Per un Bacio

di aurora giacomini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Etica ed Istinto ***
Capitolo 2: *** Viaggi Mentali ***
Capitolo 3: *** Arrivo con Sorpresa ***
Capitolo 4: *** Ciò che Mi Fa Soffrire ***
Capitolo 5: *** Bugie ***
Capitolo 6: *** Qualcosa nell'Oscurità ***
Capitolo 7: *** Muro ***
Capitolo 8: *** Io e Te ***
Capitolo 9: *** Sbagliato ***
Capitolo 10: *** Qualcosa si Aggira tra Noi... ***
Capitolo 11: *** Le Morti Sbagliate ***
Capitolo 12: *** La Lettera ***
Capitolo 13: *** Il Mostro ***
Capitolo 14: *** Non Merito, ma Accetto ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Etica ed Istinto ***


24 dicembre 2o19





Per un Bacio


 



Ciao, amico lettore,
è la vigilia di Natale 2o19. 
Sono passati tre anni dai fatti che sto per narrarti. Fatti accaduti in questa stessa ricorrenza. Fatti che non so ancora spiegare...
Mi chiamo Esmeralda Lek. Il mio cognome può essere tradotto dal polacco come paura, ansia o terrore. Mai cognome fu più azzeccato... Sì, hai capito bene: sono una fifona.
Ma ora è meglio che mi concentri e cominci a raccontarti la storia che credo di aver finalmente elaborato. Credo di essere pronta a condividerla con te.
Ti chiedo solo un favore: non giudicarmi prima di aver concluso la storia. 
Avevo paura, tanta paura...

 

 


1
Etica e Istinto



 

 

«Silenzio! Per favore, un po' di silenzio!» La professoressa di italiano che cerca di attirare l'attenzione dei miei compagni di classe. «Contenete il vostro entusiasmo, santo cielo! Avete tutti, i permessi firmati dai vostri genitori?»

Abbasso gli occhi sul foglio che tengo tra le dita: lo spazio della firma è ancora in bianco...

«Non mi dirai che non vuoi venire?!» La voce stizzita di Alessia. E' la mia compagna di banco, non che migliore amica.

«I miei sono in Polonia...» replico, continuando a fissare il punto in cui manca l'inchiostro.

Alessia mi guarda come fossi un'imbecille.

«E allora? Hai diciotto anni: puoi firmare da sola! E poi, in caso nessuno ti avesse ancora informata, esistono i fax, le mail e cento miliardi di altre cose! Cazzo, Esme, siamo nel 2o16!»

I miei occhi non smettono di fissare il medesimo punto; cosa mi aspetto? Che la firma di mia madre o mio padre compaia magicamente... be', non sarebbe male...

«Sono in una regione isolata... Non ho loro notizie da una settimana... Nel loro lavoro è normale...»

«Firma, ti dico!» Alessia mi posa una penna nera accanto alla mano, in modo tutt'altro che delicato. «Muoviti!», intima.

«Non mi piace fare le cose di nascosto...» Scuoto lievemente la testa: «No davvero...!»

«Dio...! Sei una cosa impossibile!» Sta praticamente gridando. «Non stai facendo nulla di male! Cazzo, sei maggiorenne!»

«Potresti evitare di infilare l'organo genitale maschile in ogni frase? E poi la prof vuole i permessi firmati dai genitori o dai tutori legali... è stata chiara, in merito...»

«Non dirmi che non hai mai falsificato la firma di tua madre?!»

«Certo che no! Non è corretto...» rispondo, senza alzare la testa.

Non posso vedere il volto di Alessia, ma so che mi sta guardando come se le avessi appena confessato un terribile crimine.

«Non puoi lasciarmi da sola! Avevamo detto che avremmo preso la camera insieme...» piagnucola, in modo davvero poco credibile, cercando di muovermi a compassione. «Che ne sarà di me?!»

«E' una settimana bianca, non una missione in Vietnam...» Scuoto la testa. «Te la caverai benissimo anche senza di me...»

«Sei la mia migliore amica! Non puoi abbandonarmi in questo modo meschino!»

Finalmente alzò la testa e le sorrido.

«Meschino...? Sicura di conoscerne il significato?»

«Ah-ah! Dai, Esme! Sarà fantastico! Guarda, lo faccio io per te!»

Le dita lunghe e diafane si avvicinano pericolosamente al mio permesso.

«Non se ne parla!», guaisco , portando il foglio fuori dalla sua portata.

Alessia incrocia le braccia al petto.

«Vuoi la guerra? E guerra sia, allora!»

La guardo con sconcerto.

«Cosa...? Di che parli...?», mugugno.

Un sorriso furbo e lievemente inquietante le si disegna in volto.

«Vediamo se Eleonora riuscirà a farti cambiare idea.»

Boccheggiò come se l'aria fosse improvvisamente svanita dalla stanza. Eleonora Piekna: bella di nome e di fatto! Anche lei per metà polacca.

Ho una cotta per lei dalla seconda media... Non ho mai avuto il coraggio di dichiararmi... Figuriamoci, a stento riesco a darle il buongiorno!

Ogni volta che la vedo, il cuore parte a mille: è così bella... i lunghi capelli neri le incorniciano il viso magro ma morbido, i suoi occhi sono due smeraldi luminosi, la sua bocca sembra il petalo di una rosa sotto la rugiada del mattino. E quando parla, ah... la sua voce, morbida ma leggermente nasale, mi fa impazzire!

«Esme...?» Alessia è a pochi centimetri dal mio volto, piegata sul banco. «Sei ancora tra noi?»

Sto per replicare, ma la voce nasale di Eleonora mi spezza le parole in bocca:

«Dai, Alessia dice che non vuoi venire con noi. Ci sarà tutta la classe! Non fare la pecora nera, Esmeralda!» Mi sorride. «Avanti, giovane!»

So di essere paonazza.

«Io... Ehm... Io...» Non riesco neppure a guardarla, figurati parlare per contraddirla!

«Non fare l'ebete!», mi sgrida Alessia.

Eleonora si rivolge ad Alessia: «Giovane, ma fa sempre così?»

«Solo quando sei nei dintorni, se no è una cazzo di chiacchierona!» Alessia mi posa una mano sulla testa, e io desidero solo che il peso del suo arto possa farmi sprofondare nelle viscere della terra... Come diavolo l'è uscita...?! Ecco, ora si che sono paonazza, se non viola... sono sicuramente viola...

Eleonora ride, una risata nasale e leggera.

«Se vieni, Esmeralda, ti darò un bacio.»

Voglio morire, ora, qui... su questo banco...

«Va bene, verrò...»

Non sono certa di essere stata io a rispondere.

Sento Alessia ed Eleonora darsi il cinque.

Non posso negare che tutta quell'attenzione mi lusinghi; tuttavia, non ne capisco il senso: non sono niente di speciale, anzi... se non fosse per Alessia, dubiterei persino di esistere, in quella classe...

E ora sto per falsificare la firma di mio padre, per cosa? Per un bacio...

Sono troppo codarda per far valere le mie ragioni, pur sapendo di essere nel giusto... almeno eticamente...

Guidata da una forza superiore, la mia mano afferra la penna nera e sigla il patto...

La lotta fra etica e istinto, si è conclusa con un netto 1 a 0 per l'istinto...

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Capitolo 2
*** Viaggi Mentali ***


 

N.d.A: Pubblico questo capitolo il giorno 25 Dicembre 2019, di conseguenza ti auguro un felice Natale, Amico Lettore :)


 


 

2
Viaggi Mentali


 


Sono sdraiata sul divano del soggiorno. Alla televisione c'è un documentario sui Vichinghi. Normalmente sarei tutt'orecchi, ma in questo momento sono sorda e cieca alla realtà del mio salotto. La mente vaga dalla fantasia di baciare Eleonora alla vergogna provata nel momento in cui, guardando la prof di italiano negli occhi, le ho consegnato il foglio incriminato.

Sono una debole, lo so... ma la sfacciataggine di Eleonora, la promessa di un contatto fisico con lei... semplicemente il mio raziocinio è stato messo a tacere.

Posso ancora sentire le orecchie bruciare e il cuore battere irregolare contro lo sterno. Troppe, davvero troppe emozioni in un solo giorno...

Il cervello comincia a vagare su altre questioni.

Eleonora non sembrava affatto sorpresa dei sentimenti che ho per lei. Forse se n'è accorta da tempo... Ma certo che sì, non è mica un'idiota!

La semplicità con cui mi ha promesso quel bacio... Devo intenderla come la manifestazione di un interesse simile al mio? Certo, non sono di brutta presenza, ma di certo neppure una gnocca... non come lei... Manterrà la promessa di baciarmi? E immaginava di farlo, mentre me lo diceva? Dove poserebbe le sue labbra? Fronte, guancia o... o sulla bocca...? Oddio...

Capisco la tenacia con cui Alessia insisteva, ma Eleonora...? Anche lei mi vuole in settimana bianca? Davvero mi vuole? Certo, siamo compagne di classe e non abbiamo mai litigato o altro, ma le nostre interazioni non sono mai state segnale di qualcosa di più di una semplice conoscenza... di una convivenza obbligata nello stesso spazio vitale per una media di cinque ore al giorno. E se anche io le piacessi da tempo...? Ma no... Eleonora è la più carina della scuola, e sa di esserlo... non è timida ed ha un sacco di amici, non è come me... lei non ha paura... Ma se quei sentimenti la spaventassero? Voglio dire, non ho mai sentito che fosse uscita con qualcuno. Forse il suo orientamento sessuale la mette a disagio. Non tutti riescono ad essere apposto con se stessi, non a quest'età. Non su qualcosa di così intimo. Ammesso e non concesso che sia gay, ovviamente...

Dio, ho immaginato così tante volte il momento in cui avrebbe detto di amarmi... di volermi accanto... il momento in cui mi avrebbe baciata...

Alessia se la caverebbe benissimo senza di me, lei va d'accordo con tutti: è sfacciata, solare e interessante. E' una grande dimostrazione d'affetto? E' questo che la sua insistenza cerca di comunicare?

E poi la questione di mamma e papà... Dovrei dirglielo? Certo che sì! Ho fatto qualcosa di davvero scorretto...! Mi rideranno in faccia e poi mi beccherò una punizione come si deve, già lo so. Ma non è la punizione a spaventarmi: non potrò uscire per qualche tempo? Nessun problema: non esco mai comunque... Mi sequestreranno il cellulare? Be', parlo solo con Alessia e la vedo tutti i giorni a scuola, nessun problema... Connessione ad Internet? Be', non poter ascoltare il mio gruppo metal preferito -i Lordi- potrebbe guastarmi l'umore, ma posso sempre scaricare qualche canzone, no? No, non gratuitamente: non sono una criminale! Sono solo patetica...

No, la cosa che mi spaventa è vedere la delusione sui loro volti. Vorrei essere una brava figlia, qualcuno all'altezza dei genitori che ho avuto la fortuna di avere: ricercatori stimati e persone rette, giuste e gentili... di mente aperta... Ero così spaventata di confessar loro che mi piacciono le ragazze, che mi sono sempre piaciute... ma loro hanno reagito come se avessi espresso una preferenza alla vaniglia piuttosto che al cioccolato.

E poi, lasciare la casa incustodita per una settimana...? Forse potrei chiedere alla mia vicina, la vecchia Maria... No, a mala pena si regge sulle gambe. Almeno non abbiamo animali domestici.

E se mi fingessi malata? No! Voglio quel bacio! Dio, se lo voglio!

In che cavolaccio di situazione mi sono messa...?! Tutto per... per un bacio...

Cavolo, devo fare qualcosa per la mia ansia costante...!

Mi sporgo dal divano e sbircio l'orologio appeso in cucina: sono quasi le dieci di sera. Non ho ancora cenato. Ho delle pizze ai funghi e prosciutto -le mie preferite- nel freezer, ma come potrei mangiare? Ho una tale ansia... No, è meglio andare a dormire: domani mattina alle sette devo essere a scuola... Diamine.

Mi decido ad alzarmi, tanto il documentario è quasi finito e non ho sentito una sola parola. Lo recupererò su YouTube, prima o dopo...


 

Mi lavo i denti concentrandomi però sugli occhi: fredde pozze blu, come dice mia madre, uguali a quelli di papà.

Prima di usare il collutorio spalanco la bocca e do un'occhiata al secondo dente del giudizio: spunta appena dalla gengiva come un bucaneve sotto dello zucchero filato rosa. Dovrò andare dal dentista appena torno, ma odio andare dal dentista! Quella stanza bianca, asettica e così impersonale, ornata da centinaia di oggetti metallici e brillanti... odio le cose acuminate e taglienti... odio che mi si mettano le mani in bocca... ho paura del dolore.


 

Alla fine sono le undici quando entro nel letto. Non ho voglia di leggere, per questa sera Mauro Corona e il suo La fine del Mondo Storto dovranno fare a meno della mia attenzione. Ho letto quel libro almeno dieci volte. Ogni due, tre anni lo ripesco dallo scaffale, mi piace troppo.

Mi tiro le coperte fino alla punta del naso: ho davvero freddo. Non ho cuore di alzarmi per regolare il termostato... sto troppo comoda... davvero troppo comoda...


E' la voglia di fare pipì a svegliarmi.

Stavo sognando di essere nella stazione ferroviaria della mia città. Dovevo prendere la corriera, ma prima usare la toilette verde -non so perché di quel colore-, so solo che la fila non finiva più, e anche quella per il bagno degli uomini era lunga.

Guardo la sveglia sul comodino: 05.03...

Cavolo! Ieri sera non ho messo la sveglia! O meglio, l'avevo lasciata per le sette e mezzo... come ogni mattina!

Prenderò tutto ciò per un segno... Mi è andata bene...

Il freddo, aldilà delle morbide coperte che mi avvolgono protettive, sembra dei pugnali pronti a trafiggermi, insinuandosi nei pori della pelle... ma la vescica protesta: è una guerra che non posso vincere.


 

Dopo essermi liberata dal bisogno impellente, mi dirigo verso la cucina per prepararmi un caffè.

Desidero fumarmi una sigaretta mentre sorseggio il delizioso liquido scuro: sigaretta e caffè, sigaretta e Coca Cola: il massimo! Tuttavia, non posso fumare in casa. Non importa se l'odore svanirà completamente in una settimana, non è comunque giusto.

Prima di andare all'appuntamento mi fermerò dal tabacchino. Prenderò qualche parchetto per la settimana che mi aspetta.


 

Una volta finita la colazione, mi dirigo in bagno per lavarmi i denti e recuperare il necessario per l'igiene personale da mettere nella valigia.

Dovrò andare a piedi: non posso pedalare con valigia e zaino.


 

<><><>


 

«Oh, grazie al cielo!» Alessia mi corre incontro e mi abbraccia, totalmente incurante dei miei bagagli. «Ho davvero creduto che mi avresti mandato un messaggio con qualche assurda scusa!»

Ricambio l'abbraccio con il braccio libero. «Cerco di mantenere la parola data, quando posso.» Il rumore prodotto dallo sfregamento delle nostre giacche sintetiche mi urta il sistema nervoso, ma non voglio separarmi da lei troppo in fretta: non voglio indurla a pensare che non gradisco il suo affetto.

«Siamo un po' in anticipo. Mancano ancora Francesco Berti, Francesco Pesaro, Martina e Paolo.» Mi dice separandosi da me, poi aggiunge: «Eleonora non verrà: questa notte ha avuto la febbre...»

Mi guardo attorno: effettivamente non la vedo. Nessun volto risalta sulle giacche colorate dei miei compagni o fra quelle più sobrie dei tre professori...

Okay, è il momento di nascondere la delusione che sento, una delusione straziante, fredda e pungente, e di fare dietro front. Posso consolarmi pensando che almeno non ho infranto totalmente le regole... Un corno! Volevo quel bacio. Quanto volevo quel dannato bacio...!

Alessia scoppia a ridere. «Oh, cazzo! Ma allora sei proprio cotta!» Si tiene la pancia. «Dovresti vedere la tua faccia! Oh, cazzo che ridere! Era solo uno scherzo, dai, Esme!»

Rilascio l'aria trattenuta e permetto che l'ansia di baciare Eleonora sostituisca di nuovo quella di non averne l'occasione. «Sei davvero sgradevole», brontolo.

Mi da una pacca sulla spalla. «Oh, andiamo! E tu sei davvero frigida!»

«Penso tu intenda rigida... Che ne sai se mi piace o no fare l'amore...» arrossisco.

Mi guarda col suo classico modo furbo e canzonatorio. «E ti piace?» Il sorriso mostra quasi tutti e trentadue i denti.

Penso di essere viola. «Non lo so... non ho mai fatto sesso...»

«Okay, farti perdere la verginità sarà l'obbiettivo di questa settimana!» La sua voce è troppo alta per i miei gusti. Glielo faccio notare.

«Cazzo, Esme, rilassati...! Ma farlo con una donna, vale come perdita della verginità?», mi chiede con un tono di voce accettabile.

«Che ne so...? Penso che sia il concetto, non tanto la rottura o meno dell'imene...»

«Uhlalà! Cazzo, abbiamo una ginecologa tra noi!» Ride di nuovo.

Vorrei tanto dirle che penso sia normale conoscere le basi, ma evito: non voglio fare la rompiballe, non oggi...

«Oh, guarda chi sta arrivando... Eleonora! Qui!» Si sbraccia. «Da questa parte!»

«Che stai facendo...?» sussurro tra i denti stretti. Non ho neppure il coraggio di voltarmi.

«Vuoi fare il controllo dell'alito?» Alessia mi strizza l'occhio, ma il guaio è che non sta scherzando.

«Non la bacerò qui...» Il mio è un gemito, un lamento. «No di certo...»

«Ciao, giovani!» La voce nasale di Eleonora è appena a qualche metro dietro la mia nuca, ma ancora non riesco a voltarmi.

«Ancora mezz'ora e si parte!» Alessia mi passa accanto, probabilmente per abbracciare Eleonora. Quanto invidio la sua leggerezza...

«Esmeralda! Che bello! Credevo che alla fine ti saresti dimostrata la pecora nera che pensavo!», mi dice quando trovo il coraggio di voltarmi.

E' davvero incantevole: la giacca nera le risalta gli occhi verdi, le labbra rosee e il candore della pelle.

Faccio ricorso a tutta la mia forza di volontà. Una lotta estrema contro l'imbarazzo per produrre questo: «Ehi...»

«Che carina!» Tre passi ed il suo petto è contro il mio. Posso sentire il suo reggiseno imbottito e duro contro il mio seno anche attraverso il tessuto della giacca; il profumo di limone e mango del suo shampoo; la fragola del suo deodorante personale e l'alito di chewing gum alla menta... Dura appena un secondo, ma me è parso di essere stata un palo per settimane. Non riuscivo neppure a respirare...

«Vado a salutare gli altri! A dopo, giovani!» Eleonora si allontana, ed io mi chiedo come quello strano sortilegio abbia potuto ignorarla, mentre io sto per svenire... Non mi abbracciava dalla prima superiore, quando le ho offerto un Tampax per quello che poteva essere il suo primo ciclo...

«Cazzo, riprenditi! Se un abbraccio ti fa quest'effetto... Cazzo, non riesco ad immaginarie cosa succederebbe se la vedessi nuda...!» Alessia scuote la testa e mi guarda come fosse un'idiota. Ma si sbaglia: certo, non nego di aver immaginato molte volte di fare l'amore con Eleonora, ma per me la tenerezza e l'intimità, anche solo di un tocco fra mani... be', paradiso...! Non condividerò questi pensieri con lei, non capirebbe...

«Ragassi! Tutti qui, la corriera sta arrivando. Facciamo l'appello.» La voce della prof di ginnastica mi salva da ulteriori imbarazzi.

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Capitolo 3
*** Arrivo con Sorpresa ***


 

3
Arrivo con Sorpresa



 


Prendo posto nella fila centrale della corriera. Alessia mi ha gentilmente lasciato il posto accanto al finestrino: sa che soffro di mal d'auto.

«Ci divertiremo un casino! La classe non è mai stata in settimana bianca, prima d'ora!» Alessia è visibilmente compiaciuta. «Tre giorni al massimo, cazzo fai in tre giorni?!»

«Già, ma penso fosse per il fatto che preferivano avere dei maggiorenni o comunque studenti abbastanza grandi. Personalmente non mi prenderei mai la responsabilità di portarmi appresso dei ragazzini. Non per una settimana, non così lontano da luoghi famigliari», dico mentre aspetto che la corriera accenda il motore.

«Già, già. Comunque, ho portato un po' di maria. Spero che questa volta non farai la stronza...» Mi guarda con gli occhi ridotti a fessura.

