Childhood with you

di hapworth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indice capitoli ***
Capitolo 2: *** Amicizia ***
Capitolo 3: *** Di quando Haruka andò a trovare Makoto con la febbre e gli portò lo sgombro ***
Capitolo 4: *** Grandezze ***
Capitolo 5: *** Primo bacio ***
Capitolo 6: *** La semplicità di uno sguardo ***
Capitolo 7: *** Sotto il letto ***
Capitolo 8: *** Prova di coraggio ***
Capitolo 9: *** Tremore ***
Capitolo 10: *** Rottura accidentale ***



Capitolo 1
*** Indice capitoli ***


Avrei dovuto fare prima questo indice, ma con il fatto che la raccolta viene aggiornata ogni tot e non volevo riportare la discussione in cima senza un nuovo capitolo, ho atteso l'opportunità per farlo. Dunque ecco, godetevi il minimal indice di questa raccoltina che penso sempre di concludere, ma che in realtà continuo ad aggiornare.
hapworth

 
Childhood with you

1) Amicizia
Estratto: «Mako-chan.» la ragazza che lo aveva accompagnato nella grande stanza piena di bambini, allontanandolo così dai suoi genitori, sembrava gentile. Ciò non toglieva che, il piccolo, stesse piangendo sommessamente per via della prima vera lontananza dalla mamma.

rating: verde || genre: fluff || warn/note: flash fic, what if?

2) 
Di quando Haruka andò a trovare Makoto con la febbre e gli portò lo sgombro
Estratto: Haruka era abituato ad andare a scuola con Makoto fin da quando erano all’asilo: la signora Nanase aveva chiesto ai coniugi Tachibana di farlo, dato che la nonna di Haru non era in grado di accompagnarlo. Così erano sempre stati accompagnati dalla madre o dal padre del castano.
Raramente succedeva che uno dei due non potesse esserci e, quando succedeva, spesso era Makoto che correva a casa Nanase, preoccupato delle condizioni del suo amico del cuore.

rating: verde || genre: fluff || warn/note: missing moment

3)
Grandezze
Estratto: «Voglio solo vedere una cosa.»
«Ma mi vergogno!»
«Non devi, siamo entrambi maschi.»

rating: verde || genre: commedia, fluff || warn/note: flash fic, missing moment

4) Primo bacio

Estratto: «Devi pensare ad un momento felice.»
rating: verde || genre: commedia, fluff, romantico || warn/note: au, hp!au

5) La semplicità di uno sguardo

Estratto: Non poteva fare altro che guardarsi allo specchio e trovare qualcosa di terribilmente sbagliato, in quello che vedeva.
rating: verde || genre: fluff, romantico || warn/note: missing moment

6) Sotto il letto

Estratto: «Ma come, non lo sai? Sotto il letto si nasconde l'Uomo Nero!»
rating: 
verde || genre: fluff, suspence || warn/note: missing moment

7) Prova di coraggio

Estratto: «Ma è tutto finto, Makoto. Non esistono i fantasmi.»
«N-non importa! Io non voglio entrarci!» 

rating: verde || genre: fluff, suspence || warn/note: missing moment

8) Tremore

Estratto: «No! Non mi fa male per niente!» esclamò e, nel farlo, cercò di muovere la gamba destra. Solo a guardarlo si notava evidente ferita al ginocchio, sporca di terra e di sangue che scivolava lentamente verso il basso. «Mi basta la fontana-»
rating: verde || genre: fluff || warn/note: flashfic, missing moment

9) Rottura accidentale

Estratto: «Uahhh!» l'urlo di Makoto fece sobbalzare Haruka dalla sedia, inducendolo a scendere istintivamente e correre verso la cucina da dove era arrivato il grido.
rating: verde || genre: generale || warn/note: flashfic, missing moment

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Capitolo 2
*** Amicizia ***


Allora, premetto che in questa raccolta, posterò man mano le shot che ho scritto, e che scriverò, su Haruka e Makoto da bambini o comunque prima dei sedici anni. Alcune sono scritte ispirate da prompt da Notti Bianche varie, organizzate da No, ma Free lo guardo per la trama, eh. In questo caso lo specificherò insieme al rispettivo prompt.
Dunque partiamo. Spero che vi possa piacere, ecco; mi piace un sacco scrivere su di loro cucciolotti pucciosi da bimbi. Li amo un sacco *-*

By athenachan

Prompt dalla Notte Bianca #2: "MakoHaru, primo incontro, preferibilmente da neonati, e fluff, molto fluff! <3" di Anonimo

Amicizia


«Mako-chan.» la ragazza che lo aveva accompagnato nella grande stanza piena di bambini, allontanandolo così dai suoi genitori, sembrava gentile. Ciò non toglieva che, il piccolo, stesse piangendo sommessamente per via della prima vera lontananza dalla mamma.
«Mako-chan, che ne dici di andare a giocare con Haru-chan? Guarda, è appena arrivato anche lui e sta tutto da solo laggiù. Sono sicura che farete amicizia.»
Il bambino si passò le manine sugli occhi rossi, facendo un ultimo singhiozzo sommesso, prima di annuire senza parlare, mentre la giovane gli lasciava la manina e lo sospingeva in avanti, verso l’altro bambino. Lo guardò, una volta arrivato a qualche passo da lui: aveva i capelli scuri e gli occhi azzurri, ma non fissava niente in particolare – o almeno così gli parve.
«Ciao…» mormorò incerto: era la prima volta che interagiva con un altro bambino, apparentemente della sua età, ed era imbarazzato e insicuro.
Quello sollevò lo sguardo chiaro su di lui, talmente veloce che Makoto arrossì di botto, facendo quasi un salto indietro per lo spavento; il bimbo socchiuse le labbra, ma non disse nulla.
Tuttavia continuò a guardarlo intensamente.
Fu la prima volta, per Makoto. Riuscì quasi a sentirlo, improvviso e assolutamente imprevisto, un calore al petto, che gli fece rivolgere per la prima volta un sorriso a qualcuno che non fosse la sua mamma o il suo papà.

