L'Ombra di Halloween

di Nike90Wyatt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Bruce Wayne osservò con attenzione l’uomo seduto alla sua sinistra: maschio caucasico, dal volto tondo, capelli rasati neri e barba incolta. Il suo nome era Peter Axel, fondatore e capo dell’azienda privata, la Pirrx Global, specializzata nella fabbricazione di componenti miniaturizzati.
Si trovavano nella sala riunioni posta all’ultimo piano del grattacielo della Wayne Enterprises: una stanza spoglia, in cui vi era solo un lunghissimo tavolo in vetro circondato da poltrone in pelle nera. Solitamente, quella sala veniva utilizzata esclusivamente per le assemblee del consiglio di amministrazione, ma, data l’importanza dell’affare, Lucius Fox aveva proposto che, alla firma dell’accordo, partecipasse anche Bruce.
Terminata la presentazione dell’offerta, Axel esortò i suoi avvocati ad esibire il contratto per suggellare l’accordo. «Fornitura mensile per il prossimo biennio con opzione per il terzo anno. La cifra è di 40 milioni di dollari lordi annuali.»
Fox lesse attentamente ogni parola del documento, che constava di tre pagine fronte retro. Si rivolse, dunque, a Wayne: «La proposta mi sembra vantaggiosa, signor Wayne.»
Bruce ostentò negligenza, come se, fino a quel momento, la sua mente avesse vagato ovunque tranne che sull’oggetto di quell’incontro. «Come dice, Lucius?»
Fox dovette reprimere un sorriso, ben consapevole della recita messa in atto da Bruce. «L’accordo con la Pirrx Global, signor Wayne. I nuovi fornitori per il reparto di scienze applicate.»
«Oh, giusto.» replicò Bruce come se cadesse dalle nuvole. Lesse velocemente il contratto e firmò in calce senza alcuna esitazione. Dunque, sorrise in direzione di Axel. «Ritengo che questo accordo possa portare enormi vantaggi per entrambi, Mr. Axel.»
Fox appose la sua firma accanto a quella di Bruce. «Concordo. Grazie alla sua fornitura, i nostri prototipi otterranno maggiore efficienza nelle prestazioni.»
Axel non si sforzò di nascondere la sua soddisfazione: un contratto con la Wayne Enterprises era la massima ambizione per la sua società nata da pochi anni. Prima di lasciare la sala, salutò Fox e Bruce con una calorosa stretta di mano, ignorando che ogni suo gesto ed espressione erano state attentamente analizzate dal rampollo di casa Wayne.
Una volta soli, Fox condusse Bruce nel suo ufficio, con l’intento di mostrargli i progetti futuri realizzabili per merito della collaborazione appena stretta con Axel. «Ho anche un nuovo prototipo da mostrarle.» disse a Bruce. «Questo riguarda le sue avventure notturne.»
Bruce rivolse piena attenzione. «Me lo mostri, Lucius.»
Fox digitò un codice sulla sua tastiera e sul monitor del computer apparve l’esoscheletro del costume di Batman. L’intera figura era colorata di grigio, eccezion fatta per i guanti, all’altezza delle nocche, evidenziate da un intenso arancione.
«Sono piccoli taser montati sul dorso dei guanti.» spiegò Fox. «Le consentiranno di stordire gli avversari con scariche elettriche ad alto voltaggio o potrebbero fungere da defibrillatore, qualora fosse necessario.»
Bruce annuì. «Quando saranno pronti?»
Fox chiuse il documento sul pc e sorrise. «Li ho già spediti ad Alfred.»
 
Alfred bussò cortesemente alla porta della stanza di Bruce. Dato l’orario, ben oltre la mezzanotte, sperò di non disturbare. Oltretutto, lo aveva visto rientrare nella villa accompagnato da un’avvenente modella bionda.
La porta si aprì e Bruce la richiuse alle sue spalle una volta uscito. Indossava solo i pantaloni del suo completo scuro. Sull’addome scolpito spiccava una cicatrice provocatagli da una ferita da proiettile. Circa due mesi prima, durante l’inaugurazione dell’avveniristico osservatorio astronomico donato dalla Wayne Enterprises alla città di Gotham, un folle aveva iniziato a sparare all’impazzata sulla folla, uccidendo e ferendo diverse persone prima di essere fermato dalla polizia. Era l’ennesima vittima del Venom, il super-steroide introdotto a Gotham da Bane: l’utilizzo costante della sostanza obnubilava la mente, conducendo il soggetto ad attimi di totale incoscienza, schizofrenia compulsiva e, nei casi più gravi, al collasso del cervello. Bane stesso aveva deciso di non far più utilizzo del Venom, ma la minaccia dello steroide era ancora un problema grave in città.
Bruce si trovava nel salone del ricevimento quando una serie di spari echeggiò nell’ambiente. La sua fibra morale gli impedì di restare indifferente e si gettò tra la folla nel tentativo di aiutare le povere vittime sulla linea di tiro. Le sue gesta, però, erano frenate dall’impossibilità di mostrare a tutti le sue straordinarie abilità, costandogli un foro di proiettile nell’addome e più di un mese di assoluto riposo.
