sguardo al mio bicchere ancora pieno di cioccolata calda. Un piccolo peccato di gola che mi sono concessa per appianare questo forte senso di tristezza.
"Riesco a vedere tutti gli ingranaggi della tua mente vorticare come impazziti. Devo proprio presupporre che il tuo cervello non smetta un attimo di pensare".
Alzo gli occhi per incrociare quelli di Arianna che, dall'alto della sua posizione, mi scruta divertita. 
"Ah-ah, che simpatica" le faccio notare, aprendomi in una linguaccia.
Arianna prende posto al mio fianco, facendo tintinnare tutti i braccialetti al suo braccio, al contatto con il tavolo. Ammetto che sia parecchio esuberante e rumorosa, ma forse, al momento, ho bisogno di qualcuno che ravvivi questo assordante silenzio.
"Scommetto che stessi pensando al dottor Franzese" pronuncia con un sorriso maliziosa.
"Aria', non è che la mia giornata giri intorno a lui, eh" le replico, con una smorfia. Non è vero, perché ultimamente non faccio che pensare a quello che saremmo potuti essere se le cose fossero andate diversemente, soprattutto dopo quel bacio, ma la situazione di Lucia occupa sicuramente la mia mente in una percentuale maggiore.
Lei lascia ondeggiare la sua chioma riccia e indomabile, aprendosi in una risata chiassosa. "Ti aspetti che ti creda?" mi fa notare con un cipiglio. "Beh, non riesco a farlo, ma sai, io ti capisco Anita, è davvero difficile non pensarlo. Soprattutto quando la vostra è una storia incasinata, da telenovelas".
"Oh andiamo!" le faccio notare, indispettita. "Smettila di prendermi in giro. Potrei seriamente rivalutare la mia idea di raccontarti come sia iniziata questa "telenovelas" come la chiami tu e non rivelarti un solo particolare".
Arianna placa la sua risata e noto il suo viso assumere un certo pallore, preoccupata che la sua sete di curiosità non possa essere soddisfatta. Potrei seriamente mettermi a sogghignare di soddisfazione.
"No, Anita. Ti prego, ti pregoooo!" cantilena, giungendo le mani tra di loro e mettendo su un' espressione da cucciolo bastonato.
Sopprimo un risolino, prendendo ad accarezzarle il capo come se fosse una bambina. "E va bene, sorvolerò, per questa volta. Quindi su, cosa vuoi sapere?" le domando, arrendendomi.
Lei, alle mie parole, non riesce a trattenere l'emozione, illuminandosi come se fosse un albero di Natale. Osservo i suoi occhi, grandi e verdi, nascosti sotto un paio di occhiali rotondi dalla montatura sottile e trasparente, guardarmi con un alto tasso di eccitazione.
Assumo un'espressione preoccupata a tutte le domande che sento voglia pormi.
"Quando vi siete conosciuti? Era già bello da ragazzo? Come hai capito fossi innamorata di lui?" comincia a chiedermi a raffica.
"Ehi, ehi" alzo una mano nella sua direzione come a voler placare il suo flusso di parole. "Con calma". Che io abbia deciso di raccontarle come sia iniziato tutto, non significa possa prendersi tutte queste libertà. Lo farò ma a modo mio, decidendo cosa rivelarle e cosa no.
Arianna sopprime un risolino, costernata. "Hai ragione".
"Allora?Come vi siete conosciuti?" domanda, però, sùbito dopo, battendo le mani, eccitata.
"Beh..." cerco di nascondere un'espressione imbarazzata al ricordo. "È stato in un giorno della prima superiore: uscivo dal bagno delle ragazze, e la sua classe era proprio di fronte. L'ho notato sull'uscio e sì, lui era tanto bello già allora" ammetto con un sorriso nostalgico.
"Mio Dio, sono così curiosa" replica, divertita. "E poi che è successo? Come vi siete parlati per la prima volta?".
Annuisco, prendendo una pausa prima di ricominciare a parlare.
"In verità da quel giorno non l'ho più visto, ci è voluto quasi un anno prima che lo rincontrassi, ad una festa, dove entrambi eravamo invitati" le rivelo.
"Wow!" esclama, sorpresa. "Un anno è davvero tanto tempo. Come è stato rivederlo dopo così tanti mesi?" chiede, sognante.
"È stato bello..."
"Ma come vi siete parlati?"
"A dire il vero, quello è stato davvero un momento imbarazzante. Le mie amiche mi avevano lasciato sola per andare a ballare, così quando lui è arrivato alla festa, una mia compagna di classe, sai una di quelle che si crede la reginetta del ballo, mi ha notato mettergli gli occhi addosso. Io pensavo di non aver mai visto un ragazzo più bello, ne ero rimasta imbambolata" soffoco una risatina, vergognandomi della scena che mi è ritornata in mente. "È stata lei a presentarmelo, quasi come a volermi mettere a disagio, e io davanti a lui sono riuscita a biascicare solo un misero ciao, intimidita. Avrei voluto sotterrarmi" mi copro il viso con le mani, scuotendo il capo.
Arianna mi accarezza un braccio, comprensiva. "Se questo ti può far sentire meno male, ti posso assicurare che io abbia fatto figure peggiori".
"E poi? Come continua?" aggiunge, confusa.
"E poi, niente" replico con un sorriso soddisfatta. "Dovrai attendere la prossima puntata".
"Ma daai, Anita" protesta, sbuffando. "Mi hai rivelato poco e niente."
Sogghigno divertita, alzandomi. "Devo tornare al lavoro e dovresti farlo anche tu. La nostra pausa è durata fin troppo" le faccio presente, allontanandomi per buttare il mio bicchiere nel cestino più vicino.
Sopprimo una risata, sentendola lamentarsi alle mie spalle, mentre prende a seguirmi per il corridoio che ci condurrà al nostro reparto. La guardo e mi viene da pensare che vorrei che anche i miei peggiori problemi si riducessero al solo non voler tornare al lavoro.

Le nostre strade si dividono e mi rendo che nemmeno io sia così contenta di tornare al lavoro. Non mi piace l'aria che si respira qui dentro, la situazione in reparto si è fatta competitiva: l'idea di poter diventare capo specializzando, ha innescato una reazione a catena, in cui ognuno di noi è sicuro di avere la meglio.
Riconosco di essere brava, sono sempre stata cosciente delle mie capacità, e questo è stato un bene perché essendone consapevole, ho saputo sfruttare le mie potenzialità per dare il massimo.
Eppure, non ho la presunzione di essere la migliore; ci sono tanti aspetti di me che credo debbano essere smussati e pensare di dover coordinare degli specializzandi, proprio come me, non mi spaventa, di più.
Per quanto ambire a quel posto, al momento, possa risultare essere la massima aspirazione, combatterò a mani basse, come ho sempre fatto, dandogli la giusta importanza, certo, ma con la consapevolezza che se dovessi ottenere un tale riconoscimento, lo avrò fatto senza beneficiare di aiuto alcuno o, peggio ,usare sotterfugi.
Giorgio, però, non è dello stesso avviso e, quando lo vedo dirigersi verso di me, con un sorriso sardonico a nascondere un ghigno malefico, mi viene da pensare che sia un bene il nostro incontro, questa volta, non avvenga in un bagno silenzioso e isolato.
"Ma guarda un po' chi si rivede, la mia collega preferita" mi fa presente, arrivandomi vicino.
Roteo gli occhi, senza mai arrestare il mio cammino. Così, notando che io non abbia intenzione di fermarmi, Giorgio mi cammina di fianco, sostenendo la mia andatura.
Nessuno sembra fare caso a noi, ma d'altronde, la nostra potrebbe benissimo apparire come un'amichevole chiacchierata tra colleghi. Siamo in un luogo pubblico e Giorgio è costretto a dover ponderare le sue azioni.
"Io avrò quel posto, Anita" ammette, a bassa voce, ma sono a conoscenza di quanto suoni come una minaccia. Dopo la sua assenza di questi giorni, lui sembra tornare a ricordarmi quali siano i suoi loschi piani.
"Per ottenerlo, devi guadagnartelo. Invece di pensare a tallonare me, dovresti concentrarti solo su questo" gli faccio notare, indispettita.
Giorgio, al mio fianco, mi scruta con la coda dell'occhio, contraendo le labbra in una smorfia derisoria. "Impegnarsi? Come fai tu, giusto?" replica, facendo assumere alle sue parole un disgustoso doppio senso.
Mi fermo, infastidita dalla sua accusa e ho l'istinto di voltarmi verso di lui e sferrargli uno schiaffo, ma la mia mano rimane sospesa a mezz'aria quando mi rendo conto che non possa colpirlo qui, davanti a tutti.
Lui sorride soddisfatto: il suo intento di farmi arrivare al limite è subdolo. Non riesco a pensare che una persona così debba lavorare a contatto con dei bambini.
Così, mentre sono costretta ad abbassare la mano, stringendo le mie dita in pugno, mi rendo conto che sì, questa situazione rischia di diventare sfiancante.
"Non ti permettere..." digrigno tra i denti.
Lui, allora, fa un passo in avanti, sorpassandomi. Il nostro scambio di battute prevedo sia finito qui, abbiamo già dato troppo nell'occhio e lui, prima di andarsene, si volta a guardami fingendosi mortificato.
"Rilassati Anita, sei troppo agitata. Eppure dicono che "rotolarsi tra le lenzuola" sia un ottimo modo per scaricare la tensione" mima tra le dita.
Rischio che del fumo mi esca dal naso e dalle orecchie,il mio autocontrollo sembra essere svanito nel nulla.
Quindi Giorgio si allontana, senza aspettare una mia reale risposta e non si risparmia di ridere, in modo forte e chiassoso, mentre cammina disinvolto per il corridoio.
Ma io dico, perché? Perché sembra che, ultimamente, non me ne vada una giusta?.

                                               ...due giorni dopo

Vorrei dire di aver passato questi ultimi giorni in modo normale, ma mentirei. Mi sono alternata tra lavoro e casa come un automa, compiendo ogni mia azione con la voglia e l'umore pari a zero. Credo che l'unico sprazzo di normalità sia arrivato quando, l'altro ieri sera, per disperazione, le ragazze si siano presentate a casa mia. Chiassose, hanno invaso la mia tranquillità, vestendomi di tutto punto e trascinandomi fuori dal mio appartamento. Avevano tutta la voglia di passare una serata insieme a spettegolare del ritorno di Nicola. Per loro questa rappresentava la notizia più allettante del momento, e nonostante la pensassi uguale, non ero riuscita a esprimere nemmeno un briciolo della mia felicità. Avevo risposto alle loro domande su cosa ci fossimo detti, se avessimo fatto pace, a monosillabi, ritrovandomi a dovermi accasciare con la testa sul tavolo di quel locale tanto chic che avevano scelto.
Non avevo fatto altro che pensare a Luca e Lucia, ininterrottamente, torturandomi a fondo sul problema.
Le ragazze si erano ritrovate a guardarmi rammaricate e mortificate, consapevoli che il mio umore non fosse dovuto solo a una brutta giornata. Perché per primo c'era il turbamento che amare Luca e non poterlo avere mi procurasse e, dall'altra, l'idea di una famiglia con Lucia che vedevo scivolare sempre di più dalla mia mente e dalle mie mani.
Così, quando avevo chiesto di riaccompagnarmi a casa, non avevano obiettato in alcun modo.
E adesso che sono in ospedale non faccio che sentirmi peggio, perché dopo questi mesi che Lucia sia stata qui, è impossibile lasciarla andare tanto facilmente. Io e la piccola non abbiamo aperto più il discorso da quel giorno, quando lei rivolse quelle parole così dure nei confronti di Luca, ma quando entro nella sua stanza, sono preparata a qualsiasi reazione avrà non appena le riferirò che manca poco prima che la vengano a prendere.
"Ciao, Lucia" la saluto, avvicinandomi all'armadietto della sua stanza. Le do le spalle perciò non mi è possibile scrutare la sua reazione, ma sono sicura che sia rimasta sconvolta dalla mia scarsa attenzione nei suoi confronti.
"Avanti, alzati."
Spalanco le ante, osservando quello che Lucia ha da portare con sé. Pochi cambi, un paio di scarpe, un pupazzo, niente che non si possa mettere in una sola borsa. E mentre, con cura, lo faccio, mi viene da pensare che non sarà questo che lei porterà via di questa degenza qui.
Lucia andrà via con un bagaglio carico d'amore e affetto perché non c'è persona qui dentro che non le sia affezionata. Lucia è una forza, una piccola guerriera da cui ognuno di noi ha avuto da imparare ogni giorno e sarà difficile affezionarsi così tanto a qualcuno che non sia lei.
Avverto i suoi passi, piccoli ma veloci, dietro di me, ma non mi volto, perché stringo tra le mani quel vestito che lei indossò quando io e Luca le facemmo trascorrere una giornata fuori dall'ospedale e, improvvisamente, mi sono salite le lacrime agli occhi.
Lucia picchietta le sue dita dietro le mie gambe per richiamare la mia attenzione.
Prendo un respiro profondo, trattenendo le lacrime che minacciano di uscire e mi volto di lei, abbassando gli occhi per incrociare il suo sguardo.
"Anita" pronuncia, speranzosa. "Dove andiamo? Mi porti con te, vero?" domanda, dondolandosi sul posto.
Sì, amore, se potessi, lo farei...
"Indossa questo, ok? È il mio preferito" lascio cadere l'abito tra le sue mani, accennando un piccolo sorriso.
"Sì, ma dove andiamo?"ritorna a domandarmi.
Porto il pollice e l'indice a stringere l'apice del mio naso, cercando di trattenermi, poi distolgo lo sguardo, appoggiando la borsa e il suo pupazzo sul suo letto.
"Anita..."
E, allora, mi volto verso di lei, abbassandomi alla sua altezza. Lucia incrocia il mio sguardo senza capire, un cipiglio così tenero a formarsi sulla sua fronte.
Così, appoggio le mani sulle sue spalle, stringendole lievemente.
"Lucia" pronuncio il suo nome in una muta richiesta "qualsiasi cosa accada, ti prego, promettimi che mi vorrai sempre bene".
Lei allarga le braccia come ad enfatizzare il concetto, non cogliendo il vero senso delle mie parole.
"Certo che ti voglio bene, Anita" ammette, con un tono dolce. Poi una sua mano va a posarsi sulla mia guancia, in una carezza, come a voler cancellare una lacrima silenziosa che è sfuggita al mio controllo.
Mi godo il suo tocco che ha un agro sapore dell'addio e mi rendo conto che questi ultimi minuti passati con lei non sono abbastanza per colmare il vuoto che la sua assenza lascerà nel mio cuore e nella mia vita.
Così la stringo a me, socchiudendo gli occhi, al modo in cui Lucia sembra incastrarsi perfettamente al mio corpo.
"Te ne voglio anche io, Lucia..."

Luca e il dottor Visconti entrano nella stanza, e la loro presenza arriva a rovinare l'idillio del momento. Il mio tutor si dimostra sorpreso di vedermi lì, abbracciata a Lucia e me ne rendo conto dal modo in cui prende a guardarmi, salutandomi in modo sostenuto.
Incrocio, invece, lo sguardo di Luca e dai suoi occhi su di me, mi viene da pensare che lui, a differenza, sia solo molto mortificato dalla situazione.

"Lucia, non sei ancora pronta?" le domanda il dottor Visconti, notandola ancora in pigiama.
Allora, la piccola scioglie il nostro abbraccio, ma rimanendo comunque ancorata alle mie spalle.
"Per andare dove?" domanda, ingenuamente.
Luca incrocia il mio sguardo, indeciso sul da farsi, ma nemmeno io saprei come comportarmi in questo momento, quindi scuoto il capo, distogliendo gli occhi da lui.
Lucia sa che debba andare via, ma sembra che la sua mente lo abbia cancellato come a volersi proteggere dalla tristezza che il pensiero le provoca.
"Non ricordi che giorno sia oggi?" le domanda, cauto. E, mentre lei scuote il capo, abbassando lo sguardo, la signorina Berardi e Maurizio Accorsi entrano nella stanza, dimostrando di avere un tempismo perfetto.

Lucia si volta verso di loro e in lei si fa spazio la consapevolezza che sia costretta ad andare via.

Anche Luca si volta verso di loro e, dal modo in cui i suoi occhi sembrano velarsi di rimprovero, mi viene da pensare che i piani non fossero questi.

"Dottor Franzese, ci hanno detto che lei e il dottor Visconti foste già qui, abbiamo pensato di raggiungervi".
La prima a parlare è proprio la signorina Berardi con un tono colmo di rammarico. Maurizio Accorsi, al suo fianco, sembra solo una comparsa silenziosa.

"Avete fatto bene" replica il dottor Visconti, cordialmente. "La piccola Lucia è quasi pronta. Vero?". Non so perché ma nel dirlo il suo sguardo si posa su di me in modo rimproverevole. 
Poi, però, la risposta mi appare chiara: Sono io l'intralcio in questa situazione.

Lucia non riesce a smettere di osservarli con il terrore ad invadere i suoi occhi. Così, si aggrappa alle mie gambe, spaventata all'idea che loro la possano mandar via da me.

"Avanti Lucia, indossa il tuo vestitino".

Irene si sporge verso di lei, cercando di sorriderle.

Alla sua vicinanza, Lucia, però, si ritrae inevitabilmente, scuotendo il capo e nascondendosi.
"Vattene, brutta strega!" le urla contro.
Lei rimane ferma al suo posto, fingendosi poco scalfita dalle sue parole piene di odio. Ma guardandola mi sembra quasi di sentirla ribollire dentro, perché lei i rifiuti di Lucia non li ha mai saputi digerire.

"Lucia..." è il turno di Luca di parlare e le sue parole fanno percepire un inevitabile richiamo.

Mi rendo conto che, mentre mi volto ad incrociare i suoi occhi, vorrei poter dire la mia e prendere le difese di Lucia. Perché lei, di essere arrabbiata, ne ha tutto il diritto.

"Non si preoccupi, dottor Franzese. Lucia è solo arrabbiata, ma non lo posso davvero. Non è vero?" replica Irene, cercando di stemperare la situazione con una risatina isterica.
Poi, torna a sporgersi verso Lucia, per incrociare il suo sguardo.
"Su, da brava, Lucia. Vieni qua...è ora di andare" le fa presente, tendendo una mano verso di lei.

Lucia si volta verso di lei, tenendomi sempre stretta a sé, e la sua linguaccia dimostra quanto sia grande il suo disappunto.

"No!" ammette, puntando i piedi a terra. "Io voglio stare qua, voglio rimanere con Anita".

Improvvisamente, tutti gli sguardi dei presenti si posano su di me e riesco a scorgere negli occhi dell'assistente sociale una sorta di sfida. Perché io e lei non ci siamo state simpatiche dal primo giorno e io, adesso, rappresento un ostacolo al compimento del suo lavoro.

Maurizio Accorsi pare, però, rendersi conto della gravità della situazione perché osservo il suo sguardo velarsi di sorpresa. Così fa un passo avanti, posando una mano sulla spalla di Irene. Il suo gesto sembra quasi dirle di lasciar far a lui e silenziosamente mi viene da chiedermi se lui abbia modi migliori per rendere meno doloroso questo distacco.

Così, si abbassa all'altezza di Lucia, sedendosi sui talloni, e porge una mano verso il suo braccio, per accarezzarlo lievemente.

"Lucia..."pronuncia, con dolcezza. "Mi rendo conto che ti sia affezionata alla tua dottoressa, e mi dispiace che tu debba lasciarla, sul serio, ma noi andiamo andare, lo sai. Però la tua dottoressa potrà venirti a trovare tutte le volte che vuoi" le fa presente, speranzoso di ottenere un riscontro positivo. Dalla sua voce riesco a percepire quanto sia davvero costernato per la situazione e
alle sue parole mi rendo conto che senta di volermi mettere a piangere. Perché se lei dovesse avere una famiglia, non ci potrà essere niente a permettermi di andarla a trovare. E anche se fosse, sento che non basterebbe, perché Lucia non è mai stata solo una semplice paziente; lei si è conquistata il mio affetto dal primo giorno che ha messo piede qui dentro.
Lucia, allora, alza lo sguardo verso di me con il labbro tremolante, come a chiedermi di fare qualcosa, poi si volta a guardare Maurizio, e nel momento in cui sembra voler muovere un passo verso di lui, mi rendo conto che forse la sua iniziativa ha smosso un senso di consolazione dentro di lei. Però, che possa essere riuscita a convincerla così facilmente non mi fa stare affatto bene.
Io non voglio che lei se ne vada.

Un attimo dopo, però, quando Maurizio allunga una mano verso Lucia, come ad invitarla a seguirlo, lei si ritrae, tornando a nascondersi vicino a me e inizia a singhiozzare in modo convulso. Il suo pianto sembra fin da subito difficile da calmare.
Mi sento impossibilitata a fare qualsiasi cosa, come spettatrice di una scena in cui non posso intervenire.

"No, no!" strepita tra le lacrime. "Non me ne voglio andare."

Poi, come a rimarcare il concetto, mi stringe più forte a sé e in quel momento mi rendo conto di sentirmi mancare l'equilibrio. Lucia mette a dura prova, così, non solo la mia stabilità fisica ma anche quella emotiva.

Luca appoggia una mano sulla mia spalla come a voler evitare che io possa cadere e, quando sorpresa incrocio i suoi occhi, riesco a scorgere nel suo sguardo lo stesso turbamento da cui sento invadermi. E mi viene da pensare, mentre lui sembra qui venuto come a sostenermi, se sia davvero vero che non possiamo fare più niente.

Irene, però, comincia ad essere spazientita dalla situazione, e me ne rendo conto mentre guardo il suo piede battere ritmicamente a terra. Per lei, tutto questo, deve rappresentare una inutile perdita di tempo. Mi viene, quindi, da pensare se le sia mai interessato qualcosa del benessere di Lucia.

Il dottor Visconti, invece, è solo molto confuso, ma i suoi occhi che si alternano da me a Luca, come in cerca di risposte a riguardo, non mi lasciano ben presagire.

"Oh, andiamo. Adesso basta!" Irene comincia a vacillare, abbassando la maschera della persona paziente e gentile che si è calata addosso per tutto questo tempo.

"Lucia vieni subito qui!" le fa notare, allargando le braccia, infastidita.

Maurizio Accorsi, allora, si volta verso di lei, come ad intimarle di non fare sciocchezze. E mi viene da chiedermi se sia delusione quella che scorgo nei suoi occhi.

"No, Maurizio, abbiamo già perso parecchio tempo. Lucia deve venire con noi, è ora di smetterla con i capricci!" ribatte, ferma sulle sue convinzioni.

Mi chiedo come possa comportarsi così quando Lucia è qui, stretta a me che piange. E mi rendo conto che vorrei far qualcosa, qualsiasi cosa per calmarla ma non riesco a compiere nemmeno un passo o a dire una parola.

Prima che però io possa prendere l'iniziativa, Irene si avvicina, sorpassando Maurizio e arriva al mio fianco, così vicina a me e Lucia.

Appoggio le mie mani sulle spalle della piccola come a rassicurla che non la lascerò andare e rivolgo a lei uno sguardo astiosa, ora più che mai convinta a sfidarla.Perché in questo momento sto rischiando davvero di perdere tutto.

Irene non si risparmia di fare lo stesso, sporgendosi leggermente verso di me come in un affronto. La nostra diventa quasi una lotta a voler dimostrare di avere la meglio sull'altra. Nonostante riconosca di essere riuscita a conquistarmi l'affetto di Lucia come Irene non ma hai saputo fare in questi anni, adesso è con lei che la piccola andrà. E, mentre tutti gli altri sembrano osservare interessati il nostro scambio di sguardi, lei approfittando di una mia distrazione, riesce a portare Lucia via da me.

Il suo braccio stringe quello della piccola mentre Lucia si dimena, cercando di liberarsi dalla sua stretta.

"Anita!" urla nella mia direzione, con gli occhi ad implorarmi.

Così, mentre Luca sembra stringere di più la presa sulla mia spalla, come ad intimarmi di non dare spettacolo, faccio un passo nella loro   direzione, infischiandome del suo giudizio e di quello del mio superiore.

"Le sta facendo male, non la tocchi!" sbotto, arrabbiata.

Perché nessuno se ne rende conto, ma Irene Berardi sta portando via Lucia e con lei sta andando via anche un pezzo del mio cuore.

E allora io non posso ragionare lucidamente, non quando si tratta della mia piccola e io ho con lei un legame viscerale.

La voce del dottor Visconti mi arriva forte e chiara: "Dottoressa!".

Ma, in questo momento, non mi importa della sua opinione, sono cieca a qualsiasi richiamo.
"Non mi deve dire cosa fare!" ribatte lei, allo stesso modo, strattonando Lucia per  tenerla ferma accanto a sé.
"Credo che la situazione stia degenerando" ammette Maurizio, frapponendosi tra di noi e cercando di placare gli animi. "Diamoci una calmata, tutti quanti".
Ma, nel frattempo, Lucia fa un balzo all'indietro, riuscendo a liberarsi dalla presa di Irene, e scappando verso il corridoio, allarmata.
Scattiamo tutti in attimo, in una corsa contro il tempo per raggiungerla.
Escogito un piano affinché io possa essere la prima a prenderla, ma mentre tutto un reparto si volta a guardare la scena.
Intanto Lucia corre e io l'avverto allontanarsi sempre di più da me.
Quindi mi spingo al limite, cercando di raggiungerla il più possibile, ma le mie gambe sembrano essere diventate di gelatina.
"Lucia...aspetta!"la richiamo, cercando di controllare il mio respiro. Ma lei sembra sorda a qualsiasi mia richiesta di tornare indietro. Sa che tornare sui suoi passi significherebbe lasciare che la portino via.
Lucia, non te ne andare...
Poi, però, mentre cerco di riprendere fiato, constato tristemente che Maurizio domini la fila, e mentre riesce a prenderla al volo, tra le sue braccia, mi rendo conto che io non possa, davvero, fare più niente.

Irene mi sorpassa trafelata, la borsa di Lucia tra le mani, e voltandosi a guardarmi, sorride soddisfatta, allontanandosi. Senza che, però, se ne renda conto, il pupazzetto a cui la bambina è tanto affezionata, scivola giù, finendo sul pavimento.
Così, mentre Maurizio cerca di tenere a bada Lucia tra le sue braccia, lei li raggiunge facendo in modo che si affrettino ad andare via. Se pensa di aver avuto la meglio, con assoluta tristezza mi viene da pensare che, in questa situazione, non ci siano né vinti né vincitori.
Lucia scalcia e si dimena, colpendo, Maurizio, di schiaffi sulle braccia.
Allungo una mano verso di lei. Nel mio gesto, come se potessi prenderla, è riversata tutta la disperazione del momento, ma lei è già troppo lontana affinché io possa raggiungerla. La stanno portando via con l'inganno e io, impotente, non posso fare niente per fermarli.
"Anita!" urla, allora, nella mia direzione, spingendosi oltre la spalla dell'uomo. "Non mi lasciare, tu l'avevi promesso. L'avevi promesso, Anitaaa!"
"Lucia..." 
Poi, mentre la guardo allontanarsi per sempre da me, mi rendo conto che mi manchino le forze e mi porto una mano alle labbra cercando di calmare i singhiozzi da cui sento pervadermi. Allora abbasso lo sguardo ai miei piedi, dove adesso giace il suo pupazzo, e mi appresto a raccoglierlo. Mi viene da pensare che questa sia davvero l'unica cosa che mi sia rimasta di lei. E, mentre lo stringo con forza al petto, scosso dai miei singhozzi, mi rendo conto che il dolore che avverto in questo momento sia troppo grande per essere assuefatto.
Perché io, Lucia, ti ho vista andartene e con te hai portato via anche il mio cuore...
Visconti e Luca sopraggiungono, poco dopo, accanto a me. Avverto la loro silenziosa presenza alle mie spalle, ma non mi volto a guardarli, sono troppo scossa per farlo. E poi non riesco a non pensare che Luca non abbia fatto niente per evitare tutto questo.
"Dottoressa...Castaldo" mi richiama il mio superiore. Però, notando che non abbia intenzione di ascoltarlo, prende a rivolgersi a me con un tono più forte, di rimprovero.
"Dottoressa Castaldo!"
So cosa voglia dirmi, è chiaro che voglia reguardirmi sul mio comportamento, ma non ho intenzione di stare a sentirlo.
Allora, mi volto nella sua direzione,cercando di armarmi del tono più duro possibile, ma la mia voce esce fioca, distorta dal pianto.
"La prego...non ci si metta anche lei"
Ma mi viene da pensare al perché mentre lo faccia, i miei occhi incrociano quelli di Luca al suo fianco. Lui mi guarda a sua volta, contraendo le labbra in una smorfia seria.
Poi, decisa a non rivolgere più parola a nessuno dei due, volto loro le spalle, prendendo a camminare a passo veloce verso il mio studio, non prima di aver sentito Visconti urlare dietro di me.
"Dottoressa torni qui, non mi costringa ad avviare un procedimento disciplinare contro di lei!".
Al momento, però, questo è proprio l'ultimo dei miei problemi.
Non mi accorgo, sùbito, che Luca abbia preso a seguirmi, e vorrei solo che mi lasciasse in pace, da sola, a fare i conti con un dolore troppo grande. Così, mentre prendo ad acquistare sempre più velocità, non mi aspetto che lungo il mio cammino sia proprio Giorgio a fermarmi.
La sua mano artiglia con forza il mio polso, strattonandomi verso di sé.
Sussulto al contatto, cercando di ritrarmi spaventata.
Giorgio sogghigna, avvicinandomi pericolosamente al mio viso, in modo da sussurrare le sue parole al mio orecchio.
"Mi hai appena spianato la strada, Anita cara. Adesso, prendermi quel posto, sarà più facile del previsto".
Il suo è un chiaro riferimento a quello che è successo poco fa, al mio aver fatto una scenata e sorpassato il volere di un mio superiore.
E sono costretta ad ammettere che lui abbia ragione. Perché Visconti non perdonerà tanto facilmente il mio comportamento.
"Anita!" Luca arriva a liberarmi dalle grinfie di Giorgio che si allontana, di fretta.
Forse, mi rendo conto che io debba essergli grata per averlo fatto, ma sono troppo accecata dalla rabbia nei suoi confronti di non aver mosso un dito e aver lasciato che Lucia se ne andasse, per poterlo anche solo ringraziare.
Quindi, mossa da un grande voglia di scappare da lui e dai suoi occhi inquisitori, gli volto le spalle, pronta a raggiungere il mio studio e rimanere chiusa lì, lontana da tutto.
Mancano solo pochi passi prima che possa lasciarmelo alle spalle, così appoggio con foga una mano sulla maniglia, spingendo con forza per aprire la porta. Luca, però, mi raggiunge a grandi falcate, annullando la distanza che ci divideva e incollandosi con il suo petto alla mia schiena.
Avverto il suo respiro sul mio collo e socchiudo gli occhi al modo in cui la sua vicinanza mi faccia sentire.
Così mi volto, cercando di chiudergli la porta in faccia, ma Luca, protestando, riesce ad infilarsi nella stanza, facendo pressione per entrare.
Sono costretta ad arrendermi, vedendolo farsi spazio nello studio e chiudere, con una spalla, la porta dietro di sé.
Gli do volutamente le spalle, portandomi una mano al petto come a voler calmare il cuore che sembra battermi tanto forte.
Respiro forte e a lungo cercando di controllare il principio di attacco di panico che sento mi stia colpendo. Non posso permettere che accada di nuovo, soprattutto ora che c'è lui, qui.
Luca arriva alle mie spalle, poggiando una mano sul mio braccio, costringendomi a voltarmi verso di lui.
Tremo al solo pensiero di dover far i conti con il suo sguardo. 
Luca si accorge sùbito delle mie condizioni, così mentre io cerco, invano di placare questo turbinio di emozioni, lui mi scuote per le spalle, mantenendo la sua presa, forte, su di me.
"Anita, calmati! Va tutto bene, ok? Respira così...molto lentamente".
Mi dimeno tra le sue braccia, annaspando alla ricerca di aria.
"Hei" le sue mani salgono alle mie guance, le posa lì, cercando di incrociare il mio sguardo. "Anita...respira"ripete. La foga che, all'inizio, aveva accompagnato i suoi gesti, adesso, lascia spazio solo ad un profondo senso di apprensione nei miei confronti.
E mi rendo conto che, mentre io cerca di allontanarlo, sono cosciente che, in questo momento, abbia allo stesso tempo bisogno di lui.
"Vattene, Luca!" gli urlo contro, mentre cerco di regolizzare il mio respiro.
Rimani qui con me...
Al mio rifiuto, Luca allenta la presa su di me, come se ne fosse scottato, e si ritrae lasciando che una scintilla rabbiosa invada i suoi occhi.
"Ma proprio non lo capisci, Anita?! Sto solo cercando di aiutarti e tu non fai che peggiorare la tua posizione!" mi fa presente, puntando un dito contro di me. "L'hai sentito Visconti? Vuole farti un ordine di servizio..."

Allora scatto in difensiva, spintonandolo leggermente: "E invece tu, Luca? Cosa mi dici di te? È questo il tuo modo di dimostrare che tu non sottovaluti la situazione, eh!". 
Le mie parole si macchiano di delusione e ferimento."Perché non hai fatto niente, Luca! Perché?"
Luca, allora, mi guarda contraendo le labbra in una smorfia dura. Le mie parole lo hanno colpito nel vivo."Tu devi smetterla, Anita!
Devi smetterla di pensare che Lucia sia qualcosa di tua proprietà, non puoi giocare a fare la sua mamma, quando noi non abbiamo nessun diritto su di lei. Lei doveva lasciare questo ospedale e io non potevo impedirlo!" mi fa notare, sporgendosi verso di me; il suo tono è lapidario, gelido. Luca rimane fermo su una convinzione che io non condivido e questo se è possibile mi rende ancora più vulnerabile.
Perché io da te, Luca, adesso cerco rassicurazione e, invece guardaci, siamo qui ad urlarci contro e farci la guerra.

Quello che lui dice non è vero, io non gioco a fare la mamma di Lucia, perché quello che ci ha legato non è mai stato dettato dal desiderio infantile di una bambina. Lucia è rimasta orfana troppo presto e ha scelto me affinché io colmassi la figura che, brutalmente, le è stata tolta. Lei mi ha permesso di farmi spazio nel suo cuore e nella sua vita, rendendomi partecipe delle sue gioie e delle sue paure, e permettendomi di starle accanto per prendermi cura di lei, proprio come farebbe una mamma. E il nostro è stato sempre un rapporto di dare e ricevere, dove ognuna di noi ha lasciato una parte di sé nell'altra. Non riesco a credere che lui possa pensare questo, non dopo che tempo addietro avesse ammesso io avessi dato a Lucia la forza di vivere.
"Perché non capisci, Luca? Come puoi solo pensare che questo sia stato un gioco!" lo accuso, sfogando la mia rabbia addosso a lui.
Così, mentre prendo a battere i pugni sul suo petto, lui non fa niente per fermarmi. Forse comprende che adesso io abbia bisogno di scaricare la mia tensione su qualcuno. I suoi occhi rimangono fissi su di me,  poi però un mio colpo si infrange in una sua mano, e Luca torna ad afferrarmi quando un singhiozzo più forte degli altri mi scuote il petto. Socchiudo gli occhi, cercando di evitare il suo sguardo accusatorio su di me.
"Anita, ti prego, guardami..."la sua voce, ora, è ridotta ad un sussurro, "mi dispiace, non è questo quello che intendevo, ma, davvero, è difficile anche per me. Io sono dalla tua parte, Anita, e credimi quando ti dico che sia stato difficile anche per me vedere Lucia andarsene"
Allora, sorpresa dal suo tono, mi costringo ad aprire gli occhi ed incrociare i suoi, stanchi e mortificati.
Mi torturo un labbro per evitare che tremi mentre gli parli. "Luca..."
Lui sospira così vicino al mio viso e quando lascia scontrare le nostre fronti, accarezzandomi le guance, mi rendo conto di non voler ammettere la sua presenza mi infonda un senso di sicurezza.
Le sue dita si muovono, allora, sulle mie guance in dolci carezze e quando con il pollice della mano destra lui sembra voler cancellare una lacrima che mi è sfuggita, abbasso lo sguardo, frastornata.
"Non è giusto, non è giusto..."
Luca rilascia un respiro profondo, faticoso. Dal suo gesto traspare tutta la tensione che questa situazione provochi anche a lui; riesco a leggerlo nei suoi occhi che anche lui soffra. E mentre ci guardo non posso che abbandonarmi alla scarica di elettricità che la sua vicinanza provochi in me. 
"Dobbiamo accettarlo Anita, Lucia starà bene..." ammette, arreso.
La sua frase arriva a spezzare l'idillio del momento, perché io sono troppo acceccata dal dolore per poter solo pensare che Lucia possa stare bene lontana da me, da noi. 
Il terrore invade i miei occhi, mentre con un spintone lo allontano, scottata. Scuoto il capo, implorandolo di non dire una parola.
Così Luca arretra, desistendo al mio rifiuto.
"Vattene, Luca..." mormoro, sorda a qualsiasi suo richiamo.
E lui lo fa, allontanandosi e abbassando lo sguardo, ferito dalla mia freddezza.
"Tanto per fartelo presente, ho chiesto al dottor Visconti di essere paziente con te, ma credo sia meglio che tu per qualche giorno te ne stia a casa, sei troppo scossa..." mi fa presente, voltandosi per rivolgermi un ultimo sguardo, già con una mano sul pomello.
Annuisco, appoggiandomi alla scrivania dietro di me, con un gran senso di freddo ad invadermi. Perché le sue parole sono state la goccia a far traboccare il vaso.
Avverto il suo sguardo rimanere a lungo sulla mia figura, mi accorgo che muova un passo nella mia direzione, incerto sul da farsi. So di averlo allontanato io stessa ma, fino all'ultimo, spero che lui ci ripensi e torni da me a colmare il vuoto che mi ha pervaso alla sua distanza. Allo stesso tempo, so che Luca non lo farà, lui ha già abbassato la guardia prima con me e, sentirsi rifiutato, ha ferito il suo orgoglio. Così, mi rendo conto che non mi importi la mia dignità possa essere messa sotto ai piedi, perché adesso il bisogno di lui è più impellente.
E, mentre mi do mentalmente della stupida per il mio comportamento incoerente, lo richiamo un po' prima che lui possa chiudersi la porta alle spalle.
Perché io, Luca, oggi ho già perso Lucia e sto male alla sola idea che anche tu possa lasciarmi sola.
"Luca..." sussurro, "resta qui. Non andartene, ti prego..."
Lui si volta e riesco a notare la sorpresa invadere i suoi occhi e rilassare i suoi tratti. Come se non aspettasse altro che sentirsi dire questo.
Così, io aspetto impaziente e spaventata che lui non possa accogliere la mia richiesta. E, forse, mi dico, io lo capirei, perché sono stata io a fargli presente di andarsene.
Ma Luca fa un passo in avanti, rendendomi inquieta. Così, quando lui viene verso di me, io lo accolgo tra le mie braccia, smaniosa di colmare la distanza che ci aveva tenuti lontani. Lui mi stringe a sè, premendo il mio viso sul suo petto, e nel suo gesto riesco a percepire tutta la rassicurazione e il conforto che avevo sperato lui mi dedicasse fin dall'inizio, lo stesso che io gli ho negato di darmi, innalzando un muro tra noi. Ormai, però, arresa e spoglia di ogni tipo di orgoglio, lascio che siano le emozioni a parlare e agire per me, libera di non dover ponderare le mie azioni. Perché, adesso, ho bisogno di questo, di qualcuno che si prenda i miei problemi e li faccio anche suoi e, ora più che mai, capisco che questo sia un compito che solo lui possa assolvere. Perché il dolore è più facile da sopportare se condiviso.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti! Come state?
Sono passati pochi giorni dal mio ultimo aggiornamento ma vi avevo già fatto presente che il capitolo fosse in stesura. L'ho concluso proprio pochi minuti fa e, non resistendo, alla voglia di farvelo leggere, l'ho postato. Non sono molto sicura di aver fatto un buon lavoro, ma posso assicurarvi di averci messo il cuore. Scriverlo è stato difficile e non vi nascondo che, in alcuni momenti, mi sia fatta prendere dalle emozioni. Raccontare di Lucia e della sua uscita dall'ospedale è stata dura perché sembra scontato ma, quando scrivi da così tempo di qualcosa, i personaggi cominci a sentirli un po' tuoi, soffrendo e gioiendo con loro. Quindi, mi auguro che voi possiate apprezzarlo e che io sia riuscita a trasmettere le emozioni provate.
Per il resto non ho molto da dire, perché lascio tutti i commenti a voi, ma ci tengo a ringraziare le ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo e continuano a seguire questa storia con entusiasmo. Un grazie anche a chiunque l'abbia aggiunta tra le liste e a voi lettori silenziosi.
Non vi nascondo che mi piacerebbe, qualche volta, ricevere qualche parere in più, ma questa storia ha già raggiunto di per sé dei traguardi molto alti e questo, vi assicuro, mi spinge a fare sempre meglio.
Detto questo, vi faccio presente, per chi non l'avesse letto e magari ne fosse curioso, tempo fa ho scritto una one shot che racconti del primo incontro di Luca e Anita, proprio quello di cui la nostra dottoressina parla in questo capitolo ad Arianna. Qui il link:First Love- Dove tutto ebbe inizio
Adesso vi saluto, ansiosa di sapere cosa ne pensiate e vi aspetto alla prossima, sperando che tutta questa ispirazione non mi abbandoni.

Un abbraccio!❤
















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Capitolo 43
*** Capitolo 42 ***


Capitolo 42

RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 42

Nei giorni seguenti, come Luca mi ha suggerito, rimango a casa.
Mi rendo conto che, se in un primo momento avessi scartato la sua proposta, adesso essa si sia rivelata per me proficua perché, nelle condizioni in cui sono, non sarei mai riuscita ad affrontare una giornata al lavoro.
Il mio appartamento è un disastro, con il tavolino del salotto scorparso di fazzolettini e il disordine a far da regnante nell'ambiente. Il che, per una maniaca della pulizia e dell'ordine come me, significa che la situazione sia davvero grave.
Ho passato questi 4 giorni, stringendo il pupazzo di Lucia tra le mie braccia, come se potessi sentirla più vicina, ancora. C'è ancora il suo profumo impregnato e, per un attimo, ho avuto la sensazione di abbracciare lei, per davvero.
Ho paragonato il distacco da Lucia come all'elaborazione di un lutto. La fase di negazione e di shock è avvenuta quel giorno, quando l'ho vista scivolare via dalle mie mani, senza riuscire a far niente per fermare la Berardi e Accorsi. Ho cercato di convincere me stessa che non fosse vero che, se mi fossi voltata, l'avrei trovata ancora lì. Era quello che mi aveva fatta stare più male,il pensiero di non poterla proteggere più, di saperla lontana da me, magari felice, con una famiglia che non comprendesse me e Luca. E quando Luca aveva riferimento a quel pensiero, mi aveva mandato fuori di testa. Lui, poi, che al mio shock aveva assistito e, in barba all'orgoglio e tutto quello che continuavano a tenerci nascosto, in quello studio, mi aveva sorretta, si era preso cura di me, dimostrandomi quanto mi fosse vicino. Io che l'avevo allontanato, io che gli avevo detto di andarsene e sempre io che non avevo creduto lui potesse comprendermi, mi ero dovuta arrendere all'evidenza che non ci fosse altra persona in grado di farmi star bene.
Non c'era, però, stato spazio per una fase di negoziazione, ero passata sùbito alla resa e la rabbia beh, quella era subentrata poche ore dopo, quando mi ero rifugiata tra le mure di casa mia.
La rabbia che avevo provato era stata principalmente per me stessa. Per essere stata così inutile dal non poter fare niente: io Lucia l'avevo solo riempita di speranze e promesse , facendo in modo che lei, dall'ospedale, se ne andasse lo stesso. Ma io sono come Lucia, solo una piccola pedina, in una partita che non possiamo controllare. E allora  mi era venuto da pensare che avessi dovuto essere sincera con lei fin dall'inizio. Non avrei dovuto assecondarla, alimentando le sue speranze. Ma, in quella famiglia, ci avevo creduto anche io. E la rabbia, per essere stata così illusa e mangiatrice di sogni da aver pensato di poterle offrire un focolare familiare, era stata così forte. Eh sì, era stato tutto così bello, con Luca poi che sembrava capirmi come nessuno, e l'affetto per la nostra Lucia ad unirci, ma la resa dei conti per noi era arrivata. D'altronde lui me l'aveva fatto presente: Lucia non è di nostra proprietà e per quanto lui ci fosse affezionato, era arrivato il momento di lasciarla andare via. Ero arrabbiata anche con lui, soprattutto. Avevo apprezzato che avesse preso le difese con Visconti e che mi fosse stato accanto, questo sì, ma non bastava a cancellare il resto. E, forse, mi ero illusa di nuovo perché avevo sperato lui si facesse vivo e, invece, l'assenza di almeno un messaggio da parte sua, mi aveva fatto piombare, di nuovo, nello sconforto.
Così, mentre mi ero lasciata andare contro quel divano, mi ero chiusa in me stessa, isolandomi da tutto il resto. Non esisteva altro che non comprendesse Lucia. E mi ero domandata come stesse, cosa stesse facendo. La mia espressione era stata vagua, assente, mentre ero rimasta a fissare un punto impreciso per ore, ma non avevo pianto. Da quando ero tornata a casa, non avevo versato nemmeno una lacrima, e forse era stato meglio così; quando mi ero lasciata andare tra le braccia di Luca, dovevo averle esaurite tutte.
La mia assenza non era passata inosservata ma, d'altronde, non potevo aspettarmi di rifiutare chiamate, non rispondere ai messaggi e pensare che nessuno si preoccupasse. Così, in quei giorni così lunghi e infiniti, il campanello e il mio cellulare non avevano smesso di suonare un attimo. Le mie amiche, arresesi all'idea che non avessi intenzione di rispondere al telefono, si erano presentate a casa, desiderose di spiegazioni. Ma, forse, mi ero detta, forse il mio modo di agire era sbagliato, eppure avevo sentito fin da subito che volessi lasciare fuori tutti; non volevo che intralciassero con il mio dolore o che addirittura se lo addossassero. Nonostante conoscessi le mie amiche e sapevo che non mi avrebbero mai giudicata, avevo avuto paura che non capissero. E il solo pensiero, mi aveva spaventata tantissimo. Ma non potevo biasimare nessuno, perché la mia reazione alla situazione, se non vissuta sulla propria pelle, poteva sembrare esagerata. Lucia per tutti era solo una paziente a cui ero tanto affezionata e che aveva lasciato l'ospedale? Perché farne un dramma? Come potevo spiegare cosa avesse significato per me? Ecco, non sarebbe stato possibile.
Carlotta, Cristina e Giulia erano diventate ben presto insistenti, così tanto che avevo pensato potessero svegliare l'intero condominio. Avevo aperto loro, con stizza, biascicando parole confuse.
"Anita..." i loro occhi mi avevano scrutato a lungo.
Sui loro volti si erano alternate tante espressioni: sorpresa, sgomento, preoccupazione, compassione, impotenza.
Ero a conoscenza che le mie condizioni non fossero le migliori. Così avevo aperto la porta il minimo necessario per far loro comprendere che stessi bene.  Relativamente parlando, certo, ma ero viva e non dovevano preoccuparsi. Poi, prima che potessero insinuarsi in casa, le avevo lasciate fuori. Fuori dal mio appartamento, fuori dal mio dolore.
"Anita, non puoi fare così. Cosa ti succede?!" Le parole di Cristina mi erano arrivate forti e chiare, così come lo strappo al petto che avevo provato nell'ascoltarle.
"Ti prego Anita, spiegaci...siamo preoccupate"
"Anita..."
Avevo appoggiato una mano alla porta, immaginando che loro dall'altra parte stessero facendo lo stesso. Ci eravamo sempre giurate che ci saremmo state, in qualsiasi evenienza, ma questa volta avrei dovuto gestirmela da sola.
"Mi dispiace..."avevo sussurrato, ma dopo poco non avevo sentito le loro voci. Se ne erano andate.

Dopo due giorni, era subentrata la febbre. Era stato un modo di reagire, per il mio corpo, a tutto lo stress a cui mi stavo sottoponendo. Mi era sembrata fin da sùbito una buona scusa per giustificare il mio allontanamento. Insomma da medico un'influenza la sapevo gestire benissimo, anzi quello sarebbe stato proprio l'ultimo dei miei problemi.
Avevo riacceso il cellulare e i messaggi che ci avevo trovato erano stati molteplici. Li avevo letti tutti.
Carlotta:
Anita, ti prego, dimmi che succede! Siamo preoccupate....
E ancora,
Anita ma perché fai cosi? Diamine rispondi!!
Cristina, invece, era stata più diretta:
C'entra Luca non è vero? Ti ha detto o fatto qualcosa?!! Anita, rispondi o giuro che...non mi vuoi costringere alle maniere forti. Vero?
Era stato poi il turno di Giulia:
Anita...perché ci fai questo? Ti prego, rispondi. Cristina vuole andare da Luca, è sicura che ti abbia fatto qualcosa. Ma lo pensiamo un po' tutte...quindi, ti prego, almeno dicci se è così.
Avevo trovato anche tanti messaggi di mia madre e la sua preoccupazione era stata sempre più crescente.
Tesoro tutto ok? Sto provando a chiamarti. Sei ancora al lavoro?
E poi: Anita, è ovvio che tu non sia più al lavoro. Sono due ore che ti chiamo. Dove sei?.
Rispondiiii
Anita, sono molto preoccupata. Rispondi. È successo qualcosa?! Non è da te...
I suoi messaggi si erano protratti per giorni interi, così come quelli delle ragazze, di Nicola e Maria. Sembravano tutti uguali, mentre mi chiedevano perché non rispondevo, che fine avessi fatto, cosa mi fosse successo.
Anche Arianna si era preoccupata per me, avevo trovato anche un suo messaggio.
Ehi, Anita :)
Come stai? Ti sei ripresa da questa brutta influenza?
La mia collega, quando Lucia se ne era andata non era presente in ospedale. E al lavoro pensavano davvero che io stessi male, ma possibile non era al corrente di quello che fosse successo? Avevo immaginato che avrebbero sparlato tutti del mio spettacolino.
Ma avevo archiviato ben presto quel pensiero, avevo cose più importanti a cui badare.
Avevo capito ben presto, infatti, che la situazione stesse degenerando quando mi era arrivato un messaggio di mio fratello.
Anita, che cazzo stai combinando?! Mi ha chiamato mamma, ha detto che non le rispondi, è preoccupata. Si può sapere che ti è successo? Chiama al più presto.
Era stato chiaro, fin dall'inizio, che stessi facendo soffrire tutti, ma mi era sembrato il miglior modo di autodifesa. Da tutto e tutti.

La schiena dopo due giorni su quel divano, con un solo caldo plaid ad avvolgermi, aveva cominciato a dolermi, ma non mi ero alzata neanche un po'. Ero debole e non solo per l'influenza. Non avevo toccato cibo per 2 giorni, avevo solo preso dei sali minerali e bevuto dell'acqua per evitare una disidratazione.
All'ennesima chiamata, avevo sbuffato, rifugiandomi sotto alla coperta. Il mal di testa era arrivato, forte, martellante. E i sintomi di quell'influenza che mi aveva colpito erano emersi tutti all'improvviso, facendomi comprendere fosse ora di prendermi cura di me.
Avevo preso un'antipiredico e avevo sperato quello potesse fare abbassare la febbre.
Mia madre non si era arresa facilmente, ero arrivata a pensare che mi sarei ritrovata anche lei in casa e forse non mi sbagliavo.
Poi, mentre ero tornata a rifugiarmi in quel porto sicuro che il divano e la coperta erano diventati, avevo deciso di risponderle.
"Finalmente!"
Dal suo tono ero riuscita a percepire tutta la tensione e la preoccupazione che le avevo causato.
Avevo sospirato, massaggiandomi le tempie: "Scusa mamma, mi sono presa una bella influenza..."
Ma avevo saputo fin da sùbito che non sarebbe bastato.
"Anita!" Aveva esclamato, concitata. "Pensi che me la beva? Una semplice influenza? È per questo che per giorni non rispondi?!".
"Sì..."

L'avevo sentita prendere un bel respiro prima di tornare a parlarmi, e il suo tono si era lievemente addolcito.
"Anita, io non so cosa sia successo, ma ci stai facendo preoccupare tutti. Le tue amiche mi hanno detto che quando vengono non apri, sei chiusa in casa da tre giorni, non vai al lavoro, non dai tue notizie. Mi auguro che tu abbia una valida spiegazione per questo."
Le sue parole avevano insinuato in me quel senso di colpa che, a fatica, avevo cercato di sopprimere.
"Mamma, ti prego..." l'avevo supplicata; la testa che mi pulsava.
"Anita, io non ti capisco. Qualunque cosa sia successa, non puoi lasciarci fuori così. Sono tua madre, penso di aver il diritto di sapere, di capire, e invece..."
"Va tutto bene, ok? Rassicura pure gli altri. E adesso, se non ti dispiace, ho bisogno di riposare".

Avevo attaccato prima che lei potesse ribattere, ma ero sicura che non si sarebbe arresa facilmente.

Il quarto giorno si prospetta proprio come tutti gli altri, monotono e triste.
Arrivo a pensare che si siano stancati tutti di me, ma forse il messaggio riferito alla mamma ha dato l'effetto desiderato.
Meglio così. La febbre, poi, si è abbassata, ma lasciandomi un grande intorpidimento muscolare. Così, quando finalmente decido sia arrivato il momento di alzarmi, ogni mio movimento è rallentato.
Mi preparo qualcosa di caldo, assumo la mia fase giornaliera di sali minerali, svolgo le mie azioni più quotidiane ma non lo faccio davvero.

Il suono del campanello arriva a squarciare il silenzio del mio appartamento.
Non faccio nemmeno caso alle condizioni in cui versiamo io e l'ambiente circostante e mi avvicino lentamente alla porta.
È Nicola.
Tiro un profondo respiro prima di aprirgli e, quando lo faccio, lui sembra riversare nel nostro abbraccio tutta la sorpresa che lo investe nel rivedermi.
"Dio, Anita. Ci hai fatto preoccupare tutti quanti" sussurra sulla mia spalla, stringendomi più forte a sé.
Resto con le mani sospese a mezz'aria prima di ricambiare la sua stretta.
"Non farlo mai più, ok?" Mi fa promettere, sciogliendo l'abbraccio per appoggiarmi le mani sulle spalle.
Lo guardo, annuendo, ma non proferisco parola.
Il suo sguardo mi rimane addosso, a lungo, avvicendandosi sulle mie condizioni.
Poi, notando che io non abbia intenzione di fare o dire nulla, è lui stesso a prendere le redini della situazione e insieme ci facciamo spazio verso l'appartamento. I movimenti di Nicola sono frettolosi, accompagnati dall'unico scopo della sua visita: sapere cosa sia successo. Lui sembra dare un'occhiata veloce all'ambiente circostante ma, poco dopo, torna a guardare me, facendo in modo che un cipiglio gli si formi sulla fronte.
Mi stringo le braccia al petto, arricciando il naso. Riesco a leggergliele tutte le domande che vuole pormi, ma non sono sicura di riuscire a rispondergli.
Così, mentre siamo tornati distanti, Nicola fa ricadere le braccia lungo il corpo, colpito dalla mia nuova insolita freddezza.
Un sospiro fuoriesce dalle sue labbra, mentre si passa una mano tra i capelli, indeciso sul da farsi.
"Anita, allora, vuoi dirmi che è successo?" mi domanda.
Abbasso lo sguardo, torturandomi le mani, nervosa.
"Nicola, non è successo niente. Ho l'influenza..." proferisco in un sussurro.
Lui ritorna al mio fianco, in un attimo, premurandosi di toccarmi la fronte, per controllare se io scotti o meno. Il contatto con le sue dita fredde mi fa rabbrividire. Poi, constatando che la mia temperatura sia normale, prende a fissarmi, sospettoso, inarcando un sopracciglio.
"Sei fredda".
Le mie mani puntellano sul suo petto, infastidita, per allontanarlo da me: "Sì, la febbre si è abbassata, ma ce l'avevo".
"C'entra lui, non è vero?" insiste, spazientito dalla mia reticenza nel parlare. "È stato Luca a ridurti così o mi sbaglio?"
Avrei dovuto immaginare che Nicola avesse potuto riversare la colpa su di lui. D'altronde, adesso, gli appare come l'unico su cui poter addossare la causa del mio malessere.
Scuoto il capo, stringendomi in un abbraccio. "Luca non c'entra niente" gli replico, inasprita.
"Sei sicura?" Indaga.
Porto le mani al cielo, esasperata. "Sicurissima".
"Anita..." mi richiama serio, incrociando le braccia al petto. "Tu devi dirmelo se sia stato lui, perché io, davvero, questa volta non gliela faccio passare liscia".
Certe abitudini sono dure a morire, eh Nicola?
"Smettila, Nicola. Luca non ha colpe, te l'ho detto. Ho l'influenza" chiarisco, cercando di assumere un tono di voce fermo.
Nicola mi scruta a lungo, con il solo scopo di trovare il minimo di accenno di vacillamento e, allora, non contento, si avvicina quanto basti per puntarmi un dito contro.
"Bene, dato che sembra tu non abbia intenzione di dirmi niente,vorrà dire che le risposte le avrò da qualcun'altro".
Le sue parole nascondono una certa provocazione che non posso ignorare. So quale sia il suo intento.
"Fai come vuoi" gli ribatto a tono.
Eppure, mentre lui va via chiudendosi con foga la porta alle spalle, mi viene da pensare che sono spaventata all'idea delle conseguenze che potrebbero causare le mie azioni.

Le lacrime, così, arrivano, senza che io riesca a fermarle. E allora piango e sembra non sia capace di smettere ma, questa volta, sono sola e questo pensiero se è possibile rende il mio dolore più forte. Ma è tutta colpa mia perché ho allontanato qualsiasi persona volesse darmi il suo sostegno. Mi sono chiusa a riccio e adesso ne pago le conseguenze.
Piango, stringendo il pupazzo di Lucia tra le mie mani. Poi, come a voler peggiorare la mia situazione, in loop mi sembra di ripercorrere tutti i bei momenti passati con lei.
Rendendomi conto che il suo allontanamento mi sia così difficile da superare, mi viene da pensare se io possa mai arrivare ad una fase di accettazione.

È tutto buio intorno a me, ma riesco a riconoscere, nonostante la penombra, i corridoi dell'ospedale. Mi viene subito da pensare che mi trasmettano un'aria angusta ma questo non mi fa desistere dai miei passi, così continuo a camminare. Ma mi rendo conto ben presto che io non abbia una meta precisa. Il corridoio sembra protrarsi all'infinito, e le finestre che danno sulle esterne diventano sempre sporadiche, fino a scomparire completamente. Così, anche quella fioca luce che si rifletteva viene spazzata via, facendomi ritrovare nel buio totale. Mi guardo intorno, con un senso di spaurimento a farsi spazio dentro di me. Faccio un giro su me stessa, senza sapere più dove andare. Sono sola e senza vie d'uscita. E poi lo sento, è il pianto di una bambina.
"Lucia..." sussurro.
So che sia lei, e mentre ascolto i suoi singhiozzi, mi viene da pensare che, se riuscissi a  capire da quale direzione provengano, forse questo mi porterebbe da lei.
Avverto l'agitazione farsi spazio dentro di me, mentre il cuore comincia a battermi forte.
Io ti troverò Lucia, te lo prometto.
Così, mentre mi muovo, sento il pianto divenire sempre più forte e disperato.
Comincio a camminare, sempre più veloce, con i miei stivaletti che ticchettano sul pavimento.
Poi, finalmente la vedo. Lucia è a pochi passi da me, illuminata come da un occhio di bue. Tutta la luce, infatti, è incentrata su di lei.
Sorrido, sentendomi improvvisamente felice e rassenerata dalla sua vista.
"Tu sei qui, Lucia. Sei qui" proferisco a bassa voce.
Lei non si accorge sùbito di me. È rannicchiata su se stessa: singhiozza in modo convulso mentre si stringe le ginocchia al petto.
Così mi avvicino, con l'intenzione di rassicurarla.
"Lucia" le sussurro.
Lei alza lo sguardo per incrociare i miei occhi e mi rendo conto che, a differenza di quel che pensavo, non sia contenta di vedermi. Il suo viso, dilaniato dal pianto, si contrae in una smorfia infastidita.
Poi, vedendo che io mi faccia sempre più vicina, comincia a dimenarsi alla mia vista, spingendomi lontana.
"Vattene, vattene via!" Mi urla contro; i suoi occhi sono scuri e cattivi.
"No, Lucia..." sono spaventata dal suo rifiuto.
"Ti odio, tu sei cattiva. Lasciami stare!"
Lei scuote il capo, portandosi le mani alle orecchie, come a volersi proteggere da me e le mie parole.
"No, Lucia, No!"

"No!"
"Anita!"
Ho la sensazione che qualcuno mi stia scuotendo per le spalle e mi sveglio di soprassalto dal sonno, sbarrando gli occhi, impaurita. Respiro affannosamente, ancora sconvolta dall'incubo proiettato dalla mia mente. Il mio cervello mi ha giocato proprio un brutto scherzo, stavolta. Ma era tutto così reale che per un attimo mi è sembrato Lucia fosse proprio lì, accanto a me.
"Anita, tesoro, è tutto ok. Hai fatto solo un brutto sogno".
Mi rendo conto che sia un bene ci sia mia madre al mio fianco e l'abbraccio, riversando nella nostra stretta tutto il bisogno di affetto di cui necessito.
"Un brutto sogno, sì..."
E lei, rendendosi conto di quanto con disperazione mi stringa a lei, si premura di accarezzarmi la schiena per tranquillizzarmi.
In un attimo il pensiero che avesse potuto essere arrabbiata con me, passa in secondo piano. Perché mamma è qui e sta facendo in modo che io stia al sicuro.
"È tutto ok, mmh?" mi domanda, sulla mia spalla.
"Mi dispiace, mamma..."
"Ehi" scioglie la nostra stretta per appoggiarmi le mani sulle spalle. "È tutto a posto. Sta tranquilla" fa presente, passando ad asciugare le goccioline di sudore che mi imperlano la fronte.
"Anita, ma hai misurato la febbre? Scotti tantissimo" proferisce, contraendo le labbra in una smorfia.
"L'ho misurata stamattina, si era abbassata" le replico. Appoggio la mia mano sulla sua, per toccarmi la fronte e mi ritrovo a doverle dare ragione. La temperatura deve essere salita mentre dormivo.
"È stato un bene che io avessi delle chiavi di emergenza" mi fa notare. "Meno male che adesso c'è la tua mamma qui con te. Ora ti cambi che questo pigiama è da lavare e grondi di sudore, prendi le medicine per fare abbassare questa brutta febbre e vedrai che andrà tutto bene".
Mi arrendo, rendendomi conto che però sia contenta ci sia lei a prendersi cura di me. E sotto le sue attenzioni mi sembra di tornare bambina.
Così mi aiuta a cambiarmi e prepara per me un brodo caldo, che alla fine gustiamo insieme, appollaiate sul divano.

"Mamma" la richiamo, mentre lei è impegnata a dar una sistemata all' appartamento. In un attimo il tavolino è sgombro da qualsiasi kleenex e bicchiere, tornando a risplendere. Ogni cosa sotto al suo tocco torna al suo posto. Ora capisco da chi abbia ereditato la mania per le pulizie.
"Dimmi tesoro, è già ora di riprendere l'antipiretico?" mi domanda, curiosa.
"Nono, solo, grazie" ammetto con riconoscenza.
Lei si volta verso di me, sorridendo debolmente. L'argomento del mio isolamento non è stato ancora toccato e sento che sia arrivato il momento di spiegarle.
"Vuoi dirmi qualcosa, Anita?"
"Beh, sì..."ammetto, giocando con le dita delle mie mani. "Mi dispiace di averti fatto preoccupare in questi giorni, ma sentivo di voler stare sola" le confesso.
Lei si avvicina, sedendosi al mio fianco: "Cos'è che ti fa stare tanto male?" mi chiede, appoggiando una mano sulla mia, per stringerla.
Mi volto nella sua direzione, trovandola a fissarmi con insistenza. Allora afferro il pupazzetto di Lucia e glielo appoggio in grembo.
Lei sembra riversare tutta la sua attenzione su quell'ammasso di spugna e prende a giocarci distrattamente, sorridendo malinconicamente.
"Pensavo avessi superato l'età dei peluche e invece..." ammette, con l'intenzione di alleggerire la tensione.
Così la colpisco al braccio, scherzosamente, sbuffando per la sua presa in giro.
"È di Lucia..." le replico, tornando seria. "Lei se n'è andata".
Mia madre sbarra gli occhi, prendendo a fissarmi con un'espressione preoccupata.
"In che senso se n'è andata? Non dirmi le sia successo qualcosa..."
Oh, mamma...
Appoggio una mano sulla sua come se d'un tratto fossi io a dover rassicurare lei. La stringo forte. Ma, mentre lo faccio, mi rendo conto che sia proprio io a voler trarre forza da questo gesto.
"Nono, lei sta bene. È uscita dall'ospedale, sai è tornata alla casa famiglia che la ospita e..."
Mia madre si volta nella mia direzione e per un attimo, davanti al suo silenzio, ho quasi paura che il dubbio di non essere compresa possa realizzarsi. Ma, al contrario, lei mi stringe a sé, e mi rendo conto che questo sia molto più delle parole e avverto il mio cuore alleggerirsi da un peso.
"Oh, tesoro. Ma perché non me lo hai detto sùbito?"
"Non lo so, mamma. Pensavo che non mi sarei sentita capita e boh, ho avuto paura..."
"Mi dispiace, Anita" sussurra sulla mia spalla. "Capisco quanto tu le fossi affezionata, ed è normale che tu ci stia male, ma..."
"Cosa, mamma? Ma cosa?" le domando, divincolandomi dalla sua stretta.
Lei mi scruta a lungo, nascondendo una certa agitazione alla mia domanda.
Ma cosa? Ma stai sbagliando? Ma la tua reazione è eccessiva? Ma non è normale che ti sia ridotta così?
Il pensiero che mia madre possa rivolgersi a me con una di queste frasi arriva a tartassarmi.
"Ma sono tua madre, Anita, e adesso sono qui per te" mi fa presente, lasciandomi una carezza tra i capelli e facendomi sentire stupida per tutto quello che ho appena pensato. Come ho potuto solo dubitare di lei?.
Quindi, sospiro di sollievo, tornando ad abbracciarla, desiderosa di colmare una certa mancanza con il suo affetto. Perché, adesso che la mia mamma è qui, ho bisogno di sentirmi ancora figlia anche io.

La sera è calata da un po', nonostante non sia nemmeno ancora di cena, ma d'altronde d'inverno l'oscurità arriva ad avvolgerci troppo presto. La febbre si è abbassata, di nuovo, e mi auguro che questa temperatura  altalenante torni stabile, presto. Mia madre è andata via, nonostante non volesse lasciarmi sola. Ma l'ho praticamente costretta, assicurandole che stavo e starò bene. Devo rimettermi in forze, d'altronde non manca molto prima che io sia costretta a tornare alla vita reale.
Nel frattempo, poi, ho risposto a tutti i messaggi che avevo in sospeso. Sono stata breve e concisa.
Sto bene.
Nessuno ha fatto ulteriori domande, ma arriverà il momento in cui dovrò dare risposte a tutti, prima sugli altri, le mie amiche.
Il primo passo sarà, però, tornare al lavoro e sono sicura che quello mi costerà parecchio. Sarà dura dover percorrere i corridoi dall'ospedale sapendo che non troverò più Lucia ad attendermi. Le mie giornate saranno più tristi e monotone senza il suo sorriso a rallegrarle.
E Luca? Come sarà doverlo affrontare, di nuovo?
Eppure, sono davvero sicura che starmene qui, con le mani in mano, sia la giusta soluzione?
Senza di lei non sarà lo stesso, è vero, ma il lavoro mi richiamerà all'ordine ben presto.

La televisione è accesa, mentre trasmette un programma di cucina che non guardo sul serio, ma almeno il vociare dei partecipanti va ad appianare il silenzio che aleggia.
Sento, improvvisamente, pervadermi da un senso di inquietudine e afferro il cellulare tra le mie mani. Nicola non si è più fatto sentire e non posso fare a meno di domandarmi se sia andato da Luca. Perché era lui che si riferiva, non c'è dubbio. E se ne avesse combinato una delle sue? Eppure, mi aveva promesso che non avrebbe commesso sciocchezze.
E tu Luca, che fine hai fatto? Perché mi fai credere che te ne importi di me, che tu sia preoccupato per me, e poi sparisci così, cone se nulla fosse?

Il campanello di casa suona e mi scopro ad essere agitata al solo pensiero che possa essere lui. Ma mi ritengo  una sciocca dopo averlo solo pensato.
Così, per appianare la mia curiosità, mi alzo svelta per raggiungere la porta. Il plaid scivola a terra, ma ho fretta per raccoglierlo, quindi lo lascio abbandonato a piedi del divano.
Il campanello ritorna a suonare e mi rendo conto che la persona dall'altra parte abbia una certa fretta.
"Arrivo..." biascico, rischiando di incespicare nei miei passi.
Chiunque sia, è parecchio insistente.
Agguanto la maniglia della porta, stringendola tra le dita e, quando spiando dallo spioncino, mi accorgo che al di là di essa ci sia proprio Luca, per poco il mio cuore non perde un battito.
Luca è qui e io mi ritrovo ad essere ancora più agitata all'idea che il mio pensiero si sia realizzato.
Mi passo una mano tra i capelli, cercando di appianare e districare alcuni nodi, do poi una veloce occhiata al mio pigiama, semplice e un po' slavato dai continui lavaggi.
"Oh, Anita! Ma che fai? Mi apri o no?"
È la voce di Luca a riscuotermi dai miei pensieri e a non  badare più di tanto al mio aspetto. D'altronde lui mi ha già visto in pigiama e non deve importarmi tanto di come stia.
Così, finalmente, gli apro.
"Era ora!" ammette lui, senza troppi giri di parole. Poi, prima che io possa dire o fare qualsiasi cosa, lui mi passa accanto, facendosi spazio nel mio appartamento e lasciandomi all'ingresso, sola e desiderosa di spiegazioni.
Chiudo la porta, appoggiandomi contro di essa e mi decido a raggiungerlo. Cosa ci fa qui?.
Lo colgo di sorpresa alle spalle, e quando lui si accorge della mia presenza nella stanza, si volta verso di me, lasciando ricadere il pupazzo di Lucia sul divano.
Io lo osservo e lui fa lo stesso con  me e rimaniamo così, a scrutarci in un continuo scambio di sguardi che non sembra voler trovare una fine.
Anche il suo aspetto non è dei migliori, riesco a scorgere sul suo viso tutta la stanchezza accumulata di questi giorni. Nemmeno gli occhiali che indossa riescono a nascondere le lievi occhiaie che gli solcano il volto.
Poi, finalmente, come risvegliatosi, Luca prende parola, avvicinandosi per puntarmi un dito contro.

"È così che mi ringrazi, dopo che ti ho difeso, ti sono stato accanto!" Mi fa presente, con la voce distorta dall'agitazione.

Lo guardo senza ben capire, colpita dal suo tono. Nemmeno un come stai, va tutto bene!
"Ma cosa dici, Luca, io..."
"Non fare finta di niente, Anita. Vuoi farmi credere che non ce lo abbia mandato tu, il tuo amico Nicola, da me?"
E, alle sue parole, mi rendo conto che le mie preoccupazioni fossero fondate. Nicola è andato da lui e non oso immaginare cosa abbia potuto dirgli.
"Cosa ti ha detto?!" gli chiedo, allora, preoccupata, portandomi le braccia al petto.
Lui rilascia un sospiro, passandosi una mano sul viso.
"È venuto da me, incazzato nero,mi ha aspettato fuori dal lavoro; voleva spiegazioni riguardo al tuo comportamento.
Ma noi lo sappiamo bene da cosa dipenda il tuo malessere, no?" mi fa notare, abbassandosi per farsi più vicino.
Assottiglio lo sguardo, stringendomi in un abbraccio, improvvisamente stanca di quale piega stia prendendo la conversazione.
"Guarda che tu, Luca, non sei così tanto innocente..." proferisco a bassa voce.
Lui punta lo sguardo su di me, inchiodandomi con i suoi occhi e alza le mani in segno di resa.
"Ok, ok" ammette, facendo un passo indietro "ma, in realtà, sono qui proprio per questo. Io e te dobbiamo parlare".

Rilascio un sospiro, che la resa dei conti abbia inizio.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti? Come state?
Questo capitolo arriva con circa una settimana di ritardo e me ne dispiace ma è stato abbastanza complicato scriverlo. Ho cercato di immedesimarmi il più possibile in Anita e mi auguro che non abbiate trovato la sua reazione al dolore esagerata. È una situazione difficile e rimanere sola le è sembrata la giusta soluzione. Ma nessuno si è arreso davanti al suo silenzio e questo è la dimostrazione di quanto tutti fossero preoccupati per lei.
Poi, Luca: lui, beh, fa questa breve apparizione alla fine del capitolo e sembra che il caro Nicola ne abbia combinata una delle sue, andando da lui per chiedergli spiegazioni. Non gliene vogliate, Nic era solo molto preoccupato per la sua amica😊
Ammetto che mi sia divertita a lasciarvi in sospeso, così😁
Credete che, finalmente, la verità verrà a galla? E se sì, cosa pensiate abbia spinto Luca a comportarsi in un determinato modo?. Aspetto i vostri commenti, su su, fatevi avanti!!!
Intanto ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, grazie per esserci sempre, e chiunque abbia inserito questa storia nelle proprio liste. La storia ha raggiunto un numero importante di visualizzazioni e questo è tutto merito vostro. GRAZIE!!
Spero di riuscire a postare al più presto, anche perché sono ansiosa di farvi conoscere come sarà la vita di Anita, adesso che Lucia non è più in ospedale, ma non temete rivedremo ancora la piccola. Non è ancora finita qui...anzi, semmai inizia tutto da qua <3

Vi abbraccio! Alla prossima!

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Capitolo 44
*** Capitolo 43 ***


Capitolo 43
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 43





Rilascio un sospiro, che la resa dei conti abbia inizio.
"Ok, allora parliamo" gli faccio presente, indicando il divano accanto a noi.

Luca rimane in piedi, facendo percorrere con lo sguardo il mio corpo.
Sotto i suoi occhi, indagatori, mi sento pervadere da un senso di calore capace di destabilizzarmi. Ho paura che queste sensazioni, nelle condizioni in cui mi trovo di già, possano alterare il mio stato.
Lui rimane con lo sguardo a lungo su di me e, quando arriccia le labbra in una smorfia, mi viene da pensare se sia contrariato alla mia vista.
"Anita, per quanto tempo ancora hai intenzione di rimanere chiusa qui dentro?" mi fa notare, facendo cenno all'ambiente circostante.
"Guardati, sei uno...straccio" aggiunge, serio in volto.
Oh, ma grazie tante, Luca! Mi sei davvero di aiuto!
Sostengo i suoi occhi, corrucciando la fronte, infastidita dal suo commento.
"Senti, Luca" tiro un sospiro, portando l'indice e il pollice all'apice del naso per trattenere un accenno di esasperazione. "Se sei venuto qui per farmi la paternale e farmi notare che il mio comportamento sia sbagliato, che non concepisci io mi sia ridotta così, beh, puoi anche andartene..." scatto sulla difensiva.
Luca sbuffa, sporgendosi verso di me: "Sono preoccupato per te, Anita. Credimi quando ti dico che voglia solo aiutarti".
Faccio un passo indietro, poi un altro, rischiando di incespicare nel plaid ai miei piedi, poi gli volto le spalle, come a dimostrargli che non riesca a credere alle sue parole.
Stringo i pugni, sentendo montarmi dentro una certa rabbia alla sua intrusione. Quel turbinio di emozioni lo sento scorrere dentro di me, forte, dirompente. Improvvisamente mi sento sopraffatta, stanca, spossata, e le sue parole non aiutano a smorzare la situazione.
"Sei preoccupato per me, Luca? E allora dimmi, se Nicola non fosse venuto in ospedale, tu avresti continuato ad ignorarmi?!" ribatto, amaramente.
Mi rendo conto solo in un secondo momento di aver dato voce ai miei pensieri, ma ormai è troppo tardi per tirarsi indietro.
Così, mentre aspetto che lui mi dia una risposta, mi viene da pensare sia un bene, non possa guardarlo in faccia, perché, dal confronto con lui, uscirei perdente.
Luca muove un passo verso di me, e mi irrigidisco sul posto, sentendolo acquisire sempre più vicinanza. Il suo respiro si infrange sul mio collo, mentre avverto le sue mani posarsi sulle mie spalle. Sussulto lievemente alla sua presa su di me, ma non mi volto.
Nonostante la sua stretta non sia forte, essa abbinata alla sua vicinanza, sembra pesarmi addosso come un macigno.
E io lo ascolto, il mio cuore traditore, lo ascolto battere furiosamente e sento che potrei seriamente lasciarmi andare con lui.

"Ti sbagli, Anita"proferisce, a bassa voce."Non è affatto così, non credere che per me sia stato facile. Ma...ascoltami, ti prego".
Riesco a percepire dal suo tono quanto gli costi questa situazione, ma non rispondo.
Così Luca rilascia un sospiro profondo, e riprende a parlare.
"Anita, so di averti fatto soffrire e me ne dispiace tanto; sono cosciente che tu abbia difficoltà a fidarti di me, ma io sono qui per porti il mio aiuto. Sono qua per farti comprendere che c'è una vita lì fuori che ti aspetta, e tu devi uscire da qui, devi tornare al lavoro e dimostrare quanto grande sia il tuo potenziale".
Non posso negare che le parole di Luca abbiano scaturito qualcosa in me. Le sue parole sembrano volermi dare quella spinta di cui ho bisogno. Ma, quando senti di essere arrivata al limite della sopportazione, non è facile risalire.
Allora mi volto, quanto basti per incrociare il suo sguardo.
Luca mi guarda e sembra che voglia incitarmi a dirmi qualcosa.
"Lucia se n'è andata..." sussurro con la voce che mi trema.
Le mani di Luca si posano sulle mie braccia, lui mi stringe, scuotendomi leggermente.
"Sì, Anita, Lucia se n'è andata, ma questo non vuol dire che la tua vita si fermi qui. Vuoi davvero continuare così? Rimanendo chiusa in questa casa, trascorrendo le tue giornate al buio e in silenzio, mentre tutto il resto scorre? Anita, hai tutta una carriera davanti e io non permetterò che tu raggiunga il baratro".
Reprimo un singhiozzo: "Non ce la faccio..."
Così, stretta a lui, mi ritrovo a pensare che non voglia ammettere quanto grande possa essere il suo aiuto.
"Sì che puoi farcela, devi." ribatte, prontamente.
"Tu non capisci, Luca. Non hai idea di quello che io stia provando..." gli faccio presente, stanca.
Lui, allora, allenta la presa su di me, distanziandosi come scottato.
"Io capisco, eccome, ma tu sei così cieca e chiusa nel tuo dolore per renderti conto che anche io stia male!"sbotta, risentito.
Sobbalzo alle sue parole, abbracciandomi stretta, come a volermi proteggere da lui e assopire quel forte senso di mancanza che mi ha investito.
Luca, a quel punto, notando il mio gesto di autodifesa, distende i suoi tratti tesi, porgendomi una mano.
"Lascia stare quello che sia successo tra di noi. Adesso questa questione ha più importanza, quindi, il mio aiuto lo vuoi o no?" ritenta, accennando ad un sorriso comprensivo.
Mi viene da pensare che la sua ostinazione sia ammirevole; nonostante io stia costruendo un muro invalicabile, Luca persiste nel volermi offrire una mano.
Abbasso, però, lo sguardo senza proferire parola.
Nella mia mente sembrano susseguirsi tanti pensieri.
Così, Luca, sembra arrendersi all'evidenza, e fa per allontanarsi. Mi rendo conto mentre le sue braccia non mi stringono più che senta improvvisamente freddo. Come se mi mancasse qualcosa, come se mi mancasse lui..
"Ti do tempo fino a lunedì per tornare al lavoro, poi smetterò di reggerti il gioco. E sappi che stai mettendo in serio rischio la tua carriera, Anita. Visconti non sarà magnanimo con te" mi fa presente, con un tono gelido.
Dovevo aspettarmelo dopo il mio comportamento altalenante, d'altronde a tirare troppo la corda, poi si spezza.
Lo osservo andare via, con lo sguardo basso e ferito, rendendomi conto che non posso lasciarmi scivolare dalle mani l'occasione di dire qualcosa.
Mi sento improvvisamente stanca di reggere questa situazione da sola, quindi mi rendo conto che le parole mi escano naturali. Il suo allontanamento, finalmente, mi spinge a reagire. Perché quando stai male e il dolore è troppo grande da sopportare, prenderne consapevolezza e accettare una mano che ti viene posta, è il primo passo verso la guarigione.
"Ho sbagliato. Ho sbagliato, ok?"ammetto con la speranza di farlo tornare da me.
A quel punto, Luca si volta, guardandomi senza ben capire cosa stia cercando di dirgli. Poi, però, sul suo volto sembra farsi spazio un'espressione speranzosa.
Abbasso lo sguardo, torturandomi le mani.
"Non avrei dovuto reagire in quel modo, lo so, e me ne dispiace, ma si trattava di Lucia e mi sono fatta prendere dalle emozioni; non sono riuscita a reagire con freddezza e..."
"Va bene così, Anita. Non c'è bisogno che mi spieghi..."replica lui, cauto.
"Nono, ma io voglio" ribatto, con più convinzione, "perché me la sono presa anche con te, quando invece cercavi di tutelarmi e hai parlato con Visconti, e te ne sono grata...almeno di questo".
Luca accenna ad un sorriso, guardando nella mia direzione. Capisco quale sia stato il suo intento: lui non è mai voluto andare via, voleva solo spingermi a parlare.
"Ma adesso ho paura delle conseguenze"ammetto, abbassando lo sguardo, con un senso di spaurimento a pervadermi, "e questo che è successo può compromettere tutto, la mia carriera, la mia credibilità..."
"Ehi" Luca torna al mio fianco, ma, questa volta, resta ad una debita distanza, "non è tutto perduto, Anita...è per questo che devi tornare, e prenderti quel posto di capo specializzando che ti spetta".
Rialzo lo sguardo, puntandolo nel suo, sorpresa. "Tu lo sai?".
"Certo che lo so, Anita" Luca ride brevemente per la mia domanda ingenua. "Così come so che, quel posto, tu lo meriti tutto" .
"Non ne sono poi così sicura, sai...a quest'ora Giorgio se lo sarà già preso..." ammetto, tristemente. Non posso dimenticare quanto sembrava soddisfatto della mia sfuriata. Gli ho servito la vittoria su un piatto d'argento.
"Di che parli?" chiede, confuso.
"Niente, niente" ribatto evasiva.
Eppure, nonostante lui non sembri credere alle mie parole, non ribatte.
"Però, sei rimani qui, di sicuro non puoi far niente, lo sai, no?" mi fa presente, con un'espressione ovvia.
Sbuffo, arricciando le labbra in una smorfia: "Come se non bastassero le voci che già circolano su di me, adesso ci mancava solo questo. Non sopporterei che tutti parlino di me, di quello che ho fatto..."
"Quali voci?" chiede, sornione; ma è chiaro che, anche lui, ne se sia a conoscenza. Vuole solo sentirlo dire da me.
Rilascio un lamento, lasciandomi cadere, con un balzo, sul divano del salotto.
"Luca..."
"No, dai. Dimmi..."
"Di me, di te, di noi...pensano che abbiamo una storia. Divertente, vero? Vorrei vedere le loro facce se gli dicessi sia tutto falso" replico, aprendomi in una risata amara.
"Stai dicendo che non ci sia niente tra noi?" mi domanda a bruciapelo.
Mi volto nella sua direzione, scoprendolo a fissarmi, dall'alto della sua posizione, con insistenza.
Corruccio la fronte sorpresa e indispettita dalla sua domanda.
"Perché Luca, perché, c'è qualcosa tra di noi?!" gli replico, diretta.
Lui porta le mani al petto, sostenendo il mio sguardo, a lungo. Sembra che con i suoi occhi voglia scavarmi a fondo.
"Io credo di sì" ammette, con la voce bassa e roca.
Ma è serio? Dopo quello che ha fatto, come può pretendere che gli dica ci sia qualcosa?.
"Qualsiasi cosa ci fosse, hai rovinato tutto" chiarisco, inasprita, voltandogli le spalle.
"Anita" sussurra, prendendo posto al mio fianco "mi dispiace per quello che ti ho fatto, ma sono qua per spiegarti".

Finalmente arriviamo al nocciolo della questione, non aspettavo altro...

"E allora fallo, spiegami!" ribatto brusca, interrompendo ogni contatto con lui.
Luca annuisce, prendendo un respiro profondo.
"Ho avuto paura, Anita. So di aver..."
"Aver giocato con i miei sentimenti?"gli faccio presente, risentita, puntandogli un dito contro.
"Posso continuare?"
Lui sospira dispiaciuto, però non si lascia intimidire dalla mia reticenza. Ma, mi rendo conto che, in questa situazione, continuare a dargli contro, non mi darà modo di sentire cosa abbia da dirmi e quindi lo lascio finire di parlare.
"Quando anni fa sono partito, volevo lasciarmi tutto alle spalle: la prospettiva di una nuova vita, in una grande città, mi allettava, e Milano è da sempre il centro delle opportunità.
Non starò a dirti che sia stato facile, non posso negare che non mi sia mancato mai niente, anche economicamente parlando, ma ero da solo, in una città grande e nuova ed è stata la prima volta che io abbia iniziato a cavarmela con le sole mie forze. Fare il medico, dare il mio aiuto alla gente è stato sempre il mio obiettivo e avrei fatto di tutto pur di raggiungerlo.
Piano, piano, tutto cominciava a migliorare: collezionavo esami e successi, mi ero fatto degli amici, ho conosciuto Giusy, davvero sembrava andare tutto alla grande. Ero soddisfatto di me stesso, ce l'avevo fatta. Ero sulla cresta dell'onda, mi sentivo idolatrato e apprezzato e non ti nascondo che mi fossi montato anche parecchio la testa.
È arrivato il primo fallimento e, nonostante abbia comportato una bella batosta, mi ha aperto gli occhi e mi sono reso conto della finzione in cui stessi vivendo. Le persone di cui mi ero circondato, non ambivano alla mia amicizia, ma a un triste rapporto di convenienza. Speravano di aver un tornaconto e, purtroppo, quando si rendono conto che non vali più niente, ti abbandonano.
Giusy è davvero l'unica persona che non rimpiango di aver conosciuto, perché è riuscita a starmi accanto anche quando ero arrabbiato e deluso. Lì, però, sono cominciati i problemi. Ci sono stati i silenzi, le cose non dette e i malesseri nascosti. Il nostro rapporto si stava affievolendo piano piano, la complicità, la passione, l'amore, stavano lasciando spazio all'abitudine e alla monotonia. Mancavamo di dialogo e, nonostante lei cercasse in ogni modo di farsi spazio nella mia mente, nei miei problemi, io avevo creato un muro.
E me ne sento in colpa perché non ho fatto lo stesso. Ad oggi, sapere di non essere riuscito a capire cosa le stesse succedendo mi fa sentire una brutta persona. Quando la sua situazione era precaria, poi, io ero già andato via, ero scappato un'altra volta.
Tornare qua è stato una necessità, sì, ma non è l'unico motivo. La mia famiglia aveva bisogno di me e sono corso da loro."
Ascolto il suo sfogo in silenzio, colpita dalle sue vicissitudini, ma, allo stesso tempo, confusa dal senso delle sue parole. Luca ha lo sguardo rivolto altrove, fisso davanti a sé, come se stesse ripercorrendo quei momenti nella sua mente.
"Luca...credo di non capire, cosa stai cercando di dirmi?" ammetto, allora.
Lui, a quel punto, si volta verso di me, accennando un sorriso davanti alla mia impazienza.
"Adesso ci arrivo, fammi finire, ok?".
"Ok..." annuisco e mi rannicchio su me stessa, abbracciandomi.
Luca si passa una mano tra i capelli, cercando di nascondere un accenno di agitazione, ma riesco comunque a leggere la tensione in qualsiasi suo tratto.
"Quando sono tornato, ho saputo fin da sùbito che fosse stata la scelta più giusta: stare con la mia famiglia, i miei affetti; ero sicuro che qui avrei potuto ritrovare me stesso.
Tutto, però, mi aspettavo al di fuori che rincontrarti. Erano passati tanti anni dall'ultima volta che ti avessi vista, tra l'altro ci eravamo anche lasciati in mal modo, beh è stata una sorpresa. Purtroppo ho capito che tu ce l'avessi ancora con me e, nonostante, non potessi biasimarti, non riuscivo a capire perché tu sembrassi volermi giudicare non solo come persona ma anche come medico. Ho fatto tanti errori, Anita, ma sulla sfera professionale sono soddisfatto di essermi riuscito a conquistare quello che ho con tanto sforzo e lavoro. Ma su questo mi sbagliavo perché la rabbia ci fa dire cose che non pensiamo e tu mi hai dimostrato abbastanza la tua stima".
Luca si interrompe per scrutare una mia eventuale reazione, il suo sguardo mi rimane addosso, intenso, penetrante. Ma io non dico né faccio niente, contemplando ogni minimo suo gesto e parola.
Il suo discorso sembra infinito e rischio di perdermi; non mi sento propriamente lucida per affrontare tutto quello che mi sta confessando, ma, allo stesso tempo, non ho più intenzione di evitare il problema e lo ascolterò, fino alla fine.
"Piano, piano, cominciavi a farti spazio nella mia vita, Anita, e ti giuro che, dopo i nostri trascorsi, tutto mi aspettavo al di fuori che potessi sentirmi attratto da te".
Luca continua a parlare, e la sua mano raggiunge la mia, appoggiata al divano, lui lascia sfiorare le sue dita con le mie e io sento come una scossa colpirmi, riscuotermi dal profondo.
"Poi è successa quella cosa a Giusy e mi sono odiato. Ho vissuto un momento particolare, mi sentivo talmente in colpa per quello che era successo. Continuavo a ripetermi che se l'avessi amata un po' di più, se l'avessi ascoltata e capita un po' di più, forse non sarebbe mai successo. Un pensiero a tratti stupido, perché non è qualcosa che si sarebbe potuto evitare, la malattia dico, ma quando lei ne aveva più bisogno, non ci sono stato. È diventata come un incubo, la rivedevo nelle altre donne, nei suoi gesti, nella fisionomia, e questa cosa mi spaventava. E poi c'eri tu, che eri di quanto più diverso da lei ci potesse essere. Avevo sempre pensato che Giusy fosse bella, non potevo fare a meno di pensarlo ogni volta che la guardavo. Ma tu se è possibile, lo sei ancora di più, Anita, ma non di quella bellezza che ti colpisce a primo impatto. La tua è una bellezza autentica, naturale, semplice. Sei bella senza che te ne rendi conto, sei bella con le tue espressioni corrucciate, con i tuoi sorrisi timidi, con la dolcezza, la passione per tutto quello che fai, l'amore e la dedizione per il tuo lavoro e sì, con questo caratterino che mi fa terribilmente incazzare ma che credo di amare allo stesso tempo. Mi sono reso conto di provare qualcosa per te ma sapevo di non poterti amare come meritavi. Tu avevi bisogno di qualcuno che ci fosse per te, di qualcuno che ti proteggesse, ti stesse accanto nei momenti difficili, ma come potevo io che ero bloccato in un limbo. Avevo paura che amare qualcuno fosse quasi un torto nei suoi confronti e non volevo. Ho avuto paura, Anita, dei miei sentimenti, di sbagliare ancora".
Mentre Luca parla, le sue parole sembrano investirmi come un fiume in piena. E mi rendo conto che lui, inconsapevolmente, abbia fatto tutto questo.
Che ci sia stato per me quando ne ho avuto bisogno, mi sia stato accanto durante il percorso di Lucia e mi abbia consolata quando stavo troppo male. Mi abbia protetta spendendo belle parole con Visconti, evitando che il mio superiore potesse farmi un ordine disciplinare.
Mi abbia dimostrato quanto creda in me, nelle mie potenzialità, anche quando io stessa ne ho dubitato.
Mi abbia offerto il suo aiuto adesso che questo limbo, di cui lui parla, stava per inghiottirmi.
Improvvisamente il turbinio di emozioni che tutto ciò mi ha procurato sembra sopraffarmi, e devo trattenermi a lungo pur di non piangere, ancora.
"Quando Vanessa quella sera si è presentata alla mia porta ho capito che sarebbe stata l'idea migliore per allontanarti da me, perché tu eri troppo vicina, stavi abbattendo tutto quello che mi ero creato per tenerti distante e non potevo permetterlo. Non ti nascondo che fosse partito tutto come un gioco, ma, alla fine, mi sono ritrovato a gestire una bugia troppo grande per me. Ho perso le redini di questa situazione e mi sono reso conto che le conseguenze sarebbero state devastanti".
Finalmente le sue parole sembrano accendere la miccia per spronarmi a parlare. Non voglio che sia un confronto a senso unico, ho diritto a dire la mia.
"Perché non me lo hai detto, non hai pensato che scoprirlo da qualcun'altro sarebbe stato anche peggio?!" lo accuso, risentita.
Luca annuisce, arreso. "Avrei voluto farlo, credimi, ma il susseguirsi degli eventi non me lo ha permesso. Come potevo sapere che Vanessa ti avrebbe incontrata, quel giorno?".
Mi mordo il labbro inferiore, forte, fino a farlo sanguinare. Chiudo gli occhi, amareggiata.
"Dio, Luca, pensavo che lei fosse la tua fidanzata, che voi foste per diventare genitori e mi sono davvero sentita uno schifo quando ho scoperto fosse una menzogna. Perché non mi hai lasciato stare, se le tua intenzione era quella di starmi lontano, perché non lo hai fatto, eh?!" sbotto.
"Credo che me ne sarei fatta una ragione, prima o poi, ma tu mi hai confusa, continuamente" aggiungo, lasciando affievolire la mia voce.
Luca cerca di instaurare un contatto, con un'espressione di comprensione ad offuscargli gli occhi, ma mi allontano bruscamente.
"Non ce l'ho fatta, ok?!" adesso anche lui sembra risentito dalle mie accuse. Il suo tono è grave, impaziente.
"Non riuscivo a starti lontano, perché ti a..."
"No!" lo interrompo, spaventata da ciò che potrebbe pronunciare. Sbarro gli occhi, puntandogli un dito contro e appiattendomi contro il divano, come a voler imporre quanta più distanza tra noi.
"Non lo fare, ti prego, non credere che tu possa farmi cadere ai tuoi piedi, non così..."
Luca alza le mani in segno di resa, abbassando lo sguardo. Poi fa un passo verso di me, un altro ancora, fino ad arrivarmi vicino, troppo.
"Non è questo che ti chiedo, Anita, non così, non adesso. Dopo quello che ti ho detto, non mi aspetto che tu cada ai miei piedi. Comprendo che tu sia arrabbiata e ferita e sono disposto ad accettare qualsiasi conseguenza delle mie azioni, perché ho sbagliato e me lo merito.
Voglio solo che tu sappia che mi dispiace ti abbia fatta soffrire; mi dispiace per le cose che ci siamo urlati, nella rabbia si dicono parole che non si pensano davvero; mi dispiace di non averti capita sempre o aver cercato di sminuire il tuo rapporto con Lucia. Ma sono pronto a far di tutto pur di riconquistare la tua fiducia, e farti capire quanto tenga a te, desidero solo che tu me lo permetta".
Luca sembra fermo e convinto di quello che dice, riesco a distinguere un velo di speranza farsi spazio nei suoi occhi e sul suo viso. E, mentre lo osservo dall'alto della mia posizione, guardarmi, in attesa di una risposta, mi rendo conto che ho sempre sperato lui mi dicesse qualcosa del genere, che mi confessasse i suoi sentimenti e facesse chiarezza su tutto il resto, eppure, improvvisamente mi sento offuscata da quello che in questi mesi sia successo.
Mamma mi ha detto che solo quando gli avessi permesso di parlarmi, avrei capito se dargli una seconda possibilità o meno.
Ma come ci si comporta quando il tuo cuore scalpita per concedergli questa opportunità ma la mente mi impone di non lasciarmi andare facilmente? E, soprattutto, cosa si fa quando la stessa persona che ti ha fatto soffrire così tanto, è la stessa che ti rende felice?
La verità è che mi sento bloccata, incapace di dire qualcosa. Luca con le sue parole mi ha sconvolta. Forse, però, continuare a ragionarci su, non gioca a mio favore.
Nel frattempo Luca mi osserva, impaziente di scoprire cosa abbia intenzione di fare. I suoi occhi mi rimangono addosso, non permettendomi di essere lucida.
Così mi alzo, dandogli le spalle e portandomi le braccia al petto. Deglutisco un boccone amaro, con il cuore che scalpita smanioso, consigliandomi di vivere la storia che ho sempre sognato.
Prima che me ne renda conto, però, ho già preso la mia decisone.

Questa volta sarò io a dettare le redini del gioco, e tu Luca, sei disposto a lottare per un noi?.

"Anita..."
Mi porto una mano alla tempia, massaggiandola.
"Non pensare che sia facile, Luca, le parole sono belle, ma devono essere accompagnate dai fatti. Ne sei capace?" cerco di usare il tono più irremovibile possibile mentre lo dico, ma quando avverto i suoi passi farsi sempre più vicini, sento di poter vacillare.
Luca mi si avvicina lentamente, rischiando di mettere a dura prova la mia razionalità. Prima che, però, lui mi abbia raggiunta, mi volto verso di lui, come a voler reclamare una certa autorità. Sobbalzo, però, alla eccessiva vicinanza che lui impone tra noi e riesco quasi a notare una certa soddisfazione farsi spazio nel suo sguardo.
"Non sono più disposto a rinunciare a qualsiasi cosa ci sia ancora tra di noi, Anita, e te lo dimostrerò" ammette sicuro di sé.
Annuisco, portando i miei occhi alle sue mani che stringono i miei fianchi.
"Ti aspetto al lavoro, ok?" aggiunge macchiando la sua voce di dolcezza e lasciandomi una carezza sul fianco.
Abbasso lo sguardo, osservandolo allontanarsi da me.
Luca se ne va poco dopo, intuendo abbia bisogno del mio tempo per assimilare tutto quello che questa serata abbia portato con sé.
Lui se ne va, lasciandomi fare i conti con le emozioni contrastanti che avverto ripercuotersi su di me, ma con un forte senso di benessere a predominare sul resto. Così, non posso fare a meno di far affiorare un piccolo sorriso sulle mie labbra, la speranza di un noi ad albergare nei miei occhi.
Perché stasera ho scoperto che, forse, non tutti i mali vengano per nuocere.
E che, in ogni caso, nonostante lei sia così lontana, Lucia sia riuscita ad unirci ancora una volta.

No, Luca, non voglio rinunciare nemmeno io a qualsiasi cosa ci sia tra di noi.

Il giorno dopo mi sveglio presto, beandomi della sensazione provocata dalle lenzuola calde e rassicuranti del mio letto.
Questa notte, finalmente dopo tempo, ho dormito profondamente e mi sento più rilassata e carica. Il pensiero di Lucia non mi abbandonerà facilmente, è una ferita che non si rimarginerà in breve tempo, ma attorno a questo dolore è necessario che io ricostruisca la mia vita.
È arrivato il tempo di prendere le redini in mano e rialzarmi.
Mi alzo lentamente, godendo degli ultimi attimi di tranquillità prima di tornare al lavoro. Indosso una vestaglia sopra al pigiama e mi dirigo in cucina.
Rispondo ad un messaggio di mia madre, rassicurandola riguardo alle mie condizioni: della mia febbre non c'è più traccia.
Il persistente silenzio dei miei amici, invece, mi provoca un senso di preoccupazione, ma, mentro bevo il mio tè caldo, cerco di non badarci più di tanto.
Improvvisamente, però, il suono del campanello, arriva a squarciare il silenzio del mio appartamento.
Carlotta, Cristina e Giulia si palesano sulla soglia della porta, con le facce di chi pretende assolutamente una spiegazione. Ma le accontenterò presto perché non ho più intenzione di nascondere quale sia il problema. Parlarne, accettare aiuto, è il primo passo per rinascere.
Sorrido rasserenata alla loro vista.
Le ragazze mi guardano confuse, ma non le biasimo: l'ultima volta ho chiuso loro la porta in faccia.
Cristina mi sorpassa, facendosi spazio nell'appartamento, frettolosa.
"Perché abbiamo dovuto scoprire cosa ti stesse succedendo da qualcun'altro?" nonostante le sue parole sembrino un'accusa, il suo tono è solo carico di tanta preoccupazione.
Giulia e Lottie la seguono, lasciandomi sola, accanto alla porta.
"Già, Anita, perché non ce lo hai detto?" le dà manforte Carlotta, osservandomi confusa.
Giulia rimane al loro fianco, silenziosa, dondolandosi sul posto.
Mi volto nella sua direzione, pronta a capire se anche lei abbia qualcosa da dirmi.
Allora lei incrocia il mio sguardo, lasciando trapelare un paio di occhi piccoli e affranti. Mentre la osservo, mi rendo conto che mi faccia male notare lei, così solare e vivace, tanto triste.
"Non ti avremmo mai giudicata e lo sai..." ammette, a bassa voce.
"Già" aggiunge Cristina, facendosi portavoce di tutte loro e portandosi una mano al petto, come ad enfatizzare il concetto. "Se tu ci avessi detto quanto stessi soffrendo per l'allontanamento di quella bambina, ti saremmo state accanto. Invece l'abbiamo dovuto sapere da Luca".
"Da Luca? Come?" domando, confusa.
Che siano andate anche loro da lui?
Senza che me ne renda conto, ci siamo fatte spazio nel salotto e ognuna di noi prende posto sul divano.
"Sì, beh" proferisce Carlotta, intrecciando le mani davanti a sé, "quando Nicola è andato da lui, Luca gli ha spiegato cosa ti stesse turbando tanto".
A sentir nominare il suo nome, scatto come una molla, lasciandomi sopraffare da una certa preoccupazione.
"Nicola ha fatto qualcosa?" domando, frettolosa.
Giulia, a quel punto, ridacchia, davanti alla mia espressione.
"No, anche se ha ammesso avrebbe voluto. Ma non ci sono stati pugni o insulti, se è quello che stai pensando. Nonostante Nicola non fosse andato da lui con le migliori intenzioni, hanno avuto una conversazione, come dire...civile?" ammette, lasciando trapelare un certo divertimento dalla sua voce.
Non posso fare a meno di sospirare, sollevata dalla notizia.
"Credo che il nostro Nicola sia cambiato davvero" aggiunge Carlotta, con un sorriso dolce ad incorniciare le sue labbra.
"Già, resta il fatto che mi dispiaccia avervi escluso, ma avevo paura e stare sola, chiusa in questo dolore tutto mio, mi è sembrata la soluzione migliore" confesso, abbassando lo sguardo.
"Bene, ma adesso bando alle ciance, speriamo la febbre ti sia passata perché vogliamo portarti in un posto..." replica Cristina, battendomi una mano sulla coscia e lasciandosi sopraffare da un certo entusiasmo.
Lei e le ragazze si lanciano uno sguardo complice, alimentando la mia curiosità.
"Sì...ma dove volete portarmi?".
"Vedrai, sarà una sorpresa!" annuncia Giulia, riacquistando l'allegria che la contraddistingue.
"Ok..."
"Avanti, che ci fai ancora così? Corri a lavarti e a vestirti che non abbiamo tutta la giornata!" mi incita Cristina, al mio fianco, spingendomi ad alzarmi.
"Ma non posso avere nemmeno un piccolo indizio?" ritento, unendo le mani a mo' di preghiera.
"Assolutamente no!" ribatte lei, contrariata.
"Ok, ok" sbuffo, arresa.
"Beh? Vai! Altrimenti mai lo scoprirai" mi incita Carlotta, sorridendo sorniona.
"Ok..." mi muovo lasciando strisciare le mie ciabatte sul pavimento. "Allora vado?".
"Vai!" mi danno una spinta, fingendosi esasperate, facendo in modo che raggiunga il bagno senza fare altre domande.
"Non uscirai da qui fin quando non ti sarai data una sistemata" ridacchia Giulia, divertita e con una strana espressione malefica. "Unica cosa: non truccarti, assolutamente." aggiunge, facendomi un occhiolino. Poi si chiudono la porta alle spalle.

Improvvisamente, ho il bisogno di ridere e faccio in modo che la mia risata sgorghi a pieni polmoni, sentendomi d'un tratto felice. Come ho solo potuto pensare di voler rimanere sola e privarmi di questo?
Stringo l'accappatoio tra le mie mani, lasciando riscaldare l'acqua nel box doccia, e avverto un senso di eccitazione farsi spazio dentro di me. Dove hanno intenzione di portarmi?

Il tepore dell'acqua calda è riuscita a sortire un bell'effetto su di me, facendo in modo che tutti i miei muscoli si sciogliessero, così ciabatto fino alla mia stanza, stupendomi dell'eccessiva silenziosità delle ragazze. Quando arrivo in camera, trovandola a soqquadro e loro intente a rovistare, capisco il perché.
"Mi auguro abbiate intenzione di mettere a posto, dopo" le ammonisco, corrucciando la fronte, confusa.
Giulia sembra ridestarsi all'improvviso dalla sua attività. Alcune magliette finiscono per l'aria.
"Ah, Anita, sei già qui. Dove hai i costumi?" domanda, senza badare a cosa abbia detto.
"Costumi? Non dobbiamo mica andare in piscina..."
Carlotta, sbuca con la testa dall'armardio, e mi scocca un'occhiata malandrina: "Sbagliato, ritenta, sarai più fortunata. Anche se direi tu ci sia quasi".
"Ma andiamooo" protesto, lasciandomi ricadere sul letto. "Mi farete corrodere dall'ansia".
"Sì, ma, allora, i costumi dove sono?" ritenta Giulia, sovrastando le nostre voci.
"Nell'ultimo cassetto a destra" rispondo, roteando gli occhi al cielo. "Ma voi sistemerete tutto, vero?" chiedo come a conferma.
Le mie amiche si voltano verso di me, sfoderando un paio di espressioni angeliche e traditrici.
"Sì, certo!" replicano all'unisono.
Come no...

Le note di Would i lie to you di David Guetta risuonano nell'abitacolo della 500 di Cristina. Lei guida tranquilla, con lo sguardo attento alla strada mentre lascia ciondolare la testa a ritmo delle note della canzone.
Ben presto, io e le ragazze ci lanciamo in un ballo improvvisato, per quanto lo spazio stretto ce lo permetta, cantando a squarciagola.
"Would i lie to you, baby, would i lie to you! Oh, yeah!" esclamo, portando le mani su, in aria.
Giulia si sporge dai sedili posteriori, rischiando di perforarmi un timpano con la sua voce.
"Look into my eyes, can't you see they're open".
Appoggia poi le mani sulle mie spalle, mentre ci lasciamo andare ad una risata per il suo ritmo scoordinato.
"Wuuu, pronta a passare la migliore giornata della tua vita?!"
E, mentre le osservo, ancora ignara di quale sia la nostra destinazione, mi sento così grata della loro amicizia.

La struttura delle terme si staglia alta e imponente davanti ai nostri occhi, con un forte odore di salsedine a riempire i nostri polmoni, non appena lasciamo il caldo abitacolo dell'automobile.
Non posso fare a meno di sbarrare gli occhi, lasciando trapelare dalla mia voce tutta la mia eccitazione.
"Oddio, grazie, grazie, grazie!"ammetto su di giri, battendo le mani come una bambina.
Le ragazze si lasciano andare a una breve e leggera risata.
"Speravamo questa sorpresa potesse piacerti. Dopo tutto questo stress fisico ed emotivo, cosa c'è di meglio di una bella giornata di relax alle terme?" mi fanno presente.
L'amicizia, l'amore di tutte le persone che mi sono accanto.
"Allora andiamo?" aggiungono, appoggiandomi le loro mani sulla mia schiena per farmi strada verso la struttura.

Ad accoglierci alla reception c'è una giovane ragazza che si dimostra essere molto gentile. Dopo aver chiesto la nostra prenotazione, ci consegna dei caldi teli bianchi che ci serviranno durante il nostro percorso e ci accompagna verso gli spogliatoi, dove potremo cambiarci.
L'ambiente è pulito, l'arredo in legno chiaro, con un forte odore di profumi ed essenze, e una musica rilassante a propagarsi tramite un sistema di filodiffusione.
"Qui, invece, ci sono l'idromassaggio, la sauna e il bagno turco. Le piscine sono di sotto e le scale apposite per raggiungerle si trovano accanto alla reception. Infine, alla vostra sinistra, la stanza del sale che vi consiglio di fare per ultima. I vostri pori saranno dilatati e questo sortirà molto più beneficio alla vostra pelle" ci spiega in modo deligente.
Mentre lei ci parla, la seguiamo con attenzione, osservando qualsiasi cosa ci circondi con un certo entusiasmo.
La stanza del sale, una struttura in vetro, come ci ha indicato, si trova posto alla sinistra di un open space dove sono disposti poltrone e lettini.
Alla nostra destra, invece, c'è l'angolo degustazione, dove ci si può servire con frutta e tisane.
Il mio sguardo si perde, poi, oltre le vetrate, con l'orizzonte chiaro e luminoso, la vista del mare rende questo posto ancora più incantevole e rilassante.
La ragazza si congeda, poco dopo, lasciandoci libere di goderci la nostra giornata e andiamo sùbito a cambiarci, ansiose di assoporare un relax tanto ardito.
"Grazie, ragazze. Ci serviva proprio" ammetto, mentre ci cambiamo. Indosso il costume blu e fucsia olimpionico e tutto l'occorrente che le ragazze hanno preparato per me.
"Per te mi sto mettendo in costume, davanti a tanta gente, apprezza il mio sforzo" mi fa presente, Carlotta, divertita, mentre fa strane smorfie allo specchio.
"Oh sì, ci voleva, eccome!" esclama Cristina. "Ho anche comprato un costume pazzeschissimo per l'occasione" aggiunge mostrandoci il suo bottino, con un sorriso trionfo.
Dopo esserci preparate, indossiamo i nostri accappatoi, e riponiamo i borsoni negli armadietti scelti.
Che la nostra giornata abbia inizio.

Abbiamo l'imbarazzo della scelta e non sappiamo da dove iniziare.
Ma l'idromassaggio si rivela essere davvero allettante. Nonostante sia venerdì, non c'è tanta gente-qualche coppia, un gruppo di amiche- e mi viene da pensare che questo sia un bene perché possiamo usufruire degli spazi offerti fino a quanto vogliamo.
L'acqua calda, quando mi immergo, mi fa sospirare di piacere, e con lo sguardo al mare, mi godo il massaggio che si propaga dal getto dei bocchettoni.
Le ragazze mi raggiungono poco dopo, e riesco a leggere anche su i loro visi le stesse espressioni deliziate da tutto ciò.
Sarò egoista ma, oggi, non voglio pensare a nient'altro che riguardi me e il mio benessere. Dopo quello ho passato sento di meritarmelo, ho davvero bisogno di cancellare qualsiasi pensiero ostacoli la mia felicità.
"Mmh, che bello..." Giulia sospira, chiudendo gli occhi.

Giulia e Cristina, poco dopo, decidono di andare a fare un bagno turco, torneranno a rilassarsi in idromassaggio più tardi, così io e Lottie rimaniamo sole.
"Stai pensando a quella bambina?" domanda, Carlotta, a bassa voce e sedendosi accanto a me.
"Nono, in questo momento non ci sto pensando, non sarei così rilassata" ammetto, aprendomi in una breve risata.
La mia amica mi lascia una leggera carezza sul braccio, comprensiva.
"Mi ricordo ancora quando mi dicesti le avresti voluto dare una famiglia e mi dispiace di aver sottovalutato la situazione. Capisco quanto tu stia male per non aver potuto realizzare il tuo desiderio" mi fa presente, amorevole come solo lei sa essere.
Mi volto, allora, nella sua direzione, arricciando le labbra in un lieve sorriso.
"Sta' tranquilla, Lottie. Purtroppo non poteva andare direttamente, sono da sola, nessuno mi avrebbe concesso di adottarla. Nonostante non condivida che la legge neghi l'adozione ai single, me ne dovrò fare una ragione" le confesso, cercando di assumere un tono neutro.
Eppure, Lottie, nonostante sia ben lontana da aver vissuto un'esperienza del genere, sembra comprenderne la gravità. Sarà perché, è dotata di una grande empatia e questo, da sempre, ci ha reso unite.
"Sei forte, Anita, davvero, e sono sicura che riuscirai a superare questa situazione" mi fa presente.
Abbasso lo sguardo, annuendo mentre Carlotta prende a creare, distrattamente, cerchi nell'acqua.
"Senti, piuttosto a te come va? Della situazione Federico che mi dici?" le domando.
Carlotta rialza lo sguardo velocemente, sbarrando gli occhi.
Proprio mentre sta per dirmi qualcosa, Giulia e Cristina ritornano, facendo fuoriuscire molto vapore dalla stanza del bagno turco.
"Ragazze, è pazzesco, dovete assolutamente provarlo!" ammette, Giulia euforica.
"Voi, invece, che avete fatto?" ci domanda Cristina, sospettosa.
Io e Carlotta ci lanciamo uno sguardo, complici.
"Niente" le replico, sorridendo.
"Bene, io vado a fare la sauna. Chi viene con me?" aggiunge allora lei, mentre Giulia ci comunica che andrà a bere qualche tisana rilassante.
"Io!" esclamiamo, all'unisono, sia io che Carlotta, scoppiando a ridere sùbito dopo.
Approfittiamo che non ci sia nessuno dentro e, adagiando i nostri teli sulle panche, ci sistemiamo. L'ambiente è da sùbito molto caldo, quindi decido di sedermi alla panca più in basso, in modo tale che il calore non sia troppo asfissiante. Ma sono a conoscenza di quanto una seduta di sauna possa essere benefica, allora traendo un respiro profondo, nel silenzio più totale, resisto.
Dopo 10 minuti decido di andare via, mentre osservo le mie amiche diventare tutte rosse, con le goccioline di sudore ad imperlare i nostri corpi.
"Ragazze" le richiamo, per attirare la loro attenzione. "Raggiungo Giulia, ci vediamo dopo?".
Così esco, rabbrividendo a contatto con lo sbalzo termico e mi faccio una veloce doccia fredda.
Giulia è sdraiata poco lontana, con i piedi incrociati, l'accappatoio a coprirla, su uno dei lettini che danno sulla spiaggia, mentre sorseggia una tisana fumante.
Ci sono molti termos con le tisane e decido di prendere quella al tè di roibos. Un tè rosso, tipicamente africano, che sembra contenga molte sostanze rilassanti.
Giulia non si accorge sùbito di me quando la raggiungo, così quando mi sdraio al suo fianco, sussulta voltandosi nella mia direzione.
"Quale hai preso?" mi domanda, facendo riferimento al bicchiere tra le mie mani.
"Roibos, rilassante. Tu?"
Lei sorride divertita, alzando il suo bicchiere a mo' di premio.
"Sta roba è un miscuglio di frutta, mela, mandarino, boh nemmeno mi ricordo, però c'è scritto che faccia andare in bagno".
"Beh" le faccio presente, avvicinando il suo bicchiere al suo, "lo scoprirai presto. Alla salute?".
Lei si apre in una fragorosa risata, socchiudendo gli occhi: "Alla salute, amiga!".
"Senti un po', ma Cristina e Lottie sono ancora in sauna?" mi domanda dubbiosa, dopo alcuni minuti di silenzio.
Scuoto le spalle, voltandomi verso di lei: "Credo di sì".
"Caspita, che resistenza!" ammette lei, divertita.
"Che ne dici se ci andiamo a fare due vasche?"aggiunge, alzandosi per buttare il suo bicchiere.
Annuisco, affiancandola.
"Volentieri!"esclamo.
Scopriamo che le nostre amiche sono di nuovo in idromassaggio e le informiamo riguardo alla nostra idea, ma comunicano che ci raggiungeranno più tardi.

Così, io e Giulia, prendendoci a braccetto, raggiungiamo il piano inferiore.
Scopriamo che ci sono due piscine: una olimpionica che usano per le attività in acqua e un'altra termale con idromassaggio che è quella che raggiungiamo.
Al nostro arrivo, le poche persone- due signore un po' avanti con l'età- che la occupavano, vanno via e non so se sia perché infastidite dalla nostra presenza.
"Menomale che quelle vecchiacce se ne sono andate, così posso fare tutto quello che voglio senza che loro mi fulminino con lo sguardo" ammette la mia amica, buttandosi all'indietro in acqua, provocando un grosso splash.
Rido alla scena, raggiungendo una delle postazioni idromassaggio, mentre la mia amica si esibisce in qualche scoordinata bracciata.
Quando poi mi raggiunge, prendendo posto al mio fianco, comincia a trovare le posizioni più disparate avvicinandosi ai getti d'acqua.
"Giulia, ma che stai facendo?" le chiedo, sorridendo divertita.
Lei incrocia il mio sguardo, confusa. "Eh beh, in qualche modo sti cuscinetti dobbiamo pure eliminarli o no?" Mi fa presente, con un'espressione ovvia, mettendosi di pancia al bocchettone. "Non voglio che mi esca nemmeno un po' di cellulite pure qua".
"Mi sembra giusto" le replico, portandomi una mano alle labbra, cercando di trattenere le risate, invano.
All'improvviso, la porta d'ingresso si apre, rivelando Carlotta e Cristina sulla soglia.
"Ciao, aragoste, pensavamo foste tornate a fare la sauna!" esclama Giulia nella loro direzione.
Carlotta e Cristina si lanciano uno sguardo divertite, infilando le mani nelle tasche dei loro accappatoi.
"Dai, su, venite" le incito, schizzando verso di loro quando ci raggiungono.
"Oh, oh, calma! È fredda!" trilla Cristina, muovendosi sulle punte dei piedi e trattenendo un brivido.
"È perché hai fatto troppa sauna" le fa notare, Giulia, con un'espressione da so tutto io. Poi, cogliendola di sorpresa, le riversa addosso un gesto d'acqua, che fa urlare spaventata la nostra amica.
"Vuoi la guerraaa?!" le replica, con un sorriso malandrino ad arricciarle le labbra.
"Puoi dirlo forte!"
Così, Cristina la raggiunge a grandi falcate, avventandosi su di lei, per buttarla sott'acqua.
Nel frattempo, Carlotta, rimasta sul bordo ad aspettare di tuffarsi, mi raggiunge, mentre le osserviamo dimenarsi e schizzarsi come se fossero due bambine. Vivaci e gioiose.
"Sai, riguardo a prima, Federico non si arrende, credo che non sia disposto a lasciarmi stare facilmente" mi confida, a bassa voce.
Non ho, però, il tempo di replicare che le nostre amiche, a quel punto, volendosi alleare, si voltano verso di noi, con due espressioni diaboliche.
E, prima che loro si siano avvicinate, abbiamo già iniziato una battaglia d'acqua.
È un bene che siamo da sole, sicuramente se ci fosse qualcuno, ci saremmo già beccate un pesante richiamo, ma adesso sembra importarci davvero poco, perché tutto ciò ci provoca solo una grande sensazione di spensieratezza.
Sputacchio acqua ovunque quando Giulia mi spinge sotto uno dei getti d'acqua, colpendola scherzosamente sulle braccia.
"Ok, ok, stop, tregua" ammette Carlotta, dichiarando il time-out, mentre Cristina riemerge, boccheggiando.
E, allora, ognuna di noi sembra bloccarsi dalla propria attività, i nostri sguardi si incrociano e non possiamo fare a meno di ridere, felici.

Giulia è la prima ad uscire, frettolosa.
"Mi sa che la tisana ha fatto effetto, devo fare la plin- plin" ammette, sgattaiolando via come se stesse camminando sugli spilli.
Usciamo anche noi quando ci accorgiamo che stia arrivando della gente e, quatte quatte, raggiungiamo il piano superiore, di nuovo.
La stanza del sale, come ci è stato consigliato, l'abbiamo tenuta per ultima.
Così, togliamo i nostri accappatoi e riprendiamo i teli da stendere su i lettini presenti.
Il sale grosso sotto i piedi mi provoca un lieve fastidio, ma, allo stesso tempo, il calore che emana è rilassante. Osservo le pareti impregnate di sale, il soffitto con le luci soffuse e colorate.
Ci stendiamo, una vicina all'altra, con lo sguardo fisso davanti a noi, e, dopo l'intesa battaglia d'acqua, mi godo ogni piccolo istante e sensazione offertami da quest'angolo di Paradiso. Mi sta venendo proprio sonno.

Quando lasciamo il centro benessere delle terme è ora di pranzo. Così, mentre decidiamo cosa fare, nella hall, il mio sguardo si posa a guardare una coppia di genitori che tiene per mano la propria bambina mentre escono dalla stanza del talassoterapico.
Io li guardo, e non riesco a fare a meno di soffermarmi su quanto siano felici, mentre tenendola per mano, le fanno fare un balzo.
Improvvisamente il mio pensiero, ricorre a Lucia, facendomi domandare come stia, cosa stia facendo, se quella famiglia che le avevano presentato abbia già avviato un periodo di affido.
Mia piccola, Lucia, quanto mi manchi...
Io ho la mia famiglia, le mie amiche, adesso che il confronto con Luca ha segnato un nostro avvicinamento, posso davvero dire di poter contare sull'aiuto e il sostegno di molti, ma Lucia, adesso, chi ha a prendersi cura di lei?
Le mie amiche si accorgono, presto, che il mio sguardo sia altrove e si ammutoliscono, voltandosi verso di me.
"Anita, è tutto ok?" mi domanda Cristina, accarezzandomi il braccio.
Lancio un ultimo sguardo alla famiglia, vedendoli dirigersi verso l'uscita e socchiudo gli occhi cercando di concentrarmi su tutt'altro.
"Sì, sì, va tutto bene" ammetto, traendo un respiro profondo.
Poi mi lascio trasportare da loro in direzione della prossima meta che hanno intenzione di raggiungere.
"Sapete" proferisco, attirando la loro attenzione "ieri sera Luca è stato a casa mia e ha ammesso di provare qualcosa per me".
Le mie amiche strabuzzano gli occhi, attonite; Giulia rilascia un gridolino, eccitata.
"Coosa?!"
"Sì, beh, mi ha spiegato il perché del suo comportamento, e chiesto scusa. Non vuole mettermi fretta o altro, solo riconquistare la mia fiducia..."
"E tu cosa hai intenzione di fare?" mi domanda, Cristina, curiosa.
Rivolgo lo sguardo fisso davanti a me, ripercorrendo la scena nella mia mente.
"Non voglio crearmi aspettative, solo vivermi le cose così come vengono"

Perché il pensiero di Lucia, ormai lontana, e il desiderio di famiglia che ambivo a darle, mi tormenteranno sempre, ma, forse, con Luca accanto sarà un passato meno doloroso da superare.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio e ben ritrovati :)
Innanzitutto, ci tengo ad augurare, anche se in ritardo, buon anno a tutti e spero abbiate passato delle serene feste.
Ma tornando a noi...questo capitolo è stato un parto, uno dei più difficili per stesura e contenuto, soprattutto la prima parte, con il confronto tra Luca e Anita.
Ebbene, mi auguro le sue parole non siano risultate poco credibili e che siate riuscite a comprendere cosa lo abbia portato a comportarsi così. Quello che ha detto non è necessario ad assolverlo completamente ma tutti commettiamo errori, no? E di Anita, invece? Cosa mi dite? Ho cercato di farle provare una reazione il più veritiera possibile, pensiate sia giusto gli dia un'opportunità?😊
Per la seconda parte, non ho molto da dite, ci sono un gruppo di amiche, un posto incantevole quali le terme e tanto puro divertimento e spensieratezza che Anita si meritava tutto. Siete d'accordo? Le terme a cui mi sono ispirata esistono davvero😊 e ho avuto la fortuna di passarci una giornata intera😄
Bene, detto questo, vi saluto, ringraziandovi per il vostro supporto, le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e chiunque abbia aggiunto la storia in qualsiasi lista e aspetto tante, tantissime, opinioni a riguardo.
Un abbraccio e a presto con il ritorno di Anita al lavoro!

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Capitolo 45
*** Capitolo 44 ***


Capitolo 44
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Capitolo 44



Il weekend passa così velocemente che quando si ripresenta l'ora di tornare al lavoro, quasi non me ne rendo conto.
Dire se mi sento pronta? No, non lo sono affatto, eppure non è qualcosa che posso rimandare.

Ora o mai più.

Mi preparo lentamente, scegliendo con cura cosa indossare e come truccarmi. Come se questo non potesse farmi sfigurare.
Fino a poco tempo non mi sarebbe importato cosa la gente mormorasse o dicesse su di me, eppure, adesso è tutto diverso, perché, oltre alla mia persona, viene giudicata la mia professionalità.
Tiro un respiro profondo, socchiudendo gli occhi, come a voler placare l'agitazione che si sta impossessando di me e mi chiudo la porta del mio appartamento alle spalle.

Nonostante mancassi da una settimana, sembra che sia passata un'eternità dall'ultima volta che abbia messo piede qui dentro. Mi faccio spazio tra queste quattro mura, a disagio, piano, come se in realtà questo posto non mi fosse familiare per nulla.
Stringo il maniglione della porta antipanico del reparto tra le mani, con forza, con il cuore che, improvvisamente, mi batte così forte. Pochi passi mi dividono da quella che è stata la mia seconda casa per mesi e che adesso si sta per rivelare il mio peggior incubo.
Lucia non sarà più qui quando avrò bisogno di passare del tempo con lei per svagarmi dal carico di lavoro e questo comporta un cambiamento nella mia quotidianità e nella mia vita stessa. Sono sempre stata poco incline ai cambiamenti, lo ammetto: li ho vissuti spesso con paura e avversione. Quando qualcosa andava ad intaccare la mia metodicità, era capace di destabilizzarmi, così come è successo con Lucia. Ma ho fatto una promessa a me stessa, riuscire a dimostrare che sia in grado di superare quello che è successo e lo farò.
Ora o mai più.
Apro la porta, che produce un suono quasi sinistro e sembra che io viva questa scena a rallentatore.
Faccio un passo in avanti, poi un altro, stando attenta a non incespicare nei miei passi; ma lo vedo, come improvvisamente, distogliendosi dalla loro attività, tutti si voltino a guardarmi, impietositi, con dei sorrisi di scherno ad affiorare su i volti di molti, i mormorii, i pettegolezzi che sembrano riaffiorare mentre mi faccio strada per il corridoio. Io sento e vedo tutto, nonostante cerchi di mantenere il mio sguardo alto e fisso davanti a me, ed è  a quel punto che avverto qualcosa dentro di me sgretolarsi.
E mentre mi ripeto: respira, Anita, continua a camminare, mi viene da pensare se io sia forte abbastanza da sopportare tutto questo.
Poi, come se avessero percepito la mia richiesta di aiuto, vedo sbucare dal corridoio Maria e Arianna e, prima che possa solo rendermi conto del loro avvicinamento, mi ritrovo stretta in un abbraccio; la capigliatura riccia della mia amica ad offuscarmi anche la vista.
"Anita, che bello rivederti" pronuncia Arianna, euforica, artigliando la mia maglia tra le sue mani.
"Ci sei mancata, Anita" aggiunge Maria, accarezzandomi una spalla. Premurosa e composta come è sempre.
Arianna scioglie il nostro abbraccio, tenendomi per le spalle. Sembra puntare ogni minimo dettaglio del mio viso alla ricerca di una sofferenza nascosta.
"Ho saputo tutto, Anita, e mi dispiace tantissimo, davvero. Ma come stai?" ammette, con uno sguardo costernato.
Maria rimane un po' più indietro rispetto a noi ma riesco quasi a notare che sia sollevata di avermi qui.
"Va tutto bene, Arianna, sul serio. Grazie per l'interessamento" le faccio presente, sciogliendomi in un sorriso.
A quel punto Maria prende la parola, facendo un passo nella nostra direzione. "Sono stata io a raccontare tutto ad Arianna: è venuta da me, una sera, preoccupata sul perché non le rispondessi, aveva capito che la tua non fosse solo influenza e ho pensato che dovesse sapere. Siamo state davvero in pensiero per te, ma adesso questo posto ha bisogno di te" ammette, tesa in volto, come se avesse paura di aver sbagliato.
"Sta' tranquilla, Maria. Hai fatto bene" le replico, facendo scivolare ogni tensione dal suo viso.
"Allora?" ammette Arianna, colpendomi scherzosamente alla spalla "sei pronta per il tuo nuovo primo giorno di lavoro?"
Rilascio un sospiro profondo: "Sì, sono pronta".

"Ah, bene, vedo che finalmente ci degna della sua presenza. L'aspetto nel mio studio, e mi raccomando lasci questi convenevoli a più tardi, non ho tutta la giornata" la voce aspra e irriverente del professore Visconti arriva a destabilizzare il sereno equilibrio che le mie colleghe erano state capaci di ricreare.
Il mio sguardo incrocia il suo, infondo al corridoio: Visconti se ne sta lì, con gli occhi piccoli e fieri, le mani nelle tasche del camice, ostentando una certa padronanza della situazione.
Maria e Arianna si voltano in allerta nella sua direzione, con la preoccupazione a perturbare le loro espressioni.
"Arrivo..." sussurro, ma lui ci ha già voltato le spalle, chiudendosi, di nuovo, nel suo studio.
Ho sbagliato e adesso ne devo affrontare le conseguenze, è giusto che sia così.

"Anita, andrà tutto bene, tranquilla ok?" Maria cerca di rassicurarmi prima che io possa allontanarmi per raggiungere il mio tutor. Nonostante  sia consapevole e pronta ad assumermi le mie responsabilità, niente rende meno doloroso questo confronto.
Lancio loro un ultimo sguardo, cercando di infondermi più sicurezza possibile e busso.
"Buongiorno, dottore" esordisco quando entro.
Ritrovarmi in questa stanza, da sola, con Visconti mi crea una certa agitazione. È una persona con cui mi sono sentita poche volte a mio agio, in quanto mio superiore ho sempre vissuto la sua vicinanza come un'occasione per dimostrare del mio meglio, attenta a fare qualsiasi cosa potesse conquistare la sua stima, e sapere di aver rovinato tutto dopo che questo fosse successo, mi distrugge. Dal confronto con lui non so che aspettarmi, adesso. Delusione, irriverenza, rabbia? Nessuna di esse mi fa ben sperare.
"Ah, signorina, venga, prenda posto" replica lui, con lo sguardo rivolto ad alcuni fascicoli, il tono da cui non traspare nessuna emozione.
Mi ha chiamata signorina e non dottoressa...come se non fossi degna di tale appellativo.
Arrivo alla sua scrivania, trascinandomi come se fossi una condannata a morte, mi siedo, incrociando le mani davanti a me e aspetto.
Visconti non sembra voler distogliere l'attenzione da qualsiasi cosa stia controllando, e mi viene da pensare se abbia intenzione di dirmi qualcosa, così, schiarendomi la voce, inizio a parlare per prima.
"Dottore, sono a conoscenza dell'errore che ho commesso, il mio comportamento è stato a dir poco inaccettabile e me ne dispiace..."ammetto, abbassando lo sguardo.
Finalmente, il mio tutor rialza lo sguardo, aggiustandosi gli occhiali che gli sono calati sul naso e prende a scrutarmi con sufficienza.
"Le dispiace, signorina? È solo questo che sa dirmi?" mi domanda in modo retorico.
"Dottore..."
Lui assottiglia lo sguardo, ruotando il capo leggermente di profilo: "Faccia parlare me, adesso" mi interrompe con saccenza.
Sussulto lievemente al suo tono e mi appoggio allo schienale della sedia, tesa in volto.
"Lei non si rende conto di quanto il suo comportamento sia stato poco professionale e insolente. Rispondere così ad un'assistente sociale che era qui per compiere il suo dovere, e poi, come se non bastasse, ha valicato l'autorità di un suo superiore. Non ha idea di quanto abbia compromesso la sua immagine. Io mi fidavo di lei, signorina, ho riposto in lei la mia stima e ne sono stato ricompensato con un'immensa delusione. Sa, ho sempre notato che lei avesse una poca inclinazione a reagire con la dovuta freddezza alle situazioni che la circondano, ma non ho mai pensato che questo potesse crearle un problema, potesse creare problemi a tutti noi. Mi sbagliavo, immensamente".
Abbasso lo sguardo, incassando il colpo e cercando di trattenere la tristezza da cui sento invadermi. Tutto quello per cui ho studiato, ho lavorato, non riesco a pensare di vedere sgretolare tutto questo davanti ai miei occhi.
"Mi dispiace tanto, davvero io...so di aver sbagliato e me ne assumerò le conseguenze...quindi accetterò qualsiasi provvedimento lei abbia intenzione di adottare per il mio comportamento..." proferisco, a bassa voce.
Il dottor Visconti incrocia le braccia al petto, scuotendo il capo, con una risata derisoria ad arricciargli le labbra sottili.
"Se avessi voluto punirla, quell'ordine di servizio glielo avrei fatto già da tempo!" esclama, concitato. "Io non so cosa la leghi al dottor Franzese, Dio solo lo sa e, per carità, non ci tengo nemmeno a sapere perché lui sembri così ben disposto nei suoi confronti. Ma se ho deciso di essere clemente con lei, lo deve solo a lui!"
Sospiro di sollievo, ma dura solo per poco, almeno fino a quando il dottor Visconti non riprende a parlare.
"Non faccia quella faccia, signorina, questo non significa che io l'abbia perdonata, non posso rimanere indifferente davanti alla sua negligenza" mi fa presente, in tono accusatorio, corrucciando la fronte.
"Quindi ho pensato che se lei non riesce a risolvere questo grande problema che l'affligge e che potrebbe crearle complicazioni sul lavoro, è bene che si faccia supportare da qualcuno. La dottoressa Bianco potrà fornirle la giusta terapia".
Deglutisco un amaro boccone, artigliando la sedia sotto di me, forte, tra le mie mani.
"Dottore?" domando, incrociando il suo sguardo, spaurita."Mi sta consigliando di farmi seguire da una psicologa? Hai idea di quanto questo possa compromettere la mia carriera?".
Ok, mi ero detta pronta alle conseguenze, ma non pensavo che potesse succedere questo. Al pensiero di non poter esercitare la mia professione, mi sale il magone.
"Non mi pare che lei se ne sia preoccupata tanto, una settimana fa, quando ha fatto quella sceneggiata. Al mio fianco e nel mio team, voglio medici professionali e che abbiano una stabilità mentale e mi dispiace dirle che lei adesso ne è sprovvista!".
"Dottore" ritento, unendo le mani a mo' di preghiera. "Io glielo giuro, non succederà mai più, ma la prego, non mi faccia questo. Se lei mi esonerasse da questo compito, mi toglierebbe una delle cose a cui tengo di più, il mio lavoro. La prego, glielo dimostrerò, farò di tutto, ma non mi tratti così" confesso, con il cuore in mano, cercando di scalfire la sua espressione di pietra.
Il dottor Visconti abbassa lo sguardo; sembra si stia prendendo del tempo per pensarci su. Aspetto la mia condanna, in silenzio, battendo nervosamente un piede a terra.

Ho paura, paura, paura...

Poi lui rialza gli occhi, puntandoli nei miei, e fissandomi con aria di sfida. Mi ritrovo ad essere agitata da una sua risposta, cercando di captare ogni inclinazione del suo tono.
"E va bene! Ma adesso esca immediatamente da qui prima che io possa cambiare idea!" esclama perentorio.
Vorrei poter saltare di gioia ma mi rendo conto che risulterebbe inopportuno, quindi mi limito a sorridere colma di gratitudine e ad alzarmi veloce dal mio posto per raggiungere l'uscita.
"Dottoressa" mi richiama, un po' prima che io apri la porta, il suo tono mi rendo conto che malceli un'inclinazione quasi malefica, "da oggi in poi non si aspetti più un comportamento di preferenza nei suoi confronti, lei, da adesso, è come tutti gli altri".
Abbasso lo sguardo, annuendo e  chiudendomi la porta alle spalle.
Delusione, irriverenza,rabbia? Visconti mi ha dimostrato di provare ciascuna di queste emozioni nei miei confronti.
Eppure, quando sono fuori dal suo studio, mi permetto di tornare a respirare, rendendomi conto di aver ancora il mio posto qui, in ospedale. Questo pensiero, al momento, però, non mi rende pienamente tranquilla, perché ho il brutto presentimento che la mia permanenza qua, da oggi, non sarà più tanto serena.

"Allora, come è andata?" mi domanda Arianna, prendendomi a braccetto.
Mi volto nella sua direzione, cercando di accennare un sorriso. "È arrabbiato con me ma è andata anche meglio di come mi aspettavo" le confesso, senza scendere in tanti particolari.
"Meglio così!" replica lei, trionfante "non avrei sopportato di perdere l'unica amica che ho, qui dentro".
Annuisco, sorridendole, mentre prendiamo a farci spazio nel corridoio.
"Devo andare nello studio a cambiarmi, ci vediamo, dopo, in giro?" le faccio presente, cercando di mostarmi meno tesa possibile.
Arianna sembra non rendersi conto che, in realtà, non stia così bene come voglio farle credere, oppure sta solo cercando di ignorare l'evidenza, perché mi scocca un sonoro bacio sulla guancia, allontanandosi, successivamente da me.
"Sì, ok, magari ci prendiamo un caffè in pausa" replica, allontanandosi e facendomi un  occhiolino.
Non sono sicura che avrò diritto a una pausa ma anche se l'avessi, ci rinuncerei. Non voglio distogliermi dal lavoro.

