Foglietto illustrativo dell'amore

di harua_96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io e te sotto le stelle - Annie e Bertholdt ***
Capitolo 2: *** Piccoli problemi di numero - Sasha e Nicolo ***
Capitolo 3: *** Boom, Boom! I want you in my room - Hanji e Levi ***
Capitolo 4: *** Meet me halfway - Nanaba e Mike ***
Capitolo 5: *** Madamigella Annie - Armin, Annie e Bertholdt ***
Capitolo 6: *** Di labbra e cioccolato - Sasha e Nicolo ***



Capitolo 1
*** Io e te sotto le stelle - Annie e Bertholdt ***


calderone challenge 1 Raccolta partecipante alla "Un calderone di prompt" challenge, indetta da catching_hearts sul forum di EFP.

Ciao a tutti!
Innanzitutto grazie per esservi incuriositi e aver aperto questa pagina. Immagino che l'introduzione vi abbia lasciato un po' confusi, perciò andiamo con ordine: questa vuole essere una raccolta scherzosa, un momento leggero per me e per voi per staccare dalle fatiche di ogni giorno. Il filo conduttore sarà l'amore, ma non quello lui riesce a conquistare lei e viceversa, ma quello impacciato e capacissimo di sfociare in una miserabile friend zone. Vedremo i nostri personaggi alla conquista del loro amore, alle prese con piani contorti per svilire gli altri pretendenti e una valanga di fallimenti che faranno piangere loro e ridere noi (si spera!).
I prompt utilizzati saranno riportati a fine capitolo per non spoilerare quello che accadrà.
Scriverò su qualsiasi tipo di coppia, il rating inizialmente sarà verde, non saranno solo AU (anche se molto mi ispirerò a Attack on Titan: Junior High), le lunghezze saranno variabili (ma saranno sopratutto flashfic).
Se volete che scriva su una qualche coppia, ovviamente senza aspettarvi il lieto fine, basta che me lo facciate sapere, anche per messaggio privato. Sbizzarritevi pure!
ps. sì, prima o poi qualche lieto fine potrebbe esserci, ma procediamo per gradi.






L'erba era fresca, dalla terra permeava l'umidità, il suo odore.
Sopra di loro, il cielo pareva cadere in una miriade di meteore dalla scia frizzante, uno spettacolo da godersi al buio, in silenziosa compagnia.
Solo loro.
Annie e Bertholdt.
Tutta la fatica degli ultimi giorni era valsa quell'ora con lei.
In realtà era dall'inizio dell'estate, ancor prima del cominciare delle vacanze, che programmava quel momento, che pensava e ripensava a come invitarla a all'appuntamento.
Più la guardava di nascosto, più osservava di sottecchi la sua figura minuta e parecchio più bassa di lui, più si convinceva che fosse lei il vero spettacolo.
Il cuore traboccava di gioia, ma un nodo alla bocca dello stomaco si stringeva man mano che i minuti passavano.
Si era imposto di rivelarle i suoi sentimenti lì, sotto le stelle, romantico e perfetto, ma doveva farlo prima che andassero via, o non avrebbe saputo come tirare fuori il discorso che si era preparato, discorso che, pur di non farlo uscire dalle labbra, continuava a ripetersi in testa, campando la scusa di temere di non ricordarlo - sciocchezze, da anni l'aveva pronto.
Strinse le ginocchia, mandò giù il groppo alla gola, e finalmente aprì bocca.

«Sono felice di aver accettato di venire con te.»

Quasi urlò di spavento per la sorpresa. Si voltò stupefatto a guardarla, col rossore sulle guance fortunatamente celato dal buio.

«Ad essere sincera, sei l'unico con cui sarei voluta venire a vedere le stelle cadenti.»

«Da... davvero?!» esclamò con voce stridula a causa del cuore in tumulto.

«Sì.» affermò Annie cercando i suoi occhi nel buio. Lo sguardo era talmente serio... che stesse per confessargli qualcosa? Dopo tutta la fatica era lei a dichiararsi? Le si fece più vicino, abbassandosi appena sul suo viso...

«Almeno tu stai zitto in questi momenti.»

Era il 10 agosto, e anche per quell'estate, assieme alla stella con cui l'aveva espresso, Bertholdt poteva salutare il desiderio di dichiararsi ad Annie.





Prompt: Stelle cadenti

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Capitolo 2
*** Piccoli problemi di numero - Sasha e Nicolo ***


calderone challenge 2



Quattro... otto... cinque...


«Sì, sì è giusto.» si ripeté Sasha spostando forsennatamente gli occhi dallo schermo dello smartphone al foglietto stracciato che teneva nell'altra mano, altrettanto tremante.
Era stato difficile, ma alla fine aveva ottenuto il suo numero nel modo meno sospettoso possibile, nessuno si era accorto della sua cotta, ne era certa!
Giorni ci aveva messo per studiare il piano di ottenimento di quel numero, giorni ci aveva messo per metterlo in atto, giorni ci aveva messo per ottenere il numero e giorni ci aveva messo per decidersi ad inviare un messaggio! Infine però eccola lì, seduta in salotto, con gli occhi saettanti, le occhiaie evidenti e le pupille dilatate, pronta ad inviare quel messaggio.

