Una notte a New York - Supermike fanfiction

di Il Moro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO UNO: NEW YORK ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO DUE: IN CERCA DI ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO TRE: FIVE POINTS ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO QUATTRO: ARIA DI CASA ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO CINQUE: NELLA TANA DEL LUPO ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO SEI: REGINA ALL'INFERNO ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO SETTE: IL PRIGIONIERO DI ZAGOR ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO OTTO: IL DUELLO ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO NOVE: L'ARTEFATTO ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO DIECI: PUNTO DI DIVERGENZA ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO UNDICI: ALBA SU NEW YORK ***
Capitolo 13: *** NOTE FINALI ***
Capitolo 14: *** L'autore ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Questo racconto è un'opera di fantasia basata su personaggi appartenenti alla serie di fumetti Zagor, i cui diritti appartengono alla Sergio Bonelli Editore e ai rispettivi autori. Non detengo i diritti di sfruttamento dei personaggi. Quest'opera è stata pubblicata senza fini di lucro e distribuita gratuitamente. Se questa pubblicazione non dovesse essere gradita alla casa editrice provvederò immediatamente a ritirarla. Il personaggio di Supermike è apparso per la prima volta in una storia di Zagor del 1975, nei numeri da 122 a 125 (Zenith da 173 a 176), e da allora è sempre rimasto nel cuore dei lettori. È ritornato una volta sola, nel 1984, nei numeri da 226 a 229 (Zenith da 277 a 280), in una storia che non è riuscita a infiammare gli animi dei lettori come la precedente. Da allora più nulla, ma gli appassionati non hanno dimenticato quel personaggio, al punto da creare un gruppo Facebook dedicato esplicitamente ad esso: "Mike Gordon alias SUPERMIKE". Oltre a ricordare Supermike il gruppo si prefigge anche lo scopo di esercitare una garbata pressione sulla casa editrice Bonelli per richiedere il ritorno del personaggio sulla serie regolare. Ho pensato che avrei potuto scrivere io un racconto con protagonista Supermike, per colmare quel vuoto per quanto possibile. Però ho voluto coinvolgere in quest'avventura anche gli amanti del personaggio: ho quindi deciso di pubblicare un capitolo per volta, sui gruppi Facebook Zagor e Mike Gordon alias SUPERMIKE, con al termine di ogni capitolo due opzioni tra cui scegliere, che avrebbero determinato la prosecuzione della storia. Il racconto che state per leggere è quanto è derivato da quelle scelte. Si tratta quindi di un'opera non soltanto mia, ma anche di tutti coloro che hanno contribuito a deciderne il percorso. In questo ebook quindi al termine di ogni capitolo troverete le opzioni che sono state proposte ai lettori, e alcuni approfondimenti sull'ambientazione e sulla realizzazione che avevo inserito anche nella pubblicazione su Facebook. In apertura di ogni capitolo troverete anche le copertine da me realizzate. Per la grafica ho preso spunto dalle ristampe Tutto Zagor, i disegni sono particolari di opere realizzate da Gallieno Ferri, Alessandro Piccinelli e Michele Rubini. In ottobre 2017, in contemporanea alla pubblicazione del capitolo 4, Moreno Burattini ha annunciato che Supermike tornerà sulle pagine di Zagor in una storia disegnata da Marco Verni. Che sia anche un po' merito nostro? ;-)

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Capitolo 2
*** CAPITOLO UNO: NEW YORK ***


Mike Gordon lascia cadere il full di donne sul tavolo con studiata noncuranza, sotto sguardi che vanno dall'attonito al furibondo.
«Bene, signori! Direi che con questa "super" giocata possiamo chiudere la partita!» esclama con la voce resa pastosa dall'alcool, mentre tira verso di sé il mucchietto di monete e banconote al centro del tavolo e inizia a infilarle nella borsa. «Dopo aver dimostrato che sono il miglior giocatore a questo tavolo, nonché il miglior bevitore in questa bettola, direi che è arrivata l'ora di ritirarmi...»
Gli altri giocatori non proferiscono parola. Aspettano che si sia allontanato per mettersi a confabulare tra loro, accusandosi l'un l'altro del primo fallimento dopo mesi di pratica nello spennare i gonzi. La bombetta e gli abiti da damerino di quel tizio avevano fatto loro credere di avere di fronte un altro pollo, e invece sono stati ripuliti.
Sono molti gli sguardi che seguono Mike Gordon e la sua borsa piena di soldi mentre si avvia barcollando verso l'uscita, dopo aver lanciato una lauta mancia al barman.
Uno dei tre gamblers, il più vecchio, sbotta: «Se vogliamo riprenderci i nostri soldi dobbiamo farlo subito, prima che ci pensi qualcun altro.»
 
 
Una volta all'esterno, Supermike fa un sospiro profondo.
"La notte di New York puzza di piscio", pensa.
New York è la città dei perdenti. Di quelli che sono stati così coraggiosi o così disperati da sorbirsi un viaggio di mesi (che probabilmente è costato loro fino all'ultimo centesimo) per giungere in America, ma poi non hanno avuto la forza di muovere un passo oltre l'approdo. Non è la città per Supermike, davvero.
L'ora è abbastanza tarda perché le strade siano deserte anche in città, eppure si accorge dei tizi che lo stanno seguendo solo all'ultimo istante. Deve aver bevuto davvero tanto. Si volta ad affrontarli giusto in tempo per sentire lo scatto del primo coltello a serramanico, subito seguito da altri due.
«Non avrai mica pensato che ti avremmo lasciato prendere i nostri soldi, dannato baro?»
Supermike ride, finisce di girarsi, inciampa nei suoi stessi piedi, rischia di cadere, si tiene su appoggiando una mano al muro del vicolo.
«Siete solo invidiosi perché ho barato meglio di voi...» porta la mano davanti alla bocca soffocando un conato. «Potrei addirittura definirmi un SUPER baro!»
«Poche storie, damerino. Ora molla qui la borsa e tutto quello che hai nelle tasche, e vattene finché puoi farlo con le tue gambe.»
Supermike sorride e solleva la borsa. «È questa che vuoi? Allora prendila.»
Scatta in avanti con un balzo roteando la borsa, usandola per colpire la mano di quello che è chiaramente il capo del terzetto e facendo volare via il coltello. Però non riesce a fermare il suo slancio e lo travolge con tutto il suo peso, trascinandolo giù, ridendo.
Si mette a sedere schiacciando a terra con la mano libera la faccia del baro, mentre gli altri due si fanno sotto. Cerca di saltare via ma si ingarbuglia con le gambe a metà del movimento, trasformandolo suo malgrado in una capriola. Finalmente riesce a rimettersi in piedi, ridendo ancora, e sbatte violentemente la borsa carica di monete sulla faccia dell'avversario più vicino, che barcolla finendo col sedere per terra. Il secondo si prende un pugno che lo fa volare indietro fino a sbattere contro il muro, per poi scivolare a terra privo di sensi.
Ancora incapace di frenarsi Supermike inciampa nell'uomo che ha messo a terra per primo, cadendogli addosso, ma questo lo spinge via e si rialza, impossessandosi di un coltello caduto.
Supermike cerca di rialzarsi a sua volta riuscendo però solo a mettersi in ginocchio, senza mai smettere di ridere, mentre i due assalitori si lanciano verso di lui con i coltelli protesi in avanti.
«Fermi! Lasciate stare quell'uomo!»
I due si immobilizzano, e Supermike si volta lentamente per controllare chi ha parlato. Smette di ridere, e la sua espressione si incupisce.
Le sagome di due uomini si profilano contro la scarsa luce proveniente dai radi lampioni della via principale alle loro spalle. Luce comunque sufficiente a rivelare le pistole puntate contro gli avversari di Supermike.
Le parole di Supermike sono un sibilo tra i denti serrati, il suo sguardo è di quelli che potrebbero uccidere.
«Rimanetene fuori, voi. Supermike non ha bisogno d'aiuto.»
Poi scatta come un puma, balzando in piedi e colpendo prima l'uno e poi l'altro dei sui avversari, due colpi poderosi che li lasciano per terra a lamentarsi, senza più nessuna voglia di combattere.
Supermike recupera la sua borsa e la bombetta che gli era caduta, e si liscia le maniche della giacca. Si avvicina poi ai due nuovi arrivati, borbottando e rischiando altre due volte di inciampare e cadere.
«A che devo la vostra visita, dunque? Credevo che non voleste avere più niente a che fare con me, voialtri.»
 
 
FINE DEL PRIMO CAPITOLO.
 
 
A questo punto ai lettori della storia su Facebook è stato chiesto di scegliere chi sono i due uomini che hanno aiutato Supermike, suo malgrado.
 
Opzione 1: Jesse e Roberts, agenti di ALTROVE
 
Opzione 2: Il colonnello Perry e un altro ufficiale.
 
Ovviamente la scelta dell'opzione 1 avrebbe significato un'evoluzione della storia verso il campo del fantastico, mentre l'opzione 2 sarebbe rimasta più attinente al realismo.
Sorprendentemente, il risultato del voto è stato di assoluta parità. Per quanto il numero di persone coinvolte non sia stato abbastanza elevato da fare statistica, questa potrebbe essere anche presa come un'indicazione del fatto che i fan dello Spirito Con La Scure siano equamente divisi tra chi ama le avventure più “fantastiche” e quelle più “realistiche”.
Visto come sono andate le cose, ho scelto io: vince l'opzione 1, quindi i due uomini erano Jesse e Roberts, agenti di Altrove.
Ma, per non deludere del tutto quelli che preferivano la 2, al termine del capitolo seguente avevo inserito un “ripescaggio” per dare ancora una possibilità al colonnello Perry di essere della partita.
 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO DUE: IN CERCA DI ***


L'albergo in cui risiede Supermike è uno dei migliori di New York ("IL migliore", aveva puntualizzato Supermike), molto lontano dal punto in cui gli agenti di Altrove l'hanno trovato. Il portiere ha fatto una faccia schifata quando l'hanno aiutato a entrare, ubriaco e con i vestiti sporchi di terra, ma non ha detto nulla.
Ora, seduti al tavolo del ristorante dell'albergo altrimenti deserto, i due agenti aspettano pazientemente che la brocca di caffè che gli hanno fatto portare chiarisca le idee del loro interlocutore.
«Signor Gordon...» inizia Roberts.
«Supermike. Ogni volta la stessa storia, Supermike. Quante volte ve lo devo dire?»
«...va bene. Signor Supermike, si sente abbastanza lucido da capire quello vogliamo dirle?»
Supermike reclina la testa all'indietro, sospirando. «Ragazzi, non potreste dirmi qualcosa che io non riesca a capire nemmeno se parlaste in cinese. Lingua che, in effetti, conosco benissimo. Tempo fa ho sfidato in un combattimento "sanda" un campione di Bājíquán... Ho vinto, ovviamente. Ma perdonatemi, sto divagando... Ditemi quello che volete e fatela finita. Pensavo che ad Altrove avessero deciso di non voler più avere a che fare con me, dopo l'ultima volta. È cambiato il direttore?»
«In effetti sì, ma non è per questo che...»
«E chi è adesso?... Oh!» A Supermike non è sfuggita la rapida occhiata che L'agente Jesse ha scoccato al suo capo. «Questa è bella. Tu?! Hai davvero fatto carriera!»
«Non siamo qui per parlare di me...»
«E nemmeno di me, mi sa, per quanto non se ne parli mai abbastanza...»
«Signor... Supermike. Noi siamo qui per chiederle il suo aiuto. Siamo venuti da lei perché crediamo che le sue... peculiari abilità facciano di lei l'uomo più indicato per aiutarci.»
«Allora dovete essere in guai proprio grossi, se vi serve l'aiuto di qualcuno che è SUPER!»
Jesse e Roberts si scambiano uno sguardo imbarazzato.
«Senta, "Supermike".» riprende Roberts, in tono deciso. «Lei è un piantagrane, e Dio sa quanto preferirei chiedere aiuto a qualcun altro piuttosto che a lei. I servigi che ha reso al nostro ufficio in passato sono stati utili, ma lei ha la naturale capacità di portarci sull'orlo del disastro. Come a Washington, quando per colpa sua ho rischiato non solo il posto, ma anche la galera. Ancora mi chiedo come ha fatto a convincere il giudice, oltre all'allora direttore di Altrove, che sparare a un senatore fosse la mossa giusta per evitare un'invasione di folletti irlandesi dispettosi.»
«Ehi, non l'ho mica ammazzato, ho solo mandato in pezzi quel talismano con cui avevano preso il controllo della sua mente...»
«E non poteva aspettare che lo TIRASSE FUORI DALLA TASCA?! Prima o poi sarebbe andato a dormire, no?»
Supermike sorride.
«E io,» interviene Jesse «ho ancora una cicatrice dal fianco al ginocchio fatta da un'arma della quale non riesco nemmeno a pronunciare il nome, dopo la missione in nord Dakota. Quando dovetti gettarmi nella mischia contro quei cultisti insieme a lei, che aveva deciso di ignorare completamente i miei consigli e il buon senso.»
«Mi sembrava che stessero per uccidere quella ragazza...»
«Quella ragazza era il capo della setta, e non mi ripeta che non l'aveva ancora capito, perché non ci ho creduto nemmeno la prima volta!»
«Ma lei,» riprende Roberts, «come ama ripetere, è il migliore, e in questo momento abbiamo bisogno del migliore.»
«Vi ascolto.»
Roberts spinge indietro la sedia. «Ci ascolterà strada facendo. Ora vada a lavarsi e dormire. In questo stato non ci serve a nulla.»
«Ehi! Non ho ancora accettato!»
Anche Jesse si alza, e Roberts si è già voltato a mezzo verso la porta.
«Ma certo che ha accettato. Nessuno è più contento di lei di accettare. Lo sa come abbiamo fatto a trovarla?»
«...Posso immaginarlo...»
«Abbiamo anche noi le nostre fonti d'informazione. Lei torna sempre a casa, a New York, quando si sente depresso. Quando il mondo non le da ciò che vuole, quando nessuna sfida sembra essere abbastanza grande. Sente il bisogno di stare vicino alla sua famiglia, ma non troppo. Non credo che li abbia avvertiti che è in città, giusto? Ma ha scelto comunque uno degli alberghi di suo padre. È bastato fare il giro di tutti a chiedere di lei.»
Lo sguardo di Mike Gordon si fa duro.
«Lei si è trovato con tutti questi talenti, un fisico eccezionale, una mente sopraffina ed estremamente versatile, ma è talmente ricco che non ha bisogno di sfruttarli. È costantemente in cerca di uno scopo, un qualcosa che le faccia capire la ragione per la quale è al mondo. Credo che sia per questo che continua a lanciarsi in imprese folli, e che stia cercando qualcuno più in gamba di lei, nella speranza di scoprire di non essere davvero “il migliore”. Perché questo le consentirebbe di togliersi dalle spalle il fardello di dover dimostrare continuamente il suo valore e vivere una vita normale, libero dall'ossessione.»
Il viso di Mike Gordon è immobile come quello di una statua. Non respira nemmeno. Solo, nel profondo dei suoi occhi, qualcosa sta vibrando.
«Lei ha accettato perché le ho proposto una sfida come non ne ha mai vista una, e la sua particolare psicosi l'ha convinta che questo sia il solo modo di dare un senso alla sua vita.»
Jesse e Roberts gli danno la schiena e si avviano verso l'uscita. «Domani all'alba, signor Supermike. Possiamo concederle una notte di riposo, ma non abbiamo tempo da perdere.»
Se ne vanno, senza aspettare una risposta che comunque non arriva.
 
 
FINE DEL SECONDO CAPITOLO
 
 
Come avete visto mi sono preso qualche libertà nel definire il background di Supermike, sia dal punto di vista biografico (nella serie regolare di Zagor non si sa che lavoro facciano i suoi genitori) che da quello psicologico. L'idea era quella di rivelare un po' dell'"uomo che sta dietro al superuomo" e nel farlo ho preso ispirazione, oltre che da ciò che si capisce di lui nelle storie in cui è comparso, anche da una parte dell'interessante analisi psicologica del personaggio effettuata da Gian Piero Taricco in un commento a un mio post su Facebook. La riporto nelle note finali di questa fanfiction.

