Alive again

di evelyn80
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.

Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.

 


 


 

Alive again


 

 

 

Yesterday I would not have believed
That tomorrow the sun would shine
Then one day you came into my life
I am alive again”

Alive again - Chicago

 

 

 

Capitolo Uno


 

 

Chi vi credete che noi siam
Per i capelli che portiam”

Come potete giudicar – Nomadi

 

 

Milano, 20 gennaio 1971

 

Il “Disco d'Oro” era, da anni, uno dei negozi di dischi più rinomati di Milano. Situato all'imbocco del braccio ovest della Galleria Vittorio Emanuele II, era sempre stato frequentato da tantissimi clienti, più o meno giovani, in cerca non solo delle ultime novità in ambito musicale ma anche degli intramontabili classici. Il proprietario, il signor Egidio Benedetti, lo aveva aperto una ventina d'anni prima, con l'intento di lasciarlo poi in eredità alla futura prole. Non immaginava certo che la sua unica figlia, Carmelinda, lo avrebbe trasformato nel giro di un paio di anni in un covo per hippie dai lunghi capelli, amanti di quel nuovo genere musicale che cominciava a spopolare anche in Italia: il “rock”.
L'uomo proprio non capiva cosa ci trovassero, i giovani, in quella musica così dura, tutta piena di assoli di chitarra e batteria. E quei gruppi, poi, avevano nomi così assurdi: gli Scarafaggi... le Pietre Rotolanti... Per non parlare di un gruppo americano giunto alla ribalta poco tempo prima e per cui sua figlia andava letteralmente in delirio: i Chicago. E che fosse il nome della città e si pronunciasse “Scicago” a lui proprio non interessava. Per Egidio, ogni volta che vedeva uno dei loro album esposti nel negozio, era come leggere una parolaccia.
Contrasse le labbra al punto da ridurle a due strisce sottili nel fissare lo sguardo su sua figlia e sulla sua migliore amica, Greta Rossellini, che in quel momento stavano svuotando, con entusiasmo fin troppo marcato, gli scatoloni con gli ultimi arrivi. Invece di portare una decorosissima gonna lunga, entrambe indossavano dei poco rispettabili pantaloni a zampa che ondeggiavano attorno alle loro caviglie a ogni passo che muovevano. Camicette a fiori sgargianti, malcelate dai golfini che portavano al di sopra, contribuivano a completare il quadro. Per non parlare dei loro capelli lisci e lunghi fino alle terga.
Egidio scosse la testa e si lasciò sfuggire un lungo sospiro. “Ah... questi giovani d'oggi!”, pensò mentre un gruppetto di giovanotti dai lunghi capelli al vento faceva il suo ingresso nel negozio. “Dove andremo a finire?”.

 

Carmelinda – Linda per gli amici – e Greta erano amiche da tantissimo tempo: il padre di Greta, il signor Marcello Rossellini, possedeva la concessionaria in cui Egidio Benedetti era solito acquistare le sue automobili, tutte rigorosamente Fiat. Le due ragazze avevano frequentato la stessa scuola sin dalle elementari, fino ad arrivare a iscriversi entrambe alla facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università di Milano, inseguendo il sogno di diventare, un giorno, interpreti e di poter viaggiare in giro per il mondo.
Nel frattempo, quando il tempo libero oltre allo studio glielo concedeva, tutte e due si divertivano a lavorare nel negozio del padre di Carmelinda, con gran pena dell'uomo che temeva di veder diventare il suo amato esercizio un covo di capelloni poco di buono. Entrambe erano appassionate di musica rock, e ogni volta che entravano nel negozio non mancavano mai di sostituire la musica di sottofondo con le ultime novità appena pubblicate.
Rovistando all'interno dei pacchi con i nuovi arrivi del mese, Carmelinda si lasciò sfuggire un gridolino di gioia che catturò l'attenzione di tutti i presenti.
«Cosa c'è, Linda?», chiese Greta, spostando lo sguardo dal suo scatolone a quello dell'amica per vedere cosa avesse suscitato in lei tanta animazione.
«È uscito il nuovo album dei Chicago!», esclamò Carmelinda, sventolando sotto il naso dell'altra la custodia di un doppio vinile ancora avvolta nel cellophane.
Greta rispose al suo entusiasmo saltellando sul posto e scatenando diversi grugniti di disapprovazione da parte del signor Egidio. Le due ragazze appoggiarono la custodia sul bancone e la liberarono dalla plastica di protezione con una lentezza che sfiorava la deferenza. Una volta compiuta quell'operazione aprirono la confezione, rivelando un poster che ritraeva il gruppo americano in abiti militari all'interno di un cimitero di guerra, chiara polemica nei confronti della Guerra del Vietnam.
«Oh... guarda Peter vestito da marinaio... non è stupendo?», sospirò Linda nel vedere l'immagine del bassista proprio al centro della scena.
«E Terry? Anche con la faccia sporca di fango è sempre bello come un dio!», esclamò Greta, carezzando con un dito la figura del chitarrista vestito da soldato.
Carmelinda rise, scuotendo i lunghi capelli corvini. «Non farti sentire da Matteo, altrimenti lo farai ingelosire!».
L'amica si unì alla risata, attirando ancora una volta l'attenzione del gruppetto di capelloni che fissarono le due ragazze con interesse.
Egidio notò il loro sguardo e si intromise.
«Se non volete comprare niente, allora fuori!», esclamò, facendo grandi gesti con le braccia in direzione della porta. I ragazzi borbottarono tra loro ma presero comunque l'uscio e se ne andarono.
«Oh, papà! Non stavano facendo niente di male!», lo rimproverò la figlia, ma l'uomo incrociò le braccia sul petto, deciso a non mollare la sua posizione.
Greta interruppe la loro piccola diatriba.
«Linda? Lo mettiamo?», chiese, sventolando il primo dei due vinili.
L'amica rispose con un sorriso e un cenno affermativo del capo. Dopo pochi minuti la voce da tenore di Claudio Villa, grande passione del signor Egidio, fu sostituita da quella altrettanto tenorile di Peter Cetera, decretando la definitiva sconfitta dell'uomo che si ritirò nel suo ufficio sul retro con la scusa di avere dei conti da fare, mentre in realtà voleva solo evitare di riempirsi le orecchie con quella musica terribile.
Rimaste sole, le due ragazze finirono diligentemente di svuotare gli scatoloni, mettendo al loro posto ognuno dei vinili, poi ripulirono il pavimento dai pezzetti di cartone e cellophane e si misero sedute dietro il bancone, ascoltando le nuove canzoni dei Chicago e commentando i loro testi.
«Eccome, se mi unirei a lui per un'ora nella doccia!», sospirò Carmelinda, ascoltando la voce profonda di Terry Kath che cantava una lunghissima canzone, divisa in diversi movimenti, intitolata “An hour in the shower”. «E meno male che mio papà non capisce nemmeno una parola d'inglese», aggiunse subito dopo, «altrimenti questo disco me lo farebbe mangiare, se sapesse che Terry sta parlando delle sue pugnette mattutine!».
Greta rise. «Ora vorresti anche fregarmi il mio Terry? Tu sei già innamorata di Peter!».
«Ah, guarda... fosse per me, me li farei tutti», replicò Linda, abbassando il tono di voce per non farsi sentire dal padre. «Poi tu hai già Matteo, di che ti lamenti? Io, invece, sono sola soletta».
Greta rise ancora, scuotendo la lunga chioma di capelli castano ramato. I suoi occhi verdi ammiccarono in direzione dell'amica, che riprese a parlare.
«A proposito di Matteo... che programmi avete, stasera?».
«Mi ha invitato al cinema. Al Golden danno “Lo chiamavano Trinità”».
«Il nuovo film con Terence Hill? Oh, cavoli, quanto mi piace quell'uomo!», esclamò Carmelinda, facendo sobbalzare il padre che, dal suo ufficio, teneva d'occhio le due ragazze sperando di non farsi notare.
«Anche lui ti piace, Linda? Accidenti, però, non ti accontenti mai», rise ancora Greta.
Il signor Egidio, a questo punto, decise di porre fine a quel colloquio piuttosto scabroso, oltremodo poco ortodosso sulle labbra di due signorine perbene, facendo il suo ritorno dietro il bancone e spingendo le due amiche ad alzarsi.
«Credo che andrò a casa», sospirò Greta guardando l'orologio. «Devo ancora finire la relazione su Shakespeare». Si rivolse al padre dell'amica. «Arrivederci signor Benedetti, ci vediamo domani».
«Arrivederci Greta. Salutami tanto tuo padre».
«Grazie, presenterò».
Con un ultimo cenno della mano la ragazza lasciò il negozio, percorrendo a passo svelto la Galleria e attirando su di sé un buon numero di sguardi da parte dei giovani avventori dei caffè, sparsi per tutta la lunghezza del salotto di Milano.
Linda la seguì con lo sguardo finché non la vide sparire, certa di essere sul punto di beccarsi un rimprovero da parte del padre per aver parlato così spudoratamente di bei ragazzi. L'uomo, infatti, pareva pronto ad aprire la bocca e a cominciare una lunga filippica quando la porta del negozio si aprì di nuovo, lasciando entrare il signore e la signora De Martino, una coppia di clienti di lungo corso venuti a ritirare il vinile di musica classica che ordinavano mensilmente. Egidio si rivolse loro con un sorriso smagliante, pungolando la figlia allo stesso tempo e dicendole, a mezza voce, storcendo la bocca per non farsi notare dai nuovi arrivati: «Togli immediatamente quella musica blasfema e rimetti il Reuccio».
Carmelinda sospirò e alzò gli occhi al soffitto, ma non poté fare altro che obbedire.

 

Greta e Matteo si frequentavano da un paio d'anni. Si erano conosciuti nella concessionaria del padre di lei, dove il ragazzo lavorava come tuttofare. Di solito si occupava di lucidare le auto appena arrivate all'esposizione, ma a volte il signor Marcello si affidava a lui anche per compiti di carattere amministrativo. Anche se era un capellone, l'uomo aveva comunque capito, sin da subito, che era un ragazzo fidato e con la testa sulle spalle, tanto che non aveva esitato a dare la sua benedizione al loro fidanzamento. I due ragazzi avevano intenzione di sposarsi al più presto e Matteo si era già messo alla ricerca di un bell'appartamentino da prendere in affitto, dove poter andare a vivere e mettere su famiglia.
Greta si era innamorata di lui non appena gli aveva posato gli occhi addosso: alto, moro, dai lunghi capelli lisci che gli spiovevano sulle spalle, aveva subito pensato che fosse un ragazzo troppo bello e che non avrebbe mai potuto trovarla interessante, lei che era così semplice e introversa. E, invece, il giovanotto ne era rimasto tanto colpito da essersi gettato ai suoi piedi appena una settimana dopo averla conosciuta, proclamando tutto il suo amore come un eroe delle leggende antiche.
Erano così diverse, lei e Linda. La sua migliore amica, spigliata ed esuberante, era una vera figlia dei fiori. Matteo diceva spesso che erano diverse come il giorno e la notte e che, forse, era proprio per questo che andavano così d'accordo. Greta sorrideva per questo suo paragone, perché sotto sotto sapeva che aveva ragione: lei e Carmelinda si completavano a vicenda, anche se era sicura che l'amica non fosse poi così spigliata come voleva far credere. Spesso alla base dei loro dialoghi sui ragazzi c'era una sorta di gioco. Greta proclamava a gran voce la sua passione per Terry Kath, ma in realtà era innamorata pazza di Matteo e in cuor suo era certa che non avrebbe mai amato così tanto nessun altro ragazzo; Linda, allo stesso tempo, sospirava per ogni giovanotto biondo che incontrava, ma l'amica sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di buttarsi. E, infatti, a ventun anni Linda era ancora single, anche se aveva avuto le sue esperienze.
Al termine della proiezione, Matteo riaccompagnò Greta a casa con la sua moto. Sotto le finestre di casa Rossellini si sporse dal sedile per baciarla.
«Ci vediamo domani? Passerai dalla concessionaria a salutarmi, prima di andare in Università?», le chiese, passandole una ciocca di capelli ramati scompigliati dal vento dietro l'orecchio.
«Certo... non potrei davvero mettermi a studiare senza prima averti salutato», rispose Greta, tornando a baciarlo.
Matteo le fece passare entrambe le mani dietro la nuca, finendo di arruffarle i capelli mentre la traeva a sé per approfondire il bacio. Quando i due giovani si lasciarono ansimavano entrambi. Greta percorse con lo sguardo tutto il suo viso prima di fissarlo negli occhi.
«È un vero peccato che sia già così tanto tardi, e che domani mattina dovremo alzarci presto tutti e due. Mi sarebbe piaciuto molto stare insieme ancora un po'».
Matteo sorrise. «Stai tranquilla, amore... ci saranno altri momenti per stare soli, io e te. Ora devo proprio andare. Ciao».
«Ciao, Matteo».
Dopo un ultimo bacio, il ragazzo mise in moto la sua Guzzi facendone rombare il motore. Con un cenno di saluto partì, lasciando Greta a guardarlo sparire nella penombra del lungo viale alberato illuminato dalle luci giallognole dei lampioni.

 

 

Spazio autrice:

Eccoci alla fine del primo capitolo di questa nuova storia, per cui devo ringraziare ancora all'infinito Kim WinterNight per avermi concesso l'uso dei suoi personaggi originali: Greta e Matteo.
Questa è una fanfic sui Chicago, ma i miei amati ragazzoni non appariranno subito come protagonisti. Li troveremo soltanto a partire dal quarto capitolo. Inoltre, mi sento in dovere di dare alcune piccole spiegazioni, sia riguardo l'ambientazione della storia sia per altri piccoli particolari.
1) la storia è ambientata, come avete visto, agli inizi degli anni settanta. Per tale motivo, alcuni termini usati all'interno del testo forse vi risulteranno un po' vetusti. Ovviamente all'epoca io non ero ancora nata, quindi mi sono rifatta, per alcune descrizioni, ai racconti di mia mamma che è nata nel 1950, come le protagoniste femminili del racconto. Dovete quindi tenere conto delle usanze dell'epoca, anche per quanto riguarda il rapporto genitori/figli; e che in quel periodo stavano iniziando a spopolare, anche in Italia, i “figli dei fiori”. Ho cercato di essere più fedele possibile alla realtà di quel periodo, ma ovviamente posso anche aver scritto un sacco di castronerie, quindi non esitate a farmelo notare;

2) le rock band citate all'inizio sono, ovviamente, i Beatles e i Rolling Stones, con i nomi tradotti in italiano. Per quanto riguarda l'allusione alla parolaccia quando Egidio legge il nome “Chicago”, credo sia piuttosto comprensibile, no? Basta pensare a come viene pronunciato di solito in Italia quel nome: “Ci cago” :-)
3) il nome della mia OC, Carmelinda, apparteneva a mia nonna paterna. È un nome che mi piace moltissimo, e si presta ad essere abbreviato in Linda;
4) “An hour in the shower”, canzone citata nel testo e contenuta nell'album Chicago III, doppio vinile uscito appunto l'11 gennaio 1971, è una canzone un po' particolare, in effetti, perché parla proprio di “masturbazioni mattutine”. Vi traduco in italiano le prime strofe: “Stamattina quando mi sono svegliato; avevo la mia erezione mattutina che incombeva su di me; così, l'ho guardata dritta nell'occhio; e sono saltato nella doccia; per circa un'ora. Awww, è stato fantastico; sì, mi aiuta ogni volta; mi rilassa tantissimo; solo vedere tutto quel seme; scivolare giù lungo lo scarico.”
5) riguardo i luoghi citati nella storia, tranne il negozio di dischi e la concessionaria di automobili che sono di mia invenzione, tutti gli altri esistono davvero, o almeno esistevano nel 1971, come ad esempio il cinema “Golden”. “Lo chiamavano Trinità”, film citato nella storia, è uscito alla fine del 1970, quindi è probabile che nel gennaio del '71 fosse ancora trasmesso nelle sale;
6) l'immagine che accompagna questo capitolo è il poster contenuto nell'album Chicago III, che le due ragazze contemplano rapite all'apertura della custodia del vinile. Partendo da sinistra in alto, abbiamo: Robert, Walter, Danny; sotto da sinistra: Terry, Peter; in primo piano, da sinistra: Lee, James.
Spero di aver detto tutto. Se avete dei dubbi o delle domande da pormi non esitate a farlo.
Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.


Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.


 




 

 

Capitolo Due

 

 

Per il dolore è abbastanza un minuto”


Per fare un uomo – Francesco Guccini

 

 

Il rumore secco dello schianto risuonò come uno sparo nel silenzio della mezzanotte passata da poco. Il signor Achille Andreoli, pensionato settantenne che soffriva di insonnia, lo udì perfettamente mentre, supino nel letto, attendeva che Morfeo si degnasse di venirlo a sollevare tra le sue braccia. Si mise a sedere guardandosi attorno, chiedendosi cosa fosse successo. Si voltò a fissare la moglie che dormiva con la guancia schiacciata sul cuscino e la bocca semiaperta, e la scrollò di malagrazia fino a farla svegliare.
«Maria, hai sentito?».
«Che cosa?», biascicò la donna, la voce ancora impastata dal sonno.
«Un botto, fuori nella strada. Secondo me qualcuno si è stampato contro uno di quei maledetti tigli».
«Ma che ne so, io! Stavo dormendo...».
«Sarà meglio andare a vedere?», chiese l'uomo, alzandosi dal letto e cercando la vestaglia a tentoni nella penombra.
«Vacci tu... magari è qualche ubriacone che ha sbandato...». Maria si ributtò sdraiata sul cuscino, ma ormai il marito le aveva interrotto il sonno, così lo sentì ciabattare fino alla porta di casa.
Una volta fuori, Achille si rese subito conto di una sagoma scura accartocciata contro il tronco di uno degli alberi che orlavano Viale Papiniano. Si guardò di nuovo attorno: non c'era nessuno, fuori, oltre a lui. Probabilmente tutti i suoi vicini di casa stavano dormendo il sonno dei giusti e nessuno aveva sentito lo schianto.
Attraversò la strada, senza curarsi della vestaglia che gli svolazzava attorno alle gambe magre e della Fiat 500 gialla che stava sopraggiungendo alla sua destra, unico segno di vita in quel deserto urbano che era Milano all'una di notte. Il conducente fu costretto a rallentare e gli altri tre occupanti dell'automobile fissarono l'ometto attraversare il viale, chiedendosi dove stesse andando a quell'ora della notte con indosso la sola vestaglia. Nessuno dei quattro si avvide della moto schiantata contro il tiglio e la 500 proseguì lungo la strada, il rombo scoppiettante del suo motore a due cilindri come sottofondo.
Una volta giunto dall'altra parte del viale, il signor Achille si rese subito conto che non si trattava di un semplice ubriaco che era andato a sbattere con la macchina, senza gravi conseguenze, come aveva immaginato sua moglie. La Moto Guzzi era ridotta a un ammasso di lamiere e tubi contorti, mentre il suo conducente giaceva sdraiato scompostamente sopra le radici dell'albero. Si chinò per guardarlo meglio e fu costretto a tapparsi la bocca per trattenere un conato di vomito. La testa di quel poveretto era fracassata, i lunghi capelli castano scuro appiccicati al volto per via del sangue che colava copioso. I suoi occhi azzurri fissavano la chioma dell'albero con sguardo ormai vitreo. Era chiaro che non c'era più nulla da fare, per lui, ma seguendo l'istinto l'ometto corse di nuovo verso casa, chiamando la moglie a gran voce.
«Maria! Maria!».
«Che c'è...», rispose la donna con voce lagnosa. Non era ancora riuscita a riaddormentarsi, nell'attesa che il marito rientrasse, e per questo si sentiva abbastanza scocciata.
«Chiama l'ambulanza, presto! È un ragazzo con la moto quello che si è schiantato».
La donna, di colpo totalmente sveglia, saltò giù dal letto e corse, per quanto glielo permettevano le gambe tozze, all'apparecchio in salotto. Con mani tremanti sfogliò l'elenco telefonico finché non trovò il numero dell'Ospedale Fatebenefratelli; e fu con grande fatica che riuscì a spiegare, all'infermiera che le rispose, quello che era successo.
L'ambulanza arrivò venti minuti dopo la sua telefonata ma, come il marito aveva già intuito, il giovanotto era morto sul colpo e i barellieri non poterono fare altro che trasportarlo all'obitorio. La polizia arrivò subito dopo la partenza dell'ambulanza. Gli agenti interrogarono il signor Achille, unico testimone dell'accaduto, che raccontò di aver udito il rumore dello schianto e di essere corso in strada a vedere, trovandosi davanti quella scena tragica.
Dai documenti trovati addosso al cadavere risalirono alla sua identità. Si trattava di Matteo Manzi, ventitré anni, residente nella zona del Parco Lambro. I due agenti in servizio si lanciarono uno sguardo mesto. Dovevano adempiere al compito più gravoso di tutti: dare la notizia della morte di un giovane ai suoi genitori.