Avvisto la porta del mio studio come se fosse un miraggio e mi appresto a raggiungerlo, veloce.
Ma non ho proprio idea della brutta sorpresa che trovo ad aspettarmi.
Giorgio è nel mio studio, seduto alla mia scrivania; sembra a suo agio, come se questo posto fosse di sua proprietà.
Sobbalzo alla sua vista.
Lui alza lo sguardo, puntellando le mani sul legno della scrivania, accarezzando con un'indice la superficie, un'espressione di scherno ad arricciargli le labbra.
"Cos'è, non si usa più bussare? Caspita, Anita, hai proprio dimenticato cosa siano le buone maniere..."
Assottiglio lo sguardo, fissandolo di sbieco, le mani strette in due pugni: "Semmai, sei tu che le hai dimenticate. Ti sei appropriato di uno studio che non è tuo" esclamo, concitata.
Giorgio esplode in una risata grossa, rumorosa. "Il tuo studio? Ti sbagli, non lo è più, Anita. Ormai ho preso il tuo posto".
Mi volto a guardare l'ambiente, sospettosa, scoprendolo ormai spoglio dei miei pochi effetti personali, riposti ora in uno scatolone sopra la scrivania.
Deglutisco, cercando di trovare una spiegazione a tutto questo, ma non ci riesco. Deve trattarsi di uno scherzo di cattivo gusto...
"Vattene via, adesso!" gli urlo contro, puntellando un piede a terra, cercando di darmi una certa autorità. "Tu menti, ti sei appropriato di tutto questo senza permesso, come hai osato toccare..."
"Calma, calma, Anita..." replica lui, tranquillo, sistemandosi comodamente con i piedi sulla scrivania.
Spalanco gli occhi, inorridendo alla scena.
"Non ho fatto niente di tutto ciò. Ho preso il tuo posto, quando non ci sei stata. Chiedilo a Visconti, adesso sono io il suo preferito" aggiunge, con un sorriso sardonico a nascondere un ghigno malefico.
No, non è possibile, non è possibile. Non posso credere che i miei più spaventosi sospetti si stiano rivelando essere la realtà.
"Togli i tuoi piedi da lì..." gli replico cercando di sembrargli irremovibile ma mi rendo conto che  il mio tono abbia perso,ormai, ogni sfumatura.
Sopporta, Anita, sopporta...
Giorgio scatta in piedi, facendo il giro della scrivania, per fronteggiarmi, un finto broncio dispiaciuto ad increspare le sue labbra.
"Oh, povera, Anita. Come è brutto fare i conti con la realtà e scoprire di non essere più la favorita, vero?" mi fa presente con un tono puramente derisorio.
"Che stronzo..." ammetto, facendo un passo indietro, per cercare di allontanarmi da lui.
Giorgio, a quel punto, risentito, scatta in avanti, dilatando le pupille.
"Cosa hai detto?!" domanda, macchiando la sua voce di rabbia.
"Sei uno stronzo!"ribatto con più convinzione, spingendomi verso di lui, come in un affronto.
Noto la vena sul suo collo ingrossarsi in segno di tensione e mi rendo conto che forse abbia giocato con il fuoco. Ma è ormai troppo tardi per rimediare ai miei errori.
Giorgio fissa il suo sguardo nel mio, sostenendolo con altrettanta sfida, poi prima che possa solo ripararmi da una sua reazione furiosa, mi afferra per le braccia, stringendomi, forte, fino a farmi male.
I suoi occhi sono diventati scuri e minacciosi e percorrono il mio corpo, malvagiamente.
Rabbrividisco al contatto, perché, improvvisamente, ho paura di lui. I comportamenti di Giorgio, purtroppo, non sono più così sottovalutabili e sono spaventata all'idea delle conseguenze che questo potrebbe comportare.
"Lasciami stare!" gli urlo, dimenandomi tra le sue mani, ma lui stringe forte, sempre di più, avvicinandosi pericolosamente al mio viso.
"Ripetilo se ne hai il coraggio" digrigna tra i denti. "Tu non hai più voce in capitolo, Anita, e presto, quando meno te lo aspetti, quel posto di capo specializzando sarà mio".
Smetto di divincolarmi, arrendendomi all'evidenza, colpita nel segno, e, proprio in quel momento, la porta si spalanca.
Luca compare sulla soglia, scrutandoci sospettoso. Gli sono immensamente grata per avermi salvato da questa situazione, ma non riesco né a muovermi, né a pronunciare parola.
Giorgio mi libera, velocemente, dalla sua stretta, ostentando un sorriso fin troppo tranquillo.
"Anita, va tutto bene?" domanda, allora, Luca, nella mia direzione, facendo passare gli occhi sul mio viso, come a constatare che sia a posto.
Abbasso lo sguardo, annuendo, spogliata di ogni forza e determinazione. Quando ti accorgi che, piano, piano, tutto si stia sgretolando sotto le tue mani, è difficile reagire.
"Sei sicura? Ho sentito urlarvi fin da fuori e sono certo di non essermi sbagliato" aggiunge lui, guardingo,  voltandosi verso Giorgio.
Lui intreccia le mani dietro la schiena, ricambiando lo sguardo con sfida.
"Può star tranquillo, dottor Franzese, la sua protetta sta bene" ammette, sfoderando un sorriso brillantemente falso.
Tengo lo sguardo basso, incapace di incrociare gli occhi di Luca. Anche lui sembra stupirsi di questa situazione, sicuramente all'oscuro dei dettagli che ne concernono. I suoi occhi non fanno che alternarsi da me a Giorgio, e poi alle mura di questo studio che non mi appartiene più.
"Anita, andiamo" mi fa presente, allora, con un tono che non ammette repliche, appoggiandomi una mano sulla spalla. Sussulto al contatto, rialzando lo sguardo di colpo e riscuotendomi dal mio stato di catalessi. Luca mi accompagna all'uscita, la sua mano sembra voler imprimere una carezza sulla mia schiena, dandomi un forte senso di protezione. Mentre ci allontaniamo mi rendo conto che lui non smetta di puntare Giorgio.
"Ah, Anita" mi richiama proprio quest'ultimo un po' prima che siamo usciti. Mi volto nella sua direzione, corrucciando la fronte.
Lui afferra tra le mani lo scatolone posto sulla scrivania e si avvicina per adagiarlo tra le mie mani.
"Questo è tuo. C'è anche il tuo camice. Buon lavoro" aggiunge con soddisfazione, chiudendosi la porta alle spalle.
Continuo a fissarla per secondi, forse minuti, cercando di mantenere in equilibrio l'ingombrante scatolone che ho tra le mani. Lo stringo poi con forza, sentendo la presenza costante di Luca alle mie spalle.
Così, senza dire una parola, prendo a muovermi in direzione dello spogliatoio, battendo i piedi a terra, con stizza.
Luca rimane in silenzio, prendendo a seguirmi: "Anita".
"Devo andare al lavoro" ammetto, perentoria. Ma lui persiste nella sua impresa, continuando a restarmi accanto.


Non mettevo piede in questo spogliatoio da mesi, almeno da quando mi ero riuscita a guadagnare uno studio tutto mio. E, invece, adesso mi ritrovo a fare i conti con questo spazio piccolo e maleodorante, come se fossi una specializzanda del primo anno, come una qualunque. D'altronde è questo quello che ha detto Visconti, no?
Lei, da adesso, è una come tutti gli altri.
Apro il primo armadietto libero e, con rabbia, comincio a sistemare tutti i miei effetti personali, richiudendo poi l'anta con forza e indossando il camice con altrettanta stizza.
Mi sento colpevole di tutto questo.
"Anita, vuoi calmarti, per favore?!" sbotta Luca, infastidito dal mio comportamento.
Sbuffo, appoggiandomi le mani ai fianchi. Avverto la sua presenza alle mie spalle, ma non riesco a voltarmi nella sua direzione.
"Io non ne sapevo niente, Anita..." sussurra lui, respirando sul mio collo.
Socchiudo gli occhi, imponendomi di non piangere. Non posso dimostrarmi debole e indifesa, non con lui, non quando mi sono promessa di affrontare le conseguenze.
"Devo andare. Ho del lavoro da sbrigare. Non posso perdere altro tempo..." lo sorpasso, ferma sui miei passi e sorda a qualsiasi cosa lui voglia dirmi ancora.
Luca mi afferra per un polso, cercando di arrestare il mio cammino, ma mi dimeno, provando a svincolarmi dalla sua stretta. Lui, allora, allenta la sua presa, lentamente, arrendendosi all'idea di lasciarmi andare.
"È questo che vogliono farti, Anita. Vogliono privarti di ogni tua sicurezza, di ogni tuo punto di riferimento. Non permetterglielo...dimostragli che sei forte e hai la grinta per affrontare tutto questo" .
Le sue parole arrivano a farmi immobilizzare sulla soglia, segnando uno squarcio dentro di me.
Asciugandomi una lacrima silenziosa e solitaria, mi ripeto che sarò forte, sì, lo sarò.
Poi, senza dire una parola, mi chiudo la porta alle spalle.

Raggiungo l'ambulatorio del pronto soccorso velocemente, pronta ad affrontare la giornata che mi aspetta. Trovo che sia contraddittorio da parte del mio superiore affidarmi una mansione di tale responsabilità quando mi ha riferito di aver perso tutta la fiducia in me riposta.
Eppure, cerco di svolgere questo compito al meglio.
Devo fare i conti con un virus intestinale che, purtroppo, sembra aver debilizzato parecchi piccoli pazienti che, nel corso della giornata, mi si presentano. Così prescrivo sali minerali e appositi medicinali mediante il ricettario rosa dove appongo il mio timbro e la mia firma, indirizzandoli poi alla dottoressa strutturata che dovrà procedere facendo lo stesso.
Peso e misuro alcuni bambini per il controllo mensile e dispenso caramelle ai miei pazienti più grandi che non sembrano propensi a farsi visitare.
Alla fine della giornata, sono esausta, ma mi sento improvvisamente grata e soddisfatta del mio lavoro. Nonostante non abbia avuto un attimo di tempo, mi sono resa conto di quanto stare a contatto con i bambini mi fosse mancato. Ho ritrovato lo spirito giusto e la vocazione che mi hanno spinto ad intraprendere questa professione.

Così, alla fine del mio turno, saluto la dottoressa a cui sono affidata per la giornata e mi appresto a raggiungere gli spogliatoi per cambiarmi e tornare a casa.
Eppure sembra che il destino, stasera, mi giochi brutti scherzi, perché proprio non può essere Federico, il ragazzo sofferente che stanno trasportando in barella.
Velocemente e senza che me ne renda conto, afferro il cellulare tra le mie mani, digitando, distrattamente, il numero di Carlotta, ma senza perdere di vista Federico che sembra non aver perso, nemmeno nelle condizioni in cui versa, la sua lingua biforcuta.
"Sto bene, voglio scendere da questa cazzo di barrella!" si lamenta, cercando di divincolarsi dalla presa dei medici.
E stai un po' zitto, oh...ringrazia che tu sia vivo e vegeto!
Roteo gli occhi al cielo, che sborrone...

"Anita?" Carlotta risponde dopo poco squilli e sembra molto sorpresa di sentire la mia voce dall'altro capo del telefono.
"Ehi, Lottie..." sospiro a disagio senza riuscire a trovare il giusto tatto per darle una notizia del genere. Nonostante sia ovvio che le condizioni di Federico non siano preoccupanti, non so come non ci si possa allertare sapendo che il proprio ragazzo sia in ospedale.
"Devi dirmi qualcosa, Anita?" la mia amica comincia a sospettare qualcosa.
"Sì, beh, Lottie, Federico è in ospedale, credo che abbia avuto un'incidente, ma sta ben..."
"Arrivo sùbito." è la sua riposta secca prima che lei riattacchi.
Mi passo una mano sul viso, scuotendo il capo; Lottie starà per arrivare e ho bisogno di accettarmi che Federico stia bene.
Prima, però, mando un messaggio alla mia amica. Sembra che una forte pioggia si stia abbattendo sulla nostra città e sono in pensiero per lei.
Per favore, vai piano, sii prudente.
Federico viene portato in una stanza del pronto soccorso e la raggiungo, velocemente, trovando il ragazzo, dolorante, disteso su uno dei lettini. Un'infermiera è al suo fianco, mentre compila la sua scheda.
"Come sta?" domando, facendomi spazio nella stanza.
Federico sbarra gli occhi alla mia vista, rivelandosi sorpreso e spaventato allo stesso tempo.
L'infermiera, invece, si volta nella mia direzione, accennando ad un sorriso di circostanza: "È stato fortunato, dottoressa. Dopo l'impatto con quel tir, poteva anche andargli peggio. Con questa pioggia è pericoloso mettersi in strada, è stato bravo a frenare senza far slittare l'auto. Se l'è cavata con una frattura alla spalla e qualche escoriazione al viso" mi spiega, in modo diligente.
"La mia macchina è un rottame, un sacco di soldi spesi al vuoto..." borbotta lui, imbronciato.
"Signor Bianchi non faccia così, non è niente che non si possa sistemare" cerca di rincuorarlo, l'infermiera, accennando a un piccolo sorriso.
"E adesso stia fermo che le devo disinfettare il viso" aggiunge, sistemando dell'acqua ossigenata e alcuni batuffoli di ovatta su un carrello.
A quel punto, Federico storce il naso, ritraendosi impaurito.
"Su, non faccia così".
"Che bambino" mormoro tra me e me, sogghigando divertita.
"Ehi!" esclama lui, nella mia direzione. "Pensi sia divertente?".
"Non sai quanto, Federico" gli replico, portandomi una mano alle labbra per nascondere le mie risate.
L'infermiera si volta nella mia direzione, scrutandoci confusa, poi deve rendersi conto che tra di noi ci sia una certa confidenza perché trattiene un risolino, divertita.
Eh beh, non sarebbe professionale prendersi gioco di un paziente.
A quel punto, mentre lei indossa un paio di guanti, pronta a medicare le sue ferite, un altro infermiere sopraggiunge nella stanza, allarmato.
"Con questo tempaccio gli incidenti proliferano a bizzeffe, ho bisogno che tu venga di là, con me, siamo in carenza di personale!" fa presente alla sua collega.
Lei apre le braccia, confusa. "Ma il signor Bianchi?".
"Il signor Bianchi può aspettare, non è così grave!" le replica lui, perentorio. Così lei è costretta a seguirlo.
"Ci penso io, qui. Non c'è niente di più semplice che disinfettare qualche ferita" ammetto, sorridendo per rassicurla.

Allora mi volto in direzione di Federico, scoprendolo a fissarmi con un cipiglio in viso.
"Non sarai tu a disinfettarmi!" mi fa presente, impuntandosi.
Incrocio le braccia al petto, osservandolo di sbieco. "Hai per caso paura di me, Federico?" gli replico, divertita.
Lui esplode in una risata, bassa e roca, tossendo successivamente per lo sforzo. Nonostante non abbia ferite visibilmente importanti, il suo corpo ha risentito il colpo e sembra che ogni  movimento gli provochi un forte fastidio.
"Andiamo, fai silenzio, e lasciati curare".
Federico è costretto ad arrendersi e farmi spazio sul letto, al suo fianco.
Sistematicamente, indosso i guanti in lattice e mi avvicino per avere una visione più chiara sulle condizioni del mio viso. Lo volto, lentamente, prima da una parte e poi dell'altra, con attenzione.
"Allora?" chiede lui, spazientito, sporgendosi per attirare la mia attenzione.
"Puoi star tranquillo, Bianchi, niente che non si possa rimarginare nel giro di pochi giorni, al massimo una settimana" gli faccio presente, abbassando lo sguardo per prendere ovatta e acqua ossigenata.
Il suo viso, infatti, è meno tumefatto di quanto mi aspettassi: ha qualche escoriazione sulle guance e sulla fronte, un taglietto visibile sul sopracciglio, dove si sono accumulati dei grumi di sangue raffermo, ma niente che davvero non possa andare via velocemente.
Lui sospira di sollievo, felice che il suo bel faccino non abbia subito danni permanenti.
"Bene, allora, posso andare a casa?" domanda, facendo leva per alzarsi.
"Ehi, dove pensi di andare!" gli appoggio una mano sul petto, accompagnandolo verso lo schienale, ma lui si divincola, gemendo di dolore.
Ben ti sta!
"Qualcuno deve vederti quella spalla e dovrai fare una tac, sai, per escludere un trauma cranico. Sono sicura che decidano di tenerti qui, sotto osservazione".
Lui sbuffa, massaggiandosi la spalla dolorante: "Ok, avanti, disinfettami, fai presto!"
"Ohi, sta un po' calmino" ribatto a tono, infastidita dalla sua reticenza; nemmeno i bambini oppongono tutta questa resistenza. "Tu sei proprio l'ultimo che dovrebbe dare ordini, qui!".
Federico sembra colpito dalle mie parole perché abbassa lo sguardo, dispiaciuto.
Approfittando della sua distrazione, allora, intingo un po' di ovatta con il disinfettante e appoggio il batuffolo sul suo zigomo, massaggiando la zona delicatamente.
"Mi dispiace..." ammette lui, contraendo il viso in una smorfia di dolore.
Ammetto che il pensiero di fargli volontariamente più male mi abbia sfiorata, ma sarebbe davvero troppo poco professionale.
"Cercherò di farti meno male possibile, ok?" gli replico, a bassa voce, fingendo una certa sicurezza. Non che poi questa procedura sia difficile. Fare prelievi e suturare ferite è una delle prime cose che ci insegnano a fare.
"Anita" ritenta lui, appoggiando una mano sul mio braccio.
Involontariamente, colpita dal suo gesto, premo sul suo sopracciglio più forte, facendolo contorcere dal dolore.
"Oh, ma sei stronza forte tu!" grugnisce lui, allontanandosi spaventato. "Io ti dico che mi dispiace per quello che ho fatto e tu mi fai male?".
Getto il batuffolo di ovatta, ormai sporco di sangue raffermo, stizzita, nel cestino al mio fianco.
"Non l'ho mica fatto a posta, sai? E poi non sono io la persona a cui devi chiedere scusa, non c'è bisogno che te lo dica, giusto?" gli replico, risentita.
Federico annuisce, in aria di sfida: "Giusto".
Nel frattempo, gli applico un cerotto sul sopracciglio per evitare che riprendi a sanguinare e butto nel cestino tutta l'ovatta utilizzata, ormai sporca, e i guanti.
"In ogni caso, credo che Lottie sarà qui a momenti, ci ho pensato io ad avvertirla" aggiungo, non degnandolo più della mia attenzione. Io ci ho provato ad essere gentile, ma Federico riesce ad innervosirmi anche in queste condizioni.
"Mi auguro che tu abbia una scusa soddisfacente per quello che hai fatto" ammetto, perentoria. Poi, senza aspettare una sua reale risposta, lascio la stanza.

La mia amica, Carlotta, mi vede uscire e si avvicina frettolosa, smaniosa di ricevere notizie.
"Oh, Anita, che bello tu sia qui! Ho dovuto aspettare che smettesse di piovere, ma ho fatto il prima possibile!" ammette, abbracciandomi. "Come sta?".
Le lascio qualche carezza sulla schiena per confortarla. "Federico sta bene, mi sono occupata di disinfettargli qualche ferita. Puoi vederlo, è in quella stanza" le faccio presente, indicandole la direzione da seguire.
Carlotta annuisce, asciugandosi qualche lacrima silenziosa che le ha solcato il viso stanco e mi sorpassa, frettolosa di raggiungerlo.
La guardo allontanarsi acquistando sempre più velocità e rilascio un sospiro.

Che strana giornata è stata questa, mi viene da pensare, mentre mi siedo su una delle sedie della sala d'attesa. Potrei definirla con una sola parola: sfiancante.
Ora come ora, vorrei solo poter andare a casa, ma voglio aspettare Carlotta e offrirle un passaggio per tornare a casa.

Nel frattempo, però, schiaccerò un pisolino. Credo di meritarmelo, no?.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti! Come state?
Approfitto di questa giornata di freddo e neve, per postare il nuovo capitolo. Ammetto che l'aggiornamento non fosse previsto per oggi, avevo intenzione, infatti, di pubblicare in questi giorni, quando sarei riuscita a terminare una one-shot che ho in mente da un po'. La one-shot arriverà, probabilmente in giornata o nei prossimi giorni, e non avrà come protagonisti Anita e Luca, bensì Carlotta e Federico, in modo tale da saperne di più su quest'altra coppia.
Intanto, veniamo a noi: Anita, finalmente, torna a lavoro e, purtroppo, la sua giornata non è delle migliori.
Anita è proprio triste e lo sono anche io per lei :(
Purtroppo il suo gesto ha portato grosse conseguenze e, al momento, la situation può solo peggiorare. E a proposito di ciò, cosa ne pensate? Come pensiate andrà a finire?
Intanto io ringrazio le dolcissime ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo; senza il vostro supporto questa storia, probabilmente, sarebbe rimasta inconclusa ahahah! Un grazie anche a chiunque l'abbia aggiunta nelle sue liste e ai lettori silenziosi.
Io vi saluto, promettendovi, nonostante lo studio, di trovare ancora tempo per scrivere e aggiornare. In ogni caso, se dovessi sparire, saprete che sia per la sessione invernale ahahah!
Ci risentiamo presto con la one-shot che mi auguro abbiate voglia di leggere :) ❤
Un abbraccio❤




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Capitolo 46
*** Capitolo 45 ***


Capitolo 45

RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 45

Anita..." la voce di Carlotta arriva a svegliarmi poco dopo, quando cercavo di godermi un attimo di tranquillità.
Mugugno qualcosa nel sonno, aprendo lentamente gli occhi.
"Ehi..." le sorrido, allora, osservandola sedersi al mio fianco. Carlotta incrocia le braccia al petto, abbassando lo sguardo. Riesco a scorgere della stanchezza sul suo viso. Un po' di riposo servirebbe anche lei.
"Scusa non avrei voluto svegliarti" ammette poi, a bassa voce, accarezzandomi una spalla. "Sto andando via, trattengono Federico per la notte.  Ci sono i suoi genitori con lui..."aggiunge, con un piccolo sorriso ad affiorare sulle sue labbra. Nonostante sul suo viso siano evidenti ancora tracce di pianto e stanchezza, intravedo una certa luce nei suoi occhi, il che mi fa sperare tra di loro sia andato per il meglio.
Appoggio la mia mano sulla sua, ricambiando il sorriso.
"Grazie per essertene occupata" mi fa presente lei con riconoscenza, aumentando la stretta sulla mia mano.
Trattengo un verso al ricordo al battibecco, e nonostante non glielo faccia presente, Carlotta sembra capire perfettamente: "Federico ha un caratterino, ma è solo perché non sopporta che qualcuno lo veda debole"
A quel punto, mi apro in una piccola e breve risata, scuotendo il capo. "Lo vedo, lo vedo...ma puoi star tranquilla che si riprenderà presto".
Carlotta sospira, appoggiandosi allo schienale della sedia.
"Hai bisogno di riposare e ne ho bisogno anche io...andiamo a casa, ok?" le faccio presente, passandole un braccio attorno alle spalle.
Carlotta si volta verso di me, corrucciando la fronte: "Ma il motorino?" mi domanda, mentre mi alzo, sciogliendo i muscoli intorpiditi.
"Passerai a riprenderlo domani, ha ricominciato a piovere e non vorrei dovermi trovare a ricucire anche te" le faccio notare, colpendola scherzosamente a una spalla.
"Ehi!" replica lei, divertita. "Però rimango a dormire da te!" mi fa presente, puntandomi un dito contro.
Appoggio la testa sulla sua spalla, stringendola forte a me. "Non ci sono problemi. Però adesso vieni con me e mi accompagni a recuperare la mia roba, ok?"
Carlotta annuisce, e mentre prendiamo a farci strada verso il mio reparto, mi rendo conto che, stasera, più che mai, abbia bisogno di un'amica.
È notte inoltrata e le luci in corridoio sono già soffuse; l'ambiente è avvolto nel silenzio. Carlotta si muove al mio fianco, voltandosi a guardare a destra e sinistra cosa la circondi, nella penombra.
Dopo gli eventi di questi giorni, non nascondo di avere una certa paura, quindi la vicinanza della mia amica si rivela essere proficua.
Carlotta mi segue negli spogliatoi, scrutandomi corrucciata per questo improvviso cambio di rotta, ma nonostante il suo sguardo si veli di sorpresa, non sembra commentare.
Così, dopo aver riposto il mio camice  e aver recuperato i miei effetti personali, mi volto in direzione della mia amica, appoggiata a uno degli armadietti posti accanto alla porta.
"Andiamo?" le domando, accennando un sorriso.
Lei annuisce, distratta chissà da quali pensieri.
Quando, finalmente, usciamo dal reparto, mi ritrovo a rilasciare un respiro.

Nonostante sia ormai notte e Luca abbia di sicuro terminato il suo turno da molto, il mio sguardo corre al padiglione che ospita il suo reparto. I miei occhi scrutano quella porta come se, da un momento all'altro, io potessi vederlo uscire da lì.
Carlotta, nel frattempo, si è allontanata per richiamare l'ascensore al nostro piano e, insospettita dal mio non averla raggiunta, si volta nella mia direzione, scoprendomi avvolta nei miei pensieri.
"Anita" mi richiama, allora, riscuotendomi.
Incrocio il suo sguardo, abbassando gli occhi, come colta in flagrante.
"Arrivo, arrivo..." sussurro a mezza bocca.
Le porte dell'ascensore si aprono dietro di noi, rendendoci impazienti di raggiungere il pianoterra.
Guardo il mio riflesso nello specchio dell'ascensore e mi rendo conto che abbia proprio una brutta cera. Gli occhi infossati e stanchi, il colorito pallido, le labbra secche e screpolate: insomma, non sono proprio un bel vedere. Mi passo una mano sul volto, sperando che una bella dormita possa rivelarsi rigenerante.
Proprio mentre Carlotta sta per piggiare il pulsante del piano terra, qualcuno da fuori richiama la nostra attenzione.
"Aspettate" sibila, cercando di mantenere un tono basso: riconosco dal respiro che sia trafelato.
Dal riflesso dello specchio, mentre le porte dell'ascensore, finalmente si richiudono, incrocio lo sguardo sorpreso di Luca.
Mi volto, allora, nella sua direzione, cercando di nascondere un certo entusiasmo alla sua vista. Scruto lo sguardo di Carlotta, al mio fianco,e lei sembra voler reprimere un sorriso.
Osservo Luca, composto e stretto nel suo peacot blu navy, da cui spunta un maglione a collo alto grigio. Lui si appoggia alla parete dietro di sé, le mani che tengono saldamente la sua borsa da lavoro. Nonostante sembra che voglia dirmi qualcosa, dalle sue labbra non accenna a trapelare una sola parola. I suoi occhi, però, mi rimangono con insistenza addosso e, improvvisamente, avverto che inizi a mancarmi ossigeno qui dentro.
È Carlotta a rompere l'imbarazzo creatosi. Non mi sfugge che prima di cominciare a parlare, faccia alternare lo sguardo prima su di me e poi su di lui, ripetutamente, come se stesse assistendo a una partita di ping- pong.
"Ciao, Luca!" esclama, accennando a un sorriso cordiale nella sua direzione.
Luca sembra ridestarsi e rilassa un po' le spalle, voltandosi verso di lei.
"Ciao, Carlotta".
Poi il suo sguardo ricade su di me, come se volesse rendermi partecipe di questa conversazione.
Mi schiaccio contro la parete, portandomi le mani al petto.
"Ciao, Luca..." sussurro, d'un tratto, intimidita.
Nella mia mente continuano a ripercorrersi le immagini di stamattina, che ci vedono nello stesso spogliatoio di poco prima, mentre lui sembra intenzionato a darmi il suo aiuto. Ricordo anche come me ne sia andata, senza dirgli una parola e, a ripensarci, un po' me ne pento.
"Anita..." replica lui, con un sorrisino ad arricciargli le labbra. Luca sembra percepire che sia in imbarazzo; devo iniziare seriamente a sospettare che mi legga nel pensiero, perché quel sorriso pare sta lì a dirmi che per lui sia ok, non sia infastidito dalle mie azioni.
Così, cercando di ritrovare la parola, rilascio uno sbuffo, tentando di rilassarmi.
"Cosa fai ancora qui?" gli chiedo, e mi rendo conto che le nostre voci si siano accavallate, finendo entrambi per porre la stessa domanda all'altro.
Ridiamo brevemente per questo episodio, ritrovando poi un po' di serietà.
Luca, però, che per quasi tutto il tempo era stato rigido e teso, sembra sciogliersi, distendendo i tratti del viso.
"Un intervento mi ha tenuto impegnato molte ore, purtroppo. Ma tu, piuttosto, cosa fai ancora qui?" domanda, facendo saettare lo sguardo da me e Carlotta, sospettosamente.
La mia amica si insinua scherzosamente nella conversazione, aggrappandosi al mio braccio.
"Abbiamo avuto un'emergenza. Anita è stata così carina nel rimanere qui tutto questo tempo con me. Ma d'altronde lei è una persona speciale. Vero?" le parole di Carlotta, pronunciate con un sorriso orgoglioso, non nascondono una certa lode nei miei confronti.
Così, mi volto verso di lei, corrucciando la fronte e scuotendola lievemente per un braccio.
Non riesco a scrutare la reazione di Luca, ma la sua risposta arriva poco dopo, chiara e forte.
"Vero, vero. Anita è sempre pronta a dare una mano quando ce n'è bisogno. Direi quasi che si preoccupi più degli altri che di se stessa".
Incrocio il suo sguardo, trovandolo a fissarmi con un piccolo sorriso.
Le sue parole suscitano una certa sensazione in me. Non so se ritenermi, stupita, imbarazzata, compiaciuta?
Carlotta, invece, gongola soddisfatta.
Un calore mi si irradia nel petto, mentre Luca inarca un sopracciglio e sembra voglia scrutare una mia reazione.
Ma, improvvisamente, sembrano mancarmi le parole.
Le porte dell'ascensore, però, dietro di noi, si riaprono e io penso sia un bene, perché posso scappare da questa situazione di forte imbarazzo.
Carlotta è la prima a uscire, frettolosa, quasi come se volesse lasciarci soli.
Abbasso lo sguardo, defilandomi da questa prospettiva, ma Luca mi afferra per un braccio, arrestando i miei passi.
Incrocio i suoi occhi, sussultando sorpresa.
"Anita..." sussurra lui. "Hai pensato a quello che ti ho detto?".
Corruccio la fronte senza ben capire a cosa si stia riferendo. O forse non voglio.
Lui, a quel punto, mi lancia un'occhiata eloquente, assottigliando lo sguardo e, mentre, i suoi occhi cominciano a bruciarmi addosso, avverto un'improvvisa voglia di andare via da lui.
"Luca, devo andare" replico, cercando di mantenere un tono fermo, ma la mia voce esce distorta in un sussurro.
"Anita" Luca rilascia uno sbuffo, contraendo le labbra in una smorfia, infastidito dalla mia continua reticenza. "Anche se non lo vuoi capire, o forse non lo vuoi ammettere a te stessa, io sono qua...sono qua per te".
Abbasso lo sguardo, mordendomi il labbro. Osservo Luca allentare la presa sul mio braccio e, silenziosa arretro, lasciandomelo alle spalle.
"Non puoi scappare per sempre, Anita!" mi fa presente lui, strepitando a gran voce.
Nonostante so che lui abbia ragione, ho bisogno di scrogiolarmi nel pensiero di potercela fare, di potere uscire da tutto ciò.
Così mi volto quando c'è abbastanza distanza a dividerci e scopro Luca ancora lì, al suo posto, con il viso teso per lo sfogo, ma abbasso lo sguardo poco dopo, allontanandomi codarda.

Raggiungo Carlotta che è già all'uscita e mi aspetta lì, con le mani giunte davanti a sé e un'espressione speranzosa in volto.
"Allora?" ammette, senza nascondere una certa eccitazione quando sono al suo fianco. I suoi occhi sembrano scrutarmi colmi di una certa aspettativa.
La sua eccitazione però lascia spazio a una misera rassegnazione quando si accorge del mio sguardo, basso e confuso.
"Allora niente..." borbotto a bassa voce.
Poi, le faccio segno di seguirmi all'automobile, ansiosa di tornare a casa e lasciarmi questa giornata alle spalle.

Io e Carlotta non ritorniamo più sull'argomento, perché quando raggiungiamo il mio appartamento siamo troppe stanche e ci addormentiamo non appena i nostri corpi vengono a contatto con il letto.
A differenza di quello che speravo, però, svegliarsi dopo aver passato una nottata in ospedale, si rivela essere peggio del previsto. A dire il vero, a questo si aggiunge la paura di quello che potrebbe aspettarmi oggi in ospedale. Mentre mi ripeto che qualsiasi cosa succeda, vada affrontata, Carlotta si appoggia alla porta del bagno, incrociando le braccia al petto.
"Anita, va tutto bene?" mi domanda, sospettosa, mentre sono alle prese con il mascara.
Schiudo leggermente le labbra, cercando di non farmi entrare lo scovolino in un occhio e rilascio un sospiro.
"Certo, tutto benissimo" ammetto, cercando di sembrarle il più naturale possibile.
Carlotta scuote le spalle, pensierosa: "Sarà, ma io credo che ci sia qualcosa a preoccuparti..."
Rimetto il mascara al suo posto, rinunciando alla possibilità di truccarmi senza incappare ancora nella sua curiosità, e mi appoggio con le mani al lavandino.
"Lottie...davvero, è tutto ok" le replico, accennando a un sorriso. Ma, dallo specchio, scorgo il riflesso del mio viso contratto in una smorfia.
Carlotta, a quel punto, rilascia un sospiro, muovendo un passo nella mia direzione. Si lascia ricadere, sedendosi sul bordo della vasca poco distante, incrociando le braccia al petto.
"Anita, non sono una stupida. Credi che non mi si accorta di cosa sia successo ieri sera?" mi fa notare, incarnando un sopracciglio. Avverto i suoi occhi inquisitori su di me.
"Credi che non mi sia resa conto che, improvvisamente, non hai più uno studio, ma ti sei cambiata in uno spogliatoio qualunque e poi di come ti guardassi intorno, come se avessi paura di qualcosa?! Beh, chiamalo niente!" aggiunge, usando un tono indispettito.
Nonostante le sue parole scagliate contro di me possano sembrare un'accusa, mi rendo conto di quanto lei sia preoccupata per me. Purtroppo, nonostante io mi imponga di non ricadere nell'errore, non posso farne a meno. Fissazioni: una volta ho sentito dire che tutti quanti noi ne abbiamo almeno una, perché crescere e ricominciare ci impongono di cambiare e il cambiamento ci spaventa. Quindi ci crogioliamo in rassicuranti fissazioni che ci danno l'impressione e l'illusione di ottenere quello che non abbiamo e che non possiamo essere.
Ecco, la mia fissazione più grande dopo voler tenere tutto sotto controllo, è quella di voler dimostrare sempre agli altri di stare bene, di essere forte abbastanza. Anche a costo di nascondere l'evidenza e di pensare di riuscire a farcela da sola. Negli anni ho coltivato questa strana convinzione che chiedere aiuto sia una dimostrazione di debolezza, ma non è fatto così.
Ho avuto modo di appurare quanto,invece, le conseguenze di tale fissazioni possano essere devastanti: quando ti rendi conto che quello che avevi, la monotonia che ti era costruita, si sgretola davanti ai tuoi occhi, è dura da accettare e allora, mi sono chiusa in una sorta di guscio di protezione come a schermarmi da qualsiasi cosa mi provochi dolore. Non sono sicura che anche questo sia comportamento sia corretto, perché d'un tratto, mi sento così spoglia di emozioni, atona. Mi butto a capofitto nel lavoro e in qualsiasi altra cosa sia capace di distrarmi; dicono che far finta che un problema non esista, lo renda meno doloroso da affrontare.
Su questo non sono così sicura, perché quando meno me lo aspetto, i brutti pensieri tornano a insinuarsi nella mia mente facendomi bramare di poter superare, un giorno, tutto questo.
Osservo Carlotta che ricambia il mio sguardo in attesa di una risposta e decido di dirle una mezza verità. Perché farla preoccupare ulteriormente?
"E va bene, Carlotta. Non ti dirò che il mio ritorno in ospedale sia stato roseo, perché non lo è stato per niente. Ho dovuto affrontare delle conseguenze per il mio comportamento e credo che quello è successo sia solo il minimo, ma è giusto che sia così, insomma sono stata poco professionale..."
"Sei sicura sia solo questo?" ritenta la mia amica, accigliandosi.
Annuisco, lievemente, unendo le mani davanti a me.
"E di Luca, invece, che mi dici?" mi domanda, allora, assottigliando lo sguardo e facendosi leva sulle braccia per incrociare le caviglie davanti a sé.
La sua domanda, improvvisamente, mi coglie alla sprovvista, perché sussulto nel sentirle pronunciare il suo nome.
Luca, cosa posso dirle di Luca?.
"Oh, beh, Luca..." borbotto tra me e me.
Luca si sta prodigando tanto per me, dimostrandomi la sua vicinanza e comprensione ma d'altronde su questo lui è stato chiaro: farò di tutto pur di dimostrarti quanto ci tenga a te. Ma se in un primo momento, dopo le sue parole, mi ero lasciata andare all'eccitazione adesso mi sento frenata nei suoi confronti, come se non riuscissi a lasciarmi andare.
"Anita, io l'ho visto come ti guardava ieri in ascensore, non puoi venirmi a dire che pensi a lui non importi niente di te" mi fa presente, Lottie, intuendo le mie preoccupazioni.
Accenno a un sorriso in imbarazzo. "Nono, ma non è questo, anzi, lui in questi giorni mi è stato accanto..."
"Ma?"
"Ma ho paura" ammetto con un forte senso di liberazione a scivolare sulle mie spalle "ho paura di non riuscire a fidarmi pienamente di lui e sento che questa cosa mi frena parecchio".
Carlotta sorride comprensiva, avvicinandosi per accarezzarmi una spalla. "È normale, Anita, ma tu adesso prenditi il tuo tempo, ok? Solo così potrai capire se sia il caso di lasciarti andare ma, se il mio sesto senso, non mi inganna, credo che Luca una seconda possibilità se la meriti proprio".
Inconsapevolmente sorrido alle sue parole. Ma Lottie ha ragione: ho bisogno del mio tempo e di imparare a riacquistare la fiducia in Luca, e lui mi ha promesso che non mi avrebbe messo  alcuna fretta in questo.
Così, senza aspettare una mia reale risposta, Lottie mi abbraccia, stritolandomi a sé.
"Grazie..." le sussurro sulla spalla.
Andare al lavoro, oggi, si prospetta meno doloroso.

Raggiungiamo ben presto l'ospedale, insieme: riconosco in ogni gesto di Carlotta la smania di rivedere presto il suo Federico. Nel tragitto verso la struttura mi ha raccontato tutto quello che è successo, dell'equivoco svelatosi e della scommessa messa su da Diego e Alberto da sempre sospettosi della loro unione.
Ho storto parecchio il naso davanti l'atteggiamento di quei, ma d'altronde non avremmo potuto aspettarci altro da loro. Mi auguro solo che Federico abbia preso dei provvedimenti, eliminando dalla sua vita persone così malsane. Mentre la mia amica me ne parlava, ho potuto appurare cosa volesse dire Biagio quando insisteva rispondendo che Federico davvero non c'entrasse niente. Un po' mi dispiace aver dubitato della sua tesi, ma, purtroppo, Federico non ha mai spiccato per sincerità o buona condotta in questione di donne. Eppure, mentre Carlotta me ne raccontava, non ho potuto fare a meno di sorriderle, felice che avesse ritrovato la sua serenità.
Quando arriviamo in ospedale, accompagno la mia amica in pronto soccorso; ho alcuni minuti prima che inizi il mio turno e posso concedermi questo tempo in sua compagnia.
Mentre ci dirigiamo verso la stanza, ci rendiamo conto che sia proprio Federico, accompagnato da Biagio, a venirci incontro. Nonostante sembra sia un po' affaticato, le sue condizioni sono migliori. Gli hanno fasciato il braccio, e dovrà portare un tutore per 15 giorni. Biagio gli rimane accanto, assicurandosi che il suo amico non si stanchi troppo.
Entrambi stanno ridendo di qualcosa, probabilmente Biagio avrà fatto una battuta, ma non appena i loro occhi si puntano su di noi, l'attenzione di Federico è completamente catalizzata sulla sua fidanzata al mio fianco.
Prima che possa rendermene conto, Carlotta gli corre incontro, sorridendogli e abbracciandolo cercando di non fargli male.
Biagio, allora, si fa da parte, lanciando un sorriso divertito nella mia direzione.
"Ciao, Biagio" lo saluto, quando mi è accanto.
"Ehi, Anita" replica, sporgendosi per baciarmi una guancia. "È bello rivederti".
Annuisco, abbassando lo sguardo. "Già".
Non mi so spiegare come sia possibile, eppure, nonostante conosca Biagio da pochi mesi, sento di aver instaurato con lui un'amicizia leale e solida. Biagio è un amico fedele e rispettoso, e la sua vicinanza è capace di mettermi sempre a mio agio.
A quel punto, lui mi colpisce a una spalla, scherzosamente, lanciandomi un'occhiata, fiero.
"Hai visto? Avevo ragione" gongola, puntando lo sguardo sui nostri amici poco distanti da noi.
Federico stringe Carlotta in una sorta di abbraccio, tenendola stretta con il braccio sano, mentre lei si abbandona totalmente alla sua presa, accarezzandogli con premura i capelli. I loro occhi sono colmi d'amore.
Mi ritrovo inconsapevolmente a sorridere davanti a questa visione così dolce. Sono così felice per Carlotta, perché la mia amica si merita ogni bene possibile.
"Sono carini, vero?" aggiunge Biagio, riscuotendomi dai miei pensieri.
Annuisco, guardandolo di sbieco. Anche lui come me ha lo stesso sguardo trasognante. Chissà, magari anche lui come me sta immaginando che la vita possa riservargli un amore così. "Molto"ammetto, alla fine, carezzandogli una spalla.
Biagio, a quel punto, si porta le mani al petto, rilasciando un sospiro. "Federico ci ha fatto preoccupare tutti, è bello vederlo così, adesso" mi fa presente, lasciando trapelare quanto sia stato in pensiero per lui. Ho avuto fin dall'inizio che la loro fosse un'amicizia solida, ma ora più che mai ne ho la conferma. La presenza di Biagio, qui, in ospedale, dimostra quanto voglia bene a Fede.
Nel mentre, i due fidanzati ci raggiungono, mano nella mano, riportandoci a volgere la nostra attenzione a loro.
Biagio ritrova subito il sorriso; è bravo a nascondere le sue debolezze.
"Ciao, Anita" mi saluta, Federico, accennando a un sorriso in imbarazzo.
"Ciao" gli replico, portandomi le mani dietro la schiena.
Lui incrocia lo sguardo di Carlotta come se cercasse una sorta di rassicurazione da lei, poi i suoi occhi tornano a posarsi su di me.
"Comunque, grazie per ieri sera..." ammette, a disagio, ma riesco a riconoscere che sia sincero, così, addolcita dal suo tentativo di chiedermi scusa, gli sorrido.
"Dovere. Sono contenta di vedere che tu stia già meglio" proferisco, sincera.
Carlotta, al suo fianco, sorride, serena che tutto stia andando per il meglio.
"Allora, Carlotta, io accompagno Federico a casa, vieni con noi?" le domanda, Biagio, dopo un attimo di silenzio.
La mia amica annuisce, stringendosi al braccio libero del suo fidanzato.
"Sì!" esclama, con eccitazione. "Ho preso un giorno libero da scuola per stare con lui!" ammette facendo voltare Federico nella sua direzione, che le sorride grato.
"Bene!" esclama lui, colmo di iniziativa. "Andiamo!".
Carlotta mi stringe in un piccolo abbraccio prima di andare via, augurandomi buon lavoro, così come Biagio. Federico, invece, si limita a un piccolo cenno della mano, ma va bene così, non abbiamo tutta questa confidenza. Eppure, sento che qualcosa tra me e lui, oggi, sia cambiato: di sicuro ho abbandonato qualsiasi ascia di guerra nei suoi confronti.
E, mentre, li guardo allontanarsi nel corridoio vicini all'uscita dell'ospedale, rilascio un respiro profondo, preparandomi alla mia giornata.

Raggiungo il reparto armandomi di una buona dose di sicurezza. Forse, mi dico, oggi andrà meglio. Farò di tutto per dedicarmi al mio lavoro e svolgerlo nel migliore dei modi. Cerco anche di valutare questa caduta sociale come un qualcosa di positivo. Forse adesso che non sono più la favorita di Visconti, Giorgio non avrà più modo di farmi la guerra, no? Ha ottenuto quello che vuole. E sono sicura che, presto, l'attenzione, scaturita dal mio gesto, scemerà.
Perché è così che andrà, no?
Ok, forse non tanto presto, perché, una volta raggiunto lo spogliatoio, sono costretta a fare i conti con quelle pettegole che sono le mie colleghe. Sguardi inquisitori, occhiatine fugaci, sorrisi maliziosi, sussurri. Sono già stanca di tutto questo, così, quando mi avvicino ad Arianna, mi auguro che lei possa farmi ritrovare il buonumore. La raggiungo, scoprendola con un broncio ad arricciarle le labbra. Anche lei sembra molto infastidita dalla situazione.
"Non le pensare" mi sussurra, però, quando le sono accanto, nonostante, lei stessa stia dando a queste bigotte troppo considerazione.
Nel frattempo, però, i mormorii persistono.
"Bella raccomandata, hai visto?"
"Io al posto di Visconti, l'avrei cacciata"
"Ma è perché si fa Franzese, è per questo che sta ancora qua".
"Ah, beh! Mica scema...ma l'avete visto? È un figo pazzesco" civetta una, spalleggiando una delle sue compagne.
Ascolto la loro conversazione, sentendomi sormontare da una certa rabbia, ma non posso fare altro che sopportare in silenzio. Non le pensare, Anita, non le pensare.
Non mi accorgo nemmeno di star artigliando l'anta dell'armadietto tra le mie mani, fin quando, lo spavento, provocatomi da Arianna che richiude il suo con foga, non mi riporta alla realtà.
"Beh?" esclama lei, voltandosi in modo concitato verso le pettegole. "Non avete altro da fare?!" digrigna, sporgendosi minacciosamente.
"Arianna..." la richiamo, appoggiando una mano sul suo braccio. "Lascia stare".
Lei, però, si divincola dalla mia presa su di lei, sostendendo lo sguardo del gruppetto. Sembra si stiano sfidando a vicenda. Poi, le pettegole scoppiano a ridere in modo malevole, spalleggiandosi tra loro, e ci voltano le spalle, uscendo dallo spogliatoio. Mi ritrovo a sospirare di sollievo.
Arianna sbuffa, reprimendo un verso, mentre stringe le mani in dei pugni.
"Le odio!" ammette, lasciandosi ricadere su una delle panche.
Improvvisamente mi sento così grata di averla qui, con me; Arianna mi dimostra sempre di più che ci tenga a me e sia qui per pormi il suo sostegno. Che mi abbia difeso con quelle lì mi fa capire quanto il suo affetto sia grande: non ha avuto paura di innemicarsele, perché la sua voglia di stare dalla mia parte è più forte.
"Ehi" mi siedo al suo fianco, carezzandole una spalla, come a voler placare il suo nervosismo. È strano vedere che sia lei quella più arrabbiata tra le due.
"L'hai detto stesso tu, no? Dobbiamo lasciarle stare" le faccio presente, accennando a un sorriso.
Lei, allora, si volta nella mia direzione, rilasciando un respiro, come a voler ritrovare la calma. Appoggia il capo sulla mia spalla, lasciando che la stringa in un piccolo abbraccio. "È che proprio non le sopporto, Anita. Ma chi sono loro per giudicare?! Sto male al solo pensiero che tu debba sopportare tutto questo..." mi rivela, stringendo le mani davanti a sé, il viso contratto in una smorfia infastidita.
"Va tutto bene, ok? Ma comunque, grazie" le replico.
Arianna, allora, accenna ad un piccolo sorriso, abbassando lo sguardo.
"Ehi!" esclamo, colpendola scherzosamente alla spalla. "Cos'è questo sorriso spento? Avanti, non sono abituata a questa versione di te, rivoglio l'Arianna esuberante e solare!".
Lei ride sommessamente alle mie parole, ritrovando il suo solito carisma.
"Forse c'è qualcosa che potresti fare affinché ritrovi il mio buonumore" mi fa presente, puntandomi un dito contro. Osservo un guizzo malizioso attraversare i suoi occhi e non mi è difficile capire cosa intenda. Ma sono decisa a non dargliela vinta così presto. Così mi fingo confusa, arricciando la fronte.
"Cioè?"
Lei mi spintona, fingendosi offesa dal mio tentativo di sviare il discorso.
"Stai facendo solo finta di non saperlo! Però forse se ti rinfrescassi la memoria..."
"Okok" mi arrendo, alzando le mani in segno di resa. "Sei pronta per il terzo episodio della tua serie-tv preferita?"
Arianna balza in piedi, battendo le mani eccitata. Poi torna a sedersi al mio fianco, improvvisando un finto sguardo serioso, aggiustandosi la montatura scura degli occhiali. Arianna ama cambiare e ha uno stile molto stravagante. Ad esempio, oggi a differenza della montatura rotonda e chiara dei giorni scorsi, ne indossa una nera e spessa.
"Non aspettavo altro!"
Le lancio un'occhiata divertita preparandomi a rispondere le sue domande.
"Allooora" ridacchia "cos'è successo dopo che lo hai rincontrato a quella festa?"
Tiro un respiro profondo percorrendo i ricordi che caratterizzano l'inizio di tutto questo.
"Beh, dopo quella sera, sono cambiate molte cose, perché ho scoperto avessimo degli amici in comune e le possibilità di vederci erano raddoppiate. Così, quando sapevo che ci fosse anche lui, ero tremendamente agitata all'idea di vederlo, ma non accennavo nemmeno a parlarci" ammetto, soffocando un risolino, in imbarazzo.
Arianna annuisce, facendosi improvvisamente pensierosa. "E quando hai capito te ne fossi innamorata?"
Abbasso lo sguardo, unendo le mani davanti a me, giocando distrattamente con le dita. "Non posso negare che Luca mi sia piaciuto dalla prima volta che l'ho visto. Ma avevo bisogno di conoscerlo per capirci meglio, non potevo basarmi solo su un aspetto esteriore. Perché che fosse bello, era evidente e per uno strano scherzo del destino sembrava rispecchiare il mio prototipo di ragazzo ideale".
"Sì, ma quando l'hai conosciuto?"domanda lei, desiderosa di più dettagli.
Accenno a un sorriso davanti al suo coinvolgimento nel discorso e riprendo a raccontarle.
"Quando l'ho conosciuto, ho capito che Luca non fosse solo il classico ragazzo bello che sa di esserselo. Lui era estremamente intelligente, simpatico e gentile. Era sempre pronto ad aiutare gli altri, e nonostante avesse dei difetti, io ero completamente attratta dalle sue molteplici qualità per rendermene conto. Ero innamorata persa di lui, Arianna: bastava che lui incrociasse il mio sguardo per farmi battere il cuore e tremare dalla testa ai piedi. Una volta, poi, dopo una serata in pizzeria con i nostri amici, si è offerto di accompagnarmi a casa. Le mie amiche quella sera erano rimaste a casa, ma io ero voluta uscire per poter passare in un certo senso del tempo con lui. Mai avrei immaginato che potessimo ritrovarci da soli, sulla sua vespa, nel tragitto verso casa. Dall'agitazione non ero riuscita nemmeno ad allacciarmi il casco, quindi lui si era ritrovato a dovermi aiutare. Mi accompagnò a casa, nonostante la sua abitazione distasse dalla mia e prima di andare via mi salutò con un bacio sulla guancia. Dopo quella sera non volevo più lavarmi la faccia e non facevo altro che odorare il cappotto su cui era rimasto impresso il suo profumo..."
Arrossico a quel ricordo così dolce e vivo nella mia mente. Nonostante siano passati così tanti anni non posso fare a meno di pensarci, trasognante. Ero solo un'adolescente alle prese con la mia prima cotta.
Arianna batte una mano sulla mia coscia, ridendo, divertita. "Tu sei ancora innamorata persa di lui, Anita" mi fa presente, con uno sguardo carico di stupore.
Mi copro il viso con le mani, sorpresa da questa immensa veritá. Così lei si sporge in avanti, cercando di incrociare il mio guardo coperto dalle dita.
"E adesso?" domanda, ingenuamente.
Balzo in piedi, colta da un'improvvisa voglia di mettermi al lavoro. Non saprei nemmeno io spiegarle cosa succeda adesso. Aspetterò di vedere cosa la vita abbia ancora da riservarci.
"E adesso andiamo, non vorrei beccarmi un richiamo" le faccio notare, sistemandomi alcune pieghe sul camice.
"Ma uffa!" sbuffa lei, imbronciandosi come se fosse una bambina. "Interrompi sempre tutto sul più bello..."
Roteo gli occhi, reprimendo una risata, poi senza aspettare che mi segua, mi avvio all'uscita.
"Che fiction sarebbe, altrimenti?" le faccio notare aprendo la porta e facendole segno di uscire.
Arianna saltella sul posto, raggiungendomi in pochi balzi. "Beh, non posso darti torto su questo. In ogni caso, io tifo per voi!" mi fa presente, con un occhiolino sfacciato. Poi, dopo avermi fatto ciao, ciao con la mano, si allontana per il corridoio.

Dopo essere rimasta sola, mi preparo ad affrontare la mia giornata. Non ho ancora visto il dottor Visconti e tutto ciò mi rassicura perché non sono sicura riuscirei a sopportare un altro confronto con lui. Devo fare di
tutto per riconquistare la sua stima. E questo significa massima concentrazione e impegno. Non posso lasciarmi più coinvolgere in situazioni che premono a destabilizzarmi; da oggi per me deve esistere solo il lavoro. Ma prima ho bisogno di fare una cosa.
Mi muovo nel corridoio ostentando una sicurezza che non sento più veramente mia, ma di cui avrei davvero bisogno.
Se penso a quante volte, spesso, ho raggiunto questo posto con la speranza di trovare la mia piccola Lucia a confortarmi.
Metto piede in quella che per mesi è stata la sua stanza e mi sembra quasi di rivederla ancora lì. Distesa nel suo letto con lo sguardo rivolto verso la finestra, avvolta nei suoi pensieri.
Mi sembra di rivederla come quando l'ho conosciuta, dolce e indifesa, con un peso insormontabile e grande a gravare sulle sue spalle piccole.

La nuova bambina che è arrivata stamattina si chiama Lucia e chiunque nell'ospedale non fa già che parlare di lei. Dicono che sia una bambina tanto bella e dolce.
"Povera piccola" mormora qualcuno, dispiaciuto dalla sua condizione.
Non l'ho ancora vista, ma lo farò a breve.
Quando entro nella stanza che la ospiterà mi rendo conto che quello che dicevano su di lei sia vero: Lucia è una bellissima bambina, con i capelli lunghi e scuri, gli occhi grandi e azzurri a risaltare sul suo volto pallido: sembra sia una bambola di porcellana. Lucia non si accorge sùbito di me. Il suo sguardo è perso, rivolto oltre la finestra che la tiene lontana dal mondo esterno. Sembra sia avvolta in chissà quali pensieri. Per un attimo mi sembra di vedere un velo di tristezza appannare i suoi occhi. Ma no, sono troppo belli per poter essere attraversati dal dolore. Lucia è troppo piccola per poter affrontare questa situazione che la tiene costretta al letto a causa del grave problema al cuore di cui soffre.
E io, prima di essere un medico, sono una persona; una persona che ama prodigarsi per gli altri e che si sente profondamente in pace con se stessa quando nel suo piccolo cerca di aiutare chi sia in difficoltà.
Quindi, adesso che Lucia è qui, mi assicurerò che la mia presenza per lei possa essere sinonimo di una degenza meno dolorosa possibile.
Lucia, a quel punto, forse attirata dai miei passi, si volta nella mia direzione, scoprendomi a fissarla.
"Ciao. Io sono la dottoressa Anita" proferisco, accennando a un sorriso.
Lei abbassa lo sguardo, intimidita. "Ciao" sussurra in imbarazzo.
Muovo allora alcuni passi nella sua direzione, avvicinandomi al suo letto.
"Posso sedermi accanto a te?" le domando.
Lucia non risponde, ma mi fa spazio vicino a lei, in chiaro segno di approvazione.
Così prendo posto, sotto il suo sguardo attento. Lei sembra scrutarmi a lungo, assottigliando lo sguardo come a voler capire se possa fidarsi di me.
"Ti manca casa tua?" le domando, spezzando il silenzio che ci ha avvolte.
Lucia sussulta alla mia domanda, sbarrando impaurita gli occhi. Non riesco a capire in pieno cosa le abbia fatto cambiare così repentinamente l'umore.
Quando però gli occhi le si inumidiscono, in chiaro segno che sia vicina al pianto, capisco che tutto ciò le provochi un gran dolore.
Così mi avvicino a lei, accarezzandole una guancia con premura. A differenza di quello che pensavo, Lucia non si sottrae al mio tocco, ma al contrario, sembra gradirlo.
"Va tutto bene. Noi adesso ci prendiamo cura di te, ok?" le sussurro, come se fosse un segreto di noi.
Lucia incrocia il mio sguardo con gli occhi ancora lucidi ma che sembrano custodire tutto un mondo che ho voglia di scoprire.
Poi annuisce piano, accennando un lieve sorriso. E quando lei mi sorride, capisco che, senza che me ne sia resa conto, questa bambina si è guadagnata un posto speciale nel mio cuore.

Ma adesso Lucia non c'è più e il ricordo del nostro primo incontro mi riporta a fare i conti con la dura realtà. Lucia se n'è andata e io non posso farci niente. Questa volta sono i miei occhi a inumidirsi, lasciandomi prendere dallo sconforto. La verità è che vorrei piangere ma mi sento improvvisamente bloccata. Inerme, svuotata di ogni forza. Stringo i pugni, forte, impedendomi di crollare.
Sii forte, Anita, sii forte...
"Oh mi senti!? E adesso che c'ha questa?!"
Ritorno alla realtà solo quando mi sento scuotere per un braccio. Il mio corpo reagisce involontariamente, portandomi il braccio al petto come se mi fossi scottata.
Abbasso lo sguardo, puntandolo sul ragazzino che è seduto svogliatamente sul letto. Lo stesso letto che è stato di Lucia. Impallidisco di nuovo.
"Finalmente ti sei svegliata!" esclama lui. "Me stavi a fa preoccupa...oh, no, eh, non di nuovo, e mo che c'hai?!" mi fa presente, accigliandosi, e avvicinandosi al mio viso, per analizzare le mie condizioni.
Deglutisco un boccone a fatica, improvvisamente non ho salivazione!.
"E tu...tu chi sei?!" sussurro, muovendo alcuni passi all'indietro.
Il ragazzino si porta le braccia al petto, con fare annoiato.
"Mi chiamo Mattia..." proferisce, facendo schioccare la lingua al palato.
Sussulto spaventata quando mi rendo conto di  aver intaccato qualcosa alle mie spalle. Il ragazzino che ha detto chiamarsi Mattia mi scruta, adesso, con fare divertito.
Così, quando mi volto, mai mi aspetterei di trovare Luca. Ma lui è qui, lui sembra essere sempre qui quando ne ho bisogno.
Faccio alternare lo sguardo da lui al ragazzino, ripetutamente, cercando di regolarizzare il mio respiro.
"Anita, va tutto bene?!" mi domanda, Luca, preoccupandosi sulle mie precarie condizioni.
No, che non va bene, non va bene niente.
Incrocio il suo sguardo confuso e senza che me ne renda conto mi spingo verso di lui, appoggiando la mia testa sul suo torace. Luca è sorpreso dal mio impatto, ma non mi allontana, bensì si premura di tirarmi a sé. Non appena le sue braccia si stringono attorno al mio corpo, arpiono il suo camice tra le mie mani, stringendolo così forte fino a farmi male le dita. Chiudo gli occhi, esprimendo nel mio gesto tutta la voglia di aggrapparmi a qualcuno, a lui.
"Ti prego, non fare domande, portami solo via di qui" gli sussurro.
E lui lo fa.
Primo passo per il mio cambiamento: chiedere aiuto.

ANGOLO AUTRICE:

Buongiorno a tutti e ben ritrovati! Mi scuso per la breve assenza, ma come avevo accennato sono in piena sessione d'esame e mi è difficile trovare tempo per scrivere. Però, finalmente, eccomi qui con un nuovo capitolo che mi auguro possa piacervi. Anita cerca di riprendersi e di non pensare ma, come vedete, è difficile: infatti ha un crollo emotivo quando entrando nella stanza di Lucia, fa i conti con la realtà che lei purtroppo non sia più lì. Riuscirà mai a riprendersi? Booh, ma il primo passo è compiuto: ammettere di avere bisogno di aiuto e chi meglio di Luca può farlo?
Intanto aspetto i vostri commenti, e ringrazio chi ha recensito gli scorsi capitoli e mi dimostra il suo preziosissimo supporto. Grazie, davvero grazie!
Poi, prima di salutarvi, per chi non lo avesse ancora fatto e avesse voglia di sapere come sia andata tra Federico e Carlotta, vi lascio il link della breve storia che ho postato su di loro: Una scommessa d'amore
Detto questo, vi saluto, dandovi appuntamento al prossimo capitolo che mi auguro di riuscire a postare presto.
Un abbraccio!

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Capitolo 47
*** Capitolo 46 ***


Capitolo 46

RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 46

Luca prende a muoversi per il corridoio, tenendomi per mano. E, mentre ci facciamo strada verso una meta a me ancora sconosciuta, sento alcuni sguardi posarsi su di noi, ma al momento non mi importa cosa pensino o cosa si sussurrino. Incredibilmente, accanto a Luca, sento che potrei sopportare qualsiasi fandonia.
Luca rinforza la presa sulla mia mano, quando anche lui si rende conto che stiamo riscontrando una certa attenzione. Ma, mentre il suo viso si indurisce, facendogli serrare le labbra in una linea sottile, capisco che vorrei riuscire a dedicare loro la stessa indifferenza.
Ma, ahimè, non ne sono capace. Perché io tra i due sono l'anello debole e non riesco a farmi scivolare addosso queste accuse così gratuite, soprattutto quando mi danno della raccomandata. Ma, d'altronde, è facile per loro dedurre che io lo sia solo perché sono una giovane donna che si fa strada da sola, no?
Poi, però, il suo sguardo ricade di me, e lui si dimostra essere attento alle mie condizioni, osservandomi preoccupato che possa cedere da un momento all'altro.
Luca velocizza il passo, e capisco che mi sia quasi difficile stargli dietro, poi spalanca la porta del suo studio, con una certa fretta, permettendomi di entrare. Ma mi rendo conto presto che non abbia intenzione di rimanere qui, quando raggiunge l'attaccapanni posto accanto alla scrivania per prelevare il suo cappotto e appoggiarlo su un braccio. In ogni suo più piccolo gesto, osservo esserci dell'urgenza.
Cerco di capire quale siano le sue intenzioni, ma mi affido a lui, quando cominciamo a farci strada di nuovo. D'altronde gli ho chiesto io di portarmi via. Prendiamo l'ascensore e l'ambiente è avvolto dal silenzio. Nessuno di noi due ha intenzione di proferire parola ma è meglio così, e il nostro non è affatto un silenzio pesante, tutt'altro.
Comprendo ben presto dove Luca abbia intenzione di portarmi, quando raggiungiamo il quarto piano che dà sul terrazzo dell'ospedale.
Mi stringo nelle spalle, voltandomi a scrutare Luca al mio fianco, che accenna un piccolo sorriso.
La porta produce uno scricchiolio profondo e rumoroso mentre Luca la richiude dietro di sé.
Gli do, allora, le spalle, rabbrividendo per una folata di vento e portandomi a strofinare le mani sugli avambracci per riscaldarli. Nonostante il sole batta forte sulla nostra città, non è in grado di spazzare via il freddo che l'avvolge. Improvvisamente sento invadermi dai ricordi; qui, molte sere fa, ho trovato Luca chiuso nel suo dolore e, nonostante quel giorno sia ormai così lontano, riesco a ricordare ogni attimo trascorso insieme, da come sia stato diffidente in un primo momento a come si sia lasciato andare poi, permettendomi di avere una sua visione senza barriere.
Luca mi raggiunge, fermandosi a pochi passi da me. Poi, facendosi sempre più vicino, appoggia il suo cappotto sulle mie spalle, facendolo aderire al mio corpo, esercitando delle carezze sulle mie braccia.  A quel punto si stringe a me, adagiando il capo sulla mia spalla come a cercare un calore ristoratore dalla nostra stretta.
Avverto ogni fibra del mio corpo tendersi alla sua presa su di me per poi sciogliersi, inevitabilmente. Allora mi volto nella sua direzione, accennando  un sorriso per ringraziarlo della sua gentilezza.
Luca rimane dietro di me, e lo avverto soffocare un suo sospiro sulla pelle scoperta del mio collo.
La sua vicinanza, qualsiasi suo gesto, adesso, stanno mettendo a dura prova la mia voglia di mantenere una certa integrità.
Non so se Luca si renda conto di cosa sia capace di suscitare in me o forse ne è cosciente e sta solo esercitando il potere del suo fascino su di me?
In ogni caso, ruoto leggermente il volto verso di lui, in modo tale da incrociare i suoi occhi, trovandoli già fissi su di me.
"Perché siamo qui?" gli faccio notare, lanciando un'occhiata eloquente al posto che ci circonda.
Luca ricambia il mio sguardo, arricciando le labbra in una smorfia divertita."Mi hai detto tu di portarti via e, dato che uscire dall'ospedale non ci è possibile, dovremmo accontentarci di questo posto per stare soli...io e te" mi fa presente come se fosse ovvio, portando poi lo sguardo fisso davanti a sé.
"Io e te..." ripeto in un sussurro, abbassando poi gli occhi per nascondere il sorriso affiorato sulle mie labbra.
Così Luca, approfittando della mia distrazione, posa le sue mani sulle mie spalle, all'altezza del collo, solleticando la mia nuca con le dita.
Riconosco in ogni suo gesto la sua voglia di distogliere la mia mente dai brutti pensieri.
Io e te...solo io e te
"Qui puoi fare tutto quello che vuoi, Anita. Puoi piangere, urlare, sfogarti su di me, se proprio vuoi, ma liberati da qualsiasi cosa ti porti dentro. Lasciati andare..." ammette con un tono di voce basso e roco.
Le sue carezze si vestono di quella premura dedita ad accentuare le sue parole, così, quando lui comincia a percorrere un percorso dal mio collo alle mie scapole, tracciando con le dita, delicato e dolce, rilascio un sospiro strozzato.
Luca sopprime una risata, nascondendo il viso contro la mia spalla, facendo vibrare il mio corpo sotto il suo tocco.
"Puoi fare di meglio, Anita".
Così, fingendomi infastidita dal suo commento, stringo i pugni lungo i fianchi, faccio un passo in avanti, e urlo. Dapprima il mio tono esce fioco, affaticato, ma quando mi rendo conto che ci stia prendendo gusto, dalla mia bocca si propaga un urlo forte e dirompente, liberatorio.
E urlo di più, sempre di più.
"Vai, Anita, avanti... così, brava!" Luca alle mie spalle mi incita, spingendomi ad arrivare al limite.
Urlo fino a sentirmi il sangue affluirmi alle guance e il respiro farsi affaticato. Urlo, osservando la città che si staglia davanti ai miei occhi, avvertendo in un attimo la sensazione di trovarmi così in alto.
E mentre lo faccio, avverto il mio corpo e la mia mente spogliarsi di qualsiasi pensiero e preoccupazione, facendo spazio a una forte sensazione di rilassamento. Apro le mie mani che per tutto questo tempo ho tenuto serrate, lasciando che i miei muscoli si distendano e permetto al mio respiro di tornare normale. Una folata di vento mi scompiglia i capelli, facendoli finire ribelli sul mi volto, ma non me ne curo.
A quel punto, mi volto verso di Luca, ruotendo su me stessa e trovandolo a fissarmi con un sorriso soddisfatto in viso, nascosto dalle mani che sta cercando di riscaldare.
Poi, prima che possa rendermene conto, corro a rifugiarmi tra le sue braccia, desiderosa di colmare la distanza che ci ha diviso fino a poco fa.
Mentre lui mi stringe a sé più forte, dimostrandosi tanto protettivo nei miei confronti, mi rendo conto che abbia il bisogno di dimostrargli tutta la mia gratitudine. 
Così alzo lo sguardo per incrociare il suo e "grazie" proferisco, accennando un piccolo sorriso.
Luca appoggia una mano sulla mia guancia, scostando una ciocca di capelli che cerca di infilarsi con insistenza in un occhio e mi sorride in quel modo che è tutto suo. 
"Va meglio, adesso?" si assicura.
Annuisco, abbassando lo sguardo, per nascondere il viso sul suo petto. Respiro il suo profumo, sentendo il bisogno di avvertirlo sempre più vicino.
Luca è qui, e sembra capire sempre come stia e di cosa abbia bisogno. E io, a piccoli passi, imparerò a fidarmi di nuovo di te.
"Non pensavo che sarebbe stato così difficile" gli confido, però, lontana dal suo sguardo. Non è perché abbia paura di mascherare le mie debolezze, so che Luca non mi giudicherebbe mai.
"Nessuno ha detto che sarebbe stato facile, ma questo non significa sia impossibile" replica lui, rimproverandomi bonariamente.
"Sì, lo so..."ritento, a mezza voce, "ma non mi aspettavo tutto questo. Tutto questo odio che sembra circolarmi intorno...è dura..."
"Ehi" Luca appoggia l'indice e il pollice sotto il mio mento, inducendomi a rialzare lo sguardo.
"Via questi brutti pensieri, ok? Devi imparare a lasciarti scivolare addosso queste offese gratuite. La loro è solo invidia, Anita: tu sei una giovane donna che sta costruendo una brillante carriera, per le loro menti bacate è difficile pensare che ti sia guadagnata tutto questo da sola, capisci?" ci tiene a precisare. Devo reprimere uno sguardo ammirato nei suoi confronti, attratta dalla sua capacità di sapere cosa dire.
"Anche Giorgio?" domando, allora, flebilmente, osservandolo dal basso della mia posizione.
Luca, a quel punto, serra la mascella, facendo indurire la sua espressione. Il suo cambiamento repentino di umore mi fa dedurre che anche lui come me teme affrontare questo argomento.
"No, lui non è solo invidioso" replica con voce sottile e assottigliando lo sguardo,
come se fosse pensieroso.
Appoggio una mano sul suo braccio, per incrociare i suoi occhi e non riesco a nascondere un tono allarmato.
"Pensi...pensi sia pericoloso?" gli chiedo, mordendomi il labbro inferiore. Questo pensiero rischia di mettere a repentaglio ogni tentativo di riuscire a stare bene e io ho bisogno, ora più che mai, di rassicurazione.
Luca intuisce che questa situazione possa incrinare il mio stato e addolcisce lo sguardo, aumentando la sua presa su di me. Mi rendo conto che il modo in cui le sue dita scivolino su di me, adesso, non sia affatto casuale.
Rilascio un sospiro.
"No, lui non l'ho ancora inquadrato bene. Ma per il momento cerca di non rimanere sola con lui. Ok?" mi fa presente.
Ma mi rendo conto che non lo stia davvero ascoltando, troppo impegnata a osservare come i nostri corpi in questa stretta sembrano aderire bene. Non so cosa mi stia succedendo, ma il mio sguardo si posa sulle labbra di Luca, che adesso sembra scrutarmi confuso, e immagino come sia averle di nuovo sulle mie. Il cuore impazzisce nel mio petto, facendomi reclamare, stordita, un bacio da parte sua.
Così mi alzo sulle punte, con lo scopo di assolvere il mio desidero ma la presa di Luca sulle mie spalle, mi riporta con i piedi a terra.
Arrossisco come se fossi stata colta in flagrante. Cosa stavo per fare?!
Luca incrocia il mio sguardo, osservandomi con un sorriso malizioso ad arricciargli quelle maledette labbra.
"Anita, hai capito cosa ti ho detto?" mi fa notare, senza nascondere un certo divertimento nella sua voce.
"Sì sì..."annuisco, passandomi una mano sul viso, imbarazzata.
Perché io ho capito cosa mi ha detto, vero?! Oh, mamma, ma cosa mi sta prendendo? Sono consapevole dei miei sentimenti nei suoi confronti, lo sono sempre stata, e perché adesso sembra che io me ne senta sopraffatta senza riuscire a gestirli?.
"E sentiamo" aggiunge lui, lasciando la presa su di me, per portarsi le braccia al petto, scrutandomi con fare superiore e provocatorio. "Cosa stavo dicendo?"
Distolgo lo sguardo dal suo, puntandolo su qualsiasi cosa non riguardi lui.
"Parlavamo di Giorgio, sì parlavamo di lui" affermo, voltandomi nella sua direzione, per sfoderare uno sguardo vittorioso. Sguardo che sono costretta a sopprimere, quando lo noto osservarmi con un cipiglio curioso.
"Sì...ma ricordo di aver detto qualcosa a riguardo...non lo sai o devo pensare che tu non stia prendendo questa cosa seriamente?".
"Forse dovremmo rientrare, credo siamo stati via troppo tempo" ribatto evasiva, accennando a un sorriso ingenuo per mascherare la mia volontà di andare via.
"Anita" mi richiama lui, appoggiando una mano sul mio braccio, con un tono fermo.
"Sono serio quando ti dico che tu debba stare lontano da lui. Vi ho visti l'altro giorno mentre discutevate e, fidati, non è qualcosa che devi sottovalutare".
"Va bene" ammetto, di getto, "starò attenta".
Luca rimane con lo sguardo su di me, come a volersi assicurarsi che io stia dicendo la verità, poi annuisce.
Ma nonostante nemmeno io stia sottovalutando la situazione, saperlo dalla mia parte, rende tutto questo meno preoccupante di quanto sia.
"Andiamo?" mi domanda allora, porgendomi la sua mano.
"Andiamo".
Non ho intenzione di intercorrere nell'ira funesta di Visconti, ancora.

Ma, quando ritorniamo in reparto, fermandoci sulla soglia della stanza dalla quale siamo andati via, avverto tutti i miei presagi palesarsi nella figura del dottor Visconti accanto al letto dove si trova il ragazzino di prima, Mattia.

Il mio superiore ci dà le spalle, impegnato in una curiosa conversazione con il ragazzo.
"...e stavo dì, no? Che c'era sta dottoressa qua, pure carina, oh, vicino a me, ma sembrava in un mondo tutto suo, era bianca bianca, pensavo se stesse a senti' male t' o giuro. Infatti me stavo a preoccupa', poi però è arrivato un tipo alto, tutto impostato che se l'è portata via..."
Tristemente mi rendo conto che i protagonisti, di questo insolito monologo, siamo proprio noi, e questo non fa che rendere le cose ancora peggio di quanto non appaiono.
Anche Luca, al mio fianco, storce il naso davanti a questa situazione.
"Ah, eccoli qua!" esclama Mattia animato, sporgendosi verso di noi, per indicarci sulla soglia.
Il dottor Visconti, allora, si volta nella nostra direzione, facendomi rimpiangere di essere voluta tornare qua.
Lui incrocia i miei occhi, assottigliando lo sguardo, e facendolo alternare prima su di me e poi su Luca al mio fianco, ripetutamente.
Sulle sue labbra si insinua un sorriso sardonico.
"Oh, eccovi qui. Mattia mi stava appunto dando una dettagliatissima descrizione di voi due, dispersi chissà dove" non riesco a fare meno di notare la nota derisoria che assume la sua voce.
Sento che vorrei dire qualcosa per distendere questo clima così ostile che la nostra situazione equivocabile ha creato, ma sono a conoscenza di quanto io possa peggiorare solo la mia situazione.
Così rimango in silenzio, portandomi le braccia dietro la schiena e accettando l'occhiata di rimprovero che sento Visconti stia posando su di me.
"Alfredo, che piacere" ammette Luca, fingendosi terribilmente cordiale nei suoi confronti, ma non posso fare a meno di notare una scintilla di sfida insinuarsi nei suoi occhi.
"È lui il ragazzino per cui mi hai fatto chiamare, giusto?"
Visconti annuisce, guardandolo di sbieco, confuso dal suo aver evitato la sua provocazione.
Così, dopo il suo consenso, Luca riprende a parlare, assottigliando il tono di voce, senza più nascondere una certa irritazione.
"Bene, mi hai chiesto un consulto, no? E io sono qua per svolgere il mio lavoro, quindi, se non ti dispiace..." accompagna le sue parole con un gesto eloquente, indicando la porta dietro di sé.
Mi ritrovo a guardare Luca, in silenzio, trovando il suo modo di asfaltare Visconti così...ammirevole. Composto e impeccabile, come sempre.
Visconti incassa il colpo, incrociando le braccia dietro le spalle, il suo volto adesso lascia trapelare indifferenza, come se non volesse far notare quanto, invece, sia innervosito dall'affronto di Luca. Scommetto non si aspettasse un tale comportamento, eppure vorrei solo poter sorridere vittoriosa, ma non lo faccio.
"Buon lavoro" sputa fuori, con un tono di voce sottile, poi, girando i tacchi, lo sorpassa.
"Dottoressa" mormora nei miei confronti, con un cenno del capo, poi esce, frettolosamente, dalla stanza.
Luca 1- Visconti 0

Non appena il mio tutor va via, sento il clima di astio, creatosi, svanire completamente. E io sono decisa a non permettere che qualcuno o qualcosa, oggi, si intercorra tra me e la serenità che sto cercando di ritrovare.

Mattia, a quel punto, che ha assistito con una certa curiosità allo scambio di battute, si esibisce in un rumoroso fischio di approvazione.
"Ah però, s'è incazzato forte!" esclama concitatamente, aprendosi successivamente in una grossa risata.
Sono costretta a nascondere quanto sia divertita dalla sua affermazione, ritrovando una certa compostezza. Ma chi è questo insolito ragazzino capitato qua? Luca mantiene una certa serietà e mi ritrovo a chiedermi se sia ancora infastidito per il commento di Visconti.
"Allora, Mattia, giusto?" gli domando, inarcando un sopracciglio.
"Esatto" replica lui, lanciandomi un sorriso brillante, facendo così mostra di un apparecchio colorato. "Mattia, per gli amici Matt, ma tu, dottoressa carina, puoi chiamarmi come vuoi".
Accenno un sorriso, osservando questo strano ragazzino biondo e mingherlino. Mattia non dimostra avere più di 14 anni: l'assenza di barba sul suo viso gli dona ancora un'aria acerba, da bambino. Il suo volto esprime un'assolutà vivacità e, improvvisamente, mi ritrovo a chiedermi perché sia qui. Se Visconti ha chiesto aiuto a Luca vuol dire che potrebbe avere anche lui una qualche malfunzione cardiaca? Non voglio nemmeno pensarci, Mattia è così giovane. 
"Mattia andrà benissimo" è la voce di Luca a riportarmi alla realtà. Il suo tono ha assunto un'inclinazione seria, mentre lo osservo rivolgere al ragazzo un'occhiata indagatoria.
Come sei serioso, Luca, non c'è bisogno di essere così scortesi...
"Allora, Mattia, perché sei qua?" torno a rivolgermi al ragazzo, ignorando il commento dell'uomo al mio fianco, utilizzando un tono cordiale, dolce. Mattia si è conquistato la mia simpatia con la sua parlantina frizzante e il marcato accento romano.
Lui torna a rivolgere la sua attenzione su di me, dopo aver fatto una linguaccia a Luca e gonfia il petto, fiero, senza però nascondere una smorfia di dolore.
Cosa gli sarà successo? Forse ha avuto un incidente, eppure il suo viso non ne presenta tracce.
"Ma niente, na rissa a scuola" ammette, sfoderando una certa nonchalance all'argomento "ovviamente le ho date, sia chiaro, quello là non se le scorderà facilmente e botte mie. Solo che però, quando ero distratto, e stavo di spalle, no? M'ha colto a sorpresa e mi ha spintonato a terra. Na cosa da niente, però, lo sapete, no? A scuola se so messi a chiama' l'ambulanza. E quindi, eccomi qua! Per lo meno non so andato da a Preside. Sai che rogna!"
Ascolto la sua confessione con attenzione, rendendomi conto che faccia acqua
da tutte le parti. Mattia ne parla come se fosse esterno alla situazione, quando invece sono sicura che sia più coinvolto di quanto ci faccia pensare.
Poi, deve rendersi conto che abbia dei dubbi a riguardo perché si porta una mano al petto con fare offeso.
"Doc...guarda che questa è tutta apparenza" ammette, tastandosi i muscoli delle braccia gracili e poco allenate. "Ma picchio forte io, eh!" aggiunge, serrando le mani per sferrare dei pugni nell'aria.
Questa volta sia io che Luca ci apriamo in una breve e leggera risata, facendogli abbassare lo sguardo, imbronciato.
"Avanti campione, alza quella maglietta, che ti visito" gli fa presente Luca, sistemandosi lo stetoscopio attorno al collo, con fare professionale.
"Non può farlo la dottoressa?" replica lui, sorridendo beffardamente nella mia direzione.
Luca rotea gli occhi al cielo, in disappunto, e basta questo per fargli intendere che non accetti repliche.
"Mattia, alza questa maglietta, su"
"Ok..."annuisce lui, alla fine, con riluttanza.
Mi rendo conto che abbia, però, bisogno di aiuto e, quindi, mi premuro di dargli una mano, alzando la sua maglietta all'altezza delle spalle, in modo tale che Luca possa visitarlo. Mattia si ritrova a gongolare soddisfatto in direzione del mio collega.
La questione però assume presto una sfumatura tutt'altro che divertente quando, alzando la sua maglia, ci accorgiamo che la sua schiena e non solo siano ricoperti da lividi.
Sussulto lievemente alla loro vista, senza riuscire a nascondere una certa preoccupazione.
"Luca..." gli sussurro, voltandomi nella sua direzione, scoprendolo a fissare alcuni lividi che sembrano in fase di guarigione. Il suo viso è contratto in uno sguardo accorato e attento.
Troppe domande cominciano ad affollarsi nella mia mente: cosa subisce questo ragazzino? Cosa gli è successo? Non oso nemmeno immaginare cosa sia costretto a sopportare. E poi, soprattutto, chi gli ha procurato quelle ferite che sembrano ricoprire il suo corpo, ha avuto "l'accortezza" di colpire in posti nascosti, in modo tale che nessuno se ne accorga...
"Mattia..." lo richiama Luca, rivolgendosi a lui, con un tono di voce calmo e confidenziale, "come te li sei fatti questi?"
"Ve l'ho detto!" sbuffa lui, risentito, sfuggendo al tocco di Luca. "Na rissa! Le ho date, sì, ma ovviamente le ho anche prese"
Ma mi rendo conto, mentre ispeziono la gravità dei lividi, che alcuni siano già in fase di guarigione per essere recenti come dice.
Cosa ci nascondi, Mattia?
Lui a quel punto geme di dolore, quando per sbaglio tocco un punto estremamente dolente, contorcendosi sotto le mie mani.
"Da quando tempo le prendi, Mattia?" indaga Luca, fissandolo, adesso, in modo serioso. "Perché ho motivo di pensare che questa rissa, come la chiami tu, non sia un caso isolato".
"Scusa..."ammetto, a bassa voce, "non volevo farti del male".
Mattia, allora, ignora completamente la domanda posta da Luca e torna a rivolgersi a me, mettendo su un'espressione da vero latin lover.
"Tranquilla, doc, tu puoi toccarmi quanto e dove vuoi..." proferisce in un'occhiolino sfacciato. Che sbruffone...
"Seh..."borbotta Luca a mezza voce, avvicinandosi per appoggiare lo stetoscopio al suo petto. Geloso, Luchino?
"Che c'è, sei geloso?"replica il piccoletto in tono di sfida, inarcando un sopracciglio, "non è mica la ragazza tua!"
Luca lo guarda di sbieco, assottigliando lo sguardo e serrando le labbra in una linea dura. "O sì?" ritenta Mattia, facendosi, allora, piccolo, piccolo, sotto la sua occhiata indagatoria.
"Okok" sbuffo, cercando di riportare la calma e l'attenzione sul vero problema del momento. "Non so tra i due chi sia il più bambino, adesso".
"Allora, Mattia, vuoi dirci cosa ti è successo?"
Lui, però, ancora una volta si dimostra essere reticente nel rispondermi. Nel frattempo, Luca prende a visitarlo, scrupolosamente, ascoltando i battiti del suo cuore; assottiglia lo sguardo, corrucciando la fronte; gli chiede poi di fare un respiro profondo, e Mattia segue alla lettera qualsiasi sua istruzione.
"Non sei di qua, vero, Matt?" gli domando allora, facendomi spazio accanto al suo letto. Se riuscissi a instaurare con lui una certa confidenza, forse questo lo farà sentire sicuro di parlare.
"Si sente tanto, eh? So romano de Roma, io...a Magica Roma" ammette lui con un sorriso orgoglioso ad arricciargli le labbra sottili.
Ricambio il suo sorriso, accarezzandogli con premura il capo e scompigliandogli i capelli.
"Non ci avrei scommesso" gli faccio presente, divertita. "È da molto che sei qui o ti sei trasferito da poco?"
Mattia assottiglia lo sguardo, osservandomi con fare sospettoso. Sta cercando di capire quale sia il mio intento.
"Qualche mese, il lavoro di mio padre" ammette in un borbottio sommesso.
"Ecco fatto" proferisce Luca, risoluto, riabbassandogli la maglietta e aiutandolo ad appoggiarsi allo schienale del letto.
"Sto bene?"gli domanda allora lui, abbassando lo sguardo.
"Certo, sei in ottima salute" replica Luca, appoggiando una mano sulla sua spalla. Solo quando Mattia rialza lo sguardo, si premura di accennare un sorriso nella sua direzione. Forse si è reso conto che sia stato troppo duro nei suoi confronti. D'altronde è solo un ragazzino.
"Perfetto" ribatto, "questo vuol dire che presto tornerai a casa!"
Al contrario di quello che pensavo, però, Mattia  non ne sembra molto entusiasta perché storce la bocca in una smorfia.
"Che felicità..."
"Non sei contento?" indago, dubbiosa "non ti sei ambientato bene per caso?"
Luca appoggia una mano sul mio braccio, intuendo quale sia il mio scopo e la sua azione sembra stare lì a dirmi che le domande possano bastare, al momento. Eppure avverto un forte senso di sapere cosa stia succedendo.
"Calma, calma doc, quante domande, manco mi padre durante gli interrogatori sua..." replica Mattia, ridendo divertito.
Interrogatori? Che sia un poliziotto?
Accenno a un sorriso, desolata, e aspetto che sia Luca a prendere parola, lasciando a lui il compito di gestire questa questione. Lui mantiene la calma, come sempre, dimostrandosi attento e scrupoloso, ma allo stesso tempo, non invadente.
"Noi adesso andiamo via, ci hanno detto che i tuoi stanno per arrivare. Ci parlerò io...ma non gli dirò niente di quello che ho visto. A patto che sia tu a farlo"
"Perché i tuoi non sanno di tutto questo, giusto?"mi intrometto, non resistendo, però, alla mia curiosità. "Non sanno che sei vittima di atti di bullismo, giusto? Perché è di questo che si tratta, no?"
"Anita..."
"NO!" ribatte, allora, Mattia, incrociando le braccia al petto, infastidito. Il suo negare è esso stesso la risposta ai miei dubbi.
"Andiamo" ripete Luca, portandomi via dalla stanza, con una certa urgenza. Non mi sfugge però, prima che io esca, come Mattia abbassi lo sguardo, dispiaciuto.

Non posso rimanere indifferente

Luca sbuffa un sorriso quando siamo in corridoio.

"Sei incredibile, lo sai?" ammette, voltandosi nella mia direzione. "Proprio non riesci a farne a meno"
Ricambio il suo sguardo di me, scrutandolo con una certa confusione e con un lieve broncio per avermi portato via dalla stanza.
"Di fare cosa?" gli domando, allora, inarcando un sopracciglio. Poi, colta come da un'illuminazione, porto le mani alte, davanti a me, facendo scemare qualsiasi risposta da parte sua.
"No! Non dirlo...non dirmi che non devo affezionarmi" gli faccio notare in disappunto.
Luca, dall'alto della sua posizione, trattiene un labbro tra i denti, cercando di frenare una risata alle mie parole, mentre scuote il capo.
Lo osservo a mia volta; lui composto, con le mani dietro la schiena e i suoi occhi che sembrano inchiodarmi sul posto.
"Anita..." cantilena, "intendevo che proprio non riesci a fare a meno di aiutare gli altri" aggiunge, divertito.
"Oh..." sussurro, abbassando lo sguardo, sentendomi improvvisamente sciocca per la mia affermazione. "E trovi sia un difetto?" domando, però, armandomi di una giusta dose di curiosità.
Luca rimane a lungo con lo sguardo su di me, sfoderando un sorriso che direi sia a dir poco tenero.
"No, penso sia il tuo miglior pregio" ammette, candidamente, avvicinandosi per darmi un buffetto scherzoso sulla guancia.
"Ahia!" mi imbroncio, portandomi una mano a massaggiarmi il viso, nonostante non mi faccia assolutamente male.
Ma Luca si è già allontanato da me, ridendo divertito, e lasciandomi a fare i conti con il cuore che mi batte troppo forte.
E io, a piccoli passi, imparerò a fidarmi di nuovo di te.

La prima ad arrivare è la madre di Mattia. Quando la vedo, mi rendo conto che da lei il ragazzo abbia preso i capelli biondi e la corporatura smilza. Suo padre, come avevo ipotizzato, è un commissario di polizia e si sono trasferiti qui esattamente tre mesi fa per la sua promozione. Immagino che non sia presente perché oberato di lavoro, ma la signora Donati ci spiega che arriverà il prima possibile. Sul suo volto sono evidenti forti tracce di preoccupazione; respira affannosamente mentre ci comunica che sia stata avvertita dalla scuola riguardo all'incidente che suo figlio sembra aver subito. Sembra, però, all'oscuro di quello che davvero sia successo e che accada continuamente. Luca è il primo a prendere parola, comunicandole di un soffio benigno al cuore, di cui però lei è a conoscenza, poi quando segue lui e Visconti nello studio di quest'ultimo, penso che questo sia il momento migliore per agire.

Mi appoggio allo stipite della porta, incrociando le braccia al petto, rendendomi spettatrice di questo momento di solitudine di Mattia. Io lo osservo, con lo sguardo assorto e perso, diretto alla finestra, e mi sembra di rivederci Lucia. La mia piccola Lucia.
"Ciao..." proferisco, entrando nella sua stanza, di nuovo. Approfitterò di questo momento da sola con lui per fare due chiacchiere. 
Ho assolutamente bisogno di vederci chiaro sulla questione, ma devo farlo a piccoli passi, facendo in modo che Mattia impari a fidarsi di me.
Perché io prima di essere un medico, sono una persona; una persona che ama prodigarsi per gli altri e che si sente profondamente in pace con se stessa quando nel suo piccolo cerca di aiutare chi sia in difficoltà.
"Ehi, doc" replica lui, accennando un sorriso impertinente, voltandosi nella mia direzione. Ha ritrovato ogni stralcio di vitalità. "Proprio non me sai sta lontana, eh?"
Mi porto una mano alle labbra, per nascondere l'accenno di sorriso che vuole affiorare alle sue parole.
"Non sei un po' troppo piccolo per farmi la corte?" gli faccio notare, poi, incarcando un sopracciglio.
Mattia incrocia le braccia al petto, mettendo su un'espressione altera. "Chi l'ha detto?"
Ridacchio, prendendo posto al suo fianco. "Se avessi almeno una ventina di anni in più..." aggiungo con una linguaccia.
Mattia abbassa, allora, lo sguardo, portandosi una mano a massaggiarsi la nuca, improvvisamente rattristato.
"Ho capito" ammette, a mezza bocca, arricciando le labbra in una smorfia, subito dopo. "Non ti interesso perché stai con il dottorino".
Accenno a un sorriso, intenerita davanti alle sue parole. "Nono, non è il mio fidanzato..."replico, abbassando lo sguardo alle mie mani.
"Ah-ah!" esclama lui,"però ti piace! E a vede' come te sta sotto, piaci pure tu a lui!" insinua, improvvisamente animato da una certa curiosità.
"Ma smettila" gli faccio presente, rimproverandolo bonariamente e colpendolo su un ginocchio.
"Ahia, doc!" si lamenta, aprendosi in una linguaccia. "Non essere manesca...ho fatto solo una constatazione".
"Se, se, tu la sai lunga..."sbuffo in un sorriso.
Poi mi rendo conto che la nostra conversazione stia per prendere una piega più seria quando Mattia incrocia il mio sguardo, e sembra indugiare sul volermi dire o chiedere qualcosa.
Fino all'ultimo momento spero che stia per confessarmi cosa lo preoccupi, e lo incoraggio con lo sguardo a parlarmi.
Ma lui rotea gli occhi al cielo, reprimendo un sbuffo, come se si sentisse tormentato da un brutto pensiero, poi prende a parlare.
"Senti, doc, ma che c'avevi prima...sembrava che stessi male..." mi chiede.
La sua domanda, improvvisa e quasi sussurrata, mi coglie alla sprovvista. Non mi aspettavo che la nostra conversazione potesse ricadere su qualcosa che riguardasse me, soprattutto quando ero venuta qui con l'intenzione di farlo sfogare.
Ma decido di essere sincera, mettermi alla pari con lui.
"Vedi..."ammetto, arricciando le labbra in un sorriso triste, "questa stanza, fino a qualche settimana fa, era di una bambina che mi stava molto a cuore. Lei stava proprio qui, in questo letto dove sei ora tu".
Mattia sussulta lievemente, senza nascondere un guizzo di preoccupazione. "E adesso dov'è?" domanda frettolosamente.
Accarezzo alcune pieghe del lenzuolo, continuando a parlare; ho bisogno di concentrarmi su qualcosa pur di non vacillare.
"È uscita dall'ospedale, è guarita, finalmente..."ammetto, atona.
Mattia inarca un sopracciglio, senza ben capire perché ci stia così male.
"Senti, doc, ma se lei sta bene, tu perché sei così triste?" domanda, infatti.
Prendo un respiro profondo prima di continuare,mentre  Mattia sembra osservarmi, in attesa di una risposta.
"Vedi, Matt, sento di non essere riuscita ad aiutarla come meritava, e lei adesso non è più qui, ma forse io posso aiutare qualcun'altro..."
Nel frattempo, mi sono sporta verso di lui, cercando di infondere a questo ragazzino la giusta dose di vicinanza.
"Mattia..."gli sussurro, accarezzandogli con premura un braccio. "Se tu me lo permetti, io posso aiutarti..."
Lui si ritrae sotto il mio tocco, dimostrandomi il suo rifiuto. Quando pensavo sarebbe stato più facile, mi sbagliavo. La verità è che sono sempre stata abituata a relazionarmi con Lucia, lei non ha mai opposto resistenza nei miei confronti, bensì si è fidata di me.
Ma Mattia non è Lucia...
Poi, abbassando lo sguardo, lui prende a torturarsi le mani, giocherellando con le dita e, senza che me ne renda conto, comincia a parlare.
"Io non ce volevo manco veni' qua: abbiamo dovuto lascia' tutto per il lavoro di papà, e quando m'hanno detto saremmo partiti, mi sono chiesto se non fosse uno scherzo. Poi mamma è venuta da me, m'ha promesso che sarebbe andato tutto bene e io ci ho creduto. Che cazzata!" ammette, senza nascondere un velo di risentimento nella sua voce. Osservo i suoi pugni chiudersi alle sue parole, come se stesse cercando di trattenere il turbinio di emozioni di cui avverto pervaderlo. Tristezza, rabbia, frustrazione....
"Quando ho iniziato la scuola, so cominciati i problemi miei. Non m'hanno mai accettato, e io mi sono chiesto sempre il perché. Non gli avevo fatto niente, ma sembrava che loro c'avessero tanti motivi per odiarmi, poi ho capito che fosse cattiveria gratuita...." aggiunge, fiocamente.
"Mattia" lo richiamo, allora, ferma nelle mie convinzioni "tu devi parlare, devi dirlo ai tuoi, devono sapere cosa ti succede, loro possono aiutarti..."
Lui assottiglia lo sguardo, indurendo la sua espressione: "Tu non capisci, doc. Se io parlo, quelli mi renderanno la vita un inferno, più di quanto facciano. Non cambierebbe niente...nemmeno i professori riescono a debellarli, figuriamoci..."
E mentre lui me ne parla, mi viene da pensare che sia davvero bravo a nascondere cosa si porti dentro se i suoi genitori non si sono accorti mai di niente. Sono molto sensibile all'argomento e se c'è una cosa che davvero mi fa arrabbiare è che qualcuno se la prende con cui è debole e indifeso. Lui pensa che io non possa capire, ma si sbaglia di grosso. Nonostante durante il mio percorso scolastisco non sia stata vittima di atti di bullismo, alle medie sono stata testimone di quanto i ragazzini  possano essere subdoli e cattivi. Fare gruppo contro qualcuno che non è capace di ribellarsi è quanto di più meschino ci sia. La malcapitata in quel caso era stata una mia compagna di classe; una ragazzina dalla corporatura smilza, piccola e indifesa. Nonostante non si fossero mai spinti a farle male fisico, erano arrivati ad annientarla psicologicamente. Qualsiasi cosa lei dicesse o facesse, era per loro pretesto di offesa, così come i suoi difetti fisici, diventavano un motivo per schernirla. E così la insultavano per i suoi piedi piatti, i denti accavallati, il lieve strabismo di cui lei soffriva...
L'avevo vista entrare a scuola come se fosse ogni volta una condannata a morte, l'avevo vista piangere disperata e stanca, l'avevo consolata, stringendola tra le mie braccia, e non ci avevo pensato nemmeno un minuto a schierarmi dalla sua parte. Mi ero sempre messa dalla parte dei deboli e continuo a farlo tutt'ora. Così, in un contesto in cui sembrava che i nostri professori fossero sordi alla situazione, l'avevo difesa da quelle discrimanti parole e a quel punto anche noi, la parte sana della classe, avevamo fatto gruppo, vestendoci di una saggia motivazione e schermandola da qualsiasi cosa volessero farle. A poco, poco,  le offese nei suoi confronti erano scemate, fino a cessare, definitivamente.

"No, Mattia, ti sbagli. La tua famiglia deve sapere cosa sei costretto a subire, nessuno deve sopportare tutto ciò. Tu non sei solo, Mattia, ci sono tanti ragazzini che, come te, ogni giorno combattono contro qualcosa di troppo grande da affrontare. Se tu parlassi, aiuteresti non solo te stesso, ma qualsiasi altra persona sia vittima di bullismo. Tu devi farlo, Matt, hai capito? E poi, tuo padre è un commissario, sono sicuro che lui..."
Mattia mi interrompe bruscamente, arricciando le sue labbra in un sorriso irrisorio."Mio padre? Tu non lo conosci, mio padre. Lui è tanto e sensibile e bravo ad aiutare gli altri nel suo lavoro, ma quando si tratta di aiutare me..."
"Matt..."ritento, richiamandolo con un tono dolce di voce.
Lui incrocia il mio sguardo, contraendo il viso in una smorfia, triste. "No, dottoressa, lascia parlare me. Non c'è niente che tu possa fare, nessuno può fare niente. Ma va bene così, alla fine ci si rassegna a tutto; ti rassegni a sta' in silenzio e sopporti, ti rassegni pure a torna' un giorno sì e l'altro pure a torna' a casa pieno di botte..."
La rassegnazione di cui lui parla riesco a sentirla nella sua voce, adesso fioca e spoglia di qualsiasi tono, nei suoi gesti, con le spalle curve, lo sguardo basso. La rassegnazione è qualcosa che non avevo messo in conto, così come che lui fosse così sordo ad accettare e chiedere aiuto, e io sento ad ogni sua parola, il mio cuore stringersi in una morsa.
Non può finire così.
Un infermiere, però, arriva nella stanza, spingendo una sedia a rotelle e Mattia rialza lo sguardo, scrutandolo dubbioso.
"Buongiorno" esordisce l'uomo, arrivando accanto al suo letto. "Avanti, piccoletto, salta su che ti porto a fare un giro..." ammette, ridacchiando.
"Oh!" esclama lui, spalancando le braccia. "Finalmente uno che mi porti fuori di qui".
Poi, con un balzo, prende posto sulla sedia a rotelle, ostentando un certo sguardo fiero.
Questa volta non riesco a farmi coinvolgere nella sua ilarità, arriccio le labbra in disappunto.
"Allora, dove mi porti?" domanda, rivolgendogli un sorriso cheto.
L'infermiere sbuffa una risata, afferrando i manici della sedia per spingerla.
"Andiamo va, che ti porto a fare una tac" replica, sghignazzando.
"Ma nooo" sbuffa lui, imbronciandosi e incrociando le braccia al petto.
"Mattia" lo richiamo, quando ormai sono sulla soglia della porta.
Sia lui che l'infermiere si voltano nella mia direzione, incitandomi con lo sguardo a parlare.
"Pensaci, ok?" gli faccio presente, prima che lascino la stanza.
Lui abbassa lo sguardo, borbottando un ok sommesso, ma che mi fa ancora sperare possa seguire il mio consiglio.
Ma io non mi arrenderò, perché, oggi, ho riscoperto più che mai perché avessi deciso di intraprendere questo lavoro e, forse mi dico, aiutare Mattia sarà una buona motivazione per andare avanti.

La mia giornata, poi, trascorre senza troppi intoppi; tutto procede nella più totale tranquillità, ma non posso ugualmente permettermi di abbassare la guardia.

Prima di lasciare l'ospedale, però, avverto il bisogno di mandare un messaggio a Nicola: da quel giorno a casa mia, non ho più avuto sue notizie e sento che devo chiarire con lui. Abbiamo da poco recuperato il nostro rapporto e non voglio che qualcosa lo comprometta; così gli scrivo di vederci a casa mia, nella speranza che mi risponda.
Mi infilo, così, tra le porte dell'ascensore, lasciandomi questa ennesima giornata alle spalle e con lo sguardo concentrato al cellulare, controllando che il mio amico abbia risposto.
Sono completamente distratta, mentre apro e chiudo la nostra conversazione, infatti, quando Luca mi posa una mano sulle spalle, sussulto spaventata.
"Caspita, adesso ti faccio anche paura" ammette lui, ridacchiando, e appoggiandosi alla parete dietro di sé. Le porte davanti a noi si chiudono, producendo un sonoro bip.

Lancio allora uno sguardo confuso al cellulare; Nic ha visualizzato ma non risposto, e poi a lui, sospirando.

"Oh...nono, ero solo distratta" ammetto, accennando a un sorriso e portandomi una mano dietro la nuca. Luca incrocia il mio sguardo, abbassandolo poi all'apparecchio tra le mie mani, scrutandolo con fare interrogativo.
Sùbito dopo il telefono finisce sotterrato nella borsa e rivolgo tutta la mia attenzione a lui. Lo osservo piggiare il tasto del piano terra dietro di lui e tornare a voltarsi nella mia direzione.
"Ho saputo che sei stata da quel ragazzino, di nuovo..."proferisce con uno sguardo indagatore.
"Sì" ammetto, ostentando una certa sicurezza, "non potevo starmene con le mani in mano..."
Sicurezza che rischia, però, di vacillare quando mi accorgo che Luca non abbia distolto lo sguardo da me neanche un attimo. I suoi occhi sembrano volermi scavare anche l'anima. È un attimo prima che me lo ritrovi vicino, fin troppo. Avverto il suo respiro planarmi addosso.
"Bene..."mi sussurra.
"Bene?" gli domando, osservandolo dal basso della mia posizione, confusa. 
Luca sbuffa una risata, bassa e roca, poggiando una mano dietro la mia schiena per avvicinarmi a sé. Per la sorpresa del suo gesto, la borsa scivola a terra e la osservo cadere, preoccupata che il contenuto si possa rovesciare, ma non succede.
Così, quando avverto la sua presa di entrambi le mani di Luca sui miei fianchi, mi impongo di alzare lo sguardo. Cosa sta per succedere?
Non riesco a fare a meno di pensare che lui sia così vicino a me e che se solo io mi avvicinassi, potrei quasi baciarlo...
Luca incrocia il mio sguardo e sembra quasi sorpreso dalla mia reticenza, così ci pensa lui a sporgersi verso di me.
"Se non fosse un ragazzino, potrei seriamente essere geloso di lui" proferisce a mezza bocca, arricciando le labbra in un sorriso divertito.
"Luca..." lo ammonisco, bonariamente, colpendolo a una spalla.
Così, lui, fingendosi infastidito dal mio gesto, si avvicina ancora di più, fino a fare in modo che per sfuggirli, tocchi la parete dietro di me. Non ho modo di rendermi conto di cosa succeda dopo, perché è tutto così veloce e ne prendo consapevolezza solo in un secondo momento. Luca appoggia una mano sulla mia guancia destra, disegnando su di essa cerchi immaginari con il pollice. Sembra tracciare un percorso che scenda verso le mie labbra che lui lascia sfiorare brevemente con le sue. Lasciandomi, così, con l'insoddisfazione di un bacio mancato.
"A domani..."mi sussurra, quando ormai le porte dell'ascensore, dietro di noi, si sono riaperte.
"A-a domani" replico, cercando di regolarizzare il mio battito. La sua frase ha il sapore di una promessa.
E io, a piccoli passi, imparerò a fidarmi di nuovo di te.

Arrivo a casa, frastornata e ancora trasognante. Non sono sicura che sia normale io reagisca così a quello che è stato un solo sfiorarsi. Ma ho detto che avrei voluto vivermi le cose così come veniva, giusto? Giusto.
Così, con la testa ancora altrove, mai mi aspetto che Nicola abbia potuto rispondere al mio messaggio. Ritrovarlo fuori casa mia, quindi, è una sorpresa, piacevole sì, ma una sorpresa.
"Nic..."gli sussurro, avvicinandomi per abbracciarlo, ma mai mi sarei aspettata che lui mi respingesse. Avevo previsto che potesse essere arrabbiato, ma questo, adesso? Mi sento così confusa, come se fossimo di nuovo punto e capo. Nicola è qua, accanto a me, ma avverto che sia lontano anni luce.
"Nicola, che succede?" gli domando, facendo un passo indietro e inarcando un sopracciglio. Poi, alzo una mano nella sua direzione, puntandogli un dito contro, insospettita.
"No, non dirlo. Sei arrabbiato!".
Nicola mi fissa dal basso, portando le mani nelle tasche del suo cappotto, poi, improvvisamente, rilascia un sospiro, con gli occhi tristi.
"No, Anita. Anche se penso dovrei esserlo dopo quello che è successo. Non credi?" mi fa presente, con un tono stanco.
E io lo guardo e mi rendo conto che per questo tempo abbia pensato a me, senza accorgermi di quanto il mio comportamento potesse fare del male
a chi mi sta intorno.
"Quindi non lo sei, arrabbiato dico?"gli domando, sporgendomi nella sua direzione, speranzosa.
Nicola, allora, rialza lo sguardo, inchiodandomi sul posto.
"Sono dovuto andare da Luca per sapere cosa ti stesse succedendo" proferisce, scuotendo il capo, confuso.
E, mentre lo osservo, un brutto presentimento comincia a farsi spazio nella mia mente.
No, no, no, no...
"Nicola, non sarai mica geloso, perché io te l'ho detto...
"No!" mi interrompe lui, guardandomi allibito, quasi offeso dalla mia insinuazione. Ma dopo le sue parole, è giusto che mi si venga concesso il beneficio del dubbio. "Io non sono geloso di te, Anita" il suo tono assume una sfumatura aspra.
"Okok" borbotto in segno di resa, cercando di trattenere un certo sollievo "ma allora dimmi, cosa c'è? Io avrò sbagliato a tenermi tutto dentro, ma avevo bisogno di assimilare questa cosa. Lo capisci? E per questo non credo di meritarmi la tua indifferenza"
Nicola lascia dondolare i talloni, arricciando la bocca in una smorfia. Poi sulle sue labbra si insinua un sorriso amaro e triste.
"Anita, tu sei cambiata. È vero, siamo stati lontani molto mesi, ma quando sono tornato mai mi aspettavo di trovarti così. Questa non sei più tu, Anita, almeno non quella che conoscevo io. Ti tieni tutto dentro, fai finta che non sia successo niente, eviti i problemi, chiudendoti in questa tua bolla, non dici niente a nessuno. Sono cambiate tante cose, è vero, ma noi non ci siamo mai nascosti nulla, e io non sono sicuro che potrà essere più lo stesso tra noi..."
Sul mio viso, alle sue parole, si susseguono molteplici emozioni, dalla confusione allo sbigottimento, dalla tristezza al risentimento.
"Nicola" ribatto, animata da una certa incomprensione. "Sei stato tu ad andartene e tu a tornare, io non capisco davvero cosa tu stia cercando di dirmi."
Nicola sbuffa, scuotendo il capo.
"Guarda, Anita, lascia stare, forse non sarei nemmeno dovuto venire. È meglio che vada, non voglio litigare con te..."
È insicurezza quella che leggo nei suoi occhi e lasciando trapelare le sue parole? Improvvisamente capisco: si sente escluso?
"Nic..." lo richiamo, allora, addolcendo il mio tono di voce. Lui si volta verso di me, dandomi la possibilità di avvicinarmi a lui. Gli appoggio una mano sul braccio, come a volermi aggrappare alla possibilità di non vederlo andare via.
"Nicola, io sono sempre la stessa, ehi, mi vedi. Guardami!" mi prendo un momento per indicarmi e fargli una smorfia che lo fa aprire in una breve risata. "Sono sempre io, Anita, la tua migliore amica, quella pesantona, piena di complessi, un po' pazzarella ma terribilmente dolce..."
"E che va ancora indietro a quel pallone gonfiato di Luca" termina lui per me, ridacchiando e scimmiottando la mia voce.

"Giusto" ribatto, colpendolo con un buffetto al petto. Nicola si finge addolorato aprendosi in una smorfia melodrammatica. "E tu devi continuare a prendermi in giro per questo e a farmi notare che sia proprio una tonta se gli sto ancora dietro. Ok?".
Lui annuisce anche se sul suo viso è affiorata un'espressione malinconica. Così, quando insinua una mano tra i miei capelli, mi stringo a lui a dimostrargli la mia vicinanza.
"Credo che sia cambiato anche questo, sai?" ammette in un sussurro, stringendomi di più a sé, come se ne avesse bisogno. "Non posso manco prenderlo in giro più quello str..., quel simpaticone di Luca, perché penso proprio che tu non gli sia indifferente a quello lì!".
Rialzo lo sguardo, per puntarlo nel suo, accennando un sorriso.
"Ok, ma tu puoi continuare a prendermi in giro per tante cose. Perché tu sei il mio migliore amico e tra noi è sempre stato così. Va bene?" gli chiedo come a conferma.
Nicola sembra tentennare, poi il suo sguardo ritorna su di me e sbuffa, arrendendosi. "Va bene" ammette.
E io mi sento improvvisamente felice.

Stasera ho compreso una cosa: non ho più intenzione di tenermi tutto dentro, perché io, da adesso, voglio ricominciare.

ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno e ben trovati! 
Ci ho messo un po' a scrivere questo capitolo, pardon, ma capitemi, la sessione invernale ha assorbito qualsiasi  mio stralcio di tempo. Ma com'è che si dice? Prima il dovere e poi il piacere😉😊 quindi, libera da esami, ho trovato il tempo di apportare la parola fine a questo capitolo. Mi auguro non risulti troppo lungo e pesante da leggere, ma non mi è sembrato giusto dividerlo. È un capitolo importante perché segna un grande passaggio nella vita di Anita. Da oggi lei sente che le cose cambieranno.
Poi, per quanto riguarda la storia di Mattia. Ci ho tenuto particolarmente a inserire un tema così attuale e ahimè, difficile da debellare quale è il bullismo. Un tema a cui sono molto sensibile. Se ne sente parlare sempre di più, i casi aumentano e sappiamo tutti a cosa ci si può andare incontro se non si è aiutati, no?L'annientamento fisico e psicologico è secondo me la cosa più brutta che qualcuno sia costretto a sopportare. Purtroppo, l'esperienza a cui Anita ha fatto riferimento è verissima. La ragazzina di cui lei parla era una mia compagna di classe con cui ho instaurato un bellissimo rapporto di amicizia che continua tutt'ora e io mi sono sempre prodigata per aiutarla. Mi sono dovuta sorbire le offese di quei bulletti lì solo perché ero dalla sua parte. Ma io non potevo rimanere indifferente, nessuno dovrebbe! Nel suo caso, per fortuna, lei ha potuto contare sul nostro aiuto e quello della sua famiglia, ma non è facile, lo so benissimo. E non dico questo per vanto, ma perché sono sicura che, come è successo a noi tutti, se si è uniti, per una buona causa, si può davvero fare la differenza.
Bene, chiusa parentesi, il personaggio di Mattia, è stato introdotto anche per un altro motivo, abbastanza importante ai fini della storia: ho messo in contrapposizione la sua figura con quella di Lucia e come avete potuto leggere, Anita sembra aver trovato in lui una buona motivazione per andare avanti.
E, detto questo, prima che le note possano diventare più lunghe del capitolo stesso, vi saluto. Ringrazio voi tutti per tutto il supporto che continuate a dimostrarmi e vi do appuntamento alla prossima.
Ricordo per chi non l'avesse ancora fatto e sia curioso di leggere. Sul mio profilo trovate una one-shot incentrata su Carlotta e Federico. Qui il link, nel caso voleste dare uno sguardo:Una scommessa d'amore
Un abbraccio❤





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Capitolo 48
*** Capitolo 47 ***


Capitolo 47

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Capitolo 47


Febbraio è stato un mese particolare; potrei definirlo malinconico e doloroso per quello che mi ha tolto, ma, allo stesso tempo, sento che mi stia donando la forza di rinascere, finalmente.
Così, quando quella mattina mi sveglio, mi sento carica della voglia che ho di riprendere la mia vita in mano e ricominciare.
Mi impongo l'obiettivo di andare avanti: se io affronto le cose con la giusta grinta, sono sicura che possano assumere una prospettiva diversa.
Mi avvicino alla finestra di camera mia e spalanco le imposte, lasciando trapelare la luce calda e luminosa del sole. La giornata comincia a prendere da sùbito una nota positiva. Poi giusto perché sento che non sia mai abbastanza, prima di cominciare a prepararmi, collego il cellulare alle cuffie bluetooth, mettendo su della buona musica, e facendo in modo che si propaghi per l'ambiente.
La musica ha sempre avuto un effetto rigenerante su di me; da sempre, quando mi sono sentita giù di morale, demoralizzata, ascoltare qualcosa che mi mettesse carica, è l'ideale. Oggi non mi è difficile ritrovare il buonumore, sarà perché sento di trovarmi su una nuvoletta immaginaria, spensierata e felice. Sento che, piano, piano, tutto si possa sistemare.
Così mi preparo, canticchiando e muovendomi a ritmo sulle note di Swam Song.
Quando, finalmente, sono pronta, indosso il mio cappotto caldo, sistemando la sciarpa attorno al collo, ed esco di casa.

Arrivo al lavoro, puntuale e, per la prima volta, quando avverto che qualcuno parli di me, io continuo a camminare fiera nella mia direzione.

Devo imparare a farmi scivolare tutto addosso...
Improvvisamente mi ritrovo a sospirare di soddisfazione: quando ti senti sicura di te stessa, sembra davvero che niente riesca a scalfirti. Luca ha avuto ragione quando mi ha detto di non curarmi di loro e, incredibilmente, sembra proprio che il mio atteggiamento indifferente, riscuoti un certo successo: i sussurri persistono ma ho come la sensazione che siano sorpresi dal mio non curarmene.
Mi chiudo la porta dello spogliatoio alle spalle, e mi rendo conto che io non sia sola. Le mie colleghe sono radunate qui, e per un attimo, mi sfiora il pensiero di non riuscire a sorbirle così, tutte insieme. Arianna non c'è ancora e vorrei averla qui, qui con me.
Mi volto, allora, nella loro direzione, rendendomi conto di aver fatto calare un certo silenzio nell'ambiente. Ognuna di loro ha messo da parte qualsiasi azione stesse compiendo e i loro sguardi si posano su di me, meccanicamente, prendendo a fissarmi guardinghe. Mi sento accerchiata.
Poi ripenso a Luca e alle sue parole: la loro è tutta invidia, queste pettegole non fanno che sparlare di me, quando vorrebbero solo potersi trovare al mio posto. Adesso capisco perché in questi anni io non abbia intrapreso un rapporto di amicizia con nessuna di loro.
Così mi porto le braccia al petto, ricambiando le loro occhiate e inarcando un sopracciglio.
"Beh?" domando, facendo passando lo sguardo su ognuna di loro, ripetutamente. "Non avete altro da fare?!"
Non mi aspetto una reale risposta, vorrei solo che la smettessero di additarmi.
Nessuna delle streghe osa replicare, così, cercando di malcelare una sorta di soddisfazione, raggiungo il mio armadietto. Le osservo di sottecchi lanciarsi delle occhiate stranite prima che anche loro tornino a prepararsi per il lavoro. Devo davvero pensare che mi lasceranno in pace?.

Io e Arianna ci incontriamo poco dopo, in sala comune. È lei a venirmi incontro, con l'esuberanza che la caratterizza sempre.

Sono contenta di averla qui con me, perché per la prima volta, mi sono sentita un pesce fuori d'acqua. Negli anni, l'unica amica che ho davvero potuto considerare come tale è stata Maria e, oltre lei, ho fatto amicizia con davvero pochi dei miei colleghi. La mia non è mai stata superiorità, chiariamoci, sentivo solo che non potessi fidarmi. Gli unici colleghi con cui ricordo di aver simpatizzato anche un minimo, adesso, sembrano avermi voltato la faccia e mi evitano come se avessi una malattia infettiva. Fino a qualche giorno fa non sarebbe stato un problema, perché avevo il mio ufficio dove rifugiarmi.
Arianna mi coglie alla sprovvista, abbracciandomi di slancio e, quando scruto Giorgio passarci accanto, capisco che il suo gesto non sia poi così casuale. È protettivo, di vicinanza.
Lui lascia posare il suo sguardo su di noi, scrutandoci come se fossimo delle nullità al suo confronto. Osservo i suoi occhi rimanermi addosso e macchiarsi di quella luce malevola che lo caratterizza, prima che lui si volti, per proseguire nella direzione opposta.
"Sei stata grande, Anita" ammette allora Arianna, facendo ricadere la mia attenzione su di lei. "Non si fa che parlarne, tutti dicono che tu abbia zittito quelle quattro streghe" aggiunge, ridacchiando, soddisfatta.
Appoggio le mani sulle sue spalle, scuotendo il capo e accennando a un sorriso.
"È stato fin troppo facile, non sono sicura che rimarranno in silenzio per tanto tempo" le faccio presente.
Arianna storce il naso, colpendomi scherzosamente a una spalla.
"Suvvia, adesso che gli hai fatto capire che non ti importa niente di loro, non avranno tanto da parlare".
Annuisco, anche se non sono sicura che siano le pettegole il problema, bensì Giorgio.
Non ho molto tempo però per risponderle perché, prima che possa dire qualcosa, il dottor Visconti arriva ad interrompere la nostra conversazione.
Lo osservo avvicinarsi, cercando di non mostrarmi intimorita dalla sua presenza. Ma nonostante ciò, non posso fare a meno di pensare che sia preoccupata al riguardo. Che abbia, ancora, qualcosa da rimproverarmi?
"Dottoressa"proferisce, una volta che mi è vicino, facendoci voltare nella sua direzione.
"Potrebbe venire un attimo?".
Arianna incrocia il mio sguardo, spettatrice della scena, e riesco a scorgere nella sua espressione la mia stessa confusione.
Così, osservando Visconti al mio fianco, in attesa di una mia risposta, annuisco.
"Bene!" ammette lui, risoluto. "Mi segua".
Lancio un'ultima occhiata ad Arianna, che alza i pollici all'insù per infondermi coraggio, e prendo a seguirlo nel corridoio.

Gli cammino di fianco, seguendolo a ruota; il mio tutor non accenna a proferire parola, ed è solo lo scalpitio dei nostri passi a interrompere questo silenzio. Così, incuriosita dalla sua reticenza, sono io la prima a parlare.
"Dottore, è successo qualcosa?" gli domando, a mezza bocca, cercando di far breccia nella sua espressione indifferente.
Visconti, a quel punto, si volta nella mia direzione, assottigliando lo sguardo, come a voler soppesare le mie parole. Vorrei quasi rimangiarmi la mia domanda. Ma, poi, come se si fosse reso conto del mio disagio, sulle sue labbra si insinua l'ombra di un sorriso. Sottile, appena accennato, che porta il presagio di una tregua.
"Stia tranquilla, dottoressa, non sono qua per farle una ramazina" mi fa presente, tornando a guardare davanti a sé, di nuovo serio e composto.
Ma, mentre ricomincio a seguirlo verso il suo studio, mi ritrovo a sospirare di sollievo.

"Venga, entri. C'è qualcuno che vorrebbe parlarle" Visconti mi indica la porta del suo studio, facendomi segno con una mano di entrare.

Annuisco, lievemente, cercando di capire di chi possa trattarsi. Abbasso la maniglia, lentamente, ma ansiosa di appianare ogni dubbio.
Mattia è qui, mi dà le spalle e io mi ritrovo a reprimere un sorriso, intenerita dalla scena. Stringe il suo zainetto sulle spalle, torturando le fibie che pendono dai lati con le dita. Sembra più piccolo della sua età.
"Mattia ha qualcosa da dire" mormora Visconti dietro di me, facendomi ricordare che sia ancora qui, poi richiude la porta dietro di sé.
Il suo gesto richiama l'attenzione del ragazzino che, velocemente, posa lo sguardo su di me.
"Matt"gli sorrido.
"Ciao, doc" replica lui, lasciandosi dondolare sui talloni. Sembra sia imbarazzato. "Mi hanno dimesso e tra poco vado via" aggiunge, arricciando le labbra in una smorfia divertita.
Muovo un passo nella sua direzione per avvicinarmi a lui. Gli arrivo accanto e gli scompiglio i capelli.
Lui sbuffa, roteando gli occhi al cielo, fingendosi infastidito dal mio gesto.
"Sono contenta per te" ammetto, allora, lasciando scivolare la mia mano sulla sua spalla. Lui abbassa lo sguardo, puntandolo sulle mie dita che puntellano sulla sua scapola.
"Mi hanno detto che volevi dirmi qualcosa..."gli faccio presente, mettendo su un sorriso per incoraggiarlo.
Lui annuisce lievemente: "Sì..."sussurra a bassa voce.
Poi rialza lo sguardo verso di me, prendendo a torturarsi le mani, nervosamente. Capisco cosa voglia dirmi da ogni suo più piccolo gesto. Ma comprendo che non sia il caso di mettergli pressioni, deve riferirmi ciò che si sente.
Così, senza che me lo aspetti, Mattia stringe le sue braccia attorno al mio corpo. In un abbraccio, di slancio, da cui traspare la sua voglia di aggrapparsi a qualsiasi cosa, lui soffoca il suo viso sul mio petto, trattenendo un singulto. Le sue mani artigliano il mio camice e io, dapprima sorpresa dal suo gesto, mi premuro di stringerlo a me, cullandolo tra le mie braccia. Mattia ha bisogno di rassicurazione e dolcezza e io sono qua per lui.
"Ho deciso di parlare con i miei, doc. Gli dirò tutto, tutto quello che mi succede" mi confessa, a mezza bocca.
A quel punto, appoggio le mani sulle sue spalle, per sorridendogli, commossa dalla sua scelta.
"Sono fiera di te, Mattia"ammetto.
Lui ricambia il mio sorriso, gonfiando le guance, come se fosse un bambino.
"È tutto merito tuo, doc, grazie" aggiunge lui, aprendosi in un occhiolino.
"Ah, Mattia, Mattia" appoggio le mani sulle sue guance, pizzicandole scherzosamente.
"Ehi, doc, ma o sai che quando fai così, nun me piaci proprio?!" replica, sottraendosi e sbuffando sotto al mio tocco.
Poi, entrambi, ci lasciamo andare a una risata, complici.
"Dai, andiamo" gli faccio presente, appoggiando una mano dietro la sua schiena, " ti accompagno dai tuoi".

Oggi, i genitori di Mattia, ci sono entrambi. Suo padre, da cui ha ripreso i capelli biondi e gli occhi verdi e vivaci, è un uomo alto e austero. Sul suo viso però ci sono segni del duro lavoro, di chi per quel lavoro vive, ma che non lo fa riposare bene la notte.
Mattia, notando la figura di suo padre, si irrigidisce. Nonostante riesca a leggere nei suo sguardo l'ammirazione che prova per lui, sembra che ne sia, allo stesso modo, intimorito. Come se avesse paura di sfigurare ai suoi occhi. Davanti al suo gesto, allora, gli lascio una carezza sulla schiena, come a volerlo rassicurare.
Gli sguardi dei suoi genitori, vedendoci arrivare, si posano su di noi.
"Mamma, papà" Mattia è il primo a prendere parola. "Lei è la mia dottoressa, Anita".
Gli occhi di suo padre si posano su di me, scrutandomi curiosi, e mi ritrovo a sostenerli con una certa fierezza.
"Piacere di conoscervi" ammetto, sfoderando un sorriso cordiale e ponendo una mano verso di loro, affinché la stringono.
La prima  a farlo è la mamma di Mattia, che ricambia il mio sorriso, gioviale.
La stretta del padre è, invece, forte e vigorosa. A dimostrazione della persona quale è. Serio e composto.
Cerco di non mostrarmi sorpresa dalla sua presa, ricambiando allo stesso modo. Poi, dopo che ognuno di noi, ritorna al proprio posto, facendoci piombare in uno stallo imbarazzante, è Mattia a riprendere parola.
Lui abbassa lo sguardo, stringendo le mani davanti a sé.
"Mamma, papà..."
"Cosa c'è, Matti? Qualcosa non va?" domanda sua madre, lasciando trapelare una certa preoccupazione dalla sua voce. Nei suoi occhi riesco a percepire tutto l'amore che prova verso suo figlio.
Lui rialza lo sguardo per incrociare il mio sguardo, sotto gli occhi confusi e indagatori dei suoi genitori. Mi premuro di sorridergli per incoraggiarlo.
"È solo che io, io...devo dirvi una cosa"ammette lui, alla fine, fiocamente.
"Siamo qua, puoi dirci tutto" lo sprona suo padre, incrociando le braccia al petto. Improvvisamente, posto di fronte all'evidente imbarazzo e titubanza di Mattia, la sua maschera di serietà sembra scalfirsi, facendolo sciogliere in un accenno di sorriso.
Il ragazzino deve cogliere l'incoraggiamento che si nasconde dietro il suo gesto perché rilascia un sospiro profondo e ricomincia a parlare.
"Mamma..."volge il suo sguardo verso di lei, con un'espressione contrita e vulnerabile. Ho come l'impressione che Mattia stia trattenendo dentro di sé un turbinio di emozioni che potrebbero sopraffarlo.
E io sono qua, spettatrice di silenziosa di questa situazione e sento che vorrei poter fare di più.
"Io ti ho mentito. In verità, ho mentito a tutti e due, non sono stato coinvolto in una rissa o peggio l'ho scatenata..." la sua voce assume un tono incrinato, "...mi hanno picchiato" confessa, abbassando lo sguardo per nascondere gli occhi lucidi.
"Oh, tesoro" sua madre ha la voce fioca e commossa e corre a stringerlo tra le sue braccia, mentre lui protetto dal suo abbraccio si lascia andare.
Da sopra la spalla della sua mamma, Mattia incrocia lo sguardo di suo padre. Sul viso del commissario Donati sembrano susseguirsi molteplici emozioni. Ma, guardandolo, comprendo che improvvisamente si senta in colpa per essere stato così cieco davanti al problema. E, quando anche lui, spogliandosi di ogni barriera, si avvicina a sua moglie e suo figlio per inglobarli tra le sue braccia, comprendo sia arrivato il momento di andare. La mia presenza qui, adesso, è superflua, perché Mattia, ora, ha tutto quello di cui ha più bisogno: il sostegno della sua famiglia.

Cammino per i corridoi sentendomi improvvisamente soddisfatta di me stessa. Non pensavo che Mattia avesse preso la decisione di parlare ai suoi, e sono felice che la sua scelta sia dipesa anche dalle mie parole.

Le mie labbra si arricciano in un piccolo sorriso che dimostra pienamente il mio stato d'animo. Mi sento grata e utile per quello che faccio e mi prometto che niente, niente, niente possa scalfire tutto questo.
Così, quando incrocio lo sguardo di Giorgio faccio in modo che nemmeno i suoi occhi fissi su di me, guardinghi, possano farmi abbassare la testa.
Io lo vedo avvicinare ma non sono preoccupata all'evenienza; siamo in un luogo pubblico e lui non può farmi niente.
A differenza di ciò che pensavo, Giorgio mantiene lo sguardo su di me, ma nonostante non ammetta parola, sulle sue labbra si insinua l'ombra di un ghigno irrisorio. Poi, prima che me ne renda conto, lui, di proposito, mi scivola affianco, dandomi una spallata.
Lo scontro mi porta ad incrinare il mio equilibrio, così, mentre mi porto una mano a massaggiare il punto dolente, mi volto nella sua direzione, ma lui mi dà già le spalle, allontanandosi fiero di sé.
Non posso abbassare la guardia...

Maria mi affianca nel lavoro, rivelandosi, come sempre, una spalla e un'amica.
"Sono contenta di sapere tu stia meglio" ammette l'infermiera, mentre camminiamo, fianco a fianco, per il corridoio.
"Già"le replico, accennando un sorriso nella sua direzione "piano, piano, sto imparando a superare questa cosa".
Maria mi lancia una lunga occhiata, aprendosi, poi, in un sorriso malizioso.
"Scommetto che questo sia merito anche del dottor Franzese"
Il suo braccio subito dopo mi circonda le spalle, e lei mi stringe a sé, soffocando una risata, divertita, e finendo per coinvolgere anche me.
"Beh, sì" ammetto, cercando di nascondere un certo imbarazzo. "È anche merito suo. Luca mi sta aiutando tantissimo in questa situazione, mi fa sentire...protetta".
Maria interrompe i nostri passi per voltarsi verso di me e accarezzarmi una guancia, amorevolmente.
"Sono felice di sapere che tu abbia il suo sostegno in tutto questo, sai?" mi fa presente. "Soprattutto, adesso, che sembra Giorgio voglia remarti contro".
"Oh..." abbasso lo sguardo, annuendo, "già, lui è..."
Riesco a notare l'espressione di Maria indurirsi, improvvisamente.
"È una persona meschina, Anita, ma guai a lui se osa torcerti un capello!" mi fa notare, dimostrando quanto la situazione gli provochi apprensione.
Così, come a volergli dimostrare tutta la mia gratitudine, la stringo a me, abbracciandola forte.
"Grazie, Maria. Ti voglio bene"le sussurro.
Lei, in risposta, prende a stringermi più forte a sé, rilasciando un sospiro sulla mia spalla.
"Anche io".

Non aver visto ancora Luca ha provocato una sorta di aspettativa in me. Mi riscopro ad essere agitata all'idea di poterlo avere di nuovo al mio fianco, soprattutto dopo quello che, in questi giorni, abbiamo condiviso. Mi sono trattenuta a lavoro più del previsto; è stata una di quelle giornate lunghe ma positive: ho dovuto salutare Mattia, i suoi genitori mi hanno ringraziato per averlo spronato a parlare, e suo padre mi ha assicurato che saranno presi dei provvedimenti, affinché casi del genere non si ripetano più.

Rilascio un sospiro, spensierata; adesso nemmeno l'idea di essere rimasta sola in questo spogliatoio mi scalfisce, eppure sento che mi manchi sempre qualcosa.
Così, apro la schermata della chat di whatsapp  con Luca e l'idea di mandargli un messaggio mi sfiora. Continuo a fissare la barra del testo, cancellando e riscrivendo parole che, però, non verranno mai inviate. Pigio, allora, sull'icona del suo profilo, dove campeggia una dolcissima foto che raffigura Luca e Sofia stretti in un abbraccio e ne sfioro i contorni, arricciando le labbra in un sorriso. L'immagine di Luca e sua nipote è tanto adorabile.
All'improvviso, però,  la porta dello spogliatoio si apre e si richiude dietro di sé, violentemente, facendomi sussultare, spaventata. Osservo l'immagine che lo specchietto del mio armadietto mi restituisce, scorgendo, preoccupata, la figura di Giorgio sulla soglia.
Mi irrigidisco sul posto, avvertendo i battiti del mio cuore aumentare, inesorabilmente.
La mia mano stringe l'anta dell'armadietto con forza, controllando che Giorgio mantenga le distanze. Lui rimane fermo lì, appoggiato alla porta, con le mani al petto e un'espressione seria e imperscrutabile a campeggiare sul suo viso.
Prima che me ne renda e senza che lui mi veda, pigio sulla cornetta del contatto di Luca e lascio scivolare il cellulare nella tasca, sperando che lui accetti la mia chiamata e corra in mio aiuto.
Fai in modo di non rimanere da sola con lui...
Nonostante io sia scappata spesso da questa eventualità, adesso che questo presagio è diventato reale, ho paura. Non sono sicura riuscirei a gestire la situazione, soprattutto quando non posso prevedere quali siano le intenzioni di Giorgio.
Mi volto verso di lui, meccanicamente, cercando di controllare le mie emozioni e rilascio un sospiro profondo. Forse, mi dico, se riuscissi a nascondere la mia paura, lui non sarà capace di sovrastarmi.
"Cosa vuoi, Giorgio?" gli faccio presente, sostenendo il suo sguardo. "Questo è lo spogliatoio femminile, te lo sei dimenticato?"
Lui abbassa lo sguardo, sogghignando, poi i suoi occhi, glaciali, ritornano su di me.
"Stai cercando di fare la spiritosa, Anita? Perché non lo sei affatto..." sputa fuori, aspramente.
"Allora, cosa vuoi?!" ribatto, inarcando un sopracciglio.
Giorgio, a quel punto, arriccia le labbra in un sorriso sardonico: "Solo fare due chiacchiere con te" ammette con un tono che mi mette i brividi.
Lui, purtroppo deve rendersi conto che alle sue parole sia trasalita perché prende ad avvicinarsi, sempre di più.
Di riflesso, indietreggio, facendolo ridacchiare di soddisfazione.
Nel frattempo il tempo scorre e avverto il panico assalirmi. Sono davvero sola, qui, con lui. E se Luca non venisse in mio aiuto? Non posso controllare che abbia risposto, altrimenti Giorgio se ne accorgerebbe. Devo, però, pensare a qualcosa.
Mantieni la calma, Anita, mantieni la calma...
"Cos'altro vuoi da me?! Ti sei preso il mio studio, il mio posto...tutto. Lasciami stare, Giorgio, vattene!" gli urlo contro, impattando con il muro dietro di me.
Lui socchiude gli occhi, scrutandomi con una certa sufficienza.
"Hai fatto tutto da sola, Anita..."
Nel frattempo aggiro la panca posta in mezzo allo spogliatoio, ponendo quanta più distanza tra di noi. Sussulto spaventata quando la mia spalla impatta contro gli armadietti dietro di me. Giorgio sembra insolitamente calmo, mentre porta le braccia al petto e prende a fissarmi di sbieco.
"Hai paura di me, Anita?" domanda, prendendosi gioco di me.
Ma io non lo sto ascoltando, non faccio che pensare che ora lui sia lontano dalla porta e devo approfittarne per scappare. Mi muovo a piccoli passi, tenendo le mani salde alla parete dietro di me. Ho paura...
"Che stai cercando di fare, Anita?" Giorgio mi inchioda sul posto, assottigliando lo sguardo. "Non ci riuscirai!". Avverto dal suo tono di voce che si stia arrabbiando. Poi abbassa lo sguardo, fingendosi quasi dispiaciuto dalla mia reticenza. "Te l'ho detto,voglio solo fare quattro chiacchiere..."
Continuo a mantenere lo sguardo su di lui, come a controllare qualsiasi suo gesto, e approfittando della sua distrazione, corro verso la porta, impattando contro di essa e cercando di aprirla, nonostante l'agitazione.
Ho, però, commesso un errore di valutazione, perché non considero che lui possa essere più veloce di me e con uno scatto felino mi raggiunga, arpionandomi per le spalle.
"Non puoi scappare!" sibila, allora con il fiato sul mio collo e stringendomi forte, così forte da farmi male. Trattengo un gemito di dolore, dimenandomi.
"Lasciami o mi metto a urlare!"
Giorgio soffoca una risata, lasciando scivolare le sue mani lungo le mie braccia, lentamente. Nonostante io tenti di divincolarmi, la sua presa su di me è troppo forte per liberarmene. Ora che anche le mie braccia sono immobilizzate, comincio a scalciare con le gambe, facendolo spazientire.
"Chi ti sentirebbe, Anita? Ma, soprattutto, chi ti crederebbe?"sussurra al mio orecchio, facendomi rabbrividire. Sono davvero in trappola. Poi, prima che me ne renda conto, la porta si spalanca e Luca compare sulla soglia, facendomi sospirare di sollievo. Luca respira in affanno, come se avesse fatto una corsa e quando i suoi occhi si posano su di noi, osservo la sua mascella contrarsi duramente.
"Anita?!"dal suo tono riesco a riconoscere tutta la sua preoccupazione.
"Luca..."esalo, sopraffatta dalle mie emozioni.
Lui intercetta Giorgio alle mie spalle e corre ad avventarsi su di lui, afferrandolo per il colletto della maglietta.
"Che cazzo stavi facendo, eh?La devi lasciare stare!" la sua voce è rabbiosa; mi rendo conto di non averlo mai davvero visto così furente. Io li guardo, osservo la scena, inerme, sospirando, però, ormai libera dalle mani di Giorgio. Proprio lui arriccia le labbra in un ghigno provocatorio, sostenendo lo sguardo di Luca con la stessa foga.
"Chiedilo a lei" ammette, maliziosamente.

