Come Innamorarsi Dopo Un Incidente Stradale - Guida Di Peter Parker

di Miryel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


 

 
 
  [ Tony Stark x Peter Parker - 23yd!Peter - No Superhero!AU - Fluff/Romantico - wc: 2451 ]  

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Come Innamorarsi 
Dopo Un 

Incidente Stradale

 
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Guida Di Peter Parker
 


 

Capitolo I. 

  Se qualcuno dovesse mai chiedergli “Qual è stata la peggiore giornata della tua vita?”, Peter Parker risponderebbe “Oggi”, con tanta di quella convinzione da poterci morire. Eh sì, perché è da questa mattina che le cose non stanno andando esattamente come dovrebbero. Tanto per cominciare non ha fatto colazione. Non perché non ne avesse voglia ma perché zia May ha dimenticato di comprare il suo burro di arachidi, il suo pane gluten free e il latte di soia – l’unico che riesce a bere, siccome ha otto intolleranze diverse di cui farebbe volentieri a meno. Poi ha dimenticato i documenti e la tessera dell’università a casa. Non sarebbe un problema se non fosse che ha un esame importantissimo, tra tipo un’ora e mezza; così Peter torna indietro, con l’adrenalina a mille e una paura fottuta di non riuscire ad arrivare in tempo all'università. Per questo, quando finalmente raggiunge il suo appartamento, raccatta al volo le sue cose e, smanioso, comincia a guardarsi intorno.

  «May! Dove sono le chiavi della macchina?», domanda, alzando la voce. La donna non lo sente e lui impreca tra i denti. «May!», ripete e finalmente una voce lontana gli risponde dal bagno.

  «Peter, sei tu? Non dovresti essere in università da un pezzo?» 

  «È una lunga storia», risponde, lapidario, avvicinandosi alla porta in modo che lei possa sentirlo. L’acqua è aperta, chiaro segno che sta facendo la doccia. «Le chiavi della macchina, May! Mi serve, se prendo i mezzi arrivo dopodomani e sono già in ritardo», commenta, poi sbuffa.

  «Sono nella bor- no, aspetta, forse sono sul tavolo della cucina! O in camera mia! Non lo so tesoro, cercale e vedrai che le troverai!», urla lei, e la conversazione sembra chiudersi lì, mentre Peter inizia a cercare in ogni luogo e in ogni dove le dannatissime chiavi dell’automobile. Non sono nella borsa, non sono sul tavolo della cucina e nemmeno in camera della giovane zia. Si passa una mano tra i capelli, mentre si gira intorno, posizionato al centro del salotto, disperato. Guarda l’orologio ed è in un ritardo imbarazzante. Poi la luce del sole indica con uno dei suoi raggi il bracciolo del divano e, come per magia, le chiavi sono lì.

  «Grazie entità del cielo che mi hai voluto graziare, per una volta!», sospira e le raccatta alla velocità della luce. Prende i documenti, controlla che la tessera universitaria ci sia, e se ne va salutando May frettolosamente. Scende le scale a due a due rischiando più volte di cadere e spaccarsi l’osso del collo e raggiunge il parcheggio condominiale. Apre con una certa fatica la portiera della vecchia Volvo e si siede sul sedile di guida. Fa un paio di respiri grossi e mette in moto. Per come sta andando quella giornata di merda, è grato a quell’entità divina che l’auto si sia avviata senza problemi. Così lascia il parcheggio e si immette nelle strade stranamente libere del Queens. Gli passa davanti un carretto dei gelati, lento come un asino nelle stradine di campagna, e Peter reprime l’impulso di attaccarsi al clacson per incalzarlo a sbrigarsi. Non può mettersi a litigare per la strada, ha da poco la patente e perderla sarebbe davvero un danno grave. Si ferma ad un semaforo e passa tutto il tempo in attesa del verde, a controllare l’orologio e sbuffare, nervoso. Ha studiato così tanto per quel test che, se non dovesse passarlo, potrebbe seriamente deprimersi, stavolta. Scatta il verde, finalmente. Ingrana la prima marcia – siccome l’auto di May ha il cambio manuale – e l’auto si spegne. Fa per girare di nuovo la chiave – imprecando a bassa voce, tra i denti – ma un urto lo fa sbilanciare in avanti. L’auto si muove di qualche metro e la cintura di sicurezza gli si stringe intorno al petto, lasciandolo senza respiro per qualche secondo; poi si allenta e scende il silenzio.

  Peter riapre gli occhi, dopo l’urto e la prima cosa che fa, è controllare che non sia esploso l’airbag – anche se è convinto che, se fosse successo, se ne sarebbe di certo accorto. Si slaccia la cintura di sicurezza e esce dalla macchina, tremando. Non sa se per lo spavento o per la paura di aver fatto dei danni irrimediabili o se per la certezza che non arriverà mai in tempo alla Columbia University per fare quell’accidenti di esame.

  «Che accidenti fai? Ma sei cieco?», domanda, adirato. La voce gli vibra in gola e si acciglia, quando un uomo alto e in carne scende da una lussuosissima Audi perfettamente immacolata; mentre il parabrezza posteriore della Volvo ha inglobato la targa in un cartoccio di lamiera. Ha un battito in meno al cuore e l’umore sotto le scarpe, a quella vista.

  «Sei partito e ti sei fermato subito! Tu che accidenti fai, ragazzino?», risponde l’uomo, poi controlla i danni della sua auto, sospirando di sollievo quando vede che non ne ha riportati. Ovvio. È quella di Peter, ad aver accusato quel colpo, siccome è vecchia come sua nonna, se non di più e, effettivamente, dovrebbe prenderla più sportivamente se solo non fosse che quella macchina apparteneva a zio Ben e che è uno dei pochi ricordi che gli sono rimasti, del suo caro zio, defunto da qualche anno. 

  «Si è fermata! Non ho fatto nemmeno un metro! Sei tu che sei partito a razzo, oltre al fatto che mi sei stato appiccicato alle chiappe da quando sono partito da casa!», lo rimprovera Peter, poi si passa entrambe le mani tra i capelli, disperato. «Dio, zia May mi ammazza!» 

  «Calmati! Chiamiamo le forze dell’ordine e vediamo di risolverla! Vedrai che tua zia non ti ammazza, ragazzino», dice quello, con un sorrisetto, e Peter ha voglia di saltargli al collo e strozzarlo, se non fosse che è il doppio di lui. Guarda l’orologio: manca mezz’ora al suo esame e lui è lì, in mezzo alla strada, mentre altre macchine sfrecciano accanto alla sua; a volte qualche automobilista rallenta incuriosito e lui lancia loro sguardi di disapprovazione. 

  «Happy, ce la facciamo a risolvere la cosa senza metterci un milione di anni? Ho una conferenza tra mezz’ora e sai quanto rompe la stampa, quando arrivo in ritardo!»

  Peter si volta di nuovo verso l’auto che lo ha tamponato e, col cuore infilato nella carotide, strabuzza gli occhi. Ha quasi la sensazione che tra pochi istanti gli usciranno dalle orbite. Sbianca. Ha quasi un mancamento. 

  «Come se fosse tua abitudine arrivare puntuale», risponde l’uomo che guidava, tirando fuori il cellulare dalla tasca del completo scuro, rivolto a una nuova figura che è appena uscita dall’auto: capelli corti tirati su con la gelatina, una giacca blu e un paio di occhiali da sole dalle lenti celesti. Un uomo conosciuto. L’uomo. «Abbiamo tamponato questo ragazzino e gli abbiamo distrutto il paraurti posteriore, Tony.» 

  L’uomo sbuffa divertito. «Abbiamo?», dice, «Hai tamponato! Non cominciare a distribuire colpe a destra e a manca. Gli stavi appiccicato come un koala ad una pianta di eucalipto! Sei troppo aggressivo, alla guida», lo rimbecca.

  «Io sono aggressivo? Lui ha frenato all’improvviso!» 

  «Cos- ehi, ehi! Ma… ehi!», esclama Peter, e sinceramente dell’incidente non ha più alcun interesse. Fissa la nuova figura, che ora sta valutando i danni con una mano sul mento e un sorrisetto a solcargli il viso. «Lei è… Tony Stark? Lei è… quel Tony Stark?»  

  I due uomini alzano lo sguardo sul suo. Peter indietreggia, manco gli avessero puntato una pistola contro. Poi Tony Stark ride, e inclina la testa di lato. 

  «Un fan? Bravo, Happy! Hai appena distrutto la macchina di un mio ammiratore!», si complimenta col suo autista, dandogli una pacca sulla spalla, poi si avvicina e gli mostra la mano, che Peter stringe subito, anche se sta tremando. 

  «Signor Stark, è un onore… cioè… un onore conoscerla. Insomma, anche se mi ha distrutto la macchina, è un accidenti di onore e io… io sono Peter. Peter Parker, signore!»  

  «Ah, Parker!», esclama l’uomo, poi scuote la testa in un diniego, «No, non mi dice niente questo nome. Ma verrai ricordato come il ragazzo che frena all’improvviso e che mi fa perdere una conferenza stampa.»  

  Peter si ammutolisce. Non sa se le parole gli sono morte in gola per l’emozione o per evitare di insultarlo. Non gli hanno mai diagnosticato un’inclinazione borderline, ma in questo momento ci si sente un po’ – siccome non gli basta solo la celiachia e l’intolleranza a ogni cosa. Ha davanti Tony Stark, uno degli uomini più influenti del mondo in campo scientifico – campo in cui Peter eccelle e che ama profondamente – che lo sta canzonando per aver, a detta sua, frenato all’improvviso. Non sa se ridere o piangere, di fronte a quella situazione a dir poco assurda e, in tutto questo, il tempo continua a passare inesorabilmente, e il suo esame è sempre più vicino.