 

Greta scese dalla sua Fiat 500 blu scuro, dono del padre quando aveva conseguito la patente, e corse dentro la carrozzeria per salutare sia il genitore sia Matteo. Quando si erano lasciati, la sera prima, aveva avuto voglia di dargli un ultimo bacio, e siccome non c'era riuscita perché il ragazzo era già partito aveva tutta l'intenzione di rimediare quella mattina. Salutò suo papà con un bacio distratto sulla guancia e si guardò attorno in cerca del suo fidanzato. Quando non lo vide si preoccupò: di solito riconosceva il rumore della sua macchina e gli si faceva sempre incontro per primo.
«Papà, dov'è Matteo?», chiese, fissando il padre per la prima volta da quando era entrata.
Il signor Marcello era pallido come uno straccio lavato e non sapeva da che parte guardare. Volgeva lo sguardo ovunque attorno a sé, tranne che sul viso della figlia.
La preoccupazione di Greta si trasformò in panico. «Papà, ti ho fatto una domanda... dov'è Matteo?», ripeté con voce tremante. «Perché non mi rispondi?», aggiunse subito dopo, nel vedere l'esitazione del padre.
L'uomo si passò una mano sul viso, poi la prese per un braccio e la condusse nel suo ufficio. Fu costretto a trascinarla perché Greta non riusciva a muovere le gambe.
«È meglio se ti siedi, figlia mia», riuscì finalmente a dire mentre la forzava a sedere su una delle poltroncine di pelle davanti alla scrivania.
La ragazza lo guardò dritto in faccia, gli occhi verdi sgranati per lo spavento.
«Cosa... cosa è successo a Matteo, papà?», si sforzò ancora di chiedere, balbettando per il terrore.
L'uomo le voltò le spalle prima di parlare. «Mi ha telefonato suo padre, stamattina. Purtroppo... c'è stato un incidente stanotte. Mentre rientrava a casa, ha perso il controllo della moto ed è andato a sbattere contro uno dei tigli di Viale Papiniano».
Le parole del genitore si confusero nella mente di Greta: incidente... sbattere... tigli... Le parve che stesse parlando di uno sconosciuto, non del suo fidanzato. L'uomo aveva continuato a parlare ma la ragazza non lo stava più ascoltando. Ora una sola domanda le ronzava in testa.
«È morto, non è vero... papà?».
Marcello rimase in silenzio, chinando lo sguardo a terra, e la figlia capì che quello era un sì. Matteo non c'era più. Era morto, era andato a schiantarsi con la moto contro un maledetto albero.
Scosse la testa, alzandosi di scatto dalla poltrona. «No, papà, Matteo non può essere morto. Ci dobbiamo sposare, stiamo cercando casa, lo sai».
L'uomo si voltò a guardare la figlia, le lacrime mal trattenute negli occhi grigi. «Mi dispiace, Greta...», riuscì solo a dire.
La ragazza scosse ancora il capo, incredula. «No! Non ti credo! Matteo non è morto. Non è morto, hai capito? Io e lui ci sposeremo e vivremo felici!».
Il signor Marcello fece l'atto di abbracciarla ma lei si ritrasse. Retrocedette finché non andò a sbattere contro la parete di vetro del piccolo ufficio, poi si voltò e corse fuori, verso la sua macchina.
«Greta, aspetta!», le gridò dietro il padre, spaventato all'idea che potesse prendere l'auto e scappare di corsa commettendo qualche avventatezza. Aveva già perso il futuro genero, al quale era molto affezionato. Non poteva permettersi di perdere anche sua figlia. Corse per raggiungerla, ma fu anticipato da Egidio e Carmelinda, appena entrati nel parcheggio della concessionaria. Non appena aveva ricevuto la terribile notizia, l'uomo aveva chiamato l'amico per chiedere conforto e supporto, e lui e la figlia li avevano raggiunti appena in tempo.
Carmelinda corse a raggiungere Greta che stava già spalancando la portiera. La prese per le braccia e la strinse a sé, ma la ragazza si contorse per liberarsi dall'abbraccio.
«Non è morto, Linda!», esclamò, rivolgendosi con rabbia all'amica. «Non può essere morto!».
«Calmati, Greta, ti prego!», replicò Carmelinda, accorata. «Lo so che è difficile da credere, ma purtroppo è così. L'ho letto anche sul giornale, stamattina. C'era una foto della moto e ho riconosciuto la targa. È proprio quella di Matteo».
Greta si contorse, la bocca distorta in una smorfia di dolore. No. Non poteva crederci, non voleva crederci! La sera prima lei e Matteo si erano lasciati con la promessa di trascorrere del tempo insieme. Lui le aveva detto che avrebbero avuto tantissimo tempo a loro disposizione. Non poteva essersene andato, così su due piedi, lasciandola sola e infrangendo le sue promesse.
«Noi dobbiamo sposarci, lo capisci o no?», gridò con voce strozzata, piegata in due tra le braccia di Carmelinda che tentava di sostenerla con tutte le sue forze.
Marcello corse ad aiutare la ragazza, prendendo la figlia tra le sue braccia forti.
«Senti», disse Linda, stringendo le mani dell'amica tra le sue, «se vuoi ti accompagno all'ospedale. Non voglio essere rude proprio in questo momento, ma devi renderti conto con i tuoi occhi e accettare la verità».
Greta scosse la testa: non voleva andare a vedere quel cadavere, chiunque esso fosse. Lei voleva solo aspettare il ritorno di Matteo.
Suo padre, però, insisté. «Linda ha ragione, tesoro. Devi capire che ti stiamo dicendo la verità. Matteo non c'è più e non ritornerà. So che ti sembreremo crudeli, ma prima lo accetterai e prima te ne farai una ragione. Sei giovane, hai ancora una vita davanti...».
Greta scosse le braccia, rifiutandosi di ascoltare le parole del genitore. Lei quella vita la voleva passare con Matteo. Una debolezza improvvisa la assalì e le gambe le cedettero. Suo padre la fece sedere sul sedile del passeggero della sua Fiat 500, mentre Carmelinda si mise al volante. La ragazza mora fissò suo padre per chiedergli il permesso di andare e il signor Egidio annuì, accompagnando poi l'amico Marcello dentro la concessionaria.
Linda lanciò un'occhiata a Greta, seduta scompostamente sul sedile, gli occhi spalancati ma asciutti, quasi spiritati. Con i capelli ramati tutti scompigliati sembrava quasi una strega... o una pazza.
Sperando che la seconda ipotesi non si avverasse mai, la ragazza mise in moto l'auto e si diresse verso il Fatebenefratelli.



Carmelinda sostenne l'amica per tutto il tragitto dal parcheggio fino all'obitorio. Greta sembrava non voler camminare, rifiutava di muovere anche un solo passo, così Linda fu costretta quasi a trascinarla. Avrebbe voluto essere da tutt'altra parte, in quel momento, magari al “Disco d'Oro” ad ascoltare l'ultimo vinile dei Chicago, ma non poteva abbandonare la sua amica nel momento del bisogno, specialmente ora che aveva davvero necessità di rendersi conto che Matteo era morto. Era un compito molto ingrato, quello che le stava toccando, ma non poteva esimersi dal compierlo.
Una volta giunte all'interno della stanzetta, Greta fissò il corpo del ragazzo steso nella bara, con volto impassibile.
«Questo non è Matteo... io te l'avevo detto che non poteva essere morto», sibilò rivolta a nessuno in particolare. Girò sui tacchi e uscì dalla stanza, lasciando Linda a fissarla allibita.
Come poteva non aver riconosciuto il volto del suo fidanzato? Per quanto tumefatto e coperto di ecchimosi, era impossibile confonderlo con qualcun altro. Il suo naso lungo e dritto, il piccolo neo al lato della bocca carnosa... quello era Matteo. E, come se non bastasse, c'erano i suoi genitori seduti accanto al feretro. Carmelinda lanciò loro un'occhiata disperata che si perse nel silenzio greve della saletta, poi corse fuori all'inseguimento dell'amica.
Greta riuscì a uscire all'esterno dell'ospedale, muovendosi su gambe rigide come pezzi di legno ma, una volta fuori, il suo autocontrollo cedette e si accasciò a terra senza nemmeno un lamento. Linda la raggiunse e quando si accorse che era svenuta chiamò a gran voce chiedendo aiuto.
Al suo richiamo accorsero alcuni barellieri, che sollevarono la ragazza priva di sensi e la portarono all'interno della struttura ospedaliera. Carmelinda li seguì, fermandosi poi al telefono a gettoni nell'ingresso per avvertire il padre della sua amica. In cuor suo, sperò che finalmente Greta si fosse resa conto che era tutto vero. Matteo non c'era più.

 

 

Spazio autrice:

Questo capitolo è veramente straziante, lo so. È stato difficile scriverlo, anche se mi sono emozionata molto nel farlo, ma era necessario perché la morte di Matteo è parte integrante della drabble di Kim WinterNight che funge da promotrice a questa storia.
Voglio dare alcune spiegazioni, anche qui:
1) per descrivere l'incidente mi sono rifatta a un altro incidente, avvenuto nei primi anni '80 nella mia zona. Una notte, più o meno verso mezzanotte e mezzo/l'una, un ragazzo in moto sbandò e andò a sbattere contro un tiglio, perdendo la vita sul colpo. Su quel viale extraurbano c'erano poche case, ma in quella di fronte all'albero fatidico viveva un signore che sentì il rumore dello schianto e andò a vedere, in vestaglia, cosa era successo. In quel momento, di ritorno da un concerto, sulla loro automobile i miei genitori stavano tornando a casa, in compagnia di una coppia di amici. Videro l'uomo in vestaglia attraversare di corsa la strada e si chiesero cosa stesse facendo, “quel matto”, fuori a quell'ora di notte in pigiama. Non guardarono verso gli alberi, che tra l'altro rimanevano al buio, e non videro l'incidente. Solo al mattino seppero cosa era successo. Quindi sì, sono loro gli occupanti della 500 gialla, gli ho dedicato un piccolo cammeo, benché in un momento tanto delicato.
2)Viale Papiniano è un viale alberato che esiste davvero, a Milano, così come Parco Lambro. Lo stesso vale per l'Ospedale Fatebenefratelli. Agli inizi del '71 era già attivo e funzionale ed era forse il principale ospedale della città.
3) l'immagine che accompagna questo capitolo non credo abbia bisogno di commenti.
Spero di aver reso verosimile l'angoscia di Greta e il suo rifiuto di accettare la morte di Matteo, perché questo rifiuto riconduce sempre alla drabble di cui sopra.
Al prossimo capitolo.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.


Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.


 


 

 

Capitolo Tre




 

 

E la vita continua
Anche senza di noi
Che siamo lontani ormai”

 

Anima fragile – Vasco Rossi

 

 

Milano, 20 maggio 1971


Greta alzò gli occhi dal libro di Jane Austen che stava leggendo e guardò l'orologio appeso alla parete di camera sua: le diciannove e mezzo. Era ormai ora di cena. Chiuse il volume, si alzò dalla sedia e si stiracchiò, allungando gambe e braccia.
In cucina, sua madre Antonella e suo padre, il signor Marcello, la stavano attendendo per mangiare tutti insieme. Nessuno aprì bocca e la cena si svolse nel silenzio più assoluto.
Da quando Matteo era morto, quattro mesi prima, tutto era cambiato per la ragazza. Quel giorno, quando Linda l'aveva accompagnata all'obitorio, si era sentita male. Tutti continuavano a ripeterle che il suo Matteo non c'era più, ma lei era perfettamente convinta del contrario. Quel poveraccio sdraiato nella bara non era il suo fidanzato. Matteo era andato via, magari a sbrigare qualche commissione per suo padre, ma di certo non era morto.
L'avevano trattenuta in ospedale per quindici giorni, facendola parlare con diversi medici e psicologi, ma nessuno di loro era riuscito a convincerla. Greta era sempre rimasta ferma sulla sua posizione, in attesa che il suo ragazzo facesse ritorno da lei.
Quando avevano capito che la sua mente era stata in qualche modo compromessa, e che se lei si rifiutava di accettare la sua perdita non c'era molto che loro potessero fare, i dottori l'avevano dimessa, obbligandola a seguire una cura a base di calmanti che, per il primo mese, l'avevano fatta sentire estraniata dalla realtà, come se tutto quanto le corresse intorno e lei non riuscisse a muoversi. Aveva trascorso a letto la maggior parte di quelle lunghe giornate, rifiutandosi di vedere gente. Nemmeno la sua cara amica Linda aveva avuto libero accesso al suo capezzale. La ragazza non aveva mai smesso di andare a farle visita, ma Greta le aveva sempre chiesto di non disturbarla con le sue sciocchezze sulla musica. Non aveva più tempo per pensare a quelle frivolezze. Doveva aspettare che Matteo tornasse.
Quando si erano resi conto che la cura le stava facendo più male che bene, i suoi genitori si erano consultati con il loro medico di famiglia, che aveva consigliato di sospenderla per vedere come la ragazza avrebbe reagito. Finalmente, Greta si era sentita un po' più sveglia e presente a se stessa, ma il suo atteggiamento nei confronti della perdita del fidanzato non era cambiato per niente.
Avendo rinunciato al piacere di ascoltare la sua musica preferita – e il solo pensiero di aver dichiarato più volte, in passato, quanto le piacesse il chitarrista dei Chicago ora la faceva rabbrividire – l'unica sua valvola di sfogo era diventato lo studio. Aveva preparato alcuni tra gli esami più difficili e li aveva superati brillantemente, lasciando indietro Linda che non aveva più tanta voglia di seguire il suo sogno di diventare interprete. Il lavoro al “Disco d'Oro” occupava la maggior parte del suo tempo, e la ragazza preferiva di gran lunga ascoltare la musica piuttosto che leggere vetusti libri di letteratura inglese.
Greta, invece, sapeva che se voleva sposarsi al più presto, per il ritorno di Matteo avrebbe dovuto aver ultimato l'Università, così avrebbe potuto dedicarsi alla sua nuova famiglia a tempo pieno. Da quando era uscita dall'ospedale non aveva più messo piede nel negozio di dischi dell'amica e aveva buttato via tutti i poster che aveva in camera. Basta inseguire delle inutili chimere: doveva mettere la testa a posto e concludere velocemente il corso di studi, così quando il suo fidanzato fosse tornato l'avrebbe trovata libera da qualsiasi impegno.
Con quella certezza a sostenerla, Greta aveva tirato avanti per altri tre mesi. E non le importava un fico secco se i suoi genitori non approvavano il suo comportamento. Era così e basta, e se a loro non andava, che si arrangiassero.
Aveva appena terminato di cenare ed era pronta a rientrare in camera sua a riprendere gli studi quando il campanello suonò con un trillo argentino, spezzando il silenzio opprimente della casa. La signora Antonella andò ad aprire la porta, trovandosi davanti una Carmelinda a dir poco su di giri.
«Vieni cara. Abbiamo appena finito di cenare», la accolse la donna, precedendola in cucina.
Non appena la vide, lo sguardo di Greta si rabbuiò: cosa voleva Linda a quell'ora? Guardando meglio, si accorse che la sua amica sfoggiava un sorriso raggiante mentre faceva sventolare davanti al viso due grossi pezzi di carta dorata.
Dopo aver salutato il signor Marcello, Carmelinda si rivolse subito all'amica.
«Guarda un po' cosa sono riuscita a trovare?».
Continuando a sventolarli, Linda le porse i due cartoncini dorati. Greta li prese per istinto più che per vero desiderio, e quando lesse la scritta stampata sopra di essi inorridì: erano due biglietti per il concerto dei Chicago che si sarebbe tenuto l'otto giugno all'Arena Civica.
Alzò lo sguardo sull'amica, fissandola sgomenta.
«Allora, lo hai capito o no cosa sono?», chiese ancora Linda, saltellando sul posto. «Sono i biglietti per il concerto dei Chicago!».
Greta fu costretta a fare un respiro profondo prima di rispondere. «Sì, lo vedo benissimo cosa sono. E ti comunico ufficialmente che non ho nessuna intenzione di venire».
Carmelinda smise di saltellare e la fissò, incredula.
«Cosa?! Non vuoi venire al concerto? Guarda che io ho fatto carte false, per averli! Ho promesso a mio padre che avrei ripreso assiduamente lo studio, per convincerlo a comprarli. E, soprattutto, l'ho fatto per farti smuovere un po'!».
«Ti ringrazio per l'interesse, ma non ho nessun bisogno di smuovermi. Ti ho già detto che la musica non mi interessa più, lo vuoi capire o no?», replicò Greta, il tono di voce inasprito.
I suoi genitori si scambiarono un'occhiata carica di sconforto, ma Linda non si lasciò intimorire. Lei voleva un bene dell'anima alla sua migliore amica, e sapeva che ora questa storia dell'attesa di Matteo doveva finire. Quindi, a costo di passare per un'ingrata senza cuore, sbatté il pugno sul tavolo davanti a lei.
«Devi smetterla di aspettare chi non potrà tornare mai più! Matteo è morto, lo capisci? Morto! E per quanto tu ti possa sforzare, non riuscirai mai a farlo tornare da te, è chiaro? Mai!».
Greta, con gli occhi spalancati e colmi di lacrime, uscì di corsa dalla cucina chiudendosi nella sua camera.
Col respiro affannato, Linda si passò dietro l'orecchio una ciocca di capelli neri che le era sfuggita dalla coda di cavallo, ricomponendosi. «Scusatemi», mormorò, rivolgendosi ai genitori dell'amica. «Non volevo essere così screanzata. È solo che non sopporto di vederla in questo stato».
Il signor Marcello scosse il capo. «Non preoccuparti, cara. Anzi, ti ringrazio, perché so con certezza che vuoi veramente il bene di mia figlia. Cercherò di convincerla a venire a quel concerto», concluse, indicando i biglietti dorati che la ragazza aveva lasciato cadere sul tavolo quando era corsa via.
Linda lo ringraziò e chiese il permesso di bussare alla porta di Greta. Una volta che l'uomo glielo ebbe accordato, si incamminò lungo il corridoio e si fermò davanti all'uscio serrato della camera dell'amica.
«Tesoro, scusami se sono stata brusca con te... ma io ti voglio bene da morire e vorrei che tu lo capissi. Non farai niente di male se verrai al concerto. Ti prometto che ci divertiremo e che non combinerò pasticci, va bene?».
Appoggiata alla porta dalla parte interna, Greta si mise una mano sugli occhi per trattenere le lacrime. Anche se sapeva che Linda lo faceva per il suo bene, odiava sentirsi rinfacciare il suo comportamento. Era solo che lei agiva così perché non poteva ancora credere che Matteo fosse morto. No, Matteo era ancora vivo, da qualche parte, e cosa avrebbe detto se avesse saputo che sarebbe andata a quel concerto senza di lui?

 

Quella notte lo vide. Non era la prima volta che succedeva, ma in questa occasione la sua immagine gli apparve più nitida che mai, come se fosse stato davvero lì con lei.
«Greta... perché non vuoi capire che io non ci sono più, e che non potrò mai tornare?», le disse, fissandola con occhi tristi.
«Non è vero, Matteo. Tu non sei morto e io ti sto aspettando. Hai visto come sono stata brava negli studi? Quando tornerai ci sposeremo!», gli rispose, con il sorriso stampato sul volto.
Lui scosse la testa, facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli castani.
«Devi fartene una ragione, tesoro mio... la vita continua, anche se io non ci sono più. Fai contenta Linda e va' con lei al concerto dei Chicago. Divertiti e non pensare a me».
Questa volta fu lei a scuotere la testa. «No, Matteo, non posso andare... aspetta!», gridò, quando vide che la sua immagine stava iniziando a sfumare e a diventare sempre più evanescente. «Non mi lasciare sola!».
«Io sarò sempre nel tuo cuore, amore mio...».
Con quelle parole, Matteo scomparve e Greta si svegliò di soprassalto, con gli occhi velati di lacrime. Aveva pianto nel sonno.
«Perché mi hai detto che non tornerai più da me?», singhiozzò nel buio, ma la sua domanda rimase senza risposta.