Luca, allora, stringe la presa, abbassandosi in modo tale da parlargli a un palmo dal viso. "Vattene prima che non risponda di me e non farti vedere mai più accanto a lei. Hai capito?!"
Giorgio alza una mano in direzione di Luca, facendomi sussultare, spaventata all'idea che possa aggredirlo, poi però l'abbassa, divincolandosi dalla sua presa, con stizza.
"Ho capito, me ne vado, me ne vado. Ma tu toglimi le mani di dosso" sibila, assottigliando lo sguardo e puntando un dito nella sua direzione
Luca lo lascia andare, allontanando le sue mani come se ne fosse schifato e lo tiene d'occhio fino a quando Giorgio non esce dalla stanza. Osservo le sue mani chiudersi a pugno, quando lui si fa troppo vicino.
"Ciao, Anita..."sussurra nella mia direzione, poi, ostentando una certa non chalance, va via.
Mi rendo conto solo in un secondo momento che abbia tremato tutto il tempo e quando Luca si avvicina a me, mi lascio stringere dalle sue braccia, aggrappandomi bisognosa a lui."Sei qui..." gli sussurro. Mi sento improvvisamente grata che lui sia arrivato in tempo.
Luca aumenta la sua presa su di me, carezzandomi la schiena. "Ho visto la tua chiamata e quando ho provato a chiamarti di nuovo, non mi rispondevi. Dio, Anita, ti ho cercato, ero davvero preoccupato" ammette. Ho riconosciuto nei suoi gesti e nella sua voce la preoccupazione di cui parla e avverto un certo calore propagarsi nel mio cuore.
Poi lui appoggia le mani sulle mie spalle, facendo in modo di incrociare il mio sguardo. "Anita, ti ha toccata, fatto qualcosa?" mi domanda, serio come non mai.
Scuoto il capo, abbassando lo sguardo: "No..."
"Ehi..."Luca mi accarezza una guancia, cancellando una lacrima che è sfuggita al mio controllo e cerca di abbozzare un sorriso. "Va tutto bene, ok?"
"Ho avuto p-paura, Luca" ammetto, con la voce distorta dal pianto.
Ma lui torna a stringermi, dimostrandomi la sua vicinanza e rassicurazione. "Sono qui, sono qui..."sussurra, cullandomi tra le sue braccia.E io mi rendo conto che, adesso, saperlo vicino e stargli accanto è davvero tutto ciò di cui ho bisogno.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti!
Finalmente riesco a postare un nuovissimo capitolo e ci tengo a ringraziare con tutto il cuore chiunque continui a seguire questa storia. Sappiate che mi date la giusta carica per andare avanti e portare a termine questa storia. Anita, Luca e Lucia si meritano un finale(che sia insieme o separati) e io mi impegnerò affinché questo accada.
Detto questo, il capitolo mi è risultato un po' difficile da scrivere, soprattutto quest'ultima parte. L'ho scritta e riscritta, perché sentivo non fosse mai abbastanza e mi auguro che, nel contesto, io abbia fatto un buon lavoro. Purtroppo, Giorgio rappresenta un pericolo per Anita e lei deve stare attenta. Per fortuna c'è Luca che arriva a salvarla da qualsiasi situazione.
Intanto, vi anticipo che nel prossimo capitolo faremo un piccolo salto temporale maaa, udite, udite, rivedremo Lucia e scopriremo come se la stia passando. Contenteee?
Non ho molto altro da dire, se non un innesimo grazie dal profondo del cuore. Aspetto le vostre opinioni, vi abbraccio. Alla prossima!!

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Capitolo 49
*** Capitolo 48 ***


Capitolo 48
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Capitolo 48


...tre settimane dopo
Marzo arriva portando con sé la primavera e il segno della mia rinascita. Così come la natura sembra risvegliarsi dal suo terpore invernale, io ricomincio a vivere. La primavera è da sempre stata una delle mie stagioni preferite. Gli alberi e i campi che si vestono di colori, in un gioco di luci e tonalità calde e vivaci. Le giornate che cominciano ad allungarsi, invogliandoti a passare  tempo fuori casa, per godere dell'aria più calda e mite. E poi, davvero, la visione di una natura che rinasce, mi ha sempre dato una sensazione di pace e benessere.
E così, piano, piano, in queste settimane ho ritrovato un mio equilibrio. Da quella sera nello spogliatoio, Giorgio non si è più avvicinato a me e questo è stato un bene. Luca, Arianna e Maria hanno fatto in modo di non lasciarmi sola, ostacolando ogni suo tentativo di riprovarci. Mi sono ritrovata a sentirmi, improvvisamente, al sicuro, protetta, nonostante il loro comportamento abbia spesso sfiorato l'asfissia.
 La calma apparente di Giorgio, però, non mi rende pienamente tranquilla: ho comunque paura che il suo rimanere nell'ombra sia solo un tentativo per escogitare qualcosa di troppo grande. Quindi, mi sono promessa di stare attenta e, per quanto mi sia possibile, di tenerlo d'occhio. Lui sul lavoro mantiene una maschera impeccabile, dedito a qualsiasi cosa faccia, ma non riesco davvero a pensare che una persona così calcolatrice e meschina possa avere a che fare con dei bambini.
Rilascio un sospiro, appoggiandomi a una panchina per riprendere fiato. Piego poi una gamba, facendo un po' di streching per rilassare i muscoli. Da qualche settimana a questa parte, approfittando delle belle giornate di cui stiamo godendo, nelle mattinate libere dal lavoro, ho preso a fare delle lunghe passeggiate. Ho scoperto che non sia solo il mio corpo a trarne beneficio, ma soprattutto la mia mente. Stare sola, immersa nella natura, con gli auricolari a propagare della musica nelle mie orecchie, mi permette di sentirmi così leggera e libera da qualsiasi pensiero.
Improvvisamente, il cellulare prende a squillare e tolgo gli auricolari, per portarmi l'apparecchio all'orecchio.
"Luca!"esclamo, senza nascondere un pizzico di sorpresa.
"Anita?"ammette lui, confuso, forse avvertendo il mio respiro affannoso. "Dove sei?"
Accenno a un sorriso:" Sono al parco vicino casa, per la mia corsa mattutina" ammetto con una certa soddisfazione.
Luca non risponde subito, ma dopo poco, sento la sua risata propagarsi attraverso il cellulare. "Dai, Anita, che non ci crede nessuno" replica, divertito.
Metto su un broncio, nonostante lui non possa vedermi, offesa dalla sua presa in giro. "Ah-ah" lo scimmiotto "anche se non siamo tutti sportivi e allenati come te, questo non vuol dire che..."
Luca fa scemare ogni mia intenzione di ribattere alle sue parole con una certa convinzione, perché il suo tono assume presto una sfumatura bassa e roca.
"Sei da sola?"mi chiede.
Allontano il cellulare, per guardarmi intorno e rilascio un sonoro sbuffo. "Sì, Luca, sono sola..."ammetto in un borbottio.
Riesco a immaginarlo, con il cipiglio che gli si è disegnato in volto alle mie parole. In questo periodo Luca ha davvero manifestato un interessamento paranoico nei miei confronti. Arrivo quasi a pensare che sia diventato la mia ombra.
"Anita"replica, estremamente serio.
"Sì, lo so, lo so..." lo assecondo, roteando gli occhi al cielo. "Non possiamo prevedere come si possa comportare Giorgio".
Io capisco la sua preoccupazione, davvero, ma ho bisogno di questi momenti solo per me. E ho giurato che non voglio che questa situazione comprometta l'equilibrio che sto cercando di ricostruire.
"Aspettami che arrivo" mi fa presente, con un tono che non ammette replica.
"No, Luca, aspetta..."tento, ma lui ha già riattaccato.

Mi lascio ricadere sulla panchina, smanettando svogliatamente al cellulare. Mi riscopro a essere agitata al solo pensiero che Luca possa raggiungermi. Si può dire che abbiamo instaurato, in queste settimane, uno strano rapporto di amicizia. Luca si è davvero dimostrato un' ottima spalla su cui contare, ma nessuno dei due si è mai spinto ad analizzare questo coinvolgimento e, soprattutto, lui mi ha sempre lasciato libera di agire come meglio credessi. Eppure, non posso ignorare le sensazioni che provo ogni volta che lui mi è vicino. Perché Luca ha davvero la capacità di farmi sentire amata con un solo sguardo e non è qualcosa che posso sottovalutare. Perché, devo ammettere a me stessa che qualsiasi risentimento provassi nei suoi confronti è scomparso nel momento in cui mi ha aiutata e difesa.
Luca arriva prima che me ne renda conto, e mi è impossibile non notare che abbia riscosso parecchio attenzione. Non mi sfugge come si voltino a guardarlo le ragazze, lanciandogli occhiate interessate e maliziose. Lui si muove, fiero, stretto nella sua tenuta da corsa che gli fascia il corpo muscoloso e allenato, con lo sguardo rivolto su di me. Ahimè, devo sforzarmi per mantenere un certo contegno, perché la visione di cui sto godendo è troppo bella.
Luca accenna un sorriso divertito dirigendosi nella mia direzione e quando mi è troppo vicino, mi viene da pensare che, a differenza sua, in tenuta ginnica sono davvero uno straccio. Abbasso gli occhi alla mia tuta, che adesso mi rendo conto aderisca troppo al mio corpo, accentuando le mie forme.
"Che fai, già poltrisci?" Luca si esibisce in una corsa sul posto che non lo lascia nemmeno con un minimo di affanno.
"Mmh..."borbotto, sbuffando.
"Questa corsettina mattutina di cui parlavi ti ha già sfinita?" ritenta lui, sogghignando divertito. Alzo, allora, un sopraccigglio, portandomi le mani al petto.

"Allora?"domanda lui, corrucciando la fronte. "Sei pronta per mostrarmi le tue abilità?"
Mugugno qualcosa, roteando gli occhi al cielo. Il mio gesto però gli provoca un certo divertimento perché, subito dopo, Luca si apre una risata leggera, tale da farlo piegare sulle ginocchia. E io mi rendo conto di rimanere affascinata da qualsiasi suo gesto. Il modo in cui le sue labbra si arriccino e i suoi tratti si tendono in preda alle risa. Poi, improvvisamente, lo sguardo di Luca torna su di me, terribilmente serio, e io mi ritrovo ad arrossire come colta in flagrante.
"Andiamo, su!" mi incita. "Non eri tu quella che a telefono decantava la propria sportività?"mi fa notare, sorridendomi,poi, in segno di sfida.
Così mi alzo, puntando i piedi a terra e mettendo le mani sui fianchi, come a volermi dare una certa superiorità. Ma non devo aver avuto l'effetto sperato perché Luca mi osserva con un cipiglio dall'alto della sua posizione.
"Andiamo!"gli replico, combattiva. Lui lascia vagare il suo sguardo lungo il mio corpo, accarezzando con gli occhi le mie curve e facendomi arrossire, imbarazzata.
Prima che, però, me ne renda conto, è già partito, superandomi di qualche falciata.
"Ehi, Luca! Aspettami!" gli urlo dietro, prendendo a raggiungerlo e faticando, vergognosamente, a stare al suo passo.
Maledetto sportivo...
In risposta lo sento ridere, ma mi viene da pensare che la sua risata adesso rappresenti il suono più bello e dolce che abbia mai sentito.
Dopo alcuni passi, sono già senza fiato. La mia resistenza è pari a zero, praticamente. Appuntare mentalmente: mai sfidare uno così atletico. Dalla posizione in cui mi trovo, Luca mi dà la possibilità, però, di godermi la vista del suo corpo allenato, del guizzo che i suoi muscoli compiono sotto lo sforzo della corsa. La tuta ginnica gli aderisce addosso, delineando la forma di un corpo ben messo. Mi ritrovo a pensare che sia muscoloso nella giusta misura, reprimendo un sospiro maledettamente sognante, mentre immagino come possa essere meraviglioso essere accarezzata e stretta da quella braccia forti, ancora.
"Dai, Anita, ti sto ancora aspettando" mi fa presente Luca, voltandosi nella mia direzione, ed esibendosi in esercizi di stretching.
Mi premuro di lanciargli un'occhiataccia, prendendo fiato. E, ahimè, questa volta non è solo per la corsa. Mi maledico allora mentalmente per essermi lasciata distrarre così tanto dalla sua vista. Ma non ho avuto tanto tempo per fare conto con i miei sentimenti, nell'ultimo periodo.
"Gne gne" lo scimmiotto infantilmente, facendolo ridacchiare, divertito.
È Luca a raggiungermi, muovendosi nella mia direzione, piano. Alza le mani in segno di resa, quando mi è accanto, mettendo su un'espressione impacciata e intimorita dal mio sguardo in cagnesco.
"Scusa"ammette lui, sciogliendosi in un sorriso dolce, "non volevo farti arrabbiare. Giuro che cercherò di stare al tuo passo"aggiunge, appoggiando una delle mani sul petto, in tono solenne.
Alzo un sopracciglio, cercando di reprimere un risolino davanti al suo gesto. "Ok"borbotto, incrociando le braccia al petto.
Luca annuisce, rimanendo con lo sguardo su di me, e arricciando, però, le labbra in un sorriso.
"E adesso cosa c'è?" scatto in difensiva, nonostante non sia infastidita dal suo gesto.
Luca non risponde subito, ma non mi sfugge che continui a guardarmi come se non riuscisse a staccarmi gli occhi di dosso. Mi guarda come se trovasse qualsiasi cosa in me interessante e improvvisamente mi ritrovo a chiedermi se sia davvero per questo. Oddio, e se invece avessi qualcosa in viso e non riesce a dirmelo?
Arriccio la fronte davanti alla sua espressione, facendolo riscuotere dal suo stato di trance.
"Niente, niente..."ammette, abbassando lo sguardo e lasciando dondolare i talloni.
Così mi ritrovo a sospirare, un po' delusa dalla sua replica, e accenno un sorriso imbarazzato invitandolo a proseguire la nostra camminata.
Quando però mi rendo conto che, questa volta, sia Luca a non seguirmi, mi volto nella sua direzione, trovandolo fermo nella sua posizione.
"Luca..."lo richiamo, allora, facendogli segno con una mano.
Lui punta lo sguardo nel mio, arrivando al mio fianco. Non mi sfugge il suo repentino cambio d'amore e mi viene da chiedermi perché d'improvviso il suo sguardo si sia fatto così assorto.
"Va tutto bene?" mi premuro così di chiedergli.
Luca insinua le mani nella tasche del suo pantalone sportivo, ricambiando il suo sguardo su di sé. Lui mi guarda e mi rendo conto che i miei occhi siano completamente calamitati dai suoi.
"Sìsì" ammette, mordendosi un labbro con i denti, poi estrae una mano e non capisco cosa abbia intenzione di fare finché non la sento posarsi sulla mia guancia destra. Il mio corpo reagisce immediatamente sotto al suo tocco. Il suo sfioramento è capace di scatenare un turbinio interiore tale da farmi rabbrividire. E mi ritrovo a constatare che io non possa ignorare cosa la sua sola vicinanza mi faccia provare. Non lo posso più ignorare.
"S-sei sicuro?" gli chiedo a conferma, notandolo però scrutarmi assorto.
Luca accenna una risata davanti al mio tentativo di accertarmi sia tutto ok e torna a sorridermi in quel modo che tutto suo, quel modo che mi ha fatto irrimediabilmente innamorare di lui.
"Sì, Anita, sì" replica, con decisione. "È solo che..." il suo tono assume una sfumatura esitante, come se fosse combatutto su cosa dire e come esporlo.
"Solo che?" lo invoglio, sporgendomi nella sua direzione.
"Sei bellissima" ammette, con un tono di voce basso e roco.
Le sue parole sono capaci di farmi sciogliere in un brodo di giuggiole; e nonostante non sia sicura di esserlo in queste condizioni, i suoi occhi e il suo tono mi spingono a pensare che sia terribilmente serio e io mi ritrovo a credergli.

Qualche ora dopo siamo di ritorno. Senza che ce ne rendessimo conto, è arrivato il momento di andare a casa; tra poco ci aspetta il nostro turno in ospedale.

Luca ha mantenuto la promessa di stare al mio passo, e alternando momenti di camminata veloce ad altri di leggera corsa, il tempo è trascorso senza che ce ne accorgessimo.
Il tragitto verso casa mia sta procedendo, invece, calmo e silenzioso. Ma mi rendo conto che io mi senta lo stesso a mio agio. Mentre sono nascosta dal suo sguardo, però, mi ritrovo a guardarlo, reprimendo un sospiro davanti alla sua iniziativa: il mio appartamento, infatti, non dista tanto, ma Luca si è offerto di fare la strada insieme.
"Sei stato gentile ad accompagnarmi, anche se non dovevi; abito praticamente a due passi dalla villa comunale" gli faccio presente, mentre armeggio con le chiavi della porta, ma non riesco a fare a meno di accennare un sorriso pieno di gratitudine.
Mentre osservo Luca al mio fianco capisco una cosa, un qualcosa che, in realtà, ho compreso inconsciamente da settimane. Ero sicura che avrei avuto le redini della situazione, adesso, ma mi rendo conto che io e Luca combattiamo ad armi pari in un gioco che ci ha coinvolto talmente tanto che sarebbe impossibile solo pensare di tornare indietro. Ma io non voglio, non voglio più dopo che ho scoperto cosa significhi avere il suo conforto e la sua vicinanza.
Luca abbassa lo sguardo, accennando un sorriso, prima che il suo corpo si spinga verso il mio.
"Anita" mi richiama "non ti ho raggiunto al parco solo perché il pensiero che fossi da sola mi preoccupava: l'ho fatto perché volevo vederti e passare questo tempo prima del lavoro con te e, anche adesso, ti ho accompagnato a casa perché lo sentivo e non perché mi sia sentito costretto".
La sua confessione è capace di provocarmi un certo scalpitio nella gabbia toracica, così io lo guardo e sento che non vorrei mai smettere di farlo.
Tum, tum, tum...
"Oh.."sussurro, d'un tratto intimidita dal suo sguardo su di me.
Mi rendo conto solo quando impatto con la porta dietro di me che Luca si sia fatto ancora più vicino, abbassandosi su di me e respirando così vicino al mio viso. Avverto il suo respiro caldo planare sul collo e farmi desiderare che lui non vada via.
Così alzo lo sguardo verso di lui, trovandolo a fissarmi con un sorriso ipnotico.
"Anita..."sussurra, accarezzandomi con dolcezza una guancia. Le sue dita tracciano un percorso immaginario sul mio viso, facendomi sciogliere sotto il suo tocco.
"So di averti detto che ti avrei lasciato del tempo ed è quello che ho intenzione di fare, ma non riesco a starti lontano. Lo capisci, vero?" mi confessa con uno sguardo combattuto.
Lo capisco, eccome, perché è la stessa esigenza che avverto anche io. La stessa esigenza che mi spinge ad alzarmi verso di lui e toglierlo dal dubbio che per me non sia lo stesso. Così lo bacio e il mio sembra quasi un ringraziamento nei suoi confronti. Sfioro le sue labbra, lentamente, imprimendo nella mia mente la loro morbidezza e il loro sapore. Luca rimane sorpreso dal mio gesto, socchiudendo poi gli occhi e sospirando sulle mie labbra. Lo avvicino, allora, dalla nuca, come a volerlo sentire più vicino, ma nessuno dei due ha intenzione di approfondire il contatto.
Poi Luca mi stringe a sé, inglobandomi tra le sue braccia e portandomi ad accoccolarmi al suo petto. Osservo come il mio corpo sembra incastrarsi perfettamente al suo e mi ritrovo ad appoggiare una mano accanto al suo cuore, avvertendolo battere sotto le mie dita.
Vorrei rimanere così ancora a lungo, se non fosse per lui che pensa a interrompere la nostra stretta.
"È meglio che tu entri in casa" proferisce sul mio collo, ma il modo in cui continua a tenermi stretta mi fa presupporre che vuole tutto al di fuori che lasciarmi andare e nemmeno io sono sicura di volermi sottrarre.
Così soffoco un risolino, stringendolo a me di nuovo e lasciandogli un bacio all'altezza del collo.
Il mio gesto lo fa irrigidire e lui pone presto le distanze tra noi, lasciandomi improvvisamente insoddisfatta. Io lo guardo e comprendo che lui, adesso, sia messo a dura prova.
Luca si passa una mano sul viso, stropicciandosi gli occhi, poi passa ad arruffarsi i capelli, teso.
"Vai, Anita" ribatte lui, indicandomi la porta e grattandosi la nuca in imbarazzo. "Ci vediamo più tardi al lavoro. Ok?"
"Ok..."gli replico, sciogliendomi in un sorriso.
Luca alza una mano verso di me in segno di saluto prima che io avverta lo scalpitio dei suo passi lungo le scale e replico il gesto nonostante lui non possa vedermi più.
Mi chiudo la porta alle spalle, appoggiandosi contro di essa, sospirando improvvisamente felice.

Il mio turno in ospedale arriva prima che me ne renda conto, ma sono pronta ad affrontarlo, soprattutto eccitata all'idea di rivedere Luca. Non ho fatto che pensare a lui da quando ci siamo lasciati fuori al mio appartamento. Ho pensato a lui mentre mi spogliavo dei miei vestiti sudaticci, mentre ne indossavo degli altri e mi facevo bella per lui; ho pensato a lui mentre raggiungevo l'ospedale, lasciando che un sorriso affiorasse sulle mie labbra; lo penso adesso mentre percorro il corridoio e bramo il momento in cui lo rivedrò.
E tu Luca, tu stai pensando a me?
Mi sono ritagliata una mia postazione di lavoro nella sala comune, mentre osservo i bambini giocare. Adoro vedere sui loro visi affiorare dei sorrisoni spensierati. Ma mi rendo conto ben presto che oggi mi sia difficile concentrarmi. Luca rappresenta una distrazione troppo grande per essere assopita.
Così, quando lo vedo avvicinarsi dall'entrata della sala comune, il respiro mi si mozza in gola. Perché Luca adesso è qui, sta venendo verso di me e non sono sicura riuscirei a distogliere l'attenzione da qualsiasi cosa non sia lui.
Mi passo una mano sul viso, rilasciando un sospiro profondo, mentre lui arriccia le labbra in un sorriso sottile arrivando accanto alla mia postazione. Non mi sfugge come tutti si voltino a guardarci, eppure, non me ne importa. Che traggono le conclusioni che vogliono.
"Ehi..."accenno nella sua direzione, attenta a non mostrarmi troppo sorpresa dalla sua presenza. 
Luca accenna un risolino, tendendo una mano verso di me.
"Vieni con me" mormora, mettendo su un tono estremamente convincente.
Io lo guardo dal basso della mia direzione e mi ritrovo a reprimere un verso di lamento, scuotendo il capo.

"Luca, non adesso, sto lavorando, dai..." gli faccio notare, indicando l'ambiente circostante.
Lui, a quel punto, si abbassa su di me, facendosi leva sulla scrivania in modo tale che possa parlarmi a un palmo dal viso.
"Dai"ritenta, incastrando il labbro inferiore tra i denti, per nascondere il divertimento. "Il lavoro adesso può aspettare, ho bisogno di farti vedere una cosa".
Il mio sguardo segue, incessantemente, la linea della sua labbra incurvarsi in un sorriso tentatore e ho voglia di ritrarmi per non cadere alla dolce tentazione di sentirle imprimere di nuovo sulle mie.
"Sto lavorando, Luca" mormoro, di nuovo, abbassando lo sguardo e facendo finta che le analisi che sto leggendo siano molto più interessanti di lui a pochi passi da me.
Luca trae un sospiro profondo, arricciando le labbra in una smorfia, fingendosi offeso.
"Va bene...se proprio non vuoi, vorrà dire che me ne andrò" mi fa presente, abbassandosi per fare in modo che incroci il suo sguardo da cane bastonato.

"Ma tu sei proprio sicura di non voler sapere cosa voglia mostrarti?" mi domanda, alzando le sopracciglia in un gesto eloquente per attirare la mia attenzione.

Socchiudo gli occhi, soppesando a lungo la sua espressione tentatrice.
Non guardarmi così, non guardarmi. Mi ritrovo, allora, a sbuffare un sorriso, puntandogli un dito contro.
"Ci pensi tu con Visconti, vero?!" gli faccio notare, fissandolo di sbieco. Non oso immaginare a come potrebbe reagire il mio tutor sapendomi lontana dalle mie mansioni.

"Tranquilla" ammette lui, sciogliendosi in un sorriso vittorioso. Poi mi fa segno di afferrare le sue mani per alzarmi. Luca mi aiuta a tirarmi su e finisco per sbilanciarmi troppo verso di lui. Così ci ritroviamo a ridere per il mio tentativo maldestro di mantenermi in piedi.

Alla fine, dopo aver attratto altre occhiate estremamente curiose, lasciamo la stanza.

Ascolto lo scalpitio dei nostri passi che risuonano per il corridoio, sentendo montare dentro di me un senso di agitazione. Mi sembra di vagare alla ricerca dell'ignoto. Luca, invece, al contrario è così tranquillo. Ma in effetti non è lui quello che ha una spada di Damocle puntata sulla testa.
"Non mi dirai dove mi stai portando, vero?" gli domando, sporgendomi verso di lui per incrociare il suo sguardo. Metto su una delle mie espressioni più convincenti, ma non è abbastanza per spingerlo ad aprire bocca.
Luca scuote il capo in diniego ma mi viene sa pensare perché sulle sue labbra rimanga costante un sorriso; sembra così spensierato e felice e mi ritrovo a chiederne il perché. Il suo comportamento adesso mi insospettisce, eppure, al momento non ho così tante opzioni da valutare.
"Ti piacerà, fidati"ammette, tornando a guardare davanti a sé.
"Ok..." mormoro con poca convinzione, "spero davvero che sia importante come dici".
Avverto,però, gli occhi di Luca rimanermi addosso, mentre raggiungiamo un ambulatorio del pronto soccorso. Perché mi ha portata qui?
Lui arresta il suo cammino, appoggiando un mano sul pomello di una stanza. Si volta verso di me e, notando la mia confusione, si premura di prendermi una mano e stringerla tra la sua.
Il suo gesto mi coglie di sorpresa e, abbassando lo sguardo, mi ritrovo a scrutare il modo in cui le sue dita giochino con le mie, dedite a rilassare la mia tensione. Luca sembra sempre percepire ogni mio stato d'animo.
"Sei pronta?" mi domanda.
Pronta per cosa?
"Luca" ammetto, corrucciando la fronte, in cerca di spiegazioni, "io non capisco, che ci facciamo qui, io..."
Lui appiana, prontamente, ogni mio dubbio, aprendo la porta della stanza davanti ai nostri occhi. Adesso comprendo il perché della sua esistenza...
Rivivo la scena a rallentatore, sentendomene improvvisamente solo una spettatrice silenziosa ed esterna. Perché Lucia è qui, davanti a me, seduta su una delle sedie della stanza, accanto alla scrivania, mentre accenna un sorriso timido e lascia penzolare le gambe.
Io la guardo e mi sembra di non credere ai miei occhi. Allora li stropiccio, ma la sua immagine rimane lì, così vera e nitida.
Luca mi spinge ad entrare, mantenendo la sua mano salda nella mia e appoggiandone un'altra sulla mia schiena, sostenendomi accanto a sé.
"L-Lucia...tu sei qui..."mormoro, con un grosso groppo in gola. Alzo una mano nella sua direzione come se potessi toccarla e avvertire i suoi capelli, il suo viso sotto le mie dita, ma lei è ancora troppo distante da me. Allora porto la stessa mano alle mie labbra, cercando di trattenere lo stupore da cui sento invadermi.

Tum,tum,tumtum, tum, tum...il mio battito accelera, poi rallenta, accellera e rallenta, continuamente. Poi è il turno delle gambe che mi tremano, tutto il mio corpo sembra reagire in preda alla forte emozione. Non ci credo ancora, non riesco a crederci...
"Sapevo che la sorpresa ti sarebbe piaciuta" sussurra Luca, sbuffando un sorriso sul mio collo.
Allora mi volto verso di lui, trovandolo con lo sguardo attento e scrupoloso su di me. Luca mi guarda, mi sta accanto come se avesse paura di vedermi cedere da un momento all'altro.
Eppure, nonostante un minuto dopo senta una lacrima correre giù, lungo la mia guancia, io mi sento solo improvvisamente felice di rivedere Lucia.
Luca al mio gesto corruccia la fronte, facendosi d'un tratto preoccupato. 
"Anita..."sussurra, portando una mano sul mio viso a cancellare quella lacrima solitaria che mi è sfuggita.
Appoggio la mia mano sulla sua, stringendo le mie dita con le sue, e incrocio lo sguardo di Lucia che ci osserva attenta ma silenziosa.
Bramo dalla voglia di stringerla tra le mie braccia; cullarla a me e riscoprire come sia bello sentirla accocolarsi a me; respirare il suo profumo e accorgermi di non averlo mai dimenticato.
Lucia è graziosa, stretta in un delizioso vestitino a balze che la fa sembrare una principessa.
"Va tutto bene" ammetto, lasciando affiorare un sorriso sulle mie labbra. "Ma Lucia, Lucia cosa fai qui?" le domando, scuotendo il capo, ancora incredula.
Lei, a quel punto, si porta una mano alle labbra, soffocando una risatina. Dolce e melodiosa. Proprio come è lei.
È Luca a rispondermi, circondandomi le spalle per spronarmi a prendere posto.
"Vieni, Anita"mi fa presente, accompagnandomi verso una sedia posta proprio accanto a Lucia. "È meglio che tu ti sieda, ok?"
"Ok..."annuisco, melliflua, con i miei occhi calamitati dalla bambina che mi è di fronte.
"Vuoi un po' d'acqua?" mi domanda lui, accertandosi sulle mie condizioni. Non posso fare a meno di concedergli un sorriso, intenerita dalla sua preoccupazione nei miei confronti.
La verità è che adesso mi importa solo che Lucia sia qui con me; le sensazioni che sento di provare sono tutte assolutamente positive: emozione, stupore, gioia.
"Sto bene, Luca, davvero. Grazie ".
"Ok..."annuisce lui, sbuffando arreso, nonostante legga nel suo sguardo poca convinzione. La sua presenza alle mie spalle, però, riesce a darmi la giusta dose di rassicurazione di cui avverto aver bisogno.
Allora torno a porgere la mia attenzione su Lucia e ho l'istinto di porgere una mano verso di lei, eppure, improvvisamente, affiora la paura che mi possa rifiutare. D'altronde è andata via da questo ospedale, più di un mese fa, con il segno di una promessa infranta.
"Ciao, Lucia..."le sorrido, allora un po' incerta.
"Ciao, Anita..." replica lei, allo stesso modo, dedicandomi però un dolcissimo sorriso. Un sorriso dedito ad appianare qualsiasi mio dubbio.
"Allora, qualcuno vuole spiegarmi cosa sia successo?"
Luca appoggia una mano sulla mia spalla e sento che potrei sciogliermi per l'occhiata complice che lui e Lucia si lanciano. Poi la piccola annuisce lievemente e questo dà modo a lui di cominciare a parlare.
"Ecco, Anita..."proferisce lui, a disagio. "Dobbiamo raccontarti un cosa".
"Ma tu non ti arrabbi, vero?" aggiunge Lucia, unendo le mani a mo' di preghiera, e scrutandomi con un'espressione speranzosa.
"Arrabbiarmi? Per cosa?" domando confusa, facendo alternare lo sguardo prima su di lei e poi su Luca.
"Lucia ha finto un malore per venire qui in ospedale" confessa proprio lui, grattandosi la nuca, teso.
"COSA?!" replico, sbarrando gli occhi, sorpresa da una tale rivelazione. "Hai davvero fatto questo, Lucia?" le domando, come a conferma.
Lucia annuisce, abbassando lo sguardo e coprendosi il viso con le manine, intimorita da un rimprovero.
"Lucia" la richiamo, seria, anche se ammetto non riesca ad essere arrabbiata con lei. Come potrei? Soprattutto dopo che il suo gesto mi ha permesso di rivederla.
"Scusa, scusa, scusa, scusa..."cantilena lei, facendo affiorare un occhio semichiuso dallo scudo che le sue mani formano sul suo viso. "Mi perdoni, vero? Io non lo faccio più" aggiunge, portando una delle mani al petto in tono solenne.
"Lucia..."le replico, scuotendo il capo, ma senza nascondere un piccolo sorriso, intenerita dal suo gesto.
"Io e Lucia abbiamo abbondantemente parlato, prima che tu ci raggiungessi, su quanto il suo gesto sia stato scorretto. I signori Cattaneo, conoscendo il suo trascorso, sono corsi in ospedale, preoccupati che il suo malore potesse dipendere dal suo trapianto. In pronto soccorso, allora, leggendo la sua cartella clinica e sapendo fossi il suo medico curante, mi hanno contattato subito. Presto mi sono reso conto che Lucia fosse perfettamente in salute" racconta Luca, abbassandosi poi all'altezza della bambina.
I signori Cattaneo, quindi lei è con loro. Oh...
Lui appoggia le mani sulle sue ginocchia, avvicinandosi per parlarle da vicino. "Lucia, mi hai promesso che non lo farai più. Su queste cose non si scherza. Ok?" le chiede a conferma, serio.
Lei annuisce ripetutamente, mordendosi un labbro. "Promesso" ammette poi. "È solo che mi mancavate..."aggiunge, abbassando lo sguardo per giocare distrattamente con le dita delle mani.
La sua affermazione ci fa sciogliere entrambi in un sorriso. Quanto mi sei mancata, Lucia...
"Oh, tesoro..." le replico, " ma non avevi bisogno di mettere in scena questa cosa. Bastava che lo dicessi ai tuoi..." le parole sembrano mancarmi.
Luca incronta la mia incertezza e arriva prontamente a salvarmi da questa sconveniente situazione.
"Già, Lucia. Anita ha ragione, sono sicuro che se tu glielo avessi detto, i signori Cattaneo ti avrebbero portato a trovarci".
"Va bene"replica lei, d'un tratto intimidita. "Ma voi non siete arrabbiati, vero?" ci domanda, arricciando le labbra in una smorfia, preoccupata
"No"affermo, trovando il consenso di Luca, che annuisce alle mie parole, "non lo siamo più". Poi alzo un dito nella sua direzione, come a volerle ribadire il concetto:"A patto che tu non..."
"Sì, sì"ammette lei con un sorriso birbante. "Non lo faccio più".
Luca passa a scompigliarle i capelli, scendendo poi ad accarezzarle con premura una guancia. Lucia socchiude gli occhi sotto il suo tocco, dedicandogli un dolcissimo sorriso.
"Sai, Luca..."proferisce, afferrando una sua mano per giocare distrattamente con le sue dita. "Non è vero che sei cattivo, sei il dottore più bravo del mondo e io ti voglio tanto bene".
Osservo gli occhi di Luca farsi lucidi, commosso dalla sua rivelazione e, mentre li osservo, non riesco a fare a meno di pensare a quanto siano belli.
"Oh, piccolina, vieni qui" Luca abbassa lo sguardo- forse a nascondere la sua debolezza- facendole segno di avvicinarsi per stringerla in un forte e dolce abbraccio. "Te ne voglio anche io" ammette, nascosto dal suo corpicino.
Lucia si accoccola a lui, stringendo le sue esili braccia attorno al suo collo. Lo tiene stretto a sé, artigliandolo con le sue mani, e incrocia il mio sguardo dalla sua spalla. Accenno un sorriso nella loro direzione, sciogliendomi davanti alla loro immagine.
"Anita" mi richiama proprio lei, arricciando le labbra in una smorfia buffa. "Voglio bene anche a te"
Accarezzo la sua piccola testolina, dedicandole un'occhiata malinconica. Come ho fatto tutto questo tempo senza lei?
Luca, a quel punto, si volta verso di noi, lanciandomi uno sguardo sinceramente spensierato e sereno. "Abbraccione di gruppo?" ci fa presente, allargando le sue braccia per accoglierci entrambe. Mi spingo, allora, verso di lui, e soffoco una risata divertita, stretta dai loro corpi. E noi ci stringiamo, con i nostri corpi che si cercano come se volessimo appurare che questa sia la realtà e non il segno di un'utopia.
Riavere Lucia tra le mie braccia,avvicinarla a me dopo così tanto tempo, è qualcosa che non sono in grado di spiegare. Ma è dannatamente bello e sento di non volerla lasciare più. Lei è tanto piccola e delicata e scopro di non aver mai dimenticato il suo profumo dolce.
"Anita" mi richiama lei, poco dopo, facendo capolino tra le nostre spalle. "Lo sai che Chicco è scomparso?" mi fa presente, riferendosi al suo peluche, quello che Irene Berardi ha lasciato cadere, quando l'hanno riportata in casa famiglia.
"Oh..."le faccio notare, accarezzandole una guancia, rammaricata. "Chicco è a casa mia, l'hai perso quando sei andata via. Mi dispiace io, se avessi saputo che tu..."
Lei torna a concedermi quel suo sorriso adorabile, lasciando gonfiare le guance, buffamente. "Non fa niente. Voglio che lo tieni tu, Chicco sta bene con te"ammette, candidamente.
"Va bene" ammetto, con un tumulto nel cuore, mentre torno a farla accoccolare al mio petto. In me si fa spazio un forte senso di completezza.
"Ok, per quanto mi dispiaccia, dobbiamo tornare di là. I Cattaneo ti stanno aspettando, Lucia" ammette, dopo poco, Luca, con un'espressione contrita in volto e sciogliendo la nostra stretta.
Lucia rilascia uno sbuffo, riluttante all'idea di lasciarci andare. E, nonostante non voglia neanche io, sono costretta a farlo.
"Parlerò io con loro, metterò una buona parola affinché non si arrabbiano, ok?" le fa presente Luca, tendendole la sua mano, affinché gliela stringa.
Osservo gli occhi di Lucia essere attraversati da un guizzo di furbizia. "Va bene" ammette, infatti, fin troppo tranquilla.
La piccola si volta poi verso di me, porgendomi l'altra mano libera. Osservo le sue dita avvicinarsi alle mie e tenermi strette a sé. Non ti lascio, Lucia, non ti lascio....

Poi, insieme, lasciamo la stanza.

I signori Cattaneo, Massimo e Clelia, ci aspettano nella sala d'attesa. Mentre ci dirigiamo verso di loro, sul volto di entrambi riesco a scorgere i tratti tesi, preoccupati dall'esito che una tale situazione gli ha procurato. Massimo tiene sua moglie stretta a sé, cercando di infonderle un certo conforto. Se solo sapessero...
Non appena ci vedono arrivare, si alzano frettolosi dalla loro postazione e Clelia rilascia un sospiro, scrutando Lucia al nostro fianco.
"Oh, Lucia..."sussurra, sorpresa. "Dottore, Lucia sta bene, vero?"aggiunge, voltandosi in direzione di Luca, supplicandolo con lo sguardo di ricevere una risposta affermativa.
Abbasso lo sguardo alla piccola al mio fianco che non sembra volersi allontanare da noi. 
Luca assume un atteggiamento professionale, portando le mani dietro la schiena per incrociarle e accenna un piccolo sorriso cordiale. "Sì, Lucia sta bene" ammette, facendoli sospirare di sollievo.
"Dio, grazie!" replica Clelia, portandosi una mano al petto e celando una certa commozione nello sguardo.
Suo marito al suo fianco, le accarezza con premura un braccio."Ci siamo davvero preoccupati molto, ma cosa è successo, dottore?" domanda, abbassando lo sguardo per sorridere alla piccola Lucia.
Osservo i tratti di Luca tendersi alla loro richiesta, ma è un attimo prima che ritrovi tutta la sua calma e compostezza.
"Proprio di questo volevo parlarvi. Io e la mia collega abbiamo discusso a lungo con Lucia su quanto sia comportata male. Spero possiate essere comprensivi, nonostante il suo gesto sia stato scorretto; dovete sapere che era mossa da una buona causa. Ecco, vedete, Lucia non ha subìto nessun malore, ha solo finto di sentirsi male"confessa poi, alla fine.
I signori Cattaneo si lanciano un'occhiata di sconcerto, puntando poi lo sguardo su Lucia che accenna un sorriso, angelica.
"Lucia..."la richiama Clelia, ancora incredula, "perché hai fatto tutto questo? Io non capisco..."
Lei abbassa la testa, nascondendosi vicino alle mie gambe. "Volevo vedere Luca e Anita" mormora, indicandoci.
Clelia, allora, sbuffa un sorriso, abbassandosi sulle ginocchia e facendole segno di avvicinarsi. "Oh, tesoro, vieni qui..."
Lucia esita un po', incerta sul raggiungerla, ma questa volta sono io ad appoggiare una mano dietro la sua schiena, per spingerla ad avvicinarsi.
Le concede un sorriso, quando la piccola le è vicina, passando ad accarezzarle le guance con premura. "Perché non ci hai detto nulla?" le domanda.
Lucia abbassa lo sguardo, prendendo a giocare distrattamente con le dita delle mani. "Non lo so..."
Clelia afferra le sue mani per stringerle e continua  a parlare con la stessa dolcezza che sembra contraddistinguerla. "Ti avremmo accompagnato, se ce lo avessi detto" le fa presente.
Allora Lucia alza lo sguardo per puntarlo su Massimo che ha assistito alla scena, intenerito, come ad avere la sua approvazione. "Vero, Clelia ha ragione" conferma.
Improvvisamente, la piccola corruccia la fronte, spalancando le labbra in una O, stupita.
"Ma quindi, quindi voi non siete arrabbiati?" domanda, abbassando lo sguardo, intristita. Ed è a quel punto che comprendo quale fosse il suo intento. Invece, a differenza di ciò che pensava, i signori Cattaneo hanno dimostrato di aver capito.
"No, tesoro, no" le concede Clelia, aprendosi in un risolino, divertita. "Ma non farci prendere più questi brutti spaventi, ok?" le domanda, alzando un dito nella sua direzione.
Il parallelismo con la nostra conversazione nello studio mi fa aprire in un sorriso malinconico.
Massimo appoggia una mano sulla spalla di sua moglie, aiutandola ad alzarsi e lascia una carezza sul capo di Lucia. Lei, a quel punto, rilascia un piccolo sbuffo, giungendo le braccia dietro la schiena e lasciando dondolare il corpo.
"Non lo faccio più..."sussurra, voltandosi nella nostra direzione, facendo affiorare sul suo viso un'espressione triste.
"Tesoro" Clelia richiama l'attenzione su di sé, porgendole una mano, affinché lei la stringa. "Andiamo?"
Lei mantiene lo sguardo su di noi: sembra supplicarci di non lasciarla andare. Luca, a quel punto, appoggia una mano sulla mia spalla, tenendo salda la presa su di me, in un puro gesto di vicinanza e rassicurazione. Lui sembra starmi accanto, come a dirmi non vacillare, sono qui, non ti lascio.
Faccio di tutto per trattenere l'emozione da cui sento invadermi, ma mentre guardo la giovane coppia a cui Lucia è stata affidata, comprendo che Lucia abbia amore, comprensione, sostegno e dolcezza; tutto ciò di cui ha bisogno. Lei con loro può essere davvero al sicuro e ambire alla vita che si merita.
Alzo una mano nella sua direzione a mo' di saluto, spronandola ad andare via. Così lei abbassa lo sguardo, ricongiungendosi con la sua nuova famiglia. Clelia e Massimo l'accolgono tra le loro braccia, felici di riaverla con loro e ci salutano cordialmente, pronti ad uscire dall'ospedale.
Lucia incrocia il mio sguardo, un'ultima volta, mentre si allontanano. Accenno un sorriso nella sua  direzione, facendole ciao, ciao con la mano. E, nel frattempo che la vedo andare via, sempre di più, capisco che io adesso mi senta pronta a lasciarla andare.
Luca mi stringe a sé, facendo in modo che la mia schiena si adagi al suo petto, inglobandomi in un abbraccio. Stretta da lui, mi concedo di lasciare scivolare una piccola lacrima che però mi premuro di cancellare sùbito.
"Anita, va tutto bene?" mi domanda lui, rilasciando un sospiro sulla mia spalla.
"Sì..."gli sussurro."Sì!" ammetto, con più convinzione, lasciando che l'immagine di Lucia scompaia dal mio campo visivo. "Va tutto bene".
Va tutto bene, se tu sei al mio fianco.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti! ❤❤
Mi dispiace averci messo un po' di tempo per postare questo capitolo, ma ho trovato parecchia difficoltà nello scrivere. Poi, soprattutto, arrivati a un punto cruciale, ho avuto bisogno di riordinare le idee.
Comuunqueee, come vi avevo promesso, abbiamo rivisto Lucia. Contentii? Scommetto di sì, e vi confesso che mancasse anche a me scrivere di lei. La nostra piccola, dolce, Lucia... 
Finalmente, però, abbiamo scoperto che cosa le sia successo; è stata affidata alla famiglia Cattaneo che sembra dedicarle tanto amore, eppure la piccola ha escogitato  uno stratagemma per ritornare in ospedale e rivedere Luca e Anita. Che furbetta ahaha!
E grande svolta nella storia: Anita si è detta pronta a lasciare andare la piccola Lucia, ma sarà davvero così, e soprattutto la rivedremo ancora?
Questo lo scopriremo strada facendo ma, intanto, fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto e vi ha emozionato come è stato per me nello scriverlo. Nel frattempo, ringrazio chiunque abbia inserito la storia nelle sue liste e chi ha commentato lo scorso capitolo. GRAZIE dal profondo del cuore.

Vi abbraccio forte, alla prossima!!












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Capitolo 50
*** Capitolo 49 ***


Capitolo 49
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 49



Rilascio un sospiro, osservando il cielo che si è tinto di una tonalità blu scuro, dandoci la possibilità di godere di una notte colma di stelle. Punto il mio sguardo proprio alle piccole scie che illuminano il cielo e mi sento immensamente grata per la giornata trascorsa, per l'incontro con Lucia, la vicinanza di Luca.
Una leggera brezza accarezza la pelle del mio viso, portandomi ad abbassare lo sguardo proprio a lui che cammina silenzioso al mio fianco. Quando mi volto nella sua direzione, mi rendo conto che il suo sguardo fosse già fisso nel mio e mi ritrovo a sorridergli.
"Ci vieni in un posto con me, stasera?" mi chiede allora Luca, mentre continuiamo a farci strada nel parcheggio verso le nostre automobili.
Accenno un sorriso, giocando distrattamente con una ciocca dei miei capelli.
"È già stasera, Luca" gli faccio presente, portandomi una mano alla bocca per soffocare un risolino e mi rendo conto che siamo arrivati alla mia auto.
Lui infila le mani nelle tasche del cappotto, appoggiandosi al parabrezza della mia automobile, arricciando le labbra in una smorfia buffa.
"Ti passo a prendere alle 21. Ti basta questo lasso di tempo per farti una doccia e prepararti?" replica, lanciandomi un'occhiata di sbieco, per poi tornare a guardare fisso davanti a sé.
Alzo le sopracciglia in un gesto eloquente, arricciando le labbra in una smorfia divertita. " Non mi basterà un'ora per riprendermi da questa giornata" ammetto, aprendomi poi in un sorriso stanco e malinconico.
"Ehi..." Luca si sporge verso di me, afferrando una ciocca dei miei capelli per portarla dietro il mio orecchio. Il suo gesto e la sua vicinanza mi provocano un certo batticuore. Poi mi dedica uno dei suoi sorrisi, quelli che amo tanto. "Mi prenderò cura di te, per stasera. Ok?" ammette con un tono di voce basso e roco, avvicinandosi per parlarmi a un palmo dal viso.
Incrocio il suo sguardo, trattenendo il sospiro per la promessa intrisa nelle sue parole e per la dolcezza con cui sono state pronunciate.
Mi prenderò cura di te...
"V-va bene" acconsento, voltandomi per salire in auto, velocemente. Ho bisogno di allontanarmi da lui per riprendermi.
Luca rimane al mio fianco, appoggiando una mano accanto alla mia sullo sportello. Mi scruta salire in auto e mettermi al volante, alzando una mano nella mia direzione a mo' di saluto.
"A dopo" proferisce in un sorriso.
"A dopo".
Mentre metto in moto e mi allontano, facendo retromarcia per immettermi in strada, mi rendo conto che come il mio, anche il suo sguardo mi segua, finché non sono troppo lontana dalla sua vista. Mi ritrovo ad essere emozionata all'idea di rivederlo.

È un appuntamento? Lo è o devo considerarla una semplice uscita? Non faccio che pensarci da quando ho messo piede in casa.
Ma scommetto che lo saprò solo una volta che sarò con lui e, d'altronde, non ho idea di dove abbia intenzione di portarmi. Quindi, dopo essermi dedicata del tempo per me stessa, almeno per fare una doccia rilassante e rinvigorirmi, decidere cosa mettere si rivela essere la scelta più ardua. Devo optare per qualcosa di casual o di più elegante? Mi ritrovo a sbuffare, mentre cerco alla rinfusa qualcosa di adatto nell'armadio. L'agitazione però non mi permette di ragionare lucidamente. Sbuffo, allora, lasciandomi ricadere sul letto, con le mani in grembo e un'espressione combattuta.
Alla fine, osservo ansiosa lo schermo del mio cellulare e mi rendo conto che manchi poco all'orario prefissato. Devo sbrigarmi. Mi rimetto in piedi, correndo da una parte all'altra e cercando alla rinfusa tra gli abiti che ho lasciato ricadere sul letto e sulla poltrona.
Stai calma, Anita, stai calma...
Allora decido di optare per qualcosa di semplice ma che possa essere allo stesso tempo sofisticato. Una maglia dai toni chiari e delicati con lo scollo a barba, infilata in dei jeans a zampa di elefante. Per terminare il mio look un blazer rosa con il collo a scialle e degli stivaletti con il tacco quadrato. Decido di giocare con gli accessori, indossando un punto luce e degli orecchini a cerchio e di truccarmi un po' più del solito. Alla fine, guardo il mio riflesso nello specchio, facendo una giravolta su me stessa, e mi ritrovo a pensare che mi piaccia tanto quello che vedo. Il mio viso è luminoso e so benissimo da cosa dipenda tutta questa mia euforia.
La telefonata di Luca arriva mentre sto dando un'ultima passata di mascara sugli occhi, giusto per intensificare ancora di più il mio sguardo, e sussulto, sorpresa e agitata, scorgendo il suo nome sul display.
Ma mi ritrovo ad apprezzare che mi abbia chiamato e non si sia astenuto a un semplice messaggino.
Mi avvisa che mi aspetta di sotto, mentre il suono della sua voce risuona così seducente nelle mie orecchie e gli faccio presente che scenderò a breve.
Osservo le mie dita tremare leggermente in preda all'ansia e traggo un respiro profondo cercando di regolarizzare il mio batticuore, invano.
Mi chiudo la porta alle spalle, decidendo di prendere le scale, per approfittare di questo lasso di tempo per schiarirmi la mente. Non ho aspettative su quella che sarà la nostra serata o quello che potrebbe comportare per il nostro rapporto, ma sento di voler star bene e godermi ogni istante con lui. E, quando raggiungo Luca che mi aspetta appoggiato alla sua automobile, il respiro mi si mozza in gola. Perché lui è troppo bello, stretto nel suo cappotto, con i capelli portati indietro dal gel e il suo sguardo completamente puntato su di me. Mi ritrovo a notare, tirando un sospiro di sollievo, che abbia scelto anche lui un look casual.
Abbasso lo sguardo, arrossendo in imbarazzo, scrutando i suoi occhi percorrere con insistenza il mio corpo, mentre mi avvicino a lui, che, allo stesso tempo, compie alcuni passi nella mia direzione.
Luca mi sorride, porgendomi la sua mano. "Sei davvero bellissima" sussurra, aprendomi lo sportello dal lato del passaggero, affinché io entri. Mi ritrovo a essere compiaciuta dalla sua galanteria, ringranziandolo con lo sguardo. Poi lui fa il giro dell'auto, e prende posto al mio fianco. Mi porto le mani al grembo, giocando distrattamente con le dita, mentre osservo Luca passare le sue sul tessuto dei pantaloni, guardando nella mia direzione.
Rilascio un sospiro, spezzando il silenzio che ci ha invasi. "Allora, dove mi porti?" gli domando, curiosa.
Luca porta lo sguardo fisso davanti a sé, stringendo le mani sul volante e sbuffa una risata. "Non te lo dirò. Ti fidi di me?" domanda, girandosi di nuovo nella mia direzione per incrociare i miei occhi.
"Mi fido di te" proferisco in un sorriso.
"Bene" sussurra lui, ma, mentre ritorna a guardare dritto alla strada per mettere in moto, mi rendo conto che il suo sorriso sia il più bello che io abbia mai visto.
Poi, quando mi volto a guardare fuori dal finestrino, Luca muove una mano verso di me, la porta sulle mie, chiuse in grembo, accarezzandone in dorso e invitandomi a intrecciare le sue dita con le mie. Rimango a fissare come le nostre mani siano unite, la sua presa salda e calda su di me e, instintivamente, mi ritrovo a sorridere anche io.

Mentre scendiamo dall'automobile, punto lo sguardo al pub/steakhouse che mi è di fronte. Luca rimane alcuni passi dietro di me, impegnato ad inserire l'antifurto, ma quando mi raggiunge, sistemandosi al mio fianco e notando che mi sia fermata impalata, si volta nella mia direzione con un'espressione incuriosita.
Arriccio le labbra in una smorfia, ricambiando il suo sguardo su di me. Non mi aspettavo mi portasse in un pub, ma non perché pensavo che la nostra direzione potesse essere diversa, solo che non credevo che...
"Cosa c'è?" mi domanda, notando la mia confusione.
"Niente, niente"ribatto, evasiva, puntando lo sguardo all'entrata del locale. Poi, senza aspettare che lui mi segua, mi premuro di entrare per togliermi dall'imbarazzo di dirgli che non fosse tipo da questi posti.
Luca soffoca una risata, prendendo ad avvicinarsi. Noto la sua presenza dietro di me e il suo respiro infrangersi su di me, nel suo tentativo di aprirmi la porta. Mi volto verso di lui, che mi fa cenno di entrare e mi ritrovo a scuotere il capo, divertita.
Non appena metto piede nel locale, le note di una canzone dei Pink Floyd invade le mie orecchie e mi ritrovo a scuotere il capo a ritmo. Il locale ha tutto l'aspetto di un pub irlandese, con l'arredamento interamente in legno, le luci soffuse, con i lampadari che pendono dal soffitto, i boccali di birra disposti in ordine su delle mensole che costeggiano il bancone. I tavolini sono posti, invece, tutti intorno, a L, con delle tovagliette rosse e i bicchieri in vetro. Nell'aria permae, institente, l'odore di cibo ma mi ritrovo a pensare che non sia affatto fastidioso, anzi, è quasi invitante. Il mio stomaco si esibisce in un brontolio sommesso.
Un cameriere arriva ad accoglierci, sorridendoci cordiale e accompagnandoci a un tavolo libero. Lo ringraziamo, prima di prendere posto e sederci.
"È carino qui..."ammetto, guardandomi intorno.
Luca accenna un sorriso, allungando una mano verso di me per afferrare un menù.
"Ma?" mi domanda, scrutandomi di sottecchi, mentre finge che quello che sta leggendo sia più interessante.
Abbasso lo sguardo, nascondendo una risata. Adesso glielo dico, promesso...
"Beh, non mi aspettavo fossi tipo da questi posti, ecco..." gli faccio notare, allargando le braccia per indicare ciò che ci circonda.
Luca si acciglia, lasciando ricadere il menù sul tavolo e porta una mano al petto con fare dispiaciuto, simulando un'espressione di sorpresa.
"Sono desolato, ma non ho fatto in tempo a prenotare in un ristorante chic e dalla cucina raffinata" replica con un noto fintamente serioso; capisco dalla sua espressione che stia al gioco. "Prometto che mi rifarò!" aggiunge, aprendosi in un occhiolino.
"Ma che scemo sei!" gli replico, colpendolo scherzosamente a un braccio.
"Ahia!" si lamenta, arricciando le labbra e ritirandosi dal mio tocco. "Sei cattiva".
Mi apro, allora, in una piccola e breve risata prima di tornare a parlargli.
"Non è per questo che sono rimasta sorpresa. Non mi interessa dove siamo, se questo sia un pub, un ristorante chic, un bar, un fastfood, a me basta che ci sei tu con me..." gli confido a cuore aperto.
Luca fissa i suoi occhi nei miei, sorridendomi dolcemente.
"Anche per me è lo stesso, Anita" ammette, avvicinando una mano, accanto alla mia, lasciandola sfiorare con la sua. Il suo gesto mi procura alcuni brividi su per la schiena.
"Ma continua pure, sono curioso di sapere cosa volessi dirmi" aggiunge, lanciandomi un'occhiata di puro divertimento.
Lo osservo a mia volta a mo' di sfida. "Beh sì, non pensavo che un tipo sportivo come te potesse lasciarsi andare a certi peccati di gola" gli faccio notare, mettendo su un'espressione da so tutto io.
Luca incrocia le braccia al petto ed è il suo turno di scoppiare a ridere, adesso. Osservo come, quando porta la testa all'indietro, ridendo calorosamente, alcune ciocche di capelli gli scivolino sulla fronte, donandogli un'aria così sbarazzina e...bella.
Mi ritrovo a sorridere anche io, rendendomi conto che ogni parte di me sia catalizzata su di lui e che non riesca a smettere di guardarlo.

Poco dopo, ritrova un attimo di serietà, ma mi rendo conto che, ancora, anche quando prende a parlarmi, trattenga il labbro inferiore tra i denti per evitare di scoppiare a ridere.
"Sì, è vero, seguo uno stile di vita sano, altrimenti come lo mantengo questo fisico" si interrompe per indicare i muscoli delle braccia, tastandoli per metterli in evidenza, stile macho. "Ma non sono uno fissato con queste cose, e poi, soprattutto, il cibo è un peccato a cui non posso rinunciare, a maggior ragione quando in questo posto fanno gli hamburger più buoni che abbia mai mangiato" mi spiega, giocherellando con l'orlo della sua tovaglietta.

Annuisco, portandomi le mani a coprirmi il viso per nascondere un sorriso divertito.

"E adesso perché ridi?" domanda lui, corrugando la fronte e sporgendosi nella mia direzione.
"Ti sto immaginando mentre mangi albumi d'uovo per colazione... e la scena è, è troppo divertente" gli confesso, non riuscendo a trattenermi dalle risa.
Luca assottiglia lo sguardo, arricciando le labbra in una smorfia e facendosi d'un tratto indispettito. "Io mangio albumi d'uovo per colazione" ammette, serio in volto.
"Oh..."sussurro, impacciata, portandomi una mano dietro la nuca. "Scusa..."
Luca poco dopo torna a ridere, prendendosi gioco di me e indicandomi ripetutamente per la buffa espressione che devo aver messo su.
"Non me la sono presa, Anita. Stavo scherzando..."
Mi ritrovo a sospirare di sollievo, ma non ho il tempo di dirgli altro perché un cameriere arriva a prendere le nostre ordinazioni. 
Luca opta per un cheeseburger, mentre io scelgo un hamburger con bacon grigliato e formaggio fuso. Il ragazzo si congeda velocemente, dopo aver appuntato tutto su un dispositivo touchscreen e ci informa che ci porterà subito da bere.

Mentre lui si allontana, però, faccio ricadere il mio sguardo su Luca ed entrambi ci lasciamo andare a un timido sorriso.

Sorseggio un po' della mia coca cola, apprezzando il contrasto che il limone crei con la bibita e mi ritrovo ad osservare Luca che beve un sorso dal suo boccale di birra. Sento che non ne posso fare a meno, ma anche per lui è lo stesso, perché, stasera, i nostri sguardi sono capaci di dirsi più di quanto a parole non riusciamo.
Poi Luca ripone il suo boccale di birra sul tavolo, appoggiando una mano su di esso per avvicinarla alla mia. Mi rendo conto che però, adesso, a differenza di prima non lascia che si sfiorano solamente ma l'afferra tra la sua, accarezzando le mie dita, per intrecciarle alle sue. Sorrido davanti al suo gesto.
"Allora?" domanda, fissando i suoi occhi nei miei. "Parliamo di te. Come stai?"
Mi rendo conto che la sua domanda sia un riferimento alla giornata appena trascorso e mi sento un po' presa alla sprovvista.
"Sto bene..."ammetto, abbassando lo sguardo.
Avverto la presa di Luca rafforzarsi, come a volermi dire che è lì per me.
Così rialzo lo sguardo per puntarlo di nuovo nel suo e scoprendolo a guardarmi con un'espressione seriosa.
"Non mentire, Anita, sai che a me puoi davvero dire tutto..." mi fa presente, lanciandomi un'occhiata di sbieco.
Annuisco, accennando a un sorriso malinconico, e prendo a confidarmi con lui.
"Sai, rivedere Lucia è stato strano..."ammetto, giocherellando distrattamente con la cannuccia del mio bicchiere.
Luca annuisce, spronandomi con lo sguardo a continuare.
"Credo che però, rivederla dico, mi sia servito tantissimo. È stato bellissimo ma mi ha dato modo di sapere che sta bene e che..." mi mordo il labbro, combattendo per terminare la mia frase.
Luca intensifica la sua presa su di me, prendendo ad accarezzarmi con il pollice il dorso della mano. Perché lui lo sa, lui capisce cosa stia provando e io mi sento immensamente grata per questo.
Così, rilascio un respiro profondo e riprendo a parlare.
"Nonostante io non possa offrirle quello che lei avrebbe voluto, so che adesso ha una famiglia che le vuole bene e che potrà darle tutto ciò di cui ha bisogno e si merita".
Luca rimane a lungo con lo sguardo su di me, come a voler soppesare le mie parole, poi annuisce, lasciando affiorare un sorriso sulle sue labbra.
"Sai, ero combattuto a riguardo" mi confida. "Non sapevo se potesse essere una buona idea farvi incontrare ma, allo stesso tempo, sono sicuro che se lo avessi scoperto, avresti dato di matto. Eppure adesso posso dire che tu sia andata benissimo, Anita" ammette con un'espressione fiera.
"Grazie, Luca. Se non fosse stato per te, non sono sicura ci sarei riuscita" ammetto, alla fine, dedicandogli un'espressione riconoscente.
Lui scuote il capo, accennando un sorriso dolce e abbassandosi verso di me per parlarmi più da vicino. "Hai fatto tutto da sola, Anita. Hai preso consapevolezza della situazione e hai compreso cosa fosse giusto per lei, in quel momento..."
Annuisco lievemente, giocando con le sue dita. "Pensi che la rivedremo ancora?" gli domando, incrociando il suo sguardo come a voler chiedere la sua rassicurazione.
Luca porta una sua mano sul mio viso, accarezzando una mia guancia, lentamente. "Certo. Io sono ancora il suo medico curante e Lucia ha dei controlli periodici da seguire, quindi sono sicuro che la rivedremo presto." mi fa presente, scendendo ad apportare una ciocca di capelli che è sfuggita dietro il mio orecchio. Avverto l'elettricità scorrere tra di noi, sentendomi tremare sotto ogni suo minimo tocco. Poi scorgo lo sguardo di Luca scendere alle mie labbra e mi premuro di portare la sua mano, di nuovo, sulla mia guancia, per stringerla tra la mia e socchiudere lievemente gli occhi, lasciando che lui disegni un percorso immaginario sul mio viso.
"Ed ecco le vostre ordinazioni" lo stesso cameriere di prima arriva a spezzare l'idillio del momento, aprendosi in un'espressione costernata, quando si rende conto di aver interrotto qualcosa. Appoggia i nostri piatti, in silenzio, sotto l'occhiata indagatoria di Luca che fa finta di schiarirsi la voce. Se fosse possibile, lo incenerirebbe con il solo sguardo.
Il ragazzo accenna un timido sorriso, muovendosi impacciato. "Buon appetito" sussurra, prima di scappare lontano dai nostri sguardi.
E, mentre mi ritrovo a soffocare una risata per il pessimo tempismo che quel cameriere dimostra di avere, i miei occhi si puntano sui nostri panini farciti con un contorno di patatine e salsa, e sento che adesso l'importante sia appianare il languorino che la sola vista mi ha procurato.


"Non avresti dovuto, ma grazie!" proferisco, facendo riferimento al conto che ha voluto pagare lui, mentre ci muoviamo verso la sua auto, con le pance piene e le espressioni felici.
"Ehi!"Luca si volta verso di me, pavoneggiandosi. "Come non avrei dovuto?! Stai parlando con un gentiluomo, non te lo dimenticare" mi fa presente, mettendo su un'espressione incredula alle mie parole.
Mi porto una mano alle labbra, scuotendo il capo e cercando di nascondere l'accenno di un sorriso che preme, insistentemente di uscire allo scoperto.
"Sei proprio un buffone oppure solo un bravo adulatore" gli replico, aprendomi in una linguaccia, infantile.
Luca strabuzza gli occhi, portandosi una mano al petto con fare fintamente offeso.
"Come hai detto?!" domanda, piegando la testa di lato, invitandomi a ripetere.
"Sei un bravo adulatore" ammetto, muovendomi verso di lui, con un fare seducente.
Luca socchiude gli occhi, osservando i miei gesti, rapito, ma l'attimo dopo sembra riscuotersi, puntando un dito nella mia direzione.
"Ah-ah, cosa hai detto prima?"
"Sei un buffone..."sussurro, a un palmo dal suo viso, per poi voltargli le spalle e sfuggire al suo tocco.
"Ah, sì?"chiede, subito dietro di me.
"Sì"
"Bene!" annuncia, muovendo un passo nella mia direzione. Lui approfitta della mia distrazione per avvicinarsi a me e puntellare le sue mani sui miei fianchi, prima di cominciare a pizzicarmi, facendomi il solletico. Le sue mani scorrono veloci, facendomi vibrare sotto l'effetto delle risa.
Spesso ho sentito dire che quando un uomo è capace di far ridere una donna, è già a un grande passo dall'aver conquistato il suo cuore. Per Luca non è stato difficile farmi innamorare profondamente e irrimediabilmente di lui.
"Dai, smettila!" lo supplico con lo sguardo, quando capisco che sia arrivata al limite. Luca mi ascolta, osservandomi con un sorriso furbo e soddisfatto e mi stringe a sé, facendo aderire i nostri corpi. Siamo così vicini, troppo tale da sentire scorrere ancora la stessa elettricità di prima.
"Andiamocene di qui prima che quel cameriere possa rovinare anche questo momento" mi sussurra, lasciando risalire le sue mani lungo la mia schiena e facendomi rabbrividire di piacere sotto il tocco delle sue dita.
Mi accocolo, allora, a lui, soffocando un sorriso sul suo petto.
"Dai, poverino, l'hai spaventato" ammetto, picchiettandogli con un dito sulla sua spalla.
Luca, a quel punto, appoggia l'indice e il pollice sotto il mio mento per indurmi a incrociare il suo sguardo. Corruga la fronte, arricciando le labbra in una smorfia.
"Ti guardava un po' troppo per i miei gusti, quindi sono stato anche abbastanza gentile con lui" ammette, con un'espressione soddisfatta di se stesso.
Roteo gli occhi al cielo davanti alle sue parole ma non posso fare a meno di pensare che mi piaccia sia geloso. Che sia geloso di me.
"E adesso andiamo!" ammette, stringendo una mano tra le mie, per condurmi alla sua automobile.
L'aria si è fatta lievemente più frizzante quindi, quando siamo finalmente al caldo nell'abitacolo, trattengo un gemito di apprezzamento, appoggiandomi con la testa al sedile e sospirando serena.
Mi volto nella direzione di Luca, scoprendolo con gli occhi socchiusi e uno splendido sorriso ad incorniciare le sue labbra.
Ah, le sue labbra, quanto vorrei baciarle. Vorrei sentirle sulle mie, imprimere nella mia mente la loro forma e il loro sapore, e poi mordere e ancora baciarle, baciarle, senza mai smettere di farlo...
"Ma, allora, questo lo possiamo considerare un vero appuntamento?" gli domando, dando voce al pensiero che più mi ha assillato durante questa serata.
Luca schiude un occhio, voltandosi nella mia direzione e sistemandosi meglio sul sedile; poi corruccia la fronte, e non posso fare a meno di trovarlo tenero.
"Tu vuoi che lo sia?" mi domanda, portando le mani davanti a sé, a stringere il volante.
Scrollo le spalle, sorridendogli. "Ti ho detto che non mi interessa dove siamo, pur di stare insieme, quindi non credo ci sia bisogno di dare un'etichetta a questa serata. Semplice curiosità..."
Luca scuote il capo, come se fosse incredulo davanti alle mie parole. Porta lo sguardo lontano, fuori dal finestrino, per poi puntarlo, di nuovo, nel mio.
"Non è un appuntamento..."ammette, abbassandosi nella mia direzione.
Eppure, nonostante quello che gli ho appena detto, non posso fare a meno di scrutarlo, confusa.
Lui, a quel punto, sorride soddisfatto di aver messo a soqquadro la mia mente e il mio cuore, e appoggia la sua fronte contro la mia.
"Voglio fare le cose con calma, Anita, e desidero che il nostro appuntamento sia perfetto. Voglio che sia una serata indimenticabile" mi sussurra, a voce bassa, come se fosse un segreto tra noi due.
"Anche questa serata lo è stata..."ammetto, abbassando lo sguardo e accennando a un sorriso colmo di gratitudine. Perché ogni attimo di questa sera è impresso nella mia mente e sento che il loro segno sia indelebile.
Luca mi accarezza una guancia, sorridendomi. "Tu lascia fare a me, ok?"
"Ok".
Poi lui mette in moto e il nostro viaggio prosegue verso casa.

Il tragitto è breve e silenzioso, ma mi rendo conto che vada bene così. Perché, questo, mi dà modo di scorgere Luca in ogni sua sfaccettatura. Da come sia concentrato alla guida, muovendosi in strada con una certa sapienza e destrezza e dimostrandosi molto responsabile; a come le sue labbra si arriccino in una smorfia infastidita quando qualcuno commette un'infrazione. È uno elige al dovere lui, sempre e comunque.

Mi lascio incantare dalla sua immagine, rischiando, se fosse possibile, di sbiadire la sua figura, a furia di guardarlo. Ma cosa ci posso fare?
Avverto un suo solo impercettibile movimento nella direzione e mi premuro di schiacciarmi contro il sedile, scuotendo subito il capo verso il finestrino. Ma Luca deve accorgersene perché malcela un sorriso malizioso.
Ho sempre pensato che di notte la città assuma un fascino tutto suo. Con le luci dei lampioni che si riflettono sulla strada, in uno strano gioco di ombre, gli alberi che si rivestono di una leggera rugiada, il silenzio, l'oscurità del cielo...
Mi accorgo che ci stiamo avvicinando al palazzo dove abito e, solo quando Luca accosta, mi volto nella sua direzione, indecisa sul da farsi.
Come ci saluteremmo, adesso?
È Luca a togliermi dall'imbarazzo di questa situazione, sporgendosi nella mia direzione per abbassarsi sul mio viso.
Avverto il suo respiro infrangersi sulla mia pelle, ma, se pensavo che lui volesse baciarmi, non lo fa e si limita a sfiorare la mia guancia con le sue labbra.
"Buonanotte..." mi sussurra.
"Buonanotte" proferisco in un sorriso, prima di scendere dalla sua automobile.
Percorro il vialetto che dal cancello conduce al portone, voltandomi ancora una volta nella sua direzione e scoprendolo ancora lì, ad aspettare che io entri in casa.
Gli sorrido, un'ultima volta, chiudendomi il portoncino alle spalle. Potrei seriamente mettermi a ballare per la serata appena trascorsa, ma risulterebbe troppo infantile. Così, sgambetto su per le scale, con un sospiro sognante a farsi spazio tra le mie labbra.
È il trillo del mio cellulare a riportarmi alla realtà, inducendomi a estrarlo dalla borsa, con la curiosità di scoprire chi possa essere il mittente.
È un messaggio, ed è di Luca.
Lo apro con le dita che mi tremono.
"La prossima volta saremo in un ristorante elegante, magari con una romantica vista mare e tu sarai bellissima come sempre...ci stai? Prenoto?😜" 
Scuoto il capo, reprimendo un sorriso.
"Chi ti dice che io sia disposta a venire con te? Controllerò la mia agenda e ti farò sapere😉"
"Ah, capisco, adesso fai la sostenuta...😞eppure mi sembrava che fossi stata tu a dire, non importa dove, basta sia con te...😏"    
Reprimo una risata, digitando i tasti sempre più velocemente, lasciandomi prendere dalla nostra conversazione sempre più coinvolgente.
"Touchè! E...non vedo l'ora"
"Anche io".
Mi porto il telefonino al petto, mordendomi un labbro per reprimere un urletto. Sembro un'adolescente alla sua prima cotta.
"Buonanotte❤ " digita ancora lui.
"Buonanotte ❤ " gli scrivo, mentre mi chiudo la porta alle spalle. Poi mi lascio ricadere sul letto, soddisfatta, alzando agli occhi al cielo, sognante.
Non vedo l'ora...

Il mattino seguente arriva prima che me ne renda conto, eppure so da cosa sia dettata la frenesia dei miei gesti negli ultimi giorni.

Mi sono sentita così una sola volta nella mia vita: ero al liceo e il protagonista dei miei sogni più segreti e romantici era, anche all'epoca, Luca.
È strano pensare a come le cose siano cambiate tra di noi, ma sento che voglio vivermi tutto ciò con la spensieratezza, che la fase di un innamoramento può caratterizzare. Voglio camminare sospesa tra sogno e realtà, lasciandomi coinvolgere da questo sentimento che sento crescere e diventare più forte ogni giorno di più e non smettere mai.

Con le mie amiche ci scambiamo il buongiorno nel gruppo che abbiamo in comune e decidiamo di organizzare qualcosa in serata. È davvero troppo che non ci vediamo e abbiamo bisogno di aggiornarci sulle novità che hanno caratterizzato le nostre vita negli ultimi tempi.
A far capolino tra i messaggi, spunta anche il dolcissimo buongiorno di Luca e io mi ritrovo a rispondergli, intrepida di poterlo rivedere ancora in ospedale.
Quando ti senti felice, hai come l'impressione che qualsiasi cosa capiti al tuo occhio, assuma un significato diverso, particolare. Inizi a vedere tutto sotto un'altra forma, tutto più bello, come se ogni peso ti scivolasse via, dandoti modo di inglobarti in una bolla, lontana dalle negatività.
È così che credo di sentirmi quando attraverso il percorso che mi conduce al mio reparto e subito dopo i corridoi di esso. I sussurri e le malelingue sono scemati; la gente ama prendersi gioco di te e infierire quando comprende che sei debole, ma, una volta che tu dimostri di essere forte abbastanza e che le loro voci non ti scalfiscono minimamente, niente ha più peso su di te.
E io mi sento così soddisfatta di me stessa. Improvvisamente mi viene da ripensare a Mattia e mi chiedo se le cose per lui siano migliorate....
Il mio simpatico paziente romano: ammetto che un po' mi manchi e più ci penso e più mi rendo conto che non credevo, dopo Lucia, sarei riuscita ad affezionarmi tanto a qualcuno come con lei. Eppure, è successo.

Abbasso la maniglia della porta, lentamente, facendomi spazio nello spogliatoio. Arianna è qui e mi ritrovo a salutarla, calorosamente, ancora più felice di poter passare del tempo con lei.

Lei mi dà le spalle, ma quando si volta verso di me, noto che non riesce a replicare il saluto con la stessa enfasi. I suoi occhi sono gonfi e arrossati e mi ritrovo a muovere alcuni passi nella sua direzione, per accertarmi non le sia successo nulla.
"Ehi, va tutto bene?" le domando, alzando una mano verso di lei, con una certa apprensione.
Arianna sbuffa con il naso, reprimendo uno starnuto.
"Io la odio la primavera, maledetto polline!" strepita a gran voce, soffiando poi, sonoramente, il naso.
E io mi ritrovo ad aprirmi in una risata, sciogliendomi davanti all'evidenza che tutto dipenda solo da un'allergia.
"Ehi, tu, cosa ti ridi?! Odio anche te, sai? Almeno tu non devi combattere ogni giorno con questi occhi gonfi, continui starnuti, naso chiuso, difficoltà a respirare" replica, portandomi un dito contro e assottigliando lo sguardo.
Le appoggio le mani sulle spalle, sorridendole dolcemente. "È preferibile che tu vada a casa, in queste condizioni. Prendi un antistaminico e cerca di riposare un po', ok?" le faccio presente con premura.
Lei annuisce, massaggiandosi le tempie. "Sì..."ammette in un strascichio di parole. "Visconti mi ha proibito di stare qua".
"E ha fatto bene!" mi ritrovo a concordare, colpendola con un dito sulla spalla. "Avanti, finisci di prepararti e torna a casa!"
"Ok, capo" ammette lei, esibendosi in un saluto militare.
Le lancio un sorriso, aprendo il mio armadietto per indossare il camice e riporre la borsa.
"Senti un po'..."proferisce lei, sbucando con la testa dall'anta nell'armadietto. "Io me ne vado pure, ma se prima mi dici cos'è quel sorrisetto che c'hai stampato in faccia" aggiunge, sorniona.
Mi porto una mano a coprire le labbra, mettendo su un'espressione estremamente ingenua. "Si nota tanto?"
Arianna rotea gli occhi, reprimendo un verso. "Avanti, sputa il rospo!" esclama con una finta aria minacciosa.
Mi siedo su una delle panche, reprimendo un piccolo brivido al ricordo di molte sere fa, e torno a puntare la mia attenzione su Arianna che mi scruta con fare curioso.
"Si tratta di Luca..."
"State insieme?!" trilla lei, battendo le mani, euforica.
Scuoto il capo, divertita. "Nono, non ancora, almeno, ma ieri sera siamo usciti insieme" le faccio presente.
"Oh, bene!" Arianna porta le mani al petto, gongolando piena di soddisfazione. "Avete avuto il vostro primo appuntamento!"
"In teoria, no" le faccio notare. "Luca ha detto che vuole sia tutto perfetto" ammetto con fare sognante.
Arianna malcela un'espressione di disgusto, facendo finta di piagnucolare subito dopo. "Mi farete venire il diabete, voi due. Ma sono tanto felice perché ho sempre fatto il tifo per voi e continuerò a farlo" sussurra, aprendosi in un sorriso dolcissimo.
"Grazie..."
"Adesso, però, devo pensare seriamente a un nome da dare alla mia ship preferita. Mmh, vediamo, potrei chiamarvi, Lanita, naah, oppure Anuca, nono, fa proprio schifo. Ci sono, ci sono!" strepita, presa da un lampo di genio, portando le mani all'aria.
"Lunita, è perfetto!" esclama, esibendosi in un balletto divertente che, però, la riporta in preda agli spasmi e gli starnuti.
"Maledizione..."
"Dai, vai a casa, adesso..." le faccio presente, alzandomi per accompagnarla alla porta.
Lei si volta verso di me, puntando un dito nella mia direzione. "Vedi di aggiornarmi presto. Non dormirò a furia di pensare ai Lunita" aggiunge tra le risate.
"Vai!" le replico, spingendola per farla uscire, ma senza nascondere quanto invece sia divertita anche io.

Io e Luca non abbiamo avuto tanto tempo per vederci; ci siamo incontrati fugacemente, scambiandoci un sorriso, prima che ognuno tornasse al proprio lavoro. Luca, poi, è stato tenuto impegnato con un intervento che, a quanto ho sentito dire, gli ha dato del filo da torcere. Ma lui se l'è cavata egregiamente, e non avevo dubbi a riguardo.
Un po' mi sono ritrovata a essere intristita dall'averlo visto così poco, ma il lavoro è il lavoro e non possiamo permettere che una distrazione possa farci sbagliare, soprattutto lui che vive costantemente in sala operatoria.
Così, mentre mi preparo per la serata con le mie amiche, non faccio che pensarlo.

Cristina passa a prenderci tutte, puntuale come è sempre. Mi siedo accanto a lei, voltandomi a salutare le mie amiche nei posti anteriori.
"Mamma! Ma da quanto tempo è che non ci vediamo?!" squittisce Giulia, allegra.
"Credo fin troppo" ammette Cristina, reprimendo un sorriso, mentre il suo sguardo è puntato alla strada dritta, davanti a sé.
"Ecco, appunto" le dà manforte Carlotta, battendo una mano sulla testiera del mio sedile. "Godiamocela tutta, questa serata..."
Mi volto a guardarle, facendo affiorare un placido sorriso sulle mie labbra, puntando poi la radio per cambiare stazione.
Mentre la musica si diffonde nell'abitacolo della 500 della mia amica, ed esibiamo le nostre doti conore, mi rendo conto di essere tanto grata di averle nella mia vita e che mi fossero mancate tanto, proprio tanto.
Arriviamo ben presto al locale che hanno prenotato le ragazze. Reprimo un sorriso, constatando che sia più vicino di quanto pensassi all'ospedale. È un posto molto carino ed accogliente, con le luci soffuse, lo stile minimal chic, ma tanto sofisticato,  e poi le pareti tappezzate di arte astratta, mentre dalle casse si propagano le note di una canzone smooth jazz. I tavoli sono scuri e rotondi, apparecchiati con cura e con un vaso di fiori a fare da decorazione. 
Una ragazza all'ingresso ci fa accomodare in un tavolo vicino alle vetrate che danno sull'esterno, dove sono disposti alcuni divanetti e pouf per chi vuole concedersi un aperitivo all'aria aperta.
Prendiamo posto, lasciandoci dei grandi sorrisi, entusiaste di trascorrere, finalmente, questa serata insieme.
"Allora?" domanda Giulia, incrociando le mani sul tavolo e puntandomi con lo sguardo. "Mi pare di capire che tu ci stia nascondendo qualcosa..."
Poi lei e le altre si scambiano un'occhiata di intesa, facendo ricadere i loro sguardi, curiosi, su di me. "Vero, hai qualcosa da dire?" sorride Carlotta, maliziosa.
Scuoto le spalle, accennando una risata per tenerle sulle spine.
"Non vi sto nascondendo niente..."
"Seh..."ribatte Cristina, colpendomi su una mano.
"Ohi, mi fai male!"ribatto, ritraendomi al suo tocco e facendole aprire in una risata piena di divertimento.
"E va bene, io e Luca siamo usciti insieme!" ammetto, rendendomi conto, solo quando la cameriera di poco prima e il ragazzo al bancone si voltano nella nostra direzione, di aver alzato troppo la voce. Impiccioni...
Abbasso lo sguardo, improvvisamente imbarazzata, mentre le mie amiche sghignazzano divertite dalla situazione.
"Allora, ragazze?" ci domanda proprio la cameriera, avvicinandosi per annotare le nostre ordinazioni. "Cosa vi posso portare?"
La verità è che non abbiamo minimamente guardato il menù.
"Va bene" ammette lei, notando la nostra indecisione. "Posso portarvi da bere? Acqua? O preferite del vino? Vi posso proporre un bollicine, fruttato? Vi può piacere?" ci domanda, riscontrando il nostro imbarazzo. Io mi astengo, perché non ci capisco niente in materia di alcolici e vini e lascio che siano le mie amiche a decidere.
"Sì, va bene. Vada per un frizzante!" ammette Cristina, frettolosa, atteggiandosi a sommelier e facendosi nostra portavoce.
La ragazza sorride con soddisfazione, congedandosi subito dopo.
"Bene, bene...stavi dicendo" non appena siamo lontane da orecchie indiscrete, l'attenzione ricade di nuovo su di me.
"Sì, beh, io e Luca siamo usciti a cena" le informo, incrociando le mani davanti a me.
"Era un appuntamento, quindi?" domanda Carlotta, curiosa.
"No" nego, "una semplice uscita. Luca vuole organizzare qualcosa per il nostro appuntamento. Vuole sia tutto perfetto".
"Che romantico" ammette Giulia, aprendosi in un sospiro sognante.
"Già" concordo con lei.
"Quindi state insieme?" chiede Cristina, sporgendosi nella mia direzione, desiderosa di più dettagli.
"No"le replico, abbassando lo sguardo, e avvertendo i loro occhi su di me, mentre prendo a giocare distrattamente con le dita delle mani. "Non ancora, almeno. Ma io con lui sto bene, mi sento tanto felice e so che per lui sia lo stesso..." aggiungo, sfiorando l'immagine di Luca con il pensiero.
Quando rialzo gli occhi, mi rendo conto che le mie amiche mi stia guardando con dei sorrisoni stampati in volto.
"E noi siamo tanto felici per te "ammettono, facendomi arrivare all'orlo della commozione.
La cameriera sopraggiunge proprio in quel momento, mantenendo tra le mani una bottiglia di vino bianco e una boccia colma di ghiaccio per tenerlo in fresco.
Ci sorride cordialmente, prendendo a stapparla e afferrandola dal basso, per versare del vino in ogni bicchiere, mentre ne decanta il gusto e la qualità.
Aspetta che lo assaggiamo, dandole la nostra approvazione, e annota le nostre ordinazioni prima di andare via.
Quando lei è lontana dal nostro sguardo, portiamo i nostri calici in altro, facendoli tintinnare tra loro.
"A cosa brindiamo?" domando, lasciando affiorare il divertimento nella mia voce.
"A questa serata" sussurra Giulia, sorridendoci dolcemente.
"All'amicizia" aggiunge Carlotta.
"E alla fortuna che ho di avere delle amiche così nella mia vita" è il turno di Cristina che si apre, successivamente, in un occhiolino.
Poi i loro sguardi si posano su di me come a invitarmi a dirmi qualcosa.
Accenno allora un sorrisino, muovendo leggermente il calice tra le mie dita.
"All'amore..."ammetto, alla fine.
"Che romanticona sei!" mi prendono in giro.

All'amicizia e all'amore verso le persone che ci circondono e a cui vogliamo bene, che è quello di cui abbiamo più bisogno nella nostra vita.

ANGOLO AUTRICE:

Buonasera miei adorati lettori. È per me un record essere qui dopo appena 5 giorni ma, stasera, ho appena concluso il capitolo e non potevo fare a meno di postarlo. Vi dirò, per una volta, forse la prima, non lo so, ahahah, sono davvero soddisfatta di quello che ho scritto e spero voi possiate apprezzare tutto l'amore che ci ho messo per portarlo a termine.
Anita è innamorata cotta, ma ditemi, come si fa a resistere a un uomo così?Ahimè, i gentiluomini di un tempo sono quasi scomparsi e ci vorrebbero più Luca nelle nostre vite. 
Perdonatemi se lei vi può sembrare troppo sdolcinata e romanticona, ma questo è un lato del carattere che abbiamo in comune e ci tenevo a descriverla sotto ogni sfaccettatura. Poooi, lei si confida con le sue amiche e vi dico che il posto in cui hanno cenato tutte insieme e ho descritto, esiste davvero ahahah! Davvero molto carino e soffisticato e anche la serata che ci ho trascorso con le mie amiche è stata imbarazzante ma molto bella. Quindi, arrivati a questo punto, come pensate andranno le cose?
E ultimissima domanda prima di salutarvi: dove pensate si svolgerà il primo appuntamento di Luca e Anita? Io lo so, ovvio, e posso dirvi che sarà davvero una bellissima serata, speciale. 
Ora lascio a voi tutti i commenti, sperando siate numerosi, perché mi fa piacere leggere il vostro parere. Vi ringrazio per tutte le visualizzazioni che la storia sta ricevendo: l'ultimo capitolo postato in due giorni ha superato le 500 letture e non era mai successo. Grazie a chi la segue assiduamente e recensisce, scaldando il mio cuoricino, a chi l'ha inserita nelle sue liste. Grazie dal profondo del mio cuore.

Alcuni link per chi volesse dare uno sguardo alle one-shot che fanno parte di questa storia: First Love eUna scommessa d'amore

Vi abbraccio forte! Alla prossima!



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Capitolo 51
*** Capitolo 50 ***


Capitolo 50
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 50


Un nuovo giorno si interfaccia davanti ai miei occhi, mentre lascio correre lo sguardo al di fuori della finestra. Questo mi dà modo di scrutare la luce del sole che filtra in casa, creando un'ombra ai miei piedi, e di ammirare la bellissima magnolia in fiore nel giardino di fronte.
Sorseggio la mia tisana, inspirando profondamente e colma di tranquillità, e mi appoggio alla penisola della mia cucina.
Osservo la città rianimarsi, le macchine sfrecciare sotto i miei occhi, e mi rendo conto del perché questo piccolo angolo che dà sulla strada mi fosse sempre piaciuto. Fin da quando ero solo una bambina, ho sempre adorato guardare e potermi immergere nella vita dei passanti, immaginando da cosa potessero dipendere le loro azioni, potermi fare spazio nelle loro menti, per ascoltare i loro pensieri, sentendomene una spettatrice e silenziosa, ma curiosa di sempre più dettagli.
Un ragazzo e una ragazza, con i segni gioiosi e spensierati dell'adolescenza e dell'amore in volto, passeggiano sotto i miei occhi; gli zainetti che penzolano dalle loro spalle, traballando a ogni passo.
Ad attirare la mia attenzione sono le loro mani unite, i sorrisi che vedo affiorare, non appena si voltano nella direzione dell'altro.
Il mio pensiero vola a Luca, immaginando cosa stia facendo e se anche la sua mente sia sulla mia stessa lunghezza d'onda, in questo momento.
Così afferro il cellulare che ho adagiato al mio fianco e gli mando il mio messaggio del buongiorno.
Luca è online e risponde dopo pochi secondi, facendo scalpitare il cuore nel mio petto.
Rimango a fissare il suo messaggio a lungo, accarezzando lo schermo e contornandone i caratteri, facendo affiorare un sorriso sulle mie labbra.
Credo che ci sia qualcosa di davvero prezioso nel messaggio del buongiorno: sembra stare lì a dire, ti ho pensato; al mattino, il mio primo pensiero è corso a te e tutto ciò assume un significato ancora più importante e dolce quando lo si riconduce alla persona che si ama.

Poco dopo, ripongo le risumaglie della mia colazione nel lavandino e sgambetto verso la mia stanza, lasciando il cellulare in cucina. Come a volermi allontanare dalla tentazione di fissarlo ancora per molto. Ma, ahimé, il dovere mi chiama e io devo rispondere!

Ho riscoperto cosa significa alzarsi al mattino e sentirsi motivati da qualcosa. Il mio lavoro, in questo caso. Non riesco a fare a meno di pensare a quando solo poche settimane mi sentivo persa e spaurita e avevo perso qualsiasi stimolo; perché la mia professione da pediatra, quella che avevo sognato e a cui ambivo fin da bambina, sembrava mi stesse punendo.
Invece, adesso, mentre mi premo di raggiungere il mio spogliatoio, bramo il momento in cui indosserò il mio camice; mi vestirò della forza d'animo che ho riconquistato e sarò pronta a dare una mano a chiunque ne abbia bisogno.
Io e Luca ci infiliamo, insieme, nello stesso ascensore. Purtroppo non siamo soli, e questo non ci dà modo di salutarci come, forse, vorremmo.
Osservo, come di riflesso, il sorriso affiori anche sul suo viso, coinvolgendo i suoi occhi in un'espressione di gioia e sorpresa.
Sfioro la mia spalla con la sua, avvicinandomi a lui e reprimendo la mia voglia di stringerlo a me.
E rimaniamo così, l'uno affianco all'altro, inghiottiti dal nostro silenzio ma con gli sguardi che sembrano comunicare più di quanto, a volte, lo possano fare le parole.
Al secondo piano, due degli uomini, che erano con noi, escono, le due donne al terzo. Ma mi rendo conto che siamo veramente soli quando raggiungiamo il pianerottolo che conduce ai nostri reparti.
"Ciao..." proferisco, allora, in un sorriso, mentre prendiamo a camminare fianco a fianco.
"Ciao..."replica lui, allo stesso modo, mantenendo lo sguardo fisso su di me.
Appoggio le mani sulla porta antipanico, arrivati di fronte al mio reparto, girandomi a guardarlo un'ultima volta prima di lasciarmelo alle spalle.
Luca rimane lì, impalato, stringendo la sua borsa da lavoro, saldamente tra le mani, lo sguardo attento, puntato su di me.
"Allora, buona giornata" gli faccio presente, dondolandomi sui piedi.
Luca annuisce, distendendo il viso in una cheta espressione.
"Buona giornata, Anita" replica, e mi ritrovo a pensare che il mio nome formulato dalle sue labbra assuma un suono tanto dolce.
Le mie gambe rimangono fisse sul posto, facendomi perdere l'uso della cognizione.
Luca se ne rende conto, e mi fa cenno con il capo di andare, sbuffando una risata, divertito.
Abbasso lo sguardo allora e, alzando una mano a mo' di saluto nella sua direzione, mi volto e mi chiudo la porta alle spalle.

Che la mia giornata abbia inizio...

Arianna mi aspetta in spogliatoio e sono sinceramente contenta che stia molto meglio, purtroppo, però, stamattina non siamo affatto sole.
Le nostre colleghe parlattono tra di loro, scambiandosi informazioni, animatamente. Mi rendo conto che però sia un bene, in quanto il loro dibattito mi dà modo di passare inosservata ai loro occhi.
"Sono contenta di sapere che tu stia meglio. Ma che succede?" le domando, avvicinandomi al suo fianco, per avere delle spiegazioni.
Arianna accenna un sorriso davanti alla premura dimostrata nei suoi confronti. "Sì, l'antistaminico, che ho preso, mi ha fatta stare subito meglio" poi sbuffa, rivolgendo il suo sguardo spazientito alle pettegole. "Pare proprio che Visconti ci abbia convocati nel suo studio" mi confessa, lasciando trapelare la sua confusione dalle sue parole.
Corruccio la fronte, arricciando le labbra in una smorfia, in cerca del motivo per il quale il nostro superiore ci voglia parlare.
"Credo che sia per la storia del capo specializzando..." mi sussurra Arianna, facendo in modo che la mia attenzione ricada su di lei, di nuovo.
Ascolto le sue parole, in silenzio, mentre indosso il mio camice, stirandone le pieghe e rilascio un sospiro.
"Lo sapremo presto, no?" le replico, cercando di nascondere la tensione da cui avverto pervadermi.
Arianna appoggia una mano sulla mia spalla, accennando un sorriso nella mia direzione, poi, insieme, ci facciamo strada verso lo studio del nostro tutor.

Visconti ci attende lì, con le braccia conserte e un'espressione che non lascia trasparire emozione alcuna.
I nostri colleghi si sono disposti a semicerchio attorno a lui, appoggiato alla sua scrivania in legno di ciliegio.
Io e Arianna ci facciamo spazio tra di loro e, mentre troviamo una sistemazione adeguata, incrocio lo sguardo di Giorgio a pochi passi da me. I suoi occhi sulla mia figura mi mettono i brividi. Così, mentre sulle sue labbra si insinua un ghigno, distolgo lo sguardo, velocemente.
Visconti alza una mano nella nostra direzione, richiamando la nostra attenzione e il silenzio; infatti i borbotti e i sussurri che erano persistiti fino a questo momento, cessano.
Dilato le narici, inspirando e cercando di infondermi la sicurezza di cui ho bisogno.
Lui lascia vagare lo sguardo su di noi, soffermandosi sulle nostre figure e scrutando con attenzione le nostre reazioni, poi prende a parlare.
"Immagino vi stiate chiedendo perché vi trovate qui..." ammette, sommessamente.
Annuiamo con il capo, e questo gli dà modo di continuare.
Visconti prende a camminare per la stanza, voltandosi a guardarci per essere sicuro che stiamo ascoltando.
"Ebbene, come voi sapete, la professione del medico ci sottopone a un giuramento che ognuno di noi è tenuto a rispettare. Essere medico ci chiede di fare tanti sacrifici, comporta delle scelte, e spesso, purtroppo, come ben sapete, questa professione ci mette di fronte a qualcosa di più grande di noi, facendoci sentire imponenti e insoddisfatti.." sul suo viso si insinua una smorfia triste, ma subito dopo lui ritrova la sua maschera di indifferenza, incrociando le mani dietro la schiena.
"Mi rendo conto che prima di essere medici, però, siamo persone; siamo uomini e donne che agiscono secondo una vocazione e passione per il proprio lavoro, e non è sempre semplice reagire con la giusta freddezza al dolore che ci circonda."
Non so se sia solo una mia sensazione, ma ho come l'impressione che mentre ne parli gli occhi del nostro tutor ricadano su di me, facendomi sentire, d'un tratto, piccola, piccola.
"Ma il dolore e la morte fanno parte della nostra vita e siamo tenuti ad accettarlo. Ecco, ragazzi, io mi aspetto grandi cose da voi; mi auguro che riusciate a formarvi per una giusta causa, animati dalla coscienza che questa professione comporta. Vi ho osservato tanto in questi anni, in questi mesi per chi è solo all'inizio, e posso dire di conoscervi ormai tutti come le mie tasche. Ho imparato, guardandovi da lontano, quali fossero i vostri pregi e difetti, i vostri punti di forza così come le vostre debolezze, ma so che avete lavorato bene tutti, nessuno escluso".
Ascolto la voce di Visconti vestirsi di una certa fierezza nei nostri confronti e mi ritrovo ad arricciare le labbra in un sorriso, voltandomi a guardare Arianna al mio fianco. Lei annuisce, con il labbro che un po' le trema per la commozione che queste parole hanno scaturito in lei e tendo la mia mano nella sua direzione, aspettando che lei la stringa.
Arianna lascia intrecciare le sue dita con le mie, le congiunge con le sue, aumentando la sua presa, ed entrambe torniamo a guardare dritte davanti a noi.
"Come sapete, soprattutto voi degli ultimi anni, ho intenzione di nominare uno di voi capo specializzando, affinché possa seguire un gruppo di studenti, in un processo reciproco di automiglioramento. E quindi, vi dico non sia stato facile, ma sono quasi giunto a una scelta finale. Però, ci tengo, prima di lasciarvi liberi di assolvere i vostri compiti, a scambiare alcuni chiarimenti con voi. Mi aspetto un gioco di squadra, e questo vale per tutti, che collaboriate dimostrando di essere uniti da un obiettivo comune, ma soprattutto voglio che mi dimostriate di avere uno spirito sano e competitivo, emergendo per le vostre sole competenze e professionalità"
Visconti si schiarisce la voce, utilizzando un tono estremamente serio. "Qualsiasi tipo di imposizione e di vessazione nei confronti dell'altro sarà gravemente punito. Non posso tollerare che i miei studenti si facciano spazio in questo lavoro, sgambettando e denigrando gli altri. Il rispetto reciproco è alla base di qualsiasi tipo di convivenza e confido in voi e nella vostra intelligenza".
Visconti scandisce le sue parole lentamente, fissando i suoi occhi nei nostri, per essere sicuro che i suoi insegnamenti siano stati inculcati. Ma mi rendo conto mentre incrocio il suo sguardo che lui sappia tutto e che il suo discorso non abbia il solo fine di insegnarci a essere dei bravi medici. Così, i miei occhi corrono a Giorgio e una certa soddisfazione si insinua in me, notandolo stringere i pugni e indurire lo sguardo.
Ritorno allora a osservare il mio superiore, scrutandolo trarre un sospiro mentre sul suo viso si insinua l'ombra di un sorriso.
"Bene, ho concluso."ammette, unendo le mani davanti a sé. "Potete andare, buon lavoro".
Tra di noi si leva un piccolo e scrosciante applauso, poi i miei colleghi si muovono in massa verso l'uscita, riprendendo a parlottare tra di loro, in un fitto scambio di opinioni.
Anche io e Arianna ci voltiamo, pronte a lasciarci questo momento alle spalle ma la voce del mio tutor mi costringe a voltarmi.
"Dottoressa Castaldo, Dottor Conti, gradirei che vi prolungaste un attimo".
Sul mio volto si insinua un'espressione di puro terrore, quando mi rendo conto che abbia nominato anche Giorgio, appoggiato al muro nell'angolo della stanza.
Arianna non accenna a muoversi dalla sua postazione, al mio fianco, ma Visconti volge uno sguardo di disapprovazione nei suoi confronti.
"Dottoressa Ferrari, lei dovrebbe andare".
Lei, allora, annuisce un po' presa alla sprovvista e mette su un sorriso di rassicurazione nei miei confronti, prima di lasciare la stanza e richiudere la porta dietro di sé. Il mio sguardo rimane aggrappato lì, sentendomi improvvisamente sola, qui nella stessa stanza con Giorgio e Visconti.
"Prego, avvicinatevi" la voce del nostro tutor ci richiama a sé e non posso fare a meno di trascinarmi verso di lui come una condannata a morte.
Giorgio si posiziona al mio fianco e cerco di mettere quanta più distanza tra di noi, affinché lui rimanga il più lontano possibile da me. Non mi sfugge il sorrisetto degrinatorio che si insinua sulle sue labbra. Lui pensa di avere la vittoria in pugno, ma non è detta l'ultima parola.
Visconti si appoggia alla scrivania, incrociando le gambe davanti a sé.
"Non sopporto venire a sapere di dissapori tra i colleghi. Questo oltre a lenire la serenità del posto di lavoro e di chi è sottoposto a uno stress psicologico, compromette anche gravemente l'immagine dell'ospedale" proferisce, assottigliando lo sguardo e facendo indurire i suoi tratti. "Dottor Conti sono venuto a conoscenza di episodi riguardo alla sua condotta che mi hanno lasciato molto perplesso e rammaricato."
Le sue parole provocano in Giorgio una certa soggezione, lasciandolo interdetto. Osservo come i suoi tratti si tendano, e il piede che prende a battere ritmicamente in chiaro segno di nervosismo.
Poi lo sguardo di Visconti ricade su di me e lui incrocia le braccia al petto, scrutandomi di sottecchi.
"Dottoressa, ho appreso che la vittima di molti di questi episodi sia stata lei. Mi dica, è così o non è così?" mi domanda.
Mi ritrovo a essere in preda all'ansia, stringendomi nelle spalle sotto gli occhi del mio interlocutore e del collega al mio fianco.
"Sì..."sussurro, abbassando lo sguardo.
Visconti porta una mano all'orecchio, invitandomi a parlare più forte.
"Non ho sentito, dottoressa. È così o non è così?"ribatte con fermezza, facendomi sussultare lievemente.
Giorgio abbassa lo sguardo su di me, sfidandomi, convinto di avermi in pugno.
Così fisso i miei occhi nei suoi, senza lasciarmi intimorire.
"Sì!" esclamo. "È così, dottore".
Visconti arriccia le labbra in una smorfia di disapprovazione, voltandosi a osservare il mio collega dall'alto in basso.
"Dottor Conti, sono profondamente deluso dal suo comportamento, e le ribadisco che, se dovessi venire a conoscenza ancora di situazioni del genere, mi vedrò costretto a prendere dei seri provvedimenti. Le è chiaro?" proferisce, duro e serio.
Giorgio boccheggia, preso alla sprovvista, ma poi annuisce, mansueto e docile come un agnellino.
"Sì, tutto chiaro".
E io mi ritrovo a prendere fiato, rendendomi conto di aver trattenuto il respiro fino ad adesso.
"Perfetto, in caso contrario, dottoressa non esiti a venirmene a parlare" mi fa presente, dimostrandosi comprensivo nei miei confronti.
Improvvisamente avverto di volermi mettere a piangere; è bello sapere di avere l'appoggio del mio superiore, ma mantengo un certo contegno, fin quando lui non ci congeda e ci fa segno di poter andare via.

Non appena sono fuori, mi permetto di sorridere soddisfatta e più serena.

"Non gioire tanto, Anita cara, non credere sia finita qui" sputa fuori Giorgio, fronteggiandomi.
Mi rendo conto che è davvero la prima volta che ci affrontiamo dopo quella volta nello spogliatoio, ma nonostante io sia sola, senza Luca nelle vicinanze, pronto ad aiutarmi, sento che non mi faccia paura.
"Fai attenzione a come parli, Giorgio" gli replico, fissandolo di sbieco.
Lui porta la testa all'indietro, aprendosi in una risata sguaiata e irrisoria.
"Perché, altrimenti che fai? Vai subito a raccontarlo a Visconti?" mi sfida. "Oh, piccola e ingenua, Anita" aggiunge, portandosi una mano al petto con fare melodrammatico.
"Non ti conviene sai, Giorgio. Ricordati che potresti rischiare la tua carriera" gli faccio notare, assottigliando lo sguardo. "E ricordati che, in quel caso, ci andresti a perdere solo tu".
Qualsiasi accenno di superbia scema dal suo viso, lasciando il posto a una smorfia impaurita. Forse, mi viene da pensare, non si era mai reso conto a cosa avrebbero portato i suoi comportamenti.
Ma ogni azione ha una conseguenza e mi auguro che questo avvertimento lo possa far rinsavire. Poi, senza aspettare che lui replichi, anche se non credo ne abbia il coraggio, me lo lascio alle spalle, allontanandomi il più possibile da lui.
Tu non mi fai paura, Giorgio...

Mi massaggio la fronte come a voler alleggerire la tensione accumulata sulle tempie. Nonostante non voglia ammetterlo a me stessa, il discorso di Visconti e poi l'acceso confronto con Giorgio mi hanno prosciugata. Adesso ho solo bisogno di dedicarmi al mio lavoro e sentirmi rigenerata.

Venire al nido mi è sempre piaciuto. Adoro rimanere incantata a guardare quei piccoli fagottini che scalpitano nelle loro culle, esibendosi in docili espressioni. Sono il segno di una vita che nasce e questo mi ha sempre provocato un certo senso di gratitudine.
Mi faccio spazio nella piccola stanzetta, immergendomi tra cullette e odore di talco. Un'infermiera dondola tra le sue braccia una neonata, mentre lei ciuccia dalla sua bottiglietta piena di latte.
"Buongiorno" mi saluta, vedendomi entrare, facendo affiorare sulle labbra un sorriso.
"Buongiorno" le ricambio, allo stesso modo, muovendomi in punta di piedi come se avessi paura di intralciare questo clima di pura tranquillità.
Sfioro le cullette con le dita, con l'emozione ad affiorare nel mio petto e mi avvicino a lei che nel frattempo ha preso posto su una poltrona accanto alla porta.
"Bella, vero?" mi domanda, quando si rende conto che il mio sguardo affascinato sia puntato sulla bambina tra le sue braccia.
Annuisco, lievemente, accarezzandole con dolcezza la testa. La bambina è così piccola che potrebbe scomparire tra le sue braccia.
"Si chiama Emanuela" mi informa lei, parlando a bassa voce. "Ed è davvero un dono; la sua mamma e il suo papà hanno atteso tanto per averla, adesso sono le persone più felici di questo mondo. La guardi, è così piccola e bellissima".
Concordo con lei, rendendomi conto che Emanuela abbia arricciato la boccuccia, sazia, e si sia appisolata. È una delle cose più dolci e belle a cui abbia mai assistito.
"Vuole prenderla lei? La mia collega si è allontanata e devo portare un altro piccoletto in stanza dalla sua mamma" mi fa presente, porgendo verso di me la piccola addormentata.
Improvvisamente, però, mi rendo conto di sentirmi bloccata, inerme. Alzo le mie mani per prenderla, impacciata, osservando le mie dita tremolare leggermente. Forse, mi viene da pensare, questo momento mi ha messa di fronte all'esigenza, di nuovo, di voler diventare madre.
Così, ritraggo le mani, intrecciandole dietro la schiena, afflitta.
"No, io...io, mi dispiace, ma, devo, devo andare" replico, stringendomi nelle spalle.
L'infermiera punta il suo sguardo nel mio, confusa e preoccupata. Poi, muovendomi un po' a tentoni, scappo via.
Mi appoggio al muro dietro di me, prendendo fiato e sentendomi improvvisamente ripiombare in un stato d'ansia. Perché stare lì a contatto con tutti quei neonati, ha fatto rinascere in me il mio istinto materno. Tutto mi ha riportato a Lucia, di cui avrei voluto tanto essere la madre, eppure non è potuto essere così. E adesso questo pensiero mi spaventa perché ho paura di ricadere nel baratro e non posso permettermelo.
Così, traggo un respiro profondo, socchiudendo gli occhi e torno in reparto.

Oggi è stata davvero una giornata sfiancante. Stiracchio il collo, cercando di rilassare i muscoli indolenziti, mentre sistemo il camice nell'armadietto. Saluto Arianna, velocemente, smaniosa di andare a casa ed esco dallo spogliatoio.

Luca mi ha scritto di vederci; mi aspetta all'uscita e bramo all'idea di rivederlo. Sento di averne bisogno.
Lo scorgo di spalle, non appena mi avvicino all'uscita dell'ospedale. Luca è al telefono.
Quasi come se avesse percepito la mia presenza, si volta nella mia direzione, dedicandomi un dolce sorriso e si appresta a chiudere la telefonata in fretta.
"Ehi..." mi saluta, non appena è al mio fianco. Riesco a percepire sul suo viso tutto lo stress di questi giorni.
Replico allo stesso modo, ma lui deve accorgersi che ci sia qualcosa che non va, perché mi si avvicina, accarezzandomi una guancia.
"Va tutto bene?" mi domanda, premuroso.
Esalo un respiro, sporgendomi verso di lui.
"È stata una lunga giornata..."ammetto, socchiudendo gli occhi sotto il suo tocco, stanca.
Luca mi stringe a sé, lasciandomi un bacio in fronte, delicatamente. Le sue labbra sulla mia pelle sono gioia pura.
"Mi sei mancata..." sussurra, carezzandomi la schiena e portandomi a sciogliermi sotto la sua premura.
"Anche tu..."
Sento il suo petto vibrare alle mie parole e alzo lo sguardo per puntarlo nel suo, scoprendolo a sorridermi come solo lui sa fare.
Così gli prendo la mano e lo conduco fuori, in un posto più appartato che può permetterci di avere la giusta privacy.
"È successo qualcosa, Anita?" mi domanda, allora, mentre ci facciamo strada verso il parcheggio.
"Hai detto tu a Visconti di quello che ha fatto Giorgio?" gli domando, inarcando un sopracciglio.
Osservo la confusione insinuarsi sul volto di Luca e mi premuro di sciogliere ogni dubbio.
Lui trae un sospiro, portando le mani nelle tasche del giubbino e facendo dondolare i talloni.
"Ho parlato con Visconti, sì, qualche settimana fa, ma non gli ho detto quello che è successo, diciamo che gli ho messo la pulce nell'orecchio e lui mi ha confidato di essere già a conoscenza di qualcosa. Molti dei tuoi colleghi si sono lamentati riguardo alle vessazioni che Giorgio ha compiuto nei loro confronti" mi confida.
Annuisco, abbassando lo sguardo, sfregando un piede contro l'asfalto.
"Ti da fastidio questa cosa? Sei arrabbiata?" mi chiede, preoccupato, sporgendosi verso di me e percependo il mio silenzio.
Scuoto la testa, puntando, però, il mio sguardo altrove.
"No, Luca, è solo che sono stanca e mi auguro che questa situazione possa finire presto" ammetto, prendendomi il capo tra le mani.
"Ma non è solo questo, vero?" indaga lui, arricciando le labbra in una smorfia.
"No..."temporeggio, "non è solo questo".
"E?"
"Sono stata al nido, stamattina. Lo faccio spesso, anche quando non ho il mio giro di controlli da fare, soprattutto quando ho bisogno di ricaricarmi. Ma oggi è stato diverso, non sono riuscita a prendere una bambina in braccio, e il mio pensiero è corso a Lucia" ammetto, portandomi una mano sul viso e stropicciandomi gli occhi con stanchezza."Forse non è vero che non l'ho superata, e questa cosa mi spaventa, non lo so, io..."
Prima che possa solo dire altro, Luca mi stringe a sé, cercando di placare il mio turbinio di emozioni e io lascio che lui mi abbracci, aggrappandomi a lui, come se fosse il mio porto sicuro. Ma lo è, Luca è la mia àncora, adesso.
"Va tutto bene, ok? Devi stare tranquilla..." mormora.
Annuisco, lievemente, rialzando lo sguardo verso di lui. "Ma tu sei deluso, Luca? Sei deluso da me?"
Lui incrocia i miei occhi, scrutandomi allibito.
"Ma cosa dici, Anita? Non potrei mai, è solo un momento, ok? Io so che tu puoi farcela, stai dimostrando quanto tu sia forte".
Mi rilasso inesorabilmente, sorridendo sulla sua spalla, ascoltando i nostri respiri e i battiti dei nostri cuori.
"A questo però ci pensiamo domani, ok? Adesso andiamo a casa, abbiamo entrambi bisogno di riposare "ammette, scendendo ad accarezzarmi i capelli.
Continuo a sorridergli, nonostante lui non possa vedermi, perché nascosta dal suo sguardo e annuisco. "Va bene".
Poi, dopo avermi accompagnato alla mia automobile, Luca si muove nella direzione opposta, salutandomi.
Non appena lo vedo andare via, avverto un senso di mancanza farsi spazio dentro di me, ma lo lascio andare. Abbiamo entrambi bisogno di un sonno ristoratore.

Non appena arrivo a casa, mi lascio cadere sul divano, esausta.

Socchiudo gli occhi, massaggiandomi le tempie alla ricerca di una tranquillità che adesso non ho. La mia mente è invasa da mille pensieri, così mi alzo velocemente, alla ricerca del pupazzetto di Lucia che ho riposto con cura in un cassetto dell'armadio.
Mi siedo sul letto, portandomelo al grembo e lo stringo forte a me. Un tiepido sorriso si fa spazio sul mio viso, mentre ripenso alle parole di Luca. Questo è solo un momento, ha detto lui, è tutto normale, d'altronde succede così quando hai da elaborare qualcosa. Eppure, il solo sospetto che dopo aver fatto enormi passi avanti, io possa compiere mille indietro, mi spaventa un po'. Rilascio, quindi, un sospiro, mentre accarezzo con premura il peluche tra le mie mani.
Io ti penso, Lucia, mi domando cosa tu stia facendo. Mi chiedo se sei felice, ma forse Luca ha ragione, tu adesso hai una famiglia e mi auguro tu stia davvero bene.
Poi, mi lascio andare, stringendomi tra le lenzuola del mio letto, senza nemmeno cambiarmi e cado in un sonno profondo.

ANGOLO AUTRICE:

Buongiorno a tutti! :)
Si può davvero dire che questo sia un aggiornamento lampo, sono passati pochi giorni, ma ci ho messo così poco a scrivere questo capitolo che ero ansiosa di farvelo leggere. Può sembrare che non succeda niente di che- lo so, che vi aspettavate il primo appuntamento ahahah-eppure si aprono risvolti interessanti. Soprattutto, per Giorgio le cose si mettono male perché Visconti sa e non è per nulla contento. Speriamo che l'avvertimento sia servito.
Anita. almeno su questo. pare possa tirare un sospiro di sollievo, eppure c'è qualcosa che non la rende tranquilla, e il suo pensiero corre a Lucia. Luca pensa sia solo un momento e lei possa farcela. Ma sarà davvero così? Lo scopriremo, intanto, iniziamo già a tirare le somme; sapere di terminare questa storia mi provoca già il magone e a voi?
Vi prometto di tornare presto, e aspetto tutte le vostre supposizioni. Intanto ringrazio chi recensisce, chi la segue assiduamente, chi l'ha inserita nelle sue liste. La storia sta raggiungendo grandi traguardi ed è solo grazie a voi. Grazie, grazie davvero.
Alla prossima!!

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Capitolo 52
*** Capitolo 51 ***


Capitolo 51

RICOMINCIAMO DA QUI

 Capitolo 51

Il giorno dopo sono decisamente più tranquilla, ma, quando mi sveglio, mi rendo conto di aver tenuto stretto il pupazzetto di Lucia per tutto il tempo. Lo lascio andare, costringendomi a riporlo al suo posto.
Mi passo, quindi, una mano sugli occhi, stropicciandoli leggermente e mi viene da pensare che sia un bene oggi debba lavorare solo nel pomeriggio. Così, avrò del tempo da dedicare a me stessa e schiarirmi le idee.
Faccio una doccia, sperando di sciogliere i muscoli indolenziti sotto il getto d'acqua, e lascio che sgorga a fiotti sul mio corpo.
Non voglio pensare, non voglio pensare...
Dopo essermi asciugata i capelli e averli legati in una treccia, indosso qualcosa di sportivo. Ho deciso che andrò a camminare.
Prima di andare, però, mi metto seduta sul divano, leggendo e rispondendo ai messaggi che ho ricevuto e sorrido davanti alla premura che Luca dimostra di avere per me. Forse è vero che ogni cosa accade per un motivo. Mi viene da pensare che è stato proprio l'allontanamento di Lucia a farci riavvicinare.
Mi chiede come stia, se mi sia ripresa dal mio momento di sconforto e quando gli faccio presente che uscirò, lui si dispiace di non poter essere con me: è già al lavoro, purtroppo.
Mi chiudo così la porta alle spalle e inforco i miei auricolari, facendo in modo che le note della musica si propagano nelle mie orecchie.
Non appena sono fuori, mi permetto di respirare a pieni polmoni, portandomi una mano alla fronte per proteggermi dal sole. È una giornata molto calda, l'ideale per passare alcune ore fuori casa e lascio che il calore dei raggi solari si posino sul mio corpo, affinché possano riscaldare anche il mio cuore.

Faccio un giro su me stessa, guardandomi intorno e mi rendo conto solo in seguito che mi sia allontanata da casa e le mie gambe si siano mosse fino in centro.

Così ne approfitto per salutare Sabrina e magari scambiare quattro chiacchiere con lei. Sento che ho bisogno di parlare con qualcuno perché, questa volta, purtroppo, rimanere sola con me stessa non ha fatto altro che aumentare il mio disagio.
Sabrina si dimostra sorpresa di vedermi. Mi accoglie sulla soglia di casa, con un dolcissimo sorriso ad arricciarle le labbra, stretta in una tuta un po' sformata ma che non le fa perdere assolutamente femminilità. Mi viene da pensare che sia sempre bellissima, anche così, senza un filo di trucco e con un abbigliamento prettamente semplice. E poi la maternità rende il suo viso estremamente armonioso e luminoso.
"Anita, ma che sorpresa! Vieni, entra pure!" ammette, facendomi strada nell'appartamento.
"Elisa! Corri a vedere chi è passata a trovarmi!" strepita, poi, a gran voce verso la cucina, lasciando che un'espressione divertita faccia capolino sul suo viso.
"Mia madre è qui?" le domando, corrucciando la fronte, stupita.
"Oh, sì!" replica lei, voltandosi di nuovo nella mia direzione per aprirsi in un'espressione complice.
Prima che possa dire altro, mia madre fa il suo ingresso in salotto, pulendosi le mani con uno strofinaccio.
"Tesoro..."mi saluta.
"Mamma, ma come mai sei qui?" le chiedo, curiosa.
Lei si apre in un piccolo sorriso, arrivando al nostro fianco e posando una mano sulla spalla della moglie di Marco accanto a lei.
"Ho il turno di pomeriggio a scuola, quindi sono passata a fare alcune compere in centro e mi sono fermata da Sabrina" mi fa presente, mentre lei annuisce con vigore.
"Tua madre è sempre tanto gentile. Si è anche offerta di prepararmi qualcosa per il pranzo".
Sorrido davanti al loro rapporto così unito e complice. Mia madre ha accolto anni fa, in casa nostra, Sabrina come fosse una figlia, dandole sempre la giusta considerazione e il giusto supporto. E io non posso che esserne felice.
"Ma tu cosa fai qui?"mi domanda mia mamma, tornando a porre l'attenzione su di me e avvicinandosi per stringermi in un piccolo abbraccio. "Sono contenta di vederti".
Sabrina dietro di noi mette su un'espressione intenerita alla scena, accarezzandosi la pancia.
"Ero in giro, e ne ho approfittato per passare a trovare Sabri e la mia nipotina" ammetto, chetamente.
La diretta interessata annuisce, facendomi l'occhiolino. "Hai fatto bene, e a sentire come scalcia, Agnese è contenta di avere la zia qui".
Mia madre scioglie la nostra stretta, ma senza lasciarmi completamente e si volta verso di me, accarezzandomi la guancia.
"Stai bene? Novità?" mi chiede, corrucciando la fronte. Riesco a leggere nei suoi occhi tutta la sua voglia di curiosità che preme per essere colmata.
"Eh, sì, infatti. Come va con Luca?" si intromette Sabrina, battendo le mani, eccitata.
Mi apro in una breve e leggera risata, divertita dalla sua domanda.
"Ci stiamo frequentando, va bene tra noi..."ammetto, dondolandomi sui talloni, ma lasciando che un sorriso affiori in viso.
"Caspita, questa è una notizia bomba!" commenta mia madre, battendo una mano sulla mia spalla. "Adesso capisco perché hai questa luce negli occhi..."
Abbasso lo sguardo, arrossendo in imbarazzo.
"Dai, su, adesso mi devi raccontare, non puoi dirmi una cosa del genere e pensare che non voglia sapere nulla" mi fa presente Sabrina, in finto tono minaccioso, sporgendosi verso di me.
"Ecco!" le dà manforte mia madre, puntando un dito nella mia direzione. "Poi racconterete tutto anche a me. Adesso, però, devo proprio andare" aggiunge, rammaricata.
Annuisco, avvicinandomi per abbracciarla ancora e prometterle che la terrò aggiornata, poi le si avvicina per salutare Sabrina e lasciarle una carezza sulla pancia.
"Poi vi vorrò tutti a cena da me, mi raccomando! Quindi sbrigatevi a ufficializzare!" mi fa presente, voltandosi indietro, mentre cammina verso l'uscita. Quando si è chiusa la porta alle spalle, scoppiamo entrambe a ridere, complici.
"Sediamoci, su!" mi fa notare Sabrina, indicandomi il divano dietro di me. "Ti posso offrire qualcosa?"
"No, Sabri. Sono a posto cosi, grazie" declino, ma ringraziandola con lo sguardo.
Lei sbuffa contrariata, prendendo poi posto al mio fianco.
"Allora..." proferisce in un sussurro. "Adesso che siamo solo io e te, posso chiedertelo. Come stai?"
Mi muovo sul posto un po' a disagio, prendendo un respiro profondo.
"L'altro giorno è venuta Lucia in ospedale" le confesso, giocherellando con le dita, distrattamente.
Sabrina sbarra gli occhi e le labbra, in un'espressione sorpresa, puntando il mio sguardo con insistenza sulla mia figura. "Ma che bello! Come sta?" mi domanda.
Abbasso lo sguardo, aprendomi in un sorriso al ricordo dell'emozione provata quel giorno.
"Lei sta bene, è stata affidata a quella coppia che conobbi e tu pensa cosa ha combinato la furbetta! Ha finto un malore pur di venirci a trovare, incredibile!" ammetto, aprendomi in una risata divertita.
Mi rendo conto che Sabrina abbia seguito il mio racconto, attenta, con un sorriso dolce sulle labbra, di cui però adesso ogni ombra sembra essere scomparsa.
"E come ti è sembrata?" mi chiede in un tono estremamente serio, lanciandomi un'occhiata di sbieco. "Pensi che stia bene con quella famiglia?"
Sussulto lievemente alla sua domanda, sentendomi colta alla sprovvista.
"Io...sì, credo di sì. I Cattaneo sono delle brave persone, le vogliono un gran bene, sono stati tanto comprensivi con lei..."
Lei nota la mia titubanza e si premura di prendere le mie mani tra le sue.
"Non lo metto in dubbio, Anita. Ma che Lucia abbia architettato tutto questo, non ti ha fatto pensare?"
Aggrotto la fronte, aprendomi in un'espressione interrogativa. "Voleva venire a trovarci, ha detto che le mancavano..." ammetto in un sussurro.
"Infatti" concorda con me. "Ma dati i trascorsi e la sua voglia di una famiglia al vostro fianco..." mi fa notare.
Improvvisamente capisco cosa lei stia cercando di dirmi e mi ritrovo a essere spaventata al pensiero. Perché Sabrina rischia di far venire a galla quello che ho provato a sopprimere.
"No!" esclamo, con troppa foga e facendola sussultare. "Non dirlo. Lo sai che non è possibile!"
Sabrina arriccia le labbra in una smorfia, indispettita. "Lo sai meglio di me, Anita, Lucia stravede per voi due, e in casi delicati come questi, sarebbe sempre bene agire per il benessere del minore. Adesso che tu e Luca state insieme..." tenta di dissuadermi.
"Noi non stiamo insieme, non ancora almeno..." mormoro, mordendomi il labbro inferiore.
Lei rinsalda la presa sulle mie mani, accarezzandone il dorso. "Ma tu lo vuoi, no?"
"Certo!"
"Bene" mi sorride lei, cercando di spazzare via qualsiasi dissapore. "Tutto è possibile, Anita, ma tu pensa a quello che ho detto, ok?"
"Ok"
Quando vado via da casa sua, mi rendo conto di avere più dubbi di prima, e mi viene da pensare che, adesso, l'unica certezza che ho, sia di voler stare con Luca.

Arrivo nel pomeriggio al lavoro e avverto da subito il desiderio di vederlo, ma Luca è impegnato e mi ritrovo a dover desistere dalla mia voglia di correre da lui. Così raggiungo il mio spogliatoio, intenzionata a cambiarmi e assolvere le mie manzioni. Da quando Visconti ci ha riunito nel suo studio, l'attenzione su di me sembra essere calata inesorabilmente. Forse, mi viene da pensare, hanno trovato qualcun altro da bersagliare. E, quando entro nello spogliatoio, ci pensa Arianna a mettermi al corrente di cosa sta succedendo.
"Ehi" la saluto, mentre si allaccia le scarpe.
Nella stanza sono rimaste solo alcune delle nostre colleghe, che si voltano curiose verso di noi, con lo scopo di origliare la nostra conversazione. "Ciao, Anita" replica lei con un sorrisone, saltando in piedi.
Mi ritrovo ad ammirare la sua esuberanza, perché Arianna sprizza sempre gioia da tutti i pori; è solare, divertente, non si prende mai sul serio e ogni volta che lei mi è accanto, vorrei mi regalasse un briciolo della sua spensieratezza.
Dopo esserci strette in un piccolo abbraccio, ci dirigiamo entrambe ai nostri armadietti, dove mi premuro di riporre i miei effetti, indossando il mio camice.
"Sai..."proferisce lei, appoggiandosi al suo armadietto, mentre mi sistemo le pieghe della mia divisa.
"Credo proprio che quel discorso ci volesse. Giorgio si è innemicato parecchia gente qui dentro per il suo sentirsi potente e importante. Ma non credo che adesso avrà vita facile" mi confessa con una certa soddisfazione nello sguardo.
Mi volto nella sua direzione, corrucciando la fronte.
Arianna sbuffa una risatina, roteando gli occhi al cielo. "Menomale che ci sono io a metterti al corrente di tutto, Anita" mi prende in giro, colpendomi scherzosamente alla spalla.
"Comunque" aggiunge, quando le poche ragazze rimaste, escono dallo spogliatoio e possiamo parlare liberamente. "Giorgio non se la sta passando bene, pare che si stiano rivalendo su di lui. Gli sta bene!"
Dopo quello che mi ha fatto, la paura che mi provocava la sua sola vicinanza, mi ritrovo ad arricciare le labbra in una smorfia. Nonostante mi venga pensare che Giorgio si meriti davvero tutto questo, perché le vessazioni nei suoi confronti sono la causa dei suoi comportamenti, sento che non possa gioirne. Perché ho subito sulla mia pelle cosa significa essere derisa e insultata e non augurerei a nessuno di patire lo stesso trattamento, anche se si tratta del mio peggior nemico. Non è questa la punizione che si merita e soprattutto questo va solo ad alimentare un forte clima di astio.
Arianna deve accorgersi che sia contrariata perché torna a parlarmi con tono serioso.
"Non fare quella faccia, Anita. Giorgio, dopo quello che ti ha fatto passare, non si merita la tua compassione" mi reguardisce. Poi, richiude l'anta del suo armadietto, dietro di sé, facendomi intendere che non sia intenzionata a continuare l'argomento.
"La mia non è compassione" le faccio notare, indispettita, voltandomi nella sua direzione,"ma mi hanno insegnato che non devi fare agli altri, quello che non vorresti fosse fatto a te"
Poi, senza aspettare una sua risposta, esco dallo spogliatoio.

La mia giornata lavorativa non è stata propriamente tranquilla, me ne sono resa fin da quando Visconti mi ha chiamato accanto a sé, affinché lo seguissi nel giro delle visite. Mi ha trattata come una studentessa alle prime armi, assillandomi con le sue domande riguardo alle patologie affrontate.

"Cos'è una broncopolmonite, a che età si manifesta, come si diagnostica, qual è il protocollo da praticare e così via..."
Mi sono sentita messa sotto pressione e, nonostante abbia risposto in modo esauriente a tutte le sue domande, lui non sembrava mai pienamente soddisfatto.
Quando, poi, mi ha permesso di tornare a svolgere le mie azioni quotidiane, ha messo su un sorriso impertinente.
"Complimenti, dottoressa, vedo che ha fatto i compiti" ha ammesso, come se volesse prendersi gioco di me.
Così, senza fargli notare che fossi stizzita dal suo comportamento altalenante nei miei confronti, ho replicato con un sorriso di circostanza e me ne sono andata.

"Non prendertela, tesoro" cerca di rassicurarmi Maria, al mio fianco. "Lo sai com'è fatto. Il dottor Visconti è un tipo orgoglioso, gli riesce difficile ammettere che sia soddisfatto di qualcosa o di qualcuno".

Rilascio uno sbuffo, pensierosa. "Sì, lo so, lo so. Ma dopo tutto lo sforzo e il lavoro di queste settimane, speravo di essere riuscita a riconquistare la sua fiducia, almeno un minimo. Ma ho paura non accadrà mai" le confesso, abbassando lo sguardo.
Forse non dovrei perdermi tanto d'animo, ma mi rendo conto che dopo tutto quello che è successo, vengo davvero a patti con quanto il mio rapporto con Visconti sia cambiato. E sapere di non leggere più nei suoi occhi quella sorta di stima che ero riuscita a guadagnarmi, mi rende agitata.
"Ehi" Maria appoggia le sue mani sulle mie spalle, invitandomi a portare lo sguardo su di sé, che mi sorride comprensiva. Mi viene da pensare che sia sempre dolcissima con me e non posso che sentirmi fortunata.
"Anita, le debolezze fanno parte di noi, non dovremmo vergognarci di mostrarle. Ma io lo so che sei un ottimo medico e lo sa anche lui, anche se adesso è ancora un po' risentito nei tuoi confronti". Le sue dita rinsaldano la presa su di me, prendendo ad accarezzarmi le spalle. "Non lasciare che questo ti butti giù, ok? Vedrai che i tuoi sforzi verranno ricompensati".
Le dedico un sorriso, cercando di nascondere alcune lacrime che minacciano di venire fuori, e annuisco.
"Grazie, Maria".
Lei mi fa un occhiolino, prima di tornare a camminare al mio fianco.
Senza che me ne renda conto, mentre raggiungiamo la sala comune, mi sento spintonare fortemente e la vicinanza di Maria si rivela essere proficua affinché ritrovi l'equilibrio. Sbatto gli occhi ripetutamente, mentre la mia amica continua a mantenermi accanto a sé.
"Ehi, sta più attento!" strepita Maria, alterata, verso colui che mi ha colpita.
La sorpresa invade i nostri visi, quando la persona chiamata in causa, si volta nella nostra direzione, rivelandoci lo sguardo preoccupato di Giorgio.
Il respiro mi si mozza in gola, mentre mi rendo conto che, per la prima volta, nei suoi occhi non legga altro che paura. Sembra che stia scappando da qualcosa e che sia arrabbiato con se stesso dal modo in cui le sue dita si artigliano.
Lui lascia vagare il suo sguardo su di noi, che lo osserviamo corrucciate, poi fa un passo indietro.
"Scusa..." borbotta, prima di allontanarsi, fugacemente.
E mi viene da pensare che non l'abbia fatto a posta, il suo gesto è stato davvero casuale.
Così mi volto a guardare Maria, che sembra condividere il mio stesso scetticismo ed entrambe ci lasciamo andare a una alzata di spalle.
Il bersaglio, adesso, è lui...

Mi richiudo la porta dello spogliatoio, sospirando e appoggiando una mano altezza del collo, cercando di allentare la tensione accumulata durante il giorno. Mi rendo conto che non abbia visto Arianna per l'intera giornata e un po' mi dispiace aver avuto quella sorta di battibecco con lei e che non ci sia stato il tempo di chiarirci. Ma ci penserò domani.

Luca mi aspetta accanto all'ascensore, e improvvisamente quando i miei occhi si posano su di lui, tutte le ansie sembrano scemare. Ha il potere di farmi sentire serena con un solo sguardo.
Così corro da lui, scalpitando all'idea di averlo vicino, e Luca un po' si stupisce della smania con la quale le mie dita si artiglino al suo giubbotto, ma prende a stringermi più forte a sé, inspirando sul mio collo. Avverto ogni fibra del mio corpo sciogliersi sotto il suo tocco.
Chiudo gli occhi, inebriandomi del suo profumo e lasciando che la mancanza avvertita per tutto questo tempo, si appiani sempre di più.
Io ti stringo, Luca, e sento che non vorrei mai lasciarti...
"Ho una sorpresa per te..."mi sussurra, poi, mantenendo la sua presa salda su di me.
Mi ritrovo ad innalzare lo sguardo verso di lui, scrutandolo incuriosita.
Così lui sbuffa una risata, ritornando a guardare me e solo me.
"Sono riuscito a farti concedere il pomeriggio libero per domani" mi fa presente, arricciando le labbra in un sorriso che lascia trapelare tutta la sua eccitazione.
"Ma, ma...come sei riuscito a convincere Visconti. Lui cosa sa?" gli annuncio tutti i miei dubbi.
Luca fa scontare le nostre fronti, trovando divertente il mio sproloquiare e prende ad accarezzarmi una guancia, teneramente.
"Visconti sa tutto, Anita. Non riuscivo a nascondergli di noi, e gliene ho parlato" mormora con un certo orgoglio.
Non posso fare a meno di corrucciare la fronte, arricciando le labbra in una smorfia. Non so fino a che punto questa confessione possa essere producente, soprattutto per me.
"Pensi sia un bene lui sappia?" gli chiedo.
Luca rotea gli occhi al cielo, senza però nascondere una risatina. "Fino a quando avremmo potuto tenerlo nascosto? E poi, Alfredo si era già reso conto da tempo ci fosse qualcosa, sai?"
Annuisco, nonostante non mi senta pienamente convinta. Forse è per questo che stamattina si è comportato così con me. Luca però fa in modo che i nostri sguardi si ricontrino, cercando di infondermi una certa rassicurazione. Così, mi arrendo all'evidenza che possa avere ragione.
"E poi gliene ho parlato per un buon motivo..." aggiunge, prendendo a parlarmi con un tono basso, avvicinandosi alle mie labbra con fare suadente.
Poso lo sguardo sulla sua bocca a un palmo dalla mia e mi rendo conto che, adesso, ogni paranoia sia andata via, lasciando spazio a un'alterazione dei sensi.
"Quale motivo...?" gli chiedo, deglutendo a fatica.
Luca ridacchia, colmo di soddisfazione. "Il nostro appuntamento, no?" mi fa presente, mostrandosi fintamente allibito dalle mie parole.
Un piccolo sorriso affiora sul mio viso, mentre abbasso lo sguardo.
"Il nostro appuntamento..." sussurro, quasi come se volessi convincermene io stessa.

Non vedo l'ora...

ANGOLO AUTRICE:

Buon pomeriggio a tutti! :)
Sono stata brava, anche questa volta. Ammetto che non avessi intenzione di aggiornare, soprattutto perché fino a stamattina il capitolo non era ancora concluso. Mi rendo conto che, rispetto agli altri, sia molto più corto, ma ho voluto fosse così. E se pensate che non succeda niente di che, vi sbagliate, quello che avete letto serviva a introdurre eventi che accadranno in breve tempo. Nel prossimo, finalmente direi, leggeremo del famoso primo appuntamento e sarà quasi interamente dedicato a questo. Quindi, lascio a voi i quesiti: come pensate sarà? Dove avrà intenzione di portarla Luca? E voi siete più tipi da cose semplici ma sorprendenti o preferiti posti chic dalla cucina raffinata?
In ogni caso, il mistero sarà svelato presto. Stay tuned! Io non vedo l'ora e voi?
Intanto ci tengo a ringraziare enormemente chi segue la storia, chi recensisce, e chi l'ha inserita nelle sue liste. Mi rendete felicissima, davvero, continuate così!
Voglio informarvi che la stesura del prossimo capitolo mi porterà via un po' di tempo in più, quindi nel caso non riuscissi ad aggiornare, sapete il perché.
Vi abbraccio forte, alla prossima!

Ps. passate a leggere le altre storie della serie, se vi va ;)

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Capitolo 53
*** Capitolo 52 ***


Capitolo 52

RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 52


Svegliarsi stamattina non mi è stato difficile. Avvertivo sulla mia pelle tutta l'eccitazione e l'aspettativa che il mio primo appuntamento con Luca mi provocano.
Ho svolto la mia giornata in modo spensierato, chiusa in una bolla, dedita ad attudire i miei sensi, facendomi sentire leggera, con la testa tra le nuvole e il cuore pulsante.
In ogni mio gesto, in ogni mia azione, non ho potuto fare a meno di pensare a Luca.
Il nostro primo appuntamento...non faccio che riformulare le sue parole nella mia mente, rendendomi conto di quanto mi suonino melodiose.
Ritorno al presente, cercando di reprimere un gridolino di gioia perché sarebbe poco appropriato, ma do uno sguardo all'orologio da polso che indosso, rendendomi conto che manchi poco prima che io possa andare a casa.
Io e Luca abbia accordato nel nostro messaggio del buongiorno di vederci direttamente nel pomeriggio quando lui passerà a prendermi.
Comincio a contare le ore, i minuti, i secondi, prima che io possa incontrarlo e il solo pensarci mi provoca un fremito nel cuore.
Non mi sentivo così da tempo, forse non lo so nemmeno più quantificare, ma sto tanto bene e l'artefice della mia felicità è proprio lui.

Mi chiudo le porte dell'armadietto alle spalle, rilasciando un sospiro e posando una mano all'altezza del collo, rilassando la muscolatura contratta.
Arianna mi dà le spalle, mentre si cambia. Ho saputo avesse chiesto un cambio turno ed è pronta per adempiere al lavoro che le spetta.
Mi schiarisco la voce, con un colpetto di tosse, avvicinandomi al mio armadietto.
Lei si volta, cercando di dissimulare un certo spavento e accenna un sorriso nella mia direzione, vedendomi avvicinare. Nella mia mente è ancora vivido il ricordo del nostro battibecco e ho intenzione di chiarire con lei.

Ma prima che possa dirle qualcosa, è Arianna a cominciare a parlare.
"Mi dispiace per ieri..."ammette, d'un tratto intimidita, abbassando lo sguardo per puntarlo alle sue dita che giocherellano.
"Stai tranquilla, Ari, è tutto ok"la rassicuro, posando una mano sulla sua spalla.

Lei annuisce titubante: "mi sono fatta prendere dalla foga del momento, ma come sempre avevi ragione tu, quello che stanno facendo non è giusto..."

Accenno un sorriso comprensivo nella sua direzione, rinsaldando la mia presa sulla sua spalla. "Va bene così, ok? Non c'è bisogno che continui. Abbiamo reagito in modo sbagliato entrambe, ma è tutto risolto" le riferisco, senza nascondere una certa fretta nei miei gesti. Non vedo l'ora di poter essere a casa e prepararmi.

Lei rialza lo sguardo, adesso luminoso, per puntarlo nel mio e sorridermi in quel modo tutto suo, scrutando ogni mio movimento.
"Ma tu cosa fai, vai già via?" mi domanda, mettendo su un'espressione fintamente sospettosa.
Soffoco una risatina, lisciando alcune pieghe inesistenti del mio camice, mentre lo sistemo nell'armadietto.
"Sì, ho preso un permesso..."
Arianna corruccia la fronte, pensierosa, aprendosi successivamente in un'espressione maliziosa.
"Non mi dire!" ammette, battendosi una mano in fronte, come colta da un'illuminazione. "Hai un appuntamento con Luca!"
Mi nascondo dai suoi occhi curiosi, recuperando la borsa e richiudendo l'anta dietro di me.
"Potrebbe..." confesso, vaga, cercando, però, di trattenere un certo divertimento.
Ma non abbastanza per evitare che lei si esibisca in un gridolino di gioia, saltellando sul posto.

