Halloween Party: ti va di festeggiare con me?

di Zomi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


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★Iniziativa:Questa storia partecipa al contest
“Halloween Party – La Grande Zucca”
a cura di Fanwriter.it! ★
 
★Numero Parole: 880
★Prompt/Traccia: 29-Autoreggenti
 


 
 
Halloween Party: ti va di festeggiare con me?
 
 
 
a Gibutistan, che mi ha dato idee,
forza, risate e ovviamente Ban

Grazie di tutto!

 
1°capitolo: Autoreggenti


 
Corrugò la fronte, isolandosi dal caos del Pub in cui sedevano.
Come aveva detto che si chiamavano?
Cercò di concentrarsi su ciò che gli diceva, ma la sua attenzione era totalmente calamitata sulla parte inferiore del corpo di lei.
Comunque si chiamassero, le adorava.
Il tintinnio delle birre risuonò lontano mentre Zoro fissava Nami accavallare le gambe sotto la tavola spoglia, continuando a parlare e sbuffare per l’acre odore che li circondava nella bettola.
Abbassò gli occhi e li rialzò seguendo la linea nera che solcava la dolce curva delle gambe della sua donna, apprezzandone la sensuale e intrigante visione.
Ghignò a quel pensiero, non staccando gli occhi dalle gambe avvolte nella stoffa della rossa, ricordando per un breve attimo la notte in cui accidentalmente l’aveva addentata, incatenando le loro vite con il Marchio del Cacciatore di Demoni.
Una bella serata, lo doveva ammettere, iniziata con un sano coito e conclusa con un…
-Zoro!- strillò Nami, stringendo le braccia sotto i seni e fulminandolo con lo sguardo –Mi stai ascoltando?-
-Ovvio- inclinò un angolo della bocca, scendendo con le pupille nere sulle gambe accavallate della strega, posando il capo sul pugno chiuso.
Nami roteò gli occhi al soffitto umidiccio e scuro del Pub inglese, storcendo le labbra agli urli non propriamente sobri dei clienti del locale, alternati a volte da ululati e ringhi di bestie non umane.
Teste le gambe sotto la tavola, allungandole soprapensiero e rubando al suo compagno Zoro un nuovo ghigno di piacere nell’ammirarla, constatando che non erano le uniche creature sovraumane che sorseggiavano birre nel locale poco illuminato.
Storse le labbra contrariata nell’essere circondata da altre creature anormali come lei.
Tutta colpa di Zoro e delle sue stupide mansione da cacciatore di demoni.
Perché poi lo accompagnava?
Perché non lo lasciava ai suoi affari demoniaci e non se ne stava al calduccio nella loro camera d’albergo?
Perché doveva accompagnarlo come fosse… suo marito?!?
Ah già: il marchio.
Scosse il capo.
-Quando arriva?- borbottò, inquieta.
-Uhm?- mugugnò, lisciandosi il mento con due dita.
-Il tipo dell’incarico!- sbottò, di scavallando le gambe e impiantandole ben decisa a terra.
Gli occhi di Zoro brillarono.
Oh quella si che era una bella visione.
-Doveva essere qui già da mezz’ora-
Si leccò la punta dei canini, squadrando dall’alto in basso le cosce e i polpacci della rossa, mangiandoli con lo sguardo e percependo una certa aquilina salirgli in gola, e nei pantaloni.
-Non sappiamo nemmeno il suo nome o come’è fatto: potrebbe essere un demone qualsiasi, e potrebbe essere qui-
Era tutta colpa di quelle calze, lo sapeva!
Erano nere e di un tessuto finissimo, così leggero da sembrare una seconda pelle sulle gambe della strega, ma non era semplicemente la struttura della calza a rendere così seducenti Nami.
-E se fosse una trappola? Un’imboscata?-
A rendere così irresistibili le gambe della sua donna era la spessa, invogliante, seducente fascia elastica che si stringeva a metà coscia, proprio sotto l’orlo della gonna della rossa, accentuando la lunghezza affusolata e  lussuriosa dei suoi arti, rendendoli irresistibili.
-Che tipo di lavoro dovrebbe propinarti poi? E come ci ha trovato?-
Aveva una dannata voglia di morderle le gambe.
Morderle, baciarle, strapparle di dosso le calze e farla sua.
Ora, in quell’esatto momento.
Senza se e senza…
-Zoro, per l’amor del cielo, la smetti di mangiarmi le gambe con gli occhi e ti decidi a darmi retta?!?- picchiò un pungo sul tavolo furiosa Nami.
Il cacciatore sollevò gli occhi dalle sue gambe, rivolgendole lo sguardo fosco.
-Come hai detto che si chiamano?-
-Chi?- sbottò secca.
-Le calze- le indicò con un dito, portandolo a posarsi con l’intera mano sulla coscia della rossa, accarezzandola.
Nami inarcò un sopracciglio.
Erano in una bettola inglese piena di sbronzi e, molto probabilmente, lupi mannari, in attesa di un misterioso quanto sconosciuto individuo che voleva affidare loro un altrettanto oscuro e segreto incarico… e lui voleva sapere delle sue calze?
-Autoreggenti- graffiò la mano che la vezzeggiava –Un regalo dalla Francia da Boa, l’ultima moda nelle lande parigine-
-Carine- commentò Zoro, percependo le unghie della strega conficcarsi nella sua mano, che continuò la scalata della gamba fin sotto la gonna.
-Zoro- lo richiamò, con poca convinzione mentre gli permetteva di avvicinarsi a lei, conscia ormai di ciò che aveva in mente –Il cliente che ti ha commissionato l’incarico …-
-È in ritardo- graffiò la fascia elastica che stringeva la gamba della strega –Non sopporto la gente in ritardo- si avvicinò maggiormente alla compagna, riflettendosi nelle sue iridi nocciole e lascive –E, sinceramente, ora ho tutt’altro in mentre che il lavoro-
Vide le sue labbra arricciarsi in un sorriso malizioso, prima di baciarle e ringhiare voglioso.
Che andasse al diavolo il lavoro.
Che andasse al diavolo il pub.
Che andasse al diavolo il caos che li circondava.
Che andasse al diavolo…
-… Trafalgar D. Water Law-
Zoro ringhiò non nascondendo una sola nota di rabbia nel suo latrato, rivolgendo lo sguardo assassino al moro distinto e dagli occhi glaciali fissi su di loro, intento a giudicarli con aria altezzosa.
-E suppongo voi siate la coppia di cacciatori di demoni di cui avevo richiesto i servigi- parlò freddo e distaccato, urtato dalle effusioni della coppia.
Zoro ringhiò ancora.
Si che andasse veramente al diavolo anche Trafalgar.
Gli aveva appena rovinato la serata.

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Capitolo 2
*** 2° Capitolo ***


★Numero Parole: 1040
★Prompt/Traccia: 19-Coltelli finti
 
 

 

