The Marauders: Another Story

di DestinyIsland
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuga ***
Capitolo 2: *** Scelte ***
Capitolo 3: *** Vacanze magiche ***
Capitolo 4: *** Rapimento ***
Capitolo 5: *** L'Ordine della Fenice ***
Capitolo 6: *** La battaglia di Godric's Hollow-Parte 1 ***
Capitolo 7: *** La battaglia di Godric's Hollow-Parte 2 ***
Capitolo 8: *** La Tana ***
Capitolo 9: *** Conseguenze ***
Capitolo 10: *** Bivio ***
Capitolo 11: *** Hogwarts ***
Capitolo 12: *** Confronti ***
Capitolo 13: *** Malandrini e Quidditch ***
Capitolo 14: *** Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso ***
Capitolo 15: *** Grifondoro vs Serpeverde ***
Capitolo 16: *** Il prezzo per la verità ***
Capitolo 17: *** A caccia di insetti ***



Capitolo 1
*** Fuga ***


CAPITOLO 1: FUGA




Il signore e la signora Black, di Grimmauld Place numero 12, erano orgogliosi di affermare di essere dei nobili Purosangue. E grazie tante. La loro famiglia era tra quelle più antiche del mondo magico, generazioni e generazioni di nobili dal sangue puro che non facevano altro che ostentare la propria posizione sociale. Il loro motto era toujours pur, ovvero sempre puri. Il signor Orion Black era un uomo alto, dai capelli e occhi neri, severo e rigoroso soprattutto con i suoi figli e aveva molto a cuore la reputazione della sua famiglia. La signora Walburga Black era non troppo bassa, con dei lineamenti marcati e degli occhi penetranti, inoltre il suo viso era contornato da una folta chioma nera che provvedeva a legare in uno chignon molto elegante. Come il marito anche lei era ossessionata dalla reputazione della propria casata, odiava i Sanguesporco, ma ancora di più i Babbanofili e traditori del proprio sangue che simpatizzavano per loro. La coppia ebbe due figli: il maggiore chiamato Sirius, un ragazzo di 15 anni in tutto e per tutto uguale a suo padre e il minore, Regulus, più simile a sua madre. Tra i due Sirius era quello che veniva considerato la pecora nera o meglio, in questo caso, la pecora “bianca”. Il ragazzo, infatti, fin dalla tenera età non aveva mai condiviso i folli ideali del sangue puro appartenenti alla sua famiglia e se ne discostò immediatamente. Oltre a questo, il ragazzo, quando iniziò a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts all’età di 11 anni, venne smistato nella casa di Grifondoro, e questo fu un duro colpo per i suoi genitori dal momento che ogni singolo Black della sua famiglia era stato smistato nella casa rivale dei Serpeverde. I due fratelli durante la loro infanzia avevano un forte legame che, nel corso degli anni, si era andato ad affievolire fino a scomparire a causa della divergenza di pensiero tra loro. A differenza del primogenito, Regulus appoggiava il motto della sua famiglia, cosa che lo rese l’orgoglio della casa, ed era stato smistato in Serpeverde con grande gioia dei genitori che, da quel momento, concentrarono tutte le loro attenzioni e le loro ambizioni nel piccolo di casa. La situazione peggiorò ulteriromente quando il mondo magico venne sconvolto dalla presenza di una presenza oscura. Un potente mago oscuro stava prendendo potere in quegli anni, reclutando coloro che si volevano unire alla causa della “purificazione del sangue” ponendo come obiettivo lo sterminio dei Sanguesporco e dei Babbani che avevano costretto i maghi a nascondersi e a vivere in clandestinità, celati al loro mondo. La famiglia Black era un’aperta sostenitrice di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, alcuni membri della famiglia erano già suoi leali seguaci ed avevano intenzione di istruire a dovere Regulus per far sì che, anche lui, potesse in seguito entrare nella cerchia dei cosiddetti Mangiamorte. Sirius aveva sempre tentato di convincere, sia i genitori, sia suo fratello, che questa marcia di morte per un’ideale tanto folle di morte e omicidio era una cosa sbagliatissima. Ma essendo ormai un reietto per i propri genitori, venne sempre ignorato.
Un giorno di agosto Sirius e i suoi genitori ebbero un’ennesima litigata a proposito di ciò.
« Come potete istruire un ragazzino a uccidere delle persone? E’ inumano!» sbottò il ragazzo contro il padre.
«Regulus è l’orgoglio della nostra famiglia, ci renderà tutti fieri aiutando il Signore Oscuro con la pulizia di quei sudici Sanguesporco.» rispose tranquillo Orion.
« Siete dei pazzi! Non capite che questa causa, come la chiamate voi, è completamente folle! Che differenza c’è tra un Purosangue e un Nato Babbano?! Nessuna!» continuò Sirius.
« Smettila di dire sciocchezze. La magia appartiene ai maghi, quei ladri hanno preso qualcosa che non gli appartiene. E per questo bisogna fare giustizia ed eliminarli. Sei un Black, appartieni ad una delle più nobili casate Purosangue della Gran Bretagna, ed è ora che tu ti unisca alla causa.»
«Stai dicendo che dovrei addestrarmi per imparare le arti oscure e uccidere qualsiasi Sanguesporco mi capiti a tiro? Beh è ora che capiate una cosa, io non mi unirò mai a Voldemort e al suo esercito di scheletri ambulanti!» esclamò.
«Sirius Black!» intervenne Walburga contro di lui «Non osare mai più pronunciare il nome del Signore Oscuro. Tu farai quello che ti diciamo! Vivi con noi e finché vivrai sotto il nostro stesso tetto obbedirai senza discussioni.»
Sirus strinse i pugni dalla rabbia. Non li sopportava. Come potevano essere così ciechi, così ossessionati da questa folle storia del sangue puro. Odiava essere un Black.
«Bene! Allora ti facilito subito le cose madre.» disse rivolgendosi a Walburga a denti stretti.
Corse al piano di sopra ed entrò in camera sua. Raccolse in fretta e furia tutte le sue cose e gli oggetti che gli sarebbero potuti servire e li infilò dentro il suo baule, chiudendolo con un calcio. Mormorò un incantesimo per rimpicciolire il baule e se lo mise in tasca.
 Scese nuovamente al piano inferiore e si rivolse ai suoi genitori:« Se in questa casa non sono ben accetto, allora tolgo il disturbo.»
Orion ghignò« E dove credi di andare. Non hai posto dove stare, tornerai di nuovo qui.»
«Preferirei vivere per strada che rimanere qui dentro un minuto di più.» replicò il giovane.
Detto questo si incamminò verso la porta e uscì in strada senza guardarsi indietro. Girovagò per le strade senza una meta, era troppo arrabbiato per riflettere con lucidità e non sapeva cosa fare e dove andare. Continuò a camminare per un po’, finché non arrivo il buoi serale. Si sedette su una panchina e si prese la testa tra e mani.
“Sono in un bel casino. In quella casa non ho intenzione di ritornarci neanche morto, ma dove potrei andare?” pensò.
Cercò di trovare una soluzione e il suo pensiero volò ai suoi amici. Chissà se almeno loro se la passavano bene. Pensò a Remus, che probabilmente stava passando l’estate a leggere e a studiare tra una trasformazione in lupo mannaro e l’altra. Peter che si rimpinzava sicuramente di cibo. E James che sicuramente stava impiegando il suo tempo allenandosi a Quidditch.
“James…chissà magari mi potrebbe ospitare per qualche notte. Il tempo di trovare un’altra sistemazione. Anche se…sono un po’ a corto di soldi.” rifletté.
Decise che valeva la pena tentare, così tirò fuori la bacchetta e chiamò il Nottetempo. Con una velocità supersonica si vide arrivare un grosso autobus a pochi metri da lui.
Il controllore scese e parlò: «Benvenuti sul Nottempo, mezzo per maghi e streghe in difficoltà. Dove vuole andare?»
«Ehm...dovrei andare a Godric’s Hollow per favore» rispose Sirius.
«Bene, fanno 11 falci.»           
Il giovane pagò ed entrò all’interno del veicolo. L’aveva preso solo una volta e il suo aspetto era rimasto invariato. Il Nottetempo era composto da più piani, e tutti i piani avevano, al posto dei sedili, dei comodi letti dove una buona parte di maghi stava schiacciando un pisolino. Probabilmente stavano affrontando un lungo viaggio. L’autobus partì sgommando, si muoveva velocissimo tra le auto Babbane, e sia i passanti che gli autisti non facevano parvero accorgersi del loro passaggio. A causa dell’elevata velocità i letti si muovevano molto, per cui risultò parecchio faticoso per Sirius stare in equilibrio. Il viaggio non durò a lungo e, dopo una ventina di minuti si fermò proprio alla meta che il ragazzo doveva raggiungere. Sceso da quella trappola su ruote, Sirius si guardò intorno. Godric’s Hollow era un villaggio che si presentava molto accogliente ed ospitale. Vi abitavano, oltre ai Babbani, alcune famiglie di maghi tra cui i Potter, ossia i genitori di James. Camminò per una decina di minuti, finché non trovò la casa giusta. La casa dei Potter era una piccola villetta con delizioso giardino molto ben curato, e vicino un piccolo orto dove venivano coltivate alcune piante magiche, sicuramente curate dal padre di James, Fleamont, dato che era un rinomato pozionista. Arrivò dinanzi alla porta e inspirò per prendere coraggio. Dopodiché suonò il campanello. La porta venne aperta da una donna dai capelli rossi, bassina, e nonostante l’età un po’ avanzata, molto radiosa.
«Ehm…salve signora Potter. Non so si ricorda di me, sono Sirius Bla-» iniziò a dire.
«Sirius!»lo interruppe la donna« Ma certo che mi ricordo di te. Come stai? Entra su.»
Euphemia si fece da parte per farlo entrare e, con un velato imbarazzo, entrò.
«James sarà felicissimo di vederti, vedrai.» gli disse. «JAMIEEEEE!»urlò a gran voce.
«Cos’hai da urlare mamma?!» si sentì dal piano di sopra.
«Potresti scendere per favore? Ci sono visite!»
«Arrivo! Spero solo che non sia di nuovo quel venditore ambulante di amuleti falsi. Ne ho abbastanza di…Sirius!» esclamò James incredulo.
Il ragazzo saltò le scale in una sola volta e si fiondò ad abbracciare il suo migliore amico. Sirius constatò che era rimasto lo stesso giocherellone di sempre, e che non fosse cambiato per niente in quei 2 mesi. James era un ragazzo abbastanza alto, un fisico ben definito grazie ai continui allenamenti di Quidditch, con dei capelli neri spettinati e dei caldi occhi color nocciola. Inoltre indossava degli occhiali da vista circolari, che lo facevano sembrare un ragazzo di cui ci si potesse fidare.
«Amico che bello averti qui. Come mai questa visita?» chiese entusiasta l’amico.
Sirius non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che, arrivò in salotto, Fleamont Potter, domando cosa stesse succedendo. A quel punto il giovane Black decise di rivelare effettivamente il motivo per il quale si era presentato da loro senza preavviso.
«Sono scappato di casa» rispose quasi sussurrando. «E’ da molto tempo che discuto con i miei genitori dei loro folli ideali. Sono riusciti a deviare mio fratello, lo stanno allevando come un perfetto Mangiamorte. Mi rifiuto di vivere ancora in quella casa. Avrei bisogno di ospitalità per qualche giorno, poi troverò un’altra sistemaz-»
Nemmeno il tempo di finire il proprio discorso che Euphemia lo aveva abbracciato di slancio.
«Sirius caro, puoi rimanere qui tutto il tempo che desideri. Non sei di alcun disturbo.» gli disse con voce amorevole.
«Sono completamente d’accordo.» le diede man forte il marito« Ci fa piacere avere un altro malandrino in giro per caso. Non ti preoccupare.»
Il ragazzo rimase sbalordito dalla gentilezza della coppia. Non avevano tentennato un minuto sulla sua richiesta, anzi, gli avevano proposto di rimanere lì.
«Grazie signori Potter. Davvero.» li ringraziò Sirius sorridendo.
«Ah sciocchezze.» minimizzò la donna« Va’ pure a sistemarti nella stanza degli ospiti, è di fianco a quella di James. James aiutalo. Poi scendete che preparo la cena. Sarai affamato caro.»
Fecero come Euphemia aveva detto e si ritrovarono tutti seduti a cena. Risero, scherzarono e parlarono in tutta libertà. L’imbarazzo iniziale di Sirius era sparito nel nulla, i signori Potter erano riusciti a metterlo a proprio agio in fretta. Ridendo all’ennesima battuta del padre di James, il giovane Black si sentii, per la prima volta in vita sua, a casa. 

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Capitolo 2
*** Scelte ***


CAPITOLO 2: SCELTE




«Muoviti Rodolphus! Dobbiamo sbrigarci ad andare a Villa Malfoy. Il Signore Oscuro non ci perdonerà se ritardiamo anche di un solo minuto.» urlò la donna al marito.
Bellatrix Black in Lestrange, affermata Mangiamorte aspettava trepidante di uscire. La sua bellezza era direttamente proporzionale alla sua pazzia e aggressività, strega straordinariamente dotata e del tutto priva di coscienza. Era sposata con Rodolphus Lestrange, un mago, anch’esso Mangiamorte e seguace di Voldemort, appartenente ad una nobile famiglia Purosangue proprio come la sua sposa. Era usanza, infatti, che i maghi più tradizionalisti organizzassero dei matrimoni combinati e di convenienza per far sì che la propria prole potesse continuare ad avere il sangue puro. Sposare Babbani, Messosangue o Sanguesporco sarebbe stato il massimo del disonore per un membro di queste famiglie. Bellatrix aveva, inoltre, due sorelle: Narcissa e Andromeda. La prima era una ragazza rispettosa delle tradizioni e molto devota alla sua famiglia tanto da essere fidanzata con Lucius Malfoy, appartente ad una delle casate più pure e influenti del mondo magico e forte sostenitrice del Signore Oscuro; la seconda, invece, era stata rinnegata dalla famiglia per aver sposato un Nato Babbano di nome Ted Tonks, da cui ebbe anche una figlia: Ninfadora. A Bellatrix ribolliva il sangue nelle vene a sentir parlare della sua sorella rinnegata, avrebbe voluto punirla lei stessa se ne avesse avuto l’occasione.
«Sono pronto. Andiamo.» rispose Rodolphus.
Il marito le tese la mano e lei l’afferrò senza batter ciglio. Si Smaterializzarono fuori al cancello che portava ai giardini e dentro Villa Malfoy. Lucius aveva applicato degli Incantesimi di Allarme in caso di pericolo o qualche sgradevole visitina da parte degli Auror. Non sapendo cosa fare Bellatrix iniziò ad urlare.
«Siamo Rodolphus e Bellatrix Lestrange! Fateci entrare!»
Come finì di pronunciare le ultime parole, il cancello si aprì lentamente permettendo loro di avanzare. Si affrettarono ad entrare nell’immensa villa e recandosi nel salone principale dove si sarebbe tenuta una importantissima riunione con gli altri Mangiamorte a cui avrebbe partecipato anche il Signore Oscuro. La Lestrange era in fermento, adorava Voldemort alla follia, lo venerava e lo sosteneva in qualunque scelta lui prendesse o volesse attuare. Non era un segreto per nessuno che si fosse sposata con Rodolphus solo per la sua nobile e ricca famiglia, quando in realtà amava unicamente il suo signore.
«Sorella, finalmente siete arrivati.» la accolse Narcissa con uno sguardo di ghiaccio.
«Ciao Cissy. Ti trovo bene.» rispose sghignazzando.
Di fianco a lei Rodolphus stava stringendo la mano a Lucius Malfoy.
«Lucius.» disse.
«Rodolphus.»
« Venite, gli altri sono tutti di qua.» disse il proprietario della villa accompagnandoli nel salone principale.
Nel salone erano presenti molti visi già noti alla Mangiamorte. Visi con cui aveva già compiuto delle missioni per conto del suo amato signore.
« Tra quanto sarà qui il Signore Oscuro?» chiese Bellatrix che non stava più nella pelle.
«Calmati Bella. Sarà qui a momenti.» le rispose teso Lucius.
Come se lo avesse invocato, una figura vestita da un mantello nero con un cappuccio abbassato sulle spalle fece la sua comparsa nel salone facendo ammutolire tutti i presenti. Era privo di capelli, aveva degli occhi rossi che riflettevano la sua anima malvagia e due narici schiacciate che ricordavano quelle di un serpente. Lord Voldemort aveva fatto il suo ingresso.
«Miei cari amici, è un piacere trovarvi tutti qui stasera.» parlò con voce melliflua.
I presenti fecero un piccolo inchino per accogliere il loro amato padrone.
«Sedete prego.» li invitò Voldemort facendo prendere posto al lungo tavolo posto al centro della sala.
«Innanzitutto vorrei ringraziare Lucius per avermi gentilmente concesso la sua graziosa villa per la riunione di stasera.» disse guardando Malfoy che avvertì un brivido percorrergli la colonna vertebrale.
«Mio S-Signore è un onore poterle concedere la mia umilissima dimora.» rispose.
«Bene. Stasera siamo qui per parlare della nostra causa e della purificazione del mondo magico. Abbiamo iniziato con il piede giusto, ma a quanto pare il Ministero della Magia ci sta mandando addosso i suoi Auror migliori. Ho sentito che un certo Alastor Moody, l’ultima volta, è riuscito a catturare un paio dei nostri fedelissimi seguaci. Gli Auror saranno anche ben addestrati, ma non ce ne dobbiamo comunque preoccupare troppo. Quello che più mi preme adesso è capire perché ultimamente abbiamo addosso una schiera di maghi che non ci lasciano fare una sola mossa. Da dove sono saltati fuori vi starete chiedendo. Io credo di sapere chi c’è dietro questo gruppo di difesa che si è schierato contro di noi. Albus Silente.»
«Ma, mio Signore, come potrebbe Silente fermare lei, che è il mago più potente di tutti i tempi?» domandò un Mangiamorte.
«Oh io sono potentissimo, questo è certo. Ma non bisogna sottovalutare Silente. Ora come ora è l’unico che potrebbe mettermi i bastoni tra le ruote, anche se non potrebbe mai farlo da solo. Quindi deduco che si sia circondato di persone fidate, abbia creato un’organizzazione a cui ha dato delle precise istruzioni.» rispose Voldemort con tono duro.
«Che cosa possiamo fare Mio Signore? Qualsiasi cosa chiederai noi la porteremo a termine. IO la porterò a termine.» disse Bellatrix pendendo dalle labbra del mago.
«Mi fa piacere avere al mio servizio persone leali come te, Bellatrix. Quello che ora possiamo fare e stare più attenti alle nostre prossime mosse. Cercare di stanare quei seccatori e scoprire chi si cela dietro.»
Tutti annuirono in segno di assenso.
«Ora…ci sarebbe per caso qualcuno che avete portato, di estremamente fidato, che voglia unirsi alla nostra splendida causa?»
Un uomo, chiamato Avery, si alzò in piedi e rispose:« Mio Signore, permettete che vi presenti mio figlio e il suo amico Severus Piton. Mio figlio è un abile duellante per avere solo quindici anni, mentre il suo amico è un abile pozionista, uno dei più promettenti della sua età. Sarebbero molto utili a lei.»
I due ragazzi si avvicinarono. Avery Jr. era un ragazzo ben piazzato con una folle luce negli occhi, mentre, al contrario Piton era mingherlino, con dei capelli neri e lisci e un’espressione spenta.
«Abile pozionista eh? Sentiamo, saresti capace di produrre una pozione complicata come il Veritaserum?» chiese Voldemort incuriosito.
«Si, mio Signore. Ne sono capace.»
Il mago oscuro rise di gusto. «Allora sei il benvenuto, così come il figlio di Avery. Ma per poter avere il Marchio Nero ed essere dei superbi Mangiamorte a tutti gli effetti, dovrete prima essere messi alla prova.»
«Cosa dobbiamo fare?» chiesero i due ragazzi all’unisono.
«Noi ci occuperemo al più presto del problema Silente. Simuleremo un’ aggressione ad una famiglia Babbana. Una volta che quei pidocchi saranno sul posto, ci basterà creare un po’ di confusione e catturarne uno. In questo vi aiuterà anche il giovane Avery. Poi lo interrogheremo, e anche se mi dispiace togliere il divertimento alla cara Bellatrix, non useremo la maledizione Cruciatus ma il Veritaserum che ci fornirà Severus. Portate a termine la missione e farete parte ufficialmente dei Mangiamorte.» concluse.
I due ragazzi annuirono e si inchinarono dinanzi a quello, che da lì a poco, sarebbe diventato il loro padrone a tutti gli effetti. Avery era molto gasato, impaziente di poter entrare nella setta purificatrice del mondo magico. Il pensiero di Severus, invece, andò ad una ragazza dai capelli rosso scuro e dagli occhi verdi smeraldo.
“Lily…mi dispiace.”
                                                                                                                            *
 
 
Lily stava guardando le stelle dalla finestra di camera sua. L’arietta di quella sera, nonostante fosse piena estate, era stranamente fresca e rilassante. Si era soffermata ad osservare il firmamento da una mezz’oretta, incantata da ciò che il cielo, quella sera, aveva deciso di mostrarle. Era il suo momento per riflettere e pensare a ciò che le era successo ultimamente. Il suo ultimo anno ad Hogwarts era stato pieno di sorprese e delusioni: aveva scoperto il segreto del suo amico Remus cioè del suo essere un Lupo Mannaro, rassicurandolo e facendolo sentire pienamente accettato; era addirittura arrivata a diventare amica dei Malandrini e soprattutto di James Potter che, fino a un anno prima, definiva un arrogante pieno di sé, ma che aveva scoperto essere di buon cuore e un leale amico; la sua delusione fu per il suo, ormai ex, migliore amico Severus Piton, che le aveva rivolto un pesante insulto sul suo essere Sanguesporco. Lily era, infatti, figlia di due Babbani: Harry e Mary Evans. La coppia era molto orgogliosa che loro figlia fosse entrata ad una scuola di Magia così prestigiosa e l’avevano sempre sostenuta sul suo percorso, dimostrandosi entusiasti della magia. Non si poteva dire lo stesso di sua sorella Petunia. Lei detestava quando si parlava di magia in casa, o di quando Lily portava dei souvenir magici quando tornando per le vacanze. Inizialmente la ragazza non capì perché Petunia odiasse lei e la magia, ma le fu tutto più chiaro quando trovò nascosta una lettera di Albus Silente che le rispondeva cortesemente che solo chi possedeva poteri magici avrebbe potuto frequentare Hogwarts. Petunia era gelosa di lei. E per questo Lily non riusciva ad avercela in alcun modo con lei, anche se a volte detestava le sue uscite poco gentili sui suoi amici e la sua scuola. La ragazza era anche parecchio turbata da quella che aveva tutta l’aria di essere una guerra contro chi non possedeva il sangue puro. Molte famiglie Babbane stavano sparendo nel nulla e molti Sanguesporco venivano assassinati. Lily si era sempre chiesta come si poteva togliere la vita a qualcuno solo perché veniva reputato non degno di esercitare la magia. Aveva anche paura, nonostante avesse sempre la sua espressione decisa e forte, aveva paura per la sua famiglia e per se stessa, perché se le cose avessero preso una brutta piega lei avrebbe combattuto per difendere chi aveva a cuore.
“Chissà che cosa ci aspetta.” pensò ammirando il cielo stellato.
Ebbe un tremito che partì dalla spalle. Una brutta sensazione addosso a lei. La sentiva sulla propria pelle. E il suo pensiero andò a Piton.
“Severus…ti prego non fare sciocchezze.”

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Capitolo 3
*** Vacanze magiche ***


CAPITOLO 3: VACANZE MAGICHE




Quella mattina Lily Evans si svegliò pimpante e di buon umore. La sua contentezza riguardava la lettere che le aveva spedito, il giorno prima, una delle sue migliori amiche: Alice Prewett. Il suo gufo era arrivato in tarda serata, destando la curiosità della rossa.
 
Cara Lily
spero che tu abbia passato delle piacevoli vacanze estive, anche se conoscendo tua sorella
ti avrà reso sicuramente le cose difficili. In più con la situazione in cui versa il mondo magico
non c’è da star tranquilli. Si respira un’aria particolarmente pesante e la preoccupazione
cresce di giorno in giorno. Ho sentito dai miei cugini Auror, Fabian e Gideon, che neanche
il Ministero sa più che pesci prendere. Comunque, tralasciando le brutte notizie, ti scrivo
per invitarti a passare il resto delle vacanze estive a Godric’s Hollow. Dato che sia Frank
che James abitano lì hanno messo a disposizione le loro case per sistemarci. Ovviamente io
andrò da Frank. Così potremo spassarcela allegramente fino
all’inizio della scuola. Non accetto un no come risposta, per cui domani pomeriggio fatti
trovare pronta e ti passeremo a prendere io e papà. Ci Materializzeremo nei pressi della
tua casa, ma non troppo per non dare nell’occhio. Ci vediamo domani.
 
Tua Alice
P.S. Sarà la volta buona che cederai alle lusinghe di James? Non farlo penare troppo.
 
 
Finito di leggere la lettera Lily sorrise, incapace di trattenere la propria contentezza per passare il resto delle vacanze con i suoi amici e non segregata a Cokeworth. Nonostante l’iniziale disappunto di suo padre nel sapere che avrebbe avuto contatto con alcuni ragazzi, sua madre intercedette per lei e convinse il marito a lasciar libera la propria figlia, avendola vista parecchio abbattuta per buona parte delle vacanze.
Erano quasi le cinque del pomeriggio e la ragazza stava aspettando l’arrivo di Alice seduta sul divano del salotto, dove suo padre le stava dando le ultime raccomandazioni.
«Mi raccomando Lily, sta’ attenta a tutti i ragazzi che ti si avvicinano. E non accettare niente dagli sconosciuti. E non…»
«Harry caro, smettila di tartassarla con tutte questi accorgimenti. Lily è grande abbastanza da saper badare a se stessa. E poi è con i suoi compagni di scuola, non sta andando mica in guerra.» lo riprese Mary ridendo.
«Grazie mamma. Comunque sta tranquillo papà, i miei amici sono tutti fidati. Non c’è da preoccuparsi.» lo tranquillizzò la figlia.
«Poi non è più la tua bambina. E’ normale che inizino ad interessarle i ragazzi, tipo quello che ti guardava alla stazione di King’s Cross, quello carino con gli occhiali, alto e..»
«Non starai mica parlando di James Potter mamma?!» domandò Lily sbigottita.
«Ah si chiama così? Beh Lily a giudicare come ti guardava gli interessi molto. Fossi al posto tuo un pensierino ce lo farei…» la prese in giro Mary.
«Mamma!» esclamò scandalizzata.
In quel momento sentirono suonare al campanello e la rossa si precipitò ad aprire la porta, venendo poi investita dall’abbraccio soffocante di Alice.
«Alice anche io sono contenta di vederti, ma così mi soffochi!» sbiascicò Lily con le braccia dell’amica strette al suo collo.
La mora rise, mollando la presa.
«Ciao Lily.» si presentò il signor Prewett «Alice mi ha parlato molto di te.»
«E’ un piacere signor Prewett.»disse stringendogli la mano «Prego, accomodatevi.»
Mentre il padre di Alice e i suoi genitori si presentarono iniziando a parlare tra loro, le due ragazze si spostarono in cucina per parlare un po’ in privato.
«Spero che le tue vacanze estive siano state più divertenti delle mie.» parlò Lily.
«Niente di speciale. Siamo solo andati in campeggio un week-end di luglio. Perciò ho avuto l’idea di trascorrere le settimane restanti tutti insieme. Così ho chiesto a Frank se fosse d’accordo e mi risposto che non c’erano problemi. Ha fatto arrivare la notizia a James, e puoi immaginare che non abbia esitato un secondo ad accettare.» spiegò Alice,
«Quindi ci saremo tutti?»
«Beh non proprio tutti. Remus non può venire a causa del suo piccolo problema peloso, Peter è in vacanza con i genitori in Irlanda, Mary mi ha avvisato, appena ti ho spedito la lettera, che non aveva ancora cominciato i compiti estivi e che venire l’avrebbe distratta troppo e infine Emmeline, anche lei in vacanza.» rispose la mora.
«L’unica a venire sarebbe Marlene?»
«Già.»
«E dove ci sistemeremo?» domando curiosa Lily.
«Abbiamo già organizzato tutto. Io starò a casa di Frank, per ovvi motivi…»sghignazzò Alice facendo ridere anche la rossa. «Mentre per quanto riguarda te e Marlene starete a casa di James, dove è già presente Sirius.»
«Io a casa di Potter? Stai scherzando?!»sbottò Lily.
«Oh andiamo Lils, ormai siete diventati amici, e litigate molto meno rispetto a prima. L’hai visto anche tu che è diventato più responsabile.»
«Non dico ma questo. Ma da qui a stare a casa sua…»
L’amica la guardò supplicante e con gli occhi lucidi per far addolcire Lily e strapparle il consenso.
«Oh…e va bene.» si arrese.
Le due ragazze risero, quando sentirono la voce del signor Prewett chiamarle dal salotto.
«Ragazze è ora di andare!»
«Arriviamo!»
Lily salutò i genitori, promettendogli di scriverli di tanto in tanto, prese il suo bagaglio e diede la mano ad Alice pronta a partire.
«Tieniti stretta Lily.» l’avvertì l’uomo «All’inizio la Materializzazione Congiunta può farti un po’ girare la testa.»
Detto ciò i tre si Smaterializzarono. Lily sentì uno strappo all’altezza dell’ombelico e prima di capire cosa fosse successo si accorse di non essere più nel suo salotto ma in mezzo ad una viottola. La ragazza avvertì un leggero giramento di testa, come previsto dal padre di Alice.
«Tranquilla, è questione di abitudine. Le prime volte sono un po’ pesanti per tutti.» la rassicurò. Poi si rivolse alla figlia:« Bene, tu conosci la strada. Vi lascio qui, ho alcuni affari da sbrigare. Godetevi le vacanze e fate le brave.».
«Certo papà. Ci vediamo a King’s Cross il primo settembre.» lo salutò Alice dandogli un abbraccio veloce.
L’uomo rivolse un sorrisetto alla figlia e si Smaterializzò. Lily rimase stupita dalla facilità con cui l’uomo riusciva a Smaterializzarsi e Materializzarsi a piacimento e non vedeva l’ora di avere diciassette anni per poterlo imparare anche lei. Era una strega molto dotata e cercava di imparare sempre di tutto. Scoprire sempre di più sulla magia la esaltava.
«Bene. Andiamo a casa di Frank a posare il mio baule, poi andremo tutti insieme a casa Potter.» disse la mora.
Camminarono lungo le strade di Godric’s Hollow fino ad arrivare alla casa dei Paciock. Quando suonarono vennero accolte dal ragazzo di Alice: Frank Paciok. Frank era un ragazzo gentile ed estremamente comprensivo, uno dei motivi per cui stava con Alice. Fisicamente era un ragazzo nella norma, aveva dei capelli castani e un’espressione mite sul volto.
«Alice! Lily! Finalmente siete qu-»
Non fece in tempo a finire la frase che la sua fidanzata gli saltò al collo stringendolo forte, replicando ciò che aveva fatto con Lily poco fa.
«A-Alice…non respiro…»gemette facendola staccare e facendo dei lunghi respiri per prendere fiato.
«Allora è un vizio.» osservò Lily «Prima o poi finirà che ucciderà veramente qualcuno.»
Frank le fece accomodare, mentre si scambiava un bacio veloce con la sua ragazza e la aiutò a sistemarsi nella camera degli ospiti.
«Tua madre non è in casa Frankie?» chiese Alice.
«No. Ultimamente è spesso fuori casa, il Dipartimento Auror le sta dando molto lavoro da svolgere.» rispose.
«Capisco. Sinceramente speravo non fosse qui. Senza offesa tesoro, ma tua madre a volte mi spaventa.»
«Beh non sei la prima a dirmelo.» ridacchiò lui.
«Niente distrazioni. Prossima tappa: casa Potter.»
I tre uscirono e si avviarono verso la graziosa villetta che parve colpire molto Lily dato che era una bellissima casetta molto ben curata. Conoscendo quello scalmanato di Potter non avrebbe mai pensato che vivesse lì. Suonarono al campanello e ad aprire la porta fu Sirius.
«Guarda un po’ chi abbiamo qui…» ghignò «Evans a casa Potter. Chi lo avrebbe mai detto.»
«Ti conviene chiudere quella tua boccaccia se non vuoi che ti castri all’istante.» lo minaccio in risposta lei.
Sirius si fece da parte, leggermente impaurito. Certamente la Evans non era da prendere alla leggera, sapeva farsi valere fin troppo.
Euphemia li raggiunse stringendo prima Frank e poi Alice in un delicato abbraccio. Evidentemente già li conosceva grazie ai contatti con i loro genitori. In genere quasi tutti i Purosangue si conoscevano tra loro o avevano addirittura qualche legame di parentela. Venne presa dal panico, non sapendo come presentarsi, ma venne preceduta da Sirius che intercedette per lei.
«Euphemia questa è Lily Evans.»
«Oh ma certo Lily. James ci ha parlato tanto di te, e conoscendo quell’irrecuperabile di mio figlio spero che non ti abbia tartassato troppo.»
«Oh non si preoccupi signora Potter. Quando capita so gestirlo.» le rispose Lily sorridendo.
 Non sapeva perché ma quella donna le trasmetteva sicurezza e delicatezza al tempo stesso. In più notò che, come lei, aveva una chioma di color rosso scuro e la cosa la faceva sentire stranamente contenta.
«Mi piace già questa ragazza. Forte e determinata. Non per niente sei una Grifondoro.» rise.
«Marlene è già arrivata?» domandò Alice.
«Oh si. Lei e James stavano facendo qualche tiro nel giardino sul retro.» rispose il Black mentre usciva dalla porta sul retro per andarli a chiamare. I due entrarono e furono contenti di vedere i loro amici che li stavano aspettando.
«Ehi gente! Felice di vedervi!» esclamò James mentre si apprestava a salutare Frank e Alice.
Si soffermò su Lily, indugiando se abbracciarla o meno. Erano diventati amici, certo, ma ancora non c’era troppa confidenza fisica tra loro. Il ragazzo rimase imbambolato sulla figura della rossa, trovandola ancora più bella dell’ultima volta che l’aveva vista, soffermandosi particolarmente sui suoi occhi verdi che reputava ammalianti. James aveva ormai accettato dentro di sé, di provare qualcosa per lei, nonostante gli anni di litigi e all’inizio della loro amicizia si era ripromesso di non incasinare tutto, ma di far sentire Lily meglio che poteva. Vedendo il tentennamento del ragazzo, Lily sorrise appena e fece lei la prima mossa dandogli un leggero abbraccio che lui ricambiò imbarazzato.
«Bene, ora che i piccioncini hanno finito…» cominciò a dire Sirius scatenando le risate dei presenti a parte James e Lily che lo guardarono imbronciati «…direi che mademoiselle Evans può sistemarsi nella sua camera, dove c’è anche Marlene, così possiamo andare a fare una passeggiata.»
Nonostante i toni ironici del ragazzo, gli altri acconsentirono e Lily si affrettò a sistemare le sue cose, apprendendo che lei e l’amica avrebbero dormito nella stanza degli ospiti, mentre i due ragazzi avrebbero occupato entrambi la camera di James. Una volta usciti passeggiarono per le strade di Godric’s Hollow parlando del più e del meno, più alcuni intermezzi pseudo culturali quando James e Frank, che abitavano quel villaggio dalla loro nascita, raccontavano qualche curiosità. Non si accorsero nemmeno che si era fatto particolarmente tardi e che si sarebbero dovuti avviare alle rispettive abitazioni. Si salutarono e andarono in due direzioni separate per tornare. Una volta tornati a casa Potter, i ragazzi si prepararono per la notte e con un veloce saluto andarono tutti a letto. Lily, però, passò una mezz’oretta a girarsi e rigirarsi nel letto, non trovando pace e si arrese decidendo che si sarebbe messa a guardare il cielo stellato, com’era suo solito fare. Decise di scendere nel giardino sul retro, facendo attenzione a non fare il minimo rumore per non svegliare gli altri, che sembravano dormire profondamente. Arrivata a destinazione si sdraiò sull’erba curata del giardinetto e rilassò i muscoli per godersi la vista e la pace della notte. Guardare le stelle la faceva sentire in pace con se stessa, come se solo alla vista di quei puntini luminosi a miliardi di chilometri di distanza il suo corpo reagisse bene nei momenti di stress. Il silenzio della notte venne interrotto dal rumore di una porta che fece sobbalzare la ragazza.
«Ah…allora eri tu.» parlò James a bassa voce.
«James mi hai fatto spaventare…» borbottò lei.
James Potter era in piedi sulla porta, solo con i pantaloncini. A quella vista la ragazza non poté far altro che indugiare sul suo fisico definito e si imbarazzò pensando a ciò che stava facendo.
«Scusami è che avevo sentito qualcuno alzarsi e uscire.» si giustificò il moro. «Stavi guardando le stelle?» chiese.
Lily annuì: «Non riuscivo a dormire, non so perché, e per rilassarmi ho pensato di uscire fuori a godermi questa meraviglia.»
James la ascoltò di sfuggita, fermo a guardare l’effetto che la luce notturna aveva sulla ragazza rendendola meravigliosa ai suoi occhi.
«Senti…» incominciò a dire «C’è un modo migliore per osservarle. Un po’ più da vicino. Sempre se ti va…»
La rossa lo guardò incuriosita non sapendo dove volesse andare a parare. Lo vide avvicinarsi ad una cassa e tirarne fuori una scopa. Si avvicinò a lei e le tese una mano, segno che significava che volesse che lei salisse dietro di lui a cavallo della scopa. Istintivamente Lily la afferrò e si posizionò dietro di lui, aggrappandosi forte ai suoi fianchi quando avvertì la scopa staccarsi da terra. Non le erano mai piaciuti i manici di scopa, o almeno non le piaceva utilizzarli, a differenza di quando vedeva le partite di Quidditch. Si fidava di James proprio perché era consapevole che lui avesse una grande abilità nel volo. Atterrarono poi sul tetto della casa e stando attenti a non cadere si sdraiarono lentamente per godersi insieme quella nottata. Rimasero in silenzio, troppo rilassati per rovinare quell’atmosfera che si era creata, e perché soprattutto non avrebbero saputo cosa dire.
 Il ragazzo si girò verso di lei, prendendo fiato, le chiese:« Davvero non sai perché non riuscivi a dormire?»
Lily rimase sorpresa da quella domanda. Non si aspettava che avesse continuato a pensare a quella risposta data così di fretta e che appariva poco veritiera. Decise di rispondere.
«Beh, in realtà…riflettevo su quello che sta succedendo. Sulla guerra che sta avanzando, la preoccupazione per i miei genitori e per…Severus.»
James esitò un momento al nome di Piton. I due non andavano per niente d’accordo, si poteva dire che tra loro due vi fosse un odio reciproco.
« E a cosa pensi?» continuò.
«Penso a come abbia potuto dimenticare così in fretta la nostra amicizia e dedicarsi a quegli idioti dei Serpeverde.  A come abbia potuto anche solo interessarsi alle Arti Oscure. Insomma…non riesco a spiegarmelo.»
«Sai Lily, a volte le persone fanno scelte irruente e poco razionali, di cui si pentono dopo un po’. Per quanto non sopporti Piton, ho sempre pensato che avendo te al suo fianco non avesse intenzione di gettarsi in quella melma di futuri Mangiamorte. Forse mi sbaglio ma…credo che, prima o poi, se ne pentirà. La guerra porta solo distruzione e morte. Non esiste un vincitore assoluto, ma solo chi ha perso di più e chi ha perso di meno. E per quanto possa essere difficile e sconfortante, dovremmo fare tutti la nostra parte.»
Lily rimase colpita profondamente da quel discorso. Non lo riconosceva quasi più. Era lo stesso ragazzo che l’aveva tormentata e presa in giro per quasi quattro anni con i suoi amici Malandrini. Se prima aveva qualche dubbio sulla maturazione di James, adesso aveva capito era avvenuta senza che lei se ne accorgesse.
«Sai James, sei davvero cambiato.» gli disse con sincerità.
Lui rise: «Forse non tanto quanto credi.»
Lei si unì alla sua risata. Dopo un po’ decisero di scendere e di avviarsi entrambi a dormire o la mattina dopo li avrebbero scambiati per zombie.
«Buonanotte Lily.» sussurrò il ragazzo.
«Buonanotte James.» rispose accennando un sorrisetto.
Il ricordo di quella notte Lily l’avrebbe custodito nel suo cuore, addormentandosi con il sorriso sulle labbra.
 

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Capitolo 4
*** Rapimento ***


CAPITOLO 4: IL RAPIMENTO



Piton era molto concentrato. I Mangiamorte gli avevano procurato tutto il necessario per preparare il Veritaserum, essendo composto di molti ingredienti difficili da reperire. Gli avevano dato anche una stanzetta, riorganizzata come un piccolo laboratorio, dove veniva osservato e controllato mentre preparava la pozione che avrebbe avuto una parte importante nella loro prossima missione. Il Serpeverde era, ormai, arrivato quasi alla conclusione dopo lunghi e precisi passaggi, ma continuava a non tralasciare alcun dettaglio che non eseguito nel modo giusto avrebbe mandato all’aria tutto il lavoro compiuto fino a quel momento. Aggiunse l’ultimo ingrediente e aspettò qualche secondo perché si amalgamasse al resto dell’intruglio. La pozione era ultimata, a suo parere andata a buon fine e pronta per essere usata. Si girò verso i Mangiamorte facendogli un cenno con la testa, al quale loro risposero uscendo dalla porta per andare a chiamare Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, che fece la sua entrata accompagnato da altri seguaci. Il mago si avvicinò a lui e lanciò un’occhiata al calderone dove era riposta la pozione, e si fece sfuggire un sorrisetto compiaciuto.
«A quanto pare ciò che Avery Sr. mi aveva riferito all’ultima riunione si è rivelato vero.» osservò « Ben fatto, mio caro Severus.» si complimentò dandogli una leggera pacca sulla spalla.
Qualcosa, però, fece capire a Piton che Voldemort avesse qualcosa che gli passava per la testa. Non pensava che bastasse così poco ad impressionare il Signore Oscuro. Le sue seguenti parole gliene diedero conferma.
« Bisogna essere prudenti. La nostra prossima missione non dovrà avere alcun intoppo. E per quanto io mi fidi della tua abilità, caro Severus, la vorrei testare.»
«Mio Signore…vuole che la beva?» domandò il ragazzo cercando di tenere i nervi saldi.
«Oh no… tu hai già svolto il tuo compito egregiamente.» rispose con un tono di finta rassicurazione.
Si voltò verso gli altri presenti e cominciò a girare in mezzo a loro, squadrandoli da testa a piedi mentre quelli si domandavano con terrore a chi sarebbe toccato quell’ingrato compito.
Si avvicinò ad un uomo alto, con la barba e l’espressione dura e sibilò:« Vuoi provarla tu?»
La voce tremolante dell’uomo tradì la sua apparente sicurezza:« M-mio Signore non…».
Lui lo zittì con un dito e si avvicinò ancora al suo volto.
«Bevila. Adesso.» ordinò con un tono che non ammetteva repliche.
L’uomo avanzò verso Piton a passo lento, cercando di mantenere un’espressione distaccata e di non farsi prendere dal panico. Afferrò la provetta, contente una piccola dose di Veritaserum che il Serpeverde gli porse. Ingoiando a vuoto e sentendo il panico farsi strada dentro di lui, il Mangiamorte guardò per un secondo Piton ingurgitando l’intruglio.
«Adesso procediamo al test.» sibilò Voldemort avvicinandosi nuovamente a lui. «Vediamo un po’… hai mai tradito il tuo Signore? Domandò.
«N-no mio Signore. Mai…»
«Mmh…»continuò quello« E se ti venisse offerta protezione dal Ministero e dagli Auror, mi tradiresti?»
Le labbra dell’uomo iniziarono a tremare, segno che stesse tentando di combattere gli effetti della pozione per non fare uscire la sua assoluta verità.
«S-s-si…»
Voldemort, dopo quelle parole, apparì stranamente tranquillo e per nulla preoccupato.
«Capisco. E sentiamo… hai paura di me?» chiese ancora.
A quel punto al Mangiamorte vennero gli occhi lucidi, aveva perso il controllo e stava lasciando cadere calde lacrime che scorrevano sulle sue guance.
«S-s-si…» rispose nuovamente.
Il mago si avvicinò ancora, giocherellando con la propria bacchetta, e sussurrò nel suo orecchio la sua ultima domanda, udita appena dagli altri presenti.
«Hai paura di morire?»
«S-s-s-si…mio S-Signore…» rispose.
Voldemort si mise di fronte a lui, sorridendo sadicamente, mentre guardava quell’omone grosso essersi trasformato in un piccolo e inoffensivo agnellino che, in quel momento, era scosso da tremiti e aveva uno sguardo supplicante.
«Avada Kedavra!» esclamò.
E il Mangiamorte cadde a terra come un burattino, privato della vita da quello che lui reputava il proprio padrone.
Si rivolse agli altri:« Sapete, non fa mai piacere ricevere questo tipo di risposte. Mi potrebbe venire il dubbio che neanche voi siate così leali come dite. Potrei riutilizzare il Veritaserum e interrogare ognuno di voi, per scoprire i vostri pensieri più profondi e tormentati, per essere certo della vostra lealtà nei miei confronti. Ma…da Signore misericordioso quale sono, la darò per scontato e spero che farete in modo di non deludermi.»
I suoi seguaci si inchinarono in risposta e parlarono all’unisono:« Attendiamo ordini padrone.»
«Molto bene. Organizzeremo degli attacchi multipli per confondere sia gli Auror che i leccapiedi di Silente, ma evocheremo il Marchio Nero solo in una zona. Sono sicuro che i maghi e le streghe più abili si concentreranno là, consapevoli che chi ha la capacità di evocarlo deve essere necessariamente un Mangiamorte affermato e abile. In seguito ci concentreremo su un punto e rapiremo uno di quei pidocchi. Appena catturato, toccate il vostro Marchio per segnalarlo e Materializzatevi alla mia casa di Little Hangleton. E ora andate.»
Tutti si Smaterializzarono.
 
 
 
 
                                                                                                                 ***
 
Fleamont Potter si sedette sul divano, si tolse gli occhiali quadrati e si stropicciò gli occhi dopo aver letto e riletto l’edizione della Gazzetta del Profeta. Un’altra famiglia Babbana uccisa brutalmente. Nonostante l’intero Dipartimento Auror e persino loro, l’Ordine della Fenice, tentassero disperatamente di contrastare l’ondata di eventi oscuri, riuscivano solamente a limitarli. Per quanto avrebbero resistito? Per quanto avrebbero potuto continuare ad agire in segreto prima che Voldemort li stanasse uno ad uno? Pensò a suo figlio, pensò a cosa ne sarebbe stato di lui se loro fossero morti. In quei giorni l’aveva visto allegro e spensierato come non mai, grazie soprattutto alla compagnia dei suoi amici. Poi si rassicurò pensando che anche se fosse successo l’irreparabile, James sarebbe riuscito ad andare avanti, era sicuro che suo figlio non avrebbe mollato e avrebbe tenuto duro. E lui avrebbe fatto lo stesso. Ad interrompere quel vortice di pensieri ci pensò la moglie che si accomodò accanto a lui sul divano e gli poggio la testa sulla spalla, lasciandosi avvolgere le spalle da un braccio del marito.
«Stiamo facendo la scelta giusta?» le chiese.
«Combattere per ciò che è giusto, è sempre la scelta giusta.» mormorò in risposta.
L’uomo sghignazzò rendendosi conto che la sua dolce metà non sarebbe mai cambiata. Sempre pronta a schierarsi in prima linea contro i soprusi e le ingiustizie. Così come faceva a scuola.
«Risposta degna di te, tesoro.» la prese in giro Fleamont.
«Dobbiamo resistere.» disse Euphemia stringendosi di più a lui.
«Lo so…» sussurrò.
Sarebbe sempre stato grato ad Euphemia. Ogni volta che capitava un momento di sconforto, ogni volta che dubitava delle sue scelte lei era lì ad infondergli sicurezza e tranquillità. Si era tolto tante soddisfazione durante la sua vita: ottimi voti a scuola, manipoli di ragazze che lo adulavano, lavoro ben retribuito e una graziosa villa nel quale abitare. Ma niente valeva di più che avere sua moglie, lì con lui, al suo fianco. Fino alla fine. All’improvviso una luce argentea piombò davanti a loro e notando con attenzione videro che aveva la forma di un’aquila. Il Patronus di Augusta Paciock.
«Assalto dei Mangiamorte in corso. Venite!» mormorò l’animale prima di scomparire.
I due si guardarono allarmati nello stesso momento e si affrettarono a prendere le proprie bacchette. Si diedero la mano e si Smaterializzarono per recarsi sul luogo dell’attacco.
 
 
                                                                                                                       
 
                                                                                                                           ***
 
Bellatrix Lestrange si guardò attorno, compiaciuta e soddisfatta del proprio operato. Il loro piano era iniziato nel migliore dei modi: i suoi compagni stavano attaccando in altri punti separati, mentre lei e Rodolphus si erano concentrati su una famiglia di Babbani in un piccolo paesino. Era tremendamente divertente vedere le espressioni terrorizzate delle persone quando si accorgevano che la loro vita stava giungendo al termine, acquisendo la consapevolezza che non c’era via di scampo. Ma ancora più esaltante era guardarli contorcersi dal dolore mentre utilizzava la Cruciatus su di loro, di come implorassero pietà desiderando che quella brutalità terminasse il prima possibile. Purtroppo mentre si divertiva erano apparsi alcuni Auror che avevano tentato di fermarli, ma per loro sfortuna vennero abbattuti con facilità dagli altri Mangiamorte che le coprivano le spalle. Nessun tirapiedi di Silente si era ancora fatto vedere, probabilmente tutti troppo occupati ad intervenire nelle zone di maggior caos, tanto da pensare di andarsene e precipitarsi ad aiutare il suo amato Signore.
«Mi sto annoiando Rodolphus, andiamo ad aiutare gli altri. Ho voglia di fare secco qualcuno.» si lamentò la donna.
«Dobbiamo rimanere qui ad attendere, lo sai Bella. Anche se non siamo nel vivo dell’azione il nostro compito è quello più importante.» rispose seccato il marito.
Bellatrix sbruffò. La mano attorno alla bacchetta formicolava. Aveva bisogno di uccidere, torturare, arrecare dolore più che poteva. Non riusciva a pensare ad altro. Ad un tratto udirono dei passi al piano di sotto della casa dei Babbani. Era arrivato qualcuno.
«Che macello. Quei bastardi devono essere stati qui!» disse una voce maschile.
«Shhh! Non urlare idiota.» lo rimproverò un’altra voce che sembrava appartenere ad una donna. «Homenum Revelio.»
La donna vide la sua bacchetta impazzire e ne rimase sbalordita.
«Ma cos…»
Non fece in tempo a finire la frase che arrivarono su di loro delle esplosioni che fecero saltare i vetri delle finestre e distrussero parte del muro del salotto. I Mangiamorte non persero tempo, dovevano attaccare subito per non dargli il tempo di capire cosa stesse succedendo. Si spostarono velocemente sulla stradina, uscendo dalla casa che stava crollando a pezzi.
«Petrificus Totalus!» esclamò Augusta Paciock, riuscendo a colpire un Mangiamorte.
Amelia Bones iniziò a combattere contro Rodolphus Lestrange. Mentre Augusta ed Edgar Bones tentarono di aiutarla, Bellatrix e una schiera di Mangiamorte li divisero per contrastare il loro contrattacco. Separandoli sarebbero stati più vulnerabili. Bellatrix stava lanciando una serie di Maledizioni contro la donna, ma per sua sfortuna riuscì a reggere egregiamente lo scontro e riconobbe che apparteneva al Dipartimento Auror. Purtroppo al contario suo, Amelia non riuscì a reggere contro la ferocia di Rodolphus.
«Avada Kedavra!» urlò scagliando il colpo sulla povera donna che non riuscì ad evitarlo, troppo indebolita dai precedenti attacchi.
Augusta, vedendola cadere al suolo inerme, con un impeto di rabbia Schiantò Bellatrix e Disarmò il marito con un rapido movimento. Cercò con lo sguardo il suo compagno di battaglia, ma la scena che vide le fece gelare il sangue. Edgar, in stato di incoscienza, era tenuto da due Mangiamorte che gli puntavano la bacchetta alla gola.
« Ahahahah!» rise maleficamente Bellatrix « A quanto pare sei rimasta da sola…»
La donna digrignò i denti. Quella maledetta bastarda purtroppo aveva ragione, da sola non sarebbe resistita a lungo. Avrebbe potuto provare a contattare l’Ordine, ma le altre figure incappucciate la tenevano a tiro di bacchetta.
« Devo riconoscere che non sono in molti in grado di Schiantarmi. Brava, davvero abile. Vorrei tanto ucciderti qui e adesso, ma credo che attenderò che arrivi un’altra occasione.»
Detto ciò la Mangiamorte si alzò la manica del vestito, scoprendo il Marchio Nero, e lo toccò con l’indice della sua mano destra. La guardò negli occhi intensamente, con l’intento di farle ricordare a lungo di quel momento. Il momento della loro disfatta. Facendo un cenno a suo marito, tutti i Mangiamorte si Smaterializzarono portando come ostaggio Edgar inerme tra le loro grinfie. Rimasta sola in quella stradina buia, vicino quella casa distrutta, Augusta mandò immediatamente un Patronus al resto dell’Ordine. Un minuto dopo averlo inviato gli altri suoi compagni fecero la loro comparsa, increduli a ciò che stavano assistendo.
«Augusta!» esclamò Euphemia abbracciandola «Stai bene?»
« Io si…m-ma A-Amelia…» rispose con un nodo allo stomaco.
La Potter impallidì alle sue parole e notò lì vicino il corpo senza vita di Amelia Bones. Non ci poteva credere. Una ragazza giovane, così buona e dolce non meritava di morire così. Si avvicinò trattenendo i singhiozzi, inginocchiandosi vicino al cadavere della ragazza. Osservò i suoi occhi spenti e la sua espressione neutra, segno che la vita aveva abbandonato quel corpo. E scoppiò in lacrime. Fleamont vedendo quella scena straziante abbracciò da dietro la moglie, per farle sentire tutto il conforto necessario. Se nella maggior parte dei casi era lei a dare forza a lui, ora toccava a lui rincuorare lei da quell’enorme perdita.
«N-n-n non è g-giusto…» singhiozzò con le mani che le coprivano il viso.
«Lo so tesoro… non se lo meritava…»mormorò Fleamont dispiaciuto.
«Hanno rapito Edgar.» disse Augusta «Mi dispiace. Erano in troppi, non sono riuscita a fermarli in tempo.»
«Hai fatto tutto il possibile. Non hai nessuna colpa.» tentò di tirarla su Alan Prewett.
«Dobbiamo avvertire Silente immediatamente. Non erano attacchi organizzati casualmente, sono sicuro che c’è qualcosa dietro.» parlò Fleamont continuando a stringere la moglie.
«Sono d’accordo con te. Dobbiamo riunirci e riorganizzarci.» concordò Prewett.
Era stata una lunga nottata, conclusa nel peggiore dei modi. Era la dura realtà della guerra, che loro la accettassero o meno. Il pericolo che potessero essere realmente uccisi parve più vivido che mai, e la paura rischiava di prendere il sopravvento e di annebbiare le loro menti. Quella notte si era solo conclusa una battaglia. La guerra continuava ad avanzare ininterrottamente.









Angolo Autore
Quarto capitolo. Ho cercato di esprimere al meglio le sensazioni che porta la guerra, ma anche di quelli che, alla fine, sono i soldati che la combattono. Spero vi piaccia e grazie a chi lascerà una recensione.
  

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Capitolo 5
*** L'Ordine della Fenice ***


CAPITOLO 5: L’ORDINE DELLA FENICE





Il giorno seguente la Gazzetta del Profeta aveva immediatamente diffuso la notizia dell’assalto multiplo dei Mangiamorte. L’articolo informava tutto il mondo magico di un ulteriore danno a discapito dei Babbani, omettendo però la morte di Amelia Bones e affermando che, nonostante questi attacchi imprevedibili, il Dipartimento Auror e il Ministero della Magia erano ancora stabili e controllavano perfettamente la situazione. Ovviamente si cercava di non scatenare il panico, non si voleva far trapelare l’insicurezza delle istituzioni magiche.
«Col cavolo!» sbottò Sirius lanciando via la Gazzetta.
Lui e tutti gli altri erano in camera di James a passare il tempo e a parlare del più e del meno. Ma il Black si era momentaneamente isolato perché curioso di leggere novità sulla situazione odierna. Aveva capito immediatamente che quell’articolo era stato fatto appositamente per dire ai lettori solo quello che avrebbero voluto sentire. Ma secondo lui era tutta un’enorme messa in scena.
«Cosa c’è Sir?» gli chiese James.
«Hai letto l’edizione del Profeta di oggi?»
Il ragazzo annuì.
«So cosa stai pensando.» parlò anticipando Sirius. «E hai ragione. Stanno cercando di mascherare che la situazione sta cominciando a sfuggire di mano al Ministero. Non hanno nemmeno parlato di Amelia Bones.»
«Mi fa incazzare! Insomma una persona dà la vita per combattere per la libertà degli altri e non è nemmeno degna di essere ricordata?!» esclamò Felpato.
«Non voglio certo giustificare il Ministero ma…da una parte è comprensibile. Vogliono dimostrarsi ancora forti. Insomma se la gente non sapesse più a chi affidarsi scoppierebbe il caos.» spiegò Lily.
«Penso tu abbia ragione Lils. Sta di fatto che è comunque ingiusto. Povera Amelia, era ancora così giovane…» disse Alice con voce rotta.
Frank le strinse la mano per supportarla e lei gli sorrise per tranquillizzarlo.
«Lily…uhm…non vorrei certo metterti tensione ma…non hai paura per i tuoi? Insomma sono Babbani e tu sei una strega. Potrebbero diventare bersagli dei Mangiamorte.» le domandò Marlene.
Il viso della rossa si incupì, pensando che la sua amica avesse ragione. Ci aveva pensato spesso, durante questa estate, di rivelare ai propri genitori che in realtà c’era una guerra in corso e che i bersagli erano proprio le persone come loro. Ma non aveva mai avuto il coraggio di affrontare quel discorso, pensando che non metterli al corrente non avrebbe provocato loro del dolore.
«Conoscendoti Evans, non li avrai proprio avvisati.» disse James.
Lei si girò a guardarlo, stupefatta per come avesse letto nei suoi pensieri. Era diventato un Legilimens?
«Come lo sai?»
«Ho imparato a conoscerti. Hai questa particolare abitudine di volerti accollare tutti i problemi sulle spalle senza dire niente a nessuno.» rispose sorridendo appena.
«Perspicace Potter.» ribattè lei.
«Doti naturali.» scherzò lui.
Non scherzava quando diceva di conoscere quel suo particolare. Durante quei quattro anni l’aveva sempre osservata chiudersi in se stessa e risolvere i suoi problemi da sola, stringendo i denti ed andando avanti. L’unica persona con cui condivideva questo suo lato, una volta, era Piton, ma dopo la loro aspra litigata dello scorso anno la ragazza si era chiusa ancora di più. Certo aveva le sue amiche, a cu voleva davvero bene, ma Piton era il suo migliore amico e la perdita della fiducia nei suoi confronti avevano indotto la ragazza a dubitare di chiunque.
«Mi sento quasi in colpa ad andare ad Hogwarts. Insomma, noi lì siamo ben protetti, è come un mondo a parte. Silente è veramente un grande mago.» disse Alice.
«E spero che rimanga tale. Perché se anche lui dovesse cedere, non rimarrebbe più un solo luogo sicuro.» parlò Marlene.
«Silente non è di certo un Troll di montagna. E’ il più grande mago del nostro secolo, l’unico di cui Voldemort abbia davvero paura.» la tranquillizzò James.
All’udire il nome del mago oscuro Alice spalancò gli occhi.
«James per favore non dire mai più quel nome.»
«Alice come lo chiami non fa nessuna differenza. Se dovessi trovarti faccia a faccia con lui, spero mai, non importerà più come lo chiami. Il suo nome è Voldemort, tanto vale chiamarlo così.» disse Lily con fermezza.
Ramoso la guardò ammirato. Ancora una volta quella ragazza si dimostrava essere una perfetta Grifondoro. Nella stanza calò il silenzio, la tensione era palpabile e Frank tentò di cambiare argomento per alleggerirla.
«Basta parlare di guerra per oggi. James ti sei allenato un po’ per il Quidditch? Ricordati che abbiamo un’altra coppa da vincere.»
«E me lo chiedi Frankie? Sono in forma come sempre, vedrai che anche quest’anno faremo magiare la polvere alle altre Case. Dopotutto sono o non sono il miglior Cercatore che si sia mai visto nella storia di Hogwarts?»
«Eccolo che ricomincia a vantarsi. Classico Ramoso.» lo prese in giro Sirius.
«Rispetto a te Felpato ho ancora molto da imparare sul come ci si vanta.» ribatté ghignando il Potter.
«Prima o poi dovrete spiegarci cosa significano questi nomignoli strani.» li avvertì Marlene.
«Forse un giorno, ma non è questo il giorno!» esclamarono all’unisono scoppiando a ridere subito dopo.
Alle risate si aggiunsero anche quelle degli altri, che si rassegnarono al fatto che quei due sarebbero rimasti sempre i soliti malandrini. Per come la vedeva Lily, quel loro lato era indispensabile in quel periodo. Era bello distrarsi dai problemi e ritornare ad essere dei normali adolescenti. Sì…era davvero bello.
 
 
 
 
 
                                                                                                                           ***
 
 
Il funerale di Amelia Bones fu molto toccante per tutti coloro che la conoscevano. La funzione era stata svolta nel suo paese natale, al riparo da occhi indiscreti e per ottenere un momento più intimo per sfogare il proprio dolore. Al funerale avevano partecipato ovviamente tutti i membri dell’Ordine della Fenice, grati alla loro fedele compagna di aver lottato fino all’ultimo, e alcuni dei suoi vecchi compagni di casa ad Hogwarts, ricordandola come una ragazza mite e sempre disponibile tanto da voler partecipare attivamente alla guerra in corso. Fleamont diede un’occhiata ad Euphemia durante la funzione, accorgendosi di come quel tragico evento l’avesse turbata particolarmente. Certamente la perdita di Amelia era stata un duro colpo per tutti, ma solo Fleamont capiva cosa si celasse dietro allo sguardo cupo e corrucciato della moglie. Dopo James lui ed Euphemia avrebbero voluto tanto una figlia, ma a causa dello stress, della guerra appena scoppiata, e per altre cause, non erano riusciti a concretizzare il loro sogno nel cassetto. Quando, però, la giovane Bones era entrata a far parte dell’Ordine, la donna la prese sotto la sua ala protettiva, come se fosse quella figlia che avevano tanto desiderato ma che non era mai arrivata tra loro. Un po’ come lui aveva iniziato a fare col giovane Black. La morte della ragazza l’aveva fatta crollare. La comitiva era appena uscita dalla cappella posta all’interno del cimitero e si stava apprestando ad andare a seppellire il corpo di Amelia nel posto che le era stato assegnato. Quando la bara venne calata in profondità ed iniziò ad essere coperta con la terra, arrivò l’amara consapevolezza che quella giovane ragazza non si sarebbe mai più svegliata, e che la terra ne avrebbe inghiottito i resti per tutto il tempo a venire. Senza dire una parola Fleamont passò un braccio intorno alle spalle della moglie, che avvertì il calore del marito farsi largo nel suo corpo. Si girò a guardarlo con gli occhi lucidi e lui in risposta la strinse più forte. La bara, ormai, era stata coperta e la cerimonia funebre era terminata. La comitiva si disperse.
«Mi dispiace per quello che è successo Euphemia.» parlò una voce che sembrava appartenesse a qualcuno di anziano.
Ma la donna riconobbe immediatamente il timbro di quella voce, rassicurante e rigida al tempo stesso.
«Silente.» mormorò.
Vennero raggiunti da tutti gli altri membri dell’Ordine, che speravano finalmente di poter parlare un po’ con il fondatore della loro organizzazione.
«Sapete, è sempre doloroso avere la consapevolezza che una persona che, fino a poco tempo prima, era in mezzo a noi, adesso riposi nelle viscere della terra senza alcuna possibilità di ritorno.» disse il preside.
«E’ colpa mia Albus.» disse Augusta. «Se solo io…»
«Pensi realmente sia colpa tua Augusta? Io sono sicuro di no. Il senso di colpa dei sopravvissuti porta sempre a darsi delle colpe che in realtà celano il rammarico di non essere morti al posto degli altri. Non farti carico di colpe che non hai cara Augusta, nemmeno Amelia lo vorrebbe.» rispose Silente con tono pacato.
La donna annuì. Il vecchio mago si rivolse poi ai Potter.
«Allora…ho saputo che avete accolto il giovane Sirius Black a casa vostra.»
«Già. Il ragazzo è arrivato da noi un paio di settimane fa, era scappato di casa. A quanto pare Orion e Walburga stanno istruendo la propria famiglia a fare da seguace a Voldemort. Sinceramente vedendo com’è venuta fuori Bellatrix non me stupisco più di tanto.» rispose Fleamont.
«Sai che apprezzo il vostro altruismo Fleamont, ma non posso fare a meno di consigliarvi cautela. Potreste non essere più così celati agli occhi dei Mangiamorte.»
«Allora perché non iniziamo ad utilizzare Incantesimi di Protezione?» chiese Alan Prewett.
«Lo sai perché Alan. Se cominciassimo ad utilizzare quel tipo di Incantesimi, capirebbero che siamo immischiati in qualcosa di grosso e temiamo per la nostra vita. Dobbiamo continuare a vivere normalmente senza dare nell’occhio, altrimenti ci stanerebbero.» spiegò Euphemia.
«Esattamente! Vigilanza costante!» ruggì l’Auror Malocchio Moody.
«E’ rischioso, me ne rendo perfettamente conto. Ma questo è il prezzo da pagare se non vogliamo dare nell’occhio ed essere più celati agli occhi sia dei Mangiamorte, ma anche del Minstero.» disse Silente.
«C’è ancora una cosa su cui dobbiamo discutere Albus.» intervenne Moody.
«Presumo di sapere di cosa si tratta.» lo anticipò. «Il rapimento di Edgar Bones.»
«Precisamente. Sicuramente avranno organizzato quegli attacchi multipli per confondere sia gli Auror che noi. Non penso puntassero fin dal principio a lui, ma si sono fatti andare bene quello che hanno trovato.» grugnì Moody.
«Edgar non ci tradirebbe mai!» esclamò Alan.
«E io concordo Prewett. Ma tu, forse, sottovaluti Tu-Sai-Chi. Edgar potrebbe anche resistere alla Cruciatus, ma ci potrebbero essere altri modi per farlo cantare. Uno più probabile dell’altro.»
«Concordo con Alastor. Per cui mi pare chiaro che la nostra prossima missione sarà quella di ritrovare il signor Bones prima che sia troppo tardi.» concluse il preside.
«Sempre se non lo sia già…» mormorò Alan con tono cupo.
 