Ora un breve approfondimento:
il Bājíquán è un'arte marziale cinese basata su forza e colpi esplosivi. Con "sanda" si indica un combattimento uno contro uno, ed è anche il nome di uno sport cinese moderno con lo stesso principio.
 
 
A questo punto è stato chiesto ai lettori di scegliere il luogo dove i due agenti di Altrove hanno intenzione di portare Supermike
 
OPZIONE 1: a Philadelfia, una delle città più antiche degli Stati Uniti, principale centro dell'industria ferroviaria dell'epoca e sede provvisoria della base di Altrove, nei sotterranei del museo di scienze naturali.
 
OPZIONE 2: rimaniamo a New York ma ci spostiamo ai Five Points, noto quartiere degradato raccontato anche da Martin Scorsese nel film Gangs of New York nonché luogo dove hanno vissuto i genitori di Mike Gordon prima di fare fortuna.
 
OPZIONE 3: ci spostiamo nell'area di Darkwood, a Forte Pitt, dove è di stanza il (ripescato) colonnello Perry.
 
Dalla votazione è uscito un nuovo risultato di parità tra le opzioni 1 e 2, ed è toccato ancora a me scegliere da quale parte far pendere l'ago della bilancia: opzione 2, i Five Points, quartiere natale di Supermike (ma solo in questa fanfiction, ufficialmente sappiamo solo che è di New York).

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Capitolo 4
*** CAPITOLO TRE: FIVE POINTS ***


Il mattino successivo i due agenti di Altrove mantengono la parola recandosi all'albergo dove dimora Supermike e trovandolo già seduto al bar, intento a consumare una robusta colazione.
«Signori, buongiorno!» li saluta, solare, senza nemmeno un segno visibile della sbronza della sera prima o delle poche ore di sonno. Ha trovato anche il tempo di lavarsi e radersi. «Spero che mi permetterete di salire a recuperare qualche bagaglio.»
«Non ci sarà bisogno di bagagli, non andiamo lontano. Rimaniamo a Manhattan. Stanotte potrà anche tornare a dormire qui, se lo vorrà.»
«Ehi! E quella storia di alzarsi all'alba?»
«Lo vedrà. Ha finito la sua colazione?»
Supermike ingoia l'ultimo uovo sodo in due bocconi, termina il caffè e si alza con un sorriso. «Io sono pronto! Dov'è che andiamo?»
Roberts sorride a sua volta. «Se me lo permette, preferirei che fosse una sopresa.»
«Mi sembra un'ottima idea! Ho calcato diversi palcoscenici a Broadway, sapete? Con splendide recensioni, devo dire. E il mio Amleto al Sans Souci mi valse il titolo di “nuova giovane stella del teatro americano” su molti giornali, tanto che mi vennero richieste numerose repliche... ma io non sono fatto per ripetere le stesse battute all'infinito. Comunque, apprezzo il vostro tentativo di tenere alta la suspense. Avete molti teatri, a Philadelfia?»
«…va bene, signor Supermike, lei è un super attore. Vogliamo andare?»
«Certo!»
 
 
Gli agenti di Altrove scortano Supermike a una carrozza nera con le tende tirate, che li aspetta di fronte all'albergo.
«Molto teatrale anche questa!»
Il tragitto dura poco più di mezz'ora, durante la quale Supermike smette raramente di parlare.
«Voi di Altrove dovete avere una predilizione per queste carrozze agghindate a morto. Ne abbiamo usata una identica quella volta che ho aiutato il vostro collega Edgar Allan Poe a risolvere un caso a Boston, che coinvolgeva una serie di omicidi e un gorilla. Ha detto che ne avrebbe ricavato un racconto, con me nella parte di un infallibile investigatore. Non vedo l'ora di leggerlo, quel Poe è davvero un bravo scrittore, anche se tende a eccedere nelle descrizioni...»
«Già... glielo riferiremo.» commenta Jesse. «Siamo quasi arrivati.»
Supermike scosta la tendina per guardare fuori. Squallide abitazioni popolari fatiscenti con le imposte marce ben serrate, lampioni non funzionanti, immondizia gettata ovunque. E un odore che costringe Supermike a ritrarre in fretta la testa.
«Ehi, ma non saremo mica ai Five Points?»
«Proprio lì.»
Il volto di Mike Gordon si rabbuia per qualche istante, prima di ritrovare la consueta baldanza. «E che ci siamo venuti a fare? A parte farci ammazzare e rubare carrozza e vestiti, ovviamente... ma di quello non dovete preoccuparvi, finché siete con me!»
«Oh, sì, una vera fortuna...» Roberts si sporge a tirare la tendina che Supermike aveva lasciato aperta a metà. «Come diceva lei prima: suspense. Abbia ancora pazienza per qualche minuto.»
«Davvero, sareste degli ottimi teatranti.»
La carrozza continua per la sua strada ancora per un poco, poi il cocchiere tira le redini e la vettura si ferma. Roberts solleva di un paio di centimetri la tendina dalla sua parte, tenendola aperta col dito e sbirciando fuori. «Tutte le mattine, o quasi, viene qui, ad allenarsi in questa palestra di pugilato. Ha mantenuto le sane abitudini.»
«Ma di chi state parlando?»
«Eccolo! Stia attento a non farsi scorgere.»
Supermike solleva la tendina e guarda la strada con un occhio solo. C'è un uomo alto, robusto e ben vestito, con un cilindro da sotto il quale escono folti capelli neri e una borsa portata a mano, che si dirige con passo svelto e sicuro verso un edificio mezzo diroccato, indistinguibile da quelli vicini se non fosse per un'insegna scolorita che recita “scuola di pugilato”. Supermike non riesce a distinguere il volto dell'uomo, che è girato dall'altra parte.
Lo segue con lo sguardo fino a che entra nell'edificio, poi si rivolge agli agenti di Altrove. «Ebbene?»
«Ora ci spostiamo.» Roberts batte due colpi contro l'intelaiatura della carrozza, che riparte con uno strattone. «Sul retro c'è un finestrone dal quale possiamo vedere dentro. Certo che è un bel tipo eh?» continua, rivolto al suo collega. «Con tutta la gente che lo vorrebbe vedere morto, se ne va in giro da solo. Mi chiedo se sia coraggio o incoscienza, ma conoscendolo propendo per la prima.»
«Ancora suspense, eh?» commenta Supermike.
La carrozza si ferma nuovamente dopo un paio di curve strette, e Roberts invita Supermike a guardare fuori.
La vetrata è macchiata e sporca di polvere, ma è abbastanza grande da permettere di vedere una buona parte dell'interno.
Roberts scosta a sua volta la tendina. «Il nostro uomo dovrebbe essere... eccolo. Sta facendo trazioni alla sbarra.»
Supermike lo cerca per qualche istante, poi esclama: «Ma... che... diavolo...»
L'uomo è vestito con pantaloni attillati e una canottiera bianca che mette in mostra il fisico poderoso, ma anche senza il suo costume, con i capelli più lunghi del solito e con la barba, è impossibile non riconoscerlo.
Supermike chiude la tendina e si rivolge agli agenti di Altrove. «Zagor? Che ci fa qui Zagor?»
Jesse scambia uno sguardo divertito con Roberts. «Sembra che tutta quella suspense abbia funzionato, no?»
«C'è qualcosa che non quadra.» Supermike torna a sbirciare. Zagor termina il riscaldamento e sale sul ring con uno sparring partner, ma la sua superiorità è evidente, tanto che lo spirito con la scure invita un altro pugile a salire sul ring, per affrontarli insieme. Dalle facce dei due, è evidente che sono terrorizzati. E infatti lo Zagor che li affronta è diverso da quello che Supermike ricorda. È' brutale, violento. E quella che sta facendo più che boxe sembra una rissa da strada.
Ciò non toglie che abbia la meglio sui due pugili in ben poco tempo.
«Che sta succedendo?»
Roberts batte di nuovo sulla carrozza, che riparte. «Spostiamoci, o daremo nell'occhio. Quello che ha visto è proprio Zagor, e ci serve il suo aiuto per batterlo e mettere fine al regno di terrore che ha imposto su questo quartiere.»
«Ma di che... cavolo... state parlando?»
«Zagor ha avuto una specie di crollo psichico, pensiamo, quando il suo grasso amico messicano è morto, per mano di un trafficante di whisky. Una morte banale, a quanto abbiamo sentito dire. Ha messo per sbaglio il naso dove non doveva e bang, gli hanno sparato. Supponiamo che anche questa “banalità” sia tra le cause del tracollo di quello che conoscevamo come Zagor. Una morte con più “significato” forse avrebbe avuto un effetto diverso... Comunque, Zagor ha dato di matto, trucidando senza pietà gli assassini di Cico, come quando, prima di intraprendere la carriera di giustiziere, dava la caccia a quelli che avevano ucciso la sua famiglia.»
«Non conosco questa storia...»
«Non ha importanza. In seguito Zagor ha abbandonato la sua casa e la sua foresta, forse per allontanarsi dai posti dove aveva vissuto col suo amico. Da qualche parte, non sappiamo dove, ha reincontrato una sua vecchia fiamma: Gambit, avventuriera e giocatrice d'azzardo. La donna deve aver avuto una forte influenza sulla psiche danneggiata di Zagor, dato che ha deciso di rimanere con lei a vivere quella vita. Varie altre vicissitudini li hanno portati a New York a cercare di fare fortuna nelle sale da gioco, poi tra le fila della gang di Mike “il mastino” Donegan, capo degli Irlandesi. Qui dopo poco tempo sono riusciti a prendere il suo posto, e ora capeggiano la sua banda. La faida con la gang rivale degli Italiani sta degenerando in...»
«Un momento, un momento: non credo a una sola parola di quello che mi state dicendo. Zagor che dà di matto e si mette a capo di una banda di tagliagole insieme a una donna? Suona assurdo anche mentre lo dite.»
«Eppure, è così. Ci dispiace di non poterle mostrare Zagor in azione mentre addestra gruppi di ragazzini come borseggiatori o mentre invia denaro al sindaco perché chiuda un occhio sulla sua attività, eppure...»
«No! Vi state sbagliando. O mi state mentendo.»
 
 
FINE DEL CAPITOLO TRE
 
 
A questo punto, un po' a malincuore, ho dovuto giocarmi un “colpo di scena” che avrei potuto inserire più avanti, facendolo decidere ai lettori.
 
OPZIONE 1: gli agenti di Altrove stanno dicendo la verità. Ci troviamo quindi in un continuum parallelo, o in una storia alternativa se preferite, dove Zagor è effettivamente crollato alla morte di Cico e si è fatto trascinare da Gambit in una spirale discendente che l'ha portato più in basso di quanto si potesse immaginare.
 
OPZIONE 2: gli agenti di Altrove mentono, o le loro informazioni sono errate, o inesatte, o incomplete, o non ci hanno ancora rivelato tutto quello che sanno. Non ci troviamo in una dimensione parallela ma in quella che conosciamo bene. Rimane il mistero di cosa ci faccia Zagor nel quartiere più pericoloso di New York...
 
 
Qui abbiamo avuto finalmente un risultato diverso dalla parità, addirittura un plebiscito per l'opzione 2! Quindi, la storia si svolge nell'universo narrativo classico, come se fosse pubblicata su un qualche speciale della Bonelli, e quindi anche alla notizia che Cico sarebbe morto noi non facciamo una piega, sapendo che ciò non è possibile.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO QUATTRO: ARIA DI CASA ***


«Non è lo Zagor che conosco...» continua Supermike.
«Non più, sicuramente.»
«Va bene, ammettiamo che sia come dite. Che cosa avete bisogno che faccia?»
«Lei ha già affrontato Zagor in passato, e nessuno quanto lei l'ha portato vicino a una sconfitta. Noi vogliamo che ripeta quell'evento. Una nuova sfida.»
«E perché mai?...»
«L'ascendente che Zagor ha sui suoi uomini è legato al suo carisma e alla sua aura di invincibilità. Sotto la sua ala ha riunito immigrati irlandesi, cinesi, del centro e dell'est Europa. Una truppa variegata che viene tenuta insieme da un capo forte. Sconfiggendolo in un duello in pubblico il suo ascendente verrà meno, e la sua banda si sfalderà non appena verranno fuori i rancori tra le varie etnie di cui è composta.»
«Senza contare» interviene Jesse, «che la gang rivale è composta sì prevalentemente da italiani, ma tra le fila ha anche moltissimi negri, che si sono uniti a loro solo per contrastare la banda di Zagor. È molto probabile che in seguito allo scioglimento della prima anche la seconda gang subirà la stessa sorte, rendendo l'intero quartiere più facilmente controllabile dalla polizia locale.»
«Uno scopo valido... se me l'avesse chiesto la suddetta polizia. Ma Altrove cosa c'entra?»
I due agenti esitano, poi Roberts riprende la parola. «Ecco... Poco tempo fa, alcuni elementi della gang degli Irlandesi hanno attaccato una carrozza che passava da queste parti. Sulla carrozza c'era anche un agente di Altrove che trasportava un artefatto molto antico... e molto pericoloso, nelle mani sbagliate. Questo artefatto, del quale Zagor sembra avere intuito l'importanza ma non l'uso, è tenuto all'interno di quello che è sia la sua dimora che il suo quartier generale, un condominio al centro dei Five Points. Il posto è più sorvegliato di un deposito bancario, vista la guerra tra bande in corso. Per arrivarci servirebbe l'aiuto dell'esercito, ma come le abbiamo già detto entrambe le bande hanno appoggi politici importanti quanto corrotti, e dobbiamo cavarcela da soli. Contiamo sulla sfida tra lei e Zagor come un diversivo per poter intrufolare un gruppo di uomini nel condominio e recuperare l'artefatto.»
Supermike annuisce lentamente. Si accorge solo ora che la carrozza si è fermata.
«Mi sembra poco convinto. La sfida che le stiamo offrendo non le sembra abbastanza stimolante? Nemmeno con il bonus di una buona causa?»
Supermike non risponde.
«C'è un altro motivo per cui siamo convinti che ci aiuterà. Questo posto significa qualcosa, per lei. Io non credo che le faccia piacere vederlo ridotto in questo stato. Provi a dare un'occhiata fuori...»
«Ah, un altro colpo di teatro, eh?»
Supermike scosta la tendina, immaginando già cosa vedrà.
«E infatti eccola lì!»
Spalanca lo sportello e scende, infilando le mani in tasca per proteggerle dal freddo e dall'umidità del mattino. Si ferma qualche istante a rimirare la casa dove è nato.
Ora è una specie di catapecchia, che sembra stare in piedi solo perché appoggiata ai due palazzi di due e tre piani ai suoi fianchi. Le poche persiane penzolano sbilenche, lasciando intravedere nient'altro che buio all'interno. I tre scalini all'ingresso sono coperti da una patina di zozzume incrostato dall'umidità. L'anta sinistra della porta è scomparsa, e la destra è malamente appoggiata allo stipite. I barboni che l'hanno scelta come rifugio negli anni avrebbero dovuto trattarla meglio, se avessero voluto evitare gli spifferi.
Roberts si sporge dalla carrozza. «Può fare un giro dentro, se vuole.»
«Se avessi voluto, l'avrei già fatto.»
Quel posto era sempre stato uno schifo. Ma i ricordi di un bambino sono diversi. E lui non riesce a ricordare altro che giornate di sole, giochi in strada con gli altri bambini, la mamma che lo chiama per il pranzo e papà che gli accarezza la testa quando tornava a casa, distrutto, dal lavoro. Prima della fortuna. Un'altra vita.
«Dannati teatranti...» Supermike rientra nella carrozza. «Va bene. Ma credete di potermi dare un giorno o due?»
Jesse e Roberts si scambiano un rapido sguardo. «Non più di uno. Temiamo che Zagor possa capire l'importanza dell'artefatto... oppure decidere di rivenderlo a chissà chi.»
«Non si affronta uno come Zagor a cuor leggero. Ho bisogno di sgranchire i muscoli. Arrivare preparato. Lo farò domani. Anzi, se volete potete iniziare a far girare la voce che qualcuno vuole sfidare il grand'uomo. Organizzare il duello. Così domani avremo più pubblico. Sempre che lui accetti, ovviamente.»
«Credo che si possa fare. E non si preoccupi, sono sicuro che anche lui non vede l'ora di affrontarla di nuovo.»
«Ora riportatemi all'albergo, per favore.»
Roberts batte altri due colpi sulla carrozza, che riparte di gran lena.
 