 

Due giorni dopo, Greta si fece coraggio e chiamò Linda in negozio.
«Ho deciso, verrò con te al concerto», disse con voce atona. Aveva preso quella decisione non tanto per le insistenze del padre, quanto perché Matteo le era apparso di nuovo, ripetendo le stesse cose della volta precedente. Forse, allora, se lui voleva davvero che andasse al concerto, poteva concedersi il lusso di trasgredire alle regole che lei stessa si era auto-imposta.
Carmelinda accolse la notizia con un urlo di gioia.
«Sì! Non sai quanto mi fai felice! Allora passerò da lì a prenderti alle sette in punto, poi andremo all'Arena con la metro. Non vedo l'ora!».
Greta appese la cornetta e rimase immobile per qualche istante, poi trasse un lungo sospiro e scosse la testa. Avrebbe superato anche quella serata e poi tutto sarebbe tornato come prima.

 

 

Spazio autrice:

Ed eccoci alla fine del terzo capitolo. La vita va avanti, ma Greta continua a rifiutarsi di lasciare andare Matteo. Ne è talmente ossessionata che il ragazzo comincia anche ad apparirle di notte. E questa scelta di trama mi è stata ovviamente fornita su un vassoio d'argento dalla drabble di Kim WinterNight.
Per la cronaca: l'8 giugno del 1971 i Chicago hanno fatto davvero un concerto all'Arena Civica di Milano.
L'immagine che accompagna questo capitolo rappresenta un biglietto per un concerto dei Chicago.
Al prossimo capitolo.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.

Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.

 

 

 

Capitolo Quattro


 

Chi fermerà la musica”

Chi fermerà la musica – I Pooh

 

 

Milano, 8 giugno 1971

Linda e Greta arrivarono all'Arena Civica che mancavano pochi minuti alle otto di sera. La ressa ai cancelli non era eccessiva. I Chicago erano entrati da poco sulla scena musicale internazionale, e in Italia non erano ancora molto conosciuti. La maggior parte di coloro che circondava le due ragazze in coda all'ingresso erano giovani dai lunghi capelli e dagli sgargianti abiti a fiori.
Neanche Carmelinda faceva eccezione. Per l'occasione aveva indossato un paio di pantaloni a zampa di elefante nuovi di zecca e un camicione bianco a fiori rossi, dalle larghe maniche a pipistrello. Aveva lasciato sciolti i lunghi capelli neri, fermandoli sulla fronte con una striscia di cuoio intrecciato. Aveva dovuto lottare per due ore con suo papà, che non voleva assolutamente permetterle di andare in giro conciata a quel modo; ma per fortuna grazie all'intervento della madre, la signora Piera che aveva messo una buona parola per lei, era riuscita a uscire di casa senza cambiare assolutamente niente nel suo look.
Greta, invece, non aveva indossato nulla di stravagante. Una castigata gonna sotto al ginocchio accompagnava una camicetta con il colletto alla coreana abbottonata fin sotto il mento. I suoi capelli erano rigorosamente acconciati in una lunga treccia che teneva appoggiata sulla spalla destra.
Non appena varcarono l'ingresso le due ragazze si guardarono attorno, ma mentre lo sguardo di Linda era carico di curiosa aspettativa, quello di Greta pareva privo di qualsiasi vitale interesse. Seguì l'amica verso i loro posti e lì rimase, in silenzio, nell'attesa che il concerto iniziasse.
Il brusio di voci per lei era solo un sottofondo indistinto. Non riusciva a vivere appieno l'agitazione del momento, l'emozione di vedere dal vivo quello che era stato il suo gruppo preferito fino a pochi mesi prima, l'incredibile idea di poter magari anche scambiare qualche parola con loro. Per Greta era come trovarsi in una bolla di sapone, all'interno della quale niente poteva toccarla o coinvolgerla.
Linda, invece, si guardava attorno con evidente aspettativa, scambiando qualche commento con i vicini di posto. Cercò di coinvolgere anche l'amica nel dialogo, ma Greta si chiuse a riccio, provocando commenti di cattivo gusto da parte di qualcuno. Carmelinda rispose per le rime e poi si dedicò totalmente alla ragazza che le stava accanto, apparentemente immune al clima di gioiosa attesa che si respirava nell'Arena.

 

I Chicago fecero il loro ingresso sul palco alle nove in punto, accolti da un lungo applauso accompagnato da qualche grido sguaiato da parte dei presenti. Terry Kath, il chitarrista, alzò una mano come a chiedere il silenzio, disse qualche parola di circostanza accostando la bocca al microfono e poi diede l'attacco per la prima canzone: “Introduction”, primo pezzo del loro primo album con cui erano soliti iniziare i loro concerti. Subito il pubblico iniziò a rumoreggiare al ritmo delle parole, che molti degli astanti storpiarono in un inglese maccheronico facendo sorridere Linda.
Greta, invece, pareva non essere minimamente sfiorata dalla musica. Teneva lo sguardo fisso davanti a sé, puntato su quel ragazzo che spesso aveva idolatrato e che ora, invece, trovava dolorosamente simile al suo Matteo. Entrambi avevano gli stessi capelli lunghi e lisci, anche se quelli di Terry erano di una tonalità leggermente più chiara; entrambi avevano lo stesso fisico possente, dalle braccia forti e dal petto ampio. Il pensiero del suo fidanzato perduto le offuscò la mente per un attimo: quella notte le era apparso di nuovo; ed era convinta di non esserselo sognato, perché si era appena alzata per andare in bagno e quindi era perfettamente sveglia. Matteo si era messo a sedere sul suo letto, accanto a lei, e quando Greta aveva tentato di abbracciarlo lui aveva semplicemente alzato una mano, bloccandola a metà del suo slancio. Poi le aveva ripetuto le stesse parole. «Devi fartene una ragione... io non ci sono più». Si era spinta di nuovo in avanti, ma prima che potesse toccarlo lui era sparito nel nulla.
Linda la prese per un braccio e la scosse, strappandola ai suoi pensieri. I Chicago stavano suonando “An hour in the shower” e il vocione baritonale di Terry invadeva l'Arena. Carmelinda sembrava impazzita, e saltellava su e giù sul posto come se avesse voluto spiccare il volo.
Greta la guardò quasi con compassione, chiedendosi come potesse sentirsi tanto galvanizzata nell'ascoltare una semplice canzone. Tornò a fissare Terry che suonava con foga la chitarra e scuoteva la testa in tutte le direzioni, facendo ondeggiare i capelli. La sua camicia di jeans cominciava già a macchiarsi di sudore sullo stomaco – dove premeva la chitarra – e sotto le ascelle. Avrebbe dovuto storcere il naso disgustata e, invece, imprevedibilmente sentì il suo cuore perdere un battito. All'improvviso desiderò di potersi lasciare andare, e cantare e ballare anche lei come tutti gli altri, ma aveva la sensazione che, se così avesse agito, avrebbe fatto un irreparabile torto a Matteo che non era lì con lei.
Linda si accostò all'orecchio dell'amica. «E dai, fatti prendere dal ritmo!», gridò per sovrastare il volume della musica.
Greta la fissò per alcuni secondi, poi tornò a guardare Terry che si agitava sul palco. Il suo cuore perse un altro battito. Allora chiuse gli occhi e si abbandonò alla musica.

 

Il concerto si concluse due ore dopo. I membri della band si accostarono alle transenne che separavano il palco dal pubblico per rilasciare qualche autografo. Linda, fuori di sé dall'emozione, si mise in coda stringendo in mano un piccolo taccuino e una penna. Quando si guardò alle spalle, però, si accorse che Greta non si era accodata a lei. Spostò lo sguardo all'intorno finché non la vide: si era allontanata dalla calca e si era appoggiata a una delle transenne più distanti, lo sguardo perso nel vuoto.
Uscì dalla fila e si avvicinò all'amica.
«Tu non vieni a farti fare gli autografi?», chiese, fissandola speranzosa.
Greta scosse il capo. «No, grazie... vai tu».
«E dai... quando mai ci ricapiterà un'occasione del genere? Vieni!», insisté Carmelinda tentando di spronarla, ma lo sguardo di fuoco che ricevette in risposta la fece desistere. «Ok, allora vado solo io...», concluse, tornando a mettersi in fila.
C'era talmente tanta confusione che Robert, Lee e James le firmarono il taccuino senza soffermarsi troppo. Ma quando arrivò di fronte a Terry, Linda si fece valere.
«Scusa, potresti farmene un altro per la mia amica? Lei si vergogna un po' e ha mandato me», chiese con un sorriso al chitarrista, in un inglese quasi perfetto, fregandosene degli spintoni che coloro che la seguivano in fila continuavano a rifilarle per farla spostare.
Terry rispose al suo sorriso. «Certo», disse in tono dolce, girando pagina e firmando di nuovo. Poi alzò lo sguardo e lo puntò nella direzione indicata dal dito di Linda.
«La mia amica è quella laggiù, tutta sola soletta», lo informò la giovane.
Il chitarrista si bloccò per un istante. Non aveva mai visto una ragazza più bella in vita sua. Era persino più bella della sua ex fidanzata Jacqueline – che Walter se la tenesse pure. La sua treccia ramata di capelli si era un po' disfatta nella foga del concerto, e contrastava con la sobrietà dei suoi vestiti. Il suo viso pallido gli ricordò quello di un angelo... un angelo triste, a giudicare dal suo sguardo.
Senza riflettere, strappò la paginetta del taccuino che aveva appena firmato rendendolo poi alla sua legittima proprietaria, e si incamminò verso di lei. «Glielo porto di persona...», disse mentre già si allontanava lungo le transenne, provocando un coro di proteste da parte di coloro che stavano ancora in coda ad aspettare il proprio turno. Per evitare di essere presa a male parole, Linda decise di proseguire con la sua caccia agli autografi ritrovandosi davanti Peter, il caschetto di capelli biondi che gli incorniciava il viso rotondo.
Era così bello che cominciò a balbettare. «Tu... fare... me... firma?», biascicò in un inglese stentato, indicando il taccuino che stringeva tra le mani sudaticce. Il bassista le sorrise e le fece il suo autografo, e Carmelinda si allontanò dandosi dell'idiota. «Non sono stata nemmeno in grado di spiccicare tre parole!», borbottò tra sé e sé mentre puntava gli ultimi due rimasti: Walter e Danny.

 

Greta stava ancora pazientemente attendendo il ritorno di Linda. Aveva voglia di tornarsene a casa, perché stava cominciando a farsi molto tardi, ma non aveva intenzione di lasciare lì da sola la sua amica. Per quanto l'avesse fatta arrabbiare con i suoi discorsi su Matteo, rimaneva comunque l'unica persona, a parte i suoi genitori, a non averla mai abbandonata durante tutti quei mesi.
Quando sentì dei passi in rapido avvicinamento pensò che finalmente Carmelinda fosse pronta. Non si aspettava certo di sentire una profonda voce maschile, dai toni caldi e intensi.
«Tieni, questo è per te».
Greta alzò lo sguardo e si trovò davanti proprio il ragazzo che tanto aveva tentato di rifuggire per tutta la serata. Terry Kath le stava porgendo un pezzetto di carta, un ampio sorriso stampato sul volto allungato.
La ragazza non seppe cosa dire. Balbettò un “Thank you” a malapena udibile, sentendosi avvampare.
Il chitarrista allargò, se possibile, ancor più il suo sorriso. «La tua amica mi ha detto che ti vergognavi a venire da me», disse, indicando con il pollice dietro la sua schiena, verso la fila di persone che stava piano piano scemando.
Greta bofonchiò una serie di improperi rivolti a Linda, poi fu costretta ad allungare la mano e a prendere il foglietto che Terry le stava ancora porgendo. Sperava che questo lo avrebbe fatto allontanare, ma si sbagliava. Il chitarrista aveva tutta l'intenzione di fare conversazione.
«Ti è piaciuto il concerto?», chiese, appoggiandosi con le braccia alla transenna che li divideva, incurante dei suoi compagni che lo richiamavano per continuare a firmare gli autografi.
Greta annuì suo malgrado. «Sì, molto».
«Qual è la tua canzone preferita?».
«An hour in the shower», rispose la ragazza senza riflettere.
Lo sguardo di Terry si fece malizioso. «Buongustaia...», mormorò, abbassando gli occhi sulle labbra morbide di Greta. Sembravano chiedere solo di essere baciate.
La ragazza si accorse della sua occhiata e si allontanò dalla transenna, rendendosi improvvisamente conto di quale canzone avesse nominato. Arrossì di nuovo, facendo esplodere il chitarrista in una sonora risata.
Non appena ebbe finito di sghignazzare, Terry si tastò platealmente le tasche dei pantaloni e della camicia di jeans che indossava, per poi voltarsi verso il backstage.
«Aspettami qui, non muoverti», le intimò, correndo dietro il palco.
In quel mentre anche Linda, dopo aver finito di chiedere gli autografi, raggiunse l'amica. Danny, che aveva origini italiane, le aveva persino lasciato una piccola dedica in un italiano stentato ma sufficientemente comprensibile.
«Guarda!», esclamò Carmelinda, facendola vedere all'amica. Ma Greta era ancora sconvolta per l'incontro con il chitarrista e non riuscì a prestarle attenzione, lo sguardo inchiodato nel punto in cui Terry era sparito nell'ombra del backstage.
«Cosa stai fissando?», chiese Linda, seguendo la direzione dei suoi occhi. Quando vide tornare Terry tutto trafelato si lasciò sfuggire un sorriso. «A quanto pare, tu sei stata più fortunata di me. Io, quando sono stata di fronte a Peter, ho cominciato a balbettare come una scema...», commentò.
Greta le lanciò appena un'occhiataccia, prima di rivolgere la sua attenzione al ragazzo appena tornato.
«Ecco...», ansimò Terry, porgendole un tagliando argentato all'interno di una custodia protettiva di plastica trasparente. «Questo è un pass per il backstage per il concerto di domani sera a Torino. Spero di vederti...». Si interruppe, lanciando un'occhiata alla ragazza mora che gli aveva chiesto l'autografo per entrambe. «Oh cazzo! Torno subito!», esclamò, correndo di nuovo dietro il palco.
«Sì», commentò ancora Linda, «sei stata decisamente molto più fortunata di me».
Greta avrebbe voluto controbattere che, a lei, di Terry Kath non importava un fico secco, ma non fece in tempo a dire niente perché il chitarrista era già di ritorno.
«Tieni...», boccheggiò, le mani poggiate sulle ginocchia, porgendo un altro tagliando a Carmelinda, «questo è per te. Ci vedremo, domani sera?».
Greta stava per rispondere con un “no” gentile ma deciso, ma Linda la prevenne.
«Certamente, non ci perderemmo un'occasione del genere per niente al mondo!».
Terry sorrise ancora, raddrizzandosi e facendo schioccare le vertebre, poi fece un cenno di saluto con la mano e raggiunse i compagni di band. C'erano ancora parecchie persone che aspettavano un suo autografo, così si rimise a firmare di buona lena.

 

Mentre si dirigevano verso l'uscita dell'Arena, Greta lanciò all'amica uno sguardo omicida.
«Tu devi essere impazzita! Io non ho nessuna intenzione di andare a Torino, domani sera!».
«Non preoccuparti», replicò Linda. «Ci penserò io a convincere tuo padre. Anche se, prima, dovrò convincere il mio...».
«Non è di mio padre che ho paura. Semplicemente non ci voglio venire. Punto e basta!».
Linda scosse il capo, incredula. «Greta, non ti sei accorta che Terry Kath ti stava letteralmente sbavando addosso? Me ne sono resa conto subito, quando ha strappato la pagina del taccuino per portarti il suo autografo di persona. E poi ti ha anche dato i pass per il backstage. Quello, domani, se non gliela dai se la prende da solo, dammi retta!».
Greta fissò l'amica con sguardo inorridito. «Se non gliela do? Ma ti sembra il modo di parlare?».
Linda fece roteare gli occhi. «Così sembri davvero mio padre...».
«E poi, secondo te dovrei dargliela davvero?», riprese l'altra, come se non fosse stata neanche interrotta. «E Matteo?».
Carmelinda si fermò di botto e la prese per le braccia con fermezza. «Greta, ti prego. Matteo non c'è più. Mi sembra di essere un disco rotto, non faccio altro che ripetertelo». La rossa tentò di liberarsi dalla presa dell'amica, ma Linda resistette. «Ti stai facendo solo del male, lo capisci?», insisté, scuotendola debolmente. «Matteo non vorrebbe vederti così. Vorrebbe che tu andassi avanti e seguissi i tuoi sogni e il tuo futuro, non che tu ti chiudessi nel passato».
Quelle parole ricordarono a Greta le apparizioni di Matteo che aveva avuto nelle notti precedenti. Il suo autocontrollo cedette e scoppiò in un pianto disperato.
Carmelinda la strinse in un abbraccio, carezzandole i capelli e lasciando che si sfogasse.

 

 

Spazio autrice:

Nonostante Greta non riesca ancora a liberarsi dall'ossessione di Matteo (e lui stesso, con le sue apparizioni sempre più frequenti, le chieda di lasciarlo andare), Linda ha avuto successo ed è riuscita a trascinarla al concerto dei Chicago; e ha avuto anche la prontezza di spirito di chiedere a Terry, il preferito di Greta, di fare un autografo per la sua amica. Il cantante, non appena l'ha vista, è rimasto letteralmente folgorato. Ora, non so se voi credete al colpo di fulmine. Io sì, perché a me è successo, o meglio, è successo a mio marito nei miei confronti quando l'ho incontrato per la prima volta. :-)
Jaqueline è la prima fidanzata di Terry, che (come raccontato da Danny Seraphine nella sua autobiografia “Street Player – A Chicago story”) gli è stata rubata da Walter Parazaider. Nella realtà, nel 1971 Terry era sposato con la sua prima moglie (Pam, se non vado errata), ma per ovvie ragioni di trama ho fatto sì che il chitarrista sia libero di innamorarsi di Greta.
Anche il concerto di Torino del 09 giugno 1971 è realmente avvenuto.
Inoltre, volevo farvi notare che, stilisticamente parlando, ho cercato di essere “onnisciente” (come il Manzoni nei “Promessi Sposi”), ovvero ho inserito tutti i pensieri e le emozioni di tutti i personaggi presenti, quindi Greta, Linda e Terry, senza fare stacchi. Spero di essere riuscita bene nel mio intento e di non avere fatto un pastrocchio. :-)
L'immagine che accompagna il capitolo è tratta dal concerto di Tanglewood del luglio 1970, a cui mi sono ispirata per descrivere i Chicago. Partendo da destra e andando verso il fondo del palco vediamo: Peter, la testa di Robert che spunta a malapena, Terry e la sua camicia di jeans, James, Walter e Lee. Di Danny si vede solo parte della batteria :-)
Al prossimo capitolo.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.

Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.

