GLI EREDI DEGLI ELEMENTI - Il Risveglio della Fiamma Purpurea

di EnchantressinNight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'arresto ***
Capitolo 3: *** Una nuova casa ***
Capitolo 4: *** Un po' di spiegazioni ***
Capitolo 5: *** I Puri ***
Capitolo 6: *** Il velo ***
Capitolo 7: *** Zahira ***
Capitolo 8: *** La mia nuova amica ***
Capitolo 9: *** Indizi ***
Capitolo 10: *** Un nuovo potere ***
Capitolo 11: *** Fuoco ed Acqua ***
Capitolo 12: *** Il Richiamo Della Notte ***
Capitolo 13: *** Crisi ***
Capitolo 14: *** Il Sottobosco ***
Capitolo 15: *** Occhi Rossi ***
Capitolo 16: *** Vendetta e Bugie ***
Capitolo 17: *** Shairyne ***
Capitolo 18: *** Il Lupo ***
Capitolo 19: *** Ancora Una Volta ***
Capitolo 20: *** Il Confronto ***
Capitolo 21: *** Ricordi ***
Capitolo 22: *** Midnight ***
Capitolo 23: *** Un Ragazzo Misterioso ***
Capitolo 24: *** Il Sostituto ***
Capitolo 25: *** Colpi Bassi ***
Capitolo 26: *** Visioni? ***
Capitolo 27: *** Vera Natura ***
Capitolo 28: *** Una Magra Consolazione ***
Capitolo 29: *** Percezioni ***
Capitolo 30: *** Punti Di Vista ***
Capitolo 31: *** Un Abbraccio Di Troppo ***
Capitolo 32: *** Uno Scorcio Del Passato ***
Capitolo 33: *** Perplessità ***
Capitolo 34: *** Fantasmi ***
Capitolo 35: *** Un'altra Versione ***
Capitolo 36: *** È un Addio? ***
Capitolo 37: *** Una Famiglia Problematica ***
Capitolo 38: *** Un Assaggio di Futuro ***
Capitolo 39: *** Il Consiglio ***
Capitolo 40: *** Visioni Condivise ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Amy's pov

«Non saprai mai chi mi ha chiesto di uscire!» la perenne ed eccessiva euforia di Shannon mi provoca il mal di testa. «Chi?» mi fingo interessata alle sue farneticazioni solo per farla contenta, tanto il risultato non cambierà. Lei continuerà a blaterare di ragazzi tutto il pomeriggio ed io sarò costretta a sorbirmi le sue lamentele. Ecco quello che faccio nella vita. Mi annoio a morte.
La ascolto distrattamente osservando per l'ennesima volta la sua stanza, enorme in confronto a quella specie di sgabuzzino in cui mi ritrovo a dormire. Per carità, lei ed i suoi genitori stanno facendo anche troppo per me, immagino non sia facile trovarsi improvvisamente con una bocca in più da sfamare. Capisco bene quanto coraggio e volontà ci vogliano per accogliere un'orfana della mia età. Una ragazza a dir poco singolare, trattenuta in orfanotrofio oltre i diciotto anni soltanto perché con un carattere che definire difficile sarebbe un eufemismo, ritenuta a tratti instabile e pericolosa per chiunque le stia vicino. Una specie di reietta, insomma.
«Dai sorellina, mostra un po' di entusiasmo!» mi sgrida lei prendendomi entrambe le mani e sorridendo «Non sono tua sorella» le ricordo, sì viviamo sotto lo stesso tetto, ma questo non ci rende consanguinee «È come se lo fossi, Amy. Sei piovuta qui all'improvviso ed hai sconvolto la mia vita apparentemente perfetta. Ma dopo più di un anno posso affermare con certezza che ti voglio bene. È bello avere qualcuno con cui poter parlare di tutto» mi spiega continuando a sorridere come se fosse normale parlare così di qualcuno che è poco più di un estraneo. «E poi almeno ora mamma ha smesso di avercela sempre con me, finalmente ho qualcuno con cui condividere le strigliate» «Credo si chiami capro espiatorio» la correggo seria, poco prima di ricevere un abbraccio da cui mi sciolgo immediatamente «Scusa, scusa, non vuoi, lo so» cosa ci devo fare? Non faccio altro che ripeterle continuamente le stesse cose eppure lei sembra fare di tutto eccetto darmi ascolto.
«Ho un regalo per te» «Ma...» inizio a dire «Non ci crederai ma sono piena di risorse, so che è il tuo compleanno» dice orgogliosa di se stessa porgendomi una scatolina «Non è molto, lo so, ma spero ti piaccia comunque. È tutto ciò che potevo permettermi» spiega triste ma allo stesso tempo sollevata. Scuoto la testa senza dire una parola, il suo gesto mi ha sorpresa; nessuna delle precedenti famiglie mi aveva mai fatto un regalo. Certo non posso ignorare il fatto che lei sia entrata chissà come negli archivi ed abbia letto il mio fascicolo, ma apprezzo comunque il gesto. Senza ulteriori indugi la apro ed osservo strabiliata la collana al suo interno. Non è niente di che, un sottile filo argentato da cui pende una mezzaluna colorata, ma trovo che sia comunque splendida. La prendo tra le dita e la sfioro ripetutamente, come ad accertarmi che sia vera e non frutto della mia immaginazione. Shannon mi aiuta ad indossarla ed io la abbraccio, anche se non mi piace granché il contatto fisico, sussurrandole un «Grazie» sincero. Le sarò eternamente riconoscente.
Ricominciamo a parlare di ragazzi e soprattutto del college, il suo gesto mi ha decisamente messa di buon umore, tanto da spingermi a chiacchierare tranquillamente del più e del meno. Come probabilmente non mi sono mai sentita di fare in vita mia.
Improvvisamente la testa inizia a girare, la voce della bionda si fa ovattata e la stanza dai contorni sbiaditi; cosa sta succedendo? Allungo una mano di fronte a me ma afferro il vuoto, cerco di mettere a fuoco ma vengo sopraffatta dall'oscurità. Letteralmente. Sembra che qualcuno abbia improvvisamente spento il sole, condannandomi al buio completo. Percepisco il mio respiro accelerato e pesante, come se potessi sentire i suoni dall'interno del mio corpo anziché dall'esterno. «Shannon!» provo ad urlare, ma le parole mi muoiono in gola. Sono intrappolata in me stessa. Provo a toccare le mie gambe ma le braccia non vogliono sapere di muoversi, sono completamente paralizzata, come se mi avessero avvolta più volte con una pesante catena e l'avessero stretta troppo, chiudendo il lucchetto.
Questi vuoti, queste crisi, non sono mai un buon segno. Sono sempre il preambolo di qualcosa di orribile, qualcosa che succede in mia presenza ma di cui non ho memoria. Qualcosa di terribile che non sono io a causare ma di cui vengo costantemente incolpata. Ecco perché mi trattengono in orfanotrofio, questo è il motivo per cui nessuna famiglia mi tiene mai con sé abbastanza a lungo da farmi sentire veramente parte di essa. La verità è che in mia presenza accadono cose che io non riesco, non posso, spiegare, perché non so come succedano. Ed io ho paura. Ogni volta è peggio; all'inizio erano piccoli incidenti come una caduta o animali morti. Arrivando poi, col passare degli anni, a finestre che si rompevano accidentalmente, arti rotti, incendi che divampavano senza cause apparenti. Giungendo poi fino all'ultima famiglia, quando il mio padre affidatario è caduto dalle scale rompendosi l'osso del collo; a quanto ho saputo ora è tetraplegico. Vivo sì, ma a quale prezzo? Pensavo che con Shannon sarebbe stato diverso, non è mai successo niente di male, stavo bene qui. Fino ad oggi.
Il fischio alle orecchie è il segnale che tutto sta per finire, tra poco scoprirò quale sciagura si è abbattuta su di me questa volta, sperando non sia niente di irreparabile. «Shannon» la chiamo a bassa voce senza ancora, però, vederla. Nessuna risposta. «Shannon, stai bene?» domando iniziando a preoccuparmi, sento crescere l'ansia dentro di me, per quale motivo non mi risponde? «Se è uno scherzo sappi che non lo trovo affatto divertente!» di nuovo solo assordante silenzio.
Finalmente i miei sensi si risvegliano completamente permettendomi di riprendere il contatto con la realtà. Peccato che la scena di fronte a me sembri il perfetto scenario di un film horror. La bionda giace sul letto immobile con la gola squarciata, il corpo è sistemato in una posizione innaturale, rivolto dalla parte opposta rispetto alla testa. Gli occhi vitrei ancora rivolti verso di me con impresso lo spettro del suo ultimo sguardo implorante, la bocca aperta in cerca di ossigeno, il tentativo di non annegare nel suo stesso sangue. Inizio a gridare in preda al panico, come è potuto succedere? Come ho fatto a non accorgermene? «Cheryl!» chiamo a squarciagola la madre di Shannon versando fiumi di lacrime. Non so se sia maggiore la paura o la sorpresa. «Cheryl, vieni subito, ti prego» la imploro sentendola correre su per le scale. Il mio cuore manca parecchi battiti quando scorgo l'espressione disgustata della donna. Guarda prima il corpo esanime della figlia e poi me. «Non sono stata io, lo giuro» mormoro accarezzando il viso privo di colore della mia amica «Vattene da questa stanza!» sussurra dura prima di precipitarsi al capezzale di Shannon. La sento inveirmi contro più volte e poi solo grida di dolore per la morte del suo "angelo", era così che lei amava chiamare Shannon. Mi appoggio allo stipite e mi volto indietro un'ultima volta.
D'ora in poi sarò considerata un'assassina.

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Capitolo 2
*** L'arresto ***


Amy's pov

«Amethyst Hill. La dichiaro in arresto per l'omicidio di Shannon Hill. Ha il diritto di rimanere in silenzio, tutto ciò che dirà potrà essere usato contro di lei in tribunale. Ha diritto ad un avvocato, se non può permetterselo gliene verrà assegnato uno d'ufficio» la voce squillante e fin troppo decisa di un giovane poliziotto giunge alle mie orecchie come fosse lontanissima. Il mio deve essere il primo arresto che gli lasciano eseguire, oppure non si spiegherebbe tanto entusiasmo. Mi muovo lentamente, quasi come stessi fluttuando, le braccia mi vengono ammanettate davanti anziché dietro la schiena, come se non fossi una criminale. Non ho la forza di oppormi. Tutto mi sembra così distante, così estraneo a me. «Aspettate! Devo parlare con lei!» Cheryl scende le scale di fretta abbandonando la detective a cui stava descrivendo l'accaduto, per l'ennesima volta, nei minimi dettagli. Certo, come se li conoscesse. Io ero presente eppure non ho idea di cosa sia successo, ma in compenso lei sembra essere più che in grado di riempire perfettamente i miei vuoti. Stronza bugiarda. Sembra la persona più tranquilla e docile del mondo mentre mi si avvicina con gli occhi gonfi «La pagherai per questo, per aver ucciso la mia bambina» «Ti ho già detto che non sono stata io» ripeto per quella che penso sia, ormai, la centesima volta. Che mi accusi pure, tanto ciò non cambierà la verità delle cose; la mia completa estraneità agli accadimenti. Sono innocente. Io lo so. Solo questo importa.
Mi colpisce la guancia con un sonoro schiaffo che, però, io percepisco appena. Niente di ciò che farà potrà mai farmi più male della morte di Shannon. «È una vera fortuna che qualcuno l'abbia ammazzata prima che decidesse di farlo da sola» la provoco alzando un sopracciglio. Vuoi giocare alla donna forte? Molto bene! Mi esercito da molto più tempo di te, da quando avevo sei anni precisamente. Pensi davvero di battermi? Chiedo mentalmente più a me stessa che a lei. Se è davvero convinta di esserne in grado ben venga, ciò non toglie che sia solo una donna vuota e narcisista senza un briciolo di istinto materno. Colgo la rabbia nei suoi occhi ma continuo a sostenere lo sguardo. Non ho paura di lei. Un altro poliziotto la trattiene per impedirle di colpirmi nuovamente, tenendola per le braccia. «Portate via questa assassina!» grida senza rendersi conto che non ha l'autorità necessaria a dare ordini, ma per qualche strano motivo entrambi gli agenti obbediscono. Uomini privi di spina dorsale. Iniziano a trascinarmi verso l'ingresso ed io mi volto appena un attimo prima di varcare la soglia che mi porterà all'esterno, urlandole di rimando «Se avessi voluto uccidere qualcuno avrei iniziato da te, non da lei! Stupida!».
«Non sono stata io» ripeto nuovamente nella speranza di convincere i due uomini che non ho alcuna colpa «Come no!» il più anziano risponde di sfuggita senza nemmeno guardarmi dallo specchietto, antipatico! Ma d'altronde come dargli torto? Chi mai crederebbe ad una ragazzina alta poco più di un metro e sessanta con i capelli rossi e gli occhi porpora? Sono strana per definizione; quante altre persone al mondo possono vantare occhi quali i miei? Forse nemmeno una. Ma non è certo colpa del mio aspetto se la società mi ha etichettata come una ragazza problematica, un po' ribelle e che ovunque vada porta solo tristezza e distruzione. No, quella è tutta colpa del mio orrendo carattere. Antipatica. Schiva. Spesso sboccata. Superba. E queste sono solo alcune delle mie "migliori" qualità. Ecco spiegato il motivo per la quale nessuna famiglia, tranne gli Hill, ha mai voluto tenermi per un periodo di tempo superiore ad un mese.
Ma partiamo dal principio: come sono finita in orfanotrofio? Molto semplice, i miei veri genitori, gli unici che mi abbiano mai amata e probabilmente che io abbia mai amato, o almeno credo, sono morti in un incidente d'auto quando avevo soltanto tre anni. Così mi è stato detto. Ero troppo piccola per poterlo ricordare. E soprattutto troppo piccola e troppo indifesa per uscire illesa da un'auto in fiamme. Con il passare degli anni ha addirittura iniziato a maturare in me la tremenda convinzione di essere stata io la causa di tutto. Come?! A questa domanda non so ancora rispondere. Forse si sono voltati ed hanno perso il controllo del veicolo. Comunque sia non si spiega come io sia riuscita a sopravvivere ad entrambi loro.
Loro. Questa parola li fa sembrare due estranei ed in effetti per me lo sono, più o meno. Tutto ciò che li differenzia da qualsiasi altro sconosciuto sono il legame di sangue che li unisce a me, una foto, un biglietto di auguri risalente al mio primo compleanno ed un bracciale a dir poco singolare. Un monile tanto bello e speciale quanto terrificante per la sensazione che mi dà quando lo indosso. È possente ma allo stesso tempo fine e delicato, con le sue sottili striscioline di argento che si intrecciano creando spirali perfette accanto al castone della grande ossidiana posta al centro. Nera, lucente ed incredibilmente leggera nonostante le dimensioni. Sembra, però, manchi qualcosa, un simbolo che la renda ancor più bella. L'istinto mi suggerisce che starebbe benissimo assieme alla collana che mi ha regalato Shannon, forse perché entrambi mi legano a persone morte? Anche se a fatica, essendo ammanettata, riesco a raggiungere il ciondolo e strappare la collana per avvicinarla al bracciale. Stento a credere ai miei stessi occhi quando vedo i due gioielli fondersi come per magia; ora sì che è perfetto! Esclamo dentro di me, chiedendomi poi se non sarebbe il caso di fare una tac, devo certamente avere un tumore al cervello, ecco il motivo dei miei vuoti ed allucinazioni! «Non sei malata e nemmeno pazza» mi suggerisce una vocina molesta nella mia testa, molto bene, prima le penso e poi mi rispondo; sì, ho decisamente bisogno di vedere un medico. Eppure dopo aver sbattuto ripetutamente le palpebre la mezzaluna è ancora lì, splendente e radiosa, dai colori accesi in contrasto con la tinta scura della pietra, poco male, mi piace.
«Signorina Hill» la voce del poliziotto più giovane mi desta dai miei pensieri «Parker» lo correggo «Il mio cognome è Parker, vedi di non confonderti nuovamente» ringhio scocciata, perché nessuno si prende mai la briga di leggere i miei veri dati anagrafici, invece di usare il cognome della famiglia che mi ha in carico? «Ma...» «Non mi interessa. Non mi chiamo Hill, mi chiamo Parker» ripeto decisa gettando un'occhiataccia al pesante fascicolo che l'agente sta nervosamente sfogliando «Lì c'è anche scritto il nome dei miei veri genitori, non solo di quelli affidatari!» esclamo nervosa «Ma loro sono...» prova a replicare titubante, povero ragazzo, non riuscirà mai ad avere nessuna conversazione piacevole con me. «Morti, lo so. Ciò non cambia le cose, smetterai forse di usare il tuo cognome quando i tuoi genitori moriranno? Io non credo!» concludo con una certa eloquenza.
«Ora se non vi dispiace, visto che a quanto pare siamo arrivati, gradirei che mi aiutaste a scendere e che mi toglieste queste» propongo facendo tintinnare le manette «Mi stanno segando i polsi, voi non volete che io mi ferisca, vero?» domando sorridendo ad entrambi gli uomini. Il più giovane mi sorride di rimando dallo specchietto lasciando poco spazio all'immaginazione; so bene che, a dispetto di quanto possa sembrare, mi trova gradevolmente simpatica, forse colgo addirittura una punta di ammirazione nei miei confronti. Non penso che tutte le criminali siano così gentili e soprattutto così educate con le forze dell'ordine. Probabilmente sono la più tranquilla che abbia conosciuto. «Lui mi piace, tu no» affermo guardando in malo modo il più anziano, che scuote la testa con la fronte aggrottata «Suvvia, non essere così rigido. Lui non sa cosa hai l'abitudine di fare con le prigioniere. Non temere, non dirà a tua moglie che ti approfitti di qualunque donna o ragazza entri nella tua auto. Non le racconterà nemmeno delle volte in cui le hai minacciate di morte per farle tacere. O di quando hai violentato quella ragazzina che proprio non voleva cedere» dico tutto d'un fiato «Ops, scusa» abbasso gli occhi fingendomi mortificata per l'accaduto, ma dentro di me sto solo provando un'enorme soddisfazione. «Sai che è successo proprio qui? Sopra il sedile su cui sono seduta ora. Fossi in te chiederei di cambiare partner, non si sa mai» suggerisco ridendo mentre il più anziano mi strattona fin dentro la centrale. Un momento: come faccio a sapere queste cose?!

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Capitolo 3
*** Una nuova casa ***


Amy's pov

Fisso le mie mani ammanettate sul tavolo di ferro della sala interrogatori in cui mi trovo rinchiusa ormai da troppo tempo. «So che siete lì dietro, non vi servirà a niente tenermi qui per ore. Non cambierò versione. Non confesserò un omicidio che non ho commesso. Potrò anche essere stramba, ma di certo non stupida e tanto meno pazza» affermo alzando gli occhi verso la lucina rossa della telecamera all'angolo. Mi stanno registrando. «Potreste anche liberarmi, sapete? Non sarei comunque in grado di uscire da una stanza la cui porta è bloccata elettronicamente» eh già, conosco tutti i trucchetti ed i punti deboli di questo posto nonostante non ci sia mai stata prima di oggi. Molto strano ma anche piuttosto utile, no? Ed anche alquanto divertente. Provo con uno strattone ma l'anello a cui sono ancorate le mie manette e ben saldo. Ci vorrà ben più di questo per andarmene. Provo a sfilarle ma tutto quello che ottengo è un dolore acuto ai polsi. No, nemmeno questo è il modo.
Inizio a guardarmi attorno in cerca di qualcosa che io possa usare, ma come previsto non c'è nulla che faccia al caso mio. Certo, è logico, chi mai lascerebbe una chiave o comunque qualcosa che possa aprire una serratura dentro una sala per gli interrogatori? Qualsiasi criminale potrebbe approfittarne! Mentre mi sforzo di trovare una soluzione sento una specie di "click" e le manette si aprono a ventaglio. Okay, questa sì che è una figata! Penso tra me e me. Resto immobile a fissarle per un po', stupita da quello che è appena successo. Che gli ingranaggi fossero logori? Sono state usate per troppi arresti? Non lo so, comunque sia sventolo le mani in direzione della telecamera e dico «Io non me ne intendo, ma non credo che dovrebbe succedere, sbaglio?» immediatamente entrano due agenti che mi torcono le braccia dietro la schiena. Io li avviso di un malfunzionamento nelle loro dotazioni e questo è il ringraziamento?! Molto bene, devo ricordarmi di non aiutarli mai più. «Fermi, lasciatela!» esclama il giovane poliziotto che ha eseguito il mio arresto, entrando ed allontanando i due che mi bloccano «Grazie» sussurro, almeno qualcuno di intelligente esiste ancora. Lo osservo mentre si avvicina e controlla i due pezzi di ferro sul tavolo «Non sono state danneggiate» mormora «Non sei stata tu, puoi andare» mi informa «Ma...» inizia uno dei due più anziani «Io le credo, e comunque è già stata determinata la pena. Niente carcere per lei, abbiamo ricevuto una telefonata. La vogliono all'istituto Skahedan» dice «Vieni, ti accompagno là» afferma facendomi strada.
«Niente "mister simpatia" oggi?» chiedo mimando le virgolette con le dita e sistemandomi comodamente sul sedile posteriore, con i gomiti appoggiati ai due anteriori e senza mai staccare lo sguardo dal ragazzo. «Diciamo solo che ho pensato valesse la pena indagare su di lui, dopo aver ascoltato le tue parole» «E se me lo fossi inventato?» il dubbio è lecito, non è questo il caso, ma non penso sia raro che un criminale denigri un poliziotto nella speranza di salvarsi le penne. «Non l'hai fatto. Non chiedermi per quale motivo ma lo sapevo sin da subito. Ci si può fidare di te» mi sorride nuovamente dallo specchietto «Mi chiamo Michael, a proposito, piacere di conoscerti...» «Amy» lo interrompo prima che abbia il tempo di pronunciare il mio nome per intero, non voglio lo faccia, non deve. «Cosa sai di questo posto? Skadran o come si chiama» «Skahedan» mi corregge «Nulla, in realtà. Mai sentito nominare. Però l'uomo che ha chiamato mi pareva ben felice di essere riuscito ad "intercettarti" prima che fossi rinchiusa» «E non ti ha detto nient'altro? Perché mi conosce? Come sa della mia esistenza? E come sapeva dove trovarmi? Perché proprio io? Ma soprattutto cos'è lo Skahedan?» chiedo a raffica senza dare a Michael il tempo di rispondere ad almeno una delle mie domande «Dovresti chiederlo a lui, io non ho le risposte che cerchi. Però ti posso dire questo» fa una pausa per prendere un bel respiro, credo che le parole che sta per dire gli provochino un certo imbarazzo, se così si può dire. «Tu non sei esattamente il tipo di ragazza che passa inosservata» afferma velocemente voltandosi a guardarmi per qualche secondo «E non parlo solo del tuo aspetto» si affretta ad aggiungere arrossendo «Come no» mormoro tra me e me buttando gli occhi al cielo e lasciandomi cadere sul sedile.
Con le braccia conserte osservo i vari paesaggi che si susseguono man mano che ci allontaniamo dalla centrale, fino ad incontrare un cartello che riporta «Benvenuti a Bright Forest» Bright che? Ma dove siamo? Poi mi accorgo della scritta «Oregon» bene, ora sì che so con esattezza dove ci troviamo! Mi costringo a mantenere la calma per non imprecare contro il mio autista, non è certo colpa sua se sono stata spedita in mezzo al nulla. 
Imbronciata e nervosa torno a guardare fuori. Non c'è molto altro da fare. Studio i grandi alberi piantati lungo entrambi i lati della strada a distanze regolari, le cui chiome sembrano abbracciarsi formando una specie di arco sulle nostre teste, mentre li superiamo velocemente. Non sarebbe male come ambiente se non fosse per il fatto che, oltre a questi, le crepe dell'asfalto e l'erba che cresce all'interno di esse sono gli unici altri elementi presenti. Interminabili metri di verde dopo inizio a comprende il motivo per cui questa città, o meglio questa landa desolata, si chiami Bright Forest. Qui intorno è solo ed esclusivamente boscaglia!
Il rumore delle ruote su quella che sembra ghiaia mi fa capire che qualcosa è cambiato, mi volto e lo vedo, un imponente ed antico edificio che riporta la scritta «Istituto Skahedan» su una grande lastra dorata accanto a quello che penso sia il cancello principale. Mi affretto a scendere e corro verso di esso, rendendomi conto solo dopo di quanto io possa essere risultata maleducata. Torno sui miei passi e mi abbasso all'altezza del viso di Michael «Ci vediamo, allora» «Non ti offendere ma spero vivamente di no» replico buttando indietro i capelli «Per quel che vale, mi dispiace per quello che è successo» sussurra sincero. Gli do una pacca sulla spalla e senza dire nulla mi allontano nuovamente, pronta a fare il mio ingresso in quella che, d'ora in poi, sarà la mia nuova casa. Pronta a varcare la soglia che mi condurrà alla mia nuova vita.
L'istituto assomiglia ad un'enorme abitazione e pare essere stato costruito a mano pietra dopo pietra, impiegando chissà quanto tempo e fatica. Un'alta ed imponente cinta muraria lo circonda completamente, rendendo pressoché impossibile l'intrusione a chiunque. Le persone dovrebbero avere la capacità di volare per riuscire a superare le mura senza varcare la soglia! Quattro costruzioni più alte rispetto a tutto il resto torreggiano minacciose agli angoli dell'edificio donando una certa aura di mistero al luogo, più simile ad un vecchio castello infestato ed in disuso che ad un istituto ancora aperto. Per quel che mi consentono di vedere i miei occhi e la scarsa luce, noto che le pietre esterne sono state quasi completamente ricoperte da un rampicante per tutta la loro estensione, mentre ciò che scorgo attraverso una fessura del cancello sono il completo e quasi innaturale ordine del parco adiacente l'ingresso e la pulizia certosina dell'edificio. Nessuna traccia nemmeno di muschio, è molto strano considerando che ci troviamo in un posto molto umido e circondato da boschi. Nella porzione di giardino che riesco ad intravedere sono disseminati alcuni alberi, grandi e probabilmente antichi quanto il resto dell'edificio, sotto di essi dei tavoli molto simili a quelli della scuola superiore che ho frequentato l'anno del diploma, se ne stanno placidamente all'ombra delle chiome tinte di diverse sfumature: dal verde al rosso, dall'ocra al al bordeaux, passando per qualcosa di fin troppo simile al ciano. Colori che, in questo contesto, definirei bizzarri. 
Picchietto ripetutamente il piede sul suolo in attesa che qualcuno venga ad accogliermi, con il solo risultato di ottenere un sassolino che mi salta contro la caviglia; che male! Accosto l'orecchio al cancello di freddo metallo nero quasi poroso, che mi ricorda molto la pietra lavica. È ruvido al tatto e strofinandovi sopra le dita produce una sorta di sinfonia appena percepibile ed apprezzabile da ben pochi. Come alla centrale anche questo si apre con un cigolio senza che venga inserita alcuna chiave nella toppa. Stavolta però mi faccio furba, non avviso, procedo semplicemente a passo spedito verso l'ampio spazio aperto. La mia unica via di accesso ed anche di fuga si chiude con un tonfo alle mie spalle, producendo un forte clangore metallico. Mi volto spaventata dal suono ed intimorita dell'edificio che sembra volermi tenere prigioniera, dandomi l'impressione di stringersi sempre di più intorno a me. Sobbalzo quando, camminando lentamente all'indietro, vado a sbattere contro qualcosa. «Benvenuta» trattengo a stento un urletto isterico al suono improvviso di quella voce fredda e distaccata ma allo stesso tempo inspiegabilmente limpida ed accogliente.
«Chi diavolo sei?» chiedo al ragazzo dalla pelle color cappuccino davanti a me. «Nathaniel, piacere» abbozza un sorriso di circostanza mentre mi squadra da capo a piedi con quegli occhi di un verde tanto intenso da ricordarmi alcune piante che ho studiato a biologia, viste soltanto in foto e che crescono, se non ricordo male, nella fitta vegetazione della foresta pluviale. Noto immediatamente la sua altezza fuori dal comune, sarà quasi certamente più di due metri, e le particolari striature dei suoi capelli ricci e quasi completamente castani, se non fosse per quelle piccole ciocche quasi dorate che serpeggiano tra la sua spumosa chioma. «Ti stavamo aspettando, Amethyst. Siamo lieti che finalmente anche tu entri a far parte della nostra comunità. Prego, da questa parte» annuncia con forse eccessivi servilismo e reverenza nei mie confronti. Sono tutti come lui qui? Ammetto che il suo atteggiamento d'altri tempi mi lusinga, almeno in parte, ma non mi pare adatto. Non per una specie di centro di riabilitazione per ragazzi disadattati, come penso sia.
Lascio che il ragazzo mi faccia strada congiungendo, di tanto in tanto, le mani davanti a sé come ho visto fare ad alcuni frati. «Chiamami Amy» sospiro «Sei un credente? È un monastero questo?» chiedo scegliendo queste tra le migliaia di domande che mi frullano per la testa. Le vesti semplici e leggere che indossa, come i pantaloni beige e la casacca bianca forse troppo lunga, entrambi in lino, mi fanno pensare di aver ragione, almeno finché lui non scoppia in una fragorosa risata. «Oh no, non fare caso a queste, è solo una posizione che trovo alquanto rilassante» mi spiega «Però posso chiederti cosa intendi quando mi definisci un credente?» «Intendo qualcuno che ha fede» «Ognuno di noi ripone la propria fede in qualcosa. Chi in un solo dio chi in molti. Chi in nessuno tranne che in se stesso. Chi in un animale, una pianta o un semplice oggetto, anche banale. Non importa dove, l'importante è averla, perché senza di essa non è vera vita» okay, come non detto, non solo è credente ma anche mezzo matto.
«Imparerai presto che qui le cose non funzionano come nel tuo vecchio mondo, ci sono ritmi, routine ed abitudini completamente diversi che dovrai fare tuoi e soprattutto rispettare» spiega serio «Tipo un coprifuoco?» domando divertita «No, niente del genere. Col tempo ti spiegherò tutto, ma prima lascia che ti accompagni nella tua stanza, si sta facendo tardi» sussurra invitandomi a seguirlo lungo i corridoi. Dopo quelle che mi paiono ore ma che più probabilmente sono stati solo una manciata di minuti si ferma improvvisamente, tanto che quasi gli finisco addosso «Siamo arrivati» annuncia con una specie di inchino mentre allungo una mano verso la maniglia «Le tue cose sono dentro, la tua compagna di stanza le ha già sistemate. Prima di salutarci però devo chiedertelo: cosa sei?» chiede lasciandomi perplessa.

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Capitolo 4
*** Un po' di spiegazioni ***


Amy's pov

«Cosa sono?!» chiedo incredula, quasi certa di avere erroneamente interpretato il senso della domanda, magari vuole solo sapere che genere di persona sono ed io ho frainteso le sue parole, o magari si è solo espresso male. «Sì, non te l'hanno spiegato?» «Chi? Spiegato cosa?» Nathaniel comincia ad innervosirmi con questo suo modo di fare, lancia il sasso e poi ritira la mano. «Chiunque ti abbia accompagnata qui. Nessuno ti ha spiegato cosa succede in questa scuola?» ascolto le sue parole e mi volto a guardarlo esterrefatta, perché pensa che questo posto sia una scuola? «Avete finito? Volete vi sentano tutti?» una ragazza dalla carnagione olivastra che definire appariscente sarebbe un eufemismo apre la porta della mia nuova camera, deve essere la famosa compagna di stanza di cui mi ha parlato il ragazzo.
Mi trascina dentro ed il moro mi segue sospirando sconsolato, come se si aspettasse una ramanzina. «Cos'hai da guardare?» «Tu, i tuoi...» non so cosa mi risulti meno consueto, se i lucidi e mossi capelli blu elettrico lunghi fino a metà coscia o gli occhi giallo grano dalla pupilla verticale, perciò indico il suo intero corpo con un gesto della mano. «Zahira, gli occhi! Quante volte te lo devo ripetere? Non devi spaventare i nuovi arrivati» la riprende Nathaniel scuotendo la testa mentre le iridi della ragazza diventano di un banale castano chiaro; wow, questa mi è nuova! «Non mi ha spaventata» lo rassicuro «Non è che potresti rifarlo?» la invito a ripropormi il trucco che ha appena eseguito, perché di questo si tratta, no?! I capelli sono tinti e quelle gialle sono certamente lenti a contatto, entrambi molto originali devo dire. Zahira mi sorride compiaciuta e poi asseconda la mia richiesta. «Bello vero? Questo è solo uno dei tanti privilegi di cui godiamo noi sirene. Oltre la coda s'intende» mi spiega. Alt! Cos'ha appena detto?! Scuoto la testa nella speranza di ritrovare il senno; o in questo posto vaporizzano sostanze allucinogene oppure sto completamente andando fuori di testa. Prima Nathaniel che mi chiede cosa io sia. Poi mi dice di trovarmi in una scuola. Ed ora lei che afferma di essere una sirena. Mantieni il contatto con la realtà Amy! Ordino a me stessa.
Sconvolta mi lascio cadere sul letto più vicino con le mani tra i capelli. Tengo la testa bassa e stringo gli occhi sperando, in modo tale, di riuscire a risvegliarmi da quello che comincio a pensare sia una specie di sogno molto molto curioso. «Secondo te sta bene? Tesoro, tutto bene?» la ragazza mi si avvicina e si abbassa all'altezza del mio viso, accarezzandomi una spalla con fare materno, o almeno credo. Mi ritraggo e finalmente alzo il capo, incrociando le sue iridi castane ma divise da una pupilla verticale, come fossero una via di mezzo tra le due tipologie di occhi da lei possedute. «Cosa mi state facendo?» domando allarmata, quello che sta succedendo qui non ha alcun senso, non per una persona sana di mente quale sono, almeno. «Amy non capisco cosa vuoi dire, spiegati meglio» sostiene preoccupato Nathaniel scambiando un'occhiata complice ed apprensiva con Zahira «Tu non capisci?! Io voglio sapere la verità! Su di te, su di lei ma soprattutto su questo posto» sibilo a mezza voce incapace di mantenerla completamente ferma. «Subito!» grido liberando tutto il fiato che ho in corpo. I due ragazzi mi fissano per qualche secondo indecisi sul da farsi, parlottano fitto fitto tra loro a voce troppo bassa perché io riesca a percepire le loro parole, nonostante mi siano molto vicini. Volto la testa in tutte le direzioni, sia per cercare una possibile via di fuga veloce, sia per osservare la stanza. Il letto su cui sono seduta presenta delle bellissime lenzuola di seta dorata, intonate ai disegni floreali della morbida coperta avorio. Alle pareti c'è una carta da parati piuttosto semplice ma che rispecchia comunque l'idea di lusso che trasuda da ogni angolo. Il pavimento è coperto da un parquet mogano che dà l'impressione di ritrovarsi in uno chalet montano e su cui sicuramente io camminerò quasi sempre scalza. E per ultime le finestre, da cui pendono delle pesanti ma bellissime tende nere che dal soffitto arrivano fino a sfiorare il pavimento.
«Prima voglio mostrarti una cosa, poi ti diremo tutto ciò che vuoi sapere, vieni» la ragazza mi prende la mano e mi porta con sé fino al bagno, molto più grande di quanto avessi immagino, al cui centro si trova una vasca davvero enorme. Lei inizia velocemente a spogliarsi, rivelando presto sulla sua gamba destra un tattoo gioiello, in pratica un tatuaggio color oro di quelli che si fanno con l'acqua e sono appositamente studiati per essere esibiti. Il suo, però, ha alcune particolarità che non avevo mai riscontrato negli altri, come ad esempio il fatto che sia visibile solo in alcuni punti della coscia e del polpaccio, l'incredibile somiglianza con delle squame e per ultimo il fatto che, a seconda di come la luce lo colpisce, sembra cambiare continuamente sfumatura. Davvero stupendo! Zahira sorride imbarazzata e mi invita ad avvicinarmi ulteriormente per osservarla mentre si immerge nell'acqua fredda. Dopo alcuni minuti passati a trattenere il respiro scorgo improvvisamente un lieve luccichio dorato sui suoi piedi che, ben presto, diventa un nastro lucente che le avvolge completamente le gambe fino a lasciare al loro posto una bellissima coda dorata, identica al tatuaggio, e a quello dei piedi due grandi pinne di uno strano verde mai visto, a metà tra il verde acido ed il pistacchio, molto simile a quello che le tinge le lunghe unghie delle mani. La superficie iridescente delle squame consente loro di assumere diverse sfumature che variano dal giallo dorato al verde chiaro, intonandole perfettamente sia alle pinne che al colore predominante. La coda è, in taluni tratti, solcata da profonde cicatrici che, però, invece di abbruttirla la rendono semplicemente meravigliosa, come fosse decorata. Quella che ormai, mi arrendo all'evidenza, sembra essere a tutti gli effetti una sirena si muove sinuosa agitando appena le pinne per mostrarmi quanto esse siano sottili e delicate ma allo stesso tempo forti, ed io ne rimango completamente incantata.
«È vera? Posso toccarla? Sei nata così?» le chiedo a raffica provocandole una risata «Sì, sì e sì. Ma stai attenta a non farti male, queste piccolette sono piuttosto taglienti» mi spiega dolcemente applaudendo gioiosa, non so se a se stessa o per darmi il "benvenuto" nella cerchia di coloro che sono a conoscenza del suo segreto. «Ora posso sapere cos'altro mi nascondete o devo capirlo da sola?» «Beh, ecco... come dire...» inizia il ragazzo «Su Nathaniel, non girarci tanto intorno» lo sprona Zahira schizzandolo con la coda «Sei stata ammessa al primo ed unico istituto per creature soprannaturali esistente sulla Terra. Sì sì, hai capito bene, nessuno degli ospiti è completamente umano. Nemmeno tu. Skahedan è una specie di "scuola" in cui ci viene insegnato a controllare e migliorare le nostre capacità, in modo tale da poterci poi reinserire nella società senza rischiare che provochiamo incidenti, a volte piuttosto gravi» assimilo le parole della ragazza, soppesandole una ad una. In un'altra occasione probabilmente avrei buttato tutto all'aria e li avrei mandati entrambi a quel paese per aver tentato di prendermi in giro, ma non oggi. Oggi sono solo curiosa di saperne di più, non so come ma improvvisamente tutti i pezzi iniziano ad incastrarsi alla perfezione. Gli strani avvenimenti, i vuoti di memoria, la chiamata per farmi portare qui. Ora anche le strane domande ed affermazioni dei due non mi sembrano più così fuori dal mondo, tranne una che aleggia ancora nell'aria: cosa sei?
Continuo a sentire la voce di Nathaniel nella mi testa che lo ripete all'infinito, sempre più rapidamente e ad intensità crescente. Chiudo gli occhi per riordinare i pensieri e dar loro un filo logico da seguire «Quanto ci vuole prima di essere, come hai detto? Reinseriti. Mesi? Anni? Decenni?» domando ansiosa. Non ho alcuna voglia di tornare alla mia precedente e noiosa vita ma non posso negare di sentirmi prigioniera in questo posto. «Ti stavamo aspettando» ripenso ai possibili significati della frase e al tono con cui è stata pronunciata, quasi speranzoso, come in tutto ciò mancasse qualcosa, un «Da tempo» sottinteso ma mai esplicitato.

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Capitolo 5
*** I Puri ***


Amy's pov

Il tour della scuola ad opera di Zahira e Nathaniel è qualcosa di meraviglioso. Infiniti scale e corridoi, un susseguirsi di migliaia di stanze e centinaia di aule. Questo posto è anche più grande di quanto mi fosse sembrato da fuori. C'è persino una piscina olimpionica! «E per ultimo l'ufficio del direttore Kaver» mi spiega il ragazzo indicando con un gesto plateale la porta che si vede in lontananza «È lui che si occupa di mandare avanti tutta la baracca e ci seleziona» racconta Zahira «E non è tutto. Lo avvolge un alone di mistero che nessuno sembra essere in grado di dissipare» «In che senso?» «È talmente antico, potente e saggio che molti degli ospiti hanno iniziato ad ipotizzare che sia un dio» mormora la sirena guardandosi attorno guardinga, come a volersi accertare di non essere sentita. «Suvvia smettila, sai benissimo che lui non è altro che un semplice vampiro, molto anziano ma pur sempre mortale. Nemmeno lui vivrà all'infinito. Lo sanno tutti che non è un Puro» afferma naturale Nathaniel, probabilmente aspettandosi una "ovvia" conoscenza del tema da parte mia. «Un che?» chiedo perplessa «Un Puro» ripete Zahira «Sai cos'è?» «Dovrei?!» ribatto dubbiosa; ho scoperto dell'esistenza del soprannaturale da appena qualche minuto, figurato s'intende, e già si aspettano che io ne comprenda ogni dettaglio? Sono molto intuitiva ma di certo non una veggente!
Il ragazzo si schiarisce la voce e poi spiega molto velocemente «È una creatura soprannaturale» e fin qui ci ero arrivata anche da sola, penso tra me e me «Ma di un tipo diverso rispetto a noi» anche questo sospettavo, continua Nathaniel, dai, non lesinare proprio sulle spiegazioni. Sospiro sconsolata. Mi pare di capire che lui non possegga la stessa parlantina fluida di Zahira. «Lascia fare a me, se continui così morirà di noia, povera Amy» scherza la ragazza strizzandomi l'occhio «In poche parole? È molto semplicemente un soprannaturale di nascita e non ibrido. Significa che non è diventato tale a seguito di un morso, o qualsiasi altro avvenimento abbia innescato una mutazione, e deve necessariamente essere il frutto dell'unione tra due creature della stessa specie. Ecco, i Puri sono quasi gli unici ad essere davvero immortali, ed è estremamente raro incontrarne uno; pensa che c'è chi crede addirittura siano soltanto una leggenda!» spiega la mia nuova amica molto rapidamente ma in modo chiaro ed efficace «Non ci voleva molto, vero Nath?» ridacchia divertita accarezzandogli dolcemente il petto. Oh, ora sì che comprendo perché tra i due sembra esserci tanta confidenza, sono una coppia! «Da quanto state insieme?» «Shhhh!» mi zittisce immediatamente il ragazzo mettendomi una mano sulla bocca «Vuoi farci espellere per caso?! Sono tassativamente vietate le relazioni tra studenti!» mormora deciso accertandosi che non ci sia nessuno oltre noi nei paraggi «Se si venisse a sapere...» non conclude la frase soltanto perché una ragazza, che per la corporatura minuta mi ricorda una bambina, spunta da dietro l'angolo. Devo aspettare che si avvicini prima di riuscire a scorgere l'arcobaleno che nasconde tra i capelli neri che le ricadono sulle spalle, o quei suoi grandi e bellissimi occhi grigio chiaro. La trovo a dir poco adorabile, tanto da ritrovarmi a seguirla con lo sguardo.
«È bellissima, chi...» «Solo estremamente antipatica ed asociale» interviene la sirena «Nonché incredibilmente strana e scontrosa, anche se comincio a credere che sia l'unico modo che conosce per dimostrare affetto. Oh sì, quasi dimenticavo, mi odia a morte» spiega rancorosa Zahira, da come ne parla è probabile che tra le due ragazze sia successo qualcosa di non molto piacevole, considerando l'astio nella voce della mia amica. «Non ti sembra di esagerare ora?» le chiede severo il ragazzo «Assolutamente no! Non è colpa mia se non ha amici!» «Zahira!» la riprendo, ora comincia a diventare cattiva, non come gli antagonisti dei film s'intende, lei è cattiva in un modo completamente diverso. Parla ad un tono di voce talmente alto da essere certa che l'altra ragazza la senta chiaramente e tutte le parole pronunciate mirano ad un unico scopo, ferirla. «Che c'è?! È frustrata perché è soltanto un banale mutaforma? Peggio per lei, ma non può avercela col mondo solo perché è una sfigata!» sibila maligna la sirena. Ora basta, ne ho davvero abbastanza. Quella ragazza avrà certamente tutti i difetti già elencati, ma quantomeno credo ne sia conscia e soprattutto non è infima. Mentre Zahira non fa altro che sputare sentenze su tutto e tutti come se lei fosse perfetta. Deve solo ringraziare il mio autocontrollo se non le ho ancora stretto la gola con le mani; se avesse detto di me ciò che ha detto dell'altra ragazza ed io l'avessi sentita, di certo non me ne sarei stata buona e zitta. Questo è poco ma sicuro! Ammiro l'intelligenza dimostrata dalla mora.
Muovo qualche passo in solitudine, allontanandomi dalla coppia che discute animatamente alle mie spalle; se questa è l'idea generale che si ha delle persone taciturne non oso immaginare cosa mai si potrebbe pensare di me. «Amy mi dispiace, non avresti dovuto assistere a questo» si scusa Nathaniel chinando il capo «È che Zahira non ha filtri, dice tutto quello che le passa per la testa. Nel bene e nel male. Non lo fa apposta, purtroppo o per fortuna è nella sua natura. Ti chiedo solo di darle tempo, perdonala e prova a capirla, sono certo che imparerete ad andare d'accordo se ciascuna di voi smusserà i lati taglienti del proprio carattere. Non siete poi così diverse, fidati di me» annuisco abbozzando un sorriso forzato, forse ha ragione lui, dovrei darle un'altra possibilità. In fondo cosa mi costa? Volente o nolente sono confinata qui, mi conviene farmi degli amici piuttosto che dei nemici. Mi riavvicino alla sirena e le porgo la mano in segno di pace, è così che si fa, no?! Si dimostra la propria disponibilità e si spera che dall'altra parte ci sia la stessa intenzione. Lei sembra indecisa, quasi titubante, come dubitasse della sincerità del mio gesto. Scandaglia ogni minimo cambio di espressione sul mio volto e, dopo aver fissato gli occhi nei miei per un lungo momento, alza le spalle e mi abbraccia. «Le tue intenzioni sono buone, non ne dubito» afferma come se potesse leggere il mio cuore molto similmente a quanto farebbe con un libro aperto «Tuttavia c'è qualcosa in te di insondabile, nascosto in un luogo inaccessible persino a me» dichiara come fosse uno di quegli Oracoli di cui si sente spesso parlare nei migliori fantasy.
«L'ho fatto di nuovo, vero?» chiede scuotendo la testa e voltandosi verso il suo ragazzo, che annuisce, in cerca di risposte «Scusa, non volevo essere invadente» «Come tutte le sirene anche lei è empatica, a volte emerge questo suo lato senza che se ne renda conto ed ecco il risultato» spiega lui «Faccio la figura dell'impicciona, continuamente. Ma non preoccuparti, sto cercando di imparare a controllarmi» mi rassicura poggiandomi una mano sul braccio per ritrarla quasi istantaneamente, assumendo un'espressione dolorante. «Che hai fatto a quel bracciale? L'hai incantato?» grida furiosa massaggiandosi la mano «Incantato? Io?! Cosa?! No!» non capisco, sono indignata dalle sue accuse, io non gli ho fatto proprio un bel niente! «Posso?» lo tolgo e lo consegno gentilmente a Nathaniel, che però lo lascia cadere pochi secondi dopo. Lo raccolgo e lo rimetto tranquillamente al suo posto «C'è qualche problema?» chiedo confusa «Sì, quel coso è maledetto» sibila rabbiosa indicando il mio gioiello «Concordo con Zahira, mi dispiace Amy» il ragazzo si precipita dalla sirena e, stringendole le mani tra le sue, continua a dire «Quell'oggetto ha qualcosa che non va e dobbiamo necessariamente scoprire di cosa si tratta, non possiamo rischiare che ferisca chiunque lo tocchi come ha fatto con noi due. Per fortuna la persona che fa al caso nostro è proprio dietro quella porta» suggerisce avviandosi verso l'ufficio di Kaver e facendo segno a noi ragazze di seguirlo.