"Lo sapevo! Lo sapevo!" strepita, colma di eccitazione.

Mi volto allora verso di lei e mi rendo conto che trattenere le risate, adesso, mi sia difficile.

"Mi devi raccontare tutto, sappilo!" mi fa notare, sporgendosi verso di me per puntarmi un dito contro, fintamente minacciosa.

Appoggio la mia mano sulla sua, allontanandolola dal mio corpo e cercando di riprendere fiato dalle risa.
"D'accordo...sarà fatto" le replico, sciogliendomi in un sorriso dolce.
Cammino allora via, con lo sguardo fisso nella sua direzione e non posso fare a meno di sorridere, e ancora sorridere.

"Mi raccomando, un racconto fornito di dettagli!" mi fa presente, facendo su e giù con le sopracciglia in un gesto eloquente.

"Certo, certo" borbotto, salutandola con la mano, divertita, poi mi chiudo la porta alle spalle.

Appena sono tornata a casa, ne ho approfittato per fare un caldo e rilassante bagno al profumo di vaniglia e dedicare del tempo al mio corpo. Ho la pelle così liscia e profumata che potrei fare invidia a quella di un bambino.
Così mi lascio ricadere sul letto, afferro il cellulare tra le mie mani e apro la chat condivisa con Luca, cominciando a digitare smaniosa i tasti.
"Non mi dirai dove hai intenzione di portarmi, vero?"
"Già, voglio che sia una sorpresa!"
Mi mordo il labbro inferiore, reprimendo uno sbuffo, ma senza riuscire a fare a meno di sorridere. Il solo parlare con lui mi provoca un fremito nel petto.
"Nemmeno un piccolo, piccolo indizio?" ritento, arricciando la fronte.
"No...ma lo scoprirai presto " lo immagino ridere divertito della mia impazienza.
"Ok..." mi arrendo allora."Non vedo l'ora"
"Anche io, anche io non vedo l'ora❤ "
Socchiudo gli occhi, portandomi il cellulare al petto e cercando di sopprimere un gridolino di gioia, poi ripongo l'aggeggio tra le mie mani sul comodino.
Incrocio le gambe davanti a me, aggiustando l'accappatoio che mi fascia il corpo e rilascio un sospiro.
Luca è stato vago e misterioso riguardo al luogo dove ha intenzione di portarmi e questo, nonostante mi renda piena di aspettativa ed eccitazione, allo stesso tempo mi provoca una certa ansia. Non so cosa mettermi, e non ho idea di quale possa essere il giusto abbigliamento da optare. Così ho chiesto aiuto alle mie amiche, mandando loro un messaggio nel gruppo che condividiamo.

Il campanello suona poco dopo, mentre sto fantasticando sulla nostra metà. Mi aveva parlato di una cena con vista mare, una volta, ma sarà davvero così? E se così non fosse, cosa ha preparato per me? Una cosa è certa: non vedo l'ora di scoprirlo.
Cammino verso la porta, e mi sembra di volteggiare, sospesa tra i miei sogni e la realtà e, quando apro alle mie amiche, loro si rendono conto subito che sia racchiusa in un mondo tutto mio.

"Caspita, ragazze!" esclama Cristina, portandosi una mano alle labbra per soffocare una risata. "L'abbiamo persa!"

Le altre la seguono a ruota, facendomi esibire in un broncio infantile.

"Su" proferisce Giulia, appoggiandomi una mano sulla schiena e accompagnandomi verso la camera. "Andiamo a scegliere questo outfit!"

Ammiro il risultato allo specchio, compiendo un giro su me stessa e non posso fare a meno di aprirmi in un sorriso colmo di soddisfazione. Le mie amiche hanno fatto un bel lavoro. Cristina si è occupata di truccarmi, scegliendo dei colori delicati e naturali che risultassero i tratti del mio viso, mentre ha arricciato i miei capelli in delle onde che mi ricadano morbide sulle spalle. Giulia e Carlotta hanno scelto l'abito che indosso: un tubino verde scuro, con gli inserti in pizzo e le maniche a sbuffo, mentre, essendo la meta a sorpresa, ho deciso di mettere delle sling back, in modo tale da stare comoda ma senza perdere una certa femminilità.
"Direi che sei perfetta!" ammette Carlotta esibendosi in un'espressione fiera di se stessa. Anche le altre annuiscono, concordi con lei, facendo posare i loro sguardi su di me, colme di ammirazione.

Liscio alcune pieghe del mio vestito, avvertendo ogni fibra del mio corpo essere scossa dalla fibrillazione.
Abbasso allora lo sguardo, accennando un'espressione di serenità e gratitudine.
"Grazie ragazze, se non ci foste state voi" replico, sporgendomi verso di loro, per stringerle in un abbraccio. Mi sento così grata per averle qui.
Avverto le loro braccia tirarmi a sé per in inglobarmi in una stretta solida e, prima che ce ne rendiamo conto, ci ritroviamo a saltellare, soffocando gridolini di gioia.
È il trillo del mio cellulare a indurci a tornare alla realtà, e mi premuro di afferrarlo tra le mie mani, con le dita che mi tremano e gli occhi incuriositi delle ragazze puntati su di me.
È Luca che mi avverte sarà qui tra poco.

Rilascio un respiro profondo, portandomi una mano al petto, avvertendo sotto le mie dita il cuore pulsare forte. Mi tremano le gambe e devo fare in modo di placare la sudorazione delle mie mani.
Mi do un'ultima occhiata allo specchio, controllando che tutto sia al suo posto, indosso una giacca sopra l'abito e poi esco di casa.
Percorro gli scalini che mi dividono da lui velocemente, a due, a due, con l'impazienza che adesso mi caratterizza. Poi, finalmente, lo vedo.
Luca mi aspetta appoggiato alla sua automobile. Stretto in un cappottino lasciato aperto su una camicia azzurra e un paio di pantaloni dal taglio elegante. Alla sua vista il mio cuore sembra compiere una capriola e ricominciare a battere furiosamente. Lui è tanto bello e affascinante ed è qui per me.
Inizio a contare i passi che mi mancano per raggiungerlo, facendo affiorare un sorriso sulle mie labbra, vivendo la scena a rallentatore. Osservo lo sguardo di Luca puntarsi su di me, scruto la sorpresa invadere i suoi occhi mentre corrono a percorrere la mia figura. E mi rendo conto che il suo gesto mi faccia sentire tanto desiderata e amata.
Mi fermo davanti a lui, incrociando le mani davanti a me e abbassando lo sguardo in imbarazzo.

"Ciao..." lo saluto, accennando a un sorriso.

Luca sembra riscuotersi e torna a puntare il suo sguardo sul mio viso, facendo in modo che sulle sue labbra si disegni un sorriso luminoso.
"Ciao" replica allo stesso modo, posando una mano sulla mia schiena per avvicinarmi a sé e stringermi tra le sue braccia. Appoggio il capo sulla sua spalla, inebriandomi del suo profumo fresco e lascio che la sua vicinanza appiani la mia agitazione.
"Sei bellissima..." mi sussurra, facendo scivolare le sue dita sui miei fianchi, per attirarmi di più al suo corpo.

Rialzo gli occhi per incrociare i suoi che sembrano venerarmi come la cosa più bella che abbiano mai visto e porto una mia mano alla sua guancia, accarezzando la sua pelle resa ispida dalla barba corta e curata.
"Lo so, anche tu non sei male" lo prendo in giro, facendo scivolare la mia mano lungo il suo collo per colpirlo scherzosamente al petto.
Luca accenna una risata bassa e roca, sfregando il naso sul mio collo, e mettendo a dura prova il mio autocontrollo. Poi decide sia arrivato il momento di andare via e si premura di aprire lo sportello permettendomi di prendere posto e fa il giro dell'auto per posizionarsi al lato del guidatore.

Incrocio le mani davanti a me, facendo aderire la schiena al sedile, mentre lo osservo voltarsi nella mia direzione e concedermi un sorriso prima di mettere in moto. Lo scruto destreggiarsi alla guida, sicuro di sé e poi far ricadere gli occhi su di me, quando comprende che il mio sguardo sia catturato da lui. Ma non posso proprio farne a meno.
Luca appoggia una mano sulla mia coscia, facendomi sussultare per il suo contatto e preme leggermente sul tessuto del mio abito, per lasciarmi una carezza. Io mi rendo conto, mentre lascio che la mia mano scivoli sulla sua, che non mi importi quale sia la nostra destinazione, saperlo vicino, adesso, è la cosa più importante.

Luca mi ha portato al mare e mi ritrovo a essere felice come una bambina.
Lascio che lo stupore invada i miei occhi, non appena sono fuori dall'abitacolo della sua automobile. Assaporo l'odore salmastro del mare, lasciandomi cullare dallo scroscio delle onde che si infrangono sugli scogli, mentre mi avvicino alla balaustra che delimita la terrazza panoramica. Rilascio un sospiro, serena, socchiudendo gli occhi.
Luca mi raggiunge alle spalle,scostando i miei capelli per appoggiare la testa nell'incavo del mio collo. Sussulto avvertendo il suo respiro infrangersi sulla mia pelle scoperta.

"Siamo in tempo per vedere il sole tramontare, da qui la vista è pazzesca" avverto la sua voce propagarsi accanto al mio orecchio, bassa e roca.

Un brivido mi percorre la schiena mentre lui mi avvolge da dietro in un abbraccio un po' goffo ma terribilmente dolce.
Mi stringo a Luca, appoggiando le mie mani sulle sue, sulla mia pancia, e poco dopo, proprio come aveva predetto, assistiamo allo spettacolo e all'emozione che vedere il sole tramontare può provocare.
Il cielo si colora di sfumature che variano dal rosso caldo al viola, in un turbinio di luce, che sembra dipinta da abili mani e si riflette sul mare. Il cuore mi scoppia nel petto e chiudo gli occhi, cercando di assaporare e imprimere nella mia mente questo momento per sempre.

"È davvero bellissimo..."ammetto a bassa voce, sopraffatta dalle mie emozioni.

Luca fa in modo che la mia schiena aderisca alla balaustra, dando le spalle al cielo, ma con lo sguardo adesso a lui e continua a tenermi stretta, senza mai volermi lasciare. Riconosco nei suoi gesti e nei movimenti delle sue dita su di me il bisogno impellente di un contatto.
"Non hai ancora visto nulla..." mi fa presente, scendendo ad accarezzarmi una guancia.
Incrocio i suoi occhi che sembrano custodire il segno di una promessa.
"Sarà una serata indimenticabile".
Mi sciolgo in una risatina, divertita dal suo fingersi così sicuro di sé e lascio che mi guidi, quando la sua mano si stringe alla mia.

Percorriamo il pontile che dalla terrazza conduce a un ristorantino a strapiombo sul mare. Avverto le travi di legno scricchiolare sotto i nostri passi e mi abbasso a osservare la spiaggia che si estande sotto di noi.
Il ristorante da fuori ha le sembianze di una nave da crociera, imponente e lussuosa, con le pareti bianche e le vetrate che offrono una romantica vista mare.
Anche l'interno è arredato con cura, dando allo spazio un'aria pulita e luminosa. Mi ritrovo a divorare con lo sguardo qualsiasi cosa mi circondi, osservando ogni particolare con sorpresa e fibrillazione, mentre nella mie orecchie si propagano le note di una canzone rilassante. Nonostante la formalità del posto, mi rendo conto che il clima sia molto familiare.
Una cameriera ci accoglie all'ingresso, sorridendoci cordiale. Luca si premura di farle presente la sua prenotazione e lei annuisce, chetamente, facendoci strada verso il tavolo che hanno adibito per noi. La seguiamo, silenziosamente, mentre ci facciamo spazio verso l'esterno; lei richiude la porta dietro di noi, inoltrandosi nella veranda che perimetra il locale.
Il tavolo che hanno preparato per noi è apparecchiato con cura, una candela ad adornarlo, appartato, permettendoci di avere una sorta di intimità, lontani da sguardi indiscreti.
La ragazza si congeda velocemente, lasciandoci liberi di accomodarci, e Luca da galantuomo quale è scosta la mia sedia, permettendomi di sedermi, prima di prendere posto.
Mi guardo intorno, fissando il mio sguardo al mare che scorre placido sotto di noi e mi rendo conto che una porta accanto al nostro tavolo dia accesso a una scaletta che conduce direttamente alla spiaggia. Il cielo si è scurito, mantenendo però una tonalità di blu chiaro, limpido e senza nuvole.
Sento le dita di Luca intrecciarsi alle mie, sul tavolo, e volgo lo sguardo verso di lui, scoprendolo già a fissarmi, intensamente.
Abbasso lo sguardo, portandomi una ciocca di capelli, cercando di dissimulare un certo imbarazzo sotto i suoi occhi.

"Ti piace qui?" mi domanda, accennando un sorriso nella mia direzione.

Ricambio, annuendo. "Eri davvero serio quando dicevi che volevi fosse tutto perfetto" ammetto, con un velo stupore.

Luca lascia che una breve risata si propaghi dalle sue labbra, ritornando con lo sguardo su di me.
"Avevi dubbi a riguardo?" mi chiede.
Gli lancio un'occhiata di sbieco, mordicchiandomi un labbro. "No, ma non avresti dovuto, è tutto così bello..."

"Anita" mi richiama lui. "Per te questo e altro. Non ti meritavi niente di meno di quello che ho pensato per noi".

Le sue parole mi lasciano con il fiato sospeso, togliendomi la capacità di formulare parola.
"Grazie..." gli sussurro.
Luca rinsalda la presa su di me, facendo in modo che i miei occhi si incatenino ai suoi. E rimaniamo così a guardarci senza mai distogliere lo sguardo, con gli occhi che sembrano trasmettersi più di quanto si possa fare a parole.

La stessa cameriera di prima arriva ad interrompere il nostro momento, facendo scoppiare la bolla di complicità che avevamo costruito e ci chiede cosa abbiamo intenzione di ordinare. Puntiamo su piatti di pesce, specialità del posto, e una bottiglia di vino bianco che si sposi bene con le nostre pietanze.
Lei si congeda, ritornando subito dopo con la nostra bevanda. La stappa e tenendola per il fondo ne versa un po' nei nostri bicchieri.
Rimasti soli, Luca porta il suo in alto, indicandomi.

"Propongo un brindisi" mi fa presente, aprendosi in un sogghigno divertito.

"A cosa vuoi brindare?" gli replico, stando al gioco.

Luca si porta una mano alle labbra, abbassando lo sguardo per poi rialzarlo e puntare i suoi occhi su di me.
"A noi..." propone rocamente.
Faccio tintinnare il suo bicchiere con il mio.

"A noi".

All'inizio di qualcosa di bello...

La cena è stata fantastica, ma non avevo dubbi su questo. Abbiamo parlato tanto io e Luca, di così tanti e svariati argomenti che sarebbe difficile poterli elencare. Non mi stupisce che sia riuscito a farmi sorridere e ridere con i suoi aneddoti divertenti. Con gli anni ho idealizzato un po' la sua figura, è vero, immaginando come potesse essere un giorno condividere con lui determinati momenti. Se è possibile, adesso, la realtà ha superato di gran lunga le mie aspettative, perché Luca incarna quello che ho sempre cercato e sperato fosse. È intelligente, simpatico, carismatico, gentile e dolce, e tanti tanti altri aggettivi. Luca è Luca, con i suoi difetti, i suoi pregi, e l'uomo che amo in tutte le sue sfumature.
Così quando lui si alza dal suo posto per pagare il conto, non posso fare a meno di sorridere emozionata per questo esito.
Abbasso lo sguardo al mare poco distante che sembra chiamarmi e io sento il bisogno di accettare il suo invito. I miei movimenti sono scoordinati e veloci, dettati dalla smania di avvertire la sabbia solleticarmi i piedi. Mi richiudo la porta alle spalle, prendendo a scendere le scale che mi conducono alla spiaggia. Arrivata all'ultimo gradino, mi appoggio al corrimano per togliermi le scarpe e esalo un respiro, inebriandomi dell'odore di iodio che aleggia nell'aria.
La sabbia a contatto con i miei piedi è fredda a causa dell'umidità della sera che è calata ma questo non mi fa desistere dal muovermi verso la rima, con un sorriso sereno a far capolino sul mio viso.
Amo il mare, la sua sola vista mi provoca un forte senso di beatitudine, amo, durante i giorni d'estate, immergermi e lasciarmi cullare dalle sue onde, sentendomi in pace con me stessa.
La luna è ormai alta in cielo e illumina questo pozzo d'acqua, in un romantico gioco di luci e ombre.
Alzo il mio sguardo verso l'alto e senza che me me renda conto, avverto una risata propagarsi nel mio petto, mentre prendo a saltellare su me stessa come se fossi una bambina, lasciando che il vento si posi dolcemente su di me, facendo svolazzare il mio vestito. Ruoto sul posto, trasportata dalla musica emanata dai locali posti sul lungomare.

"Anita!"

La voce di Luca mi induce a tornare alla realtà e mi volto verso lui, scoprendolo a guardarmi dall'alto della veranda, appoggiato con una spalla alla porta dietro di sé.

"Che stai facendo?" mi domanda, lasciando trapelare tutta la sua ilarità dalla voce.

Mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, accennando un sorriso con un certo fare suadente.
"Dai, vieni a prendermi..."
Luca non se lo lascia ripetere, perché poco dopo comincia a compiere alcuni passi verso di me, scendendo un gradino alla volta, senza mai distogliere lo sguardo dal mio.
Avverto il mio cuore cominciare a battere furiosamente e farmi tremare di una certa aspettativa.
Così gli volto le spalle, prendendo a correre per allontanarmi da lui e indurlo a raggiungermi sempre più. Avverto i passi di Luca farsi vicini e non ho bisogno di voltarmi per capire lui sia a poco da me.

"Presa..." mi sussurra, palesandosi alle mie spalle e aggrappandosi al mio corpo, inglobandomi tra le sue braccia.

Avverto la mia pelle bruciare sotto il segno delle sue mani su di me.
Accenno una risata, stringendolo a me e voltandomi quanto basti per incrociare il suo viso. Ci osservo così, riflessi l'uno negli occhi dell'altro. La luce della Luna illumina il suo volto per metà, donando al suo viso un'aria misteriosa ma terribilmente affascinante.
Mi muovo tra le sue braccia per fronteggiarlo e godermi a pieno ogni tratto, ogni sua sfumatura e rendermi conto che Luca, adesso, è solo mio. È qui per me, con me. Ci siamo noi, il mare che scorre accanto a noi, il silenzio carico di elettricità che ci avvolge ed è davvero tutto bellissimo che vorrei non finisse mai.
Luca lascia che le nostri fronti si scontrino, sfregando il naso sul mio viso.

"Devo dirti una cosa..."mormora, facendomi tremare sotto le sue attenzioni.

"Dimmi..." gli replico.

Luca porta una mano ad accarezzarmi la guancia, percorrendo una scia immaginaria lungo il mio volto, senza mai interrompere il contatto visivo. Un sorriso dolce affiora sulle sue labbra.
"Ti ho detto che avrei voluto fare le cose con calma e così è stato, adesso eccoci qui. Ci vedi come stiamo bene?"
Annuisco, spronandolo a continuare.

"Sai, Anita, sono successi tanti episodi nel corso di questi mesi che mi hanno fatto dubitare di tante cose...di tutto. Ma adesso so cosa voglio e questa, ti giuro, è davvero l'unica di cui sono sicuro al momento: desidero stare con te, Anita, desidero essere al tuo fianco, e io non sono perfetto, lo sai, ho fatto degli errori, ma ora sono qui e voglio renderti la persona più felice di questo mondo. Spero che per te sia lo stesso..."
Ascolto le sue parole, sopraffatta dalle mie emozioni e con un balzo mi spingo più vicino a lui, facendo collidere le mie labbra con le sue, fugacemente.
Luca rimane sorpreso dal mio gesto, ma non può fare a meno di ricambiare, sorridendo sulle mie labbra.

"Presumo sia un sì..."mi sussurra, mordendomi un labbro, malizioso.

Rido, allacciando le mie braccia al suo collo per stringerlo di più a me.
Ci baciamo e sembra che non sia mai abbastanza. Le mie mani corrono ai suoi capelli, per stringerli e scompigliarli.
"Sì" esclamo, baciandolo ancora.

"Sì!" un altro bacio a rinforzare il concetto.

"Sì, sì, sì!" ammetto finendo per lasciargli dei baci sul naso, e poi sulle guance e sulla fronte, facendolo ridere divertito dal mio gesto.

Il contatto dei miei piedi con l'acqua fredda del mare mi fa rabbrividire e Luca porta le mani sulle mie spalle, facendole risalire lungo il mio corpo, come ad accertarsi che vada tutto ok.
Ma mentre le sue dita si muovono con una certa impazienza su di me, mi rendo conto che adesso i brividi non siano solo per il freddo. C'è una consapevolezza a farsi spazio dentro di me mentre i nostri gesti si fanno più passionali e dagli occhi di Luca traspare un desiderio comune. E, mentre lo guardo, non posso fare a meno di rendermi conto di cosa stia per succedere.
"Andiamo a casa..." gli sussurro, sfregando il mio naso contro il suo collo e aggrappandomi a lui, come se adesso da lui dipendesse ogni mio bisogno.

I nostri gesti e i nostri passi si fanno più veloci e scoordinati. Ogni cosa adesso è dettata dalla frenesia di scoprirci.
Il viaggio del ritorno è sicuramente più breve di quello dell'andata, ma non abbastanza per farmi fremere dalla voglia di far combaciare ancora le nostre labbra.
Prima che me ne possa rendere conto, siamo a casa. Avverto l'aspettativa mangiarmi via e non permettermi di ragionare lucidamente. Luca mi aiuta a cercare le chiavi dell'ingresso perché le mani un po' mi tremano dall'emozione e insieme ci facciamo spazio su per le scale, mano nella mano, sorridendoci spensierati, come se fossimo dei ragazzini.
Anche la porta di casa si richiude dietro di noi, e prima che me ne possa rendere conto le labbra di Luca sono a reclamare le mie, trasportandomi in un bacio mozzafiato che mi fa comprendere tutta la sua urgenza.
Io lo stringo a me, avvertendo i muscoli delle sue spalle guizzare sotto il peso delle mie dita e socchiudo gli occhi, lasciandomi annegare nelle emozioni che lui è capace di provocarmi.
Luca si distacca provocando uno schiocco, e appoggia la fronte alla mia, respirando affannosamente sul mio viso.

"Anita...sei sicura?" mi domanda allora, posando le sue mani sulle mie guance, come a fare in modo che la mia attenzione sia tutta su di lui.
Ma non posso più farne a meno, ormai. Sarebbe possibile fermare questo desiderio che reclama per essere assaporato e io non voglio tirarmi più indietro.
"Sì..."mormoro a mezza bocca, baciandolo poi a fior di labbra.

Lo bacio lentamente, dolcemente, accarezzando le sue guance e facendolo sospirare sotto il mio tocco.
Prima che me ne possa rendere conto, Luca appoggia una mano sotto le mie ginocchia, prendendomi in braccio e sostenendomi tra le sue braccia forti.
Il suo gesto mi coglie di sorpresa e corro ad aggrapparmi al suo collo, senza poter fare a meno di posare il mio sguardo adorante su di lui.
Luca abbassa gli occhi verso di me, sorridendomi come solo lui sa fare, mentre prendiamo a farci strada verso la camera da letto.
Una volta lì, lascia che torni con i piedi per terra e io mi rendo che trovarmi qui con lui è strano, ma è quello che aspettavo da sempre.
Ascolto il cuore battermi in petto così intensamente che ho paura possa fuoriuscirne e seguo ogni movimento di Luca, guardandomi intorno.
Lui scosta i capelli dal mio collo, lasciandoli ricadere su una spalla, mentre passa ad accarezzare l'altra, ormai libera, con le dita, creando un percorso immaginario che mi fa sospirare di piacere. Le sue dita sono ben presto sostituite dalle labbra e mentre Luca si premura di imprimere alcuni piccoli baci sulla mia pelle, mi rendo conto che adesso le sue azioni siano dedite a rilassarmi.
Le sue mani scendono a posarsi sulla zip del mio abito, facendola scivolare giù poco dopo, lentamente, per poi dedicarsi alle maniche, insinuando le sue dita sotto al tessuto per permettermi di tirare fuori le braccia. Osservo il mio abito planare ai miei piedi, rivelandomi ai suoi occhi. Ho l'istinto di coprirmi, per nascondermi al suo sguardo, ma Luca non me lo permette e dai suoi occhi colmi di stupore e adorazione mi viene da pensare che quello che vede gli piaccia.
Sono io a spingermi verso di lui, accarezzandogli le guance per baciarlo ancora. Luca mi stringe a sé e rimaniamo così, a perderci l'uno tra le braccia dell'altro, con i cuori che battono all'unisono e i respiri ansanti. Scendo a quel punto a sbottonare la sua camicia e mi rendo conto che tutta l'urgenza di poco prima abbia lasciato spazio alla lentezza che caratterizza i nostri gesti. Come se volessimo assaporarci questo momento in fondo, pur di rimandarne la fine.
Le mie dita tremolano lievemente mentre piano, piano, i bottoni si separano dalle asole. Luca segue i miei movimenti, appoggiando le sue mani sulle mie e accompagnandomi nei gesti. La lascio ricadere giù, accanto al mio vestito, mentre scopro le sue braccia, il suo petto.
Sento, mentre avverto le mie dita scorrere su di esso, di non volermi perdere nemmeno un tratto, una sfumatura. Tocco le sue spalle, delineandone la forma, scendendo ad accarezzare le sue braccia, e poi il suo petto che sfioro lentamente percorrendo la linea degli addominali e dedicando la giusta attenzione a qualsiasi parte capiti sotto le mie mani. Anche Luca fa lo stesso, facendomi vibrare sotto il suo tocco; lui sembra conoscere già il mio corpo, come se sapesse già come e dove sfiorarmi per portarmi al limite.
Seguo la scia della sua peluria, avvertendolo contrarsi sotto di me e rialzo lo sguardo verso di lui, scoprendolo a fissarmi desideroso di appianare la nostra distanza.

"Anita..."sospira, scendendo ad accarezzarmi la schiena.

"Luca..."

Cammino all'indietro, mentre lui continua a stringermi e sfiorarmi, e ci lasciamo ricadere sul letto, in un fruscio di corpi e lenzuola.
Sorrido, avvertendolo stendersi su di me, e mi accocolo a lui, aggrappandomi alle sue spalle e baciandolo sul collo.
Liberi dai nostri indumenti, sospiro alla sensazione del suo corpo a contatto con il mio. Le mie mani risalgono la sua schiena, per posarsi sulla sua nuca e incrociare i suoi occhi.
Luca allora mi bacia, facendomi sciogliere sotto il segno delle sue carezze che si fanno sempre più audaci e passionali. Poi, con le dovute precauzioni, torniamo a sfiorarci, e Luca fa congiungere le nostre mani mentre lo accolgo dentro di me. La sua presa sulle mie dita si fa salda, mentre sembra che anche lui, come me, voglia cercare un appiglio in questa stretta.
Non so spiegare a parole le sensazioni che sto provando al momento, ma non posso fare a meno di pensare a quanto i nostri corpi siano fatti per unirsi; sembra che il mio si incastri perfettamente al suo.
La verità è che forse non abbiamo nemmeno bisogno di parole, i nostri occhi, adesso, riescono a esprimere quanto siamo coinvolti. Luca sospira sul mio collo, trasportandomi in un ritmo lento ma passionale, mentre lo accompagno nei movimenti.

"Mi sembra un sogno..." gli confido, a corto di fiato.

Lui soffoca una risata sulla mia spalla, e avverto il suo petto vibrare sotto le mie dita, poi scende a solleticarmi la pancia, facendomi dimenare divertita sotto il suo tocco.
Artiglio la sua schiena e mi viene da pensare che vorrei questo davvero non finisse mai. E allora lascio che le emozioni mi travolgano, portandomi in balia di un piacere sempre più intenso e io mi sento completa, mi sento bene.

"Ti amo..."

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti :)
Come state? E soprattutto com'è stato il ritorno alla realtà dopo tutte queste festività? Spero abbiate passato dei giorni sereni e spensierati.
Mi dispiace di aver aggiornato dopo tutto questo tempo, ma non è stato un periodo facile- la vita a volte ci mette davanti a delle prove difficili da superare- e per un po' la scrittura, purtroppo, è passata in secondo piano. Adesso però sto un po' meglio e sono qua per farvi leggere cosa la mia mente è riuscita a buttare giù *si nasconde*.
L'ultima parte mi imbarazza un po', lo ammetto, è la prima volta che mi cimento in una scena più audace e mi auguro voi possiate apprezzarla. Volevo che fosse delicata, senza cadere in troppi dettagli, ma si basasse più sulle sensazioni provate. Spero di esserci riuscita.
Finalmente, però, Luca e Anita stanno insieme🎉🎉🎉 e hanno avuto il loro primo appuntamento. Contentiii?! Ditemi, cosa ne pensate? Vi è piaciuto?
Io ho adorato scriverlo 😍😍 e spero lo abbiate adorato anche voi.
Ma, soprattutto, chi avrà pronunciato quel ti amo? Si accettano scommesse!
Non ho molto altro da dire se non che non vedo l'ora di sapere cosa ne pensiate e grazie a chi ha iniziato a seguire la mia storia e mi mostra tutto il suo sostegno❤
Prima di lasciarvi, voglio comunicarvi che da un po' di tempo che la storia è approdata anche su wattpad. Per chi fosse iscritto anche lì e volesse leggermi, vi lascio il link del mio account:Ros-18
Alla prosssima!

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Capitolo 54
*** Capitolo 53 ***


Capitolo 53
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Capitolo 53


Il sole filtra dalle tende della finestra, insinuandosi dispettoso nella stanza e portandomi a reprimere un verso di lamento. Non ho intenzione di svegliarmi, non dopo quella che è stata la notte più bella della mia vita. Se potessi resterei così, per sempre, tra le braccia di Luca.
Mi stiracchio, sciogliendo i muscoli indolenziti e reprimo uno sbadiglio. Luca giace ancora addormentato al mio fianco, il suo braccio che mi circonda, tenendomi stretta a sé.
Mi ritrovo a non riuscire a reprimere un sorriso davanti alla sua espressione così serena e appagata. Mi accovaccio di nuovo al suo fianco, accarezzando con lo sguardo ogni dettaglio del suo viso, da come i capelli gli ricadono scompigliati sulla fronte, donandogli un'aria quasi da bambino, a come le sue labbra siano arricciate in un tenero broncio. Dalla vicinanza in cui sono, posso avvertire il suo cuore battere in sincrono con il mio e porto una mano proprio lì, a sfiorare il suo petto, lasciato scoperto dal lenzuolo. Imprimo le mie dita sulla sua pelle e nella mia mente si fanno spazio i ricordi della notte appena trascorsa.
Ha ammesso di amarmi, Luca, in un mormorio sommesso prima di stringermi di nuovo a sé. Le sue parole sono state inaspettate e mi hanno lasciato sorpresa. Il cuore ha iniziato a battere ancora più forte, facendomi tremare dalla gioia. Mi sono sciolta in un sorriso emozionato, guardandolo mentre avvertivo ogni fibra del mio corpo tremare e non ero capace di articolare parola alcuna. Non sono riuscita a dirgli che lo amo, che lo amo tanto anche io, ma Luca non mi è sembrato fosse turbato dal mio silenzio, anzi. Poco dopo mi ha baciato, catturando le mie labbra in un bacio mozzafiato, forse per togliermi dall'imbarazzo della situazione. Magari ha sospettato che non mi sentissi pronta a esternargli i miei sentimenti, ma non credo che dopo quello che avevamo condiviso, ci fosse bisogno di rimarcare il concetto. Ogni nostro gesto era dettato dall'amore che ci lega.
Luca mi ama, e la notizia ancora mi sorprende. Forse perché non riesco ancora a capacitarmi a pieno che sia possibile. Mi sembra di vivere in un sogno, ed è sicuro che se così fosse, non vorrei mai svegliarmi.
Ci pensa proprio lui a riportarmi alla realtà, artigliando i miei fianchi e rotolando con il suo corpo sopra di me. Avverto il suo respiro infrangersi sul mio collo, facendomi abbassare lo sguardo al capo di Luca adagiato sul mio petto.
Porto le mani ad accarezzare i suoi capelli.

"Buongiorno..." gli sussurro, abbassandomi per parlargli a un palmo dall'orecchio.

Luca mugugna qualcosa, ancora intontito dal sonno, lasciando strofinare il naso sulla mia spalla e facendomi bruciare sotto le sue attenzioni.
Lascio risalire le mie mani lungo il suo viso, facendo in modo di incrociare il suo sguardo.
"Buongiorno..." borbotta lui in un sorriso, prima di abbassarsi su di me per baciarmi.

Sorrido sulle sue labbra, intrecciando le mie mani dietro la sua nuca per tenerlo stretto a me.
"Dormito bene?" gli domando, strofinando il mio naso con il suo.
Luca ridacchia, punzecchiandomi i fianchi e facendomi sussultare dalla sorpresa.
"Mmh, avresti dovuto avvisarmi che sei solita tirare calci quando dormi o devo pensare volessi attentare alla mia vita?" mi chiede con un cipiglio divertito.
"Che scemo..."borbotto, lasciandogli un buffetto sulla spalla, ma senza fare a meno di ridere sotto il suo tocco.

"Ehi!" si lamenta lui, facendo infrangere il suo respiro sul mio viso, "non puoi trattarmi così, proprio adesso che sono diventato il tuo ragazzo!"

Mi porto una mano alle labbra, cercando di soffocare una risata. "Scusa, puoi ripetere?"gli chiedo, catturando il mio labbro inferiore tra i denti.

Luca fa finta di imbronciarsi, mettendo su un labbruccio. "Cosa?"
"Quello che hai detto!"

Lui tentenna, pensandoci su. "Non trattarmi così?" mi domanda, falsamente ingenuo.

"No...prova ancora..." gli faccio presente, accarezzando il suo viso, in modo suadente.
"Mmh" Luca sta al gioco e si avvicina a me con fare tentatore. "Forse che sono il tuo ragazzo?!" soffia sulle mie labbra.

Avverto le sue mani insinuarsi sotto il tessuto della mia maglietta e risalire lunga la mia schiena.
Mi inarco, alzandomi verso di lui e tenendolo sempre stretto a me.
"Mi piace sentirtelo dire..." gli confesso, lasciandogli un bacio sul naso.

Luca sbuffa un sorriso, riappropiandosi delle mie labbra e trascinandomi con sé in un turbinio di emozioni. Socchiudo gli occhi, lasciandogli libero accesso alla mia bocca e facendo in modo che approfondisca il bacio.
Luca lascia scontrare la sua fronte con la mia, appoggiando le sue mani sulle mie guance per incrociare il mio sguardo. Lascio che i suoi occhi catturano i miei e ci osservo così, entrambi con il respiro corto mentre aspetto cosa abbia da dirmi.
"A proposito di questo, voglio presentarti alla mia famiglia" mi confessa.

Cerco di dissimulare cosa le sue parole abbiano scaturito in me, abbassando lo sguardo per nascondere l'emozione.

Luca mi ama, Luca vuole presentarmi alla sua famiglia, Luca fa sul serio.
Mi apro allora in una piccola risata, pizzicandogli le guance. "Luca, la tua famiglia mi conosce già. L'hai dimenticato?"

"No" ammette, spingendosi verso il bordo del letto e tenendomi stretta ancora a lui.
"Ma ho intenzione di presentarti come la mia ragazza" mi fa presente con un sorriso sicuro di sé.
Soffoco un gridolino quando lui mi afferra per le cosce, prendendomi in braccio e facendosi strada verso il bagno.
Allaccio le mie braccia al suo collo, senza smettere di sorridergli.

L'ho già detto che sono felice?

Luca si muove in casa mia, facendo suoi i miei spazi, come se li conoscesse da sempre. Non posso fare a meno di osservarlo estasiata in qualsiasi gesto compia, scoprendo una complicità che ho sempre desiderato ci fosse. Così sorrido mentre prepariamo la colazione e la gustiamo insieme, seduti al bancone della mia cucina come se fossimo una coppia sposata da anni. Io lo guardo e mi viene da pensare a come sia possibile ch fino a poco tempo fa, svolgessi questi piccoli gesti, sola. E poi quando ci prepariamo, riscopro di non sentirmi assolutamente in imbarazzo, nuda, sotto il suo sguardo e mi rendo conto che stare lontani ci sia difficile.
E mentre, una volta pronti, lasciamo il mio appartamento, mi ritrovo a desiderare che tutto questo diventi parte della mia, nostra, quotidianità.

Non riesco a smettere di sorridere nemmeno dopo aver salutato Luca. Lo osservo allontanarsi, mantenendo lo sguardo rivolto a me, mentre alzo una mano nella sua direzione per fargli ciao, ciao.

E non riesco nemmeno quando volto lo sguardo al mio reparto e ne attraverso i corridoi.
Raggiungo lo spogliatoio, chiudendomi la porta alle spalle e sospirando sognante.

"Wow!" esclama Arianna alle mie spalle. "Quasi stento a riconoscerti!"

Mi volto nella sua direzione, riprendendo fiato dopo il piccolo spavento che la sua voce ha suscitato in me e mi apro in una breve e leggera risata.

"Devo dedurre che l'appuntamento sia andato alla grandee" ammette lei, con un certo fare malizioso.
"Ah, ah" annuisco, vaga.

Lei saltella verso di me, arricciando le labbra in una smorfia. Punta un dito nella mia direzione con fare minaccioso, una volta che mi è accanto.
"Dai su, non puoi presentarti qui, con quell'espressione e pretendere che io non voglia sapere..."
Mi sciolgo in un sorriso malandrino. "Sì!" ammetto, "sì, è andato benissimo. Stiamo insieme!"

Arianna mi soffoca nel suo abbraccio, se è possibile più su di giri di me. "Aaah, sono così contenta!" trilla. "I miei Lunita stanno insieme! Non aspettavo altro!"

Mi trasporta con sé in un saltellio di gioia pura, facendoci sciogliere entrambe in una risata fragorosa.
Forse è vero, è stato un anno difficile, ma la vita mi ha regalato anche una ventata di positività permettendomi di avere una collega/amica frizzante e sincera.

Quando ci separiamo, per riprendere fiato, Arianna mantiene il suo sguardo costante su di me.
"E dove ti ha portato? E come è stato?" indaga, curiosa, tenendo le sue mani sulle mie spalle.
Porto lo sguardo lontano, puntando su un punto fisso alle sue spalle, come se volessi ripercorrere tutta la serata trascorsa nella mia mente.
"Siamo andati al mare, abbiamo cenato in un ristorantino con una romantica vista, ed è stato perfetto, p.e.r.f.e.t.t.o." le confesso, trasognante.
La mia amica ridacchia. "E poi? Che è successo?"

Scuoto il capo, sbuffando una risata. Non ho intenzione di rivelarle nient'altro. Voglio che quello che è accaduto tra di noi, ieri sera, rimanga solo mio, quasi come se fosse un segreto da custodire.

"E poi niente, stiamo insieme. Ti basta sapere questo"le faccio presente, aprendomi in una linguaccia e sottraendomi al suo tocco per avvicinarmi al mio armadietto.
Arianna rimane stranamente silenziosa ma dura un attimo perché poco dopo ritorna all'attacco, appoggiandosi alla parete dietro di sé.
"Non è successo nient'altro?" mi domanda, facendo su e giù con le sopracciglia, eloquentemente.
Roteo gli occhi al cielo, divertita, richiudendo l'armadietto dietro di me.
"Quante cose vuoi sapere..."
Lei sbuffa, prendendo a seguirmi come un cagnolino, mentre mi avvicino alla porta.
"Mi avrei promesso un racconto fornito di dettagli!" protesta, pedante.
"Gne, gne" la scimmiotto, inoltrandomi in corridoio.

"Ah, ah!" replica, trionfante. "Stai temporeggiando, quindi c'è qualcosa che non vuoi dirmi..."

Mi batto una mano in fronte, suscitando una certa ilarità nel suo sguardo.
"Arianna..."la supplico.
"Oh, wow!" le sue labbra si spalancano in un'espressione sorpresa. "Voi avete..."

Copro la sua bocca con le mie mani, spaventata dalla piega che potrebbe prendere questa conversazione. Non voglio che questa notizia diventi di dominio pubblico. Non quando potrebbe alimentare solo falsi voci.
I miei occhi le intimano di far silenzio, mentre lei ride divertita, sottraendosi al mio tocco.

"Dottoressa!" la voce del dottor Visconti ci esorta a voltarsi entrambe nella sua direzione.
Arrossisco, improvvisamente, come se fossi stata colta in flagrante.
Lui fa scorrere il suo sguardo serioso su di noi, alternandolo prima su di me e successivamente sulla collega al mio fianco.
"Stavo cercando proprio lei..." ammette, incrociando le braccia dietro la schiena, ma senza specificare a chi si stia riferendo.

Corruccio la fronte, portando un dito a indicarmi. "Cercava me?" gli domando, flebilmente.

Lui rotea gli occhi al cielo, come a farmi presente fosse ovvio. Avverto Arianna, al mio fianco, sospirare di sollievo, e lanciarmi un'occhiata di sottecchi, adesso incuriosita dal perché il nostro tutor mi cercasse.
"Allora, dottoressa? Ha intenzione di seguirmi o vuole rimanere qui tutto il giorno?" mi fa presente lui, spazientito.
Sussulto, avvertendo la sua voce, e annuisco lievemente, lasciandomi la mia amica alle spalle.
"Certo, certo".
Mi volto a guardarla un'ultima volta prima di seguire Visconti, notandola accennare un sorriso per rassicurarmi.

Mi trascino, poi, al suo fianco, silenziosa, come se stessi per andare al patibolo. Non riesco a sentirmi a mio agio al suo fianco, non più almeno, soprattutto perché il suo comportamento così ostile nei miei confronti non mi rende le cose facili.

Rilascio un sospiro impercettibile, mentre ci facciamo spazio per il corridoio e il silenzio che ci avvolge è interrotto solo dallo scalpitio dei nostri passi.

Visconti cammina accanto a me, austero, con lo sguardo rivolto dritto davanti a sé.
Il mio gesto, però, attira la sua attenzione, perché lui si volta a guardarmi, inchiodandomi con i suoi occhi.
"Qualcosa non va?" mi chiede, corrucciando la fronte e aggiustando gli occhiali che gli sono calati sul naso.

Vedi tu...

"Nono" ammetto in un borbottio, sommesso, riprendendo a camminare.

Avverto il mio tutor ridacchiare alle mie spalle, tanto da indurmi a riportare lo sguardo su di lui.
Arriccio le labbra in una smorfia, senza ben capire cosa lo diverta tanto.
"Si rilassi, dottoressa" mi fa notare, indicandomi con un gesto del capo. "La cercavo perché voglio lei mi accompagni nel mio giro delle visite" ammette, con un sorriso sardonico.
Oh, sì, adesso sì che sono tranquilla...

Niente, il dottor Visconti proprio non ce la fa a essere gentile. Abbiamo concluso il nostro giro delle visite, che ho trovato assai frustrante e demoralizzante per la mia persona. Lui proprio non riesce a darmi la soddisfazione di dirmi che ho fatto bene, che sono brava. E incomincio a sentirmi un po' stanca della sua pressione, del controllo che la sua figura esercita sul mio lavoro. Ho sempre l'impressione che voglia starmi con il fiato sul collo. E mi viene da pensare se riuscirà mai a perdonarmi per come mi sono comportata.

Rilascio un sospiro, sistemando il mio camice con stizza nell'armadietto. Non vedo l'ora di poter raggiungere Luca e lasciarmi stringere dalle sue braccia per appianare ogni malumore.
Così mi lascio la porta antipanico del mio reparto alle spalle, accompagnandola affinché non provochi un suono sordo e attendo che Luca, da un momento all'altro, arrivi.
Lo aspetto, invano, perché dopo mezz'ora di lui non c'è minima traccia.
Tiro uno sbuffo, pensando che la mia giornata, iniziata nei migliori dei modi, stia per concludersi peggio di quanto mi aspettassi. Luca mi aveva parlato, stamattina, di avere degli interventi in programma, ma non voglio davvero credere che questi lo tengano ancora occupato. Quindi, decido di andare a cercarlo.
Busso alla porta del suo studio, aspettando impaziente che Luca dia segni di vita dall'altra parte. Così, quando avverto i suoi passi farsi più vicini, mi ritrovo a corrucciare la fronte, lievemente indispettita. Lui è qui.
La porta si apre con uno scatto, rivelando Luca sulla soglia.

"Luca?!" esclamo, con un velo di sorpresa, suscitando la sua confusione.

Lui accenna un sorriso, lasciando vagare i suoi occhi sulla mia figura.

"Ti stavo aspettando!" ribatto, pensierosa.
Lui si porta una mano dietro il collo, grattando la nuca con le dita.
"Immagino tu non abbia letto il mio messaggio. Giusto?" mi domanda, arricciando le labbra per il divertimento.
Aggrotto la fronte, portandomi una mano alla bocca per nascondere un certo stupore. Non ho pensato per niente a guardare il cellulare e per un attimo mi sento davvero sciocca.

"Oh..." mormoro, in una smorfia.

Prima che me ne renda conto, però, Luca mi ha già tirato a sé, lasciando richiudere la porta dietro di noi. Le sue braccia si intrecciano dietro la schiena, facendo collidere i nostri corpi.
"Ti avevo scritto che devo sostituire un collega. Mi spetta fare il turno di notte" mi fa presente, mentre lascia che la mia schiena aderisca alla parete dietro di noi, sostenendomi per i fianchi.
In un attimo, la mia attenzione è catalizzata tutta sulla sua figura. Nonostante sul suo viso siano evidenti i segni della stanchezza, io non riesco a fare a meno di trovarlo bellissimo.

"Oh, io, scusa non..."

"Shh..." sussurra lui, posando l'indice sulle mie labbra.
"Non ha importanza, adesso sei qui" mi fa notare, aprendosi in un sorriso luminoso, che di riflesso, si impossessa anche delle mie labbra.
Così, prima che possa anche solo rendermene conto, Luca si abbassa su di me e mi bacia, facendomi socchiudere gli occhi sotto le sue abili carezze.
Allaccio le mie braccia dietro il suo collo, sospirando per la sua vicinanza e lascio che le sue labbra lambiscano le mie, in un bacio capace di togliermi il respiro. Mi rendo conto che ogni suo gesto, adesso, metta a dura il mio autocontrollo. È un supplizio sapere che lui deve rimanere in ospedale e mi rendo conto che anche per lui sia lo stesso da come faccia difficoltà a staccarsi da me.
Luca lascia scontrare le nostre fronti, sorridendomi, mentre cerchiamo di regolarizzare il fiato. Avverto le sue mani posarsi sulle mie guance, scendendo a sistemare alcuni capelli che sono sfuggiti alla mia coda dietro l'orecchio.
"Mi dispiace non poter tornare a casa con te..." mi confessa, rocamente, facendomi intuire che i suoi piani combaciassero con i miei.
"Mmh..." mugugno, strofinando il mio naso contro il suo.

Mi appoggio alle sue spalle, sostenendomi per alzarmi sulle punte.
Luca, a quel punto, sbuffa una risata, stringendomi a sé e sospirando sul mio collo.
"Non provocarmi..."

Ma sono sorda a qualsiasi suo tentativo di allontanarmi da lui.

"Anita." il tono di Luca assume un'inclinazione seria, portandomi a dargli tutta la mia attenzione. "Hai qualcuno che possa venire a prenderti?"

"Farò due passi..." ammetto, sporgendomi verso di lui per baciarlo.
Luca si sottrae al mio tocco, facendomi roteare gli occhi al cielo.

"Non mi va che te ne vada in giro, da sola, di notte..."
"Ok..." sbuffo, ma senza nascondere un sorriso davanti alla sua preoccupazione.
"Manderò un messaggio a un'amica".
Luca annuisce, rilassando le spalle.
"Scrivile, dai" mi esorta, indicandomi con lo sguardo la borsa che, ormai, giace a terra.
Segue i miei movimenti, assicurandosi che lo faccia davvero.
Mi sbrigo a digitare un messaggio nel gruppo che abbiamo in comune, sperando che qualcuna di loro risponda e ributto, con una certa impazienza, il cellulare nella borsa.

"Contento, adesso?" gli faccio notare, spalancando le braccia, per enfatizzare il concetto.

Luca ridacchia, accarezzandomi una spalla con le dita.
"Mi preoccupo solo per te..."ammette, a un palmo dal mio viso.
"Lo so..."sbuffo un sorriso, avvicinandomi per fargli una smorfia.

Lui si sporge verso di me, catturando il mio labbro inferiore tra i denti, dispettoso.
Recepisco il suo gesto come un chiaro segno a baciarlo, ancora, ancora e ancora.
E non ho intenzione di sottrarmi alla sua richiesta.

Ridacchio quando le dita di Luca si insinuano sotto la maglietta che indosso, solleticandomi i fianchi e mi spingo più vicino a lui, faceno scivolare le mie mani sul suo collo.
Sospiro all'idea di lasciarlo andare, ma ci pensa qualcun altro ad interromperci. Un qualcuno di fastidioso che bussa alla porta.

Io e Luca provvediamo a darci un contegno, prendendo le distanze. E mentre lui schiarendosi la voce procede a vedere chi ci abbia interrotto, mi premuro di ricompormi e abbassare la maglietta che si è un po' stropicciata.
"Dottore, buonasera!" annuncia la ragazza dall'altra parte della porta. Una giovane infermiera tutta sorrisi.
"Sto andando via, ho cambiato il drenaggio al paziente della 212 e ho dato tutte le pastiglie al..."
Luca la ascolta silenzioso, le braccia portate al petto e una certa impazienza disegnata in volto.
Ma lei si interrompe improvvisamente, rendendosi conto della mia presenza e le sue labbra si arricciano in un'espressione costernata.
"Oh...salve!" aggiunge, aprendosi in un sorriso cordiale. Poi trae un sospiro, passandosi le mani sul tessuto dei jeans, tornando a porre la sua attenzione su Luca.
"Allora vado, arrivederci dottore. Buon lavoro" ammette, defilandosi velocemente.
Luca accenna un saluto, annuendo con il capo, per poi richiudere di nuovo la porta dietro di sé e permettersi di roteare gli occhi al cielo.
Poco prima che io possa solo muovere un passo nella sua direzione, è invece il mio cellulare a interrompere l'idillio del momento.
Io e Luca ci lasciamo andare a una piccola risata, mentre rilasciando uno sbuffo, recupero l'apparecchio nella mia borsa.
Il nome di Cristina lampeggia sullo schermo. Provvedo a risponderle, e la nostra telefonata è breve e concisa: è di sotto e mi sta aspettando.

"Devo andare" ammetto, intristita, nonostante Luca abbia ascoltato la nostra conversazione.

Lui annuisce con il capo. "Vai" replica, indicando la porta dietro di noi e sciogliendosi in un sorriso.

Mi avvicino quanto basti per lasciargli un ultimo bacio a fior di labbra e avverto Luca trattenermi a lungo pur di non farmi andare via.
Ma sono costretta a farlo.
"A domani..." mormoro, ormai sulla soglia, alzando una mano nella sua direzione a mo' di saluto.

"A domani..."replica lui allo stesso modo.

E nonostante appena metta piede fuori dal suo studio, mi lasci prendere da un pizzico di tristezza, comincio a contare le ore che mancano prima di poterlo rivedere. 

Avvisto l'automobile di Cristina poco distante e mi appresto a raggiungerla.
Prendo posto nell'abitacolo, sospirando per il calore che aleggia nell'ambiente.
"Ciao!" la saluto, voltandomi nella sua direzione, prima che la voce delle mie altre due amiche, nascoste nei sedili posteriori, mi faccia sussultare dallo spavento.
"Sorpresa!" trillano, spalancando le braccia e mettendo su dei gran sorrisoni, fiere di aver sortito in me l'effetto sperato.
Scuoto il capo, portandomi una mano al petto e incrocio lo sguardo di Cristina che ridacchia, complice.
"Scusa, Anita. Ma non ho potuto fare a meno. Morivamo dalla voglia di sapere come sia andato il vostro appuntamento" mi fa presente la mia amica, entusiasta.
Dopo lo spavento iniziale, finalmente mi rilasso, facendomi coinvolgere dall'ilarità delle mie pazze amiche.
Così, mentre Cristina, mette in moto, inoltrandosi in strada, mi rendo conto che ogni malumore e segno di tristezza, accanto a loro, sia sparito.
"Avanti" mi esorta Giulia, sporgendosi nella mia direzione. "Raccontaci tutto!"

"State insieme?" aggiunge Carlotta, al suo fianco, curiosa. "Dove ti ha portato?"

"Oi,oi, calma, quante domande!" le rimprovera Cristina, bonariamente, prima di voltarsi maliziosamente verso di me e partire alla carica.
"Devo presupporre che sì, stiate insieme e che abbiate dormito insieme, dato che sei venuta con lui in ospedale. O mi sbaglio?"
Spalanco le labbra in un'espressione sorpresa, facendola gongolare di soddisfazione.
"Sì, stiamo insieme!" confesso, sognante. "Luca mi ha detto che mi ama..."ammetto, lasciando trapelare tutta la mia incredulità.
"Ed è stato tutto bellissimo...".

Così, senza che me ne renda conto, Giulia comincia a battere le mani, entusiasmata dalla notizia, esibendosi in un vero coro da stadio.
"Luca e Anita stanno insieme! Luca e Anita stanno insieme!" strepita, facendoci ridere tutte, chiassosamente.
Ci pensa Carlotta, però, a riportare la serietà, facendoci fare i conti con una realtà che non avevo ancora considerato.

"Nicola lo sa di già?" mi chiede.

Traggo un sospiro, riportando lo sguardo davanti a me. La sua domanda mi ha spiazzata.
"No, Nicola non lo sa ancora..." ammetto.

"Ma chissenefrega di Nicola, Luca e Anita stanno insieme! E direi era ora!" le fa presente Giulia, irriverente.
"Ehi, Nicola è nostro amico!" ribatte Carlotta, indispettita.

A quel punto, Cristina placa qualsiasi battibecco sul nascere, riportando la calma, mentre le due dietro mettono il broncio. Quasi come se fossero due bambine.
"Glielo dirai, giusto?" mi domanda, notando il mio inaspettato silenzio.

"Certo" le replico, cercando di dissimulare la mia tensione, "non vedo perché non dovrei..."
"Anita" Cristina rilascia un lungo sospiro, lasciandomi un'occhiata di sottecchi. "Nicola ha ammesso di aver superato la cosa, quindi per lui, questo, non deve essere una problema, indipendentemente dal resto. Però, forse, se non gli hai raccontato dell'appuntamento, forse vuol dire che tu non pensi sia così..."

"No, non è per questo".
"Ah, no?"

"No, Cris. Io voglio davvero bene a Nicola, stiamo recuperando il nostro rapporto, e gliene parlerò, ma adesso possiamo ritornare a parlare di me e Luca?" le chiedo, supplicandola con lo sguardo di darmi pietà.
"Oh, sì, io non vedo l'ora!" esclama Giulia, facendomi un occhiolino.

Prossimo passo: parlare con Nicola. 

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti, miei cari lettori❤
Mi scuso per averci messo tanto ad aggiornare, ma ho impiegato un bel po' di tempo a scrivere questo capitolo. Ho avuto una sorta di blocco: sapevo benissimo cosa volevo accadesse, ma non ero capace di scriverlo. Ma finalmente ce l'ho fatta🎉
Mi auguro che il capitolo possa piacervi e, lo so, in realtà non accade niente di che, ma ci sono degli spunti per i prossimi a venire. E poi, finalmente, abbiamo scoperto chi avesse pronunciato quel ti amo: è stato Luca e ve lo aspettavate?☺☺
Prima di salutarvi, ci tengo a ringraziarvi tantissimo per i feedback allo scorso capitolo. Non mi aspettavo riscontrasse un tale successo. GRAZIE, GRAZIE DAVVERO!❤❤❤
E grazie mille a chiunque abbia aggiunto la storia nelle sue liste, a chi la legge, e mi fa sapere cosa ne pensa.
Vi adoroooo❤
Purtroppo devo farvi presente che la sessione di esami è vicinissima, e non so quando riuscirò ad aggiornare di nuovo, ma cercherò di fare il prima possibile.
Passate a dare un'occhiata alle altre storie della serie, se vi va:) Alla prossima. Un abbraccio😘

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Capitolo 55
*** Capitolo 54 ***


Capitolo 54
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Capitolo 54




L'insegna del Sunset Bar, lucida e colorata, lampeggia davanti ai miei occhi e mi premuro di trarre un respiro profondo, prima di entrare. Uno schiacciasogni tintinna quando mi faccio spazio nel locale. Nicola, come speravo, è al bancone, stretto nella sua divisa, e sta servando la colazione ad alcuni clienti. Rimango ferma, lì, accanto alla porta, mentre lo osservo destreggiarsi nel suo lavoro. Non riesco a fare a meno di guardarlo quando accenna un sorriso cordiale e si muove, velocemente, per servire le persone che si avvicinano. Mi rendo conto che la mia attenzione sia completamente catalizzata su di lui- riscoprendomi profondamente orgogliosa del mio amico- senza fare caso al resto che mi circonda.
"Ehm, scusi?" avverto qualcuno, dietro di me, schiarirsi la voce e portarmi a voltarmi, incuriosita.
"Sì?" domando.
"Dovrebbe spostarsi, sta intracciando il passaggio" mi fa presente la signora, a disagio.
Faccio un balzo di lato, accennando a un sorriso costernato.
"Mi dispiace" ammetto, in imbarazzo, ma lei, annuendo, mi ha già sorpassato.
Abbasso il capo, muovendomi in direzione del mio amico, che adesso è di spalle, intento a preparare dei caffè.
Mi avvicino, accomodandomi ad alcuni sgabelli posti accanto e, forse, per la prima volta, da quando sono entrata, mi permetto di dare un'occhiata all'ambiente che mi circonda. Il Sunset Bar si trova a ridosso di un centro direzionale, dove pullulano uffici e aziende di editoria. Non mi è difficile capire perché la maggior parte dei clienti presenti abbia un abbigliamento molto formale. Il locale in sé è molto carino, in uno stile minimal chic, con il bancone in granito scuro e i faretti a illuminare l'ambiente.
"Ciao! Scusa, mi faresti un caffè?" proferisco, sporgendomi nella sua direzione.
Nicola annuisce, nonostante non possa vedermi, e sistema due tazzine sugli appositi piattini.
"Sì, certo, arriva subito" borbotta, indaffarato, sistemando le molteplici ordinazioni da portare ai tavoli circostanti. "Macchiato o normale...Anita?!" esclama sorpreso, incrociando solo poco dopo il mio sguardo.
"Ciao, Nicola" lo saluto, sciogliendomi in un sorriso.
Lui sbatte gli occhi, ancora incredulo di avermi qui. D'altronde da quando è tornato e ha trovato lavoro in questo posto, è davvero la prima volta che io ci metto piede.
Il mio caffè è servito poco dopo, e nel frattempo che lui lava alcune tazze sporche, ne approfitto per sorseggiare la mia bevanda e sospirare davanti al sapore della caffeina che invade le mie pupille gustative.
"Allora, cosa ci fai qui?" mi domanda Nicola, pulendo con uno straccio il bancone.
Incrocio il suo sguardo, arricciando le labbra in una smorfia.
"Non posso passare a salutarti?" gli replico, ingenuamente.
Lui corruga la fronte, accennando a una risata, scettico. "Anita, perché sei venuta?"
Rilascio un sospiro, ticchettando le mie dita sulla superficie liscia del marmo.
"Devo parlarti".
Il mio amico annuisce, incrociando le braccia al petto. Mi rendo conto che il locale, data l'ora, si sia svuotato, e la quasi totale assenza di clienti ci permetta di avere una certa privacy.
"Dimmi tutto" mi esorta.
"Io e Luca stiamo insieme" gli confesso, cercando di captare in lui qualche reazione. Il comportamento di Nicola è capace di colpirmi, perché  mi dà l'impressione di essere rimasto indifferente alla notizia.
"Okay" ammette, infatti, con non chalance.
Corruccio la fronte. "Okay?" gli chiedo, confusa.
Nicola rotea gli occhi al cielo, appoggiandosi al lavandino dietro di sé, facendosi leva con le braccia.
"Sì, Anita, okay. Mi fa piacere, stop." ribatte, evasivo, ma non mi sfugge che il suo tono si sia fatto d'un tratto infastidito.
"È questo tutto quello che sai dirmi?" sussurro, intristita. Non che mi aspettassi Nicola facesse i salti di gioia, sia chiaro, ma non pensavo potesse reagire con questa insolita freddezza.
Lui arriccia le labbra in un sorriso irrisorio, indicandomi.
"Cosa vuoi che ti dica, Anita? Non posso mettermi di certo a fare un balletto della felicità".
"Pensavo l'avessi superata..." mormoro, allora, abbassando lo sguardo e stringendo le mie dita attorno al bancone, con forza, fino a dar diventare le nocche bianche.
"Io l'ho superata, Anita!" ribatte lui, stizzito, rendendosi conto solo in seguito di aver alzato troppo la voce. Così si allontana, facendomi segno di rimanere lì e lasciandomi a fare i conti con un'angoscia nel petto.
"Gio', puoi sostituirmi un attimo? Ho bisogno di una pausa!" borbotta in direzione della porta che dà sulla cucina.
Un uomo alto e austero fa capolino da essa, fermandosi a scrutare Nicola dall'alto in basso.
"Che significa che hai bisogno di una pausa?" gli domanda, rigido.
Il mio amico si limita a indicarmi con il capo e quello si volta nella mia direzione, assottigliando lo sguardo.
Poi rilassa le spalle, accennando a un sorriso malizioso.
"Lo faccio solo per quella bella ragazza lì!" gli fa presente in tono canzonatorio, mentre Nicola scuotendo la testa, mi fa cenno di seguirlo.
Gli cammino a fianco, silenziosa, osservando il mio amico richiudere la porta del retro di sé.
"Così possiamo parlare più liberamente" ammette, indicando lo spazio che ci circonda.
Annuisco silenziosamente, appoggiandomi alla parete dietro di me. Nicola alza lo sguardo al cielo, con i raggi del sole che illuminano il suo volto, per poi lasciarlo ricadere su di me e trarre uno sbuffo.
"Anita, cosa c'è?"
Questa volta sono io a ridere, amaramente.
"Sei mio amico Nicola e ci tenevo a condividere questa notizia con te, tutto qui. Non mi aspettavo che tu potessi fare i salti di gioia, no, questo no, eppure non avevo considerato una reazione così fredda da parte tua" proferisco, sentendomi improvvisamente libera da un peso.
Nicola abbassa lo sguardo, insinuando le mani nelle tasche del jeans e lasciando dondolare i talloni.
"Dovevo aspettarmi sarebbe successo, prima o poi, quindi, cosa vuoi che ti dica? Che sono felice? Che Luca è la persona giusta per te? Che vi auguro il meglio? Allora lo farò" ribatte, perentorio.
Scuoto il capo, incredula davanti alle sue parole.
"Non voglio che tu me lo dica se non lo credi davvero, ma sai anche come la penso io a riguardo..."
"Anita." Nicola rilascia un sospiro profondo. Ho come l'impressione che stia facendo di tutto pur di trattenere la rabbia."Il mondo non gira attorno a te, sai? E se proprio lo vuoi sapere, non è come credi tu, non c'è nessun secondo fine dietro le mie parole. Io non provo più niente per te, mettitelo in testa!" sputa fuori con freddezza, indicandosi il capo con le dita.
Forse si rende solo in seguito che mi abbia ferito, perché lo scruto compiere alcuni passi nella mia direzione, ma io incrocio le braccia al petto, distogliendo lo sguardo dal suo. Avverto le lacrime salirmi agli occhi, eppure faccio di tutto pur di ricacciarle. Forse, mi viene da pensare, abbiamo mentito entrambi a noi stessi quando pensavamo sarebbe tornato tutto alla normalità.
"Anita..."sussurra, muovendo una mano nella mia direzione. "Scusa, non era quello che volevo dirti".
Una lacrima sgorga, involontariamente, dai miei occhi, ma mi premuro di cancellarla velocemente.
"Io invece credo che era proprio quello che volessi dirmi. Ma va bene così, sono stata io una stupida a credere che le cose tra di noi potessero sistemarsi..."
Faccio un passo in direzione della porta, ma Nicola mi afferra per un polso, costringendomi a voltarmi nella sua direzione, di nuovo.
"Anita, non te ne andare. Lo sai che, cazzo!" pesta un piede a terra, con frustrazione. "Io non ne faccio una giusta, ma ti prego, parliamone" mi supplica con lo sguardo.
Ma è troppo facile dire così, adesso. È troppo facile inventarsi di avere un brutto carattere per giustificare tutto questo.
"Nicola, lasciami." ribatto irremovibile.
"Anita..."ritenta.
"Lo sapevi, Nicola, io te lo avevo detto. Ma forse tu non hai ancora fatto pace con te stesso. Quindi va bene così, prenditi il tempo per sbollire questa cosa, se mai ne sarai capace" gli faccio presente, prima di divincolarmi dalla sua presa. Poi gli volto le spalle.
Afferro la maniglia della porta, e quando sono ormai sull'uscio, mi giro, lanciandogli un'ultima occhiata di sottecchi. Faccio in modo che il mio sguardo rimanga per un po' sulla sua figura, come se volessi farla rimanere impressa nella mia mente, spaventata all'idea di perderlo per sempre. Nicola non fa più nulla per fermarmi, ma sbuffa arreso, passandosi una mano sul viso. Poi scuoto il capo e lascio che la porta si richiuda dietro di me, cancellando la sua immagine dai miei occhi.

Quando mi lascio il Sunset alle spalle, macino passi come una furia, con il solo scopo di scaricare tutto questo nervosismo che rischia di logorarmi anche l'anima. Ma d'altronde, a tirare troppo la corda, poi questa si spezza. 
Lo sportello dell'automobile si richiude, producendo un forte tonfo, ma ho altro a cui pensare per poterci badare. Appoggio entrambe le mani al volante, stringendole con forza attorno al manubrio, mentre rilascio un profondo sospiro.
Ma sì, che facesse pace con se stesso. Non posso più sopportare questi suoi sbalzi di umore...
A quel punto, afferro il cellulare, ignorando i messaggi delle mie amiche che mi domandano come sia andata la nostra conversazione. È andata male, malissimo, anche peggio di quanto mi aspettassi.
Ho bisogno di parlarne con qualcuno e avverto il desiderio di potermi sfogare con Luca. Così digito il suo numero con lo scopo di sentire la sua voce ed eclissare cosa sia successo poco fa.
Attendo che lui possa rispondere, riscoprendomi impaziente al pensiero di poterlo rivedere. Se non dovessi andare al lavoro, sarei capace di raggiungerlo a casa sua.
Luca accetta la chiamata quando ormai sto per riattaccare e dalla sua voce flebile e confusa mi rendo conto che stesse dormendo.
"Ehi, Anita...va tutto bene?" lo avverto soffocare uno sbadiglio e mi mordo un labbro, dispiaciuta.
"Oddio Luca, stavi dormendo! Scusami..." ammetto, costernata.
Lui trae un sospiro, accennando a una risata. "Sì, Anita, ho staccato solo poche ore fa, ma dimmi tutto. È successo qualcosa?" mi chiede, con apprensione.
Ecco, lo sapevo, l'ho fatto preoccupare!
Ci penso un po' su prima di rispondergli, tentennando su cosa dirgli.
"Anita, sei ancora in linea?" mi esorta lui e avverto in sottofondo il fruscio delle lenzuola, come se avesse cambiato posizione o magari si è alzato.
"Sì..." replico in un mormorio sommesso. "Niente di importante. Riposati, ok?"
Luca sbuffa, non convinto dalla mia scusa.
"Ok, ma oggi pranziamo insieme. Ti va? Così magari ne parliamo..." mi propone, facendomi sciogliere in un sorriso. Ora capisco perché io sia tanto innamorata di lui. Perché Luca sembra capire sempre che ci sia qualcosa che non vada e si mobilita per essermi accanto, in ogni modo.
"Va bene. Ma tu adesso torna a dormire" gli faccio notare.
Luca ride sommessamente: "Lo farò..."
"Ecco bravo...ehm, Luca?"
"Sì?" domanda lui, facendosi curioso.
"Mi manchi" gli confesso, giocherellando distrattamente con i bracciali che mi ricoprono il polso.
Lo avverto accennare un sorriso. "Non riesci proprio a starmi lontano, eh?" mi prende in giro, facendomi imbronciare.
"Come se per te non fosse lo stesso" esclamo, senza poter fare a meno di mostrare la mia felicità.
"Hai ragione...mi manchi anche tu" ammette, facendomi sciogliere in un brodo di giuggiole.
Lo amo così tanto...

Poco dopo, quando ormai la telefonata è terminata e io non posso fare a meno di sentirmi un'adolescente alla sua prima cotta, guido fino in ospedale, per espletare il mio turno di lavoro. Oggi è una bellissima giornata di sole ed è davvero un peccato doverla trascorrere in ospedale, ma non mi è possibile sottrarmi.
Arrivo puntuale come sempre e mi metto subito all'opera, attenta a non intaccare nelle grinfie di Visconti. Oggi hanno indetto una giornata per la clownterapia e la mia mente torna indietro nel tempo, facendomi sorridere malinconica al pensiero di Lucia e il suo naso rosso, quando un clown venne a trovarla in stanza.
Mi ritrovo ad ammirare con quanto amore e dedizione i volontari svolgano questo lavoro, dediti a regalare un attimo di spensieratezza ai bambini ammalati.
Un piccolo buffetto alla gamba mi fa desistere dalla mia attività, portandomi a voltare lo sguardo alla graziosa bambina che mi è accanto.
"Ciao" la saluto, regalandole un sorriso dolce.
Greta è arrivata da poco, ed è stata capace di attirare la mia attenzione con i suoi capelli biondi e ricci, le lentiggini puntellate sul viso, un sorriso sdentato ma espressivo, e la sua inconfondibile dolcezza.
"Mi posso nascondele qua dietro, dottolessa?" chiede, arricciando le labbra in una smorfia e indicando la sedia, sulla quale sono seduta.
Accenno una risata, portandomi una mano alle labbra.
"Di cosa hai paura, tesoro?" le domando, facendola imbronciare.
Lei punta il dito a due clown che stanno intrattenendo i suoi compagni, coprendosi il volto poco dopo.
Non posso che sciogliermi davanti alla sua tenerezza.
"Oh, ma loro sono buoni. Non ti fanno nulla" le replico, lasciandole una carezza tra i capelli. "Dai, vieni qui" batto una mano sulla coscia, facendola destare nella mia direzione. Lei si muove esitante, appoggiando le sue piccole manine sulle gambe, affinché le dia una mano a salirmi in braccio.
L'aiuto a sistemarsi sulle mie ginocchia, accennando un sorriso. "Sei sicura di non voler stare con i tuoi compagni? Sembra che si stiano divertendo tantissimo..."la sprono, indicandole gli altri bambini che girano in tondo. Lei usa il mio corpo per schermarsi dalla loro vista, aggrappandosi al mio camice.
"Voglio stale qua." ripete con più enfasi.
"Va bene..." le concedo, "allora dobbiamo pensare a qualcosa da farti fare".
Lei si porta un dito davanti alla boccuccia, pensierosa, mentre non posso fare a meno di osservarla con un pizzico di nostalgia. Una nostalgia che mi riconduce ai miei momenti trascorsi con la piccola Lucia.
"Voglio cololale!" confessa con entusiasmo.
"Ok" annuisco, procurandole alcuni fogli e dei colori, affinché possa dar sfogo alla sua fantasia.
Le scosto i capelli di lato che le ricadono sul viso, aggiustandoli dietro le orecchie, e permettendole di concentrarsi sul disegno che ha intenzione di realizzare.
La osservo applicarsi e corrucciare il viso in un'espressione buffa, mentre colori e linee cominciano a prendere forma sul bianco del foglio A4.
"Cosa stai disegnando, piccola?" le domando, destandomi curiosa.
Lei si volta nella mia direzione, dandomi mostra del suo sorriso dolce e spensierato.
"Tu! La dottolessa Anitaaa!" annuncia, battendo le mani, gioiosa.
Davanti alla sua espressione estasiata, non posso fare a meno di scrutarla con una certa emozione, mentre abbasso gli occhi per osservare la figura stilizzata che mi rappresenta. Nonostante i tratti siano poco chiari e tipici della mano inesperta di una bambina tanto piccola, mi rendo conto che rappresenti per il me il più bello dei capolavori.
"È bellissimo, tesoro, grazie" le faccio presente, accarezzandole una guancia.
Lei accenna un sorriso, prima di abbassare lo sguardo e riprendere a colorare.

"Dottoressa, potrebbe venire un attimo?" mi desto, poco dopo, scrutando l'infermiera che sosta davanti alla mia scrivania. Le rivolgo il mio sguardo incuriosito, lasciando socchiudere i miei occhi, lievemente, pensierosa.

A quel punto, lei riprende a parlare, rispondendo alle domande che si sono formate nella mia mente.
"Il dottore Visconti l'aspetta nel suo studio" mi fa presente, incrociando le braccia davanti a sé, seriosa.
Le sue parole sono capaci di farmi tendere e anche Greta deve accorgersi di questo, perché si volta nella mia direzione, incuriosita dal mio repentino cambiamento di umore.
Cosa vorrà dirmi, adesso? Cosa avrà da contestarmi, ancora?
"Dottoressa..."il suo tono si macchia di una certa impazienza, mentre abbasso lo sguardo, per incrociare gli occhi impensieriti della bambina tra le mie braccia.
"Adesso devo andare Greta, ok? Ma tu rimani ancora qui, e disegna tutto quello che vuoi. Va bene?" le domando, portandole una ciocca di capelli dietro le orecchie.
"Va bene" accetta lei, mentre l'aiuto a sistemarsi sulla sedia dove poco prima ero seduta io.
"Le dia uno sguardo" aggiungo, nei confronti della collega sopraggiunta.
Lei annuisce, accovacciandosi poco dopo al fianco della piccola.
Le rivolgo un ultimo sguardo, cercando di trarre beneficio dalla spensieratezza che aleggia sul viso di Greta. Ma adesso ho solo una grande ansia a manifestarsi dentro di me e che non mi fa ragionare lucidamente, mentre strascico i piedi, incamminandomi verso lo studio del mio tutor.
Sosto a lungo fuori dalla porta, indecisa se entrare o meno, ma ho il sentore che Visconti, nel caso non mi presentassi, sarebbe costretto a venirmi a cercare. E non vedo l'ora di togliermi di torno questa cosa. Così busso, lasciando battere il mio pugno contro la porta e aspetto che lui mi dia il consenso per fare il mio ingresso.
Rilascio un sospiro, sostando sull'uscio e, incontrando gli occhi severi del mio superiore, mi dirigo nella sua direzione a passo tremante.
"Dottore, mi cercava?" gli domando, sedendomi di fronte a lui.
Lui, in risposta, sostiene a lungo il mio sguardo, poi annuisce con il capo.
"Ho bisogno di parlarle" mi fa presente, incrociando le mani davanti a sé, facendosi con leva con i gomiti sulla scrivania.
Senza che me ne renda conto, le parole fluiscono dalle mie labbra.
"Cosa vuole rimproverarmi?" gli faccio notare.
Visconti assottiglia lo sguardo, scrutendomi di sottecchi, senza ben capire a cosa mi riferisca.
Ma sembra che io sia indifferente a utilizzare un filtro cervello-bocca.
"No aspetti, forse lo so" ammetto, alzando una mano nella sua direzione, per stoppare qualsiasi tentativo di fermarmi.
"Cos'è? Adesso vuole reguardirmi anche sulla mia vita privata? Eh, sì, io e il dottor Franzese, o meglio Luca, stiamo insieme, ma nonostante la notizia possa dare un certo scalpore, non credo che a lei debba importare più di tanto con chi instauri rapporti personali, no? Ah, no, dimenticavo, lei proprio non riesce a fare a meno di penalizzarmi per qualsiasi cosa, giusto?"
Visconti si sporge verso di me, facendosi d'un tratto interessato ma allo stesso tempo confuso dal mio discorso.
Forse non so nemmeno da dove mi stia venendo il coraggio di affrontarlo in questo modo, soprattutto dopo i nostri trascorsi, ma io sono un fiume in piena e fermarmi, al momento, mi è davvero difficile. Le conseguenze delle mie azioni passano completamente in secondo piano.
"Dottoressa..."
"No" lo interrompo. "Mi faccia finire, la prego. Ho sbagliato, è vero, non c'è giorno in cui io non mi penta di quello che ho fatto. Il mio comportamento è stato poco professionale, lo riconosco, ma le ho chiesto scusa per questo. Le ho giurato che avrei fatto in modo di recuperare la sua stima, impegnandomi anche più di quanto facessi e lei questo lo sa benissimo. Ho lavorato sodo: da quando sono ritornata non mi sono fermata un secondo, spaventata all'idea di deluderla ancora. Ho sopportato le sue angherie, i suoi sorrisi derisori, i rimproveri, i giri estenuanti delle visite con lei, le vessazioni dei miei colleghi. Ho subìto tutto questo. in silenzio, pur di farmi vedere eccellente ai suoi occhi. Ma lei non mi ha mai dato la soddisfazione di dirmi che avessi fatto bene, che fossi stata brava, mai. E se permette, comincio a sentirmi stanca di tutto questo..."
Mi rendo conto quando finisco di parlare, di aver stretto i braccioli della sedia forte tra le mani e che la mia voce sia diventata d'un tratto affannosa, come se avessi fatto un grande sforzo.
Visconti trae un sospiro, appoggiandosi allo schienale della sua postazione.
"Ha finito?" domanda, imperturbabile; come se il mio discorso non avesse influito in nessun modo su di lui.
"Sì" ribatto, irriverente.
A quel punto, il mio superiore, arriccia le labbra in un ghigno, scuotendo il capo. "Noto una certa saccenza nel suo tono, dottoressa. Ma non era di questo che volevo parlarle" mi confida, trattenendosi dall'utilizzare un'inflessione divertita.
Deglutisco a vuoto, sorpresa da tale rivelazione.
"Ah, no?" gli domando, flebilmente.
"No" cantilena lui. "Ma se proprio vuole..." aggiunge sornione.
"Di cosa voleva parlarmi, allora?" ribatto, incuriosita, facendolo gongolare di soddisfazione.
"Il dottor Conti le dà più fastidio?" mi chiede, ritrovando ogni tratto di serietà.
Corrugo la fronte davanti alla sua richiesta.
"No..."ammetto, alla fine, confusa. "Ma non credo se la stia passando bene".
"Sì, so tutto" proferisce lui, sommessamente. "Sono certo che Conti non le darà più fastidio" mi fa presente, terribilmente sicuro di sé.
"Okay..."replico, a disagio.
Il mio superiore abbassa lo sguardo, prendendo a sfogliare alcuni appunti disposti sulla sua scrivania, facendomi intendere che il discorso sia chiuso lì.
"Tutto qui, dottore?" gli domando, allora, intimorita.
Lui torna a prestarmi attenzione ma dura un attimo prima che sia distratto da qualche altro particolare.
"Sì, dottoressa, tutto qui. Può andare" mi comunica, indicando con il capo la porta dietro di me.
Mi rimetto in piedi, corrucciata, e con una certa flemma, cercando di prolungare la mia presenza qui più del previsto.
"È sicuro, dottore?" ritento, esitante. "Non ha davvero niente da dire, nessun rimprovero per qualcosa che ho fatto, nessun richiamo per quello che le ho detto prima? Niente di niente?"
Visconti rotea gli occhi al cielo, spalancando le braccia per enfatizzare il concetto. "Cosa non le è chiaro del mio può andare? Vada!"
"Sì,sì, certo" ribatto, velocemente. "Allora vado..."
Lui soffoca una risata, lasciando ciondolare la testa, mentre a passo felpato mi avvicino alla porta.
"Oggi mi sento magnanimo, quindi vada, prima che cambi idea".
Lo sapevo...
"Non pensavo davvero quello che ho detto" proferisco, allora, mettendo su un tono di scuse, plateale.
Visconti scrolla la testa, in diniego. "Lei pensava esattamente ciò che ha detto e sa cosa c'è? Va bene, ho apprezzato che sia stata sincera e le confesserò che non aspettavo altro".
Mi desto, all'improvviso, alle sue parole, porgendogli tutta la mia attenzione.
"Lei lo ha fatto di proposito..."vengo a patti con la realtà, poco dopo, comprendendo il perché del suo comportamento.
"Già" annuisce lui. "Volevo portarla al limite e vedo di esserci riuscito. E su, non faccia quella faccia adesso!" mi reguardisce. "Avevo bisogno di capire come avrebbe reagito sotto pressione".
Spalanco le labbra, allibita dal suo discorso.
"E?"
Il mio tutor mi lancia un'occhiata di sottecchi, giocherellando con una penna, e facendola roteare tra le dita.
"Direi che se l'è cavata bene, ma adesso se ne vada, prima che io diventi troppo sentimentale, su!" mi sollecita, abbassando lo sguardo.
Avverto un piccolo sorriso affiorare sulle mie labbra, scrutando il dottor Visconti fingersi poco interessato alla situazione.
"Grazie..." gli sussurro, allora.
Lui annuisce, distrattamente, mentre a tentoni mi muovo all'indietro. Impatto poco dopo con la parete dietro di me, ancora incredula di quello che sembra a tutti gli effetti un trattato di pace. Spalanco la porta, mantenendo con forza la maniglia tra le dita.
"Dottoressa" mi richiama, una volta sull'uscio.
Mi volto verso di lui, invitandolo con lo sguardo a parlare.
"Non me ne faccia pentire".
Gli sorrido. "Lo prometto".

Mentre raggiungo Luca in mensa, mi rendo che i miei passi si siano fatti veloci e scoordinati. Lo scalpitio rimbomba nell'ambiente, accorgendomi di quanta impazienza si nasconda dietro al mio modo di camminare. Sarà che ho tante cose da raccontargli e fremo dalla voglia di farlo.

Quando mi ha scritto stesse arrivando, ho fatto un balzo, interrompendo qualsiasi cosa stessi compiendo e sono corsa a darmi una sistemata, pur di sembrare presentabile ai suoi occhi.
Luca ha scelto un tavolo appartato e mi rendo conto apprezzi che abbia sacrificato il suo giorno di riposo per venire qui da me e pranzare insieme.
Mi ritrovo ad ammirarlo, seduto alla sua postazione, mentre, serioso, controlla qualcosa sul suo cellulare. Poi, quasi come se avesse avvertito il mio sguardo su di sé, alza il capo, incatenandomi con i suoi occhi.
Avverto il mio cuore cominciare a battere furiosamente, e mi premuro di accorciare le distanze il prima possibile.
"Ciao..." sorrido, con uno sfarfallio in petto.
Luca ricambia, mettendosi in piedi e avvicinandomi a sé per salutarmi come si deve. Gli porgo la mia guancia, facendolo sbuffare un po' infastidito, ma abbiamo deciso che, almeno per il momento, sia opportuno limitare le effusioni sull'ambiente lavorativo.
"Grazie per essere qui..." gli sussurro, aggrappandomi al suo braccio, senza volerlo lasciare andare sul serio.
Luca ridacchia, appoggiandosi al tavolo dietro di sé. "Non è proprio il massimo, ma dovremo accontentarci" ammette, indicando con lo sguardo l'ambiente che ci circonda e accarezzandomi un braccio con le dita. Rabbrividisco sotto il suo tocco, e mi viene da pensare che sia vero, ma questo non ha importanza se lui è con me.
Rimango a lungo con lo sguardo sulla sua figura, ritrovandomi a reprimere un sospiro alla vista di Luca stretto in una camicia a scacchi sopra una maglia nera che gli delinea alla perfezione il petto tonico e allenato. Non sono abituata a vederlo in modo così casual, soprattutto al lavoro, dove il suo abbigliamento è sempre tanto formale, ma mi ritrovo a pensare che questo outfit gli doni un'aria sbarazzina e maledettamente affascinante.
Ci pensa proprio lui a destarmi dai miei pensieri, facendomi segno di prendere posto.
Annuisco, seguendo il suo consiglio, e incrociando le mani davanti a me, sul tavolo.
Luca si premura di stringerle tra le mie, facendomi un occhiolino.
"Allora, di cosa volevi parlarmi?" mi esorta, spronandomi a raccontargli.
"Ho avuto un colloquio con Visconti, prima" gli confido, scrutando una sua reazione. Lui mi lancia un'occhiata da sotto le ciglia, irrigendosi alle mie parole ma mi fa cenno di continuare.
"Io gli ho detto delle cose..."ammetto.
Luca si fa d'un tratto confuso. "Cosa gli hai detto, Anita?"mi chiede, manifestando una certa preoccupazione.
Gratto una guancia, a disagio, traendo un respiro prima di confessargli ogni cosa. Osservo sul volto di Luca palesarsi diverse emozioni, dallo sbigottimento, al timore per arrivare a una mera soddisfazione.
"E quindi, alla fine ha ammesso di avermi portato al limite per scrutare la mia reazione, capisci?! Per tutto questo tempo io ho sopportato tutti i suoi giochetti in silenzio!" proferisco con un certo sbigottimento.
Luca scuote il capo, anche lui incredulo con me.
"Non hai avuto paura che le tue parole potessero ritorcersi contro di te?" mi chiede, dichiarando la sua curiosità.
Ridacchio, facendomi prendere dall'euforia.
"Sì, ma ho agito di impulso e mi sono resa conto solo in seguito che potessi riscontrare la sua ira..."
"Beh..."Luca giocherella con le mie dita, arricciando le labbra in un sorriso. "Direi che non ti sia andata affatto male, anzi. Ma non avevo dubbi su questo. Visconti è un uomo intelligente e conosce benissimo le tue capacità" mi confida, profondamente orgoglioso di me.
Rafforzo la presa sulle sue mani, come a volerlo ringraziare per le sue parole.
"Ma non era di questo che volevi parlarmi stamattina. Giusto?" deduce lui, scrutandomi a lungo.
Scuoto il capo in diniego. "Giusto".
Prima che Luca possa ribattere ancora, ho già preso a raccontargli ogni singola cosa.
"Anita." lo osservo trarre un respiro profondo e arricciare le labbra in una linea dura e severa. "Nicola è ancora molto preso da te, su questo non ci sono dubbi".
"Lo so..." mormoro, soffocando un lamento. "Non è una questione che riesco più a gestire. Eppure ero stata chiara con lui".
"Forse è tempo di tagliare la corda, non credi? Un po' di distanza gli farà bene" mi propone.
Annuisco, abbassando lo sguardo."Luca? Questa cosa ti dà fastidio?" gli domando, confessandogli la mia preoccupazione.
Lui, notando la mia tensione, addolcisce i suoi tratti, lasciando una carezza sul mio braccio.
"Mi fido di te, Anita. Conosco i tuoi, i nostri sentimenti. Non ti negherò di essergli ancora amica, in futuro, se lo vorrai. Ma adesso è giusto che Nicola rifletta su questa cosa e venga a patto con la realtà dei fatti".
Lascio che un gran sorriso affiori sulle mie labbra, mentre mi accorgo che in questo momento vorrei solo potermi sporgere verso di lui e baciarlo per dimostrargli quando io sia contenta delle sue parole.
"E adesso perché mi guardi così?" Luca accenna un ghigno, scrutandomi divertito.
"Vieni con me, e te lo spiego" proferisco con un fare persuasivo, facendole irrigidire sotto il segno delle mie carezze.
Ridacchio, quando si alza dal suo posto, stringendo una mano tra le mie e spingendomi, con una certa urgenza a seguirlo. Lascio che sia lui a condurre il gioco, faticando a stare dietro ai suoi passi veloci.
Attraversiamo i corridoi del suo reparto, destando la curiosità dei presenti, che non si aspettavano di vederlo qui a poche ore dal suo doppio turno.
"Dottore, ma lei non era di riposo?" Un infermiere, infatti, intralcia la nostra strada, dando voce ai pensieri di molti.
Luca lo liquida velocemente, prendendo a camminare dritto davanti a sé.
"Ho dal lavoro da sbrigare, e ho dimenticato alcune cose nel mio studio. Faccia in modo che nessuno mi disturbi, finché sarò qui."
L'infermiere annuisce, dileguandosi trafelato sotto la sua occhiata.
A quel punto, il mio ragazzo-quanto fa strano denominarlo così- intercetta la porta del suo ufficio e fa in modo che io entri, richiudendola velocemente dietro di sé.
Prima che possa solo respirare di nuovo, Luca mi intrappola tra la parete e il suo corpo, appoggiando le sue mani sulle mie spalle.
"Allora?" mi chiede, malizioso. "Cos'è che volevi dirmi?"
Accarezzo le sue guance, tentando di riprendere in mano le redini della situazione. Voglio che Luca si renda conto che io possa essere preda e predatrice allo stesso modo.
Mi sporgo verso il suo viso, sorridendo soddisfatta, avvertendo ogni fibra del suo corpo, irrigidirsi sotto il mio tocco.
Allora allaccio le braccia dietro al suo collo, alzandomi sulle punte.
Strofino il mio naso contro la sua guancia, socchiudendo gli occhi. "Io amo solo te, Luca, e non permetterò che qualcuno possa rovinare tutto questo..."gli confido, facendomi sopraffare dalle mie stesse parole.
Luca punta il suo sguardo, inchiodandomi con i suoi occhi e facendomi innegare in un mare di emozioni.
I successivi minuti che passiamo insieme sono un susseguirsi di azioni: ci sono denti che cozzano, labbra che si cercano e poi mani e dita, che stringono, lambiscono, accarezzano, manifestando all'altro quanto sia l'urgenza di amarci come vorremmo.
E, in preda all'eccitazione, mi rendo conto che farò in modo che, adesso, niente e nessuno si anteponga tra me e Luca.

ANGOLO AUTRICE:

Ma ciaooo! Aggiornamento serale a distanza di pochissimi giorni! So che avevo detto probabilmente ci avrei messo un po', ma questo capitolo è stato scritto di getto, in due sere di riposo dallo studio sulle note del cellulare, ed eccolo qui pronto. Non sapevo se postarlo o meno, ma non volevo farvi aspettare tanto. E cooosì, come avevo accennato, ecco gli sviluppi di cui parlavo nel capitolo precedente. Un capitolo di confronti ahahaha!
Il primo, Nicola e Anita e poi la stessa e il dottor Visconti!
Ebbene, abbiamo scoperto che la conversazione tra Anita e Nicola non sia andato proprio come lei sperava fosse. Voi vi aspettavate che lui reagisse così? Fatemi sapere la vostra opinione ;)
Dall'altra parte, invece, è Anita che non riesce a trattenersi e agisce d'impulso, affrontando il dottor Visconti, eppure, sembra proprio che lui ne sia quasi soddisfatti. Pensavate lui lo stesse facendo di proposito per  provocarla?
Intanto, ne approfitto per ringraziare chiunque legga questa storia e soprattutto chi recensisce, davvero grazie!
Adesso vi saluto, promettendovi, sessione permettendo, di aggiornare presto.
Vi ricordo, inolte, se vi va, di leggere le altre storie che compongono la serie di "Ricominciamo da qui", e di seguirmi, se siete anche lì, su wattpad:Ros-18


Nic, ma che ci combini?!

Alla prossima!

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Capitolo 56
*** Capitolo 55 ***


Capitolo 55

RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 55

Sono proprio curiosa di sapere chi, stamattina, si sia messo in testa di rovinare il mio sonno ristoratore. Biascisco qualcosa, infastidita e intorpidita, ancora in uno stato di dormiveglia.
Afferro il cellulare che, sul comodino accanto al letto, non smette di trillare, e mi impongo di porre fine al ronzio fastidioso che provoca alle mie orecchie.
Soffoco uno sbadiglio, nel momento in cui mi rendo conto che la persona dall'altra parte del capo sia mia madre.
"Quando avevi intenzione di dirmi che tu e Luca state insieme? Ufficialmente, dico?!" esclama lei, fingendosi offesa e con un tono così squillante da farmi sussultare.
Allontano l'apparecchio dal mio orecchio, roteando gli occhi al cielo davanti alla sua impazienza.
"Buongiorno anche a te, mamma..."reprimo un lamento, controllando lo schermo del mio telefono, e sbarro gli occhi, constatando che sia tardi per la mia tabella di marcia.
Scosto con un gesto repentino le lenzuola, mettendomi in piedi e finendo per barcollare data la velocità del mio gesto.
"Sisi, buongiorno..."borbotta lei, indispettita. "Allora, cosa puoi dire a tua discolpa?" mi domanda con un tono di voce buffo.
Raggiungo a piccoli passi la cucina, facendo strascicare i piedi, mentre mi stropiccio un occhio.
"Dammi tregua..."le chiedo, reprimendo un lamento.
"Ok" mi concede, "ma a patto che tu lo porti a pranzo o a cena da noi, un giorno di questi".
"Mamma..."sbuffo un sorriso, sorreggendo il cellulare la tra guancia e la spalla, mentre preparo il caffè. Uno bello forte che riesca a darmi una svegliata.
"Cosa c'è, tesoro? È una cosa bella, non dovresti vergognarti..." nonostante non riesca a vederla, mi sembra di avvertire tutta la sua confusione.
Da prima che apprendesse la notizia, non fa che domandarmi con entusiasmo quando abbia intenzione di presentare loro Luca, ufficialmente. "Non gli farete uno dei vostri soliti interrogatori, vero? Rischierete di farlo scappare e, soprattutto, Marco, lui sì che è un problema, potrebbe incenerirlo con il solo sguardo..."le confesso, allora, anche se non riesco a non pensare che la scena, in sé, potrebbe risultare dilettante.
La risata di mia madre, spensierata e cristallina, si propaga attraverso il mio apparecchio, e sento che stia per contagiarmi, ma faccio di tutto per trattenermi.
"Saremo bravi, promesso. Terrò io a bada tuo fratello, in ogni caso" aggiunge lei in tono solenne, ritrovando una parvenza di serietà.
"Okay..."le concedo, lasciandomi ricadere con un balzo sul divano dietro di me, aspettando di avvertire il borbottio della caffettiera.
"Potremmo fare domenica. Cosa ne dici?" ritorna lei alla carica.
Scuoto il capo, divertita. "Mi dispiace, ma domenica io e Luca abbiamo un impegno. Vuole farmi conoscere la sua famiglia" le confesso in un sorriso.
"Oh, vedi!" strepita lei. "Prima o poi, dovrai fare lo stesso" continua, ridacchiando.
"Lo so!" le faccio presente, "e sarà prima di quanto immagini, mammina cara".
"Ah, ah! Che simpaticona" mi reguardisce lei, senza però sembrare infastidita dalla mia presa in giro. Nonostante ciò, dopo poco il suo tono si addolcisce, affievolendosi lievemente.
"In ogni caso, sono davvero contenta per te, tesoro mio. Ma sapevo che, prima o poi, sarebbe successo" proferisce emozionata.
Non riesco a fare a meno di nasconderle la mia felicità, piegando le mie labbra in un sorriso luminoso. Anche se lei non riesce a vedermi, so che lo stia percependo.
"Grazie, mamma" ammetto, sincera e mi rendo conto che non possa sentirmi più fortunata di così. Ho una famiglia che mi è stato accanto in tutto questo tempo,mi ha sostenuto, e sento che potrei davvero mettermi a piangere per tutta la premura e l'amore che i miei genitori hanno sempre mostrato per me. Presentare Luca a loro sarebbe come fargli conoscere un'altra parte di me, più intima e profonda, e non vedo l'ora che questo accada.
"Adesso, però, devo seriamente lasciarti. Sono in ritardissimo per il lavoro e devo ancora prepararmi" pronuncio, poco dopo, traendo un respiro profondo.
Mia madre non ribatte su questo, ma "mi raccomando" ci tiene a precisare.
Ridacchio, versandomi il caffè in una tazzina, per ottimizzare i tempi. "Lo prometto".
Poi mi premuro di porre fine a questa telefonata e mi rendo conto che, infondo, una risata mi esca spontanea.
Sorseggio poco dopo la mia bevanda, reprimendo un sospiro di piacere.

Che la mia giornata abbia inizio...

Quando arrivo al lavoro, mi accorgo presto che ci sia qualcosa che non vada. C'è un brusio che si ripercuote per i corridoi e non mi piace per nulla. Mi viene subito da pensare a cosa abbiano ancora da blaterare tanto. Forse molti di loro non hanno ancora compreso quale sia la nostra mansione qui dentro. Essere all'oscuro di qualunque cosa stia accadendo, però, mi insospettisce e mi rendo conto che, adesso, avrei proprio bisogno di Luca qui accanto a me. Purtroppo non abbiamo avuto modo di vederci e dopo tutto quello che stiamo condividendo, mi sento mancare il respiro al solo pensiero di non saperlo accanto a me. Mi ha scritto e mi ha fatto presente che passerà presto a salutarmi, in reparto.
Mi incammino verso lo spogliatoio, sentendomi d'un tratto osservata e al centro dell'attenzione. Mi volto quanto basti per accorgermi di un gruppetto di pettegole che si diverte a sparlare alle mie spalle. Affretto i miei passi, trafelata, e passando accanto a quello che per mesi è stato il mio studio, mi rendo conto che la porta sia aperta. Forse non dovrei, ma la curiosità mi mangia viva e ho bisogno di sapere che stia succedendo.
L'ambiente è in ordine, e c'è un forte odore di disinfettante a emanarsi, ma un grosso scatolone campeggia, riposto sulla scrivania. Così senza che me ne accorga, ho già mossi piccoli passi verso l'interno.
Mi guardo intorno, ritrovando una sorta di beatitudine tra queste quattro mura e a tentoni mi muovo verso la scrivania, trovandola spoglia di qualsiasi oggetto, eccetto per la scatola.
"Devo ammettere che non mi aspettavo di trovarti qui, a ficcanasare".
Sussulto, avvertendo la voce sprezzante di Giorgio alle mie spalle.
Socchiudo gli occhi, maledendomi per la mia stupidità. Non sarei mai dovuta entrare qui dentro.
A quel punto, traendo un respiro, mi volto verso di lui, scoprendolo a fissarmi spigoloso.
"Che sta succedendo?" gli chiedo, facendo riferimento ai suoi oggetti personali riposti nello scatolone.
Giorgio assottiglia lo sguardo, indurendo la mascella, poi sulle sue labbra si insinua l'ombra di un ghigno irrisorio.
"Come se non lo sapessi..."
Corruccio la fronte, davanti al suo tentativo di celarmi la verità. Sta andando via?
"Non so di cosa tu stia parlando" ribatto, prontamente.
Lui scuote il capo, non convinto dalle mie parole e noto che abbia mosso un passo nella mia direzione."Ti ho sottovalutata, sai, Anita? Credevo che sarei riuscito a sconfiggerti, a prendere il tuo posto, ma tu sei stata più furba di me".
Le sue labbra si piegano in una risata sprezzante, mentre unisce le mani per batterle, teatralmente. "Brava, complimenti!Sei riuscita a fregarci tutti, facendoti passare per la santarellina di turno, ma dietro questi occhi dolci, si nasconde una grande stratega" sussurra a un palmo dal mio viso.
Indietreggio di colpo, sopraffatta dalle sue parole poco lusinghiere, e sentendomi bloccata tra la scrivania dietro di me e il suo corpo.
Nonostante sia spaventata dalla sua vicinanza, sostengo il suo sguardo, invitandolo a continuare. Sono curiosa di vedere fino a che punto si spingerà.
"Me ne vado, Anita, e mi trovo costretto, ahimè, a farlo. Questo non è posto per me, io ho bisogno di sentirmi valorizzato e qua non potrà mai accadere, fino a quando dovrò competere con te. La tua influenza qui dentro è troppo grande..." ammette, come se ne fosse quasi dispiaciuto. La verità è che uno come lui mi fa davvero pena. È sempre facile accusare gli altri delle proprie mancanze. E lo è ancora di più volersi sentire importante, screditando l'operato altrui.
Saperlo lontano è, però, una mera soddisfazione. Non posso pensare che una persona come lui possa ancora esercitare, eppure sotto l'aspetto lavorativo non ho mai potuto obiettare su nessuna delle sue scelte e non ha potuto farlo nemmeno Visconti.
Così, lui, non colpito dal silenzio che mi ha invaso, afferra lo scatolone tra le sue mani, e riesco a notare un minimo di rassegnazione e sconcerto invadere i suoi occhi mentre si fermano a percorrere lo spazio che ci circonda. Credo che non sia facile come dice, andarsene. Lui si sente sconfitto, un perdente, ma non ha ancora chiaro quale sia il vero obiettivo di questo mestiere.
Poi il suo sguardo ricade, ancora su di me, e avverto ogni suo tratto tendersi.
"A mai più..." digrigna.
"Hai detto che devi andartene, no? E allora fallo, sparisci!"
Ci metto poco a realizzare che la seconda voce appartenga a Luca e quando lo osservo farsi spazio nello studio, mi rendo conto che la mia attenzione, adesso, sia tutta a lui. Vorrei sorridergli per ringraziarlo di essere qui, ma mi sento inerme.
Giorgio, al mio fianco, rotea gli occhi al cielo, voltandosi a scrutarlo, malevolo.
"Oh, ma eccolo qui il tuo fidanzatino!" esclama, beffardo.
Luca mantiene un autocontrollo invidiabile, macinando passi, serio e composto come solo lui sa essere.
Assottiglia lo sguardo, una volta accanto a me, lanciandogli un'occhiata di sottecchi.
"Non farmi essere ripetitivo e allontanati da lei" ammette, impassibile.
Giorgio ghigna, facendo alterare i suoi occhi ripetutamente prima su di lui e poi su di me.
"Su di una cosa, però, non mi ero affatto sbagliato. Siete proprio fatti l'uno per l'altro" proferisce, perdendosi in chissà quali pensieri.
"Vattene!"ribatte Luca, perdendo ogni briciolo di pazienza.
Il mio ormai ex collega lo guarda dall'alto in basso, rinforzando la presa sulla scatola tra le sue mani, poi ci volta le spalle.
Mi riscopro a essere sorpresa di me stessa, quando sono io a fermarlo poco prima che se ne vada.
La mia azione desta la curiosità di Luca, che mi invita con lo sguardo a spiegargli cosa abbia in mente.
Giorgio, sull'uscio, si gira a osservarmi, facendo un cenno con il capo, affinché parli.
"Mi auguro tu possa rinsavire, prima o poi, e possa accorgerti che non sia davvero questo il vero obiettivo della tua vita" gli faccio notare, stupendomi della sicurezza del mio tono.
Luca rinsalda la sua presa sulla mia spalla, come a volermi sostenere.
"Io so esattamente quale sia il mio obiettivo e non saranno le tue parole a farmi desistere dal realizzarlo" ribatte, perentorio. Ma d'altronde cosa mi aspettavo? Che questa esperienza potesse redimerlo? I tipi come lui non cambiano.
Così, quando lo vedo abbassare lo sguardo e andarsene, mi rendo conto di ritornare a respirare sul serio e mi trovo a pensare di non volerlo vedere mai più.
"Stai bene?" mi domanda Luca, accertandosi riguardo alle mie condizioni.
Gli dedico tutta la mia attenzione, perdendomi nei suoi occhi.
"È tutto finito..."ammetto, ancora incredula davanti a quello che è successo.
Luca mi accarezza una spalla, sorridendomi caldamente.
"Sì, Anita, è davvero tutto finito" ripete, abbassandosi sul mio viso per catturare le mie labbra in un bacio e io, sotto le sue premure, mi sciolgo come neve al sole.

...alcuni giorni dopo

Call It magic, call It tue, call It magic when i'm next to you...
Dire se mi sento pronta? Sì, lo sono. Conosco già la famiglia di Luca e questo forse mi dà una certa sicurezza, ma allo stesso modo non significa che non mi possa far prendere dall'ansia. Mi presenterà come la sua ragazza! Sono così emozionata.
Scruto il paesaggio che si presenta davanti ai miei occhi, con i campi coltivati e le distese di girasole, mentre nell'abitacolo dell'automobile di Luca risuonano le note di Magic dei Coldplay. Comincio a pensare che sia davvero magico come cantano. Quando sono con lui, soprattutto, tutto assume una sfumatura diversa. Mi sembra di essere una bambina che osserva con occhi curiosi e affamati qualsiasi cosa la circondi. Come se ogni cosa che capiti sotto al mio sguardo sia una novità.
Mi volto verso di lui, avvertendolo canticchiare alcune strofe, distrattamente, con lo sguardo sereno e attento alla strada davanti a noi e mi premuro di sorridergli, perdutamente spensierata e innamorata. Ben presto la villa di proprietà Franzese si staglia di fronte ai nostri occhi. I genitori di Luca abitano in un casolare ristrutturato in aperta campagna, circondati dal verde e la tranquillità più assoluta.
Ci lasciamo l'ingresso alle spalle, osservando il cancello in ferro battuto, automatico, richiudersi dietro di sé,e ne approfitto per dare un'occhiata intorno a me. La villa rimanda a uno stile rustico, con una costruzione in mattoni, il tetto spiovente, e gli infissi in legno chiaro.
Anche il giardino è tenuto con cura: ammiro una distesa di alberi da frutto che delimita le cinta della casa, mentre il vialetto che conduce all'ingresso è delimitato dalla ghiaia e disseminato da aiuole fiorite. Osservo estasiata un tripudio di colori e odori che si mescolano alla perfezione.
Liscio l'abito dalla stampa floreale che ho scelto per la giornata calda e soleggiata e mi premuro di recuperare il dolce che ho deciso di preparare. Ci tenevo particolarmente a fare qualcosa con le mie mani.
Luca appoggia una mano all'altezza della mia schiena, conducendomi verso l'interno e preoccupandosi che il mio equilibrio non sia troppo precario, nonostante indossi delle scarpe comode e basse.
Anche lui ha optato per un look semplice, con una camicia di jeans sopra dei pantaloni color beige. Ha un'aria particolarmente bella, oggi, più del solito; riesco a intravedere nonostante la montatura a specchio che indossa, i suoi occhi brillare.
Prima che me ne possa solo rendere conto, Sofia corre verso di noi, strepitando a grande voce e facendo svolazzare il suo vestitino rosa a balze.
"C'è lo zio Luchi! C'è Anita. Eccoli, eccoli!"
Luca l'accoglie tra le sue braccia, facendola volteggiare, mentre la piccola ride divertita sotto le sue attenzioni.
Li scruto, sorridendo dolcemente, avvicinandomi quando Sofia si sporge verso di me.
"Anita..."mi saluta lei, entusiasta, gesticolando con le mani davanti al viso. "Ma adesso posso chiamarti zia, vero?" mi domanda. Dolce e tenera come solo lei sa essere.
Le accarezzo con premura il capo, aprendomi in una smorfia buffa.
"Certo che puoi, tesoro..."
Mi è difficile non notare quanto l'abbia resa contenta la notizia, perché subito dopo comincia a battere le mani con entusiasmo.
Luca sorride, voltandosi nella mia direzione e mentre con un braccio, sostiene Sofia a sé, intreccia la mano libera con la mia, conducendoci all'interno.
"Mamma, mamma, Anita ha detto che posso chiamarla zia!" Eleonora si sporge da una delle stanze, dimostrandosi felice di vederci arrivare e mentre la piccola corre via, inoltrandosi per i corridoi della casa, trillando quando sia euforica di averci qui, lei si avvicina per salutarmi.
Oggi la sorella di Luca è particolarmente bella, stretta in un paio di pantaloni a sigaretta che le fascia le gambe lunghe e snelle, mentre la camicia chiara esalta la sua carnagione. La sua somiglianza con Luca è estremamente evidente. Nonostante sul suo viso, struccato, siano evidenti i segni della stanchezza, è luminosa, incantevolmente perfetta.
"Ciao, Anita. È un piacere rivederti" ammette, sciogliendosi in un caldo sorriso e salutandomi poi calorosamente.
"Anche per me, Eleonora" le replico allo stesso modo. Con lei c'è stata da subito una sorta di complicità.
"Certo che ce ne ha messo di tempo mio fratello, eh!" aggiunge lei, colpendolo scherzosamente al braccio e facendomi aprire in una risata. "Sei un testone!"lo rimprovera bonariamente.
Luca fa finta di imbronciarsi, massaggiandosi la parte lesa, ma poi torna a rivolgere il suo sguardo a me, solo a me.
A quel punto sua sorella ridacchia, riportandoci con i piedi a terra.
"Ok, piccioncini, venite. Raggiungiamo gli altri" ci fa presente, prendendo a farci strada e prendendo con sé il dolce che ho preparato per loro.
Attraversiamo un corridoio disseminato di fotografie, e quegli scatti sembrano attraversare tutta la storia di Luca e i suoi fratelli. Da le loro espressioni, poi, traspare tutto l'amore che provano l'uno verso l'altro ed è bellissimo. Trovarmi nella casa in cui lui ha vissuto una parte della sua vita mi provoca una certa emozione, come se mi desse modo di ripercorrere i momenti felici e spensierati che ha trascorso qui dentro.
Non ho molto tempo per dare un'occhiata alla casa in sé, in realtà, nonostante mi viene da pensare che sia arredata con gusto, perché Eleonora ci conduce all'esterno, dove si trovano tutti gli altri.
Le temperature di oggi ci permettono di gustarci un pranzo all'aperto, cullati dalla calura primaverile.
Osservo con un sorriso la piccola Sofia giocare con il nonno, ridere e lanciare urletti divertiti nel tentativo di non farsi acciuffare mentre lui la rincorre, girando in tondo, ma poi sorridere e riempirlo di baci nel momento stesso in cui la coccola tra le sue braccia; la capofamiglia invece è intenta ad apparecchiare il tavolo. Ammiro quanta cura e dedizione ci stia dedicando, sistemando la tovaglia in lino in modo tale che non presenti pieghe. E per finire il più piccolo di casa, Riccardo, che si diletta a compiere alcuni palleggi a basket, nel campetto adibito poco distante da loro.
Non appena tutti si rendono conto che io e Luca siamo arrivati, cala il silenzio, prima che esso sia sostituito da saluti e sorrisi. Mi stupisco sempre di più di quanto possano essere tutti tanto gentili e affettuosi con me.
Luisa, la madre di Luca, mi stringe in un abbraccio, complimentandosi con me, suo padre, invece, si limita a una stretta di mano vigorosa e cordiale e io avverto il mio cuore sciogliersi davanti al loro farmi sentire parte della famiglia. È un'emozione bellissima.
"Wuuh!" Riccardo gesticola platealmente, avvicinandosi con una certa fretta. "Ma che bello rivederti, Anita".
Gli sorrido, cordialmente, soffocando un risolino davanti alla sua espressione sorpresa.
Poi lui afferra una mia mano saldamente, facendomi fare una giravolta su me stessa.
"E sei ancora più bella del solito" ammette, stupito, facendomi ridere lusingata.
"Sì, ok, adesso basta però" lo ammonisce Luca, fulminandolo con lo sguardo.
"Devi perdonarlo, Anita, mio fratello è parecchio sensibile al fascino femminile" aggiunge, voltandosi verso di me per stringermi a sé e sogghignare divertito.
Sbuffo un sorriso, accocolandomi al suo petto, mentre Riccardo mette in mostra un'espressione imbronciata, decisamente infantile.
"Ehi! Cosa ci posso fare io se hai una fidanzata bellissima. Continuo a pensare che ingegneria non sia stata una buona scelta. Non si vede una donna nemmeno per sbaglio!" si difende, incrociando le braccia al petto e suscitando il nostro divertimento.
Luca lo spintona, scompigliandogli i capelli, giocosamente.
"Va a studiare, piuttosto!"
Il fratello minore sorride furbamente. "Ah-ah" nega, scuotendo il capo. "Oggi è domenica!" aggiunge, prendendo poi ad allontanarsi da noi, muovendo una mano a mo' di saluto nella nostra direzione.

"I miei ti adoravano già prima di conoscerti, non avevo dubbi che ti avrebbero accolta così bene" il tocco delicato delle dita di Luca sul mio collo mi fa sussultare e mi volto verso di lui, per sorridergli grata di tutto questo.
Le sue mani percorrono le mie guance, insinuandosi tra i miei capelli e mi stringo a lui mente abbassa il suo viso verso il mio, facendo planare il suo respiro sulla mia guancia.
"Ti amo..." mi confida, baciandomi a fior di labbra.
Sentirgli pronunciare queste parole è ancora un colpo al cuore, ma credo che potranno passare anche anni, e l'effetto che mi produrranno sarà sempre lo stesso.
Appoggio una sua mano all'altezza del suo collo per prolungare la sua vicinanza e sospiro, strofinando il naso contro il suo volto.
"Zia Anita e zio Luchi si stanno baciando, si stanno baciando!" scorgo oltre le spalle la piccola Sofia scrutarci con un certo stupore; le manine portate davanti alla boccuccia, mentre gli occhi le luccicano dalla felicità.
Le sue parole scatenano le risa generale e mi stringo al mio fidanzato, accocolandomi al suo petto, rossa dall'imbarazzo.
"Vieni, andiamo" Luca mi esorta a raggiungerli e annuisco, stringendo la sua mano.
Sofia è a braccia conserte, e sembra lì che ci attende, continuando ad osservarci con quella sorpresa che pare invadere i suoi occhi ogni qualvolta le si presenta qualcosa di nuovo.
"Piccola birbante" mormora Luca, scompigliandole i capelli, e facendola imbronciare sotto i suoi gesti.
I suoi occhi sono però rivolti a me, e non mi stupisco quando tira un lembo del mio vestito per attirare la mia attenzione.
"Tesoro..." le sorrido, abbassandomi alla sua altezza.
Lei ricambia il mio sguardo, gonfiando le guance goffamente.
"Mi posso sedere vicino a te, zia Anita?" domanda, giocherellando con le dita delle manine. Scruto le sue unghie smaltate di colori diversi a formare un arcobaleno.
"Certo che puoi" le replico, completamente ipnotizzata da questa piccola principessa che mi è di fronte.
Lei si sporge tra le mie braccia, abbracciandomi stretta a sé, poi socchiude gli occhi, rilasciando un sospiro.
"Siiiì" trilla, con entusiasmo.
"Il pranzo è servito, a tavola!" annuncia la padrona di casa con un grande sorriso ad affiorare sulle sue labbra e mentre ognuno prende posto, mi rendo conto di sentirmi onorata di far parte di questa grande e armoniosa famiglia.

Il pranzo è stato delizioso, ma non avevo dubbi su questo; Luca mi aveva parlato di quanto sua madre fosse un'ottima cuoca e ho avuto modo di saggiare tutte le prelibatezze preparate dalle sue abili mani. È stato bello scoprire quanto siano legati tra di loro: Luca e i suoi fratelli stravedono per i propri genitori, i loro occhi li osservano con devozione e amore e sembra che ognuno dei componenti abbia un ruolo ben preciso all'interno della famiglia. Sua madre è dolce e gentile, mentre nonostante suo padre sembri burbero e dalle poche parole, è un uomo che attraverso i gesti dimostra quanto tenga alle persone che ama.
Luca è così felice e spensierato accanto a loro, ma non mi hai mai fatto sentire di troppo, nessuno di loro l'ha fatto, coinvolgendomi nei loro discorsi e raccontandomi aneddoti divertenti dello stesso ragazzo. Lui ha sbuffato un po' infastidito, lasciandosi però poi coinvolgere dal loro entusiasmo. Non sono mancati i momenti di imbarazzo, certo, soprattutto quando si è aperto il discorso Vanessa. L'assenza della ragazza mi ha sorpreso, nonostante adesso che so lei non rappresenti e non abbia mai rappresentato una minaccia, mi sento molto più tranquilla. Mi è stato spiegato che sia tornata momentaneamente a Milano per affrontare i suoi genitori. Luca si è accorto ben presto che l'argomento mi avesse provocato un certo disagio; la sua mano poggiata sul mio ginocchio è stata una costante, come a dirmi che lui fosse lì per me, così come quando ogni volta che si è voltato per sorridermi in modo rassicurante.

Dopo il pranzo, quando ormai siamo sazi e appagati, e la piccola Sofia è ormai tra le braccia di Morfeo, dolce e serena, Eleonora e sua madre si alzano dai loro posti per sparecchiare.
Mi offro di aiutarle ma la sorella di Luca prontamente mi lancia un'occhiataccia, facendomi desistere dal mio intento.
"Sei nostra ospite, Anita, non ti permetteremo di fare nulla di tutto questo" mi fa notare." Ci pensiamo noi qui, voi piuttosto andate a farvi una passeggiata, che avete molto da recuperare" aggiunge, sorridendoci maliziosa, prima di rientrare in casa.
Mi apro in un piccolo risolino, portandomi una mano alle labbra.
"Tua sorella è fantastica" ammetto, rivolta a Luca, mentre ci incamminiamo verso il dondolo posto sotto un albero da frutto.
Lui incrocia le braccia dietro la schiena, ricambiando il mio sorriso.
"Sì, Eleonora è una forza della natura..." ammette, e mi sembra di scorgere dietro i suoi occhi una certa malinconia. Non oso chiedere cosa gli abbia fatto cambiare umore, così, gli accarezzo un braccio, come a volergli dar conforto. Lui si volta verso di me, mostrandomi la sua gratitudine, e ritrova ben presto tutta la sua spensieratezza.
Il suo braccio circonda le mie spalle, dandomi modo di accoccolarmi a lui, mentre ci godiamo la vista che la nostra posizione ci consente. Si respira una tranquillità assoluta.
Io e Luca ci lasciamo inondare da questo clima sereno, l'uno vicino all'altro, avvolti nei nostri pensieri.
"Dai, frate', ci facciamo due tiri?!" Riccardo si dirige verso di noi e arriva a spezzare la tranquillità nella quale ci eravamo rifugiati.
Luca sbuffa un po', roteando gli occhi al cielo, davanti all'iniziativa di suo fratello minore, ma riesco a comprendere che la sua proposta lo alletti allo stesso modo.
"Non ti dispiace se te lo rubo per un po', Anita, vero?" Il più piccolo comprende che forse la titubanza possa dipendere da me e mi premuro di soffocare un risolino, scuotendo il capo.
Riccardo, pallone da basket sotto braccio, e lo sguardo furbo e ferio, torna a rivolgersi a suo fratello.
"Allora cosa aspetti, Luchino?" lo scimmiotta. "Non vedo l'ora di schiacciarti!"
Luca si volta a guardarmi, accarezzandomi un braccio, mentre gli faccio cenno di seguirlo.
"Faccio il tifo per te..." gli sussurro, a fior di labbra, prima di lasciarlo andare.
Così, lui, spinto da una certa carica, si alza in piedi, spalleggiando suo fratello mentre si incamminano verso il campetto poco distante.
"O magari sarò io a farlo!" gli fa presente, sicuro di se stesso.

Mi do una spinta con i piedi per dondolarmi, godendomi lo spettacolo. Respiro a pieni polmoni, appoggiando le mie mani ai bordi, lasciando penzolare le mie gambe, con il vento che mi culla. In quel momento, mentre Luca e suo fratello si dilettano in palleggi e canestri, strepitando a gran voce, la mia mente torna indietro nel tempo.

Educazione fisica non mi era mai piaciuta: ero stato chiaro fin da subito che non fosse una materia in cui eccellevo. Avrei preferito studiare un'ora in più, ma non dilettarmi nella pallavolo e altri sport. Nonostante praticassi danza da molti anni e quindi l'agilità non mi mancasse, mettermi davanti a una palla era un supplizio per me. Ci avevo provato una volta, a dilettarmi in una partita, ma era finita miseramente con una pallanota che la sottoscritta si era beccata in pieno volto. Il nostro professore su questo era molto accondiscendente, dopo un accurato riscaldamento muscolare che prevedeva stretching e corsa sul posto, schippata e quant'altro, ci lasciava liberi di fare qualsiasi cosa. E, quindi, mentre i ragazzi si rilettavano in campo da calcio, noi ragazze ci sentivamo libere anche solo di sederci in panchina e respirare aria pulita. C'era però una cosa a cui lui teneva tantissimo: i test d'ingresso che dovevamo svolgere puntualmente ogni inizio dell'anno. Prevedevano un percorso a ostacoli, con relativo canestro, flessioni, e corsa del perimetro della scuola. Vivevo quel momento come un vero supplizio, per una come me che aveva una resistenza del fiato minima, risultava davvero difficile percorrere in tondo l'edificio scolastico. Ma quell'anno, il terzo delle superiori, avevo detto basta: avrei fatto di tutto pur di impegnarmi e fare bella figura. Così, dopo il riscaldamento finale e quando la palestra si era completamente svuotata, in quanto le classi che l'occupavano si erano radunate tutto all'esterno, avevo recuperato un pallone da basket affinché il mio intento riuscisse.
Avevo visto Luca, quel giorno, e la sorpresa di averlo lì, a pochi passi da me, a dividere lo stesso spazio, era stata talmente tanto che non avevo avuto nemmeno il coraggio di salutarlo. Le parole mi si erano incastrate in gola, quando lui, con la sicurezza che sembrava contraddistinguere tutti i suoi gesti, mi era passato accanto, alzando una mano nella mia direzione e il suo sorriso mi aveva stesa.
Pallegiai, una, due, tre volte, muovendomi in circolo, cercando di scaricare tutta la frustrazione che essere rimasta inebetita mi aveva provocato e tentai di fare canestro, invano. Riprovai ancora e ancora, ma non riuscivo.
"Non farai mai canestro in quel modo!"
Ebbi un sussulto nell'avvertire il suono di quella voce, della sua voce. Luca era lì, dietro di me, percepivo i suoi passi in avvicinamento e il cuore cominciò a battermi così tanto in petto che pensai lui potesse percepirlo. Afferrai il pallone più saldamente tra le mani, dato che pensavo potesse scivolare dopo che le dita avevano preso a tremolare.
Mi voltai nella sua direzione, lentamente, sorprendendolo già a pochi passi da me. Luca indossava una maglietta blu, a maniche corte, che delineava alla perfezione il suo petto tornito, su un paio di pantaloni sportivi e mi sentii mancare il respiro alla sua vista. Deglutii, scrutandolo con una certa confusione.
"Dai qua!" mi esortò lui, indicando il pallone tra le mie mani, "ti faccio vedere come si fa canestro".
Annuii, ancora intontita dalla sua presenza e lasciai che mi mostrasse come fare. Seguivo i suoi movimenti attentamente, oserei dire in un modo altrettanto adorante. Ma non era un qualcosa di nuovo per me, ero attirata da qualsiasi cosa lui facesse.
Luca si esibì in un perfetto canestro e mi ritrovai a battere le mani, soffocando un risolino, imbarazzata.
Compì alcuni palleggi, girandomi intorno e spronandomi a scartarlo per recuperare la palla. Mi grattai la nuca, a disagio.
Lui dovette comprendere il mio essere impacciata e mi lanciò la palla, cogliendomi alla sprovvista. Dovetti ringraziare la mia prontezza nei riflessi, perché riuscii ad afferrarla prima che mi colpisse allo stomaco.
Roteai gli occhi al cielo, davanti al suo ridacchiare e con una certa stizza gli diedi le spalle, sentendomi profondamente offesa dalla sua presa in giro.
"Dai, non ti arrabbiare..." proferì, tentando di dissuadermi. Avvertii il suo respiro infrangersi sul mio collo e solo in quel momento mi resi conto di quanto mi fosse vicino. Il suo petto mi sfiorava, adagiandosi alla mia schiena. Mi ritrovai a irrigidirmi per la sua vicinanza mentre ogni fibra del mio corpo era scossa da un tremolio.
Luca posò le sue mani sulle mie, adagiate sul pallone che stringevo e nel farlo i suoi capelli mi solleticarono il collo. Il suo profumo forte e inebriante invase le mie narici, facendomi desiderare che rimanesse al mio fianco per sempre.
Mi aiutò a sistemare le mie mani, a sostenere il pallone, la sinistra sopra, la destra sotto, poi le sue scesero ai miei fianchi, facendomi segno di ruotare lievemente il mio corpo.
"E poi flettiti leggermente sulle ginocchia, in modo tale da darti la giusta spinta per lanciare la palla. Hai capito?"
Io lo ascoltavo, ma i miei occhi erano tutti rivolti alle sue labbra che in quel momento rappresentavano la cosa più invitante.
Luca mi portò a riguardare davanti a me, spingendomi a mostrargli cosa avessi capito e, senza che me ne rendessi davvero conto, esegui il mio tiro e la palla rimase in bilico sul canestro, indugiando prima di cadere in rete.
Esultai, portando le braccia in alto e nel voltarmi, mi ritrovai faccia a faccia con Luca, che mi scrutava con un sorriso divertito a increspargli le labbra.
"La tecnica e lo slancio sono ancora un po' da migliorare, ma direi che sei stata brava..."soppesò le sue parole, come se non volesse darmi facilmente soddisfazione, ma nonostante in un primo momento mi imbronciai, poi gli sorrisi vittoriosa, lasciandomi incantare dai suoi occhi, che sembravano risplendere di luce propria.
Eravamo vicini, fin troppo, e le mani di Luca sostenevano i miei fianchi. Sentivo l'elettricità scorrere tra di noi e mi soffermati a pensare che questo fosse tutto nuovo per noi: non ci eravamo mai sfiorati e guardati in quel modo.
Luca continuava sorridermi e lasciava vagare il suo sguardo dai miei occhi alle mie labbra.
Prese una ciocca dei miei capelli tra le sue dita, giocherellando con essa distrattamente, prima di sopportarla dietro il mio orecchio. Il suo respiro planò sul mio viso e io mi ritrovai a desiderare che mi baciasse. Volevo che le sue labbra catturassero le mie, per conoscere il loro sapore e baciarlo come non avevo mai fatto con nessuno.
La mia amica Giulia, però, arrivò a infrangere il sogno del mio primo bacio.
"Ehi, Anita, eccoti, sei qui!" esclamò, facendoci sussultare spaventati dalla sua intrusione. Luca aveva ben presto messo le distanze tra noi, e dovetti trattenermi per non sembrare arrabbiata con lei.
Ma Giulia non pareva essersi accorta di nulla, così, quando Luca si allontanò da noi, uscendo in cortile, e la mia amica mi prendeva a braccetto per aggiornarmi sulle notizie del momento, mi fermai a pensare se anche lui si sentisse scombussolato con me. Non ci eravamo baciati, ma qualcosa tra di noi, quel giorno, era successo e mi piaceva, maledettamente.

Porto due dita a sfiorare le mie labbra, sorridendo al ricordo che, adesso, ha un sapore piacevolmente dolce.
Non mi rendo conto che Luca sia tornato al mio fianco, fin quando il dondolo non produce un balzo sotto il suo peso.
"Ho vinto!" esulta lui, gongolando colmo di soddisfazione. "Ma non sono sicuro te ne sia resa conto, persa com'eri..."
Incrocio il suo sguardo e mi mordo un labbro, dispiaciuta. "Scusa ero sovrappensiero".
Luca non appare infastidito, anzi ridacchia con divertimento. "Lo so..."
"Lo sai?" gli chiedo incuriosita. "E sai anche a cosa pensavo?"
Lui sembra pensarci su, scrollando le spalle. "Ho una vaga idea" ammette, sorridendomi furbamente.
Dal modo in cui però i suoi occhi indugiano sulle mie labbra, so che abbia capito e mi ritrovo a essere piacevolmente stupita che i nostri pensieri siano sulla stessa lunghezza d'onda.
"Mi avresti baciata quel giorno?" gli domando, allora, giocherellando con le dita delle mie mani.
Luca si appoggia allo schienale, traendo un respiro; sembra colto alla sprovvista dalla mia richiesta. "Ha importanza?" proferisce, confuso.
Scuoto il capo, indecisa. "Non lo so, ma non ho fatto che pensarci per anni, è un dubbio che voglio togliermi, tutto qui..."
Luca annuisce, prendendo a guardare davanti a sé, come se stesse ripercorrendo qualcosa nella sua mente.
"Probabilmente sì, l'avrei fatto. Ero mosso da un istinto di curiosità nei tuoi confronti, tu rappresentavi quasi una novità per me. Ed io ero un ragazzino, ancora un po' troppo giovane e  immaturo, ma mai avrei voluto illuderti. Sarei partito per studiare fuori, pochi mesi dopo, non volevo legarmi a nessuno."
Forse, mi rendo conto, è davvero la prima volta che affrontiamo il nostro passato, eppure non avverto più il minimo peso di quello che è successo tra di noi.
"Ma dobbiamo seriamente pensare a questo, adesso?" mi fa presente, arricciando le labbra in una smorfia divertita.
Annuisco, ricambiando il suo sguardo su di me.
"Hai ragione non ha più importanza, adesso" concordo, avvicinando il mio viso al suo.
Luca mi accarezza una guancia, con dolcezza, facendomi sciogliere sotto il tocco delle sue dita.
"Infatti, ci sono cose più interessanti che potremmo fare, sai..." soffia sulle mie labbra con fare suadente.
Decido di stare al gioco, fingendomi pensierosa.
"Tipo?"
Lui rotea gli occhi al cielo, sbalordito dalla mia affermazione, e porta una mano al petto, aprendosi in un verso di dolore con fare teatrale.
"Tipo baciarti" ammette malizioso.
Sorrido sulle sue labbra, afferrando il suo viso tra le sue mani per avvicinarlo di più a me.
"E cosa stai aspettando?" lo provoco.
Luca non se lo lascia ripetere una seconda volta, perché poco dopo le mie labbra sono lambite dalle sue, dolcemente familiari.
Riccardo, poco lontano, si esibisce nella nostra direzione in fischi di approvazione e mentre Luca abbassa la cappotta del nostro dondolo, per nasconderci dalla sua vista, entrambi ci lasciamo andare a una risata, spensierati, ancora con il respiro corto, fronte contro fronte, occhi dentro occhi.
E, mentre lo guardo, mi rendo conto che Luca abbia rappresentato il mio passato, è il mio presente e, ora che siamo insieme, non riesco davvero a immaginare un futuro senza lui.

ANGOLO AUTRICE:

Buon pomeriggio, miei cari lettori. Allora, come state? Io sono in piena sessione di esami, ma dopo averne sostenuto uno in giornata con un esito più che soddisfacente, ho ritenuto opportuno festeggiare con voi ed eccovi il capitolo. Ci lavoravo da un po' di giorni e sono quasi soddisfatta del risultato. E' abbastanza lungo, lo so, ma non mi sembrava giusto dividerlo e lasciarvi con l'amaro in bocca. Ma passiamo ad analizzarlo insieme: finalmente direi, Giorgio è andato via. Ve lo aspettavate? Beh, un problema in meno per Anita, decisamente.
E pooi, Anita e Luca: io amo scrivere di loro, così dolci e innamorati. Non sono bellissimi?
Luca l'ha presentata ai suoi, nonostante la conoscessero di già, ricordate la festa a sorpresa del ragazzo? Ecco, la conobbero in quella occasione ma, adesso, per la felicità di tutti, lei è la sua fidanzata! E ditemi, Sofia, la nipote di Luca, non è dolcissimaaaa?
Ma a proposito di bambini, che fine pensiate abbia fatto Lucia? Come se la starà passando? Siete felici se vi comunico che presto la rivedremo?

Intanto ne approfitto per ringraziare chiunque continua a seguirmi, dimostrandomi tutto il sostegno e l'affetto; grazie a chi la legge, l'ha inserita nelle sue liste e, soprattutto, chi recensisce. GRAZIE!
Vi abbraccio forte. A presto!

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Capitolo 57
*** Capitolo 56 ***


Capitolo 56
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 56



Mi ritrovo a reprimere un sorriso davanti a quella che, ormai da qualche settimana a questa parte, è diventata la nostra quotidianità, ogni volta che Luca rimane a dormire qui da me.
Adoro fare l'amore con lui, amo che Luca sia un amante tanto dolce e passionale che si dedica a me con devozione, portandomi a riscoprire nuove sfumature di me, di noi. Amo addormentarmi accoccolata a lui, per poi svegliarmi al mattino, sapendolo accanto a me. Ogni giornata, al suo fianco, assume una prospettiva diversa.
Sorseggio la mia tisana seduta al bancone della mia cucina, portando un lembo della maglia che indosso al viso, annusando il profumo di Luca impregnato sul tessuto.
Avverto i suoi passi nel corridoio, poco dopo, ma non mi volto, facendogli credere, una volta accanto a me, che non mi sia resa conto della sua presenza.
Luca si abbassa su di me, circondando il mio busto con le braccia e giro il viso verso di lui per permettergli di baciarmi, accoccolandomi al suo petto.
Lui rilascia un sospiro sulle mie labbra, mentre gli accarezzo una guancia, solleticandomi le dita sotto il segno della sua barba ispida.
"Ho preparato la colazione..."annuncio in un sorriso.
Luca tortura il mio labbro inferiore, catturandolo tra i denti.
"Mmh" mugugna, socchiudendo gli occhi. "Ho una fame..."
Le sue dita, alle sue parole, si insinuano al di sotto della mia maglietta, solleticandomi la pancia.
Mi divincolo dal suo tocco, colpendolo scherzosamente al petto, ma senza reprimere una risata.
"Ricordi che stasera siamo a cena dai miei, vero?" gli faccio presente, macchiando di un'inclinazione seria la mia voce.
Luca rotea gli occhi al cielo, irrigendosi sul posto, ma senza essere davvero infastidito. I suoi occhi sono attraversati da una scintilla di divertimento.
"Come dimenticarlo..."scherza, ridacchiando.
"I miei genitori non vedono l'ora di averti a casa con loro, gli piaci già, non devi preoccuparti di questo" soffio sulle sue labbra.
Lui socchiude gli occhi, con una certa soddisfazione. "So di piacere loro, Anita, ma d'altronde non potrebbero chiedere fidanzato migliore per la propria figlioletta" mi prende in giro, strofinando il suo naso contro il mio.
Scuoto il capo, ridendo. "Ma smettila, Mister Modestia"
Luca si unisce alla mia risata, prendendo posto accanto a me, e frugando un pezzo di dolce dal mio piatto per portarselo alla bocca.
"Ehi!" mi lamento, spalancando le labbra dalla sorpresa. Ma prima che possa solo dire qualcosa la sua bocca si impossessa della mia e io mi rendo conto che non mi importi davvero di nient'altro.
"Credo proprio che la nostra colazione dovrà aspettare" mi confida a bassa voce, mentre lo accarezzo, lo stringo, come se non potessi fare a meno.
"Il lavoro..."gli faccio notare, nonostante non voglia davvero mettere le distanze.
Luca archivia la cosa con un gesto della mano, come se adesso non fosse importante.
"Abbiamo ancora del tempo..."sussurra, prima di riprendermi a baciarmi e mozzandomi il respiro.
Mi lascio andare, in balia delle forte emozioni che solo lui è in grado di provocarmi.
Così Luca fa scivolare le sue dita sul mio fondoschiena, invitandomi ad allacciargli le gambe attorno al bacino.
E io sorrido tra le sue braccia, mentre ci dirigiamo verso la camera da letto.
Come abbiamo potuto rinunciare per tanto tempo a tutto questo?

Io e Luca ci salutiamo con un bacio a fior di labbra, che mi fa sciogliere in un sorriso dolce. Nonostante avessimo optato per evitare effusioni sul posto di lavoro, mi ritrovo ad ammirare la sua sicurezza quando ammette che non abbiamo nulla di cui vergognarci. Ci amiamo ed è giusto che tutti lo sappiano.
Controvoglia lo lascio andare, cominciando a contare i minuti che mancano prima di poterlo rivedere. Seguo la sua figura, imprimendo nella mia mente ogni più piccola sfumatura di Luca, prima che lui si chiuda la porta alle spalle, voltandosi per rivolgermi un sorriso.
Allora macino passi verso il mio reparto, intorpidita da un senso di eccitazione.
Arianna mi corre incontro, gioiosa come solo lei sa essere di prima mattina, saltellando a ogni passo.
"Anita, Anita!" strepita, acciuffandomi tra le sue braccia.
Il suo gesto mi coglie di sorpresa, e nonostante in un primo momento rimanga con le mani sospese in aria, poi passo a porle alcune pacche sulla schiena, in modo accondiscendente.
"Che bello vederti..."ammette, traendo un sospiro, serena.
"Ehm, Arianna?" le domando, facendo affiorare una breve e leggera risata dalle mie labbra. "Non ci vediamo da, oserei dire, poche ore..."
Lei rialza lo sguardo, sbarrando gli occhi, come se si sentisse oltraggiata dalle mie parole.
"E allora?! Mi sei mancata!" replica, arricciando le labbra in una smorfia infantile.
Le sorrido, scuotendo il capo, mentre le appoggio le mani sulle spalle.
"Cosa vuoi, Arianna?" le domando, però, furbamente.
Lei si mangiucchia un'unghia, distrattamente, abbassando gli occhi, colpevole.
"Ecco, beh, sì, una cosa ci sarebbe..." ammette, mentre la invito a continuare con lo sguardo.
"Adesso che sei capospecializzando, no? Magari potrei far parte della tua squadra, eh? Che ne dici? Dai, dai, dai?!" mi chiede, unendo le mani a mo' di preghiera, supplichevole.
Non posso fare a meno di scrutarla confusamente, arricciando le labbra in un risolino.
"Io non sono capospecializzando..."le confesso, intontita.
"Ma Giorgio ormai è andato via, non c'è davvero nessuno che potrebbe ostacolarti!" ribatte lei convinta di quello che dice.
"Arianna..." le replico, traendo un sospiro. "Visconti non mi ha ancora detto nulla".
Eppure, proprio mentre ne sto discutendo con lei, il nostro superiore si avvicina con passo trafelato. Osservo la sua postura rigida, le mani portate dietro la schiena.
Aspetto che si avvicini a noi prima di poter trarre conclusioni sulla sua intrusione e aspetto che cominci a parlare.
"Dottoressa" annuncia lui, con un sorriso disteso, indicandomi con un mano, e destando la mia perplessità. "Venga con me, voglio presentarle il nuovo gruppo di specializzandi".
Avverto il mio cuore cominciare a battere furiosamente, ancora incredula posta davanti alla realtà. Vorrei potermi portare una mano agli occhi per stropicciarli e rendermi conto che non sia un sogno. Non ci credo, non riesco a capacitarmi del ruolo che mi sto assumendo, ma sono felice, e si evince da ogni mio gesto: dalle mani che tremulano lievemente, dall'espressione di gioia da cui avverto invadermi. Così, mentre Arianna, entusiasta, batte le mani, e il mio tutor sembra scrutarmi con una certa soddisfazione, io ammetto a me stessa, che questo è davvero uno dei giorni più belli della mia vita.