 
La carrozza si ferma di fronte all'albergo (dopo un tragitto nel quale Supermike ha parlato molto meno che all'andata), e Supermike scende senza esitare.
Roberts si sporge e lo richiama un'ultima volta.
«Signor Supermike...»
«Sì?»
«Come vi siete salutati lei e Zagor l'ultima volta che vi siete visti? Da amici o da rivali?»
«...Non saprei.»
Roberts annuisce e chiude la porta della carrozza, che riparte un attimo dopo.
Non appena rientrato in albergo Supermike, dopo aver dato un'occhiata in giro tentando di individuare eventuali agenti di Altrove in incognito incaricati di sorvegliarlo, si precipita verso la pila di giornali accumulata sul tavolino in mezzo all'atrio, tra le poltrone. Rovista fino a trovare una Dime Novel spiegazzata.
«Sapevo di averla vista!»
Zagor contro l'uomo lupo, di Eddy Rufus.
Lascia il romanzetto dove l'ha trovato, poi chiede al portiere carta e penna per scrivere un telegramma.
"Mio nome Eddy Rufus, autore serie di libri su Zagor di Darkwood - stop - giunta notizia Zagor scomparso e suo compagno Cico morto tempo fa - stop - prego confermare - stop - grazie". Come destinatario scrive "Al comando di Forte Pitt, Darkwood"
Si dirige verso la porta per recarsi all'ufficio postale, poi si blocca. Il suo corpo è immobile come una statua, con la lettera stretta tra due dita. Il suo viso è sconvolto da piccoli spasmi, tic delle palpebre, fremiti delle labbra, increspature della fronte.
Non è bravo quanto Zagor a capire se qualcuno lo sta pedinando. Ma ci vuole qualche istante perché riesca ad ammetterlo a sè stesso. Alla fine il suo viso si rilassa e torna al banco della reception.
«Dovrei spedire un telegramma...»
«Se vuole affidarlo a me, lo farò recapitare all'ufficio postale dal facchino.»
«Non c'è qualcuno di meno... riconoscibile? Capisce, è una cosa...» Supermike fa l'occhiolino con aria complice lasciando intendere una qualche tresca amorosa, spettacolo che da quelle parti hanno già visto più volte. «piuttosto riservata.»
«Oh, certo, certo! La affiderò al garzone che ci procura la frutta fresca al mercato!»
«Splendido. Il prima possibile. È molto urgente, che lo dica al telegrafista. E prometta al ragazzo un'ulteriore ricompensa se rimane li ad aspettare la risposta.»
Supermike sale in camera, si spoglia e inizia a fare esercizi. Dopo un paio d'ore sente bussare alla porta.
Va ad aprire e trova un ragazzino scalzo e vestito di stracci, impolverato dalla testa ai piedi. Se è questo quello che mandano a prendere la frutta fresca, sarà meglio lavarla prima di mangiarla... pensa Supermike.
«Ho la sua risposta, signore!»
Supermike prende la lettera che il ragazzino gli porge, gli lancia abbastanza monete da fargli brillare lo sguardo e si chiude la porta alle spalle.
La risposta: “Notizia non confermata – stop – Cico passato a forte Pitt non più tardi di un mese fa – stop – nostro cuoco ricorda bene – stop – Colonnello Perry, forte Pitt”.
Supermike appallottola il telegramma con furia, poi lo butta nel posacenere e gli da fuoco.
«Ancora una cinquantina di flessioni. Magari qualcuna in più.»
 
 
FINE DEL CAPITOLO QUATTRO
 
 
E ora, qualche breve approfondimento.
 
Ci tengo a specificare che l'uso della parola “negri” è unicamente dovuto al fatto che i termini meno offensivi sono stati introdotti molto tempo dopo. Lo stesso Tex nelle sue storie (quelle un po' più vecchie, almeno) non si faceva scrupoli ad apostrofare come “palla di neve” o “sacco di carbone” qualsiasi nero incontrasse.
 
Il primo telegramma è stato inviato nel 1844 quindi, per quanto la collocazione storica di Zagor sia nebulosa, averlo utilizzato qui è probabilmente un anacronismo.
Curiosità: anche la bombetta indossata da Supermike durante il primo incontro con Zagor è un'inesattezza storica, infatti fu inventata nel 1860. Prima in città andavano di moda i cappelli a cilindro.
 
L'idea del “duello”, oltre a richiamare ovviamente il primo scontro tra Zagor e Supermike, vuole anche ricordare un episodio storico. Nei primi anni del 1900 la zona dei Five Points era contesa tra due bande criminali con appoggi politici, gli Eastmans di Monk Eastman e la Five Points Gang dell'immigrato italiano Paolo Antonio Vaccarelli, conosciuto come Paul Kelly. Stanchi dei continui scontri sanguinosi tra le due bande, i politici che li appoggiavano dissero loro che nessuno dei due avrebbe più ricevuto protezione politica se la situazione fosse continuata. Ci fu un periodo di calma di un paio di mesi poi la faida riprese, e venne quindi proposto ai due capibanda di affrontarsi in uno scontro di boxe: il vincitore si sarebbe tenuto tutto il territorio conteso. Kelly era stato pugile da giovane ma Eastman era più robusto, quindi dopo oltre due ore lo scontro finì in parità e la guerra continuò.
 
Ed ecco la scelta che è stata proposta ai lettori.
 
OPZIONE 1: non importa che ad Altrove non gli abbiano detto tutta la verità. Quello che Supermike ha visto è sicuramente Zagor. Gli è stata offerta la possibilità di rifarsi dell'unica sconfitta che ha ricevuto, e null'altro conta. Supermike ci dà dentro con gli esercizi e riposa tutta la notte, per prepararsi al meglio allo scontro. Zagor lo troverà più che pronto!
 
OPZIONE 2: Supermike non è il burattino di nessuno! Per quanto gli prudano le mani all'idea di misurarsi di nuovo con Zagor, non si lascerà manovrare né da Altrove, né da nessun altro. Quella notte andrà a fare un sopralluogo ai Five Points per conto suo, senza avvisare Jesse e Roberts, per rendersi conto della situazione prima di gettarsi a capofitto nella lotta.
 
 
Rispetto alle puntate precedenti il numero dei votanti è sceso (che ci sia stata una perdita d'interesse per l'annuncio che era in lavorazione una nuova storia di Supermike disegnata da Marco Verni?), ma ne abbiamo avuti ancora abbastanza da poter andare avanti. Abbiamo avuto quindi una vittoria schiacciante dell'opzione 2: Supermike ha deciso di agire per conto suo, senza seguire il piano degli agenti di Altrove, e fare un sopralluogo notturno nella base operativa di Zagor.
 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO CINQUE: NELLA TANA DEL LUPO ***


La notte di New York non è mai davvero buia né silenziosa. Ci sono un mucchio di locali aperti fino a quando dentro c'è ancora qualche cliente pagante, e spesso davanti a essi gruppi di ubriachi si abbracciano o regolano i loro conti in risse scoordinate. I borseggiatori abbandonano i vicoli bui dove aspettavano delle vittime che non arriveranno più, e cercano bettole in cui consumare i risultati del loro lavoro. Nelle zone più ricchedegli spazzini cercano di fare una ripulita alle strade. Ai piani più alti dalle finestre dei negozianti e dei contabili filtrano ancora luci di lampade, che proiettano in strada ombre di persone chine su fogli pieni di numeri incomprensibili ai più.
La città non dorme, ma si muove più piano, sonnolenta.
Ma non ai Five Points. Il silenzio è quasi assoluto, ai Five Points. Ma è un silenzio carico di minaccia, di tensione. Gli uomini della banda degli Irlandesi e di quella degli Italiani si muovono guardinghi per strade e vicoli, gli occhi strizzati per scrutare nel buio quasi assoluto rischiarato solo dalle loro lampade. Le mani dalle dita nervose stringono coltelli, bastoni, altre armi improvvisate. Solo alcuni, i membri di spicco delle gang, hanno armi da fuoco.
Le bande pattugliano le rispettive strade, pronti alla lotta, bramosi e timorosi al tempo stesso. Un quartiere diviso in due zone dai confini labili e mutevoli come onde di marea, con la forma di vicoli sporchi e puzzolenti e strade dove nessuno vorrebbe passeggiare.
Sui tetti, i gatti se ne fregano. Nulla importa a loro delle vicende degli stupidi umani più in basso. Solo, stanotte, un lieve fastidio, quando un umano invade il loro territorio, passando da un tetto all'altro, correndo e saltando con agilità e leggerezza tali da essere invidiato anche da loro.
Coperto da capo a piedi da un'aderente tuta nera, Supermike si avvicina rapidamente al palazzo che gli è stato indicato come il covo di Zagor. È facile, è l'unico di quattro piani di tutti i Five Points.
Una volta arrivato sul tetto del caseggiato più vicino arrischia uno sguardo in strada: in effetti, ci sono uomini a ogni angolo. Qualcuno ha anche un fucile. Ma nessuno guarda in su. Zagor forse crede di essere l'unico a poter salire sui tetti, ma si sbaglia di grosso.
Aspetta che una nuvola copra la luna per evitare che la sua ombra raggiunga il suolo durante il salto. Poi indietreggia, prende la rincorsa, e salta con braccia e gambe protese in avanti. Attraversa il vicolo in volo, sagoma nera contro un cielo nero e privo di stelle.
Ammortizza il colpo puntellando le gambe contro il muro e afferra il davanzale di una finestra. Si issa sui gomiti, ma la trova chiusa. L'unico vetro intero di tutti i Five Points e lo becco io, maledizione... pensa. Si sposta di lato, fa dondolare il peso e salta, afferrando il davanzale vicino. Anche questo vetro è intatto ma la finestra si alza, con un cigolio che a Supermike sembra un grido. Ma da sotto nessuno sembra aver sentito nulla, quindi si infila all'interno.
Alla faccia dei diversivi e di tutti i piani astrusi di Altrove. Io sono già dentro.
Si avvia per una direzione a caso lungo il corridoio buio, badando a non sbattere contro qualche sedia o tavolino. Fa solo pochi metri poi vede il riflesso della luce di una lampada che si avvicina lungo il corridoio. Appoggia l'orecchio contro la porta più vicina, non sente nulla, prova ad aprire, cede. La apre il meno possibile e si infila dentro. Intravede sul letto le sagome di due donne addormentate. Meglio non disturbare le signorine!
Accosta la porta e sbircia attraverso il buco della serratura, fino a che la sentinella non passa oltre.
Guardie al terzo piano! Questa sì che è prudenza...
Esce in corridoio, incerto sul da farsi. Quel posto è pieno di gente, strapazzare qualcuno attirerebbe solo i suoi amici. Forse dovrebbe cercare il famoso "artefatto"... Ma dove potrebbe essere? Nella camera da letto di Zagor? O in una "stanza del tesoro" apposita, magari nel seminterrato, dove accumulano quello che riescono a rubare e ad estorcere?
Delle voci, più avanti. Si avvicina. Fa per svoltare un angolo del corridoio, ma tira indietro la testa appena in tempo: c'è una sentinella seduta davanti a una porta. Supermike si sporge di nuovo. La sentinella è appisolata e la sua lampada è spenta, ma imbraccia comunque un fucile. Dalla stanza che sorveglia vengono delle voci concitate.
Supermike si avvicina nel massimo silenzio, scavalca le gambe allungate della sentinella senza perderla d'occhio un istante, si abbassa e cerca di guardare attraverso il buco della serratura.
L'interno è illuminato. Sul letto c'è una donna bionda, molto bella, con una ricca vestaglia. È seduta e ha l'aria furiosa. Un uomo passeggia nervosamente avanti e indietro. Litigano, ma a voce bassa, quasi sibilando. Non riesce a capire cosa dicono, ma dalla voce l'uomo è sicuramente Zagor, quindi la donna deve essere Gambit.
Non è un litigio tra innamorati. Sono andati oltre quella fase. Nello sguardo della donna ci sono paura e odio miscelati in egual misura. Strozzerebbe Zagor con le sue mani se ne avesse, fisicamente, la forza. Ma di certo non dormirei con lei nel letto, pensa Supermike, nemmeno se mi chiamassi Zagor. Nemmeno se mi chiamassi Supermike, cavoli!
Vorrebbe davvero capire cosa stanno dicendo. Riesce solo a cogliere frequenti riferimenti a qualcosa che c'è nel seminterrato.
Una luce che si avvicina lungo il corridoio lo distrae. È troppo presto perché la guardia abbia fatto tutto il giro, deve essere un'altra. Ora deve decidere in fretta.
 
 
FINE DEL CAPITOLO CINQUE
 
 
La scelta su cosa deve fare Supermike è stata quindi rigirata ai lettori.
 
OPZIONE 1: per essere meno rumoroso possibile Supermike non ha portato con sé armi da fuoco, mentre quel piano sembra essere pieno di gente armata, più Zagor. E questo Zagor, se è davvero lui, non sembra il tipo da accettare una sfida. Se dovesse essere scoperto, l'unica sua possibilità sarebbe saltare da una finestra. A questo punto è meglio provare a scendere nel seminterrato. Qualcosa gli dice che il "pomo della discordia" tra i due presunti innamorati sia quello che si trova lì. Tipo il famoso artefatto... Se esiste.
 
OPZIONE 2: Gambit e Zagor chiaramente non vanno d'accordo, al punto che lei sembra a sua volta una prigioniera, che magari potrebbe diventare un'alleata. Forse sarebbe meglio indugiare ancora un po' a quel piano, potrebbe capitare l'occasione di parlarle. Certo che il rischio è grosso.
 