So bene a cosa sta pensando: l'anno prima, durante un festa d'Istituto, lei e alcuni ragazzi della scuola avevano portato dell'erba. Quando Alessia è venuta a cercarmi per offrirmene un po', io, per tutta risposta, ho minacciato di avvisare i professori, se non l'avessero fatta sparire.

Non ho nulla contro la Marijuana: penso che se usata per scopi terapeutici sia una grande risorsa. E non condanno neppure chi ne fa uso per svago, a patto che poi non si metta alla guida; semplicemente non mi parve il caso di farne uso in un edificio scolastico...

«Non farò la spia: non siamo a scuola. Sei grande e vaccinata, la scelta è liberamente tua...» rispondo.

«Sì, però cazzo! Hai davvero bisogno di fumare un po'! Sai che aiuta con l'ansia?»

Annuisco. «Pensavo di richiedere una prescrizione medica per avere quella a basso contenuto di THC.»

«Cazzo che noia...!» Ma mi sorride: ormai sa come son fatta.

Mentre parliamo la corriera finalmente parte. Destinazione Cortina.

«Penso che Marco mi tradisca...»

Non ho capito il collegamento con quanto detto fino ad ora. Tuttavia l'affermazione di Alessia, per quanto decontestualizzata, non riesce a sorprendermi: Marco è uno stronzo, punto. Li ho visti solo un paio di volte insieme, ma è stato sufficiente: lui non cerca mai i suoi occhi, non le sorride, se le parla lo fa per pretendere qualcosa, quando la tocca lo fa senza grazia, senza dolcezza alcuna... non capirò mai perché Alessia abbia lasciato Andrea per lui, davvero non lo capisco...

«Ma no...»

«L'altra sera, mentre facevamo sesso... Non lo so, mi sono sentita quasi violentata... Mi ha presa da dietro... Insomma, non mi è piaciuto...»

Il viso di Alessia senza sorriso, non è il viso di Alessia, ecco...

«Non meriti questo tipo d'uomo. Nessuno dovrebbe condividere la propria vita con personaggi del genere... Dico davvero, Ale, lascialo.»

«Ma lo amo...»

No, quello non è amore: al massimo la sindrome della crocerossina o quella di Stoccolma...

«Cosa fa per meritare il tuo amore?», le chiedo.

E' una domanda semplice, ma lei non sa rispondere. Non può farlo e lo sa.

«Vado un momento da Greg e Danilo...» Si alza e percorre lo stretto corridoio fino a tre file davanti alla nostra. La fila in cui c'è anche Eleonora... Le guardo la nuca e poi il profilo, quando si volta per sorridere ad Alessia. Quanto vorrei che sorridesse anche a me, ora, che si voltasse riconoscendo il mio viso fra decine e... e mi sorridesse con una complicità solo nostra...

Vedo che Greg passa ad Alessia un libro dalla copertina rossa e sgangherata. Sembra vecchio, molto vecchio. Ora che ci penso, è dall'inizio dell'anno scolastico che Alessia, Greg, Danilo ed Eleonora maneggiano quel libro... Non mi sento esclusa dalla cosa: anche se mi avessero invitata, io avrei risposto con un gentile ma imbarazzato diniego. Davvero, non mi sento esclusa. Ma quel libro comincia ad incuriosirmi... Decido che chiederò chiarimenti ad Alessia quando tornerà accanto a me.

Metto le cuffie e faccio partire la mia playlist. In capo a tutte c'è It Snow in Hell: la canzone con cui ho scoperto i Lordi.


 

Guardo scorrere il paesaggio e canticchio in testa le varie canzoni per quasi mezz'ora. Poi Alessia si ricorda della mia esistenza.

«E' da settembre che ti vedo con quel libro... di cosa parla?», le chiedo quando si risiede al mio fianco.

Si volta verso di me e mi sorride malignamente. «Non ti piacerebbe saperlo», mi risponde senza perdere quel piglio sgradevole.

«Dai...! Lo sai che sono curiosa e amo leggere...»

Il ghigno si trasforma in una smorfia che non saprei definire esattamente. «Se te lo dico... poi non mi guarderai più nello stesso modo.»

Inclino la testa d'un lato. «Prometto di no.»

«Giuri?» Mi è ancora difficile interpretare la sua espressione.

Annuisco. «Solennemente.»

«Va bene... è un libro di barzellette sporche.»

Non mi convince. «Ma è così vecchio e logoro... sembra un romanzo, non un libro di storielle per adulti...»

«E' molto vecchio», conferma. «Greg l'ha trovato nel seminterrato dei suoi nonni. Sono solo barzellette.»

Non sono cretina: so riconoscere un romanzo da un libricino... ma se mi sbagliassi peccherei d'arroganza e farei una figura davvero meschina. Inoltre non mi va di insistere, il messaggio è chiaro: o ti va bene la mia risposta o sono fatti tuoi... Decido che sono fatti miei. Devo altresì ammettere di essere a conoscenza di romanzi erotici vecchiotti, anche parecchio spinti. Ma allora perché insistere che non si tratta di un romanzo, ma solo di barzellette?

«Okay.»

Mi sorride, è chiaro che sia sollevata dalla mia resa.

«Abbiamo ancora tre ore di viaggio, condividi una cuffia con me? Ho lasciato gli auricolari nell'altra giacca.»

«Certo.» Mi sfilo la cuffia sinistra, ma prima di porgergliela mi assicuro che sia pulita. Certo, mi pulisco le orecchie, ma trovo che sia meglio controllare. «Cosa vuoi ascoltare? Ho della musica Italiana anni 80, Jazz e Metal.»

Le sue dita prendono l'auricolare, ma prima di infilarselo mi chiede: «Niente Black Metal? Che so, Immortal; Kampfar; Cadaveria

Scuoto la testa. «Solo Lordi e AcDc.»

«Cazzo che noia! Vada per il Metal», dice, infilandosi finalmente la cuffia.

Mi rassegno allo scontento della mia amica e mi concentro sul paesaggio appena innevato.

 

<><><>


«State tutti qui. Dobbiamo aspettare la seconda corriera prima dell'appello.» La professoressa di ginnastica, la quale ha viaggiato con noi, si è messa sui primi gradini dell'albergo per poterci vedere tutti.

«Ma prof», è un ragazzo di cui non ricordo mai il nome a parlare, «se c'eravamo all'andata ci siamo pure all'arrivo, no? Non penso che la corriera divori gli studenti o che qualcuno si sia lanciato in corsa!»

Qualche risata qua è là. Be', non ha tutti i torti...

La prof si mette le mani sui fianchi. «Tommaso, te voi cominciar la vacanza dandomi il libretto?»

«Impossibile, prof, lo lasciato a casa!»

Altre risate.

«Non pensare che me ne scordi! Ocio, ragasso, stai camminando sui ovi, eh!»

Non si nota per nulla che è veneta... vero?

Il battibecco fra lo studente e la prof va avanti ancora per un poco, ma il mio interesse è già scemato. Preferisco concentrarmi su ciò che, di inanimato o quasi, mi circonda.

L'hotel altro non è che un enorme baita montana di legno scuro. Sulle terrazze e dai balconi delle finestre pendono fiori rossi che paiono essersi dimenticati che il freddo può ucciderli. In alto, dietro l'edificio, posso vedere le piste. Mentre tutt'attorno un'immensa foresta di pini, abeti e conifere in generale inghiotte ogni cosa. E' come un mare di lava verde scuro spruzzata di bianco. E' davvero una vista meravigliosa.

«Silenzio! Scusa, Mara, non riesco a sentirti... Chi?» La prof di ginnastica sta chiaramente parlando al cellulare con quella di chimica: lei si chiama Mara. Sono interessata alla cosa, perché avverto una nota stonata nella scena.

«Ma porca... Ma come è potuto accadere? ... No... Mara, ma sei sicura? Ghe ga da de volta el zarvelo!»

A chi ha dato di volta il cervello?

Okay, la conversazione è frammentata, ma una cosa è chiara: la seconda corriera, con la restante metà degli studenti e degli altri due professori, ha un problema. Il fatto che qui non sia ancora giunta ne è la prova tangibile.

«No, no... no... xe solo mi dispiace per te e la Grazia... e i ragassi. Sì, sì, ostrega, sì...!» Annuisce con veemenza. «Ma sì vé, Mara! Riesco a tenere a bada venti... Sì, sì, eh, xe dai tempi de Marco Caco che... Eh? Eh, sì... Bon... bon bon, mandi, ciao...»

Ma sì, anche un po' di friulano!

Quando riaggancia non ha bisogno di attirare la nostra attenzione: la stiamo guardando tutti. E' troppo comica quando mischia col veneto!

«La seconda corriera ha avuto un problema. Ostrega, si è rotto qualcosa nell'impianto di riscaldamento, non ho ben capito. Non ci raggiungeranno. Ne consegue che siamo solo noi.»

«Ma si è fatto male qualcuno?» E' la voce di Eleonora, da qualche parte sulla mia destra.

«No, xe solo che il gas o qualcosa li ha fatti stare male. La Grazia, la vostra professoressa di italiano, cercherà di raggiungerci fra qualche giorno.»

Be', maggiore scelta di camere per noi... Lo so, è un pensiero un po' meschino...

«Recuperate la vostra roba, inutile star qui a prender freddo. Faremo l'appello nella hall.»

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Capitolo 4
*** Ciò che Mi Fa Soffrire ***


 

4
Ciò che Mi Fa Soffrire


 



«Cazzo, ma ti pare? Come ha fatto a rompersi una valvola del impianto di riscaldamento?» Alessia molla a terra la valigia nera e getta, sul primo letto a destra, lo zainetto. «E come ha fatto l'aria ad intossicarli?»

Prima di rispondere mi guardo attorno. La nostra stanza è davvero accogliente e calda, spaziosa ma intima. Sembra proprio di essere in un rifugio di alta montagna: le pareti sono di legno scuro, come quelle esterne, forse mogano o semplice faggio trattato con impregnante scuro, sono troppo lontana per distinguere la matrice del essenza. Alle stesse sono appesi diversi quadri ritraenti quello che penso sia il bosco attorno a noi nelle quattro stagioni; alcune sono foto, altri dipinti. Anche il pavimento è di legno, un legno più chiaro, non so decidere se noce o ciliegio. La stanza è adorna di morbide poltrone rosso scuro, un divanetto del medesimo colore; delle lampade e abat jour con lampadine che diffondono una calda luce arancione; le tende sono blu scuro e, essendo leggermente aperte, lasciano intravedere il bosco aldilà della grande vetrata; infine i due letti: singoli ma piuttosto spaziosi e dalle coperte morbide ed invitanti.

«Non me ne intendo, ma quello che ha detto la prof, ovvero: “Xe dai tempi de Marco Caco che...” si stava riferendo a qualcosa di davvero vecchio, la corriera, presumo. Mi spinge a pensare che l'impianto non fosse a norma con i canoni di sicurezza moderna. Forse alcune sostanze sono tossiche ed ora illegali, ma appunto: è vecchia...» le rispondo mentre la mano sfiora il copriletto di quello che sarà il mio letto. L'occhio non mi aveva tratta in inganno: il tessuto è davvero spesso e morbido, persino profumato... Direi... resina o qualcosa di comunque coerente con le conifere.

Alessia si siede sul letto e inizia a fissarmi.

«Cosa c'è?», le chiedo, emulandola nel sedermi. Cavolo, è davvero morbidissimo!

«C'è qualcosa su cui Miss so-tutto-io non sia preparata?»

Quella nota nel suo tono è fastidio o ammirazione? Mi sento lusingata, quindi decido che sono entrambe le cose.

«Ci sono tante cose che non so, molte di cui non capisco niente... o meglio: di cui conosco solo la teoria...» rispondo, evitando il suo sguardo indagatore.

«Tipo?»

Mi guardo le ginocchia. «Per esempio... i rapporti umani...»

«E non pensi che la tua saccenteria possa causarti dei problemi?»

So benissimo di risultare spesso saccente, ma preferirei fosse usato il termine acculturata o colta... vabbè... mi piace leggere, mi piace imparare e sapere.

«Probabile...» ne convengo.

«Se ero al posto tuo... Ah, lasciamo perdere!»

Se fossi... Diamine... Sei fossi al tuo posto... Ma evito: non è assolutamente il momento.

«Scusami, non pensavo che il mio atteggiamento potesse infastidirti a tal punto...» mormoro, continuando a guardarmi le ginocchia.

La sento alzarsi dal letto. Senza una parola mi si siede al fianco.

«Idiota...» dice dopo qualche secondo di silenzio. «Cazzo, sei un'idiota...» Così dicendo mi abbraccia forte, posandomi la testa sulla spalla. I suoi morbidi capelli castani mi solleticano il naso, ma non mi muovo.

«Lo faccio per te: vorrei che tutti potessero vederti per come ti vedo io...» sussurra.

E' inutile dire che le lacrime mi pungono gli occhi. «Grazie, Ale...» è tutto ciò che riesco a dire.

Rimango immobile nel suo abbraccio, godendomi il calore che emana il suo corpo contro il mio. Non ho freddo, ma non è una questione di calore, è una questione di calore umano: ogni persona ne sprigiona un diverso tipo. Il mio preferito è in assoluto quello della mamma: è un calore diverso da qualunque altro, qualcosa di così avvolgente e rassicurante, qualcosa che non può infastidire neppure nelle più torride estati... è un calore che sa di amore, puro e semplice amore...

«Vado a fumare una sigaretta, vieni come me?», le chiedo quando percepisco che l'abbraccio sta per finire.

Si separa da me ed io sento di nuovo il freddo del mondo. «No, grazie. Voglio farmi una doccia bollente.»

«Mi pare una buona idea. Tanto oggi non andremo sulle piste: la prof è andata ad avvisare e disdire i quaranta appuntamenti, ormai siamo solo noi venti...» dico alzandomi. «Domani ci divertiremo!», le sorrido.

Il sorriso che mi ricambia è di gratitudine. «Proprio così, cazzo!»



Guardo il cielo terso della montagna ed immagino di volare come una poiana, libera dai tranelli umani. Sono distratta, per questo motivo a momenti mi prende un colpo quando sento una voce alle spalle.

«Ostrega! La mia miglior studentessa che si rovina i polmoni come un mona!»

La sorpresa è svanita, e non sprecherò una sigaretta quasi nuova. «Sono carente d'affetto, professoressa...»

«Ragassa, dammi retta, non è un buon modo.» Si ferma a qualche passo da me. «Ma ti concedo che xe una scusa davvero originale!»

«Non è una scusa: pare che il succhiare la cicca ci rimandi al seno materno, calmandoci...»

Annuisce. Poi mi dice: «Cosa c'è che ti preoccupa, Esmeralda? Sei una brava ragassa, intelligente e tutto quanto.»

«Sono diversa, prof...» Non ho idea cosa mi stia spingendo a confidarmi, ma non voglio fermarmi, non ancora.

«Eh, ostrega! Tutti siamo diversi.»

Annuisco. «Ha ragione, ma ci sono degli insiemi più grandi, fatti però di dettagli che ci rendono più o meno conformi ai nostri simili, dettagli che ci permettono di integrarci e funzionare all'interno del complesso, ma a tratti banale, meccanismo sociale... Come vede, se mi è permessa l'auto lusinga, ho perfettamente chiara la teoria di ciò che mi differenzia, ma sono incapace di attuare rimedio...»

«Ostreghetta... Hai intenzione di intraprendere Filosofia e Scienze Umane dopo il liceo? Perché ostia, dovresti.»

«Mi piacerebbe, sì.»

«Perché ti sei iscritta ad un istituto tecnico? Potevi scegliere il liceo classico.»

Sorrido. «Per dimostrare che in questo tipo di scuole, al contrario di ciò che si pensa, non vanno solo studenti meno dotati o volenterosi di studiare. E poi, il design mi piace così come l'arte di lavorare e plasmare il legno. Se dovessi fallire come psicologa, avrei le basi per lavorare nell'industria per cui studio ora.»

«Dev'essere difficile avere a che fare con ragassi della tua età, ne? Soprattutto quando ci si sente più grandi e maturi.»

«Non è un crimine vivere l'età che sia ha, ma a volte è frustrante, l'ammetto. So di essere io in difetto per 'maggioranza' di alcune doti, se così posso definirle. Ma per definirmi non uso la parola “speciale”, ma “diversa”. La mia maturità, seppur ancora acerba, è dovuta ad un vissuto e ad un educazione meno convenzionale di quella dei miei coetanei.» La voce è rotta dall'emozione, ma non voglio piangere davanti alla prof.

«Non voglio varcare il confine insegnante-studente, ma per questa volta facciamo che siamo solo due esseri umani. La scelta delle parole, dei termini e tutto, xe segno sì di una buona cultura, ma xe anche un modo per nascondere le tue emozioni. Sono adulta e sono madre, riconosco la paura di una ragassa, anche quando xe ben celata. Non posso costringerti a fingere di essere più leggera di ciò che sei, ma ti invito ad aprirti verso i tuoi amici, come stavi facendo con me. Può sembrarti impossibile ora, ma vedrai che loro capiranno. Ora, se mi è concesso...» si avvicina, sovrastandomi con la sua altezza, ma non provo timore, anzi, un fortissimo senso di protezione; mi è sempre piaciuto assistere a scene, anche i film o cartoni, in cui qualche colosso abbraccia o viene avvicinato dalla figura più esile e piccola in cerca di protezione, mi ha sempre fatto stare bene... «... vorrei darti un abbraccio.»

E' davvero troppo... scoppio a piangere e le cingo i fianchi con le braccia. Sono travolta dalla bellezza e dalla paura di sentirmi ascoltata e capita.

«Ostrega a me...» Mi poggia una mano dietro la nuca, tendomi vicina al addome con fare protettivo. Le credo: è madre. Posso sentirlo dal suo calore, certo, è diverso da quello di mia mamma, ma è molto simile.

«Vieni al bar, ti offro una cioccolata calda... va bene?» Ma le sue mani, calde e forti, non mi lasciano: sa che ho ancora bisogno del suo corpo e della sua presenza.

«Mi... mi sono sempre sentita a disagio con le persone...» Mi è difficile parlare, ma voglio. «E' come se capissi perfettamente la loro lingua... ma... ma quando provo a parlare ne esce una straniera... Comprendo il significato di ogni loro movimento o espressione facciale, ma quando devo emularle... non lo so... è come se loro ballassero un lento ed io un tango fatto di passi sbagliati...» Tiro su col naso per evitare di sporcarle la giacca col muco che minaccia di lasciarmi le narici. «Anche prima, con Alessia... è venuto fuori il discorso... ma...» Niente, non riesco a concludere, i singhiozzi mi tolgono il respiro.

«Va tutto bene, creatura, lascia andare. Sfogati, non ci vede nessuno... sei al sicuro.»

Lei è un essere umano, un umano vero: una persona capace di ascoltare e confortare, abile nella scelta della parole e dei movimenti; qualcuno capace di essere diverso, ma di danzare in armonia nel meccanismo sociale a cui prima mi riferivo... è tutto ciò che voglio diventare...

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Capitolo 5
*** Bugie ***


 

5
Bugie


 


 


 

La cioccolata calda -anche se non mi piace- devo ammetterlo: mi ha rimessa al mondo.

Ho versato le lacrime che trattenevo da mesi, ora va decisamente molto meglio... Dovrei abbandonarmi al pianto più spesso.

Preferisco le scale all'ascensore per raggiungere il terzo piano: non sono claustrofobica, ma da bambina, quando mamma e papà mi portarono col loro in banca, l'ascensore rimase bloccato per un paio di minuti; centoventi secondi sufficienti ad istallare per sempre in me la paura per essi.


 

Ho un tuffo al cuore quando, voltando l'angolo, finisco addosso ad Eleonora.

«Sono mortificata! Scusami tanto! Davvero, non l'ho fatto apposta!» Mi piego leggermente sulle ginocchia e porto le mani in avanti, come se ciò potesse cancellare l'accaduto.

Vorrei scomparire, ma allo stesso tempo... vorrei che il tempo si fermasse.

Lei mi sorride divertita. «Wow, giovane! Allora sei capace di parlare!»

«Scusami davvero! Non ho pensato a guardare o prendere l'angolo più largo, di solito lo faccio!»

Mi guarda con attenzione, ed io posso quasi sentire il peso del suo sguardo premere contro il mio volto. «Hai pianto?», mi chiede.

Rimango in silenzio. Davvero l'ha notato? Le importa?