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Capitolo 6
*** Il velo ***


Zahira's pov

Le nocche di Nathaniel che entrano in contatto con il legno spesso e vecchio della porta producono una sorta di strano scricchiolio, molto poco rassicurante a dirla tutta. Mi ricorda i pavimenti ormai rovinati delle antiche ville infestate da cui sono sempre stata alla larga. Detesto i fantasmi con tutta me stessa, sono creature burlone e prive di qualsiasi ritegno, per non parlare poi del fatto che potrebbero anche materializzarsi in camera mia, se lo volessero. Da far accapponare la pelle! «Avanti» la voce forte e decisa del direttore colpisce le pareti con estrema violenza, lo sento da come rimbomba prima di arrivare a noi. Il mio udito sopraffino non mi delude mai. Non abbiamo nemmeno il tempo di entrare che la porta alle nostre spalle si richiude con un tonfo. Qualcosa di orribile sta per accadere. Percepisco la densità dell'aria cambiare per farsi sempre più pesante man mano che ci avviciniamo a Kaver, fino a diventare quasi irrespirabile di fronte a lui. Mi sento come se una forza invisibile volesse schiacciarmi al suolo.
«Amethyst cara, fammi vedere» la invita allungando una mano verso il braccio della ragazza che prontamente si scansa «Sai per quale motivo ti ho voluta qui?» lei annuisce ma resta in silenzio guardandolo storto «Voleva aggiungere un altro fenomeno da baraccone alla sua più che cospicua collezione» mormora poi «Ora è finalmente riuscito a completare l'album o le manca ancora qualche stranezza?» ghigna sarcastica. «Amy, per favore, un po' di rispetto» la riprendo io, preoccupata di quello che potrebbe farci l'uomo se oltrepassassimo i limiti «Tu stanne fuori» mi ordina la rossa voltandosi di scatto «La lasci fare, signorina Green, sentiamo cos'ha da dire la nostra nuova ospite» sorride luciferino il direttore «Sono proprio curioso» aggiunge. La familiare pressione alle tempie mi mette in guardia sugli avvenimenti dell'immediato futuro. Ci siamo, penso impaurita. Questa storia non finirà bene. Per niente. Con uno scatto a velocità sovrumana Kaver tenta nuovamente di sfilare il bracciale della mia amica che, dal canto suo, mi sorprende per la prontezza dei suoi riflessi; non soltanto riesce ad impedirglielo, ma lo blocca e poi lo fa schiantare contro la parete di fronte a noi con una leggera spinta sul petto. Come ha fatto? «Notevole, lo ammetto» il professore si riprende in fretta, c'era da aspettarselo, ciò che però non mi aspetto è il gesto stupido ed avventato a cui assistiamo. Per la terza volta tenta di rubare ad Amy quell'oggetto tanto bello quanto pericoloso. Meraviglioso, certamente, ma anche fonte di guai. Sia io che Nathaniel ci siamo feriti semplicemente sfiorandolo, ed avevamo il permesso della rossa. Cosa potrebbe succedere a qualcuno che tentasse di prenderlo con la forza?
In pochi secondi accade l'impensabile. Con semplici e minimi gesti Amy riesce a sottomettere completamente l'uomo che, fino ad oggi, tutti noi studenti veneravamo e pensavamo fosse invincibile. La sua statura, la sua corporatura possente, il profilo risoluto, il mento affilato ed i suoi occhi incavati nell'orbita. Niente di lui avrebbe potuto far presagire quello che sta succedendo. La ragazza gli stringe una mano alla gola per tenerlo immobile mentre lo studia «Non sembri incredibile quanto ti avevano descritto» afferma piantandogli le unghie nella carne «E nemmeno tanto potente» aggiunge, poi più niente. Solo assoluto silenzio da parte della mia amica che sembra eccessivamente concentrata sull'uomo. «E tu sei riuscita a scambiare questo essere per un Puro? Non hai un grande spirito di osservazione, vero sirena?» ride prendendosi gioco di me e della mia capacità di giudizio. Questa non è Amy. Ecco cosa mi dice il velo nero che le copre interamente sia le iridi porpora che la sclera, rendendoli estremamente simili a due macchie d'inchiostro. Sensuali e lucenti, bellissime ma pur sempre terrificanti. Come può la rossa, una ragazza estremamente ragionevole seppur impulsiva, da quanto ne so, essersi trasformata in questo guscio vuoto? La risposta è piuttosto semplice, non può.
Strani gesti per me incomprensibili accompagnano le sue parole «Sachmätt yenley heskêt» suoni strani, mai sentiti, forse appartenenti ad una lingua arcaica a me completamente sconosciuta, giungono alle mie orecchie come una sorta di cantilena. È parte di un rituale o c'è qualcosa, in lei, che è rimasto sopito fino ad ora? L'uomo ha forse risvegliato il male annidato in tutti noi ma che in Amy ha trovato l'ospite ideale, corrompendo la sua anima? Poi di nuovo «Eyhâ munfrei prüsq nafej» di nuovo non riesco a comprende cosa significhi la sua frase. Niente di buono, immagino. Lo ucciderà. Sussurra il mio istinto pressoché infallibile; devo avvertire Nath. Anche se il terrore mi paralizza cerco e trovo la mano del mio ragazzo «Non è enochiano, vero?» chiedo quasi certa della risposta «Decisamente no, questo linguaggio non ha niente a che fare con i miei fratelli, è addirittura più antico» colgo la preoccupazione sul suo viso e nella sua voce: devo provare a fermarla prima che sia troppo tardi. Cerco nella stanza un'arma da usare, a malincuore, contro la mia amica che nel frattempo ha iniziato a torturare il direttore. Uno strano sadismo sembra essersi impossessato di lei, riesco a percepire il piacere che trae dalle ferite inferte all'uomo, il modo in cui nelle vene le scorre qualcosa di ben poco simile al sangue e che somiglia alla più profonda oscurità. Sento come pulsa attraverso il suo cuore giungendo fino ad irradiare ogni cellula del suo corpo. Mi sembra quasi di riuscire a vederla combattere per prendere il sopravvento sul corpo della rossa, come un bellissimo abito che chiede di essere indossato ad ogni costo.
«Amy, per favore, smettila» la supplico, non potendo fare altro. «Tu non sei cattiva, non sei così, questa non sei tu» tento di convincerla, pur sapendo che con le mie parole potrei anche peggiorare una situazione di per sé già abbastanza critica e delicata. La risata divertita, sarcastica e maligna della mia amica mi fa sussultare «Cosa vuoi saperne tu? Sei solo una floet» non posso esserne certa, ma credo che l'ultima parola dovesse essere un'offesa. Torna a dedicarsi a Kaver, gli stringe il viso con entrambe le mani prima di mormorare «Najgel volwoi eyhâso» purtroppo non non riesco ad impedirglielo; gli stacca la testa con un leggero ed elegante gesto della mano. «Amy, cos'hai fatto?!» grido atterrita «Ti ho salvata, stupida!» sibila di rimando iniziando ad avvicinarsi a me. Nathaniel mi si para davanti ma viene sbalzato via «Finalmente sole» sussurra suadente sfiorandomi le labbra con la punta delle dita in un atteggiamento piuttosto ambiguo «Tu mi temi, non devi» spiega ritraendo la mano «Tu sei buona, quel vampiro no» afferma «E nemmeno lui lo è» aggiunge voltandosi verso il mio ragazzo «Ma non aver paura, sono qui per aiutarti» colgo le deplorevoli intenzioni nei suoi occhi, non lascerò che gli faccia del male, non a lui, non al ragazzo che amo. Ovviamente non tenterei minimamente di sopraffarla con uno scontro fisico, è evidente che nonostante io sia svariati centimetri più alta di lei, ella possieda una forza non indifferente. Farò affidamento sulla mia fonte di potere più spiccata. Sono pur sempre una sirena, se siamo temute e ricordate per la nostra voce un motivo ci sarà!
Mi concentro su Amy ed i suoi movimenti, devo aspettare il momento giusto prima di cantare, buffo che delle semplici urla a tonalità sovrumana vengano definite tali, le fanno sembrare una cosa bella anziché una pericolosa arma. Tanto potente che, se non controllata, potrebbe uccidere. Studio ogni sua mossa, gesto e respiro, osservo il modo in cui, di tanto in tanto, si guarda intorno come spaesata. Ascolto le sue farneticazioni senza senso. È il momento. Chiudo gli occhi e spero con tutta me stessa che funzioni, non voglio farle del male ma devo, sussurro «Mi dispiace» e poi lo faccio, attingo ad ogni minima goccia di potere ed urlo. Ogni minima vibrazione che scaturisce dalla mia gola ha l'effetto di migliaia di martelli che picchiano in testa e sbattono contro i timpani di chiunque mi ascolti. Mi fermo solo quando percepisco il tonfo sordo di Amy crollare a terra svenuta «Mi dispiace tanto tesoro, ma ho dovuto» mormoro accarezzandole i capelli mentre aspetto che si riprenda.

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Capitolo 7
*** Zahira ***


Nathaniel's pov

Scuoto la testa dolorante cercando di scrollarmi di dosso l'orribile sensazione di essere appena stato investito da un tir. Dio, che male! Fortuna che mi rigenero abbastanza in fretta. «Non potevi avvertirmi?» domando a Zahira, che accarezza Amy come fosse una bambina da proteggere anziché una bomba ad orologeria «Se l'avessi fatto avrei anche potuto dire addio all'effetto sorpresa, non trovi?» giusta osservazione, forse dovrei riflettere più a fondo, la prossima volta, prima di formulare una frase. «Come sta?» mi avvicino alle due ragazze per accertarmi che entrambe siano uscite incolumi dallo scontro. So che non si direbbe, a giudicare dalla rossa stesa a terra con gli occhi chiusi, ma è stata lei ad avere la meglio. «Tu come stai?» «Male» commento «Ecco, lei sta peggio» mi spiega concisa. «E tu sei certa che sia il caso di starle così vicina?» «Nath! È svenuta!» mi riprende la mia ragazza guardandomi in malo modo, ha ragione, forse sono troppo apprensivo nei suoi confronti, ma come potrei agire diversamente sapendo quello che ha dovuto subire?!

Inizio flashback

In quanto guardiano ho il compito di trovare e "reclutare" quante più creature soprannaturali possibili. Ecco spiegato il motivo per cui ora, in una gelida notte di gennaio, vago sotto la pioggia senza un ombrello e con le mani in tasca: ho percepito l'energia di uno di loro. I capelli bagnati sono appiccicati alla fronte ed in parte mi ostruiscono la visuale. Li sposto indietro facendoli aderire alla testa prima di iniziare a correre; il riverbero si fa più forte, come una luce accecante che mi ferisce gli occhi ed il cuore. Pochi metri più avanti una ragazza seminuda giace inerme sul ciglio della strada. La soccorro immediatamente coprendola con tutto ciò che ho: il mio giubbotto di pelle. «Non farlo, non per me, non ne vale la pena» grida piangendo nel tentativo di sovrastare lo scroscio della pioggia «Ne hai più bisogno tu di me» affermo sistemandoglielo meglio sulle spalle «Ma così gelerai!» esclama preoccupata alzando, finalmente oserei dire, lo sguardo. Tutto perde d'importanza e consistenza mentre osservo quegli occhi tristi ma allo stesso tempo luminosi e pieni di vita, di un giallo intenso che si manifesta ogniqualvolta i fari di un'auto li colpiscono, buffi per la curiosa posizione verticale delle sue iridi. «Non preoccuparti per me, non percepisco né il caldo né il freddo, al contrario di te» mi alzo in piedi stringendole le mani per aiutarla a fare lo stesso, ma lei scuote la testa sconsolata «Ho una gamba rotta, non ci riesco, e tu non puoi portare entrambi. Vai via prima che tornino a cercarmi» mi supplica dandomi una spinta. Scommettiamo?! La prendo in braccio senza alcuno sforzo e la stringo al petto mentre aspetto il momento giusto per agire. Non posso certo dispiegare le ali davanti ad occhi indiscreti! Quando anche l'ultima auto ci sorpassa spicco rapido il volo, conosco un luogo sicuro in cui portarla finché non si sarà completamente ristabilita. Allora e soltanto allora la condurrò all'istituto.
Nonostante l'altezza a cui ci troviamo, il vuoto più completo sotto di noi, i suoi muscoli tesi forse per la paura, la ragazza non esita minimamente a mantenere lo sguardo fisso sulle mie ali mentre mi stringe le braccia al collo. Le guarda con un'espressione che definirei quasi estasiata, al limite della venerazione. «Posso?» sussurra allungando timidamente la mano mentre la appoggio al centro del letto. Qui nessuno verrà a cercarci, non esiste anima viva che conosca questo posto: la mia casa di famiglia, caduta ormai in rovina da diversi anni, a seguito della morte di mia madre a causa di una malattia che, malgrado le mie capacità, non sono stato in grado di curare. Lei era un'umana ed io un giovane angelo inesperto, ancora non avevo sperimentato la guarigione. In realtà non sapevo nemmeno di essere in grado di farlo. Come già detto ero troppo giovane e, purtroppo, le mie abilità non si erano ancora manifestate del tutto. «Soltanto se mi dirai il tuo nome» «Zahira» mormora sussultando mentre le controllo delicatamente la gamba fratturata «E tu sei?» «Nathaniel» affermo deciso sorridendole. Chi mai sarà stato a farle questo? È stato volontario o un semplice incidente? «Se hai una vasca e dell'acqua te lo mostro» suggerisce cogliendomi di sorpresa. Come ha... «Sirena da parte di mamma, riesco a percepire i tuoi pensieri» mi spiega ridacchiando ed appoggiando una mano sulla mia come volesse ringraziarmi per averla liberata dal dolore. Il processo di guarigione dovrebbe ormai essere in atto, ma ci vorranno giorni prima che si rimetta del tutto. Giorni in cui resterò sempre al suo fianco. La accompagno fino alla piscina sul retro della costruzione e la immergo nel liquido «È abbastanza grande?» non devo nemmeno sforzarmi di immaginare la risposta, poiché mi si manifesta davanti agli occhi a caratteri cubitali quando le spunta una splendida coda che va a sostituire le sue gambe, una coda che pare essere in grado di usare senza alcuna difficoltà nonostante il problema alla gamba. Si immerge e poi riemerge più volte, sempre più sorridente, schizzando da una parte all'altra della vasca ad una velocità tale che mi risulta quasi difficile riuscire a seguirla con lo sguardo. La osservo compiere numerosi archi in aria mentre, ne sono certo, si esibisce per me. Potrei stare ore a guardarla senza stancarmi. «L'acqua può curarmi in un modo simile a quanto hai tentato di fare tu» dice appoggiando le braccia sul bordo «Ora però devi raggiungermi o non potrò darti le risposte che cerchi» mi ricorda allontanandosi per farmi posto «Coraggio, non essere timido, non sei certo il primo ragazzo che vedo» afferma arrossendo per l'imbarazzo «Non volevo dire...» «Lo so, tranquilla» mi sento in dovere di rassicurarla, perciò le stringo dolcemente la mano.
Lei si libera dalla mia presa e si immerge trascinandomi con sé fino a toccare il fondo. Mi tiene bloccato in modo tale che non possa risalire, mi sorride come se questa fosse la cosa più bella del mondo; ovvio, lei è in grado di respirare anche qui sotto. Io no, però. In un attimo lo scenario intorno a noi cambia completamente ed io mi ritrovo improvvisamente solo, in uno scantinato buio e sudicio che non ho mai visto prima. Legata in un angolo c'è Zahira che, nonostante i lividi, le ferite e le bruciature che le coprono quasi completamente il corpo, tiene lo sguardo fisso davanti a sé come se da esso dipendesse la sua  sopravvivenza. Un uomo che a stento si regge in piedi entra dalla porta e la sbatte facendo sussultare la ragazza «Papà, sei venuto a liberarmi?» domanda con voce quasi infantile «Papà, ti prego. Mi fanno male» piagnucola mostrandogli i polsi arrossati e contusi. Quanta determinazione riesco a leggere nei suoi occhi tristi, quanta insistenza e, soprattutto, quanta voglia di fuggire. Prova persino a mettersi a piangere ma l'uomo sembra continuare ad ignorarla nonostante le suppliche. Deve avere un cuore di ghiaccio. Le getta degli avanzi, forse addirittura della spazzatura, davanti e poi biascica «Questo è tutto ciò che avrai e che meriti. Non ti è bastato ammazzare tua madre e rendere la mia vita un inferno, no. Dovevi prenderti anche i miei amici, dovevi volere per forza tutto ciò che avevo. Ma voi streghe siete tutte così, vero? Tutte ugualmente puttane. Ma come si dice: tale madre, tale figlia!» conclude sputandole in faccia schifato. «Ora mangia che non servi ad un granché morta. Più tardi verranno a trovarti Larry e gli altri, voglio che tu li soddisfi in tutto, sai cosa ti aspetta se ti rifiuterai di accontentarli o si dichiareranno insoddisfatti. Sono stato chiaro?». 
Vengo risucchiato nel presente e mi ci vuole qualche minuto per abituarmi ed allontanare il senso di confusione e stordimento «Nathaniel? Stai bene?» Zahira mi tasta la fronte preoccupata e fa un balzo indietro quando tossisco sputando l'acqua accidentalmente ingerita. Annuisco ed istintivamente la stringo in un forte abbraccio «Ti prometto che nessuno ti farà mai più una cosa del genere. Mai» sussurro tra i suoi capelli.

Fine flashback

La mia ragazza mi osserva dubbiosa «Quale luogo stavi visitando?» mi chiede curiosa «Il nostro primo incontro, il primo doloroso ricordo che hai scelto di condividere con me, quei giorni passati insieme, il momento in cui mi sono innamorato di te» sussurro accarezzandole il viso come feci svariate volte durante quella nostra "fuga" al riparo dal mondo, al sicuro da tutto e tutti. «Interrompo qualcosa?» la voce roca di Amy distoglie entrambi da quel momento di naturale dolcezza «Come ti senti?» le chiede Zahira «Ricordi qualcosa?» le domando io. Non vorrei sembrare brusco o insensibile, ma al momento mi interessa più sapere se ricorda di aver ucciso un uomo a sangue freddo piuttosto che la sua salute; male che vada le verrà un bernoccolo! Un urlo agghiacciante mi costringe ad allontanarmi un po' dalla rossa «Cosa gli è successo? Chi è stato? Perché non l'avete fermato?» come non detto, ho le risposte che mi servono. Sto per aprire bocca quando un'occhiataccia della mia ragazza mi spinge a desistere dal mio intento di spiegarle tutto, perciò mi limito a mormorare «Tu» prima di vederla correre via senza nemmeno tentare di replicare. 

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Capitolo 8
*** La mia nuova amica ***


Amy's pov

Corro. Corro a perdifiato finché non ritengo di essermi sufficientemente allontanata dai due e soprattutto dal corpo sanguinante di Kaver. Mi fermo per riprendere fiato e poi ricomincio a correre, sento di non essere ancora abbastanza distante. Fatico a deglutire a causa del bruciore alla gola ed ai polmoni, ho bisogno di aria. Tanta aria. Mi sforzo di pensare quanto più lucidamente possibile e mi si accende una sorta di lampadina immaginaria davanti agli occhi. Non avevo visto delle torri, arrivando?! Devo provare a raggiungerne una, velocemente. Il cuore mi palpita in gola e gli occhi bruciano tanto intensamente da provocarmi il mal di testa. Mi muovo piuttosto bene lungo questo labirinto di corridoi che è l'istituto, come ci fosse una mano invisibile a guidare ogni mio passo. Non mi volto indietro finché non percepisco una brezza fredda sferzarmi il viso, finalmente! Da qui si vede tutto perfettamente, come quando nei sogni si ha una visuale privilegiata che permette di osservare la scena fin nei minimi dettagli senza però essere notati. Seduta con le gambe penzoloni dalla costruzione c'è una ragazza, se ne sta immobile con lo sguardo rivolto al cielo. Le braccia aperte ad abbracciare il nulla ed una strana luce tra i suoi capelli. Mi avvicino silenziosamente, non voglio certo disturbarla, probabilmente è salita fin qui alla ricerca di un po' di tranquillità, proprio come me. A pochi passi da lei una sorta di forza mi investe prepotentemente sbalzandomi dalla parte opposta rispetto alla ragazza. Per fortuna non troppo lontana, o avrei seriamente rischiato di cadere di sotto.
Mi massaggio la testa dolorante che, per fortuna, non sanguina. «Scusa, pensavo non ci fosse nessuno» mormora invitandomi a sedermi accanto a lei «Cos'era quella?» «Niente di che, ho liberato una parte della mia energia. Non posso contenerla tutta» mi spiega «Non in questa forma» continua poi. «Io sono Shelley, comunque» si presenta accennando un sorriso di circostanza che la fa sembrare tutt'altro che la cinica antipatica descritta da Zahira. Penso piuttosto che questa ragazza sia un po' come me: riservata, a tratti timida, privata della sua infanzia fin troppo presto. Delusa dal mondo o da una parte di esso, in collera con la vita e per questo poco disposta a fidarsi di qualcuno che non sia lei stessa. «Hai un aspetto curioso. Assomigli sia ad una bambina che ad una donna che ne ha passate tante. Una specie di "bambina vissuta", passami il termine. Come riesci a far convivere le due cose?» sono stata definita in molti, moltissimi modi e mi sono state rivolte numerose domande, alcune delle quali insensate o completamente fuori luogo, ma devo ammettere che questa mi mancava. Rientra decisamente nella lista delle tre più strane, tutte poste da quando sono arrivata qui. «Non ci riesco, probabilmente, mi limito ad esistere» le rispondo sinceramente. Non credo che in questo caso si possa dichiarare una risposta giusta o sbagliata, a modo suo ognuna di esse presenta entrambe le sfaccettature. 
«Interessante punto di vista, Amy. È così che vuoi essere chiamata, giusto?» questa ragazza continua a sorprendermi con la sua innata capacità di farmi sentire a mio agio con lei che, in qualunque modo la si voglia dire, è per me una sconosciuta. 
«Finalmente sei arrivata» sospira «Non vorrei la prendessi sul personale, ma non ne potevo davvero più di sentire continuamente parlare di te. Eri letteralmente sulla bocca di tutti» mi spiega buttando gli occhi all'indietro «Non particolarmente interessante, vero?» la assecondo «Non volevo dire questo, ma passare anni ad ascoltare chiacchiere su qualcuno che non conosci e che non pensi avrai mai occasione di incontrare beh, non è esattamente divertente» sbuffa coprendosi la bocca con una mano «Credimi, ti capisco. Nemmeno io sopporto sentir parlare di me, immagino come possa essere per gli altri, soprattutto se, come hai detto tu, sono costretti a subire tutto questo per anni. Avrete cose più importanti di me di cui preoccuparvi. Sono solo un'altra ragazza come tante» ammetto scuotendo la testa prima di voltarmi dall'altra parte. Una risata fragorosa richiama la mia attenzione, è davvero Shelley a ridere?! «Cos'ho detto di strano?» non capisco perché tragga tanto piacere dalle mie affermazioni. «Sei davvero convinta che si scomoderebbero per una ragazza qualsiasi? C'è un motivo se ti trovi qui, se il direttore ti ha voluta, se hanno...» borbotta qualcosa a bassa voce, qualcosa di incomprensibile «Non sei curiosa di sapere perché tutti, qui, sembrano conoscerti?» beh, sì, in effetti lo sono e penso proprio che lei possa fornirmi tutte le spiegazioni necessarie.
Annuisco e congiungo le mani in grembo, in attesa che Shelley ricominci a parlare, o meglio a raccontare qualcosa che potrebbe rivelarsi interessante. «Immagino ti abbiano già spiegato che genere di istituto è questo» annuisco nuovamente prima che lei riprenda «Il ragazzo zerbino e la sirena» commenta maligna «Lo direbbero ai quattro venti, se potessero» scoppio a ridere alle parole di Shelley; su una cosa Zahira ha perfettamente ragione: questa ragazza la detesta sul serio, ma non credevo che l'odio si estendesse anche a Nathaniel. «Non ti piacciono proprio, vero?» scuote la testa con un'espressione colpevole dipinta in volto «Non mi piacciono le persone pettegole e soprattutto chi giudica gli altri senza averne la facoltà» ammette «Sono praticamente gli ultimi arrivati eppure sono convinti di essere i padroni di questo posto» si lamenta guardandosi intorno con fare circospetto. «Ma non siamo qui per parlare di me e di quanto poco sopporti gli altri ospiti. Se non erro stavo per svelarti il motivo per cui tutti sembrano conoscerti. Beh, il fatto è che tu...» «Amy, finalmente ti abbiamo trovata!» la voce squillante e preoccupata della sirena mi fa sobbalzare, tanto che Shelley mi tira indietro per la maglia evitando che io cada di sotto.
La mia amica si tiene una mano sul cuore come volesse evitare che le esca dal petto. Deve essere stato davvero faticoso cercarmi. «Vi siete preoccupati per niente» affermo in tono piatto «Come avrete notato sto bene, perciò potete anche tornare a lezione od ovunque dobbiate andare» dico seria, in tono forse eccessivamente distaccato. Apprezzo il fatto che abbiano temuto per la mia incolumità ma hanno sprecato inutilmente tempo ed energie, poiché sono più che in grado di badare a me stessa. L'ho fatto fino adesso, credo di poter continuare per il resto della mia vita. Insomma, dov'erano loro o tutti gli altri quando ne avevo veramente bisogno? Dov'erano quando imploravo aiuto ed in cambio ricevevo solo schiaffi dalla vita? Ma soprattutto dov'erano quando trascorrevo giorni interi pregando di morire? «Avrai bisogno di amici se vorrai sopravvivere qui, fidati, so cosa si prova ad essere completamente soli al mondo. Non fare come me, lasciati conoscere e soprattutto riponi la tua fiducia nelle persone che ti circondano» mormora Shelley stringendomi delicatamente le spalle. Fa un cenno con la testa in direzione dei due ragazzi in piedi dietro di noi, Zahira mi tende la mano mentre Nathaniel sembra semplicemente preoccupato, è rimasto indietro di qualche passo rispetto alla sua ragazza e la osserva con occhi premurosi. Mi volto nuovamente per ringraziare la mora ma sembra essere svanita nel nulla, colgo solo un fugace bagliore con la coda dell'occhio, troppo poco perché possa comprendere di cosa si tratta. 
Con un sospiro mi incammino in direzione dei miei amici, pronta a sorbirmi una bella ramanzina da entrambi, invece mi sorprendono abbracciandomi. Mi correggo: Zahira lo fa, lui invece si limita a sorridere. «Non sparire mai più in quel modo, può essere pericoloso per te» sussurra dolcemente «Non mi pare, a sentire voi. Se sono stata in grado di uccidere una creatura millenaria non dovrebbe essere un problema tenere a bada qualche animaletto da compagnia» ironizzo sull'accaduto nella speranza di sdrammatizzare. Se questo è stato solo il primo di una lunga lista di incidenti che causerò penso sia meglio vederne il lato positivo, piuttosto che quello negativo. Se non lo facessi ciò mi distruggerebbe. «A proposito di animali da compagnia» dice Zahira sorridendo «Ecco di ritorno la mia peste» mi indica un punto, letteralmente, poco lontano, vedo soltanto una piccola macchia nera che si avvicina lentamente a noi. «Ti presento Brownie, il mio famiglio» raccoglie quel piccolo esserino da terra e lo stringe tra le braccia «Cos'è un famiglio?» le chiedo perplessa. 

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Capitolo 9
*** Indizi ***


Amy's pov

«Cos'è un famiglio?!» Zahira sembra addirittura più confusa di me dalle mie parole. Ma certo, che stupida, qui sarà del tutto normale possederne uno! Tutti sapranno di cosa si tratta. «Ovviamente no!» esclama contrariata facendomi sobbalzare «Okay, ma non ti arrabbiare! E soprattutto non frugarmi in testa» replico offesa, chi le ha dato il permesso di... «Leggerti il pensiero. Lo so, è un altro brutto vizio che dovrei abbandonare» si scusa sincera sventolandomi la gattina davanti agli occhi. «Coraggio, accarezzala, non ha mai graffiato nessuno!» «Ce l'hai solo da una settimana, amore» si intromette Nathaniel «E con questo cosa vorresti insinuare?» «Solamente che non hai un carattere facile e se questo è il tuo famiglio, di qualsiasi cosa si tratti, certamente non sarà mai dolce o docile» le spiego con calma accarezzando piano Brownie «Sai come si dice, l'animale assomiglia al padrone» concludo prendendo in braccio la piccola «Ma io non sono la sua padrona. È un famiglio, non uno schiavo. Lei può fare tutto ciò che vuole quando vuole, può andare e tornare a suo piacimento e di certo non sarò io a trattenerla. Sarebbe crudele. È nata per essere libera» afferma sempre più decisa piegandosi ad osservare con sguardo adorante l'essere che stringo tra le braccia. I suoi piccoli occhietti azzurri rispondono immediatamente a quelli gialli di Zahira, tanto che la cucciola avvicina la zampa al naso della ragazza fin quasi a toccarlo; è una scena molto tenera. «Sì, ma se non le spieghi il concetto Amy penserà soltanto che sei innamorata di quella cosa» replica nervoso il ragazzo. Strano ma vero. Anche Nathaniel, ogni tanto, perde le staffe.
«Sei solo invidioso perché tu non ne hai uno» «E nemmeno lo voglio, mi fanno impressione!» esclama rabbrividendo «Va bene, abbiamo capito che non ti vanno a genio gli animali. Ora, per favore, qualcuno può spiegarmi di cosa accidenti stiamo parlando?» la mia voce suona tanto stridula da vanificare del tutto il mio tentativo di mantenere la calma. Missione fallita Amy, complimenti. «Hai ragione tesoro. Ci penso io» sussurra la sirena sorridendomi «Lei, come ogni altro famiglio, è una sorta di estensione dell'anima, in questo caso della mia. Un famiglio ti completa, ti capisce e resterà con te per tutta la vita. Sarà la tua anima gemella, per così dire, e alla tua morte ti seguirà in modo tale da accompagnarti anche nella tua prossima vita. Sarà la tua guida e la tua strada, ma soprattutto ti amerà incondizionatamente, sempre» spiega attenta a non tralasciare assolutamente nulla «E se ne volessi uno?» chiedo curiosa «Non puoi» commenta il ragazzo «Certo che può, se è fortunata» lo corregge Zahira «Vedi Amy, non è così semplice da ottenere, deve essere lui o lei a sceglierti, ecco perché non tutti ne hanno uno, perciò se davvero lo desideri non ti resta che aspettare e sperare che accada» mi spiega avviandosi all'interno dell'edificio «Dove stai andando?» le chiedo faticando a tenere il passo; ma proprio a me doveva capitare la compagna di stanza spilungona?!
Zahira non si degna di darmi risposta fino a che non arriviamo davanti ad una porta alta ed imponente, di fronte a cui lei si ferma improvvisamente «Sei pronta a scoprire a quale stirpe appartieni?» annuisco perdendomi nei miei pensieri, o meglio negli intarsi che decorano la cornice ad arco che corre tutt'intorno al portone. Oltre a svariati disegni che raccontano chissà quale storia, al centro è presente un grande stemma pressoché irriconoscibile appartenente a non so quale antica casata nobiliare. Significa forse che questo luogo è stato una residenza, un tempo? Ovvio che lo era, i castelli non crescono dal nulla, qualcuno deve per forza costruirli e, a giudicare dall'architettura di questo, non penso sia stato edificato a scopo militare. «Oh ciao, perdonami» si scusa una ragazza asiatica che, uscendo dal portone, si scontra con me «Sono così felice del responso che non ho guardato dove mettevo i piedi» mi spiega fissando i suoi occhi a mandorla, di un verde scuro quanto le foglie d'edera, nei miei. Solo ora mi rendo conto di quanto lei risulti bella con quel suo sguardo fiero e trionfante come quello di chi la sa lunga, ornato da lunghissimi capelli lisci, neri e lucenti come spaghetti di liquirizia. Lei emana potere da tutto il suo essere. «Che maleducata, non mi sono nemmeno presentata. Io sono Harper, molto piacere Amy» dice salutandomi con la mano, molto bene, ora anche i nuovi arrivati sembrano conoscere il mio nome prima che io lo pronunci «Sono certa che quando anche tu avrai scoperto cosa sei diventeremo ottime amiche. Noi siamo più simili di quanto credi» afferma decisa lanciando un'occhiata a Nathaniel «Beh, non voglio assolutamente annoiarti con inutili chiacchiere, non starai più nella pelle dalla curiosità! In bocca al lupo, per tutto» senza aggiungere altro si allontana e solo allora Zahira riprende a respirare «Unica nel suo genere?! Ma chi vuole prendere in giro?» la cattiveria delle parole della mia amica mi sorprende non poco «Non ha detto questo» «No, infatti, l'ha soltanto pensato. Con una certa soddisfazione, aggiungerei» servirebbe a qualcosa spiegare a Zahira, per l'ennesima volta, che non è il centro del mondo? Probabilmente no, perciò scelgo di non sprecare neanche un po' di fiato. Quando si impunta su qualcosa è impossibile farle cambiare idea, tanto vale assecondarla.
«Quella ragazza non mi piace!» brontola improvvisamente mentre varchiamo la soglia «Ho una brutta sensazione su di lei» mi spiega «Troppo cordiale, troppo evasiva sulla sua natura e troppo interessata alla tua» confessa infine a braccia conserte; questo atteggiamento sospettoso non le si addice proprio, non nei confronti di una persona che nemmeno conosce. «Magari non è né una stronza come me, né una narcisista come te» replico buttando gli occhi al cielo, al limite dell'esasperazione «Sai, nel mondo umano esistono persone per bene» «Lei non lo è!» afferma decisa la mia amica scuotendo la testa «Ne sono più che certa» aggiunge annuendo. «Benvenuta signorina Parker, prego mi raggiunga» a richiamare la mia attenzione è una donna bionda dalla pelle chiara e gli occhi azzurro ghiaccio, davvero stupendi. Comincio a chiedermi se esista qualcuno, in questo luogo, che non sia bellissimo o quasi. «Io sono la professoressa Jadis e sono qui per valutarti, vogliamo iniziare?» domanda invitandomi ad avvicinarmi un po' «Mi dica, quali sono le sue abilità?» «Non lo so» rispondo tranquilla «E della sua famiglia cosa può dirmi? Uno dei suoi genitori è umano? E l'altro che tipo di creatura è?» quanta curiosità, capisco che a lei spetti il compito di stabilire da quale essere soprannaturale io discenda, ma comincia ad esagerare «Non ne ho la minima idea» ammetto «Come può non averne idea? È la sua famiglia, non posso certo fornirle io queste risposte, un po' di collaborazione per favore. Lo sa che se non sarò in grado di darle un responso lei non potrà seguire alcuna lezione?» insiste iniziando ad innervosirsi «Sono orfana, ognuna delle famiglie che mi ha avuta in carico mi ha rispedita al mittente, ho quasi ridotto un mio padre affidatario ad un vegetale ed ho ucciso la mia ultima sorella. Perciò mi perdoni se non sono in grado di soddisfare le sue richieste, ma non posso farlo perché tutto ciò che mi circonda sono morte e distruzione!» grido arrabbiata, con gli occhi fuori dalle orbite e quasi certamente rossa in viso. Sì, ho ammesso di essere stata io a provocare quegli incidenti pericolosi, lo so, ma a chi altri posso imputare la colpa? Nessuno era mai presente, nessuno fino all'ultima volta. Nessuno mi aveva mai veramente vista uccidere prima dei miei amici. Certo, potrebbero aver inventato tutto, ma non ne avrebbero tratto nessun vantaggio. La loro è sicuramente la verità: sono un'assassina. «Ora però calmati Amy, così non sei di aiuto» cerca di tranquillizzarmi Zahira «Lo farei volentieri, se questa donna non avesse appena scritto che, secondo il suo "eminente" parere, sono posseduta» replico guardando in malo modo entrambe. Le due si scambiano un'occhiata confusa prima di rivolgersi nuovamente a me «Scusa se te lo chiedo, ma come fai a saperlo?» mi chiede la mia amica «Voglio dire, in caso tu non l'abbia notato tra te e la professoressa Jadis ci sono almeno un paio di metri, come potresti riuscire a leggere ciò che ha scritto sul foglio che tiene tra le mani?» continua senza esitazione, percorrendo a grandi falcate la distanza tra me e la bionda. «Visto? Io le sono abbastanza vicina eppure non riesco a distinguere nemmeno una lettera» mi spiega sporgendosi nel tentativo di dare maggior enfasi alle proprie parole. 
«Oltre ad un profondo legame con la Morte ed una spiccata telepatia cos'abbiamo?» la donna sprizza eccitazione da tutti i pori ed ho la vaga impressione che sia l'unica che sappia darmi qualche indizio sulla mia vera natura. Forse, addirittura, potrebbe fornirmi la soluzione al grande arcano che sembra aleggiare intorno a me da quando sono arrivata qui, soddisfacendo le richieste di tutte le persone che ho fino ad ora conosciuto e che mi hanno posto, più o meno velatamente, la stessa domanda a cui io stessa tento inutilmente di dare risposta. Cosa sono? La bionda mi osserva attentamente, in attesa di una mia replica che però tarda ad arrivare. Cosa dovrei fare? Inventarmi di poteri che non posseggo, soltanto per semplificarle il lavoro? Scuoto la testa decisa, non posso proprio dirle altro. Non perché non voglia ma perché diversamente sarei costretta a mentire. «Quindi?» domando nervosa «Non lo so, mi dispiace» sussurra la professoressa prima di correre velocemente fuori dalla grande sala. Mi basta un veloce sguardo a Zahira per capire che questa non è la verità. La mia amica le ha certamente letto nel pensiero, lei conosce il segreto che nasconde quella donna; allora perché rendersi complice di tanta omertà? 