 




Capitolo Cinque

 

Ancora un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore
Nuove possibilità per conoscersi”

La stagione dell'amore – Franco Battiato

 

 

Convincere il signor Marcello a lasciar andare Greta al PalaRuffini di Torino fu uno scherzo, in confronto a quello che Linda dovette penare per strappare il consenso a suo padre. Il signor Egidio, infatti, non appena la figlia gliene ebbe parlato cominciò subito a borbottare, sostenendo che quei concerti erano covi per hippie scapestrati e che la polizia avrebbe dovuto vietarli, arrestando tutti i partecipanti e finanche i membri dei gruppi musicali. Era assolutamente fuori discussione che sua figlia partecipasse a un altro di quegli eventi, e in un'altra città, poi!
Carmelinda lo lasciò sfogare, poi tentò di convincerlo: prima con le buone, spiegando che non sarebbe stata sola ma che sarebbe andata anche Greta, con lei, e che il padre dell'amica le avrebbe accompagnate in macchina e le avrebbe attese fuori dal palazzetto; poi, quando vide che in quel modo non avrebbe ottenuto il risultato sperato, minacciò di andare ugualmente, con o senza il suo permesso. I toni si accalorarono, e l'uomo prese a urlare a voce tanto alta che persino i vicini si affacciarono sui pianerottoli per capire cosa stesse succedendo.
«Io ti rinchiudo in camera tua!», gridò infine, quando capì che la figlia non voleva intendere ragioni.
«E io scappo dalla finestra!», replicò Linda con veemenza, facendo ondeggiare i lunghi capelli neri.
La signora Piera aveva tentato in tutti i modi di intervenire, rabbonendo alternativamente marito e figlia; ma alla fine, comprendendo che nessuno dei due intendeva mollare la presa, si limitò a stringersi nelle spalle e ad attendere che passasse la tempesta.

 

Quando Greta e suo padre arrivarono a casa di Linda, la ragazza stava ancora sbollendo la rabbia chiusa in camera sua, mentre il signor Egidio si era rifugiato al “Disco d'Oro”.
Marcello lasciò la figlia in compagnia dell'amica, poi, con tutto il tatto di cui era capace, andò al negozio per convincere l'amico a dare a Linda il permesso di andare.
Nell'attesa che l'uomo ritornasse, le due ragazze si erano messe a sedere sul letto di Carmelinda. Greta si tormentava le mani e l'amica se ne accorse subito.
«Sei nervosa, non è vero?», chiese Linda.
«Sì», rispose l'altra semplicemente, per poi fissare lo sguardo a terra.
Quella notte Matteo le era apparso nuovamente, e questa volta aveva persino sentito il profumo della sua pelle. La sua presenza era stata così tangibile che le era impossibile credere che si fosse trattato solo di un sogno. Matteo era stato veramente nella stanza con lei. Il ragazzo, però, aveva continuato a ripeterle di dimenticarlo e di andare avanti, le stesse cose che le aveva detto anche Linda la sera prima. Sospirò, e l'amica la abbracciò.
«Sono contenta che tu abbia deciso di venire, alla fine. Distrarti può solo farti bene».
Greta annuì ancora, ma con poca convinzione. Linda le sorrise e le poggiò la testa sulla spalla.
«Speriamo che tuo padre riesca a convincere il mio», disse con un sospiro.
«Non è buffo?», mormorò Greta. «Io, che starei molto più volentieri a casa, sono riuscita a convincerlo subito; mentre tu, che faresti di tutto per andare, hai dovuto litigarci per farti dare il permesso».
«E non me lo ha nemmeno ancora dato... spero che tuo papà riesca nell'impresa».

 

Non fu per niente facile ma, alla fine, il signor Marcello riuscì a convincere l'amico a lasciare andare sua figlia al concerto. Dopo quello che le era successo Greta aveva bisogno di distrarsi, ma non poteva certo andare senza Linda. Nel sentire quelle argomentazioni Egidio aveva infine ceduto, senza però smettere di borbottare tra sé e sé.
Il tragitto da Milano a Torino trascorse tranquillo, a bordo della Fiat 128 del signor Rossellini. L'entusiasmo di Linda stava cominciando, suo malgrado, a coinvolgere anche Greta che scoprì con suo grande disappunto di non vedere l'ora di rincontrarsi con Terry.
L'uomo le lasciò proprio davanti all'ingresso del PalaRuffini, per poi andare a parcheggiare l'auto a una certa distanza. Avrebbe atteso le due ragazze in qualche bar, senza nessuna intenzione di opprimerle troppo con la sua presenza.
«Certo che tuo padre è proprio un grand'uomo», sospirò Carmelinda mentre si mettevano in fila per varcare i cancelli. «Se ci avesse accompagnato il mio, ci avrebbe scortato fino nel backstage, e poi avrebbe fatto di tutto per entrare con noi anche senza invito».
Greta si sorprese a sorridere. Erano mesi che non lo faceva più e per un istante le parve di fare qualcosa di sbagliato. Ma Linda rispose al suo sorriso e lei si tranquillizzò.
Lentamente la coda si mosse, facendole avvicinare pian piano all'ingresso del palazzetto. Una volta all'interno si diressero verso il palco, non senza una certa titubanza. E se le guardie non le avessero lasciate passare?
Una volta di fronte alle transenne, infatti, ecco che un responsabile della sicurezza le avvicinò e intimò loro di andare a sedersi ai loro posti. Quando Linda gli mostrò gli inviti argentati l'uomo li guardò a malapena, riservando loro un'occhiata di sufficienza prima di fare un cenno con la mano, inteso a scacciarle come si farebbe con un insetto molesto. Carmelinda si sentì avvampare e fece per ribattere. Greta le strinse un polso, pregandola con lo sguardo di non fare confusione e non attirare troppa attenzione, ma l'amica non le prestò ascolto. Si schiarì rumorosamente la gola e inveì contro il bestione.
«Senti, scimmione! Ieri il signor Kath, il chitarrista dei Chicago, ci ha regalato questi inviti. Quindi, vedi di alzare il tuo sederone e di farci passare!».
«E a me li ha regalati il Presidente della Repubblica», replicò in tono di scherno l'omone. «Alzatelo voi, il vostro sedere, stupide hippie che non siete altro!».
Greta si nascose il volto tra le mani. «Che vergogna...», sospirò, consapevole degli sguardi di coloro che occupavano le prime file.
Linda gonfiò il petto e prese a dire tanti di quegli improperi che, se l'avesse sentita suo padre, l'avrebbe fatta rinchiudere in un convento. La guardia si avvicinò di nuovo con fare minaccioso ma il trambusto creato aveva sortito il suo effetto. Danny si affacciò da dietro il palco per vedere cosa stesse succedendo e si accorse delle due ragazze.
«Ehi, Terry», esclamò il batterista, «sono arrivate le due tipe di ieri sera!».
Il chitarrista affiancò l'amico e, non appena compreso cosa stava accadendo, si affrettò a correre in soccorso delle ragazze.
«È tutto a posto, amico, loro sono con me», disse rivolgendosi al bestione della sicurezza, che lo guardò con fastidio. Terry sostenne il suo sguardo, puntando le mani sui fianchi: in fondo, era alto quanto lui e altrettanto ben piazzato. La guardia esitò solo per alcuni istanti, poi si allontanò lasciando al chitarrista il compito di scostare le transenne e lasciarle entrare nella zona riservata.
«Benvenute! Sono proprio contento di vedervi», disse, lo sguardo fisso su Greta che abbassò il viso sentendosi arrossire.
Linda ridacchiò e si allontanò per lasciarli soli, andando in cerca di Peter Cetera. Fu subito avvicinata da Danny Seraphine – rimasto piacevolmente colpito dalla sua avvenenza – che la prese sottobraccio e la portò a conoscere gli altri membri della band.
Greta li guardò sparire dietro le quinte per poi tornare a rivolgere lo sguardo verso Terry. Il ragazzo le stava di fronte e la sovrastava di quasi trenta centimetri in altezza. Fu costretta ad alzare il capo per poterlo guardare negli occhi. Per la prima volta si rese conto che erano di una straordinaria tonalità di verde chiaro che virava al grigio. Alcune ciocche di capelli gli ricadevano sul viso e lui le scostò con una mano. Complice il caldo dell'ambiente chiuso del palazzetto, quella sera aveva indossato un'altra camicia di jeans, dalle maniche strappate, che aveva lasciato aperta sul petto. I suoi pettorali, adornati da una rada peluria castana, attirarono per un istante lo sguardo di Greta. Erano proprio all'altezza dei suoi occhi e, all'improvviso, le balenò nella mente il pensiero di sporgersi e appoggiare la testa contro di essi, per sentire il battito forte del suo cuore.
La ragazza si sentì arrossire di nuovo. Abbassò velocemente il viso verso terra ma Terry glielo impedì, prendendole il mento tra le dita e sollevandoglielo di nuovo. Le carezzò l'angolo della bocca col pollice, per poi farlo scivolare verso la guancia. La pelle della giovane era morbida e vellutata come la buccia di una pesca. Lentamente le fece passare l'altra mano dietro la schiena e la attirò a sé, fino a farla aderire al suo corpo massiccio.
Greta sentì il cuore cominciare a batterle furioso nel petto. Terry Kath la stava stringendo tra le braccia e lei non riusciva a respingerlo. All'improvviso, all'immagine del chitarrista si sovrappose quella di Matteo. Greta dischiuse le labbra per lo stupore e il chitarrista ne approfittò per baciarla.
Le insinuò con dolcezza la lingua in bocca, facendola danzare lentamente con quella della ragazza che non si ritrasse ma, anzi, socchiuse gli occhi e si abbandonò al suo abbraccio.
Quando si separarono Greta sbatté più volte le palpebre, come ridestandosi da un sogno. Il volto di Matteo tremolò e scomparve, lasciandole davanti il viso sorridente di Terry. Allora si rese conto di aver baciato l'uomo sbagliato e si divincolò dalla sua stretta, mollandogli uno schiaffo tanto forte da lasciargli stampate tutte e cinque le sue dita sulla guancia.
Il chitarrista la lasciò andare, stupito, e Greta corse via, gli occhi pieni di lacrime. Intrappolata dalle transenne, però, non seppe come fare a uscire dalla zona riservata così si rannicchiò dietro il palco, la schiena appoggiata a una piramide di casse acustiche.
Linda, che era appena uscita da dietro le quinte dopo aver conosciuto gli altri ragazzi, aveva assistito alla scena. Si avvicinò a Terry tenendo lo sguardo fisso sulla schiena dell'amica.
«Io credevo che volesse essere baciata», mormorò il chitarrista, smarrito.
«Devi scusarla, Terry. Vedi, quattro mesi fa ha perso il suo fidanzato in un incidente in moto», spiegò Linda in tono sommesso. «Volevano sposarsi, ma una notte lui è andato a sbattere contro un albero ed è morto sul colpo. Greta non riesce a darsi pace».
Terry spostò lo sguardo dall'una all'altra. «Cazzo... mi dispiace».
«Anche a me», rispose Linda. «Comunque, puoi star certo di una cosa: tu le piaci. Posso dirtelo con certezza perché, prima che succedesse l'incidente, io e lei spesso parlavamo di voi e di quanto siete attraenti. Tu sei sempre stato il suo preferito». La ragazza si interruppe per un attimo prima di riprendere. «Vado a parlare con lei».
Terry annuì, guardandola raggiungere l'amica. Quella ragazza gli piaceva da morire e, dentro di sé, giurò che avrebbe fatto di tutto pur di farla tornare a sorridere.

 

«L'ho baciato», esordì Greta tra le lacrime, non appena Linda si fu messa a sedere al suo fianco. «Per un istante ho visto Matteo al posto suo e gli ho permesso di farlo. Mi faccio schifo!».
Carmelinda la abbracciò. «Perché, scusa? Non hai fatto niente di male».
«Ho tradito Matteo!», esclamò la ragazza, fissando l'amica con stupore: come poteva non capire una simile ovvietà?
Linda sospirò e scosse la testa. «Greta, Matteo non c'è più. Non lo hai tradito. Perché ti ostini a rimanere bloccata nel passato? Permetti a Terry di farti guardare al futuro. Cavoli, è quello che abbiamo sempre sognato!».
«Tu, forse, lo avrai sempre sognato! Io non ho mai voluto tutto questo», replicò Greta con astio, scostandosi dall'amica.
Carmelinda sospirò ancora. «Non so più cosa dirti per farti scuotere. A questo punto, devi decidere tu cosa vuoi fare della tua vita, se vivere nei ricordi o nell'avvenire. Io non posso più aiutarti. Però lascia che ti dia un ultimo consiglio. Da' a Terry una possibilità». Detto questo, si alzò e lasciò l'amica da sola.

 

Le due ragazze assisterono al concerto da due punti separati. Una appoggiata al palco, a saltare e a cantare come una forsennata; l'altra con la schiena abbandonata contro il retro delle casse, a rimuginare sulle ultime parole dell'amica.
Solo quando la musica finì Greta si decise a raggiungerla. Non disse niente, ma Linda non si aspettava che parlasse. Sperava solo che avesse riflettuto bene su ciò che voleva per se stessa.
Entrambe fissarono i Chicago salutare il pubblico e scendere dal palco. Danny fece loro cenno di attendere cinque minuti e, dopo essersi cambiati rapidamente d'abito, i sette ragazzi raggiunsero le due giovani. Il batterista le invitò a prendere qualcosa con loro ma le ragazze rifiutarono: dovevano rientrare subito a Milano, si era già fatto molto tardi.
Danny parve visibilmente amareggiato ma le salutò cordialmente, subito imitato da tutti gli altri che poi si allontanarono verso l'uscita del palazzetto.
Terry rimase per ultimo, lo sguardo imbarazzato. Linda sorrise e si allontanò, lasciandolo solo con la sua amica.
«Scusami per prima», attaccò. «La tua amica mi ha raccontato la tua storia. Non volevo forzare troppo i tempi, perdonami se sono stato troppo frettoloso».
Greta alzò timorosa lo sguardo verso di lui per poi riabbassarlo subito dopo. «No... sono io che devo scusarmi per lo schiaffo che ti ho rifilato». Terry si carezzò la guancia senza riflettere e lei riprese. «Non riesco proprio a togliermi il mio fidanzato dalla mente. Prima ti ho baciato perché, in te, ho rivisto lui».
Cadde un silenzio che si protrasse per alcuni minuti, finché il chitarrista non si decise a interromperlo.
«Mi piacerebbe molto poterti conoscere meglio ma, purtroppo, i nostri impegni me lo impediscono. Domani sera dobbiamo suonare in Grecia e dopodomani in Thailandia. Poi il 13, il 14 e il 16 saremo in Giappone, e il 19 a Honolulu».
«Mio Dio!», esclamò Greta sinceramente colpita. «Ma non avete nemmeno il tempo di dormire!».
Terry si passò una mano tra i capelli, ridendo. «In effetti è un tour un po' intenso, specialmente per chi è sposato, come Peter, Walt e Danny».
«Peter è sposato? Povera Linda, chissà come ci resterà male quando lo saprà...», mormorò Greta tra sé e sé.
«Perché?», chiese il chitarrista, sinceramente incuriosito.
Nel sentirsi porre quella domanda, la ragazza si rese conto di aver pensato ad alta voce. «Perché Linda, la mia amica, è innamorata persa di Peter», rispose, mordendosi l'interno della guancia. Non avrebbe dovuto spiattellare così i fatti di Linda, ma dopotutto lei aveva raccontato a Terry di Matteo, quindi erano pari.
Dopo qualche altro attimo di silenzio, il ragazzo riprese. «Dal 19 di giugno in poi sarò libero, comunque, fino al 12 di luglio. Tornerò a trovarti, te lo prometto».
Greta si sentì arrossire, suo malgrado lusingata dalle attenzioni che Terry le stava riservando. Il suo cuore accelerò nuovamente i battiti. Non era giusto nei confronti di Matteo, ma si sentiva bene in sua compagnia e desiderava davvero vederlo di nuovo, con più calma.
«Mi farebbe molto piacere», rispose facendo illuminare il viso del chitarrista, la sua bocca ampia che si apriva in un enorme sorriso.
«Fantastico! Ehi, cavoli...», disse il ragazzo dopo un attimo di esitazione, «non so nemmeno come ti chiami. Che cazzo, ti ho baciato senza nemmeno sapere il tuo nome!».
«Mi chiamo Greta», rispose lei, lasciandosi scappare una piccola risata.
«Greta... è un nome bellissimo», esalò Terry pronunciandolo all'americana, strascicando le lettere. «Ti va di lasciarmi il tuo indirizzo? Così ti manderò qualche cartolina».
La ragazza sorrise di nuovo e glielo scrisse su un pezzo di carta che aveva nella borsa. Terry lo strinse nel pugno come se fosse stato un tesoro preziosissimo, poi se lo mise nella tasca posteriore dei jeans.
«Ora devo proprio andare», disse Greta, guardando Linda che si aggirava tra le prime file di posti. Il palazzetto era già quasi completamente vuoto e suo padre avrebbe sicuramente cominciato a preoccuparsi se avessero atteso ancora.
Terry annuì e la abbracciò velocemente, poi fece un cenno di saluto verso Linda e se ne andò di corsa, all'inseguimento dei suoi compagni.
Greta raggiunse l'amica. «Mi ha detto che vuole tornare a trovarmi, dopo che avranno finito il loro tour di concerti», rivelò mentre si avviavano verso l'uscita.
«Davvero? Ma è fantastico! Te l'avevo detto, io, che Terry Kath è innamorato di te!».
Greta sorrise prima di riprendere a parlare. «Devo darti una brutta notizia, però». Carmelinda la guardò con apprensione e lei continuò. «Peter è sposato».
«Oh no... veramente? Che sfortuna!», ululò la ragazza mora. «Beh», aggiunse subito dopo, «in fondo, con lui non avrei avuto molte possibilità. Di sicuro deve avermi preso per una ragazza infelice, visto che ogni volta che ho tentato di rivolgerli la parola non ho fatto altro che balbettare».
Greta scoppiò a ridere, una risata argentina come non ne aveva più fatte da quando Matteo se ne era andato. E, questa volta, non si sentì in colpa.

 

 

Spazio autrice:

Galeotto fu il secondo concerto! Terry bacia Greta, anche se poi si becca un bello schiaffone, ma quel bacio le apre un po' gli occhi e il bel chitarrista comincia a farsi largo nel suo cuore, iniziando a oscurare il ricordo di Matteo.
L'elenco di concerti che fa Terry a Greta è vero. L'ho preso da un sito internet in cui sono riportati tutti i concerti dei Chicago anno per anno. In effetti, nei loro primi anni di carriera devono aver corso tantissimo! Così come è vera anche la data in cui lui dovrà tornare di nuovo in America. Il 12 luglio del 1971, finito il tour mondiale e dopo un poco di riposo, riprenderanno il loro tour casalingo.
Il termine “infelice”, che usa Linda riferendosi a se stessa alla fine del capitolo, è inteso con il significato di “portatrice di handicap”. Dalle mie parti, un tempo, quando questa espressione non era ancora usata, chi aveva problemi mentali e/o di deambulazione veniva definito, appunto “infelice”.
L'immagine che accompagna questo capitolo è una bella foto di Terry durante un concerto dei primi anni settanta.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.

Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.


 


 

Capitolo Sei

 

                                     

 

Now that you're gone, I think of you”

Never gonna be another – Jamiroquai

 

 

Greta andò ad aprire al postino e si ritrovò in mano due cartoline: una proveniente da Atene e una da Bangkok. Terry Kath aveva mantenuto la sua promessa, e le aveva inviato due splendide immagini dei luoghi che i Chicago avevano visitato nel proseguimento del loro tour. Lesse rapidamente i messaggi: su entrambe il chitarrista le aveva scritto i suoi saluti, accompagnati da una serie di cuoricini di tutti i colori dell'arcobaleno.
Senza riflettere le strinse al cuore, sorridendo. Era molto contenta di averle ricevute, perché quelle cartoline confermavano la previsione di Linda: Terry provava davvero qualcosa per lei.
Subito dopo, però, si rabbuiò. Cosa avrebbe pensato Matteo? Non avrebbe dovuto accettare quelle piccole attenzioni da un perfetto sconosciuto. Vide nella mente il volto accigliato del suo ragazzo, le braccia incrociate sul petto.
Oh no”, pensò disperata. “Come ho potuto rallegrarmi? Ho fatto arrabbiare Matteo! Non avrei mai dovuto dare il mio indirizzo a un estraneo”.

Corse in camera sua e, con rabbia, strappò i cartoncini illustrati in vari pezzi, gettandoli poi nel cestino della carta straccia. Due frammenti caddero a terra a faccia in giù, mostrando un cuore rosso spezzato a metà. A quella vista Greta cominciò a tremare. Si lasciò cadere seduta sul letto e si mise a piangere.