2°capitolo: Coltelli finti

 
Scattò nel vicolo, correndo nell’angolo buio tra i muri che formavano il piccolo viottolo, nascondendosi nelle ombre della notte e stringendo Nami a sé quando percepì il fischio del pugnale volare nell’aria.
Riuscirono ad evitarlo solamente piegandosi contro l’angolo della casa che costeggiavano, correndo via sulla strada principale di ciottoli.
Si erano salvati dall’ennesimo lancio di coltelli del loro inseguitore, ma ora correvano sua una via troppo scoperta per sfuggirgli nuovamente.
-Dannazione- strinse i denti Zoro, seguendo Nami in un nuovo vicolo, guadagnando qualche secondo di calma.
Avevano rifiutato l’incarico di Trafalgar.
Troppo pericoloso aveva detto la strega e il cacciatore di demoni non se l’era sentita di andarle contro.
Quei suoi occhi velati di puro terrore non glieli aveva mai visti indossare, e quando le aveva chiesto spiegazioni lei era impallidita, raccontando di vecchie leggende di strani esseri affamati di sangue e corpi dei sventurati viandanti che osavano attraversare la Foresta Nera.
Non se ne parlava di andare in Germani a farsi sbranare da demoni con la pelliccia per assolvere il dovere verso un vampiro –Oh Nami ne era certa!- che sperava di risolvere i problema di vicinato assoldando un assassino di anime nere.
No, se ne sarebbero stati a Birmingham, nella cara, vecchia e umida Inghilterra.
Dove coltelli sfrecciavano nella notte per andare a conficcarsi nei muri delle case dietro cui Nami e Zoro si nascondevano.
-Muoviti!- digrignò i denti il verde all’ennesimo lancio, spingendo in avanti la strega, che ansò nel riprendere la corsa verso il alto opposto del vicolo che divideva due edifici, guardandosi indietro solo quando Zoro le fu accanto, aggrappandosi al suo cappotto e premendoselo contro, mentre un nuovo pugnale si conficcava contro il muro dove si erano nascosti in precedenza.
-Chi diavolo è?- sibilò sottovoce,cercando di riconoscere la figura saettante che saltava di tetto in tetto cacciandoli.
Era troppo veloce per distinguerne i tratti, e non sapendo chi –o cosa- fosse, non erano in grado nemmeno di difendersi da lui.
-E che ne so!- sbottò il cacciatore, spingendola contro il muro e avanzando rasenti ad esso –Non saremmo in questa situazione se fossimo in Germania…- strinse i denti, guardandosi attorno.
-Oh certo!- lo seguì lungo il profilo della casa, affacciandosi per prima nella strada inferiore in cui sfociava –È di lunga preferibile venir sbranati da mostri sconosciuti che evitare coltelli volanti vero?-
Attraversarono di corsa la via, immergendosi nel buoi di una tettoia, sentendo i passi sicuri del loro inseguitore sulle tegole sopra i loro capi.
-Rassegnati Zoro!- cercò di non strillare troppo –Non accetteremo l’incarico di Trafalgar: col cavolo che ti mandavo a morire in una stupida foresta!- lo prese per il bavero del cappotto, scuotendolo.
La fissò serio, piegando lievemente le labbra prima di parlare.
-Mandarmi?- la scrutò nei grandi occhi marroni –Non saresti venuta con me?-
-Io in Germania non ci torn… ah!-
La punta di un pugnale fischiò, impiantandosi violentemente sopra il capo della rossa, spaventandola.
-Trovati!- cantilenò un’acuta e odiosa voce.
Alcuni cocci caddero sulla strada, schiantandosi e disseminando schegge di terracotta ovunque, mentre lo sconosciuto si piegava sulle ginocchia, accucciandosi dall’alto nell’osservare le sue prede.
-Ti ho trovato finalmente Roronoa!- agitò in aria nuovi coltelli –L’ora della mia vendetta è arrivata: ti pentirai di aver ucciso la mia bestia demoniaca!- fece roteare un pugnale sulle punta delle dita, afferrandolo con forza prima di indirizzarlo verso Zoro, che lo scrutò con attenzione facendo scivolare le mani sui fianchi di Nami, portandosi davanti a lei.
-Trema di paura Cacciatore, e assillati nei tuoi ultimi momenti di vita con il mio nome!-
-Se lo sapessi…- digrignò i denti, cercando una via d’uscita.
-Cos..?!? Come osi non ricordarti di me?!?- pestò i piedi sul tetto su cui si manteneva in equilibrio, agitando la chioma bionda assieme all’esile figura mingherlina –Sono il Gran Duca Hermeppo!-
Zoro continuò a fissarlo, non riconoscendolo.
-Il Gran Duca di Lione!- urlò offeso –Hai ucciso la mia bestia demoniaca, che andava a divorare bestiame e poveracci nelle campagne… come fai a non ricordarti di me?!?-
-Oh non prendertela- soffiò Nami –Ne incontriamo così tanti di svitati che ricordali tutti è un’impresa-
-Ma… ma… la mia vendetta… io… ah! Vi ucciderò entrambi, dannati!-
Lanciò il coltello che brandiva con rapidità contro la coppia, aggiungendone altri che seguirono il primo nella rapida discesa verso il loro bersaglio.
Zoro impiantò a terrà un piede, pronto a far da scudo a Nami, che fu più veloce, sgusciando da dietro le sue spalle parandosi davanti a lui agitando le mani, iniziando a mormorare un incantesimo contro i pugnali nella manciata di secondi che impiegarono le lame a cadere su di loro.
Stava per completarlo, tra le risate acute di Hermeppo e l’urlo preoccupato di Zoro dietro di lei, quando i coltelli si schiantarono su di loro emettendo… un lieve TOCH contro i loro capi.
-Ouch!- si massaggiò il capo ramati Nami –Ma che… sono di legno?!?-
Zoro storse le labbra grattandosi la spalla colpita dall’arma, raccogliendola da terra e sbattendola conto il muro più vicino, verificando che fossero realmente di legno.
-Coltelli… finti?- commentò, rigirandosi tra le dita l’arma, percependo l’ira crescergli dentro.
Avevano corso per le vie della città di notte, impauriti da dei coltelli giocattolo?
-Ehm… bhè…- si schiarì la gola Hermeppo, da sopra il suo tetto –I primi dodici erano veri eh! Ma sai, a forza di lanciarli di qua e di là, li ho finiti e ho dovuto ripiegare su.. è solo colpa vostra!- agitò mani e gambe, sbraitando offeso e imbarazzato –Se vi foste fatti colpire con i primi colpi non avrei dovuto usare stupidi coltelli finti per la mia vendetta!-
Nami aprì e richiuse bocca varie volte, scioccata.
-Ma… ma è un babbeo- boccheggiò sconvolta, non riuscendo a capacitarsi del fatto dell’essersi fatta terrorizzare da dei stupidi coltelli di legno.
-No, ti sbagli- ringhiò Zoro, sfilandosi il cappotto e affidandoglielo, piegandosi con le gambe a terra pronto a lanciarsi sul loro avventore -È un babbeo morto!-
Prese il volo, atterrando contro l’esile figura di Hermeppo, ringhiando nel sovrastare le sue urla di paura.
Nami scosse il capo, lasciando che il compagno bastonasse il vendicativo lanciatore di coltelli con le sue medesime armi farlocche.
-Quasi quasi…- sospirò -… era meglio farsi sbranare dai mostri della Foresta Nera-

 

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Capitolo 3
*** 3° Capitolo ***




★Numero Parole: 894
★Prompt/Traccia: 38-Promessa


 




3° capitolo: Promessa


Calciò il corpo che aveva appena atterrato, estraendo dalla carcassa una spada prima di lanciarla furioso contro l’ennesima guardia che accorreva per il chiasso che stava provocando nell’evadere.
Non gliene importava un bell’accidente se lo sentivano!
Anzi, tanto meglio: così avrebbe capito che stava arrivando e si sarebbe contato le poche ossa da zombie che gli restavano.
-Dannato bastardo!- ringhiò lanciandosi contro due morti viventi, gettandoli dietro di sé prima di avanzare sicuro su per la scalinata che collegava le segrete all’interno del castello.
Era su tutte le furie Zoro.
Non credeva di poter provare un’ira simile.
Sentiva il sangue ribollirgli nelle vene, correre nel suo corpo e confluirgli nel capo, facendolo pulsare ritmicamente sulle tempie e annebbiandogli la vista.
Lei, lei aveva osato salvarlo?
In quel modo poi?
Capiva benissimo che la situazione non fosse delle migliori, che erano circondati da zombie affamati guidati da quell’essere mezzo umano e mezza bestia, Lord Absolom, che fossero già gravemente feriti e indeboliti da quell’esercito già morto così difficile da sconfiggere, ma come aveva potuto proporre quel patto a quell’essere deforme e pervertito?
Come?
Come aveva anche solo pensato di proporsi come promessa sposa al morto vivente dalla chioma bionda in cambio della salvezza del cacciatore?
Che diamine le era passato per il cervello?
Credeva che lui avrebbe permesso tutto ciò?
Credeva forse che avrebbe aspettato paziente la sua liberazione alla fine della cerimonia nuziale?
Credeva che se ne sarebbe stato buono buono nelle segrete ad aspettare che lei diventasse la promessa sposa di Lord Absolom?
-Promessa!- latrò, affondando il palmo contro il volto di una guardia, sbattendolo contro la parete di roccia fredda della scalinata, prendendo per i lembi della camicia un nuovo zombie e scaraventandola giù per la tromba delle scale –Promessa!-
Non si era mai sentito così furioso, così voglioso di mettere le mani addosso a qualcuno e cambiargli i connotati a forza di pugni.
Voleva solo trucidare Absolm, spezzargli ogni legamento e mettere a macerare i suoi muscoli animaleschi.
Voleva solo riprendersi Nami, e lo avrebbe fatto nel modo che prediligeva di più: prendendo a pugni ogni singolo essere morto o non che si sarebbe frapposto tra lui e la sua strega.
Non controllò nemmeno se il corridoio fosse libero, quando raggiunse la cima delle scale.
Lo attraversò e non appena vide la prima guardia affiorare da una stanza lo prese per la giugulare, sbattendolo a terra premendo con forza la carotide, zittendolo prima che potesse dare l’allarme.
-Promessa!- tuonò ancora, incapace di accettare quella parola e marciando nel lungo corridoio centrale del castello –Promessa sposa!-
Nami, la sua Nami, promessa sposa di un altro?
Oh no, era una cosa che non stava né in cielo né in terra.
Nami era sua!
Solamente sua!
-Promessa sposa di un altro!- azzannò l’aria, afferrando a caso, da una delle armature che arredavano gli interni del palazzo, una lancia e gettandosi contro la massa scomposta di cadaveri riportarti in vita che avanzavano lenti ma minacciosi contro di lui.
-Promessa sposa un accidenti!- conficcò ogni singolo corpo sulla punta affilata dell’arma, atterrandone parecchi con la sua corsa, prima di impiantare per bene zombie e lancia contro la parete del corridoio.
Respirò profondamente, sollevando gli occhi rossi d’ira contro il primo morto vivente della fila che aveva impalato, urlandogli contro.
-Non se ne parla proprio!- imprecò, facendo tremare il poveretto –Lei è mia! Io le ho fatto il marchio per primo, io sono legato a lei, io le dormo accanto ogni stana notte, io la sopporto da mesi...- liberò un basso ringhiò, lasciando la presa sull’elsa della lancia, che vibrò contro i corpi che manteneva conficcati alla parete –Lei è la mia promessa sposa, è chiaro?-
-C-certo!- sollevò le mani lo zombie, impaurito come non mai dal cacciatore –Sono d’accordo con lei! Pensi che nemmeno volevo partecipare al matrimonio!-
Zoro gli voltò le spalle, riprendendo a marciare per il castello diretto alla cappella, dove era certo si stesse tenendo al cerimonia.
-Promessa- sputò a terra, strappando un braccio bluastro a un morto vivente che tentava di fermarlo, chiedendo aiuto ai compagni dediti alla difesa della porta che conduceva alla cappella.
Li rovesciò a terra a mani nude, abbattendone poi i palmi contro il legno rossastro della piccola chiesetta interna del castello.
-Promessa…- strinse i denti tra loro, trattenendo un latrato furioso che gli tremò in gola -… promessa…-
Aprì le porte con forza, sfilandole dai cardini che le reggevano  e facendole schizzare dietro di sé e contro la massa di zombie accorsi a fermarlo.
Non accennò a nessun segno di cedimento mentre posava lo sguardo sulla figura di Nami vestita di bianco e tra le braccia della bestia metà uomo e metà leone, intenta a non lasciarsi baciare dal Lord degli Zombie.
Il ruggito che tratteneva riecheggiò nella cappella più minaccioso che mai, facendo sussultare la rossa, che sorrise con labbra tremanti.
-Ehi tu!- latrò Zoro togliendosi la giacca logora e lanciandola sulle ultime panche, tendendo il braccio verso Abslom –Hai scelto la sposa di qualcun altro sai?- ghignò facendo schioccare tra loro le dita, tendendole minaccioso -Dobbiamo decisamente… parlare!-
L’ira ebbe libero sfogo.
 