 
 
 
                                         
 
                                                                                                                      ***
«AAAAAAAAH»
«Insomma Bella, la vuoi piantare?» la aggredì Rodolphus.
«Non rompere razza di idiota! Il Signore Oscuro mi ha concesso di poterlo torturare un po’ come ricompensa per averlo catturato.» esclamò Bellatrix.
«E’ già mezz’ora che lo torturi, se comincerà ad impazzire il Veritaserum non servirà più a nulla e tutti gli sforzi che abbiamo fatto saranno andati in fumo. Vuoi forse che il Signore Oscuro ci ammazzi entrambi?»
La ragazza gli fece il verso e ripose la bacchetta. Quel noioso di suo marito la doveva interrompere proprio nel bel mezzo del suo adorato divertimento. Torturare quel viscido traditore era estremamente appagante, ascoltarlo urlare e vederlo contorcersi per il dolore. Edgar, dopo essere stato rapito, era stato fatto rinvenire e picchiato alla Babbana da alcuni Mangiamorte che lo avevano, poi, sbattuto in quelle segrete. In seguito ricordava solo l’ombra di una donna che pareva sghignazzare davanti a lui. E poi solo dolore. Non aveva idea di dove si trovasse, la sua bacchetta era stata requisita e non avrebbe chiedere aiuto in alcun modo. Si sentiva con le spalle al muro ed arrivato alla conclusione che sarebbe morto lì, sotto le più atroci torture, poiché mai e poi mai avrebbe tradito i suoi amici.
«Vedo che il nostro ospite è stato accolto calorosamente.»
Alzò lo sguardo e vide il volto serpentesco di quello che avrebbe dovuto essere Lord Voldemort. Gli si rigirò lo stomaco solo a guardarlo.
«Bellatrix, vedo che ti sei divertita con lui. Forse un po’ troppo.» parlò rivolgendosi alla sua leale seguace.
«Mi perdoni mio Signore, mi sono lasciata trasportare.» si inginocchiò lei.
«Oh sta’ tranquilla. Un po’ di divertimento non ha mai ucciso nessuno.» rispose tranquillizzandola.
Poi si rivolse ad Edgar.
«Veniamo a te. Ti darò un’unica possibilità per porre fine alle tue sofferenze, qui e adesso. Dimmi tutto sull’organizzazione di Silente.» gli ordinò.
«Si chiede “per favore”» lo sfottè lui.
Venne colpito al volto da un Mangiamorte vicino a lui.
«Come sospettavo. Silente si circonda di persone che hanno questa patetica abitudine di mettere l’amicizia persino davanti alla propria vita.»
Voldemort si rivolse verso Piton, facendogli cenno di avvicinarsi. Il ragazzo arrivò davanti a lui e gli consegnò la provetta con all’interno il Veritaserum. Il mago la osservò tra le proprie dita, dopodiché con un colpo di bacchetta, spalancò la bocca di Edgar e gli fece ingurgitare la pozione. Gli brillarono gli occhi. Finalmente avrebbe scoperto tutto.
«Te lo richiederò. Dimmi tutto sull’organizzazione di Silente.» chiese nuovamente.
In un primo momento sembrò che la pozione non facesse effetto, data la mancata risposta dell’uomo, ma dopo qualche secondo passato a combattere l’effetto dell’intruglio, Edgar parlò.
«Silente ha creato un gruppo segreto per opporsi ai Mangiamorte, chiamato l’Ordine della Fenice. Siamo stati reclutati da lui in persona e abbiamo accettato di partecipare attivamente alla guerra contro di te.»
«Interessante. Avete un Quartier Generale dove vi riunite?» domandò Voldemort.
«No, non abbiamo alcun Quartier Generale fisso. Ci spostiamo molto spesso per non essere facilmente rintracciabili.» rispose tremando.
«Adesso, la parte che preferisco…chi sono i membri dell’Ordine?»
Bones tentò di sigillare le proprie labbra. Non doveva rispondere, avrebbe messo in pericolo mortale i suoi amici. Non poteva. Non doveva! Ma l’effetto della pozione era dannatamente forte e non riuscì a controllarsi più.
«Silente, A-Alastor Moody,…»iniziò a dire.
«Molto bene. Poi?» chiese il mago oscuro piuttosto spazientito.
Edgar continuò a tentare di combattere, ma ci riuscì solo per altri pochi secondi.
«F-Fleamont ed Euphemia P-Potter…» borbottò.
Si sarebbe mangiato la lingua se avesse potuto. Aveva appena tradito due delle persone più care a lui. Non poteva continuare, avrebbe dovuto smettere immediatamente. Aveva le lacrime agli occhi, non voleva rivelare altro. No! Notò la disattenzione del Mangiamorte nei suoi confronti, e in un tentativo disperato riuscì ad afferrargli la bacchetta e puntarsela alla testa. Mormorò velocemente qualcosa e tutti lo videro stramazzare al suolo inerme. Voldemort si infuriò visibilmente. Si era fatto fregare da quel lurido bastardo, dopo tutto ciò che avevano fatto per trovare una fonte di informazioni sull’Ordine. Il suo piano era quello di rispedirlo a loro sotto la Maledizione Imperius per avere, così, una spia al suo servizio che gli avrebbe rivelato qualsiasi mossa dei suoi avversari. Ma ora era andato tutto in fumo per una stupida disattenzione. Fulminò con lo sguardo il Mangiamorte che, sotto la maschera, sbiancò dalla paura.
«Incendio!» esclamò puntando la bacchetta contro di lui.
Lo vide prendere fuoco in un battito di ciglia. Normalmente lo avrebbe ucciso all’istante, ma gli montava dentro una tale rabbia che voleva vederlo soffrire e contorcersi. Il malcapitato si era buttato a terra mentre tutti osservarono con orrore le sue carni bruciate e lacerate dalle fiamme, ascoltando le sue grida strazianti che rompevano quel silenzio tetro. Ma un solo pensiero tormentava il Signore Oscuro in quel momento. Avrebbe sfruttato quelle poche informazioni apprese da Bones e le avrebbe usate a suo vantaggio. Avrebbe sterminato chiunque gli si parasse davanti, senza alcuna esitazione. Si rivolse ai suoi seguaci, squadrandoli uno ad uno.
«Preparatevi. Attaccheremo i Potter.»  










Angolo Autore
Ecco qui il quinto capitolo. I tempi tra un aggiornamento e l'altro si allungheranno un po', così sarò sicuro di fare un buon lavoro e non sbagliare per la fretta. Grazie a chi leggerà la storia, a chi la sta seguendo e a chi lascerà una recensione.
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** La battaglia di Godric's Hollow-Parte 1 ***


 
CAPITOLO 6: LA BATTAGLIA DI GODRIC’S HOLLOW





«Ragazzi, muovetevi!» urlò Marlene.
Era arrivata l’ultima settimana di vacanza prima della loro partenza per cominciare il loro quinto anno ad Hogwarts. La comitiva di amici se l’era spassata allegramente la settimana prima tra un’uscita e l’altra, partite di Quidditch, giochi stupidi in camera di James e altre attività tipiche da adolescenti. Nonostante il peso dei recenti avvenimenti venisse percepito persino dai più giovani, il gruppo tentava di non abbattersi e di passare i rimanenti giorni di vacanza in completa serenità. Quel giorno, infatti, si erano organizzati per uscire a fare una scampagnata su delle colline appena fuori il villaggio, dove James veniva portato dai suoi genitori sin da piccolo, per poi fare un pic-nic all’aria aperta godendosi quei pochi giorni di sole e di caldo che, di solito, in Inghilterra scarseggiavano. Le ragazze erano già pronte con tutto l’occorrente e il pranzo preparato amorevolmente da Euphemia, che insistette parecchio nonostante le ragazze le avessero assicurato che avrebbero potuto occuparsene da sole. Ma la donna non desistette, rivelando la testardaggine caratteristica dei Potter, quella che avevano sempre rinfacciato a James. I ragazzi si precipitarono frettolosamente dalle scale spintonandosi tra loro, proprio come due bambini, finendo per ruzzolare in modo buffo giù per le scale. Alice sospirò portandosi una mano alla faccia in segno di rassegnazione.
«Ma la volete piantare di fare i bambini?» li rimproverò Marlene.
«Oh andiamo Lene, non fare l’isterica.» la sbeffeggiò Sirius venendo prontamente fulminato con uno sguardo da quest’ultima.
«Sapete dove sono i miei?» chiese James.
«Sono in cucina.» rispose Lily indicando l’entrata.
Il ragazzo si avviò e fece per entrare, ma si fermò sull’uscio sentendo i genitori parlare a bassa voce.
«Ti rendi conto? Non siamo più al sicuro, non dovremmo nemmeno lasciarli allontanare.» mormorò Euphemia al marito.
«Capisco come ti senti, ma la cosa più sbagliata sarebbe cedere alla paura e vivere le nostre vite terrorizzati da mattina a sera.» rispose lui.
«Hai visto che fine ha fatto Edgar. Ormai siamo assediati, dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo…»
«…dobbiamo fare come ci ha detto Silente. Fidiamoci di lui. Vedrai si risolverà tutto.» concluse per lei Fleamont, abbracciandola per rincuorarla.
James strinse gli occhi. Di cosa stavano parlando i suoi genitori in maniera così segreta? Avevano parlato di un certo Edgar, a quanto ricordava era un uomo rapito dai Mangiamorte la settimana scorsa. Quindi anche lui era stato ucciso? Non finì di formulare i suoi pensieri che sua madre si accorse della sua presenza sulla soglia della cucina.
«Oh Jamie!» esclamò la donna leggermente rossa in volto staccandosi dal marito.
«Figliolo, siete pronti per la scampagnata?» domandò Fleamont al figlio, scacciando quell’aria cupa di poco prima e sorridendogli.
Quante emozioni riuscivano a celare i suoi genitori?
«Si. Ero venuto giusto a dirvi questo. Cercheremo di non tornare troppo tardi, promesso.»
«Sarà meglio.» disse la madre con un cipiglio severo.
«Ah! A proposito…»fece Fleamont mentre prendeva qualcosa da una valigetta sul tavolo della cucina. «Prendi questo. E’ arrivato il momento che lo riceva tu.»
L’uomo gli porse quello che aveva tutta l’aria di essere un mantello. Era estremamente leggero al tatto, provocandogli una strana sensazione quando lo toccò con le dita.
«Provalo.» lo intimò.
Ramoso, seppur con un po’ di esitazione, se lo adagiò sulle spalle e nel momento in cui provò a guardare come gli stava ebbe un’enorme sorpresa. Il suo intero corpo coperto dal mantello era sparito. Pensò di avere le allucinazioni ma notando le reazioni per nulla scomposte dei suoi genitori capì che fosse tutto reale.
«Ma che ca…»
«James! Linguaggio!»  lo rimproverò Euphemia.
«Questo Jamie è il Mantello dell’Invisibilità, me lo regalò tuo nonno. Noi Potter ce lo tramandiamo di generazione in generazione. Suo padre lo donò a lui, lui lo donò a me e io ora lo dono a te, figlio mio.» spiegò lui.
Il ragazzo rimase senza parole. Non pensava che la sua famiglia possedesse un manufatto magico più unico che raro.
«Io…davvero…grazie.»
«Credo davvero che tocchi a te usarlo. Mi raccomando James, ricordati che questo mantello può essere molto utile nelle situazioni un po’ rischiose.» disse Fleamont mettendogli una mano sulla spalla.
«Grazie papà.» lo ringraziò James con occhi riconoscenti.
«Adesso vai ti staranno aspettando.»
Il ragazzo annuì e si voltò per raggiungere i suoi amici. Ma qualcosa lo spinse a voltarsi nuovamente verso suo padre, così simile a lui. Ebbe un brivido, ma non seppe il perché di quella sensazione. Fece finta di niente e insieme a tutti gli altri uscì dalla casa pronti a godersi quella spensierata passeggiata all’aria aperta.
I due coniugi li osservarono mentre si allontanavano sempre di più, fino a scomparire dalla loro vista.
«Sarà stata una scelta saggia quella di affidargli il Mantello?» gli chiese Euphemia.
«E’ un Potter. Gli spetta di diritto. Ora più che mai potrebbe essergli d’aiuto.» ribatté risoluto Fleamont.
La donna si voltò a guardarlo e vide la sicurezza negli occhi di suo marito. La stessa sicurezza di quando l’aveva sposata. La stessa sicurezza di quando decisero di unirsi all’Ordine. Sospirò con fare stanco, sperando vivamente che il suo bambino non avrebbe mai avuto bisogno del Mantello.
 
 
 
 
                                                                                           
 
                                                                                                            ***
 
 
 
«Direi che possiamo sistemarci qui.»
Camminando per le radure, appena fuori Godric’s Hollow, cercarono un bel posticino dove potersi sistemare e organizzare il loro pic-nic. La giornata era magnifica, il sole splendeva come non mai e si respirava aria pulita di campagna. Trovarono, in mezzo a quella distesa verde, un enorme albero che convinse immediatamente i ragazzi a sedersi lì sotto, all’ombra. L’ora di pranzo era ancora lontana così decisero tutti di esplorare, rimanendo nei paraggi dell’albero, godendosi il calore del sole che riscaldava il viso dei ragazzi.
«Aaaah. Che bel calore.» sospirò estasiata Alice.
«Puoi dirlo forte.» rispose Frank.
«Godiamocelo ragazzi. Non vedremo più così spesso simili giornate d’ora in poi.» disse Sirius.
Lily parve perfettamente d’accordo con lui. Aveva passato quasi tutta l’estate chiusa a Cokeworth, e stare lì completamente immersa nella natura era davvero appagante.  Anche James era della loro stessa opinione, ma per qualche motivo non riusciva a godersi il momento come gli altri. Il suo pensiero tornò al momento in cui aveva sorpreso i suoi genitori stretti in quell’abbraccio, un abbraccio che più che amore trasudava conforto. Poi il regalo di suo padre. Si chiese come gli sarebbe potuto tornare utile il Mantello dell’Invisibilità e se mai ne avesse davvero avuto bisogno. Se suo padre gli aveva accennato di usarlo in situazioni rischiose allora non poteva presagire niente di buono. Mentre questi pensieri affliggevano James, Marlene si era avvicinata a Sirius.
«Hai più avuto notizie della tua famiglia?»
«No. E non ci tengo nemmeno ad averle.» rispose lui cupo.
«Sicuramente si sono comportati male Sir, ma sono pur sempre i tuoi genitori. E hai anche un fratello lì.» insistette Marlene.
«Lui è quello che mi provoca più rabbia. Sta lì zitto e buono ad assimilare gli stupidi insegnamenti dei miei, pronto a diventare un possibile Mangiamorte.»
«Hai mai pensato che magari lui non condivida gli stessi ideali dei tuoi, ma che non abbia la tua stessa forza nel ribellarsi?» chiese la bionda.
Sirius la guardò incerto. Effettivamente non aveva mai pensato a questa possibilità. Aveva sempre dato per scontato la completa appartenenza di suo fratello alla casata Black, e di conseguenza agli ideali del sangue puro. Nonostante avessero avuto parecchie discussioni particolarmente accese in merito, non gli aveva mai chiesto se avesse paura di ripudiare la propria famiglia e seguirlo. Scosse la testa.
«Regulus adora i nostri genitori e farebbe qualsiasi cosa per renderli orgogliosi. Questo è tutto.»
Marlene si accorse che il tono delle sue parole non era davvero intriso della sicurezza che, di solito, caratterizzava il Black. Ma non volle indagare oltre.
«Ragazzi! E’ arrivata l’ora di pranzo!» esclamò agli altri.
Si riunirono tutti sulla tovaglia che avevano posizionato sotto il grande albero. Euphemia aveva preparato loro un mucchio di cose, non si era regolata e tutte quelle provviste sarebbero bastate a sfamare un intero reggimento. Mangiarono di gusto, tra una battuta e l’altra, percependo un’aria serena alleggiare tra di loro facendoli rilassare e divertire. Dopo avere consumato il pranzo, si distesero tutti sull’erbetta soffice godendosi un po’di riposo dopo quella grande abbuffata. Lily, sdraiata vicino a James, lo vide con gli occhi chiusi a godersi il tepore del sole pomeridiano. Nonostante sembrasse rilassarsi privo di pensieri, un’espressione leggermente corrucciata del suo viso le fece cambiare opinione.
«James…»sussurrò.
Il ragazzo, sentendo il suo nome, aprì lentamente gli occhi e si girò verso chi l’aveva chiamato.
«Lily?» rispose con aria interrogativa.
«Cos’hai?» gli chiese la rossa.
Lui la guardò inarcando un sopracciglio, non sapendo a cosa si riferisse.
«E’ che…ti vedevo un po’ corrucciato. Non lo so forse mi sono sbagliata.»
«No. Ci hai preso.» sorrise appena il moro constando quanto fosse attenta la ragazza.
«Quindi?» domandò lei incitandolo a continuare.
«Non so, ho una brutta sensazione. Qualcosa che non mi permette di rilassarmi come dovrei.» rispose.
«Sai, non vale la pena rovinarsi una bella giornata come questa. Ci sono tutti gli altri giorni per essere tristi no?»
« Hai proprio ragione Lily.» sghignazzò James mettendo le braccia dietro la testa a mo’ di cuscino.
«Hai scoperto l’acqua calda Potter. Io ho sempre ragione.» lo prese in giro la Evans.
«Ma sentitela, adesso fa anche la vanitosa. Stai diventando una Malandrina Evans.»
Una volta Lily avrebbe preso questa considerazione come un insulto, ma in quel momento, stando insieme a tutti gli altri avvertì una sensazione gradevole, una sensazione che anni fa aveva provato solo con il suo migliore amico. E la cosa la metteva a suo agio.
«Chissà…potrebbe essere.»
Uno dopo l’altro il gruppo di amici finì tra le braccia di Morfeo. La serenità del momento, accompagnata alla tranquillità di quel posto furono una dolce ninna nanna per ognuno di loro, che da un po’, non riusciva più a dormire sonni tranquilli. L’avvento della guerra era ormai inevitabile, era inutile farsi illusioni e tentare di vivere in una realtà utopica ed ideale. Ma, allo stesso tempo, era inevitabile cercare di trascorrere quel tempo prezioso in compagnia di amici ben voluti, ritagliando così splendidi ricordi per quando, nei tempi più bui, sarebbero serviti. In quel momento era solo loro, normali quindicenni che si stavano affacciando alla vita. Rimasero molto tempo a sonnecchiare indisturbatamente, tanto che arrivò presto il buio della sera e nonostante ciò non fu questo a svegliarli.
Boom!
Lily si svegliò infastidita da quel rumore che, nonostante sembrasse in lontananza, rimbombava nella sua testa come un martello. Si tirò su notando che gli altri fossero ancora placidamente addormentati e si voltò verso il villaggio di Godric’s Hollow che appariva ancora più piccolo da lì.
Boom!
Ancora quel rumore. La rossa si mise in piedi facendo qualche passo in avanti per vedere meglio il villaggio. Non sapeva perché ma quel rumore non prometteva niente di buono. Un’orribile ipotesi si fece strada nella sua mente e decise di svegliare immediatamente gli altri.
«RAGAZZI! SVEGLIA!».
Le sue urla sortirono l’effetto desiderato. I suoi amici si stavano alzando lentamente, tra qualche lamentela e qualche sbuffo.
«Insomma Evans sei impazzita ad urlare così?» si lamentò Sirius.
«Cavolo ragazzi. E’ già sera.» notò Marlene.
«Ascoltatemi!» esclamò Lily attirando l’attenzione di tutti. «Ecco…sono stata svegliata da alcuni rumori in lontananza. Erano dei rimbombi che provenivano da Godric’s Hollow. Pensavo di essermi immaginata tutto, ma ce n’è stato un secondo. Non vorrei sbagliarmi ma erano come dei rumori da…»
«…esplosione.» concluse per lei James spalancando gli occhi.
Il ragazzo si tirò su immediatamente e afferrò immediatamente le sue cose.
«Ok. Torniamo al villaggio. Mi raccomando ragazzi, facciamo attenzione. Se l’ipotesi di Lily è corretta…siamo in un bel casino.»
Tutti annuirono preoccupati, raccolsero rapidamente i propri zaini e si incamminarono a passo spedito verso il villaggio. Arrivarono all’entrata dove non c’era anima viva.
«Vuoto.» mormorò Alice.
Così parve a tutti. Ma in lontananza avvertirono alcune urla e grida che si disperdevano.
«Cosa sarà stato?» chiese visibilmente preoccupata la Prewett.
«James. Tu pensi che…» parlò Sirius rivolgendosi al suo migliore amico.
«Non lo so, o forse non voglio saperlo. Ma dobbiamo stare allerta. Bacchette alla mano ragazzi e non dividiamoci.»
Superarono l’ingresso e percorsero una stradina che portava al centro. Le urla, i rumori che ebbe udito Lily si stavano facendo sempre più chiari e ciò chiarì ormai tutti i dubbi. Si nascosero dietro una casa e Sirius si sporse verso la piazza per assistere con orrore a ciò che stava accadendo. Una violenta battaglia tra i maghi di Godrc’s Hollow e delle figure incappucciate era scoppiata.
«Cazzo! Cazzo! C’è una battaglia in corso!» esclamò Sirius.
«Dove diavolo sono gli Auror?» chiese Marlene in preda al panico.
«Non lo so cazzo! Ci sono anche dei corpi a terra…dio mio…»
La battaglia appariva violenta e senza fine. I maghi abitanti tentavano di difendersi e di difendere alcune famiglie Babbane che tentavano la fuga. Ma i Mangiamorte erano davvero tanti e la resistenza sarebbe potuta cedere da un momento all’altro. Intravidero la madre di Frank che si faceva largo con grande maestria tra le figure incappucciate, dimostrandosi un’Auror eccezionale.
«Mamma!» urlò Frank.
Alice gli tappò immediatamente la bocca.
«Zitto o ci scopriranno!» sussurrò.
Nemmeno il tempo di finire la frase che un gruppo di Mangiamorte si avventò su di loro lanciando un Incantesimo Esplosivo per stanarli e privarli del loro riparo. Il gruppo cadde a terra, fatta eccezione per Frank e James che, trovandosi casualmente dietro agli altri, resistettero all’onda d’urto. Ingaggiarono un duello con i Mangiamorte, tentando disperatamente di non far arrivare alcun Incantesimo agli altri. La raffica d’incantesimi terminò per un momento e il Potter ne approfittò per indirizzare l’amico.
«Sono due. Possiamo batterli, dobbiamo solo lavorare insieme.» disse ansimando per la fatica.
«Seguirò i tuoi movimenti.» rispose annuendo Frank.
«Allora moscerini, siete già stanchi?» li sbeffeggiò uno di loro.
«Tranquilli, presto potrete riposare…per l’eternità!»
I due si avventarono per la seconda volta sui due ragazzi che, però, non erano minimamente intenzionati a lasciarsi uccidere.
«Reducto!» esclamò James contro il suolo, provocando un’esplosione non troppo esagerata ma che produsse a sua volta una grande quantità di polvere, accecando i due Mangiamorte.    
«Stupeficium!»
«Petrificus Totalus!»
E i due caddero a terra, uno stordito e l’altro pietrificato.
«Sarà meglio bloccarli.» osservò Frank.
James annuì.
«Incarceramus.»
Vennero raggiunti immediatamente dai loro amici che si sincerarono delle loro condizioni.
«Stiamo bene, stiamo bene.» li liquidarono rapidamente.
«Cosa si fa adesso?» chiese Lily.
«Qui abbiamo due famiglie da aiutare no?» rispose Sirius guardando il suo migliore amico. «Io e Ramoso andremo dai suoi genitori. Frank tu portati dietro le ragazze, sarete nel bel mezzo della confusione e so di per certo che la Evans non vede l’ora di Schiantare qualcuno.»
«Ma…siete solo in due. Sarete più vulnerabili.» si oppose Lily nonostante fosse contenta che Black avesse riconosciuto le sue abilità da duellante.
« Sarà solo finché non troviamo Fleamont ed Euphemia. Poi arriveremo a darvi man forte.» la rassicurò.
La ragazza, però, non parve per nulla rassicurata. Lanciò un’occhiata a James che sostenne il suo sguardo e annuì leggermente.
«Ci vediamo dopo.»
Frank cominciò a correre in direzione di sua madre portandosi dietro le ragazze, mentre i due Malandrini corsero dalla parte opposta. Mai come in quel momento James ringraziò mentalmente tutti i continui allenamenti di Quidditch constatando di sentire poco la fatica della corsa. Quando arrivarono nei pressi di casa sua, però, quello che videro gli fece gelare il sangue nelle vene. Il piano superiore dell’abitazione era distrutto da una parte, mentre il resto della casa era parzialmente danneggiato. Si introdussero impulsivamente dentro la villetta, ma quando entrarono nel salotto, ciò che gli si presentò davanti era ancora peggio di quello che avevano immaginato.
«Oh! Abbiamo visite.»
Lord Voldemort era davanti a loro. Era come un incubo che si materializzava proprio lì davanti ai loro occhi. Vicino a lui c’erano tre Mangiamorte, uno dei quali teneva Euphemia bloccata, mentre un’altra era una faccia familiare al giovane Black.
«Bellatrix..»realizzò il ragazzo vedendo la sua cugina psicopatica.
«Caro cuginetto. E’ un piacere averti qui.» disse leccandosi le labbra.
La situazione era talmente irreale che i due erano paralizzati sul posto.
«Presto ragazzi, dovete scappare!» esclamò Euphemia.
Venne zittita da uno schiaffo di Bellatrix che ghignava divertita dalla situazione.
«Quello è tuo figlio vero?» chiese Voldemort retoricamente indicando James con la bacchetta. «Mentre quello è il traditore dei Black. Sirius se non sbaglio.»
«Esatto mio Signore. Permettiate che purifichi la nobile casata dei Black da questo verme!» ringhiò Bellatrix.
«Tutto a suo tempo.» rispose.
La mano di James che stringeva la bacchetta cominciò a tremare. Cosa diavolo avrebbero potuto fare contro di loro? E dov’era suo padre? Aguzzando un po’ la vista, il ragazzo notò una testa riversa verso terra, oltre i piedi nudi di Voldemort che, osservando dove stesse guardando, ne approfittò per lasciargli provare ancora più sofferenza. Disteso per terra, a braccia spalancate c’era Fleamont Potter.
«Papà…» mormorò James.
«Devo riconoscere che tuo padre si è battuto con orgoglio Potter. Tuttavia non ha avuto scampo contro di me, nonostante io mi rammarichi per lo spreco di sangue di un mago Purosangue.»
La paura di James, dapprima paralizzato e tremante, si trasformò in pura rabbia.
«Sono queste le cazzate che ti ripeti quando uccidi un mago?» ringhiò facendo un passo in avanti.
«Tuo padre ha avuto una scelta ragazzo. Unirsi a me e rivelarmi le informazioni dell’Ordine della Fenice, o morire.». ribattè il Mago Oscuro per nulla intimidito.
Sghignazzò con una folle luce nei suoi occhi rossi.
«Tocca a te scegliere ora.» si rivolse verso Euphemia. «Rivelarmi tutto ciò che sai, o…vedere tuo figlio morire.»
Euphemia spalancò gli occhi cacciando fuori le lacrime trattenute per tutto quel tempo, stringendo i denti e dibattendosi tra le braccia del suo aguzzino.
«Non lo puoi fare!»
«Sai che lo farò.»
Cosa doveva fare? Lasciar morire suo figlio per preservare le informazioni sui suoi amici e mandare avanti la causa per cui tutti si stavano battendo? O salvargli la vita ma condannando tutti gli altri? Semplicemente non ce la fece.
«Avada…» iniziò a pronunciare Voldemort rivolgendo la bacchetta contro James.
A quelle parole Euphemia si dibattè ancora più forte, riuscendo a dare un violento pestone al Mangiamorte che la bloccava e si lanciò letteralmente verso suo figlio.
«…Kedavra.»
Il getto di luce verde non tardò ad uscire dalla bacchetta, ma inaspettatamente colpì la schiena della povera donna che si era frapposta tra l’Anatema Che Uccide e il figlio. Euphemia Potter cadde a terra senza dare più alcun cenno di vita. Fu come un pugno dritto in faccia. James non riusciva a capacitarsi di cosa fosse successo. Non poteva essere la vita reale quella. Sua madre non poteva essere morta.
«Mamma…» sussurrò prendendole una mano. «Mamma…» ripetè.
Sua madre era davvero morta.
«Uno spettacolo davvero straziante. Ma tutto questo è necessario per fare giustizia nel mondo magico.» sibilò Voldemort.
«Parli tu di giustizia! Non ne sai nulla della giustizia! Sei solo un viscido bastardo che trae piacere nel fare del male agli altri.» sbottò Sirius.
«Non pretendo che un traditore capisca il punto di vista più giusto.» lo liquidò Schiantandolo.
Sirius batté contro il muro e rimase inerme a terra.
«Pare tu sia rimasto solo Potter.» parlò rivolgendosi al ragazzo che lo fissò con aria di sfida. «Anche dopo queste parole mi lanci quello sguardo. Ti fa onore. E…una morte onorevole è già una ricompensa.»
Alzò il braccio pronto a lanciare la Maledizione. E’ così che sarebbe morto? Freddato sul posto senza neanche provare a reagire o ad opporsi? Suo padre era senz’altro morto combattendo, senza esitazione per proteggere sua madre. Lo stesso aveva fatto lei, in un impulsivo gesto materno come prova dell’amore di una madre verso il proprio figlio. No! Non sarebbe morto stando inerme a guardare. Si alzò rapidamente e contrattaccò con un altro Incantesimo.
«Avada Kedavra!»
«Expelliarmus!»
I due Incantesimi si scontrarono producendo un suono simile ad una cannonata. La collisione provocò un’onda d’urto che sbalzò via i Mangiamorte, mentre si alzò una forte corrente provocata dai due getti di luce. James sentì che Voldemort lo stava respingendo, accorgendosi che la sua Maledizione cominciava lentamente ad avvicinarsi a lui. Il potere del Mago Oscuro era impressionante, ora che era lì a provarlo sulla sua pelle non era certo che ci sarebbe mai stato qualcuno in grado di sconfiggerlo. Dopo poco la sua resistenza era ormai al culmine, il suo braccio si era intorpidito per lo sforzo e cominciò a sentire le sue gambe cedere sotto il peso di tutta quella potenza. Il raggio era più vicino, sempre più vicino. Il ragazzo tentò di resistere con tutte le ultime forze rimaste, ma dopo aver capito che la sua fine era arrivata, chiuse gli occhi. E poi il buio.







Angolo Autore
Capitolo molto importante ai fini della storia. Come ho detto in precedenza mi sono preso più tempo per aggiornare in modo che fosse scritto nel migliore dei modi. Recensite, mi raccomando! 

 

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Capitolo 7
*** La battaglia di Godric's Hollow-Parte 2 ***


CAPITOLO 7: LA BATTAGLIA DI GODRIC’S HOLLOW-PARTE 2






Frank, Alice, Marlene e Lily stavano correndo a perdifiato, facendosi largo tra le fila dei Mangiamorte. Era la prima volta per loro, giovani maghi, che assistevano ad uno spettacolo così raccapricciante. Non avevano ancora individuato la signora Paciock che, probabilmente, era nel bel mezzo della battaglia a dare man forte ai maghi del villaggio. Il gruppetto si fermò dopo essersi sbarazzato di un trio di Mangiamorte. Il ragazzo rimase piacevolmente colpito dalle abilità da duellanti che le ragazze possedevano, non erano certo principesse che si lasciavano salvare da qualcuno e gli facilitavano parecchio il compito di individuare sua madre.
«Non l’hai vista da nessuna parte Frankie?» gli chiese la sua ragazza ansimando per la fatica.
Stavano combattendo già da un po’ ed erano tutti stremati non essendo abituati a duellare per molto tempo. Ad Hogwarts, al Club dei Duellanti, il loro massimo era di qualche minuto e soprattutto non dovevano impegnarsi a schivare Maledizioni che avrebbero potuto mettere fine alla loro vita in un attimo.
«No Alice. Non son riuscito nemmeno ad intravederla da qualche parte.» rispose il ragazzo.
«Non vorrei fare la guastafeste, ma ci converrebbe allontanarci e riprendere fiato.» disse Marlene passandosi una mano sulla fronte sudata.
«Marlene non possiamo! Dobbiamo aiutare gli altri a fermare questo casino!» esclamò Lily contrariata.
«E mi dici chi riuscirai ad aiutare in questo stato? Se in questo momento ci assalissero saremmo un bersaglio estremamente facile da abbattere.»
La rossa non poté controbattere. Nonostante volesse continuare a lottare e ad impedire chi ci fossero altre vittime, sentiva che non avrebbe resistito un secondo di più.
«D’accordo. Ritiriamoci a prendere fiato.» si arrese Lily.
Mentre cominciarono a spostarsi, un’esplosione li investì in pieno atterrando Frank e facendolo svenire.
«FRANK!» urlò Alice accorrendo vicino al ragazzo svenuto.
«Ma guarda un po’…carne fresca.» fece una voce.
Le ragazze si girarono e videro un gruppo di Mangiamorte che li stava accerchiando sghignazzando soddisfatti delle prede che erano riuscite ad intrappolare.
«Maledizione.» ringhiò Marlene alla loro vista.
«Sapete, non è molto furbo da parte vostra, stupidi bambini, mettervi contro dei maghi esperti e potenti come noi.» parlò un Mangiamorte.
«Spero che non ti stia riferendo a voi. Sarebbe comico.» li prese in giro Lily.
«Attenzione la rossa morde.»
«Posso anche staccarti un braccio. Vuoi provare?»
Il Mangiamorte iniziò ad attaccarla divertito, lanciando una Maledizione dopo l’altra. Lily riuscì a stare dietro a tutti i colpi, dimostrando coraggio e nervi saldi nonostante il suo avversario fosse di gran lunga più esperto di lei. Marlene, che non aveva intenzione di stare ferma a guardare, interferì nella lotta e colpì il mago con uno Schiantesimo facendolo svenire istantaneamente. A quella mossa, gli altri estrassero le loro bacchette.
«E’ stata una mossa scorretta ragazzina.» la minacciò una delle figure incappucciate.
«Parlate voi di correttezza nonostante uccidiate famiglie di Babbani indifesi. Siete ridicoli.» ribatté con forza la bionda.
«Mi hai stufato! Attacchiamo tutti insieme!»
Le due ragazze trattennero il respiro sapendo cosa sarebbe successo da lì a poco, tentando di rimanere fiere e a testa alta anche quando la fine sembrava vicina.
«Avada…» recitarono all’unisono i Mangiamorte.
Ma prima che potessero completare la formula vennero rapidamente abbattuti da alcuni colpi precisi. I Mangiamorte caddero a terra senza avere neanche la possibilità di difendersi.
«State bene ragazze?»
Le due si girarono e videro dietro di loro un uomo dalla folta barba bianca, con degli occhiali a mezzaluna poggiati sul naso leggermente storto e un’espressione calma e tranquilla.
«Professor Silente!» esclamarono.
Insieme a lui c’erano anche Augusta Paciock e Alan Prewett che si erano precipitati ad accertarsi delle condizioni dei loro rispettivi figli.
«Sono contento di essere arrivato in tempo. Avete combattuto egregiamente, siete stati tutti bravissimi.» si congratulò l’anziano mago.
«Beh non tanto signor Preside. Se non fosse stato per lei adesso saremmo nell’aldilà.» disse delusa Lily.
«Signorina Evans, alla vostra età non avreste potuto fare più di così. Accontentarsi a volte è sbagliato certo, ma in alcuni casi bisognerebbe fermarsi e riconoscere che non si è ancora pronti per determinate cose.» la rincuorò.
«Forse ha ragione lei.» rispose sospirando.
«Albus la battaglia non è ancora finita. Dobbiamo andare.» gli disse Alan Prewett.
«Certamente. Voi intanto allontanatevi da qua. Vi manderemo un Patronus quando tutto sarà finito.» concluse il preside.
Lily, Marlene, Alice e Frank ,appena rinvenuto, corsero via in direzione di un luogo sicuro.
«Bene. Ora cara Augusta, perché non mi mostri la tua straordinaria abilità di Auror?» disse Silente rivolgendosi alla donna.
«Con vero piacere!» esclamò la signora Paciock sorridendo.
I tre si gettarono a capofitto nel cuore della battaglia, riuscendo a neutralizzare decine di Mangiamorte sia grazie alla loro forza individuale che al gioco di squadra. Il solo fatto di avere al loro fianco il leggendario Albus Silente alimentava gli animi dei combattenti e, viceversa, scoraggiava incredibilmente lo schieramento nemico che, vedendo molti compagni cadere a terra, cominciò seriamente a temere di non riuscire a vincere come all’inizio. In quel caos di luci ed esplosioni, Silente diede la prova di cosa volesse dire essere uno dei più grandi maghi di tutti i tempi e del perché Voldemort lo temesse così tanto. Persino i suoi alleati furono impressionati nel constatare che quello che all’apparenza poteva sembrare un inoffensivo vecchietto, potesse trasformarsi in una macchina da guerra inarrestabile. I Mangiamorte si persero sempre più d’animo, ma nonostante questo continuarono a combattere con ferocia, consci di cosa gli sarebbe successo se si fossero fatti sconfiggere.
«Sei in forma Albus!» esclamò Alan.
«Un povero vecchio ha sempre i suoi assi nella manica.» rispose pacato il preside.
Sembrava che la battaglia non sarebbe ma finita e che sarebbe potuta continuare ad oltranza, quando improvvisamente tutti i Mangiamorte si bloccarono quasi tutti nello stesso momento, volgendo il loro sguardo al cielo. Alan rimase sbigottito di fronte a ciò che stava accadendo. Perché improvvisamente si erano fermati tutti? Senza che nessuno potesse realizzare nulla, tutte le figure incappucciate si Smaterializzarono nel medesimo istante. La piazza principale di Godric’s Hollow si svuotò, lasciandovi esclusivamente i maghi difensori e gli Auror.
«Ma che diavolo…?»
Augusta era davvero confusa. Non riusciva a trovare alcun senso a ciò che era appena avvenuto.
«Albus!» esclamò in direzione dell’anziano mago.
«So cosa stai per chiedermi, ma non lo so.» rispose in anticipo lui.
Non era da Voldemort e dai suoi seguaci una ritirata così improvvisa e senza senso. Avrebbero anche potuto avere la meglio su di loro, nonostante lui fosse sceso in campo.
«Chiama i ragazzi Augusta. Il pericolo è finito.» le disse.
La donna annuì e inviò il suo Patronus. Dopo poco i quattro arrivarono nella piazza e finalmente Frank e Alice poterono riabbracciare i propri genitori, contenti che fossero entrambi vivi e vegeti. Silente si guardò intorno e notò che lì in mezzo mancavano due presenza fondamentali. Anzi quattro.
«Augusta. Fleamont ed Euphemia dove si trovano?» le domandò.
«Non lo so. Effettivamente non li ho incrociati nemmeno una volta durante la battaglia.» rispose lei pensandoci su.
«E il signor Potter e il signor Black?» chiese poi rivolgendosi ai ragazzi.
«Erano andati a cercare i genitori di James. Li avrebbero trovati e ci sarebbero venuti incontro.» parlò Alice.
Per un momento nella testa di Silente balzò un’idea macabra che tentò subito di scacciare. Anche se…
«Andiamo a cercarli. Immediatamente.» ordinò risoluto.
Ammutolirono tutti, e senza proferire parola, seguirono il Preside alla ricerca dei quattro. Li cercarono nelle vie principali del villaggio, senza alcun risultato.
“Non saranno mica…” pensò.
Si avviò verso la villa dei Potter, guardandosi intorno e osservando alcuni cadaveri tra poveri innocenti e Mangiamorte, ponendo nella sua mente le proprie scuse a chi quella notte aveva perso la vita. Quando arrivarono alla villa, lo spettacolo che si presentò davanti a loro mozzò il respiro ai ragazzi. L’intera struttura era gravemente danneggiata, una parte di soffitto era crollato e persino l’entrata era saltata via. Rispetto alle altre case lì vicino era palese che il nemico aveva preso come bersaglio i Potter. Silente sentiva che in quella storia centrasse lo zampino di Voldemort data l’entità del danno. Ma a quale scopo non partecipare attivamente alla battaglia, non soddisfare la sua sete di sangue e attaccare una famiglia sola? Il preside avanzò verso l’entrata lasciando indietro gli altri. Entrò all’interno della casa semidistrutta e si accorse immediatamente di quattro corpi riversi a terra: erano i tre Potter e Sirius Black.
«Alan, Augusta entrate per favore. Voi ragazzi è meglio che rimaniate fuori.»
«Perché? Cos’è che non possiamo vedere?» chiese Marlene irritata e tremante.
Se il preside non voleva la loro presenza lì dentro poteva significare che era accaduto qualcosa di veramente grave. Il solo pensiero che Sirius e James potessero…Non ci voleva neanche pensare!
«Signor preside vogliamo entrare anche noi!» esclamò Lily dando man forte a Marlene.
L’anziano mago sospirò.
«E va bene. Entrate.» rispose.
Le due non se lo fecero ripetere e s’incamminarono, lasciando indietro Frank che tentava di consolare Alice dopo quella brutta disavventura. Ciò che videro era un incubo materializzatosi dinanzi ai loro occhi. Tra le macerie di quel posto scorsero i corpi dei loro amici. Lily sentì gli occhi pizzicare alla vista di James steso a terra immobile a braccia spalancate, con una ferita sanguinante sulla fronte e gli occhiali distrutti. Sirius steso poco più in là era nella posizione opposta e con il naso sanguinante. La ragazza si avvicinò lentamente al corpo del Potter, con le lacrime agli occhi, e posò due dita sul collo per accertarsi che fosse effettivamente morto. Ma con sua enorme sorpresa sentì delle pulsazioni sulla superficie delle sue dita. James era ancora vivo.
«Professore! James è ancora vivo!» esclamò facendo voltare il preside verso di lei.
L’uomo si accertò che ciò che la ragazza stava dicendo fosse la verità e fu molto felice di scoprire che non si fosse sbagliata. Scavalcò il corpo del ragazzo e si avvicinò a quello di Sirius compiendo i medesimi movimenti. E con enorme gioia si accorse che anche il rampollo dei Black era vivo.
«Anche il signor Black è ancora vivo, ma entrambi hanno bisogno di cure immediate. Alan, Augusta prendeteli e andate in un luogo sicuro e portate con voi anche gli altri ragazzi.» disse Silente ai due.
«Al San Mungo?» chiese Alan.
«Sarebbe poco prudente. Sai bene che potrebbe essersi benissimo infiltrato anche lì. Andate alla Tana da Arthur e Molly Weasley.»
«Molto bene.» rispose il signor Prewett.
Fece apparire due barelle per i due ragazzi e li adagiò con molta delicatezza, stando attento a non smuoverli troppo.
«Venite ragazzi, afferrate il mio braccio.» si rivolse a sua figlia e agli amici porgendo il braccio. Il gruppetto si avvicinò e, non appena si attaccarono tutti, il signor Prewett si Smaterializzò. Silente rimase per un momento a fissare il punto dove si erano Smaterializzati, per poi alzarsi rivolgendo le attenzioni ai corpi dei suoi due leali e amici.
«Fleamont…» sussurrò osservando il viso pallido dell’uomo che normalmente portava sempre un sorrisetto divertito sul volto. «Euphemia…» sussurrò ancora ma questa volta nei confronti della donna. Si sarebbe occupato lui dei corpi e avrebbe organizzato personalmente il funerale, era il minimo dopo tutto ciò che avevano fatto per lui. I suoi sospetti trovarono fondamento, Voldemort li aveva uccisi a sangue freddo. Ma c’erano alcune cose che non quadravano: perché Voldemort avrebbe dovuto risparmiare i due ragazzi e perché era fuggito portandosi via anche i suoi Managiamorte. Decise che ci avrebbe visto chiaro in questa storia, troppi elementi non avevano un senso. Si passò una mano sul volto stanco chiudendo gli occhi per qualche secondo. Avrebbe rimandato quell’indagine per il momento, ora doveva schiarire le idee e riportare i corpi di quelli che erano stati combattenti valorosi, ma soprattutto dei grandi amici.







Angolo Autore
Salve a tutti. E' un bel po' che non aggiorno questa storia, non me ne sono certo dimenticato, ma molti impegni mi hanno tenuto occupato e di conseguenza non avevo tempo di scrivere. Purtroppo non potrò avere ritmi regolari ancora per un po', ma cercherò di aggiornare il prima possibile. Grazie a chi recensirà la storia, a chi la seguirà o la leggerà semplicemente.
A presto.
 

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Capitolo 8
*** La Tana ***


CAPITOLO 8: LA TANA




«Che cosa orribile. Quando James e Sirius lo scopriranno saranno distrutti.»
«Già…sarà un duro colpo.»
«Silente ha detto che si occuperà del funerale. Ho notato che si sentiva quasi in colpa, forse pensa che sia colpa sua ma…ragazzi si sta svegliando!»
Sirius Black cominciò ad aprire gli occhi, ma li richiuse subito dopo a causa di una fitta alla testa. Mugolò di dolore e gradualmente riprovò ad aprirli mettendo a fuoco le figure dei suoi amici. Tutti e tre lo fissavano come se stessero aspettando un evento unico ed irrepetibile o come se dovesse svenire da un momento all’altro. Si accorse di trovarsi in una stanza di medie proporzioni, adagiato su un soffice letto con una coperta a fiori dall’aria un po’ malandata. Cercò di tirarsi su per mettersi seduto, con non poca fatica, e venne aiutato da Marlene.
«Ragazzi…ma dove siamo?» chiese spaesato il ragazzo.
«Ci troviamo alla Tana. La casa di Arthur e Molly Weasley. Silente ci ha detto di venire qui dopo la battaglia perché riteneva fosse il posto più sicuro al momento.» rispose Marlene.
Il Black improvvisamente venne investito da una brutale consapevolezza. Fleamont ed Euphemia erano morti. Pensava che anche lui e James avrebbero fatto la loro stessa fine, ma a quanto pare lui era ancora vivo. Cos’era accaduto? Dov’era James?
«Dov’è James? Cos’è successo? Da quanto siamo qui?» cominciò a chiedere frettolosamente.
«Una cosa alla volta Sirius. James è qui, sta riposando in un’altra stanza e ancora non dà cenni di volersi risvegliare.» spiegò la bionda.
«Si ma cos’è successo per farci arrivare qui? L’ultima cosa che ricordo è…Voldemort che mi schianta contro il muro.»
«Vedi Sirius il fatto è che nemmeno noi sappiamo cosa sia successo dopo che ci siamo separati. Sappiamo solo che vi siamo venuti a cercare con Silente, a Villa Potter, e abbiamo trovato te e James svenuti sul pavimento, mentre…beh…» parlò Lily titubante.
«Fleamont ed Euphemia sono morti. Lo so.» grugnì il Black.
Coloro che lo avevano accolto nella propria casa come un figlio, senza chiedere nulla in cambio, trattandolo come se fosse realmente il reale fratello del loro unico figlio. Fleamont con quell’aria sbarazzina metteva sempre di buon umore tutti, non si poteva essere tristi se passavi del tempo con lui. Euphemia con il suo sorriso radioso, una donna dal carattere mite e gentile, che però, a volte lasciava posto alla sua personalità forte e decisa con cui metteva paura persino al marito. Morti. Strappati alla vita da quello stesso genocida che i suoi reali genitori appoggiavano e sostenevano. Digrignò i denti con rabbia.
«Sirius…»mormorò Marlene vedendolo così in pena.
«E’colpa mia.»
«Cosa?» chiese la bionda strabuzzando gli occhi.
«Hanno attaccato i Potter per arrivare a me. I miei genitori sono grandi sostenitori di Tu-Sai-Chi, così, quando li ho mandati al diavolo avranno pensato di vendicarsi. Saranno venuti a spere che mi ero trasferito dai Potter e hanno lasciato che il loro adorato signore sistemasse le cose. Quindi è colpa mia se sono morti.» spiegò Sirius.
«Non dire assurdità!» esclamò Marlene.
«Già. Il tuo ragionamento sembra non fare una piega ma…» parlò Frank.
«…Ma hai dimenticato una cosa. Tu-Sai-Chi non starebbe mai ai capricci di nessuno, tantomeno a quelli di due genitori che hanno smarrito il proprio figlio ribelle. Al massimo avrebbe lasciato che se fosse occupato qualche suo tirapiedi, ma lui non avrebbe mai perso tempo per queste sciocchezze.» concluse Lily.
«Lily ha assolutamente ragione, ci dev’essere qualcos’altro dietro l’attacco ai Potter. Qualcosa che noi non sappiamo.» le diede man forte Alice.
Sirius sospirò. Forse aveva viaggiato troppo con la testa per riflettere un momento sui propri pensieri. In effetti Voldemort non si sarebbe mai sporcato le mani per uno come lui. Che idiota.
«Non buttarti così giù Sir, hai pensato tutto ciò perché volevi davvero bene a Fleamont e ad Euphemia. E sono sicuro che te ne volevano anche loro.» disse il Paciock dandogli una pacca sulla spalla.
Il ragazzo annuì.
«Piuttosto Sir…tu sei svenuto prima di James?» chiese Alice.
«Uhm…si, credo di si.» rispose.
«Capisco, quindi non puoi raccontarci cosa gli sia successo.»
«Perché cosa gli è successo?!» domandò allarmato.
«Nulla. Insomma fisicamente non ha subito danni, a parte qualche contusione e qualche taglio. Ma…hanno provato a curargli una ferita sulla fronte che non accennava a guarire nonostante abbiano tentato qualsiasi rimedio magico. La signora Weasley è molto in gamba, eppure non sono riusciti in alcun modo a farlo sparire. In genere questo tipo di ferite sono quelle da Anatema Che Uccide.» raccontò Alice.
«Si Alice, solo che chi le subisce in genere non ha la facoltà di lamentarsene perché è morto stecchito.» disse Lily in modo sarcastico.
«Lo so Lils, ma…non c’è altra spiegazione.»
«E quindi tu presumi che Potter sia stato colpito da un Anatema Che Uccide e ne sia uscito vivo?»
«In realtà non so cosa pensare…»
Calò il silenzio nella stanza per un momento. Se davvero James fosse sopravvissuto alla più pericolosa delle tre Maledizioni Senza Perdono…sarebbe stato un evento incredibile. Nessuno nella storia, nemmeno i maghi più potenti erano sopravvissuti all’Avada Kedavra. Nessuno! Perché un ragazzo di quindici anni invece si? Era assurdo!
«Quindi…lui sta bene?» chiese Sirius alle ragazze.
«Si Sir, anche se non si è ancora svegliato. La madre di Frank e la signora Weasley hanno detto che potrebbe volerci un po’di più.» rispose Lily ripensando a come aveva trovato il ragazzo nella villa crollata.
Si sentiva male solo a ripensarci. Ormai aveva ammesso di aver iniziato a creare un bel legame con James e che questo aveva messo i paletti per una buona amicizia. Ma quando lo aveva trovato lì a terra, esanime, con gli occhiali distrutti e apparentemente morto…si era sentita persa. Quell’emozione così intensa quanto dolorosa era stata sostituita da un’incredibile felicità quando aveva scoperto che il suo cuore pulsava ancora e che fosse ancora vivo. Avrebbe dovuto fare chiarezza dentro di sé e scoprire cosa comportassero quel turbine di emozioni improvvise che l’avevano travolta.
Alice decise di rompere il silenzio: «Beh ci conviene scendere, Molly aveva detto che il pranzo sarebbe stato pronto a momenti.»
Il gruppo si avviò verso le scale e Sirius poté osservare la casa dei Weasley. Era una casa abbastanza grande, immersa nelle campagne e con un grande orto. Era leggermente stravagante, ma neanche troppo rispetto alle case di alcuni maghi che facevano decisamente di peggio. Aveva l’aria di essere un po’ vecchiotta ma nonostante questo era estremamente accogliente e si percepiva un’atmosfera di calore e famiglia. Scesero in cucina dove la signora Weasley aveva già apparecchiato e appoggiato le pietanze che avrebbero mangiato. Solo a guardarle ai ragazzi venne l’acquolina in bocca.
«Ah finalmente siete arrivati cari. Sedetevi pure, inizieremo non appena mio marito, Augusta ed Alan finiranno di parlare in giardino.» li accolse Molly accorgendosi della loro presenza.
Molly Weasley era il ritratto della classica mamma casalinga, affettuosa e ben disposta verso i suoi bambini. Come tutti i Weasley che si rispettino aveva dei capelli rossi che le ricadevano morbidi sulle spalle. Fece la sua comparsa poi Arthur Weasley seguito dal signor Prewett e la signora Paciock. Lui era un uomo estremamente buffo, anch’esso con i tipici capelli rossi, un po’ panciuto ma estremamente simpatico. Nonostante fosse un mago Purosangue era enormemente interessato ai Babbani, al loro modo di vivere, alla loro cultura e alla loro tecnologia. Di sicuro non se ne incontravano spesso di tipi come lui. La coppia aveva due figli: Bill e Charlie.
«Salve ragazzi! Oh signor Black si è svegliato finalmente!» esclamò allegro e pimpante.
Sirius si chiese se avesse tutte le rotelle a posto.
«Non si sa niente dell’altro?» chiese rivolgendosi alla moglie.
«Ancora nulla caro. Sta ancora dormendo, povero ragazzo mi dispiace così tanto.» disse dispiaciuta Molly.
«Su su cara, quel ragazzo è forte come i sui genitori. Si rialzerà più forte di prima.»
«Scusate…» s’intromise Sirius «Voi conoscevate i genitori di James?».
«Ma certo. Delle persone veramente squisite e disponibili.» rispose sorridendo Arthur.
«Mi è dispiaciuto così tanto di quello che è successo. Silente ha detto che avrebbe organizzato il funerale tra un paio di giorni. Spero che per quel momento James sia pronto.» parlò Molly.
Il moro annuì.
«Bene,direi di iniziare. Ha detto Silente che ci avrebbe raggiunti nel pomeriggio per parlare di alcune cose molto importanti.» concluse la signora Weasley.
Incominciarono a favorire delle gustose pietanze che la donna aveva preparato, scoprendo con enorme soddisfazione che fossero davvero squisite. Sicuramente avere a che fare con due bambini doveva aver contribuito nel far diventare Molly un’ottima cuoca. Pranzarono in tutta tranquillità, scambiandosi qualche parola tra un boccone e l’altro per fare conversazione. Purtroppo il ricordo di quello che era avvenuto era vivido nelle menti di tutti, e il fatto che James ancora non si svegliasse non faceva che peggiorare la situazione.
«Era tutto buonissimo signora Weasley.» le disse Alice.
«E’ davvero un’ottima cuoca.» si complimentò Lily.
«Oh sciocchezze ragazze, non ho fatto chissà cosa.» minimizzò la donna.
Dopo aver aiutato Molly a sparecchiare, nonostante la protesta di quest’ultima secondo cui agli ospiti non sarebbe toccato, i ragazzi uscirono in giardino per godersi un po’ di sole e per fare quattro chiacchiere con il signor Weasley. L’uomo era molto ben disposto a rispondere a qualsiasi domanda dei cinque e, dopo aver scoperto le origini Babbane di Lily, iniziò a tempestarla di domande sui loro usi.
«Quindi mi stai dicendo che potete comunicare a distanza senza bisogno dei gufi?» domandò l’uomo estasiato.
«Esattamente. Possiamo comunicare velocemente, senza bisogno di dover aspettare ore o addirittura giorni per una risposta.» affermò la ragazza.
«E in che modo?»
«Vede usiamo uno strumento altamente tecnologico. Si chiama telefono.»
«Feleton…tefelon…» provò a dire lui.
«Telefono signor Weasley. Te-le-fo-no.» disse Lily reprimendo una risata e scandendo bene le parole.
«Telefono. Ingegnosi questi Babbani.»
Dopo quel siparietto comico vennero interrotti dal padre di Alice che aveva alcune cose da discutere con l’uomo e decisero così di entrare in casa per chiedere alla signora Weasley se avessero potuto vedere James.
«Va bene ragazzi. Mi raccomando però, non fate confusione e lasciatelo riposare.» acconsentì la donna.
I cinque annuirono e salirono al piano di sopra, nella stanza di fianco a quella dove aveva riposato Sirius. Aprirono la porta con cautela per evitare di fare rumore ed entrarono nella piccola stanzetta dove il Potter stava riposando. Lo osservarono attentamente, il ragazzo era perfettamente immobile e con un’espressione neutra sul volto. Notarono che sulla sua fronte spiccava una cicatrice, con una forma un po’ strana e che ricordava una saetta.
«Chissà perché ancora non si sveglia.» parlò a bassa voce Marlene.
«Non sappiamo cosa sia successo dopo che Sirius è svenuto. Chissà…» rispose Frank.
«Spero solo che non manchi molto, ci vorrebbe un po’ della sua allegria qui.» disse Alice.
Lily dubitava fortemente che, al suo risveglio, James sarebbe rimasto quello di sempre. Aveva perso i suoi più grandi punti di riferimento, i suoi mentori e i suoi confidenti. Il ragazzo aveva un ottimo rapporto con i genitori e, con molta probabilità, l’aver assistito alla loro morte l’avrebbe segnato per sempre.
«Avrà bisogno di noi. Di tutti noi.» mormorò Felpato.
E Lily non poté essere più d’accordo.
 
