Mìmi

di sallythecountess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Mina e Myles ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: un amore impossibile ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: il poker e Juan ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: appuntamenti di lavoro ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: relazioni tra donne ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: la donna più bella del mondo ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Rapimenti ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: verso l'ignoto ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: la tana del lupo ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 la solitudine ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: la bambina e la bestia feroce ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: i capricci di Mìmi ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13: la Mina del Bronx ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14: un segreto imbarazzante ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15: un amico improbabile ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16: strane compagnie ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17: la vera storia di Juan ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18: le foto ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19: confessioni ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20: le follie di Mina ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21: la mail ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22: svolte inattese ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23: la '80 generation ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24: intimità inattesa ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25: il seguito ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26: i sentimenti di Mìmi ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27: una strana coppia ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28: le donne di Juan Jimenez ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29: amici inattesi ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30: la mostra ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31: il quadro di Mina ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32: los amigos del poker ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33: i demoni di Mina ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34: il libro ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35: un mistero ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36: Johanna Stevens ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37: il viaggio a Londra ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38: la famiglia May ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39: i fenicotteri ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40: relazioni a distanza ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41: le falene ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42: cattive compagnie ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43: una porta chiusa ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44: Penelope Tossen ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45: il marchio di Mina ***
Capitolo 46: *** Capitolo 46: la festa di compleanno ***
Capitolo 47: *** Capitolo 47: la vendetta ***
Capitolo 48: *** Capitolo 48: l'addio di Mina ***
Capitolo 49: *** Capitolo 49: il messaggio di Mina ***
Capitolo 50: *** Capitolo 50: Mina e Jane ***
Capitolo 51: *** Capitolo 51: guerra all'hotel Erimal ***
Capitolo 52: *** Capitolo 52: l'eredità degli Jimenez ***
Capitolo 53: *** Capitolo 53: Juan e Mina ***
Capitolo 54: *** Capitolo 54: il regalo di Natale di Mina ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Mina e Myles ***


Capitolo 1: Mina 
 
Rassegnatevi:ogni persona al mondo vuole essere diversa da quello che è, non c’è nulla di male. La verità è che nessuno si trova perfetto esattamente com’è, nessuno tranne Mina. Lei si adorava, letteralmente; fissava compiaciuta la propria immagine allo specchio mentre Fiona, Yulia e Mark le acconciavano i capelli. Per quanto si sforzasse non riusciva a trovare un difetto nella donna che aveva di fronte. Già, era davvero magnifica, soprattutto dopo ore ed ore di trucco.
In realtà,però, mentiva a se stessa e ne era perfettamente consapevole; odiava alcune parti della sua immagine, che purtroppo non potevano essere cambiate neanche dal miglior chirurgo plastico, eppure non lo aveva mai detto a nessuno. Non osava neanche guardare quelle parti che portavano con sé una serie di conflitti irrisolti, specialmente i suoi occhi.
Aveva passato lunghi anni da bambina a fissarli, prima ancora di sapere la verità; si perdeva in quell’azzurro limpido e cristallino, ne andava così fiera! Anche perché nessuna delle sue compagne di scuola aveva gli occhi come i suoi. E quel suo vanto divenne presto la sua vergogna; nessuno nel suo paese aveva gli occhi blu, anche se il taglio e le ciglia erano decisamente mediorientali. E poi il colore della sua pelle era decisamente diverso da quello di tutti i membri della sua famiglia.
Oggi, a ventidue anni,Mina era la donna più desiderata al mondo, ma pochi anni prima quella stessa creatura, che rispondeva al nome di Ahmina Salah Rajmed, era chiamata in modo dispregiativo “tè bianco” perché il colore della sua pelle era incredibilmente simile a quello del tè con il latte. Ci aveva pianto, aveva sofferto tanto per questa sua diversità, ma ora che tutti i giornali l'avevano definita “il connubio perfetto tra Oriente e Occidente” ne era fiera, anche se quegli aspetti del suo corpo le facevano pensare a sua madre, la donna che non aveva mai conosciuto, e mai visto. Da bambina le avevano raccontato che un enorme rogo aveva distrutto tutto: foto, abiti, gioielli e ogni piccola traccia di sua madre, e lei ci aveva sempre creduto anche se a volte l'atteggiamento strano della sua famiglia le metteva strani dubbi.
Scacciava violentemente quel pensiero ogni volta che si ripresentava, lo detestava e la rendeva di malumore. Quando Mr Cromwell giunse la trovò letteralmente furiosa, e non era positivo. Mina era famosa per le sue liti con i giornalisti, e per il suo pessimo carattere. Non era una donna violenta, non lanciava oggetti, ma serbava rancore per delle inezie e aveva un forte ascendente sull'opinione pubblica. Aveva una lingua tagliente e biforcuta, ed era capace di lamentarsi pubblicamente nei migliori talk show d’America, facendo nomi e cognomi dei giornalisti che l’avevano importunata e che finivano col l'essere costretti a chiederle scusa pubblicamente. Mr Cromwell si portò per un secondo la mano alla tempia preoccupato, pensando che non poteva mettersi nei guai, quindi doveva assolutamente trovare le parole migliori per porle le domande gentilmente ed evitare di seccarla.
E poi quando il povero omino esile le fece notare la sua presenza dicendo solo “Signora” lei si girò di scatto e gli “porse” con il piede una sedia, intimandogli di sbrigarsi. Non era un buon segno, ma a quel punto non poteva tirarsi indietro. Sbuffando si sedette e cominciò, anche se Mina lo interrompeva di continuo per criticare o dare direttive ai suoi parrucchieri.
L’intervista andò avanti in questo modo per qualche minuto, fino a quando quello sciagurato reporter ebbe la fantastica idea di farle la domanda che più al mondo la indispettiva, quella a cui era costretta a rispondere migliaia di volte al giorno, ossia “dicci Mina, cosa si prova ad essere la donna più bella del mondo?”
Lei sospirò e fece un gesto con gli occhi che mostrava quanto la annoiasse quel discorso. Cominciò a chiedersi se fosse possibile fare un'intervista senza sentirsi chiedere sempre le solite stupide cose. “Il fidanzato? Quando avrete dei bambini? Che dieta segui? Quante ore ti alleni?” e poi quella stupida domanda, sempre e comunque.
La detestava, pensava fosse noiosa e inopportuna e avrebbe voluto rispondere molto male. Si domandava come diavolo facessero a stabilire chi fosse la donna più bella del mondo, c’era forse qualcuno che andava a controllare quali fossero le cause scatenanti dell’erezione maschile? Cercando la calma necessaria per non mandarlo a quel paese, rispose acidamente“Ho solo mal di testa e mal di stomaco…ma sarà il ciclo”
Lo aveva detto fissandosi le unghie con aria indifferente, provocando la risata dei suoi parrucchieri e lasciando Mr Cromwell interdetto.
“Questa stronza vuole rendermi la vita difficile” pensò l’ex cronista d’assalto del New York Times, ma in quel momento qualcuno giunse in suo soccorso da un angolo della sala una voce gridò solo “finiscila!” e tutti smisero anche solo di respirare. Il giornalista rimase paralizzato, ma non vide nessuno nella sala, eppure sapeva che una presenza minacciosa aleggiava sovrana.
Mina non si fece intimidire da quella strana presenza, semplicemente sbuffò come una bambina che è appena stata rimproverata, ma non aveva voglia di rispondere a quella domanda noiosissima. E così la proprietaria di quella voce autoritaria dovette farsi avanti; era una donna molto alta e molto magra con capelli cortissimi e nerissimi. Aveva un look molto strano: un bizzarro caschetto di capelli neri che le raggiungevano le orecchie e una lunga frangia, un tailleur con la vita altissima e pantaloni a zampa d’elefante. A guardarla attentamente sembrava uscita dagli anni ’80 o da una fiaba Disney, ma Jennifer Morghenson era la migliore agente nel settore moda che si potesse trovare in tutta New York. Si avvicinò in modo felino alla sua protetta e la guardò con aria di rimprovero.
Mina sbuffò ancora una volta, e fece per ricominciare la sua solita cantilena, quella che aveva dovuto imparare a memoria e che ripeteva a tutti quelli che le facevano quella domanda, quella che dimostrava modestia e dolcezza, e che spingeva i lettori a credere che fosse una ragazza normale, quando improvvisamente il suo cellulare emise un flebile “bip”. Era un messaggio e lei fece segno a un annoiatissimo Mr Cromwell di attendere, ma rimase senza parole.
“Amore mio, ho bisogno di te come mai prima. Dimmi un luogo, uno qualsiasi al mondo, ed io ti raggiungerò di corsa.”
Mina sospirò soltanto. Erano mesi che non si faceva sentire ed ora se ne usciva con quello stupido messaggio? Aveva passato notti insonni per lui, aveva bevuto, fumato e fatto qualsiasi cosa per cercare di dimenticarlo, eppure non le era riuscito. Non sapeva bene se il dolore che provava proveniva dal cuore spezzato o dall'orgoglio ferito, sapeva solo che lo rivoleva.
Esitò un attimo, avrebbe voluto dargli una lezione tanto dura da impedirgli di staccarsi da lei per settimane, ma poi la dura realtà la colpì. Non poteva tenergli il muso, non era il suo compito quello di fargli le scenate, per contratto lei doveva solo sorridere ed essere carina. Così scrisse solo “Singapore” e cominciò a ridacchiare portandosi il cellulare accanto alla bocca. Quando alzò lo sguardo si accorse che Jennifer aveva prontamente preso il suo posto e aveva cominciato a dire a Mr Cromwell tutto ciò che lui voleva sentirsi dire, così tutti erano soddisfatti. Jennifer però, improvvisamente alzò lo sguardo e fissandola con apprensione le chiese “E’ lui?” E Mina semplicemente annuì.
La sua agente allora ebbe un tremito di soddisfazione. Era tornato, l’aveva addestrata bene evidentemente, ma gongolò solo per qualche istante, perchè per un attimo si agitò; non c'era nulla di scontato con quella giovane stupida! Avrebbe anche potuto mandarlo a quel paese per quanto ne sapeva. Così soffocando l'ansia le disse “gli hai detto di sì, vero?” Mina rise e disse “ovviamente!Tranquillizzati.”
Sapeva che Jennifer l’avrebbe uccisa se avesse osato essere anche solo un po' scortese con il loro finanziatore. Già, perchè la verità era che lei semplicemente apparteneva a Myles; lui la manteneva, sceglieva ogni cosa per lei, le procurava i migliori ingaggi, e le faceva conoscere i registi, i fotografi, persino quel set fotografico era stato organizzato da un suo amico. Era una specie di marionetta di quell'uomo, che non si poteva contrariare in nessun modo. Aveva bisogno di lui, ma allo stesso tempo si era legata a lui, forse perchè malgrado tutti i suoi limiti, era l'unico uomo che veramente teneva a lei. In quel momento il suo cellulare suonò e lei decise di allontanarsi per rispondere, uscendo con i capelli impazziti.
-“Quindi Mìmi non sei a New York? E quindi Jéro mi ha mentito? Non sei sul set che avevamo organizzato?”
Adorava quando la chiamava in quel modo!Le venivano i brividi su tutto il corpo. Si mise a ridere e con tono sensuale rispose “No, ho deciso di abbandonare il set e dedicarmi al volontariato...”
Myles rimase per un secondo in silenzio, pensando a quante sciocchezze affollassero la mente di quella splendida bambina, e lei cedette. In tono arrendevole, e quasi dolce, disse “Dai è ovvio che scherzo! Hai detto che mi avresti raggiunto ovunque fossi e volevo vedere se era vero…”
Non era vero, lo sapevano entrambi. Gli spostamenti di Myles erano sempre controllati e dovevano essere pianificati con lungo anticipo, ma aveva voluto fare il romantico.
“E poi…” sussurrò Mina con un tono molto suadente “… volevo farti soffrire un po’, non potevo farmi trovare ad aspettarti con le braccia spalancate, non dopo tutto questo tempo. Meritavi una piccola lezione, no? Ora dimmi: cosa avresti fatto se non ci fossi stata?”
“ah davvero non voglio neanche pensarci!Voglio solo affondare nelle tue enormi braccia, che spero mi aspettino sempre aperte...”
Myles era concretamente esausto, e rispose con gli occhi chiusi, portandosi il bicchiere davanti alle labbra. Era turbato e sentiva la sua mancanza in modo quasi disumano.
Mina si seccò infinitamente per quel suo modo così dolce di parlarle e disse solo“ Te lo dico io cosa avresti fatto se io fossi stata lontana: saresti stato con la donna che ti ha scaldato il letto negli ultimi sei mesi, quella che evidentemente è tanto migliore di me da non farti sentire la mia mancanza...”
 Aveva usato il tono dell'amante respinta, ma non poteva farlo, e lo sapeva bene. Doveva calmarsi, non poteva e non doveva parlargli in quel modo. Gli affari prima di tutto, e con Myles dovevano essere solo affari. Contrariarlo significava perdere ogni cosa, ma lui sapeva di aver sbagliato con Mina, così le perdonò quel tono antipatico , e ridendo rispose “con mia moglie? Ma tu sei matta?” e poi abbassando la voce e con tono dolce bisbigliò piano “oh Mìmi non ti vedo davvero da sei mesi? Dev'essere per questo che sto per crollare allora?”
Mina sorrise, perché quelle parole, anche se false le fecero provare un brivido fortissimo, ma non rispose. Non sapeva cosa dire, quando fortunatamente lui aggiunse
“Ho appena finito una convention a Dallas…ti va se vengo lì? Ho tre cofanetti di Cartier con scritto il tuo nome, uno per ogni volta che avrei voluto venire da te, ma me lo hanno impedito. Se mi dici di no bambina io non so cosa potrei fare...”
“e sia…”decretò Mina con finto tono seccato e poi aggiunse “ma ho ospiti a casa stanotte, quindi fai in fretta.”
Premette quel piccolo tastino rosso del suo cellulare piena di stima per se stessa. Ancora una volta ce l'aveva fatta. Ora cosa doveva fare? Beh era semplice: finire il servizio fotografico, spostare di qualche ora il solito poker del venerdì e farsi tanto bella da far morire quell'idiota che l'aveva accantonata. Se è vero, infatti, che non poteva tenergli il muso, è anche vero che nulla le impediva di dimostrare a quell'imbecille cosa si fosse perso. Lei non era una donna da lasciare sola, e glielo avrebbe dimostrato.


Nota:
Ciao a tutti, ho scritto una bozza di questa storia 8 anni fa e l'avevo anche pubblicata ma adesso, con il tempo, mi sono accorta di volerla sistemare e aggiungere dei capitoli perciò ho ricominciato a caricarla. Se vorrete leggerla, spero vi piacerà. Io vi aspetto

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: un amore impossibile ***


Capitolo 2: un amore impossibile
Mentre Mina si controllava allo specchio, decidendo cosa fare per attirare l’attenzione di Myles, a svariati chilometri di distanza, un altro specchio rifletteva l'immagine di un uomo sulla quarantina ormai, piuttosto stanco e insoddisfatto, che tratteneva a stento la rabbia. E così era stato liquidato dalla sua protetta, dalla donna che moriva dalla voglia di incontrare da mesi. Solo raramente la sua top model aveva tirato fuori le unghie, ma ogni volta aveva colpito in modo così duro da lasciare cicatrici vistose al suo povero cuore. Myles Ronson si sciacquò il viso stanco e perfettamente rasato e si portò le mani sugli occhi. Era esausto, da settimane i suoi oppositori lo tormentavano, e sua moglie e suo padre non erano da meno. Gli era stata imposta la grandezza, il suo destino era stato scritto ancor prima che nascesse: nipote di presidente, figlio di presidente e, ovviamente, futuro presidente. Se avesse potuto scegliere non avrebbe mai intrapreso quella carriera, ma nessuno glielo aveva mai chiesto. Ora, distrutto e stanco dopo lunghe settimane di campagna elettorale, voleva solo scappare da lei, ma le interminabili chiacchiere dei suoi collaboratori lo stavano trattenendo. Possibile che nessuno nella sua vita volesse lasciargli un solo secondo di pace? Quante rinunce doveva ancora fare per riuscire ad accontentare tutti? Non vedeva la donna che amava da mesi, perché  “in campagna elettorale non doveva mostrare ombre” e non poteva neanche chiamarla. L'aveva letteralmente abbandonata solo per una stupida elezione e aveva previsto che Mina glielo avrebbe fatto pagare prima o poi, e ora lo aveva fatto. Ora che tutto era finito, ora che si era guadagnato di passare qualche ora con lei, la sua amante gli aveva detto di avere solo qualche ora. Era stato eletto, finalmente, era un senatore del Texas, uno di quelli che basano tutta la loro campagna elettorale, e la loro vita, sui valori della famiglia e del lavoro, eppure aveva un piccolo, bellissimo, scheletro nel suo armadio da migliaia di dollari: Mina.
Dal primo istante quella strana bambina con gli occhi di diamante gli era entrata nella pelle, lo aveva colpito e stordito e reso letteralmente impotente. Era stato il colpo di fulmine più forte e più surreale che chiunque potesse mai avere; con un solo sguardo lo aveva non solo sedotto, ma ammaliato, disarmato e costretto ad abbandonare ogni sua maschera. Le macchine, la villa negli Hamptons, le partite a tennis con Ginevra, la campagna elettorale, il golf della domenica, insomma tutto, ma proprio tutto, perdeva di senso e significato di fronte a quei penetranti e imperscrutabili occhi color ghiaccio. Quello sguardo aveva cambiato non solo la vita della sua giovane protetta, ma anche la sua e lo aveva spinto a investire ogni cosa su di lei: soldi, conoscenze e persino notti insonni. Aveva fatto di lei una delle donne più amate e più conosciute del pianeta, e non gli era costato poco. Voleva solo vederla felice, e non gli importava di altro, ma lei non sempre lo capiva. D'altronde era solo una bambina, con un disperato e quasi asfissiante desiderio di essere amata. Lui però non poteva, non doveva amarla come lei voleva, così a malincuore le lasciava fare tutto quello che voleva, ma a quale prezzo? Quanti uomini aveva avuto durante la sua assenza? Quante volte appariva sul giornale con questo o quest'altro attore o musicista? E cosa poteva fare lui? Nulla! Non poteva amarla, e sapeva che prima o poi lei si sarebbe stancata di essere un suo giocattolo e avrebbe mollato lui e i suoi soldi per rincorrere un uomo più bello e, probabilmente più giovane.
”Eppure- si disse entrando finalmente nella sua auto -quel momento non era ancora arrivato” e sorrise pensando che lei era ancora sua e che presto avrebbe potuto finalmente averla.
Poche ore dopo lei era nervosissima, e correva in lungo e in largo per la casa nel suo lungo vestito di seta. Myles era in ritardo, come al solito, eppure non era questa cosa a preoccuparla; durante il servizio fotografico la sua mente aveva cominciato a raffigurarle strane fantasie, e all'inizio le aveva scacciate, ma poi aveva cominciato a temerle. Erano passati sei mesi, sei mesi dall'ultima volta in cui erano stati insieme e questo non era mai successo in tutti quegli anni. Ma la cosa peggiore è che in quei sei lui era completamente scomparso. Mina sapeva che lui non poteva sempre telefonarle o mandarle stupidi messaggi, ma  generalmente le scriveva lunghissime mail. Questa volta, invece, era scomparso del tutto. Certo aveva ricevuto dei fiori ogni tanto e qualche regalo accompagnato da un bigliettino romantico, ma per quanto ne sapeva potevano anche essere frutto della penna della sua segretaria. Lei ovviamente non ci aveva neanche pensato a scrivergli, non voleva certo contrariarlo, eppure almeno mille volte aveva scritto la famosa mail, quella per chiudere il loro rapporto, ma non aveva mai avuto il coraggio di inviarla.
Ma ora era questo che voleva da lei? Voleva lasciarla?Si era trovato un'altra in quei sei mesi e l'aveva messa da parte? Certo quest'ultima ipotesi era probabile, tanto da impedirle di respirare. Preoccupata cominciò a tormentarsi l'anulare sinistro con la mano destra e mordersi il labbro. E poi improvvisamente qualcuno bussò alla porta della sua camera e lei sorrise nel rivederlo: era stanco, aveva gli occhi cerchiati e rossi, ma nel rivederla sorrise e gli tremò la mano. Non le diede il tempo di guardarlo, la strinse immediatamente e affondando la testa nei suoi capelli le sussurrò dolcemente “Quanto mi sei mancata amore mio?” e lei sorridendo si lasciò andare tra le sue braccia. Dopo tutto lei gli apparteneva, e non solo contrattualmente, quindi non aveva potuto fare altrimenti.
Certo sostituirla non era semplice e Mina ne era perfettamente consapevole. Anche così, con quei suoi lunghissimi capelli neri in disordine, folti e ondulati come rami al vento, il trucco chiaramente da rifare e quasi completamente nuda era senza pari. Chiunque l’avesse vista dall’esterno, l’avrebbe definita una cinica manipolatrice, una donna senza nessuno scrupolo e senza coscienza, ma lei non era così, recitava soltanto una parte. In quel periodo della sua vita a Mina erano state messe in testa un sacco di idee sciocche. L’avevano convinta che fosse sbagliato amare, che dovesse dire, fare e pensare solo quello che l’avrebbe aiutata a diventare famosa.
“Tanto l’amore non esiste e quello che tu pensi sia amore è soltanto attrazione e finisce Mina, finisce appena ti concederai di piangere, urlare o aumentare di peso. Quello che tu chiami amore, mia cara, finisce appena Romeo incontra una più bella e più giovane, quindi cerca di proteggerti ed essere intelligente” le diceva sempre la sua manager e lei aveva cominciato a crederci.
Mina viveva in una sorta di “bolla” e pensava e diceva solo quello che una parte di lei reputava fosse giusto. Aveva relegato la parte emotiva in un cantuccio della sua anima, l'aveva letteralmente ripudiata e resa inutile e impotente. Non poteva permettersi sciocche lacrime e debolezze da bambina, no. Lei aveva una missione, ed era pronta a soffocare la sua parte umana per compierla.
“A qualunque prezzo...”mormorò flebilmente mentre si scostava i capelli dalle orecchie per provare i suoi nuovi orecchini di diamanti, e divenne improvvisamente pensierosa.
Il motivo di quella reazione, giaceva nel suo letto esausto e con un sorriso splendido. La verità, quella che non amava ammettere a se stessa, era che il suo piano era perfettamente riuscito, ma fino ad un certo punto. Quel dolce, ingenuo e goffo uomo biondo con enormi occhi castani, dolci e puliti come quelli di un bambino, così più vecchio e più insicuro di lei era riuscito inconsapevolmente a fregarla. Ma come aveva fatto? Come aveva potuto lasciarsi andare così tanto? Proprio lei, che per la fama aveva rinunciato a tutto: al cibo, all'amore e persino ad una parte di sé. Proprio lei, che non mangiava altro che insalata da quattro anni, faceva palestra fino a svenire, lei che aveva ripudiato le sue origini e persino cambiato il suo nome. Lei che non guardava mai troppo nessuno negli occhi per paura di innamorarsi, proprio lei ci era caduta. E con chi, poi? Con l'unico uomo al mondo che non avrebbe mai potuto renderla felice. Sembrava quasi una sorta di punizione divina! Probabilmente, si disse, si può rinunciare a tutto nella vita, ma non all'amore. Ma c'è amore e amore signori miei, e anche una donna innamorata ha il diritto di puntare i piedi quando vede che qualcosa non le piace. Doveva, però, dosare bene le parole e stare molto attenta a ciò che diceva per non offenderlo.
“Certo- si disse indossando il bracciale nuovo- una lezione doveva dargliela, o avrebbe creduto che lei sarebbe rimasta ad aspettarlo sempre e comunque e allora avrebbe perso la sua attrattiva. Va bene non creare problemi all'uomo che si prende cura di te, ma una donna che si lascia calpestare in ogni modo, e ti accoglie sempre con un sorriso, smette di essere umana e diventa una bambola gonfiabile. No, questa volta Myles aveva esagerato, ed era necessario mettere dei paletti. Doveva capire che c'è un limite e che lei non era il tipo di donna che ti aspetta per tutta la vita a braccia aperte. Dopo tutto lui si era innamorato anche della sua forza, e lei doveva tirarla fuori. Aveva amor proprio e dignità da vendere, e affari o non affari non poteva farsi calpestare in quel modo.”
Così si schiarì la voce e disse con voce sottile, ma determinata “bene...ti rivedrò tra sei mesi di nuovo o stavolta vuoi far passare un anno?O magari due?”
Myles allora capì che era arrabbiata. Certo non aveva usato un tono seccato, ma lei non lo usava mai. No, Mina non litigava con lui, non lo rimproverava. Semplicemente gli faceva notare con il sorriso che qualcosa non andava bene e lui la adorava per questo; niente lagne, niente pianti per ricattarlo, niente telefonate nel cuore della notte, no lei era un'amante perfetta. C'erano stati solo due momenti in tutta la loro storia in cui lei aveva urlato e fatto scenate, e lui era rimasto letteralmente disarmato perché aveva capito che era finita, davvero. A quelle due scenate, infatti, era seguito un lunghissimo silenzio di Mina, e gli ci erano voluti sforzi dialettici sovraumani e milioni di rose e gioielli per rivederla. Questa volta, però, non voleva lasciarlo, probabilmente era in cerca di una semplice rassicurazione. Sollevato, e in qualche modo grato di avere una donna così dolce, le sorrise e sussurrò teneramente “La campagna è finita amore mio,ci rivedremo presto vedrai e potrò ricominciare a scriverti sempre, senza essere osservato.”
Mina s'innervosì moltissimo, come diavolo aveva osato essere così dolce con lei? Aveva davvero la peggior faccia tosta mai esistita, d'altronde era un politico concepito da due generazioni di politici e da una leggenda dell’editoria: persino il suo sangue doveva essere viscido. Ma poteva fingere che fosse tutto normale? No.
In un'altra vita forse lo avrebbe scacciato a calci dal suo letto, in un'altra vita non se lo sarebbe mai ripreso nel letto, in realtà, ma ora cosa poteva fare? Così ridendo disse “sai, vero, che non sarà sempre così? Che non mi troverai sempre qui ad aspettarti?Un giorno mi stuferò anche io di fare la dolce bambolina che ti aspetta nel castello dorato, o magari un principe verrà a salvarmi e...”
Voleva finire la frase, ma Myles glielo impedì. Saltò dal letto e corse a baciarle la schiena nuda, in modo tanto dolce da farla tremare, e poi disse solo “lo so.” Con voce calda e profonda.
In seguito si accese una sigaretta e rimase per un secondo a fissarla. Eccola lì, un'altra cosa dannosa, un'altra cosa che non doveva, non poteva amare eppure non riusciva ad evitare. Un'altra cosa che la campagna elettorale gli aveva tolto. Ora Mina era lì, insieme a quella sigaretta che voleva tanto, ma per quanto ancora ci sarebbe rimasta? E, cosa più importante, sarebbe sopravvissuto senza di lei? Sorrise e baciandole la schiena iniziò un monologo più adatto ad un addio, che ad un arrivederci.
“Succederà, qualcuno ti porterà via da me. Succederò, e neanche tra troppo tempo. Succederà quando ormai tu non te lo aspetti più, e quando io sarò certo dei tuoi sentimenti. Incontrerai un uomo diverso da me, un uomo senza vincoli, gentile, dolce che si prenderà cura di te. All'inizio forse la nostra relazione ti frenerà, o forse frenerà lui, ma poi tu scoprirai che qualcosa in lui che ti spingerà a dargli il tuo cuore, e lui soccomberà ai tuoi occhi. Impazzirà per te, come me e come ogni persona saggia su questo pianeta, e farà qualsiasi cosa per averti e alla fine, quando sarà riuscito a vincere un pezzetto di quel tuo splendido cuore, ti chiederà di essere sua per sempre.”
Myles si fermò un secondo per aspirare il fumo della sigaretta e Mina lo guardò divertita. In realtà nessuno dei due poteva immaginare che le parole di Myles stavano per avverarsi quasi completamente.
Le scostò un ricciolo dalla fronte e continuò “Diventerai una magnifica moglie altolocata, di quelle che si vestono casual alle cene importanti e giocano a carte il mercoledì pomeriggio. Sarai inserita in uno splendido contesto di mamme felici che portano i bambini a giocare a tennis il pomeriggio. Sarai l'orgoglio di qualcun altro, che ti sfoggerà al braccio come una borsa costosa, ed io semplicemente morirò nel rivederti accanto a lui ad una cena qualsiasi, una sera qualsiasi. Tu mi sorriderai in quel modo, quello tutto speciale, complice e bellissimo che usi quando siamo in pubblico e moriamo dalla voglia di baciarci ma non possiamo, e lo farò anche io, ma annegherò nella consapevolezza che di mio non hai più nulla. Fingerò un malore e mi rintanerò più lontano possibile da te e dal tuo nuovo uomo, e farò di tutto per non ascoltare le urla di ogni singola cellula del mio corpo, che mi ripeterà come un mantra che sono stato un idiota, ma sarà troppo tardi. Succederà, ti perderò, e questo mi rende allo stesso tempo furioso e terrorizzato. Succederà, è inevitabile, ed io potrò solo ricordare questi momenti: il profumo dei tuoi capelli, la luce nei tuoi occhi, e lo chanel sul tuo corpo.”
Mina non lo fece finire, si girò e fissò i suoi meravigliosi occhi di ghiaccio nei suoi e con determinazione fece scivolare la sua vestaglia di seta rosso cremisi, scoprendo la sua carnagione caramello. Un secondo dopo era su di lui, e aveva ripreso a baciarlo e stringerlo in quel modo prettamente suo che lo spingeva ad innamorarsi ancora di più di lei. Ma era possibile? Amarla ancora di più gli sembrava quasi una malattia.
“Ok, pesciolina, adesso devo realmente andare...e poi i tuoi ospiti ti aspettano da ore, non è educato invitare la gente e poi non presentarsi.”
Le disse a malincuore dopo l'ennesimo orgasmo. Mina sospirò impercettibilmente. Lui la riempiva sempre di migliaia di bellissime parole, che però non significavano assolutamente nulla. Myles, o forse tutti gli uomini, avevano la tendenza a dirle cose fantastiche e poi scappare una volta finito il sesso, senza neanche una carezza. Ma forse, si disse Mina, era quello l’amore, quello era il massimo che si potesse avere: sesso, due carezze e mille parole vuote, seguite dal nulla assoluto. Sospirò di nuovo, pensando solo “è così ingiusto”, ma  era giunto il momento di ricominciare a fingere. Doveva reprimere i suoi sentimenti e sfoggiare quel sorriso che solo lei era capace di fare. Prese fiato per un secondo e giocò nervosamente con il nuovo bracciale.
Cosa doveva dirgli? “Per favore fatti sentire qualche volta?” o “quanto meno cerca di comparire ogni due o tre settimane?” No, si stava rivestendo, ed era troppo tardi, ogni cosa era inutile.
“Ok, quando mi vuoi...” gli disse al termine di un lungo conciliabolo tra il suo cuore e il suo cervello, e usò uno splendido tono pacato, sfoggiando il classico sorriso “è tutto perfettamente a posto, non potrei essere più felice”. Le veniva così bene quel sorriso, e pensare che la critica la considerava una pessima attrice: se avessero visto quanto era brava nella vita reale le avrebbero dato un Oscar. Indossò una sottoveste di seta e cominciò a sistemarsi, ma Myles improvvisamente le disse “Oh quasi dimenticavo: ho un quarto regalo per te bambina, quello che mi è costato di più. Mentre te ne andavi in giro per festini e sfilate, convinta che io ti avessi dimenticato, in realtà io lavoravo di nascosto per te. La campagna che volevi è tua,anche quest'anno. Congratulazioni, a quanto pare resterai la donna più bella del mondo per un po'.”
 Questa cosa la fece sorridere, un po' per orgoglio, un po' di gioia sincera. Allora le aveva pensato durante quei lunghi mesi. Fu in quell'istante che abbassò la guardia, e per la prima volta disse a Myles quello che lui desiderava tanto sentire, ma che “per contratto” lei non poteva dire.
“Ti adoro tesoro.” Gli disse, trattenendo a stento uno dei sorrisi più belli e più sinceri che si fosse mai concessa di regalare a qualcuno, e lui stringendola sospirò e disse “Anche io, e lo sai. Quello che provo io in realtà è incredibilmente più forte piccolina, perchè ti amo e lo sai benissimo. Sai che anche se non posso stare sempre con te, in realtà io non desidero altro. Ma devi fare tre cose per me, va bene?”
Lei sorrise e annuì e lui cominciò con l'elenco: “numero 1: se hai intenzione di scendere dai tuoi ospiti “svestita così” metti almeno una sciarpa, dannazione! Hai il seno completamente scoperto, e se continui a dare spettacolo gratis nessuno vorrà più pagarti per indossare i suoi abiti. Numero due, ti lascio qualche spicciolo, gioca una mano per me, e vinci!”
Che cosa stupida! Mina vinceva sempre, non era mica necessario dirglielo? Guardò i contanti che le aveva depositato sul comodino e pensò che con 500 dollari non ci pagava neanche l'apertura.
Poi la tirò a sé, e stringendola le sussurrò “e numero tre: quando sposerai un Kennedy o un Clinton, mi prometti che resterai comunque repubblicana?Non sopporterei di saperti democratica! Anche se...a pensarci bene mi sa che è inevitabile: dopo un presidente di colore,per quei bastardi sarebbe il massimo avere un presidente con la moglie islamica!”
Mina rise, non per la battuta, ma per il tono insicuro che aveva usato. E poi rispose “non voto, mai. La politica mi annoia terribilmente, quindi lascio sempre la scheda bianca in realtà, e ti prometto che non cambieranno le cose. E...va bene, metterò una sciarpa, ma niente di più. E tu...mandami almeno una mail di tanto in tanto.”
Myles letteralmente fuggì, lasciandola ad annegare per un attimo in quelle lacrime che non doveva e non poteva versare, ma quello che entrambi ignoravano, era che quella sarebbe stata la loro ultima volta perché dopo quella sera Mina non sarebbe mai più stata la stessa.

Nota:
Allora spero che vi piaccia Mina e di Myles che ne pensate? Avete capito, vero, che non è esattamente il protagonista maschile della nostra storia? Fatemi sapere, io vi aspetto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: il poker e Juan ***


Capitolo 3: Il poker e Juan.
 
Era decisamente annoiato da quella situazione; sapeva bene che non doveva fidarsi di Zack quando si presentava con le sue nuove amichette, eppure gli avevano fatto un lavaggio del cervello e gli era parso davvero tutto semplice, un'occasione preziosa per derubare un po' di idioti di Hollywood, fare un po’ di soldi facili con un piccolo investimento iniziale. Ma anche rubare deve essere divertente, altrimenti che sfizio c'è? E lui, invece non si divertiva affatto.
Era finito in quel posto vergognosamente lussuoso, in mezzo a gente alla quale non apparteneva. Si vedeva a chilometri di distanza che lui era diverso da loro, e questo un po’ lo metteva a disagio. Poi però osservava quegli idioti con le carte in mano e si rendeva conto che non avevano neanche la minima idea di cosa fosse il poker. Non facevano che sfoggiare i loro ridicoli abiti o gioielli, bere e drogarsi con roba scadente tagliata con chissà che schifezza. Juan li disprezzava profondamente, li considerava ridicoli ominidi senza un minimo di rispetto per se stessi. Non ci provava gusto a spillargli i soldi, era tutto troppo semplice, troppo noioso; era come giocare con dei bambini che a stento riuscivano a tenere le carte coperte.
In due ore aveva vinto migliaia di dollari, ma aveva anche dovuto sopportare le lagne della biondina amica di Zack che era stata abbandonata dal suo uomo, o almeno così gli sembrava. Che situazione del cazzo. Si accese l'ennesima sigaretta e scrutò meglio il suo avversario:era un giovane attorucolo da soap, ubriaco perso. Si chiese se fosse quello il “temibile avversario” che gli era stato promesso, ma poi si disse che doveva essere solo una scusa per costringerlo a partecipare a quella ridicola serata. Zack voleva farsi la biondina, ma ovviamente non poteva andare a quella festa da solo, e lui era stato incastrato e ora gli toccava giocare con un ragazzino noioso e prevedibile. Voleva mostrarsi tranquillo, ma aveva cambiato solo tre carte, quindi come minimo aveva una coppia. L'espressione gioiosa e il rilancio spropositato gli aveva fatto capire che il cambio era andato bene, ora la domanda era: bene quanto? Mah non gli sembrava uno che conoscesse il significato di “Poker face”, così rilanciò, ma in quell'istante, nell'attimo stesso in cui le sue fiches toccarono il tavolo fu letteralmente fulminato dalla persona che fece il suo ingresso in sala.
Ovviamente la conosceva, un suo enorme manifesto in lingerie era la prima cosa che vedevi arrivando a Manhattan. E poi ce n'era un altro enorme proprio davanti alla finestra del suo ufficio. Era la pubblicità di qualcosa, lui non sapeva bene cosa fosse, ma gli era sempre piaciuto quel manifesto, perchè lei sembrava una con una storia da raccontare. A volte, durante le sue notti insonni era rimasto a guardarlo e a immaginare la storia dietro a quegli strani occhi; gli sembrava triste, la classica donna che non sa cosa farsene dell’infinita bellezza che le è stata donata.
Ed ora era lì, di fronte a lui praticamente in biancheria intima. Certo di persona era molto più bella, ma avvolta da uno strano alone di finzione: i suoi gesti, i suoi sguardi, i suoi sorrisi ostentavano una sicurezza che non aveva, ed era evidente. I suoi occhi, poi, la tradivano perché non incrociavano mai quelli di nessuno.
Certo vederla dal vivo faceva effetto, e per un attimo si trovò a pensare che fosse davvero magnifica, ma non fu il solo a pensarlo. Al suo ingresso tutti gli uomini in quella sala avevano smesso di fare gli idioti tra loro e avevano cominciato a farlo con lei. Si prostravano quasi ai suoi piedi e lei si divertiva così ad elargire saluti e sorrisi, come una regina che gode dell'amore dei suoi sudditi. Juan allora si rese conto che la stava fissando da troppo tempo, e immediatamente scostò lo sguardo. Non voleva sembrare uno interessato a lei, aveva una donna, dannazione, ma la verità era che aveva calamitato la sua attenzione.
Non gli piaceva quel genere di donna, non gli erano mai piaciute donne vuote, anche se era davvero sensuale così, scapigliata, poco truccata e vestita solo di un fazzoletto di seta nero e un foulard verde acqua che aveva probabilmente la funzione di evidenziare un seno da paura e due occhi di un azzurro innaturale. Aveva sempre pensato che fosse troppo “morbida” per essere una modella, e vederla da vicino aveva rafforzato la sua convinzione. Era davvero ben fatta, probabilmente merito di un buon chirurgo.
Smise di fissarla e ricominciò a guardare il tavolo: il suo avversario aveva scoperto le carte e aveva solo una doppia coppia, prevedibile imbecille, ma proprio in quel momento lei si avvicinò al tavolo con andatura sinuosa.
“Sei tu allora, la mia preda di stanotte?”
Disse, quasi offesa, a quel misterioso uomo che non l'aveva degnata neanche di uno sguardo. Doveva tranquillizzare Reta, che come suo solito le stava facendo una scenata di gelosia in pubblico, ma non le importava. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era “Chi diavolo è? E come diavolo ha osato snobbarmi in casa mia?Neanche si è presentato!”
Era davvero bello, però, anzi proprio sexy. Aveva i capelli lunghissimi e neri, di un nero intenso che non aveva mai visto. Erano sciolti e selvaggi, e gli cadevano come una cascata su due spalle robuste. Le sue labbra erano letteralmente perfette, sembravano disegnate,sensuali e voluttuose. Avrebbe voluto togliergli quella sigaretta, schiaffeggiarlo e morderle. Ma ciò che davvero la colpì, furono i suoi occhi: neri come l'opale, intelligenti, penetranti e quasi crudeli, avvolti da uno strato foltissimo di ciglia. Il taglio non lasciava dubbi, era certamente sudamericano e bellissimo.
La fissò negli occhi per un secondo, e con un gesto del braccio la invitò a giocare, e Mina ebbe la pelle d'oca, ma sostenne quello sguardo. Si sentiva a disagio, e anche eccitata, ma fece tutto quello che potè per cercare di sembrare rilassata e fare la sua parte fino in fondo. Abbandonò Reta che frignava tra le braccia di un nuovo amico, e con decisione si sedette al tavolo da gioco. Cambiò i contanti e gli porse le carte, ma con il cuore in gola.
Juan era piacevolmente sorpreso, e molto interessato alla donna seduta di fronte a lui. C'era un sacco di gente, e molti parlavano, ma i due avversari erano in silenzio, presi l'uno dall'altra. Certo, lei era davvero provocante, e gli aveva dato della “preda” in un modo così seducente da far avere un orgasmo a qualsiasi altro uomo, ma lui non era un traditore. Aveva un impegno con Beth e doveva rispettarlo. Eppure c'era un'energia tra loro, densa, palpabile e interessante. Se si fosse lasciato andare, forse, si sarebbero divertiti molto insieme, ma così era persino meglio: avrebbe impiegato quell'energia in un quadro. Imbrigliato tutto il desiderio sessuale di quella partita, che sembrava più un insieme di preliminari, e convogliato tutto in un’opera o forse due. Alla fine, però, la giovane bambola lo lasciò senza fiato, vincendo inaspettatamente la partita grazie ad una scala reale. Juan provò una strana stretta allo stomaco, ma lei sentì una scarica elettrica che la fulminò, e seppe per certo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per ottenerlo.
Continuarono a giocare così, l'uno contro l'altro, ad un tavolo pieno di gente mediocre, Juan pensò soltanto che lei era una degna avversaria. Non parlava, non si distraeva, teneva gli occhi fissi sul tavolo e su di lui. E lui idem, beveva qualche bicchiere, fumava qualcosa, ma non smetteva di fissare lei e le sue carte. Era una sorpresa, insomma chi avrebbe mai potuto pensare che una che per vivere mostra il sedere al mondo in realtà è abbastanza fredda e calcolatrice da battere uno come lui a poker? Ma la loro sfida era incredibilmente equilibrata: lui le toglieva i soldi che lei gli aveva appena vinto. Era quasi una specie di guerra, combattuta in silenzio con sguardi famelici e fiches. Continuarono così per un po', e ad ogni mano Juan la trovava sempre più interessante, ma non soltanto per quella bellezza imbarazzante, ma per la sua destrezza con le carte. Si disse che certamente avrebbe attirato la sua attenzione anche se fosse stata la donna più brutta del mondo, ma probabilmente era una bugia.  Mina stava giocando con lui, come faceva sempre con gli uomini, e sapeva che avrebbe funzionato. Di tanto in tanto gli uomini in sala la distraevano con un bacio o con un complimento, ma Mina gli rispondeva con un sorriso cortese e tornava alle sue carte.
Dopo un po' decise di prendersi una pausa; era esausta e giocare contro quello strano uomo taciturno richiedeva molta fatica. Così passò la mano e annunciò pubblicamente che si allontanava per un secondo. Juan rimase deluso, giocare senza di lei non aveva gusto, non gli dava nessun brivido. Poi, però, il nostro eroe solitario si accorse che erano passate due ore dall’ingresso in sala di Mina, così pensò bene di staccare per un secondo anche lui. Cercò allora un luogo dove telefonare a Beth, e decise di uscire a vedere il terrazzo. Non faceva freddo, anzi, si stava benissimo. Solo in quel momento si rese conto di cosa significasse un appartamento al quinto piano di un super grattacielo di New York: una vista mozzafiato sulla città che non dorme mai. Si chiese quanto costasse un lusso simile alla giovane indossatrice, ma poi ridendo concluse che sicuramente non era lei a pagare, era troppo bella.
Prese il telefono e chiamò sua moglie per dirle che avrebbe tardato ancora un po'. Beth non era il tipo di donna che se la prende se non torni a casa la sera, quasi sempre era lei a non tornare e a non avvertirlo, però Juan volle dirglielo comunque. Le cose tra loro non andavano bene negli ultimi anni, ma quella sera Juan si sentiva incredibilmente in colpa perché per la prima volta in otto anni aveva davvero guardato un’altra donna. Rimase per un secondo da solo, nell'angolo più buio e isolato di quel vasto terrazzo, aspettando che lei rispondesse, ma improvvisamente qualcuno gli sussurrò piano “Ti ho trovato, allora. Credo che dovresti dirmi almeno come ti chiami o come hai fatto ad entrare, dato che nessuno sembra sapere chi tu sia”
Chiuse di colpo la telefonata, e girandosi la vide: seminuda, bellissima, e con un paio di bicchieri da cocktail in mano. Aveva messo sulle spalle la sciarpa verde che prima serviva a coprire la sua scollatura e adesso era più scoperta di prima. Mina gli porse un bicchiere, e lui lo raccolse con un sorriso, poi bevve un sorso e seccamente le disse“Juan Vargas Jimenez, piacere.”
Quella voce la colpì profondamente. Era così bassa, roca e sensuale. Solo una voce così poteva rendere un uomo bello e misterioso ancora più attraente.
Mina si morse il labbro e ribatté “Allora parli! Sono Mina, ma tutti mi chiamano...”
“Mìmi, dannazione!” gridò qualcuno e lei ridendo fece un occhiolino a Juan e disse “mi chiamano proprio così…” facendolo ridere.
Mina si girò ed iniziarono le lamentele dell’amichetta di Zack, collega e amico di Juan.
 “Se non mi ami è ok, ma non fingere di provare sentimenti per me, non chiedermi di venire da te se poi te ne freghi, cazzo.”
Mina, allora, dolcemente le prese il viso e fece una cosa che turbò sia Juan che il suo amico Zack: baciò dolcemente Reta e poi le disse “Sai chi c’era di sopra. Hai riconosciuto le sue guardie, no?”
Reta per un secondo rimase senza parole e annuì soltanto, così Mina con dolcezza aggiunse “sai che non posso dirgli di no, e non lo vedevo da troppo. Poi se davvero mi volessi bene come dici, non dovresti fare tante storie...”
Mina le voltò le spalle seccata, ma Reta sconvolta l’afferrò per un braccio e le diede un lunghissimo bacio mozzafiato che durò qualche minuto. Dopo, accarezzandole dolcemente il viso sussurrò “amore scusami…” e Mina strinse le spalle. Si girò per godersi lo spettacolo: sapeva che ogni volta che baciava una donna in pubblico, gli uomini presenti facevano strane facce, strabuzzavano gli occhi e alcuni sbavavano.
Così, si girò aspettandosi di trovare Juan a bocca aperta, o sconvolto, ma non fu così; stava fumando, e sorrideva in modo furbo. Quella reazione così calma e misurata la scocciò moltissimo, perché voleva farlo cadere ai suoi piedi, ma lui sembrava davvero non interessato.  Con tono suadente chiese “E chi sei Juan Jimenez? Un giocatore di poker professionista, ammettilo!”
Zack, invece, accanto al suo migliore amico era ancora sconvolto per il bacio, e le carezze tra Mina e Reta e continuava a guardare Mina con gli occhi quasi spalancati. Juan dal canto suo, non era sorpreso: aveva capito che la bambola gonfiabile, consapevole della sua rara bellezza, amava attirare l'attenzione, e si era goduto quelle coccole e quei baci così proibiti e sensuali come se li avesse visti al cinema.
Emise il fumo dalla bocca e rispose con indifferenza “pittore...fotografo...scultore...insomma un po' di tutto.”
“C’è qualcosa di non sexy in quest’uomo?” pensò Mina, che sorrise in modo furbo, allora, e con un tono che generalmente usava per fare offerte sconce sussurrò“Wow, un artista. Scommetto che non sai che ho un Matisse nella mia camera da letto.Vuoi venire a vederlo?”
Zack e Reta li guardarono sorpresi, poteva essere? Mina raramente faceva il primo passo, e mai con uomini che non potevano regalarle nulla, ma nulla li stupì di più dell'irriverente risposta del pittore semi-muto, che con un bel sorriso tagliente rispose “No, grazie. Non mi interessano questo genere di cose.”
Mina allora si lasciò sfuggire uno sguardo sorpreso, ma cercando di restare equilibrata, chiese solo “in che senso?”
“Non mi interessa il sesso occasionale con una bambola vuota, anche se fantastica. Generalmente è il cervello di una donna a sedurmi, non un bel seno e basta.”
Rispose ridacchiando e Mina si contrariò tantissimo, ma capì che non poteva mostrarlo, altrimenti avrebbe avuto ragione lui. Voleva le sue scuse, o quanto meno convincerlo che si sbagliava, e non avrebbe dato l'impressione di essere stupida. Così gli fece un occhiolino e rispose “Nessuno te lo aveva offerto, ma grazie per il complimento sul seno…” lasciando Juan per un attimo senza parole e imbarazzato.
Gli era parso un invito abbastanza esplicito, ma forse lei parlava così con tutti e non doveva darci peso. Presto, però, ebbe un altro problema: si era tradito e ora la bambola aveva capito cosa piacesse a Juan, così aveva afferrato una sedia e si era seduta di fronte a lui, e sporgendosi in avanti per parlargli aveva mostrato parte di un seno letteralmente perfetto attraverso la scollatura. Non indossava biancheria sotto la sottoveste, era evidente e Juan pensò che un seno così potesse essere opera soltanto di un chirurgo. Era una quarta o una quinta probabilmente, ed era innaturale che stesse su in quel modo da solo, senza sostegno.
Mina notò il suo sguardo fisso e pensò solo che era davvero un idiota e glielo avrebbe fatto vedere lei chi era la creaturina stupida. Voleva fare l'uomo glaciale? Bene, lei avrebbe interpretato il ruolo della donna distaccata, così con un balzo gli tolse la sigaretta dalle labbra e ridendo aggiunse “Sei davvero pieno di pregiudizi, comunque. Dimmi un po', ti sembra che io sia stupida? E perché ? Perché  ho un bel corpo? Perchè riesco a guadagnarmi da vivere solo grazie al mio aspetto? E credi che questo sia indice di cosa, esattamente?”
Juan pensò solo “touchè” ma Mina fu distratta da un amico che era andato a cercarla, così cambiò posizione e Juan rimase altri minuti a fissare la sua gamba sinistra completamente esposta e perfettamente modellata. Si chiese quanto dovesse allenarsi per avere quei muscoli, neanche lui aveva gambe così, e correva ogni giorno per chilometri. Mina tornò a fissarlo e  sorridendo disse “Oh…dove eravamo? Ah già: quanto meno dovresti riconoscermi che sono un'ottima stratega, insomma non tutte le donne ottengono un Matisse ogni volta che sbattono una porta, no?”
Juan annuì e basta e Mina ridacchiando sferrò l’attacco finale.
“E poi- aggiunse fissandolo dritto negli occhi con aria di sfida- se io che ti batto a poker sono una stupida...tu cosa saresti?”
Reta e Zack allora risero, riportando l’attenzione di Juan su di loro,ma lui era terribilmente sorpreso. Quel commento così cretino gli era letteralmente scivolato fuori, per proteggersi, ma in risposta si aspettava urla, imprecazioni e scenate da diva e invece niente. Aveva sorriso e gli aveva esposto le sue idee in modo calmo e razionale, e lo aveva anche insultato, ma in modo ragionato. Forse non era così stupida come gli era sembrata e questo purtroppo la rendeva pericolosa. Cercò di mantenere la calma e sorrise in quel suo modo seducente e le chiese “Ok...Quindi il Matisse è un regalo di addio?” E solo Mina ridendo affermò compiaciuta “No, è un regalo per farsi perdonare. Gli avevo detto che era finita, gli avevo restituito tutto e stavo andando via, quando è spuntato fuori il Matisse e...nessuna donna può dire di no ad un regalo simile. Le parole “ti perdono” scivolano fuori quasi automaticamente quando vedi una cosa del genere. E' unico nel suo genere e che io sappia vale milioni di dollari.”
Juan si mise a ridere e lei gli disse di nuovo in modo accattivante “Allora sa che non le ripeterò l’invito, signor Jimenez?”
Per un secondo fu tentato di lasciarsi andare e entrare nella sua camera da letto; sapeva come sarebbe finita, lo sapevano tutti e una parte di lui lo desiderava. Lei si sarebbe offerta a lui in qualche modo, e la sua parte violenta l'avrebbe scaraventata contro un muro e presa con la forza.
Alla fine, scacciando quelle idee lascive le rispose argutamente “Non posso proprio, signora Mina. Vede, non avrei abbastanza soldi per regalare un quadro simile a mia moglie...”
Lei rise nervosamente, ma pensò che dannazione le era davvero capitato l'unico uomo fedele in tutta Manhattan. Allora, senza fare una piega gli offrì il suo braccio e lo scortò nuovamente al tavolo da gioco, dove quello strano rituale sessuale legato al poker ricominciò.
Era interessante, intrigante e sicuramente appassionante. La guardava negli occhi e lei ricambiava, ammiccava e si mordicchiava le labbra. Lo guardava come se volesse mangiarlo, e sembrava quasi che stessero giocando a strip poker. E poi Juan capì: Mina lo stava distraendo. Non stava giocando lucidamente. Capì allora che per vincere non ci volevano strategie, ma selfcontrol. Aveva solo altre cinque fiches, e non poteva tornare a casa a mani vuote e perdere tutti i suoi risparmi. Così smise di fissarla e cominciò a guardare solo le carte e ribaltò il risultato della partita.
Quando smise di guardarla, ovviamente Mina si contrariò terribilmente, fino all’ultima mano. Mina aveva poche fiches, quindi provò il tutto per tutto. Eppure aveva cambiato ben tre carte, e questo non era un buon segno. Lui aveva buone carte, provò la scala reale e gli riuscì. Provò un brivido lungo la schiena in quell'istante, e quasi gli si fermò il fiato nel mettere tutti i soldi al centro del tavolo. Mina, però doveva cambiare il denaro, non aveva abbastanza fiches per rilanciare. Fu un istante, lei si allungò per cambiare altri soldi, ma lui le disse solo “no, voglio la sciarpa.”
Mossa stupida, si disse immediatamente, ma ormai era fatta. Aveva bisogno di soldi, era andato lì per quello, eppure desiderava ardentemente quel drappo semitrasparente di stoffa verde che si era posato su quel corpo così stupendo.
Mina si sentì quasi mancare, fu scossa da un brivido e per qualche istante pensò ad uno scherzo, ma no lui era lì e la fissava con occhi seri. Quell'uomo era provocante come nessuno. Cosa voleva farci con quella sciarpa? Non valeva i soldi che gli doveva!
Provò a farglielo notare, e lui sorridendo borbottò “non importa, va bene.”
Si fece scivolare la sciarpa di seta dal collo, allora, e con i brividi lungo la schiena la mise sul piatto, aveva un poker e non poteva certo non giocare fino in fondo. Le vennero le vertigini quando vide le cinque figure di picche stampate sulle carte di Juan, ma una parte di lei era felice: ora il giovane pittore aveva qualcosa di suo con cui dormire e su cui fantasticare. Qualcosa che chissà forse l'avrebbe condotto finalmente nel suo letto.
Juan fece una sciocchezza in quel momento. Perse per un attimo la lucidità nel sentire quella sciarpa calda a contatto con le sue mani. Gli parve quasi di toccare la sua pelle e così, quasi involontariamente, se la portò vicino alle labbra per annusarla.
Mina si sentì morire in quel momento. Pensò per l’ennesima volta di non aver mai voluto una persona così tanto, ma non disse nulla e lui le sorrise soltanto. Ora doveva andare via, si era decisamente esposto troppo con quella scena imbarazzante, ma letteralmente non era stato in grado di controllarsi. Così raccolse le fiches, si alzò e baciandole la mano scomparve tra miriadi di invitati.
Mina rimase sconvolta e muta per qualche minuto.  Doveva fare qualcosa per rivederlo, e quando ormai era già svanito, immerso nella folla di invitati che uscivano da casa sua, le venne in mente un'idea geniale per rivederlo senza dover andare da lui. Già, doveva solo ricordarsi il suo nome, ma sapeva che lo avrebbe difficilmente dimenticato.

Nota:
Eccolo qua il nostro personaggio principale. Vi chiedo scusa se avete trovato questo capitolo troppo lungo, ma mi sembrava impossibile separarlo in due. Allora vi piace Juan? Vi è simpatico? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: appuntamenti di lavoro ***


ATTENZIONE: NON PERDETE IL CAPITOLO 3 PERCHè è IL PIù IMPORTANTE DELLA STORIA!!!


Capitolo 4: appuntamenti di lavoro.
 
Erano giorni che non chiudeva occhio, era troppo preso dal suo nuovo quadro, troppo ispirato per uscire anche soltanto dal suo studio. Era così che funzionava: per giorni e anche mesi non toccava una tela, e se solo ci provava venivano fuori quadri stupidi che gli facevano venire voglia di spaccare tutto e distruggere il suo studio, poi improvvisamente qualcosa lo colpiva, lo fulminava e lui restava giorni interi nel suo studio a lavorare alla nuova idea, in un ritiro quasi ascetico. Non vedeva nessuno, non parlava con nessuno, non rispondeva neppure al telefono! Nei giorni dell'ispirazione esistevano solo le sue idee, che gli riempivano la testa con un rumore assordante.
 Accanto a Juan Jimenez, gettate su un vecchio tavolino di legno scheggiato e multicolore, solo le sue amate sigarette, il suo bourbon preferito, la vodka, tantissimi bicchieri sporchi, del vecchio caffè e una sciarpa verde macchiata di pittura.
Quei pochi oggetti che quasi stridevano tra loro, erano tutto quello che gli serviva per creare, tutto quello che voleva intorno. Ora, finalmente, dopo circa cinquanta ore, poteva rilassarsi, sedersi e ammirare il suo capolavoro. Aveva finito il disegno che aveva in mente da un po', che lo tormentava a tal punto da impedirgli anche solo di dormire.
Finalmente potè sedersi, rilassarsi e guardare la sua nuova opera. Gli facevano male le braccia e le gambe per quanto era rimasto in piedi; aveva vernice ovunque, persino accanto agli occhi e nei capelli. Ed ora se ne stava lì ansimante, sfinito, ma soddisfatto, come un amante che ha appena finito di godersi la sua donna, e provava lo stesso senso di pienezza.
I suoi bellissimi occhi neri scrutarono il dipinto con attenzione, cercando una crepa o un errore in quella distesa di vernice colorata. Improvvisamente sul suo volto apparve un segno simile ad una virgola, ma che in realtà era un sorriso di soddisfazione: non c'era nulla che poteva lontanamente rassomigliare ad un errore. Aveva impiegato quasi tre giorni, ma ci era riuscito. Il quadro era esattamente come lo aveva immaginato e desiderato. Emise un sospiro di sollievo e si abbandonò sul suo divano per riposare, ma non poté dormire a lungo: appena chiuse gli occhi, infatti la sua immaginazione decise di tormentarlo con immagini di quella donna che aveva ispirato il quadro. Con gli occhi chiusi vedeva i suoi splendidi occhi azzurri, e immagini di loro due che fanno l’amore nel modo più intenso esistente. Li riaprì, allora, ma era profondamente turbato. Si avvicinò alla finestra e fissò di nuovo quel manifesto. Aveva bisogno di vedere quegli occhi, non sapeva neanche lui perché. “Ma che diavolo vuoi?” chiese, più a se stesso che alla donna in quella foto, ma sapeva benissimo quale fosse la risposta. Lei, voleva lei, ma non sapeva esattamente perché. Era convinto che il motivo era che dovesse immortalarla, ma ora che l’aveva fatto, perché non se ne andava dalla sua testa?
 Confuso ed esausto, tornò sul divano e decise di addormentarsi, abbandonandosi a quelle fantasie. Due ore dopo, una creatura affascinante diresse le sue chilometriche gambe verso il suo studio.
Elisabeth Rottington era entusiasta! L'avevano contattata per un importante servizio fotografico e le era stato chiesto solo ed esclusivamente del suo Juan. Non sapeva esattamente di cosa si trattasse, ma aveva un appuntamento per il brunch in un locale molto esclusivo di Manhattan e doveva renderlo presentabile.
Aveva sempre molte difficoltà con lui, per via del suo pessimo carattere: Juan generalmente detestava parlare con la gente e quasi mai vendeva un quadro. Le sue opere attiravano l’attenzione di qualche acquirente, ma Juan non voleva darle via a chiunque, voleva che se le meritassero e non se le meritavano mai. Spesso avevano discusso per questo motivo, perché Juan sembrava non preoccuparsi minimamente della fama, del successo o di altre cose. Juan voleva dipingere e basta, ma non si rendeva conto di quanti problemi creasse a lei, che organizzava le sue mostre e promuoveva il suo lavoro. Molto spesso avevano finito col non parlarsi per settimane, e lei non lo voleva, non di nuovo, ma bisognava trovare una soluzione. Juan le ripeteva sempre che “non le aveva mai chiesto di occuparsi del suo lavoro, quindi non accettava le sue lamentele” e Beth aveva urlato spesso per quella stupida frase. Juan aveva dei soldi da parte che gli permettevano di vivere normalmente, e le diceva sempre che sarebbe tornato in carcere pur di non vendere i suoi lavori a degli idioti. Già, in carcere. Lei lo aveva trovato lì e salvato da un destino di autodistruzione a cui sembrava destinato. Lo aveva aiutato una volta uscito, gli aveva dato un posto dove poteva dipingere e gli aveva presentato quelli che adesso erano i suoi amici e Juan le aveva solo detto che le sarebbe stato grato per sempre, con un sorriso bellissimo. Era stata lei ad innamorarsi di lui, lui non la vedeva in quel senso, forse anche a causa dei dodici anni di differenza tra loro. Lei lo aveva sedotto, lei gli aveva chiesto di essere il suo uomo e lui aveva annuito e basta. Quando ripensava alla loro storia, a come era cominciata, le venivano dei dubbi sul loro rapporto; credeva che lui stesse con lei solo per lealtà, ma non osava dirlo neanche a se stessa. Juan non le parlava mai d’amore, non le parlava molto in generale. Eppure i suoi gesti non si potevano equivocare: non faceva che farle trovare piccole cose, come quadri o foto, le lasciava sempre l'ultima tazza di caffè, l'ultima fetta di dolce e continuava a provare a farla felice in tutti i modi. Juan l’amava, non c’erano dubbi.
Entrando Beth ebbe i brividi: il quadro nuovo era veramente magnifico, migliorava di anno in anno quel giovane talento. Restò per un istante a guardare quell'immagine, ed era estasiata. Ci aveva messo tre giorni, ma la donna nuda affacciata al balcone con solo un drappo di seta verde a coprirla e un folto ciuffo di capelli neri davanti al viso era magnifica. Era tutto splendido, i dettagli della donna, così enigmatica e sensuale, la vista che si intravede dietro di lei, sì quello era un vero e proprio capolavoro.
Non notò il drappo verde tra gli strumenti di Juan e neanche gli avrebbe dato il giusto valore: succedeva spesso che un oggetto qualsiasi colpisse il suo immaginario e lo spingesse a creare, quindi la sciarpa non l'avrebbe minimamente allarmata. Sorridendo teneramente gli poggiò le dita sulle sue labbra sporche di vernice e le venne in mente il loro incontro in carcere di qualche anno prima, quando lei voleva disperatamente salvarlo, e lui le aveva detto con indifferenza che “per lui andava bene restare in carcere, purchè gli avessero lasciato tela e colori”. Non aveva mai incontrato nessuno come lui in tanti anni di lavoro. Per vivere gli bastava solo una matita e un pezzo di carta, e con due sciocchi oggetti era capace di costruirsi veri e propri mondi nuovi.
Senza dubbio era troppo sarcastico, e perfezionista, ma era un ottimo fidanzato. Perché poi si ostinasse a chiamarla “moglie” era un mistero, dato che non le aveva mai chiesto di sposarlo, ma tutto era così con lui. Quasi tutta la vita di Juan era immersa in un alone di mistero, e lei ignorava praticamente ogni cosa di lui: dove fosse la sua famiglia, perché fosse finito in carcere, perché si rifiutasse così categoricamente di andare a Los Angeles, ma anche cose più sciocche ed elementari, come ad esempio a che età avesse fatto l’amore per la prima volta. Quando erano insieme lui disegnava o la fissava, e raramente intraprendevano conversazioni in cui lui parlava per più di tre secondi. Lasciava a lei le parole, lui semplicemente agiva. Le lasciava fare ogni cosa, persino fare sesso con altre persone “se la rendeva felice”. Lui, però era fedele come nessuno mai, perchè le diceva sempre che “fare sesso non è solo un fatto fisico, è donare una parte di te a qualcuno, vale molto più di centinaia di parole”.
Beth rispettava questa sua convinzione, ma non era d'accordo con lui e glielo ripeteva costantemente. Si stese addosso a lui per svegliarlo e le venne una forte, imponente voglia di sedurlo, così cominciò a baciare il collo del bellissimo uomo addormentato sotto di lei. Fu un attimo: Juan aprì gli occhi e la gettò prepotentemente sul divano. Un rapido sguardo alla sua amata moglie e poi la spogliò in modo deciso e silenzioso per ricoprirla di baci. Erano settimane che non la sfiorava, ed ora, mentre la sua bocca percorreva il suo morbido corpo, si chiese come avesse potuto aspettare tanto.
Rimase dentro di lei per qualche minuto, poi tornarono i problemi e perse la pazienza. Sapeva che lei fingeva, era evidente. Era incredibilmente rigida e lui non poté fare altro che alzarsi e andare via.
Non era un egoista, non gli bastava entrare dentro di lei, no; avrebbe voluto vederla calda e coinvolta, ma ad onor del vero con Beth non era mai successo, neanche la loro prima volta. Aveva tanti pregi, ed era un'ottima compagna, ma non valeva molto come amante e  sembrava quasi che il sesso non le piacesse. Juan soffriva terribilmente per quella cosa, che lo rendeva mortalmente insicuro. Aveva tentato costantemente di eccitarla e coinvolgerla, ma sembrava che nulla potesse soddisfarla. Quel rapporto stava diventando una farsa, e questo gli faceva un male tremendo. Si chiedeva quanto potesse essere tremendo come amante per lasciarla completamente indifferente, e più di una volta aveva persino pensato di rivolgersi ad un sessuologo, ma Beth aveva sempre accampato sciocche rassicurazioni.
“Non mentire, non ti piace” le aveva gridato una sera, e lei tranquillamente gli aveva risposto “non c'è niente che non va in te, è così con tutti”e per questo Juan lasciava che lei lo tradisse, che facesse esperienze nuove. Si diceva che così avrebbe potuto scoprire quali erano i suoi gusti reali e, in ultima istanza, poteva essere soddisfatta da qualcuno migliore di lui.
“Hai finito?”
Gli chiese, già come se si potesse finire facendo l'amore con un cadavere. Sorrise, e lei gli regalò uno sguardo tenerissimo prima di dirgli “tra due ore abbiamo l’appuntamento più importante della tua vita, tesoro. Va' a lavarti e mettiti la giacca grigia. E per l'amor del cielo mio adorato, non essere scortese con nessuno. Ci giochiamo tutto il tuo futuro, prometti di non essere acido”
Accarezzandole il viso strinse le spalle e disse solo “Se è così importante...no, voglio la giacca nera. Fammela stirare e bene stavolta.”
E Beth corse a dire alla sua segretaria di prendere il ferro da stiro.
Lui, nel frattempo, si tormentava sotto l'acqua calda, chiedendosi costantemente quale fosse il problema. Aveva provato di tutto: era stato dolce, aggressivo, l'aveva corteggiata, rapita, ma niente. Ogni volta che si stendeva su di lei Beth reagiva sempre allo stesso modo: sorrideva e fingeva qualche gemito assente. La sua adorata mogliettina più di una volta lo aveva invitato a sperimentare altro, forse nel disperato tentativo di fargli imparare qualcosa, ma lui davvero non se la sentiva. Non riusciva a toccare un'altra persona non si sentiva a suo agio. E poi, come un fulmine, ritornò quella fantasia, quella donna gli tornò in mente e si chiese come sarebbe stato toccarla, possederla ed entrare dentro di lei. Si sentì morire al solo pensiero, ma poi si disse che era una follia. Non l’avrebbe mai più rivista nella vita, almeno così pensava.
Due ore dopo Juan e Beth erano seduti l'uno accanto all'altro nel più noioso e raffinato locale di Manhattan. Lei era bella ed elegante, come sempre; aveva i capelli tirati su, uniti in uno chignon perfetto, e indossava gli orecchini di diamanti che le aveva regalato. Aveva il collo scoperto e Juan non potè fare a meno di accarezzarla, ma lei si ritrasse infuriata, come sempre.
Non amava farsi vedere in pubblico con lui, pensava di perdere credibilità, così lo scansava sempre. Ormai ritrarsi quando la toccava era diventata una sua abitudine, così amaramente Juan si morse il labbro, ma non disse nulla. Mentre pensava alla sua strana donna, qualcuno si sedette al tavolo. Juan fu subito attratto dalla donna, che gli ricordò un vecchio quadro visto chissà dove, sembrava un'insieme di figure geometriche unite insieme.
Mentre il giovane pittore, si era perso a fissare una delle più importanti manager del settore, Elisabeth si diede un tono e chiese a Jennifer Morghenson, e al suo fido compare di accomodarsi. La donna non si tolse neppure la giacca,o gli occhiali, passò subito al dunque:
“Sentite facciamo in fretta perché questa situazione è diventata ingestibile, la nostra proposta è piuttosto vantaggiosa perché siamo in grosse difficoltà: ci serve assolutamente un servizio fotografico per la biografia di Mina Shatner. Non mentirò, non dirò che è semplice, che lei è una con cui lavorare è uno spasso, e che il lavoro non è impegnativo, perchè lo è eccome! Ma siamo disperati, abbiamo licenziato un sacco di gente con cui lei non riusciva a lavorare. Ora, il fatto che Mina abbia esplicitamente richiesto lei, Mister Jimenez, ci fa ben sperare. Non lo so perché lo ha fatto, ad essere sinceri, forse lei ha fotografato qualche sua amica o rivale,sa come sono queste ragazzine stupide, comunque non mi interessa. Mina è incontentabile ha fatto fuori nomi impressionanti prima di lei, e non abbiamo altre idee. Il libro deve uscire tra sei mesi, perchè lo abbiamo rimandato già troppo, quindi ci servono trecento scatti in tre mesi...pensa di potercela fare?”
Juan era quasi paralizzato, non conosceva il suo cognome, ma aveva capito subito che la padrona della sciarpa verde lo aveva mandato a chiamare. Erano tre giorni che quella donna non usciva dalla sua testa, e non era riuscito a scacciarla in nessun modo. Non gli era mai capitata una cosa simile e i problemi con Beth non aiutavano. Ci pensò un attimo, si chiese se la sua sanità mentale, il suo cuore e la sua anima valessero la cifra che Beth e la tizia stavano negoziando. Ne concluse di no, ma Beth ormai stava già prendendo accordi, bisognava far presto. Con voce seria disse solo “ci penseremo, entro stasera avrete la nostra risposta” e trascinò via Beth sconvolta.
“Cosa diavolo ti prende? Non hai capito, forse: le foto per il libro di una celebrità che è su Vogue ogni cinque secondi”
Gli disse, strabuzzando gli occhi sconvolta e con le guance arrossate dalla rabbia. Fu solo allora che Juan capì di doverle confessare il suo segreto, così accendendosi una sigaretta, con aria distratta sussurrò “Beth è successo qualcosa con quella donna l'altra sera durante il poker. Non so cosa sia successo, onestamente, c'era un'energia strana e fortissima. Quella donna mi desidera, Betty, e non come fotografo. Mi guarda in un modo che francamente dovrebbe essere illegale e mi dice cose sconvolgenti, quindi non ci credo minimamente che voglia solo lavorare. L'ho rifiutata e ad essere sinceri anche provocata, ed ora probabilmente vuole vendetta o forse vuole solo scopare, in entrambi i casi è meglio che io rifiuti.”
Avrebbe voluto concludere con “e le stia a migliaia di chilometri di distanza” ma la reazione di Beth lo mandò su tutte le furie. Scoppiò in una fragorosa risata e fissandolo come si guarderebbe un bambino sciocco scosse la testa e sussurrò “oh il mio bellissimo marito fa furore anche con le modelle…”
Juan si infuriò terribilmente per quella frase, ma decise di doversi spiegare meglio, perché gli parve evidente che lei non avesse capito. Pensò bene a cosa dire per non ferirla, ma alla fine confessò “Non capisci Betty. Non è solo lei a volere me. Te l’ho detto, è successo qualcosa di molto potente e temo che se mi lasci solo con lei può succedere … qualsiasi cosa”
Aveva esitato molto nel dire le ultime due parole, e per tutto il tempo l’aveva fissata negli occhi languidamente, soffocando nel senso di colpa, ma la reazione di sua moglie gli provocò un misto di ripugnanza e nausea. Gli sorrise dolcemente e accarezzandogli la guancia rispose“Oh il mio dolcissimo amore è così romantico. Questo è quello che ti preoccupa? Va bene, non c'è problema, è una sciocchezza. Se la vuoi cedi, credimi, cederei anche io se ci stesse, è bellissima e sexy e poi può farci davvero comodo una modella dalla nostra. Ora però non facciamo gli sciocchi sentimentali e diciamo alla signora Morghenson che accettiamo prima che ci ripensi.”
Andò via con lei, ma semplicemente era congelato, e continuò a chiedersi se fosse lui quello sbagliato, o il resto del mondo.
Nota:
Ciao a tutti, allora adesso che conoscete un po' meglio Juan e la sua compagna, ditemi: cosa ne pensate? Vi piacciono insieme?Aspetto un vostro commento, anche privato!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: relazioni tra donne ***


Capitolo 5: relazioni tra donne.
 
Stesa in quell'enorme lettone sentiva freddo. Era come se il gelo superasse la sua pelle, la sua carne e le sue ossa e le entrasse dentro l'anima. Era come se, invece che in un letto morbido e caldo, giacesse nuda all'esterno, magari in un giardino durante una tempesta, priva di protezione. Era troppo innamorata e questa consapevolezza le procurava un gelo nell'anima che niente avrebbe mai potuto scaldare. Aveva pianto, aveva sofferto,era andata con altre persone, ma ogni volta che lei tornava nella sua vita, con occhi languidi e un sorriso lei non riusciva a non sentirsi infinitamente felice. Stupida, inutile, ma felice.
Reta sapeva perfettamente di non valere per Mina quanto lei desiderava, e sospettava che non le importasse poi molto di quella storia, che non facesse altro che usarla quando rimaneva da sola, ma non poteva farci nulla. Era una masochista, lo sapeva da tempo. Desiderava ardentemente solo quello che non poteva avere, e la bruna proprietaria del letto in cui giaceva ne era una dimostrazione.
“L'amore tra due donne è un fatto mentale, un'attrazione psichica, ancor più che fisica e per questo è difficile da spezzare. Quando ti succederà vedrai, vedrai che non esiste nulla di più bello, e più difficile da sconfiggere” le avevano detto, ma Reta Burstinson non ci aveva mai creduto. Per quale motivo le donne dovrebbero amare diversamente? Non sono forse esseri umani anche loro? No, l'amore era uno solo, aveva detto alla donna cinquantenne che stava lasciando in lacrime.
“Vedrai, oh se vedrai...”
Erano state le ultime parole di Martha, e sembravano quasi più una minaccia che un consiglio. Due anni dopo era lì, in quel letto, e si sentiva esattamente come aveva detto la sua prima amante.
Con Mina andava avanti da circa due anni, ed era sempre stato tutto molto difficile. Mina era terribilmente dolce e fragile, ma di un’incostanza spaventosa. Il loro rapporto era un tira e molla continuo: Mina faceva di lei tutto quello che voleva, poi si allontanava con qualcuno a caso, andava via a viversi una nuova storia e cinque o sei mesi dopo ritornava a piangere sulla sua spalla. Le diceva sempre“nessuno saprebbe mai amarmi quanto mi ami tu” e purtroppo era vero, ma Mina se ne approfittava senza alcun ritegno.
Reta sapeva tante cose, sapeva per esempio che per Mina era più un'amica, una sorella, che non un'amante. No, lei era troppo eterosessuale per amarla, e si vedeva dal fatto che l'abbandonava in due secondi quando c'era un bell'uomo di mezzo. Come qualche sera prima, durante il poker. Zack, il suo nuovo amico pittore, non aveva fatto altro che farle notare gli sguardi famelici di Mina per quel tipo, ma lei non voleva pensarci.
Alla fine, poi, aveva avuto la meglio, quindi perché preoccuparsi? Alla fine, in realtà, aveva sempre la meglio su tutti. Gli uomini usavano la sua donna in un modo quasi vergognoso, e Mina era troppo bisognosa d'affetto per capirlo, così ci cadeva; si lasciava usare, diventava loro completamente, gli permetteva di fare di lei ciò che volevano, e poi inevitabilmente tornava da lei a pezzi. Reta era stanca morta di questa situazione, e se una parte di lei desiderava soltanto essere amata dalla donna giusta, un'altra non le permetteva di separarsi da lei, perché pensava che fosse lei la donna giusta e che prima o poi lo avrebbe capito e allora sarebbero state felici. La strinse forte allora e si perse completamente nell'odore di fiore di loto e cannella che emanava. Nessun uomo aveva un odore simile, e una pelle tanto liscia, morbida e delicata.
Quando le sue mani affusolate e sottili da pianista, sfiorarono il corpo della modella, il contrasto cromatico tra le loro carnagioni divenne evidente. La pelle bianca e diafana di Reta sembrava ancora più pallida ora che il suo corpo nudo e magro era a contatto con la schiena color caramello di Mina. I suoi capelli biondi sembravano quasi bianchi intrecciati in quelli marroni e folti della sua amante. Mina non la amava, la faceva soffrire da impazzire, ma la verità era che non osava dirglielo o farglielo notare perché lei riusciva ad essere felice solo tenendola vicino, come in quel momento.
Avevano molte cose in comune: erano state entrambe bambine maltrattate dal padre, senza madre, cresciute completamente da sole con una serie di figure autoritarie a schiacciare la loro volontà.
“Ci manca un pezzo, per questo ci siamo trovate” le aveva detto un giorno intrecciando le dita nelle sue, appena finito di fare l'amore, ma  Reta aveva solo sorriso. Poi, però, le aveva scritto un cd intero quella notte .
Mina in quell'istante cominciò ad emettere flebili lamenti, che indicavano che le stava dando fastidio con quelle carezze e Reta si alzò, e scostando le tende scoprì che era mattino inoltrato. Sorrise amaramente guardando il cd che Mina aveva lasciato aperto accanto all’impianto stereo e pensò che avrebbe dovuto chiedere a Greg di scrivere qualcosa insieme, dato che scrivevano canzoni sulla stessa donna e avevano anche scritto qualche verso simile. Forse, però, erano troppo rivali per poter fare qualcosa insieme. O almeno Reta si sentiva sua rivale e lo invidiava terribilmente, perché lui era stato uno dei pochi fortunati ad essere realmente amati da Mina. E anche adesso che era finita da anni, ogni volta che doveva scegliere, sceglieva ancora lui, anche se non era più giovane e bello come prima.
Si sedette a fumare nuda su una poltrona, e il suo pensiero tornò a quella mattina di due anni prima, quando l’aveva rincorsa per strada. Erano passato così tanto tempo, dannazione! Due anni dal primo istante in cui i suoi timidi e dolci occhi marroni avevano incontrato quei due fari blu così spregiudicati. E da allora non era stata più capace di lasciarla. Il loro primo incontro era stato assurdo: Mina allora usciva con un chitarrista punk, e le piaceva abbastanza. Era il suo “periodo dei musicisti” e dopo la dolorosa rottura con il leader di una band storica del rock americano, Greg Swanson per l’appunto, aveva deciso per ripicca di uscire con una serie di suoi colleghi. Ne aveva avuti tanti di seguito, ma decideva sempre tutto lei: li desiderava, faceva ogni cosa per averli e poi si stufava di loro. Questo qui, invece stava per fare la differenza: stava collaborando al nuovo cd di Reta e passavano molto tempo insieme. Era un periodo strano della vita di Reta, aveva diciannove anni e ancora non sapeva bene cosa volesse, così quando lui provò a sedurla accettò le sue avances e iniziò a sedurlo, ma non andarono molto avanti, perché furono interrotti da quella matta della sua ragazza che decise di distruggere casa del povero Peter mentre loro si davano da fare al piano di sopra. Fu un attimo: la vide e capì che nessun uomo le avrebbe mai potuto far provare una sensazione simile. Si rivestì di corsa e rincorse la bella modella, che ovviamente non voleva neanche parlarle.
“Scusa” furono le prime parole che le disse, e lei rispose solo “col cazzo…”
Allora si mise a ridere, e si offrì di portarla a bere un caffè per farsi perdonare: in quel momento la splendida brunetta la sorprese, stendendo il braccio e dicendo “e sia...ma deve esserci anche uno yogurt, ti stavi scopando il mio uomo...”
Parlarono per ore, ed entrambe si sentirono profondamente capite. Per mesi le rimase accanto senza dirle nulla, e Mìmi neanche sospettava che la sua migliore amica l'amasse. Era felice di aver trovato qualcuno che la facesse stare bene, che la capisse e si sentisse abbandonata e sola quanto lei, qualcuno che le volesse bene sinceramente  e non le era mai capitata una gioia simile. Le confidava tutto, e passavano lunghissime notti insieme a parlare degli uomini di Mina, delle regole ferree di Myles e Jennifer, di amicizie ma anche di musica, film, ceretta e di tutte le altre cose che normalmente occupano le discussioni femminili.
“Sei la persona migliore che potessi mai incontrare” le aveva detto, con un sorriso dolcissimo Mina, un attimo prima che perdesse del tutto il controllo dei suoi sentimenti e la baciasse. Lei detestò quel bacio, e quasi la disgustò. Non era il bacio saffico in sé a crearle dei problemi, ma il fatto che la sua amica si fosse rivelata interessata a lei. Mina era scappata via immediatamente accusandola di essersi finta sua amica solo per portarsela a letto “come un uomo qualsiasi”.
 In quelle settimane senza sentirla, Reta era convinta di morire: era certa che nessun dolore fosse pari a quello che provava, e sapeva che non l'avrebbe mai dimenticata. Lei il suo primo amore vero.
Mina non voleva una relazione con lei, ma si sentiva sola senza la sua unica vera amica. Ci mise tre settimane a perdonarla, tre settimane prima di comparire fuori casa di Reta con il Jack Daniel's e i suoi biscotti preferiti. L'aveva stretta allora, tanto forte da farle cadere i biscotti, e le aveva solo chiesto di non andarsene mai più. Ci mise due mesi a rendersi conto di quanto fosse forte, puro e disinteressato l’amore di Reta e allora Mina si trovò ad un bivio: una parte di lei non voleva una relazione con lei, ma le voleva incredibilmente bene e pensava che fosse giusto sparire e permettere a Reta di leccarsi le ferite e andare avanti. Un’altra parte, però, era terrorizzata all’idea di perdere l’unica vera amica che avesse mai avuto. Così prevalsero le paure e Mina decise di cedere e provare un legame omosessuale, anche se continuava ad avere mille riserve. Reta non poteva essere più felice, all'inizio, ma con gli anni aveva imparato che il suo primo amore era volubile, costantemente bisognoso di attenzioni, emotivamente instabile e soprattutto, non sapeva resistere ad un bell'uomo. La verità era che Mina si allontanava spesso da lei per darle la possibilità di dimenticarla, ma non glielo diceva mai apertamente.
“perché hai aperto?” le chiese, mezza addormentata e Reta sorridendo le rispose “e tu perché ascoltavi il cd di Greg?”
Mina alzò gli occhi al cielo. Sì, lo aveva messo nel lettore quando aspettava Myles, perché si sentiva insicura e fragile, e sentire quelle parole così belle sul suo conto l’aiutava sempre, ma poi lo aveva letteralmente dimenticato.
“…perché è divertente sentire quante cazzate si inventa sul mio conto…” rispose ridacchiando, perché non se la sentiva di parlare a Reta delle sue vere emozioni. Si era legata a lei proprio perché era l’unica con cui potesse essere se stessa, ma poi quella matta si era innamorata e anche con lei aveva dovuto cominciare a fingere.
“voi scrivete sempre queste canzoni così intime, senza porvi minimamente il problema di quanto possano essere imbarazzanti per chi  le ha ispirate …” aggiunse fingendosi annoiata, e Reta scosse solo la testa, ma non ebbe modo di dire nulla perché furono interrotte dal cellulare di Mina e questa scattò come una molla per cercarlo.
Mina sapeva chi era, e aspettava in trepidazione sue notizie da giorni e non capiva come mai ci avesse messo tanto.
“Allora?” disse nervosamente, e Jennifer le rispose “E' fatta, cominciate tra tre giorni. Certo, potevi almeno dirmi i cognome giusto, ci avrei messo meno tempo a trovarlo e mi sarei evitata una figuraccia. Si chiama Jimenez, non quell’altra cosa che mi hai detto. Magari prova a ricordartelo. Ci vediamo tra qualche giorno per il contratto…”
In quel momento le salì il sangue alla testa, e le sue guance si colorarono di un bellissimo rossore. Aveva accettato, lo avrebbe rivisto. Pensava a lui da giorni e non sapeva cosa inventarsi per rivederlo. Le era venuta un'idea molto stupida, ed era letteralmente morta quando Jen le aveva detto che non era sicuro di accettare. Si era chiesta solo perchè non volesse rivederla, le era parso interessato a lei, ma aveva forse capito male? E se non avesse accettato, non lo avrebbe mai più rivisto? Era andata a letto nervosa dopo la chiamata di Jen, ma ora era tutto diverso. Ora sarebbe stato suo per mesi. Raggiante tornò a letto, ma dovette fare i conti con l'asfissiante gelosia della sua amante. Reta si ostinava a chiederle cose che lei, per la sua natura, non avrebbe mai potuto darle: totale e completa fedeltà e sottomissione. Ma Mina era difficile da sottomettere, e purtroppo amava gli uomini, tanto, troppo. Certo Reta sapeva essere seducente, ma non le sarebbe mai bastata da sola. Si girò,allora, stufa di tutte quelle lamentele noiose; la guardò negli occhi con una freddezza che non aveva mai usato e le ringhiò “mi hai avuta per tre giorni di seguito, non ti basta mai? Ora devo tornare alla mia vita, fattene una ragione. Ci rivedremo, ma non so quando e non essendo una maga non posso prevedere quando avrò altri giorni liberi, cerca di capire.”
Scostò lo sguardo appena in tempo, un altro secondo e avrebbe visto le lacrime che rigavano il viso di Reta. Uscì nuda dalla sua stanza e si infilò nella sua vasca da bagno, c'era una strategia da architettare e non si poteva perdere tempo.
Nota:
Ciao a tutti, allora vi ho presentato anche Reta. Che cosa pensate del loro rapporto?  Fatemi sapere, io vi aspetto.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: la donna più bella del mondo ***


Capitolo 5: la donna più bella del mondo.
 