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Capitolo 10
*** Un nuovo potere ***


Amy's pov

Incrocio le braccia al petto guardando storto Zahira «Che c'è?» chiede piegando nervosamente la testa di lato «Non lo so, dimmelo tu. Sei così brava ad insinuarti nella mente altrui!» la rabbia traspare dalla mia voce, lo so, ma come posso nasconderla? A cosa servirebbe? Perché sforzarsi tanto nell'intento di ingannare qualcuno che conosce i tuoi pensieri ancor prima di te? Ma soprattutto, perché dimostrarmi meschina quanto lei? Continuo ad osservarla come se potesse, da un momento all'altro, decidersi a dirmi la verità. «Ascolta Amy, io non so veramente cosa pensasse la professoressa, lei ha imparato a proteggersi dagli "attacchi psichici", nessuno riuscirà mai a entrare nella mente di un professore. Sono troppo potenti e troppo ben addestrati, soltanto qualcuno come te potrebbe avere una qualche possibilità» bugiarda, è questa la parola che più la rappresenta al momento, poi un altro pensiero prende il sopravvento sul precedente. Davvero Zahira?! È questo che vuoi fare? Giocare sporco con la tua compagna di stanza? «Se non le hai letto nel pensiero come fai a sapere cosa sono?» le domando alzando un sopracciglio, ora sì che sono curiosa di sapere cosa si inventerà per rispondermi! «No, io non volevo dire questo. Io...io non so cosa sei o cosa puoi fare» cerca di giustificarsi, troppo tardi amica mia, ormai ti sei scavata la fossa con le tue stesse mani «È molto strano, sai? Ho avuto tutt'altra impressione, in realtà mi sei sembrata piuttosto bene informata sull'argomento. Ma lo siete tutti, no? Ad eccezione di Nathaniel ed Harper che hanno avuto il tatto di chiedermelo, fingendosi ignari riguardo la mia vera natura, mi pare che in questo posto tutti sappiano tutto di me e non facciano altro che nasconderlo, inventando storie su altre storie pur di non tradirsi con le loro stesse parole. Correggimi se sbaglio» la studio con sguardo severo, niente di ciò che dirà da ora in poi potrà farmi cambiare idea. «Perciò o le cose cominciano a cambiare ed intendo SUBITO, oppure puoi anche scordarti la mia fiducia, il mio appoggio o qualunque altra cosa tu voglia da me» le spiego aggrottando la fronte mentre le abbassa gli occhi colpevole. Ti sta forse venendo il senso di colpa?
Poco dopo li rialza nel loro aspetto più primordiale, quello reale, mi sa che ho toccato un nervo scoperto. «È una minaccia Amy? Mi stai davvero minacciando? Me?! L'unica persona che non ti ha mai giudicata?» si finge indignata dalle mie parole e dal mio atteggiamento nei suoi confronti, peccato che questa tattica sia già stata rodata; non funziona più, ormai. «Oh per favore, Zahira, non farmi la predica. Sai quanto e forse anche meglio di me che le mie parole non ti toccano minimamente, sono nuova di questo mondo ma non sono una sprovveduta. Pensi che non mi sia accorta del vostro gioco? Degli sguardi che vi scambiate quando temete di svelarmi troppo? Del tempismo che avete nell'impedire a qualcuno di raccontarmi qualcosa su di me o sul mio passato? Dettagli che soltanto voi soprannaturali sembrate conoscere. Sai cosa penso? Io penso che abbiate, ma tu più di tutti gli altri, paura di me e delle mie capacità. Temete cosa potrei farne se imparassi a controllarle, come potrei diventare, tremate al solo pensiero che io conosca la verità su di me» sputo fuori rabbiosa e ferita. Questi ragazzi hanno avuto delle bellissime vite piene e con abilità fuori dal comune, buon per loro, ma non possono farmi sentire in colpa soltanto perché sono diversa. «Tu deliri, sei paranoica!» ride la sirena «Abbiamo ben altro a cui pensare, non sei la nostra più grande preoccupazione. Sai Amy, il mondo non gira attorno a te!» trovo strano, se non addirittura singolare che in tutto questo scambio di opinioni nessuna delle due abbia fatto almeno un passo nella direzione dell'altra. Insomma, quasi sempre quando si discute si tende a spostarsi, anche se di poco, verso l'altra persona, anche solo per mostrarsi più minacciosi. Eppure questo non è il nostro caso. Siamo immobili come due statue, come animali che si studiano attentamente appena prima di attaccarsi.
«Disse l'inguaribile narcisista bisognosa di attenzioni. Non è per questo che fai di tutto per metterti in mostra? Hai paura di essere dimenticata da tutti, no?» sto provando un estremo gusto nel provocarla a tal punto, forse è sbagliato da parte mia, ma la soddisfazione di vederla tentennare appena è davvero una sensazione impagabile. «Non lo farei se fossi in te, Zahira» la avviso intuendo le sue intenzioni. È arrabbiata, ovvio lo sia, traspare da ogni cellula del suo corpo. Dagli occhi che fatica a mantenere fissi su di me alle mani che le tremano lungo i fianchi. Dal corpo proteso nella mia direzione alle palpebre sempre più strette in una fessura. Freme dalla voglia di farmela pagare ma, ciononostante, si limita ad imporre le mani davanti a sé e da esse sprigionare una specie di onda d'urto che, però, non arriva a colpirmi. Infatti, per quanto insistentemente lei ci provi, una sorta di scudo invisibile che io non ho creato mi protegge, vanificando tutti i suoi sforzi. «Hai finito o vuoi continuare a sprecare energie con me?» le chiedo stanca del suo comportamento da bambina viziata. Non è abituata a ricevere un no?! Mi dispiace per lei, ma non è un mio problema.
«Sei cattiva. E prepotente. E antipatica. Godi nel ferire le persone. Sei...» «Una pazza?» suggerisco aggrottando la fronte, attenta a quello che stai per dire, Zahira, potresti pentirtene. Penso tra me e me. «Stavo per dire egoista ma sì, credo che pazza ti si addica maggiormente. Sei la copia esatta di tua madre!» sputa fuori inviperita la sirena. Mia madre?! Cosa c'entra lei, ora? Ma soprattutto come può lei averla conosciuta? Dal mio sguardo devono certamente trasparire tutte le domande che mi frullano per la testa, perché immediatamente la ragazza corregge il tiro «Non volevo dire questo» «Ah no?» sicura Zahira? Ultima possibilità. La guardo torturarsi le mani mentre cerca le parole adatte per scusarsi, o meglio mentre pensa ad una scusa plausibile per spiegare ciò che ha detto. «Sono solo arrabbiata, non volevo tirare in ballo tua madre, nemmeno la conosco» sarebbe quasi credibile se non fosse per quel sorriso nervoso che le spunta continuamente sulle labbra e che non riesce a nascondermi «Sai anche tu che la rabbia fa dire cose che non si pensano» «La rabbia fa soltanto dire la verità, Zahira! Perciò ora voglio sapere per quale motivo l'hai nominata. Voglio che tu mi dica come facevi a conoscerla. Esigo che mi racconti tutto ciò che sai su di me e che tu lo faccia ora, perché sono stanca delle tue menzone!» grido infuriata voltandole le spalle per resistere all'impulso di stringerle le mani attorno alla gola.
Il crepitio del pavimento richiama la mia attenzione. L'odore dolce, ma allo stesso tempo pungente, tipico della legna che arde nel camino si insinua nelle mie narici e rimane impressa in me, risvegliando memorie che nemmeno sapevo di possedere. Una stanza dalle pareti pastello decorata con disegni indubbiamente fatti a mano. Simboli sconosciuti che fanno da cornice alla porta ed alle finestre. Peluches che levitano in cerchio, come stessero facendo il girotondo. Microscopiche scintille che si riflettono su uno specchio. Una donna che urla. Un uomo che la rassicura. «La sua natura sta iniziando a rivelarsi, sapevamo sarebbe successo» «Non così presto, non con tale potenza, non in nostra figlia. Dobbiamo nasconderla» mormora la donna preoccupata «Non aver paura, ti proteggeremo noi» dice l'uomo «Mamma e papà ti amano, piccola Amethyst». Vengo risputata fuori dalla mia stessa mente, confusa ed impaurita. Era un pessimo scherzo quello a cui ho appena assistito? «No, era un frammento della tua infanzia. Un ricordo che tutti quegli anni lontana dalla tua famiglia non sono riusciti a cancellare» prova a spiegarmi Zahira leggendomi nuovamente il pensiero, nonostante le abbia già detto più di una volta che non gradisco queste sue intromissioni. «Qualcosa legato al piccolo incendio ai tuoi piedi, probabilmente» abbasso lo sguardo incuriosita dalle sue parole e vedo una piccola ma densa nube di fumo chiaro salire fino alle mie ginocchia, nascondendole quasi completamente alla mia vista. Sul serio? Anche questo adesso? Pesto i piedi a terra nel tentativo di estinguere le fiamme prima che provochino qualche danno. «Credo sia sufficiente mantenere la calma» suggerisce la sirena, fa presto lei, non sarà certo colpa sua se scoppierà un incendio. Mantenere la calma è facile, sulla carta, ma quando sei arrabbiata e non capisci cosa ti sta succedendo come fai? Esiste un manuale per creature soprannaturali che non sanno controllarsi? Perché ne avrei veramente bisogno in questo momento! Va bene Amy, non devi agitarti, la tua amica ha ragione, mi ripeto. Nessuno oltre a me può aiutarmi in questo momento, devo riuscire a cavarmela solo con le mie forze. Come faccio da tutta la vita, del resto. Posso, devo, farcela anche questa volta.
Osservo le mie mani strette a pugno e resto incantata dalle sottili lingue di fuoco che da esse si sprigionano. Percepisco la sensazione che il calore emanato lascia dietro di sé, probabilmente dovrei essere intimorita dal fatto che sto letteralmente andando a fuoco, invece mi crogiolo nella dolce carezza di questo elemento pressoché sconosciuto ma che sento allo stesso tempo così intimo, così mio. Inizio finalmente a comprendere la relazione che intercorre tra il ricordo di prima e quello che sta accadendo ora. I miei genitori, ammesso che davvero di loro si trattasse, sembravano seriamente preoccupati per me e per la mia incolumità. Sapevano che prima o poi sarebbe successo questo oppure c'è dell'altro? L'abbraccio delle fiamme si fa più caloroso e forte, come volessero farsi perdonare di tutte le volte in cui mi hanno lasciata sola, come volessero scusarsi per avermi abbandonata proprio quando avevo più bisogno del loro aiuto. Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dalla danza silenziosa che solo io riesco ad eseguire insieme al mio elemento, sento che siamo una cosa sola. Una il completamento dell'altro. Pensavo di non poter essere tanto intimamente attratta da qualcosa che è sempre stato in me. Riaprendo gli occhi non posso fare a meno di continuare ad osservare come il fuoco si muova sinuoso e segua ogni mio minimo gesto. «Non trovi sia fantastico?» domando volteggiando allegramente per la stanza e lasciandomi avvolgere da quel meraviglioso tepore che è solo ed esclusivamente mio. Mi sento come se fossi una bambina, una bambina normale che ha appena scartato il regalo che ha desiderato per anni. La bambina che non sono mai stata. Mi rabbuio improvvisamente e le fiamme sembrano aumentare d'intensità. Ora ho capito, più mi agito più peggiora la situazione! Ma ora la domanda è: come posso mantenere il sangue freddo, se so di essere un pericolo? 

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Capitolo 11
*** Fuoco ed Acqua ***


Foster's pov

Un veloce ticchettio nella testa sembra guidare i miei passi conducendomi nella direzione opposta a quella desiderata. Ricorda il conto alla rovescia di una bomba che sta per esplodere ma anche il ritmico gocciolio di un rubinetto chiuso male. Un orologio che mi indica la strada da seguire, come piccole briciole di pane lasciate distrattamente cadere affinché io le trovassi. Maledetto il giorno in cui i miei genitori si sono incontrati, non bastavano le voci dei dannati che, continuamente, mi pregano di liberarli dalle pene loro inflitte da mia madre. No. Dovevo anche essere il figlio di Percy Jackson! Scherzo, ovviamente, mio padre non si chiama Percy ma Aaron e di cognome fa Sterling. Molti forse non comprenderanno fino in fondo la mia ironia poiché, purtroppo o per fortuna, ho un senso dell'umorismo molto particolare. Ciò non toglie che mio padre sia un semidio, figlio di Poseidone e di un'umana, e mia madre la temibile Lilith. Oh sì, quasi dimenticavo, questo mi rende in tutto e per tutto un ibrido, uno scarto della società insomma, alla stregua dei criminali. Ma io preferisco definirmi mezzo demone, il solo appellativo incute timore, così non ho alcun bisogno di mostrarmi aggressivo per farmi rispettare. Perché tutta questa pantomima? Molto semplicemente perché io da mamma ho preso ben poco, e di certo non il pessimo carattere. 
«No, stai lontana!» sento le grida di Zahira spaccarmi i timpani come se fosse solo a pochi passi da me. Non deve essere molto lontana, non più di qualche metro, ma dove? Ci sono così tanti stanzini ed aule in questo piano che impiegherei ore se dovessi controllarli tutti! Lascio che siano i miei sensi a guidarmi, il caratteristico odore di bruciato che viene dalla legna arsa, i continui lamenti della sirena e di un'altra ragazza di cui non riconosco la voce ed infine eccola, quella sensazione che sembra nascermi da dentro, quella mano che sembra accarezzarmi il cuore ad ogni battito, quell'attrazione a cui non posso resistere. La mia condizione ha certamente un nome specifico, ma io la chiamo semplicemente asservimento. Questo è decisamente un regalo di mamma: quando sento il richiamo del fuoco devo per forza raggiungerne la fonte. Ne va della mia salute.
La voce della ragazza dai capelli blu giunge alle mie orecchie sempre più forte e percepisco il terrore crescere in lei, devo darmi una mossa. Inizio a correre a perdifiato prima che sia troppo tardi, non so per quale motivo ma ho una brutta sensazione. Quasi nulla è in grado di spaventarla, ne ha viste troppe, diventando psicologicamente molto più forte della maggior parte di noi. Giunto davanti a quella che più o meno tutti chiamano palestra mi fermo, devono essere qui. Il richiamo del fuoco è più forte, quasi impossibile da ignorare, e le urla di Zahira mi stanno facendo scoppiare la testa. Con un colpo secco spalanco la porta cigolante e mi fermo in un angolo ad assistere a quella terribile ma, allo stesso tempo, divertente scena. La forte e sicura Zahira se ne sta rannicchiata ed impotente poco lontana da una ragazza dai capelli ramati, implorandola di non farle del male. Dal canto suo l'altra sembra visibilmente preoccupata ma allo stesso tempo entusiasta delle fiamme che la circondano è coccolano. Conosco bene la sensazione provocata dalla scoperta del proprio dono più forte, ci si sente potenti ed invincibili come mai prima, si percepisce il sangue scorrere nelle vene e trasportare con sé quel qualcosa che è soltanto nostro. Maestoso e splendido come niente è mai stato e come mai niente sarà più. Più forte di qualsiasi emozione o legame tu possa creare, completamente indistruttibile.
È tanto sbagliato che io mi senta irresistibilmente attratto da lei? Una creatura tanto pericolosa quanto bella che pare uscita direttamente dall'inferno per torturarmi fino alla fine dei miei giorni. Appena posa lo sguardo su di me mi sento crollare, ha gli occhi di una bambina ma la forza di una donna, le iridi mi gridano il suo nome, Amethyst, come la ragazza che stavamo aspettando. Non ci credo, è veramente lei? Ci era stata descritta come un mostro capace di tutto, ma io qui vedo soltanto un'anima fragile che implora aiuto. Nulla di più. Devo ammettere però che trovo estremamente sensuale il modo in cui le fiamme si avviluppano su di lei quasi creandole un abito che la avvolge perfettamente. L'incredibile somiglianza tra il colore della sua chioma e quella dell'elemento che controlla la rende unica nel suo genere. Sarebbe un sacrilegio impedire a questa dea di esprimersi al massimo delle proprie potenzialità, ma purtroppo so anche di doverla fermare prima che causi seri danni, non voglio avere persone sulla coscienza.
«Mi dispiace» sussurro a voce tanto bassa da non riuscire a percepirla nemmeno io stesso. Attingo ad ogni goccia di potere che possiedo e le stringo le mani in un laccio liquido, eh già, da papà ho ereditato un dono piuttosto utile in questo caso: posso sfruttare l'acqua a mio piacimento, proprio come la rossa fa col fuoco. «Zahira, lasciami andare!» sbraita arrabbiata Amethyst fulminandola con lo sguardo; è spaventosa, se fossi nella sirena avrei seriamente paura di essere incenerita all'istante. «Non è colpa sua, sono stato io» mi mostro a lei celandole completamente il mio stato d'animo, se percepisse il timore che provo non esiterebbe di certo a farmela pagare. Devo necessariamente mostrarmi forte ai suoi occhi, non devo lasciarle nemmeno uno spiraglio o potrebbe aprofittarsene. «Foster Sterling» mi presento cordialmente «E tu...» «Se ti azzardi a pronunciare il mio nome giuro che ti sbrano!» esclama la rossa mostrandomi i denti adirata come un cane rabbioso pronto ad attaccare la preda al minimo segno di debolezza.
Mentre faccio un passo indietro interviene la sirena, mi si getta tra le braccia ringraziandomi infinite volte per averle salvato la vita «Zahira, sappiamo benissimo entrambi che potresti riuscire a farlo anche tu, se solo ci provassi seriamente» la ammonisco allontanandola da me «E non starmi addosso, sai che non lo sopporto!» lei indietreggia alzando le mani in segno di resa, come a dire «Okay, hai vinto». «Ehi, voi due! Invece di litigare potreste spiegarmi cosa accidenti sono questi?» grida la rossa dopo un finto colpo di tosse, io e la sirena ci guardiamo e sorridiamo complici affermando, nello stesso momento, «Manette» scoppiando poi a ridere sotto lo sguardo ben poco divertito della ragazza. 
«Chiamala Amy, se tieni alla tua incolumità» mormora Zahira indicandola con un cenno della testa «Non penso le piaccia il suono del suo nome completo» annuisco fingendo di dare importanza alle parole della sirena, è talmente piena di sé che reputa strano chiunque non sia come lei, ma cosa ci possiamo fare? Non possiamo mica ammazzarla, ci tocca tenercela così. «Questo bel bocconcino è Foster, tanto bello quanto scontroso» mi descrive Zahira «Senza offesa, eh» puntualizza poi. Quei suoi gesti da regina del melodramma la fanno apparire più simpatica di quanto in realtà sia, soprattutto dopo avermi fatto un complimento travestito da offesa. O forse era il contrario? «Ammiralo, non sembra un bambolotto di porcellana? Non ha nemmeno un segno sul viso, è perfettamente liscio, di un pallore regale. E i suoi occhi? Pensavi fossi io la più strana, vero? Invece no! Guarda come coesistono e danzano il bianco ed il nero nelle sue iridi, noti come le venature bianche somiglino incredibilmente ad alberi? E come definirli se non magnetici? Profondi quanto il pozzo più buio mai concepito. Questo ragazzo è un capolavoro della genetica, vero?!» descrizione dettagliata Zahira, ora sembro proprio un esperimento. Complimenti! Magari già che ci siamo potresti dirle anche chi sono i miei genitori, penso. «Non mi provocare Sterling» ops, mi ero scordato della sua capacità di leggere il pensiero, perché dimentico sempre tutto? «Ora puoi smetterla di piantarmi le unghie nelle guance?» biascico sotto la sua stretta di ferro «Sì, scusa. Ora che ti sei reso utile vai dalla tua ragazza, si è di nuovo buttata dalla torre» mi informa con ben poca delicatezza. La guardo in malo modo prima di congedarmi dalle due amiche che iniziano a confabulare, probabilmente convinte che non le senta «Ci vediamo a cena» urla Amy poco prima che io sbatta la porta alle mie spalle. 

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Capitolo 12
*** Il Richiamo Della Notte ***


Amy's pov 

«Zahira, rallenta per favore! Non ho le gambe lunghe quanto le tue, ma soprattutto non capisco tutta questa fretta che hai di andare a cena, ad occhio e croce si direbbe che nemmeno mangi!» esclamo squadrandola da capo a piedi «Fingerò di non aver sentito» replica con un'occhiataccia «Che tu ci creda o no io sono molto vorace» «Ah davvero?! E dove metteresti i chili, nei capelli?» propongo sarcastica indicandole la lunghissima chioma blu «Esattamente!» risponde brusca pettinandosi con le mani. Detesto questa sua aria di superiorità, soprattutto quando sembra fare apposta a mostrarsi tanto altezzosa. Con un gesto teatrale spalanca le porte del salone per poi fare il suo maestoso ingresso seguita da me. Tanti piccoli tavoli rotondi sparsi per la stanza sono apparecchiati in modo fin troppo raffinato per i miei gusti, sarebbero bastati piatti e posate, invece ci sono bellissime tovaglie bianche ognuna con il bordo decorato da un motivo diverso e di un colore differente rispetto a quello delle altre, piccoli tovaglioli sono ripiegati con cura accanto ai piatti già pieni di leccornie che aspettano solo di essere assaggiate e, poco lontano dall'ingresso, i ragazzi fino ad ora conosciuti ci chiamano con un cenno della mano affinché li raggiungiamo. Cammino volteggiando su me stessa per osservare la bellezza di quel luogo enorme quanto ben riscaldato. Nonostante apparentemente non vi siano camini né termosifoni la temperatura è piacevolmente mite, non troppo calda e nemmeno troppo fredda, il giusto grado di umidità permea la stanza ricavata quasi completamente, penso, dalla pietra. Alle pareti sono appesi arazzi che hanno tutta l'aria di essere molto pesanti e polverosi, mentre i pochi metri di intonaco lasciati scoperti sono decorati, così come il soffitto, con bellissimi affreschi ormai da restaurare. Un enorme lampadario antico pende dal centro della stanza mentre tanti altri più piccoli, più recenti ed in cristallo, conferiscono la giusta illuminazione. Ai lati del salone, poi, ci sono dei bellissimi candelabri in ferro che, però, temo servano soltanto da decorazione, poiché le candele che vi sono state posizionate sono tutte spente. 
«Cosa state aspettando? Volete che si freddi? Muovetevi!» l'aria stizzita di Shelley mi confonde, non sembra minimamente la ragazza che ho conosciuto questo pomeriggio, ora sembra solo una qualsiasi adolescente in collera col mondo intero. Sedermi tra lei e Nathaniel mi fa sentire leggermente a disagio; da una parte il ragazzo che amoreggia imbarazzato con la sirena, dall'altra uno sguardo che spaventerebbe chiunque. «Dov'è Harper?» chiedo guardandomi intorno in cerca della ragazza senza però trovarla «Chi?» domandano all'unisono Foster e Shelley «Harper, capelli neri, occhi verdi, decisamente asiatica» la descrivo per sommi capi ai miei nuovi amici che continuano a fissarmi sgomenti, non me la sono immaginata! «Nessuno» si affretta a dire la sirena lasciando cadere le posate nel piatto mentre io ingoio il boccone che avevo in bocca. «Oh sì, lei. Un po' evasiva ma simpatica» si sbilancia Nathaniel «Non l'ho vista stasera» «Sarà meglio per te!» esclama arrabbiata la sirena, gelosa la mia amica. Mi sfugge una risata sommessa che non riesco a nascondere alla ragazza seduta al mio fianco, che sorride di rimando. Quindi non ce l'ha con me ma soltanto con Zahira, buono a sapersi, pensavo che andandomene in giro con lei sarei entrata di diritto a far parte della lista nera di Shelley, invece... «Non sono tanto superficiale, provo a conoscere le persone prima di giudicarle, dovrebbero provarci tutti, di tanto in tanto» questa frecciatina viene colta immediatamente dalla ragazza dai capelli blu che, fortunatamente, si limita a guardarla male; c'è un'unica persona al mondo che detesta più della piccoletta, e quella persona è Harper. Trovo estremamente curioso il fatto che le due persone con cui, fino ad ora, mi sono trovata meglio siano anche le uniche due che Zahira sembra odiare.
Subito dopo cena ci rechiamo tutti assieme nel parco, è piacevole passeggiare al chiaro di Luna circondata da questi nuovi amici, se così posso azzardarmi a definirli, e poi la brezza tiepida che mi accarezza la pelle è fin troppo gradevole, non potrei mai rinunciare ad un'occasione come questa per recuperare energia. Forse dovrei uscire più spesso durante la Notte, penso. Mi siedo a terra a gambe incrociate e chiudo gli occhi volgendo il viso al cielo scuro, è una sensazione indescrivibile crogiolarsi nel tocco etereo di quella bellissima Dea luminosa e splendente. Il fascio luminoso che sprigiona e che mi investe è semplicemente quanto di più puro esista, se solo avessi la capacità di assorbire anche solo una minima parte del potere che sembra emanare! Un gridolino strozzato mi riporta alla realtà, spingendomi a riaprire gli occhi. «Si può sapere cosa stavi facendo?» mi chiede la mutaforma piegando la testa di lato «Niente, mi godevo la sensazione, perché?» «Brillavi» mi comunica Foster «Come il bracciale» conclude Zahira per lui. «In che senso brillavo?» domando confusa e guardandoli, a turno, uno per uno «Nel senso letterale del termine. Eri circondata da un alone di luce» mi spiega serio Nathaniel facendosi portavoce degli altri ragazzi. Ci penso su qualche minuto, che sia vero quanto ha appena affermato? Potrebbe essere di sì così come di no, come faccio a saperlo? E se anche lo fosse, come potrei spiegarlo? L'ho fatto volontariamente o inconsciamente? Posso controllarlo? Sto scoprendo così tante cose su me stessa che davvero non saprei rispondere, ma dopo aver visto il mio corpo in fiamme eppure ancora immacolato non lo reputo più uno scenario tanto assurdo.
«Scusate ma ora vado a riposarmi, credo che quella di oggi sia stata una giornata sufficientemente intensa per me» mi congedo velocemente percependo le mie forze venir meno; mi sento improvvisamente molto stanca. I piedi sembrano non rispondere più ai miei comandi, tanto che fatico a camminare e mi vedo costretta ad aiutarmi appoggiandomi al muro per riuscire ad arrivare incolume alla camera. Le palpebre si fanno sempre più pesanti e non riesco a distinguere il letto dal resto della stanza, preoccupata dalla mia attuale condizione corro il più velocemente possibile verso di esso, cadendo però a terra prima di riuscire a raggiungerlo.

Niente intorno a me è come dovrebbe in realtà essere, come lo ricordo. Non mi trovo nella mia stanza, bensì in un fitto bosco intriso dell'odore pungente della muffa e della corteccia degli alberi secolari da cui sono circondata. Mi sento osservata, c'è sicuramente qualcuno nei paraggi! «Chi c'è? Esci fuori!» provo ad urlare, ma i suoni giungono alle mie orecchie distorti ed ovattati come se mi trovassi sott'acqua. Non sono nemmeno certa che quella che ho appena udito sia realmente la mia voce tanto sembra diversa, più bassa e roca, come il ringhio di un animale. Inizio a correre spaventata, corro per un lungo, lunghissimo tempo, ma nonostante tutto resto ferma immobile al cospetto di una grande pietra con incise sopra alcune parole, o quelle che credo lo siano, poiché non riesco veramente a comprendere l'idioma in cui sono scritte; che si tratti di una qualche lingua morta, estinta ormai da millenni? Presto farà buio, ne sono più che certa, ed a quel punto non ci saranno più speranze per me, nessuno mi troverà mai se non accendo un fuoco per illuminare i dintorni. Mi accascio sconfitta a terra ed odo un ringhio. Uno soltanto. Questa volta sono sicura non provenga da me. Un lieve frusciare di foglie e lo scricchiolio dei legnetti che si spezzano sono tutto ciò che riesco a percepire. Passi veloci si avvicinano «Scappa!» mormora una voce nella mia testa «Scappa se vuoi vivere, inizia a correre!» mi ordina «In alto, lui non può raggiungerti» mi consiglia. Lui?! «Oh no! Si avvicina, lo senti? Più veloce o ti ucciderà, sta venendo per te, ha fame» urla terrorizzata facendomi quasi esplodere la testa. Mio Dio, è una sensazione insopportabile, come se qualcuno si fosse impadronito della mia mente. «Salvati, scappa Amy, scappa!» la voce è disperata, straziata, come stesse soffrendo «Dove vado?» «In alto» continua a ripetere, sì in alto, ma dove? Non posso di certo arrampicarmi su un albero! «È dietro di te, senti il suo respiro? Non voltarti, corri!» ed allora la vedo, una montagna che si erge imponente davanti a me, sarà un'impresa difficile ma ce la devo fare; ne va della mia vita. Mi arrampico più in fretta che posso ma nonostante i miei sforzi non riesco a raggiungere la cima, come bloccata a metà strada da una forza invisibile. «Amy, Amy svegliati!» un'altra voce mi chiama ed io perdo la concentrazione, scivolando ed iniziando a precipitare. 

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Capitolo 13
*** Crisi ***


Zahira's pov 

Grido dallo spavento. Il corpo di Amy giace riverso a terra scosso da continui spasmi «Nath vieni, aiutami!» non so cosa fare, non riesco a pensare, non so se posso toccarla, vorrei farlo ma ho paura. Potrei peggiorare la situazione. Grazie alle mie pupille rettili la poca luce che filtra dalle finestre è sufficiente a permettermi di vedere distintamente, gli occhi di Amy sono bianchi, opachi e vuoti. Di provare a svegliarla, ammesso stia dormendo, non se ne parla nemmeno poiché temo rischierebbe di restare catatonica. Non so per quale motivo, ma ho questo strano e brutto presentimento. Mi chiedo cosa potremmo fare Nath ed io, non siamo che due ragazzi impauriti, come possiamo aiutarla a superare questa "crisi" se non sappiamo nemmeno di cosa si tratta realmente? Cerco lo sguardo del mio ragazzo che, solo ora me ne rendo conto, non sta vedendo molto. Certo, sa che Amy sta male, sa che io ho una vaga idea di quello che sta succedendo e che sto tentando di rimediare, ma cos'altro? Corro ad accendere la luce per permettere anche a lui di avere un quadro un po' più completo della situazione. Non ho nemmeno il tempo di chiederglielo che la sua mente mi sta già rispondendo: dobbiamo portarla in infermeria il più in fretta possibile. Sì, ma come? Non possiamo cerco caricarcela in spalla e portarla giù nella speranza che nessuno si faccia male, sarebbe troppo rischioso, sia per lei che per noi. Potrebbe cadere e sbattere la testa, potremmo ruzzolare giù per le scale tutti assieme ed a quel punto saremmo in tre ad aver bisogno di cure; no, meglio non tentare. «Resta con lei, mi è venuta un'idea» lascio Amy nelle mani amorevoli di Nathaniel e comincio a correre. 
Scendo velocemente le numerose rampe di scale che mi porteranno al piano terra, inciampo nei piedi di qualcuno raggomitolato in un angolo e gli chiedo distrattamente scusa, urto accidentalmente una ragazza che sta rientrando ora nella sua stanza facendola cadere a terra «Mi dispiace» le grido mentre mi allontano. L'infermeria non mi è mai sembrata tanto lontana come ora, ho sempre odiato quel luogo eppure in questo momento lo trovo estremamente rassicurante. È proprio vero che chi è fortunato non apprezza mai ciò che ha! Mi precipito attraverso la porta scardinata e tiro per il camice il primo medico che incontro. Si tratta di un uomo grassoccio ed un po' burbero che, con un'occhiata storta da dietro gli occhiali, mi zittisce ancor prima che io possa fiatare. Nonostante il suo incarico attuale consista nel massaggiarsi il mento come un perfetto incompetente, so che è il responsabile di tutto ed è anche molto preparato; vorrei solo mi prestasse attenzione per un minuto. «Mi dicaaa» l'ultima lettera strascicata dà un'idea dell'enfasi con cui si rivolga a me, o in generale a chiunque lo interpelli, sembra che niente e nessuno all'infuori di sé possa interessarlo o comunque solleticare i suoi recettori cerebrali. Credo soffra di una condizione cronica molto diffusa, chiamata noia perenne. 
«Stanza. Aiuto. Subito» scandisco bene ogni parola, intervallandola dalla precedente con una pausa volta a riprendere fiato. Cavolo, non pensavo fosse così faticoso salvare la vita ad un'amica. «Quando avrò qualcuno disponibile lo manderò da lei» ha l'aria annoiata tipica di chi sa che sta perdendo inutilmente tempo per niente, pensa sia un semplice attacco d'ansia o qualcosa di simile, nulla di grave insomma, ecco perché nonostante se ne stiano tutti con le mani in mano, chi a ronfare su una sedia e chi direttamente sulle brande dedicate ai pazienti, sta tentando di convincermi che siano tutti occupatissimi. Peccato io abbia due paia di occhi perfettamente funzionanti. «Davvero? Ma non mi dica! Va bene, vorrà dire che quando la mia compagna di stanza, Amethyst, morirà e ci saranno spiegazioni da dare io farò il suo nome. Racconterò di come il completo menefreghismo e la scarsa voglia di intervenire, tempestivamente aggiungerei, da parte del suo staff, su una grave situazione senza precedenti abbiano portato inevitabilmente a quella conclusione» sottolineo con decisione il nome della mia amica, chissà che non sia un sufficiente incentivo per spingerli a darsi una mossa. 
Incredibile ma vero, appena odono il suo nome scattano tutti in piedi, in fila e pronti ad eseguire gli ordini come bravi soldatini. E poi dicono che avere le giuste conoscenze non aiuta! «Seguite la signorina e fate tutto ciò che vi chiede come fossi io a dirigervi. Occupatevi della sua amica ed accertatevi che riceva le cure necessarie. Se le accadrà qualcosa vi riterrò tutti personalmente responsabili!» quasi intimoriti dal tono perentorio dell'uomo annuiscono ed immediatamente quella schiera di persone è pronta a scortarmi.
Di sopra la situazione non è minimamente cambiata, il mio ragazzo tenta inutilmente di curare Amy con le proprie capacità, lo vedo scuotere la testa come se fosse tutto inutile e non ci fosse altro da fare che arrendersi, o sperare in un miracolo. Veniamo invitati ad allontanarci mentre loro le iniettato qualcosa nel collo che stranamente sembra avere un effetto rilassante su di lei. È un bene o un male la sua completa immobilità? «Cosa le avete fatto? Perché non si muove più?» inizio ad inveir loro contro con una cattiveria tale che Nathaniel si para davanti a me nel tentativo di placare la mia ira «L'abbiamo sedata, ora la porteremo di sotto prima che svanisca l'effetto» mi informa colui che penso sia il capo, tra loro. E di nuovo ci troviamo a ripercorrere questo tragitto ormai familiare solo, stavolta, con molta più tranquillità rispetto a poco fa. Ma la momentanea calma dura poco. 
Osservo impotente mentre tutti quegli uomini grandi e grossi la trascinano faticosamente, poiché ha ripreso ad agitarsi, all'interno di una stanza dalle pareti trasparenti, una sorta di cella di isolamento per esseri soprannaturali. La mia amica si contorce in preda a tremori improvvisi ed incontrollabili, tanto forti che decidono di legarla con pesanti cinghie di quello che mi sembra cuoio. «Non è un animale!» grido attraverso il vetro che mi separa dalla scena «Liberatela! Le fate male! Smettetela!» urlo con tutta la voce che ho in corpo sbattendo i pugni sulla lastra di fronte a me, scoprendola molto più resistente di quanto avessi immaginato. Il corpo di Amy assume una posizione del tutto innaturale e spaventosa, la schiena arcuata oltre le mie aspettative finché non le bloccano il bacino e le spalle. La testa fino ad ora rivolta verso di me viene forzata nella posizione frontale e poi anch'essa immobilizzata; non hanno paura di romperle l'osso del collo? Scorgo una lacrima rigarle la guancia e penso di non riuscire più a sopportare quella vista, così sfuggo alle braccia consolatrici del mio ragazzo per raggiungere ed accarezzare dolcemente la chioma ramata della mia compagna di stanza. Appoggio la fronte alla sua tempia nel tentativo di farle capire che ci sono, sono qui con lei e non intendo lasciarla sola, non più. In quello stato sembra una piccola anima fragile e abbandonata a se stessa, chi la proteggerà se non ci sarò io? Chi si preoccuperà di lavarle il sangue dalle ferite che si stanno già formando sulla sua pelle? Chi veglierà su di lei fino al suo risveglio? Non tu, mi dice la mia mente. Non voglio ascoltarla, non posso, non ora. «Sai bene che lei è molto più forte di te. Non occorre proteggerla. È più che in grado di badare a se stessa» continua a ripetermi una voce nella testa. Una voce che, per quanto mi sforzi, non posso ignorare.

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Capitolo 14
*** Il Sottobosco ***


Amy's pov 

Il tempo sembra essersi fermato. Non un rumore. Non una bava d'aria. Nessun movimento. Nessuna sensazione. Il terreno sotto di me è talmente morbido che le dita scivolano nella terra con incredibile facilità, come fosse essa stessa a catturarle. Posso percepire ogni cosa ora che sono connessa alla terra, lunghe e sottili radici mi imprigionano bloccandomi la testa con il viso rivolto verso il cielo sconfinato, mentre altre più robuste avvolgono i miei fianchi come l'abbraccio dolce di un amante. È semplicemente bellissimo. Sento i vermi strisciarmi accanto mentre tra le unghie si incastrano piccoli residui di semi depositati appena al di sotto della fresca e, solo ora me ne accorgo, profumata terra che mi circonda. Minuscoli insetti percorrono velocemente le linee morbide del mio viso come fossero curiosi di scoprire cosa sono e per quale motivo me ne sto lì immobile, da quale estraneo mondo provengo, ed intanto alcuni animali si avvicinano a me senza un briciolo di timore. I più mi annusano, ma quelli particolarmente coraggiosi si tentano addirittura di sfiorarmi con i loro nasi umidi o con le code pelose, guardandomi poi stupiti a causa della mia bizzarra condizione. Odo il cinguettio degli uccellini assieme al bramito dei cervi, i battiti dei loro cuori unito a quello dovuto alle ali delle farfalle. La rugiada mi bagna il viso solleticandomi gli zigomi come se le fate in persona fossero accorse a salutarmi e, di tanto in tanto, qualche foglia si getta dal ramo per venire a trovarmi ritrovandosi ad essere subito spazzata via da una raffica di vento improvviso, che accorre a porgermi i propri omaggi. È forse questo il paradiso?!
«Ahahah» una risata di scherno giunge fino alle mie orecchie da un luogo imprecisato qui vicino. Sembra provenire da nessuna parte in particolare ma allo stesso tempo da tutt'intorno a me, come una nuvola che mi avvolge. Come se tutto ciò che ho visto e sentito finora fosse parte della suddetta. «Sei proprio stupida!» mi canzona divertita una voce femminile «Attenta a come parli! Non sono tua sorella né una tua amica, perciò datti una calmata» le grido venendo, però, nuovamente canzonata «Ti rendi conto che stai parlando letteralmente al nulla?! Sei patetica» continua lei. Che maleducata, non si è nemmeno presentata, penso. «Guarda che ti sento» maledetta vocina fastidiosa, giuro che se trovo la tua fonte la distruggo! È così frustrante dovermene stare qui impalata mentre quella si diverte alle mie spalle «Tecnicamente alle tue spalle c'è solo il suolo» mi corregge «Non intendevo...» ma perché continuo a risponderle? Mi ha già detto che, in pratica, sto discutendo con me stessa ed io ancora le do retta. Probabilmente ha ragione, sono davvero una stupida. «Abbastanza da credere di aver raggiunto il paradiso. Lo ammetto, di tutte le persone con cui ho avuto a che fare nel corso della mia lunga vita sei certamente la più divertente, la più testarda e di gran lunga la più ingenua» un'altra risata sonora mi martella i timpani, come può provare tanto gusto nel prendersi gioco di me? «A proposito di giochi, hai notato che i tuoi amichetti pelosi se la stanno dando a gambe levate? Non ti chiedi quale sia il motivo di tanta preoccupazione?» mi fa notare, è strano come io immagini che la voce corrisponda ad una ragazza con le braccia conserte? «In realtà no, non me lo sono domandata, ma ora che mi ci fai pensare...».
Libero delicatamente tutto il corpo stando attenta a non danneggiare le radici, lasciando scivolare giù oppure scrollando quel poco terriccio che mi resta addosso. Mi siedo per qualche momento ed infine mi alzo muovendo piccoli passi incerta sulle mie stesse gambe, come un bambino che ha da poco imparato a camminare e fatica a mantenere l'equilibrio. «Dove stai andando? Torna qui!» mi ordina «A scoprire per quale motivo i miei "amichetti pelosi" come li hai definiti, scappano, sei stata tu a farmelo notare, non ricordi?» eh no, cara, adesso si fa come dico io. «No! Non puoi andare da lui» mi fermo immediatamente «Lui? Si tratta di un ragazzo?» per quale motivo dovrei temere un ragazzo, non potrà mai essere più strambo di me, no?! «Ferma! Torna qui!» grida terrorizzata mentre io inizio ad allontanarmi, nella speranza di riuscire ad ignorarla. 
Dal sottobosco non proviene più alcun suono, nemmeno quello prodotto dalle zampe degli animali in fuga, mi sento completamente sola ed abbandonata a me stessa, come in un sogno che però non ha niente da invidiare, anzi, somiglia in modo inquietante ad un accurato riassunto della mia vita. Il campo visivo ridotto mi permette di vedere soltanto ad un palmo dal naso, perciò devo concentrarmi al massimo per riuscire a scorgere qualcosa distante anche solo pochi metri da me. La luce, poi, crea una sorta di raggiera sfocata e scura appena oltre la pupilla, impedendomi di osservare l'ambiente circostante senza dover necessariamente spostare la testa.
Da un punto imprecisato dietro di me arriva con passo cauto qualcosa che, a giudicare dal rumore emesso dalle foglie calpestate, deve essere piuttosto pesante. «Chi è là?» urlo a gran voce voltandomi fulminea, nessuna risposta, soltanto l'ululato del vento ed altri passi che si avvicinano. Le narici sono impestate dal fetido tanfo della morte; qualunque cosa stia per incontrare sono certa che abbia appena ucciso qualcuno. Emana odore di sangue ed umidità, come il pelo degli animali lasciati a dormire fuori durante la notte. Un ringhio forte e potente, ma estremamente roco, giunge fino alle mie orecchie ed istintivamente mi raggomitolo a terra, gattonando poi verso un albero poco distante che mi pare una buona idea usare come nascondiglio. Sento la creatura annusare la terra con cura, come se stesse seguendo delle tracce, le mie molto probabilmente.
Resto rintanata nella spaccatura della corteccia ruvida nella speranza di mascherare il mio odore e sviare quella cosa dalla mia strada; mi stringo nei miei stessi abiti premendo una mano stretta a pugno sul cuore, non devo assolutamente agitarmi o lui mi sentirà ed allora sì, a quel punto sarà davvero la fine. Serro gli occhi terrorizzata nel tentativo di calmarmi quanto più mi sia possibile, devo soltanto respirare profondamente e si risolverà tutto, continuo a ripetermi mentalmente. Quella creatura, credo, mi si avvicina pericolosamente e mi annusa il viso per qualche minuto. Avrei dovuto dar retta alla voce che mi consigliava di stare alla larga, ora lo so, invece mi sono comportata come la testona curiosa che ho sempre saputo di essere e questo è il risultato. Mi ritrovo qui senza un briciolo di coraggio, nemmeno quello che basterebbe per consentirmi di aprire gli occhi e vedere con chi o cosa ho a che fare. «Apri gli occhi» sussurra una voce maschile e calda, anch'essa è nella mia testa, però la sensazione che mi trasmette è completamente diversa. Sembra una ninna nanna, una coccola personale che solo io posso ascoltare e ricordare, un abbraccio speciale in cui perdermi. Perciò scelgo di ascoltarlo e con estrema lentezza sbatto le palpebre un paio di volte, ritrovandomi però di fronte, con mio grande rammarico, ad un'ombra dagli occhi rossi che digrigna i denti rabbiosa. Un nuovo potente ringhio. Poi il buio più completo.


Riapro faticosamente gli occhi e mi sento indolenzita, un mal di testa lancinante mi impedisce persino di lamentarmi, le luci al neon che pendono dal soffitto sono accecanti; qualcuno le spenga! Mi guardo intorno per quanto mi sia possibile, qualcosa mi blocca la testa così come il resto del corpo; con la coda dell'occhio scorgo una parete di vetro. Sembra una specie di prigione, ma come ci sono finita? «Amy, finalmente! Non credevo ce l'avresti fatta» grida la voce a me fin troppo familiare di Zahira che, immediatamente, si prodiga per liberarmi ed aiutarmi nel mettermi seduta. Ho il collo irrigidito per essere stato forzatamente bloccato a lungo nella stessa posizione, tanto che ogni minimo movimento mi procura un dolore indicibile. «Come stai?» mi chiede preoccupata la mia amica «Bene, se non fosse per il dolore» la rassicuro massaggiandomi le giunture una ad una «Perché mi trovo qui?» domando a Nathaniel che ci raggiunge «Ti ho trovata ieri sera nella nostra stanza e sembrava non stessi affatto bene» mi spiega Zahira «Mi ero soltanto addormentata ragazzi, tranquilli, non mi pare che sognare sia tanto grave» sorrido ad entrambi per rassicurarli, ottenendo come unico risultato i loro sguardi confusi puntare dritto a me. «Non si trattava di un sogno, Amy, era una visione».