Ciao! Sono Sasha, siamo in gruppo insieme nel corso di cucina. Ho visto quanto te la cavi bene, mi insegneresti un pomeriggio? :)

Si bloccò sol pollice sulla scritta "invio".
Osava davvero farlo? E se poi avesse pensato che fosse una stupida? Era così palese fosse una scusa per vederlo?
Chiuse gli occhi stringendoli così forte da sentir tirare i capelli accanto alle tempie.

«O la va o la spacca!» e schiacciò.

Inviato.
Un silenzio pesante calò nel salotto. L'aveva fatto ma non si sentiva sollevata, anzi! E ora avvertiva chiaramente la schiena dolorante per essere stata piegata tanto sul cellulare.
L'aveva ricevuto? E se l'avesse già letto ma ignorato? Sbiancò.

«AAAAAAAAAAH!» urlò disperandosi con le mani tra i capelli: «Lo sapevo! Dovevo usare Whatsapp! Avrei già saputo se fosse stato consegnato!»

Si accasciò sul divano, stanca come dopo una maratona, e sprofondò tra i cuscini, sconsolata.
Il suono tipico del bussare alla porta le arrivò tanto distinto alle orecchie da farle rizzare tutti i capelli e scattare in piedi. Era l'avviso di un messaggio del suo cellulare!
Lo afferrò e lesse col cuore in gola:

Ciao Sasha :) non credo di essere così bravo da poter dare consigli, ma se li vuoi ci mettiamo d'accordo

«Sììì!!!» urlò di gioia spiccando un salto. Si sentiva al settimo cielo! Rilesse ancora una volta con gli occhi lucidi, per essere sicura che non fosse un sogno e... no, non lo era! Aveva un appuntamento con Nicolo!

Nel frattempo, molti quartieri più in là...

Mercoledì prossimo per te va bene?

Certo :)

Proprio non capiva perché Sasha gli avesse chiesto di rimanere a scuola per esercitarsi con la cucina.
Ridacchiò.
In fondo che importanza aveva? Anche se lui le era appena superiore e lei l'ultima della classe, se aveva deciso così, chi era per dirle di no?
Peraltro stare in sua compagnia era sempre bello.
Connie tornò chino sui compiti. Era proprio contento!





Prompt: un messaggio inviato alla persona sbagliata


Note: un classicone. La nostra Sasha, con questa gran cotta per Nicolo, riesce ad ottenere il suo numero di cellulare ma... a riscriverlo sbaglia qualcosa ed ecco che manda un messaggio a Connie senza accorgersene, il suo migliore amico, che evidentemente prova per lei qualcosa. Chissà che delusione quando troverà lui invece di Nicolo! Non vi è mai capitato di ricontrollare qualcosa decine di volte per essere sicuri che fosse tutto giusto e poi scivolare su una buccia di banana? Beh, io sono un'esperta tanto quanto Sasha.
A presto :*

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Capitolo 3
*** Boom, Boom! I want you in my room - Hanji e Levi ***


calderone challenge 3



La sua vicina era l'essere più insopportabile, casinista, rumoroso e sciatta dell'interno universo, e se c'era qualcosa che Levi odiava era la sporcizia e il disordine, di cui lei ne era sovrana assoluta. Teneva il suo appartamento come un magazzino e non c'era giorno in cui non sentiva qualche botto provenirvi.
I suoi nervi avrebbero quasi potuto accettare tutto questo, se non fosse che, oltre alle già menzionate sgradevoli caratteristiche, ella non fosse tanto esuberante e pure estremamente impicciona. Sì, perché, a detta sua, Levi aveva qualcosa di particolare che stuzzicava la sua curiosità da scienziata, e lo importunava ogni volta che si incontravano con questa scusa.
Se generalmente riusciva ad evitarla o, cosa più difficile ma non impossibile, estraniarsi dai botti che venivano dall'altro muro, quel giorno Hanji aveva evidentemente deciso di farlo impazzire. Era dalla mattina presto che faceva baccano con qualche nuovo esperimento chimico. Poco gli era importato inizialmente: si era alzato anch'egli presto ed era uscito per lavorare, ma, quando nel pomeriggio era rincasato, all'improvviso era scoppiato il pandemonio.
No, dopo un'ora non poteva più soprassedere. Si alzò e uscì di casa a passo marziale


Eccolo che arrivava!
Hanji si leccò le labbra soddisfatta, pregustando la vittoria. Sapeva benissimo che avrebbe portato i nervi di Levi, il suo vicino, ad un punto abbastanza critico per farlo venire da lei. Ormai aveva capito come acchiappare il suo pollo, il segreto era cucinarlo a fuoco lento. Quella mattina aveva cominciato presto a far baccano, poi lui era uscito per lavorare e ne aveva approfittato per stendersi sul divano a leggere una rivista di biologia. Non appena aveva udito il suo passo in corridoio, si era alzata di colpo ed era tornata nella piccola stanza adibita a studio chimico, confinante alla parete in comune con Levi, e a lungo si era divertita a far esplodere sostanze chimiche. Poi, certa che ormai stesse per cedere, aveva mollato le sue reazioni in atto - mossa assolutamente incosciente - ed era corsa allo spioncino della porta. Tempo un paio di minuti e Levi era uscito per venirla a insultare.
Bussò due volte tanto forte da far tremare la porta e lei, aggiustatasi gli occhiali, gli aprì con un sorrisone.