“E così, la piccola ragazzina nata a Damasco e cresciuta nei sobborghi di New York non poté trattenere le lacrima nel vedere l'enorme cartellone pubblicitario che invadeva prepotentemente Broadway. E rimase così, immobile tra la folla, con il viso rigato da pioggia e lacrime di gioia, ad ammirare il monumento al suo successo. Ora non era più l'esile ragazzina costretta a portare il velo integrale, per nascondere quella bellezza così prorompente e fuori dalla norma, ma una donna magnifica, la donna più bella del mondo.”
Non riuscì a trattenere le risate leggendo quelle ridicole parole. Andiamo quanto doveva essere presuntuosa per intitolare la sua biografia “la donna più bella del mondo”? E poi tutta questa storia della bambina araba lo faceva imbestialire. Si accese una sigaretta e pensò solo “Ma quanto sei egocentrica e irrispettosa?”.
Non sapeva bene cosa l'infastidisse tanto di quella biografia, se il fatto che fosse presentata come una specie di eroina femminista una che per vivere si spoglia, o la strumentalizzazione della vita delle donne islamiche, o il fatto che di eroico una che racchiude in sé ogni possibile vizio non avesse nulla.
Eppure doveva ammettere che non avrebbe mai e poi mai pensato che una con quegli occhi e con quella pelle potesse essere siriana, gli sembrava quasi sudamericana per il colore della pelle e la conformazione degli occhi. Si fece qualche domanda su di lei, sui suoi occhi azzurri, ma decise di non indugiare in quei pensieri. La biografia diceva che era figlia di una giornalista americana che, durante un soggiorno in Siria si era innamorata di suo padre e aveva rinunciato a tutto, sposato suo padre, generato Mina ed era morta di parto, ma a lui quella storia sembrava strana e non gli suonava. Certamente, si disse, avevano romanzato una faccenda molto più losca, ma non stava a lui scoprire la verità.
Si versò un bicchiere di whisky e ripensò alle parole di Jennifer: bisognava ritrarla come una donna normale, una che vive come tutte le altre. Era quello che avevano cercato di fare con quello stupido libro e le foto dovevano completare l’opera. Il pubblico doveva innamorarsene, e pensare che fosse umile ma allo stesso tempo coraggiosa. “Una specie di eroina della porta accanto” gli aveva detto e Juan sospirò pensando a quanto fosse complicata una cosa del genere e guardando l'enorme cartellone pubblicitario che aveva di fronte si disse solo “Umile? Una con quello sguardo di superiorità?”
Aveva solo otto ore per inventarsi qualcosa, così decise di aprire la busta con gli scatti degli altri e li sfiorò con rispetto. Alla fine, però, si rese conto che i lavori di tutti quelli che l'avevano preceduto non avevano assolutamente colto l'essenza del libro. Erano diversi modi di vedere quella donna, e magari erano anche corretti, ma non c’era la chiave di lettura giusta. Certo alcuni avevano fatto un lavoro migliore di altri, fotografandola in momenti normali della sua vita, sul set o alle feste, ma nessuno aveva centrato la richiesta di Jennifer: quale donna “semplice” o “normale” passa tutta la sua vita scivolando da un set, ad un corso di yoga per poi giungere a feste popolate da miliardari che non fanno che offrirle regali? Sempre con il sorriso, poi.
E poi...beh c'erano quelli che non avevano proprio capito nulla, perché l'avevano fotografata come una dea o una puttana ottocentesca e anche come una vittima di un contorto gioco sessuale. Già, molto da persona semplice.
“Ma dannazione se sei bella…” sussurrò, osservando una foto in cui lei era praticamente nuda e sorrideva dando le spalle alla macchina fotografica. Eppure c’era qualcosa di strano in quelle foto, ma cos’era? Dispose tutti gli scatti per terra, ne sovrappose alcuni e rimase per qualche minuto a chiedersi cosa fosse e poi lo capì: non c’era anima. Lei era sempre composta e sorridente, persino da nuda, ma non trasmetteva nessuna emozione. Era assolutamente finta. Perfetta, ma tesa e gelida come una statua di marmo. Ripensò a tutto quello che si erano detti durante il poker, allora; alle sue scene da regina, a come gli avesse parlato e realizzò che era lei il problema. Poi, però, gli venne in mente uno di quei dettagli che lo tormentavano profondamente e gli mancò l’aria. Vedete Mina aveva commesso un grosso sbaglio quella sera: quando lui le aveva baciato la mano, prima di fuggire, le era scappato fuori un sorriso di una bellezza abbagliante. Era stata vera, per mezzo secondo e questo gli era piaciuto da impazzire. Juan sospirò allora, realizzando una cosa che lo spaventò a morte: per fare quello che gli avevano chiesto, doveva osservarla 24 ore su 24, e cercare di carpire in lei qualcosa che evidentemente non era facile da trovare, qualcosa che lei teneva nascosto a tutti, ma che  aveva mostrato a lui, seppure per un secondo. Doveva riuscire a toglierle la maschera per arrivare alla vera Mina, ma chissà quanti ci avevano già provato senza successo.
Così, inconsciamente, un'idea iniziò a serpeggiare nel sua mente e pian piano l'avvolse fino ad impossessarsene. Conosceva quella sensazione: un'energia attraversava il suo corpo, gli sconquassava il petto e spingeva la sua mano a disegnare. Prese una matita e cominciò a tratteggiare con una foga tale da rompere la punta della matita e bucare il foglio, ma non se ne curò. Erano le tre del mattino, e l'unico rumore che si sentiva era quello della sua matita che si consumava sul foglio. Quando finì di disegnare, sfinito e senza fiato, appoggiò il volto sul cuscino e si addormentò felice.
Dall'altra parte del ponte di Brooklyn qualcuno invece era nel pieno di una festa selvaggia. Erano finite le sfilate, le riprese e finalmente aveva tre mesi di riposo tutti per lei e per Myles. Era ufficialmente in ferie, e aveva deciso di festeggiare organizzando una delle “sue” famosissime serate. Si stava divertendo davvero tanto, anche se Reta era arrivata con un'altra e questo un po' l'aveva infastidita. Non troppo, però, dato che erano arrivati i suoi amici musicisti e aveva rispolverato una vecchia passione. Si divertì veramente tanto, probabilmente troppo, dato che in un lampo la situazione cambiò.
“Bene, sei viva, alzati” furono le uniche cose che sentì prima che una luce accecante le perforasse gli occhi. Jennifer, ovviamente, aveva già cominciato a cacciare i suoi amichetti, che la baciarono per salutarla prima di uscire, nudi, dalla sua stanza. Sbuffò annoiata e con il tono di una bambina di cinque anni le disse “cosa? Sono in vacanza dannazione!” Ma Jennifer, impassibile, le ringhiò “No, tra mezz'ora hai l'appuntamento con il fotografo per il contratto. Non dirmi che lo hai dimenticato.”
Mina allora sorrise e con aria di sufficienza le rispose in tono cantilenante “L'appuntamento è lunedì. Mi credi così stupida? Ho organizzato tutto, ho persino chiesto a Marly di venire a farmi i capelli e...”
“Ed è appena andata via, perchè l'hai fatta aspettare per un'ora. Forse sto per rivelarti una cosa sconvolgente, ma oggi è lunedì!Hai di nuovo perso la cognizione del tempo dietro a questi stupidi, e questo è inaccettabile”
Mina allora spalancò gli occhi e si chiese se davvero fosse successo. Sì, avevano bevuto molto e anche preso delle cose, ma poteva davvero aver rimosso un giorno intero della sua vita?
 Jennifer però non aveva voglia di lasciarla alle sue considerazioni e   guardando l'orologio disse “ Bene, ora sono venticinque minuti. Vediamo come diavolo riuscirai a renderti presentabile in così poco tempo e ti avverto: al ventiseiesimo minuto ti faccio caricare con la forza in macchina!”
“O cazzo” disse pensierosa. Ci teneva davvero a piacergli e nel suo piano avrebbe dovuto essere perfetta ma ora sembrava una pessima copia di Courtney Love. Aveva persino le occhiaie, dannazione. Non aveva abbastanza tempo, doveva scegliere: o il trucco o la doccia, e dato che puzzava di sudore, panna e chissà cosa, decise che poteva evitare tutto, ma non la doccia. Pensò che poteva anche uscire senza trucco per una volta, non era così male, ma senza doccia non avrebbe neanche osato guardare Juan. Si lavò e profumò in fretta e furia, e decise che la cosa migliore da fare era sembrare una donna qualsiasi. Già, il look “sono solo una povera ragazza che fa jogging, lasciatemi in pace” doveva coprire le occhiaie e anche i suoi capelli ancora in parte bagnati. Così indossò una felpa nera con cappuccio, un paio di occhialoni e un paio di shorts, e uscì un secondo prima che Jennifer bussasse alla sua porta, sorprendendola piacevolmente.
“No, non mi dire che stiamo andando davvero al Chaos! E' un posto elegante, non posso entrarci vestita così!”
Le disse con tono lamentoso in macchina, ma Jennifer non fece una piega, stava leggendo Vogue e bevendo il caffè, e nessuno poteva disturbarla quando si regalava quel momento speciale. Mina continuò a frignare all'infinito, ma lei rispose solo “Questo ti sia di lezione Mìmi: non puoi lasciarti andare in questo modo. Non so cosa tu abbia fatto, ma devi sempre tenere a mente le tue priorità, e oggi era una priorità. Ti sembra normale o giusto o pensabile dimenticare che devi firmare un contratto?”
 Mina non disse nulla, detestava le ramanzine di Jennifer, ma sapeva di essersele meritate.
 “...adesso paghi le conseguenze delle tue azioni. Se qualcuno dovesse fotografarti in questo stato sicuramente perderesti attrattiva. Ovviamente saresti criticata per questo look da rapper lesbica. Possiamo solo sperare che non ti notino e tu non finisca su tutti i giornali. Tutti ti prenderebbero in giro, e non potresti dire assolutamente nulla...”
Rapper lesbica? Pensò spalancando la bocca, e disse solo “Ma non sembro una donna qualsiasi? Insomma ok, non sono abbastanza elegante per il Chaos, e non sono truccata, ma non sembro una che va a fare la spesa?”
Jennifer allora distolse lo sguardo dal suo giornale e ridendo le rispose “Dio, non lo sai come sono fatte le donne normali, eh?Comunque tieni, metti almeno il correttore, sembri un cadavere con quelle occhiaie”
Restarono in silenzio per i successivi quindici minuti, e Mina provò a sistemarsi un po’, ma non poteva usare i prodotti di bellezza di Jen perché aveva una carnagione completamente diversa dalla sua. Le rubò soltanto un po’ di rossetto e sperò di andare bene anche così.
Nel frattempo al Chaos, Beth non faceva che “rendere presentabile Juan” sistemandogli le ciocche ribelli, aggiustandogli la cravatta e ripetendogli in continuazione di non essere sarcastico o antipatico.
Gli aveva ripetuto fino alla nausea di “non farsi sfuggire quell'opportunità” e si era davvero stancato di sentirglielo dire. Era molto seccato da quell'atteggiamento di Beth, ma era anche piuttosto nervoso all'idea di rivedere la donna dalla sciarpa verde. Si aspettava che da un momento all'altro entrasse dal retro del locale con mille guardie di sicurezza, in un vestito lungo e attillato con capelli e trucco perfetti. Avrebbe sorriso con fastidio alla folla, fatto qualche foto e poi si sarebbe diretta verso di lui, che avrebbe sicuramente umiliato davanti a Beth raccontando di quell'innocente serata facendola passare come una cosa sporca o oscena. Mentre fantasticava su questa situazione, però, la realtà gli impattò contro la faccia, come un uccello che si schianta contro una porta a vetri.
“Scusate il ritardo, spero che non stiate aspettando da molto...” furono le parole che lo fecero rinvenire e accorgersi che Mina era seduta di fronte a lui. Rimase per un secondo paralizzato nel vederla così: senza trucco, in tuta e con un atteggiamento un po’ insicuro. Lo colpì a tal punto che per un secondo si dimenticò di tutto, e si perse in quegli occhi che gli sembrarono così puliti. Quando il suo sguardo incrociò quello di Mina, la giovane modella fece di nuovo quello sbaglio: vedete, era davvero contenta di rivederlo e nell’incontrare i suoi occhi, il cuore le saltò letteralmente in gola e così gli fece un altro sorriso di una dolcezza impressionante. Ancora una volta Juan guardandola non vide la diva o la regina che aveva incontrato qualche sera prima, ma una dolcissima ragazza contenta di rivederlo. E questo, letteralmente, lo tramortì.
 Fu Jennifer a riportarlo alla realtà, annunciando che dovevano cambiare tavolo e spostarsi dalla vetrata.
“E' inguardabile e ci mancano solo gli scatti dei paparazzi quando è senza trucco e vestita in questo modo. E tu rimettiti gli occhiali idiota.”
Ringhiò brusca a Mina, che smise di guardare Juan e portando gli occhi al cielo obbedì, dicendo con tono gentile “ok...scusatela, credo che mi rinfaccerà per tutta la vita di essermi svegliata tardi...Ma non è sempre così acida e stronza, siamo solo stati fortunati oggi.”
In realtà si era accorta dello sguardo di Juan e le era piaciuto da morire. Incredibile, ma vero, senza trucco e vestita come se dovesse andare in palestra lo aveva fatto capitolare. Certo era uno strano uomo, ma evidentemente gli piacevano le ragazze semplici, perchè forse le donne troppo belle lo intimidivano. Ora la guardava in quel suo solito modo provocante e sensuale, e anche lei ricambiava alcuni sguardi, ma non tutti. Jennifer le aveva detto che era con la sua donna, così Mina iniziò a fare la solita parte che faceva in presenza delle mogli,quella della donna innocua e disinteressata. Eppure quella moglie era davvero strana. Si sentì quasi a disagio per il modo lascivo in cui la guardava, sembrava quasi più interessata del marito. Certo, quando le chiese “come mai proprio Juan?” le scappò un sorriso, soprattutto perché  il suo rivale di poker, dalla freddezza e lucidità invidiabile, stava per strozzarsi con il caffè, ma immediatamente le fornì la risposta che si era preparata:
“ Perché ne ho avuti tanti e sono francamente stufa di questi fotografi famosi che mi trattano come un impegno e basta. Non sono un oggetto e vorrei che fosse chiaro: ho una mia dignità, una mia testa e delle idee, e in nessun modo mi faccio imporre le cose. Non mi importa chi tu sia, quanto importanti siano le tue foto, se hai esposto al Moma o dove altro: se non mi ascolti sei fuori prima di poter premere quel cavolo di tasto per scattare la foto. Vorrei soltanto qualcuno che mi rispettasse, perché sono stufa di essere trattata come un taglio di carne e… beh la mia amica Reta mi ha consigliato il gruppo di artisti con cui lavorate, a quanto pare state lavorando con la sua band, no? Comunque ho visto qualche lavoro online e mi ha colpito.”
“Che straordinaria bugiarda…” pensò Juan, ma Beth rise e lanciò uno sguardo ammonitore verso il suo uomo; pensò che non sarebbero mai andati d'accordo, e che avrebbero cominciato a picchiarsi ancor prima di scattare una singola foto, perché quando si trattava dei suoi lavori Juan era tutto fuorché democratico, ma lui non ci fece caso perché  era troppo preso dalle sue considerazioni.
Sentire tutte quelle bugie l'aveva sorpreso e spinto a credere che forse quella donna non era affatto come pensava. Immediatamente le lanciò un sguardo tanto profondo da smuoverla fino in fondo, ma non disse nulla, le sorrise e basta.
Mina era rapita da lui, dal suo sguardo, da come si muoveva e da quel suo fare così sicuro e autoritario. Quella mattina, poi, era incredibile: aveva un completo nero splendido, i capelli disciplinati e puliti e uno sguardo tanto magnetico da creare un buco nero nel suo petto. Le piaceva davvero troppo, e una parte di lei fremeva all'idea di esporsi alla sua macchina fotografica, la trovava quasi erotica; si sarebbe mostrata solo a lui e avrebbe fatto tutto ciò che voleva, come una specie di geisha.
Lui d'altro canto, stava impazzendo: lo aveva completamente smentito, si era presentata vestita normalmente, non era stata assolutamente odiosa anzi era stata persino gentile con la cameriera che le aveva sbagliato l'ordinazione. La storia che aveva propinato a sua moglie, poi, lo aveva lasciato senza parole, ma ciò che lo spaventava di più era quel sorriso così diverso da quello nelle foto.
Parlarono poco entrambi, in realtà furono le signore a confrontarsi, loro dovevano solo fare presenza in quella fase. E poi Jennifer chiese a Juan quali fossero i suoi piani, e lui tirò fuori la cartellina con i disegni fatti la notte prima. Erano solo bozzetti e lei non era neanche realmente ritratta: si vedeva una donna senza volto in varie occasioni della vita comune, ma erano davvero idee entusiasmanti, anche se Jennifer ebbe immediatamente delle riserve perchè le parvero difficili da realizzare.
Mina, invece, spalancò la bocca e sussurrò piano “sono bellissimi” e lui si sentì avvolgere da uno strano calore. In qualche modo, l'idea che lei amasse le sue opere lo eccitava e gratificava al tempo stesso, e gli faceva provare sensazioni molto intense. La osservò per un attimo e si accorse che non stava mentendo, le piacevano davvero quei lavori che stava osservando con molta attenzione. Mina era rapita completamente da quell'uomo, dalla dirompente e insana passione che dimostravano i suoi lavori. Era incredibile il contrasto tra ciò che sembrava e ciò che era: il suo aspetto curato, i capelli lisci, gli abiti perfettamente stirati lo facevano sembrare un uomo rigido e freddo, quasi algido e senza sentimenti, eppure la sua anima era capace di creare cose talmente belle e piene di passione e calore, da sconvolgere chiunque le guardasse, e lei era quel chiunque. Rimase per qualche minuto con lo sguardo fisso su quei disegni, poi alzò gli occhi e si accorse che lui la stava guardando. Avvampò letteralmente e le parve quasi di ardere sotto quello sguardo così oscuro e penetrante. Continuava ad osservare il suo viso, non il seno o altro, lui la guardava proprio dritto negli occhi e questo le provocava i brividi. Per un attimo rimasero occhi negli occhi, senza maschere o protezioni, ma poi Jen li interruppe ringhiando:
“Bene, è deciso. Juan gliela consegno, per tre mesi a partire da oggi può farne quello che vuole, ma non la faccia mangiare troppo, non la faccia sparire con qualche strano tizio e me la restituisca intera, va bene?”
Lui non ebbe modo di dire nulla, perché Jen fece un cenno di saluto e trascinò via Mina per un braccio senza tante parole. Juan rimase per un attimo in silenzio, poi prendendo la mano di sua moglie disse solo "io te lo confermo Betty, non è una buona idea. E’ molto pericoloso tutto questo ed anche stupido. Se ci tieni a me non dovresti…"
 Ma lei cominciò a ridere forte. Possibile che adesso volesse parlarle di sentimenti? Non lo aveva mai fatto e voleva iniziare adesso che c’era il suo futuro in ballo? Reagì in modo molto acido, dicendogli che per quanto l’amasse non era mai stata gelosa e non avrebbe cominciato ora.
“…e in ogni caso…” aggiunse ridendo di lui “…il tuo lavoro ha la priorità persino su noi due, quindi fai quello che vuoi, ma non distruggere tutto.”
 Lasciando lui concretamente senza parole. Solo una cosa gli venne in mente e gli provocò una reazione talmente potente da rompere la sua algida corazza e far uscire in superficie un sorriso: davvero sarebbe stata sua per tre mesi?
Nota:

Eccoci qua. Allora che ne pensate di quello che sta succedendo tra loro? Vi piacciono insieme o preferite Mina con Myles o Reta? E che ve ne pare di Beth? Fatemi sapere, vi aspetto e grazie per aver letto questo capitolo

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Rapimenti ***


Capitolo 7: Rapimenti
 
“No signore, in nessun modo può entrare a disturbare la signorina Mina. Mi dispiace, ma non mi ha detto nulla, non aspetta nessuno così presto e non posso lasciarla entrare nella sua camera da letto. Dovrà passare sul mio cadavere per disturbarla.”
Gli ripeteva da mezz'ora una corpulenta donna di colore, senza sapere che Juan stava immaginando almeno due o tre modi per farla fuori senza sporcarsi le mani e passare realmente sul suo cadavere.
Era incredibilmente seccato da quella situazione, voleva soltanto andarsene e mandarla al diavolo e tornare alla sua vita, ma non poteva. La posta in palio erano davvero troppi soldi, la fama e...la verità era che Beth l'avrebbe ucciso se avesse rinunciato, e non poteva permetterselo. E mentre lui tornava con la mente alle parole della donna che diceva costantemente di amarlo, ma gli aveva detto che poteva fare ciò che voleva con Mina, l'anziana domestica ripeteva senza sosta la litania che propinava ad amanti respinti, giornalisti troppo invadenti e aspiranti attori in cerca di fortuna.
Quando si riprese dal suo strano torpore emotivo, ricominciò a spiegare alla domestica che aveva un appuntamento con la padrona di casa, che dovevano partire insieme, ma lei ripeteva quella cantilena come un disco rotto. Fu allora che decise di smettere di essere civile e utilizzare le maniere forti: gli ci volle un secondo per sollevare la donna, scostarla dalle scale, sfuggire alla sua presa, intrufolarsi nella stanza della bella addormentata e chiudersi dentro. Entrando in quello strano posto, immediatamente lo colpì la luce fioca che illuminava tutto, sembrava la stanza di una bambina che ha paura del buio. Questo pensiero lo colpì, e ancora una volta si ritrovò a formulare qualche riflessione sulla fragilità della giovane donna, ma poi la vide, e la sua mente smise di pensare.
Rimase di stucco: Mina giaceva a pancia in giù nel letto e solo un piccolissimo lembo di stoffa copriva la sua schiena, il resto era tutto completamente esposto e lei indossava solo un minuscolo perizoma celeste. Quel dettagliò lo turbò profondamente, perché non aveva mai notato quella parte del corpo della giovane attrice, ma oggettivamente pareva scolpita nel marmo anche quella, esattamente come la gamba che gli aveva mostrato durante la festa. Mina addormentata, però era di una dolcezza senza pari. Non sembrava stronza o antipatica, ma solo una fragile creatura che ha paura del buio. Juan si sforzò di non fare il minimo rumore, il che- pensò- era totalmente ridicolo, dato che doveva svegliarla, ma non era esattamente lucido in quel momento. Qualcosa in quella ragazzina gli suggeriva che fosse necessario svegliarla con dolcezza per non spaventarla.
Il letto completamente disfatto dimostrava che non era stata sola tutto il tempo, ma qualcuno l'aveva usata e poi abbandonata, o più probabilmente si erano usati a vicenda e poi separati. Per un secondo dovette ripetersi tutte le cose peggiori che pensava di lei, perché la sua mente non riusciva a trovare un difetto a quella donna magnifica. Sembrava così piccola e indifesa, e persino dolce. Fu quasi tentato di farle qualche scatto, ma poi ci ripensò, si era intrufolato senza permesso nella sua privacy, non era carino abusarne. Finalmente raggiunse il letto, e provò quasi un brivido nell'esserle così vicino e letteralmente morì dal desiderio di averla e sapeva che lei non si sarebbe rifiutata, ma che cosa sarebbe successo poi? Scacciò quel pensiero con forza e sospirando decise di provare a svegliarla. Il gesto che fece gli venne spontaneo: con la punta di due dita le sfiorò la pelle della schiena, in un modo così delicato che sembrava avesse paura di farla rompere. Mina, in quel momento aprì gli occhi, ma non reagì male come lui si aspettava. Nel vederlo sorrise dolcemente, e disse con un filo di voce “ ciao…ma tu non sei quello che c'era ieri sera...sei migliorato.”
Juan non poté evitare di ridere, ma non disse nulla, era paralizzato. Si aspettava un finto imbarazzo da parte di Mina, quanto meno credeva che gli avrebbe chiesto di chiudere gli occhi mentre lei si copriva, ma non fu così, anzi. Stiracchiandosi sussurrò “che ore sono?”
“E’ molto presto” le disse, con un sorriso e poi aggiunse “…ma dovremmo andare…”
Mina si girò dall’altro lato del letto e lui pensò che sembrava proprio una bambina che non vuole alzarsi, ma poi bisbigliò “…quindi non possono venire i miei assistenti? Vuoi stare solo con me?”
Juan non aveva minimamente pensato a questo e rimase per un attimo perplesso. Non sapeva come funzionassero le modelle, non aveva pensato di dover portare altre persone, ma lei girandosi di colpo e fissandolo negli occhi aggiunse “va bene, mi fa piacere. Ma non ho i vestiti pronti…”
 Poi, come se avessero appena finito di fare l'amore, scese dal letto e  si diresse verso il bagno sbadigliando e, cosa che mandò letteralmente ai matti Juan, si avvicinò a lui e appoggiandogli una mano sulla spalla gli diede un bacio sulla guancia e bisbigliò “torno in un secondo”.
Tutta quella intimità era eccessiva e non richiesta e Juan si era letteralmente sciolto per quel gesto, ma aveva un problema più grande: Mina continuava a girare per la stanza indossando solo un paio di mutandine estremamente succinto. Era come se volesse mostrargli il suo corpo, e Juan si rese conto che si muoveva in modo volutamente lento, ma dannatamente sinuoso.
“Se il diavolo è una donna- si disse- deve essere lei.”
Non poteva fare a meno di sentirsi bruciare guardando quella perfezione in movimento, era completamente fuori di sé e non riusciva a smettere di guardare quel corpo nudo, così tondo e perfetto. Era un uomo, e lei era una splendida donna, quindi la sua reazione a quello spettacolo fu totalmente normale, ed esattamente quello che Mina si auspicava.
Era sveglia da un po', la discussione tra Juan e Henrietta l'aveva disturbata, e continuava ad ascoltarla con curiosità. Si era accorta di aver dimenticato di avvertire la sua domestica, e immediatamente aveva pensato di scendere a spiegarle l'equivoco, ma la disputa tra quei due era troppo divertente, così era rimasta ad ascoltare per un po', fin quando qualcuno non l'aveva sorpresa. Le era preso un colpo quando quello sfrontato si era presentato nella sua stanza, ma allo stesso tempo aveva sperato che le cose potessero cambiare tra loro. Il modo in cui l'aveva svegliata era stato così sensuale da farle venire i brividi. Ed ora se ne stava lì a guardarla sfilare seminuda facendo finta di niente, nascondendo ogni traccia di eccitazione. Eppure- pensò- il modo famelico in cui continuava a guardarla dimostrava che non gli era indifferente.
Guardandosi allo specchio si sorrise, era stata davvero brava a farlo eccitare, e mentre pensava a rendersi ancora più sexy, quello strano uomo bussò alla porta e disse “Ascolta...ti metto i vestiti dietro la porta ok? Sbrigati! Io ti infilo qualcosa in valigia.”
Non disse nulla, si cotonò i capelli ed esultò realizzando che sarebbe stato suo prima e più facilmente del previsto, ma un'amara sorpresa l'aspettava.
“Hai bisogno di qualcosa in particolare? C’è qualcosa che vuoi portare? Medicine, creme, profumi…” le disse, perché doveva distrarsi e fare la valigia gli parve una cosa normale, e poi quella matta disse “sì, c’è un body di pizzo rosso nel terzo cassetto. Vorrei quello e anche un altro paio di cose…”.
Juan ci provò davvero ad aprire quel terzo cassetto, ma la sola idea di avere a che fare con la sua biancheria lo mandò talmente in tilt da spingerlo a richiuderlo immediatamente con le guance vagamente arrossate.
 Quando Mina rientrò in camera con il suo splendido sorriso fiero e malizioso, pronta a farsi sottomettere da quello splendido uomo, quello che vide la lasciò a bocca aperta: Juan non solo non la stava aspettando a letto come lei credeva, ma si era ripreso dall'eccitazione in fretta e le aveva appoggiato dei vestiti dietro la porta, e aveva persino preparato una borsa. La guardò negli occhi con distacco, dicendole solo “sono lì, sbrigati a metterti qualcosa, se ti ammali è un casino.”
Vedete, se c'era una cosa in cui Juan Jimenez era imbattibile, senza ombra di dubbio era l'autocontrollo. Se lei non avesse lasciato la stanza forse, anzi probabilmente , avrebbe perso il controllo e l'avrebbe sbattuta al muro, ma quegli attimi da solo gli avevano permesso di calmarsi,di tornare razionale, e di conseguenza avevano spento il suo ardore.
Umiliata e respinta, Mina si girò per prendere i vestiti, ma si rifiutò di indossarli perché  “erano assolutamente inadatti e neanche si abbinavano tra loro”.
Vedete, Mina era convinta di dover fare il servizio fotografico con quei vestiti, non aveva capito che dovevano raggiungere la location. Juan invece pensò che stesse facendo tante storie perché non voleva mettere quei vestiti e si spazientì da morire. Non disse nulla, aprì con fare indifferente il cassetto e continuando a guardarla negli occhi, le lanciò cose a caso e disse “o questo o quello,non hai altre scelte, io non sono Versace e tu non devi sfilare, quindi puoi anche indossare due colori che non stanno bene insieme per una volta. E sbrigati anche”
Mina si offese a morte per quelle parole, ma soprattutto per il tono seccatissimo di lui. Sembrava quasi che stesse parlando con qualcuno troppo stupido per meritare di essere ascoltato e Mina pensò che fosse eccessivo e per niente corretto. E così, per la seconda volta, smise di essere fredda e calcolatrice e fece una scenata, letteralmente. Cominciò a gridare e a lamentarsi, dicendo che lei “era sempre perfetta” e che “non indossava abiti a caso, ma li sceglieva con cura” e concludendo poi con “non posso essere fotografata con certe cose addosso!” ma lui non si smosse. Neanche allora Juan capì che lei aveva frainteso. Si accese un'altra sigaretta e ringraziò il suo autocontrollo che gli aveva impedito di cedere al barbaro istinto di sbatterla contro il muro, ma allo stesso tempo sperava che lo stesso autocontrollo gli impedisse di fare l'unica cosa che voleva fare: schiaffeggiarla e gridarle che non poteva fare quei capricci stupidi alla sua età. Si era sbagliato su di lei, davvero troppo e si sentì un idiota per quel momento di tenerezza che le aveva regalato.
Così, spegnendo la sigaretta disse “ Cinque minuti e me ne vado. Non sto scherzando, letteralmente. E Jennifer ha detto che se me ne vado il tuo libro va a puttane e dovrai vedertela con 'lui' da sola.”
Mina si congelò a quelle parole, erano la sua sequenza di stop. S'infuriò perché la sua manager aveva confidato a quello sconosciuto un suo segreto tanto intimo, così senza parlare indossò la gonna corta e la maglietta che gli aveva scelto Juan e si preparò a fare quello che lui voleva.
Il fotografo, invece, sorrise; si era finalmente sentito potente, esattamente come lei qualche attimo prima. Aveva sbilanciato gli equilibri del potere e le aveva dimostrato che comandava lui, quindi non poteva fare quelle scene, eppure una parte di lui non si sentiva soddisfatta, perché lei ci era rimasta male ed era evidente. Una volta vestita, prese la sua borsa e il suo passaporto e disse solo “Andiamo”.
Mina rimase stravolta, ma lui senza smuoversi aggiunse “partiamo per la California, faremo lì tutto il servizio fotografico.”
Solo allora la regina capì il perché di quella scelta d’abiti così strana e  esplose letteralmente di rabbia. Pensava di doversi allontanare per un giorno o due, per questo aveva accettato passivamente, ma così era un disastro. Non poteva partire per tre mesi senza il suo entourage e le sue cose, e poi non aveva avvertito nessuno, neanche Marcy la parrucchiera, e lei non si faceva toccare da nessun altro.
Mentre vomitava queste parole addosso a Juan, lui continuava ad innervosirsi sempre di più. Iniziava quasi a detestarla, era incredibile quanto fosse sciocca e superficiale, altro che dolce e fragile. Come aveva potuto pensare cose positive di una così? Questo pensiero, l’idea di averla idealizzata, lo mandò in bestia. Così l’uomo di ghiaccio fece un errore, piuttosto grosso: era in piedi dietro di lei, e di scatto l’afferrò e le mise una mano sulla bocca. Mina non fece nulla, rimase completamente paralizzata e lui con freddezza le sibilò letteralmente all’orecchio “basta. Veramente basta. Risolveremo i problemi man mano che si presenteranno, ma ora io vado via, con o senza di te. Per me è uguale, sei tu quella che ha da perdere.”
Mina rimase attonita, ma anche mortalmente eccitata. Una parte di lei moriva dal desiderio. Detestava quell'uomo che era riuscito con uno sguardo ad insinuarsi tra i suoi sogni e tra i suoi desideri; detestava quei suoi modi rudi e maleducati, detestava il fatto che gli era indifferente e odiava il modo in cui la guardava; ma ciò che più detestava era il fatto che Juan aveva fatto colpo su di lei, senza neanche minimamente provarci. Lo disprezzava, eppure cercava disperatamente le sue attenzioni e i suoi sguardi, e quando se li sentiva addosso si sentiva sempre come fulminata da una scarica elettrica. La liberò e le fece solo un cenno con la testa che stava per “allora?” e Mina offesa e muta si decise a seguirlo, pensando soltanto che avrebbe trovato il modo di fargliela pagare prima o poi. E poi fuori casa di Mìmi si consumò un’altra scena madre: non voleva salire in taxi, così l’aveva guardato malissimo, ma lui l'aveva presa per un braccio e caricata come un pacco, senza un minimo di gentilezza o rispetto. Semplicemente l'aveva gettata sul sedile posteriore senza neanche scusarsi per averle fatto male al braccio.
Juan dal canto suo era estremamente perplesso: non aveva mai in vita sua fatto una cosa del genere ad una donna, mai, neanche quando era uno degli uomini di Calavera. Lui era quello che difendeva le prostitute dai suoi compagni sadici, quello che si rifiutava di fare del male alle mogli degli stronzi che rapivano, non certo quel mostro che aveva mostrato a Mina. Certo erano di fretta e rischiavano di perdere il volo, ma poteva anche provare a parlarle, a spiegarsi. Eppure c’era qualcosa di estremamente pericoloso in quella donna, che lo spingeva ad alzare i suoi muri come non aveva mai fatto. Quella brunetta scatenava i suoi istinti peggiori, ma anche i migliori. Non aveva mai voluto tanto il bacio di una donna, ma allo stesso tempo non aveva mai voluto prendere a schiaffi qualcuno così tanto. Non sapeva dire se fosse positivo o negativo, ma lei era la prima che riusciva a smuovergli qualcosa dentro e ad ispirargli tutti i possibili sentimenti, spesso tutti insieme. Così iniziò a sentirsi estremamente a disagio per averla trattata così male. Sapeva di aver sbagliato, eppure non sapeva come fare a rimediare, così sussurrò piano“Ti ho fatto male?” e lei senza guardarlo fece cenno di sì con la testa.
Si sentì un verme, e voleva quasi prendersi a pugni, ma disse solo “Scusa, davvero. E’ che siamo molto in ritardo per il volo e non c’erano altri biglietti per oggi, quindi perdere questo volo significherebbe perdere un altro giorno di lavoro. Stiamo andando a casa mia, a Chino, vicino Los Angeles. E' l'unico posto in cui posso farti le foto per strada o in posti frequentati dalla gente comune, avevo proposto il tuo quartiere, ma il tuo capo ha detto di no perché  a quanto pare sei cresciuta nel peggior quartiere di New York. Dovrai arrangiarti per un po', perché casa mia non è una villa al tuo livello, ma starai a casa dei miei e ti tratteranno degnamente.”
Mina non disse nulla, neanche lo guardò. Continuò a fissare fuori dal finestrino, toccandosi il braccio nell’area in cui Juan l’aveva afferrata e lasciando lui a macerare nel senso di colpa. Immaginò che le facesse molto male, ed era esattamente quello che Mina voleva che lui pensasse.
Arrivarono in aeroporto immersi nel silenzio, Mina non lo guardò mai, e finse di non accorgersi dei suoi sguardi mortificati, perché pensò fosse  il caso di fargliela pagare. In aereo finse di riposare, mentre lui continuò a disegnare e a fissarla incessantemente. Ora non era più odiosa, ma una bambina ferita e questo lo stava francamente ammazzando. Mina aveva ottenuto i suoi occhi addosso per tutto il tempo e dovette nascondere un sorriso compiaciuto. Entrambi, però, continuarono a chiedersi per tutto il tempo se il loro fosse odio, repulsione o una folle e scatenata attrazione.
Nota:
Ciao a tutti, insomma vi piacciono questi modi da terrorista di Juan? E questo atteggiamento da bambina di Mina? Che ne pensate? Fatemi sapere, io vi aspetto e come sempre vi ringrazio per aver letto.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: verso l'ignoto ***


Capitolo 8: verso l'ignoto.
 
“Quindi non ho neanche il computer o il cellulare...come potrò comunicare con l'esterno? Certo, sempre ammesso che mi sia concesso, dato che tutto questo somiglia più ad un rapimento che non ad un servizio fotografico”
Osservò Mina con tono acido e distaccato fissando fuori dal finestrino dell'aereo dopo ore di silenzio. Per tutta la durata del viaggio era rimasta a meditare su cosa dire, e a scegliere le parole, poi un gesto di Juan le aveva fatto perdere la pazienza, così aveva smesso di pensare e parlato d'istinto. Stavano per atterrare, lui aveva riposto il suo blocco da disegno e le aveva allacciato le cinture, cosa che l'aveva indispettita non poco. Già le era toccato salire su un aereo qualsiasi insieme alla gente qualsiasi, quando aveva il suo jet privato, ma poi doveva anche essere trattata come una minorata mentale?Proprio mentre pensava a come fargliela pagare per quell'ennesimo oltraggio, lui infranse tutte le regole e la sorprese.
Juan rimase un secondo sorpreso, poi si slacciò la cintura, si alzò e senza mostrare alcuna emozione aprì la cappelliera, poi la borsa e alla fin fine le lanciò una cosa che lei riconobbe subito: la sua pochette nera di Chanel.
L'atteggiamento del suo compagno di viaggio aveva destato immediatamente le attenzioni del personale di bordo, ma senza smuoversi aveva risposto “sono diabetico, la mia medicina è in quella borsa e mi sento male.”
Mina era senza parole, ma stranamente fu il suo amico silenzioso a dire “c'è tutto. Manca il computer non ho pensato potesse servire lo ammetto, ma chiederò a qualcuno di prestartelo. Come vedi ti sei agitata per nulla, potrai parlare con chi ti pare tutte le volte che ti pare e sei liberissima di andartene se lo vuoi.”
Concluse senza guardarla neanche per un secondo, e lei s'infuriò letteralmente. Detestava la sua boria, desiderava ardentemente schiaffeggiarlo, ma non lo fece. Con fare seccato estrasse dalla sua pochette i suoi occhialoni neri da diva, quelli che usava quando non voleva essere disturbata, e si richiuse nel suo silenzio .
Juan, però non aveva tempo per i suoi capricci, perché altre preoccupazioni lo tormentavano. Tornare a Chino era l'ultima cosa che voleva al mondo, ma non aveva scelta: doveva sacrificarsi per Beth e per la sua carriera, così aveva fatto quella telefonata ed ora stava per tornare in quel mondo. Tornò per un attimo con la mente all'ultima volta in cui era stato in quella dannata casa tre anni prima: ci era andato con Beth, ma fortunatamente non aveva incontrato nessuno, all'uscita dal carcere era passato per casa a prendere qualche vestito e lasciare una lettera per sua madre. Era letteralmente scomparso senza salutare nessuno, ma lui sapeva che se Calavera avesse voluto trovarlo lo avrebbe fatto in pochi secondi. Calavera poteva tutto, avrebbe anche potuto farlo uccidere e per questo Juan continuava a girare con due pistole. Eppure, evidentemente, avevano scelto di rispettare la sua scelta, perché ad oggi mai nessuno era andato a cercarlo. Non riusciva a parlare con loro e neanche a guardarli senza provare ribrezzo pensando al suo passato, ed ora l'idea di avere di nuovo a che fare con suo fratello e con la sua gente gli dava noia. Era stato molto difficile per uno come lui chiamare il padrino del narcotraffico californiano e chiedergli un favore. Sapeva che gli avrebbe chiesto qualcosa in cambio prima o poi, e la sola idea di avere un debito nei confronti di Calavera gli metteva i brividi. Sapeva cosa gli avrebbe chiesto, e per un secondo si chiese se fosse abbastanza forte da farlo, proprio ora che si era liberato dagli incubi. Un pensiero, però, alleviò la sua mente in quell'istante: dopotutto erano anni che non sparava, non si poteva pretendere che avesse mantenuto la stessa precisione e lo stesso tocco, o no? Sospirò a quell'idea, che in qualche bizzarro modo lo aveva tranquillizzato, anche se sapeva benissimo che Carlos ottiene sempre ciò che vuole, e che avrebbe potuto fargli rifare l'addestramento.
Anche lei era preoccupata, ma non per la loro destinazione. Continuava a chiedersi cosa diavolo volesse lui e non riusciva a capirlo, il che per una come lei era realmente strano.
“L'unica cosa che so fare veramente- diceva sempre- è sedurre un uomo, capirlo, conquistarlo e farlo diventare mio.”
Eppure con lui non ci riusciva, ed aveva enormi difficoltà a comunicargli ciò che pensava. Conosceva molto bene gli uomini, non aveva problemi a leggergli negli occhi i loro desideri e ad assecondarli, ma Juan era diverso. Era inespressivo, enigmatico e quasi bipolare: a volte le sembrava di piacergli, le pareva di averlo sedotto, ma un instante dopo sembrava che la disprezzasse. Ma cosa voleva in realtà? Cosa passava realmente in quella bellissima testa? Dov'erano quegli imperscrutabili occhioni neri?Mentre si poneva tutte quelle domande non si era accorta di aver cominciato a fissarlo con espressione assorta. Juan impazzì quando si accorse di quello sguardo, il cuore gli saltò letteralmente un paio di battiti, perciò tuonò bruscamente “che c'è?” facendola arrossire per l'imbarazzo di essere stata colta in fallo.
Fortunatamente l'atterraggio terminò in quell'istante, e lui da buon rapitore prese le borse e le fece strada, ma in realtà non vedeva l'ora di uscire da quella situazione spiacevole e spinosa: il problema grande che si era presentato, era che quella donna era diversa da tutte le altre che avesse mai incontrato e lo aveva steso con uno sguardo. Gli era piaciuto davvero tanto sentire quegli occhi blu sulla sua pelle e non avrebbe voluto farla smettere, ma le cose stavano degenerando, gli era venuta una forte voglia di baciarla e doveva in qualche modo vincere la tentazione. Mina era ancora sorpresa e piena di dubbi, ma non fece domande, non le fu necessario: una grottesca realtà stava per impattare contro la sua.
“Siamo in anticipo, te lo avevo detto!”
Gridò Pablo Esteban a suo fratello Luis, e nel farlo gli tirò uno schiaffo sulla nuca. Luis però non rispose, emise un grugnito di dolore e poi cominciò a studiare l'enorme tabellone degli arrivi. Alla fine, con la stessa solennità di un imperatore cinese, aggrottò le sue folte sopracciglia nere come l'asfalto e accarezzandosi la barba disse “Mira: sono appena atterrati, coglione.”
Il loro era sempre stato un rapporto altamente conflittuale, e per questo non lavoravano mai insieme.
“Prima o poi finirete per spararvi a vicenda” diceva sempre papà Esteban, e loro avevano deciso di collaborare il meno possibile proprio per evitare stragi familiari, ma questa era un'occasione speciale. Quante volte capita nella vita di dover proteggere il fratello prediletto del capo e la sua amichetta?
Calavera era in fibrillazione da giorni per l'arrivo di suo fratello, e aveva predisposto tutto accuratamente:aveva fatto sistemare la casa, pulire l'auto e aveva scelto i suoi due migliori assassini per proteggere suo fratello. Era stato molto chiaro con loro, e divorando le sue noccioline aveva sentenziato: “se succede qualcosa alla mia famiglia, qualunque cosa, sarà fatta anche alla vostra, chiaro?” Un secondo dopo avergli detto che erano i suoi uomini di fiducia, quelli a cui avrebbe lasciato la sua pistola. Immaginatevi se non si fosse fidato!
Anche qualcun altro era in fibrillazione all'idea di un ritorno dell’uomo che tutti chiamavano el alma negra: Pablo Esteban non riusciva a credere che fosse vero, erano anni che sentiva parlare del mito del tio Juan ma non lo aveva mai incontrato. Era cresciuto con la leggenda di Don Juan: l'impavido pistolero dalla mira infallibile, spietato e muto, che odia qualsiasi tipo di regola, per poi scoprire che il suo eroe una volta uscito di prigione aveva disertato ed era finito a fare l’artista. Ricordava esattamente quel giorno, aveva sedici anni anni quando il suo mito crollò; erano passati tre anni da allora, e quella era la prima volta che il suo eroe metteva piede in California, e il fatto che si presentasse con una donna era certamente positivo. Gli erano state dette tante cose cattive e offensive sul suo eroe, ma lui non aveva voluto crederci e oggi, finalmente, avrebbe visto con i suoi occhi il mito della sua infanzia.
Luis invece aveva conosciuto Juan, era stato uno dei suoi sottoposti anni prima, quando il fratello del capo era anche il suo braccio destro e non impazziva dalla voglia di rivederlo. Erano ragazzini allora, ma lui era sempre spocchioso e insopportabile e non ammetteva ammutinamenti. La sua parola era legge, e chiunque osasse provare a contraddirlo si beccava una pallottola nel piede o nel ginocchio; solo Carlos poteva interromperlo e dargli ordini, ma non sempre lo faceva. Calavera lo amava e invidiava il suo coraggio, perciò gliele dava tutte vinte. Godeva di uno strano rispetto, perché sembrava quasi un alieno: era completamente privo di qualsiasi tipo di emozione o passione e più di una volta durante le riunioni dei clan aveva usato la pistola per risolvere le controversie. Per anni aveva comandato a bacchetta chiunque, sfidando anche i capi più rispettati e affrontando tutti a testa alta, senza nessun rispetto e nessuna paura. Luis lo detestava perchè non era amichevole con loro, se ne stava sempre in disparte e gli sembrava si sentisse superiore, anche se era molto peggio di loro. C'era anche quella notte, la notte in cui per una colta aveva perso il controllo: l'aveva visto compiere la sua vendetta, distruggere tutto scioccamente e poi farsi arrestare e non moriva dalla voglia di rivederlo, ma gli ordini erano ordini.
“Ecco” esclamò una volta giunto agli arrivi, lasciandola senza parole. Carlos aveva mandato Luis, evidentemente lo credeva in pericolo e questo non era positivo. Mina nel frattempo si stava chiedendo milioni di cose: perchè fossero scesi a Los Angeles, come avrebbero raggiunto Chino e che diavolo avesse lui, che dall'atterraggio era ancora più silenzioso e di pessimo umore del solito.
E poi successe una cosa che le fece venire i brividi: due uomini, che le sembravano luridi malviventi si avvicinarono a Juan e gli tolsero le borse, salutandolo come cani che fanno le feste al padrone che torna dopo un lungo viaggio. Gli dissero tante cose in spagnolo, ma lui disse solo “in inglese”.
 Fu in quell'istante che per la prima volta Mina lesse un'emozione sul volto del suo rapitore e non le piacque: il disgusto si dipinse in modo così chiaro su quello splendido volto da non lasciare dubbi.
Era rimasta dietro di lui a fissare con sguardo strano Luis e suo fratello, e non poteva permetterglielo, era pericoloso non portare rispetto a certa gente, così mentre il ragazzino parlava senza sosta fece un gesto semplicissimo: stese il braccio e la chiamò a sé, come si chiama un'amante o una moglie. Gli era venuto spontaneo, non ci aveva pensato, ma lei aveva dato valore a quel gesto, e si era appollaiata sulla sua spalla con un sorriso smagliante. In quell'istante, quando la splendida guancia di quella stronza aveva toccato la sua spalla si era perso, aveva smesso di ascoltare Luis e il ragazzino perché un vero e proprio incendio gli era scoppiato nell’anima. Si era accorto che qualcosa dentro di lui reagiva istintivamente al contatto con la pelle di Mina, come una calamita imprigionata in un pezzo di plastica che reagisce a contatto con il ferro.
“Me llamo Mina” disse la giovane sfacciata tendendo la mano verso quei due ladri adoranti, e li lasciò per un secondo senza fiato, ma poi immediatamente le chiesero qualcosa in spagnolo e lei rispose solo “no, so solo dire il mio nome, scusate” lasciandoli senza fiato. Juan odiò quel siparietto: cercava in tutti i modi di nascondere quelle sue origini, anche se purtroppo ce le aveva scritte in faccia. Luis e Pablo rimasero positivamente impressionati da quella donna così dolce e bella, così ricominciarono a bersagliare lei e Juan di domande a cui nessuno dei due voleva rispondere.
Mina aveva fatto finta di niente, ma non riusciva a non pensare a quel gesto, apparentemente così innocente, ma così intimo e profondo. L'aveva chiamata a sé come una compagna, come un uomo che chiama la sua donna e lei si era sentita smuovere e di nuovo aveva ricominciato a volerlo. Rabbia e desiderio: le uniche cose che avevano in comune quei due.
Nel frattempo Luis e Pablo scortarono Juan e la sua amichetta verso la macchina, parlando senza sosta e facendo miriadi di domande alla coppia, che però sembrava essere altrove, almeno fin quando Luis non disse “splendida signora quella nera è a nostra macchina, spero che sia abbastanza per lei.”
In quell'istante entrambi si destarono dalle loro riflessioni, e mentre Juan rideva, Mina inorridiva. Era esattamente il mezzo di trasporto adatto a due malviventi, di quelli che giravano per le stradine del centro a velocità elevata, con la musica ad un volume inaccettabile. Quelli che gridavano insulti osceni dai finestrini e se non ci prestavi attenzione t'investivano, ti rubavano la borsa o peggio. Era cresciuta nei bassifondi, e sapeva bene cosa facesse certa gente, e questo ovviamente la spaventava a morte, ma non volle dimostrarlo.
Finse il suo miglior sorriso e rispose “splendida miei cari, sfortunatamente ho solo una piccola valigia, quindi non richiedo molto spazio” ma si sentì profondamente turbata e Juan glielo lesse in viso. Si sentì davvero in trappola una volta entrata in quell'auto e pensò subito che volessero rapirla per chiedere un riscatto o anche ucciderla. Chissà magari erano dei terroristi che volevano ammonire Myles, o l' America, oppure dei ladri in cerca di soldi facili. Quel pensiero l'allarmò talmente tanto da impedirle quasi di pensare e sentire qualunque cosa, rimase per qualche secondo in un cantuccio dell'auto muta e tesa.
Luis e Pablo nel frattempo si sforzavano di essere più gentili che potevano, ma con scarsi risultati: Juan come sempre faceva lo stronzo e ovviamente non diceva una parola. Certe cose non cambiano- pensò Luis- ed era stato un illuso a credere che il carcere l'avesse fatto tornare con i piedi per terra. Neanche la bella donna era di compagnia, anzi sembrava spaventata a morte. Luis si chiese se Juan le avesse detto dove stavano andando, perché lei sembrava troppo preoccupata. Le parlarono molto, mostrandole la città, le misero persino la musica, ma non l'aiutò a rilassarsi, non faceva che tamburellare con le dita sul finestrino, prestando molta attenzione alla strada. E poi Mina cominciò ad avere altri problemi.
“Tranquilla, non ti faranno niente, ci sono io e non permetterei mai a nessuno di farti del male. Siamo insieme e nessuno oserebbe toccarti.”
Le sussurrò all'orecchio baciandole dolcemente la base del collo, non sapendo neanche bene il perchè. Voleva tranquillizzarla, sembrava una gatta idrofoba, ed era palesemente spaventata, ma quelle parole sussurrate in quel modo e il successivo bacio la fecero rabbrividire. Non era forse ciò che ogni donna desidera sentire? Dannazione se ci sapeva fare! In ogni modo le mostrava disinteresse, e poi le diceva certe cose, la toccava dolcemente, la guardava in un certo modo e lei perdeva la testa. Era un seduttore nato, di quelli che vuoi o non vuoi ti fanno perdere la testa, ma lei non ci sarebbe caduta. In fin dei conti era o no una seduttrice nata anche lei? Quanti uomini avevano fatto follie pur di averla? Doveva solo tornare lucida, emettere un lungo sospiro di sollievo e rispondere a quella provocazione. Non disse nulla, prese il suo possente braccio, se lo portò intorno al collo e poi si stese sul suo petto, causando un aumento dei battiti del suo cuore.
Juan pensò solo “dannazione”. Cosa diavolo gli stava succedendo? Perchè aveva detto quelle parole? E che diavolo voleva dire quel bacio così spregiudicato?Ma soprattutto perchè ora le permetteva di stendersi sul suo petto? E perchè lo agitava così tanto? Si sentì mancare l'aria e quando si accorse che quegli splendidi occhi azzurri vispi e seducenti lo stavano squadrando perse per un secondo l'uso della parola, poi schiarendosi la voce le disse bruscamente “che diavolo vuoi?” E lei per reazione si allontanò offesa, ma non era quello che voleva. Non riusciva proprio a stare calmo con lei, non c’era nulla da fare. Avrebbe voluto prenderla per un braccio, stringerla forte e baciarla fino a farle mancare l'aria, ma non poteva e neanche sapeva perchè lo volesse, e fu allora che commise un enorme sbaglio tattico: la prese per il braccio e tirandola a sé la mise esattamente nella posizione di qualche secondo prima, causandole un tremito così forte da permettergli di sentirla tremare. Le lancio solo uno sguardo, ma stranamente molto dolce e Mina lo fissò sconvolta, e allora signore e signori avvenne un miracolo: lo sguardo di Mina gli piacque talmente tanto da spingerlo a sorridere anche se solo per pochi minuti.
Fu un viaggio lungo, pieno di sguardi furtivi e attimi intimi in cui lei lo guardava a fondo e lui si sentiva strano. Non aveva la minima idea di cosa volesse, ma sapeva che stare in quel modo, con lei stesa sul suo petto, gli provocava una reazione strana, che però gli piaceva da morire. Aveva un buon profumo, era morbida e calda e poi lo stringeva forte, tanto forte da farlo morire di desiderio.
E Mina? Cosa stava succedendo nella sua mente? Semplice: aveva perso il controllo. Dovete sapere una cosa che forse avrete intuito a questo punto: la regina Mìmi aveva sempre il controllo, di qualsiasi cosa. Lei controllava gli uomini disperati che la desideravano follemente, controllava Reta e chiunque altro, eppure non era stata in grado di controllare Juan. A questo qui neanche sembrava piacere! La trattava con disprezzo e disinteresse e lei stava veramente morendo. L ’afferrava, la lasciava andare e lei si sentiva quasi una bambola tra le sue braccia e le piaceva da morire. Solo che lo aveva appena scoperto, aveva appena appreso che perdere il controllo, di tanto in tanto, era la cosa più eccitante del mondo. E così se ne stava tranquilla sul petto possente di quell'uomo che avrebbe potuto distruggerla se avesse voluto, sperando solo di non farsi troppo male e di non umiliarsi troppo. Tutti i suoi iniziali timori erano passati in secondo piano, aveva deciso che, qualunque fosse stata la sua destinazione finale, voleva godersi il viaggio.
nota:
Eccoci qua, adesso avete più dettagli sul passato di Juan, che ne pensate? Sarà stata una buona idea quella del viaggio nella sua città? E che cosa succederà a questi due? Fatemi sapere, io vi aspetto.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: la tana del lupo ***


Attenzione: leggete prima il capitolo 8 se non lo avete fatto

Capitolo 9: la tana del lupo.
 
“E' meglio se loro pensano che c'è qualcosa tra me e te... Non farti strane idee, però, tu non mi piaci.”
Le aveva ringhiato a voce bassa, gettando i bagagli per terra e lasciandola sola in quella strana stanza a riflettere su tutto ciò che le era appena successo. Era molto confusa e quasi preoccupata, ma tutte le sue perplessità su Juan erano state spazzate via da un pensiero che l'assaliva e le impediva di respirare: dove diavolo era finita?
Si aspettava una casa semplice ed invece la villa di Calavera era letteralmente immensa, ispirata alla Casa Bianca. Mina si guardò un attimo intorno e la sua stanza le parve pulita, anche se decisamente di pessimo gusto. C'era un enorme specchio con strane teste di leone incise, un bell'armadio e aveva persino un piccolo balcone e un bagno privato. Sì ma...chi abitava in quella casa? Tutto lo strano rituale a cui aveva assistito l'aveva lasciata senza parole e piena di dubbi sulla sua incolumità. Era in pericolo? Era stata rapita? Non lo sapeva, ma le conveniva fare finta di niente ed essere gentile o chissà che diavolo le avrebbero fatto quei matti. Si accorse che nel suo bagno c'era un'enorme vasca, con finissime zampe di leone. Rise pensando a quanto fosse tutto così di cattivo gusto, ma annusando il bagnoschiuma che le avevano lasciato, decise che annegare per un po' le avrebbe permesso di calmarsi e vedere tutto con più chiarezza.
 Era così: immergersi completamente nell'acqua bollente l'aiutava a razionalizzare, e persino a rilassarsi. La sua psicologa diceva che amava così tanto fare il bagno perché inconsciamente le ricordava sua madre, l'utero e quel legame che le era mancato tanto; quindi non era positivo, era come rivangare ricordi atavici perduti per sempre, ma lei non dava peso a quelle parole perchè nulla la faceva stare meglio di un lungo bagno bollente. D’altronde se avesse ascoltato tutte le parole della sua psicologa, la sua vita sarebbe stata una persona totalmente diversa. Le piaceva l’acqua, restava immersa completamente fino ad sentire un dolore forte ai polmoni, e solo allora tirava fuori la testa e respirava affannosamente. Le piaceva annegare per un po' e l'aiutava anche a sentirsi viva e per un attimo pensò che per questo le piaceva tanto Juan: sembrava così pericoloso, da farla sentire incredibilmente viva.
Al piano di sotto, invece, Juan doveva rispondere a milioni di domande che la sua strana famiglia gli stava ponendo. Si erano comportati tutti in modo strano, e ogni suo tentativo di celare almeno in parte il suo passato a Mina per non terrorizzarla era andato a farsi benedire immediatamente una volta appoggiati i piedi nel giardino di casa. L'avevano ristrutturata e ingrandita, ora sembrava un'enorme reggia molto di cattivo gusto, ma Mina non gli aveva detto nulla, cominciava a credere che neanche potesse più parlare dalla paura, poveretta. E di certo il comportamento di suo fratello e sua madre non l'aveva aiutata a rilassarsi: una volta entrati Carlos era giunto a braccia aperte a salutare il suo fratellino, ma da sotto alla giacca aveva fatto capolino la sua solita pistola e questo aveva sicuramente aumentato i timori della bella modella, che gli aveva stretto fortissimo la mano in quell'istante. Un solo cenno con la testa era bastato per far capire a suo fratello che, sebbene fosse un mercante d'armi, non era una cosa educata accogliere una giovane fanciulla mostrandole una pistola, e lui immediatamente si era ricomposto ed era stato molto galante con lei, che però non si era minimamente tranquillizzata. E come poteva?
“Ay mi hermano, te ne sei scelta una incredibilmente bella, ti ha fatto bene andare a New York, sono migliorati i tuoi gusti”
Gli aveva detto Calavera scrutandola dalla testa ai piedi in modo così lascivo da far tremare lei, e far sentire in imbarazzo lui, ma non gli fu necessario dire nulla perchè prontamente qualcuno giunse a riprendere Carlos.
“Oh bene Juan, mi mancava solo un'altra bella brunetta per casa, grazie. Faccio così poca fatica a tenere mio marito con i pantaloni alzati.”
Gli gridò quasi dallo stipite della porta la sua splendida cognata che se ne stava ad osservarli da lontano, fumando una lunga sigaretta affusolata. Aveva sempre trovato Clarita incredibilmente bella, una bellezza ispanica invidiabile: bellissimi lineamenti, zigomi alti, occhi grandi e pieni di ciglia e un corpo ambrato e morbido. Era invecchiata rispetto all'ultima volta che l'aveva vista, doveva aver raggiunto la quarantina ormai, ma era comunque splendida, anche se due gravidanze avevano lasciato un segno molto marcato sul suo corpo, e non aveva più quei fianchi da ballerina cubana che avevano fatto innamorare Carlos a tal punto da portarla in America e sposarla a soli due giorni dal loro primo incontro.
Non le rispose acidamente, perchè la capiva. Suo fratello non era mai stato un uomo fedele, e probabilmente con il passar del tempo lo era diventato ancora meno. Ogni weekend infatti si concedeva lunghe orge con prostitute, e a volte lo faceva anche durante la settimana. Inoltre possedeva un club malfamato e adorava scegliere personalmente ogni ballerina. Juan si era sempre rifiutato di partecipare a quelle lunghe serate di Carlos dedicate al vizio e alla lussuria, perché aveva un’idea diversa del sesso e per questo spesso avevano insinuato che lui fosse meno virile o addirittura effeminato. Ve lo immaginate come aveva risposto, vero?
Certo che anche suo fratello era invecchiato, i segni del tempo e delle azioni malvagie commesse erano rimasti impressi in modo indelebile sul volto tondo di quello che una volta era stato il suo eroe, in un'epoca tanto remota da sembrare quasi immaginata. Accanto alla bocca la pelle si era increspata in tantissime minuscole rughe e anche accanto agli occhi. Era ingrassato, e aveva perso anche molti capelli, ma restava sempre il leader autoritario e carismatico che era sempre stato, quello dai modi brutali e rozzi, che sottoponeva le reclute ad un addestramento tanto duro da ucciderne qualcuna, ma i suoi uomini continuavano a portargli rispetto, e a giudicare da come portava la pistola utilizzava sempre il solito metodo di repressione con i ribelli: un colpo rapido e imprevedibile alle ginocchia.
Mentre suo fratello litigava con Clarita improvvisamente qualcuno apparve in cima alle scale, e lui non poté trattenere un sorriso. Era molto che non la vedeva e non la sentiva, e anche se non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, gli era mancata tanto. Anche lei era invecchiata, ma restava comunque splendida e regale. I suoi lunghi capelli ondulati, ormai grigi e neri, erano raccolti in uno chignon ordinato, e il suo contegno era sempre quello di una principessa Maya, ma il suo sorriso dolce e lo sguardo tenero era quello di una madre che accoglie un figlio a lungo creduto perduto. “Juanito come sei cambiato...” Sussurrò quasi sua madre, portando su di sé l'attenzione di tutti i presenti. Fu allora che la lasciò, che abbandonò la modella per correre dalla donna che l'aveva generato, ma lei con fierezza e contegno impeccabile, alzò una mano e disse “Conosci le regole, le conoscete tutti: accanto all'ingresso c'è un cestino, Clari prendiglielo, così che potranno posarle. Non si entra con certe cose in casa mia”
In quel momento si girò per scendere le scale e la vide: smarrita e un po’ spaventata stretta nell'angolo accanto alla porta. Quello che fece dopo gli venne spontaneo: le sorrise, e accarezzandole la guancia le sussurrò all'orecchio “non c'è motivo di avere quella faccia sconvolta, è meglio per tutti se ti calmi. Te lo ripeto: non c’è nessun pericolo”
Ma lei non aveva reagito come la ragione suggerisce, anzi si era allarmata ancora di più, e quando Clarita aveva cominciato a porgere a tutti i presenti il cesto per la raccolta delle armi, lei era quasi inorridita. La signora Jimenez era profondamente contraria all’idea che suo figlio girasse con un’attricetta che va in giro nuda, ma le fece tenerezza, così le disse cortesemente “Tesoro suppongo che tu non sia armata...vieni qui, così potrò ammirare la tua bellezza da vicino.”
E fu allora che Juan ammirò la forza di quella giovane opportunista, che sorridendo si fece coraggio e andò a salutare sua madre, che l'abbracciò e scrutandole bene il viso le fece molti complimenti, tranquillizzandola per un secondo, uno soltanto però, perchè Clarita giunse a lui e quando estrasse tutte le armi con cui andava in giro, Mina spalancò gli occhi e lo guardò con orrore, mentre Carlos gongolava perchè “il suo fratellino usava ancora la sua riserva speciale, altrimenti come avrebbe mai potuto passare tutti i controlli in aeroporto?”
Decise allora che per quella giovane donna che veniva da un mondo così diverso era stato tutto troppo, così contro il parere degli altri la scortò nella stanza che aveva fatto predisporre per lei, e l'aveva lasciata sola a calmarsi.
Dopo un'ora di domande a cui non aveva risposto e rimproveri che non aveva ascoltato decise di salire di sopra a vedere come stesse quella ragazzina. Lasciò tutti di stucco alzandosi e andando via senza dire una parola e s'incamminò lungo le scale senza sapere bene cosa dire e cosa fare. Dirle “non ho intenzione di farti nulla” gli sembrava troppo diretto, eppure era quello che ci voleva in quel momento, quindi doveva solo trovare altre parole per dirglielo senza farle paura.
Bussò alla porta per un po', ma lei non rispose e questo lo preoccupò, temeva che uno stress eccessivo l'avesse fatta svenire o peggio, così aprì la porta e non la trovò. Agitato corse con gli occhi al balcone, sospettando che avesse tentato di scappare, ma era chiuso, e poi si accorse che la porta del bagno era aperta, così le chiese se era lì, ma ovviamente non ricevette risposta e il terrore lo spinse ad entrare e quello che vide lo spaventò a morte: il bagno era pieno di vapore acqueo, gli specchi erano appannati e non riusciva a respirare per il caldo, ma di Mina neanche l'ombra. L'acqua però scrosciava in abbondanza nella vasca, così si decise ad avvicinarsi e la vide: nuda, immobile, completamente immersa nell'acqua. Per un istante si affacciarono nella sua mente le peggiori ipotesi: pensò che era svenuta, o che si era sentita male nell'acqua, così senza pensarci la prese in braccio e la tirò fuori dall'acqua gridando “Cazzo, Mina stai bene?” e quando lei con la testa appoggiata sulla sua spalla rispose “stavo meglio prima che tu mi afferrassi barbaramente come se fossi un pacco, ma tu proprio non ce la fai a rispettarmi: mi prendi, mi tiri, mi spingi, boh comincio a pensare che evidentemente questa sia la tua idea di preliminari”
La guardò finalmente e si accorse che aveva gli occhi aperti e che era nuda e bagnata, appoggiata suo corpo. D'istinto la lasciò e si allontanò, e lei ovviamente cadde e lo fissò malissimo.
Gli aveva fatto un’accusa molto pesante e Juan per un istante pensò a cosa dire e poi, inaspettatamente gli venne fuori un “scusami”.
Mina sorrise, allora e lui le passò un asciugamano, ma senza guardarla aggiunse “non sono uno violento con le donne”.
“Quindi sono solo stata fortunata?” gli disse Mina ridendo, ma lui non rispose. Non voleva guardarla, era stato tutto troppo imbarazzante ed ora era bagnato fradicio e guardando il pavimento. Si accese una sigaretta e tuonò “ti sarei molto grato se evitassi di suicidarti in casa mia...troppe domande...ma se proprio vuoi possiamo prendere una stanza a Los Angeles, così avresti la location adatta per un suicidio in grande stile.”
Allora ridendo Mina uscì dalla vasca e rispose “mi stavo solo rilassando dopo una lunga giornata decisamente strana.”
Calò un attimo di silenzio tra loro e poi, finalmente, Mina gli sussurrò quasi “chi è veramente Juan Jimenez?” e lui rimase per un attimo senza parole. Nessuno glielo aveva mai chiesto, in realtà. La maschera che aveva indossato, quella dell’assassino spietato e gelido che non prova mai nessuna emozione aveva sempre retto e spaventato le persone, che non si erano mai avvicinate troppo a lui. Eppure lei evidentemente aveva capito qualcosa. Quella maschera era terribilmente simile a quella di Mina, e lui aveva cominciato a capirlo. Così fissandola negli occhi rispose “e chi sei tu, Mina Shatner? Insomma … quella biografia è piena di cazzate, non è vero?”
Mina gli sorrise e poi fece una cosa assurda. Si stava avvolgendo un asciugamano intorno ai capelli, era struccata e bagnata ma con dolcezza gli disse “sediamoci e parliamone. Magari…non in bagno però…” e Juan scoppio a ridere. Certo sul suo letto era assolutamente escluso, così Juan si sedette accanto allo scrittoio e lei si appoggiò al letto.
“chi comincia?” chiese lei sorridendo e a Juan venne un’idea terribilmente stupida, così le chiese “posso prendere la macchina fotografica?” e lei annuì soltanto. Erano entrambi confusi, ma Juan aveva notato che lei era molto naturale e voleva assolutamente approfittarne. Così ritornò dopo qualche minuto e fissò la macchina fotografica allo scrittoio e fece partire la registrazione. Aveva deciso: l’avrebbe ripresa e poi avrebbe ricavato delle immagini dal video. La voleva vera, e così era verissima.
“Tutto quello che hai visto di sotto, tutto questo, non fa più parte di ciò che sono, ma non posso rinnegarlo perché è quello che ero. Sono una persona molto diversa da quelle che hai visto, ma prima ero uno di loro”
Mina sorrise con moltissima tenerezza allora, ma davvero non sapeva cosa pensare, non sapeva cosa aspettarsi, e lui aggiunse “ma tu non avere paura, per favore, fidati perchè mi sparerei piuttosto che permettere che ti succeda qualcosa. Sei una mia responsabilità e non ti accadrà nulla finché ci sono io a proteggerti.”
Fu in quel momento che la fissò dritto negli occhi, e lei sentì una strana sensazione: non era più spaventata o agitata, ma tranquilla e quasi persa nei suoi occhi. Quel sorriso, quegli occhi così dolci l'avevano convinta, ed era la prima volta. La prima volta nella sua vita in cui si fidava di qualcuno. Decise di abbandonarsi a lui, ma quando lui aggiunse “però sono poco paziente, quindi cerca di non farmi innervosire con tutti i tuoi capricci…” scoppiò in una fortissima risata.
“Non sto esattamente scherzando, non del tutto.” Aggiunse Juan imbarazzato, ma anche lui stava ridendo e poi aggiunse “…io sono stato ai patti, ora tocca a lei signorina Shatner…”
Lei sorrise amaramente, perché non poteva davvero parlargliene. Così con dolcezza sussurrò “non posso dire molto, per contratto. Shatner non è neanche il mio vero cognome, comunque.”
“Prevedibile” pensò lui, sentendosi un idiota totale per essersi esposto con una donna che non aveva nessuna intenzione di esporsi a sua volta, ma Mina aggiunse “Una cosa però posso confessartela: non ho idea di cosa ci sia scritto in quel libro, nessuno mi ha chiesto nulla. Non ho mai rilasciato dichiarazioni o interviste, è stato tutto abilmente scritto da una donna che io non ho mai visto. La persona…le persone che gestiscono la mia immagine hanno organizzato tutto, scelto cosa scrivere e io ci ho solo messo questo faccino…”
Era uno strano mistero quella donna, ma era stata sincera e davvero le dispiaceva di non poter parlare, e Juan decise di non insistere.
“C’è un mistero losco da scoprire anche nella vita di Mina Shatner, quindi?” le disse ridacchiando e poi si rese conto di una cosa: stava flirtando con lei. Proprio lui, che non lo aveva mai fatto con nessuno.
“Credo ci sia un mistero losco in tutte le persone, signor Jimenez…” rispose lei, con lo stesso tono suadente ma poi la loro conversazione fu interrotta dal cellulare di lei e Juan la salutò con un cenno della testa, lasciandola a Jen e alle sue mille considerazioni.

Nota:
Allora che ne pensate di questi due? Iniziano a parlarsi, ma inizieranno anche a piacersi? E che ne pensate della famiglia di Juan? Fatemi sapere

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 la solitudine ***


Capitolo 10: la solitudine
Mina era rimasta sola nella sua stanza a riflettere e a tormentarsi di domande. Lui non aveva voluto che lei lo seguisse per cena, le aveva portato il cibo in camera dicendole che pensava fosse troppo stanca per affrontare le domande della sua famiglia, e lei lo aveva ringraziato, ma poi era scoppiata in una fortissima risata guardando il vassoio, perché tranne due foglie d’insalata non c’era assolutamente nulla che potesse mangiare, anche se tutto emetteva un profumino davvero delizioso. Passò la serata da sola, e per tutto il tempo pensò soltanto a quella strana giornata che le era capitata e a quelle frasi di Juan. Si fece migliaia di domande su Juan e poi anche su Myles. Si chiese se Myles sapesse chi lui fosse, se si fosse arrabbiato nello scoprire chi lei avesse scelto come fotografo. Era finita con Myles? Non l’aveva mai chiamata in quei giorni, e neanche scritto, ma lei davvero voleva sentirlo? Le tornarono alla mente le parole di Juan, il suo sguardo e il tono con cui le aveva pronunciate e fu scossa da una specie di scarica elettrica. Le piaceva, davvero troppo. Tutta quell’aura di mistero la intrigava ancora di più, ma le piaceva anche parlare con lui. Si era pentita di non avergli detto altre cose, di non avergli chiesto di restare. E poi sbuffando forte si disse solo “bene Mina ora sei pazza di quest’altro tizio, sei finita in un guaio ancora peggiore, complimenti”, ma poi il suo cellulare suonò e lei scoppiò in una fragorosa risata. Non era Myles, ma era il suo primo amore, quello che l’aveva definita pubblicamente “la regina di ghiaccio insensibile al dolore”e lei si era completamente dimenticata di avere una cosa da dirgli.
“Quindi Swanson?” rispose ridacchiando e a lui saltò un battito. Adesso faceva anche finta di niente?
 “…quindi Shatner stasera è l’anniversario della prima notte a Roma…”
Era vero, ma lei lo aveva completamente dimenticato. Eppure un anno prima ci era stata malissimo per quell’anniversario, tanto da chiamarlo in lacrime per chiedergli se davvero l’avesse dimenticata. Mina sorrise dolcemente e disse solo “ah…già!”
Greg s’irrigidì allora. Evidentemente lo aveva dimenticato, forse aveva sbagliato a lasciarle tanto spazio, ma c’era stata anche un’altra ragazza nella sua vita in quei dodici mesi e lui si era stancato di lasciare a Mina continui messaggi a cui lei non rispondeva.
 “…e poi non mi hai detto che ne pensi del cd che ti ho fatto avere in uno sforzo di magnanimità…”
Aveva la pelle d’oca, ma era sempre quello l’effetto che gli faceva quella strana donna. Si sentiva sempre come una marionetta nelle sue mani così piccole e affusolate e per questo provava ad avere relazioni con altre, ma nessuna gli dava le stesse emozioni.  Eppure questa volta aveva un motivo molto valido per essere agitato. Non stavano più insieme da qualche anno ormai, ma la loro era stata una storia epica e lui non l’aveva mai realmente dimenticata. Era rimasto un forte affetto tra di loro, ma lui ora voleva qualcosa di più.
“Non ho finito di ascoltarlo, ad essere sinceri e adesso sono partita quindi…boh…” rispose Mina, contenta di poter tornare di nuovo ad interpretare la parte della regina con qualcuno e lui scosse solo la testa, ma l’indifferenza di lei era una pugnalata al cuore.
“…ma ho ascoltato la 12, quella che volevi ascoltassi, mi è parso di capire…” sussurrò con molta dolcezza e Greg spalancò gli occhi. Le aveva letteralmente evidenziato in rosso quella traccia e aveva sottolineato anche il testo. Era una bella canzone, oggettivamente, ma Greg era sempre stato straordinario con le parole. Parlava di due persone ormai lontane, che avrebbero tutti i motivi per stare insieme, ma che si sono separati per errore ed ora non riescono a ritrovarsi più e neanche a capirsi. Eppure in quella canzone c’era una frase con una richiesta precisa: “se io lo facessi ancora, se abbandonassi tutto e corressi da te, tu saresti solo mia almeno per un po’?”
“E quindi devi dire una parola ogni quindici minuti per farmi sentire ancora più nervoso?” le aveva detto con uno strano tono fragile e Mina aveva riso. Sapeva cosa volesse da lei, ma in quel momento della sua vita  era davvero l’ultima cosa che le passava per la testa, però gli voleva molto bene.
“Non avevo capito di dover dire molte parole Swanson…”sussurrò lei piano, ma lui stava letteralmente morendo e con gli occhi chiusi sussurrò piano “basterebbe un sì…”
Mina si intristì profondamente, allora. Non poteva dirlo quel sì, perché per quanto bene gli volesse, non voleva più essere sua. Era francamente stanca dei drammi e delle donne a tutte le ore. Greg, come Myles, diceva parolone che non era in grado di dimostrare. E lei aveva già abbastanza confusione nella testa con la storia di Juan e Myles.
Sospirò forte allora, e disse solo “e poi chi lo dice a tua moglie?”e Greg rise, perché sapeva che avrebbe risposto esattamente così.
“Glielo dico io, se mi dici di sì. Le dico che resterà sempre la mia migliore amica, ma l’amore della mia vita è un altro…”
“E alla mia collega Sandra? A Janet dei Roshos e a…aspetta chi era la terza?” aggiunse ridendo e Greg capì che era seccata per quei tradimenti e sussurrò solo “vuoi che io elenchi tutti quelli con cui sei stata tu o va bene solo se dico gli ultimi 15 di cui ho saputo?”
“Greg” sussurrò lei piano e lui chiuse gli occhi pregustando quello che sarebbe venuto dopo. Vedete lui era sicuro al cento per cento di quel sì, Mina gli aveva sempre detto sì.
“Smettila di dire cazzate romantiche ed impara a dimostrare le cose, invece di dirle.”
Rimase folgorato dalla sua freddezza e per un attimo non seppe cosa dire, ma poi lei aggiunse “nessuno scrive le canzoni come te, ho sempre pensato che in un’altra vita saresti stato un poeta, ma Greg: sono tutte cazzate.”
“Sei arrabbiata per Sandra?” le sussurrò piano e lei ridendo rispose “no, assolutamente. Ho solo imparato a non fidarmi di voi uomini chiacchieroni. Va’ da Shane adesso e passa la notte con lei. O con chiunque altra ci sia nel tuo letto stasera, e non dire nulla perché lo so che c’è qualcuna. Io me ne vado a dormire…”
 “Con chi?” chiese lui stravolto ma lei orgogliosa rispose “da sola, finalmente.”
Si stese a letto e con gli occhi chiusi cominciò a pensare a Juan, che a sua volta non aveva smesso un attimo di pensare a lei.
Si era comportata bene, fin troppo bene. Era gentile e taciturna, ma non era sicuro di aver fatto la scelta giusta: voleva farla riposare e evitarle ulteriore stress, ma tenendola chiusa in una stanza forse l'aveva spaventata ancora di più. Probabilmente non sapeva cosa pensare di lui, e a quel punto non lo sapeva più nemmeno lui chi diavolo fosse quel tizio che flirta con le ragazzine e allunga le mani. Aveva riguardato due volte il video che le aveva fatto in accappatoio e sebbene non fosse per nulla sexy, la trovava terribilmente bella. La desiderava tanto, troppo, e il fatto che anche lei non facesse nulla per nascondere che lo volesse così tanto rendeva tutto più complicato: si sentiva apprezzato e desiderato per la prima volta in anni ed anni, e sapeva che prima o poi avrebbe ceduto a quegli occhi indagatori e a quelle lusinghe. Non voleva ferire sua moglie, non voleva tradirla, ma la modella con tutte quelle attenzioni e quegli sguardi lo faceva andare su di giri e lo aveva spinto a chiedersi se provare un'altra donna non fosse la cosa giusta.
 Non toccò cibo e tutti i commensali si preoccuparono, ma sapevano che fargli domande era inutile: Juan parlava solo quando ne aveva voglia, e forzarlo era inutile perchè non faceva che chiudersi ancora di più.  Aveva un caos totale nella testa e nel cuore e poi improvvisamente lei lo chiamò. Juan si alzò dal tavolo e con un sorriso scappò in giardino a rispondere al telefono;gli aveva letto nel pensiero, ma come aveva fatto? Era felice di sentirla perchè si sentiva in colpa nei suoi confronti, e l'idea che gli stesse pensando lo fece sorridere, ma solo per un istante:
“Allora siete arrivati? Come sta Mina? Le hai trovato una buona sistemazione, vero?”
Gli disse distrattamente Beth, deludendolo profondamente, ma lui non volle dargliela vinta così mostrando indifferenza le rispose“Certo” e lei non capì, non si rese conto di averlo offeso, non si rese conto che lo stava allontanando, così disse “Fantastico. Mandami le prime foto appena puoi, e mi raccomando: falla sempre felice. Dalle tutto quello che vuole, capito brontolone antipatico? Buonanotte.”
“E tu invece dove sei?” le chiese, con uno strano tono fragile nella voce, ma Beth si mise soltanto a ridere e rispose “ Non vuoi davvero saperlo Juan, ne abbiamo già parlato…”
Perfetto, lui annegava nel senso di colpa e lei invece faceva quello che lui non riusciva a concedersi. Si poteva davvero continuare così?
 “…e se volessi saperlo, invece?” le chiese, con quella stessa fragilità di prima, ma Beth non lo notò e ridendo rispose “…sono a casa. C’è Tom…”
“C’è Tom nel nostro letto quindi…”  ringhiò, ma Beth sbuffò e lo liquidò con un “…devo andare, ti amo, buonanotte”.
Non disse nulla, ripose il cellulare e rimase per un istante a guardare il cielo chiedendosi quale donna fa al suo uomo ciò che Beth gli stava facendo, e poi il suo sguardo andò involontariamente a cercare la finestra di Mina, e la fioca luce che vide gli diede un brivido fortissimo. Voleva tornare da lei, voleva parlarle ancora e conoscerla, ma come poteva fare? E soprattutto: era giusto farlo? Tornò a tavola nervoso e poi sorrise: sua madre aveva fatto preparare del gelato alla vaniglia con frutta, in onore della sua ospite costantemente a dieta, così decise che era la scusa perfetta per parlarle ancora.
Nota:
Ciao a tutti, ho pensato che fosse meglio un capitoletto più piccolo, dato che gli ultimi erano davvero immensi. Stavolta non voglio chiedervi che ne pensate di Juan e Mina, ma che ne pensate di Greg e Beth? Vi piacciono? Fatemi sapere, vi aspetto.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: la bambina e la bestia feroce ***


Capitolo 11: la bambina e la bestia feroce.
Prese due coppe e si recò al piano superiore, ma non voleva svegliarla, così sfiorò la porta con il bicchiere e rimase in silenzio ad attendere. Quando gli aprì lo guardò sorpresa e disse “Era aperto...” ma lui le porse il gelato e chiese “posso?”
Mina rimase senza parole...cosa voleva fare in camera sua con il gelato? Certo non era il primo uomo a proporle giochini erotici con il cibo, ma nessuno lo aveva fatto subito, tutti avevano aspettato per lo meno il secondo o il terzo incontro. Ovviamente gli permise di entrare, e si accomodarono di nuovo nei posti di poco prima.
“Non ti è piaciuta la cena?” le chiese preoccupato e Mìmi esplose in una dolcissima risata e stringendo le spalle rispose “io non posso mangiare quelle cose…”
Juan rimase per un attimo interdetto, immaginando allergie o altre cose di cui non gli avessero parlato, ma poi Mina prendendo un pezzo di mela dalla sua coppa di gelato sussurrò “non posso mangiare quasi nulla. Neanche questo fantastico gelato. Altrimenti ingrasserei e…”
“Che sciocchezza!” Le disse, esplodendo in una bellissima risata che scaldò letteralmente il cuore di Mina, e la spinse a prendere anche un chicco d’uva.
“Non ti ricordi le parole di Jen? Se ingrasso dovrò pagare una penale per ogni chilo e non sono penali da poco…”
Juan alzò gli occhi al cielo, perché era davvero una grandissima cazzata, ma poi le sorrise e in un sussurro le chiese cosa dovesse farle preparare per evitare di lasciarla a morire di fame.
“Mi stai dicendo che Jen non ti ha inviato il mio menù settimanale? E’ molto strano…” disse lei perplessa, ma Juan stringendo le spalle rispose “pensavo non ti servisse. Insomma immaginavo fossi almeno libera di mangiare quello che vuoi…” e questa volta fu Mina a ridere, tanto forte da farlo sentire in imbarazzo.
“Io non sono mai libera, Juan Jimenez. Mai nella vita.” Rispose fissandolo profondamente negli occhi e lui sussurrò solo “e riesci ad essere felice?” ma non le fu necessario rispondere, perché Juan lesse il disagio nella sua espressione.
“Volevo chiederti una cosa” aggiunse e Mina lo fissò profondamente negli occhi, in modo tanto languido da togliergli il fiato. Erano ore che quella domanda galleggiava nella sua mente e si era stufato di chiederselo, senza guardarla chiese “ Adesso che hai avuto modo di fare le tue ricerche, che avrai trovato su google tutta la storia. Cosa pensi di me?”
Mina rimase sorpresa, ma capì di avere un qualche ascendente su di lui e decise di sfruttarlo, e tutte le sue insicurezze svanirono. Scese dal letto in modo felino,e si avvicinò a lui. Gli accarezzò le labbra con il pollice rispose piano“non ho fatto ricerche, ho deciso di fidarmi di te. Ti ho promesso che lo avrei fatto, no?”
Il cuore di Juan letteralmente esplose e anche lei se ne accorse, così si sedette sulle sue ginocchia e sussurrò piano “…mi dirai quello che sta realmente succedendo e tutto quello che devo sapere quando lo riterrai giusto. Per adesso io penso solo che tu sia fantastico” e in un attimo Juan morì dalla voglia di baciarla. C'era qualcosa di strano nel suo sguardo e ora lui aveva capito cosa fosse: Mina non aveva paura di lui, neanche un po'. Quando lo guardava non aveva la stessa aria atterrita che gli aveva visto durante il viaggio, ma era solo curiosa, come una bambina che vede una bestia feroce per la prima volta e non capisce di essere in pericolo.
“Chiariamoci: penso anche che tu sia molto stronzo, cafone e stranamente spaventoso, ma fantastico e se tu me lo concedessi saprei davvero come renderti tanto felice bell'uomo.”
Era stata allo stesso tempo dolce e suadente, e ovviamente gli aveva fatto effetto, ma aveva di nuovo messo su la maschera e questo non gli era piaciuto. Pensava volesse conoscerlo, non soltanto portarselo a letto ed invece lei sembrava sempre interessata solo a quello. Così seccato scosse la testa e con un espressione di disappunto le ringhiò “Ma pensi davvero solo e sempre a fare sesso?”.
Mina ci rimase malissimo. Gli uomini generalmente volevano che lei gli parlasse così, ed invece Juan sembrava così scocciato da quella cosa. Così si alzò dalle sue gambe e rimise su i muri, recuperando un altro pezzo di frutta dalla ciotola del gelato ormai sciolto, ma poi Juan con un po’ di dolcezza aggiunse “…o è soltanto un fastidiosissimo ruolo che ti sei imposta di recitare?”
Quella frase letteralmente gelò Mina, che si girò a guardarlo con occhi spalancati. Ma come diavolo aveva fatto? Così strinse le spalle e sostenendo il suo sguardo rispose “…o forse è esattamente quello che voi volete sempre, no? E’ quello che volete sentirvi dire tutti, no?”
“Voi? Chi noi?Gli uomini?” le rispose divertito, ma Mina non rispose e lui aggiunse “…perché dobbiamo essere tutti uguali, no? Volere tutte le stesse cose?” e lei lo fissò insicura.
Juan pensò solo che fosse incredibilmente tenera, ma scuotendo la testa le disse solo “ma chi diavolo te le ha dette tutte queste sciocchezze, ragazzina?”
“Sono solo molto onesta Juan. E tu non immagini quanti uomini ho conosciuto…” rispose amareggiata e lui scosse solo la testa, ma fece una cosa assolutamente inaspettata. Si alzò e si avvicinò molto piano a lei che era ancora di schiena e poi sussurrò “sicuramente ne hai conosciuti più di me…” facendola ridere forte, ma poi lei girandosi si trovò a un centimetro dal suo corpo ed entrambi sussultarono nel finire occhi negli occhi, ma Juan non potè resistere e accarezzandole la guancia disse piano “…ma se tu ti fidi di me, forse è il caso che scopra chi sia tu. Forse è il caso che ci conosciamo senza stereotipi, senza quello che tutti vogliono sentirsi dire. Solo Mina e Juan…no?”
Mai, mai, mai aveva detto una cosa simile a nessuno e neanche alla sua Beth, ma la cosa che lo agitò di più fu che non era mai stato vero per nessuno. Però se le chiedeva di togliere la maschera, doveva spogliarsi anche lui. Così nervoso e a disagio abbassò lo sguardo, mentre lei lo fissava seria.
“Se dobbiamo fare questa cosa, forse è il caso che io ti dica che il mio nome non è Mina, ma Ahmina Rajmed, comunque…” rispose lei in un impeto di sincerità che le era venuto da chissà dove e Juan alzò lo sguardo con un sorriso e mettendole una mano sulla testa rispose acido “ah non Jessica Rabbit?Allora puoi anche smettere di comportarti come se fossi lei…” facendola scoppiare in una fragorosa risata.
Poi, però, tornò seria e afferrandogli il braccio spaventata disse solo “…però ti prego…” ma Juan non la fece finire e mettendole un dito sulle labbra  sussurrò solo “non lo dirò mai a nessuno, a costo della mia vita” e per un attimo si persero nella dolcezza dei rispettivi sguardi, prima che Juan sussurrasse “tanto io non parlo mai con nessuno, quindi…” e Mina pensò solo “baciami, cazzo” ma lui non lo fece. Pensò di aver davvero esagerato, così le accarezzò il viso e fece per uscire,malgrado le urla del suo corpo che desiderava Mina più di chiunque altro mai. Però non poteva, davvero. Non doveva cacciarsi in un guaio simile. Ora, Beth a parte, poteva davvero lasciarsi andare con una donna così? Instabile, libertina e pericolosa? No, Mina era l'ultima persona al mondo a cui aprire il suo cuore, eppure lo stava seducendo in maniera subdola e sottile.
“Buonanotte…” sussurrò lei, contenta perché si era resa conto che lui era letteralmente fuggito per non stare con lei e lui girandosi rispose“Buonanotte, domani sveglia alle sei.”
E quella sfacciata fece cadere la spallina sinistra del suo ridottissimo pigiama di cotone e rispose “beh se dobbiamo svegliarci così presto tanto vale dormire insieme...almeno siamo sicuri di svegliarci contemporaneamente, anche se dubito che dormiremmo io e te in un letto”
Juan alzò gli occhi al cielo e uscì senza parlare, rimproverandosi per l'errore commesso, mentre Mina gongolava sorniona. In certe occasioni sembrava lei la bestia feroce e lui il bambino indifeso.
Nota:
Allora che ne pensate di questi due? Sta succedendo qualcosa, siete d'accordo? Pensate sia sbagliato per loro avvicinarsi così tanto?

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: i capricci di Mìmi ***


Capitolo 12: i capricci di Mina.
 
Al mattino dopo non si trovò il bel fotografo in camera, come previsto, anzi fu una strana donna a svegliarla. Era molto alta e con degli strani capelli biondi e arancioni. Aveva un trucco marcato ed era vestita in modo piuttosto volgare.
“Signora Mina, mi chiamo Neide e non può immaginare quanto sia felice di conoscerla! Sono quasi senza parole! L'ho adorata in “Past time” e ho persino pianto quando il suo personaggio muore. Non mi perdo mai un suo post e non può immaginare quanto sono stata felice quando Juan mi ha chiesto di essere la sua estetista personale e di viziarla e coccolarla come solo una star del suo calibro merita. Non tema, sono molto brava ed esperta, e posso farle ogni tipo di massaggio e di manicure. Juan mi ha mandato a prendermi cura di lei, a prepararla...”
Era l’alba, era esausta e quella tizia stava parlando davvero troppo. Così Mina si sforzò per non essere sgarbata, ma non le venne benissimo chiese “ma che ore sono?”
La giovane donna la guardò con aria confusa, e lei rimase di stucco quando capì che in realtà era un giovane uomo vestito da donna.
“Le cinque e mezza…” sussurrò con fare incerto e Mina ringhiò “Oddio…” e si rigirò dall’altro lato. Era nervosa, ma quella povera ragazza non aveva fatto nulla, anzi era una fan, così decise di essere gentile e sussurrò “ascolta tesoro, grazie per tutte queste belle cose, ma io non mi faccio neanche guardare prima di aver preso il caffè. Ora vai a chiamare quello stronzo e cerchiamo di capire cosa vuole da me nel pieno della notte...” non riuscì a finire la frase, perchè il diretto interessato entrò e le tuonò “Come diavolo è possibile che non ti sia ancora alzata? Dobbiamo allenarci …”
Mina s'infuriò per il tono di Juan e per le sue pretese: era un essere umano anche lei non si poteva pretendere che fosse sveglia, attiva e bella in dieci minuti. Così gli gridò che non era un oggetto, e che non poteva trattarla in quel modo e che quanto meno aveva diritto ad un sorso di caffè prima di uscire ad allenarsi perché  era sfinita. Gli aveva tenuto testa, stava gridando e lo guardava dritto negli occhi, così lui smise di fissarla con arroganza e alzò la mano per zittirla, ma Mina urlò ancora di più, così lui si sforzò molto per non perdere la pazienza e poi disse “Scusa, pensavo che una come te non si muovesse di casa senza un trucco perfetto e che volessi fare colazione dopo gli allenamenti, ma se non è così dimmi cosa vuoi fare, non ti tratto da oggetto, basta solo coordinarsi.”
Lo fissò interdetta, non si aspettava un Juan democratico, così disse “Voglio un'enorme tazza di caffè prima degli allenamenti, e un termos con il caffè da sorseggiare durante. Inoltre, dato che sono un essere umano anche io, ovviamente sudo durante gli allenamenti, quindi una volta finito corro a fare una lunghissima doccia. Capisci perchè non ha senso farmi truccare ora? E non provare neanche a dire che potrei farmi truccare due volte perchè divento violenta sul serio. Una volta finito l'allenamento farò una doccia, poi colazione, poi quello che serve.”
Era logico e un tantino buffo, così sorpreso acconsentì, e le fece portare l'enorme tazza di caffè, per poi lasciarla a vestirsi, intimandole di metterci il meno possibile. Tredici minuti dopo Mina uscì dalla sua stanza con enormi occhiali neri, i capelli legati e una minuscola tutina da jogging, esclamando “sono pronta” e ridendo a crepapelle perché lui si era tirato su i capelli per allenarsi e sembrava terribilmente uno di quei samurai dei film e lui si risentì: doveva mantenere un certo contegno e si era alzato prestissimo per vestirsi e sistemare i capelli. Generalmente li teneva sempre sciolti sulle spalle, ma temeva potessero impedirgli la visuale e mettere in pericolo entrambi. Mina lo prese in giro per un po', come una fidanzata dispettosa, ma quando si accorse che al piano di sotto c'erano di nuovo Luis e Pablo si spaventò e lo guardò per chiedergli chiarimenti, che giunsero immediatamente “Mina non vogliamo rogne…”
Certo era logico, ma quei due ometti le mettevano i brividi.
Inevitabilmente la corsa dimostrò un altro aspetto del carattere di entrambi, che era già parzialmente emerso durante la partita a poker, ma che durante l'attività fisica raggiunse vette comiche: erano entrambi competitivi ai limiti del normale. Mina voleva dimostrargli di essere la più veloce, e più allenata. Adesso in tuta aveva visto meglio le sue spalle e i suoi bicipiti, quindi lei pensò fosse uno di quei noiosi ometti che si ammazzano di pesi, ma non sono in grado di correre per venti minuti, ma si sbagliava. Corsero completamente in silenzio per circa quaranta minuti, prima che lui cominciasse ad avvertire la stanchezza. Lei era una gazzella veloce, ma lui fumava troppo e questo ovviamente gli creava problemi, eppure non le avrebbe dimostrato debolezza. Si sforzò in modo sovrumano di tenere il ritmo di quella matta, che correva sorseggiando caffè senza minimamente scomporsi, ma dopo altri quarantacinque minuti non ce la fece più e dovette ammettere la sconfitta: non ce la faceva a reggere il suo ritmo, e dovette chiederle di rallentare anche perchè “I ragazzi sono collassati chilometri fa...dovremmo andarli a riprendere...”
 Mina rise. Era stanca, ma avrebbe tranquillamente potuto continuare. I suoi allenamenti soliti erano molto più duri, e correre un po' non le faceva quasi effetto. Si avvicinò e gli porse il suo termos di caffè con un sorriso. Recuperare Luis e Pablo era solo una scusa per non ammettere la sua debolezza, lei lo sapeva, ma stranamente decise di fare finta di nulla ed essere gentile. Rientrò a casa felice e sotto la doccia non riuscì a smettere di pensare a lui, a quel testardo bellissimo fotografo che le teneva testa così bene. Era un gioco così divertente: lui fingeva di trovarla poco interessate e lei doveva dimostrargli di essere migliore di lui, cosa c'è di meglio? Finita la doccia cercò degli abiti da indossare e finalmente guardò con attenzione la sua valigia e rabbrividì: Juan le aveva preso solo due outfit improbabili e la tuta da jogging. Possibile che non sapesse neanche fare una valigia? E poi Mina scoppiò a ridere guardando la maglia che gli aveva preso. Dove diavolo l’aveva tirata fuori? Rise, si scattò una foto da mandare a qualcuno e poi corse a fare colazione.  Giunse di sotto contrariata, ma quello che vide la fece sorridere: avevano imbandito un'enorme tavolo con ogni ben di Dio, non sapendo cosa preferisse le aveva fatto preparare di tutto per colazione, ed era lì ad aspettarla con quei lunghi capelli bagnati e l'aria pensosa.
Nel vederla non disse e non fece nulla, se non un sorriso, che voleva dire molte cose. Era giunta di sotto senza trucco, con i capelli al vento e indossando un jeans che non si ricordava neanche di avere e una tshirt del gruppo di Greg, ma lui la trovò straordinariamente bella. Pensò che senza conoscerla aveva indovinato una cosa di lei: doveva essere una ragazza terribilmente insicura. Senza il trucco perfetto e i vestiti da femme fatale, infatti, si mostrava per quello che era: una bambina, o poco più, esile e timida, e questo le faceva guadagnare punti ai suoi occhi.
A tavola c'erano moltissime altre persone e Mina salutò tutti con un po' d'imbarazzo, ma non potette sedersi accanto a lui perché c'era suo fratello, così si sedette in un angolo, ma lui immediatamente capì che si sarebbe sentita ancor più in imbarazzo da sola e prontamente disse “Carlos lascia il posto alla nostra ospite...” e suo fratello con un sorriso d'intesa disse “prego madame.”
Mina ricambiò i loro sorrisi e si sedette vicino a lui, che in quel momento si accorse di non averle presentato nessuno, così ringhiò “Neide, la tua estetista, la conosci. Quella alla sua sinistra, la tizia bizzarra con i capelli strani è mia sorella Josefina, la tua parrucchiera. Tranquilla, non ha il diritto di modificare i tuoi capelli, può solo acconciarli, ma come voglio io. Poi c'è mia madre Felipa, e Carlos e Clarita li conosci già...è tutto.”
Mina sorrise imbarazzata, ma rimase molto sorpresa dall'atteggiamento gentile e premuroso di Juan, che senza dire nulla le versò il caffè e provò a riempirle il piatto, ma lei sussurrò solo “no solo una mela, scusa…”
“Ma hai corso per un’ora e mezza come se una muta di lupi ti stesse inseguendo, avrai diritto a delle uova almeno?” le disse in tono burbero, ma lei alzò le spalle soltanto.
 Rispose a tutte le domande degli Jimenez dolcemente e poi fece una cosa assurda. Sussurrò piano “Juan mi fai assaggiare le tue uova?” Juan la fissò soltanto e lei gli rubò la forchetta e il coltello e mangiò un pezzetto minuscolo di quello che stava mangiando lui, lasciando per un attimo tutti senza fiato. Nessuno si avvicinava mai tanto a Juan, neanche Carlos osava farlo e tutti si chiesero come avrebbe reagito lui a quella strana intrusione, ma lui rise e basta e passandole il piatto le disse “sei davvero morta di fame, finiscile…” e Carlos fissò sua madre molto sorpreso.
“Non posso finirle, al massimo possiamo dividerle…” sussurrò lei con sguardo languido e finirono a fare colazione dallo stesso piatto, usando le stesse posate e sorprendendo tutti per quell’intimità strana che dimostravano.
“Ma quindi tu non asciughi i capelli…” gli disse con la bocca piena e lui annuì soltanto.
“E i capelli ti stanno giù così lisci?” chiese curiosa e lui scosse solo le spalle, ma gli si scaldò il cuore quando lei sussurrò “che ingiustizia. Davvero la natura oltre ad averti dato quegli occhi, ti ha dato anche capelli che stanno giù da soli senza che tu faccia nulla?”
“Senti chi parla…” pensò lui ma le sorrise e basta, mentre il gelo era sceso a tavola. Carlos non aveva ben capito cosa ci fosse tra loro, ma Neide gli aveva riferito della scenata di Mina al mattino e l’ idea di Juanito alma negra che si fa insultare e urlare contro da una donnetta lo aveva lasciato esterrefatto. Ora li osservava da lontano e aveva capito quello che aveva capito Juan la sera prima: lei parlava con lui senza nessun tipo di timore e lo prendeva anche in giro e a Juan non sembrava neanche dispiacere. Possibile fosse cambiato così tanto?
“Senti Juan…” sussurrò lei piano ad un certo punto e lui la fissò profondamente. Pensò solo che fosse bella quasi da far male a quella distanza, ma lei aggiunse “io...non ho vestiti.”
Juan sorrise sorpreso, si aspettava che quella fosse la prima frase di Mina una volta arrivata a casa sua, e credeva che l'avrebbe detta come una bambina viziata, sbattendo i piedi in terra, gridando e persino piangendo, ma evidentemente la bambolina era più sveglia di quanto pensasse...
“Lo so, dopo la colazione e il trucco andremo con Neide e Josefina a comprare abiti nuovi. Non avevi nulla di adatto...”
E fu in quell'istante che sorridendo gli chiese una cosa che lo fece ridere: avvicinandosi fin troppo al suo viso gli sussurrò sensualmente “neanche la mia biancheria intima era adatta? Non hai preso nulla...”
La verità era che scegliere i suoi vestiti lo imbarazzava, ma vi ricordate come aveva reagito a contatto con il quarto cassetto? Si era avvicinato ad un altro dei suoi cassetti cercando il suo pigiama e ne aveva aperto uno che conteneva preservativi, creme e strani aggeggi utili a scopi sessuali. Così, rosso come un ragazzino, lo aveva immediatamente richiuso e aveva deciso di non toccare più i suoi cassetti, quindi aveva preso solo un paio di cose che erano in giro.
Si mise a ridere e le rispose “beh meglio comprare tutto nuovo...tanto pagano i tuoi capi...” E lei annuì ricambiando il sorriso.
Juan pensò che l'avesse presa davvero in modo sportivo, ma cambiò idea quando la diva si accorse che la stava portando al centro commerciale, fu allora che si tenne la scena madre. All'inizio pensò che fosse uno scherzo, non fece che sorridere e dire di tanto in tanto“fantastico, davvero, peccato che non ci credo!”
Quando poi parcheggiò e le aprì lo sportello lei sbarrò gli occhi e cominciò a gridargli contro. Juan se lo aspettava, ma rimase comunque un po' deluso. Sapeva razionalmente che lei avrebbe reagito così, da bambina viziata, ma sperava che non lo facesse. L'aveva sorpreso su molte altre cose, e inconsciamente sperava che potesse sorprenderlo anche su quello, ma non lo fece. Continuò a gridare che “lei era la modella più famosa di Manhattan, la donna più desiderata al mondo”e cose così, fino a quando lui non perse la pazienza e risalendo in macchina disse “Bene, rinuncio ai soldi, ne ho abbastanza di te. Non mi pagano abbastanza per sopportare tutto questo.”
Era tutto calcolato, sapeva che lei non poteva fare a meno di lui, ed infatti si ammutolì offesa, e finalmente potè spiegarle il suo piano con toni un po’ più dolci “vogliono dipingerti come una donna comune, ti rendi conto vero che non puoi indossare quello che indossi normalmente? Devi essere semplice, per questo ti ho preso solo quei vestiti che hai trovato in valigia.  Per questo ti ho portato qui, ma ho sbagliato a credere che una come te avesse avuto l'umiltà e, perchè no, lo humor di indossare vestiti da comune mortale. Adesso ti riporto in aeroporto, così che tu possa tornare alla tua vita e io possa finalmente vivere in pace e liberarmi di te.”
L'idea di Juan tutto sommato era giusta e lei era stata incastrata, così ammise tristemente “mi fanno fuori se con te non funziona...lo sai, no? Quindi ok, mettimi i sacchi dell'immondizia addosso, non importa, non importa più nulla. Sei tu che comandi, quindi va bene, va bene tutto. ”
Aveva l'aria avvilita, ma per lui fu comunque un trionfo. Lo seguì per negozi, provò gli abiti che sceglieva per lei, si fece acconciare i capelli e non disse nulla per tutto il tempo. Si comportò con Juan come una regina decaduta che accetta di farsi scortare al patibolo: continuava a tenere la sua aria fiera e fissava quei vestiti con disprezzo, ma non parlava e eseguiva gli ordini senza discutere. Dopo tutto il suo amico aveva il coltello dalla parte del manico e lei davvero non poteva fare altro che obbedire, ma gli avrebbe tenuto il muso per tutto il tempo.
Nel frattempo il nostro amico fotografo era nel bel pieno di una crisi di coscienza: certo stava risparmiando molto sui vestiti, ma era stato davvero rude con lei e il suo atteggiamento offeso e ferito lo faceva sentire in colpa. Non gli piaceva muta e umiliata, ma non sapeva cosa fare! Aveva persino provato a dirle “scegli qualcosa che ti piace” o anche a chiederle un parere sui vestiti che provava, ma lei semplicemente taceva e lo fulminava con gli occhi. Presto, però, si accorse di avere un problema: non poteva andare lontano senza l'appoggio della regina, perchè semplicemente avrebbe bocciato le foto dicendo che i vestiti non erano all'altezza.
Così, a sorpresa, decise di accontentarla portandola in un posto che poteva piacerle. Quando furono arrivati Neide e Josefina guardarono Juan con gli occhi sbarrati, ma lei non lo notò. Immersa nel suo silenzio, e nel suo rancore, guardava fuori dal finestrino della macchina pensando alla sua vita. Notò il negozio solo un po' di tempo dopo, quando Neide e Josefina si incollarono letteralmente alla vetrina. Aveva fatto un passo per renderla felice, ma lei non voleva dargliela vinta, quindi non si avvicinò neanche al negozio e diede una rapida occhiata alla vetrina a distanza, cosa che seccò immensamente Juan.
“Il vestito rosso, quello lucido e scollato...provalo, forse è quello che sto cercando.” Mina era offesa, ma capì che quello era un tentativo di conciliazione e accontentò Juan, anche perchè il vestito in questione era uno Chanel vintage di seta. Una volta indossato, Josefina le tirò su i capelli su indicazione del fratello, che quando la vide fece molta fatica a nascondere le sue emozioni e restare freddo. Tutti non facevano che scodinzolarle intorno e dirle quanto era magnifica, e lui non disse nulla, si avvicinò in modo deciso e dolcemente liberò una ciocca di capelli dall'acconciatura e annuendo disse solo “Sì, è perfetto.”
Mina si illuminò, ma continuò a non dire nulla, anche se lui aveva deciso di farla felice e comprarle abiti moderatamente costosi. Senza parlare raggiunsero un compromesso, Mina ricominciò a dare opinioni sui vestiti e lui stranamente concordava con lei. Entrambi ne uscirono soddisfatti.
Alla fine Juan fece un ultimo gesto gentile verso la sua ospite: la condusse in un costoso negozio di intimo e le concesse di spendere quanto volesse in lingerie, a patto che “non gli chiedesse di entrare con lei”. Lei sorrise e baciandogli la guancia entrò, lasciandolo a riflettere.
Perchè era così dolce con lei? Perchè assecondava i suoi capricci da ragazzina viziata e sciocca? Non era solo una questione d'affari e lui se ne rendeva conto, ma non riusciva ad essere sincero con se stesso. Non la sopportava, eppure non gli piaceva offenderla, e poi con quel vestito rosso era davvero la fine del mondo. Fumava distrattamente appoggiato alla palma e guardandola capì come stavano davvero le cose. Sbuffò e muovendo la mascella come se qualcosa non andasse, ammise a se stesso che era davvero in un grosso guaio.
Nota:
Buonasera a tutti, e grazie per aver letto. Allora cosa ne pensate di questa situazione? Inizia a piacervi il rapporto tra Juan e Mina?