«Serata noiosa, Sir?» domandò Alfred, riferendosi alla donna che giaceva addormentata nel letto di Wayne.
Bruce alzò le spalle ed infilò un dolcevita nero. «Non ha voluto toccare cibo a cena, per la sua “dieta da modella”. In compenso, ha svuotato due bottiglie di vino rosso. Stava iniziando a dare i numeri, così l’ho portata via dal ristorante. Si è addormentata in auto e, in fondo, è meglio così.»
«Almeno non dovrà tirare fuori una delle sue assurde scuse per congedarsi.»
«Da quando sono stato sparato in pubblico, trovare scuse non è più un problema, Alfred. Posso inventarmi problemi al fegato, alla milza...»
«L’importante è che non metta in mezzo il cuore, Sir. Sarebbe troppo anche per lei.»
Bruce accennò un lieve sorriso.
«Credo che qualcun altro, reclami la sua presenza.» proseguì Alfred, indicando con lo sguardo la finestra dalla quale si scorgeva la città.
Bruce vide nel cielo il fascio luminoso con il simbolo del Cavaliere Oscuro: il Bat-segnale. «È Gordon.»
I due raggiunsero la biblioteca della villa. Alfred premette una combinazione di tasti sul pianoforte. Il pendolo, posto sul lato est della stanza, scorse di lato. Un lungo corridoio buio si rivelò.
«Occupati di lei, Alfred.» disse Bruce.
Alfred non sembrò turbato da quel comando. Ormai era abituato. «Cosa potrei inventarmi stavolta?»
Bruce si voltò e, mentre il pendolo tornava al suo posto, richiudendo il tunnel, dichiarò: «Mi affido alla tua fantasia.»
 
Sul tetto della stazione di polizia dell’East End, il commissario Jim Gordon attendeva l’arrivo di Batman. Teneva le spalle appoggiate ad un muro, un piede piantato a terra e l’altro premuto contro la parete. Fumava una sigaretta; un vizio di cui sua figlia Barbara lo aveva sempre rimproverato. Tempo prima, aveva preso la decisione di smettere, ma la terribile avventura vissuta un anno prima in quel Luna Park e la drammatica sorte toccata a Barbara lo avevano spinto a riprendere. La geniale follia del Joker aveva devastato lui e la sua famiglia. La sua unica consolazione era di vederlo rinchiuso ad Arkham, sebbene la minaccia del clown incombeva sempre su Gotham.
Gettò il mozzicone a terra e lo calpestò col piede. Quindi, si avvicinò lentamente al grande riflettore che proiettava nel cielo il simbolo del Cavaliere Oscuro.
Sollevò lo sguardo e piegò leggermente le labbra verso l’alto. «Dopo tanti anni, riesci ancora a prendermi alle spalle.»
Si voltò e salutò il suo amico con un cenno del capo.
«Cos’hai per me, Jim?» domandò Batman, la voce grave, modificata artificialmente.
Gordon spense il riflettore e raccolse una busta gialla sigillata. Conteneva diversi dossier della polizia. La porse a Batman. «Tre omicidi in tre giorni. Stesso modus operandi: numerose coltellate e corpi carbonizzati. Siamo riusciti ad identificarle solo grazie agli effetti personali che avevano addosso.»
«Collegamenti tra le vittime?»
Gordon scosse il capo. «Nessuno. Questo killer sembra agire senza una logica precisa.»
«Tutti i criminali agiscono secondo una loro logica, anche quando sembra il contrario. Noi, più di tutti, dovremmo saperlo.»
Gordon annuì mestamente, abbassando lo sguardo, ben consapevole di quello a cui si riferiva il suo amico. Batman gli strinse una mano sulla spalla, nel tentativo di dargli coraggio.
La radiotrasmittente del commissario gracchiò. La voce di un agente dichiarò: «Commissario Gordon! Abbiamo una nuova vittima carbonizzata. Al porto di Gotham.»
«Non toccate niente fino al mio arrivo.» disse Gordon. Si rivolse, poi, a Batman: «Ho bisogno che tu esamini la scena del crimine con i tuoi strumenti.»
Batman assentì. «Ci vediamo lì.»
 
 
Angolo Autore:
Salve gente!
Finalmente sono riuscito a scrivere una storia che abbia come protagonista il mio eroe preferito e la festività di Halloween mi ha dato la giusta ispirazione. Viste le varie interpretazioni che vengono date al personaggio di Batman, sia nei fumetti, sia nei film, ho voluto prendere spunti da diverse fonti per costruire il personaggio di questa storia. Sarà comunque molto breve essendo la prima volta che mi addentro in una fan fiction ispirata ad un eroe dei fumetti.