«Levi! Che ci fa...»

«Hai rotto il cazzo, Hanji! Piantala con i tuoi esperimenti da pazza e comincia... oh, cazzo! Ma che merda è?!»

Hanji, che aveva calcolatamente lasciato dello spazio per permettere di intravedere il caotico salotto, lo guardò senza capire: «Di che parli? Io non vedo cacche qui in giro»

«Perché sei abituata a viverci dentro!»

«No, Levi! Dove vai?!» esclamò disperata vedendolo avviarsi verso le scale.

«A cercarmi una casa nuova, dove non ci siano schizzate come te»

«Aspettaaaa» piagnucolò inutilmente, lui se ne era già andato.
Sperava che facendo leva sulla sua ossessione per lo sporco sarebbe riuscita ad attirarlo nella sua tana, e invece anche questa volta aveva fallito. Ma non si dava per vinta! Se voleva studiare Levi, portarlo a lei era l'unica maniera, non le avrebbe mai permesso di avvicinarsi in altri modi.
Rientrò in casa chiudendosi la porta alle spalle, aveva un nuovo piano a cui pensare!


Levi uscì dal condominio più incazzato di prima. Vedere quel disastro l'aveva non solo disgustato, ma anche fatto venire la pelle d'oca: Dio, solo lui sapeva quanto avrebbe desiderato entrarci per pulire tutto, e il fatto che gli stesse proprio di fianco sapeva che non gli avrebbe permesso di dormire quella notte.
Tirò fuori un fazzoletto per pulirsi le mani. Si sentiva schifosamente sporco.
Ma non avrebbe ceduto ad Hanji. Aveva perfettamente capito quale fosse il suo piano e non sarebbe caduto in trappola, non le avrebbe sistemato la casa al posto suo!





Prompt: vicini di casa troppo rumorosi


Note: un epic fail grande come una casa per Hanji, della quale peraltro Levi non ha capito nulla! Non appena ho letto il prompt, è stato naturale pensare ad Hanji e dove c'è lei io ci vedo Levi, non per forza come una coppia, ma perché hanno un bel rapporto, perché sono due opposti caratterialmente che insieme fanno faville. Il titolo fa riferimento alla canzone dei Vengaboys: Boom, Boom, Boom, Boom (I want you in my room); l'ho trovata perfetta come ispirazione al titolo, perché anche Hanji vuole Levi in her room, anche se per scopi diversi.

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Capitolo 4
*** Meet me halfway - Nanaba e Mike ***


calderone challenge 4 Note: premetto che non sono esperta di questa ship, perciò spero mi perdonerete se non avrò reso perfettamente IC Mike e Nanaba. Ho comunque voluto provarci intanto perché lo spirito di questa raccolta è anche l’intento di cimentarsi con nuovi personaggi e sperimentare, e poi perché insieme mi piacciono molto. Spero sarà gradita a voi e a Elisir86, che è stata così gentile da recensirmi. Questa è dedicata a te ^^





Venerdì sera, ore 21:20.
Mike diede un’occhiata al suo cellulare constatando l’orario e che nessun messaggio dai suoi amici fosse arrivato.
Nulla di cui preoccuparsi in realtà, era in anticipo essendo l’appuntamento fissato per le 21 e 30.
Già… peccato che si sentisse un tale imbecille davanti al pub da solo e al freddo, mentre il grande gazebo allestito per l’inverno fosse gremito di coetanei intenti a chiacchierare a fumare sotto alle stufe a fungo.
Entrare? Non se ne parlava neanche, che tristezza sedersi da solo.
Ma in fondo la colpa era sua, ostinato com’era ad arrivare in anticipo, soprattutto se l’uscita comprendeva Gelger, eterno ritardatario, e Nanaba, che in quanto a precisione spaccava il capello.
Estrasse le chiavi della macchina dalla tasca e decise di andare ad attendere al caldo e in solitudine in un posto dove non si sarebbe sentito fuori luogo.
E fu proprio mentre allungava la mano per aprire la porta della macchina, che una voce lo chiamò: «Ehi, Mike», Nanaba lo raggiunse a passo tranquillo «È molto che aspetti?»

«Sì, ma ero in anticipo.»

«Come sempre», sorrise lei schernendolo: «Che facciamo? Aspettiamo Gelger o andiamo a cercare un tavolo?»

«Come preferisci.»