  «Io non ho frenato all’improvviso! La macchina si è fermata e io ho cer-»  

  «Perché non hai segnalato nel lunotto posteriore che sei un principiante, Parker? Sarò pure chi sono, ma non sono ancora un veggente!»  

  «Perché è la macchina di mia zia, la guido così raramente che n-» 

  «Dunque non sei solo un principiante, ma anche inesperto! Quindi, negligenza tua, ragazzo! Te ne puoi anche andare, ora. Forza! Smamma!», lo incalza l’uomo, guardando l’orologio, «Ho una conferenza tra diciassette minuti, ritardo preventivato compreso. Non farmi perdere tempo», conclude.

  Peter non ha parole. Non sa se esplodere di rabbia o incassare il colpo e andare via. Non sa se insultare Tony Stark e dirgli che è lo stronzo che ha sempre immaginato che fosse o se lasciar correre e precipitarsi in università, per tentare almeno di darlo, quel cazzo di esame. 

  «Perder- perdere tempo?», chiede, retorico e non è calmo per niente. Ma proprio per niente. «Senta, lo sa che ho un esame tra dieci minuti? Lo sa che è importante? Lo sa che me lo faranno ripetere tra sei mesi? Il mio tempo è prezioso tanto quanto il suo e la colpa non è stata mia! Il suo autista mi ha distrutto la macchina perché non ha avuto pazienza di aspettare che partissi! Nessuna negligenza da parte mia, solo la sua stramaledettissima arroganza, siccome è Tony Stark! Ora, so di essere fuori di me e che sto sbraitando contro una delle figure più importanti del panorama scientifico e che probabilmente tra qualche minuto mi darò dell’imbecille per averlo fatto ma… si prenda le sue responsabilità, chiami l’assicurazione e facciamolo sistemare a loro, ma la smetta di usare il suo nome per fare quello che le pare! Mi ha fatto un danno, dunque lo risolva!», urla, e sia il signor Stark che l’uomo chiamato Happy, lo guardano. Un mezzo sorriso si accende sul viso dell’imprenditore e Peter non si è accorto che, nel frattempo, ha tirato fuori dalla tasca un blocchetto. 

  Stark lo fissa con un sopracciglio alzato, poi scoppia ridere. «Dio, Parker. Hai una gran bella parlantina! Se fai così anche durante esami ti promuovono pur di liberarsi di te!», ironizza, poi stacca un foglietto dal blocchetto, dopo averci scritto sopra qualcosa e glielo porge. «Mille dollari bastano per mettere a posto questa roba?»  

  Peter abbassa la testa, spiazzato. Gli ha ceduto un assegno e, da quel che ricorda, è la prima volta che ne vede uno da vicino. Alterna sguardi dal foglio, al signor Stark, a Happy e di nuovo l’assegno e si ammutolisce. Poi apre la bocca, la richiude e poi la riapre. «Io… io credevo che non volesse pagarmi.» 

  «Credevi male. Stavo scherzando, andiamo! Hai un esame? Bene, sarà meglio per te sbrigarti, ragazzo. Allora, bastano o no mille dollari?», lo incalza l’uomo e Peter rilassa le spalle e si sente un imbecille. 

  «C-credo siano anche troppi…»  

  «Con quello che avanza ti ci compri un gelato! Ora vai, o il tuo esame lo farai con una bombola d’ossigeno attaccata alla bocca se dovrai correre! In bocca al lupo, Parker», risponde il signor Stark, e lo fa arrossire di vergogna. Lo osserva rientrare in macchina, e Happy gli sorride leggermente, poi riprende posto alla guida. Peter li guarda, con ancora stretti tra le mani tanti di quei soldi che non sa nemmeno contare e, poco dopo, sospira e torna in macchina, stordito. Sistema le sue cose e infila la chiave nel blocchetto. L’auto non parte. Non ha nemmeno la forza di imprecare di nuovo. Incrocia le braccia al volante e ci nasconde il viso all’interno, distrutto, sconfitto, vinto e sconfortato. Poi il suono di un clacson lo ridesta e, quando guarda fuori dal finestrino destro, vede l’Audi del signor Stark ferma accanto alla sua. L’uomo abbassa il vetro e sorride.

   «Non parte, eh? Si sarà bloccato il serbatoio della benzina, con quella botta. Serve un passaggio?», chiede. 

  «No, farà tardi alla conferenza, signor Stark. Le ho già causato abbastanza problemi», bofonchia e si prepara ad imbracciare la sua roba per incamminarsi col primo mezzo che troverà, convinto che non riuscirà ad arrivare mai in tempo, per quell’accidenti di esame.

  «Nah, ormai è andata. Ne organizzeranno un’altra. Avanti,» lo incalza, poi scende dalla macchina, «mettiamo questo trabiccolo in quel parcheggio e sali. Ti portiamo noi», sorride.

  Peter vorrebbe piangere. Un po’ per la vergogna, un po’ per la piega assurda che quella giornata ha preso – a cui non sa attribuire un vero e proprio livello di pessimismo, perché dopotutto ha conosciuto uno degli uomini più importanti della galassia, che ora vuole pure dargli un passaggio, e questa è una fortuna nelle sfortune – un po’ perché ha una paura fottuta di non farcela. Quell’esame è troppo importante. Troppo. Così tutti e tre infilano l’auto in un parcheggio, spingendola e, un momento dopo, Peter è in macchina, seduto sul sedile posteriore, accanto a Tony Stark che lo guarda.

  «Allora, dove si va?» 

  «A-alla… alla Columbia University.» 

  «Hai sentito, Happy?», chiede Stark, e l’autista sospira qualcosa di simile ad un suono di approvazione, «Si torna a scuola!» 

  È ovvio che Tony Stark sta cercando di ironizzare per alleggerire quella situazione assurda che si è andata a creare. Peter stenta ancora a credere che sia davvero nell’auto super costosa del milionario più famoso d’America e che, pochi minuti fa, gli abbia sganciato un assegno da mille dollari per rimettere a posto il danno che gli ha causato. Non riesce ancora a capacitarsi che Tony Stark lo sta accompagnando in università e che, molto probabilmente, tutti se ne accorgeranno. Si vergogna, e mentre Happy ingrana la prima marcia per immettersi di nuovo in carreggiata, stringe le mani gelide intorno alle ginocchia e attende. Non sa cosa, ma spera che si tratti di una salvezza, e che arrivi prima di subito.

 

Fine Capitolo I
 

 


 

 

♥ Note Autore ♥


 
Buonasera/Buongiorno a tutti!Come va? Vi siete ripresi da queste festività appena  passate? Io sto ancora digerendo la cena di Santo Stefano, ma dettagli ♥ Insomma, pronti per una nuova avventura? Ammetto che, le ultime storielline, non sono state particolarmente allegre, sebbene io mi sia tenuta lontana dall'uccidere qualcuno ma ora è tempo di Fluff e, per vostra (s)fortuana, questa minilong vi terrà compagnia per 4 (o forse cinque) settimane *___* Vedo l'allegria infinita nei vostri occhi, v'ho beccato! Ve possino acciaccavve tutti quanti! Era da tempo che avevo in testa questa storia e dopo aver buttato giù un incipit sugli appunti del telefono, alla fine ho iniziato a plottarla e... be', eccola qua! Fluff e altre cose, che con questi due stronzetti non si sa mai dove si va a parare ** Insomma, quanto avrà cambiato la vita del nostro 23enne Peter Parker questo incidente stradale? Lo scopriremo solo vivendo e, speriamo bene, siccome la terza guerra mondiale pare vicina, ma io non demordo, giusto. Bene, ho ciarlato abbastanza; fatemi solo aggiungere che la celiachia appioppata a Peter è una sfiga in più che ho voluto regalargli, siccome non mi sembrava ne avesse già abbastanza in questa storia ed essendo una NoSuperHero!AU, mi pareva il minimo fargli vivere l'esperienza dei villi intestinali difettosi, come me medesima! Alla prossima, dunque e complimenti per essere arrivati fin qui! 
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto,

La vostra amichevole Miryel di quartiere.
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


 
  [ Tony Stark x Peter Parker - 23yd!Peter - No Superhero!AU - Fluff/Romantico - wc: 2891 ]
 
Come Innamorarsi
Dopo Un
Incidente Stradale
 
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Guida Di Peter Parker
 
 
 
 

 

Capitolo II. 

  Se c'è una cosa che Peter ha compreso, in quel lasso di tempo intercorso tra l'incidente stradale e quel passaggio di fortuna, è che il suo esame non sembra più la priorità che pensava, e nemmeno così spaventoso come credeva. Forse perché Tony Stark siede accanto a lui e sorride sereno, guardando fuori dal finestrino; le gambe incrociate, una mano sul ginocchio, e una sicurezza che Peter vorrebbe appartenesse anche a lui. Ha passato anni della sua vita a seguire quell’uomo sui social, in tv, a leggere le sue biografie e i libri a lui dedicati, persino quelli che non lo dipingo esattamente come un santo; o il genio, playboy, miliardario, filantropo che tanto decanta di essere, in varie occasioni pubbliche;  eppure è lì, nella sua auto, e lo sta salvando da un destino nefasto. Gli è grato, per i soldi, per la premura e per aver messo da parte una superficialità che sa lo appartiene, ma si sente incredibilmente a disagio, mentre quel silenzio lo schiaccia e vorrebbe dire tante di quelle cose, che alla fine finisce per tacere.