 
 
 
                                                                                                               ***
 Bianco.
L’unica cosa che vedeva era bianco intorno a lui. Non aveva la più pallida idea di dove si trovasse, era come se fosse sospeso nel nulla. Era confuso e non aveva idea di cosa ci facesse lì.
«James.»
Sentì una voce appena udibile chiamarlo.
«James.»
Ancora la stessa voce.
«James!»
La tonalità era diventata più acuta, quasi spaventata. Si girò intorno, corse senza una meta in quell’infinita distesa bianca non sapendo nemmeno cosa cercasse. Chi lo stava chiamando?
«JAMES!»
Un urlo squarciò il silenzio. Si voltò. Sua madre e suo padre erano davanti a lui con un’espressione spenta sul volto. Non dissero nient’altro, si limitarono a tendere la mano in avanti come a volergli comunicare di raggiungerlo.
«Mamma! Papà!» esclamò.
Corse in avanti verso di loro, desideroso di raggiungerli e stringerli a sé. Ma più correva e tentava di avvicinarglisi, più gli sembrava che si allontanassero. Il ragazzo non si diede per vinto e accelerò ancora. Ma le due figure, ormai, si allontanavano a vista d’occhio e cominciarono a scomparire.
«Mamma! Papà!» urlò disperato. «Non mi lasciate!».
«NOOO!»
James ansimò pesantemente. Notò che era in un letto, in una piccola stanza. Dov’era? E cos’era successo? Aveva appena sognato? Troppe domande affollarono la sua mente che sembrava sul punto di esplodere. Si mise una mano sulla fronte e si rimise sdraiato per calmarsi e regolarizzare il respiro. Sentì una porta aprirsi all’improvviso.
«Ma che diav…James! Sei sveglio!» esclamò la signora Weasley.
«Signora Weasley?» si assicurò il ragazzo che aveva incontrato altre volte la donna.
«Si sono Molly. Oh ringraziando il cielo stai bene.» rispose apprensiva.
«Dove mi trovo?» chiese confuso.
«Sei al sicuro. Questa è la casa mia e di Arthur.» disse accarezzandogli la fronte.
Come era finito lì? Ma soprattutto perché diavolo era ancora vivo? Voldemort lo aveva praticamente ucciso. Ricordava perfettamente il momento in cui, allo stremo delle forze, l’Anatema Che Uccide lo aveva colpito in pieno senza che lui avesse potuto schivarlo.
«E’ tutto così…confuso.» mormorò il giovane.
«Non ti affaticare ora. Cerca di riposare, tra poco potrai rivedere i tuoi amici.» lo confortò Molly.
«Va bene. Grazie.»
Poi gli venne in mente un dettaglio macabro.
«Signora Weasley.» la chiamò.
«Cosa c’è caro?» si giro la donna sulla soglia della porta.
«I…i miei genitori sono…morti. Vero?» domandò come se sapesse già la risposta.
Molly abbassò la testa, abbattuta, in una muta risposta alla legittima domanda del ragazzo. Non aveva il coraggio di dirlo chiaramente.
«Ok…ho capito.»
Dopodiché la donna spense le luci e chiuse la porta. Scese le scale e vide tutti gli altri che la aspettavano ansiosi di sapere cosa fosse successo.
«Allora? Come sta?» chiese Sirius tremendamente in ansia.
«Sembrava stare bene, almeno fisicamente. E’ un po’scosso naturalmente, così l’ho lasciato riposare.» rispose.
«Hai fatto bene cara. Lasciamolo riposare fino all’arrivo di Silente, poi ci penserà lui.» disse Arthur abbracciando la moglie.
«Quando lo potremo vedere?» domandò Lily.
«Solo dopo che Silente ci avrà parlato. E’ meglio levarsi via questo dente e capire cosa sia successo a Godric’s Hollow.»
I ragazzi annuirono, consapevoli che quella fosse la scelta giusta, anche se risultava loro difficile.
«Salve a tutti, sono arrivato il prima possibile.»
Albus Silente era lì.  
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Capitolo 9
*** Conseguenze ***


CAPITOLO 9: CONSEGUENZE



Albus Silente fece la sua apparizione nel salotto dei Weasley attirando l’attenzione di tutti i presenti. La sua espressione era, come sempre, calma e tranquilla ma i suoi occhi trasmettevano un’insolita inquietudine che nessuno dei ragazzi aveva mai scorto nel preside della loro scuola.
«Albus, sei arrivato. Non ti aspettavamo così presto.» parlò Molly invitandolo a sedersi.
«Ne sono consapevole cara Molly, tuttavia ho voluto accelerare i tempi.» disse mentre stringeva la mano del signor Weasley.
«Suppongo che dopo gli avvenimenti di ieri, sia appropriato.» commentò Alan Prewett.
«Ahimè, temo che tu abbia ragione.»
Silente si accomodò sul divanetto accanto a Remus, lisciandosi la lunga e folta barba e sospirando come a volersi liberare di un angosciante peso. La tragedia del giorno precedente pesava ancora sulle sue spalle, turbando il suo animo facendogli provare enorme rammarico per le perdite subite.
«Ragazzi miei» parlò rivolgendosi ai suoi studenti « State tutti bene?»
Ricevette in risposta dei cenni d’assenso, anche se poco convinti, da parte di ognuno di loro. Notò in particolare il volto corrucciato del giovane Black. Sapeva ormai quanto si fosse affezionato a Fleamont ed Euphemia e sicuramente aveva avvertito la loro morte con la stessa intensità del loro figlio biologico.
«Signor Black, vedo che si è ripreso.»
«Si professore, sto bene.» ripose Sirius.
 «Purtroppo la mia non è una visita di cortesia. Devo parlare con il signor Potter riguardo alcuni avvenimenti di ieri sera. Una volta parlato con lui, potrò darvi alcune informazioni sul da farsi. Perdonate se vi faccio aspettare un po’.»
«Albus, non potresti lasciarlo riposare? Si è svegliato da poco e non sarebbe giusto turbarlo così presto.» disse la signora Weasley con fare materno.
«Vorrei poterlo fare Molly, ma è fondamentale che io parli immediatamente con il ragazzo.» ribatté inflessibile Silente.
Molly non poté che desistere di fronte all’ostinatezza del mago, comunque un po’ a malincuore. La donna aveva un innato istinto protettivo verso i ragazzi più giovani e cercava sempre di non includerli in discorsi cupi e che riguardassero la guerra. Era davvero un’ottima madre.
«Potresti indicarmi la stanza dove il signor Potter riposa?» chiese gentilmente il preside.
«Certo. Da questa parte.» acconsentì accompagnandolo su per le scale.
Gli indicò una porta nello stretto corridoio, facendogli capire che fosse quella giusta. Dopodiché si voltò e ritornò sui suoi passi. Silente la vide scomparire gradualmente per le scale. Quando si assicurò di essere rimasto solo, bussò alla porta per educazione, sperando che il ragazzo non si fosse riaddormentato.
«Avanti.» fece James dall’interno della camera.
Vide il preside della sua scuola aprire la porta, rimanendo comunque sulla soglia e fargli un sorrisetto per  tranquillizzarlo. James aveva sempre trovato la figura di Albus Silente molto rassicurante, capace di mettere a proprio agio chiunque grazie alla sua compostezza, ma allo stesso tempo alla sua amichevolezza. Lo reputava un ottimo preside e che Hogwarts non avrebbe potuto sperare di meglio, soprattutto in quel periodo.
«Professor Silente, è lei.»
«Buon pomeriggio signor Potter. Vedo che Molly ti ha sistemato bene.» scherzò un po’ lui.
«La signora Weasley ci ha già adottati praticamente.» ridacchiò James, facendo sorridere anche Silente.
«Posso entrare?» domandò cordialmente Silente.
«Prego, entri pure.» acconsentì James, curioso dell’ingresso in camera dell’uomo.
Il mago entrò, chiudendo la porta dietro di sé, e accomodandosi su una piccola sedia vicino al letto.
«Sono qui per parlare con te. Ma non sarà un discorso molto allegro temo.» inziò a dire Silente.
«Lo sospettavo.» borbottò il giovane sistemandosi sul letto poggiando la schiena sulla testata del letto.
«Vedi…sono qui per chiederti cos’è successo dopo che tu e il signor Black vi siete separati dal gruppo del signor Paciok e delle signorine Prewett ed Evans. Ho bisogno di una descrizione dettagliata.» spiegò il preside serio.
Il Potter chiuse gli occhi un istante, passandosi contemporaneamente la mano tra i capelli scompigliati per scaricare la tensione. Parlare di quello avrebbe voluto dire rivivere nuovamente ciò che stava tentando di scacciare dai propri ricordi. Deglutì a vuoto.
«Ho bisogno di questo favore James. E’ importante.» insistette.
«D’accordo.» annuì il giovane. «Allora…dopo esserci divisi dagli altri, io e Sirius siamo corsi a casa a cercare i miei genitori. Quando siamo entrati abbiamo visto Voldemort, Bellatrix Lestrange e un altro Mangiamorte che teneva bloccata mia madre.»
«Sai per caso chi fosse quel Mangiamorte?» domandò Silente.
«No. Era incappucciato, non ho avuto modo di vederlo in faccia.» rispose facendo mente locale.
«Non ci speravo, comunque volevo esserne sicuro. Va’avanti.» lo incitò.
«Ecco…mio padre…era già morto quando siamo entrati. Voldemort ha parlato di uno scontro, e che aveva tentato di ricevere informazioni sull’Ordine Non So Che.»
«L’Ordine della fenice?» lo aiutò Silente.
«Si quello. Ovviamente mio padre si è rifiutato di aiutarlo.» lo disse con un tono misto tra orgoglio e amarezza. « A quanto pare sembrava che ci tenesse particolarmente, ha tentato di estorcere le stesse informazioni anche a mia madre. L’ha minacciata di uccidermi, e non riscontrando alcuna collaborazione da parte sua era ciò che stava per fare. Ma…mia madre è riuscita a liberarsi dalla stretta del Mangiamorte e… si è fatta colpire al posto mio.»
La voce tremolò leggermente alle sue ultime parole. Rivivere la morte della madre, rivedere il momento in cui lei si era lanciata verso di lui e si era contrapposta tra lui e l’Anatema Che Uccide risultò estremamente faticoso. Deglutì e continuò il racconto sotto lo sguardo attento di Silente che sembrava non voler perdersi un singolo vocabolo.
«Dopodiché ha Schiantato Sirius e ha provato ad uccidermi.»
«Hai fatto qualcosa per evitarlo?»
«Si io…uhm…ho provato a far rimbalzare la Maledizione con l’Expelliarmus, ma lui era troppo forte. Davvero non ho mai avvertito una tale potenza da nessuno.  Sono riuscito a resistere davvero poco, poi ho visto che il colpo si stava avvicinando sempre di più e…poi più niente.»
Silente dedusse che quella fosse la fine del racconto.  Grazie a quel racconto molti tasselli sembrarono andare nel posto giusto, ma persistevano ancora alcune incognite abbastanza complesse anche per un mago del suo calibro. In una lunga vita come la sua, aveva vissuto molteplici esperienze che, in quel momento, vennero messe a dura prova da ciò che il ragazzo gli aveva raccontato.
«C’è qualcosa che hai omesso?» chiese assicurandosi che gli avesse detto tutto.
«E’ tutto ciò che ricordo.» ripose con sincerità James. «Signore vorrei sapere se ha capito qualcosa. Vorrei…insomma…nessun segreto.»
Silente annuì. «Certo James. Hai il diritto di sapere più di chiunque altro, anche se per ora non saprei risolvere tutte le incognite.»
«Beh, mi farebbe piacere sapere cosa sarebbe questo Ordine della Fenice. E perché i miei genitori ne facevano parte.»
«L’Ordine della Fenice è un’associazione segreta creata da me, il cui scopo è la sconfitta di Lord Voldemort. In questi tempi bui, siamo certi che ci siano degli infiltrati fin nel Ministero della Magia e non possiamo fidarci completamente delle istituzioni e degli Auror. Per cui ho provveduto a riunire un gruppo di persone fidate e competenti nei vari ambiti della magia e stregoneria. I tuoi genitori furono entusiasti di partecipare alla causa, nonostante entrambi Purosangue e solo dei pozionisti, si sono voluti schierare in prima linea in questa guerra.»
«Ma com’è possibile che, nonostante l’assoluta segretezza dell’Ordine, Voldemort sia riuscito a stanarli?» chiese perplesso James.
«La settimana scorsa un nostro membro è stato rapito. Deduco che Voldemort abbia usato metodi molto efficaci per estorcergli informazioni, e probabilmente era particolarmente interessato ai membri dell’associazione. I tuoi genitori sono stati le prime vittime designate, e con loro anche il villaggio di Godric’s Hollow.»
Ora si spiegava l’attacco al villaggio e a loro. Non era stato affatto un attacco casuale per portare solo scompiglio e distruzione, era stato organizzato come un attacco mirato a ricavare informazioni su tutti i membri dell’Ordine della Fenice che, in qualche modo, il membro rapito non aveva avuto modo di fornirgli. I suoi genitori, anche se entrambi Purosangue provenienti da due famiglie importanti del mondo magico, erano apertamente Babbanofili ed erano stati etichettati dalle altre famiglie più tradizionaliste come traditori del proprio sangue. James era stato cresciuto con quei valori e aveva sempre condiviso l’importanza di non fare alcuna distinzione per la provenienza di un mago. D’altronde molti dei Nati Babbani risultavano più promettenti di chi era Purosangue, ed il suo pensiero volò a Lily, la studentessa più brillante del loro anno. Quindi le cose stavano così. Ma c’era ancora un enorme dubbio che gli attanagliava l’anima. Un dubbio che aveva sicuramente a che fare con quella cicatrice a forma di saetta che si era ritrovato sulla propria fronte al suo risveglio.
«Signore, per quanto riguarda l’ultima parte della storia…cosa ne pensa?» chiese mordendosi il labbro inferiore per l’agitazione.
«Riguardo lo scontro fra te e Lord Voldemort?»
James annuì.
«Tu cosa pensi?» chiese di rimando Silente.
Era quello il problema, non sapeva cosa pensare! Era sicuro che la Maledizione lo avrebbe colpito e lui sarebbe morto. Ma allora perché era ancora vivo? Da quella distanza non avrebbe avuto modo di schivarla, non avrebbe avuto modo di fare null’altro se non provare a respingerla. Ricordò ancora la sensazione di fatica mentre tentava di rimanere in piedi per non soccombere, ma alla fine non aveva retto. Eppure era ancora lì. Cosa diavolo voleva dire? Era davvero sopravvissuto all’Anatema Che Uccide?
«Io non so cosa pensare Signore!» esclamò frustrato. « So che sarei dovuto morire lì, eppure…sono ancora vivo. Non ci capisco niente! Non posso essere sopravvissuto all’Anatema Che Uccide, vero?»
Aspettò la riposta repentina del preside che sicuramente lo avrebbe preso per pazzo dopo quella frase. Eppure con sua enorme sorpresa, l’anziano mago rimase in silenzio a rimuginare sulle ultime parole del Potter.
«Onestamente mio caro ragazzo, è ciò che credo sia avvenuto.»
«Cosa?!»
«Non ne posso essere totalmente sicuro. Di solito tento di fare delle supposizioni e, di solito, quelle supposizioni si rivelano quasi sempre giuste. Per cui suppongo che tu sia davvero sopravvissuto a quella Maledizione.» disse Silente con tono tranquillo.
Come faceva ad essere tranquillo per una cosa del genere?
«S-sta scherzando vero? Non c’è mago che sia vivo dopo essere stato colpito dall’Avada Kedavra, nemmeno i più potenti ce l’hanno fatta.»
«Corretto. Ma in questo caso non penso sia dipeso da te.»
«In che senso?» domandò James ancora più confuso.
«A quanto mi hai detto, Voldemort ha tentato di ucciderti due volte. Al primo tentativo tua madre si frapposta tra te e l’incantesimo, facendosi colpire al posto tuo. Ho ragione?» parlò Silente cercando conferma.
«Si, ha ragione.» concordò il ragazzo.
«Io credo che il sacrificio di tua madre per salvarti la vita, abbia attivato una sorta di protezione su di te. Una protezione che, al secondo attacco, ti ha salvato la vita facendo rimbalzare l’Anatema Che Uccide su chi l’aveva scagliato. E’ una delle magie più antiche che possano esistere mio caro ragazzo.»
«Che cos’è?»
Silente sorrise. «L’amore James. E’ stato l’amore di tua madre a proteggerti. Ti ha donato, tramite il suo sacrificio, la protezione più totale ed impenetrabile. Naturalmente un essere privo di emozioni o qualunque altro sentimento positivo come Voldemort non avrebbe potuto pensare nemmeno per un istante ad una cosa così frivola, per lui, come l’amore. Eppure se ora tu sei qui, è grazie ad esso. E si spiega anche il ritiro improvviso dei Mangiamorte dalla battaglia a Godric’s Hollow. Il loro caro padrone ora è più morto che vivo.»
«Quindi non potrà più nuocere a nessuno?» chiese James sperando in una riposta positiva.
Silente, però, scosse la testa. «Temo che, anche se privo di forze, sarà ancora un pericolo.»
Dopo quella frase ci fu un interminabile istante di silenzio durante il quale James tentò di metabolizzare l’accaduto. Cosa avrebbe comportato l’improvvisa sparizione di Voldemort? Si sarebbe fatto vivo molto presto o era impossibilitato a fare qualunque cosa? Quasi come se Silente stesse leggendo i suoi pensieri, incrociò il suo sguardo comprensivo e lo puntò su di lui.
«So che è molto difficile metabolizzare tutto ciò James. Ma conto sulla tua forza d’animo poiché, anche se momentaneamente inoffensivo, Voldemort tornerà e temo che indirizzerà tutto il suo odio contro di te.»
Il Potter sussultò.
«Ma questo non vuol dire che dovrai farti avvolgere dalla paura e dal terrore. Non sei da solo, hai intorno a te molte persone che provano un grande affetto verso di te. » lo rassicurò Silente.
James accennò ad un sorriso e annuì a quelle parole. A quanto pare sarebbero venuti tempi ancora più bui, ma non era il caso di fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Tutto quello che voleva in quel momento era sincerarsi delle condizioni dei suoi amici, per togliersi un ulteriore peso dal cuore. Si tirò su con un po’ di fatica sotto lo sguardo attento di Silente il quale, a differenza della signora Weasley, non aveva alcuna intenzione di costringerlo ulteriormente a letto.
«Prima di scendere al piano di sotto, avrei bisogno che mi facessi un favore.» gli fece Silente.
«Certo . Mi dica pure.» acconsentì il moro.
«Gradirei che, per il momento, ciò che ci siamo detti non si spargesse troppo in giro.»
James capì il motivo per il quale Silente volesse l’assoluta riservatezza. Ma nonostante ciò la prospettiva di dover mentire ai suoi più cari amici non gli andava propriamente a genio, abituato da sempre a poter esprimersi liberamente con i Malandrini e, da poco, anche con gli altri.
«Mentire non è mai bello o giusto. Ma è necessario, almeno per il momento. Mi dai la tua parola?»
«D’accordo professore.» annuì James.
«Molto bene.»
Dopo quegli ultimi scambi di sguardi e parole, entrambi si avviarono verso la porta. Mentre scendevano le scale avvertirono dei borbottii dal piano inferiore, che terminarono non appena si accorsero dell’anziano mago e di James, che mise su la sua solita espressione malandrina camuffando l’espressione torva di poco prima.
«James!» esclamarono all’unisono i ragazzi, rallegrati nel vederlo in piedi.
«Ehi ragazzi! Siete tutti qui accidenti!» scherzò in risposta lui.
Vide il signor Weasley avvicinarsi a lui sorridendogli.
 «James, vedo con piacere che stai meglio.»
«Si signor Weasley. Mi sento molto meglio adesso.»
I ragazzi si precipitarono su di lui, abbracciandolo e scompigliandogli la chioma corvina, sinceramente contenti che il loro amico si fosse ripreso.
«Fratello!» disse rivolgendosi a Sirius. «Ce l’hai fatta a salvare la pellaccia eh?»
«Questo dovrei chiederlo io a te razza di idiota.» ribatté il Black dandogli un pugno affettuoso sulla spalla.
Era bello trovarsi lì tutti insieme, sani e salvi. Abbracciò le ragazze vicino a lui, una ad una, soffermandosi infine su una certa ragazza dai capelli rossi che lo scrutava in maniera divertita.
«Allora Evans, scommetto che in Mangiamorte se la sono data a gambe non appena ti hanno vista.»
«Ovviamente. Avevi qualche dubbio?»
«Nessuno in effetti.»
Si sorrisero per il loro consueto siparietto comico e Lily non poté che essergli grata per il tentativo di comportarsi come se non fosse successo nulla. Capì che l’unica cosa che voleva era un po’ di normalità. I suoi pensieri vennero interrotti dall’abbraccio del ragazzo, che avvolse le sua braccia intorno alla sua vita non in maniera eccessiva. Inizialmente spiazzata, la rossa rispose all’abbraccio sentendo i muscoli di Potter rilassarsi. Si staccarono dopo qualche secondo nascondendo un lieve imbarazzo che aleggiava tra loro. Ad interrompere quel momenti ci pensò Alan Prewett.
«Albus, quali sono le disposizioni ora?»
 «Tu e Augusta assicuratevi di accompagnare i ragazzi alle loro rispettive abitazioni. Per quanto riguarda il signor Potter e il signor Black, Arthur e Molly si sono offerti di ospitarli fino all’1 settembre, giorno del ritorno ad Hogwarts. Questo è quanto, per il momento.»
Poi si rivolse ai due ragazzi. «Le vostre cose sono appena arrivate nelle camere dove state alloggiando. Per quanto riguarda il funerale dei vostri genitori…» e Sirius non riuscì a trattenere un piccolo sorriso per la sua inclusione nei Potter «…avverrà tra due giorni a Godric’s Hollow.»
I due annuirono senza proferire parola. Probabilmente da soli sarebbero crollati, ma fortunatamente avrebbero potuto contare l’uno sull’aiuto dell’altro e questa prospettiva alleggeriva il dolore di entrambi. James mise una mano sulla spalla di Sirius, che si girò verso il suo fratello acquisito rispondendo al suo muto tentativo di dargli conforto. Dopo aver dato le ultime disposizioni, Albus Silente si Smaterializzò.
«Bene ragazzi, è il momento di andare anche per noi.» esordì il signor Prewett facendo cenno al gruppetto.
Un po’ a malincuore i ragazzi si avvicinarono a lui, dando gli ultimi saluti ai due amici, che in risposta misero su un sorriso forzato per evitare di farli andare via con un brutto ricordo dei loro volti.
«Ci vediamo tra due giorni.» disse Marlene salutandoli e Smaterializzandosi insieme agli altri un istante dopo.
I due lasciarono cadere le proprie maschere, i loro sorrisi svanirono e vennero rimpiazzati da un’aria afflitta.
«Siamo soli Felpato.»
«Già…siamo soli Ramoso.»
Un riferimento alla loro situazione del momento, ma anche un riferimento ciò che li avrebbe aspettati più avanti. Non ci sarebbe stato più nessun Fleamont a prenderli in giro e scherzare con loro, non ci sarebbe stata più nessuna Euphemia sorridente e severa quando si comportavano da Malandrini. Non più.
 
                                                                                                       ***
 
Lily, accompagnata da Alan Prewett e Alice, vide davanti la sé la propria casa. Provò a prepararsi psicologicamente all’interrogatorio dei genitori che le avrebbero fatto le più disparate domande sul perché la sua breve vacanza fosse già terminata. Alice le fece un sorrisetto.
«Spero che ci vadano piano.» borbottò Lily all’amica.
La Prewett rise, ma si fece seria subito dopo.
«Dovresti dirglielo. Della guerra intendo.»
«Si è vero, dovrei farlo. Ma ho paura che non la possano prendere bene. Insomma…e se non volessero più mandarmi ad Hogwarts?»
«Non succederà. Oltretutto non so per quanto potrai tenerglielo nascosto ancora.»
Lily sospirò. Doveva ammettere che Alice aveva maledettamente ragione.
Arrivarono all’entrata e il padre di Alice suonò il campanello. Ad aprire la porta ci pensò Mary Evans che, trovandosi la propria figlia accompagnata dall’uomo e da sua figlia, mise su una faccia sorpresa.
«Lily, ma cosa…non saresti dovuta rimanere fuori fino all’1 settembre?» domandò la donna.
Il signor Prewett s’intromise.
«Signora Evans mi spiace per il disturbo. Sono sicuro che Lily vi spiegherà tutto.»
La donna annuì, ringraziando Alan per averla accompagnata e salutò Alice con un sorriso e un cenno della mano. Lily entrò in casa sotto lo sguardo attento di Mary e si incamminò vicino alle scale per posare il baule e togliersi la giacca. Si accorse che una figura stava scendendo le scale in quel preciso istante: sua sorella Petunia le scoccò uno sguardo malevolo.
«Ciao Petunia.» la salutò la rossa.
«Già di ritorno? Nemmeno la compagnia degli strambi ti vuole più?» commentò aspra Petunia.
«Come sempre quella bocca di rose sputa solo veleno vero?» domandò retorica.
Petunia non si prese nemmeno la briga di rispondere e, dopo aver riservato a Lily un’ulteriore occhiataccia, corse su per le scale e si chiuse nella sua camera sbattendo la porta. La ragazza rimase a fissare il punto in cui la figura della sorella era sparita, chiedendosi ancora una volta cos’aveva fatto di male per meritare tutto quel disprezzo.
«Allora…»fece la madre. «Cos’è successo?»
Lily esitò qualche secondo prima di decidersi a parlare ma convenne che dire la verità, ormai, sarebbe stata la scelta migliore.
«Chiama papà per favore. Ho bisogno di parlare ad entrambi.»
La donna annuì e sparì dal salotto. Ritornò poco dopo seguita da un Harry Evans piuttosto curioso, il quale si stava chiedendo il motivo del ritorno della figlia minore e di cosa avrebbe parlato.
«Lily, tesoro, qualcosa non va?» domandò apprensivo Harry accomodandosi sul divano.
La ragazza prese coraggio e rispose.
«Il motivo per il quale sono tornata è che…c’è stato un attacco.» sputò fuori.
Sentì i due genitori trattenere il fiato. Continuò il discorso.
«Vedete è un periodo difficile nel mondo magico. E’ in corso una guerra a causa di un pazzo assetato di sangue che ha intenzione di uccidere tutti coloro che non posseggono il cosiddetto sangue puro. Persone come me. Non ve l’ho detto perché sicuramente vi sareste preoccupati a morte e…avevo paura che non mi lasciaste tornare ad Hogwarts. Così vi ho mentito.»
Harry e Mary si guardarono preoccupati, incapaci di riuscire a formulare una frase. Lily, in evidente difficoltà, si stava guardava le mani aspettando una reazione qualsiasi dai suoi genitori.
«E…» provò a dire il padre. «Quindi ti hanno attaccato?»
La rossa scosse la testa in risposta.
«Non era un attacco rivolto contro di me. Però ho combattuto, ho fatto del mio meglio…ma sono morte delle persone.»
La madre prese le mani della figlia tra le sue, come a volerle infondere un po’ di calore.
«Io non voglio rinunciare ad Hogwarts per questo.» dichiarò decisa. «Quindi, so che la situazione non è delle migliori ma…non voglio rinunciare ad Hogwarts.»
«Oh Lily, non potremmo mai chiederti una cosa del genere. Sappiamo quanto tieni a frequentare Hogwarts…» disse cercando l’appoggio del marito che in risposta le sorrise. «Però vorremmo la massima sincerità da te. Mi capisci?»
Lily annuì, sollevata dal tono e delle parole rassicuranti della madre.
«E’ stato orribile vero? Essere là in mezzo.» fece suo padre.
«Non puoi immaginare papà.» mormorò.
«I tuoi amici sono rimasti feriti?» chiese nuovamente.
«Non gravemente per fortuna. Due se la sono vista brutta…» commentò pensando ai due Malandrini «…e purtroppo sono morti i genitori di un mio…di due miei amici.»
«Mi dispiace.» disse Harry.
«Oh!» esclamò la Grifondoro ricordandosi di una cosa. «Tra due giorni si terranno i funerali, e io ho intenzione di andarci assolutamente. Ci andrò insieme ad Alice e suo padre. Vi dispiace?»
«Puoi andare, ma fa’ molta attenzione. Mi raccomando.» la avvertì l’uomo.
Lily si alzò e si avviò verso le scale, intenzionata ad andarsene in camera sua per riposare un po’ e mettere a tacere i pensieri.
«Vuoi che ti portiamo qualcosa tesoro?» le chiese dolcemente Mary.
«No grazie. Ho bisogno solo di riposare un po’.» rispose girandosi appena.
«Va bene. Come vuoi.» concluse la madre lasciandola libera di salire al piano superiore.
Lily aprì la porta di camera sua ed un odore familiare le investì le narici. Si buttò a peso morto sul letto con lo sguardo rivolto verso il soffitto, intenta a guardare qualcosa di immaginario. Chiuse gli occhi sperando di non essere sopraffatta dagli incubi.
 
                                                                                                         ***
Albus continuò a camminare avanti e indietro nel suo ufficio alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Appena tornato dalla casa dei Weasley, non perse un solo istante per riposare le mente e fermare i propri pensieri, e cominciò quello strambo rituale che consisteva nel fare avanti e indietro mille volte. Il racconto del giovane Potter lo aveva molto colpito. Grazie a quello scontro, Voldemort sembrava essere sparito nel nulla e dei suoi Mangiamorte ne erano stati fatti prigionieri un discreto numero dopo la battaglia di Godric’s Hollow. Alastor gli aveva comunicato, poco prima, che i più pericolosi erano purtroppo ancora a piede libero. Vigilanza costante gli aveva rammentato Moody come al suo solito, sempre alimentato da quella profonda paranoia che le esperienze da Auror gli avevano donato, per così dire. In fin dei conti il suo vecchio amico aveva ragione, nonostante una inaspettata nota “positiva” di quella guerra non era assolutamente il momento di abbassare la guardia. Venne interrotto dalla sua fenice che, appollaiata sul suo giaciglio, si sgranchì le ali facendo fuoriuscire un verso stridulo dal proprio becco.
«Oh Fanny, vedo che sei annoiata e senza pensieri.» disse Silente accarezzandole la testolina piumata con il dorso della mano.
Si allontanò per raggiungere un lavabo di pietra, adornato con rune e simboli, in cui all’interno c’era una sostanza argentata e lucente.
Silente poggiò la punta della bacchetta sulla tempia destra. «Ho bisogno di schiarirmi le idee.»
Dalla tempia, nel punto dove aveva appoggiato la bacchetta, uscì una strana sostanza che si posò sul legno e che il preside fece cadere nel lavabo, chiamato Pensatoio.
«Ci metterò poco Fanny, poi ti darò qualcosa da mangiare.» dichiarò alla fenice che in risposta emise un verso.
L’anziano mago si avvicinò al Pensatoio e vi immerse la faccia per lasciarsi cadere nei ricordi.
 
 
Angolo Autore
Si, sono ancora in vita e non ho dimenticato la storia. Mi sono abbandonato alla pigrizia delle quarantena, ma in questi giorni mi sono rimesso a scrivere. Grazie a chi recensirà, seguirà o semplicemente leggerà la storia.

 

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Capitolo 10
*** Bivio ***


CAPITOLO 10: BIVIO



                                                                       LA CADUTA DEL SIGNORE OSCURO?

Il Mondo Magico, ultimamente pressato e minacciato da calamità oscure, forse potrà tirare un sospiro di sollievo nello scoprire che il temuto mago Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato potrebbe essere fuggito o addirittura morto. In data 25 agosto, nel villaggio semi-magico di Godric’s Hollow, si è svolta una violenta battaglia tra Auror del Ministero della Magia e i cosiddetti, ormai noti, Mangiamorte. Usualmente conosciuto per essere un luogo turistico in quanto dedicato al celebre Godric Grifondoro, il villaggio non ha mai subito un colpo così diretto e pericoloso dopo secoli dalla sua fondazione. Lo scontro si è protratto all’incirca per un paio d’ore, durante le quali si sono cercati di far evacuare più Babbani possibili grazie all’aiuto dei validissimi membri del Dipartimento Auror. «Abbiamo cercato di salvare più civili possibili.» dichiara l’esperto Auror Turner che ha risposto ad una nostra breve serie di domande. Molti dei presenti hanno affermato che i Mangiamorte, ad un certo punto della battaglia, si siano ritirati all’improvviso senza alcun motivo apparente. E’ stata solo una mossa strategica e ben calcolata? Oppure la verità si nasconde dietro ben altre versioni dei fatti che ci vengono celate. Fonti non ufficiali dichiarano di aver assistito di sfuggita ad un evento particolare. Nella casa dei deceduti Fleamont ed Euphemia Potter si sarebbe svolto uno scontro diretto con il Signore Oscuro, visto poi fuggire insieme a pochi sottoposti. L’unico sopravvissuto della famiglia Potter pare essere il loro unigenito figlio James. Cos’è accaduto all’interno della villa? E perché si tenta di soffocare questo tipo di dicerie? Ci sono dei particolari che non sono stati rivelati e tutto ciò fa sorgere dei dubbi all’intera comunità magica.
di Rita Skeeter


 Remus scosse la testa mentre lanciava sul letto la propria copia della Gazzetta del Profeta arrivata tramite la posta via gufo. Quella giornalista non gliela raccontava giusta, si era rivelata fin troppo invadente. Stranamente, questo articolo descriveva anche troppo dettagliatamente l’accaduto, e si sapeva che al Profeta piacesse omettere molti fatti. Soprattutto se l’argomento trattato riguardava i Mangiamorte e il loro capo. Si avvicinò alla scrivania riprendendo in mano la lettera che James e Sirius gli avevano inviato per informarlo dell’accaduto, aprendola con delicatezza per rileggere le parole dei due Malandrini.


Caro Lunastorta
ti scriviamo per comunicarti notizie poco piacevoli. Ieri, a Godric’s Hollow, c’è stata una tremenda battaglia
 che ha mietuto molte vittime tra cui Fleamont ed Euphemia.
I funerali si terranno tra due giorni, nel primo pomeriggio, nella chiesetta del villaggio vicino al cimitero.
Abbiamo avvisato anche Codaliscia, tornato da poco dall'Irlanda e ci ha confermato la sua presenza alla funzione.
Speriamo vivamente che tu sia in forze, che non ti sia ferito a causa del tuo “piccolo problema peloso” e
che riuscirai a essere presente anche tu. Abbiamo bisogno dei Malandrini.
Salutaci i cari Lyall e Hope.
Se ci sarai, ti prego di mandare una lettera ad Emmeline
così che possa venirti a prendere con i suoi genitori. Si occuperà anche di Coda.
Ci vediamo presto.
 
Ramoso e Felpato

 
Il ragazzo indugiò sulle firme dei suoi amici, in quei tratti scritti con l’inchiostro che denotavano una certa differenza tra James e Sirius. Era rimasto turbato alla notizia della morte dei Potter, rincordandoli con l’affetto e la gentilezza che avevano sempre utilizzato nei suoi confronti. Sarebbero dovute essere le persone che meno avrebbero meritato la morte. E invece… Dopo aver ricevuto la lettera, si era precipitato a scrivere immediatamente ad Emmeline Vance così che avrebbe potuto partecipare anche lui ai funerali. Era sempre stato grato ai Malandrini per non averlo mai giudicato e additato come un mostro a causa della sua licantropia. Al contrario lo accettarono ancora più di buon grado, sostenendo che probabilmente poter scorrazzare sotto forma di lupo avrebbe potuto essere divertente. Avevano minimizzato la sua condizione rendendola il suo “piccolo problema peloso”.  Da quel momento si impegnarono per stargli accanto nei momenti più delicati, andando a trovarlo in Infermeria per distrarlo comportandosi da stupidi bambini e aiutandolo a recuperare alcune lezioni che aveva dovuto saltare rimanendo a riposo. In seguito, avendo stretto amicizia con Frank e le ragazze di Grifondoro, decise di rivelare la malattia anche a loro che, come i Malandrini, accettarono tranquillamente di avere un lupacchiotto intellettuale come amico. Verso la fine del loro quarto anno, i tre riuscirono a trasformarsi in Animagi per potergli stare accanto durante le notti di luna piena a partire dall’inizio del quinto anno, anche se il soggetto in questione gli aveva assolutamente proibito di gettarsi a capofitto in una cosa così rischiosa e soprattutto illegale. Ora che i suoi due migliori amici avevano bisogno di sostegno, non si sarebbe tirato indietro e avrebbe cercato in ogni modo di confortarli, sentendosi estremamente in debito con loro nonostante i loro continui tentativi di spiegargli che in amicizia non esistessero debiti di quel tipo. Diede una rapida occhiata allo specchio posto vicino al guardaroba di camera sua, osservando il suo riflesso per aggiustarsi la giacca nera sopra la camicia bianca sistemata ordinatamente nei pantaloni. Passò un dito sulla cicatrice che aveva sullo zigomo, “trofeo” di una di quelle notti estive passate da Lupo Mannaro, trovandola leggermente ruvida a contatto con i polpastrelli. Suo padre era abbastanza abile con gli Incantesimi Curativi, ma la profondità dei graffi era tale che i segni non sparivano mai completamente, donando al suo aspetto da ragazzo tranquillo e per bene una nota più selvaggia. Posò lo sguardo sul suo orologio da polso, regalo del suo quindicesimo compleanno, e si rese conto che l’ora della partenza era quasi giunta, spingendolo ad ultimare i preparativi e uscire dalla sua camera.  Scese le scale arrivando nel salotto e trovò suo padre intento a leggere dei documenti di lavoro per il Dipartimento per la Regolamentazione e il Controllo delle Creature Magiche, il quale lo teneva occupato molto tempo da qualche anno a questa parte. L’uomo si riteneva direttamente responsabile per la condizione di suo figlio che ormai conviveva con la licantropia da quando aveva poco meno di cinque anni. Infatti Lyall Lupin, sul suo posto di lavoro, si trovò faccia a faccia con un Lupo Mannaro di nome Fenrir Greyback, che era stato condotto al Dipartimento per essere interrogato sulla morte di due bambini Babbani. Il Registro dei Lupi Mannari non era mai stato tenuto aggiornato e i Lupi Mannari si sentivano così respinti dalla società dei maghi che di solito tendevano a evitare il contatto con altre persone, vivendo in “branchi” auto-gestiti e cercando di fare il possibile per evitare di essere registrati. Greyback, che il Ministero non sapeva essere un Lupo Mannaro, sostenne di essere niente meno che un senzatetto Babbano, di sentirsi estremamente sorpreso dal trovarsi in una stanza piena di maghi e di essere rimasto inorridito dal racconto dei due poveri bambini morti. Gli abiti sudici di Greyback e il fatto che non avesse con sé una bacchetta furono sufficienti a persuadere due membri del comitato di indagine, palesemente inadatti e incompetenti, che stesse dicendo la verità, ma Lyall Lupin non si lasciò ingannare con facilità. Riconobbe infatti alcuni caratteri indicativi nell’aspetto e nel comportamento di Greyback e consigliò al comitato di tenere l’uomo sotto custodia fino alla prossima luna piena, che avrebbe avuto luogo solo ventiquattr’ore più tardi. Il sospettato rimase seduto in silenzio mentre Lyall venne deriso dai suoi colleghi membri del comitato. A Lyall, che di solito era un uomo molto pacato, iniziò a montare la rabbia, arrivando a descrivere i Lupi Mannari come senz’anima, cattivi e bramosi solo di morte. Il comitato ordinò a Lyall di lasciare la stanza, mentre il capo del comitato si scusò con il senzatetto Babbano e Greyback venne rilasciato. Il mago che scortò Greyback fuori dalla stanza degli interrogatori avrebbe dovuto effettuare un Incantesimo di Memoria su di lui, in modo che dimenticasse di essere stato all’interno del Ministero, ma prima che di poterlo fare, venne sopraffatto da Greyback e da altri due complici che si erano nascosti nell’ingresso. I tre Lupi Mannari fuggono poi via. Greyback non perse tempo nel comunicare ai suoi amici il modo in cui Lyall Lupin li ebbe descritti. La loro vendetta sul mago che aveva detto che i Lupi mannari non meritano altro che la morte fu rapida e terribile. Poco prima del quinto compleanno di Remus Lupin, mentre il bambino dormiva tranquillo nel suo letto, Fenrir Greyback forzò la finestra della sua camera e lo attaccò. Lyall raggiunse la stanza appena in tempo per salvare la vita al figlio, cacciando fuori di casa il Lupo Mannaro con una serie di potenti incantesimi. Tuttavia, da quel momento in poi Remus divenne un Lupo Mannaro completamente sviluppato. Il campanello suonò all’improvviso riscuotendo il signor Lupin dal suo lavoro, ma la moglie lo anticipò comparendo in salotto e apprestandosi ad aprire la porta.
«Buon pomeriggio signori. Mi presento: sono Edward Vance, il padre di Emmeline, un’amica di vostro figlio Remus.» si introdusse l’uomo.
«Oh salve signor Vance! Prego entri pure.» gli disse cortesemente Hope Lupin.
Edward entrò nel salotto apprestandosi a stringere la mano a Lyall, seguito dalla figlia che si era tenuta in disparte. Remus poté constatare quanto i lineamenti duri e rigidi del signor Vance fossero molto diversi da quelli della figlia, la quale possedeva un viso piccolo e armonioso. La loro unica somiglianza pareva essere la loro chioma biondo cenere, elegante e raffinata come il prestigio della loro famiglia Purosangue. Emmeline si guardò intorno scrutando il piccolo salotto dei Lupin, abituata ai grandi spazi della sua villa e restando ammaliata dalla semplicità dell’arredamento della loro casetta di campagna. Si riscosse quando vide Remus e gli fece un sorrisetto agitando la mano, inducendolo ad avvicinarsi. In quel momento il giovane Lupin si accorse che una terza figura stava facendo capolino dall’uscio della porta. Era proprio il quarto membro dei Malandrini Peter Minus, che con molta timidezza diede la mano a sua madre e borbottò una sorta di saluto a bassa voce. Il ragazzo non sembrava essersi alzato di molto durante quell’estate esibendo una statura piuttosto bassa, che combinata con la leggera pancetta che si intravedeva dalla camicia lo fecero apparire agli occhi di Lunastorta ancora più tarchiato.
«Emmeline.» salutò l’amica stringendola in un leggero abbraccio che la ragazza ricambiò.
«Remus, da quanto tempo. Passato una buona estate?» chiese la Vance.
«Turbolenta come il resto dell’anno.» rispose Remus abbozzando un sorriso .
«Immagino.»
Poi si rivolse all’amico stringendolo in un abbraccio più fraterno, dandogli qualche pacca sulla schiena.
«Peter! Com’è andata in Irlanda?»
«Mi sono annoiato a morte, ha piovuto quasi sempre. Ho passato buona parte dell’estate a mangiare al posto di fare il turista.»
«Me ne sono accorto.» fece Remus dando uno sguardo alla pancia dell’amico.
«Si nota così tanto?» sospirò afflitto Peter.
«Neanche troppo.» cercò di sollevargli il morale.
«Bene, vedo che ci siamo tutti.» disse Edward interrompendo il parlottare dei ragazzi. «Credo che sia il caso di avviarci. I funerali inizieranno tra poco.»
I tre annuirono.
«Mi raccomando Remus, sta’ attento.» gli raccomandò la madre.
«Stai tranquilla mamma.» tagliò corto il figlio facendo un cenno al padre per salutarlo. «Ci vediamo più tardi.»
Hope chiuse la porta dando un ultimo saluto agli altri.
«Bene ragazzi, ora aggrappatevi al mio braccio e tenetevi pronti alla Smaterializzazione.» li avvisò il signor Vance.
Una volta che tutti poggiarono la propria mano sul braccio coperto da un pregiato cappotto, il gruppetto si Smaterializzò dalla casa dei Lupin. Quando si Materializzarono, Remus ed Emmeline barcollarono leggermente a causa della poca abitudine, mentre Peter che non aveva mai avuto una buona resistenza ondeggiò pericolosamente ma venne prontamente tenuto in piedi da Edward Vance che non batté ciglio. Il luogo preciso in cui si trovavano era di fronte all’entrata della chiesetta di Godric’s Hollow, un’antica abbazia risalente ai tempi della fondazione del vilaggio che si presentava non proprio grande, adornata da un ampio rosone decorato a sua volta da una vetrata colorata che si ripeteva in alcune finestrelle della chiesa. Il tempo stava rapidamente peggiorando, facendo aleggiare un’atmosfera di inquietudine in quel giorno già di per sé triste. I funerali sarebbero iniziati a momenti, così decisero di incamminarsi all’entrata notando che buona parte di coloro che erano giunti per assistervi si accodarono. Dopo aver atteso qualche minuto, finalmente i quattro riuscirono ad entrare, guardandosi intorno per riconoscere delle facce amiche e poter prendere posto. Videro una ragazza che fece un cenno con la mano nella loro direzione, discreta quanto bastasse per non risultare fuori luogo in quel luogo sacro. Remus, Peter ed Emmeline si separono dal padre di lei, il quale si recò dalla parte opposta probabilmente per raggiungere alcuni amici, e si accomodarono in una panca libera vicino a Mary MacDonald che si era premurata di fargli trovare un posto abbastanza vicina alla prima fila.
«Mary! Sei qui da molto?» le chiese Emmeline scambiandosi dei leggeri baci sulle guance con l’amica. 
«Ciao Emmeline! E’ bello rivederti, anche se in queste circostanze. Comunque no, sono arrivata da poco con loro.» rispose indicando Alice, Marlene, Lily e Frank qualche posto più in là che salutarono di rimando i tre appena arrivati.
«Remus!» lo chiamò Lily Evans.
«Lily!» rispose il ragazzo.
«Estate difficile?» domandò apprensiva la rossa alludendo al suo “problemino”.
«Non più del solito direi.» sdrammatizzò Remus.
Tutti i presenti presero definitivamente posto, facendo capire che i funerali stavano per avere inizio e per indurre il silenzio più totale. I ragazzi notarono finalmente i loro due amici accomodarsi in prima fila, a pochi posti da loro. James nel suo completo nero, apparve per la prima volta ordinato e preciso, con la candida camicia sistemata perfettamente nei pantaloni e la cravatta anch’essa nera stretta bene al colletto. L’unico aspetto che non appariva cambiato erano i capelli mossi e disordinati del ragazzo, caratteristica peculiare del Malandrino. Al suo fianco Sirius, portava un completo completamente nero, i lunghi capelli incorniciavano il suo bel viso ed appariva come sempre elegante e posato nonostante si percepisse sul suo volto un accenno di tristezza. Calò il più completo silenzio e la funzione incominciò. Durante tutto questo tempo Emmeline e Alice, le più emotive del gruppo, si lasciarono sfuggire qualche singhiozzo quando alcuni amici di Fleamont ed Euphemia fecero i loro sentiti discorsi e sottolineando la nobiltà e bontà d’animo di entrambi i coniugi. Persino Silente, alzatosi dal suo posto, prese parola per esprimere il suo enorme dispiacere di due cari ex studenti, diventati poi suoi amici e leali alleati. James e Sirius non batterono ciglio durante tutto il rito funebre, mettendo su un’espressione di marmo come un muro invalicabile con lo scopo di non far fuoriuscire il loro dolore. Finiti i discorsi si incominciò a formare il corteo funebre. Le due bare vennero fatte levitare magicamente da due addetti e guidate fuori dalla chiesa per dirigersi al cimitero dove i corpi sarebbero stati seppelliti. Il tragitto fu abbastanza corto a causa della relativa vicinanza del cimitero. Le bare vennero delicatamente calate nelle rispettive fosse scavate poco prima sotto lo sguardo straziato dei presenti. Remus e Peter avanzarono tra la folla, cercando di non urtare nessuno per evitare di essere scortesi e affiancarono i due amici sperando che entrambi avvertissero la loro vicinanza come supporto morale. James fece un sorrisetto triste a Remus, che in risposta gli poggiò una mano sulla spalla stringendogliela, come se la pressione delle proprie dita avesse potuto reggere una parte del suo peso. Le bare vennero coperte e questo segnò la fine del rito. Sirius aveva trattenuto il respiro alla vista delle tombe dei suoi genitori adottivi, cacciando in quel momento tutto l’ossigeno risparmiato e voltandosi verso Peter dandogli un leggero colpetto sulla spalla. I ragazzi decisero di far procedere le condoglianze, così che avessero potuto presentarsi per ultimi e trattenersi più a lungo da James e Sirius. Quando finalmente la folla si disperse e molte personalità magiche, tra cui la professoressa Minerva McGranitt e il professor Vitious, si allontanarono dal cimitero. Il gruppetto si avvicinò. Lily notò come James stiracchiò i muscoli, come se per tutto quel tempo fosse diventato una rigida statua di pietra e si sistemò con fare stanco i tondi occhiali sul naso.
«James, mi dispiace.» fece Remus abbracciando il fido compagno.
«Remus.» disse ricambiando la stretta. «Sono contento che tu sia riuscito a venire.»
«Per così poco.» minimizzò lui.
Nel frattempo Marlene stava porgendo le proprie condoglianze al rampollo dei Black.
«Sirius…» mormorò gettandogli le braccia al collo.
Lui non disse nulla, si limitò a rispondere alla stretta chiudendo gli occhi. Non avrebbe saputo cosa dire.
James si accorse che tra loro vi era anche Lily, rimasta un po’ più indietro degli altri, intenta a spostarsi i capelli a causa del vento.
«Evans.» la chiamò a mezza voce.
Lily si riscosse posando gli occhi sul ragazzo ed incrociò il suo sguardo. I caldi occhi color nocciola quasi ambrati di James, in quel momento sembravano aver perso la solita lucentezza di sempre lasciando posto all’inespressività più totale. Per una volta le dispiacque di non poter vedere il suo atteggiamento da sbruffoncello.
«Potter. Le mie condoglianze.» disse lei stringendolo in un leggero abbraccio.
«Pensavo non saresti venuta.»
«Non potevo mancare in un momento del genere.»
Ramoso le riservò un sorrisetto di gratitudine.
«Grazie.» le bisbigliò in un orecchio.
Lily chiuse gli occhi a quel piccolo bisbiglio riservato solo a lei, trovando in quel leggero abbraccio un po’ di calore che quel giorno era venuto a mancare. Dopo essersi staccati, James venne praticamente assalito da Alice e dal suo classico abbraccio soffocante che però, in quella circostanza, al ragazzo non diede per nulla fastidio.
«Vi ringrazio di essere venuti tutti, significa molto per noi.» parlò James rivolgendosi a tutti loro e facendo anche le veci di un Sirius incredibilmente taciturno.
«Non c’è bisogno che ci ringrazi James, non saremmo mai mancati.» lo confortò Frank.
«Ma certo!» gli diede man forte la sua metà.
Sirius parve riscuotersi poiché borbottò un grazie, pur tenendo viva la sua espressione dura sul suo viso.
«Come sono andati i vostri esami?» chiese James per rompere un momento di silenzio.
«A me quasi tutto bene. Erbologia è l’unica materia con cui abbia avuto un voto sotto la media.» rispose Alice maledicendo la sua scarsa predisposizione per la materia.
«E pensare che è quella in cui vado meglio, ho preso il massimo.» la prese in giro Frank.
«Non è colpa mia, non riesco proprio a farmela andare giù.» ribatté lei con una smorfia.
« Io faccio pena in Difesa Contro le Arti Oscure. Non riesco a produrre mezzo Schiantesimo, che di questi tempi potrebbero essere utili.» s’intromise Mary.
«Puoi farti insegnare da Sirius. Lui e gli Schiantesimi sono una cosa sola.» le disse Marlene provocando un ghignetto a Black.
«Che ci posso fare, sono uno schianto.» disse facendo un’occhilino.
«Questa era pessima persino per te Black. Davvero.» commentò Lily scuotendo il capo.
«Già Sir, non faceva schiantare dal ridere come le mie.» fece James.
«Oh Merlino…» fece Remus schiaffandosi una mano in fronte.
In risposta il giovane Cercatore si lasciò sfuggire una lieve risata, conscio di per sé dell’oscenità della propria battuta e scatenando nei compagni una serie di risatine, contenti che i due non avessero perso il loro spirito da giocherelloni, facendogli dimenticare per qualche istante che avessero appena assistito a un rito funebre.
«Remmy, scommetto che Silente ti abbia eletto Prefetto.» lo canzonò Sirius.
«Chiamami ancora così e ti renderò un incubo la vita ad Hogwarts.» lo minacciò Lupin incrociando le braccia. «Ebbene si, sono stato eletto Prefetto.»
«Congratulazioni Remmy.» continuò a prenderlo in giro e guadagnandosi un’occhiataccia.
«Andiamo Sis non far arrabbiare il nostro lupacchiotto.» fece James come se nulla fosse.
«Sis?! Come osi storpiare il mio regale nome!» esclamò fintamente indignato. «Poi con quale coraggio mi parli di soprannomi Jamie?» ribatté lui scatenando le risate di Peter.
«Non riderei se fossi in te Petey, non sei nelle condizioni adatte.»
Peter ammutolì all’istante facendo una faccia schifata al solo udire quell’orribile nomignolo affibbiatogli anni prima e che avevano promesso di non ritirare più fuori una volta scelti i loro nuovi soprannomi.
«Non cambiate mai, siete i soliti Malandrini.» sospirò Marlene con aria di rassegnazione.
Emmeline continuò il discorso. «Invece la Prefetto di Grifondoro sarà sicuramente Lily. Insomma è la studentessa modello, la cocca dei professori, la punta di diamante della scuo…»
«Grazie Emmeline abbiamo capito.» la fermò la diretta interessata alzando gli occhi al cielo.
«Non c’è neanche bisogno che lo confermi Evans, era chiaro dal primo anno.» incalzò Sirius.
«Già, scommetto che sarai una Prefetto Perfetto. Ehi, mi piace! Prefetto Perfetto!» fece James convinto del nuovo soprannome di Lily Evans.
«Grazie Potter, vedo che hai uno spiccato talento per i soprannomi oltre che per fare lo sbruffone.»
«A disposizione Evans, ho numerosi talenti.»
Un tuono ruppe la conversazione instauratasi tra i ragazzi, ricatapultandoli nella dura e cupa realtà. James e Sirius erano riusciti a distrarsi per qualche momento grazie ai loro amici che tentavano con molta evidenza di tirarli su di morale. Il gruppetto venne richiamato dal gruppo di adulti tra cui i signori Weasley, i Prewett e i Vance che avevano deciso che fosse arrivato il momento di levare le tende e portare tutti a casa. Il gruppo si avvicinò e i ragazzi si divisero per aggregarsi a chi li avrebbe riportati alle loro abitazioni, salutandosi tra loro e dandosi l’appuntamento a King’s Cross per il primo di settembre che sarebbe arrivato di lì a qualche giorno. Una volta che tutti si furono Smaterializzati, i Weasley si rivolsero ai due ragazzi premurandosi del loro stato d’animo.
«Non si preoccupi signora Weasley, ci rialzeremo.» la rassicurò Sirius.
«Sono certa che ci riuscirete, siete forti e avete degli splendidi amici.» disse con fare dolce la donna.
«Mi scusi ma i piccoli Bill e Charlie?» chiese James accorgendosi solo in quel momento che all’appello mancassero i due piccoli della famiglia.
«Ah li ho lasciati con la zia Muriel. Mi fido di lei eh…però sarebbe meglio ritornare il prima possibile.» rispose Molly leggermente preoccupata.
«Giusto.» esordì Arthur Weasley. «Per cui, sarebbe meglio andare. Forza!»
E si Smaterializzarono.
 
                                                     ***
«Ti sto chiedendo di smetterla di far svolazzare quei libri in giro!»
«Non vedo dove sia il problema, per me è la normalità!»
Severus Piton sbruffò sentendo per l’ennesima volta i suoi genitori litigare e sbranarsi l’un altro. Ormai, dopo anni, pensava di averci fatto l’abitudine ma le grida che ogni giorno condivano le sue giornate estive a Cokeworth erano capaci di perforargli i timpani e mandarlo in bestia. Ancora si chiedeva perché sua madre Eileen avesse deciso di sposare quell’inutile Babbano di Tobias Piton che non faceva che urlare e latrare ordini a destra e sinistra, dalla mattina alla sera. Stufo dell’eccesiva confusione prese il cappotto e si affrettò a uscire di casa senza che i suoi genitori lo potessero vedere e si trovò a camminare per la stradina di Spinner’s End. Nonostante il cielo fosse cupo e scuro non avrebbe messo piede in casa sua almeno fino a sera. Decise di recarsi ad un parchetto lì vicino, il luogo nel quale passava il tempo libero fin da quando era bambino e che rievocava i suoi più cari ricordi e al tempo stesso i più dolorosi. Lily Evans. Era lì che l’aveva conosciuta, quella bambina figlia di Babbani dai capelli rossi che al suo primo sguardo l’aveva completamente stregato. Erano diventati buoni amici, trascorrevano molto tempo insieme parlando di come sarebbe stato il loro futuro ad Hogwarts mentre lui le spiegava alcuni aspetti della magia che lei non conosceva. Pensava che sarebbero rimasti insieme per sempre e lui sarebbe potuto rimanere accanto a lei, dichiarandole i suoi sentimenti e sognando che lei li ricambiasse. Poi quel bel sogno si ruppe l’anno prima ad Hogwarts. Fece l’errore di chiamarla Sanguesporco a causa della rabbia repressa contro Potter e i suoi amichetti arroganti, ma si pentì un secondo dopo dell’insulto rivoltole, cosa che lei non riuscì comunque a perdonare. Dopo un po’ l’aveva vista più spesso girare con il gruppetto delle Grifondoro e, con suo grande disgusto, di Potter. Potter! Quell’insolente bulletto che vantava la sua abilità nel Quidditch e a scuola contornato dal suo perenne ghigno di superiorità, come a volersi innalzare al di sopra degli altri. Lo aveva sempre odiato, dal primo giorno sull’Espresso di Hogwarts, e con lui anche i suoi leccapiedi di Black, Lupin e Minus. I Malandrini. Degli idioti ecco cos’erano. E ora Potter aveva scoperto la parte crudele della vita. I suoi genitori assassinati da quello stesso mago che lui aveva scelto di seguire, che non accettava maghi impuri ladri di magia e diritti. Continuò a camminare con la testa fra le nuvole, arrivato al parchetto, e si accorse di una figura lì davanti a lui che osservava il laghetto con aria assorta, completamente persa nella visione della natura. Era lei, non c’era alcun dubbio. La vide stranamente elegante e si chiese cosa stesse facendo lì impalata.
«Lily.» si lasciò sfuggire dalle labbra prima che potesse controllarlo.
Fu poco più di un sussurro ma la ragazza lo avvertì lo stesso, sobbalzando e voltandosi nella sua direzione. Rimase spiazzate quando vide il suo ex migliore amico guardarla insistentemente, quasi studiandola.
«Piton.» fece lei in modo brusco.
Severus sussultò sentendo il tono per nulla amichevole della rossa.
«Come stai?» domandò titubante il Serpeverde.
Lily sbuffò. «Cosa vuoi che te ne importi di come sta una Sanguesporco?»
«Lily, a me importa.» replicò lui.
«Non credo proprio. Comunque io per te sono Evans.» disse troncando la conversazione e incamminandosi verso l’uscita.
«Dannazione Lily! Ti ho chiesto scusa per quella storia, è stato un maledetto errore!» esclamò Piton stringendo i pugni.
«A quanto pare non capisci il punto. Il fatto che tu mi abbia chiamata Sanguesporco è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, dovresti averlo afferrato ormai. Tu ti sei unito a persone spregevoli, futuri Mangiamorte, in attesa di diventarlo anche tu!» ribattè con forza Lily.
«Io…io…sono i soli che mi abbiano accettato e capito. Vogliono solo riportare l’ordine nel Mondo Magico come giusto che sia.» tentò di spiegare convinto delle sue idee.
«Vogliono riportare l’ordine uccidendo chi, secondo loro, non è degno di essere chiamato mago! Persone la cui unica colpa è di non avere parenti maghi! Persone come me!»
«E allora lascia che io ti protegga! Posso farlo, se tu passerai dalla nostra parte e ritornerai a starmi vicino.»
«Ti rendi conto delle assurdità che escono dalla tua bocca?! Dovrei essere salvata solo perché sono tua amica? Gli altri non meritano di vivere quanto me?» sbottò con le lacrime agli occhi.
Severus ammutolì. Maledisse Lily per essere così maledettamente altruista e alla ricerca del giusto. Così Grifondoro!
«Lo sai che abbiamo quasi rischiato di essere ammazzati da quelli che sono i tuoi idoli? Sai che ci sono state delle vittime?»
Ancora una volta Piton non rispose.
«Sono appena tornata da un funerale Piton. Due giorni fa quel pazzo del tuo Signore ha ammazzato a sangue freddo i genitori di James!» esclamò continuando ad infierire.
Al nome del Grinfondoro, Piton alzò il capo furente.
«So che i genitori di Potter sono morti! Evidentemente se lo meritavano perché non avranno saputo stare al loro posto in questioni più grandi di loro. Non mi sorprende da chi abbia preso Potter, e non mi sorprenderebbe se facesse la loro stessa fine.»
Lily spalancò gli occhi. Non poteva credere di trovarsi dinanzi alla stessa persona che, anni fa, le garantì che non ci fosse alcuna differenza che potesse contare nel Mondo Magico, con cui trascorreva giornate intere studiando Pozioni. Quella persona era scomparsa, assorbita dall’oscurità che aleggiava da tempo e che pareva assorbire tutto ciò che di buono esisteva.
«Sarai contento di sapere che c’è mancato poco. Ora puoi anche darti alla pazza gioia e festeggiare. Sei contento?» gli disse a denti stretti ormai livida di rabbia.
«Lo odiamo Lily! L’abbiamo sempre odiato!»
«No…tu lo odi. Sei accecato dall’odio. James mi ha dimostrato il suo cambiamento, è diventato una persona migliore con una lealtà e un coraggio che non avrei mai pensato di poter scorgere in lui.»
Gli cadde il mondo addosso. Piton non poté credere alle proprie orecchie. L’avevano detestato insieme, disgustati dal suo comportamento tendendo sempre a stargli lontano.
«E’ sempre lo stesso Lily, è solo una messa in scena. Lo stesso borioso di Potter.»
«Sta’ zitto sulle cose che non capisci.» sibilò chiudendo gli occhi a fessura come se volesse fulminarlo sul posto. «Sarò sincera con te, ho sentito la tua mancanza, questo è vero. Ciò che abbiamo passato non potrò dimenticarlo facilmente ed è stato parte della mia vita. Ma ora, finalmente, faccio di parte di una famiglia Severus, dove nessuno mette sul piedistallo la propria vita rispetto a quella di altri e dove mi sento compresa e accettata per ciò che sono, anche per il mio Stato di Sangue.»
Fece un respiro per rinfrescare la mente e poter continuare a parlare.
«Io mi sono affezionata a loro, e non permetterò a nessuno di fare loro del male. Nemmeno a te. Decidi cosa vuoi essere, se non l’hai già fatto. Le nostre strade si dividono.» concluse non dando tempo di replicare al Serpeverde e camminando spedita per andare via da lì.
Severus la vide andare via, affranta e arrabbiata come non l’aveva mai vista. Lui ormai aveva già scelto quale sarebbe stata la sua strada, ed era stato parte integrante del piano per fermare l’Ordine della Fenice. Ora che il Signore Oscuro pareva essere scomparso nel nulla, si trovava allo sbaraglio, incapace di orientare la propria bussola come se ci fosse qualche interferenza a disturbare il magnetismo di essa. E sapeva che era lei. Forse era veramente un codardo e un vigliacco. Un bivio si era posto proprio di fronte a lui, mentre la sua mente vagava smarrita e il suo cuore ferito e deluso. Cosa avrebbe dovuto fare? Quale strada avrebbe dovuto percorrere?
 




Angolo Autore
Olè, decimo capitolo.  E' più per approfondire i personaggi che oer far andare avanti di molto la trama, ma spero lo troverete ugualmente interessante.