Osservo Luca arrotolare le maniche della camicia bianca di lino che indossa su un paio di jeans chiari e poi passarsi distrattamente le mani tra i capelli per rimettere a posto alcune ciocche che premono per prendere una piega tutta loro. Mi ritrovo a trarre un sospiro trasognante alla sua vista, reprimendo però una risata davanti al suo tentativo di mettersi in tiro. Ma non ne ha bisogno. Luca è dotato di una bellezza abbagliante, riuscirebbe a risultare affascinante in ogni occasione. Mi volto allora verso di lui, mentre attraversiamo il vialetto che conduce alla villetta dei miei genitori, con la ghiaia che scricchiola sotto le suole delle nostre scarpe, e mi riscopro ad accarezzare con lo sguardo ogni sfumatura del suo viso: il profilo del naso, l'accenno di barba, corta e curata, i suoi occhi verdi e brillanti.
Appoggio una mia mano sul suo braccio, lambendo delicatamente la stoffa della sua camicia.
"Sei perfetto così..."gli sussurro, sporgendomi nella sua direzione.
Luca incrocia il mio sguardo, mentre suona al campanello di casa e arcua le labbra in un sorriso luminoso.
Mi sporgo nella sua direzione, carezzandogli una guancia e beandomi della sensazione della sua pelle contro la mia.
Socchiudo gli occhi, quando lui si sporge verso di me per baciarmi e mi inebria con il suo profumo. Mi aggrappo, allora, alle sue palle, stringendolo ancora a me per quanto sia possibile, avvertendo ogni fibra del mio corpo essere scosso dall'emozione che presentarlo alla mia famiglia mi provoca.
Così mai mi aspetto che sia proprio mio padre ad aprirci. Lo avverto tossicchiare, rigido e a disagio sulla soglia di casa nostra. Io e Luca poniamo subito le distanze, e mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sorridendo imbarazzata nei confronti di mio padre.
Lui fa alternare lo sguardo da me a Luca, ininterrottamente, prima di ritrovare un barlume di parola. Credo che beccarmi a baciare il mio fidanzato sia stato uno shock per lui.
"Oh, ragazzi, ciao, entrate pure" proferisce, con un tono di voce ancora un po' gracchiato, come se sia rimasto a corto di salivazione.
Luca fa un passo in avanti, consegnandogli la bottiglia di vino che ha pensato di portare per la serata. Mio padre ne è piacevolmente stupito e lo ringrazia con lo sguardo, mentre si fermano a commentare la qualità e il sapore di un vino tanto conosciuto.
"La mamma è in cucina?" mi insinuo nel loro discorso, sorridendo davanti alla complicità che sembrano già aver acquisito.
Papà si volta nella mia direzione, annuendo piano mentre si aggiusta gli occhiali sul naso.
Torno, allora, a riporre la mia attenzione su Luca al suo fianco, porgendo la mia mano verso di lui, affinché la stringa. Avverto dal modo in cui le sue dita cerchino le mie che adesso abbia bisogno di me al suo fianco e io sono qui per fargli capire che sta andando davvero bene.
Ci muoviamo, insieme, verso il salotto e do un'occhiata a mio padre, che, dietro di noi, ci segue ancora un po' frastornato da questa novità ma, quando si rende conto che il mio sguardo sia posato su di lui, i suoi occhi incrociano i miei. Le sue labbra si arricciano in un sorriso emozionato che mi fa capire quanto lui sia felice per me.
Mia madre, mio fratello e Sabrina ci aspettano lì. Sono seduti sul divano mentre discutono di qualche argomento interessante, capace di suscitare il loro divertimento, ma quando ci avvertono arrivare, la stanza piomba nel silenzio.
Mamma è la prima a raggiungerci, dimostrando quanto sia entusiasta di averci, finalmente, lì con lei. Abbraccia Luca come se lo conoscesse da una vita e lo sentisse parte della nostra famiglia da sempre, sciorinandosi in sorrisi e ringraziamenti davanti ai fiori che lui ha portato per lei. Stringe il mazzo di tulipani che Luca le porge, annusandoli e mettendosi subito alla ricerca di un vaso dove riporli. Riconosco da ogni suo minimo gesto quanto ne sia contenta. Non avevo dubbi che Luca l'avrebbe conquistata, e mi ritrovo a godermi, ammirata, la scena, sciogliendomi in un'espressione serena e luminosa.
"Sapevo che sarebbe successo, prima o poi" Sabrina mi sorprende alle spalle, stringendomi tra le sue braccia e facendomi sussultare, sorpresa.
Appoggio una mano sulla sua, adagiata sulla mia spalla, voltandomi per sorriderle grata.
Incrocio lo sguardo di mio fratello, adesso in piedi accanto a mio padre. Osservo la sua postura austera, le mani nelle tasche dei pantaloni e l'espressione indecifrabile. Non mi sorprende che i suoi occhi non facciano che alternarsi su di me e poi sul mio ragazzo, pensieroso. Io capisco che il suo sia istinto di protettività, perché al contrario di tutto quello che immaginavo, Marco sa ogni cosa dei nostri trascorsi, e comprendo che possa essere spaventato all'evenienza che io possa soffrire ancora, solo vorrei lo dimostrasse un po' meno.
"Ahia, dici che lo farà penare?" domando, nella direzione di Sabrina che, adesso, scuote il capo divertita davanti all'espressione di suo marito.
"Non glielo permetteremo" ammette, scrutandomi con quella complicità che da anni abbiamo instaurato.
Così, poggiando una mano sulla mia spalla come a volermi condurre, ci aggreghiamo al resto della mia famiglia.
"Luca, ma che piacere rivederti!"esclama proprio lei, in direzione del mio ragazzo, sottraendolo alle braccia di mia madre.
Lui le sorride cordiale, lasciandosi salutare affettuosamente. Non mi sembra particolarmente a disagio da tutte le attenzioni che i miei familiari gli dedicano, anzi ne è quasi compiaciuto.
"Anche per me" ammette, chetamente. Poi il suo sguardo si abbassa alla sua pancia e le sorride intenerito. "La tua gravidanza come procede?"
Sabrina ricambia il sorriso davanti alla sua premura, accarezzandosi il ventre ormai pronunciato. "Oh, bene, grazie. Ormai manca davvero pochissimo" ammette, con l'emozione ad illuminare il suo viso.
A quel punto, Marco fa un passo in avanti, circondando le spalle di sua moglie e portando l'attenzione a Luca, di fronte a lui.
Assottiglia lo sguardo, scrutandolo di sbieco e io, accanto al mio fidanzato, mi rendo conto che in questo momento un minimo di agitazione attraversi i suoi occhi, nonostante si ostini a sostenere con fermezza l'occhiata di mio fratello.
"E così ci rivediamo" proferisce mio fratello con fare indagatore, "mmh, Luca, giusto?" gli domanda, come se davvero non ricordasse il suo nome.
Lui annuisce, porgendo una mano nella direzione di mio fratello. "Sì, Marco. È un piacere rivederti".
Mio fratello scruta la sua mano, a lungo, titubante, arricciando le labbra in un sorriso sghembo. Osservo Sabrina spronarlo a essere gentile e quando poco dopo si premura di stringere la mano di Luca, saldamente, guardo i suoi occhi essere attraversati da un guizzo malefico.
"Oh, anche per me, anche per me" ammette, ridacchiando.
L'aria si fa carica di tensione e ognuno di noi sembra porre la propria attenzione su i due uomini al centro della stanza che pare si stiano sfidando a vicenda.
"Allora, cosa ne dite di metterci a tavola?" annuncia mia madre, traendo un sospiro e riportando la tranquillità.

Mamma ha apparecchiato di fuori: la primavera ormai inoltrata ci permette di gustarci una cena al fresco, sotto un cielo stellato e sereno.
Così ci spostiamo in giardino, e prima di unirci agli altri, prendo Luca sottobraccio, strofinando il mio naso contro il tessuto della sua camicia.
"Ti prego non far caso a mio fratello, non è cattivo, in realtà, è solo infinitamente protettivo" gli confesso, stringendomi a lui.
Luca si volta nella mia direzione, abbassandosi per accarezzarmi una guancia e lambire una ciocca dei miei capelli per giocarci.
"Ho fatto di peggio, in realtà, per mia sorella, nonostante non fossi il maggiore"ammette, sciogliendosi in una risata. "Ma è normale, lui ti vuole bene e vuole solo il meglio per te e io sono qui per dimostrarglielo" aggiunge, lasciando scontrare la mia fronte con la sua.
Socchiudo gli occhi, beandomi della sua vicinanza e del leggero venticello che ci scompiglia i capelli.
"Ehm, Luca" mio fratello arriva a interrompere l'idillio del momento, portando un pugno chiuso alle labbra e schiarendosi la voce. Sia io che Luca ci voltiamo verso di lui e il mio ragazzo gli concede la sua attenzione, sorridendogli per spronarlo a parlare.
Marco annuisce, grattandosi la nuca un po' a disagio per la situazione. "Verresti a darci una mano con il barbecue?"gli chiede, e dal modo in cui tutti i presenti sembrano scrutarlo, mi viene da pensare che non sia venuto qui di sua spontanea volontà.
Luca si abbassa per lasciarmi un bacio in fronte, facendo un cenno di assenso con il capo. "Ci vediamo dopo" mi sussurra, seguendo poi mio fratello verso il barbecue che mio padre ha allestito poco lontano. Guardo la sua figura allontanarsi e incrocio le dita dietro la schiena affinché vada tutto bene e  possano andare d'accordo.
Mentre gli uomini si dedicano alla preparazione della nostra cena, raggiungo mia madre e Sabrina che sorridono eccitate all'idea di sommergermi dalle domande.
In realtà non mi sento propriamente tranquilla all'idea che Luca e Marco siano insieme, ma non voglio che niente rovini questa serata.
"Alloooora?" esordisce Sabrina, maliziosa. "È andato con lui, vero?"
"Sì..."ammetto in un sospiro. "Dimmi che sarà buono con Luca" la supplico con lo sguardo, giungendo le mani davanti a me.
Lei si scioglie in una risata, facendo ondeggiare i suoi capelli sciolti. "Marco farà il bravo, promesso. Devono sciogliere un po' il ghiaccio, ma andranno d'accordissimo" mi fa presente, speranzosa.
"Ok..."le replico, poco convinta, ma non ho il tempo per rifletterci ancora, perché lei e mia madre mi fanno sedere di botto, inchiodandomi con i loro sguardi curiosi.
"Adesso tu ci racconti tutto, tutto!" mi fa notare la stessa, con un tono fintamente minaccioso, sciogliendosi in un sospiro emozionata, subito dopo. "Come sono contenta per te, Anita! Siete troppo belli, insieme!" proferisce, facendomi intendere dalle sue parole quanto sia felice della situazione.
Mi sciolgo in una risata, scuotendo il capo. "Lo so, non ci credo neanche io!"
"E pensare a quando eravate dei ragazzini e tu facevi finta che ti stesse antipatico" interviene mamma, sorridendomi complice.
"Ma mi era davvero antipatico, all'inizio!" ribatto, divertita.
"Eppure..."Sabrina sospira sognante, unendo le mani sotto al mento. "Guardatevi adesso. E, mi raccomando, sbrigatevi a mettere su famiglia: voglio che Agnese abbia tanti, tanti cuginetti" mi confida, muovendo le sopracciglia su e giù, eloquentemente.
La colpisco scherzosamente a un braccio.
"Ma dai!"
"Ehi!" si lamenta lei, massaggiandosi la parte lesa e spalancando le labbra in un'espressione di sbigottimento."Irene non vuoi anche tu dei nipotini?"proferisce nei confronti di mia madre, chiedendo il suo consenso.
Mia madre sorride, facendo un cenno di assenso col capo, e il mio sguardo cerca quello di Luca, trovandolo già a guardare nella mia direzione. Punto i miei occhi nei suoi, estraniandomi da qualsiasi cosa mi circondi, senza volerlo lasciare andare.
Lui sorride, alzando il pollice all'insù nella mia direzione, prima che mio padre e mio fratello lo coinvolgano di nuovo nella loro conversazione, porgendogli una birra tra le mani per brindare.
"Hai visto?" Sabrina mi riporta alla realtà, colma di eccitazione. "Sapevo avrebbero fatto amicizia!"
Annuisco, incrociando lo sguardo di mia madre, accanto a me.
"Ti brillano gli occhi, Anita" esordisce lei in un sussurro, carezzandomi una mano.
Abbasso lo sguardo, sorridendo tra me e me, profondamente felice.

Poco dopo, quando ormai la carne è pronta e gli uomini di casa decidono che sia arrivata l'ora di appagare i nostri stomaci, ci mettiamo a tavola.
Luca incrocia la sua mano con la mia, accarezzandone il dorso con le dita, mentre si siede al mio fianco e mi sorride in quel modo rassicurante tutto suo.
Non mi sfugge che spesso gli sguardi dei nostri genitori si posino su di noi, scrutando i nostri gesti misurati e nascosti.
Nonostante il disagio iniziale, Marco e Luca sembrano aver trovato dei punti comuni su cui dialogare e scherzare e se pensavo che mio fratello avesse in mente un modo per metterlo in imbarazzo mi sbagliavo. Il suo bersaglio preferito, infatti, sono io.
Sembra che tutti trovino divertente il modo in cui proprio lui spiffera i momenti più imbarazzanti che mi hanno vista protagonista nel mio trascorso infantile e adolescenziale. Così Luca viene messo a corrente della prima parola che ho pronunciato, della prima caduta che ho preso, delle mille marachelle che ho combinato e di altri simpatici aneddoti che mi fanno provare vergogna solo al ricordo.
"E poi" continua mio fratello, malandrino, incrociando il mio sguardo da sotto le ciglia lunghe e scure."Dovevi vederla come tornava a casa ogni volta che ti incrociava".
Mi passo una mano sul viso, nascondendomi allo sguardo di Luca. "Marco...
Mio fratello a quel punto sembra esitare, come resosi conto di essersi spinto oltre."No, davvero, continua" lo incita il mio fidanzato, facendosi d'un tratto interessato.
Mi volto nella sua direzione, colta dallo sbigottimento. "Non vuoi davvero saperlo!"
Luca ridacchia, tornando a guardare mio fratello e spronandolo con lo sguardo a continuare. Così sbuffo davanti alla loro tentativo di mettermi in ridicolo.
"Sembrava camminasse a tre metri sopra terra" gli confessa lui divertito.
"Sì, vero" interviene mia madre, dandogli manforte, "una volta mi ha confidato di non volersi più lavare la guancia che gli avevi baciato".
"Mamma!" protesto.
"Non mi stupirei di sapere che avesse una tua gigantografia in stanza da ammirare e baciare..." commenta ancora mio fratello, arricciando le labbra e sbattendo le ciglia in modo civettuolo. Il suo gesto scatena le risa generale.
"Ok, basta, questo è davvero imbarazzante!" ammetto, coprendomi il viso con le mani, mentre Luca sbuffa un sorriso, nascosto nell'incavo del mio collo.
"È interessante, invece" sussurra al mio orecchio. "Ma avevi davvero una mia gigantografia nella tua stanza?" domanda, poi, accennando a una risata.
Lo scosto con un braccio, imbronciandomi. "Certo che no!
Ok..."Luca annuisce in modo accondiscendente, dimostrandosi poco convinto dalla mia replica. Il suo sguardo mi rimane incastrato addosso e, nonostante cerchi di fingermi arrabbiata con lui, non riesco a resistere al sorriso che mi dedica.

Poco dopo, quando i miei familiari si rendono conto che mi abbiano messo abbondantemente in imbarazzo, mio padre e mia madre sciorinano una lista di domande nei confronti di Luca. Sono così entusiasti del nostro fidanzamento che ho quasi paura che, da un momento all'altro, ci chiedano quando abbiamo intenzione di sposarci. Mamma non vedrebbe l'ora di destreggiarsi tra abiti da sposa e preparativi e Sabrina la seguirebbe a ruota.
Così, per porre fine al loro sproloquio, mi alzo per andare a prendere il dolce e mai mi aspetto che mio fratello mi segua per aiutarmi.
Mi rimane a fianco, silenzioso, scrutando in miei movimenti, in modo scrupoloso. Ha una capacità di mettere in soggezione le persone con il solo sguardo.
"Cosa c'è?" gli domando, allora, confusa, notandolo appoggiarsi al bancone dietro di lui.
Marco fa spallucce, scuotendo il capo. "Tutto ok?" mi chiede.
Assottiglio gli occhi, stringendo il vassoio al petto. "Certo, perché me lo chiedi?"
"Così..."risponde lui, vagamente.
Rilascio allora uno sbuffo, con esasperazione. "Perché sei qui, Marco? Vuoi chiedermi altro? Non ti è bastato mettermi in imbarazzo poco prima?" gli faccio notare indispettita.
Mio fratello ignora palesemente il mio sfogo con un gesto della mano. "Ma dai, si scherza, lo sai!". Poi il suo tono assume un'inclinazione seria. "Stai bene con Luca? Ti rende felice?"
Non posso fare a meno di notare che nella sua voce si nasconda una punta di preoccupazione e mi premuro di sciogliere tutti i suoi dubbi, aprendomi in un sorriso.
"Certo che sì, Marco. Puoi star tranquillo"
Lui annuisce, rilasciando un sospiro e, facendosi leva con le braccia, si sporge verso di me.
"Se mai dovesse farti soffrire, non esitare a dirmelo" mi avverte, poggiando una mano sulla mia spalla. "Ci penserei io".
Faccio un cenno di assenso con il capo, arricciando le labbra in una risata. "Non ci sarà bisogno, ma grazie".
Mio fratello sbuffa, roteando gli occhi al cielo, ma senza nascondere il divertimento che ha invaso anche i suoi occhi. Poi mi fa cenno di uscire per raggiungere gli altri in giardino.
Poco prima di varcare la soglia, Luca sopraggiunge verso di noi.
Io e Marco ci scambiamo un'occhiata complice, sorridendoci prima che lui, dando una pacca sulla spalla di Luca, ci lasci soli.
Prima che possa solo prendere fiato o scambiare parola, il mio ragazzo mi sorprende con un bacio, afferrando le mie mani per guidarmi lungo il corridoio.
Sopprimo un gemito, aggrappandomi a lui e baciandolo ancora e ancora.
"Scusa" sussurra lui sulle mie labbra "volevo farlo da troppo tempo, ma non potevo davanti ai tuoi".
Annuisco: "Non aspettavo altro"gli confido, districando le mani tra i suoi capelli, mentre lo guido verso la mia camera.
Luca si appoggia alla porta, richiudendola dietro di sé e sopprime una risata, guardandosi attorno con fare curioso.
"Cosa c'è?" gli domando, riportandolo con lo sguardo su di me.
Lui sorride, pizzicandomi i fianchi e facendomi sussultare sotto il suo tocco.
"Niente, cercavo la mia gigantografia" ammette, divertito.
Scuoto il capo, colpendolo al petto. "Non c'è nessuna gigantografia, te l'ho detto" soffio sulle sue labbra, "ma se proprio lo vuoi sapere, la realtà ha superato qualsiasi immaginazione" aggiungo con fare suadente, prima che le mie labbra siano lambite ancora dalle sue.

"Oh, eccovi!" esclama Sabrina, vedendoci arrivate. "Pensavamo vi foste persi"
Io e Luca sorridiamo imbarazzati, mentre mio fratello soffoca una risata portandosi una mano alle labbra. Poi riprendiamo posto.

È mio padre, a quel punto, a prendere la parola, facendo tintinnare la punta di un coltello contro il suo bicchiere, per richiamare la nostra attenzione.
"Propongo un brindisi" annuncia nella nostra direzione.
"A Luca e Anita, che possiate essere sempre felici e innamorati come lo siete ora" aggiunge a fatica, come colto dall'emozione.
Luca mi stringe a sé, baciandomi tra i capelli e ringraziando mio padre, mentre io ne approfitto per nascondere la commozione che mi ha invaso a quelle parole.
Poi è proprio lui a riprendere la parola.
"Propongo anche io un brindisi" proferisce, incrociando il mio sguardo confuso. Rimango stretta a lui, accarezzandogli il petto con una mano. "Ad Anita e al suo meritato ruolo di capospecializzando!" esclama, destando la sorpresa di tutti i miei familiari e il mio stesso sbigottimento, perché non gliene avevo ancora parlato. Ma a quanto pare deve averlo saputo di già e non mi è difficile capire da chi.
Poco dopo sono sommersa da abbracci, sorrisi, e gridolini eccitati."Anita, ma perché non ce lo hai detto!" e ancora, "congratulazioni, Anita!", "sono orgogliosa di te, tesoro".
Così, quando mi volto verso di lui, che sorseggia del vino dal suo bicchiere, stretta tra le braccia dei miei, mi rendo conto di sentirmi sempre più grata di averlo accanto a me.
"Scusa..."gli mimo tra le labbra, ma lui non è assolutamente infastidito e mi sorride, alzando il suo calice nella mia direzione.
È poi il turno di Sabrina che mi abbraccia, stringendomi a sé per sincerarsi con me.
"A proposito di questo, hai pensato a quello che ti ho detto riguardo la piccola?" mi sussurra.
Incrocio il suo sguardo, rendendomi conto che la sua richiesta mi abbia scombussolata e  vada a incrinare la tranquillità dietro la quale mi sono rifugiata. 
"Anita..."mi richiama lei, colpita dal mio silenzio. E io mi dico che, nonostante cerchi di ignorare le sue parole, non possa sfuggire ai suoi occhi insistenti che pretendono una risposta.

Ma adesso una sola domanda si insinua nella mia mente: Lucia come starà?


ANGOLO AUTRICE:
Ma buonaseraaaa, miei cari lettori! Allora, come state? L'estate è finalmente arrivata e adesso vi scrivo dalla mia poltrona accanto alla finestra, alla ricerca di una brezza leggera e ristoratrice. Sono stati giorni particolarmente duri, sommersa da libri e esami, ma adesso finalmente posso ritenermi in vacanza e dedicarmi quanto vorrei alla storia.
Questo capitolo l'ho scritto a fatica, e vi confesso di non esserne ancora molto convinta ma non volevo farvi aspettare ulteriormente e, così, eccolo qua! Ebbene sì, le cose per Anita si mettono meravigliosamene e, finally, ha ottenuto il suo posto come capospecializzando. Contenti?!
E poooi, continuano le presentazioni in famiglia. Qui le cose si sono fatte più movimentate, ma tra imbarazzo e disagio, sembra essere andato tutto per il meglio. Eppure, ecco che il pensiero di Lucia torna a farsi prepotente. Ma, secondo voi, la nostra piccola Cupido come se la starà passando?
Fatemi sapere cosa ne pensate, le vostre opinioni a riguardo. Intanto ringrazio enormemente chi segue questa storia e mi dimostra il supporto, voi recensori, grande fonte di aiuto e rassicurazione per me, chiunque l'abbia inserita nelle sue liste e tutti voi lettori, nessuno escluso.
Nel frattempo vi saluto, facendovi presente che potete trovarmi anche su wattpad sotto questo nickname Ros-18 e vi do appuntamento alla prossima.

Un abbraccio, a presto!

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Capitolo 58
*** Capitolo 57 ***


Capitolo 57
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Capitolo 57


Il mio ruolo non è stato benvisto da molti, ma questo l'avevo messo in conto, eppure ho imparato a farmi scivolare addosso tutte le malelingue. Ho questa responsabilità perché me la merito e Visconti ha riacquisito fiducia in me, non deve importarmi di altro. Non permetterò che qualcuno possa intralciare qualcosa di bello che sono riuscita a conquistare. La mia mole di lavoro è aumentata, in quanto ho anche un gruppo di specializzandi al primo anno da gestire e non sempre è facile come si può pensare. Bisogna saper ponderare le situazioni, riuscire a mettere d'accordo più modi di fare e di pensare, ma non mancano i momenti di brio. Ho conosciuto questi giovani medici da poco, eppure sento che si sia instaurata tra noi già una bella sintonia: siamo una squadra e mi sento profondamente orgogliosa di aver intrapreso con loro questo percorso tanto fondamentale per la nostra figura di medico. Quando ho iniziato la mia specializzazione, ormai cinque anni fa, avevo una visione della vita ospedaliera diversa. Negli anni del tirocinio mi ero limitata ad assistere, eseguire ordini, turni più o meno massacranti, vagante tra più reparti e avevo già avuto modo di approcciarmi a quella che fosse la sofferenza intrisa tra le pareti bianche e asettiche. Non erano mancati i momenti di sconforto, sarei ipocrita se dichiarassi il contrario. C'erano stati momenti in cui mi ero accorta che tutto quel dolore potesse sopraffarmi e desideravo solo una via d'uscita. Poi mi ero laureata, e dopo alcuni mesi in cui avevo lavorato come guardia medica, ero riuscita a superare brillantemente i test per la specializzazione. Pediatria era una delle più ambite e difficili, ma ce l'avevo fatta. Quando avevo incominciato, mi ero resa conto subito che fosse quello il mio posto nel mondo. Perché non mi sentivo più solo una figura di passaggio, ma potevo davvero contribuire affinché quelle piccole vite innocenti potessero trovare beneficio.
Il dottor Visconti, nonostante il suo carattere burbero e altezzoso, era stato per me una guida, e io avevo appreso fin da subito da lui, facendone il mio esempio e spero che quegli specializzandi che mi sono stati affidati, possano fare lo stesso e che il nostro lavoro insieme sia uno scambio comune di crescita professionale.

"Ouch" si lamenta Arianna, stiracchiandosi i muscoli delle braccia, mentre camminiamo fianco a fianco. "Oggi è stata una giornata infernale..." ammette, aprendosi in un sonoro sbadiglio.
Annuisco, scrutandola comprensiva, mentre le appoggio una mano sulla spalla. Non abbiamo avuto modo di fermarci un attimo, oggi, e sento davvero i piedi doloranti. Ormai, però, ci ho fatto il callo a giornate del genere: la mia professione di medico è anche questo.
"Vai a casa e riposati. Ne hai bisogno" le consiglio, accennando a un sorriso.
Arianna, però, sopprime un risolino. "Naah" ammette, con un gesto della mano come a voler archiviare la questione. "Ho solo bisogno di alcool, tanto alcool" sussurra, lasciando trapelare eccitazione dalle sue parole
Scuoto il capo, portandomi una mano alla fronte, senza speranza. "Stai delirando" la prendo in giro.
Ma lei non appare voler demordere. "Nono, sono super seria, anzi, perché adesso che stacchiamo, non ci andiamo a bere qualcosa io e te?" mi domanda su di giri, come colta da un'illuminazione.
Incrocio il suo sguardo supplichevole e mi gratto la nuca a disagio.
"Non posso..."
"Uffa!" protesta lei, mettendo il broncio "Hai da fare con il tuo dottorino tanto carino?"
Rido davanti alla sua espressione buffa, quando lei si sporge verso di me per farmi una linguaccia.
"A dire il vero no, sono fuori a cena con i miei amici" le confesso. "Ma se vuoi, puoi unirti a noi. Sono sicura che non avranno nulla da dire in contrario" le propongo poi.
Arianna sembra pensarci su, portandosi un dito alle labbra, poi annuisce, facendo spallucce.
"Ok" mi concede. "Ci sarà da bere?"
Spalanco le braccia, stringendomi nelle spalle. "Non lo so, credo di sì..."
Lei mi batte una mano sul braccio con un certo fare sicuro, arricciando le labbra in un sorriso trionfante. "Ci sto!" ammette, facendomi ridere di cuore.

Mentre cammino verso lo studio per cambiarmi, mi viene da pensare che sia davvero tanto tempo che non dedichi una serata ai miei amici. Nonostante sia stanca e dolorante, avverto il bisogno di passare un momento con loro e, quando Biagio mi ha proposto una rimpatriata, non ho saputo dirgli di no. Anzi, pensavo che questa iniziativa potesse essere l'occasione di far conoscere a tutti loro Luca, ma purtroppo lui ha un convegno a cui proprio non poteva rinunciare.
Mi richiudo la porta alle spalle, sospirando chiusa tra queste quattro mura che mi sono così familiari. Mi siedo alla scrivania, girando con la sedia su me stessa, lo sguardo al soffitto e le mani a stringere il legno della mia postazione per darmi una spinta. Tutto questo è di nuovo mio e non riesco ancora a crederci.
Mi appoggio allo schienale, sorridendo beatamente mentre lascio che le mie dita afferrino il cellulare, posto nella tasca del camice, e scorrono alla ricerca del numero di Luca. Sono indecisa se chiamarlo o meno ma avverto il desiderio di sentire anche solo la sua voce dopo una giornata lontana da lui, eppure ho paura che possa disturbarlo.
Così, mentre sto per riporre il telefono al suo posto, mai mi aspetto che sia proprio lui a chiamare me. Ma, inconsapevolmente, mi ritrovo a sorridere posta davanti all'evidenza che anche lui mi stesse pensando.
Rispondo subito, con le dita che tremulano dall'emozione. "Ehi..."lo saluto.
Luca rilascia un sospiro, e me lo immagino arcuare le labbra in un sorriso. "Sei ancora al lavoro?" mi domanda.
"Sì" ammetto, mordicchiandomi un'unghia. "Ma sto per andare via. Ho la cena con i miei amici. Ricordi?"
"Mmh, mmh" mugugna lui, traendo un respiro, "lo so e mi dispiace davvero di non esserci, ma lo sai..."
"Lo so, lo so. È il nostro lavoro, Luca, non preoccuparti" lo rassicuro, sorridendo nonostante lui non possa vedermi.
"Va bene" ammette poi lui frettoloso, "adesso devo lasciarti, sono uno dei prossimi relatori. Saluta i tuoi amici da parte mia, ok?"
"Ok" gli replico, un po' intristita, sopprimendo uno sbuffo. "In bocca al lupo..."
La linea, però, si fa d'un tratto disturbata, fino a interrompersi del tutto.
"Ti amo..."sussurro all'apparecchio, ma ormai la comunicazione è già interrotta e mi ritrovo a essere delusa da questa fugace conversazione.

Io e Arianna ci siamo accordate per andare insieme, e quando camminiamo fianco a fianco verso il locale che hanno scelto per la serata, mi rendo conto che si sia messa davvero in tiro. "Stasera farò conquiste!" ha ammesso, soddisfatta di sé stessa, inoltrandosi nell'abitacolo della mia automobile. Ho accennato una risata in risposta prima di mettere in moto.
Ma devo ammettere che sia davvero carina: ha indossato una casacca bianca in una gonna lunga di tulle rosa, e ai piedi non potevano mancare i suoi immancabili anfibi neri. Arianna è molto eccentrica e ama giocare con gli accessori: i suoi polsi, infatti, strabordano di bracciali tintinnanti e i lobi delle orecchie sono adornati da orecchini a cerchio. Mi viene da pensare che abbia un po' esagerato con il make up; i suoi occhi verdi non hanno bisogno di essere valorizzati, perché brillano senza effetto alcuno, grandi e luminosi.
La mia amica mi rivolge un gran sorriso, voltandosi nella mia direzione. "Non vedo l'ora di conoscere i tuoi amici!" trilla, colma di eccitazione. "C'è qualcuno di carino, vero?" mi domanda, accigliandosi, subito dopo.
Le mantengo la porta, permettendole di entrare, mentre scuoto il capo e accenno una risata.
"Perché fa così con la testa? Vuol dire che non c'è nessuno di carino?" borbotta lei, confusa, scalpitando al mio passo.
Mi faccio spazio tra i tavoli, ignorando la sua domanda, e inoltrandomi in questo ambiente molto rustico e familiare, mentre sporgo il capo alla ricerca dei miei amici.
"Allora?" persiste lei dietro di me, ma ho già smesso di ascoltarla. Così, quando mi fermo, alzando una mano in direzione del loro tavolo, Arianna inciampa nei suoi passi, finendomi addosso.
"Ahia!" protesta, massaggiandosi il naso, goffamente.
Le volgo la mia attenzione, accennando uno sguardo di scuse prima che i miei occhi tornino a posarsi sui ragazzi che mi sono di fronte. Osservo i visi così familiari dei miei amici più cari, radunati qui per me, e per poco non sento la terra mancarmi sotto i miei piedi quando mi rendo conto che in tutto questo clima così sereno ci sia una sola nota stonata.
"Nicola..." sussurro, ancora stordita dalla sua presenza, sbarrando gli occhi.
Arianna dietro di me segue il mio sguardo e squittisce, aprendosi in un'espressione di pura sorpresa, mentre lo indica. "Quel gran pezzo di figo è tuo amico?!" mi chiede, portandosi le mani alle labbra, per contenere lo stupore.
"Sì..."le replico, prima che l'entusiasmo dei miei amici mi assalga. Mi ritrovo accolta dalla loro braccia, infusa dal loro affetto profondo. Sono contenta di rivedere Biagio e poi le mie amiche con i loro rispettivi fidanzati. Ci sono tutti, e sono qui per me.
Arianna viene accolta allo stesso modo, nonostante nessuno di loro la conoscesse prima, fanno in modo che anche lei si senta parte della nostra comitiva da sempre.
Nicola, invece, rimane in disparte e quando le mie amiche si rendono conto che non riesca a smettere di soffermare il mio sguardo di lui, mi fanno presente che la sua presenza qui sia stata una sorpresa anche per loro.
Così, mentre prendo posto, passandogli accanto ed evitando ogni contatto con lui, non mi stupisco di vederlo abbassare gli occhi in modo colpevole.
Stasera ho bisogno di svagarmi e non ho proprio intenzione di sottostare ancora ai suoi capricci.
La serata, come speravo, trascorre nei migliori dei modi, ridiamo e scherziamo a crepapelle e sono felice di notare che la mia collega si sia integrata bene nel gruppo. Non mi è passato inosservato,invece, che ci abbia provato spudoratamente con Nicola e nemmeno che lui gli abbia sorriso solo per cortesia, ignorando palesemente i suoi tentativi di avances. Ho avvertito i suoi occhi permanermi addosso, insistenti, per tutto il tempo che abbiamo passato lì.
Ho cercato di ignorarlo, ancora, invano, coinvolgendomi nei discorsi dei miei amici: Biagio mi ha aggiornato sui suoi progetti futuri, riguardo alla sua idea di mettere su una band con Federico, unendo l'abilità del sapere suonare la chitarra dell'uno, con la passione per il canto dell'altro. Nonostante manchino ancora dei componenti, mi sono congratulata con lui, augurandogli che la sua idea possa presto realizzarsi. Ho sorriso, poi, notando gli sguardi spensierati delle mie amiche. Emiliano e Giulia presto partiranno per il loro primo viaggio insieme come coppia e non riesco a fare a meno di pensare che siano davvero belli insieme, tanto dolci e affiatati, mentre Carlotta e Fededico stanno progettando una convivenza. Il bello e dannato Federico si è finalmente ripreso dallo shock dell'incidente e adesso che ogni fraintendimento è stato chiarito, tutto il resto è solo un brutto sogno. Gli unici che, invece, mi hanno leggermente preoccupato, sono stati Edoardo e Cristina. Non mi è sfuggito che la mia amica avesse lo sguardo un po' perso e vacuo, racchiusa in chissà quali pensieri, e mi ha insospettito il suo essere rigida con Edo. Quando le ho chiesto se andasse tutto bene, ha archiviato la situazione con un gesto della mano, proferendo un secco sì.
Ma il mio sesto senso mi dice che qualcosa la turbi e, quando la scruto alzarsi dal suo posto con un passo trafelato, non posso fare a meno di raggiungerla.
Mi richiudo l'imposta del bagno alle spalle, avvicinandomi al servizio dove Cristina si è chiusa. Avverto, al di fuori della porta, dei conati di vomito e mi appresto a raggiungerla preoccupata.
"Cris..."la richiamo, battendo il pugno contro l'infisso. "Stai bene?"
Lei sopprime un gemito, tirando lo sciacquone.
"Sì...tutto bene" biascica, destando però la mia confusione. Ma è chiaro non desideri il mio aiuto.
Così mi apposto al muro con le braccia incrociate, vedendola uscire per lavarsi le mani. La sua fronte è madida di sudore e il suo viso ha assunto un colorito particolare pallido.
Mentre lei si dà una rinfrescata, tamponandosi un po' di carta sul viso, incrocio il suo sguardo dallo specchio che mi restituisce la sua immagine ancora scombussolata dagli spasmi.
"Ti senti meglio, adesso?" indago, sporgendomi nella sua direzione.
La mia amica abbassa gli occhi, appoggiandosi al marmo del lavandino e, traendo un grosso respiro, annuisce.
"Devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male" ammette con noncuranza.
"Mmh" annuisco, avvicinandomi a lei per appoggiarle una mano sulla spalla.
"Cris, sei davvero sicura che vada tutto bene? Con Edo è tutto ok?" le chiedo, dimostrandole la mia premura nei suoi confronti. Non voglio che si senta messa sotto pressione, ma non sto tranquilla al pensiero che possa andare qualcosa storto.
Lei rialza lo sguardo, intrecciando la mia mano con la sua, e cerca di accennare un sorriso dolce ma che si tramuta presto in una smorfia.
"Sì" replica alla fine. "Sta tranquilla, davvero, sono solo tanto stanca". In effetti il suo aspetto non è proprio dei migliori, e adesso da questo punto di vista ravvicinato mi accorgo delle occhiaie che le solcano il viso.
"Va bene" le concedo, arrendendomi, ma non convinta che il segno di quel malessere sia dovuto solo a questo. "Ma se dovessi aver bisogno, lo sai che ci sono" le faccio presente, rinsaldando la mia presa su di lei.
"Lo so, Anita. Grazie" sussurra, avvicinandosi per stringermi lievemente tra le sue braccia.
Le accarezzo con dolcezza la schiena.
"Torniamo da gli altri, ok?" le domando a conferma, scrutandola annuire ancora stretta a me.
"Anita" mi richiama un po' prima di farci strada verso il nostro tavolo. "Non farne parola con Edo, ti prego. Non voglio che si preoccupi senza motivo".
"Va bene" le prometto, sciogliendomi in un sorriso rassicurante. Poi insieme raggiungiamo gli altri.

Quando ritorniamo al tavolo, Edo si sincera che vada tutto ok, e mi premuro di rassicurarlo anche io riguardo alle condizioni della mia amica. Non credo ci sia davvero da preoccuparsi troppo, ma non me ne starò con le mani in mano, se questa situazione dovesse persistere. Il mio sguardo, mentre riprendo posto accanto ad Arianna, incrocia quello di Nicola che pare aver stretto amicizia con Biagio.
Sono felice di sapere che i miei amici abbiano legato tra di loro. Nicola non è mai stato un tipo scontroso, non avevo dubbi a riguardo, e sono contento che lui si stia trovando bene con lui e con tutti gli altri ragazzi, eppure un po' mi dispiace dato ciò che si è venuto a creare tra noi. Vorrei davvero che le cose fossero più facili ma, ora come ora, non sono più sicura che tornerà tutto come prima.
"Il tuo amico non ti stacca gli occhi di dosso" la voce di Arianna al mio fianco mi fa sobbalzare.
Mi volto nella sua direzione, corrucciando la fronte. "C-cosa?"
"Il tuo amico" ritenta lei, indicandolo di sottecchi "non ha occhi che per te".
E, inconsapevolmente, posta davanti a questa evidenza, mi trovo a esserne infastidita.
"Io e Nicola ci vogliamo un sacco di bene!" ribatto, evitando il suo sguardo.
"Sarà" replica lei, facendo spallucce e tornando a prestare attenzione davanti a lei. "Ma non ci vuole un genio per capire che provi qualcosa per te".
Non oso risponderle ma, quando poco più tardi, gli occhi di Nicola, incrociano i miei, il sorriso sul suo volto svanisce. In quel momento, mi ritrovo a maledire il giorno in cui ho scoperto che Nic provasse qualcosa per me.

Il momento di andare via arriva presto e mentre ci facciamo spazio verso l'uscita, il mio amico mi si avvicina, cercando quello approccio che per tutta la serata ha evitato di instaurare.
Ma evito il suo sguardo, continuando a scrutare fisso davanti a me, anche nel momento in cui lui mi affianca.
"Possiamo parlare, Anita?" mormora, afferrandomi per un braccio; la voce spenta di ogni iniziativa.
Mi fingo disinteressata alla sua proposta, prestando attenzione a tutt'altro. Così lui è costretto a intralciare la mia strada e nella distrazione finisco per inciampare nei miei passi, spalmandogli addosso.
Le braccia di Nicola arrivano prontamente a sostenermi, facendoci calare in uno stato di imbarazzo. Mi limito, quindi, a porre subito le distanze, mettendo su uno sguardo di sufficienza.
"Ti ascolto" gli faccio presente, stanca, incitandolo a parlare.
Lui abbassa gli occhi, inforcando le mani nelle tasche dei jeans;sembra stia cercando le parole giuste da dirmi. Ma non ho fretta e non mi pare averne nemmeno lui.
Poi il suo sguardo ricade su di me, ma mi rendo conto solo in secondo momento che i suoi occhi non sia puntati sulla mia figura ma su qualcosa alle mie spalle.
Noto un'inflessione sorpresa attraversare i suoi occhi che si socchiudono lievemente. "Voltati" ammette, quindi, con un tono estremamente serio.
Ricambio il suo sguardo su di me, lasciando trapelare tutta la mia confusione. "Cosa? Perché?"
Nicola scuote il capo, come colto dall'esasperazione davanti alla mia reticenza. "Tu fallo e basta".
E io lo faccio.
Nel momento in cui mi rendo conto che dietro di noi, a pochi passi da me, appoggiato alla sua auto sportiva, ci sia Luca, avverto l'emozione sopraffarmi e il cuore cominciare a scalpitarmi furioso nel petto. Perché Luca è qui e io non riesco proprio a smettere di sorridere.
Riporto lo sguardo sul mio amico solo per un attimo, scoprendolo un po' abbattuto dall'esito del nostro confronto, ma traendo un grosso respiro, indica il mio fidanzato con il capo.
"Va da lui" ammette, ormai spento da ogni speranza.
Gli rivolgo un'occhiata colma di scuse, poi annuisco frettolosa, dandogli già le spalle, smaniosa di raggiungere Luca. C'è spazio solo per lui adesso.
Affretto i miei passi, incrociando lo sguardo del mio ragazzo che, vedendomi arrivare, arriccia le labbra in un sorriso. Quando gli sono ormai accanto, senza riuscire a contenere la gioia che mi ha investito nel trovarlo lì, lo abbraccio, lo stringo come se non potessi farne a meno.
Luca soffoca una risata, nascosto nell'incavo del mio collo, e il suo gesto mi provoca dei brividi lungo tutto il corpo. Avverto le sue dita percorrere il mio corpo e invitarmi ad approfondire il nostro contatto. Così, con uno slancio, gli allaccio le gambe attorno al bacino, sospirando per questa vicinanza che ci tiene in balia di un preliminare senza fine.
Appoggio le mie mani sulle sue spalle, per sostenermi, rendendomi conto che le mie dita si muovano ardite lungo le sue braccia. Le carezzo, maledicendo il tessuto di sartoria che non mi permette di sfiorarle come vorrei, eppure non posso fare a meno di pensare che, stretto in questo elegante completo scuro, Luca sia ancora più bello del solito. La camicia bianca, a cui sono stati sbottonati alcuni bottoni, gli aderisce al petto come se fosse una seconda pelle. Mi ritrovo a essere gelosa che qualcun'altra abbia potuto godere di una tale vista. Ma adesso Luca è solo mio, ha occhi solo per me.
"Piaciuta la sorpresa?" mi sussurra,giocando con le mie labbra, sfiorandole e poi ritraendosi, dispettoso.
"Sì..." gli replico in un broncio, ponendo fine ai suoi giochetti e fiondandomi sulle sue labbra. Luca socchiude gli occhi sotto il mio gesto, lasciando che approfondisca il bacio e benefici di ogni tratto e sfumatura del suo volto, coinvolto.
"Sì, sì, sì!" ammetto, scendendo a baciargli il mento, la punta del naso, le guance, disegnando una linea immaginaria nella mia mente. Luca ride divertito sotto il mio tocco, mentre gli scompiglio i capelli tenuti a posto dal gel.
Poi appoggia la sua fronte alla mia, accarezzandomi una guancia con quella dolcezza che è in grado di dedicarmi e mi riporta con i piedi per terra.
"Devo dirti una cosa..."mi fa presente, macchiando la sua voce di un'inclinazione maledettamente seria.
"Che succede?" gli domando, all'erta, preoccupata da un tono così repentivamente diverso. 
"Poco dopo che la nostra telefonata fosse terminata bruscamente, ho ricevuto un'altra chiamata..." Luca sembra tentennare, indeciso sul da farsi.
Lo invito con lo sguardo a parlare, ormai incuriosita dalla piega che ha preso la nostra conversazione, ma pare proprio che stasera il destino abbia deciso che io non debba conoscerne i dettagli.
"Anita!" avverto la voce squillante di Biagio farsi sempre più vicina e mi ritrovo a reprimere uno sbuffo davanti al suo tempismo perfetto. "Non ci presenti il tuo fidanzato?" aggiunge con un tono sbalordito, facendomene quasi una colpa.
Mi volto verso di lui, abbassando lo sguardo, in imbarazzo, mentre Luca mi stringe ancora a sé con un certo fare protettivo.
Biagio sfodera un sorriso brillante, facendo saettare gli occhi da me al mio fidanzato. Poi osservo una scintilla maliziosa attraversare i suoi occhi.
"Ciao, piacere di conoscerti. Biagio."gli fa presente, avvicinando una mano alla sua, affinché la stringa. Luca incrocia il mio sguardo prima di ricambiare cordialmente e presentarsi.
"E quindi, finalmente ti conosciamo!" aggiunge il mio amico, ormai su di giri dalla notizia. "Ragazzi!" strepita in direzione dei nostri amici, rimasti in disparte, per coinvolgerli.  "Venite, c'è Luca!".
Così, quando veniamo assaliti dal resto della troupe che ha appreso la notizia con un certo clamore, vedo l'occasione di parlare con lui scivolare via. E, mentre mi rendo conto che anche lui non riesca a fare a meno di cercarmi con lo sguardo, mi viene da pensare a cosa avesse di tanto importante da dirmi.

ANGOLO AUTRICE:

Buonasera a tutti! Aggiornamento record a distanza di soli due giorni! Non ci credo nemmeno io!Ma sono stata invasa da un'improvvisa ispirazione e direi che l'ho colta alla grande. Il capitolo in sé è di passaggio, lo so, ma era necessario per gli sviluppi a venire. E qui vi pongo davanti a questo quesito: cosa pensate volesse dire Luca ad Anita? Lo scoprirete presto.
Aspetto le vostre opinioni e supposizioni e, intanto, ne approfitto per ringraziare chiunque continui a seguire con tanto entusiasmo questa storia. Grazie a chi legge, a chi l'ha inserita nelle sue liste e a voi recensori, grande fonte di rassicurazione e aiuto. GRAZIE, davvero!
Ora vi saluto davvero, augurandovi buon weekend e dandovi appuntamento alla prossima!
Un abbraccio <3

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Capitolo 59
*** Capitolo 58 ***


Capitolo 58
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Capitolo 58


Mi sveglio di soprassalto, stringendo con forza il lenzuolo al petto. Respiro e lo faccio male, quindi porto una mano al cuore, cercando di regolarizzare i miei battiti, mentre tento di rassicurarmi dopo quello che è stato un brutto incubo. Luca è qui con me, non mi ha lasciata. Ho solo fatto un brutto sogno.
Mi volto allora dalla parte sinistra del letto, accarezzando la stoffa del lenzuolo e trattenendola tra le mie dita: di lui però non c'è traccia. La sua parte è fredda, ormai, come se si fosse alzato da tempo.
Mi assale subito il panico, nonostante non sia mai successo che andasse via prima che mi svegliassi e io continuo a ripercorrere nella mia mente le immagini che mi hanno fatto accapponare la pelle.
Scalcio il copriletto, velocemente, con il solo scopo di saperlo ancora qui con me.
Per la fretta, dimentico di indossare le ciabatte e rabbrividisco a contatto con il pavimento freddo, ma non me ne curo particolarmente.
La mia smania si riconosce da ogni mio piccolo gesto: dal modo in cui le mie mani districano i miei capelli o quello in cui mi torturo il labbro con i denti.
Poi, finalmente, nel frattempo che percorro il corridoio che conduce al salotto e alla cucina ad esso collegata, ogni paura e preoccupazione scema al solo avvertire Luca fischiettare.
Un calore si irradia nel petto, mentre mi porto una mano alle labbra per nascondere un sorriso. È stato solo un sogno, solo un sogno. La mia mente mi ha giocato davvero un brutto scherzo...
Luca è qui, nella mia cucina, dove si muove facendo suoi questi spazi. Mi dà le spalle canticchiando serenamente, mentre armeggia ai fornelli.
Mi appoggio allo stipite della porta, cercando di darmi una sistemata affinché non scorga tracce delle mie paranoie e scruto ammirata ogni suo piccolo movimento. Vorrei che questa diventasse parte della nostra quotidianità.
Mi avvicino, poi, in punta di piedi, attenta a non produrre il minimo rumore e lo colgo di sorpresa, coprendogli gli occhi con le mani.
"Indovina chi sono?" gli chiedo, in un sussurro, accanto al suo orecchio.
Avverto il suo corpo vibrare scosso da una risata.
"Che domande..." mi scimmiotta, appoggiando le sue mani sulle mie e voltandosi verso di me, facendo in modo che aderisca contro il bancone della cucina.
"Buongiorno" proferisce, accarezzandomi le guance con dolcezza.
Faccio lo stesso, carezzando il suo viso con una certa urgenza, come a capacitarmi che lui sia davvero vicino a me. Quando in un slancio mi sporgo per baciarlo, sospirando sulle sue labbra, Luca non si rende davvero conto da cosa dipenda la mia smania, ma sbuffa un sorriso, stringendomi più forte a sé e circondandomi i fianchi con le braccia.
Mentre lascio che le nostre bocche si sfiorino impazienti e insaziabili, mi accorgo che ormai il sentimento che mi lega a lui sia così forte da rendermi totalmente assefuata dalla sua presenza.
Luca insinua una mano tra i miei capelli, giocando con alcune ciocche e adagiando la sua fronte contro la mia.
"Dobbiamo parlare" mi fa presente, riportando entrambi con i piedi per terra. Non mi è difficile capire a cosa si riferisca: dopo l'interruzione di ieri, non siamo più tornati sull'argomento.
Cerco di trattenere uno sbuffo, nonostante la curiosità di sapere cosa abbia da dirmi mi stia mangiando via e fingo una sicurezza di cui adesso non dispongo.
"Va bene..." proferisco, arresa.
Luca annuisce, tenendomi ancora stretta a sé e ben presto mi accorgo che la sua vicinanza non mi faccia concentrare come vorrei.
Avverto da ogni suo gesto, da come mi stringa accanto a sé, a come il suo pollice non smetta di disegnare cerchi immaginari sulla mia guancia che sia teso e non sappia come rivelarmi questa cosa, ma allo stesso tempo pare che mi stia preparando a una eventuale notizia.
"Si tratta di Lucia" ammette, a bassa voce, mantenendo il suo sguardo fisso su di me, come a voler scrutare una mia reazione.
Alle sue parole ogni fibra del mio corpo scatta in allerta.
"Cosa c'entra Lucia?!" gli chiedo, sbarrando gli occhi e mostrandogli la mia confusione.
Lui abbassa gli occhi, sospirando affranto.
"Luca?!" lo richiamo, allarmata, appoggiando una mano sul suo braccio. "Lei come sta? Sta bene, vero?!" domando in tono supplichevole.
Luca lascia che le sue mani scendano verso le mie spalle, accarezzando le mie braccia con fare premuroso, mentre tenta di accennare un sorriso.
"Lei sta bene, non le è accaduto niente di quello che pensi" ammette, facendomi sospirare di sollievo.
Alzo gli occhi al cielo, tentando di nascondere l'emozione che mi abbia assalito ma non riesco a controllare i battiti accelerati del mio cuore. Tumtumtum, tumtutum, tumtutum...
"Cosa devi dirmi, allora?" lo incalzo.
"Ieri sera, dopo che ho finito di parlare con te, mi ha contattato la casa famiglia di Lucia..." mi rivela.
"La casa famiglia di Lucia?" chiedo, aggrottando la fronte, confusa. "Ma lei è con i Cattaneo!"
Luca scuote il capo, puntando il suo sguardo altrove. "Lucia non è più con loro, Anita. È tornata in casa famiglia" proferisce, abbassando gli occhi, dispiaciuto.
Spalanco le labbra, sopraffatta dalla sorpresa davanti a questa rivelazione. Ma non è possibile, lei stava bene con loro, i signori Cattaneo erano tanto buoni gentili e le volevano davvero bene. Io li ho visti, lei...
Nonostante non riesca a far trapelare i miei dubbi a parole, Luca sembra captare ogni mio piccolo pensiero perché si preoccupa di stringermi a sé, avvertendomi sconvolta da tale affermazione.
"So che sei esterrefatta, ma vogliono vederci Anita. Lucia, lei vuole vederci" mormora piano, sfiorando la mia schiena con le sue dita.
Socchiudo gli occhi, nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime che premono per uscire. Non può essere vero. Non mi sento pronta a rivederla, non quando mi ero detta sicura a lasciarla andare, sapendola con una famiglia che poteva renderla felice.
Così dopo poco rialzo lo sguardo, facendolo incrociare con quello di Luca che mi osserva come se fossi piccola e delicata tra le sue braccia e potessi crollare da un momento all'altro.
"Quando?" gli domando, ingoiando un boccone terribilmente amaro.
"Oggi pomeriggio" mi rivela, esitante.
"Oggi pomeriggio..."sussurro, come a volermene capacitare. Luca fa per stringermi ancora a sé, ma io gli sono già scivolata via dalle mani. Oggi rivedrò Lucia...

Non ho fatto che pensarci, ancora stordita e incredula davanti alla notizia. Ma se Lucia è tornata in casa famiglia questo vuol dire che lei non stia bene e non so se mi senta capace di affrontare quello a cui potrei andare incontro. Così, mentre penso che non vedo l'ora questa giornata lavorativa passi in fretta, dall'altra cerco di prepararmi psicologicamente al mio incontro con lei e avverto l'ansia divorarmi viva.

Io e Luca camminiamo fianco a fianco, avvolti nel nostro silenzio, mentre ci facciamo strada verso il luogo prestabilito. La casa famiglia, un edificio adibito in una struttura di datata costruzione, si staglia davanti a noi e io avverto il mio corpo essere scosso da un brivido.
Così, quando sembra che io non riesca a fare altro che rimanere impalata davanti al cancello, Luca mi prende per mano, stringendo la sua con la mia e facendo combaciare le nostre dita saldamente. So che il suo gesto sia lì per darmi conforto e rassicurarmi, ma non credo che adesso ci sia qualcosa in grado di calmarmi.
Mi volto allora verso il mio fidanzato, dedicandogli la mia attenzione e annuisco, mentre lui dopo il mio consenso suona al citofono.
Dopo esserci richiusi il portone alle spalle, percorriamo il vialetto di ghiaia, ed è il solo scricchiolio dei sassolini sotto le scarpe a interrompere il nostro mutismo.
Rilascio un sospiro, racchiusa nei miei pensieri e avverto lo sguardo di Luca permanere a lungo su di me, come ad accertarsi che io stia bene. Non so che realtà aspettarmi e sono spaventata alla sola idea.
Ad aprirci è una giovane ragazza, cordiale e sorridente, che deduco sia un'educatrice.
"Buongiorno"enuncia, dedicandoci un'espressione confusa.
È Luca a prendere parola per primo. "Sono stato contattato dalla dottoressa Parracciani. Abbiamo un appuntamento con lei" pronuncia composto e serio.
A quel punto la ragazza annuisce vigorosamente. "Sì, certo, entrate pure" si sposta di lato, permettendoci di farci spazio nell'appartamento. "Io sono Elena, piacere di conoscervi" aggiunge, porgendo una mano nella nostra direzione, affinché la stringiamo.
Io e Luca ci premuriamo di ricambiare affabilmente.
"Venite pure" ci fa notare, prendendo a farci strada per il corridoio.
Lascio che il mio sguardo si posi in modo famelico su ogni particolare che mi circonda, rendendomi conto che se dall'esterno l'edificio presentasse un aspetto un po' trascurato, è evidente che l'interno sia stato ristrutturato da poco, con l'arredo semplice e a misura di bambino, le pareti dai colori sgargianti. Tutto sommato ha un aspetto che potrei definire quasi accogliente.
Man mano che ci avviciniamo, comincio ad avvertire il chiacchiericcio dei bambini che giocano. Mi chiedo se Lucia sia tra loro e se sì, come starà?
Raggiungiamo presto la sala comune dove i bambini sono divisi per gruppi: alcuni stanno formando delle collanine di pasta, aiutati dalle educatrici presenti, altri, in un tavolo poco distante, disegnano. 
Non appena mi faccio spazio nella stanza, mi muovo alla ricerca di Lucia, ma i miei occhi non la trovano. Lei non è qui.
Abbasso allora lo sguardo ai piccoli ospiti, attirati dal nostro arrivo, e mi sento invadere il cuore dalla tristezza al pensiero delle storie che ognuno di loro si porta dietro. Se fosse possibile, vorrei poter dare una famiglia a ciascuno di loro, affinché siano circondati dall'amore di cui ogni bambino necessita. Non mi ero mai trovata in un luogo del genere, ma quando si dice che fin quando non ci metti piede, non fai davvero conti con la realtà che ti circonda, è vero. Spesso tendiamo a essere ciechi davanti al problema, ma è un po' difficile ignorare un bambino con un passato tanto difficile alle spalle.
Elena sorride, accarezzando il capo di una bellissima bambina con delle adorabili treccine, che alza lo sguardo, arricciando le labbra in una smorfia felice.
"Su, bambini, salutate Anita e Luca" li incalza, mentre loro alzano una mano nella nostra direzione.
"Ciao" annunciano in coro, poi, facendoci sciogliere in un sorriso, prima che ognuno ritorni alle proprie attività.
La giovane educatrice torna a rivolgersi a noi, facendoci segno di starle dietro.
"Lo studio della psicologa è da questa parte. Venite" ci fa presente, inoltrandosi in direzione di un altro corridoio.
Ma mi rendo conto di non starla ascoltando davvero. La mia attenzione è completamente catalizzata su quei bambini e anche le colleghe di Elena che incrociano il mio sguardo, captando i miei pensieri, sembrano scrutarmi comprensive.
Poi, improvvisamente, mi sento tirare per l'orlo dei pantaloni, e abbasso gli occhi ai miei piedi.
Una bambina minuta e dolcissima, dagli occhioni scuri ed espressivi, mi osserva, succhiando con forza il ciuccio che mantiene con una mano.
Mi sciolgo in un brodo di giuggiole, abbassandomi alla sua altezza per carezzarle il capo. Deve avere poco più di 2 anni, ma è così tenera che non riesco a resisterle; il mio sguardo è completamente attratto dal suo, così magnetico.
"Ciao..."proferisco, sciogliendomi in un sorriso dolce.
Lei sembra attratta dai braccialetti che tintinnano ai miei polsi e prende a giocarci distrattamente con le dita, accennando a un'espressione estasiata. Poi passa a scrutare le mie mani, voltandole prima da un lato e poi dall'altro. Sembra che qualsiasi cosa sia per lei una novità.
"Ti piacciono, tesoro?" le domando, mentre una delle ragazze presenti, ci raggiunge, fermandosi accanto a noi.
"È strano che Anna si sia avvicinata o addirittura si sia fatta avvicinare. Ha una brutta storia di violenza alle spalle e anche con noi all'inizio è stato difficile" proferisce l'educatrice, con un'espressione puramente sorpresa.
Rialzo lo sguardo, puntandolo su di lei, e ricambiando il suo riso esterrefatto.
"Posso darti del tu?" mi chiede, abbassando lo sguardo, a disagio. Osservandola mi rendo conto che sia davvero una delle più giovani, forse addirittura una tirocinante.
"Ma certo!" le replico, per rassicurarla, spronandola a parlare.
"Avrà capito che sei una persona buona. I bambini sanno riconoscerlo" ammette.
Annuisco, lievemente in imbarazzo, prima che Luca, resosi conto che non li avessi seguiti, torna a richiamarmi.
"Ehi, Anita" enuncia, tendendomi la sua mano. "Vieni, andiamo".
Mi rialzo, barcollando lievemente. "Sì, sì" gli rispondo, distrattamente. "Mi ero trattenuta". Poi, volgendo un ultimo sguardo alla piccola Anna che, vedendomi andare via, scoppia in un pianto disperato, mi allontano, seguendolo per il corridoio ancora frastornata.

"Va tutto bene, Anita?" mi domanda Luca, notando il mio stato d'animo contrito.
Riporto l'attenzione su di lui, acconsentendo con il capo, lievemente.
"Sì..."ammetto in un sussurro, mentre giungiamo nello studio della psicologa.
La dottoressa Parracciani è una giovane donna dai fluenti capelli rossi e gli occhi verdi, più verdi che abbia mai visto, nascosti dietro una montatura sottile di occhiali. Dal suo volto costellato di efilidi traspare tutta la sua dolcezza.
Ci accoglie entrambi con un sorriso, lasciando vagare la sua espressione sorpresa su di noi.
"Non sapevo foste una coppia!" pronuncia, corrucciando la fronte, esterrefatta. "Irene non mi ha detto nulla".
Arriccio la fronte in confusione, non comprendendo quale motivo si nasconda davvero dietro la sua domanda. Siamo qui per vedere Lucia, no?"Stiamo insieme da poco" ci tengo a precisare, rinsaldando la presa sulla mano di Luca.
Lei annuisce, chetamente, incrociando le mani davanti a sé e facendoci segno di sederci. Elena, nel frattempo, salutandoci, si congeda, lasciandoci soli con la psicologa.
"Ma veniamo a noi" ammette lei, assicurandosi di avere la nostra attenzione. "Sono Amelia Parracciani e sono la psicologa infantile che, al momento, segue Lucia" si presenta, cordiale.
Ascolto attentamente ogni sua parola, rendendomi conto di quanto la sua voce risuoni gentile. Sono felice di sapere che sia lei ad occuparsi di Lucia.
"Vi chiederete perché siete qui?" ci domanda, scrutandoci da sotto gli occhiali.
Luca sospira, annuendo. Riesco a scorgere la tensione impossessarsi anche dei suoi tratti.
"Sì, è stata molto vaga a riguardo. Cosa è successo, di proposito?" le chiede, incalzandola a parlare.
Lei rilascia un respiro profondo, appoggiando le mani giunte sotto al mento.
"Sapevate che Lucia avesse intrapreso un periodo di preaffido presso una famiglia?"
"Sì, certo, i Cattaneo" le ribadisco.
Lei annuisce, continuando a esprimersi. "La piccola non ha mai accettato sul serio l'allontanamento dall'ospedale e Irene mi ha spiegato che si fosse molto affezionata a voi due, in particolar modo a lei, Anita. Le prime settimane di ritorno qui si era chiusa in una forma di mutismo; era per noi solo impossibile avvicinarla e poterle parlare. Lucia non riusciva a comunicare più se non piangendo istericamente e urlando. I signori Cattaneo sono stati davvero pazienti, cercando di metterla a suo agio, ma Lucia ha fatto fatica ad accettare così tanti cambiamenti in modo radicale. Eppure, nonostante la sua iniziale reticenza, si è aperto uno squarcio positivo e piano, piano, nel nostro periodo di osservazione, abbiamo iniziato a notare che stesse uscendo dal guscio in cui si era racchiusa per schermarsi. Usciva con loro ben volentieri, ne parlava spesso e sembrava di nuovo felice. Prima che però un episodio non la sconvolgesse ancora. Sono al corrente di quello che ha escogitato pur di farsi ricoverare e sarete concordi con me che questo sia stato un segnale di allarme".
La dottoressa si interrompe, scorgendoci contritamente.
"Voleva vederci..." le rivelo in un sussurro.
"Esatto, Anita" concorda lei con me. "E Lucia era disposta a tutto pur di passare anche solo un secondo con voi. Quell'incontro l'ha fatta precipitare. È diventata aggressiva e dispettosa. Faceva continuamente capricci, ribellandosi alla figura della sua famiglia affidataria. Massimo e Clelia erano allibiti davanti a un suo repentino cambiamento, non riuscivano a capacitarsi di come una bambina tanto buona fosse all'improvviso diventata così irascibile. Abbiamo cercato di monitorare la situazione, eseguendo dei colloqui con lei e con la famiglia. Il giudice stesso ha fatto presente di soprassedere, per capirne l'andamento, fin quando una settimana fa, Lucia non è scappata di casa" ci rivela, affranta.
"Cosa significa che Lucia è scappata di casa?!" la mia voce si unisce a quella di Luca, entrambi sconvolti dalla notizia.
"Sì..."lei annuisce, passandosi una mano sulla fronte e lasciando trapelare la rassegnazione dal suo sguardo. "Ha approfittato di un loro momento di distrazione per evadere. La nostra fortuna è stata che se ne siano resi conto in breve tempo, ritrovandola poco lontano. Ma, a quel punto, non abbiamo potuto far altro che constatare il malessere che stesse vivendo e riportarla in casa famiglia ci è sembrata la scelta migliore. I signori Cattaneo sono delle brave persone, indubbiamente, e l'hanno lasciata andare davvero a malincuore. Arebbero potuto sul serio darle tutto l'amore possibile, ma non è loro che Lucia vuole..."
"Dov'è, adesso?" le domando, avvertendo la mia voce uscire fioca e distorta. Ingoio un boccone amaro, sentendomi improvvisamente a corto di salivazione. Questo colloquio mi ha scombussolata, logorandomi al pensiero che la mia piccola Lucia abbia sofferto così tanto.
Luca, a quel punto, appoggia la sua mano sulle mie, giunte sopra la pancia e gli restituisco l'immagine del mio volto contratto in una smorfia addolorata.
"È nella sua stanza, vi aspetta. Non fa che chiedere di voi. Speriamo che questo incontro possa sortire l'effetto sperato".
La psicologa si alza dalla sua postazione, facendo il giro della scrivania per accompagnarci.
"Venite. Raggiungiamola" aggiunge in tono risoluto, mentre in religioso silenzio, io e Luca la seguiamo.
Percorriamo un lungo corridoio che conduce alle stanze dei bambini. Ogni porta ha affisso delle targhette colorate con i nomi dei piccoli ospiti.
Arrivati davanti alla sua, Amelia fa capolino nella stanza, nascondendoci alla vista di Lucia.
"Luci" la richiama, dolcemente. "Guarda un po' chi c'è per te" la esorta a voltarsi.
Mi sporgo oltre la sua spalla, scrutando Lucia distesa sul suo letto a castello in posizione fetale, mentre dà la schiena alla porta.
"Va via!" strepita, ringhiosa.
Sussulto alle sue parole.
Amelia rilascia un sospiro, comprensiva, volgendosi nella nostra direzione.
"Prego, entrate" sussurra. "Sono sicura che al solo vedervi, sarà contenta".
Annuisco, facendo un passo in avanti, mentre Luca rimane dietro di me, accompagnandomi verso di lei.
Mi avvicino in punta di piedi, attenta a non fare il minimo rumore, con il petto ansante e gli occhi lucidi.
"Lucia..." proferisco, con la voce rotta dall'emozione.
Lei scatta in allerta, voltandosi repentinamente e sbarrando gli occhi davanti alla nostra vista.
"Anita! Luca!" trilla, lasciando che la gioia invada i suoi occhi. Incrocio il suo sguardo e osservo il suo volto stanco e segnato da delle profonde occhiaie, come se avesse pianto a lungo e il suo sonno non sia più ristoratore. Lucia non è serena e mi piange il cuore.
Prima che me ne possa solo rendere conto, la accolgo tra le mie braccia, trattenendo a stento le lacrime che premono per uscire.
"Anita!" esclama, in modo concitato, stringendomi a sé spasmodicamente. Le sue mani artigliano la mia maglia stretta, senza volermi lasciare andare. Presto il suo corpo è scosso dai singhiozzi, mentre lei riversa il suo pianto silenzioso sulla mia spalla. Luca, nel frattempo, si abbassa alla nostra altezza, congiungendosi al nostro abbraccio. Nel modo in cui le sue braccia avvolgono i nostri corpi mi rendo conto di quanta protezione sia intriso il suo gesto.
"Portami via, Anita, portami con te" esala in un sussurro, disperato. "Portami via, portami via!"
A quel punto mi è impossibile trattenere le lacrime e continuo a tenerla tra le mie braccia, godendo di ogni suo tratto e sfumatura da vicino.
Lucia punta i suoi occhi nei miei, arricciando la bocca in un labbruccio.
Cerco di nasconderle le mie lacrime, esibendo un sorriso, nel momento in cui lei incrocia il mio sguardo, ma mi risulta difficile.
Oh, mia piccola Lucia...
"Mi siete mancati, tanto" pronuncia, accocolandosi di nuovo a entrambi. E nel momento in cui lo fa, mi rendo conto di quanto sarà doloroso doverla lasciare andare.
Mi guardo indietro, incrociando gli occhi di Amelia, rimasta sulla soglia della porta e sembra che anche lei sia colpita da questo momento, perché accenna un sorriso soddisfatto, annuendo con il capo.
"Non voglio che ve ne andate" ci confessa la piccola, rivelandosi la sua preoccupazione nel frattempo in cui Luca le accarezza con dolcezza il capo.
"Io vi voglio così bene!"
"Anche noi te ne vogliamo, tesoro" pronuncia il mio ragazzo, baciandola tra i capelli e facendole socchiudere gli occhi sotto il suo tocco.
Lei rialza lo sguardo, posando le sue manine sulle nostre guance, accarezzando i nostri visi ripetutamente come a capacitarsi che siamo davvero lì, e fa in modo che il nostro sguardo sia per lei, per lei soltanto.
"E allora portatemi con voi" ci supplica. "Voglio stare con te e Anita!" aggiunge, macchiando la sua voce di estrema convinzione.
Abbasso gli occhi, portando lo sguardo lontano da lei e puntandolo altrove, mentre lascio che sia Luca a prendersi cura di lei.
"Anita!" mi richiama proprio lui, vedendomi allontanare. Devo andarmene, adesso. Non resisto un minuto in più.
Sorpasso Amelia, ma lei non osa fermarmi, comprendendo che adesso abbia bisogno di metabolizzare tutto questo.
Così, una volta sulla soglia della porta, mi volto in direzione della mia piccola, scoprendola piangente tra le braccia di Luca, mentre sporge le sue braccia verso di me. Il suo corpo trema, scosso dagli spasmi, e io avverto il mio cuore stringersi alla sua vista.
Poi, scappo via, letteralmente.

Mi porto una mano al petto, stringendo la maglia che indosso tra le dita, mentre mi lascio andare in un pianto liberatorio. Piango forte e disperata, singhiozzando convulsivamente, ma è più forte di me, non riesco a fermarmi.
"Anita..."Luca mi sorprende alle spalle, stringendomi da dietro, delicatamente a sé.
"Non ce la faccio, Luca, non ce la faccio..." confesso, amaramente, passandomi una mano sugli occhi per asciugarli, invano.
"Shh" sussurra lui, baciandomi una spalla. "Va tutto bene, tranquilla".
Socchiudo gli occhi mentre lui lascia che io sfoghi tutto il mio dolore, abbracciandomi e carezzandomi.
"Come posso vederla stare male, sapendo che non posso fare nulla?! Come posso?! È impossibile, mi viene chiesto troppo! Non ce la faccio, non ce la faccio!" strepito, agitandomi nervosa.
"Anita." Luca mi richiama con tono fermo, lambendo le mie spalle per portami davanti a sé e incrociare il mio sguardo. "Calmati, ok?" proferisce, adagiando la sua fronte contro la mia.
Annuisco, tirando su col naso.
"Mi dispiace" ammetto, abbassando lo sguardo, mortificata. Mi passo ripetutamente le mani tra i capelli, mordendomi il labbro forte, fino a farmi male. "Ho peggiorato solo le cose... Lucia non vorrà nemmeno vedermi più, adesso" esordisco, preoccupata al solo pensiero.

Luca scuote il capo, accarezzandomi una guancia con dolcezza. "Non dirlo nemmeno per sogno, ok? Ma adesso andiamo a casa, è stato sfiancante per te questo incontro. Hai bisogno di riposare".

A quel punto, lascio che, ormai spoglia di ogni forza e remura, sia lui a condurmi. Ma, mentre percorriamo il vialetto che conduce all'uscita, il mio sguardo si posa sull'edificio dietro di me e i miei occhi incrociano quelli di Lucia che dalla finestra della sua stanza si agita, battendo i pugni contro il vetro, pur di richiamarmi a sé. Distolgo l'attenzione e non mi volto più.

Luca si è preso cura di me, con quella delicatezza di cui solo lui pare disporre. Si è assicurato che riempissi il mio stomaco e mi fossi ripresa, prima di tornare al lavoro. La questione di Lucia non è archiviata, lo scombussolamento che rivederla mi ha provocato è lì, latente. Ho cercato di ignorare in questo periodo un problema ancora esistente, ma fin quando sapevo fosse con una famiglia, era diverso. Invece adesso?
Mentre me ne sto tristemente distesa sul letto, con lo sguardo perso e vacuo al soffitto, mi accorgo che la casa, ora, senza Luca mi appaia terribilmente vuota. 

Poi, improvvisamente, quando l'appartamento è avvolto nel silenzio più totale, il campanello suona, arrivando a squarciare la tranquillità nella quale mi ero avvolta.
Mi alzo dal letto, strascicando i piedi a terra. Percorro la distanza dalla mia camera all'ingresso e rilascio uno sbadiglio prima di aprire il portoncino. Cristina si staglia sulla soglia; l'espressione agitata e il colorito pallido.
"Cris..."annuncio, sorpresa.
Lei mi sorpassa, insinuandosi frettolosamente in casa mia e guardandosi intorno come a constatare che non ci sia nessuno.
"Anita, devo parlarti" enuncia, perentoria.
Aggrotto la fronte, andandole incontro. "Certo, dimmi pure" la sprono.
Lei abbassa lo sguardo, rilasciando un sospiro a fatica. Poi si porta le mani tra i capelli, socchiudendo gli occhi.
"Cris..."la richiamo, preoccupata dal suo stato.
"Ti ho mentito, Anita. Non ti ho detto tutta la verità, sto male da giorni e non è vero che il mio malessere dipendesse dal cibo. Ho, ho comprato un test di gravidanza..." mi confessa ormai in preda alle lacrime, gesticolando con un certo nervosismo.
"Oh, Cristina" esalo, avvicinandomi per stringerla a me. "È positivo?"
Lei scuote il capo, affranta. "No, non l'ho ancora fatto. Sono qui per questo" le sue dita corrono alla ricerca della confezion
e, mostrandomela tremante.
"Vieni, andiamo". Prendo le sue mani tra le mie, accompagnandola in bagno, comprendendo che adesso la mia amica abbia bisogno del mio sostegno.

"Sono passati due minuti?!" mi domanda, agitata, mentre siamo entrambe sedute sul mio letto, in attesa del risultato. Non fa che battere ritmicamente il piede a terra, e credo che mi stia venendo un gran mal di testa.
"Non ancora..."le replico, mostrandole il display del mio cellulare. "Ma manca poco".
Lei annuisce, lasciandomi trapelare la sua ansia, e si mangiucchia le unghie.
"Cristina" la richiamo, appoggiando una mano sulla sua spalla. "Andrà tutto bene".
Lei annuisce, non del tutto convinta, e quando il timer suona,  sussulta spaventata.
"Guardalo tu, guardalo tu, ti prego" mi supplica, giungendo le mani tra loro e indicando la scatola con il capo.
Rilascio un sospiro, acconsentendo con il capo e prendo il test tra le mani. Osservo la mia amica, al mio fianco, socchiudere gli occhi, con le mani incrociate tra di loro accanto alle labbra.
Avvicino l'oggetto tra le mie mani al viso e mi lascio invadere dalla sorpresa non appena mi rendo conto che sia positivo.
"Cris..."la richiamo, con la voce che tremula per l'emozione. "È, è p-positivo"
Lei sbarra gli occhi, strappandomi il test dalle mani. "Fammi vedere!"
Quando si rende conto che non le abbia detto una menzogna, si porta una mano alle labbra, cominciando a respirare a fatica. "Devo rifarlo...non può essere..."proferisce in un susssurro.
"Cris..."
"No, no, no!" strepita, agitandosi nervosamente. "Non posso essere incinta, non posso!"
Comincia a muoversi ansiosa per la stanza, sotto il mio sguardo attento ma confuso, poi afferra la sua borsa, estraendone altre tre confezioni. Risulteranno essere tutti positivi.
"Anita, io non posso essere incinta" piagnucola, mantenendosi la testa con le mani. Riesco a scorgere il terrore nei suoi occhi e non so davvero come poterla calmare. Anche perché non mi aspettavo potesse reagire così alla notizia.
"Ehi..." lambisco le sue spalle, carezzandole le braccia. "Devi dirlo a Edo, lui deve saperlo".
"No!"urla. "Lui non saprà niente di questo e tu non glielo dirai" mi fa presente, puntandomi un dito contro con tono minaccioso.
"Cooosa?!" le faccio notare, mostrandole il mio disappunto. "C'è una vita che sta crescendo dentro di te! Edo è il padre e ha ogni diritto di saperlo..."
Cristina trae un respiro profondo, arricciando le labbra in una smorfia di dolore. "No, io non posso avere questo bambino. Non doveva succedere, non ora, non così..."confessa, con gli occhi arrossati dal pianto.
Le lancio un'occhiata di sbieco. "Beh, se magari foste stati più attenti!" l'accuso, ridendo sarcasticamente. "Ma adesso questo bambino è dentro di te e tu devi prenderne coscienza" aggiungo, avvicinandomi per poggiarle una mano sulla pancia.
Lei diniega il capo, allontandosi terrorizzata. "No, Anita, io non posso, non posso davvero!"
La scruto allontanarsi sempre di più da me e poi riprendere la sua borsa, stringendola al petto, prima di uscire svelta dalla stanza.
"Non puoi fare così, Cristina!" le urlo dietro, "assumiti le responsabilità delle tue azioni!"
Ma lei ormai è già andata via.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio! Come state?
Io bene e come vedete non smetto di sfornare capitoli ahahah, anche a costo di scrivere la sera fino a tardi. Mi rendo conto che questo sia un capitolo bello forte, ma volevo che fosse esattamente così. Finalmente dopo un po' di tempo rivediamo Lucia e scopriamo cosa le sia successo in questo periodo lontana dall'ospedale. Ahimè, la nostra piccolina non se l'è passata bene e come vedete il ritono in comunità è stato necessario.
Scrivere del loro incontro è stato emotivamente difficile-veniva da piangere anche a me- ma era necessario e spero si sia evinto tutto il dolore e l'impotenza che volevo si trasmettesse. Ma, arrivati a questo punto, come crediate possa proseguire la vicenda? Anita riuscirà a rimanere indifferente al pensiero che Lucia stia soffrendo?
Aspetto i vostri commenti e le vostre opinioni a riguardo con ansia! E intanto ne approfitto per ringraziare chiunque segua ancora questa storia; chi legge, chi l'ha inserita nelle sue liste, ma soprattutto chi recensisce. Grazie davvero! Senza il vostro supporto non riuscirei ad andare avanti.

Un abbraccio e alla prossima! <3


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Capitolo 60
*** Capitolo 59 ***


Capitolo 59
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 59


Comincio a essere seriamente preoccupata riguardo alle condizioni di Cristina. Il solo pensiero non mi fa stare tranquilla come, forse invece, dovrei. Sono giorni che non fa che evitarmi: evira le mie telefonate e cerca ogni modo pur di non incontrarmi nemmeno per sbaglio. Le mie amiche, per fortuna, non sembrano aver notato particolari cambiamenti in lei; ma d'altronde Giulia è in vacanza per un viaggio romantico di coppia che lei ed Emiliano si sono concessi e non voglio davvero che si addossi una tale inquietudine, quando invece dovrebbe godersi il suo fidanzato e il relax del momento. Carlotta, altrettanto: con la convivenza che lei e Federico hanno messo in atto, ha la testa altrove. Ma è normale, l'unica a conoscere il suo segreto sono io.

Emetto uno sbuffo, davanti alla continua reticenza della mia amica: non si rende conto che sta solo aggirando il problema e ora, più che mai, non ha bisogno di affrontarlo da sola.
Ma poi mi accorgo che anche io stia facendo lo stesso con Lucia. Da quando siamo stati in casa famiglia, io e Luca non siamo più ritornati sull'argomento e sono spaventata all'idea che lui possa nominarla in qualche modo. Luca non mi pare molto d'accordo, eppure mi sembra che rispetti la mia idea, tenendosi ben lontano dal parlarmene.
Per il momento mi conviene così e continuo a crogiolarmi nell'idea che vada tutto bene, anche se no, non va bene proprio niente. Eppure non voglio pensarci.
Così torno a concentrarmi sul lavoro, cercando di protrarre la tranquillità che sembra respirarsi oggi tra queste quattro mura.
Poi, il silenzio viene improvvisamente squarciato da qualcuno che bussa con insistenza alla porta del mio studio.
Mi porto una mano alla tempia destra, scuotendo lievemente il capo: addio pace.
"Avanti..."acconsento, trattenendomi dall'essere infastidita.
"Ciao, Anita".
Rialzo lo sguardo e i miei occhi vengono invasi dalla sorpresa quando mi rendo conto che sulla soglia ci sia Edoardo.
"Edo..." sussurro, lasciandogli intravedere tutta la mia confusione davanti alla sua presenza qui.
Lui richiede la porta alle sue spalle, fermandosi poi al centro della stanza.
"Devo parlarti, Anita" esordisce con un tono che non ammette repliche.
Annuisco lievemente, alzandomi per andargli incontro.
"Certo" lo incalzo a parlare, appoggiandomi alla scrivania dietro di me. "Dimmi pure".
Ma nel momento in cui incrocio il suo sguardo, mi rendo conto che conosca benissimo il motivo per cui lui sia qui.
Edoardo acconsente con la testa, passandosi una mano tra i capelli e sospirando a lungo.
"Si tratta di Cristina..."proferisce, inforcando le mani nelle tasche e infossando le spalle.
Cerco di mostrarmi indifferente davanti alle sue parole, come se non sapessi cosa stia per dirmi, invece lo so, eccome, e mi sento invadere dall'ansia al solo pensiero di mentire.
"È strana in questi giorni, è sfuggente e agitata, come se qualcosa la preoccupasse e davvero non riesco a capire il perché" continua.
Mentre me ne parla, non posso fare a meno di notare quanto il suo comportamento lo stia logorando. Mi accorgo, mentre mi avvicino, per porgli il mio sostegno, del suo volto stanco e segnato da profonde occhiaie. E questo, nell'ambito lavorativo, non gioca mai a nostro favore. Ci è richiesta massima lucidità e non possiamo permetterci che qualcosa che ci turba intacchi con il resto.
Gli accarezzo un braccio, cercando di accennare un sorriso, ma intuisco che mi venga difficile. "Sta' tranquillo, Edo. Vedrai che è solo un periodo".
Vorrei davvero fargli presente che il nostro turbamento sia comune, ma nonostante non condivida il modo di fare di Cristina, non posso venire meno alla promessa che mi ha chiesto di mantenere.
Edoardo annuisce poco convinto.
"Pensavo sapessi qualcosa" mi fa notare, facendo spallucce.
Distolgo lo sguardo dal suo, negando col capo. "No, Edo, mi dispiace" gli replico, riconoscendomi profondamente bugiarda. "Ma ti prego, qualsiasi cosa stia succedendo a Cristina, stalle vicino. Non lasciarla sola" gli consiglio, sperando di risultargli convincente.
A quel punto il mio amico assottiglia gli occhi, lanciandomi un'occhiata di sbieco.
"Quindi c'è qualcosa..."proferisce, sospettoso.
"No, Edoardo. Non c'è niente" gli replico, incrociando le braccia dietro la schiena ingenuamente. Ma ormai mi sono fregata con le mie stesse mani.
Lui, allora, scuote il capo, arricciando le labbra in un ghigno sarcastico.
"Non dirmi cazzate, Anita. Sei sua amica, è normale che tu sappia qualcosa" mi fa presente con una punta di acidità nella voce. Poi il suo sguardo si fa quasi supplichevole. "Quindi, ti prego, qualsiasi cosa stia succedendo, dimmelo..."mi chiede, afferrandomi per un braccio.
Mi accorgo mentre avverto i suoi occhi scrutarmi con una certa insistenza che mi venga difficile nascondergli questa cosa, ma non posso fare altrimenti.
Quindi, abbasso lo sguardo, tremendamente combattuta.
"Non posso, Edo. Perdonami" proferisco in un sussurro.
Anche lui sembra rassegnarsi perché poco dopo rilascia il mio braccio, riservandomi un'occhiata di pura delusione.
"Pensavo fossimo amici, Anita" mi riferisce, prima di voltarmi le spalle.
Così, nel momento in cui lo guardo richiudersi la porta, socchiudo gli occhi, battendo un piede a terra con frustrazione.
"Mannaggia, a te Cristina, mannaggia a te!" borbotto.
Di una cosa sono, però, sicura: ai guai non c'è davvero mai fine.


"Cosa c'è, Anita?" mi domanda Maria, mentre siamo sedute al tavolo della mensa, per goderci la pausa pranzo prima di ritornare al lavoro. Mi desto all'improvviso, rimanendo con la forchetta sospesa a mezz'aria. Non mi ero accorta di essermi richiusa nei miei pensieri.
Arianna soffoca un risolino divertito, indicandomi, ma abbassa presto lo sguardo quando si rende conto io la stia fulminando con gli occhi.
Punto allora la mia attenzione su Maria che mi scruta con un cipiglio attento e serioso, pronta a prevedere tutte le mie azioni e, chissà, magari anche i miei pensieri. Ammetto che in questi giorni che è stata lontana dall'ospedale per un'influenza, mi sia mancata davvero tantissimo.
E so anche che, se le aprissi il mio cuore, lei saprebbe capirmi come forse solo la mia mamma riesce a fare, ma non mi sento propriamente pronta a esprimere cosa mi turbi.
"Oh, niente. Tranquilla" ammetto, sciogliendomi in un sorriso per rassicurarla.
Maria socchiude gli occhi, soppesando il suo sguardo su di me.
"Ok..."replica, poco convinta, giocando con la forchetta nel piatto. E mi rendo conto che sia calato uno strano silenzio, interrotto sotto dal ticchettio delle posate contro i nostri piatti.
Sostengo i suoi occhi, facendole intuire che volessi dirle tutto il contrario e Arianna deve far caso al nostro scambio di occhiate perché poco dopo rilascia un sospiro colmo di rassegnazione.
"Okok, ho capito" proferisce, facendo spallucce. "Vi lascio sole".
La scruto alzarsi e riappropriarsi del suo vassoio per stringerlo al petto.
"Arianna..."sciorino in un tono carico di scuse.
Lei accenna un sorriso nella nostra direzione; non sembra davvero infastidita dal mio gesto e questo mi rassicura in parte. "Tranquilla, torno al lavoro" aggiunge, dimostrando una certa no chalance davanti alla questione. Poi si allontana e io la seguo con lo sguardo, fin quando non scompare oltre il corridoio. Mi sento un po' in colpa, a dire il vero, ma non ho saputo fare altrimenti.
"Pensavo foste amiche tu e Arianna" mi fa notare Maria, una volta rimaste sole. Incrocio i suoi occhi e mi accorgo che il suo volto sia contratto in un'espressione colpita ma confusa.
Mi porto una mano dietro alla nuca in imbarazzo. "Oh, sì. Lo siamo" le professo, a disagio.
"Ma non ti fidi di lei?" ritenta lei, con tono indagatore.
Scuoto il capo, arricciando le labbra in una smorfia. "No, Maria, non è questo. Ma lei non conosce tutti i dettagli della questione..."
"E pensi che non capirebbe?" finisce lei per me.
Annuisco, portandomi una mano alla tempia. "Sì..."
Maria addolcisce il suo sguardo, comprensiva, sporgendo le sue mani verso le mie, affinché le stringa. "Allora?" mi domanda, incalzandomi a parlare. "Cosa ti succede?"
Rilascio un respiro profondo, stringendo l' apice del naso con due dita per placare l'esasperazione da cui avverto pervadermi. Poi comincio a parlare.
"Ho rivisto Lucia, qualche giorno fa" le confesso tutto d'un fiato.
"Oh..." lei mi appare sorpresa, ma felice della notizia. "E come è successo?" indaga, curiosa.
"Siamo andati in casa famiglia, io e Luca. È tornata lì e sta male, davvero molto male" le riferisco, contritamente.
Maria contrae le labbra in una smorfia addolorata. "Povera piccina..."esordisce.
"Già..." concordo con lei, riferendole il motivo profondo del mio malessere.
"Anita" la voce della mia collega assume un'inclinazione seria. "Non c'è bisogno che io ti dica quale sia la soluzione più giusta per Lucia, vero?"
Scuoto il capo, rilasciando un sbuffo. "Maria, non è così semplice" piagnucolo, mantenendomi la testa tra le mani. "Non so che fare".
Lei mi accarezza il capo con un fare premuroso. "Qui ti sbagli, Anita. Tu sai esattamente cosa fare, devi solo parlarne con Luca" mi fa presente. "Ma ti prego, non abbandonarla a un destino infelice, non lasciarla sola".
Mi rendo conto che il suo sguardo incroci il mio, supplichevole.
E io mi ritrovo ad annuire con le lacrime che premono per affiorare dai miei occhi.


Continuo a pensare a quello che mi ha detto Maria, insistentemente. Vorrei poterne parlare con Luca in questo preciso istante eppure ho paura della sua reazione. E se non fosse quello che lui vuole? Che decisione potrei prendere io, da sola?
Infilo le mani nelle tasche del mio camice, attraversando i corridoi dell'ospedale, muovendomi come un'automa, poi improvvisamente una figura attira la mia attenzione.
Mi affretto a velocizzare il mio passo pur di stare al suo e quando le sono accanto, afferro un suo braccio per far in modo che arresti il suo cammino.
"Cris?!" la richiamo esterrefatta.
Lei incrocia il mio sguardo, divincolandosi dalla mia presa.
"Lasciami stare, Anita. Ho fretta" mi fa presente, riprendendo a muoversi per ricavare sempre più distanza.
Ma la tallono, intralciando i suoi passi.
"Che ci fai qui?"
Lei rotea gli occhi al cielo, infastidita dalla mia curiosità.
"Ho fatto una visita ginecologica, ok?" sbotta poi fuori con esasperazione.
"Oh..."sussurro, colta da un'illuminazione speranzosa. "E il bambino come sta?" le domando, sciogliendomi in un sorriso.
Riso che, però, la mia amica ricambia con un'occhiata fulminea. "Ho deciso di abortire" mi confessa con un tono che non ammette repliche, evadendo però dal mio sguardo.
"C-cosa?" le domando, ancora incredula. "Non stai facendo sul serio..."
Questa volta è lei a fronteggiare me, incrociando le braccia al petto. "Sì, sto facendo sul serio, ok? Anita, la vita è mia, decido io cosa sia più giusto per me. E se ti dico che questo non è il momento più adatto per una gravidanza, tu non puoi proibirmi niente. Tantomeno costringermi ad avere questo figlio, ok?" strepita, in un impeto rabbioso.
Ma ormai anche io ho abbandonato ogni segno di accondiscendenza. "Ti prego, Cris, io non voglio costringerti a fare nulla, ma ripensaci. Non è la scelta migliore e lo sai. Non dirmi che non hai provato niente nel sentire il suo cuore battere" le faccio presente, giungendo le mani davanti al viso, mentre spero che il mio sguardo implorante la scalfisca.
Lei contrae le labbra in un'espressione dura, socchiudendo gli occhi.
"Solo perché tu sogni di essere madre a tutti costi, non puoi pensare che sia quello che vogliamo tutte!" sputa fuori con disdegno.
Sbarro gli occhi davanti alla sua rivelazione. Mi porto una mano alle labbra per soffocare un singulto, sconvolta dalla sua accusa, ma quando sembra che io mi sia ripresa dallo shock, non riesco a non utilizzare parole dure nei suoi confronti.
"Non stai dicendo sul serio..." le faccio notare, scuotendo il capo.
Cristina ridacchia sarcasticamente, sporgendosi verso di me, in segno di affronto."Non sono mai stata più seria di così".
"E allora sono io a dire una cosa a te! Sei cattiva e irrispettosa nei confronti di chi farebbe di tutto pur di provare questa gioia. E sai? Credo proprio che tu faccia bene ad abortire perché questo bambino non lo meriti!"
Mi accorgo, solo in un secondo momento di cosa le abbia detto, eppure ormai è troppo tardi per pentirsene. Ce ne siamo urlate di cotte e crude, scaricandoci addosso parole di cui ci pentiremmo presto, accecate dalla rabbia e dalla voglia di farci male a vicenda.
Così, mentre avverto la mia amica fare un passo indietro, tentennado con lo sguardo lucido su di me, io mi rendo conto che vorrei cancellare tutta questa conversazione. Ma non ci viene dato modo.
Le parole mi si incastrano in gola, mentre ci osservo ansanti per lo sfogo ed entrambe mortificate nei confronti dell'altra.
"Oh, bene!" la voce di Edoardo ci fa voltare entrambe. "Quando si dice prendere due piccioni con una fava!"
Sussulto alla sua vista e la reazione di Cristina è la stessa, così nel momento in cui lo osservo portarsi le braccia al petto, riservandoci uno sguardo indagatore, mi viene da pensare che sia davvero arrivata la resa dei conti.
"Adesso voi due mi direte cosa sta succedendo!" ci fa notare, lasciando vagare i suoi occhi prima su di me e poi sulla sua ragazza al mio fianco.
Mi passo una mano sul viso, scuotendo il capo, scrutando di sottecchi la mia amica in difficoltà.
"Non succede proprio nulla" gli replica, poi, assottigliando lo sguardo.
"Oh, ma ne sei davvero sicura?" ribatte Edoardo, allargando le braccia in un gesto plateale, il tono puramente sarcastico e irrisorio. "E allora, dimmi, cosa ci facevi qui in ospedale per una visita ginecologica?"
Cristina sbarra gli occhi, colpita nel vivo. È chiaro che posta davanti all'evidenza, non sappia più come scappare. Ma vorrei che capisse non ne ha bisogno, perché Edo è qui e la ama da impazzire; non vedo per quale motivo abbia paura di dirglielo.
A quel punto, proprio quando lui mi fa segno di allontanarmi, io acconsento e comincio a macinare passi lontano da loro, sperando che questo possa aiutarli a capirsi.
Eppure, questa situazione mi ha appena lasciata con l'amaro in bocca. Quello che Cristina mi ha detto, nonostante sono sicura non lo pensasse davvero, non fa che torturarmi.


Intravedo la porta del mio studio come se fosse un miraggio; voglio potermici rifugiare e rimanere sola, sfuggendo a qualsiasi altra cosa mi circondi. Per oggi credo di aver dato abbastanza. Così, quando riesco a raggiungerlo senza essere incappata in richieste di aiuto o richiami, mi richiudo la porta alle spalle, appoggiandomi contro di essa e rilasciando un lungo respiro.
Luca è qui, seduto alla mia scrivania, mentre gioca distrattamente con una penna, facendola roteare tra le dita e io mi sento pervadere alla sua vista dalla sorpresa.
Non appena il suo sguardo incrocia il mio, la lascia ricadere sulla scrivania, facendo affiorare un sorriso luminoso sulle sue labbra.
"Oh, Luca, sei qui..." mormoro.
Lui annuisce, allargando le braccia e indicandosi con le mani. "Non sei contenta di vedermi?" domanda in un sogghigno.
A quel punto gli sorrido, consumando passi nella sua direzione pur di accorciare le distanze.
Gli allaccio le braccia al collo e Luca mi aiuta a sistemarmi sulle sue gambe, tenendomi per i fianchi. Prima che possa aggiungere altro, lascio che le mie labbra cerchino le sue, riversando tutta la mia tensione in questo bacio.
"Devo presupporre che sì, tu sia davvero contenta di vedermi..."sussurra lui sulle mie labbra, accarezzando con il pollice la mia guancia. Socchiudo gli occhi sotto il suo tocco, rilasciando un respiro profondo.
"Abbracciami, per favore..."lo imploro, aggrappandomi al suo corpo.
Luca non se lo lascia ripetere due volte e mentre mi appoggio al suo petto, con i battiti dei nostri cuori a riecheggiare nelle mie orecchie, mi rendo conto che quando sono accanto a lui, tutto il resto scomparga.
Lui mi stringe, mi accarezza, lascia che le sue dita si muovano su e giù lungo le mie braccia, provocandomi la pelle d'oca, senza mai perdere il contatto visivo. Rischio di potermici perdere nei suoi occhi.
"Brutta giornata?" mi chiede, abbassandosi per baciarmi tra i capelli.
Rialzo lo sguardo per puntarlo nel suo, carezzandogli il petto con le dita.
"Già" ammetto, tornando ad accoccolarmi a lui. "Ho un paio di cose da dirti".
Luca rilascia un sospiro, puntando lo sguardo dritto davanti a sé. "In verità anche io..."
Incrocio i suoi occhi velocemente, sporgendomi verso di lui, per baciarlo ancora e perdermi sotto il suo tocco. "Prima tu..."gli sussurro, trattenendo il suo viso tra le mani, senza volerlo lasciare andare sul serio.
Luca ridacchia sotto il segno delle mie mani che si muovono sul suo viso e poi lungo il suo collo, per scendere a circondargli le spalle.
"Mi rendi le cose difficili così, però" mi fa notare, ridendo divertito.
Lo colpisco scherzosamente a una spalla, incalzandolo con lo sguardo a parlare.
Avverto le sue dita accarezzare la mia spalla mentre i suoi occhi si posano con insistenza su di me. "Stavo pensando a una cosa. Tra pochi giorni sarà il compleanno di Lucia, no? Ricordi che le avevamo promosso una festa?" mi esorta con un sorriso.
"Luca..." all'improvviso tutto il mio turbamento riaffiora.
"Cosa c'è, Anita?" mi domanda, circondandomi il viso con le mani.
Ma le parole di Maria tornano a farsi presente nella mia mente.
Non abbandonarla a un destino infelice...
"Potremmo chiedere di farle passare un giorno fuori dalla casa famiglia. Non trovi?" ritenta lui, sporgendosi verso di me, speranzoso.
Ma io abbasso lo sguardo, evitando i suoi occhi brucianti su di me.
"Sai cosa significherebbe questo per lei?" gli confesso i miei dubbi, ma Luca non sembra comprenderne la gravità.
"Che passerà una giornata in nostra compagnia?!" mi fa presente, confuso.
"Luca..."lo richiamo, roteando gli occhi al cielo. "Non è giusto illuderla per qualcosa che non possiamo permetterle".
Ormai non c'è più spazio per i sogni, ho fatto già duramente i conti con la realtà, una volta, e ora più che mai ho solo bisogno di certezze anche io.
Ma evidentemente Luca, alle mie parole, si ritrova messo alle strette perché non osa replicare.
E io avverto il mio cuore stringersi piano, piano, dilaniato dall'impotenza di non poter davvero fare nulla.

Mia piccola Lucia perdonami...


ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno!
Un altro capitolo che arriva ancora a distanza di pochi giorni,  ma come vi ho già fatto presente precedentemente, ormai non faccio che scrivere e tutto il successo che la storia sta riscuotendo mi invoglia solo a fare meglio.
Quindi, nuovo capitolo, nuove vicissitudini! Cosa ne pensate? Come credete andrà a finire la situazione di Lucia? Pensate davvero che Anita abbandonerà la piccolina al suo destino? E Luca?
Beh, non vi resta che continuare a seguire per saperlo, ma intanto, fatemi sapere che ne pensate! È davvero importante per me. Intanto, grazie mille a chiunque segue la storia, l'aggiunge nelle sue liste e la commenta. Grazie mille! Stiamo raggiungendo traguardi importantissimi 😍
Buon weekend e a presto con un nuovo capitolo❤


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Capitolo 61
*** Capitolo 60 ***


Capitolo 60
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Capitolo 60



Stringo il pupazzetto di Lucia al petto, cullandolo tra le mie braccia. Ormai il suo profumo è scivolato via, ma mi sembra di sentirla ancora vicina a me, come se non fosse mai andata lontana.
La verità è che devo smetterla di mentire a me stessa, l'ho sempre fatto: non sono mai stata pronta a lasciarla andare, soprattutto adesso che il suo pensiero non mi abbandona mai. Non faccio che immaginare come sarebbe poterle donare una famiglia che lei desidera. Ma continuo a credere che illuderla di qualcosa di poco stabile sarebbe davvero terribile per lei.
Sbuffo, portandomi le mani a mantenere la testa. Avverto che potrei scoppiare, non ce la faccio. Speravo di aver raggiunto una mia serenità, ma adesso questa situazione può sul serio compromettere tutto.
Ne ho parlato con Sabrina, e quando le ho fatto presente cosa avessi intenzione di fare, ha storto il naso, esponendomi la sua idea. Da sola potrei ottenere un affido temporaneo, ma questo non è davvero la giusta soluzione per Lucia. Le darei l'opportunità di vivere al mio fianco in modo estemporaneo, vedendomi costretta a lasciarla andare nel caso una famiglia facesse richiesta.
Poi, improvvisamente, il campanello di casa suona, squarciando il silenzio che aleggia nel mio appartamento.
Abbandono il pupazzetto sul divano, strascicando i piedi fino alla porta.
Apro senza guardare dallo spioncino e la sorpresa mi invade non appena mi rendo conto che fuori dalla porta ci sia proprio Sabrina.
"Sabri, ma che fai qui?!" le domando, lasciandole trapelare quanto stia esterrefatta dalla sua presenza qui.
Lei rotea gli occhi al cielo, mantenendosi la pancia mentre cerca di regolarizzare il respiro.
"Fammi entrare e te lo spiego. Ma prima dammi qualcosa da bere!" proferisce, sorpassandomi per insinuarsi in casa, frettolosa.
La tallono, confusa. "Non sei venuta da sola, vero?! Sai che non puoi metterti alla guida in queste condizioni, tantomeno fare sforzi!" le faccio notare, seguendola fino in cucina.
Lei sbuffa, allargando le braccia per enfatizzare il concetto. "Basta, Anita, dammi tregua. Non fare la dottoressa con me!" mi fa presente, indispettita.
"Ok..."le concedo, arresa. "Ma?"aggiungo, subito dopo.
Lei assottiglia lo sguardo, voltandosi nella mia direzione. "Mi ha accompagnato Marco, tranquilla. Mi aspetta di sotto!"
"E perché sei salita da sola?" chiedo, indagatoria.
"Anita..." sciorina lei in un lamento, muovendosi nella mia cucina e versandosi da sola da bere. Poi ingurgita un grosso sorso d'acqua prima di tornarmi a guardare con insistenza. "Perché dobbiamo parlare. Da sole." ammette con un tono che non accetta repliche.
"Okay?" la sollecito, confusa.
"Bene" proferisce lei, risolutiva, portandosi le braccia al petto. "Ti vedo collaborativa" aggiunge, aprendosi in un sogghigno divertito, che si spegne alla vista della mia occhiata fulminea.
"Hai parlato con Luca?" domanda, poi, perentoria.
"Di cosa?"
"Anita!" protesta lei, con esasperazione. "Ma sei fuori o cosa? Di Lucia, mi pare ovvio!" replica, colma di sbigottimento.
"Sabri..." la supplico con lo sguardo.
"No, Anita" ritenta lei, sporgendosi verso di me per appoggiarmi le mani sulle spalle in una presa salda e ferma. "Tu sai esattamente cosa sia la cosa giusta per quella bambina. Devi dirlo a Luca".
Scuoto il capo, abbassando gli occhi ai miei piedi, presa dallo sconforto."Sabrina, e se non fosse quello che lui vuole? Si tratta di adottare una bambina, non metto in dubbio che Luca le voglia bene, ma se non si sentisse pronto?" le rivelo con rammarico.
A quel punto lei sorride, addolcendo lo sguardo e dedicandomi una carezza premurosa sul viso. "Devi fidarti di lui, Anita. Lo sai bene tu, ma lo sa anche Luca" mormora lei, piano, osservandomi in modo complice.
Improvvisamente avverto le lacrime risalirmi agli occhi colta da una voglia di piangere. Incrociando lo sguardo comprensivo di Sabrina, capisco che lei creda davvero in questa causa e ne conosco bene il motivo: si rivede nella sofferenza di Lucia ma sa anche cosa significa ricevere le attenzioni e le premure di una famiglia a prendersi cura di te.
"Va bene" acconsento, ringraziandola con lo sguardo. Nonostante non sia ancora del tutto convinta, voglio provarci.
Lei allora mi abbraccia, stritolandomi tra le sue braccia e trillando eccitata. "Non vedo l'ora di conoscere quella bambina, lei e Agnese cresceranno insieme e sarà magnifico!"
"Non ti sembra di star correndo troppo?"le faccio notare, lasciandomi coinvolgere allo stesso tempo dal suo divertimento. "Lucia non è ancora qui con noi".
"Appunto" mi replica, colpendomi scherzosamente a una spalla. "Sbrigati ad andare a riprenderla. Quella bambina ha bisogno di voi".
E mentre lo dice, non posso fare a meno di pensare che non ci sia davvero altro posto dove Luci possa stare.

Ho cercato di parlarne con Luca, lo confesso. Ma sembra che il destino ci abbia remato contro e continua a farlo tuttora, non dandomi mai la possibilità di esporgli la mia volontà. E prima il lavoro, e poi un impegno improrogabile, e ancora un intervento imminente; pare che davvero non ci sia un attimo per rimanere da soli. Ma riuscirò a trovare il modo, devo. Nel frattempo, però, torno a dedicarmi al lavoro: ora che ho riacquistato il benestare di Visconti, non posso assolutamente fare in modo che lui perda di nuovo fiducia in me.
Mi sono concessa una breve pausa pranzo con il mio gruppo di specializzandi ed è stato bello scoprire che si sia creata una forte collaborazione tra di noi. Nonostante a volte mi ritrovi a doverli richiamare per il troppo entusiasmo di fare che potrebbe portarli ad agire con incoscienza, sono contenta di averli accanto.
Così, mentre ognuno ritorna alle proprie mansioni, Arianna, che nonostante non faccia parte del mio gruppo, si è insinuata in esso, mi affianca, spalleggiandomi.
"Allora, con Luca come va?" mi domanda maliziosa, sgomitandomi complice.
Le lancio un'occhiata divertita, voltandomi verso di lei. "Direi che va alla grande" le confido, con l'emozione a irradiarsi nel petto. Quello che è successo con Luca mi appare ancora come qualcosa di tanto bello e meraviglioso, da stentare a crederci.
Lei si scioglie in un sorriso, vittoriosa, prima che il suo sguardo si faccia pensieroso. "Volevo chiederti questa cosa da un po'..." mi rivela, lasciando trapelare titubanza dalle sue parole.
"Vuoi chiedermi di Nicola?" le domando, sporgendomi verso lei, sospettosa.
Arianna si copre il volto con le mani, scuotendo il capo e cercando di mascherare un certo imbarazzo. "Oh, nono, tanto non avrei comunque speranze con lui" mi fa presente, incontrando il mio sguardo. "Volevo chiederti di Lucia".
Al solo ascoltare il suo nome, sussulto.
"Oh, Lucia...".
Lei deve rendersi conto che la sua rivelazione mi abbia scosso, perché appoggia una mano sul mio braccio, accarezzandolo delicatamente.
"Cosa vuoi chiedermi?" le chiedo, abbassando lo sguardo.
"Ho saputo che l'hai rivista e so quanto tu tenga a quella bambina; volevo sapere come stessi".
Accenno un sorriso grata per la sua premura e cerco di nascondere una certa emozione che mi si irradia nel petto.
"È molto carino da parte tua. Ma non saprei dirti con precisione come mi senta adesso" le rivelo, sincera come non mai.
Arianna annuisce comprensiva. "E come pensi stia lei?"
Mi sento solo male al pensiero di come possa star soffrendo Lucia. E ho paura che possa essere arrabbiata con me per come me ne sono andata. "Lucia non sta bene, Arianna, e so di dover fare qualcosa per lei, al più presto" le confido, forse decisa come lo sono stata poche volte nella mia vita.
La mia collega assottiglia lo sguardo, scrutandomi con fare indagatore. "È quello che penso io?" mi domanda, poi, accennando un sorriso, stupefatta.
"Non so, tu cosa pensi?"
Arianna scrolla le spalle. "Penso che qualsiasi cosa tu abbia in mente, sia quella giusta" ammette, lanciandomi un'occhiata complice.
Nel momento in cui acconsento con il capo, mi rendo conto di come sia possibile io abbia potuto dubitare di lei.

Mi richiudo la porta alle spalle, silenziosamente, muovendomi a piccoli passi verso la scrivania. Luca mi dà le spalle, appoggiato allo schienale della sua sedia da ufficio, mentre il suo sguardo è catturato dal panorama al di fuori della stanza.
Un sorriso si insinua spontaneo sulle mie labbra, non appena gli sono dietro.
Mi mordo un labbro, per nascondere una risata, rendendomi conto che si sia però appisolato; la bocca arricciata in un broncio, i capelli che gli ricadono scompigliati sulla fronte.
Mi abbasso su di lui, avvicinando la mia bocca al suo orecchio, e lascio che le mie mani si appoggino sulle sue spalle, accarezzando la stoffa del suo camice tra le dita.
"Ciao, bello addormentato..." gli sussurro, avvertendolo sussultare lievemente sotto il mio tocco.
Luca riapre gli occhi, inchiodandomi con il suo sguardo e facendo affiorare un dolce sorriso sulla sua bocca.
"Ehi..."mormora, coprendosi le labbra per soffocare uno sbadiglio. "Scusa ma è stata una giornata infernale, stavo cercando di recuperare..." proferisce, costernato.
Gli concedo un sorriso, accarezzandogli una guancia con dolcezza. "Si vede che sei stanco. Tra quanto finisci?"
Lui scrolla le spalle, stropicciandosi gli occhi con le dita. "Non ne ho idea" ammette, contritamente. "È davvero una giornata piena".
Gli dedico uno sguardo comprensivo, annuendo, prima che lui mi faccia segno di sedermi sulle sue ginocchia.
Così, mentre mi accoglie tra le sue braccia, facendomi spazio tra le sue gambe, mi accocolo al suo petto, rilasciando un sospiro sereno, facendo vagare lo sguardo oltre il vetro che ci separa dall'ambiente esterno. Luca mi stringe a sé, adagiando le mani sulla mia pancia, e lasciando strofinare il naso contro la mia spalla scoperta.
"Credo che tu non mi abbia ancora salutato come si deve..."mormora contro la mia pelle, facendomi rabbrividire di piacere.
Soffoco un risolino, voltandomi nella sua direzione, e avvicinandomi al suo viso per fargli una smorfia divertita.
"Io invece credo di averlo già fatto" lo provoco, sottraendomi al suo tocco.
Osservo una scintilla maliziosa attraversare gli occhi di Luca e non appena mi rendo conto che si stia avvicinando con fare suadente, gli do le spalle, ridendo divertita. Luca è però più svelto di me e prima che me ne possa solo rendere conto ha già catturato le mie labbra con le sue, trasportandomi in balia delle emozioni che solo lui riesce a provocarmi. Così, quello che è dapprima uno scoprirsi, uno sfiorarsi, come se volessimo imprimere e goderci a fondo questo momento, diventa ben presto un tripudio di passione. Socchiudo gli occhi, insinuando le mie mani tra i suoi capelli, mentre lui non smette di accarezzarmi e baciarmi, scendendo con le dita lungo le mie braccia. Ogni suo tocco è un brivido, una sensazione.
Ci pensa però il suo cercapersone a interrompere l'idillio del momento e Luca trattiene un gemito frustrato sulla mia bocca, allontanandosi a fatica da me.
"Come non detto..." borbotta, recuperando il suo aggeggio nella tasca.
Mi ricompongo in fretta, mordendomi le labbra che hanno ancora il sapore di lui e mi rimetto in piedi, facilitando le sue azioni.
Quando il mio fidanzato si avvicina per lasciarmi un ultimo bacio a fior di labbra che ci fa bramare il momento in cui ci rivedremo, mi rendo conto io abbia fatto tutto al di fuori che dirgli quello che volevo.
"Luca, aspetta".
Lui allora si volta verso di me, fermo, davanti alla porta, pronto ad andare via. Nonostante riesca a percepire i suoi tratti fremere al pensiero di dover agire in una situazione di emergenza, lui è qui, pronto ad ascoltarmi. Con lo sguardo mi esorta a parlare e io devo armarmi di tutto il coraggio possibile per confessargli questo peso che mi porto sul cuore.
"Dobbiamo andare da Lucia" gli dico poi, alla fine, senza mezzi termini o giri di parole.
Osservo gli occhi di Luca illuminarsi, brillare di luce propria. E, nel momento in cui annuisce, lasciando affiorare un sorriso sulle sue labbra, comprendo che stia davvero facendo la scelta giusta.
"Aspettavo che me lo dicessi" mi replica, prima che mi restituisca l'immagine della sua figura allontanarsi e io in cuore mio incomincio a contare le ore al solo pensiero di rivedere Lucia.

La dottoressa Parracciani ha chiesto di riceverci e non nascondo di essere un po' agitata al pensiero di avere un secondo colloquio con lei. Eppure sento che non dovrei, perché l'altra volta è stata davvero tanto carina con noi. Così, mentre io e Luca percorriamo le scale che ci conducono all'appartamento che lei ha adibito come studio privato, cerco la sua mano, sperando che questo possa dare conforto al mio subbuglio interiore.
Luca si volta nella mia direzione, accennando un sorriso comprensivo e rinsaldando la presa sulle mie dita. Non nasconde che sia teso anche lui come me: riesco a intravedere l'agitazione farsi spazio sui suoi tratti. Poi, impalati davanti al portoncino color ciliegio dove è infissa una targhetta dorata che riporta il nome della psicologa, avverto ogni fibra del mio corpo essere scossa, tendersi in allerta.
Luca suona il campanello e mentre aspettiamo pazientemente che la porta venga aperta, comincio a contare silenziosamente. Poi avverto la serratura scattare e mi premuro di rialzare lo sguardo, ma mi rendo conto che quella agitazione di poco prima non possa che farsi più insistente quando incrocio gli occhi severi e glaciali di Irene Berardi.
Deglutisco un boccone a fatica, voltando la mia attenzione verso Luca al mio fianco.
"Signorina Berardi?" anche lui come me appare sorpreso dalla sua presenza qui, ma lei davanti al nostro stupore non sembra davvero fare una piega.
"Salve" ci replica, incolore, scostandosi per permetterci di entrare nell'appartamento.
Mentre insieme la seguiamo verso lo studio dove ci attende la psicologa, non posso che sentirmi intimorita dalle occhiate di Irene che non riesce a fare a meno di puntare lo sguardo su me e Luca e le nostre mani intrecciate. Mi viene da pensare, scrutandola camminare al nostro fianco, che oggi più che mai le nostre tensioni personali siano state riportate a galla.
Senza che me ne accorgo, Irene ci conduce dalla dottoressa Amelia, annunciandoci sulla soglia della porta.
"Sono arrivati" ammette, continuando a camminare dritta davanti a sé, affiancandosi alla sua collega.
La psicologa, a differenza sua, si dimostra essere sempre tanto cordiale e gentile nei nostri confronti, accogliendoci con un gran sorriso ad affiorare sulle sue labbra, illuminate da un lucido rosato.
Irene, in piedi accanto a lei, storce il naso, incrociando le braccia davanti al seno, non appena prendiamo posto. Mi viene da pensare che il suo comportamento sia davvero anti professionale ma cerco di fare il possibile per evitare il suo evidente disappunto.
Nello studio aleggia un bel profumo e mi viene da pensare che sia luminoso e arredato con gusto. Da ogni oggetto presente si evince la personalità della dottoressa.
"Allora" esordisce Amelia, giungendo le mani davanti a sé e portandoci a porle la nostra attenzione. "Il dottor Franzese mi ha riferito la vostra intenzione per il compleanno di Lucia".
Luca annuisce, serio e composto come solo lui sa essere, anche nelle situazioni più scomode.
"Sì" ammette, infatti, trovando il mio consenso. "Io e Anita abbiamo concordato che potesse essere un modo per Lucia di passare del tempo con noi".
"Bene"è d'accordo lei con noi, "essendo l'assistente che ha in carico Lucia, ho pensato che Irene dovesse essere presente a questo colloquio. Spero non sia un problema".
Osservo la diretta interessata impettirsi come un pavone, fiera di se stessa e mi viene da pensare che lei sia davvero un problema, invece.
"Nessun problema" proferisce Luca, cauto.
"Perfetto" esclama Amelia, sorridendoci cordiale. "Irene vuoi dirci la tua?"
Porto la mia attenzione su Luca, sentendomi tendere difronte a questa proposta, ma lui annuisce portando le sue dita a stringere le mie un po' di più.
"E pensate che questa sia la giusta soluzione per Lucia?" ci fa notare, assottigliando lo sguardo.
"Come?" Luca le palesa la sua confusione.
"Esattamente voi due cosa avete intenzione di fare? Credete che Lucia sia un pacchetto postale da prendere e riportare in casa famiglia quando più vi pare e piace?" aggiunge, guardinga, assottigliando lo sguardo.
Spalanco le labbra in un'espressione esterrefatta ma mi rendo conto che mi manchino le parole per replicare. Le sento scemarmi sulla punta della lingua, vedendomi la possibilità di fronteggiarla scivolarmi dalle mani.
"Quindi non sei d'accordo, Irene?" Amelia cerca di riportare la calma, invitandola a porci le sue spiegazioni, ma lei è ferma sulle sue convinzioni e mi viene da pensare se il suo comportamento non dipende puramente dall'antipatia nei miei confronti.
"No, Amelia, non lo sono. Lucia è in uno stato emotivo fragile e precario, non posso permettere per il suo benestare che esso sia compromesso ancora. Che senso ha illuderla in questo modo? Hai idea di quanto lei possa starci male?" le fa presente, battendosi per la causa in modo ardito, poi i suoi occhi ricadono di nuovo su di noi. "Evidentemente non vi rendete conto di cosa questo possa scatenare" ci accusa, scuotendo il capo con fare allibito.
"Irene, cerchiamo di vedere il lato positivo" Amelia tenta di farla ragionare, "sappiamo benissimo quanto Lucia sia legata a loro due ed è evidente che sia altrettanto per Luca e Anita".
A quel punto l'assistente si apre in una risata nervosa e di scherno. "E cosa possono offrirle loro? Non mi pare che abbiano intenzione di darle una famiglia. E comunque in ogni caso per me la questione è chiusa qui".
Amelia arriccia le labbra in un'espressione severa, indurendo i tratti del suo viso. Adesso anche lei appare infastidita dalla sua irriverenza. "Va bene, Irene, hai esposto il tuo parere. Per me puoi anche andare, non c'è motivo che tu rimanga ancora qui" le fa notare, indicandole la porta dietro di lei.
Irene si professa colpita da quello che lei vede come un affronto personale e puntando i piedi a terra come una bambina si allontana, lasciando la stanza. La porta si richiude dietro di sé con un tonfo e io mi rendo conto di aver trattenuto il fiato per tutto questo tempo. Quando finalmente è ormai andata via, torno a respirare.
La dottoressa Parracciani trae un respiro profondo, accennando un sorriso impacciata."Non prendetela sul personale, per favore. Irene tiene davvero molto a Lucia e crede di agire sempre e solo per il suo bene" ammette poi con un tono costernato e di scuse.
Ma mi viene da pensare mentre rimurgino sulle parole dell'assistente che questa volta possa davvero aver ragione.
Il volto della dottoressa torna allora a distendersi in un'espressione gioviale. "Tornando a noi. Volete ancora vederla Lucia?"chi chiede, facendo alternare gli occhi prima su di me e poi su Luca al mio fianco.
Incontrando i suoi occhi mi viene da pensare che in questa situazione Amelia potrebbe davvero rivelarsi un ottimo aiuto. E dal modo in cui appare battersi per noi, credo sia disposta a darci tutto il suo sostegno.
Luca, a quel punto, si volta nella mia direzione, aprendosi in un sorriso aperto e luminoso.
"Certo che vogliamo vederla" ammette e mi accorgo, prima che possa solo pensarci ancora, di aver annuito anche io.
Stiamo arrivando, mia piccola Lucia...

ANGOLO AUTRICE:
Scusate, scusate, scusate! Sono imperdonabile e me ne rendo conto, ma è stato un periodo pieno di cose e non ho trovato il tempo per portare a termine il capitolo come avrei voluto. Sono successe davvero tante cose in queste settimane che mi hanno tenuto lontana dalla scrittura, ma cercherò di non lasciarvi più per così tanto tempo. Quindi, ecco qua il tanto aspettato capitolo! Nonostante anche ora non ne sia pienamente soddisfatta, mi auguro possiate apprezzare il mio sforzo. Ma veniamo a noi: arrivate a questo punto, come pensiate possa evolversi il tutto? Anita parlerà con Luca e se sì, cosa credete farà lui?
Non vi resta che continuare a seguire per saperlo, ma intanto aspetto i vostri commenti. Fatevi sentire, dai dai!
Prima di salutarvi, però, ci tengo a ringraziarvi enormemente per tutto il sostegno che mi state dimostrando, la storia sta raggiungendo ottimi risultati ed è solo merito vostro. GRAZIE MILLE!
Alla prossima💕


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Capitolo 62
*** Avviso ***


Scusate, scusate, scusate! E sì, lo so che vi aspettavate un nuovo capitolo ma temo dobbiate attendere un altro pochino. Purtroppo avrei voluto tanto aggiornare prima e mi rendo conto il mio ritardo sia imperdonabile, ma c'è un motivo alla mia assenza: ahimè mi sono beccata una brutta influenza che sembrava non volesse andare via. Adesso sono in vacanza e cerco di godermi gli ultimi giorni di mare prima di tornare alla vita di tutti i giorni. Ma non ho abbandonato la storia, anzi, sto lavorando al capitolo affinché sia pronto il prima possibile. Vi chiedo di avere solo un altro po' di pazienza, Luca e Anita stanno per tornare e porteranno con loro tantissime novità. Siete pronti? Un abbraccio, a presto ❤

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Capitolo 63
*** Capitolo 61 ***


Capitolo 61
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 61



Dopo il colloquio con la psicologa, non faccio che pensare che, questa volta, Irene possa aver ragione. Come potrebbe reagire Lucia al pensiero che una volta terminata la nostra giornata insieme la riportassimo in casa famiglia? Sicuramente la prenderebbe molto male. Ed è giusto che, arrivati a questo punto della situazione, io e Luca ne ragioniamo insieme, valutando quale sia la decisione più consona per lei. E soprattutto anche io ho bisogno di liberarmi di questo peso che mi opprime il petto: non possiamo più attendere ancora.
"Luca" lo richiamo, mentre insieme percorriamo il corridoio che conduce al padiglione dei nostri reparti. Nonostante avverta la mia voce tremolare lievemente, cerco di fingere fermezza. "Noi due dobbiamo parlare".
Lui si volta nella mia direzione, facendomi intuire tutta la sua sorpresa e confusione davanti alla mia proposta. "Certo, Anita, dimmi pure" annuisce però poco dopo.
Giocherello con le dita delle mani, abbassando lo sguardo. "Si tratta di Lucia" gli confesso.
Luca allora mi sprona a parlare, appoggiando una mano sulla schiena come a volermi dare il giusto conforto per continuare. "Hai cambiato idea? Non vuoi più vederla?" mi domanda, non nascondendo una certa preoccupazione all'evenienza.
"No!" ribatto con foga, incrociando i suoi occhi incerti,"non si tratta di questo."
"E qual è il problema, allora?" mi fa notare, scuotendo il capo senza ben capire.
Annuisco, rilasciando un respiro profondo. "È che penso l'assistente sociale potrebbe aver ragione" ammetto, contritamente.
"E vorrei ben vedere!"
Sia io che Luca ci voltiamo, spaventati ed esterrefatti dalla presenza della stessa Irene qui.
Lei cammina fiera e austera verso di noi, stretta nel suo tailleur firmato, lasciando ticchettare le scarpe con il tacco sul pavimento.
Sbatto gli occhi, ancora incredula davanti all'evidenza. Cosa ci fa lei qui?
"Sono felice di trovarvi insieme" proferisce, arrivandoci accanto, soddisfatta. "Ma non avevo dubbi a riguardo. Da quant'è che va avanti la vostra storia? Mesi, settimane, giorni?" aggiunge con saccenza.
Assottiglio lo sguardo, indurendo la mascella. "Le interessa davvero?"
Lei mette su un'espressione irrisoria, scrutandomi con una certa sufficienza, mentre incrocia le braccia al petto. "Non sono qui per questo e se proprio volete saperlo nemmeno di mia spontanea volontà, ma avrei una certa urgenza di parlarvi".
Io e Luca ci destiamo in allerta, preoccupati dalle sue parole.
"Certo" le replica il mio fidanzato, compostamente. "Andiamo nel mio studio".
Cammino al suo fianco, cercando la sua mano per attirare la sua attenzione nel frattempo che l'assistente sociale ci segue, muovendosi accanto a noi. Luca incrocia il mio sguardo, fugacemente, accennando un sorriso dedito a rassicurarmi ma, mentre i suoi occhi rimangano incatenati ai miei, comprendo che lui sia il primo ad aver bisogno del mio sostegno.
Non appena ci richiudiamo la porta alle nostre spalle, il mio fidanzato fa segno a Irene di accomodarsi e non nascondo di sentirmi profondamente tesa all'idea di starle così accanto.
Lei incrocia le dita delle mani, lunghe e smaltate di rosso, professando un'espressione rammaricata.
"Non c'è bisogno che io vi dica perché sono qui" esordisce, facendo alternare i suoi occhi prima su di me e poi su Luca.
"No, infatti" chiarisce proprio lui, per entrambi. "È successo qualcosa a Lucia?" le chiede subito dopo.
Lei nega con il capo, rilassandosi contro lo schienale della sedia. "Non esattamente, ma continuo a pensare che la vostra idea potrebbe turbarla, enormemente" ci riferisce, stringendo le labbra in una linea dura.
"Pensavo la questione fosse risolta" le replica Luca, corrucciando la fronte.
Lei svia il discorso con un gesto della mano. "Assolutamente no, ho sempre palesato quanto fossi contraria a riguardo ed è per questo che sono qui" ribatte con più convinzione.
A questo punto, nonostante mi sembri di comprendere che Luca si stia sforzando per mostrarsi gentile, lo avverto trarre un respiro profondo e dedicarle un'espressione tirata.
"Quindi, cosa vuole fare, esattamente? Proibirci di vedere Lucia?" indaga, assottigliando lo sguardo.
Irene rotea gli occhi al cielo, ma senza scomporsi più di tanto dalla sua posizione algida. "Voglio agire per il bene di Lucia"ammette, portandosi una mano al petto con fare melodrammatico.
Ormai però Luca ha abbandonato ogni convenevole, rivolgendosi a lei con un tono sfrontato. "Anche noi, se è per questo! Non creda che evitarci di vederla possa farla stare meglio!" esclama infatti con stizza.
L'assistente sociale appoggia una mano sulla fronte, scuotendo lievemente il capo e scrutandoci come due ottusi, sordi davanti all'evidenza.
"Luca, Anita" mormora, traendo un lungo respiro e trattenendosi per dimostrarsi paziente nei nostri confronti. "Mi rendo conto che il vostro legame con Lucia sia davvero forte e duraturo, ma proprio per questo trovo che la piccola debba essere tutelata".
"E quindi?" ribatte lui, spalancando le braccia con scetticismo.
"Luca..." sussurro, avvertendo la mia voce palesarsi roca. "Irene potrebbe aver ragione, lasciamola parlare..."
I loro sguardi si posano su di me, che me ne ero rimasta in silenzio per tutto questo tempo. La Berardi sembra scrutarmi con una sorpresa mista a soddisfazione. Chissà, deve essere motivo di stupore per lei sapermi dalla sua parte.
Luca, arrendevole, a quel punto lascia che lei ci esponga i suoi piani, appoggiandosi allo schienale della sua sedia da ufficio e rilasciando uno sbuffo. Mentre lo osservo non posso fare a meno di accorgermi che sia la prima volta che lo vedo reagire in un modo così impulsivo e diretto, rispetto alla compostezza che lo caratterizza.
"Non voglio vietarvi di visitare Lucia ma credo sia opportuno che lei rimanga in casa famiglia. Domani sarà il suo compleanno e organizzeremo una piccola festa, come tutti gli anni. Sono sicura che sarà felice di avervi lì con lei" .
E mentre la Berardi ci mette a corrente della sua idea, i miei occhi incrociano quelli di Luca ed entrambi ci destiamo curiosi davanti alle sue parole.
Non posso fare a meno di spalancare le labbra in un'espressione di pura sorpresa, ma, nonostante pare che io voglia replicare, sembra che mi manchi anche solo il fiato.
Irene poco dopo si alza dal suo posto, ricomponendosi come se avesse faticato enormemente e,sostenendo la borsa al petto, riprende la sua andatura.
"Bene" annuncia risoluta, incamminandosi verso l'uscita, e facendoci intendere che adesso la questione sia davvero chiusa. "A domani" aggiunge, frettolosamente, già distante ormai da noi.
Poi si richiude la porta alle spalle, lasciandoci soli a fare i conti con la notizia.
Luca si alza dal suo posto, e si dirige a passo spedito verso la finestra; le spalle curve, le mani inforcate nelle tasche dei jeans. Riesco a leggere nei suoi occhi l'insoddisfazione che le parole della Berardi hanno scaturito in lui.
Così mi avvicino, lo stringo a me, inglobando il suo busto tra le mie braccia e rilasciando un sospiro liberatorio contro la sua schiena. Lui, in risposta, appoggia le sue mani sulle mie, stringendo le sue dita come se io adesso fossi il suo unico appiglio.
"Luca..." lo richiamo, cercando di attirare la sua attenzione, ma i suoi occhi sono rivolti oltre il vetro che ci divide dall'esterno. La sua espressione è imperturbabile e sento che vorrei capire, svelare tutte le sue tensioni e appianarle.
Allora mi paro davanti a lui, trovando il suo sguardo teso e tormentato.
"È la decisione migliore" mormoro, sporgendomi verso di lui per accarezzare il suo viso tra le mie dita. Lambisco le sue guance, lasciando che lui socchiuda gli occhi sotto il mio tocco.
"Lucia ne sarà felice..." sussurro, ormai a un passo dalle sue labbra, scontrando la mia fronte con la sua. Sento che ho bisogno anche io di rassicurazione, di sapere che andrà davvero tutto bene come gli dico.
Luca allora annuisce, arricciando le labbra in un piccolo e dolce sorriso, forse rendendosi conto che il suo mutismo possa farmi vacillare.
Avverto dal modo in cui le sue mani percorrano le mie braccia e da come i suoi occhi mi rimangano addosso che voglia dirmi qualcosa eppure sembra che anche a lui adesso manchino le parole.
Ora come ora questo non è il momento più adatto per affrontare un argomento così delicato, e quando lui si sporge verso di me, lambendo il mio labbro inferiore, attirandomi a sé per baciarmi, lo lascio fare.
Socchiudo gli occhi, abbracciandolo a me, stretto, rilassandomi sotto il tocco delle sue dita che si aggrappano al mio corpo.
Adesso abbiamo bisogno l'uno dell'altro, il resto lo affronteremo, poco per volta, insieme.

Il compleanno di Lucia è arrivato e io stento a pensare che di lì a poco la rivedrò. Non nascondo di sentirmi un po' spaventata all'idea di un suo rifiuto, ma è un qualcosa che va affrontato.
Stringo a me lo scatolone con tutti i regali che abbiamo portato per lei. Quando in ospedale si è sparsa la voce che andassimo a trovarla in casa famiglia, ognuno di loro ha pensato di farle un piccolo pensiero. Così, mentre spero che Lucia possa gradire tutti i peluche, i libri da leggere e colorare, le bambole che abbiamo per lei, incontro gli occhi di Luca.
"Dai a me" mi fa presente lui, togliendomi da un ingombro tanto grande e mi viene da pensare se la tranquillità che stia dimostrando sia veramente veritiera.
Accenno però un sorriso, cedendogli la scatola e, rilasciando un sospiro, poso il mio sguardo sulla comunità che si staglia alta e imponente davanti ai miei occhi.
Luca appoggia una mano sulla mia schiena, accompagnandomi verso l'entrata.
"Sei pronta?" mi sussurra accanto all'orecchio, scostando una ciocca dei miei capelli che è scivolata lungo il collo. Il mio corpo si scioglie sotto il tocco delle sue dita e, quando mi volto verso di lui, acconsento con il capo.

Ad accoglierci è Maurizio Accorsi, il responsabile della casa famiglia e, notandolo sull'uscio della porta, non posso fare a meno di tornare indietro di mesi, al momento in cui hanno portato Lucia via dall'ospedale.
Lui deve essersi reso conto che la sua presenza ci abbia reso rigidi e tesi, perché si premura di accennare un sorriso cordiale.
"Buongiorno" enuncia poi, gentile. "Vi stavamo aspettando. Entrate pure" aggiunge, facendosi di lato per permetterci di farci spazio nell'appartamento.
"Potete dare anche a me" ci fa presente, indicando lo scatolone che Luca porta con sé.
Lui però, quasi come se stesse scattando in difensiva, lo stringe più al petto, svincolando la mano che Maurizio ha porto verso di lui.
"Se permette, vorremmo consegnare questi regali a Lucia noi stessi".
Lui annuisce ancora un po' frastornato e confuso dalla nostra richiesta, poi prende a farci strada.
Mentre attraversiamo il corridoio, avverto il chiacchiericcio dei bambini palesarsi sempre più vicino e non appena arriviamo in sala comune mi rendo conto che i piccoli siano riuniti tutti lì. La stanza è stata addobbata con festoni e palloncini, donando all'ambiente un'aria che oserei dire famigliare. I bambini si dilettano in giochi, fischiando trombette e divertendosi a rincorrersi. Avverto il mio cuore scalpitare davanti alla spensieratezza che alberga nei loro occhi. Eppure mi rendo conto che nonostante sia la festeggiata, l'assenza di Lucia si percepisca in modo evidente.
Le educatrici che avevamo avuto modo di conoscere la scorsa volta ci salutano cordialmente e poco dopo anche la dottoressa Parracciani fa il suo ingresso nella stanza.
"Che bello rivedervi, Luca e Anita. Sono proprio contenta che voi siate qui" ammette, aprendosi in un grande sorriso.
Non riesco a ricambiare con la stessa enfasi, come invece vorrei, perché il mio sguardo scruta fugace qualsiasi cosa mi circondi, alla costante ricerca della mia piccola Lucia, quasi come se in ogni istante io potessi vederla arrivare.
"Sapevo che Irene in qualche modo si sarebbe convinta" aggiunge poi, incrociando le mani davanti a sé e guardando i piccoli, radiosa.
"Anita!"
Ma non sto già più ascoltando la psicologa. Mi volto lentamente nella direzione in cui ho avvertito la sua voce e mi sembra di rivivere la scena in modo rallentato. Lucia è a pochi passi da me, seguita da Irene. Nonostante lo spazio che ci divide sia pochissimo, mi sembra che passi un'eternità prima che io la osservi raggiungermi. Tutto il resto è offuscato e ovattato, i miei occhi non possono fare a meno di perderla di vista, scrutandola smaniarsi per avvicinarsi. Le sue labbra, piccole e rosee, si inarcano in un dolcissimo sorriso e nel momento in cui la sento abbracciarmi, mi rendo conto che la sua stretta al momento mi faccia un po' traballare sul posto, ma, subito dopo, mi premuro di ridere felice, abbassandomi alla sua altezza.
Lucia sembra incastrarsi perfettamente nell'incavo del mio collo e mi viene da pensare che in questo preciso istante, con lei stretta al petto, mi senta davvero bene, completa.
"Anita" sussurra lei, accarezzando il mio viso, dimostrandosi ancora incredula davanti alla mia vista. Avverto il suo tocco segnare un percorso immaginario sul mio volto, quasi come se volesse appurare che sia la realtà e io sia davvero qui, accanto a lei. "Sono tanto, tanto felice che sei qui" ammette, prendendo a lasciarmi tanti piccoli bacini sul naso e sul viso, facendomi sorridere di cuore.
"Ah-ah, ma cos'è? Non si saluta più?" Luca si abbassa alla nostra altezza, fingendosi imbronciato. Poi reclama l'attenzione della piccola, solleticandole, divertito, un braccio.
Lei ride, accocolandosi a me, dopo sorride timidamente, allungando le braccia per stringere anche lui. 
In quel momento incrocio lo sguardo di Irene che ci osserva dall'alto della sua posizione; le braccia portate al petto e nessuna emozione che trapela dalla sua espressione algida.
Al suo fianco, la dottoressa Parracciani appare invece intenerita e commossa dal legame che abbiamo instaurato con Lucia. Nonostante riesca a percepire il modo insistente con cui sembrano guardarci, mi rendo conto che al momento non esiste nient'altro che noi, racchiusi in una bolla di spensieratezza e complicità.
"Ti abbiamo portato tanti regali, sai? Vuoi vederli?" le fa presente Luca, indicandole con il capo lo scatolone alle nostre spalle.
Lei saltella, muovendosi tra le nostre braccia unite. "Sì, sì!" trilla, colma di eccitazione.
Frenesia che riporta in ogni più piccolo gesto, dal momento in cui, con il nostro aiuto,apre la scatola a quello in cui con gioia ed emozione sembra apprezzare ogni più piccolo dono. Ma, nonostante Lucia appaia contenta di ogni singolo oggetto, mi viene da pensare che sia palpabile il più regalo per lei sia stata la nostra presenza. E ci osservo così, mentre attorno a noi tutto scorre e i presenti si dimostrano dei silenziosi spettatori del nostro momento.
"Anche io ho qualcosa per voi" ammette, poco dopo, giocherellando distrattamente con le dita.
"Davvero?" le replico, accarezzandole il capo e spronandola a parlare.
Lei ci fa segno di alzarci per seguirla nella sua stanza.
"Venite, vi faccio vedere" aggiunge, furbamente, destando la nostra curiosità.
Mentre ci allontaniamo, mi accorgo che gli occhi di Irene ci osservino con una certa ostinazione e quando il mio sguardo, incontra il suo, lei lo distoglie prontamente, guardando in  un'altra direzione.
La mia attenzione ritorna presto a Lucia e la osservo muoversi leggiadra, sembra quasi che volteggi, e quando raggiungiamo la sua camera, lei corre spedita alla ricerca di qualcosa nel cassetto accanto a letto.
"Trovato!" enuncia vittoriosa, voltandosi di nuovo nella nostra direzione, che aspettiamo pazienti di sapere cosa abbia da darci.
"Cos'è?" le domanda Luca, incuriosito.
Lei saltella fino a noi, sorridendoci acutamente. "Un disegno!" ammette, soddisfatta di se stessa. "Guardate!" ci esorta.
Abbasso lo sguardo al foglio di carta che ci sta ponendo. Lucia ci ha rappresentati al centro, mentre ci scambiamo un tenero bacio e lei è accoccolata tra le nostre braccia.
Non posso fare a meno di concederle un sorriso dolce, mentre avverto il cuore scalpitarmi in petto.
"Luci, è, è bellissimo..."
"Lo so!" esclama lei, dondolandosi sul posto."Datevi un bacio, però!" aggiunge, portandosi le manine alle labbra per soffocare una risata che vuole farci pensare sia ingenua.
"C-cosa?" pronuncio in imbarazzo e stupita dalla sua richiesta.
"Un bacetto!" ripete lei, con più insistenza, arricciando le labbra e simulando lo schiocco di un bacio.
Scuoto il capo, abbassando il capo, ma senza nasconderle il mio divertimento. Luca allora mi si avvicina, abbassandosi su di me per respirarmi sul collo.
"Credo che dovremo accontentarla" mormora, accarezzandomi una spalla con le dita.
"Sì, sì" Lucia annuisce ripetutamente con il capo, mentre lascio che poi, finalmente le labbra di Luca si posino sulle mie, dolcemente.
La piccola esulta, battendo le mani e io e Luca, ancora così vicini, con le bocche che si sfiorano lentamente, assoporandosi, ci lasciamo andare a un sorriso.
"Vieni qui, Lucia" Luca poco dopo la richiama a sé, afferrandola tra le sue braccia e permettendole così di stringersi a noi, sospirando serenamente.
"Vi voglio così bene" proferisce, con gli occhi che le brillano. Avverto l'emozione impossessarsi di ogni fibra del mio corpo, e mentre faccio in modo che si accocoli al mio petto, godendo della stretta sicura e protetta di Luca, mi concedo di lasciare andare una lacrima silenziosa.
Saremmo davvero la famiglia perfetta per lei.