  «Di che si tratta?», chiede il signor Stark, e Peter sussulta.

  «Prego?» 

  L’uomo si volta a guardarlo e poi alza le sopracciglia, con un sorrisetto. «L’esame. Di che esame si tratta?» 

  «Oh… nanotecnologia. Il mio ultimo esame prima della laurea.» 

  «Accidenti, quanti anni hai? Non sei un po’ giovane per laurearti di già?» Le sue sopracciglia si alzano di più, ma sembra davvero stupito. Peter non riesce a credere che stia fingendo di essere sorpreso. Sembra colpito per davvero, ed è questo a metterlo ancora di più a disagio. 

  «B-be’, ho ventitre anni. Compiuti da poco, a dire il vero. Ho… cercato di finire prima che potessi, signor Stark, per una serie di motivi che non le sto nemmeno a spiegare.» Sarebbe lungo, e dannatamente complesso, dirgli che ha bisogno di entrare immediatamente nel mondo del lavoro per iniziare a guadagnare qualche soldo o lui e sue zia, con un solo stipendio, inizieranno a risentirne, di quell’acqua alla gola che li soffoca alla fine di ogni mese. Non è facile ma Tony Stark, questo, non può saperlo.

  «In effetti, anche io ho finito di fretta l’università. Non vedevo l’ora di uscire da quella maledetta scuola e mettermi all’opera», ammette, con un sospiro di sollievo; simbolo che, dopotutto, non ricorda quegli anni con una certa felicità. Peter si chiede il perché, siccome per lui, dopotutto, lo studio non è mai stato un peso ed è qualcosa che gli è sempre riuscita dannatamente bene. Cerca di sorridere.

  «E lo ha anche fatto. Ho letto la sua biografia e alla mia età aveva già messo sul mercato alcune cosette interessanti. Non posso negare che, in qualche modo, lei mi è di grande ispirazione», dice, e quella conversazione pare si stia trasformando in un agglomerato di confidenze melense. Non gli piace che sia così, perché sa quanto certe lusinghe possano irritare le persone famose, ma si ricredere quando Stark allunga un sorriso furbastro sul viso, segno che gli fa piacere che lo si elogi a quel modo.

  «Allora non sei un fan casual, Parker! Sei davvero un mio fedele seguace. Ti sei addirittura letto quella noiosissima cosa? Lo sai che non l’ho scritta io, vero?» 

  «Lo immaginavo. Però ha comunque dato l’okay per pubblicarla, quindi deduco che qualche verità, là dentro, ci sia», dice, e spera di non essere stato troppo arrogante. 

  L’uomo sospira; si passa una mano tra i capelli brizzolati e poi arriccia il naso. «Qui e lì c’è qualche bugia. Un po’ di infanzia romanzata, il rapporto con mio padre reso meno ostico. Diciamo che è stato meglio così, o la verità avrebbe alzato polveroni vergognosi e mi avrebbe rovinato la reputazione.» 

  «Non te la sei già rovinata abbastanza da solo, Tony?», chiede Happy, ironicamente. Peter pensa che per essere un autista, abbia fin troppa confidenza col signor Stark; quest'ultimo ridacchia e si sistema la giacca con un gesto abituale. 

  «Fai poco lo spiritoso, tu», lo redarguisce, poi si volta di nuovo verso di lui, e Peter distoglie ancora lo sguardo. Non sa perché non riesce a sostenere per troppo il contatto visivo con quegli occhi dalle ciglia lunghe. «Dicevo: la parte degli studi, invece, è abbastanza fedele. Anche se hanno omesso un paio di espulsioni e altre cose disdicevoli che non ti racconterò. Non sono importanti, e nemmeno interessanti. Comunque ci sono modelli decisamente meno arroganti, da seguire… e tu non mi sembri uno che vuole diventare il prossimo Tony Stark, Parker.» Pare dirlo con una certa amarezza. Si allarga il colletto della camicia, a disagio. Forse non è abituato a fare certe confidenze. 

  «È un modello, signor Stark. È riuscito a fare in imprese che quasi nessuno è riuscito a realizzare. Sinceramente sulla sua famosa indole potrei avere molte cose da dire, ma sul suo operato solo complimenti. Mi piacerebbe riuscire ad arrivare in alto dove è arrivato lei… magari senza tamponare nessuno per poi doverlo portare in università a fare un esame», cerca di ironizzare, perché sa che quella sincerità nei riguardi della sua personalità – qualcosa che, comunque, è risaputo nel mondo – potrebbe averlo offeso sul serio. 

  L’uomo alza le sopracciglia. «Oh, ma quello è stata colpa di Happy. Guida lui perché mi fido, ma da oggi dovrei iniziare a tenere gli occhi incollati alla strada, siccome non è più affidabile come un tempo», ridacchia, e Peter è felice che abbia glissato sul suo commento. Happy sbuffa; lo vede alzare gli occhi al cielo, attraverso lo specchietto retrovisore. Deve ammettere che, dopotutto, l’atmosfera si è abbastanza alleggerita. O, forse, non è mai stata pesante come credeva. «Datti da fare, Parker. Poi agisci come devi agire, senza prendere troppa gente come modello. L’importante è non arrendersi di fronte a niente e prendere le decisioni giuste. Se sarai bravo abbastanza, sarai qualcuno, un giorno», continua, e gli regala un bel sorriso da ammirare; così intenso che Peter sente di nuovo la necessità di abbassare lo sguardo. Forse è arrossito. Forse ha sorriso senza nemmeno accorgersene. Vorrebbe ringraziarlo, ma l’auto si ferma di fronte alla sua facoltà. Mette la mano sulla maniglia e, prima di aprire la portiera e andare via, si morde il labbro inferiore e alza gli occhi verso l’uomo, che ricambia, in attesa.

  «La ringrazio, signor Stark. Mi ha salvato l’esame. Dovrei ancora farcela, se tutto va bene. Mi dispiace per la sua conferenza stampa… spero di non averle causato troppo disagio.»

  Tony Stark sbuffa divertito e gli fa un gesto con la mano, di tranquillizzarsi. «Nah, e comunque non è colpa tua. Succedono, gli incidenti, e di certo è più importante il tuo esame, che una conferenza stampa a cui non volevo nemmeno partecipare. Ci siamo fatti un favore a vicenda, Parker.»

  «Grazie, signore. È stato bello, conoscerla. Quando lo racconterò, non ci crederà nessuno, penso», ammette, e fa per rivolgersi a Happy per salutarlo, ma l’altro lo ferma e gli porge un bigliettino, tenendolo tra due dita. Peter lo prende tra le mani e lo guarda confuso e Tony Stark sorride, di fronte al suo mutismo.

  «Il mio numero. Se ti servisse qualcosa, che so… altri soldi, nel caso quelli che ti ho dato non fossero abbastanza per mettere a posto l’auto, chiamami. In più, siccome ti interessa il mio stesso ambito, potrei darti una mano a trovare un posto, quando finirai l’università.»

  «Signor Stark, lei domani non si ricorderà nemmeno chi sono», dice, ridacchiando, ma dentro di sé sente smuoversi una certa malinconia, siccome quel fatto – di cui è certo al cento per cento, un po’ lo rattrista. 

  «Tu mandami un messaggio. Rimarrai sorpreso di quanto è ineluttabile la mia memoria.» Ride da un solo lato della bocca, e Peter si sente soffocare. Come se una miriade di farfalle svolazzanti gli avessero otturato le vie respiratorie, all’improvviso. «Ora smamma, sciò o sarà stato tutto inutile. Ci vediamo, Parker. In bocca al lupo», conclude, facendogli cenno con una mano si andare via di lì. Lo sprona a uscire, quando Peter si sente impietrito e incapace di fare qualunque cosa che non sia guardare il signor Stark con la bocca spalancata.

  Saluta con un lieve cenno e, mentre si incammina verso l’entrata della facoltà, l’auto sfreccia via con un rumore di marmitta sportiva che rimbomba e scoppietta. L’unica cosa a cui riesce a pensare, mentre stringe nervoso le spalline del suo zaino, è «Ho… il numero di Tony Stark?» 

 

 

  Dopo l’esame ha passato ore e ore a rimuginare sul da farsi. Ore che sono diventate giorni, che infine sono diventate due settimane. Non ha mai trovato il coraggio di farlo – di chiamarlo, fino al giorno in cui ha saputo la data della sua tesi di laurea e, dunque, la fine di quel percorso, per poi iniziarne un altro ancora più impegnativo: quello lavorativo. Sospira, con il cellulare stretto tra le dita e Ned, seduto di fronte a lui al bar della facoltà, che gli dice che non ha altre occasioni e che, secondo lui, ha aspettato anche troppo per farsi sentire.

  «Fossi stato io, lo avrei chiamato il giorno stesso, solo per dirgli che l’esame era andato bene. Poi poteva ignorarmi, fingere di non conoscermi, ma ci avrei provato!» 

  «Io non ho la faccia come il culo che hai tu, Ned!», esclama Peter, e dà una lunga sorsata alla sua limonata ghiacciata. Gli viene quasi il mal di testa, per quanto è fredda. Non sa che fare.

  «Peter, non è mica la tua criptonite? Andiamo! Devi solo tenertelo stretto, siccome può spianarti il futuro e darti un lavoro nel campo dove più eccelli! Cristo, è Tony Stark! Hai il suo numero! Che accidenti stai aspettando, di grazia? Che si dimentichi chi sei?»