 

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Capitolo 11
*** Hogwarts ***


 
CAPITOLO 11: HOGWARTS




I giorni a casa Weasley passarono rapidamente tra una faccenda e l’altra. James e Sirius, per tenersi impegnati, cercarono di rendersi utili come poterono. Aiutarono Arthur a sistemare il giardino, riunendo le galline panciute che scorrazzavano libere e scacciando gli gnomi che lo infestavano costantemente prendendoli per le caviglie, facendoli roteare in aria per stordirli e lanciandoli il più lontano possibile. Quest’ultima attività entusiasmò Sirius fino a che, però, non venne morsicato da uno di quei pestiferi scatenando le risate dell’amico. Passarono anche un po’ di tempo con i piccoli Bill e Charlie mentre Molly si occupava della cena. I due bambini dai caratteristici capelli rossi, nonostante la loro somiglianza fisica, erano caratterialmente differenti: Bill, di quasi cinque anni, era un bambino mansueto e tranquillo, voleva passare il suo tempo sentendo le fiabe di Beda il Bardo sul divano mentre un paziente James leggeva; al contrario Charlie era un bambino iperattivo a cui piaceva scorrazzare per casa con in mano il suo pupazzo di drago emulando il suo volo, e il povero Sirius doveva stargli dietro per evitare che potesse farsi male. Non farò mai dei figli sbruffò il giovane rampollo dei Black una sera. Passarono anche per Diagon Alley per comprare tutto l’occorrente per il nuovo anno. Insomma passarono quegli ultimi giorni di vacanza occupando il tempo libero nei più disparati modi, anche per educazione nei confronti di chi li stava ospitando, ma soprattutto per tenere lontani i pensieri cupi dei giorni precedenti. Il dolore era ancora presente e gravava su di loro, ma un po’ meno grazie anche alla compagnia e all’allegria dei Weasley che sembravano essere sempre di buon umore qualsiasi cosa facessero, coinvolgendo i due giovani che, dal canto loro, sentirono parte di quel dolore scivolare via lentamente. Arrivò, quindi, il primo di settembre e il loro conseguente ritorno alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts per il loro quinto anno scolastico, l’anno dei loro primi esami più importanti ovvero i G.U.F.O (Giudizio Unico per Fattucchieri Ordinari) che sarebbero stati la base per ciò che avrebbero poi affrontato al loro settimo anno, i M.A.G.O. (Magie Avanzate Grado Ottimale). Entrambi non avevano ancora idea di quale sarebbe stato il loro futuro lavorativo nel Mondo Magico: James aveva una mezza idea di provare a fare qualche provino in alcune squadre di Quidditch, essendo un giocatore eccezionale, ma da poco stava crescendo l’idea in lui di concentrarsi su altro; Sirius invece non aveva la minima idea di cosa avrebbe potuto fare in futuro, non aveva mai pensato al lavoro dei suoi sogni e per il momento non ci avrebbe pensato ritenendo che fosse ancora troppo presto. Quella mattina si alzarono di buon ora, scesero a fare una veloce colazione e si precipitarono a fare i bagagli nelle loro rispettive stanze.
«Felpato, per caso mi hai fregato le mutande?» chiese James all’amico?
Black tirò fuori un paio di mutande con dei boccini disegnati. «Intendi queste fratello?»
«Certo che intendo quelle. Da quando in qua porteresti biancheria a tema Quidditch?» fece seccato Ramoso.
«Da quando ho deciso di rubartele Ramoso.» rispose Sirius facendo una grossa risata simile ad un latrato.
James scosse la testa esasperato, insultandolo a mezza voce e sistemando le ultime cose nel suo baule. Si bloccò di colpo quando si accorse del Mantello che suo padre gli aveva consegnato, il giorno stesso della sua morte. Il Mantello dell’Invisibiltà.
«Ehi Sir! Puoi venire un momento?» esclamò chiamando l’amico.
«Che succede?» domandò l’amico sulla porta.
Ramoso aprì il Mantello, mostrandolo a Felpato, che dal canto suo rimase parecchio perplesso da quei gesti. Si era un bel mantello, e quindi?
«Con questo sarà più facile fare le nostre future scappatelle da Remus.» dichiarò ghignando.
«Dovremmo girare per il castello di notte con un mantello da sera addosso?» chiese sarcastico Sirius.
Per tutta risposta James ghignò ancora di più e con un unico movimento si mise il Mantello dell’Invisibilità addosso e sparì sotto lo sguardo stupefatto di Sirius.
«Ma che cazzo?!»
James girò intorno all’amico che, incapace di poterlo vedere, rimase immobile e gli diede piccoli colpetti sulle spalle facendolo voltare in tutte le direzioni. Finita quella breve tortura si tolse il Mantello ritornando visibile.
«E’ un Mantello dell’Invisibilità?» chiese curioso toccando il sottile tessuto.
«Esatto. Sai me lo ha dato papà prima che…ci fosse l’attacco.» spiegò James rabbuiandosi appena. «Ha detto che mi sarebbe potuto tornare utile, ed effettivamente ci servirà.»
«E’ la prima volta che ne vedo uno. Dove l’avrà preso Fleamont?»
«A quanto pare è un’eredità di famiglia, i Potter se lo passano da diverse generazioni.»
«Ma non esiste Mantello dell’Invisibilità che possa durare così a lungo Ramoso. E questo è come se fosse nuovo.» constatò Sirius osservandolo attentamente.
«In effetti…» notò James. «Non so effettivamente da dove provenga.»
«Sembra come quello del racconto no? Quello dei “Tre fratelli”.»
«Ti riferisci a quella fiaba nel libro di Beda il Bardo? Dove si menzionano i Doni della Morte?»
Felpato annuì vigorosamente.
«Ma quello è un racconto per bambini Felpato!» esclamò ridendo James. «Certe volte dici cose assurde.»
«Ehi era solo una constatazione.» si difese.
«Ragazzi, siete pronti?! E’ora di andare!» li chiamò una voce che riconobbero essere quella della signora Weasley.
«Scendiamo signora Weasley!» rispose Sirius mentre l’altro si affrettava a chiudere il baule e ad infilarsi una felpa sopra la maglietta.
Scesero le scale, pronti a partire, e trovarono la signora Weasley intenta a mettere il cappotto al piccolo Charlie, che non ne voleva sapere di rimanere fermo facendo spazientire la madre. Finito il suo compito si accorse dei due ragazzi e il suo viso lasciò spazio ad un enorme sorriso.
«Oh eccovi! Siamo tutti pronti, Arthur ci sta aspettando alla macchina.»
«La che?» fece Sirius con una faccia buffa.
«La macchina Sirius. E’ un mezzo di trasporto Babbano, la usano quasi tutti.» spiegò James all’amico. «Ma tu hai mai ascoltato una lezione di Babbanologia?»
«In realtà l’ho iniziata a seguire solo per fare un torto ai miei genitori.» disse alzando le spalle. «Però adoro un sacco i cantanti Babbani, soprattutto quelli che ti ho fatto ascoltare un po’ di tempo fa.»
«Intendi i Led Zeppelin?»
«Bravo fratello, vedo che i miei insegnamenti servono a qualcosa.» commentò Black uscendo dalla Tana e avviandosi verso la macchina.
La macchina del signor Weasley era di color turchese, si presentava piccola ma nel complesso aveva un suo fascino e piacque immediatamente ai due ragazzi che porsero i loro complimenti ad Arthur.
«Grazie ragazzi, sono contento che vi piaccia.» li ringraziò Arthur mentre tutti presero i loro posti. «E’ una Ford Anglia. L’ho ottenuta mentre ho lavorato per l’Ufficio per l’Uso Improprio degli Artefatti Babbani e l’ho adorata fin dal primo momento.»
«E’ molto comoda signor Weasley. Anche se personalmente preferisco volare con le scope da corsa.» disse James facendo riferimento alla sua Nimbus 1500.
«Ah ma sta qui il bello. Guardate.»
Arthur fece partire la macchina, sotto lo sguardo attento di James e Sirius che lo osservavano incuriositi. Tolse il freno a mano, fece qualche metro e inaspettatamente l’automobile si alzò in volo facendo brillare gli occhi al piccolo Charlie che parve molto divertito.
«E per non farci vedere…» continuò schiacciando un pulsante sul cruscotto. «Ho attivato un Incantesimo di Disillusione così che i Babbani non possano scoprirci.»
«Signor Weasley ma è fenomenale!» esclamarono entrambi all’unisono.
«Già ma è anche illegale.» disse la signora Weasley con tono di rimprovero.
«Eh si, tecnicamente sarebbe illegale. Se il Ministero lo venisse a sapere l’Ufficio mi farebbe una bella lavata di capo.» commentò.
« Stia tranquillo, saremo muti come se fossimo stati colpiti da un Languelingua.» lo rassicurò Sirius.
Viaggiarono fermandosi ad ammirare il paesaggio da lassù, rendendo il tutto più spettacolare ai loro occhi. Inoltre dovevano ammettere che la guida del signor Weasley era ineccepibile, molto tranquilla, come se fosse un Babbano abituato ad usarla ogni singolo giorno. Gradualmente l’automobile iniziò a calare di quota quando arrivarono a Londra, nei pressi della stazione di King’s Cross, dove l’Espresso di Hogwarts sarebbe partito tra una quindicina di minuti. Parcheggiarono in luogo abbastanza isolato, dove l’Incantesimo di Disillusione si potesse disattivare senza alcun rischio, ed entrarono nella stazione fino a fermarsi alla barriera per il binario nove e tre quarti. Uno alla volta corsero verso il muro, invalicabile da qualsiasi Babbano, ma che per loro conduceva in un posto magico.
«Signori Weasley l’Espresso partirà tra dieci minuti, se volete potreste anche lasciarci qui.» disse cortesemente James.
«Siete sicuri cari? Non ci recate alcun disturbo.» chiese con fare materno Molly.
«Non si preoccupi, anzi vi ringraziamo per l’ospitalità. Siete stati gentilissimi.»
«Sciocchezze, sarete sempre i benvenuti.»
Molly strinse a sé i due ragazzi come saluto, mentre diedero ad Arthur una stretta di mano complimentandosi per il viaggetto di poco prima.
«Mi raccomando Charlie non far impazzire la mamma.» scherzò Sirius abbassandosi alla sua altezza e scompigliandogli i capelli rossi.
Dopo ciò si separarono dalla famigliola proseguendo per il binario, diedero delle occhiate intorno a loro sperando di scorgere uno dei Malandrini tra la marea di studenti e genitori che si stavano dando gli ultimi saluti prima che il treno lasciasse la stazione. Molti dei passanti, tra adulti e ragazzi, si voltarono in direzione di James squadrandolo da testa a piedi e bisbigliandosi frasi che i due non riuscirono a sentire.
«A quanto pare hanno letto tutti il Profeta.» commentò Sirius.
Continuarono a camminare ignorando il resto e intravidero in lontananza la testa di Remus Lupin, ben più alto di alcuni studenti. Avvicinandosi si accorse anche della presenza di Peter, Frank e Alice che erano impegnati in una conversazione con i due Malandrini.
«Ehi Rem!» urlò Sirius per farsi sentire.
Lupin si voltò verso la voce che aveva urlato il suo nome e si lasciò andare in un sorriso quando riconobbe i suoi due migliori amici.
«Sir! James! Finalmente siete arrivati.» li salutò stringendo entrambi in un abbraccio.
«Lascia stare Lunastorta, sapessi come siamo arrivati qui.» parlò Sirius liberandosi dalla stretta.
«Che significa?» domandò Remus interrogativo.
«Te lo racconteremo più tardi, ora saliamo a prendere posto.» tagliò corto James. «A proposito non mancano Lily, Mary, Emmeline e Marlene?»
«Sono già salite. Lily ha già iniziato a comportarsi da Prefetto Perfetto e si è portata dietro anche quelle tre.» rispose Alice con un’espressione rassegnata.
«Be’ allora troviamole, così ci uniremo a loro.»
«Jamie per favore, fa’ il bravo con Lily. Ok?» lo ammonì la Prewett.
«Oh andiamo, ormai non la tormento da mesi. E non chiamarmi più Jamie grazie.» replicò il diretto interessato seccato.
Salirono sul vagone di fronte a loro, esplorandolo e cercando le tre amiche probabilmente avevano già trovato uno scompartimento. Le trovarono quasi alla fine del vagone, nel largo scompartimento mentre chiacchieravano allegramente finché non si accorsero della comparsa del resto del gruppo.
«Ah siete arrivati finalmente!» esclamò Emmeline vedendoli entrare. «James, Sirius siete arrivati anche voi.»
«Salve Vance, ti dispiacerebbe farmi spazio?» disse Sirius mentre prendeva posto tra lei e Marlene.
«Staremo stretti in dieci qui dentro, ed è uno tra gli scompartimenti più grandi.» notò Mary.
«Fortunatamente siamo tutti in formissima. A parte qualcuno…» rispose il Black scoccando un’occhiata divertita a Peter che si imbarazzò.
« A cuccia Felpato, lascia stare il povero Peter.» lo rimproverò Remus.
Riuscirono ad accomodarsi tutti, anche si ritrovarono lievemente pressati tra loro. James, per qualche strano caso si era ritrovato tra Lily e Remus, e la ragazza, che di per sé aveva una corporatura esile, si sentì quasi bloccata dalla mole del ragazzo a fianco che, seppur magro, era più ingombrante di lei.
«Scusa Evans, adesso mi sistemo meglio.»
«Non fa nulla Potter, non sei così grosso.»
«Già James, cosa fai invece di allenarti a Quidditch?» lo prese in giro Sirius.
«Da che pulpito, sbaglio o l’altro ieri ti lamentavi del fatto che avessi degli addominali migliori dei tuoi?» ribatté l’occhialuto stando allo scherzo.
«A che mi serve avere dei banalissimi addominali scolpiti, quando posseggo una classe e una bellezza da nobile.»
«Si ma è coperto tutto dal tuo cervello da cane.»
«Ah ma sta’ zitto quattrocchi.»
«Taci idiota.»
«E si comincia…» osservò Remus esasperato.
«Ne abbiamo anche per te lupacchiotto.» lo avvertirono con espressione seria ma scoppiando a ridere subito dopo.
La locomotiva partì emettendo fischi e sbuffi di vapore, accompagnata dall’usuale suono della partenza. La comitiva passò il tempo parlando del più e del meno, continuando a scherzare e abbuffandosi di dolciumi comprati dalla signora col carrello che, puntualmente, si ritrovava a corto di provviste dopo essere passata dai Malandrini. Ma soprattutto di cioccolata.
«Per Godric Remus, esploderai con tutta quella cioccolata!» esclamò Mary indicando la moltitudine di tavolette vicino a lui.
«La cioccolata non è mai abbastanza.» disse tranquillamente.
James avvertì una fitta alla cicatrice a forma di saetta sulla fronte e ci passò le dita sopra spostandosi il ciuffo corvino con una smorfia. Alice lo notò.
«Tutto bene Jamie?»
Il ragazzo si riscosse, muovendo una mano come per voler far capire che non fosse nulla di preoccupante.
«Tutto bene Ali, stavo pensando che ricominceremo le lezioni di Pozioni con i Serpeverde.»
«Non me ne parlare, le troverei anche piacevoli se non fosse per loro.» concordò Marlene.
«Personalmente non le trovo così terribili.» disse Lily intromettendosi nella discussione.
«Solo perché tu sei la migliore della classe e la cocca di Lumacorno.»
«Che ci posso fare se è la mia materia preferita?»
«Nulla, ma ciò non toglie che Lumacorno ti adori. Insomma ti invita a qualsiasi cena o festa del Lumaclub.»
Infatti il professor Lumacorno aveva fondato da moltissimi anni il cosiddetto Lumaclub, il suo personale ritrovo al qualche invitava tutti gli studenti più promettenti e più popolari della scuola. Lily, essendo un asso in Pozioni, entrò a far parte del Lumaclub quasi subito dal suo arrivo ad Hogwarts poiché il professore riconobbe in lei uno straordinario talento e un radioso futuro.
«Probabilmente si aspetta che diventerai un’impeccabile Pozionista e spera di essere il maestro che si è fatto superare dall’allieva.» disse Alice.
«Be’ mi dispiace per lui, dato che diventerò una Guaritrice.» affermò convinta Lily.
«Davvero? E quando saresti arrivata a questa brillante conclusione?» chiese Marlene.
«Ci ho pensato spesso in realtà. E per quanto mi piaccia Pozioni, vorrei rendermi utile in maniera più attiva. Per cui…» rispose la rossa. «E poi per fare i Guaritori bisogna essere molto abili anche con le pozioni.»
«Ora che ci penso ragazzi, quest’anno abbiamo i G.U.F.O.! E’ il primo passo per il lavoro dei nostri sogni!» esclamò Alice immaginandosi già diplomata.
«Ali, siamo ancora al quinto anno. Ne abbiamo di tempo ancora per pensare a cosa fare in futuro.» si lamentò Mary già prevedendo una crisi ansiogena.
«Beh, ma bisognerà affrontare gli esami in prospettiva a ciò che ci aspetterà dopo. Voi non sapete cosa fare?»
«Io no!» risposero all’unisono Sirius e Marlene ghignando sentendo la risposta dell’altro.
«Io…io credo che mi piacerebbe molto poter entrare nell’Ufficio del Trasporto Magico.» balbettò timidamente Peter.
«Bella idea!» commentò Remus.
«Mmmh…io credo che mi concentrerò sul Quidditch. Alla fine è la cosa che mi piace fare di più.» rifletté Mary che era Cacciatrice della squadra dal secondo anno.
«Almeno sapremo a chi chiedere i biglietti delle partite.» ridacchiò James.
«Pensavo che a quelli ci avresti pensato tu signor sono-il-miglior-cercatore-della-scuola Potter.» fece Lily ironica.
«Be’ che io sia un talento lo sapevamo già tutti Evans.» scherzò guadagnandosi un’occhiataccia dalla ragazza. «Ma ultimamente ho rivalutato le opzioni e credo che una strada per me possa essere l’Auror.»
«Davvero? Anche io e Alice stavamo pensando di fare gli Auror.» disse Frank guardando la sua ragazza che annuì vigorosamente.
«Auror Potter? Sei ambizioso vedo.» replicò la Evans.
«Ho semplicemente riveduto le mie priorità.» rispose in maniera criptica alzando appena le spalle.
«Io penso di entrare a far parte dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale.» fece Emmeline con tono allegro.
L’unico che non rispose fu Remus Lupin, rimasto in disparte ad ascoltare tutti quei discorsi sul loro possibile futuro lo avevano intristito ricordandogli la sua condizione per nulla facile. Nel Mondo Magico i Lupi Mannari venivano considerati dei mostri e la maggior parte di loro faticavano a trovare un lavoro decente, accontentandosi di lavoretti molto umili e mal retribuiti. Tutto questo era sempre pesato a Remus che, anche se non lo dava a vedere, ne aveva sempre avuto paura.
«Remus tu non sai cosa farai?» gli chiese Mary non avendolo sentito rispondere.
«Oh…ehm…io ecco non ci ho ancora pensato.» balbettò in soggezione.
«Rem, se continui a dare per scontato che non riuscirai a trovare lavoro ti dovrò appendere a testa in giù.» lo minacciò James avendo capito a cosa l’amico pensasse.
«La realtà è questa James. Quelli come me non sono ben visti nel Mondo Magico.»
« Questo non vuol dire che debba valere anche per te.» continuò Sirius dando man forte all’amico. «Insomma sei Remus Lupin, sei un secchione al pari della Evans!»
«Doveva essere un insulto?» chiese Lily piccata, rivolgendosi poi al licantropo. «Fatti forza Rem, puoi fare qualsiasi cosa se ne sei convinto.»
Lunastorta sorrise appena nel sentire le rassicurazioni dei suoi amici, gli stessi amici che lo avevano accettato. Forse non si sarebbe dovuto lasciare abbattere così facilmente e avrebbe dovuto combattere per lui e per quelli come lui. L’esclamazione di Lily Evans interruppe i suoi pensieri.
«Cavolo Rem dobbiamo andare nel vagone dei Prefetti!»
«Merlino è vero! Sbrighiamoci!»
 Si alzarono e si affrettarono ad uscire dallo scompartimento assicurando ai loro amici che si sarebbero rivisti dopo la riunione. Il viaggio era quasi al termine, Lily e Remus uscirono dalla riunione dei Prefetti parlando delle nuove disposizioni per quelle che sarebbero state le ronde per i corridoi del castello. I Prefetti dovevano mantenere fede a vari doveri, ma forse sarebbe stato divertente poter togliere punti. Tornarono nel loro scompartimento notando come quasi tutti fossero caduti addormentati, tranne Frank e Alice impegnati in qualche tenera effusione da coppietta felice. Cercarono di svegliare tutti in maniera gentile senza far prendere un colpo a qualcuno(tranne Sirius che saltò sul sedile quando Remus gli urlò nell’orecchio. Era pure sempre un Malandrino.). L’Espresso si fermò alla stazione di Hogsmeade, il grazioso villaggio dove periodicamente gli studenti potevano visitarlo liberamente, passare del tempo o fare compere di qualunque genere. Scesero dal treno e riconobbero dalla stazza Rubeus Hagrid, il guardiacaccia del castello, con cui spesso chiacchieravano. Il Mezzogigante aveva come compito quello di guidare i primini sulle barche attraversando il Lago Nero per arrivare ad Hogwarts, a differenza di tutti gli altri anni che avrebbero dovuto arrivarci con la carrozza.
«Studenti del primo anno da questa parte!» disse a gran voce il Mezzogigante.
«Ehi Hagrid!» lo salutarono i Malandrini.
«Perbacco se non siete quegli scapestrati dei Malandrini.» rispose con tono amichevole.
«Ti siamo mancati eh? Passeremo a prendere il tè qualche volta.» disse Sirius.
«Ah mi ci farebbe piacere, mi ci farebbe!» esclamò contento Hagrid.
Un’altra caratteristica del guardiacaccia è che non aveva una proprietà di linguaggio molto corretta, ma nessuno ci faceva mai caso grazie alla sua spontaneità e inevitabile simpatia.
«Contaci allora! Buona fortuna con i primini!» esclamò il Black salutandolo con la mano mentre s’incamminavano.
Arrivarono nel punto dove partivano le carrozze, attendendo con impazienza che se ne presentasse al più presto una.
«Ma tu guarda se quello non è Potter.» fece una voce alle loro spalle.
Un gruppetto di Serpeverde li stava raggiungendo, e per grande seccatura di tutti, li riconobbero all’istante. Brutte conoscenze che avrebbero preferito evitare almeno fino al banchetto di inizio anno. Mulciber, Avery, Piton, Wilkes, Rosier e, con grande disappunto di Sirius, Regulus Black.
«Allora Potter, fatto qualcosa di divertente quest’estate?» continuò a provocarlo Mulciber.
Sirius si apprestò a sfoderare la bacchetta, ma James lo fermò con un gesto.
«Non so, prendere a calci i Mangiamorte si può considerare tale?» li sfidò scatenando le risate di quelli.
«Non farmi ridere, o devo ricordarti che i tuoi genitori sono crepati?» inveì ancora di più Avery provocando nel ragazzo la voglia di spaccargli la faccia.
Ma non sarebbe stato al loro gioco, non quella volta. Aveva capito cosa stessero cercando di fare, volevano provocare in lui una reazione violenta e avere la scusa di duellare. Certo, non si era mai tirato indietro da uno scontro con i Serpeverde, tuttavia decise che sarebbe stato più riflessivo e meno impulsivo del solito. E Merlino solo sapeva quanto lo fosse.
«Maledetti bastardi!» ringhiò Sirius trattenuto da Remus per un braccio.
«Toccato un tasto dolente pecorella smarrita?» fece il verso Wilkes.
Molto probabilmente Regulus aveva raccontato loro della sua fuga.
«Ehi idioti, fate i gradassi quanto vi pare, ma non provate a scherzare più su Fleamont ed Euphemia! Valevano il doppio di quel pazzo di Voldemort!» urlò Alice in preda alla rabbia.
«Non osare mai più menzionare quel nome, piccola traditrice del tuo sangue.» sibilò Avery.
«Divertente che parli di gradassi dato quali sono le tue compagnie.» commentò Piton ironico scoccando uno sguardo di disgusto ai Malandrini.
Lily lo fissò insistentemente, molto delusa. La loro discussione dell’ultima volta non aveva portato a nulla, aveva rivelato quale fosse ormai la strada che il suo ex migliore amico aveva deciso di seguire. E lo stava dimostrando tutt’ora.
« Buffo che lo dica tu a loro Piton.» ribatté aspra.
Piton non rispose alla sua provocazione.
«Andiamo Severus, non ti farai zittire dalla piccola Sanguesporco.» ridacchiò maleficamente Wilkes.
James spalancò gli occhi, quello era il colmo. Sotto lo sguardo preoccupato di Remus, che sapeva quanto lui e Sirius potessero essere impulsivi, lo vide fare qualche passo in avanti livido in volto.
«Ascolta attentamente, anzi ascoltatemi tutti branco di idioti. Se sento ancora un altro insulto verso i miei genitori, su Lily o verso chiunque altro mio amico non perderò tempo con la bacchetta e vi farò a pezzi con le mie mani!»
Lo disse maniera talmente minacciosa che i Serpeverde persero momentaneamente il divertimento che incorniciava i loro volti, lasciando il posto ad uno sguardo vagamente preoccupato ma che, perlopiù, rispecchiava il disprezzo.
«Vedremo quanto continuerai a fare lo spavaldo quando ti troverai una bacchetta puntata alla gola.» sibilò Avery.
«Lo ha fatto anche il tuo signore ma pare che non sia andata molto bene. O sbaglio?»
A quel punto il gruppetto non replicò, si limitarono a fissarlo con disprezzo e odio come se avessero potuto trucidarlo con il solo sguardo. Nel frattempo arrivò la carrozza, posizionandosi in mezzo a loro e, per chissà quale motivo, lasciò perplessi James e Sirius.
«Prima le signore.» disse Sirius dandogli il via libera per salire.
Questi lo ignorarono e presero posto sulla carrozza che incominciò a muoversi verso il castello.
«Ramoso tutto bene?» chiese Remus premuroso.
James inspirò prendendo aria, riprendendosi da quell’accesa discussione che, per quanto non l’avrebbe mai ammesso, lo aveva parzialmente provato. «Tranquillo Rem, non saranno quelli lì a mettermi all’angolo.» lo rassicurò con un ghigno in stile Potter.
All’arrivo di un’ulteriore carrozza, James e Sirius si guardarono come se volessero sicuro di star guardando la stessa cosa.
«Ragazzi ma cos’è che sta tirando la carrozza?» domandò il Black.
«Nulla Sir, la carrozza cammina da sola.» rispose Frank inarcando le sopracciglia.
«Ma no c’è un animale, tipo un cavallo.» insistette il ragazzo indicando quella creatura scura. «Fratello lo vedi anche tu?»
«Si fratello, non l’avevo mai visto prima.» osservò Ramoso passandosi una mano tra i capelli.
«Forse vi state riferendo ai Thestral.» disse Lily come se fosse ovvio.
«Cosa?»
«Sono degli animali che di norma sono invisibili a chiunque, tranne a chi ha visto la morte da vicino.» spiegò lei.
I due ragazzi si guardarono e capirono. Entrambi avevano assistito alla morte di Euphemia, avevano toccato la morte da vicino e ciò spiegava il motivo per il quale fossero in grado di vederli. Gli animali possedevano delle grandi ali nere, il loro corpo era privo di piume( a differenza degli Abraxan) e appariva anch’esso nero e lucente, con una pelle talmente sottile da poter scorgere la loro struttura ossea. L’animale fece un piccolo sbuffo e partì portandosi dietro anche la carrozza, percorrendo il verde sentiero che li avrebbe portati all’ingresso del castello. Arrivati nei pressi del castello, notarono quanto, nonostante gli anni passassero inesorabili, il magnifico maniero rimaneva immutato, con la stessa aura magica che aleggiava nell’aria e fornendo quel senso di protezione che difficilmente avrebbero potuto trovare in altri luoghi. Scesero dalla carrozza e si diressero in Sala Grande, la stanza principale del castello dove si sarebbe tenuto il discorso di apertura del preside, lo Smistamento degli studenti nelle rispettive Case e, con grande gioia dei sempre affamati Peter e Sirius, il consueto banchetto. Entrati nell’immensa sala presero posto vicini al tavolo dei Grifondoro dando un’occhiata al tavolo degli insegnanti che erano in attesa che ogni studente prendesse posto.
«Chi è quella? Non l’ho mai vista.» notò Mary squadrando una ragazza al tavolo degli insegnanti.
«Non lo so, ma non sembra così grande. Si sarà diplomata da qualche anno.» osservò Peter.
«Probabilmente sarà la nuova insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure. Povera lei, si sa che quel posto porta una sfortuna assurda.» disse Alice in tono compassionevole.
«E’ solo una leggenda Ali.» fece Emmeline.
«Si, quindi anche noi che cambiamo professore ogni anno è una leggenda?» ribatté convinta la Prewett. «Quel posto è maledetto, è un dato di fatto.»
Emmeline scosse la testa borbottando quanto fosse assurda la sua teoria, ma non fece in tempo a finire la frase che la professoressa Minerva McGranitt, vicepreside, insegnante di Trasfigurazione e direttrice della Casa di Grifondoro, parlò rivolgendosi all’intera Sala.
«Bene, ora procederemo con lo Smistamento!» dichiarò ai ragazzini del primo anno di fronte a lei.
Il Cappello Parlante venne posato sullo sgabello, iniziando a recitare la sua solita filastrocca per intrattenere quello che lui considerava il suo pubblico.
« Forse pensate che non son bello
ma non giudicate da quel che vedete
io ve lo giuro che mi scappello
se uno più bello ne troverete.
Potete tenervi le vostre bombette,
i vostri cilindri lucidi e alteri,
son io quello che al posto vi mette
e al mio confronti gli altri son zeri.
Non c'è pensiero che nascondiate
che il mio potere non sappia vedere,
quindi indossatemi e ascoltate
qual è la Casa in cui rimanere.
E' forse Grifondoro la vostra via,
culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria
fan di quel luogo uno splendore.
O forse è Tassorosso la vostra vita,
dove chi alberga è giusto e leale:
qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale.
Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,
se siete svegli e pronti di mente,
ragione e sapienza qui trovan linguaggio
che si confà a simile gente.
O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori!
Venite dunque senza paure
e mettetemi in capo un istante
con me sarete in mani sicure
perché io sono il Cappello Parlante!
»
«Ogni anno se ne inventa una.» bisbigliò James a Sirius con un cipiglio divertito.
Dopo la simpatica filastrocca del Cappello Parlante, la professoressa McGranitt tirò fuori un foglio di pergamena che presentava l’elenco dei nuovi arrivati.
«Quando vi chiamerò per nome sedetevi qui e vi poggerò sulla testa il Cappello.» disse composta la McGranitt.
« Oliver Philips!»
Il ragazzino salì i pochi gradini tenendo lo sguardo basso, imbarazzato dalla situazione e gli venne posto sulla testa il Cappello.
«Tassorosso!»
I Tassorosso applaudirono accogliendo festosi il primino, più rassicurato dall’entusiasmo dei nuovi compagni.
«William Carter!» continuò la McGranitt.
Il primino fece i medesimi passi del precedente e si sedette ammirando l’enormità della sala.»
«Grifondoro!»
La tavolata rosso-oro applaudì, lanciando anche qualche fischietto di approvazione.
«Fa sempre piacere avere qualche nuovo Grifoncino.» considerò Sirius soddisfatto.
« Quindi tu saresti un Grifone?» lo sfotté Marlene.
«Ovviamente, cos’altro altrimenti?»
«Una stupida scimmia.»
Durante il piccolo battibecco lo Smistamento proseguì tra gli schiamazzi della McGranitt e del Cappello Parlante. Al sentire i vari Serpeverde le altre Case si lasciarono andare a colorite smorfie di disgusto poiché, all’interno della scuola, quest’ultimi non erano ben visti a causa dei loro modi di fare arroganti e molto spesso anche da imbroglioni. Non tutti, ovviamente, nella Casa assumevano quei comportamenti ma ne risultavano così pochi che non venivano presi in considerazione. Persino i Corvonero, gli studenti più riflessivi e razionali, non avevano a genio la Casa verde-argento. Ma la storica rivalità tra Grifondoro e Serpeverde era ormai leggenda da secoli. Lo Smistamento terminò sancito dall’ultimo applauso per l’ultimo arrivato. Il preside Albus Silente si alzò dalla sua sontuosa sedia d’oro per concentrare l’attenzione degli studenti su di sé, apprestandosi a fare il suo discorso di inizio anno.
«Benvenuti ad un altro anno ad Hogwarts! Leggo già sui vostri impazienti volti la voglia di approfittare del nostro ottimo banchetto, ma prima permettetemi di dire alcune parole. Innanzitutto dò il mio personale benvenuto ai nuovi studenti del primo anno, augurandogli buona fortuna e sperando che possano passare un anno scolastico piacevole.» disse fermandosi un momento squadrando la sala. «Poi vorrei presentarvi la nuova insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure: la professoressa Alexandra Taylor.»
La ragazza si alzò facendo un piccolo inchino a Silente e sorridendo ai ragazzi.
«Sono sicuro che, anche grazie alla sua giovane età, andrete molto d’accordo con lei.»
«Se non sbaglio è la sorella maggiore di un ragazzo del settimo anno di Tassorosso.» fece a bassa voce Felicia Hill, una ragazza del settimo anno di Grifondoro.
«Si, è Jacob Taylor. Ma lei sembra molto più sveglia di lui.» affermò Liam Wood, Capitano della squadra di Quidditch.
Silente riprese il suo discorso.
«Infine…veniamo ad argomenti ben più seri. Molti non vorrebbero che io ne parlassi così apertamente a dei giovani studenti come voi, ma io ritengo che avere la consapevolezza di ciò che succede sia meglio di ignorare tutto facendo finta di niente. Probabilmente la maggior parte di voi saprà che questi sono tempi bui, le forze oscure sono dietro l’angolo pronte a prendere il sopravvento e sarete anche a conoscenza dei fatti avvenuti di recente.» disse lanciando una rapida occhiata a James che aggottò leggermente le sopracciglia.
Si sentì il vociare degli studenti, i quali mormorano tra loro sulle ultime parole del preside e lanciando anch’essi rapide occhiate sul ragazzo che avvertì, per la prima volta, il fastidio di essere notato.
«Il Mago Oscuro che si fa chiamare Lord Voldemort sembra essere scomparso, ma ciò non toglie che bisognerà rimanere vigili e guardinghi. Nonostante ciò vi dico: non vivete nel terrore, fate volare in alto i vostri sogni e siate leali gli uni con gli altri. Siete la nostra speranza migliore. Per finire…» e qui fece un sorrisetto giocoso «…Saetta, pecora, lupo, lago!»
Ci fu un silenzio generale, tutti stralunati dalle ultime parole dello strambo preside che, come se nulla fosse, si risedette tranquillo.
«Che inizi il banchetto!»
Le quattro tavolate si riempirono di un numero spropositato di leccornie di ogni tipo, sotto lo sguardo sognante di tutti che, senza farselo ripetere una seconda volta si avventarono sul cibo.
«Non capirò mai perché dica sempre parole senza senso alla fine di ogni discorso.» disse Frank addentando una salsiccia.
«Già, il vecchio è veramente strambo.» concordò Sirius mugugnando con la bocca piena.
«Felpato fai vomitare.» lo rimproverò Remus.
Quello lo ignorò bellamente e si apprestò addentare un’ulteriore coscia di pollo come James che nel frattempo assaliva l’arrosto di maiale con le patate.
«Sembra che non mangiate da giorni.» commentò Lily leggermente schifata.
«Evans, siamo nella piena fase di sviluppo. Abbiamo bisogno di riserve di energia.» spiegò James ingozzandosi ancora.
«Al vecchio Peter non dispiace.» rise Mary vedendo il ragazzotto cibarsi con voracità.
Il banchetto si svolse tranquillamente tra risate, chiacchiere e ottimo cibo. Dopo che tutti ebbero finito, Lily e Remus si staccarono dal gruppo raggiungendo gli studenti del primo anno che avrebbero dovuto scortare, in qualità di Prefetti, al dormitorio di Grifondoro.  Li guidarono attraverso le scale avvertendoli della loro peculiarità nel cambiare direzione casualmente, un particolare che affascinò molto la rossa Grifoncina quando arrivò per la prima volta ad Hogwarts. Salirono le scale, arrivando fino alla Torre di Grifondoro e per la precisione al ritratto della Signora Grassa.
«Per entrare nel dormitorio è necessario sapere la parola d’ordine. Quella di questa settimana è Avvincino.» spiegò Lily facendo aprire il ritratto.
Entrarono nell’accogliente e confortevole Sala Comune, dividendo i ragazzi dalle ragazze indicando loro i dormitori assegnati loro.
«Non ce la siamo cavata male, no?» chiese Lily lasciandosi cadere sul divano accanto a Remus.
«Direi di no, anche se sono già stanco a pensare alle ronde che ci aspettano.» rispose lui rilassandosi.
«E io che pensavo che il pigro dei Malandrini fosse Peter.» scherzò la rossa.
Remus rise. In effetti lui preferiva una buona lettura a qualche attività fisica, al contrario di James e Sirius che erano molto predisposti a compiti fisici. Peter invece non aveva mai trovato una dimensione propria, a lui bastava poter stare con i propri amici e divertirsi.
«Com’è andata Prefetto Perfetto?» domandò James con un ghignetto, avvicinandosi seguito dai due Malandrini.
«Sono dei bravi primini a differenza di come lo eri tu Potter.» rispose Lily, anche lei con un ghignetto.
«Non posso darti torto.» ridacchiò alzando le mani in segno di resa.
«Dove sono gli altri?» fece notare Remus guardandosi intorno.
«Oh le la altre sono già nel dormitorio, e Frank anche.» spiegò il corvino.
«Bene, allora levo le tende anche io. Sono distrutta.» dichiarò Lily alzandosi dal divanetto.
«Buonanotte Lily.»
«Sogni d’oro Evans.»
La ragazza rispose con un cenno di mano senza voltarsi e scomparendo su per le scale a chiocciola.
«Be’ sarebbe meglio salire anche noi. Domani iniziano le lezioni e non voglio buttarvi giù dal letto già dal primo giorno.» disse Remus rivolgendosi ai tre Malandrini.
«Quanta poca fiducia hai nei nostri confronti Messer Lunastorta
fece Sirius con finto tono melodrammatico portandosi una mano al petto.
«La mia poca fiducia è motivata da quattro anni di sveglie improbabili.» ribatté lui facendo alzare gli occhi al Black.
I quattro salirono nel loro dormitorio trovando Frank già appisolato, così si lavarono e prepararono per la notte in fretta e furia poiché quella giornata di viaggio si era rivelata molto stancante. Remus spense le luci mentre gli altri si tuffavano letteralmente sul proprio letto, sospirando appagati dalla morbidezza del materasso a contatto con i loro muscoli stanchi godendosi il silenzio che la notte gli offriva. Erano di nuovo ad Hogwarts.

 

 
 
 
 
 Angolo Autore
Ecco a voi l'undicesimo capitolo. Questi giorni li ho passati a scrivere molto, e il capitolo è venuto fuori in tempi brevi, e ne sono soddisfatto. Chissà se qualcuno di voi capirò le quattro parole di Silente, non sono state scritte a caso, sono delle piccole allusioni. Per chi si chiedesse del ruolo di Severus Piton, al momento non sarà molto presente, ma subirà un'evoluzione nel corso della storia, anche perchè lo apprezzo molto come personaggio. Grazie per le precedenti recensioni, a chi sta seguendo la storia e a chi vorrà farlo.
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** Confronti ***


CAPITOLO 12: CONFRONTI





Come volevasi dimostrare, il risveglio nel dormitorio dei Malandrini fu tragico. Remus Lupin si svegliò di buon ora, essendo il più coscienzioso e preciso del gruppo teneva molto ad ordine e puntualità. Si avviò nel bagno, si fece una rapida doccia e si vestì di tutto punto della divisa di Hogwarts aggiungendo sopra la camicia perfino il maglioncino nero, nonostante fosse settembre e ci fosse ancora un’aria mite. I suoi compagni di dormitorio erano ancora profondamente addormentati e non davano cenno di volersi svegliare: James che dormiva a braccia spalancate, si era tolto le coperte inconsciamente nel sonno e aveva un’espressione beata come non la si vedeva da settimane; Sirius, che di norma appariva sempre bello ed elegante, ronfava sonoramente a pancia in giù grattandosi la schiena; il piccolo Peter a differenza degli altri due era rannicchiato sotto le coperte quasi come se volesse proteggersi da qualunque disturbo esterno; infine Frank che tra il gruppo era quello che dormiva nella posizione più normale ma a bocca aperta. Remus scosse la testa esasperato. Avrebbe dovuto immaginare che le rassicurazioni della sera precedente da parte di Sirius sarebbero valse infinitamente poco. Quindi, come ogni mattina da quando avevano messo piede ad Hogwarts, Lunastorta afferrò la bacchetta e lanciò una serie di incantesimi sui dormiglioni.
«Levicorpus!» esclamò colpendo tutti e quattro.
I malcapitati furono sgraziatamente tirati fuori dalle coperte e si ritrovarono appesi per le caviglia in aria, svegliandosi di soprassalto grazie al poco ortodosso metodo di sveglia di Remus. Peter squittì di paura, mentre James e Frank, ormai abituati alla loro consueta sveglia a testa in giù, si stropicciarono gli occhi scacciando l’intorpidimento del sonno e attendendo di essere riportati a terra. Incredibilmente Felpato fu l’unico ancora profondamente addormentato, e sarebbe apparso molto buffo continuare ad osservarlo ronfare a testa in giù se non fosse che la pazienza di Remus cominciò a vacillare.
«Tu guarda quel cagnaccio, riesce a dormire in qualunque situazione.»
Si avvicinò leggermente, mentre rilasciava l’incantesimo sugli altri che ripiombarono sui propri letti e, a turno, si diressero verso il bagno per potersi dare una rinfrescata. Puntò nuovamente la bacchetta sul giovane Black facendolo spostare dalla traiettoria del suo materasso. Quando arrivò al centro della stanza, in prossimità del pavimento, sciolse l’incantesimo e lasciò che l’amico si spiaccicasse al suolo provocando un sordo tonfo.
«Ahia!» mugolò di dolore Sirius mentre apriva gli occhi.
«Ben svegliato Sir.» fece ironicamente l’altro.
«Dico, ma ti pare il modo di svegliare la gente?» chiese mentre si tirava si indolenzito dalla botta presa.
«Ringrazia che mi sia limitato a questo. Tanto sapevo che sarebbe finita così.»
Sirius si stiracchiò, completamente disinteressato a ciò che il licantropo gli stesse rinfacciando e vide comparire i suoi amici, lavati e vestiti, che lo guardavano ridacchiando.
«E’ stato un buon risveglio?» gli chiese Peter sorridente.
«Una meraviglia Codaliscia.» rispose in maniera sarcastica. «Ora se volete scusarmi, devo andarmi a rendere presentabile per l’intera popolazione femminile di Hogwarts.»
«Non cambierà mai.» constatò James aggiustandosi il ciuffo corvino perennemente in disordine.
«Voi non siete tanto meglio.» ribatté a braccia conserte Remus. «Dovrò svegliarvi così fino al settimo anno?»
«Fino all’ultimo giorno del settimo anno.» lo canzonò con un sorrisetto infantile.
«James renditi presentabile, mi raccomando.» lo ammonì ancora.
«Oh andiamo Rem, mi sono anche messo la camicia nei pantaloni oggi.» si lamentò il Potter.
«Be’ ragazzi io comincio a scendere. Alice mi starà aspettando in Sala Comune.» li avvisò Frank sventolando la mano.
«A più tardi Frankie.» ricambiò il saluto James con un cenno della mano. Si sedettero sui propri letti, in attesa che il loro amico ritardatario finisse di sistemarsi, per scendere tutti insieme alla colazione delle sette.
«Allora Rem…» incominciò a dire Peter «…Quando ci sarà la luna piena questo mese?»
Il ragazzo si incupì un po’ al pensiero della sua mensile trasformazione, e inoltre era anche preoccupato per ciò che i suoi amici avevano intenzione di fare.
«Il venticinque Pet.» rispose.
«Non vedo l’ora, sarà la prima scorrazzata dei celeberrimi Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso.» fece James entusiasta al solo pensiero.
«James, io sinceramente non voglio che facciate quella cosa.» disse serio Remus guardandolo negli occhi.
«Che cosa? Abbiamo sudato sette camicie per diventare Animagi e poi dovremmo rinunciare senza aver provato?» replicò scandalizzato.
«Potrebbe essere pericoloso. Se dovessi reagire male, potrei…»
«Ah ma piantala Lunastorta!» esclamò Sirius uscendo dal bagno ed affrettandosi a vestirsi. «Siamo consapevoli dei rischi, ma vogliamo comunque farlo.»
«Ma perché?! Siete degli incoscienti! Non capite che potrebbero esserci delle complicaz…»
«No Felpato. Non sembra scemo, lo è davvero.» lo interruppe nuovamente James con una battuta. «Ascoltami attentamente Remus, quando siamo diventati i Malandrini abbiamo giurato che avremmo fatto qualsiasi cosa per uno di noi, e non abbiamo intenzione di venire meno a quel giuramento. Siamo fratelli, e un fratello dovrebbe dare la vita per un altro, se necessario.»
Remus rimase incredibilmente colpito dal discorso dell’amico, che normalmente era un giocherellone nato, ma che aveva pronunciato quelle parole in maniera seria e sentita lasciando trasparire la sua completa lealtà.
«Ragazzi io…» fece con gli occhi lucidi.
«Abbraccio di gruppo!» esclamò Peter lanciandosi su Lupin, seguito dagli altri due che impiegarono tutte le loro forze per stritolarlo in un abbraccio spaccaossa.
Non erano frequenti delle dimostrazioni così smielate di affetto tra loro, ma in quel momento parve l’unica cosa sensata da poter aggiungere.
«Basta! Soffoco, aiuto!» li pregò Remus soffocato dai tre Malandrini che, sentendolo così pressato, lo liberarono.
«E poi lo facciamo anche per divertirci. Non essere così egocentrico lupacchiotto da strapazzo.» lo prese in giro Sirius con un ghignetto al quel rispose con una risata.
«A fare colazione allora! Sto morendo di fame.» esordì Peter tenendosi lo stomaco.
«Non avevamo dubbi.» rise James.
Abbandonarono il dormitorio, passarono in Sala Comune trovandola praticamente vuota e si diressero in Sala Grande per fare colazione. Trovarono al solito posto le ragazze e Frank intenti a mangiare mentre Lily leggeva una copia della Gazzetta del Profeta.
«Buongiorno bella gente!» esclamò James salutando tutti.
«Buongiorno James!» rispose Mary MacDonald prima di sorseggiare il suo cappuccino.
«Vi vedo pimpanti stamattina, merito di Remus deduco.» fece Alice lanciando un’occhiatina divertita al suo ragazzo che le aveva raccontato il suo risveglio.
«Non sapremmo come fare senza la nostra sveglia personale.» scherzò lui, voltandosi poi verso Lily.
«Evans, già concentrata di prima mattina?»
«Stavo solo controllando le notizie del giorno.» spiegò lei riferendosi al giornale. «Niente brutte notizie fortunatamente.»
«Meglio così, non se ne sente proprio la mancanza.»
Si accorsero che professoressa McGranitt si stava apprestando a consegnare gli orari delle lezioni a tutti gli studenti di Grifondoro e si fermò un istante da Liam Wood, il Capitano della squadra per il terzo anno di fila.
«Wood, organizzi le selezioni per questo sabato. Mi raccomando.» gli disse la McGranitt.
«Non si preoccupi professoressa, Grifondoro avrà nuovamente in mano la Coppa quest’anno.» rispose sicuro il ragazzo provocando alla donna un sorrisetto compiaciuto.
Grinfondoro infatti vinse l’ambita Coppa del Quidditch per tre anni di fila, precisamente da quando James e Mary entrarono in squadra e da quando a Liam venne assegnato il ruolo di Capitano, mostrandosi un perfetto leader.
«Sarà meglio.» concluse finendo di distribuire gli orari al resto dei Grifoni.
Il gruppetto iniziò a sfogliarlo, iniziando a sbuffare sonoramente accorgendosi delle prime materie da affrontare con grande disappunto della maggior parte di loro.
«Storia della Magia e Pozioni una dietro l’altra! Ci vogliono vedere morti!» gracchiò Marlene abbattuta.
«Mi chiedo se Rüf riuscirà ad azzeccare un cognome per una volta.» osservò Emmeline.
«Ne dubito fortemente.» rispose incerta Mary.
Poi si rivolse a James.
«James sabato ci sono le selezioni, non farmi scherzi ed entra in squadra.» lo avvertì puntandogli il dito contro.
«MacDonald, in Grifondoro non esiste Cercatore al mio livello. Non avrei neanche bisogno di farle le selezioni, ma mi attengo al regolamento.» si vantò James passandosi la mano tra i capelli.
«Attento Potter, la scopa potrebbe non alzarsi con tutto il peso del tuo ego.» lo sfotté Lily con un cipiglio divertito.
«Sbaglio o sono riuscito ad alzarmi in volo anche con te sopra?» ribatté lui spiazzando la ragazza e i presenti.
«Sei andata con lui sulla scopa Lils?!» le domandò Alice a bocca aperta.
«Ma no…io…insomma…una volta ma non è stato…» balbettò arrossendo Lily.
«Merlino, a volte succedono cose inaspettate.» commentò Marlene.
Tutti risero, compreso James che scoccò un’occhiata genuinamente divertita alla rossa che, vedendolo senza il suo solito ghignetto, ricambiò il sorriso deponendo l’ascia di guerra. Finirono di fare colazione tra una chiacchiera e l’altra, per poi avviarsi verso l’aula di Storia della Magia al primo piano del castello dove avrebbe tenuto la lezione il professore Cuthbert Rüf, un fantasma, considerato uno dei professori più monotoni e noiosi dell’intero castello. Nessuno riusciva a sopravvivere senza prendere sonno durante una sua lezione, perfino i diligenti Lily Evans e Remus Lupin si lasciavano andare a qualche minuto di lieve riposo. L’unica sinceramente interessata alla materia, tanto da non farsi scoraggiare da Rüf era Emmeline, attenta e sempre concentrata nel prendere appunti che poi avrebbe dovuto condividere con la compagnia addormentata. Una peculiarità del professore, inoltre, era la sua mancanza di memoria per i cognomi degli alunni, inventandosi storpiature degli stessi i cui, ormai, non vi facevano più caso. Era ironico che insegnasse proprio Storia della Magia dove la memoria era importantissima. Presero posto nell’aula, senza tirare fuori il libro e pronti ad una sessione di sonno della durata di un’ora.
«Svegliatemi quando è tutto finito.» dichiarò Peter poggiandosi sul banco ed iniziando a ronfare, seguito dagli altri.
La lezione passò abbastanza in fretta, Emmeline posò nella sua borsa la valanga di appunti.
«Sai già che ce li dovrai passare.» la avvertì Marlene facendola sorridere.
«Per fortuna che ho imparato l’incantesimo Geminio, così faccio contenti tutti.» rispose gentilmente la bionda.
«Sei la nostra salvezza Em.»
Dopo una piccola pausa arrivò l’ora di Pozioni con il professor Horace Lumacorno, il direttore della Casa di Serpeverde. L’aula di Pozioni era situata nei bui sotterranei del castello, dove era situata anche la Sala Comune dei verde-argento. La più entusiasta era Lily, poiché eccelleva in quella materia ed era stata presa sotto l’ala protettiva di Lumacorno. L’uomo, nonostante fosse ambizioso e in cerca di potere come tutti i Serpeverde, si poteva definire un moderato a causa dell’intenzione di non comparire in primo piano ma piuttosto rimanere dietro le quinte come suggeritore. Nonostante ciò era un uomo dal carattere abbastanza affabile e non troppo severo per cui nessuno lo aveva mai preso in antipatia quegli anni. Presero tutti posto davanti ai rispettivi paioli, lanciando delle occhiatacce ai Serpeverde. Lily notò Piton lanciare delle occhiate a lei, per poi incenerire con lo sguardo i suoi amici, soprattutto Potter. Mise su uno sguardo irritato in una muta frase di lasciarli stare, vedendo il Serpeverde cogliere tale messaggio con una smorfia.
«Buongiorno ragazzi! Benvenuti a questa prima lezione di Pozioni.» incominciò Lumacorno. «Oggi inizieremo qualcosa di semplice tanto per riprendere la mano, cioè la Pozione Restringente. Passerò a controllare la pozione verso la fine dell’ora. Buon lavoro a tutti!»
Lily, impaziente di iniziare, aprì il suo libro di Pozioni cercando il capitolo sulla Pozione Restringente e lesse gli ingredienti e il procedimento.
Ingredienti:
Grinzafico
Radici di Margherita
Bruchi
Milza di Ratto
Succo di Sanguisuga


Organizzò gli ingredienti sul tavolino vicino a lei e iniziò a leggere il procedimento.
 
La preparazione della pozione è la seguente:
1 Aumentare progressivamente la fiamma del fuoco.
2. Sminuzzare le radici di margherita e sbucciare il Grinzafico. Inserirli nel calderone.
3. Prendere un bruco e affettarlo in diversi pezzetti.
4. Versarli nel calderone, continuando ad alzare progressivamente la fiamma del fuoco.
5. Utilizzando il contagocce, aggiungere quattro gocce di succo di sanguisuga.


Si fermò al punto cinque, sorridendo appena sapendo che ci fosse un inghippo. Sapeva che fosse sbagliato mettere quattro gocce di succo di sanguisuga, infatti sbarrò quattro gocce e al suo sposto scrisse a penna una goccia, annuendo soddisfatta. Continuò il procedimento.

6. Subito dopo inserire una milza di gatto.
7. Mescolare in senso antiorario.
8. La Pozione dovrebbe assumere una sfumatura verde acido.