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Capitolo 13
*** Capitolo 13: la Mina del Bronx ***


Capitolo 13: la Mina del Bronx
 
Il primo giorno di set si concluse con un laconico “Ok, basta. Brava, davvero.”
Ringhiato con fare autoritario da Juan dopo sei ore di lavoro ininterrotte e finalmente Mina potè tirare un sospiro di sollievo. Era stanca, i piedi le facevano malissimo e stava gelando, ma le piaceva come fotografo: era esigente, ma non troppo scortese e di tanto in tanto le concedeva anche qualche minuto per riposare. Lui, però, non riposava mai: se non fotografava preparava il set, rifiniva il suo trucco o nel migliore dei casi riguardava gli scatti e li modificava.
Mina era colpita dal suo stacanovismo,ma anche da qualcos'altro: sentirsi i suoi occhi addosso per tutto il giorno la stava mandando totalmente fuori di testa, era fantastico e vagamente erotico. Gli lanciava sguardi seducenti attraverso l'obiettivo, flirtava con lui, assumeva posizioni sensuali e lui non diceva nulla, si nascondeva dietro alla macchina fotografica, ma lei sapeva di piacergli. Si era resa conto che alcune cose gli piacevano e ovviamente le ripeteva spesso e proprio in quell'istante, con aria sognante, ripeté uno di quei gesti innocenti che attiravano l'attenzione di Juan.
Si sciolse i capelli e scuotendo la testa li fece andare dappertutto, lasciando il povero Juan interdetto. Quelle ore erano state difficilissime e lui aveva concluso di aver fatto una terribile cazzata ad accettare, ma non poteva uscirne senza incorrere in un miliardo di conseguenze assurde. Se avesse lasciato il lavoro avrebbe gettato la sua migliore occasione, perso migliaia di dollari che gli facevano davvero comodo, rinunciato alla possibilità di diventare famoso e lei ne avrebbe pagato le spese più di tutti. Non sapeva esattamente cosa volesse dire il messaggio di Jennifer, quella strana minaccia che gli aveva detto di riferirle, ma lo preoccupava.
Il suo istinto gli intimava di starle il più lontano possibile, ma non poteva e anzi doveva sforzarsi di farla sembrare ancora più bella di quanto non fosse. E ogni volta che lei gli faceva un sorriso, ogni volta che lo guardava in modo tenero, ogni volta che scherzava con lui e gli mostrava la vera se stessa, gli toccava mordersi il labbro e pensare ad altro.
Finirono di lavorare nel primo pomeriggio e si salutarono con un sorriso, ma Juan passò circa due ore a riguardare quelle foto e una volta finito gli era venuta voglia di parlarle, non sapeva neanche lui perché. Ci pensò un attimo, cercò una scusa e poi corse di sopra, ma lei non gli aprì. Pensò fosse occupata o addormentata, ma poi sentì un lieve “Entra” e aprì la porta, ma non la vide.
“Sono in bagno, vieni pure…” urlò Mina e lui disse solo “magari no…” ma lei ridendo rispose “giuro che sono vestita, dai vieni.”
Juan rimase quasi shockato da quello che vide: Mina era in pantaloncini di seta e canottiera, e stava lavando la sua biancheria nel lavandino.
“Ma che diavolo stai facendo?” le disse ridendo, ma francamente sorpreso e lei stringendo le spalle rispose “che sembra? Il bucato…”
“Ma tu non devi fare queste cose, dio Santissimo…” le disse un po’ stravolto e Mina rise forte chiedendo per quale motivo non potesse farlo “Non mi sciupo mica per aver lavato due tanga, sai?”
“No, ma io passerò alla storia per essere quello che ha fatto lavare a mano le mutande alla super modella, oddio…” rispose Juan seccatissimo ma lei gli sorrise.
“Onestamente preferirei evitare di far lavare i miei tanga super sexy a tua madre o tua sorella. Mi sembra anche poco rispettoso.”
Ecco: adesso era anche gentile. E lui, oltre ad essere stronzo, le stava anche facendo fare la parte di Cenerentola.
“Beh allora te li porto in lavanderia…” rispose Juan decisamente a disagio, ma lei lo fece ancora: rise forte e con molta dolcezza gli rispose “non mi piace moltissimo l’idea di qualcuno che non conosco che armeggi con le mie mutandine, sai?”
Intervallava sguardi a lui e sguardi al bucato e i suoi capelli lunghi erano finiti nell’acqua, così Juan fece una cosa che non aveva mai fatto: prese l’elastico che aveva al polso, quello che aveva usato per legare i capelli durante l’allenamento e con molta dolcezza le tirò indietro i capelli e glieli raccolse sulla nuca.
“Grazie…” sussurrò lei piano, quasi senza fiato, ma lui era senza parole e molto mortificato.
“posso farlo io…” provò a dire confuso,ma Mina rise molto forte, ancora una volta, e mostrandogli uno striminzito perizoma in pizzo rosso disse “Ah per me tu puoi farci quello che vuoi, ma davvero non ti sentiresti a disagio?”
Juan scosse solo la testa e rispose “è che mi dispiace tu debba fare qualcosa a cui non sei abituata…”
“E chi dice che non ci sia abituata? Ho sempre fatto il bucato, eh” rispose lei ridacchiando e Juan le lanciò uno sguardo talmente profondo da farla sentire completamente trasparente per lui. Fu un secondo molto intenso, poi lui portandosi una sigaretta alle labbra chiese “davvero? Nel tuo mega attico fai il bucato?Scusa, ma mi sembra poco plausibile…”
“no, adesso no. Ma ho 3 assistenti e una segretaria generalmente, e a casa ho la mia adorata domestica…”
“Ecco, appunto quindi non mentire. Non lo avrai mai fatto in vita tua…”rispose rigido ma lei scocciata gli rispose “Non sono una principessa, sai? Jen ti ha detto che sono cresciuta a Port Morris, no? Vengo da una famiglia che definire povera è un eufemismo. Credi che avessi le domestiche o altro?”
“Port Morris…Bronx?” rispose Juan stravolto e Mina annuì. “E ti sei spaventata per Pablo e Luis, davvero?” le disse ridendo, ma lei alzando le spalle annuì di nuovo e aggiunse “è proprio perchè conosco quel genere di persone che mi sono spaventata. Ma è per lo stesso motivo che non ho paura di te, perché si vede che tu non sei come loro...” e Juan fece una cosa stranissima: le afferrò la mano e la strinse con molta forza, facendola sorridere dolcemente, ma poi aggiunse “Forse lo sarai anche stato, ma non lo sei ora e il passato è passato e mi piace pensare che non saranno sempre solo i nostri errori a definire chi siamo… ”e Juan letteralmente ebbe un infarto, stritolando quella piccola mano bagnata.
Per un secondo rimasero così, distanti ma cuore contro cuore e Juan non riuscì neanche a pensare a nulla, paralizzato dalla bellezza di quel momento. Poi, però, Mina si ricordò di aver lasciato l’acqua aperta, così si girò e ruppe l’incantesimo, permettendo finalmente a Juan di pensare e parlare. Doveva dirle qualcosa, qualunque cosa, perché era stato tutto troppo melenso e romantico, così fissando i tanga di Mina gli venne fuori una frase molto, molto stupida. Ma aveva il cervello congelato e gli venne solo quello.  
“Ma poi sono comodi?”
Mina scoppiò in una risata fragorosa. Era stato un momento terribilmente intenso quello in cui lui le aveva preso la mano, ma era anche troppo pericoloso. Stava parlando troppo, si stava scoprendo troppo, con un uomo che di lui non le aveva detto nulla. Così decise di rimettersi la maschera e sfoderando il suo sguardo seducente rispose “no, ma non sono pensati per esserlo…” Juan accusò il colpo, era inevitabile, ma le cose rischiarono davvero di degenerare, quando lei aggiunse “Sono il mio superpotere. Mi fanno sentire sexy e forte. Un po’ come la pistola che porti dietro la schiena...”
Juan rise nervoso, perché era un accostamento alquanto bizzarro, ma lei improvvisamente si avvicinò e accarezzandogli con due dita la spalla sussurrò “…se poi mi insegnerai ad usare anche quella, probabilmente mi sentirò invincibile…”
 Game, set e match ragazzi. Juan era completamente andato e pensò soltanto “smettila di pensare quello che stai pensando” ma ovviamente era inutile, così le disse piano “potrei insegnartelo, se davvero vuoi…”e Mina sorrise vittoriosa, ma poi lui aggiunse “…anche se l’idea di te che ti senta invincibile è spaventosa. Sei già arrogante così…”
Mina spalancò la bocca per quel commento così acido, ma lui le fece un cenno con la mano e scomparve da un secondo all’altro, lasciandola a chiedersi cosa diavolo volesse.
Si rividero a cena e lei con molta sicurezza prese di nuovo posto alla sua destra, ma Juan era molto confuso e si era chiuso nelle sue considerazioni, quindi Mina si mise a chiacchierare con Neide e Josefina e decisero di restare a giocare a carte dopo cena. Lei allora, gli accarezzò piano la spalla e Juan la fissò perplesso, ma quando sussurrò “ci sei con noi dopo cena?”lui scosse soltanto la testa, facendola rimanere molto male. Juan aveva deciso di alzare completamente ogni suo muro per tenerla fuori, e questo purtroppo fu chiaro a chiunque a quel tavolo.
Scappò letteralmente dopo cena e la lasciò a sospirare. Prese il blocco da disegno e provò a lavorare per circa un’ora, ma non ci riusciva. Vedete, per tutta la vita Juan aveva voluto che qualcuno gli dicesse “non importa se hai fatto degli errori, so che tu non sei così”. Per quello era scappato a New York, per quello si era creato un’altra identità, per quello aveva deciso di essere il compagno dell’unica donna che sapeva che era un criminale e lo aveva accettato lo stesso. Perché era convinto che mai nessuno sarebbe stato in grado di vedere qualcos’altro in lui che non fosse il brutale assassino.  E Beth davvero non ci riusciva, a lei piaceva il Juan criminale. Non le aveva mai detto realmente in che giro fosse, né perché fosse stato arrestato, ma lei raccontava sempre a tutti con molto orgoglio che “aveva trovato l’uomo della sua vita in carcere” e questo lo faceva impazzire. Juan voleva solo una seconda possibilità e da anni stava cercando di ricrearsela, ma non ci era mai riuscito e poi era arrivata quella piccola donna dagli occhi blu e aveva incasinato tutto. Provò a chiamare Beth, allora. Riprovò per cinque volte, ma poi gli arrivò un messaggio in cui spiegava che era “in compagnia” e che lo avrebbe chiamato una volta finito e Juan scoppiò. Gli stava troppo stretta quella storia, adesso più che mai. Lanciò violentemente il tavolino del portico e diede un fortissimo pugno al muro perché erano passati tre giorni e lui aveva già capito di stare per innamorarsi di lei. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura.
Decise che aveva bisogno di bere, così rientrò in casa e fu attirato dal rumore della musica, delle risate e delle chiacchiere. Sembrava ci fosse un ritrovo di amici in soggiorno, così si avvicinò piano alla porta e la vide: era quasi in pigiama, aveva dei pantaloncini di cotone e una tshirt e stava giocando a carte con Neide, Josefina, Luis e Pablo ridendo e scherzando con loro come se li conoscesse da sempre. Aveva un piede scalzo appoggiato sulla sedia accanto a lei e fissava delle strane carte con molta attenzione, quando Luis scattò in piedi e serissimo disse a Juan in spagnolo “scusa ce ne andiamo subito”.
Lei ebbe un infarto nel vederlo lì, accanto alla porta con un sorriso, ma lui scosse solo la testa e disse in spagnolo che potevano tranquillamente continuare, lasciandola totalmente senza fiato per il tono. Juan si allontanò per un attimo, e Mina pensò che fosse andato solo per rimproverarli e s’incupì, ma lui tornò con doni inaspettati: aveva bisogno di bere, così prese due bottiglie di rum dalla cucina e cinque shot. E senza nessun dubbio rubò la sedia accanto a lei e si sedette fissandola intensamente e le porse un bicchierino colmo di rum.
“Ti abbiamo evocato dal tuo ritiro artistico?”chiese Mina fingendosi seccata, ma francamente perplessa perché lui aveva riempito gli shot a tutti con fare gentile e poi aveva buttato giù il contenuto del suo circa tre volte, ma lui le sorrise soltanto, le disse piano “non stai cercando di derubare questi poveri sventurati, no?” buttando giù altri due shot di rum.
“Stiamo facendo un gioco innocuo, niente poker…” rispose lei ridendo e lui ormai sotto i primi effetti dell’alcol disse “oh bene, avrei dovuto avvertirvi di non giocare con l’unica donna al mondo che mi abbia mai battuto…” lasciando tutti sorpresi, ma Mina più di tutti perché senza che nessuno lo vedesse Juan aveva preso la sua mano sotto al tavolo e aveva ricominciato a stringerla forte.

Nota:
Ciao a tutti e grazie per aver letto questo capitolo. Allora, cosa ne pensate del lato oscuro di Juan? Pensate sia troppo stupido a lasciarsi andare così o al contrario pensate che dovrebbe lasciarsi andare di più? E questa Mina ragazza del Bronx come vi sembra? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14: un segreto imbarazzante ***


Capitolo 14: un segreto imbarazzante
“E’ un gioco davvero stupido!” disse Juan, ma stava sorridendo e quello stravolse tutti al suo tavolo. Mina lo guardava con una dolcezza infinita, e lui le sorrideva e basta, tenendole sempre la mano di nascosto. Poi, però, notò una cosa che lo spinse ad irrigidirsi: il cellulare di Mina accanto a lei sul tavolo continuava ad illuminarsi. C’era qualcuno che evidentemente non smetteva di chiamarla e lei semplicemente lo ignorava e questo spinse Juan a richiudersi. Lasciò la sua mano e Mina lo fissò dispiaciuta. Rimasero per qualche minuto senza dire molto, sommersi dalle chiacchiere di Neide e Pablo, ma poi Juan decise di farle capire perché aveva ritirato la mano e le sussurrò piano “dovresti rispondere, altrimenti si scaricherà…”. Mina capì allora, e con molta dolcezza gli sorrise. Aveva una voglia terribile di accarezzargli il viso e baciarlo, ma la represse. Strinse solo le spalle e con un’indifferenza spaventosa rispose “ho già detto tutto quello che avevo da dire, se non è stato accettato non è un problema mio”e poi con decisione riprese la sua mano e la strinse fortissimo. Juan non era esattamente lucido e chiunque lo aveva notato, ma Mina moriva per quella tenerezza e non riusciva minimamente a resistere. La tenerezza era l’unica cosa che non aveva mai avuto da un uomo e avrebbe fatto qualsiasi cosa per farlo continuare.
“Adesso ci dici chi è che ti sta chiamando da tutto questo tempo, dai Mìmi!” disse Neide allegra e lei sbuffò un po’seccata, ma sapeva di doverlo dire a Juan, così rispose “bene, se mi batterete vi racconterò questa storia imbarazzante, ma se sarò io a vincere avrò il diritto di chiedere qualcosa di imbarazzante a voi, vale?”
Juan tremò per un attimo per quel “vale?” perché era un’espressione molto comune in spagnolo e gli parve così strana detta da lei, ma poi annuì e basta e decise di doverla assolutamente battere, così le lasciò la mano e ci mise tutto il suo impegno per vincere a quel gioco, ma perse. Fortunatamente, però, anche Mina perse, così ridacchiando rispose “Allora vediamo…voi l’avete sentita la canzone nuova degli Headbangers? Quella con tutte quelle menate sugli amori impossibili e la gente che si ama a distanza per anni?”
“Non dirmelo” le disse Neide con gli occhi spalancati e Mina strinse solo le spalle, ma osservando l’espressione risentita di Juan aggiunse “…è una storia molto, molto vecchia. Sono anni ormai che è finita, ma lui ha un po’ di difficoltà a farsene una ragione e quindi mi scrive canzoni super imbarazzanti e chiama ottocento volte…”
“Ma lui…Greg?” sussurrò Josefina senza fiato, ma Mina non se ne accorse, perché era troppo intenta a perdersi negli occhi di Juan, che adesso si erano letteralmente bloccati nei suoi.
“Dio è bellissimo quell’uomo…” sussurrò Neide con aria sognante e Mina strinse solo le spalle, mentre Juan chiedeva di vedere quest’uomo bellissimo e concludeva che uno che indossa il mascara non merita di essere definito uomo.
“Sì, ma adesso io ho raccontato la mia storia imbarazzante, adesso tocca a voi…” concluse Mina ridacchiando e Juan scuotendo la testa le disse “perché? Tu hai perso, noi no. Vinci e potrai fare quello che vuoi…”
Per un attimo tra loro si presentò esattamente la stessa intesa di quella famosa partita di poker e Mina mordendosi le labbra sussurrò “giochiamo a poker e vediamo”
“Tanto perderesti comunque…” le disse con fare spavaldo e terribilmente sensuale e Mina pensò solo “ma che diavolo gli è preso?” ma non disse nulla, si rimise la maschera e sussurrò suadente “oh vedremo…”e poi tornando la ragazza della porta accanto disse agli altri “niente soldi, solo segreti. Ci state?”
Pablo e Luis erano rimasti principalmente perché Pablo aveva una mezza cotta per la sorellina del capo, quindi annuirono, ma Neide e Josefina si lamentarono di non saper giocare e Mina con naturalezza rispose “Bene, Neide sarà in team con me finchè non impara e tu terrai tua sorella…”
Juan rise soltanto e annuì, ma quando fece per spostarsi per avvicinarsi a Josefina, lei gli afferrò la mano apertamente e lui morì nel sentirle chiedere agli altri di cambiare posto senza che lei e Juan dovessero separarsi.
Juan buttò giù lo shot di rum che aveva riempito a Mina, ma che lei non aveva toccato e lei lo fissò perplessa ma lui rispose “se tu mangi il mio cibo, io bevo il tuo rum. Mi sembra un accordo equo” e lei rise e basta. E così cominciò una partita super divertente, con Neide che parlava delle loro carte apertamente e Juan che spiegava a Josefina le cose con molta calma, come se fosse una bambina. Nessuno dei due vinse quella partita, confusi com’erano, ma Neide raccontò a tutti dei problemi con il suo ex e fu talmente divertente da distrarre tutti. E poi Mina notò finalmente il suo cellulare e fece una stranissima espressione confusa. Aggrottò le sopracciglia e disse “ma che strano…” poi però si preoccupò, così chiese scusa e si allontanò per rispondere, ma uscendo le sentirono dire solo “Stanley? Siete vivi, sì?”
Juan non ebbe neanche il tempo di pensare “chi diavolo è questo tizio?” perché Josefina disse a Neide “…ma sarà quello Stanley?” e le amiche cominciarono a parlare di quanto fosse fortunata a ricevere tutte quelle attenzione da delle rockstar, e Juan morì di gelosia letteralmente cercando su internet tutti gli Stanley esistenti.
Mina nel frattempo si era davvero preoccupata. Jeoy Stanley era il migliore amico di Greg Swanson, nonché suo ex. Non si erano mai amati, ma lei lo aveva usato per far ingelosire l’amico e lui ora la chiamava pubblicamente Lucifer, o meglio Lucy.
“Lucy lo sai perché ti ho chiamato, non fingere di no…” le disse con la sua solita voce suadente e lei ridacchiando rispose “niente sesso Mary, non è il periodo adatto.”
“Non te lo avrei mai chiesto, neanche per tutto l’oro del mondo signorina. Sono innamorato…” rispose con tono molto dolce, pensando alla donna con cui aveva una storia a distanza da un po’ e Mina ridendo rispose solo “Sì, che novità. Tu sei sempre innamorato, però ti dura due settimane di solito…”
“…lei ha rimesso in piedi la band, dopo il casino che hai fatto. Ha fatto scrivere Greg, sistemato il cd…è wonder woman con più tette e meno fastidioso moralismo.”
“E allora che cosa vuoi?” gli chiese, confusa e lui seriamente ribattè “Ha lasciato Shane. Ha lasciato Alexandra e quell’altra tizia. Pensavo volessi saperlo…”
Mina scosse solo la testa scocciata, ma non disse nulla e lui aggiunse “…se il tuo era un no serio lo rispetto, ma se stavi solo tirando la corda per l’ennesima volta, non farlo. Solo questo volevo dirti. So che sei la donna senza cuore, che gliene hai fatte tante, e so che lui ha fatto male a te, ma se pensi ci sia una possibilità di ricominciare, vieni in Germania perché lui fa sul serio ed è in un milione di pezzi.”
“E’ tardi…” sussurrò lei piano.
“Ma è tardi perché stai facendo l’offesa che fa la stronza o è davvero tardi perché c’è un altro?”
Era davvero dispiaciuta, ma lei non voleva stare con Greg e lo disse chiaramente, facendo sbuffare forte il suo amico dagli occhi azzurri.
“E quindi è finita l’epopea di Greg e Mina, davvero? Non scriveranno più le ballate, non ci saranno più storie da raccontare ai ragazzini? Sono quasi dispiaciuto, cazzo.”
Disse, per chiudere la chiamata ma lei sorridendo aggiunse “prenditi cura di lui. Ho sempre pensato che fossi il migliore amico del mondo e Greg ne avrà bisogno…”
“Lo faremo. Adesso G ha un’ossessione per SJ, la mia donna, quindi sicuramente mi aiuterà a mettere insieme i cocci che tu lasci…”
Mina sorrise e poi ridendo disse “ Adios…e questa cerca di tenertela un po’ di più delle altre, perché mi sembra una importante.” Facendo sorridere Jeoy solo per un attimo, perché doveva tornare a dire a Greg quello che lei aveva detto e non sarebbe stato bello.
Mina invece tornò alla sua partita e all’uomo che la stava aspettando buttando giù una quantità di rum spropositata. Cercò la sua mano e la strinse forte, pensando solo che stava letteralmente mandando il suo cuore al macello, ma che avrebbe fatto di tutto per tenere quella mano nella sua e vedere quel sorriso.
Continuarono a giocare per un po’ e lei raccontò altri segreti imbarazzanti, anche se innocui. Juan quando fu il suo turno rispose solo che tutto quello che stavano facendo era la cosa più imbarazzante della sua vita e nessuno gli chiese altro. Ma la verità era che lui era felice.
Dopo qualche ora finirono di giocare, accompagnarono Luis e Pablo alla porta e per un attimo rimasero soli, poi lei gli disse “buonanotte” e cominciò a fare le scale che l’avrebbero portata alla sua camera da letto, quando Juan sputò fuori una cosa difficilissima da dire. Mina era di spalle quando sentì “ho mentito, comunque…”
Si girò e lo vide: era letteralmente stravolto e in forte difficoltà, ma aveva degli occhi bellissimi.
“Cosa?” chiese senza fiato e lui le confessò con occhi bassi che il suo segreto imbarazzante era un altro. Da un po’ voleva dirglielo, pensava fosse giusto farlo e se poi lei avesse cercato il suo nome online lo avrebbe sicuramente scoperto, perché adesso era in evidenza nella homepage del sito della loro galleria.
“Ho fatto un quadro in cui ci sei tu, dopo averti vista la prima volta. Volevo dirtelo…” sussurrò piano e Mina sorrise. Non aveva esattamente idea di cosa significasse, non gli diede un grosso valore comunque. Pensò che lui dipingesse qualsiasi cosa vedesse, quindi non le parve una gran dichiarazione, ma l’espressione con cui glielo aveva detto era dolcissima. Così gli chiese di farglielo vedere e si avvicinò per prendere il cellulare di Juan su cui c’era la foto. Era davvero bellissimo il quadro e lei sorrise con molta dolcezza e poi gli disse “ma non ho i fianchi così grandi cacchio” facendolo ridere. Juan sussurrò che la sottoveste era molto larga in vita, quindi aveva immaginato le proporzioni sulla base del seno “senza considerare eventuali ritocchi…” e Mina furiosa rispose “ritocchi un cazzo caro mio, è tutto mio”.
Ecco, adesso l’aveva offesa e così disse solo “ Lo so, ti ho vista correre. Ma non potevo davvero immaginarlo. Insomma…sembri un fumetto Mina, scusa…”voleva farle un complimento, ma non era fisicamente in grado di farlo, così Mina sorrise e scocciata disse “adesso devi farmene uno, per farti perdonare, lo sai vero?” e lui annuì e basta, ma la prese per mano e la portò sul portico. Le disse di mettersi nella posizione che più le piaceva e lei decise di sdraiarsi sul dondolo. Quindici minuti dopo era pronto un ritratto di Mina al carboncino tanto bello da farla sussultare e dire piano “è la cosa più bella che ho mai visto…”.
Rimasero per un attimo molto vicini, anche troppo per Juan e poi Mina fece uno sbaglio immenso. Sussurrò piano “Ecco a che serviva la mia sciarpa, allora…” e  lui serio rispose “se ti dicessi che non l’ho mai saputo neanche io a che servisse, ti sentiresti meglio? O peggio?”
Juan stava letteralmente morendo. Non sapeva neanche lui come cavolo fosse che gli stessero venendo fuori tutte quelle parole, così imbarazzanti poi, ma non riusciva a trattenerle e lei prese la sua mano e se la portò alle labbra con un gesto tenerissimo. Per un secondo nessuno dei due fu in grado di dire una parola, poi lei sussurrò piano “E se ti chiedessi un bacio, me lo daresti?”sconvolgendolo del tutto. Certo che voleva darglielo, avrebbe dato anche la mano sinistra per un bacio soltanto. Però davvero non poteva, così sussurrò piano “te ne darei più di uno Mina, ma sarebbe un enorme sbaglio…”
In quel momento, con un tempismo straordinario il cellulare di Juan suonò e lei si riscosse. Si disse che lo stava facendo di nuovo, come con Greg e con Myles, che non poteva legarsi ad un uomo sposato che l’avrebbe messa da parte per un’altra una volta scopato. Così fece per andarsene e lui le disse solo “posso disegnarti ancora?” e lei scuotendo le spalle annuì e basta voltandogli le spalle.
Nota:
Allora che ne pensate di questa situazione? Vi è piaciuto Juan o preferivate la storica epopea di Mina e Greg? fatemi sapere

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Capitolo 15
*** Capitolo 15: un amico improbabile ***


Capitolo 15: la telefonata a un improbabile amico

Mina rientrò in camera con il cuore in pezzi. Ne aveva avuti tanti di uomini sposati o comunque impegnati e non riusciva davvero a capire perché lui ne facesse un tale problema. Non voleva essere la sua amante, ma era tanto pazza di lui da accettare qualsiasi opzione, eppure lui si apriva per un secondo e poi si allontanava. Mina non lo capiva e aveva assolutamente bisogno di sfogarsi con qualcuno, così provò a chiamare Reta, ma lei era ancora offesa e arrabbiata e non le rispose.

Si gettò sul letto terribilmente angosciata e si disse che se non poteva parlarne con Reta non avrebbe potuto farlo con nessun altro. Per la prima volta si rese conto di quanto fosse sola e di come fosse miserabile la sua vita. Si asciugò un paio di lacrime e poi le venne in mente una follia. Era stata molto gelosa delle parole di Jeoy Stanley, ma non perché fosse innamorata di lui, perché non le era mai capitato un uomo che l’amasse tanto da non tradirla. E Jeoy era davvero uno terribilmente infedele, eppure gli era parso così sicuro. E così si decise a fare una follia, compose quel numero senza grosse aspettative, ma quello che scoprì ebbe profonde conseguenze sul suo rapporto con Juan.

Era certa che neanche gli avrebbe risposto, ed invece al quarto squillo sentì “Lucy? Hai chiamato quello sbagliato, io sono quello biondo e divertente, non quello che ti scrive le canzoni melense e sbava ai tuoi piedi…”

Mina sorrise soltanto, ma nella sua immensa tristezza le sfuggì un sospiro triste che non sfuggì a Jeoy che ridendo le disse “che diavolo ti è passato per la testa Lucy? Cosa vuoi? Te l’ho detto che il sesso è fuori questione…”
“Non è quello” lo gelò e lui confuso le chiese ancora che cosa fosse, ma davvero Mina aveva difficoltà a parlarne, così Jeoy parlò troppo, come sempre.

“Se è per Greg…gli faresti una sorpresa assurda se lo chiamassi ora, quindi fossi in te eviterei…” le disse cercando di restare vago, ma Mina scoppiò in una risata e rispose “E’ già tornato nel letto di Shane, eh?”

Jeoy non rispose e le chiese di nuovo perché lo avesse chiamato e allora una Mina infinitamente triste gli disse “…è per quello che hai detto, perché non riesco a capirlo. Jeoy perché un uomo rifiuterebbe una donna solo per uno stupido anello?”

Ecco, adesso cominciava a capire. Non gli era chiaro se stesse alludendo a loro due o meno, e Sarah certamente lo avrebbe ucciso se avesse scoperto che Mina faceva la romantica con lui, ma fortunatamente la giovane modella aggiunse “…insomma se un uomo è attratto da una donna, perché diavolo deve farsi migliaia di paranoie per una che è pure molto più vecchia di lui? Ed è anche brutta…”

Ok, era salvo, ma poteva davvero fare il consulente sentimentale di Satana? Ci pensò un attimo, si disse che doveva essere davvero in crisi per chiedere a lui, dato che neanche quando stavano insieme gli parlava. Così sussurrò con fare paterno “ti sei beccata un no, quindi Lucy?”

“Già…” rispose lei laconica. Era triste, se ne sarebbe accorto chiunque e Jeoy provò a farla ridere con una battuta, ma le disse le cose sbagliate.

“Oh fantastico. Così finalmente capisci anche tu cosa voglia dire essere un comune mortale. Hai scoperto anche tu di avere un cuore, Grinch?” ma Mina sospirò soltanto in risposta, pensando di aver fatto davvero una sciocchezza a chiamare quell’idiota.

“E’ solo che lui…sembra confuso, mi manda segnali contrastanti. Vuole starmi vicino, conoscere la vera Mina e io gliel’ho anche permesso, gli ho detto cose che non sa nessuno, sono stata me stessa come non ho mai fatto, ma non vuole nemmeno baciarmi…” tirò fuori in un impeto di sincerità e Jeoy sorridendo le disse piano “eh, probabilmente è una brava persona. Cosa mooolto rara Lucy.”

Mina sorrise amaramente per quel “brava persona” ma poi Jeoy le disse quello che lei non avrebbe mai voluto sentire.

“E’ confuso perché, diciamocelo, sei una fica atomica e chiunque sarebbe confuso vicino a te e lo sai. Fai quei giochini con i capelli e con le ciglia e qualsiasi uomo normale si sentirebbe quanto meno turbato. Poi se hai giocato a fare la bambina sincera e dolce, penso che il poveretto abbia realmente il cervello in fumo. Però l’amore è un’altra cosa…”

Quelle ultime parole letteralmente devastarono Mina, che non seppe più cosa dire e Jeoy lo capì.

“Insomma Lucy, magari adesso si sentirà confuso perché hai fatto quel tuo rito voodoo che generalmente fai agli uomini, ma se è stato in grado di resistere a Mina sincera (che per inciso è una cosa che noi non abbiamo mai avuto l’onore di vedere, dato che hai sfoderato più doti di mezzo actor studio con me e G) è perché evidentemente prova dei sentimenti molto profondi e tu dovresti rispettarli, o non te lo perdoneresti.”

“Che vuoi dire?” sussurrò piano e Jeoy sorseggiando whisky rispose “…ci sono due scenari possibili, per come la vedo io. Puoi forzarlo, convincerlo a venire a letto con te. Diciamo che ci potresti mettere altri 5 o 6 giorni. Lo otterresti, ma a lui verrebbe una crisi di coscienza e ti disprezzerebbe. Rovineresti un rapporto che magari era anche solido, solo per un gioco e poi ti troveresti con un pugno di mosche in mano…”

“Com’è successo tante volte…” sussurrò piano Mina e Jeoy sorrise, perché per la prima volta quella ragazzina gli stava facendo tenerezza. “Il secondo scenario, quello che io ti consiglierei, è che a questo punto tu ricominci a fare la parte della stronza algida che ti riesce così bene e lo allontani. Così il suo cuore è salvo e il tuo onore pure…”

“E il mio cuore?” pensò Mina piano, ma Jeoy aggiunse “…il problema si pone se lui inizia a importunarti anche nel secondo scenario, ma direi che per ora è inutile pensarci. Anche perché a quel punto se continua a romperti i coglioni anche se lo hai tenuto a distanza, forse non è poi così innamorato o forse non è così tanto una brava persona, ma per ora non possiamo pensarci. Non avrei mai pensato di doverlo dire, ma ricomincia a fare la stronza Mìmi. Sbattigli in faccia quell’espressione di superiorità che usavi con me quando facevo i commenti sulle altre a cena solo per farti incazzare…”

Mina sorrise e basta e sbuffò, ma Jeoy aggiunse “…e comunque Mìmi, cerca di stare per un po’ alla larga da questi uomini così. Esci con il tuo dentista o con il fisioterapista, ma trovatene uno normale e single che non faccia tutte le cazzate di questi uomini sposati che ti vogliono a tutti i costi e poi vogliono anche tornare a letto dalla moglie la sera. Su, fallo per lo zio Jeoy…”

“Ma tu eri sposato quando sei venuto a letto con me…” rispose ridendo e lui annuì e basta perché non se lo ricordava, ma lei gli sussurrò “e comunque buonanotte…” e così finì quella chiamata, che come avrete capito creò un sacco di problemi tra Juan e Mina.

Lei non chiuse occhio quella notte, ma non fu l’unica. Juan non aveva risposto a Beth. Si era reso conto di non volerla sentire e voleva in tutti i modi andare da Mina, svegliarla con un bacio e fare l’amore con lei. Si disse che avrebbe lasciato Beth tre settimane dopo, una volta tornato a New York per una stupida mostra che lei gli aveva organizzato. Non sapeva se il suo rapporto con Mina avrebbe avuto un seguito o meno, gli pareva così irraggiungibile, quasi un sogno, ma era certo di non voler più stare con una donna che se ne va in giro ogni notte in un letto diverso. Mina gli faceva una paura fottuta e lui le stava dando troppo e troppo in fretta, ma non si sarebbe mai perdonato se non avesse neanche provato a viversi quella storia, anche perché tutti quei sentimenti stavano tirando fuori un lato nuovo della sua arte. Disegnava tantissimo e aveva idee che non aveva mai avuto prima. Si addormentò sul dondolo verso le quattro e Mina lo trovò così, abbandonato e con la matita tra le mani. Si avvicinò piano per non svegliarlo e notò che lui aveva disegnato i suoi occhi sul blocco. Sorrise soltanto e pensò “una brava persona” lasciandolo a dormire. Doveva sfogare una parte del dolore e della frustrazione che stava provando, così corse per ore fino a non sentirsi più le gambe e avere i polmoni in fiamme. Si stava facendo male, si puniva per quella stupida debolezza, lo faceva sempre. Rientrò a casa di Juan totalmente senza fiato, e da lontano si rese conto che lui era sveglio. Capì che avrebbe dovuto dargli lunghissime spiegazioni, e si disse che era il momento di rimettersi la maschera, così quando Juan le chiese più confuso che altro lei da dove venisse, rispose senza fiato “pensavo di avere ancora la libertà di andare ad allenarmi”.

Era stata fredda e terribilmente rigida e Juan capì subito che fosse per il bacio che le aveva negato, però aveva davvero commesso un’imprudenza notevole, così le disse piano “è pericoloso” ma lei scosse le spalle ed entrò dentro senza prestargli la minima attenzione, lasciandolo da solo a macerare nei suoi pensieri.
Nota:
Ciao a tutti e buona Pasqua! Che ne pensate del discorso di Jeoy? Vi sembra adatto al rapporto di Mina e Juan? Fatemi sapere e grazie per aver letto

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Capitolo 16
*** Capitolo 16: strane compagnie ***


Capitolo 16: strane compagnie
Che cosa successe dopo la telefonata di Jeoy? Beh potete immaginarlo. Mina alzò una vera e propria cortina di ghiaccio tra lei e Juan e cercò il più possibile di non restare sola con lui, che invece la guardava con una tristezza immensa. Aveva capito perché era diventata così fredda e quindi cercava di farle capire che si stava sbagliando, ma ovviamente non parlando mai da soli era tutto molto difficile. Anche perché, come avrete intuito, Juan non era proprio uno bravissimo con le parole. Provò a cercarla, a restare da solo con lei, ma Mina era sempre al telefono con qualcuno quando lui bussava alla sua porta ed era sempre impegnata quando le chiedeva di restare dopo cena. Così Juan trascorreva le sue serate sul portico, fumando e cercando di annegare la sua tristezza nel rum e nei disegni. Iniziò a chiedersi se le donne fossero davvero tutte così crudeli o se capitassero solo a lui quelle così gelide. E poi un brivido lo assalì pensando al suo sorriso e alle sue parole e realizzò che Mina non era gelida prima e si disse che doveva trovare il modo per farle capire qualcosa, ma non aveva nessuna idea di come fare.
Mina nel frattempo si era rinchiusa nella sua solitudine. Quella parte che aveva recitato così bene e per così tanto tempo, le stava tanto stretta da soffocarla in quel momento. Dire tutti quei “no” era la parte peggiore. Lei lo sapeva che lui non smetteva di fissarla continuamente, e questa cosa la mandava ancora più in confusione. E un paio di volte gli aveva anche urlato contro furiosa, per un motivo o per l’altro, ma in realtà l’unica cosa che avrebbe voluto urlargli era “ma perché diavolo mi guardi in quel modo se non mi vuoi?”.
  Si sforzava di lavorare sempre al massimo delle sue possibilità, ma non era davvero facile. Eppure non volle fargli capire nulla, quindi fu impeccabile: era sempre puntuale, sempre collaborativa e molto professionale, ma distaccata da morire. Era capace di restare nella stessa posa per ore senza fare storie e quando i muscoli le cedevano per la stanchezza non faceva scenate, ma si scusava con lui per avergli rovinato la foto, si stiracchiava e dopo cinque minuti era di nuovo nella stessa posizione. Juan non doveva mai rimproverarla, anzi alle volte gli toccava costringerla a fare pausa, e lei lo rispettava moltissimo.
Ormai aveva fraternizzato con tutti e Neide e Josefina letteralmente l’adoravano. Erano le uniche compagne della sua reclusione e Mina passava spessissimo le sue serate con loro. Eppure dopo qualche giorno, la reclusione iniziò a pesarle. Mina era una donna mondana, che amava le serate e aveva vissuto quasi sempre con qualcuno negli ultimi anni. Una sera a cena chiese alle ragazze dove potessero andare a bere qualcosa, spingendo Carlos a dirle che se voleva poteva accompagnare lui e la moglie al suo club quella sera. Mina letteralmente si illuminò, perché aveva bisogno di distrarsi, vedere gente e perché no, anche di fare sesso con qualcuno per togliersi quello stupido dalla testa, ma immediatamente il pittore scontroso abbaiò soltanto “non esiste” lasciando tutti perplessi. Le venne una voglia fortissima di prenderlo a schiaffi e urlargli contro, ma non lo fece. Fissandolo profondamente negli occhi, con una dose di disprezzo notevole, ringhiò “non mi sembra di aver chiesto la tua opinione…” e Juan subì il colpo. Aveva paura che potesse succederle qualcosa, che potesse assumere droghe o scappare con qualcuno o finire al centro di una rissa, ma quella sciocca non lo capiva minimamente.
“Non c’è nessuna opinione da chiedere. Decido io e ho detto no, non ti è chiaro?”
Ovviamente non era quello che avrebbe voluto o dovuto dirle, ed era stato troppo scortese anche per i suoi standard da lupo solitario, e mentre pensava a come riformulare la frase evitando di dirle la verità sul famoso club di Carlos, una Mina gelida gli gridò “e cosa ti fa credere di poter decidere della mia vita, scusa?”
Si stava accendendo una sigaretta per calmarsi e cercare di schiarirsi le idee, quando all'istante le parole di Mina lo colpirono e sorridendo aspramente le disse con voce roca e crudele “ Sei una mia responsabilità e senza di me non ti muovi. E non puoi costringermi a sopportare tutto questo anche nel tempo libero…”
Ecco, Juan con “tutto questo” ovviamente intendeva dire il fratello, i malavitosi e il clan, ma Mina capì che stesse parlando di lei e letteralmente scoppiò. Era seccata, ma anche molto eccitata, lui aveva usato un tono davvero sensuale e aveva esitato per un momento sull'aggettivo “Mia”e ora le toccava fare altrettanto. Ridendo in modo provocante rispose “vuoi scommettere che posso muovermi benissimo senza di te?”
E si guardarono negli occhi per circa tre secondi. Erano due testardi, orgogliosi idioti e adoravano giocare a “chi è più duro”, ma ad onor del vero, era lui quello armato, lei era solo una sciocca ragazzina incosciente che amava giocare col fuoco.
Carlos e tutti gli altri a tavola morirono letteralmente d’imbarazzo, ma Juan fece cenno al fratello e questo uscendo sussurrò “Ah mi dispiace splendore, decide lui…”
Evidentemente voleva restare solo a casa con lei, pensò Carlos, ed era meglio non intralciare i suoi piani.
Il sorriso di sfida che le lanciò Juan dopo l'uscita di scena di Carlos la fece letteralmente infuriare. Mina rimase muta e uscì, avvilita si chiuse nella sua stanza e ci rimase fin quando una persona non bussò alla sua porta. Quel maledetto dittatore brontolante l'aveva trattata troppo male per l'ennesima volta e lei era furiosa, eppure due dolci ragazze avevano deciso di tirarle su il morale, così le annunciarono che “avevano organizzato una“serata brasiliana” per farla divertire un po'”. Mina era triste e annoiata, e mai avrebbe potuto immaginare che in realtà l'idea della serata era partita da Juan, che si era terribilmente pentito di averla maltrattata e aveva convinto le ragazze a distrarla un po'. “Non provare neanche a dire no, di sotto è tutto pronto: birra, vino e samba a volontà. Volevi imparare, no? Dai che te lo insegno!”
Insistette Neide dolcemente, e lei pensò che non fosse il caso di contrariarle, così con il sorriso gli disse che sarebbe scesa dopo pochi minuti. Erano due ragazze simpatiche, anche se fuori dal comune e la trattavano come se fosse una di famiglia. Neide letteralmente l’adorava perché oltre ad essere fantastica, era stata molto dolce con lei quando le aveva raccontato la sua triste storia da transessuale maltrattato in Brasile. La seguiva ovunque e la riempiva di attenzioni, tanto che Mina dovette ammettere che neanche nei set più costosi l'avevano trattata così bene e rimproverava persino Juan quando era troppo burbero con lei.
Josefina, invece, non era così espansiva. Aveva lo stesso carattere del suo fratellone musone: era chiusa e molto timida, parlava poco,esattamente come Juan, ma diceva molto con i suoi sorrisi e con i suoi abbracci. Non era brutta, ma poco curata e molto insicura, e per questo spesso Carlos la prendeva in giro, ma dopo l'arrivo di Juan tutto era cambiato, perchè suo fratello mostrava la pistola a chiunque osasse essere sgarbato con lei, persino a Carlos.
Anche Mina, inconsapevolmente, l'aveva molto aiutata: aveva deciso da subito di essere sua amica, ma Josefina non si fidava, non quanto Neide almeno. Eppure la diva le aveva fatto provare i suoi nuovi vestiti, e le aveva detto che era una bella donna e non doveva nascondersi in quei suoi enormi jeans informi e nelle felpe da uomo. Costrette a passare tutte le loro serate insieme le tre strane donne provenienti da angoli del mondo differenti erano diventate quasi amiche e questo faceva sorridere tutte e tre. Mina non aveva mai avuto delle vere amiche, Reta era la cosa più simile ad un'amica che avesse, ma in realtà il loro rapporto non si avvicinava neanche all'amicizia vera. Si divertiva a ridere e scherzare con loro, e quella sera fece persino una cosa che aveva giurato di non fare mai, ossia ballare.
In cucina avevano disposto un'infinità di bottiglie, salatini e patatine, e Neide le aveva costrette entrambe ad indossare una gonna corta e un top “Da annodare sotto al seno signore, perchè si deve vedere l'ombelico”
Mina ridendo aveva obbedito, e insieme alla sua amica brasiliana aveva letteralmente costretto Josefina a fare lo stesso. Solo allora Neide, soddisfatta, mise la musica e cominciò a mostrare i passi alle sue amiche, che però erano troppo rigide per eseguirli correttamente. Mezz'ora e due bottiglie di vino dopo, tutte e tre erano in piedi sul tavolo della cucina a ballare la samba, e neppure si accorsero di avere uno spettatore silenzioso, che stava scattando moltissime foto.
Juan aveva deciso di provare a far pace con Mina così si diresse verso quella stanza con le migliori intenzioni, ma ciò che vide lo fece veramente sorridere. Finalmente era riuscito a trovare le parole adatte ed era pronto a chiederle scusa e spiegarle tutto e a cercare un accordo con lei, ma poi entrando in quella cucina era rimasto senza fiato a vederla così: scalza, con i capelli al vento e scatenata. Non sapeva ballare, era goffa e urtava contro le altre due, ma aveva un'espressione felice e sembrava si stesse divertendo molto, così non potè fare a meno di immortalarla, e mentre scattava qualcuno disse “Dio mio...non dovresti lasciarla andare in giro così...è troppo sexy...”
Si girò seccato, non si aspettava di trovarlo già a casa, ma era lì, e non da solo. Clarita sopportava da giorni i commenti di suo marito su quella poco di buono ed era seccata all'inverosimile. Vederla così, seminuda in casa sua la rese furiosa, così decise di fare un commento terribilmente aggressivo su di lei, che però la colpì.
“Tanto valeva portarla al club, Juanito, tanto evidentemente muore se non si mette in mostra…”
Mina si risentì terribilmente per quel commento, e non volle dire una parola. Sorrise con molto contegno e scendendo dal tavolo le rispose soltanto “pensavo non ci fosse nessuno in casa, chiedo scusa…” e fece per andarsene, quando Juan ringhiò “Davvero Clari? Davvero hai deciso di preoccuparti della mia donna che ha una gonna e una maglietta, con tutte le donne in perizoma che circolano al club e alle riunioni di lavoro di tuo marito?”
Carlos sgranò gli occhi nel sentirgli dire quelle parole e anche Neide si portò la mano sul cuore con dolcezza, ma Mina avvampò letteralmente. Si fece dieci milioni di domande in quel momento ma non potè evitare di guardarlo negli occhi e il sorriso che si scambiarono fu bellissimo. Clarita amareggiata gli disse solo “Ay Juanito…” ma morì di rabbia. Quella donna crudele lo stava scacciando in mille modi, anche platealmente, eppure lui doveva davvero essere innamorato.
E poi Juan fece una cosa assolutamente inaspettata: in spagnolo disse a entrambi “E adesso levatevi dal cazzo e fategli finire questa serata” lasciando Calavera assolutamente senza parole. Juan lo aveva sempre sfidato, non era un mistero, ma non era mai stato così rigido con lui e gli piacque davvero vedere che gli tenesse testa. Uscendo gli disse solo “sì e tu cerca di non fare cazzate eh…”.
Juan le lasciò sole, ma lei non ce la fece: lo inseguì senza sapere neanche lei bene perché. Però non aveva mai provato una sensazione così forte come nel sentirgli dire “la mia donna”.
“Juan…” sussurrò piano e a lui venne un mezzo infarto. Doveva spiegarle quelle parole, si aspettava di dover litigare, ma girandosi si accorse che lei lo stava guardando con una dolcezza incredibile e le sorrise soltanto, ma Mina non ce la fece: ruppe la maschera e si decise a stringerlo con tutta la sua forza sussurrandogli “Grazie…”.
“Di niente ragazzina. Non si può permettere certe scene, anche se devi cercare di comprenderla: è abituata ad avere un maiale come marito e ha il terrore che gliela faccia sotto il naso. Solo così sarai veramente al sicuro da Carlos e…onestamente non ne sono neanche certissimo” le sussurrò piano, continuando a stringerla e Mina pensò solo che le sarebbe piaciuto restare in quell’abbraccio per giorni, ma poi si allontanò e fece per andarsene quando Juan le disse “Mi piacerebbe vedere le foto con te uno di questi giorni. Sceglierle insieme, se ti va…” e lei annuì e basta, ma con molta dolcezza, lasciando Juan a tormentarsi di domande.
Rientrata in cucina Mina trovò Josefina e Neide immerse in una profonda discussione e chiese di cosa parlassero. Josefina ridendo eccitata rispose “di quello che ha detto Juan a Carlos...è stato fantastico!”
Ma Mina non aveva capito una parola e quando glielo disse ovviamente le fecero migliaia di domande e lei sorridendo rispose che non era sudamericana come loro pensavano, quindi non conosceva lo spagnolo.
“Quindi sei araba? Parli anche arabo?”
Le chiese Josefina, ma lei fissando il pavimento scosse la testa. Nessuno lo sapeva, nessuno conosceva la sua vera identità, quella che aveva dovuto negare e abbandonare diventando “Mina Shatner” e non poteva raccontare a nessuno la verità. Non voleva mentire alle sue amiche, ma non aveva altra scelta, così rispose dolcemente “ho vissuto in Siria per quattro anni, tutto quello che ricordo è la mia cameretta...Sono una ragazza americana, di New York, fino al midollo.”
Era stato Myles a imporle quella regola: doveva dare meno rilievo possibile alle sue origini e mentire assolutamente sul fatto che fosse cresciuta nel Bronx. Doveva mostrarsi come una moderna americana, con origini etniche ma la verità era molto diversa. Però quella verità non doveva mai raccontarla a nessuno così sorridendo si mise a parlare con loro di Juan e di quella frase così severa che aveva detto a Carlos.

Nota:
Allora cosa ne pensate di questa strana amicizia? E soprattutto: ci è piaciuto Juan? Fatemi sapere, a presto.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17: la vera storia di Juan ***


Capitolo 17: la storia vera di Juan
 
Dopo un'ulteriore ora di balli e alcol le tre giovani ragazze sfinite e con i piedi doloranti, iniziarono a fumare e a scambiarsi confidenze, accovacciate sul tavolo che precedentemente gli aveva fatto da cubo. Ovviamente fu Mina a fare il primo passo: era da un po' che aveva notato un certo gioco di sguardi e la sua curiosità da gatta l'aveva spinta a chiedersi cosa ci fosse dietro, così, senza pensare che dopo se ne sarebbe pentita, chiese a Josefina “da quant'è che ti piace Pablo?”
La giovane taciturna arrossì fino alle orecchie, ma non disse una parola, e Neide la guardò con gli occhi spalancati, accusandola di non averle mai confidato una cosa simile. Josefina imbarazzata continuò a negare con tutta se stessa, ma Mina fumando la guardò con aria di chi la sa lunga e disse “Ascolta tesoro: non ho mai saputo parlare o ballare, a scuola ero un disastro, non so far funzionare una relazione, non so neanche truccarmi da sola, ma nessuno meglio di me capisce i meccanismi dell'attrazione, quindi mentire non serve. Sai quanti uomini sono passati su questo corpo? Non devi vergognarti, dannazione sei una donna ed è normale provare certe pulsioni per un uomo o per un'altra donna; è normale avere una cotta per qualcuno o anche semplicemente volerci fare sesso, e poi... lui prova lo stesso, si vede.”
A quel punto fece una lunga pausa per espellere il fumo, e si accorse che gli occhi della sua timida amica si erano illuminati, anche se le sue guance erano ancora violacee. Sorridendo maliziosamente aggiunse “certo, siamo realisti, la vostra non è una storia semplice, ma secondo me può funzionare. Insomma siete della stessa estrazione sociale, coetanei e dato che lui lavora con tuo fratello non hai neanche problemi a presentarlo alla famiglia. E poi, vantaggio che ti invidio non poco, puoi stare certa che lui non proverà neanche a farti del male, per paura di tuo fratello...”
Fu allora che la giovane taciturna scoppiò letteralmente.
“Ma che diavolo dici? Credo che Carlos gli farebbe un regalo se mi facesse del male, per lui sono solo una stupida imbranata che non ha mai fatto nulla nella vita e non perde occasione per ribadire il concetto. Gli direbbe qualcosa del tipo 'grande amico, le hai dato proprio una bella lezione. Deve imparare a non fidarsi delle persone' o una cosa simile. E' coerente con il suo principio di educazione e formazione”
Mina allora le sorrise dolcemente, capì che esattamente come lei, la giovane sorella di Juan si sentiva emarginata in quella famiglia e per un istante sentì la voce della piccola Ahmina, ma scacciò violentemente quel ricordo e dolcemente aggiunse “mah forse Carlos non farebbe nulla, ma Juan? Sei una pazza se pensi davvero che gli permetterebbe di fare qualcosa a sua sorella senza puntargli la pistola! Sembra un rigido stronzo, ma ci tiene molto a te, si vede da come ti parla e da come ti tratta. Magari neanche ve ne accorgete, perchè ci siete abituati, ma è così.”
Mina sorrise molto dolcemente pensando a lui qualche sera prima che spiegava alla sorella come giocare a poker e le altre due le dissero qualcosa, che però non ascoltò, ma la loro discussione era destinata ad essere interrotta. Solo allora, infatti, una persona che fino a quel momento era rimasta muta nell'ombra, irruppe e fece una fastidiosa domanda a bruciapelo a Mina.
Le aveva spiate per tutto il tempo con il fiato sospeso, era sicura che Carlos sarebbe tornato per importunare la giovane modella e voleva assolutamente capirci qualcosa di più. Era sempre molto carina con il suo uomo, anche se non lo guardava nello stesso modo in cui fissava Juan, ma lei stava impazzendo dalla gelosia. Sperava di trovarli di sotto, magari soli perchè voleva assolutamente vedere come si comportavano in sua assenza. In preda ad una forte eccitazione disse “Parli di lui con molto trasporto, ne sei innamorata?”
Mina in quel momento fissò Clarita con astio: aveva origliato una conversazione privata, e poi le aveva posto una domanda così personale senza neanche conoscerla, che diavolo di maniere! Se non fosse stata sua ospite l'avrebbe certamente mandata al diavolo, ma non poteva, così rispose con molta naturalezza “Certo che hai sempre un modo molto diretto per dire le cose tu..”
 Clarita la fissò con occhi severissimi, simili a quelli di un uccello rapace, ma Mina sorrise e basta. Non aveva nessuna intenzione di rispondere a quella domanda e sembrare più stupida di quanto non si sentisse già. Non era innamorata, ma gli piaceva come nessuno eppure si vergognava troppo per  ammetterlo. Lui aveva rifiutato le sue avances, dunque non era interessato, quindi non aveva senso pensarci così tanto, eppure non riusciva a smettere.
Rimasero in silenzio per qualche minuto a fissarsi, Clarita non aveva intenzione di cedere e Mina non voleva assolutamente rispondere e allora fu Neide a risolvere la situazione spiegando a Clarita che Mina aveva un fidanzato ufficiale da parecchi anni. Quella frase fece ridere a crepapelle la giovane attrice, ma rese Clarita ancora più furiosa con quella gatta morta che tormentava Juanito solo per divertimento, evidentemente. Neide voleva chiederle da tempo informazioni su quell’uomo così le disse eccitata “Allora dicci com'è come amante?E' selvaggio e scatenato come sembra, vero? Ora non prendertela ti prego, ma lo trovo stupendo e...non so se posso dirlo, ma me lo farei ripetutamente e barbaramente.”
Mina sorrise dolcemente, in un modo così ingenuo e pulito da lasciare Clarita completamente senza parole e poi aggiunse “non lo so tesoro, non so neanche di chi stai parlando. Vedi nella realtà io non esco con quelli che mi vengono attribuiti come fidanzati, sono solo accordi pubblicitari. Alcuni sono miei amici, se così si può definire uno con cui sei stata a letto una volta o due, con altri non ho mai parlato. Tutte queste dolci, favolose storie d’amore sono false! E quando vengono messe sui giornali le foto di un mio “supposto” fidanzato con un'altra, voi tutti pensate “ma poverina” ed io invece festeggio, perché il coglione di turno deve pagare una penale per aver concluso il contratto in anticipo…”
La moglie di Carlos si rilassò per un attimo, ma poi Mina ridendo disse “la mia realtà è molto più incasinata di quello che tu possa leggere sui giornali, ma diciamo che si può dire che io non abbia un fidanzato. Però Juan…è davvero un osso duro. Come si fa a capire che pensa?” e Clarita capì che doveva fare qualcosa, così le disse con nonchalance “Oh a lui piaci e molto. Non potrebbe essere più evidente di così…”
Mina pensò che la stesse prendendo in giro e la fissò con sguardo molto severo, ma si accorse che non solo Neide, ma anche Josefina stavano annuendo e quasi tremò.
“Credimi- continuò Clarita- io conosco molto bene il mio Juanito, e so leggere tra le righe nere della sua personalità.”
Mina sospirò e basta e poi stringendo le spalle tirò fuori la cosa che la rendeva tanto nervosa da giorni.
“No, credo che tu abbia letto male. Non credo di piacergli, non fa che disprezzarmi tutto il giorno e ringhiarmi contro. Non gli piacciono i miei abiti, vuole cambiarmi colore di capelli, mi trova troppo magra...insomma secondo me ti sbagli di grosso.”
E fu allora che quella donna le raccontò una storia tanto triste e toccante da farle venire la pelle d'oca.
“Oh beh, io lo conosco da una vita e per quanto sia difficile leggere in quel volto serio delle emozioni, ci riesco ancora. Quando ti guarda l'espressione dei suoi occhi è la stessa che aveva quando non era ancora questo disastro muto che è ora.”
Clarita a quel punto si sedette di fronte a loro, e Mina fissò le sue amiche con curiosità, ma nessuna sembrava sapere nulla della storia che stavano per ascoltare.
“ Quando sono arrivata in questa casa-continuò la moglie di Carlos versandosi da bere- lui aveva solo sette anni, ed io diciotto. Suo padre, padre adottivo di Carlos, e sua madre iniziarono ad urlare tanto forte da spaventarmi quasi. Chiaramente non c’era proprio bella l’atmosfera e io, che non parlavo neanche bene inglese, volevo solo nascondermi. Nessuno mi aveva chiesto cosa ne pensassi, né chi diavolo fossi, ero stata messa in un angolo mentre loro urlavano. Improvvisamente, però, mi accorsi che qualcuno nascosto dietro la porta del soggiorno voleva parlare con me: Juan e Josefina erano così adorabili, con quei loro occhi neri giganti, ingenui e luccicanti. Lui era veramente di una dolcezza infinita e mi invitò immediatamente nella sua stanza a giocare con lui perché, mi disse in spagnolo, quando i grandi urlavano era meglio lasciarli soli.”
Mina sorrise soltanto, ma quasi paralizzata da quella storia e Clarita la stava raccontando con una strana tristezza che lei non riusciva a capire.
“M'innamorai subito di quel bambino così dolce. Era un ragazzino emaciato con il viso quasi completamente occupato da quegli occhi giganti e da un sorriso dolcissimo. Davvero niente a che vedere con il mostro che è adesso.”
A quel punto lo sguardo di Clarita si appannò un po' e bevve un bicchiere di qualunque cosa avesse accanto, per darsi la forza di continuare quel racconto così deprimente, ma nessuno disse una parola.
“Juan veniva spesso a casa mia, perché era letteralmente la ragione di vita di Calavera. Adorava giocarci,fargli regali costosi e persino portarselo in macchina, perché lui era la sua unica vera famiglia, diceva sempre. Eppure, malgrado stesse crescendo in mezzo a narcotrafficanti e mercanti d’armi, Juanito rimase per qualche anno un ragazzino innocente e allegro, che amava disegnare e mi stringeva sempre forte, dicendomi “te amo Clari”. Spesso Felipa mi concedeva di tenerli a casa mia, ed io adoravo giocare con loro anche perchè ero sempre sola, ma Juan ovviamente preferiva passare tutto il suo tempo libero nel negozio del padre, Ramon, che era un uomo straordinario. Ramon aveva conosciuto Felipa per caso e se ne era tanto innamorato da sposarla e adottare il suo ragazzino. Amava Carlos come fosse suo, e cercava in tutti i modi di tirarlo fuori dal giro in cui si era infilato, ma Calavera era il braccio destro del boss all’epoca, quindi non voleva sentire ragioni e spesso c’erano discussioni molto accese tra loro. Non voglio dire che eravamo una famiglia perfetta, avevamo un sacco di problemi, ma ci volevamo bene. E Juan era un ragazzino normale, come tutti, e se suo fratello l'avesse lasciato in pace non sarebbe l'uomo bizzarro che è ora. Ovviamente è stato Carlos a distruggerlo, come fa con tutto, sempre. Il suo unico, vero talento è rovinare le persone, tirare fuori la parte malvagia nella loro anima e se non ce l'hanno, creargliene una.”
Clarita fece un'altra pausa per accendersi una sigaretta, e questa volta Mina potè finalmente respirare. Aveva ascoltato tutto con il fiato sospeso, ed era esterrefatta! Aveva capito che Carlos fosse in un giro losco, anche se non immaginava esattamente quanto losco e avrebbe voluto fare diecimila domande.
 “Aveva solo dieci anni quando uccisero Ramon. Era lì, vide tutto e, cosa peggiore, capì immediatamente che quel proiettile era destinato a lui. Ramon era un brav'uomo, e non aveva paura di niente, per questo aveva sempre rifiutato di farsi proteggere dagli uomini del suo figliastro, ma la situazione letteralmente precipitò quando Carlos divenne il successore del precedente boss. Iniziarono delle intimidazioni nei suoi confronti e lui non si fece spaventare e rispose sempre in modo molto duro, così la famiglia fu costretta a vivere con una scorta armata. Carlos, però, aveva un punto debole: il suo fratellino. Provarono ad usarlo contro di lui, ma non ci riuscirono perché Juanito aveva letteralmente un esercito dietro: le sue guardie del corpo fiutarono l'attentato, ma non furono in grado di sventarlo. Salvarono Juan, ma Ramon rimase ferito gravemente. In preda al panico, terrorizzati all'idea di aver causato la morte di un membro della famiglia di Calavera, infilarono Juan in macchina con suo padre morente, e invece di portarlo in ospedale lo portarono qui. Ramon morì in macchina dissanguato, tenendo la mano a Juan e cercando di tranquillizzarlo. Quel povero piccino da quel momento non disse più una parola. Scappò, non si sa dove, e riapparve solo dopo il funerale, ma non gli fu permesso di vivere il suo lutto in pace: Carlos, spaventato a morte, decise di portare via Juan e di insegnargli a difendersi. Non era lucido, e non ascoltò né me, né sua madre; non voleva perdere Juan, era accecato dalla paura e neanche il diavolo avrebbe potuto fargli cambiare idea, per questo gli strappò letteralmente quel poco di innocenza che gli era rimasta.
A dieci anni gli mise in mano una pistola per la prima volta e cominciò un addestramento durissimo, che avrebbe spezzato chiunque. Calavera racconta ancora con molto orgoglio storie terribili su cose che Juan ha sopportato in silenzio quando, durante l’addestramento, gli hanno insegnato a sopportare le torture facendogli credere che fossero stati catturati. Dice ancora che suo fratello è troppo cazzuto per farsi piegare persino dalle torture più crudeli, e devi vedere quanto se ne vanta! Comunque dopo tre anni di questo massacro, lo rivedemmo e sia io che Felipa versammo qualche lacrima. Era diventato un piccolo mostro arrabbiato e assetato di vendetta; un cecchino silenzioso e letale che non è capace di distinguere il bene dal male. A tredici anni era l'uomo migliore che Carlos avesse mai avuto, il suo adorato braccio destro. Ne era orgoglioso, lo amava in un modo mostruoso e malato e gioiva ogni volta che lo vedeva sfidare apertamente tutti quegli uomini così più vecchi di lui senza mostrare la minima emozione. Non aveva paura di nulla e sembrava che mai nulla lo toccasse e questo faceva letteralmente paura a chiunque, tanto che iniziarono a circolare voci stupide sul fatto che lui fosse un demone. Dopo qualche anno al fianco di Carlos, però, il giovane e inquieto ragazzo che tutti chiamavano “alma negra” decise di essere abbastanza capace e attrezzato da sfidare, da solo,gli assassini di suo padre e a sangue freddo uccise un clan intero, senza mostrare un minimo di emozione o di pentimento. Fu furbo, però, coprì bene le sue tracce, così una volta arrestato non potettero incriminarlo per nulla. Ora mia amica vuoi sapere perché l'uomo che tu giudichi glaciale è stato arrestato?”
Mina era senza parole, come le altre due donne accanto a lei, e a malapena riuscì a fare cenno di sì con la testa.
“Bene- continuò Clarita soddisfatta- aveva una relazione, a sedici anni era innamorato perso di una certa Maria, una sgualdrinella qualsiasi, e una volta conclusa la sua vendetta decise di festeggiare con lei, ma la signorina aveva altri piani. La cercò ovunque e la trovò in una tavola calda piena di polizia e gente comune, ma non era sola: stava amoreggiando con un suo ex fidanzato pubblicamente. C'è chi dice che Juan l'avesse lasciata e lei volesse vendicarsi, altri sostengono che avessero litigato per colpa del suo pessimo carattere, ma nessuno sa esattamente cosa sia passato nella testa di quella matta. Vederla con un altro lo mandò completamente fuori di testa, tanto da fargli perdere la lucidità e devastare un locale pieno di poliziotti. Non la toccò, non le fece nulla, ma  sfigurò per sempre il suo rivale, per errore, disse il suo avvocato. Così, ironia della sorte, uno degli assassini più temibili del clan di Calavera, fu incriminato per aggressione, danni alla proprietà privata e utilizzo di armi non registrate.
Rimase in carcere per quattro anni, ma cambiò radicalmente in quel periodo. Iniziò a studiare, probabilmente a disegnare e si tenne fuori dai guai. Rinnegò totalmente il suo passato e decise di non avere più  nessun contatto con il fratello, che disprezzava a tal punto da rifiutare persino che il suo team di avvocati lo difendesse. Non voleva vederlo, né parlarci e non si recava neanche nel parlatorio del carcere se sapeva che c'era lui. Ma Carlos, ovviamente lo amava ancora. Trovò il modo di farlo uscire, e continuò a osservarlo a distanza. Negli ultimi anni lo ha sempre tenuto d'occhio, e ha provato in ogni modo a riappacificarsi con lui, ma Juan semplicemente si è rifiutato senza dargli motivazioni. Immagina, dunque, quanto sia stato magnifico per lui risentirlo e che favore enorme tu gli abbia fatto: hai regalato a mio marito l'unica cosa che voleva veramente, ossia il suo fratellino.”
Mina rimase senza parole, immersa totalmente nei suoi pensieri. Il racconto sconvolgente di Clarita la aveva fatto capire tante cose, e un po’ era seccata, perché gli aveva giurato di fidarsi, ma poi aveva lasciato parlare quella donna. Si fece mille domande quella sera, si chiese se Juan fosse pericoloso, si chiese se lei stessa fosse in pericolo, dato che era a casa di un boss del narcotraffico, ma poi si accorse di una cosa: l’unico sentimento che prevaleva in lei era la voglia di andare ad abbracciare quel povero bambino torturato e costretto a crescere così in fretta. Perché, malgrado fosse una follia, lei non aveva paura di lui.
 Nota:
Eccoci qua, vi ho svelato il passato losco di Juan. Allora, che ne pensate? Avete apprezzato la storia o la trovate troppo drammatica? E soprattutto: sarà così matta Mina a reagire così?

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Capitolo 18
*** Capitolo 18: le foto ***


Capitolo 18: le foto

 

Man mano che passavano i giorni, Juan si accorse del cambiamento in Mina: lo teneva sempre a distanza, ma aveva cominciato a mostrare uno strano tipo di dolcezza che non capiva e lo spaventava, perchè quando faceva la femme fatale lo faceva ridere, ma non riusciva a restare indifferente alle sue piccole attenzioni. Era iniziato tutto la mattina dopo quella strana serata brasiliana, quando Mina gli era corsa incontro e lo aveva stritolato in un abbraccio fortissimo prima dell’allenamento, e come un’amante gli aveva sciolto i capelli e li aveva accarezzati in modo tanto delicato da fargli venire la pelle d’oca. Juan pensò fosse ancora per la sua lite con Clarita, ma quando rimasero per un attimo occhi negli occhi, gli parve proprio che stesse morendo dalla voglia di baciarlo e decise di non allontanarsi. Non voleva che lei si gelasse di nuovo, perché era troppo bello tenerla tra le braccia, eppure fu lei ad allontanarsi con un sorriso malinconico. Mina aveva iniziato a fare piccole cose, ma terribilmente strane. Lo cercava costantemente con gli occhi, ma sembrava non avesse il coraggio di stargli troppo vicino, anche se quando lui si metteva vicino a lei sorrideva in modo molto tenero. Di tanto in tanto si lasciava andare, gli prendeva la mano, gli sfiorava il braccio e addirittura gli sistemava i capelli durante gli allenamenti e Juan le lasciava fare tutto, perché rabbrividiva al contatto con la sua pelle. Eppure si era dato una regola molto rigida: non doveva toccarla. Non voleva che lei pensasse che stesse solo cercando di portarsela a letto, così viveva un terribile conflitto: voleva essere disponibile con lei, impedire che tornasse rigida, ma non voleva neanche esagerare e così aveva finito per confonderla totalmente.

Mina, nel frattempo, aveva capito che non riusciva davvero a fare l’algida stronza con lui, e così provava ad avvicinarsi, ma sempre molto piano e quasi sempre si sentiva una stupida totale per quei gesti e dunque si allontanava ogni volta più triste. Le pareva che lui fosse felice delle sue attenzioni e lo aveva anche detto a Jeoy che però le aveva solo risposto “stai facendo un gran casino, come tuo solito. Non ce la fai proprio a comportarti da persona corretta” ma non era così. Mina voleva rispettarlo, non voleva che lui finisse per odiarla, ma quando lui la guardava con quei suoi occhioni penetranti come una lancia, non riusciva proprio a trattenersi.

E così passarono i giorni e Mina divenne una principessa triste. Sorrideva, ma era incredibilmente malinconica e più di una volta lui aveva provato a farla sorridere, ma sembrava sempre che non fosse possibile avvicinarsi a lei più di tanto. Dopo una settimana Juan riuscì a chiederle di nuovo delle foto e così rimasero da soli dopo cena sul portico.

“Lo sai, vero che non lo faccio normalmente, sì?” le disse, un attimo prima di aprire il computer e Mina finse un inchino e rispose solo “ne sono onorata allora…” facendolo ridere. Rimasero in silenzio per qualche minuto e Mina pensò soltanto che lui davvero riuscisse a cogliere una parte di lei che nessun altro aveva visto.

“sono tutte bellissime…” sussurrò piano e lui ridendo rispose “e non hai visto quelle che volevo farti vedere davvero…”

Mina chiese spiegazioni e lui aprì un’altra cartella del computer e prima di cliccare sulle foto per ingrandirle le disse incerto “magari tu non sarai d’accordo con queste foto, magari non vorrai che io le pubblichi e in quel caso sarò felice di regalartele, ma…se dovessi scegliere io, sceglierei queste.”

“Devi scegliere tu, cosa credi che valga la mia opinione?” disse lei ridendo, ma poi rimase senza fiato. L’aveva fotografata sempre in quei giorni, anche quando lei non guardava. C’erano foto in cui esausta si riprendeva dagli allenamenti, altre in cui rideva con Neide e Josefina, altre in cui è in accappatoio e addirittura una scattata da lontano di quella loro strana serata di giochi con Luis e Pablo.

“Non so neanche chi sia questa donna…” sussurrò piano in un impeto di sincerità, e Juan annuì e basta, prima di mostrarle la sua foto preferita. Gliel’aveva scattata proprio quel pomeriggio ed era incredibile. Mina si era accovacciata accanto ad una finestra e stava pensando a lui, a quello che le aveva detto Jeoy, fissando fuori con aria triste.

“Il riflesso della luce sul tuo viso, e soprattutto nei tuoi occhi, crea un effetto straordinario” sussurrò lui piano, fissandola intensamente e Mina sorrise piano senza guardarlo.

“Sembrano quasi di vetro…” rispose lei piano ed entrambi risero, ma poi senza sapere bene perché Mina condivise i suoi pensieri con lui, dicendo “sembra che tu abbia trovato un’altra Mina. Forse è questo che fanno i fotografi bravi, ci mostrano la realtà in modo diverso da come la percepiamo noi, complimenti davvero…”

“O forse, semplicemente, ti ho mostrato Mina attraverso i miei occhi.”

Alzò gli occhi allora e un tremito fortissimo la scosse: lo sguardo di Juan era straordinariamente penetrante e terribilmente sensuale e quando lui accarezzandole la guancia aggiunse “…e come puoi notare, non ci sono foto di stronze acide o gelide…” Mina rise forte ma abbassò gli occhi perché davvero non riusciva a trattenersi. Juan però non era pronto a rinunciare ai suoi occhi, così fece una follia: si avvicinò tanto da poter sentire il suo profumo e le sussurrò all’orecchio “quindi Mina, evita, perché non faccio le foto a quella donna. Io lavoro solo con la tua vera anima e, come puoi vedere, a quanto pare lavoriamo bene insieme...”

Mina sorrise, ma era letteralmente paralizzata e stava andando a fuoco. Pensò solo cose oscene in quel momento, ed era letteralmente stravolta da quell’uomo che aveva uno sguardo da predatore impressionante. Ma che diavolo voleva da lei? E poi Juan si allontanò e con il suo solito sarcasmo osservò “e poi davvero non si può sopportare la Mina che fa la diva prepotente. Lo sa che non ha cinque anni, sì?” e lei si seccò molto e con fare seducente rispose “e a Juan chi lo dice che non deve urlare e darmi ordini perché io non prendo ordini da nessuno?”

“Addirittura?” rispose lui più divertito che altro e lei annuì seriamente e poi avvicinandosi al suo orecchio sussurrò “la donna mite e sottomessa posso farla solo a letto. E neanche mi riesce benissimo, sappilo” paralizzandolo quasi per un istante soltanto, però perché la lingua tagliente lo spinse a dirle “ma se hai anche una persona che ti manda la dieta da seguire via mail e hai il terrore di mangiare un centimetro di insalata in più, a chi vuoi far credere di essere una super trasgressiva?”

Mina si seccò tantissimo per quel suo modo brusco di smontare il suo tentativo di seduzione, ma non potè evitare di ridere, facendo ridere anche lui, che poi aggiunse “Dai, se vuoi fare la trasgressiva mangia una pizza. Solo allora potrò credere che tu sia davvero la donna che dici di essere…”

Era davvero uno stronzo, sensuale e prepotente, ma l’aveva fatta ridere da morire e Mina decide di fare una cosa che nessuno aveva provato a fare a Juan negli ultimi dieci anni almeno: si avvicinò come per abbracciarlo e poi gli fece il solletico.

“Tu ragazzina non hai idea di quello che stai facendo…” le disse ridendo come davvero non aveva riso mai, perché nessun altro avrebbe mai osato tanto, ma Mina si era allontanata per non subire ritorsioni, così con le braccia incrociate disse solo “Oh che paura…”

“Ok, allora adesso ordino una pizza e ti inseguo per tutta casa finchè non la mangi tutta…” le disse per prenderla in giro, ma il suo cuore per la prima volta in tanti anni era davvero lieve. Era come se avesse ritrovato con quei giochi stupidi e quella confidenza una parte di lui che non si ricordava neanche più di avere. Poteva finalmente essere una persona diversa da quella che si era imposto di essere per tanto tempo e questo gli provocava un immenso sollievo.

Mina accettò di restare a scherzare con lui per un po’ e tra una battutaccia e l’altra, Juan le mise una mano sulla spalla e la strinse fortissimo baciandole la fronte. Fu allora che Mina si rese conto di quanto fosse pericolosa tutta quella intimità che si stava creando tra loro e sorridendo scappò letteralmente, ma Juan le sussurrò solo “Mina, per favore non alzare di nuovo i muri…” e lei ridendo pensò che non era un muro era un dannato fossato con i coccodrilli, ma non disse nulla e gli mandò soltanto un bacio.
Nota:
Miei cari lettori, perdonatemi per questo minicapitolo, ma ci serviva questo momento narrativamente parlando. Allora avete delle impressioni? 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19: confessioni ***


Capitolo 19: confessioni
Continuarono così per un’altra settimana, vicini ma non troppo. Mina temeva di fargli capire troppo con i suoi gesti e Juan, poverino stava impazzendo. Non riusciva davvero a capire perché lei fosse sempre presa da migliaia di pensieri e distante, ma allo stesso tempo continuasse a sorridergli e a sfiorarlo dolcemente, rubandogli quasi piccole carezze e attenzioni. Non lo faceva di proposito, ormai lo aveva capito: Mina si stava difendendo da quella strana attrazione che provava nei suoi confronti e che all’inizio aveva mostrato così apertamente. Ma perché lo stava facendo? Perché aveva smesso di lasciarsi andare?
Juan formulò migliaia di ipotesi per giorni e poi sentì parlare Neide e Josefina e lo scoprì: avevano raccontato la sua storia a Mina e ora sapeva che era uno schifoso assassino e probabilmente era preoccupata o delusa. Fantastico! Si portò le mani sugli occhi ed espirò profondamente. Avrebbe dovuto metterlo in conto, ma non lo aveva fatto. Voleva farsi conoscere prima di parlarle di quello che aveva fatto, così lei avrebbe capito o quanto meno avrebbe avuto la certezza che lui non fosse più quel mostro, ma era troppo tardi. Era ovvio che lei fosse cambiata per quello, che per quello non volesse lasciarsi andare con lui. Magari aveva anche iniziato a disprezzarlo o quanto meno a temerlo. Juan andò letteralmente in crisi e pensò a come si potesse risolvere il problema. Trascorse tutto il giorno immenso nelle sue meditazioni, al punto da lavorare davvero male. Cosa doveva fare? Spiegarsi? Parlarle? Mentre cercava di trovare il bandolo nella matassa dei suoi pensieri, Mina gli lanciò un dolcissimo sguardo confuso e lui capì: doveva raccontarle la storia vera, anche se odiava dover ammettere certe cose.
Così finito il servizio fotografico in strada, ebbe il coraggio di chiederle “Aspettami un attimo, devo parlarti” e di liquidare tutti, non solo Neide e Josefina, ma persino Luis e Pablo.
Mina rabbrividì, capì che voleva parlare da solo con lei, ma doveva preoccuparsi? Aveva i pensieri in subbuglio e un miliardo di cose la tormentavano. Era sola, lontana da chiunque provasse o fingesse di provare un minimo di affetto per lei. Reta neanche le rispondeva più al telefono, Greg continuava a tormentarla e l’unico con cui poteva parlare di quello che le stava succedendo era un pazzo batterista alcolizzato, che continuava a farle la paternale, poi! La verità era che Mina aveva perso le sue certezze e si sentiva fragile. Non riusciva proprio a capire cosa pensasse Juan di lei, ma la cosa peggiore, forse, era che aveva troppo tempo per pensare alle sue paranoie, rinchiusa in quella gabbia dorata che era casa di Carlos. Lavorava con Juan da un po’ ormai, e le piaceva da morire stare con lui, tanto da farle dimenticare letteralmente chiunque altro.  Durante una di quelle lunghe notti solitarie, però,  si era resa conto di una cosa che aveva completamente dimenticato: erano passate settimane e non aveva mai avuto notizie di Myles che probabilmente l'aveva già dimenticata e sostituita. Doveva aspettarsi di essere licenziata da un momento all’altro?
 “Camminiamo?” gli chiese nervosamente, e lui sorridendo disse “Sì, mi aiuta a pensare. E poi non siamo lontani da casa.”
Entrambi fissavano la strada di fronte a loro senza sapere cosa fare, e poi lui sputò letteralmente fuori una marea di parole tale da sorprendere Mina, che non lo aveva mai sentito parlare così tanto.
“So che ti hanno raccontato una storia, che ora forse la tua opinione di me è cambiata. Probabilmente ora non è più così tanto facile fidarsi di me, dato che hai scoperto cose mostruose. Magari penserai che sono un assassino senza scrupoli e avrai paura di me o magari ti farò schifo, e non ti biasimo, davvero. E’ questo il motivo per cui ho rotto completamente con il mio passato, perché non mi illudo che una persona sana di mente riesca anche solo a guardarmi in faccia dopo aver scoperto le cose che ho fatto. Vedi Mina, io so di non poter dimenticare quello che ho fatto, ma onestamente neanche riesco a perdonarmi. Per questo non dirò nulla se deciderai di non voler avere a che fare con me, ma vorrei che tu sapessi la versione vera, se ti interessa…”
Non riusciva a fissarla, non voleva leggere la paura o il disprezzo nei suoi occhi, ma Mina fece una cosa stranissima: gli prese la mano e sussurrò solo “certo che mi interessa…” e Juan accendendosi una sigaretta continuò nervosamente “Sei una persona immensamente dolce, quando vuoi, e per questo a te dirò come stanno le cose. Almeno alla fine di tutto questo, saprai che non hai motivo di temere perché sono innocuo.”
Fece una lunghissima pausa e con un sospiro disse “Non so esattamente da dove iniziare. Ho sempre provato uno strano rispetto per mio fratello da bambino, quella venerazione folle che hanno i fratelli più piccoli. Carlos era un uomo normale, poi a diciassette anni ha iniziato a frequentare il clan…e da lì è incominciato tutto. Io ero piccolo e non capivo esattamente, mi piacevano i regali, mi piaceva stare con un uomo che sembrava essere amato da tutti e quindi non mi facevo grosse domande, ero felice di stare con lui. E poi…ci portarono via mio padre e io caddi in un incubo. Mio padre era un uomo onesto, aiutava tutti e tutti lo rispettavano. Quel famoso giorno ero nel suo piccolo supermarket e capii subito cosa stava per succedere: mi puntarono la pistola e papà si mise davanti a me. Dovevano colpirmi alla testa, ma colpirono lui in petto. Tutti i migliori uomini di Carlos accorsero, ma i killer fuggirono ed io rimasi con lui che mi accarezzava e continuava a ripetermi di non aver paura, perché non stava succedendo nulla. E poi…morì. Io ero pieno di rabbia, di dolore e soprattutto di sensi di colpa. Mi tormentavo per non essere stato più coraggioso, perché avevo avuto troppa paura per muovermi o fare qualsiasi cosa. Così lo dissi a mio fratello e, letteralmente, gli offrii il fianco: Carlos usò tutti quei sentimenti contro di me, mi convinse a partire per la Bolivia, perché dovevo imparare a difendermi, dovevo difendere mamma, Josefina e Clari e anche lui, o ci avrebbero uccisi tutti. Mi dipinse scenari tragici e mi mise una pistola tra le mani per la prima volta, e io l’accettai, perché ero convinto che mio padre fosse morto per colpa mia e non volevo che uccidessero anche loro. Sarei stato coraggioso, avrei combattuto, avrei imparato a difenderli e non avrei permesso a nessuno di fare loro del male. Così iniziai questo campo di prigionia in Bolivia e fu molto duro, ma io ero ossessionato dai miei demoni e così riuscivo a sopportare tutto. Scrivevo a Carlos e a mia madre ogni giorno, ma non per sfogarmi, per sapere come stavano e ogni volta che leggevo che erano al sicuro e stavano bene, riuscivo a rilassarmi per qualche minuto. In quegli anni terribili mi ripetevo che dovevo imparare ad essere uomo, dovevo andare avanti sempre, dovevo essere il migliore, il più cattivo, così nulla mi avrebbe fatto paura e nessuno sarebbe più morto per proteggermi. E così…lo divenni: iniziai a lavorare costantemente, dormivo tre ore per notte e il resto del tempo lo usavo per allenarmi, sparare, combattere con gli altri e leggere. Divenni gelido, inflessibile e crudele, ma soprattutto impavido. Tornai dalla Bolivia a tredici anni, ma ne dimostravo almeno venti. Ero cresciuto molto in altezza e gli allenamenti avevano scolpito il mio corpo, tanto da rendermi quasi irriconoscibile per mia madre che mi fissò con uno sguardo quasi disgustato. Carlos, invece, era orgoglioso di me. Mi chiese di stargli accanto, di essere il suo braccio destro nel clan ed io all’inizio pensai che fosse perché si fidava a tal punto di me da volere che io lo proteggessi, ma poi capii: Carlos voleva soltanto che io fossi un criminale esattamente come lui, ma io non ero così. Iniziai a stancarmi presto di quella vita, ma avevo bisogno di soldi e informazioni per la mia vendetta, così lo accompagnai alle riunioni dei clan e gli feci da mastino per tre anni, finchè non ebbi tutto quello che mi serviva. E così uccisi non solo gli assassini di mio padre, ma anche i mandanti e tutto il loro clan. E’vero, ho ucciso molte persone. In mia difesa posso dire di non averlo mai fatto per divertimento o noia, e di non aver mai fatto del male ad un innocente.”
 Le strinse la mano fortissimo, ma non aveva il coraggio di guardarla. Era certo che quelle parole avrebbero segnato la fine definitiva del suo rapporto con lei e si sentiva davvero a pezzi, eppure dire quelle parole per la prima volta lo stava aiutando a comprendere meglio tutto quello che aveva fatto.
“La cosa peggiore, è che non ho neanche pagato per quegli omicidi. Mi hanno arrestato perché ho distrutto un locale e aggredito un coglione…”
“…per amore?” sussurrò Mina piano e lui si mise a ridere forte e scosse la testa.
“non c’entrava niente la tizia di per sé, ma questo non lo sa nessuno. Vedi, dopo aver vendicato la morte di mio padre, sono andato da lui al cimitero. Non ci ero mai andato, perché mi sentivo troppo in colpa, ma in quel momento sentii di aver chiuso i conti e di aver vendicato la sua memoria. Rimasi due minuti accanto alla sua lapide, poi mi sentii male. Mi venne in mente il modo in cui lui parlava con Carlos, quando cercava di dissuaderlo dal frequentare il clan e capii: non avevo vendicato proprio nulla, avevo soltanto usato il suo nome per compiere azioni che lui avrebbe disprezzato. E, cosa peggiore, se lui mi avesse visto in quel momento, gli avrei spezzato il cuore. Così…la storia la sai, no? Alma negra è andato a cercare la sua fidanzatina, che non si aspettava di vederlo e quindi se ne stava a farsi toccare da un altro coglione, e una volta trovata, ha distrutto tutto e sfigurato il tizio. Se vuoi la verità, non so neanche io perché sia successo, forse perché per la prima volta in sei anni mi ero permesso di sentire dolore per la morte di mio padre, forse perché sentivo di averlo deluso, non lo so…”
E fu allora che Mina perse completamente il controllo e gli saltò letteralmente addosso. Voleva solo stringerlo, con tutte le sue forze, ma Juan era congelato all’inizio. Non ci credeva neanche lui che lei non fosse fuggita, ma quando lei sussurrò piano “povero bambino…” lui si sciolse. E stringendola forte sussurrò “…ed è per questo che non ho più fatto, né mai più farei qualcosa del genere. Non perché sono diventato un pittore o perché vivo a New York e mi illudo di aver cambiato vita, ma perché non posso perdonarmi l’idea che mio padre, che mi ha amato tanto da farsi sparare per me, proverebbe disprezzo per la persona che sono.”
“Non lo farebbe, io ne sono sicura” sussurrò lei piano e allora riuscì a trovare il coraggio di guardarla e si accorse che Mina lo stava fissando con due occhi languidi enormi e sorrideva. E così, senza sapere neanche bene perché, le diede un bacio lunghissimo, che letteralmente la fece tremare come una foglia.
“grazie…”sussurrò lei piano, un po’ intimidita e anche lui si sentì a disagio, ma anche felice. Aveva dovuto cedere a una parte prepotente di lui che aveva preteso che la baciasse e ora la stessa parte stava anche urlandogli il motivo di quel bacio: la voleva più di qualsiasi cosa al mondo.
“Juan…” sussurrò lei piano e lui la guardò profondamente negli occhi in modo tanto dolce da ammutolirla quasi.
“Vuoi sapere che ne penso io di questa storia?” chiese incerta e lui annuì, con lo stomaco letteralmente stretto in una morsa.
“Penso che tu fossi un bambino e che ti hanno fatto del male e spinto a fare del male, ma che hai capito quello che ti hanno fatto e sei riuscito a crearti una nuova vita. Non ho paura di te, non potrei mai averne, perché quello che vedo quando ti guardo non è né l’assassino, né il mostro che vedi tu, ma l’artista che è stato in grado di farmi le foto più belle che mi abbiano mai scattato. Tutto qui, ma sbagli a pensare che potrei allontanarmi da te per questo…”
 Era stata indifesa, dolce e comprensiva. Non lo aveva giudicato e soprattutto aveva accettato l'idea che non fosse più quell'uomo. Ok, ora sapeva davvero di amarla.
“E che cosa ti tiene lontana, allora?” le sussurrò piano, sfiorandole le labbra con le dita, ma Mina rise e abbassò lo sguardo. Che cosa doveva dirgli?
“Ho solo qualche piccolo problema sentimentale, niente di che.”
Mina abbassò gli occhi e morì di imbarazzo; ma come diavolo le era venuto in mente di dire quelle cose?Ok, l’aveva baciata, ma poteva davvero fargli capire che era lui la causa di quella sua malinconia? Arrossì per l'enorme errore tattico, e pregò che la camminata finisse presto, ma Juan era sconvolto. Perché non aveva mai pensato che lei potesse avere qualcuno? Una donna così è ovvio che abbia qualcuno.
Senza sapere esattamente cosa dire mugugnò dolcemente “ascolta, se devi tornare a New York possiamo fare una pausa...non voglio imprigionarti e mi dispiace se la reclusione ha fatto male alla tua relazione. Io...”
Mina allora si sentì ancora più stupida e ridendo fortissimo rispose “ma quale relazione? Io al massimo posso dire di avere un padrone che viene a reclamarmi ogni sei mesi per sfogarsi, e poi se ne va. Figurati se sto male per lui…”
 Juan non capiva, e solo allora Mina gli prese la mano e lui capì, ma aveva il terrore anche solo di pensare quell’idea che gli stava passando per la testa, perché era davvero troppo bella.
“Quindi se non hai una relazione…” sussurrò lui piano e Mina scocciatissima ringhiò “ma stai facendo finta di non capire, vero?”e Juan tremò e l’afferrò con forza per baciarla. Mina impazziva per quei baci, così li ricambiò tutti con fin troppo entusiasmo.
 “Non è allontanandomi che si risolvono i problemi, Mina. Se è successo qualcosa, è inutile soffocarlo, sperando che muoia da solo. E forse non è neanche giusto…”
Mina sorrise soltanto, ma quando lui aggiunse “è una cosa che richiederà del tempo probabilmente, dobbiamo ragionarci bene, ma non è fingendo che non ci importi che risolveremo il problema…” capì che le cose non erano esattamente come lei e Jeoy immaginavano e si strinse forte contro il suo petto.
Rimase in silenzio per un po’, confusa da tutti quegli sviluppi e Juan un po’ si seccò. Non era abituato ad una situazione simile, era sempre lui quello taciturno, così provò di nuovo a farla felice sussurrandole:
“Stasera ti va se ti porto nello squallido locale di Carlos? Magari potrai dimenticare per un po' i problemi di cuore...”
 “solo a patto che Neide e Josefina vengano con noi.” rispose Mina allegra e lui annuì soltanto.
Entrambi fecero finta di niente, ma quella conversazione li aveva portati ad un livello successivo,ed era ormai ufficialmente nato qualcosa tra loro, che rientrarono a casa di Juan mano nella mano.

Nota:
Ciao a tutti, allora ammetto di averci messo molto per scrivere questo capitolo perchè è un po' complesso. Che cosa ne pensate della storia di Juan? Siete sconvolte o avreste reagito come Mina? Fatemi sapere!