Per un solo voto di scarto l'opzione 2 ha vinto questo sondaggio precedente. Sebbene sia convinto dell'importanza di quanto è nascosto nel seminterrato, Supermike preferisce cercare di parlare con Gambit, accettando il rischio di essere scoperto.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO SEI: REGINA ALL'INFERNO ***


Un'ultima occhiata attraverso il buco della serratura convince Supermike a scegliere: Gambit è legata al letto da una catena con un lucchetto al polso sinistro, che sta strattonando con violenza. E non sembra un gioco amoroso. Direi che la decisione è presa, a questo punto. pensa.
La luce alla sua destra si avvicina. Si alza, scavalca di nuovo le gambe dell'uomo addormentato e si inoltra lungo il corridoio, supera l'angolo e prova la prima porta che trova, abbassando la maniglia con lentezza esasperante per non farla cigolare. La porta si apre su un pozzo buio: scale che scendono verso il basso. Meglio che calarsi lungo il muro esterno, ma non è ancora ora di usarle. Lascia la porta socchiusa e torna dietro l'angolo, appiattendosi contro il muro. La luce della lanterna è molto vicina.
«Ma che diavolo stai facendo?» sbotta qualcuno, sottovoce. «Se il capo ti becca a dormire fuori dalla sua stanza ti fa volare dalla finestra!»
«Oh... uh... ah... hai ragione... grazie...»
«Imbecille...»
La luce riprende a muoversi verso Supermike, che si infila nella porta delle scale e la richiude. Aspetta che la luce che filtra da sotto la porta sia passata, poi riapre cautamente. Non fa in tempo a uscire nel corridoio, però, che sente una porta spalancarsi.
«Io vado giù!» è la voce di Zagor, non c'è alcun dubbio, e si sta rivolgendo alla guardia della sua stanza. «Tu rimani qui!»
«Oh... certo, certo capo...»
«Umph!»
I passi di Zagor si avvicinano rapidamente. E ha detto che andrà giù, quindi sta per prendere le scale! Supermike si appiattisce dietro la porta più in fretta che può, alzando le braccia per occupare meno spazio possibile. Un istante dopo la porta si spalanca e va a sbattere contro il muro di fianco, fermandosi a un millimetro dal naso di Supermike. Il contraccolpo la fa tornare indietro e Supermike si trova allo scoperto, ma Zagor non lo degna di un'occhiata. È a torso nudo nonostante il freddo, i muscoli della schiena tesi per la rabbia, i movimenti scattanti di una belva in caccia. Scende le scale quasi precipitosamente, senza voltarsi.
Supermike si concede di rilasciare il fiato, ma molto lentamente. Zagor potrebbe sentirlo anche a due rampe di scale di distanza, e non è ancora il momento di affrontarlo. La curiosità su quanto c'è nel sotterraneo lo divora, ma ora è meglio approfittare dell'assenza del grand'uomo. Certo, c'è sempre la guardia davanti alla porta con cui fare i conti.
Peggio per lui, ora non ha tempo da perdere.
Torna in corridoio, supera l'angolo di corsa, si precipita verso l'uomo seduto intenzionato a stenderlo prima che riesca ad emettere un fiato... ma si ferma un attimo prima di colpirlo.
Questo idiota si è di nuovo addormentato! E russa pure! Anche la mia fortuna è SUPER!
Lo scavalca di nuovo e prova la porta: altra fortuna, è aperta. D'altronde, ammanettata com'è, non è che Gambit possa andare da qualche parte.
Apre con la massima prudenza, entra, accosta la porta e si volta appena in tempo per afferrare al volo un posacenere metallico che gli avrebbe probabilmente spaccato la testa.
«Ehi!» sussurra, posando un dito sulle labbra. «È così che si trattano gli ospiti?»
La donna aggrotta le sopracciglia, ma risponde a bassa voce. «Chi diavolo sei, tu?»
«Sono Supermike! Immagino che Zagor ti abbia parlato di me.»
Lei scuote la testa. «Spiacente...»
«Ma come?! Quel... va bene, non importa.» Lo dice, ma dentro si sente rodere come se gli avessero dato un calcio in pancia. Si avvicina e prende ad esaminare il lucchetto che blocca il braccio di Gambit. «Sono un vecchio... “amico” di Zagor. Mi manda Altrove. Di Altrove ti ha parlato?»
Gambit annuisce.
«E di me niente, eh? Va beh. Senti, il fatto che sei legata mi fa pensare che tra te e Zagor le cose non debbano andare tanto bene... quindi non avrai problemi a darmi qualche informazione, vero? Per caso la chiave di questo affare è qui da qualche parte?»
«No, se l'è portata via... ma grande e grosso come sei forse puoi riuscire a spaccare la testiera del letto.»
«Svegliando mezzo palazzo...» Supermike inizia ad esaminare il punto dove è legata la catena. Magari basta poca forza nel punto giusto. «Nel frattempo, ti dispiacerebbe spiegarmi chi sei e cosa c'entri con Zagor?»
«Cosa c'entro con Zagor sono affari miei.»
«Sei incatenata al suo letto, e qualcosa mi dice che la prima volta non ti ci ha messo con la forza.»
Gambit sospira, distoglie lo sguardo e le spalle le cedono, come se si fosse liberata di un peso. «Io... io amavo Zagor. L'ho conosciuto anni fa, ed era la persona più meravigliosa del mondo.»
«Questo è opinabile...»
«Quando è venuto da me, raccontandomi che Cico era morto, che non voleva più sentir parlare di Darkwood e che voleva tornare con me, accettando di vivere la mia vita, mi sembrava un sogno... a parte per il povero Cico, ovviamente... e per un po' lo è stato, un sogno.»
«Mi risulta che il messicano sia vivo, comunque.»
«Lo SAPEVO!»
«Sssht!»
«Lo sapevo! Non ci capisco più niente, ma ero sicura che fosse una balla anche quella.»
«Forse questa sbarra si sfila, ma devo fare piano...» Supermike comincia a lavorare sulla sbarra del letto. I muscoli si tendono per lo sforzo mentre cerca di sfilarla, tenendo un piede sul letto perché non si sollevi. «Vai avanti.»
«All'inizio era bello averlo con me, poi le cose hanno iniziato a peggiorare. La vita che facevo, quella stessa vita che l'aveva allontanato le altre volte che ci siamo incontrati, ora non solo gli piaceva: non gli bastava. Non gli bastava farmi da guardia del corpo nei tornei di carte, e a volte aiutarmi a barare e a trattare con la gentaglia con cui ho spesso a che fare. Ha cominciato a organizzare una vera bisca clandestina, qui ai Five Points, che si è ingrandita fino ad attirare l'attenzione di Mike Donegan, detto “il mastino”, che ci ha fatto entrare nella sua banda. Io non capivo, forse ero troppo innamorata, ricordo di aver addirittura pensato che volesse infiltrarsi nella gang per debellarla dall'interno. Ma non era così. E quando ha ammazzato il “mastino” per prendere il suo posto mi sono resa conto che quello non era lo Zagor che conoscevo.»
«Direi di no.»
«Mi ha trascinata così in basso... certo, sono la donna dell'uomo più potente dei Five Points. Meglio regina all'inferno che schiava in paradiso, dicono. Ma io non sono la regina di nessuno, qui, non più. Quando gli ho detto chiaro e tondo che non ci stavo più e che me ne volevo andare mi ha colpita e chiusa qui, in questa stanza. Non esco da settimane.»
«E pensare che ad Altrove credono che sia stata tu ad influenzarlo in questo modo...»
«Cosa? Quegli imbecilli...»
«Ma quindi, cosa diamine è successo a Zagor per trasformarsi in quel modo, visto che Cico non è nemmeno morto?»
«Oh, credimi: quello non è Zagor.»
In quell'istante un gran tonfo li fa voltare. La porta si è spalancata, e l'uomo di guardia è steso per terra di traverso. Quell'idiota era talmente addormentato che è caduto contro la porta! pensa Supermike.
L'uomo, ancora intontito, si gira verso di loro. Supermike scatta, ma è troppo tardi: il grido di allarme riempie la notte prima che lui possa metterlo a tacere con un calcio ben assestato.
«Dannazione!»
«Ehi! Non lasciarmi qui!» grida Gambit, ma lui è già fuori. Si lancia a destra, verso le scale, ma va a sbattere contro la guardia del corridoio, facendole cadere la lanterna che fortunatamente non si rompe. Quel legno vecchio brucerebbe come un fiammifero. Colpisce la guardia con un pugno, atterrandola, ma qualcosa lo centra in mezzo alla schiena. Si volta e spinge indietro con un calcio l'altra guardia del piano, ma sente passi che si avvicinano di corsa, su per le scale e dalle stanze. La notte ha perso ogni parvenza di silenzio, l'aria risuona di ordini e di grida di donne spaventate. Indietreggia fino alla porta della stanza di Zagor.
«Ha altre uscite questa stanza?»
«No!» risponde Gambit.
«Al diavolo...»
Arrivano. Ormai è circondato. Para con la mano un colpo di spranga, la strappa di mano al proprietario e la usa per colpire l'uomo dietro di lui, che cade a corpo morto. Ma un altro gli è già addosso, troppo vicino per la spranga. Lo ferma con una ginocchiata alle parti basse, e delle mani lo afferrano da dietro. Proietta l'assalitore in avanti con un colpo di reni facendolo cadere addosso ad altri due, ma non ha tempo di raddrizzarsi che una granucola di colpi gli tempesta la schiena. Si gira spazzando con la spranga e fa cadere altri due uomini, ma quelli dietro di lui gli saltano addosso e lo spingono a terra, colpendolo ripetutamente e facendogli cadere l'arma.
«Aaargh!»
Fa appello a tutte le sue forze e si rialza, scagliando via gli uomini della gang. «Fatevi sotto, bambocci! Ci vuole altro per fermare Supermike!»
Ad esempio quei coltelli che iniziano a spuntare dalle vostre tasche, pensa. Si lancia contro l'uomo più vicino, lo prende per la camicia e lo tira verso di sé, lanciandolo contro quelli dietro. Poi balza su di loro prima che riescano a rimettersi in piedi, sentendo nasi e zigomi spaccarsi sotto i suoi pugni. Ma altri colpi lo raggiungono alle spalle. Attacca alla cieca dietro di sé con i gomiti, degli schizzi di sangue non suo gli sporcano la faccia, tira indietro la testa schivando per un pelo il primo pugnale, che fa saltare di mano all'uomo con un preciso colpo al polso. Un secondo pugnale gli sfiora il fianco, da dietro, allora si china in avanti e scalcia dietro di sé, sentendo il ginocchio di qualcuno piegarsi al contrario seguito da un grido disumano. Si abbassa, ruota su sé stesso, colpisce da una parte e dall'altra ritraendosi subito, senza nessuna tecnica, impossibile in quello spazio così ristretto, contando unicamente sulla sua forza e sulla sua furia.
Poi, un ringhio. «Supermike!»
I suoi assalitori si fermano, esitanti. Due uomini volano letteralmente all'indietro, sollevati per la collottola dal gigante che si fa strada nel corridoio. Zagor, nella versione con barba e capelli più lunghi del solito che ha già visto quella mattina, si fa largo senza rispetto per i suoi stessi sottoposti. Digrigna i denti, e il suo sguardo esprime una rabbia devastante. «Tu!»
«Allora ti ricordi di me, eh?»
«Come... osi... mostrarti!»
«Oso questo e altro, vecchio mio...»
«Muori!»
La mano di Zagor va alla pistola alla cintura.
«Beh, se la metti così... EYOOOOOWWW!!!»
Supermike si copre il volto con le braccia e, dopo una breve rincorsa, salta attraverso la finestra.
Il vetro va in frantumi senza difficoltà. Supermike si dà un'ulteriore spinta puntando un piede sul telaio della finestra e vola attraverso il vicolo. Porta le gambe in avanti un istante prima di sfondare il vetro della finestra del palazzo di fronte, al piano più in basso. Rotola sul pavimento di una stanza disabitata come il resto dell'edificio, si rialza, afferra uno sgabello e si piazza di fianco alla finestra tenendolo alzato, pronto a schiantarlo sulla faccia di Zagor in caso osasse seguirlo.
Ma non arriva, anzi, lo sente ordinare ai suoi uomini di andare a prenderlo. Si sporge cautamente: il condominio di Zagor sembra un formicaio impazzito invaso dalle lucciole, con tutte quelle luci di lanterne che corrono avanti e indietro. Stanno scendendo tutti in strada per inseguirlo.
Supermike tira il fiato. Grazie ai vestiti spessi i vetri delle finestre non gli hanno lasciato graffi troppo profondi, e anche i pugni di quei barboni non erano poi un granché. Domani li sentirà sicuramente, ma adesso è ancora abbastanza in forma.
Ora ha di fronte a sé due scelte.
 
 
 
FINE DEL CAPITOLO SEI
 
 
Di nuovo, solleviamo Supermike dall'onere della scelta per passare questa responsabilità ai lettori.
 
OPZIONE 1: è comunque stanco, e non può affrontare una intera gang più uno Zagor che non ci penserebbe un attimo a fargli saltare la testa con un colpo di pistola. Sarà il caso di filare per la via dei tetti, dove quei balordi non possono seguirlo, e raccogliere le forze per la sfida di domani, se i tizi di Altrove sono riusciti a organizzarla.
 
OPZIONE 2: oppure potrebbe fare una follia e tornare dentro, ora che più o meno tutta la gang è fuori a cercare lui. In quel seminterrato c'è ancora qualcosa di dannatamente interessante, che sia l'artefatto di Altrove o quello di cui stavano parlando Zagor e Gambit. Certo, è un rischio pazzesco... ma lui è SUPER!
 
 
L'opzione 2 ha vinto con una certa facilità, quindi Supermike decide di tornare indietro e scendere a vedere cosa c'è nel seminterrato, approfittando del fatto che gli uomini di Zagor sono fuori a cercarlo.
 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO SETTE: IL PRIGIONIERO DI ZAGOR ***


Supermike esamina ancora il vicolo che lo separa dall'altro condominio. La finestra di fronte a lui è chiusa, ma quella più a sinistra è priva di vetri e di persiane.
Sfonda la porta della stanza con un calcio, ma non ha bisogno di fare lo stesso con quella della stanza a fianco, che è solo appoggiata sui cardini. Apre la finestra ed esamina il palazzo di Zagor tenendosi nell'ombra: ci sono due donne affacciate al piano di sopra, forse le stesse a cui ha invaso la stanza, prima. Aspetta per lunghissimi secondi, ascoltando gli uomini della gang che si avvicinano, poi finalmente le due donne rientrano. Ora non lo può vedere nessuno.
Prende più rincorsa possibile e si tuffa nella finestra aperta. Vola attraverso il vicolo, afferra lo stipite della finestra di fronte e si tira dentro con un agile volteggio, atterrando in un corridoio.
La fortuna lo assiste ancora: appoggiato sotto la finestra c'è un pezzo di cartone che doveva essere usato per tenerla chiusa. Lo rimette al suo posto, così gli uomini che raggiungeranno la stanza dove si trovava prima non capiranno dove è andato, e si incammina verso le scale tenendosi basso.
Tende l'orecchio, ma gli unici rumori che sente sono le voci di quelli che lo stanno cercando, in strada e nel palazzo di fronte. Infila le scale e scende di corsa, fino a che gli scalini non finiscono.
La porta si apre su un altro corridoio, uguale a quelli dei piani superiori se non fosse per le porte: anche alla misera luce della luna che filtra da alcuni lucernari è chiaro che queste porte sono nuove e robuste, oltre ad avere un buco rettangolare all'altezza degli occhi: uno spioncino per sorvegliare i prigionieri.
"Ma che gente ha bisogno di una prigione nel seminterrato?" pensa.
Passa rapidamente in rassegna le celle, guardando attraverso gli spioncini. La prima è vuota, nella seconda c'è un tipo con bei vestiti rovinati probabilmente rapito per chiedere un riscatto, vuota, vuota. Davanti alla quinta si ferma.
Sul suo volto si allarga un sorriso tale da illuminare la cella. Sente quasi scricchiolare le guance.
«Beh, devo dire che mi aspettavo qualcosa del genere. Come va, ex grand'uomo?»
Nella cella, uno Zagor dal volto tumefatto, coperto di lividi in tutto il corpo, con addosso la sua solita casacca rossa ma talmente malridotta da essere quasi irriconoscibile, con i capelli della lunghezza giusta, alza stancamente la testa.
Anche in quell'uomo legato e sconfitto, la visione del suo vecchio nemico provoca un moto di rabbia.
«Tu... Supermike!» il nome è quasi sputato attraverso le labbra spaccate. Strattona la catena che lega il suo polso destro al muro, poi si piega su sé stesso con un gemito. L'avambraccio è coperto di graffi, quasi scarnificato, dopo chissà quanti tentativi di liberarsi.
«Ti trovo in forma!»
«Vai... Al diavolo.» Zagor ha un accesso di tosse. «Cosa... Fai... Qui?...»
«Ti salvo il didietro, no? Piuttosto, dimmi: chi diavolo è il tipo di sopra che se ne va in giro con la tua faccia?»
Zagor scuote la testa, e il suo sguardo si perde nel vuoto.
«Lui... Sono io. È il mio doppelganger...»
«Che parolone! Questo l'hai sentito ad Altrove, perché non ci credo che è farina del tuo sacco, uomo dei boschi...»
«Lui è me... La mia Anima Nera... Lui è ciò che avrei potuto essere... Ciò che potrei essere...»
«Lascia perdere, ho capito. Tu no, ma io sì. Già Giordano Bruno nei suoi trattati di teologia postulò la teoria dei mondi multipli, e altri l'hanno ripresa in seguito, ma molti dei loro scritti sono talmente apocrifi che li puoi trovare solo nella biblioteca di Altrove... E immagino che tu non sia tipo da biblioteche, vero?»
«Che ne sai... Tu... Di Altrove?...»
«Sicuramente più di te. Ora però mi piacerebbe capire come mai questo tizio esiste in questo mondo...»
«L'artefatto...»
«Ah, allora esiste davvero. Stavo cominciando a pensare che fosse una scusa per liberare te. Allora, trattandosi di Altrove, posso immaginare che questo coso sia quello che ha permesso al tuo doppio di arrivare in questa versione del mondo.»
Zagor non risponde e china la testa, evidentemente confuso, forse dalla mancanza di cibo (difficile che nutrirlo sia la priorità), forse dalle botte, forse dal fatto di averle prese da una versione malvagia di lui stesso.
«Oltretutto,» borbotta Supermike tra sé e sé, mentre il suo viso si adombra «se tu sei qui, è quasi certo che Altrove abbia chiesto a te per primo di risolvere la situazione... Il che fa di me una seconda scelta.»
Supermike colpisce la porta con un pugno, pensando a come farla pagare a Jesse e Roberts. È per puro caso che si volta verso le scale, appena in tempo per vedere la scure volare verso di lui.
La schiva per un soffio con un colpo di reni, ma non sta lì ad aspettare che l'altro Zagor finisca di estrarre la pistola. Gli corre incontro e gliela fa saltare di mano con un calcio a mezz'aria, per poi colpirlo al viso con un pugno prima ancora di toccare a terra.
Zagor ha a malapena un sussulto, e reagisce con un montante che quasi stacca un orecchio a Supermike.
«Mi fai solo vento!» Supermike si fa sotto e colpisce Zagor allo stomaco, strappandogli un mugolio. Zagor risponde con un pugno che prende Supermike alla spalla. Lui asseconda il colpo facendo un passo indietro, poi alza una mano davanti a sé.
«Aspetta! Non qui! Non mi scontrerò con te in uno squallido corridoio in un sotterraneo. Andiamo fuori! Qui davanti, nella piazza! Dove tutti possano vedere come ti farò a pezzi! O non hai il coraggio?»
Zagor sorride, ed è il sorriso di uno squalo. «Andiamo fuori.» Si volta, e si avvia verso le scale.
Non visto, Supermike infila un piede sotto la scure caduta a terra, la fa saltare e la prende al volo.
 