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Capitolo 15
*** Occhi Rossi ***


Amy's pov

«Una visione?! Non credo di capire» replico visibilmente confusa, io non ho visioni! Mai ne ho avute e mai ne avrò! «Mi state forse dando della pazza?» domando contrariata ed offesa dalla loro insinuazione «Una persona sogna ed in automatico viene etichettata come malata di mente?! Ma in che razza di mondo vivete voi due?» aggrotto la fronte per la rabbia e la delusione scuotendo la testa più volte, non riesco a capacitarmi di come possano pensare questo di me. Ma d'altronde non dovrei più sorprendermi, è la storia della mia vita in fondo, appena inizio a fidarmi di qualcuno questi mi pugnala alle spalle! «No, Amy, non è questo che stiamo dicendo, non crediamo che tu sia pazza, nemmeno un po'» tenta di rimediare Nathaniel «Può capitare che ti succedano cose strane» cerca di sostenerlo Zahira «Peccato che succedano solo a me! Non vi sembra un po' troppo per trattarsi solo di semplici coincidenze? Chi è quella che dà di matto? Chi prende fuoco? Chi fa sogni strani? E del tempismo che mi dite? Sentite, non ho voglia di litigare ma sembra che per voi non sia lo stesso, dal momento che non avete niente di meglio da fare che accusarmi continuamente! Qualcuno si fa male? È colpa di Amy! Qualcuno viene ucciso? È sempre colpa di Amy! Non conoscete altri nomi oltre al mio?!» replico arrabbiata «Noi non ti stiamo accusando di niente, è questo che non vuoi capire, vogliamo solo aiutarti» mi spiega la mia amica tentando di tranquillizzarmi con un gesto delle mani «Notizia del giorno: NON HO BISOGNO DEL VOSTRO AIUTO né di quello di qualcun altro. Me la sono sempre cavata da sola e continuerò a farlo, ora levatevi di mezzo!» grido infuriata facendomi largo a spallate tra i loro corpi.
Pazza. Ecco ciò che pensano di me coloro che osano definirsi miei amici. Dovrebbero sostenermi ed invece mi fanno sentire tremendamente sola e triste; perché nessuno prova mai a mettersi nei miei panni? Perché nessuno prova a capirmi? Perché anche loro devono trattarmi come tutti gli altri? Buttandomi via come un giocattolo rotto soltanto perché non funziono come vorrebbero, perché? Perché nonostante questa scuola brulichi di creature terrificanti vogliono convincermi che sia io la peggiore, la più pericolosa?! Mi avvio a passo spedito verso qualunque posto non sia l'infermeria, va bene davvero tutto: la mia stanza, le torri, il giardino o persino una lezione. Qualsiasi cosa pur di non essere costretta a vedere quei due traditori! Vago senza una meta precisa e senza mai fermarmi. Sorpasso i colonnati, le decorazioni ed i bassorilievi, tocco con mano la fredda e dura pietra delle pareti, osservo attentamente la moquette bordeaux che tappezza il pavimento. In alcuni punti è rovinata a tal punto che si riesce ad intravedere il materiale sottostante, pensare di cambiarla no?! «Ehi, guarda dove metti i piedi!» urlo al ragazzo che mi è appena venuto addosso e che non si è nemmeno fermato a scusarsi, che razza di maleducato! «Stai più attento la prossima volta!» aggiungo guadagnandomi un'occhiataccia da parte sua. Ancora quegli occhi rossi, gli stessi che tornano a perseguitarmi anche da sveglia, vattene dalla mia testa! Penso addolorata. Non ti basta prenderti i miei sogni? Ora vuoi anche la vita reale? E poi cos'altro?! Tornerai a farmi visita ogni volta che vorrai finché non avrai risucchiato tutto ciò che resta di me? Vuoi ridurmi ad un guscio vuoto? Vuoi prosciugarmi? O forse desideri solo farmi impazzire? «Coraggio, prendimi, sono qui!» grido allargando le braccia per sfidarlo. Sbatto le palpebre ed il ragazzo è sparito, volatilizzato, inizio persino a dubitare sia mai esistito.
«È qui, ti ha trovata!» il mio farneticare viene bruscamente interrotto della voce che sento ogni notte «Chi mi ha trovata?» chiedo ad alta voce «Lui» «Lui chi, il ragazzo maleducato?! Che se ne vada al diavolo» sbuffo ad alta voce «Lui, il demone rosso è il diavolo» grida la voce prima di sparire e lasciarmi nuovamente sola in mezzo al corridoio «Sì, come no, ed io sono la Vergine Maria» rido divertita da quelle parole. Se era un tentativo di intimorirmi lo trovo piuttosto ridicolo, ritenta sorella, sarai più fortunata, penso sorridendo. «Amy, aspetta, dove vai?» una voce familiare mi richiama alla realtà delle cose, una voce maschile e dolce ma che non riesco a riconoscere subito. «Foster!» grido sorpresa della sua presenza alle mie spalle «Mi hai spaventata» ammetto voltandomi a guardarlo «Con chi parlavi?» «Io? Parlare? Con nessuno, perché?» chiedo sorprendendomi della estrema naturalezza con cui riesco a mentire sulla strana conversazione appena avvenuta con quella...ragazza? «Sembravi infastidita, a tratti persino arrabbiata» spiega piegando la testa di lato «Ti sarà sembrato» non so più cosa inventarmi per convincerlo della mia innocenza; coraggio Foster, lascia perdere ti prego. Improvvisamente la testa comincia girare, a confronto le montagne russe sono una barzelletta. Non riesco a mettere bene a fuoco ciò che mi sta intorno, allungo una mano verso la parete ma la manco, allora provo a rivolgermi al ragazzo davanti a me che mi parla con quella che credo sia un'espressione preoccupata dipinta sul volto. Peccato solo che io non riesca minimamente a comprendere le sue parole. I suoni che percepisco sono completamente distorti, tanto che per quel che mi riguarda sta probabilmente parlando in una lingua morta da secoli, appoggia le mani sulle mie spalle nel tentativo di sostenermi mentre mi invita a fare respiri profondi. Credo che gli umani lo chiamino attacco di panico, ma no, non può essere, io non ne ho mai sofferto.
«Amy, Amy, stai bene?» riesco a sentire la sua voce bassa e lontana come fosse un lieve sussurro «Aiutami» lo prego in preda al terrore più puro «Eccolo, lo vedi?» domanda la voce spingendomi a fare una fatica immane per riuscire ad intravedere soltanto, tra le palpebre socchiuse, in un angolo buio poco distante da noi, una figura scura senza contorni distinti. È un tutt'uno con l'oscurità più assoluta, il vuoto completo, tutto ciò che risalta sono i suoi occhi sempre più brillanti, belli ed incredibilmente terrificanti. «Cosa vedi?» chiede Foster scuotendomi con forza, ma io non rispondo tanto sono incantata da quell'essere misterioso che ancora non si è deciso a rivelarsi a me, non direttamente almeno. Cerco di carpire ogni dettaglio del poco che riesco a distinguere, un unico bellissimo e sottile filo bianco come la neve che risalta nell'oscurità. Lo indico alzando lentamente e con fatica il braccio, puntando poi un dito in quella direzione. «Amy guardami, guarda me» sussurra piano «Non c'è niente là, assolutamente niente» tenta si spiegarmi Foster provando ad attirare la mia attenzione mentre con le mani mi accarezza le braccia, scendendo lungo esse fino a giungere alle mie mani e stringerle. Il mio primo istinto è di ritrarle ma la sua presa salda me lo impedisce. Appena comprendo il suo intento provo ad arretrare senza successo, non mi porterà da quel mostro, non voglio! «Vieni, ti accompagno io, tranquilla» per quanto le sue intenzioni possano essere delle migliori sta esattamente facendo ciò che non dovrebbe, non deve costringermi a seguirlo o rischia di finire molto male. Tento di divincolarmi emettendo rantoli poco rassicuranti, non voglio che mi trascini fino a lui. «Calmati, guarda Amy, non è niente, non essere spaventata» prova a spiegarmi inutilmente «No!» grido scagliandolo lontano da me, non so nemmeno io come, ed iniziando a correre nella direzione opposta «Fermati!» «No!» «Fermalo!» grida disperata la voce, tanto forte che istintivamente mi porto le mani sulle orecchie per non sentirla, sembra stia per scoppiarmi la testa. «Ho paura» dice con voce quasi infantile «Ti prego aiutami» mi implora «Non lasciare che mi faccia del male» mi prega piangendo «Basta!» grido esausta «Esci dalla mia testa!» ordino crollando a terra «Vattene!» ringhio al vuoto.

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Capitolo 16
*** Vendetta e Bugie ***


Foster's pov

Cosa posso fare per Amy se non tentare di tranquillizzarla? Lei piange, urla e trema in preda al panico. Non è da lei, so che è praticamente praticamente un'estranea per me, ma sento che è così. Sembra una bomba pronta ad esplodere che, purtroppo, io non sono in grado di disinnescare. I suoi singhiozzi contro il mio petto sortiscono l'effetto di farmi sentire debole ed impotente di fronte alla sua evidente e, forse, non così momentanea fragilità. Il suo costante tremore mi spaventa, a dire il vero, nel poco tempo da cui la conosco non l'ho mai vista così. Sì, è sempre stata un po' strana, ma non tanto da sembrare fuor di sé. I suoi occhi poi, colmi di lacrime e terrore come se la speranza di una vita tranquilla li avesse abbandonati per non farvi più ritorno. Lei è in questo momento l'emblema della confusione e dell'instabilità; come può, qualcosa che nemmeno esiste, ridurla in questo stato dissociativo? Come riesce il frutto dell'immaginazione a spingerla tanto oltre? Improvvisamente un pensiero terribile si fa strada nella mia mente: e se invece fosse stato uno degli studenti? Che razza di scherzo è questo? Chi potrebbe mai trovarlo divertente? Perché, poi, prendersela proprio con lei? Esistono numerose creature e questo istituto ne ospita buona parte, perciò per quale motivo, potendo scegliere, accanirsi su Amy? Solo uno stupido tenterebbe tanto! Uno stupido o qualcuno di tanto arrogante da fidarsi ciecamente delle proprie abilità. Certo, è l'ultima arrivata e perciò meno in grado di difendersi da attacchi di questo tipo, in realtà credo non gliel'abbiano nemmeno ancora insegnato, ma se ne fosse stata in grado? Mettiamo che, solo per un secondo, le sue barriere psichiche si fossero attivate, non sarebbe stato impossibile considerando le straordinarie potenzialità di questa ragazza, a cosa sarebbe servito tanto sforzo? No, deve per forza essere stato qualcuno che la conosce, e bene anche, o non si sarebbe azzardato a provarci, non avrebbe potuto avere la certezza di riuscire a controllarla e, così facendo, renderla pericolosa per se stessa e per gli altri.
Le mani sulle orecchie non sono mai un buon segno, soprattutto se unite ad altri sintomi quali sono i suoi. Lei ha bisogno di qualcuno che la aiuti seriamente, ma prima di tutto deve riuscire a calmarsi e successivamente riposare. Deve essere stato snervante tentare di resistere a quel qualcosa che si è insinuato tra i suoi pensieri ed ha mandato in frantumi ognuna delle sue labili certezze.
La circondo con le braccia per trasmetterle il mio calore, devo essere la sua roccia se voglio darle una mano, non cedere come ogni altra volta in cui qualcuno ha avuto bisogno di me. Lei deve riuscire a fidarsi, devo farle capire che sono qui solo e soltanto per aiutarla, per lei, per starle vicino come meglio posso, che il mio compito ora è sostenerla e guidarla verso l'uscita di quel labirinto intricato che è la sua mente. Devo essere il faro che la condurrà nella giusta direzione, impedendole così di affondare. «Amy, mi senti?» le chiedo dolcemente prendendole le mani con le mie per fargliele abbassare «Ora è tutto finito, tranquilla» cerco di rassicurarla con un lieve sorriso; voglio che si senta al sicuro con me, non minacciata. Con estremi sorpresa e sollievo poco dopo la vedo rispondermi con un breve ma deciso cenno di assenso. Grazie a Dio, penso tra me e me. Controllo che nel caos non si sia ferita e poi le do una mano a rialzarsi, scoprendola più debole ed instabile del previsto. La invito ad appoggiarsi a me, per sostenersi, ma rifiuta con un gesto secco della mano «Sono più che in grado di camminare da sola, non sono inferma!» esclama con un tono che farebbe rabbrividire chiunque, persino la potente Lilith, mia madre.
Faccio un passo indietro alzando le mani in segno di resa, molto bene, se vuole strisciare fino alla sua camera chi sono io per impedirglielo? Le ho offerto il mio aiuto e lei non ha accettato, lo terrò a mente per il futuro: mai rendersi disponibili per quelle come lei. La seguo silenziosamente per i pochi metri che riesce a percorrere appoggiandosi alle pareti, si può essere tanto orgogliosi da non riuscire ad ammettere di aver bisogno di una mano? Evidentemente sì, dal momento che lei lo sta facendo proprio ora. «Foster, muoviti! Vieni qui, non ce la faccio da sola» «Alla buon'ora!» esclamo a braccia conserte dopo aver sospirato sonoramente «Finalmente cominci a capire a quale siparietto patetico mi hai costretto ad assistere fino adesso» mi lamento «Zitto e ubbidisci!» ordina decisa «Non sono il tuo cane» le ricordo «Tu fallo comunque» insiste lei con il broncio «Allora?!» domanda stizzita dal mio comportamento «Arrivo» acconsento sorridendole, quando è petulante! «Sai, se fossi meno antipatica potresti persino piacermi, come amica, sia chiaro» le spiego molto più rilassato rispetto a qualche minuto fa, sembra essersi completamente ristabilita, e per il momento è questo che importa. «Chi ti assicura che io voglia essere tua amica? Pensi che solo perché ora ti sto sfruttando si sia creata una qualche sorta di legame? Beh, ti sbagli» replica accigliata «Se preferisci posso lasciarti qui, ma non venire a piangere da me quando tutti rideranno di te» «Piangere? Non ho pianto nemmeno per la morte dei miei genitori, figuriamoci se lo farò per te! E ti assicuro che quando se ne sono andati ero piuttosto piccola!» il tono con cui sputa fuori queste ultime parole e la risata che ne segue sono agghiaccianti; quale bambina non piangerebbe la dipartita della propria famiglia, e se non della famiglia, almeno di sua madre? Di certo non una bambina normale. Ma d'altro canto se Amy si trova qui non è come tutte le sue coetanee, no?!
Scrollo la testa per allontanare questi pensieri dalla mia mente e mi accorgo che abbiamo ormai raggiunto la sua stanza. «Ora puoi andartene se vuoi, da qui posso proseguire da sola» Amy mi fredda con un gesto brusco che lascia ben poco spazio alle repliche, ma proprio di quel minimo barlume riesco ad approfittare e così le apro la porta «Muoviti, entra e mettiti a dormire, ne hai bisogno» le ordino spingendola in camera «Giù le mani Foster!» replica decisamente arrabbiata «Non ti permettere mai più di toccarmi senza il mio permesso, chiaro?» annuisco ed arretro di qualche passo «Va bene» «Se succederà un'altra volta ti prometto che non la passerai liscia» mi minaccia «Ho capito, non serve insistere! Terrò le mani al loro posto, in futuro» la rassicuro, ma proprio in quell'istante vengo travolto da Nathaniel che, buttandomi a terra, mi punta una lancia alla gola «Cosa le stavi facendo?» ringhia duro il ragazzo a denti stretti. Qualsiasi cosa stessi facendo non ti riguarda, penso tra me e me decidendo di non rispondere a chi, con tale irruenza, so già mi incolperà di qualche malefatta. «Rispondi!» mi ordina rabbioso nonostante le suppliche di Zahira di lasciarmi andare. «Ho sentito tutto, sai? So cosa volevi fare» finalmente mi rende partecipe del motivo per cui nutre tanto risentimento nei miei confronti, ha udito un paio di frasi senza conoscerne il contesto. Ecco la mia colpa. «Non sapevo fosse la tua ragazza» replico in tono di scherno, crede forse di riuscire ad impaurirmi?! Caro Nathaniel, ne hai ancora di cose da imparare prima di riuscire a sopraffarmi, sorrido pensieroso. «Non prenderti gioco di me, demone!» la sua rabbia insensata nei miei confronti mi fa provare un'infinita pena per lui, perché nonostante si ritenga molto migliore di me non è ancora in grado di distinguere tra giusto e sbagliato, tra realtà e finzione, tra vendetta e giustizia. «Quante altre volte te lo devo ripetere?! Non sono stato io, quella ragazza si è inventata tutto» gli ricordo con gli occhi accesi di rancore «È vero, eravamo nello stesso luogo, alla stessa ora dello stesso giorno, ma io non c'entro niente, se qualcuno le ha fatto qualcosa mi dispiace, ammesso che sia vero, ma non sono io la persona da incolpare!» sputo fuori «Metti forse in dubbio le sue parole?! Le stai dando della bugiarda?! Credi si sia inventata tutto?!» «Andiamo, Lee, sai bene quanto me che quando si ha a che fare con quel tipo di creatura la verità è piuttosto relativa. Sai quanto sono furbe quelle come lei!» con uno scatto veloce lo inchiodo al muro tenendolo per la gola, non serve un esperto per capire che sono molto più forte di lui, è insito nella mia natura. «Ora ti darò un consiglio, "amico". Se fossi in te, la prossima volta ci penserei su prima di accusare formalmente uno come me, soprattutto se le accuse si basano su testimonianze piuttosto dubbie» sussurro poco lontano dal suo viso, per essere certo che comprenda a fondo ogni singola parola di quella che è, a tutti gli effetti, una minaccia. Soltanto la voce di Zahira riesce a farmi desistere dall'intento di ucciderlo «Lei non sarà sempre qui a difenderti!» esclamo sbattendomi la porta alle spalle, ben conscio del fatto che pur essendo innocente, sono passato per il mostro che tutti credono io sia.

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Capitolo 17
*** Shairyne ***


Shelley's pov

La notte è il mio regno, il cielo infinito la mia casa. Tutto intorno a me, dal paesaggio malinconico all'aria che respiro, mi ricorda ciò che ero, ciò che sono e ciò che ho perso nel diventarlo. Quanto dolore ho causato, nei secoli, a me stessa e agli altri, alla mia famiglia soprattutto. Anime perdute per sempre, dimenticate ormai pressoché da tutti eccetto me, che aleggiano nella mia memoria tornando a torturarmi ogniqualvolta mi sento felice, solo per ricordarmi di come io sia l'unica artefice della loro disfatta. Un giovane mostro convinto di essere una farfalla, ecco ciò che sono. Giovane, è così strana questa parola. Varia il proprio significato a seconda di chi la usa. Ma chi sono io per decidere quale sia la giusta visione delle cose? Giovane è una ragazzina, per gli umani. Giovane è una testuggine di appena 50 anni. Ma per quelli della mia specie giovane ha un'accezione molto diversa, per noi è giovane chi non ha ancora raggiunto i 700 anni, per la mia razza giovane è sinonimo di stupido ed avventato. O almeno io lo sono stata: giovane, stupida ed avventata.

Inizio flashback

«Shairyne dove sei?» la foce profonda del maggiore tra i miei fratelli giunge a me con eccessiva irruenza. Non gli rispondo decisa a dimostrare a lui ed al resto della nostra famiglia che sì, sono pronta a vedere il mondo, posso farcela anche senza di voi, mi dico. Ho da poco superato i 350 anni, sono grande ora. Posso essere libera, ora. Me la so cavare da sola, ora. Avvisto la mia preda e mi lancio in picchiata, decisa a fare un pasto degno di una regina. Una famiglia di cervi cerca di scappare da me, che mi abbiano sentita arrivare? Batto le ali con maggiore forza planando su di loro come un'ombra. Mi ci vuole solo qualche secondo prima di sentire le ossa del più grosso scricchiolarmi sotto i denti. È fatta, l'ho preso! Esulto fiera della riuscita della mia prima caccia in solitaria. Davvero non male, e la notte è ancora lunga. Mi adagio in una radura grande abbastanza da accogliere me ma non sufficiente nemmeno per la più gracile delle mie sorelle; e credetemi, le femmine della nostra specie sono molto più piccole rispetto ai maschi.
Mi scrollo dalla punta della testa fino alla coda per far scivolare a terra gli aghi di pino che mi sono finiti addosso, non li sento pungere ma non voglio trovarmi ricoperta di resina. L'ultima volta mi ci sono voluti cinque giorni prima di riuscire a pulirmi completamente. «Shairyne!» tuona di nuovo mio fratello «Oh, smettila Zedros, lasciami in pace mentre mangio» lo informo con tono di superiorità. «Non lo credevi possibile, vero? Invece la tua sorellina è in grado di procacciarsi il cibo da sola» continuo «Ti sbagli sorella, non avevo alcun dubbio che ce l'avresti fatta, un giorno. Ma nostra madre vuole che la raggiungiamo immediatamente, perciò smettila di ignorare la sua richiesta e seguimi! Mi sembra nervosa» ordina con un tono autoritario pari solo a quello di nostro padre.
Sbuffo sonoramente e, non senza lamentele, mi alzo nuovamente in volo per accodarmi al gruppo di creature che sovrasta la foresta «Ci siete tutti? Veloci!» mormora preoccupata mamma da molto lontano. Scuoto la testa alle sue parole, di cosa si tratterà mai questa volta? Abbiamo lasciato i nidi in disordine? Dobbiamo lucidare le squame? Maggior discrezione le rare volte in cui ci azzardiamo ad uscire durante il giorno? Non ho il tempo di darmi una risposta, poiché una fioca luce argentata attira la mia attenzione. È minuscola e bellissima, somiglia molto ad una fata delle cascate. Emana una quantità impressionante di lampi attorno a sé, riflette ognuno degli stupendi colori su cui si sono fino ad ora posati i miei occhi, dal più banale bianco al magenta più scuro. È una sinfonia di sfumature tanto invitante quanto sfuggente, ammaliante e terrificante allo stesso tempo.
Mi avvicino velocemente temendo possa svanire da un momento all'altro, se si tratta davvero di una delle fate è estremamente lontana da casa, devo necessariamente aiutarla a ritrovare la via, mi dico. Silenziosa per quanto me lo consentano le mie poderose ali appoggio le zampe a terra ed immediatamente la testa inizia a pulsarmi, mi sento paralizzata. «Zedros, aiutami!» lo chiamo terrorizzata dalla situazione insolita «Tuo fratello non verrà, nessuno di loro lo farà» mi schernisce una donna nascosta tra gli alberi. La sua risata malefica è agghiacciante, simile al rumore dei miei artigli quando per sbaglio scalfiscono una roccia, mi sembra quasi di vedere alcune scintille scaturire dalle sue labbra. Spaventosa quanto i rantoli delle prede quando stanno per morire. Penosa quanto un cucciolo che piange la perdita della madre. I suoi occhi, tutto ciò che riesco a distinguere tra le ombre, sono accesi di una cattiveria mai vista, lucenti come lame, crepati come lava solida e di uno splendido, accecante ed ineguagliabile rosso vermiglio.
Un'altra risata e finalmente si mostra a me. Non è che una bambina! Esclamo sconvolta dalla giovane età, non avrà più di 15 anni, stabilisco. «1783, per la precisione» chiarisce lei lasciandomi perplessa «E mi sento ancora così...piena di vita» mi spiega «Proprio come te io sono la più giovane delle sorelle, per questo ci sono io qui con te, il loro immenso potere sarebbe sprecato per una come te, poco più di un cucciolo troppo cresciuto» osserva con un certo ribrezzo nella voce, sembra provare soltanto odio nei miei confronti. «Vedo che ne hai catturato uno, brava» si complimenta un uomo raggiungendoci. Lui sembra molto più grande di lei, ad occhio e croce dovrebbe avere più o meno 40 anni da umano, e la tratta come fosse la sua compagna. Le si avvicina e le bacia violentemente le labbra, le cinge la vita e le accarezza la pancia con entrambe le mani «Come state?» le chiede, e solo ora mi accorgo della evidente rotondità che la notte ha, fino ad ora, nascosto ai miei occhi. Se lei è, come penso sia, una strega ed è incinta può significare soltanto che anche lui appartiene alla stessa classe di creature oppure che è un umano. Scelta difficile ed allo stesso tempo interessante, penso. «È umano, un cacciatore di creature soprannaturali» spiega orgogliosa «Ma non tutte, non ha cacciato me» mormora compiaciuta «Ed ora, grazie a lui, potrò finalmente dare continuità alla stirpe» mi informa appoggiando una mano su quelle dell'uomo mentre con l'altra traccia strani segni in aria che mi danno il mal di testa, talmente martellante che alla fine mi lascio andare, cadendo a terra svenuta.

Fine flashback

Ahimè al mio risveglio non era rimasto niente di quel che ero stata fino a poco prima. Ali, artigli, coda, poteri, era tutto svanito. Il mio stesso corpo era cambiato. Gli alberi che non mi permettevano di dispiegare completamente le ali erano improvvisamente diventati enormi nemici da temere. La piccola radura era divenuta un gigantesco vuoto che mi faceva sentire ancora più minuscola di quanto non fossi. Le mie zampe si erano ricoperte di una strana sostanza rosa completamente liscia, ed il mio aspetto era molto simile a quello della strega. Mi aveva trasformato in un'umana, imprigionata nel mio stesso corpo nudo, il freddo mi lambiva le membra e mi scostava i capelli. Era orribile, e lo è ancora oggi, dopo più di 3000 anni.
Adesso sono cresciuta e cambiata, così come il mio nome, sono maturata e guardandomi indietro vedo solo errori su errori che avrei tranquillamente potuto evitare di compiere se solo fossi stata più ubbidiente e meno testarda. Certo sono ancora arrabbiata e ferita, anche se dopo tutto questo tempo e con l'aiuto della professoressa Nöal, la fondatrice di questo posto, ho recuperato la maggior parte del potere che mi era stato rubato. Ma non posso certo biasimare quella strega, non aveva cattive intenzioni, aveva solo fatto affidamento sulla persona sbagliata. Ed ora eccomi qui, passo la mia vita a nascondermi, a vivere come un'emarginata temendo anche la mia stessa ombra. Questo fino al giorno in cui tutto cambiò. Successe poco meno di 4 anni fa, lui non era che un ragazzino timido, dolce ed indifeso. Il mio Foster mi colpì al primo sguardo, così giovane ed allo stesso tempo così cupo, come se portasse sulle proprie spalle il peso del mondo. Con quei suoi occhi strani tanto maledettamente belli quanto inquietanti che incontrarono immediatamente i miei. Pareva impossibile che tra tanta gente avesse notato proprio me, eppure successe davvero. Dapprima da lontano, mi guardò sottecchi per mesi interi, arrossendo ogni volta che i nostri occhi si incontravano, era così carino. Poi un giorno venne da me, mi chiese di studiare insieme quel pomeriggio, diceva di non aver capito bene la lezione, sapevo benissimo che era una scusa, ma lo assecondai. Da allora non ci separammo più. Viviamo nascondendoci da occhi indiscreti poiché se i professori venissero a conoscenza della nostra relazione ci separerebbero, perciò ci comportiamo con estrema discrezione in pubblico, per finire quasi sempre a fare l'amore nella mia stanza dopo le lezioni. Finalmente con lui mi sento completamente, nuovamente, viva dopo troppo tempo trascorso a lasciarmi vivere dalla mia stessa vita. So che stargli vicino non è un ringraziamento sufficiente, ma per ora è tutto ciò che posso offrirgli. «Shelley, aiutami» la voce impaurita del ragazzo che amo interrompe le mie elucubrazioni e mi riporta alla realtà. Mi precipito a soccorrerlo, dal tono comprendo che ha avuto un'altra delle sue crisi. Era un po' che non gli succedeva, era bravo, aveva imparato a controllarle, ma non questa volta. «Cos'è successo?» lui scuote la testa come se non volesse rispondermi, come stesse ancora lottando contro se stesso per reprimere la sua parte da demone, la peggiore e più pericolosa, che si manifesta con scatti d'ira improvvisi. «Foster, devi dirmelo, per favore. Non posso aiutarti se fai così» spiego accarezzandogli dolcemente il viso sudato «Nathaniel» sussurra piano, ed immediatamente mi si palesa il motivo per cui ha reagito in questo modo. Tutti conoscono la storia di Foster e...non mi ricordo mai il nome della ragazza, ma so cosa è successo veramente quel giorno, anche se sembro essere l'unica a credere alla versione del mio ragazzo. «Sistemerò tutto, non ti preoccupare» lo rassicuro, suggellando la promessa con un bacio.

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Capitolo 18
*** Il Lupo ***


Amy's pov

Perfetto, eccomi ancora una volta circondata dal buio più completo, devo essermi addormentata. Di nuovo! È ufficiale, ora tutti penseranno ci sia qualcosa che non va in me, come se già non lo facessero! Picchetto le dita tra loro in attesa, nella speranza che questo noioso scenario decida di cambiare. Se devo restare imprigionata nella mia stessa mente almeno che ne valga la pena! «Mamma, sei tu? Mamma svegliati, ti prego» la voce rotta di una bambina in lacrime giunge fino a me, colpendomi in pieno petto come una pugnalata violenta ed improvvisa. Sento il cuore cedere sempre più sotto il peso di dolorosi graffi che, lentamente, lo stanno riducendo in brandelli. «Ti prego, smettila» supplico il vuoto «Fa male!» grido disperata balzando in piedi. Mi porto lentamente una mano alla gola, mi sembra di soffocare. Mi sento schiacciare a terra con tanta forza che la testa inizia a pulsare. Amy calmati! Riprendi il controllo, ordino a me stessa. Ho la bocca secca a causa della salivazione azzerata. Perché tanto nervosismo? Deglutisco il nulla a fatica e mi faccio coraggio, è solo una bambina impaurita, non può essere pericolosa, continuo a ripetermi.
Trascorre un battito di ciglia e vengo inghiottita da una luce accecante che mi trasporta in una radura verdeggiante baciata dal sole. Trovo che tutto ciò che mi circonda sia splendido ma fin troppo luminoso per essere vero, infatti ogni cosa è permeata da una sorta di aura splendente e tremolante, come succede spesso nei sogni. Ovunque posi lo sguardo non vedo altro se non infinita e disarmante bellezza che mi riporta alla mente un ricordo: era esattamente questo il modo in cui, da piccola, immaginavo il luogo più bello del mondo. Lievi battiti d'ali raggiungono le mie orecchie seguiti da alcune farfalle colorate che si rincorrono fino a circondarmi in una danza magnifica e, successivamente, posarsi su di me. Piccoli fiori sbocciano ad ogni mio passo e da ogni mio movimento nasce qualcosa di nuovo e sempre più bello. Miriadi di uccellini in festa cinguettano allegramente mentre una volpe si disseta ad un laghetto poco distante.
In lontananza emerge una figura dai contorni sfocati, come un disegno dipinto ad olio, che inizia ad avanzare lentamente verso di me imitando i miei gesti, solo riproponendoli in maniera più leggiadra, aggraziata e giocosa.
«Mamma, sei venuta!» esulta quella che sembra essere la bambina di poco fa, inutile dire che mi corre incontro fermandosi soltanto per abbracciarmi le gambe «Piccola, io non sono la tua mamma» spiego abbassandomi all'altezza di quella creatura tanto simile a me «Mamma, perché mi hai abbandonata?» domanda triste puntando i suoi occhi lilla su di me. Che strano, le sue iridi hanno certamente qualcosa di mio ma non soltanto, io ho gli occhi porpora, non viola! Cominciavo a pensare si trattasse di una piccola me, una sorta di anima buona da proteggere, ma ora non ne sono più tanto certa. «Mamma, perché? Io avevo bisogno di te» mi rimprovera la piccola allontanandosi di qualche passo «Perché mi hai lasciata sola in mezzo a quella strada? Perché tu e papà ve ne siete andati?» grida arrabbiata «Piccola, non sono...» sto giusto per ripeterle ciò che le ho appena detto, che non sono sua madre, quando lei mi spinge con forza facendomi cadere a terra «Io ti odio!» urla scappando via.
Alle mie spalle la voce cristallina di mia madre, o meglio il ricordo di essa, richiama la mia attenzione «Amethyst Parker» sentenzia greve «Possibile che tu non abbia ancora imparato a vivere? Sei una madre ora, non puoi continuare a comportarti da bambina!» ho sempre desiderato poter parlare anche solo un'ultima volta con lei, ho spesso immaginato questo momento come una riunione commovente fatta di baci e abbracci, ma di certo non ho mai voluto aver a che fare con un fantoccio mal concepito come quello che ora mi sta sgridando «Tu non sei mia madre!» sbotto voltandomi e, ahimè, scoprendo di essermi sbagliata. I lunghi capelli poco più scuri dei miei morbidi, lisci e profumati come nel suo ultimo giorno di vita. I sorridenti occhi color cioccolato stretti in due fessure poco convincenti e le piccole rughe d'espressione intorno alla bocca erano entrambi segni particolari tipici di mia madre. «Mamma!» le salto in braccio come usavo fare da piccola e la stringo a me, so che è solo un sogno ma non ho la minima intenzione di lasciarla andare, non ancora. Non di nuovo. «Chiunque tu sia ti sono grata» sussurro al suo orecchio, non mi illudo certo che si tratti realmente di lei, ma chi ha ricreato questa presenza per me deve conoscermi molto bene e sono felice che, anche se solo per poco, mi abbia regalato un altro po' di tempo con la mamma.
Una voce sospira soddisfatta mentre il "fantasma" di mia madre si dissolve tra le mie mani. Un vento prepotente inizia a spirare, spettinandomi e provocandomi brividi in tutto il corpo, è gelido! La temperatura si è abbassata drasticamente in quanto? Qualche secondo? Razionalmente parlando non credo sia possibile, ma questo è un sogno e si sa, i suddetti sono tutto fuorché razionali, no? La notte prende il sopravvento sul giorno e dove fino a poco fa splendeva un sole accecante ora brilla un piccolo spicchio di Luna, come se qualcosa stesse turbando la quiete di questo luogo meraviglioso. Un intruso sta forse cercando di distruggere il relativo equilibrio che ero riuscita tanto faticosamente a creare? Ascoltati quando pensi, Amy. È il tuo sogno, nessuno può intromettersi, mi ripeto più volte. «Questo non è del tutto vero» una voce maschile, bassa e seducente, crea il vuoto più completo nella mia mente. Per qualche istante tutto il caos da cui mi sono sentita schiacciata sembra fermarsi come obbedendo ad un ordine non verbale. Ho l'impressione di trovarmi in una bolla di tranquillità creata appositamente per me da un buon samaritano, forse lo stesso che mi ha consentito di riabbracciare mia madre; sarebbe troppo chiedere di poterlo incontrare per ringraziarlo di persona? Probabilmente sì. «Sei davvero certa di essere pronta a conoscermi?» e che domande, certo! Annuisco come se questo personaggio ignoto potesse vedermi, non mi preoccupo di emettere alcun suono, qualcosa dentro di me lo sa, sa che lui mi osserva dall'ombra ed aspetta solo un mio invito per mostrarsi.
Ecco la mia occasione, una piccola speranza sotto forma di lucciola mi si avvicina, mi invita a seguirla agitandosi davanti ai miei occhi «Ferma, così mi ubriachi!» esclamo scherzosamente giocando con lei a rincorrerci nel buio. Si allontana velocemente per poi tornare da me e ripetere infinite volte questa divertente coreografia. La seguo attraverso una stretta stradina sterrata che procede in un'unica direzione, contornata solamente da moltissimi alberi, tanto alti da incutere timore ma al tempo stesso dare una gradevole sensazione di calore e protezione. In lontananza scorgo uno spiazzo erboso circondato da grandi rocce affilate che lo rendono molto simile ad un antico tempio pagano. La mia nuova piccola amica scatta in avanti e si posa su una di esse come ad invitarmi ad attendere quello che succederà tra poco; si tratterà di  qualcosa di spaventoso, orribile e disgustoso? Oppure perfetto, bellissimo e memorabile? Solo il tempo me lo dirà, perciò non mi resta altro da fare se non aspettare pazientemente.
«Guardami» mi invita la stessa voce maschile di poco fa «Davanti a te» suggerisce dolcemente il misterioso ospite. Trascorre il tempo di un balzo, un volo, un istante e di fronte a me, a poca distanza, da dietro un albero emerge un immenso lupo bianco con gli occhi rosso sangue. Bello, maestoso ed imponente come nient'altro, non ho mai visto niente di simile in tutta la mia vita: è magnifico. Forse dovrei temerlo o addirittura essere terrorizzata dalla sua mole, ma tutto ciò a cui riesco a pensare è che sia stupendo. Mi avvicino lentamente procedendo con cautela, non voglio mi attacchi «Non lo farò, non a te. Mai.» sostiene convinto, è lui l'origine della voce? Un animale fuori misura? Magari è soltanto un'impressione, ma i suoi occhi paiono sorridermi mentre abbassa la testa per lasciarsi accarezzare. Adagio sfioro il suo morbido manto fino ad immergervi le dita «Ciao Amethyst» sussurra nella mia mente, crogiolandosi sotto al mio tocco.

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Capitolo 19
*** Ancora Una Volta ***


Amy's pov

Una lieve pressione sul dorso della mano mi strappa letteralmente fuori da quel sogno. Tra le dita non ho più i peli soffici del mio nuovo amico bensì qualcosa di più rigido e polposo: altre dita? «Spero tu abbia una buona motivazione per interrompermi nel momento clou» mugugno senza aprire gli occhi, qualunque sia dei miei amici deve sapere che ha rovinato tutto. «È questo il ringraziamento che ricevo per esserti rimasta accanto in un momento di difficoltà? Grazie eh!» ridacchia Zahira stringendomi la mano tra le sue «Bentornata tra noi» mi saluta Nathaniel accarezzandole la spalla amorevolmente «Ti avevo detto di non preoccuparti, Amy è forte, non ha bisogno di una babysitter» puntualizza, sorridendo compiaciuto dalla sua stessa affermazione. Narcisista il ragazzo! Ecco perché va tanto d'accordo con la fidanzata, penso. «E soprattutto Amy non ha bisogno che la teniate sotto osservazione ogniqualvolta si addormenta. Succede a tutti, è biologia» rettifico rivolgendomi ad entrambi. Sì, ho parlato di me stessa in terza persona come fa chi è mentalmente disturbato, possiamo sorvolare per favore?
«Ora ti dirò una cosa che ti farà molto piacere. Se lui ed io non ti avessimo tenuta d'occhio non ci saremmo accorti che, questa volta, eri molto tranquilla mentre riposavi» «Troppo tranquilla, sembravi morta!» Harper?! Che ci fa lei qui? «Sono arrivata mentre dormivi, ho incontrato una persona che mi ha raccontato tutto. Volevo solo accertarmi stessi bene» mi spiega tutto d'un fiato gettandomi le braccia al collo. Qui servono dei paletti, niente abbracci entusiasti, okay? La mora abbassa la testa in segno di scusa, forse per il suo comportamento. No, non me lo sono immaginato. Ha lo sguardo colpevole di chi sa di aver fatto qualcosa di sbagliato, come un infante che ha disobbedito o come me ogni volta che mi sono cacciata nei guai giurando sarebbe stata l'ultima. I suoi occhi cercano in ogni modo di sfuggire ai miei, scattando velocemente da una parte all'altra della stanza nel tentativo di evadere dalla situazione in cui si è, senza ombra di dubbio, messa con le sue stesse mani. Qualunque angolo le sembrerà bellissimo purché mi impedisca di scandagliare le sue iridi, probabilmente. Teme forse qualche ripercussione? La ragazza si avvicina, più cautamente questa volta, per accarezzarmi un braccio «Ora che sono certa non ci sia niente di cui preoccuparsi posso andare, mi aspettano a lezione, ciao ragazzi» io e Nathaniel le rispondiamo con un gesto della mano, mentre Zahira le grida «Ciao Harpy» intanto che lei si chiude la porta alle spalle. «Harpy?!» ripeto confusa «Sì, da Arpia, carino vero? L'ho appena inventato» gongola entusiasta la mia amica con un ghigno malefico dipinto sul volto «Sai essere davvero perfida, quando vuoi» la riprendo scuotendo la testa, seguita a ruota dal ragazzo «Amore quante volte devo ripeterlo ancora? Non sai fare battute, ci provi, ma sembrano sempre insulti» le spiega crucciato «Oh no, questa non doveva essere una battuta, era a tutti gli effetti un magnifico insulto. Anzi no, è offensivo nei confronti delle Arpie paragonarle a quella. Devo pensare a qualcosa di altrettanto efficace ma senza mancare di rispetto ad altri fuorché lei» afferma decisa la sirena stringendo gli occhi in due fessure, come stesse realmente pensando, mentre si massaggia il mento con fare altezzoso.
«Sai che non mi piace» tenta di giustificarsi dopo qualche minuto di completo silenzio in cui io non ho fatto altro che guardarla male «Lo so, ma non è comunque una buona scusa per maltrattarla ogni volta che la vedi, il tuo atteggiamento è paragonabile al bullismo e non è per niente carino nei suoi confronti, dalle una possibilità. Per favore, fallo per me» le chiedo gentilmente prendendole le mani «Provaci solo una volta, poi potrai fare ciò che vorrai, ma dammi questa soddisfazione» cosa non si fa per un'amica? Mi è persino toccato di interpretare la parte della ragazza dolce e comprensiva! Però a pensarci bene non ho detto solo cose sbagliate, lei non può comportarsi così per principio solo perché non le va a genio qualcuno, fino a prova contraria esiste ancora la pacifica convivenza. È molto facile giudicare qualcuno senza conoscerlo, ancor più se il giudizio viene dato in assenza di quella persona che, pertanto, non può difendersi. Solo un bambino o qualcuno di estremamente immaturo lo farebbe. Per carità, non dico che Zahira non possa esprimere la propria opinione, ci mancherebbe, se questo è il suo pensiero è giusto che lo faccia presente. Vorrei soltanto che avesse il coraggio di dire ciò che ha appena affermato di fronte a me anche in presenza di Harper. Niente trucchetti o malignità, solo due persone adulte che si confrontano pacificamente. Chissà, magari si starebbero pure simpatiche! >/br> «Non accadrà mai» mi informa scuotendo la testa «Perché? Hai paura che io abbia ragione?!» chiedo alzando un sopracciglio con fare sospettoso «No, ma non voglio avere niente a che fare con quella...quella...» «Quella cosa? Quella povera ragazza che non ti ha fatto niente di male? Quella ragazza che denigri ogni volta che puoi, prendendotela con lei anziché con te stessa? Cresci un po' Zahira! Non puoi esigere che tutti pensino ed agiscano secondo i tuoi desideri, sarebbe da stupidi, e tu non sei una stupida, vero? O forse sì, visto che se fosse per te pretenderesti che chiunque si prostrasse ai tuoi piedi, nemmeno fossi una divinità!» sputo fuori arrabbiata «Non puoi decidere tu come si deve comportare il resto del mondo, per fortuna esiste il libero arbitrio!» le grido a pochi centimetri dal viso. La ragazza dai capelli blu respira affannosamente mentre gli occhi iniziano a farsi lucidi «Amy, per favore calmati, la fai stare male» come al solito Nathaniel prende le difese della sua ragazza, ci mancava solo questa «E dacci un taglio tu! Pensi che lei smetterà di amarti se per una volta oserai contraddirla? La vostra è una relazione o un ricatto? "Se non mi difenderai sempre non sarò più la tua ragazza?" è così che funziona tra voi due?! Lei ordina e tu esegui? Complimenti, bella dimostrazione di personalità!» esclamo battendo le mani con fare ironico. Che schifo! Lei non sa fare altro che giudicare e sputare sentenze su tutti e lui è talmente terrorizzato che pur di compiacerla si getterebbe nelle fiamme, se solo glielo chiedesse.
Mi infilo velocemente le scarpe ed esco, ho bisogno di stare da sola, di nuovo. Che strano! Ma quando si è abituati a vivere una vita solitaria è quasi impossibile riuscire ad adattarsi con facilità a vivere in una comunità così ristretta qual è questo istituto.