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20: le follie di Mina ***


Capitolo 20: le follie di Mina
 
Tre ore più tardi finalmente Juan portò fuori Mina, che si agitava come un cane che entra in macchina per la prima volta. Gli fece diecimila domande e lui sorrise e basta, non riuscendo a rispondere in tempo a tutte. Mina sembrava proprio felice, oltre che bella da morire, e non gli lasciava un attimo la mano, malgrado ci fossero altre persone in macchina con loro. Sembrava che le facesse piacere che gli altri capissero che loro avevano una relazione, e Juan a questo non ci era abituato, dato che Beth lo teneva sempre molto a distanza in pubblico.
“Mio Dio questo posto è…carino…” sussurrò molto perplessa e Juan mettendole un dito sulla guancia ringhiò “e secondo te perché non volevo portartici? E’ una bettola…”
Quel posto era effettivamente uno squallido ritrovo di narcotrafficanti, mercanti di armi e di gente spaventosa di altro tipo, e di signorine appena maggiorenni, ma per Mina era molto “folcloristico”. Si era aggrappata al braccio di Juan e non aveva voglia di lamentarsi. Presto,però, giunsero i padroni del club e li separarono. Clarita con modi molto decisi fece capire alla ragazzina che doveva lasciarli parlare da soli e Mina ci rimase malissimo. Juan le disse solo “torno presto”accarezzandole la guancia e s’incamminò con Carlos verso il piano superiore del club, al cui ingresso erano appostate tre o quattro ragazzine seminude. Mina ebbe i brividi, e non ce la fece a guardare oltre, ma Clarita le disse solo “se vuoi entrare nel club delle donne Jimenez devi imparare una cosa: devi lasciarli andare senza farti troppe domande e sperare che tornino, sempre.”
Mina si sentì davvero devastata da quella frase. Era sicura che Juan non fosse quel tipo d’uomo, ma la frase di Clarita la sconvolse. Rimase per qualche minuto immersa in mille riflessioni, poi la moglie di Carlos le fece un sorriso dolcissimo e con un occhiolino sussurrò “andassero a farsi fottere. Divertiamoci.”
E così a mezz’ora dal suo arrivo al club Mina era già totalmente fuori di testa. Non le piaceva ballare, eppure Clarita le aveva offerto da fumare e lei senza sapere bene come si era trovata su un tavolo con le sue nuove amiche a ballare senza scarpe e senza nessun controllo.
Per un po’ di tempo riuscì ad anestetizzare i suoi pensieri e i dubbi, grazie all’euforia che provava, ma in alcuni momenti il suo sguardo cadeva sul piano superiore del club, dove Juan era a fare chissà cosa con chissà chi e doveva sedersi, perchè le mancava l’aria.
Si divertì comunque, le parve una delle sue serate con Reta a New York, e anche se non capiva la musica perché era tutta in spagnolo, le piacque ballarla con le sue nuove amiche. Persino Clarita le parve divertente, anche se quella sua frase così crudele la tormentava.
 Gli uomini Jimenez riapparvero solo dopo un’ora e Juan letteralmente tremò nel vederla così totalmente fuori di testa. Aveva i capelli completamente fuoriposto, le spalline del vestito calate e continuava a ballare senza preoccuparsi minimamente di quello che le succedeva intorno. Era evidente che le avessero dato qualcosa e lui s’infuriò ma non riuscì a restare nervoso a lungo: Mina improvvisamente se lo trovò davanti e si sciolse totalmente. Come una moglie a lungo abbandonata gli corse incontro senza scarpe e gettandogli le braccia al collo, sussurrò piano “mi amor sei tornato da me…” e lui paralizzato da tanta tenerezza la baciò e basta, lasciando Carlos, Clarita e tutti i presenti piuttosto perplessi.
“Non te ne vai più?” sussurrò piano abbandonata sul suo petto e Juan sussurrò solo “no…” accarezzandole i capelli preoccupato. Chiese a Clarita cosa le avesse dato, ma lei rise e basta, facendolo infuriare ancora di più.
“Non ti piace proprio questo posto…” gli sussurrò, giocando con i suoi capelli per cercare di farlo sorridere. Juan era diventato rigidissimo, ma Mina non aveva proprio idea di quale fosse il motivo. Ovviamente lui era furioso per la storia di lei drogata e ubriaca, ma presto successe una cosa che fece totalmente perdere il controllo alla giovane modella.
Tenerlo accanto rendeva Mina particolarmente serena e felice, e non riusciva a fare a meno di baciarlo e stringerlo. Ma poi furono interrotti da una delle signorine di Carlos che picchiettò sulla spalla di lui e gli porse qualcosa dicendo “ti è caduto dalla tasca prima” e Mina reagì davvero male.
“Prima quando? Cosa cazzo stavi facendo con quella?”
Gridò, allontanandosi da lui e Juan sbuffò soltanto. Non aveva fatto niente, ma non gli piacque l’idea di doversi difendere da una persona che ti aggredisce a priori, così non le disse neanche una parola e lei ripetè la domanda, strattonandolo. Juan alzò soltanto gli occhi al cielo, provocando una reazione terribile: Mina ferita a morte gli tirò uno schiaffo tanto forte da farsi male alla mano e gli voltò le spalle. Scalza e senza giacca decise di scappare da quello squallido club, senza sapere neanche bene dove andare.      
Carlos, Luis e Pablo pensarono soltanto che Juan fosse diventato matto per farsi trattare così da una donna, ma lui non la seguì, non subito. Doveva calmarsi un attimo prima di raggiungerla, perché Mina era emotivamente instabile e avrebbe potuto ferirla davvero usando le parole sbagliate, ma dopo qualche minuto la trovò fuori in un mare di lacrime, e gli fece moltissima tenerezza.
“Mì…” sussurrò piano, ma lei si asciugò gli occhi e gli intimò di andarsene perché non voleva vederlo mai più.
“Perché pensi che io sia così un porco, si può sapere?” le disse risentito, ma Mina scuotendo la testa rispose “perché tu pensi che io sia stupida? Guarda che l’ho fatto quel lavoro, lo so che significa quello che è successo…”
Juan rimase per un attimo senza parole, perché non sapeva cosa dire. Pensò che fosse una cazzata dettata dall’alcol, ma Mina aveva detto la verità.
“…ed è proprio perché so cosa è successo che non riesco a guardarti neanche in faccia. Perché mi fai schifo, perché…io pensavo che tu  fossi diverso hai capito? Pensavo non facessi sesso con me perché sei uno fedele, una brava persona e invece evidentemente il problema sono io…il problema è che non sono una che si spoglia davanti a te per quattro soldi…”
“wow…” rispose Juan letteralmente senza parole e con il cuore a pezzi. Le aveva raccontato tutta la sua storia e lei non lo aveva giudicato male, ed invece ora per una cazzata gli stava dicendo quelle cose così terribili. Ma che problema aveva? Rimase a fissarla con uno sguardo tanto severo da incenerirla e dopo qualche minuto le ringhiò “andiamo a casa, ti preparo i bagagli e domani torni a New York…”
Mina salì in auto senza parlare e iniziò a guardare fuori, come aveva fatto durante il loro primo viaggio, ma questa volta riusciva a trattenere a stento le lacrime e lui se ne accorse. Per tutto il tempo non dissero una parola, anche se Juan voleva disperatamente parlarle, spiegarsi e chiarire, ma era terribilmente offeso da quelle parole. E lei era letteralmente a pezzi: si sforzava di sembrare tranquilla, ma tremava come una foglia e lui sapeva che in realtà mantenere quel fragile equilibrio le costava tanto, e non voleva farla crollare; era a distrutta, si vedeva, ma solo la forza di volontà le permetteva di non cadere a pezzi. Era come un vetro rotto, ma si sforzava in tutti i modi per tenere insieme anche le più piccole schegge e mantenere quella dignità che aveva già abbondantemente ripudiato con quelle stupide scenate che gli aveva fatto.
“Fanno le cameriere, hai capito? Sì, ok fanno anche qualsiasi cosa tu chieda loro, ma principalmente servono ai tavoli.”
Sputò fuori all’improvviso, senza sapere neanche perché. Non ce la faceva a vedere che lei stesse così male e si sentiva il peggior stronzo del mondo, senza sapere neanche perché. Mina non rispose, e lui scosse solo la testa, prima di tirare un pugno terribile al cruscotto.
  “…prenota un volo di mattina presto, grazie…”disse cercando di restare perfettamente calma, ma tremando. L’effetto della droga cominciava a scemare e lei diventava ogni minuto più stanca, ma allo stesso tempo il dolore che provava diventava sempre più forte.
“Ovvio…” rispose lui furioso, ma poi si accorse che stavano per arrivare a casa e fece una follia. Tanto se era tutto finito, tanto valeva mettere le carte in tavola.
“Comunque giusto per chiudere questa cosa con un minimo di senso, certo che sei tu il problema, stupida.”
 Le ringhiò duro e Mina letteralmente si fracassò in un migliaio di pezzi. Stava cercando di chiudere in modo sereno, senza dargli la soddisfazione di vederla soffrire, ma non era facile.
 “Vuoi sapere qual è il problema? Ti accontento: il problema tra me e te sono i tuoi occhi, e il tuo sorriso, e quelle stupide fossette che hai sulle guance quando ridi. E il tuo seno, e il tono con cui dici “Juanito” come se fosse la cosa più dolce del mondo, e le tue dita che mi sistemano i capelli e la tua piccola mano che mi stringe forte. Questo è il problema, una fottuta granata che mi è scoppiata dentro la prima volta che ci siamo incontrati, e che ha totalmente polverizzato tutto quello che esisteva prima di quel giorno nella mia vita, incasinando totalmente la mia testa e mettendo in discussione tutte le mie scelte. Il problema sei tu, è vero, ma davvero non hai capito un cazzo se pensi che io sia la persona che mi accusi di essere, solo perché stavo cercando di capire come diavolo gestire questa cosa prima di finire nel tuo letto.”
“Juanito…”sussurrò lei piano, provando a prendergli la mano, ma lui si scansò. Non voleva davvero chiudere, ma neanche riusciva a sopportare il peso delle accuse che lei gli aveva fatto.
“Non provare a scacciarmi dopo avermi detto una cosa così bella…”sussurrò lei piano, con un sorriso dolcissimo e lui ridendo rispose imbarazzato “tanto domani non te la ricorderai…”
“Allora, se domani non ce lo ricorderemo…” disse lei piano avvicinandosi tanto da potersi sedere sul suo corpo e poi, prima di baciarlo teneramente, bisbigliò appena “…sappi che sono mezza innamorata di te…”
Juan pensò che questa più che una granata, aveva l’effetto di una bomba atomica ma non disse nulla. Non le fece neanche notare che lui era lucido, quindi avrebbe ricordato tutto. Mina era davvero completamente fuori, tanto da non riuscire a camminare bene da sola, così la portò a letto e dovette difendersi per un po’ dai suoi attacchi, ma poi la lasciò completamente addormentata, o quanto meno così pensava.
La verità era che Mina stava per commettere un enorme errore. Quella notte Mina fece cadere il primo pezzo del domino della sua vita. Si svegliò tre ore dopo ancora sola e terribilmente confusa. Non ricordava tutto quello che le aveva detto Juan, solo poche cose ma di solito la memoria tendeva a tornarle piano, piano. Ricordava che le avesse detto di andare via e poi che il problema era lei e i suoi occhi. Aveva le idee molto confuse e con le lacrime agli occhi prese una decisione che cambiò la sua vita: aveva letto e riletto quella mail scritta settimane prima e così, chiudendo gli occhi si decise a premere il tasto “invia”.
Nota:
Ciao a tutti e grazie per aver letto questo capitolo. Allora cosa avrà fatto Mina? Accetto scommesse :) e vi è piaciuto il discorso di Juan? Fatemi sapere

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Capitolo 21
*** Capitolo 21: la mail ***


Capitolo 21: la mail
“Io sono stanca di te, parli d'amore, mi riempi di promesse, ma in realtà sei solo un egoista. Davvero credi che io sia felice di vederti ogni sei mesi, scopare, dire due frasi stupide e senza senso e vederti andare via?Mi tieni legata a te in un modo morboso e disgustoso, e mentre tu te ne stai lì con la tua famiglia perfetta, con gli amici del country club e la tua vita del cazzo, io resto sola Myles. Sempre sola, e per dimenticare questa cazzo di solitudine bevo tanto, troppo, scopo con chiunque mi voglia e faccio cose assurde. Non prendertela, non è cattiveria la mia, solo troppo dolore. Non ce la faccio più a continuare, sta diventando troppo tossico per me questo rapporto. Che poi se non posso sentirti, non posso vederti e non posso toccarti mi dici che merda di relazione è? Vuoi solo fare sesso con me, ed io non voglio più essere la tua bambolina. Vaffanculo. E' finita Myles, per sempre.”
Poche parole, brevi, ma durissime e piene di un astio e di una sofferenza che non aveva mai usato con lui. Myles l'aveva sempre considerata superiore a lui e a queste sciocche scenate, credeva che il suo orgoglio non le avrebbe mai permesso di sbattergli in faccia tutte quelle verità, ed invece lo aveva fatto. Non aveva mai pensato che la loro potesse essere una rottura fatta di insulti e addii gridati, si aspettava che lei con il massimo del contegno gli dicesse “va bene tesoro, sii felice” ne era certo. Erano settimane che pensava a come sarebbe andata, eppure a Myles Ronson si fermò il cuore in quell'istante e non riuscì a trattenere una lacrima.
Scappò dal letto ignorando le proteste e le domande della sua compagna e chiuso in bagno provò a fare quel numero con il cuore in gola.
Ora finalmente aveva capito che non voleva che finisse con lei, ma come aveva potuto anche solo pensarlo? Sconvolto le telefonò a ripetizione, ma non riusciva a contattarla, così le lasciò dodicimila messaggi in giurandole che la sera dopo sarebbe stato con lei per parlare da vicino, per chiarire e sistemare le cose, ma non sapeva esattamente dove fosse e l'ansia lo stava divorando. Doveva parlarle subito, immediatamente, altrimenti non avrebbe potuto neanche respirare. Doveva sentirle dire che era ancora sua, ora era l'unica cosa che voleva veramente, così fece il numero che Jennifer gli aveva dato per le emergenze, ma la persona che gli rispose lo irritò immensamente.
“Chiunque tu sia, 'fanculo.”
Fu tutto quello che si sentì dire e ci rimase molto male. Come diavolo aveva osato quel maleducato? Ricompose il numero, e prima che lo insultasse di nuovo, disse di getto “ho bisogno di vedere Mina, devo sapere dove vi trovate.”
Juan allora aprì gli occhi di scatto e gli prese uno strano batticuore, per due secondi non potè dire una parola, ricordandosi le parole di lei “non ho una relazione, ho solo un padrone…”. Avrebbe voluto davvero mandarlo a farsi fottere, ma se Mina aveva usato quella parola così dura, forse non poteva.
 Ringhiò solo “Chino, Los Angeles.”
E Myles rispose “le dica che domani sera sarò a Los Angeles, al nostro ristorante. La porti lì anche a costo di usare la forza e vedrà che sarà ben ricompensato.”
Juan si seccò moltissimo per il tono e soprattutto per le parole che aveva detto quel ricco buffone. Credeva forse che sventolargli delle banconote davanti al naso l'avrebbe spinto a fare di lui quello che voleva? Con tono quasi brutale rispose “non è un pacco, non la porto da nessuna parte. Le riferirò il messaggio, ma se non vorrà venire non potrò fare altro e, con tutto il rispetto, ci sputo sopra alla sua ricompensa.”
Fu allora che Myles, gelosissimo di quello strano tizio, decise di qualificarsi. Non lo faceva mai, ma aveva capito che l’addio di Mina era in qualche modo legato a quello stronzo e voleva intimidirlo, così, senza immaginare che quello che stava per dire avrebbe indisposto ulteriormente Juan, gridò “Senti ragazzino tu non sai con chi hai a che fare. Sono il fottuto governatore del Texas, hai capito? Sono io che pago i tuoi assegni, io che decido persino il colore delle unghie di Mina, quindi tieni a freno quella fottuta lingua....”
Juan non lo fece finire, seccato ribatté “ E chi cazzo se ne frega? Licenziami allora, cosa cazzo credi che me ne importi? Nessuno decide un cazzo per me, quindi ripeto: vaffanculo”
Provò riaddormentarsi, ma non ci riuscì, era troppo arrabbiato e ferito, così si rigirò nel letto per qualche ora, prima di decidersi a pugnalare letteralmente qualche tela con colori forti e vibranti.
Ore dopo entrò pianissimo nella sua stanza, senza sapere esattamente cosa fare. Gli faceva davvero malissimo l’idea di lei a letto con un ricco stronzo, ma non poteva far altro che riferirle il messaggio e pregare che lei dicesse “Non mi importa”. Non era uno che pregava, ma davvero voleva soltanto che lei lo mandasse al diavolo, talmente tanto da essere disposto a chiederlo persino all’altissimo.
Si avvicinò a lei piano e sfiorandole la schiena sussurrò “Mì…ragazzina?” lei aprì gli occhi e gli sorrise dolcemente.
“Come ti senti?”
Le chiese con una voce tanto dolce da sembrare una carezza, e Mina stava per sorridere, ma poi si ricordò: era lì per mandarla via, doveva tornare a New York,  così s’intristì profondamente e sussurrò “bene…nauseata e un po’ sconvolta, ma direi che è normale.”
“Non lo reggi benissimo, effettivamente…” le disse, cercando di sorridere, ma non capì perché fosse così triste finchè lei non sussurrò piano “devo partire?”
“Sì…” le disse serio e in quell’istante Mina avrebbe solo voluto vomitare e piangere, ma non disse nulla. Fece per alzarsi e lui aggiunse “…vai a Los Angeles, qualcuno ha richiesto la tua presenza.”
“Chi?”chiese lei stravolta. Ricordava qualcosa, ma era certa che fosse uno strano sogno e quando Juan con sguardo scocciato le spiegò della telefonata Mina non riuscì a trattenersi e scappò a vomitare.
Lo aveva fatto davvero, ma era diventata matta? Le venne quasi una crisi d’ansia, ma quando sentì la voce di Juan che la chiamava nell’altra stanza, l’ansia si mescolò al dolore e si sentì male davvero. Aveva davvero distrutto tutto solo perché quello stronzo la stava mandando via? Che dannata stupida. Mina si fissò per un attimo allo specchio e ciò che vide la disgustò letteralmente, tanto da spingerla a recitare la sua solita parte.
“Scusami, dev’essere stata una scena davvero penosa…” gli disse molto rigida, talmente tanto da lasciare Juan perplesso, ma lui scosse solo le spalle, perché non ci vedeva nulla di strano. Mina iniziò a raccogliere le sue cose in silenzio e senza fissarlo e per qualche minuto rimasero totalmente zitti.
“Ti porta Luis a Los Angeles, ne abbiamo già parlato…” rispose lui freddo, perché non gli era piaciuto il tono di lei, ma Mina ribattè solo “non mi sento molto a mio agio a fare questo viaggio con lui, poi credo che non abbia neanche molto senso andare a Los Angeles e poi partire per New York…”
Juan capì che se lo ricordava e che probabilmente era quello il motivo di tanta antipatia, così stringendo le spalle rispose “non c’è tutta questa fretta. Puoi tornare a New York quando vuoi…”
Ora, vedete: Juan voleva davvero farle capire che non la stava mandando via, e vi garantisco che nella sua mente era anche convinto di essersi spiegato bene, ma Mina morì.  Pensò che stesse cercando di essere gentile e dirle che poteva andar via con calma, senza dover impacchettare le sue cose da un minuto all’altro e questo la ferì ancora di più. Annuì e basta e Juan rimase a fissarla in silenzio. Sembrava una specie di vulcano che sta per scoppiare, evidentemente voleva dire qualcosa e così sussurrò “quindi mi serve un taxi…” facendo sorridere Juan.
Non poteva portarla da un altro uomo, non riusciva fisicamente a sopportare il dolore che gli provocava l’idea di lei con un altro, ma non poteva neanche farla andare via così, con la certezza che non l’avrebbe mai più rivista. Le disse piano “Va bene, ti porto io. Partiamo quando vuoi…” con il tono di chi stia letteralmente gettando al vento un gran pezzo di cuore e Mina lo capì, ma lo lasciò uscire.
 Non avrebbe mai nella vita supplicato qualcuno di amarla, tanto meno uno sposato. Non ricordava ancora della scenata di Juan della sera prima, men che meno della sua ed era convinta che fosse davvero finita.
Una volta sola, decise di dover affrontare quell’altro problema. E questa volta sarebbe stata più dura delle altre, pensò, ma in realtà non era affatto così. Trovò tantissime chiamate e messaggi di Myles, che le giurava amore eterno, accampava stupide scuse una sull’altra solo per giustificare chissà cosa e la supplicava di tornare. Mina rimase totalmente indifferente a quelle parole e si disse che poco tempo prima avrebbe tremato per una cosa del genere. Ci pensò un attimo e poi decise di scriverle quello che avrebbe voluto dire a Juan “ti chiedo scusa, avevo il cuore troppo straziato dalla tua assenza e avevo bevuto, così non sono riuscita a trattenere il dolore. Se vorrai, ci sarò stasera, altrimenti capirò…”
Myles letteralmente tremò nel leggere quel messaggio. Si chiese solo cosa diavolo stesse succedendo alla sua bambina, ma quelle parole gli piacquero tanto da spingerlo ancora di più tra le sue braccia. Mina sembrava sempre indifferente e invece quella prova d’amore lo aveva letteralmente steso.
“…mia piccola…” le sussurrò al telefono e Mina si stese sul letto. Non si sentiva affatto bene, era ferita e avrebbe solo voluto piangere.
“Stasera stiamo insieme e prendiamo delle decisioni importanti per noi due, sì? Non ti farò soffrire mai più…” le disse piano e Mina rispose solo con un sospiro. Avrebbe sempre voluto quelle parole, ma ora era come se non riuscissero realmente a raggiungerla.
“Mimi, amore…” sussurrò lui piano e lei rispose piano“ a stasera amore mio…” lasciandolo di stucco.  Niente, neanche chiamarlo amore le aveva  fatto effetto. Possibile che fosse così tardi per tutte quelle parole? Erano passate solo tre settimane, ma si può davvero cambiare così tanto in tre settimane?   
Due ore dopo, pulita e perfetta salì in macchina con Juan indossando due enormi occhiali scuri che nascondevano il suo viso. Continuava a chiedersi perché diavolo fosse stato così stronzo con lei e poi iniziò a ricordare. La ragazza, i baci e poi la scenata. Non ricordava esattamente le parole che aveva detto, ma Juan era a terra, così provo a parlargli.
“Non ricordo esattamente cosa sia successo ieri…” sussurrò piano e Juan pensò solo che finalmente avesse deciso di parlargli, dato che erano venti minuti che viaggiavano perfettamente in silenzio.
“Credo di essermela presa perché tu sei andato con una di quelle ragazze, no?” gli disse piano e Juan scuotendo la testa ringhiò “perché tu hai pensato ci fossi andato. E’ molto diverso…”
“capisco” sussurrò lei piano, sospirando forte, e poi aggiunse una cosa che fece esplodere Juan. Vedete, Mina non poteva parlare del suo passato, ma a quel punto non le importava letteralmente più di nulla, così disse “Ti chiedo scusa, ma vedi io ce l’ho particolarmente con quel tipo di uomo ed evidentemente ho avuto troppa paura che l’unico uomo veramente speciale della mia vita potesse essere di quel tipo.”
Juan pensò solo che quella era un’altra bomba atomica, e le disse piano “ma se hai accettato senza batter ciglio che io avessi fatto quelle cose che ti ho detto, come diavolo puoi pensare che io…
 Ma Mina non lo lasciò finire e disse “sì, ho più paura di quello, che di un assassino. Perché ne ho conosciuti troppi di quegli uomini e ho ancora i brividi quando penso al loro modo di toccarmi e guardarmi e…”
“Ma allora è vero?” le chiese stravolto, tanto da non guardare la strada per qualche secondo e Mina annuì soltanto, con una specie di sorriso amaro sul viso.
“So che a te piace immaginarmi come una principessa dalla vita facile, ma la mia storia è molto più oscura di così…”
Juan letteralmente implose e poi capì: era per quello che aveva accettato il suo passato, perché anche lei aveva una storia pesante alle spalle. E probabilmente per questo riusciva a capire quello che lui sentiva meglio di chiunque altro. Provò a prenderle la mano, ma lei si scansò.
“…e poi, se proprio lo vuoi sapere, è lì che mi ha scovata l’uomo che ti ha chiamato ieri sera. Affamata, infreddolita e spaventata. Mi ha trovata, gli sono piaciuta e ha deciso di comprarmi. E sei mesi dopo ero una persona completamente nuova, ma con un collare pesantissimo…”
Juan non disse nulla, ma accostò per un attimo per poterla guardare negli occhi e Mina si tolse gli occhiali per guardarlo e finirono a mescolarsi in un lunghissimo abbraccio.
  “Quindi- aggiunse Mina divincolandosi dalla sua presa- è per questo che ho reagito tanto male. E me ne scuso” ma Juan aveva perdonato tutto e la strinse fortissimo, tanto da dimenticare qualsiasi cosa.
 “E giusto per essere chiari: andiamo a Los Angeles perchè io appartengo a lui per contratto, quindi devo stare buona, obbedire e non farlo mai arrabbiare. Ma questo è l’unico motivo…”
Aggiunse, fissandolo con occhi dolcissimi. Mina stava cercando in modo contorto di rassicurarlo sui suoi sentimenti, ma non funzionò benissimo. Juan le sorrise, ma pensò che non gliene fregava un cazzo del perché lei andasse a letto con un altro, perché voleva soltanto che non lo facesse, ma non sapeva neanche come dirglielo. E non poteva neanche avanzare pretese su di lei, quindi quanto era stupido anche solo pensare di dirle che non voleva che qualcuno la toccasse? Così le disse solo “E davvero riesci a non farlo arrabbiare? Perché con me invece sei pessima…”
Mina rise forte e per un attimo risero entrambi, ma quando lui sussurrò “cosa ti ricordi che ci siamo detti ieri?” le vennero i brividi. Non ricordava molto, ma il tono allarmato con cui lui glielo aveva chiesto l’aveva spaventata. Scosse solo la testa e lui capì: il discorso più bello che avesse mai fatto a chiunque era andato letteralmente perduto. Così le prese la mano e ripartì in silenzio annegando nei suoi dispiaceri. Non voleva arrivare a Los Angeles e allungò il più possibile la strada, tanto lei non se ne sarebbe mai accorta.
“E quindi non potrai mai essere felice? Resterai per sempre legata a quest’uomo che ti tratta come la sua bambola?” le disse piano guidando e Mina sorrise e rispose “oh invece lo sarò eccome. Ho un piano segreto per il mio futuro, ma mi serve ancora qualche anno e poi adios Jen, adios Myles e via…”
“Un piano segreto?” chiese, con il cuore un po’ più leggero. Vedete, l’idea che lei appartenesse ad un altro per tutta la vita lo stava davvero torturando, e Mina stranamente lo aveva capito e aveva deciso di rivelargli il suo segreto più grande, quello che solo il suo commercialista sapeva.
“Sì, non sono così stupida. Lo so da sempre che questa cosa non durerà in eterno, così da quando è iniziata metto via i soldi su un conto che non può essere ricondotto a Myles, e prima o poi scomparirò totalmente e mi dedicherò ad un uomo speciale e ai suoi bambini…”
Il cuore di Juan si fermò per un attimo, ma rispose con il suo solito sarcasmo che se voleva fare la tata avrebbe potuto iniziare subito e Mina lo tormentò per un po’.
Quel viaggio fu molto tenero per entrambi: Mina voleva ricostruire il loro rapporto e aveva capito che lui era seccato per Myles, quindi gli faceva gli occhi dolci e si appollaiò letteralmente sulla sua spalla, chiedendosi se fosse ancora arrabbiato, ma lui non riusciva ad avercela con lei così le faceva solo dei sorrisi un po’ seccati. E quando Mina ad un semaforo gli sussurrò piano “quindi non posso più baciarti?” la travolse letteralmente con un bacio terribilmente sensuale.
Man mano che si avvicinavano, però, l’angoscia di Juan aumentava e una volta arrivati a Los Angeles, il dolore divenne quasi insopportabile. Provava a dirsi che non poteva dirle quelle cose, che non avevano nessun valore, ma la verità era che non poteva davvero lasciarla ad un altro, non ci riusciva e non aveva idea di come fare per calmarsi.
 “E se ti rapissi?” le disse ad un certo punto, senza sapere neanche bene perché e Mina sussurrò piano al suo orecchio “…fallo.”
“No, sono serio Mina” le disse fissandola nervoso e lei rimase senza fiato.
“Mi odieresti se non ti portassi a questo dannato appuntamento con questo tizio? Se mi rifiutassi di consegnarti ad un uomo che ti tratta come una puttana, mi odieresti?” le disse stravolto, ma lei gli chiese di fermare la macchina, gli salì addosso e baciandolo sussurrò “non potrei mai odiarti Juanito, mai”
“…ma ti rovinerei la vita…” le disse serio e lei sorrise con gli occhi bassi e rispose “beh neanche la tua sarebbe uno spasso con un governatore contro. Come minimo ti denuncerebbe per rapimento…”
“Come se mi importasse…” rispose lui gelido e Mina lo baciò e basta. Non era il primo uomo che aveva provato a portarla via dal suo padrone, ma lui poteva riuscirci davvero perché Mina moriva dalla voglia di dirgli “andiamocene”. E non era per Myles o per il sesso, a lei non cambiava nulla, ma era per Juan perché sapeva che lui non voleva.
"Ma tu vuoi stare con lui? Vuoi farci sesso?" le chiese con il cuore in gola e Mina rispose pianissimo "voglio stare con te..." facendolo morire letteralmente. "E allora stanotte sei mia e basta, non mi importa a che costo..." le disse deciso e lei  prendendogli la mano sussurrò  "Abbiamo del tempo. Ora andiamo a pranzo e...proviamo a capire come fuggire senza diventare Romeo e Giulietta versione etnica? Vuoi?” e Juan si mise a ridere e pensò solo “sì, come se potessi mangiare” ma non disse nulla e la scortò in un posto terribilmente esclusivo che lei aveva scelto.

Nota:
Ho moltissime domande per voi, proverò a farvele in ordine: allora pensavate che Mina avesse scritto a Myles? E che lo avesse mandato al diavolo? E che cosa ne pensate dell'oscuro passato di Mina, lo avevate intuito? E per ultima cosa: che cosa ne pensate di Juan che vuole rapirla? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22: svolte inattese ***


Capitolo 22:
Vedete, non è che Mina avesse realmente fame, ma non lo disse a Juan. Stava provando ad elaborare un piano e le era venuta quell’idea. Aveva deciso di restare con lui e questo significava necessariamente litigare con Myles. Mina sapeva che lui mangiava solo al Carson’s quando era a Los Angeles e spesso si era fatta trovare lì quando avevano litigato, o quando sapeva che lui aveva voglia di lei, e lo aveva sempre trovato. Si disse che doveva assolutamente provare a cercarlo lì. Non aveva le idee chiare, non sapeva se lo avrebbe trovato con qualche collega o con Ginevra, ma si era detta che in entrambi i casi sarebbe stato un successo: se ci fosse stata Ginevra, nel vedere Mina avrebbe immediatamente trascinato via il marito, mentre se ci fosse stato qualche collega lei avrebbe fatto ingelosire Myles baciando Juan e avrebbero litigato, prendendo tempo. Eppure Mina non aveva idea di quanto la fortuna volesse sorriderle.
Myles sveva passato tutta la notte a pensare a lei, spaventato a morte e con il cuore a pezzi. Continuava a chiedersi se quella donna di ghiaccio lo amasse, se era quello il significato di quella scenata. Ma era mai possibile che lei davvero si fosse innamorata? Era davvero riuscito a ferirla?
 Poi, però, dopo averla sentita si era tranquillizzato. Era sua, non aveva mai smesso di esserlo, e magari aveva solo bisogno di qualche rassicurazione. Anche lei stava invecchiando, pensò Myles, e probabilmente stava diventando insicura con il passar del tempo. Le fece comprare un regalo più grande del solito e si disse che avrebbe dovuto chiamarla più spesso, e quasi sicuramente avrebbe risolto così. Sicuro dei suoi sentimenti, potè finalmente rilassarsi e invitare la donna che era con lui a pranzo nel suo posto preferito. Marta era molto seccata perché lui era stato assente tutta la mattina per la storia di Mina, così  avrebbe dovuto fare anche a lei qualche regalino e qualche coccola per farsi perdonare. Gestire tutte quelle donne stava diventando faticoso e costoso, per questo voleva lasciare quella più vecchia, ma alla sola idea di perderla gli era venuto un infarto, così aveva dovuto cambiare idea. Avrebbe dovuto architettare un altro piano, ma non voleva pensarci in quel momento.
Giunti al Carson's, Mina salutò tutti con affetto e guidò Juan attraverso i tavoli, era di buon umore e non faceva che tenerlo per mano, sperando che qualcuno li avrebbe notati. E poi signore e signori, accadde un piccolo miracolo. Juan stava cercando di non cadere a pezzi, e soprattutto di non mostrarlo e Mina era immersa in diecimila calcoli. Quando era scappata con Greg lo aveva lasciato e ne era uscita abbastanza indenne, magari poteva farlo di nuovo? Magari Myles l’avrebbe soltanto lasciata in pace, poteva succedere. L’avrebbe distrutta, quella era la verità, ma lei doveva provare, però non voleva che Juan capisse perché erano in quel posto.
 Nessuno dei due aveva fame e ordinarono solo da bere, ma poi lo sguardo di Juan fu attirato da qualcosa. Non se ne intendeva di politica, ma non dimenticava mai un viso e quando lui si era identificato a telefono aveva cercato la sua immagine su internet. Magari sbagliava, ma gli sembrava proprio che l'uomo di fronte a lui che non faceva che sbaciucchiare una ragazzina poco più giovane di Mina, fosse proprio quel porco del figlio del presidente Ronson. Non voleva dirglielo, non ne era sicuro, eppure lei gli lesse negli occhi che qualcosa, ma non capì subito. Solo dopo qualche minuto decise di scoprire cosa avesse attirato la sua attenzione, così si girò e scoppiò in una fragorosa risata. Quello era davvero un colpo di fortuna notevole. Per un istante non pensò alla sua carriera distrutta o ai soldi che avrebbe perso, non realizzò neanche che Myles avrebbe dovuto pagare Juan, e che dunque senza il suo appoggio non avrebbe potuto finire il servizio fotografico. Fu solo terribilmente felice di non dover fare del male a Juan e lui glielo lesse in viso. Capì che quella matta stava davvero pensando di fuggire e che evidentemente questo la rendeva tanto taciturna.
“E’ quello, no?” chiese speranzoso, ma non fu necessario rispondergli: Mina stava sorridendo in modo bellissimo, ma anche crudele e gli disse solo “scattagli delle foto, possibilmente quando si baciano. Tantissime foto”
Juan ricambiò il sorriso, e obbedì volentieri, senza ben sapere dove lei volesse andare a parare. Notò soltanto che Mina era particolarmente allegra e divertita da tutta quella situazione.
“Bene, ora che abbiamo abbastanza foto, non mi resta che fare la mia scena.” Disse ridendo in modo quasi crudele e Juan per un attimo si spaventò letteralmente, anche perché lei lo lasciò solo al tavolo per un po’ di tempo e lui si chiese cosa diavolo volesse fare, ma poi in lontananza la vide e capì: Mina aveva rimesso i suoi vestiti da femme fatale ed era tanto bella quanto spaventosa. A Juan ricordò  la regina di cuori di Alice nel paese delle Meraviglie e gli venne in mente una fantastica immagine per un quadro.
Vedete Mina non vedeva l’ora di poter fare quella scena. Lo sapeva da parecchio che lui aveva un’altra, era evidente. Solo quando si dedicava ad un’altra smetteva di scriverle quelle lagne sentimentali che inviava di solito. Lo sapeva, ma non aveva mai potuto dirlo perché avrebbe fatto la parte della pazza paranoica, e dell’amante scema, ma ora era tutto diverso. Ora poteva letteralmente sbattergli in faccia la cazzata che aveva fatto e poi tornare da quel pazzo che voleva rapirla e fare l’amore con lui per ore.
Juan non sapeva esattamente cosa stesse per fare, ma si godette la scena come in un film. Fredda come il marmo, senza mostrare la minima emozione si avvicinò agli amanti sorridendo in modo dolcissimo e disse a Myles “Sta' tranquillo tesoro, non voglio fare una scenata. In pubblico, poi. Adesso ho capito tutto, ho compreso perchè non eri mai con me, perchè non volevi vedermi e...beh per me non c'è problema, sai che voglio solo saperti felice. La tua ragazza è molto carina tesoro, complimenti. Addio.”
Voltò le spalle trattenendo una risata e fece l’occhiolino a Juan per fargli capire che dovevano uscire. Lui, ovviamente non aspettava altro così  si avviarono verso l'uscita del Carson's, ma quello che successe dopo fu a dir poco ridicolo: Myles era impazzito a vederla così bella, fredda e sensuale. Senza quasi accorgersene aveva abbandonato il tavolo e si era trovato all' uscita del Carson’s a cercarla disperatamente.
“No amore mio, non hai capito, lei è solo uno stupido sbaglio, non conta veramente niente. Non facevo l'amore da troppo tempo e ho combinato questo disastro, ma ti amo, ti adoro Mina. Ti prego credimi.”
Juan avrebbe davvero voluto spaccargli la testa e dovette stringere i pugni per controllare la rabbia, ma guardò Mina e non lesse nessuna espressione sul suo viso. La regina di cuori neanche si girò a guardarlo, semplicemente tuonò “Myles, amore mio, risparmiamoci queste scene imbarazzanti. Se credi davvero che per qualsiasi ragione al mondo riuscirei a perdonarti un tradimento, ti sbagli di grosso. Te l'ho detto mille volte che non sono una bambola, e che stavo con te solo per amore, e amore per me significa possesso. Sapevo di non possederti completamente, sapevo di doverti dividere con Ginevra, ma dannazione non credevo che fossi così affamato di attenzioni da aver bisogno di tre donne, anche se a questo punto non credo neanche che siamo solo tre...Per favore non cercarmi più e permettimi di dimenticarti.”
Parole tenere le sue, ma pronunciate con un gelo e con un astio che congelarono non solo il povero Myles, ma anche Juan che si disse che meritava davvero un oscar quella donna.
Salì in macchina senza dire altro e lasciò il suo ex amante lì di stucco, ma quando furono abbastanza lontani saltò letteralmente al collo di Juan e gli sussurrò piano “scappiamo allora?” facendolo sorridere. Non era sicuro che la scena di Mina fosse falsa e per un po’ si era allarmato, ma quando lei gli aveva di nuovo sorriso aveva capito: era una magnifica bugiarda.
“Sei in libera uscita, quindi?” le chiese sorridendo tranquillo e Mina annuì, terribilmente felice. E gli sussurrò piano “facciamo una cosa che vorrei fare da tanto?”
Juan pensò solo “facciamo quello che vuoi amore mio” ma non disse nulla, annuì con un sorriso e lei aggiunse “mi porti a mangiare un pezzo di torta?” facendolo ridere terribilmente.
“Oh ragazzina” le disse, mettendole una mano sulla testa con affetto “può essere che tu sia davvero così morta di fame?”
 Mina aveva capito che il tradimento di Myles poteva significare solo la fine della sua carriera e ovviamente era dispiaciuta, ma anche in uno strano modo sollevata. L’idea di poter vivere una vita normale, stranamente non le dispiaceva. Non dover più rispettare quelle migliaia di regole, non doversi più fare male con gli allenamenti e soprattutto non dover sempre mentire a tutti le parve  così liberatorio. Magari poteva davvero sparire per un po’, magari chissà… insieme a quell’uomo bellissimo che la stava fissando con gli occhi più felici che avesse mai visto.
“Non mangio cioccolato da cinque anni…potrei essere diventata allergica” disse entusiasta e bellissima appollaiata sullo sgabello di una pasticceria molto rinomata di Los Angeles. Aveva un vestito da migliaia di dollari ed era truccata e pettinata in modo impeccabile, ma si era letteralmente persa in una fetta di torta e Juan non riuscì neanche a mangiare: rimase semplicemente in contemplazione di quella cosa così meravigliosa che gli era capitata per caso. Rimasero accoccolati dietro ad una fetta di torta per un po’ di tempo, poi il cellulare di Juan suonò e lui si ricordò di quella stupida chiamata che aveva fatto quella mattina e si seccò terribilmente.
Vedete, Juan sapeva che non sarebbe stato in grado di sopportare l’idea di Mina a letto con Myles, così aveva chiesto rinforzi all’uomo che lo aveva quasi adottato in quegli anni, quello che lo aveva tolto di prigione insieme a Beth. Toby gli aveva scritto giorni prima dicendo che era a Los Angeles con parte del suo gruppo e doveva parlargli di una cosa importante, ma lui aveva sempre ignorato quei messaggi pensando che volesse parlargli di Beth. Quella mattina, però, aveva deciso di accettare quell’incontro perché sapeva che a lui avrebbe potuto raccontare tutta la storia di quella sua folle sbandata per quella irraggiungibile donna e sperava di poter bere insieme a lui per dimenticare il dolore di saperla con un altro. Toby non lo avrebbe giudicato, avrebbe ascoltato e basta ed era proprio quello che gli serviva. Solo che le cose erano andate diversamente e Juan per un attimo si chiese cosa dovesse fare.  
“Ascolta…avevo promesso una sbronza epocale a un po’ di persone che lavorano con me e sono a Los Angeles…” le disse con uno strano tono formale, pensando che fosse un problema, ed invece Mina moriva dalla voglia di andare per club. Era felice e le faceva anche piacere conoscere i suoi amici, così gli fece un sacco di domande tornando verso l’auto, ma Juan stava provando a farle capire una cosa che lei presa dall’euforia non aveva immediatamente realizzato e ci mise un po’.
“So che non è la fuga romantica che tu ti aspettavi e che ti avevo promesso, ma…sono persone importanti” le disse quasi imbarazzato e Mina si chiese che diavolo stesse cercando di dire, ma rimase in silenzio e lui aggiunse “…quindi magari faranno mille domande e forse non è esattamente il caso di ostentare così tanto questo nostro legame…”
“Ostentare?” ringhiò Mina seccatissima, ma aveva capito. Come aveva potuto non pensarci? Gente con cui lavora significava gente con cui sua moglie lavorava. Per un attimo pensò soltanto sei un fottuto ipocrita e lo sguardo che gli lanciò fu piuttosto esplicito, ma lui aggiunse “non è per te, ovviamente. Non voglio che loro capiscano così che le cose tra me e Beth non vanno”
Mina annuì e basta, un po’ meno risentita, ma quando lui aggiunse “e poi non ci sono abituati a vedermi mano nella mano con una donna. Neanche io ci sono abituato. Lei si infuria se mi avvicino troppo in pubblico…” scosse soltanto la testa risentita.
Juan non le aveva mai parlato di lei, e quella parolina la ferì talmente tanto da lasciarla senza fiato. Riusciva a dimenticare che lei esistesse perché lui non ne parlava e non era mai al telefono con lei in sua presenza, ma ora quel fantasma si era palesato e non potè ignorarlo. Era così, era ovvio: lui faceva il romantico con lei, ma per il resto del mondo era solo un problema, uno sporco segreto da nascondere. E poi doveva essere anche una stronza se non gli permetteva di avvicinarsi. Si rannicchiò piano sul sediolino della macchina, alzò il volume della radio e si perse in una canzone in spagnolo di cui non capiva nulla, ma che le sembrava una canzone d’amore. Juan non voleva allontanarla, ma solo prepararla al fatto che le persone che stavano per incontrare erano cari amici di Beth perché sapeva che gliel’avrebbero almeno nominata.
“Se ti piace questo genere, stasera ti porto in un posto che fa questa musica” provò a dirle, accarezzandole la gamba e Mina rispose soltanto di sì. Era terribilmente ferita, ma non lo sarebbe rimasta a lungo perché Juan stava finalmente per svelarle una cosa che voi immaginate, ma lei no.
Iniziò ad accarezzarle piano la guancia, poi il collo e la spalla. Stava guidando, non poteva distrarsi, ma non voleva che lei pensasse che fosse uno stronzo, così aggiunse con fare lamentevole “lavoriamo insieme Mina e io le devo molto. Il minimo che posso fare è proteggerla da gossip e dirle di persona quello che devo dire…”
“Che bella frase del cazzo” pensò Mina rigidissima, ma lui aggiunse “ ascolta, so che sono stato io a cercare un contatto con te, che ti ho preso io la mano e che ti ho baciato io la prima volta, non l’ho dimenticato. E non me ne sono neanche pentito, se vuoi saperlo. Non mi sto vergognando di te e non ti sto rifiutando, voglio solo essere una persona corretta…”
“E va bene…” sussurrò lei scocciata sorridendo prima di aggiungere “…che poi immagino le foto del vostro matrimonio, tra te che non parli e lei che non vuole essere toccata in pubblico. Uno spasso proprio…”
Juan rise quasi fino alle lacrime, immaginando quel servizio fotografico e Mina si scocciò ancora di più, ma quando lui le disse  “…ma non è che ci sia mai stato molto più contatto fisico in privato, eh…” Mina si rabbuiò di nuovo. Allora era per quello che non smetteva di toccarla? Era per quello che gli aveva tremato la mano quando lei l’aveva afferrata a sorpresa sotto al tavolo sere prima? Mina si perse dietro a quel pensiero e sospirò soltanto, ma lui capì che era sembrato un marito porco in cerca di sesso e aggiunse nervoso “…e comunque non c’è stato un matrimonio, non siamo sposati. E’ una storia davvero complicata…” e Mina rimase di stucco.
“Come può essere complicato? Se uno ha fatto un giuramento è sposato, altrimenti no…” disse scocciata e Juan sospirò forte perché onestamente non lo sapeva neanche lui perché stava con lei. Un giorno, durante una conferenza stampa Beth lo aveva presentato come suo marito e la cosa era nata così. Lui pensava che lei volesse quello e glielo aveva concesso, ma la realtà era che Beth neanche se lo ricordava.
“Va bene. No, non c’è stato nessun giuramento. La chiamo moglie perché è quello che lei vuole da me. Sto con lei perché è quello che lei vuole e io le devo troppo per negarglielo.”
 Mina non capì quel discorso, ma le diede un fastidio terribile e acidamente aggiunse “…e quindi resterai tutta la vita legato ad una donna che neanche ti prende la mano, solo per gratitudine?”
Era esattamente la stessa domanda che le aveva fatto lui poco prima, e lui capì che Mina era davvero arrabbiata, così sussurrò piano “le sarò sempre grato, sì. Ma questo non significa che voglia stare con lei ancora…”
Mina non capì, non esattamente, ma decise che aveva troppa paura di indagare oltre perché le faceva troppo male sentir parlare di lei. Lui non era sposato e non era quella storia d’amore da favola che lei immaginava, quindi andava bene. Il gesto che fece dopo fu un vero e proprio atto di guerra: Juan continuava ad accarezzarle il viso, il collo e il braccio quasi timidamente, così lei prese la sua mano e se la fece scendere molto piano dal collo fino al centro esatto della sua scollatura. Juan per qualche minuto perse completamente il controllo della macchina e della sua testa e neanche si accorse di essere passato con il rosso. Non si oppose, anzi iniziò a sfiorarla piano con due dita, e Mina eccitata da morire continuò. Non spostò il vestito, ma dove poteva gli faceva toccare la sua pelle e Juan non disse una parola, ma pensò che fosse incredibile. Aveva i brividi lungo la schiena e lei la pelle d’oca, ma non aveva nessuna voglia di smettere di farsi toccare.
“Io invece impazzisco per le tue mani…” gli sussurrò piano, quando la mano di lui superò l’ombelico e lui sorrise. Quella donna era davvero la risposta a tutti i suoi desideri. Continuò  a guidare la sua mano lungo il suo corpo, facendolo letteralmente morire fino a quando non giunsero al parcheggio del club.
“Non è per questo che ti ho detto di Beth…” le disse con il cuore in gola, ma Mina sorridendo rispose “non hai capito? Non è per tua moglie che l’ho fatto, non sai da quanto tempo desidero le due mani addosso…”e a quel punto qualsiasi parola era diventata superflua.
 La baciò con molta passione e Mina ricambiò con un po’ troppa foga, così in pochi minuti Juan se la trovò seduta a cavalcioni sul suo corpo e non riuscì davvero a resisterle. Mina lo desiderava tanto e Juan non ci era abituato e stava impazzendo già solo per questo. Era un uragano che lo stava travolgendo e lui decise di lasciarsi trasportare da quella donna che sembrava morisse dalla voglia di averlo. Lo baciava, mordeva e accarezzava e anche lui cominciò a toccarla. Fu un momento terribilmente intenso, in cui Juan finalmente potè assaggiare la pelle di quella donna che tanto lo faceva penare e Mina impazzì per ogni sua carezza e glielo fece capire in modo molto esplicito. Entrambi erano sicuri che stesse per succedere, ed entrambi non potevano volerlo di più, quando qualcuno bussò al loro finestrino in modo piuttosto insistente.
Nota:
Ecco qui un capitolo un po' lungo forse, ma che ci chiarisce un po' di situazioni. Allora cosa ne pensate? Fatemi sapere

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Capitolo 23
*** Capitolo 23: la '80 generation ***


Capitolo 23: la ’80 generation
“Che scena imbarazzante. Sembra un documentario sulle scimmie, Dio santo!” ringhiò disgustata una donna che attirò immediatamente l’attenzione di Mina. Aveva evidentemente superato la cinquantina, e forse anche la sessantina, ma aveva capelli corti di un rosso intenso ed era vestita totalmente di bianco, con un gusto impeccabile. Mina pensò che sembrasse quasi una di quelle direttrici di giornali di moda, ma non disse nulla, perché troppo impegnata a risistemarsi.
Juan  sbuffò soltanto, ma in quel momento nulla al mondo sarebbe stato in grado di togliergli un sorriso dalla faccia. Non voleva che Beth lo scoprisse, ma se avesse rifiutato Mina l’avrebbe persa e non se lo sarebbe perdonato. E poi non gli era passato per la testa neanche per un secondo di rifiutarla, ad essere sinceri. In tre minuti fu perfettamente in ordine e fuori dall’auto cercando di nascondere quel sorriso fastidioso. Disse solo “Ciao, Toby?”
“Vuoi davvero parlare di questo?” gli disse fissandolo con molto biasimo, ma Juan scosse solo le spalle. Non erano particolarmente amici, lavoravano insieme e non gli importava più di tanto di quello che lei pensava.
“Va bene, va bene. Sono rimasti fermi a tre minuti da qui, per fotografare uno splendido tramonto rivoltante, così  ho deciso di mollarli lì.”
Rispose secca, con il suo solito tono scortese e altezzoso da donna aristocratica, ma quando Mina uscì dall’auto cambiò tono. La salutò con un mezzo sorriso e le fece notare che aveva parte del reggiseno esposto. Mina era radiosa in modo impressionante, ma completamente stravolta, e le sorrise con infinita dolcezza, così Victoria ci mise un secondo a completare il quadro.
“…non ho visto niente, non so niente, non voglio sapere niente, ma voi provate a pensare agli orfani di guerra, ai gattini abbandonati o a quello che vi pare, ma riprendete un contegno per l’amor del cielo! Quanto pensi che ci metterà quel ficcanaso di  Gonzalo a capirlo? E poi cosa succederebbe?”
Gli disse, ma senza antipatia. Sembrava quasi una vecchia zia quando parlava con Juan e Mina la trovò molto tenera, ma lui non ci fece caso. Gonzalo era proprio il motivo per cui Juan aveva deciso di tenere le distanze da Mina, così annuì e basta accendendosi una sigaretta. Non era cattivo, ma amava parlare troppo e detestava a morte sia lui che Beth perché, sue parole “era una stronza gelida”. Non gli parlava quasi mai, ad onor del vero, ma lui parlava solo con Toby e a volte con Zack.
“Dai ragazzina, andiamo ad ubriacarci da sole tanto non avrai altre donne con cui parlare stasera…” le disse con fare molto deciso e Mina fu letteralmente trascinata nel locale da quella vecchietta arzilla che aveva deciso che fosse meglio per tutti se si fossero allontanati per cinque minuti.
 “Almeno così la smetterete di sprizzare cuoricini da tutti i pori come due dodicenni…” le disse con fare molto severo e Mina si mortificò. Non voleva creargli problemi, era stata una stupida, ma non lo stava facendo di proposito.
“Comunque, io sono Victoria Deer Meyner, l’ereditiera e scrittrice, nonché gemella di quel cretino di Tobias Deer Meyern” le disse porgendole un bicchiere stracolmo di tequila invece che la mano, e Mina sorridendo in modo molto cortese provò a presentarsi, ma lei alzò la mano e ribattè “cara, l’unico vero lusso che è concesso a tutti nella vita è quello non essere banali, quindi godiamocelo. Chiunque sa chi tu sia, non serve questa scenetta…”
Ingoiò tutto il bicchiere in pochi secondi e Mina rimase concretamente impressionata. Non aveva idea di cosa pensare di quella donna che sembrava così austera e antipatica a volte, ma le piacque quella sua inclinazione per l’alcol. Poi però Victoria divenne incredibilmente seria e facendole un cenno con la testa le disse
 “Ecco, adesso inizia il circo e tu cerca di recitare bene la tua parte, perché il biondino con i colpi di sole, la canottiera a rete e i baffoni neri è un’arpia terribile e ci metterà cinque secondi a sputtanare il caro Juan ai quattro venti…”
Mina non voleva causare problemi, così riprese a recitare la sua parte con molta cortesia, anche se non riusciva a guardare nella sua direzione senza sorridere. Si alzò per salutare i tre uomini con Juan, e cercò di essere molto cortese e professionale, ma appena porse la mano al primo dei tre questo le sussurrò solo “Mio Dio quanto sei bella, non ci posso credere…” e poi rimase in una specie di contemplazione mistica con la mano di Mina tra le sue.
 
Mina sorrise imbarazzata, ma fu il biondino a toglierla dall’imbarazzo. Scansò l’amico con modi molto teatrali e spiegò a Mina che quel tizio bizzarro aveva grossi problemi con le donne.
“Di base si innamora di chiunque gli sorrida, nel tuo caso non è servito neanche quello perché… beh lo immagini” le disse sorridendo in modo malizioso e Mina fece una specie di piccolo inchino per ringraziare, ma lui le disse solo “mi querida, sono Gonzalo Aruela, per gli amici Gonny e ti farò ballare per ore, ma tu dovrai assolutamente darmi il numero del tuo estetista, perché hai delle sopracciglia da urlo…”
Mina rise forte per quel complimento, ma neanche ricordava chi gliele avesse sistemate l’ultima volta. Non amava proprio ballare, ma pensò fosse meglio assecondarlo e rispose con un sorriso che avrebbe chiesto alla sua manager il numero dell’estetista. Lui le sorrise compiaciuto e prendendola sottobraccio la condusse verso un tavolo parlandole di posti che lui conosceva dove facevano miracoli con le punturine e con le sopracciglia. Era evidente che non avesse neanche trent’anni, e Mina pensò che fosse piuttosto in paranoia con il suo aspetto, perché era davvero molto curato e sembrava quasi il marito di Barbie.
“Amore…per favore…” sussurrò qualcuno con fare supplichevole e Mina si rese conto di non aver salutato il terzo uomo con Juan.
“Sì, sì lui è Toby, come se a qualcuno importasse…” disse Gonzalo scocciato, alzando gli occhi al cielo, ma Mina si alzò per salutarlo e lui le fece solo un inchino e disse “Tobias Deer Meyern…assolutamente sopraffatto dalla sua bellezza signora Shatner”.
Era un vecchietto molto simpatico, magro ed elegante e Mina pensò che fosse l’immagine stessa della dolcezza. Si sedette sorridendo e rimase a fissare Toby e Gonzalo che litigavano come una vecchia coppia sposata solo perché Toby non era mai sopraffatto dalla bellezza del suo uomo, e le venne proprio da ridere, ma involontariamente cercò lo sguardo di Juan e se lo trovò addosso. Si era seduto accanto a Victoria, il più lontano possibile da lei ed ora l’ascoltava parlare annuendo di tanto in tanto, mentre ovviamente fumava. Fu un secondo: i loro occhi s’incontrarono e a lui venne fuori uno stupido e inopportuno sorriso, ma fortunatamente Victoria aveva deciso di stare dalla loro parte, così gli diede una gomitata fortissima e tornarono alla lucidità.
“Scusami, non credo di aver capito il tuo nome…” sussurrò Mina molto gentilmente a quella specie di maniaco che le si era seduto accanto e continuava a fissarla senza dire una parola. Lui sorrise in modo imbarazzante ma per qualche secondo rimase in silenzio e Mina si chiese se avesse tutte le rotelle al posto giusto. Era un personaggio un po’ strano, non brutto ma decisamente poco interessante: un ragazzino normale, terribilmente magro, con corti capelli arancioni e grossi occhiali neri.
“Mi chiamano tutti Al, ma il mio vero nome è Alastair, che in celtico significa difensore dell’umanità…” rispose lui con un sorriso incredibilmente indifeso e Juan ringhiò da lontano “i genitori lo prendono per il culo da quando è nato, evidentemente…”
Gonzalo smise di litigare con Toby, allora, fissò Juan con fare molto stupito e rispose acido “che onore sentirti dire tutte queste cose, tìo Juan. Penso che sia il numero massimo di parole che hai mai detto in mia presenza…”
Ecco, aveva fatto una cazzata, ma gli era davvero venuta spontanea quella stupida battuta. Lui e Zack generalmente lo tormentavano, ma di solito in privato. Strinse solo le spalle, sorseggiando il suo drink con indifferenza e Mina capì, così porse la mano a Gonzalo e gli disse “mi avevi promesso un ballo, no? O sei rimasto troppo sopraffatto?”
Lui le prese la mano e sfoggiando di nuovo quel suo sorriso malizioso e rispose “ay mi amor, tu sai veramente chiedere le cose agli uomini” prima di dire a Toby “impara un po’ anche tu una buona volta…”
Mina sorrise piano, pensando come sempre che non proprio tutti gli uomini cadevano nella sua trappola, ma poi con fare suadente sussurrò “ e tu difensore dell’umanità vuoi venire?” facendo scoppiare il cuore del piccolo Al che rimase a fissarla come un uccellino bagnato e le sussurrò piano “io ti adoro mia regina, faccio qualsiasi cosa tu voglia…”
Se li portò via in due secondi, e Juan si disse che era stata davvero straordinariamente scaltra a toglierlo dai casini in quel modo, ma che se quel coglione di Al avesse allungato le mani gliele avrebbe tagliate. La seguì con lo sguardo e per un attimo si perse e Toby e Victoria si fissarono in modo molto esplicito.
“E quindi di cosa volevi parlare ragazzo?” sussurrò Toby, mettendogli una mano sulla spalla e Victoria a quel punto decise di allontanarsi, ma con uno sguardo piuttosto preoccupato. A Toby non sarebbe andata giù quella storia e lei lo sapeva bene.
Juan pensò“cazzo!” perché non poteva parlargli di lei, non era così che doveva andare, così tirò fuori il cellulare, gli mostrò le foto e rimase per qualche minuto a scambiarsi con lui giudizi e consigli. Toby non era molto dotato come artista, ma aveva provato davvero tutti i generi. Aveva molto gusto ed era il padre putativo di quello strano gruppo di artisti, li finanziava e prendeva molto sul serio il suo ruolo. Amava molto Juan, era palesemente sempre stato il suo preferito, perché era il più problematico di quei ragazzi bizzarri, ma anche il più dotato. Per Juan si era esposto, aveva pagato gli avvocati per farlo uscire di galera, aveva dato il suo recapito per gli arresti domiciliari e gli aveva sempre fatto da garante. Non era solo affetto paterno il suo, ma non glielo avrebbe mai fatto intendere.
“Penso che ti sei superato con questa…anche se non ho idea di come tu abbia fatto a scattargliela…” disse, osservando la foto preferita di Juan e lui gli spiegò che l’aveva colta di sorpresa, però era palesemente distratto. Era più forte di lui, non riusciva a non cercarla con lo sguardo. Lei, era attorniata da uomini, però si stava incredibilmente divertendo con i suoi amici e Al e gli altri sembravano tenere le mani a posto, quindi rimase tranquillo, finchè Toby non disse “…insomma che cosa ne pensi del ritorno di fiamma con Gonzalo? So che non approvi…”
Juan strinse le spalle, pensando che un mese prima non avrebbe neanche approvato di finire in un parcheggio a stuprare quasi una ragazzina, eppure avrebbe dato entrambe le braccia stavolta, per poterla baciare ancora, per poter andare lì dove stava ballando scatenata e baciarle la schiena e il collo. Quell’idea gli fece venire i brividi e Toby finalmente capì: vedete lo aveva sospettato da subito, da quando aveva sentito il suo tono a telefono, ma non poteva proprio crederci. Non era un mistero che Juan non amasse Beth, ma Toby non si sarebbe mai potuto aspettare che lui, con quel suo rigido codice morale la tradisse.
“sei felice, no?” gli chiese a bruciapelo e Toby quasi impallidì, perché era davvero strana quella sua risposta.
“Ah ragazzo mio, l’amore purtroppo non è felicità. Non sempre almeno. Ci sono storie che nascono infelici, ma non per questo sono meno importanti. Il punto è che non riesco neanche a respirare senza di lui. Ormai ho accettato che lui faccia quello che vuole e amen…”
“Amen, allora…” rispose Juan riempiendogli il bicchiere e solo allora i tre tornarono esausti e li riempirono di domande. Ovviamente fu Gonzalo a parlare troppo, ma era quasi ovvio. Con quel suo fare civettuolo tornò al tavolo annunciando di non aver mai conosciuto tanti uomini come quella sera con Mina e poi rimase a guardare Juan che sarcastico osservò che probabilmente era colpa del difensore dell’umanità che irradiava troppa mascolinità.
Lei rise e basta, ma aveva capito che lui stava facendo lo stronzo perché gli aveva dato fastidio quello stupido corteggiamento di Al, e avrebbe voluto dirgli di smetterla, ma non poteva, così ricominciò il suo stupido discorso con Gonzalo su chi si era rifatto cosa e spettegolarono come cattive ragazze per un po’, ma poi il suo cellulare suonò e dovette necessariamente allontanarsi per rispondere a Jen.
“C’è solo una cosa che non ho capito, tìo…” disse Gonzalo improvvisamente, interrompendo Toby che stava descrivendo i lavori per la loro mostra e fissando profondamente Juan concluse “avete iniziato a scopare prima del servizio fotografico o durante? Cioè hai avuto il servizio fotografico perché te la fai, o te la fai a causa del servizio fotografico?”
Juan per l’ennesima volta quella sera pensò solo “cazzo!” ma non disse nulla, lo fulminò soltanto con lo sguardo e gli venne una voglia terribile di prenderlo a calci.
“Non mi ha detto nulla la bambina, eh. Non prendertela con lei che è un tesoro. E’ che ti cerca  continuamente e tu fai lo stesso. E’ evidente che siete nella fase in cui non riuscite a stare fuori dal letto…”
Juan emise un fortissimo sospiro, ma non disse una parola e Toby provò a far tacere il suo fidanzato, ma lui aveva un motivo particolare per essere così stronzo con Juan così aggiunse  “no, è solo che mi fa molto ridere la doppia morale. Insomma tu sei l’uomo che ha consigliato a Toby di non stare con me perché io ero stato una volta con un altro e  tradisci la tua compagna con una ragazzina?”
 Juan rimase in silenzio per qualche secondo, e Al sconvolto chiese  “Ma chi?” perchè tra tutti era l’unico a non aver capito nulla e a sperare di poter avere ancora una chance con Mina.
“Si vede allora?” chiese Juan seccatissimo a Toby e lui disse solo “quanto l’Empire State Building…” facendolo ridere. E così era evidente, pazienza. Lo avrebbe detto a Beth dopo pochi giorni e ci teneva davvero ad essere corretto e dirglielo di persona, ma neanche poteva controllare i suoi sentimenti e lo aveva fatto per troppo tempo.
“Gonzalo, non che siano cazzi tuoi, ma non è un tradimento te lo garantisco. Insomma non ho lasciato Beth a New York per andare con Mina senza che lei lo sapesse, come invece hai fatto tu…” disse Juan serio, ma lui annoiato rispose “Sì, immagino che abbiate regole piuttosto distese sul sesso voi due, dato che l’abbiamo beccata in sala comune a farsi tre azionisti, ma sai dove hai sbagliato tìo? Io ci ho solo scopato per un weekend con quel tizio, non mi ricordo neanche come si chiama, quindi non è stato un tradimento vero. Tu, invece, hai tradito la stronza perché ti sei innamorato...”
“Innamorarsi è sempre tradimento…” aggiunse Victoria laconica e Juan scosse solo la testa.
 “Comunque non lo dico alla regina di Narnia tranquillo. Io non sono come te, non giudico la gente, ma spero che tu abbia capito di aver fatto una cazzata. Adesso che sembri meno robocop magari ti sono un attimo più chiari i meccanismi della passione…”
Juan alzò solo gli occhi al cielo, ma in quel momento tornò Mina sorridente e chiese “perché mi avete fatto incazzare Jimenez?” e Gonzalo rispose con una straordinaria sincerità “ perché non gli piace che abbiamo capito tutto quello che c’è tra di voi…”.
Per un attimo, incerta sul da farsi provò a mentire ma Juan le disse solo “Mì è inutile…”
“Mia cara abbiamo letto tutto nei vostri occhi…” aggiunse Toby con modi infinitamente gentili e Gonzalo alzando gli occhi al cielo corresse seccato “troppa poesia, mi amor, come sempre. Per questo i tuoi libri non li compra nessuno. Veramente, nena, si capisce perché lui ti fissa come un cane fissa una bistecca.”
Mina rise per quello stupido paragone, ma Juan no. Non gli piacque l’idea che si vedessero così tanto i suoi sentimenti, ma aveva parlato fin troppo quella sera.
“Beh se è così evidente, forse sarebbe il caso che lo spiegaste anche a noi, dato che non abbiamo le idee proprio chiarissime, no?” rispose Mina ridacchiando e cercò il suo sguardo, ma si accorse subito che Juan era terribilmente scocciato e si pentì di quella stupida frase.  Lui scosse solo la testa. ma decise di cambiare posto con Al per stare accanto a lei e gli ringhiò solo “vattene” facendo ridere tutti.
“Oh una passione tormentata e improvvisa, direi che te la sei meritata dopo secoli di Siberia, tio Juan. Sono abbastanza invidioso…” disse Gonzalo scocciato e Toby aggiunse piano “…quindi è una cosa nuova?” e Juan annuì e basta, prendendole la mano.
“Quindi solo io non avevo capito nulla?” gridò Alastair sconvolto e Victoria gli mise una mano sulla spalla e sussurrò “Dai, zia Vic ti paga una sbronza. Tanto tu sei l’unico scozzese al mondo che va ko con due drink, mi costi poco”.
“…e tu hai un compagno Mina?” aggiunse Toby cercando di non essere indiscreto, ma lei si scocciò terribilmente per quella domanda, così come Juan, ma disse soltanto “no. La mia situazione è più semplice di quella di Juan…”
Vedete Toby era un po’ geloso di quella donna che aveva tirato fuori il sorriso e le parole di quello strano artista, così aveva deciso che voleva essere sicuro di lei prima di dare la sua benedizione, ma Gonzalo si risentì per quella domanda.
“…y que? Se fosse stata anche sposata, cosa sarebbe cambiato? Penso che questa storia insegni a tutti che bisogna evitare di giudicare le persone…” chiese scortese e Juan rispose solo “già…” accarezzando piano la spalla di Mina.
“Quindi scusa Juan se le ho chiesto di sposarmi…” sussurrò Al un po’ intimidito, ma a lui andò di traverso il fumo e chiese “…ma quando lo hai fatto?” fissando Mina che ora stava morendo dal ridere.
“Stavamo ballando, lei mi ha sorriso e io…” farfugliò il ragazzino confuso e Juan ringhiò “…e tu sei un coglione…”
Tutti risero per Juan così espansivo e tornarono a parlare della mostra e spiegarono a Mina il loro lavoro e il loro gruppo.
 “…insomma siamo completamente diversi, ma abbiamo un modo di lavorare simile e per questo che gli eredi dell’impero Deer Meyern, artisti a loro volta, ci hanno aperto una galleria a Brooklyn. L’idea che c’è dietro è di riunire cinque ragazzi della stessa generazione, cresciuti in contesti molto diversi, ma che possano rappresentare la loro realtà a modo loro…” spiegò Al e Mina sorrise, chiedendosi quale fosse il punto di vista di uno cresciuto tra la prigione e i campi di addestramento boliviani, ma non disse nulla.
 “ Questo è il manifesto della mostra, comunque” ringhiò Victoria e aggiunse “l’idea centrale è rappresentare il proprio background. Zack per esempio aveva il Canada, Aileen Detroit, Al Brighton, Gonny la periferia malfamata di New York e Juan…”
“i sobborghi di Los Angeles…” concluse Mina con uno strano sorriso e poi gli chiese “la Madonna con le pistole è tua, no?”e lui sorridendo annuì, chiedendosi perché diavolo fosse sempre un libro aperto per quella donna.
“…e quello tuo vero? La chiesa nel Bronx…”
Chiese Mina a Gonzalo, lasciandolo senza fiato, ma si rifiutò di dargli altre spiegazioni. Le piaceva da morire quel progetto e si sentiva straordinariamente vicina a quello che loro stavano facendo, e poi fu l’ultima persona che ci si aspettava a spiegarle lo spirito che c’era dietro il movimento.  
“E’ un progetto un po’ ambizioso, ma quello che tutti noi abbiamo in comune è il fatto di appartenere ad una generazione che ha completamente perso qualsiasi certezza e punto di riferimento sociale o umano. Una generazione che si trova a dover scegliere se fare la fame, spacciare o lasciare la propria casa e gli affetti per cercare un futuro onesto. Non facciamo nulla di speciale, rappresentiamo solo la precarietà esistenziale dei tempi che tutti viviamo…”
Disse Juan fissandola molto intensamente e Al disse “devo assolutamente registrarlo per poterlo dire alle ragazze anche io, esattamente nello stesso modo… la precarietà esistenziale è fighissimo…” facendo ridere tutti.
“Toh, tornando alle cose serie, questi siamo noi guarda che fighi…” aggiunse Gonzalo mostrandole una foto “Al è quello piccino che ha bisogno di supporto, Aileen è la donna complicata, Io ovviamente sono quello straordinario, il tuo Juan è quello misterioso e Zack è quello figo…”
“Una specie di boy band, insomma…” disse Mina ridendo, e poi aggiunse “che poi perché dev’essere sempre il biondino di turno quello figo, non l’ho mai capito. Non mi pare tutto sto splendore…” concluse scocciata e Juan ridacchiando disse solo “ti prego diglielo di persona…”
“E’ l’uomo più narcisista del mondo, va persino a farsi fare le unghie, anche se non lo ammetterebbe mai. Parla delle donne con cui va a letto definendole “le sue fan” però è sexy da stordire un alce, ammettilo…” concluse Gonzalo e Mina apertamente disse “mah…Juan molto di più. E non è solo perché lui è evidentemente più virile, ma anche le spalle, le braccia, il sedere, Dio Santo. E poi quegli occhi…”
Juan letteralmente andò a fuoco per quel commento, perché non era abituato a sentirsi dire quelle cose in privato, figurarsi in pubblico. E da una come Mina poi! Anche lei s’imbarazzò un pochino, ma Gonzalo disse “sì, io ti darei anche ragione su un paio di queste cose, se solo si potesse guardare per più di due secondi senza beccarsi occhiatacce. E poi  Aileen ci ha provato con lui per più di un anno, ma non se n’è neanche mai accorto…”
“Ma che cazzo dici?” chiese Juan terribilmente divertito e lui disse solo “hai visto?” ma questa cosa a Mina non piacque e un po’ s’irrigidì.
“Se davvero avete intenzione di continuare a degradare l’arte banalizzandola con discorsi di culi e addominali, mi toccherà bere di più, quindi ditelo subito che ho solo metà bottiglia…” sentenziò Victoria e Mina sorridendo le versò da bere, ma Gonzalo ovviamente doveva metterci lo zampino.
Si era calmato quando Juan gli aveva detto quel “già” ed era letteralmente impazzito all’idea che Mina avesse riconosciuto un suo quadro con un solo sguardo. Evidentemente alla principessa piacevano i bassifondi e questo gli piacque tantissimo. Così aveva giocato alla migliore amica con Mina e si erano divertiti insieme fino a quando aveva chiesto con tono straordinariamente arrogante “… ma Mìmi devi necessariamente dirmelo, perché per colpa tua penso di stare per perdere una grossa somma di denaro…”
Lei lo fissò perplessa e lui aggiunse “…insomma dovrò dare 500 dollari ad un po’ di persone perché abbiamo scommesso che Juan fosse sempre un ghiacciolo, anche a letto. Ce lo siamo sempre chiesti in realtà, ma non abbiamo mai avuto la risposta. E io avevo scommesso di sì, perché pensavo fosse una specie di tizio anaffettivo e burbero, ma adesso che è diventato una specie di polpo non so che pensare…”
“Ma chi fa queste scommesse?” chiese Juan imbarazzato, perché voleva dirle di non rispondere a quella domanda, ma Mina aveva la risposta perfetta e ridendo forte disse “scusa ma davvero non avete mai visto i suoi disegni? Davvero non vi siete mai accorti dell’intensità e della passione che mette nei suoi lavori? Credi che un uomo capace di creare immagini che ti travolgono letteralmente, di giocare così con i colori, possa mai essere gelido?”
Juan scoppiò a quel punto. Non voleva comunque essere troppo espansivo con lei in pubblico, ma nel sentirla parlare in quel modo del suo lavoro esplose e davanti a tutti la tirò per un braccio e le diede un bacio molto sensuale.
“Beh l’avrei baciata anche io se avesse detto una cosa simile dei miei quadri. Te lo dico eh mio caro fidanzato, pretendo una dichiarazione simile…”
Toby non disse nulla, fissò soltanto Victoria un po’ preoccupato. Trascorsero una serata molto divertente, ma tutti si fecero mille domande quando Juan chiese di dormire sul divano per non stare in camera con Mina, lei inclusa.
 
Nota:
Ciao a tutti, allora cosa ne pensate di questo gruppo di artisti? Vi sono simpatici? E questi Juan e Mina terribilmente innamorati vi piacciono? Fatemi sapere!

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Capitolo 24
*** Capitolo 24: intimità inattesa ***


  Capitolo 24: intimità inattesa
“Sono simpatici…” cinguettò Mina allegra risalendo in auto per raggiungere casa di Toby. Non vedeva l’ora di restare sola con lui, ma non aveva capito perché non volesse dormire con lei così glielo chiese, allungando una gamba sulle sue.
“Mina…sono mezzo ubriaco, e non è una buona idea che io guidi, immagina quanto sia una buona idea che io mi chiuda in una stanza con te…” le disse in un impeto di sincerità e lei si mise a ridere. Era divertente ubriaco e forse era un po’ ubriaca anche lei, ma non le importava.
“…e quindi con la regina di Narnia non si fa mai sesso, giusto?” aggiunse ridacchiando e Juan s’irrigidì e le ringhiò che non era quello il problema principale tra di loro e che doveva smettere di parlare come Gonzalo.
Mina si offese e ritirò la gamba, ma lui aggiunse “…comunque sì, è un problema anche quello e anche abbastanza grande, perché…” lo angosciava finire quella frase. Era davvero preoccupato all’idea che fosse lui il problema tra lui e Beth, e non voleva che potesse creargli problemi anche con Mina quella cosa.
 “Beh è abbastanza grande perché il sesso è importante cazzo, ovvio…” aggiunse Mina con fare comprensivo, ma lui sospirando sputò fuori un rospo molto imbarazzante; non lo aveva mai detto a nessuno, ma pensò che dovesse essere sincero con lei, perché magari si era già fatta delle aspettative non realistiche e non voleva ci rimanesse male.
“…no Mì, penso di essere io il problema.”
Mina non disse nulla, si allontanò e lo fissò con la testa inclinata verso sinistra con la stessa espressione di un cane confuso; cosa mai stava cercando di dire? Era imbarazzato, si vedeva dal suo atteggiamento: giocherellava nervosamente con la sigaretta tra le dita, si mordeva il labbro ogni tre secondi e fissava nel vuoto. Lei, però, non riusciva a pensare ad una ragione in cielo o in terra per cui un uomo come lui potesse sentirsi insicuro, ma mai e poi mai avrebbe potuto aspettarsi la rivelazione shock che sentì.
Juan cercò per qualche minuto le parole adatte, una volta ripetute nella sua testa decise che poteva dirle, anche se non era facile, così confessò “ti è mai capitato di...stare con qualcuno e...non provare nulla?”
Non capì subito, ci pensò un secondo e candidamente confessò “certo. Faccio sempre sesso con gente di cui non mi importa, per cui non provo nulla, perchè?”
Ecco! Non aveva capito. Mentre guardando per terra pensava a come riformulare la frase senza essere volgare o vile, la sciocca ragazzina finalmente capì e con imbarazzo farfugliò “oh...ok... ma tu non intendevi questo, giusto? Volevi dire non avere un orgasmo?”
Juan allora la fissò e lei capì che voleva parlare di quello ma non sapeva come fare, così gli disse in tono calmo e apparentemente rilassato “Hey tesoro noi siamo complicate, anche a me capita qualche volta di non riuscirci, persino con Reta che…beh è abbastanza esperta. Non è mica colpa tua sai?”
Imbarazzato provò a cercare le parole e dopo qualche attimo di silenzio disse “mai Mina, mai”
Mina rimase senza parole perchè diavolo parlava dei suoi problemi con la moglie proprio con lei? Era indecisa se schiaffeggiarlo o ascoltarlo e Juan notò le sue perplessità e morì di vergogna, così tornò burbero ed immediatamente le disse “lascia perdere” ma Mina rispose “No, è una cosa seria. Dobbiamo assolutamente approfondire. Ma insomma...mai mai? Neanche le prime volte?”
La guardò seccato allora e lei capì che era un mai. Mordendosi il labbro chiese timidamente “e con le altre?Insomma mai con nessuna?”
Ecco, era davvero scema questa ragazzina. Bastava fare due conti per capire che Juan non aveva avuto molte altre, ma Mina non ci aveva pensato. Fissò il fumo che usciva dalla sua bocca e rispose “Maria era piuttosto disponibile, ma avevamo diciassette anni…”
Mina rimase senza parole, perché non aveva pensato che lui potesse aver avuto solo due donne, così sussurrò “beh Mina invece non mi sembra sia rimasta indifferente, ma lei è abbastanza disinibita…” facendolo sorridere.
“Mina è magnifica…” sussurrò mettendole un dito sulle labbra e lei si avvicinò tanto a lui da poterlo baciare e sussurrò “Non darmi tutti i meriti, molto hanno fatto le tue fantastiche mani e un’altra parte del tuo corpo favolosa…” e Juan pensò solo “speriamo!” ma non disse nulla perché lei aveva iniziato a baciargli il collo e dargli piccoli morsi. Immerso nelle sue considerazioni non si accorse di aver perso la macchina di Toby che lo precedeva e andò avanti per un po’ senza avere idea di dove stesse andando.
“Mina è solo che…se è solo un problema con Beth, ok, ma io non vorrei fosse un problema anche nostro…” le sussurrò piano e lei iniziò a ridere.
“…davvero ti sembra che abbiamo problemi noi? Insomma se non ci avesse interrotti Victoria penso che staremmo ancora lì…” gli disse ridendo e Juan sorrise piano.
“Ma se questa cosa ti manda in paranoia, ok, proviamo a capire se c’è qualcosa che fai male, ma credo che comunque ci siano margini di miglioramento. In realtà ci sono sempre margini, basta sapere come fare. Va bene ora dimmi: sei un egoista? Uno di quelli che se ne stanno lì e aspettano che noi facciamo tutto?”
Juan scosse la testa, distratto dalle mani di Mina che gli accarezzavano il petto e rispose “Direi il contrario. Insomma con te cerco di tenermi, ma generalmente ho un approccio più aggressivo. Però…dovresti dirmi che regole abbiamo, così non esagero…”
Mina iniziò a ridere fortissimo e per qualche minuto lui si risentì anche di quella reazione, ma poi lei aggiunse “Che regole? Io non ho regole e non devi assolutamente trattenerti, tanto mi piace tutto…”
“Tutto, tutto?” chiese Juan con voce straordinariamente profonda e lei annuì ma poi si ricordò e disse “c’è una cosa che non mi piace molto, in realtà, ma ho sempre lasciato che Greg la facesse lo stesso, quindi la farei fare anche a te…”
Juan la fissò perplesso e lei gli disse all’orecchio una cosa tanto sconvolgente da farlo infuriare.
“Ma non si fa una cosa del genere a nessuno, Mì. Non ti mancherei mai di rispetto in questo modo…”
Ma lei fece spallucce e spiegò che non l’aveva mai presa come una mancanza di rispetto, ma che se lui preferiva non farlo poteva solo esserne contenta.
“Diciamo che le cose standard mi piacciono tutte…e non vedo l’ora di provarle con te…” sussurrò piano, sbottonandogli la camicia e Juan si accorse di avere la pelle d’oca, ma non potè fare nulla perché il suo cellulare iniziò a suonare.
“Ragazzina lo prendi e rispondi per favore?” gli disse con tono molto rilassato e lei pensò solo che fosse diventato pazzo per chiederle di rispondere al suo telefono.
“Mina?” chiese Toby stravolto fissando Gonzalo e lei spiegò allegra che Juan guidava e non voleva parlare a telefono.
“Ma dove diavolo siete? Vi aspettiamo da almeno 10 minuti” chiese Gonzalo per prenderli in giro e solo allora Juan realizzò di aver seguito la macchina sbagliata e cominciò a ridere forte.
“Insomma puoi anche tenerlo tra le mani per cinque minuti quel cavolo di telefono, non ti fa niente eh. E adesso mi toccherà tirarlo di nuovo fuori per recuperare l’indirizzo che Toby mi manderà per messaggio…” disse Juan ridacchiando perché Mina gli aveva riposto immediatamente il telefono nella tasca della giacca con tanta discrezione da sembrare quasi una ninja.
“Tra l’altro dovrei offendermi perché non mi hai mai chiesto il mio numero?” chiese Mina riprendendo il telefono e sbloccandolo, ma Juan le spiegò che ce l’aveva eccome il suo numero, perché era nel contratto e allora Mina sussurrò piano “…è il telefono a cui risponde la mia segretaria quello. Ma se vuoi fare chiamate erotiche a lei, fa pure, sono sicura che apprezzerebbe dato che sembra una che non scopa da anni per quanto è rigida e odiosa…”
“Scrivi quel numero, e sbrigati…”le disse Juan in tono estremamente prepotente e Mina ridacchiando annuì e obbedì, ma voleva assolutamente riprendere il discorso sul sesso, così si appoggiò alla sua spalla e sussurrò “…invece con lei hai molte regole?”
“Mì, non farmi fare la parte dello stronzo che si lamenta della donna con cui sta con l’amante, ti prego…” sussurrò insofferente, ma lei gli spiegò piano che voleva solo capire se poteva essere quello il problema e Juan pensò solo “ovvio che è quello” ma rispose lo stesso.
“Parecchie regole. Molte cose le danno fastidio, altre secondo lei sono degradanti per le donne, altre le danno la nausea… insomma è quasi tutto fuori dal tavolo. Ed è complicato comunque provare anche solo a chiedere…”
“Niente giochini…” sussurrò Mina, che aveva immediatamente capito e lui sbuffò e basta, ma la sua nuova amica aveva ripreso ad accarezzarlo e questo lo stava mandando ai matti.
“Se hai intenzione di arrivare prima o poi a casa di Toby dovresti smetterla, perché non ci sono abituato a tutte queste cose e finiremo per schiantarci contro un muro, te lo dico…” le disse ridendo, ma Mina non aveva nessuna intenzione di fermarsi.
Ora cominciava ad avere un quadro un po' più chiaro, ma le piaceva provocarlo, così decise di continuare quell'interrogatorio così intrigante chiedendo tutto d'un fiato “Ultima domanda: sei bisessuale? Feticista? Fissato con i porno?”
“sì, non è ovvio?Soprattutto la parte sui porno…”
 Mina spalancò gli occhi, ma solo per un secondo perchè lui notando la sua reazione disse “stupida bambina ma ti pare? Sono abbastanza vecchio stile e..ammetto di essere stato un po' violento con te, ma non mi piace legare una donna” e allora Mina ridendo rispose “beh a me sì, e mi piace anche essere legata, immobilizzata e tutto il resto!E mi piacciono i porno e...sono un po' bisessuale, ma è una cosa controversa che sto ancora cercando di chiarire.”
“Ecco, magari chiariamola che mi interessa questa cosa…”rispose lui ridacchiando.
Ricordatevi questa frase, perché da qui nacque una grossa incomprensione tra Juan e Mina: vedete, lui intendeva dire che voleva avesse le idee più chiare in vista della loro relazione, perché voleva capire se doveva preoccuparsi anche delle donne, oltre che di tutti gli uomini che la tormentavano. Mina, però, capì che lui intendesse “esploriamo questa fantasia” e fece spallucce.
Il povero Juan arrivò stravolto a casa di Toby e dopo cinque minuti di baci in auto raggiunsero gli altri e gli vennero assegnate le loro stanze. Prima di andare Mina gli sussurrò “davvero non vuoi dormire con me?” e lui le rispose piano “non sarà così la nostra prima volta, non saremo ubriachi e con altre persone che ci aspettano a casa. Saremo solo io e te e io sarò perfettamente lucido, e probabilmente impazzirò per ogni piccolo particolare…”
“E allora buonanotte…” sussurrò Mina sorridendo, ma quel rifiuto non le piacque.
Tre ore dopo Juan Jimenez dormiva seminudo a pancia sotto e russava anche abbastanza rumorosamente, ma immediatamente riprese conoscenza quando sentì il rumore della porta. Non si mosse, ma con la mano sinistra recuperò la pistola che teneva sotto al cuscino sempre, ma poi allentò la presa quando riconobbe il profumo della persona che era entrata.
“Hola mi amor…” sussurrò piano, appoggiando il seno contro la sua schiena e Juan pensò solo “non così” ma non riuscì a dire una parola, perché lei aveva iniziato ad accarezzare la sua schiena e le spalle “…quanto sei sexy, oddio…” sussurrò ancora più eccitata e Juan pensò “no, deve essere un sogno” ma sussurrò “ mala nena, che vuoi a quest’ora si può sapere?”
“Ma io sono Mina, chi è questa Nena?” rispose offesissima, allontanandosi da lui e solo allora Juan aprì gli occhi e cominciò a ridere forte.
“Vuoi parlare spagnolo con me, ma non lo conosci, eh? Sei una cattiva ragazzina, una nena mala…”
Mina si mise a ridere allora e gli spiegò che si era fatta dire due o tre frasette da Gonzalo perché trovava la sua lingua troppo sexy. Juan pensò soltanto che a lui invece ricordava i narcos, per questo non la parlava mai, ma non le disse nulla.
“E perché non merito neanche di essere guardata?” chiese Mina seccata  e lui sussurrò “perché sarai nuda, immagino…”
“E invece ti sbagli…”
Juan la guardò per un istante e pensò che sarebbe stato meglio se fosse stata nuda, perché aveva una sottoveste incredibilmente sexy, ma sbuffò soltanto e Mina tornò sulla sua schiena e riprese a baciarlo.
“Ho soltanto pensato che…se non puoi fare i giochini, non valgono come tradimento e non valgono neanche come prima volta, quindi possiamo essere un po’ ubriachi…” gli disse piano e a lui tornò la pelle d’oca, perché davvero non sapeva se fosse abbastanza forte da rifiutare quella donna un’altra volta.
“E poi…” aggiunse Mina stendendosi completamente sulla sua schiena “…ho una terribile voglia di te, se proprio vuoi saperlo…”
Juan pensò che era davvero tutto perduto a quel punto, ma non poteva più resisterle. Erano anni che una donna non gli si offriva così: dolce ed eccitata, ma il problema non era soltanto quello. Il problema, come avevano ormai capito tutti, erano i suoi immensi sentimenti per lei, e a quel punto lui aveva letteralmente bisogno di quella pelle. Così si girò di scatto e la tirò sopra il suo corpo. Era terribilmente calda, e nel trovarsi occhi negli occhi con lui sorrise, ma appena lui iniziò a sfiorarla cominciò a tremare sotto alle sue mani. In meno di due secondi le sfilò la sottoveste ed iniziò a baciare quel corpo così bello e Mina, sentendosi le sue labbra addosso, cominciò ad emettere flebili versi, che mandarono Juan in estasi. Non poteva crederci che lui davvero la volesse e il cuore letteralmente le scoppiò quando lui la strinse forte.
“Aspetta…” gli sussurrò piano, perché Juan aveva preso il controllo e non le lasciava il tempo di fare ciò per cui era andata, e lui morì. Pensò che ci avesse ripensato, che non volesse più stare con lui, così in un secondo la lasciò e Mina potè fare quello che aveva pianificato. Iniziò allora a baciargli piano il collo, poi il petto e l’addome e Juan non disse una parola, paralizzato dal piacere che stava provando. La lasciò fare per un po’, perché stava morendo sotto le sue labbra, ma poi ebbe il coraggio di chiederle di fermarsi e Mina lo fissò perplessa.
“prima tu…”le sussurrò piano e lei sorridendo gli regalò completamente il suo corpo e dopo pochissimo fu scossa da un fortissimo orgasmo. Tutte le sue ansie, le sue paure e quella sensazione di inadeguatezza scomparvero in pochissimi minuti e Juan pensò soltanto che Mina gli aveva fatto un regalo immenso. Solo allora, infatti, si lasciò andare e impazzì totalmente per lei.
 “Vuoi un feedback?” gli chiese ridacchiando subito dopo, mentre lui si stava accendendo una sigaretta e a Juan andò di traverso la saliva. Era distesa a pancia sotto ai piedi del letto di fronte a lui e Juan pensò che fosse incredibilmente bella, così le coprì una parte del fondoschiena con il lenzuolo e le scattò una foto, che sarebbe stata la sua preferita negli anni a venire.
“Sono una pizzeria o un venditore di ebay?” chiese con fare acido, ma era troppo felice per essere antipatico e lei rubandogli la sigaretta sussurrò con occhi sognanti “magnifico Jimenez, davvero. Intenso, travolgente, passionale…ah devo smettere di pensarci altrimenti mi torna voglia…”
“Torna pure a trovarci…” le disse facendola ridere e Mina lo abbracciò e basta, ma lui le sussurrò “fammi dormire adesso ragazzina, che devo guidare domani e già sono sbronzo…” e fece una cosa che lasciò lei sconcertata: si accomodò sul suo seno e si addormentò, senza accorgersi che il cuore di Mina batteva all’impazzata.

Nota:
Buonasera a tutti, allora cosa ne pensate di questa situazione? Credete che Juan abbia sbagliato a cedere? Che Mina sia stata troppo invadente? O siete contenti di questo piccolo passo in avanti?

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Capitolo 25
*** Capitolo 25: il seguito ***


Capitolo 25: il seguito
 Quando riprese i sensi, Juan Jimenez la cercò nel letto, ma lei non c’era. Con gli occhi chiusi perlustrò con la mano tutto il letto, eppure di lei nessuna traccia. Per un attimo pensò fosse stato solo un sogno bellissimo, una fantasia provocata dall’alcol, ma poi realizzò che le lenzuola avevano il suo profumo e gli tornarono i brividi.
Per la prima volta in venticinque anni di vita Juan Jimenez si sentiva in pericolo per davvero: quella donna ci aveva messo tre settimane a stravolgere completamente la sua vita, tanto da fargli rinnegare i suoi ideali, e inevitabilmente si chiese dove l’avrebbe portato tutto questo. Il vecchio Juan l’avrebbe mandata via, il vecchio Juan non si sarebbe mai permesso di toccarla, ma Mina aveva letteralmente sparato un colpo alla testa di quell’uomo. Aveva tradito Beth, ma se davvero come dicevano Gonzalo e Victoria innamorarsi era comunque un tradimento, la stava tradendo già da un po’ e non si sentiva a suo agio con quel pensiero.
La cercò ovunque, ma non la trovò, così prese il cellulare per scriverle e lesse “ Mi amor, russi troppo!Sono a colazione con il mio amico Gon. Raggiungimi quando ti svegli…”
Gli aveva scritto circa due ore prima e Juan alzò gli occhi al cielo realizzando che fosse già ora di pranzo. Cercò di ricomporsi per raggiungerla allora, ma uscendo si ricordò delle foto che le aveva fatto e decise di darci un’occhiata e quasi morì: Mina era veramente di una bellezza fuori dal comune e lo fissava con occhi così languidi da stordire un elefante.
“Buenos dias Juanito…” gli sussurrò piano e lui sorrise dandole un bacio sulla fronte, ma Gonzalo scocciatissimo gli disse “ay tio ma io non avevo la minima idea che tu parlassi spagnolo. Anzi ero convintissimo di aver fatto una figuraccia a parlarti in spagnolo le prime volte, perché mi guardavi sempre con disprezzo, non rispondevi mai  e mi sono sentito un razzista…”
“Ma perché quando mi parli in altre lingue ti rispondo?” gli disse con il suo solito sorriso da stronzo, immergendo le dita nei capelli di Mina e lei sorrise. Il tempo di un caffè e di un rapido saluto e furono in auto, ma solo dopo aver giurato a Gonzalo che Mina lo avrebbe portato per club a New York.
  “Come stai?” gli sussurrò molto piano sfiorandogli i capelli, e lui sorridendo sussurrò “non si vede come sto? Benissimo…”
Mina rise e basta, ma era presa da mille pensieri. Non riusciva a smettere di fissarlo e pensare a quanto fosse bello. Il suo atteggiamento verso di lei era profondamente cambiato negli ultimi giorni, ed ora la fissava con una dolcezza infinita e cercava continuamente la sua pelle. Il suo sguardo la faceva sentire speciale, e questa era una grossa novità rispetto ai suoi ex. Era abituata a uomini che la idolatravano, le facevano regali costosi e le sussurravano parole d’amore costantemente, invece lui  non le aveva neanche mai detto che gli piaceva o che era bella, eppure il suo modo di guardarla e di toccarla diceva molto più di quanto facessero le parole di Greg o Myles. E poi Mina sbuffò, tornando con la mente ad una cosa che le era successa la sera prima e che la spaventava a morte: dopo quel momento così intimo, c'era stato qualche minuto di coccole distesi l'uno sopra all'altro e Mina si era sentita incredibilmente felice. Non era durato molto, però, perchè improvvisamente lui si era addormentato sul suo seno, così di colpo, e lei non aveva resistito all'idea di accarezzarlo: con dita timide aveva sfiorato prima le sue guance e poi la sua bocca, e si era sentita morire. Eccitata e spaventata lo aveva stretto forte sul cuore, realizzando che quella bestia che le stava facendo le fusa in petto, altro non era che amore. Non era riuscita a chiudere occhio ed ora si chiedeva perché si fosse innamorata proprio di lui, ma la risposta era semplice: perché era l’uomo migliore che avesse mai incontrato. Mentre lo fissava, immersa nei suoi pensieri, Juan si sentì osservato e inclinando la testa le chiese “cos'ho?” e lei arrossì quasi per essere stata colta in fallo.
Quella mattina era davvero strana, ma gli piacque essere osservato così le disse “guarda le foto che ti ho fatto ieri, dimmi che ne pensi…” e Mina sorrise imbarazzata, pensando che si vedessero davvero troppo i suoi sentimenti.
“Penso che le terrò per me, però. Mi sembrano troppo intime per condividerle, non trovi?” le disse piano, riferendosi ovviamente ad una foto in cui rideva e chiunque si sarebbe accorto che lei era innamorata, e lei annuì e poi aggiunse piano “…effettivamente sì, e poi quel sorriso è per te, non mi va di condividerlo…”
“ah e gli altri per chi erano?” le chiese ridacchiando, riferendosi chiaramente alle altre foto e Mina dispettosa rispose “per i miei fan, ovvio…”
Scherzarono per un po’, poi però Juan decise di sganciare la bomba e accarezzandole il viso disse piano “…Mì è stato incredibile, però…”
Il sorriso si cancellò letteralmente dal viso di Mina, e le si spezzò letteralmente il cuore in quel momento. Chiuse gli occhi in attesa del seguito, ma non arrivò subito, così gelida ringhiò “…però basta. Ok, capito”
“Solo per ora, mi amor. Non voglio sentirmi uno stronzo ogni volta che ti tocco…” sussurrò pianissimo, riprendendole la mano ma Mina scosse solo la testa e lui dolcemente aggiunse “ragazzina non ti chiedo di aspettare tanto per il seguito, fammi solo tornare da New York…”
“…per la mostra?” rispose Mina scocciata e lui annuì terribilmente serio.
“Può anche non esserci un seguito…”gli disse sforzandosi di sembrare fredda e serena, ma Juan notò che era incredibilmente ferita e sorrise amaramente. Adesso si sentiva ancora più uno stronzo. Sapeva che non l’avrebbe presa bene, ma sperava che avrebbe deciso di rispettarlo, invece Mina sembrava assolutamente irragionevole.
“No, non può non esserci…” rispose lui serissimo e Mina si perse dieci minuti a cercare di capire il senso di quella tripla negazione, ma non potè pensarci oltre, perché il cellulare di Juan iniziò a suonare e lui le chiese di rispondere.
“Non posso, è tua moglie…” ringhiò lei asciutta, cercando di non mostrare nessuna emozione e lui inarcò il sopracciglio sinistro e mise la telefonata in vivavoce.
“Ciao, che succede?” chiese con uno strano tono formale che non passò inosservato all’orecchio di Mina che però stava giocando con suo cellulare, facendo finta di non volersi immischiare.
“Succede che non mi hai mandato le foto di ieri…” rispose lei molto scocciata e davvero gelida e Mina pensò che fosse arrabbiata, che magari le avessero detto qualcosa, ma in realtà quello era il tono che Beth aveva sempre con lui.
“Non ne abbiamo fatte” rispose lui esattamente con lo stesso tono, ma lei iniziò ad alzare la voce e gli gridò che non poteva lavorare solo quando voleva, che esistevano delle regole e che avevano un contratto per cui dovevano pagare penali carissime se non lavorava e Juan scocciato rispose “non paghi tu, non ti riguarda. Ciao” ma lei aggiunse “Aspetta…” e il cuore di Mina si fermò. Si sentiva terribilmente a disagio, e aveva il terrore che stesse per dirgli qualcosa di dolce, qualcosa da fidanzata e le venne quasi da piangere. Senza accorgersene aveva iniziato a tremare piano, perché aveva il terrore di sentire Juan innamorato di un’altra, o di sentire lei innamorata di lui e triste per colpa sua, ma Beth non era una che si comportava da fidanzata, così aggiunse “…hanno fatto casino, quale tela vuoi mettere all’ingresso della mostra? Ovviamente quegli idioti hanno perso il foglio che avevi scritto…”
“El Barrio” rispose lui e poi chiuse. Non voleva far sentire a Mina quella chiamata, ma ormai era successo e non poteva fare nulla. Un secondo dopo gli arrivò un altro messaggio e chiese a Mina di leggerlo, ma lei ringhiò offesissima che non aveva nessuna intenzione di fargli da segretaria.
“E’ solo un favore Mì…” sussurrò lui piano, con una voce molto dolce e lei realizzò che era molto diverso il suo modo di parlare con lei, ma non disse nulla. Lesse il messaggio a Juan, che come previsto era soltanto un elenco di numeri e nomi e lui sbuffò scocciato e chiese a Mina di scrivere l’elenco corretto e lei lo fece, ma senza dire una parola.
“…devono essere in ordine” provò a dire per farle capire il senso del messaggio, ma lei si strinse nelle spalle e basta. Si era pentita di quella loro stupida nottata, era terribilmente ferita e così si perse nei suoi dubbi e Juan lo capì. Rimasero in silenzio per un po’, poi lui sussurrò piano “Che cosa farai adesso? Insomma…avrai problemi con il lavoro?”
Mina non aveva voluto indugiare in quei pensieri, perché si sentiva troppo felice, ma adesso la colpirono come un macigno. Sorridendo tristemente rispose “Problemi? Oh nessun problema. Se Myles ha smesso di volermi usare, mi getterà per strada da un momento all’altro senza preavviso, così  tornerò a vendermi al club…o magari proverò ad usare le lezioni di recitazione che mi ha fatto fare e passerò al porno, non so…”
“Non esiste…” ringhiò Juan serissimo e poi afferrandole la mano sussurrò “non te lo permetterei mai” ma Mina ridendo rispose “Non è che ci siano molte opzioni, eh. I soldi finiranno e io non ho particolari talenti oltre a queste tette e il sedere…” ma Juan stritolò quella sua piccola mano e aggiunse “Mi prenderò io cura di te, ti proteggerò sempre…” e il cuore di Mina letteralmente si fermò. Le venne quasi da piangere e decise di dirgli “ti amo”ma poi fu il suo cellulare a suonare e riconobbe immediatamente la suoneria.
“La marcia imperiale, davvero?” le disse Juan stupito, ma si rese conto che Mina non era esattamente a suo agio con quella chiamata.
 Nota:
Allora aspetto le vostre impressioni: cosa starà realmente succedendo tra questi due? E chi avrà chiamato Mina? Fatemi sapere.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26: i sentimenti di Mìmi ***