 

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Capitolo 4
*** 4° Capitolo ***


★Numero Parole: 1451
★Prompt/Traccia: 16-Macchie


 


4°capitolo: 16-Macchie
 
Avanzavano lenti lungo il corridoio dell’edificio.
Ogni passo riecheggiava nel silenzio assoluto della casa, rimbombando contro di loro quasi che il buio notturno ne facesse da eco.
Nami tremò, aggrappandosi con maggior forza alla blusa di Zoro, che avanzava a passo sicuro con la sola traballante luce della candela che reggeva in mano a guidarlo.
-Zo-zoro…-  piagnucolò la strega, non osando staccare gli occhi di dosso dalla schiena del compagno.
-Shh!- la zittì non voltandosi a prestarle attenzione –Ce n’è un’altra-
Nami si morse le labbra con forza per non lasciarsi scappare l’urlo impaurito che le fece vibrare la gola.
Riluttante, abbassò gli occhi ai suoi piedi, bisognosa di sapere dove fosse per evitarla più che per essere certa che vi fosse davvero.
Sentì le tempie pulsarle con violenza e la vista traballare appena quando posò gli occhi sulla densa e ampia macchia rossastra che ungeva il pavimento su cui camminavano.
Le dita si serrarono sul tessuto della maglia del cacciatore e le unghie rischiarono di graffiargli la schiena in una muta richiesta di scappare da lì della giovane.
Era la decima.
La decima enorme, densa, coagulata e scarlatta macchia che trovavano da quando avevano messo piede in quella casa.
Si erano fermati al villaggio di quella piccola landa Polacca solo per rifornirsi, ma le storie di strani incursioni delle case dei poveri abitanti e del ritrovamento di numerose macchie appiccicose non erano rimaste a lungo ignorate dal Cacciatore di Demoni.
Lì per lì Nami non si era preoccupata: un demone che si divertiva a rubare nelle case e a imbrattarle doveva essere un compito da poco per il suo cacciatore, in più le loro casse piangevano e necessitavano di liquidi sonanti.
I suoi piani di arricchirsi avevano avuto una brusca frenata e un immediato desiderio di fare dietro front quando le avevano comunicato di che sostanza fossero le macchie che il demone tanto si divertiva a disseminare nelle case che visitava: sangue.
Denso, coagulato, ferroso e rosso sangue.
E così i piccoli furtarelli di cibo erano subito mutati in una disperata ricerca di saziare la fame del demone che, quando non trovava pace nelle dispense di marmellate dei contadini, molto probabilmente si riversava su piccoli animaletti, dissanguandoli e lasciando nelle case piccole chiazze a testimonianza della sua cena.
Ma chi poteva assicurare che tale appetito, una notte, non volesse sfamarsi di qualcosa di ben più saporito che di semplici animaletti notturni?
Magari una mucca, un intero pollaio… o un essere umano?
Era un demone che doveva essere fermato il prima possibile, prima che la sua cene diventasse cosa ben più preoccupante di dispense vuote e macchie scure.
Una cena a base di Cacciatore di Demoni e la sua compagna ad esempio.
-Attenta- l’ammonì Zoro, riportandola al loro pedinamento notturno in quella casa disabitata, spingendola contro il muro e facendole evitare l’ennesima macchia coagulata a cui la strega non concesse nemmeno una rapida occhiata.
Nami annuì, seguendolo in punta di piedi, zigzagando tra le macchie sempre più numerose, fino a fermarsi dietro le spalle del compagno, immobile dinanzi a una porta.
-C’è qualcuno- l’avvertì soffiando sulla candela e permettendo al buio di abbracciarli totalmente.
La strega allungò una mano a quella del compagno, stringendola forte e annuendo quando percepì il suo sguardo su di lei.
Sapeva benissimo cosa aveva in mente: aprire la porta e affrontare il demone che si era sfamato di chissà che creatura per disseminare tutte quelle tracce sanguinolenti.
No, non si trattava più di qualche animaletto.
Qualcosa di ben più grosso aveva fatto da cena al demone quella notte.
Stringendo con forza le dita alle sue, lo sentì prendere un respiro profondo e, con un calcio ben assestato, aprire la porta che avevano davanti entrando in quella che doveva essere stata la cucina della residenza con spada sguainata.
-Fermo dove ti trovi demon… procione?-
Nami, occhi ancora chiusi per vietarsi la visione di chissà che demone banchettante, si sporse da dietro la mole di Zoro, confusa dall’urlo incerto del verde.
Una piccola candela, vecchia e logora, illuminava una piccola porzione di pavimento e una credenza, aperta e da cui sbucava una strana creatura non più alta di mezzo metro, le cui zampe posteriori dondolavano sulla mensola più alta della armadietto.
Sul capo aveva delle piccole corna, occhi grandi e impauriti dall’intrusione dei due strani esseri che lo studiavano e la bocca gocciolante di una strana sostanza densa e rossiccia, la medesima che colava dalle sue zampe e fin sul pavimento macchiandolo.
La medesima che sporcava i numerosi barattoli di marmellata, ormai vuoti, disseminati sul pavimento della cucina.
Densa, rossa, rafferma e zuccherosa marmellata di fragole.
-Ma…- boccheggiò la ramata sporgendosi ancora a studiare la creatura tremante di paura -… ma è un Tanuki? Un Tanuki ladro di… marmellata?-
-Non sono un Tanuki!- sbuffò la creatura mossa da spirito orgoglioso, prima di tornare  a tremare impaurita –Sono un Eale e… e… posso… posso… posso mangiarvi in un boccone! Auuu!-
-Quelli sono i lupi- ridacchiò Nami, prendendo la candela che ancora Zoro reggeva, accostandola a quella del cervo e accendendola –Tu sei solo un cervo leggenario prottettore di queste lande…- strizzò l’occhio all’esserino -… goloso di marmellata, vero?-
Il cervo arrossì sulle gote, dondolando con maggior enfasi le zampe penzoloni.
-Marmellata di fragole- precisò -È così buona!-
La strega ridacchiò ancora, scuotendo il capo.
-Come ti chiami piccolo ladruncolo?- gli porse un barattolo ancora mezzo pieno di frutta.
-Chopper!- rispose lesto e goloso quello, infilando lo zoccolo nel vasetto ed estraendolo ricoperto di confettura, la cui maggior parte colò a terra a formare larghe e appiccicose macchie di marmellata di fragole, che una volta asciutta sarebbe stata facilmente confusa con del sangue, soprattutto se a ritrovarla fossero stati degli impauriti contadini.
-Cosa…?- grugnì Zoro, mani in tasca affossate per la confusione che l’affliggeva.
-È un Eale- spiegò Nami –Una creatura dei boschi- allungò un dito a raccogliere un po’ di marmellata disseminata sul pavimento, tastandola tra i polpastrelli –E le macchie di sangue tanto decantate dalla gente del villaggio è solo…-
-… Marmellata di Fragole!!! Awww♥♥♥!- uggiolò la creatura, alzando in aria il suo nuovo trofeo di confettura appena ritrovata nella credenza.
Zoro si grattò il capo.
-Abbiamo dato la caccia a una ladro di marmellata?- sbuffò.
Un altro falso allarme!
Un'altra piccola creatura benigna che veniva scambiata per il più pericoloso dei demoni dai popolani ricchi di paura.
Un’altra notte passata sulle tracce di folletti e fate dispettose, piuttosto che tra le tette di Nami.
Un altro lavoro inutile e… ouch!
-Cosa ti ho detto riguardo ad accettare gli incarichi di gente piena di paura?- lo prese per il lobo ornato di orecchini Nami ora furiosa, strattonandolo con forza.
-Di spennarli al massimo!- storse le labbra Zoro.
-E poi?- lo sgridò ancora , regalandogli un altro strattone–Non ti ho detto di accertarti sempre che non ingradiscano i fatti reali? Non ti ho detto di non credere a ogni loro singola parola ma di verificare?-
-Hai accettato tu questo incarico!- cercava di divincolarsi –“Lavoro facile”, l’hai chiamato prima di prendere paura per le macchie! Dannazione Nami: l’orecchio!-
-Se non penso io alla cassa moriremo presto di fame!- alzò la voce, ignorando gli occhi puntati su di lei di Chopper, zoccolo in bocca a sfamarlo –E poi sei tu l’esperto no? Come hai potuto scambiare le macchie di marmellata per sangue?!?-
-Dannazione donna!- era ormai in ginocchio sotto la presa della rossa –L’orecchio, l’orecchio!-
-Ora torniamo in paese, ci facciamo pagare e diciamo a quei quattro sciocchi che una volta al mese dovranno immolare cinque barattoli di marmellata al demone Chopper per ingraziarselo… chiaro?-
-Ma perché?- latrò –Non possiamo consegnarglielo e basta? Potrebbero scuoiarlo e…-
-Non lo dire nemmeno!- strillò Nami –Non hai visto che dolce e carino è?- mollò finalmente la presa, aprendo le braccia a indicare al compagno la creatura ancora appollaiata nella credenza.
Quella, bocca gocciolante di marmellata, inclinò il capo sorridendo tenero.
–Non possiamo permettere che muoia di fame o si faccia prendere!- decretò convinta.
Zoro soffiò dal naso.
-Sembra il mio collega Rufy di New Orleans quando vede un cosciotto di carne- brontolò massaggiandosi il lobo dolorante.
-Oh, sta un po’ zitto- sbuffò, la camminata fluida diretta già lungo il corridoio.
-Sei una pazza lo sai?- le urlò dietro Zoro, alzandosi e rincorrendola.
Chopper li osservò bisticciare mentre camminavano, lei che minacciava di “Sciopero del sesso” lui di “Abbandonarla in balia dei lupi… poveri lupi”, e convenne che erano davvero due individui strani.
Strani ma gentili.
Inclinò il capo ancora una volta, prima di correre dietro loro e osare parlare.
-Scusi… ehm… Nami?- azzardò, attirando l’attenzione della strega, che gli sorrise in ascolto –Invece che cinque barattoli di marmellata, non potrebbero essere dieci al mese?-
 