 
FINE DEL CAPITOLO SETTE.
 
 
Qualche breve approfondimento.
 
Il titolo del capitolo è una citazione de "Il prigioniero di Zenda", romanzo di Anthony Hope del 1894 adattato per il cinema ben sei volte, dal 1913 al 1979. Semplificando molto, parla di un re tenuto segregato mentre un sosia prende il suo posto sul trono.
 
Come ipotesi il multiverso, o le dimensioni parallele se preferite, è storia antica, si fa risalire addirittura a Talete di Milèto nel 600 a.C., ed era uno degli argomenti di discussione tra i filosofi greci.
Giordano Bruno, vissuto nella seconda metà del 1500, viene considerato un precursore della moderna teoria del multiverso, da lui espressa in diversi trattati di teologia. Difficile semplificare, comunque potremmo dire che lui credeva in un dio infinito, che in quanto tale avrebbe creato infiniti mondi. Per questo fu considerato eretico e messo al rogo dalla santa inquisizione.
Da un punto di vista più scientifico il concetto fu riproposto da Hugh Everett III nel 1957 ed è tutt'ora una teoria molto accreditata, seppur indimostrabile con il livello di tecnologia attuale.
 
 
Cosa farà ora Supermike?
 
OPZIONE 1: Supermike ha corso, saltato e lottato per tutta la notte, mentre lo Zagor alternativo è fresco come una rosa... E anche piuttosto ingenuo, visto che gli ha dato le spalle. Difficilmente riuscirebbe a batterlo, quindi lo colpirà con la sua stessa scure, e che vada a quel paese.
 
OPZIONE 2: Supermike è stanco e pesto mentre lo Zagor alternativo è fresco e vispo... Bene, almeno lo scontro sarà più equilibrato, gli sarebbe dispiaciuto stendere quel buffone troppo facilmente. Nel frattempo lancerà la scure attraverso lo spioncino della cella del "suo" Zagor, e che si liberi da solo, se ce la fa.
 
 
L'opzione 2 ha ottenuto la vittoria: Supermike segue lo Zagor alternativo all'esterno per sfidarlo, ma prima lancia la scure al “vero” Zagor perché si liberi da solo.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO OTTO: IL DUELLO ***


Supermike lancia la scure attraverso lo spioncino della cella di Zagor con una torsione del polso. Non si sente rumore. Bene, almeno Zagor è abbastanza sveglio da riuscire a prendere una scure al volo.
Segue il secondo Zagor su per le scale. È ancora a torso nudo nonotante il freddo, magari per impressionare quei morti di fame dei suoi uomini con i suoi muscoli. Beh, se si metterà a starnutire durante lo scontro ci sarà da ridere.
Attraversano un atrio buio ma stranamente pulito sotto lo sguardo stupito di un paio di scagnozzi, poi escono all'esterno. Mentre scende i quattro scalini fino alla strada lo Zagor alternativo allarga le braccia e proclama: «Venite qui, tutti quanti! Chiamate tutti e radunatevi qui, nel piazzale!» Sicuramente non gli importa molto di svegliare la gente per bene che dorme... se c'è ancora qualcuno per bene, in questo quartiere. «Tutti! Abbiamo bisogno di pubblico! Il vostro boss ha uno sfidante!»
«Buffone...» mormora Supermike, poi esclama: «E non mancate scommettere su di me, Supermike! L'era di Zagor è finita!»
Alcuni membri della gang che erano lì intorno schizzano via a chiamare gli altri, mentre Supermike segue l'avversario al centro della piccola piazza, di fronte al condominio. Si sfila la maglia nera e la getta via, scoprendo la casacca gialla con la M sul petto.
«Hai ancora quella ridicola canotta?» gli chiede Zagor, dopo essersi voltato. «Mettiti il cuore in pace: ti ho battuto una volta, e ti batterò di nuovo. Ma stavolta non finirà altrettanto bene, per te.»
«Quello non ero io, idiota.» Supermike si chiede se questo Zagor si sia reso conto di non essere al suo posto. Eppure avere visto il suo doppione dovrebbe avergli fatto venire qualche dubbio...
I due sfidanti si scaldano, agitando le braccia e saltellando sul posto, mentre la piazza si riempie degli uomini della banda. Sono parecchi, li circondano già completamente.
Gli viene da chiedersi se questa sfida valga come rivincita, visto che non è lo stesso Zagor che ha affrontato lui. O sì? Esistono due linee temporali che hanno corso parallele fino a un certo punto per poi divergere? O ce n'era una sola che si è divisa in due in un momento in cui Cico si è trovato in grave pericolo, e le opzioni vive/muore si sono verificate entrambe?
E ci sarà quindi un altro Supermike, da qualche parte? Più di uno? Infiniti, magari?
Guarda la strada che si dilunga dietro le spalle di Zagor. La casa dove ha vissuto da piccolo è da quella parte. «Sai, venivo a giocare in questa piazza, ogni tanto, da bambino.» Quando era ancora così piccolo che la differenza tra lui e gli altri bimbi non si vedeva troppo. Crescendo la sua superiorità è diventata evidente, e gli altri hanno iniziato ad evitarlo. «Adesso invece è diventata il quartier generale di un delinquente. Sarà ancora di più un piacere farti a pezzi.»
Zagor risponde alle sue parole con una risata sguaiata.
Chissà se esiste un Mike Gordon alternativo che non è mai riuscito ad andarsene da quel postaccio. Non invidia quel poveretto.
E chissà se esiste un Supermike che sia davvero riuscito a realizzare qualcosa di vero e di importante, con tutti i doni che gli sono stati elargiti.
La piccola piazza è ormai gremita. La banda di Zagor è numerosa. Certo che Supermike preferirebbe un pubblico di un livello un po' più alto di questi straccioni con l'aria ebete. Molti di loro sono stati evidentemente tirati giù dal letto. Ci sono anche delle donne, e altri sbirciano dalle finestre degli edifici intorno.
«Ti basta il pubblico?»
«Può bastare.» risponde Zagor, sicuro di sé.
«Ho la tua parola che, se vinco, mi lasceranno in pace?»
«Che importa? Tanto non vincerai.»
«Me l'hanno detto in tanti. Fatti sotto, allora.»
I duellanti si mettono in guardia al centro della piazza, che presto diventa totalmente silenziosa. Si studiano per lunghi istanti, immobili, con il fiato che si condensa in nuvolette a ogni respiro.
Poi scattano.
«AAAYYAAKK!!»
«EEEYOOOWW!!»
 
 
Zagor colpisce ancora una volta la serratura della cella, che finalmente cede. Nessuno sembra aver sentito i colpi di scure, per fortuna. Spinge la porta e quasi cade fuori, ma riesce ad aggrapparsi allo stipite.
Barcolla verso le scale, con la schiena curva. La scure gli sembra pesantissima nella sua mano, e la appende alla cintura. Ogni colpo che gli dà contro la coscia gli sembra una martellata. Arranca appoggiandosi al muro a ogni passo. Si china per raccogliere la pistola caduta all'altro Zagor, e gli ci vogliono almeno due minuti prima di riuscire a sollevarla e rialzarsi. Arriva alla scala, riesce a fare cinque scalini, poi crolla. Le botte e la mancanza di cibo e acqua hanno la meglio, dopo lo sforzo per liberarsi. Chiude gli occhi e rimane lì, a metà tra il sonno e la perdita di sensi, per un tempo che non saprebbe quantificare. Poi sente dei passi scendere le scale.
Cerca di alzarsi, ma riesce solo a mettersi in ginocchio, tremando per lo sforzo. La strada che la sua mano deve fare per raggiungere la scure gli sembra infinita.
Solleva lo sguardo, esausto, e quelle che vede scendere gli scalini sono scarpe da donna.
«Oddio!»
Gambit si getta di fronte a lui, ferendosi le ginocchia sugli scalini, appena in tempo per fermarlo prima che cada in avanti. Lo abbraccia e lo stringe forte, strappandogli un gemito di dolore.
«Oh scusami, scusami!» si tira indietro in modo da riuscire a guardarlo in faccia, e stenta a riconoscerlo. «Mi dispiace...» gli dice, accarezzandogli il volto stupefatto. Avvolta intorno al braccio ha ancora la catena che è riuscita a sfilare dalla testiera del letto dopo che Supermike l'ha in buona parte divelta. «Credevo che fossi tu... credevo davvero che fossi tu...»
Zagor scuote la testa, e cerca di restituire l'abbraccio. «Non importa...» la voce esce dalle labbra spaccate in un mormorio quasi incomprensibile. «Tu... stai...»
«Oddio, ma ti preoccupi per me?! Sto bene, sì... diciamo di sì... quando ho scoperto che ti aveva sorpreso e imprigionato mi è sembrato di impazzire... ma tu esisti davvero, e sei sempre lo stesso... e Cico sta bene... non sai quanto sia felice... pensavo di avervi persi tutti e due... Ma lui, cos'è? Tu lo sai?»
«Lui è... quello che io sarei se...»
«Non... non capisco...»
«L'artefatto... l'ha portato qui... da un altro mondo...»
«L'artefatto?...»
«Un oggetto... rotondo... grande come... una testa... con una spirale incisa... e dei simboli...»
«L'ho visto! È nella sua stanza.»
«Dobbiamo... prenderlo... portarlo... ad Altrove...»
«Va bene. Torno su di corsa, tanto non c'è più nessuno, sono tutti fuori. Tu aspettami qui.»
«Aspetta... c'è un uomo... nella seconda cella...»
«Eh? Ehm... aspetta...» Gambit si alza e scende nel corridoio delle celle. «Ecco! La chiave della tua cella ce l'ha... quell'altro, ma le altre sono appese qui.» apre la cella, ma l'uomo dentro sta dormendo. «Ehi! Sveglia! Sei libero, ma devi scappare! Di corsa.»
L'uomo scatta in piedi come una molla e corre fuori, precipitandosi su per le scale senza degnare Zagor di uno sguardo. Meglio per lui o se la sarebbe fatta addosso per la paura, scambiandolo per il suo carceriere. «Esci dal retro!» gli grida Gambit, poi torna da Zagor. «Allora, rimani qui. Io vado a prendere quell'affare e torno.»
Gambit esita ancora un istante, poi si avvicina di scatto e posa le labbra su quelle di Zagor, che cerca di rispondere al bacio nonostante il dolore. «Torno subito.» dice ancora, dopo essersi staccata da lui con riluttanza.
Zagor la osserva sparire su per le scale, poi si stende sugli scalini, cercando una posizione comoda, e chiude gli occhi.
 
 
FINE DEL CAPITOLO OTTO
 
 
Nessuna opzione tra cui scegliere, per una semplice ragione: in realtà questo capitolo era decisamente più lungo degli altri, quindi ho deciso di dividerlo in due. Se avessi inserito comunque due opzioni e fosse stata scelta “l'altra”, sarei andato totalmente nel pallone. ;-)

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Capitolo 10
*** CAPITOLO NOVE: L'ARTEFATTO ***


All'inizio dello scontro gli spettatori rumoreggiavano e incitavano il loro boss, divertiti. Poi, man mano che si rendevano conto che il loro Zagor ha trovato qualcuno in grado di tenergli testa, hanno smesso di incitare e di agitare i pugni, i rumori si sono affievoliti, e gli sguardi si sono fatti fissi e attenti. Lo scontro prosegue in un silenzio pressoché totale e surreale, interrotto solo dagli ansimi e dai gemiti dei due contendenti e illuminato dalle prime luci di una livida alba che faticano ad attraversare la cortina di umidità nebbiosa che ricopre i Five Points.
Supermike schiva un pugno al volto, si fa sotto con un diretto allo stomaco che Zagor para incrociando le braccia davanti al corpo, tenta di destabilizzarlo con una spazzata che Zagor evita con un salto. Ricadendo Zagor sferra un pugno dall'alto, a cui Supermike si sottrae con una giravolta. Senza fermare il movimento puntella una mano a terra e la usa come perno, roteando le gambe in una mossa di Capoeira che coglie Zagor al viso. Zagor indietreggia barcollando, e Supermike spazza di nuovo con l'altra gamba senza rialzarsi, colpendolo alle caviglie e facendolo cadere pesantemente a terra. Supermike si rialza e balza su Zagor deciso a inchiodarlo al suolo, ma quello si è già ripreso e lo ferma con un calcio allo stomaco che gli toglie il fiato e lo spinge indietro. Zagor si rialza e si riabbassa subito, evitando il pugno di Supermike per un capello e colpendolo al petto.
Si allontanano e si fermano per un istante, ansimanti, in guardia. Entrambi mostrano già molti lividi sul viso e sul corpo, Supermike sanguina da un taglio allo zigomo, Zagor dal labbro inferiore.
«Non ce la fai più, Gordon. Sto per umiliarti di nuovo.»
Supermike sbotta. «Ma tu credi davvero di aver vinto il nostro primo scontro?» Tu o il tuo omologo di questa realtà, pensa. «Hai vinto solo le sfide che avevi proposto tu, e in cui io non avevo nessuna esperienza. Prendere al volo un serpente velenoso, affrontare un puma in una gabbia! Roba che potrebbe venire in mente solo a un rozzo uomo dei boschi che ha a che fare con queste bestie tutti i giorni! In tutte le sfide in cui giocavamo alla pari sono stato io a vincere! Beh, questo non è uno di quei tuoi strampalati duelli indiani con regole assurde che solo tu conosci. Qui non siamo in cima a un palo sopra un tappeto di coltelli. Qui siamo sulla nuda terra, nella MIA città! Nessuna regola strana, solo io e te, alla pari. E sappiamo chi vince quando giochiamo alla pari.»
«Io e te non siamo alla pari, Gordon. Tu sei sempre stato solo uno sbruffone.»
La risposta è un ringhio. «Chiamami... Supermike.»
E si scagliano di nuovo l'uno contro l'altro, lanciando le loro grida di guerra.
 