In questo capitolo ho citato il celeberrimo fumetto “The Killing Joke”, ambientando gli avvenimenti circa un anno dopo le vicende di quella storia. Alcuni dettagli, invece, come il meccanismo che conduce alla caverna e l’osservatorio astronomico sono presi dai numerosi film improntati su Batman. Sia gli effetti del Venom sulle persone, sia la ferita di Bruce sono mie invenzioni personali, utili allo svolgimento della trama.
Nella speranza di aver attirato la vostra curiosità, vi ringrazio per aver letto questa prima parte e vi invito a restare sintonizzati per la pubblicazione della seconda.
Alla prossima.
Nike90Wyatt

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Batman giunse sul luogo indicatogli dal commissario in breve tempo. Su disposizione di Gordon, la pattuglia di agenti, già sul posto, gli avrebbero consentito di effettuare rilievi sul cadavere.
Si trovavano in una zona di scarico, alquanto appartata, poco lontana dal molo dove attraccavano le navi mercantili; era stato proprio l’equipaggio di una di queste a notare il piccolo incendio e ad informare immediatamente la polizia, una volta scorto il cadavere sotto le fiamme. Il corpo era disteso in una posizione innaturale, gli arti erano contorti. Anche sul muro, accanto al quale era stato gettato, vi erano tracce di cenere e si avvertiva un forte odore di cherosene, utilizzato probabilmente come combustibile per alimentare le fiamme.
Seguito da un paio di volanti e dal furgoncino della scientifica, anche Gordon sopraggiunse. «Che indizi hai trovato?» chiese a Batman.
«L’incendio è stato appiccato non più di due ore fa. Era un uomo. Sono certo che non è stato ucciso qui, ma è stato trasportato. L’assassino l’ha inzuppato di cherosene e ha appiccato il fuoco con un cerino.», lo mostrò a Gordon. «Non ricaveremo molto da questo: è una marca molto comune.»
Gordon annuì. «C’è altro?»
«L’uomo aveva al collo una medaglietta militare: Leopold Tunder. Saprò dirti di più quando avrò esaminato più accuratamente i dati raccolti.» Strinse la mano al commissario e si congedò.
 
Rientrato alla Bat-caverna, Bruce, con l’aiuto di Alfred, analizzò i dati al computer, confrontandoli con i dossier delle precedenti vittime. «Dieci coltellate al petto. Corpi carbonizzati. Sembrano delle esecuzioni, una sorta di rituale.»
«Potrebbe trattarsi di un emulatore di Victor Zsasz, Sir.» commentò Alfred.
Bruce alzò le spalle. «Non è da escludere. La violenza delle pugnalate è nell’ordine dei megajoule: vuol dire che abbiamo a che fare con un potenziato o un metaumano.»
«Ha qualche ipotesi, Sir?»
Bruce socchiuse gli occhi ed aprì varie pagine internet ricche di articoli riguardanti lo stesso soggetto.
Alfred intuì il pensiero di Wayne. «Il Venom.»
«Dobbiamo porre fine a tutto questo, Alfred.» affermò Bruce. «Sono mesi che questa droga gira per Gotham e continua a mietere vittime.»
«Suggerisco di concentrarci prima su questo serial killer, o domani potrebbe esserci un nuovo corpo carbonizzato.»
Bruce annuì e tornò a concentrarsi sui pochi indizi che aveva a disposizione. «Quattro omicidi in quattro giorni: Nicklas Gottard, Greta Sanchez, Arnold Stewart, Leopold Tunder. Cos’hanno in comune questi nomi?», si portò una mano al volto e lasciò andare le spalle sullo schienale della sedia. Aveva bisogno di riflettere e mettere in moto la sua geniale mente.
Alfred non proferì parola. Sapeva perfettamente che, in quei momenti, era saggio non disturbare il signor Wayne mentre univa i pezzi di un complesso puzzle che sembrava non avere soluzione. Ma lui la trovava sempre. Fallire non era un’opzione; non quando c’erano in ballo delle vite umane.
Un’intuizione illuminò gli occhi di Bruce. «Se fosse una vendetta personale? Se queste esecuzioni avessero un significato preciso?»
«È una strada plausibile.» replicò Alfred.
Bruce avviò una ricerca sul computer: la parola chiave era “corpo carbonizzato”. I risultati erano numerosi. L’ora successiva fu impiegata nella scrematura dei casi, quelli che non potevano avere collegamenti con gli attuali omicidi.
Bruce si soffermò su un particolare episodio. «Guarda, Alfred!» Il maggiordomo inglese si sporse in avanti per leggere meglio. «Un anno fa, la sera del 31 ottobre, una donna è morta a causa di un incidente durante una rappresentazione teatrale di uno spettacolo amatoriale a tema horror: lo stage ha preso fuoco e lei è rimasta bruciata. Non sono mai state chiarite le cause dell’incidente, né sono stati resi noti i nomi degli attori. Si conosce solo il nome della donna: Alis Ramirez.»