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Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***


★Numero Parole: 3761
★Prompt/Traccia: 1-Luna Rossa


 

 
5°capitolo: 1-Luna rossa


 
Rivolse un’ultima occhiata alla sfera rossa che illuminava la notte solcando i cieli.
Luna rossa.
Tonda e scarlatta, la luna si mostrava nella sua più paurosa veste, inondando di sfumature amaranto le lande danesi dove si trovavano.
Alla fine di un lungo tunnel fognario il vento soffiò sibilino e scarso, impaurito anche lui dalla luce che l’astro riversava sulla terra.
Nami scosse il capo distogliendo gli occhi dal cielo notturno, avvicinandosi a Zoro non appena Lafitte fece scattare la serratura del collare che gli aveva imposto di indossare.
Il cacciatore ringhiò contro il pallido individuo, ancor più enigmatico e doppiogiochista ai suoi occhi a causa della luce lunare.
-Non mi fido ancora- parlò roco a Nami, le sue candide mani ad accarezzargli il viso.
-Dobbiamo- si sporse a posare la fronte sulla sua, scivolando con le dita a circondargli la gola ora stretta dalla morsa fredda del collare.
-Ricorda…- gli accarezzò la poca nuca nuda con due dita -… solo lui e Doc Q sanno al strada per introdursi nel castello di Ser Kaido senza incorrere in pericoli- prese un respiro profondo, occhi chiusi e mente concentrata –Dobbiamo fidarci di loro se vogliamo salvare questa città dal flagello dei vampiri-
Zoro annuì, ma la morsa allo stomaco che lo attanagliava non gli concesse pace.
Sentiva, sentiva che sarebbe successo qualcosa.
Respirò profondamente stringendo le mai sui fianchi della sua strega, cercando conforto nelle sue carezze dolci e leggere.
La commessa per quell’incarico era arrivata a lui direttamente dai piani alti.
Mihawk l’aveva indicato come miglior Cacciatore per quel compito e lui non aveva potuto tirarsi indietro.
Dalla Polonia avevano viaggiato fin in Danimarca, dove erano rimasti nell’entroterra in quella città dimenticata da Dio ma ben voluta dal peggiore dei figli di Satana.
Vampiri.
Dilaniavano, saccheggiavano, usavano gli abitanti come giocattoli, sfamandosi di loro o contagiandoli con il loro morbo prima di ucciderli senza pietà lasciandoli in balia del sole  incatenati a qualche tomba, divertiti dal terrore che gli umani si tramandavano di giorno in giorno.
I morti non si contavano nemmeno più.
I contagiati venivano uccisi goliardicamente da chi li aveva creati, o dai aprenti stessi e se non sceglievano di perire si inginocchiavano al loro nuovo padre, entrando in quella numerosa e spaventosa famiglia che regnava su quelle lande scogliose senza necessitare alcuna corona.
Dovevano intervenire, e in fretta.
Perché se le scorribande goliardiche dei figli di Kaido erano il flagello peggiore per la cittadina nelle ore notturne, potevano ben presto diventare una vera e propria epidemia per il paese se non fermati  in tempo.
Solo i figli più giovani avevano la forza di cacciare e portare del cibo al Castello dove alloggiavano, seminando il terrore nella notte mentre oziavano nel buio della loro dimora nelle ore diurne, ma i più anziani non erano più in forze: troppo vecchi e logorati dal tempo, o troppo annoiati per cercare energie.
Ma la Luna Rossa concedeva loro un’occasione.
Una sola volta ogni dodici secoli, la Luna rossa solcava sui cieli danesi, regalando alla famiglia Kaido al gran completo nuova linfa vitale, che avrebbe reso di nuovo forti e vigorosi anche i membri più anziani per un’intera notte. Un’intera notte in cui avrebbero razziato la città in cui vivevano da secoli e quelle vicine, per poi espandersi nei mesi successivi in tutto il paese e dilaniarlo.
Una volta di nuovo pieni di energia, nessuno avrebbe potuto fermarli e una nuova alba di sangue sarebbe sorta sui Regni delle Sirene e sull’Europa intera.
Zoro era stato inviato lì per fermare tutto ciò, ma nonostante le sue abilità il compito non era stata comunque facile da svolgere.
Fermare i figli di Kaido era stato facile, ma il padre stesso?
Non poteva permettere che Kaido in persona sopravvivesse alla Luna Rossa, ed era da questo punto cruciale che era nata la loro collaborazione con Lafitte e il suo poco sobrio collega, Doc Q.
Erano due loschi individui che lavoravano nei livelli più bassi della società, inetti e inaffidabili, doppiogiochisti e inclini solo alla truffa, ma anche gli unici che erano stati in grado di entrare e uscire dal Castello di Kaido incolumi.
Un passaggio a livello, aveva assicurato Lafiette, attraverso le fogne e su per le segrete, fino al cuore pulsante della reggia, dove avrebbero potuto eliminare il problema alla radice, uccidendo Kaido nel dormi veglia del vespero, prima che uno dei suoi figli portasse la vittima sacrificale in pasto al Padre, segno d’apertura per festeggiare la Luna rossa.
Tutto facile, tutto semplice.
Entrare, sopraffare Kaido prima che concedesse l’inizio della fine, uscire.
Il tutto prima della notte fonda, in tempo per l’alba.
Si facile.
Peccato che Zoro non si fidasse di Lafitte, e che Lafitte non si fidasse di Zoro.
L’accordo era stato raggiunto con difficoltà e diffide: Nami sarebbe stata condotta all’interno del Castello dal mai troppo poco ubriaco Doc Q, che le avrebbe mostrato la strada, mentre Zoro avrebbe tenuto d’occhio Lafitte e le vie di fuga del castello le caso qualche vampiro avesse provato a scappare.
Non si fidava di lui, e non lo avrebbe mai lasciato entrare nel castello con Nami, ne l’avrebbe lasciato fuori con lei: da un corvo ti puoi aspettare solo che ti becchi in un occhio quando gli volti le spalle.
D’altra parte entrare lui nel castello con quell’individuo sarebbe stato poco saggio: si sarebbe perso, avrebbe fatto un gran baccano per natura e le possibilità che alcuni vampiri fuggissero aumentavano se si pensava che la magia di Nami avvertiva gli effetti della Luna Rossa.
No, sarebbe entrata lei, veloce e scaltra, silenziosa come un’ombra, avrebbe lanciato l’incantesimo per togliere l’immortalità a Kaido che tanto a lungo aveva cercato, tramutando in polvere quel suo corpo pluricentenario, mentre lui aspettava al varco i resti della famiglia di vampiri.
Un piano semplice.
Un piano semplice e ricolmo di dubbi.
-Dovrei andare io- sbottò secco Zoro, le mani di Nami a lasciargli un’ultima carezza sulla gola, attutita dal collare.
-Con questo- giocherellò con l’anello di ferro che gli cingeva il collo la strega –Non saresti molto più utile che qui-
Un nuovo basso e roco ringhio uscì dalle labbra del cacciatore, che dilaniò con lo sguardo al figura di Lafitte, sornione e rilassato contro un albero lungo il canale di scolo.
Anche lui non aveva lasciato nulla al caso.
Se doveva rimanere da solo con un feroce cacciatore di demoni all’estremità dell’unica uscita di un castello ricolmo di vampiri affamati e assetati di potere, non voleva di certo incombere in alcun pericolo.
Nel caso di una probabile carneficina di sanguisughe, non era suo desiderio entrar a far parte delle vittime mietute da Roronoa, e con quel collare si era assicurato ogni immunità da parete del cacciatore e delle sue armi: se avesse anche solo provato a ferire Lafitte, la morsa alla gola si sarebbe stretta fino a soffocarlo.
Medesima fine se non lo avesse protetto da qualche attacco a sorpresa del loro comune nemico: la morte del corvo significava la fine anche del cacciatore.
Non aveva avuto scelta Zoro, doveva difendere Lafitte se voleva salvarsi, doveva fidarsi di lui e del suo alticcio compare se voleva rivedere Nami uscire dalla gola profonda che conduceva nel castello e appropriarsi della chiave che lo avrebbe liberato da quella ghigliottina che gli abbelliva la gola.
Dove si fosse procurato quell’arnese, Zoro preferiva non saperlo.
-Merda- imprecò sentendosi la mente riempirsi di ogni singolo dettaglio negativo e fuori posto di quella missione.
Nami sorrise in un misto di falsa leggerezza e acidità di stomaco.
-Andrà tutto bene- gli accarezzò un’ultima volta il viso, allontanandosi con Doc Q lungo la fognatura.
-Tieni le orecchie aperte- urlò scomparendo nel buio fetido della galleria.
 