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Capitolo 20
*** Il Confronto ***


Amy's pov

Conto i passi che faccio. Uno, due, tre, quattro e cinque, poi un salto a piedi uniti. Altri cinque e poi un altro saltello. Ancora una volta e mi sento più tranquilla. Fin da piccola, per calmarmi, evitavo i segni che separavano le lastre di cemento sui marciapiedi oppure saltavo le crepe dell'asfalto come se, in caso contrario, avessero potuto inghiottirmi. Avevo inventato una specie di gioco della campana tutto mio, e guai a chi osava disturbarmi mentre ripetevo ritmicamente quella sorta di rituale. Ognuno ha i propri metodi per mantenere una parvenza di serenità e quello era il mio. È evidente lo sia tuttora. Giunta all'esterno abbandono le scarpe in un angolo ed inizio a correre in circolo a piedi nudi sull'erba, inspirandone l'odore delicato e godendomi il suo lento frusciare al mio passaggio. Una risata liberatoria mi sale dalla gola fino a non riuscire più a trattenerla, è un'esplosione di suoni e colori mischiati in maniera tale da farmi sospettare di essere regredita agli anni dell'infanzia, quella che, ahimè non ho mai avuto veramente. Mi lascio cadere a terra supina e, quando tocco il suolo, allargo le braccia come fossero ali; che bella sensazione! La pace che mi pervade è qualcosa che non avrei mai sperato di provare in vita mia, questo è ciò che si sente a fregarsene del mondo intero? Se è così non voglio più smettere. Sono ben conscia di sembrare una pazza in piena crisi psicotica, ma che male c'è?! Diamo a questi pettegoli qualcosa di cui parlare.
«Cosa stiamo guardando?» una voce incredibilmente vicina al mio orecchio mi fa sussultare dallo spavento, tanto che istintivamente rotolo da una parte per allontanarmi. «Sono solo io, tranquilla» la ragazza mi sorride rassicurante, quasi materna «Che ci fai qui, Harper?» le chiedo senza avvicinarmi «Stavo tornando nella mia stanza dopo le lezioni e ti ho vista» mi spiega dolcemente allungando una mano nella mia direzione «È molto bello qui, sembra quasi di poter toccare il cielo» mormora protendendo le dita come volesse afferrare qualcosa che, però, le sfugge. Osservo il modo in cui lascia scivolare a terra il braccio, quasi delusa dalla propria incapacità di raggiungere lo scopo che si era prefissata; nei suoi occhi trovo lo sguardo vacuo di chi si sta arrendendo perché non ha più niente per cui lottare. Uno sguardo che conosco fin troppo bene. Mi avvicino di qualche centimetro soltanto, voglio mantenere un po' di distanza tra i nostri corpi. Chissà a cosa starà pensando, in quale mondo si troveranno mai la sua mente e, potrei azzardare, il suo cuore. «Mi manca casa. La mia famiglia, le mie sorelle, la mia routine quotidiana. Mi sembra quasi di sentire il profumo dei pranzi di mamma e dei pomeriggi passati con nonna. A volte sento di non potercela fare da sola» mi confessa a bassa voce, triste ed addolorata. «Beh, almeno tu ce l'hai una famiglia fuori di qui. Io nemmeno quella» sospiro liberandomi di quel peso enorme. «Io li ho abbandonati tutti, senza pensarci due volte, per soddisfare il mio egoistico desiderio di vedere il mondo oltre il mio villaggio, e guarda dove mi ha portata!» esclama battendo un pugno a terra «Eravamo poveri ma almeno ci amavamo l'un l'altra. Ed ora? Sono anni che non li vedo, non so come stanno, se sono ancora tutti vivi, se nonna è guarita...» le sue parole lasciano un vuoto incolmabile al loro passaggio, mi schiacciano come fossi appena stata investita da un camion a tutta velocità.
Gli occhi le si riempiono di lacrime che non prova nemmeno ad asciugare, aspetta semplicemente che le righino le guance fino a raggiungere i sottili fili verdi sotto il suo corpo. Quanta sofferenza deve aver sopportato questa ragazza nel corso della propria breve vita? Almeno quanto me, se non addirittura di più. Le sfioro il viso con le nocche, invitandola ad appoggiarsi alla mia spalla per consolarla; mi ricorda molto me qualche anno fa. Le stesse fragilità, la stessa paura di fallire e di essere trascinata a fondo dalle cattiverie gratuite della gente che mi giudicava senza conoscermi, senza nemmeno provare a farlo. Semplicemente mi guardavano e si sentivano in diritto di dirmi le peggio cose, per quale motivo poi? Perché non ero come loro? Perché non mi vestivo alla moda o perché avevo un carattere un po' particolare? Qualcuno di loro ha mai provato anche solo per un minuto a mettersi nei miei panni? Qualcuno ha provato a vedere oltre le maschere ed i muri? No, perché era molto più facile odiarmi che volermi bene. Io in Harper vedo molto di me, tanto che penso potremmo tranquillamente condividere la stessa anima. Lei però, a differenza mia, è molto più fortunata. Io ero completamente sola, nessuno si è mai preso la briga di supportarmi, di starmi vicino anche solo qualche minuto, di spendere una parola buona per me, di incoraggiarmi a vivere a testa alta. La persona che sono riuscita a diventare la devo soltanto a me stessa ed alla mia forza. Harper, invece, può contare almeno su di me.
La accarezzo come farei con un bambino indifeso, mi sento in dovere di proteggerla da persone come quelle che mi hanno presa di mira in passato e che si sono permesse di giocare con i miei sentimenti. Persone come Zahira. Nonostante Harper dimostri qualche hanno più di me sento di dovermene prendere cura come di una sorellina che sta iniziando a scoprire il mondo, che con la sua ingenuità crede ancora nella bontà delle persone che invece faranno di tutto per ferirla. Sì, lei si affezionerà alle persone sbagliate, crederà a chi le mentirà e si sentirà completamente sbagliata quando chi l'ha usata le farà credere di essere lei il carnefice e lui la vittima. Si assumerà colpe che non ha soltanto perché qualcuno l'ha convinta del contrario, dirà cose che non pensa solo per proteggersi. E col tempo imparerà a tenersi tutto dentro. Mai un segno di debolezza, mai più una lacrima versata, non si concederà più di provare sentimenti ed imparerà ad aspettarsi solo il peggio dalle persone. Non si fiderà di chi la ama perché penserà non sia sincero, ferirà chi non lo merita perché è ciò che hanno fatto a lei. Allontanerà tutti da sé e, quando finalmente esploderà rivelando tutta la sua bellissima fragilità, le daranno della falsa perché non hanno saputo capirla. Devo impedire tutto questo. Non voglio che si trasformi nel mostro che tutti la reputano, non posso permettere che accada nuovamente. Non anche a lei. La stringo più forte a me, come se questo bastasse a trasmetterle il mio vissuto ed impedirle di commettere i miei stessi errori, come se così facendo ci rafforzassimo entrambe.
«Mamma ti prego, torna da me» mi implora in lacrime la bambina del mio sogno. Se ne sta immobile davanti a me e si stringe le manine al petto. I suoi singhiozzi la fanno apparire ancora più tenera di quanto mi fosse sembrata la prima volta. Muove un passo titubante nella mia direzione e poi scappa via correndo. «Aspettami, dove vai?» mi alzo e la rincorro, lasciando sola la mora.

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Capitolo 21
*** Ricordi ***


Amy's pov

Dove potrebbe essersi nascosta? Facciamo il punto della situazione: lei non conosce questo posto, non può essere tanto lontana. Pensa Amy, pensa! Potrei provare a chiamarla e sentire da dove mi risponde. Certo, come no, potrei farlo se conoscessi il suo nome, peccato che io non abbia la più pallida idea di chi lei sia. «Dai, vieni a cercarmi» mi invita nuovamente a raggiungerla come fosse normale, come fosse ovvio che io conosca la sua posizione. «Segui l'istinto» mi sussurra la voce che io ho imparato ad associare al lupo «Cosa ti dice il cuore? Di cosa senti il bisogno?» la voce flebile che odo tanto vicina mi spinge a cercare la risposta dentro di me. Cosa potrebbe aiutarmi ora? Cerco di ripercorrere mentalmente le mie memorie alla ricerca di qualche cosa che mi faccia stare bene, che mi faccia sentire protetta. Poi la trovo. Il filo conduttore, l'unica cosa che ha accomunato tutte le famiglie con cui sono stata è la musica. No, non tutti ne erano appassionati, ma in qualche modo io trovavo sempre un momento per lei, per mettere le cuffie nelle orecchie ed alzare il volume delle canzoni finché non superava quello dei pensieri. Amavo quei decibel che arrivavano dritto al cervello e coprivano tutto ciò che incontravano curandomi da ogni male.
«Abbiamo un'aula di musica?» chiedo al vuoto «Qualcosa di simile?» domando nuovamente quando non ottengo risposta. Percepisco una sorta di mano invisibile che mi sprona a camminare verso un luogo a me ignoto «Non aver paura, ti ci porto io» il mormorio nelle mie orecchie è come un fischio troppo acuto da sopportare, è quasi doloroso, ma dolorosamente piacevole. La sensazione che provo è strana e difficile da descrivere, niente di doloroso è mai piacevole tranne questo. Come posso io, che ancora non comprendo cosa mi stia succedendo, raccontare ad altri quel che si prova? Mi sento trascinata e spinta allo stesso tempo, la ragione mi grida di fuggire mentre il sentimento mi obbliga a proseguire. La mia voce interiore sta facendo veramente di tutto per farsi valere ma la percepisco ovattata, sembra non appartenermi più, come qualcuno l'avesse chiusa in una bolla che non sono in grado di far scoppiare. Il cuore palpita per l'impazienza, le mani tremano come non hanno mai fatto ed i miei piedi si affrettano per l'emozione.
Da lontano mi giunge un suono che riconosco ma che non saprei riprodurre, la voce dei ricordi è troppo bella e pura per poterla imitare, sarebbe un sacrilegio anche solo pensare di riuscire a replicarla. «Mamma no!» urla la bambina che, però, scelgo di ignorare «Non ora piccola» non ho tempo per te, sospiro a bassa voce. Non ho tempo per nessuno fuorché me stessa, ammetto poi.
È alla fine di un interminabile corridoio che ritrovo il mio paradiso interiore fatto di strumenti e spartiti. Chiudo a chiave la scura porta che mi separa dal resto del mondo e chiudo gli occhi lasciandomi avvolgere da una sinfonia di suoni suonata da un'orchestra di fantasmi. Nessuno oltre a me deve essere venuto qui da tempo, me lo dicono lo strato di polvere sugli strumenti ed i vecchi arredi ormai fuori moda; chi mai potrebbe abbandonare questo luogo magnifico? Eppure li sento, un coro che intona un inno sconosciuto, note che aleggiano nell'aria intorno a me fino ad avvolgermi completamente. Chi può essere il responsabile di tanta meraviglia? Due figure di spalle se ne stanno in disparte ad abbracciarsi con una canzone che conosco fin troppo bene come sottofondo. «Te la immagini? Quando sarà grande avrà superato entrambi noi, lei ha un dono» mormorano senza staccare gli occhi uno dall'altra, un neonato gioca ai loro piedi emettendo suoni buffi e distorti che i genitori non tentano nemmeno di correggere. «Ricordi tutto, vero?» mi chiede dolcemente il lupo mentre io annuisco emozionata. Questo è il mio rifugio, una tana fatta di corde, fiati e percussioni che potrei riconoscere ad occhi chiusi ma che non ho mai imparato a suonare. Mamma me lo prometteva sempre quando ero piccola, diceva che mi avrebbe insegnato tutto quel che sapeva, ma è morta prima di poterlo fare. È straordinario come io non ricordi quasi niente dei miei genitori ma questo sì. «Tu sai molto più di quanto immagini Amy, devi solo sforzarti» afferma la voce di prima «Come questo». Improvvisamente la stanza torna agli antichi splendori, ragazzi e ragazze sorridono e chiacchierano allegramente in attesa del loro professore «Papà!» grido quando varca la soglia, gli corro incontro ma lui mi sorpassa senza nemmeno accorgersi della mia presenza, va dritto verso il pianoforte ed inizia a suonarlo con una naturalezza tale da farmi rabbrividire. Lo raggiungo, mi siedo accanto a lui e lo ascolto, ma non appena provo a sfiorare un tasto mi ritrovo nuovamente sola ed incapace; come vorrei che lui fosse realmente qui con me! Mi sento stringere in un caldo abbraccio da due braccia sconosciute ed invisibili che, però, incredibilmente mi trasmettono una sicurezza inaspettata. Quelle mani guidano i miei gesti fino a permettermi di eseguire la melodia di un brano che mi cantavano spesso i miei genitori la sera, senza quello non volevo dormire. «Te l'avevo detto. Hai memoria di molte cose, devi soltanto scavare fino a trovarle. Qui sono certo ce la farai» mi rassicura il lupo. Percepisco una carezza sulla guancia e poi più niente.
Urlo a gran voce, lo prego di tornare da me, di farmi compagnia e non lasciarmi nuovamente da sola. Ho bisogno di lui. La sua assenza mi fa male, mi sento piccola ed indifesa in un mondo popolato da incubi, sento il freddo entrarmi nelle ossa e la sicurezza abbandonarmi. Ecco cosa provo: paura. Paura che anche lui mi lasci come hanno fatto tutti, paura di dovermi abituare alla sua assenza, non so quanto durerà questa strana situazione tra noi. Temo si tratti di una mera illusione. Il frutto di una mente malata.

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Capitolo 22
*** Midnight ***


Amy's pov

Mi sveglio e, dopo essermi rigirata varie volte nel letto, fuori è ancora buio. Il cielo è sereno e trapunto di miliardi di stelle, molto bene: è una bella serata. Cammino in punta di piedi facendo attenzione a non svegliare Zahira che, ovviamente, dorme ancora. Certo, abbiamo avuto qualche incomprensione ma non è un motivo valido per disturbarla nel cuore della notte. E poi, a dirla tutta, non vorrei essere responsabile del suo eventuale cattivo umore durante tutta la giornata. Indosso velocemente qualcosa di presentabile e sgattaiolo fuori dalla stanza; non dormirò ma almeno riuscirò a godermi lo spettacolo che mi offre la natura, per di più senza correre il rischio di incappare in qualcuno.
Appena giunta all'esterno corro a sedermi sotto al più grande degli alberi presenti, con la schiena appoggiata al tronco. Sfioro con le dita il punto in cui le radici si fondono col terreno; chissà quanto scendono in profondità. «Quanti anni hai? Due o tre mila? Secolo più secolo meno, si intende» chiedo a quel tempio dimenticato. So che ci sono state e, in alcuni luoghi, ci sono ancora popolazioni che ritengono gli alberi e la natura in generale delle manifestazioni del divino. Esistono religioni che venerano Dèi molto simili a noi o comunque antropomorfi, mentre altre ritrovano i suddetti in animali e piante, nei ruscelli o nel vento. È incredibile quanto io mi senta affine a quest'ultimo gruppo di persone; mi sono sempre trovata estremamente a disagio tra i miei simili ma molto bene circondata dalla natura, tanto che se potessi diventerei un tutt'uno con essa. Trovo straordinario quanto la vicinanza all'elemento in cui mi trovo immersa in questo momento mi faccia sentire potente, anziché una nullità. Accarezzo la corteccia sopra la mia testa e mi stupisco quando una foglia vola davanti ai miei occhi, peccato non riesca a capire quale sia il suo colore.
«Sei bellissimo» sussurro ad occhi chiusi ranicchiandomi contro il mio cantuccio improvvisato ma estremamente accogliente. Inspiro il profumo emanato dal tronco secolare e sospiro lasciandomi avvolgere dai miei pensieri ingombranti. Un alito caldo mi scosta i capelli dal viso come volesse vedermi meglio, mentre qualcosa di umido mi sfiora la guancia facendomi sobbalzare. Quale incredibile sorpresa quando apro gli occhi! Davanti a me si erge maestoso il lupo bianco che, fino ad oggi, ho incontrato soltanto in sogno. Cerco di reprimere l'istinto di stringerlo quanto più forte posso, ma proprio non ci riesco. Gli getto le braccia al collo come farei con un amico che non vedo da troppo tempo, sprofondando col viso nel suo manto sprezzante del pericolo. Insomma, per quel che ne so potrebbe anche attaccarmi da un momento all'altro! Ho quasi l'impressione stia sorridendo dei miei pensieri, poi rinsavisco perché no, non è possibile, gli animali non lo fanno. Giusto?
«Esisti davvero!» esclamo commossa «Non sei solo nella mia mente, allora» mormoro baciandogli la testa ed il dorso. Prendo il suo muso tra le mani e poi lo abbraccio nuovamente; povera creatura, lo sto torturando. Eppure lui non sembra infastidito. «Puoi continuare quanto vuoi, non me ne andrò» percepisco la sua voce forte e chiara, esattamente come la ricordavo, proprio come me l'ero... «Non hai immaginato niente, era tutto vero» afferma sedendosi al mio fianco «È una delle mie capacità, so quando hai bisogno di me e quindi intervengo, sono qui per proteggerti» racconta lasciandosi accarezzare «Eri sempre tu, vero? Ho visto mia madre, mio padre, la figlia che un giorno avrò. Sono riuscita a stare bene grazie a te» lo ringrazio ad alta voce «No Amy, ti sbagli. Ti ho mostrato la tua famiglia, qualcosa del tuo passato o di quello dei tuoi genitori, ma non la bambina. Lei non era opera mia» mi spiega cauto «La sentivo, ma emanava un'energia completamente diversa, più oscura. Io posso riplasmare i tuoi ricordi per renderli più vividi ma non intervenire sul corso degli eventi, non posso creare qualcosa che non esiste; è una facoltà che non mi appartiene» le sue parole lasciano una strana impronta al loro passaggio, si portano dietro una specie di vuoto che soltanto altre parole potrebbero colmare. Sfortunatamente il mio amico pare eccessivamente abbottonato. Non credo riceverò altre informazioni da parte sua.
«Come ti chiami?» chiedo curiosa, ormai abbiamo stabilito che lui è in grado di comprendere anche i miei pensieri e, di conseguenza, anche di potermi rispondere come stessimo davvero discorrendo tra persone, tant'è che se non lo avessi davanti agli occhi probabilmente penserei che la sua voce provenga da un ragazzo, non certo da lui. I lupi non parlano, non nella vita reale almeno. «Tu come mi chiameresti?» «Midnight, non ho alcun dubbio» penso guardandolo negli occhi con aria divertita, spero con tutto il cuore che gli piaccia! «E Midnight sia, allora» mi sfiora nuovamente il viso col naso umido e poi si sdraia, invitandomi ad appoggiarmi a lui come fosse un cuscino «Non puoi farmi del male» mi tranquillizza mentre io, appena toccato il suo corpo, crollo in un sonno profondo.

Le urla agghiaccianti di Zahira mi fanno svegliare di soprassalto. «Amy, allontanati subito!» grida terrorizzata; che ci fa lei qui? Mi stropiccio gli occhi varie volte prima di mettere ben a fuoco la scena. Deve essere ancora presto data la poca luce chiara che illumina appena tutto ciò che riesco a vedere. Poco più tardi dell'alba. «Cosa vuoi?» biascico ancora mezza assonnata, cercando istintivamente Midnight al mio fianco. Eccolo qui a dormire ancora tranquillo, beato lui! Pensavo gli animali avessero un udito più sviluppato degli esseri umani, invece a me sembra essere capitato l'unico a cui, per smuoverlo un po', servirebbero le cannonate. «Prima allontanati da quella cosa» mi intima indicando il lupo accanto a me «No» affermo decisa scuotendolo dolcemente, solo svegliandolo riuscirò a farle capire che non ha motivo di preoccuparsi «Non è pericoloso, non farebbe male ad una mosca» inizio a spiegare a lei ed a Nathaniel che, con fare minaccioso, gli punta una lancia alla gola. «Non ti azzardare o dovrai vedertela con me!» ordino perentoria.
«Stai bene?» percepisco la tensione nei pensieri di Midnight che immediatamente mi si para davanti ringhiando ai miei amici. Aveva detto di essere qui per proteggermi, ma non credevo intendesse in senso letterale. Certo è che, mettendomi nei suoi panni ed immaginando di non conoscere le persone davanti a noi, forse anche io reagirei così se si trattasse della vita di qualcuno che amo. Ma che sto dicendo?! È un animale con cui ho parlato un paio di volte, io non amo lui e di certo lui non ama me, non è una persona! Annuisco accompagnando la mia tacita risposta con una carezza, forse se mi sentirá tranquilla anche lui si calmerá. «Vuoi abbassare quell'arma o devo costringerti a farlo?» alzo un sopracciglio guardando storto Nathaniel mentre sussurro parole comprensive al mio protettore «Non preoccuparti, loro non mi faranno niente e non faranno del male nemmeno a te, sono amici. Vero?» domando alla coppia che mi osserva confusa «Amy, ti rendi conto che stai parlando con un animale?» annuisco nuovamente chiedendomi quale sia il problema «Il problema è che quella cosa è enorme!» replica nervosa la ragazza invitando, però, con un gesto della mano, il fidanzato ad abbassare la lancia. «Per prima cosa ti chiedo di chiamarlo col suo nome, Midnight, che è venuto qui per tenermi al sicuro, e poi sul serio?! Di nuovo Zahira? Quante volte...» «Lo so, ti ho già chiesto scusa e continuerò a farlo in futuro» si scusa nuovamente con un cenno del capo, prima di proseguire «Non puoi tenerlo con te, non è un cucciolo da coccolare, è...» la zittisco con un dito per rispondere al lupo «No, non è lei, avrà anche tanti difetti ma non è cattiva, la definirei fastidiosa, piuttosto» spiego dolcemente, ridendo assieme a lui delle mie stesse parole.
«Dicevi?» le chiedo, continuando a ridacchiare, dopo qualche minuto passato a sentirmi osservata dai due che non so se definire più confusi oppure offesi. «È lui, vero?» domanda comprensiva chinandosi al nostro fianco per toccarlo «Non è un animale qualsiasi per te, correggimi se sbaglio» lo studia come probabilmente non ha fatto nemmeno con me al mio arrivo, scostandogli persino alcuni ciuffi di pelo a caso, finché lui non si scrolla annoiato «Ti ha scelta, non è così?» le rispondono i miei pensieri mentre io lo gratto tra le orecchie «Non avrei potuto fare altrimenti» mi informa lui chiudendo gli occhi per godersi le mie carezze. «Vi prego, ditemi che quel lupo non è il suo famiglio. Non anche tu Amy, non posso pensare che...» sospira sconsolato il ragazzo, massaggiandosi la fronte «Invece sì, e ti dirò di più, lui dormirà in camera con me. Se vorrà, certo» suggerisco sperando che Midnight acconsenta, ora come ora non riesco proprio ad immaginare di non averlo accanto al mio risveglio. È strano, soprattutto considerando che fino a questa notte non ero nemmeno sicura che esistesse realmente, eppure adesso il solo pensiero di dovermi separare da lui mi fa star male. «Ora devo lasciarti, non posso restare, ci vediamo più tardi» mi saluta lui allungando una zampa verso di me «Ti aspetto» sussurro appoggiando la fronte alla sua, come volessi assorbire un po' del suo calore, così da poterlo conservare per quando non sarà con me «Mi raccomando Amy, stai attenta» «Lo farò» lo rassicuro prima di guardarlo allontanarsi. «Perché parli col tuo lupo?» chiede curiosa la sirena «Non ti capisce» continua poi «Io, invece, credo proprio di sì» la correggo sorridendo.

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Capitolo 23
*** Un Ragazzo Misterioso ***


Amy's pov

«Amy, ti comunico ufficialmente che hai l'amica migliore che si possa desiderare!» esclama entusiasta Zahira irrompendo nella stanza ed iniziando a fare un gran baccano. «Bene, buon per te» le rispondo distaccata, annoiata ed anche stanca, possibile che non riesca a stare ferma nemmeno un minuto? Sarebbe troppo anche solo sperare che smetta di parlare qualche secondo, se non per me, almeno per riprendere fiato? Cerco di concentrarmi sulle parole che ho davanti, devo darmi da fare se voglio recuperare il programma svolto finora, se non tutto una parte di esso, non posso permettermi di rimanere indietro. Ne va della sicurezza di tutti, perciò devo necessariamente imparare a controllare le mie capacità.
«Dacci un taglio! Rifugiarti nello studio non è il modo di gestire la situazione, tu hai bisogno di parlarne» mi strappa bruscamente il libro dalle mani prima di lanciarlo sul suo letto e sedersi sul mio «Ehi! Non hai il diritto di interrompermi perché non ti piace il mio atteggiamento!» sibilo scontrosa e pronta ad alzarmi ed allontanarmi «Dove credi di andare, signorina?! Non solo ne ho il diritto, ma anche lo stramaledetto dovere» replica costringendomi a tornare sui miei passi «Tu sei mia amica ed io sono più o meno l'unica con il coraggio necessario a farti una bella ramanzina, perciò che tu lo voglia o no, ora mi starai a sentire» su questo non ha tutti i torti, conosco poche persone e sono quasi certa che gli altri siano abbastanza spaventati da me, se non altro non si azzarderebbero mai ad impormi qualcosa che non voglio fare. «Vuoi dirmi per quale motivo l'assenza del tuo lupo sembra crearti tanti problemi?» il tono dolce e materno che solo lei sa usare nei miei confronti è rassicurante ed al tempo stesso un incubo, sa benissimo che l'unica maniera per spingermi ad aprirmi è mostrarsi comprensiva ma sa anche che detesto questo suo modo di fare. «Lo sai benissimo il perché. È il mio famiglio, tu stessa hai ammesso che il legame che si crea con loro è qualcosa di unico» le ricordo «Unico sì, simbiotico no. Per quanto vi vogliate bene siete due entità ben distinte e perfettamente in grado di sopravvivere anche separatamente, l'avete fatto fino ad ora e potete continuare ancora» mi spiega accarezzandomi la testa «Lo capisci che sono preoccupata per te? Vedo che questa sua assenza ti sta prosciugando e non va bene. Un rapporto del genere è tossico per entrambi, per te che non riesci a tollerarlo e per lui che sicuramente percepisce il dolore che ti sta procurando» mormora prendendomi le mani tra le sue.
«Sto bene» mento sperando non se ne accorga, recitando meglio che posso la parte della ragazza spensierata ma allo stesso tempo apprensiva, preoccupata ma solo relativamente. Posata anche se dentro di me vorrei soltanto urlare. «No Amy, è qui che ti sbagli. Hai bisogno di distrarti, di pensare ad altro, e la festa in maschera di questa sera ha proprio il suddetto scopo, perciò ora inizierai a prepararti» sussurra sollevandomi il mento «Sarai meravigliosa, ti metterai qualcosa di sexy, lascerai che i tuoi splendidi capelli si muovano liberamente e farai strage di cuori muovendo il bel sederino che ti ritrovi, chiaro?» chiede scostandomi i capelli dal viso prima di trascinarmi con sé in bagno. «No Zahira, dovrai farti accompagnare da qualcun altro» tento di rifiutare quello che somiglia più ad un'imposizione che ad un invito; non ne ho voglia, ho necessità di stare sola. «Oh no, tesoro, in caso tu non l'abbia capito il mio era un ordine, non una richiesta» replica perentoria «Ed ora muoviti, non abbiamo tutto il giorno!» esclama dandomi uno schiaffo scherzoso sul fondoschiena.

«Che meraviglia! Dovresti ascoltare più spesso i miei consigli» la mia amica saltella per la stanza applaudendosi da sola, ci manca solo che si metta a fare l'inchino e poi avremo la perfetta prima donna che ho sempre pensato sia. Però devo ammetterlo, è riuscita a fare un piccolo miracolo. Mi ha letteralmente lasciata senza parole, soprattutto considerando che è riuscita a rimediarmi qualcosa all'ultimo momento; solo qualcuno come lei avrebbe potuto riuscirci. Mi ammiro un'ultima volta allo specchio, ancora incredula per quello che vedo. L'abito nero e, forse, eccessivamente corto mi calza a pennello. La parte superiore aderisce perfettamente alle mie forme, la scollatura profonda che credevo troppo osé copre perfettamente tutto ciò che dovrebbe, l'ampia gonna sfumata dal nero al bianco e decorata con motivi floreali di brillanti sembra una soffice nuvola vaporosa. Nonostante non sia il genere di indumento che prediligo lo trovo, nel complesso, molto carino. Cosa sarebbe poi una festa in maschera senza quest'ultima? Ed anche qui le infinite risorse di Zahira si sono dimostrate; chi avrebbe mai immaginato ne possedesse un'intera scatola? «Ne ho una per ogni occasione, scegli quella che vuoi» mi aveva detto nel pomeriggio mentre iniziavamo a prepararci, ed io l'avevo fatto, scegliendo la più bella e raffinata. Posiziono la maschera in pizzo nero, che mi copre soltanto gli occhi ed il naso, e sistemo i due fermagli che mi permetteranno di sostenerla tanto è leggera, nascosti da morbide piume.
Che dire poi di Zahira?! Poteva lei, da regina dell'esibizionismo quale è, non dare nell'occhio? Certo che no! Ecco spiegato il motivo per cui, probabilmente, ha scelto di indossare un tubino completamente giallo canarino unitamente ad una maschera dello stesso colore delle sue unghie, tanto splendente da sembrare ricavata da una lastra d'oro dipinto. «Non ti piace passare inosservata, giusto?» le chiedo ironica, è ovvio io stia scherzando! Mi pare piuttosto evidente e scontata la risposta che non tarda ad arrivare «Proprio così» risponde ammiccando e trascinandomi giù per le scale in tutta fretta «Piano, così mi farai cadere!» esclamo contrariata ma contenta di rendere felice, almeno per questa volta, la mia amica.
Una volta fatto il nostro ingresso nel salone adibito resto estasiata dalla bellezza del luogo: immenso, gremito di gente ed illuminato da una fioca luce indaco. La guida per raggiungere il piano di sotto si manifesta davanti a noi nella forma di una grande scalinata in marmo che rende l'ambiente ancor più regale di quanto mi era sembrato a primo impatto. Chi immaginava ci fosse qualcosa di simile qui?! «Visto? Ti stanno guardando tutti!» esclama eccitata la sirena, quasi quanto lo sarebbe un bambino davanti ad una gelateria «È imbarazzante» mi lamento scuotendo la testa, migliaia di occhi e ho la netta sensazione che, pur sapendo che non è affatto così, siano tutti puntati su di me «Non pensarci, rilassati e soprattutto divertiti» grida strizzandomi l'occhio prima di correre via, sottolineando l'ultima parola «Zahira no, aspetta, non lasciarmi qui da sola, non so che...» inizio a dire mente si allontana «Fare» concludo sconsolata. Lei è perfettamente a proprio agio, perché dovrebbe preoccuparsi di me, la disadattata dell'istituto?
«Cosa ci fa una come te tutta sola?» mi chiede una voce alle mie spalle «Cerco di evitare quelli come te» rispondo molto poco carinamente «Piacere, Connor» si presenta mettendosi davanti a me «Non mi pare di avertelo chiesto» gli faccio notare alzando un sopracciglio «Vuoi ballare?» «Ovviamente no» mi giro dall'altra parte nella speranza che trovi qualcun'altra da importunare ma, purtroppo per me, sembra proprio che il ragazzo non abbia intenzione di demordere «Eddai, non fare la snob, voglio soltanto divertirmi» la scintilla nei suoi non mi piace affatto, ed ancor meno il fatto che metta le mani dove non dovrebbe «Senti coso, non...» inizio a replicare quando una mano prende la mia e mi allontana da quel Connor. Mi volto verso lo sconosciuto e batto le palpebre una volta come ringraziamento, istintivamente intreccio le dita alle sue e lascio che mi attiri a sé. «Eccoti qui finalmente, ti lascio sola un attimo e già un altro ti corteggia» scherza lui dandomi un bacio sulla guancia prima che io mi appoggi alla sua spalla «No amico, non è come pensi, stavamo solo facendo amicizia» tenta di giustificarsi Connor. Non so per quale motivo ma qualcosa mi dice che abbia iniziato a sudare freddo. Il ragazzo misterioso è svariati centimetri più alto di lui e sta indubbiamente marcando il territorio, probabilmente anche io avrei paura se mi trovassi nella stessa situazione. «Ora smamma» lo minaccio velatamente mentre sorrido all'altro.
«Immagino di doverti ringraziare per avermi salvata» ammetto lasciandomi condurre al centro della pista ed iniziando a ballare con lui «Salvata? Mi pare te la stessi cavando già piuttosto bene anche da sola. Ti ho solo fornito un alibi» sorrido alle sue parole ed alla sua voce incredibilmente familiare. «Chiamalo come ti pare ma in ogni caso ti devo un favore» dico avvicinandomi al suo orecchio per non dover urlare «Sono certo che avrai più di un'occasione per sdebitarti» replica prima di baciarmi il dorso della mano ed inchinarsi, subito dopo aver terminato il ballo che abbiamo fatto insieme. «Ci vediamo Amy» mi saluta lasciandomi sola col suo odore inebriante «Aspetta, come ti chiami?» grido quando ormai è troppo lontano. Brava, questa sera il tempismo è il tuo forte, penso sarcastica. Come avrei fatto a riconoscerlo senza conoscere il suo nome né il suo aspetto?

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Capitolo 24
*** Il Sostituto ***


Amy's pov

Mi stiracchio godendomi il primo ed unico risveglio positivo che ho avuto da quando sono qui. Allargo le braccia finalmente riposata e piena di positività per il giorno che verrà «Sveglia!» grido correndo ad aprire le tende. Fuori splende il sole e non c'è alcuna traccia di nubi nemmeno all'orizzonte, questo tempo mi mette decisamente di buon umore. Stranamente. «Come mai così pimpante di prima mattina?» i capelli di Zahira la avvolgono completamente come fossero un vestito, coprendole anche parte del viso e rendendo la sua espressione assonnata alquanto comica. Le lancio gli indumenti che dovrà indossare e la tiro letteralmente giù dal letto. «Cosa ti rende tanto euforica?» domanda nascondendosi in bagno ed iniziando a sistemarsi con calma «Niente, mi sento solo bene» replico mettendo in ordine entrambi i nostri letti in modo tale da essere pronte prima possibile, non so perché ma oggi ho voglia di fare lezione. Sento che sarà una giornata produttiva!

«Per caso c'entra qualcosa quello che è successo ieri sera?» chiede mentre ci avviamo in aula «Perché, cos'è successo?» non capisco proprio a cosa si riferisca, come potrebbero essere collegati gli avvenimenti di ieri sera con il mio umore?! «Cara Amy, lascia che ti spieghi una cosa: quando tu sei di buon umore, come oggi, è un po' come vedere me comportarmi da ragazza umile. Un evento più unico che raro!» la guardo storto, non capisco se sia felice per me o si stia semplicemente lamentando. Arriccio il naso pensierosa ed anche vagamente offesa, vista da fuori risulto tanto disadattata da far stupire la gente quando mi comporto normalmente? «No tesoro, so che mi stai odiando per aver spiato la tua mente ma non è questo il motivo per cui ti ho fatto quella domanda. Piuttosto il sorriso che ti si è dipinto sul volto quando ti sei alzata e che ancora non è sparito» spiega aggrappandosi al mio braccio e dandomi una gomitata scherzosa «Va bene, per questa volta sei perdonata, ma solo perché oggi mi sento particolarmente indulgente» le ricordo piegando la testa versa la sua e sorridendo le.
«E questa tua affermazione mi spinge a porti la prossima domanda: come si chiama?» chiede dopo qualche minuto «Chi?» se si riferisce ancora a ieri sera deve spiegarsi meglio, ho parlato con parecchie persone, potrei definire la festa il mio debutto in società, in pratica. «Alto, capelli scuri, avete ballato. Ti ricorda qualcuno?» soltanto io colgo una nota di malizia nella sua voce? «Scusa, ma esattamente cos'hai fatto tu anziché divertirti? Mi hai tenuta d'occhio tutto il tempo?» davvero? Ora il nostro rapporto si è evoluto a tal punto da fare di lei la mia babysitter? «Non te la prendere, volevo solo assicurarmi che non ti nascondessi in un angolo per evitare la gente» si scusa abbassando gli occhi «Non lo so, e prima che tu me lo chieda ti dico anche che di lui non so più di quanto abbia visto tu stessa. È scappato subito dopo il nostro ballo» per quanto ne sappiamo, insomma, potrebbe trattarsi di chiunque.

Mi blocco improvvisamente a pochi passi dalla porta dell'aula in cui ci stiamo recando. Appoggiato alla cattedra se ne sta annoiato un uomo o, per meglio dire, un ragazzo che avrà appena qualche anno più di noi. Alto e pallido, salta subito agli occhi la sua bellezza, tale da risultare disarmante. I suoi occhi azzurro-verdi contrastano nettamente con i morbidi capelli neri e mossi che scompiglia distrattamente voltandosi verso di noi. Il suo sguardo, poi, duro quanto la linea delle sue labbra sottili e rosee mentre alza gli occhi su di me, mi gela il sangue nelle vene. Nessuno al mondo mi ha mai guardata con tanta attenzione! «Ma che bel bocconcino» sospira la mia amica sventolandosi teatralmente con la mano «Zahira, controllati! Non vedi che è un insegnante?» sibilo furiosa cercando di mantenere un tono di voce sufficientemente basso, affinché lui non possa sentirmi. «Sì, lo so. È il sostituto di Kaver, penso. E non credo che i complimenti abbiano mai ucciso qualcuno, perciò...» i suoi gesti mentre pronuncia queste parole mi fanno capire che per quel che la riguarda il discorso è chiuso, per ora lascerò perdere l'argomento.
Sono appena tornata a posare gli occhi su di lui quando una voce mi rimbomba in testa «Smettila di fissarmi» no, non l'ha appena fatto, vero? «A quanto pare sì, invece» puntualizza serio cambiando espressione «Chi diavolo sei tu? Ma soprattutto cosa sei?» ovviamente nemmeno io ho aperto bocca, cosa penserebbe la mia amica se mi sentisse parlare in questo modo a qualcuno che, per quel che ne sa lei, non mi ha fatto niente? «Potrei farti la stessa domanda, stygg liten» mi zittisce così, semplicemente pronunciando un paio di parole di cui, però, non comprendo il significato. Si tratterà certamente di un qualche dialetto di queste parti, penso tra me e me. «Piacere, io sono il professor Hunter Davis nonché vostro nuovo docente di mitologia» mi stringe la mano come se niente fosse, mi sorride addirittura come non mi avesse appena intimato di stare al mio posto, perché di questo si tratta. «P-Parker, A-Amy Parker» balbetto imbarazzata abbassando gli occhi sulle nostre mani unite. Perché mi fa questo effetto? Per quale motivo non riesco a guardarlo negli occhi senza sentirmi terribilmente nuda e ridicola? «Toglimi gli occhi di dosso» lo imploro mentalmente mentre studio la sua stretta salda ma delicata allo stesso tempo, le sue mani fredde e callose solleticano le mie trasmettendomi però un calore che si irradia in tutto il mio essere. Mi sento bene ma in pericolo. Ritraggo la mano di colpo percependo un focolare crescermi dentro, non voglio dar fuoco ad un professore, sono certa non me lo perdonerebbe mai! Corro a sedermi prima di provocare dei danni, devo ascoltare la voce che mi ordina di allontanarmi da lui il più in fretta possibile. «Mi spieghi cosa ti è preso? Dov'è finita la Amy che tutti conoscono?» Zahira mi si siede accanto scrutandomi attentamente, sembra seriamente preoccupata per me «Io...lui...non...» provo a spiegarle, ma ogni sforzo per formulare una frase di senso compiuto appare vano, soprattutto ora che sento il suo sguardo nuovamente fisso su di me. «Riprenditi! Non fare la stupida, è soltanto un ragazzo» mi fa notare sdegnata la mia amica, completando la frase con un pugno sul braccio «Tira fuori il carattere e mostragli con chi ha a che fare. Sei terrorizzata da lui o sbaglio?» annuisco prima di scuotere la testa, sono confusa. Con lui intorno non riesco a pensare lucidamente. Non mi fa paura ma non mi sento nemmeno al sicuro, sento che la vicinanza con lui potrebbe causare non pochi problemi, manda completamente in tilt la mia capacità di autocontrollo. Ed io non me lo posso permettere.
Mi volto a guardarlo ancora una volta trovandolo già intendo a tenermi d'occhio «Lasciami in pace!» grido mentalmente attirando la sua attenzione «Altrimenti?! Ti metterai a piangere come una bambina?» come si permette di essere tanto offensivo. Se solo potessi far sparire quel suo sorrisetto compiaciuto! Sto per alzarmi ed aggredirlo quando mi accorgo che ormai ogni possibilità è sfumata, tutti i nostri compagni di corso sono seduti attorno a noi e se facessi qualcosa se ne accorgerebbero certamente. Mentre spiega non riesco a prestare attenzione alle sue parole, qualcosa in lui mi turba a tal punto da aver bisogno di aria «Dove sta andando, Parker?» chiede senza degnarmi di uno sguardo «Fuori!» sibilo allontanandomi «Vuole che la segua?» si propone Zahira «No, sono più che certo che prima o poi la principessina tornerà tra noi» afferma ridendo assieme agli altri presenti «Ed anche se non lo facesse beh, credo nessuno sentirebbe la sua mancanza» continua a ridicolizzarmi mentre io mi dirigo verso il parco.