Irene arriva a rovinare l'idillio del momento, facendosi presto seria in volto. Non sono sicura che, nonostante ci abbia permesso lei stessa di venire, sia contenta di averci qui. Il suo sguardo porta il triste presagio di una antipatia che è difficile da estinguere.
"È il momento della torta. Vieni Lucia, dobbiamo spegnere le candeline" le fa presente, mettendo su un sorriso speranzoso mentre le porge la sua mano. Ma la piccola scuote il capo, protestando all'idea di seguirla se non con noi al suo fianco. Così, l'assistente sociale annuisce, traendo un respiro un po' abbattuto, e si fa di lato permettendoci di passare, ma non mi sfugge che i suoi occhi sembrano volermi fulminare.
I bambini accolgono con entusiasmo Lucia e mentre le luci si abbassano, e le candeline creano strane e magiche ombre sulle pareti, mi accorgo dalla sua stretta quasi spasmodica che la nostra piccola non abbia intenzione di lasciarci. Osservo le sue piccole dita attirgliarsi ai nostri abiti, mentre lei socchiude gli occhi, soffiando per spegnere le candeline.
"Auguri tesoro" le sussurro, allora, stringendola ancora di più a me.
La sala esplode in un tripudio di applausi ed esaltazione ma il suo sguardo è tutto e solo per noi e il sorriso che poco dopo ci riserva dimostra tutta la sua gratitudine nei nostri confronti.
Non ti lascio più, Lucia...

Passare questa giornata con lei è stata la cosa migliore che potessimo fare. Nonostante ci sia stato concesso troppo poco tempo; stare con lei non è mai davvero abbastanza, sono soddisfatta di aver trascorso qui il giorno del suo compleanno.
Non appena arriva il momento di andare via, però, mi accorgo che sia davvero la parte più difficile. Al solo pensiero di lasciarla andare sento aprirsi uno squarcio dentro di me, quasi come se qualcuno avesse appena strappato un pezzo del mio cuore.
Lucia protesta all'idea di vederci andare via e anche io non nascondo di sentirmi profondamente dispiaciuta nel guardarla smaniarsi per trattenerci ancora a sé. Forse è proprio questo quello di cui Irene parlava. E nel momento in cui incrocio i suoi occhi, mi viene da pensare che adesso lei non nasconda più la sua ostilità nei nostri confronti. La sua espressione sembra quasi dirci ve lo avevo detto.
Così, mentre io e Luca cerchiamo di rassicurarla, lei interviene stringendo la mano di Lucia tra la sua e strattonandola accanto a sé.
"È ora che Luca e Anita vadano via, Lucia. Fa la brava su, verranno a trovarti presto" le fa presente senza celare un tono puramente indispettito.
"Tornate presto, vero?" ci domanda la piccola, speranzosa, arricciando le labbra in una smorfia.
Io e Luca ci lanciamo uno sguardo, concordi su quale sia la nostra intenzione, poi annuiamo.
"Certo che torniamo presto".
Lei allora acconsente con il capo, come se la nostra replica l'abbia in parte rassicurata e si sporge verso di noi, porgendoci il suo mignolo affinché lo stringiamo.
"Promesso?"
"Promesso" proferiamo, lasciandoci andare a un sorriso.
Mi allontano allora al fianco di Luca, senza perderla di vista e mi rendo conto che saperla tranquilla mi aiuti ad andare via con più facilità. 
Torno presto, Luci.

Un po' prima che possiamo andare via, con un peso a gravitare sui nostri cuori, è la voce dolce e gentile di Amelia a richiamarci a sé.
Io e Luca ci voltiamo nella sua direzione, vedendola percorrere il vialetto di ghiaia, frettolosa e affannata per la corsa.
"Menomale che siete ancora qui" ammette, arrivandoci di fianco, e cercando di regolarizzare il respiro.
Ci destiamo curiosi alle sue parole, spronandola a parlare con lo sguardo.
Così lei trae un sospiro profondo, portando una ciocca di capelli, che le è sfuggita, dietro le orecchie.
"Vi ho osservato a lungo durante questa giornata e ho avuto modo di constatare con i miei occhi quanto sia forte e complice il legame che vi unisce alla piccola Lucia..." proferisce, dedicandoci un sorriso colma di quella che definirei ammirazione. "Non vedevo Lucia così felice da tempo ed è merito vostro".
Poi il suo tono assume un'inclinazione più seria e accorata. "E non è qualcosa che io non posso considerare, a maggior ragione quando il benessere della piccola mi sta tanto a cuore..."
Volto lo sguardo verso Luca, scoprendolo ad ascoltare le parole di Amelia interessato, ma non mi sfugge che ben presto la sua fronte si corrughi, perplessamente.
Lei si assicura di avere tutta la nostra attenzione prima di riprendere, lasciando alternare lo sguardo prima su di me e poi su di lui. "Non c'è bisogno che io vi dica cosa sia più giusto per lei, e mi rendo conto che non sia una decisione da poter prendere su due piedi, ma vi invito a rifletterci. Ora più che mai, Lucia ha bisogno di una famiglia e potreste essere proprio voi ad offrirgliela" aggiunge, portandosi una mano al petto, animata da una certa enfasi.
Schiudo le labbra con sorpresa, non riuscendo a capacitarmi di cosa le mie orecchie abbiano ascoltato e mentre lei ci scruta con uno sguardo convincente, cerco di intravedere una reazione in Luca. Ma, improvvisamente, mi sento armata di una forza d'animo, consapevole di aver trovato una valida sostenitrice nella figura della psicologa. Lei posa il suo sguardo su di me e insieme ci lasciamo andare a un'occhiata colma di complicità-
"Ci penseremo, la ringraziamo per il suo consiglio" ammette Luca poco dopo eppure mi rendo conto che il suo tono non sia modulato da nessuna inclinazione.
Così lei, accennando un piccolo sorriso cordiale si congeda, allontanandosi per tornare alle proprie mansioni.

Cerco lo sguardo di Luca, riscoprendolo turbato, pensieroso come ieri nel suo studio e mi premuro di afferrare la sua mano, ma, nonostante speravo di sortire una qualche reazione in lui, mi rendo conto che tra di noi sia calato un silenzio quasi ingombrante e il solo pensiero che sia stato l'argomento Lucia a renderlo impenetrabile mi turba.

Quando ritorno a casa, ne approfitto per fare una doccia ristoratrice, sperando che possa lavare via tutte le mie ansie e preoccupazioni. Ho deciso di esporre a Luca il mio pensiero, non posso davvero aspettare ancora.
Lo farò a breve.
Avvolgo il mio corpo in un accappatoio di spugna, frizionando poi i capelli con un asciugamano. Sbrino lo specchio appannato dal vapore e incontro la mia immagine riflessa. Mi appoggio al lavandino, traendo un respiro profondo e socchiudo gli occhi.
Ora o mai più.
Poi esco dal bagno.
Luca si è appropriato del letto, stendendosi a pancia sotto, il busto nudo, e una mano sotto al mento a sorreggere il capo. Lo scruto portarsi il pollice alle labbra con un fare pensieroso, gli occhi che si socchiudono leggermente. Mi ritrovo a constatare che la sua espressione corrucciata sia maledettamente affascinante.
Così mi avvicino, muovendomi lentamente verso il letto, ma lui non si accorge subito di me. Appoggio un ginocchio sul materasso, abbassandomi su di lui per attirare la sua attenzione.
La mia azione sortisce l'effetto perché l'attimo dopo Luca si volta nella mia direzione accennando un sorriso e insinuando una mano tra i miei capelli per avvicinarmi più a sé.
"A cosa stavi pensando?" gli chiedo, lasciando scontrare le nostre fronti.
Luca arriccia le labbra in una smorfia divertita, scuotendo il capo.
"Stavo pensando a Lucia" sussurra a un passo dalla mia bocca.
Sfioro le sue labbra con le dita, lentamente, avvertendolo sospirare sotto il mio tocco. "Davvero? Anche io pensavo a lei e alla bellissima giornata trascorsa" ammetto, lasciando trapelare sorpresa dalle mie parole.
Luca annuisce cheto, tirandomi accanto a sé sul letto. Lascia che io appoggi la mia testa sul suo torace, dandomi modo di accocolarmi a lui e godere della sua vicinanza. A contatto con il suo petto, sento il suo cuore battere furiosamente sotto le mie dita.
"A proposito di questo..." proferisce in un mormorio.
Mi volto verso di lui, invitandolo a continuare.
"Ho riflettuto su quello che la psicologa ci ha detto e sono arrivato a una conclusione. Lucia ha bisogno di noi, il suo posto è qui, con me e te" confessa, incrociando il mio sguardo. Nonostante sembri sicuro di sé, riesco a comprendere dal suo tono che cerchi la mia approvazione. Come se ce ne fosse il bisogno.
Sbarro gli occhi non appena ne prendo consapevolezza. Mi rimetto retta, scrutandolo dall'alto della mia posizione, ancora incredula e scioccata.
L'ha detto davvero?
Non posso fare a meno di arcuare le mie labbra in un sorriso, con le lacrime che premono per uscire dai miei occhi. Sento il cuore battere tumultuoso nel mio petto e mi rendo conto che vorrei replicare alla sue confessioni. Lo vorrei davvero se non fosse per il mio cellulare che, improvvisamente, prende a squillare con insistenza. Cerco di ignorarlo, ma è lo stesso Luca a spingermi a rispondere.
Metto su un'espressione di scuse, afferrando l'aggeggio posto sul comodino e non posso nascondere che alla vista del nome di mia madre a lampeggiare sullo schermo un po' mi assalga la preoccupazione.
Rispondo subito, mantenendo il telefono saldamente, accanto all'orecchio, con le dita, sotto lo sguardo attento di Luca.
"Mamma?" pronuncio dubbiosa.
"Oh, Anita!" trilla lei, colma di eccitazione. "Ci siamo, tesoro, ci siamo! Agnese sta nascendo!"
Lascio ricadere il cellulare, sopraffatta dalle emozioni, e prendo a gironzolare per la testa alla rinfusa ricerca dei miei vestiti.
Luca mi scruta con un ghigno divertito.
"Mia nipote sta nascendo..."lo rendo partecipe della notizia, portandomi una mano alla bocca e soffocando un gridolino di gioia.
Lui si alza per raggiungermi, al centro della stanza, mentre per la fretta rischio di inciampare nei pantaloni e mi sostiene per le spalle, accarezzando le mie braccia con dolcezza.
"Ne riparleremo più tardi, ok?" mormora, poi, baciandomi a fior di labbra. Annuisco, senza smettere di sorridere. Mia nipote adesso ha la priorità e io non vedo l'ora di conoscerla.

ANGOLO AUTRICE:

Buon pomeriggio a tutti! :) Come state? Come sono andate queste vacanze? Spero bene. Questi mesi sono stati per me molto pieni e frenetici, tra gli ultimi esami da dare e la scuola guida è stato difficile coinciliare tutto. Poi, quando finalmente pensavo che l'estate fosse incominciata anche per me, ecco che una brutta influenza mi ha messo ko; sembrava non volesse andare più via :( 
Adesso sto bene, però, mi sono goduta gli ultimi giorni di mare e sto cercando di rilassarmi in attesa di tornare alla vita quotidiana. 
Ma tornando a noi: questo capitolo era in cantiere da un bel po', lo ammetto, e sono felice di essere riuscita a portarlo a termine perché da questo momento in poi cominciamo davvero ad avvicinarci alla fine. Vi è piaciuta la giornata che Luca e Anita hanno trascorso con Lucia? Io ho adorato scrivere quel pezzo, ma è ormai risaputo che io ami parlare di loro e...rivelazione delle rivelazioni, quando finalmente Anita vuole parlare con Luca, vi aspettavate mai sarebbe stato lui a proporle l'adozione? Spero di avervi stupito e perché no, strappato anche un sorriso.
Dopo di ciò, non mi resta che ringraziarvi per tutto il sostegno che mi dimostrate, grazie a chi legge, a chi l'ha inserita nelle sue liste e chi recensisce, davvero grazie di vero cuore!!
Spero di riuscire a regalarvi quanto prima un nuovo capitolo ma non prometto nulla. Intanto vi abbraccio forte.
Alla prossima! <3

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Capitolo 64
*** Capitolo 62 ***


Capitolo 62
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 62



Mi faccio spazio tra i corridoi dell'ospedale, con il cuore in gola, avvertendo l'emozione impossessarsi di ogni fibra del mio corpo. Non riesco a fare a meno di sorridere, colma di gioia e eccitazione. Agnese sta venendo al mondo e io stento ancora a credere che tra poco potrei stringere tra le braccia la mia bellissima e piccola nipote.
Velocizzo il passo e mi sembra quasi di volteggiare, sospesa tra i miei sogni e la dolce realtà.
Sto arrivando Agnese, aspettami, sto arrivando...
Così, non mi rendo conto di essermi appena scontrata con qualcuno. Ritorno bruscamente con i piedi per terra, voltandomi pronta a scusarmi.
Arriccio le mie labbra in una smorfia di rammarico che però si tramuta in un'espressione di sorpresa quando mi rendo conto che io mi sia appena scontrata con la dottoressa De Angelis. Sembra che il destino cerchi di metterla sempre sulla mia strada quando ne ho più bisogno.
Incrocio il suo sguardo vagamente divertito.
"Quanta fretta, dottoressa!" esclama, indicandomi con il capo, ma il suo tono è macchiato da un bonario rimprovero.
"Scusi..." ammetto, accennando a un piccolo sorriso.
Lei annuisce, portando le braccia al petto, riservandomi un'occhiata incuriosita.
"Non ho bisogno di chiederle dove andasse con tanta urgenza. Sta cercando Sabrina Castelli, giusto?" I suoi occhi incrociano i miei, scrutandomi con una certa complicità.
"Giusto" concordo con lei.
La dottoressa a quel punto sorride e mi rendo conto che, nonostante alcune rughe le contornino le labbra e gli occhi, dimostri meno anni di quelli che ha, mantenendo un certo fascino. Non posso nascondere di averla sempre ammirata, da lontano, perché Laura De Angelis ha rappresentato per me quello che un giorno avrei voluto essere: un medico sensibile e competente, una moglie, una madre.
Poi esegue un passo indietro, come se volesse farsi da parte per lasciarmi passare.
"Non oso trattenerla ancora, allora. La sua nipotina l'attende" mi fa presente, facendomi cenno con il capo di andare, indicando il corridoio dietro le nostre spalle. Ringraziandola con lo sguardo, non me lo faccio ripetere due volte e riprendo la mia corsa, sentendomi scossa dall'eccitazione.
Un po' prima che però io possa svoltare, è di nuovo lei a richiamarmi.
Mi volto ancora nella sua direzione, l'espressione confusa e le labbra piegate in un broncio.
"Stanza 312!" proferisce in un occhiolino, prima che io, dopo che la dottoressa ha appianato i miei dubbi, accennando a un riso divertito per la mia dimenticanza, sparisca dietro l'angolo.

Non ci metto molto a raggiungere la mia meta: infatti la porta della stanza 312 si staglia presto davanti ai miei occhi e non appena abbasso lo sguardo mi rendo conto di non avere niente con me: niente fiori o regali, ma con la notizia che Agnese stesse nascendo ho fatto davvero il prima possibile.
Eppure, quando scorgo il fiocco rossa appeso alla porta mi viene da pensare che tutto questo passi in secondo piano. Avrò tempo a sufficienza per riempire mia nipote di regali, amore, coccole e attenzioni, ma non farò in modo che Sabrina si senta mai esclusa. Lei, come genitrice di una bambina così speciale, ha bisogno del giusto riguardo, di essere venerata e aiutata.
Porto un pugno chiuso a battere contro l'infisso, bussando delicatamente.
"È permesso?" domando, a bassa voce, quasi come se non volessi intaccare la tranquillità e l'armonia che si respira nell'aria. I miei genitori così come quelli di Sabrina e suo fratello sono già qui e, quando metto piede nella stanza, tutti si voltano a guardarmi.
"Anita..." Sabrina ancora un po' frastornata dal parto ma allo stesso tempo con un'espressione serena e appagata in volto, incrocia il mio sguardo, dedicandomi un sorriso luminoso, mentre culla Agnese tra le sue braccia.
"Ho fatto prima che potevo" proferisco, giocherellando con le dita delle mani, muovendomi timidamente nella sua direzione. Mio fratello è accanto a lei, una mano sulla sua spalla, lo sguardo perso e emozionato, rivolto a sua moglie e sua figlia, insieme.
Quando arrivo al loro fianco e finalmente ho modo di scorgere mia nipote da vicino, tremo dall'emozione.
"È-è bellissima..." pronuncio ormai con le lacrime agli occhi.
Sabrina annuisce, accarezzando con le dita il piccolo nasino di sua figlia, ammirando rapita ogni suo gesto e movimento.
Nonostante Agnese non riesca a distinguere bene le nostre figure, sembra che si guardi intorno alla nostra ricerca, ascoltando le nostre voci. Quando punta i suoi occhioni scuri nella mia direzione, sorrido, colma di commozione.
Sabrina a quel punto si abbassa per posarle un bacio in fronte.
"Ecco, Agnese, ti presento la zia Anita..." le sussurra, dolcemente, porgendomi la bambina, affinché la prenda tra le mie braccia.
Lei non sembra protestare perché nonostante il distacco da sua madre appare tranquilla e lascia che la stringa al mio petto, dedicandomi un sorriso sdentato ma terribilmente dolce.
La osservo, a lungo, non capacitandomi di che dono prezioso io abbia tra le mie braccia. Agnese è così piccola e delicata, che vorrei tenerla stretta a me per tutta la vita. La somiglianza con mio fratello è tangibile; da lui ha ripreso gli occhioni scuri e già tanto espressivi.
Oh, Agnese, non vedo l'ora che i tuoi occhi possano ammirare tutto ciò che ti circonda, il mondo che ti aspetta...
Anche i suoi tratti sono quelli di Marco, come i capelli ancora radi ma scuri: è incredibile come ne sia la sua fotocopia. Le labbra invece sono di sua madre, ne riconosco la stessa forma a cuore di Sabrina, così come il naso, piccolo e a patata. Faccio alternare lo sguardo dai suoi genitori alla piccola, rendendomi conto che sia il risultato di una perfetta combinazione di loro due, dell'amore straordinario che provano l'uno verso l'altro.
"Ciao, Agnese..." le sussurro, allora abbassandomi per baciarle la fronte. Inspiro il suo profumo. C'è qualcosa di davvero tenero e delicato nel profumo dei neonati. Agnese sa di talco, di buono, sa di amore e famiglia.
"Io sono la zia Anita e, sai, adesso un po' le parole mi mancano, perché sono davvero emozionata all'idea di averti qui con me, con noi, a stringerti tra le mie braccia".
Rialzo lo sguardo per puntarlo sui nostri famigliari che assistono commossi alla scena. Mia madre segue i miei occhi, mentre annuisce con il capo, accoccolata al petto di mio padre.
Torno poi a dedicare attenzione alla piccola che tende le manine nella mia direzione, arricciando la boccuccia. Una lacrima sfugge al mio controllo, mentre le sorrido tra le lacrime.
Piccola e delicata creatura...
"Una cosa però te la posso dire. Io ti ho aspettata tanto, Agne, aspettavamo tutti che tu portassi una ventata di aria fresca nella nostra famiglia; sei il più bel regalo che i tuoi genitori potessero farmi. E ti dico che io per te ci sarò sempre, ti sarò accanto in qualsiasi momento. Ci sarò quando avrai bisogno della tua zia preferita. Scusa, Emanuele" mi interrompo, impacciata, voltando il mio sguardo verso il fratello di Sabrina che però non ne sembra infastidito, anzi mi sorride particolarmente divertito, invitandomi a continuare.
Così, mi schiarisco la voce che riconosco essere diventata un po' rauca dalla commozione e ritorno a parlare.
"Bene, Agnese, visto che lo zio Manu non ha nulla in contrario, continuo", le mie parole scatenano le risa general,i"ci sarò quando cercherai un rifugio dopo i rimproveri dei tuoi genitori"
"Su questo avrei da ridire" commenta Sabrina, scrutandomi fintamente minacciosa e alzando un dito nella mia direzione, puntandomelo contro.
"Ma solo per farti vedere le cose sotto un punto di vista diverso e comprendere che loro avessero ragione" mi difendo, angelica, aprendomi in una linguaccia.
"Ah, ecco, così va meglio" replica lei in un occhiolino che ci fa sorridere ancora una volta.
"E... ci sarò quando vorrai coinvolgermi nelle tue avventure e i tuoi giochi. Io sarò con te, e tornerò ancora un po' bambina".
La cullo tra le mie braccia, accarezzando il suo capo con dolcezza; Agnese a quel punto stringe un dito tra la sua manina. Sembra quasi che mi stia denso il consenso e il suo gesto mi riempie il cuore d'amore. Dicono che ci sia qualcosa di davvero unico nel rapporto che una zia instaura con il proprio nipote, adesso so di cosa parlano perché sento una connessione e un trasporto nascere nei confronti di questa bambina, così tale da non riuscire a staccarle gli occhi di dosso.
Allora mi abbasso per lasciarle un bacio tra i capelli, avvertendola sorridere sotto il tocco delle mie labbra sulla sua pelle.
"E vedi, il tuo sorriso, proprio come ora, sarà il più bel ringraziamento che io possa ricevere" le mormoro, piano, a bassa voce, come se fosse un segreto tra noi due.
Non mi è difficile comprendere di chi siano i passi che avverto dietro di me; sono frettolosi e malcelano la smania di lasciare la stanza.
Mi volto appena in tempo per osservare mio fratello raggiungere l'uscita.
A quel punto annuisco, comprensiva, e lascio che Sabrina ritorni a prendersi cura della sua bambina, riconsegnandola alle sue braccia materne. Sembra che Agnese si fosse abituata al mio tocco, perché soffoca un lamento, ma non appena riconosce la voce dolce e melodiosa di sua madre, prende a sonnecchiare sul suo petto.
Allora, sorridendo a entrambe e riempiendomi gli occhi della tenerezza che emanano, esco dalla stanza.

Mio fratello è fuori, appoggiato al muro, mentre si stropiccia gli occhi arrossati. Non mi è difficile capire che sia andato via per nascondere le sue lacrime e le sue fragilità.
Marco non si accorge subito della mia presenza, e approfitto del suo stato pensieroso, per coglierlo di sorpresa.
Così, trattenendo un risolino divertito, gli allaccio le braccia dietro al collo, appoggiando il capo contro la sua schiena. Lui, in un primo momento, sobbalza, colto alla sprovvista, ma l'attimo dopo si volta a scrutarmi, roteando gli occhi al cielo, nascondendo il suo divertimento, dietro un'occhiata fintamente infastidita.
"Lo sai che ci avrei scommesso saresti scoppiato a piangere come un bambino?"lo scimmiotto, palesandomi di fronte a lui e arricciando le labbra in un broncio.
Marco prende prontamente a nascondere le tracce di alcune lacrime ormai asciutte, come sentitosi sgamato, e si apre in una linguaccia.
"Ah-ah"replica in un ghigno irrisorio. "Quindi non sono solo io a scommettere su di te".
Scuoto il capo, sbuffando un sorriso, osservandolo inforcare le mani nelle tasche e rivolgere poi lo sguardo all'interno della stanza.
Mi ritrovo a guardarlo con una certa tenerezza, sciogliendomi davanti alla dolcezza che scaturiscono i suoi occhi.
"Agnese è bellissima, e ti assomiglia tantissimo" gli confesso, a bassa voce, dondolandomi sui talloni.
A quel punto, Marco torna a puntare la sua attenzione su di me, mettendo su un'espressione trionfa.
"Lo so" ammette, pavoneggiandosi.
Roteo gli occhi al cielo, avvicinandomi per colpirlo con un buffetto alla spalla.
"Sì, ma speriamo che il carattere lo abbia preso da Sabrina" gli faccio notare.
Lui soffoca un lamento, incontrando i miei occhi divertiti. "Cosa ha che non va il mio carattere?" mi fa notare, impettito, allargando le braccia in un gesto plateale.
Punto le mie mani sui fianchi, scrutandolo con un certo scetticismo.
"Devo seriamente mettermi a indicarti tutti i tuoi difetti?" lo prendo in giro, portandomi una mano al petto, con fare melodrammatico.
Marco ormai non trattiene più le risate. E mi rendo conto che, nonostante mi stia contenendo, sia anche io dilettata dalla situazione. "No, non mi sembra il caso" sciorina, scuotendo il capo. "Ma adesso vieni qui" aggiunge, indicandosi.
Spalanco le labbra, fingendomi allibita davanti alla sua richiesta. "Mi stai davvero chiedendo un abbraccio? Tu, il mio fratellone invincibile, che non vuole qualcuno lo veda piangere?"
Lui arriccia la bocca in un broncio, scrutandomi con un fare implorante.
E io non me lo faccio ripetere due volte, perché l'attimo dopo sono già tra le sue braccia a lasciarmi inondare dalla premurosità di Marco.
"Sono padre, Anita, sono padre. Non ci credo ancora" sussurra contro la mia spalla, lasciandomi palesare tutta la sua incredulità.
In risposta lo stringo più a me, sorridendo contro la sua maglietta.
"Sarai un papà meraviglioso, Marco" mormoro, rialzando il capo per incontrare i suoi occhi, ora lucidi, così simili ai miei.
Mio fratello non replica a parole, ma il suo sguardo è capace di dimostrarmi tutto quello che stia provando in questo momento, tutto quello è custodito nel suo cuore.
E io lo comprendo, forse oggi come non mai. Sabrina e Marco in questo giorno sono diventati genitori, con la nascita di Agnese sono nati una mamma e un papà; la vita da oggi, per loro, sarà diversa, avranno delle responsabilità nei confronti della loro piccola, e certo cambieranno le priorità, ma l'amore se è possibile si moltiplica. E, nonostante il viso stanco dopo le notti insonni, e i nuovi equilibri da stabilire, e le poppate, i pannolini, quando stringi quel piccolo fagottino tra le braccia, ti sembra tutto niente in confronto, perché è quello il dono più grande che hai ricevuto.

Quando guido verso casa di Luca è ormai calata la sera. Ci teneva particolarmente a raggiungermi in ospedale, ma mi ha riferito avesse avuto un imprevisto, senza darmi ulteriori spiegazioni. Forse avrei dotuto aspettare, è vero, eppure non ho resistito dopo quello che ci siamo detti. Voglio sentirmi dire ancora che vuole una famiglia con me e Lucia, che il suo posto è al nostro fianco, insieme. Desidero che mi dia concretezza, sperando che questo non sia solo il segno di un'illusione.
Così, quando arrivo sotto casa sua e il mio sguardo si posa sulle finestre del suo appartamento da cui emana una luce fioca, mi viene da pensare se lui ci sia.
Suono e però, quando è la voce di Luca a palesarsi dal citofono, non ho più dubbi.
Allora, con un pensiero in meno a gravitare sul mio cuore e sulla mia mente, attraverso il vialetto che conduce all'ingresso del condominio.
Salgo le scale animata dall'idea di vederlo da lì a poco, ma non appena sono sul pianerottolo, mi rendo conto che dall'appartamento provenga un certo frastuono che riconduco a un pianto stridulo abbinato a dei singhiozzi convulsi, e poi la voce di Luca, lontana e agitata. Corruccio la fronte, confusa, e suono al campanello, attendendo di sentire risuonare i suoi passi ma questo non accade.
Ritento e poco dopo avverto la voce del mio fidanzato farsi più vicina; un improvviso silenzio calato all'interno.
"Arrivo!" esclama e prima che me ne possa rendere conto è qui, davanti a me, sull'uscio di casa, con il volto stanco e la maglietta stropicciata.
Schiudo le labbra davanti alla sua vista, lasciando che i miei occhi percorrano la sua figura. Osservo la rassegnazione farsi spazio sulla sua faccia, come se qualcosa l'avesse prosciugato, portandolo all'estremo delle forze.
"Che sorpresa, Anita" proferisce lui, passandosi una mano tra i capelli, in imbarazzo. "Non ti aspettavo, ma sono felice tu sia qui...vieni, entra"
Però prima che lui possa continuare a parlare o io ad articolare una frase di senso compiuto ecco che individuo la testolina di Sofia sbucare da dietro le gambe di Luca e mi rendo conto da chi dipenda il turbamento del mio fidanzato.
"Zia Anitaaaa!" strepita, lanciando un gridolino eccitato e sorpreso, correndo verso di me per aggrapparsi al mio corpo.
"Ehi, piccola..."le sorrido, abbassandomi alla sua altezza e carezzandole il capo.
Rialzo lo sguardo per puntarlo su Luca, che adesso ci scruta dall'alto con un'espressione seriosa.
"Sofia" la richiama, modulando la voce in un rimprovero; le labbra piegate in una linea dura. "Pensavo stessi dormendo".
Lei si volta nella sua direzione, puntando i piedi a terra, imbronciata." No, non voglio dormire!" protesta, facendogli una linguaccia.
Luca trattiene un respiro esasperato, passandosi una mano sul viso spossato.
"Tesoro" esordisco, sporgendomi nella sua direzione e incrociando i suoi occhioni grandi e tristi. "Perché non vuoi fare la nanna?" le domando, con dolcezza.
Sofia mi dedica una lunga occhiata, arricciando le labbra in una smorfia; le manine che giocherellano con l'orlo della maglietta che indossa. "Perché voglio il mio papà!" si lamenta, prima di lasciarsi andare a un singhiozzo. Osservo spiazzata il suo piccolo corpo essere scosso dai singulti in preda a quello che diverrà da lì a poco un pianto a dirotto. Allora porgo una mano nella sua direzione, cercando di placare il suo stato d'animo agitato, ma prontamente la piccola ci sfugge, rientrando in casa, capricciosa.
Arcuo le labbra in una smorfia triste, scrutando Luca nascondere il viso tra le mani, estremamente combattuto.
"Luca..."mormoro, appoggiando una mano sulla sua spalla, come a volerlo confortare.
Lui rincontra i miei occhi e il suo sguardo sembra supplicarmi, chiedere il mio aiuto.
"Va avanti così da ore, non so più come calmarla, ti prego, fa qualcosa..."mi prega, giungendo le mani davanti a sé.
Acconsento con il capo, accarezzandogli teneramente una guancia. "Ci penso io" lo rassicuro, accennando un sorriso di incoraggiamento. Poi mi metto alla ricerca di Sofia.

Come sospettavo, la piccola si è rintanata nella sua stanza ed è lì che la trovo, distesa in posizione fetale sul suo letto, le mani giunte sotto il capo, il labbro che le tremola e alcune ciocche di capelli che, scompigliate, le coprono il viso.
L'ultima volta che sono entrata in questa stanza è stato al compleanno di Luca e al ricordo del nostro bacio, qui, custodito tra queste quattro mura e in un posto recondito del mio cuore, sussulto.
"Sofi..."sussurro, muovendomi a piccoli passi verso di lei.
Lei rialza lo sguardo, puntando i suoi occhi lucidi nei miei, prima di voltarsi repentinamente per darmi le spalle.
Ma non mi perdo d'animo e mi siedo accanto a lei, accarezzando le pieghe del lenzuolo.
"Ti va se ti racconto una storia?" le domando, sporgendomi verso di lei, speranzosa.
La piccola corruccia la fronte, scrutandomi a lungo prima di ribattere.
"No!" replica poi, immusonita. "Voglio il mio papaaà!" cantilena, mordendosi il labbro.
Mentre lo osservo mi rendo conto che dietro i suoi capricci si nasconda un forte malessere interiore. E mi viene da pensare che la figura di suo padre sia davvero a me sconosciuta; non l'ho mai visto quando se n'è presentata l'occasione e non mi pare che Sofi l'abbia spesso nominato. Quindi, cosa si cela dietro la sua urgenza di averlo accanto a sé?
"Va bene" ammetto, traendo un sospiro. "Ma io intanto la storia te la racconto lo stesso" aggiungo, senza mostrarmi arrendevole.
Sofia non si lascia scalfire dalle mie parole così porta le braccia al petto con un fare sostenuto.
Vorrei sorridere davanti alla sua espressione che ha un non so che di buffo, ma risulterebbe inappropriato, quindi ritorno a parlare.
"Allora, c'era una volta una principessa...mmh, vediamo, come possiamo chiamarla?" mi interrompo, pensierosa, cercando il suo sguardo per spronarla ad aiutarmi.
E proprio come mi aspettavo, timidamente, Sofia comincia a sgusciare fuori dal mutismo che si è imposta.
"Anita..."mormora, a bassa voce.
"Dimmi, tesoro"la esorto, aggiustandole i capelli dietro le orecchie.
Lei si porta un ditino alle labbra, mordicchiando un'unghia. "Possiamo chiamarla Anita"propone.
Le sorrido con dolcezza. "La principessa Anita" ripeto, modulando le sue parole, rendendomi conto che mi provochino un certo calore al cuore. "Suona bene" aggiungo, facendole un occhiolino.
"Sì, sì!" trilla lei, battendo le mani. "Continua, Anita, continua!"
"Bene" riprendo, sentendomi soddisfatta di averla coinvolta nella mia iniziativa. "C'era una volta la principessa Anita, e lei viveva in un bellissimo castello, in un regno magico, oserei direi quasi incantato. Nonostante Anita avesse una vita perfetta, sai, si sentiva un po' sola, costretta sempre in quelle quattro mura. Fin quando un giorno, un evento inaspettato non sconvolge la sua quotidianità: la principessa conosce..." mi interrompo, simulando una certa suspence.
"Il principe Luca!" suggerisce Sofia, eccitata.
Le accarezzo il capo, annuendo, mentre lei arriccia le labbra in un sorriso. "Il principe Luca, sì! E la principessa Anita ne rimane subito affascinata, ma devi sapere che il nostro principe non è un tipo facile. All'apparenza si presenta come un tipo burbero e un po' serioso, sembra che nulla sia in grado di scalfire quel suo caratteraccio..."
La piccola si porta una manina alla bocca, reprimendo un risolino divertito, prima che però dalle sue labbra si propaghi un sonoro sbadiglio.
"Eppure, la principessa Anita comprende che dietro di esso si nasconda un uomo dolce, dal cuore grande...basta solo conoscerlo meglio" pronuncio, sciogliendomi in un sorriso.
Sofia fa e su e giù con il capo, concorde con me. "E poi come continua? Il principe e la principessa vissero felici e contenti?" mi domanda curiosa, stropicciandosi un occhio.
Mi alzo, rimettendomi in piedi, esortandola a mettersi sotto le lenzuola.
"Facciamo che questo te lo racconto un'altra volta, ok? Adesso sei molto stanca ed è ora di fare la nanna" le faccio notare.
La bambina però non fa più storie e mentre le rimbocco le coperte, abbassandomi per baciarle la fronte, mi rendo conto che si arrenda presto alle braccia di Morfeo, appisolandosi, con le labbra piegate in un broncio infantile, ma l'espressione serena, tenera e dolce come solo lei sa essere.
"Dormi bene, piccolina" mormoro a bassa voce, prima di voltarmi.
Spengo l'abatjour da cui si diffondeva una fioca luce e mi richiudo la porta alle spalle, muovendomi in modo silenzioso, pur di non svegliarla.

Non appena sono fuori, mi rendo conto che Luca mi stia venendo incontro, per accertarsi della situazione.
"Shh" gli faccio presente, portandomi un dito alle labbra. "Si è addormentata".
Lui sorride, dimostrandosi esterrefatto davanti alle mie parole. "Ma, ma come ci sei riuscita?" mi chiede, non riuscendo a capacitarsene.
"Oh, beh..."mi fingo vaga, giocherellando con le dita."È bastato raccontarle una storia".
"Una storia, eh?" domanda lui, sbuffando un riso e avvicinandosi per circondare il mio viso tra le sue mani calde.
"Mmh-mmh" annuisco, appoggiando le mie mani sulle sue e sporgendomi verso di lui.
"Grazie..."mi sussurra, accarezzandomi le guance con dolcezza. "Non so come avrei fatto se non ci fossi stata tu".
"Non ho fatto niente di che, anzi è stato più facile di quello che pensassi" ammetto, appoggiando la mia fronte alla sua. Mi alzo poi sulle punte, posando le mie labbra sulle sue. Apprezzo il modo in cui Luca ricambi, baciandomi, piano, con dolcezza, quasi a volermene chiedere il permesso, quando sono stata io a spingermi verso di lui.
"Dio, Anita, tu sei meravigliosa"sussurra, ancora sulla mia bocca, facendomi sciogliere in un sorriso timido che malcela il mio imbarazzo davanti alle sue parole.
Accarezzo il suo viso, e poi giù a percorrere la linea del suo collo, senza lasciare andare i suoi occhi, rapita dal suo sguardo. A quel punto, Luca afferra una mia mano, stringendola delicatamente con la sua e conducendomi verso il salotto.
Qui, prende posto sul divano in pelle posto al centro della stanza, aiutandomi a sistemarmi sulle sue gambe. Mi accocolo al suo petto, allacciandogli le braccia attorno al collo mentre ce ne rimaniamo così, assaporando il silenzio conquistato, intervallato dai nostri respiri e i battiti dei cuori. Poi, poco dopo, quando mi rendo conto che potrei rimanere in questa posizione per sempre, con Luca che mi tiene stretta a sé, facendo scorrere delicatamente le sue dita lungo la mia coscia, proprio lui soffoca uno sbadiglio, portandomi a rivolgergli la mia attenzione.
Rialzo allora lo sguardo, sporgendomi verso di lui.
"Sei stanco?" gli domando, accarezzandogli il viso, con tenerezza.
Lui accenna un sorriso lieve. "Sofia mi ha dato del filo da torcere" ridacchia, piegando poi le labbra in una smorfia.
Torno a stringermi a lui, accarezzando il suo petto attraverso il tessuto della maglietta. "Non l'ho mai vista così agitata" gli confesso, distogliendo gli occhi, pensierosa.
Luca annuisce, serrando le labbra in una linea dura. "I genitori di Sofia si stanno separando" proferisce, serioso.
"Oh..."mi porto una mano alla bocca, dispiaciuta. "Scusa Luca, io non lo sapevo" ammetto, preoccupata davanti all'evenienza di essere risultata invadente.
Lui mi accarezza il capo, prendendo a giocherellare con una ciocca dei miei capelli. "Sta' tranquilla, è tutto ok" mi rassicura, prima di riprendere il discorso.
"È una situazione che va avanti da quasi un annetto ormai e, nonostante Sofia sia molto piccola, non ha mai dimostrato un grande disagio di fronte a questo squilibrio creatosi. Credo perché in fondo Eleonora e suo marito sono stati bravi nel farle comprendere che, sebbene non stiano più insieme, il suo amore per lei rimarrà immutato". Lo ascolto attentamente, rendendomi conto che lo sguardo di Luca sia lontano, distante.
"Io non mi permetto di immischiarmi nella loro vita di coppia, perché può capitare che dopo essersi amati, non si vada più d'accordo, che si decida di lasciarsi. Non mi interessa sapere perché, di chi sia la colpa, ho solo bisogno di vedere mia nipote Sofia stare bene, essere felice"
Seguo il suo discorso, in silenzio, annuendo successivamente alle sue parole.
"È anche per questo che sei tornato, vero? Perché volevi stare accanto a tua sorella e Sofia?" gli domando.
Luca acconsente con il capo, traendo un respiro prima di ricominciare a parlare. "Già, i primi tempi le cose sembravano andare davvero bene. Andrea, il papà di Sofia, continuava a vederla con assiduità, a essere presente in modo costante nella sua vita, nonostante non vivesse più in casa con loro, però negli ultimi mesi qualcosa è cambiato. I momenti da dedicare a sua figlia si sono ridotti al minimo, dice che è troppo preso dal lavoro per occuparsene, comincia a telefonare molto più sporadicamente e nega a Sofia le attenzioni di cui lei necessita. Oggi, per esempio, Eleonora è fuori per lavoro e tornerà solo domani mattina e gli aveva chiesto di andare a prenderla a scuola, in modo tale che potessero passare del tempo insieme e la piccola dormisse da lui" mi rendo conto che la voce di Luca si sia fatta più grave, quasi rabbiosa.
"E lui sai che ha fatto?" mi chiede, retoricamente.
Lo scruto senza ben capire, preoccupata dalla piega che abbia potuto prendere la situazione.
"Non si è presentato!" ammette, schiudendo le labbra allibito. "Si è reso irreperibile al cellulare e mia sorella mi ha chiamato disperata, chiedendomi di andare a riprendere Sofi a scuola. E lei, da quando l'ho riportata a casa, non ha fatto altro che piangere disperata, chiedendomi del suo papà!"
"Oh, Luca..." sussurro, senza riuscire a trovare le parole giuste da dire, se mai ci siano. In situazioni così delicate, è difficile cercare qualcosa che non risulti inappropriato. Cerco di comprendere cosa spinga Andrea a comportarsi così, nonostante rimanga per me un estraneo, mi rendo conto che, spesso, diventare padre non equivalga all'essere papà. Qualunque uomo può divenire padre poiché responsabile del concepimento di un bambino ma, purtroppo, non tutti sono in grado di essere papà e assumersi le responsabilità che questo ruolo comporta. Una condizione che, ahimé, è a discapito dei figli i quali si ritrovano a dover affrontare un vuoto emotivo dato dall'assenza e dalla mancanza di affetto del proprio genitore. Mi viene poi da pensare, invece, a Eleonora e a tutto quello che si porta dentro, un matrimonio naufragato alle spalle, una bambina da crescere da sola, ma alla grande tenacia che dimostra e a come non abbia lasciato trasparire mai nulla di quello che stesse affrontando.
"Perché ha cominciato a comportarsi così, secondo te?" gli chiedo, confusa.
Luca fa una smorfia con le labbra prima di negare con il capo. "Non lo so, Eleonora sospetta che ci sia qualcun'altro nella sua vita, qualcun'altro che a quanto pare venga prima di sua figlia" sentenzia in disappunto.
Prima che però possa replicargli, lui riprende a parlare. Riconosco dal suo tono, dal modo in cui gesticoli, che questa situazione gli provochi un grosso nervosismo.
"Sai cos'è non capisco? Come si possa mettere da parte così un figlio. Se io fossi padre, il benessere del mio bambino verrebbe prima di tutto. Proprio per questo farò in modo che a Sofia non manchi nulla, farò di tutto pur di sopperire all'assenza di suo padre" mi confessa, rendendo la sua voce fioca, ma animato da una grossa motivazione. E le sue parole mi fanno pensare a che persona meravigliosa sia Luca: il modo in cui si prodiga per aiutare la sua famiglia, infatti, è ammirevole.
Mi alzo dalla mia posizione, finendo a cavalcioni su di lui e circondando il suo viso tra le mie mani. Luca incontra il mio sguardo, facendomi vacillare con i suoi occhi tristi.
"Tu sei fantastico, Luca, e se fossi padre, so che saresti attento e amorevole. Non ho dubbi su questo" mormoro a un palmo dal suo viso, mostrandogli come lo veda io con i miei occhi.
"Scusami" ammette lui, sostenendomi tra le sue braccia, mentre avverto le sue dita solleticarmi i fianchi. "Non volevo rattristarti con le nostre questioni familiari".
"Non lo devi nemmeno dire" lo contraddico, lasciando scontrare la mia fronte con la sua. "Anzi, sono felice che tu me lo abbia raccontato."
Lui annuisce, stringendomi più a sé e facendo collidere il suo corpo con il mio, portandoci in balia di un preliminare capace di mozzarmi il fiato.
"Luca..."gli sussurro, lasciandogli un bacio all'angolo della bocca. "Riguardo a quello che mi hai detto, oggi, a casa mia.."
"Sì?" domanda lui, sporgendosi verso di me per cercare le mie labbra, ma gli sfuggo, dispettosa.
"Lo penso anche io" gli confesso, accennando un sorriso, "penso anche io che il posto di Lucia sia con te e me, con noi, insieme".
Luca ricambia il mio sorriso, dedicandomi un'espressione luminosa. C'è qualcosa nel suo modo di guardarmi, un misto tra dolcezza e commozione, capace di farmi battere il cuore, forte, incessantemente. Poi prima che me ne possa solo rendere conto, le mie labbra sono lambite dalle sue. E io accolgo questo bacio, socchiudendo gli occhi sotto il suo tocco e lasciandomi trasportare in balia delle emozioni. Mi ritrovo a pensare che ci sia qualcosa di davvero romantico nel modo in cui le nostre bocche si sfiorino, al modo in cui giochiamo a ritrarci e baciarci, ancora, divertiti.
Insinuo le mani tra i suoi capelli, scompigliandogli leggermente e incrocio il suo sguardo; il respiro affannoso ancora, ma l'urgenza di appianare qualsiasi mio dubbio, prima che il sentimento mi porti via la ragione.
"Luca, so che quella che abbiamo preso non è una scelta semplice, ma io devo essere sicura che sia davvero quello che tu vuoi, perché io..."
Lui mi interrompe, prendendo le mie mani tra le sue, e portandomi ad abbassare gli occhi alle nostre dita che giocherellano. Gli sorrido.
"Una famiglia con te e Lucia, è questo quello che voglio..."mi sussurra, poi, all'orecchio, e io mi sento attraversare la schiena da milli brividi al suono della sua voce, roca e sensuale.
Il mio sorriso accresce e cingendogli il viso tra le mani, questa volta sono io a baciarlo. Lo bacio perché sono così felice, che non sono sicura riuscirei a dimostrargli a parole cosa provi. Lo bacio, nascondendogli la vista dei miei occhi lucidi e Luca mi lascia libera di condurci in balia di una passione che adesso ci è difficile trattenere. La dolcezza e il romanticismo di poco prima hanno lasciato spazio, infatti, all'istinto.
E ci sono mani che si sfiorano, che accarezzano, corpi che reclamano un contatto, e labbra, labbra che si lambiscono insaziabili.
"Oh. Mio.Dio!"
Sia io che Luca ci voltiamo spaventati, ricomponendoci, come se fossimo stati colti in flagrante. Osserviamo Vanessa stanziarsi sulla soglia della stanza; gli occhi coperti con una mano e l'imbarazzo di trovarsi in questa situazione stampato in volto.
Quando mi accorgo della sua presenza, mi ricordo che lei viva qui, in questa casa, e lo ammetto, nonostante sappia che lei non rappresenti un problema per me, per noi, avverto un filo di gelosia insinuarsi nella mia mente.
Luca ritrae le mani che aveva insinuato sotto la mia maglietta, ma senza lasciarmi andare, facendo in modo che io rimanga aggrappata a lui, e mette su un sorriso tirato.
"Non sapevo fossi sveglia" le fa presente in tono interrogatorio.
"Oh..."Vanessa rilascia un sospiro, portandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie. "Non riesco a dormire molto, in realtà. Fagiolino stasera sta facendo un po' il ballerino" ammette, ridacchiando e indicandosi la pancia, accarezzandola poi con fare protettivo.
Poi fa vagare lo sguardo, curiosamente, lungo la stanza, come se fosse alla ricerca di qualcosa, prima di ripuntare i suoi occhi chiari su di noi. "La cucciola si è calmata?" domanda, riferendosi a Sofia.
Luca annuisce, dedicandomi un'occhiata colma di gratitudine."Merito di Anita".
Lei ci sorride, impacciata. "Beh, io vado a prendere un bicchiere d'acqua, prima di tornare in camera, scusate ancora" proferisce, defilandosi in fretta, con lo sguardo basso.
Io e Luca ci scrutiamo complici, trattenendo una risata. Prima di quanto pensassimo, però, Vanessa fa ritorno, con un bicchiere di acqua tra le mani che alza nella nostra direzione, indicandolo con la mano libera.
"Ehm, ecco fatto, io torno a dormire. Ma voi tranquilli, eh, tornate pure a fare quello che stavate facendo" ci prende in giro, sorridendo maliziosa, prima di allontanarsi ridendo, divertita.
Mi copro il viso con le mani, nascondendomi nell'incavo del collo del mio fidanzato, che sghignazza, dilettato dalla situazione.
"Allora, dove eravamo rimasti?" mormora, poi, strofinando il naso contro la mia pelle.
"Non lo so" gli replico, sottraendomi ingenua al suo tocco.
Così lui si alza, trattenendomi a sé, tra le sue braccia, mentre soffoco un gridolino sorpreso, e lascia che ci facciamo spazio verso la sua stanza, lontani da sguardi indiscreti e interruzioni.
"Credo che ci sia bisogno che ti rinfreschi un po' la memoria, a questo punto" mi fa notare, sorridendomi in quel suo modo suadente, mentre gli allaccio le mani al collo per sostenermi, con gli occhi che lo scrutano senza volerlo lasciare andare.
"Penso proprio di sì"gli sussurro, sulle labbra, mentre Luca richiude la porta della sua camera alle nostre spalle.

Improvvisamente mi viene da pensare a come mesi addietro aspirassi ad avere una famiglia tutta mia, nostra, e, adesso che questo desiderio pare sia vicino nel concretizzarsi, mi sento immensamente fortunata.


ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti, come state? Spero il ritorno alla quotidianità non sia stato per voi troppo traumatico. Ma, tornando a noi, finalmente questo  capitolo vede la luce del sole, ahahah, e lo so, che ormai i miei tempi di aggiornamento si sono allungati, però, comprendetemi, siamo davvero agli sgoccioli e ho bisogno di tempo per raccogliere le idee, nonostante tutto sia già nella mia mente. Comunque, non vi nascondo di essermi emozionata mentre lo scrivevo, soprattutto la prima parte, con la nascita della piccola Agnese <3 Ditemi, lei e Anita non sono dolcissime? *-*
Per non parlare di lei e Marco: sono sicura che, se avessi un fratello, lo vorrei proprio come lui :)
Ma passiamo a Luca e Anita, io trovo sempre di più che si completino a vicenda, e a voi piace questa intesa di coppia che hanno raggiunto?
Piccola parentesi sulla piccola Sofia che in questo capitolo ha avuto uno spazio tutto suo. Ci ho tenuto particolarmente a introdurre un argomento tanto ostico, quello della separazione, mettendo in contrapposizione da una parte una famiglia che nasce a un'altra invece che, purtroppo si divide. Non voglio entrare nel fondo della questione, perché credo che ogni situazione sia a sé, ma è sicuro che a rimetterci di più siano i figli. Voi cosa ne pensate? Mi piacerebbe conoscere anche il vostro punto di vista :)
Prima che, però, il mio angolino diventi più lungo del capitolo stesso, vi saluto, aspettando con ansia i vostri commenti. Un grazie a chi continua a seguire con assiduità la mia storia, a chi l'ha aggiunta nelle sue liste e a chi commenta. Davvero GRAZIE.
Vi ricordo poi di seguirmi se volete e se siete anche lì, su wattpad, dove mi trovate con questo nickname: Ros-18

Ciaooo, alla prossima! Un abbraccio <3

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Capitolo 65
*** Capitolo 63 ***


Capitolo 63
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 63

Quando mi sveglio, scalciando il lenzuolo che mi si è aggrovigliato addosso, mi rendo conto che Luca non è più al mio fianco. Tasto il cuscino accanto, il suo, rendendomi conto che sia ormai freddo al tatto, come se lui si fosse già alzato da molto e lo porto accanto al viso, abbracciandolo per inspirarne il profumo. Reprimo un gridolino di gioia, socchiudendo gli occhi: sono irrimediabilmente e perdutamente innamorata di lui e non posso fare a meno di risentirmi di nuovo un'adolescente alla sua prima cotta. Con la differenza che, adesso, il mio amore con Luca non è più solo frutto dei miei sogni più reconditi.
Porto il lenzuolo a coprirmi, stringendolo al petto, con lo sguardo al soffitto e un sorriso felice a incorniciare il mio viso.
Prendo allora a muovere le braccia su e giù come se fossero delle ali, mentre apro e chiudo le gambe, quasi a volere ricreare un angelo, sospirando alla sensazione di frescura a contatto con il lenzuolo sotto di me.
"Anita, ma che stai facendo?"
Luca entra in stanza, mentre rotolo di lato come un salsicciotto e mi accorgo che sotto il suo sguardo profondamente divertito, io mi senta quasi come una bambina colta in flagrante a fare qualche marachella dal proprio genitore.
Le mie guance si imporporano di rosso e portandomi una ciocca di capelli, in imbarazzo, mi rimetto seduta velocemente, provocandomi un capogiro.
"Niente, niente" ribatto, evasiva, sviando il discorso con un gesto della mano. "Solo degli esercizi mattutini. Piuttosto, tu che fai qui?" aggiungo, mettendo su un sorriso a 32 denti.
Luca abbassa lo sguardo, sbuffando un risolino, e inserisce una mano nella tasca dei pantaloni, spostando il peso del corpo su un piede. È già vestito di tutto punto, con una camicia bianca a cui ha arrotolato le maniche-che mi permette di godere della vista dei suoi bicipiti in tensione- su un paio di pantaloni scuri, dal taglio elegante.
"Ho preparato la colazione" mi informa, avvicinandosi per sedersi al mio fianco.
"Oh...la colazione" sussurro, ma il mio sguardo è catalizzato dal suo viso; non riesco a fare a meno di scrutare il suo volto sbarbato, con i capelli che gli ricadono sbarazzini sulla fronte e i suoi occhi così brillanti e chiari.
Lui appoggia un ginocchio sul letto, abbassandosi su di me.
"Mmh-mmh" annuisce, accarezzandomi una guancia con dolcezza. Poi lascia che le mie labbra tocchino le sue, piano, assaporandone lentamente il loro sapore.
Mi aggrappo alle sue spalle, sporgendomi nella sua direzione, per guadagnare un'ulteriore vicinanza, ma inarcando la sua bocca in un sogghigno divertito, Luca si ritrae dispettoso.
Mentre io sbuffo, come se fossi una bambina, lui mi lascia un'ultima carezza sul viso, seguendo la linea del mio naso. "Ti aspetto di là" mormora poi, rimettendosi in piedi, ma senza perdere il contatto con i miei occhi.
"Okay" acconsento con il capo, vedendolo allontanarsi per andare via dalla stanza.
Quando mi rendo conto di essere di nuovo sola, mi abbandono contro la testiera del letto e mi porto le mani a coprirmi il viso, strofinandole contro le guance. Mi tasto poi le labbra con un dito. Che buon sapore ha la felicità.

Dopo poco, mi alzo e indosso i miei abiti di ieri sera, per evitare altri momenti d'imbarazzo, e mi dirigo verso la cucina.
Non appena sono fuori dalla stanza, mi rendo conto che io avverta presto una fragranza dolce farsi spazio nell'ambiente, creandomi un languorino allo stomaco. Mi porto una mano alla pancia, cercando di soffocare un brontolio che nasce spontaneo.
Quando sono ormai sulla soglia, mi accorgo che Vanessa e Sofia sono già sedute al tavolo- con la piccola che lascia penzolare le gambe, teneramente- invece Luca sorseggia da una tazza il suo caffè, appoggiato al bancone, gli occhi lievemente socchiusi, come se fosse raccolto nei suoi pensieri. La cucina della sua casa è luminosa, con la porta finestra che dà sull'esterno, e un arredamento moderno, bianco e grigio chiaro, a riprendere la linea guida delle altre stanze. È come una di quelle che ammiri nelle riviste che svogli alla ricerca della casa perfetta, funzionale e con elettrodomestici di ultima generazione.
"Buongiorno..." annuncio, poi, scogliendomi in un sorriso.
Vanessa e Sofia si voltano nella mia direzione, e mentre la prima alza una mano a mo' di saluto, un lieve sorriso a incorniciare il suo viso dolce e arrotondato, la piccola trilla entusiasta al mio arrivo.
"Zia Anita!" esclama, sporgendo le sue braccia verso di me e io lascio che mi stringa. Rido divertita al suo tocco, abbassandomi per lasciarle un bacio tra i capelli e facendole socchiudere gli occhi sotto il mio tocco.
"Zia Anita" ripete lei, portandosi un ditino alla guancia, mentre si lecca le labbra, impaziente, pregustando già con gli occhi il contenuto della sua colazione, "zio Luchi ha fatto le crêpes".
Abbasso lo sguardo al suo piatto dove sono disposte le piadelle con la Nutella e poi faccio posare i miei occhi su Luca che ci osserva dolcemente dalla sua postazione.
"E così sa fare anche le crêpes. Dottor Franzese lei è un uomo dalle mie risorse" lo prendo in giro, simulando un'espressione di pura sorpresa e muovendomi in modo suadente verso di lui.
Luca ripone la tazzina ormai vuota nel lavandino dietro di lui e torna a rivolgermi la sua attenzione. In un attimo è al mio fianco, a parlarmi a un palmo dal viso e io mi sento avvampare per la sua vicinanza.
"Oh, sì, non ne hai nemmeno idea" sussurra, carezzando il mio viso tra le sue mani. Poi scende a lambire il mio labbro inferiore, mordicchiandolo piano e facendomi sgranare gli occhi, in imbarazzo.
Così, quando lo allontano, spintonandolo divertita, mi giro nella direzione delle nostre spettatrici che hanno assistito alla scena. L'altra ragazza presente nasconde un riso dietro la tazza di latte, Sofia invece ci scruta con le labbra lievemente schiuse per lo stupore, gli occhietti colmi di gioia. "Zia Vane" mormora, voltandosi verso di lei, complice. "Zia Anita e zio Luchi si stanno baciando" aggiunge, battendo le mani, esterrefatta.
Nel frattempo in cui ci lasciamo andare alle risate, Luca mi stringe a sé e mentre prendiamo entrambi posto a tavola, lo abbraccio, poggiando il capo sulla sua spalla, profondamente innamorata.

Nel momento in cui tra di noi cala il silenzio, e prendiamo a gustare la nostra colazione, raccolti in una bolla di complicità e spensieratezza, Sofia lascia vagare il suo sguardo su me e Luca che ci scambiamo piccoli e misurati gesti. Ci osserva come se per lei fosse una novità, come se non avesse mai avuto l'occasione di vedere due persone scambiarsi tanto affetto e amore.
Così, portandosi una mano alle labbra, pensierosa, fa posare i suoi occhi attenti e curiosi su Vanessa al suo fianco.
"Zia Vanessa"la richiama, portandola a rivolgerle la sua attenzione.
"Dimmi, tesoro" la esorta quindi lei, sporgendosi nella sua direzione.
"Ma tu il fidanzato non ce l'hai?" le domanda, con l'ingenuità che la contraddistingue.
Vanessa rimane in silenzio, irrigendosi davanti alla sua domanda. Abbassa poi lo sguardo, traendo un respiro, prima di ritornare con gli occhi su di lei; un sorriso tirato a incorniciarle il volto. Ma mi rendo conto che, nonostante le parole di Sofia non siano state pronunciate con cattiveria ma che la piccola fosse mossa da un puro istinto di curiosità, è ovvio che si sia sentita ferita da una tale domanda.
"No, Sofia, non ho il fidanzato" le replica, accarezzandosi il ventre ormai pronunciato. Mi viene da pensare a come il padre del suo bambino non sia a conoscenza di questa gravidanza, dopo averla lasciata in malo modo e mi provo a provare della compassione nei suoi confronti.
"Ah!" esclama lei, corrucciando la fronte e piegando in seguito le labbra in un broncio triste. "Quindi anche lui non ha il papà!" ammette, indicando la sua pancia.
La ragazza inarca la bocca in un sorriso intenerito, accarezzandole il capo con le dita, lievemente. "Ma no, tesoro, perché dici così. Tu un papà ce l'hai, eccome".
Lei si ritrae contrariata, incrociando le braccia al petto con fare indispettito. "Il mio papà non mi vuole più bene" sentenzia.
A quel punto è Luca a intervenire, mettendo su un'espressione di incoraggiamento. "Non dire così, Sofi, lo sai che il tuo papà ti vuole tanto bene, è solo un po' impegnato con il lavoro".
Lei rialza gli occhi, sporgendosi verso suo zio, esitante. "Dici davvero?" gli chiede, mordendosi un labbro.
"Certo, tesoro" le sorride lui.
"E mi verrà a prendere presto?" ritenta lei.
"Ti verrà a prendere presto, sì" le concede suo zio. Agli occhi di Sofia, che luccicano di felicità, questa appare come la più preziosa delle promesse.
"Bene" proferisce allora Vanessa, allontanando il piatto da davanti a sé, ormai che la fame le è passata. "Cosa ne dici di andarci a vestire, paperotta?"
"Okay!" esclama la piccola, colma di iniziativa, rimettendosi in piedi e porgendole la sua mano.
La ragazza l'afferra tra le sue, concedendole un sorriso e voltandosi nella nostra direzione per scrutarci in modo complice. La sua iniziativa è un escamotage per lasciarci soli e silenziosamente la ringrazio.
"È tutto ok?" le mima Luca tra le labbra, accertandosi che quella richiesta di poco prima non l'abbia turbata, ma lei acconsente, esortando la piccola a seguirla nella sua stanza.
"Zia Anita" mi richiama proprio lei, ormai sulla soglia, facendomi sciogliere per quel suo modo dolce di nominarmi.
"Sì?"
Lei gonfia le guance, dondolandosi sul posto, colma di aspettativa e curiosità. "Ma alla fine la principessa Anita e il principe vissero felici e contenti?" mi domanda, con un tono tenue e dolce.
Faccio affiorare un sorriso sul mio volto, annuendo con il capo. "Sì, tesoro, vissero felici e contenti" le replico, poi, con complicità. Così, quando lei si allontana, mano nella mano con Vanessa, saltellando piena di gioia, una risata mi nasce spontanea, osservando con quanta facilità le sia tornato, per fortuna, il buonumore.
"E cos'è questa storia?" la voce di Luca, bassa e roca, mi induce a tornare alla realtà, porgendogli la mia attenzione, adesso che siamo soli.
"Forse un giorno te la racconterò" gli faccio presente, aprendomi in un occhiolino che lo fa sogghignare con divertimento.
Poi lascia che finalmente copra le sue labbra con le mie, assaporandole piano, pronta a dimostrargli con questo gesto, tutto l'amore per lui da cui sento invadermi.
"Sei stato bravo prima con Sofi" gli confesso, a mezza bocca, ancora con il respiro corto.
Luca accenna un sorriso, giocherellando con una ciocca dei miei capelli, sistemandola poi dietro l'orecchio. "Non voglio che mia nipote pensi che suo padre non tenga a lei, perché nonostante il suo comportamento sia stato poco consono nell'ultimo periodo, non posso permettere che covi del risentimento nei suoi confronti" esordisce, stringendomi a sé. E io mi accocolo a lui, accarezzandogli il petto e godendo di ogni suo tratto e sfumatura da così vicino.
"Comunque, tornando a noi" aggiunge con dolcezza, portandomi a rialzare gli occhi verso di lui.
"Ho intenzione di contattare la dottoressa Parracciani per fissare un appuntamento" mi spiega, raggiante e io mi ritrovo a seguire il suo sguardo rapita.
Cingo il suo viso tra le sue mani, accarezzandogli le guance. "Non ci credo ancora che lo stiamo facendo davvero" ammetto,ancora incredula.
Lui annuisce, sorridendomi, mentre appoggia le sue mani sulle mie per intrecciare le nostre dita. "Lo stiamo facendo davvero" replica, portandomi a raggomitolarmi di nuovo al suo petto, mentre entrambi godiamo di questa stretta, cercandoci presi e innamorati.

                                                                                                                                ***

Agnese è bellissima e non riesco ancora a capacitarmi di che dono prezioso lei sia. Lascio che le mie dita sfiorino il vetro della nursery, guardando con stupore i piccoli smaniarsi nelle cullette. Poco dopo mi faccio spazio nella stanza, salutando cordialmente l'infermiera di turno che, vedendomi, corruccia la fronte in modo curioso.
"È successo qualcosa, dottoressa?" mi domanda, dimostrando dal suo tono una certa apprensione.
"Oh, nono" le sorrido, rassicurante, "sono qui per la mia nipotina, Agnese".
"Oh" ammette lei in un sospiro sorpreso. "Agnese, sì, che bimba dolcissima, è così tranquilla".
Acconsento con il capo, muovendomi piano tra le culle, come se non volessi intaccare una tale armonia, alla ricerca della mia nipotina, e quando finalmente la scorgo, lì, così piccola, avvolta in un lenzuolino rosa, sorrido colma di emozione.
"Ciao, tesoro" le sussurro, accarezzando lievemente la linea del nasino, che lei arruffa sotto il mio tocco.
Agnese sorride, sporgendo le sue manine verso di me, prima di arricciare le labbra in una smorfia tenera.
"Che c'è, eh? Cosa c'è?" mormoro, muovendo il capo verso di lei, buffamente. Lei ride, voltando la testa alla ricerca di forme e colori da distinguere. Poi punta di nuovo suoi occhi verso di me e mi riscopro ad esserne affascinata; sono tanto grandi e così simili ai miei.
La prendo tra le mie braccia e lei si accoccola al mio petto; uno sbadiglio che copre tra le manine portate alla boccuccia. E io la scruto, cullandola a me e mi ritrovo a essere incantata da ogni suo più piccolo gesto a ogni sua sfumatura.
Mi rendo conto che l'infermiera dietro di me abbia abbandonato la sua postazione, scivolando al mio fianco, e concentrando il suo sguardo alla piccola stretta a me.
"Le assomiglia molto" mi confida, a bassa voce.
Mi volto verso di lei, tornando poi su mia nipote che si addormentata, increspando le labbra in un'espressione serena, e le sorrido.
"Lo so" ammetto con un moto di orgoglio a montarmi dentro, nel frattempo che lei ritorna alle sue mansioni.
Lascio un bacio in fronte a Sofia, inspirando il suo profumo dolce, e quando rialzo gli occhi per puntarli sulla vetrata che ci separa dall'esterno, sussulto nel rendermi conto che al di fuori ci sia Cristina.
Corruccio la fronte, incontrando il suo sguardo e non appena anche la mia amica si accorge che la mia attenzione sia puntato su di lei, si scosta velocemente, compiendo un passo indietro.
Arriccio le labbra in una smorfia triste, mentre mi rendo conto che nonostante sia distante e mi eviti, non accenna ad andare via da lì. Quindi, compirò io un passo verso di lei, le tenderò la mano, aiutandola ad abbassare le sue difese.
Mi sporgo verso di lei, facendole cenno di entrare. Lei scuote il capo, quasi come se fosse intimorita, ma notando la mia insistenza, si ritrova a dover compiere questo gesto. Sul mio viso si insinua un sorriso speranzoso, che Cristina coglie, non appena, silenziosa e timorosa, varca la soglia della nursery.
Lo sguardo dell'infermiera si posa su di lei e non mi sfugge che le labbra le si pieghino in un'espressione contrariata, poi scuote il capo, posando la mia attenzione su di me.
"Non si potrebbe, dottoressa, ma per lei chiuderò un occhio" mi fa presente. E io mi accorgo che abbia appena trasgredito una regola permettendole di entrare, ma adesso non mi importa.
Quindi, la ringrazio con lo sguardo, portando la mia attenzione a Cristina che mi si avvicina.
"Ciao..." sussurra in imbarazzo, volgendo poi lo sguardo incuriosito ad Agnese tra le mie braccia.
Ricambio il suo saluto, cercando di metterla a suo agio. "È mia nipote, si chiama Agnese" le confesso, poi, con un sorriso.
Lei annuisce, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "È, è davvero bellissima" mormora, attratta dalla neonata. È incredibile l'effetto che questa bambina suscita nelle persone. Scruto la mia amica che adesso ha gli occhi velati di lacrime, le labbra strette come se volesse contenere un improvviso pianto e io sento di volerla stringerla a me per rassicurarla.
"Vuoi, vuoi prenderla in braccio?" la sprono, avvicinandola al suo corpo.
Lei sbarra gli occhi, facendo alternare il suo sguardo, ininterrottamente, da me alla mia nipotina, poi nega, gesticolando con le mani. "No..." ammette, esitante, "no, io non saprei nemmeno come prenderla".
Accenno un sorriso davanti alla sua titubanza. Improvvisamente mi appare così tenera e indifesa. Ti aiuto io" le prometto, "sono al tuo fianco".
Lei sembra captare che dietro le mie parole si nasconda un significato più profondo e si lascia convincere, facendo in modo che io adagi Agnese tra le sue braccia. Così come le avevo premesso, le rimango accanto, mentre la mia amica con le dita che le tremulano lievemente la tiene a sé, un po' incerta e spaventata all'idea di farle male. Guido le sue mani, portandola a sorreggerle la testa, ma la bambina avvertendo la sua insicurezza si sveglia, cominciando a smaniarsi, trasformando il suo pianto in uno stridolio agitato. Cristina l'allontana da sé, facendo in modo che sia io a prendermene cura e a calmarla e, prima che possa solo fermarla, si divincola dalla mia presa, scappando fuori dalla stanza, e nascondendomi il suo volto affranto.
Cullo Agnese con l'intenzione di placare il suo pianto disperato, nel frattempo in cui le sussurro parole dolci, ma l'infermiera di poco prima sopraggiunge al mio fianco, facendomi segno di darla a lei.
"Vada pure, la sua amica adesso ha bisogno di lei" mi fa presente, dedicando un sorriso dolce alla neonata. Io annuisco ancora un po' frastornata e mi muovo alla sua ricerca.

"Cris..." la richiamo, non appena sono fuori, scorgendola rannicchiata contro il muro, con il corpo scosso dai singhiozzi.
Avverto il mio cuore sussultare alla sua vista. Lei si volta verso di me, restituendomi l'immagine del suo volto arrossato e contratto in una smorfia per il pianto.
"Oh...Cris..." sussurro, addolorata, compiendo alcuni passi nella sua direzione. Allargo le braccia, sperando che colga il mio invito e inaspettatamente poco dopo la osservo raggomitolarsi al mio petto, stringendomi a sé in un modo quasi possessivo.
Io l'abbraccio, carezzando la sua schiena e cercando di infondere in lei del conforto.
"Scusa, scusa...mi dispiace così tanto" ammette tra le lacrime, sulla mia spalla.
"Shh..."la tranquillizzo.
Lei incrocia i miei occhi. "Mi dispiace per quello che ci siamo dette, Anita" mi fa presente, mordendosi un labbro con forza.
Appoggio le mie mani sulle sue spalle. "Dispiace tanto anche a me. Non pensavo davvero quello che ti ho detto, e io, io dovevo starti solo accanto, non giudicarti" le confesso, abbassando lo sguardo e quando poco dopo ci lasciamo andare a un altro abbraccio, che ha il dolce sapore del chiarimento, sorrido molto più serena.
"Io, io non ce l'ho fatta, Anita, non ce l'ho fatta" mi confessa, poco dopo, giocherellando distrattamente con le dita.
La sprono con lo sguardo a continuare, mettendo su un'espressione di incoraggiamento.
"Quando Edoardo ha scoperto che fossi incinta e che volessi abortire, si è arrabbiato, sentendosi escluso da una decisione così importante..." mi confida.
"E me ne dispiace, davvero, perché ho sbagliato a non metterlo a corrente. Ma Edo mi ha detto che fossi un'egoista, che per tutto questo tempo avessi pensato solo a cosa volevo io, senza contemplare una sua decisione. Mi sono sentita così male, abbiamo litigato pesantemente, e lui mi ha lasciato lì, da sola..." aggiunge, mentre una lacrima le scivola giù lungo la guancia.
"Oh, Cristina, mi dispiace così tanto" ammetto, arricciando le labbra in una smorfia contrita. Eppure, nonostante ci tenti, non riesco a non comprendere come si possa essere sentito Edoardo. "E alla fine l'hai fatto?" le chiedo, timorosa al pensiero di farla sentire giudicata.
"C-cosa?" balbetta.
"Il bambino, lui..."mormoro.
Cristina socchiude gli occhi, mordicchiandosi il labbro inferiore, nervosa, poi nega con il capo. "No, io, io non ce l'ho fatta" ammette, liberando un sospiro, come se si fosse sbarazzata di qualcosa che la stesse opprimendo nel profondo.
Cingo il suo viso tra le mie mani, lasciandole trapelare la mia sorpresa davanti alle sue parole. "Hai fatto la scelta giusta, tesoro" proferisco in un sorriso. "Ma Edoardo questo lo sa?"le chiedo, poi.
"No, Edo non ne sa niente" mi replica, tristemente. "Ho paura che non voglia ascoltare cosa ho da dirgli" aggiunge, spaventata all'idea che lui non abbia intenzione di rimanere con lei. Vedo la paura insediarsi nei suoi occhi e mi premuro di rassicurarla, scendendo ad accarezzarle la pancia con dolcezza.
Lei sussulta lievemente al mio tocco, puntando gli occhi alla mia mano che solletica lievemente il suo ventre. Un ventre in cui sta fiorendo una nuova vita.
"Questo fagiolino qui dentro vi unirà" le mormoro, a bassa voce. Dai suoi occhi osservo scivolare altre lacrime, ma mi rendo conto che questa volta siano di emozione, così quando la sua mano raggiunge la mia, io ricambio stringendola più forte.
"Pensi io possa essere una buona madre per questo bambino?" mi chiede, cercando in me la rassicurazione di cui ha bisogno. Essere un genitore non è facile, è vero, così come è normale poter essere spaventati all'idea, ma in lei si è già insediato un moto di protezione nei confronti del proprio piccolo. Il modo così dedito con cui si accarezza la pancia, mi riempie il cuore di gioia.
"Questo non lo so, Cris, ma so in altrettanto modo che tu, questo piccolo esserino, lo ami già tantissimo e ora è tutto ciò che conta" pronuncio, sciogliendomi in un sorriso.
Lei annuisce, accennando un riso. "Grazie" mi sussurra, poi, con riconoscenza. E io mi sento felice di aver chiarito con lei, di esserci stata ora che ne aveva bisogno, senza più giudizio e rabbia, ma solo con la rassicurazione e la comprensione di cui lei necessitava.

Cammino per ritornare al mio reparto, riscoprendomi così felice al pensiero di aver fatto pace con la mia amica, quando all'improvviso la voce di Luca mi porta a voltarmi. "Anita!" mi richiama.
Gli sorrido, scoprendolo dietro di me, a pochi passi da me, e mi muovo nella sua direzione, dedita a colmare quei pochi metri che ci separano, con l'ansia e la curiosità di sapere cosa abbia da dirmi.
"Ehi..."
Lui cinge il mio volto tra le sue mani, accarezzandomi con dolcezza le guance e io lo lascio fare, incurante degli sguardi che si posano su di noi. I miei occhi rivolti a lui, lui soltanto.
"La psicologa ha accettato di vederci, questo pomeriggio."mi comunica, incurvano le labbra in un sorriso raggiante.
Ricambio il suo sorriso, con gli occhi che mi brillano per l'emozione. Il nostro desiderio che assume sempre più concretezza.
Lo stiamo facendo davvero...

Così come Luca mi aveva accennato, nel pomeriggio ci rechiamo dalla Parracciani. Ad aprirci è la stessa dottoressa, che si dimostra gentile e dolce come sempre, facendoci strada verso lo studio. Mentre la seguiamo per il corridoio mi sento invadere dalla trepidazione. Non vedo l'ora di poterle comunicare la nostra volontà: sono sicura che si dimostrerà entusiasta dell'iniziativa.
Non appena varchiamo la soglia della stanza, mi accorgo della figura di Irene Berardi e mi ritrovo a non essere tanto sorpresa della sua presenza. In quanto assistente sociale è un po' scontato che ci fosse anche lei.
Lei ci dà le spalle, stretta in un tailler giacca e pantalone blu notte, i capelli scuri e ondulati che le ricadono morbidi lungo la schiena, a differenza del solito chignon.
"Eccoci qua" esordisce la Parracciani, muovendosi cauta verso la sua scrivania.
Irene si volta, sussultando, forse perché sovrappensiero, e ci dedica la sua attenzione, lasciando che il suo sguardo critico si posi sulle nostre figure. Non posso negare di sentirmi in soggezione sotto i suoi occhi.
Luca appoggia una sua mano sulla mia schiena, accompagnandomi verso la sedia, per prendere posto. L'unica a rimanere in piedi, nonostante ci sia una postazione anche per lei, è proprio l'assistente sociale, quasi come se volesse imporci la sua autorità.
La dottoressa Parracciani si appoggia con i gomiti sulla scrivania, incrociando le mani davanti a sé e invitandoci a parlare, con un' espressione cheta.
"Ecco, noi abbiamo pensato a quello che ci ha detto..."incomincia il mio fidanzato, incrociando il mio sguardo con un sorriso. Poi annuisce, dandomi modo di continuare.
"Sì, infatti, e pensiamo di seguire il suo consiglio, dottoressa. Abbiamo intenzione di adottare Lucia" le annuncio, raggiante, con le dita di Luca che stringono le mie.
Amelia sorride, soddisfatta e entusiasta davanti alle nostre parole. 
"Sono contenta di saperlo, è la soluzione migliore per la nostra piccola" ammette, risoluta. Ma adesso la nostra attenzione è tutta per Irene, che è rimasta zitta per tutto questo tempo. La scrutiamo a lungo, come se da lei ne dipendesse il verdetto e quando lei, finalmente, rialza lo sguardo, aprendosi in una risata, di scherno, sussulto, corrucciando la fronte, indispettita.
"Siete a conoscenza che per adottare un bambino si debba essere coniugati da almeno 3 anni? E voi, invece, da quanto state insieme, un giorno?"ci fa notare, in tono sostenuto e di disappunto, assottigliando lo sguardo.
Schiudo le labbra, pronta a ribatterle a tono, ma Luca appoggia una mano sulla mia, portandomi a volergli la mia attenzione. I suoi occhi sembrano quasi pregarmi di non replicarle.
Nonostante sapessimo che questo percorso non fosse facile e che la nostra situazione potesse crearci dei problemi, sentirsi spiattellare la verità in questo modo è alquanto demotivante.
"Non stiamo insieme da un giorno, se è per questo, eppure questa clausola non ci sembra un impedimento" proferisce Luca, calmo e composto.
Irene si impettisce turbata dal non aver scalfito la nostra motivazione e incrocia le braccia al petto.
"Certo, ma non me ne vogliate, se vi faccio presente che, al momento, dovrete eclissare la vostra voglia di adozione" continua, con un'espressione da so tutto io.
A quel punto non riesco più a frenare le parole che mi premono sulla lingua.
"Noto un certo risentimento nelle sue parole, signorina Berardi" la provoco. "Ma credo che non dovrei essere io a dirle che esiste anche l'affidamento" aggiungo, sentendomi montare da un moto di soddisfazione.
Lei annuisce senza più replicare, ma senza darmi davvero modo di esultare per la mia vittoria personale.
"Giusto" interviene la psicologa, concorde con la nostra opinione. "Adesso un preaffido converrebbe assolutamente. Non credi, Irene?" le domanda, cercando la sua approvazione.
Lei incrocia il suo sguardo, ormai spenta da qualsiasi iniziativa e acconsente con il capo. "Certo..." ribatte poco convinta.
Ma Amelia le sorride vincente, incontrando i nostri sguardi complici e trionfanti.
"Perfetto!" annuncia, battendo lievemente le mani, "allora siamo d'accordo".
Io e Luca ci cerchiamo, lasciando che le nostre mani si stringano, l'emozione a delineare i nostri volti davanti al passo che stiamo per compiere.
Per ultimo la psicologa ci mostra la procedura da seguire, facendomi presentare richiesta. Terminati i cavilli burocratici non ci resta che salutarla e darci appuntamento alla prossima per discutere delle modalità del provvedimento. Nel momento in cui io e Luca ci stiamo congedando, lasciando la dottoressa allo svolgimento del suo lavoro, Irene scivola al mio fianco, dileguandosi frettolosa dalla stanza. Mi impongo di seguirla.
"Signorina Berardi" la richiamo, seguendo il ticchettio delle sue scarpe, ma lei persiste, senza voltarsi.
"Irene!"ritento, di nuovo allora, portandola a rivolgermi la sua attenzione, con stizza. 
"Non ho tempo da perdere!" ribatte lei, alzando un dito nella mia direzione sprezzante, ma non mi lascio intimidire dai suoi modi poco consoni e gentili, e prendo ad avvicinarmi, cercando di mostrarmi cordiale.
"Volevo solo fare quattro chiacchiere con lei" tento, accennando un sorriso. Lei assottiglia lo sguardo, increspando le labbra in un'espressione sospettosa, ma prima che possa replicare, la interrompo sul nascere.
"Io non so per quale motivo lei si dimostri così ostile nei nostri confronti..." le confesso, accorata.
"Lo sarei con qualsiasi coppia, non la prenda sul personale, voglio solo assicurarmi che ai bambini sia garantito il meglio!" contesta, punta sul vivo. 
Annuisco, tirando un sospiro e portandomi i capelli dietro le orecchie. "Lo comprendo, ma voglio che lei sappia che il benessere di Lucia ci sta profondamente a cuore, e non c'è bisogno di dirle che questa sia la soluzione migliore per la piccola. Io e Luca ci teniamo davvero a garantirle una famiglia, e darle tutto il nostro amore, glielo assicuro. E se lei dovesse avere ancora qualcosa in contrario, le dimostrerò che si sbaglia." mi stupisco io stessa della sicurezza delle mie parole e sorrido vittoriosa, notando di averla lasciata senza fiato.
Luca sopraggiunge proprio in quel momento, facendo alternare il suo sguardo prima su di me e poi su Irene, silenziosa, al mio fianco.
"Tutto bene?" domanda, corrucciando la fronte, scettico.
"Certo" gli confermo, lasciando che un'espressione rassicurante si insinui sul mio volto. "Abbiamo fatto solo due chiacchiere".
Lui annuisce, anche se poco convinto, e mi porge la sua mano affinché la stringa, pronta a seguirlo.
"Arrivederci" la saluto, voltandomi per concederle un ultimo sguardo e scoprire che Irene ci stia scrutando ancora frastornata e senza parole. Poi torno a guardare Luca e gli sorrido, tranquilla, prendendolo a braccetto, mentre prendiamo a farci strada fuori dall'appartamento.
Quello che stiamo facendo per Lucia è davvero qualcosa di così bello e speciale, e non permetterò che qualcuno ci ostacoli.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti! :)
Direi che questa volta sono stata veramente brava, perché nel giro di poco più di una settimana riesco a farvi leggere un altro capitolo. Vi confesso di averlo scritto di getto in maggior parte oggi e ne sono molto soddisfatta <3 Spero che possa piacere anche a voi.
Stasera non ho molto altro da dire, capitemi sono un po' stanca dopo un'intensa giornata ahahah, ma mi auguro di sapere la vostra opinione perché ci tengo davvero e, soprattutto, per quale motivo pensate Irene si dimostri così ostile? Sarà vero sia così con tutti? Chissà!
Intanto grazie mille per il sostegno che continuate a mostrarmi, grazie a chi legge, a chi ha inserito la storia nelle sue liste e grazie di vero cuore a chi commenta. GRAZIE dal profondo del mio cuore. Se Anita e Luca sono ancora qui, è merito vostro.
Adesso vi saluto, dandovi appuntamento alla prossima. Un abbraccio forte! <3






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Capitolo 66
*** Capitolo 64 ***


Capitolo 64
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 64

Dopo il colloquio con la psicologa, io e Luca ci siamo concessi una passeggiata, avvolti in un silenzio rilassante, con in sottofondo solo il ticchettio dei nostri passi.
La primavera ormai inoltrata ci dà modo di godere di una giornata mite, fresca quanto basti e la leggere brezza che si leva, scompigliando le chiome degli alberi in fiori, posandosi poi sui nostri volti in una carezza delicata, mi provoca una profonda sensazione di benessere.
Osservo l'orizzonte davanti a noi tingersi di un caldo rosso a cui si mescola alla perfezione un tiepido arancione, in un tripudio di sfumature e colori, sovrastato dalle nubi già scure. Scruto questo momento con gli occhi che mi brillano per lo stupore e penso che vorrei immortalarlo, imprimerlo nella mia mente per sempre. Così, mentre avverto la mano di Luca stringere ancora la mia, e il suo pollice accarezzarne il dorso, recupero frettolosa il mio cellulare dalla borsa, custodendo questo spettacolo e imprigionandolo in una fotografia.

Il respiro di Luca plana sul mio collo lasciato scoperto dalla manica del giubbino di jeans che è scivolata di lato e io mi volto verso di lui, sorridendo soddisfatta di essere riuscita a catturare questo attimo. E mi rendo conto che vorrei poter fermare anche questo, lasciare che la sua immagine, il modo così adorante e dolce in cui i suoi occhi si posano su di me, rimanga intrappolata nella mia mente e nel mio cuore, all'infinito.

All'improvviso, una folata di vento più audace delle altre si leva nell'aria, portandomi ad acciuffare alcune ciocche di capelli che mi infastidiscono gli occhi, ma adesso con l'orizzonte alle mie spalle, il mio sguardo è per lui, lui soltanto. Mi sento attratta a lui come se fosse una calamita. Allora percorro il suo viso con lo sguardo, beandomi della sua bellezza così disarmante.

Luca scende ad apportare una carezza lungo il mio viso, seguendo una linea immaginaria nella sua mente e si sporge verso di me, facendo in modo che la sua fronte adagi alla mia. E io accompagno i suoi gesti, andandogli incontro e socchiudendo gli occhi.
"Adoro il tuo modo di emozionarti ancora davanti alle piccole cose; piccole cose che attraverso i tuoi occhi diventano meravigliose" mi sussurra, facendo in modo che la sua voce maledettamente roca e bassa mi provochi un brivido lungo la spina dorsale.
E io a quel punto gli sorrido, colma di emozione, conscia della reazione che le sue parole abbiano scaturito in me e mi alzo sulle punte per baciarlo, lievemente, allacciando le mie braccia attorno al suo collo, pronta a guadagnare un'ulteriore vicinanza. E poi lo stringo, accarezzandogli i capelli alla base della nuca e lui insinua le sue mani nel mio giubbino, all'altezza delle coste, sostenendomi vicino a sé e portandomi a sfiorare il mio corpo con il suo. Avverto la pelle, nonostante lo strato di vestiti, bruciare, facendomi reprimere un gemito di piacere, che Luca cattura e soffoca tra le sue labbra, chiedendomi il permesso di insinuare la sua lingua nella mia bocca, giocando a stuzzicarmi per ritrarsi dispettoso.
Afferro il colletto del suo giubbetto, strattonandolo lievemente mentre sogghigno divertita, reclamando un contatto che mi spetta di diritto e, a quel punto, lui comincia a fare sul serio, lasciando che mi prenda le sue labbra, che le plasmi con le mie, mentre intorno la brezza ci culla, con uno sfondo che sa di magico e romantico, e noi, innamorati più che mai, ci proclamiamo il nostro amore.

Quando, dopo poco, Luca mi accompagna a casa, mi rendo conto che non ci sia bisogno io gli chieda di salire su con me, di rimanere; pare che lui scorga quella richiesta attraverso i miei occhi come in un tacito accordo.
Resta con me...

E mentre saliamo le scale, eccitati ed ebridi di passione come due adolescenti che hanno fretta di amarsi, mi rendo conto che le parole adesso siano davvero superflue. Ci scrutiamo in un gioco di sguardi, di consensi, con mani che si cercano, che bramano, che quasi già spogliano.

La porta del mio appartamento si richiude con uno scatto dietro di me e non faccio in tempo a rendermene conto che Luca lì a fare in modo che il mio sguardo e la mia attenzione sia solo per lui; la mia schiena che aderisce alla parete, le sue dita che giocherellano con le mie.

E mi bacia, in quel modo che è così suo, tale da togliermi il respiro. Io ricambio, come se non fossi mai sazia di lui, e delle sue labbra, mentre cercando di non separarmi dal suo tocco, lascio ricadere il giacchetto di jeans dietro di me. Poco dopo anche la mia maglietta subisce lo stesso trattamento e torno a porgere la mia attenzione di nuovo a lui. Sembra che io sia sorda a qualsiasi cosa che non preveda baciare o sfiorare Luca.

Faccio scivolare le mie dita lungo il petto, tastandolo, e un broncio infantile si insinua sulla mia bocca, a contatto con il tessuto che non mi permette di accarezzarlo come vorrei.
Luca appoggia le sue mani sulle mie, aiutandomi a liberarsi del giubbotto e della maglia bianca che indossa sotto di esso. Le mie mani scoprono ogni lembo della sua pelle, con cura, dedicando devozione a ogni sua più piccola sfumatura . E adesso che lo guardo, lo sfioro, senza più impedimenti, non posso fare a meno di sorridergli in quel modo adorante che riservo a lui, lui soltanto.
Lui si abbassa su di me, accarezzando il mio viso tra le sue mani grandi e calde. Mi sfiora con delicatezza, quasi come se avesse paura di farmi male e io accompagno i suoi gesti, sospirando accanto alle sue labbra, che Luca corre ad accogliere di nuove tra le sue. Mi bacia piano, assaporando la mia bocca, lentamente, quasi come se volesse godersi questo momento a lungo, pur di procrastinarne la fine. Allora lo abbraccio, stringendolo a me in una morsa, perché avverto il bisogno di avvertire la mia pelle a contatto con la sua e godere di quel calore che è in grado di scatenare.

"Promettimi che affronteremo questa situazione insieme..." gli sussurro, scendendo ad apporgli un bacio sul collo, sentendolo rabbrividire sotto il mio tocco.

"Che non ci faremo abbattere dagli ostacoli..." un bacio accanto al suo cuore che batte furente come il mio.

"Che continuerai ad amarmi così come fai..." rialzo lo sguardo per puntarlo su di lui, con gli occhi che brillano di eccitazione, a reclamare un ennesimo bacio sulle labbra, le mie dita che accarezzano il suo viso alla ricerca di conferme.

Luca mi afferra tra le sue braccia, facendo in modo che il mio corpo si abitui al suo, sostenendomi a sé.
"Lo prometto" mormora, con un tono suadente di voce, prendendo a muoversi verso la mia camera da letto.
Lì, in un fruscio di lenzuola e corpi noi ci amiamo con urgenza e passione, come se non fosse abbastanza, in questa notte che vorrei non avesse mai fine, dimostrandoci un sentimento che, forse avremmo potuto concederci molto tempo prima, ma a cui adesso non abbiamo alcuna voglia di rinunciare.


Mi volto a osservare Luca che ancora dorme; le labbra stese in un'espressione serena e appagata, un braccio sotto la nuca a sostenere il capo, mentre la mano libera ricade in modo che sembra quasi casuale accanto al mio cuscino. Gli dedico un ultimo sguardo, e lambendo con delicatezza la sua guancia, scendo a segnare una scia fino al collo, pizzicandomi le dita sotto la sua barba incolta. Torno poi a porre la mia attenzione altrove, scorgendo il bagliore dell'esterno prodigarsi fino al letto, illuminando la stanza. Lo specchio da camera, posto alla destra del nostro giaciglio, accanto alla portafinestra che dà sulla strada, mi restituisce l'immagine del mio riflesso. Mi squadro così, con il lenzuolo candido che mi copre, e che stringo fino al petto, i capelli che mi ricadono scarmigliati e aggrovigliati lungo le spalle e sulla fronte, il trucco un po' sbavato sotto gli occhi, che mi premuro di cancellare. Carezzo i miei tratti, sorpresa, come se li vedessi per la prima volta e fossi sbocciata di una nuova forma tutto d'un tratto. Sfioro le mie labbra che si arricciano in un sorriso, e beh,  solo esso basta a dimostrare quanto io sia felice.
Sussulto lievemente al tocco tenue e dolce di Luca sulla mia pelle e quando mi giro, lo trovo lì, dietro di me, ad accarezzare il mio collo scoperto con le dita.

"Buongiorno..."gli sussurro, reclamando un bacio a stampo, che lui non tarda a concedermi, portandomi a stendermi di nuovo accanto a lui. E ce ne rimaniamo così, avvolti in un senso di pace, e piacevole silenzio, fin quando non rialzo lo sguardo, sporgendomi verso di lui e delineando la forma del suo naso in una carezza gentile.

"Voglio presentarti una persona..." mormoro, sciogliendomi in un sorriso, apportando un bacio all'angolo delle sue labbra.

Luca mi stringe a sé, accennando un riso divertito davanti ai miei capelli che gli infastidiscono gli occhi, per poi mutare la sua espressione dilettata in una confusa.

"Chi?" mi domanda, curioso, assottigliando lo sguardo.

Mi sottraggo al suo tocco, scuotendo il capo e facendo finta di cucirmi la bocca. "Ah-ah, lo scoprirai presto" proferisco in un occhiolino, alzando un dito nella sua direzione.

"Ah, sì?"chiede, sporgendosi verso di me, sornione.

"Sì, sì" ribatto, dispettosa, prima di avvertire il tocco delle sue mani sui miei fianchi.

Osservo un guizzo malizioso attraversare i suoi occhi e quando poco dopo sento le sue dita pizzicarmi, sopprimo un gridolino sorpreso, scappandogli dalle mani, divertita.


La stanza 312 si staglia presto davanti ai nostri occhi. Ho visto la confusione scemare dagli occhi di Luca non appena abbiamo fatto ingresso nel reparto maternità, e lasciare spazio a un'espressione intensa, tenera. Mi ritrovo ad ammirare il modo in cui i suoi occhi si posino sul corridoio trasognante.
Poi gli stringo una mano, intrecciando le mie dita con sue e riporto la sua attenzione su di me.

"Voglio presentarti la mia nipotina, Agnese" gli confido, in un sguardo coinvolto.

Luca sorride, e se pensavo di poter leggere della titubanza nei suoi occhi, come se conoscere Agne ed entrare a far parte della sua vita, fosse qualcosa di troppo per lui, mi sbagliavo.
È proprio lui a condurmi con sicurezza nella stanza, appoggiando una mano all'altezza della mia schiena.
Sabrina si accorge presto di noi due e non appena ci scruta, lì, insieme, un'espressione radiosa, di stupore, non può fare a meno di nascere sul suo volto.
"Ragazzi, ciao!" ci saluta, con entusiasmo.
Agnese è tra le sue braccia, mentre lei la culla amorevolmente al suo petto.

Mi muovo verso di loro, in punta di piedi, avvertendo montare nel mio petto quella piacevole sensazione che si manifesta ogni qualvolta sono con Sabrina e mia nipote.

"Sei da sola?" le chiedo, nonostante l'assenza di qualsiasi altra persona oltre noi, sia la risposta stessa alla mia domanda.

Infatti lei accenna un risolino che le contrae il viso in una smorfia divertita. "Sì, beh, tuo fratello è al lavoro, e mia madre è appena andata via; sai con l'arrivo della bella stagione è oberata di lavoro" mi risponde.

Poi il suo sguardo incontra quello di Luca che da quando abbiamo messo piede in stanza, è rimasto chiuso in un religioso silenzioso, con lo sguardo calamitato su Agnese; gli occhi che la scrutano con trasporto, quasi increduli. E non appena me ne rendo conto, mi viene da pensare che potrei innamorarmi di lui per la sola maniera in cui venera la mia nipotina.

"Sai, Luca, mia madre è una Wedding planner. Te lo dico a titolo informativo, per quando ne avrete bisogno per un futuro matrimonio, eh!" proferisce nella sua direzione, aprendosi in un occhiolino.

Ma Luca non le presta subito ascolto, rapito come è dalla piccola, che adesso arriccia la boccuccia in un broncio, succhiandosi un pollice.

Così Sabrina si sporge nella sua direzione e lui, incrociando il suo sguardo, sussulta lievemente scuotendo il capo.

"Scusate" ammette, sciogliendosi in un sorriso di scuse"ero sovrappensiero".

La mia dolce cognatina incrocia il mio sguardo e insieme ci lasciamo andare a una piccola risatina complice.

Poi lei prende ad accarezzare il volto di sua figlia, delineando la forma del nasino, piccolo e a patata.
"Hai visto, Agne?" le mormora all'orecchio, come se fosse un segreto tra loro due "anche lo zio Luca è venuto a conoscerti, sei felice?"
Agnese si porta le manine alle labbra, nascondendo un dolce sorriso e lui le si avvicina, emozionato all'idea di scrutarla da una prospettiva così ravvicinata, alzando una mano nella sua direzione per accarezzarle il capo con affetto.

La sicurezza di poco prima ha lasciato il posto al suo essere così impacciato, quasi insicuro sul come comportarsi e mi ritrovo a pensare che sia la prima volta che lo scorga davvero così, al contrario del suo essere sicuro di sé, e trovo questo suo aspetto quasi tenero.

Sabrina gli sorride, dolcemente, attratta dal modo in cui Luca sembra colpito dalla piccola.

"Vuoi prenderla in braccio?" gli domanda poi.

Luca si porta una mano dietro la nuca, in imbarazzo. "Cosa?" proferisce. "Davvero, posso?" le chiede poi a conferma, come se ce ne fosse bisogno.

Lei acconsente, serena, tendendogli la piccola affinché la prenda tra le sue braccia.

Lui l'accoglie, stringendosela al petto, come se gli venisse naturale, cullandola in un modo altrettanto dolce e premuroso. 
Ho sempre pensato che Luca con i bambini ci sapesse fare, non posso fare a meno di ricordare come si relazionasse con Lucia, e poi con Sofia, sua nipote, e la rassicurazione che cerca di infonderle, sempre. Ma se è possibile, sento che vorrei immortalare questo momento nella mia mente perché c'è davvero qualcosa di così prezioso e speciale nella maniera in cui lui tiene Agnese. La sua mano corre a sostenerle il capo, sorridendole intenerito e affascinato. E io mi innamoro della loro immagine, perdutamente, profondamente e penso a come possa essere un giorno stringere un figlio tutto nostro.

Luca a quel punto porta la sua attenzione su di me e mi invita ad avvicinarmi a lui, a loro, e io lo faccio, con lo sguardo commosso e il cuore in tumulto nel petto.

Mi sorride in quel modo suo, mentre faccio in modo che i miei occhi trovino i suoi, complici.

Accarezzo il capo di Agnese senza smetterlo di osservarlo.

"È bellissima..."proferisce, abbassandosi accanto al mio orecchio per parlarmi in un sussurro. "E ti assomiglia" mormora come se fosse qualcosa di intimo, da condividere solo con me.

E allora io abbasso lo sguardo, in imbarazzo, ma felice, come non mai.

Un singulto mi porta a porre la mia attenzione a Sabrina che ci scruta; una mano portata alle labbra, una lacrima che scivola giù lungo la sua guancia e che si appresta prontamente a nascondere, non appena si rende conto che i miei occhi abbiano incontrato i suoi.

"Scusate" ammette, "sapete, sono gli ormoni" aggiunge, aprendosi in una risatina che palesa il suo disagio. Riso che però lascia il posto presto a un'espressione dolce, colma di ammirazione.
"È solo che siete davvero stupendi insieme, e mi avete fatto emozionare" ci confessa, recuperando un fazzoletto dal comodino al suo fianco, dove soffoca un altro singhiozzo.
"Ecco!" protesta, soffiandosi il naso in modo rumoroso e sgraziato, "lo sapevo! Adesso piango, ancora!"

E il suo gesto, che assume una platealità così divertente, ci fa sciogliere in una risata.


Poco dopo, quando la piccola ha preso a sonnecchiare sulla spalla di Luca, lui la pone alle amorevoli braccia di sua madre che si premura di adagiarla nella culletta al fianco del letto, lasciandola libera di godersi il suo sonnellino. Agnese si sistema su un lato, reprimendo un verso, le manine chiuse a pugno, vicino al capo.
"Allora" pronuncia, poi, lisciando alcune pieghe del lenzuolo. "Come procede la vostra vita da coppia?"

"Bene!" le replica Luca, stringendomi a sé in un abbraccio, che la fa sciogliere in un riso divertito.

"Ecco, Sabri, a proposito di questo..."proferisco, sporgendomi verso di lei.

"Dimmi tutto, Anita!" ribatte, colma di iniziativa.

Luca incontra il mio sguardo, incuriosito, senza ben capire e io mi premuro di sciogliere qualsiasi suo dubbio.

"Sabrina è un avvocato" gli sussurro, sfiorando la sua guancia con le dita, "sono sicura che potrà darci una mano per quanto riguarda la questione di Lucia".

Lui sorride sotto il mio tocco, annuendo.

"È per quello che sto pensando io?!" trilla la mia cognatina, portandosi poi una mano alla bocca, spaventata all'idea che il suo tono così alto abbia potuto svegliare sua figlia, ma non è così. Infatti la piccola continua a dormire ignara della sua agitazione.

"Sì" le replico, in un sorriso. "Ma ecco, vorrei che rimanesse un segreto, per il momento".

Incrocio lo sguardo di Luca, cercando in lui la conferma e lui non si attarda ad acconsentire con il capo. "Noi vorremmo che fosse una sorpresa" le confido poi, in tono solenne.

Sabrina annuisce vigorosamente, portandosi una mano al petto. "Avete la mia parola" promette.

"Quindi, di cosa volete parlarmi?"aggiunge poi, ponendosi verso di noi, incuriosita e facendoci segno di sederci accanto a lei.

Sia io che Luca accettiamo di buon grado la sua iniziativa e il mio fidanzato lascia che sia io a esporle la nostra situazione.

"Vorremo poter adottare Lucia, ma sai bene che la nostra posizione non ci è molto favorevole, quindi abbiamo fatto richiesta per un affidamento..."le spiego.

Sabrina ascolta le mie parole, attenta, dedicandoci uno sguardo colma di approvazione.
"Vuoi chiedermi come funziona la procedura, in questi casi?" domanda, scrupolosa.
"Sì" annuisco, afferrando una mano di Luca, che lui si premura di stringere.

"Allora, in realtà prima che una coppia possa prendere in affidamento o in adozione un minore, gli organi competenti devono testare la loro idoneità. La procedura prevede che vi vengano poste delle domande, per conoscervi meglio, che siano personali, lavorative, sull'ambiente in cui verrebbe accolto il minore. Questa serie di incontri e colloqui serve a valutare che voi possiate essere le persone adatte all'affidamento di un minore, ma nella vostra situazione, il legame con Lucia vi avvantaggia, dovete tenerne conto" proferisce in un tono zelante e professionale. Poi cerca il nostro sguardo, accertandosi che sia tutto chiaro, quindi io e Luca annuiamo.

All'improvviso il cellulare del mio fidanzato prende a squillare e lui, recuperandolo dalla tasca, scruta lo schermo, allontanandosi in tono di scuse per rispondere. Mi ritrovo a seguire la sua figura, vedendola scomparire oltre la porta della stanza.

"Anita" Sabrina mi richiama, portandomi a rivolgerle la mia attenzione. Lei deve rendersi conto che un po' di esitazione si sia fatta spazio in me e si preme di rassicurarmi.

"Non devi sentirti spaventata da questo iter burocratico; gli assistenti sociali devo considerare quello che vi lega a Lucia. Non si può ignorare quanto quella bambina vi adori e nemmeno quanto voi desideriate darle una famiglia" aggiunge poi, speranzosa.

Incrocio i suoi occhi, dedicandole uno sguardo colmo di gratitudine. "No, infatti, io e Luca faremo di tutto pur di dimostrare quanto teniamo a Lucia e che sia davvero questa la soluzione più adatta per lei" le confesso, convinta.

Lei annuisce, cercando le mie mani, affinché io le stringa e osservo i suoi occhi velarsi di commozione. So quanto l'argomento le stia a cuore e la coinvolga personalmente, e mi premuro di rinforzare la presa sulle sue dita.

"Quello che state facendo, Anita, è davvero ammirevole, e io sono così, così contenta che voi abbiate preso questa decisione. Sai, conosco bene quella sensazione, quando pensi di essere rimasta sola al mondo, hai bisogno che qualcuno ti ridia la speranza, che ti dimostri si possa ancora essere felice. I miei zii, Angelica e Luigi, sono stati questo per me e voi lo sarete per Lucia" mi confida, con la voce macchiata dall'emozione, lasciando che una lacrima le scivoli lungo la guancia.

E allora non mi resta che abbracciarla, stringendomela al petto, per dimostrarle quanto io le sia vicina e la comprenda.

Sabrina sbuffa un sorriso sulla mia spalla, colpendomi con un buffetto."Sto piangendo davvero troppo, oggi" ammette, facendo in modo che un certo divertimento si evinca dal suo tono.

Incontro il suo sguardo, scrutandola arricciare le labbra in una smorfia buffa.

"Ti voglio bene" le rivelo, poi, accennando un sorriso.

"Aww" proferisce, pizzicandomi una guancia, "te ne voglio anche io, piccol
a Anita".

Luca rientra poco dopo, incrociando il nostro sguardo. Il cellulare stretto tra le mani, un'espressione seria a perturbare il suo volto.
"Mi hanno contattato dalla casa famiglia, Irene Berardi ha richiesto un incontro per domani pomeriggio" proferisce, arrivando al nostro fianco.
E non posso nascondere che al pensiero che lei voglia vederci un velo di preoccupazione si insinui in me.



ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno!                                                                  
Sappiate che ho fatto il possibile per scrivere questo capitolo e mi dispiace aggiornare solo adesso, ma ho scritto ieri per un pomeriggio intero e spero possiate apprezzare lo sforzo.
Non ho molto da dire, perché sono un po' di fretta, ma sono curiosa di sapere cosa ne pensiate. E non temete, nel prossimo capitolo ritorniamo in casa famiglia, con un episodio completamente dedicato alla piccola Lucia. Volevo inserire il loro incontro in questo capitolo ma sarebbe risultato troppo lungo da leggere. Ma preparate i fazzoletti, sarà davvero emozionante. Sappiate che ci sto già lavorando, non temete. Intanto, fatemi sapere cosa ne pensate di Luca e Anita-troppo cuccioli😍- della scena Luca con la piccola Agnese e di tutto il resto�  
Grazie per il vostro continuo sostegno, è davvero importante per me e mi dà la spinta giusta a continuare!  
Vi ricordo che, se volete, la storia fa parte di una serie, e una one shot sul primo incontro di Luca e Anita, sia una su Federico e Carlotta, vi aspettano. Le trovate a questi link: First Love- Dove tutto ebbe inizio Una scommessa d'amore                                                                               
Vi abbraccio forte, alla prossima!😘   


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Capitolo 67
*** Capitolo 65 ***


Capitolo 65
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 65

Indosso una coperta sulle spalle, per coprirmi dalla frescura del mattino ed esco fuori, in balcone. La città è ancora calma e dormiente, avvolta nell'oscurità, nonostante il cielo si sia già tinto di un tenue violetto, in vista del sole che sorge.
Stanotte non ho chiuso occhio e l'assenza di Luca al mio fianco non ha certamente giocato a mio favore. Mi sono talmente abituata a condividere i miei spazi con lui che saperlo lontano, mi provoca una fitta dolorosa al petto.
Un brivido lungo la schiena mi porta a stringere al petto il plaid che rischia di scivolare a terra e lascio che la mia mente si inondi di pensieri positivi. Oggi rivedremo Lucia, in quanto il nostro incontro con l'assistente sociale si terrà nella casa famiglia dove lei è ospite. Sarà la prima volta che le farò visita conscia del cambiamento che potrebbe avvenire nella sua vita. La mia parte speranzosa mi porta a immaginare che Irene voglia parlarci in vista della procedura da ultimare, ma qualcosa, un brutto presentimento che purtroppo non va proprio via, mi fa pensare che lei non ci renderà questo percorso tanto roseo. Eppure io l'ho promesso, a me stessa, a lei, e a Lucia, che avrei combattuto per questo, che non mi sarei arresa facilmente.
Così, quando il cielo comincia a tingersi di una tonalità più chiara, lasciando che il Sole si propaghi alto e splendente, trasformando l'orizzonte in una tavolozza da dipingere, in un tripudio di colori, caldi, rilascio un sospiro profondo, accennando un sorriso, mentre stringo le mani attorno alla balaustra di ferro. L'aria profuma di brina mattutina e di una fresca calura tipica dell'avvicinarsi dei mesi estivi e mi rendo conto che io abbia fatto bene ad alzarmi e non perdermi nemmeno un momento di quello che la natura ha deciso di dedicarmi, stamattina.
Forse è vero quando dicono che potrai assistere a spettacoli del genere senza abituartici mai e ogni volta i tuoi occhi li scruteranno con la stessa meraviglia e suggestione.

Amo il tuo modo di emozionarti davanti alle piccole; piccole cose che attraverso te diventano meravigliose.

Le parole di Luca risuonano nella mia mente, con la stessa dolcezza con cui le ha pronunciate, si premurano di scaldare il mio cuore, mentre faccio in mod che il ricordo delle sue labbra sulle mie mi culli, dolcemente.

Mi richiudo poco dopo la porta finestra alle spalle, abbracciandomi in un gesto di protezione e raggiungo la cucina, animata dalla voglia di adempiere al compito che mi sono prefissata: preparare un dolce per i bambini della casa famiglia.
Raggruppo gli ingredienti che ho acquistato con cura, attenta a ogni tipo di allergia e intolleranza, e mi metto all'opera. Mi riscopro a essere gioiosa all'idea di poter deliziare quei piccoli e dolci bambini con qualcosa che le mie mani hanno preparato. Riverso il mio impegno e il mio amore in ogni singola parte del procedimento, sorridendo soddisfatta nel momento in cui scruto il dolce cuocersi nel forno.
E comprendo cosa significhi davvero la felicità davanti alle piccole cose, quelle che ti fanno sentire estremamente bene.





Mi porto i capelli dietro le orecchie, aggiustandoli in modo composto sulle spalle. Passo poi a ispezionare il mio abbigliamento, composto da una camicia bianca infilata in dei jeans chiari, come se da esso ne dipendesse l'esito di questo incontro e dopo poco mi rendo conto anche del perché io lo stia facendo: voglio fare in modo che Irene Berardi non trovi niente in me da obiettare. Il suo occhio critico e scettico non avrà la soddisfazione di vedermi impaurita o impreparata.
"Anita, sei pronta?" rivolgo la mia attenzione a Luca che dal fondo del corridoio del mio appartamento mi reclama. Gli ho chiesto di raggiungermi a casa dopo il lavoro e non riesco a fare a meno di dedicargli un'occhiata colma di gratitudine.
Incrocio il suo sguardo, curioso, scruto la sua posta un po' scomposta e poi tiro un respiro profondo, annuendo.
"Sì, sì. Arrivo." E sto già muovendo alcuni passi verso di lui, con gli stivaletti a tronchetto che ticchettano a contatto con il pavimento, lungo il percorso.
Indosso un blazer sotto i suoi occhi attenti e premurosi e mi rendo conto che lui non smetta di seguirmi in ogni mio più piccolo gesto. Riconosco dal modo in cui il suo sguardo si attacchi alla mia pelle, che sia preoccupato all'evenienza di vedermi soccombere in preda all'agitazione.
Comincio a ripetere mentalmente nella mia testa, cercando di convincermi di non aver dimenticato qualcosa.
"La torta!" esclamo poi come colta da un'illuminazione, portandomi una mano alla fronte.
Luca arriccia le labbra in un broncio."La torta?" ripete, guardandomi senza ben capire.
Mi avvicino quanto basti per parlargli a un palmo dal viso, accarezzandogli la guancia per poi pizzicare la sua pelle sotto le mie dita, in un buffetto affettuoso.
"Sì, ho preparato un dolce per i piccoli" sciorino in un sorriso, sporgendomi per lasciargli un bacio a fior di labbra e catturare quell'espressione serena che gli aleggia in volto alle mie parole.
Poi gli sfuggo dalle mani, non appena mi rendo conto Luca sia deciso ad approfondire il contatto, avvertendolo ridere divertito dietro di me, nel momento in cui mi muovo verso la cucina.
Sistemo il dolce in un recipiente da viaggio, e mi ritrovo a essere compiaciuta del risultato, battendo le mani, emozionata come una bambina.


"Eccomi"ritorno da lui poco dopo con un'espressione felice e sognante.
Luca, che mi dava le spalle, si volta verso di me e mi ritrovo a pensare che ci sia qualcosa di così dolce nel suo modo di fermarsi a osservarmi. I suoi occhi lambiscono la mia figura senza volerla lasciare andare. E io mi muovo verso di lui, a piccoli passi, con l'emozione a irradiarsi nel mio petto.
Gli arrivo di fianco, e non mi sottraggo al tocco di Luca su di me, delle sue mani lungo le mie braccia. Lascio che mi stringa a sé e socchiudo gli occhi sotto il segno delle sue labbra sulla mia fronte in un bacio quasi impercettibile.
"Andrà tutto bene..."mi sussurra, piano.
E allora io rialzo lo sguardo per puntarlo nel suo e sorridergli, colma di quella gratitudine da cui sento pervadermi.
Accarezzo il suo viso, con le mie dita, sottili e delicate, trattenendo a lungo le mie mani sulla sua pelle.
"Ti amo" gli confesso a cuore aperto, prima che le mie parole si perdano sulle sue labbra.

***

Luca appoggia una mano alla base della mia schiena, accompagnandomi verso l'ingresso del condominio dove è ubicata la casa famiglia. Con la sua presenza al mio fianco non posso fare a meno di sentirmi più sicura.
Così, mentre saliamo le scale, animati da un silenzio confortante, mi rendo conto che la mia pelle sia scossa da un brivido che si propaga fino alle dita delle mani che prendono a tremolare lievemente per l'emozione.
Non vedo l'ora di vederti, Luci.
Nel momento in cui questo pensiero si propaga nella mia mente, mi volto verso Luca e insieme ci lasciamo andare a un piccolo sorriso.
Mantenendo in equilibrio il vassoio tra le mie braccia, lascio che la mia mano cerchi la sua. Lui abbassa lo sguardo a scrutare le nostre dita che giocherellano, accarezza il dorso della mia mano, facendo in modo che il suo tocco mi provochi un calore familiare, poi la stringe alla sua.

Arrivati al pianerottolo, stanziando davanti al portoncino, è lui suonare al campanello.
Aspetto di sentire rimbombare dei passi aldilà dell'infisso e non appena la porta si apre in uno scatto, rivelando la figura della dottoressa Parracciani sulla soglia, mi ritrovo a constatare di aver trattenuto il fiato per tutto questo tempo.
Rilascio quindi un sospiro, impercettibile, mentre lei, salutandoci, ci fa segno di seguirla.
Non sono nuova a questo ambiente ormai, ma mentre percorro il corridoio, seguendo i passi della psicologa davanti a me, mi rendo conto che non riuscirò mai ad abituarmi davvero a questo posto e al nodo alla gola che mi provoca ogni volta essere qui. Non riesco a essere indifferente al pensiero che dei bambini siano costretti a passare la vita qui, con il peso delle loro esistenze burrascose alle spalle.
Così, quando io e Luca raggiungiamo la sala comune, sembra che il tempo si fermi e io osservo i piccoli voltarsi quasi meccanicamente verso di noi, poi scrutarci con curiosità, prima che un'espressione di pura allegria si propaghi sui loro volti e ognuno di loro torni alla propria attività. Riesco a riconoscere benissimo cosa animi i loro occhi e i loro cuori: la voglia di essere scelti tra i tanti, la possibilità di tornare a sentirsi amati. E io li osservo e avverto il mio cuore traboccare di una tenerezza mista a malinconia.
ll mio sguardo però perlustra la sala comune, i miei occhi guardano avidi ogni particolare, alla ricerca della mia piccola Lucia, ma non mi stupisco di non vederla lì. Così, con la silenziosa ma rassicurante compagnia di Luca al mio fianco, compio un passo avanti, indicando il contenitore tra le mie mani.
"Ho portato un dolce per i bambini" proferisco, d'un tratto intimidita.
Amelia si volta a guardarmi, sorridendo intenerita e sorpresa davanti al mio gesto. "Ma che bel pensiero, Anita. È molto gentile da parte sua".
Mi rendo conto che le mie parole abbiano catturato l'attenzione dei più piccoli, che adesso scalpitano eccitati al mio fianco, reclamando attenzioni e dolcezza. E in quell'istante, con Luca che accenna un riso, entusiasta, accarezzando il capo di un bambino, e io rischio di incespicare tra i miei passi, circondata da tanto affetto, con mani che si aggrappano alle mie gambe, e voci che mi richiamano, mi ritrovo a sorridere di meraviglia davanti alla loro capacità di essere felici davanti ai più piccoli gesti.
Oh, dolci e delicate anime...
Deve essere così che ci si sente quando una gioia arriva a scuoterti dal fondo dell'abisso.
"Calma, bambini. Adesso uno alla volta avrete la vostra fetta di torta". Amelia si premura di placare gli animi, ma senza poter fare a meno di scrutare i suoi piccoli con un luccichio negli occhi. Il modo in cui pazientemente li conduce a risedersi, ridendo divertita davanti alle loro proteste, mi fa capire quanto tenga a loro. "Adesso da bravi, ringraziate Anita" li esorta, poi, amorevole.
Annuiscono tutti, ma senza perdere la smania che li pervade. "Grazie, Anita!" esclamano in coro.
"Di nulla, piccoli" sciorino in un sorriso, avvertendo il mio cuore sciogliersi in un fremito di emozione.


"Ah, eccovi, siete arrivati!"
La voce astiosa di Irene Berardi arriva a inchiodarmi sul posto e quando mi giro verso di lei la trovo dedita a raggiungermi, e rivolgermi uno sguardo colmo di sfida.
Lucia scalpita al suo fianco, lasciando ciondolare la sua mano stretta in quella della donna che si conduce verso di noi. Lucia è semplicemente bellissima, con i capelli acconciati in due adorabili treccine ai lati della testa e il vestitino a stampe floreali che indossa. Sembra una principessa, dotata di un'incredibile grazia nonostante la sua tenera età.
Non appena si rende conto che il mio sguardo sia già sul suo, e che i miei occhi non possano fare a meno di lasciarla andare, con la commozione che si insinua sul mio volto, lei lascia andare le sue dita, frettolosa, trotterelando per arrivare al mio fianco.
"Anita, Luca!" strepita con gioia, manifestando la sua voglia di stringerci non appena ci è vicino. Traballo, ridendo dilettata dal suo tocco attorno alle mie gambe.
Luca si abbassa alla sua altezza, accarezzandole una guancia con dolcezza e facendo in modo che il suo corpo si accoccoli al suo.
"Vieni qui, piccola principessa" le sorride, allargando le braccia per accoglierla a sé e stringerla in un modo così naturale da farmi tremare per la meraviglia.
Lucia strofina il suo nasino contro la sua spalla, inspirando il suo profumo e sostenendosi con le manine sulle spalle. Poi il suo sguardo cerca il mio che non li ha abbandonati nemmeno un secondo, colpita e affascinata dal modo in cui sembrano cercarsi.
Mi sporgo verso di lei, facendo in modo che le sue dita tocchino il mio viso, sfiorino la mia pelle, in modo carezzevole.
Lucia si avvicina mentre Luca la tiene ancora a sé e si accuccia nell'incavo del mio collo, lasciando che un sospiro sereno si infranga sulla mia pelle scoperta. Il suo gesto ci porta ad avvicinarci per permetterle di tenerci insieme, uniti. Così, mentre avverto il vassoio scivolare dalle mie mani, per porgerlo ad Amelia, silenziosamente la ringrazio. La sua premura mi permette di dedicare la giusta attenzione alla piccola tra le mie braccia, di congiungere le mie mani con quelle di Luca che ci scruta amorevole dall'alto della sua posizione.
Poi lei rialza lo sguardo per puntarlo nel nostro e sorriderci di un sorriso vero e spensierato.
Fa in modo che le sue mani congiungano i nostri volti, ricercando nei nostri occhi le conferme di cui ha bisogno.
"Siete venuti a prendermi?" domanda, intimidita, con la voce ridotta a un fioco sussurro.
Luca lascia scivolare le sue dita lungo i suoi capelli, accarezzandole il capo con tenerezza.
"Siamo venuti per stare con te" le rivela, complice.
Lei fa saettare la sua attenzione prima su di lui e poi su di me, ripetutamente, rivelandoci attraverso i suoi occhi sorpresi quanto le sue parole l'abbiano deliziata. Le sue dita corrono ad attorcigliarsi lungo una ciocca di capelli, giocando ad annodarla e poi districarla.
"Non mi portate via con voi?" proferisce in un broncio dubbioso.
Le sorrido, pizzicandole una guancia. "Presto, tesoro, molto presto..." le confido, piano, a bassa voce, come se fosse un qualcosa di intimo da rivelare a lei, lei soltanto.
Lucia incontra il mio sguardo, con gli occhi lucidi e le lacrime che premono per sgorgare. Il segno della mia promessa disegnato sul suo volto e nel suo cuore.
"Promesso?" ritenta, prendendo a giocherellare con le dita delle nostre mani.
Avvicino la mia fronte alla sua, giocando a fare nasino e nasino e le sorrido con gioia e commozione.
"Promesso"le replico in tono solenne.

Amelia che ci ha osservato a debita distanza, spettatrice di una scena che le ha contratto il volto in una smorfia felice, si avvicina poco dopo.
"Luci, tesoro, vuoi una fetta di dolce?" le domanda in tono carezzevole.
La piccola incontra i suoi occhi, speranzosi, e corruccia la fronte in modo curioso.
Amelia porta una mano alle labbra per nascondere un riso divertito.
"Anita ha preparato un dolce per tutti voi" le riferisce, poi, invogliandola a seguirla.
Lucia torna a guardarmi con la sorpresa a disegnarsi in volto.
"Hai fatto una torta, Anita?!" domanda, esterrefatta.
Così, nel momento in cui le annuisco, lei scivola giù dalle nostre braccia, acconsentendo con il capo, vigorosamente.
Poi fa in modo che le sue mani cerchino le nostre, stringendole in una morsa possessiva, che non nasconde la sua paura di essere lasciata, e ci induce a seguirla. Un sorriso estasiato a celare il suo turbamento interiore. Ma adesso che l'ho ritrovata, farò in modo che mai più Lucia si senta sola, che viva con la paura di essere abbandonata.

Mi rendo conto che quando sono con lei io viva con i sensi ovattati, come se tutto il resto attorno a me continuasse a scorrere senza che io me ne accorga. La mia attenzione riportata su di lei, lei soltanto. Io mi nutro delle sue carezze gentili e delicate, dei sorrisi dolci e sereni che mi dedica, del suo ricercare il bello nelle più piccole cose, di non abbattersi davanti alla tristezza, del suo vivere con coraggio e di amare, amare senza più riserve, come se il dolore che ha sopportato non avesse mai scalfito il suo cuore.

Ci pensa Irene a riportarmi alla realtà. Con la sua voce sottile e spigolosa, il suo sguardo che malcela una sfida infinita.
"Ha preparato un dolce?" chiede, lanciandomi un'occhiata di sbieco.
Io mi fermo, allentando un po' la presa sulle dita di Lucia e lei deve accorgersi del mio cambiamento perché rialza il capo verso di me, scrutandomi incerta.
Improvvisamente ricomincio a sentire tutto ciò che mi sta intorno, lo scorrere del tempo, il chiacchiericcio dei bambini, il battito del mio cuore, la mia paura di sfigurare e con essa anche la mia voglia di non farmi intimorire.
La piccola scuote il mio braccio, con l'intento di capire perché mi sia fermata e sia dando adito a Irene di rovinare il nostro momento.
E allora io punto i miei occhi in quelli dell'assistente sociale, accogliendo la provocazione che mi sta porgendo, con la tranquillità più assoluta.
"Alcuni bambini sono intolleranti al lattosio" sputa fuori lei con un finto rammarico.
Alzo il capo, fiera e imperturbabile, mentre osservo Luca al mio fianco corrucciare la fronte e assottigliare lo sguardo.
Non mi lascerò intimidire dal suo affronto.
"Mi sono premurata di preparare una torta selezionando con cura gli ingredienti che potessero arrecare disturbi. È senza glutine e lattosio." le ribatto, soddisfatta. "Sa..."aggiungo, portandomi una mano alle labbra con un certo fare altezzoso. "Sono molto attenta a queste cose".
Lei schiude le labbra, cercando di nascondere che le mie parole l'abbiano scalfita. Credeva di trarmi in inganno, ma la sconfitta adesso le perturba il volto.

Anita 1- Irene 0

Poi annuisce presa in contropiede, scuotendo le spalle impercettibilmente. "Allora non c'è nessun problema" replica atona, facendosi da parte.
Ma io anche se non mi sembri corretto darlo a vedere, dentro di me gongolo compiaciuta e torno a farmi condurre da Lucia.

La mia piccola principessa si fa protagonista della situazione, destreggiandosi eccentrica tra i suoi compagni, smaniosi.
Io e Luca non possiamo fare altro che scrutarla con quell'amore che ci pervade ogni volta che i nostri occhi incontrano la sua figura.
La piccola Anna gattona fino a lei, serpeggiando tra gli altri bambini e si aggrappa alle sue ginocchia, tirandola per un lembo del vestito. Le educatrici mi hanno spiegato che sia affetta da un mutismo selettivo dopo il passato burrascoso che ha caratterizzato i suoi pochi anni di vita. Nonostante abbia superato i due anni, non ha ancora imparato a camminare e gattonare è il metodo più semplice che ha per muoversi e conoscere ciò che la circonda. Ogni cosa è per lei una nuova scoperta, come se ogni piccolo particolare fosse per lei, costretta fino a poco tempo fa in un mondo di grida e violenza, una dolce novità.
Lucia incontra il suo sguardo, sorridendole gentile mentre si abbassa alla sua altezza e le giunge il viso tra le mani. Contrariamente, Anna non si sottrae, ma accetta il suo tocco delicato.
I suoi occhioni sembrano parlarle, pregustando di già il pezzo di dolce che l'altra ha tra le mani. Cerca di afferrarlo, prevaricandosi sulla più grande, come le è stato inculcato fino da quando era in fasce: ottenere qualcosa a qualsiasi costo, anche con la forza. Così Luci, si ritrae, ma nonostante la pretesa che prevale nei gesti della più piccola, ride divertita, portando la testa all'indietro e lasciando che le sue trecce ondeggino a ritmo del capo. Anna arriccia le labbra in un broncio tipico di una bambina della sua età e lei, alla fine, le porge il bottino che tanto reclamava.
Lucia è tanto, tanto buona e generosa nei confronti del prossimo che credo potrei emozionarmi per il solo modo in cui sembra preoccuparsi più degli altri che di se stessa.

Piano, piano, ogni piccolo ottenuta la propria porzione di torta, osserva quella soffice bontà con soddisfazione e meraviglia. Li scruto mangiare affamati, deliziando i propri stomaci voraci, reclamandone subito un altro pezzo, come se non ne avessero mai abbastanza.
"È, è buonissima, Anita! Sei bravissima!" esclama Lucia, esterrefatta, con la voce colma di zucchero e le labbra sporche di cioccolato.
Le sorrido, lusingata, stringendomi al petto di Luca che sembra fatto appositamente per accogliermi e tenermi a sé, accanto al cuore che batte allo stesso ritmo del mio.


"Vogliate scusarmi, ma io e Irene vorremmo parlarvi" Amelia si muove verso di noi, pacata, arrivando al nostro fianco e parlandoci accanto all'orecchio per sovrastare il parlottio dei bambini.
Io e Luca le porgiamo la nostra attenzione, annuendo.
Poco prima di seguirla, però, il mio sguardo cerca quello di Lucia, distratta dal mormorio che la circonda. Quasi come se avesse percepito i miei occhi sulla sua figura, lei si volta verso di me, sorridendomi dolce e graziosa come solo lei sa essere.
Mi premuro di rassicurarla, ma la piccola corre verso di noi, impaurita all'idea di vederci andare via.
Luca si abbassa sulle ginocchia, sciogliendosi in un riso. "Noi dobbiamo parlare un attimo con la dottoressa, ma torniamo presto da te, ok?" le rivela in un occhiolino.
Lucia incontra il mio sguardo, come a chiedere la mia conferma e poi ci lascia andare ancora un po' esitante.
"Presto, presto, però!" ci fa promettere, alzando il mignolo nella nostra direzione, macchiando la sua voce di estrema convinzione.
Così mentre i miei occhi incrociano quelli di Luca la mio fianco, insieme facciamo in modo che dalle nostre labbra si propaghi una risata serena e leggera.
"Presto, presto!" le concediamo, riuscendo a tranquillizzarla e vedendola ritornare dai suoi compagni, muovendosi verso di loro in un saltellio giocoso.
A quel punto ce la lasciamo alle spalle, e raggiungiamo Amelia e Irene nello studio.


Qui la Berardi prende posto, sedendosi impettita e appoggiando le braccia sulla scrivania, professionale. Amelia al suo fianco, inforca gli occhiali da vista, dedicandoci un sorriso gentile, e invitandoci a sedere. La differenza caratteriale tra le due è tangibile, eppure nonostante mostrino due modi di porsi nei nostri confronti completamente diversa, sotto i loro sguardi, oggi, mi sento a disagio allo stesso modo.
Stringo la mia mano con quella di Luca, avvertendo la sua tensione comune alla mia e aspetto che le due si esprimano.
La prima a parlare è Irene. "Vi starete chiedendo come mai vi abbiamo fatto venire qui" insinua, sporgendosi verso di noi curiosa.
"Ebbene, comprenderete che, nonostante gli elementi ci portino a pensare che questa sia davvero la decisione migliore, non possiamo basarci solo sul nostro istinto" aggiunge, incontrando lo sguardo di Amelia che conviene con lei, annuendo.
"Sì, infatti" soggiunge la psicologa. "Quello che Irene vuole dire è che, nonostante il vostro gesto sia ammirevole e non ci è possibile ignorare il rapporto che vi lega a Lucia, dobbiamo verificare che voi siate sicuri di quello che state facendo. Dobbiamo, come dire..." si interrompe, modulando la frase sulla punta della lingua, "testare la vostra idoneità".
Ascolto le parole della dottoressa Parracciani attentamente, sentendo l'ansia impossessarsi del mio corpo. Mi sembra di dovermi sottoporre a un esame.
Andrà tutto bene, andrà tutto bene. Devo solo ricordarmi di questo.
Così accenno un sorriso. "Certo, è normale" le replico, con la voce che mi rendo conto esca frettolosa e agitata.
"Non dovete sentirvi spaventati da questo. Vogliamo solo porvi alcune domande, per conoscervi meglio". Amelia deve percepire la mia preoccupazione perché si premura di utilizzare un tono rassicurante.
Annuisco, appoggiandomi allo schienale della sedia, sotto lo sguardo attento e interrogatorio di Irene, che sembra seguire e percepire qualsiasi mio gesto.
"Siete pronti?" ci chiede a conferma.
Incrocio gli occhi di Luca che assumono un effetto calmante su di me, poi entrambi acconsentiamo con il capo.
La psicologa giunge le mani sulla scrivania, appoggiandole sotto al mento e punta il suo sguardo su di me.
"Iniziamo da lei, Anita..."proferisce, cauta, "cosa ha pensato la prima volta che ha visto Lucia?"
Tiro un respiro, racimolando nella mia mente le parole giuste da dire. Ma me ne pento subito dopo. Quando mi esprimo su Lucia non ho bisogno di preparare discorsi, farò in modo che sia il mio cuore a parlare per me.
"Ho conosciuto Lucia ormai quasi un anno fa. Quando lei è stata ricoverata io ero in vacanza, l'ho incontrata solo in un secondo momento, di ritorno al lavoro. Era l'inizio del mio penultimo anno di specializzazione e mi preparavo a rientrare in ospedale dopo alcuni giorni di pausa. Mi sono resa conto ben presto che tutti in reparto parlassero di questa nuova bambina arrivata da poco. Dicevano tutti che fosse tanto bella e dolce, ma con un male fisico a renderla triste e dolorante.
Quando l'ho vista per la prima volta, ho sentito nascere qualcosa dentro di me, un istinto di protezione nei suoi confronti. In me si è fatta presto spazio la consapevolezza che Luci non sarebbe mai stata una paziente qualunque. Sarà stata la sua storia, il suo trascorso così agognato e burrascoso: una bambina che ha perso i genitori e soffre di una disfunzione cardiaca ne ha passate davvero tante, oppure il suo essere così delicata e bisognosa di attenzioni e amore. Non nascondo di aver imparato a volerle bene dal primo momento in cui i miei occhi hanno incontrato i suoi e sul suo viso si è fatta palese l'ombra di un sorriso".
Quando finisco di raccontare mi rendo conto che confidarmi così a cuore aperto abbia sortito l'effetto sperato. Ma non poteva essere altrimenti, quando parlo di lei è un po' come mettermi a nudo, mostrare la parte migliore di me, quella che con Lucia risalta sempre fuori.
Amelia annuisce, completamente in sintonia con il mio sguardo.
Così, quando lei rimane in silenzio, è Irene a porgermi la sua domanda. La scruto portarsi una mano al viso per scostare un capello che gioca a insinuarsi dispettoso davanti ai suoi occhi, poi torna a rivolgermi il suo sguardo, inchiodandomi sul posto.
"Non ha mai pensato che quello che la legava a Lucia potesse sembrare troppo affrettato?" chiede, con interesse.
Nonostante il suo mi appaia come un tentativo di mettermi in difficoltà, non mi lascio scalfire più del dovuto.
"In realtà ho pensato che, da fuori, molti non potessero comprendere il mio rapporto con Luci, io stessa ho ipotizzato che con il suo allontanamento il mio modo di reagire potesse apparire esagerato, ma davvero non c'è mai stato niente di superficiale in tutto questo. Quello che io e Lucia abbiamo costruito è stato semplicemente naturale; il nostro è un affetto profondo che abbiamo alimentato e coltivato ogni giorno. Lei mi ha permesso di farmi spazio nella sua vita, a piccoli passi, permettendomi di sopperire alla mancanza di una figura materna che le è stata tolta in modo dolorosa e prematuro".
Luca nota che la mia voce si sia incrinata, riducendosi a un fioco sussurro e le sue dita intensificano la presa sulle mie.
"È vero" aggiunge lui, dedicandomi un sorriso dolce, mentre accarezza il dorso della mia mano. "Entrambe hanno fatto qualcosa per l'altra: Anita ha dato a Lucia la voglia di vivere, così come lei ha appreso da quella piccolina la sua forza nel combattere" proferisce, coinvolto.
E io mi rendo conto che alle sue parole non riesca a trattenere ancora la commozione e una lacrima scivola giù lungo la mia guancia. Luca si premura di cancellarla con le sue dita delicate e carezzevoli sulla mia pelle, svolgendo su di me un'azione tranquillizzante.
Sebbene avverta lo sguardo di Irene e Amelia insistente su di noi, mi viene da pensare che non mi importi, perché la mia attenzione è per lui, lui soltanto.
L'assistente sociale poco dopo si schiarisce la voce in un colpo di tosse, portandoci a voltarci verso di loro, di nuovo.
"Bene, Luca" enuncia, assicurandosi di avere tutto il nostro interesse. "Una domanda per lei, adesso. Qual è il momento che la vede più legato alla piccola Lucia?"
Conduco i miei occhi sull'uomo al mio fianco, cercando di leggere le emozioni che si susseguono sul suo viso. Luca annuisce, come se stesse ripercorrendo qualcosa nella sua mente e, prendendo un respiro profondo, comincia a raccontare.
"Ho conosciuto Lucia solo in seguito. Ero tornato nella mia città natale, dopo aver trascorso anni a Milano, lì dove ho conseguito e perfezionato i miei studi. Ma, sebbene avessi concluso la mia specializzazione da almeno un anno, quando mi è stato affidato il caso di Lucia, è stato per me come una continua battaglia con me stesso. Non riuscivo a pensare che una bambina così piccola, poco più grande di mia nipote, potesse soffrire di un male tanto invalidante. Perciò, mosso da un moto di devozione per il mio lavoro, ricercare una cura, un cuore per lei, è stato il mio obiettivo più grande. Eppure, ho vissuto quel periodo diviso tra la determinazione che il caso comportasse e quello di trovare il modo migliore per non turbare sia la piccola Lucia che Anita".
"Sì" concordo con lui. "Malgrado sapessi quanto la situazione di Lucia fosse grave, il mio subconscio si rifiutava di accettare che, se non si fosse trovato un cuore per lei, io avrei potuto perderla per sempre" confesso poi.
Luca acconsente con il capo, riportando l'attenzione su di sé. "Poco tempo dopo il mio arrivo in ospedale, Lucia ha subìto un grave arresto cardiaco che l'ha portata a passare dei giorni in rianimazione. Mi ricordo bene di quel momento, ricordo che il suo cuore si era fermato e io ero lì che cercavo di riportarla in vita, e pensavo che se lei non ce l'avesse fatta, non me lo sarei mai perdonato. Continuavo a compiere massaggi cardiaci, fin a quando non le abbiamo indotto la scarica elettrica. Il suo cuore ha ripreso a battere al terzo tentativo e nel momento in cui il mio corpo è stato smosso dall'emozione, ho capito. Ho capito che non mi sarei arreso, che avrei fatto di tutto pur di salvarla e donarle la possibilità di una vita nuova".
Io guardo Luca e mi stupisco sempre di più del modo che abbia di parlare di Lucia, così delicato e amorevole. Quel giorno lo ricordo bene anche io, non riesco a dimenticare a come avessi pensato di perderla, vederla scivolare via da me. Eppure adesso che ci ripenso, con Lucia che sta bene e ha un nuovo cuore, quel momento assume un sapore agrodolce. Io mi nutro delle parole del mio uomo, e lascio che scaldino il mio cuore, cancellando tutta la tristezza di quel ricordo.
Gli stringo la mano, come a voler rimarcare che sono accanto a lui e non lo abbandono. Perché ce lo siamo promessi e non intendo venirne meno.
"Luca e Anita, quello che avete detto riguardo a Lucia è davvero speciale". Amelia ci dedica un sorriso che ci dà modo di intuire quanto le nostre parole l'abbiano compiaciuta.