«Potrebbe essere necessario conoscere i nomi delle persone che lavoravano con la donna, Sir.»
Bruce scosse il capo. «Nei rapporti della polizia non è indicato nessun nome. Ci sono pochissimi dettagli circa la natura dell’incendio. Come se il caso fosse stato trattato con grande superficialità.»
«Sembra non essere sorpreso.»
«Non lo sono, infatti. Qualcuno ha insabbiato gli indizi. Voglio andare in fondo a questa storia; qualcosa mi dice che la morte di Alis Ramirez è collegata alla serie di omicidi di questi giorni. Ripartirò da quel teatro.»
«Forse sarebbe opportuno che sia Bruce Wayne a recarsi lì.» suggerì Alfred. «Il teatro si trova all’interno di una scuola pubblica, finanziata dal fondo fiduciario della Wayne Enterprises.»
Bruce lanciò uno sguardo di approvazione nei confronti del suo maggiordomo. «Andrò domattina.»
 
La lussuosa Bentley argentata targata “Wayne En.” fu parcheggiata a pochi metri dall’istituto scolastico Saint Francis. L’edificio, ristrutturato di recente, era costruito in muratura, con ampie vetrate nei corridoi per garantire un’ampia illuminazione. Il piano terra era condiviso dalle aule per l’asilo, la segreteria e la presidenza, mentre il piano superiore era destinato alle classi di primo e secondo livello. Sul retro, accanto ad un ampio cortile, sorgeva il piccolo teatro, inizialmente costruito per le attività extrascolastiche, ma, in seguito, affittato ad una compagnia teatrale amatoriale, di cui faceva parte Alis Ramirez. Dal giorno della sua morte, il teatro era rimasto chiuso e dei componenti della compagnia non vi era più traccia, come se non fossero mai esistiti.
Bruce attraversò l’ingresso delimitato da un cancello in ferro e camminò nel lungo corridoio del piano terra, sul cui fondo si trovava il portone che conduceva nel cortile. Data la giornata uggiosa, indossava un giubbotto in pelle, un cappello con visiera e jeans chiari, rendendo difficile riconoscerlo ad una prima occhiata senza i completi eleganti che era solito vestire.
Da una porta rossa, con una grande maniglia in ottone, si accedeva al teatro. Bruce la abbassò ma, come prevedibile, era chiusa. Indugiò qualche istante con le mani infilate nelle tasche. Attendeva che la persona, di cui aveva avvertito la presenza, facesse la sua mossa. Era pressoché impossibile coglierlo di sorpresa alle spalle.
«Posso aiutarla, signore?» esordì una voce maschile, con tono superbo di rimprovero.
Bruce si voltò, ritrovandosi di fronte un uomo basso e tozzo, con vistosi baffoni scuri sotto al naso. Indossava un completo da inserviente blu ed impugnava una scopa di saggina.
Non gli servì molto tempo per riconoscere l’uomo che lo guardava dall’alto in basso. Incassò la sua testa pelata nelle spalle ed abbozzò uno sguardo mortificato. «Scusi, Mr. Wayne. Non l’avevo riconosciuta.»
Bruce scosse il capo. «Non c’è problema, signor...»
«Olsen. Richard Olsen. Sono il custode della scuola e lo ero anche del teatro, fino a che c’erano spettacoli.»
«Mi ha sorpreso vedere, nel progetto di ristrutturazione, che mancava il teatro.»
Olsen alzò le spalle. «Il preside ha avallato questa proposta. La sua intenzione era di abbatterlo del tutto e ricavare un nuovo campetto che ampliasse lo spazio del cortile. Ma i lavori si limitavano solo alla ristrutturazione del complesso scolastico e la compagnia ha momentaneamente rigettato la proposta.»
«È un peccato, però.» Bruce si scostò di lato ed indicò la maniglia. «È possibile dare un’occhiata all’interno?»
Notò che la sua richiesta aveva suscitato una reazione di malinconia ed amarezza nel custode. Di sicuro era a conoscenza di ciò che era successo lì. Un’utile fonte d’informazioni. Fu un colpo di fortuna. A differenza di com’era abituato ad agire nei panni del Cavaliere Oscuro, doveva far ricorso alla diplomazia per ottenere ciò che voleva sapere. «È forse un problema? Se vuole posso chiedere personalmente al preside il permesso.»
Olsen scosse con foga la testa. «No, No! Nessun problema.» Infilò la mano nella grossa tasca, estraendone un folto mazzo di chiavi. «Posso chiederle il perché di tanto interesse?»
«Ho avuto un’idea su come sfruttare questo spazio. Ne parlerò senz’altro con il preside e sarò ben lieto di finanziare i lavori. Prima, però, desidero dare uno sguardo al locale.» Il tono pacato e cordiale fece rilassare il volto del custode, il quale si affrettò ad aprire la porta con una piccola chiave in ferro, leggermente arrugginita, ma in buono stato.