 

Quando Linda passò a trovarla, mezz'ora dopo, la trovò ancora nella stessa posizione. Le lacrime le si erano asciugate sul volto, lasciandole due tracce salate sulle guance. Aveva le mani strette in grembo e si tormentava le unghie, dondolando avanti e indietro.
«Greta! Che cosa è successo?», gridò Carmelinda, correndo a sedersi accanto a lei e abbracciandola forte.
«Ho fatto arrabbiare Matteo», rispose con voce atona, senza smettere di dondolarsi.
Linda la fissò sgranando gli occhi per lo stupore. «Ma cosa stai dicendo?».
«Ho dato il mio indirizzo a Terry e mi sono fatta mandare delle cartoline, e Matteo non voleva».
Con il mento, Greta indicò i pezzetti ancora a terra accanto al cestino. Linda si alzò dal letto e li raccolse, poi guardò dentro la pattumiera e vide tutti gli altri frammenti. Li prese con un grido e li portò sul letto.
«Ma sei impazzita! Hai strappato le cartoline che ti ha mandato Terry!?».
Si mise a raddrizzare i pezzi e a ricomporli, come se fossero stati un puzzle.
«Matteo si è arrabbiato», ripeté Greta, senza guardare l'amica.
Linda si raddrizzò e la prese per le spalle, stringendola con forza. «La vuoi smettere di pensare a Matteo?», gridò, scuotendola. «Matteo è morto! Non può essersi arrabbiato con te! Lo vuoi capire che devi andare avanti? Matteo non c'è più e tu devi rifarti una vita, senza di lui!».
Nel sentire quelle parole, Greta si riscosse dalla sua apatia. Si liberò con uno scarto dalla morsa di Carmelinda e le mollò uno schiaffo in pieno viso.
«Lasciami in pace! Dovete smettere di dire che Matteo è morto, chiaro! Matteo non è morto! Non è morto!».
Linda si alzò di scatto dal letto, tenendo una mano sulla guancia offesa.
«Va bene, allora. Me ne vado. Rimani pure a crogiolarti nel passato. Non venire a cercarmi, perché ne ho abbastanza delle tue paturnie!». E, sbattendo la porta dietro di sé, lasciò l'amica da sola.
Greta si sentì soffocare e prese a respirare pesantemente. Aveva litigato con la sua migliore amica. Era la prima volta che succedeva. Certo, avevano già avuto qualche scaramuccia, in passato, come succedeva in tutte le migliori amicizie, ma si erano sempre risolte con un sorriso e un abbraccio. Questa volta non sarebbe stato così semplice ricucire lo strappo che si era creato all'improvviso. Le lacrime tornarono a farle pizzicare gli occhi. Si buttò sdraiata sul letto e scoppiò a piangere un'altra volta.

 

Quella notte, Matteo le apparve di nuovo. Si mise seduto sul letto e, questa volta, oltre al suo profumo Greta avvertì anche il calore del suo corpo. Si alzò a sedere di scatto.
«Sei tornato, non è vero?», chiese. Il ragazzo non rispose e lei insisté. «Rispondimi, ti prego... ho bisogno di sentire la tua voce», ansimò.
«Greta, io non sono qui», disse infine Matteo, fissandola negli occhi con espressione seria.
«Non è vero... io ti vedo! E sento la tua voce, il calore del tuo corpo, il profumo della tua pelle...».
Il ragazzo la interruppe. «Tesoro, ascoltami bene. Non illuderti di potermi riabbracciare, perché non potrà mai più accadere. Sai bene che sono morto».
Greta scosse la testa. «No, non è vero... tu non sei morto, Matteo...».
«Sì, invece, e lo sai benissimo. Amore mio, devi andare avanti, devi scacciarmi dalla tua mente. Io sono solo una proiezione di ciò che vuoi vedere, ma non sono reale». La ragazza continuò a scuotere il capo, ma Matteo insisté. «Oggi hai litigato con Linda, e hai strappato le cartoline che ti ha mandato Terry».
«Ma tu eri arrabbiato con me...».
«Non è vero», la interruppe ancora. «Tu vorresti che io fossi arrabbiato con te, per giustificare il tuo comportamento. Ma non sono arrabbiato. Io sono felice che tu abbia trovato un ragazzo che si interessa a te».
Greta iniziò a piangere, il labbro inferiore che tremava convulsamente. Matteo riprese a parlare.
«Io ti amerò sempre, tesoro. Ma non tornerò mai più da te. Mai! Devi andare avanti, capisci? Dimenticami, e sii felice».
«Mai! Non lo farò mai! Tu non sei morto!». L'immagine del ragazzo iniziò a tremolare. Matteo allungò una mano che si faceva sempre più trasparente e le sfiorò il viso. Greta avvertì il tocco delicato delle sue dita che pian piano scomparve. «Matteo, dove sei? Non lasciarmi, ti prego, non lasciarmi!», gridò disperata.
«Addio, Greta».
Anche l'ultimo eco della voce del ragazzo si spense nel silenzio della notte. I singhiozzi di Greta esplosero violenti, svegliando sua madre.
La signora Antonella la raggiunse e la abbracciò. «Tesoro, non è niente... è stato solo un brutto sogno».
«Mamma! Matteo mi ha detto di dimenticarlo, di andare avanti senza di lui...».
La donna fissò la figlia negli occhi.
«Tesoro, sai anche tu che è la cosa più giusta da fare. Non devi dimenticarlo, no. Matteo rimarrà comunque sempre una parte della tua vita. Ma devi andare avanti senza di lui, questo sì».
«Non so se potrò riuscirci, mamma».
«Certo che puoi. Io e papà ti aiuteremo, e anche Linda», la rassicurò la madre.
«Io e Linda abbiamo litigato, oggi... sempre a causa di Matteo», raccontò Greta.
«E domani farete la pace. Siete amiche da una vita, non potete buttare tutto all'aria in soli cinque minuti».
Greta sapeva perfettamente che sua madre aveva ragione, anche se non voleva ammetterlo. Non avrebbe mai potuto dimenticare Matteo, ma avrebbe dovuto lasciarselo alle spalle anche se in quel momento le sembrava impossibile. Scoppiò di nuovo a piangere e sua madre la abbracciò ancora, stringendola al suo petto.
«Vedrai che, presto, troverai qualcuno in grado di farti provare un amore ancora più grande di quello che provavi per il tuo ragazzo», disse la signora Antonella.
Greta pensò che, forse, quel qualcuno lei lo aveva già trovato. Un chitarrista americano di nome Terry Kath.

 

Dall'altra parte del mondo, in Giappone, Terry uscì dalla doccia dopo averci trascorso dentro quasi un'ora, come nella loro canzone. E, proprio come nella loro canzone, aveva passato la maggior parte del tempo a masturbarsi sotto il forte getto di acqua calda. Mentre lo faceva aveva pensato a Greta. Desiderava da impazzire poterla vedere di nuovo, poterla stringere tra le braccia e baciarla. Voleva farle dimenticare il suo vecchio amore perduto e sostituirsi ad esso. Sospirò fissandosi nello specchio mentre si tamponava i capelli con l'asciugamano, poi uscì dal bagno e rientrò nella camera d'albergo che divideva con Danny.
«Allora, hai finito di segarti?», lo apostrofò l'amico, ridendo.
Terry indossò un paio di slip e si buttò sdraiato sul letto, con i capelli ancora umidi. Prese la sua macchina fotografica dal comodino e iniziò a rigirarsela tra le mani. Aveva scattato molte foto durante il tour, ma si era dimenticato di farne una a Greta prima di lasciare l'Italia. Non vedeva l'ora di poter tornare da lei e scattargliene un milione.
«A cosa stai pensando?», chiese Danny, ma il chitarrista era talmente assorto nei suoi pensieri che non lo sentì. «Ehi, amico!», insisté il batterista, alzando la voce.
Terry si voltò a guardarlo, stranito.
«Ti ho chiesto a cosa stai pensando», ripeté Danny, «ma forse farei meglio a dire “a chi”».
«Sto pensando a Greta», mormorò il chitarrista, tornando a fissare il soffitto. «Non vedo l'ora di tornare da lei».
«Hai intenzione di tornare in Italia, finito il tour?».
«Sì. Le ho promesso che sarei andato a trovarla per conoscerla meglio».
«Davvero? Allora ti accompagno», decretò Danny.
Terry si voltò di nuovo verso di lui. «E perché? Non ho mica bisogno del babysitter».
«No, però anch'io voglio conoscere meglio la sua amica».
«Linda? Guarda che tu sei sposato, Danny. E poi a Linda piace Peter».
«E tu come fai a saperlo?», chiese il batterista.
«Me l'ha detto Greta».
Danny si strinse nelle spalle. «Ci proverò lo stesso. Sai bene che non mi sono mai fatto problemi a tradire mia moglie. E poi, sono abituato a fare sesso con ragazze che vengono con me solo perché sono uno dei Chicago». Si carezzò i lunghi baffi alla “fu manchu”. «Lo so di essere il più brutto fra noi, ma finché riesco a scopare non mi interessa affatto».
Terry scosse la testa. Danny era fatto così: la sua droga era il sesso. Lui, invece, non riusciva ad andare a letto con una donna se non provava un minimo di interesse verso di lei. E, per Greta, avrebbe fatto di tutto.
Ancora una settimana e poi tornerò da lei”, pensò, sorridendo tra sé e sé. E non vedeva l'ora che arrivasse quel momento.

 

 

Spazio autrice:

Greta riceve le cartoline che Terry le aveva promesso, ma il senso di colpa nei confronti di Matteo non riesce a farle trovare pace. Nel suo subconscio è consapevole che il suo ragazzo non tornerà, ma non vuole, o non riesce, ancora ad ammetterlo. E non vuole nemmeno che gli altri le sbattano in faccia la realtà, tant'è che si ritrova persino a litigare di brutto con Linda.
Il dialogo notturno con lo “spirito” di Matteo (che poi, nella mia intenzione, si tratta di una proiezione della mente di Greta) è tratto direttamente, con alcuni piccoli rimaneggiamenti, dalla drabble “Disperazione” di Kim WinterNight (che mi ha gentilmente concesso l'utilizzo delle sue parole) da cui questa mia storia prende spunto. Quindi è, diciamo così, la parte centrale della vicenda.
Nel frattempo, Terry non riesce a togliersi dalla mente la bella Greta... E pure Danny ha tutta l'intenzione di provarci con Linda, nonostante sia sposato. Questa sua “passione” per il sesso è una cosa vera, lui stesso ha ammesso di aver perso il conto di quante groupie si sia scopato durante la sua vita, anche se molte sono andate a letto con lui appunto perché era uno dei Chicago e non perché fosse particolarmente avvenente.
Questa volta, le immagini che accompagnano il capitolo sono due: una cartolina da Atene e una bella foto di Terry, che rappresenta il momento in cui si sdraia sul letto con i capelli umidi e la macchina fotografica in mano, e Danny lo chiama per chiedergli a cosa sta pensando.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.

Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.


 


 

 

Capitolo Sette

 

E se vi fermaste un po' a guardar
Con noi parlar
V'accorgereste certo che
Non abbiamo fatto male mai”

Come potete giudicar – I Nomadi

 

 

 

Milano, 21 giugno 1971

Terry e Danny uscirono dall'aeroporto di Malpensa guardandosi attorno. Il chitarrista si sentiva completamente smarrito. La prima volta in cui erano giunti in Italia erano stati accompagnati e guidati alle loro destinazioni, ma ora che si trovava da solo non aveva la più pallida idea di cosa fare e dove andare. Non conosceva nemmeno una parola in italiano e, forse, era un bene per lui aver concesso a Danny di accompagnarlo. Almeno, il batterista conosceva un po' la lingua.
Si lasciò guidare dall'amico, che lo condusse fino alla stazione dei taxi. Terry consegnò al tassista un foglietto con sopra scritto l'indirizzo di Greta e l'uomo annuì, restituendoglielo subito dopo aver letto la destinazione.
Danny era entusiasta all'idea di rivedere Linda, anche se sapeva perfettamente di avere poche chances con lei. Terry, invece, si sentiva stranamente inquieto. Aveva paura di non essere all'altezza delle aspettative di Greta e, soprattutto, di non essere in grado di farle dimenticare il ragazzo che non c'era più.
Si rigirò tra le mani la macchina fotografica, attorcigliandone la cinghia che portava a tracolla.
Danny si accorse del suo nervosismo e gli affibbiò una pacca sulla spalla, facendolo trasalire.
«Avanti, su col morale! Sono sicuro che anche lei non vede l'ora di vederti».
«Lo spero davvero», borbottò il chitarrista, chinando lo sguardo.
Danny rise e Terry tornò a fissare fuori dal finestrino il paesaggio che scorreva via veloce.

 

Greta era fuori di sé dall'ansia. Sapeva che Terry e Danny sarebbero arrivati quella mattina, perché il chitarrista glielo aveva comunicato con un'ennesima cartolina, questa volta da Los Angeles. Dopo le prime due – che la ragazza aveva rattoppato con il nastro adesivo la mattina successiva al loro arrivo – il chitarrista gliene aveva inviate altre tre, una da Osaka, una da Tokio e una da Honolulu, tutte corredate di saluti e cuoricini festosi. Al loro arrivo Greta le aveva fissate, aspettandosi di vedere nuovamente il volto irato di Matteo. Ma il suo ragazzo non si era fatto vedere. Da quel loro ultimo incontro, una settimana prima, Matteo non era più stato a farle visita e lei stava cominciando, pian piano, a farsene una ragione. Non sarebbe tornato mai più.
Carmelinda la abbracciò per farle coraggio e Greta le concesse un sorriso tirato. Le due amiche avevano fatto pace la mattina dopo aver litigato, e ora erano più unite di prima.
«Certo che, se al posto di Danny l'avesse accompagnato Peter, sarebbe stato meglio... almeno per me», commentò Linda, leggendo di nuovo il messaggio scritto sull'ultima cartolina. L'amica sorrise, interrompendo per un istante il suo passeggiare nervoso sul marciapiede antistante il portone di casa sua, e la ragazza mora continuò. «Credo proprio che dovrò accontentarmi». Abbassò la voce in tono cospiratorio, guardandosi attorno come se temesse di veder spuntare suo padre da dietro una delle auto parcheggiate. «Non ho nessuna intenzione di lasciarmi sfuggire l'occasione di andare a letto con uno dei Chicago, e visto che Terry te lo sei già beccato tu...».
Greta la fissò scandalizzata. «Hai davvero intenzione di fare sesso con Danny?», esclamò, dimenticandosi di moderare il tono.
«Shhhh!», sibilò l'amica, facendole cenno con le mani di abbassare la voce. «Vuoi che mio papà ti senta? Sono convinta che, anche se in questo momento è al “Disco d'Oro”, le sue orecchie sono diventate paraboliche per captare ogni più piccolo rumore che emetto». Si guardò di nuovo attorno, questa volta certa di veder spuntare il padre magari da un tombino. «Comunque, per rispondere alla tua domanda: sì, ho intenzione di fare sesso con lui... se ne troverò il coraggio», rispose, quando fu certa che nessuno le stava ascoltando. «Lo sai che io parlo, parlo ma poi, stringi stringi, alla fin fine sono una cacasotto».
Greta sorrise per la confessione sincera dell'amica. Sapeva benissimo che, davanti a un ragazzo che le piaceva, si bloccava all'improvviso, perdendo tutta la verve che la contraddistingueva di solito. Ma, forse, dato che Danny non le piaceva, magari questa volta avrebbe vinto le sue paure.
Lei, dal canto suo, non sapeva cosa fare. Immaginava che Terry avesse intenzione di spingersi oltre, visto che aveva fatto tutti quei chilometri soltanto per conoscerla meglio. Da un lato, questo pensiero la lusingava e le faceva sentire un piacevole calore al basso ventre. Dall'altro, temeva sia che Terry volesse solo prendersi gioco di lei, approfittandosi dell'occasione per una scopata facile, sia che il rimorso nei confronti di Matteo tornasse a tormentarla.
Fece un lungo e rumoroso sospiro prima di riprendere a passeggiare nervosamente sul marciapiede.

 

Terry la vide prima ancora che l'automobile gialla arrestasse la sua corsa davanti all'indirizzo richiesto. Greta, in compagnia di Linda, stava camminando su e giù sul marciapiede, in evidente stato ansioso. “È persino più nervosa di me”, pensò scendendo dalla macchina, mentre Danny pagava la corsa e ringraziava il tassista nel suo italiano stentato.
Non appena vide il taxi Greta si fermò di colpo, facendo ondeggiare la lunga gonna a pieghe attorno alle gambe. Linda le si avvicinò ed entrambe attesero che i due ragazzi le raggiungessero sul marciapiede.
«Ciao, bene arrivati!», salutò Carmelinda, accogliendoli con entusiasmo. Abbracciò Terry, che rispose velocemente al suo saluto, e poi si accostò a Danny dandogli un sonoro bacio sulla guancia. Certo, non era proprio un Adone, ma era comunque molto simpatico e immaginava che si sarebbero divertiti un sacco, in quella settimana che sarebbero rimasti a Milano.
Il chitarrista si avvicinò lentamente a Greta, che rimase a fissarlo piena di imbarazzo. Avrebbe dovuto abbracciarlo? Baciarlo, magari? O, più semplicemente, avrebbe dovuto stringergli la mano?
Ci pensò Terry a toglierla d'impaccio, passandole le mani attorno alla vita e chinandosi a baciarla dolcemente su una guancia.
«Ciao, Greta», disse il ragazzo percorrendo la sua figura con gli occhi, dai lunghi capelli ramati lasciati sciolti sulle spalle alle ballerine rosse che ben si adattavano ai fiori che aveva sulla camicetta.
La ragazza si sentì arrossire sotto il suo sguardo, e il rossore si accentuò quando lui riprese a parlare.
«Sei bellissima... non vedevo l'ora di tornare da te, sai?».
Terry la strinse di nuovo a sé e, questa volta, la baciò sulla fronte. Greta alzò lo sguardo preoccupato verso le finestre del suo appartamento. Il volto di sua madre si stagliava nel vano di una di esse. La donna le fece un cenno con la mano e le sorrise, e lei rispose al gesto.
Il chitarrista alzò gli occhi seguendo la direzione del suo sguardo.
«Stavo salutando mia mamma», spiegò la ragazza, e Terry fece un cenno verso l'alto, in direzione della donna che rispose con dolcezza.
«Beata te, che tua mamma e tuo papà sono genitori moderni!», esclamò Linda, attirando su di sé l'attenzione degli altri due. «Mio papà vive ancora nel medioevo, ed è convinto che le donne debbano stare chiuse in casa a fare i lavori domestici mentre gli uomini lavorano e vanno al bar; e mia mamma non ha mai fatto nulla per fargli cambiare idea».
«Dev'essere un uomo terribile», ironizzò Danny mettendosi a ridere, ma la risposta di Carmelinda fu seria.
«Te ne accorgerai tra poco, non appena lo vedrai».