Come scritto sulle istruzioni la pozione prese il consueto colore verde acido, facendo capire a Lily che il suo lavoro fosse terminato nel migliore dei modi. Lumacorno si avvicinò al calderone della sua allieva prediletta, spalancando gli occhi e sorridendo soddisfatto per la riuscita della pozione. L’ora era terminata e tutti si erano fermati tra le proteste di alcuni che non riuscirono a completarla o la sbagliarono totalmente imprecando contro l’indifeso libro di pozioni.
«Signorina Evans, una pozione perfetta come sempre.» si complimentò Lumacorno.
«Grazie mille professore.»
«Tu e il signor Piton avete fatto entrambi la migliore pozione della giornata.» dichiarò complimentandosi anche con il Serpeverde.
Anche Severus Piton era un vero asso in Pozioni. Gli anni precedenti li aveva passati studiando con Lily la loro materia preferita ed erano allo stesso livello di preparazione.
«Dieci punti a Grifondoro e Serpeverde!»
Passò anche tra gli altri studenti, tra cui i Malandrini e Remus Lupin che era arrivato ad un risultato quasi perfetto. Ma si dovette ricredere passando dal paiolo di James, rimanendo discretamente colpito.
«Signor Potter vedo che si sta impegnando, mi fa piacere. Pozione quasi perfetta, ma confido nei suoi miglioramenti.»
«La ringrazio prof.» disse il corvino ringraziandolo.
«Ma come cavolo hai fatto?» sussurrò nella sua direzione Sirius Black.
«Se voglio tentare la strada dell’Auror non potrò accontentarmi di un Accettabile in Pozioni.» spiegò a bassa voce
Era vero, non aveva mai apprezzato più di tanto la materia. Ma riflettendo sul possibile futuro da Auror, mestiere non facile da poter realizzare, decise che quell’anno sarebbe riuscito a strappare più G.U.F.O. possibili, mostrando quanto il suo carattere da giullare non intaccasse più la serietà da studente, o almeno veniva tenuta a bada.
«Bene, per oggi è tutto! Ricordatevi di ripassare l’argomento del giorno.» concluse il professore dando il via libera agli studenti.
Fermò, però, all’ultimo secondo alcuni di loro.
«Piton, Evans, Potter, Black, Paciock! Potreste rimanere un momento qui?» chiese cortesemente Lumacorno richiamandoli.
I ragazzi perplessi si avvicinarono a lui, facendo segno al resto del gruppo di aspettarli fuori e che sarebbero arrivati presto.
«Miei cari ragazzi, vorrei solo farvi una comunicazione. A fine mese ci sarà una cena del Lumaclub e mi farebbe piacere che ci foste anche voi.»
Sirius aggrottò le sopracciglia perplesso.
«Signore per quale motivo vuole anche me? Se non se n’è accorto sono abbastanza negato in Pozioni.»
«Oh ma signor Black lei è comunque un ottimo studente.» spiegò Lumacorno poco convinto. «Come anche suo fratello, appartiene inoltre ad una nobile famiglia del Mondo Ma…»
«Ah no! Non ho intenzione di essere invitato per il mio cognome!» sbottò Sirius infervorato. «Quell’invito può anche mett…»
James chiuse subito la bocca al suo migliore amico prima che potesse guadagnarsi il disprezzo di Lumacorno e una sonora punizione. Parlò al posto suo tenendo fermo il Black.
«Il signor Black è molto lusingato dal suo invito professore. Ci saremo sicuramente.»
«Ottimo!» esclamò Lumacorno contento applaudendo lievemente. «Su voi due posso contare di certo, non è vero?» chiese rivolgendosi a Severus e Lily che annuirono in contemporanea senza guardarsi.
«Lei signor Paciock?»
«La ringrazio dell’invito e le confermo la mia presenza.» rispose Frank cordialmente.
«Perfetto cari ragazzi! Andate pure e buona giornata.» li congedò il direttore di Serpeverde.
I cinque annuirono e diedero le spalle al professore uscendo all’aula di Pozioni. Piton cercò di fermare Lily, che stava seguendo Frank e James per raggiungere il resto dei loro amici. Avrebbe approfittato per parlarle nuovamente, ora che gli era presentata la possibilità e non se la sarebbe lasciata sfuggire.
«Lily!»
La ragazza si girò al richiamo del suo nome, destando anche la curiosità dei James, Frank e Sirius poco distanti da loro.
«Potremmo parlare un momento?»
La ragazza mise su un’espressione contrariata dinanzi a quella richiesta. Di cosa diavolo avrebbero dovuto parlare ancora? Ormai era ben consapevole dell’atteggiamento del ragazzo e delle sue idee, non avrebbe di certo sperato che le avrebbe comunicato di aver abbandonato le amicizie con quegli ignobili Serpeverde.
«Non ho nulla di cui parlare con te Piton. La scenetta di ieri mi è bastata per capire le tue intenzioni.» troncò subito la conversazione la Evans.
Ma Severus non si diede per vinto e la bloccò tenendola per il polso, deciso a non farla andare via.
«No! Devo parlare con te adesso!» esclamò stringendo la presa.
«Mollami Piton! Non ho alcuna intenzione di ascoltarti!» replicò irata tentando di liberarsi ma fallendo a causa della forte stretta.
«Tu mi ascolterai! Per favore, ho bisogno di parlare con te!»
«No!»
Vedendo i vani tentativi della ragazza di liberarsi, James si mise in mezzo facendo presa sul polso di Piton, facendo pressione sulla sua stretta inducendolo a mollare la presa. Normalmente Lily avrebbe sfoderato la bacchetta affatturando chiunque osasse disturbarla, come aveva avuto occasione di sperimentare negli anni precedenti, ma si dimostrava sempre restìa nel reagire di fronte all’ex migliore amico. Nonostante il Malandrino comprendesse la sua situazione non se ne sarebbe stato con le mani in mano ad osservare quello scempio.
«Lasciala Piton. Ora.» sibilò assottigliando gli occhi.
Il ragazzo, seppur riluttante, lasciò andare la presa in malo modo e digrignò i denti alla sua vista. Perché quel rompiscatole doveva sempre mettersi in mezzo?
«Questi non sono affari tuoi Potter!» ringhiò.
«Non lo sarebbero se Lily avesse acconsentito alla tua richiesta. Mi pare che non fosse della tua stessa idea!» controbatté ringhiando a sua volta.
«Sempre così pieno di te Potter! Ti sentirai realizzato ora che anche Lumacorno ha messo gli occhi su di te!»
«Non l’ho pregato di invitarmi, l’ha deciso lui. Per cui, se avessi qualche cosa in contrario, puoi sempre andare a farglielo presente.» gli disse con un ghigno.
«Te lo farò sparire quel ghigno da buffone, ti concerò per le feste!»
«Per una volta siamo d’accordo su qualcosa Mocciosus.»
«Bene! Se sei uomo allora, fatti trovare nei giardini ad ora di pranzo per un duello.»
«Ci sarò!»
L’accesa discussione terminò sotto lo sguardo stupito e preoccupato di Lily, incapace di spiccicare parola, che osservò la camminata furiosa del Serpeverde mentre se abbandonava i sotterranei.
«Non c’era bisogno che mi difendessi Potter, me la sarei cavata da sola.»
«Prego Evans.» ironizzò il ragazzo mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Dico sul serio! So difendermi da sola, e non ho bisogno di una balia!» si arrabbiò lei.
«Lo so Lily! Credi che non lo sappia?! Ho sperimentato io stesso le tue fatture e so quanto vali! Ma spiegami allora perché di fronte a lui ti rendi così vulnerabile!» urlò James.
La ragazza perse la sua espressione arrabbiata lasciando spazio all’incredulità sul suo bel volto.
«Non te ne rendi conto Lily?» chiese il Grifondoro abbassando i toni e spiazzando la ragazza chiamandola col suo nome. «Sei combattiva, lo sei sempre stata ma davanti a lui esiti sempre. Non voglio che lui si approfitti di questo tuo lato, non voglio!»
Lily abbassò il capo. Davvero non se n’era resa conto? Pensò che effettivamente se qualcun altro si fosse permesso di bloccarla in quel modo avrebbe reagito senza esitare, con il suo orgoglio da Grifondoro. Con Severus non aveva fatto nulla e non se ne capacitava neanche lei. La sua amicizia contava ancora così tanto?
«Non me ne sono resa conto.» mormorò.
«Posso capirlo, non dev’essere facile passare sopra all’amicizia che vi ha legati.» disse comprensivo James posandole una mano sulla spalla. «Proprio per questo ti ho aiutato.»
Sentì il tocco di James su di sé e, per qualche ignota ragione, lo trovò estremamente confortante. Che stupida che era stata, lui voleva solo difenderla seriamente e non per avere una scusa di litigare con Piton. Aveva dubitato di lui, non riconoscendo quanto fosse maturato in quel periodo, ponendolo sullo stesso piano di più di un anno fa. Si rese conto di non conoscere per nulla James Potter.
«Grazie. Mi dispiace…per averti urlato contro.» disse sinceramente dispiaciuta.
«Non fa nulla. Dopotutto sei sempre Evans.» ammiccò ridacchiando il corvino provocandole un sorriso sincero.
«Quindi non andrai all’incontro?» chiese.
«Certo che ci andrò, ho dato la mia parola e intendo rispettarla.» rispose il ragazzo convinto.
«Ma se vi beccano rischierai una punizione e farai perdere punti alla Casa.»
James la ignorò camminandole davanti. Raggiunse Frank e Sirius che lo guardarono entrambi in tralice.
«Ramoso, questa volta mi trovo d’accordo con la Evans.» disse sinceramente il Black sorprendendo la ragazza. «Mio fratello gira con quella compagnia, se ti aspetti correttezza da parte sua ti sbagli.»
«Non tenterà di uccidermi, non è così stupido.» replicò l’amico.
«A volte tendi troppo a fidarti delle persone fratello.» lo ammonì Felpato con tono preoccupato. «Dovresti sapere che ti odia e che è diventato molto abile. Potrebbe arrivare ad usare le Arti Oscure.»
«Forse. Ma non mi tirerò indietro, voglio capire fino a quanto può spingersi.» spiegò.
«In che senso?» chiese Sirius confuso.
«Questo non è più una scaramuccia tra studenti, l’ho capito finalmente dopo la morte dei miei genitori. Io lo detesto e lui detesta me, voglio vedere se si spingerà più in là.»
Sirius ancora non riusciva a comprendere pienamente le intenzioni del suo migliore amico, i cui pensieri da un po’ vorticavano in luoghi in cui lui non sarebbe riuscito ad arrivare al momento. Decise che si sarebbe fidato di lui, come al solito. Il resto della giornata passò in maniera abbastanza spedita tra le Trasfigurazioni con la McGranitt, il confronto con un Molliccio in Difesa Contro le Arti Oscure e la spiegazione della Tentacula Velenosa in Erbologia. Arrivò, quindi, l’ora di pranzo e di conseguenza anche il duello a cui James aveva aderito.
«Non sono per nulla d’accordo con la tua decisione.» gli disse Alice mentre stavano raggiungendo l’uscita per i giardini.
I ragazzi, riunitisi in Sala Grande, informarono dell’accaduto il resto del gruppo che, come previsto dal diretto interessato, non si trovarono per nulla d’accordo. Stranamente la prima persona dal quale si sarebbe aspettato una ramanzina, ovvero Remus Lupin, in quell’occasione non commentò in alcun modo la vicenda e gli parve piuttosto strano.
«Lunastorta mi risparmi la tua predica da mammina apprensiva?» chiese in modo Ramoso ironico facendo un sorrisetto verso di lui.
Remus, molto seriamente, continuò a guardare davanti a sé mentre iniziò a parlare.
«Sono abbastanza contrario allo scontro diciamo, ma comprendo la motivazione per il quale sei spinto a farlo.» rispose.
Lo aveva osservato attentamente dal loro ritorno ad Hogwarts. L’atteggiamento del ragazzo era mutato già dall’anno precedente, ma gli avvenimenti di quell’estate lo avevano portato ad una maturazione ancora maggiore. Il suo obiettivo non era una scusa per potersela prendere con Piton come nei tre anni e mezzo precedenti, e ciò lo rese orgoglioso. Scesero la piccola discesa per arrivare al luogo designato, vicino al Lago Nero, dove l’anno prima Piton offese Lily chiamandola Sanguesporco e provocando così la delusione di quella che era la sua migliore amica. Trovarono già presenti lo sfidante con al cospetto la sua allegra combriccola, eccitata più che mai di poter assistere ad un duello.
«Vedo che ti sei portato i tuoi leccapiedi.» fece Piton riferendosi agli amici dietro di lui.
«Non preoccuparti, non interverranno.» rispose posando a terra la borsa. «Prima di iniziare, vorrei dirti due parole.»
«Se mi vuoi proclamare il tuo epitaffio fa’ pure.» lo schernì.
«In realtà vorrei chiederti cosa ti ha spinto tra quei pazzi furiosi.» parlò accennando con la testa ai Serpeverde dietro di lui. «Ti detesto Piton, so che il sentimento è reciproco ma non capisco perché lo fai.»
Piton strabuzzò gli occhi, preso in contropiede dalle parole del Malandrino. Si stava forse riferendo al suo avvicinamento alle Arti Oscure? Se credesse che seguire il Signore Oscuro fosse la scelta giusta? Potter sembrava sapere molte cose, ma non gli interessava indagare, voleva solo il momento della sua rivincita.
«Stai vaneggiando Potter. E’ la paura che ti fa parlare?» lo provocò nuovamente.
«Quindi sei deciso a farlo? Bene.» ribatté deciso James sfoderando la bacchetta e venendo imitato dal suo avversario.
I Malandrini e Frank dietro di lui prestarono attenzione a Mulciber, Avery e Wilkes dall’altra parte, tenendoli sotto osservazione nel caso si fossero azzardati ad intervenire. Le ragazze invece osservavano in ansia i due sfidanti, l’uno di fronte all’altro con le bacchette puntate in avanti, che si studiavano come due leoni pronti a sbranarsi in attesa del primo colpo. Piton prese l’iniziativa e lanciò velocemente un incantesimo.
«Impedimenta!»
Il fiotto di luce venne prontamente parato grazie ad un Sortilegio Scudo e fu rispedito al mittente che lo schivò.
«Stupeficium!» urlò James puntando alla testa.
Anche nel suo caso venne prontamente parato. Lo scambio di Schiantesimi cominciò gradualmente a farsi più rapido e violento, tanto da vedere lampi ovunque. Piton venne assalito dalla rabbia di trovarsi lì il suo tormentatore e fargliela pagare, una volta per tutte. James combatteva con più calma ma rimanendo comunque vigile riconoscendo l’abilità da duellante del suo avversario.
«Diffindo!» esclamò rapidamente il Malandrino riuscendo a provocargli un taglio sulla guancia.
«Bel colpo James!» si complimentò Sirius.
«Exulcero!» ribatté immediatamente il Serpeverde.
Il Grifondoro riuscì a indietreggiare ma venne colpito di striscio sul ginocchio dalla Fattura Ustionante che gli causò un’ustione sul ginocchio. Strinse i denti, cercando di non perdere la concentrazione e tentare di ribaltare la situazione portandosi in vantaggio. Si ricordò della tattica usata insieme a Frank per mettere al tappeto i Mangiamorte e decise di sperimentarla ancora una volta.
«Confringo!» pronunciò puntando però al terreno vicino a Piton.
L’Incantesimo Esplodente colpì il suolo provocando un’esplosione e facendo disperdere detriti che accecarono il Serpeverde offuscandogli la visuale. James ne approfittò per colpirlo con uno Schiantesimo.
«Impedimenta!»
Il colpo partì e andò a buon fine riuscendo a centrare il bersaglio che cadde a terra preso alla sprovvista. Ramoso si fermò, non lo avrebbe attaccato. Piton, dopo un momento di smarrimento, si ritirò su ansimando. Potter era abile, ma non lo avrebbe umiliato ancora una volta. Gli avrebbe dimostrato cos’era diventato e quanto temibile potesse essere. Sorrise maleficamente puntando contro se stesso la bacchetta sotto lo sguardo sbigottito del Grifondoro.
«Muffliato.» mormorò.
L’Incantesimo gli tolse l’udito rendendolo totalmente sordo a qualsiasi suono o rumore esterno.
«Fastrunom!»
La sua bacchetta produsse un suono estremamente elevato da poter spaccare i timpani a chiunque nelle vicinanze. Le ragazze tentarono di coprirsi le orecchie con le mani per tentare di ammortizzare l’insopportabile suono.
«E’insopportabile!» urlò Emmeline in direzione delle amiche che, però, non capirono nulla.
James chiuse gli occhi, arrivando anche lui a tamponare l’incantesimo con le proprie mani, fallendo miseramente. Cadde sulle ginocchia incapace di reagire sotto lo sguardo compiaciuto di Piton che annullò l’Incantesimo Assordante e si fece ritornare l’udito rapidamente. Vide il suo avversario stordito, provare a rimettersi in piedi e decise che quello sarebbe stato l’ultimo incantesimo per concludere definitivamente il duello e reclamare la propria vittoria. Contro i nemici rammentò. Non aveva mai pensato al momento in cui sarebbe arrivato ad usarlo, ma la sorda rabbia gli suggeriva che fosse arrivato. Punto la bacchetta in direzione del petto di Potter.
«Sectumsempra!»
Seppur stordito il Grifondoro capì di non avere chance di poterlo parare, così agì d’istinto e fece leva sulle gambe per evitare il veloce getto di luce che si stava avvicinando. Il suo sforzo riuscì ad evitare che fosse preso in pieno, ma la Maledizione lo colpì al braccio sinistro provocandogli una fitta di dolore enorme che gli fece vedere le stelle. Rimessosi in piedi con una smorfia di dolore sul volto, posò lo sguardo sul braccio colpito. La candida camicia bianca iniziò a macchiarsi gradualmente di rosso e il sangue gli colò giù per l’arto e finì sul prato. Inoltre avvertì chiaramente ferite multiple che gli avevano lacerato la carne provocandogli un forte dolore. Era quello l’asso nella manica di Piton? Il risultato del suo sguazzare nelle Arti Oscure?
«James!» urlò Remus dietro di lui impanicato.
«E’ semplicemente…crudele.» mormorò Mary disgustata.
Lily ebbe il forte impulso di correre lì e aiutarlo. Ora ne aveva la piena conferma. Mentre James utilizzava dei normali Incantesimi Offensivi, il Serpeverde aveva utilizzato una Maledizione tentando di colpirlo in pieno. Osservando il braccio sanguinante di Potter, la ragazza si rese conto che se fosse riuscito a centrarlo il ragazzo si sarebbe ritrovato in una pozza di sangue. Strinse i pugni.
«Ottimo lavoro Sev!» sghignazzò Avery compiaciuto delle prodezze del compagno. «Finisci il lavoro su.»
Sirius nel frattempo si mordeva mentalmente le mani, combattuto dal desiderio di buttarsi lì in mezzo e farla pagare a quel sudicio di Mocciosus. Ma sapeva che se si fosse intromesso James non gliel’avrebbe mai perdonato, perché la considerava la sua battaglia personale. Nonostante il dolore il Grifondoro non si perse d’animo e ricominciò a lanciare una serie di incantesimi all’altro duellante, proseguendo ancora nel suo attacco. Il verde-argento non lo aveva centrato, ma avrebbe fatto di meglio. Ora avvertiva il potere, che lo inebriava dandogli la sensazione di poter prendersi qualunque cosa avesse voluto. Forse anche Lily.
«Cru…» iniziò a pronunciare facendo gelare il sangue ai Grifondoro.
«Expelliarmus!» urlò James, Disarmando Piton prima che potesse finire la formula.
La bacchetta volò via dalla mano di Severus, che si diede dello stupido per essersi distratto all’ultimo secondo e avergli permesso di concludere prima del colpo finale. Il vincitore esultò interiormente, lasciandosi andare ad un piccolo sorriso orgoglioso lasciando che le sue gambe crollassero. Sirius si avvicinò di corsa sostenendolo e prendendolo al volo, lasciando che il compagno si appoggiasse a lui.
«Preoccupato Felpato?» mormorò ridacchiando alla vista della sua faccia pallida.
«Sta’ zitto, sei il solito incosciente.» ribatté scontroso ma sollevato.
«Che succede qui?!» tuonò una voce tagliando l’aria.
La professoressa McGranitt si avvicinò al gruppo furiosa, aspettandosi subito delle spiegazioni da parte dei due gruppi. Pronta a far tuonare nuovamente la sua voce, si fermò quando notò il braccio sanguinante dello studente della propria Casa. Lanciò poi uno sguardo tagliente allo studente della Casa rivale che, dal canto suo, si sentì profondamente a disagio.
«Trenta punti in meno a Grifondoro e Serpeverde!» disse irremovibile. «Voi portate il signor Potter in Infermeria, parlerò con lei più tardi. Signor Piton lei verrà con me dal direttore della sua Casa per decidere quale punizione le toccherà. State pur certi che riferirò quanto è successo al preside!»
Detto ciò prese da parte Piton e i due si incamminarono verso il castello seguiti dal gruppetto dei Serpeverde. Sirius alzò con fatica l’amico prendendogli il braccio sano e poggiandoselo sulle spalle per tenerlo in piedi.
«Andiamo in Infermeria duellante fallito.» fece Sirius con voce affaticata.
«Poppy sarà felice di rivedermi.» scherzò lui per alleggerire l’atmosfera.
«Idiota!» esclamò Alice dandogli uno scappellotto sulla nuca.
Arrivati all’interno del castello si divisero poiché sarebbero iniziate le lezioni del pomeriggio, così le ragazze Frank, Peter e Remus promisero al ferito che lo sarebbero andati a trovare alla fine dell’orario. Sirius invece rimase con lui per poterlo accompagnare in Infermeria, tenendolo sempre stretto facendogli da sostegno. Alla vista dei due Malandrini, Madama Chips, la Guaritrice di Hogwarts, mise su un’espressione incredula.
«Potter! E’il primo giorno di lezioni e tu vieni già qui? La stagione di Quidditch non è ancora iniziata.»
I due risero davanti all’esasperazione della Chips. Non era raro che molti studenti venissero ricoverati per qualche giorno lì, a causa soprattutto degli incidenti avvenuti durante le partite di Quidditch che non era di certo il più sicuro degli sport, ma anche per alcuni effetti collaterali di incantesimi o pozioni finite male.
«Glielo affido Poppy.» disse Sirius guadagnandosi un’occhiataccia per aver usato il suo nome.
«Bene! Ora esca fuori!» lo cacciò malamente.
«Rimettiti fratello, ci vediamo più tardi.» lo salutò Sirius uscendo fuori dall’Infermeria.
James osservò Madama Chips posare la bacchetta sull’orlo della manica della camicia, tagliando il tessuto facendo scorrere la bacchetta seguendo l’intero braccio. Il ragazzo poté vedere con i propri occhi gli effetti della Maledizione: il punto dove era stato colpito era squarciato e completamente coperto di sangue, mentre intorno apparivano altri tagli più sottili ma ugualmente dolorosi. La Chips aggrottò le sopracciglia alla vista delle ferite, esaminandole con cura per poterne stabilire la causa e sapere quale cura sarebbe risultata più efficace.
«E’ seria?» chiese riferendosi alla ferita.
«Posso curarla, non preoccuparti. Fortunatamente non è troppo invasiva e concentrata in un punto esiguo.» spiegò iniziando mormorando alcune parole mentre agitava leggermente la bacchetta. Il sangue iniziò a scomparire, le ferite più lievi si rimarginarono, mentre per tamponare il punto colpito la Guaritrice fece apparire delle bende che gli avvolsero il braccio.
«Mi chiedo solo come te la sia procurata Potter. Ho riconosciuto un tipo di magia molto avanzata, è una Maledizione ben congegnata. Se ti avesse colpito in pieno saresti in fin di vita, ma ti ha colpito di striscio.»
«Un incidente.» rispose mentendo.
«Questi ragazzi…minimizzano qualunque cosa.» mormorò tra sé e sé. «Ora ti somministrerò una Pozione Rimpolpasangue per ristabilire i normali livelli di sangue. Rimarrai in Infermeria almeno fino ad ora di cena, poi potrai uscire.» concluse la donna allontanandosi per andare a prendere la pozione.
James fu grato alla Chips per non costringerlo in Infermeria tutta la notte, non avrebbe sopportato di essere rinchiuso così presto.
«Ecco bevi.» ordinò Poppy porgendogli la Rimpolpasangue che il ragazzo mandò giù in un unico sorso facendo poi una faccia schifata.
Avrebbe dovuto trovare un modo per ammazzare il tempo e far passare velocemente il pomeriggio nella vuota Infermeria, anche se effetivamente poteva fare ben poco sdraiato sul letto. Si diede mentalmente dello stupido ricordandosi solo in quel momento che la McGranitt sarebbe presto arrivata a metterlo sotto torchio assegnandogli anche una bella punizione per cominciare in bellezza l’anno scolastico. Infatti, mezz’ora più tardi, la strega si presentò in Infermeria salutando la Chips e ottenendo il permesso di poterlo incontrare.
«Signor Potter! Un bel modo di iniziare l’anno.» disse ironicamente con un cipiglio severo.
Il ragazzo non rispose, limitandosi a fare un’espressione a mo’ di scuse sperando che fosse abbastanza clemente con lui.
«La sua ferita?» chiese accennando al suo braccio fasciato.
«Oh, Madama Chips mi ha curato e somministrato una Pozione Rimpolpasangue. Ha detto che dovrò rimanere qui fino ad ora di cena e di tenere le fasciature.» rispose il Grifondoro in maniera seria.
La McGranitt annuì comprensiva, ma si apprestò a continuare la conversazione.
«Riguardo l’accaduto, al signor Piton è stata assegnata una punizione e la stessa cosa avverrà a lei. Domani sera pulirà la Sala dei Trofei senza l’uso della magia.»
«D’accordo professoressa. Mi scusi.» disse dispiaciuto James lasciando leggermente sorpresa la strega che non aveva mai sentito quel tono dopo che il Malandrino finiva nei guai.
La professoressa fece per andarsene ma improvvisamente si fermò a metà strada, voltandosi nuovamente verso di lui.
«Dimenticavo! Il preside vuole riceverla nel suo ufficio questa sera dopo cena. La parola d’ordine per entrare è Fenice
E uscì dall’Infermeria lasciandolo in preda ai dubbi. Il preside voleva incontrarlo? Possibile che avessero in mente l’espulsione per lui e per Piton? No, non doveva farsi prendere dalla sua fervida immaginazione. Si sdraiò nuovamente sul letto e chiuse gli occhi, decise di farsi un sonnellino così si sarebbe un po’ riposato e il tempo sarebbe passato più velocemente. Dormì placidamente fino alle quattro e mezza, finché Madama Chips non lo svegliò per cicatrizzare le ferita con l’Essenza di Dittamo e cambiargli le fasciature con un rapido incantesimo. Presto si fecero le cinque, ovvero l’orario della fine delle lezioni e aspettò che i suoi amici varcassero la soglia della porta così che si sarebbe potuto distrarre un po’. Anche se si aspettava qualche lavata di capo da Alice. Una decina di minuti dopo, il gruppetto dei Grifondoro fece il suo ingresso in Infermeria scatenando le proteste della Chips che aveva intenzione di cacciarli poiché il loro numero era sopra quello dei visitatori che in genere sarebbe potuto entrare.
«Andiamo Poppy, l’Infermeria è praticamente vuota. Ci lasci passare su!» tentò di addolcirla Sirius facendo una faccia da cucciolo bastonato.
«E sia Black. Ma guai se sento urli o disturbi di altro genere!» lo avvertì la Guaritrice puntandogli un dito contro.
«Grazie Poppy, è la migliore!» disse incamminandosi seguito dagli altri che avevano sorriso alla scena.
«Ramoso! Vedo che hai recuperato la tua brutta faccia colorita.» lo prese in giro il giovane Black battendogli il pugno.
«Felpato, sei sempre il solito babbeo.» ribatté James con un ghignetto divertito.
I ragazzi si sincerarono delle sue condizioni, ancora turbati per lo scontro di poco prima, ma furono subito più tranquilli nel vederlo lì ridere e scherzare come al solito con il suo fido compagno di giochi. Il Malandrino spiegò loro che non avevano di che preoccuparsi poiché le mani esperte della Chips avevano già provveduto a sistemarlo a dovere, come anche la McGranitt che si era recata lì ad assegnargli la sua punizione.
«Mocciosus la dovrà pagare fratello.» dichiarò Sirius.
«Felpato…» lo ammonì Remus guardandolo torvo.
«Andiamo Rem, se lo meriterebbe. Ha usato una Maledizione, le Arti Oscure e se James non lo avesse Disarmato in tempo non avrebbe esitato ad infliggergli la Cruciatus!» esclamò infervorato.
«Neanche a me piace l’idea, ma ora come ora ci potremmo trovare in guai seri. Per il momento lasciamo perdere e concentriamoci su altro.» disse saggiamente Lunastorta.
«Va bene.» borbottò Sirius imbronciato. «Riesci sempre a convincermi tanto.»
«Jamie non avrai problemi per le selezioni di sabato?» chiese Mary cambiando argomento.
«Fortunatamente no. Per quel giorno sarò in forma smagliante.» rispose alzando il pollice in su.
Continuarono a chiacchierare per un altro po’, fino a che non decisero di tornare riluttanti in Sala Comune nonostante le rassicurazioni del Potter che si sarebbero incontrati a cena. Venne sbatacchiato qua e là tra abbracci e mani che gli scompigliarono i capelli, osservando poi gli altri uscire lasciando un’unica persona lì. Lily Evans, che per tutto quel tempo non aveva proferito parola, guardò gli amici scomparire e si morse il labbro inferiore non sapendo esattamente cosa fare.
«Tutto bene Evans?» domandò James vedendola tentennare. «Sei rimasta in silenzio tutto il tempo.»
«Si ecco…ci tenevo a dirti che sono rimasta colpita da ciò che hai fatto.» iniziò a dire lei guardandosi le mani. «Certo è stato stupido, imbecille e da idioti, però…hai duellato bene.»
Davanti alla palese difficoltà della rossa nel fargli dei “complimenti” a James venne inizialmente da ridere, ma sentendo ciò che stava realmente tentando di comunicargli sentì un piacevole calore diffondersi all’altezza del petto.
«Potrei abituarmici a questi complimenti. Comunque grazie Evans.» rispose sorridendo a trentadue denti.
Lei ricambiò il sorriso, spostandosi una ciocca di capelli vermigli dietro l’orecchio, un gesto che il ragazzo trovò assolutamente adorabile.
«Hai rischiato grosso Potter, sei un incosciente.» continuò ritornando seria e con la sua solita espressione orgogliosa.
«Sempre stato Evans, ma non preoccuparti so badare a me stesso.» ribatté James aggiustandosi il ciuffo.
«E chi si preoccupa?» disse con finta indifferenza. «Dico solo che non dovresti prendere sottogamba chi sai che sguazza nelle Arti Oscure.»
«Non l’ho sottovalutato se è questo che intendi.» replicò il Grifondoro. «Anche se non lo sopporto, riconosco l’abilità di Piton e sapevo a cosa stavo andando incontro. Speravo solo di sbagliarmi, di fare appello al suo lato affabile diciamo. Ma probabilmente mi odia talmente tanto da non sentire nient’altro.»
«Mi dispiace. Non so nemmeno quando ha iniziato a cambiare, ad interessarsi alle Arti Oscure. Forse se lo avessi capito prima, avrei potuto…non so, farlo desistere.» spiegò le sue frustrazioni la ragazza.
«Tu non hai colpe.» disse seriamente James guardandola negli occhi e posando la propria mano su quella di Lily posata sul materasso. « La sua strada l’ha scelta personalmente e comunque mi pare che tu ci abbia provato. Non hai nulla da rimproverarti Lily, sei stata un’ottima amica.»
Lily lo fissò, e diede un’occhiata di sfuggita alla mano di lui, grande e forte, sulla sua minuta e delicata sentendo un peso scivolare.
«Grazie James.» riuscì a dire soltanto.
«Figurati.»
«Be’…ecco…» si schiarì la voce. «Vado in Sala Comune, sai ho da studiare. Ci si vede a cena.»
Osservò minuziosamente la figura di Lily Evans abbandonare l’Infermeria con la borsa sulla spalla. Quella ragazza lo mandava in paranoia con la sua sola presenza, nonostante lui cercasse di mantenere costantemente la facciata del Grifondoro sicuro di sé, avvertiva una sorta di cambiamento in lui quando c’era lei. Si chiese cosa potesse essere, se forse quel piccolo sentimento si stesse evolvendo in bel altro. Dopotutto aveva solo quindici anni, cosa ne poteva sapere lui della profondità e della mutevolezza delle emozioni più disparate. Si stropicciò gli occhi con fare stanco e aspettò che la sua immobilità forzata terminasse per potersi andare a rimpinzare di cibo in Sala Grande e infine per sapere finalmente di cosa Silente gli volesse comunicare. Madama Chips finalmente lo lasciò libero di andare, raccomandandogli di non sforzare troppo il braccio nei prossimi giorni e di cambiare le fasciature se avesse notato la riapertura delle ferita, cosa molto improbabile. James la ringraziò e si diresse in Sala Grande per la cena, dove i suoi amici gli stavano tenendo il posto al tavolo di Grifondoro. Avendo saltato il pranzo, il ragazzo era tremendamente affamato e iniziò a rimpinzarsi di cibo davanti allo sguardo sbalordito dei compagni quando lo videro mangiare con ancora più voracità di Peter. Alle loro domande si limitò a rispondere a monosillabi, accennando poi all’incontro che avrebbe avuto con Silente di lì a poco.
«Hai idea di cosa ti voglia parlare?» chiese Emmeline curiosa.
James scosse la testa mentre si dedicava completamente a far fuori il dolce dal suo piatto. Mandò giù il boccone per poter parlare.
«Dici che si tratta di oggi? Oppure vuole sapere altro sulla battaglia a Godric’s Hollow?» tentò Frank tirando ad indovinare.
«A proposito…» sobbalzò Alice puntandogli un dito in tono accusatorio. «Non ci hai mai detto cosa vi siete detti, e cosa sia successo di preciso.»
Lily non poté che concordare con l’amica. Dopo gli avvenimenti accaduti in quella settimana di vacanza e dopo il funerale dei Potter, nessuno si era ricordato di chiedere delle spiegazioni per tutte le incognite che ancora persistevano nelle loro menti.
«Silente mi ha chiesto di non dire nulla. Almeno per il momento.» spiegò sperando che non se la prendessero troppo.
«Dici sul serio? Cos’è che non possiamo sapere?» continuò imperterrita la Prewett.
«Ali se Silente gli ha chiesto di non farne parola ci sarà sicuramente un motivo valido. Sono sicuro che , quando gli darà il via libera, James ce lo riferirà.» fece Frank riuscendo ad ammansire la propria ragazza.
«Certo!» confermò James.
«Ramoso, Silente sta andando via.» lo avvisò Remus portandolo ad osservare il preside alzarsi dal tavolo dei professori.
«Bene, allora vado. Ci vediamo dopo.» disse alzandosi e avviandosi all’uscita della Sala Grande.
Percorse le scale per arrivare al secondo piano del castello, imprecando poiché dovette aspettare più volte che si fermassero nella direzione giusta fermandolo ai piani sbagliati. Arrivò dinanzi ai due gargoyles di pietra, massicci e imponenti, il cui compito era proteggere l’entrata e lasciar passare solo chi fosse in possesso della parola d’ordine corretta.
«Fenice.» parlò ricordandosi della parola datagli dalla McGranitt.
I gargoyles lo lasciarono passare sulla scala a chiocciola che lo portò nella torre più alta del castello, dove era situato l’Ufficio del Preside. Arrivato a destinazione, il Grifondoro diede un’occhiata all’ufficio di forma circolare, che appariva molto ampio e accogliente. Appesi alle pareti vi si trovavano i ritratti di tutti i precedenti presidi di Hogwarts e James riconobbe quello di Phineas Nigellus Black poiché Sirius gli accennò in passato che un suo parente fosse stato un preside. Lo studio era pieno di oggetti magici di ogni genere disposti ordinatamente su tavoli e mensole, tra cui anche il Cappello Parlante. Fu colpito da un trespolo posto nei pressi della scrivania, su cui era appoliato un uccello che sarebbe dovuto essere una Fenice. James si avvicinò cautamente all’animale, osservando il suo piumaggio vermiglio e accorgendosi della mansuetudine del volatile. Mise una mano sulla testa della Fenice, accarezzandole le piume trovandole incredibilmente morbide a contatto con la pelle.
«Creature meravigliose le Fenici!» esclamò una voce.
Albus Silente lo osservava da una parte dello studio con un sorriso intenerito, avvicinandosi anch’esso alla sua fedele compagna e porgendole alcune carezze.
«Si, è molto bella.» concordò il ragazzo. «Ha un nome?»
«Il suo nome è Fanny, Mi fa compagnia da molti anni.» spiegò l’anziano mago.                                   
James si ricordò del motivo della sua presenza lì, pensando che Silente non sarebbe stato così calmo e distaccato se avesse veramente voluto espellerlo.
«Signore, voleva parlarmi?» chiese titubante.
«Ebbene si signor Potter. Mi è giunta voce del tuo scontro con Severus Piton durante la pausa pranzo. E’ vero?»
«Si…è vero signore. Mi ha sfidato e io sono stato al suo gioco. So che può sembrare assurdo ma…avevo una motivazione per accettare.»
«Volevi mettere alla prova il signor Piton per capire quanto fosse invischiato nelle Arti Oscure. Ho ragione?» disse Silente con l’aria di chi la sapeva lunga.
James rimase spiazzato. Il preside aveva capito tutto senza che lui avesse detto una parola.
«Capisco il tuo tentativo di far leva sul suo lato buono, ma non credo che uno scontro sia stato il mezzo più efficace.» dichiarò Silente mettendo le mani dietro la schiena.
«Me ne sono reso conto.» mormorò dispiaciuto.
«In ogni caso entrambi avete avuto la vostra punizione, per cui è inutile continuare a rimuginarci sopra.» commentò tranquillo il preside. «Sono qui per comunicarti un’altra cosa.»
«Mi dica pure signore.» disse cortesemente James dandogli il via libera.
«Riguarda la mia richiesta sulla segretezza del nostro discorso alla Tana. Ecco…al funerale non ho potuto fare a meno di notare quanto i tuoi amici tengano a te e ne sono rimasto piacevolmente colpito.» parlò lisciandosi la folta e lunga barba bianca.
«Quindi…» continuò «…se ti facesse sentire meglio, potrai comunicargli ciò che ci siamo detti. Bada bene però, solamente a coloro di cui ti fidi ciecamente.»
Il Malandrino fu entusiasta di quella notizia, finalmente avrebbe potuto togliersi una parte di quel peso che gravava sulle sue spalle da quando Silente gli aveva parlato. Doveva molto ai suoi amici, grazie a loro non avvertiva la totale solitudine del sapersi orfano e gli costava molto continuare a mantenere tale segreto.
«Va bene professore, lo farò!» esclamò contento annuendo vigorosamente.
«Molto bene. Puoi andare, e mi raccomando…tieniti lontano dai guai.» lo congedò Albus.
«Farò del mio meglio.» concluse James tornando alle scale a chiocciola per tornare ai piani inferiori.
La notizia datagli dal preside lo aveva rallegrato istantaneamente, al solo pensiero di disperdere una piccola parte della sua ansia tirò un sospiro di sollievo. Si diresse verso la Torre di Grifondoro, pronunciò la parola d’ordine Avvincino dinanzi al ritratto della Signora Grassa e si ritrovò in Sala Comune, abbastanza piena di Grifoni intenti ad occupare il tempo in varie attività. Riuscì a scorgere i suoi compagni che, appena lo videro, alzarono contemporaneamente le mani per fargli cenno di raggiungerli, sicuramente molto curiosi di sapere cosa Silente gli avesse detto.
«Allora?!» domandò impaziente Alice.
«Nulla di cui preoccuparsi, a parte che sono stato espulso.» parlò seriamente James facendo sbarrare la mascella a tutti.
Ma la messa in scena durò poco, a causa del cambiamento repentino del volto del ragazzo che alla fine scoppiò in una risata senza ritegno. Venne giustamente malmenato alcuni di loro ed insultato per la sua bambinaggine, mentre lui si mise a ridere così forte che arrivò a tenersi la pancia. Una volta che le risate furono scemate e le imprecazioni pure, James si decise a parlare.
«Silente mi ha consentito di parlarvi del nostro discorso alla Tana. Quindi, quando i nostri due Prefetti torneranno dalla ronda, ci vediamo nel nostro dormitorio così staremo più tranquilli.»
«Davvero? Ottimo!» esclamò Alice, la più curiosa di tutti.
Attesero il ritorno di Lily e Remus dalla ronda serale: Peter e Mary giocavano a SparaSchiocco, Emmeline e Marlene discutevano di un articolo sul Settimanale delle Streghe, Alice e Frank abbracciati sul divano come al solito e James e Sirius intenti a far volare un uccellino di carta animato con la magia. Quella era ciò che si poteva definire spensieratezza. Hogwarts riusciva a rendere anche il più banale momento un qualcosa di speciale, di magico, soprattutto se passato con i migliori amici. I due Prefetti ritornarono a metà sera, abbastanza e provati dalla loro prima ronda e questo portò l’impaziente Alice a trascinare tutto il gruppo su per le scale, invadendo il dormitorio dei Grifoni. Le ragazze commentarono sullo inusuale ordine che regnava nella camera maschile, ma fu spiegato che tutto ciò era solo merito di Remus, il Malandrino ordinato. Si posizionarono sui cinque letti per mettersi comodi e aspettarono che fossero tutti sistemati per poter iniziare a parlare.
«Bene James, puoi iniziare.» diede il via libera Mary appollaiandosi sul letto.
«Ok. Allora…ascoltatemi attentamente.» esordì il ragazzo concentrando l’attenzione su di lui. «Quando ci siamo separati, io e Sir ci siamo recati a casa mia e abbiamo trovato Voldemort.»
I ragazzi, tranne Sirius che si incupì al ricordo, trattennero il fiato agghiacciati.
«Un Mangiamorte aveva catturato mia madre e c’era anche Bellatrix Lestrange. A quanto pare l’attacco a Godric’s Hollow non è stato casuale e mirato a causare un caos generale, ma è stato organizzato per arrivare ai miei genitori.»
«Per quale motivo?!» domandò Sirius incredulo.
Perché prendersela con i gentili Fleamont ed Euphemia?
«A quanto pare Voldemort stava cercando di estorcere delle informazioni sull’Ordine della Fenice, la società segreta di Silente il cui scopo è combatterlo, e i miei genitori sono stati i primi ad essere stanati. Precedentemente avevano rapito Edgar Bones e in qualche modo l’avranno fatto parlare.» spiegò ricordandosi di quando i suoi ne discutevano nella cucina. «In ogni caso, i miei si sono rifiutati di passargli informazioni ovviamente, così ha ucciso papà e poi ha usato me come ostaggio per costringere mia madre a parlare.»
Prese fiato, sforzandosi di tenere la voce ferma.
«Mia madre è riuscita a liberarsi prima che l’Anatema che Uccide mi colpisse…e poi…lui ha Schiantato te Sirius.» parlò guardandolo per un momento, e lui annuì ricordandosi l’attimo in cui non ricordava più nulla.
«Ha tentato di uccidermi. Ho provato a fargli rimbalzare la Maledizione con l’Expelliarmus ma…era troppo forte, non immaginate quanto. E questo è il segno che lo dimostra.» concluse indicandosi la cicatrice a forma di saetta sulla fronte.
«Aspetta un attimo Potter…» ruppe il silenzio Lily. « Hai detto che non sei riuscito a farla rimbalzare, per cui stai affermando di essere stato colpito dall’Avada Kedavra?»
James annuì spiazzandola. Sapeva cosa stesse passando per la testa ai suoi amici, erano sicuramente perplessi e confusi come lui quando si rese conto di cosa fosse successo quella notte.
«Non puoi essere sopravvissuto Potter…» mormorò non troppo convinta.
«E’ quello che ho detto anche io a Silente. Ma lui mi ha spiegato una cosa.» rispose criptico il Malandrino.
«Che cosa Ramoso?» chiese Remus.
«Lui suppone che grazie al sacrificio di mia madre, che si è frapposta tra me e la Maledizione, mi abbia donato…una sorta di protezione. Qualcosa che non si vede, né si percepisce ma è presente, sostenendo che sia totale ed impenetrabile. E’ così che sono sopravvissuto.»
Vide gli occhi dei suoi amici spalancarsi e fissarlo stralunato. Sentì la mano di Sirius poggiata sulla sua spalla, in un muto cenno che voleva dire che lui gli credeva senza bisogno di altre spiegazioni. Era questa la forza che esisteva nel loro legame, il loro fidarsi l’uno dell’altro come fratelli di sangue anche senza parole superflue.
«Wow…che cosa assurda.» borbottò Emmeline scuotendo il capo.
«Puoi dirlo forte Em.» concordò il piccolo Peter.
«WOW CHE COSA ASSURDA!» gli urlò nelle orecchie la bionda.
Peter cadde dal letto squittendo spaventato, sotto lo sguardo divertito di tutti che risero di gusto. La tensione si era alleggerita grazie a quella stupida ma genuina scenetta che comunicò a James che nulla sarebbe cambiato tra loro, e che il suo racconto li avrebbe solo resi più vicini. Sorrise contento.
«Un ultima cosa!» esclamò Alice in procinto a porre un’ultima domanda. «Che cos’è successo a Tu-Sai-Chi?»
«Silente ritiene che dopo che la sua stessa Maledizione lo ha colpito, sia scappato più morto che vivo. Non so cosa voglia dire, credo che forse sia ferito gravemente o…in fin di vita.» rispose non sapendo dire altro.
«Speriamo che sparisca dalla circolazione allora.» fece Frank speranzoso.
«Già, speriamo.» si accodò Mary.
James rammentò anche gli ultimi avvertimenti di Silente sul fatto che il Mago Oscuro fosse ancora potenzialmente pericoloso e di stare in guardia poiché, in un modo o nell’altro, sarebbe tornato. E il suo bersaglio sarebbe potuto diventare colui che gli era sfuggito da sotto il naso. Per il momento lasciò che questo pensiero si dissolvesse nel nulla, confortato dalla presenza di tutti loro sperando che, quando le cosa sarebbero eventualmente peggiorate, sarebbero rimasti al suo fianco e non lo avrebbero abbandonato. Sempre insieme.


Angolo Autore
Capitolo bello corposo, spero che vi piaccia. La storia prosegue, piano piano ma prosegue. Ah comunque per chi non fosse stato attento nelle note questa fic non segue gli eventi canonici di Harry Potter, lo specifico anche qui perchè non si sa mai. E' ambientata in un universo alternativo i cui protagonisti sono i Malandrini. Prendetela alla Dragon Ball Super ahahah. Grazie per chi recensirà, seguirà o semplicmeente leggerà la storia.

 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Malandrini e Quidditch ***


CAPITOLO 13: MALANDRINI E QUIDDITCH





Il confronto con i propri amici fu liberatorio per James. Avendo potuto spiegare tutti gli avvenimenti avvenuti quell’estate, provò una piacevole sensazione di liberazione come se un peso gli si fosse tolto dal cuore, lasciando spazio alla comprensione e all’affetto che tutti gli dimostrarono. Il giorno dopo scontò la sua punizione sotto lo sguardo attento e soddisfatto di Argus Gazza, il custode del castello, il quale era sempre stato preso di mira dai Malandrini negli scorsi anni scolastici provocando la sua ira nei confronti dei quattro che, la maggior parte delle volte, riuscivano a farla franca senza che gli fosse affibbiata una punizione. Aggiungendo il fatto che il custode fosse un Magonò (persona nata da due o un genitore mago ma che non manifestava nessun tipo di magia) il burbero uomo era profondamente frustrato di doversi occupare di un’enorme scuola osservando come gli studenti ostentassero costantemente la loro magia con le loro facce divertite. James riuscì a immedesimarsi leggermente in Gazza, poiché pulire la Sala dei Trofei senza magia risultò più stancante del previsto provocando continui sbuffi da parte del Grifondoro.
«Smettila di sbuffare Potter!» grugnì Gazza mentre accarezzava la sua gatta Mrs.Purr.
«Scusami caro Argus, non intendevo far soffrire le tue delicate orecchie.» lo prese in giro James.
«Ti farò espellere da questa scuola, e poi vedremo chi riderà Potter. Tu e quei criminali dei tuoi amici!»
James sghignazzò sonoramente, abituato ormai da tempo alle poco velate minacce di Gazza che rivolgeva a lui e ai Malandrini. Sentì una lieve fitta al braccio sinistro che da ieri portava ancora fasciato dopo il duello contro Piton. Il Gridondoro era rimasto seriamente impressionato, anche se non lo dava a vedere, di quanto fosse migliorato il Serpeverde come duellante, ma ancor di più di quanto palesemente fosse immerso fino al collo nelle Arti Oscure a soli quindici anni. Se ne sarebbe dovuto ricordare in futuro di quello scontro, gli era servito di lezione. Prima di iniziare lo scontro gli aveva rivolto i suoi dubbi cercando delle risposte in merito, ma ovviamente Piton non aveva esitato a dargli del codardo. Però aveva notato quella leggera esitazione nei suoi occhi, come se per un momento avesse avuto l’intenzione di non fare più nulla, di finire lì quella disputa. Forse si era sbagliato, ma il suo istinto gli suggeriva il contrario. Comunque era inutile rimuginarci all’infinito, ormai ciò che era stato fatto era stato fatto. Arrivò a pulire l’ultimo trofeo dopo ore che si era recato lì. Ormai era sera inoltrata, e l’unica cosa che agognava era poter finire al più presto quel supplizio, raggiungere la Sala Comune e lanciarsi a peso morto sul divano di fronte al camino. Già pregustava quel momento. Lucidò rapidamente la coccarda d’oro togliendo gli ultimi residui di polvere e mentre passava lo straccio lesse un nome. Tom Riddle. In effetti si trovavano vari trofei con il suo nome inciso sopra, trofei anche piuttosto prestigiosi. Quel Tom Riddle doveva essere uno studente non modello, di più! Diede un’occhiata al suo lavoro soddisfatto, si girò verso Gazza e gli lanciò lo straccio umido.
«Grazie per la bella serata Argussino!»
Poté giurare di aver visto del fumo uscire dalla sua faccia rossa per la rabbia.
«Potter!»
Il ragazzo uscì ridendo, chiudendosi la porta alle spalle. Camminò fino alla Sala Comune e arrivò davanti al ritratto della Signora Grassa intenta in una prova di canto spaccatimpani. Fece una smorfia infastidita.
«Avvincino.» pronunciò la parola d’ordine.
Il ritratto, a quanto pare, non lo sentì perché continuò ad urlare a squarciagola non curante del suo ruolo.
«Avvincino!» esclamò per farsi sentire.
Ma nuovamente quella non lo sentì minimamente, anzi tirò fuori dal nulla un bicchiere. Il suo intento era sicuramente provare a romperlo con le vibrazioni della sua voce, ma l’unica cosa che stava rompendo in quel momento erano i poveri timpani di James e anche altro…
«AVVINCINO!» urlò a pieni polmoni sperando che lo avesse sentito.
Finalmente le urla del ritratto cessarono e lo squadrò con occhi spiritati come se avesse appena detto una parolaccia della peggior specie.
«Ragazzo, non c’è bisogno di urlare in questo modo. Ad una signora per giunta.» disse scandalizzata mettendosi una mano sul petto con tono melodrammatico.
James s’impose di rimanere calmo. Prima o poi lui e Felpato le avrebbero fatto un tiro mancino.
«Mi scusi, ma adesso vorrei entrare.»
La Signora Grassa lo fece passare con una smorfia borbottando qualcosa del tipo “Questi giovani non apprezzano più la vera arte”. Entrò frettolosamente, puntando alla sua tanto agognata preda fatta in pelle e non facendo caso se ci fosse qualcuno ad occuparlo. Si lanciò a peso morto sul divanetto sentendo un urletto provenire da esso. O meglio…
«James!» urlò Marlene incredula ritrovandosi il ragazzo sulle proprie gambe.
Sirius vicino a lei, cacciò la sua solita risata simile ad un latrato vedendo come l’amico si era tuffato a peso morto.
«Ramoso, ti sono mancato così tanto?» chiese.
«No Felpato, mi è mancato ciò su cui sei seduto.» rispose James rilassando i muscoli.
«Buono a sapersi.» replicò ironicamente il bel Black.
In quel momento si avvicinarono anche Peter e Frank, che erano rimasti a chiacchierare in un angolo mangiando delle Cioccorane, rimanendo sbigottiti dell’entrata in scena del Grifondoro.
«Bella coreografia James, ma ti posso dare solo otto punti su dieci. Hai sbagliato l’atterraggio.» scherzò Frank ridendo della precedente scena.
«Apprezzo la generosità amico.»
Si alzò dalle gambe dei suoi amici con riluttanza, e con stanchezza si sistemò in mezzo ai due aderendo completamente alla forma del divano. Chiuse gli occhi sospirando di piacere nel sentire il contatto tra le sue ossa doloranti e il morbido divano che lo stava accogliendo.
«Il vecchio Argus ti ha tartassato a dovere?» domandò Sirius.
«La solita solfa.» tagliò corto Ramoso.
«Dovremmo organizzargli uno scherzo dei nostri.» fece Peter inghiottendo un’altra Cioccorana.
«Perché no? In fondo ancora non abbiamo pensato a nulla, si potrebbe fare.» acconsentì Felpato.
«Vedremo.» mormorò James. «Mary, come siamo messi per le selezioni?»
«In formissima!» esclamò entusiasta. «Il braccio?»
«Oh tutto bene. Giusto qualche fitta, ma per sabato sarò come nuovo.» minimizzò il ragazzo sicuro di sé.
«Ottima notizia! Non potrei mai immaginare la squadra senza il nostro imprescindibile Cercatore.» disse Mary scompigliandogli affettuosamente i capelli.
Passarono il resto della serata chiacchierando, intrattenendosi anche con gli scacchi magici in cui Sirius eccelleva poiché ci giocava fin da bambino: Walburga ed Orion Black obbligarono lui e Regulus ad imparare perfettamente il gioco considerato nobile nel Mondo Magico. Quando Lily e Remus rientrarono dalla ronda a tarda sera, li rimproverarono come al solito per essere ancora nella Sala Comune quando la McGranitt sarebbe potuta entrare a controllare da un momento all’altro. Riuscirono a convincerli a restare alzati finché ci sarebbero stati solo i Capiscuola a girovagare per il castello, continuando a passare il tempo allegramente come non lo facevano da tempo. Arrivata una certa ora i due Prefetti li obbligarono tassativamente a ritornare nei rispettivi dormitori seguendoli a loro volta, anche se con riluttanza. Ma i Malandrini avevano ancora qualcosa in sospeso.
«Allora, mi pare il momento perfetto per andare a fare quello scherzetto a Gazza di cui parlavamo.» fece Sirius convinto.
«Di che scherzo parli Sir?» chiese Remus ignaro.
«Mentre eri a fare la ronda, io Felpato pensavamo di inaugurare il ritorno ad Hogwarts con un bello scherzo al vecchio Argus.» spiegò Peter gesticolando animatamente.
«E’ proprio necessario?» tentò di farli desistere il licantropo.
«Oh si Lunastorta! Quel maledetto se la sghignazzava mentre pulivo la Sala dei Trofei. Direi di ricambiare il favore!» rispose James appoggiando l’idea degli altri due.
Remus sospirò alzando gli occhi al cielo. Dopotutto non era un Malandrino per nulla e l’idea lo tentava doveva ammetterlo, anche se la sua nomina a Prefetto lo spingeva a non voler attuare chissà quale piano malefico pensato dai suoi amici.
«Va bene, mi avete convinto.» si arrese con un sorrisetto malandrino. «Avevate già pensato a qualcosa?»
«In realtà si.» disse Sirius con aria pensosa, quasi come se si potessero vedere delle rotelle che si muovevano nel suo cervello. «Anche se forse non piacerà al vecchio Pet.»
«Perché?» chiese intimorito.
«Ti spiego. Riempiamo il magazzino del Terzo Piano con dei SuperPallaGomma di Drooble; per attirare lì Gazza, Peter si dovrà trasformare in Animagus così che Mrs. Purr lo insegua fino al ripostiglio e di conseguenza ci porti anche il vecchio brontolone. Quando Gazza sarà lì, Ramoso attiverà al volo la SuperPalla e chiuderà la porta a chiave. Dato che Gazza possiede la chiave per aprire, qualcuno dovrà rubarla ed è qui che entra in gioco il tuo Mantello.»
«Fammi indovinare, mentre tu e Remus riempite il magazzino dovrò rubare le chiavi a Gazza col Mantello dell’Invisibilità.» concluse Ramoso.
«Hai un Mantello dell’Invisibilità?!» esclamarono all’unisono Remus e Peter.
James annuì tirandolo fuori dal suo baule, nel quale lo aveva riposto prima della partenza ad Hogwarts in attesa del momento adatto per testarlo a dovere.
«Appena le chiavi saranno nelle tue mani Ramoso, Codaliscia inizierà l’inseguimento, tu mi avvertirai tramite lo specchio gemello così io e Remus ce la potremo dare a gambe senza essere scoperti.» finì di spiegare Felpato già pregustando la riuscita del loro piano.
«Mi sembra un ottimo piano!» commentò entusiasta James.
Peter sembrava un po’ impaurito dalla prospettiva di essere inseguito sotto forma di topo da quella gatta malefica di Mrs.Purr, anche perché dal suo punto di vista era abbastanza terrorizzante.
«Non sarà pericoloso farmi inseguire da quella gatta?» chiese a voce bassa.
«Tranquillo Coda, Ramoso ti terrà d’occhio sulla Mappa del Malandrino e se si accorgerà di qualcosa andato storto interverrà immediatamente.» lo rassicurò Sirius dandogli una sonora pacca sulla spalla. James si accodò per rassicurarlo, dicendogli che sarebbe andato tutto a meraviglia e senza intoppi.
«Va bene.» mormorò Peter.
«Ottimo!» esclamò vittorioso il Black. «Bene, allora iniziamo. Primo passo: controllare in che piano si aggira Gazza.»
Tirarono fuori la loro personale creazione, frutto di sudore, fatica e molte notti insonni passate a girovagare per Hogwarts con l’obiettivo di scoprire qualunque segreto essa nascondesse.
«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.» pronunciò Remus.
La Mappa a prima vista, poteva sembrare un normale foglio di pergamena vuoto un po’ malandato, ma che alla pronuncia di quella frase faceva accedere a chi la usava all’interezza del castello. La magia utilizzata nella creazione della mappa era avanzata e sbalorditiva. I creatori si avvalsero, tra i tanti, anche dell'Incantesimo Homunculus, che permette al possessore della Mappa di seguire i movimenti di ogni persona presente nel castello, e stregarono la pergamena affinché respingesse (nel modo più offensivo possibile) la curiosità dei suoi nemici. Videro il cartellino di Gazza camminare per il secondo piano.
«Che colpo di fortuna! Prima che salga io e Rem avremo già finito di sistemare la trappola.» disse Sirius.
«Perfetto, allora andiamo. Però sotto il Mantello non ci entreremo tutti e quattro.» fece notare James constatando quanto non fosse così grande.
«Peter si dovrà trasformare ora, così dovrebbe andare.» disse Remus saggiamente.
«Giusto. Pet, forza!»
Il ragazzino annuì. Si concentrò chiudendo gli occhi per appellarsi a tutta la sua energia magica e i compagni lo videro mutare in un piccolo topolino grigio dal pelo ispido. James lo prese in mano e se lo infilò nella larga tasca del mantello scolastico, apprestandosi poi ad uscire dal dormitorio. Prima di uscire dalla Sala Comune si misero addosso il Mantello dell’Invisibilità, accorgendosi che in tre riusciva a tenerli coperti del tutto, almeno finché non sarebbero cresciuti ulteriormente. Scorrazzarono fino al terzo piano, stando ben attenti ad evitare la McGranitt che camminava per il settimo piano e riuscendo ad eludere la sua stretta sorveglianza. Sirius e Remus uscirono da sotto il Mantello, aprirono la porta del magazzino e lo iniziarono a riempire di SuperPallaGomma a più non posso, decisi ad esaurire le ultime scorte che comprarono l’anno prima da Zonko. James e Peter, sempre grazie alla Mappa del Mandrino, trovarono Gazza che camminava con aria torva per i buio corridoio del Terzo Piano e davanti a lui quella pestifera della sua gatta. James si avvicinò con cautela: il Mantello lo rendeva invisibile ceto, ma avrebbe potuto comunque essere sentito. Si sporse sul mazzo di chiavi che pendevano dalla cintura del custode, provocando un l’unico rumore che echeggiava a quell’ora della notte. Tirò fuori la bacchetta dalla tasca dei pantaloni, sperando che la sua precisione non facesse cilecca proprio nel momento cruciale del piano.
«Diffindo.» sussurrò puntando la punta della bacchetta contro il cinturino dove erano ancorate le chiavi.
Prima che potessero cadere a terra, il Malandrino le prese al volo e infilò rapidamente la mano scoperta al sicuro nell’invisibilità. A quel punto tirò fuori il piccolo Peter, sudando freddo quando allo squittire del topolino Gazza si girò insospettito. Non avendo notato nulla di strano, però, continuò nella direzione nella quale si stava dirigendo. James tirò un sospiro di sollievo intimando a Peter di stare zitto tramite un gesto della mano. Lasciò l’Animagus a terra e lo vide iniziare a correre nella direzione di Mrs.Purr che, non appena si accorse del minuscolo intruso, si lanciò all’inseguimento del povero Peter che di tutta risposta aumentò ulteriormente la velocità spaventato a morte. James sghignazzò soddisfatto: la gatta aveva abboccato all’esca, ora toccava a Gazza. Come previsto il burbero custode iniziò a correre all’impazzata richiamando la sua adorata gatta con la sua voce grattante.
«Mrs.Purr! Mrs.Purr torna qui!»
Ramoso tirò subito fuori lo specchio di cui Sirius aveva una copia e tramite il quale potevano comunicare, qualunque fosse la distanza tra di loro.
«Sirius Black.» mormorò allo specchio quadrato attendendo una risposta al più presto.
«Ramoso, ci sono.» rispose Sirius apparendo.
«Peter sta correndo come un pazzo, Mrs.Purr e Gazza si stanno dirigendo verso di voi.»
«Ottimo, ce la squagliamo allora.»
«Tranquilli, mi occupo io di chiudere la porta.»
La conversazione si chiuse, e il Grifondoro ripose lo specchietto nella tasca del mantello. Si affrettò a buttarsi in un corridoio generalmente sconosciuto per tagliare parte del percorso ed arrivare prima vicino al magazzino. Arrivò appena in tempo per vedere Peter entrare nel magazzino, rincorso dall’irritata gatta che non lo mollava un solo secondo. Osservò Gazza ansimare per raggiungerli ed entrare nel magazzino. Ramoso fece capolino dalla porta e mormorò un incantesimo per far attivare le SuperPallaGomma che iniziarono a gonfiarsi a dismisura sotto lo sguardo atterrito di Argus che, resosi conto della trappola, provò a fare dietrofront in tempo. Sfortunatamente per lui, Codaliscia interpretò il gonfiarsi dei palloni come il momento perfetto per darsela a gambe e corse a più non posso in direzione della porta. Non appena James si assicurò che l’amico non fosse più in pericolo, con un colpo di bacchetta chiuse la porta.
«Colloportus.» disse.
L’incantesimo sigillò la porta. James ghignò per l’impresa riuscita e vide Peter lì vicino mentre ritornava alla sua forma umana.
«Evitiamo di rifarlo Ramoso.» bisbigliò tremante e affaticato dopo la lunga corsa di prima.
«Sei stato bravissimo Pet. Vieni sotto al Mantello e torniamo in Sala Comune da Remus e Sirius.» disse poggiandolo sulla testa di entrambi rendendoli invisibili. Svegliarono un’assonnata Signora Grassa per entrare e trovarono i due Malandrini aspettarli trepidanti, sperando che lo scherzo fosse riuscito alla perfezione.
«Missione compiuta?» domandò Sirius con gli occhi grigi che brillavano.
«Missione compiuta.» confermò James alzando il pollice in alto.
«Ottimo, ora a dormire razza di scapestrati.» fece Remus passandosi una mano sugli occhi, visibilmente stanco e assonnato.
Salirono nel proprio dormitorio, facendo attenzione a muoversi piano per non svegliare Frank che dormiva tranquillo nel suo letto a baldacchino. Si diedero una veloce buonanotte e si lasciarono cadere in un sonno profondo. Il giorno dopo Argus Gazza e Mrs.Purr vennero trovati sommersi da una miriade di
enormi palloni color genziana, sotto lo sguardo divertito della studentesca e incredibilmente anche dei professori. Fatto il misfatto.
                                                    
                                                  ***


Il tanto agognato sabato delle selezioni per la squadra di Quidditch di Grifondoro arrivò in men che non si dica. James, ripresosi completamente dall’infortunio, non stava più nella pelle di ritornare a volare sulla sua amata Nimbus 1500 e dello stesso avviso era anche Mary MacDonald, infatuata follemente dal gioco più popolare del Mondo Magico e ottima Cacciatrice della squadra negli anni precedenti. Quell’anno, inoltre, anche Frank Paciock avrebbe tentato di entrare nella squadra come Portiere, ruolo per il quale aveva sempre provato a fare le selezioni, ma dal quale era stato sempre scartato. Abitando nello stesso villaggio del giovane Potter, quell’estate si era fatto aiutare dall’esperto amico per migliorare la sua condizione fisica e i suoi riflessi grazie a pomeriggi di allenamenti poiché fermamente deciso a voler entrare a tutti costi nella squadra. Liam Wood, il Capitano, nonostante non fosse obbligatorio indire le selezioni ogni singolo anno ci teneva sempre a farle ugualmente per poter scoprire nuovi talenti e rafforzare sempre di più la formazione rosso-oro. Si poteva dire che quella tattica aveva sempre riscontrato esiti positivi. James e Mary erano fermamente convinti delle loro capacità, avendo iniziato a far parte della squadra fin dal secondo anno, e non provavano il benché minimo timore. Al contrario Frank era molto teso, nonostante le continue rassicurazioni di James sulla sua attuale condizione. I tre avevano indossato le divise d’allenamento e si stavano recando al campo da Quidditch con le loro fidate scope alla mano. Quel giorno il tempo era soleggiato, condito solo da un lieve venticello pre-autunnale che risultava essere rinfrescante ma al punto giusto. Le condizioni perfette per spiccare il volo.
«Frank sei teso come una corda di violino.» disse Mary MacDonald vedendo la faccia dell’amico.
«Tesissimo.» ammise colpevole.
«Quante volte ti ho detto che non devi preoccuparti.» lo rimproverò James per l’ennesima volta. « Sei in ottima forma.»
«Per voi è facile dirlo, ci siete abituati. Io ho sempre fatto fiasco.»
«Be’ non deve sempre andare male.»
Frank non sembrò convincersi molto a quelle parole.
«Poi ci sarà anche Alice a vedermi.» continuò rivelando ulteriori paure.
«Appunto per questo. Dai il massimo anche per lei.» fece Mary. «E poi Alice è pazza di te, non sarà delusa solo perché non entrerai in squadra.»
«Forza amico, te la caverai.» lo rassicurò nuovamente James.
I tre arrivarono al campo d’erba con i tre anelli alle rispettive estremità, e notarono già numerose presenze con le rispettive scope da corsa strette in mano. A quanto pare ci sarebbe stata una spietata concorrenza per tutti i ruoli a giudicare dal numero dei partecipanti. I tre lanciarono un’occhiata alle tribune e videro Alice, Marlene e Lily sedersi, avvistandoli e facendo loro un segno di saluto.
«Ancora non riesco a credere che Lily Evans sia qui a vedere le selezioni.» disse ad alta voce Alice.
«Be’ che c’è di strano?» chiese la rossa, non capendo l’allusione dell’amica.
«Insomma non sei mai venuta ad una partita di Quidditch in questi anni.» spiegò la mora.
«Be’ diciamo che l’ho fatto perché Severus non voleva mai venire, reputa il Quidditch uno sport idiota.» fece Lily scacciando via i ricordi tempestivamente.
Infatti la Grifoncina era sempre stata affascinata dal Quidditch, soprattutto perché Nata Babbana e incredibilmente curiosa verso tutto ciò che riguardasse il Mondo Magico, avrebbe sempre voluto vederlo e soprattutto fare il tifo per la propria Casa. Non le piaceva particolarmente volare, soffrendo un po’ di vertigini, ma ammirava i giocatori che riuscivano in acrobazie folli. Si ricordava ancora quando alla lezione di volo del primo anno non riuscì a far alzare la propria scopa, con grande disappunto a causa della sua riuscita in qualunque altra materia. Negli anni precedenti si era sempre privata di assistere ai match solo per mantenere la propria amicizia con il suo, ormai, ex migliore amico che disprezzava il Quidditch e preferiva passare il tempo a leggere in un angolo del castello. Aggiungendo il fattore Potter miglior Cercatore della squadra, fu sempre irremovibile su quel punto e Lily acconsentì a quel suo capriccio.
«Ecco Frankie!» esclamò Alice riportandola alla realtà.
Invidiava un po’ Alice per il rapporto che aveva con il proprio ragazzo. Non aveva mai avuto nessun tipo di relazione, eppure le sarebbe piaciuto avere una persona accanto con cui passare del tempo, a cui dedicare attenzioni e viceversa, con cui sentirsi protetta. Forse era solo un’utopia di una ragazzina troppo ingenua, troppo attaccata al romanticismo e pensava che, forse, non avrebbe mai provato quella sensazione.
«Bene! Iniziamo le selezioni!» tuonò Liam Wood rivolgendosi ai partecipanti.
Il ragazzo mise in soggezione i Grifondoro a causa del suo tono di voce basso e profondo e la sua corporatura massiccia ed imponente che lo rendevano un perfetto Battitore.
«Innanzitutto, se c’è qualcuno del primo anno lì in mezzo vi chiedo di allontanarvi dal campo.» disse deciso adocchiando un gruppetto di ragazzini che, non appena si resero conto del suo sguardo minaccioso, iniziarono a scappare a gambe levate.
«Incredibile, ci provano sempre.» borbottò Liam tra sé e sé. «Allora, dividetevi in gruppi! Portieri, Battitori, Cacciatori e Cercatori, questo sarà l’ordine dal quale partiremo con le selezioni!»
Frank sudò freddo. Sarebbe dovuto essere tra i primi. Lanciò un ultimo sguardo ai suoi due compagni che si apprestavano raggiungere i rispettivi gruppi, ricevendo un cenno di incoraggiamento. Liam fece alzare in volo gli aspiranti Portieri e facendoli appostare davanti agli anelli uno alla volta. Il ruolo sarebbe andato a chi avrebbe parato più rigori, e prese in prestito Mary dal gruppo dei Cacciatori sapendo che sarebbe stata un osso duro. Alcuni Portieri non riuscirono a parare nemmeno un rigore, sotto lo sguardo afflitto di Wood che si diede delle sonore manate in faccia, e ben presto i partecipanti diminuirono a vista d’occhio. Rimasero in gara solo Frank e un altro ragazzo di nome Walter Morris che, a differenza del primo, sembrava molto sicuro delle sue capacità anche presentando una struttura fisica non molto idonea per il ruolo che avrebbe voluto ricoprire.
«Vai Frankie ce la farai!» urlò Alice dalle tribune sotto lo sguardo divertito di Marlene e Lily.
Il ragazzo, sentendo la voce della sua amata, si fece forza e si concentrò totalmente sulla Pluffa che gli stava per essere lanciata, ancorando bene i piedi sulla sua Comet. Incredibilmente il tifo della Prewett risultò fondamentale, dando a Frank la giusta carica così da riuscire a parare tutti i rigori quasi perfettamente, a parte l’ultimo per il quale rischiò di sbilanciarsi dalla scopa. Il suo rivale sbagliò l’ultimo e decisivo rigore grazie alla sua spacconaggine sottovalutando il tiro ben piazzato di Mary. Il Paciock esultò in visibilio dopo che Wood proclamò di averlo scelto e volò fino alla tribune, sporgendosi per dare un bacio carico di grinta alla propria ragazza. Dopo i Portieri fu il turno dei Battitori tra i quali solo uno sarebbe potuto diventarlo, dato che l’altro posto era ricoperto da Liam. Riuscì nell’impresa un ragazzo del quarto anno, un certo Samuel Richards. Si passò ai Cacciatori, il gruppo di Mary MacDonald, la cui prova consisteva nel segnare più gol possibili in un uno contro uno con un avversario. Inutile dire che Mary riuscì con poca fatica a segnare tutti i gol necessari e ad entrare in squadra per il quarto anno di fila, provocando il tifo scatenato delle amiche.
«Vai Mary! Sei grande!» urlarono in coro.
La bruna alzò un braccio in aria vittoriosa come risposta e si andò a sedere anche lei vicino a loro.
«Frank, te l’avevo detto che ce l’avresti fatta.» disse rivolgendosi al nuovo Portiere che, sparita la tensione, era quello di sempre.
«Si forse ero troppo sotto pressione.» constatò con un’alzata di spalle. «Ma sono contento di avercela fatta.»
«Sei stato bravissimo tesoro.» si congratulò nuovamente Alice.
«Ora dovrebbe toccare al gruppo dei Cercatori. James ce ne farà vedere delle belle.» commentò Marlene dando uno sguardo al gruppetto rimasto in campo.
«Puoi giurarci! Jamie darà un po’ di spettacolo.» concordò la Prewett.
Lily si concentrò sugli aspiranti Cercatori, notando James piuttosto rilassato. Sapeva che fosse un maestro del volo, anche se lo aveva visto giocare una volta di sfuggita, quindi era davvero curiosa di verificare le sue tanto decantate abilità.
«Rimane il vostro gruppo, quello dei Cercatori.» disse Liam ai ragazzi. «In genere la prova richiesta consisteva in una banale cattura a tempo, ma quest’anno voglio più competitività possibile per cui ho cambiato la prova.»
I Grifondoro cominciarono a mormorare tra di loro, alcuni timorosi di cosa avesse potuto escogitare Wood e se fosse stato qualcosa di più difficile.
«Vi alzerete tutti in volo, io libererò il Boccino d’Oro e il primo che lo acchiappa entra nella squadra.»
I ragazzi rimasero sbigottiti dinanzi all’idea del Capitano della squadra, persino James fece una smorfia una volta sentita la nuova incredibile prova che si presentava.
«Ma Wood, siamo un bel numero, potremmo perdere il controllo e andare addosso a qualcuno. Non è un po’ pericoloso?» fece un ragazzo esprimendo, come portavoce, i dubbi di tutti.
«La concorrenza delle altre squadre è sempre più spietata. Ho bisogno di un giocatore in grado di fare l’impossibile per prendere quel dannato Boccino e perciò ho reso più ardua la prova.» rispose risoluto il Battitore. «Se non ve la sentite, ritiratevi subito.»
Nessuno, però, si volle ritirare. Seppur con qualche riserva tutti annuirono e si alzarono in volo in attesa che il Boccino venisse liberato. Wood tirò fuori la pallina da dov’era riposta e lasciò che le sue ali dorate iniziassero a muoversi per poterlo lasciar andare.
«Via!»
Il Boccino d’Oro iniziò a volare ad una velocità disarmante, talmente veloce che tenerlo d’occhio si rivelò un’impresa ardua. Molti iniziarono a buttarsi all’inseguimento, volando a stretto contatto gli uni con gli altri finché a causa di un cambio repentino di direzione un paio di giocatori mollarono la traiettoria perdendo all’istante velocità. James, poco più dietro, riuscì a scansarli all’ultimo secondo, ma il ragazzo vicino a lui non fu così pronto di riflessi tanto da andare a scontrarsi con gli altri due. Il Malandrinò aumentò la velocità appiattendosi sulla scopa e tallonando gli altri due che lo precedevano. Il Boccino schizzò in alto sempre di più con i suoi tre inseguitori alle calcagna i quali sembravano essere a pari distanza. James zigzagò tra i due portandosi in una posizione di vantaggio anche se non avrebbe ancora potuto allungare il braccio a causa dell’ elevata distanza. La pallina, arrivata ad una certa altezza ritornò indietro passando tra i tre prendendoli in contropiede. Con un’acrobazia da brividi, James diede uno strattone con le braccia al manico di scopa ritrovandosi a fare alcune capriole all’indietro sotto lo sguardo stupefatto dei giocatori e dei suoi amici in tribuna.
«Sta cercando di ammazzarsi!» esclamò Lily portandosi le mani alla bocca alla vista delle mosse del Grifondoro.
Non riusciva a capacitarsi di come potesse muoversi con tutta quella naturalezza in aria, come se l’ipotesi di cadere nel vuoto non lo sfiorasse minimamente. Vide il ragazzo rimettersi dritto, mentre gli altri si dovettero girare facendo una curva e perdendo il vantaggio acquisito in precedenza. James spinse ancora più forte la sua Nimbus arrivando a lanciarsi in una picchiata mozzafiato, ad una velocità molto elevata a giudicare dalla sua chioma corvina tirata indietro dal vento. Si avvicinò ulteriormente al Boccino, ormai prossimo alla sua cattura, e allungò il braccio rapidamente per poi trovarsi il suo trofeo stretto tra le dita. Liam ghignò soddisfatto.
«Ottimo lavoro James, sei il Cercatore della squadra!» gli disse quando il ragazzo arrestò la sua discesa.
Scese dalla scopa con nonchalance senza proclamare apertamente la propria vittoria, ma si limitò a guardare con un ghigno fiero e soddisfatto il Boccino d’Oro stretto nella sua mano. Non aveva dubitato nemmeno per un secondo delle sue capacità, neanche di fronte all’assurda prova posta da Liam, il quale fu felice di riaccoglierlo nuovamente in squadra.
«I nuovi titolari si riuniscano qui per favore!» esclamò il Capitano.
I ragazzi si riunirono al centro del campo: il Portiere Frank Paciock, il nuovo Battitore Samuel Richards, i tre Cacciatori Mary MacDonald, Rose Bell e Damian O’Connor e il Cercatore James Potter.
«Congratulazioni per essere riusciti ad entrare in squadra. Sono molto soddisfatto del vostro attuale livello, ma sono sicuro che riuscirete a migliorare ulteriormente e vi comunicherò nei prossimi giorni gli orari degli allenamenti. Per il momento è tutto.» concluse Wood congedandoli.
Il gruppo si sparpagliò e James, Mary e Frank volarono sulle tribune per raggiungere i loro amici e abbandonare il campo. James volò vicino a Lily con un sorrisetto sulle labbra che era tutto dire.
«Allora Evans, sono o non sono il miglior Cercatore nella storia di Hogwarts?»
La rossa lo guardò pavoneggiarsi, ma dovette ammettere che la sua abilità nel volo era davvero strabiliante e ne era rimasta seriamente impressionata. Ovviamente non gli avrebbe dato la soddisfazione di farglielo sapere.
«Passabile Potter.» fece lei con un’espressione neutrale.
«Passabile?!» esclamò stupefatto il Grifondoro. «Questa è un’offesa!»
«Andiamo Lils, stavi per svenire quando lo hai visto roteare come un pazzo.» la prese in giro Marlene urtandola con la propria spalla.
«Non è affatto vero! Comunque ci vuole ben altro per impressionarmi.» mentì Lily irremovibile.
«Una sfida Evans? Alla prima partita vedrai, ti stupirò.» proclamò James deciso e sempre pronto ad accogliere nuove sfide.
«Vedremo Potter.»




Angolo Autore
Salve, ecco qui il tredicesimo capitolo. Non è effettivamente un capitolo che continua la trama o condito di colpi di scena, ma per me era fondamentale descrivere le normali attività ad Hogwarts e approfondire un po' qualche personaggio. Grazie a chi recensirà, seguirà o semplicemente leggerà la storia.
           