Nanaba sistemò la borsa a tracolla: «Ho freddo, andiamo dentro. Se lo aspettiamo qui fuori morirò congelata.»
Dal suo tono era evidente che fosse scocciata per il ritardo cronico di Gelger, che peraltro aveva organizzato la serata, e Mike non se la sentì di obiettare, in fondo per lui, una volta in compagnia, era indifferente.
Il pub lo conoscevano bene, era uno dei loro preferiti, ma sfortunatamente non era abbastanza grande per ospitare tutta la calca che vi si riversava di venerdì, rendendo difficoltoso addirittura muoversi. Se non altro sia lui che Nanaba erano abbastanza alti per farsi spazio ed ebbero la fortuna di trovarsi dietro a una coppia che lasciò posto al bancone proprio quando arrivarono.
Sedutisi, ordinarono al volo un paio di birre.

«E Gelger?» domandò Nanaba mentre venivano serviti.

«Forse la prossima volta arriverà in orario.»

Lei ridacchiò: «Lo sai che non imparerà mai».

Anche Mike si lasciò sfuggire un sorriso sotto ai baffi radi: «Lo so», mandò giù un lungo sorso di birra e schioccò la lingua sul palato con soddisfazione: «Provo a mandargli un messaggio».

«Chissà se lo leggerà…» disse pensierosa facendo vorticare il boccale.

«Purtroppo non ho alternative, c’è troppa confusione», la musica e il chiacchiericcio costringevano anche loro, l’uno a fianco all’altra, a urlare.
Quando però vide il cellulare, notò con sorpresa un sms proprio dall’amico. Che strano, nemmeno quand’era in ritardo - cioè sempre - avvertiva, si limitava ad arrivare coi suoi tempi.

Ehi amico, scusa ma proprio non posso venire, buona fortuna con Nanaba ;)

«Maledetto…» pensò.

Mike strinse il cellulare così forte da far tremare tutto il braccio, nella speranza di poter stritolare quel cretino attraverso l’apparecchio.

«Tutto ok, Mike?»

«Sì,» rispose lapidario, «Non si è sentito bene.»

«Che tipo!» rise Nanaba. «Poteva anche avvertire!»

«Infatti.»

Me la pagherai, digitò velocemente.

Che schifoso bastardo, era stato tutto un piano fin dall’inizio, e il suo istinto l’aveva anche avvertito: «Perché Gelger organizza un’uscita? Non l’ha mai fatto». Perché non l’aveva seguito? Mai l’istinto l’aveva tradito!
Da diverso tempo qualcosa era scattato tra lui e Nanaba, ma entrambi avevano continuato a girarci attorno, senza mai trovare il coraggio di fare il primo passo, passo che aveva fatto Gelger.
Come si era permesso di metterci lo zampino? Voleva forse fare il cupido della situazione? Se Nanaba l’avesse scoperto l’avrebbe scorticato.
Nanaba che stava lì accanto a lui, gli occhi chiari persi in chissà quale pensiero e l’oro della birra riflesso in essi. Anche quella sera aveva optato per un look non molto femminile: jeans scuri, maglia grigia e chiodo di pelle nera. Non gli importava del suo aspetto, era parte di lei, se ne era innamorato proprio per il carattere spigliato, a tratti più maschile che femminile.
Vuotò il proprio boccale e ne ordinò un altro.
Se proprio non riusciva a confessarsi, anche se i suoi sentimenti erano palesi, ne era convinto, l’avrebbe corteggiata. Aveva bisogno solo di un po’ più di alcol in circolo. Ed esso fece la sua parte, tirandogli fuori la loquacità e in breve cominciarono a chiacchierare, ridere e scherzare.

Mike allontanò le labbra dal boccale e lasciò ondeggiare il liquido a mezz’aria appoggiando il gomito al bancone. Chinò un poco il capo e un sorriso sicuro, da intenditore, gli si dipinse sul volto: «Sai, non sono uno che lo dice a qualunque ragazza che incontra, tu mi conosci bene, non sono un Don Giovanni e vado cauto con le parole, ma non ho dubbi se dico che qua dentro sei la più bella stasera».

«Mh? Scusa, hai detto qualcosa?»

All’improvviso perse tutta la spavalderia che era riuscito ad accumulare e cominciò a sudare freddo. Che fesso, nell’intento di fare il gentleman playboy - contrario di ciò che era -, non aveva tenuto conto della confusione e lei non l’aveva sentito.
Rigido, si girò verso di lei.
Gli occhi di lui si specchiarono nel cielo infinito di quelli di lei. Aveva smarrito la sicurezza, ma il momento non era ancora perso, poteva ancora aprirsi: «Ho detto che… sei molto bella, stasera».

Nanaba ricambiò con sguardo incerto e un silenzio che per l’uomo durò un’eternità, ma infine gli si avvicinò. Mike rimase immobile, pietrificato, non aspettandosi una reazione del genere a quel semplice complimento, ma non si sarebbe tirato indietro, nemmeno in mezzo a tanta gente; non era da lui, ma aveva atteso troppo quel momento.
La ragazza spostò il viso e batté l’indice vicino all’orecchio.
Oh Dio, non aveva sentito di nuovo.
Che fare? Che fare?!
Sarebbe stato romantico sussurrarlo...
Ormai era così teso che piegarsi sull’orecchio gli provocò fastidio alla schiena, ma decise di farlo comunque: «È molto bella la musica, stasera».