  «Probabilmente lo ha già fatto…», sbotta, poi poggia i gomiti sul tavolo e si infila le dita tra i capelli, disperato «Dio, che imbecille sono stato, a far passare così tanto tempo! Ah, e poi… non ho una cotta per lui!», protesta, ma sa che le sue guance rosse sottolineano quella bugia. Si sente un deficiente perché, in qualche modo, Tony Stark lo ha ammaliato col suo fascino e lui ne è sempre stato succube solo guardandolo dai giornali. Figuriamoci ora che lo ha conosciuto dal vivo, e lo ha visto fare tutte quelle espressioni facciali irresistibili, a due centimetri dal suo naso. Ricorda ancora il profumo della sua colonia, e la cura della sua barba tenuta con maniacale ordine sul suo viso incantevole, segnato dal tempo ma comunque affascinante. Peter non ha mai davvero capito cosa gli piaccia, se le donne o gli uomini, ma sa anche che, Tony Stark, è una categoria a parte.

  «Peter…», sospira Ned, e arriccia il naso. «Sono certo mi piacciano le ragazze, ma Tony Stark è in grado di far vacillare anche me. E poi non negare, per favore! Non sono io che ho un ritaglio di giornale con la sua foto, in fondo al mio armad-» Peter gli piazza una mano sulla bocca, rosso come un peperone; di collera e di imbarazzo. Chiude gli occhi e cerca di dimenticare quel fatto, che lo fa sentire seriamente un deficiente. È cresciuto, è quasi un uomo e dovrebbe iniziare a comportarsi come tale, e non come un ragazzino con gli ormoni ballerini, che va dietro al Pin-Up più famoso d’America.

  «Sì, okay, ho capito l’antifona. Gli mando un sms!», sbuffa, e obbedisce. Sblocca il telefono, apre la chat e inizia a tamburellare dita sulla tastiera;  invia immediatamente. Senza rimorsi, ma con tanta paura nel cuore che ha quasi timore gli venga un infarto. Però non vuole che niente gli faccia cambiare idea e, quel che è fatto è fatto.

  «Signor Stark, sono Peter Parker. Si ricorda di me? Il ragazzo dell’incidente. Volevo solo dirle che il famoso esame è andato bene e che il 24 ottobre mi laureo. Grazie infinitamente per avermi salvato la sessione, quel giorno. Gliene sarò grato a vita.» Tony Stark, però, non visualizza subito; nemmeno più tardi. Tony Stark non visualizza per tutto il giorno, anche se le spunte sono comparse entrambe e lo ha di certo ricevuto, quel messaggio. Non visualizza nemmeno all’ora di cena, e nemmeno dopo cena. Peter si infila il pigiama e controlla il cellulare a intervalli regolari di venti secondi e la situazione, Cristo, non cambia mai. Si infila nel letto; affonda la testa nel cuscino con un certo cipiglio, mentre il telefono ora è lì, in carica sul comodino, e non lo vuole più guardare. Oh, no! Non lo guarderà più fino a domani mattina! Garantito! Si gira verso il muro, e si sente deluso, anche se sa che non dovrebbe. Tony Stark è quello che ha sempre pensato: un uomo arrogante, che si prende gioco di tutti, fa promesse che non mantiene e ne gode. Non si ricorda nemmeno dell’incidente, Peter può giurarci su sua zia. Figurarsi se può ricordare il suo nome…

  Poi il telefono vibra, ad un certo punto, e le lancette dell’orologio sul muro segnano l’una di notte, e qualche minuto. Lo prende svogliatamente tra le mani, convinto che sia la solita notifica di qualche gioco scemo per cellulare che ha scaricato e a cui non gioca più e che gli occupa solo memoria interna, ma si alza di scatto a sedere, quando vede che è un messaggio ed è del signor Stark.

  «Dunque sei vivo, Parker! Io e Happy ci stavamo preoccupando, pensavamo che non avessi superato l’esame e che fossi fuggito con i miei soldi in Tennessee! Ti laurei, eh? Be’, è un’ottima notizia. Se avessi bisogno di un colloquio di lavoro, sai dove trovarmi. Hai risolto con l’auto?» Peter ridacchia. Non sa se è nervoso o se è euforico, per quel fatto. Tony Stark è online e, probabilmente, ha semplicemente avuto una lunga giornata di lavoro; eppure è lì, a rispondere proprio a lui. Uno qualunque. 

  «Pensavo dormisse, a quest’ora! Sì, abbiamo risolto. Ce la siamo cavata con un lavoro di settecento dollari. Se rivolesse il resto indietro, siamo pronti a darle la differenza.» 

  «Come ti ho detto, tieni il denaro per te. Ti faranno comodo. Vedo che hai trovato il coraggio di scrivermi, infine. Ebbene?» 

  Peter alza un sopracciglio e si morde la lingua, a quella domanda. «Ebbene cosa?», chiede, e l’uomo inizia subito a scrivere.

  «Che fai domani pomeriggio? Hai lezione?» 

  «No, domani pomeriggio sono a casa. Perché?», chiede e il cuore gli inizia a battere un po’ troppo velocemente, per i suoi standard; senza contare che ha raggiunto la carotide e lo sta per sputare, siccome è nervoso. 

  «Prendiamoci un caffé. Porta il programma della tua tesi, e io ti mostro un po’ come funziona lavorare alla Stark Industries. Alle 14:00, Rockaway Boulevard.» 

  «Non è dove abbiamo avuto l’incidente stradale?», chiede, e sa che sta per avere un infarto al miocardio. 

  Se lo immagina, il signor Stark, che ride soddisfatto di quel fatto, siccome sa per certo che lo ha detto consapevole che si tratti proprio di quel posto. «Lo è? Non me lo ricordavo nemmeno!», scrive, ed è un bugiardo, Peter lo sa. Un bugiardo, però, che sta cercando di aiutarlo a crearsi un futuro. Gli è grato. «Che ne dici, dunque?» 

  «Va benissimo il posto e l’ora. Non mancherò. Grazie mille.» Sorride leggermente, mentre tamburella i  pollici sulla tastiera per scrivere quelle parole di gratitudine, che nascondono molto altro. Peter ha una cotta per Tony Stark, e non sa come giustificarla. Come se si potesse fare una cosa del genere, con i sentimenti… ma non pensa ad altro, da quando l’uomo gli ha ceduto il suo numero di telefono, quel giorno nella sua macchina. Quel giorno che sembrava un inferno, e che ormai Peter ricorda come uno dei migliori mai avuto in vita sua.

  «Sii puntuale, e ora dormi. A domani, Parker.» 

  «Buonanotte, signor Stark.» Vorrebbe smetterla di sorridere, ma non ci riesce. Sa che sarà puntuale, forse largamente in anticipo… giusto per provare l'ebbrezza dell’ansia ormai familiare di attendere l’inatteso, col cuore in gola. Una sensazione che odia a morte ma che, certe volte, è incredibilmente soddisfacente. Il signor Stark va Offline e lui si stende col cellulare stretto tra le dita e l'occhio gli cade inesorabilmente sulla foto profilo dell’uomo, quella che ha scelto per la chat. Ci clicca sopra, la ingrandisce e la salva sul suo telefono. Si sente un deficiente, ogni istante di più, ma non riesce a mentire nemmeno a se stesso, mentre osserva la foto di un uomo affascinante, bagnato dalla luce del sole, gli occhiali scintillanti e un sorriso sicuro e sornione rivolto persino alla stella più grande del sistema solare, come se nemmeno lei fosse poi così grande, di fronte a Tony Stark. L’uomo dell’anno da troppi anni. L’uomo delle copertine e dei tabelloni pubblicitari, che vanno dalle auto di lusso ai detersivi per la casa. Qualcuno che Peter non riesce più a togliersi dalla mente. 

  Nasconde la testa sotto al cuscino e spalanca un urlo nella federa. Lo imprigiona lì, poi volta la testa disperato verso l’orologio. I minuti passano, e il suo sonno lo abbandona. Il signor Stark al centro dei suoi pensieri. Sarà una lunga notte, lo sa già.

 
 
 

Fine Capitolo II
 

 

 

♥ Note Autore ♥

 
Buonaserissima, kaffé????? Come procedono questi primi giorni dell'anno, ordunque? Spero tutto okay, qui si tira avanti! Felice di trovarvi anche qui, in questo inaspettato secondo capitolo dove, infine, si scopre qualcosa di più su questi due imbecilli che continuano a rovinarmi inesorabilmente la vita da quasi due anni ♥ Peter ha superato l'esame, Tony sopravvive alla vita di Pin-Up più famoso d'America e gli ormoni viaggiano. Che cosa ci dobbiamo aspettare, dunque? Non ve lo dico, lo scoprirete solo vivendo, la prossima settimana ** EH VOLEVI, EH! GUARDA CHE FACCIA, NON SE L'ASPETTAVA (cit.) Sperando che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va ♥ Mi farebbe piacere un parere! 
 
 
A presto, La vostra amichevole Miryel di quartiere.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


  [ Tony Stark x Peter Parker - 23yd!Peter - No Superhero!AU - Fluff/Romantico - wc: 2999 ]

~

Come Innamorarsi 
Dopo Un 

Incidente Stradale

 
~
Guida Di Peter Parker
 


 

Capitolo III

 

Quando Peter si presenta al luogo dell’incontro, ha le mani gelate. Non riesce a capacitarsi del perché, visto che sono ancora nel pieno dell’autunno ma, dentro di sé, sa benissimo che è un ripieno d’ansia e di farfalle che gli svolazzano nello stomaco; le vorrebbe abbattere, una ad una, con un fucile, con un insetticida… con qualsiasi cosa, purché la smettano di dargli quella sensazione di dolore e benessere e, se continua così, è convinto che quando vedrà Tony Stark arrivare, probabilmente vomiterà. 