Un grande sorriso gli si dipinse sul visetto infantile e un solo istante più tardi la mano si sporse a prendere quella di Haru-chan – che poi avrebbe scoperto in seguito chiamarsi Haruka – e trascinarselo dietro, verso uno dei tanti cestoni pieni di giochi, non notando il leggero rossore e l’accenno di sorriso che si disegnò, solo per un istante, sulla faccia del suo primo amico.

Fine

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Capitolo 3
*** Di quando Haruka andò a trovare Makoto con la febbre e gli portò lo sgombro ***


Eccomi di nuovo con un'altra delle shot scritte per la Notte Bianca #02, indetta da No, ma Free lo guardo per la trama, eh
Abbiamo sempre un Haruka e un Makoto piccini e adorabilosi, spero vi possa piacere.
Buona lettura *-*

By athenachan

Prompt dalla Notte Bianca #2: "Ambientazione: elementari. Makoto è ammalato e Haruka va a trovarlo... o il contrario decidete voi, comunque si ritrovano a casa da soli *eheh*" di Anonimo

Di quando Haruka andò a trovare Makoto con la febbre e gli portò lo sgombro


Haruka era abituato ad andare a scuola con Makoto fin da quando erano all’asilo: la signora Nanase aveva chiesto ai coniugi Tachibana di farlo, dato che la nonna di Haru non era in grado di accompagnarlo. Così erano sempre stati accompagnati dalla madre o dal padre del castano.
Raramente succedeva che uno dei due non potesse esserci e, quando succedeva, spesso era Makoto che correva a casa Nanase, preoccupato delle condizioni del suo amico del cuore.
Quella volta non successe così; Haruka si ritrovò davanti a casa la signora Tachibana, pronta per accompagnarlo a scuola, ma non c’era nessun Makoto con lei.
«Makoto-chan è a letto con la febbre, per oggi non verrà. Forse domani…»
Non vi aveva dato molto peso, non subito almeno. Ma poi, quando le assenze dell’amico si erano protratte per tre giorni, il piccolo Haruka aveva deciso di voler andare a trovarlo, chiedendo alla nonna di preparargli del pesce da portare in regalo per lui: sicuramente gli avrebbe fatto bene e lo avrebbe fatto tornare in forze!
Così, quel pomeriggio, era partito con lo zaino sulle spalle e si era diretto a passo di marcia verso casa Tachibana – che poi era vicinissima – e aveva suonato il campanello. Ma ad aprire era arrivato, dopo qualche minuto, il piccolo Makoto.
«Haru-chan?»
Aveva il viso arrossato e il moccio al naso e indossava un pigiama con disegnata sopra un’enorme orca sulla maglia di pile: doveva essersi appena svegliato, a giudicare da come si stava passando la mano sugli occhi arrossati.
«Ecco.» Haruka non attese molto, per aprire lo zaino e porgergli un pacchetto, nel quale c’era lo sgombro alla griglia che aveva cucinato sua nonna per l’amico «Ti farà bene. È ancora caldo.»
Makoto lo aveva guardato perso, prima di farsi più in là e farlo entrare: non c’erano le scarpe all’entrata, dunque i coniugi Tachibana dovevano essere usciti. Era piuttosto raro, che lasciassero il figlio da solo in quelle condizioni, ma forse era stato necessario. Haru non se lo chiese più di tanto.
«Grazie. Entra…» lo invitò poi, prima di prendere il pacchetto e camminare verso la cucina, mentre il moro si toglieva le scarpe ed entrava, mettendosi a proprio agio: la casa di Makoto gli era sempre piaciuta molto; calda e accogliente, piena di colore, ampia. Era casa anche per lui, sotto certi aspetti.
«Papà è al lavoro e la mamma è andata a fare la spesa, dovrebbe tornare tra poco.»
«Torna a letto.» gli disse, perentorio, prima di prenderlo per mano e tirarselo dove sapeva c’era la stanza dell’amico. Lo fece stendere e, sulle punte, gli tirò le coperte, prima di sollevarsi e sedersi vicino a lui, imbronciato.
«Non dovevi venire ad aprire.» lo rimproverò poi, severamente, mentre Makoto sorrideva appena, le mani strette sul bordo del lenzuolo e del piumone, sotto il quale si era appena seppellito; Haruka sentiva il calore sotto le mani e, preoccupato, non poté impedirsi di sporgersi e poggiare la fronte contro quella dell’amico. Scottava.
«Non volevo lasciarti fuori!»
«Non potevi sapere, che ero io.»
«Ma-!»
«Zitto e dormi.»
Makoto non parlò più, sorridendo da sotto le coperte: la verità era che sapeva che Haru-chan sarebbe andato a trovarlo; poteva sembrare freddo e disinteressato, ma gli voleva bene. Lo sapeva ed era rimasto a guardare fuori dalla finestra quasi tutti e tre i giorni, quando sua madre usciva per qualche commissione, nella speranza di vederlo arrivare dalle scale che univano le loro due case. Così, quando lo aveva visto, era quasi inciampato, per correre ad aprire non appena l’altro avesse suonato. Era così contento, che fosse andato da lui – un po’ meno per lo sgombro alla griglia, che si era premurato di mettere nel frigo.
«Ok.» rispose dopo un po’, sorridendo: anche se aveva il viso accaldato, sentiva caldo anche al petto, perché Haruka era lì, seduto sul suo letto a guardarlo; poco importava che fosse leggermente imbronciato, l’idea che fosse lì, bastava a renderlo felice.
Si scostò un poco poi, girandosi su un fianco e tirando fuori una mano, afferrando quella dell’amico che non oppose resistenza, stringendogli, anzi, la mano.
«Grazie Haru.» sussurrò, poco prima di chiudere gli occhi e addormentarsi.