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Capitolo 25
*** Colpi Bassi ***


Hunter's pov

«Signorina Green, può per favore chiedere alla signorina Parker di raggiungermi? Dovrei parlarle» chiedo alla ragazza arrivata assieme ad Amy, da quel che mi hanno detto al mio arrivo, appena ho chiesto informazioni sulla rossa, ho capito che dovrebbe trattarsi della sua compagna di stanza. Lei annuisce e scappa velocemente, speriamo lo faccia realmente! Da lontano mi giungono i pensieri contrastanti di Amy che sembra furiosa con qualcuno. Sicuramente quel qualcuno sono io. So di non essermi comportato bene nei suoi confronti ma è stato necessario, non posso permettere che quella ragazza mi si accolli, o meglio non posso concedermi di affezionarmi. Sarebbe pericoloso per entrambi ma soprattutto per lei. Percepisco le sue grida contro l'amica innocente che, malgrado tutto, si è ritrovata invischiata in questa brutta situazione che io stesso ho creato. Mi sembra di sentirla mentre mi manda al diavolo con un'espressione imbronciata che soltanto lei saprebbe fare. La sento mentre atterra con grazia sul manto erboso, doveva essersi arrampicata sul suo albero preferito. Riesco a cogliere il profumo dei suoi capelli accarezzarti da un alito di vento caldo ed i sospiri scocciati mentre si avvicina sempre più. Si tortura insistentemente i capelli rischiando di spezzarli e di morde le labbra frustrata; «Non preoccuparti voglio solo parlare» le spiego col pensiero, ma da parte sua non ricevo risposta. O non mi ha sentito oppure mi sta volutamente ignorando. Mi appoggio allo stipite tentando di mostrarmi il più disinvolto possibile anche se dentro di me c'è soltanto agitazione. «Quindi?! Che vuoi?» e pensare che sono sempre stato convinto di essere io quello sgarbato «Non mi saluti nemmeno?» chiedo invitandola ad entrare «Dovrei?!» scontrosa la ragazza! «Probabilmente no, ma magari potresti iniziare scusandoti e mantenendo un tono più formale, ad esempio dandomi del lei» ipotizzo con un'alzata di spalle «Perché? Non mi sembrava ti facessi troppi problemi stamattina, prima della lezione, ricordi? Ah già, non ci ha sentiti nessuno, dimenticavo che in questo istituto l'importante è mantenere le apparenze» che lingua lunga Amy. Attenta, qualcuno potrebbe risentirsene. Mi avvicino a lei per spiegarle il motivo per cui l'ho fatta convocare con tanta urgenza «Sei scappata dalla mia lezione, letteralmente, perché?» ora sono proprio curioso di scoprire quale scusa inventerà. Potrebbe dirmi che si sentiva male, o che aveva bisogno del bagno, o magari che voleva soltanto fare una passeggiata e che, sul momento, non le era sembrato tanto grave assentarsi. Non lo sarebbe stato, infatti, se dopo pochi minuti fosse rientrata scusandosi. Invece non l'aveva fatto. Vedo nitidamente i suoi pensieri vorticarle impazziti attorno alla testa come facessero a pugni nel tentativo di stabilire chi tra loro è il più forte e che merita, quindi, di essere espresso ad alta voce. Con calma Amy, abbiamo tutto il giorno, biascico impaziente in tono sommesso, in questo caso non è necessario che lei senta cosa dico.
«Mi hai messa in imbarazzo, mi hai ridicolizzata davanti a tutti, ti sei preso gioco di me!» esclama con gli occhi ridotti a due fessure tanto piccole da rendere le sue iridi quasi invisibili. Eppure percepisco tutta la furia che sprigionano fino a diventare di un colore più scuro ma più acceso. Se solo non fosse tanto antipatica potrei trovarla persino carina, peccato per il carattere irritante che farebbe fuggire chiunque a gambe levate. «Questo solo dopo che tu ti sei alzata senza dire nulla» mimo con una mano la consequenzialità degli avvenimenti, per mettere in chiaro le cose. Se solo non fosse tanto testarda... Forse siamo partiti con il piede sbagliato, penso tra me e me, disposto addirittura a fare un ipotetico passo indietro «Forse l'hai fatto tu» si lamenta nella mia testa «Eccola che ricomincia, la bambina viziata che non riesce ad accettare un "no"» le rispondo ad alta voce, ora inizio ad innervosirmi sul serio «Viziata io?! Ma almeno ti sei preoccupato di sapere chi sono o sei uno di quelli che giudica chiunque per principio?» cara Amy, eccome se mi sono documentato, ed essere stata affidata ad una serie infinita di famiglie non ti rende meno viziata. Questo vorrei dirle ma mi ritrovo a mascherare quel pensiero, è meglio che mi creda un egoista piuttosto che uno stalker. Le sue urla attaccate al mio viso non mi fanno alcun effetto, ho sopportato di peggio che una ragazzina arrogante e presuntuosa, sono più che in grado di gestirla. «Gestirmi?! Sono un intoppo lungo la tua meravigliosa strada lastricata di successi? Un animale da ammansire? Dimmi Hunter, cosa sono per te?» questa domanda mi spiazza, mi lascia letteralmente senza parole. Già è abbastanza grave che così giovane sia anche tanto potente da oltrepassare la barriera mentale che ho impiegato anni ad imparare a costruire e che nessuno prima di lei era riuscito ad eludere. MAI. Ed a ragion veduta! Ma sentirla pronunciare il mio nome con tanta rabbia e repulsione è quasi peggio. Tento di ricordare l'ultima volta in cui mi sono sentito tanto male, inutile e rifiutato, purtroppo però non riesco a ripescare niente dalla mia memoria. Nemmeno quando credevo di aver toccato il fondo mi sono sentito così: tanto sbagliato da desiderare di sparire per sempre. Le sue parole mi feriscono a tal punto che smetto di ascoltare le sue farneticazioni nevrotiche e la prendo per un braccio «Seduta!» ordino furioso spingendola verso un banco, con lei per avermi trattato in questo modo e con me stesso per averglielo permesso.
Ecco di nuovo lo sguardo torvo con cui mi fissa continuamente, è di una cattiveria tale che sembra le abbia ammazzato il cane «Suvvia, togliti quel finto broncio dalla faccia, non convinci nessuno. Sei una pessima attrice!» la istigo introducendomi nei di lei pensieri senza permesso, se possibile mi guarda ancor peggio di quanto abbia fatto sino ad ora, iniziando a formulare una frase che vedo distintamente davanti ai miei occhi «Ha parlato il Premio Oscar» mi deride arricciando il naso in segno di disgusto. Complimenti per la maturità! «Esattamente cosa pensi di ottenere da me comportandoti come una bambina? Attenzioni?! È questo che vai cercando? Mammina e paparino non ti hanno coccolata abbastanza quando eri piccola?» le chiedo ad alta voce nel tentativo di farla innervosire. «Ma sai che sei proprio...» non la lascio finire, intuendo l'aggettivo con cui sta certamente per definirmi, limitandomi a riprenderla appena «Linguaggio Amy, linguaggio» le ricordo intimandole di fare silenzio prima che perda la pazienza. «Almeno i miei sono morti, tu invece che scusa hai per essere tanto imbecille?!» il sorrisetto di scherno che tenta di nascondere la fa apparire più perfida persino di mia sorella. Incredibile ma vero, sembra che al mondo esista qualcuno peggiore di lei. «Congratulazioni, hai vinto due ore di punizione qui con me» penso compiaciuto, così la prossima volta impara a soppesare le parole prima di rispondermi.

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Capitolo 26
*** Visioni? ***


Amy's pov

La luce del giorno illumina ogni cosa su cui i miei occhi si posano, i raggi del sole si riflettono sulle vetrate della scuola creando giochi di colore che fanno risplendere tutto il giardino ed anche più. Forse anch'io, investita come sono dai fasci colorati, sembro avvolta da spire multiformi e suadenti che mi fanno somigliare ad una statua bellissima. Chiudo gli occhi per lasciarmi coccolare dal tepore e dallo strano ma eccezionalmente soddisfacente torpore agli arti. Qualunque persona sana di mente troverebbe fastidioso il formicolio che pervade buona parte del mio corpo ma, ahimè, io non ho nulla di normale e, di conseguenza, non posso far altro che essere lieta di quanto sopra.
Le mie orecchie percepiscono una risata lontana ma in avvicinamento, una di quelle sincere e spontanee che fanno pensare a qualcuno di straordinariamente felice, fortunato o divertito. «Amy» mi chiama un ragazzo «Amy aspetta, è inutile che continui a scappare» urla ridendo «Tanto ti prendo» mi minaccia scherzosamente mentre io, come se non fossi più in grado di ordinare ai miei piedi cosa fare, inizio a correre senza mai voltarmi indietro. «Amy, dove vai?» chiede poi «Non correre, ti prego. Sono stanco» rantola ansante. Un paio di respiri affannosi e più niente. Solo il rumore del vento che soffia tra i numerosi alberi ed i miei capelli che ondeggiano come foglie. Mi fermo e vengo investita da qualcuno; che si tratti di lui? Un abbraccio. Un bacio. Un sorriso. Li vedo scorrere come scene di un film ma, al contempo, li percepisco sulla mia pelle accaldata «Ti ho presa, finalmente» sussurra sorridendo contro la mia guancia. Con le braccia mi stringe forte a sé da dietro, accarezzandomi i fianchi mentre sussurra un «Ti amo» molto dolce al mio orecchio. Col naso mi sfiora delicatamente lo zigomo come farebbe un cucciolo per salutarmi, mentre con le labbra continua a lasciare baci sulle mie gote arrossate. Chiudo nuovamente gli occhi per godermi maggiormente quel candido contatto tra innamorati, credo, lasciandomi andare ad un sospiro e sorprendendomi a pronunciare «Ti amo anch'io» in un tono appena udibile ma che sono certa lui abbia colto. Congiungo le nostre mani in grembo, prendendomi qualche minuto per accarezzare le sue, prima di voltarmi e scoprire che mi ritrovo in compagnia di Hunter. Non può essere! Eppure lo ricorda in tutto e per tutto. La bellissima ed ineguagliabile sfumatura dei suoi occhi, i suoi capelli di pece, la sua pelle eterea e sì, sono sicura che anche le labbra siano le sue. Non ho alcun dubbio.


Mi desto e sono più confusa che durante il sogno. La sensazione è quella di essermi appena presa una botta bella forte in testa e di non ricordare come, o quando, sono arrivata nel mio letto, ove stringo il pelo del mio lupo. Un momento: cosa ci fa qui Midnight? Lo osservo con la coda dell'occhio per accertarmi si tratti realmente di lui tentando di non tradirmi con movimenti troppo bruschi, non voglio i suoi sensi percepiscano che sono sveglia. Sempre ammesso lo sia anche lui. «Se non lo fossi stato mi avresti comunque disturbato tu con le tue farneticazioni senza senso» mi riprende col tono assonnato tipico di chi ha fatto una levataccia; potrei quasi scommettere con precisione da cecchino che, sotto tutti gli strati del suo splendido manto, abbia delle occhiaie da far invidia alle mie. «Non lo trovo affatto divertente!» si lamenta cupo, voltando il muso dalla parte opposta rispetto a me «Qualcuno si è alzato col piede sbagliato stamattina, o sbaglio?» perché prendersela tanto per un commento innocente che riguarda quasi più me di lui? In fondo non ho detto niente di male, l'ho soltanto immaginato in forma umana! «Allora proprio non capisci» mi gridano i suoi pensieri mentre lui mi ringhia rabbioso, cosa gli avrò mai fatto di male? «Ce l'hai con me per caso? Perché se è così ti consiglio di fartela passare all'istante, io non ho colpa se oggi sei nervoso. Perciò vedi di darti una calmata e soprattutto di non infilarti più nel mio letto» lo sgrido come farei con un cucciolo che ha disobbedito, voglio comprenda la gravità delle sue azioni. Nessuno l'ha mai invitato qui e se anche qualcuno l'avesse fatto di certo non si sarebbe trattato di me. «Come vuoi!» increspa il labbro superiore come volesse attaccarmi, ma poi ci ripensa e scappa fuori spingendo la porta chiusa con una forza tale da emettere un tonfo assordante, tanto forte da far scattare in piedi persino Zahira.
«No, Midnight aspetta, scusa. Non volevo» urlo seguendolo fuori dalla stanza il più rapidamente possibile, sappiamo bene entrambi che se dovesse riuscire a nascondersi io non potrei fare altro che aspettare, in attesa che torni da me. Dovrei solo sedermi pensando a quali parole usare come scuse per il mio comportamento. Purtroppo, però, non sono mai stata brava in questo genere di cose, solitamente sono gli altri a scusarsi con me e non viceversa. «Midnight» lo chiamo col pensiero nella speranza di una risposta che, sono più che sicura, non arriverà. «Midnight ti prego, ascoltami» continuo cercandolo lungo i corridoi ed in tutti i posti che mi vengono in mente; possibile che nessuno si sia accorto di un enorme lupo bianco che passeggiava indisturbato? «Rispondimi, dannazione!» grido ad alta voce «Cos'avete da guardare? Non dovete andare a lezione?!» sibilo ad un gruppetto di ragazzi che mi fissa allibito, che pensino agli affari loro! «Giuro che quando ti trovo...» inizio a formulare una minaccia rendendomi presto conto di quanto possa suonare stupida, di quanto io possa sembrare stupida. Così mi siedo al di sotto di un bassorilievo che guardo soltanto di sfuggita, mi lascio scivolare lentamente lungo la parete per poi stringermi le gambe al petto. «Quando sarai pronto sai dove trovarmi. Non mi muovo finché non torni» lo rassicuro appoggiando la fronte sulle ginocchia.

Un piede tocca ripetutamente il mio, la persona a cui appartiene sta cercando di richiamare la mia attenzione senza parlare «Cosa vuoi?» mormoro alzando distrattamente la testa «Vorrei scoprire il motivo per cui te ne stai seduta sul pavimento del corridoio, e prima che tu mi risponda voglio aggiungere che spero non lo stia facendo solo per farti notare» Hunter, anche qui, questa è una novità. «Già sentivi la mia mancanza?» chiedo contrariata dalla sua presenza, speravo di vederlo non prima di un paio di giorni e invece... «Posso?» «Se proprio devi!» curioso, non mi ha ancora chiesto di mantenere un tono formale «Non preferiresti andare da qualche altra parte?» chiedo subito «Sei in cerca di intimità?» cosa?! Sul serio? Tra tutte le stupidaggini che avresti potuto dire proprio la più scontata? «No» sussurro nauseata dalla sua proposta «Mi chiedevo soltanto se non ti vergogni a mostrarti in pubblico con me. Sai, ho un vago ricordo di te che ti atteggi ad uomo di mondo, mentre ribadisci quanto io ti sia inferiore» gli ricordo parafrasando le frasi che, soltanto ieri, mi hanno ferita tanto. «Io?! No, non potrei mai» risponde con il tono indignato di chi si è sentito offeso dalla mia insinuazione «Chi ti ha messo in testa un'idea del genere?» continua fissandomi, sono tentata di rispondergli con il monosillabo «Tu» ma poi qualcosa nei suoi occhi mi dice di fermarmi prima che sia troppo tardi. Il tuo è per caso un modo contorto per farti perdonare, Hunter? «Forse» per un momento avevo dimenticato questa nostra sorta di strana connessione che ci consente di conoscere i pensieri dell'altro senza alcuna difficoltà, quasi fosse la cosa più naturale al mondo.
«Vuoi parlarmi delle tue visioni?» ma che... non mi pare di avere accennato ad esse «Sai che non ce n'è bisogno, io so tutto» scuoto la testa indecisa, dovrei confrontarmi con lui su qualcosa che non lo riguarda? O meglio, riguarda anche lui ma non penso sia necessario farglielo sapere. Oppure sarebbe meglio tenere tutto per me e sorvolare su quanto sta succedendo? «Era soltanto uno stupido sogno, niente di cui preoccuparsi» penso guardandolo dritto negli occhi mentre un gruppetto di studenti ci sorpassa lanciandoci occhiate confuse «Non pensare a loro, troveranno presto qualcos'altro di cui parlare, certamente più interessante di noi due» mi rassicura con una mano sulla spalla «Ma ti consiglio di far pace con te stessa prima di causare una tempesta» credo di non capire, come possiamo io e quest'ultima essere in relazione? «Guarda fuori, non essere causa di guai per chi non ti ha fatto niente, non lo meritano» suggerisce prima di allontanarsi «Ci vediamo presto, Amethyst» mi saluta col pensiero quando ormai è sparito dalla mia vista.

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Capitolo 27
*** Vera Natura ***


Zahira's pov 

Me ne sto in disparte, qualche passo indietro rispetto al gruppo formato dai miei amici che, senza di me, sembrano più uniti che mai. Come è naturale Foster non si allontana mai troppo da Shelley, anzi, da quando Nath è partito per una sorta di missione top secret con alcuni docenti, qualche settimana fa ormai, i due si sono ancor più avvicinati. Certo, per quanto possibile, considerando che sono già fidanzati. Mentre Amy ed Harper sono diventate inseparabili, tanto che temo la mora possa "rubarmi" la mia unica vera amica. Le due ridono e la coppia con loro, sembrano davvero un gruppo assortito ed affiatato. Un gruppo di cui, fino a poco tempo fa, facevo parte anch'io ma da cui, senza il mio ragazzo, mi sento completamente esclusa. Mi sento un pesce fuor d'acqua. È quasi comico il mio karma, ero l'anima ed il collante che teneva unito quell'insieme sgangherato di scherzi della natura, in realtà è un po' come se li avessi inventati io nel corso del tempo, nonostante fossi praticamente l'ultima arrivata tra loro. Rido isterica ripetendo ad alta voce i miei pensieri. Io, una sirena, mi sento un pesce fuor d'acqua. Perfetto, ora sto anche diventando prevedibile come chiunque altro. «Zahira, cosa c'è?» il tono dolce di Shelley, di cui nemmeno la credevo capace, mi sorprende molto. Lei ed io non siamo mai andate veramente d'accordo, piuttosto non abbiamo mai fatto altro che punzecchiarci lanciandoci frecciatine fin dal primo giorno, eppure ora la sensazione di volermi confidare con lei mi sembra tanto naturale da spaventarmi. Osservo colei che, così ad un primo sguardo, potrebbe quasi sembrare mia figlia o una sorella minore. Non le ho nemmeno mai chiesto quanti anni ha; quanto sono stata egoista? Nonostante sia io ad aver bisogno di attenzioni le sorrido e le accarezzo i capelli come, più di una volta, ho fatto anche con la mia compagna di stanza. A dispetto di quanto può sembrare sono molto materna con tutti, forse proprio perché io una figura femminile di riferimento non l'ho mai avuta. Non rispondo, ma penso la ragazza abbia già intuito più che bene quale sia il mio problema, perché mi dice «Non preoccuparti, lei vuole bene ad entrambe» ed infatti ecco Amy che si volta e mi sorride come ha già fatto altre volte, vorrei fare altrettanto ma lo sguardo tagliente di Harper al suo fianco me lo impedisce. Scusa Amy, ma lei non mi piace. Leggo la delusione nei suoi occhi quando non rispondo al suo gesto così semplice e spontaneo, ha la stessa espressione di quando Nath ed io le abbiamo raccontato del primo episodio di dissociazione, quando pensava le stessimo dando della pazza.

Per fortuna una volta in camera restiamo sole. Vorrei tanto parlarle di ciò che mi turba, dell'occhiataccia che mi ha lanciato, senza farsi notare dagli altri, l'asiatica e di come, a parer mio, si stia prendendo solamente gioco di lei. Ma proprio non ce la faccio. Quanta dolcezza, quanta delicatezza, ma soprattutto quanta ingenuità in quella ragazza che sembra tutto fuorché pericolosa, la ragazza che con un gesto della mano potrebbe ucciderti ma che non lo farebbe mai, non di sua spontanea volontà. La stessa che, grazie al proprio aspetto, nasconde fin troppo bene la sua vera natura. Quella di cui, purtroppo, ancora non possiamo raccontarle. È troppo presto, non è pronta, non saprebbe gestirlo. Come posso anche soltanto ipotizzare di rivelarle tutto? Come potrei spiegarle che le cose che le ho visto fare non sono nemmeno un decimo delle sue capacità? Come dirle che quelli della sua specie devono stare doppiamente attenti a non cedere al richiamo dell'oscurità? Come posso, io, tacerle una verità che conosco da fin troppo tempo? È la mia migliore amica, non voglio si senta tradita!
«Amy» non posso più andare avanti in questo modo, so di correre un rischio ma questa cosa non può proseguire oltre. La chiamo come faccio sempre ma, questa volta, percepisco immediatamente che qualcosa non va. A vederla così sembra tranquilla ed immersa nella meditazione che, abbiamo scoperto in questi mesi, la aiuta a tenere sotto controllo le capacità più difficili da imparare a gestire. È seduta sul letto con gli occhi chiusi e le gambe incrociate, tra le mani tiene un ciuffo del pelo candido di Midnight, sostiene che averlo vicino la rilassa e così ha escogitato questo trucchetto per averlo, a suo modo, sempre con sé. Però emana una strana energia che non ricordo le appartenga e che, in qualche modo, mi spaventa. La sua mente, solitamente a me facilmente accessibile, sembra avvolta da una bolla fluida ma estremamente resistente che la protegge da incursioni esterne o, quantomeno, impedisce a me di sondarla. «Amy» la chiamo nuovamente, a voce più alta e maggiormente in ansia. Stai tranquilla, non ti farà niente, continuo a ripetermi poco convinta. «Mi sto avvicinando, okay?» le chiedo senza ottenere alcuna risposta, la sua energia mi respinge provocandomi brutte sensazioni e riportando alla mente episodi del mio passato che credevo di aver rimosso, che speravo di aver eliminato per sempre. Devo lottare con me stessa e con la voce nella mia testa che mi grida di scappare il più lontano possibile, non posso abbandonarla ora che ha più bisogno di me, lei non lo farebbe. Persino i miei piedi sembrano poco intenzionati ad eseguire gli ordini, ma continuo a camminare verso di lei fino a quando la raggiungo e provo a sfiorarla ritrovandomi, però, ad essere sbalzata indietro con una forza tale da farmi sbattere la testa contro la parete.
Ora è chiaro che qualcosa in lei si sia incrinato, non mi avrebbe mai fatto questo se fosse stata in sé. «Haghnai floet!» flo-che? Un attimo, aveva già usato quel termine nei miei confronti quando ha... no, non di nuovo. Di obbligarla ad aprire gli occhi non se ne parla, temo non servirebbe a molto poiché immagino già di quale colore siano le sue iridi in questo momento: nere come la pece. «Amy calmati, per favore» cerco di richiamare la sua attenzione con ogni mezzo, se riesco a farla concentrare su di me magari si tranquillizzerà, prima o poi. «Sono soltanto io, sono Zahira» alzo le mani avvicinandomi lentamente e con cautela, forse se non si sentirà minacciata non mi farà niente e addirittura tornerà ad essere se stessa. O forse no. «Comshkě ya dalitth ehyâson» sì Amy, come vuoi, basta che torni a parlare in una lingua più convenzionale. Ecco cosa vorrei dirle, ma resto in silenzio, non voglio provocarla in modo eccessivo o temo non sarei più in grado di darle una mano, ma posso fare un ultimo tentativo. Mi siedo a terra di fronte a lei ma sufficientemente distante da non rischiare di farmi del male in caso di una brutta reazione. Tento nuovamente di entrare nella sua mente ma vengo respinta con ancora maggior forza che in precedenza, quasi il mio spirito uscisse dal corpo per farsi un giro e poi tornasse togliendomi il respiro. Ora però, temo di averla veramente fatta arrabbiare, perché mi ritrovo improvvisamente circondata da migliaia di schegge e cocci taglienti che solo qualche secondo fa erano soprammobili, ma che adesso si sono tutti trasformati in potenziali armi.
Aiuto, lei ha assolutamente bisogno di qualcuno che la aiuti a tornare in sé e chi, meglio del professor Davis, potrebbe fare al caso suo? Certo, non hanno iniziato nel migliore dei modi ed ogni volta che si trovano chiusi nella stessa stanza rischiano di far scoppiare una guerra, però sono quasi sicura che sotto tutti quegli strati di orgoglio e frustrazione ci sia qualcosa, se non affetto almeno stima reciproca. Di questo ho bisogno io, anzi, questo è ciò di cui necessita Amy: qualcuno che la sappia gestire quando si trova in questo stato e, considerando che nessuno studente ne sarebbe capace e nessun professore interverrebbe, non ho altra alternativa se non provare a chiedere a lui. Brownie mi ha preceduta di qualche passo e gratta, probabilmente già da un po' a giudicare dai graffi nel legno, sulla porta di Davis. Batto il pugno soltanto una volta prima che lui, mentre ancora sta finendo di sistemarsi la camicia, corre fuori e si dirige verso la mia stanza senza che io dica nemmeno una parola. «È fuori controllo. Mi raccomando, faccia attenzione» mormoro prima di aprire la porta e mostrargli lo scenario che, in mia assenza, è peggiorato a tal punto che, ora, la mia amica è anche circondata da un alone di fuoco di cui percepisco il calore fin qui.
«Amy, puoi dirmi come ti senti?» il ragazzo avanza con passi lunghi ma molto prudenti, tiene le mani bene in vista davanti a sé di modo che la rossa possa vedere che lui non ha cattive intenzioni. «Guardami. Puoi farlo per me? Sì?! Se mi prometti di calmarti ti raggiungo» dice fermandosi per qualche secondo, in attesa che lei faccia qualcosa, qualsiasi cosa. Assisto impotente mentre la mia amica lo fulmina con lo sguardo, temo per la sua incolumità nonostante immagini che lui sia più che in grado di badare a se stesso «So che non vuoi farmi del male» continua, io non ne sarei tanto sicura, sinceramente, ma se ne sei convinto! «Sabhnavě!» dal tono deduco Amy gli stia dando un ordine che, incredibile ma vero, sortisce un effetto in lui. Il ragazzo si china fino a toccare il pavimento con le ginocchia ed evita di guardarla negli occhi; sembra quasi intimorito da lei. «Va bene, come vuoi tu, ma per favore stai tranquilla» non la sta davvero capendo, no?! Le risponde solo per non farla innervosire, giusto?
«Whallå eyhâ lamnavik?» chiede questa volta, quasi compiaciuta «Bröw eyhâ herlen trúj» dire che mi sento inutile è riduttivo, non solo lui è riuscito a catturare la di lei attenzione senza troppa fatica, ma addirittura sembra essere in grado sia di comprenderla che di risponderle. «Lamlay ey dramkheq nafej. Prädma nafej» ma che diavolo...?! Continuate pure ragazzi, tranquilli, tanto io non esisto! Magari già che ci siete potreste anche scambiarvi opinioni riguardo ai vostri interessi, che ne dite? Resto nella stanza solo perché sono curiosa di vedere come finirà questa storia, dal momento che la mia presenza è del tutto ignorata. Osservo come Amy, appena Davis le allunga la mano invita le fiamme a calare d'intensità fino a placarsi del tutto in corrispondenza del punto più vicino a lui. Studio il modo in cui quanto più Davis si avvicina, più le lingue di fuoco sembrano ritirarsi fino ad estinguersi. Le dita dei due si sfiorano appena, quasi temessero il contatto tra loro, sembrano cercarsi ma faticare a trovarsi veramente. «Mi dispiace, Hunter. Non è colpa mia» la mia amica sembra essere tornata, anche se soltanto in parte, quella di sempre. Ora non è più così spaventosa, adesso sembra solo una ragazza impaurita, certo i suoi occhi sono ancora bui ma almeno si rende conto della situazione. Si stringono la mano con una forza tale da far sbiancare le nocche di entrambi, avvicinandosi sempre più fino ad arrivare ad abbracciarsi mentre lei, distrutta e fragile, crolla a piangere tra le sue braccia.

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Capitolo 28
*** Una Magra Consolazione ***


Hunter's pov

Povera, piccola e tenera Amy, cosa ti sta succedendo? Credevo che le nostre lezioni, tutte le ore passate assieme e la compagnia del tuo lupo ti fossero utili. Pensavo di fare il tuo bene e sembrava che il nostro piano per tenerti calma funzionasse, allora per quale motivo stai così? Perché sembri non essere in grado di controllarti? Perché le tue capacità stanno prendendo il sopravvento su di te? Cosa ti ha portato a ridurti in questo stato? Fisso le sue iridi nere su cui di tanto in tanto si chiudono le palpebre gonfie, persino ora somiglia più ad una bambina fragile che ad una creatura della notte. Le lacrime che le inondano gli occhi rendono ancor più oscura e temibile, per quanto possibile, la curiosa tonalità della sua sclera, innalzandola al tempo stesso allo status di meraviglia. Lo ammetto: penso di non aver mai visto nulla di più stupefacente in tutta la mia vita. La luce riflessa nel suo sguardo che ad un occhio poco allenato potrebbe apparire spento, le dona quell'aria di mistero ed incanto speciale che nemmeno la più grande delle Dee ha mai posseduto. «Ti prego, aiutami» sussurra disperata contro la mia guancia, sembra stia perdendo la speranza di imparare, un giorno, a convivere con le proprie abilità ed infinite potenzialità. Se solo riuscissi a farle capire quanto è potente... Potente nel cuore, nella mente, ma soprattutto nello spirito.
Quante parole potrei sprecare nel tentativo di spiegarle che non è colpa sua se, di tanto in tanto, avvengono questi episodi violenti di cui lei è ben poco cosciente? Fino ad oggi almeno. Come spiegarle che, anche se molto raramente, può succedere che quelle come lei siano tanto dotate da riuscire a tener testa a quelli come me? Come in quei casi particolari accade che il corpo non sia in grado di contenere tanti potere ed energia? Come farle capire che non è la prima e non sarà nemmeno l'ultima a cui succede? So che sarebbe solo una magra consolazione sapere di non essere l'unica; conosco perfettamente la sensazione di sentirsi isolati seppur circondati da migliaia di persone. Comprendo fin troppo bene il pensiero ed il timore di non avere un proprio posto nel mondo. «Solo se tu me lo permetterai, soltanto se inizierai a fidarti ed affidarti completamente a me» cara Amy, pensi davvero che sia un caso se ci siamo incontrati? Non immagini nemmeno da quanto tempo aspettassi il tuo arrivo, vero? Da secoli so che un giorno ti avrei incontrata e che, da quel giorno in poi, avrei dovuto proteggerti. Mentre tu sei ancora abbastanza piccola da credere al caso, più che al destino. Certo è che non credevo sarebbe successo così, poiché per quanto potrai credere il contrario sei stata tu a trovare me, non viceversa. Non mi aspettavo nemmeno fossi tanto giovane e tanto dannatamente bella. Ne ho viste di bellezze in vita mia, ma tu le superi veramente tutte. «Non riesco a decifrare i tuoi pensieri, sembrano... ingarbugliati» la sua voce ancora roca mi distrae dalle mie divagazioni, meglio così Amy, meglio così. Mi si stringe il cuore al solo ricordo di quello che ha dovuto sopportare in quei pochi, brevi istanti di oblio. Sento ancora il peso dell'oscurità che le ha invaso sia il cuore che la mente, era come venire schiacciati sotto enormi massi invisibili che, al contempo, sembravano fluidi ed in grado di inglobare tutto ciò che di buono c'è in lei. In noi. La sensazione è quella di essere completamente svuotati della propria essenza vitale, percepirlo, ma non poterci fare assolutamente niente. Ti senti impotente mentre guardi la vita abbandonarti, mentre ti trasformi in un involucro momentaneamente vuoto, sì perché a breve verrà riempito con qualcosa di diverso: col male che ti scorre nelle vene e ti striscia sotto la pelle. Diventi il contenitore del buio che offusca la tua vista e ti impedisce di pensare lucidamente, puoi solo assistere al vuoto che ti colma ed aspettare. Aspettare che tutto passi, che così come è iniziato finisca, puoi sperare che il tuo incubo peggiore non diventi realtà e poco altro. Nessuno sa reagire ad episodi come questo, non puoi risalire la corrente che tenta in tutti i modi di farti affogare; non da solo almeno. «Ma tu, Amy, per fortuna sei tutto fuorché sola» sussurro baciandole la tempia.
«Green, puoi per favore portarmi un asciugamano bagnato?» chiedo alla ragazza dai capelli blu che, però, non risponde «Green» la chiamo nuovamente «Non è qui» rantola la rossa alzando faticosamente un braccio per indicarmi il punto in cui si trovava, fino a poco fa, la sua amica. «L'abbiamo ignorata. E lei se ne andata» mi spiega abbozzando un sorriso «Io ero troppo presa dalla mia crisi e tu, per prenderti cura di me, l'hai fatta sentire di troppo» ride appena, ad un tono tanto basso che fatico quasi a riconoscere la sua voce «E quindi sarebbe colpa mia? È questo che pensi? Sentiamo!» scherzo io nel tentativo di risollevarle il morale pressoché a terra. «Midnight» afferma brusca guardando nervosa oltre la mia spalla «Dov'è? Dov'è lui?» domanda agitata guardandosi intorno con gli occhi quasi fuori dalle orbite «Non c'è Amy, il tuo lupo non è venuto» le confesso chinando la testa; è necessario lei non colga i miei pensieri e non legga la verità sul mio viso. Non ancora, almeno. «Capisco» percepisco la delusione nella sua voce quando comprende appieno il significato delle mie parole «L'aveva promesso, aveva detto che ci sarebbe stato, che mi avrebbe sempre protetta, allora dov'è?» sembra arrabbiata, anzi lo è, anche se per ora non ho ben capito come decifrare le pozze buie ancora traboccanti di lacrime che sono i suoi occhi; quando torneranno del loro colore naturale? «Sono certo lo stia facendo, a modo suo» mi affretto ad aggiungere stringendola ancora una volta al petto. «Okay, alzati su, non mi piace vederti così» le prendo le mani per obbligarla a mettersi in piedi mentre lei mugugna svogliata, probabilmente qualche insulto, arriccia il naso scocciata e mi fissa con un'intensità tale che penso proprio stia tentando di minacciarmi. «Con me questo atteggiamento non funziona signorina, dovresti saperlo» le pulisco ancora una volta le lacrime con la punta delle dita e poi le tiro gli angoli della bocca verso l'alto, fingendo mi stia sorridendo «Per quanto hai intenzione di andare avanti?» «Per il tempo necessario a convincerti a passeggiare con me» propongo con un'alzata di spalle piuttosto innocente «In questo stato? Con te?» non so bene interpretare il senso della sua domanda: mi stai giudicando Amy? Non mi pare molto corretto da parte tua, soprattutto considerando che se nessuno saprà mai niente di questo spiacevole episodio lo devi solamente a me «In questo stato?» ripete come se la prima volta non avessi capito cosa mi stava chiedendo. «Sì Amy, in questo stato, perché?» cos'hai che non va? Sentiamo! «Questi Hunter, questi! Non posso semplicemente andarmene in giro con l'aspetto di un mostro» si indica le orbite come se trasudassero sostanze in grado di uccidere chiunque, come temesse di mostrarsi così, come se avesse la certezza di spaventare tutti. «È esattamente quello che penso, infatti. Credi non sappia che tutti mi reputano una specie di fenomeno da baraccone da evitare? E che, per fortuna, non hanno mai assistito a niente di simile a quanto è accaduto oggi. La maggior parte degli studenti mi crede una pazza o un'appestata, tutti sanno il mio nome senza che io glielo dica e non si scusano nemmeno per questo, inoltre sono circondata da amici che non fanno altro che nascondermi informazioni su me stessa, di comune accordo con voi professori. Perciò no, non me la sento di passare la mia ora d'aria facendomi portare in giro come una sorta di trofeo da sfoggiare. Non ci sto, non questa volta!» urla spingendomi via.

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Capitolo 29
*** Percezioni ***


Shelley's pov

I miei sensi si risvegliano improvvisamente e mi dicono di stare in allerta. Sento che qualcosa sta per accadere, ma cosa? Poi la percepisco forte ed inconfondibile: un'ondata di energia che pervade tutto il mio corpo ed invade tutto ciò che mi circonda. Come con una sorta di scudo trasparente, impalpabile, increspato e persistente; viene dall'interno dell'istituto. Soltanto le creature più potenti, gli studenti più anziani ed alcuni professori sono in grado di sprigionarne di tanto intense, più probabilmente deve trattarsi di un Puro. Mi viene da ridere al solo pensiero, quanti saremo noi appartenenti a quest'ultima categoria? Magari non ci contiamo sulle dita di una mano ma già entrambe sono, forse, troppe. Quasi nessuno ha una linea di sangue "pulita", secoli fa andava molto di moda ma in questi ultimi tempi? Le creature soprannaturali hanno iniziato a nascondersi per non essere braccate e, a lungo andare, tutti diventiamo abbastanza bravi nel confonderci tra gli umani con cui, il più delle volte, costruiamo una famiglia. Beh, forse non tutti, non quelli come me o come Amy. Nonostante apparteniamo a due categorie ben distinte e molto differenti, abbiamo questo e molto altro in comune. Certo, se continuassi a vivere in questo corpo potrei, un giorno, avere dei figli con il mio compagno di vita ma a quale prezzo? Significherebbe rinunciare per sempre alla speranza di poter tornare alla mia vera forma, arrendersi all'evidenza che non rivedrò mai più la mia famiglia o comunque i miei simili, accontentarsi di una vita piena ma pur sempre a metà. Invece per Amy non ci sono possibilità, il suo patrimonio genetico le permetterebbe di procreare soltanto con un essere umano o con qualcuno come lei. Bella fregatura, vero?
Salto giù dalla finestra e plano dolcemente sull'erba grazie all'aiuto delle mie poderose ali, non posso più trasformarmi completamente ma almeno posso usufruire di alcuni vantaggi che ho imparato a sfruttare in tutti gli anni confinata in questo corpo. Splendenti e protette dalla stessa armatura scintillante che ricopre la mia spina dorsale, sembrano decorate da bellissimi disegni che, in realtà, non sono altro se non un sostegno ed un aiuto per attingere al mio potere. Da dove posso iniziare la mia ricerca? Certo non da chi si trova qui ormai da tempo, mi serve qualcuno di relativamente nuovo, carne fresca. Fosse facile, ogni giorno si aggiunge qualcuno alle nostre file e, con la stessa rapidità, qualcuno se ne va, o perché ha concluso i suoi studi oppure lungo e disteso perché non ha saputo apprendere abbastanza in fretta. Per quanto questo posto sia bello assomiglia terribilmente anche ad un mattatoio: in pochi sopravvivono il tempo necessario ad acquisire il pieno controllo delle proprie capacità. Mi ritengo fortunata, infatti, perché tutti i miei amici sembrano avere la determinazione e l'istinto di sopravvivenza sufficienti ad andare avanti, giorno per giorno, uscendone relativamente incolumi. Ovviamente qualche incidente capita sempre ai meno esperti, ma fino ad adesso niente di tanto grave.
Mi addentro nei meandri più oscuri dell'istituto, se qualcuno sta cercando di nascondersi quale luogo sarebbe più adatto dei sotterranei o del vecchio deposito delle armi, in disuso da almeno 115 anni? Irradio la mia energia, il mio potere, che farà tutto il "lavoro sporco" per me e mi permetterà di scovare il più velocemente possibile il misterioso o la misteriosa fonte di quell'ondata. Niente, nessun ostacolo all'orizzonte se non qualche statua, colonna o complemento d'arredo. Tutto il contrario di quel che mi trasmette il piano superiore. Lo raggiungo velocemente seguendo le abbaglianti scie di potere; sembra di essere in una stanza degli specchi tante sono le fonti di energia presenti, sicché comincio a credere si tratti, appunto, di un'infinita serie di riflessi. A dirla tutta, probabilmente, è proprio quest'ultima ipotesi la più realistica: unica fonte, molte piccole tracce. L'intero piano sembra esserne completamente invaso solo che, al contrario di quanto succede solitamente con questo genere di cose, sono stranamente tangibili.

Fin troppo.

Ovunque posi lo sguardo vengo centrata in pieno viso da quelle forze che sembrano sussurrarmi all'orecchio di stare alla larga. Ad ogni movimento percepisco un velo viscoso che mi si stringe sempre più addosso, quasi a volermi impedire di proseguire. Se non fossi io tanto potente, con ogni probabilità, non avrei nemmeno il coraggio di continuare a seguire il percorso che so essere quello giusto. Sento il terrore insinuarsi sotto la mia pelle ma per fortuna ho avuto tempo, in questi millenni, di imparare come superare le difficoltà, come eludere con pochi e semplici trucchetti ogni sorta di ostacolo che mi viene posto davanti. Ci vogliono un'incredibile capacità di concentrazione, un carattere deciso almeno quanto il mio e sì, anche una buona dose di fortuna. Ad alcuni non basterebbero cinquanta vite per apprendere ciò che, per altri, è già scritto nel DNA. Faccio appello ad ogni briciolo di volontà per costringermi a non pensare alla sgradevole sensazione che mi stringe lo stomaco, tento di convincermi che il terribile tanfo che sento sia solo un modo orrendo per mascherare la fonte di quel potere: se puzza di carne putrefatta ed è faticoso raggiungerla quasi nessuno si impiccerà, giusto? Ma per me, purtroppo, non valgono le normali regole.
Cerco di ignorare la voce interiore che mi vorrebbe al sicuro nella mia stanza, magari assieme a Foster a parlare del più e del meno. Da quando sei diventata tanto fifona, Shelley? «Da quando qualunque cosa attorno a me, persino pensare, è diventata pericolosa» mi rispondo scuotendo la testa. «È normale parlare da soli quando si ha paura, tranquilla» mi consolo, nuovamente, ad alta voce. Dacci un taglio! Tento di ritrovare un minimo di contegno, come posso pensare di tener testa a...qualunque cosa ci sia dietro quella ipotetica porta chiusa, se sembro una bambina spaventata o peggio, un'innocua matta di quartiere? Le pulsazioni si fanno più ravvicinate e l'aria più densa; devo essere vicina. Molto vicina. Inizio a guardarmi attorno in cerca di qualche indizio che mi aiuti a dipanare la matassa. Ancora alcuni altri piccoli passi e non ho più alcun dubbio, mi basta passare accanto ad Amy, il suo lupo ed Harper per percepire l'energia tipica di un mio "simile" in quanto Puro. Di tutto mi sarei immaginata tranne che incontrare loro. Ora la domanda da porsi è soltanto una: di chi si tratta?

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Capitolo 30
*** Punti Di Vista ***


Harper's pov

«Amy, cos'è successo?» la trovo in compagnia del suo lupo mentre vaga per i corridoi senza controllo di sé e del proprio potere. «Appena ho percepito che qualcosa non andava mi sono precipitata qui» sono la prima ad arrivare, forse ero più vicina. Oppure corro solo più veloce di tutti gli altri. Dei nostri amici. Maledetta me! Non le lascio nemmeno il tempo di rispondere che ricomincio a parlare «Fortuna che il tuo...» faccio una pausa per ingoiare il groppo che mi si è formato in gola «...lupo» dico tentennante «Era qui a proteggerti» concludo, con molta difficoltà, la frase. Solo gli Dèi sanno quanto mi sia costato pronunciare quelle poche parole! Che sia la rossa la fonte di tanto potere o Shelley, che scorgo in lontananza? Si avvicina a passo spedito ma incredibilmente attenta, sembra proprio stia cercando qualcosa e pare non essersi ancora accorta di noi; per il momento scelgo di ignorarla. «Tu stai bene?» stringo dolcemente il braccio ad Amy che si ritrae impaurita prima di alzare gli occhi di scatto: doveva trovarsi in una sorta di trance. La accarezzo stando bene attenta a non sfiorare, nemmeno per sbaglio, il bracciale che porta al braccio o rischierei seriamente di farmi molto male. L'animale bianco mi scruta con le sue iridi cremisi come volesse darmi un avvertimento, probabilmente il primo ed ultimo, di stare lontana dalla sua padrona. Gli mostro, anche se soltanto per un istante, la mia vera natura attraverso gli occhi, sperando faccia un passo indietro; tutti sanno che in natura siamo nemici giurati, almeno in una delle nostre forme. Ebbene sì, so benissimo che anche tu, come me hai la capacità di assumere le sembianze che più ti aggradano, penso maliziosa. Chissà se la tua Amy sarebbe altrettanto felice di scoprire il tuo segreto. Questo vorrei chiedere a quella bestia incredibilmente potente, fortuna che non può leggermi il pensiero!
«Ragazze l'avete sentito anche voi?» annuisco, anche da parte della rossa, alla domanda di Shelley che ci scruta indagatrice come un pirata in cerca del suo tesoro. Quella ragazzina all'apparenza tanto indifesa quanto, in realtà, straordinariamente forte: penso sia un Puro. «Midnight no, sono solo le mie amiche» lo riprende Amy quando lui mostra i denti nel tentativo di intimidirmi «Sono certa lo faccia solo per proteggerti, tranquilla» rassicuro la ragazza mentre la più bassa si china, come ce ne fosse bisogno, ad accarezzare il lupo tra le orecchie «Ora ci pensiamo noi a lei, non preoccuparti» dichiara la bruna con un sorriso falso quanto le sembianze di tutti noi. Andiamo, sappiamo tutti che nessuno di noi ha, al momento, il proprio vero aspetto! Quanto sarebbe divertente smascherarli davanti ai loro amici? Perché no, sono certa mi basterà aspettare soltanto qualche minuto e tutti si precipiteranno dalla principessa Amy, una maga nel cacciarsi nei guai e dimenticarsi come ci è finita. Sarà perché riceve qualche aiutino dall'esterno? Chissà!
«Allora, che ci fai tu qui?» «Potrei farti la stessa domanda» borbotto in risposta a Shelley che, però, sembra attendere aggiunga altro «Ho percepito qualcosa» resto volutamente sul vago per non svelare tutti i miei segreti, che divertimento di sarebbe, altrimenti? Una folata di vento mi fa capire che anche Nathaniel deve essere arrivato, volando per giunta, all'interno dell'istituto. Se qualcuno con una posizione rilevante lo venisse a sapere verrebbe immediatamente espulso. Speriamo gli ospiti siano tutti troppo spaventati e se ne siano stati rintanati nelle loro stanze in attesa che le ondate smettessero di far tremare tutto. «Sei tornato» mormoro non troppo entusiasta, decisamente, gli costava molto tenersi lontano qualche altri giorno? No, io non ho niente contro di lui, anzi mi piace molto sia esteticamente che caratterialmente, il problema è la sua ragazza che ce l'ha con me per chissà quale motivo e che ha la brutta abitudine di materializzarsi ovunque. Non mi sorprenderei per niente se spuntasse all'improvviso alle mie spalle. «Allora? Cosa sta succedendo qui? C'è una riunione segreta del gruppo?» non mi sporgo nemmeno per controllare di chi si tratta, lo so bene. Anzi benissimo. «Stammi lontano, non ti avvicinare!» esclamo terrorizzata arretrando di qualche passo «Non toccarmi!» grido mettendo le mani tra me e lui, in modo che non mi venga troppo vicino. Mi nascondo dietro il corpo dell'angelo che sembra essere lì apposta per proteggermi «Mandalo via!» grido isterica, dopo quello che mi ha fatto non posso sopportare la sua vicinanza. Mi infastidisce già il fatto che lo lascino studiare nel mio stesso istituto, figuriamoci l'effetto che può farmi a pochi passi di distanza! Amy, soltanto lei, mi fissa a bocca aperta come fossi improvvisamente impazzita. «Che c'è? Non hai mai visto una ragazza atterrita dalla presenza della persona che l'ha violentata?» le grido contro facendole spalancare, se possibile ancora di più, la bocca. «Lui cosa?!» dal suo tono non riesco a capire se abbia davvero capito oppure no. Se intenda credermi o meno. Che Foster sia riuscito ad incantare anche lei? Con il suo bel visino da bravo ragazzo ed il fascino che solo un mezzo demone possiede, potrebbe averla già stregata. Io ci sono caduta in pieno quando lo ha fatto con me e temo possa essere lo stesso per lei. Non lasciarti ingannare, giovane Amy: non puoi fidarti di nessuno, men che meno di chi si prodiga tanto per fingersi tuo amico. Soprattutto di Zahira, quelle come lei hanno la cattiveria nel cuore ed il veleno scorre loro nelle vene, al posto del sangue. Questo penso mentre la sirena porta via Foster a forza, non prima di avermi guardata in malo modo, come sempre del resto. «Non ci pensare» la sento sussurrare in lontananza «Vedrai che prima o poi riuscirai a dimostrare la tua innocenza» no cara, questo è da vedere.