Sente un rombo di marmitta da lontano; un’auto sportiva: è di certo lui. Guarda a sinistra, verso la carreggiata e, poco dopo, l'ormai familiare Audi si ferma di fronte al marciapiede, dove Peter ha piantato i piedi, sicuro di esser diventato un tutt’uno con l’asfalto. Spera che si schiodino presto, o farà la figura del deficiente, anche se ormai è praticamente la prassi. Tony Stark scende dalla portiera posteriore. È vestito così bene che Peter si sente uno straccione, con i suoi jeans scoloriti e la sua maglietta di Final Fantasy VI. Vorrebbe aver messo più cura nel suo outfit, ma dopotutto quello non è un appuntamento, anche se vorrebbe decisamente che lo fosse. Il signor Stark fa cenno ad Happy – che lo saluta con la mano da dentro la vettura – che può andare, poi gli si avvicina con un sorriso troppo gagliardo per non srotolare la mascella per terra per colpa dell’incantesimo che è in grado di infliggergli; specie quando si allaccia il bottone centrale della giacca blu con l’ausilio di una sola mano. L’altra la tende verso la sua per stringerla.

«Parker! È molto che aspetti?»

«No, no! Sono qui da qualche minuto. L-la trovo bene!», dice, deglutisce e si scosta una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 

«Ovvio che mi trovi bene! Tu invece sembri un po' teso, ragazzo. Ancora ti imbarazzi di fronte una persona famosa?», chiede, e un sorriso scaltro gli si allunga sul viso. 

Peter si agita. «B-be’, diciamo che con lei è peggio che con chiunque altro. Le ricordo che sono un suo fan.» E che ho la sua foto ritagliata da un giornale nel mio armadietto…

Tony Stark reclina la testa all’indietro e scoppia a ridere, palesemente lusingato da quel commento, poi gli posa una mano sulla spalla – che lo fa sussultare – e lo invita ad entrare nel bar dove si sono dati appuntamento. Non c’è particolare caos, quel giorno. Dopotutto è un buon orario e, serpeggiando tra i tavoli, ne trovano uno abbastanza tranquillo, accanto alla vetrata che dà sulla strada. Un buon posto dove parlare di chissà cosa. Peter nel frattempo cerca di ricordare come si respira.

La cameriera non ci mette molto a raggiungerli. Mastica rumorosamente un chewingum e, annoiata, prende le loro ordinazioni. Tony si butta su un caffé ristretto; Peter sceglie un frappé alla fragola che lo fa sentire un adolescente ancora in fase di svezzamento. Si chiude nelle spalle, ma il caffé proprio non lo fa dormire… e già non dorme normalmente di suo. 

«È senza lattosio?», domanda, timidamente.

«Si può fare senza lattosio, seh», mastica la ragazza, poi picchietta la penna contro il blocchetto delle ordinazioni, impaziente di andar via. Peter odia dover specificare ogni sua intolleranza quando si ritrova in certi posti, specie perché sembrano tutto fuorché informati sulle allergie, anche se dovrebbero. 

Deglutisce, a disagio, ma non può rischiare di sentirsi male proprio ora che è con Tony Stark. «Me lo può fare in un posto che non sia vicino a farinacei, cereali, molliche di pane… insomma, tutto ciò che trasuda glutine?» 

«Lo dico al barista», sbuffa la ragazza.

«La prego, gli dica di metterci una certa attenzione! Se mi contamino, è la fine per tutti», supplica; quella se ne va, alzando le spalle e, quando si volta, probabilmente anche gli occhi al cielo. Peter vorrebbe sprofondare, specie quando il signor Stark scoppia a ridere.

«Cosa sei, Parker? Il pacchetto completo delle intolleranze alimentari?» 

«Non me ne parli… mi manca solo l’allergia al nichel e sono a posto», sospira, e sa di aver messo su un’espressione a dir poco contrariata, «Anche se sono più che certo che prima o poi mi verrà anche quella, fortunato come sono…»  

Il signor Stark ride ancora, poi poggia i gomiti al tavolino e congiunge le mani tra loro. Peter lo guarda arricciando le labbra, in attesa, sperando che il discorso viri altrove. «Insomma ti laurei. E manca decisamente poco. Hai già deciso la tesi?» 

«Sì, ci sto lavorando già sopra. Io e il mio rettore abbiamo optato per una cosa un po’ particolare sull’energia rinnovabile, la nanotecnologia e altri argomenti sull’impatto ambientale», annuisce.

«Non male. Sei uno che fa la raccolta differenziata, almeno?» 

Peter ridacchia, e si sente un po’ più leggero. «Sì, e mi muovo anche un po’ nel campo. Ogni tanto io e il mio migliore amico facciamo volontariato. Cerchiamo di fare del nostro per la salvezza del pianeta.» 

«Quindi, se un giorno trovassi un impiego dove ti verrebbe richiesto di dedicarti, che ne so, al riscaldamento globale, ne saresti felice», deduce il signor Stark e Peter annuisce di nuovo, anche se non è esattamente questo, che vorrebbe fare nella sua vita. In verità non lo sa ancora bene, e non perché non ha le idee chiare, ma perché ha troppe ambizioni. Solo che è convinto di non riuscire a coronarle tutte.

«Ne sarei felice, sì ma… signor Stark, non è semplice darle una risposta a una delle domande più inflazionate che una persona della mia età si sente rivolgere praticamente ad ogni cena di natale.» 

«Ovvero: che vuoi fare da grande?», chiede Tony, e ha già compreso tutto, a quanto pare. Peter annuisce un’altra volta, e l’uomo sospira. Poggia la schiena contro la sedia, quando la cameriera arriva con le loro ordinazioni e le lascia sul tavolino. «È una domanda comune, e non tutti la pongono nell'intento di sapere davvero cosa vuoi dalla vita. C’è chi lo fa solo per fare conversazione.» 

«E lei perché lo vuole sapere?» 

«Perché mi interessa capire cosa vuoi fare della tua vita una volta uscito dall’università», spiega Tony, poi prende in mano la sua tazzina di caffé e, dopo secondi interminabili ad affogare lo sguardo nel suo – dove Peter tenta in tutti i modi di non farsi venire un infarto – infine continua. «Parker, non prendiamoci in giro. Sarò sincero con te: ho fatto qualche ricerca. Conosco delle persone, alla Columbia, e mi hanno raccontato che sei una specie di genio ineguagliabile, che te la cavi bene in tutto, che hai vinto borse di studio ogni anno e hai rifiutato di studiare all’estero per motivi che nemmeno loro si spiegano.»  

Peter arriccia il naso. Non sa cosa prova, ora che ha saputo che l’uomo ha fatto ricerche su di lui, sa solo che sa che dovrebbe arrabbiarsi perché la sua privacy è stata violata, ma non lo fa. Un po’ perché l’idea che l’uomo nutra interesse nella sua carriera scolastica lo lusinga, un po’ perché Tony Stark gli piace e non può negare che quelle attenzione siano piacevoli. Solo che è difficile spiegare certe cose, a chi magari non può capire.

«Avrei voluto andar via – studiare all’estero, perché sarebbe potuta essere una grande esperienza ma… non posso, signor Stark. Non ho i genitori e vivo con una zia vedova. Io sono tutto ciò che ha, e non voglio darle dei dispiaceri. Mi permette di studiare, lo ha sempre fatto. Andarmene sarebbe un affronto e comunque ormai mi sto laureando, quindi sarebbe inutile piangere sul latte versato, no?», ammette, e cerca di sorridere. 

«Latte versato senza lattosio», ironizza l'uomo, poi alza le sopracciglia, «Molto nobile. Ammetto che non avrei fatto lo stesso, che sarei partito senza farmi scrupoli ma… be’, io sono io. Di scelte discutibili ne ho fatte anche troppe. E mi dispiace per la tua situazione familiare», continua, e sorseggia il suo caffé; la sua bocca sparisce dietro la tazzina di ceramica e ne riemerge poco dopo, leccandosi le labbra per togliersi un residuo di caffé. Peter non riesce a smettere di fissarlo come se avesse davanti un angelo sceso in terra, o Michael Jackson in persona. 

«Non si preoccupi. Sono orfano praticamente da sempre. E zia May… lei semplicemente ha bisogno di me. Comunque, questa è la mia situazione. Mi sto per laureare e non so cosa fare veramente della mia vita. Troppe ambizioni.» 

«La vita è una, Parker.» 

«Lo so, dovrei sceglierne una e dedicarmi a quella e basta, ma è la scelta finale il vero problema.» 

«Il tuo rettore pensa che tu possa variare su più fronti, e cambiare a seconda delle tue necessità», gli rivela il signor Stark. Dunque ha parlato anche col suo rettore…

«Trovo un po’ insensato dedicarmi a più canali, e saltare da un mestiere all’altro senza risultare un pazzo.» 