Quando la signora Tachibana rientrò a casa, un quarto d’ora dopo, si accorse subito delle scarpe del figlio dei Nanase sull’uscio. Così andò spedita in camera del figlio, pronta a rimproverarlo per non essere rimasto a letto – sapeva che Makoto passava gran parte del tempo ad osservare fuori dalla finestra ed era uno dei motivi per cui stentava a guarire – tuttavia, quando aprì la porta, non poté fare a meno di sorridere intenerita. Perché, in qualche modo, vedere il figlio e il suo amichetto del cuore addormentati uno sull’altro, che si stringevano la mano, era una scena troppo dolce. Dolcemente, senza fare rumore, richiuse la porta, lasciando i due bambini così.
Che poi ad Haruka fosse venuta l’influenza, è un’altra storia.


Fine

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Capitolo 4
*** Grandezze ***


Di nuovo qui, mamma mia riesco ad aggiornare ogni settimana, è un miracolo XD Ok, questa è stata scritta per la Notte Bianca #03, indetta da No ma Free lo guardo per la trama, eh.
I personaggi non sono miei, io mi limito a sfruttarli in modi assurdi da bambini, almeno in questa raccolta.
Spero possa piacervi ^-^

By 
athenachan


Prompt dalla Notte Bianca #3: "Shota! MakoHaru
Makoto sta crescendo, in altezza come anche nelle mutande. Haru se ne accorge e decide di fare qualche indagine sul campo (e con 'campo' è inteso il corpo di Shota!Mako, ovviamente).
Enjoy: 
http://i.imgur.com/Nsj269y.png
" di Dietrich

Grandezze

«Haru-chan, no!»
Il piccolo Makoto stava tenendo saldamente i propri pantaloni con le manine, impedendo all’amico di calarglieli. Aveva qualcosa di comico, in effetti, la scena ad occhio esterno: Haruka si era avvicinato in modo piuttosto sicuro al castano, chiedendogli di spogliarsi nella sua cameretta – si erano trovati a giocare a casa di quest’ultimo – e Makoto, non capendo, si era tolto la maglia a mezze maniche. Haruka, a quel punto, aveva gonfiato appena le guance – assurdo per il suo modo di fare, per certi versi - e aveva aggiunto un “Tutto!“ che sembrava non ammettere repliche. Così si erano ritrovati a lottare: l’uno per tirargli giù i pantaloni e l’altro per tenerseli saldamente addosso.
«Voglio solo vedere una cosa.»
«Ma mi vergogno!»
«Non devi, siamo entrambi maschi.»
La faceva facile, lui! Ma Makoto si sentiva in imbarazzo a mostrarsi senza vestiti davanti ad altri – specie se questi era Haruka. No, non poteva proprio lasciarglielo fare! Sentiva come se, facendolo, potesse succedere qualcosa di brutto e lui non voleva! Non voleva assolutamente farsi vedere dall’amico.
Il corpo di Makoto stava cambiando, era innegabile; stava diventando più adulto e, proprio per tale motivo, si era slanciato in altezza, ma allo stesso tempo, aveva avuto diversi sviluppi anche a livello più intimo e questo, in qualche modo, gli faceva paura. Haruka era ancora piccolo, di bassa statura e dalla corporatura esile, il corpo minuto. Lui invece stava diventando alto e… E…
Si coprì gli occhi con le mani, arrossendo, quando Haruka, con uno strattone deciso, finalmente riuscì a tirargli giù i pantaloni, lasciandoglieli ricadere ammucchiati ai suoi piedi. Ovviamente non ebbe il coraggio di guardare, quando sentì le dita fredde dell’amico toccargli lo stomaco, scendendo piano verso il bordo delle mutande color panna, tirandone l’elastico per scoprirlo. Il castano si tappò le orecchie, tenendo gli occhi chiusi, il viso rossissimo.
Haruka gli tirò appena uno dei polsi, allungandosi verso di lui e soffiandogli contro la pelle, facendolo rabbrividire, mentre la sua voce gli giungeva all’orecchio, in un sussurro.
«… so.»
«E-eh…?» chiese, aprendo appena uno degli occhi verdissimi, guardando quelli color cielo del compagno di giochi.
«Ho detto che è grosso. Guarda.» e si abbassò di colpo pantaloncini e costume.
Quello che avvenne dopo, Makoto lo avrebbe ricordato come una delle cose più imbarazzanti mai successe tra l’infanzia e l’adolescenza – salvo il primo bacio con la lingua, nel quale aveva quasi staccato la lingua ad Haruka, a tredici anni.