 
Gambit risale le scale di corsa tornando, suo malgrado, verso la stanza da cui ha fatto tanta fatica a uscire. Non incontra nessuno fino all'ultimo piano, ma apre comunque la porta con estrema cautela, maledicendosi per non aver pensato a prendere la pistola che ha visto infilata nella cintura di Zagor. Troppe emozioni in una volta per poter pensare lucidamente.
Rimane in ascolto per qualche istante. Non sente nessuno, quindi si arrischia a uscire nel corridoio.
Il grido di Zagor proveniente dalla strada, mischiato a un altro grido simile, la attira verso la finestra. Giù in piazza l'altro Zagor, quel bastardo con cui ha condiviso il letto per mesi, che l'ha trascinata più in basso di quanto non sia mai scesa, si sta battendo con il biondo di prima, ora vestito di giallo, che sembra addirittura in grado di tenergli testa. Tutti gli “irlandesi” sono giù, a guardare lo scontro in silenzio religioso. Non hanno mai visto il loro capo in difficoltà.
Troppe cose che non riesce a capire.
Ma deve essere onesta con sé stessa. Avrebbe potuto mandare al diavolo questa copia di Zagor quando le cose hanno iniziato a precipitare, ma ha scelto di rimanere con lui. Pensava che fosse sconvolto dalla morte di Cico, e ha tentato fino all'ultimo di lenire le ferite della sua anima. È arrivata ad accettare cose orribili. Non è mai stata una santa, ma non avrebbe mai creduto di poter arrivare a questo punto.
Per poi scoprire che non era davvero lui.
Non che sia riuscita a capire chi sia. Ma non era l'uomo che amava, comunque. Era un impostore, che si è infilato nel suo letto fino a divenirne il padrone.
E lei l'ha lasciato fare.
Non sa dirsi chi le faccia più schifo.
Spera solo che Zagor, quello vero, possa perdonarla.
Si riscuote. Se Zagor vuole quell'oggetto, ci deve essere un motivo. Si dirige a passi svelti verso la stanza che ha condiviso con l'impostore per davvero troppo tempo, apre la porta con una certa riluttanza ed entra, badando a lasciarla spalancata. L'idea di rimanere di nuovo chiusa lì dentro la terrorizza.
Cerca di non guardare il letto dove l'impostore ha giaciuto con lei, instupidita dall'amore, e raggiunge la cassettiera di Zagor. Dell'altro Zagor. Quello sbagliato. Apre tutti i cassetti, sicura di averlo visto rigirarsi tra le mani quel coso più di una volta, mentre credeva che dormisse. Ed eccolo, nell'ultimo cassetto, un oggetto dalla forma somigliante al guscio di una chiocciola, arancione, liscio, simile al vetro al tatto, con una spirale che più che incisa sembra essere stata realizzata appoggiando qualcosa di pesante sull'artefatto quando era ancora malleabile, se è stato soffiato come vetro. Lo solleva, e deve usare entrambe le mani. È pesante, sembra vetro pieno. Non riesce a capire quanto sia fragile.
Si rialza con cautela, quando sente dei passi. Si volta di scatto: oltre la porta spalancata, due donne la guardano a bocca aperta.
Riconosce le puttane con cui l'impostore ha soddisfatto i suoi appetiti negli ultimi giorni, che dormivano su quello stesso piano.
Si irrigidisce, sfiorando il panico e stringendo a sé l'artefatto. Le donne iniziano a indietreggiare lentamente, tenendola d'occhio.
Gambit ha un'intuizione. «Siete venute per cercare qualcosa da rubare?» chiede.
Le donne non rispondono.
«Io ho già quello che mi interessa. Se volete, la cassaforte è dietro quel quadro. La combinazione è 15-6-61. Ci sono un mucchio di soldi, lì dentro. Fateci quello che vi pare.»
Senza dire altro, Gambit esce passando di fianco alle due donne stupefatte, e se ne va.
Scende le scale di corsa, senza più badare a rimanere nascosta. Ritrova Zagor quasi nella stessa posizione in cui l'ha lasciato. Deve scuoterlo per svegliarlo.
«Zagor! Svegliati, dai!»
Zagor apre lentamente gli occhi e le rivolge un sorriso. Lei solleva l'artefatto davanti ai suoi occhi.»
«È questo?»
«Credo di sì... non l'ho mai visto... me l'hanno descritto gli agenti di altrove... ne hanno uno uguale, ben chiuso nel loro magazzino.»
«Ma si può sapere che diavolo è?»
«Aiutami... ad alzarmi...»
Zagor passa un braccio sopra le spalle di Gambit e prende l'artefatto, tenendolo sottobraccio, mentre lei lo aiuta a salire, molto lentamente, le scale.
«Ad Altrove hanno cercato di spiegarmi cos'è... ma credo che non lo sappiano con esattezza... neanche loro.» Dopo pochi scalini, Zagor ha già il fiatone. «Realizzato con... antica magia... più antica di Atlantide... ma non ha mai funzionato... doveva caricarsi... assorbire energia... Ci sono voluti millenni...»
«E quindi ora... è carico e funziona?» Zagor è dannatamente pesante, e barcolla ad ogni passo. Quelle scale stanno diventando un incubo.
«Non del tutto... Ad Altrove pensano... che non abbia funzionato bene... che invece di fare il suo lavoro... abbia trovato una scappatoia... un'alternativa...»
«E che cosa fa?»
«Esaudisce... desideri...»
 
 
 
 
FINE DEL CAPITOLO NOVE.
 
 
Curiosità: magari l'avete riconosciuta, comunque la combinazione della cassaforte è la data di uscita del primo albo a strisce di Zagor.
 
Ammetto che inserire delle opzioni tra cui scegliere per me era diventato davvero difficile... La prosecuzione della storia era ormai scritta a chiare lettere nella mia testa, e non mi riusciva di immaginare un'opzione alternativa!
 
Ho provato quindi con queste due opzioni, pregando che venisse scelta la direzione in cui io mi stavo già muovendo...
 
OPZIONE 1: Volete vedere Cico?
 
OPZIONE 2: Non volete vedere Cico?
 
 
La vittoria era abbastanza scontata... Quindi nel prossimo capitolo ci sarà anche Cico!

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Capitolo 11
*** CAPITOLO DIECI: PUNTO DI DIVERGENZA ***


Supermike schiva, colpisce, affonda, incassa. Dopo un lunghissimo scambio di colpi Zagor riesce ad afferrargli un braccio e inizia a torcerlo. Supermike fa una capriola per assecondare il movimento e si libera con uno strattone, gettandosi poi contro Zagor con tutto il suo peso. Zagor cade all'indietro ma lo afferra per le spalline della casacca, e facendo leva col piede lo lancia all'indietro facendolo cadere sulla schiena. Il colpo gli toglie il fiato, ma riesce a togliere appena in tempo la testa dalla traiettoria del calcio di Zagor. Si allontana, ma Zagor gli è già addosso. Allora si butta in avanti rotolando in mezzo alle gambe dell'avversario, facendolo cadere. Zagor però si rialza con un volteggio e si allontana prima che Supermike riesca ad attaccarlo.
Si fronteggiano ancora, cercando di studiare qualcosa di definitivo.
Sente dolore ovunque. L'occhio destro e il labbro si stanno gonfiando vistosamente, e il naso potrebbe anche essere rotto. Tutto il suo corpo porta disegnata la mappa dei pugni del suo avversario. Ansima pesantemente, e sente di non essere più agile e reattivo come all'inizio del combattimento.
Zagor non sembra stare meglio. Anche lui ha la faccia gonfia, e dal modo in cui cerca di colpirlo sempre col sinistro si direbbe che aver parato il suo destro col gomito poco fa abbia avuto un certo effetto.
Ma Supermike sta iniziando a temere di non farcela. E stavolta Zagor non si getterà a prenderlo per non farlo cadere sulle lame. Stavolta lo ucciderà, con grande gusto.
Supermike si è battuto con grandi campioni di boxe, e anche di arti marziali. Tecnicamente l'uomo dei boschi non è in grado di competere con lui. Zagor però ha combattuto molte più volte con la vita in palio, costretto a spingersi al limite per uscirne vivo.
Sono equilibrati. E quand'è così, e Supermike lo sa bene, c'è solo una cosa che può fare la differenza.
Vince il più cattivo.
E questo Zagor è più cattivo di lui.
 
 
Finalmente le scale sono finite. Oltre la porta c'è l'atrio al pianterreno, pericolosamente vicino a tutta quella gente, là fuori. Gambit e Zagor si fermano un attimo per riprendere fiato.
«Esaudisce desideri? Come il genio della lampada?»
«Dovrebbe... ma non funziona bene... non ancora...»
«Va beh, facciamo finta di credere che sia possibile. Cosa c'entra questo con il tuo sosia?»
Zagor si passa una mano sul viso, cercando le parole per spiegare qualcosa che nemmeno lui ha capito.
«Non esiste un solo mondo... ne esistono molti, tanti quanti sono le possibilità. Mondi che sono... l'esatta copia di questo, tranne che... per un particolare. O per molti. O completamente diversi, perché la scelta è stata fatta molto tempo fa...»
«Zagor, mi dispiace, non capisco.»
«Esiste un mondo in cui Supermike non mi ha lanciato la scure per spezzare la catena e uscire dalla cella... un altro in cui è scappato dopo aver affrontato il mio doppio invece di scendere nel seminterrato... un altro in cui Supermike è sceso subito invece di venire a parlare con te, o dove ha seguito il piano di Altrove invece di fare di testa sua, e così via, all'infinito... esiste un mondo dove non ci siamo mai conosciuti... un mondo in cui non esistiamo, perché i nostri genitori non si sono incontrati... un mondo in cui decideremo di uscire da questo palazzo dalla porta di fronte, e un altro dal retro... E un mondo dove Cico è morto in un modo stupido... per colpa mia.»
Zagor fa una lunga pausa, con gli occhi fissi al suolo.
«Ricordo quel giorno... Io e Cico avevamo litigato, e lui se ne era andato per conto suo. Io sono andato a cercarlo per chiedergli scusa, evitandogli di finire nei guai. Lui... l'altro Zagor... non l'ha fatto. E il suo Cico è morto.»
«Quindi quando me l'ha detto diceva la verità?»
«Sì... capisci? Lui è me. È uguale a me. Fino al momento in cui io ho deciso di chiedere scusa a Cico e lui no, le nostre vite sono state esattamente uguali.»
«Credimi, lui non ti assomiglia per niente.»
«Già una volta, in passato... l'odio mi ha divorato, trasformandomi in un mostro. È il motivo per cui ho smesso di essere Patrick Wilding e sono diventato Zagor. Questo secondo colpo, per lui, è stato fatale. Non è più riuscito a tornare indietro. E, se fosse successo a me, sarebbe andata esattamente nello stesso modo. Ho cercato di convincermi che non è così, ma non è vero. Quell'uomo... potrei essere io. L'unica differenza che c'è tra me e lui... è una giornata storta.»
«Zagor, tu e Altrove potete raccontarmi tutto quello che volete, ma non riuscirete mai a convincermi di questa stupidaggine.»
Zagor sorride. «Da quel momento la mia e la sua vita sono state molto diverse. Per qualche motivo è andato ad Altrove, dove ha scoperto questo artefatto e il suo potere. L'ha rubato, e ha provato a usarlo. Il suo desiderio...»
«Credo che mi stia per venire un gran mal di testa. Questa cosa dovrai rispiegarmela, molte volte. Comunque, vediamo se indovino. Ha desiderato di riportare in vita Cico.»
«Sì. Ma l'artefatto non si è ancora caricato completamente di energia... e francamente spero che non lo farà mai. Però ne aveva già abbastanza da ascoltare il desiderio di quella versione di me, e cercare di assecondarlo. Così non ha riportato in vita Cico, cosa per cui evidentemente gli sarebbe servita più energia, ma ha trasportato lui in un mondo in cui Cico era ancora vivo. Questo mondo.»
«Assurdo.»
«Già. Ma lui non ha trovato Cico nella nostra capanna, credo che nel momento in cui è passato fossimo in viaggio... così non si è reso conto di essere finito in un altro mondo, e ha pensato che l'artefatto non avesse semplicemente funzionato.»
«E il resto lo so. Purtroppo.»
 
 
«Uoooh!» L'uomo a cassetta tira le redini, e la carrozza si ferma al limitare dei Five Points.
«Allora?» sbotta qualcuno da dentro. «Perché ci siamo fermati?»
«Colonnello, io nei Five Points non ci entro.» risponde il conducente.
«Come?! Ma che...» la porta della carrozza si spalanca, e l'uomo in divisa salta a terra, furibondo. «Senta, noi abbiamo pagato...»
«Avete pagato fino qui. Magari qualche carrozza che paga il pizzo alle gang qui intorno la trovate, fatevi portare da loro.»
«Amico, a bordo hai cinque soldati armati!»
L'uomo a cassetta ridacchia. «Sì, immagino che gli farete una gran paura.»
«Colonnello Perry, che succede?» chiede una voce da dentro alla carrozza.
«Ci fermiamo qui, a quanto pare. Scendete, ragazzi.»
«Acc... Dannaz... Malediz...»
Cico Felipe Cayetano Lopez Y Gonzales scende stiracchiandosi la schiena. «Abbiamo passato la notte a saltare di treno in treno, uno più scomodo dell'altro, e ora dobbiamo pure farcela a piedi?»
Dietro di lui scendono quattro soldati, che recuperano il loro scarso bagaglio mentre Perry si fa spiegare la strada dal conducente.
Dopo aver risposto al telegramma di “Eddy Rufus”, il colonnello Perry si era ricordato di quel nome. In fondo aveva causato dei begli sfaceli a Darkwood, e infatti si trova ancora in prigione, non di sicuro a New York. Il nome sul telegramma era una menzogna. Aveva mandato a prendere Cico, che gli aveva detto che Zagor era partito in missione a New York per conto di Altrove.
Preoccupato, Cico aveva voluto partire subito per New York. Non riceveva più notizie di Zagor da giorni, ormai.
Comodo avere con sé un colonnello dell'esercito: erano riusciti a risalire all'ufficio postale che aveva inviato il telegramma, al ragazzo che l'aveva portato lì e all'albergo da cui veniva, dove avevano dovuto ungere il portinaio per farsi dare informazioni: l'uomo che aveva inviato il telegramma era nientemeno che Mike Gordon, detto Supermike. Il portiere aveva le orecchie lunghe ed era abituato a quel tipo di transazioni, infatti aveva origliato le conversazioni di Supermike con i due agenti di Altrove.
Ed eccoli ai Five Points.
Cico si ferma a guardare quella specie di buco nero di criminalità in mezzo alla città. Immerso nella nebbia nell'incerta luce mattutina, la stretta strada tra i due alti edifici sembra davvero uno degli ingressi di servizio dell'inferno.
«Zagor, amico mio, in che guaio ti sei cacciato, stavolta?»
 
 
 
FINE DEL CAPITOLO DIECI
 
 
 
Anche stavolta, qualche approfondimento.
 
Nella branca della narrativa fantascientifica chiamata “ucronia”, che immagina che la storia si sia sviluppata in modo diverso dalla realtà (esempi classici sono un impero romano sopravvissuto fino ai giorni nostri o la seconda guerra mondiale vinta dalla Germania nazista), si definisce “punto di divergenza” (in inglese Point Of Divergence, abbreviato spesso in POD) il momento esatto in cui la storia inizia a differenziarsi da quella che conosciamo. Il primo esempio di ucronia si ha in una parte dei codici intitolati “Ab Urbe Condita” scritti da Tito Livio tra il 27 e il 14 a.C., dove lo storico romano ipotizza su cosa sarebbe potuto succedere se Alessandro Magno avesse deciso di espandere il suo regno verso ovest anziché verso est, venendo così a scontrarsi con l'impero romano.
In questo capitolo ho voluto giocare sulle “scelte” che ho chiesto di compiere al termine dei capitoli precedenti, presentandoli come possibili POD per la creazione di universi alternativi dove la storia si è sviluppata in modo diverso.
 
L'immagine che fa da sfondo alla copertina è un disegno della piazza che dà nome ai Five Points all'epoca in cui è ambientata questa storia, realizzato da George Catlin nel 1827.
 