La mia concentrazione però ricade su Irene al suo fianco e mi rendo conto che vorrei poter carpire la sua reazione, ma lei adesso tiene lo sguardo basso, applicata su qualsiasi altra cosa non riguardi noi o semplicemente avvolta nei suoi pensieri.
"Come ben sapete, non sarete solo voi ad accogliere Lucia, ma lo saranno anche le vostre famiglie e i vostri amici. È bene che lei si senta ben accetta da tutti loro. Quindi, i vostri genitori che ne pensano?" ci domanda Amelia con interesse.
Io e Luca ci lanciamo un'occhiata, e lui lascia a me il compito di esporre il nostro volere.
"Le nostre famiglie non lo sanno ancora, ma sono sicura che ci appoggeranno e supporteranno ben volentieri in questa scelta" le rivelo con orgoglio.
Lei annuisce, incrociando le mani davanti a sé. "Non lo metto in dubbio, Anita, ma è arrivato il momento che ne vengano al corrente".
"Luca" lo richiama, volgendo la sua attenzione verso di lui. "Lei mi ha detto di avere una nipote..."indaga.
"Sì" le replica lui. "Sofia. Ha 5 anni".
Lei assente con il capo, sfoderando uno sguardo che manifesta un'indole curiosa.
"Come pensa accetterebbe un tale cambiamento nella sua vita la sua piccola nipotina?" gli domanda, tirando un sospiro.
Mi rendo conto che Luca si senta quasi messo alle strette dalla sua richiesta; un sorriso teso che si insinua sulle sue labbra.
"Penso che Sofia accetterebbe di buon grado Lucia, soprattutto eccitata all'idea di vedere in lei una compagna di giochi" proferisce poi risoluto.
Lei annuisce, ancora, ma senza nascondere una punta di scetticismo. "Passa molto tempo con sua nipote?"
"Sì, cerco di non farle mancare le mie attenzioni, dedicandomi a lei per quello che mi permette il mio lavoro" le riferisce, composto. Mi ritrovo a pensare che abbia scelto con prudenza cosa pronunciare e cosa no, trovando non sia il momento di rivelarle della separazione.
"Bene" concorda lei, sciogliendosi in un piccolo sorrisino. "E non crede che con l'arrivo di Lucia, Sofia possa sentirsi in qualche modo, come dire, messa da parte?"
Trattengo il respiro davanti alla sua questione.
Luca però non si lascia scalfire dal suo interrogatorio e scrolla le spalle.
"Certo, è possibile, e sono pronto all'evenienza. Ma starà a noi farle comprendere che il nostro rapporto non cambierà, che il mio amore per lei rimarrà immutato" le replica deciso.
Amelia sorride senza nascondere una certa soddisfazione davanti alle sue parole. Come se fosse riuscita a ottenere proprio la risposta che cercava.
Un moto di orgoglio si insinua verso di me mentre mi volto a osservare Luca al mio fianco.
"Assolutamente d'accordo. Sapete che il primo periodo non potrebbe essere facile, la stessa Lucia potrebbe risentirne, quindi è bene che in modo graduale le vostre famiglie vengano a patti con questa novità e l'accolgano con più serenità possibile" ci fa presente, in modo professionale.
Sia io che Luca conveniamo con lei.
"Un'ultima domanda e poi prometto che vi lascerò andare" aggiunge, abbozzando un riso per stemperare la serietà della situazione.
Mi ritrovo a esserne contenta perché cominciavo ad avvertire la pressione di questo colloquio e non vedo l'ora di poter stringere Lucia.
Poi lei appoggia una mano sul braccio di Irene, in silenzio, portandola a concentrarsi su di noi.
"Ah, sisi" si riscuote la Berardi "dicevamo...". La sua distrazione è palese.
Amelia le rivolge uno sguardo dubbioso, prima di riportare la sua attenzione su me e Luca."Cosa significa per voi dare una famiglia a Lucia?"
Io e Luca non abbiamo dubbi su questo, così quando incrocio i suoi occhi, entrambi conosciamo già la risposta.
È lui a cominciare a parlare. "Dare una famiglia a Lucia significa innanzitutto restituirle un posto da chiamare casa; dimostrarle quanto sia grande il nostro amore per lei..."
Poi mi invita a continuare con lo sguardo e gli sorrido, di un sorriso complice.
"Donarle il nostro affetto e la nostra rassicurazione, dedicandoci a lei, farle comprendere che siamo con lei, e non è più sola al mondo" soggiungo e mi rendo conto che la mia voce si moduli fioca, distorta dall'emozione.
La psicologa si sporge verso di noi, esprimendosi in un modo più confidenziale e vicino. "Mi rendo conto che in un primo momento non potrebbe essere tutto semplice, ma sono qui per questo. In qualsiasi momento ne avrete bisogno, potrete contare sempre su di me e la mia collega" ci comunica, dedicandoci un'occhiata amichevole.
E attraverso i nostri sguardi le comunichiamo tutta la nostra gratitudine.
"Vero, Irene?" la rende partecipe, sporgendosi verso di lei, che annuisce anche se poco convinta.
"Sì, certo..." mormora infatti.
Amelia si scioglie in un sospiro profondo, portando i capelli dietro le orecchie. "Prima che andiate via, vorrei mostrarvi una cosa..."
Seguo il suo sguardo, corrucciando la fronte dubbiosa.
Lei recupera alcuni fogli in un cassetto della scrivania porgendomeli successivamente.
"Ecco" annuncia in un sorriso. "Questi sono i disegni di Lucia".
Esitante lascio che le mie dita tremolanti li lambiscano. Luca si sporge verso di me, in modo tale da guardarli insieme.
In ogni disegno Lucia ci ha raffigurati insieme: ci siamo noi al parco, e poi al mare mentre lasciamo che la sabbia ci sporchi i piedi ma non deturpi le nostre espressioni felici e appagate, e ancora lei tra le nostre braccia, lei che ci scruta accoccolata a noi mentre ci baciamo. Da ogni rappresentazione traspare l'amore che prova nei nostri confronti, così come il suo comune desiderio di famiglia.
"Sono bellissimi..." sussurro, avvertendo le dita di Luca accarezzarmi un braccio.
Mi spingo verso il corpo, lasciando che mi stringa a sé, facendomi rannicchiare contro il suo petto.
"Possiamo passare una giornata con lei fuori di qui?"la domanda di Luca mi sorprende particolarmente. Perché lui sembra percepire ogni volta cosa pensi.
Amelia sorride. "Certo, e adesso converrete con me sia arrivato il momento di tornare da lei".
Luca prende la mia mano, accompagnandomi verso l'uscita. Intreccio le mie dita con le sue, e mi rendo conto che i suoi occhi su di me, adesso, siano capaci di esprimersi meglio di quanto lo possano fare le parole.
Irene segue i nostri sguardi, rimanendo chiusa in un religioso silenzio, nel frattempo in cui la psicologa ci fa strada verso la porta. Mi viene da pensare se sia rassegnata davanti all'evidenza.
Ma adesso non mi importa, inizio a scalpitare al pensiero di tornare dalla mia piccola principessa

Raggiungiamo la sala comune e non appena Lucia si rende conto della nostra presenza, si muove velocemente verso di noi e le mie braccia si spalancano, pronte ad accoglierla e stringerla a me. Mi viene da pensare nel momento in cui lei si adagia sul mio petto che qualsiasi preoccupazione e dubbi scemi, lasciando spazio alla rassicurazione che il suo solo tocco mi provochi.
Luca appoggia il capo sulla mia spalla, facendo in modo che il suo respiro plani sulla mia pelle e le accarezza i capelli, tenero e dolce.
"Sei pronta a passare un pomeriggio con noi?" le rivela, piano, a bassa voce.
Sulle labbra di Lucia si insinua un sorriso luminoso. "Sì!" trilla poi con eccitazione, avvicinandoci entrambi a sé.
Così, mentre soffoco un riso spensierato e appagato, mi accorgo che quando lei mi guarda così, io mi convinco che andrà davvero tutto bene.

ANGOLO AUTRICE:
Ma buon pomeriggiooo!😍 Mi sembra un sogno riuscire a postare ahahah! Dai su, questa volta ci ho messo solo una decina di giorni. Dovete sapere che questo è un capitolo a cui tengo particolarmente, e volevo essere sicura fosse curato nei minimi dettagli. Ho iniziato a scriverlo successivamente dopo il mio ultimo aggiornamento, e subito dopo mi sono bloccata, spaventata all'idea di star facendo un completo disastro. Poi però, una cara lettrice🤭 mi ha dato la spinta per rimettermi al lavoro e l'ho portato a termine in pochissimo tempo, emozionata all'idea di mostrarvi cosa avesse ideato la mia mente. Con questo capitolo, mi rendo conto piuttosto lunghetto, ho riso e pianto, emozionandomi con Anita. Mi auguro voi possiate apprezzarlo perché ci ho messo il cuore e spero si evinca. Ma adesso un intero pomeriggio con la piccola Lucia ci attende; tanta dolcezza ci aspetta.
Intanto grazie per l'interesse e il sostegno che mi dimostrate, grazie a chi l'ha aggiunta alle sue liste, a chi commenta, GRAZIE davvero. Sappiate che i vostri commenti mi fanno sciogliere il cuore.😍😍😍    
Adesso vi saluto ma voi fatemi sapere che ne pensate, sono troppo ansiosa!
Un abbraccio grande!


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Capitolo 68
*** Capitolo 66 ***


Capitolo 66
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Capitolo 66



Lucia indossa un giacchetto leggero sopra il vestitino a fiori che indossa, smaniosa all'idea di venire via con noi. Mi ritrovo a scrutarla con un sorriso ad arricciare le mie labbra, attratta da qualsiasi suo gesto ed espressione.
Io e Luca ci lasciamo andare a una piccola risata complice, vedendola muoversi per la stanza, ripetendo quanto sia eccitata all'idea di passare questo pomeriggio con noi.
"Esco con Luca e Anita! Esco con Luca e Anita!" saltella, destreggiandosi con impazienza tra i suoi compagni.
"Dai su, tesoro, è ora di andare!" la esorta Amelia, accompagnandola verso di noi.
Lei si lascia condurre, ma senza abbandonare l'euforia che la contraddistingue, sgambettando allegra.
Ogni volta che il mio sguardo si punta su di lei, non riesco a non trovare incredibile il modo in cui si sia ripresa così velocemente dopo un importante intervento.
Poi la dottoressa si abbassa alla sua altezza, aggiustandole il colletto del giubbino e posando poi le sue mani sulle sue palle in una carezza gentile.
"Non fare arrabbiare Luca e Anita e comportati bene, ok?" si raccomanda, bonariamente, puntando un dito nella sua direzione.
La piccola annuisce vigorosamente, già inquieta all'idea di scappare dalle sue braccia e quando poco dopo saluta tutti con un gesto della mano, corre velocemente da me e Luca che non aspettavamo altro che vederla raggiungerci.
Le accarezzo il capo con dolcezza, sorridendole.
Lucia punta le mani sui fianchi, scrutandoci entrambi dal basso della sua posizione.
"Allora, andiamo?" ci sollecita, eccitata.
"Andiamo" le mormoriamo all'unisono.
A quel punto lei ci porge le mani affinché le stringiamo e mentre prendiamo a incamminarci verso l'ingresso, mi rendo conto che non riesca a fare più a meno di Lucia. Credo che sia stato così dalla prima volta che il mio sguardo abbia incrociato il suo e si sia instaurata una connessione tra di noi.

Sembra che sia Lucia a guidare noi, i suoi passi che appaiono frettolosi e scoordinati mentre scendiamo le scale.
"Bene" proferisce Luca, circondando le spalle della piccolina, non appena siamo nel cortile che ospita lo stabile, in prossimità della sua automobile.
Lei dondola sul posto, invitandolo con lo sguardo a parlare.
Luca le sorride, i suoi occhi che la scrutano con curiosità. "Cosa vuoi fare, piccolina?"
Lucia fa finta di pensarci su, portandosi un ditino alle labbra e corrucciando la fronte in un'espressione buffa. Poi, come colta da un'illuminazione, il suo sguardo è attraversato da una saetta giocosa; la boccuccia che si spalanca palesando tutta la sua sorpresa.
"Andiamo al parco! Voglio giocare!" trilla, manifestando il suo entusiasmo e sfuggendo alla nostra attenzione per correre in direzione dell'auto.
"Luci, aspettaci!" le faccio presente, fingendomi infastidita dal suo gesto.
Così, mentre Luca lascia che una sua mano si posi sulla mia schiena in un tocco carezzevole, la raggiungiamo.

Mi volto a guardarla, mentre lui guida con prudenza, con lo sguardo fisso davanti a sé. La radio che passa una canzone dei The Fray e il sole che ci inonda, riscalcando l'abitacolo e i nostri cuori.
Lucia incrocia i miei occhi, che non possono fare a meno di scrutarla come si fa con le cose più preziose e mi rendo conto che manifesti una grande eccitazione per qualsiasi cosa passi sotto la sua visuale; un manifesto pubblicitario che cattura la sua attenzione e che mi invita a guardare, un passante stravagante che la fa sciogliere in una risata leggera e genuina, una canzone alla radio che la coinvolge particolarmente. E io mi perdo, rapita dai suoi gesti, dal suo canticchiare allegro al suo riuscire a cogliere il bello in qualsiasi cosa la circondi.

Mia piccola Lucia insegnaci a guardare il mondo come fai tu, con gli occhi buoni, l'ingenuità e la spensieratezza che ti contraddistinguono.

Arrivati a destinazione, Lucia sguscia fuori dall'automobile, muovendosi velocemente verso i giochi che l'attraggono come una calamita.
"Lucia, va piano!"
La richiamo, ma il mio rimprovero bonario si dissolve non appena lei si volta nella mia direzione, sfoderando un sorriso angelico che maschera la sua espressione da piccola pestifera.
Nonostante riconosca che, con la sua imprevedibilità, possa sfuggire velocemente alle mie occhiate, non riesco a essere davvero arrabbiata o severa con lei, perché riconosco a cosa riconduca la sua smania di scoprire, venire a contatto con quello che la circonda.
Lucia scruta, ammira ogni cosa come se la vedesse per la prima volta; si guarda intorno come se qualsiasi evento fosse per lei una sorpresa. I suoi occhi catturano famelici quei piccoli dettagli e particolari che non tutti sono in grado di cogliere.
Luca mi raggiunge, soffocando una risata, e insieme ci muoviamo verso l'ingresso del parco. La ghiaia che scricchiola a contatto con le suole delle nostre scarpe.
Mi lascio cullare dal suo tocco, accoccolandomi al suo petto, nel momento in cui mi circonda le spalle.
"Sembra proprio contenta" ammette in un sussurro, seguendo Lucia in ogni suo gesto.
Accarezzo il tessuto della maglia da sotto il giubbino che indossa, rialzando lo sguardo per puntarlo nel suo. Poso la mia attenzione sui suoi occhi attraversati da un guizzo di spensieratezza.
"Lo è..."proferisco in un sorriso, accogliendo le sue carezze che si vestono di dolcezza e premurosità.
"Sai?" gli domando. "Fa strano essere di nuovo qui con lei. Da allora sono passati molti mesi e sono cambiate tante cose" gli rivelo, palesando la mia incredulità.
Lui circonda il mio viso tra le sue mani, attraendomi a sé, in un modo così magnetico da farmi tremare. Credo che potrà passare tanto di quel tempo ma sono sicura che non riuscirò mai ad abituarmi al suo sguardo su di me.
"È vero" sussurra a un passo dal mio viso. "Ma c'è qualcosa che non è mutato nel corso di questi mesi".
Gli lancio un'occhiata di sbieco, trattenendo tra le labbra un riso divertito, spronandolo a continuare.
Luca giocherella con una ciocca di capelli, attorcigliandola tra le sue dita, prima di sistemarla dietro il mio orecchio.
"Quello che proviamo per Lucia, Anita. Quello non è mai cambiato" mormora in un sorriso coinvolto.
E alle sue parole che mi provocano un calore al petto, il mio sguardo si muove alla ricerca della mia piccola, trovandola impegnata in una scivolata; le mani portate al cielo in segno di vittoria, gli occhi socchiusi e l'espressione più felice che abbia mia visto sul suo volto.
Lascio che la sua immagine serena si fissa dentro di me, imprimendola nella mia mente e nel mio cuore.
Poi faccio congiungere le mie dita con quelle di Luca, e prendiamo a camminare verso di lei, con l'emozione a irradiarsi nei nostri petti.

Non appena Lucia si accorge di noi, si muove nella nostra direzione, scalpitando ansiosa all'idea di includerci nelle sue intenzioni.
"Facciamo un gioco" annuncia, saltellando fino a noi.
"Un gioco?" le domando, abbassandomi alla sua altezza, curiosa, mentre Luca dall'alto del sua posizione ci scruta con un cipiglio divertito.
La piccola annuisce con il capo, vigorosamente, facendo smuovere le treccine, che le adornano il volto, a ogni movimento.
"Sì..." ammette, oscillando le gambe sul posto e portandosi una manina alle labbra per soffocare un riso. "Acchiapparello! Io e Anita corriamo e Luca deve prenderci!" proferisce con un sorriso colmo di eccitazione.
Lui porta le braccia conserte al petto, lanciandole un'occhiata di sbieco, che palesa un principio di scetticismo. "Ah, sì?"
"Mmh-mmh" mormora lei, cercando la mia approvazione.
"Preparati a perdere, piccola pestifera" le fa presente Luca, puntando un dito nella sua direzione con un modo fintamente rimproverevole, poi però dalle sue labbra si propaga un sogghigno divertito.
"Non è vero!" replica la piccola con una linguaccia, appoggiando le mani sui fianchi con fare superiore.
"E va bene!" ripete lui, con un broncio incredulo e infantile, puntando i piedi sul posto, combattuto all'idea di dargliela vinta.
Nel frattempo in cui assisto alla scena, posando i miei occhi, ripetutamente, prima su di lei e poi sull'uomo al mio fianco, e riconoscendo nel loro scambio di battute una sfida aperta ma anche una sintonia complice, Lucia cerca la mia mano, stringendola intensamente.
Poi scimmiotta il suo interlocutore, come a rimarcare il suo affronto.
"Allora partiamo...1, 2, 3...via!" strepita lui a gran voce, dandoci il segnale per scappare.
Osservo le mani di Luca sfiorare il vestitino di Lucia che rilascia un urletto sorpreso, colta impreparata, quindi mi tira a sé, spingendomi ad accelerare il mio passo.
Lascio che sia lei a guidarmi, calandomi perfettamente nel ruolo della sua compagna di giochi.
Prima che ce ne rendiamo conto, nel frattempo in cui ci muoviamo a perdifiato e Luca ci insegue simulando smorfie e versi, le risate ci coinvolgono.
Lucia allora si volta nella sua direzione, simulando un marameo.
"Tanto non ci prendi! Tanto non ci prendi!" lo stuzzica, dispettosa.
Incontro lo sguardo di Luca che gioca a rincorrerci, ritraendosi non appena si rende conto di essere troppo vicino, come a spianarci la strada per spingerci più lontano.
"Adesso vedi se non vi prendo!" le replica, fingendosi contrariato dal suo affronto. Poi i suoi occhi incrociano i miei che lo scrutano con un divertimento complice.

Così, non appena mi accorgo che Lucia stia per inciampare nei suoi passi mi spingo prontamente a sorreggerla, preoccupandomi per lei e mettendo il suo bene davanti al mio, proprio come farebbe un genitore.
Ma lei mi rivolge la sua attenzione, sorridendomi grata e, approfittando di una distrazione di Luca, mi spinge a raggiungere una casetta a forma di pomodoro che campeggia tra le altre attrazioni del parco divertimento.
A quel punto, ci infiliamo nella struttura, dove sono costretta ad abbassarmi, data la statura a misura di bambino, lasciandoci andare a una risata serena e divertita, ancora con i respiri ansanti per lo sforzo.
Cingo il viso di Lucia tra le mie mani, accarezzando le sue guance con dolcezza e inginocchiandomi per arrivare alla sua altezza, mentre lei riprende fiato.
"Sei incredibile, piccola Luci..."le sussurro, sciogliendomi in un sorriso, attratta da ogni suo minimo tratto e gesto.
Lei mi riserva uno sguardo colma di quella tenerezza che la contraddistingue, attorcigliando una ciocca dei miei capelli tra le sue dita.
"Mam..." esala, corrucciando la fronte in un'espressione dubbiosa e titubante, subito dopo, come se si fosse resa conto di essersi esposta troppo.
Non mi è difficile intuire cosa stesse per pronunciare e al solo pensiero avverto il mio cuore scalpitare furioso nel petto.
Mi accorgo che tutto il resta sia ovattato, anche la voce di Luca all'esterno che diventa, via, via più vicina: la mia attenzione catalizzata su di lei, lei soltanto.
"Anita..."ripete la piccola, schiarendosi la voce, "ti voglio bene".
"Luci" la richiamo, con premura, rendendomi conto che il tono esca un po' deformato dall'emozione. "Cos-cosa stavi dicendo prima?"
Lei abbassa lo sguardo, giocherellando con le dita delle mani, incerta.
"Mamma..."pronuncia, a bassa voce.
Faccio in modo che i suoi occhi incontrino i miei, ormai lucidi, che la scrutano come se fosse la cosa più bella e preziosa.
"Io voglio che tu sei la mia mamma, Anita" aggiunge, in un slancio di coraggio, stringendosi a me in un abbraccio. Avverto le sue dita artigliarsi al mio giubbotto e stringere forte, alla ricerca di protezione.
Allora io rinforzo la mia presa sul suo corpo, cullandola dolcemente tra le mie braccia, senza riuscire a controllare alcune lacrime che scivolano giù lungo le mie guance.
Mi rendo conto che in un modo così semplice e naturale il suo respiro si plani al mio, con i cuori che appaiono battere all'unisono. E mi viene da pensare che per noi non ci sia mai stato bisogno di legami di sangue per volersi bene. La nostra è una connessione che va al di là di qualsiasi cosa, è un amore sincero che ci unisce nel cuore e nell'anima.
La piccola percepisce presto il mio turbamento e fa in modo che la mia attenzione ricada su di lei, asciugando il mio viso imperlato dal pianto. E io lascio socchiudere i miei occhi sotto il suo tocco delicato.
"Perché piangi?" mi chiede, preoccupata all'evenienza di una reazione diversa da quella che si aspettava, ma mi curo di rassicurarla, carezzandole il viso, animata da una piacevole sensazione; le sue labbra che si arricciano in un broncio triste.
"Perché è la cosa più bella che tu potessi dirmi, Luci. Piango perché sono felice" le confesso, intenerita.
Lei acconsente, sorridendomi ora rasserenata, e fa in modo che il suo capo si adagi di nuovo contro il mio petto, lì tra le mie braccia, dove io sarò sempre pronta ad accoglierla.
La porta si spalanca poco dopo, facendoci sobbalzare lievemente. Luca si presenta sulla soglia, mostrandoci la sua espressione trionfante.
"Ah-ah! Vi ho trovate piccole pestifere!" ammette, sciogliendosi in un sorriso vittorioso, che ci provoca una risata leggera.
Poi alla vista di me e Lucia abbracciate sul suo viso si insinua un cipiglio tenero. "Ma cos'è questa cosa? Voglio anche io un abbraccio!" protesta con un certo fare infantile, allargando le braccia in un gesto plateale.
E a quel punto Lucia ride divertita e lo tira a sé, lasciando che le braccia forti e premurose di Luca ci plasmino in una stretta che ha il sapore dolce di famiglia, di casa.

Successivamente, la piccola si sporge dalla spalla di Luca per incrociare il suo sguardo con un sorriso furbo e biricchino, palesando le sue intenzioni.
"Andiamo a prendere un gelato, per favore?" ci supplica, sporgendo il labbro in fuori e giungendo le mani tra di loro.
Luca scuote il capo, ridendo, invitandoci a seguirlo fuori dalla casetta.
"Vieni, salta su!" le fa presente, indicando le sue spalle, per spronarla a salirgli in groppa.
Lucia annuisce con un sorriso eccitato e rilasciando un gridolino di gioia non appena Luca si rimette in piedi con lei aggrappata al suo collo. La prospettiva di guardare il mondo da un'angolazione più alta deve entusiasmarla molto.
Lui la sostiene a sé, mentre la piccola porta le braccia in alto al cielo, socchiudendo gli occhi sotto il tepore lieve del Sole. Mi viene da pensare che i riflessi della luce creino sul suo viso un gioco di ombre incantevole e mi ritrovo ad assistere alla scena con una tenerezza inaudita. Rilasciando poi un sospiro sereno, mi accocolo a entrambi e ci facciamo strada verso la gelateria.
Luci è dotata di un potere magico: sotto i suoi occhi, infatti, tutto sembra assumere una prospettiva diversa e mi rendo conto che nonostante parli, parli ininterrottamente, io potrei stare qua ad ascoltarla per ore, incantata e attratta da ogni suo più piccolo particolare.

Arrivati alla nostra destinazione, Luca lascia scivolare la nostra piccolina giù dalle sue braccia e lei fa in modo che la sua mano cerchi di nuovo la mia per stringerla forte e incrocia i miei occhi che non l'hanno persa di vista neanche un secondo.
"Scommetto nocciola e stracciatella per entrambe" esordisce lui, puntando, divertito, un dito nella nostra direzione.
Lucia annuisce, nascondendo una risata timida tra le manine portate alla bocca.
Così, mentre lui si allontana per dirigersi al bancone, porto la mia attenzione alla piccolina al mio fianco, trovandola attenta a guardarsi intorno, pregustando già con gli occhi, che le brillano, la sua ricompensa.
La esorto a seguirmi per prendere posto a un tavolo libero, quando nel frattempo mi sento richiamare da una voce squillante, con un accento inconfondibile.
"Doc!"
Muovo il capo meccanicamente, puntando il mio sguardo a destra e poi a sinistra, facendo scontrare i miei occhi con quelli divertiti di Mattia, a pochi passi da me.
Lui se ne sta lì, con l'espressione furba e fiera, le braccia spalancate in un modo puramente sorpreso e felice.
Allora lascio che sul mio viso si insinui un sorriso emozionato, macinando passi nella sua direzione.
"Mattia!" esclamo, lasciandogli trapelare il mio entusiasmo.
"Ciao, dottoressa carina" replica lui con impertinenza, aprendosi in un occhiolino sfacciato.
Così, mentre scuoto il capo, sciogliendomi in una risata leggera, mi riscopro a pensare che mi fosse mancato, mi fosse mancato proprio tanto.
"Come stai?" gli domando, macchiando poi il mio tono di un finto rimprovero. "Sei venuto a togliere il gesso e nemmeno un saluto alla tua dottoressa preferita?"
Lui abbassa lo sguardo, d'un tratto intimidito, dondolandosi sul posto.
"Lo sai, doc, a me gli ospedali non me so mai piaciuti...scusa" confessa, in imbarazzo.
Annuisco, in un sorriso, scompigliandoli giocosamente i capelli, mentre lui sbuffa, arricciando il naso sotto il mio tocco.
Poso poi lo sguardo a Lucia al mio fianco che mi tira per la manica della maglietta per reclamare la mia attenzione.
Mi rendo conto che faccia alternare il suo interesse da me a Mattia, confusa, rifilando un'occhiata scontrosa al ragazzino che gli è di fronte.
"Luci" le sorrido incoraggiante, abbassandomi per parlarle a un palmo dal viso. "Lui è Mattia, è stato un mio paziente, qualche mese fa". Quando tu sei andata via...
Lei acconsente con il capo, piano, ma senza abbandonare la propria diffidenza nei suoi confronti.
Così lui, resosi conto della sua indole ombrosa, le fa segno di scambiarsi il pugno. Gesto che però lei non ricambia, aprendosi in una linguaccia dispettosa.
"Ao', doc, ma questa bimbetta è na tigre" scherza lui, divertito, imitando un ruggito che fa sciogliere entrambi in una risata.
"Da brava, Lucia, fai ciao a Mattia" la esorto, a quel punto, appoggiandole una mano dietro la schiena, come a volerle infondere la giusta spinta per sciogliersi dalla sua diffidenza.
Eppure, lei si ritrae, puntando i piedi a terra con un fare indispettito.
"No!" ribatte, portandosi le braccia al petto e arricciando le labbra in disappunto.
Il suo fare così scontroso non mi stupisce, eppure non posso fare a meno di notare che il suo gesto dimostri una gelosia morbosa nei miei confronti.
"Non fa niente, doc. Non devo esserle molto simpatico". Mattia accenna un sorriso che malcela una strana malinconia, lasciando una carezza a Lucia, che sbarra gli occhi con sorpresa sotto il suo tocco.
"Comunque, mi ha fatto piacere rivederti, dottoressa, me sei mancata, lo ammetto!" aggiunge, rifilandomi un'occhiata malandrina, che lo porta a ridestarsi dalla sua tristezza. Poi prima che possa solo rendermene conto, le sue braccia si stringono attorno al mio corpo e io mi ritrovo ad accettarlo, stupita.
Sento le sue mani che artigliano il mio giubbotto, riversando nel suo gesto una voglia di affetto, a cui non mi sottraggo, accarezzandogli la schiena con dolcezza.
Mi viene da pensare che non appena io abbia incrociato la sua figura, mi sia stupita dell'aria così adulta che emanava. Come se d'un tratto Mattia fosse sbocciato, prendendo le sembianze di un uomo. Ma adesso questo slancio mi dimostra che, infondo, sotto la scorza da ragazzo cresciuto si nasconda ancora un bambino bisognoso di tanto amore.
"Anche tu, Mattia, anche tu mi sei mancato" gli rivelo con tenerezza.
Poco dopo, Lucia si antepone tra i nostri corpi, insinuandosi nella nostra stretta per separarci.
"Ehi!" esclama, imbronciata, assottigliando lo sguardo in modo minaccioso per puntarlo sul ragazzino tra le mie braccia.
"Anita è mia!"
"Lucia..."la richiamo, cercando di utilizzare un tono fermo, stupita dal suo repentino cambio di umore.
Ma subito negli occhi di Mattia riesco a notare farsi spazio un velo di sfida.
"No, Anita è mia!" la provoca allora, sagace, nascondendo un sogghigno divertito.
Lei si innervosisce ancora di più e io mi accorgo di star scoprendo una nuova sfumatura del carattere di Lucia. Un suo nuovo modo di relazionarsi agli altri con cui vengo a patti solo adesso.
"No, è mia!" ribatte la più piccola, puntando i piedi a terra e smaniando agitata.
"È mia!" cantilena lui, senza darle la soddisfazione di poter vincere facile.
"È mia!"
È chiaro che, però, mentre Lucia sembri animata da un'estrema convinzione che le contrae i tratti in una smorfia indispettita, Mattia sia spinto solo dall'esigenza di provocarla e direi che ci sta riuscendo bene.
Allora faccio saettare la mia attenzione prima su l'uno poi sull'altra, assistendo al loro scambio di battute, senza riuscire a placarlo. Ma noto piacevolmente che se poco prima sembrava si stessero a vicenda affrontando, la sfida vada via via scemando, lasciando spazio al divertimento che è ora palese sui loro volti.
Traggo quindi un respiro di sollievo, ponendomi fra di loro.
"Okay, okay" impongo una tregua. "Facciamo che sono di tutti e due?" propongo in un sorriso.
Entrambi si esibiscono in un'esaltazione di gioia, stringendosi a me con foga. Allora mi lascio travolgere, scompigliando scherzosamente i capelli a entrambi.
E lo giuro, sentirmi inondare dal loro affetto è così rivitalizzante.

Luca ci raggiunge poco dopo, sciogliendosi in un sorriso divertito al modo in cui io sia incastrata tra i miei due piccoli ormai ex pazienti.
"Ma tu guarda chi si rivede!" esclama poi con stupore in direzione di Mattia.
Lui si divincola dalla mia presa per ricambiare la sua occhiata, impettito.
"Oi, doc, ciao anche a te!" lo saluta, spavaldo.
Luca gli lancia un'occhiata di sbieco, arrivandogli di fianco per dargli una pacca sulla spalla.
"Come te la passi, Mattia?"
Lui scrolla le spalle, gesticolando con le dita. "Oh, bene, bene" confessa risoluto.
Incrocio il suo sguardo come a volermi appurare stia dicendo la verità davvero.
Così lui sbuffa, sentendosi osservato, e rotea gli occhi al cielo.
"È vero, dottoressa impicciona!" esclama in disappunto, puntando un dito contro di me. "Ho cambiato classe e me se trovato pure la fidanzata!" ammette in tono di giustifica.
Poi i suoi occhi si perdono oltre le nostre spalle, e non appena mi rendo conto che sul suo volto si insinui un sorriso felice, vero, seguo il suo sguardo, puntato su una ragazzina bionda e minuta seduta poco distante.
Non appena lei si accorge dei suoi occhi puntati su di sé, si scioglie in un saluto timido, mentre Mattia senza smetterle di sorridere le lancia un bacio volante, che lei fa finta di catturare tra le proprie mani.
"Eccola la' la regazza mia!" esclama, con orgoglio.
E non posso fare a meno di sciogliermi davanti all'immagine tenera che entrambi emanano. Il loro amore adolescenziale è capace di riportarmi indietro nel tempo, a un periodo così lontano ma che mi appare, ogni volta che ci ripenso,come fosse qualcosa che ho vissuto solo ieri.
Incrocio lo sguardo di Luca, ritrovandolo già su di me, e faccio in modo che il mio sorriso sia tutto per lui: per lui che nel tempo è stato il mio primo amore adolescenziale, quello che per la mia giovane età ho teso a idealizzare, accentuando una delusione per trasformarla nella peggiore della mia vita. Con lui ho scoperto cosa significasse il colpo di fulmine, quello totalizzante che provi non appena i tuoi occhi si posano sulla persona di cui sei cotta, che ti sconvolge la mente e il cuore completamente.
Grazie a lui, però, ho scoperto anche come un amore possa mutare e maturare nel tempo. Ho appurato come possa essere bello condividere un sentimento, coltivarlo insieme, e imparare a capire e a ritrovarsi nella persona che si ama.

"Siamo felici di saperlo, Mattia. Nessuno dovrebbe mai sopportare quello che è capitato a te".
È proprio la voce di Luca a riportarmi alla realtà. Osservo con quanta premura una sua mano si posi sulla spalla del ragazzo, pronto a dimostrargli la sua vicinanza.
Così lui si apre in un piccolo sorriso, annuendo riconoscente. "Non è stato facile" ammette, in un sussurro, prendendo a giocherellare con le dita delle mani. "Ma ho scoperto che esiste ancora qualcosa di bello, non è davvero tutto perduto."
Il cambiamento è tangibile in lui stesso, e sarebbe impossibile non riconoscerlo, eppure nonostante non pare voglia parlarne, sono sicura non sia stato un processo semplice; certi eventi ti segnano per sempre.
Allo stesso tempo, non posso fare a meno di notare che mentre ne parli i suoi occhi per un istante si posino sulla sua ragazza. E mi rendo conto che sia lei quel qualcosa di bello di cui parla. D'altronde è questo l'effetto dell'amore, quel sentimento che può davvero salvarti.
Gli accarezzo, quindi, il capo con dolcezza.
"Mi raccomando, non farla soffrire!" lo avverto, in un finto tono intimidatorio.
Il ragazzo incrocia il mio sguardo, scuotendo il capo per aprirsi in una risata lieve.
"Promesso!" proferisce in un tono solenne, portandosi una mano al petto. Poi però punta un dito contro di Luca, assottigliando lo sguardo.
"Mi raccomando, tu tratta bene la mia dottoressa preferita, ok?" lo avverte.
Luca ridacchia, colpendolo scherzosamente dietro la nuca.
Così, mentre il più piccolo finge un lamento, contorcendosi dal dolore, mi accorgo sia arrivato il momento dei saluti.
Io e Mattia ci abbracciamo lievemente, ma nonostante nessuno di noi due pronunci alcuna parola, mi viene da pensare che sia stato bello rivederlo di nuovo. La sua storia, la sua permanenza in ospedale hanno avuto un significato nel mio percorso da medico e nel frattempo in cui lui si abbassa per dare il cinque a Lucia e rifilare un sorriso spavaldo anche a Luca, mi viene da pensare se il nostro incontro non sia stato un caso.

Nel frattempo in cui Mattia si ricongiunge alla sua fidanzatina, Luca si allontana da noi per portare a termine il compito che si era prefissato: sfamare i nostri stomaci.
Rimasta di nuovo sola con lei ne approfitto per avere un momento tutto mio con Lucia.
Invitandola a seguirmi al tavolo, lascio che si sieda sulle mie ginocchia, giungendo il suo viso tra le mie mani per avere la sua attenzione.
"Luci" la esorto, parlandone piano, quasi in un sussurro. "Perché ti sei comportata male, prima?".
Lei abbassa gli occhi, mordendosi un labbro, intimidita.
Appoggio allora due dita sotto il suo mento, invogliandola a spiegarmi, a farmi capire.
Poi lei scrolla le spalle con tristezza.
"Io...scusa..." proferisce in un sussurro.
Sul mio viso si insinua l'ombra di un sorriso.
"Ti sei ingelosita?" le chiedo, con premura.
La piccola esita un istante, incrociando i miei occhi, poi annuisce con vigore.
"Sì..."
A quel punto, rilascio un riso breve e divertito, accarezzandole il capo.
"Non hai motivo di essere gelosa, lo sai, vero? Perché tu sei la mia piccola Lucia, la mia dolce e pestifera Luci e questo non cambierà mai" le confesso, intenerita, avvicinandomi per giocare a fare nasino e nasino.
Dalle sue labbra, piccole e rosee, si propaga una risata, da cui riesco a evincere tutto il suo divertimento.
Poi lei appoggia le sue manine sulle mie guance, che gonfio e rilascio ripetutamente, soffiandole l'aria in volto e scompigliandole i capelli raccolti.
Lucia si dimena sotto il mio tocco, senza smettere di ridere, allontanandosi, e reclamando l'attimo dopo un mio abbraccio. E io mi accorgo che davvero di lei non ne avrò mai abbastanza.

"Ecco i vostri gelati!"esclama Luca di ritorno, porgendole una coppetta gelato e poi un cono per me.
"Grazie!" esulta la piccola, scivolando dal mio abbraccio e agguantando il suo bottino, frettolosa.
Il modo in cui comincia a gustare il suo gelato con avidità fa sciogliere sia me che Luca in una risata fragorosa.
Così, non appena la piccola si rende conto che la nostra attenzione sia attirata da lei, si accuccia su se stessa, imbarazzata.
"Dai, Luci, mangia, su!" la esorto, giocosa.
Lei scuote il capo, arricciando le labbra in un broncio.
"Solo se non ridete!" ci avverte, accompagnando le sue parole a una linguaccia.
Io e Luca lasciamo che i nostri occhi si incrocino per sorriderci con complicità.
"Te lo promettiamo!" le concediamo.
Lei annuisce, vittoriosa, portandosi alle labbra un generoso boccone.
E in noi si fa spazio la consapevolezza che Lucia ci tenga davvero in pugno, ma che non ci sia cosa più bella.

Quando si avvicina il momento di riportare Luci in casa famiglia, avverto un magone risalirmi lungo la gola. Sebbene sappia che non ci negheremo più momenti come questi, l'idea di lasciarla andare mi rende immensamente triste. Ho bisogno di viverla continuamente, senza perdermi i suoi progressi, e le sue nuove scoperte, così come vorrei esserle accanto nei periodi difficili, abbracciarla a me e sostenerla.
La sera è ormai calata da un pezzo, e mentre Luca guida verso la comunità che la ospita, accompagnati dalle note rilassanti di una canzone alla radio, volto lo sguardo a Lucia che si lascia rapire dalle luci delle città che si riflettono sulla strada, creando dei giochi di ombre.
"Ti sei divertita, tesoro?" le domando.
Lei si riscuote dai suoi pensieri, facendo scontrare i suoi occhi, luminosi e pieni di vita, con i miei, poi acconsente con il capo.
"Quando mi venite a prendere, di nuovo?" domanda, con smania.
Mi appoggio allo schienale del sedile, rilasciando un riso.
"Molto presto, piccoletta, molto presto" mi precede Luca, annuendo in modo rassicurante nella mia direzione.
Lei soffoca un gridolino sorpreso, che palesa tutta la sua gioia davanti alla notizia, poi torna a porre il suo sguardo altrove.
Solo quando mi accorgo che sia troppo silenziosa, mi rendo conto si sia addormentata. La boccuccia socchiusa, nascosta dalle manine, chiuse accanto al viso, il corpicino accartocciato al sedile. Io la guardo, senza riuscire a distogliere i miei occhi e alla sua visione lascio che una lacrima commossa sgorghi lungo il mio viso.

Mia piccola Lucia, mia piccola, bella e dolce, Lucia...

Io e Luca rimaniamo a scrutarla per quello che sembra un tempo indefinito, senza riuscire a non trovarla incredibilmente dolce e tenera, poi lui si premura di prenderla in braccio, e sebbene lei si agiti un po', poi si accoccola contro il suo petto, aggrappandosi al suo collo, in un modo così naturale, come se quel posto fosse stato fatto a posta per accoglierla.

Ad accoglierci è Elena, la giovane educatrice che abbiamo conosciuto soli poche settimane prima. Parliamo in un sussurro, facendo di tutto pur di non strapparla dal suo sonno sereno, la adagiamo tra le sue braccia e anche se a malincuore, lasciamo che per adesso sia lei a prendersene cura.
Cerco di prolungare il più possibile la mia permanenza, ma sono costretta ad andare via, lo stesso.
Allora faccio scontrare le mie labbra con la sua fronte, sfiorando la sua pelle piano.
"Torno presto, piccola mia..." le sussurro, accarezzandole una guancia, rimanendo a lungo con le mie dita a contatto con il suo viso.
Poi accetto che Luca mi conduca fuori dall'appartamento, e insieme, stretti in un abbraccio, silenziosi, ci facciamo strada verso la sua automobile.
Mi appoggio al sedile, rilasciando un sospiro, scrutando dritta davanti a me, nel momento in cui Luca prende posto al mio fianco, stringendo il volante tra le mani.
"Luca..."lo richiamo in un sussurro.
Lui si volta nella mia direzione, sporgendosi verso di me, per spronarmi a parlare.
Carezzo il suo viso con le dita, lentamente, disegno il contorno delle sue labbra come se avessi bisogno di appurare la veridicità dei suoi tratti.
"Credi che saremmo dei bravi genitori?" gli confido, a bassa voce, come se fosse un segreto da condividere solo con lui.
Lui giunge il mio polso tra le sue mani, e io sussulto al modo in cui le sue labbra si posino sulle mie nocche, baciando le mie dita, dolcemente, senza mai abbandonare i miei occhi.
La sua voce si infrange roca sulla mia pelle, facendomi rabbrividire colma di amore e aspettativa.
"Questo non te lo posso dire. Ma so che ci metteremo tutto l'impegno e l'amore possibile" mi confida, facendo scontrare il mio corpo contro il suo petto.
E io nascosta tra le sue braccia, mi accorgo che genitori non si nasca, ma lo si diventi attraverso la voglia e la spinta che si ha di mettersi in gioco e in discussione.
Essere genitori è intraprendere un viaggio, scoprendo quanto sia bello crescere e migliorarsi insieme. Un legame che va costruito e coltivato giorno dopo giorno, un qualcosa di speciale a cui io e Luca non abbiamo intenzione di rinunciare mai più.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera❤
Lo so, vi avevo promesso un capitolo in tempo breve, ma ahimè, a mia discolpa posso dire che la settimana scorsa è stata davvero pienissima, tra esame scritto della patente, ormai superato, e vari impegni quotidiani la scrittura è passata in secondo piano. Poi, lo ammetto, approfittando delle festività, mi sono concessa un po' di riposo.
Quindi, non me ne vogliate, ma avevo un valido motivo 🚗
Eppure, adesso eccomi qui, il capitolo è concluso e non so voi, ma io reputo che sia davvero uno dei più dolci che abbia mai scritto. Ma quanto belli sono, Lucia, Anita e Luca insieme? Io direi che non si possa definire🥰😍
E poi, cosa ne pensate della gelosia manifestata da Lucia? Credete possa creare qualche problema in futuro? Chi lo sa, ma sicuro è che Luca e Anita tremano dalla voglia di accoglierla nella loro famiglia e Lucia non aspetta altro che poterli chiamare mamma e papà.
Ora non voglio dilungarmi ancora, lascio a voi la parola e mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate. È tanto importante per me!
E ancora grazie per il supporto e la pazienza che mi dimostrate, vi voglio bene❤
Vi abbraccio tutti!



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Capitolo 69
*** Capitolo 67 ***


Capitolo 67
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 67


Come ci ci si accorge di essere felice? Non credo siano sufficienti parole per esprimerlo. La felicità è un concetto astratto che passiamo a rincorrere per tutta una vita: aspiriamo al lavoro dei nostri sogni, ricerchiamo emozioni che ci infiammino, assecondiamo le nostre più recondite ispirazioni pur di colmare quel vuoto che ci induce a pensare non sia mai abbastanza, rincorriamo la materialità nelle sue forme molteplici, senza sapere, che lei, "la felicità", si nasconda nell'essenza delle più piccole cose, quelle che spesso reputi di poca importanza. Ma quando finalmente la scorgi, ti rendi conto di cominciare a vedere ogni cosa sotto un punto di vista diverso. Oggi lo so, oggi sono felice, e ho capito che non devo rincorrere nulla, perché è stata la felicità a trovare me. E lo ha fatto in un modo inaspettato; senza che me ne accorgessi, infatti, si è fatta spazio nella mia vita, e ha tessuto su di me una tela colma di colori. La felicità è il sorriso di Luca al mattino, appena svegli, il suo modo tanto dolce di preoccuparsi per me, è il suo amore nei miei confronti; la felicità porta il suo nome e quello di Lucia, il mio piccolo grande dono della vita. Tra le mie mani adesso è stato riposto un grande valore, e noi formeremo una famiglia. Una famiglia, cielo, non ci credo! Adesso però è arrivato il mio momento, tocca a me lottare e scoprire cosa il destino abbia ancora in serbo per me, per noi.
Ma nel frattempo, sono felice e vorrei urlarlo al mondo intero!

Mentre cammino verso il padiglione che ospita il mio reparto, mi accorgo di Arianna poco lontana, avvinghiata al corpo di un ragazzo sconosciuto. Spalle larghe, doppio taglio alla moda, viso affilato: ha tutte le carte in regola per far innamorare di sé le ragazze. Scruto le dita sottili della mia amica risalire lungo la schiena di lui e attirgliarsi voraci alla sua maglietta, per stringerlo e non lasciarlo andare. Come se non fosse mai abbastanza per lei.
Nonostante sia distante, non mi è difficile percepire lo schiocco che le loro bocche producono separandosi.
Mi porto una mano alle labbra, a coprire una risata divertita, osservandola rimanere intontita e stupita, quando lui, dedicandole uno sguardo di quelli che farebbero sciogliere le gambe in gelatina a chiunque, si allontana per il corridoio.
Arianna ha il volto di chi è in una piena fase di innamoramento e non posso fare a meno di pensare che condividerà con me tutto il suo entusiasmo.
Così, quando lei lascia volteggiare la sua chioma riccia e ribelle verso di me, alzo una mano nella sua direzione, invitandola a raggiungermi.
La mia amica non se lo lascia ripetere due volte, perché mi arriva accanto poco dopo, saltellando entusiasta. Sebbene il suo viso presenti i segni di quella che è stata sicuramente una notte brava, un grande sorriso le arriccia le labbra, sbavate di rossetto.
Opera dell'intrigante sconosciuto, penso in silenzio...
"Ma ciaooo, Anita!" trilla lei, allargando le braccia con allegria, per tirarmi a sé in un vigoroso abbraccio.
Stringo le labbra, a trattenere una risata, nel frattempo in cui rischio di rimanere soffocata dalla sua estrema vivacità. Non me ne stupisco tanto, in realtà, perché anche in condizioni normali, sa essere così espansiva.
"Bella giornata, eh?" la prendo in giro, dedicandole poi un'occhiata curiosa, non appena lei si rende conto sia arrivato il momento di lasciarmi andare.
Arianna si porta una mano al petto con fare melodrammatico. "Puoi dirlo forte!" mormora, trattendosi dall' esternare un gridolino gioia. "Ieri sera ho passato la serata migliore della mia v.i.t.a. Quel ragazzo, per l'amor del cielo, bacia da Dio!" mi rivela, in piena estasi, portando un pugno chiuso alla bocca per mordicchiarsi le nocche.
Ormai, però, non riesco più a trattenermi e subito dopo lascio andare libera le risa.
"Lui chi è?" le domando, spalleggiandola pettegola; le mie sopracciglia che si muovono su e giù, eloquentemente.
Ma sì, un po' di gossip ci vuole, sempre!
Trovo campo fertile, perché Ari non aspetta altro che rivelarmi tutti i dettagli.
"È un collega..." confessa, vaga, rosicchiando l'unghia di un pollice.
Ah-ah, fai la difficile, adesso?
"Beh, era ovvio."le faccio notare, roteando gli occhi al cielo, voltandomi per dedicarle uno sguardo indispettito."Ma non l'ho mai visto. Non è di sicuro un pediatra".
"No, infatti" ammette lei, ridacchiando e giocando a fare la restia. "È uno specializzando di cardiochirurgia" ammette, subito dopo, con un certo fare cospiratorio.
E a quel punto mentre lei mi dedica un'occhiata complice, sulle nostra labbra si disegna un sorriso comune.
"Il fascino del cardiochirurgo, eh?" civetto.
Arianna mi prende a braccetto, annuendo vigorosamente, mentre prendiamo a camminare verso il nostro reparto.
"Sì..."rivela, mordendosi un labbro.
È completamente perda e assuefatta, ma d'altronde la capisco.
"Comunque, si chiama Leonardo, è al terzo anno di specializzazione, e ci siamo conosciuti ieri sera, in un locale." prende a sciorinare e mi aspetto che di lì a breve potrebbe elencarmi anche il suo codice fiscale. "È scoccata subito la scintilla, sai una di quelle attrazioni fatali, e tra un drink e l'altro, gli sono finita addosso. Dio, Anita, non puoi capire..."mi racconta, portandosi una mano a coprirle il volto, "quel ragazzo non è solo bello e bacia una favola, è anche un Dio del sesso..."
"Okay, ho capito!" porto una mano davanti a lei, a voler placare il suo fiume di parole. E soprattutto perché non ci tengo a conoscere i dettagli della vicenda. Arianna in questo saprebbe essere davvero meticolosa.
"Scusa..."sogghigna, fintamente ingenua. "Non volevo turbare il tuo animo da romanticona".
Come se lei non lo fosse...
"Ah-ah" la scimmiotto, colpendola scherzosamente a una spalla.
"Vi rivedrete?" indago poi con curiosità estrema, assottigliando lo sguardo.
Arianna dondola sul posto, perdendosi in chissà quali pensieri, poi annuisce vigorosamente. "Sì..." esordisce intimidita.
Allora la spalleggio, parlandole in un sussurro. "Oh, beh, vedi, credo proprio che d'ora in poi sarai tu a dover raccontare qualcosa a me. Non trovi?" insinuo maliziosa.
Lei incrocia il mio sguardo, arricciando le labbra in un broncio. "Chi dice che tu non abbia niente da raccontarmi, invece?" ribatte, malefica.
"Oh, andiamo!" protesto, puntandole un dito contro. "Volevo fosse una sorpresa!"
Ma a quanto pare non le si può davvero nascondere nulla.
"Una sorpresa?" Scruto i suoi occhi essere percorsi da una scintilla di entusiasmo. Arianna mi scivola dalle braccia, come fosse un'anguilla, per puntarmi addosso il suo sguardo colmo di interesse.
"Una sorpresa..."
"Che sorpresa?" ritenta. "Me lo dici, dai, dai, dai!" supplica, unendo le mani a mo' di preghiera.
Fingo un atteggiamento da sostenuta, divertendomi così tanto nel vederla scervellarsi alla ricerca di quello che io abbia da raccontarle. Riesco quasi a notare gli ingranaggi della sua mente muoversi impazziti!
"Non mi dire che tu e Luca vi sposate! Perché io ho bisogno di taaanto tempo ancora per trovare il mio vestito da damigella, OK?" mi confessa, quasi come se ne fosse oltraggiata.
Le dedico uno sguardo dal basso, scuotendo la testa, divertita.
"Non ci sposiamo, tranquilla..."ammetto in una linguaccia.
Lei batte un piede a terra, con stizza. "Cattiva che sei!"
"Va bene, lo dico, lo dico!" mi arrendo, portando le braccia in alto, davanti a me, quasi a volermi schermare dalla sua espressione guardinga.
Arianna gongola soddisfatta, simulando un balletto a dir poco imbarazzante.
"Io e Luca prenderemo in affido Lucia" proferisco poi in un sorriso.
Lei, che nel frattempo si muoveva snodata, scuotendo a ritmo il bacino, rimane con le braccia sospese a mezz'aria, incrociando i miei occhi, sbigottita.
"Davvero?" mi domanda a conferma.
"Davvero, davvero!"
"Aaaah, Anita! Ma è fantastico!"
Prima che me ne possa solo rendere conto, le sue braccia si stringono attorno al mio corpo, schiacciandomi contro di sé, ma dimostrandomi quanto le mie parole l'abbiano resa entusiasta.
D'altronde, si sa, la felicità è contagiosa e ci basta poco per prendere a esibirci in dei saltelli, giubilo di gioia.

"Ho sentito bene?"
La voce di Maria arriva a sorprenderci alle nostre spalle e quando mi volto, la trovo lì, a sorriderci di un sorriso vero e commosso.
Annuisco, senza riuscire a replicarle a parole, anche se non sono sicura ce ne sia tanto bisogno.
"Hai sentito bene, Maria. Luca e Anita prenderanno in affido la piccola Luciaa! Non è fantastico?!"
Ci pensa Arianna a farlo per me, spalancando labbra e braccia, in segno di stupore.
Non avevo dubbi che l'avrebbe, avrebbero presa così bene.
Entrambe hanno visto il mio affetto per Lucia accrescersi ogni giorno di più. Mi sono state accanto quando è andata via.
Maria acconsente con il capo, ma senza interrompere il nostro contatto visivo. Poi le sue mani corrono sul mio volto, accarezzandomi le guance con una dolcezza inaudita.
"Io lo sapevo..." ammette, senza riuscire a trovare modo diverso per esprimermi la sua contentezza. Mi lascio coccolare dalle sue attenzioni che assumono delle sembianze così materne e una lacrima scivola giù, libera, dai miei occhi, simbolo del tumulto che è in atto nel mio cuore.
"Anita..." lei si premura di cancellarla, asciugandola con le sue dita delicate. "Lucia è una bambina fortunata" mi sussurra, senza smettere di prodigarsi per me.
"È vero" le dà manforte Arianna, insinuandosi nella nostra stretta. "Quello che tu e Luca state facendo per lei è davvero speciale".
Maria ci accarezza entrambe, facendoci socchiudere gli occhi sotto il suo tocco, come fossimo bambine, e il suo sorriso emozionato, fa trapelare l'orgoglio che adesso l'anima. Poi lascia che le sue braccia ci stringano, in un groviglio di corpi e risate spensierate, che assumono un sapore tenero e dolce. Quello dell'amicizia.

***

Le ragazze, stasera, mi hanno chiesto di vederci. Ho come l'impressione che ognuna di noi abbia qualcosa da raccontare ed è quello che farò anche io: confesserò alle mie amiche cosa stia accadendo alla mia vita nell'ultimo periodo. Non ho dubbi che se ne riveleranno entusiaste, così come sono sicura lo saranno anche le nostre famiglie, non appena io e Luca sceglieremmo di confidare la nostra volontà.
Non sono così sicura, invece, che Cristina si sia convinta a uscire dal suo mutismo. Nonostante siano trascorsi alcuni giorni, le nostre amiche sono ancora all'oscuro della sua condizione. Lei ed Edoardo non si sono più visti e parlati d'allora e non riesco davvero ad accettare che stiano buttendo all'aria il loro amore, in questo modo. Sento quindi di dover fare qualcosa per loro, per quel piccolo esserino che si sta facendo spazio nella vita di Cris e che cambierà, in positivo, quella di entrambi.
Credo sia proprio questo a spingermi verso il pronto soccorso, davanti la stanzetta adibita agli infermieri.
Prendo un respiro profondo prima di entrare, scorgendo il mio amico seduto alla scrivania, con un'espressione corrucciata e seriosa.
"Caposala Romano, ci sarebbero alcuni turni da rivedere. Ha un po' di tempo per me?" proferisco, facendomi spazio nella stanza e camuffando la mia voce affinché non mi riconosca.
Edoardo, che ha il capo chino mentre prende appunti su un'agenda un po' logora, rialza finalmente lo sguardo, per puntarlo su di me.
"Anita..."esordisce, con il tono spento da ogni inclinazione.
Ma non mi sfugge che i suoi occhi si assottiglino e si velino subito dopo di stupore, come se non si aspettasse di vedermi qui.
Incrocio le braccia dietro la schiena, accennando un piccolo sorriso speranzoso, muovendomi verso di lui, ma rimanendo in piedi, davanti alla scrivania dietro alla quale è seduto.
"Ciao, Edo..." lo saluto, incerta.
Lui tira un sospiro, arricciando il naso.
"Non c'è bisogno di chiederti perché tu sei qui, no?" mi domanda, interrogativo, portandosi le braccia al petto, con un fare sostenuto.
"No, infatti" gli concedo, accondiscendente.
Poi compio un passo nella sua direzione, cercando di scalfire la sua espressione imperturbabile.
"Sono qui per Cristina, è vero" gli confido, portandomi una mano al petto. "L'ho vista stare troppo male in questo periodo, e non voglio che accada ancora..."
Edoardo scatta subito sulla difensiva. "Anche io sto male, Anita! Non credere mi diverta questa situazione!" abbaia, con un forte risentimento a gravitare sulle sue spalle.
Lascio che la mia voce si addolcisca, perché il suo dolore è reale, lo percepisco, e voglio che sappia che non ho mai pensato fosse lui il cattivo della situazione.
"Edo, io so come ti senti..."
"Lo sai?" ribatte, lanciandomi uno sguardo colmo di scetticismo.
Rilascio uno sbuffo, ma senza farmi influenzare dalla sua diffidenza. Non riuscirà a desistermi, la mia determinazione adesso è grande: tengo troppo a Cris e lui per vederli lontani, soprattutto dopo come si amano, ancora.
"Edoardo, io non voglio fartene una colpa, sul serio, comprendo quello che tu abbia provato" gli confesso.
Lui abbassa lo sguardo, torturandosi le labbra e le dita, combattuto su quello che vorrebbe dirmi e su come farlo.
Poi i suoi occhi tremendamente tristi corrono a puntare un punto indefinito davanti a sé.
"Anche se Cristina mi avesse detto di voler abortire, lo avrei accettato. Non sono sicuro sarei stato d'accordo, ma lo avrei capito, mi sarei sentito partecipe. Invece, per tutto quel tempo,lei ha pensato a sé, a cosa fosse giusto per se stessa in quel momento, senza per un attimo includermi in quella decisione. Mi sono sentito escluso, messo da parte..." mi rivela, affranto, lasciandomi trapelare le sue emozioni più nascoste.
Avverto qualcosa smuoversi nel mio petto, un moto compassionevole che mi spinge ad avvicinarmi per dimostrargli che gli sono vicina, che sono qua per lui.
"Edo..." lo richiamo in un sussurro, ormai a un passo dalla sua figura.
Lui abbassa lo sguardo, nascondendo il viso tra le mani, a volersi schermare dalla malinconia.
"Forse è vero, non mi sono mai trovata in una situazione simile e probabilmente non posso capire in pieno come tu possa sentirti, ma una cosa te la posso dire. Cristina ha bisogno di te, come tu di lei: perciò non lasciarla sola, non lasciatevi andare, vi prego. Ho imparato a mie spese che in un rapporto, qualsiasi esso sia, si ha bisogno di fiducia e dialogo. Quindi, non fate in modo che il silenzio logori il vostro amore" gli confido, in modo accorato, giungendo le mani davanti a me, speranzosa.
Mi auguro di essere riuscita a solcare la sua maschera, ma questo lo scopriremo solo strada facendo.
Così, nonostante il mio amico non replichi alla mia richiesta, mi volto, pronta andare via: ha bisogno di stare in solitudine, in silenzio, solo in questo modo potrà fare i conti con se stesso.
Non appena però si rende conto io sia convinta ad andare via, mi richiama, facendomi destare, già pronta a scivolare fuori di qui, e lasciargli lo spazio che merita.
"Anita..." proferisce esitante, incontrando i miei occhi che lo spronano a parlare. "L'ha fatto? Cristina, dico, l'ha fatto? Ha abortito?"
Scuoto il capo, aprendomi in una risata che ha un sapore decisamente amaro.
"Non spetta a me dirti questo. Dovresti chiederlo a lei, non trovi?" gli faccio notare in modo retorico.
Lui annuisce, abbassando il capo, rendendosi conto di aver peccato di codardia.
Poi facendogli un occhiolino, mi chiudo la porta alle spalle.
Spero che il mio intento lo porti a ricevere la spinta di cui aveva bisogno, ma adesso questo mi fa andare via dall'ospedale soddisfatta di me stessa, pronta a prepararmi alla serata che ci aspetta.

***

Fa strano essere qui, nel locale che per tanto tempo ha rappresentato un luogo di ritrovo per me, le mie amiche, Nicola.
Ritornarci è come scorgere la via di casa e renderti conto che ti fosse mancata. E, sebbene sia passato così tanto tempo dall'ultima volta, mettere di nuovo piede qui dentro è un po' come ricominciare.
Questo posto è intriso di tanti ricordi che appaiono riaffiorare tutti, mentre lascio vagare lo sguardo per l'ambiente, rivestendosi di un saporo malinconico e agrodolce. Ma è, allo stesso modo, così bello essere qui con loro, con Cristina, Carlotta, e Giulia. È bello rivederle, e scoprire che ognuna di noi abbia una luce diversa negli occhi. Perfino Cristina, dopo tanta tristezza, sorride, e il mio cuore si scioglie alla vista del suo sguardo che brilla di luce propria. La mia amica del cuore sta per diventare mamma e mi sento così emozionata al solo pensiero. Non aspetto altro che il momento in cui ne parlerà con le ragazze per vederle smaniarsi all'idea di diventare zie.

Anche Giulia è raggiante: il viaggio di coppia con il suo fidanzato deve averle fatto davvero bene. Si è presentata ai nostri occhi con un nuovo look, sofisticato e sbarazzino, con i capelli che le ricadono biondi e mossi sulle spalle, incorniciandole il viso, e un brillantino a lampeggiare sul suo anulare sinistro che porta il preludio di una grossa e bella novità: lei ed Emiliano si sposano.
Ebbene sì, nel più romantico dei modi, nella città che è da sempre il simbolo dell'amore, Paris, il suo fidanzato le ha fatto la fatidica proposta. Mentre ne racconta, Giulia non può fare a meno di lasciarsi andare all'emozione, facendo affiorare alcune lacrime colme di commozione, lungo il suo viso dolce. Il loro è uno di quelli amori romantici che si leggono nei libri; quelli che crescono piano, condito da mani che si sfiorano, sguardi che si cercano, ma che custodiscono e sono il preludio di qualcosa che ha un valore meraviglioso.
Non posso fare a meno di essere felice per Emiliano e la mia amica, perché insieme si meritano ogni bene possibile. Così, non appena l'abbracciamo, inglobandola tra le nostre braccia, lei rilascia un sospiro profondo e toccato.
"Ovviamente voi sarete le mie damigelle" ci confida, in un sorriso, spalmata in un groviglio di mani e corpi che si tengono, stretti stretti, senza volersi separare. "E Anita..." Giulia incrocia il mio sguardo da sopra la spalla di Carlotta. Sembra che il suo corpo si accartocci su se stesso, intimidito.
"Sì?" la sprono a continuare.
"Io vorrei che tu..."proferisce, esitante. "Sì, insomma, vorrei che tu fossi la mia testimone".
Le mie labbra si spalancano a formare una O, stupita. Non me lo aspettavo, non me lo aspettavo davvero. Ma avverto il mio cuore martellare, forte, in petto. Oggi è una giornata colma di emozioni!
Giulia scioglie il nostro groviglio, per scrutarmi con un fare speranzoso.
Ma i miei occhi corrono alle altre due amiche, che annuiscono con un sorriso complice, per niente turbate dalla richiesta della nostra futura sposina. Sono lì a dirmi che sia la scelta giusta.
"Io, wow, non so che dire..."le confesso ancora intontita.
Lei accoglie le mie mani tra le sue, per infondermi coraggio.
"Devi dire solo sì o no!" replica, sciogliendosi in una risata divertita. "Semplice, no?"
Così, mentre scuoto il capo, lasciando andare una lacrima silenziosa, e faccio posare i miei occhi su Cristina e Carlotta che mi mostrano le ore dita unite in una forma di incitamento, accetto, scatenando un'esultazione di gioia.
Presa dall'euforia del momento, la mia amica si sporge verso di me, soffocandomi nella sua stretta vigorosa e io l'accolgo emozionata e profondamente grata.
"Adesso dobbiamo festeggiare!" annuncia, poi con entusiasmo, facendo collidere la mano-quella prima di anello, impaurita all'idea di danneggiarlo- contro la superficie del tavolo. "Ordino da bere per tutte!"

Cristina incrocia il mio sguardo, impaurita, sbarrando gli occhi in un modo impercettibile, ma che non passa inosservato alla mia attenzione.
Dunque, annuisco, facendo collidere una mia mano sulla sua, per congiungere le nostre dita.
È il momento giusto, le lascio trapelare, in una muta occhiata.
Lei, a quel punto, fa un sorriso tirato, volgendosi verso le altre.
"Per me solo acqua..."ammette, accarezzandosi la pancia in modo protettivo; le dita che scivolano lungo la maglietta che indossa in un gesto che non lascia spazio a dubbi. "Sapete, mi dispiace, ma non posso proprio bere".
Mi rendo conto che per tutto questo tempo il mio sguardo non abbia lasciato il suo, infondendole la forza di cui aveva bisogno. Ma adesso Cristina sorride, sorride di un sorriso nuovo, tremendamente dolce e vero.
"Oh...wow!" Giulia è la prima a dar sfogo alla sua sorpresa. Le sue mani che si posano accanto alle labbra, arricciate in una smorfia colma di meraviglia. "Sei incinta!"
L'altra allarga le braccia in un gesto pieno di enfasi, mentre sul suo viso si insinua un'espressione ingenua.
"Sorpresa!"esclama.
Carlotta e Giulia si lanciano un'occhiata complice, prima di esibirsi in un gridolino di eccitazione.
"Ma è fantastico! Saremo ziee!"
Gli occhi di Cristina ritornano a posarsi sulla mia figura, ringraziandomi silenziosamente per averla sostenuta.
"Tu lo sapevi!" Lottie è la prima a rendersi conto del nostro gioco di sguardi.
E non mi stupisco che poco dopo mi stia puntando un dito contro, sbigottita, ma senza sembrarne davvero indispettita.
Mi stringo nelle spalle, accennando un sorriso innocente.
"Beh, sì..."
La nostra futura mammina corre in mia difesa, circondandomi le spalle con un braccio.
"Ho chiesto io ad Anita di non dire nulla, di mantenere il segreto, e poi tu Giuls eri in viaggio e tu, Lottie, eri tanto presa dalla nuova convivenza con Federico..."
Annuisco a dare conferma alle sue parole, e poco dopo, quando entrambe le nostre amiche acconsentono con il capo, rasserenando le loro espressioni, mi rendo conto che la questione sia per fortuna archiviata.
"Ma Edo che dice? Come l'ha presa?" Giulia incrocia le mani sotto al mento, indagando pur di soddisfare la sua curiosità.
Cristina questa volta decide di essere più che sincera e confessa ogni cosa alle altre, prendendosi un minuto per trovare le parole adatte.
"Lui questo bambino l'ha sempre voluto, a differenza mia che all'inizio ho dubitato di me stessa e della vita che mi stava crescendo dentro. Ho avuto..." si interrompe, mordendosi il labbro, esitante, ma le nostre occhiate speranzose la spingono a continuare. "Ho avuto paura. Edoardo non ha preso molto bene la mia decisione di voler abortire. Si è sentito escluso e noi, noi ci siamo presi una pausa" annuncia, abbassando lo sguardo tristemente.
Mi viene da pensare che Giulia adesso si senta quasi in colpa ad averle revocato un tale dolore, eppure io continuo a sperare che, prima o poi, Edoardo seguirà il mio consiglio. O almeno è quello che spero, perché se davvero se la dovesse lasciare scappare così...
"Cris..."proferisco, accarezzandole un braccio, in modo rassicurante. "Andrà tutto bene. Ok?"
Lei torna a sorridermi, ancora, anche se non del tutto convinta, e anche le altre cercano di tirarle su il morale, come meglio possono.
"Hai preso la decisione più giusta e adesso l'importante è che il tuo bimbo stia bene. Questo piccolino avrà tante ma tante zie che lo amano di già e non vedono loro di spupazzarlo tutto".
Il discorso di Carlotta ci porta all'estremo dell'emotività. Il modo in cui si abbassa ad accarezzare il pancino della nostra amica, sussurrandogli parole dolci e delicate, assume un significato particolarmente speciale. E Cristina si copre il volto con le mani, soffocando un singhiozzo.
"Adesso mi fate piangere!" protesta, imbarazzata, nascondendoci la vista dei suoi occhioni attraversati dalle lacrime.
"Ma no, Cris. Dobbiamo festeggiare, doppiamente direi!" propone Giulia richiamando l'attenzione di un cameriere poco distante.
Lui corruccia la fronte, dubbioso, davanti alla nostra richiesta di tre Long Island e un bicchiere d'acqua, ma non osa replicare e, poco dopo, efficiente si allontana, pronto ad assolvere alle nostre ordinazioni.

Ci osservo così, meravigliosamente unite, e pendenti l'una dallo sguardo delle altre, e sento nascere dentro di me il desiderio di renderle partecipi della mia novità, ma mi viene da pensare che qualcuno abbia altri piani per me, stasera.
Giulia mi batte infatti sul tempo, spalleggiando Carlotta per sorriderle maliziosa.
"E tu non hai nessuna novità da raccontarci? Come procede la convivenza con Federico?"
Lottie sopprime un lamento, divertita dalla piega che stia prendendo la situazione.
"Certe volte odio il suo ordine maniacale. Mi aspetto sempre che da un giorno all'altro prenda a sistemare i suoi maglioni in ordine di gradazione e colore" confessa, portandosi una mano al petto, sibilando un verso di orrore.
La sua espressione scatena il nostro divertimento più totale.
"Oh, ma cosa vuoi?!" Giulia se ne finge allibita. "Non dovrai mai preoccuparti che lasci in giro mutande e calzini. Ti giuro che può essere decisamente peggio" l'avverte, in un sogghigno.
"Ouch, condivido!" aggiunge Cristina, dandole manforte.
Improvvisamente mi immagino come possa essere condividere non solo la quotidianità ma anche una casa con Luca, senza più ridurre i nostri momenti insieme al minimo. Cosa possa significare dividere gli spazi, prendere insieme decisioni e riscoprirsi complici in un modo diverso, speciale.
"Però!" Lottie riporta l'attenzione su di sé, sorridendo dolcemente. "Non tornerei più indietro. E poi non potrei davvero rinunciare a lui e al nostro rapporto".
"Ma ci pensate a quanto le nostre vite siano cambiate? Io mi sto per sposare, Cristina per avere un bambino. Carlotta e Federico convivono. È tutto fantastico!" Giulia palesa la sua incredulità, trovandoci tutte concorde.
È il mio momento...
"E io..."la mia voce esce in un sussurro, sovrastata subito da quella di Lottie che batte le mani ripetutamente, in chiaro segno di volerci comunicare ancora qualcosa.
"In effetti c'è una cosa che non vi ho detto" proferisce, illuminandosi come se avesse avuto appena un'idea brillante, poi le sue dita corrono a recuperare il cellulare riposto nella pochette; i nostri sguardi che la seguono con attenzione.
Quando poco dopo prende a mostrarci le foto di un tenero cucciolo di cane, ci sciogliamo tutte in espressioni colme di tenerezza.
"Lei è Poppy, una cucciola di golden retriever. Una sera, Federico si è presentato a casa con lo scopo di farmi una sorpresa, e il suo regalo per me era proprio lei" ci confessa, con gli occhi che le brillano di gioia.
"Una sera, vi voglio tutte a casa. Devo farvela conoscere, è troppo bella." ci avverte, in un sorriso, cercando la nostra approvazione, che certamente non tardiamo a concederle.
Non vedo l'ora di spupazzare quel tenero esserino peloso.
Dopo poco, il cameriere di prima arriva a portarci i nostri drink, posandoli sul tavolo, uno a uno.
Quando lui si allontana, lasciandoci libere di tornare ai nostri discorsi, Giuls propone tempestivamente un brindisi, facendo scontrare il suo bicchiere con i nostri.
Cristina ride per l'assurdità, indicando il suo colmo di acqua, ma non abbiamo intenzione di farci distrarre dalla nostra voglia di goderci questa serata.

Lascio che il liquido mi scorra lungo la gola, provocandomi un leggero bruciore. Ma quando, poco dopo, mi rendo conto di aver bevuto quasi tutto il contenuto, sotto lo sguardo stupito delle ragazze, abituate a vedermi bere a stento, faccio scontrare il bicchiere sulla superficie del tavolo.
"Anche io ho una cosa da dirvi!" ammetto, senza ormai più troppi giri di parole.
Mi assicuro che l'attenzione delle ragazze sia completamente puntata su di me; le loro occhiate che mi spronano a continuare.
Così lo faccio, assicurandomi di utilizzare delle parole che le traggono in inganno.
"Anche io e Luca stiamo per diventare genitori" esordisco, divertendomi a scrutare le loro reazioni e i loro sguardi passare dallo sbigottimento alla confusione più totale.
"Anche tu sei incinta?" la voce di Giulia arriva alle mie orecchie, forte e squillante.
"Anita!" mi reguardisce Cristina, subito dopo, con disapprovazione. "Hai appena bevuto!"
Scuoto il capo, facendo trapelare una risata breve e leggera dalle mie labbra.
"Non sono incinta, ma io e Luca diventeremo davvero genitori. Abbiamo intenzione di prendere in affido Lucia, la nostra piccola paziente" confesso con entusiasmo e un'emozione forte a irradiarsi nel mio petto. Parlare di lei, prendere consapevolezza di quello che stiamo compiendo per lei, mi commuove come ogni volta.
Non avevo dubbi che le mie amiche si sarebbero rivelate comprensive ed entusiaste allo stesso tempo. Perché l'attimo dopo, sono io a ritrovarmi inondata dal loro affetto, stretta in un abbraccio, che mi fa sentire tanto grata e fortunata per la loro amicizia.
"Questa è una serata pazzesca, ragazze. Una bella notizia dopo l'altra" ammette Giulia, ancora su di giri, per tutto quello che sta accadendo e continuerà ad accadere nelle nostre vite.
Così, poco dopo, lasciamo che un ennesimo brindisi ci coinvolga, portando i nostri bicchieri a tintinnare fra loro.
"Alla voglia che abbiamo di diventare ziee" proferisce Carlotta in un sorriso.
"Al matrimonio di Giulia ed Emiliano" soggiunge Cristina, in una risatina colma di gioia.
"Ad Anita e Luca e alla loro piccola Lucia che non vediamo l'ora di conoscere" Giulia incrocia il mio sguardo, accarezzandomi con premurosità un braccio.
È il mio turno.
"Alla nostra amicizia e alla vita, che possa riservarci sempre serate come questa" esordisco con l'emozione a deturparmi il viso.
Dicono che in un mondo che dia più importanza alla materialità che ai valori, l'amicizia sia cosa rara al giorno d'oggi, ed è vero. Ma sono sicura allo stesso modo che quando riesci a trovare delle amiche che riescano a regalarti momenti così, tu non debba lasciartele scappare, no, non devi proprio lasciartele scappare.

***

La Hora Feliz, appunto come riporta il nome stesso, "ora felice", proprio perché si premura che la propria permanenza qui che duri un'ora, poco meno, o poco più, sia piacevole, è famoso per le serate a tema che è solito organizzare. Che riguardino una festività o un anno particolare non ha importanza.
Sta di fatto che, passate le ore 22, il locale si trasformi in un disco pub.
E non appena le note di "In the air tonight" di Phill Collins, in una versione rivisitata e remix cominciamo a farsi strada per l'ambiente, propagandosi alle nostre orecchie, le luci diventano soffuse, celando il locale per donargli un'aria tenebrosa.

"Dai, andiamo a ballare!" le esorto, invitandole a seguirmi per lasciarci coinvolgere dalla voglia di sentirci libere e spensierate.

Le mie amiche non se lo fanno ripetere due volte, perché subito dopo, siamo in pista, costrette in un groviglio di corpi; coinvolte in un gioco di mani e braccia, che seguono il ritmo della canzone.

Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa nella musica in grado di ipnotizzarmi e attirarmi a sé come una calamita. Il mio passato da ballerina mi porta a ricercarla in ogni dove, come se dovessi sempre appianare un senso di vuoto, e quando finalmente ballo, lo faccio dimenticandomi di ogni cosa, lasciando che sia il mio corpo a muoversi per me, delicato e sensuale allo stesso tempo, lontana da qualsiasi pensiero e preoccupazione.

Quando dicevo che la felicità fosse intrisa nelle più piccole cose, parlavo anche di questo.

Io e le ragazze ci lasciamo trascinare dal ritmo incalzante, prendendo a muoverci sempre più intensamente, nel frattempo in cui facciamo in modo che sorrisi e risate fuoriescano dalle nostre labbra.

La mia attenzione è tutta per Cristina: occhi socchiusi, mani che puntano l'alto, e il suo corpo che ondeggia, felice e spoglio di qualsiasi tipo di inquietudine. Anche se per poco, sono contenta di vederla così, senza essere costretta in un clima di agitazione, in cui l'ultimo periodo l'ha implicata.
Intanto, continuiamo a ballare, ballare, ballare...quasi a rimanere senza fiato, fin quando Giulia impegnata a fare una storia da pubblicare sui social,-che riprende le nostre espressioni estasiate e divertite,-riceve un messaggio che la fa sciogliere in un sorrisino, e ci informa che tornerà da noi, a breve.
E così è, perché poco dopo quando si palesa di nuovo accanto a noi, non è assolutamente sola: al suo fianco ci sono infatti Emiliano e Nicola.

Ho un sussulto alla sua vista e non appena i miei occhi si posano sulla sua figura, che si muove lenta al fianco di suo cugino, non posso fare a meno di lasciarmi invadere dalla sorpresa.

Perché Nicola è qui, e il nostro chiarimento mancato adesso arriva a pungermi come una stilettata sulla pelle.

"Ho detto io ad Emiliano di raggiungerci". Trilla la nostra amica, stringendosi al braccio del suo fidanzato, per avvicinarsi a baciarlo sulle labbra, lievemente, subito dopo.

Ma mi rendo conto che io non stia minimamente ascoltando cosa abbia da dirci. Così, nel frattempo in cui le ragazze si congratulano con lui per il matrimonio, io scruto solo e soltanto Nicola e qualcosa mi porta ad avvicinarmi a lui per chiedergli di ritagliarci un minuto per parlare, da soli.

Le mie amiche si rendono conto presto della mia iniziativa e non mi sfugge che sui loro volti si insinui un pizzico di speranza dovuta all'evenienza di vederci fare pace.

E sebbene loro siano all'oscuro dei miei pani, è proprio nelle mie intenzioni appianare questo senso di imbarazzo e disagio tra noi: sono stanca di vederlo e ritrovarmi a pensare a quello che eravamo e non siamo più da tanto tempo, ormai.

Nicola non ribatte e mi segue liberamente verso una zona più appartata, dove la musica, nonostante sia diventata più bassa e lieve alle nostre orecchie, ci raggiunga comunque.

Lo osservo appoggiarsi alla parete dietro di sé, con le braccia portate al petto, e un colpo di tosse a fuoriuscire dalle sue labbra. La sua tensione è facilmente riconoscibile da ogni suo minimo gesto.

"Ti ricordi quante serate abbiamo passato in questo posto?" gli domando, facendo affiorare un piccolo sorriso sul mio viso; le mie mani che corrono a indicare tutto ciò che ci circonda.

Nic abbassa lo sguardo, temporeggiando, ma non mi sfugge che il suo volto si insinui un'espressione malinconica: credo nella sua mente anche lui stia revocando i momenti passati.

"Come potrei dimenticarli?" ammette poco dopo, retorico, rialzando i suoi occhi per puntarli nei miei e inchiodarmi sul posto.

Sebbene li scorga tristi e opachi, non mi risparmio di pensare che abbia notato una scintilla di divertimento attraversarli.

Così, compio un passo verso di lui, perché come citano le parole di Collins, stasera siamo davvero arrivati alla resa dei conti e io tremo dalla voglia di appianare questa agitazione. Perché stargli accanto non è più come una volta, non riesco a sfiorarlo, ad abbracciarlo, senza pensare che questo potrebbe ferire i suoi sentimenti. Eppure, gli voglio così bene da poter solo concepire di stargli lontana. Forse un giorno, quando il suo cuore sarà riuscito a rassegnarsi, potremmo tornare a essere quelli di sempre. Ma nel frattempo...vorrei solo trovare un punto che ancora riesca a tenerci uniti, perché non sono pronta a vederlo andare via dalla mia vita, per sempre.

"Nic..."lo richiamo, macchiando il mio tono di voce di più delicatezza possibile.
"Non so se le cose torneranno più come una volta, o se noi stessi torneremo a essere quelli di una volta, però io voglio che tu sappia..."
Mi accorgo che stasera per le mie emozioni non ci siano vie di mezzo, che io non sia capace di ridere o commuovermi senza farlo all'ennesima potenza. Quindi, quando una lacrima scivola giù lungo la mia guancia, io non riesco a trattenerla.

Nicola porta le mani unite, davanti alle labbra, rilasciando un respiro profondo.
"Anita, ti prego, non piangere..." mi supplica, perché lui non riesce a rimanere indifferente davanti alla mia debolezza.
Mi asciugo il viso, tirando su con il naso e torno a parlare.

"Voglio che tu sappia che ti auguro di essere felice, come lo sono io adesso, perché ti voglio bene e questo, Nicola" gli confido, portandomi una mano al petto, "questo non cambierà mai."

Dopo avergli parlato così, a cuore aperto, mi sento finalmente libera, spoglia di ogni remura e pronta ad andare avanti.

Mi auguro di essergli riuscita a comunicare quanto il mio affetto per lui sia grande, nonostante tutto, e aspetto una sua reazione, qualunque essa sia, pur di scuoterlo.

E nel momento in cui lo noto portarsi una mano al viso, per strofinarla contro una guancia, ripetutamente; i suoi occhi che si assottigliano, dimostrandomi il suo tormento interiore, mai mi aspetto che poco dopo le sue braccia arrivino a stringermi a sé, in un modo così inaspettato.

"Ti voglio bene anche io, Anita. Questo non è cambiato per tutto questo tempo e non lo farà mai" mi confessa, nascosto nell'incavo del mio collo, portandomi a sciogliermi in un sorriso.

Mi lascio allora implicare nella sua stretta che assume un significato di sicurezza e protezione e mi viene da pensare che non so se questo oggi abbia portato con sé il segno di un riavvicinamento o un nuovo inizio, ma certo è che nessuno dei due sia pronto a lasciare andare l'altro e va bene così.

Quando io e Nicola decidiamo di raggiungere gli altri, mi accorgo che le sorprese per me, stasera, non siano davvero concluse.
Non faccio difficoltà a riconoscere Luca al loro fianco, e lo stupore mi investe non appena me ne rendo conto. Avverto il cuore cominciare a battermi furioso nel petto, irradiando un tremolio che mi percorre da capo a piedi.
Non riesco a fare a meno di pensare che quella camicia bianca, che indossa, gli delinei il petto tornito divinamente, implicandomi in pensieri che forse, a dire il vero, non sarebbero tanto replicabili.

Anche lui si accorge presto di me, e quasi come se avesse avvertito i miei occhi sulla sua persona, si volta a guardarmi, facendomi arrestare sul posto, a causa del suo sorriso bellissimo e luminoso.
Si è rasato la barba e sotto le luci soffuse, che creano un gioco di ombre sul suo viso, la sua espressione mi appare ancora più intrigante.
Poi il suo sguardo incontra quello di Nicola, al mio fianco, e sebbene all'inizio pensassi la sua presenza potesse sembrare equivocabile, mi rendo conto che il suo viso sia l'incarnazione della soddisfazione.

"Ciao, Nicola..." lo saluta, infatti, assottigliando lo sguardo, per dedicargli un'occhiata incuriosita.

Il mio amico boccheggia, come se fosse stato preso alla sprovvista, poi gli sorride, porgendogli la sua mano; il suo gesto che assume il segno di una tregua conquistata.

"Ciao, Luca!"

Osservo il loro scambio di battute, rapita, e giuro di sentirmi davvero, davvero tanto felice. Un panno di lacrime a velare i miei occhi.

Poco dopo, Luca torna a pormi tutta la sua attenzione, facendo in modo che le sue dita collidano con le mie, giocando a farle intrecciare nel momento in cui io avverto un sfarfallio insinuarsi nel mio stomaco.

"Scusate" rivolge un sorriso brillantino ai miei amici, in un tono che appare quasi rammaricato. "Ve la rubo per un po'..."

Poi, prima che possa anche solo ottenere la loro approvazione- come se poi se ne presentasse il bisogno- mi prende con sé, e io lo seguo, prendendo a farci spazio tra la folla, che si muove incurante attorno a noi.

Luca si volta a guardarmi per dedicarmi una breve occhiata, ma che cela un significato profondo.

"Avete fatto pace?" mi domanda.

E io gli sorrido. "Sì".

Lui annuisce, tornando a guardare davanti a sé, mentre scalpito al suo fianco, smaniosa all'idea di non perdermi nemmeno una delle sue espressioni.

Poi lui si abbassa su di me, fermandosi per accarezzarmi una guancia, con delicatezza; le sue labbra che si piegano in un sorriso.

"Voglio presentarti una persona..."mi confida, accanto all'orecchio per sovrastare il sottofondo musicale, nonostante le noti si siano fatte più lievi e dolci.

Sebbene, la mia fronte si corrucci, a dimostrare la mia curiosità, trovo risposta alla mia muta domanda, non appena io e Luca raggiungiamo il piano bar.

"Ale!"
Un ragazzo, di spalle, dal taglio biondo e sbarazzino, che sorseggia un drink al bancone, si volta verso di noi, mostrandomi il suo sguardo affilato, composto da un paio di occhi azzurri, che farebbero davvero invidia a quelli di Luca.

"Oh, finalmente sei tornato! Cominciavo a sentirmi tanto solo!" lo rimbocca lo sconosciuto in tono indispettito, dedito a farlo sentire volutamente in colpa.

Luca trattiene un riso divertito tra le labbra, indicandolo con una mano.

"Anita, ti presento Alessio, il mio migliore amico!"

Lo sguardo incuriosito del ragazzo incontra il mio, e mi premuro di porgergli la mia mano affinché lui la stringa.

"Piacere di conoscerti, Alessio" proferisco cordiale.

Lui annuisce, lasciando affiorare un sorriso sulle sue labbra; i suoi occhi che scintillano di incredulità.

"E così sei tu, Anita, la donna che ha rubato il cuore del caro e buon vecchio Luca" ammette, circondando le spalle del suo amico, per scompigliargli i capelli, in modo scherzoso.

Luca si ritrae, arricciando la bocca in un broncio, ma senza mostrarsi totalmente infastidito.

Mi porto una mano al viso, a soffocare una risata, ma riscoprendomi grata nei confronti di Luca per avermi perso di farmi spazio ancora di più nella sua vita, dandomi modo di conoscere una persona tanto importante per lui.

"Comunque, se non sbaglio, ci siamo già visti una volta, proprio qui..." Alessio corruccia la fronte, pensieroso.

"Sì, mi ricordo" gli replico. Sembra che stasera questo posto si presenti come un punto di arrivo. Un ritorno al passato.

Lui sogghigna. "Chi se lo dimentica Otello, il tuo amico furioso" commenta, mentre Luca lo reguardisce, colpendolo scherzosamente dietro la nuca.

Nonostante la sua presa in giro, non posso fare a meno di ritornare indietro a quella serata in cui Nicola si rese conto di chi fosse davvero Luca e non si risparmiò di farglielo notare. Lì, dove inconsapevolmente, era già riaffiorato qualcosa tra di noi.

Poi le braccia del mio ragazzo tornano a stringermi, tirandomi accanto a sé, in modo protettivo.

Alessio lascia vagare lo sguardo sulle nostre figure, annuendo poi in un sorriso che ha il sentore di un grande affetto nei confronti di Luca.

"Comunque sono felice per voi, ragazzi, anche se questo significa perdere il mio compagno di conquiste" ammette in un divertente melodramma.

"Ehi!" Luca gli fa segno di cucirsi la bocca, a cui lui risponde con un'infantile linguaccia.

"Sia chiaro, Anita, questo era prima che incontrassi te" ci tiene a precisare. Come se avessi avuto dubbi..

"Sisi" Alessio acconsente con sufficienza, "ma finalmente non devo consolare più il suo animo depresso..." confessa, malandrino.

Luca gli restituisce un'occhiata guardinga, sbuffando dal naso.

E lui si porta una mano alle labbra a coprire una risata, che gli nasce spontanea.

"Ops" ribatte con un'innocenza che non gli si addice. "Scommetto che questo non dovevo dirlo".

Non posso fare a meno di pensare che il suo saper parlare così, senza filtri, possa rivelarsi davvero divertente.

"Ah-ah" lo scimmiotta il mio fidanzato, colpendolo alla spalla. "Io e Anita adesso ce ne andiamo. Mi raccomando, tu fa' il bravo!" lo avverte in un rimprovero bonario.

Alessio imita un saluto militare, battendo un piede sul posto. "Signorsì! Voi divertitevi, eh! Intanto, io me ne starò qui ancora un po', nell'attesa di fare colpo su qualche bella ragazza, non si sai mai..." proferisce, lasciando vagare il suo sguardo sull'ambiente che ci circonda, malizioso.

Io e Luca ci allontaniamo poco dopo, vedendolo salutarci con una mano, mentre sorseggia il suo drink con quella libera, bevendo tutto d'un sorso, e ce lo lasciamo velocemente alle spalle.


"È davvero simpatico!" commento in una risata, strattonendo Luca accanto a me.

Lui si volta a dedicarmi un sorriso, proprio mentre avverto le note di "Just The Way you are" risuonare nelle mie orecchie, facendomi alzare lo sguardo alle casse da cui si propaga la voce graffiante e melodiosa di Barry White.
Io adoro questa canzone e Luca deve percepirlo perché fa scivolare in un modo sapiente e inaspettato le sue mani lungo il mio corpo, poggiandole in una carezza gentile sui miei fianchi, lasciandomi così libera di ondeggiare sotto il suo tocco.
"Lo è. È uno dei pochi amici che dopo anni ho ritrovato e di cui so di potermi fidare" mi confessa, subito dopo, nel momento in cui pongo una mano dietro al suo collo, a reclamare un'ulteriore a vicinanza.

Corro con quella libera ad accarezzargli una guancia, lambendo la sua pelle sotto le mie dita sottili, in un buffetto.

"Ma cosa ci facevi qui?" gli chiedo, parlandogli a un palmo del viso, in una smorfia divertita.

Lui si apre in una risata piccola e leggera, strofinando il naso contro la mia guancia. Il suo gesto mi coglie alla sprovvista, facendomi sussultare lievemente.
"Ero qui nelle vicinanze, per caso, e mi sono detto, ma perché non andare a salutare la mia adorabile fidanzatina?"mi fa notare, pizzicandomi i fianchi.
Sussulto, reprimendo un gridolino di sorpresa, e allora, come a voler reclamare una piccola vendetta personale, scendo con le mie dita lungo il suo petto, carezzando le sue forme sotto le mie mani, per poi colpirlo, quasi a volerlo spintonare.

"Per caso, eh?" lo rimbecco, fintamente, dedicandogli un'occhiata suadente da sotto le ciglia.

Luca mi attira a sé e avverto la sua presa sui miei fianchi intensificarsi, facendomi desiderare sempre di più.

Afferro il tessuto della sua camicia, stringendolo tra le mie dita, a reclamare un ulteriore contatto, nel momento in cui il mio corpo sfiora il suo, e le note di Barry White ci accompagnano, guidandoci in balia di un sentimento che ci è difficile controllare.

Ci osservo così, con gli occhi che brillano di eccitazione e amore, le nostre mani che risalgono a scoprire il corpo dell'altro, in gesti misurati e delicati, quasi fosse sempre una novità e qualsiasi particolare assumesse ogni volta una rivelazione.

"Devo dirti una cosa..." la voce di Luca mi arriva in un sussurro, accanto all'orecchio, bassa e roca.

Incrocio il suo sguardo, invitandolo a parlare.

"Stavo pensando a questo già da un po'. Credo che sia necessario tu venga a stare da me, sai, imparare a condividere non solo poche ore, ma un'intera giornata, prima che Lucia venga a stare da noi, no? D'altronde casa mia è grande abbastanza e c'è già una stanzetta per lei" mi confessa, in un modo meravigliosamente casuale.

E pare che lui non se ne sia reso conto, ma nelle sue parole è intriso un significato che va oltre quello che ha espresso.

Improvvisamente penso a come in questi mesi le nostre vite siano mutate: a come ci siamo riscoperti innamorati; a Lucia, il momento in cui ci sarà affidata. E adesso questo, il modo così naturale con cui Luca mi stia ponendo davanti alla nostra futura convivenza. Può esserci qualcosa di meglio di tutto questo? Non lo so, ma immagino lo scopriremo solo vivendo e godendoci a pieno qualsiasi cosa la vita abbia ancora da offrirci.

Allora cingo il suo viso tra le mie mani, dedicandogli uno sguardo meravigliosamente coinvolto e innamorato.

"Sono d'accordo" mormoro, prima che finalmente le mie labbra trovino le sue, per dimostrargli in una forma più fisica cosa abbiano provocato le sue parole in me e Luca mi accolga, come se non aspettasse altro che questo.

L'ho già detto che sono felice?

ANGOLO AUTRICE:
Ma ciaoo, miei adorati lettori! Questa volta sono stata davvero brava e sono riuscita a farvi avere pronto entro una settimana un nuovissimo capitolo. Mi rendo conto che sia piuttosto lungo, ma spero non vi sia risultato da leggere
Comunque, anche se sembra succeda niente di utile alla trama, questo capitolo era necessario per chiudere un cerchio. Vediamo che Anita comincia a parlare con le sue amiche di questa novità, prima con Arianna e Maria 😍 e successivamente con le sue bestfriends e piano, piano, scopriamo che anche loro ne abbiano da raccontarci.  Non sono dolcissime?
E cosa mi dite del confronto con Nicola? Pace fatta, finally!😍
Ma veniamo al dunque: alla parte che sicuramente credo vi sia piaciuta più di tutte. Ditemi voi, come non si fa a sognare davanti a Luca e Anita così belli e innamorati? E lui che propone di andare a vivere insieme? No vabbè...
E Alessio? Che mi dite del simpaticissimo, e anche incredibilmente bello, migliore amico di Luca? Io personalmente lo adoro!

E nienteeee,  vi saluto così, promettendovi che farò il possibile per un nuovo capitolo in tempi brevi, ma vi avverto, ci sarà da ridere!❤❤❤

Intanto, grazie mille per il continuo sostegno che mi dimostrate. Insieme a voi, grazie a voi, stiamo raggiungendo degli ottimi traguardi e ne sono così feliceeee!
Vi abbraccio, alla prossima😘


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Capitolo 70
*** Capitolo 68 ***


Capitolo 68
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 68


Lascio scivolare il mio sguardo su quello che per anni è stato il mio appartamento.
Accarezzo con gli occhi qualsiasi particolare che possa essere degno di nota, rendendomi conto che in questo momento senta nascere una malinconia all'altezza del cuore. Mi mancherà rifugiarmi tra queste quattro mura, al ritorno dal lavoro, riuscire a percorrere la strada dalla cucina al corridoio che conduce alla zona notte, anche a occhi chiusi: perché ormai ogni antro di questa casa è impresso nella mia memoria; oppure rintanarmi sotto le coperte del mio letto, svegliarmi al mattino e godere della vista della piccola finestra in cucina, immergendomi nella vita dei passanti, mentre sorseggio il mio caffè. Adesso che la osservo così, vuota e silenziosa, fatta eccezione per i mobili che già la componevano, mi viene da ammettere che è triste pensare che, questo posto che per tanti lunghi anni, mi ha accolta, vista piangere, ridere, emozionarmi, possa, un giorno, appartenere a qualcun altro.
Non voglio piangere, però. L'ho fatto già abbastanza, nel momento in cui con cura ho riposto i miei effetti personali negli scatoloni che adesso campeggiano nell'automobile del mio ragazzo. A ogni pezzo che scivolava giù nel cartone, ho avvertito il mio cuore stringersi in morsa.
Ma questo non significa non sia elettrizzata all'idea di convivere con Luca, anzi. Nonostante rappresenti qualcosa di nuovo per me, non ho mai fatto in modo che il pensiero mi traumatizzasse.
Forse in passato, se mi fosse stato chiesto, avrei tentennato e deciso di mantenere il mio appartamento per un po', giusto per constatare l'andamento delle cose, invece adesso....
Adesso sono sicura di quello che io e lui stiamo per compiere e quando avverto i suoi passi rimbombare dalle scale e palesarsi sempre più vicini, un sorriso arriva a increspare le mie labbra. Poco dopo mi è dietro; non ho nemmeno bisogno di voltarmi per capirlo, ma la sua sola presenza mi rassicura tantissimo.
Percorro un'ultima volta con attenzione queste quattro mura, rilasciando un lungo respiro profondo, prima di spegnere la luce e chiudermi la porta alle spalle, questa volta per sempre.
Farlo è come terminare un capitolo, con la speranza di un nuovo inizio all'orizzonte.

Mi volto verso di lui e incrocio lo sguardo di Luca, trovandolo già puntato su di me.
Lui mi porge la sua mano, invitandomi a stringerla e io lo faccio, senza esitazione, muovendomi verso la sua figura.
"Andiamo?" mi domanda, scrutandomi da sotto le ciglia.
Mi sporgo per accarezzargli una guancia, lasciando che la sua barba mi solletichi le dita.
"Sì..." gli sussurro, senza riuscire a separare i miei occhi dai suoi. Luca deve percepire il mio turbamento nascosto, perché poco dopo si premura di stringermi a sé, inglobandomi tra le sue braccia, che mi appaiono premurose e forti.
Sono avvenuti così tanti cambiamenti nella mia vita, ma mi rendo conto di venirne a patti, davvero, solo adesso. E, per la prima volta, mi ritrovo a non soccombere sotto il loro segno, no, li accetto e li affronto con più serenità possibile.
Così, quando lui torna a porgermi la sua mano, io rinnovo la nostra stretta e scalpito al suo fianco, fino alla sua automobile, pronta a seguirlo, in quella che diventerà presto il nostro appartamento.
La mia casa, invece, l'ho già trovata: è e sarà sempre al suo fianco.

Il tragitto verso lo stabile dove Luca risiede è breve ma estremamente divertente. Non so se per lui possa dirsi lo stesso, avvertendomi cantare a squarciagola qualsiasi cosa passino alla radio, nel frattempo in cui mi esibisco in un imbarazzante balletto, portando le mani chiuse a pugno davanti alle labbra, a simulare un microfono. Eppure compiere ciò, mi dà la dimostrazione di quanto io con lui mi senta libera di essere me stessa, di esprimermi in una maniera che forse con qualcun altro tenderei a tenere nascosta. Stasera più che mai. però, ne ho bisogno, per permettere di trapelare tutte le emozioni che mi invadono.
Incrocio i suoi occhi, che non hanno smesso di scrutarmi con una luce colma di divertimento, e insieme ci abbandoniamo  a una risata spensierata.

Il condominio in cui abita si staglia presto davanti ai nostri occhi. Luca mi esorta a scendere dall'abitacolo, non appena posteggia la sua automobile nel parcheggio adibito del centro residenziale e io lo seguo, eccitata come fossi una bambina.
Porgo la mia attenzione su di lui, mordicchiandomi un labbro per nascondere un sorriso, ma mi risulta difficile, sul serio.
In poche falcate, mi è accanto, ad abbracciarmi in un modo che potrebbe farmi sciogliere le gambe in gelatina. Il suo che sguardo appare così intenso su di me.
"Pronta a iniziare la nostra nuova vita insieme?" mormora, abbassandosi per parlarmi a un soffio dal viso; il suo volto che va a nascondersi tra i miei capelli, inspirandone il profumo.
Le mie dita risalgono lungo la sua schiena, per posarsi dietro la sua nuca, mentre lascio andare un gemito colmo di eccitazione.
"Sì!"
Luca sbuffa un riso, incrociando i miei occhi che risplendono di luce propria, poi senza che me ne renda conto, mi prende tra le sue braccia, appoggiando una mano sotto le mie ginocchia e un'altra a circondarmi la schiena a mo' di sposa.
Il suo intento mi sorprende così tanto da far trapelare un gridolino di gioia e sorpresa dalle mie labbra.
Corro ad aggrapparmi al suo collo, a volermi sostenere, e lasciando andare una risata divertita, lo colpisco con la borsa dietro la schiena.
Lui soffoca un finto lamento di dolore, volteggiando sul posto e dedicandomi il più bel sorriso che io abbia mai visto affiorare sul suo volto.
"Ma cosa fai, sei pazzo?!" lo reguardisco, assottigliando lo sguardo ma senza mostrarmi davvero infastidita dalle sue intenzioni.
Il mio ragazzo scuote il capo, prendendo a incamminarsi verso l'interno del condominio, salendo i gradini a due a due, con me,avvolta attorno al suo corpo, che mi tengo ancora di più a lui a ogni sussulto.
"Ti accolgo come si deve nella nostra nuova casa, no?" mormora poi, abbassandosi su di me, con un sorriso suadente. Come se fosse naturale e lo è, caspita! Vivremo insieme!
Faccio in modo che il mio sguardo adorante adesso trovi il suo, e mi sporgo verso di lui, giungendo il suo viso tra le mie mani e carezzandolo tra le mie dita.
Lo bacio prima che possa solo pronunciare parola, lentamente, quasi a voler assaporare a lungo questo momento, trattenendo il suo volto, in un modo quasi disperato, senza poterlo lasciare andare sul serio.
Luca protesta in uno sbuffo, infastidito dell'impedimento che adesso il mio corpo riservi per lui. Perché non può stringermi, e toccarmi, come invece desidererebbe. Ma il suo ardore lo avverto in ogni fibra, nella maniera in cui trattenga il mio labbro tra i denti, o come le sue mani salgono a percorrere il mio corpo, facendomi trattenere un sospiro di piacere.
Poi, sostenendomi a sé con una mano soltanto, prende a ricercare, alla rinfusa, le chiavi nella tasca dei jeans. Così, non appena mi rendo conto che sia limitato nei movimenti, faccio in modo che le mie dita cerchino le sue, guidandolo.
Ci sfioriamo in un brivido.
A quel punto, Luca sorride sulle mie labbra, sfacciato e soddisfatto,- portandomi a desiderare di baciarlo ancora e ancora, per il resto della mia vita-, non appena avverte lo scintillio che produce il metallo al contatto con le nostre mani, quindi si appresta a infilare le chiavi nella toppa.
"Benvenuta" sussurra, non appena la serratura dietro di noi scatta.
Solo quando il suo appartamento ci accoglie, mi adagia, portandomi a toccare terra con i piedi. La casa è al buio, completamente, fatta eccezione per la luce fioca che proviene dal pianerottolo, ma non appena Luca la richiude, adagiando il mio corpo contro di essa, l'oscurità torna ad avvolgerci.
Torniamo a baciarci, senza esserne mai sazi davvero, muovendoci a tentoni pur di non separarci.
Poi Luca deve urtare uno di quegli scatoloni che abbiamo in precedenza portato e questo ci fa reprimere un verso di fastidio, portandoci a dividerci, per non intaccare la sua incolumità.
Avverto il mio ragazzo, muoversi, sfiorandomi in un fruscio e poco dopo la luce si riaccende su di noi, rivelandoci l'una all'altro e viceversa, ancora vicini e profondamente coinvolti, con i respiri ansanti.
Scendo ad accarezzare il viso del mio fidanzato, dedicandogli un sorriso.
"Ma siamo...soli?" gli domando in un'espressione incuriosita, lasciando vagare i miei occhi sull'ambiente che ci circonda; uno strano silenzio ci accoglie, interrotto solo dai nostri ansiti e movimenti.
Luca corruccia la fronte, seguendo il mio sguardo, facendo in modo che subito dopo sul suo viso si disegni un'occhiata insospettita.
"No, dovrebbe esserci Vanessa" mi riferisce, portandosi un dito alle labbra, pensieroso; le sue mani che corrono ad allontanarsi dalla mia figura, portandomi a desiderare che torni qui, da me, e riprenda ad accarezzarmi senza stancarsi mai.
"Vado a controllare, ok?" si premura di dirmi. "Torno subito".
E io, nonostante le mie labbra si arriccino in un broncio infantile, lo lascio andare, osservandolo allontanarsi per il corridoio.

Faccio ruotare la mia attenzione su me stessa, proferendo un respiro che manifesta tutta la mia serenità. Mi muovo tra gli scatoli che io e Luca abbiamo riposto accanto al divano e mi abbasso a rovistarne il contenuto. Le mie dita sfiorano alcune fotografie, poi la carta dei libri che ho portato con me, e faccio in modo che una cornice capiti tra le mie mani. Ho bisogno di cominciare a sentire questo appartamento anche un po' mio, di apportare il mio tocco nell'ambiente, togliendolo dall'anonimità che ora rappresenta per me. 
Lambisco in una carezza dolce e gentile la foto che ci rappresenta, quella che, nella frenesia di averlo rincontrato dopo anni, sono andata a ricercare; la stessa che mi ha riportata indietro nel tempo, al periodo in cui ci siamo conosciuti e mi sono innamorata di lui.
La guardo, insistentemente, senza voler mai smettere di farlo, e mi viene da pensare che potrei ancora solo consumarla con i miei soli occhi, così la poso, lì, sul mobile dell'ingresso, insieme alle altre foto di Luca e sorrido soddisfatta che abbia trovato il suo posto. E che sia a ricordarmi che, nonostante sia passato tutto questo, io non abbia mai smesso di osservarlo con la stessa espressione intensa e adorante.
E poi credo sia giusto così, da oggi questo diverrà il nostro nido d'amore, e voglio che ci sia traccia anche di quello che è stato il nostro passato, da dove tutto è cominciato.

Mentre mi perdo, però, nel constatare quale sia la posizione più adeguata, in modo tale che la si scorga ma non sia mostrata con una certa prepotenza, la voce di Luca giunge alle mie orecchie, facendomi destare nella sua direzione, curiosa e sorpresa.
Lui si muove verso di me, sciorinandosi in un sorriso colmo di soddisfazione. "Vanessa non c'è. È uscita" mi rivela, muovendo le sopracciglia su e giù in un gesto eloquente. "Ha lasciato un bigliettino".
Annuisco, scrutandolo incertamente dilettata e prendo il pezzo di carta, che mi sta porgendo, dalle sue mani, e ne leggo il contenuto.
-Sono a cena da Eleonora e rimarrò qui per la notte, non aspettatemi, quindi. Divertitevi, eh, mi raccomando!
Baciiii❤-
Mi apro in una risata a palesare tutto il mio divertimento e non mi accorgo che Luca si sia avvicinato, cingendomi i fianchi per stringermi a sé. Il suo tocco è capace di farmi rabbrividire.
Rilascio un sospiro, nel momento in cui lascia che il bigliettino tra le mie mani voli via, a posarsi in un punto indefinito sul pavimento.
"Siamo soli..."mi sussurra, parlandomi in un modo roco accanto all'orecchio e facendomi tremare di aspettativa.
Ma decido di fare la sostenuta, giocandogli un dispetto.
Poso le mie mani sulle spalle, spintonandolo lievemente eppure senza allontanarlo da me, sul serio.
"Che ne dici se preparissimo la cena?" gli replico, mentre scendo ad accarezzargli il petto in una maniera che voglio far sembrare ingenua e casuale.
Luca si sottrae al mio tocco, sordo a qualsiasi cosa non riguardi stringere me, me soltanto, e mi dedica un'espressione suadente, scendendo a intrecciare le dita delle sue mani con le mie.
"Io dico che c'è modo migliore per innaugurare la nostra prima sera insieme".
"Ah, sì?" lo sfido, socchiudendo gli occhi, vinta ormai da qualsiasi tentativo di resistergli.
"Mmh-mmh" mormora, sfiorando il mio naso con il suo, con il suo respiro che si infrange sul mio.
Allora rido, cingendo il suo viso tra le mie mani e quando lui prende a camminare all'indietro, lo seguo, colma di amore e eccitazione. Non mi è difficile immaginare come abbia intenzione di festeggiare la nostra serata. La prima di tante altre, insieme.

***

La convivenza ha fatto in modo che la complicità già esistente tra di noi si intensificasse, ma non avevo dubbi su questo. Luca ha permesso che mi facessi strada nella sua vita e facessi miei i suoi spazi, che invadessi il suo armadio, in un modo non estremamente equiparato, certo, ma condiviso. Insieme, poi, abbiamo trovato un posto per quello che ho portato con me, rivestendo il suo appartamento di calore e familiarità, rendendolo finalmente non più solo suo, ma nostro. Così adesso i muri parlano dei momenti più importanti che hanno contraddistinto la nostra vita, cominciano a raccontare la nostra storia e non smetteranno mai di farlo, aspettando che un nuovo tassello sia aggiunto alle fotografie che li compongono.
Vivere constantemente sotto lo stesso tetto, mi ha fatto scoprire nuovi aspetti di lui, che sia estremamente ordinato e che non abbia bisogno di rimproverargli di lasciare le sue cose in giro, il che per una perfezionista cronica come me gioca sicuramente a mio favore.
E poi, sebbene avessimo già sperimentato come fosse bello svegliarsi al mattino, insieme, lo è ancora di più poterlo fare sempre. Riscoprirci complici e uniti nel prepararci, e nel ritrovarci la sera e decidere di dedicarci alla cena.
Abbiamo trovato un equilibrio e un'intesa tale da farci comprendere quale sia il meglio per l'altro. D'altronde l'amore è anche questo: partecipazione e condivisione, lasciare che il pensare a se stessi diventi preoccuparsi anche dell'altro, facendo in modo che due caratteri diversi entrino in contatto, senza collidersi, ma smussandosi per adattarsi nel modo migliore e stare insieme.
L'amore per me, ora, è il sorriso di Luca, al mattino, appena svegli, è l'odore del caffè portato a letto, è la sintonia che ci accompagna nel corso della giornata; l'amore è il tempo passato accoccolati sul divano del salotto, a guardare un film a cui non prestiamo attenzione per davvero, tanto attratti l'uno dall'altro e dall'alchimia che ci anima. L'amore sono i nostri discorsi, che a volte rasentano argomenti assurdi ma che ci appaiono come quelli più interessanti che abbiamo mai ascoltato; l'amore sono le risate, i piccoli dispetti, dediti a provocarvi, l'amore è il dialogo, la fiducia e il rispetto che ci alimenta. L'amore è questo, nelle sue più piccole forme e cose, e tanto altro ancora. L'amore è tutto ciò che adesso mi accompagna e mi guida e a cui non voglio sottrarmi mai più.

Abbiamo pensato quindi che, per festeggiare, la nostra decisione di vivere insieme, fosse un bella idea invitare le nostre famiglie a pranzo. Ci è sembrato un buon modo per permettere loro di conoscersi e metterli a corrente della decisione che abbiamo preso: chiedere l'affidamento della piccola Lucia. Non vedo l'ora di godermi le loro espressioni, e poter captare le loro reazioni

Io e Luca abbiamo cucinato per le nostre famiglie, dividendoci in parte equa i compiti. Io mi sono dedicata al secondo: il mio pollo fritto con peperoni; lui alle sue lasagne, con la ricetta tramandatogli da sua madre. Così, mentre la tavola è già apparecchiata di tutto punto, di cui mi sono occupata io stessa, e le lasagne cuociono in forno, mi dedico alla preparazione del dolce.
È stato bello constatare che Luca sia quasi più bravo di me in cucina, ma che sicuramente il suo ordine non si ripercuota anche qui, con le stoviglie lasciate in giro. Eppure, allo stesso tempo, è stato davvero piacevole notare con quanta chimica e unione ci siamo prodigati nel cucinare. Sembrava che ci venisse naturale, come se lo avessimo fatto da sempre. Ognuno di noi appariva captare quando l'altro avesse bisogno di una mano o di qualche ingrediente, così come era chiaro fossimo affascinati dall'altro nell'osservarlo applicarsi nello svolgimento. Non sono mancati momenti di brio, come allo stesso tempo i sorrisi, ogni qualvolta ci sfioravamo anche solo con lo sguardo.

Ora, dopo aver dato una sistemata al bancone, spogliandolo di ingredienti che non servissero più, Luca mi bacia a fior di labbra e mi lascia sola, decidendo di andare a fare una doccia, per ripulirsi dallo sporco.
Allora scelgo con cura cosa mi serva per il procedimento e proseguo nella preparazione della mia torta ricotta e cioccolato.
Impasto, verso, frullo, il tutto condito con estrema attenzione e tanto amore. Quello che provo per le persone che mi stanno accanto e a cui non vedo l'ora di comunicare la nostra decisione.
Un sorriso spontaneo si insinua sul mio volto al solo pensiero, così mentre controllo la consistenza dell'impasto, saggiandolo con un dito e constatando la giusta dose di zucchero, lo sistemo nella teglia, pronta a infornarlo.
Luca sopraggiunge proprio in quel momento, palesandosi al mio fianco e invadendomi con il suo profumo forte e inebriante. Lo scruto con la coda dell'occhio: è vestito di tutto punto, con una camicia bianca che gli fascia il torace, delineando la forma delle sue braccia muscolose, sopra a un paio di jeans scuri. Non posso fare a meno di pensare che sia più bello che mai, ma cerco di non mostrarmi totalmente attratta dalla sua figura che, invece, esercita su di me un effetto ipnotizzante e abbasso lo sguardo, fingendomi presa dalla cottura della torta.
"Anche il dolce è in forno" proferisco, tirando un sospiro, nel momento in cui avverto le sue mani posarsi sui miei fianchi. Giro su me stessa, tra le sue braccia, con le mie dita che vanno a posarsi sul suo petto in una carezza gentile.
"Bene" replica lui, in un occhiolino soddisfatto, abbassandosi su di me. "Direi che siamo stati una grande squadra".
Non posso fare a meno di dedicargli un riso grato e luminoso.
"Puoi dirlo forte" gli sussurro, accanto a un orecchio, avvertendolo ridere sotto il tocco delle mie mani che risalgono lungo le sue spalle.
Mi sottraggo poco dopo alla sua presa, provocatoria, scivolandogli da sotto le dita, senza che lui ponga resistenza.
"Vado a farmi una doccia. Stai attento tu qui, ok?" lo reguardisco bonariamente, pizzicandogli una guancia come se fosse un bambino.
Lui annuisce, inzuppando un dito nella ciotola che ho utilizzato in precedenza, e sporchandomi la punta del naso, in un dispetto infantile.
"Ehi!" sbuffo, in un broncio.
"Ops!" si finge ingenuo, portandosi una mano al petto con fare teatrale.
"Mmh, però è davvero buono!" si complimenta con me, gustando quello che ne rimane. E io rimango affascinata dalla goduria che alberga sul suo viso, dal modo in cui i suoi occhi si socchiudano, bagnandosi le labbra per ripulirle dall'impasto cremoso.
Allora mi allontano, prima che possa decidere di desistere dal compito che mi sono imposta, ma con un sorriso soddisfatto in volto che proprio non vuole andare via.

Poco dopo sono pronta anche io. Ho scelto di indossare un vestitino a balze, floreale, abbinato a un paio di stivaletti beige e di truccarmi leggermente per nascondere il segno della stanchezza, ma accentuando allo stesso modo i tratti del mio volto.
Ruoto su me stessa, raggiungendo Luca che, così come mi aveva promesso, si è appropriato di uno sgabello, dedito a supervisionare la cottura di lasagne e dolce.
"Eccomi qua!" esordisco, spalancando le braccia per indicarmi. Ottengo presto la sua massima attenzione. Mi viene da pensare che ci sia qualcosa nel suo modo di scrutarmi, a fondo, così intenso, da farmi tremare. L'amore che provo per lui, e che lui prova per me, mi riempie in una maniera totalizzante, portando il mio cuore a scaldarsi di un calore che fa così bene.
Luca mi raggiunge, sostenendomi tra le sue braccia e non mi rendo nemmeno conto che poco dopo incontri la parete dietro di me. Si abbassa su di me, e preso dall'istinto, mi coglie con un bacio capace di mozzarmi il fiato. Fa in modo che le sue labbra plasmino le mie, saggiandole e mordicchiandole pur di reclamarne l'appartenenza.
E io lo accolgo con sorpresa, facendo risalire le mie mani lungo il suo collo, e poi a posarsi tra i suoi capelli che mi diverto a districare, donandogli un aspetto scarmigliato, proprio come piace a me.
Luca soffoca un sorriso sulla mia bocca, facendo scivolare le sue dita a posarsi dietro la mia schiena, solleticandomi da sopra il tessuto.
Rido, dimenandomi sotto il suo tocco, e porto una mano a posarsi sulla sua guancia, a lungo, carezzando il suo viso.
"Ti amo" gli sussurro, a fior di labbra, lasciando che il mio sguardo dolce e preso incontri il suo e faccia in modo che adesso siano i nostri occhi a parlare per noi.

Il campanello di casa arriva a spezzarci dal nostro idillio, portandoci a sobbalzare lievemente.
Luca si sporge per baciarmi ancora, un'ultima volta, e io mi premuro di cancellargli il segno del mio rossetto, velocemente, prima che lui si offra di andare ad accogliere i nostri ospiti, mentre io mi dedico a tirare fuori le lasagne dal forno, per evitare che diventino troppo cotte. Mmh, emanano davvero un buon profumino!

Le prime ad arrivare sono Vanessa ed Eleonora con la piccola Sofia. La sua vocina allegra e deliziosa è inconfondibile. 
Da quando mi sono trasferita a casa di Luca, Vanessa ha preso la decisione di andare via, lasciandoci liberi di goderci i nostri spazi, senza aver timore di essere beccati in flagrante dalla sua presenza. Nonostante Luca non fosse d'accordo al pensiero che lei rappresentasse un peso per noi,ha dovuto accettare la sua decisone. All'inizio, ha protestato contrariato soprattutto all'idea di saperla in un appartamento, sola, anche in vista del parto che si avvicina. Vane ha avanzato la proposta di chiedere aiuto alla sorella di Luca, avvalendosi del benestare di Eleonora che non si è sottratta, anzi, ha accolto la notizia con gran clamore, pronta a prendersi cura di questa ragazza che è ormai diventata di famiglia, e in cambio lei si è offerta di darle una mano per quanto possibile con Sofi.
Poco dopo, un po' prima che io stia decidendo di muovermi verso l'ingresso, avverto lo scalpitio dei passi della piccola e non passa molto che io la ritrovi tra le mie braccia a stringermi e dimostrarmi il suo affetto più profondo.
"Zia, Anita!" la sua risata viene soffocata nell'incavo del mio collo, accoccolata al mio petto e cullata dal mio istinto materno.
"Tesoro"sciorino in un sorriso, accarezzandole i capelli raccolti in una treccia un po' scomposta.
"Zia!" ripete lei, giungendo il mio viso tra le sue mani, lasciando che sul suo volto si insinui un'espressione radiosa; le guanciotte rosee che la rendono dolcemente adorabile. "Sono tanto felice di vederti!"
Le carezzo una gota, con premura. "Anche io, piccolina, anche io".
"Vieni, andiamo a salutare la mamma" la esorto, facendo in modo che scivoli giù dalle mie braccia, ma che mi ponga la sua mano affinché l'avvolga con la mia.
Vanessa ed Eleonora ci accolgono con lo stesso fragore che la piccola ha dimostrato.
"Vi siete sistemati bene vedo, eh! Bravi!" Si congratula la sorella di Luca, strapazzando il viso del fratello tra le sue mani.
Lui sbuffa in un broncio infantile, ma senza mostrarsi davvero infastidito dalle attenzioni invadenti di Ele.
"Ooh, e questa cos'è?" domanda, sciogliendosi in un sorriso intenerito, muovendosi verso il mobile accanto all'ingresso. Non appena mi rendo conto che il suo obiettivo sia la nostra foto, non posso fare a meno di sorridere anche io.
Luca si gratta la nuca, a camuffare il suo imbarazzo. "È una vecchia foto..."
Lei lascia vagare il suo sguardo prima su di me e poi suo fratello al mio fianco, annuendo vigorosamente, ma con un'espressione che lascia trapelare un grande affetto.
"Siete proprio belli, sì, siete proprio belli!" ammette, con la voce distorta dall'emozione.
La piccola Sofia si trova subito concorde con sua madre, facendo capolino tra le nostre gambe, e stringendoci per avvicinarci a sé.
"Sì, mammina. Sono i miei zii preferitii" proferisce allegra, facendoci sciogliere in una risata divertita.

In seguito, il campanello suona ancora e, a poco, a poco, tutti i nostri ospiti arrivano a riempire la nostra casa, invadendola di gioia e sorrisi.

Sebbene un primo piccolo momento di imbarazzo, entrambi i nostri genitori cominciano subito a familiarizzare: non mi sfugge che tra le nostre madri si crei presto una sintonia particolare che mi fa sciogliere in un sorriso colmo di commozione.
Vanessa e Sabrina si salutano, felici di rivedersi, come se fossero amiche di vecchia data, e ridono di cuore, constatando che tra loro ci sia una pancia in meno. La piccola Agnese è nata ed è tra noi, a scaldare i nostri cuori, e ad attrarre le attenzioni di chi la guarda e si stupisce di quanto sia bella e dolce.
Marco e Riccardo trovano ben presto campo fertile nell'altro, uniti da una sfumatura simile e baldanzosa di carattere. Sono due bimbi un po' cresciuti, che non riescono a fare a meno di scherzare e non prendersi mai sul serio. Ma mentre io e Luca osserviamo i nostri familiari socializzare tra di loro, non possiamo che ritenerci immensamente fortunati di tutto ciò.
Così mentre gli uomini di casa cominciano a parlare di calcio, argomento che li trova tutti comuni, riuscendo a scalfire anche i nostri papà dal loro iniziale essere seriosi, le donne si dedicano a chiacchiere leggere e spensierate, rendendo il clima assolutamente gioviale e piacevole.
Sofia invece dimostra un accanimento per la piccola Agnese, dormiente e tranquilla nella sua carrozzina.
Sotto l'occhio vigile di mamma Sabrina e papà Marco, la nipotina di Luca la osserva a lungo,sporgendosi verso la neonata, come se per lei fosse una novità.
"Mamma, ma anche io ero così?" emette, in un'espressione dubbiosa, cercando l'attenzione di Eleonora che le dedica un sorriso, annuendo.
"Sì, tesoro, eri piccola, piccola così"le replica lei, accarezzandole una spalla con fare protettivo e amorevole.
Eppure non mi è difficile notare che Sofia sia mossa da un'indole curiosa che le contrae la boccuccia in un sorriso speranzoso. 
"Mammina" la esorta, dondolandosi sul posto. "Posso avere anche io un fratellino o una sorellina?"
Eleonora deglutisce un boccone amaro, ritrovandosi tesa davanti alla sua richiesta,e soprattutto indecisa su come risponderle per sottrarsi al suo interrogatorio.
Così si abbassa alla sua altezza, carezzandole il viso con dolcezza.
"Lo sai, tesoro..."
"Uffa!" protesta lei in uno sbuffo. "Posso giocare con lei, allora?" ritenta, mordendosi il labbro, esitante.
"Certo!" le concede Sabrina, sciogliendosi in un sorriso. "Quando Agnese sarà un po' più grande, potrete giocare ogni volta che vorrai".
E mi viene da pensare a come accoglierà la notizia non appena saprà dell'arrivo di Lucia e delle compagne di giochi che potrebbero diventare ben presto.
"Ma no!" Sofia spalanca le braccia, contraria e pedante. "Io voglio giocarci ora".
"Sofi" la richiama sua madre, perentoria. "Agnese sta dormendo adesso, non vedi?"
E lei ci coglie alla sprovvista, con l'ingenuità e la spontaneità che la contraddistinguono. "Ma dorme sempre?" domanda, tendendosi verso la sua culletta e piegando le labbra in un broncio tanto buffo.
È inevitabile che le risa ci coinvolgano.


Ci spostiamo ben presto in salotto, per il pranzo. Mi accorgo, nel momento in cui tutti siamo a tavola, con la piccola Agnese accanto a noi che dopo essersi svegliata per la sua poppata, è ritornata nel mondo dei sogni, e la voce di Sofia, allegra, a coprire quella di tutti gli altri, in un esplicito proposito di attirare l'attenzione su di sé, che oggi ci sia un filo conduttore a unire ognuno di noi. Allora stringo la mano di Luca con la mia, da sotto al tavolo, e in un silenzioso scambio di sguardi percepisco che anche lui, come me, stia sperando che ci siano ancora tanti altri momenti come questo.
E piano, piano, quando anche le pietanze sono servite, e scrutiamo i nostri ospiti allietarsi con le vivande che abbiamo preparato per loro, aspettiamo che i nostri familiari ci diano il verdetto.
È inutile dire che ci riempiano di lodi, complimentandosi con noi per l'esito positivo. Io e Luca ci riteniamo molto soddisfatti di questo. E sì, lo possiamo davvero dire: siamo proprio una bella squadra.
Così, quando ormai le nostre pance sono sazie e i volti più rilassati e sereni, decidiamo sia il momento giusto per dare loro la notizia.
Il mio fidanzato avvolge la mia mano tra la sua, accarezzandola e giocherellando con le mie dita. Si sporge verso di me, chiedendo il consenso che non tardo a concedergli, sorridendogli emozionata.
Lui allora, battendo la punta del coltello contro il bicchiere, richiama l'attenzione dei presenti, facendo piombare l'ambiente nel silenzio.
"Io e Anita vorremmo dirvi una cosa!"
Sabrina è la prima a incrociare il mio sguardo, intuendo quale siano le nostre intenzioni e annuisce, sciogliendosi in un sorriso dolcissimo e d'incoraggiamento.
La voce di mia madre è la prima a levarsi sugli altri, dedita a palesare uno strepitio di gioia ed eccitazione.
"Vi sposate?"
A lei si aggiunge subito la mamma di Luca, dandole manforte.
"Sì, tesoro, vi sposate?!" domanda, entusiasta, cercando gli occhi del proprio figlio.
Sabrina si porta un tovagliolo alle labbra, soffocando una risata divertita.
"No" ammette, scuotendo il capo e destando la curiosità generale. "Ma lo faranno presto, non preoccupatevi. Ho già riservato un posto nell'agenzia di wedding planner di mia madre" soggiunge, in una maniera palesemente pettegola.
"Zio Luchi e zia Anita si sposano, zio Luchi e zia Anita si sposano!" prende a canticchiare la piccola Sofia, manifestando la sua eccitazione davanti alla notizia.
Luca riporta la calma, nascondendo un riso, davanti al coinvolgimento della nostra famiglia."Non ci sposiamo, non ancora almeno".
"Ooh..." si leva nell'aria un'esclamazione di stupore mista a tristezza. Non oso immaginare a un domani quando annunceremo per davvero il nostro matrimonio.
"E allora cos'è". Questa volta a dar voce ai suoi pensieri è mio padre, incrociando il mio sguardo in un'espressione dubbiosa e incerta. "Sei incinta?" proferisce, insicuro; gli occhi imploranti a richiedere conferme.
"Incinta?" ripete mio fratello, incontrando lo sguardo di papà, allibito.
"Amico!" punta un dito contro Luca, con un finto fare minaccioso, "io ti ho accettato di buon occhio, sì, ma adesso da qui a rendere gravida mia sorella, ce ne vuole..."
"Eheh" si insinua Riccardo, in un'occhiata maliziosa, che lo fa desistere dal continuare dopo lo sguardo di disapprovazione di suo padre.
"Che scemo sei! Lasciali parlare!" protesta Sabrina, colpendo con un buffetto dietro la nuca suo marito Marco che imita un verso di dolore.
Mi rifugio nell'incavo del collo di Luca, non appena lui mi accoglie tra le sue braccia per stringermi a sé.
E questa volta sono io a prendere la parola.
"No, non sono incinta" confesso. "Ma..." mi interrompo per cercare gli occhi divertiti del mio fidanzato, e spronarlo a continuare con me.
I nostri familiari seguono il nostro scambio di sguardi con il fiato sospeso, incuriositi dalla piega che stia prendendo la situazione.
"Noi prenderemo in affidamento una bambina. Lei si chiama Lucia e non vediamo l'ora che voi possiate conoscerla" ammettiamo, sciogliendoci in un sorriso che manifesta tutta la nostra gioia. Le nostre mani che si cercano a riconfermare una presa più salda e confortante.
Scrutiamo i loro volti alla ricerca di una reazione e non appena mi rendo conto che Sabrina abbia gli occhi lucidi mi accorgo di quanto questa decisione si riveli sempre più giusta.
"Lucia..." sussurra mia madre, modulando il suo nome con sorpresa. Riscuote subito il mio interesse. "La vostra piccola paziente, sì, mi ricordo di lei" aggiunge con soddisfazione.
"Ma, ma quindi, avrò una cuginetta?" la voce di Sofia si innalza sulle altre, fioca e timida, eppure i suoi occhi non riescono a nascondere una certa curiosità e impazienza.
"Sì, tesoro..." le concedo in un sorriso.
"E lei ci giocherà con me?" palesa in un broncio dubbioso, giocherellando con le dita delle mani.
Luca la richiama a sé e Sofi non tarda a sgambettare via dal suo posto per correre al nostro fianco e lasciarsi invadere dal nostro abbraccio affettuoso.
Così, seduta sulle gambe di suo zio e avvolta nel nostro calore, si scioglie in un sorriso placido.
Luca le accarezza con dolcezza una guancia, acconsentendo con il capo. "Sì, se lo desideri, Lucia giocherà con te, molto volentieri. E tu potrai venire e stare qui con lei, quanto vorrai!" le confida in tono solenne.
Agli occhi di Sofia, che adesso brillano di aspettativa ed eccitazione, questa appare come la più bella delle promesse.

Non appena la piccola torna ad accoccolarsi al nostro fianco, avverto il mio cuore essere avvolto da un certo calore, mentre immagino a quanto possa essere bello vederle insieme, giocare e condividere quello che di più bello i bambini hanno da donarci: la spontaneità, un affetto puro e senza malizia.
Mi accorgo ben presto, però, che la nostra notizia oltre allo stupore abbia generato della confusione nel resto della nostra famiglia, allora mi schiarisco la voce e riprendo a parlare.
"Mettetevi comodi perché noi, noi abbiamo una storia da raccontarvi..."

La nostra famiglia ha appreso con grande gioia questa volontà.
È inutile dire che le nostre mamme abbiano l'emozione stampata in volto: l'idea di potersi considerare presto nonne della piccola Lucia le ha rese entusiaste. Già discutono di completini e giochi da acquistare, nonostante Luci sia ormai una bimba grande.
Sabrina e Vanessa sono in lacrime ed entrambe con divertimento propinano la colpa della loro commozione agli ormoni in subbuglio, ma in realtà non è così. E non credo che ci sia da giustificarsi nel piangere. Piangere non è segno di debolezza, ma bensì di una grande forza d'animo. Riuscire a emozionarsi, ancora, è un dono prezioso, da custodire.
La nostra novità ha scaldato anche i cuori dei nostri papà, due finti burberi, che sono sicura sapranno dimostrare a Lucia un affetto profondo, sciogliendosi al momento in cui lei sarà accolta nella nostra casa.
Eleonora rivolge uno sguardo colmo di significato e orgoglio nei confronti di Luca e me. E anche i nostri fratelli, per una volta, hanno abbandonato lo scherzo, accogliendo la notizia con serietà e sincera partecipazione.
Forse sarà per questo che poco dopo anche io lasci andare le mie lacrime, le lasci libere di palesarsi e dimostrare quanto il mio amore oggi sia grande e per quanto mi senta grata di tutto questo e di come i nostri familiari ci invadano con il loro calore.
Mia madre mi abbraccia a sé, e sotto il segno delle sue mani carezzevoli, giuro di sentirmi ancora bambina un po' anche io.
"Sarai una buona madre per quella bambina, tesoro. Lucia è immensamente fortunata e noi non vediamo l'ora di accoglierla in questa grande e armoniosa famiglia" mi confida, in un mormorio sommesso, ma che manifesta il suo coinvolgimento emotivo. Le sue parole trovano un consenso unisono.
E io me ne convinco, enormemente, perché questo è proprio il tipo di accettazione che mi aspettavo di ricevere da lei, da tutti loro.
La verità è che potremmo essere grandi quanto vogliamo, potremmo crescere, andare via di casa, diventare adulti e indipendenti, avere dei figli, ma avremmo sempre bisogno di questo: di trovare conforto e rifugio mella rassicurazione materna.

Avvolti nel silenzio che ora aleggia nella nostra casa, ormai priva dei nostri ospiti, lascio che le braccia di Luca mi stringano a lui, avvolgendomi al suo petto che sembra fatto per sostenermi e rilascio un sospiro sereno e appagato.
Lui mi culla a sé, accarezzandomi i capelli con una dolcezza inaudita.
"L'hanno presa bene, no?" mi domanda, abbassandosi su di me e baciandomi la fronte, delicato e amorevole come lui sa essere.
Rialzo lo sguardo per puntarlo su di lui, facendo affiorare un sorriso sulle mie labbra.
"Anche meglio di come pensavamo" ammetto, tornando a nascondermi tra le pieghe della sua camicia.
Lo avverto tirare un sospiro, profondamente rilassato, mentre entrambi ci godiamo la tranquillità del nostro appartamento che si appresta sempre di più ad accogliere la nostra Lucia. Adesso non ci resta che mostrare alla dottoressa Parracciani e l'assistente sociale Berardi cosa stiamo preparando per lei, il nido che sarà pronto a esaudire il desiderio della piccola. Ma a questo penseremo domani.

ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio, miei cari lettori! ❤
Ritorno dopo alcune settimane di assenze e me ne dispiace, ma gli impegni quotidiani e lo studio mi hanno assorbita completamente, tenendomi lontana per un bel po' dalla scrittura. Però, adesso rieccomi a presentarvi un nuovo capitolo che mi ha dato del filo da torcere. Sappiate che in questo sono come la nostra Anita, una perfezionista cronica: devo esserne completamente soddisfatta per presentarvi un lavoro ahah!
E ditemi, cosa ne pensate? Anita si è sistemata a casa di Luca, dando inizio alla loro convivenza ufficiale. Ma non sono troppo cariniii?� Io mi sciolgoo!😍  😍                                               
E pooi, finalmente, direi, le famiglie sono state messe a corrente del loro volere e proprio tutti sembrano aver accolto la notizia con stupore e gioia. Dolcissimiiii, soprattutto la piccola Sofia, emozionata all'idea di dividere i suoi giochi con Luci. Non trovate?
Detto questo, non ci resta che scoprire cosa avranno ancora da raccontarci e, ahimè vi avverto che ora manca davvero poco. Ho stilato una scaletta e ci avviciamo alle battute finali con pressappoco massimo 3 capitoli, epilogo incluso. 
Quindi, prima che la tristezza mi assalga, vi saluto, aspettando tutti i vostri commenti che, come sempre, mi scaldano il cuore e mi invogliano a fare di più.

Alla prossima! Vi abbraccio tutti❤💕




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Capitolo 71
*** Capitolo 69 ***


Capitolo 69
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 69

"Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno nella tua vita"
-Confucio

Mi fermo sulla soglia da cui si accede alla sala comune e non posso fare a meno di fermarmi a scrutare, con gli occhi a brillarmi di luce propria, i miei bambini. Sulle mie labbra si increspa un sorriso.
Io li guardo, osservando i loro volti spensierati, lontani da ogni dolore, e mi sento pervadere da una sensazione di profondo benessere.
Credo che per svolgere un tale mestiere si debba essere mossi da un moto coscienzioso, che ti impone di ricoprire la professione con passione e devozione. Non è un lavoro che si può pensare di prendere sottobanco, o perché animati da un solo scopo monetario. Dietro di esso si celano sudore e sacrificio, ma da cui si ricava una ricompensa che va al di là dei soldi.
Da quando ero solo una bambina e ambivo a una tale professione, non potevo mai immaginare che il mio sogno potesse realizzarsi. Ma ora che lo so, avverto come se questo ruolo mi fosse stato cucito addosso da sempre. 
Quando ho deciso di divenire medico, e ho intrapreso la specializzazione in pediatria, mi sono ben presto resa conto che i bambini sappiano amare in un modo puro e senza malizia, investendoti con il loro affetto incondizionato. Riescono a scaldarti il cuore con un solo gesto, il più piccolo, ma che racchiude un significato profondo, e non chiedono nulla in cambio.
Sarebbe bello se riuscissimo a vivere così come fanno loro, con l'ingenuità che li contraddistingue, e che con il tempo ci abbandona, mangiando il mondo con gli occhi dolci e colmi d'amore che sanno ancora stupirsi davanti al bello della vita.
Questo lavoro mi ha insegnato molto, e credo che continuerà a farlo ancora e ancora, e io me ne nutrirò senza mai smettere di sentirmi, in confronto a questi bambini, piccola piccola.