«Perché hai pianto? Ti sei fatta male o qualcuno ti ha infastidita?» La mano si avvicina al mio viso. Potrei svenire nell'attesa che le sue dita incontrino la mia pelle... Lo fanno... rettifico: ora potrei svenire...

«No... io... io... avevo... E' che...» balbetto.

Il suo pollice strofina piano lo zigomo sporgente. «Vuoi che ci scontriamo di nuovo? Sembra l'unico modo per parlare normalmente con te...»

Vuole parlare con me? Diamine, Esmeralda, riprenditi! Ti sei appena sfogata! Guarda che rischia di non capitare più un'occasione del genere! Svegliati!

«Mi piaci...» sussurro, e un attimo dopo vorrei uccidere il mio cervello: non era questo che intendevo, stupido!

La mano non si allontana dalla guancia. «Guarda, cominciavo ad averne un vago sospetto... lieve, eh!» E ride.

Deglutisco rumorosamente.

«Ma possibile che ti faccia quest'effetto?»

«Tu... tu... non hai... idea...» dico, perdendomi nel verde limpido dei suoi occhi.

«Sei rossa come un peperone!» Sorride di nuovo e la sua mano si separa dalla mia guancia, è quasi doloroso... «Cosa ti piace di me?», mi chiede, appoggiando il peso sul piede sinistro: è una sua tipica mossa.

Cosa mi piace di lei...? Tipo tutto! La sua voce, il suo viso, la sua sensibilità, la sua intelligenza, il suo odore, le sue mani, i suoi modi delicati ma forti, il suo aspetto generale... Tutto...

Deglutisco di nuovo. «Tante cose...»

«Anche tu mi piaci.»

Tutto diventa nero...


 

Apro lentamente gli occhi. Mi sento la testa pesante e dolorante.

Ci metto un po' a capire dove mi trovo: nella stanza d'albergo, dentro il mio letto...

«Buongiorno, Bella Addormentata.» E' la voce di Alessia.

«Cosa... cosa mi è successo?», chiedo, facendo forza sui gomiti per tirarmi su e guardarla.

«Sei svenuta.» Mi si avvicina e si siede sul letto. Il materasso è talmente morbido che devo sforzare il braccio destro per non sprofondare verso di lei. «Stai bene ora? La prof voleva chiamare un'ambulanza, ma Eleonora le ha spiegato che è stata l'emozione a farti andare giù come una cazzo di pera cotta...» Scuote la testa.

«E-Eleonora...»

«Sì, mi ha detto che stavate parlando e poi, be'...»

«Quanto ho dormito?», m'informo, accorgendomi che la sola luce nella stanza è data dalle lampadine arancio.

«Quasi tutto il giorno: sono quasi le cinque di pomeriggio.» Mi posa una mano sulla testa. «Cos'è successo?»

Avvampo. «Niente! Sai come son fatta... mi sono emozionata troppo...»

«Cazzo, che caso disperato...» Ma sorride.

«Lo so...»

«Vai a farti una doccia, ti rimetterà in sesto», dice, togliendomi la mano dalla testa. Non ho mai capito quel suo vizio di posarmela sul cranio... So che se si baciano o accarezzano i capelli di qualcuno si trasmette affetto, ma così...? Non lo so, tu?

«Ottima idea...»

Si alza. «Ce la fai a camminare?»

La sensazione di pesantezza sta svanendo. «Sì, ritengo di potercela fare...» annuisco. Poi aggiungo: «Grazie di essere rimasta con me... l'apprezzo molto...»

Mi sorride. «Siamo amiche o no?»

Penso e spero... per me non è così scontato...

«Grazie...» mi limito a dire.


 

Di solito non uso l'acqua troppo calda: mi dà fastidio; solitamente la regolo verso il tiepido/freddo, a prescindere dalla stagione. Ma ora penso che solo una doccia bollente possa aiutarmi.

Sono già nuda e bagnata quando mi rendo conto di non aver preso lo shampoo. «Cavolo...!» Mi guardo attorno, chiedendomi se l'hotel ne abbia lasciato a disposizione qualche flacone... Niente.

Poi penso ad Alessia: prima che uscissi per fumare mi aveva detto di volersi fare una doccia, ma allora perché non vedo le sue cose qui? Questa stanza la occupiamo solo noi due, e dovremmo rimanerci una settimana: non ha senso che le abbia portate via.

«Ale?», urlo, per farmi sentire dalla stanza accanto. «Ale, mi passi lo shampoo, per favore?»

Nessuna risposta...

«Alessia! Mi puoi prendere lo shampoo?!»

Silenzio...

Ho capito: se lo voglio, me lo devo andare a prendere...

Per fortuna ho ricordato di prendere l'accappatoio: anche se è solo Alessia, non mi va di farmi vedere nuda... L'hotel ne ha messo a disposizione due, comunque, ma preferisco usare il mio.

«Ehi, non mi hai sentita?», chiedo, aprendo la porta del bagno. Ma sto parlando da sola: la TV è accesa, ma nella stanza non c'è nessuno...

Dove cavolo è sparita...?

Mi dirigo verso la valigia. La apro e recupero tutto il necessario; sto per tornare nell'altra stanza, quando l'occhio cade sulla valigia di Alessia.

No... non si fa...

Ma la tentazione di controllare è troppo forte...

Ho capito, ma non si fa...

Solo un sbirciatina...

Piccola, piccola...?

Sì, solo una sbirciatina piccola piccola...

Con mano tremante apro la valigia di Alessia: l'accappatoio e gli asciugamani sono accuratamente piegati e asciutti...

Richiudo la sua valigia e torno in bagno.

Anche i due accappatoi sono completamente asciutti e non presentano pieghe o grinze: Alessia non si è fatta la doccia...

Riapro l'acqua notando che il rubinetto è davvero morbidissimo da muovere... questo dettaglio sarà la prova definitiva...

Non so perché mi stia preoccupando tanto, alla fine può aver deciso di non farla... ma dove è stata, allora? Certo, forse non sono fatti miei... ma sai, il germe del dubbio.


 

«Ciao», dico uscendo dal bagno. «Sei andata via, prima? Ti ho chiamato, ma non mi hai risposto.»

Alessia scuote la testa e non distoglie l'attenzione della TV. «Scusa, forse avevo il volume troppo alto. Serviva qualcosa?», mi chiede.

Mi sta mentendo... Perché?

«No, no... Avevo un dilemma stupido; sai, di quelli che ti vengono solo in bagno...»

«Sì, ho presente!»

E' il momento di fare la domanda e vedere se mi mentirà ancora...

«Hai notato? Il rubinetto della doccia è davvero duro, a momenti mi spezzo un'unghia...»

«Sì, l'ho notato prima! Infatti sono stata tantissimo in bagno, mentre eri via.»

Come diavolo fa a mentire con tanta leggerezza...? E soprattutto, perché mi sta mentendo...?

«Hai fame...?», le chiedo, cominciando a strofinandomi i capelli con l'asciugamano. Forse dovrei tagliarli tutti corti come li ho hai lati e sbarazzarmi di questo taglio da vichinga...

«Sì, l'aria di montagna mi mette sempre fame. Se vivessi da queste parti, sarei presto obesa!», ridacchia.

«Mi piacciono le donne formose...» L'ho detto senza una ragione particolare, o forse sì: voglio scacciare dalla mente le sue bugie.

«Ma se ti piace Eleonora! Lei è così magra, che invidia!» Finalmente la sua attenzione si sposta dalla TV al mio volto.

Quindi quando menti non riesci a guardarmi, eh...?

«Cosa centra...? Non deve per forza piacermi un solo tipo... e poi lei non è magrissima: ha le forme giuste...»

«Ma se non l'hai mai vista nuda!»

«Ma cosa centra? Guarda che non sono orba...» Però Alessia non ha torto: non l'ho mai vista nuda e neppure in due pezzi... non in piscina, non in palestra... mai... Eppure non trovo ragioni che possano spingerla a vergognarsi del suo corpo...

«Andiamo a cena?», mi chiede, alzandosi.

Annuisco. «Dammi solo un momento per vestirmi. Precedimi pure...»

«Okay! Ci vediamo al ristorante, allora. Sai, no, come arrivarci?»

«Sì, certo: ci sono passata accanto prima...»

«A dopo», dice, dirigendosi alla porta.

«A dopo...» rispondo.

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Capitolo 6
*** Qualcosa nell'Oscurità ***


6

Qualcosa nell'Oscurità


 

Perché mi ha mentito...? No, davvero, che bisogno c'era? Mi sta bene se sta anche con gli altri della classe. Perché non dovrebbe starmi bene...? Non sono mica la sua custode. Non mi appartiene...

“Che rogna...!” Esclamo calciando col piede nudo l'asciugamano che ho lasciato scivolare a terra.

Non ho voglia di scendere a cena... il pensiero che ho tentato di reprimere fino a questo momento sta bussando con insistenza alle pareti della mia mente...

-Anche tu mi piaci.-

Magari, se avessi avuto un briciolo di autocontrollo in più, avrei potuto capire cosa quelle parole significassero davvero... ammesso e non concesso che lei le abbia davvero pronunciate... come diavolo ho fatto a svenire!?

Perché sono così stupida...?

Ma sì, a quel paese la cena...! Andrò a farmi un giro attorno all''albergo, ho bisogno di pensare... e... e sì, non ho il coraggio di immaginare a come reagirei incontrando Eleonora questa sera... dopo la figura ingloriosa che ho fatto, poi...


 

L'aria del tardo pomeriggio è fredda, molto fredda e dura. Mi ferisce il viso, ma è un dolore che non posso non amare... mi ricorda casa... mi ricorda la Polonia... certo, ero molto piccola quando sono arrivata in Italia, ma non penso che dimenticherò mai l'odore della mia vecchia casa, del giardino e del parco in cui giocavo con gli amichetti, quando era ancora abbastanza piccola da non capire, di conseguenza da non riuscire a temere il mondo...

Si alza il vento ed io penso: un vento freddoooh! No scherzo, lasciamo in pace Nada... però amo quella canzone... cavolo.

Basterebbe una carezza per un cuore di ragazza, forse allora si che t'amerei...” canticchio. Niente, una volta che mi entra in testa... “cos'è la vitaaaah senza l'amoreeeh? E' solo un albero che di foglie non ha più... e s'alza il ventoooh... un vento freddoooh...

Sorrido, il vento muove le fronde dei pini e degli abeti intorno, è come una melodia che fa da base al mio canticchiare... che bella sensazione...!

Cerco di penetrare l'oscurità oltre i lampioni... il bosco mi attira come nient altro al mondo. Certo, ci sono praticamente cresciuta... so che fa paura a molte persone, soprattutto se fitto, sopratutto se di notte, ma non riesco a provare paura... anzi, è così attraente. Una volta sono scappata di casa, era il sette di gennaio... me lo ricordo come fosse ieri, invece ero piccola: avrò avuto non più di dieci, massimo undici anni... non starò a spiegare le ragione della mia follia, non mi pare il caso... ad ogni modo, sono andata nel bosco. Era notte fonda, faceva freddissimo e non vedevo quasi nulla... ad illuminare il camino avevo solo una pila a batterie, ricordo anche di che cartone: Gli Incredibili... la mia paura stava solo nel fatto di essere scappata; sapevo benissimo che ai miei sarebbe preso un colpo, appena si fossero accorti della mia assenza. Tuttavia la pace e il senso di protezione del bosco notturno... non lo so, mi misero così tanta pace che mi addormentai sulle radici di un vecchio abete... ho avuto la febbre per due settimane...

Ma allora perché questa sera sento una minaccia provenire dagli alberi? Come se qualcosa, per contrapposizione al mio fare, stesse cercando di penetrare la luce per vedermi...

Ripeto: non ho paura del bosco... ma sento davvero degli occhi su di me... quasi fosse una forza fisica. Qualcosa mi sta spiando dall'oscurità... ne sono certa.

Il cuore accelera i battiti sempre più irregolari: bum... bum... bum... il sangue pulsa nelle orecchie, assordandomi. Rabbrividisco di un freddo diverso da quello dell'ambiente che mi circonda... non riesco a muovermi... immagino di fissare chi, dall'oscurità, mi fissa a sua volta... bum... bum... bum... il vento è più forte, lo percepisco solo grazie al tatto e alla vista... bum... bum... bum...

Sono due le cose che desidero fare, due cose opposte fra loro: correre dentro l'albergo o correre nel bosco... il fatto è che non posso muovermi... è come se la neve avesse gelato la suola delle scarpe e stesse lentamente risalendomi il corpo, imprigionandomi...

Forse è la mia immaginazione, ma penso di vedere due enormi, brillanti occhi gialli, quasi arancioni... rossi? No. E' il riflesso delle luci sul ghiaccio... dev'essere per forza così, no?

Non ne sono per niente sicura...

L'intermittenza, più o meno regolare, potrebbe essere il battito di ciglia del mio osservatore o tutt'altro... no...?

Perché non riesco a muovermi...?! Andiamo, gambe, rispondete ai miei ordini! Ma loro sono sorde, quasi quanto me...

Ora ho ben chiaro dove voglio correre, c'è solo un problema: non posso...!

Il vento diventa sempre più impetuoso. Non riesco a distogliere lo sguardo dai due punti luminosi, ma capisco che il cielo si sta coprendo di enormi nuvoloni... è in arrivo una tormenta! Se non riuscirò a muovermi, ben che mi vada, morirò assiderata... mal che mi vada... verrò uccisa...

Sì, sento di essere in pericolo. Sento che la mia vita è minacciata da qualcosa che si sta celando nell'oscurità...

Se solo potessi ordinare al mio cuore di diminuire i battiti... la menomazione di uno dei cinque sensi principali non fa che accrescere il mio terrore, di conseguenza la mia sordità. E' un ciclo che pare non avere fine... come un neo-patentato alla sua prima rotonda...

Dio, lo so che noi due non chiacchieriamo spesso... ma potresti darmi una mano?

Non giudicarmi, amico lettore... non so che altro fare... ho paura! Una paura orrenda, bianca, appuntita e fredda...!

Un grido acuto squarcia la notte. Dalla paura finisco col sedere sul ghiaccio, ma sono libera! Libera di correre... non corro...

L'incantesimo si è spezzato.

I miei occhi puntano di nuovo quelli gialli o rossi che fossero, ma non vedo nulla... forse è la prospettiva...

Mi rimetto in piedi, no... nulla...

Muovo la testa in ogni modo, ma il mio occhio non li cattura più...

Qualunque cosa stessi guardando ora non c'è più... se ne andata...

Un secondo grido mi costringe ad un saltello... chi diamine sta gridando?

Rimango in ascolto, ma è ancora difficile usare l'udito...

Il terzo grido mi fornisce qualche indizio in più: non è un grido di paura, forse più stizza, se non addirittura divertimento... e viene dalle mie spalle, forse dall'albergo o da dietro di esso...

Una sferzata di vento gelido mi toglie il respiro e la prima neve, trasportata violenta dal vento, mi pugnala il volto.

Al diavolo, se non mi decido ad entrare finisce che ci lasciò la pelle sul serio...!


 

Entro e percorro la hall, finché una voce mi costringe a fermarmi.

“Esmeralda, ragassa mia.” E' la Prof. “Allora? Perché avete saltato la cena? Almeno avvisare, no, ostrega!”

Chi? Oltre a me...?

“Ehm...” è tutto ciò che mi riesce dire.

“Dove sono Danilo, Greg, Alessia ed Eleonora? Erano con te, vero?”

Ma chi me lo fa fare... “certo, mi stavano consolando... penso che scendano dopo a mangiare qualcosa, sono stati davvero carini...” no, non chiedermi perché li stia coprendo... non lo fare...

“Ostrega xe vero! Come stai? Ti è capitato altre volte di svenire?”

Mento: “sì, quando ho carenza di zuccheri...”

“Eh, ma ostrega allora! E salti la cena? Bon, vieni con me, c'è ancora del cibo.” Pare essersi dimenticata degli altri, meglio: odio mentire...

No, non potrei mai magiare dopo lo spavento che mi son presa...

“Scendo dopo con gli altri... ma grazie del pensiero...” le sorrido.

“Sicura? Non sta a farmi preoccupare sai...!”

Annuisco, “sicurissima...”

“Bon... non fate tardi. Domani alle dieci vi voglio tutti qui nella hall, andiamo sulle piste.”

Prof, se la tempesta non si placa...

“Certamente.”

“Bon, ragassa... dormi bene, e se c'è qualcosa, qualunque cosa... la mia camera xe la numero 9 tre porte della vostra, bon?”

“Bon...” le sorrido, annuendo.

Lei sembra divertita, sono contenta che non si sia offesa.

Si allontana.

Ora che sono al riparo dal vento, in questa spaziosa ed illumina hall mi sento un'idiota: è come se prima stessi guardando un horror ed ora avessi semplicemente distolto gli occhi dallo schermo... è questo l'effetto... non c'era niente là fuori: me lo sono immaginata e poi l'auto-suggestione ha fatto il resto. Non c'è altro da dire... vero...?

Spero...


 

Alessia non è in stanza quando rientro.

No, la cosa non riesce in alcun modo a sorprendermi...

Mi dirigo verso il mini frigo, curiosa di sapere cosa l'albergo offra.

Prendo una Red-Bull.

Sorseggiando la lattina mi dirigo verso la grande finestra. Qualcosa mi spinge a guardare di nuovo il bosco, forse la voglia di convincermi che sia tutto okay... ma qualcosa non va: la tempesta è furiosa, ma ci sono quattro figure che escono dagli alberi... il cuore perde un battito, poi un secondo quando, strizzando gli occhi, riconosco i miei compagni di classe... li stessi che ho coperto pochi minuti prima con la Prof di ginnastica...

In capo al gruppo, lei: Alessia...

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Capitolo 7
*** Muro ***


Muro


 


So di essere una rompiscatole, ma santo cielo... tu come reagiresti ad una scena del genere? Soprattutto dopo un mare di bugie di cui non comprendi neppure il senso...

Cosa diavolo stavano facendo nel bosco...? Erano loro a 'produrre' quelli che penso fossero due occhi? Se il vento non fosse stato così forte, avrei ritenuto possibile l'ausilio di due candele, sai no? Il colore e il danzare della fiamma potevano fare pensare a degli occhi che si aprono e chiudono...

E se sono stati loro, oltre al fatto che non so come, perché farlo? Non potevano sapere che qualcuno sarebbe uscito, tanto più perché dovevamo essere tutti a cena... e davvero, un scherzo così idiota valeva tanto da congelarsi il fondo schiena?

Cosa dovrei fare?

Certo, la curiosità è sempre stata una mia prerogativa... ma sono una a cui piace trovare le risposte in silenzio: tramite ascolto e osservazione... raramente mi spingo a chiedere esplicitamente una risposta...

E davvero così importante per me sapere il perché delle loro azioni?

Sì, voglio saperlo...! Tu no?

Cosa può spingere un gruppo di quattro giovani adulti ad introdursi nel bosco di notte? Non avevano paura? Certo, come dicevo prima non condivido questo comune timore, ma lo capisco: quando sei nel bosco, sei da solo... solo con te stesso, la solitudine e l'autocoscienza che gli alberi ti spingono ad avere, riflettendo su te stesso e facendoti credere che rimarrai solo per sempre, be', può spaventare.

Mi odio, ma ho tante cose da dire a me stessa... il bosco riesce a connettermi con la vera me, è una paura dolce e selvaggia allo stesso tempo...

Certo, ci sono tanti rumori, molti dei quali non riesci a capire da dove vengano o chi/cosa li produca... e se è notte, sei circondato dall'oscurità... va bene avere paura della percezione falsata regala dal buio... lo so che va bene...

Cinque persone su venti a non avere paura del bosco notturno, sono una media che non funziona... non è credibile, siamo troppi. Avevano uno scopo preciso, qualcosa di abbastanza forte da consentire loro di vincere la paura. E sicuramente non erano alla ricerca di loro stessi.

Certo, il mio ragionamento potrebbe venir inteso come: è fastidio, sono una delle poche persone ad avere una visione diversa. Ma non è questo il caso, davvero, cinque su venti è troppo.

Cosa ci può essere di tanto interessante in quel dannato bosco?!

Perché mi sto arrabbiando...?

Perché non capisco. Odio non capire...!

Sono vittima dell'impotenza: questo scatena la mia rabbia... non voglio sentirmi impotente su qualcosa di cui posso avere il controllo... mi manda fuori di testa...

“Tutto bene...?”

Per poco non lancio la lattina... che spavento!

Mi volto e vedo Alessia, è ferma a pochi passi da me e mi fissa con perplessità.