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Capitolo 31
*** Un Abbraccio Di Troppo ***


Hunter's pov

Stropiccio la lettera di mio padre e la scagliò dalla parte opposta della stanza spaventando il corvo dello zio, che gracchia offeso dal mio comportamento. Come hanno anche solo potuto pensare di inviarmi un'altra missiva? Credevo che le mancate risposte alle centinaia ricevute precedentemente fossero sufficienti, invece sembra proprio di no. Poche semplici parole mi rimangono impresse «Il regno ha bisogno di te. È ora di occupare il posto che ti spetta. Al più presto» firmato L. Hanno tutta l'aria di essere minacce più che richieste, e conoscendo papà probabilmente lo sono davvero. Quando capirà che non mi avrà mai al suo fianco? Eppure dovrebbe conoscermi, dopo tutti questi anni! Forse è troppo abituato, o troppo compiaciuto, dal fatto che tutti si prostrino ai suoi piedi pronti ad eseguire gli ordini, beh, con me non funziona affatto così. Se fossi stato bene a casa mia non me ne sarei andato per non fare mai più ritorno, no? «Craaa» cos'hai tu da lamentarti? Penso nutrendo un certo risentimento nei confronti del nero messaggero. «Vattene, e vedi di non farti più vedere da queste parti» grido spingendolo fuori dalla finestra per poi richiuderla immediatamente e tirare le tende; so benissimo che in caso contrario resterebbe a spiarmi tutto il giorno e, forse, anche di più. Lui e quell'antipatico di suo fratello.
Getto a terra tutto quello che mi capita a tiro, se qualcosa dovesse rompersi lo aggiusterò, come ho sempre fatto. «Damnorm!» impreco contro mio padre e tutta la sua razza, incapace di farsi gli affari propri per più di 20 secondi. Tra tante creature proprio uno di loro dovevo essere? Ancora sconfortato, nervoso e soprattutto furioso mi dirigo in aula: non posso saltare una lezione solo perché mio padre non riesce a comprendere quanto la sua idea mi disgust!

Finalmente giunto alla fine dell'orario posso rilassarmi ed essere me stesso. Non potevo certo sfogarmi sui miei alunni soltanto perché mi andava. Non sarebbe stato corretto nei loro confronti e nemmeno maturo da parte mia. «Tutto bene?» la delicata preoccupazione della voce di Amy tra i miei pensieri mi spinge ad annuire velocemente, senza nemmeno pensarci. Mi osserva taciturna con una mano appoggiata allo stipite e la testa leggermente voltata all'indietro, sembra che anche lei stia per andarsene. «Parker, lei resta con me» la richiamo indietro mentre lei fa un cenno di assenso a Zahira, come le comunicasse di aspettarla in camera. La raggiungo velocemente e chiudo la porta prima di prenderle il polso. «Quanto tempo abbiamo prima che qualcuno venga a cercarti?» «Conoscendo la mia compagna di stanza? Direi non più di mezz'ora» constata lasciandosi accarezzare il viso da me, per quanto possa sembrare strano stiamo facendo grandi progressi nell'ultimo periodo, enormi oserei dire. Le sistemo i capelli di lato appoggiando la mia fronte alla sua, se solo non fosse tanto complicato starle vicino! Sospiro rammaricato chiudendo gli occhi, come posso proteggerla se ogni volta in cui ha bisogno di me io non ci sono? L'ultimo episodio?! Quando tutti erano lì per lei: apprensivi, dolci, sinceramente preoccupati. Avrei dovuto essere il primo ad accorgermi che qualcosa non andava eppure non ci sono riuscito. La sua vicinanza manda in tilt la mia capacità di prevenire i problemi. L'ho capito soltanto troppo tardi, quando ormai erano tutti lì, tanto attenti alla rossa da non sospettare nemmeno la mia presenza. Anche Amy sospira.
«Sai che sarebbe molto più facile se lo dicessimo a tutti, vero? Quanto male potremmo fare rivelando la verità?» le chiedo ad alta voce mentre col pensiero completo la frase «Ti sto soltanto aiutando a controllarti, niente di più» probabilmente sarebbe meglio per tutti, se lo sapessero, almeno smetterebbero di chiedersi per quale motivo passiamo tanto tempo assieme. «Certo che lo so, molto bene aggiungerei. Ma no, non è ancora il momento, ti prego» mi supplica mentre mi sfiora una guancia con incredibile delicatezza, quasi le sue dita fossero impalpabili «Sei più o meno l'unica cosa che mi aiuta ad andare avanti in questo periodo, non voglio diventi di dominio pubblico» mi supplica dolcemente prima di baciarmi l'altra guancia con incredibile decisione. Continuo a sentire il fantasma delle sue labbra sulla mia pelle anche se so che, già da un po', non la toccano più. «Amy vuoi dirmi cosa ti turba? Percepisco la tua infelicità. Parlami per favore. Smetti di celarmi i tuoi pensieri, non hai bisogno di farlo con me, lasciali fluire. Io voglio aiutarti, ma tu devi permettermelo» se servisse a qualcosa la pregherei in ginocchio di dirmi cos'ha, ma l'esperienza mi ha insegnato che non è così che funziona con lei. Tutto ciò che serve è la pazienza, quando vorrà si aprirà completamente. «È solo che...non lo so, mi sento messa da parte. Quasi esclusa. Ho la strana sensazione che tu sia l'unico in grado di capirmi e supportarmi nel modo in cui ho bisogno. Mi sento costantemente sola, indifesa e fin troppo fragile ultimamente. Non ci sono abituata. Io sono sempre stata quella forte, la ragazza che bada a se stessa da quasi tutta la propria vita. Me la sono saputa cavare in ogni situazione ed anche da sola ho superato qualsiasi ostacolo, ma ora non ne sono più capace. Mi sento completamente sopraffatta da tutto questo, è una situazione più grande di me, mi sento come se un masso enorme mi stesse togliendo il respiro» ammette anche se, spero di sbagliarmi, ho l'impressione stia tentando di nascondermi qualcosa. Qualcosa di importante.
Sospiro nuovamente «Lascia che ti dica una cosa, Amy» la prendo per mano e la trascino con me fino alla cattedra, su cui mi siedo con naturalezza. Lei mi scruta attentamente con uno sguardo che non so ben interpretare, a metà strada tra il dispiaciuto ed il compiaciuto. Cosa stai guardando con tanta curiosità, liten? Le sto per chiedere di avvicinarsi un po' ma lei mi precede, i suoi movimenti sono quasi impercettibili eppure ci sono. Sposta nervosamente il peso da un piede all'altro, sembra trattenersi dal fare o chiedere qualcosa con, aggiungerei, scarsi risultati. Il modo in cui si morde le labbra fino a renderle violacee ed il continuo settare dei suoi occhi nel tentativo di non incrociare, nemmeno per sbaglio, i miei mi fa quasi sorridere. Ecco cosa cerchi di nascondermi, i tuoi sentimenti per me. Chissà se si è resa conto di quello che sta succedendo, non penso sia cosciente di avere dipinta in faccia un'espressione che dice tutto. Trovo sorprendente il moto improvviso di coraggio che la pervade, sufficiente a farle infilare le dita tra i miei capelli e tirarmeli indietro quel tanto che basta a fissarmi «Non importa, davvero» sussurra con un tono estremamente rassicurante. Dovrei essere io a consolare lei, invece è il contrario. Mi stupisci ancora una volta, Amy. Socchiudo gli occhi mente la ragazza mi passa le mani tra i ricci «Solo tu puoi riuscire a farmi rilassare in un momento come questo» rido piegando leggermente la testa verso di lei. Il suo tocco mi provoca un'infinita serie di brividi lungo la schiena che non sentivo da parecchio e che ammetto mi mancavano; fin da piccolo ho imparato ad amare le carezze sulla testa, le stesse che la rossa meriterebbe da parte mia. Deve aver percepito il mio stato attuale, perché improvvisamente inizia a massaggiarmi le tempie con i pollici effettuando una leggera pressione, delicata ma sufficiente a farmi pulsare le arterie contro la pelle. La sento sorridere quando, dopo avermi massaggiato tutto il viso torna tra i capelli. Non le chiedo il motivo ma le stringo le braccia attorno alla vita. Sobbalza appena. Abbassa il viso come fosse intimidita e con le gote completamente arrossate. Ti ho forse messa in imbarazzo? In tal caso sarà necessario farmi perdonare, penso tra me e me. «Non è di questo mondo» grida stupefatta la sua mente senza che, probabilmente, lei se ne accorga. Sembra stia inspirando qualcosa che le piace, a giudicare dal modo in cui si avvicina al mio collo. Forse è il mio profumo ad attrarla tanto, un profumo che ormai dovrebbe riconoscere ad occhi chiusi e che dovrebbe ricordare ancora meglio. Soprattutto dopo il tempo passato assieme a me da quel primo incontro al ballo, quando io sapevo benissimo chi fosse Amy ma lei non aveva idea di chi fossi io.
«Mi fai il solletico, cosa stai combinando lì nascosta?» il suono della mia voce la fa scattare immediatamente all'indietro, percepisco il suo cuore fare le capriole e poi perdere un battito. Devo averla spaventata parecchio, penso sorridendo. «Ehm...niente, mi sembrava avessi qualcosa sul collo» sento odore di menzogne da qui, non che le sia particolarmente lontano, ma è davvero forte. Ecco un'altra cosa che ho scoperto su Amy: non sa mentire. «No, tu mi stavi annusando!» esclamo tentando di restare serio con risultati piuttosto mediocri. Non riesco a smettere di ridere, soprattutto perché quanto più tenta di giustificarsi meno le credo. «Ti sbagli, sei completamente fuori strada» mormora visibilmente imbarazzata, non sa dove mettere le mani, le sposta continuamente per sfregarle tra loro e poi lisciarsi la maglietta; ci sono buone probabilità che stia sudando e non sappia come nasconderlo. «Non ha alcun senso mentirmi e tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro. Ti leggo il pensiero, ricordi? Posso entrare ed uscire dalla tua testa quando e come voglio. Forse se mi impegnassi abbastanza riuscirei addirittura a farti fare qualcosa senza che te ne accorga. Vogliamo provare?» la prendo in giro, è ovvio io non abbia questa capacità e se anche l'avessi non la userei mai su di lei, sarebbe meschino da parte mia approfittare tanto spudoratamente della mia posizione e di lei. Ma questo Amy non lo sa. «Molto bene, se ti ritieni così bravo allora interpreta questo!» urlano furiosi i suoi pensieri un attimo prima di percepire le sue labbra permute sulle mie. Istintivamente mi abbandono completamente alla sua bocca ed alle sue carezze, le mie dita le affondano nella schiena per poi risalire lentamente fino al collo ed al suo viso, incredibilmente disteso. La voglio più vicina. «Aspetta» mi sfugge il tempo necessario a pronunciare quell'unica parola prima che io riesca a catturare nuovamente le sue labbra, non aspetto proprio un bel niente Amy. Non più. Penso mentre lei si scosta bruscamente «È stato uno sbaglio. Sono solo una stupida sentimentale» mormorano tristi i suoi pensieri. La attiro a me per stringerla più forte che posso, non è stato uno sbaglio Amy. Non da parte tua almeno. Ancora una volta le mie mani raggiungono la sua schiena, affondandovi di nuovo nel tentativo di consolarla. La sento reprimere un singhiozzo mentre una lacrima le scende lungo la guancia e bagna la mia, aggrappata com'è a me sembra solo spaventata dall'eventualità di dovermi lasciare andare. Questo è esattamente il genere di abbraccio che avrei sempre voluto ricevere ma non avrei mai dovuto dare. Soprattutto non a lei. Mi dispiace, ma quando vedo Zahira dal vetro della porta mi costringo ad allontanarla.

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Capitolo 32
*** Uno Scorcio Del Passato ***


Amy's pov

«Okay, ora che siamo abbastanza lontane puoi anche spiegarmi cos'ho visto esattamente» Zahira mi prende per le spalle e mi costringe a voltarmi verso di lei. Con la manica asciugo un'altra lacrima superstite, spero l'ultima. Non riesco a sostenere il suo sguardo indagatore. «Sai che posso cercarmi le risposte da sola e che ho il brutto vizio di farlo continuamente, perciò non istigarmi. Non sono certa di essere pronta per quello che scoprirò» mi sfugge un sorriso al solo pensiero dell'espressione schifata o, viceversa, divertita della mia amica. Soltanto lei sarebbe abbastanza folle da frugare realmente nella mia mente senza il minimo pudore o ripensamento e poi fingersi scandalizzata. Ormai so che è del tutto incapace di farsi gli affari propri e, soprattutto, che non fa nulla per nasconderlo. «A cosa ti riferisci esattamente?» non so con esattezza da quanto stesse osservando me ed Hunter, perciò non so a quale evento si riferisca, spero solo non al... La mano che Zahira mi sventola davanti agli occhi mi distrae dai miei pensieri, mi auguro lei non li stesse ascoltando o mi ritroverò presto in grossi guai. «All'abbraccio Amy, a cos'altro sennò?!» «Oh sì, quello!» pericolo scampato. Questa volta. «Era un abbraccio, niente di speciale» dico con un'alzata di spalle «Perché?» le domando aggrottando le sopracciglia in un gesto di palese confusione; alla sua età penso sappia che le persone, a volte, si abbracciano. «Perché? Hai davvero il coraggio di chiedermi...ma io dico Amy, dove hai la testa? Per te magari è stato un semplice abbraccio, non metto in dubbio tu l'abbia vissuto come tale, ma visto da fuori? Ragazzi che scena!» mima il gesto di scrollarsi il sudore dalla fronte, come fosse eccessivamente accaldata «Sono venuti i bollori persino a me, non che ci voglia tanto, sia chiaro. È stata la cosa più sensuale che io abbia mai visto, springionavate ormoni come fossero fuochi d'artificio» mi spiega arricchendo il suo racconto con espressioni buffe e gesti anche peggiori, tanto che non so nemmeno come sia stato possibile riuscire a non riderle in faccia. «Tesoro, tu te li sei fumati gli ormoni, te lo dico io» la riprendo con quella che dovrebbe essere una battuta ma che, a giudicare dal suo sguardo, lei non interpreta in quanto tale. «Non lo trovo affatto divertente. Intanto non si rubano le mie parole: io detengo il copyright di "tesoro"...» la interrompo per correggerla «Ma non l'hai inventata tu!» «In ogni caso non puoi usarla contro di me, faccio valere il mio diritto di anzianità! E poi non ti dimostri affatto matura prendendomi in giro» replica arrabbiata puntandomi l'indice contro il naso «Tu sì, invece, con questo dito?» le faccio notare abbassandoglielo con un gesto della mano. Segue qualche secondo di gelido silenzio in cui la tensione si potrebbe tagliare con un coltello e poi, dal nulla, scoppiamo entrambe a ridere a crepapelle. Mi ci voleva proprio.
Percepisco in lontananza i singhiozzi sommessi di una ragazza che sembra faticare a calmarsi. Deve averli sentiti anche Zahira, perché la rapidità con cui passa dalla modalità amica alla modalità sirena con i sensi in allerta è impressionante. Ci incamminiamo nella direzione dei rumori tenendoci per mano come ci aspettassimo di trovare, alla fine del percorso, un mostro in grado di divorarci e quello fosse l'unico modo per riuscire a sopravvivere. La nostra amicizia è molto strana, è vero, ma quale non lo è? Magari le ragazze normali si truccano o si danno lo smalto a vicenda, noi invece ci stringiamo le mani come sorelle. Di continuo. Non ci vedo nessuna malizia in questo gesto, nel modo più assoluto.

«Scusa, ma penso non ci sia niente da fare per me, qui» mi lascia la mano e, senza nemmeno salutarmi, ripercorre la strada a ritroso, probabilmente diretta alla nostra stanza. Non prima, però, di avermi dato un'amichevole pacca sulla spalla con gli occhi bassi. Rannicchiata in un angolo buio c'è una ragazza mora la cui sagoma mi è abbastanza familiare, mi avvicino facendo attenzione a non spaventarla e poi mi abbasso per scostarle i capelli dal viso. Li tocco e scopro che sono lunghi, lisci, neri ed incredibilmente morbidi, ecco perché la mia amica se n'è andata senza tante cerimonie: si tratta di Harper, soltanto a lei potrebbe appartenere quella chioma! Di certo la sirena ha fatto molto più del solito, quantomeno questa volta ha scelto di evitare un litigio senza senso.
«Harper, cos'è successo?» le chiedo nel modo più dolce e delicato possibile «Perché te ne stai qui tutta sola?» le domando togliendole le lacrime dagli zigomi con la punta delle dita. Lei non risponde, non subito almeno, si limita a guardarmi negli occhi e poi gettarmi le braccia al collo «So che non ti piace essere toccata, ma non ho nessun altro qui, capisci?» sembra sinceramente dispiaciuta per quel gesto avventato ed io sinceramente non ho alcuna voglia di arrabbiarmi con lei per così poco. A cosa servirebbe? «Sì, purtroppo ti capisco molto bene» ammetto controvoglia, sedendomi a terra con le gambe di lato. Magari io ho un gruppo di amici un po' più nutrito del suo e non ho subìto quel che è stata costretta a vivere lei, ma anche io ho avuto ed ho ancora il mio bel daffare per cavarmela al meglio. Qui ci sono persone che mi vogliono bene, magari, ma loro non sono la mia famiglia. Non lo saranno mai. «So come ci si sente ad essere soli al mondo e con l'impressione di sbattere continuamente contro a muri che si potrebbero facilmente aggirare. È qualcosa di più grande di noi. Siamo destinate ad una vita di solitudine, credo» mi lamento grattandomi distrattamente un polpaccio fino a far uscire il sangue «Non necessariamente Amy, non è detto che dovremo restare per sempre da sole. Non lo siamo. Non lo siamo mai state, non veramente. In un modo o nell'altro sapevamo che qualcuno o qualcosa vegliava su di noi» mormora sorridente prendendomi le mani «E smettila di torturarti» sussurra dolcemente, in un tono che trovo estremamente rassicurante.
«Se ti dicessi che voglio mostrarti qualcosa come la prenderesti?» è una domanda seria? Non ho la minima idea di come potrei reagire, non so nemmeno a cosa lei si riferisca, figuriamoci se potrei prevedere con esattezza il mio conseguente comportamento! Ma provare non ha mai ucciso nessuno, no? «Mmh...okay, fallo» affermo decisa con un cenno di assenso. A questo punto tanto vale mettersi in gioco, vivendo ogni esperienza al massimo e cercare di trarne il maggior insegnamento possibile. «Va bene, ci penso io. Devo solo...» le sue iridi si accendono di emozione e di una luce mai vista prima, alle stesse velocità ed intensità con cui la sua bocca si allarga in un sorriso a trentadue denti; ora capisco cosa intende la gente quando dice "sorridere con gli occhi"! Mi guarda un'ultima volta prima di appoggiarmi una mano sul collo e baciarmi, catapultadomi immediatamente in un altro posto.
Passeggio per le vie del centro di una città che non riconosco. New York? Los Angeles? Sono i primi nomi che mi vengono in mente ma potrei benissimo sbagliarmi, magari si tratta semplicemente di una piccola cittadina poco conosciuta. Completamente diversa ma allo stesso tempo anche perfettamente uguale a tutte le altre. Pochi passi avanti a me c'è una Harper pochi anni più piccola rispetto ad ora ma del tutto identica a se stessa; che strano, è proprio quando siamo giovani che cambiamo maggiormente. Cammina sola, in piena notte, senza dare il minimo segno di timore. Complimenti per il sangue freddo, persino io avrei paura contornata com'è lei solo da alti edifici per la maggior parte vuoti. L'illuminazione stradale non è ottima, tanto che le luci al neon dei locali e quelle dei cartelloni pubblicitari al LED sono quasi le uniche presenti. Eccezion fatta per pochi lampioni fin troppo distanti tra loro. L'aria gelida sferza il corpo della ragazza coperta solo da un completo da ginnastica. La coda di cavallo dondola mentre lei corre a grandi falcate, sembra si stia allenando per una maratona. Molto brava! Ha la musica nelle orecchie, vedo il filo delle cuffiette scenderle verso un iPod bloccato sul braccio che lei tocca continuamente, forse sta cercando la sua canzone preferita. Mi viene da sorridere al pensiero che anche lei sia stata, tempo addietro, una ragazza come tante altre.
Qualcuno la segue per pochi metri e poi cambia direzione, col senno di poi potrei affermare che stesse semplicemente percorrendo lo stesso tratto di marciapiede. Un ragazzo appoggiato ad un muro e visibilmente alticcio le fischia mentre passa. Lei non lo degna di uno sguardo. Riesco faticosamente a starle dietro fino al parco, dove si ferma a riposare qualche minuto prima di bere da una fontanella pubblica. Riaccende la musica, pronta a ripartire, si sgranchisce le ossa e fa un po' di stretching. Dopo soli pochi metri emerge un'ombra scura da dietro un albero che la afferra per un braccio e la trascina con sé per nascondersi da occhi indiscreti. Ma io sono lì e li vedo, anche se non mi sono accorta di essermi mossa ora mi trovo a pochi passi da loro. Sembrano non accorgersi della mia presenza; che sia perché sto vivendo un ricordo? Harper si dimena a terra terrorizzata mentre il ragazzo tenta di strapparle i vestiti di dosso, certo non tutti, soltanto quelli che ritiene superflui per raggiungere il suo scopo. Lei urla e lo implora di non farle del male, chiama aiuto ma da quelle parti ed a quell'ora sembra non esserci nessuno. Eccetto me, un fantasma dal futuro. Ormai ho capito di cosa si tratta e non sono certa di voler assistere al resto, è troppo anche solo pensare che possa davvero esserle successo, figuriamoci essere lì di persona. Assisto impotente mentre piange e cerca di divinvolarsi senza successo per quelle che mi sembrano ore, prima di arrendersi. Smette di lottare e di gridare, dalla sua bocca non esce più alcun suono, gli occhi fissano il vuoto come se non fosse il suo corpo ad essere abusato, di tanto in tanto un rantolo le sale dalla gola per perdersi nel vento.
Quando finalmente lui finisce di fare i suoi schifosi comodi si alza in piedi e si riallaccia i pantaloni con calma, come se ai suoi piedi non giacesse la ragazza seminuda che aveva appena finito di violentare, come fosse perfettamente normale trattare in quel modo un innocente, quasi fosse orgoglioso del proprio operato. Un unico raggio di luce lo investe in pieno viso rivelandomi con certezza la sua identità: quello davanti a me è senza ombra di dubbio Foster Sterling. Certo, non il ragazzo a cui tutti vogliamo bene e che ama ed è amato alla follia da Shelley, ma una versione più perversa e crudele di se stesso. Harper l'aveva già affermato in precedenza, ma fino ad ora, prima di vedere tutto questo con i miei occhi, non le avevo dato troppo credito. Purtroppo devo ricredermi. Tanto apparentemente dolce e gentile, quanto incredibilmente malvagio.

Sbatto le palpebre un paio di volte per riprendermi completamente. Nonostante non sia possibile mi sembra di sentire le sue mani su di me, ho i brividi per quello che ho provato e non riesco ad immaginare come possa essere stato viverlo in prima persona. Sono completamente scossa, abbastanza da non rendermi immediatamente conto che la mia amica mi sta ancora baciando. «Deve essere stato orribile» riesco a dire appena lei si allontana leccandosi il labbro superiore «A maggior ragione per me» ammette debolmente «Come avrai notato io non sono come la maggior parte delle mie coetanee, se capisci cosa intendo» mi sa proprio di sì, penso che il fatto di avermi baciata mi abbia detto qualcosa su di te che prima ignoravo, penso tra me e me «Sì, penso di averlo capito» mormoro leggermente in imbarazzo. Non c'è alcun bisogno di dire ad alta voce cosa la distingue, anche se penso non dovrebbe assolutamente vergognarsene. Insomma, non è mica un reato!

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Capitolo 33
*** Perplessità ***


Nathaniel's pov

Non posso fare a meno di ripensare alla scena a cui ho assistito poco fa. Stavo andando ad allenarmi in palestra come sono solito fare quasi ogni giorno. Il mio ruolo di Guardiano dell'istituto mi obbliga a mantenermi costantemente in forma se non voglio essere sostituito da qualcuno meno capace di me, nonché con meno anni di esperienza. Per non parlare poi del fatto che non affiderei mai la sicurezza degli studenti ad un pivello; non è in grado di adempiere ai propri compiti, non come lo farei io. Ecco perché mi esercito continuamente con il mio predecessore, voglio diventare bravo quanto lui per poter, un giorno, addestrare giovani Guardiani al meglio. Seguo sempre lo stesso percorso, indipendentemente da dove mi trovi, perché ripetere sempre lo stesso scenario mi dà una certa sicurezza. Mi illude di avere tutto sotto controllo, cosa di cui ho costantemente bisogno. «Lee, concentrati!» mi sprona l'uomo davanti a me, ritraendo la propria arma dal mio costato. «Cos'hai oggi? Sembra tu abbia voglia di farti uccidere. Avrei potuto farlo, sai? Almeno una decina di volte, negli ultimi minuti. È questo che vuoi? Non serve certo ti ricordi che se dovesse accadere che tu non mi soddisfacessi più, saresti immediatamente sollevato dall'incarico. Vero?» scuoto la testa con vigore, lo so perfettamente, anche troppo bene. Penso pulendo con un asciugamano il sudore che mi scende lungo il collo e gettandolo poi in un angolo. Okay, ora ci sono. Impugno la mia lancia come si deve, sono pronto a dimostrare che merito la posizione che ricopro più di chiunque altro, che posso riuscire a separare i miei problemi personali ed i miei pensieri dal compito che sono chiamato a svolgere. Ci studiamo guardandoci negli occhi e camminando in cerchio, in una sorta di danza rituale necessaria e propedeutica al combattimento. Lui sorride per deridermi, ovviamente ha già capito cosa sto pensando di fare e sarà stupito dal mio essere perfettamente prevedibile; oggi gli sto servendo su un piatto d'argento la possibilità di distruggermi, rendendo tutto molto noioso. «Ora basta. Siediti a terra con me e parlami dei tuoi turbamenti. Non è divertente vincere contro qualcuno che non finge nemmeno di impegnarsi» nonostante possa sembrare burbero e spaventoso, l'omone da cui ho imparato tutto sa essere piuttosto sensibile e comprensivo. Non si direbbe, a giudicare dalla sua stazza. Mi supera di parecchi centimetri in altezza, arrivando probabilmente quasi ai tre metri, per non parlare poi della sua muscolatura possente che lo fa assomigliare ad un golem di pietra. Ha mani grandi quanto il mio viso ed un'andatura fin troppo rapida per il suo peso. Potrebbe facilmente coprire una distanza cospicua solo con qualche passo. Ma sono assolutamente certo della sua disponibilità ad ascoltare.
«È che non...boh...io non so spiegarmelo» inizio a farfugliare non capendo bene cosa mi disturbi tanto: quell'intimo contatto tra le due ragazze oppure il fatto che quasi sicuramente Zahira non ne sappia nulla? Nel secondo caso, forse, penso sia meglio così, temo che diversamente se la prenderebbe con ognuno di noi per non averglielo detto. «Allora?» il gigante mi invita a trovare le parole giuste per esprimere un concetto che, però, non ha ancora realmente preso forma. Ci proverò comunque. «Ho visto due mie amiche baciarsi» «E quale sarebbe il problema?» l'uomo, giustamente, sembra faticare a capirmi. Come, del resto, io spesso fatico a comprendere il mondo che mi circonda. Sarebbe tutto più semplice se lui, come la mia fidanzata, avesse la capacità di leggermi nel pensiero. Decisamente. «Non è un problema il gesto in sé, non sono certo qui per giudicare le preferenze delle persone che mi circondano, ma c'è una cosa che non riesco a spiegarmi» cerco di riordinare, per quanto possibile, le idee mentre lui mi guarda accigliato, penso stia aspettando che arrivi al punto. «Da quel che ne so almeno una di quelle ragazze preferisce un altro tipo di contatto, preferisce i ragazzi. Almeno da quel che racconta la sua migliore amica» mi affretto ad aggiungere, appena conclusa la frase precedente, non voglio certo che lui creda io sia interessato ad Amy o che, comunque, ci sia o ci sia stato qualcosa tra noi. «Hai molte amiche, a quanto dici» ha uno sguardo sospettoso, ma anche lui sa che le relazioni tra studenti di sesso opposto sono proibite. E sulla carta rispettiamo alla lettera questa regola, ma nella vita di tutti i giorni è ovvio non sia così. «Non potrebbero essere altro, non ricordi?» domando invidiando tutti gli studenti omosessuali, a loro non è proibito stare assieme. È ovvio, non corrono il rischio di procreare.
«Quindi il tuo problema sarebbe che eri convinto almeno una fosse etero ed invece hai scoperto che non lo è? Questo ti rende tanto distratto?» non ne sono sicuro al 100% ma credo mi stia prendendo in giro e si stia anche divertendo a farlo, cosa ho detto di strano? «No, non questo. Il non averlo capito! E soprattutto non aver realizzato subito quanto stava accadendo. Insomma, non si baciavano certo appassionatamente, ma pensavo che quella ragazza si tirasse indietro, invece no!» spiego, ripensando immediatamente a quanto possano essere suonate stupide le mie parole. «Sembravano sulla stessa lunghezza d'onda, affiatate. Capisci?» chiedo nervoso «E questo ti ha sconvolto? Caspita, come sei delicato! Tu hai seri problemi Lee. Lascia perdere, curiosare nelle faccende di cuore altrui non fa per te, dammi retta. Ora che ti sei aperto sei pronto a ricominciare seriamente ad allenarti?» annuisco con forza. Devo lasciare i problemi fuori dalla palestra, ha ragione. Mi metto in posizione di attacco, certo che prima o poi troverò un'occasione per discutere di questo con Amy.

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Capitolo 34
*** Fantasmi ***


Foster's pov

Lo ricordo. Ricordo ancora tutto come fosse accaduto soltanto ieri. Gli avvenimenti degli ultimi mesi mi hanno dato molto a cui pensare e di cui preoccuparmi, ed ora questo. Una memoria che credevo persa per sempre torna, improvvisamente e prepotentemente, a spaccarmi in due la mente. Come avevo fatto a dimenticarlo? E perché lo rimembro proprio adesso? Cos'è cambiato? Le anime dei dannati mi chiamano a gran voce reclamando la mia presenza al piano di sotto. Non voglio tornare là, per quanto sia splendido quel posto è anche orribile. Non in senso estetico certo, mi riferisco piuttosto ai corpi straziati che mi seguono costantemente, strisciando al suolo nel tentativo di attaccarsi a qualsiasi cosa viva attraversi quei cancelli. Purtroppo io, però, non sono del tutto vivo, ma nemmeno del tutto morto e no, nemmeno un non-morto. Non un dio, non un semidio ma neanche umano. Un demone ma non fino in fondo. In definitiva, sul piano vitale, io non esisto.

Io abito un'esistenza a metà.

Riempio un involucro di carne e di ossa ma dentro di me non so cosa sono, non più di quanto una roccia sappia di essere un oggetto inanimato. Le rocce non lo sanno, loro non sanno niente, non vivono.

Io sono una roccia.

Ho l'impressione che di punto in bianco possa apparire Zahira a prendermi in giro «Non lo sei. Ma la tua testa è tutto un altro discorso, quella sì che è dura quanto un masso» probabilmente sogghignando insieme agli altri. Persino Shelley non farebbe niente per difendermi. Anzi, forse completerebbe l'opera aggiungendo «Le rocce si limitano ad esistere, tu non fai nemmeno quello» mi sembra di sentire i miei amici che ridono di me mentre si allontanano. Chi mai vorrebbe avere qualcosa a che fare col nulla?
«Foster, figlio mio, smettila di ignorarli, so che li senti» mia madre, è veramente lei che mi parla e che, col suo solito tono duro, mi invita a dare ascolto ai suoi schiavi, i poveri dannati costretti ad un eterna morte vegliati da un essere crudele e spietato quale è lei.
Ricordo ancora la prima volta che l'ho vista...

Inizio flashback

Sono rientrato da scuola da poco. Mio padre è ancora al lavoro. Mi ha lasciato un post-it attaccato al frigorifero «Il pranzo è nel forno, solo da scaldare» grazie papà, penso tra me e me. Se ci fosse la mamma sarebbe più bello, però, tornare a casa. Troverei qualcuno ad accogliermi e chiedermi com'è andata la giornata, anziché restare solo per ore finché papà non finisce di lavorare. Lui dice sempre che lei mi vuole bene ma che non può stare con noi. Perché? So che è bellissima, o almeno così dice papà, ma non so altro di lei. Non conosco il suo nome o il suo aspetto, in casa non c'è nemmeno una foto dei miei genitori insieme, sempre e solo papà. Papà da piccolo, papà da grande, papà con me e papà con i nonni. Io da solo, con papà o con i nonni. Di mamma, invece, non ci sono tracce, come fosse stata appositamente cancellata. Persino nella foto scattata subito dopo la mia nascita lei non c'è. Per quel che ne so potrebbe benissimo trattarsi di un fantasma o di un'invenzione di papà. Magari lei non esiste e non è mai esistita, forse sono stato creato in laboratorio, o forse mi hanno abbandonato appena nato e lui mi ha trovato in un cassonetto, probabilmente la mia madre biologica era una tossicodipendente che non mi voleva oppure una bambina lei stessa, che quindi non poteva tenermi. Sono sempre stato quello strano con la famiglia strana.
«Foster, vieni da me» una voce femminile familiare ma, al tempo stesso sconosciuta, mi chiede di raggiungerla. Dovrei fidarmi? In fondo non so a chi appartenga, da dove provenga o perché io la senta. Non credo sia del tutto normale percepire voci nella propria testa, o sbaglio? «Non devi aver paura, non voglio farti del male, non a te. Non a mio figlio» mamma?! No, non avrebbe alcun senso. Se mia madre volesse parlarmi o vedermi mi telefonerebbe, come tutte le persone normali. E poi non può essere lei, non mi ha mai cercato in tutti questi anni, perché farlo ora? «Non eri pronto, ecco perché. Ma ora lo sei. Ora puoi capire il mio... il nostro mondo» so perfettamente che non sarebbe una scelta saggia accettare l'invito, ma penso la mia età mi consenta ancora di fare cose stupide, come andare chissà dove da chiunque sia a cercarmi, quindi perché no?

Non ho nemmeno il tempo di finire di formulare il pensiero che mi sento strappato via dalla comodità della cucina, viaggio per forse qualche millesimo di secondo ad una velocità tale da causarmi capogiri e nausea, al mio arrivo. Un'immensa vallata verde si estende tra due colli equidistanti tra loro, tutt'intorno appena oltre il prato si scorge acqua a perdita d'occhio; mi trovo su un'isola? «Più o meno» sempre quella donna mi chiama a sè con la propria voce e, da lontano, mi saluta con un gesto della mano. È seduta all'ombra di un grande cedro dal tronco ricoperto di edera su quella che, avvicinandomi, scopro essere una tovaglia da picnic; il tipico telo a quadretti bianchi e rossi, per intenderci. Questo posto è meraviglioso e trasuda pace, luminoso come niente che abbia mai visto in vita mia. Alberi da frutta sono disseminati qua e là sul manto erboso, peccato non ci sia nessuno ad assaggiarla. Forse potrei... «No!» tuona mia madre «Non devi toccare niente!» mi ordina «Per favore» aggiunge in tono altrettanto duro.
Ritiro immediatamente la mano e continuo ad avvicinarmi a lei, che mi osserva sforzandosi di sorridermi. È letteralmente la creatura più bella su cui si sia posato il mio sguardo. Indossa un abito bianco che le copre, fino alle ginocchia, le gambe piegate di lato e che le mette in risalto i capelli corvini. I suoi occhi, poi, sono di colore turchese e si intonano perfettamente al rossetto rosso scuro. «Siediti accanto a me, devo parlarti» intorno a noi non c'è ombra di cibo, tra me e me penso che, quasi certamente, non mi ha invitato qui per condividere un pasto. «Abbiamo poco tempo prima che tu inizi a risentire del potere di questo luogo. Facciamo presto. Ascoltami attentamente e cerca di non dimenticare» anniusco soltanto, temendo ripercussioni in caso la interrompessi «Quando la incontrerai stalle alle larga, è più potente e più forte anche di te. Non devi avvicinarla per nessun motivo. Se ti cerca, scappa. Se ti chiama, allontanala. Se ti vuole, respingila. Non dovrai mai, per nessuno motivo, avere un contatto con lei. Se sarà in difficoltà, non aiutarla. Se sarà sola, è perché lo merita. Ricordalo!» ordina mia madre sempre più concitata, sembra il mio tempo qui stia per scadere. «E come farò a riconoscerla?» «Il suo nome è...» le labbra della donna continuano a muoversi ma non ne esce più alcun suono. Il mondo dentro cui sono stato trasportato inizia a sgretolarsi sotto i mie occhi, tutto inizia ad apparire com'è realmente. Dai corpi putrefatti che strisciano famelici verso di me alle grida disperate dei malcapitati appesi agli alberi. Dalle creature spaventose che sorvegliano il giardino a mia madre, la più terribile eppure magnifica di tutte: enorme in confronto a me e con immense ali dal piumaggio variopinto, la sua pelle è viola e le sue vesti sono scomparse, lasciando il posto a parti di carne quasi nera che le copre il pube ed il seno. Le mani ed i piedi, anch'essi scuri, posseggono una gran quantità di artigli e speroni che hanno tutta l'aria di essere letali. Provo a toccarla, ma vengo rispedito indietro, ritrovandomi improvvisamente nel mio letto e con un mal di testa da record.

Fine flashback

Avevo 15 anni, da allora ho iniziato a sentire i dannati implorarmi di salvarli. Credevo di essere in paradiso, invece ero finito all'inferno. Vedevo mia madre come un angelo, invece era soltanto un demone. Della razza peggiore. La sua vera identità mi è stata svelata da mio padre, giusto qualche minuto prima di lasciarmi davanti al cancello di Skahedan «Ricordati che tutto quello che ho fatto, sto facendo e farò sarà sempre e soltanto per il tuo bene» mi aveva detto.