 

I quattro ragazzi scesero dalla metropolitana alla fermata del Duomo. All'uscita, nel salire la scala, Terry e Danny rimasero colpiti dalla struttura gotica dell'enorme cattedrale, piena di guglie simili a merletti. Le due ragazze sorrisero della loro espressione stupefatta.
«Potete anche chiuderla, la bocca», rise Linda. «Per quanto la spalanchiate, non riuscirete mai a farcelo entrare tutto dentro».
Danny apprezzò la sua ironia, ma quando fece per passarle un braccio attorno alla vita e attirarla a sé lei si scostò bruscamente.
«Perdonami, ma questo non è proprio il luogo più adatto per un abbraccio. Il negozio di mio padre è proprio là dentro». Puntò l'indice verso l'imbocco monumentale della Galleria Vittorio Emanuele II, che fece spalancare ancora una volta occhi e bocca ai due americani.
«Cazzo...», sibilò Terry. «Avevo letto sui libri che l'Italia è ricca di monumenti storici, ma non credevo che fossero così imponenti».
«Allora, siete pronti a conoscere l'uomo del medioevo?», chiese Carmelinda e, al loro cenno affermativo, le due ragazze li guidarono verso l'imponente arcata di ingresso.
Una volta all'interno della Galleria, entrambi i ragazzi alzarono nuovamente lo sguardo al cielo, verso la vetrata che copriva gli enormi bracci della struttura, e così proseguirono finché non si trovarono proprio al centro della cupola, con i piedi sopra il mosaico raffigurante un toro bianco, stemma della città di Torino. Danny inciampò in qualcosa e lì si fermarono.
«Perché su questo toro c'è un buco?», chiese il batterista guardandosi rapidamente attorno. Il resto della pavimentazione era perfetto e quello era l'unico particolare che stonava in tutto l'ambiente.
«Perché la tradizione dice che ruotare per tre volte su se stessi, col tallone del piede destro piantato sui genitali del toro, porta fortuna», spiegò Greta. «Ci sono un sacco di persone che lo fanno, ogni giorno, e quindi spesso devono sostituire il mosaico. Ma visto che ci sono tantissimi turisti a ripetere questo gesto, il buco si riforma sempre molto velocemente».
«Schiacciare le palle al toro porta bene? Allora facciamo anche noi!», esclamò Terry. Mise il tallone destro in corrispondenza del buco e girò per tre volte su se stesso, facendo ondeggiare i lunghi capelli castano dorati.
Danny lo osservò compiere quel gesto tenendosi le mani a coppa sui gioielli di famiglia. «Povero toro, provo compassione per lui», disse, ma non esitò comunque a ripetere il rito scaramantico. «Voi non lo fate?», chiese subito dopo, quando Greta e Linda si incamminarono verso sinistra, imboccando il braccio ovest.
«Il negozio di mio padre è laggiù», rispose la ragazza mora, indicando l'insegna del “Disco d'Oro”, «e, se lo conosco abbastanza, sono sicura che in questo momento è affacciato sulla porta del negozio, a borbottare contro i due hippie capelloni che hanno appena contributo a rovinare “il nostro bellissimo salotto”. Se vedesse anche me, o Greta, fare una cosa del genere, non smetterebbe più di brontolare».
I quattro proseguirono verso il fondo del braccio ovest, diretti al negozio di dischi. Come Linda aveva predetto, il signor Egidio Benedetti era in piedi davanti alla vetrina, con le braccia conserte e un'espressione cupa sul volto.
«Immaginavo che questi hippie scapestrati e capelloni fossero con voi», sibilò, non appena sua figlia e gli altri fecero il loro ingresso nel negozio. «Mi meraviglio che la polizia non abbia ancora vietato di rovinare a quel modo il pavimento del nostro bel salotto!».
Carmelinda, Greta e Danny – che riusciva a capire quasi tutte le parole, anche se non era in grado di esprimersi correttamente in italiano – sorrisero di nascosto nell'udire pronunciare dall'uomo le stesse parole che la figlia aveva pronosticato poco prima. Terry, che invece non capiva un accidente, si guardò attorno con aria compunta. Voleva fare buona impressione sul padre della loro amica ma, senza volerlo, si attirò le sue ire.
Il signor Egidio, infatti, nel vederlo così serio credette che volesse criticare il modo in cui erano esposti i vinili sugli scaffali, e riprese a inveire tra sé e sé. «Ma chi si crede di essere questo capellone maleducato? Pensa di venire qui a criticare il mio lavoro?».
«Papà, calmati per favore», disse Linda spingendo il padre verso il suo ufficio, mentre Greta e Danny sghignazzavano ancora e Terry continuava imperterrito a guardarsi attorno con aria seria. «Questi due ragazzi sono membri dei Chicago, e sono venuti fin qui dall'America per venire a visitare la nostra città».
«Oppure a deflorare due ragazze per bene! Non credere che non abbia capito quali sono le loro intenzioni, sai? Perché non sono venuti tutti e cinque...».
«Sono in sette, papà», lo interruppe la figlia.
«Sette!? Di male in peggio! Perché, comunque, non sono venuti tutti quanti ma si sono scomodati solo in due? Per approfittarsi di voi, è chiaro! Devo avvertire subito Marcello e dirgli di badare a sua figlia. A te penserò io! Ora vado subito a cacciarli via!».
«Papà, per favore! Smettila di dire baggianate...», disse Linda, esasperata.
«Baggianate!? Baggianate!? Io non dico baggianate!».
Una voce profonda che si schiariva interruppe la loro diatriba. Terry aveva capito dai toni che il padre di Linda si stava alterando e aveva chiesto a Greta di fargli da traduttrice. Comprendendo i timori dell'uomo si affacciò sulla porta dell'ufficio.
«Mi scusi signor Benedetti», esordì, attendendo che Greta traducesse le sue parole. «Capisco la sua apprensione, ma non deve avere timore di noi solo perché abbiamo i capelli lunghi e veniamo dall'America. Siamo ragazzi per bene e non abbiamo nessuna intenzione di fare del male a Linda, o a Greta».
Il signor Egidio strizzò gli occhi fino a ridurli a due fessure. «Questo è da vedersi. Vi tengo d'occhio!», esclamò, atteggiandosi nel modo più minaccioso che gli riuscì. Data la scarsa statura e il fisico appesantito, il suo tentativo risultò piuttosto ridicolo ma Terry, che lo guardava dall'alto dei suoi venti centimetri in più, si guardò bene dal farglielo notare. Si limitò a salutarlo con educazione prima di uscire dal negozio, seguito da Danny e Greta. Carmelinda si fermò qualche secondo in più.
«Bella figura mi hai fatto fare, papà!», esclamò la ragazza, puntandosi i pugni sui fianchi. «Li hai accusati di essere dei molestatori».
«E tu, invece, stai facendo la figura della poco di buono! E la tua amica con te! E pensare che credevo che fosse una ragazza tanto per bene. La perdita di Matteo deve averla davvero mandata fuori di testa!», replicò l'uomo incrociando le braccia.
Linda pensò che Greta aveva davvero rischiato di andare fuori di testa, e non perché aveva perso Matteo, ma perché non riusciva ad accettare di averlo perso. Comunque non replicò e uscì dal negozio, lasciando il padre a borbottare da solo.
«Scusatelo, ragazzi», disse non appena si riunì agli altri tre. «Io ve lo avevo detto, che era medioevale».
«Già, un vero dinosauro!», rise Danny.
«Ma ora basta pensare a lui. Andiamo a visitare un po' la città, vi va?», riprese Carmelinda.
I due ragazzi annuirono e tutti insieme si diressero di nuovo verso Piazza del Duomo.



 

Spazio autrice:

Come promesso, Terry e Danny sono arrivati in Italia, all'aeroporto di Malpensa che, all'epoca, era già l'aeroporto internazionale, mentre Linate ospitava solo voli locali. Anche la linea della metropolitana con la fermata in Piazza del Duomo era già attiva.
Visto che si tratterranno per una settimana, Linda è consapevole di doverli presentare al padre, che di sicuro vorrà sapere vita, morte e miracoli su di loro. La prima impressione non è delle migliori, e non solo per via del rito scaramantico col toro. La storia di questo rito è riportata su Wikipedia alla pagina relativa alla Galleria Vittorio Emanuele II e, secondo alcuni, era inteso con senso spregiativo perché, appunto, Torino era la città “nemica”, opposta a Milano. All'epoca, la Galleria veniva ancora considerata “il salotto di Milano”.
Egidio teme per l'incolumità delle due ragazze, ma Terry cerca di rassicurarlo, anche se con scarsi risultati... Comunque ora li aspetta una settimana di vacanze.
L'immagine che accompagna il capitolo rappresenta il famoso toro della Galleria.
Vorrei, infine, ringraziare di cuore, perché ancora non l'ho fatto pubblicamente, tutti coloro che leggono la storia, e in particolare Kim, Soul e Karen per i loro fantastici commenti.

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.

Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.


 


Capitolo Otto

 


 

Vedi, un po' di coraggio
E certe puttane vanno punite
E che diamine!
Qua ci vuole sicuro
Un po' di moralità”

Maledette malelingue – Ivan Graziani

 

I primi tre giorni della vacanza di Danny e Terry trascorsero tra passeggiate lungo i viali milanesi e visite guidate nei luoghi più belli della città. Greta e Linda si divertirono a fare loro da ciceroni, illustrando tutte le bellezze e gli scorci più caratteristici. Il quarto giorno, complice il caldo di fine giugno, all'insaputa dei genitori delle ragazze – che avrebbero di sicuro fatto un sacco di storie, specialmente il padre di Carmelinda – decisero di andare all'Idroscalo. Terry e Danny non avevano portato con loro il costume da bagno, quindi furono costretti a comprarne uno prima di prendere l'autobus che li avrebbe portati a Linate.
Una volta raggiunto il piccolo lido già affollato di bagnanti, e dopo essersi sistemati nell'angolo più appartato che riuscirono a trovare, Danny e Linda decisero di buttarsi subito in acqua, lasciando Greta e Terry da soli a condividere lo stesso asciugamano striminzito. I due furono costretti ad accostare i loro corpi l'uno contro l'altro e il contatto tra le loro pelli accaldate contribuì a far accelerare il battito cardiaco di entrambi.
Greta indossava un castigatissimo costume intero, rosso a pois bianchi, che copriva quasi completamente le sue fattezze, ma Terry la trovò comunque molto affascinante. Quella ragazza semplice, dal viso dolce e pulito e i lunghi capelli color castano ramato, era davvero la creatura più bella su cui avesse mai posato lo sguardo. E in quegli anni ne aveva viste, di donne. Ma mai nessuna, prima di allora, l'aveva colpito al primo sguardo come era successo con Greta.
Si perse a fissare il suo viso: gli occhi rivolti verso il basso, il rossore che le aleggiava sulle guance, le labbra morbide appena dischiuse. Ardeva dalla voglia di baciarla, ma temeva di spaventarla e provocare una reazione di rifiuto come era successo al secondo concerto, per cui si limitò a starle accanto in silenzio, senza trovare il coraggio di parlare, assaporando il lieve contatto con la pelle vellutata della sua spalla accostata al proprio braccio muscoloso.
Dal canto suo, Greta era consapevole degli sguardi di Terry. Sentiva i suoi occhi su di sé, avvertiva il suo respiro pesante e lievemente affannoso, percepiva persino il lieve odore mascolino della sua pelle, tanto le era vicino. Il cuore le batteva velocissimo nel petto e avrebbe tanto voluto che la baciasse, come aveva fatto a Torino. Ma lui continuava a rimanere immobile e lei non voleva prendere l'iniziativa, perché temeva di fare la figura della poco di buono. Il pensiero di Matteo le passò per un istante nella mente, ma si fece coraggio e lo scacciò con decisione. Non doveva pensare a lui ora che era con Terry.
Con determinazione, infine, si decise ad alzare il viso verso di lui, trovandosi con le labbra a pochi centimetri da quelle del chitarrista. Si fissarono per un secondo negli occhi, poi i loro volti si accostarono e le loro bocche si unirono, mentre le loro palpebre si abbassavano all'unisono.
Terry inspirò profondamente e le passò la mano destra tra i capelli mentre il bacio si approfondiva. Le loro lingue presero a muoversi soavemente insieme in una danza antica quanto il mondo; i loro respiri si fusero l'uno nell'altro, mescolandosi di fronte ai loro visi. Le dita grandi e forti del chitarrista si insinuarono nelle ciocche ramate di Greta, carezzandole con dolcezza, come fossero state fili di seta purissima. Lei si lasciò andare, appoggiandosi contro il suo petto grande e forte, carezzando con la punta delle dita la sottile peluria che adornava i suoi pettorali. Con il braccio libero Terry la strinse a sé, accogliendola in un caldo abbraccio.
Alla fine si separarono, entrambi ansimanti. Terry avrebbe voluto scusarsi, ma dallo sguardo di Greta capì che non c'era alcun motivo di farlo. Anche lei aveva desiderato quel bacio con tutta se stessa. Senza parlare, la attirò ancor più contro il suo corpo, divaricando le gambe e accogliendola tra di esse. Poi puntò le mani a terra dietro di sé per sostenere la schiena, lasciando che Greta si appoggiasse contro il suo petto come se fosse stato la spalliera di una comoda poltrona, i suoi lunghi capelli castano dorati che le solleticavano la fronte.
Danny e Linda avevano assistito a tutta la scena mentre nuotavano a poca distanza dalla riva.
«Come sono carini, quei due», sospirò la ragazza, trovandosi quasi a invidiare l'amica. Greta aveva avuto due ragazzi bellissimi – prima Matteo e ora Terry – mentre lei non aveva mai avuto la stessa fortuna.
All'improvviso le braccia di Danny la strinsero. Il batterista la attirò a sé, facendola voltare verso di lui. Linda lo fissò. I lunghi capelli ricci, ora bagnati, si erano appiccicati ai lati della sua faccia incorniciandogli il volto pallido, su cui i baffi alla fu manchu spiccavano vistosamente. Non era forse affascinante come i suoi compagni di band, ma aveva comunque lineamenti delicati e un sorriso sincero. Carmelinda sapeva che era sposato, perché Greta glielo aveva rivelato tempo prima, ma il solo pensiero di poter baciare un membro dei Chicago, il suo gruppo preferito, ebbe il sopravvento sulla moralità. Si lasciò trascinare verso di lui e lasciò che le sue labbra si premessero contro le proprie e, quando il bacio si approfondì, lasciò che le sue mani la percorressero ovunque. Senza interrompere il contatto, Danny la trasportò nuotando verso un punto nascosto, celato alla vista degli altri bagnanti da una fitta macchia di alberi, finché non raggiunsero la riva erbosa.
Linda era perfettamente consapevole di cosa stava per succedere: per quanto avesse poca esperienza in fatto di uomini non era comunque totalmente digiuna sull'argomento. Sdraiata mollemente sulla schiena, lasciò che il ragazzo le facesse scivolare lungo le gambe, con mani tremanti, gli slip del costume e, quando infine si adagiò su di lei, con un lungo sospiro lo accolse dentro di sé.

 

«Dove siete stati?», chiese Greta a Linda, quando finalmente lei e Danny tornarono a riva.
La ragazza arrossì ma non disse nulla. Il batterista strizzò l'occhio a Terry che rispose con un ghigno. A Greta bastò guardare entrambi per capire cosa fosse accaduto fra i due. Si accostò all'orecchio dell'amica.
«Allora lo avete fatto davvero?», chiese in un sussurro, colma di curiosità.
Linda si limitò ad annuire.
«E come è stato?», chiese ancora Greta, sentendosi arrossire per l'intimità della domanda.
«Piacevole», rispose l'amica, dopo averci riflettuto un secondo. «Per essere la seconda esperienza con un uomo, non è stato affatto male. E voi, invece, cosa avete fatto in tutto questo tempo?», chiese a sua volta, anche lei carica di curiosità.
«Niente».
Carmelinda la guardò, scettica. «Non ci credo...».
«Te lo giuro. Ci siamo solo scambiati qualche bacio, nient'altro». Si interruppe per un istante prima di continuare. «Non so se sono ancora pronta per andare oltre... Matteo...».
Linda la zittì con un gesto e Greta tacque. Non doveva pensare al suo vecchio fidanzato, non più, ma spesso era più forte di lei.
Quando le due ragazze tornarono a dedicare la loro attenzione ai due musicisti americani, si accorsero che Danny aveva appena finito di rollare una stranissima sigaretta, lunga e sottile. Il batterista trasse dai suoi abiti ripiegati un accendino e la accese, tirando tre o quattro boccate per poi passarla a Terry.
Il fumo aromatico si espanse attorno alle loro teste. Le due ragazze lo annusarono e si guardarono negli occhi, incerte.
«Si può sapere cosa state fumando?», chiese Linda, lo sguardo fisso sulla strana sigaretta che si consumava lentamente.
«Erba», rispose semplicemente Terry, tirando una lunga boccata e rendendo lo spinello al batterista.
Le due ragazze si fissarono ancora, per poi guardarsi attorno. Erano in un angolino piuttosto appartato e gli altri bagnanti non sembravano far caso a loro. Se qualcuno di loro conoscenza le avesse viste in compagnia di due fattoni e fossero andati a riferirlo ai loro genitori, Egidio e Marcello le avrebbero sicuramente folgorate.
«Ti va di provare?», chiese Terry a Greta, facendo l'atto di passarle la cicca, ma la ragazza si ritrasse.
«No, grazie. Anzi, ti chiedo il favore di non fumare quella roba in mia presenza, almeno non quando siamo in mezzo ad altra gente».
Terry la porse allora a Linda. «E tu? Vuoi provare?».
Carmelinda era curiosa. Aveva sentito parlare dell'erba e dei suoi effetti rilassanti, ma non aveva mai avuto il coraggio di assaggiarla. Si guardò di nuovo rapidamente attorno e poi prese lo spinello, aspirando profondamente.
Il fumo acre le invase i polmoni, facendola tossire. Danny scoppiò a ridere, dandole delle pacche sulla schiena per farla riprendere. Con le lacrime agli occhi, Linda si costrinse ad aspirare una seconda boccata e poi restituì il mozzicone a Terry.
Dopo un altro giro, lo spinello le venne passato di nuovo. Lei se lo portò alle labbra per aspirare, quando una voce femminile leggermente nasale e dal tono viscido si fece largo verso le sue orecchie.
«Oh, ma non ci posso credere. Carmelinda Benedetti, sei proprio tu?».
La ragazza si lasciò sfuggire la sigaretta di mano. Alzò lo sguardo in direzione del richiamo e sbiancò. La voce le mancò e non riuscì a rispondere.
La donna che l'aveva riconosciuta riprese. «Ma cosa ci fai qui, in compagnia di questi strani tipi? Tuo padre lo sa che fumi? Stavamo giusto andando in negozio da lui, sai?».
Linda non fece in tempo a dire nulla che la donna si era già allontanata, seguita dall'anziano marito. Si voltò a guardare Greta, anche lei pallida come uno straccio lavato.
«Ma chi era quella?», chiese Terry, notando il pallore sul volto di entrambe le ragazze.
«La signora De Martino», rispose Carmelinda con voce strozzata. «Lei e suo marito vengono spesso in negozio a comprare dischi di musica classica». Si interruppe cercando di deglutire, ma aveva la bocca completamente secca. «Sono rovinata...», esalò infine. «Quei due spiattelleranno tutto a mio padre. Mi farà rinchiudere in convento, ne sono sicura».
Greta annuì. Il signor Egidio avrebbe certamente informato anche suo papà. Erano entrambe in guai seri.