«A volte ci vuole un po’ di pazzia, per dimostrare chi siamo, no?», ammicca l’uomo, e Peter si ammutolisce. Dopotutto, con quel modo di fare, Tony Stark si è creato un impero. La Stark Industries si occupa di molte cose e lui è supervisore di tutto. Non ha un unico campo dove eccelle, se la cava in tutti quanti e… Peter pensa che sarebbe bello, svegliarsi il mattino, e decidere a quale delle sue scienze preferite dedicarsi quel giorno. Solo che lui è un insicuro. Solo che lui non è Tony Stark.

«La fa facile, lei…», cerca di sorridere e sorseggia finalmente il suo frappé. Poi ne riemerge, dopo aver tentato, inutilmente, di riordinare le idee, «Mi mancano le palle, per buttarmi in una cosa così e sperare che vada tutto bene.» 

«Ed è per questo che siamo qui, Parker. Perché il coraggio viene dopo e… be’, ti sto proponendo di lavorare per me, una volta che avrai finito. Ti laurei e entri alla Stark Industries. Non pensi che sarebbe una buona gavetta, per poi mettersi in proprio, un giorno?», chiede, ed è la richiesta più allettante che gli sia stata fatta in vita sua, ma si sente come in quel periodo in cui lo avevano accettato in sette facoltà diverse e doveva scegliere dove andare. Spaesato, impaurito dal futuro. Eppure, fino ad ora, le sue scelte sembravano aver dato i loro frutti. 

Solo che Tony Stark lo vuole con sé perché si è impicciato degli affari suoi. Perché ha indagato su chi è, cosa fa e quanto è bravo in quel campo, scoprendo che sì, Peter è un genio e che voti come i suoi li si vede davvero raramente. Si sente lusingato, certo, ma anche dannatamente deluso dal fatto che Tony Stark lo veda come una risorsa – un numero, e non un essere umano interessante. 

Abbassa la testa e distoglie lo sguardo. «È una buona proposta, sì.» 

«Dling dlong, bugia!», canticchia l’uomo, lapidario e quando Peter alza lo sguardo sul suo, lo trova con un sopracciglio alzato e la tazzina di caffé a mezz’aria, pronta a toccare le sue labbra. 

«N-no! Quale bugia? Perché dovrei mentirle?»

«Guarda, Parker, che se non hai voglia di venire a lavorare per me serve solo che tu lo dica. Ho fatto la mia proposta, saresti un buon acquisto, ma questo non significa che tu debba farlo controvoglia. Nessuno ti sta costringendo con la forza.» 

«Signor Stark, se penso al me di qualche mese fa, mi rivedo a fantasticare su una conversazione del genere, con lei che mi chiede di lavorare alla Stark Industries e mi dà l’opportunità che cerco da tempo. Mi vedo io, che prendo lei come punto di riferimento e che desidero crearmi un futuro che sia almeno la metà di quello che è riuscito a creare lei. Come potrei mentirle?» 

«E ora cosa è cambiato? Cosa è cambiato dal Parker di qualche mese fa?», domanda ancora l’uomo, e Peter lo sente, che è rimasto male per qualcosa, anche se non vuole darlo a vedere. 

«È cambiato che ora sta succedendo e non ero pronto. Posso aver fantasticato quanto vuole, ma per me tutto questo non sarebbe mai successo. Poi lei mi ha tamponato e… be’, sembra quasi che il destino ci abbia messo lo zampino, ma forse è più un modo crudele di confondermi le idee», cerca di alleggerire la cosa, ma non ci riesce, perché Tony Stark ha distolto lo sguardo, e si è ammutolito. «Mi dispiace se non ho ancora una risposta; capirò se non vorrà più dar-» 

«Facciamo una cosa, Parker. Un patto. Sei confuso ed è legittimo ma… voglio darti il tempo di metabolizzare e comprendere che, lavorare per me, significa poter dar sfogo al mosaico infinito di potenzialità che hai, senza doverne scegliere una e basta. Ci stai?» 

«L'idea è allettante quanto spaventosa... di che patto si tratta?», chiede Peter e alza le spalle.

Stark sorride sornione, poi finisce il suo caffé in un sorso solo. Ne riemerge e gli mostra la mano. «Se prenderai un voto finale disparo, potrai scegliere. Se ne prenderai uno pari, lavorarei con me per tre mesi. Dopodiché potrai scegliere se andartene o no. Ci stai?» 

«Che razza di pat-»  

«Ci stai?», ripete l’uomo e non ammette repliche. Peter non sa che fare, ma in entrambi i casi avrebbe modo di pensarci e non chiudersi in una gabbia dimostrando solo di essere un numero. Nella peggiore delle ipotesi lavorerà con lui per forza e scoprirà quanto è deludente infatuarsi di qualcuno che lo vede solo come un cervello con le gambe, che porta altri profitti. Dunque gli allunga la mano e la stringe. Gli sembra un patto equo, sebbene la cosa gli puzzi di inganno. 

«Ci sto!» 

«Bene, allora per accertarmi che il patto venga rispettato, sarò lì, quel giorno. Non mi fido di te!», ironizza l’uomo e Peter vorrebbe dirgli che, se c’è qualcuno che non si fida, è proprio lui ma, dopotutto, quel piccolo accordo che hanno preso ha del paradossale, ma lo ha un po’ risollevato. Sì, magari è un numero, un omino qualunque che lavora e non ha volto, però il fatto che Tony Stark sarà alla sua laurea e che quindi dedicherà il suo tempo a lui e a uno dei giorni più importanti della sua vita, un po’ lo fa sentire diverso… importante
 

 


 

Il giorno della sua laurea infine, arriva. Peter è un fascio di nervi, mentre attende che il suo collega di studi esca dalla sala e gli ceda il posto. Gli tremano le gambe. Tamburella un piede a terra, e ha già risposto male a zia May – seduta accanto a lui – per ben tre volte, tanto che la donna si è zittita. Dopo le chiederà scusa, ma ora come ora ha voglia di vomitare e dare un pugno al muro, solo per trovare un po’ di pace nel suo sistema nervoso. Stringe la tesi al petto e tutto ciò che pensa e che lì dentro, seduto tra gli spettatori, potrebbe esserci Tony Stark. Non lo vede da quel giorno al bar, e ormai sono passate più di due settimane, ma l’uomo gli ha mandato qualche sms. Ogni tanto per chiedergli come andava, ogni tanto per ricordargli che la sfida è ancora aperta e che pretende di vincere. L’idea di Peter è che si sia dimenticato e che non si sia presentato, ma con quell'uomo le sorprese non sono mai troppe, e quel pensiero lo fa sorridere leggermente. 

Si avverte un applauso, all’interno della sala. Poi il silenzio e, qualche minuto dopo, il compagno di università esce. 

«Com’è andata?», chiede, quando lo incrocia sulla porta. 

«Il massimo dei voti, non lo avrei mai sperato! In bocca al lupo, Parker. Non hai idea di chi c’è, in quella stanza!», esclama quello, e il suo entusiasmo è dato sicuramente dall’emozione; ancora trema e Peter spera di poter sfogare la stessa felicità, tra qualche minuto, quando avrà finito… sebbene ha capito perfettamente a chi si riferiva, quando ha parlato di qualcuno nella stanza. Dunque Tony c’è. Si è davvero presentato alla sua tesi. Non sa cosa pensare, sa solo che ora è più teso di prima.

Entra dunque in aula. Zia May prende posto sulla prima fila di sedie. Mentre lei gli augura buona fortuna, Peter ne approfitta per guardarsi intorno tra la folla di gente, ma Tony Stark non c’è. Forse non riesce a vederlo o, forse, ha davvero sperato in qualcosa di impossibile. Sospira e si volta verso la cattedra che lo attende per discutere la propria tesi. Respiri lunghi e sguardo basso; pugni stretti, ginocchia che tremano. Alza poi gli occhi, quando incontra la sedia sulla quale dovrà sedersi e per poco non gli viene un infarto al miocardio. Seduto tra il professor Brooks e la professoressa Danforth, c’è Tony Stark. L’uomo gli sorride e, gagliardo, gli fa cenno di prendere posto di fronte a lui, con una certa soddisfazione che gli attraversa gli occhi. 

«Signor…», esordisce il professor Brooks, scorrendo i nomi su un registro, ma il signor Stark sbuffa divertito.

«Parker. Peter Parker, giusto?», chiede, e Peter abbassa la testa. Non sa se è più arrabbiato o colpito o stupito o imbarazzato o felice, di trovarlo lì. 

«S-sì. Peter Benjamin Parker.», risponde, e annuisce. 

«Avverto il tuo stupore, Parker. Il signor Stark si è proposto come esterno. Il suo voto sarà importante tanto quanto il nostro; dovresti sentirti lusingato all’idea che, sulla tua laurea, comparirà anche la sua firma, tra le nostre!», esclama la professoressa Danforth, e Peter non riesce a smettere di guardare Tony, che ricambia il suo sguardo, senza mai distoglierlo. Senza mai spegnere quel sorriso trionfante, che un po’ lo diverte. 

Stira le labbra all’insù, e spera di non essere arrossito troppo. «Lo sono. Sono molto lusingato.»  

«Bene, di cosa ci parla, signor Parker?»

Peter inizia la sua discussione e, paradossalmente, la presenza di Tony Stark quasi lo tranquillizza. Non sa come andrà, sinceramente, ma di una cosa è certo: il voto sarà pari, perché quell’uomo farà di tutto per renderlo tale e, dopotutto, a Peter non dispiace che si batta così tanto, per averlo con sé. 