Capitolo 26: i sentimenti di Mimi
Myles era letteralmente devastato quella mattina e non riusciva a farsene una ragione di quella rottura. Non era la prima volta che Mina lo lasciava, e questa volta ad onor del vero lui aveva molte colpe, ma non era mai stato così: lei aveva mostrato almeno un minimo di sofferenza le altre volte, aveva versato una o due lacrime, lo aveva preso a schiaffi e aveva urlato, ma questa volta no. Sbadigliando tornò con la mente a quelli che, fino a poche ore prima erano stati i momenti peggiori della loro relazione.
La loro prima rottura era avvenuta contestualmente al matrimonio con Ginevra quattro anni prima. Una Mina allora sedicenne e splendida, gli aveva detto con dolcezza e tristezza che non poteva essere sua, non se lui sposava un'altra. Avevano fatto l'amore, e poi in lacrime si erano separati. Aveva pensato mille volte a come scappare dalla chiesa prima e dal ricevimento poi, e una volta finito il matrimonio, nell'auto che portava lui e Ginevra all' hotel dove avrebbero passato la loro prima notte, scrisse una lunghissima mail alla sua piccola, dicendole che nulla aveva senso senza di lei, e che si sarebbe ucciso pur di non perderla. Mina all'epoca seguiva fedelmente i consigli di Jennifer, quindi ignorò tutte le sue mail e lasciò soffrire per mesi, malgrado sentisse disperatamente la sua mancanza. Una sera poi si erano incontrati ad una raccolta fondi, lui ovviamente era con Ginevra, e lei non lo aveva degnato neanche di uno sguardo, facendolo impazzire. Erano mesi che non faceva che inviarle regali e fiori e chiederle di vedersi, ma lei non rispondeva mai, però di persona non era stata in grado di restargli totalmente indifferente. Così, quando si era allontanata per rispondere a telefono, d'istinto Myles l’aveva inseguita, proprio come aveva fatto al Carson’s e le aveva chiesto di guardarlo negli occhi e di ripetere che era finita. Mina non ci era riuscita, lo amava davvero tanto in quel periodo e ci stava molto male, così si era messa a piangere e cedendo alle sue suppliche era tornata sua.
La loro seconda rottura, invece, era stata più difficile da sanare. Era iniziato tutto un anno dopo il suo matrimonio con Ginevra, Mina aveva conosciuto un tizio, un musicista che l’aveva riempita di sciocchezze romantiche, ed era diventata matta al punto di voltargli le spalle. Vedete, forse a questo punto della storia avrete capito che lei non si era mai sentita molto amata da nessuno nella sua vita, e che anzi aveva avuto un pessimo rapporto con suo padre e con la sua famiglia e questo l’aveva resa estremamente fragile. Greg era un uomo incredibilmente affascinante, ma anche molto scaltro. Aveva immediatamente capito cosa volesse sentirsi dire quella bambina per cedergli il suo cuore e una per una le aveva detto tutte le cose che servivano per averla.  Usava le parole come nessuno e l’aveva incantata, facendola sentire bene come mai prima. L’aveva corteggiata disperatamente, aveva scritto canzoni splendide per lei e poi l’aveva letteralmente portata via da tutti per settimane e Mina si era innamorata e aveva chiuso con il politico. Myles aveva fatto qualunque cosa per riprendersela, le aveva intestato persino un vecchio appartamento di sua nonna a Central Park, ma lei continuava a rifiutare ogni cosa e non voleva sentire ragioni. Era innamorata persa e moriva dalla voglia di viversi la sua relazione col cantante, e proprio quando stava per rassegnarsi all'idea di averla persa per sempre, decise di farle un regalo d'addio, e le fece inviare il quadro che le piaceva tanto. Sua moglie lo aveva minacciato in ogni modo, ma lui voleva davvero che lo avesse Mina, e questo gesto apparentemente la commosse tanto da spingerla a dirgli “io ti amo troppo per perderti, va bene accetto di non significare nulla per te”.
Myles, però, ad onor del vero non aveva capito proprio niente di quella storia e non conosceva Mina bene come credeva. Non era stato il Matisse a far tornare Mina, ma il suo cuore straziato dal tradimento peggiore che avesse mai subito. Il primo e unico uomo che le aveva giurato che sarebbe stato suo per sempre, che le avrebbe dato dei bambini e che l’avrebbe amata ogni giorno, aveva tirato fuori un segreto oscuro e Mina era quasi impazzita dal dolore. Dopo qualche settimana di romanticismo estremo, Mina aveva scoperto che anche Greg era sposato, così con il cuore a pezzi si era prima vendicata nel peggiore dei modi e poi gli aveva detto addio. Il dolore provocatole da tutte quelle bugie, però, l’aveva letteralmente avvelenata e lei si era convinta che gli uomini fossero tutti così, che le avrebbero sempre e solo fatto del male. Aveva iniziato ad indossare quella famosa maschera allora, e si era giurata che non avrebbe mai più concesso a nessuno i suoi sentimenti. Così riflettendo bene sul suo futuro aveva deciso che le toccava fare un passo indietro perchè le conveniva avere Myles nella sua vita, ma non sapeva come fare, e poi le era arrivato il quadro. Mina adorava lo adorava, non per il valore del quadro in sé, ma perchè sanciva il suo trionfo sull’uomo che l’aveva comprata. Così aveva regalato a Myles altri tre anni di quel rapporto che lui amava tanto, ma che in realtà era di uno squallore spaventoso. Si erano visti circa dieci volte in quei tre anni, e mai per più di tre ore e lei aveva sempre finto un sorriso e gli aveva dato quello che voleva senza fare troppe storie. Era terribilmente infelice per gran parte del tempo, ma lui non ci badava: era un’amante fantastica, dolce e assolutamente rispettosa dei suoi spazi, per cui era sempre molto piacevole starle accanto. Myles era sempre stato convinto che sarebbe toccato a lui lasciarla, ed invece ora quella piccola matta aveva sovvertito le regole e se n’era andata senza batter ciglio e lui era rimasto a chiedersi cosa potesse fare per riprendersi il cuore di quella bambina così complicata.
Sua moglie Ginevra, nel frattempo, era furiosa come poche volte prima e si decise a capirci qualcosa di più. Sapeva tutto di Mina e Myles, ovviamente e sapeva che quando lui faceva certe scene ci poteva solo essere lei di mezzo.  Detestava quel numero, quella persona e tutto quello che rappresentava, ma non poteva far altro a quel punto della carriera di Myles.
“Cosa diavolo è successo stavolta? Perché frigna come una bambina prima dell’incontro con il Segretario di Stato?” le disse seccamente la persona all'altro capo del telefono, e Mina sbuffando rispose “ perché ha un'amante e l’ho beccato con le mani nel sacco.”
“Ah quindi tradisce anche il tormentato amore della sua vita, pensa un po’, lo credevo impossibile. Benvenuta nel club.” Aggiunse Ginevra, ma non con astio: disprezzava quella modella, ma le andava bene come amante del marito perché era stupida e non aveva grosse ambizioni. Tremava letteralmente all’idea di un’altra, perché Myles poteva essere tanto stupido da fare qualsiasi cosa per un bel faccino.
“Già, evidentemente sto diventando troppo vecchia per i suoi gusti. Comunque per correttezza ti avviso che hanno anche violato gli accordi…”
Ginevra Compton non si scompose, ma dentro di lei urlò e imprecò mentre diceva con voce calma “Se sei a Los Angeles, vediamoci per té, alle tre ti va bene?”
Mina prese il polso di Juan che la guardò sconvolto e fissando il suo enorme orologio disse “sì va bene.”
Poi, con aria solenne, ma vittoriosa annunciò a Juan che aveva un appuntamento, e lui non capì assolutamente nulla, ma decise di assecondarla perché Mina era letteralmente un’altra in quel momento: aveva uno strano sorrisetto sadico che quasi gli faceva paura.
 “Dobbiamo tornare indietro e stampare le foto che hai fatto a Myles e sbrigarci anche, perché non c’è molto tempo...”
Gli disse seria e Juan senza fare domande obbedì, immaginando che stesse pensando di ricattarlo in qualche modo, ma quando lei gli spiegò chi l’aveva chiamata rimase sconvolto.
“Fammi capire:sua moglie non solo sa che tu sei l'amante di Myles, ma lo accetta anche?”
 Le chiese sorpreso, pensando che certi figli di puttana avessero davvero tutte le fortune, e lei annuì dicendo “Ovvio. Una delle prime cose che ho fatto è stato cercare un dialogo con lei, capire quali atteggiamenti potevo tenere e quali no. E’ un politico, la sua vita è costantemente sotto un’immensa lente d’ingrandimento, e sai quante persone mi hanno fatta seguire e intercettare per scoprire se stavo con lui? Sono stata molto accorta e leale e questo mi ha fatto vincere la simpatia di quella donna. Ora, mi amor, devi sapere che la prima cosa che Ginevra mi ha chiesto è stata di non presentarmi mai in pubblico con Myles. Niente vacanze, mai lo stesso hotel, e niente shopping di coppia, non voleva essere umiliata pubblicamente ed io l'ho sempre rispettata. Insomma, un conto sono i pettegolezzi e gli sciocchi gossip che si dicono sulle persone, ma le foto sono un'altra cosa; non si possono ignorare. Ed invece abbiamo le prove del fatto che la nuova amante non si è attenuta alle regole, umiliando non solo me, ma soprattutto lei e mettendo a rischio la carriera del nostro caro ragazzo. In poche parole: la sciocca, convinta di essere furba e di averci sottratto il nostro uomo, ha involontariamente sollevato un vespaio. Ora, cosa credi che succederà?”
Juan non sapeva cosa dire, ma era piuttosto sorpreso da questa bizzarra solidarietà femminile, così non disse nulla e lei continuò.
“Te lo dico io: Ginevra s'infurierà e gli impedirà di vedere quella sgualdrina, così con la coda tra le gambe proverà a tornare il bastardo e allora io potrò maltrattarlo quanto mi pare, senza dover tornare per strada perché lui ha torto.”
Ecco, quello era il punto. Juan fu letteralmente arso da una vampata di gelosia, ma strinse solo il pugno e ringhiò “Non ci saresti tornata, te lo ripeto. Ma se preferisci quello con più soldi, bene” e Mina decise di baciarlo e basta, anche se lui stava guidando e quasi finì contro un tir per quel giochino.
Due ore dopo avevano non solo stampato le foto, ma fatto anche i dovuti ingrandimenti per fare in modo che Ginevra vedesse che il posto era un ristorante e che non si stavano solo baciando, ma il bastardo la stava anche toccando. Mina ostentava calma, ma sembrava che stesse per commettere un omicidio: aveva un sorriso spaventoso mentre si sistemava i capelli in macchina e non riusciva a smettere di pensare a tutto ciò che sarebbe successo a quella sgualdrina che aveva osato provare a prendere il suo posto. Juan fumava e la osservava e per un secondo pensò che fosse davvero grave averla come nemica, poi le chiese ironicamente: “Ma è normale che tu abbia quel sorrisetto inquietante da psicopatica? Insomma...è spaventoso e prevedibile. Chiunque ti incontri penserà “chi sta cercando di uccidere quella donna?” Va bene andare a compiere la propria vendetta, ma un minimo di classe e poker face, dannazione.”
Mina allora si scosse dai suoi pensieri, e non riuscì a non ridere e una parte di lei lo ringraziò per quel sorriso, ma gli saltò addosso per baciarlo e lui si ritrasse. Pensò fosse per Beth, ma Juan le sussurrò “ti assecondo in questa tua vendetta, ma non chiedermi di toccarti se vuoi tornare ad essere di un altro uomo, perché mi fa davvero schifo…”e Mina scoppiò in una risata che fu fastidiosissima per lui.
“Oh che sciocco mi amor, ma io non gli darò assolutamente niente”rispose ridacchiando e Juan la fissò interdetto.
 “…ti ho detto che mi serve qualche altro anno prima di sparire, no? Beh a questo punto il mio piano è un po’ cambiato: tirerò la corda finchè potrò, facendomi desiderare e vedrò finchè riesco a tenere la mia posizione, ma in nessun universo tornerò a letto con uno che mi tradisce con una brutta…”
Juan potè respirare allora, e abbracciandola sussurrò solo “se fosse stata bella invece…” e Mina fissandolo seriamente aggiunse “No Juan, non hai capito: io odio i traditori. Sono sempre stata tradita. O meglio: hanno sempre tradito le loro donne con me, e mi hanno usata e ingannata. Non ho mai avuto un uomo che fosse realmente mio…”
Juan si sentì stranamente incluso in quel discorso e gli diede un fastidio terribile che lei si sentisse usata da lui, così ringhiò “…beh se tu non sei in grado di accettare un no e ti infili nuda nel letto degli uomini, è ovvio che uno ceda, siamo tutti umani, sai?” ma Mina fissandolo sorrise e basta.
“Non stavo parlando di te, non ho nessuna intenzione di accusarti per ieri notte, perché l’ho voluto io, come tutto tra noi, e me ne prendo la responsabilità, ma era la prima volta. E ti garantisco che con gli altri generalmente non funziona come con te, o almeno gli altri che ho avuto io le tirano fuori dopo le mogli dal cilindro. Myles ha fatto l’innamorato pazzo per un anno con me, prima di dirmi “ascolta, dal mese prossimo sarà tutto diverso perché mi sposo, ma è solo per affari”. E non è stato neanche il peggiore della mia vita…”
Disse molto scocciata e lui sorrise soltanto, ma poi Mina aggiunse “…ma adesso non ne posso più di queste cose, quindi basta. E quando io dico basta generalmente è definitivo quindi anche tu fatti due conti…” e Juan baciandola sussurrò piano “ci starò attento…”
“Ieri stavo pensando che devo vendere un po’ di cose, il Matisse, la casa a Central Park e lo stupido anello di sua nonna appartenuto allo Zar, ma mi serve altro tempo…” disse Mina seria e poi aggiunse “…così quando si sarà stancato dei miei giochetti e io scomparirò non troverà nulla a casa e si mangerà le mani. Ma legalmente sono stati donati a me, quindi posso farci quello che voglio…”
“…e non tornerai con lui?” sussurrò piano, ma lei con un sorriso rispose “No. E tu la lascerai?” e Juan sussurrò pianissimo “te lo giuro mi amor…” facendola sciogliere.
Alle tre in punto giunsero al luogo fissato per l'appuntamento: era un bar all'aperto, e Mina vide immediatamente la sua alleata/ nemica seduta ad un tavolo. Sorridendo chiese a Juan di lasciarla andare da sola, e lui non battè ciglio e rimase in macchina ad attenderla, fissando la scena da lontano. Immediatamente si accorse che la bionda signora era agitata e nervosa, sebbene volesse nascondere ogni emozione e sembrare glaciale.  Lo sguardo infastidito e quasi disgustato con cui aveva salutato Mina, poi, lo spinse a pensare che la bionda non fosse una sua grande estimatrice e che forse, forse la signora Ronson non era così legata all'amante di suo marito come lei credeva.
“Bene, hai tre minuti di ritardo” le disse gelidamente. Voleva assolutamente sapere cosa sapesse la giovane prostituta e ogni minuto le parve lungo mesi.
“Quindi? Chi è? Cosa sai?”
Mina non ebbe neanche il tempo di sedersi, poi sorridendo malignamente rispose “non lo so chi è, ma non è una bella donna, sembra quasi un cane da caccia. Guarda tu stessa se la conosci.”
Dicendo queste parole Mina le porse le foto e Ginevra inorridì: la ragazzina che sbaciucchiava suo marito in quelle foto era una delle stagiste assunte da lei. Le era piaciuta fin da subito la piccola Clodette, laureata a Yale con il massimo dei voti, con una tesi sul presidente Nixon, sveglia, educata, composta e non particolarmente bella, cosa che l'aveva entusiasmata. Le era sembrata una creatura molto pratica e determinata, ed ora la sua determinazione le si stava ritorcendo contro. Era una situazione pericolosa, perchè Clodette aveva ambizioni politiche e giovani occhi da iena che da principio le avevano ricordato i suoi da ragazzina. No, non poteva permettere a quella sgualdrina di diventare first lady, così tra i due mali scelse quello che già conosceva, e che sapeva essere minore.
“Bene, licenzio immediatamente questa cagna da quattro soldi e vedrai che Myles in un paio di giorni tornerà scodinzolante come sempre. Ho apprezzato molto questo tuo gesto, grazie.”
Le disse Ginevra alzandosi, e Mina rimase di stucco perchè era appena arrivata. Chiese solo “oh quindi è una che lavora per voi?”
E Ginevra fu costretta a svelarle la verità “Evidentemente quando gli ho detto che durante la campagna elettorale non poteva andarsene in giro a sedurre ragazzine, avrei dovuto specificare che non poteva neanche sedurle in ufficio, eppure credevo di aver fatto in modo che non lo facesse; l'ho circondato di donne poco attraenti, ma a quanto pare non basta neanche questo, dovrò scegliere uomini la prossima volta. Clodette è una delle sue stagiste, ma tranquilla, farò in modo che l'unico lavoro che riesca a trovare al pentagono sia come cameriera, questa sciocca ha creato problemi alle persone sbagliate. E' tutto sistemato comunque, tutto perfettamente sotto controllo, e non immagini quanto io sia felice che li abbia scoperti tu e non la stampa. Ad ogni modo spero che tu voglia distruggere queste foto...”
Suggerì Ginevra con aria indagatrice, e lei sorridendo rispose “credimi mia cara non ho nessun interesse a tenermele. Gli originali sono già stati cancellati e questa è l’unica copia e la sto offrendo a te…”
Solo allora si tranquillizzò e giocherellando con la sua tazza rispose “Perfetto allora. La tua lealtà sarà premiata e farò in modo che Myles ritorni il prima possibile,anche se non dovrebbe essere difficile. Malgrado il suo incessante desiderio di sedurre qualsiasi cosa, credo che sia realmente legato a te in qualche modo. Stavolta ha preso la vostra rottura peggio del solito: stanotte addirittura piangeva senza ritegno e sospetto che non abbia chiuso occhio. E' un idiota sentimentale, ma purtroppo non possiamo fare a meno di lui, è così? Comunque chiamami se tra tre giorni non avrà ripreso a inviarti fiori,ma credo che già oggi ne avrai ricevuti, lo sentivo che parlava con Berenice di poesie e biglietti. Come al solito ti chiedo di contenerti però: niente regali troppo vistosi o costosi, nessun altro Matisse e nessuna casa, niente che possa attirare l'attenzione della stampa, mi raccomando. Siamo in un periodo molto delicato della sua carriera politica e ogni minimo errore potrebbe costarci tutto. Non possiamo permetterci di tirare fuori donne dalla scrivania del presidente come se fossero i conigli di un prestigiatore. Credo di averti detto tutto- aggiunse baciandole frettolosamente le guance, e rimettendosi occhialoni e guanti concluse- ed ora scusami, ma devo andare a licenziare questa sgualdrina e assicurarmi di non vederla mai più.”
Mina sorrise, pensando di aver ottenuto la sua vendetta e tornò ad arrotolarsi tra le braccia di Juan come una gatta.
 “E quindi uno ce lo siamo tolti di torno, no?” le disse Juan un po’ in difficoltà, perché non si sentiva proprio il più onesto degli uomini a farle quel discorso con una donna a casa, ma non voleva segreti e soprattutto la voleva solo per lui come non aveva mai voluto niente. Mina annuì e basta e lui sussurrò piano “…e gli altri? Insomma sono molti?”
“Gli altri cosa?” chiese lei, facendo palesemente la finta tonta e Juan sbuffò forte e aggiunse “gli altri che possono vantare diritti su di te, sono molti?”
“Sei davvero geloso?” sussurrò piano fissandolo negli occhi e Juan realizzò di non aver mai avuto tanti problemi alla guida come in quei due giorni, perché faceva davvero fatica a guardare la strada.
“Ho delle storie in sospeso, sì, ma penso che nessuno sia così stupido da pensare di poter vantare diritti su di me…” rispose lei volutamente vaga, perché voleva disperatamente che lui le dicesse chiaramente che la voleva solo per lui ma Juan disse una cosa terribile.
“E tu sei innamorata di qualcuno di questi?” sputò, cercando di fingersi indifferente, ma con il cuore in gola e Mina per un attimo pensò di dirgli “sì, di te” ma si trattenne.
“No, ho dei legami emotivi con Greg e con Reta, ma non è amore. Io odio quella parola.”
“Ecco, allora non te lo dirò mai…” si disse Juan, ma lei sembrava molto seria e continuò “…sai quanti ti amo ho ricevuto? Un’infinità e sono sempre stati usati solo come armi contro di me. Myles dice “ti amo” pretendendo che sia una giustificazione a qualsiasi cosa. “Sì, lo so che mi sono sposato con un’altra ma ti amo.” Ridicolo”
Mina aveva un tono particolarmente sarcastico e a Juan scappò una risatina, ma la lasciò continuare.
“…Reta invece usa quelle due parole per minacciarti e farti sentire in colpa per qualsiasi cosa, perché a lei non va mai bene nulla. Anche se io le ho più volte fatto capire che deve togliersi questa storia dalla testa e l’ho allontanata in mille modi, lei continua ad usare quelle due parole per tormentarmi. E poi c’è Greg…” disse seria e sbuffò forte.
“Lui è il peggiore di tutti, perché è uno stratega. Uno che ragiona mille volte sulle mosse da fare e usa sempre le parole giuste, mai una di troppo ma sempre solo quelle necessarie a manipolarti come un burattino. Greg ha vari tipi di ti amo: lo usa come Myles e Reta, ma lo usa anche come esca per attirarti e farti fare quello che vuole. Poi, una volta catturata la preda, perde interesse e quel ti amo si rivela per quello che è: un inutile specchietto per le allodole.”
“E questo qui lo ami, però…” le disse serio, perché non gli era piaciuto il tono di Mina, ma lei rise e basta e rispose “No, non lo amo. Ma tu lo sai già, perché tu te la ricordi la serata al club, no?” e Juan impallidì.
“Da quando te lo ricordi?” le chiese con il cuore in gola e lei fissandolo profondamente negli occhi rispose “da poco prima che m’infilassi nel tuo letto stanotte. Avevo dei frammenti di immagini prima, ma stanotte è tornato tutto: i tuoi occhi, la tua voce e soprattutto le tue parole e non sono riuscita a resisterti…” lasciando il povero Juan senza parole.  

Nota:
Grazie per aver letto questo lunghissimo capitolo. Allora vi chiedo se avete le idee un po' più chiare su Mina e che cosa ne pensate? E soprattutto: che ne pensate di questo finale? Fatemi sapere grazie!

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Capitolo 27
*** Capitolo 27: una strana coppia ***


Capitolo 27: una strana coppia
Ritornati a Chino continuarono la loro solita routine per qualche giorno prima di rientrare a New York, ma dopo poche ore tutti si accorsero che di “solito” non c'era più nulla, perché quei due erano ufficialmente una coppia. Le cose apparentemente procedevano normalmente, ma in realtà l'atmosfera tra loro era cambiata: Juan parlava e soprattutto scherzava con lei, come non aveva mai fatto con nessuno, e la sua famiglia spalancava gli occhi nel vederlo così loquace, ironico e soprattutto sorridente. La provocava costantemente e poi ridendo le ripeteva “piantala” ma si divertiva troppo. Felipa era molto preoccupata e Carlos li studiava da lontano, ma sorrideva sotto a quei suoi enormi baffoni perchè era una donna troppo pericolosa per Juanito, ma sembrava abbastanza innamorata.
 Dopo ventiquattro ore chiunque li aveva beccati a baciarsi come due ragazzini e Mina aveva iniziato a comportarsi pubblicamente da compagna con lui, con tanta dolcezza da lasciarlo senza fiato. Nessuno dei due toglieva mai gli occhi di dosso all’altro e lei faceva sempre di tutto per stargli vicino, ma gli lasciava i suoi spazi quando capiva che lui aveva solo voglia di disegnare. Ormai aveva imparato: Juan si perdeva nei suoi pensieri poco prima di andare a prendere il blocco da disegno e lei gli sorrideva sempre. Amava il suo lato artistico, come tutto il resto di lui, e non aveva nessuna voglia di soffocarlo, quindi quando Juan si allontanava per disegnare mettendole una mano sulla testa come saluto, Mina rideva e restava in cucina a chiacchierare con le ragazze. Eppure quella parte di Juan stava cambiando: aveva sempre sentito la necessità di allontanarsi da tutti per disegnare, chiudersi nel suo mondo con la sua musica, le sue amate sigarette e qualcosa da bere, ma ora gli mancava qualcosa. Gli davano fastidio le persone,in generale e soprattutto se stava lavorando, ma voleva tenere Mina vicino. Se ne accorse dopo un’oretta della loro prima sera a Chino, così andò a cercarla e se la portò via senza tante parole e da quella sera non aveva più voluto lavorare da solo. Mina gli lasciava i suoi spazi e aspettava che fosse lui a richiedere chiaramente la sua presenza, così tutte le sere aveva dovuto dirle esplicitamente di seguirlo. Adorava stare con lei e gli piaceva persino parlarle, anche se di solito Mina parlava e lui disegnava, ma sembrava si capissero molto bene. Entrambi detestavano la tv, i giornali e i media in generale, ma le loro idee ciniche si incontravano perfettamente quando parlavano di religione.
“Secondo loro noi dovremmo sentirci in colpa a prescindere, capisci quanto questo sia folle? Tu nasci e già devi sentirti in colpa e lavare i tuoi peccati. Dovremmo trascorrere tutta la nostra vita a chiedere perdono per qualsiasi cosa, andiamo! Che vita è così?”
Le disse la terza sera, dividendo con lei il dondolo e una bottiglia di vino e lei rispose seccata “Hey tesoro ma di che diavolo ti lamenti? Almeno tu sei maschio, io sono cresciuta pensando che Dio mi odiasse! Pensaci un attimo: dobbiamo stare a casa ad occuparci di tutto, continuamente coperte integralmente anche con quaranta gradi, non possiamo assolutamente pensare un secondo a noi stesse, no, solo al nostro uomo e poi ci tocca sfornare bambini dopo bambini fino a quando non siamo troppo vecchie e troppo stanche per continuare a farlo...”
“Questo anche secondo noi. O almeno secondo mia madre e le sue amiche che sono pazze estremiste. Non sai quante storie fa a Clari quando d’estate si veste in modo normalissimo, ma mostra un minimo di pelle. Temo che la dottrina sia simile…”
 “Bene, quindi l'unica cosa che il mio Dio e il tuo hanno in comune è la misoginia?” Chiese lei sovrappensiero, e Juan annuì ma poi aggiunse “...però il mio profeta era amico delle prostitute...quindi forse per la mia religione potresti ancora salvarti se ti penti, se sposi una brava persona e decidi di iniziare a sfornare miliardi di ragazzini che dovranno assorbire tutto il tuo tempo...”
Ci fu un attimo di silenzio, poi fissandola negli occhi le gridò “Su avanti: pentiti!”ma lei ridendo gli fece la linguaccia e rispose “No, affatto.”
Le accarezzò i capelli con molta delicatezza, allora perché non aveva capito bene neanche lui cosa le avesse appena detto, ma poi  Mina sfoderò lo sguardo più languido che i suoi enormi occhi blu potessero esibire e sussurrò “non sfornerò tanti figli Juan Jimenez, preparati mentalmente all’idea. Massimo ne avrò uno, e non smetterò di lavorare…” e a lui mancò l’aria.
Pensò solo “non stai davvero dicendo di volere i miei bambini, vero?” ma non ebbe il coraggio di dirlo. Baciandola con molta dolcezza sussurrò “ah vedremo, credo che da qualche parte nelle scritture ci sia scritto che decide il marito…”
“Basta non sposarti, allora. Mi sembra particolarmente semplice” rispose Mina ridendo, e Juan pensò ancora una volta “non puoi essere seria” ma la baciò forte. Non aveva la minima idea di che tipo di rapporto ci fosse tra lui e Mina, ma si era vergognosamente innamorato e ne aveva una paura terribile.
“Semplice? Beh se hai una famiglia normale, sì. Io penso che mia madre morirebbe se avessi figli fuori dal matrimonio” le disse, cercando di sembrare rilassato e sarcastico, ma non lo era affatto e Mina gli sorrise, ma poi chiese confusa “scusa, va bene avere il figlio boss del narcotraffico, va bene avere il figlio in galera, ma per carità se uno non si sposa è un casino?”
“E’ assolutamente così” rispose lui ridendo forte “…ed è per questo che sono sempre stato distante da questo tipo di atteggiamenti…”
“…e va bene, allora accontenteremo la signora Jimenez e non metteremo a repentaglio la verginità di questo suo bambino così delicato…” gli disse con molta dolcezza e Juan rise forte, ma sempre con un colpo al cuore.
“Ma non puoi sposare me…” le disse con immensi occhi languidi e Mina fu scossa da un brivido terribile e per un attimo morì di paura, ma poi lui accarezzandole le labbra sussurrò “…non penso di contare come brava persona. Io e te insieme al massimo possiamo finire in purgatorio, ma se ci impegniamo molto, eh!” lei sorrise e stava per dirgli “Non importa” quando si beccarono un terribile rimprovero.
Quel discorso irrispettoso e irriverente era giunto alle orecchie della persona sbagliata, così Felipa Jimenez raggiunse i due peccatori e li rimproverò amaramente per la loro blasfemia. Juan tornando serio si scusò per aver insultato la sua fede, ma quando sua madre se ne andò fissò Mina e scoppiò a ridere spiegandole che non si beccava un rimprovero così da quindici anni almeno e che era stata solo colpa sua.
Andarono avanti così per tutte e cinque le sere, cercando di non parlare dei loro sentimenti e cercando di rispettare le distanze, ma era ogni giorno più difficile, perché Juan la desiderava talmente tanto da riempire il suo album di disegni di loro due in atteggiamenti molto intimi. E poi l’ultima sera Mina decise di sconvolgere quell’equilibrio. Erano rimasti a chiacchierare per un po’, poi Mina era andata a letto e le erano venute le paranoie. Tremava all’idea di tornare a New York e di lui con Beth, aveva il terrore che lui realizzasse che quello che c’era con Beth fosse più forte della loro stupida relazione e letteralmente non riusciva a stare calma, così andò in cerca di rassicurazioni. Era notte fonda e Mina scese di sotto praticamente nuda, con una leggerissima vestaglia di seta rossa, ma quello che vide la lasciò letteralmente senza fiato: Juan era immerso in una nuvola di fumo, aveva il colletto della camicia un po' sbottonato ed era seduto sulla sedia in un modo assurdo: aveva il tronco appoggiato sul bracciolo destro e le gambe gli scendevano sulla sinistra. Aveva tolto la giacca, e si era alzato le maniche fino al gomito, ma quello che colpì Mina, fu il suo sguardo: attentamente stava disegnando qualcosa, e i lineamenti del suo viso si erano completamente distesi e pareva incredibilmente dolce. Era bello da togliere il fiato così, con i capelli tirati su, la sigaretta tra le labbra, un bicchiere in una mano e la sua amata matita nell'altro. Non sapeva cosa dire, non voleva disturbarlo, ma improvvisamente urtò contro un mobile e attirò la sua attenzione; la sua espressione tornò rigida come sempre, e le disse brusco “che cosa diavolo indossi ragazzina? Vuoi davvero farmi finire male con mio fratello?” lei sorrise con molta dolcezza e gli chiese scusa, ma Juan sbuffò seccato, perché gli parve che non volesse rispettare l’unica regola che le aveva imposto: quella di aspettare.
“…Se giri per casa così, sicuro ti salta addosso e col cavolo che ci puoi ragionare…” aggiunse, fissando il suo corpo attraverso la vestaglia trasparente e lei sussurrò piano “scusa, non ho pensato a Carlos. Stai ascoltando musica?”
Juan era terribilmente seccato, ma se la fece sedere sulle ginocchia e le passò una delle sue auricolari e Mina la prese senza parlare. Quella musica così avvolgente, così lenta le piacque molto ma lui era scocciato e chiunque se ne sarebbe accorto.
“Che cos’è?” chiese Mina piano, con tanta dolcezza da ammansire una tigre, e lui per un po’ si calmò e piano rispose “Miles Davis...ti piace?”
Mina non aveva mai sentito quel nome, ma adorava quel pezzo, in realtà adorava vedere Juan così rilassato. Scosse la testa, e lui ridendo le chiese “Andiamo? Ma sei davvero una bimba ignorante? E questa la conosci?” ma Mina purtroppo non conosceva neanche quella canzone, eppure le piaceva. Scosse nuovamente la testa, e lui ridendo le rispose “Oh ragazzina ma sei davvero ignorante. Questa è Billie Holiday, e adesso stai buona e ascolta questo piccolo capolavoro.”
E la ragazzina aveva appoggiato languidamente la testa sulla sua spalla e aveva deciso di restare lì a guardarlo disegnare in silenzio, con la vestaglia semiaperta, cosa che gli fece tremare il cuore e persino la mano, così si alzò e ricomponendosi le chiese “Ok, piccola asina, vediamo se questo lo conosci, ma ti avverto: ti caccio via se non conosci questa canzone.”
Mina allora spalancò gli occhi, ma per fortuna riconobbe il cantante e disse “Frank Sinatra? Davvero? Tu?”
Juan sorrise, in un modo strano, quasi indifeso e disse “Ognuno ha i suoi gusti... e comunque dipende dai periodi; ci sono giorni in cui ascolto rock e cose simili, e altri in cui mi perdo in certe cose un po' retrò, però questa canzone mi sembra adatta a te stasera”
Allora gli sorrise dolcemente, e lui un po' imbarazzato per la dolcezza che aveva usato, si ricompose e le chiese piano che diavolo volesse “…oltre a farmi saltare le coronarie”ma lei sussurrò piano “voglio te, non è ovvio?” e lui sbuffò, congelandola letteralmente.
  “Scusa, non credo di aver capito…” rispose Mina rigidissima, perché nessuno si era mai permesso di rifiutarla in quel modo così sgarbato, ma Juan stringendosi nelle spalle rispose triste “…devi sempre forzarmi la mano, vero? Non puoi soltanto rispettare i miei sentimenti, giusto? Pensavo che ci capissimo bene, ma magari mi sbagliavo…”
Mina rimase letteralmente di stucco e fece per andarsene, quando lui arrabbiato aggiunse “è così? Se non ottieni quello che vuoi subito, te ne vai e basta come una bambina capricciosa senza dirmi neanche una parola?”
“E tu cosa diavolo vuoi da me, si può sapere?” chiese furiosa, ma Juan strinse le spalle e sussurrò “stanotte solo un bacio, magari. Ma domani saremo già a New York, e le cose saranno già diverse…”
Ed era proprio quello che spaventava a morte Mina, ma non disse nulla si sentì terribilmente stupida e fece per andarsene, quando lui aggiunse confuso “perché stanotte?” e Mina sbuffò forte e basta. Non voleva parlargli dei suoi dubbi, ma quando lui alzò la voce e chiese “perché pensi che scopandomi io ti resterò accanto, no? Perché devi sempre usare il tuo corpo come un’arma per ricattare gli uomini, no? Perché io non posso essere uno che ci tiene tanto da voler stare con te solo dopo aver risolto i suoi problemi, no?” lei si infuriò.
Per un attimo si disse che doveva dirgli la verità, che doveva dirgli che si sentiva insicura, ma Juan era arrabbiato e le aveva praticamente dato della puttana, così Mina ringhiò “…beh devi vedere se quando avrai finito di risolvere tutti i tuoi problemi mi troverai…” spezzandogli il cuore.
Non credeva in quella frase, lo avrebbe aspettato per mesi, ma lui l’aveva offesa e lei era stata stronza e Juan lo capì e cambiò tono.
“Non servono questi giochini con me Mina, te lo dico. Ti garantisco che se avessi avuto dubbi su me e te non avrei neanche mai sfiorato il tuo corpo, che non mi sono avvicinato a te solo perché ti sei presentata nuda nel mio letto. Però se pensi che non valga la pena aspettare, vai pure, però ti chiedo di dirmelo sinceramente” 
 Mina lo fissò con due enormi occhi tristi e sussurrò piano “…ma ho aspettato, ti ho rispettato…”
“Mah Mina, non hai fatto nessuna delle due cose…” le disse piano con tono un po’ divertito e lei scosse solo la testa e gli disse “Buonanotte” ma Juan non voleva lasciarla andare così, perciò afferrò la sua mano per fermarla e con il cuore in gola le sussurrò “aspetterai?” e Mina annuì triste, lasciandolo a chiedersi se avesse fatto la cosa giusta o meno. La amava, ma quel suo modo di fare era terribilmente prepotente, in fondo le aveva chiesto solo di aspettare per cinque giorni, non gli sembrava una cosa così difficile. Era arrabbiato, ma poi gli tornò alla mente lo sguardo di Mina e pensò solo “cazzo!” perché realizzò che lei probabilmente aveva solo bisogno di essere rassicurata e lui le aveva urlato contro e le aveva dato della manipolatrice. “Che stronzo!” si disse, e ci pensò molto, ma poi decise di andare a dirle una cosa. Mina era scoppiata in lacrime nel frattempo, per quel rifiuto così duro e Juan capì subito dai suoi occhi che aveva pianto.
“Ciao piccola…” le sussurrò piano steso accanto allo stipite della sua porta e Mina pensò che fosse incredibilmente bello, ma gli chiese solo cosa volesse e lui sussurrò piano “sono venuto a dirti che se è quello che vuoi davvero, resto qui stanotte”
 Juan la stava fissando con due occhi languidi e innamorati spaventosi e lei non riuscì a non sorridere, ma capì che lo stava forzando e sussurrò “Certo che è quello che voglio, ma non succederà stanotte. Aspetterò che tu ti senta a tuo agio con tutto questo…”e Juan scoppiò. Lo stava finalmente ascoltando e non potè fare a meno di pensare per l’ennesima volta che l’amava, ma Mina aggiunse piano “…volevo solo essere sicura che tu lo volessi. Insomma, che non mi dicessi di no perché hai dubbi…”   
 “Nessun dubbio, Mì” le disse piano e lei gli saltò letteralmente al collo, ma quando lui sussurrò “giuro che farò ogni cosa per stare con te domani notte. Hai capito?” il cuore di Mina esplose.
Andarono entrambi a dormire certi dei loro sentimenti, ma ignorando totalmente che qualche ora dopo la loro situazione sarebbe completamente cambiata, perché qualcuno aveva visto per caso delle foto della loro serata al club ed era fermamente deciso a separarli.

Nota:
Allora spero che non abbiate trovato Juan e Mina troppo cinici, ma dovevo "regalarvi" un pezzo dei loro discorsi. Vi chiederei che ne pensate del finale, di lui che cede e le offre di stare insieme e soprattutto della persona che li separerà. Chi sarà mai? Fatemi sapere

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Capitolo 28
*** Capitolo 28: le donne di Juan Jimenez ***


Capitolo 28: le donne di Juan Jimenez
 
Era stato Gonzalo a fare il casino, ovviamente.  Aveva condiviso una foto di quella serata e Beth l’aveva vista la sera prima dell’arrivo di Juan a New York, ed era impazzita per l’espressione con cui Juan stava guardando Mina. La gelosia l’aveva letteralmente divorata, e aveva distrutto mezza casa. Beth sapeva che Juan non era mai stato realmente innamorato di lei, ma era rimasto al suo fianco come un lupo fedele che non abbandona il branco morente perchè lei aveva creduto in lui e gli aveva dato un'enorme chance di redenzione. Così per gratitudine era diventato il suo giocattolo, ma da molto tempo ormai lei se lo trascinava dietro senza nessun sentimento, come un peso morto, come una bambina che trascini un enorme coniglio di peluches tenendolo per un orecchio. Beth si faceva la sua vita e lui le lasciava tutto lo spazio che serviva, erano una coppia molto libera, ma lei era certissima che Juan le sarebbe rimasto vicino per tutta la vita, permettendole di gestire il suo lavoro e la sua immagine. L’amore, però, non era contemplato in quel suo piano di vita, ma Juan era suo e non poteva pensare di andarsene con un’altra. Eppure adesso a giudicare da quella foto, e dallo sguardo con cui guardava quella donna, rischiava davvero di perderlo. Ci pensò per una notte intera, ma capì che doveva fare qualcosa per separarli, per convincerlo che quell’attricetta non valeva nulla e non meritava il suo amore. Provò a trovare un modo, ma non era semplice: Juan era un uomo terribilmente complicato e non sapeva bene cosa fare per spingerlo a dimenticare una donna.
 Il giorno dopo lei, Toby e Victoria giunsero in aeroporto a recuperare l’artista e Beth per la prima volta tremò nel rivederlo, perché aveva la valigia di Mina e lei era accanto a lui. La cosa durò mezzo secondo, perché ovviamente tutto l’entourage di Mina la portò via immediatamente e lui le sorrise soltanto allontanandosi. Juan fu letteralmente travolto da una Beth insolitamente loquace che lo tirò per il braccio neanche fosse un cane al guinzaglio e non ebbe neanche il tempo di salutare come si deve Toby e Victoria. Strano era strano, anche piuttosto insolito, ma lui non ci diede troppa importanza.
“E' tutto allestito, adesso a casa ti farai una doccia, indosserai i vestiti che ti ho messo sul letto e poi filerai dritto dritto a fare delle interviste. E' la tua prima mostra vera, sei felice? Io non potrei esserlo di più! Stai finalmente per diventare ciò che abbiamo sempre voluto: un artista di successo amato dalla stampa e dalla critica. Dio quasi non riesco a crederci. Hai tutta la giornata piena d'impegni, e finirai molto tardi stasera, ma io ti amo piccolino e ti aspetterò a casa con la tua pizza preferita, se vuoi, o se preferisci possiamo andare a cena fuori.”
Juan pensò solo “Belle parole, davvero”. Provò a chiedersi quando avesse espresso il desiderio di diventare un artista di successo amato dalla stampa, e realizzò che ancora una volta lei aveva proiettato le sue ambizioni su di lui, che detestava i giornali e i giornalisti e aveva un’avversione totale per i critici. Si fece travolgere dall'euforia di sua moglie e non ebbe il coraggio di dirle di Mina davanti a Toby e Victoria, che li fissavano imbarazzatissimi. Pensò che glielo avrebbe detto una volta soli, ma ignorava i piani della regina di Narnia.
Un’ora dopo, mentre Juan era sotto la doccia a prepararsi per i giornalisti, Beth ossessionata dalla gelosia recuperò il suo cellulare in cerca di indizi della sua colpevolezza e impazzì per il messaggio in cui Mina gli diceva che russa, chiamandolo “mi amor”. Le mancò il fiato e per un attimo pensò di andare ad affrontarlo a brutto muso, ma poi capì che non l’avrebbe condotta da nessuna parte quella strategia, perché Juan non era un uomo comune che fa sesso con una qualsiasi. No, lui provava qualcosa, era evidente e non avrebbe ottenuto nulla urlandogli contro. Se l’aveva scelta, se si era permesso di avvicinarsi a lei era perché quella donna evidentemente aveva qualcosa di molto speciale, e forse neanche fingendo un tradimento sarebbe riuscita a separarli. A quel punto poteva esserci solo un modo per riavere Juan: allontanare lei.
 Così fece una cosa spregevole: scrisse a Mina dal cellulare di Juan invitandola a casa sua per quella sera e dopo pochissimi secondi lei rispose “certo amore mio” facendola infuriare. Cancellò la conversazione, in modo che Juan non potesse trovarne tracce e fece finta di niente per tutto il giorno, cercando di architettare una storia plausibile, ma abbastanza crudele da spaventarla.
Mina nel frattempo era al settimo cielo e continuava a chiedersi se finalmente Juan fosse suo, e se lui si sentisse sconvolto quanto lei al pensiero di appartenere soltanto a lei. Non era mai stata così felice, neanche quando Greg l’aveva rapita, e passò tutto il giorno con la testa tra le nuvole e uno strano sorriso. Decise che sarebbe stata perfetta per la loro prima notte insieme, così trascorse il pomeriggio a farsi massaggiare, truccare e pettinare, poi indossò tutte le sue cose migliori. Era letteralmente nervosissima e salì in auto con il cuore in gola. Gli scrisse solo “non vedo l’ora di vederti” e Juan che era in conferenza stampa sorrise piano.
Arrivò all’appartamento di Brooklyn con il cuore in gola e un miliardo di aspettative, che però morirono miseramente quando Beth le aprì la porta. Per un attimo tremò, ma la regina di Narnia fu molto cortese con lei e Mina non seppe cosa aspettarsi. Sembrava sola in casa ma immediatamente disse “Sta arrivando, era in conferenza stampa fino a dieci minuti fa” e Mina s’innervosì ancora di più, ma non disse una parola. Si guardò intorno e basta e provò a cercare tracce dell’uomo che amava in quella casa, ma non c’era nulla neanche una foto o un disegno.
“Allora, quindi tu accetti questa cosa?” le disse improvvisamente Beth, sfoderando un perfetto sorriso da serial killer e Mina soffocò, perché non aveva capito assolutamente nulla, ma voleva solo che Beth se ne andasse. E poi quella donna apparentemente così gelida iniziò ad accarezzarle le gambe e Mina morì. Era stata abbordata troppe volte per non capire cosa quella donna stesse facendo e si chiese se davvero Juan volesse quello. Per qualche minuto rimase molto rigida, poi si ricordò delle parole di Juan quando parlavano della sua bisessualità e morì. Era quello il motivo per cui “gli interessava quel discorso?” Voleva mettere su un harem? Mina ci pensò per qualche minuto e Beth accarezzandole il collo le sussurrò piano “sono contenta che tu abbia deciso di stare con noi stanotte, sei bellissima e hai un profumo fantastico, sono sicura che ci farai impazzire” e Mina letteralmente morì. Non voleva, non poteva farlo, voleva solo fuggire e provò ad allontanarsi ma Beth ridendo le disse “capisco, non te lo aveva detto eh? Ma noi siamo inseparabili, ragazzina, mettitelo in testa. Sai quante altre volte è successo? Lui si prende una sbandata per qualcuna e io mi comporto da buona moglie e l’accontento…”
Quella, ad onor del vero era la bugia peggiore che si potesse dire su Juan, che era assolutamente troppo rigido per certe cose, ma Mina non pensò che potesse essere una bugia, perché le fece troppo male. La donna fredda e rigida non smetteva di toccarla e lei morì di vergogna. La verità era che Beth stava forzando la mano, perché quella stupida non aveva ancora capito che doveva andarsene, quindi per sconvolgerla aveva iniziato a molestarla quasi. Eppure quella ragazzina sembrava davvero senza dignità, così  Beth si spinse ancora oltre e mettendola all’angolo aggiunse “stai tranquilla, se è la tua prima volta, di solito siamo abbastanza dolci con le nostre amanti, anche se tu oggettivamente ispiri sesso violento, quindi chissà…”e poi cominciò a baciarla e lei rimase paralizzata dalla sorpresa e bloccata nell’angolo.
“Cosa diavolo state facendo?” urlò Juan letteralmente furioso e con il cuore a pezzi, ma Beth sorridendo gli rispose “ops…abbiamo iniziato senza di te. Scusa, ma…sai come sono le ragazze, si scaldano facilmente…”
Mina non disse nulla, lo guardò con sguardo infinitamente sofferente e se ne andò, soffocando tutte le sue lacrime, ma Juan provò a inseguirla e per le scale le urlò “hai intenzione di spiegarmi qualcosa?”
“Cosa devo spiegarti? Volevi stare con me, no? Ho visto!”
Il giochino di Beth aveva funzionato alla perfezione e Juan capì “volevi stare con me, così mi sono portata a letto entrambi” e le disse solo “ma che problema hai?” e Mina fraintese. Pensò che le stesse chiedendo letteralmente che problema ci fosse a stare anche con sua moglie e gli diede uno schiaffo fortissimo, ma Juan sconvolto le urlò solo che non voleva vederla mai più.
Rientrò in casa per trovare una Beth particolarmente dispiaciuta che gli sussurrava piano di essere stata sedotta da quella matta che voleva fare sesso con loro a tutti i costi. Dovette allontanarsi un attimo, perché tutta quella situazione era troppo dolorosa e lui stava perdendo il controllo della sua rabbia, così si chiuse in una stanza e prese a pugni il muro fino a sanguinare e poi uscì per parlare con Beth, che stravolta lo aspettava in soggiorno.
“E’ finita, è finita per sempre” le disse rigido e lei provò in mille modi a convincerlo a restare, perchè non poteva lasciarla per quella donna, ma lui si sentiva davvero in colpa e le disse piano “Non è finita per Mina. E’ finita perché non ti amo, mi dispiace. Mi sono colpevolizzato per anni per questo, ci ho provato in tanti modi, ma non sono riuscito a innamorarmi di te. Scusa, mi dispiace” e così con il cuore a pezzi uscì da quella casa. 
Vagò per ore per strada senza meta, completamente sconvolto. La odiava, la disprezzava come non aveva mai fatto prima con niente, ma la ferita al cuore gli pulsava in modo asfissiante. Non riusciva neanche a pensare o a respirare, sentiva solo troppo dolore. Si chiese milioni di cose, non capiva come avesse potuto Mina fargli una cosa così terribile, come avesse potuto distruggere tutto solo per un gioco stupido, quando aveva anche il coraggio di parlare d’amore. Si rinchiuse nel suo studio per una notte intera a guardare le foto e a massacrarsi con tutti i ricordi di quella stupida storia che non era mai iniziata davvero, ma che gli aveva stravolto la vita.
Mina, nel frattempo, aveva pianto tanto in macchina da spingere il suo autista a chiederle se stesse bene. Ray la conosceva da anni e aveva visto di tutto sul quel sedile posteriore, eppure era sempre rimasto impassibile. Quella sera, però, Mìmi era letteralmente disperata e lui non l’aveva mai vista singhiozzare in quel modo, così aveva infranto i protocolli e le aveva chiesto se le servisse aiuto, ma lei aveva solo sorriso con occhi tanto tristi da fargli venire voglia di abbracciarla.
Mina non ci credeva che fosse successo davvero, perché le sembrava una cosa così assurda. Perché l’aveva presa in giro per tutte quelle settimane? Bastava parlare chiaramente. Magari lo avrebbe anche accettato, per quanto ne era innamorata, ma era la presa in giro a farle male; Juan aveva fatto il geloso per tanto tempo, l’aveva tenuta a distanza per poi farle quella richiesta? Non aveva senso questa cosa.
E poi ricevette una telefonata e in quel momento era troppo a pezzi così rispose dicendo solo “…dimmi che mi ami”facendo letteralmente esplodere il cuore della persona che la chiamava ogni sera da due settimane senza ricevere risposta.
“Che frase sciocca, mia meravigliosa amata. Ti amo con ogni più piccola parte di me da circa tre anni, e lo sai benissimo. Sei la mia regina, la mia malattia, l’unica donna che io immagino accanto a me per tutta la mia vita. La verità è che sei la mia maledizione oscura e non importa quanto tu mi tratti male, sono costretto ad amarti irrimediabilmente ogni giorno della mia vita. Non posso neanche guardare le altre donne senza pensare a quanto senta la mancanza dell’unica donna al mondo che è nelle mie vene, Mina.”
“Oddio” sussurrò lei piano, portandosi le dita davanti agli occhi e Greg sorrise vittorioso. Era solo questione di tempo e lui ne era sicuro. Mina tornava sempre da lui,doveva solo trovare il momento giusto e a giudicare dalla voce che aveva, pensò potesse essere quello.
“…sto messa talmente male da sentire da qui che è una cazzata. Non mi riprenderò mai…”sentenziò acidissima, e poi aggiunse “…ma scrivila in una canzone, perché magari con chi non ti conosce davvero funziona” lasciandolo letteralmente di stucco.
Tornare con lui era l’errore peggiore che potesse fare, per quanto disperatamente sola e ferita potesse sentirsi. Greg era un uomo incredibilmente tossico, ossessionato da quel loro stupido rapporto, ma totalmente dissociato dalla realtà: non voleva Mina, ma la sua masochistica fantasia di lei, l’irraggiungibile regina di ghiaccio che non prova dolore e che lo tortura. Quella fantasia in cui Mina si era trasformata quando aveva deciso di vendicarsi di lui dopo tutto il male che le aveva fatto, ma che le faceva solo perdere stima per se stessa.
“Eppure” si disse, riflettendo sul suo cuore infranto e sulle fantasie di Greg, “sarebbe stato fantastico non sentire più dolore ed essere di ghiaccio”.
 Tornò a casa immersa in quelle considerazioni e provò disperatamente a dimenticare tutto, ma non fu facile, così aprì una bottiglia e prese insieme un po’ di quelle pillole che le dava Jen quando “faceva i capricci” e il suo cervello si spense totalmente.

Nota:
Ciao a tutti cari lettori, allora che ne pensate di questa situazione? Siete dispiaciuti per Juan e Mina? Vorreste sapere di più su Greg? Fatemi sapere, io vi aspetto.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29: amici inattesi ***


Capitolo 29: amici inattesi
Per i successivi due giorni non si videro e non si parlarono, ma entrambi morirono letteralmente di nostalgia. Mina era a pezzi e non voleva vederlo, e lui si sentiva disgustato da lei, anche se continuava a non capire cosa diavolo fosse successo. Non gli era chiaro se avesse scelto di giocare con Beth per eccitarlo, coinvolgendolo in un contorto gioco sessuale, o se volesse soltanto farli lasciare, ma in ogni caso era disgustosa. Le aveva dato una chance, aveva creduto che fosse una donna speciale e l’aveva amata disperatamente, ma ora era tremendamente pentito e ci stava male da morire. Doveva lavorare per la mostra, era tornato per quello, ma aveva la mente e il cuore totalmente altrove. La sua vita aveva preso una piega orrenda e gli sembrava di scivolare sempre più verso il basso.
“Quindi che fine ha fatto la regina del cuore mio e di Al?” gli chiese Gonzalo irrompendo nella stanza dove Juan aveva vissuto in clausura nelle ultime ventiquattro ore e lui non aveva avuto il tempo per dire nulla, perché erano giunti i rinforzi.
“Lascialo stare, non lo vedi che è in diecimila parti? Si può solo offrire da bere in certi casi…” disse un uomo biondo con lunghissimi capelli ondulati, sedendosi per terra insieme a Juan. Zack era il suo migliore amico proprio perché era esattamente il suo contrario: narcisista, casinista e super amichevole, e lui un po’ invidiava tutta quella sua sicurezza e loquacità.
“Insomma ha fatto la stronza, eh?” aggiunse con aria preoccupata fissandolo con occhi azzurri incredibilmente profondi, ma Juan non disse una parola. Cominciava a credere che non avrebbe mai più parlato con nessuno e anche con la stampa stava facendo brutta figura, ma non gliene importava nulla.
“…ma lei  per qualche strano motivo incomprensibile lo ama, non può aver fatto la stronza. Tu non sai come lo guarda…” aggiunse Gonzalo dispiaciuto e a quel punto Zack tirò fuori una cosa che Juan non sapeva, ma che lì per lì non considerò importante.
 “…certo che lo so. L’hanno vista tutti quella stupida foto che hai postato. Farà sicuramente il giro del mondo a breve, e i suoi avvocati ti denunceranno per aver usato la sua immagine senza chiederglielo…”
Gonzalo non capì, non subito almeno, ma poi Zack gli mostrò lo sfondo della famosa foto e lui realizzò per la prima volta che c’erano Juan e Mina occhi negli occhi dietro lui e Toby.
Dopo una ventina d’imprecazioni in spagnolo chiese a Juan se lui sapesse qualcosa di avvocati di Mina o altro e lui fece spallucce.
Zack però stava prendendo tempo, perchè era in preda ad una crisi di coscienza. Aveva un segreto davvero importante, ma non era sicuro che parlargliene in quel momento fosse la cosa giusta. Non aveva idea di cosa fosse successo tra loro, non sapeva se Juan avesse lasciato Mina o il contrario e quello era un dettaglio che doveva assolutamente capire prima di parlargli, perché non voleva spingerlo verso una donna che non lo voleva più.
“Hai chiuso tu?” gli chiese con fare serio e Juan annuì e basta, fissando altrove. Non voleva parlare di Mina, ma neanche voleva mandare a quel paese Zack che era l’unico sempre gentile con lui.
 “Ascolta amico, non ho idea di cosa sia successo, ma c’è una cosa che forse dovrei dirti su voi due…”
“Dicci tutto” aggiunse Gonzalo con fare serio, ma Juan alzandosi ringhiò “non voglio sapere niente, invece” e Zack tacque.
“Riguarda la fidanzata che tu e lei avete in comune?” chiese Gonzalo, convinto a continuare e Zack annuì e basta.
“Y que? Sono tornate insieme?” chiese Gonzalo triste e Juan decise di andarsene, perché davvero non voleva saperlo, ma poi sentì “No, anzi…” e il suo cuore si fermò, perché voleva sapere cosa sapesse, così si girò e lo fissò intensamente.
“Vedi Reta non ne parla bene, è consapevole di essere una stupida ad amarla, ma la loro è la classica relazione tossica che abbiamo avuto tutti nella vita con una persona che non ci ama. Reta la descrive come una stronza, manipolatrice e anche libertina e per questo io ero preoccupato per te.”
“Fantastico” pensò Juan mangiandosi il fegato, ma Zack continuò “ …e lo sono stato per moltissimo tempo, da quando avete giocato a poker in quel modo, ma poi una settimana fa circa Reta è venuta da me ubriaca persa e in lacrime. Mina voleva parlare con lei da settimane, ma lei la ignorava perché io le avevo detto di farlo, così le era arrivato un messaggio vocale e lei lo aveva ascoltato ed era crollata. Me lo ha fatto ascoltare tre volte prima di mandarlo al terzo lato del triangolo per vendetta. Parlava di te, di voi…”
Zack fece una pausa, perché davvero non sapeva se stesse facendo la cosa giusta, ma lo sguardo di Juan era cambiato e quando ringhiò “…e allora?” decise che doveva dirglielo.
“Eh e allora le ha parlato di te, le ha detto cose molto belle su come tu l’hai rispettata, protetta e trattata e…poi ha aggiunto che lei era tua ormai, e che tu eri molto geloso perciò non avrebbe più risposto a Greg. Loro, però potevano restare amiche se Reta non faceva cazzate, ma solo quello perchè lei era troppo innamorata e ti avrebbe dato qualsiasi cosa pur di tenerti accanto. Testuali parole”
Juan rimase senza parole e Zack concluse “e non era un messaggio da ex. Era un messaggio molto affettuoso, che io potrei mandare a te o a…stavo per dire Aileen ma noi siamo ex. Diciamo a te o a qualche altro amico.”
“Ay que piccola nena” sussurrò Gonzalo molto dispiaciuto dando un pugno fortissimo alla spalla di Juan, ma lui strinse solo le spalle e rispose “è una gran attrice, non è detto che fosse vero”
“Però Reta la conosce molto bene e l’ha presa tanto sul serio da spararsi litri di Vodka e passare un’ora a telefono con quell’altro psicopatico di Swanson che pure mi sembra la conosca abbastanza. E ti garantisco che entrambi avrebbero soltanto voluto ucciderti…”
Juan rimase senza parole per qualche minuto e Zack concluse “…insomma io non voglio stare dalla sua parte, perché non la conosco e potrebbe davvero essere il mostro che Reta descrive, ma io l’ho sentito quel messaggio e mi è sembrata solo molto tenera. Ora non so perché stai così, magari ti ha fatto troppo male e non merita di essere perdonata, ma se provassi a dirle due parole forse potreste tornare ad avere quello che avevate prima, se lo vuoi…”
Avrebbe dato qualsiasi cosa per avere quello che avevano prima, per tornare a quella notte a Los Angeles in cui lei era diventata la sua compagna, ma aveva visto con i suoi occhi Beth e Mina baciarsi. Scosse solo la testa e uscì a prendere un po’ d’aria, lasciando Zack e Gonzalo a riflettere.
 “Se ti stressa così tanto questa mostra torna pure a Chino con il tuo bellissimo amore e lascia fare tutto a me, l'ultima cosa che vorrei è un artista che mi muore d'infarto o soffocato da una crisi di panico ragazzo” gli aveva detto Toby intercettandolo sulle scale,  ma lui aveva solo scosso la testa e aveva provato a passargli davanti, ma in quel momento era entrata Beth che non lo aveva lasciato in pace un secondo in quelle ore.
Juan non le aveva mai mancato di rispetto in quei lunghi anni, non aveva mai gridato con lei, non l'aveva mai offesa e aveva sempre creduto che meritasse troppo rispetto anche solo per un rimprovero, ma ormai le loro strade si erano separate e lei doveva lasciarlo in pace. Beth però non aveva nessuna intenzione di farsene una ragione e cominciò a urlare contro di lui e per la prima volta in sei anni tutti, ma proprio tutti, lo sentirono gridare la frase “Non ti amo e non voglio stare con te. L’unica donna che io abbia mai amato stava scopando con te ieri sera”e Beth ebbe una specie di mancamento.
Mina, nel frattempo, abbandonata e col cuore spezzato si era rifiutata di partecipare a dei servizi fotografici che Jen le aveva organizzato ed era rimasta tutto il giorno a letto ad ascoltare il cd di Greg facendosi migliaia di domande. Continuava a chiedersi cosa sarebbe successo ora alla sua vita, continuava a chiedersi se lo avrebbe mai più rivisto. Probabilmente il libro sarebbe uscito con le foto che avevano e lei non sarebbe mai più tornata a Chino, non avrebbe neanche detto addio alle sue nuove amiche e non le avrebbe mai più neanche risentite perchè non si erano ancora scambiate i numeri e i contatti, dato che vivevano nella stessa casa. Aveva perso lui, ma anche due amiche preziose a cui voleva bene, ma che non avrebbero mai capito le ragioni del suo addio e questo pensiero la riempì di tristezza, tanto da farla ricominciare a piangere, ma poi il suo telefono squillò e lei sorrise.
“Hola nena…” le sussurrò una voce triste e lei sorrise piano, ricordando quando lui l’aveva chiamata così.
“Hai saputo già?” disse con tono amaro e Gonzalo le sussurrò “eh sta malissimo. Se ne sarebbe accorto anche un cieco” attirando l’attenzione di Mina. Razionalmente non voleva più sapere nulla di Juan e di quel suo bizzarro rapporto con la moglie, e le si stringeva lo stomaco solo a sentire il suo nome. “possiamo stare insieme un pochino nena?” le disse piano Gonzalo, ma Mina sbuffò e gli confessò di non essere pronta a parlare di lui.
“E allora parliamo di Toby e di quanto mi faccia sempre incazzare o del tipo della palestra che mi ha squadrato dalla testa ai piedi. O di una stupida foto che avevo postato e che potrebbe provocarci problemi…”
“Che foto?” sussurrò lei piano e lui le raccontò tutto con fare colpevole, ma Mina sussurrò solo “non importa, non fa niente. Tanto è una foto in cui ci guardiamo, che male vuoi che possa fare…”
“Allora se non sei arrabbiata, mi amor, ti porto da bere e ci guardiamo Colazione da Tiffany da brave signorine romantiche, sì?” e Mina pensò che avesse disperatamente bisogno di un amico che fosse fuori dalle solite dinamiche Mina-Reta-Greg, così accetto e un’ora dopo a casa sua arrivò un uomo straordinario con tutto l’alcol di New York e del gelato light.
Bevvero tanto, tantissimo, e parlarono per ore di argomenti senza senso, fin quando Gonzalo le chiese perché lo avesse lasciato e Mina sospirando rispose “perché voleva fare una cosa a tre con me e la regina di Narnia…” facendo letteralmente morire dal ridere Gonzalo.
“In nessuna vita Juan Jimenez farebbe una cosa a tre, figurati con la regina di Narnia che neanche se lo scopava prima…” le rispose divertito da morire ma Mina gli spiegò la storia e lui iniziò a capire.
“…ma scusa perché incazzarsi se ti avesse chiesto di andare per quello?” le disse, cercando di convincerla che c’era qualcosa di strano in quel discorso, ma Mina sussurrò “boh, perché li avevo rifiutati? Perché me ne stavo andando?”
“Non lo so mi querida, ma giuro che lo scoprirò.” Le disse piano, ma Mina gli disse che non c’era molto da scoprire e cambiò argomento. Dormirono vicini sul divano di Mina e furono svegliati molto tardi il giorno dopo dal plotone di estetisti di Mina che aveva il compito di rimetterla in sesto per un’intervista e lei offrì a Gonzalo un po’ delle sue attenzioni, per la sua grande giornata.
Così due ore dopo Gonzalo Aruela apparve in galleria bello come il sole e con un piano molto scaltro per la serata.  Tra un’intervista e l’altra si fece uscire della sua serata con la super attrice e Aileen si arrabbiò perché l’aveva tradita, ma Juan lo fissò soltanto e lui aggiunse “…e a questo proposito ho una domanda molto intima per te, tìo Juan” ma lui scosse solo la testa e si allontanò.

Nota:
Allora cari lettori, cosa ne pensate di questa situazione? Ve l'aspettavate la dichiarazione di Mina e Reta? E che ne pensate di Gonzalo?

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Capitolo 30
*** Capitolo 30: la mostra ***


Capitolo 30: la mostra 
Gonzalo era determinatissimo a scoprire la verità, anche perché se fosse stato vero che Juan era uno che amava i triangoli, era appena diventato estremamente interessante. Non ci fu il tempo di parlare da soli, però, così circa mezz’ora prima dell’inizio Gonzalo gli scrisse in spagnolo “ma tu davvero hai adescato la bambina una cosa a tre con tua moglie?” e Juan scocciatissimo lo fulminò con gli occhi, senza rispondere. Pensava che Gonzalo volesse solo spettegolare e odiò Mina ancora di più per aver raccontato quella cosa così imbarazzante, ma Gonzalo fece una cosa molto furba. Chiamò Mina disperato e le disse che non c’era nessuno alla mostra, che era un disastro e che la stampa non si era neanche degnata di partecipare. Non era vero, Beth aveva organizzato benissimo quell’evento, ma Mina si sentì in colpa e decise di andare ad aiutarli, così un’ora dopo era di nuovo alla galleria d’arte sorridente e bellissima. Fu letteralmente aggredita dai giornalisti al suo arrivo, e le venne voglia di andare via immediatamente, anche perché aveva visto il quadro di Juan e si era sentita morire. Sorrise ai giornalisti e fu molto professionale, come sempre, ma si disse che avrebbe dovuto uccidere quel cavolo di amico. E poi, proprio mentre annaspava nelle domande della stampa, che stavano diventando sempre di più e più indiscrete, un affascinante uomo giunse a salvarla. Toby le si palesò davanti  con un sorriso molto dolce e lei ricambiò e dandole il braccio se la portò via.
“Non so esattamente perché tu sia qui mia cara e sospetto che ci sia lo zampino del mio consorte in tutto questo, ma sono felice di rivederti e ti ringrazio per essere venuta”.
“Figurati” sussurrò piano e si mise in posa con lui per delle foto, ma poi si accorse da lontano che qualcuno la stava guardando e le mancò l’aria. Provò a fare finta di niente, continuando a sorridere con Toby per qualche istante, ma non aveva il coraggio di alzare gli occhi e incontrare i suoi eppure quelli di Juan stavano per avvicinarsi a lei inevitabilmente. Era rimasto paralizzato nel rivederla, anche perché aveva un atteggiamento terribilmente ferito, che lo rendeva ancora più furioso. Voleva solo sbatterla fuori, mandarla via e dirle di non farsi mai più vedere, ma lei neanche lo guardava, così la raggiunse e le intimò di seguirlo e afferrandola per un braccio la portò nel loro studio comune per parlare, sperando che capisse da sola di doversene andare.
“Non sono qui per te…” gli ringhiò disgustata spostando la sua mano come se fosse qualcosa di rivoltante e Juan trovò eccessivo quel suo atteggiamento, ma le rispose solo “vattene, adesso”
“Io non prendo ordini da uno come te Juan Jimenez, hai capito?” gli ringhiò un secondo prima di allungargli un ceffone fortissimo senza un minimo d’esitazione.
Juan non riusciva a capire perché sembrasse più arrabbiata di lui, ma si disse che doveva essere per il rifiuto, e s’infuriò ancora di più.
“tu sei soltanto una pazza e grazie al cielo l’ho scoperto in tempo. Adesso vattene…”
Mina stava letteralmente per cadere a pezzi. Cercava di sembrare solo arrabbiata, ma non le riusciva bene e Juan aveva capito che era ferita da morire, ma non capiva proprio perchè. Ripetè che era andata per il suo amico e non per lui e che non se ne sarebbe andata senza vedere i suoi quadri e farsi delle foto con lui perché lui le aveva chiesto aiuto, ma Juan le afferrò un braccio deciso a sbatterla fuori lui stesso e Mina morì. Spalle contro la porta gli disse solo “me ne vado solo perché non riesco neanche a sopportare di essere toccata da un porco schifoso come te, hai capito?” e Juan si infuriò davvero.
 “Io sono solo un povero stronzo, altro che porco. Magari fossi stato un porco, guarda. Se fossi stato un minimo più intelligente ti avrei scopata e basta, come volevi tu, tanto solo quello t’importa, no?”
Le disse con uno strano tono risentito a pochissimi centimetri dal suo viso e Mina non capì, ma non riuscì a restare indifferente e alzò i suoi enormi occhi blu. Juan rimase per un attimo senza fiato quando lo sguardo di Mina si mescolò con il suo, perché aveva le lacrime agli occhi, era evidente. “…scusa ma perché che cosa volevi fare con me e tua moglie?”
 Una parte del cuore di Juan franò come una montagna per quelle parole e per quegli occhi. Cambiò di nuovo tono e con voce molto triste le rispose “Io cosa volevo fare Mì? Volevo prendervi a schiaffi per avervi beccate a baciarvi. Non hai idea di quanto ho odiato le sue mani sul tuo corpo…”
E solo allora Mina capì che qualcosa non andava e si avvicinò di quel poco che bastava per provare a baciarlo, ma lui si scansò confuso. Non poteva davvero cedere alle sue lusinghe dopo quello che aveva fatto, però non stava davvero capendo nulla.
“Juanito ascolta, c’è qualcosa che non capisco…”sussurrò Mina piano, sfiorandogli i capelli e solo allora lui riprese a guardarla, ma gli erano venuti i brividi per il tono che lei aveva usato.
“…anche io…” rispose, cercando di stare calmo, ma impazzendo per il sorriso di lei.
“dimmi la verità Juanito, e giuro che non mi arrabbierò, anzi accetterò se davvero lo vuoi…” gli sussurrò piano, con una dolcezza che gli faceva male, e lui la fissò intensamente con il cuore in gola.
“…tu hai aspettato per fare l’amore con me perché volevi che ci fosse anche lei?” gli disse pianissimo, quasi spaventata da quelle parole e lui sgranò gli occhi e sussurrò “mai nella vita. Io ho aspettato perché volevo che fosse l’inizio di qualcosa di speciale e lo sai…”
“E allora perchè mi hai chiesto di venire da te se sapevi che c’era Beth?” sussurrò Mina piano, prendendogli la mano, ma lui confuso spiegò di non aver mai fatto nulla di simile.
E allora Mina capì e sussurrandogli piano “mi amor ci hanno fregato” provò a baciarlo, ma Juan ancora una volta si scansò e le disse piano che non capiva perciò Mina gli mostrò il suo cellulare e solo allora fu tutto chiaro. Juan dopo un secondo realizzò cos’era successo, ma decise che non fosse il caso di parlare e cominciò a baciarla spingendola contro la porta.
Mina era molto confusa e anche ferita, ma non riuscì a resistere alle sue labbra. Non era una buona idea e lui lo sapeva, c’era ancora troppo da chiarire, ma l’amava troppo disperatamente per non crollare e per quarantotto ore si era disperato pensando che lei fosse una donna diversa dalla sua Mìmi.
“allora sei mia?” le chiese piano e Mina annuì e basta, perdendosi nei suoi occhi. Così iniziò piano a baciarla e lei ricambiò ogni bacio e ogni carezza, ma sentire quel piccolo corpicino ansimante e caldo contro il suo gli fece battere il cuore come niente prima e lo spinse a fare una follia. Mina era stata letteralmente travolta da Juan e non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo, ma quando improvvisamente lui disse “…dimmi che lo vuoi quanto lo voglio io…” impazzì. Rimase lì bloccata contro la porta, con le gambe sollevate e strette contro la sua vita, immobile e schiava del desiderio gli permise di entrare di lei e il verso che fece nel sentirselo dentro sconvolse Juan. Così gentilmente e teneramente cominciò ad amare la sua donna stingendola forte contro il suo corpo, godendosi il suo profumo, ascoltando i suoi respiri, baciandole gentilmente il petto e anche le labbra. Quando finì si accasciò sul divanetto esausto, ma principalmente sconvolto: avevano migliaia di cose da chiarire, ma era successo, le aveva dimostrato di amarla e lei ora se ne stava accanto alla porta un po’ confusa, ma con un sorriso magnifico. Le chiese di andarsi a sedere accanto a lui ma Mina sorridendo rispose “non è una buona idea, è meglio che io me ne vada. C’è uno dei progetti più ambiziosi della tua carriera giù…”
“Non me ne importa assolutamente nulla sai?” le disse ridendo e poi aggiunse “…penso che sia di molto più ambizioso quello che sta succedendo in questa stanza…”
Mina allora sorrise e lo raggiunse per baciarlo e rimase abbracciata a lui per qualche minuto, ma poi tutti quei baci riaccesero le sue voglie, così si sfilò il vestito e guardandolo profondamente negli occhi lo fece entrare dentro di lei senza dire una parola. Le voglie di Mina, quel suo modo così diretto di prendere quello che voleva lo mandavano in estasi. I suoi gridolini, il suo modo di muoversi e quegli occhi che fissavano dritto nei suoi senza alcun pudore o vergogna, gli fecero venire la pelle d'oca e ancora una volta l’amò come non aveva mai amato nulla in vita sua.
“…e adesso dobbiamo davvero andare…” ripetè Mina ridendo, ma Juan scosse solo la testa accarezzandole il viso.
“Andiamo abbiamo tutto il tempo che vogliamo per stare insieme, ma stasera è importante. Va di sotto e sorridi un po’ ai giornalisti e domani vieni da me presto…” gli disse baciandolo e Juan sbuffò perché la posizione di Mina era molto più saggia della sua, ma lui voleva solo tenerla stretta e le sussurrò piano “…e tu che farai?”
“Oh io sono in un bel casino” ribatté ridendo forte “…mi faranno miliardi di domande sulla scena di te che mi prendi per il braccio e mi porti via, ma inventerò qualcosa. Adesso scapperò dalla scala antincendio come tutte le gatte e poi aspetterò che tu venga a reclamarmi…”
“Ti sto reclamando adesso…” le disse con un sorriso tirandola per il vestito e Mina scosse la testa e sussurrò “allora facciamo così: parla un po’ con questi stronzi e quando avrai dato abbastanza spiegazioni prendi un taxi e vieni a casa mia, sì?”
Juan annuì e basta e la lasciò andare con un sorriso. In pochi secondi Mina scomparve e lui si disse che doveva davvero andare dai giornalisti, ma voleva solo disegnare e fare l’amore con lei.
Tutti si accorsero che Juan era cambiato, che era allegro e quando lui mise la mano sulla spalla di Gonzalo e gli sussurrò all’orecchio “Gracias tìo” rimasero tutti sconvolti. Era felice come mai prima, e il motivo di quella felicità aveva due occhi azzurri meravigliosi e labbra rosse e carnose da far impazzire un santo. Non si era mai sentito così, e dopo la mostra si fece coinvolgere da quei matti ad andare a bere con loro per festeggiare.
“Un drink solo, però perché devo andare…”disse serio, trattenendo un sorriso impressionante. Zack, allora, sorridendo prese il braccio del suo migliore amico e chiese “questa tua euforia ha a che fare con la misteriosa scomparsa di Juan Jimenez e della donna più bella del mondo che non si è neanche capito cosa diavolo ci facesse in un puzzolente atelier da quattro soldi?” ma Juan non ebbe il tempo di rispondere, perchè Toby aggiunse “Che domande ragazzo mio! E' ovvio che il giovane Juan è innamorato e mi sembra anche piuttosto ricambiato. Guarda come il suo vitreo occhio da pesce morto si è trasformato in uno splendido pezzo di opale e, soprattutto, non vedi come le sue labbra sempre rigide si sono trasformate in un sorriso dolce? Ah l'amore...vi ho mai parlato del mio primo amore?” e lui ridendo scosse solo la testa, perché negare a quel punto era assolutamente inutile, ma Gonzalo scocciatissimo ribattè “Ancora? Basta con queste scenate noiose. Stavi con una donna e l’amavi, ma poi lei si è resa conto di poter avere di meglio e ti ha mollato. Fine.” chiudendo definitivamente l’argomento amore, ma a quel punto tutti iniziarono a tormentare Juan per queste sue scene da principe azzurro. Persino Al aveva osato fare una battuta e Juan e Zack lo avevano fulminato con gli occhi. Aileen  era l’unica a non sapere proprio nulla di tutta la storia di Mina e ci rimase abbastanza male perché lei ci provava da secoli con Juan senza essere mai notata.
Rimase per un po’ con loro a farsi prendere in giro, e tormentare Al che era mortalmente dispiaciuto di non poter più fantasticare su Mina, ma poi gli disse “basta perdere tempo con voi” e uscì senza salutare.
Mina lo stava aspettando sveglia, in preda a due miliardi di domande; aveva il suo odore addosso, e tra le dita, moriva dalla voglia di sentire di nuovo il suo respiro sulla pelle e di assaggiare di nuovo le sue labbra e quando le scrisse che era bloccato in portineria, fece una follia. Doveva avvertire le guardie di sicurezza o non lo avrebbe mai fatto salire, ma bastava anche una telefonata. Invece Mina aveva troppa voglia di vederlo, così corse di sotto in vestaglia e gli saltò al collo, lasciando gli addetti alla reception parecchio sorpresi. E così pochi minuti dopo erano occhi negli occhi e stavano facendo di nuovo l'amore dolcemente ed era esattamente quello che entrambi desideravano di più.
Nota:
Ciao a tutti, allora cosa ne pensate di questo riavvicinamento? Che cosa succederà adesso? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 31
*** Capitolo 31: il quadro di Mina ***


Capitolo 31: il quadro di Mina
 
Quella mattina aprì gli occhi completamente rintronato e vagamente in imbarazzo. Ricordava ancora cosa fosse successo la sera prima, ma il mal di testa e la nausea indicavano che aveva bevuto un po’ troppo.
Sapeva dove si trovava, eppure non riusciva a capire lei dove fosse, così provò con dolcezza a chiamarla, ma niente. Alla fine, un po' intontito, si alzò dall'enorme lettone completamente sfatto e si guardò intorno: la stanza era vastissima, ma totalmente al buio; alle pareti vi erano lunghissimi drappi di stoffa nera, spessi e pesanti. Curioso decise di spostarne un pezzetto, ma la luce di mezzogiorno lo colpì come una lancia negli occhi e per un secondo dovette ritrarre lo sguardo, ma poi i suoi occhi si abituarono e una volta scostate tutte le tende si accorse che la stanza aveva una vista mozzafiato. I muri esterni in realtà erano tutte finestre e quella camera sembrava quasi un osservatorio astronomico. Involontariamente premette i tasti di un telecomando e partì una canzone di Bob Dylan, e lui rise perchè non se l'aspettava da Mina. Così, si gettò su una poltrona qualunque e gli venne da sorridere pensando a lei, alla tenerezza che aveva dimostrato e alle carezze che gli aveva fatto dopo il sesso. Non si erano detti praticamente nulla, ma erano rimasti pelle contro pelle per tutta la notte e lui non era riuscito a chiudere occhio fino all’alba. L'aveva cercata, rincorsa e probabilmente aveva fatto la figura dello sciocco pazzo innamorato e pensò solo “speriamo di non esserle sembrato troppo patetico”. Eppure Juan non sapeva che Mina stava pensando esattamente la stessa cosa. Le sue profonde riflessioni erano destinate ad essere interrotte da qualcuno che lo sorprese.
“Buongiorno, finalmente si è svegliato. La mia signora mi ha ordinato di occuparmi di lei, di coccolarla e di servirle caffè e aspirine prima di qualsiasi altra cosa. In bagno troverà pantofole e accappatoio tutti per lei e volendo c'è anche un kit per la barba e uno spazzolino monouso.”
Juan sorpreso da una tale accoglienza si chiese se Mina avesse un albergo, ma sorrise soltanto alla gentile donna di colore. Per un attimo si chiese se fosse il trattamento abituale che dedicava a tutti i suoi amanti e provò una fitta di gelosia spaventosa. Ester spense lo stereo aggiunse “Madame ha una riunione di lavoro di sotto, meglio non disturbarli, ma dovrebbero avere quasi finito. Beva il caffè, prenda le aspirine, mangi qualcosa e vedrà che se la ritroverà nel letto il prima possibile.”
Juan un po' confuso e ancora rintronato accettò di buon grado le aspirine, ma pensò che non fosse il caso di occuparle casa se doveva lavorare, così rispose bruscamente “no, vado a fare colazione fuori, grazie. Me la saluti, però.”
L’avrebbe rivista dopo poche ore, quindi poteva tranquillamente lasciarle un po’ di spazio e andare finalmente a fare l’unica cosa che moriva dalla voglia di fare: dipingerla. Eppure quella strana donna lo fissò quasi con dispiacere e disse “la signorina non ha neanche fatto colazione per aspettarla, e mi aveva ordinato di servirvi il pranzo a letto, ma le dirò che ha preferito andarsene.”
Il tono e lo sguardo della domestica furono molto severi e lui capì che forse era un ospite speciale, e che magari la sua amica non si comportava così con tutti, o almeno ci sperò profondamente. Allora i piani di Juan cambiarono e rispose gentilmente “no, va bene se le ha detto che voleva pranzare con me la aspetto. Faccio una doccia e mangeremo dopo insieme...”
La donna di colore aveva capito che per la sua giovane amica quell'uomo aveva qualcosa di speciale, glielo aveva letto negli occhi e allo stesso modo si era accorta dello sguardo di lui. Anni ed anni di esperienza le avevano permesso di capire gli innamorati anche senza chiedere nulla, così gli sorrise e fece per uscire, ma poi si ricordò e disse
“…E  sul tavolo accanto al divano troverà delle matite e un blocco da disegno. Non so se possono andare bene, ma la signorina non sapeva darmi particolari istruzioni, così ho preso quello che ho trovato…”   
Juan sorrise soltanto e ringraziò, ma una volta uscita Ester si mise a ridere realizzando che gli aveva preso i cartoncini colorati per disegnare, come se avesse avuto cinque anni. Per un attimo pensò che avrebbe dovuto prenderla in giro per giorni per quella cosa e rimase a ridacchiare, ma poi si trattenne. Capì che davvero lei voleva che si sentisse a suo agio e che probabilmente rispettava anche la sua parte creativa, ma cosa diavolo doveva farci con quei cartoncini colorati?
Ci pensò un po’e provò a studiarli, ma davvero non gli venivano in mente idee particolari, così abbandonò i cartoncini e decise di fare una doccia. Il bagno di Mina era spaventoso e gigante, ma stranamente anonimo, come la sua camera da letto. Non c’erano foto, non c’erano immagini e lui finì col chiedersi dove diavolo fosse quel famoso quadro di cui gli aveva parlato.  
Aprì l'acqua e togliendosi l'unico capo di abbigliamento che aveva annegò letteralmente sotto la doccia, e iniziò a pensare a lei e a quanto si fosse lasciata andare la sera prima. Era davvero la cosa migliore che gli fosse mai capitata e molto probabilmente non se la meritava una donna così. Certamente non sarebbe durata, ma Juan decise che avrebbe provato a fare qualsiasi cosa per farla restare il più possibile. Così perso nei suoi pensieri non sentì che qualcuno era appena entrato nella stanza e stava chiamando il suo nome con il suo solito tono vellutato.
Era euforica, e bella come non mai. Avevano passato quel piccolo frammento di notte a fare l'amore, e lui era stato dolce e generoso come nessuno mai e Mina gli aveva regalato tutto il suo corpo e poi era rimasta ad abbracciarlo come non aveva mai fatto con nessuno.
La verità era molto semplice: Mina era pazza di lui, talmente tanto da svegliarsi all’alba per costringere Ester ad andargli a comprare tutte le cose che potevano servirgli per farlo sentire come a casa al suo risveglio. Lei, però, era stata costretta a partecipare ad una noiosissima riunione su un film che doveva girare e Jen l’aveva trattata malissimo per quella storia della galleria d’arte, ma Mina si era detta che non le importava di nulla, solo di quell’uomo che dormiva nel suo letto. Ora, un po' intimidita finalmente poteva rivederlo, ma si chiese se lui lo volesse quanto lei, così un po' impacciata aprì la porta del bagno e lo vide: di schiena, nudo nella sua doccia era bellissimo. Aveva i capelli completamente bagnati, che gli coprivano parte di quelle spalle muscolose che a lei piacevano tanto, e si godeva l'acqua sulla pelle, quando improvvisamente si accorse della sua presenza e sussultò prima, ma poi con un sorriso e aprì la porta della cabina doccia le disse “perchè resti lì? Vieni qui, no?”
Era stato dolce e lei impazzì dalla gioia, ma ridacchiando rispose “forse non si nota, ma sono stata un'ora dal parrucchiere e dal truccatore quindi non ci penso neanche a rovinare un lavoro così ben fatto, ma tu lasciati guardare un po', sei veramente uno spettacolo.”
Juan allora senza parlare uscì dalla doccia e  la tirò contro il suo corpo bagnato e baciandola cominciò a spogliarla sussurrandole “non m'importa, fatti rifare i capelli o resta con i capelli bagnati, ma io ti voglio e tu sei mia…”
Non riuscì a restistere ad una tale dichiarazione e ovviamente si sciolse tra le sue braccia, di nuovo. Fecero l'amore ancora per un po' e poi, dolcemente Mina cominciò a lavarlo e lui fece lo stesso con lei commentando sarcasticamente che non era normale che un uomo profumasse di mora e vaniglia e che si sarebbe vergognato mostruosamente di tornare a lavoro così, ma lei sorridendo confessò una strabiliante verità.
 “Non molti hanno il diritto di usare la mia doccia, sai? Pensandoci bene credo che tu sia il primo a restare a casa mia per una notte intera, quindi abbi un po' di pazienza, magari la prossima volta ti farò trovare qualcosa di più virile...” e mentre lei rideva imbarazzata per questa sua improvvisa sincerità lui rimase per qualche secondo di stucco rendendosi conto che gli aveva riservato un trattamento di favore. Quando si riprese dalla sorpresa la strinse fortissimo e le baciò la fronte sussurrandole “tu folle ragazzina...non potevi comprare almeno un bagnoschiuma al muschio?”provocandole un prevedibile sorriso.
“Certo che sei completamente pieno di tatuaggi tu, eh?”gli disse, accarezzando il suo braccio destro completamente colorato, ma lui annuì e basta e Mina molto piano aggiunse “…e di cicatrici…”
“Senti chi parla…” sussurrò con sguardo molto serio, accarezzandole il labbro inferiore. E Mina sorpresa gli chiese “le ho ridotte chirurgicamente e non sono molto evidenti, come hai fatto a notarle?”
Ma la verità era che lui aveva non soltanto guardato, ma anche memorizzato ogni piccolo frammento della sua pelle, già da molto tempo e alcune le aveva notate fin da subito. La prima volta che si era seduta accanto a lui aveva realizzato che la linea delle labbra era imprecisa, poi toccandole si era accorto della cicatrice, ma amandola gliene aveva trovate molte sul corpo, e persino una dietro la nuca, nascosta dai capelli.
Nel frattempo uscirono dalla doccia e si avvolsero negli accappatoi preferiti di Mina in silenzio, ma Juan decise che voleva essere completamente onesto con lei, così aprì una parte dell’accappatoio e mostrandole i segni che aveva sull’addome e sulla spalla destra le disse “…questi sono segni di proiettili. Gli altri sono di coltello, granata e uno me lo hanno fatto persino con una mazza da baseball. Però io sono stato in guerra, è normale che abbia tutte queste cicatrici, tu…”
“…tutti abbiamo le nostre guerre Juan…” sussurrò lei chiaramente a disagio, ma poi fissandolo profondamente negli occhi aggiunse “…ma ora sei mio, giusto?” e lui annuì e basta, perché l’esplosione nucleare nel suo petto non gli permise neanche di respirare, e Mina aggiunse “…e non permetterò che qualcuno ti faccia del male…”
Avrebbe voluto dirglielo lui, ma non ne aveva avuto il tempo, però scoppiò a ridere rovinando l’atmosfera.
“Scusa, scusa mi amor”le disse molto dispiaciuto perché Mina aveva iniziato a guardarlo molto male “… ma davvero ragazzina come vorresti tu, che pesi a stento quaranta chili e hai un braccio grande quanto il mio polso praticamente, difendere me?”
“Stavo cercando di essere romantica, sai?” gli disse scocciatissima e lui afferrandola forte sussurrò “…io ti difenderò, sempre, anche quando avrai capito che io non sono una buona scelta e sarai andata avanti con la tua vita…”
“Niente, non ci riesci proprio ad essere dolce tu, eh?” gli disse scocciata e lui l’afferrò di peso e la gettò sul letto. Non voleva fare sesso, era sfinito, eppure una parte di lui era stato colto di sorpresa dal desiderio di stringerla forte e Mina annegò in quell'abbraccio e pensò soltanto per l’ennesima volta “io ti amo”. Poi, incapace di trattenere tutte le sue emozioni, fece esattamente quello che faceva sempre lui: le soffocò con un commento sarcastico e si allontanò dicendo “davvero devo comprare un altro bagnoschiuma perchè è strano sentire un omaccione che profuma come me...”
Pranzarono insieme come due selvaggi, accampati sul letto di Mina, e Juan la convinse a dare qualche morsetto al suo pranzo che Mina ovviamente desiderava disperatamente.
“…ma tu non avevi un Matisse in questa stanza?” le chiese ad un certo punto, mentre Mina addentava  il suo sandwich, e lei annuì e gli indicò una porta. Solo allora Juan scoprì la famosa cabina armadio blindata di Mina, che gli parve una specie di bellissimo negozio di abbigliamento e accessori. Al centro c’era il quadro, quasi come se fosse un elemento di arredamento e lui rimase per un attimo paralizzato.
“Wow…” sussurrò rapito da quel quadro fantastico.
“Già…wow…” sussurrò Mina, fregandosene completamente del quadro e fissando profondamente lui  in contemplazione di quel dipinto, e poi piano sussurrò “…me ne regalerai uno?” e a Juan prese un colpo.
“Neanche se vendessi tutto quello che ho e usassi tutto quello che potrò mai guadagnare, riuscirei a pagare la cornice di un Matisse, ragazzina, mi dispiace. Sono l’uomo sbagliato…” le disse amaramente, ma Mina scosse la testa e sorridendo sussurrò piano “io voglio uno tuo, non me ne importa niente di un quadro di qualcun altro…”
E a Juan tremò il cuore, dimenticò il Matisse e ogni cosa, e afferrandola forte le sussurrò “ Sei davvero matta…” e Mina annuì  sorridendo. Non era matta, era perdutamente innamorata di lui e cercava disperatamente di capire quali fossero i sentimenti di lui.
“E’ da stanotte che muoio dalla voglia di disegnarti, giuro…”le sussurrò pianissimo
“E che cosa stai aspettando?” rispose lei perplessa, ma Juan scoppiò a ridere e rispose che non aveva gli strumenti.
“Ma scusa…e quelli che ha preso Ester?” chiese Mina mortificatissima, ma lui baciandola sussurrò “con quelli al massimo potrei fare gli origami, se sapessi come si fanno…” facendo ridere Mina piano.
“…grazie però mi amor. Ho apprezzato infinitamente…” aggiunse stringendola forte al petto, ma Mina si divincolò e sorridendo rispose “…e allora vai a disegnarmi, sbrigati. Ma portami qualcosa che possa tenere qui per quando avrai voglia di disegnare in futuro…”  e Juan impazzì, perché ne aveva una voglia matta, ma non osava confessarglielo, temendo che Mina potesse pensare che preferiva la sua tela a lei.
 Si salutarono solo per poche ore e Mina le usò per selezionare i suoi vestiti e la biancheria più sexy da portare a Chino. Voleva farlo impazzire, e farlo innamorare quanto lo amava lei, ma ignorava che Juan nel frattempo era completamente preso da lei. Non sapeva cosa gli stesse succedendo esattamente, ma non riusciva a smettere di sorridere e di dipingere. Aveva avuto un’idea, le avrebbe regalato il quadro che secondo lui rappresentava quel loro strano amore, ma aveva pochissimo tempo per finirlo prima del viaggio e sarebbe stato complicatissimo. Così si chiuse nel suo studio e iniziò a dipingere tanto intensamente da riempirsi di schizzi di vernice ovunque. Ci mise tutto il cuore e l’anima in quel lavoro e quattro ore dopo era pronto, ma lui era in ritardo, così si pulì il viso pieno di vernice, legò i capelli e scappò da lei in aeroporto, con le foto del suo lavoro nuovo.
“Scusa, davvero non volevo puzzare di vernice, ma non ho avuto tempo di fare la doccia di nuovo…” le sussurrò piano, perché quella gatta dispettosa non faceva che fissarlo in aereo, ma Mina gli sussurrò solo “per qualche strano motivo trovo estremamente sexy le tue mani sporche di vernice” e lui scosse solo la testa, ma quando Mina accarezzandogli il viso sussurrò “…e i capelli, e le ciglia persino. Sembra quasi che tu dipinga come fai l’amore…” decise di mostrarle le foto, così porgendole il telefono sussurrò “Solo per te…”
C’era una bambina con due immensi occhi azzurri che sorridendo appoggiava la mano sul muso di un enorme lupo grigio che le mostrava i denti.
“Sei questo tu per me. Una pazza, incosciente che non ha la minima idea di quanto sia stupido quello che sta facendo, ma che mi sta facendo sentire una persona migliore. Una folle che mi ha fatto ritrarre artigli, zanne e qualsiasi tipo di scudo e mi ha letteralmente spinto a dire più parole di quante ne abbia dette negli ultimi dieci anni…”
E allora Mina capì: anche lui l’amava, quello era il senso del quadro. Così sussurrò piano “sì, ma non riesci proprio a dirmi qualcosa di dolce senza insultarmi, vero?” e poi si abbandonò alle sue braccia senza più alcuna paura.
Nota:
Vi ho regalato un piccolo capitolo sentimentale, forse un po' troppo tenero, ma va beh. Allora impressioni su questi due? Li vedete bene/male/ un casino? E siete curiosi di capire che cosa nasconda ancora Mina? fatemi sapere!