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Capitolo 35
*** Un'altra Versione ***


Amy's pov

Mi dirigo a passo deciso verso la stanza di Shelley, ovviamente in cerca di Foster. Perché proprio lì? È molto semplice, in realtà, ho già controllato ovunque e nemmeno lei si trova, neanche nel suo amato nascondiglio segreto; devono per forza essere insieme. Batto sulla porta senza preoccuparmi troppo delle conseguenze, ho pensato molto a cosa avrei potuto dire al ragazzo una volta raggiunto e non ho intenzione di aspettare oltre. «Shelley sono io, apri» grido battendo nuovamente il palmo della mano contro il legno scricchiolante «Devo parlare con Foster» urlo mentre la mia amica sbircia confusa fuori dalla stanza. «E c'era bisogno di fare tanto rumore? Stavo dormendo!» si lamenta sistemandosi al meglio i capelli arruffati. Sì Shelley, ci credono tutti che ti sei chiusa in camera col tuo ragazzo per dormire! Penso maligna gettandole un'occhiata cocía.
«Puoi uscire?» è chiaramente una domanda, ma a tutti gli effetti retorica. Sì, le sto ordinando di uscire dall'unico luogo di sua "proprietà" per fare la ramanzina al suo ragazzo, penso sia corretto vederla in questo modo. «Ma è la mia...» la interrompo subito, non ho alcuna voglia di mettermi a discutere, non è questo il momento delle lagne «E quindi? Ora ne ho bisogno io» «Quanto sei maleducata!» sbuffa allontanandosi arrabbiata, con te faremo i conti più tardi, mia cara. «Allora?! Non hai niente da dirmi?» domando aspettandomi davvero che lui ammetta le proprie colpe «Dovrei?» «Eccome, dopo quello che hai fatto!» comincia a parlare, la mia pazienza si sta esaurendo in fretta «Potrei farlo, se solo sapessi a cosa ti riferisci» il ragazzo sembra visibilmente sorpreso, o sta per vincere il premio Oscar come miglior attore o non si immaginava minimamente questa mia incursione, il che mi porta a pensare che lui veramente non abbia la più pallida idea di cosa io stia parlando.
«Mi riferisco alla storia di Harper, so perfettamente cos'è successo tra voi quella notte, lei me l'ha mostrato. Perciò sputa il rospo» devo apparirgli estremamente tesa, con le mie braccia conserte e lo sguardo indagatore pronto a cogliere anche solo una minima esitazione. «La finta violenza?» «Credimi, era tutto fuorché finta. Come hai potuto? Noi tutti... io mi fidavo di te!» okay, magari sto esagerando a prendermela tanto. È vero, ha aggredito una mia amica, ma in fin dei conti è successo anni fa, magari ora potrebbe essere cambiato completamente. Magari adesso ha messo la testa a posto, mi illudo. «E se io ti dicessi che in realtà non è mai avvenuta ed era solo un tentativo di manipolazione particolarmente ben riuscito?» la sua domanda ha senso, ma non basta ad instillare in me il dubbio su quanto accaduto. «Hai creduto a lei nonostante non avessi alcun motivo per farlo, perché con me dovrebbe essere diverso?!» beh, il ragionamento non fa una piega «Lascia che ti racconti la mia versione della storia e poi sarai libera di scegliere a chi credere. Ma fino a quel momento ti chiedo di ascoltarmi senza pregiudizi» annuisco calma, questo lo posso fare, la mia mente non sarà completamente libera da pregiudizi ma cercherò di non farmi influenzare troppo. In fondo lui mi piace, fino ad ora si è sempre dimostrato un buon amico, fidato e fedele. Uno dei pochi che ha saputo tenermi testa ed ha capito che con me funzionano solo le maniere forti, ha avuto il coraggio di parlarmi chiaramente in più di un'occasione ed ha saputo quando tenere la bocca chiusa. In questo momento, invece, sembra solo dispiaciuto e desideroso di spiegarsi, sembra il tenero e dolce ragazzino di cui ho sentito parlare da Shelley, il ragazzino che l'ha fatta innamorare e che ha saputo conquistarsi la fiducia di tutto il gruppo, anche e soprattutto grazie alla sua schiettezza. Quasi mai essere diretti ed onesti è considerato un difetto, dalle persone intelligenti quantomeno.
«Ora cosa farai? Mi mostrerai delle immagini come ha fatto Harper? Tu cosa ti inventerai, un abbraccio o una carezza?» chiedo confusa a Foster che, però, lo sembra ancor più di me. La fronte è tanto corrugata che le sopracciglia quasi si toccano, appena sopra il naso gli si forma una deliziosa ruga di espressione, che sul suo volto tanto giovane fa quasi impressione. Dilata e restringe più volte le narici, come stesse tentando di elaborare la mia domanda per darle un significato che non riesce, o crede di non riuscire a cogliere. Apre e chiude la bocca ripetutamente, massaggiandosi al contempo il mento con la punta di pollice ed indice della mano destra, per poi scoppiare improvvisamente a ridere nel modo meno credibile. Troppo caotico ed altalenante, conosco la sua vera risata e non è certo questa, questa è più forzata di Nathaniel quando finge di non essere terrorizzato da Brownie e Midnight, penso sorridendo tra me e me. «Niente di tutto ciò, Amy. Proprio per dimostrarti che dico il vero. Sarebbe troppo facile mostrarti una realtà frutto della mia immaginazione, non credi?» non so più a cosa credere, ormai, ammetto sconfortata a me stessa. «E sarebbe tanto diverso dal sentirti raccontare una storia che potresti aver inventato sul momento?» chiedo, decisa a saperne di più e sì, anche per metterlo in difficoltà «In effetti detta così non sembra molto diverso, dal tuo punto di vista, ma ti assicuro che lo è. Mettiti comoda, ci vorrà un po'» afferma accompagnandomi a sedermi su un divano, che ha tutta l'aria di essere antico, sistemato lungo un lato della stanza, singola ma grande quanto quella che condividiamo io e Zahira. Molto più femminile di come l'ho sempre immaginata.

Mi racconta di come sì, lui quella notte fosse davvero al parco e di come Harper vi passeggiasse tranquillamente, di averla seguita ma non per approfittare di lei, stava solo tornando a casa dopo essersi chiarito le idee, dice. Aveva litigato con la sua ragazza di allora ed aveva deciso di allontanarsi prima di fare qualcosa di molto stupido. «Con l'inizio dell'adolescenza hanno iniziato ad emergere anche i miei poteri, da tempo ho gli scatti d'ira a cui spesso vi tocca assistere» mi spiega preoccupato mentre annuisco comprensiva. Che sia la verità o meno so quanto lo facciano star male quegli episodi, lo prosciugano completamente delle energie ed alcune volte gli servono giorni interi per riprendersi. Perciò capisco bene quel che prova, e soprattutto quanto per lui sia difficile parlarne. Nemmeno io amo parlare dei miei "momenti bui". «Ti prego di credermi, Amy. Io non l'ho mai toccata, non ho nemmeno pensato di farlo» sembra sincero, o sinceramente dispiaciuto, o magari è solo senso di colpa? «Non so se davvero abbia subìto una violenza e non sono qui per mettere in dubbio le sue parole, non ho il diritto di farlo, ma non sono stato io» continua a ripetere, continuando anche a pregarmi di credergli «Se fossi quel genere di persona non pensi avrei provato a rifarlo? Non con lei, certo, sarebbe da stupidi. Avrei potuto farlo a te, o a Zahira, o qualunque altra ragazza in questo istituto. Non pensi che Shelley avrebbe notato qualcosa? Per favore Amy, parla anche con lei, vedrai che confermerà la mia versione» va bene Foster, lo farò, parlerò con lei e rifletterò sulle parole di tutti, confrontando tra loro le versioni e cercando di venire a capo di questa situazione. «Ci penserò su, ciao» gli spettino i capelli in modo giocoso e torno immediatamente sui miei passi. Ho seriamente bisogno di una persona di fiducia con cui parlarne, so da chi andare.

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Capitolo 36
*** È un Addio? ***


Amy's pov

Glielo dirò al termine della lezione, non posso interromperlo nel bel mezzo della spiegazione per raccontargli qualcosa di privato, non avrebbe senso e, soprattutto, non riguarda nessuno dei miei compagni. Non riguarderebbe nemmeno Hunter, a dirla tutta, ma lui è l'unico in grado di aiutarmi a prendere una decisione. L'ha fatto altre volte e penso non esiterà a farlo anche questa, non è certo uno che si tira indietro! Aspetterò, manca poco ormai. «Molto bene, con questo abbiamo finito la lezione» dichiara chiudendo sonoramente il libro polveroso appoggiato sulla cattedra. Ha l'aria di essere antico quanto, e forse anche più, di questo edificio e penso che nessuno, ad esclusione di Hunter vorrebbe mai maneggiarlo. Mi dà l'impressione di puzzare di muffa e di vecchio, un po' come tutte le soffitte e le cantine nelle quali, probabilmente, è stato tenuto. Immagino sia passato di mano in mano, di generazione in generazione, per arrivare fino a lui ed indirettamente a noi. Chissà se lui continuerà questa tradizione o semplicemente deciderà di buttarlo. «Un'ultima cosa, prima che andiate: ho un compito per voi. Avete due mesi di tempo, a partire da oggi, per preparare una relazione su un argomento a vostra scelta, tra quelli trattati a lezione ovviamente. Mi aspetto il meglio del meglio» con questa frase si congeda ed esce immediatamente dalla classe, senza che io abbia il tempo di parlargli.
Non sapendo dove possa essersi rifugiato lo cerco ovunque, dentro e fuori l'istituto, su fino alle torri e poi giù ai vecchi sotterranei. Lo cerco in sala professori ed anche in infermeria, in giardino ed in palestra. Mi arrampico persino sulle mura di cinta per avere una visuale più ampia e migliore di quanto mi circonda.

Non lo trovo da nessuna parte.

Ma c'è ancora un posto che non ho controllato, il primo in cui sarei dovuta andare. In realtà. Con forse eccessiva tranquillità mi reco davanti alla porta della sua stanza ed aspetto, non so neanche esattamente cosa, che lui mi apra? Mi aspetto lui sappia che io sono qui fuori? Dovrei forse bussare e rischiare di disturbarlo, oppure irrompere nella camera e farlo certamente? Dovrei aspettare qui fuori che si accorga della mia esistenza oppure chiamarlo? Come poi: Hunter come faccio sempre, o Davis come una studentessa qualunque? Forse la decisione da prendere e l'unica sensata è restare qui, immobile, sperando che la mia buona stella, ammesso ne abbia una, decida che è meglio illuminarmi riguardo alla scelta migliore da effettuare.
E se lo chiamassi col pensiero? «Non ti conviene» sussurra da molto lontano, tanto lontano da ricevere la sua voce disturbata, come attraverso un apparecchio elettronico con poca ricezione. «Dove sei?» penso guardandomi intorno alla ricerca di un indizio sulla sua posizione. Nessuna risposta. Nemmeno dopo minuti interi ad illudermi volesse farsi una chiacchierata con me. Busso, decisa, magari è dentro e non vuole scomodarsi ad aprirmi, provo a forzare la porta ma la serratura sembra chiusa permanentemente. Prenderei a calci il legno, se solo servisse a qualcosa oltre a procurare danni che non ho alcuna intenzione di pagare. Libero una parte della mia energia, come mi ha insegnato Shelley, prima di esplodere o fare qualcosa di cui potrei pentirmi. Non voglio causare incidenti, ma sono troppo frustrata per riuscire a tenere sotto controllo la totalità dei miei poteri. Solo dopo averlo fatto mi rendo conto di aver mandato tre finestre in frantumi ed aver provocato una crepa che dai miei piedi risale lungo il muro. Okay, la prossima volta, magari, lo farò in giardino o su una torre come la mia amica. Sbagliando s'impara, dicono.
Sconfortata ripercorro i corridoi fino a raggiungere la mia stanza, appoggio la mano sulla maniglia e mi fermo a riflettere, ho la netta sensazione che lui stia cercando di evitarmi, con un discreto successo aggiungerei. Varco la soglia sospirando con la testa bassa, non è una bella sensazione sentirsi ignorati. Soprattutto se a farlo è qualcuno a cui tieni. Atterro sul pavimento travolta da Midnight, il mio lupo voleva solo le coccole probabilmente, ma è stato tanto irruento da farmi cadere «Ahi!» mi lamento massaggiandomi la testa mentre lui si prodiga per consolarmi. A dire il vero mi sta semplicemente coprendo il viso di saliva, a forza di leccarmi, ma penso sia il suo modo per farsi perdonare «Scusami» mormora dispiaciuto tra i miei pensieri. «Non volevo farti male» lo accarezzo comprensiva trascinandolo a terra con me per giocare con lui. «Amy» Zahira tiene un foglio di carta sgualcita tra le mani, sembra triste a giudicare dal modo in cui si lascia scivolare sul letto con le braccia lungo i fianchi «Penso sia per te» sussurra evitando volutamente il mio sguardo. È strano non vederla gioiosa ed energica come sempre, forse dovrei cominciare a preoccuparmi «Dovrei farlo?» domando al mio lupo prima di alzarmi a sedere, lui mi guarda ma poi volta il muso in un'altra direzione, senza rispondermi; ma cos'hanno tutti, oggi?!
Raggiungo la mia amica e le prendo il foglio per leggerlo «Mi dispiace ma non ho altra scelta, devo assolutamente allontanarmi da questo luogo. Non so quando e se mai tornerò. Avevo promesso ti sarei stato vicino, che ti avrei sempre protetta in ogni modo possibile, che ti avrei aiutata e che tu avresti sempre potuto contare su di me. Mi dispiace averti delusa, so quanto avessi bisogno di qualcuno che ti ascoltasse e non ti tradisse, come hanno fatto tutte le persone che hai amato. Purtroppo, però, non sono in grado di mantenere la mia promessa, sono stato uno stupido a farla. Sapevo che non sarei stato di parola ma nonostante tutto ho voluto rischiare. Scusami se ti lascio proprio ora che hai più bisogno di avermi vicino, non avrei mai voluto ma lo devo fare. Cause di forza maggiore, sia di te che di me, richiedono il mio intervento. Con l'ausilio dei tuoi amici saprai superare anche questa ennesima prova cui la vita ti ha chiamato. Rendimi orgoglioso di te. Ora hai tutti gli strumenti che ti consentiranno di essere padrona del tuo destino. Spero che un giorno ci rivedremo. Hunter» il messaggio è scritto in un bellissimo corsivo che credevo nemmeno si usasse più. Lo avevo visto soltanto in foto o libri. Alcune lettere sono leggermente sbavate, sintomo che l'inchiostro non era ancora ben asciutto quando è stato toccato. Il foglio profuma di carta vecchia, come un libro tenuto in uno scatolone per alcuni anni, i bordi risultano ingialliti dal tempo e sembrano mangiucchiati. Ho la netta sensazione che questo sia tutto ciò che mi resterà di lui. Mi volto verso il mio famiglio «Tu cosa ne dici, Midnight, pensi che questo sia un addio?» chiedo cercando di reprimere l'istinto che mi ordina di stracciare la carta in mille pezzi. Invece piego delicatamente il foglio in più parti e lo ripongo sotto il materasso, tentando di trattenere le lacrime.

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Capitolo 37
*** Una Famiglia Problematica ***


Hunter's pov

Per quanto il mio desiderio più grande fosse di rinviare questo momento il più possibile non ho potuto far altro che tornare, spero solo momentaneamente, nel mio luogo di nascita. Nessuno è stato avvertito. Non mia sorella, non mio nonno e di certo non i miei genitori. In caso contrario mi avrebbero riservato un'accoglienza troppo sopra le righe, magari a loro piace mettersi in mostra, ma a me no. Voglio essere accolto come uno qualunque dalla mia gente, non come qualcuno da temere e rispettare, qualcuno da farsi amico per il proprio tornaconto personale o solo per paura di morire. Io voglio essere l'esempio da seguire, l'amico e la spalla su cui piangere per tutti, qualcuno su cui poter sempre contare. Una persona vicina, non un essere inarrivabile. Non un...
I miei concittadini nemmeno mi riconoscono mentre passeggio tra loro, passo completamente inosservato, sono un invisibile tra gli invisibili. Nessuno tra migliaia di altri nessuno. Di tanto in tanto qualche occhio si sofferma per sbaglio su di me, ma trova subito qualcosa di più importante da osservare e, perché no, anche da studiare. Mi muovo tranquillo ed a testa alta senza fingere nemmeno di preoccuparmi che qualcuno mi fermi, quando vivevo a palazzo uscivo tanto raramente ed avevo un aspetto tanto diverso che, probabilmente, neanche la mia "adorabile" sorellina saprebbe dire con certezza se quell'ombra furtiva tra le vie sono davvero io.

Varco la soglia del portone costantemente aperto come da mia richiesta; trovo ancora sorprendente che la mia famiglia abbia acconsentito, dal momento che quando l'ho proposto mi hanno riso in faccia. «E a cosa servirebbe un palazzo fortificato se, poi, si decide di lasciar passare tutti?» aveva chiesto la mia ingenua sorella «A stabilire un rapporto di fiducia, se lasci che tutti possano avvicinarsi a tanta ricchezza nessuno tenterà mai di prenderla con la forza» le avevo risposto con lungimiranza. Ne ero e ne sono ancora convinto: più ci si impegna a tenere le persone lontane da qualcosa, più queste la vorranno a tutti i costi.
«Il ritorno del figliol prodigo!» esclama mia sorella emergendo da dietro una colonna. Attraverso a grandi falcate la sala principale, quella in cui si tengono tutte le cerimonie più importanti e, di conseguenza, la più ampia e riccamente decorata di tutto il palazzo. Metalli preziosi e leghe che si possono trovare solo qui fanno da cornice a questo luogo sontuoso, soltanto i pavimenti in marmo nero risultano "normali" in questo contesto, letteralmente fuori dal comune. La ragazza graffia volontariamente il suo nascondiglio, solo lei sa quanto mi dia fastidio il rumore delle unghie contro le pareti di metallo. Ridacchia mostrando solo la parte sinistra del corpo, quella scarnificata, pur sempre bellissima ma che al tempo stesso incute timore a chiunque la osservi. Come descriverla? Per quanto io possa apparire comune il resto della mia famiglia risulta essere l'esatto opposto. Mia sorella minore ha preso da mamma, in quanto ad altezza, almeno trenta centimetri più alta di me è una creatura che qualunque persona, nessuno escluso, definirebbe certamente splendida seppur vagamente inquietante. Scuote la lunga chioma verde opale mentre muove qualche passo nella mia direzione. Incredibilmente sensuale anche con l'aspetto che si ritrova e che non fa nulla per nascondere, anzi cerca di accentuare quanto più le è possibile. Metà del suo corpo è in tutto e per tutto umano, se così lo si può definire, mentre l'altra parte è perfettamente identica ad uno scheletro. Il suo lato sinistro è color avorio e, anche coperto da carne, muscoli e pelle, sembra riflettere all'esterno l'ossatura, come una sorta di tatuaggio che percorre il suo corpo in tutta la lunghezza e la rende assolutamente perfetta ed unica.
«Ti avevo dato per morto» sibila fissando i suoi occhi viola nei miei «Eppure tu, più di chiunque altro, avresti dovuto sapere che non era affatto così» le ricordo serio mentre lei sorride malefica.
Pensando di averle già dato fin troppa importanza scelgo di ignorarla e proseguire oltre. Sono venuto qui per un colloquio con mio padre, non per chiacchierare con una petulante ed impicciona ragazza con cui, per fortuna, condivido soltanto i genitori. «Sembri così...banale. È così che dicono quelle persone a cui ti piace tanto mescolarti, vero? Quegli umani» sibila lei pochi passi più indietro rispetto a me. Che cosa incredibile, una narcisista in cerca di attenzioni! «Guardati, uno come te, uno di noi, con l'aspetto di un ragazzo qualunque» «Mi sorprendo che tu sia addirittura riuscita a riconoscermi, sorellina. Davvero molto perspicace, ti faccio i miei complimenti per lo spirito di osservazione» mormoro sarcastico battendo le mani e continuando a camminare. «Sai che papà è furioso con te? Sono mesi che cerca di contattarti e non ha mai ricevuto risposta da parte tua» rivela poi, pensando di affermare chissà quale novità «Oh sì, lo so, ho ricevuto tutto ma ho scelto di ignorarlo. So che tu non hai idea di cosa significhi, non essendoti mai successo, ma è così che funziona: se qualcuno ti cerca tu non ti fai trovare» le spiego come fosse una bambina che inizia ora ad affacciarsi al mondo. «E per l'altra questione?» sembra accigliata, la sua espressione ha un non so che di comico «Papà è furioso con me più o meno da sempre, me ne farò una ragione» dico con un'alzata di spalle. È lui che sto cercando, non mia madre e di certo non quella saccente mia sorella. Proseguo ancora, deciso a raggiungere la meta prima che mi esplodano i timpani oppure che faccia qualcosa di troppo. Oltre il portone sul fondo della sala ci sono loro: mamma e papà. «Madre» saluto la donna immensa e dalla corporatura robusta, anche seduta alla scrivania è alta quanto mio padre in piedi. Tanto imponente da incutere timore sin dal primo sguardo è, in realtà, la più amorevole tra i miei parenti. Lei alza la testa di scatto, scuotendo i capelli mogano e rivolgendo gli occhi arancio verso di me mentre abbozza un sorriso; questo sarà la massima espressione di affetto che otterrò da un qualsiasi componente della mia famiglia: la nostra "razza" non è particolarmente espansiva. Mio padre mi dà le spalle e finge di non essersi nemmeno accorto della mia presenza, non che questo mi stupisca. Solo l'intervento di mia madre richiama la sua attenzione. Mamma appoggia una mano azzurro cielo sulla spalla di papà, stringendola con i lunghi artigli che ha al posto delle unghie. Lui è costretto a voltarsi. «A cosa dobbiamo un tale piacere?» mentre si gira vedo la treccia che gli incornicia il lato sinistro del viso dare una frustata al resto della chioma. Sono entrambe ramate. I capelli gli ricadono sulle spalle superandole di pochi centimetri, mentre le sue iridi smeraldo brillano di una strana luce dorata nella parte inferiore. «Hai insistito tanto per avermi qui ed ora non ricordi il perché? Stai invecchiando» lo provoco, lui alza un sopracciglio senza dire una parola, basta uno sguardo per comprendere le sue intenzioni. Non è mai stato particolarmente loquace. «Sono qui, come avevi richiesto. Ora dimmi cosa vuoi. Spiegami cosa ci sarebbe di tanto urgente da richiedere la mia attenzione, qualcosa che giustifichi le migliaia di lettere inviatemi» mi avvicino fino a trovarmi ad un palmo dal suo naso «Il regno è in pericolo» mormora sfuggendo subito in una sorta di nebbia dorata. Perfetto, non sopporta nemmeno più la mia presenza!

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Capitolo 38
*** Un Assaggio di Futuro ***


Amy's pov

«Schiva! Salta! Di lato! Ora!» ordina perentoria la professoressa Martin, a pochi passi da me «Se non ti trovassi di fronte il tuo famiglio ti avrebbe già fatta a pezzi» grida avventandosi su Midnight a velocità supersonica «Non dovete giocare! Dovete lottare!» spiega stringendogli le braccia attorno alla gola in una presa che, se fatta correttamente, ha lo scopo di stordire il nemico. Se ben ricordo serve ad impedirgli di respirare. Per quanto mi sforzi non riuscirò mai a fare una cosa del genere al mio lupo, fosse anche solo per allenarmi. Non ho alcuna intenzione di fargli volontariamente del male. «Tranquilla, non mi farei niente. Vieni, prova» sorrido quando la sua voce raggiunge la mia mente e mi invita a fare un tentativo «Altrimenti mi sa che questa ci ammazzerà entrambi» scherza, guardando storto la nostra insegnante. Scoppio a ridere cercando però, al contempo, di darmi un certo contegno o temo che la previsione di Midnight rischierà di avverarsi. «Mi scusi professoressa, posso chiederle per quale motivo se, come dice, queste lezioni dovrebbero servirci per prepararci a "combattere" assieme o contro altre creature, lei non porta mai un famiglio o comunque un assistente?» la domanda mi frulla per la testa già da un po' e penso, spero, di aver scelto il momento più opportuno per porla. Lei però, con estrema tristezza, scrolla il capo come volesse rimuovere da davanti agli occhi un'immagine troppo dolorosa da ricordare, evitando quindi di rispondermi «Riprendiamo da dove ci eravamo interrotti» mormora poco dopo.

Lancio la canottiera sudata da un lato, senza dare troppa importanza al luogo in cui atterrerà «Stai attenta, non voglio avere il tuo sudore addosso per il resto della mia vita» si lamenta Midnight venendomi incontro «Sei un lupo brontolone, lo sai vero?» faccio apposta ad avvicinarmi a lui per abbracciarlo, non vuole il mio sudore? Bene, allora sarà proprio quello che avrà. Si chiama karma, tesoro. Lo rincorro per la palestra finché non è lui a buttarmi a terra con un balzo. È esattamente sopra di me e mi tiene bloccata al pavimento. «Smettila di provocarmi, Amethyst!» urlano furiosi i suoi pensieri «Da quando ci siamo conosciuti non fai altro che cercare metodi alternativi per ingannarmi. "Vieni qui, anzi no stai là. Ti voglio bene, no ti odio. Stammi lontano, no ho sbagliato, non lasciarmi." Fai pace con il cervello, Amy, sono stufo di sopportare questi tuoi atteggiamenti infantili! O mi vuoi o non mi vuoi, non sembra difficile, vero? Io faccio tutto quello che è in mio potere per starti vicino, ma tu sembri divertirti a complicarmi la vita. Me lo stai rendendo molto difficile. Sei con me o contro di me?» le sue parole mi fanno impallidire, non credevo che il mio modo di fare gli creasse tanti problemi, in fondo è solo un gioco «No Amy, non lo è. Questa è la vita reale!» tuona rabbioso. Vedo il suo manto alzarsi ed abbassarsi al ritmo del respiro accelerato, mi mostra i denti come farebbe per sottomettere un essere vivente destinato ad arrendersi alla sua volontà, come io fossi una preda. Come fosse lui a comandare me. Lo fisso nelle iridi cremisi che, per un attimo, mi sembra di veder sfumare in un colore più tenue, qualcosa che non contiene quella sfumatura caratteristica che lo fa sembrare pericoloso al mondo intero tranne che a me. Per un momento sembra soltanto impaurito. Davanti a me imperversa una lotta senza precedenti e ad armi più che ìmpari. Mi trovo sospesa tra il cielo e la terra, in una sorta di limbo che mi circonda e mi guida, cullandomi tra i venti e facendomi riposare su soffici nubi grigio fumo. È il luogo più luminoso ed al tempo stesso più oscuro che abbia mai visitato. Creature di ogni tipo, ma straordinariamente simili a qualunque essere umano per aspetto, si battono come fosse in gioco la sopravvivenza del loro popolo. Lampi di luce attraversano l'atmosfera attorno a me illuminando antri fino ad ora nascosti e bui, rivelandomi quanto in realtà questo campo di battaglia sia incredibilmente simile ma anche molto diverso dalla Terra che abito.
Pozze multicolori e multiformi impregnano e si allargano sul terreno di arenaria rossa, tingendola di incredibili e meravigliose sfumature lucide. Ho soltanto due certezze, al momento: quello che ricopre il suolo è certamente sangue fresco e non è sicuramente umano. Quei piccoli stagni immobili la cui superficie viscosa, probabilmente, potrebbe essere increspata soltanto dal ripetitivo gocciolio di qualche ferita aperta, riflettono la luce delle tre lune che decorano maestose la volta celeste, stranamente sprovvista di stelle. Le creature presenti si scagliano l'una contro l'altra desiderose di sopraffare il nemico per imporgli il proprio dominio. In quella massa informe di corpi, non so nemmeno io come, distinguo immediatamente la sagoma di Midnight che lotta deciso a non arrendersi tanto facilmente. «Quello è il mio Lupo» penso orgogliosa di lui come non lo sono mai stata. Lo osservo affondare le zanne nel collo di un rivale e squarciargli il petto con gli artigli. Non molto piacevole alla vista ma stranamente eccitante, almeno per una stramba come me. Vederlo muoversi con tanta incredibile precisione mi fa venire voglia di unirmi alla battaglia, è straordinario come riesca ad atterrare un avversario dopo l'altro senza, apparentemente, stancarsi. Sembra nato per combattere.
Dall'alto della mia posizione privilegiata scorgo una figura di donna emergere da una delle pozze più lontane da noi, e quando dico noi intendo Midnight, ed iniziare lentamente ad avvicinarsi. L'abito totalmente bianco la fa assomigliare ad una sposa che avanza lungo la navata verso il proprio amato, anche l'espressione raggiante e senza età della ragazza, che potrebbe avere benissimo 25 anni così come 25.000, mi ricordano molto la suddetta. Lembi di morbido pizzo svolazzano abbracciati dall'aria tiepida della sera, mentre il tempo sembra fermarsi al suo imminente passaggio. Nessuno si volta a guardarla nonostante sia bellissima, sembrano non essersi nemmeno accorti di lei.

Nessuno tranne il mio amato Lupo.

Midnight è letteralmente l'unico a notarla tra la folla scalpitante ma, in questo preciso momento, come magicamente paralizzata. Il solo attirato dalla di lei presenza. Ed anche colui da ella prescelto. Lo invita ad unirsi al cammino con un semplice gesto della mano, lasciata immediatamente ricadere lungo il fianco. Lui muove qualche passo incerto nella sua direzione prima di voltarsi verso di me, tanto da farmi credere che possa vedermi, con un'espressione tanto triste che pare mi stia salutando. No, non come quando sai che presto tornerai da quella persona, piuttosto come fosse l'ultimo sofferto saluto. Un tacito addio che lacera in due la mia anima.
Istintivamente provo a raggiungerli, non serve aggiunga quanto i miei sforzi risultino vani. Ogni tentativo di avvicinarmi serve soltanto ad indebolirmi e rendere meno nitida la visuale su di loro, anche soltanto muovere una mano mi costa un'incredibile quantità di energia. Soltanto quando ormai il mio Lupo è del tutto scomparso nel liquido da cui, in precedenza, la donna era emersa lei mi degna di uno sguardo. Un maligno, orribile e cremisi sguardo. Solo allora mi rendo conto di quanto è successo, di come abbia creduto la Morte una meravigliosa incarnazione del Bene.

Spingo di lato Midnight, terrorizzata dalla visione ed ora sinceramente preoccupata di perderlo per sempre. L'ho appena trovato, non posso credere che il nostro percorso insieme stia già per finire. Gattono fino a lui e lo stringo a me mentre si scrolla confuso «Un'altra visione?» annuisco incapace di proferire parola, scandagliando ogni angolo della palestra temendo possa concretizzarsi il mio timore. «Non allontanarti mai da me. Per nessun motivo. Promettimelo» penso rapida allontanandomi quel poco che basta per dargli un bacio sul muso. La professoressa si avvicina a noi per congedarci «Durante la prossima sessione voglio un maggior impegno da parte di entrambi, è necessario siate pronti al più presto» ci consiglia prima di lasciarci soli.

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Capitolo 39
*** Il Consiglio ***


Hunter's pov

Mio padre occupa la seduta più rilevante al tavolo del Consiglio, una sorta di trono in legno scuro decorato con bassorilievi in ferro ed ornato da pietre preziose di ogni tipo. Alla sua destra siede mia madre che è, a tutti gli effetti, colei che prende le decisioni più importanti. Lei è più diplomatica e meno guidata dal proprio temperamento; la sua presenza è necessaria per raggiungere i numerosi compromessi senza cui queste riunioni sarebbero del tutto inutili. Mia sorella non dovrebbe nemmeno essere presente eppure eccola, che svolazza tra le sedie come un folletto servizievole; è forse questo il livello di disperazione a cui è giunto mio padre? Talmente deluso e rancoroso verso di me da offrirle un seggio tra gli adulti? Lei che è soltanto una bambina troppo cresciuta, lei la cui azione più responsabile è stato tentare di uccidere metà del regno? Come siamo giunti a questo?
«Non ci hai lasciato altra scelta» lo zio batte la propria lancia a terra emettendo un suono che rimbomba per la stanza, tutti tacciono alla sua presenza, ognuno immobile sulla propria seduta in segno di rispetto. Soltanto quella viscida di mia sorella si getta ai suoi piedi con fare venerante, abbracciandogli le ginocchia come un cucciolo fedele. Ma d'altronde è pur sempre figlia di nostro padre, maestro nell'ingannare e totalmente incapace di provare senso di colpa. Dovrebbero vergognarsi invece ne fanno un vanto! Se fosse per me la prenderei per i capelli e la getterei in un angolo, dove merita di stare, ma in questa famiglia tendono tutti ad essere troppo indulgenti con lei. Certo, sono io la pecora nera!
L'anziano mi si avvicina e mi costringe ad alzarmi per stringermi in un abbraccio, avvenimento più unico che raro, per uno della nostra razza. «Bentornato...come ti fai chiamare ora?» sorrido grato per questa sua dimostrazione di intelligenza, che invece sembra scarseggiare tra i parenti restanti «Hunter, Hunter Davis» svelo, orgoglioso del nome che mi sono scelto e che sento realmente mio. «Mi piace. Nonostante io avrei pensato a qualcosa di più classico non posso negare ti stia molto bene. Denota la tua grande forza, sono fiero di te, nipote» gli sorrido semplicemente «Grazie zio, lo apprezzo molto» confesso tornando a sedermi.
Dalla porta mia cugina, o forse dovrei dire zia, anche se in realtà non siamo nemmeno imparentati, scoppia in una fragorosa risata totalmente fuori luogo. «Scusate, pensavo fosse una gara di barzellette e, devo ammettere, quest'ultima era davvero molto divertente» mi volto per fulminarla con lo sguardo, è sempre stata un'altezzosa, impertinente e fastidiosa donnucola. Tutta apparenza e buone maniere ma pronta a pugnalarti alle spalle alla prima occasione. Solo un altro parassita fastidioso, deve essere per questo motivo che si trova tanto a proprio agio con la mia sorellina; quelle due sono uguali. «Anche se non sei in accordo con le sue parole devi rispetto a mio fratello, così come a chiunque altro qui. Non serve ti ricordi perché sei ancora accettata tra noi anziché essere stata esiliata, come meriteresti, vero?» le parole dure dell'uomo ramato placano tutti gli animi tormentati poiché, se qui c'è una cosa che tutti sanno, è che subito dopo lo zio è lui che dovrebbero ringraziare se vengono ancora accolti al Consiglio.
«Ebbene? Per quale motivo ci hai voluti riunire, padre?» penso di parlare a nome di tutti quando pongo la domanda che, so per certo, frulla nella testa dei presenti. Nessuno oserebbe essere tanto diretto con lui, è risaputo abbia un caratteraccio e che non sappia gestirlo, nessuno tranne me; mi preferirebbe morto anziché qui, quindi cos'altro potrebbe farmi? Odiarmi più di quanto non faccia già? Sono pronto anche per questo. «Credo sia cosa nota che il qui presente... Hunter» pronuncia il mio nome con il disprezzo nella voce «Dovrebbe succedermi alla guida del nostro popolo, tanto quanto credo sappiate che se potessi fare altrimenti non sarebbe su di lui che ricaderebbe la mia scelta» mi sfida volutamente, alludendo al fatto che mia sorella sarebbe certamente una regnante migliore di me ma che, purtroppo, per motivi di successione, non potrebbe eleggerla tale se non dopo la mia dipartita. Purtroppo per entrambi loro è piuttosto difficile uccidermi, ho la pelle dura io!
«Vi ho, pertanto, riuniti per discutere di questioni tanto importanti quanto urgenti, specificatamente di una minaccia che ci coinvolge tutti, più o meno direttamente» continua camminando avanti ed indietro per la sala, come faticasse a restare fermo mentre parla «Sono venuto a conoscenza dell'esistenza di un essere che si credeva sconfitto ormai da secoli, che potrebbe annientarci se solo arrivasse a scoprire cosa si cela in lui» tutti tacciono, in attesa. «Ho inviato i corvi di mio fratello a cercarlo senza riuscire, però, a scoprire in quale corpo si nasconda. Potrebbe essere un nostro amico, un vicino, o perché no, vostra moglie o vostra figlia. Vi chiedo, quindi, di prestare attenzione e di essere i miei occhi e le mie orecchie fino a quando non ne sapremo di più. Non possiamo permetterci di rischiare di essere deposti da un solo essere vivente» alzo un sopracciglio stupito. «Tutto qui? È questo il motivo di tanta preoccupazione? Lamentele e paura?» scuoto la testa in segno di disapprovazione«Mi aspettavo di più da te, padre. Immaginavo già qualche tuo incredibile stratagemma per farcela sotto il naso, come sei solito. Ma questo? Questo è davvero troppo, anche per te!» il disgusto mi sale fino alle labbra, lasciando dietro di sé il sapore amaro della bile «"Un essere potrebbe annientarci"» gli faccio il verso «Cosa sarà mai?! Un gigante con otto braccia e venti occhi?» una risata di scherno è d'obbligo, dopo una così palese manifestazione di stupidità «E voi che ancora lo state a sentire?! Mi meraviglio di quanto siate creduloni! Sapete bene che mente senza alcuno scrupolo ogni volta che gli fa comodo, ma nonostante ciò vi fidate ancora di lui. Come fate ad essere tanto ciechi?!» nessuno risponde, sono tutti troppo impegnati a fingersi indignati per le mie parole. C'è chi si sistema le gonne anziché guardarmi e chi ammira con entusiasmo la propria immagine riflessa in uno specchio, chi è già pronto a brandire la propria arma e chi, invece, si gira semplicemente da un'altra parte.
«Questa volta è diverso, figliolo, tuo padre sa quel che dice. Nessuna menzogna è uscita dalle sue labbra, resta con noi, te ne prego. Non voglio perdere un altro figlio per mano di un essere che, uniti, potremmo facilmente battere» mormora mia madre malinconica pensando al mio defunto fratello, tanto giovane e buono quanto incredibilmente ingenuo. «No madre, non è a causa di un mostro se lui è morto, la colpa è da ricercare nell'uomo egoista che ti siede accanto e che tu, tanto amorevolmente, chiami marito!» esclamo alzandomi di scatto «Non azzardarti a mettere piede fuori da questa sala, oppure puoi anche ritenerti escluso da questa famiglia» mi minaccia mio padre «Su, coraggio, fallo. So che non vedi l'ora!» lo incalzo allontanandomi dal mio seggio «Sei solo un patetico burattino» sussurro, certo però che mi abbia sentito. «No Loki, lascialo andare. È quello il suo destino» grida mio zio dal suo alto scranno.

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Capitolo 40
*** Visioni Condivise ***


Zahira's pov

«Ti vuoi muovere a venire qui o hai intenzione di lasciarmi fare il bagno da sola?» chiamo impaziente Amy sporgendomi oltre il bordo della vasca; cos'avrà da fare continuamente? È la sua migliore amica a chiamarla, non l'ultima ruota del carro. Non può ignorarmi tanto sfacciatamente! «Sbrigati» grido «Mi spunteranno le branchie se continuerai a farmi aspettare, lo sai vero?» «Tu non hai le branchie» mi corregge sbirciando oltre la porta e lanciandomi la maglietta che indossava dritto in faccia. Che antipatica! «Questo solo perché non mi hai mai vista in modalità sirena completa. Quando mi immergo del tutto ti assicuro che spuntano eccome, proprio qui sulle costole» le indico il punto esatto con le unghie, anche se so che oramai non mi starà più guardando.
«Sei sicura di volerlo fare davvero? Insomma, non lo trovi un po'... imbarazzante?» scoppio a ridere vedendola arrivare, si copre il seno come se non fosse integralmente svestita e, devo ammettere, è davvero adorabile. Proprio non riesco a trattenermi nel vederla tanto a disagio davanti a me «Non per me. Noi sirene viviamo letteralmente tutta la nostra vita completamente nude. Certo, nel nostro elemento naturale. Non sulla terraferma. Voi umani siete troppo pudici» la critico innocentemente prendendole le mani. Che poi, in realtà, non sono nemmeno sicura si possa chiamare critica se Amy non rientra nella categoria "umana". Mi toccherà morire col dubbio.
«Sai Amy, dovresti lasciare andare questo tuo blocco mentale, sei troppo chiusa in te stessa e non riesci a goderti appieno le gioie della vita. Sentiti libera di esprimerti come preferisci; vuoi correre in mutande per il giardino? Fallo. Vuoi cantare saltando sul letto? Nessuno te lo vieta. Vuoi proporre ad un'amica di fare il bagno assieme a te? Non vergognartene» suggerisco dolcemente mentre la aiuto a raggiungermi nell'acqua. «Zahira! È gelida, vuoi farmi andare in ipotermia?» inizia a tremare e la sua pelle inizia ad incresparsi, povera piccola, non ci avevo proprio pensato. Chi non è come me non sopporta facilmente certe temperature. «Vieni qui, stando vicine ci scalderemo più facilmente» la invito ad appoggiarsi contro di me mentre le cingo le spalle con un braccio per tenerla al caldo col mio corpo.
L'acqua è ovunque intorno a me. Mi circonda e abbraccia facendomi sentire, non per la prima volta ma quasi, davvero a casa. Muovo istintivamente le braccia e la coda nel tentativo di stabilizzarmi. Guardo verso il basso e mi accarezzo le branchie sporgenti, sono davvero immersa nelle profondità marine. «Zahira, cosa sta succedendo?» la voce che so essere di Amy mi raggiunge come se si trovasse a chilometri di distanza da me; ma certo, i suoni non attraversano l'acqua come fanno con l'aria, il liquido porta con sé sempre una sorta di strana eco che "scherma" le voci! Un momento, come fa la mia amica a parlare sott'acqua? Dovrebbe essere già annegata, no? Certo, non è un augurio ma è alquanto raro che una creatura non acquatica riesca a sopravvivere, ed addirittura chiacchierare, in questo posto. Non è assolutamente normale! «Perché mi hai portata qui?» mi chiede la rossa, forse leggermente preoccupata dalla situazione. Non le rispondo, nuoto in circolo per guardarmi attorno e studiare questa meraviglia che, per qualche motivo bizzarro, mi riempie il cuore di gioia. Costruzioni del tutto dissimili da quelle viste sulla terraferma si ergono maestose salendo per metri e metri dal fondale. Questa città è immensa!
Scatto veloce verso il basso con un colpo di coda, risalgo come un proiettile e poi mi avvito varie volte su me stessa, ammirando quanto più possibile prima di tornare da dove sono venuta. «Conosci questo posto?» una sorta di bolla aderisce al corpo della mia amica come una seconda pelle. È logico, altrimenti come potrebbe respirare? Sembra sia riuscita a portare qui un po' d'aria dal mondo di sopra, è incredibile questa ragazza. «No, non l'ho mai visto prima d'ora» ammetto sincera senza smettere di guardarmi intorno, sono completamente rapita dal luogo, è più forte di me. «Mi parevi estremamente a tuo agio, però» sembra disturbata da qualcosa, forse si sente oppressa. «È il mio elemento naturale, ricordi? È un po' come quando tu ti ricopri di fuoco e sei assolutamente rilassata» le spiego afferrandole la mano e trascinandola con me fino ad un palazzo estremamente imponente proprio al centro della cittadina.
Sembra un'abitazione come molte altre viste in superficie, con una cucina e due bagni, una camera da letto padronale, una per gli ospiti ed un salotto da cui provengono voci sconosciute. Ci nascondiamo dietro ad un muro per osservare le persone che parlano e cercare di carpire qualche informazione sul discorso. «Ti dico che non è così! Abbiamo bisogno del contributo di tutti, anche del tuo» esclama una donna che non riesco a vedere bene ma che sembra non possedere una coda «Ed io ti ho già detto come la penso. Quella non è la mia guerra, qui sotto nessuno ci attacca, siamo al sicuro. Perché mai dovrei mettere a repentaglio la vita dei miei?» ribatte dura una donna che, anche se vista di schiena, ha un non so che di familiare ed appartiene sicuramente alla mia specie. «Non vuoi proprio capire, allora. Qui non si tratta dei tuoi e dei miei, è qualcosa più grande di entrambe noi» grida scocciata la donna venendo nella direzione in cui ci troviamo Amy ed io. «Mamma! Che ci fai qui?» la mia amica mi lascia la mano per nuotare verso la donna che, però, non sembra essere in grado di vederla. «Mamma aspetta, ho bisogno di parlarti» mormora triste quando si vede ignorata. «Morrigan!» la chiama la sirena «Come osi venire nel mio mondo a chiedermi una cosa del genere, sai benissimo che non posso lasciare tutto e vinire con te, sentirebbero la mia mancanza» cerca di giustificarsi muovendo la coda avanti ed indietro per raggiungere quella donna così incredibilmente somigliante ad Amy. «Come tua figlia? Lei non l'hai lasciata per venire qui? Lei non sente la tua mancanza?» la accusa «È diverso, io l'ho fatto per il suo bene. È stato meglio così» ammette a testa bassa la sirena «Tu l'hai fatto perché sei un'egoista! Se l'avessi fatto per il suo bene non l'avresti abbandonata nelle mani di un alcolizzato violento, l'avresti portata qui con te anziché fingerti morta, l'avresti protetta. Perciò non venirmi ora a fare la predica. Sai benissimo come gli uomini trattano quelle della tua specie» le inveisce contro mostrando parte del potere che risiede in lei «Sì, esattamente come so che nemmeno quelle come te se la sono passata troppo bene ma che siete estremamente forti. Zahira non sarebbe sopravvissuta qui e questo lo sai anche tu!» no, un attimo, ma allora... mia madre non è morta. Questa nuova consapevolezza mi stringe il cuore come se me lo stessero strizzando nel petto. Io non sono orfana di madre, lei ha semplicemente scelto di disfarsi di me.

Vengo risputata fuori da quel... come definirlo? Sogno? Amy è ancora appoggiata a me e mi graffia il costato fino a farmi sanguinare, agito istintivamente la coda nel tentativo di allontanare lei e la pessima sensazione che quella specie di ricordo si è lasciato dietro. Come se non bastasse la delusione ora mi tocca sopportare il dolore causato dalle ferite inflittemi dalla rossa, che per fortuna a breve inizieranno a rimarginarsi grazie al potere dell'acqua, e la vergogna di una madre che del proprio nome non ha niente se non il suddetto. Lei che è solo un'altra sconosciuta che ha deciso per entrambe.

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