 

Fine Capitolo III
 

 

 

♥ Note Autore ♥


 
Buonsalve a tutti!Come procede la vita? Qui, tutto okay! Peter sta meglio di tutti, penso XD oddio, quando ho scritto la parte dell'esame mi sono divertita da morire ad immaginarlo mentre alzava la testa e si ritrovava Tony Stark come professore d'esame. Insomma, se potessi tornare indietro, anche io vorrei discutere la mia laurea così, con un ricco industriale fascinoso che mi offre un lavoro in cambio di un voto pari.
Ah, in tal proposito, la parte dei voti è totalmente romanzata e basata sul sistema d'esame italiano, in America mi pare di aver capito che vadano per lettere anche all'università e siccome nella mia testa ci stava questa sfida, ho deciso di lasciarla così, anche se non è culturalmente esatta. Vi prego di perdonarmi, in tal caso, ma mi sono presa una licenza poetica non da poco. Che dite? Gli darà un voto pari o Peter farà di tutto per prenderne uno disparo? Lo scopriremo solo vivendo con il quarto e ultimo capitolo. Chissà, magari Peter scopre che sarebbe stato meglio fare il CID, piuttosto che farsi coinvolgere da un milionario annoiato XD
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto,

La vostra amichevole Miryel di quartiere.


 

 

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Capitolo 4
*** Epilogo ***


  [ Tony Stark x Peter Parker - 23yd!Peter - No Superhero!AU - Fluff/Romantico - wc: 2567 ]

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Come Innamorarsi 
Dopo Un 

Incidente Stradale

 
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Epilogo
 

«Si batte la fiacca o cosa?» 

Peter sussulta. Ha l’occhio infilato in un telescopio e quasi lo perde, con quel colpo che si è preso. Arriccia le labbra, infastidito. Sospira stancamente e si volta verso la porta, che si è appena spalancata con una gentilezza pari a quella di un lottatore di sumo in un negozio di cristalli. La voce squillante che ha rotto la sua quiete, poi, ha fatto il resto.

«Sì, si batte la fiacca», asserisce ancora Tony, e ha la mano stretta attorno alla maniglia; gli occhiali scuri sul naso sono leggermente scesi e li rimette al loro posto con un gesto distratto. Sembra di buon umore, e Peter vorrebbe sapere il perché, ma non gli darà questa soddisfazione. Non dopo che gli ha fatto quasi venire un infarto al miocardio. 

«Non sto battendo la fiacca!», risponde, e sa di aver alzato il tono di voce di due ottave. È irritante, quando succede, siccome ha già un tono abbastanza squillante di suo. «Sto… lavorando.» Si imbroncia e torna a studiare tutta quella roba che galleggia nel vetrino. Lo rilassa osservare quei movimenti atipici e imprevedibili.

«Hai intenzione di prenderti una pausa? Guarda che se mi denunci dicendo che ti schiavizzo, ti faccio uccidere da Happy e gli faccio nascondere il cadavere in un fosso. Nessuno se ne accorgerà», lo prende in giro Tony, poi si avvicina e appoggia la schiena al suo tavolo da lavoro. Peter lo vede incrociare le braccia al petto, con la coda dell’occhio, ma non smette di smanettare con quello che è uno dei suoi strumenti preferiti in assoluto. «Ti diverti?»  

«Oh, da morire. Prima che arrivassi tu, almeno…», scherza, poi sospira e torna a guardarlo. Dopotutto ormai lo ha bello che distratto; ha comunque lavorato abbastanza, una pausa può pure concedersela. Potrebbe addirittura continuare domani, anche se stare lì gli piace, con la sua musica Indie di sottofondo e l’aria condizionata accesa che rende quell’ambiente più che godibile. Tony però è una priorità diversa. Tony ha l'esclusiva. Sorride. 

«Perdonami se ti ho interrotto, principessa. Magari torno dopo, o domani. Non sia mai che ti distragga dai tuoi giochetti da piccolo chimico.» Alza le sopracciglia e Peter schiocca la lingua, fingendosi infastidito, sebbene il suo sorriso non riesca proprio ad attenuarlo. Sbuffa. Si rende conto solo in quel momento di quanto gli faccia male la schiena, siccome è stato ricurvo su quell’aggeggio per ore. È anche stanco, a dire il vero, e ha un principio di mal di testa. «Ti volevo portare un cappuccino, ma la macchinetta ha deciso di rubarmi i soldi.» 

«Sono intollerante al lattosio… chissà se un giorno te lo ricorderai.» 

«Ma volevo prendertene uno senza lattosio!» Sta mentendo, e Peter lo sa. Per questo non ce la fa nemmeno ad arrabbiarsi, siccome lo fa perché deve sempre, costantemente avere ragione lui. «Vuoi un cracker?», gli propone poi, forse cercando di farselo amico, e Peter trattiene l’impulso di dirgli, per la milionesima volta, che è celiaco e che non può mangiare farinacei. Dio, è un ambulatorio ospedaliero con le gambe, e lo sa da sé, ma è quasi frustrante che Tony non se ne ricordi mai… dopo mesi che collaborano in quel posto. 

Infine è finito lì, alla Stark Industries, dopo che si è laureato e ha preso il massimo dei voti, quel 24 ottobre di quasi un anno fa. Un giorno da ricordare e non solo perché ha finalmente finito gli studi, ma perché Tony Stark era lì, a fargli da professore esterno. Qualcosa che mai e poi mai avrebbe immaginato, ma da quando l’uomo l’ha tamponato, la sua vita ha iniziato a prendere pieghe sempre più assurde. Non gli dispiace, ma non è ancora abituato a quella routine completamente sconvolta da quei fatti. Non ci crede ancora. 

«Hai dei programmi?», gli chiede infine, quando poi Tony sembra ricordarsi della celiachia e, mimando solo con le labbra, tenta di imprimersi quel fatto nella menta, con un “È celiaco. Non mangia farine e cereali, lo sfigato.” A Peter viene da ridere, perché sa che si è fatto capire di proposito per farlo arrabbiare. Un’altra soddisfazione che non gli darà. 

Tony alza le spalle e piega la testa di lato. «Be’, in realtà sono quasi le sette, e ho fame. Immagino che qui dentro tu perda la cognizione del tempo come niente fosse.» 

«Succede quando lavori seriamente», gli risponde, quasi sfacciato, ma non gli riesce mai bene quel ruolo. Lo punzecchia, con una certa soddisfazione e non perché lo zittirà – oh, no, non accadrà mai. È pur sempre Tony Stark! – ma perché gli si riempie il cuore di fiamme e calore, quando sono insieme e parlano come se non vi fosse bisogno di filtri, per comunicare. No, dopotutto non ce n’è bisogno davvero, da una vita quasi. 

«Mi stai dando del nullafacente, Parker? Guarda che sono sempre il tuo capo, e posso licenziarti in tronco anche ora, se mi gira!», lo minaccia, puntandogli un dito contro, e Peter non riesce a trattenere un guizzo divertito, che gli muore in bocca quando Tony se lo porta contro, annullando ogni distanza e gli bacia le labbra. Non lo ha mai fatto lì, in laboratorio, ma quella relazione a volte li spinge a dimenticarsi del profilo basso che hanno deciso di tenere. Non tanto per quella differenza d’età che si portano sulle spalle, ma per la paura che Peter poi possa essere visto come un privilegiato, e nessuno dei due vuole che accada. Si ritrova a ricambiare quel bacio, e si rende conto di quanto in realtà ne avesse bisogno, per ricaricarsi un po’ di tutta l’energia che quella lunga giornata gli ha risucchiato, e sorride nell’anima.

Non è stato facile avvicinarsi, al tempo. Peter era certo di ciò che provava sin da subito, ma Tony Stark è pur sempre Tony Stark, anche in quel periodo dove aveva iniziato a lavorare per lui. Laddove Peter ci metteva l’ammirazione e un sentimento un po’ più forte del rispetto, Tony metteva un muro davanti per non lasciare che quella cosa che stava nascendo da sola, iniziasse. Per paura? Per codardia? Peter non lo ha mai saputo, ma quello che lo ha stupito è stato il fatto che, ad un certo punto, Tony ha scelto. Ha scelto di fregarsene, forse spinto dal fatto che, quella conoscenza, voleva approfondirla anche lui e che, senza paura, alla fine si era buttato, scoprendo con stupore che poteva funzionare. Chiedersi il perché, ormai, era abbastanza stupido; viverla, decisamente più saggio. Così si erano ritrovati a litigare per cose sceme e poi a scambiarsi un bacio risanatore, quando era sceso il silenzio che pesava di orgoglio ferito e malinconia. Un vuoto da colmare, che non è più tale da un po’. 

Assurdo come un sentimento di interesse possa cambiare le cose… 

Peter apre gli occhi, quando lentamente Tony si separa dalle sue labbra, tornando a guardarlo come se non si fossero appena scambiati un bacio da capogiro. Si sistema meglio la giacca – che copre una buffa maglietta con un gattino che indossa degli occhiali da sole simili ai suoi – e poi tossisce per schiarirsi la voce. 

«Andiamo a cena ad un nuovo ristorante che ha aperto un mio ex collega del college, Bruce. Te ne ho parlato, mi pare.» 

Peter alza gli occhi al cielo, e sbuffa. «Bruce non fatemi arrabbiare Banner? Un milione di volte, Tony.» 

«E non devi farlo arrabbiare sul serio! Ti ho mai raccontato di quella volta che ha qua-» 

«Quasi sradicato un termosifone e voleva lanciartelo addosso. Sì, anche quella, almeno un miliardo e mezzo di volte. Mi chiedo perché non lo abbia fatto…» 

«Perché lo hanno fermato in quattro!» 