Ci risiamo... sono caduta ancora nel baratro della mia mente... mi sono di nuovo estraniata alla realtà. I miei sensi hanno smesso di percepire quello che è al di fuori della mia testa... da quanto tempo manco da mondo reale? Minuti o ore? Molti minuti a giudicare dal calore della lattina.

Certo, non nego che mi piaccia perdermi nel bosco grigio dei miei neuroni illuminati da sinapsi, ma...

“Dove sei stata?” La mia voce è bassa e roca, come se si fosse arrugginita nel tempo in cui non ero davvero qui.

“In giro...” accenna un sorriso, un sorriso strano... lo fa arricciando lievemente il naso. Più che una risposta sembra una domanda.

Cosa devo fare? Posso scegliere di ignorare tutto o pretendere risposte... ma con quale autorità? In nome dell'amicizia che ci lega? E' mia amica? Gli amici si comportano davvero così? Mentono...?

“Sei pallida... forse dovresti sederti...” non si muove, ha capito che dentro ho un conflitto, qualcosa che potrebbe essere causato dal suo comportamento.

“Tu sei sempre sincera con me?” Le chiedo. Il tono ha un che di infantile, me ne rendo conto...

Corruga la fronte, “eh?”

La guardo negli occhi. “Non è una domanda complicata...”

“Be'...” si muove a disagio, “quasi su tutto... cazzo, ci sono cose molto personali che non ho mai detto a nessuno...”

Non vedo cosa ci sia di personale nel lasciare la stanza e negarlo... sull'andare nel bosco di notte...

“Non mi riferivo a quello...” qualcosa m'impedisce di continuare: la codardia di cercare il confronto, un possibile scontro... qualcosa che potrei facilmente vincere, ma ad un prezzo che non sono disposta a pagare... “mi vuoi bene?”

“Cosa? E questo cosa centra?”

Già... cosa centra?

Tutto in realtà: sono alla ricerca di conferme, anche un -no- potrebbe starmi bene...

“Certo che ti voglio bene...” mi si avvicina.

Perché cammina verso di me? Vuole abbracciarmi? Vuole enfatizzare il senso di ciò che ha appena dichiarato o vuole... ingannarmi...? Perché dovrebbe volermi ingannare? Forse per il medesimo motivo per la quale mi mente... ma qual'è?!

Eccola... di nuovo la rabbia, la frustrazione di non capire.

Forse, molto probabilmente, mi sto dando più importanza di quanta ne meriti... chi sono io, in fondo...?

“Esme... sei strana, intendo più strana...” è a pochi centimetri da me, posso sentire il suo odore misto a quello del freddo, della resina e del sottobosco...

Le volto le spalle e mi concentro sulla danza furiosa della cime degli alberi, scossi da un tumulto simile a quello che sento dentro...

La sua mano calda mi si posa sulla spalla, rabbrividisco al contatto... mi piace, ma allo stesso tempo odio essere toccata: mi chiedo cosa percepisce l'altro quando mi tocca. Sente il mio calore corporeo? Ci si concentra? Si chiede qualcosa percependolo? Può sentire il muscolo sotto la pelle? Le sporgenza di alcune ossa e il morbido del grasso? E l'energia del mio organismo, il quinto elemento...? Lo sentono? Che sensazione gli danno? Mi percepisce come qualcosa che sta toccando o come qualcosa che viene toccato? Entrambe? Nessuna delle due?

“Mi stai spaventando...”

Ancora una volta riemergo dal dedalo della mente, ma solo per ricaderci... sfoco il paesaggio esterno e mi concentro sul riflesso del mio volto sul vetro... mi trovo estremamente bella in questo momento: la stanchezza e la carenza di cibo degli ultimi due giorni hanno tenuemente indurito i miei lineamenti, l'hanno reso più adulto e severo... ma cos'è che mi spinge a dire che mi piace? Ma certo... l'armonia con lo sguardo: gelido come la razionalità... la mancanza di contrasto fra un viso infantile e degli occhi vecchi mi rende diversa da ciò che sono abituata a vedere...

“C'è qualcosa di sbagliato e tremendamente giusto in me, non trovi...?” Le chiedo, spostando l'attenzione dal mio riflesso al suo.

“Cazzo, Esmeralda! Hai preso la mia erba!” Si allontana a grandi passi, diretta verso lo zaino nero che ancora giace dimenticato sul suo letto.

Seguo i suoi movimenti solo tramite il riflesso, non ho voglia di muovermi... sono esausta...

“Se ne volevi bastava chiedere, cazzo! Non me lo sarei mai...” non termina la frase: si è resa conto che della sua erba io nemmeno me ne ricordassi...

“Ma...” solleva la busta, ovviamente intatta, e la guarda come se quei fiori potessero darle una risposta.

Non nego che la sua reazione mi abbia in parte ferito, ma so che la colpa è mia: non posso esprimere micro frammenti di ciò che mi passa per la testa e sperare che l'altro capisca e ripercorra tutto il mio viaggio mentale. Non posso davvero pretenderlo... lo so, ma sento male lo stesso...

C'è un muro fra loro e me, un muro che non ho la forza di abbattere... un muro che mi nasconde, oltre il quale non permetto a nessuno di guardare. Ho paura che potrebbero vedere e non capire... un muro che ho costruito per non aver paura di dire: sono diversa da voi...

So di essere diversa, voglio esserlo, amo esserlo... quanto mi odio... paio una diversa fra miliardi di diversi... anticonformista fra anticonformisti, tutti conformi tra loro... una pecora dal vello bianco tra pecore bianche... non ha senso definirmi diversa... ma continuerò a pensarlo.

Un giorno prenderò per mano il mio amore e l'aiuterò a scalare quel muro, la terrò a riparo dal mondo mentre le mostrerò il mio... guardandola negli occhi capirò se l'appellativo che le ho affibbiato sarà giusto, lo capirò solo guardandola negli occhi... capirò se posso anche io essere amata... solo per quello che sono...

“Non lo so... cazzo, è così da un quarto d'ora buono...”

Mi volto perché la figura accanto ad Alessia è coperta dalla tenda.

“Eleonora...” sussurro.

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Capitolo 8
*** Io e Te ***


8

Io e Te


 


“Giovane... tutto apposto?” Mi chiede guardandomi negli occhi.

La voce nasale è così piacevole, quasi una carezza per i timpani.

“Io... sì, sai... io... non...” perché devo sottopormi a quest'umiliazione ogni volta...?

Il mio cervello è così logorroico, ma quando devo parlare con Eleonora... puff!

“Ero preoccupata... cazzo, sembravi uno zombie...” Alessia scuote la testa, “almeno ora sembri solo... solo tu...” gesticola nella mia direzione.

Devo forse ricredermi su di te, Alessia? L'hai davvero fatto perché eri in pena per me...? Grazie...

“Vado... io, penso sì... che vado, cioè... che andrò... che andrò a fumare...” ma resto immobile, non ho il coraggio di avvicinarmi ad Eleonora... figurarsi, le ginocchia tremano come gelatina sotto il cucchiaio di qualcuno molto annoiato e poco affamato...

Eleonora inclina la testa d'un lato, sorridendomi dolcemente. “Me ne offri una?”

Cavolo quant'è bella!

“Io vado da Danilo... ha il nuovo cd dei Cadaveria.” Alessia comincia ad indietreggiare verso la porta. Non mi sfugge la strana occhiata che rivolge ad Eleonora... che cos'è, come la devo interpretare...? Devo farlo?

Aspetta un momento, sola con Eleonora...?

Okay, ottima idea Ale...! No, no, no... scherzo, rimani qui...! No, vai pure... vai pure... no... non lo so, aiuto!

Alessia si chiude la porta alle spalle, approfitto del rumore per deglutire e sperare che non si sia sentito troppo.

“Non è un incontro di boxe, giovane... non mi fissare come se volessi pestarmi!” Ridacchia.

E' così che appare uno sguardo innamorato? Come qualcosa di minaccioso? Non dovrebbe essere dolce...? Forse non sono capace...

Distolgo lo sguardo. “Sc-scusami...”

“Sto scherzando! Dai, Esmeralda, mi offri quella sigaretta?”

Ho dimenticato di dire quanto mi senta strana, sì, ancora più strana, quando pronuncia il mio nome...


 

Il vento soffia ancora molto forte, ma invece di spazzare via le nuvole non fa che radunarne di più... la neve cade così fitta e violenta, tanto che non è possibile vedere a più di un metro di distanza.

“Anche io fumavo le Camel, ora però sono passata alle Malboro touch.” Dice prendendo una sigaretta dal pacchetto che le offro con mano tremante, non solo per il freddo... “hai anche l'accendino?”

“C-certo...” infilo la mano nella tasca della giacca, è talmente fredda che la cerniera mi ferisce, come fossero denti di un cane rabbioso.

“Vediamo se riesco ad accenderla...” si mette la sigaretta tra le labbra appena dischiuse, prende l'accendino e pone una mano a protezione della fiamma. Tre tentativi dopo, la bronza le illumina di arancione il viso.

Avvicina l'accendino al mio viso. “Metti le mani a coppa.”

Le mie mani tremano a tal punto che rischio di far cadere la sigaretta sulla neve.

“Ecco...” riesce ad accendermi la sigaretta al primo tentativo. Forse anche io avrei dovuto darle una mano... idiota che non sono altro...!

“Gra-grazie mille...”

Eleonora batte i piedi a terra nel tentativo di scaldarsi, prova anche a dare le spalle al vento, ma quello cambia direzione in continuo.

Mi sfilo la sciarpa e gliela porgo senza una parola.

“Ma no! Ti prenderai un accidente!” Mi sorride soffiando fuori un filo di fumo, come un fischio muto che però ha ora forma e colore.

“Non... non ho freddo...”

“Grazie...” le sue mani sfiorano le mie, vorrei tanto che fossero meno fredde per aver più sensibilità... per sentire chiaramente la sua pelle contro la mia...

“Non ti sembra strano?” Mi chiede indossando la sciarpa.

La guardo senza sapere cosa aspettarmi, non ho la minima idea a cosa si riferisca.

“Che cosa?” Le chiedo, riuscendo a non balbettare.

“Siamo gli unici clienti... eppure siamo in alta stagione. Non ho incontrato nessuno da quando siamo qui e il parcheggiò è deserto...”

Come ho fatto a non notarlo? Ah, certo... ho passato più tempo da svenuta o nella mia testa, che nell'albergo... però ha ragione: è davvero molto strano...

“Questo posto appartiene ai genitori di Greg e Danilo, ma non li ho ancora visti...” aggiunge.

Strizzo gli occhi e riesco a leggere l'insegna, effettivamente porta il loro cognome... come ho fatto a non notare neppure questo...?!

“Non ti hanno detto nulla?” Chiedo continuando a fissare le scritte.

“No... non siamo così in confidenza.” Mi risponde.

Mi volto verso di lei, chiedendomi se mi stia prendendo per i fondelli. “Vi vedo spesso insieme...”

Lei annuisce, ma non mi guarda, “Alessia fa da collante.” Poi, quando finalmente mi guarda, “Io e te non siamo così diverse, Esmeralda.”

Cosa? E questo cosa vorrebbe dire?

Rimango in attesa, ma le parole successive non risolvono molto.

“Una mosca travestita da vespa...”

Devo ammettere che però... non lo so, non mi è nuova come frase... dove l'ho sentita...? Cosa mi ricorda...?

No, non l'ho sentita... l'ho letta! Ed Eleonora mi ha fornito anche la risposta pronunciando la frase non correttamente, si dice infatti: tu ed io... Io e Te è un libro di Nicolò Ammaniti... il ragazzo protagonista ha il 'sé grandioso o super Io' si sente diverso dai compagni. Un giorno, guardando un documentario scopre delle mosche che riescono a fingersi delle vespe, in modo da confondersi fra loro ed essere lasciate in pace... il ragazzo fa la stessa cosa: confonde i suoi compagni vestendosi diversamente, firmato e tutto, come loro... li inganna... ma lui non è come loro... è diverso...

Ma cosa ci devo fare con queste informazioni...? Hanno davvero senso o semplicemente è tutto un caso e la mia testa ha fatto il solito macello?

La guardo senza sapere cosa fare.

“So che sei intelligente...” mi sorride. “Andiamo dentro, ho davvero molto freddo...”

Annuisco, “dammi il tuo mozzicone, lo butterò Io per Te...” sento il bisogno di comunicarle che ho colto il messaggio...

“Sei molto gentile, Esmeralda. Ti aspetto nella hall...”

Allontanandomi per buttare i resti della nostra fumata, mi rendo conto che ho smesso di balbettare...

Mi prendo qualche minuto prima di tornare verso l'ingresso. Il cuore mi batte forte, ma voglio aggrapparmi al barlume di speranza che mi si è acceso dentro... passerò un altro po' di tempo con lei... e forse riuscirò a non balbettare più... evvai!


Non so descriverti il dolore ed il gelo che sento quando entrando mi accorgo che la hall è deserta... non mi ha aspettata... è andata via... senza di me...

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N.d.A: Dato che dopo domani è Capodanno, potrei metterci un po' ad aggiornare la storia. Nel caso non ci sentissimo, ti auguro un nuovo e felice anno, amico lettore <3

 

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Capitolo 9
*** Sbagliato ***


9

Sbagliato


 

Fa un male tremendo... perché mi ha lasciata sola in quel modo? Ho fatto qualcosa di sbagliato?

La tentazione è quella di sedermi a terra e piangere, ma qualcosa mi blocca: c'è troppa luce e lo spazio è troppo grande per piangere da sola... ci vorrebbe qualcuno per proteggere almeno una frazione del mio io, un corpo a cui abbandonarsi... ma non c'è... sono da sola, come sempre...

Non stava andando tutto bene? Non mi ha forse ringraziata prima di entrare? Non mi ha forse detto: -ti aspetto-?

A quale scopo tutto ciò...? Voleva farmi male...? C'è riuscita... ma perché...? Cosa le ho fatto...?

Certo, non è la prima volta che vengo ferita e non sempre c'è un motivo che riesco a condividere... ma lei...? Che motivo poteva mai avere...?

E' come immaginavo: non posso essere amata. Forse non vengo neppure percepita come qualcosa di vivo e senziente... figurarsi come un essere umano...

Ma d'altro canto sono io a fare la diversa, a pensare che quello che succede nel mio cervello sia più importante di ciò che compio fisicamente, a credere di poter ignorare la potenza del principale dei cinque sensi primari: la vista. Ho spesso sognato di rendervi tutti ciechi, non per sadismo, ma solo perché possiate vedermi... io vi vedo! Vi percepisco con tutti i cinque sensi e i loro sottoinsiemi... mentre voi... voi non vi accorgete neppure che esisto...!

Certo che sono arrabbiata! Come può sorprenderti?

Sono un essere umano...

Sono ferita... e sono arrabbiata con me stessa: non dovrei permettere che l'indifferenza e la cattiveria mi tocchino, per il semplice fatto che capisco... ho sempre capito più di quanto volessi, ma le lacrime continuano a cadere...

Sono una folle... compiere la stessa azione e aspettarmi un risultato diverso... questo no, si dice sia la definizione più apprezzata di -follia-...? Ma sai cosa? Io non la penso così... penso che non possa essere esatta per il semplice fatto che non credo all'assoluto... che cos'è tutto? Che cos'è nulla? Intendo, nella loro totalità... che cosa sono? Non sforzarti, non mi puoi rispondere... per esempio: nulla è già qualcosa, quindi come fa ad essere nulla se ha un nome... se è? Ci ho messo anni prima di esprimere il concetto, volevo essere sicura che funzionasse, che fosse una verità... articolo indeterminativo, sono arrogante, ma anche io ho dei limiti...

Sono sulla difensiva e mostro le zanne: il pensiero... è l'unico modo in cui posso suscitare un'emozione diversa dalla pena in te... sia pure sdegno o fastidio...

Penso che l'odio sia più forte dell'amore, più invadente e pressante: puoi innamorarti di me, ma potresti smettere... smettere di odiare è più difficile, lo so bene...

Ma non è di questo che voglio parlare ora, torniamo a prima, torniamo alla mia presunta follia...

Un giorno incontrerò qualcuno che reagirà in modo diverso a me, in modo inaspettato e fuori dallo schema prestabilito, senza che io cambi... certo, ogni azione ha una reazione ecc... anche su questo avrei da ridire, ma non servirebbe al mio scopo... la mia follia sta nel soffrire nell'attesa di quel risultato diverso... so che arriverà, deve arrivare!

Eleonora è una ragazza dolce e sensibile, l'ho osservata per anni... conosco ogni suo tic, posso capire le sue emozioni e prevedere ogni sua mossa, a patto che non interagisca con me...

Ma ha solo diciotto anni... forse la sua maturità è troppo acerba perché possa capire il dolore che mi ha causato, perché le importi davvero... c'è poi un altro fattore da considerare: la percezione altrui, è consapevole che sono diversa dal gruppo; posso comprendere che non voglia farsi vedere con la 'strana' o potrebbe 'infettarsi'... l'ha detto lei stessa: le persone con cui gira non le sono legate, non tutte: il gruppo che ha intorno funziona solo per il collante, per il leader: Alessia... certo, non ho ancora capito cosa rende queste quattro persone un gruppo, non vedo il fulcro di tutto... so solo che danzano per uno scopo comune, ma qual'è? Ho una spiegazione anche al suo atteggiamento gentile nei miei confronti: senso di colpa, certo, sa benissimo che non è lei a rendermi diversa ed esclusa, ma sente il bisogno di dimostrare a sé stessa di essere buona e altruista... qualcosa di non troppo diverso a quello che Alessia sente per il fidanzato violento... io non sono violenta, ma stono... siamo le voci fuori dal coro, quelle che suscitano un'interesse iniziale... un interesse debole, pronto a svanire... destinato a morire.

Ecco, ora che ho analizzato il tutto mi spieghi perché il dolore non svanisce? Perché mi sento ancora così ferita, piccola e sola in questa hall...?

Perché sono un'idiota saccente... che in realtà non ha capito un cavolo... di niente...


 

Mi butto sul letto incurante degli abiti e degli scarponi, sono fatti miei se vorrò dormire sul freddo ed il bagnato... tanto sono un'idiota.

Lo stomaco si contorce: l'ultimo pasto risale a ieri a pranzo, ovvero mezzo tramezzino al tonno e cipolline... adoro il sapore della cipolla... quanto vorrei un piatto di cipolle e pomodorini, un pizzico di sale e nient'altro... mmmh cavolo...! Al mio stomaco non importa nulla se sono triste o meno, non dopo un certo lasso di tempo: subentra l'istinto di sopravvivenza... lo stesso che è capace di abbandonare gli arti durante il congelamento per far sopravvivere gli organi... tanto, dice l'istinto, siamo animali da gruppo, animali sociali; anche se non puoi muoverti per procurarti del cibo, qualche tuo simile lo farà per te... o forse queste sono supposizioni mie... forse lo scopo è solo quello di mantenerci in vita il più a lungo possibile... ma perché? Una volta tramandati i geni alla generazione successiva a cosa serve continuare a vivere? E perché dobbiamo farlo? Certo, questo è il motivo per cui il sesso è piacevole... ma il come non risponde al mio perché... perché è così importante vivere a staffetta? E se di una corsa si tratta, dove siamo diretti? Non solo noi umani, ma tutte le specie viventi... qual'è lo scopo? E' come se ogni specie non fosse altro che una cellula destinata a riprodursi e morire, ma di quale organismo siamo i componenti? Cos'è questo fantomatico organismo su cui faccio supposizioni...?

E' inutile... non avrò la risposta. Ma so che continuerò a cercarla, per lo stesso motivo per cui continuo a vivere: istinto senza razionalità...

Effettivamente, se applicassi il mio modo di vedere alla vita di tutti i giorni finirebbe che... cos'è stato?!

Mi tiro su di scatto, il cuore ha aumentato i battiti, ma non abbastanza da assordarmi, quindi resto in ascolto, immobile, trattenendo il respiro.

Un urlo agghiacciante mi scuote dentro.

E' irrazionale, ma saltò giù dal letto e corro verso la porta... verso un possibile pericolo, perché è un mio simile ad essere in pericolo...

Affacciandomi nel corridoio, la faccia impatta contro la schiena di qualcuno...

“E' morta?”

Che? Morta...?!

“Non lo so, porca puttana!”

“Merda, oh, merda!”

Cosa diavolo sta succedendo? Il muro di persone ostacola il mio sguardo, impedendomi di comprendere l'oggetto di tanto allarmismo.

“Ma... ma cosa!? Ma come?!”

Cosa?

Quanto vorrei farmi largo tra i corpi... almeno quanto vorrei tornare nella mia stanza e tornare a perdermi tra i deliri di una mente saccente ed arrogante... sì, la mia...