 
Storse il naso percependo lo stivale affondare nella melma soffice.
Con labbra arricciate a trattenere i conati di vomito, si appoggiò alla parete in ascesa verso l’alto, sollevando gli occhi alla cima della scala a chiocciola che stava percorrendo.
La traballante e possente figura di Doc Q la superava di qualche scalino, sovrastandola di appena una curva sopra la sua testa.
-Uh uh uh… per di qua!- strillò alticcio, lasciando che la sua sporca voce riecheggiasse nel baratro che stavano risalendo.
Nami sapeva che non sarebbe stata una passeggiata.
Lo aveva capito quando aveva perso l’equilibrio nella galleria fognaria la prima volta, ne aveva avuto conferma quando la viscosa patina umida di chissà che liquido umano le aveva fatto da pavimentazione anche nelle segrete rugiadose e buie del castello ma mai si sarebbe aspettata di averne ulteriore conferma anche nell’arrampicata verso la sala principale, dove Kaido riposava in attesa del picco di Luna Rossa.
Sembrava che ogni parete del castello fosse stata tinta di sangue e membra umane, e che le mura umide avessero assorbito quella patina maleodorante come sangue proprio, per poi rigettarlo fuori come vomito.
Staccò la mano dalla parete, assicurandosi che l’impronta fosse ben visibile sul muschio –oh quanto sperava che fosse muschio!- che si arrampicava sulla parete.
Prese un profondo respiro, inzaccherandosi le narici dell’acre odore di morte che la circondava, raccogliendo le forze e avanzando sulla rampa.
Gli effetti della Luna Rossa le gravavano addosso come il mantello che indossava, costringendola a incurvarsi sotto il loro peso e a concentrarsi più che mai per incanalare la sua magia.
Avanzò ancora, tre scalini fissi a distanziarla dall’oscillante accompagnatore che le faceva strada e che ogni tanto si dava forza sorseggiando dalla sua fiaschetta chissà che dolciastro liquore.
Ogni singolo passo le rimbombava nella mente, echeggiando e rimbalzando nella calotta fino a trovare una fessura e scivolarne fuori, venendo risucchiato nelle segrete del castello e poi giù, giù nella galleria fognaria per poi scivolare all’aperto, a respirare aria fresca e lontano dal vespaio di assassini in cui si stava inoltrando.
Avrebbe voluto avere Zoro con sé, non a proteggerla, ma ad assicurarle che sarebbe andato tutto bene, che era all’altezza del suo compito.
Aprì bocca per respirare piano, la pesantezza della Luna Rossa che le sussurrava all’orecchio parole melense e ammaliatrici che faticosamente allontanava da sé mentre posava l’ultimo passo oltre la cima della scala a chiocciola.
-Ci siamo quaaasi… hic!- cantilenò con un po’ troppa voce alta Doc Q traballando lungo il corridoio che si apriva dianzi a loro.
Nami lo seguì, le mani aggrappate alla parete bagnata a reggerla e segnare il suo cammino.
Il buio li aveva avvolti fin dal primo passo nella fogna, ma all’interno del castello sembrava essersi appesantito fino all’inverosimile.
La rozza e grossolana figura dell’alcolizzato non era più così chiara e nitida agli occhi della strega, che faticava a tenere il passo con lui, zoppicando a volte nel non venir lasciata indietro.
-Aspettami!- sibilò con un filo di voce stanca, ma il frusciare del suo stesso soprabito la sovrastò rendendo inudibile il suo ordine.
Maledì quel bastardo di un ubriacone e tutta la sua stirpe, augurandogli la gotta e l’esplosione del fegato.
Lo stava ancora dannando quando percepì la pavimentazione sotto i suoi piedi inclinarsi.
Si fermò respirando velocemente.
La parete l’aveva abbandonata da sette passi, e ora l’aria che la circondava era asciutta da ogni zaffata di odore umano. Sembrava che l’umida morte che l’aveva accompagnata fosse stata asciugata con avidità da qualcuno, lasciandola sola e priva di calore.
Si strinse nelle spalle, il capo infossato nel cappuccio del mantello, i piedi ben impiantati a terra in quello che le sembrava la bocca di un imbuto su cui era al margine estremo più lontano dal collo ristretto.
Lo sapeva, sapeva che era entrata nel piatto dei vampiri, quella porzione di pavimentazione speciale in cui quelle bestie immonde ingurgitavano sangue, e al cui centro un piccolo pertugio, circondato dalla pavimentazione inclinata, permetteva lo scolo dei resti dei pranzi di uscire dalla sala dei banchetti senza troppe difficoltà.
Lo sapeva Nami, ma avrebbe preferito ignorarlo.
Deglutì, cercando la presenza di Doc Q ma non si stupì di non sentirlo né zampettare davanti a sé, né canticchiare come aveva fatto nella galleria o durante l’intero cammino.
Prese un ultimo respiro, beandosi illusoriamente dell’aria fresca di cui ora poteva godere.
-Che ne dici?- alzò la voce stringendo le mani ai bordi del mantello –Basta con i giochetti Doc Q?-
Un solo passo si mosse dietro di lei, più sicuro e pesante di quelli che l’avevano guidata fin lì.
-Lafitte lo diceva che eri sveglia-
Nessuna inclinazione, nessuna vocale strascicata o nota stonata.
Sembrava che il suo alticcio accompagnatore fosse sobrio per una volta, e stranamente Nami rise di ciò.
-A tuo contrario- lo derise, chiudendo con maggior forza il mantello sul petto, oppresso e doloroso per gli effetti della Luna Rossa.
Dio, quando la odiava!
-Libera di pensarlo…- le frusciò accanto veloce, nel medesimo lampo in cui la sala si illuminò di candele rivelando gli innumerevoli vampiri arrampicati in ogni dove lungo le pareti e oltre il suntuoso trono che ornava su un lato il salone.
-… ma non sono certo io che diverrò la portata del giorno-
Nami sollevò appena il capo ad incontrare gli occhi scarlatti di Doc Q, rossi come quelli che la fissavano affamati e vogliosi di dilaniarle il corpo dissetandosi del suo sangue.
-Lo sospettavo- ammise osservandolo arretrare in agili saltelli all’indietro fino ad affiancare il torno della sala –Tu e Lafitte siete vampiri-
-Mangiare o venir mangiati- alzò spalle e mani il medico, squadrandola divertito –Quando ci siamo introdotti qui per  la prima volta è stata questa l’opzione che ci è stata riservata: la nostra scelta è ovvia non ti pare?-
La strega storse le labbra, saettando con le iridi nocciole dal traditore ai suoi fratelli che ansavano attorno a lei.
Era impossibile contarli.
Si agitavano sulle pareti a cui erano ancorati, ondeggiando avanti e indietro a rubarle il suo profumo umano, leccandosi le labbra e sbavando con l’acquolina in bocca in attesa del permesso di sfamarsi.
Ve n’erano dall’aspetto più giovane, altri dalla pelle così chiara da sembrare cristallo, altri ancora con iridi rosse come il sangue appena stillato mentre un minor numero li aveva neri, come la fame e l’ingordigia.
Deglutì cercando di calmare i dolori al petto e il respiro affannoso,  le mani strette fino a sbiancare le nocche nel chiudersi il mantello sul corpo.
Era caduta in quella trappola come una principiante, e non era difficile capire perché lei fosse lì.
-La vittima sacrificale d’apertura-
Non era stata lei a parlare, ma l’ombra seduta sul torno mal celata dalle candele che non riuscivano a illuminare appieno per la sua imponente mole.
Aveva una voce roca, profonda, vecchia più dei secoli che rimbombava lungo le pareti della sala e lungo il corridoio che l’aveva portata lì.
Forse riusciva a raggiungere le segrete, strisciando sulla melma che ricopriva gli interni del castello, ma la contrario del limo ex umano di cui nemmeno i vampiri si erano nutriti, il tono del monarca sembrava rinvigorire ogni figlio di satana lì presente, che uggiolava, ansimava adorante, saltellava smanioso di altre parole, di altre vibrazioni del loro Re.