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Capitolo 32
*** Capitolo 32: los amigos del poker ***


Capitolo 32: los amigos del poker
E così si erano ufficialmente innamorati, anche se nessuno dei due aveva il coraggio di dirlo all’altro ed entrambi temevano disperatamente di provare più di quanto l’altro non provasse. Mina si era completamente lasciata invadere da quei sentimenti, li aveva abbracciati sperando di non farsi troppo male e aveva deciso di dimostrargli in ogni modo che era completamente sua. Lo riempiva di attenzioni e chiunque in quella casa aveva capito che lo amava e tutti, tranne Neide, erano preoccupati per questo.
Per Juan, invece, la situazione era un po’ diversa. Stava sperimentando tutti quei sentimenti per la prima volta e stava ancora cercando di capire come fare per gestirli senza farsi sopraffare. Non si sentiva esattamente a suo agio con l’intensità di quelle emozioni, ma era insicuro e aveva il terrore di perderla, così iniziò ad essere patologicamente geloso, senza mostrarlo. Oggettivamente non era semplice amare una donna come lei: il suo cellulare era pieno di chiamate e messaggi di uomini che la desideravano, attirava l’attenzione di chiunque per strada e riceveva ogni settimana regali costosi di Myles, che però rimandava sempre indietro con un sorriso. Lui non poteva darle nulla, se non il suo cuore e i suoi disegni, ma lei per ora sembrava non desiderare altro. Aveva occhi solo per lui quella matta e spesso gli ripeteva con sguardo sognante “sei veramente bellissimo” facendolo realmente impazzire. Lui, però, non era ancora mai riuscito a dirle quanto fosse meravigliosa. Lo aveva pensato quasi ogni mattina svegliandosi accanto a lei, ma non aveva avuto il coraggio di dirglielo. Si sentiva già troppo esposto così e l’ultima cosa che voleva capisse era che poteva letteralmente disintegrarlo con un colpo di ciglia.
Non nascosero la loro relazione e questo ovviamente creò grossi problemi con Felipa che era fermamente contraria a quel rapporto e che più di una volta aveva urlato contro a suo figlio che non poteva stare con una donnaccia costantemente mezza nuda, ma lui l’aveva sempre difesa. E poi dopo quasi un mese di pace, anche Carlos decise di metterci lo zampino, spingendo involontariamente Juan sempre di più verso la sua bellissima amata. Una mattina a colazione disse distrattamente a suo fratello “…abbiamo un grosso tavolo di poker stasera al club, vieni?”
Mina rabbrividì nel sentir nominare il club e immediatamente il suo pensiero andò a quelle signorine mezze nude che la tormentavano e si perse in mille riflessioni, senza accorgersi che lui la stava cercando con lo sguardo. Quei tavoli generalmente erano molto redditizi e Juan voleva disperatamente tirare su un po’ di soldi per lei, per il loro rapporto, ma sapeva che Mina non avrebbe reagito bene a quella cosa.
“Non esiste” rispose Mina rigidissima e tutti a quel tavolo si ammutolirono. Vedete, ormai avrete capito che nella famiglia Jimenez le donne non avevano esattamente raggiunto la parità e quindi Carlos si risentì tantissimo di quella frase e rispose “non sono stato chiaro: tu non sei invitata e non mi sembra ti riguardi…”
 “Credo che in realtà non riguardi te” ringhiò in risposta, sfidando Carlos con uno sguardo veramente inappropriato. Neanche sua moglie osava parlargli in quel modo, solo suo fratello lo faceva, ma quella matta con gli occhi blu sembrava non avere nessun rispetto per lui e questo fece vociare un po’ sia Felipa che Clarita.
Carlos stava davvero per perdere la pazienza, quando Juan gli disse in spagnolo che avrebbe sistemato lui la questione e l’afferrò per un braccio per portarla via, ma Mina divincolandosi gli urlò che se aveva intenzione di andare al club doveva dirlo subito, perché avrebbe chiamato Jen per farsi andare a prendere.
“Ragazzina non capisci davvero un cavolo” le disse, con tono estremamente seccato e Mina allora lo fissò come per incenerirlo, ma lui dolcemente aggiunse “ci andrò, devo assolutamente andarci, ma lo farò con te.”
Mina sorrise piano allora e lui le sussurrò “esiste una persona sola al mondo che può battermi a poker, ed è la mia donna…” facendola ridere.
“Quindi devo lasciarti andare a giocare, e ubriacarmi in silenzio insieme alle altre donne Jimenez sperando che tu torni?” ringhiò Mina ferita, ma lui scosse la testa e sussurrò piano “no, tu farai una cosa che nessuna donna Jimenez ha mai fatto: ti siederai al tavolo e farai il culo a quei ricchi imbecilli.”
Mina si mise a ridere forte allora, pensando che moriva dalla voglia di giocare, ma Juan con tono serio le disse “…però non puoi parlare così a quella gente, hai capito?Con mio fratello ti spalleggio io, ma se sono tanti non ne usciamo vivi, te lo dico…”
“Va bene, mi amor, perdon.” Sussurrò piano affidandosi alle sue braccia e dieci minuti dopo rientrò in cucina come se niente fosse e fece infuriare ancora di più le donne Jimenez.
“Ti chiedo scusa Carlos, non volevo essere sgarbata. Sono solo troppo gelosa del tuo bellissimo fratellino…” sussurrò molto piano facendo ridere Juan e infuriare Clarita, che aveva letteralmente iniziato a detestare quella ragazzina che adesso faceva la svenevole con il marito. Carlos sbuffò e basta e Mina ridacchiando aggiunse “…dai che lo so che ci vuoi bene e che ci tieni a quel sorriso di Juanito…”
“Tu sei una donna fottutamente pericolosa e mi toccherà tenerti d’occhio…” le disse, fissandola con una lascivia che infastidì terribilmente Juan, ma lei strinse solo le spalle e uscendo ribattè “niente da nascondere…” bluffando vergognosamente.
“Allora facciamo un giochino pericoloso stasera?” gli chiese raggiante durante la pausa pranzo e Juan annuì e basta.
“Va bene…mi piace…” sussurrò lei eccitatissima e Juan la baciò soltanto. Non era una buona idea portarla in quel posto, e la stava esponendo a un rischio terribile, ma era pur sempre il club di Carlos, con tutti i suoi uomini, quindi non sarebbe successo niente di trascendentale e avrebbe facilmente tirato su un po’ di soldi per farle un regalo abbastanza bello da avvicinarsi a quelli del governatore.
Finito il lavoro Mina corse a vestirsi, super felice di poter giocare di nuovo a fare la femme fatale. Vedete, in quel mese con Juan era stata la sua ragazzina acqua e sapone, e le era ovviamente piaciuto, ma le mancava da morire fare la diva.  Così indossò un magnifico abito nero, scollato e aderente, le sue scarpe con il tacco a spillo, che da sole riuscivano sempre a sollevarle il morale, e chiese alle sue nuove amiche di sistemarle i capelli e il trucco.
“Mi raccomando-disse fissando Neide- voglio un trucco nero e fortissimo, di quelli che fanno risaltare gli occhi e ti fanno sembrare una gatta.”
La sua amica estetista provò a farle notare che per il suo incarnato era meglio un marrone, ma Mina la fulminò con gli occhi e obbedì.  Era sempre lui a scegliere il suo trucco per le foto, e a Juan piaceva poco truccata, ma lei quella sera avrebbe rivendicato il suo look e il suo corpo.
Si era innamorato perdutamente della ragazzina semplice, con poco trucco e i pantaloncini, ma perse letteralmente la testa quando vide Mina in versione regina: era maestosa, arrogante e un tantino diabolica. Sexy come nessuno e tanto provocante da fargli avere un orgasmo con un solo sguardo. Ci mise qualche secondo per riprendersi dal colpo e poi le sussurrò “ragazzina non stiamo andando a girare un porno, come diavolo ti è venuto in mente di vestirti così?”
“Non ti piaccio?” chiese con occhi languidi e lui rispose solo “A chiunque piaci Mina, persino alle donne…”
“Beh problemi loro, perché io appartengo ad un uomo solo…” rispose lei baciandogli il collo e Juan pensò solo “...e solo Dio sa perché lo hai scelto…”. Mina in versione diva lo eccitava, era ovvio, ma allo stesso tempo lo intimoriva terribilmente, perché era letteralmente troppo per lui e nel suo cuore iniziarono a farsi strada mille paranoie.
Arrivati al club, ovviamente entrambi attirarono l'attenzione  perché la loro scenata dell’ultima volta non era passata inosservata. C'era una persona, però, che li teneva d'occhio più degli altri: sprofondando nella sua poltrona di velluto, quella del comando, osservava da lontano tutta la scena molto preoccupato, sapeva che Mina l'avrebbe condotto di nuovo da lui  e ne era felice, ma allo stesso tempo quella bambolina lo inquietava, perché temeva potesse scatenare il lato oscuro di Juan e si chiedeva fin dove avrebbe portato il suo fratellino.
Quando li vide entrare sorrise ad entrambi e ovviamente gli offrì da bere, ma Juan seccamente rifiutò e ringhiò “Niente alcol prima di una partita. Dove sono?” Carlos sorridendo baciò la mano di Mina e disse “signorina ci potrà mai perdonare se la lasciamo da sola stasera?”
Ma Juan acidamente rispose“Non la lasciamo sola affatto, gioca con noi.”
Carlos allora per un secondo inorridì: era quello il motivo per cui era riuscito ad ottenere il suo permesso? Come diavolo era venuto in mente a quel suo fratellino di portare una donna del genere nella sua sala del poker?
 Gli lanciò uno sguardo pieno di significati, che Mina notò ma Juan no. La trascinò letteralmente via con sé e la portò in quella sala piena di uomini disgustosi e prostitute.
Erano quelli gli amici di Carlos: laidi mercanti d'armi vecchi e disgustosi,con i capelli gelatinosi, i baffi lucidi e le camice strette su quei loro enormi ventri, le dita pesantemente ingioiellate avvolte da sigari e una bocca sottile simile ad un pallone sgonfio. Erano tutti uguali, sporchi e senz'anima, tutti simili a Carlos, ma non a Juan. Schifosi mercanti che giocavano ogni mese a poker con loro e che costringevano ragazzine appena maggiorenni seminude e truccate da prostitute da quattro soldi, a restare al loro fianco durante il poker. La sala era scura, ampia ma piena di fumo, e Mina tossì perchè le mancava l'aria. Ovviamente una creatura di tale fattura attirò immediatamente gli occhi di quelli che Juan e Carlos chiamava “Los Amigos” e lui fece un cenno di saluto a tutti, che ricambiarono e gli dissero delle frasi in spagnolo, a cui lui rispose con un cenno della testa. Il clima era sereno, sembrava quasi una riunione tra vecchi mafiosi giubilanti, ma tutto cambiò quando Juan porse a Mina la sedia accanto alla sua, violando una regola aurea: nessuna donna poteva sedersi a quel tavolo, figuriamoci se poteva giocare. Mina rimase un secondo a guardare confusa però, non spaventata. Sapeva che il suo Juan l'avrebbe difesa, e così fece. Si alzò una vera e propria folla di commenti in spagnolo: i mercanti urlavano, gesticolarono, e per un secondo la spaventarono, tanto da spingerla a cercare la mano di Juan, che però rimase perfettamente calmo e accendendosi una sigaretta gridò “Basta ya.”
Era confusa e non capiva, ma Juan cominciò a parlare in spagnolo, con un tono gelido e autoritario da far paura, e lei si sentì protetta e eccitata da impazzire. I mercanti risposero, delle frasi incomprensibili e mentre Carlos cercava di mettere pace, o almeno così le sembrava dai gesti delle sua mani, Juan fece una cosa che la mise in allerta: tirò fuori una delle sue pistole e la lanciò al centro del tavolo, restando a guardare quegli uomini con le braccia incrociate e lo sguardo severissimo. Era un atto di sfida abbastanza plateale e tutti lo capirono, Mina inclusa. Fu a quel punto che la diva, immaginando che il suo compagno fosse in pericolo o comunque in difficoltà, decise di intervenire. Si schiarì la voce per attirare l’attenzione di quegli uomini e quando ebbe i loro occhi addosso, fece quello che sapeva fare meglio: li abbindolò. Con sguardo seducente e voce da bambina indifesa sussurrò “Ragazzi miei, non c’è mica bisogno di arrabbiarsi. So che deve essere una noia mortale giocare con una ragazzina che a stento riesce a tenere le cinque carte in mano, ma sono in questa città da poco e sono in cerca di qualche emozione nuova, però se non volete me ne vado subito…”
Juan la fulminò letteralmente con gli occhi, ma lei gli fece un occhiolino molto esplicito e lui decise di provare a capire dove volesse andare a parare, anche perché prima del suo intervento stava per scoppiare una sparatoria da cui difficilmente ne sarebbero usciti indenni, quindi valeva la pena di lasciarla tentare.
Mina, consapevole del suo fascino stava giocando con quei porci disgustosi, per permettere a lei e Juan di andarsene indenni, ma uno di loro le chiese solo “…e che cosa vinciamo se ti facciamo giocare?” con un tono tanto fastidioso da far venire a Juan voglia di ucciderlo, ma Mina gli afferrò la mano di nascosto per calmarlo, e con voce flautata rispose “facciamo così: se mi dimostrerò una stupida incapace, se perderò tre partite mi spoglierò integralmente, cosicché voi possiate essere ricompensati per il disturbo...andiamo, non vi sembra equo?Voi mi fate divertire un po' e poi...diverto io voi.”
 Carlos allora guardò suo fratello con aria smarrita: come poteva permettere alla sua donna di fare una cosa simile? Ma ciò che vide gli fece comprendere tutto: Juan le sorrideva fumando, e gli parve lievemente scocciato, ma non allarmato, perché in nessun universo quei quattro vecchi avrebbero mai battuto quel demonio della sua donna a poker.
I mercanti si consultarono tra loro per qualche minuto, poi con labbra umide e occhi lussuriosi, accettarono l'offerta di quella donna così bella, e uno di loro le tese la mano per siglare il patto. Mina non capì cosa stava succedendo, e rimase un secondo interdetta, non sapeva cosa significasse, così i suoi occhi blu cercarono quella distesa di oscurità e la trovarono. Juan la stava fissando e, le spiegò “la mano...il patto” e Mina allora con fare sicuro strinse quella mano e si sedette al tavolo ostentando una sicurezza e una tranquillità che non aveva. Voleva solo scappare con lui ma non si poteva, così giocò al meglio delle sue capacità.
 Mina decise che avrebbe giocato solo le partite necessarie a permetterle di portarsi via Juan indenne, perciò decise di calare immediatamente le sue carte e vinse già alla prima mano, lasciando Juan a sorriderle. Amava giocare con lei e sapeva che non era solo fortuna la sua, no, era una bravissima stratega: contava le carte, osservava gli altri giocatori, e poi ovviamente li distraeva. In nessun universo si sarebbe meritato una donna così: bella, sveglia, suadente e abile di fingersi stupida e ignorante quanto bastava da non rendere furiosi i mercanti.
Carlos li osservava da lontano, buttando giù tequila e coccolando qualcuna di quelle sue ragazzine. Erano davvero belli da vedere, e innamorati in modo quasi imbarazzante, ma a lui quella situazione piaceva sempre meno e per la prima volta in tanti anni pensò che aveva solo voglia di parlare con sua moglie, che però da mesi non parlava con lui. Vedete, Carlos e Clarita avevano due figli di dodici e dieci anni, Manuel e Anita, che lei amava come niente al mondo. Sopportava e concedeva tutto a Carlos, per amore di quei due piccoli, ma quando lui aveva deciso di mandarli a studiare dall’altra parte dell’America lei era morta, e aveva chiuso tutte le comunicazioni e i rapporti con il marito. Lui non aveva mai sentito la sua mancanza fino a quel momento, così abbandonò Juanito e andò a cercarla per parlarle.
Nel frattempo i nostri protagonisti si divertivano incredibilmente: Mina aveva perso una sola partita e lei e Juan praticamente giocavano da soli, come sempre. Gli altri avversari non erano al loro livello, ma nessuno osava dirgli nulla, perchè avevano fatto un patto. Era riuscita a rilassarsi, perché Juan aveva ripreso a sorriderle, ma il suo uomo che parlava in spagnolo, la proteggeva e sfidava contemporaneamente la stava facendo letteralmente sbavare. Dopotutto entrambi amavano giocare e lo trovavano una specie di bizzarro preliminare sessuale, ma questa volta Mina era meno distratta da Juan e potè dimostrare quanto valeva in realtà, e in realtà valeva davvero tanto, al punto tale da vincere molti soldi e far nascere un miliardo d'interrogativi nella mente del suo amico.
Dopo tre ore di poker concordarono che non fosse il caso di continuare, anche perchè i loro avversari cominciavano ad essere piuttosto nervosi, così decisero di mollare. Scapparono letteralmente dalla sala e una volta soli Mina potè finalmente saltargli al collo e baciarlo.
“Non sai quanto ti ho desiderato…” gli disse con fare molto sexy e lui con fare sbrigativo rispose “…non sai quanto ti ho desiderata io, ma ci baciamo dopo…”.
 La trascinò letteralmente in auto e solo allora le disse “Sei stata una matta!” ma con tono terribilmente divertito e Mina ridacchiò e basta.
“sul serio, mi hai fatto perdere dieci anni di vita, cazzo. Non ho idea di cosa ti sia passato per la testa” aggiunse, e allora Mina pensò che fosse un po’ seccato, così rispose “…mi sembravi nei casini e volevo liberarci da quella situazione…”
“Lo so ragazzina, me ne sono accorto e ho apprezzato” aggiunse con molta dolcezza “…ma che non ti passi mai più per la testa di offrirti di spogliarti per un altro uomo, chiaro?” le disse, con una punta di insicurezza e Mina sussurrò “no, no mi amor mai. Però ti prego fai anche con me l’uomo prepotente che mi dà ordini in spagnolo, perché penso che avrei un orgasmo anche solo con uno sguardo…”
 Lui rise e basta, ma acconsentì e quel giochino durò per un po’, facendoli impazzire entrambi. A lei piaceva prepotente e adorava anche la sua gelosia, tanto da non dire nulla neanche quando lui le aveva fatto delle scenate terribili per Greg e Myles che continuavano a chiamarla. Riuscì a farle il regalo che voleva e Mina impazzì per quel piccolo cuore di diamanti che gli era costato una fortuna. Si amarono disperatamente per un altro mese, sempre senza dirselo, e Mina sopportò tutto: le urla di Felipa che le dava sempre della puttana, i silenzi di Juan e la sua terribile gelosia e anche i dispetti di Clarita. Era innamorata persa, ma poi ad una settimana dalla fine del servizio fotografico successe qualcosa che la spinse a fuggire in lacrime il più lontano possibile.
 Nota:
Eccoci qua, un capitolo meno affettuoso, forse, ma più adatto a loro. Che ne pensate di questa Mina paziente e innamorata e di questo Juan insicuro e possessivo? Vi chiedo secondo voi cosa succederà la prossima volta? Fatemi sapere e grazie per aver letto.

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Capitolo 33
*** Capitolo 33: i demoni di Mina ***


Capitolo 33: i demoni di Mina
Quant'è la distanza tra Brooklyn e Manhattan? Non moltissima in termini geografici, ma un abisso in termini culturali e sociali. Mina si era interrogata per settimane su di lui, sui suoi sentimenti e continuava a chiedersi cosa diavolo sarebbe successo finito il servizio fotografico. Le diceva sempre che era sua, ma non si era mai esposto più di tanto ed era sempre lei quella che gli diceva frasi come “poi ti porterò in questo o quest’altro posto a New York” e lui sorrideva e basta, confondendola ancora di più. Non ci stava all'idea di dover tornare alla sua vecchia vita, al poker del venerdì e ai solitari viaggi allietati da amici rock star tristi e soli quanto lei. Lo amava disperatamente e voleva una relazione con lui e si era persino scoperta a fantasticare su cose come un matrimonio e un bambino suo, ma Juan non le parlava e lei non aveva il coraggio di chiederglielo.
Erano in vacanza da qualche giorno, perché complice la loro bellissima storia, Juan le aveva scattato il quadruplo delle foto richieste. Insieme avevano già selezionato quelle da proporre, ma avevano anche scelto quelle da appendere in casa di Mina e lui per la prima volta aveva ceduto e si era fatto delle foto con lei, solo perché lei ne voleva una di loro due insieme “per ricordo” aveva detto, sconvolgendo totalmente lui. Juan, esattamente come Mina, si faceva migliaia di domande su quel loro rapporto e soprattutto su cosa sarebbe successo dopo il suo ritorno alla vita da diva. Doveva lasciarla? O magari era implicito che sarebbe finita? E se invece ci fossero state delle possibilità di restarle accanto come poteva fare a scoprirlo?
Una persona sana di mente gli avrebbe solo urlato “chiedendoglielo!”, ma Juan non condivise i suoi pensieri con nessuno, però giunse alla medesima conclusione. Doveva parlarle, chiederle se lo amasse e se voleva stare con lui, ma continuava a chiedersi “come diavolo si chiede una cosa del genere?”. Decise che l’avrebbe rapita e portata fuori a sorpresa per quel loro ultimo weekend insieme e lì le avrebbe detto di amarla, e se fosse andata male sarebbe letteralmente fuggito a New York a leccarsi le ferite.
A pochi giorni da quel weekend, Mina fingeva di dormire, ma in realtà lo guardava lavorare, pensando a quanto avrebbe voluto che lui fosse rimasto con lei ancora per un po’. Era rimasta a guardarlo sempre negli ultimi giorni e lui non se ne era accorto perchè assorto nei suoi pensieri. Improvvisamente crollò sfinito accanto a lei, e come sempre la strinse forte per addormentarsi sulla sua schiena, ma lei non riusciva a dormire, così gli disse piano“Juan è finita?”
Lui fu letteralmente soffocato da quelle parole, ma ci mise un po’ a realizzare che era una domanda, non un’affermazione, e dopo qualche minuto stringendola sussurrò “vuoi uccidermi ragazzina? Le devi dire diversamente queste cose e sicuramente non mentre dormo…”
Mina sorrise piano, ma non aveva più voglia di fingere, così scoprì totalmente le sue carte, sussurrando solo “…sarò in viaggio sempre nei prossimi mesi, la mia vita funziona così, però se potessi decidere io, mi piacerebbe trovarti a casa quando torno…”
“…e chi pensi che debba decidere, eh nena?” le disse con tono estremamente dolce, che fece letteralmente impazzire Mina. Lei si girò per baciarlo e gli diede uno schiaffone fortissimo dicendo “ce la fai a dirmi una cosa carina almeno quando ti chiedo di non lasciarmi?”
“Ti amo disperatamente” pensò Juan fissando quegli occhi, ma le disse solo “te ne ho dette tante e ti ho chiesto di essere mia, credevo bastasse…non mi sembra di aver detto “sii mia solo per un paio di mesi”.”
Mina rise e basta, ma si abbandonò alle sue braccia e Juan la strinse fortissimo, con il cuore in gola e poi sussurrò “…adesso non ho idea dei miei impegni per i prossimi mesi, ma potrei anche provare a raggiungerti qualche volta, se tu vuoi…” e Mina allora annuì e sussurrò “Mio Dio, sarebbe bellissimo…” facendolo sorridere.
Quando aprì gli occhi al mattino lei era così stanca e così bella, che decise di lasciarla dormire e non tormentarla con gli allenamenti. Scese a fare colazione più taciturno del solito e improvvisamente fu travolto dall'euforia di Neide che gli disse “stasera abbiamo organizzato una grande festa per Mina e anche per te, è ovvio. Tutto il quartiere vuole partecipare e sarà una festa d'addio latina. Ti piacerà, vedrai.”
Juan annuì, ma era sicuro che più che un addio quello era un inizio e decise che voleva provare a fare qualcosa per farle capire quanto speciale lei fosse per lui, così lasciando tutti di stucco, prese un vassoio e decise di portarle la colazione a letto. Mina, nel frattempo, si era svegliata e stava preparandosi per andare a correre e rimase estremamente perplessa nel trovarselo così: dolce, indifeso e bellissimo con un vassoio per la colazione tra le mani.
“Dormivi mezzo secondo fa...” le disse sorpreso, e lei sorridendo rispose “mi hai svegliata uscendo.”
Si rintanarono a letto per tutto il giorno, ignorando le proteste di Felipa che ormai era più che decisa a chiamare un esorcista per quel suo figlio pazzo, completamente soggiogato da quel demonio con gli occhi azzurri. Uscirono solo il pomeriggio per prepararsi per la festa di Mina, e Carlos decise di fare un discorsetto a suo fratello.
“Oye hermano…” gli disse serissimo, con una cartellina tra le mani e Juan sbuffò pensando che stava per arrivare una grossa rogna, ma non era così.
“Tu lo sai vero chi è questa donna per cui ti umili costantemente eh?” chiese con sguardo molto rigido e suo fratello pensò “ecco, ha scoperto che faceva la prostituta…” ma annuì e basta e Carlos gli passò una cartellina con foto di Mina nuda o seminuda. Erano servizi fotografici professionali, c’erano anche quelli che le avevano fatto per Playboy che Juan aveva già visto, e altre immagini che si trovavano comunemente online cercando il suo nome.
“E allora?” ruggì serissimo Juan, pensando solo che evidentemente non aveva fatto le ricerche come si deve, o chissà cosa sarebbe venuto fuori, ma Carlos strinse solo le spalle chiedendo “…e allora ti sta bene stare con una così, davvero?”
 Juan non rispose, semplicemente gli voltò le spalle e andò via, senza dare peso alle sue parole. Era geloso di Mina, era ovvio, ma non poteva rinunciare a lei e se per lavoro doveva spogliarsi, lo avrebbe sopportato. Avrebbe sopportato qualsiasi cosa per tenerla accanto, ma presto avrebbe scoperto che era lei a non sopportare delle cose di lui.
Si divertirono molto alla festa e Mina riuscì persino a convincerlo a ballare con lei e a farsi altre foto infinitamente tenere fronte contro fronte, e poi successe il disastro. Josefina scomparve e Mina rimase a ballare con Neide per un po’, mentre lui la guardava da lontano pensando solo che quello fosse il sorriso più bello del mondo. Alla quarta sigaretta, però,  l’accendino di Juan smise di funzionare e lui decise di andare a recuperarne uno che aveva a casa, perciò tranquillo e vergognosamente felice, si allontanò per un attimo dalla festa. Aveva mille cose per la testa, si chiedeva se a Mina sarebbe piaciuto il posto dove aveva deciso di portarla e come avrebbe reagito a sentirsi dire  quello che lui provava, ma poi avvicinandosi a casa qualcosa lo destò da quelle riflessioni. Sentì che qualcuno stava urlando, ma non individuò bene chi fosse e da lontano riusciva a scorgere solo due figure sul patio, ma poi avvicinandosi rabbrividì. Era Pablo a urlare e anche a imprecare, ma la cosa peggiore era che lo stava facendo contro una ragazza grande neanche la metà di lui. Stava urlando fortissimo contro sua sorella, la strattonava e le teneva i polsi. Josefina era completamente inerme e gli parve quasi una bambola di pezza nelle mani di quello stronzo. Era chiaramente ubriaco e forse anche altro e continuava a insultarla, perché non aveva fatto che mettersi in mostra ballando con quelle due puttane. Josefina era completamente sovrastata da quella figura malvagia che la tormentava, e Juan pensò che doveva intervenire in fretta così afferrò la pistola piano, ma Pablo fece una cosa assurda: l’afferrò per il collo urlandole insulti e la spinse contro il muro e mezzo secondo dopo rabbrividì sentendosi il freddo della pistola contro la nuca.
“Carlos?” chiese sconvolto, lasciando immediatamente Josefina, ma lei urlò “Juan, no!” terrorizzata all’idea che potesse fare del male all’uomo che amava.
“Vattene” le disse senza neanche guardarla e Josefina, presa dal panico, andò a cercare aiuto e chiamò Mina che accorse sconvolta a casa loro. La scena che vide le fece un male terribile: Juan aveva messo Pablo esattamente nella stessa posizione in cui lui aveva appeso Josefina e lo fissava con uno sguardo spaventoso.
“Mi amor…calmati, ti prego” lo supplicò Mina senza fiato, terrorizzata da quella scena, ma lui non la guardò neanche, la scansò soltanto con il braccio libero. Per lei fu come risvegliarsi brutalmente da un sogno splendido: era felice con l’uomo che amava, voleva sposarlo e fare un bambino, ma quell’uomo non era il mostro che aveva davanti. Josefina non le aveva spiegato cosa fosse successo, le aveva solo chiesto aiuto con Juan e lei era corsa, ma le faceva un male terribile vederlo così crudele e violento. Pablo lo supplicava di smettere, provava a divincolarsi, ma Juan esattamente come un demone non mostrava nessun tipo di emozione e non si muoveva di un millimetro.
 Le scesero migliaia di lacrime e per qualche minuto non potè parlare, ma poi si disse che doveva riprovare, doveva farlo calmare, così asciugandosi gli occhi sussurrò piano  “Ti prego Juanito, lascialo, parliamone…” ma lui non la guardò neanche e ancora una volta la respinse, ma involontariamente usò troppa forza e lei finì contro la staccionata e a quel punto non ne potè più di quella scena e fuggì in casa. Aveva la nausea, era terrorizzata e con le mani tremanti chiamò Jen e le chiese di mandarle immediatamente qualcuno perché doveva andare via il prima possibile e poi si chiuse a chiave nella sua stanza e si accasciò in posizione fetale sul pavimento a piangere, come aveva fatto sempre da bambina, singhiozzando disperatamente al pensiero di essersi innamorata di un uomo violento, proprio come suo padre.
Vedete, Mina aveva accettato tutto di lui, e razionalmente sapeva che Juan aveva un temperamento aggressivo, ma era stata quella scena a spaventarla. Quel déjà-vu le aveva portato alla mente ricordi terribili, di tutte le volte in cui era stata appesa al muro da suo padre, e tutte le cicatrici che lei pensava sanate dentro di lei si erano spaccate insieme, distruggendo il fragile equilibrio che si era creata. Suo padre l’aveva picchiata sempre, da che lei aveva memoria, ma l’ultima volta l’aveva afferrata proprio come Juan teneva Pablo e le aveva addirittura rotto la testa a forza di percuoterla contro il muro perché Mina aveva un fidanzato. Si disse che probabilmente Juan aveva fatto la stessa cosa, che doveva averli visti ad amoreggiare ed era diventato pazzo, esattamente come quell’uomo che odiava così tanto e che l’aveva tormentata per tutta la sua vita, e si sentì tanto male da non riuscire a respirare.
“Mina…” le sussurrò lui piano, fuori alla porta. Aveva lasciato Pablo solo perché temeva di aver fatto del male a lei, ma non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo. La sentiva piangere disperatamente e il cuore gli faceva malissimo all’idea di averle provocato quelle lacrime, ma serio disse “ti ho fatto male?”
“Vattene Juan, è finita…” urlò tra i singhiozzi e a lui mancò un attimo l’equilibrio. Si sentì come se le gambe non riuscissero a reggerlo e appoggiandosi alla porta le sussurrò “…ma che dici ragazzina? Aprimi!”
“No, lasciami andare senza toccarmi…” gli disse spaventata e lui battè forte la testa contro la porta e sussurrò confuso “…che cosa diavolo dici? Adesso vuoi andare via? Ma stamattina volevi stare con me…”
Disse le ultime quattro parole con una voce talmente flebile da tradire l’inferno che stava provando, ma lei neanche se ne accorse.
“Basta, lasciami in pace…” sussurrò piangendo sempre più forte e solo allora Juan riuscì a forzare quella dannata porta, ma lei ebbe una reazione assurda: si spaventò e fuggì accanto alla finestra, spezzandogli letteralmente il cuore.
“Non ti faccio niente ragazzina…” disse, alzando le mani, con il cuore in gola, ma lei sembrava un animale selvatico che ha il terrore di essere ferito, rannicchiata in un angolo e tremante.
“Non volevo spaventarti o farti del male, scusa…” sussurrò pianissimo, ma lei scosse la testa e rispose “è finita Juan, è arrivata la mia macchina, lasciami andare…”
“vai dove vuoi” le disse piano, ma con un groppo in gola fortissimo. Nessuno dei due si mosse, però, e Juan capì: doveva averla spaventata tanto da farle credere che le avrebbe fatto del male se si fosse avvicinato. Adesso, per la prima volta Mina aveva paura di lui e niente gli aveva fatto mai tanto male, così per dimostrarle che non avrebbe fatto nulla, uscì dalla stanza e l’attese sulla porta.
“Mina possiamo parlarne, per favore?” le sussurrò piano, quando lei uscì dalla stanza, ma Mina non smetteva di singhiozzare e respirava malissimo, e disse solo “non ho niente da dirti” con una freddezza spaventosa.
 “…dimmi almeno perché. E’ finita perché ho picchiato Pablo, davvero?” e Mina si gelò.
“E’ finita perché i tuoi demoni hanno spaventato i miei…” sussurrò pianissimo dandogli le spalle, e il cuore di Juan nettamente si spezzò. Provò ad afferrarle la mano, allora, ma lei tremò spaventata e lui decise di lasciarla andare e sussurrò “non ti farei mai del male Mina, ti supplico ripensaci…”
Era la frase che suo padre le diceva sempre dopo averla ferita e lei fu letteralmente avvolta da un moto di disgusto e ringhiò “E’ esattamente quello che direbbe un violento per farsi perdonare, te lo garantisco. Ma ben presto inizierai a dire che è colpa mia, e che lo fai perché io non imparo le lezioni…”
“Possibile che tu abbia completamente cambiato idea su di me in due secondi?” le urlò ferito e lei scosse solo la testa.
 “Mi dispiace, ma c’è una cosa sola che ho giurato a me stessa Juan. Posso stare con un porco infedele, posso amare il peggior stronzo del mondo e posso sopportare di essere l’amante a vita, ma una sola cosa non posso proprio fare: dare il mio cuore ad una persona che potrebbe mettere le mani addosso a me o ai miei figli.”
“Mina io…” provò a dirle disperato, cercando in tutti i modi di fermarla, ma senza toccarla per non farle paura. La inseguì di sotto dove c’era tutta la sua famiglia, e quando lei aprì la porta che l’avrebbe fatta uscire da quella casa per sempre, le sussurrò “Mina ti prego, davvero, ti supplico. Sono disposto a qualsiasi cosa, ma non andartene…” ma lei scosse solo la testa e senza guardarlo sussurrò piano “Addio Juanito”.
Fuggì singhiozzando nella macchina che le aveva mandato Jen e lui rimase per un po’ a fissare il vuoto seduto nel patio. Provò a chiamarla, ma Mina aveva spento il cellulare. Le scrisse allora centinaia di messaggi, ma lei non li lesse mai. Disperata aveva deciso di chiudere ogni contatto con quell’uomo e così aveva chiesto ai suoi assistenti di procurarle un cellulare nuovo e un nuovo numero. Juan la cercò ovunque, con tutti i suoi mezzi, ma non riuscì ad incontrarla. Voleva dirle una cosa sola, soltanto che l’amava, e provò con tutte le sue forze a trovarla, passò serate intere fuori al portone di casa sua a New York, ma Mina sembrava sempre completamente irraggiungibile e dopo un po’ il povero pittore si convinse che fosse tutto un bellissimo sogno.
Nota:
Allora eccoci qui, con un capitolo triste. Avevate capito dei problemi familiari di Mina? E chi pensate abbia ragione? Fatemi sapere!

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Capitolo 34
*** Capitolo 34: il libro ***




ATTENZIONE: Non perdete il capitolo 33 perchè non capirete i successivi!

Capitolo 34: il libro
Per le prime due settimane aveva razionalmente finto che lui non esistesse, aveva finto di non amarlo e di non stare male, ma non le era venuto benissimo. Sorrideva piano quando le parlavano di foto, canticchiava stupide canzoni in spagnolo e sembrava sempre avvolta da pensieri tristi, ma era riuscita a resistere e ne andava molto fiera. Poi un giorno in auto fissava la pioggia dal finestrino, mentre i suoi assistenti le raccontavano qualcosa che non stava ascoltando e sentì la sua segretaria rispondere al telefono dicendo “gliel’ho già detto signor Jimenez, la richiamerà appena può…” e il cuore le salì letteralmente in gola.
“E’ un incubo!” ringhiò la segretaria finita la chiamata, ma Jen ridendo rispose “…si sarà messo qualche sciocca idea romantica in testa”
Tutti risero per quella stupida frase di Jen, ma Mina fece una cosa strana. Chiese solo “…ha chiamato spesso?” ma con una voce così dolce, da togliere il sorriso a tutti i presenti.
“Spesso? Ha chiamato ogni fottuto giorno. E mi ha riempita di email!” rispose la segretaria scocciata, ma Mina sorrise molto piano. Non poteva e non doveva stare con lui, ma le mancava infinitamente così tornata a casa fece una cosa che non doveva fare: accese il suo vecchio cellulare e si mise a guardare le foto della festa e le altre che avevano fatto insieme. Sembrava davvero che si amassero tanto, eppure non potevano stare insieme. Trovò tutti i messaggi che le aveva scritto e decise di non leggerli perché le avrebbe solo fatto più male, così spense il cellulare vecchio, riempì la sua vasca da bagno e provò ad annegare i suoi pensieri, ma questi dimostrarono di saper nuotare benissimo. Provò in tutti i modi a negoziare con il suo cervello una soluzione che potesse permetterle di stare di nuovo con lui, ma non c’era modo: non importava quanto lo amasse, doveva dimenticarlo perché le avrebbe fatto del male.
Eppure nei giorni successivi si ritrovò sempre più spesso ad accendere quel telefono e a fissare quelle foto in cui erano felici, rimpiangendo disperatamente il suo odore e il sapore della sua pelle. Iniziò a sognare di fare l’amore con lui e ricominciò a pensare ai suoi occhi per tutto il giorno, così quando le dissero che avrebbero avuto una conferenza stampa insieme, il cuore di Mina scoppiò. Aveva ignorato tutti gli impegni del libro per non vederlo, ma la conferenza stampa per il lancio non poteva proprio ignorarla, eppure si sorprese a sorridere all’idea di rivederlo.
  Lui, invece, era tesissimo. Gli tremavano le mani quel pomeriggio, e per quanto provasse a stare calmo sapeva che non ci sarebbe mai riuscito. Non l’aveva incontrata né alle cene, né ai meeting ed era rimasto a parlare da solo con Jen delle foto e del libro, ma quel giorno era diverso: finalmente dopo quasi tre settimane l’avrebbe rivista, anche se davanti ad un plotone vero e proprio di giornalisti. Certo non era la soluzione ideale, ma Juan si era detto che doveva provare il tutto per tutto, così le aveva fatto un disegno e si era fatto sistemare i vestiti e i capelli. Era contemporaneamente terrorizzato ed euforico all’idea di vederla, ma ignorava che Mina non dormisse da tre giorni per lo stesso motivo.
Arrivò prestissimo con la speranza di vederla, ma immediatamente lo confinarono nel suo camerino e capì che non sarebbe stato semplice trovare quei due occhi azzurri. Rimase a tormentarsi per un po’, e poi si avviò verso il palco con qualche minuto di anticipo e il cuore pieno di aspettative, ma non avrebbe mai potuto prevedere quello che successe. La trovò sul palco a ridere e scherzare con i giornalisti e per un attimo pensò solo “non ce la posso fare!”
“…andiamo Mina, lo sappiamo che sei una piccola peste. Davvero ci vuoi far credere che tu e Swanson siete solo amici?” le disse con tono canzonatorio un reporter molto giovane e lei con un sorriso bellissimo ribattè “Sean, tesoro, lo so che ti piacerebbe tantissimo questa storia tra me e Swanson, ma non succederà, quindi passa oltre, ok?”
Non era stata antipatica, ma molto dolce e simpatica e Juan si sciolse quando le chiesero “…e sei innamorata Mina?” perché lesse la tristezza sul suo viso per un istante.
Il suo sorriso così dolce e spontaneo si paralizzò, allora, pensando all’uomo che stava per vedere e che amava con tutta l’anima, ma facendo un occhiolino rispose “certo, del tuo collega Sean che è tanto geloso di Swanson, ma spiegateglielo vi prego che non ne ha motivo!” facendoli ridere tutti.
Sembrava molto a suo agio in quell’ambiente e scherzava con quelle iene con molta disinvoltura, ma quando dissero “Oh è arrivato anche l’artista, buonasera …” lei si gelò per un secondo e lui se ne accorse.  
Juan salutò tutti e si sedette accanto a lei con il cuore in diecimila parti. La fissò per qualche istante e poi, proprio quando pensava che era tutto perduto, Mina alzò gli occhi e gli fece un sorriso terribilmente triste. Juan ignorò qualsiasi cosa allora, e spegnendo i microfoni le disse molto piano “come stai ragazzina?”
“così…un po’ triste…” rispose Mina, con due occhi giganteschi e lui sussurrò “…a chi lo dici.”
Estrasse dalla tasca il disegno ripiegato in quattro parti e glielo porse senza parlare. Mina era incerta sul da farsi, ma con molta discrezione lo aprì e impazzì per quel disegno di un lupo che leccava le ferite di una bambina in lacrime.
Si commosse per un attimo, ma lottò con tutte le sue forze contro la lacrima che voleva scivolarle sulla guancia e sussurrò solo “grazie”, ma ovviamente quella loro intimità non passò inosservata. Furono interrotti da Jen, che aveva ovviamente capito tutto e non aveva nessuna intenzione di lasciare vita facile a Mina, così riaccese i microfoni e le ringhiò di lasciarle il posto accanto a Juan, ma lei scosse solo la testa e Juan pensò “Dio grazie”.
La prima domanda, ovviamente, fu per Juan. Avevano intercettato immediatamente il loro gioco di sguardi, non era stata una mossa furbissima da fare davanti a un plotone di giornalisti di gossip, ma ormai era fatta.
“…com’è stato lavorare con la Shatner? E’ un osso duro come dicono?” gli chiese un omino insulso e lui pensò solo “fantastico” ma rispose “ho lavorato molto bene con lei. Ha assecondato la mia visione delle cose ed è stata sempre molto professionale”.
“Rusty non riuscirai a fargli dire che sono una stronza capricciosa…” rispose Mina ridacchiando e Juan sorrise e basta, cercando costantemente i suoi occhi. Risposero a tono a tutte quelle domande, ma poi ad un certo punto in Juan nacque un desiderio stupido, e si avvicinò pianissimo per prenderle la mano sotto al tavolo. Mina tremò per un attimo e lui temendo di averla spaventata, fece per lasciarla, ma lei l’afferrò e la strinse fortissimo, facendo scoppiare il cuore del povero pittore.
“Stupida, stupidissima Mina” si disse arrabbiata, ma lui aveva iniziato a sorriderle e lei si era sciolta completamente.
Finirono la conferenza stampa mano nella mano e lui fu straordinariamente cortese con i giornalisti, ma una volta salutati Jen letteralmente la trascinò via, come faceva sempre.
“Aspetta” le disse Juan con il cuore in gola e Mina si girò a fissarlo ma Jen non la lasciò.
“…non ti chiedo molto Mìmi, rispondi solo a telefono, per favore. Mi manchi…” le disse in un impeto di sincerità e lei sussurrò piano “anche tu da morire…”facendolo sorridere come mai prima, ma allo stesso tempo facendo infuriare Jen.
Iniziò a gridargli che dovevano togliersi dalla testa quella stupida storiella, che erano stati imbarazzanti davanti ai giornalisti e mille altre cose che però Juan e Mina occhi negli occhi non ascoltarono.
“…e mi raccomando stasera, non fate cazzate con gli azionisti…” concluse Jen furiosa e Mina sconvolta chiese “ci sei anche tu?” ma lui sorridendo sussurrò piano “a stasera, mi amor…” facendola sorridere dolcemente.
“Mina, no!”
 Le ringhiò Jen portandosela via con modi estremamente bruschi. Provò a spiegarle per quanti motivi non era una buona idea quella cosa, ma Mina le rispose acida “guarda che non serve che tu mi dica perché sto sbagliando, lo so benissimo da sola. Le conosco tutte le motivazioni e sono anche più profonde di quelle che mi stai dando, che sono stronzate.”
Jen si paralizzò per un attimo, allora e Mina aggiunse “…ma non posso hai capito? Non ce la faccio. Non so se ti è mai capitato, a me non era mai successo. Mi sento morire anche solo se sento il suo nome e non riesco fisicamente a stargli lontana. E’ stupido? Lo so. E’ pericoloso? Già! Sono senza dignità? Decisamente.”
“Oddio un’altra storiella romantica…” le disse Jen con fare scocciatissimo e Mina annuì seria.
“…ma questo poi non ha neanche un soldo, benedetta ragazza! Ti sfrutterà in tutti i modi per tirare su un po’ di denaro…”
Concluse rigida e Mina pensò che non era vero, ma non aveva voglia di risponderle. Sospettava che Jen non si fosse mai innamorata e che dunque non potesse avere la minima idea di cosa stesse provando.
“…comunque la storiella è finita, dato che domani partiamo per l’Asia e resteremo fuori per più di un anno” le ringhiò bruscamente e Mina sbuffò forte pensando a tutte quelle promesse che si erano scambiati. Le avrebbe mantenute? Sarebbe partito con lei?
 Tornata a casa accese il vecchio cellulare e recuperò quel cuoricino di diamanti che aveva nascosto in un cassetto e con il cuore in gola arrivò al ristorante dove si teneva la cena. Era insieme a Jen che continuava a prenderla in giro e lo vide immediatamente appena entrata nel ristorante, ma rabbrividì quando capì che la persona con lui era la sua ex Beth, che ovviamente era stata invitata come sua manager.
 Juan non aveva avuto né tempo, né modo di cercare un sostituto per la regina di Narnia, ma non si parlavano, quindi non gli era parso un problema così grande. Toby mediava sempre tra loro e lui non si aspettava che lo avrebbe raggiunto a quella cena, dato che non si era mai fatta viva in quei giorni, eppure era evidente che Beth avesse ricevuto una telefonata di avvertimento. Ora parlava con gli azionisti di lui, vantandosi di quel “suo artista talentuoso” mettendogli la mano sulla spalla, comportandosi proprio come aveva fatto Mina tante volte.
La povera Mìmi non capì cosa stesse esattamente succedendo, ma le fece così male quella scena da spingerla ad andarsene, ignorando le lamentele poco convinte di Jen. Si girò per uscire ma poi qualcosa le scoppiò dentro e si strappò con forza la collana che aveva al collo e la diede a Jen dicendo “ridagliela. Digli che non voglio mai più vederlo”.
“Non vuole più vederti” riportò Jen con una punta di soddisfazione depositandogli tra le mani quel regalo a cui lui teneva tanto e Juan perse completamente la ragione. Scappò a cercarla, senza salutare nessuno, senza sapere neanche dove andare. Capì immediatamente che era per colpa di Beth e che aveva commesso un errore terribile, ma non aveva idea di come rimediare e Mina non aveva nessuna voglia di dargli una seconda chance. Ci provò per giorni, per settimane, ma non riuscì neanche ad avvicinarsi a Jen o a qualcuno del suo entourage. Mina era scomparsa di nuovo e questa volta aveva imposto anche alla sua segretaria di cambiare numero. Sembrava tutto finito, definitivamente questa volta, eppure il destino ci mise lo zampino. Passò più di un mese prima che quella creaturina riapparisse nella vita di Juan, presentandosi alla galleria di Brooklyn in una fresca mattina di settembre, con i suoi enormi occhialoni neri, una cartellina tra le mani e il cuore in gola. Aveva lottato per settimane con l’istinto di cercarlo, di chiamarlo anche solo per insultarlo, ma poi una persona era entrata nella sua vita e Mina fu costretta a parlarne con Juan.

Nota:
Scusate lo so che non si pubblicano due capitoli e spero di non avervi scocciato troppo, ma dovevo assolutamente farvi leggere anche questo. Allora, che ne pensate? Juan ha sbagliato con la storia di Beth? Mina ha sbagliato? E soprattutto: perchè Mina tornerà da Juan? Siete curiosi?

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Capitolo 35
*** Capitolo 35: un mistero ***


Capitolo 35: un mistero
Mina lo aveva scoperto una notte, per caso. Era ubriaca persa, nella sala relax di un costosissimo hotel di Taipei, e continuava a parlare con alcune colleghe appena conosciute di uomini, d’amore e di sesso. Aveva iniziato a parlare di lui, di quell’uomo che le aveva distrutto l’anima, e le ragazze sembravano anche particolarmente interessate a quella storia romantica, però poi le era arrivata una comunicazione ed era rimasta profondamente interdetta.
 Vedete, Mina non si occupava dei suoi profili social, aveva un nutrito entourage che gestiva tutto per lei, ed era proprio loro la mail che la sconvolse quella sera. Mina la lesse rapidamente, ma pensò di essere troppo ubriaca per capirla.  La rilesse quattro volte, ma le parve una cosa troppo assurda per poter essere reale. Rientrò nella sua stanza con molta difficoltà e si gettò a letto, ma il testo di quella mail continuò a tormentarla per tutta la notte e all’alba, un pochino più lucida, la rilesse e iniziò a capire qualcosa. Sbuffò, allora, e si disse che non aveva la minima idea di come gestire quella situazione, ma decise di farsi stampare quei documenti dalla reception notturna e rimase ancora un po’ a leggere quelle assurdità. La tesi sostenuta in quei documenti era assolutamente impossibile, e anche folle e offensiva, eppure riaccese delle speranze nel cuore della piccola Mina. Le foto che c’erano erano sconvolgenti e alcune erano assolutamente identiche alle sue fatte da Juan, era innegabile. Ma che cosa doveva fare? Le venne in mente solo una persona che potesse aiutarla in quel momento, così sbuffando ancora una volta, si lavò il viso, si vestì e abbandonò completamente i suoi impegni per fuggire a New York, senza chiedere il permesso.
Non era felice di rivedere Juan, soprattutto adesso che sicuramente era tornato con quella stronza della regina di Narnia, ma lei non aveva nessun altro al mondo, così con un’immensa fatica diede l’indirizzo al tassista che incredulo l’aveva caricata all’aeroporto di New York e rimase in silenzio per tutto il viaggio, sorridendo solo di tanto in tanto, perché il tassista aveva acceso la radio latina che passò due o tre pezzi di quella famosa festa d’addio che le avevano fatto a Chino.
Entrò nella galleria con il cuore pesantissimo e un’espressione seria e contratta da spaventare gli acquirenti che stavano vedendo i quadri, ma Toby le sorrise soltanto e alzò un dito per indicare che Juan era nel suo studio, come sempre. Ma le pareti dello studio di Juan erano di vetro e lei lo aveva già visto, anzi era un miracolo che avesse notato Toby, dato che i suoi occhi erano andati direttamente al quadrato di vetro in cui lui stava lavorando.
Mina pensò solo che quello stronzo non riuscisse fisicamente a sembrare meno attraente, perchè era bellissimo, anche se molto trasandato. Se ne stava gettato per terra a disegnare, con i capelli sporchi e la camicia sporca di vernice, ma aveva sempre quel fascino maledetto da eroe romantico che l’aveva fatta innamorare. Lei, invece, aveva persino le occhiaie.
Esitò un attimo prima di aprire quella porta, perché non era semplice quella situazione e non aveva idea di come lui avrebbe reagito. O di come avrebbe reagito lei, che aveva iniziato a tremare già quando il taxi era arrivato alla galleria. Era solo, però, quindi poteva approfittarne per provare a parlargli, sperando che volesse ascoltarla.
“Va’ via…” urlò Juan senza neanche guardare. Non aveva molta voglia di parlare con la gente in quel periodo e Gonzalo e Zack gli davano il tormento per Mina, ma lui aveva ufficialmente rinunciato a lei.
“Juan…” sussurrò l’ultima voce al mondo che si aspettava di sentire quella mattina e lui scosse solo la testa, mordendosi il labbro inferiore. Quella donna era l’incostanza in persona. Prima lo amava, poi lo considerava un mostro, poi l’amava di nuovo e poi non voleva più vederlo. Ma l’ultima volta non aveva neanche avuto il fegato di dirgli in faccia che non voleva più vederlo, e questo gli aveva fatto perdere stima di lei. Riconosceva le sue colpe, ma era davvero furioso per come lei aveva gestito le cose, fuggendo senza lasciargli neanche la possibilità di spiegarsi.
“Va’ via…” ripetè durissimo, senza neanche girarsi, ma Mina sbuffò forte e rimase esattamente dov’era, tormentando con le dita quel piccolo plico che stringeva tra le mani. Aveva appeso la foto che le aveva fatto a Los Angeles dopo che erano stati insieme, e nel vederla le venne da sorridere, ma aveva un groppo in gola fortissimo.
“Cosa non hai esattamente capito delle parole va’ via?” le disse, fissandola stavolta e lei sussurrò piano “…avevo bisogno di…” ma lui non la lasciò finire.
“Di cosa hai bisogno, ancora? Cosa vuoi ancora da me, dopo tutto quello che ho fatto?” le ringhiò arrabbiato, ma con il cuore in subbuglio perché non era proprio semplicissimo rivedere quegli occhi senza morire dentro.
Mina si era detta per tutto il tempo che non avrebbe dovuto parlare del loro rapporto, che avrebbe dovuto chiedergli aiuto, ma come amico, però non ci riuscì e ringhiò durissima “ e che cosa avresti fatto, scusa?”
“Cosa ho fatto?” le disse, alzandosi di scatto, e lei per un attimo si spaventò pensando che volesse aggredirla e fece involontariamente un passo indietro, che ovviamente non passò inosservato. Aveva ancora paura di lui, era evidente, e Juan si sentì come se qualcuno piano, piano gli stesse riaprendo quella ferita con una lama arroventata.
“Ti ho supplicato Mina, ti ho implorata di restare. Di darmi una possibilità di spiegare, di farti capire che io non sono quello che tu pensi, ma tu cosa hai fatto? Mi hai voltato le spalle e hai chiuso con me, trattandomi come il peggior figlio di puttana del mondo…” ruggì, addoloratissimo e Mina annuì soltanto, con gli occhi bassi.
“…e poi, non contento, ti ho cercata ovunque. Non hai idea di quante porte mi sia preso in faccia, solo per poterti parlare, solo per avere la possibilità di spiegarmi, ma a te non è mai fregato un cazzo di quello che avevo da dirti. E poi, quando sembrava che volessi finalmente ascoltarmi cos’hai fatto?Hai mandato la tua cagnolina a chiudere con me…”
Mina se le meritava quelle parole e anche la rabbia che trasudavano, ma non riuscì a dire una parola, rimase piccolissima accanto alla porta.
“…e quindi no, non te lo meriti di entrare qui e parlarmi come se niente fosse. Quindi vattene, perché sono io a non voler ascoltare quello che hai da dirmi, adesso…” le disse in preda alla rabbia peggiore che avesse mai provato, ma quando Mina aprì la porta per andarsene, una parte di lui lo costrinse letteralmente a dire “…che poi cosa è rimasto da dire, Mì?” con una voce tanto profonda e triste da paralizzarla.
Per qualche minuto nessuno dei sue disse nulla, poi Mina sussurrò “…non è per noi che sono venuta. Ho…anzi avrei bisogno di aiuto per una cosa che mi è successa e che non so gestire.”
Era stata cortese e gentile, ma stranamente formale e rigida, per niente dolce e lui senza guardarla ringhiò “sei incinta?”e poi rimase un attimo in silenzio, senza respirare.
“No Juan, non riguarda noi. Riguarda mia madre…”disse lei cercando di tenere il tono cortese che aveva usato prima e allora lui finalmente si decise a guardarla un po’ meglio. Fissarla era doloroso come guardare dritto in una luce accecante, ma dovette farlo. Era nervosissima, e sembrava uscita da un tornado, ma era terribilmente bella, anche se molto insicura.
Le fece segno di sedersi sul suo divano, allora e si sedette anche lui per ascoltarla, ma lei non disse una parola, gli porse soltanto i documenti che aveva tra le mani.
In quella cartellina c’erano una serie di messaggi che una donna di nome Johanna Stevens aveva lasciato su tutte le bacheche social di Mina. C’erano varie foto, incredibilmente somiglianti a quella che Juan le aveva fatto in accappatoio a Chino, foto di una bambina e di una famiglia. Il testo dei messaggi era sempre lo stesso:
Gentile signora Shatner,
 Mi chiamo Johanna Stevens, ho quarant’anni e vivo a Londra. Non è semplice per me scrivere questi messaggi, so di sembrare una pazza stalker, ma le giuro che non lo sono. Vede signora, vent’anni fa ho avuto una bambina stupenda, da un uomo siriano che potremmo definire come “complicato”. Quest’uomo poco prima del secondo compleanno di mia figlia me l’ha portata via e io non ho mai più avuto sue notizie. Ho provato in ogni modo a trovarla, ma non ci sono mai riuscita. Ora lo so che le sembra stupido, che sembra una follia, ma quando abbiamo visto la foto del suo libro mio marito ha trovato migliaia di somiglianze con le foto che le allego. Ci sono anche molti altri indizi e, lo so che è una follia, ma io non le chiedo molto: guardi tutte le foto che le allego, quelle della mia bambina e di suo padre e se per caso quelle foto le dicono qualcosa mi contatti, la prego.


Il messaggio finiva con tutti i possibili contatti di quella donna: skype, cellulare, mail, telefono del lavoro, indirizzo e persino una mail del lavoro.
“E tu stai così perché conosci quell’uomo?” le chiese molto serio, cercando di essere dolce, ma non troppo e Mina annuì piano.
“Ma potrebbero essere fotomontaggi, potrebbe essere una trappola estremamente crudele per intervistarti o ricattarti, potrebbe…” le disse preoccupato e Mina sussurrò piano “…ma potrebbe essere mia madre…” trattenendo a stento un sorriso.
“No, Mina è impossibile. Non farti queste aspettative irrealizzabili, perché è morta…” le ringhiò in modo un po’ troppo brusco e se ne pentì immediatamente, ma lei senza guardarlo rispose “…e tu lo sai perché? Io non ho mai visto una sua foto, non ho documenti che attestino la sua morte e neanche documenti con il suo nome.”
Juan annuì molto piano, allora, ma subito aggiunse con dolcezza “ragazzina, lo so quello che provi. So che significa avere un buco nero in petto, perché hai perso qualcuno di importante, ma…ti farai male su questa strada, te lo dico”
“Aiutami, allora…” sussurrò piano, prendendogli la mano e Juan rabbrividì per quell’intimità così inaspettata.
“E cosa vuoi che faccia? Che la interroghi?” chiese serio, ma Mina scosse la testa e sussurrò piano“parliamole su skype. Sentiamo la sua storia e poi se ci convince andiamo a Londra a fare il test del DNA…”
“E’ una follia…” le disse, scattando in piedi e passandosi una mano nei capelli nervosamente.
“Ed è assurdo che tu pensi che dopo tutto quello che è successo, io ti segua ancora come un cagnolino scodinzolante…” aggiunse, ma non nervoso, addolorato e lei bisbigliò piano “…sono venuta da te perché ho creduto in una promessa, perché mi avevi detto che mi avresti protetto sempre, e invece valeva solo finchè andavamo a letto insieme, evidentemente.”
“Ti sto proteggendo, idiota…” le disse, con una nota di disperazione nella voce molto evidente e Mina gli sorrise soltanto. Rimasero per un attimo occhi negli occhi e lui si accorse del dolore di lei e sussurrò piano “…so che me ne pentirò, me ne sto già pentendo, ma facciamolo” facendola finalmente sorridere.
Nota:
Allora che ve ne pare di questa situazione? Vi interessa questo mistero? Siete curiosi di sapere cosa stia per succedere? E che ne pensate di questi due? Fatemi sapere.

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Capitolo 36
*** Capitolo 36: Johanna Stevens ***


Capitolo 36: Johanna Stevens
 “Allora, ricapitoliamo: le facciamo delle domande, ci facciamo mandare i documenti, investighiamo e solo dopo tutto questo decideremo se andare a Londra…”
Disse Mina rigidissima e lui annuì divertito, perché aveva appena finito di dirle esattamente le stesse parole, ma lei era completamente in tilt e gli faceva quasi tenerezza.
“…e non devo farmi abbindolare da informazioni che si trovano online o che potrebbero aver avuto da vecchie persone che mi conoscevano…” concluse Mina, parlando più a se stessa che a Juan.
“Ok, quindi lo faccio?” chiese Juan serio e Mina annuì e basta, stringendosi piccola piccola contro la sua spalla con il cuore in gola. Era sicura di poter contare su di lui, anche se ormai era l’uomo di un’altra.
“Dannazione!” pensò Juan, nel sentire quel piccolo corpo accanto al suo. Gli faceva sempre lo stesso effetto, quello di un uragano, e per quanto fosse arrabbiato e rancoroso, gli veniva solo voglia di stringerla quando lei si accoccolava così. Ma poi la persona all’altro capo del telefono rispose e lui tornò concentrato.
Johanna Stevens stava preparando la cena alle sue ragazze quella sera, ed era anche piuttosto rilassata. Aveva bevuto due bicchieri di vino e stava cucinando l’arrosto canticchiando, quando una telefonata la sconvolse. Non si aspettava una risposta da Mina, al massimo pensava che potesse scriverle il suo avvocato, per minacciarla. Ci sperava, ovvio, ma era sicura che la super modella non li avesse neanche letti i suoi messaggi. Rispose al telefono distrattamente, bevendo un goccio di Pinot nero, che le andò quasi totalmente di traverso: un uomo dalla voce estremamente calma e seria le disse che chiamava da parte della signorina Shatner, e chiese se fosse possibile vederla su skype.
“Immediatamente…” rispose estremamente turbata, e abbandonando completamente l’arrosto, si affrettò ad accendere il computer. Si sistemò un attimo, convinta di stare per vedere una grande star, ma rimase estremamente perplessa nel trovarsi davanti un bel pezzo di ragazzo che aveva tutta l’aria di essere un buttafuori.
“Sono nei guai? E’ il legale della signorina Shatner?” chiese nervosa, ma con un sorriso, e Juan serissimo rispose “ No, nessun legale” avrebbe voluto concludere con “grazie al cielo” perché non aveva proprio un buon rapporto con gli avvocati, ma non lo fece.
“sono…”
Ecco, dopo tre parole non sapeva già più che cosa dire. Come diavolo doveva qualificarsi? Il suo ex? Un amico? Il suo fotografo? Per questo nessuno lasciava mai parlare lui, perché non sapeva proprio esprimersi, ma Mina non era una donna comune e non poteva essere lei a parlare con quella donna. Così ci pensò e abbaiò serio “…sarò il vostro tramite per adesso. Mina è qui, ascolterà tutte le domande, ma preferisce non comparire” e involontariamente allungò la mano verso la sedia accanto a lui, che però non era inquadrata dalla webcam, e le mise una mano sulla spalla.
“Ascolterà tutte le sue risposte alle mie domande, e poi deciderà se intervenire o meno. Ovviamente non può usare la sua immagine senza consenso …” ringhiò Juan durissimo e Johanna annuì e disse un po’ imbarazzata “ Capito, chiaro. Però potrò fare anche io delle domande?”
Juan e Mina non avevano discusso di quel punto e lui la guardò perplesso, ma Mina annuì e basta. Aveva notato che c’erano delle somiglianze tra loro, che aveva esattamente la sua stessa vertigine nella parte posteriore della testa e che il colore dei suoi occhi era davvero molto simile al suo, e stava vivendo un conflitto interiore fortissimo. Continuava a ripetersi le parole di Juan come un mantra: non doveva illudersi o abbassare la guardia e non doveva farsi aspettative, ma tremava letteralmente per l’emozione. Si era sempre chiesta da chi avesse ereditato gli occhi, le labbra e quel suo strano neo sul collo, ma non era sicura di voler ascoltare quello che aveva da dire quella donna. Temeva di illudersi, ma allo stesso tempo moriva dalla voglia di sentirsi dire che quella creatura così bella e scapigliata fosse quell’amore che le era mancato per tutta la vita.
 Lei e Juan avevano passato del tempo ad appuntarsi tutte le domande da farle, e lui condusse l’interrogatorio con fare da perfetto detective dei film noir. Con una sigaretta tra le labbra interrogò Johanna con modi molto seri e formali. Johanna era agitatissima e si sentiva come se stesse facendo qualcosa di male, ma provò a non mostrare i suoi dubbi. Rispose a tutto, gli mostrò persino gli estremi dei suoi documenti e giurò di inviargli via mail il certificato di nascita della sua bambina. Era tesa come una corda di violino, ma Mina lo era di più, perché la storia che raccontò conteneva troppi dettagli familiari per la nostra modella.
 Parlò di tutto: della sua storia tormentata con un uomo di nome Salim, della relazione conflittuale tra loro, della sua gravidanza inattesa e della onnipresente famiglia di lui che pretendeva di gestire sempre tutto e di costringerla a tornare in Siria. I nomi dei genitori combaciavano, e anche i loro caratteri, ma non quello dell’uomo: il padre di Mina, infatti, si chiamava Ahmed e basta, non Salim Ahmed. E poi Johanna le mostrò altre foto e a Mina mancò l’aria, perché le parvero proprio i suoi odiati nonni.
“Salim, però, era un bastardo violento…” disse Johanna a un certo punto, facendo tremare sia Mina che Juan, che per un attimo pensò allo sguardo atterrito di Mina mentre lui strangolava quasi Pablo.
“…e dopo essere stata appesa al muro e quasi strangolata, l’ho denunciato” concluse Johanna seria.
“bastardo…” commentò Mina seria, facendo sentire per la prima volta la sua voce. Non voleva intervenire, era contro tutto quello che lei e Juan avevano deciso, ma quel commento le era sfuggito.
 Juan e Johanna reagirono esattamente nello stesso modo a quelle parole: letteralmente sussultarono. Lui risentì nelle orecchie le parole crudeli di Mina di quella famosa notte in cui gli aveva voltato le spalle, e iniziò finalmente a capire. Non aveva compreso esattamente perché se ne fosse andata, ma dopo essersi interrogato a lungo, era giunto alla conclusione che si fosse offesa per essere stata ignorata e involontariamente colpita e fosse andata via. Adesso, però, finalmente riusciva a mettere insieme i pezzi e la rabbia nei suoi confronti iniziava a scemare.
 Johanna, invece, si sentì malissimo. La voce di Mina era molto simile alla sua, e quella stupido sospetto ormai le pareva incredibilmente fondato. Quella donna poteva davvero essere sua figlia, e una parte di lei soffriva da impazzire all’idea che quell’uomo le avesse fatto del male.
“…Insomma anche questo Salim era un gran stronzo” concluse Mina, cercando di riportare la conversazione su altri argomenti e Johanna le sorrise.
“…era piuttosto incasinato, a dire il vero. Non aveva accettato subito Ahmina, e non aveva un forte rapporto con lei, ma ha temuto che con la denuncia volessi portargliela via, così l’ha rapita. Non penso che volesse farle male, perché probabilmente la amava, ma non in modo corretto…”
“Allora sicuramente non sono questa bambina…” concluse Mina seria, alzandosi e appoggiando le braccia sulle spalle di Juan, che rimase serissimo ma trasalì per quel gesto così affettuoso. Mina sbuffò e fissando Johanna dritto negli occhi sussurrò “mi dispiace Johanna, penso che tu sia una donna straordinaria e molto forte. Credo che Ahmina sia orgogliosa di quello che fai per lei, ma non credo di poter fare molto per aiutarti…”
Fu molto duro per Johanna sentire quelle parole, perché occhi negli occhi, aveva maturato la certezza che quella donna così dolce fosse proprio la sua Ahmina. Le somigliava tanto e aveva persino una voce simile alla sua, ma se voleva rifiutarla, doveva lasciarla andare senza chiederle nulla. In fondo a lei bastava che fosse viva e che stesse bene, non se l’era detto mille volte? Eppure era così difficile fare finta di niente, così con un groppo in gola sussurrò
“Senti Mina, io non lo so se davvero tu potresti essere mia figlia, o se è tutto uno stupido insieme di coincidenze. Se devo essere sincera, ormai sono un po’ di anni che temo che lei sia morta perchè tra la guerra, il padre pazzo e la nonna sadica, non mi aspetto che sia riuscita a sopravvivere perché era una creatura troppo piccola e indifesa. Ti ho scritto, ti ho raccontato questa storia, solo perché non volevo lasciare nessuna pista imbattuta, ma comprendo le tue perplessità e non ti chiedo assolutamente nulla.”
A quel punto Juan alzò gli occhi dal suo taccuino e decise di dover dire qualcosa, perché malgrado tutto quello che lui e Mina si erano detti, per lui era evidente che quelle due donne avevano davvero troppo in comune.
Provò a dire “Mì…” ma Johanna aggiunse piano “…Vorrei solo un favore da te, se posso osare. Mi piacerebbe molto che mi togliessi questo ultimo dubbio, regalandomi un tuo capello per il test del DNA. Non ti costringo a vedermi, può portarmelo questo signore o chiunque altro lavori per te. E non ti chiederò soldi o altro, sono disposta a metterlo per iscritto. Voglio solo…una risposta…” non riuscì a finire la frase, perché il groppo che aveva in gola non le permise di parlare per qualche minuto e ancora una volta Mina pensò che fosse una donna eccezionale.
 “tu che ne dici?” sussurrò piano all’orecchio di Juan, con una tenerezza immensa e Johanna finalmente capì chi diavolo fosse quell’uomo tra di loro, perché era evidente che fosse il suo compagno.
“Dico che non costa nulla fare il test. Che ci sono delle cose che non quadrano, ma molte altre combaciano. E soprattutto, penso che facendo il test entrambe vi liberereste di una tarlo che vi mangerebbe l’anima se lo lasciaste in sospeso…” rispose lui, afferrandole piano la mano. Non voleva dare a Mina false speranze, ma lui aveva il dubbio e aveva capito che lei stava facendo esattamente come aveva fatto con lui all’inizio: per paura di soffrire stava fuggendo.
“Sei appena diventato il mio migliore amico!”
Disse Johanna fin troppo entusiasta a Juan, ma Mina non le sembrava ancora convinta, così aggiunse “Solo un capello ragazza, nient’altro. Perché hai i miei stessi occhi e la mia stessa voce. Lo stesso neo sul collo e anche quella stupida vertigine nei capelli. E lo so che sembra poco, che sembra niente, ma quando hai passato diciotto anni a tormentarti al pensiero che tua figlia possa essere chissà dove, ti aggrappi a qualsiasi cosa. E capisco che tu voglia ignorarlo, perché magari hai la tua vita, ma mi somigli.”
Si sorrisero un attimo e persino Juan era quasi commosso. Pensava solo “dai ragazzina testarda, accetta!” ma non lo disse.
“Certo non mi somigli chissà quanto, perché tu sei di una bellezza vergognosa, ma qualcosina c’è…”aggiunse Johanna, nervosissima e poi continuò “…anche se hai un corpo mozzafiato, una pelle bellissima e dei denti assolutamente fantastici e questo dimostra che probabilmente tu non abbia niente a che vedere con me, perché sia io che le mie figlie abbiamo degli orrendi incisivi laterali piccoli come un chicco di riso e i tuoi invece…”
“…sono finti.”
Rispose Mina estremamente emozionata. Myles le aveva fatto sistemare i denti e qualcuno che conosceva quel dettaglio ovviamente c’era, ma erano le stesse persone che conoscevano la piccola Ahmina.
“Wow, te li hanno fatti benissimo…”
Concluse Johanna ridacchiando, per cercare di stemperare un po’ il clima, ma aveva le lacrime agli occhi. Sì, la questione dei denti era la prova definitiva che le serviva e il cuore le scoppiava al pensiero di stare parlando con la sua Ahmina.
  “E va bene, facciamolo…”
Sussurrò Mina piano, facendo sorridere Juan e letteralmente implodere il cuore di Johanna. “…sei incredibilmente generosa e gentile” sussurrò piano e poi aggiunse “se mia figlia fosse come te, potrei solo esserne contenta” facendo sorridere tristemente Mina.
Juan le disse che aveva bisogno di un po’ di tempo per organizzare il viaggio e Johanna impazzì quando capì che Mina sarebbe andata di persona.
“Mi serve tempo per fare delle ricerche su di lei…voglio essere sicuro che non sia una matta o una trappola…” le disse, interpretando lo sguardo confuso di Mina, ma poi aggiunse “…però la linea delle labbra è identica e beh…lo sai no?”
“Sì, lo so, certo…” sussurrò lei pianissimo e per un attimo rimasero in silenzio.
“Il nome di lui, però, non coincide…” le disse sovrappensiero, osservando i dati che gli aveva scritto Mina su un foglietto e lei annuì.
“…però se ha il doppio nome, potrebbe essere solo una sottigliezza. Poteva farsi chiamare Salim a Londra e Ahmed a New York…non mi sembra una cosa complessa. Potrei farlo anche io…”
Mina, non aveva molta voglia di parlare, così lo fissò con un’espressione da gatto curioso e lui trattenendo una risatina sussurrò “sì, quella fanatica di mia madre mi ha chiamato Juan Jesùs Vargas Jimenez… puoi ridere…”
Fu un attimo: lei sorrise e lui pensò che forse doveva provare a capire meglio cosa diavolo le fosse successo, così si avvicinò pianissimo e le mise una mano sulla guancia. Fu un attimo, si fissarono profondamente negli occhi ed entrambi sentirono che c’era ancora qualcosa tra loro, ma Mina si ritrasse confusa pensando al tradimento di Juan che era tornato con Beth. Gli disse in fretta che si era fatto tardi dunque doveva lasciarlo tornare a casa, e fece per andarsene quando lui le disse “Accendi il cellulare.” Facendola tremare.
“…così posso avvertirti quando ho notizie…” specificò seccato, perché come diavolo gli era venuto in mente di farsi rifiutare di nuovo? Ma lei annuì e basta e scomparve.
Juan contattò Carlos, che aveva contatti ovunque e gli presentò delle persone che per soldi potevano dirgli tutto quello che serviva in poche ore. Quella sera pensò a tante cose, si fece migliaia di domande e si disse che forse stava per scoprire qualcosa sulle centinaia di ferite di Mina, ma cercò di non pensarci più di tanto. Dodici ore dopo il bonifico, gli arrivò il fascicolo di Johanna Stevens, quello di Ahmed Salaah Rajmed e quello di Ahmina. Non aveva richiesto anche il suo, ma gli fu immediatamente chiaro che Carlos aveva pensato di fargli un regalo, ma si sbagliava.
Lesse quei documenti attentamente, sottolineò persino dei passaggi, e capì ogni cosa: le reazioni di Mina, i misteri del suo passato, i problemi che aveva con gli uomini e, soprattutto, la causa delle sue cicatrici. Le aveva imputate al suo periodo da spogliarellista, pensava fossero il frutto di qualche cliente troppo violento, ma ora aveva capito che proprio quelle ferite l’avevano spinta a fuggire di casa, e anche ad abbandonarlo poche settimane prima. Gli venne quasi da vomitare nel leggere quel fascicolo: Ahmed l’aveva mandata in ospedale per dieci volte, rompendole braccia, gambe, costole, labbra e persino la testa.  Lesse dell’ultima volta in cui Mina era finita in ospedale e sbuffò forte, realizzando esattamente cosa aveva spaventato quel piccolo e tormentato amore della sua vita. Si sentì un mostro allora, e fu letteralmente invaso dalla vergogna. Non si considerava un uomo violento, non lo era mai stato, ma sicuramente aveva difficoltà a gestire la rabbia, e lei evidentemente aveva troppe ferite per sopportare quello che aveva visto. Juan non aveva mai fatto del male ad un innocente, men che meno ad una donna, ma immaginò che lei avesse frainteso e che si fosse spaventata. Ora si sentiva enormemente in colpa con lei, ma anche stranamente responsabile: doveva occuparsi di lei e proteggerla perché lo aveva giurato e perché troppi uomini le avevano fatto del male.
“Ciao ragazzina…”
Le disse, con una voce tanto vellutata e profonda da sembrare una carezza e Mina per qualche minuto non seppe cosa dire.
“Stai bene? Hai mangiato?”aggiunse, cercando di sembrare sereno e lei ridacchiò pensando che fosse molto tenero.
“Ho bevuto e non poco…” rispose Mina ridendo e rimasero per qualche minuto a parlare di quanto avesse fatto bene, poi lui le disse solo “dai, tira fuori il jet privato, facciamo questa valigia e andiamo a conoscere Johanna…”
“Anche se sono sbronza?” rispose Mina allegra e lui bisbigliò “perché avevi intenzione di guidare? Ti faccio dormire durante il viaggio, così ti riprendi…” e lei tremò piano.
Si rividero in taxi, poche ore dopo e Mina letteralmente lo stritolò fortissimo perché si sentiva la donna più fortunata al mondo ad averlo vicino, e non si accorse subito dello sguardo triste che aveva lui.
 “grazie di essere con me…” bisbigliò  pianissimo appoggiata alla sua spalla e lui si sciolse, ma provò in ogni modo a non darlo a vedere.
“Vengo solo perché sono curioso di scoprire il finale della storia…” le disse, cercando di sembrare rilassato e divertente, ma senza riuscirci benissimo.
“grazie comunque” sussurrò con lo stesso tono che usava quando facevano l’amore, e Juan si sentì totalmente a soqquadro, ma le strinse solo la mano e sussurrò a sua volta “perché io?”
“Perché…sei l’unico che mi abbia mai…”
No, non poteva dire “amata” , era troppo difficile e poi lui neanche glielo aveva detto, quindi non poteva dirselo da sola. Ci pensò un attimo e poi farfugliò confusa “Non sapevo davvero cosa fare all’inizio, ma ero sicura che tu lo avresti saputo, invece. Ero spaventata, confusa e arrabbiata, ed ero sicura che tu mi avresti calmata.”
Bene, era ufficialmente la sua balia, fantastico. Così decise di cambiare argomento, ma Mina sussurrò “…insomma sei l’unico che si sia mai preso cura di me per davvero, l’unico con cui io mi sia realmente sentita protetta,e anche con Carlos, anche in mezzo ai malviventi ero sicura che tutto sarebbe andato bene perché c’era il mio supereroe a difendermi. Perciò… ho pensato che potessi farlo per l’ultima volta…”
Facendolo sbuffare non poco, prima di confessare “…e poi il nostro è un legame speciale, di quelli che difficilmente si spezzano. Almeno io lo vedo così…”
Juan annuì seccato e lei sorridendo aggiunse “…un legame di quelli da film, che resiste alle guerre e alle tempeste. Un legame in cui se uno è nei guai, sa per certo di poter contare sull’altro sempre, per quante cose brutte ci si possa fare, no Juanito?”
“…certo. Se l’altro rispondesse a telefono, però, sarebbe meglio…”concluse, cercando di annegare i suoi sentimenti in quel commento sarcastico, senza riuscirci benissimo e lei si accomodò placidamente sulla sua spalla come una bellissima gatta dispettosa e senza sapere bene perché iniziò ad accarezzargli i capelli.

Nota:
Buonasera cari lettori, perdonatemi per l'attesa. Allora che cosa pensate della storia di Johanna? Vi sembra plausibile? Sbagliano Juan e Mina ad andare a Londra? E riusciranno i nostri eroi a riappacificarsi, secondo voi? Fatemi sapere.

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Capitolo 37
*** Capitolo 37: il viaggio a Londra ***


Capitolo 37: il viaggio a Londra
In aereo Mina si addormentò pianissimo sulla sua spalla e Juan, con il cuore in tempesta, rimase a disegnarla, soffrendo come un cane per le parole che lei aveva detto sul loro rapporto. Juan Jimenez viveva un terribile conflitto: l’amava e voleva starle accanto, ma si rendeva perfettamente conto che Mina non avrebbe mai perdonato quel suo stupido scatto d’ira verso Pablo e non voleva farsi illusioni. Si disse che non sarebbe mai stato suo amico, perché quello che voleva era tutt’altro. Desiderava disperatamente che lei lo guardasse con quella dolcezza che aveva sempre usato e rimpiangeva terribilmente i suoi abbracci, i complimenti sussurrati con occhi sognanti e quella piccola mano che lo cerca in continuazione. Voleva fare l’amore con lei, averla solo per lui e avere un bambino con quegli occhi blu così belli. Non poteva davvero sopportare di tenerla accanto se lei non era sua, ma non poteva forzarla, così si disse che dopo quel viaggio a Londra le avrebbe detto tutto chiaro e tondo e avrebbe chiuso con lei, perché doveva assolutamente togliersi dalla testa tutte quelle idee stupide su un'amicizia improbabile, ma poi lei fece un verso da gattino nel sonno e lui morì.  Senza sapere neanche bene come o perché si trovò a baciarle la fronte.
“Hola…” sussurrò lei, spalancando uno di quei due fari azzurri su di lui, e Juan fu costretto a distogliere lo sguardo pensando solo “che imbarazzo” ma lei non ci fece minimamente caso, e con un atteggiamento molto prepotente occupò il suo petto e fece per riaddormentarsi.
“…sono un cuscino, quindi per te?” sussurrò Juan con un filo di voce, perché si sentiva completamente sopraffatto, ma lei ridacchiando rispose “…un cuscino, un vibratore, un detective, un dittatore brontolante…” e lo lasciò a chiedersi cosa diavolo volesse dire.
Mina era confusa e sconvolta per la storia di Johanna e aveva deciso di mettere in pausa tutta quella storia di Juan, anche perché desiderava disperatamente toccarlo. Ne aveva parlato con la sua psicologa, ma a grandi linee. Le aveva chiesto se fosse normale che una donna cresciuta con un padre violento s’innamorasse disperatamente di un altro violento, e la psicologa le aveva spiegato che poteva succedere, ma era un meccanismo molto dannoso.
“E sia…” si disse, accoccolandosi sul petto di Juan “…abbandoniamoci a questo meccanismo dannoso, anche se per una volta sola…”.
Juan la lasciò fare, si lasciò toccare e trattare da cuscino, ma quando si accorse che stava per svegliarsi iniziò anche lui ad accarezzarle il collo e la schiena e Mina pensò solo “…no, non così…” ma lo lasciò fare e lui si accorse che era sveglia quando capì che l’aveva scossa un tremito.
“Direi che hai dormito abbastanza…” le disse, con voce molto profonda e straordinariamente sexy e Mina pensò “non fare quello seducente con me, per favore!” ma cercando di sembrare rilassata si alzò dal suo petto e sussurrò “…perché vuoi propormi altro?”
Juan rise soltanto, ma quando si morse il labbro Mina capì che la risposta era ovviamente sì, e impazzì di desiderio per qualche minuto. Rimasero a fissarsi per un po’, quando lui fece una cosa assurda. Vedete Mina aveva indossato una camicetta che oltre ad essere trasparente e sexy, aveva i primi bottoncini aperti, e dunque gli aveva garantito una vista da svegliare un morto che lo aveva torturato per ore. Juan allora si avvicinò piano al petto di Mina e con molto rispetto sfiorò la camicetta e chiuse quei bottoncini, lasciandola a morire di desiderio. E poi, dopo cinque minuti in cui non riuscirono a fare altro che fissarsi intensamente desiderando solo di spogliarsi reciprocamente, Juan tornò razionale e le disse “…meglio pensare a Johanna, dai…” così le raccontò di quello che aveva letto, ma  senza smettere di guardarla con lo sguardo che usava quando facevano l’amore e questo impedì totalmente a Mina di capire quello che le stava dicendo.
“…insomma la storia esiste. E combacia anche con quello che ho trovato su tuo padre. Cioè su quell’uomo che lei sostiene essere tuo padre…” e Mina si congelò a quelle parole.
“…Non mi hai chiesto di fare ricerche su di lui, non ti avrei dato il permesso…” ringhiò severissima, con un atteggiamento orgoglioso da regina ribelle che sfida gli oppositori e Juan le sorrise con fare colpevole.
“…era l’unico modo Mina.” Rispose piano, con infinita dolcezza e lei con occhi bassi chiese “insomma mi ha rapita, vero?”
“E’ un discorso complesso. Esistono due uomini con anagrafica simile, e foto segnaletica identica, che però hanno passaporti diversi, uno siriano e uno americano. Uno di questi uomini è ricercato dall’Interpol per rapimento e l’altro…è tuo padre…” concluse, perché non voleva dirle delle denunce per violenza domestica di cui aveva letto.
Mina sbuffò forte e ringhiò “bene, ora lo sai. Immaginerai come stanno le cose, no?”
Juan annuì e lei fece lo stesso, restando in silenzio per un po’, poi concluse molto rigida “…ma non ne parleremo. Mai” e lui le baciò piano la testa, ma le sussurrò all’orecchio “…per quello che vale Mina, comunque, piuttosto mi faccio vent’anni di carcere, ma non permetterò a nessuno di farti ancora del male…”
A quel punto Mina avrebbe dovuto dirgli mille cose, ma era troppo confusa e anche agitata per Johanna, così gli strinse solo la mano e lui pensò per l’ennesima volta di essere stato un coglione totale.
Erano quasi arrivati e lei dedicò il resto del viaggio alla lettura del dossier di Johanna e lui la fissò e basta, ma senza parlare, stringendo quella minuscola mano tra le sue.
Si erano dati appuntamento con Johanna direttamente in clinica e in taxi non si dissero una parola: Mina era tesissima e Juan non aveva buone capacità dialettiche normalmente, immaginate come sapesse gestire le emergenze.
Johanna e suo marito Liam li aspettavano in ospedale, davanti alla porta del laboratorio di analisi e la povera mamma era letteralmente stravolta. Aveva chiesto mille “e se…?” a Liam e lui, che generalmente aveva la pazienza di un Santo, le aveva sempre risposto con molta calma, ma iniziava a spazientirsi. All’ennesimo “e se…?” però potè finalmente rispondere “chiedilo a lei” mostrando a Johanna una donna bellissima vestita di nero che si stava avvicinando mano nella mano con un tizio che a Liam ricordò un personaggio di Sin city.
Si presentarono tutti, e Johanna abbracciò in modo decisamente inopportuno Juan sussurrandogli solo “grazie, grazie per averla portata”, ma lui sorrise e basta imbarazzato. Le due entrarono insieme in ambulatorio, lasciando i due uomini a chiacchierare. Juan squadrò quel tizio con attenzione e lo trovò stranamente simpatico. Era un ometto super magro e completamente anonimo, con corti capelli castani, occhi di un insulso color castano e un paio di occhiali di quelli da cinque dollari al supermarket.
“Insomma io sono un insegnante, sono il marito di Johanna e sono anche quello che le ha scattato la foto in cui assomiglia a Mina. Insegno arte, sai…” gli disse orgogliosissimo e Juan si sforzò di non ridere, perché lui era convinto che non si potesse imparare l’arte, dunque trovava quella frase così ridicola. Non gli disse molto, ma quando gli chiese il suo nome e Juan rispose, Liam rimase per qualche minuto a chiedersi dove avesse sentito quel nome, ma non potè pensarci a lungo, perché le due donne uscirono dal laboratorio. Mina sorrideva in un modo tanto bello da far bene al cuore e quando gli chiese se potevano andare a fare colazione con loro Juan sussurrò solo “niente tè però…” facendo ridere tutti.
“…insomma Mina leggevo che ti piace molto Londra, no?” le disse Johanna nervosissima a quel tavolo e lei annuì cortese. Non era facile intavolare una conversazione, ma Mina sorridendo disse “state insieme da molto?” e questo stampò un sorriso sul volto di entrambi.
“Troppo!” rispose Johanna ridacchiando, ma immediatamente prese la mano di Liam e stringendola forte sussurrò “…ma stiamo insieme da sempre. E’stato il mio primo ragazzo e ci eravamo lasciati per Salim…”
“Sapete come si dice, no? Persi di vista, ma non dimenticati. Perché puoi perdere di vista il tuo vero amore, puoi avere dubbi, ma non lo puoi dimenticare…” rispose Liam con una dolcezza infinita, mettendo un dito sulla guancia di Johanna, che gli sorrise in modo bellissimo, e i nostri due protagonisti letteralmente tremarono. Mina sorrise piano, cercando involontariamente lo sguardo di Juan, che era esattamente su di lei.
“…e poi ci siamo ritrovati per caso a insegnare nella stessa scuola. Era il mio primo anno d’insegnamento e non ci capivo proprio nulla, così l’ho stalkerato per avere tutte le informazioni possibili e lui invece mi stalkerava per uscire insieme. Ma quando ci siamo innamorati, io ero piena di ferite, non mi fidavo…”
“Sarà genetico…” pensò Juan, e fissando Mina si accorse che lei stava inseguendo un pensiero simile.
“… ma Liam mi è stato accanto e ha combattuto con me per Ahmina, così ho capito che non potevo vivere senza di lui e in pochi mesi l’ho sposato…” concluse Johanna dolcemente. Sia lei che suo marito avevano notato la strana espressione di quei due così decisero di metterci lo zampino chiedendo “…e voi quando vi sposate?”
A Juan andò letteralmente di traverso lo schifosissimo caffè inglese che stava sorseggiando per sforzarsi di essere cortese, ma Mina rise soltanto molto forte.
“Oh andiamo, siamo insegnanti: abbiamo i superpoteri. Riconosciamo gli innamorati a chilometri…” aggiunse Liam con quell’ antipatico sorriso di chi sa esattamente tutta la storia prima che tu gliela racconti, ma né Juan né Mina dissero una parola e Johanna aggiunse con fare molto materno “…probabilmente adesso non state più insieme, no? Però è evidente che era una storia importante per entrambi…”
“…e che siete vergognosamente innamorati…” concluse Liam, alzando un sopracciglio e Juan pensò solo che quei dannati insegnanti dovevano avere doti paranormali, ma si alzò per andare a fumare quando Mina disse “…è stato un grande amore, temo…” paralizzandolo totalmente.
Che diavolo voleva dire quel “temo”? rimase in piedi confuso per qualche secondo, ma poi decise che era troppo ridicolo in quella posizione e si allontanò solo per andare a prendere lo zucchero. Juan prendeva il caffè amaro, lo sapevano tutti, e Mina sorrise piano.
“…e perché è finita?” aggiunse Liam, con lo stesso tono con cui parlava con i suoi ragazzi e Mina strinse le spalle e sussurrò “…perché è complicato”.
Juan voleva disperatamente ascoltare cosa avesse da dire, ma il suo cellulare iniziò a suonare e lui sbuffò perché doveva per forza rispondere.
“…e credo che lui sia tornato con la donna con cui stava prima di me…” aggiunse Mina, addolorata per quella telefonata. Nessuno chiamava mai Juan, solo lei e Beth e pensò immediatamente che fosse lei.
“…ma lo hai lasciato tu?” le disse Johanna, morendo di tenerezza per quella sua bambina così triste e lei annuì e basta.
“…allora starà con lei per quello. Magari aveva solo bisogno di dimenticare, succede…” aggiunse Johanna con fare incredibilmente materno e poi fece una sciocchezza: vedete Mina aveva gli occhi bassi ed era evidente che non si sentisse a suo agio a parlarne, così Johanna pentitissima per averla fatta stare male le prese la mano e per un attimo entrambe tremarono. Liam, invece, sorrise con una dolcezza infinita e quando Juan rientrò rimase per qualche secondo sorpreso da quella scena, ma non disse nulla.
Johanna e Liam, terribilmente pentiti, si offrirono di trascorrere anche il pomeriggio con loro e Mina moriva dalla voglia, ma aveva paura che lui la rimproverasse e quando le disse “facciamo quello che vuoi, ragazzina…”  sorrise pianissimo.
 Juan non aveva dubbi sul risultato di quello stupido test, perché vederle insieme era come guardare in uno strano specchio: Mina aveva la pelle più scura, era più giovane e più bella, ma erano letteralmente identiche. Li trascinarono in giro per la città e Juan e Liam rimasero a guardarle mentre chiacchieravano, si scoprivano e si avvicinavano sempre di più. E quando Juan si accorse che ridevano insieme e Mina aveva il braccio sulla spalla di Johanna non resistette e iniziò a scattargli delle foto, ignorando totalmente le chiacchiere del suo accompagnatore.
“Oh mio Dio, tu sei quello che ha fatto le foto del libro!” disse Liam, stravolto e lui annuì e basta, con la sua solita sigaretta tra le labbra.
“…quindi è così che vi siete innamorati, no? E’ una storia incredibilmente romantica!” gli disse felice e Juan annuì e basta, ma poi fu costretto a rispondere di nuovo e Mina assunse un’espressione tristissima nel vederlo ancora a telefono.
Girarono ancora per un po’, ma alla terza telefonata Johanna gli disse a bruciapelo “…Juan vogliamo sapere con chi sei sempre a telefono, perché questa cosa ci manda in paranoia.”
Era stata assolutamente scortese e anche prepotente, ma Juan aveva capito che parlava a nome di Mina e rispose “…è Toby. Per venire a Londra ho fatto una cazzata e adesso lui sta cercando di rimediare e di non farmi finire in causa con il giornale a cui non ho finito il servizio fotografico…”
“Non è una donna, quindi…” disse Johanna entusiasta, perché quello strano ragazzo le era simpatico e Mina sorrise e basta.
“…torniamo a New York…” gli disse piano, ma lui scosse solo la testa e facendole l’occhiolino sussurrò “risolverò, tranquilla ragazzina…” facendola completamente sciogliere.
“…quindi Juan Jimenez sei un fotografo famoso?” chiese Liam incredibilmente interessato e lui rise soltanto, ma Mina prendendogli la mano rispose  “…è un pittore e fotografo. Credo che famoso lo diventerà a breve, se io smetto di impedirgli di fare i servizi fotografici…”
“ma non mi interessa, e lo sai” le disse con molta dolcezza e Mina lo strinse fortissimo e cominciò a baciargli le guance, facendolo tremare
 “…se fai così rinuncio ad altri duecento servizi fotografici…” le sussurrò pianissimo e per un attimo si fissarono come se stessero per baciarsi, ma poi Johanna commentò che era tutto incredibilmente romantico e lui rise soltanto.
Alla fine, le due donne misteriose, senza quasi accorgersene  trascorsero tutta la giornata insieme e nessuna delle due voleva lasciare l’altra, ma Johanna doveva tornare a casa dalle sue bambine così provò a chiedere “Posso invitarvi per cena? Posso fare uno sformato e un arrosto per la donna più bella del mondo e il suo artista bohemien?”
“…se pensi che lei lo mangi…” rispose Juan ridacchiando, ma Mina gli diede solo un pugno sulla spalla e sussurrò “certo”.
Non si era mai sentita tanto contenta e in pace e si disse che se anche Johanna non fosse stata sua madre, le avrebbe chiesto di diventare amiche perché le piaceva stare con loro. Eppure la cosa che la faceva sentire meglio, erano gli occhi di Juan e quella sua mano che la stringeva forte.

Nota:
Ciao a tutti, allora che ne pensate di questa situazione? Vi piacciono Johanna e Liam? Vi piacciono Johanna e Mina insieme? E vi siete un po' emozionati quando Mina si riavvicina a Juan? fatemi sapere, vi attendo

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Capitolo 38
*** Capitolo 38: la famiglia May ***


Capitolo 38 la famiglia May
Arrivati alla casa di mattoni di Grosvenor road, Mina sorrise, pensando solo che fosse un posto davvero carino, ma entrando provò una strana sensazione che le scaldò l’anima. Liam li accolse con un sorriso bellissimo e loro ricambiarono, ma Mina non ascoltò una parola, perché era troppo intenta a guardarsi intorno. Le piaceva davvero tutto di quel piccolo appartamento, e si disse che voleva assolutamente un posto così, dove tornare quando il mondo era troppo crudele con lei. Era una casa piccola e pienissima di cose, ma sembrava il luogo in cui vive una famiglia normale, con gli zaini delle ragazze all’ingresso, musica ad altissimo volume e foto ovunque. Per un attimo si chiese se anche lei e Juan avrebbero potuto avere una casa così, con i quadri di lui alle pareti e tutte le foto, e il cuore le tremò fortissimo. Provò a guardarlo e si accorse che lui stava guardando le foto con Liam che non la smetteva di parlare, e gli sorrise.
“Andiamo Liam falli almeno entrare!” urlò Johanna raggiante, sulla porta della cucina e Mina le sorrise molto dolcemente. Aveva il grembiule e i capelli raccolti, eppure era davvero bella e Mina si disse che quello era l’aspetto che aveva una mamma vera, e il cuore le saltò in gola. Come tutti gli orfani di madre, Mina tendeva a cercare sempre una figura femminile di riferimento che potesse farle da guida, ma quelle che aveva avuto fino ad adesso non avevano nulla di materno.
Johanna strizzò Mina per un po’, e lei la lasciò fare, perché ormai era stata completamente conquistata, ma quando quella donna strana si rivolse a Juan, Mina iniziò a ridere. Non aveva nessuna intenzione di essere abbracciato ancora, trovava molto inopportuno quel contatto con la madre della donna che amava, così le fece un cenno molto formale con la testa, ma Johanna gli lanciò il classico sguardo da professoressa severa che ti coglie in fallo e lui si sentì terribilmente a disagio e per essere gentile le disse“Questo odore è favoloso…”e a lei piacque talmente tanto da saltargli al collo, facendolo morire di vergogna.
Poi, proprio come una mamma super indaffarata, li fece accomodare in soggiorno dove gli presentò due ragazzine di una bellezza impressionante.
“Sylvie è quella antipatica gettata nell’angolo che non si degna neanche di avvicinarsi. Ha quindici anni signore e signori, quindi non prendetevela se vi ignora, è solo in quell’età insopportabile in cui odia tutti, non parla con nessuno e, quando ci degna delle sue parole, dice solo cose estremamente sarcastiche…”
“Anche Juan, andrete certamente d’accordo!”
Rispose Mina in un impeto di sincerità, provocando una risata fortissima a tutti, persino a quello antipatico, che però ben presto si trovò due occhi azzurri addosso e rimase un attimo interdetto. Erano gli stessi occhi di Mina, identici, però appartenevano ad una bambina piccolissima, che era particolarmente interessata a lui. Si abbassò per guardarla meglio, allora e a Mina sfuggì un sospiro, pensando che era vergognosamente dolce quell’uomo, malgrado la scorza da duro.
“E lei è Marie…” spiegò Johanna, ma quella piccola matta aveva afferrato una ciocca di capelli di Juan e con occhi sognanti gli aveva detto “…hai i capelli lunghissimi da principessa…” facendo ridere fino alle lacrime la povera Mina, che iniziò a immaginarselo stile principessa Disney.
“Sono Juan…” le disse semiserio, dandole la mano, e lei annuì soddisfatta e ricambiò la mano facendolo ridere.
“…e tu invece, anche se hai i capelli più corti, sembri proprio una principessa. Sei bellissima…”
Aggiunse Marie, voltandosi verso Mina e lei si sciolse. Era difficile abbassarsi con i tacchi senza finire con il sedere per terra, così da lontano le disse “… anche tu. Sei stupenda, ma siamo anche divertenti, vero?” facendola sorridere.
Si accomodarono tutti su un bellissimo divano e cominciarono a chiacchierare amabilmente sorseggiando un aperitivo preparato da Johanna, ma Marie aveva altri piani per la serata. Così si avvicinò pianissimo a Juan, e gli disse che voleva assolutamente sistemargli i cappelli con lo stesso atteggiamento prepotente di Mina.
Mina pensò “adesso la fulmina” e invece lui si mise a ridere e annuì, osservandola con molta dolcezza e lei rimase letteralmente in contemplazione. Non aveva idea che gli piacessero i bambini, ma Marie sembrava divertirlo parecchio ed era molto gentile con lei e Mina pensò per un secondo a come sarebbe stato avere una bambina insieme e involontariamente si perse in riflessioni sdolcinate da innamorata.
“L’abbiamo persa…” sussurrò ridacchiando Johanna a Liam e lui annuì e basta, perché Mina non stava minimamente ascoltando. Era innamorata persa di lui, si vedeva a chilometri di distanza e anche lui sembrava abbastanza preso, ma non si riusciva proprio a capire perché non volessero stare insieme, così Johanna decise di metterci lo zampino, parlando di questioni di cuore, ancora una volta.
Distrattamente disse “sai Sylvie, secondo me potremmo parlare con Mina di quel tuo problema con il tuo ex. Lei è giovane, sicuramente potrebbe darti un buon consiglio…”
La ragazzina, però, alzò gli occhi al cielo e ringhiò “…e che diavolo potrebbe saperne una così di ragazzi a cui non piaci?” facendo ridere Mina.
“Guarda che a lui io non piacevo minimamente, me lo ha detto chiaramente un sacco di volte” le disse Mina serissima indicando Juan e Sylvie si ammutolì.
“…e non ho idea di se e quando ho iniziato a piacergli, ad essere sincera” aggiunse ridacchiando e Juan scosse solo la testa, fingendosi assorto in conversazioni importanti con Marie.
“Davvero le hai detto che non ti piaceva? Ma non ce li hai gli occhi?” ringhiò Johanna e Juan rispose imbarazzato che non ricordava di aver detto certe cose.
“Me lo hai detto proprio chiaro, eh! Non ti fare illusioni, tu non mi piaci!”
Aggiunse ridendo e Juan pensò che per affrontare quell’argomento era necessario bere qualcosa, così bevve d’un fiato l’aperitivo preparato da Johanna e fissandola negli occhi sicuro rispose “…e tu non puoi davvero averci creduto. Insomma non facevo che guardarti e cercare occasioni per parlarti e tenerti la mano…”
“Beh sì, ma non mi hai mai fatto un complimento, quindi…” disse Mina perplessa e Liam decise di provare a fare da mediatore, così chiese a lei “…tu glielo hai mai detto? Magari aveva bisogno di sentirsi sicuro prima di esporsi.”
“Gliel’ho detto eccome. Ogni giorno ripetevo che era l’uomo più bello che avessi mai visto…” sussurrò lei piano e Juan pensò “…e mi manca da morire” ma sbuffò forte per nascondere i brividi che quel ricordo gli provocava.
 “Sì, ok non ti ho detto che sei bella, è vero, ma è una cosa di una banalità spaventosa. Insomma dobbiamo davvero essere così scontati e dire che sei una meraviglia? Ok, lo sei, è un dato di fatto. E’ come dire ad una pianta “sei verde”, che senso ha? Hai una serie di coppe e onorificenze varie che lo dimostrano, e migliaia di imbecilli che te lo ripetono adoranti, quindi non serve dirlo.”
Mina sorrise molto dolcemente, allora e per un attimo si fissarono intensamente, poi Johanna intervenne con il suo tono da professoressa e sentenziò “…è un discorso molto stupido, ragazzo. Davvero stupido.”
“…e poi non è neanche solo bella, quindi non trovo neanche corretto che tutti le dicano sempre solo quello…” aggiunse lui a disagio e le donne gli sorrisero molto impressionate.
“…e comunque, non ti ho fatto complimenti, ma ti ho detto cose più profonde, e più importanti, mi sembra, sciocca…”
Concluse Juan con sguardo languido e lei sorridendo annuì e basta, soffocata dall’emozione che le provocava quella strana dichiarazione, e poi disse a Sylvie “…quindi vedi: non sempre sono in grado di dirlo, ma non significa che non lo pensino. Magari sono solo molto antipatici…”
“Ok, ma oltre a lui, ti era mai successo?” le chiese Sylvie seccata e Mina ci pensò un attimo e disse “è capitato, sì…” restando molto vaga. No, non le era mai successo onestamente, ma non aveva avuto un’adolescenza normale, quindi era giustificata.
“E hai avuto tanti fidanzati?” chiese quella sfrontata senza un minimo di imbarazzo, e Mina spalancò solo gli occhi in cerca di aiuto, ma Juan la stava volutamente ignorando per vendicarsi.
“Un po’…” rispose vaga, ma Sylvie era troppo curiosa, così chiese “tutti famosi?”e lei rise.
Johanna capì che la stava mettendo in imbarazzo, così cambiò argomento e per un po’ parlarono d’altro, poi però Sylvie espose a tutti i risultati della sua ricerca su google urlando “oddio sei stata con il cantante preferito di mamma? Lei adora i suoi pezzi e li canta sempre durante le serate…” facendo tremare entrambe.
Mina ebbe i brividi e pensò “no, non Swanson”, ma sforzandosi di sembrare impassibile chiese sorridendo “le serate?”e Johanna le spiegò che essendo un’insegnante di musica amava cantare e che aveva un gruppo rock tutto al femminile che si riuniva di tanto in tanto.
“Niente di speciale, solo serate al pub o cose simili, ma ci divertiamo moltissimo…” concluse ridacchiando e Mina le fece una confessione che Juan non sapeva. Vedete, si stava aprendo tantissimo con quella famiglia, come non aveva mai fatto con nessuno e non le dispiaceva neanche più di tanto.
“Anche io cantavo ogni tanto con degli amici…” sussurrò, pensando a Greg che le dava il tormento per incidere un cd insieme e Johanna pensò orgogliosa “ovvio che canti, sei mia figlia cavoli!” ma Sylvie s’intromise e mostrò alla mamma un video in cui una giovanissima Mina di appena due anni più vecchia di lei, cantava seminuda su un palco con Greg alla chitarra e Joey alla batteria. Era una ripresa live fatta in un locale dove andavano di tanto in tanto per divertirsi, ma la voce di Mina si sentiva molto bene ed era fantastica.
“…ecco, con loro…” commentò Mina seccata, ma Johanna stravolta rispose “…ma non stavi con Swanson, vero?”
 L’idea di sua figlia in versione rockstar non le dispiaceva, ma quel tizio aveva la fama di essere un dissoluto libertino, e questo  la spaventava. Mina iniziò soltanto a ridere e Juan facendo finta di niente commentò che aveva davvero una bella voce, perché gli dava un fastidio terribile quel discorso.
“…ma con Swanson o Stanley? Perché trovo informazioni contrastanti…” aggiunse Sylvie continuando a cercare in rete e Mina decise di essere sincera, così rispose “eh…entrambi.”
“Davvero?”
Dissero mamma e figlia in coro, e Mina annuì un po’ infastidita, perché pensò che l’avrebbero giudicata male, ma Johanna le disse solo “Dio mio, sei un mito ragazzina!” facendola sorridere, ma poi con fare da mamma aggiunse agitata“ sì ma ragazzina sono davvero troppo vecchi per te! Avete chiuso vero?”
A Mina piacque molto il tono preoccupato e severo di Johanna e così ridacchiando rispose “tutto finito, assolutamente. Joey mi ha fatto da consulente sentimentale qualche volta, ma niente di più…”
“Ma Stanley che ha duecento mogli e Dio sa quanti figli illegittimi ti ha fatto da consulente? Sei messa così male?”
 Urlò Johanna molto divertita e Juan fece finta di non ascoltare, ma rimase estremamente attento a ogni parola di lei.
“Beh…dovevo capire come comportarmi con un uomo complicato che sembrava non vedermi neanche” disse facendo cenno a Juan “…e ho chiesto aiuto ad un esperto di relazioni andate male”
Juan pensò soltanto che doveva fare una statua a quell’uomo se davvero l’aveva spinta verso di lui, ma presto ci ripensò.
“…e quindi vi ha messi insieme Stanley? Fichissimo!”
Commentò Johanna più serena, perché la figlia non frequentava più quei quarantenni alcolizzati, ma Mina ridendo rispose “oh affatto! Stanley mi aveva convinto ad allontanarmi per non incasinargli la vita…”
“Quindi questo tizio ti ha convinto ad allontanarti, all’inizio quando io cercavo di capire che diavolo ci stesse succedendo? Aspetta che mi segno come si chiama e gli ricambio il favore…” commentò Juan ridacchiando, ma Mina scosse la testa e sussurrò “…lui aveva ragione su alcune cose, solo che non avevamo idea del tuo rapporto con Beth e abbiamo sbagliato.”
Juan alzò soltanto un sopracciglio seccatissimo, ma lei gli sorrise e lui tornò ai suoi giochi con Marie.
“Adesso però scusami ragazzo antipatico, ma devo davvero chiedertelo piccola matta” disse Johanna ottenendo l’attenzione di entrambi.
“…come diavolo fai a dire che lui sia il più bello con cui sei stata? Insomma è carino, eh ma Greg è l’ultimo dei poeti romantici contemporanei. Insomma ha scritto testi straordinari, che si potrebbero tranquillamente far studiare come poesie e poi è un figo pazzesco! Ha quegli occhi verdi che stenderebbero un alce, dannazione!”
“E Joey è bello da morire e incredibilmente divertente…” aggiunse Sylvie in adorazione. Mina pensò che erano entrambe argomentazioni valide e che erano quelle che l’avevano spinta a stare con entrambi, così annuì e disse “sì ragazze, tutto bello eh, ma voi dovreste conoscere cinque minuti il signor Jimenez. Altro che ultimo poeta romantico, lui è l’ultimo gentiluomo rimasto sulla faccia della terra, una specie di supereroe antipatico, ma dolce come nessuno. E poi ragazze: dovreste vederlo senza camicia, altro che Stanley e Swanson…” facendolo arrossire come un ragazzino.
Le ragazze iniziarono a fissarlo con attenzione, chiedendo cosa avesse di speciale e Mina ne parlava come se fosse un eroe romantico e sussurrò piano “…e poi voleva rapirmi. Andiamo chi non sogna una cosa del genere? Ed è una specie di modello…”
“Posso non far parte di questo discorso?” chiese dopo qualche minuto, sentendosi gli occhi di tutti praticamente addosso, ma le donne iniziarono a fare mille domande e Mina rispose solo “…bellissimo, davvero” facendolo sorridere e spingendolo ad uscire con la scusa di fumare.
“Ma perché lo hai lasciato se lo ami così tanto?” le chiese Johanna, con la stessa nota di biasimo che usava nel rimproverare le sue bambine, e Mina rispose di nuovo che era complicato, che si era spaventata. Erano entrate molto in confidenza e Johanna stava vivendo il suo sogno: avere finalmente a casa tutte le sue ragazze, e quando poco dopo anche Sylvie iniziò a raccontare a Mina delle sue questioni sentimentali, lei letteralmente morì pensando che la sua famiglia era finalmente insieme.
Juan e Mina si fissarono da lontano per tutto il tempo, ma a cena lei insistette per sedersi accanto a lui e malgrado avesse il piatto pieno d’insalata, gli rubò come sempre il cibo, facendo sorridere Johanna. Quando poi lui le mise davanti il suo piatto con la torta al cioccolato che lei aveva decisamente rifiutato, Johanna provò un profondo affetto per quel ragazzo così burbero che si occupava della sua piccola. E comportandosi da mamma, disse piano “Juan ma tu hai una fidanzata?” lasciando entrambi basiti.
“Io?” rispose Juan incredulo, senza capire e Mina abbassando lo sguardo bisbigliò “Beth…” provocando in lui una reazione molto strana: afferrò con forza la sedia di Mina e costringendola a guardarlo negli occhi rispose “ma sei pazza ragazzina? Che diavolo dici?” lasciando tutti senza fiato.
“Eravate insieme quella sera, ti teneva la mano sulla spalla…”
 Provò a dire con il cuore in gola, e lui ribattè “perché è arrivata a sorpresa e davanti agli azionisti non potevo dirle di andarsene. E per la mano sulla spalla, sappi che non me ne sono neanche accorto. Avevo cose più importanti a cui pensare, dato che l’amore della mia vita stava per entrare da quella porta dopo settimane in cui avevo disperatamente cercato di rivederla.”
Ok, lo aveva detto, e non poteva tornare più indietro, ma neanche avrebbe voluto, considerando lo sguardo languidissimo di Mina.
“Ho sbagliato a non licenziarla, è vero, ma solo questo. E tu hai sbagliato a mandarmi Jen e a tirarmi dietro l’unico regalo che ti abbia mai fatto, ma direi che siamo pari, no?”
Aggiunse serio, cercando in ogni modo di calmarsi, e Mina annuì piano, ma rimase senza fiato.
“E tu lo hai lasciato perché una gli teneva la mano sulla spalla? Ma sei matta?”
Johanna lo aveva detto ridendo, ma Juan annuì soltanto e Mina rimase in silenzio. Sentendosi un po’ in colpa Johanna fissò Liam e gli fece un gesto che significava universalmente “portati via le ragazzine” e lui obbedì.
Appena si allontanarono, però, Johanna fissò quei due dritto negli occhi, e con uno sguardo super severo disse “adesso ditemi: perché vi siete lasciati? E non provate a dire ancora ' è complicato’ perché vi picchio” con un tono tanto rigido da intimorirli.
Mina non voleva parlarne, si sentiva terribilmente confusa e non voleva che Johanna giudicasse male il suo Juanito, ma lui rigidissimo rispose “…perché io ho minacciato un figlio di puttana che stava picchiando a sangue mia sorella dandole della puttana. Lui la teneva per il collo, io l’ho afferrato per il collo, e dieci minuti dopo la nostra storia, che sembrava bellissima era finita senza neanche una motivazione e lei era scomparsa nel nulla …”
“Stava picchiando Josefina?” sussurrò Mina sconvolta, portandosi la mano al viso per la sorpresa e lui annuì.
“E non era neanche la prima volta. Sono stato tranquillo la prima volta, te lo giuro. L’aveva solo strattonata e gli ho fatto capire che se Carlos tollera certe cose, io no, ma malgrado quello che tu pensi di me, non ho usato la forza.  Ho provato a parlare con lei, a farle capire che non vale la pena di stare con un uomo che ti tratta come una bambola…” disse con uno strano tono molto ferito e Mina sorrise sentendosi terribilmente in colpa.
“Hai avuto paura ti facesse del male?” sussurrò Johanna piano e Mina strinse solo le spalle.
“Ho avuto paura di amare una persona che potesse farmi del male…” rispose, con una sincerità disarmante e occhi bassi e per qualche minuto lui non riuscì nemmeno a respirare per quella frase.
“Bambina” sussurrò Johanna con una dolcezza infinita prendendole la mano “…non è che se tira un pugno a un tizio devi considerarlo per forza un matto violento come tuo padre. Soprattutto se stava difendendo la sorella…”
Mina sbuffò soltanto e si sentì incredibilmente stupida e infantile per averlo lasciato in quel modo, ma lui le lesse in viso tutti i dubbi e aggiunse “…ma io capisco perché sia scappata e non la giudico. Mi dispiace di averla spaventata e non cerco giustificazioni. Avrei solo voluto avere la possibilità di spiegarmi, ma lei non me l’ha data…”
 Disse Juan pianissimo e stava per concludere con “ ma non me ne importa nulla perché voglio te e basta…” quando il cellulare di Mina iniziò a suonare interrompendo tutto.
Rispose confusa e la voce dall’altro capo del telefono le chiese conferma dell’indirizzo mail che aveva lasciato per ricevere i risultati del test del DNA.  Avevano lasciato la mail di Juan così Mina distrattamente attivò il vivavoce e lui confermò che la mail fosse giusta, ma poi, osservando le due donne che si erano completamente congelate per l’ansia, aggiunse “è positivo il test, vero?”
Per un attimo Mina pensò solo “ti prego dimmi di sì!” ma Johanna sorrise, perché non ne aveva nessun dubbio.
“Glielo dico subito, tanto lo sto per inviare…” disse la telefonista e Juan prese piano la mano di Mina, mentre Johanna chiamava a gran voce il marito.