“Perché nessuno sta chiamando un ambulanza?!”

“Cosa la chiami a fare? E' morta! La polizia dovete chiamare!”

“Qualcuno lo faccia!”

“I telefoni non prendono la linea e quelli dell'albergo sono morti!”

“Come fai a saperlo?!”

“Ho provato a richiedere il servizio in camera, tutti e tre i telefoni che ho provato...”

“Ma vi sembra il momento?! Guardatela, poveraccia...!”

“C'è un assassino tra di noi!!!”

Le persone a parlare sono talmente tante che le loro parole prendono il posto dei miei pensieri... e in tutto questo io non ho ancora capito cosa diavolo stia capitando fra noi! Certo, una cosa è chiara: devo avere paura, non importa se non ne conosco il motivo esatto: la paura deve essere spesso irrazionale... no...? Ma questo cosa centra ora? Non è questo il momento di fare filosofia scadente e scontata... questo è il momento di... non ne ho idea...

“Ma quindi? Cosa facciamo?!”

“Ma cerchiamo la Prof, no? Lei saprà cosa fare!”

“Sì, ma non la vediamo da un po'!”

“Ma non dovremmo scappare o urlare terrorizzati?”

“A che pro? Non la riporterà certo in vita!”

Lo so, ho capito che è morto qualcuno, ma la calma agitazione che ha avvolto la notizia è stata pacata come una dolce rassegnazione...

“Quindi? Che cazzo si fa?!” La voce di Alessia... non è lei la vittima... aspetta un momento! C'è la possibilità che a morire sia stato qualcuno che conosco...? Certo che sì, stupida zuccona! Ci siamo solo noi qui...!

Ora voglio davvero tornare in camera e fare finta di niente... è una lotta fra omertà e curiosità... chi vincerà...?

“Ma avete sentito ciò che ho detto?! C'è un assassino tra di noi! Non penserete mica che si sia amputata il braccio da sola vero?!”

“Non è stato amputato. E' stato strappato e mangiucchiato... è laggiù. Sembra lo scarto del mio cane quando gli diamo una zampa di maiale.”

“Fai schifo, Tommaso! Non hai il minimo rispetto!”

Tommaso, il ragazzo che battibeccava con la Prof di ginnastica al nostro arrivo... e la mia migliore amica, sono le uniche due persone di cui ora conosco la presenza...

“Sta' zitta! Che ne sai tu del rispetto, succhiacazzi?!”

“Il tuo non l'ho neppure visto! Lo nascondevi tra le gambe o è microscopico di suo?”

“Ma vi sembra il momento?! State discutendo di cazzate sul cadavere di una nostra compagna di classe!”

Compagna di classe... no, allora è vero...

E' troppo, questo stallo mi condurrà alla follia...! Ho pazientemente atteso che il nome della malcapitata venisse pronunciato, ma di questo passo...

“Scusate... permesso...” non voglio spintonare e non ho voglia di conoscere il calore corporeo di nessuno di loro, non così affondo, non ora... ma devo per forza farmi largo tra di loro: devo vedere... devo capire!

Osceno. Questa è la parola che il mio cervello ha scelto, la prima parola che mi è venuta in mente guardando il macabro spettacolo...

E' morta, è palesemente morta... avevo visto un solo cadavere in vita mia: quello di qualcuno morto nel sonno... ma benché la sua espressione fosse serena, io sapevo... sapevo che non stava dormendo... la morte cambia i lineamenti delle persone, li cambia in modo quasi impercettibile, ma se conoscevi quella persona lo puoi vedere... puoi vedere quel sottile cambiamento... Martina è morta, non conta tutto il sangue che la circonda, l'espressione di puro terrore non cambia nulla, non è per l'arto mancante da cui il sangue continua a spillare... certo, potrebbe essere perché in realtà il cuore continua a pompare sangue, ma non è così... lo so per certo... Martina è morta... quello non è più il suo viso, non è più lo stesso volto...

Non riesco a descrivere ciò che provo... so che c'è qualcosa di sbagliato in ciò che sto guardando, e non dipende dalla violenza e dalla crudezza della scena, no... è sbagliato guardare la morte di un tuo simile... e come se la Morte mi stesse dicendo: sciocco mortale, non capirai il senso guardando il tocco della mia bianca mano. Non hai ancora il diritto di sapere.

Forse... forse è l'anima a conferire al viso ciò che ora manca? Quindi, se per ipotesi l'anima esiste davvero... dov'è andata quella di Martina, ora? Non credo all'inferno e neppure al paradiso, ma il purgatorio... non lo so, potrebbe piacermi come idea, un'idea mia... un luogo in cui le anime rimangono in attesa prima che venga loro affidato un nuovo involucro... forse Martina ora è in un corpicino urlante bagnato di placenta... forse...

Mi sento sporca e colpevole... sento freddo, sento che non è giusto... eppure, per qualche malato arcano, è quasi commovente e bellissimo... non riesco a smettere di guardare... non voglio smettere di guardare.

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Capitolo 10
*** Qualcosa si Aggira tra Noi... ***


10

Qualcosa si Aggira fra di Noi...


 

Lo so, è sbagliato, ma davvero non riesco a distogliere lo sguardo da ciò che una volta, non molto tempo prima, ospitava l'anima di colei a cui era stato dato il nome di Martina. Ci risiamo... 'sbagliato', lo è davvero? E se non lo è, perché penso che lo sia...? Orpo! Per una volta credo di avere una risposta: quello che sto vedendo è 'sbagliato' per me che sono una persona, una giovane donna che non lavora a contatto con la morte. E' qualcosa che esce dal mio quotidiano, qualcosa che non è 'normale', qualcosa di abbastanza lontano da me, anche se non dovrebbe, ma è così... qualcosa che è diverso... come me.

E' il movimento su ciò che per definizione è immobile a strapparmi dal mio ragionamento: qualcuno ha posto un lenzuolo sul corpo senza vita della nostra compagna di classe. Un usanza che non so bene a cosa serva, ma penso che sia per proteggere la dignità di chi non c'è più, un modo per serbare, forse, un ricordo migliore... perché non vi è nulla di male in un corpo senza vita, voglio dire, il morto non deve vergognarsi... non può farlo... lasciamo perdere...

“Esme... vieni con me....?” Alessia mi sfiora il braccio. Non l'ho vista muoversi: ero troppo impegnata a pensare cose che non avrebbero cambiato nulla, ma che avevo bisogno di capire per spiegare le mie emozioni, per avere meno paura...

“Tommaso ha ragione: il braccio di Martina è stato strappato. Nessuno di noi possiede una tale forza e attorno non vedo alcun marchingegno che abbia potuto agire da forza di tiro. Inoltre sono sicura che sia morta qui: c'è molto sangue e l'unica scia è data dall'arto laggiù... c'è qualcosa che non va. Trovare la Prof non salverà la situazione, dobbiamo radunarci tutti e andarcene...” la guardo negli occhi, sperando che comprenda le mie ragioni.

Alessia non mi risponde, si limita a guardarmi. Sento addosso gli sguardi di tutti, ma nessuno sembra sapere cosa fare o dire.

“Oh! Pensi di essere Sherlok?” Non so chi sia stato a parlare. E' una voce famigliare, ma sono concentrata sugli occhi di Alessia... c'è qualcosa in quello sguardo... no, meglio, qualcosa manca.

Nonostante il modo in cui è stata pronunciata e la sostanza della domanda, il mio tono rimane cortese: so che hanno paura e non capiscono neppure come dovrebbero sentirsi. “Non sto giocando. Sto solo riportando ciò che la logica suggerisce... fra di noi c'è qualcosa che non dovrebbe esserci.” L'ho capito nel momento in cui ho sentito che l'arto non era stato mozzato con precisione, infatti, era stato usato 'strappato'. Descrizione che reputo vera ora che ho avuto modo di vedere. Non posso non ripensare a quelle luci, forse occhi gialli o rossi che fossero...

“Chi potrebbe aver fatto una cosa del genere...?!” Chiede qualcuno.

“Non chi, ma cosa... lo so, neppure a me piace... ma al momento, per quanto paradossale, è l'unica risposta che mi viene...” dico, continuando a guardare Alessia alla ricerca di ciò che manca.

“Stronzate! Pensi di aver capito tutto, ma dici cose prive di senso!”

Non è questo il momento di preoccuparsi del giudizio altrui. Devo essere funzionale, devo dare dignità a ciò che penso di avere: un buon cervello...

“Non posso discutere le tue ragioni... ma sono certa di ciò che dico, altrimenti starei zitta.” Dico senza dare ai miei occhi un altro posto su cui riposare, “ma escludere la presenza del sovrannaturale solo perché ci è difficile concepirlo, be', è frutto di una mente chiusa, di una mente limitata e stupida.”

“Ci stai chiamando stupidi?!”

“No. Ma come voi stessi potete notare e come, ripeto, Tommaso ha fatto notare...” vengo nuovamente interrotta.

“Stronzate!”

“... nessuno di noi ha le competenze necessarie, il tempo o i mezzi per costruire qualcosa di abbastanza potente da stappare l'arto di un essere umano, tanto meno uno quasi adulto: i tendini, i muscoli e le giunture sono troppo resistenti. Vi assicuro che neppure a me piace, e anzi, sono spaventata... ma...”

“Ma stai zitta!”

Va bene ho capito, parlerò con te...

Come cercavo di spiegare ai miei compagni di classe, nessuno di loro ha le competenze per costruire una macchina in grado di generare una simile potenza, non so tradurre in chili, ma ti assicuro che sono molti, forse nell'ordine delle centinaia, sia che sia stato uno strattone o una lenta allungatura... propendo per lo strattone... abbiamo delle basi, ovviamente, dato che frequentiamo un istituto tecnico, ma mancano i materiali ed il tempo... inoltre, il rischio di mettersi ad ammazzare qualcuno in un corridoio con simili diavolerie... diciamocelo, non sta in piedi. Poi l'arto, ovviamente non ho foto da metterti, e non sarebbe neppure legale, quindi dovrai fidarti della mia descrizione e vedere attraverso i miei occhi... è mangiucchiato... forse anche tu avevi o hai il vizio di rosicchiare le matite o i tappi delle penne, be', l'idea è quella, insomma... ma i fori e le ammaccature sono troppo grosse e ampie per appartenere ad una bocca umana... poi spero che si sappiano di rischi di venire a contatto con carne umana, cruda o cotta... inoltre il bordo frastagliato conferma la teoria dello strappo...

Stando all'ampiezza della bocca che ha lasciato quei segni, non lo so... un gatto ha denti acuminati e sottili, mentre quelli di un canide sono riconducibili a ciò che ho visto, ma non posso escludere neppure un grosso felino... sì, hai capito bene: è stato qualcosa di molto grosso ad aggredire ed uccidere la ragazza... questo ci porta al problema successivo: il rumore.

Certo, io non faccio testo, poiché ormai sappiamo come va quando sono nei meandri di me... ma se la mia teoria è giusta, allora quella cosa doveva attirare l'attenzione di qualcuno. Non ho idea se il primo urlo, quello che mi ha scossa dai miei pensieri, appartenesse a Martina, so che il secondo non era suo: apparteneva alla prima persona che ha ritrovato il corpo.

Altro fattore: il tempo.

Per quello che ho potuto vedere, Martina è morta dissanguata e pure in breve tempo... ciò mi porta a pensare che abbia visto ciò che la minacciava, qualcosa che ha aumentato il suo battito cardiaco, accelerando così la fuori uscita di sangue, inoltre si tratta del braccio sinistro. Ma il tempo fra il primo ed il secondo urlo è stato piuttosto breve, parliamo di non più di venti/venticinque secondi, dato che ho ricavato dai battiti impazziti del mio cuore, mentre ero in ascolto, e un intelligenza spazio temporale... inoltre nessuno sembra aver visto nulla più di ciò che ho sotto al naso, letteralmente... quella cosa deve avere una velocità incredibile... tutto ciò e qualche altro dettaglio che non trovo fondamentale riportare, mi hanno costretta a credere a qualcosa di sovrannaturale...

Ma cosa e perché si aggira fra di noi? Se la mia teoria è giusta, quella cosa non ci teme: siamo un gruppo di qualcosa di poco più che adolescenti, siamo disarmati e spaventati... perché non ha colpito ancora...? Penso di poter afferrare che non ha attaccato per fame: l'arto è presente, anche se si fosse spaventato o avesse avuto fretta, già che c'era, il braccio poteva tenerlo tranquillamente fra le zanne e svanire... no, non ha attaccato per fame...! Ma allora perché...?!?

E se...

Lo schiaffo arriva violento e bruciante, “cazzo! Rispondimi!” Mi sta urlando Alessia.

“Dimmi...” rispondo portandomi una mano sulla guancia offesa.

“Vieni con me o no? Gli altri sono già in cerca della Prof!”

“No, dannazione! Vi avevo detto di non separarvi! Cavolo, siamo troppo vulnerabili... perché diavolo non mi avete dato retta?! Dobbiamo andarcene subito da qui!”

“Sì, e magari Einstein mi sa anche dire come... cazzo, Esme!”

“Cosa?”

“Ma allora sei proprio rincoglionita... cazzo, abbiamo discusso fino ad momento fa sul fatto che sia in corso una bufera di neve...!”

“E perché ne avete discusso...?” Chiedo, cercando di capire cosa mi sia persa.

“Uuh se non ti prenderei a ceffoni...! Un paio di ragazzi si sono fatti prendere dal panico, grazie alle tue paranoie.”

“Non sono paranoie! Guarda con i tuoi occhi! Lo so che non sei stupida...!” La mia mano aperta ed il mio braccio teso puntano all'arto nel corridoio.

“Sei fuori di testa, cazzo! Sei malata! Pensi di sapere tutto ma non hai capito un cazzo! Un cazzo, capito?! Deficiente!”

Be', potrei concordare sul 'deficiente': ho effettivamente un deficit dell'attenzione e nel rapporto con gli altri... posso anche concordare sul fatto che non ho capito un caz... un cavolo, ma malata anche no... ma anche no... scusa eh...!

“Perché sei così aggressiva...?” Le chiedo.

“No, ora ne ho abbastanza di te, io or...”

Non la lascio finire. Ora so cosa manca nei suoi occhi, non la paura, come avevo pensato un primo momento, manca un'altra cosa: la sorpresa! “Perché non sembri sorpresa?”

Mi guarda come se fossi una cacca di cane tra le lenzuola, “vai a farti fottere!” E così dicendomi mi volta le spalle pronta a lasciarmi da sola...

“Non andartene! Siamo in pericolo!” Grido alla sua nuca, ma lei neppure rallenta.

Scatto verso di lei, non so se potrò proteggerla, ma devo assolutamente provarci...!

Le afferro la mano e la stringo. “Ti prego, aspetta!”

Alessia si volta verso di me e nei suoi occhi vedo qualcosa che mi ferisce: odio... ma non è solo questo a farmi male, sembra solo una luce più intensa, ma pur sempre... pur sempre qualcosa che c'è sempre stato...

“Che cazzo vuoi ancora?!”

“Ti prego, lascia che venga con te. Forse in due possiamo proteggerci...” aumento leggermente la stretta, le sue mani sono così calde ma non sudate...

“Come se t'importasse di me!”

“Cosa? Certo che m'importa di te! Sei la mia migliore amica, ti voglio... ti voglio molto bene...” non mi è facile esternare certi sentimenti...

“No. Sei talmente concentrata su te stessa che non vedi altro! Pensi di essere migliore di tutti noi, pensi di essere superiore! La più intelligente, ma sei solo una merda che nessuno amerà mai! Hai capito? Una cazzo di merda che non mancherà a nessuno!” La mano sfugge dalla mia.

Perché...? Perché tutta questa cattiveria, quest'odio cieco e oscuro...? E' la paura a farle dire questo...? Perché mi vuole ferire...? Cosa la spinge a pronunciare simili ingiuriosi pensieri...? Cosa le ho fatto...?

“Alessia...” ma sto parlando ad un corridoio ormai vuoto... e non so da quanto...

Eccolo qui, di nuovo quel dolore: il rifiuto di un tuo simile...

Forse dovrei rimanere qui e aspettare che quella cosa si prenda anche la mia vita... forse dovrei farlo... a chi importerebbe...?

Ma ovviamente non sono rimasta ad aspettare la morte, come potrei altrimenti raccontarti questa storia...? Eh sì, spoiler: sono viva... forse non nel modo giusto o come immagini... ma sono viva...

Mettiamo da parte il dolore, solo per questa volta... devo essere efficace, devo funzionare...!

C'è solo una cosa che posso fare: trovare la Prof e spiegarle ciò che ho capito, in modo che lei possa parlare con la mia voce... che possa farsi ascoltare!

Lei mi ascolterà, lei mi vede... mi percepisce come un suo simile...

Per qualche oscuro arcano... be', li voglio salvare e voglio salvare anche me stessa, sono troppo affezionata al mio diabolico cervello...

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Capitolo 11
*** Le Morti Sbagliate ***


11

Le Morti Sbagliate


 

E' adagiata lì... morta. Morta anche lei. Spezzata come una bambola. Ma quella bambola fu persona... fu viva e bellissima...


Un passo indietro...


Sono rimasta in quel corridoio ancora qualche minuto dopo che Alessia ha esposto il suo pensiero su di me. Sono rimasta lì con il cuore spezzato, la mente in tumulto e l'anima frammentata... sono rimasta sola.

Guarda che lo so: non aveva tutti i torti... ma non sono malata, al massimo... al massimo disturbata... sbagliata, se vuoi... non malata...

E' allettante il pensiero di lasciarsi cadere, di arrendersi e rassegnarsi alla Dea dal Cappuccio Nero, tanto arriverà... arriva per tutti.

Ma come ho detto prima: devo trovare la Prof e convincerla che qui non è sicuro per noi.

Dovrei pensare a trovare anche Eleonora... l'amore è egoismo... no? Ma certo che sì.

Mi ha mollata là come un mona (un idiota), ma sono testarda e illusa: voglio credere che ci fosse una buona ragione. Ora ho bisogno di crederlo... ne ho bisogno! Mi starebbe bene, anche se per nulla sexy, che avesse avuto mal di pancia e se la stesse facendo nei jeans... giuro, mi starebbe benissimo... sarebbe perfetto!

Muoversi è difficile: i piedi sembrano ancorati a pesanti blocchi di cemento. Una sensazione non troppo dissimile alla prima volta in cui ho sperimentato la cannabis. Ma cammino, avanzo verso la porta numero 9...

So che i miei compagni sono già alla sua ricerca e che, molto probabilmente, hanno già bussato... ma io mi fido solo di me.

“Professoressa? Mi scusi?!” Urlo, battendo sul legno.

Certo, se non è uscita con quel chiasso... ma io insisto: “mi scusi?” Perché sono stupida...

No. Ora basta! Sto facendo la cretina! Quest'atteggiamento da vittima mi costerà caro e basta, cosa voglio dimostrare? A chi, soprattutto...? Dato che son sola... e la colpa è mia...

Inizio a correre. Voglio sentire le gambe faticare e vedere gli oggetti scorrermi di lato, voglio sfogarmi e accelerare i tempi.


 

La corsa viene frenata da due, forse tre ragazzi in fondo al corridoi dell'ala ovest. Sono troppo distante per riconoscerli, ma una cosa mi salta all'occhio: una macchia rossa... il libro rosso!

Ormai la mia non è che una lenta passeggiata. Non si sono accorti di me, ma io ora so chi sono loro: Alessia Greg e Danilo...

Stanno parlando, forse urlando ma non capisco le parole... non chiedermi perché stia evitando di palesare la mia presenza, ma non ti mentirò: non è solo per Alessia... voglio capire perché il loro atteggiamento mi insospettisca... e voglio proprio vedere come si possa leggere delle storielle porche in un momento del genere... esatto, so che anche tu non ci hai mai creduto. Fino ad ora ti ho riportato ogni cosa fedelmente, con l'ignoranza e la mancanza di consapevolezza che avevo mentre vivevo i fatti... mi sto perdendo... torniamo nel corridoio...
Basterebbe solo che alzassero la testa e verrei vista... devo avvicinarmi abbastanza da sentire il loro discorso e nascondermi dietro la grossa pianta di Areca Dypsis Lutescens... mi piace la botanica...

Ancora pochi passi...

Forse, sì forse sono una cretina che gioca a Splinter Cell... anche tu avevi il gioco per gba da bambino?

... okay, scusa...

Il mio istinto mi dice di farlo... e francamente, non sbaglia spesso.

Tenete la testa bassa... non c'è nulla da vedere nel corridoio... forza... forza... non c'è nulla nel corridoio... forza...!