Nanaba si scostò e annuì convinta: «Hai proprio ragione!»

«Lo so», e mandò giù un sorso molto più amaro.





Prompt: C chiede ad A e B se sono impegnati venerdì. Entrambi dicono di no, quindi augura loro un buon appuntamento, mentre lui/lei non potrà esserci. (era tutto un escamotage di C per far uscire A e B assieme, dato che nessuno dei due si decideva a chiedere all’altro di uscire con lui/lei)

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Capitolo 5
*** Madamigella Annie - Armin, Annie e Bertholdt ***


calderone challenge 5



«Abbiamo finito, arrivederci», annunciò il professore prendendo la sua valigetta e uscendo dall’aula.

Armin tirò un sospiro di sollievo. Anche per quella mattina avevano finito, rimanevano solo i club pomeridiani, ma, se non altro, la parte più faticosa della giornata era terminata. Seppur fosse uno studente diligente, che amava approfondire le proprie conoscenze e scoprire argomenti nuovi, alcuni insegnanti erano duri anche per lui da digerire.
Alzò la superficie del banco per riporre astuccio e quaderno e prendere il pranzo, era affamato, ma ogni appetito sparì quando gli cadde lo sguardo su di lei, lei che non stava facendo nulla, se non contare gli spiccioli nel portafoglio.
Che bella era Annie.
Era innamorato di lei da aprile, da quando erano capitati in classe insieme e l’aveva notata. Così silenziosa e sgusciante, aveva la straordinaria capacità di passare inosservata a qualunque sguardo, ma in uno spazio tanto ristretto come quello di un’aula, Annie non si era potuta sottrarre, anche se ci aveva provato, e più volte, scappando da quella stanza ogni qual volta gli orari scolastici lo permettessero.
Annie era piccola, gli occhi di cristallo e i capelli del pallido sole di novembre, che incorniciavano un viso dal profilo affilato con ciocche sottili, quasi impalpabili. Ed era minuta, alta circa come lui, ma molto, molto più forte. Negli allenamenti di arti marziali l’aveva vista stendere, letteralmente, avversari pesanti il doppio di lei. Ma era inafferrabile, non era mai riuscito ad avvicinarsi, a rivolgerle una parola spontaneamente e al di fuori degli obblighi scolastici.
E non l’aveva mai vista sorridere, mai, eppure rimaneva bella, bella e impossibile.
Di lei però sapeva una cosa che amava: gli hamburger, anche quel giorno ne aveva uno per pranzo. Forse avrebbe potuto invitarla a mangiare qualcosa di buono in un posto ad hoc. Un appuntamento loro due soli.

E, mentre gongolava con un sorriso sul volto imporporato, due occhi lo fissavano con fastidio.

«Ehi, Berth.»

Il giovane alzò gli occhi sul compagno, trovandogli un’espressione dura non rivolta a lui.
Seguì il cenno del capo che gli fece, per poggiare lo sguardo su Armin, Armin che con occhi sognanti fissava Annie.
Catastrofe.
Quasi gli venne un infarto.
Che voleva dalla, quasi, sua Annie?
Che intenzioni aveva?
Bertholdt divenne bianco come un cencio e si sentì svenire. La possibilità che qualcuno potesse portargliela via era ancora più terrificante di un suo rifiuto.

«Sveglia, Berth! Devi fare qualcosa!» lo aggredì Reiner con voce sommessa.

«Che posso fare?» gli occhi erano pieni di disperazione.

«Devi reagire! C’è posto per un solo uomo nel cuore di Annie, e devi aggiudicarti quel posto!-

«Ma come? Neanche quest’estate sono riuscito a dichiararmi», ricordò amareggiato.

«Combatti!» rispose secco, e Bertholdt fu inondato da una determinazione che non aveva mai provato prima: «Guarda, Annie sta uscendo, è il momento».

Ne fu sconcertato: «Cos... Reiner?! Vuoi farlo proprio qui e ora?»

Il suo volto era scuro, impassibile: «Sì. Questo è il momento giusto... per chiudere la faccenda».


Incantato com’era dalle sue elucubrazioni, nemmeno si era accorto che l’oggetto di esse si era defilato, e nemmeno si era accorto dell’apparizione di una minacciosa figura incombente davanti a lui: Bertholdt, che lo fissava con con occhi grandi e bianchi. Il volto una maschera tetra.
«Cosa cerchi tu da Annie?» la sua voce da oltretomba gli penetrò nelle ossa e Armin fu certo di percepire un brivido freddo.

«P… Perché?» buttò fuori in un sussulto.

Betholdt si allontanò dalla sua faccia ergendosi in tutti i suoi centonovanta, e più, centimetri. Armin deglutì, non l’aveva mai visto così, faceva spavento.
«Ti piace Annie?»

Tutto il gelo provato sparì lasciando il posto al fuoco sul suo volto.
«Beh… io…» farfugliò.

«Battiti.»

«Cosa?»
Era certo di non aver capito bene.