Nota:
Ciao a tutti, allora che ne pensate di questa famiglia? Vi sono simpatici? E che ne pensate di questo chiarimento a metà tra Juan e Mina? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 39
*** Capitolo 39: i fenicotteri ***


Capitolo 39: i fenicotteri
“Eh sì, è positivo. Spero sia una buona notizia”
Rispose allegra la telefonista, facendo sorridere Juan e Johanna, ma Mina ebbe una reazione molto forte. Crollò letteralmente, come un castello di sabbia e iniziò a piangere come non aveva mai fatto, stringendo la mano di Juan tanto da fargli quasi male con le unghie. Non ci poteva credere che davvero le fosse capitata una cosa così bella, non riusciva a farsene una ragione.
 Johanna le si avvicinò molto piano, con le lacrime agli occhi e provò solo a dirle “tesoro…” ma Mina era completamente esplosa e la strinse con il braccio che aveva libero, senza lasciare la mano di Juan. Per qualche minuto non riuscirono a parlare, sommerse dalle rispettive lacrime e sorrisi, e Juan fece una cosa molto bella. Aveva il cellulare di Mina tra le dita, così lo sbloccò e fotografò quel momento così intenso, che commosse persino lui, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
 Liam accorse in ritardo, ma capì subito cosa fosse successo e anche lui si lanciò ad abbracciare Mina, che per la prima volta sentì di avere una vera famiglia e pianse ancora più forte.
“Andiamo vieni anche tu burbero ragazzone, perché non saremmo qui senza di te” gli disse Johanna asciugandosi le lacrime, ma lui sorridendo scosse la testa, perché stava facendo la cosa che gli piaceva di più: fotografarla.
“Va bene, adesso dobbiamo sapere un po’ di cose di te prima di decidere se lasciarti uscire con la nostra bambina, no Johanna?”
Disse Liam commosso, cercando di calmare un attimo gli animi e sua moglie annuì e soltanto, ma Mina sorrise pensando che si stesse comportando da padre.
“Sei una persona affidabile?” gli chiese, cercando di sembrare serio e Juan allontanò il cellulare di Mina e annuì soltanto, estremamente divertito.
 Johanna, però, stringendo forte la sua bambina iniziò a comportarsi da mamma orsa e gli chiese di seguito “quanti anni hai? Hai moglie o figli? Sei divorziato? Fai uso di droghe?”
“venticinque. No, no, no e no.”
 Rispose Juan molto divertito, ma anche con un pizzico di tenerezza, perché era fantastico che Mina avesse finalmente qualcuno che l’amasse davvero, dopo tutti quegli anni di soprusi e uomini bastardi.
“Hai il permesso di soggiorno per gli Stati Uniti? Sei religioso?” aggiunse Johanna severissima e lui ridendo rispose “Sono nato a Los Angeles, quindi non mi serve il permesso di soggiorno. E…no, sono piuttosto tendente all’ateismo…”
Johanna e Liam si guardarono piuttosto compiaciuti, mentre Mina ridacchiava per l’espressione interdetta di lui sottoposto a quel terribile interrogatorio.
“…e quali sono le tue idee politiche? Non sarai uno di quei matti razzisti?” gli chiese Liam molto deciso e Johanna gli mise una mano sulla spalla e disse “ottimo amore, non so perché mi era sfuggito questo…”
“Mia madre e mio padre sono entrambi arrivati negli Stati Uniti da grandi, lei dalla Colombia e lui dal Perù. Si sono fatti un culo per imparare la lingua e trovare lavoro, quindi direi che no, non sono un razzista…”
“…e hai avuto guai con la polizia?” aggiunse Johanna serissima e Mina sorridendo rispose “…ascolta mamma, non è importante…” facendo sorridere piano lui.
“E va bene. Non sarai ricco, ma a noi non importa. Però non sei uno di quelli che vivono con i genitori, vero?”aggiunse Johanna con lo stesso cipiglio da investigatore che aveva usando lui con lei via skype e Juan iniziò a ridere fortissimo.
“Vivo il più lontano possibile, ad essere sinceri…”ribattè ridacchiando e poi gli venne un’idea stupida. Così serio aggiunse “…e poi mi stai interrogando a vuoto, perchè non usciamo insieme. Non più almeno credo...”
Mina era felice in modo palese e vergognoso, ma quella frase fu un fulmine a ciel sereno. E’ vero, non uscivano più insieme, ma lei aveva dato per scontato che ora che si erano chiariti tutto avrebbe seguito il verso giusto. Così, rannuvolandosi, lo fulminò letteralmente con lo sguardo per quella sua stupida frase finale e anche Johanna.
Juan non capì la reazione di lei, così aggiunse “…l’ultima volta che ho controllato le cose stavano così…” cercando di farla ridere, ma Mina decise di non pensarci e godersi la sua famiglia e quelle sorelle che aveva tanto desiderato. Lo ignorò totalmente per un’ora intera e lui rimase a chiedersi perché diavolo si fosse arrabbiata se aveva detto la verità. Uscì a fumare confuso e si fece mille domande, ma qualcuno a sorpresa gli disse “…ma si può sapere se la vuoi o no questa ragazza? Perché Johanna ti adora e io posso anche fare il tifo per te, ma se tu fai il coglione finisce male.”
Juan spalancò gli occhi, perché non si sarebbe mai aspettato quelle parole da un uomo gioviale e cortese come Liam, ma lui era lì e sembrava piuttosto scocciato con lui. Juan non disse nulla e Liam scosse solo la testa seccato e aggiunse “…allora lasciala stare se non la vuoi. Permettile di andare avanti e dimenticarti, perché ci starà sempre male, altrimenti…”
“direi che vi siete fatti un’idea sbagliata di chi non voglia chi…”
 Ruggì Juan fissando nel vuoto e Liam allora gli sorrise e aggiunse in modo gentile “guarda che certe cose capitano una volta sola. Non ti capiterà più un amore che ti sconvolge e ti fotte letteralmente la testa, quindi approfittane. L’unica volta che ho provato quello che evidentemente prova lei per te, l’ho sposata e provo ancora la stessa cosa dopo quindici anni.”
Juan sorrise soltanto, ma con una punta di amarezza. Certo che avrebbe voluto sposarla, ma non aveva molto da offrirle, e se anche lei avesse davvero scelto di attuare quel suo piano folle, di scomparire dalle scene, si sarebbe davvero regalata ad un violento buono a nulla come lui?
“Te lo ripeto Liam, non avete la minima idea di come stiano le cose…” rispose molto rigido e lui scosse la testa, ma quando Juan confessò si non essere lui a non volerla, e spiegò che era stata lei a lasciarlo più di una volta, Liam iniziò a chiamare a gran voce Mina, che giunse curiosa senza immaginare minimamente cosa diavolo stesse succedendo.
“Ecco adesso decidete cosa volete fare, perché mi sembrate un po’ confusi e direi che dovreste parlare di questo rapporto”
 Gli disse con un sorriso, ma con fare straordinariamente deciso e poi, un attimo prima di chiudere l’anta del balcone e lasciarli fuori, aggiunse guardando Juan “…ma sappi che se la farai piangere te la dovrai vedere con me. Faccio arti marziali e sono abbastanza aggressivo…” facendo ridere entrambi.
Rimasero un secondo in silenzio, poi Juan sussurrò “sono fortissimi mi fanno morire dal ridere”e lei annuì e sussurrò “…e poi si amano davvero tanto! Insomma è incredibile vedere due persone così dopo tanto tempo…”
Lui annuì in silenzio, e rimase per qualche secondo a pensare alle parole di Liam e a quella strana frase che aveva usato sull’amore.
“Sono felice che tu abbia finalmente una famiglia Mì…” gli disse con molta tenerezza e lei fissò gli occhi nei suoi, ma si accorse subito che qualcosa non andava e pensò solo “oh no!”.
 Era terribilmente addolorato e aggiunse “…resta con loro per un po’, magari. Io invece torno a New York domani…”spezzandole il cuore. Stava davvero chiudendo a due ore dalla scoperta più bella della sua vita? Le stava davvero rovinando quel momento perfetto?
Decise di non mostrargli nessun sentimento, tanto era il suo gioco preferito, e fissandolo con atteggiamento molto formale gli disse “bene, quindi è il caso che io ti ringrazi per tutto, e che ti dica buona fortuna…”
In quel momento, però, quei due matti misero ad alto volume una canzone incredibilmente romantica e i nostri due accusarono il colpo. Era stata un’idea di Johanna, ovviamente, e se ne prese tutti i meriti con il marito.
“Che bella questa…” sussurrò Mina pianissimo, ma con un’espressione tanto triste da spingere lui a sussurrarle “…non è una cosa che voglio fare Mina, non avercela con me, per favore. Sto solo cercando di difendermi, devi permettermelo. Non riesco ad essere uno stupido amico da chiamare quando sei in crisi, mi dispiace. Non ce la faccio proprio, hai capito?”
A Mina sfuggì una lacrima, e pensò soltanto “dannazione”, ma continuò a non guardarlo e Juan aggiunse “non sono arrabbiato, capisco quello che provi e lo rispetto. Capisco che tu voglia comunque tenere delle distanze tra noi, probabilmente a causa della persona che sono stato o per quello che sono e mi sta bene…”
“Che coglione” pensò Mina, ma scosse solo la testa e lui le si avvicinò pianissimo e prendendole le mani aggiunse “… ma io ti voglio Mì. Sempre, ogni secondo. Mi manca ogni più piccola cosa di te e non riesco neanche più dipingere da quando te ne sei andata, perché penso solo ed esclusivamente a quanto ti vorrei accanto a me. Ma non così, non come amica. Vorrei che fossimo qualcosa di speciale, che fossi mia…”
“Lo vorrei anche io…” sussurrò Mina pianissimo e lui allora sorrise e la tirò contro il suo corpo per stringerla forte.
“…mi sembrava evidente da tutte le cose che ti ho detto, ma tu dannato idiota mi dici che vuoi andartene e io penso che non provi più sentimenti per me e mi prende un colpo” gli disse serissima prendendolo a schiaffi sul petto, ma Juan non aveva nessuna intenzione di allentare quell’abbraccio e per qualche secondo non potè dire una parola.
Si persero in quell’abbraccio lunghissimo e Mina sussurrò piano “hai detto che sono l’amore della tua vita…” facendolo ridere imbarazzato.
“E tu hai usato un verbo più impegnativo quando parlavi con Johanna…” aggiunse fissandola con occhi lucidi ma Mina strinse le spalle e fece finta di nulla, ma non potè resistere quando lui le afferrò la testa per baciarla.   
Si baciarono per circa due secondi, ma poi furono interrotti dalle grida di giubilo di Johanna e iniziarono a ridere imbarazzati.
“Dopo, da soli…” le disse con sguardo molto languido e lei sorrise in modo bellissimo e fece per rientrare quando lui l’afferrò per il braccio e sussurrò “dimmelo, però…” lasciandola a fissarlo con sguardo languidissimo.
“Cosa?”
 “stiamo insieme io e te?”
Gli era servito tantissimo coraggio per farle quella domanda, ma Mina sorridendo annuì e saltandogli al collo gli disse “finalmente me lo hai chiesto! Ma certo che voglio stare con te!” facendolo completamente sciogliere.
“…ma se vedo ancora le zampe di un’altra donna su di te, non rispondo delle mie azioni, ti avverto…”
Aggiunse, terribilmente severa e lui ridendo si mise la mano sul cuore e giurò “…nessun’altra donna, mai” facendola sorridere.
Rientrò prima Mina, che abbracciò forte Liam e sussurrò alla madre “è un portento quest’uomo…” e poi Juan, letteralmente stravolto.
“…pare che io debba chiederle il permesso di frequentare questa sua bambina terribile…” disse a Johanna con un sorriso, fissandola profondamente negli occhi e lei rise e poi rispose scocciata “e va bene, ti permetto di uscirci. Ma cerca di rispettarla e trattarla come si deve, senza stupidi discorsi sugli alberi, perché non hai idea di quanto ho combattuto per lei, e non immagini quanto sia disposta a rifarlo… ”
“Grazie mamma…” sussurrò Mina abbracciandola e lei impazzì completamente e sbaciucchiandola tutta concluse “…e stanotte è tutta mia, quindi scordatela”.
“ok…” rispose Juan poco convinto, ma Mina con infinita dolcezza provò a convincere la madre a lasciarla andare in albergo con lui, perché non aveva neanche il pigiama o altro, ma effettivamente il loro hotel era distante, così Johanna concluse che avrebbe usato un pigiama di Sylvie e Mina annuì, ma sussurrò piano  “ e dobbiamo davvero lasciarlo a dormire in hotel da solo?”
Facendo sbuffare Johanna e Liam che conclusero che lo avrebbero ospitato sul loro divano, mentre Mina faceva un pigiama party con le donne di casa. Si diedero un lunghissimo bacio della buonanotte, e Juan le sussurrò piano “…muoio dalla voglia di averti…” facendole venire la pelle d’oca, ma le donne la portarono via e lei sorrise soltanto, lasciando lui a sospirare.
Recuperò uno dei fogli su cui stava disegnando Marie, e i suoi colori e si mise a disegnare assorto quando Liam e Johanna lo raggiunsero per portargli le lenzuola e tutto il necessario.
“Non siamo matti bacchettoni, insomma Mina è costantemente nuda ovunque e non ci illudiamo che voi abbiate avuto un rapporto platonico…”provò a dire Johanna imbarazzata, spingendo Juan a chiedersi se stessero per fare il discorsetto sul sesso a lui, che aveva avuto forse un quarto dei partner sessuali di Mina.
 “…ma abbiamo una figlia di quindici anni e se facevamo quelli moderni che dicono ‘ma sì dormite pure insieme’ avremmo avuto problemi con le altre in un futuro non troppo lontano.”
Provò a spiegare Johanna in imbarazzo, ma lui sorridendo le disse solo “non mi devi spiegazioni, è tua figlia. Vuoi che me la meriti? Me la meriterò. Non è una storiella e io non voglio solo il suo corpo, quindi non ho nessun problema a rispettarvi…”
Johanna e Liam lo abbracciarono allora e gli prestarono qualche altro foglio per disegnare e lo lasciarono da solo con i suoi pensieri. Era esausto, ma felice per la prima volta in due mesi e si mise a fare un regalo a quei due matti che gli avevano ridato la sua piccola, ma poi quella sfacciata ragazzina lo raggiunse e incasinò tutto come al solito. Juan era concentrato e non sentì rumore di passi,perciò quando sentì “mi amor…” trasalì.
“Sei figlia da cinque minuti e già trasgredisci alle regole? Ma poi che diavolo hai addosso?” le disse fissandola intensamente e Mina sorridendo rispose “volevo mostrarti il mio pigiamino con i fenicotteri…”
Era davvero strana con quel look e sembrava quasi una bambina: aveva una tshirt rosa piena di fenicotteri e un larghissimo pantaloncino abbinato, che le arrivava alle ginocchia. Non era per nulla sexy, ma piuttosto tenera. Non disse nulla, ma quando quella sfrontata si accomodò sul suo letto sussurrò “non è una cintura di castità, eh. Ci vuole ben’altro che un paio di fenicotteri per difenderti da me, lo sai”
“Sei tu che non sai cos’ho sotto i fenicotteri…”rispose, un secondo prima di sfilarsi la maglietta per mostrargli un reggiseno completamente di pizzo rosso che le stava da Dio.
“Merda…” sussurrò sospirando, completamente rapito da quella vista che gli era mancata da impazzire, e lei ridacchiò. Adorava fargli perdere il controllo, anche perché lui diventava incredibilmente prepotente.
“…ho giurato che avrei fatto il bravo…” sussurrò con fare colpevole e Mina mordendogli il collo disse solo “tu sei mio e io ti voglio…” facendolo sciogliere completamente. Juan provò comunque a restare rigido, ma poco convinto rispose “ho dato la mia parola…”.
“Non dirmi di no, mi amor ti prego…” sussurrò lei pianissimo, togliendogli la maglietta, e in quel momento lui si rese conto di non essere fisicamente capace di dirle di no, e quando lei sicura e decisa lo fece entrare dentro di lei, l’amò con un’intensità spaventosa e le sussurrò piano “te quiero mi amor…” lasciandola a chiedersi cosa significasse davvero.
Nota:
Eccoci signore e signori con un capitolo super sdolcinato. Allora siete contenti di come si è snodata la storia? Vi piace Johanna? Fatemi sapere

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Capitolo 40
*** Capitolo 40: relazioni a distanza ***


Capitolo 40: relazioni a distanza
Restarono a Londra per altri due giorni, e per tutto il tempo Mina gli diede il tormento per sapere se davvero le avesse detto che l’amava in spagnolo o se lui volesse dire un’altra cosa. Juan si vergognava di ammetterlo, soprattutto perché lei continuava a non dirglielo, così rispondeva sempre ridacchiando e stringendosi nelle spalle. Al terzo giorno, però Mina ricevette una telefonata e sospirando disse solo “ecco qua, è finita…” facendo morire di paura sia Juan che Johanna.
Jen l’aveva trovata, finalmente, ed era furiosa per quella fuga improvvisa e inaspettata. Le urlò contro fortissimo e Mina rispose piano “ok domani torno, giuro” facendola calmare. Juan non aveva idea di cosa pensare, ma era letteralmente dilaniato dai demoni della gelosia. Temeva le avesse scritto Myles per riprendersela e per un po’ non riuscì a dire una parola, ma riprese a respirare quando lei rientro e annunciò con il sorriso che erano finite le vacanze e sarebbe partita per Taipei e rientrata dopo un anno. Quella notizia fece ridere forte Juan, e per un attimo proprio tutti lo fissarono con biasimo, ma lui mettendole una mano sulla fronte abbaiò “che scherzo idiota.”
Johanna e Liam gli fecero qualche domanda, su come avrebbero gestito la relazione a distanza, ma Mina era molto serena perché ne avevano già parlato mesi prima e lui aveva detto che l’avrebbe raggiunta quando poteva. Peccato che la carriera di Juan era decollata in quei due mesi, e i suoi impegni non gli avrebbero permesso di muoversi da New York tanto facilmente.
“…ma risolveremo…”
Concluse Juan serio, dopo aver spiegato dei suoi impegni. Le aveva preso la mano ed ora la stringeva forte, mentre lei sospirava pensando a quanto sarebbe stato duro restare da sola per un anno ora che c’era lui.
“ E noi possiamo chiamarti?” disse piano Johanna, cercando di mandare giù il groppo che aveva in gola, perché avrebbe davvero voluto stare con lei ancora un po’.
Mina era triste, era evidente, ma sorridendo rispose “sarò sola per tutto il tempo, questi viaggi sono sempre così, quindi se potessi sentirvi sarebbe l'unico contatto con il mondo reale per me. E' sempre così: parto da sola, con Jennifer che praticamente non fa che rimproverarmi e farmi sentire uno schifo quindi può essere solo positivo se ci sentiamo. E poi Sylvie deve raccontarmi di quel tizio, giusto?”
Johanna e Juan litigarono furiosamente quelle sera, perché ognuno voleva che Mina trascorresse con l’altro la sua ultima notte in Europa, ma quando Juan le ringhiò “ E’ tua figlia e tu non l’hai vista per diciotto anni, io…troverò il modo di vederla” non ci fu possibilità di rispondere e Johanna passò la sera ad abbracciare quella bambina così triste.
Mina ovviamente fuggì da quella stanza in piena notte per andare da lui e così trascorsero abbracciati la loro ultima notte insieme, pensando soltanto a quanto fosse lungo un anno. Probabilmente vi sorprenderà saperlo, ma non si dissero nulla di eccezionale o sorprendente, restarono insieme tutta la notte, l’uno addosso all’altro e non si dissero nulla. Nessuno dei due si mostrò triste o avvilito, eppure lo erano entrambi. Alla fine, quando le loro ore finirono, Mina gli disse solo “arrivederci” e lui le fece un cenno con la mano.
Mina era convinta che lui l’avrebbe chiamata subito dopo l’atterraggio, ma questo non avvenne. Non le scrisse neanche un messaggio per tutto il primo giorno, ad essere sinceri, e Mina ci rimase malissimo ma si disse che forse Juan avesse bisogno di un po’ di spazio, così decise di non forzarlo, anche per non sembrare più cretina di quanto non si sentisse. Peccato che Juan avesse fatto esattamente lo stesso discorso, e stesse cercando di capire qual era il protocollo in quelle situazioni. Giunse la notte a Brooklyn e con essa la voglia di risentire quella ragazzina matta, ma Juan non aveva idea della differenza di fuso orario, così decise di provare a fare un passo verso di lei e le inviò una delle foto che avevano fatto insieme, senza nessun commento. Aspettò un paio d’ore, ma non ricevette risposta, così sentendosi un idiota, aprì una bottiglia e gli diede fondo per provare a dormire, ma Juan non aveva idea che Mina stesse lavorando e che avesse lasciato il cellulare in camerino.
La povera Mina, ancora intontita per il fuso orario impazzì nel trovarsi quel messaggio, anche se non c’erano parole, così provò a chiamarlo, ma lui non rispose subito.
“Ay amor que pasa?”
Le disse la sua voce preferita, terribilmente sexy e addormentata e Mina sussurrò “finalmente mi hai cercata, eh?”
“…e tu non hai risposto, stronza…” le disse ridacchiando, ma Mina capì che aveva bevuto e sussurrò “ero sul set amore. Siamo dodici ore avanti…”
“Oh…”
Rispose Juan imbarazzatissimo e poi cominciarono a chiacchierare come sempre, ma alla fine lei disse “…e cerca di farti sentire più spesso…” con una certa nota di biasimo e lui ridacchiando rispose “fallo tu!” facendola sorridere.
Si scrissero letteralmente tutto il giorno ogni giorno e Juan iniziò a mandarle anche piccole mail piene di foto, che la rendevano vergognosamente felice. Aveva iniziato la mattina successiva a quella chiamata. Mina era al trucco, così intimò a tutti di fermarsi e aprì la mail con scritto solo
 “Questa è per ricordarti il mondo reale, anche se New York non è particolarmente rappresentativa della realtà, ma va beh!”
Mina ci rimase malissimo, che diavolo di e-mail era? Ci pensò un secondo, e poi notò gli allegati e sorrise: le aveva inviato un sacco di foto della città, delle persone, e persino dei suoi piatti preferiti, di foto dell'altra Mina e dei suoi lavori nuovi. Non sapeva usare bene le parole, ma con le immagini le aveva mostrato che le pensava e lei non potè fare a meno di sorridere e scrivergli un lunghissimo messaggio.
“Stavo per prenderti a calci quando ho letto il testo della mail, poi ho visto le foto e...wow sono spettacolari! La foto del tizio anoressico vestito da mostro verde che fa la lap dance in metropolitana è la mia preferita, ma anche le altre sono magnifiche, anche se avrei preferito una bella foto tua, magari nudo. I tuoi lavori nuovi sono magnifici, soprattutto quello viola. Vorrei baciarti da morire, e trovarti nel mio letto ma...non si può. Mandamene ancora se ti fa piacere, perché mi aiutano a sentirmi meno sola, e sognami quando vuoi.”
Il testo era quasi innocente, ma a lui provocò una specie di uragano interiore. Aveva lavorato per giorni a quella mail, e sperava e pregava che lei capisse il vero significato di quelle foto. Vedete, lui non era bravo con le parole, e aveva grossissime difficoltà ad esprimere i suoi sentimenti dal vivo, figuratevi quanto fosse bravo a sussurrare parole d’amore ad un telefono! Ma doveva inventarsi qualcosa, così provò a mandarle quelle immagini sperando che Mina capisse che pensava sempre e soltanto a lei, che sentiva la sua mancanza e che voleva condividere la sua quotidianità e la risposta di lei lo spinse a pensare che aveva capito, così rispose  “mandami qualche foto quando puoi, voglio vedere quello che vedono i tuoi occhi, solo così potremmo essere veramente vicini, e tu non potrai sentirti sola sapendo che vediamo le stesse cose.”
S'interruppe allora, perchè gli parve troppo sentimentale, ma poi una parte di lui letteralmente lo spinse, così aggiunse “...e vorrei tanto fare l'amore con te.”
Mina quasi smise di respirare; nessuno le aveva mai detto una cosa così dolce e tenera, ma non obbedì subito, perchè doveva lavorare. Arrivata in albergo, però, cominciò a fotografare tutto quello che la circondava: la vista dal suo albergo, il suo letto disfatto, la sua lingerie sul letto, la cena, la tv e persino i suoi vestiti e i gioielli. L'ultima era una foto dei suoi occhi e nel vederla lui quasi tremò. Il testo della mail era molto semplice “Ecco tutto ciò che vedono i miei occhi...ma mi mancano i tuoi.”
Si scrissero ogni giorno per circa due mesi, e il rito era sempre lo stesso: Juan le mandava migliaia di foto e lei faceva lo stesso. Non era una brava fotografa, ma lui apprezzava l'impegno e alle volte sognava di essere con lei nella sua stanza.
La diva triste e malinconica non vedeva l'ora di poter essere nella sua stanza d'albergo per godersi quelle foto. Viaggiava continuamente e si era quasi persa, ma quelle foto le ricordavano casa e i loro momenti felici; era bello sapere che non era sola, che c'era qualcuno che pensava a lei ogni giorno e che andava in giro armato di macchina fotografica per mostrarle ciò che di più bello e più divertente vedevano i suoi occhi.  
Mina aveva capito che lui non si sentiva a suo agio a parlare a telefono, perciò rispettava questo suo bizzarro modo di comunicare, eppure dopo circa due mesi iniziò a diventare irrequieta: non aveva ancora fatto sesso con nessuno ovviamente, perchè voleva lui, così una sera gli inviò una serie di messaggi estremamente spinti e delle foto e Juan spalancò gli occhi: la pazza si era fatta delle foto nuda nel letto e gli aveva scritto che voleva la sua compagnia e che avrebbe fatto partire una video chiamata se lui avesse accettato, ma Juan non era assolutamente una persona in grado di lasciarsi andare così con uno schermo e temeva di restare impalato in silenzio a fissarla e di sembrarle una specie di muto maniaco sessuale, così le rispose che non era il caso. Contrariata gli chiese almeno di inviarle delle sue foto, ma si rifiutò categoricamente e solo allora Mina ruppe le regole.
“Sto iniziando a dimenticare come sei fatto...”gli disse al telefono, ancor prima di dire “ciao” o “buonasera” o qualunque altra cosa, e lui ridendo rispose “Capelli neri, occhi neri...”
 Aveva deciso di uscire a bere con Zack per evitare di incorrere nella tentazione di giocare con lei e sembrarle ancora più strano di quanto non fosse, ma quella telefonata inattesa lo fece quasi trasalire. Aveva dimenticato il suono della sua voce, ma era in un bar affollato e caotico così fu costretto a salutarla e lei s'infuriò.
“Qual è il problema?” chiese il suo amico sorridendo, ma Juan non voleva rispondere così strinse solo le spalle e rimase a pensare a quella odiosa situazione. Mina, però, era letteralmente furiosa. Aveva accettato di non sentirlo a telefono, ma non vederlo neanche le sembrava davvero troppo! Offesa a morte per essere stata liquidata in modo così brusco, non gli rispose per giorni, fino al giovedì seguente, quando sorpresa ricevette una mail a ora di cena: si stava annoiando a morte abbandonata all'angolo di un enorme tavolo pieno di modelle e addetti del settore e annegava nel bicchiere di vino rosso davanti a lei quando improvvisamente il suo adorato cellulare emise un flebile verso.
“Ecco qua...ma non mi fotografo nudo...almeno per ora. Sei una stupida testa dura ed io sono ancora più stupido a darti retta, ma tra poco è Natale e sono diventato più buono.”
Alla fine aveva ceduto e lei tremò nel rivedere quegli occhi che amava così tanto e quella splendida bocca. Era a disagio davanti alla macchina fotografica, eppure l'ultima foto che le aveva mandato era quella della sua stupenda schiena con il tatuaggio del lupo che lei amava tanto. Era vero, non mancava molto al Natale e Mina  si chiese con chi lo avrebbe passato, ma non avrebbe mai potuto immaginare la risposta.
La sera dopo era ovviamente da sola nella sua camera d'albergo; guardava dal balcone la città invidiando tutti quelli che gelati e infreddoliti nelle loro utilitarie avevano qualcuno da raggiungere, qualcuno con cui dormire e persino litigare, quando improvvisamente suonò il suo cellulare.
“Allora ragazzina testarda fai sul serio con questa storia del silenzio? Neanche le foto ti hanno acquietato?”
Le disse in tono burbero, ma chiaramente preoccupato e Mina sorridendo rispose “…non è una foto che voglio. Voglio fare l’amore Juan…”
“E io che posso farci? Va’ e trovatene uno che possa accontentarti…” le ringhiò durissimo, ma terribilmente addolorato e Mina fece per chiudere la chiamata, quando lui aggiunse in tono più calmo “Dio mio ma che diavolo dico? Non andare ragazzina…”
“Se avessi voluto un altro non pensi che lo avrei avuto?” rispose lei offesissima, e Juan ingoiò il groppo che aveva in gola. Si sentiva frustrato da morire, perché voleva solo scappare da lei, ma non sapeva neanche esattamente dove lei fosse.
“Lo so, per qualche assurda ragione tu vuoi me. Ma io te lo giuro che voglio solo te, in un modo che fa quasi male…”
Le disse con l’anima completamente in subbuglio e Mina sbuffò fortissimo.
“Ma poi che cosa ci troverai di tanto interessante in questi giochi a distanza non lo capirò mai. Io voglio la tua pelle, voglio sentire la tua lingua, le tue labbra, il tuo seno…che diavolo me ne dovrei fare di vederti nuda e basta?”
Mina si sentì eccitata da impazzire per quelle parole e sfiorandosi con due dita, sussurrò piano “dimmelo ancora…”
La voce e il tono di lei lo stravolse, perciò decise di dirle con la sua solita sincerità “…sentirti, guardarti e non poterti avere è una tortura. E ti giuro che tra tutte quelle che mi sono capitate, è la peggiore…”
“Ecco hai rovinato tutto…” concluse Mina sarcastica, così iniziarono a parlare d’altro, ma lui si sentiva un idiota totale e non sapeva come rimediare. Dopo qualche minuto, poi lei gli disse una cosa stupenda che cambiò i suoi piani.
 “Mi manca persino il modo in cui mi guardavi, sai?”
“Quale modo?”
“Quello un po' tenero e un po' severo, un po' arrabbiato e un po' divertito...non so spiegarlo,non sono brava con le parole, cazzo. Diciamo quel tuo cavolo di sguardo alla Juan.”
E lui le rispose con il cuore in gola “e va bene dato che non si può descrivere, facciamo questa cavolo di videochiamata se ci tieni così tanto”
Rivedersi dopo tanto tempo fu imbarazzante, ma anche emozionante. Mina era completamente emozionata e anche lui, ma non lo dissero. Rimasero per un po' a guardarsi negli occhi e chiacchierare di cose apparentemente senza valore, e poi senza sapere esattamente come, finirono per spogliarsi e fare l'amore. Certo a quella distanza era una complicato, ma anche se un po' imbarazzati entrambi passarono la migliore serata dalla loro separazione, e alla fine lei baciando lo schermo gli disse “Grazie” e lui avrebbe solo voluto dirle “a te...” ma non ci riuscì e soffocando nel suo orgoglio le fece un cenno di saluto, ma si addormentò pensando a lei e sognando la sua morbida pelle color ambra.
 Nota:
Ed eccoli qua i nostri due a gestire una relazione a distanza. Che ne pensate? Riusciranno a resistere o scoppieranno? Fatemi sapere.

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Capitolo 41
*** Capitolo 41: le falene ***


Capitolo 41: le falene
Trascorsero altre settimane così, vedendosi tutte le sere e inviandosi migliaia di foto, ma la distanza stava diventando davvero troppo forte e iniziarono le prime liti. Juan era gelosissimo, e diventava ogni giorno più insicuro di quel loro rapporto, e malgrado tutte le rassicurazioni di lei, aveva tirato su i suoi muri e aveva cominciato a parlarle poco. Mina soffriva molto per quella situazione, perché moriva per lui, ma era anche molto orgogliosa e quando lui esagerava, lei letteralmente smetteva di parlargli e di rispondergli per giorni. Avevano entrambi dei dubbi su quel loro rapporto, ma nessuno dei due poteva rassegnarsi all’idea che dopo soli due mesi erano già in crisi, così Juan si decise a fare una follia.
Avevano avuto una lite molto forte qualche giorno prima di Natale, perché Mina aveva iniziato a punzecchiarlo per farlo diventare geloso sperando di beccarsi qualche parola d’amore, ma lui le aveva urlato che “quella non era una relazione vera, quindi poteva andarsene se voleva, lui non l’avrebbe certo rincorsa”.
 Ovviamente lei aveva immediatamente chiuso la chiamata e lui si era scusato in mille modi, ma la ferita ormai c’era e Mina non smetteva di pensare a quelle parole. Ci stava mettendo tutto quello che aveva in quella storia, tanto da alzarsi in piena notte solo per vederlo, e sentirsi dire che non era una vera relazione l’aveva ferita. Erano in una fase in cui non riuscivano a non sentirsi, perciò continuò a rispondere ai messaggi di lui, ma si scambiarono solo commenti acidi e frecciatine. Mina era molto arrabbiata, e soffriva perchè lui aveva smesso di dirle quelle poche cose dolci che le diceva prima e sembrava quasi avesse rinnegato totalmente i suoi sentimenti, ma la verità era terribilmente diversa. Juan era mortalmente frustrato, sentiva troppo la sua mancanza, al punto da non riuscire neanche a dipingere perché non riusciva a trovare la serenità necessaria. Non glielo aveva detto, perché quello era davvero troppo da dire, era molto più grave di un “ti amo”, ma aveva deciso inconsciamente di difendersi.
 Il giorno della vigilia di Natale le scrisse due messaggi al mattino e poi scomparve completamente per tutto il giorno, facendo preoccupare la sua povera fidanzata, che lo chiamò per ore, senza avere risposta. Mille fantasie le passarono per la testa, perché lui aveva tenuto il telefono spento per tutto il giorno e lei si accorse di diventare più irrequieta ogni secondo che passava.
Quando il suo cellulare suonò, Mina letteralmente saltò per l’agitazione, ma rimase molto delusa nel sentire la voce di sua madre. Non volle dirle che Juan era scomparso, altrimenti quella matta sarebbe stata capace di correre a New York per prenderlo a calci, ma Johanna intuì che qualcosa non andava.
“…è perché ti manca?”
Le disse piano con quel suo fare da mamma che sa sempre tutto, e Mina sussurrò “tutti mi mancate…” ma non potè dire altro perché suonarono alla sua porta e lei andò ad aprire con fare talmente scocciato da far ridere terribilmente la persona che l’aspettava fuori.
“Ah buon Natale anche a te ragazzina…”
Le disse quel matto bellissimo appoggiandosi alla porta col suo solito atteggiamento arrogante, e Mina rimase per un secondo totalmente paralizzata, tanto da far cadere persino il telefono di mano, ma Johanna era in vivavoce e sentirono
“Aspetta Liam che non sento nulla e non capisco” detto con tono estremamente brusco, ma Juan con un sorriso rispose “…ciao Johanna, puoi dire a tua figlia di rivolgermi la parola, magari?”
“A dopo mamma…” concluse Mina sbrigativa, chiudendo la conversazione prima che potessero arrivarle migliaia di domande, ma era troppo seccata per parlargli, così lo fissò con braccia conserte e basta e Juan pensò che avesse davvero la stessa espressione di Johanna quando ti sta rimproverando.
“Ciao Juan, mi amor, ti sei fatto venti ore di viaggio solo per passare due giorni con me e portarmi un regalo di Natale? Oh che dannato bastardo affettuoso che sei…”
Disse chiudendo la porta, con una vocina fastidiosamente stridula per imitare lei, ma Mina era terribilmente scocciata e rispose “Ciao Juan, ti sei fatto venti ore di viaggio per stare con una con cui non hai neanche una relazione? Hai qualcosa che non va, ragazzo…”
“touchè ragazzina”
Le disse alzando le mani come se volesse arrendersi, ma allo stesso tempo avvicinandosi terribilmente al suo corpo e quando fu abbastanza vicino da avere il viso quasi contro il suo sussurrò “ho detto una stronzata, perdon mi amor…”  ma Mina continuò a fare l’offesa e non gli rivolse neanche uno sguardo.
“Davvero Mì? Neanche un fottuto abbraccio? Dopo tre mesi di ‘mi manchi, ti voglio, muoio dalla voglia di stare con te’ a tutte le ore, riesci davvero a ignorarmi? Sei una dannata psicopatica o stai soltanto facendo finta per farmi arrabbiare?”
Erano troppo vicini, talmente tanto da sentire l’uno l’odore dell’altro e Mina desiderava soltanto la sua bocca, ma voleva farlo penare e giocava a fare l’indifferente, ma quando lui aggiunse “…perché sono troppo felice di averti accanto a me per arrabbiarmi” si girò e finì nelle sue braccia in pochissimi minuti.
Fecero l’amore due volte di seguito e si coccolarono per ore, ma Mina era ancora risentita, perciò accarezzandogli i capelli gli disse “Quando siamo insieme è tutto semplice, sembri anche molto preso. Ma a distanza, francamente, sembra quasi che non te ne importi nulla di me…”
“ e chi lo dice?” ringhiò divertito, ma Mina sospirando gli fece presente alcune delle sue perle di saggezza di quell’ultima settimana e lui rimase in silenzio per qualche secondo, prima di dire molto piano “…è solo tanto complicato ragazzina. Non lo immaginavo neanche che potesse essere così…”
Accarezzò la sua curva dorsale con due dita, ma Mina sbuffò soltanto e lui decise di tirare fuori qualcosa per tranquillizzarla, così sì alzò e la lasciò ad osservare la sua schiena e il sedere perfetti.
“…comunque donna impossibile…” le disse, lanciandole un pacchetto “…buon Natale”
Mina lo afferrò al volo e quando vide che aveva impresso il nome di una nota gioielleria impazzì, pensando che potesse essere un anello. Si disse che sarebbe stato meraviglioso, e il cuore le scoppiò mentre scartava piano quel pacchetto, ma poi lui le disse “Hai intenzione di metterci tutta la notte?” e Mina lo fulminò con gli occhi, ma Juan era diventato antipatico perché si era accorto dei regali che affollavano il tavolo della suite, e per l’ennesima volta si era sentito inadeguato.
“Oh, li adoro, grazie…” sussurrò Mina piano aprendo la scatola e scoprendo degli orecchini di diamanti bellissimi, ma lui si strinse solo nelle spalle e ribattè acido “non sono sicuramente come questi altri regali che hai ricevuto, ma ho fatto del mio meglio…”
Mina allora capì che quegli stupidi regali che non aveva neanche aperto lo infastidivano, così si alzò dal letto per raggiungerlo ed iniziò a coccolarlo, ma mentre Juan si perdeva nelle sue paranoie, lei gli scostò i capelli dal viso e con un bacio sussurrò “te quiero, mi amor”lasciandolo di sasso. Dopo qualche minuto di paralisi le chiese solo “…ma in che senso?” e lei ridendo rispose “nello stesso senso in cui me lo hai detto tu a Londra”.
Si amarono disperatamente quella notte e anche il giorno successivo, quando Mina gli chiese apertamente di restare con lei per un periodo, ma Juan declinò l’offerta. Stava lavorando tantissimo, accettando anche impieghi di cui non gli sarebbe mai importato prima, solo per lei, perché voleva regalarle un futuro e tutto quello che lei potesse desiderare. Aveva persino venduto quasi tutti i suoi quadri, solo per denaro, cosa che non avrebbe mai potuto concepire un anno prima. La verità era che dopo la separazione con Beth, Juan era andato a vivere nel suo studio e questo non poteva permetterlo per lei. Stava cercando di ottenere un mutuo per comprare una piccola casa, ma tutte quelle cose richiedevano tempo e impegno.
“…quindi ricomincerai ad essere burbero e crudele con me?” gli sussurrò fissandolo intensamente negli occhi con un’espressione sconsolata e Juan si sentì un mostro. Non se la sentiva di spiegarle i suoi dubbi e le sue paure, così rimase in silenzio a baciare la sua pelle, ma Mina capì che quel rapporto stava per finire e mentre lui dormiva, versò varie lacrime in silenzio quella notte.
Purtroppo, malgrado i sentimenti di entrambi, le cose peggiorarono sempre di più e un mese dopo Juan, durante una lite, si fece sfuggire una frase troppo difficile da accettare. Mina gli aveva comunicato che le avevano aggiunto un altro film, quindi non sarebbe tornata a casa prima di un anno e mezzo e lui si sentì tradito e ringhiò  “Quanto può essere inutile, stupido e autolesionista stare con qualcuno che non puoi vedere per più di un anno?”
Mina gli chiese solo se lui lo pensasse davvero, ma non fu necessario attendere la sua risposta, perché erano in video chiamata e glielo lesse in faccia.
“Mina, ammetterai anche tu che se due persone non possono vedersi per tutto questo tempo, non ha senso che stiano insieme, no?”
 Le disse, con sguardo molto serio, ma Juan stava parlando più con se stesso che con lei. Stava cercando di capire cosa diavolo fare, quando Mina ferita gli disse che voleva una pausa. Lui sentì nettamente che qualcosa dentro di lui era andato in pezzi e si sentì come se ad un certo punto tutti i suoi errori, le cattiverie e i commenti sarcastici, gli fossero crollati addosso e se li sentì tutti sul petto.
“Mina è un errore enorme…” le sussurrò stravolto, ma lei atteggiamento estremamente rigido rispose “almeno non è inutile e stupido…”
“Senti Mina, non dico che sia una cosa giusta razionalmente, ma chiudere così è terribile…” le disse, cambiando completamente atteggiamento di colpo e tornando ad essere l’uomo che l’aveva fatta innamorare.
“Senti, dico solo che dobbiamo pensarci, perché ultimamente sembra davvero che non siamo fatti per stare insieme. Non importa quanto amore ci mettiamo, non riusciamo a stare insieme senza ferirci e farci del male.”
“Ho sbagliato, lo so, ma…” provò a dirle con tutta la dolcezza che riusciva, perché pensava che Mina fosse giustamente risentita per quella frase, ma in verità lei si sentiva solo incredibilmente triste e delusa.
“Non importa Juanito, chi ha fatto cosa. Purtroppo non siamo persone da relazione a distanza, abbiamo bisogno di toccarci e di amarci per farla funzionare evidentemente…”  aggiunse cercando di restare serena, ma con le lacrime che le attanagliavano la vista, e Juan scosse la testa e le sussurrò “adesso sparirai?”
“No, no anzi, vorrei continuare a sentirti e magari anche rivederti quando tornerò a New York…” bisbigliò Mina con due occhi pieni di lacrime giganteschi e lui scosse ancora la testa, incapace di domare la palla di fuoco che aveva nel petto. Lei sembrava incredibilmente sicura di quella decisione e Juan si disse che forse niente di quello che avrebbe potuto dire o fare avrebbe potuto scalfire la determinazione di lei.
“…ti lascio solo libero di vivere la tua vita senza l’obbligo di dovermi sentire o vedere, dato che sembra così difficile per te. Dimmi soltanto che quando un giorno capiterà che ci rivedremo, tu abbandonerai tutto quello che hai per fare l’amore con me”
Gli disse molto provata, e lui annuendo sussurrò “…e tu dimmi che il giorno in cui sceglierai di mollare tutto e scomparire, verrai a Brooklyn e scomparirai insieme a me…”
“Ci puoi giurare mi amor…” rispose versando un paio di lacrime e Juan pensò solo che l’amava troppo per perderla così, perciò provò a dirle “No, Mina, questa cosa è stupida. Ci stiamo facendo male per una sciocchezza, lo capisci? Ok è una follia stare insieme se non possiamo vederci, ma possiamo ancora provare a farlo funzionare. Posso rinunciare alla mostra e agli impegni e anche tu puoi provare a liberarti da qualcosa, no? Insomma quando siamo vicini sembra che funzioni tutto Mì, non possiamo rinunciare perché io incasino le cose al telefono…”
“Mi amor, non è giusto tutto questo. Il problema non è la distanza in sé, ma il fatto che tu stia soffrendo troppo e non riesca a sopportare questa cosa…” sussurrò lei molto dolce e lui chiuse solo gli occhi e sospirò.
“…perché lo so come sei fatto, posso lamentarmi mille volte di te, ma ti conosco e so che se ti comporti da stronzo è perché ci stai male, no?” aggiunse mordendosi il labbro e Juan pensò solo “cazzo questa donna è una strega”.
 “E io non posso farti male. Non posso chiederti di rinunciare alla tua carriera e non posso liberarmi dagli impegni. O meglio, potrei, ma non nell’immediato…”
Gli disse, con un atteggiamento molto dolce e addolorato, ma lui rispose con il cuore in gola “…e quando? Ti aspetterò…”
“Tra un anno, almeno Juan. E non mi sembra che siamo nelle condizioni di poter reggere tanto.”gli disse, cercando di stare più calma possibile, ma era arrivata la fine e quest’idea la stava dilaniando.
“Ma giuro che la prima cosa che farò, quando avrò del tempo libero, sarà mettermi il completino rosso che ti piace tanto e correre al tuo studio con i tacchi a spillo e il tuo vestito preferito”
“Ti amo Mina…”
Le disse a bruciapelo senza neanche guardarla, perché quella era una terribile colpa da confessare ad una persona che ti sta lasciando, e lei sorridendo sussurrò “anche io ti amo Juanito, da morire”.
“Fantastico, ce lo stiamo davvero dicendo soltanto perché è finita? Siamo davvero così cretini?” Ringhiò Juan ferito, ma lei molto dolcemente sussurrò “non è finita. Ci continueremo ad amare sempre, anche se a distanza. Impazziremo per quelle poche ore che potremo passare insieme e ci accontenteremo di quei momenti, che saranno tutto per noi. E come due falene, vivremo intensamente per le poche ore che ci vengono concesse insieme.”
“E’ una cazzata” le abbaiò contro addolorato e lei sorrise malinconicamente.
“Ti do tempo una settimana e avrai completamente dimenticato qualunque cosa ti spingesse a stare con me!”aggiunse serio.
 Mina scosse solo la testa, ma si sentì profondamente offesa e chiese rigida “stai sminuendo davvero il mio amore per te? Sai a quanti uomini ho detto queste due parole?”
“Non lo voglio sapere, non mi interessa…” ringhiò addolorato e lei scosse la testa e si disse che probabilmente a quel punto era anche inutile dirgli che non aveva mai amato davvero nessun altro. Però aveva un’ultima cosa da dire, così prendendo il coraggio a due mani aggiunse “lo sai che generalmente Myles mi organizza una festa per il mio compleanno?”
“Ah e ne siamo tutti molto felici…” rispose caustico, ma Mina sorridendo aggiunse “…significa che sarò a New York tra tre mesi, Juan…”
“Davvero?” le disse con il cuore in gola, balzando letteralmente dalla sedia, perché quello era un colpo di scena niente male.
“sì, anche se solo per una notte, però…”ammise con molta tenerezza e lui sorridendo rispose “…come una di quelle farfalle brutte…”facendola ridere.
“Prendiamoci una pausa per questi mesi, sentiamoci soltanto quando è davvero indispensabile e poi ci rivedremo a New York la mattina del mio compleanno e decideremo…” concluse lei e si salutarono con un bacio, sereni che quella non fosse una fine definitiva, ignorando che il destino avesse in serbo per loro uno scherzo piuttosto contorto.
Nota:
Ciao a tutti e grazie per aver letto. Allora che ne pensate di questa situazione? Secondo voi c'è qualcuno dalla parte del torto, o sono solo vittime del destino? Fatemi sapere, vi aspetto!

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Capitolo 42
*** Capitolo 42: cattive compagnie ***


Capitolo 41: cattive compagnie
Juan reagì piuttosto male a quella chiusura, malgrado fosse convinto che fosse solo temporanea. Decise di prendersi del tempo senza di lei, per cercare di capire se fosse più doloroso averla sapendo che era lontana, o non averla affatto. Si chiuse completamente in se stesso, si disse che per un po’ doveva sforzarsi di pensare ad altro e scacciare quel dolore che lo stava ossessionando, così cominciò ad uscire tutte le sere con il suo gruppo di amici, che ormai non frequentava da mesi. Rimase molto sorpreso nello scoprire che ormai c’era un membro in più, e all’inizio si disse che sarebbe stato impossibile dimenticare Mina trovandosi la sua ex fidanzatina sempre tra i piedi, e che sarebbe stato tremendo, ma poi ci ripensò. Reta intratteneva una stranissima relazione con Zack, ed era stata da subito molto amichevole con Juan, perché era convinta che fosse l’ennesima vittima di quella donna che lei e Greg chiamavano il demone con gli occhi e il cuore di ghiaccio. Lo aveva preso immediatamente sotto la sua ala, e aveva deciso di doverlo aiutare a superare quella rottura presentandogli svariate signorine molto disponibili e disinibite. Una in particolare, Brandy bassista della sua band, lo corteggiava vergognosamente e gli aveva fatto capire di avere una cotta pazzesca per lui, ma Juan aveva sempre alzato gli occhi e scosso soltanto la testa in risposta.
Mina lo aveva cercato sempre per i primi giorni, perché semplicemente per lei non era possibile vivere serenamente le sue giornate senza di lui, ma ben presto capì che aveva bisogno di tempo e decise di lasciarlo in pace. Iniziarono così le sue giornate tristi e vuote spese a fissare un telefono che non squillava mai. Lei a differenza di Juan non aveva amici o persone con cui potesse uscire, e quindi per settimane si ritrovò ad annegare nella sua solitudine. Juan rispondeva in modo molto stringato ai suoi messaggi e a tre settimane dalla loro rottura aveva smesso di inviarle le foto, quindi lei aveva iniziato a temere che lui avesse un’altra. Era in Sud America in quel periodo, dunque pensava a lui costantemente, così una sera andando ad una premiazione decise di voler sentire la sua voce, ma non le piacque affatto quello che sentì.
Juan era in auto con Zack, Reta e una sua amica. Avevano bevuto abbastanza e continuavano a ridere come gli stupidi, ma lui quella sera doveva fare da autista e portarli per club, così rimase sobrio e sorrise quando si accorse che lo stava chiamando. Evitava sempre di sentirla, perché per qualche strano motivo quelle chiamate riaprivano le sue ferite e lui letteralmente crollava pensando a quanto gli mancasse.
“Sto guidando, sei in vivavoce” le disse serio e Mina sbuffò soltanto, ma una voce disse “ma è la stronza?”
“Reta?” ringhiò Mina offesissima e lei ridacchiando rispose “esatto Lucy, proprio io. Abbiamo formato un club di quelli che hai sfanculato, stiamo aspettando solo Swanson…”
“bene…” sussurrò Mina senza parole, ma quando sentì la voce di un’altra donna che gli diceva “dai Juan stai fermo con le mani, mi fai impazzire…” impallidì. Brandy stava facendo la stupida di proposito, ma Mina ebbe la risposta ai suoi dubbi e rimase senza fiato. L’aveva già sostituita? Dopo così poco?
Juan provò immediatamente a togliere il vivavoce, ma non sapeva farlo benissimo dalla macchina di Zack quindi non riuscì a impedirle di sentire la stupida frase di Reta.
“…abbiamo trovato tutti altre soluzioni, come vedi. Io sto con Zack, G sta con Alexandra seriamente ormai e Juan…” non riuscì a finire, perché lui finalmente recuperò il cellulare e le disse piano “Sono stronzate, ti chiamo dopo” ma lei non volle sentire oltre e staccò.
 Arrivò alla premiazione letteralmente in lacrime, ma poi il destino si mise in moto e lei riuscì ad ottenere la sua vendetta. Vedete, era un importante evento musicale, e lei sorrise nel vedere chi stava indicando nella sua direzione.
“Dio Lucy, ma puoi diventare sempre più strafiga ogni volta che ti vedo? Ma come cazzo fai?”
Le disse ridacchiando un vecchio amico e Mina ridacchiando gli disse “Ciao Mary, ma la moglie dove l’hai messa?”
Mina e Joey facevano da sempre lo stesso giochino:lui la chiamava Lucy per Lucifero e lei in contrapposizione lo chiamava Mary. Era un nomignolo che le aveva dato quando stavano insieme, e ormai aveva preso piede tra tutte le persone che lo conoscevano. Si comportavano sempre da ragazzini quando erano insieme, sebbene lui fosse nella trentina già da un po’ e Mina pensò che aveva davvero bisogno di ridere.
Joey Stanley, però non era soltanto molto divertente, era terribilmente affascinante, ed esattamente l’opposto di Juan: aveva bellissimi capelli biondo cenere, acconciati in una specie di cresta punk molto elegante, e due occhi azzurri incredibilmente limpidi. Fisicamente non era per niente male, aveva le spalle e le braccia ben definite, come ogni batterista e Mina pensò che fossero ancora più in evidenza con il completo nuovo.
“… le mogli sono un discorso complicato e ci sono troppi fotografi.”
 Rispose serio, posando insieme a Mina per delle foto, ma lei ridendo rispose “…parlavo di Greg…” facendolo ridere.
“Non so, dovrebbe essere in giro da qualche parte. Magari è di nuovo a farsi mettere l’eyeliner o a farsi sbiancare i denti, perché è ossessionato ultimamente…” rispose in tono estremamente divertito e poi aggiunse “Giochiamo ai vecchi tempi dopo e beviamo tutti insieme?”
“Oddio, ho davvero pensato male quando hai detto giochiamo ai vecchi tempi” rispose lei ridendo, ma poi si disse che aveva davvero bisogno di passare qualche ora lontana dalla Mina che si strugge per amore di un coglione che l’ha già sostituita, perciò annuì.
Immediatamente, però, fu portata via dai giornalisti e non ebbe neanche il tempo di salutarlo. Dopo aver sorriso a tutti, scappò nel suo camerino e scoprì che Juan l’aveva chiamata più volte e che le aveva scritto solo “Mina, ti prego…” ma decise di non richiamarlo. Aveva deciso che per quella sera voleva tornare la ragazzina divertente che tormenta le rockstar, ma non aveva intenzione di fare nulla di speciale, magari si sarebbe ubriacata con loro, perché era letteralmente impossibile restare sobri in loro compagnia.
Durante la premiazione li vide tutti da lontano: Rob, Jason, Joey e anche Greg. Pensò solo che fosse davvero troppo affascinante quell’uomo, soprattutto quando sul palco sfoggiava tutto il suo carisma, e per qualche minuto dimenticò quanto fosse stronzo e fu rapita dal suo solito incantesimo. Ma ben presto le tornò in mente. Come potete immaginare Greg era impazzito sapendo che per la prima volta in più di un anno erano nello stesso luogo, così la cercò disperatamente e la trovò un po’ annoiata seduta accanto a gente noiosa.
 “…per anni ho aspettato di rincontrare i tuoi occhi, solo per poterti dire che nulla stordisce, ferisce e uccide come le tue labbra…”
Sussurrò piano una voce alle sue spalle, e Mina si sentì due dita che conosceva benissimo scivolarle lungo il collo. Sospirò fortissimo e girandosi rispose “cosa fai, ti citi da solo Gregory Eugene Swanson?” facendogli sfoderare il sorriso più bello e sensuale degli ultimi dodici mesi.
Era oggettivamente un uomo bellissimo, con un fisico decisamente più esile di quello di Juan, ma comunque tonico e sexy. La parte migliore di Greg, però, era il suo viso molto bello, ciglia lunghe e folte, lineamenti fini e delicati e una bellissima spruzzata di lentiggini che evidenziava due occhi verdi, tanto brillanti e affascinanti da “stordire un alce” come diceva sua madre, che lui aveva tutta intenzione di usare contro di lei.
“Quanto sei bella, mia regina…” le sussurrò estasiato e Mina fece una cosa che lo disorientò completamente: abbasso lo sguardo e sorrise.
“Cos’è questo?” le disse estremamente seccato, con un’espressione tanto buffa da farla ridere e lei si strinse soltanto nelle spalle, ma quel matto costrinse con fare suadente l’attricetta che era seduta accanto a Mina a cedergli il posto e si sedette vicino a lei, con il cuore in tempesta.
“Insomma qualcuno ti ha fatto del male, mia Mìmi. Come ci vendichiamo? Mandiamo Joey a picchiarlo, gli facciamo causa o facciamo l’amore tutta la notte per vendicarci?”
Mina rise fortissimo e gli rispose soltanto che non ricordava che lui fosse divertente, ma Greg stringendosi nelle spalle rispose “divertente, sexy, intelligente, il miglior cantautore vivente dopo Dylan, secondo GST…sono pieno di lati positivi. E poi te lo ricordi, no come facevo l’amore con te?”
“…per non parlare della tua modestia, che è sempre notevole…” rispose Mina divertita e lui fece un po’ l’offeso, ma poi ricominciò a fare lo splendido e Mina, non sapendo bene perché, lo lasciò fare.
“Però devo dire che tutto questo mi amareggia molto. Tutta questa scena di te acqua e sapone che ti annoi qui buona buona fissando il cellulare. Dov’è la mia  terribile regina? Quella  bellissima e arrogante che beve tequila come un pescatore e sniffa qualsiasi cosa le offrano? Che maledizione le hanno fatto?”
“Questo incantesimo si chiama crescere, probabilmente” rispose Mina divertita, mentre Greg sorseggiava qualcosa dalla sua amata fiaschetta.
Finita la premiazione si riunirono al resto degli Headbangers e Mina andò via in auto con loro. Per qualche ora era stata davvero bene a ridere con loro e stranamente si era sentita nuovamente la donna forte e affascinante che credeva di essere prima di conoscere Juan. Le piaceva che loro morissero ai suoi piedi, la sua autostima ne godeva incredibilmente. Aveva dimenticato tutto, ma poi prese il cellulare per chiamare sua madre e trovò una serie di messaggi di Juan e uno di Reta, in cui c’era una foto di Brandy seduta sulle ginocchia di Juan che lo bacia.
“Merda…” ringhiò sconvolta, e per un attimo i suoi accompagnatori si fermarono a fissarla, perché aveva iniziato a tremare ed era completamente fuori di sé.
“Hey piccola stai bene?” le sussurrò Stanley preoccupato, mentre Greg la fissava stravolto, ma lei si sciolse in un milione di lacrime sulla sua spalla e per un attimo nessuno riuscì a dire una parola.
“Ma che è successo?” le chiese Joey accarezzandole i capelli, ma Mina per qualche minuto non riuscì a parlare, scossa com’era dalle lacrime e dai singhiozzi, ma gli porse il cellulare e Joey scosse solo la testa, porgendolo a Greg.
“No Lucy, non te lo permetto, mi senti? La mia Lucy non si scioglie in lacrime come una bambina se qualcuno fa lo stronzo…” le disse Joey con molta decisione e Greg con un ghigno malvagio in viso aggiunse “…lo tradisce. Gli fa tanto male da fargliela ricordare quella lezione. Insomma devo ricordarti del tuo porno con il mio migliore amico?”
Mina non riusciva a smettere di piangere, ma si disse che avevano assolutamente ragione loro. Quando diavolo era diventata una stupida piagnucolona?
“…o dobbiamo ricordarti di quando offesa ci hai comunicato che volevi stare con entrambi o ci avresti mollati su due piedi? E di quanto siamo stati stupidi noi ad accettare?”
Aggiunse Joey ridacchiando, senza rendersi conto di star rivangando il periodo più imbarazzante della vita di Mina: quello in cui aveva convissuto con entrambi. Mina pensò che avevano ragione loro, era stata troppo stupida con Juan. Aveva imparato da tempo che agli uomini non piacciono le donne appiccicose che ti cercano e ti amano, no. Pensò alla lezione che proprio Greg le aveva insegnato, e a come era riuscita a piegarlo totalmente soltanto facendogli del male. Vedete, Greg e Mina si erano innamorati per caso, quando lei usciva con Joey tre anni prima. Lui aveva inizialmente rinnegato quei sentimenti, e più lei lo cercava, più s’irrigidiva. Poi lei aveva minacciato di andarsene e Greg l’aveva rapita e portata via in una sera d’estate. Aveva voltato le spalle al mondo, ai suoi amici e alla sua band solo per stare con lei, ma a quel punto non era ancora ossessionato da lei. La venerazione di Greg per Mina era nata dopo, quando lei fredda e crudele era diventata la bellissima personificazione del suo disprezzo per se stesso. Voleva Mina spietata e senza cuore, stravolta e instabile, e lei lo aveva accontentato, giocando a fargli tutto il male possibile. Lo aveva tradito con i suoi migliori amici, abbandonato migliaia di volte, ma ogni volta che lei se ne andava Greg impazziva e faceva ogni cosa per riprendersela. Mina, però, soffriva troppo per quel rapporto e ad un certo punto aveva deciso che non ce la faceva più a giocare a quel gioco perverso, per questo l’aveva mollato.  
“…dai bambina cattiva, facciamolo incazzare…” concluse Joey e lei finalmente emerse dalla sua spalla, gli strappò la bottiglia dalle mani e buttò giù un quantitativo di alcol impressionante, tutto d’un fiato.
“Ah ben tornata…” le disse Greg con un sorriso malizioso, perché aveva finalmente capito che avrebbero fatto sesso quella notte e Mina gli sussurrò all’orecchio “…dai, divertiamoci…”
Juan, nel frattempo, non aveva idea dello scherzo che Reta aveva fatto a Mina, ma aveva reagito malissimo nel trovarsi addosso Brandy ed aveva finalmente capito che non poteva minimamente desiderare un’altra donna. Gli era letteralmente scoppiato qualcosa dentro, che aveva polverizzato i suoi muri e lo aveva spinto persino a supplicarla nei messaggi lasciati in segreteria e restare una sera intera a cercare i voli per l’Argentina, dove Mina stava girando, ma lei continuava a non rispondere e lui si stava mangiando il cuore. E poi sentì Reta dire “Cazzo! Non ci posso credere…”
Non diede molto peso a quelle parole, finchè lei nervosissima fece partire il vivavoce e disse “Swanson non ci credo che è una foto nuova…”
 “E’ una foto nuova stupida, patetica idiota” rispose Mina con un disprezzo infinito nella voce.
Era completamente ubriaca e Juan ebbe una reazione tanto forte da perdere per un secondo il controllo dell’auto, ma poi dovette fermarsi quando le sentì dire “…adesso vai dal tuo nuovo amico sfigato e diglielo che non me n’è mai importato un cazzo…”
“Glielo hai appena detto tu…” rispose Reta con un sorriso malvagio, osservando lo sguardo di Juan che era talmente stravolto da dover uscire dall’auto, ma anche da fuori sentì il tizio che diceva “ va beh ciao Reta, tu divertiti che noi dobbiamo scopare. Forse un giorno tornerai a far parte del triangolo, ma per ora…”
Gli tremava la mano, e non era mai successo prima. Non riusciva neanche ad accendere la sigaretta. Era ubriaca, non credeva in quelle parole, probabilmente le aveva dette perché era gelosa o sconvolta, ma nulla gli aveva mai fatto tanto male come quella stupida frase. E poi iniziò ad immaginarsela con lui e si rese conto di non essere in grado di sopportare quel dolore, ma che era soltanto colpa sua se lei era finita con un altro, perché la sua Mina, quella innamorata persa che lo guardava con enormi occhi luccicanti, non l’avrebbe mai tradito. Provò a chiamarla per l’ultima volta, ma lei aveva il cellulare spento e le lasciò un messaggio in segreteria struggente. Le disse che l’amava da morire, che si sentiva a pezzi senza di lei e che aveva capito tutti i suoi sbagli e che se gli avesse dato un’altra chance non l’avrebbe mai più abbandonata, ma Mina non sentì mai quelle parole. Non riusciva a sopportare l’idea del tradimento di Juan, soprattutto perché lei gli aveva sempre dato tutto quello che lui voleva senza fare storie, così aveva deciso di chiudere definitivamente e al mattino dopo aveva consegnato il cellulare alla sua segretaria, chiedendogliene uno nuovo per l’ennesima volta.

Nota:
Ciao a tutti, come state? Scusate se sono mancata per un po'. Allora finalmente potete conoscere Joey e Greg, che ne pensate? Vi sono simpatici? E cosa pensate della situazione tra i nostri due? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 43
*** Capitolo 43: una porta chiusa ***


Capitolo 43: una porta chiusa
“Non lo so se sei più bella o tormentata...dove sei piccola principessa che fuma tabacco e beve caffè?Chi stai abbracciando con la mente?Per chi si struggono quei piccoli frammenti di lago? Chi ti fa soffrire così tanto? ”
Le sussurrò teneramente un uomo misterioso che sembrava conoscerla, ma non era altro che l'ennesimo a cui si era abbandonata cercando un'effimera illusione di affetto e dolcezza. Gli sconosciuti erano sempre molto gentili con lei, la riempivano di complimenti e regali solo per portarsela a letto; aveva bisogno di questo, di calore e venerazione, anche se falsi e destinati a svanire in fretta. Il tradimento di Juan l'aveva ferita a tal punto da farla diventare insicura e fragile. Nessuno le aveva mai fatto così male, e dentro di lei si erano riaperte vecchie ferite: si sentiva di nuovo la piccola ragazzina rifiutata da tutto e tutti, ed erano anni che non soffriva così. Dopo mesi passati accanto ad un uomo silenzioso che non le aveva mai fatto neanche un complimento, nei primi giorni della loro rottura si era abbandonata a chiunque fosse un po' dolce con lei, ma aveva cominciato a fumare le sue sigarette per sentire quell'odore tossico che le aveva intriso la pelle.
“Ti farai venire i denti neri o peggio...”
Le ringhiava Jennifer in tono saccente, ma ormai non poteva farne più a meno: ogni volta che si sentiva troppo sola, ogni volta che avrebbe voluto vederlo, anche se era un maledetto bastardo, si accendeva una sigaretta e per un attimo chiudeva gli occhi e soffocando nel fumo si illudeva di sentirlo più vicino.
A una settimana da quella folle notte il suo ego era in frantumi: non valeva nulla per l'unico uomo che l'aveva conosciuta veramente, e cominciava a credere di non valere nulla per nessuno. Furono giorni di crisi profonda, nei quali giunse alla conclusione che doveva fuggire da quella vita il prima possibile e cominciò a pianificare il suo addio alle scene.
Dall'altra parte del mondo anche qualcun altro faceva strane riflessioni: dopo un iniziale momento d’incredulità, aveva cominciato a soffrire rovinosamente. Non capiva perchè lei lo avesse trattato così male, e non riusciva neanche a realizzare perchè se la fosse presa tanto per una stupida frase di una sciocca, ma dopo un po' si era reso conto che lei doveva aver pensato che quella era la sua donna nuova. Ci pensò attentamente, gli tornarono alla mente tutte le cose che le aveva detto e si disse che evidentemente si era convinta di non valere molto per lui, dato che subito dopo averle detto “ti amo” si era allontanato e aveva cominciato a trattarla con freddezza. Cinque giorni dopo il loro addio, se ne stava seduto per terra nel suo studio a contemplare l'enorme poster pubblicitario che la ritraeva in biancheria intima di pizzo, a pancia in giù, seducente e bellissima e gli venne una fortissima voglia di dirle che l’amava, che voleva tenerla nella sua vita e…di chiederle se fosse tornata con quel coglione di Swanson. E in caso avesse detto di sì, avrebbe combattuto fino alla morte per riprendersela, perché l’aveva lasciata andare e rifiutata ed era solo colpa sua. Così seppellì il suo orgoglio e si decise a fare una cosa che non avrebbe mai fatto lucidamente: telefonò a Carlos.
“Io non volevo arrivare a tanto...”disse con voce incredibilmente formale, ma suo fratello aveva già capito e previsto tutto da tempo. Sapeva che avrebbe avuto bisogno di chiederglielo prima o poi, così rispose “hai bisogno di sapere dov'è finita, vero?”
Juan si ammutolì di colpo. Era così sciocco e prevedibile?Mentre pensava a cosa dire, a come giustificarsi, a come evitare di sembrare un imbecille totale, suo fratello rispose tranquillamente “dammi qualche minuto, non mi ci vorrà molto, fortunatamente te ne sei scelto una famosa, quindi non dovrei avere nessun problema a rintracciarla.” E lui lo ringraziò di cuore; ora che aveva riflettuto sul suo stupido comportamento voleva solo scappare da lei il prima possibile per raccontarle tutto, pregando di non dire o fare altre cazzate, ma quei venti minuti trascorsero come delle ore. Inquieto provava a distrarsi, accendeva la tv, ma poi immediatamente la spegneva; neanche sopportava l'idea di dover aspettare tanto, ma poi finalmente suonò il telefono “San Miguel, Argentina. Il tuo volo parte tra tre ore, hai un pass per l'area in cui stanno girando e in cui lei vive. Ha una piccola villetta sulla spiaggia, quindi se non la trovi sul set prova lì; a quanto pare le riprese non stanno andando benissimo...comunque ci sono Ignacio e Rafael in quella zona, sai che ti adorano, se serve….”
Juan ci pensò un secondo e poi fece morire Carlos dicendogli dolcemente “gracias hermano…”
Non aveva mai voluto sentirsi dire altro, e stava quasi soffocando dalla gioia ma rispose solo “nada…”piuttosto commosso.
Juan corse immediatamente in aeroporto e partì con l’anima letteralmente in subbuglio. Era a sedici ore da lei, stava per rivederla, ma quel dannato aereo andava troppo piano e lo stava innervosendo ancora di più. L'ansia aumentava ogni secondo e per tutto il tempo pensò a cosa dirle, si scrisse persino qualche frase, cosa che non aveva fatto neanche durante i processi, e trascorse il volo peggiore della sua vita. Si disse che forse dormire l'avrebbe aiutato, ma non riusciva a tenere gli occhi chiusi per più di cinque minuti.
Quella mattina Mina si svegliò distrutta come al solito, aveva trascorso una notte orrenda e non aveva dormito affatto. I farmaci che la facevano dormire all'inizio, ormai le concedevano solo qualche ora di sonno e non poteva permetterselo perchè era nel pieno del suo film. Non poteva neanche bere o fumare, sempre perchè doveva essere perfetta sul set, e la sua unica consolazione erano quelle maledette pillole. Fissò per un attimo il suo comodino e si mise a ridere pensando che ormai era un espositore di farmaci di ogni tipo: ansiolitici e sonniferi la facevano da padrone, ma c'erano anche molti antidepressivi.
“Se non avesse dovuto girare- aveva detto Jennifer con aria saccente- non sarebbe stato necessario assumere farmaci, ma non poteva presentarsi sul set sembrando uno straccio.”
Quindi mentre le donne normali per superare una rottura mangiando biscotti, bevono cioccolata e guardano film con le amiche, le super modelle possono solo piangere sul loro pinzimonio e sulla spalla di un buon analista, e assumere tonnellate di farmaci.
 Quella mattina, però tutto era destinato a cambiare: dopo qualche ora al trucco finalmente era arrivata in spiaggia dove doveva girare un paio di scene chiave del suo film, una sorta di action movie in cui lei interpretava il ruolo della bambola che fa la spia per i terroristi con una tutina di pelle assolutamente imbarazzante, che la stava facendo morire dal caldo. Detestava quel film, e ogni battuta le faceva davvero schifo, ma tutto ultimamente le faceva schifo. Eppure, proprio durante una delle scene chiave, che generalmente recitava senza un minimo di pathos o trasporto, Mina improvvisamente perse la battuta.
“E così riusciremo a scoprire dove nascondono gli armamenti e sferrare un attacco nucleare di proporzioni apocalittiche, giusto capo?”Disse un'attricetta in minigonna, probabilmente amante del regista, ma Mina non disse nulla. Non era impazzita, eh no, semplicemente si era trovata davanti qualcuno che non si aspettava e non sapeva come reagire.
Era splendido e molto tenero e  insicuro. La guardava come se avesse paura di lei, come se si aspettasse di leggerle in viso qualcosa di brutto da un momento all'altro. Era sciatto, ma a modo suo stupendo: senza giacca, con i capelli legati e le maniche della camicia tirate su; chiaramente aveva affrontato un lungo viaggio, ma per dirle cosa? Che era andato a letto con un’altra? Che voleva stare con lei? Ma non era una follia?
 In quell'istante tutta la dolcezza di Mina svanì ricordandosi tutte quelle cose terribili, così gli voltò le spalle e continuò e il nostro amico fu divorato fortemente dalla rabbia, ma non volle dire nulla. Lo invitarono ovviamente ad assistere alla proiezione, e questo fece impazzire la giovane attrice, che si sforzava il più possibile di apparire indifferente ma stava bollendo d'ira.
Dopo un paio di ciak andati male decise di affrontare il toro per le corna, così lo prese violentemente per il braccio e lo trascinò nel piccolo edificio antistante alla spiaggia in cui lei dormiva. Voleva dirle milioni di cose, ma una volta chiusa la porta e rimasti soli non riuscì a resistere alla tentazione di stringerla forte e baciarla, e questo ovviamente l’aizzò ulteriormente. Mina lo odiava terribilmente, così provò in ogni modo a liberarsi dalla sua presa, poi non riuscendoci, prese il primo oggetto che si trovò a tiro e glielo suonò violentemente in testa, provocandogli un dolore enorme.
Mentre il povero pittore si lamentava per il dolore alla testa, un' insolitamente risoluta Mina lo cacciò via dalla sua stanza gridando “non sono la tua puttana, non puoi arrivare qui e pretendere di scoparmi, io non te lo permetto sono una donna cazzo, e ho una mia integrità e...”
“Non è una buona ragione per uccidermi ragazzina...”disse lui sorpreso e un po' seccato, ma tutto sommato felice di potersi spiegare.
“Avanti cretina aprimi, ho un sacco di cose di dire alla mia donna e ho aspettato troppo per farlo...”
Disillusa e fredda ringhiò “e chi sarebbe la tua donna?”
“La mia Mina, quella dolce e goffa che mette i pigiami con i fenicotteri. Quella che muore dalla voglia di mangiare cioccolato e che mi ama senza mai pretendere nulla, sopportando migliaia di risposte odiose…” sussurrò piano, con la fronte contro la porta e lei sospirò forte ma non disse nulla.
Ed in quel momento Juan ferito e con il cuore in mano iniziò uno dei discorsi più belli e più lunghi che avesse mai fatto “E va bene, allora se non posso dirglielo guardandola negli occhi, diglielo tu. Voglio che tu le dica che ho attraversato l'oceano solo per toccare le sue labbra, che maledico in continuazione questo asfissiante desiderio di baciarla e stringerla, e dille che sono venuto fin qui solo per rivedere quei suoi dannati occhi azzurri così belli.”
Si stava giocando il tutto per tutto, stava scoprendo le sue carte come aveva fatto lei mille volte, così aggiunse  "La dannatissima verità, quella di cui mi vergogno terribilmente di parlarti, ma che non posso più trattenere perchè ho un dannato trauma cranico e non so che altro, è che sono tornato, anche se non era la cosa giusta da fare, solo per dirti che mi sono spaventato e sono stato uno stronzo, solo perchè sei  la prima donna di cui io mi sia mai innamorato, e convivo con una paura fottuta che ti accorga che io non merito tutto quello che mi regali senza mai chiedere nulla.”
Lei non disse nulla, ma l'emozione era talmente tanta da farla tremare come una foglia. Aveva ascoltato tutto accanto alla porta, accarezzando il legno nodoso e sorridendo mentre qualche lacrima le rigava le guance. Era tornato, e le stava dolcemente aprendo il suo cuore, ma lei non poteva crollare, non poteva dire nulla perché per una volta voleva dimostrarsi più forte di lui. In quel momento avrebbe solo voluto buttare giù quella maledetta porta e dirgli "mi sei mancato"e stringerlo forte, ma poi lui l’avrebbe ferita di nuovo, così doveva inscenare la sua parte e mordendosi le labbra per non piangere lo fece. Rimase immobile e sforzandosi di non dimostrare emozioni disse “…e la donna con cui limonavi l’altra sera lo sa? Quella con cui a quanto pare ti sei messo dopo aver chiuso con me…”
“Tu mi hai mollato. Non io…” ringhiò Juan serissimo e Mina annuì e basta ma poi lui aggiunse “…non ho idea di come tu lo sappia, ma ok, questa tizia mi è saltata addosso, e io non l’ho scaraventata per terra subito, quindi lei mi ha baciato e allora? Significa che ho un’altra donna?”
“E’ successo solo quello?” chiese Mina con una voce che tradiva tutti i suoi sentimenti e lui sbuffò forte e rispose “…voglio sapere se stai con Swanson adesso e non penso di poter aspettare ancora per avere la risposta. Voglio sapere se lo ami più di me, se mi hai dimenticato…”
Ma Mina reagì in modo stranissimo e ridendo forte rispose “oh quanto gli piacerebbe che io…provassi quei sentimenti per lui…”
Non voleva dirgli che lo amava, certo non in quel modo, ma quando Juan sussurrò “apri, guardami negli occhi e dimmelo perché altrimenti non riesco più a fare letteralmente niente. Ti prego…” lei si sciolse completamente.
Aveva detto quelle parole con un’insicurezza spaventosa e Mina sbuffando aveva obbedito.
 Le fece un sorriso bellissimo e per un attimo nessuno dei due riuscì a dire nulla, poi Juan ringhiò “allora?”
“Non sto con Greg e non lo amo. Va bene?”
Rispose Mina seccata e lui finalmente potè respirare a pieni polmoni e disse sorridendo “ok, l’ho scampata…”
“…ma questo non significa che io voglia stare con te.”
Rispose severissima, ma con sguardo basso e Juan le afferrò il viso con le mani e sussurrò “stai mentendo, e lo sappiamo entrambi. Tu mi ami ancora…”
Entrambi furono letteralmente attraversati da una scossa elettrica nel sentire le ultime quattro parole di Juan, ma Mina era troppo dispiaciuta, così fissandolo rispose “è vero, io ti amo ancora, ma questo non significa che voglia continuare ad aspettare una chiamata tua per tutto il giorno per poi sentirmi dire che non stiamo insieme o che è stupido stare con me…”
“Ho sbagliato, ma adesso so cosa fare per sistemare le cose Mì. Ho avuto mille dubbi e mille paure, ma adesso so cos’è la paura vera e non ho nessuna voglia di lasciarti andare e combatterò con tutto me stesso per tenerti accanto a me…”
 Le rispose con moltissima decisione, ma lei scosse solo la testa e sconsolata sussurrò “guarda, se proprio lo vuoi vieni, facciamo sesso, ma poi lo sappiamo entrambi che non funzionerà e io non voglio ancora illudermi e starci male…”
“Lo capisco Mì…” sussurrò piano, ma poi l’afferrò di nuovo per un braccio e in un secondo l’avvolse in un abbraccio e le disse piano “…ma dimmi che riesci davvero a stare lontana da me e ti lascerò andare”. Lei non riuscì a mentire, non avvolta dalle sue braccia e con il viso di Juan a un millimetro dal suo, così lui la baciò con un’intensità tale da far venire la pelle d’oca alla povera Mimi, che era letteralmente stravolta.
“…mi farai male…” sussurrò pianissimo, mentre lui la baciava, ma Juan rispose “…no Mìmi, mai più…” e lei si lasciò andare maledicendosi terribilmente per quella sua debolezza.Sembrava proprio che quell'uomo potesse ottenere sempre qualsiasi cosa da lei, e si odiava per questo, ma nulla la rendeva felice come i momenti in cui lui era lì con lei
Persi in quel tenero e inaspettato abbraccio ogni regola dettata dall'orgoglio svanì, e mentre lui cercava di domare i suoi sentimenti, lei cominciò a baciarlo con foga e non potè impedire a quelle lacrime che le appannavano la vista di scendere giù. Juan le asciugò le lacrime col pollice, ma non smetteva di baciarla e le sussurrò piano “ti amo Mìmi, non piangere. Sei la mia adorata musa, tutto il resto non conta se ci sei tu...”
Ma prima che lei potesse rispondere aggiunse ridendo “ma spaccami di nuovo un vaso in testa e giuro che perderò la pazienza”.

Nota:
Ciao a tutti, allora che cosa ne pensate di questo capitolo? Troppo sdolcinato? Troppo confuso? Mina è troppo incasinata? Vi siete un po' emozionati con le parole di Juan o vi è parso solo sdolcinato? Scrivetemi, vi aspetto.

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Capitolo 44
*** Capitolo 44: Penelope Tossen ***


Capitolo 44: Penelope Tossen
Dopo quella notte in Argentina fu chiaro ad entrambi che ormai non erano più in grado di allontanarsi, e sebbene non si dissero mai “siamo tornati insieme” apertamente, Juan riuscì a vincere le paure di Mina e a farle capire che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. Ricominciarono a sentirsi ogni giorno, Juan la chiamava nella pausa pranzo e Mina impazziva di gelosia per le modelle che lo importunavano, ma sapeva che lui aveva occhi solo per lei. E lui si sforzava di mostrarle meno la sua gelosia, sebbene le avesse chiesto migliaia di volte cosa fosse successo quella notte con Greg. L’amava tanto da accettare come risposta un “non ne ho idea”, perché malgrado lo tormentasse l’idea di lei con un altro, si fidava dei suoi sentimenti e voleva davvero che lei capisse che l’amava abbastanza da sopportare tutto.
Continuarono a battibeccare e a provocarsi di continuo, ma per due mesi e una settimana riuscirono a non lasciarsi e Juan pensò che stavano per battere un record, ma quando provò a dirglielo, Mina ovviamente gli rispose malissimo. Era una situazione strana, ma che stranamente rendeva entrambi felici e Juan riprese a lavorare e tirò fuori dei quadri stupendi, che attirarono l’attenzione di una persona molto importante.
A tre giorni dal compleanno di Mina, Juan e tutti gli altri furono convocati da Toby e Victoria che gli annunciarono che una persona speciale sarebbe passata a dare un’occhiata ai loro lavori.
“…non ho idea di cosa voglia fare, se voglia comprare qualcosa o se sia soltanto in cerca di qualcosa da esporre nella sua galleria, ma è una grossa occasione, quindi vi voglio tutti fantastici domani…”
Spiegò Toby con molta dolcezza, perché non voleva ferire nessuno, ma Victoria capì di dover essere più esplicita, così disse “…e tutti concentrati, capito Jimenez?”
Lui stava fumando e scrivendo un messaggio a lei, ed emerse dal suo cellulare con un’espressione stranissima da scolaretto rimproverato dalla maestra, che fece ridere tutti, ma Victoria aveva intenzione di dirgli la verità, per quanto brutta potesse sembrare per gli altri.
“…quindi smetti di fare il fidanzatino per tre o quattro ore, perché la signora Tossen ha chiamato per i tuoi quadri e ha preteso il catalogo completo…” disse in tono molto diretto e gli altri bisbigliarono, ma Gonzalo offeso ringhiò “non ce l’abbiamo neanche un catalogo completo!” ma Victoria lo ignorò e basta. Mettendo una mano sulla spalla di Juan, con una dolcezza da zia gli disse “Penelope Arriette Tossen mi ha chiesto di poter vedere tutta la tua collezione ragazzo, e mi ha proposto il quadruplo di quello che ci hanno offerto per i quadri che risultano già venduti e adesso stiamo cercando una soluzione per accontentarla. Hai idea di cosa possa significare questo?”
Juan si strinse nelle spalle e rispose serio “non ci facciamo illusioni Vic. Vuole venire, venga, ma è inutile sperare che una così voglia davvero avere a che fare con noi…” e poi voltando le spalle a tutti uscì e si richiuse nei suoi pensieri.
Chiusero così la conversazione, ma Juan era troppo distratto per poter lavorare quel giorno. Non osava sperarci, ma se davvero quella vecchia matta della Tossen aveva messo gli occhi sui suoi lavori, forse poteva restituire a Carlos parte dei soldi che aveva anticipato per fargli avere la casa che voleva per lei.
Vedete, Juan aveva organizzato una sorpresa per il suo compleanno: Mina gli aveva giurato che sarebbe fuggita con lui quella notte, lasciandosi tutti alle spalle a qualsiasi costo, e lui aveva deciso che voleva fare un gesto forte come il suo. Voleva farle capire che per lui quel rapporto era davvero importante, che vedeva il suo futuro solo con lei, così aveva deciso di comprare una casa per loro, ma la banca tardava a rispondere per il mutuo, così era stato costretto a chiedere aiuto a Carlos, che in neanche ventiquattro ore gli aveva inviato una cifra più alta di quella richiesta, permettendogli di prendere quell’attico a Brooklyn che gli era piaciuto tanto, e che aveva risistemato e ridipinto in parte con l’aiuto di Zack, ma sperava che per il gesto che voleva fare bastasse. L’aveva riempita di foto loro e aveva messo sul letto della camera da letto il quadro che aveva fatto per lei e si era scoperto piuttosto emozionato all’idea di mostrarle quella cosa.
Mina, nel frattempo, totalmente ignara di tutto, preparava una sorpresa al suo uomo. Era riuscita a convincere Jen a farla tornare prima a New York con stupide scuse. Così, appena ottenuto il sì, aveva dato la buonanotte a Juan ed era letteralmente fuggita in aeroporto, lasciandolo a farsi migliaia di domande su quello strano comportamento di lei, che lo aveva liquidato con un “ti amo” esattamente come faceva sempre Beth. Voleva parlare con lei quella notte, aveva bisogno di distrarsi, perché era davvero agitato per la storia della gallerista che doveva passare a vedere i suoi lavori, così passò la notte a fumare e a dipingere la cucina, sperando che a Mina piacesse.
  “Dove sei ragazzina? Perché hai il cellulare ancora spento? Dio, dimmi che non stai pensando di sparire di nuovo…”
Le scrisse agitatissimo, un attimo prima di beccarsi una gomitata fortissima da Victoria che gli sussurrò minacciosa “giuro che te lo faccio ingoiare se non lo metti via”, perché la minuscola signora Tossen era appena entrata nella galleria insieme ad un nutritissimo entourage. Gli venne quasi da ridere a vederla dal vivo, perché era una donnina piccolissima, sembrava quasi una bambina molto anziana, ma terribilmente autoritaria.
Tutti furono molto gentili con lei, ma lei sembrava estremamente annoiata da quei loro modi cerimoniosi e dopo aver salutato Al, Aileeen e Zack chiese “chi di voi è il pazzo visionario fissato con le madonne e le prostitute?”
Juan scoppiò a ridere a quel punto, perché Gonzalo gli disse in spagnolo “lo scriveremo sul tuo volantino” ma si presentò in modo molto galante e quella vecchina lo scrutò con fare molto interessato. Gli chiese di mostrarle tutta la galleria e lui annuì serio e quella matta lo prese sottobraccio, lasciando tutti profondamente interdetti. Mentre facevano il giro, però, il cellulare di Juan vibrò più volte nella sua tasca, ma lui si disse che doveva essere gentile con la signora Tossen e non farsi distrarre, anche se voleva disperatamente sapere perché diavolo fosse scomparsa per tutto quel tempo.
Mina, però, era esattamente fuori alla porta della galleria, con il suo vestito preferito e bella da impazzire. Rimase un attimo perplessa perché la segretaria fece di tutto per non farla entrare e lei si chiese cosa diavolo stesse nascondendo, ma quando Zack e Gonzalo giunsero agitatissimi sbiancò.
“Mi amor, lo vedrai dopo, va bene? Adesso sta negoziando una vendita importantissima, non ce lo distrarre…”
Le disse Gonzalo dolce, scortandola nello studio di Juan e lei sorrise e si accomodò sul divano. Aveva appeso tutte le foto che le aveva mandato alla parete, e nel suo studio c’erano moltissime foto sue. Mina sorrise sfiorando le sue cose, ma non riuscì a trattenere una lacrima quando scorse in un angolo il suo regalo di compleanno. Juan aveva appeso ad asciugare una serie di disegni all’acquerello del lupo e la bambina, e alcuni erano talmente belli da farla commuovere, ma ben presto Zack irruppe in quella stanza e la cacciò anche da lì, chiudendola nello studio di Al. Mina rimase perplessa e muta, ma si sedette e attese che qualcuno le permettesse di avvicinarsi. D’altronde se era davvero una cosa importante, non voleva disturbarlo.
Juan nel frattempo scortò quella donna nello showroom, ma decise di mostrarle per primi i lavori degli altri, perché si sentiva già terribilmente in colpa per le attenzioni di quella donna. Si mise a ridere realizzando che Penelope si comportava esattamente come Mina quando faceva shopping: ordinava quello che voleva e il tizio accanto a lui prendeva appunti. Acquistò due quadri di Aileen, cinque di Gonzalo, quattro di Zack e due di Al, ma chiese all’altro tizio di prendere nota di altri venti quadri all’incirca.
“…insomma non vuoi proprio farmela vedere la tua sezione, eh?”
Gli disse con uno strano tono seccato e Juan le fece una specie d’inchino e con le braccia le indicò la direzione della sua esposizione. La piccola donna sorrise in modo stupendo, sembrava quasi estasiata e fece una cosa che irritò terribilmente Juan: toccò uno dei suoi quadri e sorridendo rispose
“Sei un dannato figlio di puttana che usa il colore in un modo che mi smuove l’anima. E c’è una sofferenza pazzesca nelle tue opere, trasudano rabbia, dolore e persino sesso.  E poi uno ti guarda, e tu sembri totalmente insensibile.”
Juan rise e basta, ma quella vecchina sfoggiò un sorriso incredibilmente arrogante e rispose “massimo quattro anni, e ti porto al Moma, se non fai cazzate. Scommetti?”
Fece lo stesso giochino con tutti i quadri esposti di Juan, e scelse tutti e quindici per una lista e per l’altra, ma poi fissandolo serio aggiunse “ora parliamo delle tue foto. Quello che ho capito è che tu hai la capacità di strappare letteralmente il velo della finzione alle cose e mostrare la verità, nuda e cruda. Insomma questo hai fatto con i quadri, questo hai fatto con le foto di quella sciacquetta, no? Fammi vedere altre foto…”
Juan pensò di dirle due parole per aver chiamato la sua donna sciacquetta, ma poi si disse che era una sciocchezza. Quella donna aveva appena svuotato il suo showroom, permettendogli probabilmente anche di comprare un vero regalo alla sua bambina, quindi pazienza.
“Ah, ma quindi sei uno stalker della sciacquetta?”
Chiese, entrando nello studio dove Juan teneva varie foto di Mina e Toby con molto tatto spiegò che erano innamorati e la signora Tossen reagì in modo assolutamente imprevisto.
Gli diede una fortissima pacca sulla spalla e tirò fuori un commento stranissimo.
“Bravo, bravo bisteccone! Allora direi che dobbiamo cercare di farti fare parecchi soldi per rendere felice una così…”
Juan non disse nulla, ma Penelope prendendo alcune delle sue foto disse solo “…non che lo ritenga particolarmente difficile. Insomma questa è straordinaria…”
Penelope scrutò tutto quello che c’era nel suo studio e letteralmente s’innamorò dei suoi acquerelli del lupo e della bambina, ma Juan le impedì di toccarli e sforzandosi di non sembrare scortese disse che non erano in vendita.
“Tu sai che a me non dice mai nessuno di no, vero?”
Gli chiese con un’espressione estremamente arrogante e Juan sorridendo spiegò che non erano suoi, che avevano già una proprietaria.
“…la costringerò a vendermeli, allora. Nessun problema…” concluse lei serissima, ma Juan scosse solo la testa con un sorriso molto dolce. Penelope capì, allora, e aggiunse seccata “...e va bene. Almeno possiamo chiederle il permesso di farmeli esporre in galleria?”
Juan annuì e fece per prendere il cellulare, quando Zack gli disse all’orecchio che se voleva poteva chiederglielo di persona. Il povero Juan era letteralmente stravolto e lo fissò con occhi sbarrati e lui disse solo “Gon, valla a recuperare. Ma tu non distrarti…” facendo ridere Penelope.
Mina nel frattempo nello studio di Al aveva scoperto l’ossessione di lui per l’hennè e le era venuta un’idea assurda per la sua festa, ma morì di gelosia quando Gonzalo le disse “sei stata convocata, però mi amor devi fare la bravissima e assecondare qualsiasi capriccio della donna che è con Juan…”
Le mancò un attimo il respiro, ma poi accettò ed entrò in quello studio con l’anima in subbuglio, ma poi immediatamente sorrise nel rivedere gli occhi dolcissimi di Juan e il suo sorriso. Per un attimo ignorarono totalmente tutti, perché non si vedevano da troppo tempo ed era troppo bello potersi finalmente guardare negli occhi, ma poi la vecchina con Juan le porse la mano e Mina si riscosse e sorridendo si presentò.
“…sì, tu sei la bambina, no?” ringhiò Penelope indicandole i lavori e Juan pensò solo “porca puttana!” perché era la sua sorpresa di compleanno, ma Mina annuì e basta e le diede il permesso di esporli nella sua galleria, lasciandola molto compiaciuta.
Alla fine la signora Tossen molto rigida chiese ai suoi assistenti di fare un bilancio e si chiuse nell’ufficio di Toby per parlare con loro da soli. Lasciando un attimo Juan libero di poter finalmente stringere e baciare la sua Mina.
“Ma davvero vi sembra il momento adatto? Ma avete le pigne nella testa voi due?” ringhiò Victoria scocciatissima, e lei si ritrasse un po’ imbarazzata, ma Juan ringhiò che non erano cazzi suoi e fece per allontanarsi portandosi via Mina, quando Zack lo trattenne con la forza ringhiando “non ora” e facendogli notare che Penelope stava emergendo dall’ufficio.
Elencò i quadri che aveva intenzione di comprare e la cifra che aveva intenzione di pagarli, facendo partire un embolo a tutti, ma poi elencò anche i quadri che aveva intenzione di esporre nella sua galleria di Manhattan e tutti sorrisero. Non erano molti, ma era una grandissima vetrina per loro e Toby e Victoria furono molto fieri di quei ragazzi, ma in quell’elenco mancava Juan e lui per un attimo ci rimase male.
 E poi la vecchina sorrise e disse “…Jimenez è un discorso a sé” facendo sorridere sia lui che Mina.
“ Voglio tutto, anche quei quadri che non avete più, quindi recuperateli. Dieci quadri e quindici foto li terrò per me e li pagherò adesso, gli altri, insieme al resto delle foto, li esporrò nella galleria e sono sicura che troverò acquirenti adatti”
A Juan prese letteralmente un colpo, ma lei sorridendo aggiunse “…ma voglio di più ragazzo. Ti dedicherò un’ala permanente della mia esposizione, se tu firmerai un contratto con me. Ci stai?”
Lo fissarono tutti stravolti per quell’annuncio e Juan rimase completamente paralizzato dall’emozione, perché quella era una notizia troppo importante e bella per essere vera, ma non poteva essere così irriconoscente con le persone che l’avevano salvato.
 Penelope, leggendo l’incertezza nel suo viso, sorridendo aggiunse “non ti sto chiedendo un’esclusiva, non ti toglierei mai a Toby e Victoria: potrai esporre ancora i tuoi lavori qui e venderli privatamente o regalarli alle signorine, ma io avrò il diritto di scegliere quelli che voglio prima di chiunque altro. Cosa dici?”
“Non si dice di no ad una cosa del genere…” rispose lui con un mezzo sorriso, un po’ preoccupato all’idea di star vendendo la sua anima e la sua libertà, ma felice di poter dare finalmente alla sua bambina una vita felice.
 Mina gli strinse solo la mano sorridendo, ma quando Penelope concluse compiaciuta “…bravo bisteccone, sarai tutto mio…” lei seccata rispose “sì, come no!”
Facendo ridere fortissimo la signorina Tossen, notoriamente lesbica, che con un occhiolino le rispose che era più interessata a lei, in realtà.
Penelope salutò tutti con un gesto della mano simile a quello della regina Elisabetta, e disse a Juan che aspettava sue notizie per la mostra e poi scomparve, lasciando il suo entourage a distribuire assegni e recuperare i quadri. Juan non guardò immediatamente gli assegni che gli avevano dato, perché aveva deciso di fare una cosa che generalmente non fanno mai gli artisti: si era messo a imballare personalmente tutti i suoi quadri perché pensava di doverglielo. Mina rimase accanto a lui per tutto il tempo e provò a chiedergli cosa fosse successo, perché non lo aveva capito in realtà, ma lui stringendosi nelle spalle rispose che non ne aveva idea neanche lui. Solo dopo un’ulteriore ora, quando aveva sistemato tutto, raggiunse gli altri per bere con loro e finalmente guardò quegli assegni e spalancò gli occhi.
“Ha esagerato anche con te, no?”
Disse Zack sconvolto, ma Juan era senza fiato, letteralmente. Ce n’era abbastanza, per ripagare Carlos, chiamare qualcuno che sistemasse la casa, comprare un bel regalo di compleanno a Mina, portarla anche a fare un viaggio e sarebbe comunque avanzato, così annuì e basta, ma nessuno gli chiese altro. Rimasero a bere con loro per un po’ e Aileen spiegò finalmente a Mina cosa fosse successo, facendola sorridere.
“Adesso però ce ne andiamo…” le comunicò Juan molto deciso, ma Mina gli disse di aspettare, lasciandolo totalmente interdetto. La signorina fece una cosa strana: chiese ad Al se poteva prestargli delle cose che aveva visto nel suo ufficio e per sdebitarsi lo invitò insieme a tutti gli altri alla sua festa per il giorno successivo, lasciando Gonzalo a pavoneggiarsi perché lui aveva ricevuto l’invito via mail settimane prima.
Nota:
Eccoci qui, a pochissimi capitoli dal finale. Allora come sta andando questa storia? Siete contenti per i nostri due o li trovate troppo sdolcinati? Fatemi sapere.