La “giornata storta” di cui parla Zagor vuole essere una citazione del meraviglioso fumetto di Alan Moore “The Killing Joke”, che narra le origini del Joker.
 
Le ferrovie in Zagor si vedono di rado, ma nella prima metà del 1800 esistevano già. La prima ferrovia (lunga appena tre miglia) fu inaugurata nel 1826, ma è all'incirca dal 1835 che negli Stati Uniti iniziarono a nascere decine di piccole tratte ferroviarie adibite sia al trasporto di merci che di passeggeri. La normalizzazione e l'ottimizzazione del settore ferroviario avvennero solo intorno al 1850. Difficile che viaggiassero di notte, comunque, ma se volevo far arrivare Cico in tempo... ;-)
 
 
Anche stavolta niente opzioni tra cui scegliere. La strada era ormai tracciata, il racconto già chiaramente scritto nella mia testa, e non sono stato assolutamente capace di immaginare una fine diversa da quella che avevo già progettato... Sì, perché il prossimo capitolo sarà l'ultimo!
 

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Capitolo 12
*** CAPITOLO UNDICI: ALBA SU NEW YORK ***


Non è più divertente. Nemmeno da guardare.
Supermike e lo Zagor alternativo sono allo stremo delle forze. Ormai non si preoccupano nemmeno più di parare o schivare i colpi, riescono a pensare soltanto a colpire il più forte possibile. L'unica cosa che li tiene ancora in piedi è la rabbia.
Non c'è più nemmeno curiosità, nei volti degli spettatori. Anche delinquenti di quella risma ad ogni colpo sussultano e incassano la testa nelle spalle o distolgono lo sguardo, disgustati da quello che è solo più un gioco al macello, una gara di caparbia resistenza.
Supermike mena un pugno verso il volto di Zagor, senza nessuna tecnica, quasi alla cieca, con gli occhi gonfi pieni di sudore e sangue. Il colpo va a segno, Zagor barcolla e sputa un fiotto di sangue e saliva. Qualche istante di immobilità, poi è il turno di Zagor, il cui pugno centra Supermike alla tempia. Non ha che una frazione della forza che aveva all'inizio del combattimento, ma a Supermike sembra che la campana di una chiesa abbia battuto un rintocco dentro al suo cervello. Allarga le gambe per non cadere, rendendosi conto di non poter reggere un altro colpo.
Deve attaccare lui, adesso. Ma le braccia sembrano di piombo. È impotente come uno spaventapasseri di fronte a una tempesta.
 
 
Cico, Perry e gli altri quattro soldati avanzano a piedi verso il centro dei Five Points. Camminano a testa bassa, i soldati impugnando il fucile, Perry con la mani sulla pistola alla cintura, Cico sbattendo rumorosamente i denti. Sono nel bel mezzo della città più popolosa d'America, eppure qualcosa suggerisce loro che stanno entrando in zona di guerra.
Ma è solo una sensazione. In giro non c'è nessuno.
Le strade sono deserte. Solo, ogni tanto, sentono sulle loro schiene sguardi indagatori, provenienti da dietro persiane chiuse.
La nebbia non accenna ad alzarsi, e le prime luci del giorno si diffondono tra le gocce di umidità sospese nell'aria creando strani giochi di luce, come bizzarri, minuscoli arcobaleni, le cui forme e colori però sembrano distorti, sbagliati. Colori disciolti nell'aria, a cui è difficile dare in nome.
«Per la santa Virgen de Guadalupe...» mormora Cico, cercando di dominare il tremito delle gambe. «Ma che posto è questo? Sembra che un esercito di fantasmi debba saltare fuori da un momento all'altro!»
«Non lo so.» risponde Perry. «Ci hanno parlato di due gang che dominano la zona, ma non abbiamo ancora visto nessuno. E non credo che sia solo perché è l'alba.»
A Cico si rizzano i capelli in testa. «Vuole dire... che sono TUTTI MORTI?!...»
Perry si concede un mezzo sorriso, che però non arriva fino agli occhi. «Eh, no... no... ma c'è qualcosa di strano, nell'aria... questi strani colori nella nebbia... e questo silenzio... non si sentono nemmeno più i rumori del resto della città.»
«Oh, MAMMA...»
«Qui sta succedendo qualcosa... e, se c'è di mezzo Altrove, è probabile che Zagor sia stato coinvolto in qualcosa di soprannaturale. Qualcosa che sta succedendo, o sta per succedere. E, come lo sentiamo noi, lo sente la gente del quartiere, gang comprese.»
«E quindi loro se ne stanno a casa al calduccio, mentre noi ci buttiamo proprio nell'occhio del ciclone, eh?»
«Se preferisci torna pure indietro. Noi proseguiamo da soli.»
«Oh, non se ne parla nemmeno, caramba y carambita!»
Perry sorride, e continuano a camminare. Non hanno bisogno di seguire le indicazioni che ha fornito loro il conducente della carrozza, anche perché la nebbia sembra nascondere tutte le vie laterali dietro una cortina di umidità. Sanno dove devono andare, come se ci fosse qualcosa che li attira. Come se tutto il quartiere fosse come un imbuto con le strade in discesa verso il centro. Come la trappola di un formicaleone.
 

Zagor e Gambit sono usciti dal palazzo attraverso l'uscita sul retro, e sono tornati sulla strada principale facendo un largo giro. Non sono molto lontani dall'assembramento degli spettatori del duello, ma anche se non ci fosse la nebbia a proteggerli nessuno li vedrebbe. Tutti gli occhi sono per lo scontro.
«Zagor, quest'affare sta diventando caldo. E vibra. Sembra quasi che dentro ci sia qualcosa che si muove.»
«E non è solo questo...» Zagor fa un cenno col capo, per dire a Gambit di guardarsi intorno. Strani riflessi multicolori stanno trasformando la nebbia intorno a loro in una aurora boreale sbiadita e in miniatura. Gambit prova a spostare l'artefatto. Le pallide luci si muovono in risposta.
«Ma non emette luce! Le mie mani non sono illuminate!»
«Questo coso obbedisce a regole diverse. Magari se le crea. Accidenti ad Altrove, di qualsiasi realtà sia!» sbotta Zagor, a denti stretti. «Ci sono cose che devono essere distrutte!»
«Credi che stia per attivarsi? Magari ho espresso qualche desiderio senza rendermene conto?»
«No, c'è un metodo particolare per attivarlo, che non conosco. Ma quelli di Altrove mi hanno detto che il tempo funziona in modo strano, a volte, vicino a questo coso. Forse sta anticipando qualcosa. Forse qualcuno sta per attivarlo.»
«Cioè, ha già cominciato ad accendersi perché sa che tra poco qualcuno lo attiverà? Ma non ha senso!»
«No, non ne ha. Ma non è la cosa peggiore.»
«Ma non c'è mai fine... e quindi la cosa peggiore è...»
«Che l'unico qui intorno che sa come usarlo è il mio doppio.»
«Oh, cavolo. Dobbiamo andarcene. Portarlo il più lontano possibile da qui.»
«Sì. Mi piacerebbe farlo a pezzi a colpi di scure, ma con quella storia che è carico di energia ho paura che possa esplodere. Meglio affidarlo ad Altrove... anche se loro non lo distruggeranno mai. Anzi, magari lo metteranno insieme al suo omologo di questo mondo nei loro magazzini. Dannazione!»
«Muoviamoci. Ce la fai?»
«Ce la devo fare. Mi dispiace lasciare Supermike nei guai, per insopportabile che sia, ma non sono in grado di aiutarlo. E poi, se c'è qualcuno in grado di uscirne vivo, è lui... per quanto mi costi ammetterlo.»
 
 
Supermike incassa un altro pugno. Rimane in piedi. Un altro ancora. Rimane in piedi. Il terzo è talmente debole e scoordinato che lo colpisce a una spalla. Ma è sufficiente. Cade.
Riesce a girarsi in modo da non sbattere la testa per terra, ma il dolore ai gomiti si ripercuote per tutto il corpo.
Cerca di rialzarsi, si tira su a mezzo, poi ricade ancora sui gomiti. Non ce la fa. Gli gira la testa. Si sente svenire.
Zagor accenna un “aayyaakk”. Gli esce afono e rauco, ma è comunque una coltellata nelle orecchie di Supermike.
«Tu... Brutto...»
Non è solo la cattiveria, a volte, a determinare il vincitore. A volte c'è anche un altro fattore di cui tenere conto in uno scontro: la motivazione.
E questo fantoccio, oltre a scimmiottare l'unico uomo che l'ha battuto, è venuto a comandare a casa sua. Non ci torna da anni, ma è stato bambino qui. È ancora casa sua.
«…Tu... non vieni... a sporcare... a casa mia!»
Raccoglie forze che non sapeva di avere e colpisce con un calcio la caviglia di Zagor, facendolo cadere pesantemente sulla schiena. Si trascina fino a portarsi sopra di lui. Zagor ha gli occhi chiusi e respira pesantemente.
Lo colpisce al viso. «Questa...» Colpisce di nuovo. «È...» Ancora. «Casa...» Ancora. «Mia!»
L'ultimo pugno lo trascina giù, e si accascia, in una parodia di abbraccio col suo avversario.
Rimangono immobili per diversi minuti. Il pubblico trattiene addirittura il respiro.
Poi Supermike ha un tremito. Lentissimamente, si puntella sulle mani e rialza la schiena. Rotola di lato, cerca di alzarsi, ricade sulle ginocchia. Rimane lì, inginocchiato, a testa bassa, con le braccia abbandonate, per qualche minuto.
Poi solleva la testa per guardare il suo avversario, ancora privo di sensi.
«Eeyyooww, bastardo.»
 
 
Una sagoma si staglia nella nebbia di fronte a Cico e ai soldati. Alta quanto un uomo, ingobbita, priva di forma, che avanza a scatti. Le ombre colorate si agitano con maggiore forza intorno ad essa, come lenzuola stese spinte da una debole brezza.
Cico prende a rosicchiarsi freneticamente le unghie. «OH, POR LA SANTA VIRGEN DE GUADALUPE! È un fantasma!»
Perry estrae la pistola, e i soldati puntano i fucili. «Chi va là?»
La sagoma risponde con una voce conosciuta. «Cico? Cico, sei tu?»
«Oh, no! È la voce di Zagor! È diventato un fantasma!»
«Cico, pancione mio... quando smetterai di dire stupidaggini?»
«È Zagor! È davvero Zagor!»
Cico corre verso il suo amico, e la sagoma si rivela per quello che è: uno Zagor pesto e dalla schiena curva che poggia un braccio sulle spalle di Gambit.
«Zagor! Ho temuto il peggio!»
Cico lo abbraccia, facendolo gemere di dolore.
«Ma... ma sei un disastro!»
«Eh eh... già... »
Cico si rivolge a Gambit. « E tu, cosa ci fai qui?... »
Gambit sorride. «Messicano, non sai quanto sia felice di sapere che sei vivo.»
«Eh?»
Zagor richiama l'attenzione di Cico. «Ora che sei qui... forse ho un'idea. Forse possiamo risolvere la situazione, tirando fuori dai guai Supermike e senza dover lasciare l'artefatto nelle mani di Altrove.»
«Supermike? Artefatto? Zagor, di cosa stai parlando?»
«Adesso, pancione mio, dovrò chiederti di essere coraggioso.»
«Me lo chiedi abbastanza spesso, mi sembra.»
«Lo so. Hai di che rendere orgogliosi i tuoi antenati conquistadores. Ma stai tranquillo: possiamo dire che nessuno conosce il nostro nemico bene quanto me.»
Cico inarca le sopracciglia.
 
 
Zagor ha ripreso i sensi e si è girato sulla pancia, ma non riesce ad alzarsi. Supermike, invece, è già in piedi, e ricambia gli sguardi della folla silenziosa. Solo ora nota gli strani effetti luminosi nella nebbia. Ma non ha tempo né voglia di cercare una spiegazione: è impegnato a pensare a come salvare la pelle.
Non è sicuro che questi barboni lo riconoscano come loro capo solo perché ha sconfitto il precedente. E, ridotto com'è, di scappare su per i tetti non se ne parla. Magari se se ne andasse semplicemente lo lascerebbero passare. Non ha trovato l'artefatto che cercava Altrove, ma chi se ne frega.
Muove un passo verso una direzione a caso, quando un grido conosciuto e odiato scuote l'aria.
«AAAAYYYAAKK!»
«E che cavolo...»
Supermike si gira verso il suo avversario, che però è ancora con la faccia a terra. «Ma allora cosa...»
I membri della gang si dividono, aprendo un passaggio. Ma non è per lui.
I loro volti sconvolti indicano con chiarezza quello che stanno pensando. Non sono in grado di concepire l'inconcepibile, e l'unica reazione possibile è la paura. Si allargano per allontanarsi dall'uomo che si sta avvicinando, con un braccio sulle spalle di Gambit e uno su quelle del colonnello Perry, pallido come un fantasma del loro capo esanime.
«Sei tornato per me, vecchio mio?» mormora Supermike. Poi vede il pancione messicano, che si nascondeva dietro agli altri, passare davanti. Ha l'aria incerta, gli occhi sbarrati per la paura, le ginocchia che sbattono l'una contro l'altra. Tra le mani regge un oggetto rotondo e arancione. Intorno a lui le ombre colorate sono più dense e agitate.
«Ah, forse ho capito.»
Supermike torna dallo Zagor alternativo e lo obbliga ad alzare la testa tirandolo per i capelli.
«Guarda. Lo vedi? È il tuo amico messicano. Proprio lui. Quello per cui sei diventato... così. Guarda un po', è vivo. È stato tutto inutile.»
Lo lascia andare e si tira indietro, ma la testa di Zagor non cade. Anzi, trova la forza di sollevarsi e mettersi in ginocchio. I suoi occhi si riempiono di lacrime.
«Cico...»
Cico si avvicina, titubante, fino a un passo da quest'altro Zagor. Si gira a guardare il “suo” Zagor, che gli fa cenno di continuare, quindi deglutisce e fa l'ultimo passo, inginocchiandosi poi davanti allo Zagor alternativo e posando l'artefatto al suo fianco.
«Cico...» Lo Zagor alternativo alza una mano dalle nocche insanguinate e accarezza il volto del messicano. «Ma non sei tu, vero?...»
«C-c-c-credo... credo di no...»
«Già...» Zagor abbassa la mano. «Capisco... capisco molte cose, ora. Ti posso abbracciare lo stesso?»
«Ah... eh... i-i-immagino di sì...»
Zagor si protende verso Cico e lo circonda con le braccia, appoggiandogli poi la testa sulla spalla.
«Mi sei mancato tanto, pancione mio... mi sono perduto, senza di te... Non può esistere Zagor senza Cico, lo sai...»
Cico non risponde, ma lo abbraccia a sua volta, titubante.
«Perduto... nella notte... trascinato dalla rabbia, senza nessuno a mostrarmi la via... cosa ho fatto... mio Dio, cosa ho fatto... cosa sono diventato...»
Zagor scioglie l'abbraccio e raccoglie l'artefatto, portandoselo al petto.
«Mi aiuti ad alzarmi, amico mio?»
Cico annuisce, a bocca aperta, e aiuta Zagor a rimettersi in piedi. Supermike si irrigidisce, ma lo Zagor alternativo non sembra interessato a ricominciare a lottare.
«È tempo che ritorni a casa... senza di te, purtroppo. Mi aspetta un mondo dove tu non ci sei... ma sono ancora dalla parte giusta, là. Tutto quello che ho fatto qui, di là non è mai successo. Forse posso essere ancora... com'ero quando c'eri tu.»
Inizia a muovere le dita lungo la spirale e sui simboli, pronunciando sottovoce delle parole incomprensibili. Poi, i suoi occhi si fissano in quelli di Cico. Le lacrime che gli rigano le guance riflettono le luci multicolori che si affollano intorno a loro, ora agitate come vele in una tempesta.
«Addio, pancione mio. Mi sei mancato. E mi mancherai.»
E con queste parole Zagor si stringe l'artefatto al petto. Tutte le luci multicolori convergono su di lui, avvolgendolo come una coperta, mentre Cico e tutti quelli presenti nella piazza sentono il terreno sfuggire sotto i piedi, come se si stesse inclinando verso quel centro. Molti gridano, e scappano, cercando di allontanarsi e finendo per calpestarsi a vicenda.
Poi, d'improvviso, tutto finisce. Il terreno è fermo, e non si è mai mosso. La nebbia è solo nebbia, e la luce è solo luce. E lo Zagor alternativo non c'è più.
«Santa... Virgen... de... Guadalupe.» Cico si volta verso il suo Zagor, per accertarsi che sia ancora lì. «Zagor! Mi devi un MUCCHIO di spiegazioni!»
 