 


 

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Capitolo 14
*** Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso ***


CAPITOLO 14: LUNASTORTA, CODALISCIA, FELPATO E RAMOSO




Quella mattina del venticinque di settembre era iniziata diversamente rispetto alle altre. Per prima cosa la coscienza dei Malandrini, Remus Lupin, non aveva provveduto a fungere da sveglia ai suoi quattro compagni di dormitorio poiché, a causa del suo piccolo problema peloso, era stato segregato in Infermeria dalla sera prima. Con l’avvicinarsi del plenilunio il giovane, che di solito era un timido e mansueto studente, cambiava repentinamente umore arrivando a essere persino scontroso con chi gli stava vicino. I Malandrini ricordavano perfettamente anche un buffo episodio dove Lupin aveva risposto male alla direttrice della loro Casa durante una sua lezione, solo perché gli aveva posto una domanda di Trasfigurazione. Quell’episodio faceva ancora sbellicare dal ridere Felpato, Ramoso e Codaliscia. A causa dell’assenza di Remus arrivarono in ritardo alla lezione di Erbologia facendosi sottrarre dieci punti e guadagnandosi le occhiatacce della professoressa. Ma quel giorno, avevano un solo pensiero fisso in testa: sarebbe stata la loro prima scorrazzata sotto la luna piena trasformati in Animagi. Sarebbero diventati finalmente Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso.
«Non pensavo che i Blemma sarebbero stati così facili da capire.» disse Peter mentre uscivano dall’aula di Difesa contro le Arti Oscure dove si era appena conclusa la lezione. «E soprattutto così inquietanti.»
«In effetti la Taylor sa spiegare bene e senza confonderci.» concordò Sirius aggiustandosi la borsa a tracolla. «Ed è anche una gran fi…»
«Felpato!» lo riprese James con un finto tono scandalizzato. «Data l’assenza del nostro Rem, oggi sarà compito mio evitare il linguaggio scurrile.»
«E da quando? Poi proprio tu che sei più scurrile di me.» fece il Black iniziando a battibeccare con il suo migliore amico.
«Io più scurrile di te? Andiamo, ma se sei tu che stavi per scegliere come soprannome Rex Lo Scanna Lupi Mannari
«Sono convinto ancora di quel soprannome, è accattivante.»
«E’ un accostamento di parole vuote Sir, come il tuo cervello.»
«I miei occhi sono grigi proprio perché ho fin troppa materia grigia.»
«Forse il grigio ti è rimasto solo negli occhi.»
«Oh ma sta’ zitto Rudolph!»
«Sta’ zitto tu Lessie!»
«Idiota!»
«Imbecille!»
«Ragazzi!» esclamò Peter fermando quello scambio tra i due che si fissavano in cagnesco. «Se dicessi che siete entrambi idioti a fasi alterne?»
I due mutarono la propria espressione arrabbiata in una pensierosa, meditando sulle parole del loro piccolo amico. Infine gli sorrisero.
«Ecco perché ti vogliamo bene Pet.» disse James mettendogli una mano dietro al collo mentre con l’altra strofinava le nocche sui suoi capelli.
«Il vecchio e saggio Coda. Cosa faremmo senza di lui?» si accodò Sirius facendolo sorridere.
Camminarono continuando a parlare della precedente lezione, mentre si stavano avviando in Sala Grande per il pranzo, e discussero su quelli che sarebbero stati poi gli incantesimi che avrebbero appreso dopo aver finito di studiare le Creature Oscure. Arrivarono sulla soglia della Sala, già pregustando il delizioso pranzetto che gli Elfi Domestici gli avrebbero fatto trovare per saziare i loro appetiti, quando videro arrivare dalla loro tavolata il professor Horace Lumacorno che fece un cenno a Sirius e James.
«Signor Potter, signor Black! Sono appena passato dal signor Paciock e dalla signorina Evans per rammentare della cena privata di stasera.»
I due si erano completamente dimenticati che quella sera si sarebbe tenuta la cena dei membri del Lumaclub, ma fecero finta di niente dissimulando il loro stupore.
«Confido che ci sarete anche voi stasera.» proseguì sorridendo cordialmente.
«Certo prof, non mancheremo.» rispose annuendo James.
«Ottima notizia!» esclamò contento Lumacorno. «A stasera allora, e buon pranzo.»
«Altrettanto.»
I tre Malandrini lo videro andarsene via allegramente e con una smorfia scocciata si lasciarono cadere sulle panche del tavolo di Grifondoro accanto ai loro amici.
«Luma vi ha ricordato della cena eh?» chiese Frank retoricamente.
«Già.» sbuffò Sirius servendosi della zuppa di verdure. «Non lo sopporto, mi vuole a quella stupida cena solo perché il mio cognome è Black.»
«Be’ se può consolarti probabilmente mi ha invitato solo perché mia madre è un’ Auror conosciuta.» replicò Frank conscio delle motivazioni dell’invito del professore.
«Io ancora devo capire perché mi abbia invitato in realtà.» rifletté James.
«Potrebbe averti invitato per vari motivi.» s’intromise Marlene. «Perché sei il miglior Cercatore di Hogwarts, perché si accorto del tuo miglioramento in Pozioni o perché ha letto il tuo nome sul Profeta.»
«Mi paiono tutte delle motivazioni valide tranne che per il mio miglioramento in Pozioni. Insomma non sono diventato così bravo.»
«Almeno tu ce l’hai avuto un miglioramento Ramoso.» borbottò Peter addentando una fetta di pane.
«Remus è Infermeria?» chiese Emmeline accorgendosi dell’assenza del quarto Malandrino.
«Si. Povero Rem, starà uno straccio.» commentò Ramoso dispiaciuto.
«Potremmo andare a fargli visita dopo le lezioni pomeridiane.» propose la bionda.
«Buona idea, lo faremo sicuramente contento.» concordò Alice sventolando in aria il cucchiaio.
Finirono l’abbondante pranzo senza che il povero Peter potesse servirsi una seconda volta del dolce e si divisero in due gruppi poiché seguivano delle lezioni differenti: James, Sirius, Frank, Alice ed Emmeline avevano scelto tra le due materie extra da seguire Babbanologia mentre Lily, Mary, Marlene e Peter scelsero Antiche Rune. La scelta dei primi cinque era dovuta al fatto che fossero tutti dei Purosangue e non conoscevano molto sul mondo Babbano, a parte poche cose che erano state introdotte nel Mondo Magico, così spinti dalla curiosità avevano deciso di approfondire i loro studi in quell’ambito. Invece gli altri quattro, aggiungendoci anche Remus, avendo almeno uno dei due genitori di origini Babbane evitarono di sentirsi ripetere delle cose che sicuramente sapevano dall’infanzia e optarono per Antiche Rune. Concluse anche le loro lezioni del pomeriggio si ritrovarono nella loro Sala Comune stravolti e stanchi, ma si ripresero in fretta ricordandosi della visita al loro amico mancante e costretto in Infermeria. Arrivarono a destinazione e, come di consueto, trovarono Madama Chips ad accoglierli con un cipiglio severo mentre notava nel gruppetto James e Sirius, i più scapestrati.
«Potter e Black, non ditemi che siete venuti a portare scompiglio.»
«Non si preoccupi Poppy, siamo qui solo per fare una visitina a Remus.» rispose Sirius ammiccante.
«Lei mi deve chiamare Madama Chips, signor Black.» lo riprese la Guaritrice, anche se ormai abituata all’irriverenza del giovane. «Cercate di non disturbare il signor Lupin piuttosto.»
«Lo tratteremo con i guanti.» s’intromise James con tono rassicurante.
Fecero il loro ingresso in Infermeria ridacchiando alla vista della donna che borbottava tra sé e sé e si avvicinarono al ragazzo che era semi-disteso sul lettino, con la schiena appoggiata al cuscino posizionato sulla testata del letto.
«Ehi lupacchiotto! Ti siamo mancati?» esordì Sirius mettendogli un braccio intorno al collo e strapazzandolo un po’.
«Black hai la delicatezza pari a quella di un elefante in una cristalleria.» commentò Lily esasperata. «Come stai Rem?»
«Dolorante, ma tutto sommato meglio di altri giorni.» rispose gentilmente.
In effetti c’erano stati giorni molto peggiori prima dei pleniluni in cui Remus era praticamente a pezzi, quasi incapace di muoversi. Quel giorno invece, pur avendo i soliti sintomi, non appariva così dolorante e ciò lo tenne abbastanza su di morale. Ma la verità è che il pensiero della notte che avrebbero trascorso lui e i Malandrini era ciò che lo rassicurava maggiormente, il suo antidolorifico per così dire. Pur continuando a sentirsi in colpa per esporre gli amici ad esporsi a ciò che lui considerava un pericolo enorme, non poteva che sentirsi sollevato di sapere che non sarebbe stato solo contro il suo lato oscuro, che ci sarebbe stato qualcuno lì per lui.
«E’ una bella notizia.» fece Emmeline sorridendogli e lui ricambiò il sorriso.
«Spero che qualcuno mi abbia preso gli appunti, anche se non conterei sull’aiuto degli scapestrati qui.» disse lanciando un’occhiata scettica ai suoi tre compari.
«Che disonore Felpato, non si fida di noi.» parlò con tono melodrammatico James.
«Vero Ramoso, la sua totale mancanza di fiducia mi offende.» tenne il gioco Sirius imitando l’amico.
Scoppiarono tutti a ridere di fronte al solito teatrino messo in piedi da quei due. La loro allegria era fondamentale in quei momenti.
«Comunque Remmy, giusto per informazione, io ho preso gli appunti di Trasfigurazione.» lo informò Ramoso con un ghigno soddisfatto.
«Io mi sono occupato di Difesa Contro le Arti Oscure.» continuò Felpato.
«Io…ti posso passare Antiche Rune.» balbettò Peter con un piccolo sorriso sul volto paffuto.
«Non ci posso credere, lo avete fatto veramente?» chiese stupito Remus.
I tre si limitarono ad annuire nello stesso momento.
«Sembra che i tuoi amichetti stiano mettendo leggermente la testa a posto.» commentò Marlene.
«Il che è un grande passo avanti.» continuò Alice portandosi il braccio di Frank sulle sue spalle.
«Ognuno di noi ti passerà qualcosa, così non rimarrai indietro.» fece Frank amichevolmente.
Più passava il tempo, più il licantropo prendeva consapevolezza che la sua scelta di rivelare il proprio segreto a tutta la sua nuova cerchia di amici fosse stata la migliore che potesse mai prendere. Se prima doveva scappare di fronte alle domande e agli sguardi dubbiosi che gli venivano rivolti, ora poteva contare sul quel meraviglioso gruppo che si era venuto a formare così dal nulla, ma legato oramai da una profonda amicizia che li teneva insieme con un potente collante. Non poté che esserne felice. Tutti e quattro avevano deciso, però, di comune accordo di non rivelare di essere diventati degli Animagi illegali. La mancata registrazione al Ministero della Magia avrebbe comportato un viaggetto di sola andata per la temuta prigione dei maghi, Azkaban, e ne avrebbero volentieri fatto a meno. Meno persone sapevano e più sicuro sarebbe stato per loro.
«Ci dovremmo vestire eleganti per la cena?» chiese ad un certo punto Frank rivolgendosi a Lily.
Infatti la ragazza aveva più volte partecipato alle cene del professore e sapeva meglio di loro cosa avrebbe preferito.
«Diciamo di si. Niente di troppo eccessivo, ma si.» rispose. «Vuole l’eleganza perlopiù alle sue feste.»
«Ah la cena del Lumaclub!» fece Remus volgendo lo sguardo ai suoi amici. «Non combinate troppi guai, mi raccomando.»
«La tua mancata fiducia in noi continua ad offendermi Lunastorta.» disse Sirius. «Io ne farei volentieri a meno di andare alla cena di Lumacone.»
«Black! Sii più rispettoso.» lo rimproverò Lily.
«Esatto.» concordò Remus. «E poi vedila così: vi strafogherete di buon cibo.»
«Come se non lo facessimo abbastanza.» sbuffò Felpato annoiato dalla prospettiva della cena.
Sirius era veramente contrariato a partecipare a quella che, secondo lui, era un’enorme boiata fatta da Lumacorno per ingraziarsi gli studenti. Aggiungendo il fatto che lui era stato invitato non per i suoi risultati in Pozioni, ma solo perché portava il “glorioso” cognome dei Black. In più sapeva che quella sera ci sarebbe stato anche suo fratello minore Regulus che non vedeva da tutta l’estate a causa della sua fuga da Grimmauld Place con il conseguente rinnegamento della sua famiglia e dei suoi folli ideali. Avrebbe voluto portare anche lui con sé, scappare insieme da quel covo di finta amorevolezza che non considerava più famiglia. Ma, a differenza sua, Regulus adorava i loro genitori, non si era mai opposto a nulla e avrebbe fatto qualsiasi cosa per renderli orgogliosi di lui. Perciò in Sirius convivevano sentimenti contrastanti: la rabbia verso il fratello che accettava di diventare, in futuro, un Mangiamorte e l’affetto verso di lui che rimaneva comunque suo fratello, con cui aveva condiviso l’infanzia e al quale rimaneva molto legato.
«Tranquillo Rem, non permetterò a questi due scalmanati di rovinare la cena.» lo rassicurò Lily con tono deciso.
«Spero che ci riuscirai.» ridacchiò il Malandrino sapendo quanto i due avessero un talento innato per i guai.
«Be’ se la Evans mi vuole stare addosso non posso oppormi.» scherzò James in direzione della rossa.
«Ti sarò addosso solo per affatturarti Potter.» replicò lei con tono duro.
«Ottimo, anche un Prefetto col fiato sul collo. Sarà una cena meravigliosa.» sbuffò nuovamente Sirius.
Conversarono qualche altro minuto, finché non irruppe Madama Chips che li cacciò apostrofando James e Sirius come disturbatori della quiete pubblica. Sapevano che, nonostante i modi rudi della donna verso di loro, li aveva presi in simpatia e che alla fine concedeva sempre dei piccoli strappi alle regole per loro. Soprattutto James, il quale finiva più frequentemente in Infermeria a causa di alcuni incidenti o agli allenamenti o alle partite di Quidditch. La Guaritrice, infatti, odiava quello stupido sport reputandolo inutilmente pericoloso dato che poi avrebbe dovuto rimediare lei ai danni che i giocatori si procuravano. Il gruppetto si separò, chi per andare a studiare e chi per fare altre attività. I Malandrini continuarono a parlottare di quella che sarebbe stata la loro prima esperienza come Animagus. E gli si pose un piccolo problema.
«Ma la cena non vi farà arrivare in ritardo alla Stamberga Strillante?» chiese Peter dubbioso.
Effettivamente non avevano pensato a quella possibilità. Sapevano che, in genere, le cene del Lumaclub non si prolungassero fino a tardi a differenza delle feste, però non c’era da escluderne l’eventualità.
«Facciamo così: se ci dovessimo accorgere che potremmo fare tardi useremo una scusa per andarcene.» propose Sirius.
«Giusto. Ti lascerò il mio Specchio e il Mantello dell’Invisibilità, così potrai raggiungere il Platano Picchiatore senza farti vedere mentre noi scappiamo.» aggiunse James tranquillo.
«V-va bene, mi sembra un buon piano.» annuì Peter.
«Ottimo! Niente rovinerà la nostra prima scampagnata!» esclamò allegro Ramoso sventolando un pugno all’aria.
                                                   
                                                 ***
La sera Lily e Frank, già vestiti per recarsi nell’ufficio di Lumacorno, stavano aspettando con impazienza i soliti ritardatari dei Malandrini. La ragazza batteva ritmicamente il piede sul pavimento, con la braccia conserte e l’aria seccata, con lo sguardo di chi avrebbe presto commesso un omicidio. Se lo sarebbe dovuta aspettare, si ripeteva, conoscendo l’inaffidabilità di quei due scavezzacollo. Infatti il loro compagno di dormitorio Frank attendeva seduto sulla poltrona rossa con una mano che gli sosteneva il mento, ormai abituato all’antifona, anche se anche lui era stato parzialmente contagiato dai due dopo quattro anni di convivenza. Avvertirono dei passi frettolosi provenire dalle scale a chiocciola e davanti a loro apparvero James e Sirius intenti a correre dandosi spallate per arrivare in Sala Comune. Toccarono entrambi il suolo nello stesso momento con un sorrisetto sulle labbra che, però, presto scomparve non appena si accorsero dell’espressione furibonda di Lily Evans.
«Ehi Ev…» iniziò a parlare James.
«Potter! Black! Avevamo detto di incontrarci qui alle 18:45 e sono le quasi le 19:00! Che scusa avete?» tuonò infervorata la Grifoncina.
Avrebbero dovuto aspettarsi una strigliata da Lily che era sempre precisa e puntuale, al contrario di loro che arrivavano sempre all’ultimo minuto. Deglutirono guardandosi di sottecchi, per decidere chi di loro due avrebbe iniziato a parlare e quindi ricevuto la prima condanna a morte della serata.
«Be’ ecco…»cominciò Sirius a capo chino.
«Noi…» fece per dire James.
«Che diamine farfugliate eh?!» chiese nuovamente Lily fulminandoli con uno sguardo.
Dall’altro lato della sala, Frank assisteva alla scena tra il divertito e lo spaventato.
«Abbiamo…perso tempo a scegliere i vestiti.» mormorò James facendo un sorrisetto isterico.
Lily spalancò gli occhi pronta a sputare le peggiori ingiurie su quei due idioti, ma all’ultimo si calmò prendendo dei bei respiri profondi. Aveva deciso di lavorare un po’ sul suo autocontrollo e non perdere più tempo ad urlare dietro inutilmente a Potter e Black per le loro bravate.
«Siete delle prime donne, non c’è dubbio.» commentò.
«Oh andiamo non mettere in dubbio la nostra virilità.» replicò Sirius zittendosi un istante dopo a causa dell’ennesima occhiataccia della rossa.
Si girò incamminandosi verso l’uscita facendo segno ad un silenzioso Frank di seguirli, ma si rigirò un ultima volta per avvertire un’ultima volta James e Sirius.
«Mi raccomando voi due, se farete qualcosa di losco ve la farò pagare.» li minacciò.
«Tranquilla saremo degli angioletti.» rispose James mettendo su un sorriso a trentadue denti.
Arrivarono allo studio di Lumacorno dopo aver silenziosamente camminato per i corridoi di Hogwarts, e li accolse il Direttore della Casa di Serpeverde che sembrava raggiante. A Lumacorno elettrizzava poter conoscere meglio i ragazzi che lui reputava di un certo livello, con il quale avrebbe potuto intraprendere una relazione insegnante-allievo più stretta e confidenziale dal quale avrebbe potuto ricavare vantaggi futuri per il suo tornaconto. Di certo era anche una brava persona, era affezionato ai suoi allievi migliori e Lily Evans ne era una prova lampante. Ammirava profondamente l’abilità di quella strega che, nonostante fosse di origine Babbana, possedeva un’incredibile predisposizione per le discipline magiche. A differenza della maggior parte dei Serpeverde che erano dei puristi, l’uomo era più moderato e privo di pregiudizi.
«Oh miei cari, siete arrivati! Pensavo vi foste persi.» li accolse Lumacorno già seduto al tavolo circolare.
A quanto pare erano gli ultimi arrivati grazie al ritardo dei due Malandrini che si sentirono osservati dai membri del Lumaclub con sguardo indagatore. Si accomodarono agli ultimi posti rimasti. Sirius prese posto vicino a suo fratello che non lo guardò nemmeno per istante negli occhi, così come Piton tentò di non posare gli occhi su Lily e fissare insistentemente il professore di Pozioni.
«Prima del vostro arrivo io e il signor Davies stavamo conversando sulla stagione di suo padre nel Puddlemore United.» li informò Lumacorno inducendoli ad accorgersi del Corvonero.
Gordon Davies era un giocatore di Quidditch nella squadra di Corvonero il cui ruolo era quello di Cercatore proprio come James, infatti tra i due vi era una rivalità abbastanza forte. Nei precedenti incontri tra Grifondoro e Corvonero, James era sempre riuscito, la maggior parte delle volte, a battere Davies nonostante fosse un ragazzo nato e cresciuto praticamente a pane e Quidditch, sicuramente più esperto del Grifone. James, invece, non avendo mai avuto punti di riferimento, si era sempre affidato all’istinto e al suo innegabile talento per eccellere come Cercatore. Il padre di Gordon, Sean Davies, era un famoso giocatore del campionato inglese di Quidditch, anch’esso Cercatore e Capitano del Puddlemore United.
«Mio padre è molto positivo per questa stagione e mi ha detto di dirle che gli farà piacere se verrà ad assistere a qualcuna delle sue partite.» disse cordialmente Gordon. «Ovviamente le farà avere i biglietti quando vorrà.»
«Molto volentieri Gordon, è da un po’ che non vado ad una partita.» fece contento Lumacorno.
A James, Sirius e Frank quello spettacolo andò di traverso e dovettero appellarsi a tutto il loro autocontrollo per non scoppiare a ridergli in faccia. Quel manichino voleva fare il lecchino con Lumacorno, era semplicemente ridicolo e nemmeno se ne rendeva conto.
«Hai intenzione di seguire le sue orme?» chiese il professore facendo un sorso di succo di zucca.
«Seguirò sicuramente le sue orme, il talento non mi manca di certo.» rispose con un sorrisetto vanitoso. «Dopotutto sono il miglior Cercatore degli ultimi anni, ad Hogwarts.» concluse lanciando un’occhiata penetrante a Lily di fronte a lui che, presa alla sprovvista, arrossì impercettibilmente distogliendo lo sguardo. James sentì qualcosa contorcersi nel suo stomaco, e non era di certo il pezzo di carne che aveva appena ingurgitato. Quello spaventapasseri ci stava provando con Lily? Gli avrebbe volentieri tolto quel sorrisetto idiota con una Fattura Orcovolante, ma si limitò ad una breve risatina che il Corvonero avvertì e gli fece mutare espressione.
«Qualche problema Potter?» domandò con finto interesse.
«Oh no nessuno, figurati. Mi domandavo semplicemente quali partite hai sognato ultimamente.» fece con un ghignetto.
Frank e Sirius risero sotto i baffi, neanche loro sopportavano le manie di protagonismo di Gordon, soprattutto se riguardavo il Quidditch. Si sopravvalutava troppo, solo perché aveva un padre famoso. Lily, invece, lo guardò con aria torva per il suo essere sempre così egocentrico.
«Nessuna partita Potter. Semplicemente so quali sono le mie possibilità.» replicò calmo Davies.
«Be’ non che ce ne siano molte, a parte la sconfitta.» ribatté il Grifondoro.
Si squadrarono infastiditi, ma James era soddisfatto per avergli ricordato che in campo il migliore rimaneva lui. Le Coppe di Quidditch conquistate grazie a lui valevano molto di più delle stupidaggini di Davies e glielo avrebbe dimostrato alla prima occasione.
«Suvvia ragazzi, siete entrambi talentuosi. Non c’è bisogno di gareggiare, anche se una sana competizione è stimolante.» calmò le acque Lumacorno riportando tranquilla la situazione mentre tra i due volavano sguardi taglienti.
Il professore fece conversazione con gli altri invitati tra una portata e l’altra, ridendo e scherzando ma sempre con quella sottile voglia di farsi amici gli studenti. Parlò con un certo Brad Adams, figlio di due importanti Magizoologi di quel tempo che passavano l’anno a girare il mondo per studiare le più vaste specie di Creature Magiche. Il Tassorosso era umile e simpatico, nulla a che vedere con quell’antipatico di Davies, e descriveva in modo dettegliato alcune avventure dei suoi genitori tra un viaggio e l’altro. La coppia non aveva acquisito una notorietà pari a quella del celebre Newt Scamander, il Magizoologo più famoso mai esistito e del quale si parlava spesso anche durante i corsi di Cura delle Creature Magiche. Infatti il libro di testo degli studenti era proprio scritto da quest’ultimo: Animali Fantastici e Dove Trovarli. Dopo aver chiacchierato con Adams, Lumacorno rivolse la propria attenzione ad una studentessa di Serpeverde il cui zio faceva parte del Wizengamot, il tribunale dei maghi, e vestiva una carica molto importante all’interno spiegando come in quel periodo ci fossero stati molti processi senza senso del quale se ne sarebbe potuto fare a meno. Ovviamente questi processi riguardavano alcuni scagnozzi di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e la famiglia della ragazza, pur non essendo apertamente dalla sua parte, ripudiava i Nati Babbani. Non lo disse, ma lo si poteva dedurre dal tono di voce infastidito. Ad un certo punto passò a Frank Paciock per chiedere di sua madre.
«Allora Frank, come sta la cara Augusta?» chiese mentre si serviva del dolce. «Ho sentito che il Dipartimento Auror è stato molto occupato in quest’ultimo periodo.»
«Sta bene professore. Certo il lavoro l’ha tenuta parecchio impegnata e questa estate non era mai in casa.» rispose Frank.
«Lo immagino. Sai tua madre, fin dai tempi di Hogwarts, era un’ottima studentessa ma ancor di più un’abilissima duellante. Non mi sorprende che si sia riuscita a fare strada come Auror.»
Frank annuì, sperando che dirigesse la sua attenzione a qualcun altro. Sapeva che l’unico motivo che aveva spinto Lumacorno ad invitarlo al Lumaclub fosse la fama della sua super mamma, e se da una parte ne era lusingato, dall’altra ne avrebbe fatto volentieri a meno. Fortunatamente per lui il Direttore dei Serpeverde spostò l’attenzione sulla sua prediletta.
«Lily, ora che ci penso, non ti ho mai chiesto cosa fanno i tuoi genitori.» disse Lumacorno con un gran sorriso.
«Mio padre è un avvocato, si occupa di consulenza, assistenza e rappresentanza legale, mentre mia madre fa l’insegnante di inglese in una scuola elementare.» spiegò leggermente imbarazzata la Grifoncina.
«Ah, delle professioni molto importanti. Devono essere due persone molto intelligenti, ora capisco da dove viene il tuo spiccato acume.»
«Grazie professore.»
Regulus aveva fatto una smorfia di disgusto solo a sentir nominare quelle insulse occupazioni Babbane. Esseri inferiori che non avevano il privilegio di avere nemmeno la più piccola scintilla di magia nel loro sangue, un sangue impuro e corrotto. E i Sanguesporco rubavano ciò che sarebbe dovuto appartenere solo ai Purosangue. I suoi genitori gliel’avevano sempre ripetuto, ogni giorno della sua vita.
«Di nulla Lily cara, è solo la verità. Bisogna dare merito al merito.» replicò sorridente Lumacorno alzando il bicchiere. «Tu e Severus siete gli studenti migliori che abbia mai avuto, ad eccezione di Fleamont.»
James si ricosse sentendo il professore pronunciare il nome di suo padre, come se fosse stato investito da una secchiata di acqua gelata. Ormai cercava di non pensare più ai tragici eventi di agosto, sperando che col tempo il ricordo dell’accaduto si sarebbe fatto meno vivido, ma il solo sentire il suo nome gliel’aveva risbattuto in faccia con la forza di un tornado. Sentì Sirius stringergli lievemente il ginocchio sotto il tavolo, ma lui sorrise appena facendo intendere che fosse tutto a posto.
«Già, Fleamont Potter. Uno tra i migliori dei suoi tempi ad Hogwarts.» continuò a parlare. «Non facevo in tempo a spiegare una pozione che lui la sapeva già eseguire alla perfezione, un vero asso.»
«Me lo raccontava spesso del suo periodo ad Hogwarts.» si limitò a dire James.
«E questo lo portò anche a conoscere tua madre, Euphemia, la quale però non spiccava molto come pozionista. Ma era portata per la Trasfigurazione davvero molto, e così dissi a Fleamont di darle ripetizioni per la mia materia. E’ così che si conobbero.»
«Me lo avevano accennato.»
Horace perse un piccolo respiro prima di continuare a parlare, quasi a voler essere sicuro di ciò che stava per proferire.
«Mi è dispiaciuto molto per ciò che è successo. Davvero orribile. Vederti qui non fa che ricordarmeli, assomigli a loro più di quanto pensi.»
James contrasse la mascella. Sentirsi dire quelle parole era ciò che non avrebbe più voluto sentirsi dire, e scavavano al suo interno fino al suo cuore che aveva iniziato a battere più velocemente. La tensione era palpabile, nessuno osava proferir parola e si creò un’atmosfera triste e silenziosa. Lumacorno si riscosse, dicendo qualche altra frase di circostanza per alleggerire un po’ il tutto e passo al secondogenito dei Black, lanciando anche un’occhiatina a Sirius.
«Regulus, tu come hai passato l’estate?»
«Nulla di particolare, ho studiato e passato il tempo a leggere.» mormorò il minore dei Black.
Il maggiore lo guardò in tralice senza voltarsi. Ovviamente non avrebbe mai detto che passava il suo tempo nell’obbedire come un automa a quelli che avrebbero dovuto essere i suoi genitori. I suoi genitori. Ma ormai quel minuscolo sentimento che lo legava a quella famiglia era rimasto solo Regulus, non provava che disgusto vero Walburga e Orion. Si era sentito un figlio più dai Potter che in casa propria, anche se per una sola estate, e non l’avrebbe mai dimenticato. Sarebbe stato sempre grato a James per averlo trattato come fosse un fratello, come se fosse davvero un Potter.
«E tu Sirius, non hai passato del tempo con tuo fratello?» domandò Horace rivolgendosi a lui.
Felpato non proferì parola. Avrebbe tanto voluto urlargli di farsi gli affari suoi, raccontargli ciò che era successo e di come il suo fratello biologico non avesse mosso un dito per aiutarlo o difenderlo. Aveva assistito a tutto in un angolo, come se la cosa non lo riguardasse. Suo fratello eh?
«Sono stato impegnato.» si lasciò sfuggire a voce bassa.
Sperò che quella risposta poco esaustiva gli sarebbe bastata e che non avrebbe continuato a ficcanasare. Fortunatamente il professore, vedendo la poca loquacità dei due, si disinteressò e continuò a conversare con gli altri presenti del più e del meno. Il tempo volò, tanto che i ragazzi non si accorsero che una splendente luna piena stava per fare capolino nel cielo. Sirius diede un’occhiata al suo orologio e sbarrò gli occhi rendendosi conto di che ora fosse, dando un leggero calcio a James da sotto al tavolo per farlo girare.
«James, dovremmo andare.» sussurrò all’amico.
L’altro si accorse che si era fatto molto tardi. La luna piena sarebbe comparsa da un momento all’altro e di conseguenza la trasformazione di Remus si stava avvicinando inesorabilmente.
«Ok, allora inventiamo una scusa e filiamocela.» mormorò in risposta l’occhialuto.
«A te l’onore.»
Ramoso cercò di pensare in fretta ad una buona scusa per abbandonare la cena senza dare nell’occhio, abbastanza reale da risultare credibile ma non troppo. In quel momento non gli venne in mente nulla stranamente. Di solito era un asso con le scuse, ma l’adrenalina di ciò che sarebbero andati a fare non gli permetteva di concentrarsi a dovere.
«Ehm…signore.» fece a mezza voce interrompendo la conversazione.
«Dimmi Potter.»
«Ecco, io e Black dovremmo andarcene. Abbiamo…una questione urgente da risolvere.»
«Siete sicuri? Non manca molto al termine della cena, mi dispiacerebbe che ve ne andaste adesso.»
«Lo so professore ma, mi creda, è molto importante.»
James e Sirius pregarono affinché non si indispettisse e non indagasse troppo a fondo. Ma a quanto pare il vecchio pozionista era intenzionato a continuare a conversare con il resto degli invitati per cui non se ne fece un grande dramma.
«Va bene allora. Andate pure.»
«Grazie professore. Buon proseguimento.» concluse James con cordialità.
Si allontanarono sotto lo sguardo sorpreso di Lily e Frank, i quali non erano a conoscenza di ciò che intendeva il ragazzo, e quello indagatore e sprezzante di Regulus e Piton che li accompagnò finché non uscirono. Una volta usciti, incominciarono a correre per il corridoio sperando che nessun professore li vedesse e li fermasse. Sirius tirò fuori lo Specchio Gemello per avvisare Peter di precederli al passaggio del Platano Picchiatore.
«Peter Minus!» chiamò mettendosi lo specchio davanti al volto.
Dopo qualche secondo vide riflessa l’immagine della faccia paffuta del loro amico.
«S-Sirius!» balbettò in risposta.
«Precedici al Platano, bloccalo e lascia all’inizio del passaggio il Mantello e lo Specchio. Noi arriviamo subito.»
«Ok, non c’è problema.»
La sua immagine scomparve e il riflesso tornò a far vedere l’immagine del bel viso del Black. I due continuarono a correre a più non posso evitando, grazie all’aiuto della Mappa del Malandrino, chiunque potesse scoprirli. Evitarono Gazza al terzo piano grazie ad un corridoio segreto lì vicino che li portò all’uscita del corridoio. Uscirono dal castello ansimando per lo sforzo dovuto alla lunga corsa ma non rallentarono vedendo la luna ormai piena al di sopra delle loro teste. Il Platano Picchiatore si esibiva in tutta la sua maestosità, con il tronco ampio e robusto e i rami intrecciati tra loro che, solitamente, colpivano chiunque si avvicinasse troppo. L’albero però non si mosse, segno che Codaliscia doveva essere già passato di lì bloccandone i movimenti tramite un nodo tra le radici e poterono entrare senza problemi nel tunnel. Trovarono, come da accordi, il Mantello dell’Invisibilità e lo Specchio Gemello di James. Quest’ultimo sistemò il Mantello all’interno della giacca e lo Specchio in una tasca dei pantaloni, facendo segno a Sirius che fosse arrivato il momento di trasformarsi. Quello annuì ed entrambi si concentrarono per cambiare la loro forma, mutando in due grandi e robusti animali. Sirius si trasformò in un enorme cane, quasi simile ad un orso di taglia piccola, il cui pelo nero e folto gli diede l’idea del suo soprannome. James, invece, mutò il suo aspetto umano in un maestoso cervo dalle corna possenti, perfettamente in grado, come il cane, di poter tenere a bada un Lupo Mannaro adolescente. I due Animagi proseguirono lungo il tunnel che li portò al luogo dove, ad ogni plenilunio, Remus Lupin perdeva le sue fattezze umane lasciando posto a quelle del licantropo. Entrati nella malmessa stanza trovarono Remus accasciato a terra e un piccolo topo che osservava il tutto lì vicino. Remus sudava freddo, era quasi arrivato il momento della trasformazione e si sentiva uno straccio. Si accorse però delle imponenti figure dei suoi amici appena entrati che gli si avvicinarono con cautela come se lo volessero confortare grazie al calore che trasmettevano le loro pelli. Remus cercò di fare un piccolo sorriso tremante, ma si lasciò sfuggire una piccola lacrima solitaria che venne prontamente leccata via da Felpato. Non fece in tempo a sussurrare un ringraziamento che avvertì il suo corpo scuotersi all’improvviso. Il momento era arrivato. Sentì la trasformazione iniziare e il dolore che prendeva il sopravvento annebbiandogli la mente, la sua struttura ossea cambiare e allungarsi per fare posto a quella del Lupo Mannaro mentre i suoi muscoli dolevano in modo insopportabile. Il suo corpo si riempì di peli, il viso lasciò il posto a quello del licantropo mentre la coscienza del ragazzo veniva chiusa in un angolino e sovrastata dall’imponenza dei suoi istinti da lupo. I tre animali osservarono tutto sentendo i lamenti di sofferenza di Remus sperando che quella tortura si concludesse al più presto. E davanti a loro apparve il Lupo Mannaro completamente sviluppato. Non ebbero tempo per pensare a nulla poiché questo si avventò contro di loro imbestialito, ancora scosso dal dolore che lo aveva dilaniato precedentemente. Ingaggiarono una piccola lotta dove il lupo tentò di far loro del male, ma i due possenti Animagi riuscirono a tenerlo a bada piuttosto bene nonostante qualche ferita. Ramoso diede un colpo di corna non esageratamente forte, mentre Felpato lo morse da dietro per distrarlo. Codaliscia, invece, assistette a tutta la scena in disparte a causa delle sue ridotte dimensioni da topo. Dopo qualche minuto il licantropo osservò i due animali e, come se fosse stato colto da un’improvvisa ondata di umanità, mutò la sua espressione feroce in una quasi calma e affabile, emettendo qualche verso. Ramoso gli rispose con un bramito per confermargli che si, loro erano i suoi amici e non aveva nulla da temere. Dall’altra parte Felpato abbaiò nella sua direzione ed iniziò a scodinzolare attorno al Lupo. Il cervo fece cenno a Codaliscia di raggiungerlo e questo gli si arrampicò sul pelo caldo e morbido, trovando riparo e un buon mezzo di trasporto oltretutto. Infatti, facendo uscire Remus dalla Stamberga, iniziarono ad inseguirsi nella Foresta Proibita percorrendo l’ampia vegetazione sotto il cielo notturno contornato dalla brillante luna e da una miriade di piccole stelle. Ramoso e Felpato, così come nella vita di tutti i giorni, si davano fastidio a vicenda sfidandosi e giocando a chi fosse più forte. Il Lupo Mannaro, osservando il gioco dei due, decise di unirsi anch’esso e provò a colpire il cervo con un colpo, che a differenza dei precedenti, era meno aggressivo e più amichevole. Ramoso infastidito, replicò con una poderosa cornata, ma venne assalito dal cane che si avventò sul suo dorso facendo squittire Codaliscia. Passarono così tutta la notte, correndo nell’oscurità della Foresta e assaporando quella libertà che, in forma umana, sembrava mancare. Fu la prima notte di Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso.
 



Angolo Autore
Numero quattordici tadà! La prima allegra scampagnata dei Malandrini. C'ho messo un po' più del dovuto per scriverlo, ma spero che sia uscito un buon risultato. I punti salienti della trama li ho già delineati ma li svilupperò nei giusti tempi. Grazie alle precedenti recensioni e a chi sta seguendo la storia.
 

 

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Capitolo 15
*** Grifondoro vs Serpeverde ***


CAPITOLO 15: GRIFONDORO VS SERPEVERDE





La festa di Halloween, del trentuno ottobre, era molto sentita sia dal Mondo Magico che da quello Babbano. Dovunque si andasse vi erano festoni ambigui, zucche intagliate piuttosto inquietanti, decorazioni di ogni tipo e chiaramente anche il consueto dolcetto o scherzetto molto apprezzato dai bambini che si divertivano a scorrazzare per le case cercando di ottenere dei golosi dolciumi come bottino della serata. In alternativa c’erano ovviamente gli scherzi a discapito di coloro che non offrivano nulla, intesi come un castigo per non aver contribuito all’accumulo dei prelibati dolciumi. A Little Hangleton, una piccola cittadina accanto a Great Hangleton, Halloween era piuttosto popolare nonostante i pochi cittadini rimasti ad abitarci, i quali non lasciavano mai i propri figli in giro a bighellonare fino a tardi. Si respirava quasi un’aria tetra in quella piccola cittadina sperduta, come se il villaggio in sé fosse avvolto da un’energia spettrale che entrava nell’animo della gente. Giravano voci di alcuni fatti misteriosi accaduti lì, eventi del quale non si aveva l’assoluta certezza e del quale, alla fine, nessuno voleva saper nulla. Come si dice: beata ignoranza. Quella sera appariva rispecchiare perfettamente l’atmosfera della festa: il cielo buio pesto era illuminato in minima parte da uno spicchio di luna, coperta da alcune nubi di passaggio spostate dal frizzante vento autunnale tipico della fine di ottobre. Per le strade, ormai, non girovagava più nessun bambino per il dolcetto o scherzetto, segno che il coprifuoco non dichiarato dei genitori era scattato da un po’. Vi era rimasto solo un gruppetto di quattro bambini che ancora saltellava allegramente per le stradine tra una viletta e l’altra, ignorando l’ordine dei propri genitori di far ritorno e continuando a cercare nuovi obiettivi per arricchire il loro tesoro di zucchero.
«Guarda qua quanti! Quest’anno ne ho presi un bel po’.» fece un bambino vestito da scheletro dando un’occhiata nel suo sacchetto a tema Halloween.
«Starai scherzando. Ne ho presi il doppio di te e in più nessuno si è rifiutato di darmeli.» ribatté un altro bambino col suo costume da mummia egiziana.
«Tanto avresti comunque paura di fare qualche scherzo.» s’intromise il terzo bambino togliendosi dal suo vestito da zombie un rimasuglio della farina che, per sbaglio, si era rovesciato addosso.
«Questo non è vero!» esclamò infastidito.
«Ragazzi, smettetela di fare gli stupidi! Dobbiamo tornare a casa, mia mamma non vuole che stia fuori così a lungo.» si lamentò la bambina del gruppo col suo travestimento da fata.
«Non rompere! Ci stiamo divertendo!» le rispose il piccolo scheletro.
«E comunque io non ho paura di niente!» continuò a dire il bambino-mummia.
«Certo, come no…» sbuffò il suo amico zombie. «Allora ti propongo una sfida.»
«Una sfida?»
«Esatto! Vedi quella casa?» chiese indicando una villa aldilà di un piccolo boschetto. «Se andrai a fare uno scherzo lì, allora ammetterò che non hai paura di nulla.»
«No! Mamma dice di non avvicinarsi a quella casa!» esclamò la bambina impaurita.
«Se non è un coniglio come dice, non avrà problemi.» obiettò lo zombie in miniatura a braccia conserte.
«Allora ci stai?» domandò con un ghigno l’altro.
Il bambino vestito da mummia deglutì alla vista della tetra villa, sentendo l’ansia appropriarsi dei propri pensieri. Era impaurito, ma non avrebbe mai lasciato farsi umiliare dai suoi amici che, probabilmente, lo sarebbero andati a raccontare a tutta la scuola nei giorni seguenti.
«Ci sto!»
«Ottimo! Allora incamminiamoci, busserai alla porta e lancerai un uovo a chiunque ti aprirà.» concluse il bambino-scheletro soddisfatto di essere riuscito a convincerlo.
«Non è buona idea, non dovremmo andare lì!» continuò a lamentarsi la bambina persa dal terrore.
I tre maschi del gruppo la ignorarono ed iniziarono ad incamminarsi verso il piccolo boschetto per arrivare dinanzi alla villa. Casa Riddle, così veniva chiamata da anni quella tetra villetta di periferia. Un tempo la casa era sicuramente la più bella e lussuosa di Little Hangleton a giudicare dalle dimensioni e dalle fattezze della costruzione, ma ora appariva abbandonata e ridotti in miseria per la mancata manutenzione. L’edera cresceva incolta sulle pareti arrampicandosi fino alle finestre rotte e sbarrate, mentre sul tetto mancavano alcune tegole e c’era qualche piccolo buco dovuto all’usura del tempo. Si raccontava, che proprio in quella casa, erano accaduti quegli stessi misteriosi ed oscuri eventi di cui si spettegolava in continuazione nel villaggio. I proprietari non si erano fatti più vedere da un pezzo, sicuramente molto anziani e quindi morti da tempo. Ma giravano voci che, oltre al custode della villa che abitava lì vicino, vi era qualcun altro ad occuparla ma che non era mai stato identificato da alcuna persona. Ovviamente tutti pensavano che quelle fossero solo leggende, dicerie di paese per rendere quell’antica dimora, un tempo dall’aspetto nobile, un luogo dove collocare miti e leggende e smuovere la monotonia della noiosa vita del piccolo villaggio. Il gruppo dei bambini arrivò all’entrata. I due capifila, lo scheletro e lo zombie, camminavano spensieratamente affascinati dall’atmosfera inquietante che si avvertiva nei dintorni e che provocava in loro un’eccitazione paragonabile a quella di un film horror. Il bambino vestito da mummia e la piccola fata li seguivano a piccoli passi, pervasi da un profondo terrore che li scuoteva da capo a piedi facendoli sobbalzare al più piccolo soffio di vento che faceva muovere le foglie secche degli alberi. Si fermarono proprio davanti alla porta d’ingresso.
«Bene! E’arrivato il tuo momento grande eroe.» gli disse il piccolo zombie facendo cenno alla porta consumata.
«Vediamo il tuo coraggio su!» lo appoggiò l’altro.
«Secondo me dovremmo solo andarcene. Questa casa è paurosa!» esclamò la bambina.
«Ce ne andremo non appena lui ci dimostrerà di non essere un vigliacco. Forza!»
La piccola mummia si avvicinò ulteriormente alla porta, cacciò un uovo dalla sua scorta e lo strinse nella mano tremante per essere pronto a fare fuoco non appena ne avrebbe avuto l’occasione. Alzò il braccio sinistro e chiuse la mano a pugno per bussare, dando dei sonori colpi che spezzarono il profondo silenzio dei dintorni. Silenzio. Non una risposta, né rumore di passi.
«Non c’è nessuno.» disse il bambino sollevato che non ci fosse davvero nessuno.
«Hai bussato troppo piano!» replicò uno dei due. «Bussa più forte.»
Il piccolo lo guardò tra il seccato e lo spaventato, ma rincuorato dal tentativo precedente, tentò una seconda volta e bussò con più forza tanto da far risuonare i colpi anche nella casa. Per un momento, pensò di non aver avvertito nuovamente alcun rumore, ma avvertì da dietro alla porta lo scalpiccio di stivali e se la vide aprire ad un palmo dal naso. Reagì prontamente all’ombra che aveva aperto la porta lanciandole subito l’uovo che stringeva in mano, osservandolo schiantarsi sulla veste nera. Si fermò tutto, i bambini rimasero bloccati sul posto come colpiti da un incantesimo, profondamente terrorizzati nel constatare che ci fosse effettivamente qualcuno all’interno della villa. Ad un certo punto videro l’ombra portare una mano alla tasca della veste e tirare fuori uno strano oggetto che sembrava essere un bastoncino di legno accuratamente intagliato. Sulla soglia della porta di Casa Riddle apparve un’intensa luce verde che durò per qualche secondo, riflettendosi sugli arbusti circostanti e sulle pareti dell’edificio facendogli assumere un aspetto ancor più inquietante di quanto già non fosse. Così com’era apparsa la luce verde svanì e la figura si chiuse dietro la porta con un calcio, riponendo il suo bastoncino nella tasca. Salì le scale per arrivare al piano superiore producendo con i tacchi degli stivali un rumore ben udibile.
«Bella, ma cos’hai addosso?» chiese una figura anch’essa vestita di nero.
«Dei sucidi cuccioli Babbani hanno osato colpirmi.» rispose la strega, Bellatrix Lestrange, pulendosi con un movimento di bacchetta.
«Non avrai ucciso dei bambini?!» sbottò il Mangiamorte dai capelli platino, Lucius Malfoy. «Questa dimora deve apparire disabitata e tu uccidi?!»
«Tranquillo Lucius, ho Trasfigurato i loro piccoli corpicini in insetti. Nessuno si accorgerà che sono stati qui.» fece Bellatrix con un sorrisetto rivelando i denti smaglianti.
Rodolphus Lestrange s’intromise tra i due cercando di calmare gli animi.
«Finiamola qui. Bella ha fatto in modo di non essere scoperti, sta’ tranquillo. Non dobbiamo litigare davanti al nostro Signore.»
L’uomo posò lo sguardo sulla raccapricciante figura adagiata sulla poltrona con espressione sofferente e coperta parzialmente da un telo di lana. Era di piccole dimensioni, talmente magro da far vedere le piccole ossa al di sotto dello strato di pelle biancastra e sul suo viso serpentesco e pallido risaltavano due demoniaci occhi rossi. Quella era la forma di Lord Voldemort a seguito del rimbalzo della sua stessa Maledizione. Ancora vivo ma costretto in una forma debole e inutile. Vicino alla poltrona, un serpente strisciava lentamente e si alzò per lasciarsi accarezzare dalla mano ossuta del mago.
«Nagini.» sibilò Voldelmort in una lingua che i presenti non riuscirono a comprendere.
Il Mago Oscuro era il discendente di Salazar Serpeverde, uno dei fondatori della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts insieme a Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso e Priscilla Corvonero. La particolarità del primo era il suo essere un Rettilofono, ovvero la capacità di poter parlare con i serpenti, cosa che nel Mondo della Magia non era usuale e all’ordine del giorno.
«Bellatrix io apprezzo la tua devozione alla causa dello sterminio dei Babbani.» iniziò a dire Voldemort con voce soffocata, provocando nella donna una sensazione di compiacimento. «Tuttavia…» continuò «La discrezione è essenziale poiché se qualcuno del Dipartimento Auror o dell’Ordine della Fenice dovesse indagare e ci scoprissero noi non potremmo più proseguire col nostro piano. Quindi meriti una punizione.»
La Mangiamorte impallidì, ma abbassò il capo completamente indifesa e pronta scontare il proprio castigo come il suo Signore voleva.
«Crucio!»
Bellatrix venne colpita dalla Maledizione Senza Perdono e iniziò a contorcersi per il dolore, accasciandosi a terra e lanciando un urlo. La Maledizione della Tortura era l’arma preferita del Signore Oscuro per punire i suoi adepti quando essi fallivano o sbagliavano, la reputava un’arma necessaria per far imparare loro una preziosa lezione. E se lo sbaglio si fosse ripetuto ne avrebbe annullato l’esistenza con la morte stessa. La tortura finì e la Mangiamorte poté riprendere fiato e inginocchiarsi con fatica.
«Grazie mio Signore, meritavo questa punizione. Non la deluderò più, lo giuro!»
«Ne sono convinto.» mormorò riponendo la Bacchetta di Fenice. «Miei fedeli seguaci, la situazione è complicata. Ma questo non è che un piccolo intoppo nella nostra scalata al potere.»
«Ci dica ciò che dobbiamo fare mio Signore. Lo eseguiremo.» parlò Lucius prostrandosi come Bellatrix.
«La prima cosa da fare è far si che io abbia di nuovo un corpo. In questa misera forma sono troppo debole per potermi misurare anche con il più vile dei maghi.» disse Voldemort lanciando uno sguardo disgustato alla propria condizione fisica.
Era avvenuto tutto quella sera, quando era andato per i Potter a Godric’s Hollow e si era scontrato con quell’insulso ragazzo che aveva osato sfidarlo. In condizioni normali l’avrebbe schiacciato senza la minima fatica, ma aveva sottovalutato un potere che, in quel momento, non aveva avvertito. Un potere che era scaturito da quella traditrice del proprio sangue di sua madre, sacrificando la propria vita per quella del figlio. James Potter. E ora tutti lo credevano sopravvissuto per meriti propri, per avere una sorta di potere nascosto dentro di sé, un qualcosa che superava persino la morte. Ma lui conosceva la verità su ciò che era accaduto. Era stata solo fortuna e non avrebbe più commesso quell’errore. Lo avrebbe trovato e lo avrebbe ucciso, anche se finché era sotto protezione di Albus Silente si sarebbe rivelata un’impresa ardua, ma avrebbe trovato una soluzione anche per quello. Lui era Lord Voldemort e il suo potere era inimmaginabile, solo Silente avrebbe potuto contrastarlo.
«In che modo potrebbe riuscirci?» domandò Rodolphus.
«Nicolas Flamel.» sibilò Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. « L’alchimista che ha creato la Pietra Filosofale e dalla quale ha ricavato la sua immortalità. La Pietra può tramutare qualsiasi metallo in oro e produrre l’Elisir di Lunga Vita dal quale potrei riottenere il mio corpo e i miei pieni poteri.»
Indubbiamente il solo pensiero di poter mettere le mani sulla Pietra Filosofale era esaltante. Oltre che immortale, avrebbe potuto utilizzare l’oro per scopi bellici anche se, grazie alla fortuna delle famiglie Purosangue al suo servizio, non era quello il suo obiettivo primario.
«Dove possiamo trovare Flamel?» chiese Bellatrix con occhi nuovamente fiammeggianti in vista di quella nuova missione per il suo adorato padrone.
«Non si sa precisamente dove si sia stanziato, ma si dice che abiti in Francia nei pressi di Parigi.» rispose Lord Voldemort con un rantolo. «Partite immediatamente e battete l’area che vi ho indicato. Portate con voi anche Avery, Rabastan, Mulciber, Wilkes e Rosier, voglio più risultati possibili in breve tempo. Qui con me rimarranno Bellatrix, Rockwood e Nott, gli altri rimangano in incognito.»
«Mi perdoni padrone…» mormorò Bellatrix Lestrange con espressione abbacchiata. «Non potrei aiutare anche io a cercare Flamel? Sono sicura di poter fare un buon lavoro.»
«Certo, ma tu sei la mia seguace più fedele e quella che ha più possibilità di proteggermi da un attacco. Mi capisci?» disse Voldemort con finto tono apprensivo.
«Si, certo mio Signore!» annuì rallegrata per l’adulazione delle proprie capacità.
«Bene allora. Andate e portate a termine la missione.» concluse con un gesto della mano.
«Non la deluderemo padrone!» proclamò Lucius fiero.
E si Smaterializzarono. Voldemort sospirò accarezzando nuovamente la testa squamosa di Nagini e passandoci sopra le lunghe unghie. La sentì sibilare in sua direzione e sorrise appena verso di lei.
«Hai fame?» chiese in serpentese. «Bellatrix!» chiamò Voldemort la sua fedele seguace.
«Mi dica mio Signore.» rispose immediatamente la strega con un piccolo inchino.
«Porta pure qui i cadaveri di quei marmocchi, Nagini ha fame.»
«Certamente, provvedo subito!» esclamò e sparì giù per le scale.
Lord Voldemort si mise a guardare il vuoto, perso tra i pensieri del suo piano che sapeva che sarebbe andato a buon fine. Niente sarebbe potuto andare storto, non questa volta. La sua espressione mutò in una più aggressiva, i suoi occhi rossi quasi sembravano poter prendere fuoco e la mano aumentò la presa al telo di lana che lo copriva.
«James Potter.»
                             ***
James Potter.
James Potter!
JAMES POTTER!
«SIGNOR POTTER!»
Il ragazzo si tirò su spaventato con occhi spalancati e si ritrovò il viso di Minerva McGranitt vicino al suo banco. L’insegnante lo squadrava a braccia conserte, muovendo freneticamente sul pavimento il piede destro e la sua espressione severa che faceva sempre da padrone. In quel momento si rese conto di essersi profondamente addormentato durante la lezione di Trasfigurazione mattutina, cosa che avrebbe voluto evitare più di ogni altra cosa conoscendo la rigidità della professoressa. La McGranitt lo fissò insistentemente con il sopracciglio inarcato e la fronte aggrottata che le metteva in risalto le rughe dovute all’età avanzata e James si scoprì decisamente terrorizzato. Si aggiustò gli occhiali storti sul suo naso e fece una risatina isterica per smorzare la tensione in attesa della strigliata che sarebbe avvenuta di lì a poco.
«Vedo che finalmente è tornato tra noi! Molto bene!» disse seccata la professoressa. «Le pare il caso di dormire durante la lezione? La mia lezione?!»
«Ecco…no…cioè…mi scusi.» tentò di scusarsi il Malandrino sperando nella sua magnanimità.
Sirius, seduto accanto a Peter, sghignazzò sotto i baffi alla vista della faccia terrorizzata del suo migliore amico, grato del fatto che ci avesse pensato lui a mettere su un siparietto comico per rompere la noia della lezione di Trasfigurazione. Peter lo guardava curioso facendo saettare il proprio sguardo da lui alla figura della McGranitt che sembrava sovrastarlo. Seduto vicino a James c’era Remus, il quale aveva precedentemente provato a tenerlo sveglio ma fallendo miseramente e alzando gli occhi al cielo aveva preso la decisione di continuare a seguire.
«Sa’ bene che non tollero questo tipo di comportamento!» continuò la McGranitt. «Cinque punti in meno a Grifondoro e non le assegno una punizione solo per dedicarsi agli allenamenti della squadra di Quidditch.»
James tirò un sospiro di sollievo, grato che la loro Capocasa diventava incredibilmente più flessibile quando c’entrava il Quidditch. Non era un segreto che fosse stata una brava giocatrice durante i suoi anni ad Hogwarts e possedeva un grande spirito di competizione soprattutto quando c’entrava la squadra rivale per eccellenza: Serpeverde. Molti affermavano infatti, che Lumacorno e la McGranitt facessero delle scommesse sugli esiti delle partite tra le loro Case. Nonostante il suo comportamento da scavezzacollo e le numerose marachelle combinate nei suoi quattro anni al castello, James era diventato quasi il prediletto della Capocasa per quanto riguardava il Quidditch essendo conscia dell’enorme talento del ragazzo e che difficilmente Grifondoro avrebbe potuto trovare un Cercatore alla sua altezza. Per cui, poche volte, concedeva qualche strappo alla regola e ammorbidiva il suo carattere.
«Ti è andata bene Ramoso.» gli disse Remus mentre continuava a seguire la lezione.
«Potevi svegliarmi eh.» rispose a bassa voce cercando di capire a che punto fosse arrivata con gli argomenti.
«Ci ho provato ma sembravi essere in coma!» sbottò l’amico.
E a James parve piuttosto strano. Insomma, erano poche le materie in cui non ci metteva almeno un minimo del suo impegno, ma una dove dava il meglio di sé era proprio Trasfigurazione. Era la sua passione fin da piccolo, ed era anche grazie alla sua dedizione e propensione alla materia che loro tre erano riusciti nel loro intento di diventare Animagi a soli quindici anni. Cosa che aveva dell’incredibile. Mai gli era capitato di addormentarsi ad una lezione della sua materia preferita e non riuscì nemmeno a ricordare cosa avesse sognato durante il suo sonno imprevisto. Aveva chiaramente sentito il suo nome sibilato, pronunciato con crescente astio e ricordò vagamente qualcosa di rosso molto acceso trasmettergli rabbia e risentimento. Si arruffò i capelli e, nel mentre, fece passare le sue dita sulla stravagante cicatrice a forma di saetta sulla fronte avvertendo una piccola fitta. Piuttosto insolito, ma decise di lasciar stare e pensare piuttosto a controllare il paragrafo del libro di Trasfigurazione: livello intermedio che la McGranitt stava spiegando ad alta voce facendo alcuni esempi con la bacchetta. L’ora terminò e gli studenti furono liberi di andarsene e recarsi all’ultima lezione della mattinata prima del pranzo.
«Ramoso hai fatto arrabbiare Minnie eh?» fece Sirius mettendogli un braccio intorno al collo.
«Già ma tanto mi ama, non mi avrebbe messo in punizione.» minimizzò James con aria spavalda.
«Ma se eri terrorizzato! Hai avuto solo fortuna.» lo contraddisse Remus.
«Per fortuna di James, la McGranitt lo reputa essenziale per la squadra.» parlò Peter scartando una Cioccorana ed esultando subito dopo per aver trovato Merlino.
«Sarà…»
«Anche se trovo strano che tu ti sia addormentato a Trasfigurazione.» osservò Sirius pensieroso. «Tu la adori. Avrei scommesso di più su Astronomia.»
«Probabilmente è la stanchezza degli allenamenti accumulati.» tagliò corto James sbadigliando.
«Ehi ragazzi!»
I Malandrini si sentirono chiamare e si voltarono. Frank Paciock con un braccio che cingeva delicatamente le spalle di Alice li stava salutando dall’uscita dell’aula di Trasfigurazione.
«Ehi Frankie!» ricambiò il saluto James.
«Andiamo all’aula di Difesa insieme?» chiese il Portiere di Grifondoro.
«Certo Frankuccio, tutto quello che vuoi.» fece Sirius con voce civettuola imitando chiaramente una ragazza.
«Sirius per piacere, sei abominevole quando fai queste cose.» disse Remus con una smorfia disgustata.
«Esatto!» concordò Alice. «E poi solo io posso dare nomignoli al mio Frank.»
«Va bene, va bene. Che noiosi…» mormorò Felpato infilandosi le mani nelle tasche.
Nel castello, in quel girono di primo novembre, si avvertiva chiaramente l’abbassamento della temperatura con il prolungarsi dell’autunno. Gli studenti avevano tirato fuori i loro maglioni, poiché girare solo con camicia e il leggero mantello sarebbe stato un suicidio, e il caldo non era conosciuta ai corridoi. La magia dell’autunno era nell’aria, il parco di Hogwarts contornato dagli innumerevoli alberi addobbati dalle foglie che avevano preso i colori della medesima stagione facevano apparire il tutto più bello.
«Dove sono le altre?» chiese Remus accortosi in quel momento dell’assenza di parte del gruppo.
«Ci hanno anticipato.» spiegò Alice.
Arrivarono alla classe di Difesa Contro le Arti Oscure, prendendo posto nei rispettivi banchi. L’idea che dopo quell’ora ci sarebbe stata la pausa pranzo ebbe il potere di ridestare leggermente gli studenti di Grifondoro e Corvonero, con cui i primi facevano lezione, e diede loro la forza di aprire i loro libri aspettando che la professoressa Taylor si presentasse. Bisognava dire che, però, la professoressa di quell’anno era estremamente competente e capace di relazionarsi con gli studenti. Data anche la sua giovane età aveva meno problemi nel conversare più apertamente e il suo animo da Tassorosso pimpante trasmetteva una buona dose di simpatia a tutti loro. Si sperava solamente che maledizione della cattedra di quella materia non colpisse anche lei come tutti gli insegnanti precedenti da quando avevano messo piede ad Hogwarts: chi morto in circostanze assurde, chi scomparso per motivi ignoti o chi, semplicemente, si ritirava dall’insegnamento alla fine dell’anno scolastico. C’erano casi di tutti i tipi. James sbuffò e si guardò in giro cercando una chioma rosso scuro che si ritrovava sempre più frequentemente nei suoi pensieri e la vide all’altro lato della classe mentre scherzava con un Corvonero dall’aria familiare. Troppo familiare. Con orrore si accorse che era il Cercatore rivale Gordon Davies, quel pagliaccio che si credeva migliore di lui solo perché aveva alle spalle un padre famoso. Si trovò ad indurire la mascella notando come i due fossero entrati in confidenza, e non capiva nemmeno come potesse essere accaduto dato che prima della cena di Lumacorno non si conoscevano. Che fosse successo qualcosa quando lui e Sirius se n’erano andati? Scacciò quel pensiero scuotendo la testa e tentando di domare quella sensazione smuovergli le viscere. A distrarlo dai suoi pensieri fu l’entrata in scena dei Alexandra Taylor che sorrise ai ragazzi e li salutò con calore.
«Buongiorno ragazzi!»
«Buongiorno professoressa Taylor!» esclamarono all’unisono.
«Oggi affronteremo una lezione su una Creatura Mitologica rara quanto pericolosa. Il Basilisco.» dichiarò la ragazza.
Gli studenti parvero subito interessati alla notizia e si apprestarono a prendere appunti sbirciando sul capitolo che lo riguardava.
«Povero Xenophilius Lovegood.» disse Sirius con finto tono affranto. «Aspetta da anni la lezione sui Ricciocorni Schiattosi. Nemmeno a Cura delle Creature Magiche lo può vedere.»
James sghignazzò alle parole dell’amico.
«Può sempre continuare a cercare i Nargilli.» commentò.
«Prestate attenzione ragazzi.» fece la professoressa attirando istantaneamente l’attenzione su di sé. «Il primo Basilisco fu allevato da Herpo lo Schifido, un Mago Oscuro e Rettilofono greco, che scoprì dopo molti esperimenti che un uovo di gallina covato da un rospo produceva un serpente gigantesco provvisto di poteri straordinariamente pericolosi. Non si sa esattamente quale sia il suo Habitat naturale, ma si pensa sia diffuso in Africa, soprattutto in Libia ed Egitto, dove si rifugia in grotte e luoghi bui e umidi.»
«Chissà perché mi aspettavo che c’entrasse un Mago Oscuro.» mormorò Peter.
«Il Basilisco è un serpente verde brillante che può raggiungere i centocinquanta metri di lunghezza. Il maschio ha una piuma scarlatta sulla testa di cui non si conosce lo scopo preciso ma, per il fatto che assomiglia vagamente a una corona, si pensa che sia per questa caratteristica che lo nomina anche Re dei Serpenti.» continuò a spiegare. «Qualcuno sa, per caso, le caratteristiche che rendono estremamente pericoloso il Basilisco?»
Lily Evans alzò la mano istantaneamente. Il titolo di strega più brillante della sua età non l’aveva guadagnato a caso, la sua spropositata curiosità per il Mondo Magico e tutto ciò che vi ruotava attorno l’avevano portata ad informarsi su una moltitudine di argomenti anche di livello superiore al proprio anno e questa sua qualità la rendeva la migliore agli occhi dei docenti.
«Si signorina Evans?»
«Il Basilisco è dotato di zanne straordinariamente velenose ma la sua arma più pericolosa sono i suoi grandi occhi gialli. Chiunque li guardi direttamente muore all'istante mentre pietrificano chi li vede riflessi.» spiegò la ragazza con facilità.
«Ottima descrizione signorina Evans. Cinque punti a Grifondoro!» si complimentò la Taylor. « Queste sono esattamente le caratteristiche per il quale il Basilisco è una creatura così temuta. Nessuno può addomesticarlo a causa della sua aggressività tranne per chi ha la straordinaria capacità di essere un Rettilofono.»
Sirius imitò il suono di un serpente pronunciando parole a caso e facendo ridere la classe, guadagnandosi anche un’occhiata divertita dalla Taylor.
«Bel tentativo signor Black, ma non credo che sia il metodo giusto.»
«Tentar non nuoce.» rispose con un sorriso.
La Taylor ricambiò e poi riprese con la sua spiegazione. «Solo la Pozione di Mandragola può riportare allo stato originale chi è stato pietrificato dal suo sguardo. Se riesce ad approvvigionarsi a sufficienza può raggiungere un'età molto venerabile. Si ritiene che il Basilisco di Herpo lo Schifido sia vissuto per qualcosa come novecento anni. La creazione del Basilisco è illegale fin dal Medioevo, anche se chi la pratica può dissimularla con agio rimuovendo semplicemente l'uovo di gallina da sotto il rospo in caso di ispezione dell'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche.»
«Mi scusi professoressa, ci sono Basilischi in Gran Bretagna?» chiese una ragazza di Corvonero piuttosto impressionata.
«No. Il famoso Magizoologo Newt Scamander ha affermato che non sono stati segnalati avvistamenti di Basilischi in Gran Bretagna da almeno quattrocento anni.» rispose la Taylor rassicurando la ragazza.
La lezione continuò tra una domanda e l’altra, cosa che fece piacere alla professoressa, e l’ora terminò in un lampo. La Taylor li congedò raccomandando loro di studiare il capitolo riguardante l’argomento del giorno avvertendoli che si sarebbe assicurata della loro preparazione alla prossima lezione.
«Wow, certo che non vorrei mai trovarmi faccia a faccia con un mostro del genere.» fece Marlene.
«A che ti servirebbe?» chiese Sirius con atteggiamento altezzoso. «Si dà il caso che il sottoscritto abbia lo stesso potere del Basilisco con le ragazze.»
«Cioè le uccidi?»
«Il mio sguardo le lascia sempre stecchite.» disse lanciandole un’occhiata intensa come per voler provare ciò che aveva appena detto.
«Forse lascia stecchite le oche Black. Non quelle con un cervello.» lo prese in giro Marlene.
«Tu dici?» la rimbeccò il ragazzo.
«Dico.» annuì convinta.
«Vedremo…» mormorò con voce suadente facendole venire alcuni brividi che lei dissimulò.
Nel frattempo James stava osservando una scena aldilà delle teste dei loro amici. Lily Evans e Gordon Davis stavano parlando a pochi metri da loro. La ragazza sorrideva tranquilla ed era impegnata in un discorso che non riusciva a capire da lì, mentre il Corvonero la ascoltava e ridacchiava ogni tanto.
«Ascolta Lily…» iniziò a dire Gordon con voce ben udibile anche da dove James stava ascoltando. «Domenica c’è l’uscita ad Hogsmeade e mi chiedevo se…»
«Se?» lo indusse a continuare la ragazza.
«Se ti andrebbe di venirci con me.»
La Grifoncina rimase abbastanza sorpresa a quella richiesta, non si aspettava di certo un invito. In quegli anni non aveva ricevuto molti inviti, anzi veramente pochi, sia per la compagnia di Severus che non incuteva molta simpatia agli studenti e sia per Potter che le ronzava intorno. Ma la ragazza stava crescendo, diventando piano piano una splendida giovane donna che aveva iniziato ad attirare gli sguardi di una buona parte del genere maschile del castello. Si ritrovò confusa, non sapeva cosa rispondere. Da un lato con Gordon si trovava bene, lui era gentile, simpatico, per nulla irruento e le dava una sensazione di tranquillità e pace. Ma c’era un altro lato di lei che non era del tutto convinto di accettare, e non seppe spiegarsi nemmeno lei cosa la bloccasse dal dirgli subito di si. James riuscì ad udire chiaramente la richiesta di Davies e sentì quella sensazione allo stomaco farsi sempre più forte e pressante, una morsa che lo lasciò stordito da ciò che stava provando e che non aveva mai provato in quel momento. Guidato da quella nuova sensazione si lasciò andare all’irrazionalità e s’intromise tra i due.
«Ah buon vecchio Davies. Perdonami, ma la Evans viene con me.»
Lily lo guardò assottigliando lo sguardo.
«Quando avrei detto di venirci con te?» chiese con tono arrabbiato.
«Adesso.» rispose Ramoso con un ghignetto.
«Non mi pare proprio. E comunque ti stai intromettendo in cose che non ti riguardano!» sbottò Lily.
«Oh andiamo, non arrabbiarti. Pensavo solo che ti sarebbe piaciuto andare con me.»
«Be’ pensavi male! Io ci vado con Gordon!» esclamò convinta e provocando un sorrisetto compiaciuto al Corvonero.
James rimase impietrito di fronte a quella risposta così secca. Sentì la morsa allo stomaco sciogliersi per lasciar posto ad un sentimento ben definito che si espanse in lui istantaneamente: la delusione. Non seppe come ribattere. Notò il compiacimento del pagliaccio vicino a lui e gli salì un desiderio irrefrenabile di mollargli un pugno su quella faccia da schiaffi. Ma per quanto fosse ancora un po’ il solito combina guai arrogante, James bloccò le sue pulsioni e si limitò a troncare tutto lì.
«Bene. Fa’ come ti pare.»
E se andò sotto lo sguardo confuso dei Malandrini, che non appena videro la scena si apprestarono a seguire Ramoso senza pronunciare alcuna parola. Solo Remus le riservò uno sguardo di scuse prima di voltarsi e seguire gli altri due amici. James entrò frettolosamente nella Sala Comune per poi recarsi nei dormitori sempre con gli amici che lo osservavano da dietro con preoccupazione. Il ragazzo mollò a terra la sua borsa con i libri e sentendo i nervi a fior di pelle decise di scaricarsi tirando un calcio al baule vicino al letto. Ansimò sonoramente e cercò di far ritornare regolare il proprio respiro mentre si passava nervosamente una mano tra i capelli corvini.
«James…» provò a dire Peter senza ricevere alcuna risposta.
Remus lo vide sedersi sul letto e prendersi la testa tra le mani, come se fosse stata troppo pesante da portare sul collo. E finalmente ne ebbe la prova certa di ciò che aveva iniziato a pensare almeno un anno prima. Ora toccava all’amico rendersene conto.
«Ramoso ma che ti frega di andarci con la Evans ad Hogsmeade?» chiese Sirius poggiandosi ad un letto a baldacchino. «Ci sarebbero così tante ragazze che vorrebbero uscire con te.»
Remus lo fulminò con lo sguardo, intimandogli di chiudere quella bocca da canide che si ritrovava e si avvicinò al letto dove James sedeva .
«James.» lo chiamò. «Perché lo hai fatto?»
Il Grifondoro, in quel momento, stava combattendo una vera lotta interiore dove molti sentimenti ed emozioni contrastanti lo stavano lacerando.
«Io…non lo so.» rispose con un soffio.
«Ci dev’essere una ragione.» insistette il licantropo. «Pensaci bene.»
E James ripensò a quella morsa allo stomaco che aveva avvertito quando l’aveva vista così in confidenza con Davies, una sensazione che aveva fatto presa su di lui inducendolo a non essere razionale.
«Vuoi sapere cosa penso io?» continuò Remus destando la sua curiosità.
Ramoso annuì.
«Quello che tu reputavi un passatempo è cambiato. Senza che tu te ne rendessi conto, lei è diventata per te molto di più di quanto tu voglia far credere. Ti preoccupi per lei, non la vuoi ferire, ci sei diventato anche amico.»
Fece una piccola pausa, notando come gli occhi del ragazzo si spalancarono quando avvertì tutta quella verità da tempo sopita e adesso rivelatagli.
«Ormai dovresti averlo capito anche tu. Ti sei innamorato di lei Jamie.»
Sirius sbatté le palpebre, per nulla sicuro di ciò che aveva sentito e come se fosse un’ipotesi talmente assurda da essere reputata falsa. Peter spalancò la bocca senza ritegno sopraffatto dallo stupore.
«Stiamo parlando della stessa persona Lunastorta?» chiese sarcasticamente Felpato mentre guardava il suo migliore amico silenzioso. «James innamorato? Ma è la cosa più ass…»
«Sono fottutamente e totalmente innamorato di Lily Evans.» dichiarò James con voce sicura.
Come aveva fatto a non accorgersene prima? Era quello che si sentiva ad essere innamorati? Tutto ciò gli pareva più chiaro ripensando ai mesi precedenti: quando diventarono amici alla fine del quarto anno e lui aveva paura di dire qualcosa di sbagliato per ferirla, il suo incontrollabile desiderio di proteggerla e ora…anche la gelosia. Che idiota che era stato.
«Cosa devo fare?» sussurrò a Remus.
«Non puoi più farti guidare dall’impulsività Ramoso. Devi lasciarla libera di prendere le proprie decisioni anche se queste potrebbero non comprendere te. Hai passato molto tempo a starle addosso, ora devi essere pronto a staccarti altrimenti sarà un rapporto tossico per entrambi.»
«La devo…lasciar andare.» domandò cercando di non far trasparire l’angoscia dalla propria voce.
«Sto dicendo che devi lasciarle vedere la tua vera faccia, non quella che ti sei costruito. Se imparerà ad apprezzarla bene, altrimenti…»
«…Altrimenti dovrò rinunciare.»
Mai i tre Malandrini avevano visto James Potter così giù di morale, salvo per la morte dei suoi genitori. Il volto del ragazzo che solitamente era incorniciato da un ampio sorriso, ora era stato sostituito da un’espressione sofferente e triste. Un brutto spettacolo ai loro occhi.
«Secondo me ce la farai Ramoso.» lo rincuorò Remus con un piccolo sorriso e poggiandogli una mano sulla spalla. «Non dimenticare ciò che hai voluto fare per me. La tua amicizia mi ha salvato e sono certo che, col tempo, Lily si renderà conto di quanto tu valga.»
Il Grifondoro si ricosse, raddrizzò leggermente la schiena e passò nuovamente la mano tra i propri capelli. Poi rivolse un sorriso rassicurante a tutti e tre. James Potter poteva avere un momento difficile certo, ma si sarebbe sempre rialzato più forte di prima. E anche se non lo disse ringraziò mentalmente Godric per avergli fatto incontrare i Malandrini che, a prescindere da tutto, ci sarebbero sempre stati.
                            ***
Il giorno seguente tutta la scuola era in fibrillazione per la partita d’apertura del campionato di Quidditch scolastico. I Grifondoro avrebbero affrontato i Serpeverde in una giornata abbastanza soleggiata, con qualche nuvola passeggera ma tutto sommato con un buon tempo per giocare. James, che normalmente faceva fatica a svegliarsi, si alzò in anticipo e armato della sua Nimbus 1500 scese in Sala Grande e fare il pieno di energie per l’importante ma anche rischiosa partita. Non era un segreto della poca sportività delle Serpi, che avrebbero utilizzato qualsiasi trucchetto per assicurarsi la vittoria senza alcuno sforzo. Probabilmente avrebbero ricorso anche alle Maledizioni Senza Perdono se queste fossero state legali. James si ritrovò con quasi tutta la squadra al completo e iniziò a mangiare le sue uova con una leggera ansia da pre-partita che lo attanagliava come tutte le volte nonostante si mostrasse sempre sicuro e risultasse quasi sempre il migliore. Frank, invece, essendo la sua primissima partita in assoluto era mangiato dall’ansia tanto da essere pallido. Alice, seduta vicino a lui, tentava di rassicurarlo e di mangiare qualcosa altrimenti si sarebbe sentito male. Apparve, all’entrata della Sala Grande, una sorridente Mary MacDonald accompagnata dalle sue amiche. Portava la sua scopa su una spalla e un sorriso gioioso spiccava sul suo volto mentre camminava a passo spedito verso di loro.
«Buongiorno squadra! Pronti a vincere?» disse entusiasta la ragazza alzando un pugno al cielo.
«Ehi Mary! Sempre pimpante la mattina delle partite eh?» la salutò Liam Wood grato che ci fosse qualcuno con un po’ di allegria.
«Ci puoi scommettere Wood, neanche le trappole dei Serpeverde per arrivare qui mi hanno fermato!» esclamò con fierezza.
«Anche a te?» chiese Damian O’Connor. «Stavo prendendo aria in cortile e mi sono visto arrivare delle Caccabombe addosso. Fortuna che sono stato rapido a rilanciarle.»
«Anche a me è successa una cosa simile, però peggio.» s’intromise Rose Bell posando la forchetta sul piatto. «Un Serpeverde mi voleva lanciare l’Incantesimo della Pastoia per bloccarmi. Ma hanno mandato quello scimmione di Snake che non è capace di centrare un bersaglio nemmeno ad un palmo dal naso.»
«E’sempre così ogni volta con i Serpeverde?» domandò Frank ripresosi leggermente e interessato alla conversazione.
«Ogni volta.» confermò Mary. «James, ti ricordi quando ci hanno rinchiuso in uno sgabuzzino legati per farci saltare la partita?»
«Addirittura?!» fece Frank incredulo.
«Già, eravamo legati. Ma avevamo le bacchette per cui non ci abbiamo messo molto a liberarci.» precisò James ricordandosi di quel bizzarro episodio.
«Che storia…» commentò Paciock.
«A dire il vero quest’anno si sono anche limitati.» disse Wood con un sopracciglio inarcato. «Sembra quasi che abbiano fatto a posta dei tentativi fallimentari per ostacolarci.»
«Probabilmente si sono stancati di essere presi a calci.» parlò Samuel Richards.
«Forse. Ma conoscendoli, c’è qualcosa che non quadra.» ribatté convinto Wood.
La sua esperienza di sei anni come giocatore di Quidditch gli aveva procurato moltissima esperienza ma altrettante batoste. Una cosa che aveva imparato era che i Serpeverde avevano sempre un asso nella manica. Sempre. La squadra di Serpeverde entrò sotto gli applausi della tavolata verde-argento. James notò Regulus Black spiccare per il suo fisico slanciato messo a confronto con quel mucchio di scimmioni che si ritrovava come compagni. Il minore dei Black aveva il ruolo di Cercatore della squadra dal suo secondo anno, come James, e bisognava riconoscere che sapeva il fatto suo. Ma il Grifondoro non si sarebbe fatto intimidire così facilmente. Videro il Capitano dei Serpeverde, Nott, girarsi verso di loro con un sorrisetto maligno in faccia, tanto da far venir voglia a tutta la squadra di Schiantarlo all’istante.
«Ehi Wood! Pronto per la partita?» chiese Nott.
Liam gli rilanciò l’occhiata e rispose tranquillamente.
«Siamo sempre pronti Nott. Dovresti saperlo.»
«Ah l’audacia dei Grifondoro, che bellezza. Mi raccomando attenzione ai Bolidi!» rise lui con tutta la squadra.
«Che branco di idioti.» sibilò Mary a denti stretti.
«Non lasciamoci deconcentrare e pensiamo piuttosto a raggiungere il campo.» disse saggiamente il Capitano dei Grifondoro alzandosi e prendendo la propria scopa.
Venne imitato da tutta la squadra che, simultaneamente, replicò i suoi medesimi movimenti.
«Allora io vado.» avvisò Mary rivolgendosi alle amiche. «Fate un tifo scatenato!»
E si dileguò.
«Non cambierà mai.» commentò Marlene con un cipiglio divertito.
«Concordo.» replicò Lily.
Le due squadre si recarono negli spogliatoi per indossare i mantelli delle divise da Quidditch con il loro nome e il loro numero scritto in lettere color oro. Liam chiamò tutti per fare le ultime raccomandazioni prima della partita e il suo usuale discorso motivante da Capitano.
«Bene ragazzi, questa è la nostra prima partita ma questo non significa che dobbiamo risparmiarci. Siamo una squadra molto affiatata e l’abbiamo potuto constatare personalmente durante gli allenamenti, nessuno di voi non merita il posto per il quale è stato scelto. Siatene convinti!»
SIIIIII!» ruggirono insieme i Grifoni.
«Paciock sii sicuro di te, non far trapelare alcuna insicurezza e parerai senza problemi. Bell, MacDonald, O’Connor volate stretti e fate passaggi veloci e precisi per far arrivare quella dannata Pluffa negli anelli. Loro useranno l’imponenza fisica, voi usate il vostro talento. Richards io e te non faremo arrivare nemmeno un Bolide ai nostri compagni, saremo le guardie del corpo più efficienti mai viste. Potter, Black ti starà alle costole per prendere il Boccino. Non sottovalutarlo, è più magro e scattante ma tu sei più abile e lo riuscirai a fregare.»
Poi mise la mano al centro in attesa che gli altri membri unissero le proprie e darsi la carica.
«Chi vince?!»
«Grifondoro!»
« CHI VINCE?!»
«GRIFONDORO!»
Uscirono dallo spogliatoio pieni di grinta e ottime prospettive. Liam era un Capitano pretenzioso e severo, durante gli allenamenti li aveva sfiancati a più non posso facendogli ripetere gli schemi di gioco per centinaia di volte. Ma non si poteva negare quanto fosse adattissimo soprattutto per essere in grado di motivare una squadra nel fare l’impossibile. Anche il giocatore più insicuro, come per esempio Frank Paciock, usciva dagli spogliatoi rinvigorito dai consigli di Wood. Nel frattempo il resto del gruppo aveva trovato dei posti nella tribuna dei Grifondoro e Lily, che assisteva ad una partita dopo anni, si ritrovò meravigliata dal tifo sfrenato di entrambe le tifoserie. Nella tribuna rosso-oro c’erano molte sciarpe e cappelli del medesimo colore, cappelli roteanti da festa e molti cartelloni tenuti da i tifosi più accaniti. Ce n’era uno  con su scritto C’è solo un Capitano, un altro  Con MacDonald e con Potter i Serpeverde prendon botte, un terzo sempre riferito a James su cui si leggeva Se c’è James Potter in campo il Boccino non ha via di scampo. Lily si mise a riflettere su quanto, effettivamente, il ragazzo fosse stimato da quasi tutti gli studenti anche delle Case rivali sia per il suo talento nel Quidditch sia per la sua spontaneità malandrina. Ripensò all’episodio del giorno prima e si sentì leggermente in colpa per i toni che aveva assunto con lui, ma c’era da dire che lui non avrebbe dovuto intromettersi in quel modo. Aveva accettato l’invito a Hogsmeade di Gordon non per fare un torto al Malandrino, ma perché sarebbe stata la prima uscita con un ragazzo, un appuntamento serio e non poteva non sentirsi lusingata. Gordon le aveva fatto una buona impressione ed era decisa a dargli una possibilità e vedere come si sarebbero evolute le cose. Anche se c’era sempre una parte di sé, fastidiosa e controcorrente, che le suggeriva di non abbandonarsi, che c’era qualcos’altro intorno a lei. Ma lei non vedeva nulla o forse non era ancora pronta a vedere. Alice si sistemò sulla gradinata mettendo ben in vista il cartellone che aveva preparato per il suo fidanzato con un’enorme scritta Para per me Frank. Lei ed Emmeline risero a quella buffa ma dolce trovata della ragazza. Le squadre iniziarono ad uscire dagli spogliatoi attirando tutta l’attenzione delle tribune e si avvertì la voce amplificata del cronista sportivo della scuola.
«Buongiorno Hogwarts, sono Rick Jordan e benvenuti alla partita d’apertura del campionato di Quidditch: Grifondoro contro Serpeverde!»
Lo stadio esultò e urlò. Nel frattempo Madama Bumb stava dando il consenso alle squadre di iniziare ad alzarsi in volo e prepararsi all’inizio della partita, mentre Jordan si apprestava ad elencare la formazione delle due squadre.
«La squadra di Serpeverde scende in campo con: il Portiere Goyle, i Cacciatori Parkinson, Wilkes e Nott nonché Capitano, i Battitori Tiger e Flint e il Cercatore Black. Tra questi l’ultimo acquisto sembrerebbe essere Wilkes, mentre il resto della squadra sembra essere rimasta invariata dall’anno precedente.»
I Serpeverde gridarono forte in direzione dei propri compagni di Casa, molto fiduciosi che quella partita sarebbe stata vinta.
«Ora passiamo ai più ben voluti Grifondoro: il Portiere Paciock, i Cacciatori MacDonald, Bell e O’Connor, i Battitori Richards e Wood nonché Capitano e il Cercatore Potter. A quanto sembra Liam Wood ha aggiunto volti freschi alla squadra di quest’anno ad eccezione fatta per Potter e MacDonald, due bandiere della squadra da tre anni ormai.»
La tribuna dei Grifoni ruggì ancora di più per sovrastare la moltitudine di ingiurie delle Serpi. Persino Lily e Emmeline, di solito molto posate, urlarono a squarciagola completamente prese dall’euforia. Madama Bumb si avvicinò ai due Capitani.
«Stringetevi la mano. Voglio un gioco pulito.»
Wood afferrò la mano di Nott utilizzando la grande forza da Battitore per stritolargli le dita e poté notare con enorme soddisfazione del sorriso incrinato dell’avversario. Entrambi ritornarono ai loro posti, pronti ad avvertire il fischio d’inizio di Madama Bumb che si accertava che tutti fossero ai propri posti. Si posizionò sotto le due squadre e lanciando la Pluffa fischiò l’inizio. La Pluffa finì velocemente in mano a Mary che iniziò a farsi strada per gli anelli avversari evitando un assalto dei verde-argento.
«MacDonald evita abilmente l’assalto di Wilkes e lancia la Pluffa a O’Connor. O’Connor a Bell, che ripassa istantaneamente a lui. O’Connor si prepara al tiro e…SEGNA! Dieci punti per Grifondoro!»
 Damian ringraziò Rose per l’ottimo passaggio, mentre Wood gli urlava ordini con la sua mazza da Battitore in mano reindirizzando un Bolide. James e Regulus, nel frattempo, sondarono il campo in lungo e in largo, in attesa di poter scorgere quel bagliore dorato che li avrebbe portati alla vittoria.
«Nott recupera la Pluffa all’ultimo e…SEGNA! Quaranta a venti per Grifondoro.»
Frank imprecò per essersi lasciato superare all’ultimo dal tiro di Nott.
«La situazione per i due Cercatori pare essere sempre la stessa. Stanno perlustrando il cielo per poter…OH! MacDonald scatta in avanti improvvisamente, la Pluffa ben stretta e…CHE TIRO! Cinquanta a venti per Grifondoro.»
Mary esultò per l’ottima azione e ricevette in cambio un urlo dalla tifoseria di Grifondoro che saltellava in preda all’eccitazione.
«Quanto è forte la nostra Mary?» chiese retorica Marlene alle compagne.
«E’una forza!» affermò Alice. «Forza Frankie parala! Si! Quello è il mio ragazzo!»
Lily, Marlene ed Emmeline scossero la testa, ma applaudirono all’ottima parata di Frank.
«La partita ha preso tutta una tonalità rosso-oro: siamo a ottanta a trenta per Grifondoro. I due Cercatori ancora non danno segni di aver trovato il Boccino d’Oro.»
«Dannazione James trova quel maledetto Boccino!» esclamò Sirius facendo gesti nella sua direzione dalla quale non lo poteva sicuramente vedere.
James e Regulus continuarono a svolazzare da una parte all’altra del campo, ma del Boccino nessuna traccia. Diede un’occhiata al Cercatore avversario ma neanche lui sembrava averlo avvistato. Si voltò nella direzione opposta appena in tempo per accorgersi di un Bolide che sfrecciava a tutta velocità in sua direzione, e fu salvato da un intervento incredibile di Liam.
«Wood ribatte il Bolide diretto su Potter, un’ottima azione da parte del Battitore che…ma…il Bolide è ritornato subito indietro e ha colpito il manico di scopa di Wood facendogli perdere quota. Ora sembra…assurdo…il Bolide sta rincorrendo Potter!»
L’attenzione di tutti i presenti si concentrò su un James Potter intento a sfuggire al Bolide che pareva seguirlo come un segugio, senza perderlo di vista. Generalmente i Bolidi volavano in tutte le direzioni, non si concentravano su un unico giocatore. Severus Piton ghignò alla vista di quel buffone di Potter darsela a gambe. James continuava ad aumentare velocità appiccicandosi completamente al manico di scopa e si alzò di quota venendo imitato dal Bolide. Arrivò molto in alto e diede un’occhiata al Bolide, lo schivò e incominciò la sua discesa da brividi volando praticamente quasi in verticale.
«Scommetto che c’è lo zampino delle Serpi.» disse Sirius ammirando la discesa dell’amico.
«Puoi dirlo forte.» rispose Peter senza levare gli occhi di dosso a Ramoso.
Lily osservò con le mani tremolanti la rapidità di James, scoprendosi preoccupata nel saperlo così avventato. Il Bolide gli stava alle calcagna e non dava cenno di volersi fermare, fino a che non lo avesse colpito.
«Potter prosegue la sua spettacolare discesa con il Bolide che lo insegue mentre…Black ha visto il Boccino!»
Quella frase ebbe il potere di spingere James a continuare la propria discesa buttando un occhi sulla sagoma del Serpeverde che, a poca distanza da lui, si apprestava a catturare il Boccino. Ormai il terreno del campo era vicino, tremendamente vicino e tutti rimasero col fiato sospeso. Lily artigliò il braccio di Marlene lì vicino che, d’altro canto, osservava il tutto ad occhi spalancati. James aspettò fino all’ultimo secondo e poi diede uno strattone alla scopa, aiutandosi con braccia e gambe, evitando l’impatto col suolo a differenza del Bolide che lo seguiva.
«INCREDIBILE!» ruggì Jordan con gli occhi che brillavano. «Potter ha eseguito una Finta Wronski, una difficilissima acrobazia che pochi giocatori di Quidditch sanno fare!»
La folla esultò in visibilio, persino la professoressa McGranitt, che aveva assistito con la paura negli occhi alla tremenda discesa, si era lasciata andare ad un’esultanza poco professionale. James si diresse a tutta velocità nella direzione di Black senza che lui se ne potesse accorgere in tempo e gli fregò il Boccino d’Oro da sotto al naso lasciandolo di sasso.
«James Potter cattura il Boccino d’Oro e Grifondoro vince duecentocinquanta a cinquanta! Ottima prestazione di…FATE ATTENZIONE!»
Jordan si accorse del Bolide che aveva ripreso la sua corsa verso Potter, ma colpì prima Regulus messo davanti alla traiettoria della palla e lo fece volare giù dalla scopa, fortunatamente erano a poca distanza da terra. Riuscì a colpire James sul costato mozzandogli il fiato e facendo cadere anche lui dalla scopa. Il Grifondoro si tenne la parte colpita con una smorfia dolorante e impallidì quando si accorse che il Bolide non ne aveva abbastanza e voleva continuare a colpirlo. Schivò un secondo attacco rotolandosi alla sua sinistra e fece il medesimo movimento alla sua destra.
«Finite Incantatem!» pronunciò Madama Bumb contro il Bolide impazzito che si arrestò e cadde a terra finalmente immobile.
La squadra accorse in campo, seguita immediatamente dai suoi compagni per sincerarsi delle condizioni del ragazzo.
«Fratello stai bene?» chiese apprensivo Sirius.
«Si, ma credo di avere una costola rotta.» rispose tastando la parte colpita e alzandosi con fatica.
«Questa volta hanno esagerato.» sbottò Remus. «Manomettere un Bolide. Hanno la segatura in testa.»
«Te l’ho detto che quelle Serpi non sono leali.» disse Sirius in sua direzione.
«Troveremo il colpevole e prenderemo i dovuti provvedimenti.» dichiarò Madama Bumb seccata. «Una cosa del genere è inammissibile!»
«Certamente. Signor Potter, lei vada in Infermeria insieme al signor Wood.» disse la McGranitt abbandonando il centro del campo.
«Bel lavoro James.» si complimentò Liam dandogli una pacca sulla spalla.
«Ci vuole più di un Bolide manomesso per mettermi alle strette.» si vantò il Grifondoro scompigliandosi i capelli, ma ricevette una gomitata da qualcuno nella parte lesa.
«AHI!»
Si accorse della testolina rossa apparsa dalla folla, Lily Evans lo osservava tra l’arrabbiato e il preoccupato e nonostante ciò il Malandrino la trovò bella come sempre. Poi si ricordò del loro discorso dopo le selezioni e fece un piccolo ghignetto.
«Allora, sono o non sono il miglior Cercatore di Hogwarts?»
Lei parve non capire inizialmente, poi si ricordò di quel pomeriggio delle selezioni e di quella promessa di Potter di farle capire quanto fosse bravo. Inutile dire che l’aveva mantenuta.
«Sei il miglior suicida di Hogwarts al massimo.» replicò lei.
«Dai Evans non attacca, so benissimo che lo pensi e non lo vuoi dire.» rise genuinamente lui per la complessità della ragazza.
Lei ci rimase di sasso, era riuscito a capire i suoi pensieri che, alle volte, nemmeno le sue amiche riuscivano a decifrare. Aveva scosso un po’ quel muro che lei aveva eretto intorno a sé come protezione. Ma lei era l’orgogliosa Lily Evans e non si sarebbe lasciata fregare.
«Io sono corretta Potter e so riconoscere gli sbagli.» disse sistemandosi la chioma vermiglia. «Sei il miglior Cercatore di Hogwarts.»
James sorrise, non un ghigno, non una smorfia divertita ma un vero e proprio sorriso luminoso.
«Grazie Evans.»
«Di nulla Potter.»