«Sul tetto. Tra quindici minuti. Solo io e te. Sarò là ad aspettarti.»
Si voltò, tenendo lo sguardo fisso su Armin finché la torsione del collo glielo permise, e lasciò l’aula.

Assurdo, era assurdo. Che intendeva poi per “battiti”? Si sarebbero picchiati?
L’idea gli fece galoppare il cuore come una mandria infuriata: che possibilità aveva lui contro Bertholdt? Era un fuscello a confronto!
Tuttavia, Annie era stata capace di battere un avversario della stazza di Reiner, pertanto una vittoria non era impossibile se avesse giocato bene le sue carte.
Si alzò con decisione battendo le mani sul banco.
Il guanto della sfida era stato lanciato ed Armin l’avrebbe colto.


Folate di vento freddo sferzavano il tetto della scuola. Il cielo ingrigito prometteva tempesta.
I due contendenti si sfidavano con lo sguardo ai due lati opposti. La tensione era palpabile, elettrica nell’aria.
Un rivolo di sudore scivolò sulla tempia di Bertholdt. Era il momento della verità.
Armin sistemò la posizione di un piede. Non si sarebbe tirato indietro.
Solo uno sarebbe uscito vittorioso da quel duello. Al vincente sarebbe spettato il cuore di Annie, al perdente l'umiliazione.

«Non sono disposto a rinunciare a lei senza combattere!»

«Per lei sento di poter fare qualunque cosa!»

«Armin preparati!» le lunghe gambe scattarono.

«Non resterò fermo a guardare!» e con un urlo combattivo anche Armin si lanciò alla carica.

BOOM!, un frastuono ruppe le grida di carica e i due lottatori si arrestarono. Cuore in gola e arti frementi.
La pesante porta di metallo aveva sbattuto contro il muro e Annie si stagliava sulla soglia. Nelle mani erano strette le due metà del suo hamburger.

«Annie?!»

Che ci faceva lì?

«È venuta per me?»

«Vuole condividere il suo hamburger con me?»

Calò un silenzio pesante. Su entrambi gravava un'ansia molto diversa da quella di pochi secondi prima.
Chi avrebbe scelto, Annie?
Gli occhi gelidi vagarono su tutto lo spazio e si soffermarono su uno e nessuno, scrutandoli, perforandogli l'anima.

«Scusate, cercavo Eren» fece dietrofront e sparì giù per le scale.

E mentre il vento si calmava e tornava a splendere il sole novembrino, c’è chi giura di aver visto una balla di fieno rotolare sul tetto scolastico.





Prompt: A è arrossito completamente perché è stato scoperto ad osservare costantemente B


Note: ammettetelo che il titolo vi aveva un po' fuorviati!
Dopo qualche capitolo, sono ritornata al primo che trattava di Annie e Bertholdt, con però un personaggio in più: Armin. Questo prompt è stato un fulmine a ciel sereno e l'idea è venuta fuori da sé: e se Bertholdt notasse qualcun altro interessato ad Annie? Che farebbe? Ovvio! Ne uscirebbe fuori un duello! Signori, il guanto è stato lanciato e la sfida accettata, ma pare che l'unico a vincere sia stato Eren. A qualcuno sarà sembrata una stupidaggine la scelta dell'hambuger, ma per chi ha visto Attack on Titan: Junior High! avrà certamente capito: in un episodio Eren è disperato perché i giganti gli hanno rubato l'hamburger, Annie alla fine decide di fare a metà con lui, scatenando, in questo caso, la gelosia di Mikasa. La scena di Reiner e Berth l'avete riconosciuta, invece? È la scena dove Reiner decide di rivelare la loro identità, scena ripresa anche nella serie sopra citata in un momento molto più stupido, come in questa one-shot, d'altronde.
Come al solito mi auguro che vi abbia strappato un sorriso, il prossimo capitolo uscirà domani, probabilmente, e su una coppia di cui ho già trattato e di cui dobbiamo vedere "l'appuntamento". Mi pare chiaro di chi stia parlando, no?
Un bacio!

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Capitolo 6
*** Di labbra e cioccolato - Sasha e Nicolo ***


calderone challenge 6



Sasha correva a perdifiato per la scuola. Le lezioni erano appena terminate, ma voleva raggiungere Nicolo velocemente per passare con lui più tempo possibile prima dell’inizio dei club. A stento aveva dormito la notte in attesa di quel momento e ora il cuore le martellava nel petto, impazzito. Ma Sasha era un’atleta e quell’adrenalina, causata anche dalla corsa, non faceva che renderla più euforica.
Ah, eccola nel corridoio giusto, poteva già scorgere l’ingresso sul lato sinistro dell’aula di economia domestica.
Rallentò la corsa, pensando che, forse, arrivare come un uragano non sarebbe stata una presentazione a suo favore; spesso le rimproveravano di essere troppo impulsiva e chiassosa.
Si fermò un attimo per riprendere fiato; appoggiando la mano sul cuore poteva constatarne il battito accelerato, e non più solo per la corsa.

«Che emozione, non mi sono mai sentita così… piena di aspettative.»