A differenza di quanto pensasse Bruce, la porta si aprì senza affanni: quel luogo non era stato abbandonato a sé stesso dopo l’incidente. Qualcuno vi entrava di sovente. Riflessione che fu confermata una volta scrutato l’interno: vi era ben poca polvere sul pavimento e sulle sedie in acciaio, ancora  disposte in ordine a file, come se, a breve, dovesse essere recitato uno spettacolo. «Si occupa lei di pulire qui?»
Olsen annuì. I suoi occhi si accostarono sul palco. Un velo di tristezza si disegnò sul volto, mentre osservava la parete della scenografia interamente colorata di nero carbone.
Bruce seguì lo sguardo del custode e notò le bruciature sul muro e sul parquet del palco. «Cos’è successo qui?»
«Lei non li legge i giornali, Mr. Wayne?»
Bruce fece spallucce. «Solo quelli di finanza o quelli con i servizi fotografici di modelle.»
Il custode abbozzò un lieve sorriso. «Esattamente un anno fa, questo stesso giorno, durante lo spettacolo di Halloween, c’è stato un incidente. La scenografia ha preso fuoco e una donna...», si interruppe per un istante, chinando il capo. «Una donna è rimasta uccisa dalle fiamme. Da allora, non ci sono stati più spettacoli qui.»
«Lei era presente?» chiese Bruce.
«Ero in prima fila. Amavo gli spettacoli che interpretavano quei ragazzi.»
Bruce salì sul palco e si chinò sulle ginocchia nel punto in cui vi era la chiazza nera. «La polizia ha chiarito le dinamiche dell’incendio? Cosa l’ha provocato?»
«L’unica cosa che sono riusciti a dire è: “È stato un tragico incidente”.» Bruce colse una nota di rabbia nel tono del custode. «Una donna è morta e loro hanno detto solo questo! Il caso è stato archiviato in due giorni.»
«Non c’è da sorprendersi della superficialità di certi agenti.», tornò a fissare Olsen. «Mi dispiace per quella donna. Era legato a lei?»
«A tutti loro. Li seguivo sempre e, più volte, li aiutavo nelle prove pomeridiane. Su quella bacheca ho messo io stesso una foto che li ritrae tutti.», indicò la parete alla sua sinistra.
Bruce scrutò la fotografia. Riconobbe ogni singolo volto ritratto, ma la sua espressione rimase impassibile. «La ringrazio per aver assecondato le mie richieste. Mi scuso per averle fatto perdere tempo.»
«Spero che riuscirà a dare di nuovo luce a questo posto.» replicò Olsen.
Bruce strinse la mano al custode, salutandolo con un cenno del capo, e lasciò il teatro.
Raggiunta nuovamente la sua vettura, compose sul cellulare il numero di casa. «Alfred. Ho trovato il collegamento con il killer.»
«Dunque il movente di questo killer è la morte di Alis Ramirez?»
«Tutte le strade conducono a quell’incendio di un anno fa. E questo killer consumerà proprio stasera, a Halloween, la sua vendetta personale.»
«Ha scoperto la sua identità, Sir?»
«Ho un sospetto, ma non ne sono certo. So, però, chi potrebbe essere la sua prossima vittima. Questa sera, farò visita a Peter Axel.»
 
 
Angolo Autore:
Eccoci al secondo capitolo di questa breve storia. Qui ho voluto dare molto spazio alle capacità deduttive di Bruce, che spesso vengono dimenticate lasciando spazio solo alla sua crociata contro il crimine. Ovviamente, nei panni del multimiliardario, si comporta in un modo più cordiale ed affabile cosa che, in questo caso, lo aiuta ad ottenere gli indizi necessari per la risoluzione dell’enigma.
Non mi resta che darvi appuntamento per la prossima settimana per il terzo ed ultimo capitolo.
A presto.
Nike90Wyatt

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Peter Axel era preoccupato ed impaurito. Le vittime del misterioso killer di Gotham erano tutte collegate a ciò che era successo un anno prima, in quel piccolo teatro. Quelle persone erano i suoi amici più cari, ma quell’incidente aveva creato una frattura tra loro e la sua ambizione ed avarizia li avevano allontanati per sempre da lui. In particolare, da Nicklas Gottard, con cui aveva addirittura avuto una discussione a livello fisico: era prossimo a sposarsi con Alis e la sua morte lo aveva sconvolto a tal punto da fargli perdere lavoro e legami affettivi. La proposta di Axel di insabbiare il tutto affinché nessuno di loro fosse indiziato lo aveva fatto infuriare.
Da allora, Axel non aveva avuto più sue notizia; almeno fin quando, tre giorni prima, non era stato informato della sua morte, avvenuta per mezzo di un assassino che sembrava rievocare la morte di Alis. E, quando aveva saputo di altre vittime e, soprattutto, i loro nomi, era certo che il prossimo sulla lista fosse lui.
Non aveva badato a spese per assumere il miglior servizio di protezione privata. Gli uomini della sicurezza sorvegliavano ogni possibile via di accesso alla sua villa ed alcuni piantonavano la stanza da letto e lo studio di Axel.