Con il cuore in gola riesco a raggiungere e nascondere il mio corpo dietro la pianta... sono ormai abbastanza vicina. Posso sentire le loro parole...

“...ho capito, ma cazzo!” Sta dicendo Alessia.

“Abbiamo sbagliato qualcosa.” E' la voce di Greg o Danilo...

“Un corno! Guarda qui, abbiamo seguito tutto alla lettera!” No, questa è la voce di Greg: lui ha una cadenza diversa, di poco, ma diversa da quella di Danilo.

Ormai è palese... quello non è un libricino di storielle sozze... allora cosa diavolo è?!

“Ma... siamo nella merda! E se sbagliasse ancora? Se uccidesse uno di noi?!” Grida Danilo.

“Abbassa quella cazzo di voce, o ti metterò con Eleonora! Cazzo... se avesse voluto uccidere noi l'avrebbe fatto prima nel bosco, no?! Cazzo, ma ragiona!”

Eleonora? Cosa le hanno fatto? Dove l'hanno messa? Per quale motivo? Cosa ha fatto? Era d'accordo con loro? Ma d'accordo su cosa, esattamente?! E chi hanno incontrato nel bosco, no, meglio: cosa...?!

Provo un terrore sordo. E' diverso dal terrore normale... non so come descrivertelo, semplicemente è sbagliato... troppo sbagliato e appiccicoso...!

Hanno il controllo sulla cosa che ha ucciso Martina? Di cosa si tratta? Perché... perché nulla sembra avere senso...?!

Cosa dovrei fare? Cosa si aggira tra noi? Come faccio a impedire che uccida ancora? Ucciderà ancora...? E' probabile... ma... può essere fermata...?!

Ormai la linea è stata varcata... siamo al punto di non ritorno.

Qualunque cosa capirò o deciderò di fare ora, be', non c'è rimedio a ciò che è avvenuto: solo alla morte non c'è rimedio, e la morte ha già camminato fra noi... non fermerà la sua fredda mano ed il suo lento ma inesorabile passo, non finché non capirò come salutarla, almeno per un po'...

Pensa diamine, pensa!

Ma a cosa dovrei pensare esattamente?

La morte sbagliata...! Già, hanno detto: 'e se sbagliasse ancora?' dunque vi è una vittima, almeno una vittima designata... cacca... ciò implica che morirà di sicuro almeno un'altra persona! La morte prenderà qualcun altro questa notte... la notte fra la Vigilia ed il Natale...

Chi è la vittima prescelta? Devo trovarla! E se fosse Eleonora...? No, improbabile... ma anche se trovassi quella giusta... sì, esatto: l'essere con cui abbiamo a che fare è fallace... può sbagliare ancora... non mi serve a nulla sapere chi è...!

No, no, no...!

Devo fare qualcosa!

Okay, ora calmati... calmati e respira... respira affondo, Esmeralda, pensa e calmati...

La chiave è il quel cavolo di libro... devo prenderlo!

Alessia mi è fisicamente inferiore, ma Greg e Danilo, per quanto esili, sono pur sempre due giovani uomini: il testosterone conferisce loro maggior forza muscolare di quella che potrò mai scatenare. Anche ricorrendo all'adrenalina, come doping naturale, loro avrebbero comunque dalla loro il testosterone e la stessa adrenalina... tre contro una, magari due contro una... no, non posso vincere...

Pensa!

La velocità! Sono estremamente veloce, ma pecco di resistenza... grazie sigarette... se ne esco viva smetto, giuro che smetto di fumare (non ho mai smesso, se te lo stai chiedendo...) un rapido scatto e mi nascondo, solo un rapido scatto... è tutto ciò che posso fare...!

Certo che ho pensato anche ad un confronto civile, ma la mente ha subito scartato l'idea: non avrebbe funzionato, cento per cento... sono d'accordo con lei.

No, ho solo un'occasione... solo una...!

Purtroppo devo affidarmi completamente all'istinto e alla memoria: non posso studiare un percorso né sapere in che posizione, esattamente, si trova il libro... non posso sporgermi oltre la pianta... no, dovrò scattare, afferrare saldamente il libro e correre... correre come se da quella corsa dipendesse la mia vita... cosa molto probabile...

Ma se mi sbagliassi? Perderei tempo prezioso...

No! Non mi sbaglio! La risposta è in quel dannato di libro, lo so!

Okay, al tre...

Uno...

Calmati... calmati...

Due...

Okay... okay... cuore, ti prego pompa così forte quando i miei muscoli ne avranno davvero bisogno... ti prego, rallenta solo un po'... solo un po'...! L'udito mi serve per mantenere un buon equilibrio, non posso permettermi di cadere, ti prego!

Al diavolo...

Tre!

Ecco, ora si che mi ucciderei con le mie stesse mani...

L'ho fatto di nuovo: mi sono estraniata, ho perso il contatto con la realtà. Intanto il tempo ha continuato a scorrere... perché avrebbe dovuto fermarsi? Per me? Ma per piacere...!

Sono un'idiota, un'inutile idiota!

Non posso far altro che fissare il corridoio vuoto e chiedermi: cosa ho fatto...? Cosa ho fatto...?!

Ho perso l'unica cosa che mi era fondamentale preservare: il tempo!

“Dai...! Cavolo...!” Mi lascio cadere in ginocchio. Mi pizzicano le narici e sento i miei occhi, no, proprio li percepisco... di solito non 'sentiamo' come non vediamo, non lo so, per esempio la punta del naso: i nostri occhi lo 'cancellano' automaticamente dal campo visivo... ah, lascia stare...! Fatto sta che li sento, li sento piangere...

A cosa serve un buon cervello se non lo puoi usare quando serve? Quando serve davvero... come ora, ora che la vita di almeno un altro essere vivente è in pericolo...?

A cosa servo io...?

A niente, ecco a cosa...

La moquette viola del corridoio è morbida e calda... assorbe facilmente le lacrime, trasformandole in precisi cerchi scuri.

Mi metto giù, rannicchiandomi in posizione fetale: voglio sentirmi bene... voglio abbandonarmi, voglio ricordare com'era stare nel ventre materno... al sicuro... inerme... un posto in cui la tua vita dipendeva completamente da qualcun altro... un luogo in cui non avevi potere né obblighi... un ambiente caldo e piacevolmente umido in cui eri senza essere, ma era giusto così... era giusto e bellissimo... non essere prima di diventare...

Ma ora sono...? Sono davvero...?

Sì, certo che sono... so di esistere...

Una volta qualcuno mi disse: 'la percezione di noi stessi è possibile solo attraverso gli occhi degli altri' gli altri mi percepiscono... lo so, dunque esisto... ma forse non dovrei... sono sbagliata...

E' uno strano lamento quello che sfugge dalle labbra dischiuse, qualcosa di strano... quasi estraneo, come se non mi appartenesse per nulla... come se non avesse nulla di umano... non mi piace, mi fa paura!

Devo cancellarlo, devo ucciderlo...!

E allora urlo, urlo fino a farmi bruciare la gola... è un bruciore rosa e bianco, freddo e frastagliato... ma è qualcosa che riconosco come mio: è il mio dolore quello che sto urlando.


 

Forse sono passate ore, forse minuti o pochi secondi... non lo so e forse neppure m'importa: ho capito che il tempo mi è nemico. Non posso andare più veloce di fotone di luce, non posso rallentarlo o fermarlo... ma della teoria della relatività del genio di Einstein, be', ne parliamo un'altra volta... fatto sta che ho capito i miei limiti...

E so bene che non posso tornare indietro né cancellare ciò che è stato... non posso riportare l'anima di Martina nel suo involucro di carne, ossa, capillari, pelle e così tante altre cose che per elencarle tutte finirei questo quaderno prima di farti conoscere la fine di questa storia, e nel posto in cui scrivo queste mie memorie... be', sappi solo che la carta non è merce così scontata... ma sto correndo troppo. Non posso ancora rivelarti quali mura leggano le mie parole subito dopo di me e subito prima di te, non è ancora il momento...

Mi rialzo mossa da un desiderio fatto di semplice egoismo umano... nient altro che semplice egoismo... devo trovare Eleonora...!

Seppur instabili, le gambe riescono a reggermi... è già qualcosa... ora non resta che raggiungere l'altro corridoio, verso la camera numero 21: la stanza di Eleonora...

Come faccio a conoscere il numero della sua stanza, mi chiedi? Oh, è molto semplice: ero tutt'orecchi quando ci sono state le assegnazioni...

No, non penso di trovarla in stanza... anche se potrebbero averla, che ne so, legata o altro... ma quello è il punto in cui la mia ricerca comincerà...!

Sì, giudicami pure! Me ne sto fregando altamente dei miei compagni di classe. Persone che probabilmente sono vittime quanto me... ma io non sono un eroe, hai capito?! Sono solo una ragazzina spaventata che ha capito di essere debole... sono davanti a qualcosa che non posso vincere... qualcosa che non posso comprendere...

Smetterò di cercare risposte? No, certo che no... ma le mie priorità sono cambiate... ora m'importa solo di salvarmi il sedere e salvare quello di Eleonora... voglio essere il suo eroe... punto.

Le domande e le risposte che si affiancheranno alla mia via, d'ora in poi, non saranno altro che deboli e fugaci antagonisti... o almeno... cercherò di renderli tali. Non sono molto convincente... lo so...

Eleonora si è ribellata, in un modo e per un perché che non conosco, al piano del suo gruppo, qualunque esso sia... no, certo che non dimentico né ignoro che, con ogni probabilità, ne fosse parte integrante, ma sai cosa? Chissenefrega!


 

E' voltato l'angolo che il mio essere si riempe di raccapriccio...

La Prof di ginnastica... lei... lei è... morta...

Il ventre è dilaniato, posso vederne l'interno con chiarezza... i suoi occhi sono spalancati e pieni di cieco terrore... cieco come il suo sguardo... uno sguardo che non mi guarderà, che non vedrà mai più... mai più... nulla.

Mi inginocchio al suo fianco senza prestare attenzione al sangue che infradicia i jeans al livello delle ginocchia. Non è per mancarle di rispetto, voglio solo dirle addio...

“Prof...” deglutisco cercando di impedire la nascita e la caduta di nuove lacrime, “Prof... lei mi mancherà davvero tanto... non posso fare nulla per riportarla indietro, lo vorrei tanto... ma... ma non posso... la prego di perdonarmi... ero dietro l'angolo, letteralmente dietro l'angolo... ma anche se ha gridato... io... io sono... sono rimasta sorda al suo grido... non perché non volevo sentirla o aiutarla... lo giuro... io... avrei voluto...” il pianto mi sorprende di nuovo, spezzandomi le parole in bocca, parole dal sapore amaro, tiepide e verdi...

“Lei, Prof è stata... è stata davvero buona come me... e non mi riferisco solo a prima... lei mi ha sempre vista... senza limitarsi a guardarmi... no, lei mi ha davvero vista e percepita... e anche se questo potrebbe non importale o non fare alcuna differenza, le prometto Professoressa che la porterò sempre nel cuore come persona, e come ricordo indelebile nella mente... lei è tutto ciò che vorrei essere da adulta, un essere umano vero... mi perdoni se può...” le chiudo gli occhi, sono del mio stesso blu, ma più adulti... più vivi, persino ora, ora che il buio li ha avvolti... rubati come fossero preziose gemme di tanzanite...

Anche Martina era bionda con gli occhi blu... come la Prof... come me...

No, non saltiamo a conclusioni affrettate!

Ma le morti sbagliate potrebbero essere almeno due... se la Prof non è quella giusta, in quel caso le morti sbagliate diventerebbero tre e così via...!

Rallentiamo... o almeno andiamo a fare questi ragionamenti lontano dal suo corpo violato. Non ho più il tempo di piangere la sua morte, non servirebbe a nulla, ma non per questo non sento dolore... perché ti giuro che il mio cuore sta sanguinando... sento tanto freddo e dolore... ma devo trovare Eleonora, devo farlo!

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Capitolo 12
*** La Lettera ***


12

La Lettera



Non c'è un modo per uscire spontaneamente dalla mia mente, non quando i pensieri si susseguono come gustosi cioccolatini... a proposito di cioccolatini, hai presente il detto: 'La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita...'? ecco, prima di qualche tempo fa questo detto non aveva alcun senso per me, voglio dire, son tutti buoni, no? No. Successe che un mio cugino pescando dalla scatola esclamasse: “questo fa schifo...!” A quel punto capii quanto i punti di vista ed i gusti personali influenzino la nostra vita... dipende dalla nostra percezione. Anche la tragedia di cui ti sto narrando, infondo, ha i suoi lati positivi: mi sto sfogando; ti sto parlando; mi sento viva; ho qualcosa di interessante da raccontare... insomma, non tutto è negativo, e ciò che può esserlo per me, be', non è scontato lo sia anche per te e viceversa... non so se ho reso l'idea di ciò che volevo dire... ma non è fondamentale per la nostra storia... semplicemente mi è venuto in mente e volevo scriverlo...

Sto divagando, torniamo a quella notte nell'albergo di Cortina...


 

Ci ho messo più di quanto avrei voluto a calmarmi... la vista della prof... violata in quel modo... mi ha... mi ha davvero destabilizzata...

Sono riuscita ad allontanarmi da lei. Anche perché l'odore del suo sangue cominciava a nausearmi e non volevo esserne nauseata... non volevo avere pensieri 'brutti' per lei... non era giusto.


 

Sono davanti alla porta numero 21. Non so come ci sia giunta dinanzi... non me lo ricordo... stavo pensando alla Prof... ma almeno 'sta volta ho camminato anche mentre pensavo, sono riuscita a non immobilizzarmi... è un progresso, no?

Busso. “Flavia?”

Flavia Tommasin è la compagna assegnata ad Eleonora... quando ho capito che sarebbe stata lei a poter ascoltare il respiro calmo e regolare del sonno di Eleonora... ah, non lo nascondo: mi son saltati i nervi...! Flavia è la classica ragazza che non sopporto. Quel tipo di persona con cui non riuscirei mai neppure a prendere un caffè, non dico al bar, no, neppure alle apposite macchinette... è rozza... superficiale e ignorante... non ho nulla contro l'ignorante, ma lei è un ignorante per scelta... no, inutile... non mi va proprio giù!

“Flavia! Eleonora?!” Ricomincio a battere, questa volta con maggior impeto... la sesta volta, in cui le nocche scontrano la porta di pregiato noce... ecco... la serratura scatta e la porta si apre un poco, spostandosi con pesante lentezza: non era chiusa bene...

Il cuore ci arriva prima del cervello: aumenta i battiti irregolarmente... qualcosa non va...

Certo, forse non dovrei stupirmi, voglio dire, l'istinto è qualcosa di più rapido del pensiero, no? E ciò che ci ha permesso di arrivare fino a qui, seppure privi di zanne, veleno, artigli o pelliccia... no, non fraintendere: non sto dimenticando il cervello... ma è stato l'istinto, ancor prima del pensiero, a dirci di salire sugli alberi la notte per proteggerci dai predatori...

La mano trema: non voglio vedere cosa ancora si cela al mio sguardo... non è detto che sia brutto, voglio dire, potrebbe semplicemente essere vuota, no?

Ma il cuore ha già un suo pensiero e sembra irremovibile, sta dicendo al cervello: “guarda, io te lo dico... non ti piacerà! Poi vedi tu...”

Per una volta il cervello sembra d'accordo con l'organo in basso a sinistra, poiché la mano sembra fossilizzata sul legno.

Forse, molto semplicemente, dovrei solo voltarmi e correre... uscire e fermare la prima macchina che mi capita a tiro... rubarne persino una, se necessario... poi la restituirei e ne pagherei eventuali danni.

Ma non scappo... sono ferma qui... voglio trovare Eleonora, salvarla e dirle che l'amo... che l'ho sempre amata... per quanto irrazionale... sì, ne sono innamorata.

Cosa so di lei? Be', nulla e tutto, cose alquanto equivalenti... ma da quando la ragione ha voce in capitolo su quella mistica forza su cui ogni poeta, ogni scrittore, ogni filoso ed ogni semplice persona, come tu ed io s'interroga da sempre...? L'osservo da anni, ma di lei infine non so quasi nulla... certo, saprei quale poesia citare per farla sciogliere come neve al sole, saprei quale genere di film portarla a vedere, in quale ristorante organizzarle una cenetta romantica, saprei come farla ridere... potrei distinguere il suo odore fra quello di migliaia di persone... ma infine di chi sia Eleonora... io cosa ne so?

Quale nome portano i suoi demoni? Ne ha...?

Certo che anche lei ha dei demoni a tormentarla...

Come faccio a saperlo...? E' semplice: ride molto spesso. Sul suo viso c'è sempre dipinto un sorriso... le persone che soffrono sono sempre quelle che ridono di più... anche io ridevo di continuo per ogni sciocchezza... poi un giorno una persona mi disse: “cos'è a ferirti tanto? Perché stai soffrendo...?” Me lo chiese così, dal nulla... gli chiesi cosa intendesse e lui mi rispose la stessa cosa che ho scritto qua sopra... da quel giorno ho smesso di ridere e sorridere gratuitamente... non volevo mostrarmi più debole di ciò che sono... avevo paura che altri capissero... meglio musona e antipatica che debole... un comportamento un po' infantile, l'ammetto... io sono infantile...

Il legno non è rivestito da nessuna 'patina' o lacca, forse solo del semplice impregnante trasparente, poiché è sì liscio e dunque ben levigato, ma posso ancora distinguerne con chiarezza le venature sotto i polpastrelli... eh sì, la mano è ancora lì immobile... il braccio comincia a farmi male a causa del diverso apporto di sangue, dello sforzo del muscolo e dell'azione dell'acido lattico... ma non fa nulla a parte tremare... sta lì... come me... in attesa di qualcosa che mi è ignoto...

In realtà basterebbe aumentare di poco la pressione esercitata sulla porta... giusto una spinta...

“Forza... il tempo è un lusso di cui hai abusato a sufficienza...” mi dico cercando di convincermene. Certo, non è che non lo pensi, devo solo capirlo davvero...

Non so dire se stia spingendo volontariamente o se sia la forza di gravita, abbassando il mio braccio, a muoverla... non so dirlo... fatto sta che la porta è ora più aperta...

Se non voglio spingere ancora, al momento, un passo laterale mi sarebbe sufficiente a penetrare all'interno con lo sguardo... il punto è che non voglio vedere altro sangue, altra morte o sofferenza...

Capisci? Non voglio...

Ma devo guardare nella stanza, devo avere un punto di partenza...

Se solo il mio naso fosse più fine, forse potrei catturare le ferrose molecole...

Basta, è ora di porre fine ad ogni indugio!

Quello che si presenta ai miei occhi, be', mi lascia senza respiro... la visione è totalmente sbagliata... non questo che avevo immaginato di vedere varcando la soglia...

Non c'è sangue e non ci sono cadaveri... la stanza è deserta, certo, eccezion fatta per i bagagli ed altri oggetti personali.

Mi avvicino ad uno dei due letti. Qualcosa ha catturato la mia attenzione: un libricino nero con una scritta bianca: Io e Te, è adagiato sul cuscino.

E' il libro a cui faceva riferimento Eleonora, ne ho la certezza assoluta! Ma questo come potrebbe aiutarmi...? Come dicevo prima: forse, come al solito, ho fatto tutto da sola... ma non credo alla coincidenza, no, tutto accade per una ragione... anche ciò che non capiamo e che mai saremo destinati a capire.

Lo prendo pensando che anche Eleonora l'ha toccato... chiedendomi se i nostri polpastrelli coincidano nello stesso punto... non lo nascondo: la cosa mi fa battere il cuore...

E' chiaro che quello che cade mentre apro le pagine a circa metà non sia un semplice segnalibro, no, è troppo spesso, troppo grosso... troppo lettera...

Perdo qualche secondo annusando la carta, sperando che i pori della stessa conservino l'odore di Eleonora... insieme a quello dell'inchiostro fresco, lo sento... che buon odore...

Apro la lettera ed inizio a leggere...

 

Esmeralada, sapevo che l'avresti trovata! Lo sapevo!
Prima di spiegarti qualche cosa, vorrei chiederti scusa. Non vado fiera delle mie azioni, credimi... ti prego!

Ti scrivo questa lettera non solo per chiederti perdono, ma anche nella speranza che tu possa fare qualcosa... la situazione ci è sfuggita di mano, non serve negarlo... siamo stati stupidi... l'ammetto!


Faccio una pausa, il cuore rischia di esplodermi nel petto... Eleonora mi ha scritto una lettera! Una lettera per me! Wow... e a quanto sembra... be', sto per scoprire cosa sta succedendo...