Prese un grosso respiro e si avvicinò con passetti leggeri.
Con la testa fece capolino oltre lo stipite e si riempì di gioia: Nicolo era già lì.
Meticoloso, canticchiando qualcosa fra le labbra, stava preparando il tavolo da lavoro per cucinare. Un ricciolo capriccioso dei bei capelli biondi continuava a finirgli sull’occhio, costringendolo ogni tanto a spostarlo con le dita, ogni tanto a soffiarci sopra come un bimbo ostinato.

«Che carino!»

E fu mentre pensava questo e arrossiva, che il ragazzo alzò lo sguardo attirato, dalla sua figura.
Il primo istinto fu quello di nascondersi, troppo imbarazzata, ma si trattenne tenendosi saldamente allo stipite in legno, sbiancando i polpastrelli.
Timidamente, uscì allo scoperto e gli sorrise, non riuscendo però a reggere il suo sguardo: «Ciao», salutò con un movimento della mano, che tornò svelta dietro alla schiena a stringersi all’altra.

«Sasha… ciao» sembrava sorpreso, ma anche ben disposto.
Lui abbassò all’improvviso il capo stringendo le labbra, sembrava arrossito, come se avesse detto qualcosa di sbagliato
«Vu… vuoi cucinare?» domandò impacciato.

«Mi piacerebbe molto!» esclamò solare.

I nervi di Nicolo si distesero e ricambiò il suo sorriso con uno molto meno evidente, ma pur sempre un sorriso.
Sasha gli si affiancò. Era più bassa di lui, ma avvertiva il suo profumo dolce e un po’ speziato che ricordava…
«Cosa cuciniamo?» era trepidante.
Sobbalzò. Solo standole accanto si era già dimenticato tutto.

«Che ne dici di fragole e cioccolato con panna?» propose esitante.
Era una ricetta semplice, probabilmente banale - e nemmeno era stagione di fragole! -, ma conosceva le scarsi doti di Sasha in cucina e il suo talento per far bruciare qualunque cosa; proprio non si azzardava a proporre qualcosa di appena più difficile, soprattutto se doveva cucinare anche lei.

Lei parve pensarci facendolo stare ancor più sulle spine: «Adoro le fragole… adoro il cioccolato… adoro la panna! Non vedo l’ora di mangiare!»

Si sciolse davanti a tanta spontaneità e la felicità lo avvolse, seppur per così poco.
Sasha era una terribile cuoca, ma una buonissima forchetta!
Si erano parlati qualche volta proprio perché, a detta sua, non era riuscita a resistere al profumo dei suoi manicaretti.
E da quel momento si era perdutamente innamorato di lei.
All’inizio era stata una piccola cotta. Tra tutti era impossibile non notare Sasha, ancor di più se metteva mano ai fornelli; l’aveva colpito la sua immancabile vivacità e positività, e il suo buffo modo di essere sempre affamata.
E aveva un profumo inconfondibile, lo riconosceva sempre tra tutti gli odori della cucina, tra tutte gli aromi. E così, cucinando, aveva cominciato a sentire solo il suo profumo. Per quello aveva aumentato i pomeriggi in cui rimaneva a scuola a dedicarsi a cibo e padelle, perché da quando le loro classi avevano cominciato a condividere le ore dell’aula di cucina concentrarsi era diventato molto più ostico.

Sasha si rivelò una brava studentessa. In classe era un disastro, ma in quel pomeriggio pareva particolarmente concentrata e lui si perdeva ad ammirarla, dimenticandosi a volte il passo successivo.
Non era molto professionale, ma Sasha aveva il potere di scombinargli i sensi.

Prese l’alto contenitore dove la ragazza aveva montato la panna e studiò con occhio critico. Lei attendeva trepidante e col cuore in gola.
«Ottimo lavoro», si congratulò.
Vide i suoi occhi brillare e il petto, coperto dal grembiule, gonfiarsi e poi sgonfiarsi per l’emozione. In effetti doveva riconoscere che per lei, anche una ricetta semplice come quella, era un grande passo avanti.
Le porse il cucchiaio sotto il suo sguardo fattosi incerto:  «Tieni, mescola il cioccolato».

«Non posso, lo brucerò di sicuro», si ritrasse.

«Tranquilla, è semplice», la rassicurò, ma Sasha pareva ancora molto titubante: «Se lo facessimo insieme?» azzardò.

Il reciproco imbarazzo si rispecchiò nei loro occhi.

«Va bene», accettò flebilmente.

Sentì il viso andarle a fuoco posizionandosi tra Nicolo e il fornello, dove scaldava il cioccolato in un pentolino, e avvertì la mano rigidissima quando essa si aggiunse a quella di lui nello stringere il cucchiaio.
La sovrastava, avvertiva il volto dall’occhio vigile sopra la sua testa, col respiro che, cadenzato, le soffiava sui capelli.
Nicolo aumentò la velocità del movimento, mescolando con una maestria di cui non aveva mai avuto così tanta chiarezza e meraviglia.
«Ci siamo.»
In un battibaleno, prese le due ciotole ricolme di fragole, versò il cioccolato fuso e decorò con panna aiutato dalla sac à poche.