Fine

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Capitolo 5
*** Primo bacio ***


Ecco la penultima shot di quelle pronte. Al contrario delle altre, questa è una AU, ambientata nell’universo di Harry Potter. Come le altre è stata scritta per la terza Notte Bianca, indetta dalla pagina “No ma Free lo guardo per la trama,eh”.
Makoto e Haruka non sono miei, neppure le loro bacchette lo sono, né tantomeno l’Incanto Patronus, li ho solo presi in prestito ù_ù
Buona lettura ^-^

By athenachan

Prompt dalla Notte Bianca #3: "Crossover! Free e Harry Potter, MakoHaru. Haruka insegna a Makoto a fare l'incanto Patronus, e gli spiega che per farlo c'è bisogno che si concentri su un ricordo molto felice. Un ricordo che si ricollega inevitabilmente ad Haru." di Matryoshka


Primo bacio

L’ennesimo buco nell’acqua; Makoto non riusciva proprio ad eseguire l’Incanto Patronus senza venire sbalzato all’indietro. Piccole scintille color azzurro chiarissimo uscivano dalla sua bacchetta di Carpine. Haruka sapeva bene che non dipendeva dalla bacchetta se l’amico non riusciva ad eseguire l’incantesimo: erano i suoi pensieri, che non erano abbastanza felici.
«Devi pensare ad un momento felice.»
Lo rimproverò per l’ennesima volta, mentre Makoto si alzava da terra, passandosi una mano sul mantello scuro e con l’altra si grattava dietro la nuca; aveva un cerotto sul naso e diversi graffi sulla faccia, indice che stesse provando da parecchio l’incantesimo. Il professore di Difesa contro le Arti Oscure, dopo che aveva notato la particolare bravura di Haruka nell’eseguire l’Incanto e la totale incapacità di Makoto nel farlo, lo aveva affidato al moro, sapendo quanto fossero amici – lo aveva preferito a Rei, perché per quanto sapesse la teoria alla perfezione, era uno che si fissava molto sui dettagli. Non era un insegnante adatto. Avrebbe finito per fargli una dissertazione sul materiale della sua bacchetta e sulla particolarità dello stesso.
«Ma l’ho fatto…» mormorò; in realtà aveva cambiato spesso pensiero: la prima stretta di mano con Haruka, il primo volo con la scopa nel quale aveva travolto Haruka disarcionandolo a terra – e lui non si era arrabbiato… Forse non erano abbastanza felici? Avrebbe voluto chiederlo all’amico, ma si vergognava troppo a farlo: sarebbe passato per una persona senza particolari ricordi allegri e non voleva, non davanti ad Haru.
«Cosa hai pensato?»
«Ehm…» Haru lo guardava negli occhi, con quell’azzurro intenso che, a Makoto, faceva mancare i battiti del cuore per qualche interminabile secondo.
«… La prima volta che ci siamo visti.»
«Non va bene.» lo rimproverò, incrociando le braccia al petto, prima di fargli nuovamente vedere la postura, pronunciando, dopo aver tenuto qualche istante gli occhi chiusi, la formula dell’Incanto.
«Expecto Patronum!» la bacchetta d’ebano fece uscire un’aura dello stesso colore delle scintille che, poco prima, erano uscite da quella dell’amico. Makoto lo osservava attento e anche un po’ geloso, forse: chissà che ricordo felice usava, Haru? Il suo Patronus era un bellissimo delfino, che sembrava nuotare nell’aria, rapido e scattante. Voleva anche lui un Patronus come il suo.
«A cosa pensi tu?» domandò poi, una volta che l’animale fatto di luce si fu dissolto lentamente. Haruka si volse verso di lui, alzando appena le spalle prima di rispondere.
«Quando sono stato smistato in Corvonero.» aveva mentito, Makoto se ne era accorto dal leggero cambio di tonalità dei suoi occhi; lo conosceva da due anni e, assurdamente, capiva quando mentiva. Makoto abbassò lo sguardo, combattuto: perché non voleva dirglielo?
«Mh… Proverò anche io, allora!»
In realtà aveva ancora un ricordo da provare, solo uno, che non aveva provato perché imbarazzante e, al tempo stesso, irrispettoso – gli sembrava di fare un torto ad Haru! – ma era la sua ultima possibilità. Voleva riuscirci assolutamente!
Così chiuse gli occhi, stringendo la bacchetta, concentrando tutti i suoi pensieri su quell’attimo di qualche mese prima, poco dopo essere arrivati nuovamente ad Hogwarts per il terzo anno: lui e Haruka erano sdraiati vicino al campo di zucche e guardavano il cielo, le nuvole, proprio come la prima volta che si erano avvicinati per fare amicizia – o meglio lui si era avvicinato, principalmente per scusarsi della sua pessima performance sulla scopa – e Makoto lo aveva provato a chiamare, ma Haru non aveva risposto.
Così si era messo seduto, notando gli occhi chiusi, l’espressione tranquilla; aveva pensato che si fosse addormentato e, chissà come, si era chinato su di lui, per guardarlo meglio: la pelle bianca e il viso dolce, la frangia scura che si muoveva nella leggera brezza pomeridiana… Lo aveva baciato, allontanandosi solo dopo un attimo sentendosi il viso in fiamme e si era voltato dalla parte opposta, portandosi entrambe le mani sulla faccia, pensando che fosse stato l’impulso del momento. Ormai, però, aveva capito che non era stato così.
«Expecto… Patromum
Lo formulò all’improvviso, incisa nella mente il viso di Haruka addormentato e la sensazione strana che gli aveva colto lo stomaco - che aveva riconosciuto come molto più che amicizia -, prima di aprire gli occhi e vedere il suo Patronum: un’orca che fluttuava nell’aria, intorno ad Haru come se fosse stato naturale, prima di dissolversi.
«Ci sono riuscito!» esclamò, commosso, portandosi vicino all’amico per abbracciarlo.
Non poteva sapere che Haru, nel suo ricordo, era sveglio e che avevano in comune, oltre a quel ricordo, anche altro. Forse, grazie a quell’Incanto, sarebbero riusciti ad essere un po’ più onesti.