La lettera riprende così:


Non ho molto tempo, ma sappi che l'ho fatto per paura. Avevo paura di essere esclusa... ancora... non è una buona scusa... hai ragione...
Finché non ho visto quel mostro emergere, ti giuro, emergere letteralmente dalle tenebre... non lo so, pensavo che non fosse reale, pensavo sarebbe stato solo un gioco... lo giuro! Ma non era solo un gioco: il mostro che abbiamo risvegliato è reale e ti darà la caccia... ti ucciderà!
Nel libro rosso -so che hai notato che lo maneggiavamo-, ci sono delle cose... credo, non lo so, credo magia nera... roba brutta, Esmeralda! Non pensavo che sarebbe successo davvero qualcosa, ti giuro che non lo pensavo!
Alessia gli ha mostrato una tua foto... gli ha ordinato di ucciderti...!
Mi dispiace tanto... ti giuro che mi dispiace tanto!!!
Alessia e gli altri sospettano che io stia per tirarmi indietro... farò finta di condurti nel bosco ma invece di darò qualche indizio per trovare questa lettera. Ho lasciato la porta aperta, in modo che tu possa entrare se stai leggendo vuol dire che ci sei riuscita... ho un ipotesi penso che quel mostro non veda bene alla luce non lo so i suoi occhi sono strani e li ha socchiusi alla luce del lampione come se li facessero male forse questo può esserti utile ti prego scusami tanto mi dispiace tanto credimi


L'ultima parte manca completamente di punteggiatura e la calligrafia diventa più agitata... probabilmente stava esaurendo il tempo... ma mi chiedo come abbia fatto a mantenere una simile faccia di bronzo quando mi parlava... è così in contrapposizione con le parole della lettera...!

No, lo so, lo so... ho capito che questo è l'ultimo dei miei problemi... ho capito...

Ma avevo ragione: qui c'è qualcosa di sovrannaturale...

Cosa c'è? Ti disturba la calma rassegnazione con cui ho appreso ciò che ho appreso? Ognuno ha le sue reazioni... okay? D'altro canto non posso neppure dire di essere sorpresa... non per tutto, non fino ad un particolare, qualcosa che non avevo ancora ben capito: che la morte giusta... sono io!

Tutte le vittime che ho trovato... tutte mi assomigliavano fisicamente... Eleonora ci ha visto giusto: quella cosa non vede bene alla luce... ma è qualcosa che, in qualche modo, avevo già intuito... ricordi? Scrissi qualcosa come: 'sembra che quella cosa, per contrapposizione al mio fare (stavo scrutando nel buio del bosco) stia cercando di penetrare la luce per vedermi...'

Avevamo capito che quei quattro non la raccontavano giusta... lo sapevamo... sì, io e te...!

No, neppure il fatto che Alessia mi voglia morta riesce a sorprendermi... non più... fa male, tanto maledetto male... ma non riesco a provare stupore... fa solo male...

Ora non ho tempo per i perché e i per come! Dopo, a quello penserò dopo... se ci sarà tempo.

Ho ragione di pensare che abbiano preso Eleonora quando abbiamo finito di fumare... forse le hanno chiesto perché non mi aveva portato nel bosco o qualcosa del genere... ah! Non ora, non ora!

Non esito ed entro nel bagno. Devo guadagnare tempo e rimanere viva... solo così salverò Eleonora... ho solo un'arma a mia disposizione, qualcosa di sottile e, spero, acuto: la mente!

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Capitolo 13
*** Il Mostro ***


13

Il Mostro

 

 

Se te lo stai chiedendo, la risposta è: no. Non sono entrata in bagno a causa di bisogni da soddisfare... no... non penso sarebbe elegante riportare alcuni fatti...!

Quindi, perché sono entrata in bagno?

Perché Flavia ha i capelli tinti.

Bravo, vedo che anche tu sei piuttosto sveglio! Non ho chiaro perché il mostro evocato dai miei compagni di classe sia così selettivo, né perché esegua gli ordini ricevuti da un branco di idioti, se mi è concesso esprimere un giudizio... ma queste sono le regole del gioco, quindi giochiamo!

La fortuna ha deciso di sorridermi: appoggiato sopra al lavello c'è una confezione di tintura per capelli... viola... te l'ho detto che quella ragazza non... ah, sai cosa? Non sono qui per giudicare gli altrui gusti estetici, anche perché questo potrebbe salvarmi il sedere.

Non mi sono mai fatta un tinta in vita mia, ma se ci riesce quella testa vuota di Flavia... okay, okay, devo smetterla di attaccarla in modi tanto bassi...

Vediamo... le istruzioni non sembrano complicate da seguire... okay... ah, circa venti minuti di posa... per fortuna ho già i capelli chiari: non avrei tempo di farmi una decolorazione...!

Bene, ti aggiorno quando i miei capelli avranno mutato pigmentazione...

Sai, inizialmente non avevo intenzione di raccontarti questa storia 'parlandoti', ma pian piano mi sono affezionata a te, non importa se non conoscerò mai il tuo volto, non ha davvero nessuna importanza... ormai le pagine di questo quaderno stanno giungendo al termine e non ne troverò un altro tanto facilmente... dunque a me la scelta narrativa, no?

Devo dire che il colore non mi dispiace... lo che non è il momento, ma cavolo... il viola abbinato al blu dei miei occhi, fidati, ci sta!

Esco dal bagno e, anche se non mi piace, frugo nel primo borsone che trovo... non è quello di Eleonora: non sento il suo odore, ma la cosa non è rilevante, non ora.

Ecco ciò che cercavo: occhiali da sole! No, non esserne stupito, ho capito che non siamo in spiaggia, ma gli occhiali da sole sono molto utili in montagna: il bianco della neve, soprattutto se c'è sole, è davvero abbagliante, può anche causare danni alla vista! Ero sicura che ne avrei trovati almeno un paio... e pensare che io li avevo dimenticati a casa... vabbè questo non c'interessa ora.

Il mio aspetto dovrebbe essere sufficientemente camuffato ora, ma non sono ancora soddisfatta... lo so che pensi che io stia perdendo tempo, ma cavolo, se stai leggendo questa storia vuol dire che l'ho scritta, dunque che sono viva, no? Abbi ancora un po' di pazienza: le cose o le fai bene o ne le fai! Questo penso.

Ah, scusami... sono un po' agitata... non farci caso... divento un po' aggressiva...

Devo cambiare anche il mio odore, è solo una precauzione: so che Martina e la Professoressa avevano un odore diverso dal mio, ma la prudenza non è mai troppa!

Anche se sono alla fine dell'adolescenza, i miei ormoni sono ancora un po' sballati, inoltre ho sudato e sicuramente puzzo di paura, e non avendo tempo di farmi una doccia, anche perché sarebbe inutile, (suderò di nuovo e avrò ancora paura) devo trovare un'altra soluzione...

Sì, una boccetta di profumo è quello che fa al caso mio.

Ne trovo una quasi nuova nel medesimo borsone. Non ci vado leggera: spezzo la parte in plastica con i molari e tirò fuori il resto del tubicino... me la verso direttamente in testa, facendomi una doccia di profumo.

Bene, ora sono uno strano punk che 'profuma' come un adolescente pieno di brufoli... se sei un'adolescente non prendertela, ma voi maschietti usate troppo profumo a quell'età... nulla di personale.

Okay, è il momento di uscire dalla stanza, da questo luogo che stava cominciando ad essermi famigliare... mamma mia quanto puzzo di buono, non penso che penserei mai di mangiarmi... dicevo... ah sì, cominciavo a sentirmi a mio agio qui... ma ora è davvero il momento di agire!

So dove cercare Eleonora? No... certo che no... ma questo non mi fermerà...! Non mi sono conciata in questo modo solo per fuggire, no, fuggirò da qui, sì, ma con Eleonora... questo 'travestimento' mi occorre solo per girare più liberamente in quella che è diventata la gabbia del leone... o il labirinto del Minotauro... scegli pure quella che preferisci.

Ma fosse solo il mostro il problema... devo stare attenta anche ad evitare quei tre farabutti... se mi vedono e riconoscono, beh, capiranno che ho capito... e non penso che sarà una chiacchierata piacevole... no... decisamente... mi copano (uccidono) se mi prendono...

Okay, basta davvero ora! Andiamo!

Il secondo posto in cui, trovo ragionevole provare a cercare, è la camera di Alessia... ovvero la mia, e quella di Greg e Danilo... andiamo...

 

La nostra stanza è vuota.

Ti dirò, ho omesso tutti i dettagli della mia passeggiata alla Splinter Cell fra i corridoi e la mia lunga esitazione prima di far scorrere la chiave magnetica nell'apposita... cosa per sbloccare la porta...

Non è che io abbia perso la mia chiacchiera, no, semplicemente sto finendo la carta e anche la matita sta cominciando ad essere corta e scomoda da maneggiare... noterai che la calligrafia si è fatta più minuta e 'stretta'...

Ma andiamo avanti...

La prossima stanza da controllare è quella dei due fratelli...

Busso e basta: non voglio che riconoscano la voce. Certo, non penso siano dentro, ma sai... la prudenza...

Dall'altra parte... il silenzio ronzante dell'impianto di riscaldamento...

Che faccio? Continuo a bussare, sperando che Eleonora, se è là dentro, trovi il modo di svelare la sua presenza (anche se imbavagliata, dovrebbe comunque riuscire a mugugnare... no?) o sfondo la porta...? Il rumore potrebbe attirare il mostro...? Non ne ho la minima idea...

Cavolo che situazione di cacca!

Eh, niente... aspetta un momento, devo trovare il modo di ottenere un'altra matita: è talmente corta che le mie dita sfregano contro la carta, rischio di cancellare qualcosa e, in ogni caso, così non si può davvero scrivere... torno subito, spero...

 

Vabbè, tu non lo noterai, ma è passata una settimana... ho buone notizie: sono riuscita a trovare una matita decente... ma di carta... niente da fare...

Dov'ero rimasta... ah sì, okay.

 

Tentenno a lungo, ma alla fine opto per il rischio: non potrei perdonarmi il fatto di essermene andata senza sapere se Eleonora fosse davvero là dentro... sfondo la porta... sì, ho delle cosce niente male...! Va bene... ci sono voluti sei calci al massimo della mia potenza, per aprirla... contento ora?

Non ti nascondo che, vedendo la stanza deserta, ho provato un mix di sconforto e sollievo. Sconforto perché non l'ho trovata, e sollievo perché non l'ho trovata morta... sì, ho valutato anche quest'ipotesi... sono matti quei tre, matti ti dico! Ma... beh, l'avrai capito anche da solo...

Devo smetterla di divagare o finisce che, scusa la ripetizione, finisce il quaderno e tu non saprai come sono sopravvissuta...

Ma devo per forza fermarmi a riflettere un secondo... devo capire cosa fare e dove andare... non c'è verso... non abbandono Eleonora!

Non posso riportarti tutti i ragionamenti che hanno portato a queste conclusioni, sai no... la carta... ti basti solo sapere che spero che sia giusta la mia prima ipotesi, perché davvero non ho voglia di andare fuori... la tormenta non fa che aumentare d'impeto... ah, giusto, se non te la dico, tu come puoi indovinarla...? Colpa mia... sono sempre più agitata...!

Ipotizzo che Eleonora possa trovarsi in un luogo in cui, difficilmente, qualcuno andrebbe a guardare: le cantine... sotterranei... o qualunque cosa ci sia sotto ai miei piedi... sicuramente hanno un posto in cui conservare il vino e i salumi, quale posto migliore di una cantina, no?

 

Non riesco a trovare le parole, neppure ora, per descriverti lo stupore che ho provato nel vedere ciò che ho visto, percorrendo la hall in cerca delle scale per le cantine... sì, il libro rosso...!

Come fa a non essere una trappola?

Mi guardo attorno, ma non vedo nessuno... presto ascolto ma non odo nulla... mi concentro cercando di percepire... sì, di percepire la vita attorno a me... ma non avverto nulla...

No, davvero, come fa a non essere una trappola...?!

Cacca... mi avvicino cautamente al libro, quasi come se temessi che esso possa prendere vita ed aggredirmi...

Sulla superficie malandata ci sono delle macchie, alcune vecchie e sbiadite come la stessa copertina, altre più fresche... umide addirittura... quando lo prendo tra le dita capisco anche di cosa si tratta... sangue... ma il sangue di chi? Non te l'ho detto, ma mi pareva strano, nel caso in cui non fosse una trappola, che quei tre lo lasciassero abbandonato...

E se fosse il sangue di Alessia...?

M'importa? Dovrebbe fregarmene qualcosa? No, non dovrebbe... eppure sento una fitta di dolore e paura... non voglio che lei soffra... lo so... ma non voglio lo stesso.

E' la curiosità a spingermi ad aprire il libro. Faccio solo in tempo a capire che è scritto in Inglese che... eh, come te lo spiego...?

Abbi pazienza... davvero non so come scriverlo...

“What are you doing? Creature, you must await the completion of the first rite, before conjuring a second one.” Mi dice, l'enorme licantropo che ho davanti.

Eh, vedi che non è facile da scrivere...!?

I suoi occhi sembrano in grado di trapassarmi l'anima... sono così vivi ed eterni... vanno dal giallo al rosso, passando per l'arancione come in una strana danza... qualcosa di quasi ipnotico e meravigliosamente sbagliato...

“Ehm... I'm sorry... I... ehm...” no, non chiedere... leggi e basta... sarà più facile per tutti...

“Scusami, forse ho sbagliato linguaggio.” La sua voce non ha tempo, dimensione, forma o colore... non appartiene a questo mondo...

Non te lo nascondo... mi sto facendo pipì addosso, posso sentire il liquido caldo scendermi lungo le cosce ed inzuppare le brache e i calzetti al suo passaggio...

“Io... posso... se vuoi... parlare in Inglese...” è tutto ciò che riesco a dire, fissando l'enorme, muscoloso, nero ed irsuto mostro che ho davanti.

“Non crucciarti, ma ti ripeto: creatura, devi aspettare la fine del primo rito, prima di evocarne un secondo.”

Beh, almeno è cortese... se solo sapesse con chi sta parlando...! No, perché io ho ben chiaro chi ho davanti... il mio assassino... o presunto tale...

“Non volevo disturbarti... se è ciò che ho fatto, ti chiedo scusa...”

“Sei una strana creatura.” Dice, annusandomi.

Se non avessi appena svuotato la vescica, beh, molto probabilmente me la farei addosso di nuovo...

“Posso chiederti... posso chiederti, se non ti offendi... chi sei?”

Mi mostra le zanne... enormi denti bianchi come il latte comprato... quello appena munto ha un colore diverso... ma questo non centra ora... non sembra un minaccia... no, è un sorriso... un sorriso triste.

“Sono sbagliato. Sono qualcosa che dovrebbe incuterti timore.” Mi risponde, guardandomi con quei suoi occhi di brace.

“Ho... ho paura di te... ma non perché penso che tu sia sbagliato... semplicemente.... sei... diverso da ciò che sono abituata a concepire...” gli rispondo, cercando di non offenderlo.

E la cosa più simile ad una risata, quella che gli sfugge delle zanne aguzze, “sei davvero una strana creatura.”

Beh, come dargli torto...

“Hai ucciso, questa notte...?” Mi sfugge dalle labbra prima che io possa farci qualcosa.

Mi guarda per un momento, sembra incerto su cosa fare o dire, “la cosa ti ha recato dolore?”

“Sì...”

Annuisce, “me ne dolgo. Sappi che non provo piacere nel cagionare sofferenza.”

“Va bene... cioè, no, non va bene... ma... non lo so...”

“Hai ragione,” mi sorride, credo... “non va bene.”

“Perché lo fai... allora?”

“Non ho altra scelta.” Mi risponde, “sono stato creato per obbedire agli umani che mi evocano.”

“Sei antico?”

La curiosità è una mia prerogativa, non posso farci proprio nulla...

Fatto sta che ho finito il quaderno... prima di andare avanti devo trovare qualche altro foglio... non sarà facile, ma non preoccuparti, troverò il modo...

 

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Capitolo 14
*** Non Merito, ma Accetto ***


14

Non merito, ma Accetto

 

 

Il sole, che riesce a filtrare appena, mi raggiunge quasi con timidezza. Ma è un sole caldo, un sole estivo. Eh sì, ci ho messo diversi mesi a mettere insieme abbastanza carta per poter concludere questa mia testimonianza. Non è stato facile, ma te l'avevo promesso...

Non noterai la differenza: ti metterò tutte i fogli all'interno del quaderno e quando lo prenderai tra le mani, beh, sarai tu a scegliere il ritmo di lettura, sei libero... beato te...

Forse dividerò le varie parti in capitoli, non lo so ancora... ma ho comunque lasciato un po' di spazio nel caso volessi mettere qualche presentazione... sai, a volte, per alcune parti, mi dico: 'eh, ci starebbe bene questo titolo...' cose così insomma...

Ma forse è il caso di non tirare troppo la corda e non consumare 'inutilmente' della preziosa carta... Ah! Come avrai notato, questo capitolo è scritto a penna (me ne hanno regalate due, un colpo di sedere assurdo! Non so a te, ma a me dopo un po' stressa scrivere a matita) quindi il tratto è più scorrevole e spero leggibile.

Okay, torniamo alla storia, sempre che tu sia ancora lì... lo spero...

 

“Mi domandi se sono antico?” Sembra pensoso, forse qualcosa gli causa della perplessità, infatti poco dopo aggiunge: “perché stai conversando con me?”

“Beh... non è che capiti tutti i giorni di incontrare qualcuno come te... e non riesco a provare odio nei tuoi confronti... anche se hai ucciso qualcuno a cui stavo imparando a voler bene...” gli rispondo, è tutta la sincerità di cui sono capace.

“Sei davvero una creatura strana.” Forse mi sorride, forse si fa beffa di me, non è chiaro e forse neppure importante. “Sono antico in relazione a voi umani.” Mi risponde infine.

“Quasi in relazione ad ogni cosa siamo poco o nulla... fra i 2,3 ed i 2,4 milioni di anni fa il genere Homo si sia differenziato dall' Australopithecus... cos'è in relazione a l'universo o anche solo al nostro piccolo pianeta blu...?”

“Gli umani sono le creature più confuse, strane ed infide che io abbia mai avuto modo di incontrare. Ma tu, creatura, tu sei assurda.”

“Lo prenderò come un complimento...”

Lui annuisce, “non v'era connotazione negativa. Mi domando solo perché tu non fugga via terrorrizzata.”

“Mi sono fatta pipì addosso, quando mi sono accorta di te...” guardo la macchia che mi scurisce i jeans, “ma ora non ho paura... certo, ti sarebbe così facile farmi del male, cosa potrei contro di te? Nulla... è per questo che non ho più paura, è un po' come quella massima di Epicuro: 'se il tuo problema si può risolvere, perché ti preoccupi? Se il tuo problema non si può risolvere, perché ti preoccupi?' Certo, vorrei saperlo attuare alla vita di tutti i giorni... ma per ora va bene così...”

Lui ride, una risata che pare provenire da ovunque e da nessuna parte, “creatura.”

“Ti ferisce?” Gli chiedo.

Lui mi guarda, in qualche modo penso che sappia benissimo cosa intendo dire, ma sceglie di assecondare le 'regole' di questo tipo di conversazione e mi chiede: “cosa?”

“Il fatto che le persone abbiano due atteggiamenti nei tuoi confronti: autoritario, come se tu fossi una loro proprietà, o di paura e ribrezzo...”

“Dovrebbe causarmi sofferenza?” E' impossibile interpretare il suo tono.

“Non ne ho idea... mi chiedo solo se tu sia un essere superiore... qualcuno che pur avendo una coscienza praticamente umana, come dire, sia riuscito a superare la paura di sentirsi soli...”

“Conosci la sensazione di non appartenere?” Mi domanda.

“Sì, la conosco... è mi fa soffrire, anche se non vorrei sentire male per una cosa che posso capire e risolvere... solo... non sono disposta a pagarne il prezzo...”

“Capisco.”

“Tu appartieni a qualcosa?” Gli domando.

“Sì e no. E' complicato, creatura.”

Annuisco, “cosa succede se non ubbidisci agli ordini ricevuti?” Chiedo, cambiando discorso.

“Mi chiedi se ho paura?” I suoi vibranti occhi si socchiudono.

“Forse, non lo so di preciso... credo che la mia fosse una domanda banale, esattamente come suonava.”

“Non posso non ubbidire, creatura.”

“Mi dispiace... dico davvero...” e sono sincera.