Angolo Autore
Ok, ok, ammetto che l'inizio del capitolo è piuttosto tetro ma se ho messo il rating arancione un motivo ci sarà. L'oscurità inizia a muoversi per aiutare zio Voldy, mentre i nostri Malandrini affrontano nuove sfide, in particolare James. Spero che il capitolo sia di vostro gradimento. Grazie a chi recensirà, seguirà o semplicemente leggerà la storia.
 
 


 

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Capitolo 16
*** Il prezzo per la verità ***


CAPITOLO 16: IL PREZZO PER LA VERITA




La domenica dell’uscita ad Hogsmeade era arrivata dopo i postumi di una esagerata festa organizzata in Sala Comune per celebrare la vittoria di Grifondoro contro Serpeverde. Ovviamente avevano pensato a tutto i Malandrini: Sirius e Peter si occuparono di decorare la Sala con vari striscioni con i colori rosso-oro, disponendo tavoli con tutte le cibarie sgraffignate dalle cucine; James fece una scappatella ad Hogsmeade a comprare le bevande e qualcosa di alcolico per movimentare la serata; incredibilmente anche Remus non si tirò indietro, pensò alla musica riparando un vecchio giradischi e utilizzando quelli che Sirius custodiva nella loro camera. Inutile dire che la festa fu molto apprezzata e tutti si diedero alla pazza gioia, ballando, bevendo e divertendosi con tutta la Casa presente. Riuscirono anche a non frasi scoprire dalla McGranitt grazie alla Mappa del Malandrino, facendo Evanescere tutti i rimasugli lasciati in giro e scappando velocemente nei corrispondenti dormitori trascinandosi dietro un Peter piuttosto ubriaco. Quella mattina, nel dormitorio femminile, Lily Evans si stava finendo di preparare per la sua uscita con Gordon Davies, il Cercatore di Corvonero, che l’aveva invitata due giorni prima e sperava che il loro appuntamento sarebbe andato liscio come l’olio.
«Come sto?» chiese roteando su se stessa.
«Sei uno schianto!» si complimentò Mary.
Tutte loro erano consapevoli che, essendo il primo appuntamento della loro rossa preferita, il suo obiettivo fosse quello di presentarsi al meglio. Si era perfino truccata, in maniera leggera, cosa che Lily non faceva quasi mai e i suoi capelli vermigli erano leggermente mossi grazie ad una lozione che le aveva prestato Mary.
«Già. Stai benissimo.» concordò Marlene squadrandola da capo a piedi.
«Bene!» fece Lily soddisfatta. «Speriamo che Gordon apprezzi.»
«Sarebbe cieco a non apprezzare.» commentò Mary afferrando il suo cappotto rosso e infilandoselo.
«Io sono ancora dell’idea che quel tipo non faccia per te.» sbuffò Alice seduta sul proprio letto.
Lily inarcò un sopracciglio scettica.
«E perché di grazia?»
«Be’ sembra fin troppo perfetto. Poi Frank lo conosce, mi ha detto che non riesce a non parlare di suo padre per più di dieci secondi.»
«Non ho intenzione di partire prevenuta per quello che ti dice Frank.» ribatté piccata la rossa.
«Non sto dicendo questo.» precisò Alice mettendo le mani avanti. «Dico solo che è tutto fumo e niente arrosto.»
«Questo è da vedere.»
Il gruppo di amiche terminò lì la conversazione e, finito di ultimare gli ultimi preparativi, scese le scale del dormitorio dove Frank aspettava Alice.
«Buongiorno!» la salutò.
«Buongiorno tesoro!» rispose Alice felice e dandogli un bacio. «I quattro scapestrati?»
«Si stanno finendo di preparare.» ridacchiò Frank alzando appena le spalle. «Hanno avuto un po’ di difficoltà a svegliarsi.»
«Ci credo, dopo la festa di ieri.» convenne la Prewett.
«Ci toccherà aspettare.» sospirò Marlene con tono rassegnato.
Lily si voltò verso l’amica con espressione sorpresa.
«Andate ad Hogsmeade con i Malandrini?»
«Dato che non abbiamo cercato alcun accompagnatore, ci siamo uniti a loro.» spiegò Emmeline. «Anche se conoscendoli ci metteranno un po’ prima di scendere.»
Gli altri non poterono che annuire alla frase della bionda. A parte Remus, in genere nessuno di loro spiccava per la puntualità e precisione.
«Allora intanto noi ci avviamo.» disse Alice prendendo a braccetto il suo ragazzo. «Scendi con noi Lily?»
«Certo!» annuì la rossa incamminandosi insieme a loro. «Allora a più tardi!»
Marlene, Mary ed Emmeline ricambiarono il saluto e i tre uscirono dal buco nel ritratto e scendendo le scale per arrivare ai cancelli di Hogwarts dove gli studenti si incontravano per raggiungere il villaggio. Lily notò la figura di Gordon in lontananza e si discostò da Frank e Alice facendo un cenno di saluto per poi avvicinarsi al Corvonero.
«Ciao Gordon!» lo salutò Lily con un sorriso.
«Ciao Lily!»
La ragazza si aspettò, da un momento all’altro, almeno un complimento per come si era preparata anche tenendo conto dell’impegno che ci aveva messo. Lily non era di certo una di quelle ragazze che pensava costantemente all’aspetto fisico, ovviamente non si trascurava ma non perdeva troppo tempo nell’imbellettarsi esageratamente. Gordon stava per aprir bocca, ma quei complimenti non uscirono mai.
«Andiamo?» chiese.
La Grifoncina tentennò per un momento, leggermente delusa dal ragazzo, ma non lo diede a vedere e si limitò ad annuire alla domanda. I due camminarono e Gordon ne approfittò subito per parlare.
«Dove vuoi andare?»
«Oh be’, vorrei passare da Scrivenshaft. Devo assolutamente comprare delle piume nuove.» rispose.
«Siamo solo a novembre e le hai già finite?» rise il Corvonero.
«Scrivo molti appunti.» spiegò lei. «Tu invece? Dove vorresti andare?»
«Devo assolutamente passare da Mondomago, vorrei dare un’occhiata ai nuovi accessori per il Quidditch.» rispose con gli occhi che brillavano.
Arrivarono ad Hogsmeade, notando già molti studenti in giro per le stradine del piccolo villaggio magico. Come da programma si recarono alla cartoleria Scrivenshaft dove la ragazza fece scorta di nuove piume e ne approfittò per comprare anche dell’inchiostro e qualche pergamena di riserva. Dopodiché passarono a Mondomago, dove Gordon iniziò a vagare tra gli scaffali degli accessori per il Quidditch intento a cercare qualche nuovo paio di guanti da Cercatore. Continuò ad osservare i vari modelli per ben un’ora, commentando a bassa voce o chiedendo opinioni a Lily che, per quanto le piacesse il Quidditch, non ne capiva un accidente di equipaggiamenti. Si limitò ad alcune frasi di circostanza, alzando gli occhi al cielo di tanto in tanto esasperata.
«Questi non sarebbero male, anche se forse…questi dovrebbero essere meglio.» fece il ragazzo confrontando due paia di guanti. «Però effettivamente potrei farmi ordinare da mio padre quelli professionistici. Ehi Lily lo sai che mio padre ha un rifornimento personale di questi guanti?»
«Si Gordon, è la quarta volta che me lo dici.» rispose lei annoiata e appoggiata allo scaffale lì vicino.
Lui ignorò completamente quella piccola frecciatina e continuò imperterrito nella sua missione. Ad un certo punto la Grifoncina si riscosse e cercò un modo per uscire da quel maledetto negozio.
«Senti…perché non andiamo a bere qualcosa?» esordì sperando una risposta positiva.
«Eh? Cosa?» si riscosse lui non avendo capito la domanda.
«Ho detto: perché non andiamo a bere qualcosa?» ripeté a voce più alta.
«Oh ma certo, qualcosa di caldo sarebbe l’ideale. E poi nessuno di questi guanti mi soddisfa, mi farò mandare quelli del Puddlemore United.» rispose infine mollando la presa e dirigendosi verso l’uscita per la gioia di Lily. Si avviarono oltre Mondomago, lungo una stradina e Gordon cominciò di nuovo a parlare ininterrottamente della carriera di suo padre Sean e di come, finita Hogwarts, avrebbe seguito le sue orme.
«Diventerò il Cercatore più forte della Gran Bretagna!» esclamò nell’ennesimo impeto di egocentrismo. «Inoltre quest’anno abbiamo ottime possibilità di vincere la Coppa del Quidditch, siamo molto forti.»
«Oh be’ sono contenta.» si limitò a dire Lily affondando girandosi sul polso un braccialetto come se fosse molto più intrattenente di lui.
«Papà mi ha dato nuove dritte per afferrare prima il Boccino e ho comprato l’ultimo modello della Tornado. Sarò inarrestabile e nemmeno James Potter riuscirà a starmi dietro.»
Lily gli lanciò un’occhiata per nulla convinta. Non avrebbe mai creduto di poter trovare qualcuno più egocentrico di Potter, ma Gordon Davies stava superando qualsiasi aspettativa…in negativo. Poi lei stessa aveva ammesso a James che fosse il miglior Cercatore di Hogwarts avendo visto personalmente l’abilità in volo del ragazzo il giorno prima. Era riuscito ad afferrare il Boccino d’Oro con un Bolide manomesso alle calcagna senza battere ciglio, mentre il Corvonero le dava più l’impressione di qualcuno che sapesse solo riempirsi la bocca di belle parole ma pochi fatti. Stava lentamente prendendo la consapevolezza che, forse, aver accettato quell’appuntamento fosse stato uno sbaglio madornale.
«Chissà…può essere. Anche se Potter ieri ha dato spettacolo.» disse sorprendendo se stessa per quelle parole appena uscite dalla sua bocca.
«Sfuggire ad un Bolide con una Finta Wronski…pfff. Anche un primino alla prima lezione di volo saprebbe fare meglio.» commentò malignamente Gordon il quale non provava la benché minima simpatia per il Grifondoro.
«Dici? Eppure mi è sembrato che non fosse una manovra da tutti.» continuò la rossa un po’ infastidita dall’atteggiamento trionfo si lui.
«Te lo dimostrerò alla prima partita come vola un vero Cercatore.» sghignazzò Gordon convinto.
Lily scosse il capo. Si, quell’uscita era stata un grosso errore e non poté che dare mentalmente ragione ad Alice e ai suoi precedenti avvertimenti. I suoi dubbi vennero ulteriormente chiariti quando si ritrovò dinanzi ad un locale con una fila di coppiette che entravano a braccetto.
«Madama Piediburro?» esalò sbigottita. «E’ qui che volevi venire?»
«Oh si! La trovo una sala da tè deliziosa e molto intima.» dichiarò Gordon sorridendo.
Ok, era arrivato il momento di tagliare la corda al più presto. Il solo pensiero di entrare in quella squallida sala da tè piena di vomitevoli coppiette che bevevano un insulso intruglio le fece scattare un campanello d’allarme. Si guardò intorno in cerca di una via di fuga e con grande gioia avvistò Mary, Marlene ed Emmeline in lontananza.
«Ehi ragazze!» urlò la ragazza facendole voltare verso di lei.
Le tre si accorsero che la voce che le chiamava appartenesse alla loro rossa preferita. Si avvicinarono ai due mentre parlottavano tra loro e rivolsero un cordiale saluto al Corvonero rivolgendo poi tutta la loro attenzione sulla Evans. Lei, dal canto suo, approfittò subito dell’occasione ghiotta per uscire da quella situazione e inventò su due piedi una banale scusa.
«Oh no Gordon, mi ero dimenticato di dirti che io e le mie amiche dobbiamo fare una cosa!» esclamò portandosi teatralmente le mani alla bocca.
Le tre si guardarono stranite, ma non proferirono parola.
«Ah.» fece deluso il ragazzo. «E’ urgente?»
«Tremendamente!» confermò annuendo vigorosamente.
«Va bene, allora ci vediamo in giro.»
«Certo, tranquillo.»
Lily si allontanò accostandosi vicino a Marlene, soddisfatta che il suo diabolico piano fosse andato in porto. Tirò un sospiro di sollievo che fece scoppiare a ridere le amiche, ancora sconcertate da quel buffo teatrino di prima.
«A quanto pare l’appuntamento non è stato un granché.» disse Mary asciugandosi le lacrime.
«E’ stato un supplizio.» ammise abbattuta la Evans. «Non ha fatto altro che parlare di Quidditch, della sua leggendaria bravura. Merlino non avrei mai detto che esistesse qualcuno più egocentrico di Potter.»
«Aspetta che lo sappia Alice.» le disse Marlene già pregustandosi la scena. «Te lo rinfaccerà per secoli.»
«Non farmici pensare.» mormorò a testa bassa.
La frizzante aria autunnale si era lievemente rinforzata con l’arrivo del mese di novembre, le temperature si erano abbassate e ciò aveva portato le ragazze a vestirsi in modo pesante. Mary era quella che risentiva meno del freddo, abituata da lunghe sessioni di allenamento di Quidditch nel pieno dell’inverno, e si era limitata ad indossare un semplice cappotto. A differenza sua le altre avevano aggiunto sciarpa e guanti per combattere il gelo che in Gran Bretagna era avvertito molto di più nonostante non fosse arrivato nemmeno l’inverno.
«A proposito, e voi?» chiese Lily destando la loro attenzione. «Sbaglio o avreste dovuto essere con i Malandrini?»
«Ci siamo separati mezz’ora fa.» spiegò Marlene. «Dovevano passare da Zonko a fare rifornimenti.»
«Oh no…questo preannuncia altri scherzi in arrivo.» sospirò sconsolata la rossa.
«Temo di si.» ridacchiò Emmeline stringendosi meglio la sciarpa al collo.
«Comunque ci siamo accordati di trovarci ai Tre Manici di Scopa.» disse Mary guardandosi intorno.
«Quando?»
«Proprio adesso.»
Dopo il tremendo appuntamento con Gordon Davies, a Lily non dispiacque poi così tanto l’idea di trascorrere il resto della giornata con quei quattro. Doveva ammetterlo, anche se li vedeva sempre come i soliti burloni, ormai aveva chiaramente cambiato idea su di loro. Aveva imparato a guardarli da un’altra prospettiva anche grazie agli avvenimenti dello scorso anno. Era stato Remus con i suoi modi gentili, dopo la rottura con Piton, ad invitarla sempre più spesso con loro. Inizialmente era un po’ scettica a passare il tempo con i quattro, ma spinta anche dalle sue amiche che li conoscevano meglio di lei si era sempre di più avvicinata a loro. Alla fine del quarto anno avevano lasciato Hogwarts come una vera e propria famiglia. Remus era stato sempre gentile con lei e lo aveva sempre considerato un buon amico con cui passare del tempo e studiare in biblioteca nel pomeriggio. Un ragazzo ligio al dovere, la mamma del gruppo che cercava di tenere sempre a bada il duo Potter-Black ma che diverse volte aiutava con le loro marachelle. Sirius Black si era mostrato con un’altra faccia oltre a quella del bello e tenebroso che faceva capitolare le ragazze del castello e aveva scoperto di avere in comune con lui le problematiche con le rispettive famiglie, ed era stato ampiamente dimostrato l’ultima estate quando l’aveva trovato dai Potter. Peter Minus era il ragazzo con cui aveva legato di meno nel gruppo. Non perché fosse una cattiva persona o le stesse antipatico, ma per il semplice fatto che lo reputava un po’ anonimo vicino ai suoi amici i quali possedevano un forte carisma a differenza sua. Infine James Potter. Già… Dopo gli tutti quegli avvenimenti non sapeva più che pensare di lui e della sua persona. Ormai aveva capito che dietro la facciata da giullare di corte c’era una persona di buon cuore, era innegabile. Ma molto spesso si trovava a fare i conti al ritorno del suo lato arrogante, anche se i loro battibecchi perlopiù si erano trasformati, da scontri di pura collera, a semplici frecciatine e prese in giro amichevoli. Non l’avrebbe mai ammesso a nessuno ma…la riusciva a confondere come nessuno. E lei detestava la confusione. Le ragazze si ritrovarono ben presto davanti ai Tre Manici di Scopa, il locale più rinomato di Hogsmeade.  Era un locale ampio e illuminato, sempre molto pulito. Entrarono e furono immediatamente investite da un piacevole tepore. Osservarono la grande affluenza di gente che, quel giorno, aveva fatto tappa lì come loro. Da lontano notarono perfino il professor Lumacorno impegnato in una conversazione con il professor Vitious.
«Cavolo. Sarà difficile trovare dei posti.» borbottò Mary esaminando con attenzione i tavoli pieno del locale.
«Avremmo dovuto aspettarcelo.» sbuffò Marlene.
«Ehi McKinnon!»
La voce arrivò alle orecchie della ragazze che riconobbe subito a chi appartenesse. Sirius Black, insieme a Remus, Peter e James, sedeva in un grande tavolo abbastanza appartato vicino alle finestre mentre sventolava freneticamente una mano.
«Vi abbiamo tenuto il posto!»
Le quattro non se lo fecero ripetere due volte e li raggiunsero lasciandosi cadere, con un sospiro di sollievo, sulle sedie.
«Grazie ragazzi, ci avete salvato.» li ringraziò Emmeline mettendo su un sorriso.
«Dovere.» rispose Remus ridacchiando.
Sirius annuì con il petto in fuori e la sua aria altezzosa, come se le avesse appena salvate da un Ungaro Spinato. Ma si ridestò notando che, seduta al loro tavolo, ci fosse anche la Evans.
«Evans!» esclamò Sirius.
«Black.» si limitò a rispondere Lily.
«Il tuo idillio d’amore con Davies è già terminato?» la prese in giro incrociando le braccia al petto.
«Così sembra.» ribatté lei per nulla offesa.
Anzi, incurvò le labbra in un piccolo sorriso colpevole. James non spiccicò parola, ma si sentì decisamente più leggero rispetto alla prima mattinata. Saperla con quell’idiota di Davies lo mandava ancora in bestia, e tutto ciò si era notevolmente amplificato quando aveva ammesso a se stesso di essersi perdutamente innamorato della Grifoncina. Nonostante ciò decise di seguire il consiglio di Remus e non agire impulsivamente come al suo solito, ma di accettare il fatto che non avrebbe potuto cambiare le cose litigando la ragazza. Vedendola lì con quel trucco che le risaltava i bellissimi occhi verdi e i capelli rossi che le ricadevano morbidamente sulle spalle, non poté non farsi mancare il respiro per un secondo dal constatare che effetto gli facesse.
«Pensa un po’. Eh Ramoso?» fece Sirius dandogli una gomitata per farlo reagire.
«No comment.» alzò le mani in aria per tirarsi fuori da quella storia.
«Ah Sirius lasciala stare. Ci penserà già Alice a rinfacciarglielo.» asserì Marlene spostandosi un ciuffo sbarazzino dal volto. «Si è anche truccata con tanto impegno, poverina.»
«Appunto, non farò mai più una stronzata simile.» si lamentò alzando gli occhi al cielo.
«No!» esclamò James non riuscendo a fermarsi prima di lasciarselo sfuggire.
Sette paia di occhi si posarono su di lui, straniti da quella buffa uscita del ragazzo che iniziò a sudare freddo. Remus si sbatté una mano sulla fronte ma non riuscì a trattenere un sorriso sghembo di fronte ad un James completamente succube delle proprie emozioni.
«Voglio dire…»balbettò schiarendosi la gola. «Che stai bene…e…sarebbe un peccato…insomma…sei bella.»
Lily lo guardò stupefatta, la sua bocca formava una o perfetta. Vide il ragazzo fissarla imbarazzato mentre si torturava le mani e si chiese quanto fosse distante da come si era mostrato due giorni fa quando aveva interrotto Gordon dall’invitarla ad Hogsmaede. Ma la cosa che la stupì maggiormente fu la considerazione del ragazzo all’impegno che ci aveva messo per valorizzarsi, cosa che Gordon non aveva minimamente notato. Si trovò ad arrossire involontariamente distogliendo lo sguardo.
«G-grazie…» mormorò.
«Bravo Ramoso, fai il cascamorto.» parlò Sirius avvolgendogli un braccio intorno al collo per soffocarlo.
James si liberò dandogli un pugno nello stomaco, facendogli lasciare la presa e massaggiarsi il collo indolenzito. Dopo quel breve bisticcio tra i due, decisero di ordinare qualcosa da bere e fecero avvicinare Madama Rosmerta, la proprietaria del locale, che prese le varie ordinazioni.
«Allora ragazzi, cosa vi porto?» chiese sorridendo.
«A me basterebbe il tuo cuore Rosmerta.» proferì Sirius con voce roca.
«Sirius queste banalità non funzionano con le donne della mia età.» lo informò Rosmerta.
«Ah no?»
«No.» confermò. «Limitati ad ordinare da bere e comportati da gentiluomo. Ci sono quattro signorine qui.»
James, Remus e Peter scoppiarono a ridere di fronte al fallimento del proprio amico che li guardava seccato.
«Dai Sir, te lo sei proprio meritato.» disse Remus tra una risata e l’altra.
«Innegabile.» concordò Peter asciugandosi le lacrime dagli occhi.
«Tu guarda che razza di amici…» farfugliò Sirius con espressione torva.
«Va bene, va bene.» li fermò James. «Finiamola di prendere in giro Lessie e ordiniamo. Per me un bicchiere di Whisky Incendiario.»
Madama Romserta sospirò affranta. Da quando aveva messo piede ad Hogsmeade quello scapestrato tentava sempre di corromperla per poter farsi dare quel superalcolico e, una volta, c’era anche riuscito dopo averla esasperata. In realtà non poteva sapere che i Malandrini riuscivano ad impossessarsi facilmente di alcolici per le loro feste in Sala Comune recandosi alla Testa di Porco. Aberforth non si faceva tanti scrupoli quando si parlava di soldi.
«James sei minorenne, non posso dartelo.»
Il Malandrino provò a ribattere ma venne fermato da Remus che ordinò al posto suo una Burrobirra. Sirius e Peter lo imitarono.
«Io credo che assaggerò lo sciroppo di ciliegia con soda.» decise Emmeline che non aveva mai provato quella bevanda.
«Sai cosa? Lo voglio provare anche io.» disse Mary.
«Quindi quattro Burrobirre e due sciroppi di ciliegia con soda.» annotò la donna. «E per voi ragazze?»
«Burrobirra anche per me grazie.» rispose Lily cordialmente.
«A me un’Acquaviola.» rispose anche Marlene.
Finito di prendere gli ordini, Madama Rosmerta si allontanò dal tavolo lasciando soli il gruppetto di ragazzi che iniziarono a conversare del più e del meno. I Malandrini elencarono tutti i vari gadget comprati da Zonko, tra cui dei Frisbee Rimbalzatutto, Dolci Singhiozzini e Tazze da tè Mordinaso. Tutto materiale severamente bandito da Argus Gazza a causa dell’eccessivo uso che il gruppo ne aveva fatto negli anni precedenti ai danni del povero custode, il quale aveva maturato una profonda antipatia verso di loro. Madama Rosmerta ritornò dopo poco con i rispettivi ordini e finalmente poterono gustare le buonissime bevande dei Tre Manici di Scopa.
«Ah, non c’è niente di meglio di una calda Burrobirra.» sospirò rumorosamente Peter sfoggiando i suoi magnifici baffi dovuti alla schiuma.
«Dici bene Pet. Dici bene.» concordò Remus pulendosi con un fazzoletto.
«Di certo non rimpiago Alice e Frank da Madama Piediburro.» disse Lily ripensando al rischio di entrarci poco prima.
«Che ci vuoi fare? La nostra Ali adora Madama Piediburro.» commentò Emmeline alzando le spalle.
«Povero Frank che è costretto ad andarci.» ridacchiò James.
«Frank è troppo buono, non le negherebbe mai il suo locale preferito.» spiegò con ovvietà.
Impegnati in una fitta conversazione non si accorsero dell’entrata di una nota figura all’interno del locale. Una donna bionda, provvista di occhiali rettangolari avanzava verso il professor Lumacorno con un andamento grave e compassato sfoggiando un sorrisetto sul volto incipriato.
«Horace!» salutò la donna.
«Per la barba di Merlino! Rita cosa ci fai ai Tre Manici di Scopa?» fece sorpreso l’uomo ricambiando il saluto.
I due si diedero due amichevoli baci sulle guance, segno che si conoscevano da tempo. Rita Skeeter, famosa reporter per la Gazzetta del Profeta, era in contatti con Lumacorno per ovvi motivi. La sua influenza come giornalista fu un pretesto più che plausibile per il Capocasa di Serpeverde, collezionista di personalità di spicco, per farsela amica.
«Oh nulla di importante!» mentì spudoratamente la donna. «A volte mi fa piacere ritornare ad Hogsmeade.»
«Capisco, non c’è niente di meglio che rivedere i luoghi del passato.» annuì comprensivo.
«Ben detto Horace.» rispose lanciando qualche sguardo qua e là per il locale.
«Ti ricorderai del caro professor Filius Vitious.» continuò a parlare Lumacorno facendo un cenno al mago di bassa statura vicino a lui.
«Ma certo! Come potrei dimenticarmene.» lo adulò la Skeeter stringendogli la mano mentre Vitious ricambiava la stretta imbarazzato. «Il miglior insegnante di Incantesimi che abbia avuto l’onore di avere.»
«Ma no…lei esagera.» sbiascicò il mezzogoblin distogliendo lo sguardo.
«Suvvia professore non faccia il modesto.»
«Hai qualche scoop importante tra le mani?» domandò Lumacorno con finto disinteresse.
«Non ancora Horace, ma di certo non tarderò a trovarne uno.» rispose spocchiosa Rita.
«Sai che puoi sempre contare su di me per dei consigli.»
«Lo apprezzo molto.»
Fece girare nuovamente la testa per guardare il resto del locale, come un radar ad ultrasuoni. Improvvisamente fermò il movimento per posare lo sguardo su chi aveva sperato di incontrare nel suo casuale e per nulla programmato giro ad Hogsmeade. Era proprio lui. Sarebbe stato piuttosto scortese presentarsi a quel tavolo senza alcun invito, ma fortunatamente aveva un invito non scritto pronto per essere usato ed era di fronte a lei che continuava a parlottare ininterrottamente.
«Horace.» lo interruppe la bionda. «Chi sono quei ragazzi al tavolo vicino la finestra?»
Lumacorno allungò il collo in direzione dello sguardo della Skeeter e capì a quali studenti si stesse riferendo.
«Sono dei ragazzi del quinto anno.» le spiegò. «Tutti con un ottimo potenziale.»
«Il merito va anche a voi incredibili insegnanti.» continuò a lodarlo la donna, ghignando mentalmente.
«Oh smettila!» ridacchiò contento il mago con finta modestia.
La verità era che tutti quei complimenti non facevano che aumentare a dismisura il suo ego, ed era quello a cui Rita puntava.
«Ma perché me lo chiedi?» chiese dubbioso il professore.
«Mi pareva di aver visto una faccia conosciuta.»
«Forse ti riferisci a James Potter.» osservò.« Dopotutto lo hai citato in alcuni articoli sulla scomparsa di Tu-Sai-Chi.»
Bene. Il pesce era in agguato, ora avrebbe solo dovuto gettare l’esca e aspettare che abboccasse.
«Ah già! Il povero ragazzo che ha perso i genitori in quell’orrenda battaglia.» piagnucolò con il labbro inferiore tremolante. «Che cosa orribile.»
«Già. Brutta storia.» concordò lui.
«Vorrei tanto potergli parlare Horace. Me lo presenteresti?» chiese Rita.
Ecco, ora avrebbe abboccato sicuramente.
«Ma certo! Apprezzo moltissimo la tua umanità e la compassione che provi verso quel povero ragazzo.»
Abboccato.
I due lasciarono il professor Vitious a conversare con Madama Rosmerta e si avviarono al tavolo dei ragazzi, ancora presi dalla loro conversazione. Ma si zittirono non appena Lumacorno e la Skeeter entrarono nella loro visuale.
«Cari ragazzi! Vedo che anche voi vi state godendo il piacevole tepore dei Tre Manici di Scopa.» disse loro con un ampio sorriso.
«Professore! Anche lei qui?» chiese Lily sempre contenta di vedere il suo insegnate preferito.
«Frequento questo locale da quando era Un Manico di Scopa.» rispose sempre sorridente. «Ragazzi, permettetemi di presentarvi Rita Skeeter. E’ una delle migliori giornaliste della Gazzetta del Profeta.»
«Horace! Mi imbarazzi così.» sghignazzò sguaiatamente la donna portandosi una mano alla bocca.
A Sirius quello spettacolo gli fece venire il voltastomaco, era pronto per correre in bagno e vomitare tutta la colazione fatta quella mattina. Remus squadrò di sottecchi la reporter, il cui nome gli parve già sentito nominare in precedenza da qualche parte. Facendo mente locale e apprendendo che lavorasse per la Gazzetta del Profeta, si ricordò di quel giornale lanciato in camera propria quell’estate in cui compariva un articolo sulla battaglia di Godric’s Hollow. Di Rita Skeeter menzionava l’articolo.
«Molto piacere.» dissero all’unisono.
«Il professor Lumacorno mi stava dicendo che siete tutti degli allievi promettenti.»
Peter lanciò un’occhiata stranita ai suoi compagni che ricambiarono con un’espressione divertita. Lui un allievo promettente? Di certo non era un Troll di montagna ma da lì a dire che fosse un allievo promettente ne passava di acqua sotto i ponti. Effettivamente il suo traguardo migliore era stato raggiungere la forma di Animagus, ma Lumacorno non avrebbe potuto saperlo.
«Il professor Lumacorno esagera sempre.» replicò Lily.
«Signorina Evans, se il professor Lumacorno vi reputa tali sono sicura che lo siete al cento per cento.» fece la Skeeter posandole amichevolmente una mano sulla spalla.
Horace rise di gusto, ma smise quando si sentì chiamare da qualcuno alle sue spalle e il suo interesse passò oltre.
«Salve!» salutò. «Vogliate scusarmi, ma devo salutare un paio di persone. Continuate pure a parlare e buona giornata.»
Il Direttore dei Serpeverde si allontanò per andare a salutare altri visi a lui noti, mentre Rita era ancora ferma vicino a loro e per nulla intenzionata a levare le tende. Finalmente avrebbe potuto parlare a quel ragazzo dai capelli spettinati.
«Caro, tu devi essere James Potter.» esordì con tutta la cordialità possibile.
«Mi conosce?» domandò scettico alzando un sopracciglio.
«Ma certo, ho sentito quella brutta storia sui tuoi genitori.» disse con tono dispiaciuto. «Una vera tragedia.»
Sirius assottigliò gli occhi fissandola torvo, mentre James si limitò ad annuire con espressione neutra in volto. Qui gatta ci covava.
«Non so se lo sai, ma ho scritto alcuni articoli sulla vicenda.» continuò Rita come se nulla fosse. «Cerco di essere molto chiara quando scrivo, anche se la vicenda non è per niente semplice. Circolano molte voci.»
«Che tipo di voci?» domandò James.
La donna perse gradualmente l’espressione dispiaciuta di poco prima, mutandola in una più glaciale fissando insistentemente un punto preciso della fronte del ragazzo.
«Che strana cicatrice…» osservò sempre più attentamente. «Non è il risultato di un normale incantesimo.»
James si sentì a disagio, ma non lo diede a vedere.
«Cosa le importa?» ribatté con tono duro il ragazzo.
«Oh nulla, sai…mi chiedo solo cosa ci stai nascondendo.» mormorò abbassando leggermente la voce.
«Cosa dovrei nascondere?» sbuffò spazientito.
La tensione poteva tagliarsi con un coltello. I due si guardavano senza distogliere lo sguardo, completamente assorti in quel piccolo scambio di battute che iniziò a seccare Ramoso. Cosa diavolo voleva quella donna? Cosa stava insinuando?
«Vedi, so che hai avuto un incontro ravvicinato con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.» continuò a parlare la bionda con noncuranza. «E guarda caso…Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sparisce subito dopo. Niente più omicidi. Niente di niente.»
«Vada al sodo per favore.»
«Il mio fiuto da reporter mi suggerisce che tu sappia qualcosa che noi non sappiamo. Sarebbe giusto che tu lo condividessi con l’intera comunità magica.»
«Non ho nulla da dichiarare.»
«Certo, certo.» mise le mani avanti. «Ma sono sicura che troveremo un accordo.»
«Cosa?»
Rita cacciò dalla tasca del proprio cappotto un sacchetto tintinnate che, probabilmente, conteneva una buona somma di galeoni. Lo fece muovere nella propria mano per enfatizzarne il suono e lo mise davanti a lui.
«Una piccola intervista, giusto qualche domanda veniale.» minimizzò con un sorrisetto palesemente finto. «Non importa la veridicità di ciò che dirai, basta che venga da te. E penso che questo potrà essere tuo.»
Remus si girò verso James e poté giurare di aver visto uscire del fumo dalle sue narici. Ramoso era irato, infuriato e anche particolarmente seccato. Quella viscida serpe aveva intenzione di comprare il Grifondoro affinché le concedesse una intervista privata e poter ottenere il suo scoop, pensando che un sacchetto pieno di galeoni potesse fargli facilmente gola. Non si aspettò, infatti, una reazione diametralmente opposta a qualunque altra si sarebbe immaginata. James si alzò di scatto e sbatté violentemente le mani sul tavolo facendo sussultare alcuni clienti vicini, attirando irrimediabilmente l’attenzione.
«Lei sta cercando di comprarmi?» sibilò con affanno e a capo chino.
«James…» cercò di calmarlo Remus venendo però scostato da quest’ultimo.
«Non la definirei una compravendita.» ribatté sicura. «Piuttosto uno scambio di favori.»
Il ragazzo alzò la testa di scatto in sua direzione digrignando i denti e gli occhi nocciola fiammeggianti.
«Può anche scordarselo che io mi presti ad una schifezza del genere!» ringhiò. «Lei è un’approfittatrice ed è venuta qui esclusivamente per questo!»
La Skeeter non batté ciglio e fece per parlare, ma venne anticipata da un Sirius anch’esso piuttosto arrabbiato.
«Non ha più niente da fare qui. Se ne vada!» sbottò cacciandola in malo modo.
La donna aggrottò le sopracciglia profondamente seccata dalla malriuscita del suo piano e fece uno sbuffo che spostò un piccolo ciuffo di capelli dalla sua fronte.
«E’evidente che gli sciocchi non sanno afferrare le possibilità.»
«E’evidente…» si alzò Mary davanti a lei «…Che non tutti hanno una dignità pari a quella di uno Schiopodo Sparacoda.»
Rita non ribatté nuovamente ma girò i tacchi e si incamminò frettolosamente verso l’uscita dei Tre Manici di Scopa, seguita da un James ancora furioso che l’avrebbe incenerita con lo sguardo se solo ne avesse avuto la capacità. Che razza di persona avrebbe concordato una falsa intervista per ottenere una notizia bomba, su una tragedia dove c’erano state numerose vittime.
«Che perfida.» commentò schifata Lily, leggermente impressionata dall’espressione del Grifondoro davanti a lei.
«Ramoso calmati adesso.» tentò di convincerlo Remus prendendolo per le spalle.
Ma lui era irremovibile e alla ragazza dispiacque di vederlo in quelle condizioni. Avvicinato in quel modo per essere comprato e mentire sputando sulla memoria dei propri genitori. Mossa da un moto di compassione avvicinò una mano alla sua guancia scoprendola bollente a contatto con la propria pelle. Cercò di trasmettergli tutta la tranquillità possibile con quel piccolo ma intimo gesto.
«James…» lo chiamò per nome sorprendendolo. «Ora calmati, non lasciare che ti rovini la giornata.»
Solo in quel momento il ragazzo si accorse della mano della rossa sulla propria guancia, avvertendo una piacevole sensazione espandersi in quel punto amplificata dal proprio nome pronunciato dalla sua bocca. Inspirò profondamente e cacciò tutta l’aria trattenuta mentre cadeva lentamente sulla sedia e staccandosi a malincuore da quel contatto.
 «Quella zocc…»
«Sirius!» lo riprese Remus lanciandogli un’occhiataccia.
Peter, che era rimasto in silenzio per tutto quel tempo, decise di aprire finalmente bocca.
«Ma alla fine che voleva quella?» chiese confuso.
Ci fu un breve momento di silenzio, susseguito poi da uno scroscio di risate da parte degli amici che lo lasciarono sempre più confuso e portandolo a chiedersi cosa avesse detto di così tanto buffo.
«Ah il buon vecchio Pet.» disse Sirius tra una risata e l’altra. «Cosa faremmo senza di lui?»
 «Completamente d’accordo Felpato.» concordò Lunastorta tenendosi la pancia.
La tensione venne alleggerita, fortunatamente, da quel piccolo intervento di Peter e James si fece scivolare addosso quella brutta vicenda unendosi alle risate degli amici. Non avrebbe mai pensato che qualcuno sospettasse qualcosa su ciò che era successo quella sera di agosto. Di testimoni non ce ne sarebbero dovuti essere dato che chi aveva assistito a quella scena erano i Mangiamorte rimasti in disparte che, a quanto pare, avevano provveduto a portare via Voldemort in qualche nascondiglio sicuro. In più, al di fuori della villa, era in atto una battaglia su cui tutti avevano concentrati la loro attenzione. Evidentemente qualcuno era riuscito ad intravedere qualcosa, ma i sospetti di cosa fosse successo erano piuttosto vaghi. La Skeeter evidentemente possedeva alcuni informatori privati. Comunque finché ci sarebbe stato di mezzo Silente non avrebbe potuto avvicinarsi alla verità così facilmente.
«Comunque non pensavo che qualcuno riuscisse a sospettare qualcosa.» osservò dubbioso Sirius.
«La Skeeter non è da sottovalutare.» commentò Remus saggiamente. «E’ determinata abbastanza da poter usare qualunque metodo per confermare le proprie ipotesi.»
«Purtroppo credo tu abbia ragione. E’ un’attenta osservatrice.» concordò Marlene. «Ha subito capito l’origine della tua cicatrice.»
«Non ne era sicura, non potrebbe sapere che si tratta di un segno maledetto.» obiettò Sirius. «In ogni caso meglio cercare di non far trapelare la  minima informazione.»
«Jamie, Silente non ti ha più parlato dopo l’incontro nel suo ufficio?» domandò Remus grattandosi il mento.
«No. Per il momento nessuna novità.» rispose James scuotendo la testa. «Credo che se ci fosse qualcos’altro me ne parlerebbe.»
«Lo credo anche io.» annuì Lunastorta.
«Scusate un attimo ma…» iniziò a parlare Emmeline «…Perché ora che Voi-Sapete-Chi è debole non lo prendono?»
«Non credo sia così semplice.» fece Lily. «Stiamo comunque parlando del Mago Oscuro più pericoloso del nostro secolo, avrà calcolato bene le sue mosse.»
«Ma l’Ordine non gli sta alle calcagna?»
«Chi lo sa, sembra essere sparito nel nulla.»
Ci fu un momento di silenzio, dove nessuno osò proferir parola. Emmeline aveva sollevato un importante quesito a cui tutti cercarono mentalmente di dare una risposta diversa da quella di Lily, ma la sua sembrava essere quella più plausibile. Voldemort era senza dubbio un mago scaltro oltre che potente e , sicuramente, per l’Ordine della Fenice e per il Dipartimento Auror stanarlo non appariva così semplice come si potesse pensare. Il silenzio venne infranto dal piccolo che Peter.
«Secondo voi sta architettando qualcosa?» chiese un po’ angosciato. «Tornerà prima o poi?»
I sette lo fissarono seri. Difficile rispondere senza avere delle prove certe, ma James fu l’unico ad affermare con un certa sicurezza ciò che gli passava per la testa ormai da un paio di mesi.
«Sono certo che sta architettando qualche assurdo piano.»
«Come fai ad esserne così sicuro?»
James sospirò. Non seppe nemmeno lui da dove arrivasse tanta sicurezza nelle sue parole, ma un senso di irrequietezza lo attanagliò come una morsa stretta al petto.
«Una sensazione…» mormorò lui. «E poi ricordati cosa ha detto Silente, lui ne è sicuro. Io mi fido ciecamente di lui.»
«Vero.» disse Sirius. «Potrà essere anche un vecchio strambo ma sa il fatto suo.»
«Che bella considerazione che hai del tuo preside.» commentò ironica Mary con un sorrisetto.
«Dai è vero.»
«In ogni caso Hogwarts non ha nulla da temere finché c’è Silente.» disse Marlene.
Tutti annuirono simultaneamente. Era vero, Hogwarts sarebbe stato il luogo più sicuro grazie al suo leggendario preside. Albus Silente era un mago rispettato e perfino temuto da chiunque nel Mondo Magico. Nessuno sano di mente si sarebbe mai sognato di affrontarlo a viso aperto e questo valeva anche per Lord Voldemort. Questa consapevolezza teneva viva la speranza nei cuori dei ragazzi. Finché Silente avrebbe mantenuto la propria posizione, Hogwarts sarebbe stata inattaccabile.
«Bene!» esclamò Felpato. «Che ne dite di andarci a fare un giro da Mielandia invece di rimanere qui a fare congetture su ipotetici futuri apocalittici?»
«Bella idea Felpato. Devo fare assolutamente scorta di cioccolata.» rispose contento Remus.
«Ma quanta cioccolata mangi?» chiese Emmeline scettica.
«Fidati, non vuoi saperlo.»
Pagarono il conto e si recarono da Mielandia, un meraviglioso negozio di dolciumi, la meta più ambita dalla maggior parte degli studenti. Entrarono accorgendosi subito della grande calca di ragazzi intenti ad acquistare vari tipi di dolci e dei più disparati tipi. Come da programma Remus si avventò sulle tavolette di cioccolata sotto lo sguardo divertito dei suoi amici. Fecero una grande scorta, così che ne sarebbe bastata per un paio di settimane e, aspettando pazientemente il proprio turno, pagarono per poi incamminarsi verso Hogwarts.
«Topoghiacci Peter?» sghiggnazzò James alla vista delle numerose scatole tenute nella busta.
«Ironia della sorte eh?» rise lui. «Sono i miei preferiti.»
«Non so come tu faccia a mangiarli a novembre.» disse Mary scuotendo la testa.
Peter si lasciò sfuggire una risata imbarazzata e strinse più forte la busta contente le confezioni. Frank e Alice si sarebbero trattenuti ancora per un’oretta al villaggio e li avrebbero raggiunti più tardi in Sala Comune, mentre loro avevano deciso di comune accordo di fare ritorno al castello e fare qualche gioco o semplicemente riposarsi alla grande. Casualmente, durante la camminata, Lily e James si trovarono vicini e il ragazzo si trovò per la prima volta senza parole non sapendo come poter intavolare una conversazione.
«Allora…» esordì incerto «…L’appuntamento con Davies?»
Lily si voltò a guardarlo e notò che il ragazzo teneva lo sguardo fisso davanti a sé come a non voler incrociare il proprio sguardo. Sorrise sotto i baffi e rispose.
«Penso che quello che dirò sarà inciso nella pietra ma… non pensavo di poter arrivare a conoscere qualcuno più egocentrico di te.»
James si riscosse e sentì la tensione affievolirsi e non poté trattenere una risata a quella considerazione.
«Ehi almeno io mi vanto di qualità che posseggo realmente!» si difese fintamente offeso.
«Te lo concedo Potter.» replicò lei con un sorrisetto divertito.
E a James fece immensamente piacere che non si fosse irritata e non gli avesse dato dell’arrogante. Avrebbe voluto vederla sorridere in quel modo sempre, ma soprattutto grazie a lui.
«E Davies non è bello quanto me soprattutto.» rincarò la dose Ramoso facendola ridere.
«Si, di sicuro sei un bello…stupido.»
«Però sempre bello.»
Lily alzò gli occhi al cielo scuotendo il capo, ma non con la solita esasperazione dovuta all’urto nei confronti di Potter. In quel momento lo trovò particolarmente simpatico senza quel ghignetto a contornargli la bocca con il suo solito atteggiamento da uomo vissuto. Il suo sorriso era sincero, e la cosa la colpì molto tanto da farsi sfuggire una risatina.
«Che idiota.» borbottò.
James rise di gusto e constatò che quella giornata, inizialmente cupa e grigia, si fosse conclusa nel migliore dei modi tanto sentirsi incredibilmente vivace come non riusciva a sentirsi da mesi. Si avvicinarono maggiormente al resto del gruppo e tutti insieme passeggiarono allegramente, ridendo e  scherzando fino ad Hogwarts. Si, decisamente un ottimo modo di concludere la giornata.





Angolo Autore
Chapter sixsteen is here! C'ho messo un po' più di tempo di quel che pensavo a scriverlo, non per tematiche o altro, ma ho avuto altro da fare. Aggiungiamoci che dal 18 si possono pure vedere gli amici e capite eheheh. Non ho molto altro da dire, a parte augurarmi che la storia vi stia suscitando interesse. Ringrazio chi ha letto e recensito in precedenza, e invito a lasciarmene qualche altra anche per farmi un'idea se io stia effettivamente proseguendo nel modo giusto. Critiche sempre ben accette eh, tranquilli. A presto.
 