Fine

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Capitolo 6
*** La semplicità di uno sguardo ***


Questa è l'ultima shot pronta della raccolta, da questo momento in poi non so quando l'aggiornerò, quindi siete avvisati. In ogni caso, con questa, torniamo all'infanzia "canon" tra Haruka e Makoto.
Non ho utilizzato alcun prompt di alcuna Notte Bianca, né l'ho scritta per essa.
I personaggi non mi appartengono e io non scrivo a fini di lucro, come sempre.
Ringrazio chi ha seguito - e che continuerà a seguire anche prossimamente - la storia. Buona lettura a tutti voi ^-^

By athenachan


La semplicità di uno sguardo

Non poteva fare altro che guardarsi allo specchio e trovare qualcosa di terribilmente sbagliato, in quello che vedeva.
Quando sua madre, qualche giorno prima, lo aveva avvisato che sarebbero dovuti andare a controllargli la vista, come ogni anno, Makoto non si era preoccupato più di tanto: era da quando si ricordava che, una volta ogni dodici mesi, più o meno, andava a farsi vedere come tutti gli altri bambini. Eppure, quel giorno, qualcosa doveva essere andato storto.
Ricordava la faccia preoccupata dell'uomo con i capelli bianchi che gli aveva messo uno strano aggeggio sugli occhi, cambiandogli di volta in volta delle lenti trasparenti sulla strana montatura che aveva posto sul suo naso. C'erano voluti tre cambi da una parte e uno dall'altra, per fargli vedere tutte le lettere scritte sul tabellone, anche quelle che, prima, non riusciva a vedere bene. Non ci aveva dato peso, non subito, ma quando erano entrati in un negozio e sua madre gli aveva chiesto di scegliere un paio di occhiali, allora si era ammutolito: doveva mettersi quei cosi? Li avrebbe dovuti portare per sempre?
Haru-chan lo avrebbe riconosciuto? Non aveva potuto fare a meno di chiederselo, per un istante, uno soltanto: sarebbe diventato diverso, agli occhi degli altri? Sarebbe apparso strano? Forse lo avrebbero preso in giro o magari Nagisa non lo avrebbe più salutato saltellandogli intorno come una ranocchia.
Chiuse gli occhi, solo per non vedere ulteriormente la sua immagine riflessa.
«Makoto-chan dai, che fai tardi per la scuola!» sua madre non riusciva a capire il suo turbamento. A lei sembrava tutto così normale, così semplice... Ma per lui non lo era affatto.
L'ultimo sospiro, l'ultimo sguardo al bambino con una montatura verde scuro calata sul naso, prima di uscire dal bagno e farsi accompagnare a scuola.
Appena entrato in classe si era sentito tutti gli sguardi addosso ed era irrimediabilmente arrossito fino alle orecchie, cercando di tenere gli occhi bassi per raggiungere il suo posto.
«Ma-chan, che ti è successo? Ti sei fatto male?» aveva chiesto una bambina, avvicinandosi al suo banco, posando le mani leggermente paffute sul legno, indicandogli la faccia. «Sei buffo! Come la maestra!»
E la paura di Makoto, in quell'istante, era diventata reale, perché gli altri bambini si erano messi tutti a ridere. Sapeva che non lo facevano per cattiveria, sapeva che non lo stavano prendendo in giro davvero, che erano bravi, che era lui quello strano in quel momento; ma non poteva fare a meno di sentirsi male. Il petto stringeva e gli occhi pizzicavano, mentre teneva la testa bassa e le mani strette sui pantaloni della divisa della scuola elementare.
Proprio in quell'istante, mentre sentiva le lacrime agli occhi, una voce conosciuta gli arrivò alle orecchie. «Non è buffo, è Makoto. E quelli servono per fargli vedere bene.»
«Haru-chan!» la voce era appena incrinata, mentre sollevava il capo e lo sguardo sull'amico dai capelli neri, prima di saltargli letteralmente al collo e stringerlo contro di sé, singhiozzando.
Haruka, dal canto proprio, gli pose una mano sul capo – erano alti più o meno uguali – e gli accarezzò i capelli castani, mentre l'altro si calmava, staccandosi da lui.
Il moro lo guardò, scettico. «Hai bagnato gli occhiali. Come faremo a pulirli ora?»
«N-non importa! Non mi servono!» aveva detto Makoto, togliendosi la sua preoccupazione e posandola sul proprio banco: ci vedeva benissimo anche senza, perché doveva metterli? Non voleva far ridere gli altri bambini, né sembrare strano ad Haru-chan.
«Sì, invece.» aveva detto l'altro bambino, prendendo nuovamente gli occhiali e, con un lembo della maglia, aveva pulito le lenti trasparenti, prima di allungarsi e sistemare nuovamente la montatura di plastica dura sul naso di Makoto. «Pensa piuttosto a come farai a nuotare se non ci vedi bene. Oggi dobbiamo andare in piscina.»
Ed era bastato quello, per dissipare tutte le paure e i dubbi del bambino. Uno sguardo pensieroso e due occhi blu che guardavano lui e oltre, qualcosa che forse non sarebbe neppure mai riuscito a capire veramente, neppure da grande.