 
Gli uomini della gang degli Irlandesi si stanno disperdendo in fretta, desiderosi solo di allontanarsi da quel luogo di inquietanti prodigi. Senza un capo si divideranno in bande più piccole e facilmente gestibili dalle forze dell'ordine. Inoltre anche l'artefatto è andato, quindi Altrove non avrà di che lamentarsi.
«Un'altra impresa perfettamente riuscita per Supermike!»
Supermike si avvia con passo lento e strascicato. Si ferma quando passa a fianco di Zagor e dei suoi leccapiedi (il colonnello Perry e gli altri soldati stanno ancora guardando il nulla con le bocche spalancate). Zagor sta cercando di frenare il fiume di parole del messicano, reggendosi alla sua donna. Supermike allunga un braccio per posarlo sulla spalla del suo vecchio avversario.
«Quel tizio non eri tu.» gli dice, indicando col pollice dietro di sé. «Quindi, la sua sconfitta non vale. Tra me e te non è cambiato niente. Mi piacerebbe ripetere la sfida... ma facciamo un'altra volta.» inclina la testa, facendo scrocchiare il collo dolorante. «Ora gradirei infilarmi in un letto. Sono un po' stanchino.»
Riprende a camminare senza aspettare la risposta di Zagor, che arriva comunque dopo qualche passo.
«Quando vuoi, Gordon!»
«Supermike.» risponde, senza voltarsi. «Il mio nome è Supermike.»
 
 
La carrozza lo lascia davanti al suo albergo. Jesse e Roberts scendono dalla veranda dove lo stavano aspettando e gli vanno incontro, rabbiosi.
«Signor Supermike! Avevamo un accordo! Avremmo dovuto incontrarci all'alba e...» sbotta Roberts, prima di rendersi conto dello stato pietoso in cui versa.
«Sì, sì, mondi alternativi, Zagor prigioniero di una versione malvagia di sé stesso, affari arancioni che emettono luci colorate. Tutto a posto, tutto fatto, artefatto e Zagor cattivo andati, potete tornarvene tranquilli a casa. Io ora voglio solo andarmene a dormire.»
Passa tra i due agenti di Altrove stupefatti, sale sulla veranda e si appoggia alla porta. Lì si ferma e si volta con un un sorriso smagliante.
«Ovviamente, se dovessero capitarvi altri guai che solo uno SUPER come me può risolvere, sapete dove trovarmi!»
 
 
 
FINE
 
 
Siamo arrivati al temine di questa avventura!
Spero che vi siate divertiti a leggerla e a partecipare alla sua creazione con le vostre scelte. Personalmente, io a scriverla mi sono divertito un mucchio!
Per la copertina del capitolo ho scelto il disegno di Michele Rubini per l'edizione americana di Zagor Versus Supermike, come sfondo un dipinto di John Stobart raffigurante Maiden Lane a New York nel 1800.

Qui i lettori dei gruppi Facebook sono stati chiamati ad un'ultima decisione...
 
CHE TITOLO DARE ALL'EBOOK?
 
Il risultato lo conoscete.

Rimanete comunque in zona, c'è spazio per un po' di note finali.

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Capitolo 13
*** NOTE FINALI ***


Ancora due ulteriori e doverosi approfondimenti.
 
Riporto qui l'analisi psicologica del personaggio scritta da Gian Piero Taricco, a cui ho accennato nelle note del secondo capitolo, parte della quale è stata fonte d'ispirazione per la caratterizzazione di Supermike in questa storia.
 
Probabilmente viene dall'est. [In effetti sappiamo che è originario di New York, NdA]
Famiglia borghese, probabilmente commercianti o gestori di un società di trasporti in una cittadina di piccola/media grandezza.
Figlio unico, probabilmente viziato dalla madre, si lega a lei oserei dire quasi morbosamente, e prende le distanze dal padre.
Si configura un complesso edipico che lo pone in forte contrasto con il padre, con cui instaura una forte rivalità, che nasconde una competizione con il maschile.
Il legame materno, a tratti incestuso, lo spinge ad aderire ai modelli femminili tradizionali dell'epoca con lo scopo di "farsi piacere" (esempio l'abilità nello "sferruzzare", "fare la maglia" dimostrata sulla diligenza in “Addio fratello rosso”) ma, nello stesso tempo, gli impedisce di legarsi seriamente ad una donna (in quanto nessuna donna eguaglia “l'imago materna”):
Supermike è dunque un single che gioca alla seduzione ma che, di fronte alla prospettiva di un legame, si ritrae per preservare il legame materno originario.
Il meccanismo edipico lo spinge alla rivalità con il padre che, in età adulta, viene traslato e proiettato su una qualsiasi figura costituisca un’autorità: lo sceriffo, la Legge e, in ultima analisi, Zagor, con lo scopo di superarli e porsi a “distanza di sicurezza” rispetto al “femminile divorante”
In altri termini, per via delle prime esperienze relazionali pre-verbali, l’Io si trova per un certo verso attratto dal femmnile materno ma il pericolo di esserne incorporati e dissolti lo spinge continuamente a lottare per il primato del maschile.
La tensione edipica è supportata da un’organizzazione narcisistica/istrionica della personalità che lo porta a teatralizzare la sfida con l’autorità al fine di ottenerne gratificazione e supporto dell’Io in una sorta di tragico corto-circuito psichico.

 
Io ho scelto di mantenere il rapporto conflittuale con i genitori, in particolar modo con il padre, e il conseguente rifiuto dell'autorità. Ho aggiunto, per dare maggiore spessore al personaggio, una ulteriore complicazione: la smania di dimostrare di essere il migliore in ogni cosa non è fine a sé stessa ma, a livello inconscio, è dovuta al desiderio di trovare davvero qualcuno superiore a lui (e Zagor non lo è, se non a livello morale, in quanto ha superato Supermike solo in pochi dei suoi molteplici talenti). Questo perché Supermike ha queste capacità eccezionali ma, come ha insinuato anche Roberts nel racconto, nessun motivo per usarle. Si sente quindi in qualche modo caricato della responsabilità di trovare un buon uso per esse, ma allo stesso tempo non ha la statura morale necessaria per essere davvero un eroe come Zagor. Trovare qualcuno più in gamba di lui, quindi, lo scaricherebbe di questa responsabilità.
In questo senso anche la rivalità con Zagor è solo un episodio della sua vita, che ho cercato di rendere più complessa e stratificata facendo capire come si tratti di un personaggio con una sua esistenza e una storia che supera i limiti di ciò che ci è stato raccontato. Solo in occasione degli incontri con Zagor, infatti, indossa il costume giallo e usa il grido di guerra che gli ha copiato, in segno di sfida.
  
 
Un'altra delle fonti d'ispirazione di questo racconto è il Dark Zagor immaginato da Roberto Sonaglia e di cui si è parlato in una vecchia rubrica della posta di Zagor. Colpito da quell'immagine e quella versione di Zagor, ho voluto recuperarla a modo mio.

Voglio quindi concludere ringraziando appunto Roberto Sonaglia per il suo Dark Zagor, Gian Pietro Taricco per il background psicologico di Supermike dal quale ho attinto, e soprattutto i lettori che sui gruppi Facebook Zagor e Mike Gordon Alias Supermike hanno seguito con interesse questa storia, permettendomi non solo di portarla a termine, ma anche di ottenere un ottimo risultato con le loro scelte.
Grazie a tutti!

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Capitolo 14
*** L'autore ***


Nato nell´agosto del ´78 in un paese della provincia di Torino, la lettura è sempre stata la sua passione, e non si stancherà mai di ringraziare suo padre e lo scatolone con i suoi vecchi numeri di Tex che ha trovato in un sottoscala quand´era piccolo, che hanno dato il via a tutto. Da allora ha continuato a leggere, fino a diventare un fanatico divoratore di parole scritte. La sua collezione di libri e fumetti ha ormai raggiunto un peso preoccupante per il pavimento su cui poggia, e meno male che hanno inventato gli ebook.

 Fin da piccolo ha sempre pensato di essere più in gamba degli altri, e leggendo una storia pensava "io l´avrei fatto finire così" oppure "qua mi sarebbe piaciuto di più se fosse successo questo". Visto che nessuno gli dava retta, si è messo a scrivere storie tutte sue, e ora provate a farlo smettere, se ci riuscite. 

Oltre alle storie, come se non avesse di meglio da fare, tiene anche un blog sulla fantascienza, l´universo e tutto quanto, dove raccoglie anche suoi racconti: storiedabirreria.blogspot.it.



Di seguito una selezione degli altri suoi lavori:




ATTENTO TRINITA´... ARRIVANO I VAMPIRI!

 Nel vecchio west, tra sceriffi e rapinatori di banche, indiani e diligenze, nemici del sapone e pistoleri dal grilletto facile (solitamente vestiti di nero), si muovono anche esseri provenienti da terre al di là dell´oceano, e che non temono il potere del piombo! Trinità e Bambino, loro malgrado, si trovano ad affrontare i non morti! Saranno all´altezza? 

Sedici (più due) film insieme,e non ne ho ancora abbastanza. Ma, visto che ormai è impossibile rivederli sullo schermo, ho deciso di porre rimedio a modo mio con questa fanfiction che li vede nei panni dei loro personaggi più famosi, alle prese con dei vampiri cinesi... 

Tutte le informazioni al riguardo e i link per il download sono disponibili a questo indirizzo:

http://storiedabirreria.blogspot.it/2014/11/attento-trinita-arrivano-i-vampiri.html



CHAVEYO
 

 Nella tradizione Hopi, il Chaveyo è lo spirito vendicatore con il compito di punire chi contravviene agli ordini degli anziani e alle usanze dettate dalla tradizione. Il suo nome viene invocato per spaventare i bambini e chiedere obbedienza. 

Sembra accogliente, la cittadina in cui è giunto Liam Calavera. Disposta ad accoglierlo, senza chiedergli conto del suo passato.
Ma il passato non ti molla. Il passato ti insegue. A volte sotto forma di un mortale spirito vendicatore.
Liam Calavera è l´ultimo sulla lista del Chaveyo. Gli altri hanno già trovato la loro giusta punizione.
 Liam Calavera pensa di aver trovato una casa. Non sa che si sta portando dietro l´inferno. 

Chaveyo è un romanzo thriller-western scritto a quattro mani da Moreno Pavanello e Luigi Iapichino, nel quale un nemico misterioso e implacabile colpisce uno dopo l´altro degli uomini legati da un passato comune.

Tutte le informazioni al riguardo e i link per l´acquisto su: 

https://storiedabirreria.blogspot.com/2018/05/chaveyo-e-uscito.html




EVERGLADES 

Everglades è un racconto contenuto nell´antologia a tema western Storie di frontiera – 1, risultante dal contest Scrittori del west indetto dal sito farwest.it, il primo portale italiano dedicato all´ovest americano e alla sua epopea. 

Il mio racconto, Everglades, narra di una spedizione dell´esercito americano nella suddetta zona paludosa della Florida, durante la guerra con i Seminole. Questo tipo di spedizioni furono una tremenda prova per i muscoli e i nervi dei soldati americani, costretti a confrontarsi sia con la natura avversa che con un nemico apparentemente invisibile. E questa spedizione in particolare si rivelerà come una tremenda odissea.

Tutte le informazioni al riguardo sono disponibili a questo indirizzo:

http://storiedabirreria.blogspot.it/2014/06/il-mio-racconto-everglades-su-storie-di.html



IL DIARIO DELL´AMNESIA

 Il diario dell´amnesia è una raccolta di quattro miei racconti di genere “weird” pubblicata in ebook da Edizioni Hypnos.

 Nel dettaglio, questi sono i racconti: 

Il suo sguardo: un Dio che dà all´umanità un´altra possibilità e un´umanità che non impara dai suoi errori. E la rivelazione di come la misericordia di Dio non sia infinita.
 Speranza Perduta: la primavera araba, la tragedia di un paese, e un terrore dal passato che si aggiunge a quanto c´è già di terribile sulle rotte dei migranti.
 Diario dell´amnesia: la storia di un uomo che si ritrova a vivere nel futuro... ma senza viaggiare nel tempo. Una mente fragile in un mondo alieno, dove tutto quello che conosceva è cambiato.
 Quell´unico viaggio: questa sì, è una storia di viaggi nel tempo. Di un viaggio. Ma nella realtà non funziona come al cinema. Non si possono scrivere delle regole e poi infrangerle. Gli errori di sceneggiatura non sono ammessi.  

Tutte le informazioni al riguardo sono disponibili a questo indirizzo:

http://storiedabirreria.blogspot.it/2016/03/il-diario-dellamnesia.html




UCRÒNIA

Sembra il nostro passato, ma non lo è.

Ma non è nemmeno il futuro.

L´anno è il 1200 dell´era cristiana. Ma qui questo calendario, e questa religione, non hanno mai preso piede.

Sono passati 1970 anni dalla fondazione di Roma. Gli spettacoli dei gladiatori bionici sono lo spettacolo televisivo più seguito di un impero che si estende dal vallo di Adriano alle terre nere di Kush, dalle coste dell´oceano Atlantico ai monti Urali.

Qui i legionari romani sono impegnati a contenere la pressione delle truppe mongole di Gengis Khan che, grazie ai naniti che li potenziano e ai misteriosi poteri del loro signore, hanno sottomesso l´intero continente asiatico.

Il Giappone è disabitato, unica testimonianza della presenza di una fiorente civiltà sono le rovine che ha lasciato dietro di sè. Nessuno sa dove siano andati i suoi abitanti, ma di certo non sono semplicemente scomparsi.

Il popolo vichingo è stato scacciato dalle sue terre d´origine dalla potenza di Roma, e ora vaga per gli oceani sulle immense navi-montagna, in cerca di una nuova terra da chiamare casa.

L´impero Maya di Theotihuacan parla con i suoi dei offrendo loro sacrifici, e gli dei rispondono donando agli uomini il potere di dominare la materia inerte.

Il califfato arabo domina il potere del fuoco e del petrolio, piccolo in un mondo di giganti eppur sicuro della sua forza.

Il popolo pellerossa nel nord del continente americano ha accolto dentro di sè i doni del cielo, che ha trasformato i loro corpi rendendoli tutt´uno con qualcos´altro.

E c´è ancora molto altro da scoprire.

Ucrònia (con l´accento sulla O) è un ciclo di racconti, attualmente al settimo volume, di genere ucronico-fantascientifico.

Ambientato nel 1200, tra un impero romano che ha resistito oltre la sua fine naturale impegnato a resistere alle orde mongole di Gengis Khan, un fiero popolo vichingo costretto all´esilio in mare e un Giappone che domina i cieli con la sua luce solida, un impero Maya al massimo splendore e i misteriosi abitanti del nordamerica, in Ucrònia la storia non assomiglia per niente a quella che conosciamo. Arti bionici, città volanti, navi grandi come montagne, pietra vivente: questo e altro vi aspetta in Ucrònia. Con l´accento sulla o.

Ogni racconto è leggibile a sé stante, ma tutti insieme vanno a comporre un grande affresco di questa storia passata e futura al tempo stesso.

Trovate non solo tutti i racconti fin´ora pubblicati, ma anche una serie articoli di approfondimento sull´ambientazione e sulla realtà storica che è stata piegata al volere degli autori, sul sito:

http://ucroniasaga.altervista.org/

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