 

Quella sera, al loro ritorno, dopo aver accompagnato Terry e Danny al loro albergo, Greta e Linda trovarono i genitori ad attenderle sotto casa di quest'ultima. Entrambi avevano il volto serio. Marcello si limitò ad avvicinarsi alla figlia, fissandola in cupo silenzio. Egidio, invece, aggredì Carmelinda, mollandole uno schiaffo tanto forte da farle bruciare la pelle delicata della guancia.
«Chi ti ha dato il permesso di andare all'Idroscalo? Come hai osato metterti in mostra, mezza nuda, davanti a quei due americani drogati e buoni a nulla?», gridò, senza curarsi di essere ancora in mezzo alla strada.
Linda immaginò già i pettegolezzi che si sarebbero scatenati tra il vicinato, ma non poté esimersi dal replicare. «Non ero mezza nuda...».
«Avevi un costume a due pezzi!», la interruppe il padre, alzando ancor più il tono della voce. «La signora De Martino mi ha raccontato tutto! Mi ha detto che ti ha visto seduta con quei due poco di buono, e che stavi fumando una sigaretta! Una sigaretta!». Calcò l'accento su quella parola e Linda, inconsciamente, si ritrovò a pensare a come avrebbe reagito se avesse saputo che in realtà quella non era una normale sigaretta. “E se sapesse anche che sono stata a letto con Danny? Mi ammazzerebbe di sicuro”, pensò convulsamente, lottando per non lasciarsi sfuggire un sorriso di scherno.
Egidio era su tutte le furie. «Mi meraviglio anche di te, Greta! Una ragazza così perbene, così perbene!».
«Se non ti spiace, amico mio, a mia figlia penso da solo», disse cupo Marcello.
L'amico lo fissò truce, poi scosse le spalle. Prese la figlia per un orecchio e la spinse davanti a sé, verso il portone. «In quanto a te, signorina, non uscirai più di casa per un mese, hai capito? Neanche per andare in Università!», gridò ancora, strattonandole il lobo e strappandole un gemito di dolore.
«Non puoi vietarmi di uscire, papà!», replicò Linda, facendo appello a tutto il suo coraggio. «Ho ventun anni, non sono più una ragazzina».
«Finché abiterai sotto il mio tetto sarò io a decidere quello che puoi o non puoi fare! E ora fila in camera tua!».
Con un ultimo strattone, il signor Egidio spinse la figlia all'interno dell'androne del palazzo, per poi chiudere pesantemente il portone alle loro spalle.
Una volta soli, Marcello si rivolse per la prima volta alla figlia.
«Vuoi raccontarmi che cosa vi è preso, oggi? Perché siete andate all'Idroscalo senza chiedere il permesso?», chiese, in tono più calmo di quanto Greta si aspettasse.
«Perché avevamo paura che non ce lo avreste concesso, soprattutto Linda», rispose la ragazza con sincerità.
Il padre annuì mentre la guidava verso la sua Fiat 128. «Può darsi. Ma questo non giustifica il vostro comportamento. Non è opportuno che due ragazze per bene si facciano vedere con due tizi che conoscono a malapena. Potrebbero essere dei poco di buono e avere cattive intenzioni».
«Terry non è un poco di buono!», esclamò Greta con veemenza, difendendo il ragazzo. Si aspettava di ricevere anche lei uno schiaffo dal padre, per aver risposto a tono. Con sua grande sorpresa, l'uomo sorrise.
«Mi sembra di capire che, finalmente, sei riuscita a dimenticare Matteo?», chiese con gentilezza.
La figlia annuì. «Sai, papà, credo... credo di provare qualcosa per lui», ammise in un sussurro.
Il signor Marcello sorrise ancora. «Mi fa piacere sentirtelo dire, perché significa che finalmente il peggio è passato, per te. Non voglio vietarti di rivedere questo... Terry. Che nome strano, poi... sembra da donna», commentò tra sé e sé.
«È il diminutivo di Terence», rispose Greta. «In America è molto usato, sia per gli uomini che per le donne. In italiano si può tradurre “Terenzio”», spiegò.
L'uomo annuì ancora. «Se pensi che questo ragazzo possa essere quello giusto per te, non posso impedirti di frequentarlo. Come ha detto Linda, non siete più ragazzine. Solo, ti chiedo di stare attenta, va bene?».
Greta disse di sì, molto sorpresa per l'atteggiamento del padre. Temeva che anche lui avrebbe fatto una scenata da tragedia greca e invece si era comportato in maniera civile, prendendo in considerazione le sue opinioni. Non come il padre di Linda, che aveva aggredito la figlia verbalmente e fisicamente, come se fosse stata una delinquente.
«Papà... non è che potresti mettere una buona parola per Linda?», chiese con un sospiro.
Il padre si voltò a guardarla mentre apriva lo sportello dell'auto. «Posso provarci, ma non posso garantirti nulla. Egidio è un vero testone, quando ci si mette. Ma, d'altronde, la figlia è sua e tocca a lui decidere come comportarsi nei suoi confronti».
Greta annuì per un'ultima volta, per poi accomodarsi sul sedile del passeggero.

 

Spazio autrice:

Linda e Greta hanno fatto la loro bella bravata. Per paura di non avere il permesso, sono andate all'Idroscalo con i due ragazzi (che hanno dovuto anche comprarsi il costume da bagno) senza dire niente ai loro genitori. Linda e Danny si sono “divertiti”, mentre Terry e Greta sono rimasti un po' più... contenuti. (A proposito dei costumi da bagno delle ragazze, non fatevi meraviglia se Egidio considera la figlia mezza nuda con un costume a due pezzi. Al tempo il bikini non veniva ancora visto di buon occhio.)
Ma, come si sa, il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi, e proprio quando pensavano di essere al sicuro, lo spinello che rilassava gli animi, ecco che vengono scoperte dalla signora De Martino col marito, la coppia di assidui frequentatori del negozio di dischi di Egidio citata nel primo capitolo della storia. Ovviamente la donna è una tale pettegola che non può esimersi dallo spiattellare tutto al papà di Linda, che reagisce in maniera spropositata, vietando alla figlia di uscire di casa.
Il signor Marcello, invece, prende il tutto con molta più filosofia. Lui sa bene cosa ha passato sua figlia dopo la morte di Matteo, e sapere che finalmente sta superando quel momento così difficile non può che fargli piacere.
Quindi, Greta potrà continuare a vedere il suo “Terenzio”.
L'immagine che accompagna il capitolo rappresenta l'Idroscalo ai giorni nostri.

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.

Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.






Capitolo Nove


 

 

Non sarà
Un'avventura
Non può essere soltanto una primavera”

Un'avventura – Lucio Battisti

 

Il giorno dopo, non vedendo arrivare le ragazze, Terry e Danny andarono a casa di Greta, l'unica di cui avevano l'indirizzo. Ovviamente sapevano dov'era il negozio del padre di Linda, ma preferirono evitare. Avevano capito chiaramente che il padre della ragazza mora non li vedeva affatto di buon occhio.
Quando i due suonarono il campanello, Greta si affacciò sul balcone. Fece loro cenno di attendere e dopo pochi minuti li raggiunse in strada.
«Cosa è successo? Come mai non siete passate dall'albergo, stamattina?», chiese subito Terry, combattuto tra il desiderio di stringere Greta tra le braccia e l'evitare scandali in mezzo alla via.
«Ieri sera è successo un gran pasticcio», rispose la ragazza, trafelata. «Come Linda aveva immaginato, quella vecchia arpia è andata a fare la spia. Quando siamo tornate a casa, prima suo padre l'ha presa a sberle e poi le ha ordinato di andare in camera sua, vietandole di uscire per un mese intero», spiegò.
Danny strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche, stringendo i denti in una morsa feroce. Greta alzò la mano, come a tentare di fermarlo, prima di riprendere a parlare.
«Per fortuna, quella megera non ha capito che la sigaretta in realtà era uno spinello», disse abbassando la voce per non farsi sentire. «E, soprattutto, per fortuna voi due eravate già tornati e vi eravate ricomposti», proseguì, rivolgendosi direttamente a Danny che si sentì arrossire suo malgrado. «Se suo padre avesse scoperto che ha fumato erba e che si è fatta deflorare, l'avrebbe davvero fatta rinchiudere in un convento!», concluse, concitata.
«Guarda che Linda non era vergine, io non ho deflorato un bel niente!», insorse il batterista, le mani ancora strette a pugno.
«Io lo so», replicò Greta, «ma suo padre non lo sa di certo. E se vi avessero beccati, la colpa te la saresti presa tu».
Terry si intromise. «Ora basta discutere. Perché non andiamo a parlare col padre di Linda e cerchiamo di convincerlo a lasciarla uscire?».
Greta scosse la testa. «Ci ha già provato mio padre, stamattina, e tutto quello che ha ottenuto è stato beccarsi la cornetta del telefono sbattuta in faccia».
«Allora andiamo noi da lei», propose il chitarrista in tono di ovvietà.
La ragazza rifletté un attimo, poi annuì. «So che la signora Piera, la mamma di Linda, è molto più permissiva del marito. Potremmo provare a chiederle di farla almeno scendere sul marciapiede».

 

Piera aveva ricevuto dal marito ordini precisi. Nessuno dei due hippie americani doveva avvicinarsi alla loro casa. Con molto rammarico, fu costretta a chiedere ai ragazzi di aspettare in strada mentre Greta saliva nell'appartamento.
Carmelinda aveva un diavolo per capello. «Quanto vorrei scappare di casa!», gridò, senza curarsi del fatto che sua madre potesse sentirla. «Non lo sopporto più, mio padre! È un retrogrado maschilista senza alcun riguardo né per mia mamma, né per me!».
«Calmati, Linda, per favore», implorò Greta, ma la ragazza mora si infervorò ancora di più.
«Calmarmi?! Sono costretta a rimanere qui rinchiusa in casa per un mese, senza nemmeno poter andare in Università o in negozio, mentre tu puoi andartene a spasso con Terry e Danny! Come faccio a calmarmi, secondo te?». Si avvicinò alla finestra e guardò verso il marciapiede, dove i due ragazzi aspettavano seduti su una panchina. Fece loro cenno con la mano ed entrambi risposero al saluto. «Non è giusto...», esalò infine, buttandosi sdraiata sul letto e nascondendo la testa sotto il cuscino.
Greta le rimase vicino per qualche minuto ancora, poi se ne andò lasciandola sola. Salutò la signora Piera e tornò in strada.
«Purtroppo neanche sua madre la lascia scendere. Linda è furibonda, ma non può farci nulla».
I due ragazzi annuirono, poi tutti insieme si incamminarono verso la fermata della metropolitana più vicina. Quella mattina avevano in programma una visita al Castello Sforzesco e Greta sarebbe stata la loro sola accompagnatrice.

 

Il resto della settimana passò in fretta. Greta era pronta a salutare entrambi i musicisti, e fu molto sorpresa nell'apprendere che solo Danny sarebbe tornato a Los Angeles.
«Ho deciso di rimanere ancora per un po'», spiegò Terry non appena il batterista ebbe preso il taxi che l'avrebbe condotto all'aeroporto, lasciandoli soli. «Il nostro tour riprenderà solo il dodici luglio, e visto che mancano ancora un paio di settimane, mi fermerò qui fino a due o tre giorni prima. Spero non ti dispiaccia».
Il volto di Greta si illuminò a quella notizia. Poteva trascorrere ancora del tempo con lui, imparare a conoscerlo meglio. Sentiva dentro di sé di provare un sentimento molto forte nei suoi confronti: Terry era stato l'unico in grado di farle dimenticare finalmente Matteo. Ma non sapeva ancora se quel sentimento fosse amore vero o chissà cos'altro.
Il chitarrista la prese per la vita e la accostò a sé, poi insieme si incamminarono verso la concessionaria del signor Marcello. Greta voleva fargli conoscere suo padre, visto che il genitore si era mostrato così permissivo e fiducioso nei suoi confronti.
L'uomo accolse il ragazzo con un'energica stretta di mano, cui Terry rispose con altrettanto vigore. Dopo alcune frasi di circostanza, che Greta tradusse a beneficio di entrambi, Marcello diede alla figlia le chiavi di una delle auto in esposizione.
«Questa Fiat 127 è appena arrivata. È un nuovo modello e non ho ancora avuto tempo di provarla. Perché non andate a farci un giro, così poi mi dite cosa ve ne pare? Almeno, se qualcuno fosse intenzionato a comprarla, potrei dare qualche informazione in più».
Greta si ritrovò a sorridere scioccamente. Terry la imitò, il suo sorriso talmente ampio da apparire quasi come una caricatura. Il signor Marcello si piegò verso la figlia e le diede un bacio sulla guancia.
«Mi raccomando, sii prudente», le raccomandò all'orecchio prima di fare un cenno di saluto e tornare nel suo ufficio.

 

Guidato dalle indicazioni di Greta, che controllava freneticamente la cartina a libro in dotazione alla Fiat 127, Terry riuscì a raggiungere il lago di Varese in poco meno di tre ore. Certo, la loro era stata una pazzia, ma il signor Marcello non aveva posto limiti alla loro “prova di guida”, e così lontani da Milano non avrebbero certo rischiato di incontrare qualcuno che conoscesse Greta. O, almeno, questo era quello che speravano.
Il lago era piuttosto frequentato dai turisti e dagli abitanti del luogo in cerca di refrigerio, ma per loro non fu difficile trovare una spiaggetta piuttosto isolata, raggiungibile solo dopo aver percorso un lungo sentiero immerso nella fitta vegetazione paludosa. Terry aveva portato con sé la sua chitarra classica e, una volta seduti sulla riva, si mise a strimpellarla distrattamente.
Greta lo guardò con ammirazione, osservando le sue dita grandi e forti che si muovevano con delicatezza sulle corde. All'improvviso si scoprì a desiderare di sentire quello stesso tocco delicato su di sé, di poter avvertire quelle dita insinuarsi sotto i suoi vestiti fino a sfiorare la sua pelle morbida. Le sue labbra si dischiusero senza che se ne rendesse conto, mentre le sue palpebre si socchiudevano.
Terry notò il suo sguardo e sentì il cuore accelerare, mentre la sua virilità si animava con un guizzo. Posò lentamente la chitarra e le si fece vicino, stringendola tra le braccia e attirandola a sé.
Greta non oppose alcuna resistenza ma, anzi, alzò il viso offrendogli le labbra. Il ragazzo le catturò con le proprie, alzando le mani a intrappolarle il volto. Lei gli passò le braccia attorno al corpo e si serrò contro il suo petto muscoloso.
Il bacio divenne subito profondo. I loro respiri ansimanti si fusero davanti ai loro visi, mentre le mani di Terry si insinuavano tra i capelli di Greta, attorcigliando le dita tra le sue ciocche ramate. La ragazza fece altrettanto, percorrendo il suo scalpo con i polpastrelli e saggiando la morbidezza dei suoi capelli castano dorati.
Senza interrompere il bacio, Terry la fece sdraiare sotto di sé per poi adagiarsi con delicatezza sul suo corpo minuto. Greta divaricò le gambe e lo accolse tra di esse, sentendo immediatamente quanto era grande la voglia che il ragazzo aveva di lei. Spinse il bacino verso l'alto, facendolo scontrare con quello del chitarrista, che si ritirò di scatto spezzando quel bacio mozzafiato.
La ragazza lo guardò fisso negli occhi. «Perché hai smesso di baciarmi?», chiese, ansimante.
Terry mugolò qualcosa di incomprensibile. Deglutì e riprovò. «Se ti offri così, non so se riuscirò a resistere ancora a lungo senza prenderti...».
Le dita di Greta si serrarono ancora nella sua lunga capigliatura. «Ma io ti voglio, Terry... voglio che tu mi prenda». Si interruppe per un istante, un lampo di paura che le passava negli occhi. «Forse tu non mi vuoi...?».
Per tutta risposta, il chitarrista emise un altro lungo verso inarticolato e si avventò di nuovo sulle sue labbra rosse come fragole mature. Nel mentre, fece scorrere verso l'alto la lunga gonna che indossava fino a che non scoprì la sua intimità, celata da un paio di mutandine di pizzo bianco. Greta inarcò il bacino, permettendogli di sfilarle. Dopo essersi liberato frettolosamente dei pantaloncini e degli slip, Terry si immerse in lei, strappandole un gemito di piacere.

 

Dopo aver fatto l'amore con intensa passione, i due ragazzi si strinsero in un tenero abbraccio. Terry cullò Greta tra le sue braccia forti e lei si godette il tepore del suo corpo possente. Per la prima volta dopo la morte di Matteo – ora riusciva ad ammetterla, la sua scomparsa – si era sentita di nuovo viva e, soprattutto, amata.
Terry si era dimostrato un amante molto tenero e attento, che l'aveva guidata verso il piacere come neanche il suo vecchio fidanzato era mai stato in grado di fare, e di questo lei gliene sarebbe stata grata per tutta la vita, anche se la loro avventura sarebbe stata destinata a finire presto.
Come se le avesse letto nel pensiero, il chitarrista cominciò a parlare.
«Spero che tu non creda che abbia voluto approfittarmi di te, di un tuo momento di debolezza», disse, carezzandole la guancia con i polpastrelli.
«No», lo rassicurò lei, accomodandosi meglio contro il suo petto ampio. «Ti desideravo da impazzire, e non sono pentita di quello che ho fatto». Si interruppe per un istante, traendo un lungo sospiro, poi riprese. «Mi dispiace solo che tutto questo dovrà finire troppo presto. Il dieci luglio te ne andrai e io rimarrò qui, da sola...».
Terry aprì la bocca ma non fiatò, come se non trovasse le parole adatte per esprimersi. Era già da un po' che quell'idea gli era balzata in testa, ma aveva sempre avuto timore di esporgliela, per paura di beccarsi un clamoroso rifiuto. Nel sentirla pronunciare quelle parole, però, decise di farsi coraggio.
«Perché non vieni in America con me?».
Greta si scostò dal suo petto per guardarlo in faccia. «Che cosa?!», chiese, incredula, convinta di aver capito male. Terry ripeté la domanda e lei sentì il cuore accelerare i battiti. Lo avrebbe seguito anche in capo al mondo, ma suo padre le avrebbe mai dato il consenso? «Temo che mio papà non acconsentirà mai...», sospirò, dando voce ai suoi timori.
«Ma tu lo faresti? Verresti davvero con me?».
«Certo che lo farei», ribatté Greta, convinta.
«Allora ci penserò io a convincere tuo padre!», esclamò Terry serio, stringendola di nuovo a sé.
«E come pensi di fare?», chiese lei, sinceramente incuriosita.
«Gli dirò la verità. Voglio sposarti, Greta».
La ragazza rimase interdetta. Dopo aver atteso tanto a lungo un matrimonio che non si sarebbe mai più consumato, ecco che il destino le riservava una nuova sorpresa. Si conoscevano a malapena e già Terry le chiedeva di sposarlo. O era pazzo, o era innamorato perso. Eppure, anche lei si sentiva pronta a compiere quella pazzia. Si sporse a baciarlo con passione e ben presto i loro corpi si unirono un'altra volta, come a voler suggellare quella nuova e incredibile decisione.

 

Spazio autrice:

Con Linda segregata in casa, Danny non ha più niente da fare in Italia, perciò decide di levare le tende. Terry, invece, ha in mente qualcosa di molto più serio. Va a conoscere il padre della sua amata, che concede loro l'utilizzo di una “nuovissima” Fiat 127 (i primi esemplari sono proprio di quell'epoca) per andare a fare una gitarella fuori porta. Gitarella che si rivela galeotta... Dopo aver finalmente fatto l'amore con Greta, Terry le chiede di seguirlo in America, anche sposandola se necessario per convincere suo padre. Greta è sorpresa per questa sua pazzia, ma è disposta ad affrontarla insieme a lui.
Forse saranno un po' affrettati, ma a quel tempo, se volevi uscire di casa e avere un po' di libertà, dovevi appunto sposarti. E poi, in fondo Greta stava già progettando il matrimonio con Matteo. Certo è che si conoscono proprio da poco, ed entrambi temono il giudizio del signor Marcello. Che si rivelerà un uomo molto intelligente, ma questo lo scopriremo solo nel prossimo capitolo.
L'immagine che accompagna il capitolo è una bellissima foto di Terry in compagnia della sua prima moglie, ma noi possiamo far finta che sia Greta, no?

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1
I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.

Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.
Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.
Buona lettura.

 


 

 

Capitolo Dieci

 

I never thought that this could happen to me
In only seven days”

In only seven days – Queen

 

Al loro ritorno dal lago di Varese, Terry aveva insistito per parlare immediatamente con il signor Marcello. Greta avrebbe atteso volentieri la mattina dopo per affrontare l'argomento “matrimonio”, ma il ragazzo era stato irremovibile.
«Prima di tornare a casa devo assolutamente sapere la sua decisione», aveva detto mentre pigiava a tavoletta l'acceleratore della 127, «e non ha alcun senso aspettare. Io ti amo, Greta, e voglio sposarti. Se necessario, anche prima di partire per l'America».
La ragazza era arrossita alle sue parole. Terry le sembrava convinto di quello che diceva, e anche lei sentiva dentro di sé di volerlo fare, ma temeva moltissimo la reazione dei suoi genitori, in special modo quella del padre. Certo, non era bigotto come il papà di Linda e lo aveva dimostrato permettendole di continuare a frequentare il chitarrista, mentre la sua migliore amica era stata costretta a rimanere rinchiusa in casa dal signor Egidio. Ma un conto era andare a passeggio con un ragazzo che si conosceva da poco; un altro era decidere di sposarlo così, su due piedi.