Fine

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Capitolo 7
*** Sotto il letto ***


Riprendo in mano questa storia, aggiornando con un nuovo capitolo perché... Beh, perché ho riscritto sull'infanzia di Haruka e Makoto, quindi mi sembrava scontato che postassi la storia qui. 
E niente, stavolta ho voluto scrivere qualcosa sul Makotino pauroso; mancavo davvero da un sacco con questi due e quindi probabilmente sono un po' arrugginita. 
Buona lettura!

hapworth

Questa fanfiction partecipa al “Writober” indetto da Fanwriter.it!
Prompt: Dormire (red list)

Sotto il letto


«Ma come, non lo sai? Sotto il letto si nasconde l'Uomo Nero!»
Nagisa non aveva mai avuto particolarmente tatto, malgrado fosse solo di un anno più piccolo di loro, Haruka credeva che fosse quasi completamente privo di attenzioni per gli altri – o forse, più semplicemente, si divertiva a prendere in giro le persone. Era piuttosto sicuro della seconda.
«Haru...» Makoto si era rannicchiato nel suo letto, sotto le coperte e tremolava, facendo muovere tutto – lui compreso. «Non riesco a dormire.»
Haru sospirò piano, prima di andare con la testa sotto le coperte, la piccola luce tra le mani di Makoto che illuminava il piccolo antro formato dalla distanza delle loro testoline.
«Hai paura...?» sussurrò Haruka, guardandolo con i suoi occhi blu in attesa. Gli occhi chiari, color prato di Makoto lo trovarono subito e quello annuì. «È sotto il letto. E se esce? È buio.» pigolò sommessamente, inghiottendo la saliva a vuoto.
Haruka fece una smorfia: Nagisa doveva decisamente imparare a stare zitto.
«Non esiste.»
«Sì invece! Esiste eccome!» esclamò l'amico, punto sul vivo, stringendo la luce colorata contro il proprio petto - come se quel gesto potesse in qualche modo prevenire chissà quale attacco da parte di qualche mostro sotterraneo. «Non esiste.»
«Sì invece-»
«Te lo dimostrerò.» annunciò alla fine Haruka, scoprendo entrambi con una mossa delle braccia. Inutile dire che Makoto lanciò un gridolino, prima di coprirsi di nuovo fin sopra la testa, raggomitolandosi. Haruka lo guardò male, prima di sporgersi con il corpo oltre il letto.
«Haru, no-» gli cercò di dire, con voce fin troppo acuta e tremula l'amico, ma Haruka non lo ascoltò e scese dal letto.
L'oscurità era quasi completa, salvo la luce che proveniva da sotto le coperte. Makoto stava sbirciando da sotto di esse, stringendosele contro, come se quel bozzolo fosse la sua ultima difesa a qualunque cosa ci fosse sotto il letto.
Haru sbuffò, prima di lasciarsi ricadere per terra e guardare al di sotto del letto. «Haru!»
Makoto rimase immobile, anche quando non vide – né sentì – più l'amico; si strinse contro le coperte singhiozzando sommessamente, salvo poi sobbalzare quando, dopo interminabili minuti, la faccia di Haru ricomparve nella sua visuale. Era impolverato, ma stava bene.
«Non esiste.» annunciò, ma Makoto non lo stava più ascoltando: ci si era gettato addosso in lacrime, stringendolo con entrambe le piccole braccia.
Fu un sollievo quando, dopo essersi sfogato, Makoto gli si addormentò vicino stringendogli la mano. Chissà per quanto altro tempo avrebbe dovuto lottare con mostri sotto il letto, nell'armadio e nel bagno? Haruka non lo sapeva, ma fintanto che il suo sacrificio faceva sì che Makoto riuscisse a dormire, andava bene.
Strinse appena di più la mano del suo amico, prima di mettersi sul fianco, tenendo quella mano nella sua fino ad addormentarsi.


Fine

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Capitolo 8
*** Prova di coraggio ***


Tornata nuovamente ad aggiornare questa piccola raccolta (aggiungendo finalmente l'indice, perché cominciavo a essere infastidita dalla sua mancanza all'inizio), scrivo ancora di due piccoli Makoto e Haruka alle prese con le paure di Makoto per le cose spaventose. Adoro maltrattarlo, sì.
Non ho molto da dire, tranne che l'ambientazione è ripresa paro-paro da una mia esperienza personale di quando ero bimbina, adoravo entrare dentro quella casa stregata e quando sono diventata troppo grande per andarci sono stata triste per mesi.
Come al solito auguro a tutti una buona lettura!

hapworth

Questa fanfiction partecipa al “Writober” indetto da Fanwriter.it!
prompt: fantasma || lista: ink