Muovo un passo, uno avanti l'altro, facendomi spazio nella sala, timidamente, come se avessi paura di intaccare un clima tanto disteso, eppure senza che me ne accorga, vengo presto investita da un'ondata di piccoli pazienti che si apprestano a stringersi alle mie gambe, arrampicandosi lungo il mio corpo, pur di reclamare la mia attenzione.
E io mi abbasso, e mi lascio invadere dal loro affetto che ha un sapore piacevolmente dolce e li cullo al mio petto, nutrendomi delle loro espressioni entusiaste.
Io sono nata per questo, lo comprendo ogni giorno di più, e continuerò a combattere affinché il mio lavoro non si riveli mai vano.

Rischiando di incespicare sui miei passi, barcollo rimettendomi in piedi, ma senza fare a meno di dedicare una carezza o un sorriso ai miei bambini.
Mi accorgo, però, nel momento in cui mi volto per guardarmi indietro, della presenza del dottor Visconti sulla soglia della stanza.
I miei pazienti si rendono conto ben presto che la mia attenzione sia altrove e in un modo chiassoso richiamano il mio interesse, ma sono costretta, a malincuore, a doverli salutare, non appena il mio tutor mi richiama a sé con un cenno della mano.
Lo faccio, raggiungendolo a un passo svelto ma che si rivela allo stesso tempo incerto.
"Dottore, è successo qualcosa?" Proferisco, arrivandogli di fianco e palesandogli i miei dubbi.
Lui inforca le mani nelle tasche del camice, scuotendo il capo.
"No" ammette, scrollando le spalle. "Vorrei solo parlare un secondo con lei".
Pondero le sue parole, prima di acconsentire, anche se ancora un po' insicura davanti alla sua richiesta.
"Va bene..."
Visconti annuisce, accennando un piccolo sorriso, così nel momento in cui prende a muoversi verso il suo studio, lo seguo, senza pronunciare verso.

Non appena la porta si richiude dietro di noi, separandoci dalle occhiate curiose del reparto, il mio tutor rimane in piedi davanti a me, lasciando che le sue mani si giungano, giocando a strofinarsi tra di loro.
"Mi rendo conto che lei pensava la questione fosse chiusa, eppure volevo dirle questo già da un po', ma..."si interrompe come se se ne sentisse lui stesso imbarazzato. "Me ne vergognavo".
Piego il volto in un'espressione incuriosita, sciogliendomi in un sorriso davanti alla sua inaudita sincerità e lo invito a proseguire.
"Le porgo le mie più sentite scuse, dottoressa" ammette lui, allora, ritrovando un tono di voce fermo e sicuro.
Ma sento la necessità di insinuarmi nel suo discorso, frettolosa. "Dottore, non ce n'è bisogno davvero, ne abbiamo già discusso e io..."
Il primario placa il mio fiume di parole con un cenno della mano. "Per favore" replica, rilasciando un sospiro. "Per una volta, mi lasci parlare" mi chiede, unendo le mani davanti a sé in modo supplichevole.
E non mi resta che, anche se presa alla sprovvista, annuire e continuare ad ascoltarlo.
"Sa, non è una bella sensazione sentirsi delusi, ma se a farlo sono le persone a cui teniamo e in cui riponiamo alte aspettative, essa assume un torto ancora maggiore. Ormai sono vecchio e stanco, sì, ma sono ancora in grado di riconoscere una persona che fa del suo lavoro la propria vita, che lo svolge animato da una devozione ineguagliabile, e mi permetta di dirle che lei è una di quelle, dottoressa. È per questo che si è guadagnata la mia stima. Ed è anche per questo che ho reagito in quel modo, e me ne dispiace..."
Nonostante avverta un moto di orgoglio espandersi in circolo nel mio corpo, facendomi tremare di una pura e guadagnata soddisfazione, avverto di non meritarti fino infondo tali lodi. "Ho esagerato, lo ammetto" confido in un sussurro.
Lui scuote il capo, in diniego. "Forse, ma non sono certo che l'assistente sociale abbia tenuto una condotta esemplare. Eppure io sono stato così cieco da non rendermi conto di cosa la unisse a quella bambina. Il suo non è mai stato un interessamento dovuto solo al lavoro, andava oltre e io non l'ho compreso." mi confida, accoratamente.
Sento i brividi attraversarmi la pelle e il mio cuore esibirsi in un sussultio commosso.
"Quindi, le chiedo, può accettare le mie scuse per come l'ho trattata, per quello che le ho causato, e perdonare questo vecchio e stanco dottore?" domanda, indicandosi in un sorriso.
Mi porto le mani alle labbra, nascondendo un'espressione esterrefatta.
"W-wow! Io non, n-non me l'aspettavo!" balbetto, non nascondendogli lo stupore da cui sento invadermi.
Il dottor Visconti sorride, comprensivo, muovendo il capo in segno di assenso.
"Posso, posso abbracciarla?" gli chiedo, piegando le labbra in un broncio timido e timoroso, con le lacrime a minacciare di palesarsi dai miei occhi. Mi accorgo di essermi spinta oltre i convenevoli, ma in realtà, in questo momento, la mia gratitudine prevale su qualsiasi buonsenso.
Lui sbarra gli occhi, preso in contropiede davanti alla mia richiesta, e mormora tra sé e sé frasi incomprensibili in un borbottio sommesso.
Non posso fare a meno di notare che dietro la sua facciata di finto burbero, da primario Visconti, si celi un uomo dal cuore buono: semplicemente Alfredo.
Poi punta un dito nella mia direzione, fingendo un'austerità che ai miei occhi non lo rende più credibile.
"Dottoressa, lei è incorreggibile! Le si dà un dito e si prende subito tutta la mano, incredibile..." mi richiama, fingendosene risentito.
Nascondo il mio disappunto dietro una risata divertita.
"Oh, al diavolo!"esclamo, frettolosamente, sporgendomi per inglobarlo in una stretta che assomiglia, vagamente, a un abbraccio.
Sebbene il dottor Visconti professi la sorpresa che l'ha investito davanti al mio istinto con una rigidità che farebbe invidia a una mummia, soffoca un colpo di tosse, prendendo a darmi alcune pacche sulla schiena in imbarazzo.
"Lei è una brava persona, dottor Visconti, ha un buon cuore" gli confesso, sinceramente grata.
Lui annuisce, posando le sue mani sulle mie spalle per allontanarmi alla svelta da sé, celandosi al mio sguardo, fugacemente.
"Okok" replica, poi accondiscente. "Ma adesso basta, prima che lei" -puntualizza, puntandomi un dito contro-, "mi faccia diventare troppo sentimentale".
Ma non posso farne a meno, io gli sorrido ancora, sorrido sinceramente di cuore. Credevo la situazione fosse assopita ma ricevere delle scuse così, mi ha lasciato piacevolmente esterrefatta e non riesco a non manifestarlo.
Il primario rotea gli occhi al cielo davanti alla mia reticenza nello smettere di dimostrargli il mio entusiasmo e spalanca le braccia, spiegandole verso l'alto in una maniera plateale.
"E adesso perché mi guarda così?" domanda, confuso, corrucciando la fronte.
Scuoto il capo in un risolino. "Grazie, solo grazie" ammetto riconoscente.
Lui archivia il tutto con un gesto della mano come se non avesse più importanza ma non mi sfugge che un principio di divertimento sfiori anche lui.
Poco dopo, però, è il bussare alla porta dello studio a distrarci, inducendoci a voltarci verso quella direzione.
"Avanti" mormora il mio superiore, ricomponendosi velocemente.
Luca fa capolino, palesandosi sulla soglia della stanza con un'espressione confusa che muta in sorpresa alla mia vista.
"Ehi..."esordisco in un sorriso, alzando una mano nella sua direzione, con le dita a simulare un saluto.
"Ehi..."replica lui, allo stesso modo, macinando passi nella mia direzione.
Quando è al mio fianco e sento la sua mano afferrare saldamente la mia, avverto il mio cuore esibirsi in uno scalpitio sommesso.
"Ti stavo cercando, e mi hanno detto tu fossi qui. È ora di andare" mi riferisce, abbassandosi per accarezzarmi una guancia con dolcezza.
I miei occhi ritrovano i suoi, incantandosi davanti alla luce che emanano alla mia vista.
"Sì, ho finito qui" annuisco, sciogliendomi in un sorriso che manifesta un principio di eccitazione.
"Però!" esclama Visconti, lanciandoci un'occhiata di sbieco, sinceramente interessato. "Chi lo avrebbe mai detto? All'inizio pensavamo di trovarci, prima o poi, a dividervi da una zuffa, e adesso, guardatevi" ci confida, palesemente divertito, indicandoci col capo.
Io e Luca ci lasciamo andare a una risata in imbarazzo, prima che lui riprenda parola.
"Ma si sa, no? È dalle più grandi antipatie che nascono degli amori inaspettati" esordisce con un fare sapiente.
"Oh, Alfredo, questa da te non me l'aspettavo!" lo prende in giro Luca, sciogliendosi in un riso da cui si evince quanto sia dilettato dal suo commento.
Lui assottiglia lo sguardo, con un fare indispettito, poi però il suo volto ritorna disteso e sereno.
"Comunque, ho saputo la notizia e vi faccio i miei sentiti auguri per la decisione che avete preso". Si avvicina per appoggiare una mano sulla spalla di Luca in un moto di affetto e orgoglio. "Sono sicuro che Lucia starà molto bene con voi"."
Mi stringo al braccio del mio fidanzato, facendo in modo che sul mio viso si insinui un sorriso intenerito tutto per il dottor Visconti.
Lui intercetta presto il mio sguardo zuccherino e in un attimo scuote il capo, cambiando espressione per nascondersi dietro un'occhiata minacciosa. "E adesso andatevene!" ci fa notare, indicandoci l'uscita. "Susu, fuori, fuori, prima che mi facciate venire il diabete" aggiunge, simulando un verso di ribrezzo.
Così, io e Luca, a braccetto, sgambettiamo per uscire dalla stanza, ma senza prima abbandonarci a una risata serena e chiassosa che inevitabilmente coinvolga anche Alfredo.

***

Invidio la compostezza di Luca e il suo modo di dimostrarsi calmo davanti alla situazione, mentre legge il suo giornale quotidiano, appollaiato comodamente sul divano del salotto.
Vorrei davvero potermi sentire alla stessa maniera, ma la verità è che non riesco a rimanere tranquilla al pensiero che Irene e Amelia stiano venendo a farci visita, qui, con la piccola Lucia. Non appena siamo tornati a casa, mi sono assicurata che tutto fosse a posto e in ordine, svolgendo le mie azioni in modo meticoloso, senza lasciare nulla al caso.
Così, adesso, sotto lo sguardo del mio fidanzato, attento ma scettico, non posso fare a meno di muovermi per la stanza, avanti e indietro, torturandomi le mani.
"Credi che le piacerà?" gli domando, insicura o ancora, gli indico l'ambiente che ci circonda in un sibilio che palesa la mia preoccupazione: "pensi che Irene abbia da ridire anche su questo?"
Luca porta una mano alla tempia sinistra, massaggiandola, e rilascia un sospiro, facendo in modo che il giornale ricada ormai al suo fianco, e lui ritorni a porre il suo interesse solo su di me.
"Anita" mi richiama, alzandosi per dirigersi nella mia direzione.
"Mmh?"mi esibisco in un verso di frustrazione.
Accolgo le sue dita che vanno a stringersi sulle mie spalle in una carezza delicata.
"Andrà tutto bene, d'accordo? Questa casa è pronta per accoglierla e sono sicuro che Lucia adorerà la sua camera" proferisce in un sorriso, scendendo ad accarezzarmi le braccia, come a voler sciogliere la mia preoccupazione.
E allora io annuisco, sentendomi più sicura della sua rassicurazione e mi stringo al suo petto, rilasciando un sospiro.
È il campanello a portarci dividere, con il suo suono che fa sussultare entrambi per la tensione.
Così, Luca fa in modo che la sua mano trovi la mia, avvolgendola tra le sue dita, per infondermi quel coraggio di cui ho bisogno. Poi insieme ci dirigiamo alla porta.

Nel momento in cui accogliamo Irene e Amelia sulla soglia di casa, la piccola Lucia sfugge alla loro attenzione, muovendosi verso di me e abbracciando le mie gambe in una morsa stretta. E io sento, finalmente, ogni insicurezza scivolare via dal mio corpo. La mia piccolina è qui e io non posso fare a meno di pensare che quando lei sia con me, tutto il resto perda significato.
Allora mi abbasso alla sua altezza, accogliendola tra le mie braccia che non aspettavano altro che tenerla stretta e lascio che le sue manine piccole e delicate si posino in una carezza sul mio viso.
Luca ci si avvicina, quanto basti affinché la piccola gli lasci un sonoro bacio sulla guancia.
Amelia ci dedica un sorriso, e dopo l'invito a entrare, annuisce, inoltrandosi nel nostro appartamento, seguita da una silenziosa e composta signorina Berardi.
Mentre ci facciamo spazio tra gli ambienti della casa, la piccola Lucia ammira qualsiasi particolare con occhi rapiti e famelici, come se volesse catturare ogni singolo antro di queste quattro mura, farlo suo e custodirlo nel suo cuore.
Mi sono sempre sentita affascinata dal modo in cui il suo sguardo scruti il mondo, ma oggi, se è possibile, mi accorgo che potrei innamorarmi in questo solo istante di lei e del suo modo di vedere le cose.

Luca si occupa di guidarci tra una stanza e l'altra, sotto lo sguardo attento della dottoressa Parracciani, mentre Irene scruta ogni posto e oggetto, prendendo appunti da un taccuino che ha palesato fuori dalla sua borsa di lavoro.
"È una bellissima casa, Luca e Anita, davvero molto bella e funzionale" Amelia si lascia andare a un commento che palesa un moto di soddisfazione, cercando l'approvazione della piccola Lucia, ancora avvolta al mio corpo.
"Cosa ne dici, Luci?" le domanda, infatti, con premura.
Porto il mio sguardo alla bambina tra le mie braccia, trovandola intimidita e nascosta nell'incavo del mio collo con il suo respiro che si infrange sulla mia porzione di pelle scoperta.
Il mio cuore si esibisce in un sussultio commosso.
Io la adoro, l'adoro con ogni lembo di pelle e fibra della mia anima.
Luca professa una risatina divertita, abbassandosi per accarezzarle con cura i capelli.
"Dai Luci, cosa ne pensi?"la sprona a parlare, e a darci modo di ascoltare ancora la sua voce deliziosa.
Allora lei porta un ditino alle labbra, facendo affiorare un sorriso dolcissimo ed estasiato sulla sua boccuccia a forma di cuore.
"Mi piace tanto, tantissimo!" ammette in un trillo gioioso, che ci porta a sciogliersi in un riso.
Irene, a quel punto, acconsente con noncuranza, attenta e scrupolosa a fare in modo che niente possa sfoggiare ai suoi occhi.
"E la cameretta? Dov'è?" chiede, manifestando un'indole curiosa, con lo sguardo che le si assottiglia.
Il mio fidanzato annuisce, senza mostrarsi impreparato davanti alla sua richiesta, e sorridendo ci invita a seguirlo.
"La mia cameretta?" sussurra la piccolina nel mio orecchio, in un visibilio di eccitazione.
"Sì!" le concedo in un sorriso complice. "Ti piacerà, vedrai..."
E non è ancora a conoscenza della piccola sorpresa che ho preparato per lei.
Non appena ci inoltriamo nella stanza, Lucia strepita, scivolando giù dalle mie braccia.
Si muove e corre veloce, con un sorriso emozionato, verso il letto, lì, dove è posato accanto al cuscino, il suo fedele pupazzo: Chicco.
"Chicco!" esclama, infatti, in un'espressione di stupore, voltandosi a guardare tutto ciò che la circonda. I suoi occhi, che scintillano di luminosità, ammirano ogni particolare, posandosi sui colori tenui e delicati, i giochi che la compongono, un unicorno disegnato sul muro accanto alla porta.
Lei stringe il suo peluche al petto, forte, dondolasi sul posto, rapita ed emozionata.
Ed io e Luca, vicini, e avvolti l'uno accanto all'altro, non possiamo fare a meno di dedicarle un sorriso intenerito, piacevolmente presi da lei.
"Che ne pensi, Luci?" le chiede Amelia, abbassandosi alla sua altezza. "Ti piace?"
Lei annuisce vigorosamente, esibendosi in un giro su se stessa e facendo così svolazzare il suo vestitino a ruota.
"Sì!" palesa in un verso di eccitazione. "Sembra la camera di una principessa..."aggiunge con la voce colma di meraviglia. E lei, una principessa, lo è per davvero. Così graziosa e leggiadra nei suoi movimenti.
La dottoressa Parracciani lascia trapelare una risatina dalle sue labbra, accarezzandole una spalla con tenerezza.
A quel punto, volgo il mio sguardo verso Irene, trovandola ormai vinta da qualsiasi tentativo di ribattere e per la prima volta mi accorgo che stia sorridendo anche lei. Di un sorriso che le contrae i tratti in un'espressione malinconica, avvolta nei suoi pensieri.
"Sai, Lucia..." proferisce con un tono di voce fioco e sottile, un po' gracchiante, come se le costasse fatica pronunciare verso. Incontra presto l'attenzione della piccola che si sporge verso lei oltre le spalle di Amelia.
"Luca ha una nipotina un po' più piccola di te, che..."
Mi accorgo che le sue parole abbiano catturato l'interesse di Lucia, nel modo in cui cerchi smaniosa il nostro consenso.
"E lei ci giocherà con me?" Proferisce in un broncio incerto.
Luca si abbassa sulle ginocchia, richiamandola a sé, pronto a sciogliere tutti i suoi dubbi.
"Certo che sì" le rivela in un riso coinvolto. "Sofia non vede l'ora di conoscerti e giocare con te".
Lucia sorride, di un sorriso vero e colmo di contentezza.
"Sofia..." proferisce il suo nome sulla punta della lingua, modulandolo pensierosa. "È un bel nome!"
Luca annuisce, stropicciandosi gli occhi ma non riuscendo lo stesso a nasconderle un'espressione commossa. "Sì, è un bel nome!" le concede, accarezzandole una guancia.
Alzo gli occhi al cielo, cercando di dissimulare le mie lacrime che premono per palesarsi e mi avvicino a entrambi, insinuandomi nella loro complicità, di cui continuo a stupirmi da sempre, sentendomene profondamente attratta, e lascio che Luci si stringa a entrambi, felice e radiosa.

Amelia incontra il mio sguardo, acconsentendo con il capo con un moto di orgoglio e coinvolgimento emotivo. E silenziosamente la ringrazio per essersi dimostrata da sempre una nostra valida sostenitrice. Forse se non avessimo avuto la sua spinta e il suo aiuto, non saremmo nemmeno qui.
Così, quando poco dopo compie pochi passi per arrivare di fianco a Lucia, mi rendo conto che anche lei abbia in riserbo una sorpresa per tutti.
Le si abbassa accanto, in modo tale da parlarle in un sussurro, ma che sia allo stesso tempo udibile anche a noi due.
"Ti andrebbe di rimanere a dormire qui, per questa notte, con Luca e Anita?" le domanda, speranzosa.
Lucia si volta verso di lei, sbarrando labbra e occhi come se non riuscisse a capacitarsi di quello che le sue orecchie hanno appena ascoltato.
"Ma posso, posso davvero?" esordisce, incerta, come se lei stessa stentasse a credere che non sia solo il segno di un'illusione. Ma le parole della Parracciani sono concrete e concise.
Amelia annuisce vigorosamente, scambiandosi un'occhiata complice con Irene. Poco dopo l'assistente sociale mi si avvicina per consegnare una borsa tra le mie mani.
"Qui c'è tutto l'occorrente per la notte, un pigiama, un cambio. Potrete riportarla domani in casa famiglia" mi riferisce in un tono professionale, evitando però di incrociare i miei occhi.
"O-kay, grazie" balbetto, presa alla sprovvista, ma piacevolmente stupita dalla loro iniziativa.
Non ho dubbi nel pensare sia stata Amelia l'ideatrice di tale proposta eppure non riesco a fare a meno di pensare che anche Irene non si sia opposta al suo volere.
Così, quando poco dopo, vanno via, lasciandoci spazio e tempo per goderci la nostra piccolina e noi lei salutiamo, vedendole allontanarsi, mi rendo conto che siamo davvero soli, con la nostra Lucia.
Lei che da qualche mese ci ha cambiato la vita, plasmandola in un'esistenza colma di gioia e felicità. Presto la rimpierà di colori ogni giorno e noi ci nutriremo di lei e del modo così carezzevole e delicato che ha di amarci.

Traggo un respiro, cancellando una lacrima che è sfuggita al mio controllo e mi volto, incontrando gli sguardi sorridenti di Luca e Lucia, insieme, avvolti in un abbraccio.
Inevitabilmente, però, la mia emozione, davanti alla loro immagine, diventa inarrestabile. Così quando rivolgo loro un sorriso commosso, non hanno da chiedersi quale sia il motivo.
E non posso fare a meno di sentirmi profondamente grata nel momento in cui: "Abbraccione di gruppo?" palesa Luca, spalancando le braccia in un gesto teatrale, pronto a stringerci a sé in un abbraccio che ci completa, come se fossimo stati da sempre fatti per questo.

***

"Dici che avrà finito di lavarsi i denti?" domando a Luca, mentre insieme ci occupiamo di pulire le stoviglie sporche. Io lavo, lui asciuga, in un'equa divisione dei compiti.
Abbiamo gustato la nostra cena avvolti in un clima di spensieratezza, ritratti come una famiglia, quella che da sempre rincorriamo e che, tra poco, potremmo essere, per davvero.
Lucia è adorabilmente dolce e ubbidiente. Non posso fare a meno di pensare che in questo, anche se per poco, i suoi genitori abbiano fatto molto, insegnandole quale sia il modo giusto di comportarsi. E io e Luca continueremo a fare lo stesso, alimentando i suoi valori affinché non vadano mai persi, e lei non smetta mai di amare così come fa.
Luca scuote il capo, divertito, riponendo un piatto asciutto accanto a sé.
"Non lo so. Dici che dovremmo andare a controllare?"domanda il mio consenso, lanciandomi un'occhiata di sbieco.
Prima che io possa rispondergli, ci stiamo già muovendo verso la stanza di Lucia, smaniosi di poterci beare ancora della sua presenza e stringerla a noi senza mai averne abbastanza.
"Lu...?" le parole mi muoiono in gola, non appena Luca appoggia una mano sul mio braccio, facendomi desistere dalla mia intenzione.
E allora ce ne rimaniamo, fuori, così, sulla soglia, spettatori silenziosi di un momento tanto dolce e sentito.
Lucia è seduto sulle ginocchia, appollaiata comodamente sul lettino che l'ospiterà per la notte, le mani giunte davanti a sé e gli occhi lievemente socchiusi, raccolta in un'intima preghiera.
"Gesù Bambino" proferisce in un sussurro, "te lo chiedo per favore, io voglio stare sempre così, voglio stare con Luca e Anita, perché io voglio bene a loro, tantissimo".
Sul suo volto si insinua un sorriso, mentre mi porto una mano alle labbra a soffocare un singulto commosso.
"Io sarò brava, lo prometto, però, ti prego!" aggiunge, con più convinzione.
"Grazie, Gesù Bambino, e proteggi sempre la mia mamma e il mio papà" mormora, dedicando un bacio al cielo.
Incontro lo sguardo di Luca, coinvolto e commosso con me e mi stringo al suo petto, nel momento in cui avverto le sue braccia, dietro di me, sostenermi a sé.

Poco dopo ci facciamo spazio nella stanza, cogliendo la piccola Lucia di sorpresa. Lei, alla nostra vista, già impigiamata e con il fedele Chicco al seguito, si rintana sotto le coperte, esibendosi in una risata dolce e chiassosa.
"E brava la mia piccina" le faccio notare, sedendomi al suo fianco e abbassandomi per solleticarle una guancia. Lucia scuote il capo, sottraendosi divertita al mio tocco.
Luca si sistema accanto a me, sorridendole intenerito.
"Pronta per la nanna?" le domanda in un sussurro.
Lucia annuisce vigorosamente, portando le lenzuola a coprirla fino al mento.
Così, non ci resta che salutarla con un bacio in fronte, augurandole una notte colma di sogni d'oro.
Lucia ci trattiene a sé, mantenendo i nostri volti vicini, e ci dedica un sorrisone, prima di rilasciare un sospiro sereno e sistemarsi su un lato, con le manine giunte sotto a una guancia, pronta per dormire.

Io e Luca abbandoniamo la stanza in punta di piedi, attenti a non intaccare il suo sonno, e ci incamminiamo verso la nostra camera, per prepararci per la notte.
"Hai sentito cosa ha detto? Io non riesco ancora a credere a che bambina dolcissima lei sia".
Incontro lo sguardo di Luca e mi avvicino a lui, giungendo il suo viso tra le mie mani, delicata e carezzevole.
Faccio in modo che la sua fronte si adagi contro la mia, trattenendo a lungo il suo volto tra le mie dita.
"E presto sarà la nostra bambina" mormoro, a fior di labbra, lasciando che sul mio viso si faccia spazio un'espressione intrisa di meraviglia.
Luca sorride, stringendomi a sé, e si abbassa su di me per cogliermi con un bacio tiepido, che ha il sapore dolce.

La porta dietro di noi, scricchiola, portandoci a dividerci e a rivolgere lo sguardo alla piccola Lucia sulla soglia.
Lei se ne sta lì, con Chicco accucciato al petto, e uno sguardo tenero e implorante.
"Lucia?" le domando, muovendomi verso di lei, senza nasconderle un principio di preoccupazione. "Va tutto bene?"
Lei annuisce, stropicciandosi gli occhi. E in cuor mio rilascio un sospiro di sollievo.
"Posso dormire qua... con voi?" chiede, a voce bassa e incerta.
Luca mi raggiunge, sorridendole intenerito.
"Ma certo, tesoro!"
Faccio in modo che le mie mani arrivino a stringerla, accogliendola tra le mie braccia.
E Lucia si sostiene a me, nascondendosi nell'incavo del mio collo, e giocherellando con alcune ciocche dei miei capelli.
Ci sistemiamo a letto, sciogliendoci in una risata incredula e serena, avvolti in un groviglio di corpi e amore e ci addormentiamo così, vicini, vicini, sognando di essere finalmente una famiglia vera.





ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno, miei cari lettori! Come state? Questa volta sono stata davvero velocissima, non trovate? Arrivando a pubblicare un nuovissimo capitolo a distanza di pochi giorni. L'ho scritto, di getto, in breve tempo e non ho resistito alla voglia di farvelo leggere. Come avrete potuto intendere, oramai sia davvero agli sgoccioli, quello che leggerete la prossima volta sarà l'ultimo capitolo prima dell'epilogo. Non siete anche voi, come me, tristi? Eppure, non mi sembra ancora vero! Dopo tanto tempo che scrivo di loro, non riesco a credere io sia arrivata a concludere questa storia. Ma ve lo devo dire, è anche soprattutto grazie a voi e al sostegno che mi avete dimostrato nel corso di questi anni.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e oggi lascio le parole completamente a voi. Aspetto con ansia i vostri commenti, e continuo a ringraziarvi per i dolcissimi commenti. GRAZIE, davvero grazie!
A presto, vi abbraccio!

Ps. se dovessi metterci di più per il prossimo, non temete, significa che ho bisogno di tempo per schiarirmi le idee e dedicare ai miei personaggi una conclusione degna di loro.

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Capitolo 72
*** Capitolo 70 ***


Capitolo 70
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Capitolo 70

"La famiglia è un piccolo mondo fatto di amore"

...alcune settimane più tardi

Di sere, come quelle, ce ne furono altre e così tante altre ancora, che ci era difficile pensare e poter distinguere il sogno dalla realtà. Nell'ultimo periodo i momenti che passavamo con Lucia si erano fatti sempre più intensi, portandoci alla consapevolezza che quello che ci univa a lei fosse un legame talmente totalizzante e viscerale che sarebbe stato solo difficile immaginare di scioglierlo. Noi eravamo già diventati una famiglia da tempo, nonostante non ci fosse nessuno contratto scritto a unirci. Ma si sa, certi legami sono così profondi, che non c'è bisogno di nient'altro, quando a unirli c'è l'amore.
Nel momento in cui ci venne comunicato che la nostra richiesta di affidamento fosse stata accolta, fu davvero impossibile trattenere l'emozione. Io e Luca ci ritrovammo a piangere, avvolti in un abbraccio, come bambini, travolti da una felicità inspiegabile. Perché tutto quello per cui avevamo lottato, si stava avverando sotto i nostri occhi, ancora increduli. D'altronde aspettarla era stato come vivere un'attesa, che però ci aveva portati a vivere una realtà adesso conforme alle nostre speranze. Certo, questo rappresentava solo un primo passo verso il raggiungimento del nostro più grande traguardo: l'adozione, ma andava benissimo così, se questo significava portare Lucia a casa con noi, per un tempo indefinito.

E il gran giorno è finalmente arrivato.

Rilascio un sospiro profondo, facendo vagare il mio sguardo lungo le pareti che compongono la stanza che, da stasera, diverrà, a tutti gli effetti, la cameretta di Lucia.
Mi sembra di immaginarla davanti ai miei occhi, di vederla immersa nei suoi giochi, spensierata e luminosa. È come se io stessa fossi già proiettata in un futuro roseo, che ci vede comportarci come dei veri genitori, prodigarci e preoccuparci per lei, leggerle la favola della buonanotte, coccolarla, amarla...
Per questo momento mi sono assicurata che tutto fosse perfetto, che ogni angolo di questa casa fosse pronta ad accoglierla. Io e Luca le abbiamo preparato una piccola sorpresa, invadendo l'ambiente di tanti palloncini di svariate sfumature di rosa; alcuni ricadono giù dal soffitto, posandosi leggiadri sul pavimento e strappandomi un sorriso. Anche se questo è solo un piccolo assaggio di quello che l'aspetta e non vedo davvero l'ora che lei possa scoprirlo.
"È venuta proprio bene, vero?"
Non mi è difficile riconoscere i passi di Luca alle mie spalle, così quando mi volto, faccio in modo che il mio sguardo complice sia tutto per lui. Per lui, per quello che abbiamo creato insieme, per tutto l'amore e la cura che ci abbiamo messo.
Gli pongo la mia mano, osservandolo muoversi, cauto, pur di non intaccare ciò che ci circonda e che aspetta ardemente di ospitare la nostra bambina.
La nostra bambina...modulo queste parole a lungo, e ancora mi stupisco di poterla considerare come tale, ma è semplicemente meraviglioso.
Le sue dita avvolgono le mie, stringendole a sé, con una dolcezza inaudita. La stessa che riversa in ogni suo più piccolo gesto.
Mi rendo conto che nei suoi occhi brilli la stessa consapevolezza che ora alberga nei miei e che non abbiamo bisogno di esprimere a parole. Saremo genitori, in una scelta che ha fondamenta mature e solide, pronti a ricevere il dono più prezioso che la vita potesse donarci.
Mi lascio, a quel punto, avvolgere dalle braccia di Luca, che da sempre rappresentano un porto sicuro per me, e mentre lui fa in modo che le sue labbra si posino in un bacio delicato sulla mia fronte, incomincio a contare le ore che mancano prima di poterla rivedere e sancire l'inizio della nostra nuova vita insieme.

***

La dottoressa Parracciani ci accoglie con un sorriso solare sulla soglia della casa famiglia.
In accordo con lei e la signorina Berardi, che ha dimostrato negli ultimi tempi un atteggiamento quasi arrendevole, che non sapevo potesse addicersi alla sua persona, abbiamo pensato che la nostra presenza qui dovesse essere una sorpresa. La piccola, infatti, è all'oscuro della nostra intenzione, nonostante sia a conoscenza del progetto di vita che intraprenderemo presto con lei.
Sebbene non l'avrei mai detto, tutto quello che sta accadendo è anche grazie a Irene, e al modo in cui abbia preso coscienza lei stessa di quanto questa fosse la soluzione migliore per Lucia. Vero è che, nonostante a parole non l'abbia mai ammesso, sia stata capace con i gesti di farci comprendere fosse finalmente con noi. Questa esperienza, difatti, mi ha insegnato cosa si celi a volte dietro alcuni sguardi, di quanto gli occhi giochino un ruolo fondamentale, comunicando più di quanto si possa pensare. E sicuramente il suo appoggio si è rivelato la vera vittoria.

Io e Luca camminiamo fianco a fianco, avvolti in un silenzio raccolto e rispettoso.
Mi rendo conto che al nostro passaggio, le attività continuino a svolgersi normalmente, come se, il nostro essere qui, non rappresentasse motivo di clamore. Le educatrici ci salutano con discrezione, continuando a dedicarsi ai piccoli ospiti, sostenendoli in qualsiasi loro esigenza.
Mi viene da pensare che davvero questa possa rivelarsi la nostra ultima volta qui e, lasciando che un sorriso speranzoso si insinui sul mio volto, con la mano di Luca a trovare la mia, seguiamo Amelia verso la stanza di Lucia.

La psicologa, accennando a un'espressione che lascia presagire la sua fibrillazione, si fa da parte, dandomi la possibilità di avvicinarmi alla soglia. Quindi, mi sporgo oltre la porta, facendomi spettatrice silenziosa della scena.
Non mi stupisco di trovare la mia piccolina assorta nella lettura di un libro di avventure. Ogni volta che mi fermo a guardare Lucia, mi riscopro a esserne attratta e adesso, in questo preciso attimo, sono sicura che potrei emozionarmi per il solo modo in cui i suoi occhi catturino le parole.
Muovo alcuni passi nella sua direzione, attenta e cauta, lasciandomi Luca alle spalle, che sembra percepire abbia bisogno di un momento in solitudine con lei.
"Ehi..."le sorrido, arrivandole di fianco e cogliendola, come speravo, di sorpresa.
La piccola rialza il suo sguardo alla mia vista, e i suoi occhi, infatti, si spalancano, donandole un'aria stupita ed entusiasta.
Richiude il libro sulle sue ginocchia di scatto, facendolo ricadere abbandonato accanto a sé, per rimettersi in piedi velocemente e corrermi incontro.
Quando mi stringe nel suo abbraccio, mi rendo conto che non mi abituerò mai a tutto questo. Accoglierò, ogni volta, il suo affetto e la cura nei miei confronti, come se fosse sempre la prima, stupendomi di quanto amore sia in grado di dare.
D'altronde, Lucia mi ha insegnato cosa significhi davvero amare in una forma disinteressata e generosa e credo che non smetterò mai di dirle grazie abbastanza per quello che mi ha trasmesso e donato.
"Sei pronta?" le domando, dedicandole un sorriso complice, mentre scendo ad accarezzarle i capelli con cura, sistemandole alcuni ciuffi scomposti dietro le orecchie.
Lucia posa i suoi occhi vispi e luminosi su di me, simulando un'espressione curiosa e decisamente tenera.
"Per andare dove?"proferisce, corruggando la fronte e le labbra in un broncio dubbioso.
Mi abbasso alla sua altezza, e mi è inevitabile tornare indietro nel tempo, a quel giorno triste e terribile in cui fu portata via dall'ospedale. Ma oggi so benissimo cosa risponderle, perché nonostante sia passato tanto tempo da allora, io non ho mai smesso di aspettare e di sperare per questo, affinché il desiderio di Lucia si avverasse.
E lei deve percepirlo dallo scintillio che attraversa il suo sguardo.
"Mi porti via con te, vero?" chiede speranzosa, con le sue mani che risalgono il mio viso, per posarsi sulle mie guance in una carezza delicata, alla continua ricerca di conferme.
Sebbene l'emozione arrivi a cogliermi senza che io me lo aspetti, annuisco, facendo in modo che il mio riso gioioso sia tutto per lei.
E quindi, nonostante, non riesca a replicarle a parole cosa provi, lascio che a farlo per me siano i miei occhi, che non riescono a smettere di guardarla come se fosse la cosa più bella e preziosa.

Nell'istante cui Lucia porta le manine a coprirsi le labbra, incredula davanti alle mie parole, Luca entra silenziosamente nella stanza, quasi avesse paura di intaccare il nostro momento.
Si muove verso di noi, piano, a piccoli passi, destando ben presto l'attenzione della piccola al mio fianco.
"Sì" le concede poi in un sorriso commosso, avvicinandosi per accoglierci entrambe a sé e dedicarci uno sguardo complice e premuroso. "Ti portiamo via con noi".

E lì, in un groviglio di corpi che assomiglia vagamente a un abbraccio, ma che trasuda di amore e tenerezza, mi viene da pensare che non sarò mai preparata nemmeno per questo, per il modo così speciale in cui ognuno di noi sembri trovare il proprio posto accanto all'altro.
Ma del resto, la famiglia è questo, è il posto dove ognuno ritrova se stesso e l'altro, in un grande cuore che accoglie e dona amore.

La voce di Lucia si leva timida ed emozionata, con gli occhi che luccicano di lacrime di gioia che stenta a trattenere.
"Ma, davvero, davvero?" pronuncia esitante, con la speranza ad albergare nel suo sguardo.
Avvicino la mia mano alla sua, facendo in modo che le sue dita collidano con le mie e annuisco.
"Davvero, davvero" le replico, in un mormorio sommesso, come se fosse qualcosa di intimo e prezioso da condividere con lei soltanto.

Luci, a quel punto, fa scivolare una lacrima dai suoi occhi, lasciandola libera di palesarsi e luccicare sulla sua pelle chiara. Poi abbassa lo sguardo come a nascondersi dai nostri occhi che non hanno smesso un attimo di scrutarla e si porta una mano a coprirsi il volto, a mostrare una commozione intima e raccolta.
Così, io e Luca l'accogliamo ancora tra le nostre braccia, dandole modo di dar sfogo alle sue emozioni. E nel momento in cui faccio in modo che la mia fronte si adagi alla sua, giocando a far sfregare il mio naso con il suo, mi viene da pensare che provi una profonda ammirazione per questa piccola donna che non ha nessuna remura nel mostrarsi in ogni sua più profonda sfumatura.
La cullo a me, condividendo con lei un sorriso tiepido e complice. Luca ci osserva entrambe, con i suoi occhi che non riescono a celare stupore davanti alla nostra immagine così nitida e complice, e si abbassa per lasciare un bacio tra i capelli di Lucia, senza far mancare a entrambe il suo sostegno.
Allora, lei rialza lo sguardo, inchiodandoci con i suoi occhi velati dalle lacrime ma che risplendono di luce propria.
Mi incanto a guardarli, tanto sono belli; è come se io riuscissi a scorgervi tutto un mondo. Un mondo che io e Luca non vediamo l'ora di viverci a pieno.
"Ma quindi, sarete la mia mamma e il mio papà?" domanda, poi, con un placido e ingenuo sorriso ad affiorare sulle sue labbra.
Basta scambiarsi uno sguardo con Luca per decidere cosa sia giusto risponderle. E non c'è nemmeno bisogno di annuire perché Lucia comprende da sé e prima che me ne possa rendere conto è lì, a muoversi leggiadra e luminosa, saltellandoci attorno per manifestare la sua gioia, inglobandoci in una bolla che sa di meraviglia e spensieratezza.
Non possiamo fare a meno di guardarci intorno per seguirla, lasciandoci andare a una piccola risata e osservandola con occhi che non riescono più fare a meno di lei.
Poi la piccola torna da noi, pronta a ricongiungersi alle nostre braccia che non aspettavano altro che vederla tornare e professa un grazie accorato e sussurrato, ma dietro il quale si cela un significato profondo.
Una lacrima sfugge al mio controllo, e me la stringo forte al petto, lì accanto al mio cuore che batte per lei e con lei, grata all'idea di sentirmi finalmente sua mamma per davvero.

Grazie a te, Luci, per i nostri momenti e i nostri discorsi, che hanno il sapore dolce, come sai essere solo tu...

***

Lucia brilla di stupore ed eccitazione e, sebbene il momento dei saluti si riveli spesso malinconico e triste, lei smania all'idea di andare via, di assaporare la sua libertà, per professare il suo segno di appartenenza a una famiglia, la nostra.
I suoi compagni l'accompagnano con lo sguardo, con gli occhi infelici di chi vede qualcuno andare via e spera ancora che lo stesso destino possa accadere anche a sé.
Io li scruto, a lungo, silenziosa osservatrice, e mi rendo conto che ognuno di questi bambini con il proprio vissuto, il proprio bisogno di affetto e attenzioni, meriti di vivere una storia a lieto fine come quella di Lucia.

La nostra piccolina saluta tutti, nessuno escluso, scivolando tra di loro aggraziata, e palesando il suo entusiasmo.
Solo in seguito, incontra l'attenzione della piccola Anna, seduta tra i suoi giocchi; il biberon portato alla bocca, che ciuccia con forza.
I suoi occhi scrutano la più grande con un'intensità disarmante, pronunciando tutta la sua confusione davanti alla situazione.
Lucia le sorride, abbassandosi alla sua altezza e le accarezza il viso, delicata.
Anna, ignara, deve però percepire ci sia un sentore di addio nell'aria perché, poco dopo, si apre in un pianto disperato e chiassoso, facendo ricadere il ciuccio a terra, in un tonfo sordo. Non mi è difficile pensare si tratti della paura del distacco, così come è inevitabile non percepire quanto la piccola si sia affezionata a Luci. Riconosco un legame tra di loro, che va al di là dei gesti misurati e degli sguardi complici. Ma non avevo dubbi che la mia Lucia potesse guadagnarsi l'affetto della piccola. Lei, con la sua delicatezza e il suo unico modo di essere, riesce a guadagnarsi un posto nel cuore di tutti e Anna, con un burrascoso passato alle spalle, è stata in grado di ritrovare in lei quel buono, quella meraviglia, che per tanto tempo le è stata sottratta.
Luci le dedica uno sguardo intenerito, abbassandosi per stringerla a sé e massaggiarle la schiena a mo' di conforto. Percepisco dai suoi occhi intristiti che anche lei faccia fatica a vederla così, e sebbene il loro gesto susciti commozione in ognuno di noi, è arrivata però l'ora di andare, e prolungare questo momento renderà il saluto ancora più doloroso.
Ci pensa una delle due educatrici presenti a prendersi cura della più piccola, facendo in modo che si distacchi, di malavoglia, dalle braccia di Lucia, per portarsela al petto, e cullarla allo scopo di rassicurarla. A niente serve che Luci la ricerchi ancora con lo sguardo, sussurrandole parole dolci e confortanti: Anna è ormai sorda a qualsiasi tipo di contatto con lei, come se si sentisse tradita.

Mi porto una mano al cuore, rammaricata dalla scena, così mi avvicino alla mia bambina, offrendole il mio conforto, percependo abbia anche lei bisogno di sentirsi tranquillizzare.
Lucia cerca il mio sguardo, mordicchiandosi il labbro, triste. Sembra che tutto il suo entusiasmo sia scomparso, quasi come se avvertisse che essere felice sia irrispettoso nei confronti di Anna.

Amelia e Irene si avvicinano, mentre l'educatrice Elena si allontana, portando con sé la più piccolina, nel tentativo di calmarla e ci esortano a lasciare la casa famiglia.
Prima di andare, però, la psicologa si abbassa all'altezza di Lucia, donandole un sorriso rassicurante. "Starà bene, non preoccuparti. E poi, quando vorrai, potrai venirla a trovare, ok?" proferisce, tentando di placare la sua agitazione.
Lucia cerca il nostro consenso, come se avesse bisogno di trovare conferma solo nel nostro sguardo riguardo alla veridicità delle sue parole, poi annuisce, più serena.
"Va bene" ammette, dondolandosi sul posto.
Amelia le accarezza una spalla, a mo' di incoraggiamento, rimanendo con gli occhi a lungo sulla sua figura, come se stesse faticando a parlare."Mi raccomando, fa' la brava e comportati bene, anche se non ho dubbi tu sia una bambina speciale", le concede in un moto di orgoglio, con la voce distorta dall'emozione.
Luci abbassa lo sguardo, professandosi intimidita e lusingata dal suo commento, poi acconsente vigorosamente, ritrovando ogni traccia del suo entusiasmo.
Mi ritrovo a nutrirmi del sorriso che le riaffiora in volto, donandole una luminosità disarmante.

Non mi è difficile notare che sui visi di Irene e della dottoressa Parracciani si faccia spazio una malinconia dovuta alla consapevolezza sia davvero arrivato il momento di andare. E non sono sicura l'avrei mai detto, ma sono certa che quello scintillio negli occhi della Berardi sia dovuto alla commozione che sta provando.

"Prima di andare via, me lo dai un abbraccio?" Amelia arriccia le labbra in un broncio infantile, unendo le mani davanti a sé, a mo' di supplica.
Lucia porta una manina a coprirsi la boccuccia, nascondendo una risata breve e divertita, poi, prima che la psicologa possa ripetersi, corre a rifugiarsi nelle sue braccia, le stesse che spesso lei ha rifiutato, ma che non hanno mai mancato di offrirle conforto quando ne ha avuto più bisogno. E, sebbene Luci non riesca a replicare a parole, nel suo abbraccio, nel modo in cui le sue dita si stringano attorno alla schiena di Amelia, è intrisa tutta la sua gratitudine.
La stessa che proviamo anche io e il mio fidanzato per averci permesso di arrivare a tutto questo.
Io le guardo, mentre mi accocolo a Luca, che mi accoglie contro il suo petto, mostrandomi il suo sostegno, e mi rendo conto che questa giornata stia portando con sé momenti che non dimenticheremo facilmente. Ogni singolo istante di questo giorno, infatti, sarà impresso per sempre nel nostro cuore.

Così, nel frattempo in cui anche Irene distoglie lo sguardo, nascondendo una lacrima ai nostri occhi, e Amelia esorta Lucia a ricongiungersi con noi, lei si volta un'ultima volta indietro, incontrando i suoi compagni che le fanno ciao ciao con la mano.
Si premura di ricambiare presto il gesto, lasciando vagare un'ultima volta i suoi occhi lungo le pareti di questo posto che per anni l'hanno accolta, l'hanno vista crescere, spesso star male e soffrire, ma anche essere felice e trovare la propria strada.
Poi, rilascia un sospiro e ci porge le sue manine affinché le stringiamo.

"Sei pronta?" le domando, a conferma, abbassandomi per pizzicarle giocosamente la punta del naso.
Lei mi dedica un gran sorriso, acconsentendo con il capo.
"Sono pronta" ammette, di getto.
E nell'istante in cui la porta dell'appartamento si richiude dietro di noi, lasciandoci liberi di trarre un respiro colmo di sollievo e soddisfazione, ognuno di noi smania a ricercare lo sguardo dell'altro, con gli occhi che riescono a parlarsi meglio di quanto possano farlo adesso le parole.

Oh, mia piccola Lucia, adesso è davvero arrivato il momento di spiccare il volo verso la nostra nuova vita.

***


Sebbene abbiamo sempre lasciato che fosse Lucia a decidere la metà delle nostre destinazioni, oggi ho programmato il nostro giorno nei minimi dettagli, affinché sia indimenticabile e perfetto.
L'arrivo della bella stagione ci permette di goderci una giornata all'aperto, riscaldati dalla tiepida calura di inizio Giugno e cullati dallo scrosciare delle onde del mare che si infrangono sul bagnasciuga.
Ritornare in questo posto che ha sancito il nostro appuntamento e l'inizio della nostra storia d'amore è un po' come rimarcare la promessa che ci siamo fatti e portare qui Lucia con noi è decisamente significativo e profondo.
Ed eccoci qui, dopo un breve ma intenso tragitto in automobile che io e la mia piccolina abbiamo trascorso canticchiando e mimendo sbuffe espressioni che ci hanno portato a ridere a crepapelle, facendoci sentire immensamente fortunate e spensierate.

"Wow!" Lucia conduce le manine a coprire le labbra spalancate in una O che palesa tutto il suo stupore. "Il mare, il mare!" aggiunge, esibendosi in uno strepitio di gioia, e muovendosi velocemente verso la balaustra che delimita la vista panoramica.
"Luci, fa attenzione!" si raccomanda con lei Luca, standole dietro e senza perderla d'occhio un istante.
Ma lei non sembra curarsi del suo rimprovero bonario, troppo presa dalla sua foga di raggiungere la riva.
Allora, sebbene lei si muovi velocemente, sfuggendoci leggiadra, non possiamo che sentirci immensamente grati di vederla tanto emozionata, con quel luccichio a farle brillare gli occhi.
"Venite, dai!" ci esorta, voltandosi per dedicarci un sorriso.
Luca mi porge la sua mano, affinché l'afferri e, mentre insieme percorriamo il pontile di legno che conduce alla spiaggia, ci perdiamo nei ricordi che questo posto ci ha donato, pronti ad aggiungerne dei nuovi, in compagnia della nostra bambina.

Lucia saltella, girandosi intorno curiosa, come se per lei fosse tutto una novità, e lo è anche per noi, che ci prepariamo a vivere di nuovi istanti che contemplino finalmente anche lei.
Poi non appena si accorge che l'abbiamo raggiunta, procede di corsa verso me e Luca, arrivandoci di fianco, con un'espressione di meraviglia, quasi estasiata.
"È bellissimo tutto questo!" ammette, spalancando le braccia per indicare ciò che ci circonda e fare un giro su stessa.
E mi viene da pensare che sia proprio vero: la tranquillità di questo posto, ancora spoglio di turisti e bagnanti, il rilassante scrosciare del mare, eppure lei rimane ancora il motivo più importante, quello fondamentale, che gli dona un'aria speciale.
Luca si inginocchia alla sua altezza, pizzicandole i fianchi in maniera giocosa. "E non hai ancora vista nulla!" le rivela, divertito.
La piccola soffoca un gridolino di sorpresa al suo tocco, aprendosi in una risata chiassosa e scappandogli dalle mani per fuggire verso la riva.
"Piccola pestifera, torna qui!" Luca prontamente le corre dietro, spingendosi al suo inseguimento. Lei si volta, ancora, ma solo per scimmiottarlo e aprirsi in una linguaccia in segno di sfida.

Non riesco a trattenere una risata: è proprio un'adorabile dispettosa.

"Voglio fare il bagno!" proferisce, lasciando immergere i piedi in acqua e saltellando all'indietro, non appena rabbrividisce al contatto.

Luca arriva immediatamente dietro di lei, sorprendendola scherzosamente alle spalle. Lucia trattiene un finto lamento per lo spavento, poi quando lui l'afferra, scalcia, dimenandosi tra le sue braccia, e nascondendo il suo divertimento in un broncio tenero.
Allora lui si arrende, facendola scivolare giù, affinché i suoi piedi tocchino di nuovo sabbia e lei, dedicandogli un sorrisetto che lascia presagire il segno di un dispetto, immerge le dita in mare e fa in modo che un getto d'acqua lo colpisca, bagnandogli con alcuni schizzi la maglietta e il volto.
Sul volto di Luca si insinua un'espressione seriamente colpita e allibita davanti al suo affronto.
"Vuoi la guerra, eh, piccoletta?" le fa notare, assottigliando lo sguardo per mostrarsi indispettito.
Lucia soffoca una risata divertita, mordicchiandosi le labbra, e ripete il gesto, ignara di ciò che esso potrebbe scatenare. Così non appena li vedo cominciare a giocare a rincorrersi, mettendo in atto una battaglia di schizzi, mi rendo conto che insieme siano proprio belli.

La piccola sfugge dalla sue braccia, ma ridendo sonoramente e spensierata, tanto divertita dalle sue intenzioni, e Luca la segue in tondo, dilettandosi a prenderla e far finta di lasciarsela scappare. Mi accorgo che vesta seriamente i panni di suo fedele compagno di giochi, come un vero papà saprebbe fare.
Allora faccio in modo che i miei occhi si posino su di loro, e mi viene da pensare che potrei davvero prosciugare la loro immagine a furia di guardarli, ma la solo visione mi provoca un tumultìo in petto, lì dove il mio cuore scalpita colmo di un amore profondo per Luca e Lucia.
Ho sognato per tanto tempo questo giorno, immaginando che lui potesse davvero essere un papà per lei e, adesso, adesso sono proprio felice.

A quel punto mi avvicino, cauta, quasi avessi timore di far scoppiare la bolla di complicità in cui sono racchiusi e raggiungo la riva per fare in modo di godermi ogni istante di questa loro spontanea spensieratezza.
Lucia rilascia uno strilletto sorpreso, accorgendosi della mia presenza, e facendo voltare anche Luca nella mia direzione. Così alzo una mano verso di lei a mo' di saluto, convinta che il suo gesto sia dovuto all'idea di vedermi avvicinare.
Eppure, entrambi arrivano a stupire me stessa, inglobandomi nel loro gioco, senza che me ne renda nemmeno conto.
Luca e Lucia si scambiano un'occhiata complice e io mi riscopro a ritrovare nei loro sguardi una similarità sconvolgente.
Lo scintillio dei loro occhi sotto il riflesso della luce mi distrae, infatti, dalle reali intenzioni che hanno
Allora, quando, "3,2,1!" strepita Luca a gran voce, come a darle il via, io sono tanto presa dalla mia piccolina che mi osserva con fare furbo, da non accorgermi del getto d'acqua che stia per colpirmi, investendomi in pieno.

Il respiro mi si mozza in gola, a contatto con l'acqua ancora gelida che arriva presto a bagnarmi il vestito.
Abbasso lo sguardo, con le labbra schiuse e una sensazione di sorpresa e freddo a farsi spazio in me, poi faccio in modo che i miei occhi ricadono sui due pestiferi dispettosi coinvolti in una risata a crepapelle.
Non appena si accorgono della mia finta aria arrabbiata, entrambi si lasciano andare a un'espressione preoccupata e mortificata, spaventati all'idea che me la sia presa per davvero.
Eppure, scrutandoli mi rendo conto ancora di più, che non avrei mai pensato la giornata potesse prendere tale piega. Ma Lucia è arrivata a sconvolgere i miei piani, insegnandoci di nuovo quanto l'inaspettato possa rendere alcuni istanti unici e indimenticabili.
A quel punto, lascio andare una risata, genuina, a pieni polmoni, piegandomi su me stessa per la sua intensità, e sebbene all'inizio non comprendano il motivo della mia ilarità, basta poco affinché mi seguino a ruota.

Così, quando poco dopo ci ritroviamo distesi a rotolare sulla sabbia, impastandoci di sabbia e acqua, con gli abiti umidi e gli sguardi felici, mi rendo conto che avrei bisogno sempre di attimi come questi e quando i miei occhi ricercano quelli di Luca, mi riscopro a notare che anche lui stia pensando lo stesso.
Siamo entrambi ebri di amore e ammirazione per questa piccolina che ci ha cambiato l'esistenza.
Lucia ancora ride, muovendo braccia e gambe sulla sabbia a ricreare un angelo. In seguito ruzzola di lato e si accuccia sui nostri petti, tenendoci uniti a sé e abbassandosi per tempestare i nostri visi di bacini.
Le sue labbra si posano sulle nostre fronti, sulle guance, e poi sul mento, ripetutamente, seguendo un percorso nella sua mente e facendoci sorridere sotto il suo tocco delicato.
"Vi voglio così bene" confessa, nascondendosi nell'incavo delle nostre spalle unite. "Non potevo desiderare mamma e papà migliori".
Mi sciolgo in un sorriso che fa trapelare tutto il mio coinvolgimento emotivo davanti alle sue parole.
Perché quello che provo per lei è inspiegabile, lo è sempre stato, e non sono sicura tutt'ora riuscirei a esprimerlo a parole. Ma adesso ha assunto un significato ancora più profondo, vero.
Lei ritrova i nostri sguardi che non riescono a celare la propria commozione e ci sorride, prima che cada vittima delle nostri mani che corrono a farle il solletico.
"E noi siamo immensamente fortunati ad avere te..."le rivelo, a bassa voce, fronte e fronte, mentre lei, sotto il nostro tocco, ride, ride come se non ne avesse mai abbastanza e io e Luca ci nutriamo della sua felicità.

***

Nel pomeriggio l'aria si è fatta meno calda, con una leggera brezza a rinfrescarla, la spiaggia si è affollata di alcuni bagnanti che si sono concessi un pomeriggio al mare dopo il lavoro o la scuola.
I nostri abiti sono stati sostituiti dai costumi riposti nella borsa, abbiamo fatto il bagno, giocato a costruire castelli di sabbia che la forza dell'acqua ha portato via, e poi gustato il pranzo a sacco da me precedentemente preparato.

È stato davvero divertente potermi beare delle espressioni di Lucia mentre si concedeva di divorare con gusto il suo toast al prosciutto, quasi come se non ne fosse mai stata sazia, o l'avesse mangiato per la prima volta. Ma lei è così, riesce a rendere una piccola azione quotidiana come fosse la più preziosa che abbia mai vissuto.

E non riesco a fare a meno di notare quanto sia lei che Luca siano a loro agio e affiatati mentre a riva mi preparano una sorpresa. Mi è stato assolutamente vietato avvicinarmi, così me ne sto qui buona buona a vederli consultarsi e dedicarsi sguardi complici. Poco prima si sono entrambi allontanati risalendo su verso l'automobile di Luca, facendomi voltare insospettita.
Allora ho chiesto dove stessero andando e lui mi ha riferito di aver dimenticato una cosa in macchina. Lucia accanto a lui annuiva, seguendolo colma di iniziativa, come se fosse eccitata all'idea di quello che sarebbe accaduto da lì a breve.
Ho alzato le spalle, vedendoli andare via, e non ho smesso di stranirmi nemmeno quando dopo poco hanno fatto ritorno dedicandomi degli innocenti sorrisi quasi fossero stati colti in flagrante.

Rilascio un sospiro, quando vedo Lucia muoversi verso di me, con un sorriso che porta il sentore dell'aspettativa.
"Vieni a vedere" mi esorta, tendendomi la sua mano, facendo in modo che mi rimetta in piedi.
Annuisco, ancora frastornata dalla sua eccitazione, ma Luca ci arriva a fianco, dedicandoci un'occhiata contrariata.
"Devi chiudere gli occhi" mi fa notare, inarcando le labbra in un sorriso furbo. "Altrimenti che sorpresa è?"
"Già!" Lucia si batte una mano in fronte, come se si sentisse colpevole per averlo dimenticato e mi sprona poi con lo sguardo ad acconsentire alla loro richiesta.
Scuoto il capo, accennando a una breve risata, e socchiudo gli occhi, lasciando che siano Luca e Lucia a guidarmi verso la riva.
Avverto la sabbia solleticarmi i piedi e la leggera brezza posarsi in una carezza sul mio viso. Mi sento elettrizzata.

"Posso?"domando a conferma, quando mi rendo conto che ci siamo fermati.
Avverto il respiro di Luca planare sul mio collo e il suo voler soffocare un riso divertito contro la mia pelle che mi provoca un brivido lungo la schiena.
"Puoi aprire gli occhi!" proferisce Lucia esibendosi in un trillo gioioso. E io lo faccio.
Dedico a entrambi un' espressione un po' confusa, ma presto abbasso gli occhi ai miei piedi, lì dove entrambi hanno scolpito un castello di sabbia come uno di quelli che si vedono nei film. Ne hanno adornato le pareti con delle conchiglie raccolte sulla spiaggia, riproducendone ogni particolare nei più piccoli dettagli. È così bello che sarebbe un peccato se la corrente lo portasse via con sé.
Mi è impossibile placare il sorriso che si insinua sul mio viso.
"È stupendo, davvero" ammetto, con l'emozione a irradiarsi nel mio petto.
"È per te" pronuncia Lucia, dondolandosi sul posto, timidamente. "Come quello delle principesse".
"Oh, ma grazie tesoro"le replico, abbassandomi sulle ginocchia e facendole intendere di avvicinarsi.
Lucia muove alcuni passi, arrivandomi di fianco. Le accarezzo con delicatezza le guance, dimostrandole quanto le sia grata di questo gesto, piccolo ma speciale, e lei accoglie le mie attenzioni, socchiudendo gli occhi sotto il mio tocco.
"Ti piace? L'ho fatto tutto io" precisa, dedicandomi poi un'espressione orgogliosa a cui rispondo con un accenno di sorriso, intenerita.
Luca ci tiene a ribattere, portando un pugno chiuso alle labbra a simulare un colpo di tosse."Beh, con il mio aiuto, sì".
Ma alla vista della sua occhiata torva è costretto a ritrattare, aprendosi in un sospiro arreso. "Ha fatto tutto da sola" proferisce alla fine, portando le mani in alto davanti a sé, e facendola quindi gongolare colma di soddisfazione.

Il comportamente di Lucia ci porta a scioglierci in una risata che ha il sapore dolce come solo lei sa essere.

"Anche tu sei una principessa" sussurra, poi, come se fosse un segreto da condividere solo con me, nascosta contro il mio petto, "e Luca è il tuo principe".
Le sue parole mi provocano uno sfarfallio in petto, perché lei è così dolce e tenera che non vorrei mai smetterla di tenerla stretta a me. Abbasso lo sguardo per incrociare il suo e lasciarle un bacio in fronte.
Luca, a quel punto, accanto a noi, si muove agitato sul posto, incontrando ben presto la mia attenzione.
"Ecco, a proposito di questo, c'è una cosa che devi sapere..." mi rivela, in una risata un po' nervosa.
Gli lancio un'occhiata di sbieco, invitandolo a parlare con lo sguardo.
Lui mi fa segno di alzarmi, porgendomi le sue mani per stringerle tra le sue.
Lucia rimane accanto a noi, osservandoci dal basso con un sorriso emozionato ad affiorare sulle sue labbra che lascia trapelare tutta la sua fibrillazione davanti a questo momento.
Non ho idea di cosa stia accadendo, ma sono pronta a godermi ogni istante, per imprimerlo nel cuore e nella mente.
Luca accarezza le mie dita, come se volesse preparare me a quello che sta per dirmi o forse a voler placare se stesso, poi mi sorride prima di cominciare a parlare. La sua tensione è percepibile in ogni suo più piccolo gesto e questo non fa che alimentare la mia curiosità.
"Probabilmente avrei potuto organizzare qualcosa di meglio, eppure, quando ci ho pensato, questo è il primo posto che mi è venuto in mente. Qui, dove tutto è iniziato, solo pochi mesi fa, ricordi?"
Mi mordicchio il labbro inferiore, ripercorrendo quei momenti che Luca ha riportato alla mia mente. Mi è davvero strano pensare che solo pochi mesi fa su questa stessa spiaggia, riflessi sotto la luce della Luna, Luca mi abbia chiesto di essere la sua fidanzata e adesso, adesso rieccoci. Rieccoci con una storia alle spalle breve ma che ci appare tanto intensa, sicuramente una maturità e una presa di coscienza diversa, e il dono più prezioso che potessimo chiedere al nostro fianco.
"Sì..."mormoro in un filo di voce.
Lui annuisce, afferrando le mie mani in una presa più salda e sicura.
"Sai, mi ero preparato anche tutto un discorso, ma la verità è che non mi ricordo più niente di tutto ciò che avevo pensato" mi confessa, in un'alzata di spalle che palesa il suo imbarazzo.
Sia io che Lucia ci lasciamo andare a una risata dedita a stemperare la sua tensione.
In seguito, la piccolina dal basso della sua posizione lo incita a continuare, dedicandogli il suo incoraggiamento.
Così lui riprende.
Ancora una volta mi stupisco del modo così delicato che abbiano di comunicare tra loro.
"Allora...partirò dicendoti quanto io mi senta fortunato all'idea di averti incontrata di nuovo..."
Scuoto il capo, facendo in modo che il mio sorriso ammorbidito sia tutto per lui.
"Sono io a sentirmi fortunata, Luca..." gli confesso, accorata.
Lui nega, accarezzando le nocche delle mie mani. "Tu mi hai aperto gli occhi su molte cose, Anita. Probabilmente, se un anno fa mi avessero detto che sarei stato così felice, un giorno, non ci avrei creduto, eppure." Quanta verità è intrisa nelle sue parole, perché se lo avessero detto anche a me, io stessa avrei stentato a prenderlo per vero. "Eppure, adesso mi sento tanto grato per te e per la nostra piccola Lucia" ammette, abbassandosi per concederle uno sguardo orgoglioso a cui la piccola risponde con un sorriso lusinghiero.
"Per te e per lei che siete state in grado di insegnarmi cosa significhi amarsi e volersi bene senza per forza aver bisogno di condividere lo stesso sangue. Per voi che sapete essere immensamente speciali e preziose nella vostra unicità. Al vostro fianco ho assaporato, in questo periodo, cosa significhi la vera felicità, e se c'è una cosa di cui sono sicuro è che voglio te, e Lucia, con la nostra piccola famiglia..." Luca prende una pausa, come se gli fosse difficile continuare, e io mi permetto di carezzargli una guancia, dimostrandogli la mia vicinanza e aiutandolo a proseguire. Perché la sua emozione è tangibile, mi sembra di poterla toccare con mano e credo che non ci sia niente di più bello. Lui socchiude gli occhi sotto il mio tocco, portando le sue dita a intrecciarsi con le mie, poi continua. "Voglio essere un supporto per voi due, sostenervi quando ne avrete bisogno, amarvi come più meritate. Ecco, sì, desidero questo e molto altro. E sai, non posso assicurarti sarà sempre facile, ma ti prometto che mi impegnerò, affinché io sia un buon compagno per te, e un padre presente per Luci. " la sua voce assume un tono più fioco, distorto dalla commozione.
A quel punto, senza mai interrompere il contatto visivo, si inginocchia ai miei piedi e io mi porto una mano alle labbra a contenere l'emozione da cui sento invadermi. Avverto un tremolio estendersi per tutto il corpo. Non sta succedendo davvero, non può essere... Oh.Mio.Dio!
Estrae una scatolina blu di velluto dalla tasca posteriore del pantalone, permettendomi di godere della vista del solitario che essa celava. Osservo a lungo quell'anello fine, costellato di swaroski che risplendono, scintillando di luce propria, mentre Lucia spalancando le labbra a formare una O, batte le mani, esibendosi in un strepitio esterrefatto.
"Anita..."mi sorride lui, in modo complice.
"Sì..."lo sprono a proseguire.
Luca nasconde la sua agitazione dietro un respiro profondo.
"Anita" ripete poi, lasciando che mi perda nei suoi occhi dove alberga lo stesso coinvolgimento emotivo che pervade i miei.
"Vuoi...vuoi diventare mia moglie?" mi domanda, infine, con un sorriso speranzoso a insinuarsi sulle sue labbra.
Faccio in modo che la mia espressione sorpresa sia tutta per lui e per il modo così carezzevole  con cui sia riuscito a stupirmi. Perché da questa giornata tutto mi aspettavo, tranne che potesse volgere in un tale epilogo. Ma si sa, a volte non c'è bisogno di tanti fronzoli, perchè la bellezza è custodita nelle più piccole cose. E adesso è davvero tutto perfetto con l'acqua del mare a bagnarci i piedi, il suono delle onde a cullarci in una nenia dolce, una leggera brezza ad accarezzarci i visi, il cielo a tingersi di un rosso intenso, la presenza di Lucia qui con noi. Senza farlo a posta, Luca è riuscito a ricreare un'atmosfera che ha del magico romanticismo.

Allora mi porto entrambi le mani al volto, a coprire alcune lacrime che reclamano per mostrarsi e mi mordo le labbra a trattenere un singulto. Sento il cuore esibirsi in un tumulto sommesso nel petto, e continuare a battere forte, incessantemente, pieno di amore ed emozione.
Abbasso gli occhi alla mia piccola Lucia che mi dedica uno dei suoi sorrisi, che ora mi appare come il più bello che abbia mai visto. Ora comprende il perché dei loro complici e silenziosi sguardi.
"Dì di sì!" mi supplica, unendo le mani davanti a sé, a mo' di preghiera.
Le accarezzo il capo con dolcezza, dedicandole un breve riso commosso e volto il mio sguardo su Luca che ancora attende la mia risposta.
"Sì!"pronuncio, allora, giungendo il suo viso tra le mie mani. Carezzo le sue guance con una devozione inaudita, specchiandomi nei suoi occhi. "Sì e ancora sì!" gli sussurro a un passo dalle labbra.
"Ha detto sì!" trilla Luci, dedicandoci uno sguardo incredulo ed esterrefatto e incontrando la curiosità dei presenti che si sono sporsi per godersi la scena.
"Ha detto sì..." le replica Luca, in un mormorio sommesso ma che lascia trapelare la sua emozione.
Poi la sua attenzione ricade di nuovo su di me.
"Hai detto sì!"pronuncia, a bassa voce, come se lui stesso stentasse a crederci, portando le sue dita sulle mie.
E lì, fronte contro fronte, cuore a cuore, lascio andare le mie lacrime, che scendono giù a bruciarmi la pelle.
Lo bacio a fior di labbra, piano, mischiando il suo sapore alle lacrime che mi bagnano il viso, e Luca con mani che tremulano e cercano le mie, si premura di farmi indossare quell'anello che sembra pensato appositamente per me.
"Rispecchia la tua personalità" mi confessa, facendolo scivolare lungo il mio anulare. "Semplice ma con un effetto disarmante".
Gli cingo il collo con le braccia, soffocando un'emozione estrema e mentre Lucia si insinua tra i noi corpi a reclamare la nostra attenzione, Luca fa in modo che si arrampichi lungo il suo corpo e si posi sulle sue spalle. La piccola ci dedica uno sguardo fiero, e si aggrappa al collo di Luca, scrutandoci dall'alto della sua posizione.
Luca torna a baciarmi, mordicchiandomi il labbro per reclamare una vicinanza ulteriore, portandomi in balia di un sentimento capace di toglierci il fiato. Poi mi accoccolo a lui, contro il suo petto che sembra fatto per accogliermi, nascondendomi allo scroscio di applausi che si leva attorno a noi, e faccio in modo che il mio sguardo adorante sia tutto per lui, per loro due che mi hanno rubato il cuore. Perché, con delicatezza, in punta di piedi, entrambi sono riusciti a farsi spazio nella mia vita e insegnarmi una forma diversa di amore. Mentre con Lucia, infatti, ho appurato cosa significhi potersi sentire mamma, con Luca ho ricominciato ad amare, conoscendo istinto e protezione, e imparando cosa si provi nel ritrovarsi e riconoscersi nell'altra persona.

***

Ci lasciamo la spiaggia alle spalle, quando ormai la sera è calata da poco, camminando mano nella mano, appagati e felici per questa giornata che ha ricordato un inizio ma ne ha sancito dei nuovi. Perché adesso in noi si è fatta spazio la consapevolezza che non solo saremo genitori, ma diventeremo presto marito e moglie.
Il viaggio verso casa procede veloce-perché abbiamo fretta di goderci la nostra casa- ma denso di emozione e fibrillazione.
Nessuno di noi è a conoscenza di quello che ci aspetta di lì a poco, ma siamo pronti a scoprirlo, rimanendo fianco a fianco.
E poi non vedo l'ora che Lucia possa accorgersi con i suoi stessi occhi cosa abbiamo preparato per lei, dediti a darle il giusto benvenuto.
Così, non appena Luca si premura di prendere le chiavi dalla tasca per aprire la serratura della porta e io tengo la piccolina in braccio, cullandola a me, mentre lei giocherella con le dita delle mie mani, mai mi aspetto che il buio che ci avvolge appena entrati in casa, sia spazzato via dalle luci che improvvisamente si riaccendono, mostrandoci tutti i nostri familiari qui riuniti, celati prima dall'oscurità.
"Benvenuta Lucia!" Nell'aria si leva uno scroscio di applausi, giubili di gioia tutti per lei.
Sobbalzo per la sorpresa, mentre Luca richiude la porta dietro di sé, esibendosi in una risata divertita e spensierata.

Dopo il piccolo iniziale spavento, mi permetto di sorridere a ognuno di loro, perché sono proprio tutti qui: le nostre famiglie, i nostri amici con rispettivi fidanzati, Cristina ed Edoardo, sereni e ritrovati, addirittura il dottor Visconti, in fondo, con un sorriso composto, seguito da Maria e Arianna, al suo fianco, esuberanti e colme di eccitazione, e poi ancora, Nicola, Biagio con sua sorella Alessandra, le nostre mamme in prima fila, con i papà accanto, ognuno di loro con una forte emozione in volto. Non manca nessuno, proprio nessuno, e io mi sento così immensamente fortunata della loro presenza, tanto grata che siano qui ad accoglierci, a dimostrare il proprio benvenuto a Lucia.
Questa giornata è davvero speciale e senza che ce ne rendessimo conto, sono arrivati a stupirci, rendendosi complici di una sorpresa che ci ha scaldati il cuore.

In un primo momento, Lucia si nasconde, intimidita, nell'incavo del mio collo, aggrappandosi solerte alle mie braccia.
"Tesoro..."la richiamo in un sussurro. "Sono qui tutti per te, sai? Queste persone che vedi, raccolti in questa stanza, non vedevano l'ora di conoscerti".
Lei allora rialza lo sguardo, mordicchiandosi il labbro e cerca anche l'approvazione di Luca, al nostro fianco, che si premura di assentire con il capo, spronandola a voltarsi. Riesco a notare che chiunque dei presenti aspetti il suo consenso con il fiato sospeso, in cerca di quell'approvazione che Lucia non tarda a dare, rivelandosi ai loro occhi, finalmente, sorridente ed emozionata.

Gli applausi persistono, così quando lei lascia vagare i suoi occhi verso la sala, indicando con stupore i festoni e i palloncini posizionati lungo la stanza, io mi beo della sua espressione estasiata.

Mia madre è la prima, con passo calmo ma deciso, ad avvicinarsi a noi, incontrando la sua attenzione.
Così, armata di un sorriso tenue e commosso, le tende la sua mano affinché la piccola la stringa.
"Ciao, tesoro" la saluta, amorevolmente, "io sono Elisa, la mamma di Anita".

Lucia incontra il mio sguardo con curiosità, scrutandoci a lungo, forse attratta dalla nostra somiglianza, corrucciando poi la fronte in un'espressione dubbiosa.
"Ma quindi tu sei la mia nonna?" domanda, impacciata.
Mia madre incrocia i suoi occhi, rivelandole la forte emotività scaturita dalle sue parole e le annuisce, accarezzandole il capo.

Subito dopo è la piccola Sofia a farsi avanti, accompagnata da Eleonora che la sprona a presentarsi.
Lucia le mostra un particolare interesse, invitandola con lo sguardo a parlare.
Così, la più piccola delle due, con le mani incrociate davanti a sé e i piedi a dondolare sul posto, si scioglie in un sorriso timido.
"Io sono Sofia" ammette, con la voce che si leva dolce e fioca. "Vuoi giocare con me?"
La più grande accetta di buon grado la sua iniziativa, dedicandole un sorriso smagliante. "Sì!" le replica infatti. E quell' espressione complice che entrambe si scambiano, lascia immaginare le compagne di giochi che presto diventeranno. Ma d'altronde per i bambini basta poco, perché sanno amare e volersi bene senza riserve e malizia alcuna.

A quel punto, mentre Eleonora ne approfitta per stringerci a sé, inglobando nell'abbraccio anche Luca, rimasto un po' frastornato sul posto, Lucia si apre in una fragorosa risata, stupita da tanto clamore nei suoi confronti.

"Sono tanto orgogliosa di voi due" ci mormora sua sorella, tenendoci accanto a sé. "E della famiglia che state creando. Quando vi guardo, io mi permetto di credere ancora nell'amore".

Le sue parole destano la mia commozione, quindi mi riservo di ringraziarla con lo sguardo, perché altrimenti ora non riuscirei a esprimerle i miei sentimenti in un altro modo.

"Okok, bando alle ciance, non credete che non ci siamo accorti di nulla!".
Mi volto in direzione di Sabrina, che è pronta a dedicarci un'espressione di curiosità, riportando l'attenzione viva su di noi. Non posso fare a meno di pensare che la sua esclamazione sia dovuta allo scintillio che si propaga dalla mia mano e che non è sfuggito al suo occhio attento.
"Cos'è quell'anello che porti al dito?" aggiunge, esibendosi con le sopracciglia in un gesto eloquente, trovando ben presto un interesse comune. Nell'aria si leva uno strillo di stupore ed eccitazione. Si rivela molto divertente osservare come siano pronti a fare scommesse e congetture su quello che ci stia accadendo.

Lascio che la mia attenzione ricada su Luca, al mio fianco, pronta a sorridergli colma di amore e gli stringo una mano, con l'intenzione di svelare il nostro segreto. Eppure è Lucia a dar voce ai nostri pensieri, facendo in modo che le sue mani trovino i nostri visi per tenerci uniti accanto a sé.
"Si sposano..."pronuncia, senza distogliere lo sguardo dai nostri. Mi permetto di pensare che quel luccichio che le alberga negli occhi sia per noi, noi soltanto, lei che del nostro amore è stata la prima fervida sostenitrice, nostro collante, elemento che ci ha unito inesorabilmente, la nostra piccola Cupido.
Le sue parole trovano subito il clamore comune dei presenti che non si risparmiano di farci sentire il proprio calore.
"Io l'avevo detto!" Sabrina si esibisce subito in un saltellio ricolmo di gioia e Arianna le si affianca, dandole manforte.
"Devo cominciare seriamente a cercare il mio abito!" trilla, come se fosse qualcosa di vitale importanza.
Così, senza che me ne accorga, un flash ci travolge immortalando il momento, cogliendoci alla sprovvista e mentre, tra risate e abbracci, ognuno di loro ci dimostri il proprio affetto, mi viene da pensare.
Cos'è la vita? Io la definirei come un insieme di istanti, che siano essi tristi o felici, compongono il tuo percorso e le scelte che hai compiuto nel corso, potrebbero arrivare a condizionare il tuo futuro.
La vita è un turbinio di emozioni, che si intercorrono tra di loro. A volte senti di voler cancellare tutto quello che hai passato, il dolore che hai provato, ma la vita non è sempre a colori e tu non riuscirai mai ad apprezzarla fino in fondo senza accettarne la parte negativa e la tristezza.
Nel nostro percorso ne abbiamo passate tante, ma si sa, anche nelle storie più tortuose, si riesce a ritrovare la luce, prima o poi. Lucia è stata la nostra. Si è fatta spazio nelle nostre esistenze con pacatezza, rendendoci persone sicuramente migliori. È grazie a lei che in noi si è fatto spazio un moto coscienzioso, è grazie a lei se adesso siamo qui.
Ora che guardo dove tutto ciò ci ha portati, mi rendo conto che non cambierei per nulla al mondo quello che è stato e lo farei milioni di volte se la ricompensa fosse sempre questa. Una casa, l'amore, una famiglia.
Per noi, oggi, inizia una nuova vita. Noi oggi ricominciamo da qui, da questa casa, dalla nostra piccola ma accogliente famiglia, che sicuramente un giorno si allargherà, pronta ad accogliere nuovi componenti, con l'amore a circondarci. Non so cosa questo possa riservarci, dove il futuro ci porterà, ma sono sicura che accoglieremo ogni istante, ogni momento, felice e triste che sia, guardandoci attorno e ringraziando ogni giorno per quello che ci è stato donato.

ANGOLO AUTRICE:
E dopo due mesi, finalmente, rieccomi qui!!!!!Temo che i fazzoletti non saranno mai abbastanza per contenere il mio fiume di lacrime. L'ultimo capitolo! Non riesco ancora a crederci! Al di là dei risultati che questa storia ha ottenuto, vi confesso che questo è davvero il traguardo più importante. Sudato, sì, per l'impegno fisico ed emotivo che ha richiesto, ma profondamente importante per me e spero anche per voi. Ebbene, sono molto triste, perché lasciare andare questi protagonisti mi risulta non difficile, di più. Mi consola solo sapere che ci aspetta ancora l'epilogo😂Ricominciamo da qui è stata la prima storia originale che ho scritto- ho iniziato con le ff sui One Direction su efp🤗- e Anita è lat prima protagonista a cui sono così particolarmente legata perché, adesso lo posso dire, in lei è intrisa una parte di me; scrivere di lei è stato un po' come mettermi a nudo. Quindi, capirete che non sempre sia stato facile, parlarne è stato come scoprire nuove sfaccettature di me, ho pianto, mi sono arrabbiata, riso e gioito con lei.
Anita è me con i suoi sogni, con il suo amore per quello che fa, con la delicatezza con cui si prende cura degli altri. Anita è me con la mia parte più romantica, quella che non smette di credere nell'amore.
Questo, però, non significa assolutamente che questo romanzo sia autobiografico, alcuni degli avvenimenti di cui parlo si ispirano a persone che mi sono vicine, a qualcosa che io stessa ho vissuto, ma il resto è tutta finzione.
Questa storia, sapete, nasce un giorno di 4 anni fa, e boh, un po' me ne vergogno, ma avevo appena scoperto che la mia cotta adolescenziale del tempo, volesse intraprendere la carriera di medico e anche io avevo un'aspirazione simile e mi sono detta, ma perché non scriverci una storia su? Ho unito a questo la mia passione per la scrittura e il mio amore per i bambini e il risultato è stato questo. 
Di tempo, da allora ne è passato: sono cresciuta, la cotta si è assopita, ho affrontato momenti difficili, altri molto più belli, mi sono trasferita in un'altra città, ho tralasciato per un periodo questa storia ma alla fine sono tornata sempre da lei. E tornare ogni volta è stato come ritrovarsi.

Anita, Luca, e il mio amore, la piccola Lucia, mi hanno accompagnato, e sembra strano da dire ma mi hanno supportato quando io stessa ero decisa a desistere e mi hanno dato la spinta necessaria per continuare. Scrivere di loro è stato terapeutico quando tutto mi appariva andasse male, e adesso che si avvicina il momento di lasciarli andare, li saluto con il cuore in mano, ma allo stesso tempo entusiasta che abbiano trovato la propria strada. 
Quello che, però, mi preme è sapere di essere riuscita a trasmettere ciò che mi ero premurata di rivelare, di arrivare dove mi ero prefissata. Su questo la parola sta a voi, miei adorabili lettori. Mi auguro di avervi fatto sorridere, emozionare se necessario, e spero che questa storia vi abbia trasmesso un messaggio. 
Ebbene sì, perché questa storia ha intriso in sé la forza d'animo, il coraggio, l'amore di una donna, in questo caso Anita, che lotta e non si arrende. Una donna che non ha remure nel mostrarsi nelle sue piccole sfumature, nel bene e nel male, che conserva in sé l'ingenuità e il buon cuore. Anita è Anita proprio perché quando ho pensato a lei, volevo che apparisse vera, umana, con i suoi pregi e difetti. Mi auguro che vi siate potute riconoscere in lei e abbiate iniziato a volerle bene così come ho fatto io. 
E della nostra piccola Lucia, invece? Il suo nome dal significato luce non è assolutamente lasciato al caso, perché lei si è fatta spazio nelle esistenze dei nostri protagnosti e le ha inondate di luminosità. Lucia, oh Lucia, quanto ho amato scrivere di lei. Ammetto che non sempre sia stato facile, la sua storia portava con sé dolore e sofferenza; metà della sua vita passata in casa famiglia, una difficile patologia cardiaca. Eppure Luci non ha mai smesso di lottare, dimostrandoci una forza incredibile, e non si è mai arresa. Non l'ha fatto quando le sue condizioni erano precarie e nemmeno quando la vita l'ha allontanata da Anita e Luca. Lucia, adesso,però, ha conquistato la sua famiglia, e si prepara al lieto fine che il destino ha pensato per lei e i suoi genitori.
Anche Anita e Luca ne hanno passate tante, si sono ritrovati, attratti e allontanati. Eh, sì, ammetto di essere stata molto cattiva con loro ahahah, e confesso di aver odiato io stessa alcuni comportamenti del nostro protagonista maschile, eppure è riuscito a farsi perdonare e a dimostrare che le sue intenzioni con Anita fossero più che buone. E, rullo di tamburiiiii, diventeranno marito e moglie. Ditemi che anche voi avete sognato durante il momento della proposta. Una delle scene che io abbia amato di più scrivere.
Quindi, ognuno ha trovato il suo posto e la sua dimensione e non vi nascondo che per me la storia potrebbe benissimo concludersi qui, eppure ho preparato qualcosina per voi nell'epilogo che non vedo l'ora voi possiate leggereee! Adesso, prima che questo spazio diventi lungo quanto il capitolo stesso, vi lascio, ma vi prometto che torno presto, perché Anita, Luca e Lucia, hanno ancora qualcosa da raccontarvi.
Ma intanto, permettetevi di ringraziarvi sentitamente, dal profondo del mio cuore, per il vostro affetto, il vostro sostegno e la vostra pazienza nell'aspettarmi, sempre. RDQ esiste ed è arrivata fin qui anche GRAZIE A VOI. Quindi, GRAZIE, DAVVERO GRAZIE!

Un abbraccio! <3


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Capitolo 73
*** Epilogo ***


Epilogo
RICOMINCIAMO DA QUI

Epilogo

PIANGOOO!😭 CI RISENTIAMO NELL'ANGOLO AUTRICE PER TUTTI I RINGRAZIAMENTI MA ADESSO LA PAROLA A...

4 anni dopo...

Se un giorno, molto lontano, mi avessero detto che avrei trovato una famiglia, che mi sarei sentita amata così, in un modo così appagante e totalizzante, non ci avrei creduto.
Non avrei mai pensato di tornare a essere felice, non dopo quello che è successo alla mia mamma e il mio papà. Mi capita, ancora, di pensar loro, sarebbe impossibile il contrario, e sono sicura che non smetterò mai di farlo. I miei genitori vivono dentro di me, e sarà così per sempre, ma Luca e Anita mi hanno restituito la voglia di vivere, mi hanno donato la felicità, quella che pensavo fosse andata via per sempre, insieme a loro, nel giorno dell'incidente. 
Mamma Anita e papà Luca, come è bello poterli chiamare finalmente così! E quanto ho dovuto attendere per farlo. Sono diventata Lucia Franzese a tutti gli effetti solo uno anno fa, dopo 3 anni di affidamento, eppure io mi sono sentita loro figlia da subito. 
Una vaga somiglianza con papà, con i nostri occhi verde/azzurro ad accomunarci, hanno fatto in modo che chi non sapesse, non potesse mai immaginare io fossi stata adottata. 
Non potete capire quanto io abbia riso, presentatasi l'occasione, davanti alle loro facce esterrefatte.
Ma, diciamoci la verità, a me non è mai importato di cosa pensassero gli altri, che mi additassero per quella senza genitori o che mi facessero notare non fosse stata mamma Anita a partorirmi. Io ero felice della mia posizione. Da prima che ciò fosse ufficializzato, io li avevo già scelti come la mia famiglia, quindi non avevo niente di cui vergognarmi o di cui essere spaventata.

Abbiamo avviato le pratiche di adozione subito dopo il matrimonio. Anita e Luca si sono sposati due anni fa ed è stato davvero un giorno meraviglioso. La mamma era bellissima stretta nel suo lungo vestito bianco; assomigliava tanto a una principessa, con gli occhi che brillavano e il suo viso raggiante. E papà, il suo principe, era lì all'altare ad aspettarla, e nonostante fosse chiaro stesse trattenendo l'emozione, non mi sono sfuggite le sue lacrime di gioia quando l'ha vista arrivare di fianco a sé. Quella giornata, in cui mi è stato affidato il ruolo di portare le loro fedi, lo ricorderò per sempre come il più grande coronamento del loro amore. Quello stesso amore che io stessa ho visto nascere, crescere e consolidarsi. E adesso più che mai, posso dire che la mia mamma e il mio papà si amano ogni giorno più che mai e io non smetterò di guardarli con gli stessi occhi innamorati, sognando di poter provare lo stesso quando sarò più grande.

***

Oggi è un giorno speciale:il giorno del mio 13°compleanno! Caspita, il tempo passa così veloce, talmente tanto da sentirmi già grande ma mai abbastanza per farmi coccolare dai miei genitori.
Il giorno del mio compleanno è sacro, da quando prima dell'affidamento, l'abbiamo festeggiato per l'ultima volta in casa famiglia, mamma e papà non hanno mai smesso di organizzare tutto nei minimi dettagli affinché questa giornata fosse perfetta. Mamma, poi, a cui piace tenere tutto sotto controllo, ama curare i più piccoli particolari e sono curiosa di vedere cosa abbia pensato per me, questa volta.

Mi alzo, sgambettando e mi avvicino al grande specchio a muro infisso di fronte al mio letto. Adoro la mia camera perché sembra rispecchiare me stessa nelle sue più piccole sfumature. Prima di tutto, è sulle tonalità del rosa e così grande da riuscire a contenere tutto quello che ho sempre avuto in mente per me: una mini biblioteca capiente capace di accogliere i romanzi che mi piace leggere. Rosa e d'amore, per l'appunto! Eh sì, sono una romanticona come la mia mamma!
La mia scrivania a forma di L, accanto a essa, con il pc e quello che mi è necessario per dedicarmi allo studio. Il letto a una piazza e mezzo collaudato per saltarci su e comodissimo per dormire, le mensole sopra di esso con i peluche e i souvenir che mi piace collezionare. E poi la portafinestra che dà sulla città. Nonostante viviamo in pieno centro, adoro poter godere della vista di questo scorcio: il brulicare di automobili e persone, i tramonti che mi piacciono tanto. Sebbene esso abbia anche i suoi lati negativi: traffico e clacson fino a tardi sera, è come se io abbia l'opportunità di sentirmi partecipe di tutta la vitalità che essa trasmette. Posso muovermi e raggiungere i posti che frequento con facilità senza dover per forza richiedere l'aiuto di mamma e papà, e sentirmi autonoma. Forse sarà perché ho vissuto per tanto tempo rinchiusa tra casa famiglia e ospedale, ma assaporare finalmente questo senso di libertà mi piace tantissimo.
Certo, i miei genitori non sono esenti da ansie e preoccupazione. Papà, soprattutto, è un gran gelosone, storce il naso quando io e la mamma parliamo di amore e ragazzi, e non si risparmia di farmi notare con una faccia di finto burbero che quel vestito che indosso non gli piaccia. Eppure, basta un mio sorriso per farlo sciogliere e accogliermi nelle sue braccia che mi fanno sentire tanto sicura e protetta.

Mi sento così fortunata e orgogliosa a far parte della loro famiglia perché loro due non si risparmiano un giorno di dimostrarmi quanto mi vogliano bene e si sentano fortunati ad avermi con loro.

Porto lo sguardo allo specchio che mi restituisce l'immagine di me stessa e lascio che i miei occhi si posino sulla cicatrice al centro del petto. La carezzo con le dita, lambendo il cordone di pelle sotto di essa. Nonostante sia sbiadita e poco visibile, i primi tempi me ne vergognavo. Avevo paura di mostrarla e sentirmi giudicata, come se essere stata operata al cuore fosse qualcosa da celare. Adesso, se è possibile, la mostro con fierezza, perché cavolo sì, io sono viva e quell'operazione mi ha restituito una nuova opportunità. Certo, questo ha comportato non poche complicazioni, qualche iniziale limitazione, il dover prendere medicinali per sempre, ma ogni volta che lo sento battere così forte, il mio cuore, proprio come adesso, io mi sento bene.
Avere un papà che per di più è il tuo medico curante non sempre è d'aiuto, perché nonostante io sia in salute ottima, lui si preoccupa per me in modo quasi morboso e assillante, ma se riesco a vivere una vita normale è soprattutto grazie a lui che non ha smesso di sperare e combattere per me.

Faccio tornare lo sguardo sul mio viso che adesso presenta dei tratti sicuramente più maturi. Mamma dice che sto sbocciando come la più bella delle rose, pura e delicata, e le sue parole mi fanno sempre sorridere perché io ci avverto tantissimo amore. Eppure ha ragione, non si sbaglia, fisicamente sono cambiata, mi sono alzata di alcuni centimetri, mi è pure cresciuto il seno, grazie mille pubertà! Però non ho mai smesso di essere la Lucia bambina, quella che tutti voi avete conosciuto e amato.
Tiro un respiro profondo, sorridendo allo specchio, senza più l'impedimento dell'apparecchio ortodontico che ho portato per due anni e mi sento felice, dannatamente felice.
Così esco dalla stanza, muovendomi a piccoli passi, piano, verso camera di mamma e papà. Voglio dargli il buongiorno a modo mio, come sempre, cogliendoli di sorpresa.
Mi avvicino silenziosa, accostandomi alla porta lasciata socchiusa. Mi rendo conto ben presto che siano già svegli e li scruto con la coda dell'occhio.
Mamma si deve essere svegliata da poco perché ha ancora il segno del cuscino in faccia, eppure è bellissima come sempre, con i suoi lunghi capelli castani e il sorriso dolce. È seduta al centro del letto con un broncio dubbioso stampato in volto e papà è al suo fianco con quell'espressione da un uomo super innamorato che le accarezza la pancia con fare protettivo.

Eh sì, sorpresa! Non ve lo avevo detto, ma la mamma e il papà aspettano un bambino! Capite? Diventerò sorella maggiore! Ancora stento a crederci, ma è meraviglioso.

È quello che anche loro hanno sempre desiderato e sebbene non me lo abbiano mai fatto pesare, perché mamma e papà hanno sempre fatto credere non fosse il momento giusto, so che abbiano voluto aspettare per dedicarsi totalmente a me, come se poi io potessi sentirmi messa sa parte con un figlio che fosse tutto loro. Sciocchezza più assurda non può esistere.

I primi tempi la loro vita è cambiata radicalmente, hanno dovuto rimodularla secondo le mie esigenze, cambiando turni e alternandosi per potermi dedicare le giuste attenzioni. Ma nonostante le frequenti visite degli assistenti sociali, a volte anche piuttosto assillanti, non li ho mai, e dico mai, visti pentiti della propria scelta.

Poi, nove mesi fa la mamma è rimasta incinta. Ricordo ancora il giorno in cui me lo hanno confessato. La mia mammina era così impacciata, papà stringeva le sue mani tra le sue, entrambi inconsapevoli mi stessero per fare il regalo più bello. Si sono rivolti uno sguardo di incoraggiamento, prendendo un respiro profondo prima di confessarmi tutto. Sono scoppiata a piangere dalla gioia e in seguito loro con me. È stato bellissimo.
Ho voluto che il sesso dello scricciolo fosse una sorpresa e loro mi hanno assecondato nella mia richiesta. Per mamma, all'inizio, è stato un po' difficile arredare camera e comprare vestitini di colori neutri, ma alla fine si è convinta fosse più bello così. Ho e abbiamo vissuto questo momento di attesa tutto in concezione del piccolino o della piccolina che arriverà. Ogni sera sogno come possa essere stringerlo a me, raccontargli le favole della buonanotte, come sia condividere le mie cose con qualcun altro. Ho già detto alla mamma che l'aiuterò in tutto e per tutto, cambierò anche i pannolini se è necessario e lei, scrutandomi con un profondo affetto, mi ha accarezzato il capo. Se fosse un sì o no non l'ho mica capito ma credo fosse contenta.
Adesso che manca poco sarebbe davvero fantastico se la mia sorpresa di oggi fosse la sua nascita.

***

Mamma fa incrociare le sue dita con quelle di papà sulla sua panciona e incontra ben presto il suo sguardo. Babbo si abbassa su di lei, accogliendo le sue labbra in un bacio dolcissimo e io mi incanto a guardarli da quanto sono belli.
Tutte le volte che mi soffermo a osservarli, mi immagino un amore come il loro, un uomo che mi ami e si prenda cura di me come papà fa con la mamma. E non vi ho svelato un piccolo segreto. Ma anche io mi sono presa una cotta, una di quelle colossali, che potrebbe davvero fare invidia a quella di mamma da ragazzina innamorata di papà.

Rido al solo pensiero.

Ebbene sì, io, la piccola e tenera Lucia, mi sono presa una cotta per, indovinate chi? Francesco! Il mio amichetto dell'ospedale. Ma non è fantastico? 
Nonostante quando lui è andato via e io sono tornata in casa famiglia ci siamo persi di vista, la vita ha fatto in modo che ci incontrassimo ancora. Il destino delle volte sa essere incredibile. La mia parte più romantica mi ha portato a sognare con la mente, immaginando che io e Franci siamo stati legati per tutto questo tempo da un filo rosso, che nel frattempo si è contorto e aggrovigliato, ma mai spezzato.
Devo sinceramente dire grazie a qualcuno in cielo che mi sta dando tutto questo! Credo che ci sia lo zampino dei miei genitori scomparsi che mi proteggono da lassù...

Mamma mi ha raccontato di come lui un giorno sia venuto in ospedale per avere mie notizie. Fortuna ha voluto che io, all'epoca fossi già a casa da loro e da lì i nostri rapporti si sono riallacciati. Le nostre mamme hanno fatto modo che ci incontrassimo e rivederlo è stato come tornare indietro nel tempo. Un tempo che lui ha reso bello, anche se eravamo in ospedale. Abbiamo scoperto che non avevamo mai smesso di volerci bene e di essere fedeli compagni di giochi. Crescendo, però, mi sono resa conto che quell'affetto che provavo per lui fosse di più. Sento le farfalle nello stomaco, mi tremano le gambe quando lo vedo e mi è vicino, mi agito al solo pensiero di incontrarlo, e ogni volta che mi è accanto, mi considero la persona più felice del mondo. Francesco, poi, che è un anno più grande di me e frequenta già il liceo, con i suoi capelli biondo scuro e gli occhi verdi, è diventato il ragazzo più bello che abbia mai conosciuto e nonostante abbia tante ragazze che gli girano attorno, io spero sempre che gli piaccia anche io come lui piace a me. Insomma, non so se questo si possa considerare amore o infatuazione, ma è una delle sensazioni più belle del mondo e non la cambierei con niente. O forse sì, la nascita di scricciolo.

"Mammina, papino, buongiorno!" lascio che la porta si spalanchi, portando tutta la loro attenzione su di me.
Entrambi sobbalzano per la sorpresa, facendomi sogghignare colma di soddisfazione.

Sono proprio una birbante!

"Tesoro mio" mamma mi accoglie con un sorriso, sporgendo le sue braccia verso di me e io non mi tiro indietro, sgambettando verso di lei.
Mi stringe a sé, avvicinandomi al suo petto, mentre papà mi lascia un bacio tra i capelli. Non sono più una bambina, è vero, ma non rifiuterei mai le attenzioni dei miei genitori.
Poi dedicando un sorriso a entrambi, mi abbasso ad accarezzare la pancia di mamma, scrutandola con un fare incantato.
"Ciao, scricciolo. Non vedo l'ora di conoscerti, sai? La tua sorellona ti sta aspettando!" faccio sfregare il mio naso contro il tessuto del pigiama di mamma, inspirando il suo profumo che non da quando ne ho ricordo non ha mai smesso di essere inebriante e dolce.
Scricciolo risponde con un calcetto che ci fa ridere di cuore: credo abbia imparato a riconoscere la mia voce, perché replica così ogni volta che gli parlo. Lo facciamo spesso, in realtà, io , la mamma e il papà e lui partecipa a ogni momento della nostra giornata con le sue capriole e i suoi calcetti. Questa cosa mi fa sentire importante, come se il nostro legame fosse già esistente anche ora che è nella pancia.
Quando rialzo lo sguardo per incrociare quello della mia mamma mi rendo conto che alcune lacrime le bagnino il volto.
"Mamma..."pronuncio, a bassa voce.
Lei si premura di nasconderle subito, cancellandole con le dita e mi dedica un'espressione intenerita.
"Scusa, tesoro, è solo che sono molto felice" ammette, poggiando le sue mani sulle mie spalle, accarezzandomi con premura. "E voglio che tu sappia che quando scricciolo sarà nato, non cambierà nulla tra di noi, faremo spazio nel nostro cuore per qualcun altro e il nostro amore per voi, se è possibile, si moltiplicherà. Tu, però, sei e sarai sempre la bambina che ci ha fatto innamorare e che non esiteremo ad accogliere in questa casa, con noi, un'altra volta, non dimenticarlo mai".
Mi nascondo tra le loro braccia, non riuscendo a trovare altro modo per manifestare loro quanto io sia entusiasta delle loro parole. Sono proprio fortunata, ho i genitori migliori del mondo!

Eppure, adesso che ci penso, non mi è sfuggito che non abbiano ancora fatto riferimento al mio compleanno.
"Ma sapete che giorno è oggi?" chiedo, ricercando i loro occhi con un fare incuriosito.
Mamma e papà si scambiano uno sguardo confuso, alzando le spalle.
"Un altro giorno speciale, come tutti gli altri da quando sei con noi?" mi riferisce papà in un sorriso, arruffandomi i capelli.
Sbuffo, fingendomi infastidita dal suo gesto, poi roteo gli occhi ma senza nascondere il mio divertimento davanti alle sue parole.
"Anche, ma non è solo questo..."gli replico, assottigliando gli occhi con un fare indagatore.
Mi porto, allora, un dito alle labbra, pensierosa.
"Non vi dice proprio niente che oggi sia il 12 Aprile?"
Papà scuote il capo, accarezzandomi la testa con un fare accondiscendente. "Sì, tesoro" proferisce, facendomi voltare verso di lui con un velo di speranza a insinuarsi in me.
"Mi dice che mi tocca prepararmi e andare a lavoro".
Arriccio le labbra in un broncio, perdendo ogni briciolo di aspettativa.
Possibile che mi stiano prendendo in giro? Non l'hanno mai, e dico mai, dimenticato. Deve essere per forza così.
"Va bene!" ribatto, puntando i piedi a terra. "Se avete perso la memoria, me ne vado. Ho lezione a scuola di musica stamattina e devo prepararmi". Decido di fare un po' la sostenuta per scrutare una loro reazione.
"Sì, tesoro. Hai ragione" concede con me la mamma in un sorriso. "Vado a prepararti la colazione".
Così, quando mi decido a lasciare la stanza, vedendoli sorridermi come se niente fosse, non posso fare a meno di andarmene con un'espressione di puro sconcerto. 
Quando mi volto, ancora sulla soglia, loro sono lì a farmi ciao ciao con la mano, con ancora quei sorrisi talmente larghi da sembrare finti e io scuoto il capo, abbandonando la stanza.
Mi stanno prendendo in giro, sicuro.

Non faccio che pensarci nel momento in cui mi preparo. Lo sbigottimento lascia spazio presto, però, all'eccitazione. Presto vedrò Franci: viene a prendermi lui per andare a scuola di musica. I nostri istituti sono chiusi per le vacanze di Pasqua, così possiamo concederci una lezione al mattino, liberi dagli impegni scolastici. La musica, se è possibile, ci ha uniti ancora di più. Francesco suona la chitarra, mentre io suono il pianoforte e spesso ci divertiamo a fare duetti insieme. Adoro il modo in chi le sue dita strimpellano lo strumento perché mi sembra ogni volta che diventi tutt'uno con la sua chitarra. Franci mette passione in qualsiasi fa e questo me lo fa piacere ancora di più.

Io ho scoperto l'amore per i tasti e la musica qualche anno fa, quando a casa dei miei nonni materni, la nonna mi ha mostrato il vecchio pianoforte appartenuto alla mamma che ha preso qualche lezione in passato. Nonna  da allora, ha deciso di sistemarlo nel salotto di casa, così che io possa suonare per loro ogni volta che sono lì. La prima volta in cui io e mamma l'abbiamo fatto insieme, muovendo in sincrono le nostre mani sui tasti del piano, con i nostri sguardi che si cercavano complici, è stata così bella ed emozionante che tutti, alla fine, ci hanno applaudito e da quel momento è diventata una tradizione, quando ci riuniamo.
Mi viene da pensare che sia bello io abbia in comune una passione con lei. Ma non è l'unico tratto a unirci, mi piace anche tanto ballare e nonostante non sia una ballerina come lo è stata la mamma da bambina, adoriamo scatenarci a ritmo di musica nel salotto di casa. Papà non può fare a meno di ridere a crepapelle guardandoci, nega quando gli chiediamo di unirsi a noi, ma non può fare a meno di arrendersi quando lo attiriamo nei nostri momenti folli e spensierati.
La mia vita, d'altronde, con Anita e Luca, è stata bellissima dal primo momento e io voglio così bene loro proprio perché mi hanno permesso di sentirmi sempre libera e allegra. Non c'è stato più nessuno spazio per dolore e tristezza e hanno fatto in modo che riconquistassi tutto quello che mi era stato tolto.
Ma non è finita qui: la passione per la matematica e i numeri, invece, l'ho presa da entrambi, così per non offendere nessuno. Non è un caso che questo mi porti a essere precisa e meticolosa. Sono una perfettina che ci posso fare!
E udite, udite, papà è stato molto contento di scoprire che avessimo entrambi un talento innato per il disegno. È lui che mi ha insegnato a impugnare una matita per la prima volta e a delineare i tratti di un volto, quello di mamma. Perché se c'è qualcuno che probabilmente l'ama più di lui sono io stessa. Provo per Anita una devozione e un'orgoglio tale da ritrovarmi a guardarla incantata ogni volta. La mia mamma è forte, generosa, dolce e tanto sensibile e quando mi rendo conto di assomigliarle, mi sento così fiera. Quando papi si è reso conto cosa le mie dita avessero realizzato, mi ha rivolto un'occhiata carica di emozione.

Non so ancora, invece, cosa voglio fare da grande. Non sono sicura sarò un medico, anche se sono molto orgogliosa dei miei genitori entrambi dottori. Mamma, nel frattempo, è riuscita a conseguire la sua specializzazione ed è diventata una pediatra davvero in gamba, sono molto orgogliosa di lei. Papà, invece, ha conquistato la carica di primario di cardiochirurgia e, nonostante questo l'abbia riempito di una mole di lavoro non indifferente, sono contenta di notare che per lui non sia un problema, anzi, quando svolge la sua professione gli brillano ancora gli occhi come se fosse sempre la prima volta.
Io, al momento, vorrei essere tutto e niente, ogni giorno con un'aspirazione e un sogno diverso. Sarà perché sono ancora giovane.
Mamma dice che non c'è fretta, è ancora presto per decidere e che devo scegliere liberamente cosa voglio fare, senza farmi condizionare dagli altri o dalla loro professione, e io penso sia bene così. Forse domani potrei decidere di essere una pediatra o un cardiochirurgo, ma chissà, lo scopriremo solo vivendo.

***

Ben presto sono pronta. Ho scelto con cura cosa indossare, mettendo uno dei miei vestitini a fiori, quelli che mi piacciono tanto, un po' perché è il mio compleanno e un po' perché non voglio sfigurare agli occhi di Francesco.
Ouch, mi tremano le mani e le gambe per l'emozione!
A passo spedito mi avvio verso la cucina, canticchiando le note della canzone che sto provando per il saggio di musica, simulando di suonare i tasti del piano.
Avverto i miei genitori parlottare tra di loro e mi viene da pensare a cosa si stiano dicendo, così quando entro e si accorgono di me, la mamma mi viene incontro, spalancando le braccia.
"Buon compleanno, tesoro mio!"
Mi porto una mano alle labbra a contenere un sorriso colmo di meraviglia.
"Ma allora non ve lo siete dimenticati!" ammetto, sorpresa.
Papà si affianca alla mamma, scuotendo il capo con divertimento. "Scherzetto! Potevamo mai?"
Entrambi mi abbracciano a sé, riempiendomi di attenzioni e io mi rassereno tra le loro braccia, tirando un sospiro di sollievo. Avevo ragione nel pensare mi stessero ingannando, ma non avevo dubbi su questo.
"Siete stati proprio cattivi a farmi credere il contrario" protesto scherzosamente, colpendo papà con un buffetto sul petto. Tutti e due ridono continuando a stringermi a loro.
Poi babbo si abbassa su di me. "Ho fatto anche le crêpes" mi rivela in un occhiolino complice.
E io lo guardo come se avessi appena avuto un'apparizione. Ma si sa, papà è un'istituzione in questo e io alle sue crêpes non so davvero dire di no.
"Grazie, grazie, grazie!"saltello, esibendomi in un gridolino di gioia, correndo poi subito a prendere posto per gustare la mia colazione. Mamma e papà si siedono al mio fianco, accarezzandomi il capo, e insieme ci prepariamo a vivere questo momento sacro per noi al mattino, prima che babbo vada a lavoro.
Parliamo di tutto, facciamo programmi, ci scambiamo idee e opinioni, e forse non saremmo la famiglia perfetta, ma chi lo è? Eppure, dalla nostra parte abbiamo un amore così grande da riuscire a far passare tutto in secondo piano.

È il trillo del citofono a riportarci alla realtà, così mi alzo velocemente dal mio posto, non dopo aver leccato perfino il piatto.
Vorrei fosse sempre il giorno del mio compleanno!
"È arrivato Franci!"annuncio con la fretta e l'eccitazione a divorarmi lo stomaco.
Ecco che babbo scatta in modalità papino apprensivo.
"Francesco? Quel damerino che se ne va in giro a far conquiste con la sua Vespa?" Domanda, confuso.
Mamma gli dà uno scappellotto dietro la nuca, divertita. "Come se tu non facessi lo stesso, tesoro mio, alla sua età" lo reguardisce bonariamente.
Lui sogghigna, rubandole un bacio sul naso.
Sbuffo, roteando gli occhi. "Sì, papà, andiamo insieme a scuola di musica. È venuto a prendermi con la sua Vespa" gli spiego brevemente, aprendomi in una linguaccia.
Papà assottiglia lo sguardo, sbuffando parole confuse.
"Come mai non ne sapevo niente? Speravo di accompagnarti io. È il tuo compleanno!" mi rivela, poi, in un broncio che mi fa sciogliere in un sorriso.
Mi affretto ad andare subito a tempestargli la faccia di bacini che lo addolciscono all'istante. Con lui basta così poco per farlo capitolare.
"Ti voglio bene, papino"gli mormoro dolcemente.
Saluto anche la mamma con un abbraccio e do un ultimo bacio a scricciolo.
"Scappo!"proferisco, correndo verso il corridoio, avvertendo la voce di mamma e papà che mi ricordano che stasera festeggeremo insieme come abbiamo sempre fatto, poi mi chiudo la porta alle spalle.

Che la mia giornata abbia inizio.

***

È stata una giornata meravigliosa e produttiva. A lezione è andato tutto bene, e la maestra e i miei compagni mi hanno accolto con auguri e abbracci. Mi sono sentita al centro dell'attenzione. Sebbene io ami stare dietro alle quinte, un po' di eccentricità non fa male a nessuno.
Ho chiesto il permesso ai miei di trattenermi per il pranzo con tutti loro per festeggiare il mio compleanno e stranamente hanno acconsentito presto, ma raccomandandosi di avvisare quando stavo per rientrare.
Così, quando Franci mi riaccompagna a casa è ormai pomeriggio inoltrato. Eppure, nonostante sono tante le ore che abbiamo passato insieme, sento che non è mai abbastanza e gli chiedo di salire da me, con la scusa di fare merenda e magari suonare anche un po'. 
Francesco annuisce come se non aspettasse altro e mentre corriamo su per le scale, vivaci e spensierati come solo due adolescenti sanno essere, mi viene da pensare che questa giornata non potesse evolversi in maniera migliore.

Ricerco le chiavi all'interno della borsa e quando mi volto verso il mio amico, lo scopro a muoversi un po' agitato sul posto.
"Franci, va tutto bene?" gli domando, preoccupata che qualcosa non vada.
Lui sobbalza lievemente ma, io che lo conosco bene, me ne accorgo, e si limita a sorridermi, grattandosi la nuca come se fosse in imbarazzo.
"Certo!" ammette, poi, con un po' troppa foga e mi invita ad aprire il portoncino.
Io alzo le spalle, e faccio girare le chiavi nella toppa. Così, quando avverto la serratura scattare e aprirsi, mi stupisco di trovare le luci tutte spente.
Mi volto verso Francesco e lo trovo già dietro di me a esortarmi a entrare, con le sue mani che puntellano dietro la mia schiena.
"Mamma, papà!" li richiamo dubbiosa, stupendomi per la loro assenza. Gli ho mandato un messaggio prima di rientrare e mi hanno riferito di aspettarmi a casa. Stasera ceneremo tutti e tre insieme e io non vedo l'ora di godermi tutta la serata con loro.
Ma mai mi aspetto che, muovendomi per cercare l'interruttore della luce, quando essa arrivi a spezzare l'oscurità del buio, la mia famiglia e i miei amici siano tutti qui ad accogliermi con un fragoroso: "SORPRESA!"

Mi porto le mani a coprirmi il viso, a nascondere tutta l' emozione da cui sento pervadermi. Avverto i miei occhi riempirsi di lacrime di gioia e sussulto lievemente quando mi rendo conto che Franci abbia poggiato le sue mani sulle mie spalle in segno di vicinanza. Mi volto a guardarlo e adesso leggo nei suoi occhi tutte le risposte a quei gesti a cui non avevo saputo dare spiegazione. I messaggi fugaci mandati durante la giornata che adesso so essere indirizzati alla mia famiglia, la sua agitazione prima sul pianerottolo, tutto quello che mi ha saputo tenere nascosto. Silenziosamente lo ringrazio, ma adesso la mia attenzione è tutta per la mia bellissima e grande famiglia.
Le prime persone a rientrare nel mio campo visivo sono i miei genitori, stretti l'uno accanto all'altro, sorridenti e con gli stessi occhi simili ai miei, pieni di lacrime.
Tendono presto le loro braccia verso di me e io non mi tiro indietro di fronte alla loro richiesta. Mi rifugio nel loro abbraccio che sa di tante cose, sa di casa, amore, di un odore dolce e inebriante che mi fa sentire da sempre al sicuro.
Non passa molto prima che tutti si uniscano a noi e io mi ritrovi circondata e stretta da tutte queste persone che nel corso degli anni ho imparato ad amare e voler bene.

Mi sembra di ritornare indietro nel tempo, alla prima volta che ho messo piede in questa casa, come figlia affidataria di Luca e Anita. Da allora sono passati quattro anni e qualche mese,ma l'emozione è sempre la stessa, forse anche maggiore perché un tempo questa famiglia al di fuori di loro due mi era completamente sconosciuta. Adesso che li guardo, uno ad uno, lasciando andare le mie lacrime, con mamma e papà che mi stringono a sé, le mie nonnine adorate che si insinuano tra di loro per strapazzarmi di coccole e baci, mi sento tanto fortunata.
Sono di nuovo, ancora una volta, tutti qui per me, e io mi rendo conto che nessuno di loro da quando sono arrivata si sia mai tirato indietro nel farmi sapere quanto fossero entusiasti di avermi nelle loro vita.

Mi hanno accolto zia Sabrina e zio Marco che mi trattano come se fossi un po' figlia anche loro, con lo zio che stravede per me e mi vizia e con la zia che è stata la prima sostenitrice di questa adozione. Lo ha fatto mia cugina Agnese, che è adesso è una piccola e pestifera quattroenne, che fisicamente assomiglia al papà ma caratterialmente è sempre più uguale a sua madre, accogliendomi come se fossi sua sorella maggiore e a cui mi diverto spesso a fare da babysitter, quando i suoi genitori hanno bisogno di riscoprirsi ancora marito e moglie.
Lo hanno fatto i miei nonni, con le nonne che hanno preparato per me bambole e corredini, nonostante fossi una bimba un po' cresciuta, viziandomi con le loro attenzioni e difendendomi, se se ne fosse presentata l'occasione, dalle paternali di mamma e papà.
Lo ha fatto il mio zio adorato Riccardo, che non si è mai tirato indietro nel coinvolgermi nei suoi siparietti divertenti, mettendo da parte lo scherzo e offrendomi la sua spalla quando ne ho avuto bisogno.
Lo hanno fatto zia Eleonora, e Sofia, che con le sue dieci candeline spente tanto piccolina inizia a non essere più. Quando la trovo tra gli altri, a scrutarmi con un gran sorriso, non posso fare a meno di ricambiarla. Perché lei è stata la prima bambina con cui abbia iniziato a relazionarmi e, sebbene fosse un po' piccola per capire, mi ha offerto la sua mano e coinvolto nei suoi giochi. Il nostro rapporto negli anni si è consolidato e non è un caso che adesso siamo legatissime. Sofi rivede in me un punto di riferimento e io mi sento sobbarcata di un compito importante, di essere un buono esempio per lei.
Lo hanno fatto zia Lottie, zia Cris e zia Giulia, con i loro compagni zio Fede, zio Edo e zio Emiliano, che hanno accettato la notizia con un clamore che non è da tutti. 

E sapete, sono cambiate un po' di cose da quando li avete lasciati.
Alla fine, zia Giulia e zio Emiliano si sono sposati. Mamma è stata la sua testimone e io la loro damigella e dopo pochi anni dal loro matrimonio, hanno avuto una bambina, Ginevra, che adesso ha due anni e che li ha resi pazzi d'amore.
Anche zia Cris e zio Edo hanno avuto una bambina, Emma, che ha compiuto da poco 3 anni e mezzo. Emma è bellissima con i capelli biondo scuro che ha preso dal papà e i tratti scuri della mamma e presto diventerà una sorella maggiore. La zia Cris, infatti, aspetta un altro bambino, un maschietto.
Zia Lottie e zio Fede di sposarsi non ci pensano neanche un po'. La parola matrimonio fa rabbrividire ancora zio Federico che ci scherza spesso su, ma la zia sogna l'abito bianco, quindi prima o poi gli tocca. Anche se io penso loro due si amino un sacco lo stesso, senza nessun contratto a vincolarli. 
La zia ha partorito da poco due teneri e bellissimi gemellini: Davide e Valentina. Davide è la fotocopia del papà, con due occhi verdi che ti incantano, ma Valentina, con i tratti scuri, è uguale alla mamma.

Io sono la più grande, e nonostante questo non giochi sempre a mio favore, perché ricopro un ruolo di grande responsabilità, ha anche i suoi lati positivi: avere tanti piccoli cuginetti da coccolare e spupazzare.

E la volete sapere la novità?
Ebbene, perfino zia Vanessa ha ritrovato la felicità. 4 anni fa, un poco dopo il mio arrivo qui, è nato il piccolo Giuseppe, un biondino tutto pepe per cui la zia stravede. Ma ha ritrovato anche l'amore. E, udite, udite, il suo amore ha un nome e si chiama Nicola! Lo zio Nic, ci credete? Non so come sia successo, ma a volte il destino ha in mente per noi qualcosa che nemmeno immaginiamo. All'inizio la mia mamma era un po' scettica riguardo a questa situazione- lo erano tutti in realtà-, non riteneva lo zio potesse gestire la condizione della zia Vanessa, ma abbiamo dovuto tutti arrenderci davanti all'evidenza che si siano trovati entrambi e che si amino tantissimo. E lui non ha solo imparato ad amare zia Vane, ma ha accettato il piccolo Gius come se fosse figlio suo. E il piccolino che suo papà non l'ha mai conosciuto, ha rivisto in lui la figura paterna. Dovete vedere come era felice zio Nic quando si è sentito chiamare papà per la prima volta.

Non mancano all'appello il mio simpatico zio Alessio, il migliore amico di papà, che è davvero un burlone e che dopo tutti questi anni non ha ancora messo la testa a posto. Ma che ci volete fare? Lui adora la sua posizione di single.
E poi la zia Arianna, il burbero non tanto più burbero primario Visconti, e la zia Mary che mi salutano con la mano.
Non posso fare a meno di considerare che la zia Ari sia la più esuberante del trio, ma lei è fatta così. È spensierata e gioiosa e nemmeno la sua delusione d'amore è riuscita a scalfire il suo carattere. Ebbene, con il suo fidanzato Leonardo non è andata a finire tanto bene, dopo qualche anno si sono lasciati, ma la zia ha ripreso la sua vita in mano e si è fatta forza. Nella sua quotidianità non c'è nessun nuovo amore ma io credo proprio che le piaccia Alessio. Chissà che non riesca a far capitolare lo zio Ale, ahahah!

E, ultime, ma non per questo meno importanti, le mie migliori amiche. Miriam, Chiara e Giorgia. Io le adoro! Sono le mie compagne di scuola e insieme formiamo un quartetto di esuberanti casiniste, in senso buono, ovvio. La mamma dice che quando ci guarda, rivede in noi il rapporto che lei ha con le sue amiche. E io penso che sia davvero bello se la nostra amicizia si prolungasse per anni anni come è stato per lei e le zie. Con Miri, Chia e Gio ci siamo conosciute quando ho iniziato a frequentare le elementari e mi sono state accanto quando gli altri mi allontanavano, trattandomi con sufficienza. Da allora il nostro rapporto non si è mai interrotto, così abbiamo scelto di frequentare le medie insieme e nonostante ognuna abbia scelto un indirizzo di superiore diverso sono sicura che questo non ci separerà, tutt'altro.

Scivolo dalle braccia dei miei genitori che comprendono abbia bisogno di andare da loro e le raggiungo, lasciandomi stringere dalle mie bestfriends, mentre saltelliamo sul posto senza riuscire a  trattenere degli strillii di gioia.
Mi reputo davvero tanto fortunata che ognuna di queste persone faccia parte della mia vita perché essa senza tutti di loro non sarebbe la stessa.

Quando poco dopo, si dà il via alle danze e qualcuno mette su della musica coinvolgente, mi lascio trasportare muovendomi sulle note di una canzone allegra e mixata.

È il migliore compleanno che abbia mai trascorso.

Francesco si unisce ben presto a noi, imitando delle movenze femminili che ci fanno sbellicare dalle risate.

Quando, poco dopo, mi ritrovo tra le sue braccia, al pensiero della vicinanza con lui il mio cuore comincia a battere fortissimo.
Incontro i suoi occhi che mi fissano dall'alto della sua posizione e poi, ancora frastornata dalle sue mani che mi tengono per i fianchi, abbasso lo sguardo alle sue labbra incurvate in un sorriso tutto per me.
Sto.per.sentirmi.male.
Ascolto le risatine delle mie amiche che conoscono la verità e comprendono il mio turbamento interiore, ma adesso ho bisogno di ignorarle, per rendermi conto soltanto di una cosa: se mi avvicinassi di poco, potrei addirittura baciarlo.
Intanto il cuore nel petto continua a muoversi furioso e mi sembra che sia l'unico suono per me udibile, perché tutto il resto è ovattato.
Poi Franci si abbassa su di me, facendomi domandare riguardo alle sue attenzioni e il suo respiro si infrange contro la mia guancia.
"Andiamo fuori, voglio mostrarti una cosa" mi sussurra, porgendomi poi la sua mano.
Io annuisco, senza riuscire a dire una parola.
Poi, mentre lui mi esorta a uscire per spostarci in un luogo più isolato, incrocio lo sguardo delle ragazze poco più in là che mi invitano a seguirlo, dedicandomi dei gesti di incoraggiamento.
Tiro un sospiro di sollievo e mi lascio trasportare dal mio migliore amico.
Ci spostiamo in balcone e mi appoggio alla balaustra, osservando la città che scorre sotto di noi. Stasera il cielo è limpidissimo, mi sembra che le stelle brillino più del solito.
"Sei taciturna, va tutto bene?". La voce del mio amico mi sorprende alle spalle.
Si è accorto del mio mutismo, se solo sapesse che dipende dalla sua vicinanza. Così mi volto e gli sorrido, a stemperare la mia tensione.
Lui ricambia in un sorriso bellissimo e si avvicina, sistemandosi al mio fianco, con le nostre spalle che si sfiorano.
Mi volto verso di lui, trovando il suo volto a poca distanza dal mio. Vorrei poter portare una mia mano sul suo viso e accarezzarlo ma reprimo il mio gesto.
Eppure, mi rendo conto che sia proprio Franci a compiere un primo passo verso di me, lasciando che le sue dita lambiscano la mia guancia, muovendosi in modo carezzevole sulla mia pelle, senza mai perdere il contatto visivo con i miei occhi.
Mi viene da pensare che sia la prima volta che ci comportiamo così, in un silenzioso gioco di gesti e sguardi e mi piace tantissimo.
"Stasera sei proprio bellissima" mormora, dandomi poi un pizzicotto che mi fa aprire in un verso di lamento.
Lo spintono leggermente dedicandogli una risata leggera.
"Perché mi hai chiesto di uscire fuori?" indago, assottigliando lo sguardo.
Francesco si dondola sul posto, inforcando le mani nelle tasche dei jeans.
"Voglio darti il mio regalo" mi rivela in un'alzata di spalle.
Incontra ben presto la mia curiosità.
"Cos'è? Cos'è?" lo sprono a continuare, portandomi davanti a lui e battendo le mani, come se fossi ancora una bambina. Ma in verità io non ho mai smesso di esserlo.
Lui scuote la testa divertito, e allora mi mostra dalla tasca una scatolina argento.
Mi mordo le labbra trattenendo un gridolino di stupore ed eccitazione. 
Non appena la apre, mostrandomene il contenuto: una metà di cuore, mi rifugio nelle sue braccia, dimostrandogli la mia gioia davanti al suo gesto.
Lui ricambia, stringendomi a sé.
"È bellissima..." mormoro contro la sua spalla, inspirando il suo profumo.
Franci posa le mie mani sulle sue palle, facendo scintillare il suo polso davanti al mio viso, lì dove ciondola l'altra metà di cuore. Poi sfiorandomi il collo con le dita, mi aiuta a indossarla.
"Così che tu non possa mai dimenticare che tu sei la mia metà" mi confessa, abbassando lo sguardo un po' in imbarazzo.
Spalanco le labbra davanti a quella che sembra una dichiarazione a tutti gli effetti.
Il cuore se è possibile adesso batte ancora di più e non riesco proprio a fermarlo.
"Franci..."
"Tu mi piaci, Lucia. Mi piaci probabilmente da quando eravamo all'ospedale ed eravamo ancora troppo piccoli per dimostrarcelo. Ma mi piaci, è così, non posso farne a meno. Ho trovato il coraggio di dirtelo solo adesso, e per tutto questo tempo che ti sono stata accanto, in silenzio, ho sempre sperato che per te potesse essere lo stesso" mi confida, stringendo le mie mani tra le sue.
Mi porto una mano al cuore, stupita dalla sua confessione, con il respiro che mi si mozza in gola per l'emozione.
"Franci..."mormoro,non riuscendo a trovare parole giuste.
Lui mi scruta con preoccupazione, sporgendosi verso di me. "Cosa c'è, Luci? Qualcosa non va? Non ti senti bene?"
Gli sorrido. "No, è solo il mio cuore che..."
Francesco sbarra gli occhi con terrore, lambendo il mio viso tra le sue mani.
"Il tuo cuore non va bene? Chiamo subito tuo padre!"
Gli accarezzo una mano, sulla mia guancia, commuovendomi per la sua premura.
"Il mio cuore batte così forte perché" porto le sue dita a posarsi sul mio petto, a mostrargli cosa si stia scatenando dentro di me e lui sorride sentendolo battere. "Perché anche per me è lo stesso. Anche io provo lo stesso per te, Franci, e io davvero aspettavo tanto che tu me lo dicessi..."
Lui non mi lascia finire che mi abbraccia, stringendomi a sé talmente forte che mi è quasi difficile respirare ma non posso fare a meno di ridere spensierata e leggera e lui si unisce presto a me.
Poi appoggia le sue mani sulle mie spalle, e quando il mio sguardo incrocia di nuovo il suo, mi rendo conto che il sorriso dolce che mi riservi sia il più bello che abbia mia visto.
Avverto le farfalle muoversi nel mio stomaco, e quando mi rendo conto che stia avvicinando il suo viso al mio, il respiro mi si mozza in gola.
Sta per succedere davvero? Sto per dare seriamente il mio primo bacio?
Oh.Mio.Dio.

Mi rendo conto presto però che le mie supposizioni si riveleranno vane nel momento in cui il suo naso sfiora il mio e Giorgia ci interrompe prima che lui possa solo pensare di fare combaciare le nostre labbra.
"Luci!" strepita con foga.
Io e Franci ci allontaniamo come se fossimo scottati, entrambi arrossendo davanti all'evidenza di essere stati colti in flagrante.
Così, quando mi volto verso la mia amica e mi rendo conto sia sulla soglia della portafinestra a fissarci con ansia, con il respiro affannoso, come se avesse corso, la invito a parlare con lo sguardo.
Lei deglutisce, riprendendo fiato, poi risponde.
"Tua madre, Luci, lei sta- sta per partorire"mi avverte.
Prima di riuscire a metabolizzare le sue parole, l'ho già scansata per tornare dentro.
Mi guardo intorno, muovendomi alla ricerca della mia mamma e quando rientro in salone la scorgo subito.
"Mamma!" la richiamo, allarmata e correndo verso la sua figura.
Lei si accorge presto di me e non appena mi volto mi accorgo che nonostante il dolore le deturpi il viso, mi stia sorridendo.
"Tesoro..."
Mamma si porta una mano alla pancia, sostenendola, ma quando abbasso lo sguardo mi accorgo che il suo vestito è bagnato. Deve aver rotto già le acque.
Papà si muove alla ricerca della sua borsa, affannato e agitato, come se fosse lui quello a dover partorire da un momento all'altro e attorno a lui si muovono le nonne, aiutandolo a gestire la situazione, perché lui preso dalla tensione per poco non si dimentica anche la testa.
Che tenero il mio papino.
"Mamma" ripeto, arrivandole di fianco e alzando una mano verso la sua pancia.
Lei mi accarezza una guancia, amorevole e lascia stringere la sua mano libera con la mia sul suo ventre. Mi rendo conto che la sua stretta sia forte e rassicurante.
"Va tutto bene, Luci. Tranquilla " mi conforta."Adesso papà mi porta in ospedale e presto potrai conoscere scricciolo. Ok?"
Le concedo un sorriso emozionato, annuendo e abbracciandola a me prima di lasciarla andare.
Lei si abbassa su di me per darmi un bacio tra i capelli e mi rendo conto che mentre intorno a noi si sia scatenato il panico, lei sembri la più serena di tutti.

Ma andrà tutto bene, mi dico. Scricciolo sta nascendo e io riceverò presto il mio miglior regalo di compleanno.

***

Sono arrivata in ospedale con zia Sabrina e zio Marco. I miei nonni sono già qui, insieme a tutti gli amici di mamma e papà. Quando li scorgo in sala d'attesa mi viene da pensare che siamo davvero tanti e siamo tutti qui per accogliere il piccolo di casa.
Francesco si è offerto di accompagnarmi e mi ha tenuto la mano per tutta la durata del viaggio. Sono proprio fortunata.
Quando raggiungiamo gli altri, stretti e accomunati da una trepidante attesa, il pianto di un bambino mi arriva inconfondibile, facendomi battere il cuore dall'emozione. Scricciolo è nato. Il mio scricciolo è venuto al mondo.

Mentre la mia famiglia si stringe colta dell'allegria e l'emozione io cerco Franci tra gli altri.

Lui deve interpretare il mio sguardo come un invito ad avvicinarsi ed è quello che fa, mentre io gli tendo le mie mani.
"Tanti auguri, sorellina maggiore" mi sussurra, a un passo dalle labbra.
Questa volta non voglio farmi scappare l'occasione di rubargli un bacio ed è quello che faccio, sporgendomi verso la sua bocca per posarci su la mia, in modo delicato. Socchiudo gli occhi, con il cuore in tumulto e mi rendo conto che anche Francesco faccia lo stesso. Mi alzo sulle punte per essergli più vicina, e boom, non pensavo avrei mai dato il mio primo bacio, oggi, in un ospedale, mentre di lì la mia mamma ha appena partorito, ma è la sensazione migliore che potessi provare. E se è questo il sapore dell' amore è il più dolce che abbia mai assaggiato.
Lui sorride sulle mie labbra, carezzandomi il viso.
"Devi andare" mi avverte, anche se mi accorgo non mi voglia lasciare sul serio.
Ma io penso sia giusto così, avremo modo di dedicarci tutto il tempo che vogliamo, ma adesso scricciolo ha la priorità.

Mamma viene riportata presto in stanza e tutti convengono che debba essere io la prima a entrare.
Mi sento fremere dalla fibrillazione, mentre mi chiedo come stia, a chi assomigli, sperando che possa avere un tratto in comune con me. Adesso però tutti i miei sogni più reconditi, troveranno fondamenta e allora a passo esitante ma emozionato mi faccio spazio nella stanza.
Mamma e papà sono uno accanto all'altro, stretti in un abbraccio da cui trasuda tutto l'amore e l'istinto di protezione verso il piccolo tra le loro braccia.
La mia mamma ha lo sguardo stravolto e stanco con la fronte di imperlata di sudore eppure io la trovo ancora più bella del solito. Babbo è completamente assorto dal fagottino tra di loro.
Mia madre si accorge presto di me. Il suo sguardo mi incatena al suolo. "Luci, tesoro, vieni qui"pronuncia, a bassa voce, vedendomi sulla soglia della porta e io non me lo faccio ripetere due volte.
Scricciolo è una femminuccia ed è davvero bellissima con i suoi occhi grandi e i tratti scuri. Mi viene da pensare che sia uguale a mamma e io mi riscopro a essere subito innamorata di lei.
Non posso fare a meno di lasciarmi andare alle lacrime, ancora incredula e frastornata, mentre le accarezzo il viso, delineandone la forma del naso. Lei sporgendo le sue manine verso di me, mi sorride.
"È, è bellissima" mormoro, con la voce che fa fatica a uscire, ma non trovo altre parole per esprimere quanto io sia contenta.
Mamma e papà mi stringono a loro, facendomi sistemare tra il corpo di babbo e della piccola.
Poi mamma si abbassa su di lei, stringendosela al petto.
"Hai visto, Aurora? È arrivata la tua sorellona, Lucia".

Aurora, modulo il suo nome sulla punta della lingua e lo trovo assolutamente dolce. Aurora significa splendente, osservandola a fondo credo che la rappresenti proprio. Questa piccolina è arrivata a inondare la nostra famiglia, donandole la gioia dell'attesa ma anche l'emozione della nascita, e adesso che fa parte della nostra vita la renderà ancora più piena e luminosa.

"Sai, Auri" le sussurro, abbassandomi su di lei, e lasciando che stringa la sua mano con la mia, "sei il mio regalo più bello".

Mamma non trattiene la commozione e nemmeno papà può, ma non potrebbe essere altrimenti. Questo momento così sentito è unico e solo nostro, e non potremmo esserne più felici.

La nostra storia, per adesso, finisce qui, ma non è assolutamente un addio. E quando vi mancheremo e la nostra assenza sarà troppo pesante da sopportare, non dovrete far altro che pensarci e ritrovarci, lì, infondo al cuore, in un posto recondito di cui noi faremmo sempre parte.

ANGOLO AUTRICE:

Ma ciaooo! Come state? È da un po' che non ci sentiamo e non avrei mai pensato di scrivervi in un momento così difficile per la nostra bella Italia. La situazione che stiamo vivendo non è per niente facile, considerando anche che ci è sconosciuto sapere quando finirà, e così, per allietare la vostra quarantena, mi sono rimessa all'opera ed eccoci qui: questa volta metto davvero la parola fine, dopo 4 anni e mezzo alla mia storia. PIANGOOOO :(

In questi giorni, ritornare a scrivere mi ha aiutato a superare i momenti di sconforto e accettare con una consapevolezza diversa il momento del saluto. Ma d'altronde la scrittura può essere terapeutica.

Vi avevo detto che per l'epilogo stavo pensando a qualcosa di particolare, ma vi aspettavate mai che fosse Lucia, ormai più grande, a raccontarci il seguito della storia? Ebbene sì, è stato proprio così e credo che non potesse essere altrimenti. Sono passati gli anni e tante cose sono cambiate, ma l'amore che la lega ad Anita e Luca non è mai mutato, semmai si è raddoppiato. E adesso che con loro c'è anche la piccolina Aurora non farà altro che moltiplicarsi. È stato bello scrivere e immedesimarmi nel personaggio di Lucia, perché lei, dopo Anita, è il carattere di cui ho amato parlare di più in tutti questi anni. Ho voluto che la conosceste ancora più a fondo, più matura e consapevole, ma con i sogni e le aspirazioni di un'adolescente, con la sua cotta per Francesco che non è mai passata e si è alla fine concretizzata. 
E ho adorato descrivere della sua festa a sorpresa perché è stato come riprendere da dove li avevamo lasciati nell'ultimo capitolo.
Adesso, Luca, Anita, Lucia e Aurora sono insieme e non potrebbero essere più felici. Non hanno più niente da raccontarvi, per il momento, anche se non escludo potrei tornare a parlarne in un domani, ma chissà, intanto adesso sono pronti a salutarvi come lo sono anche io.
Ma come la stessa Lucia ha detto, quando vi mancheranno tanto, non dovrete fare alto che scorgerli infondo al vostro cuore, in un posto recondito che sarà sempre occupato da loro.
E io stessa, con le lacrime che non riesco a nascondere, farò lo stesso, eternamente legata a questi personaggi che mi hanno dato e  insegnato tanto e mi auguro sia lo stesso per voi.
Ma adesso, passiamo ai ringraziamenti, sperando di non dimenticare nulla e nessuno.
Grazie a chi ha letto questa storia, l'ha amata e seguita fino all'ultima parola. Grazie a chi si è perso per strada,  a chi ha lasciato perdere dopo poco, ai lettori silenziosi, e anche a chi mi ha criticata, perché mi ha insegnato a migliorarmi.
Grazie alle mie amate lettrici che custodisco infondo al mio cuore e che sono così tante da poterle citare, ma voi sapete benissimo a chi mi riferisco. Grazie per la pazienza nell'attendere gli aggiornamenti, per l'affetto e il vostro sentito sostegno. Vi voglio bene, girls, nessuna esclusa, il mio GRAZIE è tutto per voi.
Grazie alle persone che ho conosciuto grazie a questo sito e con cui è nata un'amicizia, Love00,  Cristina,  farfix e la luna nera che non si sono mai tirate nel porgermi il loro aiuto anche solo attraverso un messaggio o una parola.
Grazie a la luna nera, Emmastory e MusicHeart per essere arrivate fin qui ed essersi conquistate la carica di mie fedeli lettrici <3
Grazie ai miei personaggi, a tutti, nessuno escluso, quelli che ho amato e odiato, perché mi hanno migliorata e mi hanno dato la possibilità di rimettermi in gioco.
Grazie ai miei sostenitori vicini e lontani che mi hanno incoraggiato ad andare avanti.
Grazie a me stessa per la mia forza di volontà, e il coraggio di non essermi arresa davanti alle difficoltà, anche quando mi sembrava tutto così vano, raggiungendo il mio obiettivo: mettere la parola fine a questa storia di cui sono tanto orgogliosa.
Vorrei aggiungere tanto altro ancora, ma adesso le parole davvero mi mancano, ma sappiate che il mio GRAZIE è tutto per voi.

Se vi state chiedendo se ci sarà un dopo questa storia, la risposta è sì. Ho tante idee, da mettere a posto e insieme, così tante che mi toccherà dare ascolto a quella che più mi fa battere il cuore. E non escludo nemmeno uno spin-off in modo tale da non abbandonare completamente Anita&Co. Comunque, mi prenderò del tempo per revisionare la storia e smussare quegli angoli che hanno bisogno di essere rivisti per renderla al meglio e poterle dare un futuro, chissà, magari fuori da questa piattaforma e poi mi dedicherò a un nuovo progetto. Di sicuro non vi abbandonerò, tornerete presto a sentire parlare di me.
Ma intanto, permettetemi di dirvi ancora e per un'ultima volta GRAZIE.

Vi abbraccio forte, a risentirci in tempi migliori. Andrà tutto bene❤


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