-Lord Kaido- si inchinò rozzamente Q muovendo la sua mole molliccia –Eccola qui, la fanciulla pura e perfetta per aprire le danze: bella, giovane, prosperosa…- sollevò appena gli occhi a incrociare quelli di Kaido, avidi su di lui -… dai capelli rossi- aggiunse con tono mellifluo.
Kaido rise, sollevandosi dal suo torno, avanzando di un passo nella sala.
-Bene bene- si congratulò con il suo ultimo servo –Cosa c’è di meglio del sangue rosso di una rossa nella notte di Luna Rossa?-
Una risata fragorosa e divertita si alzò dalle pareti, inondando il salone e riversandosi su Nami, che si strinse maggiormente al mantello, incurvandosi appena.
Respirava a fatica, per la paura o le scosse continue che la Luna le donava non lo sapeva, ma cercava di mantenere gli occhi fissi su Kaido, l’unico che si era permesso di avvicinarsi a lei.
Il primo morso era suo, era ovvio.
Poi il resto dell’allegra brigata… che gioia la famiglia!
Kaido le camminò attorno, ogni passo rimbombava ed echeggiava nell’intero castello, fermandosi davanti a lei e mostrandole i suoi denti affilati.
-Hai qualche ultima parola da esalare prima che mi sfami con te?- le chiese derisorio.
Nami alzò lo sguardo su di lui, nemmeno un velo di paura a incrinarne il color nocciola.
-Zoro- affermò decisa, prima di sorride sornione.
-Il tuo Dio?- chiese curioso ghignando l’imponente vampiro, interpretando le parole della strega come un’ultima preghiera.
-Figuriamoci!- rise quella accattivando il sorriso -È il mio uomo-
-Romantico- rise di sbieco mostrando un accenno di canini –Invochi il tuo cavaliere prima della morte: un lodevole quanto inutile spreco di parole-
Nami piegò il capo permettendo a una ciocca ramata di scivolarle sull’ovale del viso e dondolare piacente a un soffio dalle sue labbra.
-Oh ma io non invoco- affievolì la voce spavalda –Lo avviso e basta-
-Lo avvisi di cosa mia cara?- le si fece ancor più vicino –Della tua morte?-
La strega sorrise muovendo un passo verso il patriarca della casata vampira, sollevandosi sulle punte dei piedi a sussurrare al suo orecchio.
-Ci hai davvero sottovalutato così tanto Kaido?- miagolò ridacchiante.
Il vampiro assottigliò lo sguardo sulla piccola e misera donna di cui ben presto si sarebbe sfamato. Trovava che nella sua formosa persona vi fosse qualcosa di allettante e urticante allo stesso tempo.
La vedeva tremare davanti a lui, ma stranamente non era di paura, e lo confermava il suo sorriso suadente e felino.
-Chi sei?- rise curioso, prima di voltarsi verso Doc Q –Chi è?-
-Una strega mio Re- si affrettò quello a parlare –Accompagna un cacciatore di demoni… a lui starà già pensando Lafitte- precisò lecchino.
-Una strega?- tornò a squadrare Nami. Erano anni che non ne vedeva una: le facevano più belle per fortuna in quel secolo!
-Non si preoccupi!- lo affiancò veloce Q, la fidata bottiglia tornata a inumidirgli le labbra –La luna la indebolisce-
-Ah davvero?- rise Nami, stringendo le braccia sotto i seni.
Lo sbronzo storse il naso violaceo, irritato dalla strafottenza della rossa: come poteva essere così scura di sé circondata dai vampiri, al cospetto di Kaido in persona e prossima alla morte e vittima immolata che avrebbe segnato l’ascesa nel baratro dell’Europa intera?
La fisso avanzare ancora di un passo verso Kaido, il mantello che frusciava lungo le sue sinuose gambe.
-Giusto perché lo sappiate- sollevò una mano da sotto la veste, aprendola rivolta verso il pavimento inclinato e lasciando cadere un piccolo oggetto metallico che tintinnò sulle mattonelle fredde –A Lafitte ha già pensato Zoro… e da molto-
Doc Q riconobbe subito la chiave del collare del cacciatore ai piedi del suo Re e una strana stretta gli attanagliò lo stomaco.
Quella maledetta, altro che ultimi abbracci tra innamorati!
Prima di seguirlo nella galleria fognaria aveva liberato Roronoa, non prima di aver rubato la chiave al suo compare chissà quando.
-Lafitte- strinse i denti.
Li aveva raggirati.
Ingannati come il peggiore dei demoni!
Dannata strega!
-Lodevole- batté le mani in un unico applauso Kaido –Ma uccidere un solo vampiro- aprì le braccia a indicare il resto dei suoi figli –Non ci fermerà, ne sei consapevole vero?-
-Certo- lo guardò da sotto il cappuccio del mantello –A voi penserò io-
La risata che si sollevò dal petto di Kaido la fece tremare, echeggiando in ogni sua ossa prima di venir amplificata dalle voci sgraziate e fredde dei vampiri che la circondavano.
Quale candela ondeggiò spegnendosi, rubando luce alla già poco illuminata sala.
-E come?- rise Q bevendo avido –Sei più debole di un umano con la Luna Rossa in cielo, proprio ora al suo culmine!- constatò con una rapida occhiata ai riverberi rossi che strisciavano dalle finestre drappeggiate del salone.
-Se anche il tuo cacciatore ti stesse raggiungendo, si perderebbe nel meandro di gallerie che il nostro castello contiene nelle sue viscere!- la infornò bonario Kaido, incalzando altre risate da parte dei suoi figli –Mia cara…- le porse una mano -… basta sperare: lasciati uccidere-
Nami studiò il palmo offertole e con ancora le risate schernitrici che risuonavano attorno a lei, posò con delicatezza una sua mano su quella portole.
La sala si zittì, trepidante per l’inizio del sacrificio.
Kaido sorrise intenerito dalla resa della rossa e strinse con delicatezza tra le dita chiare la sua mano.
-Brava bambina- le accarezzò il palmo –Permetti?- le indicò il mantello –Vorrei vederti in viso prima di immolarti-
-Con piacere- si fece scivolare dal capo con la mano libera la stoffa, rivelando la chioma scarlatta e il sorriso compiaciuto –E permettimi anche di dirti che è stato un piacere conoscerti-
-Piacere mio- rise roco, spingendosela vicino.
 -Ora davvero…- le accarezzò l’ovale delicato del viso con un’unghia millenaria -… hai un ultimo desiderio?-
-Sì- sorrise –Vorrei che tu sapessi che la Luna Rossa che solca i cieli ogni dodici secoli non porta prosperità solo a voi vampiri- Kaido corrugò la fronte, osservando la sua cena abbassare la voce –Ma anche a noi streghe-
La vide scivolare via dalla sua presa e indietreggiare di un passo, le mani ai lacci del mantello e una linguaccia a lui rivolta.
-Oh- si fermò un attimo colta da un pensiero,  temporeggiando nel slacciare i cappi –Perdonami se ho macchiato il tuo castello con i miei palmi: l’incantesimo guida funziona solo con il tatto… e  Zoro ha così poco senso dell’orientamento!- alzò gli occhi al soffitto della sala buio, sbuffando –Almeno ha un buon udito e si è fermato quando gliel’ho detto: ora è a distanza di sicurezza-
-Sicurezza da cosa?!?- sbottò un figlio nella massa, stanco di quell’attendere e affamato più che mai.
-Da me- rispose melliflua Nami, slacciando il laccio del suo soprabito –Ricordi Q?- richiamò il suo accompagnatore divertita –Non ho mai detto che la Luna Rossa influenzasse negativamente la mia magia- scrollò le spalle liberandosi del mantello, sorridendo felina.
-E ora se permettete…- sollevò le braccia e aprì le mani, finalmente libera di rilasciare tutta l’influenza che il satellite terreste le donava in quella notte, scaldandola e facendola fremere in ogni sua cellula ricaricandola ed elettrizzandola di una piacevole quanto potente estasi onirica.
Chiuse gli occhi, percependo la magia aumentare, toccare picchi mai provati, scaldandole il corpo e illuminandolo come un sole, che bruciava e illuminava la notte.
Si, Nami era un sole.
Rise, rise di quella luce che la beava ma dannava chi la circondava nella sala e che scalpitava –oh li sentiva ancora!- per avventarsi su di lei prima che fosse tardi.
Ma già lo era.
Nami sorrise e ad occhi chiusi, mentre l’orda di vampiri si scagliava da ogni angolo delle pareti sul suo corpo in continua ascesa di calore e luce, sospirò di piacere il suo incantesimo.
-Prometheus-