“Non dubito del tuo buon cuore, sono solamente allibito dal tuo atteggiamento.”

“Il mio cuore non è buono... al suo interno vi dimorano creature ben più strane di te... creature sbagliate...” mi trema la voce: queste sono verità che non confesso facilmente neppure a me stessa...

“Ma mi dispiace vedere un essere come te in trappola... distrugge i miei sogni...” gli dico.

“Che tipo di sogni?” Sembra curioso, e la cosa, non lo nascondo... mi rende felice.

“Da bambina, ma anche oggi... a volte mi capita di sognare di essere qualcosa di più forte... grande e potente, qualcosa che possa incutere timore e rispetto... so bene che le due cose sono molto diverse, e so anche che è un pensiero molto infantile... ma mi consolo pensando ad uno dei capolavori di Orwell 'La fattoria degli Animali', probabilmente lo saprai, ma lui ha creato l'opera non solo per la denuncia sociale e politica, ma anche, citando le sue parole: '... Ho visto un ragazzino, forse di dieci anni, che guidava un enorme cavallo da tiro lungo uno stretto sentiero, frustandolo ogni volta che cercava di girare. Mi ha colpito il fatto che se solo questi animali prendessero coscienza della loro forza non potremmo avere alcun potere su di loro e che gli uomini sfruttano gli animali più o meno allo stesso modo in cui i ricchi sfruttano il proletariato.' Questo avvenimento rispecchia quello che intendevo...” confesso.

“Che strana creatura... ma se posso, vorrei darti un consiglio.”

“Ti ascolto, lo faccio volentieri...” gli dico.

“Non fidarti di coloro che vogliono consigliarti.”

Lo guardo cercando di capire se stia per uccidermi, ma lui sembra tranquillo e cortese.

“Capisco senza capire davvero...” dico, dopo qualche secondo.

“Sei una ragazza davvero strana, forse inadatta a vivere in questo mondo. Sei sicuramente giovane ed immatura, ma hai qualcosa, e quel qualcosa ti permetterà di fare qualcosa un giorno qualunque, in questo folle mondo. Non fraintendermi, non lo cambierai, ma la tua vita non sarà stata inutile.”

“E' molto più di quanto possa ambire... perché sei così gentile con me?”

“Tu lo sei stata con me. Mi hai regalato minuti davvero strani e surreali. Te ne sono molto riconoscente.”

“Tu hai capito chi sono... non è così...? La mia intelligenza non può battere i tuoi muscoli e la tua conoscenza, forse la tua coscienza superiore...” gli domando, e nonostante le sue parole, mi preparo a morire. Ma in qualche modo sento che potrei lasciarmi andare e scoprire se un 'dopo' esista oppure no... ma mi domando se, anche la Prof e Martina, si siano sentite come me, un attimo prima della fine, se il fatto di essere uccise da qualcosa di così... così... magnifico nella sua brutalità, avesse concesso loro la stessa... serenità? Rassegnazione? Non saprei dire... ma ripensando agli occhi della Professoressa mi dico: no... non lei... lei era terrorizzata e non voleva morire... forse rifiutava persino ciò che aveva dinanzi... qualcosa di così assurdo che avrebbe posto fine alla sua vita...

Lui mi mostra le zanne, “quello che è nascosto rimanga nascosto fino che il sole non lo illumini e riveli.”

Perché...?

“Grazie... chiunque tu sia... non merito, ma accetto la tua cortesia...” corro anche se non vorrei, perché lui mi fa stare bene...

Ma devo trovare Eleonora, non importa se non penso che lui la voglia uccidere, o meglio, che io ora ne sia totalmente convinta, ma la devo trovare e dichiararmi... perché lo so, lo so che epilogo avrà questa storia... lo so dal momento in cui ho cominciato a commettere errori stupidi... ma di questo parliamo alla fine, okay?

 

Non è stato complicato trovare le scale.

Prima di scendere, dove presumo si trovi Eleonora, mi siedo sul terzo gradino. Non è facile descrivere ciò che provo... non ho neppure ben chiaro cosa io stia sentendo, come posso scegliere delle parole? Tanto... tanto non sono abbastanza brava da farti capire... usa la tua immaginazione, è il consiglio migliore che possa darti.

Ma c'è una cosa che posso dirti, vorrei tornare dal Licantropo almeno quanto desidero trovare Eleonora... come ti ho già detto: lui mi faceva sentire bene... era giusto essere davanti a lui, era bello e mortale... era come ergersi dinanzi alla morte stessa e non esserne toccati... era come avere un amico. E sì, ero sincera, davvero sincera, quando gli ho detto che non riesco a provare odio per lui... non è colpa sua... sarebbe come arrabbiarsi con una pistola o un coltello ed ignorare la mano che l'ha impugnato... non ha senso. Mi ferisce che lui sia un oggetto nelle mani di... di qualcuno che è come me... un essere umano. Siamo entrambi vittima di qualcosa che, seppur capendolo, non possiamo battere... è come il sistema... è qualcosa di umano. E gli umani sono gli animali più pericolosi in natura, fa ridere pensandoci nudi... senza veleno, artigli, zanne o pelliccia... fa davvero ridere... ma il sorriso scompare quando un mio simile sorride... è la mente che sorride, qualcosa di nostro, solo nostro...e sbagliato. Siamo sbagliati, ma perfetti nella nostra incomprensibile perfezione...

Mi rialzo e comincio a scendere, un passo dietro l'altro...

 

E inutile che io cerchi di creare della suspense, non ci provo nemmeno... io non ho avuto il tempo di provarne, e arricchire il testo con dettagli non veri, beh, semplicemente da contro allo scopo di questo quaderno...

Eleonora è lì, davanti a me, a tre passi dall'ultimo gradino.

“Sei ferita?” Le domando, senza balbettare. Non ho paura di ciò che provo per lei, non più.

“Mi dispiace tanto... ti giuro che... io... mi dispiace tanto, Esmeralda...”

Sorrido, è un sorriso sciocco e forse sbagliato, ma ora è lei a balbettare di fronte a me.

Mi inginocchio davanti a lei e mi tolgo gli occhiali, “non sono arrabbiata. Sono ferita.” Le dico, riuscendo a guardarla dritta in quelle sue pozze verdi. “Forse non m'importa neppure sapere il perché... per una volta, credo che non m'importi.”

Il suo volto è persino più bello ora, ora che la paura le distorce i tratti... potrei dire che mi eccita. E' colpa dei demoni che ho dentro... mi piace vedere l'indifeso... mi piace vedere una donna indifesa... mi piace vederle soffrire.

Ho deciso di omettere questa parte di me fino ad ora, volevo che tu ti affezionassi a me... che mi credessi una creatura pura e buona: era l'unico modo per farti arrivare fino a questo punto del quaderno, un punto in cui sai che ruolo ho giocato in questa vicenda... un punto che non ti permette di gettare via il quaderno e dimenticarmi.

Ti ho catturato, amico mio.

No, non fare quella faccia... non ti ho mai mentito, mai! Ho solo scelto di mostrarti la parte migliore di me e di omettere parte di ciò che sono... ma ora mi sento soffocare...

Avrei potuto continuare a non rivelarti questi dettagli, sì certo, ma oramai tu ed io siamo legati... sei mio quanto io sono tua... il legame che ci unisce è forte come solo quello fra autore e lettore può essere, ma c'è di più: mi sono messa a nudo davanti a te, ti ho permesso di penetrarmi l'anima ed il cuore... mi sono concessa a te e tu, sì proprio tu, ti sei concesso a me.

Non ho timore o remore nel scrivere ciò che scrivo... sai tutto di me, è vero, ma non mi puoi afferrare... non mi puoi toccare, non ci riuscirai mai perché io... ora... ora... azz! Stavo per spoilerarti il finale!

Scusami, sono pervasa da una strana euforia... tra poco sarà tutto finito.

Non hai smesso di leggere... mi fa piacere. Chissà se riesci ancora a guardarmi con gli stessi occhi di qualche riga fa... chissà? Non è cambiato poi molto però... alla fine lo sapevi: sono un essere umano, proprio come te. Anche tu hai qualcosa di marcio dentro... non importa in quale misura... sei umano: sei sbagliato e perfetto.

“Mi dispiace tanto...” dice, e mi guarda negli occhi, “non avevo idea che fosse reale... era solo un gioco... stupido e di cattivo gusto, ma solo un gioco tra ragazzi...”

“Una ragazzata.” Annuisco.

“Liberami, ti prego... non voglio morire qui sotto... per favore Esmeralda...” solleva il braccio a cui è apposta una manetta, legata ad una tubatura, forse dell'acqua, a giudicare dal suono.

Anche volendo, non saprei come fare.

“Non posso farlo... ma posso aspettare l'aurora con te.” Le dico, sedendomi di fronte a lei.

“No... no, no, no... no, no... non voglio morire!” Grida.

“Non posso proteggerti dalle tue stesse scelte e dalle loro drammatiche conseguenze, ma non ti lascerò sola. Ho atteso per anni di trovarmi davanti a te senza balbettare... ho atteso così tanto che ora mi sembra stupido...” confesso.

“Ti prego... ti prego... devo andare via o morirò! Aiutami a rompere il tubo, ti prego!”

“E' acciaio... ci vorrebbero ore. Ma non penso che tu debba preoccuparti: il Licantropo non cerca te.” Le dico, “prova a calmarti.”

“Non capisci!” Mi grida, “devo andare via da qui o morirò! Il libro, leggi a pagina 616!” Indica il libro che, quasi senza accorgermene, continuo a stringere in mano.

Esito: ho paura che il Licantropo torni e non mi conceda due volte la stessa cortesia, “non posso. Spiegami.”

“Dannazione! Se il rituale non si compie entro l'alba... se tu non vieni uccisa... coloro che hanno evocato il rito moriranno... moriremo in ordine... io sono l'ultima... non voglio morire per arresto respiratorio... non voglio soffocare... devo lasciare il luogo del rituale...!”

“Morirete...” sussurro, “fammi indovinare... il sangue che macchia la copertina e di uno degli altri tre...?”

“Di Danilo probabilmente... morte per rottura dei vasi sanguigni dai più piccoli ai più grandi... lui è il primo... ogni due ore ne muore un'altro... ti prego... ti prego...!”

“Chi è il secondo?” Chiedo.

“Ti prego... aiutami...!” Mi guarda come se fossi carnefice e salvatore.

“Lo sto già facendo... ti ho perdonata. Ma ora rispondi alle mie domande, per favore...”

“Se rispondo alle tue domande, mi aiuterai...?”

Annuisco, “ho un piano.” Non sto mentendo, ma devo ancora pensare ai dettagli... credo...

“Va bene... Oddio mio... il secondo è Greg... autocombustione...” mi dice.

“E Alessia... lei... lei come morirà...?”

“Arresto cardiaco...”

“Capisco... dimmi perché...? Voglio dire, anche se pensavate fosse solo un gioco... cosa che comincio a dubitare, dato che l'Hotel è deserto... perché mi volevate morta...?”

“E' stata un idea di Alessia... ti odia... ti ha sempre odiata...” distoglie lo sguardo.

“Perché...?”

“Perché... perché sei... così...”

“Così come?”

“Sbagliata... per usare le sue parole... la fai innervosire... dice che sei saccente e molto meno intelligente di ciò che pensi... dice che non hai il diritto di guardare tutti dall'alto in basso...”

Certo, la cosa mi lascia un po' perplessa... ma subito penso che gli esseri umani uccidono anche per meno... quindi che devo fare? Non mi resta che accontentarmi... anche se mi fa schifo dover morire per così poco...

“Anche tu mi vuoi morta...?” le chiedo, cercando di riottenere il suo sguardo.

“No...” non esita, “no, certo che no... volevo solo evitare di essere esclusa ancora... non è una buona scusa... ma...”

“Lo capisco.” Dico, prima che lei possa aggiungere altro, “so cosa si prova... ma c'è una cosa che non capisco, qualcosa che forse è inerente al fatto che nascondi il tuo corpo, cosa ti rende diversa?”

“Le cicatrici... sono piena di cicatrici...” dai suoi occhi cadono brillanti e grosse lacrime, “ho subito diverse operazioni... per... per un incidente d'auto...” mi confessa.

Ho sempre pensato che le cicatrici fossero molto belle... ne sono sempre stata attratta, è quasi una perversione...

“Se ne usciamo vive, beh... non dovrai mai nasconderle da me... ti trovo bella... bella da impazzire, Eleonora... non importa se la tua pelle non è liscia e pulita... non m'importa... non ti rende diversa ai miei occhi.”

Finalmente solleva lo sguardo, “mi fanno sentire sporca e debole...”

Mi avvicino a lei, “sono innamorata di te... ti guardo con occhi innamorati: sarai sempre perfetta per me... capito? E anche se non fossi così infatuata di te, beh, mi piacciono le cicatrici... mi fanno pensare ad un guerriero forte e coraggioso.”

“Vorrei che le cose fossero andate in modo diverso... vorrei averti vista prima... ma ti ho solo e sempre guardata... ho sempre avuto paura che... che confessandoti i miei sentimenti... tu... tu avresti voluto di più... mi avresti spogliata e, vedendo quei segni ormai bianchi... mi avresti guardata con orrore...”

Nonostante tutto, il mio cuore perde un battito, “ti piaccio in quel senso...?”

Annuisce, “da tanto... tanto tempo...”

Ora è una questione di principio... perché penso di liberarla? Solo perché mi ricambia? L'avrei fatto anche prima...? Perché non riesco a ricordarlo?! Mi sembra di impazzire! Non ricordo!!!

E se ora la liberassi... saprei come farlo? Voglio farlo...? Non capisco più niente... cos'è questa sensazione...? Follia?

“Tutto questo... tutto questo per... per un bacio...” sorrido di un sorriso che non so descrivere, semplicemente mi viene da ridere...

“Ti prego... ora aiutami...!” Mi supplica.

Non le rispondo, le prendo il viso fra le mani, la pressione che esercito è troppa: vedo la pelle sbiancare e stropicciarsi attorno alle mie dita, “per un bacio...”

“Mi fai... mi fai male...” i suoi occhi sono spalancati e bellissimi...

“Tutto per un bacio... ed ora sei qui... posso prendermelo...” quasi ringhio.

“Ti prego... mi fai paura...” cerca di sottrarsi alla mia morsa, ma non può farlo. Ho la sensazione che potrei spaccarle il cranio e... e non so come questo mi faccia sentire...

“Per un bacio... se tu non mi avessi promesso quel bacio... se io non avessi voluto quel dannato bacio... le nostre vite si sarebbero divise questo Giugno... non saremmo più stati nella stessa classe... capisci?”

“Ti prego!” E' terrore ciò che vedo nei suoi occhi e sento nella sua voce.

“Per un bacio...” premo la mia bocca contro la sua.

 

Fu una violenza di cui non mi pensavo capace, ma in quel momento... in quel momento persi la ragione... o forse... la trovai...

 

Si dimena come una matta, mi colpisce con braccia e gambe, ma la tengo ferma... voglio imprimermi il suo sapore nella mente, voglio che sia indelebile... voglio che sia mio, nulla ha importanza, nulla se non quel bacio violento e malato.

Lentamente al suo sapore si mischia quello del sangue: sto applicando troppa violenza nella pressione di mani e bocca... la sto violentando... anche se non sessualmente... la sto violentando...

Quasi senza accorgermene, i miei pollici le tappano le narici e, contemporaneamente, aumento ancor di più la pressione con le labbra... provo dolore mentre il mio sangue si mischia al suo, ma non smetto... non smetto neppure quando i suoi spasmi si fanno più violenti... neppure quando cessano del tutto.

E' morta soffocata... l'ho soffocata.

Un campanile lontano suona sei colpi di campana... il sole non è sorto, ma convenzionalmente, è l'alba...

Mi getto indietro con violenza, sono di nuovo padrona del mio corpo... forse lo sono sempre stata... non lo so più... non m'importa più.

 

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


15

Epilogo

 

 

Forse è orrore, forse no... non so cosa provo guardando ciò che ho fatto. E' questo che si prova a togliere la vita...? Questo sentimento, no, questo vortice di sentimenti di cui ignoro il nome...?

“Eleonora...” un gemito mi sfugge dalla labbra sanguinanti e dolorosamente spaccate.

 

Persino in quel momento capivo, capivo ogni cosa... ma ciò non migliorava le cose... era morta perché l'avevo uccisa, perché non ero morta io...

 

“Cosa ho fatto...?”

Ma nessuno può rispondermi: sono sola... davvero sola.

Il fatto che ciò che ho davanti, forse, prescindesse dalla mia volontà, beh, difficilmente potrà fare qualche differenza... sono un'assassina.

Mi rialzò, voglio solo allontanarmi da quell'orrore, ma prima di salire i gradini... come dire, si attiva l'autoconservazione, e raccolgo il libro, lo stesso libro che ho lasciato cadere per prendermi quel bacio... prenderlo nella maniera peggiore...

 

 

Mi siedo nella Hall illuminata da un sole tenue e fugace; è la mattina di Natale e la tempesta è finita.

Sfoglio il libro alla ricerca di una soluzione, ma non ne trovo alcuna... non posso cambiare il passato, ma il futuro sì...

So cosa mi aspetta, so di meritarlo... no, non so se so di meritarlo, ma a prescindere, mi soffermo su una pagina in particolare... la leggo e rileggo più volte, mi impossesso del testo... lo memorizzo, ora è mio... non riuscirei a dimenticarlo neppure volendo.

Dopo, dopo ti dico cosa c'era scritto... e a cosa mi serviva...

 

Salgo nella mia stanza e prendo dei sacchetti dell'immondizia, ci metto dentro il libro rosso.

Ora non mi resta che nasconderlo e aspettare.

Scendo e mi dirigo verso il bosco.

 

Mi dispiace scrivere così telegraficamente, ma i dettagli non fondamentali preferisco ometterli: mi manca solo mezzo foglio...

 

Il bosco è calmo, e la neve non fa che rendere il tutto più ovattato, quasi alienante...

Devo trovare un buon posto per nascondere il libro, nessuno lo deve trovare...!

 

Al mio ritorno ci sono macchine, furgoni e veicoli di ogni sorta: Carabinieri, Polizia, Ambulanze, Vigili del Fuoco... tutto... anche la prof di Italiano e quella di Chimica...

 

 

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Cosa te lo dico a fare che non mi hanno creduto...?

Certo che ho confessato l'omicidio di Eleonora, ma sono stata accusata di tutti i morti dell'Hotel... tutti... compresi Greg e Danilo...

Oh, se te lo stai chiedendo, sì: Alessia è riuscita a fuggire... è stata lei ad accusarmi...

Sulle mie brache c'era il sangue della Professoressa, ricordi? Mi sono inginocchiata accanto a lei e mi sono macchiata le ginocchia... è uno degli errori che ho commesso...

Comincio a chiedermi se mi sia immaginata tutto...
E se il Licantropo non fosse mai esistito? Se avessi davvero ucciso io tutte quelle persone...?

Nah... non sono mica pazza... dimentica queste parole.

Ora sono qui, rinchiusa in un manicomio... lo so che non si chiamano più così, ma questo lo è davvero...

Ho atteso di finire la mia testimonianza prima di recitare le parole che ho imparato anni fa... quella mattina di Natale...

Fra poco evocherò il Licantropo, uscirò da qui e cambierò nome... pensavo ad 'Aurora', non mi dispiace come nome, anche se preferisco il mio...

Ad ogni modo... lascerò cadere questo quaderno dalla finestra, è una bella giornata di sole... spero che tu l'abbia raccolto in tempo e che sia leggibile...

Mi prenderò la vita di Alessia, ormai sono un'assassina... che differenza può fare? Ma non userò il Licantropo, no... lo farò con le mie mani... ho imparato dagli errori altrui.

Probabilmente tornerò a prendere il libro e cercherò un modo per liberare il povero mostro di questa storia, se lo merita.

Pochi centimetri ancora di carta... che ansia...

Ora sai davvero tutto... questo mi basta. Fa del quaderno ciò che vuoi, lo dono a te... non m'importa se lo brucerai o lo farai leggere a qualcun'altro... non ha nessuna importanza: una volta che avrà toccato il suolo non sarà più mio...

Se sei arrivato fino a qui... non lo so... grazie, amico mio.

Se incontrerai un'Aurora sul tuo cammino, beh, evita di farla incazzare, okay? Non si sa mai, potrei essere io! Ahahah sto scherzando... forse.

Addio, Amico Lettore.

Ps. Chiamerò questa storia "Per Un Bacio".

 

- Esmeralda J. Lek <3

    15 Luglio 2020, Manicomio di

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