Prova di coraggio

«Haru... non voglio.» La mano si stringeva forte a quella dell'amico, mentre cercava di trattenerlo dal suo camminare verso l'enorme edificio di metallo, dall'aspetto tutt'altro che rassicurante. Ecco uno dei motivi per cui aveva sempre cercato di non andare al luna park con Haruka: la sua innata curiosità, lo induceva a provare qualsiasi cosa, qualsiasi, senza tenere minimamente conto della sua opinione se questa non si fosse in qualche modo amalgamata alla sua.
Makoto non si lamentava mai dell'abitudine del suo amico, del resto erano sempre stati assieme fin dall'asilo ed era normale che arrivati in sesta, si volesse provare qualcosa di nuovo, visto che si era diventati abbastanza grandi e alti da poter entrare in quasi tutte le giostre che i parchi divertimento offrivano. Non gliene faceva una colpa... ma aveva paura.
«Ma è tutto finto, Makoto. Non esistono i fantasmi.»
«N-non importa! Io non voglio entrarci!» esclamò, cercando di trattenerlo, ma quando Haruka gli lasciò la mano, ormai a pochi passi dall'entrata, da quel telo nero che li separava dal suo peggiore incubo, Makoto non poté che reagire in modo inverso e riprendere la mano dell'altro. «Non andare. Ho paura.»
Haru sbuffò, volgendo lo sguardo di lato, seccato. «Deciditi.»
Makoto, sentendosi con le spalle al muro, lo guardò spaventato e con gli occhi verdi sgranati: non voleva andare lì dentro, ma stare da solo, lì fuori, con la paura che Haru non tornasse era anche peggio. Così prese il coraggio, inghiottendo rumorosamente. «... Vengo con te.» pigolò alla fine, arrendendosi alla realtà dei fatti.
Haruka lo guardò incolore, annuendo leggermente, prima di tirarlo con sé, allungando la mano per aprire il telo scuro. Sentì Makoto emettere un gemito atterrito, nel momento in cui la stoffa ricadde dietro di loro e si ritrovarono al buio. Il moretto avanzò timidamente di qualche passo, conscio che potesse esserci qualche pulsante a terra che avrebbe azionato qualcosa, mentre Makoto stringeva talmente forte la sua mano da fargli male – ma non gli disse nulla, immaginando che avesse quasi le lacrime agli occhi. Non gli piaceva il buio e lo sapeva.
«H-Haru?»
«Sì?»
«Ho paura.» Haruka sbuffò internamente, prima di alzare lo sguardo verso l'alto, ma non disse nulla di quello che pensava, immaginando che l'amico volesse solo sentire la sua voce. «Sei insieme a me.» concluse alla fine, decidendo che fosse la sola cosa giusta da dire in quella situazione; il bambino dietro di sé tacque, ma non gli fu difficile immaginarlo sorridere rassicurato, nel buio.
Avanzarono per una decina di passi e poi Haruka sentì distintamente, sotto il suo piede, un pulsante molle e tutto cominciò a tremare sotto i loro piedi. Makoto urlò terrorizzato, mentre l'ambiente diventava rosso scuro. Nelle sue intenzioni l'idea era rimanere fermo, ma il castano decise per lui e corse veloce, tirandoselo dietro; vedeva distintamente le sue guance umide e sentiva il tremore della sua mano.
Arrivarono in un altro vano, dove Makoto rallentò il passo, stavolta erano in penombra, che cominciò a emettere degli strani rumori a ogni loro passo; erano come fischi e Makoto, a ogni fischio saltava verso l'alto, gemendo di spavento e stringendo la sua mano. «Makoto...» lo richiamò, ma l'amico non gli rispose, probabilmente senza voce. Avrebbe voluto rassicurarlo e ricordargli che era tutto finto, ma Makoto era così preso dallo spavento che, probabilmente, non gli avrebbe fato minimamente ascolto.
Mentre avanzavano a passo spedito, Haruka capì che i fischi provenivano da sotto i loro piedi, qualche meccanismo strano, che reagiva a ogni loro movimento. Sentiva dalla presa sulla mano che Makoto non aspettava altro di rivedere la luce e, quando cambiarono ambiente, finendo immersi in degli specchi, lo avvertì sospirare sollevato: quello poteva gestirlo.
Non erano in piena luce, la stanza era in penombra, ma gli specchi riflettevano soltanto loro.
Avvertì chiaramente il sollievo di Makoto, mentre rilassava la presa sulla sua mano. «Questa... non fa paura.» Haruka avrebbe voluto avvisarlo che, quasi sicuramente, presto la luce avrebbe cominciato a tremare e, sugli specchi, si sarebbe riflessa l'ombra di qualche creatura spaventosa, ma non voleva spaventarlo senza averne la certezza.
Ovviamente qualche passo più tardi, le luci cominciarono a tremare e un urlo si diffuse nella stanza, rimbombando. «Ihhhh!» gridò Makoto, facendo un salto indietro, prima di notare con la coda dell'occhio una figura avanzare dal riflesso dello specchio; si voltò, ma la figura avanzava anche dagli altri specchi senza essere davvero lì.
Bianca, lo sguardo nero e le braccia allungate. Inghiottì a vuoto, prima di artigliare nuovamente la mano di Haruka e cominciare la corsa disperata verso un'uscita che sembrava non trovare – anche se Haruka l'aveva vista bene, così come aveva notato i proiettori.