Non appena vide entrare i due giovani nella concessionaria, il signor Marcello capì subito che doveva essere successo qualcosa di grave. La figlia gli riconsegnò le chiavi della macchina, ma senza avere il coraggio di guardarlo in faccia. Il chitarrista americano, invece, aveva lo sguardo risoluto di chi ha preso una decisione perentoria.
Terry rivolse un'occhiata penetrante a Greta, che trasse un lungo sospiro.
«Papà, Terry e io dobbiamo dirti una cosa», attaccò a dire, sempre senza riuscire ad alzare lo sguardo. Il ragazzo le prese la mano e gliela strinse forte e, a quella vista, Marcello capì che ciò di cui gli volevano parlare riguardava loro due.
«Parla pure, tesoro. Sei libera di dirmi tutto ciò che vuoi», la stimolò il padre.
Fu Terry a prendere la parola e Greta fu costretta a fare da interprete.
«Signor Marcello, devo dirle una cosa molto importante», esordì, fissando l'uomo dritto negli occhi. «Per quanto potrà sembrarle strano, visto che io e Greta ci conosciamo solo da pochi giorni, sono qui per chiederle di poter sposare sua figlia. Mi sono innamorato di lei fin dal primo momento in cui l'ho vista, al concerto qui a Milano. È stato un colpo di fulmine, una cosa che non mi era mai capitata prima d'ora e che non avevo assolutamente previsto». Prese fiato, scrutando nel frattempo l'espressione dell'uomo di fronte a lui, che era rimasta impassibile. «All'inizio Greta non aveva alcuna considerazione per me», riprese. «È stata Linda a raccontarmi cosa le era successo...». Si interruppe, lasciando cadere la frase nel vuoto. Non voleva nominare Matteo in quel momento. «Ma io non mi sono lasciato abbattere dalla sua reticenza e, alla fine, anche lei si è innamorata di me».
Nel tradurre quelle parole, Greta arrossì ancor di più, diventando rossa come un peperone. Marcello sapeva già che la figlia provava qualcosa per quel ragazzo americano e annuì, facendo segno a Terry di continuare.
«Ne abbiamo parlato: vorrei tanto che potesse venire in America con me, per conoscerci ancora meglio, ma Greta ha paura del suo giudizio». Il chitarrista si interruppe ancora, per dare modo alla ragazza di aggiungere qualcosa, se avesse voluto. Lei intrecciò le dita con le sue e finalmente alzò lo sguardo sul padre.
«Papà, credo davvero di essermi innamorata di Terry. E mi piacerebbe molto partire insieme a lui...».
«Ma hai paura che non te lo faccia fare se prima non vi sposate, non è così?», la interruppe il padre, guardandola con dolcezza.
Greta annuì, per poi tradurre le loro parole al chitarrista.
«E io sono disposto a farlo, anche subito», riprese Terry, avanzando di un passo e portandosi il pugno al petto, come un cavaliere medioevale che presta giuramento davanti al suo signore e alla sua dama. «Amo sua figlia e farei di tutto, per lei».
Marcello annuì ancora, chinando lo sguardo a terra.
«Capisco il sentimento che vi lega, anche se la vostra decisione mi pare un pochino affrettata».
Le spalle dei due ragazzi si abbassarono vistosamente e la stretta delle loro mani si fece più intensa.
L'uomo si lasciò sfuggire un sorriso prima di continuare. «Lasciatemi un po' di tempo per pensarci, e per parlarne con tua madre», aggiunse, rivolto alla figlia. «Tra qualche giorno vi farò sapere la mia decisione. Non temere», concluse, notando l'espressione preoccupata di Terry, «ve lo farò sapere prima che venga il momento della tua partenza. Nel frattempo, vi consiglio di godere appieno di ogni minuto che avete a disposizione».
Con quelle parole congedò i due ragazzi, che uscirono dalla concessionaria con il cuore in tumulto.
«Se tuo padre non acconsente al matrimonio, giuro che ti rapisco!», esclamò Terry, facendo gemere Greta.
«Non dirlo neanche per scherzo, ti prego!».
Il chitarrista esplose in una sonora risata alla vista della sua faccia sconvolta. «No, stai tranquilla, non ti rapisco», disse, per poi tornare serio di colpo. «Se non ci farà sposare, rimarrò qui finché non ci saremo conosciuti abbastanza per avere il suo benestare». E, guardandolo negli occhi, Greta capì che niente e nessuno al mondo avrebbe potuto fargli cambiare idea.

 

Il signor Marcello li tenne sulle spine per una settimana. Il momento della partenza di Terry si avvicinava, e il ragazzo era già pronto a chiamare i suoi compagni di band per informarli di tenersi pronti a dover cercare un nuovo chitarrista che lo sostituisse. Anche per sempre, se necessario. Pur di rimanere con Greta avrebbe chiesto la cittadinanza italiana e si sarebbe trovato un lavoro a Milano. Qualsiasi impiego sarebbe andato bene, per lui, pur di poter rimanere vicino alla donna che amava.
Aveva già preso contatti con il consolato americano, per richiedere quali documenti sarebbero stati necessari per ottenere la cittadinanza, quando finalmente il padre di Greta si decise a comunicare loro la sua decisione.
Li fece accomodare nel suo ufficio nella concessionaria e, dopo aver chiuso la porta alle loro spalle ed essersi seduto sulla poltrona di pelle, attaccò in tono grave.
«Ho valutato a lungo la tua proposta», disse, rivolgendosi direttamente a Terry, «e molte volte sono stato sul punto di rifiutarla. Mia figlia ha ventun anni, ed è pur vero che stava progettando il matrimonio con il suo vecchio fidanzato. Ma lei e Matteo si conoscevano da tempo, mentre tu sei entrato nella sua vita solo da un paio di settimane».
Si interruppe, attendendo che la figlia traducesse le sue parole e osservando l'espressione del chitarrista, che si incupì ma rimase in silenzio.
«Ho parlato molto anche con tua madre», riprese Marcello, voltandosi verso la figlia, «e anche lei è stata combattuta sulla decisione da prendere. Da un lato, le piacerebbe molto vederti sposata; dall'altro, teme che voi due non vi conosciate abbastanza e che Terry voglia solo prenderti in giro».
Il ragazzo strinse i pugni e fece per replicare, ma l'uomo lo fermò con un gesto.
«Per questo motivo», continuò, «abbiamo pensato di scendere a un compromesso. Non vogliamo che vi sposiate senza prima essere pienamente consapevoli della vostra decisione. Ma, per far sì che possiate continuare a frequentarvi, abbiamo deciso di darti la possibilità di andare in America». Marcello si interruppe ancora, lasciando alla figlia il tempo di assimilare le sue parole. «Ho avuto un colloquio con il rettore dell'Università, che mi ha parlato dell'esistenza di alcuni scambi interculturali. Visti i tuoi risultati egregi negli studi, ti ha concesso una borsa di studio. In altre parole, potrai continuare a studiare la lingua inglese direttamente alla UCLA, l'Università della California che si trova a Los Angeles. Così avrai una buona scusa per andare in America senza destare la curiosità e i pettegolezzi dei vicini». Fissò l'espressione sbalordita dei due ragazzi prima di concludere. «Allora, che cosa ve ne pare di questa soluzione?».
Terry e Greta si fissarono negli occhi prima di rispondere, all'unisono. «Ci sembra un'ottima idea!».


Quando Carmelinda venne a sapere la notizia, non poté fare a meno di sentirsi un po' invidiosa di Greta.
«Beata te, che te ne andrai in America! Così, con la scusa dello studio, potrai stare con Terry tutto il tempo che vorrai, senza i tuoi genitori che ti controllano come avvoltoi!», esclamò, riferendosi al padre che non aveva ancora revocato la sua punizione.
«Guarda che dovrò darmi da fare. Se la media dei miei voti cala, l'Università di Milano revocherà la borsa di studi e dovrò tornarmene a casa», rise Greta.
«Ma va là... che Terry ti ricoprirà d'oro, e non avrai certo bisogno dei soldi del magnifico rettore per mantenerti».
Le due ragazze scoppiarono a ridere, lasciandosi cadere sul letto di Linda.
«Anzi, sai cosa ti dico?», riprese a dire la ragazza mora. «Quasi quasi mi rimetto sotto con gli studi, così mi farò dare anch'io una borsa di studio e verrò a studiare a Los Angeles con te».
«Magari! Sarebbe davvero magnifico», esclamò Greta, stringendo le mani dell'amica.
«E forse potrò anche riuscire a conquistare Peter. Anche se è sposato, può sempre divorziare, no?», disse Linda, strizzando l'occhio.
«Certo che sei proprio incorreggibile, però!», rise ancora Greta, abbracciando l'amica.

 

Le due amiche si abbracciarono strette davanti al metal detector. L'aereo per Los Angeles sarebbe partito da lì a un'ora, e Greta e Terry dovevano varcare i controlli doganali prima di dirigersi al loro gate.
Appoggiarono le loro fronti l'una contro l'altra e rimasero in silenzio per alcuni minuti, sotto gli sguardi benevoli del chitarrista e del signor Marcello. Il signor Egidio, invece, sbuffò. Era stato costretto dall'amico a concedere alla figlia il permesso di andare a salutare Greta, e l'uomo non aveva fatto assolutamente nulla per nascondere la sua contrarietà, anche nei confronti di quel viaggio.
«E basta, Egidio. Non ti sembra di essere stato fin troppo severo con tua figlia?», chiese Marcello, stringendo una spalla all'amico.
«Forse io sarò stato anche troppo severo ma tu, amico mio, sei anche troppo permissivo. Io non manderei mai mia figlia a studiare in un paese straniero, soprattutto se sapessi quali compagnie potrebbe frequentare!», replicò Egidio.
«Mai dire mai, amico mio...», concluse Marcello in tono profetico, voltandosi poi a tendere la mano a Terry, che gliela strinse con vigore.
«Abbi cura di lei», biascicò l'uomo in un inglese stentato, tentando di farsi capire dal ragazzo, che apprezzò lo sforzo e replicò, in un italiano altrettanto incerto:
«Lo farò, mister Marcello, stia tranquillo».
Subito dopo sfiorò la schiena di Greta con le dita. Gli dispiaceva molto interrompere l'abbraccio delle due ragazze, ma ora dovevano proprio andare.
Carmelinda si staccò dall'amica e abbracciò brevemente il chitarrista, poi fece alcuni passi indietro e si voltò, scoppiando a piangere.
Greta la raggiunse e le sussurrò all'orecchio: «Guarda che io ti ho preso in parola. Mettiti sotto a studiare e vieni in America prima che puoi».
Linda si asciugò le lacrime e annuì, per poi scoppiare a piangere di nuovo, questa volta senza ritegno alcuno.
Marcello continuò a salutare la figlia con la mano finché non fu scomparsa oltre i doganieri. Poi prese Egidio sotto braccio da una parte e Linda, che continuava a piangere come una fontana, dall'altra e con loro si incamminò verso l'uscita dell'aeroporto.
«Eh sì...», ripeté tra sé e sé. «Mai dire mai...».

 

Spazio autrice:

Come avevo anticipato nel capitolo precedente, il signor Marcello è stato un uomo davvero intelligente. Non poteva concedere la mano di sua figlia a Terry così su due piedi, visto che si conoscono da troppo poco tempo, ma non voleva nemmeno negare loro l'opportunità di continuare a frequentarsi, così ha trovato il modo di unire l'utile al dilettevole: Greta andrà a studiare in America e potrà continuare a frequentare il ragazzone, che a questo punto può continuare a suonare con la band (non potevo proprio fargli lasciare i Chicago).
Linda, a questo punto, vede uno spiraglio anche per se stessa: se si metterà a studiare sodo, potrà approfittare dell'occasione e fuggire dalle grinfie di suo padre. E chissà, magari anche riuscire a conquistare il suo bel Peter Cetera. Ci riuscirà?
Purtroppo siamo arrivati alla fine della storia: il prossimo capitolo, l'epilogo, porterà tutto alla conclusione.
L'immagine che accompagna il capitolo è la foto di un aereo in volo, diretto magari verso Los Angeles ;-)

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Questa storia nasce da un'idea di Kim WinterNight, ed è direttamente correlata alla sua drabble “Disperazione”, contenuta nella raccolta “Melodies” che potete trovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3810353&i=1

I personaggi di Greta e Matteo, dei quali l'autrice mi ha gentilmente concesso l'utilizzo, sono di sua esclusiva proprietà, mentre gli altri personaggi originali che incontrerete nella storia sono frutto della mia fantasia. I Chicago appartengono solo a loro stessi, e con questo mio scritto non ho inteso offendere nessuno di loro.

 

Il titolo della storia è ispirato a una canzone dei Chicago, “Alive again”, tratta dall'album Chicago XII meglio noto come “Hot streets”. Le frasi tratte dal testo, che fanno da introduzione alla storia, sono il leitmotiv di tutta quanta la vicenda. Inoltre, ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da altre canzoni, più o meno datate, che hanno una particolare rilevanza all'interno del testo di ogni capitolo.

Oltre al banner principale, anche ogni capitolo avrà un suo piccolo banner, rappresentante un'immagine che viene citata nel testo.

Buona lettura.
 

 

 

Epilogo

 

 

Siamo la coppia più bella del mondo”

La coppia più bella del mondo – Adriano Celentano e Claudia Mori

 

 

Los Angeles, 1 luglio 1972

Linda si affaccendava attorno alla lunga capigliatura di Greta, raccolta per l'occasione in uno chignon elaborato pieno di forcine che le pizzicavano lo scalpo. Il lungo vestito bianco le ricadeva attorno ai piedi in pieghe profonde.
Qualcuno bussò alla porta, e la ragazza mora non fece in tempo a raggiungerla che già questa cominciava ad aprirsi. Terry tentò di fare capolino ma Carmelinda gli si parò davanti, impedendogli sia di entrare che di sbirciare all'interno della camera.
«Ma sei impazzito!», esclamò, spingendolo via. «Non sai che vedere la sposa prima della cerimonia porta sfortuna?».
«No, non lo sapevo», replicò il chitarrista cercando inutilmente un varco, «e non me ne importa un fico secco».
«Importa a me, idiota!», concluse Linda, riuscendo finalmente a chiudere la porta dietro di sé e celando definitivamente Greta alla vista di Terry. «Stai tranquillo, è quasi pronta. Non essere nervoso: vatti a fumare una sigaretta e poi aspettala all'altare, d'accordo?»
Il ragazzo annuì sconsolato, e Linda attese che fosse sparito dietro l'angolo prima di rientrare nella stanza e chiudere l'uscio a chiave.
Greta la accolse con un sorriso. Era bellissima nel suo abito di pizzo che le lasciava le spalle scoperte. Mentre terminava di acconciarla, Linda si concesse di vagare con la mente tra i suoi pensieri.
Dopo la partenza dell'amica anche lei si era messa a studiare come una forsennata e, dopo pochi mesi, aveva ottenuto una borsa di studio per andare a frequentare corsi in un'Università estera. Suo padre si era rifiutato di lasciarla partire, prima invogliandola con le buone e poi minacciandola con le cattive. Lei era stata irremovibile e il papà altrettanto. Alla fine, era stata costretta a rivolgersi direttamente al magnifico rettore, che aveva scritto al signor Egidio chiedendogli di lasciar partire la figlia.
Una volta in America, Linda si era appoggiata a Greta e Terry per i primi tempi, finché non era riuscita nel suo intento. Le ci era voluto un po', perché all'inizio il bassista non aveva apprezzato molto la sua esuberanza. Ma lei non aveva mai gettato la spugna e, alla fine, aveva conquistato davvero Peter Cetera con la sua contagiosa simpatia. Il ragazzo aveva lasciato la moglie e l'aveva accolta in casa sua. Inutile dire che, da quel momento in poi, lo studio per Linda era passato in cavalleria e, da allora, era diventata la fan più sfegatata dei Chicago, mettendosi a seguire il gruppo in tutte le sue trasferte. Con Danny aveva mantenuto un ottimo rapporto: la loro avventura in Italia era stata, appunto, solo un'avventura, ed entrambi avevano convenuto di rimanere amici senza rancore alcuno.
Ovviamente il padre era all'oscuro di tutto questo e lei già pensava a come avrebbe potuto spiegarglielo, quando se lo fosse trovato davanti dopo la cerimonia. Scrollò le spalle. Ora non era il momento di crucciarsi per simili quisquilie.
Sorrise all'amica e la aiutò ad alzarsi per poi accompagnarla, in veste di damigella d'onore, fino all'enorme giardino della villa di Walter Parazaider che avrebbe ospitato la cerimonia.

 

Gli invitati presenti – tra cui i genitori di Greta e Linda – accolsero l'arrivo della sposa con un lungo applauso. Terry, con i sei compagni di band al fianco, si voltò a osservarla mentre la bocca gli si spalancava per lo stupore. Non l'aveva mai vista così bella.
Non appena lo raggiunse, Greta gli posò l'indice sotto il mento e fece una lieve pressione per fargli chiudere le labbra, poi lo baciò con delicatezza.
Il pastore si schiarì la voce. «Di solito il bacio viene dopo ed è lo sposo a doverlo dare alla sposa, ma per questa volta faremo un'eccezione».
La battuta strappò una risata a tutti i presenti. Terry e Greta si fissarono negli occhi mentre si stringevano convulsamente le mani.
«Sei splendida», sussurrò il chitarrista, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi verdi.
«Anche tu», rispose la ragazza, trattenendosi a stento dal dargli un altro bacio. Anche se aveva accorciato i capelli in un taglio più maschile ed era leggermente ingrassato, lo trovava comunque bello come un dio. Perché lui era l'uomo che l'aveva fatta tornare a vivere.
Il pastore iniziò a parlare ma nessuno dei due gli prestò attenzione, persi com'erano l'uno negli occhi dell'altra.

 

Quando Linda gli arrivò accanto, fasciata nel suo abito fucsia con un piccolo bouquet di rose tra le mani, Peter si voltò verso di lei sorridendole dolcemente. La ragazza ricambiò il sorriso e si arrischiò a posargli un casto bacio sulle labbra. Il suono di una voce che si schiariva insistentemente la fece voltare verso gli astanti. Suo padre la stava fulminando con lo sguardo.
«Guarda tua figlia...», sibilò l'uomo a mezza voce rivolto alla moglie seduta al suo fianco. «Lo sapevo, io, che non avremmo mai dovuto mandarla in America. Uno di quegli hippie sfaccendati e buoni a nulla non ha perso tempo a metterle le mani addosso!».
«Forse se tu le avessi concesso un po' più di libertà in Italia, lei non sarebbe dovuta venire a prendersela quaggiù», replicò la signora Piera, mettendolo a tacere. Poi, dopo aver strizzato impercettibilmente l'occhio alla figlia, che ricambiò il gesto, tornò a concentrarsi sulla cerimonia. Terry e Greta si stavano scambiando le promesse matrimoniali.
«Vuoi tu, Terry Alan Kath», declamò il pastore, «accogliere Greta Rossellini come tua sposa, e promettere di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?».
«Sì», rispose Terry, intrecciando le dita con quelle di Greta.
«E vuoi tu, Greta Rossellini, accogliere Terry Alan Kath come tuo sposo, e promettere di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita?».
«Sì», esalò la ragazza accostandosi a Terry.
«Allora vi dichiaro marito e moglie!», terminò il pastore. «Ora vi potete anche baciare...».
I due sposi non se lo fecero ripetere due volte. Si strinsero in un delicato abbraccio e si baciarono con ardore, il suono degli applausi degli invitati come dolce sottofondo all'inizio della loro nuova vita.

 

Fine

 

 

Spazio autrice:

E, finalmente, siamo giunti alla fine di questa storia. Terry e Greta riescono a coronare il loro sogno d'amore e, dopo un anno di fidanzamento, si sposano nel giardino della villa di Walter. Linda, dal canto suo, dopo aver ottenuto la borsa di studio e aver raggiunto l'amica in America, conquista infine il suo bel Peter, che capitola forse di fronte alla sua ferrea insistenza XD.
Tra gli invitati alla cerimonia abbiamo ovviamente anche i genitori delle ragazze. Egidio non perde l'occasione per dimostrare il suo disappunto ma, forse per la prima volta nella sua vita, sua moglie Piera riesce a metterlo a tacere!
Scusate se la formula di rito del matrimonio potrà sembrarvi trita e ritrita, ma è così bella che come potevo non metterla?
Le immagini che accompagnano il capitolo sono: una bella foto di Terry in smoking, anche se un po' più tarda (del 1974) rispetto all'anno in cui è ambientato l'epilogo; e quella di una sposa che potrebbe essere la nostra Greta con il suo chignon e le spalle nude :-)
Per finire, voglio ringraziare ancora una volta Kim WinterNight, sia per avermi concesso l'uso dei suoi personaggi – Greta e Matteo – che per aver letto e recensito questa storia; e Soul_Dolmayan e KarenHumbert per aver letto e recensito, accompagnandomi in questa avventura.
A presto e grazie ancora a tutti!

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