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Capitolo 6
*** 6° Capitolo ***


★Numero Parole: 1179
★Prompt/Traccia: 24-Spaventapassero



 


6°capitolo: 24-Spaventapassero



Gli occhi nocciola di Nami esaminarono scettica e priva di incanto lo spaventapasseri.
Giù per la salopette di logoro tessuto scuro, fino ai scarponi spaiati e sporchi, risalendo sugli sprazzi di camiciola a quadrettoni che usciva scomposta dalla pettorina e su, per la bronzea, quasi color caffè, pelle del fantoccio, scrutando i suoi occhioni neri e quel naso improponibile.
Il tutto accerchiato da una folta chioma riccioluta di boccoli nero pece e un cappellaccio scaccia passeri.
-Sei serio?- chiese, squadrano ancora l’avventore.
-Serissimo!- s’indignò quello -Non mi credi?!?-
Nami storse il nasino, incrociando le braccia al petto e guardandosi attorno nel campo di zucche in cui si trovava.
La notte accerchiava il campo, ma i vegetali con le loro immense figure torreggiavano sulle lande rumene dove venivano coltivate.
-Fammi capire- si sedette sulla più arancione e grossa cucurbitacea che le era vicina -Tu saresti il terrorizzante-
-Ovvio- annuì il fantoccio, sistemandosi un occhio-bottone sul volto. Il suo ghigno più inquietante sul volto.
-Razziatore-
-Nessuno si salva dalla mia ingordigia!-
-Imbattibile-
-Guarda qui che muscoli donna!- tese un Braccio impagliato, muovendo qualche pugno contro una zucca dai riccioli verdi.
-Pericolosissimo-
-Con te mi sto trattenendo, sappilo!- si passò il dito sotto il lungo naso.
-... Spaventapassero mangiatore di uomini che terrorizza queste campagne?- schioccò la lingua sul palato, sempre meno incline ad accettare le pagliacciate di quel spaventapasseri, guardiano di zucche.
-Certo che s… mangiatore di uomini? O-ora no-non esageriamo- agitò i guanti imbottiti, una lieve sudorazione fredda sul viso.
Oh, la verità iniziava a venire a galla.
-Se sei tu- ghignò Nami -Dovrò chiamare il Cacciatore di Demoni che mi accompagna-
Lo Spaventapasseri deglutì.
-Ca-ca-cacciatore di Demoni?- tartagliò, allentandosi la camiciola al collo, da cui una falena volò fuori infastidita.
-Il mio compagno- liquidò una breve descrizione per quel beota dal capo verde che aveva lasciato in un altro campo di zucche a cercare il loro bersaglio.
Uno Spaventapasseri aggressivo e molto violento che terrorizzava i paesani nelle notti di fine ottobre, prediligendo le coltivazioni di cucurbitacee autunnali.
-Lui ti renderà innocuo- si trattenne dal ridere, guardando di striscio i muscoletti di stoppia del moro -E ti lascerà alla mercé dei contadini, che ti faranno ben pagare i crimini che hai commesso-
Ridacchiò con la sua più acuta e crudele risata, non staccando gli occhi di dosso dalla sua tremante vittima.
-Ti infilzeranno con i forconi, ti appenderanno come una bambolina a una trave e poi... ti daranno fuoco!-
-Ehi ehi ehi: NO!- alzò le mani urlando lo spauracchio, incespicando tra le ramificazioni delle zucche e quasi celandosi nel buio della notte.
Nami fu costretta ad alzarsi dalla sua zucca per poterlo distinguere dalle ombre notturne, rabbrividendo per un respiro improvviso di aria fredda.
Dannata e fredda Romania!
-I-io non ho fatto nulla!- piagnucolò con naso gocciolante il guardiano di zucche.
-Non hai detto che sei tu il terrorizzante, razziatore, imbattibile, pericolosissimo…-
-Mi sono confuso, ok?!?- strillò, facendola ridere mentre perdeva paglia da ogni punto scuito della salopette, agitandosi in panico -Non sono io!-
-Ah- si finse delusa la strega -Non sei tu Kumacy lo Spaventapasseri?! Non posso crederci!-
-Certo che non sono io!- negò con forza e scuotendo il nasone -Io sono Usopp lo Spaventapasseri: il tranquillo, pacifico, calmo e mangiatore di arvicole Usopp!-
-Ma cosa non mi dici mai!- ridacchiò Nami, sistemandosi una ciocca di rame dietro l’orecchio.
Un fastidioso spiffero continuava a muoverle la chioma.
-È la verità!- si piegò in due il fantoccio -Te lo assicuro! Non voglio venir bruciato vivo!-
Nami alzò gli occhi al cielo -si era fatto più buio o sbagliava? Non c’era la luna quella notte?- avvicinandosi di un passo.
-Mi hai raccontato una bugia- ammonì Usopp, tirandogli il naso -E cosa ben peggiore mi hai fatto perdere tempo: avrei potuto essere nel prossimo campo di zucche invece che qui, ad ascoltare le tue frottole-
-Usa- borbottò nasale quello.
-Mi sei debitore- sorrise malandrina -E se non vuoi bruciare, devi aiutarmi a trovare Kumacy-
-COSA?!? Trovare quel mangia uomini?!? Mai! E se mi mangiasse?!?-
-Sei uno spaventapasseri: Kumacy mangia solo uomini e zucche- sbuffò, assottigliando gli occhi: cos’era quell’insistente umidità che le alitava addosso? Stava per piovere per caso?
-Tu lo troverai, lo convincerai a venire da me e dal mio Zoro. Zoro lo metterà al tappeto, i contadini saranno salvi, tu sarai salvo e io verrò pagata-
-E il tuo Zoro?- inarcò un sopracciglio Usopp.
Iniziava a capire che tipo fosse la strega.
-Mmm- alzò le spalle quella -Non si può avere tutto-
Usopp sbuffò.
-Io non so dove trovare Kumacy!- protestò avanzando di un passo e aguzzando la vista: perchè era così buio ora?!Di solito nel suo campo di zucche la luna era ben visibile, e con lei le stelle.
-Affari tuoi: mi sei debitore, ricordi?! O preferisci le fiaccole ardenti dei contadini?!-
-No no per carità!- scosse il capo -Mi inventerò qualcos… ma dove sei? Quasi non ti vedo?-
-Forse sta per piovere: è buio e qualche goccia mi cade tra i capelli- si guardò nel buio Nami, alzando il cappuccio del suo mantello, un labbro mordicchiato -Eppure ero certa che sarebbe stata una nottata limpida-
-In Romania non piove ad Ottobre- incespicò nei suoi scarponi spaiati Usopp -Dev’essere una nuvol… ouch!-
Dannate zucche e le loro ramificazioni: perchè lo facevano inciampare? Non bastava il buio che era sceso fastidioso su di loro? E cos’era la cosa morbida su cui era caduto?
-Sono io, idiota!- lo colpì Nami sul capo -Io e… e … qualcos’altro dietro di me che… Usopp-
-Si?-
-Dimmi che sei tu che ansimi in questo modo-
-Oh l’hai notato?- tartagliò nervoso il moretto -Speravo fossero le mie gambe fragili-
-Usopp…- piagnucolò la strega. Ecco, lo sapeva che non stava per piovere.
-Dimmi, Nami, come sei messa con gli sprint?- deglutì massaggiando l’enorme mole su cui erano caduti.
Non c’erano dubbi, era una salopette imbottita di paglia, morbida e gialla, abbinata a stoppe dalle tonalità marroni e bende varie. Se ricordava bene, la salopette era a righe blu.
-Ti prego, non dirmelo-
-Eh, invece- ridacchiò lo Spaventapasseri -E invece si-
All’unisono, strega e fantoccio alzarono gli occhi, incrociando quelli neri e forati e deformati di Kumacy.
Lo spaventapasseri ansimava pesantemente, le lunghe e penzoloni braccia artigliate ballonzolavano a lato del suo bislungo corpo reggendo una zucca per zampa, la bocca - o almeno la zip che la costituiva- colava bava sui capi dei due sfortunati.
Il tutto era abbellito da un imponente e oscurante capellone a righe blu che minacciava a ogni respiro del mostro di cadere a terra.
-Nami, ti presento Kumacy- annuì Usopp -Kumacy… addio! Scappiamo!!!-
-AHHH!-
La prima zucca volò sulle loro teste in fuga
-KU-MA-CI… VI… MAN-GI-AAAAAA!-
Nami odiava le zucche.




Si passò l’indice sotto il naso, osservando l’immenso campo coltivato.
Cipolle.
Quelle, senza ombra di dubbio, erano cipolle.
-Credo- borbottò Zoro, voltandosi verso una direzione non ben definita da cui gli sembrava provenissero delle urla e anche il suo nome -Di essermi perso-
Si sedette a terra e sospirò: chissà se Nami aveva avuto maggior fortuna nel trovare il loro Spaventapasseri.









ANGOLO DELL'AUTORE:
Capitolo non incentrato sulla coppia, vero, e dato che aggiorno potrei anche sforzarmi e scriverci qualcosa no? No? No.
Questo capitolo va così, ma dal prossimo... eh dal prossimo vedrete che le cose cambiano, eccome se cambiano.
Reseteremo in campo Halloween ma spazieremo tra cimiteri e fantasmi.
Quando mi chiedete? Ma ovviamente durante la HalloWeek

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Capitolo 7
*** 7° capitolo ***


 
★Numero Parole: 1405
★Prompt/Traccia: 30-Cimitero

Partecipante alla Seconda edizione della «Halloween Haunted Run» sul forum Torre di Carta (immagine 138)

 
 
 
 

7°capitolo: 30-Cimitero 

 

 

Battè i tacchi con un lieve schiocco a cui il manico di scopa ubbidì, scivolando sopra ai non morti del Campo Santo.