Il ricco imprenditore si trovava proprio nel suo studio mentre sorseggiava diversi bicchieri di gin, nella speranza che le sue angosce potessero placarsi sotto l’effetto dell’alcool. Aveva rifiutato categoricamente ogni invito alle varie feste per Halloween ed aveva esortato la moglie, ignara di tutto, a fare lo stesso. Per il momento, ritenne che stare lontano da lei era la scelta migliore, per tenerla al sicuro e non trasmetterle le sue ansie.
Il violento temporale che si era abbattuto su Gotham, quella sera, non agevolava il suo umore teso.
Nel silenzio del suo studio, intervallato dagli sporadici tuoni dall’esterno, una serie di pesanti tonfi attirò la sua attenzione. Strinse con violenza i braccioli della sua sedia in pelle nera e deglutì rumorosamente. Un profondo respiro gli infuse il coraggio sufficiente per controllare la fonte di quel leggero trambusto.
Con cautela, abbassò la maniglia della porta e la aprì con discrezione, quel tanto che gli bastava per scrutare l’atrio. Vide due uomini della sicurezza stesi a terra, al centro dell’ambiente ed un terzo allungato in una posizione innaturale sulle scale che conducevano al piano superiore.
Che fossero morti o, semplicemente, privi di senso a lui non importava in quel momento. Richiuse velocemente, ma facendo attenzione a non far rumore, la porta e si fiondò alla sua scrivania bianca in acciaio. Aprì un cassetto e ne estrasse una rivoltella: un pezzo da collezione ancora funzionante e, che, in quel momento, poteva essergli estremamente utile. Controllò il caricatore: quattro proiettili. Non tantissimi ma sufficienti.
In quell’istante, nello studio calò il buio.
Axel, pistola ben salda nella sua mano sinistra, premette un paio di volte l’interruttore del suo lumino, ma senza successo. Il terrore ormai era fin troppo evidente nei suoi movimenti e nella sua espressione. Alzò lo sguardo. Un fulmine illuminò per un istante la stanza e vide la porta dello studio spalancata. Puntò la pistola davanti a sé. «Chiunque tu sia, fatti avanti. Non ho paura di te.» Il tono della voce tradiva il suo stato d’animo.
Udì un tintinnio seguito da una forte pressione sulla mano armata. La pistola fu sradicata dall’arto. Si accovacciò immediatamente sotto la scrivania, mentre allungò un braccio cercando a tentoni la sua rivoltella. La luce dello studio si riaccese ed Axel poté vedere l’arma ad un paio di metri da lui. Accanto ad essa vi era un piccolo oggetto metallico. Ne riconobbe la forma e comprese a chi appartenesse: un Batarang.
Una mano guantata di nero lo afferrò per il colletto della camicia grigia; fu sollevato da terra e sbattuto con forza contro il muro. Si ritrovò il volto mascherato del Cavaliere Oscuro a pochi centimetri dal suo.
«Alis Ramirez.» ringhiò Batman. «Voglio sapere tutto sulla sua morte.»
Axel scosse la testa, gli occhi che manifestavano panico. «N-Non so nulla.»
In tutta risposta, Batman roteò il busto e lo lanciò sulla scrivania, ribaltandola. «In un modo o nell’altro, mi dirai quello che voglio sapere. Sta a te decidere quanto soffrire prima di parlare.» Si avvicinò minaccioso, pronto a sferrare un pugno, ma Axel alzò le mani in segno di resa.
«Ok, ok. Ti dirò tutto.»
Lo aveva studiato bene il giorno prima, durante l’accordo tra le due società. Ostentava eccessivamente sicumera e superbia: per Bruce equivaleva ad una persona pavida e vigliacca.
«Esattamente un anno fa, Alis è morta carbonizzata sul palco del teatro della scuola Saint Francis.» iniziò Axel. «È stato un tragico incidente.»
«Dimmi qualcosa che non so.»
Axel sbuffò rassegnato. «Avevamo risparmiato sui materiali di scena. Le protezioni ignifughe furono insufficienti e la scenografia prese fuoco in pochi istanti.»
«Perché nessuno di voi fu indagato?»
«La mia compagnia era in crisi e il consiglio d’amministrazione voleva testare la mia capacità di leadership. Non potevo rischiare di essere coinvolto in quella storia. Ho corrotto degli agenti di polizia ed il procuratore distrettuale affinché insabbiassero tutto. Eravamo tutti d’accordo, tranne Nicklas. Lui amava Alis e non poteva sopportare che la sua morte fosse dimenticata così presto.», scosse la testa. «Mi sono reso conto troppo tardi di quello che avevo fatto. Ho tradito i miei amici.»
«E ora ne pagherai le conseguenze!» esclamò una voce gutturale e minacciosa.
Batman e Axel si voltarono.