Cinque minuti più tardi, erano fuori dalla casa stregata e il respiro di Makoto tremava ancora. Haruka aveva l'impressione, quasi, di sentire il suo battito impazzito. «Makoto-»
«Non voglio venirci mai più.» mormorò, avvolgendosi le spalle con le braccia; gli occhi liquidi di lacrime, grandi e immensi, di quel colore verde prato che gli piaceva così tanto.
Haruka annuì; la verità era che la sua era stata semplice curiosità. Sapeva che Makoto era spaventato dalle cose spaventose, ma sperava che nell'imbattersi in una finzione, la cosa avrebbe potuto aiutarlo a superare la paura. Purtroppo non era successo.
Abbassò lo sguardo verso la propria tasca dei pantaloni: un portachiavi a forma di fantasmino spuntava oltre le sue dita, mentre ci giocherellava; lo aveva visto e lo aveva preso con la sua paghetta, per poi decidere, memore del primo incontro con Makoto, che sarebbe stato più giusto prenderne due uguali per non fare torto a nessuno dei due.
Solo arrivato a casa, si era reso conto che il pupazzetto di un fantasma non era la cosa più indicata da regalare all'amichetto. Così li aveva attaccati entrambi alle sue chiavi. Uno aveva un'espressione apparentemente apatica, l'altro sorrideva. Un giorno, quando Makoto avrebbe superato la paura, gli avrebbe dato quello che aveva comprato per lui.


Fine

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Capitolo 9
*** Tremore ***


Ed eccomi di nuovo ad aggiornare questa raccolta che non si sa quando finirà! Di nuovo i nostri piccoli teneri bimbi adorabili. **
Auguro una buona lettura a tutti!

hapworth

Questa fanfiction partecipa al "Writober" indetto da Fanwriter.it!
prompt: cerotto || lista: ink


Tremore

«No, non voglio!» il piccolo Makoto, con le lacrime agli occhi, stava cercando di divincolarsi dalla presa dell'amico. Haruka, d'altra parte, lo guardava severamente, per nulla colpito da quel chiaro dissenso rispetto a ciò che era giusto fare.
«Dobbiamo andare a chiamare la maestra.» lo rimproverò. I suoi occhi blu fissavano in modo apparentemente apatico e serio il viso arrossato e umido dell'amico, che scuoteva in modo spasmodico la testa. «No! Non mi fa male per niente!» esclamò e, nel farlo, cercò di muovere la gamba destra. Solo a guardarlo si notava evidente ferita al ginocchio, sporca di terra e di sangue che scivolava lentamente verso il basso. «Mi basta la fontana-»
«No, la mamma dice che bisogna di... disi-qualcosa, altrimenti dovranno tagliartela.» la frase di Haruka, probabilmente, fu terribilmente convincente, perché Makoto impallidì, allargando lo sguardo color prato e smise di opporre resistenza, zoppicandogli dietro, senza più dire nulla.
La maestra era in classe e li accolse con un sorriso, prima di accorgersi del problema – esposto chiaramente anche da Haruka, che teneva la mano di Makoto nella sua. Tremava, così la continuò a stringere anche mentre Makoto si sedeva su una sedia e un batuffolo di cotone bagnato gli veniva passato sulla ferita.
Osservò incantato la reazione frizzante, la spuma bianca che si muoveva e formava sulla ferita pulita e poi il cerotto con disegnato sopra la faccia gigantesca di un gatto paffuto che gli veniva messa sopra con delicatezza. «Assomiglia al gattone che vive nella nostra via...» valutò Makoto – aveva ancora le lacrime agli occhi, le guance arrossate e umide. «Già.» si limitò a dire Haruka, tenendo ancora stretta la mano dell'altro bambino che, finalmente, aveva smesso di tremare.


Fine

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Capitolo 10
*** Rottura accidentale ***


Altra flash di questa raccolta. Non ho molto da dire, è una cosina piccola, ma come sempre mi sono divertita a scriverla - e a pensare a Makoto tutto depresso, perché insomma è precious.
E niente, buona lettura!

hapworth

Questa fanfiction partecipa al "Writober" indetto da Fanwriter.it!
prompt: bicchiere rotto || lista: ink


Rottura accidentale

«Uahhh!» l'urlo di Makoto fece sobbalzare Haruka dalla sedia, inducendolo a scendere istintivamente e correre verso la cucina da dove era arrivato il grido.
Trovò l'amico con la mano protesa al nulla e, ai suoi piedi, un mucchietto di vetri colorati. Makoto aveva le lacrime agli occhi, mentre spostava lo sguardo su di lui, iniziando a tremare. «L-l'ho rotto...» sussurrò, mentre le guance cominciavano a bagnarsi; piccole scie trasparenti, il viso che si arrossava e l'espressione che si incupiva.
Haruka fece qualche passo verso l'amichetto, osservando per terra: non era grave aver rotto un bicchiere, tuttavia Makoto sembra davvero scosso. Si rese conto del motivo solo quando notò il disegno di un delfino su un pezzo di vetro. Era il suo bicchiere preferito e Makoto lo aveva rotto.
«Ho rotto il bicchiere...» mormorò ancora, rinchiudendosi su se stesso, come se fosse possibile, pronto a mettersi a piangere ancora più forte. «Haru-chan... Ngh... S-scusami!»
Haruka tornò a guardarlo, gli occhi blu brillanti e perplessi da quel gesto eccessivo; sì, era il suo bicchiere preferito, ma non era molto importante. Non più della mano di Makoto, che gocciolava sangue. Haruka scattò, afferrandogli la mano non ferita. «Non fa niente. Mi presterai quella con le balene.» osservò e Makoto singhiozzò sorpreso, allargando gli occhi verdi.
«Sì!» esclamò poi, mentre Haruka lo trascinava fuori, alla ricerca della signora Tachibana per porre rimedio al pasticcio.


Fine

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