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Capitolo 17
*** A caccia di insetti ***


CAPITOLO 17: A CACCIA DI INSETTI



Dopo l’uscita ad Hogsmeade passò velocemente un’altra settimana tra lezioni, compiti e allenamenti di Quidditch. Tutti i professori spronavano in continuazione gli studenti rammentandogli ad ogni lezione che i G.U.F.O. sarebbero stati molto importanti per il loro futuro. Un fallimento di quel genere non si sarebbe potuto tollerare in nessun caso. Remus Lupin, da bravo studente e Prefetto, rimproverava spesso i suoi tre compagni scavezzacollo di prendere più seriamente la loro istruzione scolastica e non adagiarsi sugli allori come erano soliti fare, anche se c’era da dire che fosse un pochino invidioso di come James e Sirius riuscissero a cavarsela con voti discreti pur non applicandosi particolarmente e lo reputava uno spreco di potenzialità. A differenza di loro due, Peter Minus riscontrava maggior difficoltà nel stare al passo con i programmi delle materie e necessitava di aiuto da parte di Lunastorta che, esasperato dalle continue richieste dell’amico, non poteva far altro che cedere e passare gran parte del pomeriggio in Biblioteca con lui a ripassare argomenti vecchi di un secolo. Quel lunedì mattina iniziò come tutti gli altri giorni: Remus usò i suoi piacevolissimi metodi per buttare giù dal letto i suoi compagni di dormitorio beccandosi nelle orecchie i soliti insulti mattutini.
«Arriverà il giorno che ricambieremo la cortesia.» dichiarò Sirius una di quelle mattine.
Dopo essersi lavati e adeguatamente vestiti i cinque scesero le scale del dormitorio, attraversarono la Sala Comune e si diressero in Sala Grande per la consueta colazione che avrebbe risvegliato le loro energie ancora disperse nei loro corpi stanchi e assonnati. Trovarono giù sedute, al tavolo dei Grifondoro, le ragazze anch’esse con i volti da cui si percepiva un filo di stanchezza e le palpebre leggermente calate per il sonno.
«Buongiorno.» mormorò Frank prendendo posto vicino ad Alice e scoccandole un piccolo bacio.
«’Giorno Frankie.» ricambiò il saluto e avvicinandosi a lui.
«Ragazzi non so voi, ma io sono già stanca per i G.U.F.O.» esalò Mary con la testa calata sul tavolo.
Emmeline la osservò divertita e le fece il favore di versarle del buon caffè.
«Tieni, bevi questo.» disse porgendole la tazza. «E tirati su.»
Mary alzò appena la testa per accorgersi della tazza di caffè fumante davanti ai suoi occhi. Con un sospiro la prese con una mano e se la portò alle labbra incurante che fosse rovente, mandando giù il contenuto in un solo sorso.
«Me ne servirà più di uno temo.»
Prese il recipiente e se ne versò altro. Vicino a lei Lily stava addentando una fetta di pane imburrato mentre dava un’occhiata ad alcune nozioni di Trasfigurazione. Il fatto che la McGranitt fosse la Direttrice della loro Casa, una professoressa severa e che pretendeva il massimo dai suoi alunni la indusse a studiare ancora di più di quanto avesse mai fatto. Non avrebbe deluso le sue aspettative e avrebbe dimostrato le sue capacità.
«Evans, neanche a colazione levi gli occhi dai libri?» la prese in giro Sirius.
«Si dà il caso Black, che io ci tenga ad avere una buona istruzione.» ribatté stranamente tranquilla. «Mica voglio ritrovarmi ad avere un cervello da Snaso come il tuo.»
Gli altri risero a quella che a primo impatto sembrava essere una cordiale risposta, ma si era inaspettatamente trasformata in una delle solite uscite piccate alla Lily Evans. Sirius, in risposta, le lanciò un’occhiataccia e chinò la testa verso le sue uova che sarebbero state divorate in pochi minuti.
«Cosa abbiamo alla prima ora?» chiese Peter con il piatto già vuoto davanti.
«Erbologia» rispose Frank contento per la sua materia preferita. «Almeno iniziamo bene la giornata.»
«Parla per te.» lo rimbeccò James. «Io non sopporto quelle stupide piante.»
«Andiamo non sono così male.» tentò di convincerlo con un’espressione innocente.
James lo guardò inarcando un sopracciglio. Odiava profondamente quella materia dopo un piccolo incidente del secondo anno, quando a lezione vennero introdotte le Mandragole. Quelle pestifere piante, con i loro acutissimi versi, avevano la seccante capacità di tramortire le persone e la professoressa aveva fornito a tutti gli studenti delle protezioni per le orecchie così che non avrebbero corso alcun rischio. Purtroppo per lui, James indossò male le protezioni e svenne davanti a tutti quando la Mandragola afferrata dalla professoressa aveva iniziato ad urlare come un’ossessa e spaccandogli i timpani. Fu un vero affronto al suo orgoglio da Grifondoro e ne portava rancorosamente il ricordo, da cui derivava il suo odio per Erbologia.
«Non puoi ancora prendertela per quella storia Jamie.» gli disse Alice con un’espressione divertita. «E’ stata comunque colpa tua. Avresti dovuto mettere bene i paraorecchie.»
James sbuffò indispettito, incrociando le braccia al petto e distolse lo sguardo.
«Bene, direi che è arrivato il momento di andare verso le serre.» disse Emmeline alzandosi.
Remus diede un’occhiata all’ora sul suo orologio e si accorse che fosse quasi l’ora della lezione, così imitò la bionda e la affiancò lungo il tragitto per arrivare alle serre di Erbologia seguito dagli altri poco più dietro. Ad attenderli trovarono la professoressa Sprite, una donna in carne ma molto affabile e grande esperta di piante. Una volta che tutti gli studenti entrarono la donna iniziò ad introdurre l’argomenti del giorno e diede il via alla lezione.
                                                              ***
Fanny stiracchiò le ali e si accarezzò il becco con il morbido piumaggio rosso fuoco che la ricopriva. Diede uno sguardo al suo padrone poco più in là, vicino al Pensatoio, intento ad esplorare numerosi ricordi, perso in quel flusso di memorie alla ricerca di qualcosa in particolare. Ultimamente era l’attività preferita di Albus Silente. L’anziano mago sembrava essere molto più preso dal Pensatoio che del suo compito di preside, nonostante svolgesse sempre un eccellente lavoro firmando qua e là numerose scartoffie che gli competevano. Silente riemerse per l’ennesima volta quella mattina. Alzò cautamente il capo e lo scosse leggermente per scrollarsi di dosso quella sensazione di torpore che lo invadeva quando si lasciava cadere nell’antico manufatto magico. Si appoggiò ai lati del bacile di marmo, serrando le mani rugose attorno alla pietra. Vedendolo un po’ abbacchiato la Fenice emise un verso inducendolo a girarsi verso di lei per poterlo osservare. Il preside, sentito il richiamo di Fanny, fece un sorrisetto e si voltò per incontrare gli occhi del volatile che lo guardava con aria apprensiva e ricambiò il suo sguardo con il suo, rassicurante e sicuro, dietro gli occhiali a mezzaluna. Abbandonò il Pensatoio, mosse i suoi passi dove la Fenice stava appollaiata la maggior parte del tempo e le dedicò una carezza carica di affetto alla quale lei chiuse gli occhi.
«Sei preoccupata per me Fanny?» chiese Silente con un sorrisetto divertito.
Fanny gli rispose con un verso del quale lui aveva colto il significato, pur non contenente la minima parola. Il rapporto tra lui e Fanny era sempre stato fatto di nessuna parola ma solo gesti e qualche verso che ne valevano mille. La graziosa Fenice sapeva farsi capire piuttosto bene.
«Lo so, ma è essenziale ciò che sto facendo.» rispose continuando ad accarezzarle la testa con il dorso della mano.
Questa volta l’animale non rispose ma si limitò ad assecondare le gentilezze del mago, lanciandogli di tanto in tanto qualche occhiatina e allungando il collo color oro.
«Prometto che cercherò di prendermi un po’ più di pausa.» le disse allontanando la mano. «Piuttosto sei tu quella che dovrebbe starsene più calma. Tra poco sarà il giorno del falò.»
Si avvicinò alla sua scrivania e si accomodò sulla sedia, aveva intenzione di mettersi e riordinare alcuni documenti per Hogwarts ma venne interrotto sentendo qualcuno bussare alla porta.
«Avanti.»
Fece capolino la testa di Gazza, con un’espressione stranamente più tranquilla e non frustrata come al suo solito. Pareva stesse aspettando un suo cenno per avanzare e andare oltre la soglia della porta.
«Argus non stare lì. Vieni pure avanti.»
Il custode annuì e mosse i suoi passi in fretta, trovandosi davanti alla scrivania.
«Signor preside…»iniziò a dire. « C’è qualcuno che richiede di poterla incontrare.»
«Il soggetto di cui stiamo parlando chi sarebbe Argus?» chiese alzandosi dalla sedia.
«Il Ministro della Magia.» sputò fuori Gazza.
«Allora sarebbe sciocco farlo aspettare fuori. Riferiscigli pure di entrare.» lo liquidò.
Gazza annuì e con la sua solita ridicola camminata sgobbata uscì dallo studio per riferire la risposta del preside. Dopo poco la porta si aprì per la seconda volta, ma al posto del malandato custode, si presentò la figura del Ministro della Magia accompagnato da quelli che sembravano essere due Auror del Dipartimento.
«Albus Silente.» fece il Ministro con la sua voce non troppo profonda per essere un uomo di età matura e avanzando verso il preside.
«Albus Percival Wulfric Brian Silente.» lo corresse con tono pacato. «Ma lasciamo stare i convenevoli.»
«Sono d’accordo.» annuì l’uomo togliendosi il cappello e facendo segno ai due Auror di non entrare per lasciarli soli.
I due non proferirono parola e fecero un leggero movimento con la testa come segno di comprensione per poi abbandonare l’ufficio e chiudendosi la porta alla loro spalle.
«Barnabas Afraid.» esalò Silente spostandosi da dietro la scrivania per raggiungerlo. «Cosa porta qui, alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, il nostro stimato Ministro della Magia?»
Afraid gli lanciò un’occhiata stizzita. Quella domanda gli sembrò quasi una provocazione velata, ma il preside non perse nemmeno per un momento la sua espressione sicura e portò le mani dietro la schiena, in attesa. Barnabas si inumidì le labbra passandoci lievemente la lingua sopra, avvertendole stranamente secche. La figura di Albus lo metteva leggermente a disagio, nonostante l’aspetto da innocuo vecchietto sapeva che nascondeva un potere che andava ben oltre il suo e lo aveva sempre temuto, al pari di Tu-Sai-Chi.
«Sono qui per questioni poco piacevoli temo.» rispose infine l’uomo.
«Farò del mio meglio per aiutarti come posso.» dichiarò Silente attendendo che rivelasse ciò per cui era venuto.
« E’ proprio ciò che volevo sentire.» disse secco.
Tirò fuori dal mantello grigio freddo una copia dell’ultimo numero della Gazzetta del Profeta e la porse a Silente con fare palesemente irritato e una smorfia appena visibile sul suo volto. Albus diede un’occhiata al giornale e poi spostò lo sguardo su Afraid che, con un cenno, lo indusse ad afferrarlo. Alzò la mano e lo afferrò, sistemandosi gli occhiali a mezzaluna sul naso leggermente storto e iniziò a leggere la prima pagina che conteneva l’articolo più rilevante del giorno. Lo lesse con attenzione sotto lo sguardo duro del Ministro che, in attesa che concludesse la lettura, aveva iniziato a picchiettare nervosamente le dita sul proprio braccio. Silente terminò di leggere l’articolo e con molta tranquillità lo ripiegò porgendolo ad Afraid che se lo riprese in un battito di ciglia.
«Ebbene?» fece Barnabas impaziente.
«Cosa vuoi sapere Barnabas?» replicò con noncuranza il preside.
Di fronte a quella dimostrazione di disinteresse il Ministro della Magia sembrò perdere le staffe.
«Non abusare della mia pazienza Albus!»
«Non ne ho alcuna intenzione.»
«Allora spiegami, per quale motivo non hai rivelato le informazioni citate?» sbottò.
«Queste informazioni non sono molto attendibili.» osservò Silente con tono tranquillo. «Sbaglio o la giornalista che lo ha scritto ha alle spalle articoli poco veritieri?»
«Rita Skeeter è una giornalista estremamente competente.» replicò piccato. «Capita a tutti di fare qualche strafalcione.»
«Vero. Ma mi sorgerebbe comunque il dubbio.»
Barbas Afraid boccheggiò appena, ma si ricompose subito deciso a continuare ciò per cui si era recato ad Hogwarts. Non avrebbe lasciato correre qualsiasi affronto.
«Non perdiamoci in sterili critiche di giornalismo.» tagliò corto. «Sei in possesso di informazioni riguardanti Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Informazioni riguardanti ciò che è successo qualche mese fa a Godric’s Hollow. Lo neghi?»
«Sono in possesso delle stesse informazioni che ha il Ministero della Magia.» rispose Albus portando le mani dietro la schiena e sostenendo lo sguardo dell’altro.
«Qui si parla di ciò che è successo dopo la sua scomparsa. Del perché dopo quella violenta battaglia pare che la marcia dei Mangiamorte si sia fermata. Non è un gioco Albus, dobbiamo assicurare l’ordine nel Mondo Magico.»
«Se vuoi delle risposte sicure temo di non potertele fornire. Modestamente ho molte qualità, ma la Preveggenza non è tra quelle.»
«Non tollero questa insolenza!» esclamò irato Afraid. «Voglio che tu mi dica tutto quello che sai, e in più, quanto c’entra in questa storia il figlio dei Potter!»
«Onestamente credo che tu stia creando un versione dei fatti un po’ distorta.» spiegò Silente senza perdere quel tono di tranquillità condito di una leggera punta di seccatura.
«Albus, qui c’è scritto che tu e Potter avete dei segreti di cui il Ministero non è a conoscenza. Si parla di un complotto contro il Ministero!» continuò imperterrito.
«James Potter non ha nulla a che vedere con questa storia. La sua unica colpa, se così la vogliamo chiamare, è di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, come ben sai.»
«Sai bene che non m’interessa come Tu-Sai-Chi sia morto…»
«Non è detto che sia morto.»
«…ma la faccenda è seria! I fatti che sono riportati fanno pensare ad un doppiogioco. Che tu non voglia rivelare alcune cose perché sei in combutta con i Mangiamorte.»
Silente rimase interdetto per un secondo e Afraid pensò di averlo spiazzato e che avrebbe confessato, colto sul fatto. Ma ad essere spiazzato fu lui, poiché l’anziano mago scoppiò in una genuina risata, come se lo avesse accusato di aver lanciato una Caccabomba nell’atrio della Gringott. Ripresosi dall’attacco di risa, Albus lo guardò con un piccolo sorrisetto.
«Caro Barnabas, e per quale motivo dovrei essere in combutta con i Mangiamorte?»
«Ma è chiaro no?» rispose in maniera sicura Afraid puntandogli un dito contro. «Ti sei alleato con il Signore Oscuro perché, una volta preso il potere, ti ponesse a capo del Ministero della Magia come Ministro!»
Silente appellò tutto il suo autocontrollo per evitargli di ridergli nuovamente in faccia, e per fortuna ci riuscì.
«Ti sorprenderà saperlo, ma mi hanno proposto di diventare Ministro della Magia più volte di quante il Puddlemore United abbia il vinto il Campionato di Quidditch.» rivelò. «Ho sempre rifiutato, poiché amo Hogwarts e non accetterei nessun’altra carica che non sia quella del preside. Dopotutto sono stato tra quelli che ha proposto te come Ministro.»
Afraid boccheggiò e la sua ira si spense come un braciere su cui era stata versata dell’acqua. Le sue folli teorie, sue e di quell’articolo, sfumarono dinanzi a quella risposta. Quella mattina, appena letto il Profeta, si era lasciato andare alla cieca paura. Sapeva che Silente fosse un mago molto influente nell’intero Mondo Magico e che non avrebbe mai avuto bisogno di simili trovate se davvero avesse voluto rubargli il posto. La sua inadeguatezza rispetto al mago più famoso e potente del loro secolo lo avevano mandato alla deriva, rinchiudendo la ragione e la razionalità in un angolino della sua mente e lasciando spazio alla negatività e ai pregiudizi.
«Ma…ciò che sai e che riguarda Potter…» provò a dire.
«Sto solo cercando di tenere al sicuro il ragazzo.» spiegò con un piccolo cenno della mano. «Voldemort può essere ancora pericoloso.»
«Non dire quel nome!» lo rimproverò Afraid ritornando con il suo solito atteggiamento duro. «E comunque è morto.»
«Ma l’articolo non diceva che io sapessi che sarebbe tornato?» replicò. « Perché vuoi credere che sia morto?»
«Perché la gente ha bisogno di saperlo morto per andare avanti.»
«Allora dovresti dirlo alla cara Rita. Ha alzato un bel polverone.»
Afraid non poté più ribattere a quell’ultima frase. Rita Skeeter indagava da mesi sull’accaduto e, nonostante il Ministero dichiarasse che il pericolo fosse passato, i suoi articoli facevano molto discutere ed erano i più rilevanti sul Profeta. Questo avrebbe potuto minare la sua credibilità come Ministro insieme a tutto il suo operato. La Gazzetta del Profeta andava messa sotto torchio e avrebbe dovuto essere limitata dal Ministero.
«Se stai pensando di assumere il controllo della Gazzetta del Profeta, non credo sia la scelta più saggia.» disse Silente.
«Non dirmi come fare il mio lavoro.» rispose seccato per essere riuscito a capire le sue intenzioni. « La nostra discussione finisce qui.»
Senza degnare il preside di alcun cenno di saluto, Barnabas Afraid si avviò verso l’uscita dello studio con passo svelto e con la schiena leggermente incurvata. Evidentemente la conversazione doveva essergli pesata più del dovuto. Lo vide richiamare i due Auror che lo avevano accompagnato, entrambi ai alti della porta, e i tre si incamminarono, seguiti da Gazza con in braccio Mrs. Purr, per lasciare il castello. Albus ritornò alla sua scrivania, poggiando i gomiti e levandosi gli occhiali a mezzaluna, passandosi una mano sugli occhi con fare stanco. Rimettendoseli si rivolse a Fanny che non lo aveva mai perso di vista.
«Visita impegnativa eh?» scherzò.
Molto probabilmente Barnabas non lo avrebbe ascoltato e sarebbe corso alla redazione della Gazzetta del Profeta per poter prendere il controllo dell’opinione pubblica ed insabbiare tutto. Voleva che tutti credessero Voldemort morto per poter calmare gli animi del popolo, in modo che non scoppiasse il caos. Non era differente da ciò che aveva fatto poco tempo prima, affermando che il Dipartimento Auror e il Ministero fossero ancora stabili e con il controllo della situazione in mano. Poteva capire che volesse una situazione di calma apparente, ma la finzione non avrebbe mai retto con la verità e prima o poi sarebbe stata distrutta. Ripensò all’articolo e notò che alcune cose descritte sarebbero potute uscire solo da lui o da James, ma non credeva minimamente che il ragazzo o i suoi amici si sarebbero fatti sfuggire qualcosa con Rita Skeeter. Si fidava di lui, nonostante fosse un allievo particolarmente esuberante e discolo, possedeva un buon cuore e un lato maturo. Sospettava che quel lato si sarebbe rivelato con il tempo e con una graduale maturazione, e tutte le sue migliori qualità sarebbero venute a galla. I suoi pensieri furono interrotti, per la seconda volta quel giorno, da un rumore alla porta che lo riportò alla realtà.
«Avanti.»
La porta si aprì e rivelò la figura di James Potter accompagnato dai suoi compagni, e avevano tutti delle espressioni particolarmente preoccupate.
«Entrate pure.» li accolse con calore. «Mi aspettavo una vostra visita.»
 
         ***
 
«L’ho sempre detto che Rüf ha la straordinaria capacità di diventare un perfetto sonnifero.» sbiascicò Sirius sbadigliando.
« Dicevi bene signor Brown.» ridacchiò James mentre abbandonavano l’aula di Storia della Magia.
«Ma vi rendete conto?» fece scandalizzato in direzione degli amici. «Come può non ricordarsi che mi chiamo Black? Insomma, di così fighi ad Hogwarts non ce ne sono.»
«Peccato che ai fantasmi non interessi il grado di bellezza sacco di pulci.» rispose Remus mentre infilava il libro nella borsa.
«Oppure avrà fatto confusione con i colori.» ipotizzò Peter portandosi un dito sul mento. «Black, Brown.»
«Non lo trovo plausibile.» ribatté Felpato, per nulla soddisfatto di quella spiegazione.
«Il fatto che tu voglia dare una spiegazione al comportamento di Rüf. Questo non lo trovo plausibile.» disse James.
«Quando ti sbaglierà il cognome te lo rinfaccerò.»
«Perché per quattro anni cos’ha fatto?»
«Si ma io sono Sirius Black!»
«E io sono James Potter! Dovrebbe essere un motivo addirittura superiore!»
«Ma fammi il piacere, non potrai mai superarmi.»
«Ricordami, chi è il miglior Cercatore della scuola?»
«Ricordami, chi è lo strafigo che spopola tra le ragazze?»
«Anche io spopolo tra le ragazze!»
«Ma mai quanto me. Sei un gradino sotto.»
«Anche tu andrai sotto, ma sotto terra.»
«Ti sfido cervide dei miei stivali!»
«Tornatene a rincorrerti la coda canide pulcioso!»
Remus si sbatté una mano sulla fronte all’ennesimo battibecco dei suoi migliori amici nell’arco di quella giornata che sembrava non avesse mai fine. Pete invece osservava la scena divertito, ridendo di tanto in tanto agli insulti sempre più creativi che i due Malandrini si lanciavano. Avevano appena terminato l’ora di Storia della Magia, l’ultima materia prima dell’ora di pranzo e, soprattutto per la grande felicità di Peter, si stavano recando in Sala Grande per poter consumare un sostanzioso banchetto. La loro avanzata venne però interrotta da una figura che si pose dinanzi a loro, dai colori verde-argento. Il ragazzo pareva essere la copia di Sirius: aveva gli stessi capelli neri portati un po’ più corti del fratello, gli stessi impenetrabili occhi grigi, lo stesso portamento regale. Ma a differenza del maggiore i suoi tratti erano più delicati ed era leggermente più basso di statura. Sirius aggrottò le sopracciglia quando si rese conto che Regulus Black si era parato dinanzi a loro. Non aveva contatti con lui e con i suoi genitori da mesi, e a nessuno di loro sembrava importare di parlargli.
«Sirius.»
«Regulus.»
«Ho bisogno di parlare un momento con te.» esordì il Serpeverde.
Sirius incrociò le braccia al petto e fece una risata amara.
«Cos’è, paparino e mammina ti hanno dato il permesso di rivolgermi la parola?» chiese in maniera sarcastica.
«Sono i nostri genitori.» replicò freddamente. «Comunque non sono qui per discutere di questo.»
«Non m’importa di cosa vuoi discutere. Ti sei ricordato adesso di avere un fratello?» disse Sirius facendo trasparire il proprio risentimento nei suoi confronti.
Nel frattempo i Malandrini, vicino al maggiore dei Black, assistevano alla scena ammutoliti. Tutti e tre erano a conoscenza della situazione familiare di Sirius, in particolare James che lo aveva ospitato quell’estate dopo che era scappato di casa. Aveva raccolto i cocci del cuore di quello che considerava come un fratello, lo aveva aiutato ad andare avanti e a non essere schiacciato dal peso del cognome che portava. Perché, nonostante tutto, loro erano la sua famiglia, e Regulus era il fratellino con cui combinava le marachelle da piccolo e al quale aveva promesso che nulla sarebbe cambiato una volta ad Hogwarts. Eppure erano arrivati a quel punto, in un rapporto di reciproca freddezza e indifferenza.
«Sir.» lo chiamò Remus. «Ascolta ciò che ha da dire. Non ti costa nulla.»
James, a malincuore, non poté che trovarsi d’accordo con Lunastorta. Ma voleva fargli capire che non lo avrebbero abbandonato.
«Rem ha ragione.» concordò mettendogli una mano sulla spalla. « Siamo qua vicino se hai bisogno.»
Felpato parve rifletterci con una smorfia contrita, ma annuì dopo poco e si lasciò scappare un sorriso appena accennato come muto segno di ringraziamento ai suoi migliori amici che si allontanarono da loro abbastanza per lasciarli parlare in intimità.
«Bene.» lo incitò Sirius una volta che i tre furono lontani. «Forza, parla.»
 «La nostra famiglia ha deciso di radiare zio Alphard dall’albero genealogico.» rivelò con totale indifferenza.
Sirius rimase interdetto di fronte a quella notizia. Alphard Black era il fratello di sua madre Walburga e di suo zio Cygnus. A differenza dei due fratelli, però, non aveva mai accettato il motto dei Black ed era un Babbanofilo affermato, considerato un traditore del suo sangue. Il fatto che non si fosse mai sposato con nessuna persona Babbana o di origini Babbane gli aveva impedito di essere radiato dall’albero genealogico della famiglia, cosa che a lui non era mai importato. Lo zio Alphard, insieme ad Andromeda, era l’unica persona della sua famiglia con cui andasse d’accordo e con cui era riuscito ad instaurare un legame affettivo vero e reale non basato su assurdi discorsi sullo Stato di Sangue.
«Per quale motivo?» chiese.
«A causa tua.»
«Mia?»
«Lo zio non si è dimostrato contrariato alla tua fuga, anzi, l’ha sostenuta con forza.» spiegò. «Per la nostra famiglia è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso ed è stato radiato. Come lo sei stato tu.»
Il maggiore non proferì parola per qualche momento, ma si riscosse subito riprendendo la sua solita vena irriverente.
«Già e probabilmente si starà piangendo addosso per essere stato rinnegato dalla nobilissima e purissima casata dei Black.» disse con finto tono melodrammatico. «Ci avete fatto solo un favore. Non vogliamo avere più a che fare con una massa di squilibrati razzisti.»
«Bada a come parli Sirius!»
«Non me ne importa un accidente!» sbottò. «Io non voglio avere più a che fare con delle persone del genere! Che valutano le persone in base alle loro origini e non in base al loro reale valore.»
«La nostra famiglia vuole solo il meglio per il futuro dei maghi!» replicò Regulus inalberandosi anch’esso.
«No! Questo è ciò che ti hanno inculcato! Ma la verità è ben diversa, vogliono un mondo dove regni la paura ed il terrore, dove regni la violenza e la supremazia, dove una vita non ha lo stesso valore di un’altra!»
Regulus parve tentennare dinanzi a quel flusso imperterrito di parole e Sirius ne approfittò per continuare il suo discorso.
«Ma la cosa che più mi manda in bestia è che tu non ci creda davvero! Li segui solo per paura, perché non hai la forza di ribellarti come dovresti e ciò ti rende un codardo!»
In quel momento la maschera che Regulus si era costruito in tutto quel tempo e che portava ininterrottamente a Grimmauld Place e ad Hogwarts cadde sbriciolandosi.
«Non sono mai stato come te…» mormorò a testa bassa.
«Allora lasciati aiutare!» esclamò speranzoso per aver rivisto suo fratello dopo anni. «Rimani vicino a me e abbandona anche tu quella casa.»
E Regulus fu veramente tentato di accettare quella proposta tanto assurda quanto bella. Ritornare al fianco di suo fratello, come quando erano piccoli, senza più essere avvolto dal clima di terrore che aleggiava da anni ormai nella sua vita e al quale Sirius aveva avuto il coraggio di ribellarsi. Ma ricadde bruscamente nella realtà. Ormai i suoi genitori lo avevano presentato ai Mangiamorte, e presto sarebbe diventato uno di loro a tutti gli effetti. Abbandonarli avrebbe significato la morte certa e nessuno avrebbe potuto proteggerlo, e non voleva mettere in pericolo Sirius con quel suo gesto avventato ed egoista.
«Non posso.» esalò con rammarico. «Sarebbe un suicidio, e metterei ancora più in pericolo te.»
«Ti stai lasciando guidare dalla paura.» continuò Sirius. «Possiamo aiutarti, basterebbe parlare con…»
«No Sirius!» lo interruppe bruscamente. «Rimarrò con la mia famiglia, perché è l’unica che ho.»
Diede uno sguardo ai Malandrini in lontananza che stavano assistendo alla discussione con un’espressione dura e preoccupata. Almeno suo fratello sarebbe stato felice, con qualcuno che si sarebbe preso cura di lui nei momenti difficili. Si lasciò andare in un sorriso inaspettato ma poco evidente.
«Tu l’hai già trovata la tua vera famiglia.»
Detto questo gli voltò le spalle, incamminandosi verso le scale e sparendo alla vista di Sirius che rimase ad osservarlo andarsene bloccato sul posto. Tu l’hai già trovata la tua vera famiglia. Ci aveva provato ancora una volta ma non era riuscito a fargli cambiare idea. Per poco aveva di nuovo rivisto il suo fratellino, aveva visto la maschera della dura freddezza dei Black cadere e rompersi in mille pezzi. Ma ormai non rimaneva più nulla che potesse fare per aiutarlo. Gli aveva dato una nuova possibilità per distaccarsi da ciò che era tutto fuorché una famiglia, ma aveva fallito nuovamente. Avvertì su di sé un tocco confortante e incrociò lo sguardo con gli occhi color nocciola di James. Poi con quelli di Remus e infine con gli occhietti acquosi di Peter che lo guardava con apprensione.
«C’hai provato Felpato. Non hai nulla da rimproverarti.» gli disse Ramoso.
«Vedrai…» parlò Remus. «Prima o poi capirà che sta sbagliando.»
«Non ne sono sicuro.» brontolò il Black.
«Lo farà.»
Sirius si riscosse e alzò la testa per fare un ghignetto in direzione dei tre, sintomo che il buon vecchio Felpato era tornato operativo. I Malandrini non lo avevano lasciato a struggersi. Di nuovo.
«Va bene. Sto morendo di fame e ho bisogno di una quantità spropositata di carne cazzo.»
«Eccolo lì. E’ tornato tra noi.» ridacchiò James dandogli un giocoso pugno sul braccio.
«E ha detto una cosa buona e giusta. Ho bisogno di cibo!» esclamò Peter portandosi le mani allo stomaco brontolante.
I quattro scoppiarono a ridere e incominciarono a camminare verso la Sala Grande già gremita di studenti intenti a parlottare tra loro mentre si gustavano l’ottimo banchetto preparato dagli elfi domestici. Adocchiarono il resto del loro gruppo già seduto alla tavolata dei Grifondoro, mentre iniziavano a servirsi delle varie pietanze che fecero venire l’acquolina in bocca a tutti e quattro. Frank li notò e si rivolse a loro.
«Ma dov’eravate finiti?»
«Un piccolo contrattempo, niente di preoccupante.» tagliò corto James iniziando a riempirsi il piatto.
Frank lo fissò per un attimo, poi scosse le spalle e si concentrò nuovamente sul suo piatto e parlando con Alice della lezione di Erbologia di quel giorno. Marlene, invece, osservò Sirius scorgendo un piccolo accenno di tristezza nei suoi occhi e si accorse che quel piccolo contrattempo probabilmente lo riguardava particolarmente. Non gli chiese nulla, avrebbe rimandato le domande a più tardi.
«Il professor Silente non è a tavola nemmeno oggi.» notò Lily con lo sguardo rivolto al tavolo dei professori.
Era da un paio di settimane che il loro preside non prendeva più parte quotidianamente ai pranzi e alle cene. La sua presenza risultava molto rara ultimamente e ciò fece insospettire la rossa.
«Già, probabilmente fare il preside porta via più tempo di quel che si pensa.» disse Mary.
«Non credo che sia per questo.» replicò Lily decisa.
«E per cosa?»
«Se stesse elaborando qualcosa contro Tu-Sai-Chi?» domandò abbassando la voce in modo che solo loro potessero sentirla.
«Sinceramente Lily, pensi davvero di riuscire a comprendere anche solo un decimo di ciò che fa Silente?» fece Mary scuotendo la testa.
La Evans non poté che concordare con la Cacciatrice. In effetti se si pensava ad una persona criptica e complessa questa si poteva ricondurre tranquillamente alla figura del loro strambo ma rispettato preside. L’intera Sala Grande fu attirata da un gran bubolare dal soffitto e gli studenti si accorsero che i gufi stessero per entrare a consegnare la posta. Centinaia dei gufi fecero la loro entrata prendendo varie direzioni e raggiungendo i rispettivi proprietari che li accolsero benevolmente, pronti a dar loro qualcosa da mangiare in cambio. James vide il suo maestoso gufo reale, eredità della famiglia Potter, atterrare elegantemente verso di lui porgendogli il numero della Gazzetta del Profeta di quel giorno, l’unica cosa che ormai poteva ricevere dal mondo esterno. Prese delicatamente il giornale arrotolato dal becco dell’animale, che gli fece una muta richiesta spalancando le ali e muovendo il collo piumato.
«Sta’ buono Ignotus, ora ti do qualcosa da mangiare.» gli disse accarezzandolo.
«Hai davvero chiamato il tuo gufo come un tuo antenato?» chiese Alice conscia delle origini dei Potter che James le aveva raccontato tante volte in quegli anni.
«Mai dimenticare le proprie origini.» scherzò James afferrando un pezzo di carne e lanciandolo al gufo che, soddisfatto del bottino ricevuto, volò via per recarsi in Guferia dove riposavano tutti gli altri volatili.
Il ragazzo afferrò il calice con del succo di zucca ed iniziò a berlo mentre dava un’occhiata alla prima pagina dell’articolo. Non fece in tempo a leggere il grosso titolo nero che spalancò gli occhi e sputò tutto il succo addosso a Mary di fronte a lui e iniziando a tossire convulsamente. Sirius gli batté alcune pacche sulle spalle per farlo riprendere ma James sembrava essere andato in catalessi rivolgendo tutta l’attenzione alla Gazzetta.
«MA CHE CAZZO?!» urlò a gran voce attirando gli sguardi di tutti.
«Ramoso ti pare il modo di uscirtene?» lo rimproverò Remus profondamente contrariato a quei toni volgari.
Felpato non proferì parola, ma si limitò a dare un’occhiata a ciò che il suo migliore amico aveva letto e che gli aveva provocato una reazione così esagerata. E anche lui ebbe la medesima reazione.
«PORCO SALAZAR!»
 
                               ALBUS SILENTE E JAMES POTTER COMPLOTTANO CONTRO IL MINISTERO
Sono passati più di tre mesi da quel terribile 25 agosto in cui molti maghi, streghe e persino alcuni Babbani persero la vita nel villaggio dedicato a Godric Grifondoro, Godric’s Hollow. Facendo un veloce riepilogo, si è a conoscenza che in quell’occasione Auror e Mangiamorte si siano scontrati in una violenta battaglia all’ultimo sangue che ha visto vincitori i primi grazie all’enorme competenza del Dipartimento che può vantare la presenza dei migliori cacciatori di maghi oscuri che ci siano sulla piazza. I Mangiamorte batterono in ritirata e il loro capo con loro. Molti sostengono che Colui-Che-Non-Deve-Essere-nominato sia deceduto e che si possa ritornare a dormire sonni tranquilli, ma purtroppo la verità sembra essere orribilmente differente. C’erano infatti testimonianze di un numero davvero esiguo di persone che lo avrebbe visto scappare scortato dai suoi sottoposti dopo aver brutalmente assassinato la famiglia Potter ad eccezione del figlio James, sorprendentemente sopravvissuto all’attentato. E’ proprio lui, infatti, a mettere incertezza nella sicurezza che il Ministero cerca di proteggere, affermando che il Mago Oscuro sarebbe presto tornato e che la sua versione è sostenuta da nientepopodimeno che dal leggendario Albus Silente. Il dubbio che ne viene fuori è: perché i due non hanno comunicato immediatamente al Ministero della Magia ciò che sapevano? E’ possibile che siano coinvolti in un gioco mortale ai danni dell’intera comunità magica e che stiano mantenendo altri segreti per scopi personali? E’ per colpa loro se i coniugi Potter e molti altri hanno pagato con la vita? Per la soddisfazione di un proprio tornaconto? Si potrebbe pensare che la momentanea caduta di Voi-Sapete-Chi sia tutta una messa in scena e che ci sia una collaborazione con i Mangiamorte ai danni del Ministero e del Ministro della Magia, Barnabas Afraid. Una cosa è certa, queste due persone non sono sincere e alcune versioni dei fatti non tornano.
Di Rita Skeeter
«Ma stiamo scherzando?!» esclamò Sirius esterrefatto.
Remus e Peter gli strapparono il giornale tra le mani così che loro e gli altri lo potessero leggere, e l’espressione scocciata di Lunastorta si tramutò in una di pura ira, come se il Lupo Mannaro nascosto in lui balzasse fuori all’improvviso per avventarsi contro quel pezzo di carta straccia.
«Quella…quella laida gargoyle!» sputò fuori senza ritegno. «Queste sono calunnie della peggior specie!»
«Sapevo che la Skeeter fosse capace di tutto, ma questo…» disse Marlene con un cipiglio arrabbiato.
«Quella vecchia, puzzolente, stupida, insulsa, bagasc…» stava elencando Sirius in preda alla cieca rabbia.
James sembrava paralizzato, fermo a guardare il piatto davanti a lui ad occhi spalancati. Parte delle notizie di quell’articolo erano state enormemente enfatizzate fino all’inverosimile, ma ciò da cui partivano erano parole che aveva proferito lui personalmente. Gli studenti a cui era arrivata la Gazzetta del Profeta nello stesso momento, fissavano con insistenza il loro tavolo e borbottavano senza ritegno su di lui come se non fosse presente.
«Jamie, forse ci conviene andarcene.» bisbigliò Alice preoccupata.
«Tranquilla, voi finite pure il pranzo.» la fermò con un cenno della mano.
«Neanche per sogno Potter.» s’intromise Lily alzandosi dal tavolo e prendendo la sua borsa. «Dobbiamo vederci chiaro in questa storia.»
Il ragazzo venne investito da uno strano moto di felicità e gratitudine poiché era stata proprio lei a parlare e non ebbe la forza di controbattere. Tutti e dieci si alzarono e abbandonarono la Sala Grande seguiti sotto lo sguardo pressante dell’intera studentesca.
«Allora, chi ha fatto la spia?!» ringhiò Sirius ai presenti, ma rivolse il suo sguardo furioso tralasciando i Malandrini.
«Cosa?» fece Emmeline sbigottita.
«E’ chiaro che qualcuno non abbia saputo tenere la bocca chiusa, e di sicuro nessuno di noi…» indicò lui e gli altri tre «…lo avrebbe mai fatto.»
«Sirius!» lo riprese Remus.
«No Rem, non me ne frega niente!» ribatté con forza. «Qui qualcuno ha fatto la spia!»
«Black stai vaneggiando.» disse Marlene con aria seccata.
«Io starei vaneggiando?»
«Esattamente.» continuò Alice dando man forte all’amica. «Tutti siamo degni di fiducia quanto te. Non faremmo mai una cosa del genere.»
«Allora spiegami come sono uscite fuori cose di cui si è parlato con la massima segretezza!» sbottò il Black sempre più furioso.
A Sirius Black importava di poche cose, ma una di queste erano i suoi amici per il quale diventava estremamente protettivo . Molto spesso lasciava da parte la razionalità facendosi guidare dalle sue emozioni turbolente e scavalcavano la vocina nella sua testa che gli sussurrava di star arrivando a conclusioni affrettate.
«Sirius.» intervenne Frank con tono pacato. «Nessuno di noi, e parlo anche a nome delle ragazze, sarebbe mai sceso a tanto. E lo sai.»
Felpato parve essere stato domato, ma si lasciò sfuggire uno sbuffo profondamente seccato, convinto che tra di loro si nascondesse un traditore.
«Frank ha ragione Sir.» disse Remus cercando di farlo calmare. «Dovresti sapere che tutti loro sono degni di fiducia. O hai dimenticato chi ha combattuto con voi a Godric’s Hollow?»
«Si però…» farfugliò a occhi bassi.
Remus conosceva bene l’indole ribelle di Sirius e il suo profondo attaccamento agli amici. Poteva comprendere la sua reazione che, seppur eccessiva, evidenziava quanto tenesse ai Malandrini e in particolar modo a James con se fosse un fratello. Ciò lo rendeva fiero del suo amico, ma si fidava di Frank e delle ragazze poiché custodivano il suo segreto da tempo con la massima riservatezza e li reputava degni di fiducia almeno quanto i suoi migliori amici.
«C’è sicuramente un’altra spiegazione, non abbiamo abbastanza informazioni.»
Il Prefetto si rivolse a James, rimasto ad assistere alla sfuriata di Sirius.
«James, cosa ne pensi?»
Ramoso sospirò, sistemandosi gli occhiali tondi sul naso diede uno sguardo alle persone dinanzi a sé. Anche lui si fidava ciecamente di Lily, Marlene, Mary, Alice e Frank e non ne avrebbe mai dubitato dopo il legame che si era creato tra loro. Per lui sarebbe stato il massimo del disonore dubitare degli amici, l’amicizia era sempre stato il valore a cui si era aggrappato e a cui aveva dato più importanza in tutta la sua vita.
«Io non dubito di nessuno di voi.» disse sicuro e abbozzando appena un sorriso.
«Grazie Jamie.» lo ringraziò sinceramente Mary.
«Anche io non capisco come la Skeeter sia venuta in possesso di quelle informazioni, ed è vero che non ne sappiamo abbastanza.»
«Dici che ti spia?» domandò Peter a bassa voce come se qualcuno potesse captare le sue parole.
«No, non credo.» rispose. «Ciò che mi preoccupa è che Silente potrebbe pensare che io abbia spifferato tutto.»
«Silente non è un idiota Potter.» parlò Lily sistemandosi la borsa piena di libri sulla spalla.
«Questo lo so ma…»
«Ad ogni modo converrebbe fare una capatina nel suo ufficio e spiegare la situazione.» lo interruppe la rossa.
«Sono d’accordo.» annuì Remus.
James non poté che trovarsi d’accordo. Al momento la priorità era parlare col preside e chiarire la situazione che appariva poco nitida, poi avrebbero pensato al resto.
«Bene, allora si va da Silente. Ma serve la parola d’ordine.» osservò.
Lily fece un inaspettato ghigno scuotendo leggermente il capo e facendo ondeggiare i lunghi capelli rossi davanti al viso.
«Hai due Prefetti a disposizione Potter. Approfittane.»
Il Cercatore fu leggermente sorpreso di aver visto un vero ghigno sul volto di Lily Evans, di solito tranquilla e pacata, a meno che non la si faceva arrabbiare ovviamente. Prima di poter dire altro però, rivolse la sua attenzione ad un taciturno Sirius Black, a testa bassa, che non si azzardava ad emettere un fiato.
«Felpato.» lo chiamò.
Il giovane Black alzò lentamente il capo, quasi con vergogna, e per la seconda volta in vita sua si sentì fuori posto, ma più di tutto tremendamente stupido per quell’uscita da ragazzina mestruata di poco prima.
«Ragazzi io…scusatemi.» borbottò.
Remus, Peter e James boccheggiarono appena di fronte alle scuse sentite del loro amico. Le volte in cui ammetteva di sbagliare si potevano contare sulle dita di una mano e quindi si rivelava essere un vero evento, come assistere ad un’aurora boreale. Marlene parve trucidarlo in uno sguardo in un primo momento, ma quando distese i lineamenti del suo bel volto i ragazzi seppero che Sirius era già stato perdonato senza che dicesse nulla.
«Tranquillo Black. Dovevamo aspettarcelo che quando ci sono i tuoi amici di mezzo diventi la checca più grande di Hogwarts.»
«Già io, mi dispia…Ehi! Chi sarebbe la checca?»
«E io che ho detto?.» domando la ragazza più a sé stessa che agli altri in tono ironico.
«Bando alle ciance.» fece Lily spezzando quel breve momento comico. «Muoviamoci e andiamo da Silente.»
Gli altri annuirono e si incamminarono su per le scalinate per raggiungere il secondo piando del castello dov’era situata l’entrata dell’ufficio del preside. Intravidero, lungo il corridoio, tre uomini ben vestiti che si stavano dirigendo nella direzione opposta alla loro con passo frettoloso. Con un groppo alla gola Peter lo riconobbe come il Ministro della Magia, mentre i due che lo affiancavano dovevano essere Auror del Ministero a giudicare dal portamento e dall’aria attenta e guardinga. Mentre i due gruppi si incrociavano, il Ministro assottigliò gli occhi alla vista di James ma si ricompose subito ritornando ad avere l’usuale espressione impenetrabile che lo contornava, mentre i due Auror non diedero nemmeno l’impressione di averli visiti. I ragazzi arrivarono davanti ai due gargoyle e Lily si mise davanti a tutti per poter proferire la parola d’ordine.
«Zuccotti di Zucca.»
Al proferire di quelle parole i due gargoyle si fecero da parte rivelando la scala a chiocciola dove Lily si posizionò per salire.
«Zuccotti di Zucca?» fece Frank esterrefatto. «Davvero?»
La scala si mosse e li portò fino al piano superiore, davanti alla porta dello studio. James si fece avanti per poter essere il primo ad entrare essendo coinvolto attivamente in tutta quella faccenda e quello che avrebbe voluto spiegazioni subito per tutta quell’assurda trovata. Bussò non troppo forte e attese la risposta dall’altra parte che non tardo ad arrivare.
«Avanti.»
La porta si aprì e James sperò di non avere un’espressione troppo preoccupata sul viso. Il preside era seduto alla scrivania, con il trespolo della sua Fenice lì vicino e non pareva particolarmente turbato o arrabbiato, sembrava essere lo stesso di sempre.
«Entrate pure.» li accolse con calore. «Mi aspettavo una vostra visita.»
I dieci senza proferir parola entrarono uno alla volta, avvicinandosi al centro della stanza e chi non era mai entrato nello studio di Albus Silente, come Marlene, Mary, Frank, Alice ed Emmeline, si ritrovò ad esaminare attentamente quel luogo strambo quanto meraviglioso per l’enormità di cimeli e manufatti magici al suo interno.
«Credo di sapere il motivo della vostra visita.» parlò con tranquillità il preside abbandonando il suo posto dietro la scrivania. «Suppongo che abbiate letto la Gazzetta del Profeta.»
«Esattamente professore. Vede…» provò a dire James «…nessuno di noi ha rivelato nulla. Glielo possiamo giurare.»
«E’ vero preside deve crederci.» gli diede man forte Mary.
«Non sappiamo come ma la Skeeter…» s’intromise anche Sirius accalcandosi ai due.
Vennero tutti e tre zittiti da un cenno delle mani di Silente che, sempre con la solita compostezza, li rimise al loro posto e li rassicurò prendendo la parola.
«Fermi ragazzi. Io non ho alcun dubbio che nessuno di voi abbia rivelato qualcosa.»
«Già.» annuì Sirius fiero. «Aspetti, cosa?»
«Ha sentito bene signor Black, ho la massima fiducia in voi.» calcò bene ogni parola.
«Quindi lei ci crede?» chiese Alice.
«Si signorina Prewett, vi credo.» annuì. «Ora la questione più importante è capire come Rita Skeeter sia arrivata a tali informazioni.»
«Lei dà per scontato che ci sia arrivata, ma non potrebbe essere stata informata da un terzo?» domandò Lily.
«Oh signorina Evans, ciò che è venuta a sapere era un’informazione che solo i presenti di questa stanza conoscono e abbiamo appurato che siete tutti degni di fiducia. Per cui ho ragione di credere che la signorina Skeeter abbia ottenuto personalmente ciò che poi ha pubblicato.» ragionò Silente lisciandosi la lunga barba bianca.
«Un bel dilemma, come potrebbe aver fatto?» si interrogò Remus grattandosi il mento.
«Un Confundus?» optò James.
«No, avrebbe dovuto tirare fuori la bacchetta e se ci avesse provato da lontano avrebbe rischiato di colpire qualcuno, mentre se ci avesse provato da vicino l’avremmo scoperta subito.» osservò il Lupo Mannaro.
«Ottima deduzione signor Lupin.» si complimentò l’anziano mago facendolo lievemente arrossire.
«Magari ha usato delle microspie.» propose Peter.
«Microche?» chiese confuso James.
«Microspie. Sono degli speciali apparecchi elettronici, si attaccano alle superfici e permettono di poter ascoltare a distanza tutto ciò che si vuole.» spiegò.
Ovviamente James, Sirius, Alice, Frank ed Emmeline essendo Purosangue non avevano la minima idea a cosa il piccolo Peter si stesse riferendo, a differenza degli altri che avendo origini Babbane ne sapevano molto di più di loro riguardo a quell’altro mondo.
«Improbabile, oltretutto non credo che la Skeeter sia a conoscenza di questo tipo di tecnologia.» obiettò Lily pensierosa.
Silente annuì.
«In più nessun tipo di apparecchio Babbano potrebbe mai funzionare vicino ad Hogwarts. L’incredibile quantità di magia comprometterebbe il loro funzionamento.» aggiunse.
«Mi spieghi come sono fatte queste cimici?» chiese James a Peter, interessato all’argomento.
Tutto ciò che era Babbano lo aveva sempre affascinato.
«Ecco, sono davvero microscopiche così che sia difficile individuarle ad occhio nudo. Sono simili alle cimici, tanto che spesso vengono chiamate così»
«Cimici eh?» rifletté il Potter.
Forse era quella la parola chiave. Cimice. Un animale abbastanza piccolo da potersi intrufolare dappertutto e, eventualmente, ascoltare qualsiasi cosa. La teoria di Peter non sembrava essere del tutto sbagliata, ma più che altro vista alla maniera dei maghi assolutamente non tecnologici. E poi gli venne un’illuminazione, come se avesse avuto quella risposta davanti al naso tutto il tempo ma fosse ancora abbastanza inconcepibile da afferrarla al volo.
« E se…» iniziò a dire. «Se si trattasse effettivamente di una cimice?»
«Cosa intendi?» chiese confuso Frank grattandosi il mento. « Abbiamo appena detto che non è possibile.»
«Non intendo quella roba Babbana.» disse scuotendo la testa. «Intendo una cimice vera.»
Remus lo squadrò pensieroso, mentre Sirius tentava invano di capire a cosa si riferisse. Poi, lambiccandosi il cervello abbastanza, afferrò cosa in realtà Ramoso volesse dire realmente e gli parve piuttosto chiaro.
«Vuoi dire…»
«Si. Sto dicendo che potrebbe essere un Animagus.» dichiarò spiazzando i presenti.
«Ma…non credo sia possibile.» obiettò Emmeline. «Bisogna essere registrati al Ministero della Magia per esserlo e la Skeeter non lo è a quanto ne sappiamo.»
«Non necessariamente.» affermò Sirius sorridendo mentalmente.
Era strano stare lì a parlare di Animagus illegali quando loro lo erano davvero, e ciò risultava molto rischioso. Ma grazie a quel modo di vedere la situazione la teoria di James pareva essere più plausibile di quanto non sembrasse inizialmente. Si girò verso Silente che, non aveva aggiunto alcun commento dopo quella frase ma pareva quasi divertito nel vederli esprimere congetture e spremersi le meningi per arrivare ad una risposta.
«Non sembra così impossibile come possibilità.» disse Marlene. «Anche se è un tipo di Trasfigurazione estremamente complessa.»
«Non tanto come pensi…» farfugliò Peter, pensando che persino lui era riuscito ad effettuare la trasformazione con successo.
«Cosa?»
«Niente, niente.» si affrettò a dire distogliendo lo sguardo da quello di lei.
Ma incontrò quello di Silente, profondo e penetrante, e si sentì tremendamente in soggezione davanti a quegli occhi azzurri capaci di leggere l’anima di chiunque. Per un attimo giurò di aver intravisto un luccichio tra le chiare pagliuzze delle sue iridi.
«Ritengo che la teoria del signor Potter non sia così strampalata.» parlò Silente sempre con tono calmo e provocando un sincero sorriso sul volto del ragazzo.
«Si ma come facciamo ad esserne sicuri?» domandò Alice.
«Potremmo tenderle una trappola.» propose Sirius elettrizzato alla sola idea. «La intrappoliamo e la minacciamo di ritirare subito quelle stupide chiacchiere dal Profeta.»
«Sirius, possibile che tu sappia pensare solo a piani estremi?» lo rimproverò Marlene, nonostante l’allettasse parecchio l’idea di farla pagare a quella smorfiosa.
«Semplice ed efficace. Cosa c’è di meglio?»
Calò il silenzio. Ognuno di loro preso a metabolizzare la nuova, possibile scoperta e a come utilizzarla contro di lei. Sicuramente, se le loro congetture si fossero rivelate corrette la reporter avrebbe avuto parecchie grane da risolvere con il Ministero. E i Malandrini lo capivano ancor di più.
«Signor Black…» fece Silente con un tono che sembrava non promettere nulla di buono. «Ha avuto un’ottima idea.»
«CHE?!» esclamarono tutti all’unisono, completamente stupefatti che il preside desse corda alle idee fuori dalle righe di Sirius.
«Trovo che sia una buona soluzione. Bisognerebbe organizzarla in maniera un po’ più precisa, ma se dovesse riuscire otterremo ciò che vogliamo.»
«Ah quindi…sono un genio!» si vantò senza ritegno il Grifone.
«Incredibile. Uno pensa di averle viste tutte e invece…» fece Remus sorridendo.
«Proprio vero.» concordò James.
«Allora signor Black…» disse Silente avvicinandosi a lui. «Ha pensato a cosa dovremmo fare?»
Sirius annuì vigorosamente. Anni di diabolici piani da Malandrino avevano contribuito a fargli sviluppare un accesa fantasia, in particolar modo quando si trattava di dover dare noia a qualcuno. Mai avrebbe pensato che le sue esperienze gli sarebbero state utili per mettere nel sacco una vera furfante.
«Adesso le spiego. Il piano consiste…»
 
                                                                            ***
Rita Skeeter procedeva a passo spedito e baldanzoso verso l’ufficio di Albus Silente. Finalmente quel vecchio bacucco le aveva concesso un intervista a cui aspirava da anni, ma che l’anziano mago aveva sempre rifiutato di rilasciare ogni volta che gliel’aveva proposto. Il suo articolo dei giorni precedenti aveva funzionato e aveva smosso le acque. Il Ministro era piuttosto irrequieto quei giorni, il suo pessimo umore si poteva captare a dieci metri di distanza come se una nuvola scura lo seguisse dovunque andasse. Ma questo non le causava particolare preoccupazione, specialmente dopo aver ricevuto una lettere con lo stampo di Hogwarts e la firma di Albus Silente che le comunicava che sarebbe potuta recarsi nella scuola quel pomeriggio. Ovviamente la donna non aveva perso tempo e si era presentata con qualche minuto di anticipo, trepidante e impaziente per lo scoop che presto avrebbe potuto pubblicare. La McGranitt aveva provveduto a lasciarle la parola d’ordine per accedere alla scala a chiocciola, oltre i gargoyle, e salire in quel luogo ignoto e misterioso. Si trovò dinanzi all’entrata, proferì la parola d’ordine e avanzò verso la scla a chiocciola che portava ai piani superiori. Trovatasi dinanzi alla pesante porta, diede dei rapidi colpetti per annunciare la sua presenza e aspettare che Albus Silente la facesse entrare. Udì la risposta di assenso e varcò la soglia della porta con il suo sorrisino strafottente delle sue labbra rosse in contrasto con la sua carnagione pallida eccetto le guance leggermente rosee.
«Signorina Skeeter, è in anticipo.»
«Ha ragione, ma con una persona del suo calibro non vedevo l’ora di essere qui.»
Silente abbandonò la sua scrivania e si diresse verso di lei agitando la bacchetta e facendo apparire due comode sedie.
«Gradisce del tè?» chiese accomodandosi su una delle due sedie.
«Certo.» rispose la donna prendendo posto.
L’anziano mago mosse nuovamente la bacchetta, e dal nulla apparirono una teiera e delle graziose tazze di color celeste con dei fiori decorativi. Mentre la teiera riempiva la sua tazza, Rita cacciò dalla sua borsa un taccuino e una piuma di colore verde che volò autonomamente fuori per posizionarsi vicino al taccuino fluttuante di fronte a lei.
«Non le dispiace se uso una Penna Prendiappunti
«Oh ma certo che no.» rispose cortesemente.
«Sa’ sono stata molto sorpresa di ricevere quella sua lettera dove chiedeva un’intervista esclusiva.» rivelò.
«Ne sono consapevole, ma ci tenevo a fare chiarezza su ciò che è stato riportato ultimamente.» disse sorseggiando il tè caldo.
La penna scrisse istantaneamente una frazione di secondo dopo che il preside aveva proferito parola.
«Anch’io ci tengo a fare chiarezza.» fece la donna. «Amo il mio lavoro soprattutto quando posso levare dubbi alle persone.»
«La Gazzetta del Profeta sarà soddisfatta di avere una giornalista capace come lei.»
La Skeeter fece una risatina fintamente divertita ma realmente compiaciuta, posizionando il dorso della sua mano davanti alla sua bocca.
«Cerco di fare del mio meglio.» rispose con finta modestia. «Ora veniamo a noi, cosa ha da dichiarare riguardo il fatto che lei sappia che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato non sia morto?»
«Ciò che mi sento di dichiarare è che le informazioni in possesso del Profeta siano state…come dire…ingigantite.»
«Sta dicendo che la Gazzetta del Profeta, il mezzo di informazione più attendibile del Mondo Magico, avrebbe travisato le sue parole?» chiese mentre la penna continuava a scribacchiare sul taccuino.
«Parole? Non ricordo di aver parlato con nessuno di questo argomento.» replicò Silente sicuro.
«Ci sarebbe una persona che ne è a conoscenza. James Potter.» disse Rita assottigliando lo sguardo.
« Il ragazzo avrebbe parlato con lei di ciò?»
La Skeeter parve spiazzata per un momento, ma non fece finta di nulla e rimise in piedi la sua solita espressione.
«Ho avuto modo di scambiare alcune parole con il ragazzo ai Tre Manici di Scopa.» raccontò. «Sembrava essere poco avvezzo a rispondere ad alcune domande scomode.»
«Scomode per chi? Per lui o per il Ministero?» ribatté Silente pacato e appoggiando le labbra per bere ancora del tè. «Ho avuto modo di parlare con il giovane Potter dopo la morte dei suoi genitori e a me pareva semplicemente addolorato e poco incline a voler ricordare eventi terribili.»
«Potrebbe essere.» fece per nulla impietosita. «Ma potrebbe essere soltanto una copertura.»
«Un ragazzo della sua età non ha niente da nascondere tranne qualche brutto voto.»
«E riguardo ad una sua possibile collaborazione con i Mangiamorte per spodestare lo stimato Ministro della Magia Barnabas Afarid?» chiese cambiando argomento rapidamente.
Silente diede in una grossa risata, ma si ricompose subito rispondendo con la massima tranquillità a quell’insulsa provocazione.
«Mi sono sempre e pubblicamente schierato pro ai Babbani.»
«Sempre? In gioventù era stato amico intimo del noto mago oscuro Gellert Grindelwald, anch’esso con ideologie discriminatorie e contro i Babbani.» ribatté la Skeeter convinta di aver toccato un punto debole.
«Quando io e Gellert eravamo amici non era ancora un mago oscuro affermato, ma un ragazzo straordinariamente brillante e intuitivo.» spiegò ritornando mentalmente indietro nel tempo. «I suoi obiettivi sembravano essere convincenti, ma i metodi per arrivarci un po’ meno.»
«Lei lo ha seguito per un po’.»
E’ vero. Uno dei miei tanti sbagli commessi nella mia vita, ma alla fine sono stato io a sconfiggerlo no?»
A quell’ultima risposta la bionda iniziò a sentirsi messa in difficoltà. Nessuna delle sue provocazione centrava il bersaglio poiché l’anziano mago riusciva sempre a controbattere con coerenza senza scomporsi minimamente. Provò a pensare a qualche altra domanda da porgli, qualcosa di scottante che avrebbe potuto funzionare ed ottenere altro materiale utile per un articolo succulento. I suoi pensieri vennero però interrotti dal bussare di qualcuno alla porta.
«Avanti.» fece Silente.
Con grande sorpresa di Rita Skeeter, sulla soglia della porta, comparve James Potter affannato e piegato con le mani sulle ginocchia.
«Professor Silente ho bisogno di parlarle!» esclamò ansimando.
«Signor Potter, starei rilasciando un’importante intervista alla signorina Skeeter al momento.» disse facendo scomparire la sua tazza di tè ormai finita e alzandosi.
«La prego, è importante!» insistette il ragazzo. «Si tratta del Lei-Sa-Cosa!»
Il viso di Silente cambiò improvvisamente mettendo su un’aria preoccupata.
«Mi scusi signorina Skeeter, se avesse qualche minuto di pazienza le sarei molto grato.»
Rita ci pensò su. Il materiale ottenuto non era minimamente soddisfacente e avrebbe voluto porre ulteriori domande al mago, anche se non era sicura che non l’avrebbe depistata nuovamente. Poi le venne un’illuminazione e acconsentì.
«Ma certo signor Silente, non c’è alcun problema.»
Il preside annuì e si diresse verso Potter socchiudendo la porta e sparendo dalla sua vista. Accertatasi che nessuno potesse vederla, si trasformò e il suo aspetto si tramutò in uno scarabeo, abbastanza piccolo da poter passare attraverso la porta socchiusa e scoprire cosa i due si stessero dicendo di tanto importante da non poter essere ascoltato. L’Animagus volò rapidamente verso la porta e uscì notando James Potter e Albus Silente conversare a bassa voce. Ma l’espressione preoccupata di prima, aveva lasciato posto ad una più tranquilla e, Rita giurò di poter dire, quasi divertita. Non fece in tempo a rendersene contro che vide un barattolo di vetro arrivare da sotto e provò a scappare verso l’alto, quando finì sbattuta all’indietro a causa di un tappo che le sbatté violentemente in testa.
«Presa!» sentì urlare.
Il piano di Sirius Black era riuscito con successo e con la conseguente cattura di Rita Skeeter, rivelatasi effettivamente un Animagus.
«Ah, allora avevo ragione!» esclamò James interrompendo la sceneggiata e dirigendosi verso l’amico che fissava ghignando il piccolo insetto all’interno del barattolo.
«E brava la nostra Animagus impicciona.» la sfotté Sirius. «E’ così che riesci a sapere sempre tutto.»
«Stranamente il tuo piano ha funzionato Sir.»
«Avevi dubbi?» chiese retoricamente il giovane Black trionfo.
«In realtà si. Ma per una volta è bello essere smentiti.»
«Ora che si fa?»
Silente guardò divertito i due ragazzi e osservò come lo scarabeo battesse contro lo spesso vetro del barattolo come se cercasse di sfondarlo, ma probabilmente era davvero quello il suo intento.
«Dite ciò che dovete dire, e poi lasciatela libera.» parlò incamminandosi nuovamente nel suo ufficio e chiudendosi la porta alle spalle come se nulla fosse.
I due lo guardarono straniti, ma si lasciarono andare ad un ghigno malandrino una volta soli e consci di poter strapazzare un po’ l’Animagus.
«Allora…com’è essere in un barattolo di vetro?» chiese ironicamente James.
«Secondo me dev’essere uno spasso.» disse Sirius.
«Dici? Non sembra che si diverta troppo.» replicò vedendo come lo scarabeo tentasse disperatamente di uscire.
«Forse ha bisogno solo di un po’ di movimento.»
 E detto questo scosse violentemente il barattolo numerose volte. Dopo essersi divertiti un po’ a tormentarla da bravi Malandrini quali erano, decisero che fosse arrivato il momento di passare alle questioni serie.
«Ora mi ascolti attentamente signorina Skeeter.» iniziò a dire Ramoso. «Adesso sappiamo che è un Animagus illegale, e sarebbe un peccato se anche il Ministero della Magia ne venisse a conoscenza non trova? Per cui, lei non scriverà più alcun articolo fuorviante su me e Silente e smentirà quelli già scritti in precedenza. Se una di queste due condizioni non dovesse essere rispettata spiffereremo immediatamente il suo piccolo segreto e questo le costerà un biglietto di sola andata per Azkaban.»
«E’ un buon compromesso non trova?» gli diede man forte l’altro.
«Ora la faremo uscire e ci aspettiamo una risposta affermativa immediata.»
Fece cenno a Sirius di aprire il barattolo e, lentamente, il piccolo insetto volò fuori leggermente distante da loro, abbastanza da permettere alla Skeeter di trasformarsi. La donna, caduta col sedere per terra, era tutta scombussolata: con gli occhiali storti, i capelli in disordine e l’aria parecchio frastornata.
«Ha capito ciò che le abbiamo detto?» chiese James.
«Voi…voi siete…due…pazzi!» balbettò istericamente la donna.
«Dica di si in fretta prima che ci venga in mente di fare una capatina al Ministero.»
«S-si! Ok va bene, non scriverò più nulla e smentirò ciò che ho scritto.» acconsentì a malincuore.
«Ottimo!» esultò Sirius. «Era ciò che volevamo sentirle dire.»
«Può andare ora. Tanti saluti.» la congedò Ramoso con un cenno della mano.
La Skeeter si rialzò rapidamente sbattendo le mani sul vestito e corse via verso le scale a chiocciola.
Ramoso e Felpato iniziarono a ridere divertiti osservando la donna incespicarsi mentre correva via e soddisfatti si diedero il cinque.
«E’ stato divertente alla fine.»
«Molto divertente.»
«Direi che c’è solo un’ultima cosa da dire fratello.» disse James convinto.
«Anche secondo me fratello.» annuì Sirius.
«Fatto il misfatto!»







Angolo Autore
Da quanto tempo! No, non sono sparito ma non ho avuto tempo di scrivere e di conseguenza aggiornare la storia spesso. Ho intenzione di portarla a termine, anche se dovessi scrivere un capitolo ogni mese ma la voglio finire. Spero che nel frattempo qualcun altro sia incappato nella storia e si sia incuriosito e spero che il capitolo vi sia piaciuto con la conclusione di questa piccola sottotrama. Alla prossima!
 

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