-Il tempo è scaduto- sorrise Nami, svolazzando sopra il chiacchiericcio e attirando l’attenzione dei presenti.

-L’alba sta sorgendo- indicò con braccio teso da sotto il mantello scarlatto -È ora di tornare ai vostri loculi-

Ci fu qualche lieve protesta, qualcuno sbuffò ma pian pianino ogni defunto si incamminò verso la propria lapide, lasciando solo il custode e la strega a convincere gli ultimi irriducibili.

-Yohoho-oh, prego signore vogliate farmi il piacere di tornare nelle vostre dimore… ma prima! Un favore? Mi direste il colore delle vostre mutandine?-

Nami sospirò, scivolando giù dalla sua scopa e colpendo con il manico lo scheletrico custode del cimitero.

Strana notte quella che divideva Ottobre da Novembre.

Tutti i morti riprendono vita, anche chi non ne ha il permesso o non è avvezzo a tale libere uscite, dal calar del sole fino al suo risveglio, le creature nascoste nelle ombre ballano sotto la luce della luna mischiandosi tra i comuni esseri umani e strani incontri accadono.

Nella notte che divide il decimo mese dall’undicesimo tutto può accadere, e per chi come loro aveva il compito di proteggere la sottile linea che divideva il possibile dall’impossibile, era una notte impegnativa.

O così almeno pensava Nami.

Quando Padre Bartholomew aveva contattato Zoro per pattugliare il cimitero nella notte in cui i morti sarebbero tornati a vivere fino al ritorno del sole, la strega era stata certa del rifiuto di tale incarico da parte del compagno.

Troppo facile, troppo noioso.

Una semplice ronda affinché nessun mortale notasse il brulicare vitale che animava stranamente il cimitero, non era compito per chi aveva sconfitto ben più difficoltosi pericoli.

La loro partenza verso il paesino sperduto di Merna in Slovenia l’aveva colta di sorpresa.

Come anche il taciuto rapporto che legava Zoro al Padre, e il pessimo umore che aveva accompagnato il cacciatore di Demoni fino all’arrivo nella terra di Slavi.

Nami aveva provato a coinvolgere il verde nel spiegarle come aveva conosciuto Padre Bartholomew e cosa lo rendeva tanto taciturno e nervoso nel compito accettato, ma Zoro non le aveva mai dato risposta, limitando la loro comunicazione a lievi ringhi e bassi monosillabi.

Non c’erano poi stati baci, o carezze.

Per tutto il viaggio e la permanenza nella città murata, Zoro aveva rifiutato ogni contatto, isolandosi e rifiutando ogni tipo di tenerezza che lei gli offriva.

Aveva fatto male.

Tanto, troppo per ammetterlo, e invece di ripagare il silenzio con urla e bronci, Nami si era limitata a seguirlo in altrettanto silenzio, incapace di abbandonarlo.

Un pesante respiro le uscì dalle labbra, mischiandosi alla condensa fredda della notte e alla preoccupazione che abbracciava i sentimenti della strega per il cacciatore.

-Mlada dama Nami- la richiamò lo scheletro, custode del cimitero murato e unico sveglio anche negli altri giorni dell’anno, nonostante la morte già calata su di lui -Tutti stanno tornando a dormire: posso sapere il colore delle tue mutandine?-

La strega scosse il capo, non incline alle perversioni del guardiano, notando i morti tornare chiacchierando e ridendo, nei loro reliquiari.

-Vado a perlustrare il cimitero- richiamò la sua scopa con uno schiocco di dita -Guai a te se osi sbirciare sotto la gonna!-

Con un frusciare di mantello, salì a gambe unite sul manico, che si sollevò da terra di qualche metro.

-Yohoho- ho, anch’io vado a controllare che la mia Cindry dorma- le regalò un lieve inchino -Serve altro, mlada dama Nami?-

La strega ondeggiò sulla scopa, lasciandosi cullare dalla notte novembrina, cedendo poi al suo tormento.

-Sai dov’è il mio compagno Brook?-




 

-Coltelli finti! Scappavo da coltelli di legno!-

La risata riempì la quasi alba, attirando l’attenzione di qualche cadavere che tornava placidamente alla sua dimora.

Non gli fecero caso.

-Oddio Zoro!- si asciugò una lacrima, stringendo le dita del cacciatore, seduti entrambi su una vecchia lapide senza nome -E il tuo compagno? Ha avuto paura?-

-Tsk- ghignò, stringendo di rimando le dita di lei -Urlava come una femminuccia-

Magari perchè lo era, femmina, il suo compagno.

Ma non poteva saperlo se lui non glielo diceva.

Kuina rise ancora, la mano libera dalla presa di Zoro al petto, il caschetto cobalto come la notte mosso dal vento, gli occhi neri socchiusi e la pelle candida come neve.

Non sembrava essere passato un sol giorno.

Sembrava così… viva.

Le labbra di Zoro si stesero in una sottile linea rivolta all’insù, ammirando la ragazza, incapace di lasciarla andare.

Quel giorno lontano come in quella medesima notte.

Kuina riportò gli occhi su di lui, scoprendolo ad osservarla e ridendo per il leggero rossore che gli imporporò il volto nonostante la notte.

-Ancora mi pensi?- lo derise lieve, muovendo l’abito macchiato di muffa nel posare il capo sulla sua spalla.

-Come non potrei?- sbuffò Zoro. Che domanda cretina! Come se gli fosse concesso il lusso di dimenticare!

-Dovresti- guardava le salme sfilare davanti a loro -È passato così tanto tempo-

-Solo sette anni!- la riprese severo.

-Zoro, ti prego- alzò il capo -Eravamo giovani e ci siamo sposati per paura della mia malattia-

-Ci amavamo- indurì lo sguardo, contro il sorriso dolce di lei.

-No- gli accarezzò il volto -Eravamo ottimi amici, migliori- riportò il volto verso il suo, quando Zoro cercò di distogliere gli occhi -Avevamo lo stesso sogno e adoravamo punzecchiarci-

La sua risata gli vibrò ancora nelle orecchie.

-Era una tenera amicizia la nostra, la migliore!- abbassò la mano -Ma non era amore: lo sappiamo entrambi-

La presa di Zoro non vacillò, si fece solo più intensa.

-Eri la mia migliore amica- soffiò roco, il vento che spingeva l’alba ad affacciarsi che lo zittiva -Quando la malattia si è aggravata…-

-È successo tanto tempo fa- gli regalò una seconda carezza, alzandosi dal loculo -E poi guardami- fece una piroetta sulle punte dei piedi nudi e con l’abito color cenere -Hai mai visto morta più viva?!-

Zoro si concesse di ridere, alzandosi a sua volta e rubandole due dita per un nuovo volteggio.

Kuina rideva, era felice, e rivederla era stato confortante. Padre Bartholomew aveva ragione: la morte a volte dona la pace.

-Ora basta però- saltellò sulle punte la ragazza -È tempo che io vada: non sia mai che i miei agganci con i Cacciatori di Demoni mi regalino ore in più di libera uscita. I miei vicini morti non lo apprezzerebbero!-

Unirono le mani, gli ultimi morti viventi che parlottavano mentre richiudevano i loro sarcofagi o sistemavano questo o quel fiore sulle loro tombe.

-Sii prudente- esortò l’amico, mentre rientrava nel suo loculo stringendogli ancora la mano -Non fare azioni azzardate e-

-Devo lavarmi dietro le orecchie mamma?-

Kuina gonfiò le guance, pizzicandogli il naso.

-Non cambi mai- sospirò -Spero solo che lei abbia i nervi forti-

Rise del sussulto di Zoro, gettandosi ad abbracciarlo con forza.

-Credevi non avessi capito che il tuo compagno è in realtà la tua compagna?- lo canzonò -Ne parli con una tale verve, con orgoglio e amore. Si amore Zoro, non guardarmi con quella faccia! E poi- gli sfiorò il collo, cogliendo un fine capello rosso -Non lo nascondi di certo!-

Zoro sbuffò, le guance imporporate e l’alba che avanzava pigra ma incombente.

-Lei non sa di me- parlò ancora Kuina -Dovresti dirglielo. dirle di me e che la ami-

-Lo farò- la strinse forte a sè -Riposa-

-Lo farò- si distanziò appena, alzandosi sulle punte dei piedi a baciarlo a fior di labbra con affetto -Tu vivi-

Con piccoli e decisi passi Kuina rientrò nell’arca funebre, la liscia pietra riportante solo l’anno di sepoltura scivolò sorda sull’apertura, regalando alla giovane ore di oscuro riposo.

Zoro rimase a fissare la lapide per un breve momento, il sapore della sua defunta moglie ancora sulle labbra, laddovè da un anno un diverso sapore aleggiava.

Si passò una mano sulla zazzera verde, riposando gli occhi per un breve attimo.

Dire a Nami che l’amava: che idea folle!

Come se fosse stato facile, come se il loro rapporto potesse essere anche lontanamente convenzionale, come se…

Il vento dell’aurora gli portò alle narici il dolce profumo del mattino, mischiato all’agrodolce aroma di strega che ad ogni risveglio lo accoglieva.

Si voltò verso ovest (o era est?), accecato per un attimo dal chiarore del sole, riconoscendo appena la sua mantella rossa e il cappuccio calato con forza sul capo. Un gelso la nascondeva.

Lei e le sue lacrime.

-Nami?-

 
 

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