Accanto alla porta comparve un uomo spaventosamente muscoloso. Impugnava un grosso coltello da cucina, la cui lama era sporca di sangue. Indossava una tuta blu scura da meccanico. Il volto era coperto da un’inquietante maschera bianca integrale. Un travestimento identico al famoso killer, protagonista della saga di film “Halloween”, Michael Myers. Si rivolse a Batman: «Grazie per avermi aperto la strada.» Alzò la mano nella quale stringeva il coltello e puntò Axel.
«Aiutami, ti prego!» implorò l’imprenditore, rivolto al Cavaliere Oscuro.
Batman si frappose tra lui e Myers.
Quest’ultimo sentenziò: «Se provi ad ostacolarmi, ucciderò anche te.»
Per nulla impressionato da quelle minacce, Batman rimase fermo nella sua posizione. Con un rapido movimento, fece scivolare la mano sulla sua cintura e lanciò una granata stordente. Questa esplose a pochi centimetri dal volto del killer stordendolo. Batman si lanciò repentinamente verso lui, saltò e lo colpì con entrambi i piedi all’altezza dello sterno.
Myers arretrò di un paio di passi, ma non perse l’equilibrio nonostante la violenza dell’impatto. Ormai conscio che il pipistrello non si sarebbe tirato indietro dal difendere la sua preda, lanciò un’offensiva, agitando nell’aria il coltello in una serie di fendenti e montanti casuali.
Batman sfruttò i goffi movimenti del killer, dovuti alla sua impressionante mole, per evitare i colpi. Dopo aver schivato un fendente frontale chinando il busto in avanti, effettuò due giri su sé stesso e sferrò un calcio rotante alla testa dell’avversario. Anche stavolta, però, la botta fu ben attutita. Batman era in difficoltà: sebbene fosse evidente la totale mancanza di addestramento e la limitata mobilità, Myers esibiva una strabiliante resistenza.
Un altro feroce affondo costrinse Batman a parare il colpo a fatica. Aggrappandosi al possente braccio del killer, balzò oltre le sue spalle, nel tentativo di chiuderlo in una mossa di sottomissione. Myers, però, era troppo forte e, con la mano libera, assestò un gancio al diaframma e spinse via l’oppositore con la mano aperta.
La corazza del costume attutì il colpo, ma Batman avvertì ugualmente un’intensa fitta.
Myers attaccò nuovamente con una sorta di mezzano dritto, impattando una giuntura dell’armatura all’altezza della clavicola; sia il coltello che il rivestimento rimasero scheggiati per via della brutalità dell’impatto. Caricò, poi, l’avversario correndogli incontro. Batman non fece in tempo a reagire che fu sollevato da terra e scaraventato prepotentemente contro la scrivania ribaltata, che si spaccò in due. Ebbe una sensazione di dejà vu quando, tempo prima, Bane lo aveva sollevato allo stesso modo e gli aveva dislocato una vertebra. Ora aveva di fronte un altro avversario potenziato dal Venom e non si trovava nella forma migliore. Il mese di sosta forzata gli avevano indolenzito la potente massa muscolare ed indebolito la resistenza aerobica. Cominciava ad avere il fiatone, specialmente dopo il pugno incassato poco prima. Aveva bisogno di ideare un piano e doveva farlo in fretta.
Claudicante, si rialzò da terra, notando Myers che, nel frattempo, aveva pericolosamente accorciato le distanze da lui. Il killer alzò la mano armata di coltello. Batman scivolò sul pavimento e scalciò con veemenza la caviglia destra di Myers, che si piegò sul ginocchio.
Facendo leva sulle braccia, il pipistrello tornò in piedi e batté due volte le nocche delle mani, l’une contro l’altre. I guanti si illuminarono di un tenue azzurro. Dopo una breve rincorsa, balzò in alto, sfruttando la stessa gamba di Myers come trampolino, inarcò il busto e sferrò un poderoso diretto sul viso dell’oppositore. La violenza fu tale da spaccare in due la maschera bianca che cadde a terra, rivelando il vero volto del killer.
Axel sbiancò, pensando di aver visto un fantasma. E Batman pensò la stessa cosa osservando quegli zigomi marcati e spigolosi, gli occhi castani infossati, la folta barba su cui spiccavano dei grandi baffi. Era ancora stordito dalle scintille provocate dal taser sui guanti di Batman.
«Nicklas Gottard.» dichiarò il Cavaliere Oscuro. «Hai simulato il tuo omicidio per poter agire indisturbato e consumare la vendetta sugli amici che ritieni abbiano tradito te e la tua amata Alis.»
Il silenzio di Gottard suonò come un assenso. Strinse nuovamente il coltello nelle sue mani. Si era spinto troppo oltre per tornare indietro. Voleva portare a termine quello che aveva pianificato. Doveva farlo. Per lei.
Batman non esitò a riassumere una posa difensiva.
Due assordanti botti risuonarono seguiti da un fragoroso tuono. Gottard arrancò all’indietro mentre due grandi  chiazze di sangue si fecero largo sul torace.