«Che meraviglia! Sei stato bravissimo!» lodò entusiasta.

«Siamo stati bravissimi», sottolineò strappandole un nuovo, magico sorriso: «Dai, sediamoci e facciamo merenda», disse dandole le spalle per andare a recuperare un paio di sgabelli: «So che non aspetti altro».
Sasha divenne rossa come le sue fragole.

«Sono proprio un caso disperato», dovette riconoscere in imbarazzo.

Nicolo però aveva ragione e quel delizioso spuntino valeva tutto il tempo che avevano impiegato, che non era molto in realtà, ma per Sasha l’attesa del cibo era sempre stata una tortura. Spazzolò con gusto la sua porzione fino all’ultima goccia di cioccolato e panna, e quando lei ebbe finito, Nicolo era ancora a metà.

«Buono, vero?» ridacchiò portandosi una fragola alla bocca.

«Sì!» annuì contenta con la pancia piena.

Lo sguardo di Nicolo, divertito, divenne attento. Era focalizzato su di lei, anzi, sulla sua bocca.
Alzò una mano e l’allungò al suo viso.
Sasha, nel panico, si allontanò d’istinto spalancando gli occhi.
«Che… che succede?» balbettò sbigottita.
Ma Nicolo le portò una mano dietro la nuca, bloccandole ogni fuga, e si avvicinò.
Sembrava incerto, poteva notargli le gote rosse e gli occhi insicuri. La sua mano le si appoggiò alla mascella, che era calda e tremante.

«Sei sporca qui», il pollice strusciò con delicatezza sull’angolo della bocca.
Il cioccolato ancora umido venne via, ma Sasha, questo, non poteva saperlo.
L’avrebbe rifiutato se, al posto del cacao, le avesse lasciato un bacio?
L’avrebbe biasimato se non fosse riuscito a resisterle?
Le loro fronti potevano quasi sfiorarsi.
Apriva e chiudeva le labbra, confusa, ma non era ovvio quello che voleva? Un tacito assenso, solo quello, e l’avrebbe lambita con dolcezza, curioso di scoprire le labbra bramate e il sapore agognato.
E Sasha decise: la bocca rimase appena dischiusa in attesa di lui. L’invito che appetiva.
E Nicolo chiuse gli occhi, cancellando la distanza che li separava.

«Sashaaaa! Sono qua!»
La voce di Connie proruppe nell’aula come un tuono, facendo sobbalzare i due ragazzi e allontanarli di scatto.
In Sasha, l’imbarazzo lasciò in un attimo il posto alla furia.
Quell’imbecille…

«Che diavolo ci fai qui?!» sbraitò aggredendolo come una belva dagli occhi iniettati di sangue.

«Co… come?» domandò spaventato arretrando: «Dovevamo vederci qui, non ti ricordi?» e le mostrò lo schermo dello smartphone coi messaggi che si erano scambiati una settimana prima.
Il sangue defluì da ogni parte del suo corpo per andare tutta al cervello, lasciandola pallidissima.

«No… no, no, no, no, no!!!»
Non poteva crederci, il numero di cellulare di Connie differiva di una sola cifra da quello di Nicolo. Aveva davvero sbagliato lei. Non aveva alcun appuntamento con Nicolo quel giorno, ma con Connie, era stato tutto un malinteso, tutta una casualità.
Vergognata come mai prima d’ora, si precipitò ad afferrare cartella e giacca e a lasciare il grembiule. Non trovò il coraggio di guardare il giovane cuoco negli occhi, figurarsi di salutarlo, e scappò via di corsa da quel luogo, col migliore amico che le urlava dietro.
Si fermò molto dopo, in qualche via della città gremita di gente.
Aveva il fiatone e la coda di capelli bruni tutta spettinata, ma un solo, malinconico pensiero aleggiava nella sua mente e le velava gli occhi.
Si sfiorò con le dita l’angolo della bocca.
Alla fine non l’aveva baciata.





Prompt: fragole con panna e cioccolato


Note: ho scoperto di adorare scrivere su questa coppia! Quanto sono carini? Troppo! Devo dire che sono soddisfatta per come ho gestito questo capitolo: a parte le idee su cui rimugino un po', poi scrivo tutto di getto per questa raccolta, ma credo sia venuto fuori un buon lavoro, semplice ma pur sempre buono. Ho lasciato volutamente in sospeso il profumo che Nicolo sente da Sasha perché voglio risparmiarmelo per più avanti, non perché sia chissà che cosa, ma perché mi è venuta un'idea carina, perciò per ora rimarrà un mistero. Ci tengo a precisare che sto cercando di esplorare un po' tutte le coppie, pertanto prima o poi credo che scriverò anche su Connie e Sasha, che so venire anch'essa apprezzata.
Il prossimo capitolo invece è probabile che tratterà di una coppia molto molto amata su questo fandom (tant'è che le ff sono per la stragrande maggioranza su di loro): Eren e Levi.
Poiché non so quando uscirà, colgo l'occasione per augurare a tutti buone feste!

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