«Ed è bastato?», chiede Peter, ora incuriosito, sebbene gli piaccia mostrare del disinteresse verso quelle vecchie storie che, in realtà, ascolterebbe per ore. 

Tony reclina la testa all’indietro e ride. «Certo che no! Sono scappato a gambe levate, ma ora che lo sai dovrò ucciderti; lo sai, questo, vero?», scherza e Peter, nel frattempo, si toglie il camice per recuperare le sue cose; scrollando le spalle, sorride. 

«Sì, lo so. Accoglierò con onore la mia impiccagione e, Tony, lo so che è una domanda ovvia e che sicuramente ci avrai pensato già da te ma… è un locale gluten free friendly?», chiede e sa già la risposta. La sa già. Non può averci pensato. Non Tony Stark, che ha troppe cose che gli vorticano nella testa, per assimilare nella propria routine le sue stramaledette intolleranze alimentari per cui, a volte, si sente anche in colpa, siccome è limitante per tutti. 

Gli basta vederlo alzare un braccio per lisciarsi il pizzetto, per poi indicarlo, per capire che no, non ci ha pensato, a quel fatto. «Ripensandoci», esordisce e Peter stringe le labbra per reprimere l’impulso di alzare gli occhi al cielo. «Potremmo ordinare qualcosa da quel fast food che ha anche roba per gente come te e poi vedere un film trash a casa. Sei stanco, si vede che  non ti va di uscire.» 

«Oh, grazie per averlo notato e per la premura, Tony. In effetti avevo proprio voglia di non beccarmi un’intossicazione alimentare.» Ride e Tony sorride sornione, beccandosi una gomitata dispettosa, quando infine Peter lo affianca e escono fuori dal laboratorio, raggiungendo l’Audi parcheggiata appena fuori. Non c’è Happy, oggi. Ha il giorno libero e Peter sa perfettamente con chi lo sta spendendo. È felice di non tornare a casa, siccome sa che è lì, che Happy si trova. Da quando ha iniziato a frequentare sua zia – dopo averla conosciuta per caso, un giorno che è andata a prenderlo al lavoro – le cose sono decisamente cambiate e Peter non sa ancora se la cosa gli dispiaccia o no. Non vuole ancora scoprirlo. 

Così Tony entra in macchina, occupando il posto di guida e mentre lasciano il parcheggio e si immetono sulla strada principale – e alla radio c’è un vecchio CD dei Judas Priest – Peter si sistema più comodo sul sedile e guarda fuori dal finestrino. Sorride leggermente, al ricordo di quel giorno lontano, dove lui e Tony erano seduti nei sedili posteriori e a lui scattava qualcosa che ora gli ha cambiato la vita. 

«A che pensi?», gli chiede l’altro, mentre infila la mano in un sacchetto di patatine posizionato tra i due sedili. 

«Agli incidenti stradali», risponde e Tony, dopo un breve silenzio, scoppia a ridere.

 

 


 

Sono quasi le otto quando finalmente, dopo un’agonizzante attesa, il fattorino arriva con il loro ordine nello zaino termico che porta pesantemente sulle spalle. Tony paga e gli lascia una mancia generosa, «Non perché sei stato veloce, ma per incentivarti ad esserlo la prossima volta. Se non lo sarai, ti faccio defenestrare dalla sicurezza!», gli ha detto simpaticamente e quello lo ha guardato impaurito. Peter ha riso, poi lo ha aiutato a portare dentro le scatole con il cibo, quando quello se n’è andato.

Ora sono seduti sul divano, dove si sono lasciati cadere con un sospiro, stanchi morti. Tony sistema caoticamente le loro cose sul tavolino appena di fronte e gli cede un bicchiere di carta con la sua bibita. Poi prende il telecomando e accende la TV. Il mondo, fuori, sembra spegnersi improvvisamente. 

«Che vuoi vedere? E non dire quello che vuoi o ti caccio di casa.» 

Peter sussulta, perché era esattamente la risposta che stava per dargli e, rubandogli di mano il telecomando, accede alla libreria digitale, così satura di film che sa già come finirà: cominceranno a sfogliarla e, alla fine, si addormenteranno senza vedere un bel niente. Come sempre. È la prassi, ormai.

«Qualcosa che non sia troppo noioso.» 

«Ce l’ho!», esclama Tony e gli ruba a sua volta il telecomando dalle mani, con un sorrisetto piuttosto stronzo a piegargli le labbra. «Si chiama Car Crash. Un po’ vecchio, ma godibile.» 

«Car Crash», ripete Peter, atono, siccome gli sembra più una presa in giro che altro. «E di cosa parla?» 

«Di un ragazzo che viene tamponato da un affascinantissimo miliardario che, colpito dalle sue doti scientifiche, lo sfida a portare a casa un voto dispari alla sua laurea, per lasciargli scegliere se liberarsi di lui o no.» Lo prende in giro, e Peter gli dà una gomitata che quasi fa cadere a tutti e due le loro bibite dalle mani. Tony non perde mai occasione di canzonarlo per non aver avuto il coraggio, a detta sua, di compromettere il suo voto finale per vincere quella sfida. 

Tony non ha mai vinto… Peter lo sa bene che, qualunque cosa sarebbe successa, lui avrebbe comunque deciso di accettare la sua proposta. Lo avrebbe fatto in qualunque caso, ma non glielo dirà mai.  Non gli darà questa soddisfazione. Non oggi, almeno.

«Puntavo al voto massimo! Ovvio che non avrei mai abbassato la mia media per non farti vincere. Lo sapevi al tempo e lo sai ora; mi hai ingannato», sbuffa, poi dà un sorso alla sua Coca Cola e si gode per un attimo il liquido fresco che gli scende in gola, mentre Tony scoppia a ridere e gli avvolge un braccio intorno alle spalle e lo invita goffamente ad appoggiare la testa sulla sua spalla. Peter sbuffa contrariato e si è quasi strozzato con la bevanda. Poggia i piedi incrociati sopra al tavolino di vetro appena davanti al divano – dopo essersi sbarazzato delle scarpe, senza slacciarle – e Tony lo imita, poco dopo. 

«Sapevo che non avresti rinunciato al voto massimo per questo. E sapevo anche che non avresti rinunciato alla mia proposta. Volevi che non lo sapessi? Andiamo, con chi credi di parlare, genio?» Soppesa quella parola e si guadagna un’altra gomitata nelle costole; Peter lo sente lamentarsi e quasi vorrebbe fargli più male, siccome se lo merita. È uno stronzo, lo è sempre stato, con l'aggravante che è pure irresistibile e che sa essere gentile – a modo suo, e dolce – sempre a modo suo. Che gli ha dimostrato quanto ci teneva, ad averlo con sé. Peter non ha mai capito se inizialmente fosse solo un interesse puramente lavorativo, o se anche per lui, quel giorno dell'incidente stradale, sia scattata una sorta di lampo, nei suoi riguardi. Non vuole chiederglielo, anche se a volte vorrebbe. Gira solo lo sguardo verso di lui, e gli carezza il profilo della guancia con il naso, nel tentativo di attirare la sua attenzione, siccome è tutto preso a guardare la TV. 

Tony si volta a guardarlo. Gli occhi gli scintillano interrogativi e, con un sorrisetto confuso, gli carezza il naso col suo, in un gesto abituale. Nato da mesi di confidenza, trasformata ormai in altro. Nessuno dei due si dice cos’è, ma lo sanno da sé e questo vale più di mille parole. 

«Cosa?» Con lo sguardo disilluso gli lascia poi un fugace, incantevole bacio sfiorato. 

Peter arriccia le labbra e registra il suo sapore;  sbuffa leggermente, divertito. Scuote la testa in un debole diniego e sorride. «Niente.» 

No, niente è solo la sintesi di ciò che non sono. E, sebbene sia nato tutto a causa di un incidente stradale, Peter si chiede quanta fortuna ci possa essere, a volte, in qualcosa che alla mente risulta quasi distruttivo. Non lo è stato, piuttosto ha creato qualcosa. Il destino, dopotutto, riesce ancora a stupirlo. 

 

 

Fine
 

 

 

♥ Note Autore ♥


 
Buonasera a tutti! Ed eccoci infine giunti al gran finale! Come ho sempre detto, sin dal primo capitolo, questa è una storia nata senza pretese. Una storiella d'amore, un inizio d'anno che consacra la pubblicazione di moltissimi nuovi progetti e questo è, in qualche modo, il primo mattone su cui sto costruendo questo GLORIOSO anno. Lo so, non ne potete più di me, ma non vi libererete della sottoscritta tanto facilmente, SAPEVATELO *risata doppia satanica*.
Che dire? Infine Peter ha dovuto prendere per forza, il voto massimo. Ne va del suo orgoglio personale e sicuramente ne andava anche della sua carriera scolastica brillante. Come ho già detto, il sistema di voto adottato va a sentimento, e non ho usato un vero e proprio metodo. Diciamo che ha preso 110 e sto, okay? Che Lode non ce n'è e il bacio accademico glielo ha dato Tony u.u Insomma, sperando che la storia vi sia piaciuta, che l'epilogo senza pretese vi abbia soddisfatti e che il fluff non vi abbia resi diabetici (malattia che a Peter manca ma presto gliela affibierò, statene certi ♥), vi ringrazio per il caloroso seguito e vi do appuntamento alla prossima storia che non so ancora bene quale sarà tra le tante in cantiere, ma ci sarà.
Un abbraccio fortissimo
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto,

La vostra amichevole Miryel di quartiere.


 

 

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