Batman si voltò: Axel impugnava la sua rivoltella, puntata contro Gottard, la canna fumante. Sconvolto da quel gesto e, soprattutto, furioso, Batman calciò le mani di Axel e la pistola cadde sul pavimento lontano da lì. «Non era necessario!» Una gomitata ben assestata mandò ko l’imprenditore.
Dopo diversi rantoli, Gottard si accasciò con la schiena al suolo. I suoi occhi fissavano un punto vuoto sul soffitto, fin quando non li chiuse, sfoggiando un serafico sorriso.
Batman si fiondò su di lui, controllando il polso: il battito era assente. Ma non si sarebbe arreso facilmente. Batté nuovamente le nocche, raggiungendo il massimo voltaggio. Tre bip lo avvertivano della pericolosità della scarica. «Non hai ancora finito con i vivi!»
Il corpo di Gottard sobbalzò sotto l’effetto della scossa elettrica. Batman controllò nuovamente il polso. Il cuore aveva ripreso a battere.
 
Bruce si risvegliò nel suo letto a metà giornata. Era rientrato alla Bat-caverna quando l’orologio segnava le 3:10. Lo scontro con Gottard lo aveva provato molto a livello fisico, contando che era la prima volta che tornava in azione dopo più di un mese. Giusto il tempo di liberarsi del costume e subito aveva raggiunto la sua camera, dove il sonno aveva rapidamente preso il sopravvento. Era sicuro che Gordon e i suoi agenti avrebbero potuto gestire la situazione da quel momento in poi.
Indossata la sua vestaglia, rigorosamente nera, raggiunse la sala da pranzo. Era affamato. Accanto al lungo tavolo che troneggiava al centro della stanza, erano accomodati Tim Drake e Barbara Gordon. Felice del loro ritorno a Gotham, dopo un viaggio in Europa, Bruce li salutò entrambi con un caloroso abbraccio.
«Ho saputo che sei stato impegnato a dare la caccia a Jason Voorhees.» esordì Drake in tono ironico.
Bruce represse un sorriso. «In realtà era Michael Myers. Una sera come altre.»
«Sei il solito testardo.» considerò Barbara. «Nelle tue condizioni avresti dovuto chiamare aiuto.»
«Non volevo interrompere il vostro viaggio. E comunque, è andato tutto bene.»
Barbara scosse il capo voltandosi verso Drake, il quale alzò le spalle e disse: «Comunque, porto notizie dal distretto.», Bruce gli rivolse l’attenzione, mentre Alfred poggiò un vassoio ricco di leccornie davanti a lui. «Gottard è fuori pericolo. Per sua fortuna, i tessuti rinforzati dal Venom hanno attutito gli spari e il tuo intervento è stato provvidenziale per lo shock subito. Domani lo trasferiranno ad Arkham.»
«E Axel?»
«Dovrà rispondere di intralcio alle indagini, occultamento di prove e corruzione. Se la caverà con poco, se avrà un giudice clemente, ma dubito che il consiglio d’amministrazione della Pirrx Global sarà indulgente con lui.», si interruppe. «Ha sparato ad un suo amico. A sangue freddo.»
«Non credo ragionasse a mente lucida.» convenne Bruce. «Era terrorizzato dal vedere l’amico che credeva morto deciso ad ucciderlo. Per non parlare del senso di colpa che provava, e che credo provi ancora, per aver tradito la sua fiducia. Farà i conti con la sua coscienza.»
Alfred si fermò accanto a Wayne, interessato anche lui alla questione. «Chi era la prima vittima di Gottard? L’uomo che ha usato per inscenare la sua morte.»
«Inconsapevolmente, Gottard ci ha dato una grossa mano.» intervenne Barbara. «La vittima era Marcus Anthony, il principale fornitore di Venom a Gotham. Papà ha detto che hanno perquisito il suo covo e trovato una lista di acquirenti.»
Bruce annuì. «Finalmente potremo porre fine a questo incubo.»
«Ma, stavolta, ti farai aiutare.» ribadì Drake.
Bruce rivolse un sorriso ai presenti. «Con piacere.»
 
 
Angolo Autore:
Salve bella gente!
Eccoci all’ultimo capitolo di questa breve storia. Anche qui ho voluto citare alcune opere, estranee e non all’universo di Batman. Ovviamente il focus è dedicato per la maggiore al protagonista dei film della saga “Halloween”, Michael Myers, il cui aspetto è fedele all’originale. Nel comportamento, invece, ho preferito dargli un tocco personale, in linea con il background che gli ho associato.
Il rapporto tra Drake e Barbara è ispirato al videogioco “Batman Arkham Knitgh”: non so precisamente se questa loro relazione sia canonica anche nei fumetti, ma la apprezzo molto e quindi l’ho inserita.
Spero che questa storia vi sia piaciuta e ringrazio tutti coloro che l’hanno letta.
Alla prossima.
Nike90Wyatt

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