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Capitolo 45
*** Capitolo 45: il marchio di Mina ***


 Capitolo 45: il marchio di Mina
Juan la gettò letteralmente nel taxi e cominciò a baciarla e a toccare ogni parte del suo corpo, mentre lei un po’ imbarazzata cercava di frenarlo.
“Due mesi, signorina Stevens, due mesi senza baciarla e toccarla e mi ha fatto impazzire con questa storia del cellulare spento, quindi è ovvio che non riesca a resisterle…”
Le disse con sguardo incredibilmente seducente e Mina gli sussurrò all’orecchio “sì, ma se il tassista ci fa una foto così, diventa molto ricco…”
Juan allora sbuffò forte in risposta, ma aveva ragione lei, così la lasciò stare controvoglia. Mina provò a chiedergli dove la stesse portando e lui sorrise soltanto facendo finta di nulla. Era incredibilmente felice, ma anche un po’ spaventato all’idea che qualcosa potesse andare storto nel suo piano e Mina si accorse che gli tremava la mano quando estrasse le chiavi per aprire il portone.
“Ma hai preso casa?”
Gli chiese con un sorriso molto dolce e Juan le mise una mano sulla testa e rispose “aspetta un minuto solo ragazzina curiosa e ficcanaso”, ma era molto agitato e lei se ne accorse.
“E’ super carino questo posto, comunque” sussurrò Mina guardandosi intorno, senza sapere bene cosa dire, ma notò l’esitazione di lui davanti alla porta di casa e si chiese cosa diavolo nascondesse.
“Adesso lasciami cinque minuti, ok?” le disse mettendole l’indice sulle labbra, un secondo prima di chiuderle la porta in faccia, lasciandola estremamente interdetta. Non aveva la minima idea di cosa pensare, ma non era molto piacevole restare fuori alla porta, soprattutto perché era davvero stanca, ma quando lui aprì con occhi grandi e dolcissimi e sussurrò “benvenuta a casa, Mìmi…” le venne un colpo al cuore.
Aveva chiuso tutte le finestre e riempito la casa di candele ovunque. Mina entrò in quell’appartamento estremamente emozionata e notò subito le loro foto e i disegni che lui le aveva regalato a Chino alle pareti. Improvvisamente Juan prese il coraggio a due mani e sussurrò piano “mi piacerebbe che questo posto fosse il nostro inizio, Mìmì. La nostra casa, il luogo dove nasconderci insieme dal resto del mondo…”
Era emozionato, stava facendo una fatica terribile a dirle quelle parole e lei sorridendo molto dolcemente rispose “ certo mi amor, è bellissimo”.
Ecco, non aveva capito. Forse aveva davvero parlato troppo poco, così ci pensò un attimo e poi aggiunse “…mi sono innamorato subito di questo posto, perché ti ho immaginata lì, all’angolo a fissare fuori dalla finestra con il viso arrabbiato per qualche stupida cazzata che ho detto. Ti ho immaginata sul balcone a prendere il sole mezza nuda mentre io impazzisco di gelosia e cerco di farti coprire in ogni modo...”
Si interruppe un attimo perché entrambi risero, ma Mina non riusciva proprio a capire perché fosse così nervoso. Era una bella cosa quella della casa, ma non era un passo così grosso o azzardato e loro ormai si conoscevano da un bel po’. E poi Juan sfoderò due occhioni bellissimi e sussurrò “ e ti ho immaginata sdraiata accanto al camino ad aspettarmi la sera, mentre culli il mio bambino…” e la povera Mina si commosse.
 “E lo so Mì che non è un posto adatto a una che abita a Manhattan, con un Matisse nell’armadio, che è in un quartiere che…” ma Mina non lo fece finire e lo baciò e basta, bagnando le guance di lui con le sue lacrime.
“E’ fantastico…” sussurrò, con un terribile groppo in gola e Juan le sorrise in modo straordinario, ma quando Mina sussurrò “…quindi vuoi che io viva con te?” capì che non era proprio una scheggia quella ragazzina e dunque doveva spiegarsi meglio, perché lei non aveva interpretato bene il suo gesto. Così accarezzandole il viso sussurrò pianissimo “…voglio che tu viva qui e che sia la madre dei miei figli…”
Facendo sciogliere completamente Mina, che non si aspettava minimamente quella richiesta e che gli sussurrò piano “mi stai chiedendo di fare un bambino?”
Juan annuì e basta a quella domanda, troppo emozionato per dire una parola. Non era quello il piano originale, doveva solo chiederle di vivere insieme e di sposarlo, ma ci pensava da troppo tempo a fare un figlio con lei e gli era letteralmente scivolata fuori quella richiesta.
“E chi lo dice a tua madre?” aggiunse lei, ridendo e piangendo contemporaneamente, ma Juan le asciugò le lacrime e con il cuore a mille le sussurrò “ci penso io Mì. Faremo tutto giusto signora Jimenez. Prima mi giurerai di essere mia per sempre davanti a un ometto con la gonna e poi…le diremo che sei incinta, ma ci perdonerà perché ormai avremo un anello al dito e con Carlos ha funzionato…”
Risero entrambi nervosissimi, ma Juan inspirò a pieni polmoni e disse piano “…Ragazzina, io non sono un grosso affare, ammettiamolo. Non sarò mai ricco come gli uomini che frequenti, non potrò mai farti i regali che ti fanno Greg e Myles e, ad essere sinceri, non varrò mai più di tanto. Ho il carattere peggiore che tu possa mai trovare in un uomo, e per qualche strana ragione riesco sempre a farti piangere quelle poche volte che siamo insieme, ma ammettilo piccola: quello che c’è tra noi è impossibile da contenere e soffocare. Ci abbiamo provato per mesi a trattenerci, a limitarci, ad andarci piano, ma che cosa abbiamo ottenuto? Un amore sempre più forte e intenso che ci è letteralmente scoppiato tra le mani. E non sono un governatore o una rockstar, ok, non lo sarò mai; non sono uno che sa esprimere bene i propri sentimenti e non parlo quasi mai, ma ti giuro Mina, che nessuno ti amerà mai quanto ti amo io. ”
“…e nessuno mi ha mai reso così felice…”
Sussurrò lei pianissimo, soffocata quasi dalla commozione un attimo prima di baciarlo, ma Juan si scansò e le disse nervoso “quindi sì o no Mina?”
“Ma non ho capito sì a cosa?A vivere qui? O alle altre cose’?” chiese lei per provocarlo e Juan scosse solo la testa. La scaraventò con forza sul divano, e pochi secondi dopo era straiato sul corpo di lei e spogliandola sussurrò “…vuoi essere mia moglie?” e Mina annuì, morendo dalla voglia di averlo, ma Juan non era soddisfatto. Così, entrando dentro di lei sussurrò “devi dirmelo, dimmi che lo vuoi” e lei in estasi rispose “sì, sì mi amor sarò la tua sposa” facendolo impazzire e anche un po’ commuovere, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
 “Rimani Juan…facciamo questo bambino”
Sussurrò Mina all’apice del piacere, affondando le unghie nella sua schiena per bloccarlo, e lui non disse nulla, ma l’accontentò con un sorriso. Scoprirono entrambi un piacere nuovo, più intenso e sconvolgente e ripeterono quell’esperienza più di una volta.
“…e come facciamo se sei davvero incinta?” le chiese accarezzandole la schiena dopo averla amata disperatamente più volte, e Mina strinse le spalle e risentita gli chiese se ci avesse già ripensato.
“Non è ovvio? L’ho detto solo per rendere il sesso più interessante…”
 Le disse ridacchiando, ma Mina furiosa iniziò a prenderlo a schiaffi e Juan le bloccò le mani e le disse “non ci ripenserei mai, cretina. Volevo solo capire cosa succederà adesso alla tua vita e al tuo lavoro se aspetti un bambino. Non voglio che Myles pensi ancora di poterti avere o…”
“Myles non pensa niente.”
Sussurrò sorridendogli, e accarezzandogli i capelli con molta dolcezza aggiunse “…domani ci vedrà insieme alla festa, io scapperò con te, non lo saluterò neanche e se ne farà una ragione, anche perché tu mi avrai marchiata a fuoco con l’hennè di Al…”
 Juan scosse solo la testa ridacchiando e Mina si risentì terribilmente.
“Cosa c’è? Non vuoi che tutti sappiano che io appartengo solo a te? Mi sembrava una cosa romantica…”
Ribattè scocciata, ma Juan sussurrò piano “certo che lo devono sapere, ma quella roba ti resterà sul corpo almeno per dieci giorni, come diavolo farai con il film? E poi Jen diventerà una furia…”
“Forse non hai capito quello che ti ho detto, Juan” gli disse molto seria e lui per un attimo si preoccupò.
“La mia festa di compleanno non è un evento tra quattro amici. Generalmente c’è il red carpet e giornalisti ovunque, perché è un vero e proprio evento mondano. E quello che io farò domani è dire a tutto il fottuto mondo che stiamo insieme, se lo vuoi. Altrimenti…”
“Nessun altrimenti ragazzina” le disse baciandola all’improvviso, perché non aveva capito che lei volesse commettere un tale suicidio lavorativo e non pensava neanche di meritarselo, ma Mina era terribilmente seria e sicura e non potè evitare di sorridere.
  “domani io non chiudo solo con Myles, ma anche e soprattutto con lei. Finirò il film che sto facendo, e poi non mi vedranno più. Ho già disdetto tutto e pagato le penali mesi fa, quando ci siamo lasciati e io volevo solo scomparire. Loro pensano che sia una mia decisione temporanea, un capriccio. Gli ho detto che ho solo voglia di una vacanza e non gli darò mai più altre informazioni…” aggiunse terribilmente seria e poi concluse dicendo “…riprenderò a lavorare, più avanti, ma senza le raccomandazioni di Myles e con un agente nuovo che mi tratta con un po’ di rispetto, magari. E se non mi vorrà nessuno, pazienza.”
“…ti terrò io…” sussurrò piano accarezzandole le labbra e Mina sorridendo rispose “eh per forza, tua madre ti uccide se mi chiedi il divorzio” facendolo ridere.
Juan allora la ribaltò violentemente e Mina sussurrò solo “basta sesso ti prego!” ma lui con una sigaretta tra le labbra le comunicò che era appena diventata un suo quadro, e iniziò a disegnarla con quello strano arnese di Al. Ci mise ore a fare il lavoro che gli era venuto in mente, e anche se il tratto non era proprio molto preciso, gli piacque da morire quell’opera incisa sul suo corpo e le chiese di fotografarla nuda una volta finito. Mina aveva chiesto una cosa molto semplice, ma la fantasia di lui si era scatenata e le aveva fatto una serie di mandala sulla coscia sinistra e una fascia che partiva dal fondoschiena e arrivava all’inguine, attraversandole la schiena e i seni. Era incredibilmente bella così, e Juan decise di lavorare anche sul suo braccio, per dare una certa armonia e finì col decorare tutta la metà sinistra di Mina. Una volta finito le scattò centinaia di foto, ma poi si pentì di tutto, perché gli era venuta una terribile voglia di fare l’amore e per tutto il tempo dovette stare molto attento a non toccarla.
Rimasero insieme fino al pomeriggio del giorno successivo, quando Mina gli annunciò che sarebbe scappata a prepararsi per la festa e Juan potè finalmente uscire a depositare gli assegni e fare l’acquisto che voleva. Cinque ore dopo bello da morire arrivò al locale della festa insieme ai suoi amici e a Reta. Si era detto che se Mina voleva davvero fare quell’annuncio, doveva essere alla sua altezza, così per la prima volta nella sua vita era andato da un barbiere a farsi sistemare capelli e barba, e aveva speso un patrimonio per un vestito completamente nero, che lo avvolgeva perfettamente.

Nota:
Allora ciao a tutti lettori timidi, almeno per questo capitolo potete dirmelo: vi è piaciuto? Siete contenti o dispiaciuti? Mina sta sbagliando? Fatemi sapere, io vi aspetto.

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Capitolo 46
*** Capitolo 46: la festa di compleanno ***


Capitolo 46: la festa di compleanno
Era nervosissimo e terribilmente preoccupato, perché nella tasca della giacca aveva l’anello per lei e non sapeva se avesse scelto una cosa che potesse piacerle o meno. Non conosceva minimamente i gusti di Mina, e aveva provato a comprarle la cosa più vistosa che i suoi mezzi gli permettessero di prendere, sperando andasse bene. Dovevano annunciare pubblicamente il loro legame e lui sarebbe finito sotto la lente d’ingrandimento mediatica, e questo un po’ lo agitava. E poi pensò solo “cazzo!” perché nella fretta aveva dimenticato di dirlo alla sua famiglia e ora lo avrebbero appreso dai giornali e Felipa gli avrebbe fatto una guerra infinita. Si perse in queste considerazioni mentre salutava la stampa e rispondeva alle loro domande gentilmente.
Come da accordi, si accomodò il più vicino possibile all’uscita e si mise a chiacchierare con i suoi amici che gli diedero il tormento per il vestito e per il taglio di capelli, accusandolo di essere diventato un modello fighetto. In realtà non aveva fatto molto ai capelli: li aveva fatti spuntare un po’, ma il parrucchiere gli aveva passato la piastra ed erano ancora più lisci e lucidi del solito. Osservò tutte le persone che entravano ridacchiando e s’irrigidì molto nel vedere Myles e Jen che confabulavano osservandolo. Si chiese se lui lo sapesse, se sapeva che Mina era sua adesso, che gliel’aveva sottratta, ma dallo sguardo che gli lanciò capì che probabilmente lo sapeva eccome. Rimase a fissarlo per un po’, sorseggiando una tequila, quando sentì Reta dire “Oy Stanley…” e un uomo biondo con una signorina dai capelli rossi attirarono la sua attenzione.
“Beh è una sorpresa che tu sia a questa festa, Psyco. L’ultima volta le hai fatto uno scherzo niente male, direi, ma tu e G avete sempre uno strano modo sadico di giocarvela con la festeggiata. Sono molto curioso di sapere cosa le hai regalato: un video porno del suo uomo? Foto di gattini morti?”
Le chiese Joey divertendosi un mondo, ma Reta sbuffò e si strinse nelle spalle, e a quel punto il batterista notò Juan e ridacchiando aggiunse “…e anche tu che ci fai qui? Hai finito di limonare con le altre?”
“Chi diavolo saresti?” ringhiò Juan agitandosi non poco, e Joey rispose “quello che ha prestato la spalla alla tua ex che piangeva disperata dopo aver visto la foto di te con un’altra.”
Al, Aileen e Gonzalo si fissarono estremamente confusi, ma Zack conosceva tutta la storia e bevve soltanto, scuotendo la testa. Juan era terribilmente seccato per quella frase, ma l’idea di lei triste e in lacrime gli fece venire fuori un sorriso tenero.
“…che poi diciamo le cose come stanno: hai tutta la mia stima per averle spezzato il cuore eh. Ha fatto la stronza con tanti di quegli uomini e…sì anche donne contando Reta, da meritarsela una lezione. Mi sento molto vendicato e anche difeso, credo che tu sia una specie di difensore dell’umanità per essere riuscito a piegare in quel modo il demone dagli occhi di ghiaccio, e penso che faranno le magliette e forse anche i fumetti su di te.”
Juan alzò soltanto gli occhi e scosse la testa, e la ragazza con i capelli rossi sbuffò seccata, ma Joey aggiunse serio “Ok, scherzi a parte, lasciala in pace perché lei ti ama davvero…”
“Stanno di nuovo insieme…” ringhiò Reta scocciata e Joey alzò il bicchiere verso Juan e propose un brindisi per celebrare quel rapporto strano. Tutti bevvero e Juan quasi sorrise, ma Joey concluse dicendo “…davvero tu non hai idea delle cose che le ho visto fare e sopportare senza battere ciglio, cose grosse eh. Tipo che il suo fidanzato aveva tirato fuori una moglie dal cilindro e lei gli ha risposto ‘Spero che sarete felici insieme’.  E poi ti vede soltanto limonare con una e crolla in lacrime, tremante come un gattino. Insomma come diavolo hai fatto? Dammi un consiglio, così magari riesco a piegare anche questa signorina, che è cattiva la metà di Lucy”.
Aveva detto le ultime parole con una mano sulla guancia della ragazza che era con lui e si vedeva che l’amava sul serio, ma Juan era molto scocciato. Non immaginava che Mina potesse stare così male per quello stupido scherzo, ma trovò ripugnante quell’uomo che ne parlava con tanta leggerezza e poi se l’era portata a letto stravolta e fragile.
 “…e che cosa le avete fatto quella notte in cui tremava come un gattino, oltre a drogarla e farla bere molto oltre i suoi limiti?”
Ringhiò rigidissimo, attirando l’attenzione di tutti, ma Joey sorrise e scosse solo la testa divertito.
“Ah signor ispanico, lei pensa troppo male di noi. O meglio di me e Jason, dato che Greg voleva farsela a tutti i costi. Non ci saremmo mai permessi di toccarla, perciò le abbiamo preso una stanza e l’abbiamo messa a dormire, perché quando una donna è letteralmente collassata sul sedile della tua auto, qualunque altra cosa è da considerarsi stupro. Ora, sarò anche all’antica, ma non posso permettere queste cose.”
Sul viso di Juan si formò un mezzo sorriso, allora, e versò a Joey e alla sua compagna da bere e bevvero insieme ancora una volta.
“…mi sembra giusto. Ma comunque sei quello che l’ha convinta a non stare con me all’inizio quindi sei uno stronzo”
Concluse Juan scrutandolo malissimo, sconvolgendo tutti per un istante, soprattutto la bella ragazza con i capelli rossi accanto a Joey, che sentendosi morire gli lasciò la mano.
“Piano, piano con le accuse ragazzo. Perché la tua sarà una donna difficile, ma la mia rossa è matta e non è molto semplice calmarla quando parte”.
Disse Joey, accarezzando il viso della sua Sarah Jane, che  aveva messo su un’espressione furiosa. Alzando le mani come per arrendersi le spiegò che erano quelle telefonate di cui le aveva parlato e lei sollevò soltanto un sopracciglio.
“…ma perché lui è quello sposato che le ha detto “no” per la prima volta in vita sua, hai capito? Ecco come ha fatto! Ha fatto lo stronzo da subito e lei non è riuscita a tirare fuori gli artigli ed è rimasta disorientata. Dovevi vedere come parlava dell’uomo che non la voleva, tutta triste e disperata. Dio, è una strategia fantastica…”
Juan lo fulminò con lo sguardo, allora, ma la sua attenzione fu letteralmente calamitata dalla sua futura moglie che era entrata dalla porta bella in modo straordinario. Aveva un abito molto corto e scollato fino all’ombelico, che mostrava i suoi vistosissimi disegni, ma anche molto di più di quanto Juan non avrebbe voluto.
“Ma che le hai fatto? L’hai marchiata come una mucca?” chiese Reta stravolta e Juan sorrise soltanto compiaciuto, ma quando Mina si avvicinò, tutti conclusero che quei disegni sul suo corpo erano davvero bellissimi.
Sorrideva a tutti e si scambiò vari baci sulla guancia con una persona o con l’altra, ma era distratta e cercava lui e chiunque lo avrebbe capito. Quando lo trovò sorrise e basta, ignorò chiunque per correre a baciarlo e solo dopo qualche minuto riuscì a lasciarlo andare e gli disse senza fiato “ma quanto sei bello?”.
 Salutò tutti, tranne Reta, in modo molto affettuoso e li ringraziò per essere passati, ma quando andò a salutare Joey notò lo sguardo della ragazzina con i capelli rossi insieme a lui e con un sorriso dolce le disse “Aspetta, tu sei SJ?” facendola annuire e basta.
“Oh ma sei davvero bellissima!” aggiunse dolcemente, un secondo prima di abbracciarla e SJ si trovò a fissare Joey perplessa, mentre lui diceva a Juan “…a me sta bene una cosa a quattro comunque…” facendogli sfoderare uno sguardo cattivissimo.
“dai vieni che ti racconto due cosine…” le disse Mina decisa, allontanandosi da loro e portandosela via e lasciando Joey paralizzato dalla paura.
“Che faccio, mi preoccupo? SJ è una aggressiva parecchio…”
 Chiese a Juan che rispose minaccioso “ Se continui a parlare di sesso a quattro, te li do io i motivi per preoccuparti…”
Bevvero insieme un’altra vodka, ma Juan osservò nervoso il viso di quella strana ragazzina con i capelli rossi e la vide sorridere e quasi emozionarsi, perciò capì che Mina voleva solo essere gentile e si distese.
“Ok adesso noi ce ne andiamo”
 Comunicò Mina tornando al tavolo e poi con un sorriso aggiunse “potete restare, se volete, o venire a bere con me e Juan per festeggiare il nostro imminente matrimonio…”
Praticamente tutti a quel tavolo pensarono solo “che cosa?” ma alcuni lo dissero chiaramente e altri no. Per Reta fu un colpo davvero molto difficile da digerire, e Joey pensò solo che Greg non sarebbe mai stato in grado di farsene una ragione, ma SJ gli sussurrò all’orecchio “non penso di averti mai amato tanto…” e lui pensò che qualunque cosa le avesse detto, Mina era appena diventata sua amica.
“Ma che diavolo hai nella testa? Abbiamo passato le ultime settimane a sistemare la casa e non hai detto una parola, a me, che sono l’unico amico che hai al mondo!” ringhiò Zack stravolto e Juan si strinse nelle spalle e rispose laconico “pensavo che bastasse chiederlo alla sposa. Non l’ho detto neanche ai miei…” provocando una risata generale.
“Insomma non sarai incinta Lucy?” le chiese Joey più divertito che altro e Mina scosse la testa, ma fissando Juan dolcemente rispose solo “e chi lo sa?” ma poi vide che si stava avvicinando Myles con Jen e disse “ok, ora o mai più. Se volete venire a festeggiare andiamo, altrimenti ci rivediamo tutti al matrimonio…”.
Scapparono letteralmente e Juan prima di uscire gli fece soltanto un segno di saluto da lontano per provocarlo, ma presto si pentì di quella spavalderia. All’uscita del locale i giornalisti la riempirono di domande, perché lei era mano nella mano con lui e Mina gli disse che stavano per sposarsi e che si prendeva una pausa dal lavoro per quello e poi gli diede un bacio tanto bello da fare da copertina alle riviste scandalistiche per i successivi sei mesi.
 Passarono tutta la serata per club e successe davvero di tutto: Joey, Juan e Zack bevvero insieme per tutta la serata, mentre SJ provava a socializzare con Reta, perché voleva disperatamente convincerla a lavorare con la sua casa discografica. Mina, invece, ballò per ore con Gonzalo, Al e persino con Aileen, che però non aveva preso benissimo il fatto che lei gli avesse rubato l’uomo che voleva.
“Comunque devi andare a prendertela, eh…”
Gli disse seria Reta, ma Juan si strinse nelle spalle e spiegò che non stava facendo nulla di male, stava solo ballando.
“…sì, vestita come se dovesse girare un porno e con duecento uomini” aggiunse seria e Juan scosse solo la testa, ma Reta fece una cosa fastidiosissima, che irritò sia Juan che la povera compagna di Joey che non c’entrava nulla.
“Dato che vuoi sposarla, è meglio che inizi a pensare a queste cose. In qualità di ex ti dico che è pericoloso quando la lasci così, perché di solito non torna, e va via con quello più muscoloso del gruppo. E Stanley può confermare…”
Joey scosse solo la testa, ma voleva davvero tenersi lontano da quel discorso. Voleva con tutte le sue forze farsi gli affari suoi, ma lo sguardo risentito di Juan e il gesto che aveva fatto lei con Sj lo spinsero letteralmente a dire “…sono cazzate.” Provocando l’ira di Reta.
“…sì, tra noi funzionava così, è vero. Lo faceva lei e lo facevo io, ed era la parte più divertente del nostro rapporto. So che lo ha fatto anche con Greg qualche volta, ma Psyco non si rende conto di quanto siano diverse le cose ora. Reta, quella non è la donna con cui stavamo, e vuoi sapere come lo so? Perché lui l’ha tradita e lei ha passato una sera con tre uomini che cercavano in ogni modo di farsela, e invece preferiva parlare con me del fatto che ‘sto stronzo non voleva un rapporto a distanza e voleva sapere come facciamo io e SJ per farla funzionare. Insomma ti pare una cosa che la donna con cui stavi avrebbe mai fatto? Perché quella con cui stavo io non ci avrebbe pensato due volte a fare un’orgia per vendicarsi, e tu lo sai…”
Per Reta fu l’ennesimo colpo duro, ma Juan sorrise e pensò che forse due consigli su come far funzionare le cose a distanza potevano effettivamente servirgli.
 “E quindi smettila di dire cattiverie a questo tizio muto. Lui si fida di lei, e fa bene, perchè è evidente dal modo in cui si comporta che ormai la tiene al guinzaglio, che lei non li vede neanche gli altri uomini. E puoi fare la stronza quanto vuoi, ma lo sanno tutti che avresti fatto qualsiasi cosa per avere uno solo degli sguardi che lei fa a questo ispanico.”
Reta alzò soltanto gli occhi al cielo, ma Zack scocciatissimo da quella situazione disse a Juan “…sì ma vai a ballare con lei, almeno una volta. Non per gelosia, per farla contenta. E’ il suo compleanno e non è bello che la ignori… ”
Aveva ragione, doveva farlo, ma quanto detestava fare certe cose in pubblico? Però Mina stava ballando con Gonzalo un ballo quasi lento e Juan pensò che non poteva permetterglielo, così finalmente si alzò per andare a prendersela e Zack gli disse “…e rimandami Gonzalo!”
Mina stava ballando con lui chiacchierando di tutto quello che era successo, quando si sentì una mano sulla schiena e rabbrividì. Gonzalo la lasciò con un sorriso dolcissimo e dopo due secondi si trovò stretta tra le braccia di Juan, occhi negli occhi e sussurrò piano “…non c’è niente da fare, solo tu mi fai sentire in questo modo….”
“Che modo?” rispose, fissandola intensamente negli occhi e Mina stordita da quello sguardo sussurrò solo “…tua” facendolo impazzire.
“…mi sono appena accorto di non averti detto che sei bella da morire stasera…”
Le sussurrò piano, facendola sorridere il modo bellissimo, un attimo prima di travolgerla letteralmente con un bacio terribilmente passionale.
“Bene, facciamolo come l’avrebbe fatto lui. Regaliamogli un servizio fotografico con il suo metodo…” disse Zack a Gonzalo, lasciando tutti perplessi, ma poi capirono quando Zack comunicò che aveva finalmente il regalo perfetto per il loro matrimonio.
“Che poi se mi baci così e mi stringi in quel modo mentre balliamo, io penso solo ad altro…” gli confessò Mina ridacchiando, perché Juan aveva le mani in giro per il suo corpo e lui ridendo le sussurrò “…ce ne andiamo finalmente?” ma Mina ebbe un’altra idea e così scapparono fuori lasciando tutti perplessi e dopo aver scacciato l’autista fecero l’amore nella macchina di lei.
“Sai amore…” sussurrò appena, mentre si rivestiva e Juan, che stava solo pensando a come darle l’anello, la fissò perplesso.
“…dovresti smettere di fumare con me vicino, perché la mia ginecologa dice che questi sono i miei giorni perfetti per avere un bambino e mi ha consigliato di fare il test tra qualche settimana, dato che ci abbiamo messo tanto impegno…”
Lui la strinse e basta, ma quando lei fece per aprire la portiera le sussurrò “ragazzina…” e Mina si girò e prese al volo la scatolina che le aveva lanciato.
“Io non la apro, perché Juan Jimenez, te lo giuro, se questo che mi hai lanciato dietro è un anello, non lo accetto…” ringhiò offesa, con un’espressione buffissima da uccellino bagnato e Juan rise fortissimo.
“Ormai ho detto tutto quello che avevo da dire e non mi inginocchierò mai Mina, mai.”
Le disse molto deciso, ma Mina si seccò moltissimo e uscì dalla macchina lasciandogli la scatolina sul sedile e Juan fu costretto ad afferrarla per un braccio e sussurrarle piano “…e ancora una volta: vuoi diventare la signora Jimenez, ragazzina?” porgendole la scatolina.
 Lei, annuì soltanto sbuffando, ma le venne fuori un sorriso bellissimo guardando l’anello e lo indossò immediatamente.
Rientrarono completamente sottosopra, ma felici in modo splendido e radioso e Mina si appoggiò come una gatta sulla spalla del suo compagno.
“Sì, bien Juanito però sistemati la camicia perché siamo ragazze sensibili e i nostri animi si surriscaldano con tutti quei muscoli e i tatuaggi in mostra. Io adoro la regina, ma sono sensibile, sai…”
Gli disse Gonzalo, facendolo morire d’imbarazzo, perché tra l’annuncio di Mina del bambino e i dubbi sull’anello, evidentemente aveva dimenticato di sistemarsi la camicia.
“Dai nene, sono tre bottoni, andiamo non fare il moralista…” gli rispose Mina ridendo, mentre Juan si riabbottonava in fretta e furia imbarazzato come una verginella.
“…che poi è bello il tatuaggio che hai in petto…” osservò Aileen laconica e Mina la fissò soltanto, ma con uno sguardo talmente scocciato da farla morire di vergogna.
 “…anche quello sul collo è davvero troppo bello, però penso che abbia fatto molto male. Joey devi fartene assolutamente uno anche tu…”
Commentò SJ, attirando l’attenzione del suo consorte, che la fissò come per incenerirla. Vedete, la futura signora Stanley, era di una gelosia patologica e il suo compagno accettava tutte le sue regole passivamente e cercava di non contrariarla mai, ma detestò quel commento che dimostrava che aveva scrutato tanto attentamente un altro uomo, così per farla incazzare rispose scocciato “Lucy ci toccherà vendicarci di tutti questi commenti lascivi, lo sai, vero?”
Juan lo fissò malissimo e Mina capì che voleva violentemente prenderlo a pugni, così prendendogli la mano rispose divertita “e perché? Che male ci sarebbe, scusa? Il suo tatuaggio sul collo è una delle prime cose che mi ha colpito, l’ho sempre trovato incredibilmente sexy, anche se quando ho scoperto il significato un po’ ci ho ripensato…”
“Quando lo hai scoperto?” le chiese confuso, e anche un po’ dispiaciuto, ma Mina sorridendo rispose “me lo ha spiegato Carlos…” e lui annuì e basta.
“…è un tatuaggio per una ex? Perché Joey ne è pieno…” aggiunse ridacchiando SJ, ma il suo compagno ridendo suggerì “…è evidente: è un tatuaggio da motociclista!”
Juan scosse solo la testa, ma Gonzalo disse “E’ il secondo dei quattro gradi del clan, no? Il capo del clan ce l’ha in petto, il braccio destro ce l’ha sul collo e poi tutti quelli che fanno carriera ne hanno uno sulla spalla. Il grado più basso, è il simbolo della famiglia che di solito è inciso sul braccio…”
Si scoprì il braccio, allora, e mostrò a Juan il suo facendolo sorridere, prima di aggiungere “fino a stasera mi sono sempre chiesto se avessi raggiunto il grado più alto…” e Juan rispose solo con un sorriso, ma erano tutti in imbarazzo e Mina decise di riportarli tutti a ballare per chiudere il discorso.
Ballarono, risero e bevvero per altre due ore,  ma il tempo di Mina stava per finire ed entrambi volevano trascorrere le ultime ore casa loro, quando improvvisamente Mina fu raggiunta da una Jen furiosa, che l’afferrò per i polsi e letteralmente se la trascinò via malgrado le sue rimostranze.
“Basta, mi fai male!” le urlò Mina furiosa, opponendo tutta la resistenza che poteva, perché voleva salutare Juan e gli altri, ma Jen non battè ciglio finchè non sentì una voce che le comunicò con molta serietà “lasciala”.
“Ci mancavi solo tu…” ringhiò seccata, ma continuò a trascinare Mina con molta forza e lei sussurrò “mi amor scusa, io…”
“Lasciala o ti sparo in una gamba…” le ringhiò con una freddezza spaventosa, furioso all’idea che quella pazza stesse tormentando la sua donna.
 Jen pensava che fosse soltanto un patetico pittore da quattro soldi e scocciatissima ringhiò “come no…” spingendo Juan a fare una cosa che non voleva fare, ma che era necessaria. Fu un secondo: estrasse la pistola, calibrò il tiro e colpì esattamente il bersaglio, come sempre. La borsa di Jen, le scappò dalle mani e lei spalancò gli occhi quando Juan le ringhiò “era solo un avvertimento. Non pensare stessi scherzando. Lascia mia moglie…” e Jen sbuffò soltanto ma allentò la presa e permise a Mina di salutarlo come si deve.
“Scusa mi amor, volevo davvero andare a casa…” sussurrò lei in lacrime, ma Juan le asciugo le lacrime e baciandole le mani sussurrò “casa nostra resta lì, ci tornerai la prossima volta e mi troverai a prepararti la cena” facendola sorridere piano.
“Aspetterò una chiamata, nena, non farmi preoccupare…” concluse e con un bacio la lasciò andar via, ma Mina tremò vedendo chi c’era in auto.

Nota:
Eccoci qui, ormai vicinissimi al finale. Chi ci sarà in macchina con Jen? Siete un po' preoccupati per questi due? Fatemi sapere e...sappiate che esiste anche un seguito di questa storia, quindi fatemi sapere se siete curiosi di vedere come vanno le cose.

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Capitolo 47
*** Capitolo 47: la vendetta ***


Capitolo 47: la vendetta 
Myles aveva un’espressione dura come non l’aveva mai vista, ma a Mina non importava minimamente e neanche lo guardò.
“Tieni, questo è il tuo regalo di compleanno” le disse ironico, porgendole un plico e Mina lo aprì e basta, ma dopo qualche secondo lo richiuse e gli rise in faccia.
“E quindi? Credi che non sappia del suo passato?” gli disse, molto spavalda, e poi sfidandolo apertamente aggiunse “…mi ha raccontato tutto quello che ha fatto, molto prima di permettersi anche solo di baciarmi, perché pensava che per me potesse essere un problema…”
 Myles odiava il tono di Mina, gli faceva un male pazzesco, ma si sforzò di non mostrarglielo e ringhiò “e tu hai accettato di stare con un mostro che prima dei diciotto anni aveva massacrato a mano un intero cartello della droga? Quanto sei stupida esattamente?”
“Sono stata con mostri peggiori, che hanno comprato per quattro soldi la mia verginità, quindi…”
Mina lo fissò con lo stesso sguardo rigido di Juan, ma non riusciva a smettere di sorridere, perché erano troppi anni che voleva sbattergli in faccia quelle colpe e ora finalmente lo stava facendo. Myles aveva insistito in tutti i modi per stare con lei la prima volta che l’aveva vista, e Mina aveva rifiutato molto nettamente, finchè non era stata letteralmente costretta dal proprietario del club. Lui era stato dolce e gentile, e si era profondamente vergognato quando aveva scoperto che era vergine, tanto da pagarla il doppio per quelle ore, ma lei non glielo aveva mai perdonato.
“Piccola, ma cosa credi che ti farà uno così, si può sapere?”
Le sussurrò cercando le sue mani dolcemente, ma Mina lo scacciò con forza, ferendolo ancora di più e ruggì furibonda “Assolutamente niente…”
 In quell’attimo tutte le certezze di lui crollarono e lui rimase senza parole. Era sicuro che Mina sarebbe fuggita da un mostro del genere nel saperlo, era certo che bastava quel dossier a separarli, ma quella pazza sembrava totalmente tranquilla.
“E’ un sadico pazzo Mina, come cazzo fai a non capirlo? E’ entrato in un club e ha ucciso quindici persone, totalmente da solo…”
 Le disse stravolto, ma Mina si strinse solo nelle spalle e con un sorriso rispose “E’ l’uomo che voglio sposare, il padre dei miei figli…” facendo morire di dolore Myles che per qualche istante non riuscì a dire una parola.
“Ascolta Mina, è una storia romantica, con l’artista squattrinato, lo capisco.”
Bisbigliò piano, cercando di mantenere la calma, ma quando lei allontanò la sua mano per l’ennesima volta Myles iniziò ad avere grossi problemi di gestione della rabbia. Non voleva metterla sul piano dei soldi, minacciarla o altro, perché lui era la parte debole tra i due, e il fatto che lei gli avesse ricordato della sua prima volta, indicava che Mina probabilmente lo sapeva benissimo. Se lui avesse smesso di occuparsi di lei, Mina avrebbe perso un po’ di soldi, ma nient’altro. Se lei invece avesse deciso di vendicarsi, raccontando la sua storia in giro, Myles sarebbe finito in galera forse, o comunque sarebbe stato cacciato dal partito.
“…bambina, è un assassino spaventoso e io ho soltanto paura per te, puoi cercare di capirmi?”
Le sussurrò piano e Mina potè dirgli quello che pensava di lui da anni e con un sorriso molto acido ringhiò “…e invece come si chiama quello che tu hai fatto a me? Perché io lo so, forse tu no…”
Jen la fissò sconvolta, ma Myles perse la pazienza e le tirò uno schiaffo talmente violento da farle sanguinare il naso. Mina, però, non si smosse: rise soltanto e lo ignorò totalmente.
“…scusa bambina, ma non puoi dire certe cose. Ti ho voluta malgrado fossi giovane perché mi sono innamorato di quella bambina fragile e bellissima, e l’ho voluta malgrado fosse sbagliato…”
“…e disgustoso, anche.”
Concluse Mina, con una crudeltà estrema e Myles pensò che era davvero nei casini. Si vergognava terribilmente di quello schiaffo e ci mancava solo che lei lo accusasse anche di quello, ma Mina gli disse disgustata che non avrebbe mai più dovuto toccarla e Myles capì che era davvero finita e chiese all’autista di accostare e uscendo le disse solo “…io ti amerò comunque Mina. Sempre. Quindi se questo pazzo dovesse farti del male, in qualsiasi momento, dimmelo…” ma lei ridendo rispose “…veramente sei tu quello che mi prende a schiaffi, lui non l’ha mai fatto…” facendolo morire di vergogna.
E dunque aveva imparato che non si poteva convincere Mina a lasciare quel tizio matto, ma doveva comunque intervenire, perché non se la sarebbe fatta portare via da quell’uomo. Myles ci mise una settimana a formulare la sua strategia e gli parve comunque estremamente rischiosa. Doveva ricattarlo e minacciarlo, ma quell’ispanico era un pezzo grosso di un clan abbastanza sanguinario e quindi era un rischio grosso. Myles bevendo rilesse le informazioni che aveva raccolto e si disse che forse poteva fare un tentativo, perché il rapporto diceva che Jimenez aveva totalmente rinnegato le sue attività criminali e aveva completamente chiuso i contatti con il clan. Si disse che avrebbe triplicato la sicurezza, ma che per Mina doveva necessariamente tentare. Così, mentre lei aspettava il giorno giusto per fare il test di gravidanza e provava migliaia di abiti da sposa, Myles decretò la fine di quella storia così dolce.
“Mi amor, davvero, per me sono tutti uguali questi vestiti, scegline uno non troppo scollato e facile da togliere!” le ringhiò Juan ridacchiando. Stava rientrando a casa ed era ovviamente in videochiamata con lei, che disperata gli stava mostrando duecento vestiti tutti molto simili, o almeno, molto simili all’occhio di Juan.
Si accorse immediatamente che qualcosa non andava inserendo la chiave nella toppa e con una scusa chiuse quella chiamata, cercando di non allarmarla. Qualcuno aveva forzato la porta e si era intromesso in casa sua e Juan afferrò le sue pistole ed entrò senza fare il minimo rumore, ma trovò Myles insieme ad un mezzo esercito che osservava le foto che lui aveva esposto nel soggiorno.
“E’ davvero troppo bella…”
Gli disse con un sorriso fastidiosissimo, e Juan rispose rigido “…ma è mia.” Facendo ridere Myles forte.
“Oh non prendertela ragazzo, ma tutti lo abbiamo pensato prima o poi.  Sia io, che il musicista e persino la tizia bionda ci siamo illusi di possederla, almeno una volta in questi anni, ma Mina è incostante e sfuggente, come sabbia tra le dita. E non è con un anello che riuscirai a tenerla legata a te…”
Juan fece uno scatto in avanti per avvicinarsi, perché gli era venuta una voglia folle di spaccare la testa a quell’idiota, ma Myles schioccò le dita e venticinque omoni gli puntarono la pistola contro facendolo ridere forte.
“…se avessi letto bene quel dossier che hai dato a mia moglie, sapresti che questi sono pochi, perché potrei eliminarli persino senza armi…”
Rispose Juan spavaldo e arrogante, e Myles tremò, perché era vera quella cosa, ma si disse di dover stare calmo.
 “Sì, certo, ma sei tu che non hai letto quel dossier con attenzione. Perché, vedi, hai fatto una grandissima cazzata anni fa, una per cui io personalmente assisterò mentre ti faranno l’iniezione letale…”
Juan non capì e rimase un attimo perplesso, ma Myles molto più spavaldo aggiunse “…Ignacio de Santos, detto Nacho te lo ricordi?”
Juan non capì, non riusciva a connettere i pezzi, ma poi Myles disse “…l’hai fatto fuori a San Antonio, nel mio stato. E si dia il caso che noi abbiamo ancora una cosa bellissima che si chiama pena di morte.”
Erano passati troppi anni e Juan non riusciva a ricordare i dettagli, ma Myles gli porse delle foto e gli tornò alla mente. Non disse assolutamente niente, cercò solo di ricordare che prove potessero avere contro di lui, ma non ne avevano. Così ridacchiando rispose “…con quali prove?”
“Carissimo, io sono il governatore. Se voglio le prove le trovo o le fabbrico, o le invento…insomma in qualche modo farò. E qui giungiamo al nostro accordo, che è facilissimo: Mina resta mia, tu la lasci in pace e vai a farti la tua vita sereno. Nessuno ti torcerà un capello a meno che tu non provi ad avvicinarti a lei…”
“Stronzate, giustiziami pure…” ringhiò Juan fumando, con una freddezza che spaventò terribilmente il suo avversario, ma lui scuotendo la testa gli disse “e non ti importa nulla di lei?” facendo breccia nel cuore del povero pittore, che si lasciò sfuggire un sospiro.
“…la ami davvero così poco da volere che diventi la vedova di un assassino giustiziato? Sai cosa le farebbe la stampa? E l’opinione pubblica? Ora tutti sanno che voi state insieme, sai come finirà la sua vita?”
Myles aveva capito che era un’idea dolorosa per lui e aveva deciso di infierire, ma il povero Juan si sentì malissimo e strinse forte i pugni, ma per qualche istante non riuscì proprio a calmarsi e con un cazzotto solo stese uno degli uomini di Myles e poi con un calcio terribile ne atterrò un altro.  Myles morì letteralmente di paura e si disse che forse doveva andarsene e basta, calmando la furia di quell’assassino che stava sfidando venti uomini con la pistola puntata contro il suo corpo.
 “…mi basterebbe ucciderti per salvare tutta la mia vita…” ringhiò furioso, atterrando un altro degli uomini della sua security.
Myles non era un temerario e non avrebbe mai rischiato la vita per una donna, ma sapeva che Juan aveva troppo a cuore la sua Mina e questo lo aveva spinto a correre il rischio.
“Uccidimi pure, ma se io emetto una sentenza, non può essere revocata, e io ho la mia sentenza proprio qui…” gli disse mostrandogli un documento che aveva sul cellulare e Juan si sentì in scacco.
“…e dovrei lasciarla a te?” ringhiò feritissimo, ma Myles annuì e basta e gli disse serio “…d’altronde sto rischiando la morte per lei, penso di meritarmela. Divorzierò e lei diventerà mia moglie, dato che vuole così tanto un marito e un figlio…”
“…ma non ti amerà mai” ribattè Juan addolorato e Myles stringendosi nelle spalle rispose “troveremo un modo…”
Juan ferito e furioso riversò la sua ira contro la security di Myles e li stese tutti, uno ad uno, perché aveva capito che non avrebbero mai aperto il fuoco, dato che il governatore non poteva essere associato ad un omicidio.  Una volta rimasto solo Myles tremò, ma Juan lo afferrò violentemente per il collo con entrambe le mani e per un attimo si disse che avrebbe potuto ucciderlo, salvando la sua donna, ma poi pensò alla reazione di Mina quando lui aveva fatto lo stesso gesto a Pablo e rabbrividì.
Lo lasciò di colpo e Myles cadde come un giocattolo, ma senza guardarlo ringhiò ferito e disperato “Uscite da casa mia…”
 Myles pensò di aver giocato bene le sue carte e aggiunse “tre giorni Jimenez. Se tra tre giorni non l’avrai lasciata, dalle pure l’ultimo bacio e dille addio, perché l’ultima cosa che vedrai è la mia faccia mentre ti faranno l’iniezione…”
Una volta solo, Juan letteralmente impazzì. Prese a pugni il muro tanto forte da rompersi una mano, urlo, imprecò e persino pianse, ma capì che c’erano due soluzioni possibili: lasciargli Mina o chiamare il clan a raccolta per fare la guerra a un governatore. Sapeva che Carlos avrebbe ucciso immediatamente quell’uomo, che avrebbe continuato a uccidere finchè non avesse avuto suo fratello libero e lui non poteva macchiarsi di tutto quel sangue ancora una volta. In più era un nemico davvero potente da sfidare, e Carlos avrebbe dovuto uscire dalla sua zona sicura per combatterlo, mettendo a rischio tutto il clan. Si disse che era una follia, che non poteva davvero farlo, ma poi fissò la foto di Mina e letteralmente morì di dolore. Lasciarla da un momento all’altro, dopo averle fatto tutte quelle promesse, sarebbe stato terribile e lei sarebbe sicuramente impazzita per il dolore.
Con la mano insanguinata e tremante chiamò Carlos, che gli disse solo “…mando Luis, risolviamo in cinque minuti” ma Juan scuotendo la testa aggiunse “non possiamo provare a risolvere con gli avvocati? O in un altro modo?”
“Ma di che diavolo di avvocati parli??” ringhiò Carlos furioso “…questo vuole ucciderti e ci ha messi tutti nella merda. Cosa dovrebbe fare un avvocato?”
“…sì ma non risolviamo nulla uccidendolo…” rispose Juan serissimo e Carlos provò a fargli capire che non era vero, che era l’unica soluzione.
“Spaventiamolo, almeno…” gli disse serio e Juan negò ancora una volta.
“…e allora l’unica cosa che resta da fare è lasciargliela, sperando che prima o poi si stanchi del giocattolo e te la lasci.”
Concluse Carlos serissimo e Juan si disse solo che nulla gli aveva mai fatto così tanto male.
“…ma insomma se davvero è uno che appare e scompare ogni sei, sette mesi, tu puoi fare l’amante di Mina, no? Non lasciarla proprio, dille soltanto che vuoi i tuoi tempi, e lei magari continuerà ad aspettarti hermano…”
Juan ci pensò per una notte intera e si disse che la soluzione di Carlos aveva senso. Non doveva per forza chiudere, bastava dirle che aveva dei dubbi e poi tornare con lei, ma la reazione di Mina fu totalmente inaspettata.

Nota:
Allora ve l'aspettavate questo comportamento di Myles? Che cosa pensate che faranno adesso i nostri due? Sarà davvero la fine?

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Capitolo 48
*** Capitolo 48: l'addio di Mina ***














Capitolo 48: l’addio di Mina
 Juan si era ripetuto mille volte le parole da dire, ma continuavano a sembrargli assolutamente senza senso. Si era detto che capita agli uomini di avere dei dubbi prima del matrimonio, che Mina avrebbe potuto perdonare quella sua debolezza temporanea, o almeno lo sperava con tutta l’anima, ma la verità era che chiunque avesse conosciuto Juan sapeva che stava per dire delle sciocchezze.
Attese fino all’ultimo momento, e poi quando lei lo chiamò, le confessò che non sapeva più se voleva davvero stare con lei o meno, facendola infuriare.
“Che diavolo significa?” ringhiò Mina tremando fortissimo, ma lui scosse solo la testa e forzandosi a fare l’uomo distaccato ringhiò “…significa che mi serve una pausa. Un periodo da solo e tu devi lasciarmi in pace perché sei asfissiante...”
“No” ruggì Mina ferita e Juan si chiese se avesse la determinazione necessaria per lasciarla andare, ma rimase in silenzio e Mina sussurrò “Non ci credo. Che cosa c’è? Cosa è cambiato da quando mi hai chiesto un bambino? Dio Juan sono passati neanche dieci giorni.”
“Non c’è niente, Mina. Non ero sicuro neanche allora e ora…” provò a dire con le lacrime agli occhi, ma Mina iniziò a singhiozzare e gli urlò “è una bugia, stai mentendo. Dimmi che diavolo è successo amore, ti prego…”
Non lo avrebbe lasciato andare così facilmente, e Juan lo capì e si sentì ancora peggio, così le disse solo “Mina…non voglio sposarmi…” pensando di ferirla abbastanza, ma non aveva fatto i conti con la profondità dei sentimenti di lei.
“Oh amore, non ci sposiamo allora…” sussurrò molto sollevata e poi aggiunse “…amore non mi serve una fede per restarti accanto, non importa…”
Juan morì di dolore nel sentirle dire quelle parole. Pensò soltanto “ti prego non combattere, non opporti in questo modo, lasciami andare e basta” ma lei era troppo innamorata per lasciarlo andare così e a quel punto fu chiaro persino a lui.
“Mina non è il matrimonio il problema, sei tu…”
Ringhiò con la voce più dura che riuscisse a simulare, facendola crollare di nuovo in un abisso di dolore e disperazione e Mina bisbigliò pianissimo “c’è un’altra?” dandogli l’idea di che cosa dire per allontanarla.
Forse non sarebbe mai più stato in grado di riprendersela così, ma doveva porre fine a tutto quel dolore, così tirò fuori una cosa che le avrebbe fatto abbastanza male, sperando di farla scappare il più lontano possibile da lui.
“Aileen…”
Rispose serissimo e Mina letteralmente implose, ma non emise neanche un verso e Juan concluse dicendo “…e ha un ritardo, quindi non posso escludere di stare per avere un bambino con lei”   
Mina sussurrò solo “no…” ma con una voce realmente disperata e lui, incapace di dirle altro chiuse soltanto quella chiamata e si accasciò devastato sul pavimento.
Aveva appena distrutto tutto, non l’avrebbe mai più ritrovata, ma almeno il suo futuro era salvo. Avrebbe sposato Myles o un altro imbecille di quel tipo, e sarebbe stata felice con un uomo che le avrebbe garantito quello che lui non poteva darle. La sua vita, invece, era appena diventata un incubo senza risveglio e lui rimase steso sul pavimento per ore, incapace di accettare quello che aveva fatto.
Dall’altra parte del mondo Mina era rimasta paralizzata dopo che Juan aveva chiuso la telefonata, e aveva bisbigliato al nulla “…sono incinta anche io…”
Aveva appena fatto il test e voleva dirglielo, ma ora il suo cuore era letteralmente esploso. Era sul set, stava girando il finale del film, ma con mani tremanti fuggì senza dire nulla a nessuno per andare a dirglielo di persona, e pianse tutte le lacrime che aveva in corpo su quel volo. Arrivò alla galleria letteralmente stravolta, e trovò subito Juan all’ingresso, perché stava discutendo con Penelope dei dettagli della mostra.
Non aveva dormito e non si era neanche fatto la barba, eppure era di nuovo in piedi e si stava sforzando terribilmente di sembrare calmo e tranquillo, ma davvero aveva grossi problemi a tenere tutti i pezzi insieme e iniziava a mettere in dubbio la sua scelta.
Quando lei entrò furiosa e stravolta dalla porta pensò solo “no, no ti prego” perché non sarebbe mai riuscito a reggere le sue lacrime, ma fortunatamente Mina non aveva nessuna intenzione di piangere. Ignorò tutti e gli lanciò contro l’anello di fidanzamento che le aveva regalato, urlando che era un uomo disgustoso. Aveva perso il controllo trovandoselo davanti, e tutte le cose che avrebbe voluto dirgli erano tutte scomparse e le era venuta solo una voglia terribile di prenderlo a schiaffi, così si era scagliata letteralmente contro di lui, che era rimasto fermo, immobile, con il viso contratto e duro. Solo quando Zack l’aveva tirata via dolcemente e aveva provato a calmarla accarezzandola piano, Juan capì di doverla lasciare libera, così le disse “ti stai rendendo estremamente ridicola. Smettila. Vattene con un minimo di dignità…”facendola letteralmente morire di dolore.
 Non riuscì a dirgli del bambino, perché lui era tanto crudele da farle male come nessuno mai, ma pensò che non volesse davvero il suo bambino, così fuggì senza parlare. E tutti  loro, terribilmente imbarazzati, poterono tornare alla loro riunione, ma Juan aveva il cervello letteralmente in fumo e dopo venti minuti chiese scusa e uscì, per correre a casa sperando che lei fosse lì.
 Non poteva farlo, fisicamente non ci riusciva. Piuttosto avrebbe ripreso con il clan, avrebbe ammazzato Myles e chiunque altro, ma non poteva lasciare Mina e vederla in quello stato gliene aveva dato la certezza. Provò a chiamarla molte volte, ma lei non rispose. Si diresse a casa, allora, pensando di trovarla lì a fare le valigie, ma lei non c’era. Continuò a chiamarla e nel frattempo avvertì Carlos che avrebbero dovuto dare una lezione a Myles, ma improvvisamente si accorse di una cosa e si preoccupò. Mina era tornata a casa solo per prendere i documenti del suo conto segreto, e aveva lasciato tutte le sue cose, persino le chiavi e il cellulare sul tavolo.
Juan l’aveva mancata per pochissimo, ma non aveva idea di dove potesse essere andata, così agitato iniziò a chiamare Jen, la segretaria di Mina e i suoi assistenti, ma nessuno aveva idea di dove lei fosse e nessuno sapeva di un cellulare nuovo di Mina. Chiamò Johanna allora, ma lei non sapeva nulla, neanche della loro separazione. Le raccontò tutto, come un fiume in piena, e lei lo rimproverò molto forte, ma poi concluse dicendo “…sono sicura che mi chiamerà e le racconterò questa storia, stai tranquillo. Doveva chiamarmi per il test, doveva farlo ieri, ma non so come sia andata…” facendolo impazzire dal dolore.
Mina, nel frattempo, era arrivata in aeroporto e senza pensarci due volte aveva acquistato un biglietto per un volo con la destinazione più lontana possibile. Voleva sparire, stare da sola, e soprattutto voleva finire in un posto dove non sarebbe stata tormentata dai media che sarebbero sicuramente impazziti all’idea che a pochi giorni dal loro fidanzamento ufficiale, lui l’aveva lasciata per un’altra. Mina aveva il terrore di essere trovata, di sentire il suo nome e soprattutto era terrorizzata all’idea che qualcuno gli parlasse del bambino che lui stava per avere da quella donna disgustosa. Non ebbe il coraggio di raccontare a sua madre quello che le aveva fatto e, pur sapendo di ucciderla letteralmente, decise di non dire neanche a lei dove diavolo stesse andando. Si lasciò tutti alle spalle e si disse che quel figlio sarebbe stata la sua unica ragione di vita, e così fu.
Iniziarono così i giorni infiniti di Juan Jimenez, che per settimane e mesi la cercò ovunque senza successo, con il cuore sempre più straziato dal dolore e dal senso di colpa. La cercò da Greg e Joey, che però non avevano notizie, la cercò da Reta e persino da Myles, credendo che se la fosse ripresa, ma quell’idiota non aveva la minima idea di dove fosse e morì di paura trovandosi tutto il clan di Calavera davanti. Trascorsero i giorni e i mesi, ma malgrado avesse chiesto letteralmente a chiunque e rivoltato ogni luogo, Juan non riuscì a trovare traccia di lei.
 Per i primi mesi Mina si era rifugiata in paradisi tropicali, alle Hawaii, ai Caraibi e poi era giunta negli Emirati Arabi.  Aveva evitato anche solo di accendere la tv, e solo una volta aveva sentito un tg in cui si parlava del fatto che dopo la sua scomparsa, era un’altra la donna più bella del mondo e con astio si era chiesta se Juan, Greg e Myles avevano iniziato a farsi anche quella tizia. Passò le sue giornate in spiaggia, finchè la pancia glielo permise e chiamò Johanna ogni volta che poteva, ma quando lei faceva riferimenti a quell’uomo maledetto, chiudeva la chiamata e non si faceva sentire più. Voleva tornare a Londra per il parto, perché ne era letteralmente terrorizzata e temeva di non riuscire a farcela da sola, ma poi improvvisamente i suoi piani cambiarono e Mina scomparve completamente nel nulla.
Dodici mesi dopo l'addio alle scene di Mina Shatner, New York era rimasta uguale: c'erano sempre le stesse persone al suo club preferito, il clima era lo stesso, c'erano persino le stesse pubblicità in giro, ma la donna più bella del mondo era una certa Yumi Ayashi. Non c'erano più tracce del passaggio di Mina a New York, e sembrava quasi non essere mai esistita, eppure quasi tutte le notti riappariva a Brooklyn, nei sogni di qualcuno.
Eccolo lì, Juan Jimenez addormentato sul famoso divano bianco del suo studio: i suoi capelli erano lunghissimi ormai, era ingrassato e aveva la barba incolta, ma era sempre lo stesso uomo, tranne che per un piccolo dettaglio; Juan non dipingeva più, neanche disegnava.
In dodici mesi era cambiata tutta la sua vita, la mostra era andata a gonfie vele e lui aveva venduto tutti i suoi lavori, cosa che lo aveva lanciato definitivamente. In quei lunghi mesi aveva lavorato con moltissime star, e venduto i suoi lavori a molti periodici di spicco. Non dipingeva più ormai, ma riusciva comunque a condurre una vita agiata e semplice, anche se era mortalmente infelice. Il sonno tranquillo di Mr Jimenez, però, era destinato ad essere disturbato dalla proprietaria della sua anima, che non aveva smesso di cercare un attimo in quei mesi, e che periodicamente giungeva ad ossessionarlo durante la notte.
 Aveva speso cifre esorbitanti per pagare hacker che tracciassero i suoi spostamenti, aveva assunto detective, investito tutte le sue energie e parte di quelle di Carlos, ed era finito a cercarla persino negli ospedali e negli obitori. Poi un giorno una terribile convinzione aveva iniziato a farsi strada nel suo cuore, e Juan morì realizzando che l’unico modo che aveva una persona per sparire in quel modo era finire sottoterra. Quel tarlo l’ossessionò fino a occupare tutti i suoi pensieri, e il dolore iniziò a corrodergli l’anima.
La sognava quasi sempre, e ogni volta si svegliava più addolorato di prima. Quella notte era seminuda, immersa in uno splendido campo di fiori.
“Sei arrabbiata, vero?” le disse, provando ad accarezzarle il viso, ma Mina non aveva voglia di parlargli così lui iniziò a baciarla e lei lo lasciò fare. Non si dissero molto, erano distesi su un lenzuolo in mezzo alla natura primaverile e non facevano che baciarsi e farsi le coccole. Quando lei accarezzandolo dolcemente come aveva fatto migliaia di volte gli aveva chiesto “tu mi ami?” lui con dolcezza le aveva risposto “ti ho sempre amata” e solo allora si era svegliato ansimante e sconvolto e aveva realizzato per quale motivo l’avesse sognata. Mancavano solo tre giorni al suo compleanno, all’anniversario di quella festa surreale in cui aveva dimostrato apertamente di amarlo follemente. Così sbuffando recuperò il telefono e fece quello che faceva sempre in quei casi: compose un numero.
 “Stiamo insieme venerdì?”
Le disse al telefono, e una voce di donna molto tenera rispose “certo. Vieni tu o vengo io? Magari io stavolta, dai…” facendolo sorridere.
“Vieni da sola, però…” aggiunse rigido e lei sorrise soltanto, pensando a come spiegarlo al marito.
“…sei l’unico umano che tollero di vedere, soprattutto venerdì”confessò piano, accendendosi una sigaretta, e la donna bionda allora sorrise e gli sussurrò piano “vienimi a prendere in aeroporto. E non fare tardi o giuro che me ne vado…” facendolo sorridere.
Johanna era l’unica persona che insieme a lui cercava ancora Mina, l’unica con cui poteva parlarne e solo con lei avrebbe voluto festeggiare l’anniversario di quel compleanno che gli ricordava tante cose.
“Hai lavato i capelli, è un gran passo avanti rispetto all’ultima volta che ci siamo visti!”
Gli disse divertita. Il dolore aveva segnato entrambi, ma mentre lei cercava di continuare la sua vita normalmente, Juan era rimasto intrappolato da tutta quella sofferenza, ed ora aveva smesso completamente di curare il suo aspetto e sembrava molto più vecchio di quanto non fosse. 
Sorrise e basta vedendola, ma quegli occhi gli facevano sempre un effetto terribile perché erano identici a quelli del suo grande amore scomparso e quando chiudeva gli occhi, a volte, la voce di Johanna gli sembrava uguale a quella di lei.
“Pensa che ho persino fatto pulire casa, vedi quanti passi avanti?”le rispose ridacchiando e prendendola sottobraccio come una vecchia comare e Johanna si dichiarò onorata per quel gesto così galante, ma poi aggiunse “…ma dobbiamo fare qualcosa per questa terribile barba da personaggio di Lost e magari anche questi capelli che mi sembrano troppo lunghi ormai. E’ vero che vanno di moda gli uomini con il look chic e trasandato, ma tu non hai niente di chic, sei solo trasandato ragazzone. Come diavolo fanno a farti lavorare con le modelle in questo modo è un mistero!”
Johanna si era davvero affezionata a quel ragazzo, e da molto tempo gli aveva perdonato quello sciocchezza che aveva fatto con la sua bambina, ma sperava che lui riuscisse a perdonarsi, ma Juan non sapeva neanche cosa volesse dire. Così molto seria gli chiese “…come stai?” e Juan scosse solo la testa, guidando come un matto la macchina che Toby gli aveva prestato.
“Sì, ma devi ricominciare a uscire, a conoscere le donne. O anche solo a farci sesso, Juan. Fatti dare il numero di qualcuna di quelle modelle ragazzo. Devi distrarti…” gli disse Johanna seria e lui scoppiò a ridere pensando che non lo faceva prima, non avrebbe certo iniziato adesso e che non le vedeva neanche le modelle con cui lavorava.
“…non puoi distruggerti così per una donna che non ti vuole e…”
“…Johanna, lo sai. Non è vero che lei non mi vuole e, ora come ora, non so neanche se Mina possa…volere ancora qualcosa…”
Le disse stravolto, solo per farla smettere e Johanna per un attimo annuì e basta, poi disse “Non è morta Juan. E’ solo arrabbiata con entrambi, probabilmente, e ha deciso di fare i capricci e tormentarci, ma vedrai che riapparirà con un sorriso. E io sarò costretta a riprendermela, dopo averla presa a schiaffi, ma tu no. Tu non devi accettare una cosa così brutta da nessuna donna, hai capito? Devi andare avanti”
“Andrò avanti quando saprò che sta bene e che non è morta per colpa mia…”
Ringhiò stravolto e Johanna gli prese solo la mano, pensando a quando Mina gli aveva detto che lui era l’ultimo gentiluomo romantico rimasto sulla faccia della terra e lo trovò infinitamente tenero. Anche lei aveva paura per Mina, ed era certa che le fosse successo qualcosa, ma era la parte forte tra i due e sapeva di doverlo sostenere, quindi cercava di essere ottimista.
La donna inglese ebbe un colpo al cuore entrando in quella casa, perché la sua Mina era ancora ovunque e gli disse piano “…ecco, se vuoi provare ad avere avventure nuove, toglile queste foto, anche perché non so quante donne si sentirebbero in grado di reggere il confronto con questa strafiga della mia Mina” ma lui rise e basta e le disse che se avesse voluto, una volta tornata la strafiga gliele avrebbe regalate.
Trascorsero il pomeriggio insieme e Johanna riuscì finalmente a convincerlo a farsi sistemare barba e capelli, ma il barbiere esagerò e lui spalancò gli occhi perché era entrato con i capelli che gli arrivavano al fondoschiena e quel matto glieli aveva fatti tanto corti da raggiungere a stento le spalle.
“Oh, vedi come sei bello?” commentò Johanna con una pacca sulla spalla e Juan tremò, pensando a quando glielo diceva lei, ma non rispose.
“Adesso dobbiamo solo trovarti una bella signorina che ti faccia compagnia, così ricomincerai anche a sorridere…”
Aggiunse, molto divertita, perché Juan sembrava non accorgersi neanche degli sguardi delle ragazze, ma lui scosse solo la testa e le spiegò che non funzionava in quel modo con lui.
“…sì, ho capito. Ho capito che sei una specie di Don Chisciotte innamorato di un fantasma, che la sogna tutte le notti. Ho capito che ti senti in colpa e temi le sia successo qualcosa per colpa tua, che probabilmente speri ancora che lei torni, ma Juan…se lei non tornasse più, tu passeresti tutta la tua vita così?”
Gli disse, concretamente preoccupata e lui sbuffando disse solo “…è solo troppo presto” e Johanna capì che il discorso era chiuso. D’altronde, si disse, probabilmente anche lei non avrebbe messo da parte Liam così facilmente.
Cenarono in uno stranissimo ristorante cinese, ed entrambi continuarono a raccontare aneddoti su Mina, sui suoi capricci e sulle sue stranezze, ma poi Johanna si ricordò una cosa e rimase per un attimo in dubbio. Poi gli disse “ti faccio vedere una cosa, se non impazzisci…” e Juan la fissò perplesso, senza rendersi conto che il suo cellulare stava suonando senza sosta.
“Ho le foto delle sue prove dell’abito da sposa, ma forse sono troppo dolorose…”
Disse piano e Juan annuì e basta, ma le chiese di inviargliele perché le avrebbe guardate quando sarebbe stato meglio, e prese il suo cellulare per archiviarle, ma solo allora si accorse delle cinque chiamate senza risposta e del messaggio.
“Strano…”
Commentò serio, ma provando a richiamare quel numero rispose una donna che parlava una lingua che non conosceva, perciò pensò di aver sbagliato, finchè quella donna, nella sua incomprensibile lingua disse due parole che lui capì benissimo “Mina Stevens” e lui si riscosse.
“Cosa Mina Stevens?”
Chiese sconvolto, attirando l’attenzione di Johanna che si scapicollò letteralmente giù dallo sgabello dov’era seduta, ma la donna araba ripetè solo “Mina, Mina…” con delle parole che non capiva e poi chiuse la chiamata. Juan agitatissimo fece per richiamare quel numero, quando ricevette un sms che segnalava che aveva un messaggio in segreteria e stringendo forte la mano di Johanna provò a farlo partire.
“Ciao Juan…”
Disse quella voce, la voce che aveva disperatamente sperato di sentire negli ultimi dodici mesi, e Johanna urlò solo “è Mina!” ma lui si sciolse letteralmente e le lacrime gli offuscarono la vista.

Nota:
Allora ciao a tutti. Ormai siamo vicinissimi al finale e volevo chiedervi che ne pensate. Ammetto che per me è stato impegnativo scrivere la parte in cui si lasciano, con lui così crudele, ma voi come l'avete trovata? E che ne pensate di Juan e Johanna super amici? E, ultima domanda, cosa pensate sia successo a Mina? Fatemi sapere, anche in privato. Ah e ditemi anche se siete dispiaciuti che sia quasi finita.

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Capitolo 49
*** Capitolo 49: il messaggio di Mina ***


Capitolo 49: il messaggio di Mina
“…ascolta ho pochissimi minuti. Sono nei guai, mi trovo a Rauqrka, una piccola città nello stato del Rheyma. C’è un uomo che mi trattiene qui, è il presidente del posto, si chiama Samir Almawayri. Mi tiene praticamente prigioniera in un posto che si chiama hotel Erimal. Ho bisogno di aiuto e se non vuoi farlo tu, puoi chiedere a Myles o a mia madre? Ti prego non ignorare questo messaggio, potrebbe costarmi la vita…”
Juan tremò letteralmente per quel messaggio e Johanna iniziò a piangere di gioia ripetendogli soltanto “vedi? E’ viva, te lo avevo detto! E non è una cretina arrabbiata, è stata rapita”
Il pittore, però, sconvolto riascoltò quel messaggio e prese tutti gli appunti che servivano e poi, con il cuore in gola, fece l’unica chiamata che poteva e doveva fare in quel momento e scoprì una cosa che lo mandò su tutte le furie. Carlos ascoltò tutto e sbuffando disse “quindi lo sai, bene.  Ma non puoi andarla a prendere, mi dispiace. Non puoi sperare di entrare all’ Erimal e uscirne vivo, sappilo…”
“Da quanto tempo lo sai?” ringhiò Juan furioso e deluso, perché Carlos gli aveva giurato di dargli tutto il suo aiuto, ma gli aveva mentito.
“Da tre mesi. Ma Juanito, non illuderti: questo è un nemico che neanche io posso battere, non sul suo campo. Per questo non te l’ho detto, perchè sapevo che ti saresti fatto ammazzare per…”
“Amore…” pensò Juan, ma non lo disse e ringhiò serissimo “…e come lo hai scoperto?”
“ Oh beh, non è stato difficile. Quel pazzo di Samir l’ha scelta come First Lady, perché vuole che il Rheyma ottenga prestigio mondiale, perciò si è scelto una moglie americana e siriana insieme…”
Juan strinse solo i pugni, pensando che fosse una follia, una cosa assurda, ma con il cuore in gola sussurrò “…una moglie? Sono sposati?”
Carlos Jimenez perse la pazienza a quel punto e sferrò un pugno fortissimo sul tavolo di marmo a cui era appoggiato. Era letteralmente furioso con quel suo stupido fratellino totalmente sottomesso da quella puttana pericolosa, e per un attimo si disse che forse poteva dirgli di sì, così si sarebbe tolto quella missione suicida dalla testa, ma non riuscì a mentire così sussurrò “…non ancora. Lei è stata presentata come futura moglie, ma non so i dettagli…”
“Grazie al cielo…” sussurrò Juan molto sollevato, provocando nuovamente l’ira di suo fratello, che ringhiò “…si è messa lei in questo casino, è abbastanza grande da fare le sue scelte, e non esiste che io rischi la vita della persona più cara che ho per salvarla da un fidanzatino sbagliato.”
“…pazienza, andrò da solo”
 Ringhiò Juan chiudendo la chiamata, spingendo Carlos a distruggere letteralmente la sua sala da pranzo, prima di chiamare all’adunata non solo il suo clan, ma anche un paio di clan alleati, perché se suo fratello era così pazzo da voler fare quella follia, l’unica cosa che poteva fare era sostenerlo e armare la sua mano.
“Andremo insieme” gli disse Johanna comprensiva, mentre osservava Juan che preoccupato cercava informazioni su quel posto, ma lui sorridendo le mise una mano sulla guancia e disse “te la farò riavere sana e salva o morirò provandoci, te lo giuro…”
“Non dire cose stupide…” ringhiò Johanna con le lacrime agli occhi e lui sorridendo le disse “fammela vedere vestita da sposa, ti prego. Voglio imprimermi quest’immagine nella mente…” e la signora Stevens sorrise e basta, ma il cellulare di Juan suonò di nuovo e lui pensò solo “prima del previsto”.
 “…hermano hijo de puta, vuoi alzare il culo e venire qui a organizzare una strategia o vuoi correre alle Erimal e farti sparare alla testa dalle armi che io ho venduto a quello stronzo?”
Ringhiò Carlos furioso e Juan sorridendo rispose solo “arrivo…” ma dovette scontrarsi con Johanna che voleva a tutti i costi andare con lui.
“Resterò con la tua famiglia, allora, ma io vengo a Los Angeles…”
Gli comunicò serissima e lui provò a spiegarle chi fosse la sua famiglia, ma Johanna sembrava irremovibile, così annuì e basta, dicendole di prepararsi in fretta. Juan stava facendo un patto col diavolo, e sapeva benissimo che quel gesto gli sarebbe costato tutta la sua anima, ma lo stava facendo per amore e non poteva pentirsene. Così recuperò la sua vecchia tenuta da guerra, infilò qualche vestito in una borsa e controllò che l’anello fosse al suo posto, nella tasca interna della giacca. Era diventato il suo portafortuna, il simbolo di quell’infinita penitenza a cui si era sottoposto e ormai ci era affezionato.
Fu un viaggio lungo, ma Juan lo trascorse tutto a guardare le foto di lei in abito da sposa, che sorrideva come la persona più felice del mondo e a riflettere sul gesto che stava per fare. Ripensò all’addestramento, a quello che gli avevano insegnato e per un attimo ebbe paura di fallire, di non farcela, ma poi riguardando la foto di Mina si disse che quella donna era l’unico motivo per cui stava per lanciarsi in una missione suicida. Chiuse gli occhi e riportò alla mente alcune immagini della loro storia: quando spavalda e arrogante si era presentata, quando gli aveva raccontato del suo passato e poi lei bella da morire e completamente ricoperta dei suoi disegni, che sfida il mondo solo per amor suo. Gli vennero i brividi, allora, e seppe per certo che avrebbe ucciso a sangue freddo chiunque si fosse frapposto tra lui e quella creatura dagli occhi azzurri.
 Quel sorriso, il suo sguardo e la sua piccola mano erano le uniche ragioni che gli servivano per violare un giuramento fatto a suo padre e a se stesso, e per scatenare una guerra sanguinosa, che avrebbe probabilmente fatto emergere il lato più oscuro della sua anima. Aveva paura di quella parte di lui che la gente chiamava “alma negra”, il Kraken, il mostro capace di uccidere la gente a mani nude, senza mai mostrare un minimo di rimorso o pietà. Pensava di esserselo lasciato alle spalle, di aver dimenticato, ma gli era bastato immaginarla tra le mani di un rapitore, per risvegliare il mostro assetato di sangue dentro al suo petto.  Richiuse gli occhi, allora, e la immaginò nel letto accanto a lui mentre gli accarezzava i capelli e gli diceva di amarlo e per la prima volta in tanti mesi sorrise e basta, pensando che sarebbe riuscito almeno ad avere un ultimo bacio.
Quella notte mentre Juan addormentato attraversava un cielo pieno di stelle, qualcun altro sveglio scrutava quel cielo: in quel posto faceva un caldo infernale, e così stanca morta e sudata Mina aveva portato la sua bambina fuori al balconcino per calmarla. Aveva fame quella piccola e adorabile dittatrice, e non le avrebbe dato tregua fino a quando non l'avesse prosciugata.
“Ay Jany, sei identica a tuo padre! Ma si può essere così testarde e prepotenti alla tua età? Devi attaccarti al seno che ti porgo io, non avere delle preferenze”
La rimproverava dolcemente, e quella piccola ribelle di quasi quattro mesi le rispondeva urlando.
“Oh va bene, va bene! Vuoi il sinistro? E va bene, basta che mi lasci dormire un po'...non puoi sempre gridare piccoletta, sai?”
Aggiunse dolcemente e solo allora quella piccola peste dagli occhioni azzurri si accoccolò vicino a lei e le diede qualche secondo di tregua fissandola profondamente negli occhi.
“Sei davvero una piccola pinguina testarda, ma bella da morire...” le disse sua madre, in un tono così dolce da far tremare il cuore a chiunque, e poi come sempre iniziò a baciarle la testa e a dirle migliaia di cose dolcissime.
“Non è normale litigare con una creaturina così piccola, stai bene?” le chiese una voce profonda e lei sorridendo dolcemente rispose “Oh Samir scusa, non volevo svegliarti...” ma lui seriamente le disse “non sei stata tu, ma Jane. Tu sei sempre perfetta mia adorata” E dicendolo l'accarezzò dolcemente.
Generalmente i padri sono d'aiuto in certe situazioni, ma dato che Samir non era il padre non faceva nulla, anzi glielo faceva abbastanza pesare. Mina non aveva voluto che lui adottasse Jane, e ad onor del vero lui non glielo aveva mai proposto perchè non gli serviva un'altra figlia, tanto meno una bastarda per metà ispanica. Continuava a dire a Mina di lasciare che la tata si occupasse di lei, ma la sua futura moglie aveva un forte istinto materno e non lasciava quella piccola peste per niente al mondo e presto avrebbe dovuto trovare una soluzione anche per quello.
“Si è addormentata?”
Sussurrò quando Mina si stese finalmente a letto, e lei sfinita rispose solo “lo spero”così il suo futuro marito decise di sedurla, ed esattamente come una prostituta si lasciò violentare. Era stanca, sfinita e il seno le faceva male da morire ma come faceva sempre chiuse gli occhi e lo lasciò fare, gli permise di entrare nel suo corpo, non nella sua anima. Mentre la possedeva brutalmente, Mina pensava ad altro: a Jane, a Juan, al suo futuro in Inghilterra e persino agli impegni che aveva il giorno dopo.
Samir non aveva osato neanche sfiorarla in gravidanza, ma subito dopo il suo ritorno dall'ospedale aveva iniziato a stuprarla letteralmente, e lei non poteva dire o fare nulla. Soffocava le lacrime e sopportava quegli abusi in silenzio, perché era letteralmente terrorizzata da quell’uomo che l’aveva intrappolata come uno stupido topo.
Samir Almawairy era il proprietario dell’ospedale dove Mina era finita per caso mesi prima, per una minaccia d’aborto. Era stato gentilissimo e disponibile, tanto che per i primi tempi la nostra Mìmi si era sentita davvero accudita e viziata da tutti. Sapeva che lui aveva un debole per lei, chiunque lo avrebbe notato, ma pensava che fosse una cosa innocua, anche perché era incinta, quindi lo aveva assecondato non immaginando di star scherzando con il fuoco. Vedete, Mina non sapeva che quell’uomo che le era parso così gentile e accomodante, era in realtà un dittatore violento e capriccioso, con grosse mire internazionali che avrebbero inghiottito anche lei.
Quando poi aveva provato ad uscire dall’ospedale, si era trovata davanti a migliaia di ostacoli e aveva capito di essere bloccata in quel posto. Aveva provato a scappare, allora, ma arrivata in aeroporto era stata vittima di un misterioso furto di documenti, perciò era rimasta totalmente bloccata in quel piccolo stato, con una guerra civile in corso, quindi senza ambasciata aperta. Ovviamente non trovò nessuna stanza libera, se non all’hotel Erimal, di proprietà proprio di Samir. Mina capì che era finita, allora, e così decise di provare a contattare il mondo esterno, ma ogni cellulare o computer che acquistava le veniva rubato e ben presto aveva dovuto accettare le avances di quell’uomo disgustoso. Quello che più faceva paura a Mìmi, era il modo in cui Samir trattava Jane, come se fosse un problema da risolvere e questo l’aveva spinta a supplicare la sua tata di regalarle una telefonata per il suo compleanno.
Chiuse gli occhi e per addormentarsi pensò a lui che era così lontano e avrebbe voluto poter dire che dopo tanto tempo lo aveva dimenticato, ma non era così. Non s'illudeva che lui le pensasse ancora, ma sapeva che sarebbe stato contento di conoscere Jane, anche se probabilmente aveva anche un altro figlio con quella donna disgustosa. Soffriva troppo a quel pensiero e decise di soffocarlo, così sorridendo immaginò tutta la loro riunione familiare: lei si sarebbe presentata alla sua galleria con quella piccola per mano e lui avrebbe spalancato gli occhi nel rivederla. Le avrebbe gridato contro, avrebbe imprecato, ma poi si sarebbe perso negli occhi di quella dolce bambina e l'avrebbe riconosciuta, Mina ne era certa. E poi chissà, magari si sarebbe accorto di amarla ancora e col tempo sarebbero diventati una famiglia. Si stava solo illudendo, però e sbuffò fortissimo. Si chiese come avesse reagito a quel messaggio, ma fissando Samir pregò che l’avesse ascoltato e che avesse deciso di andare a salvarla o comunque di chiamare qualcuno a cui importava di lei. Si era pentita subito di non avergli detto di Jane, perché magari sapendo di avere una figlia lui sarebbe stato più incline a correre a salvarla, ma Mina non immaginava che Juan, in quell’esatto momento stava proprio sognando di lei con suo figlio in braccio.
Nota:
Ciao a tutti, grazie per essere arrivati fin qui. Allora, che ve ne pare di Juan che fa a patti col suo passato? E di Mina mamma? Fatemi sapere, io come sempre vi aspetto.

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Capitolo 50
*** Capitolo 50: Mina e Jane ***


Attenzione: non perdete il capitolo precedente se non lo avete letto!


Capitolo 50: Mina e Jane
Il giorno dopo fu Juan a presiedere la riunione dei clan riuniti e spiegò a tutti la strategia a cui aveva lavorato e l’obiettivo della missione, ma commise un grosso errore di calcolo, che fortunatamente riuscì a correggere giusto in tempo. Vedete, lui pensava di dover salvare una persona sola, ma durante il viaggio, la spia inviata in ricognizione all’hotel gli inviò delle foto che lo stravolsero completamente. Stava riguardando la piantina dell’hotel per la centesima volta, quando Carlos lo interruppe con uno sguardo affranto e preoccupato e gli mostrò una foto che aveva ricevuto dal suo uomo.
La mano di Juan tremò in quel momento e per un attimo non riuscì a fare assolutamente nulla, devastato e rapito dalla dolcezza di quella foto, in cui la sua Mina sorrideva in modo bellissimo e stringeva al petto un bambino piccolissimo. Era stato molto bello sentire la sua voce, ma rivederla era un colpo al cuore.
“Tanto per essere chiari: sta allattando, lo sai vero? E sai questo cosa significa, no?”
Ringhiò Carlos furioso, perché voleva convincere in tutti i modi suo fratello a ripensarci, a ritirare la missione, ma Juan con il cuore spezzato si strinse solo nelle spalle e rispose “…Significa che dobbiamo salvare anche un bambino. Non mi sembra tanto diverso, anche se a questo punto non penso che possiamo contare sulla discrezione e segretezza, quindi dobbiamo trovare un’altra strategia d’uscita…”
“Juan ma che cazzo dici? Si è fatta mettere incinta dal terrorista, questa puttana! E noi stiamo andando a… ”
Provò a dire Carlos, ma Juan sfoderò un’espressione durissima e imperscrutabile, e per la prima volta in vita sua lo spaventò a morte.
 “…apri quella cazzo di bocca ancora una volta e giuro che sarà l’ultima cosa che fai.”
Ringhiò furioso, lasciando tutti letteralmente di sasso, per l’atteggiamento autoritario e irrispettoso, ma Carlos non riusciva a farsene una ragione e rispose “…io dico il cazzo che voglio, e se tu vuoi davvero…”
“Entrerò da solo, basta”
 Concluse serissimo e nessuno riuscì a parlargli ancora, ma, proprio prima che Carlos uscisse, Juan fece partire il messaggio di Mina per farglielo ascoltare e suo fratello sbuffò.
“Andiamo a salvare una persona, non a trovarmi una fidanzata. Qualunque errore lei abbia fatto, se è in pericolo, se la tengono contro la sua volontà, io la aiuterò. E ti garantisco che per il male che le ho fatto, se ha scelto di chiamare me, evidentemente teme per la sua vita…” aggiunse, con un tono più conciliante e fu allora che Carlos disse una cosa che sconvolse Juan ancora di più.
“…non credo tema per la sua vita, in realtà. Lei è troppo preziosa per lui per essere in pericolo, ma il bambino per Almawairy potrebbe essere un problema, se non fosse suo…”
Juan annuì soltanto e sospirò, chiedendosi se ci fosse una possibilità sola al mondo di essere il padre di quel bambino che lei stringeva con tanto amore. Si ricordò delle loro ultime volte insieme, di come avevano fatto l’amore, delle parole di lei quando gli aveva detto che il suo medico pensava fosse possibile. Però, si disse, se fosse stata incinta quando l’aveva lasciata perché non dirlo a lui o a Johanna almeno?
Rimasero per un altro giorno a sistemare la strategia, e poi poche ore prima dell’ingresso, Juan conobbe finalmente la persona con cui aveva parlato a telefono. Serviva qualcuno che portasse un biglietto a Mina, e il loro uomo aveva scelto la tata perché era la persona più vicina a lei, così Juan aveva corso un grosso rischio e aveva deciso di incontrarla personalmente, per interrogarla.
La donna sembrava spaventatissima, ma immediatamente gli sorrise e sussurrò “Juan…” lasciandolo completamente sconvolto. Non parlava nessuna delle loro lingue, così decisero di usare la loro spia come interprete e Juan sforzandosi di non sembrare troppo dolce le chiese “come sai il mio nome?” e lei con un sorriso gli spiegò che Mina parlava sempre a Jane di suo padre e che lo aveva riconosciuto subito dalla descrizione di lei, e dal tatuaggio del polpo che lui aveva sul collo. Ad onor del vero era un Kraken, ed era spaventoso e mostruoso, ma Juan rise molto dolcemente perché Mina evidentemente non aveva capito perché avesse scelto quel soggetto.
E così Mina diceva a quella bambina che lui era il padre e le aveva anche dato il suo nome. Gli mancò l’aria al pensiero, e assunse un’espressione decisamente troppo dolce per essere il criminale che stava cercando di far credere a tutti che fosse. Così intervenne Carlos che decise di interrogare la tata, che però, sapeva pochissimo, perché era stata assunta quasi quattro mesi prima, quando Mina era tornata dall’ospedale con Jane.
“Quattro mesi…” si disse Juan e per un attimo pensò che non potesse essere figlio del pazzo, perché tredici mesi prima Mina stava con lui, e si stavano vivendo quella loro relazione a distanza, ma per lo stesso motivo non poteva essere neanche figlio suo e questo gli fece un male terribile. Quindi probabilmente Mina l’aveva tradito, magari aveva una relazione parallela alla loro, eppure sembrava sempre così innamorata. Cercò di non pensarci, di non farsi troppe domande e diede alla tata il biglietto con le istruzioni per Mina, e poi decise di restare da solo per riflettere sull’idea di lei infedele. Ci pensò per ore e poi giunse ad una conclusione assolutamente inaspettata: se anche Mina lo avesse tradito, se anche avesse avuto Jane con un altro uomo, se lei avesse voluto continuare a stare con lui, Juan l’avrebbe amata e accettata anche così. In fondo era quello che aveva fatto suo padre con sua madre, l’aveva sposata e aveva adottato Carlos, quindi se lei per caso lo avesse amato ancora, Juan sarebbe stato davvero il padre di quella bambina e questo pensiero gli permise finalmente di chiudere gli occhi per qualche ora.
Mina, come sempre, era nella stanzetta di Jane e giocava con lei spensierata quando la donna arrivò e con un sorriso le comunicò che il padre di sua figlia era appena arrivato, e le aveva scritto un biglietto. Le mani le tremarono troppo per aprire quel foglietto, ma lui le aveva solo scritto l’ora in cui avrebbe dovuto farsi trovare pronta e il luogo, e aveva aggiunto“…trova un modo per tenere la bambina e poter correre contemporaneamente”
Sapeva di lei, allora, ma come aveva fatto? Poi fissò la giovane Sama e lei le raccontò tutta la verità, facendo versare un paio di lacrime alla povera Mina, che per mesi aveva immaginato il momento in cui gli avrebbe annunciato di essere padre. Le chiese allora come avesse reagito, e lei le raccontò del sorriso che aveva fatto prima e dell’espressione tesa che aveva assunto dopo e Mina capì che non voleva sua figlia, perché magari ne aveva un altro figlio con quella maledetta di Aileen e le scappò qualche lacrima, ma poi si disse che doveva pensare ad altro. Doveva preparare il necessario per scappare quella notte e con o senza di lui, Mina sarebbe stata libera e questa era l’unica cosa realmente importante, così sorrise e fece il bagno a Jane senza dire nulla e rimase a prepararsi per la serata.
Samir le fece annunciare che sarebbe rimasto a lavoro fino a tardi e Mina pregò di non rivederlo mai più, ma non disse nulla. Non si era fatta bella, per non destare nessun sospetto, e indossava solo un pantaloncino corto e una canotta con una felpa. Aveva messo Jane nel marsupio che usava spesso per portarla in giro e nelle tasche del marsupio aveva inserito salviette, pannolini e il documento che Mina teneva più caro di tutti: il certificato di nascita di sua figlia, che provava che lei era sua madre.
Poco prima dell’orario pattuito, Juan inviò a Johanna una mail quasi vuota in cui c’erano tre documenti: uno contenente il suo testamento, una lettera per Mina e una per Jane. Non sapeva se fosse sua figlia o meno, ma aveva deciso che a quelle due donne avrebbe lasciato tutto quello che aveva, nella speranza di permettere a Mina di vivere una vita serena. E poi aveva aggiunto le foto che le avevano fatto e aveva scritto “…te le farò avere entrambe, promesso…”
Si fissò un’ultima volta allo specchio, legò i capelli perché non gli intralciassero la visuale, e sistemò tutte le armi che aveva sulla schiena e poi uscì, senza mostrare nessun tipo di emozione. Avrebbe lottato per lei, l’avrebbe salvata e le avrebbe regalato una vita felice insieme a quella sua bambina così piccola, e solo quello aveva senso per lui. La sua strategia era estremamente sanguinaria: entrò pronto a fare la guerra e iniziò a massacrare chiunque volesse ostacolare il suo cammino.
 
 
Nota:
Eccomi qua ancora una volta. Mi scuso se vi ho caricato due capitoli, ma ero troppo curiosa di sapere cosa ne pensate di come Juan reagisce all'idea di lei con un figlio. Che ne pensate? Fatemi sapere

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Capitolo 51
*** Capitolo 51: guerra all'hotel Erimal ***


Capitolo 51: Guerra all’Erimal

Aveva appuntamento con Mina al primo piano, ma presto si rese conto che probabilmente non le era permesso di scendere e dovette modificare la sua strategia e andarla a prendere al quarto piano, esattamente dove non voleva andare. Era stupido e pericoloso, ma era una probabilità che aveva già considerato.

L’hotel Erimal era strutturato in modo tale “da garantire la massima privacy e sicurezza ai suoi ospiti” c’era scritto nella brochure, ma la verità era che era un posto estremamente imponente, dove Almawairy aveva un numero impressionante di addetti alla security. Ad ogni piano c’era uno scanner per entrare e bisognava mostrare i documenti agli addetti della sicurezza.

Juan decise di puntare sulla discrezione, perciò la sua strategia iniziale era di non sparare, sebbene le sue pistole fossero un naturale prolungamento del suo braccio. Non voleva fare troppo rumore e poi non aveva molte pallottole e voleva tenersele come strategia d’uscita, così affrontò i primi nemici a mani nude, uccidendoli in pochissimi minuti e schivando tutti i loro colpi. Era una perfetta macchina da guerra, crudele e instancabile,e malgrado gli anni passati era ancora un assassino notevole, tanto da far paura sia a Pablo che agli altri uomini più giovani del clan, che non lo avevano mai visto in azione.

“Non hai perso la mano, a quanto pare…” gli disse Carlos, ma Juan non disse una parola, perché non  poteva dirgli la verità. Vedete, lui sapeva benissimo che prima o poi gli sarebbe toccato fare una guerra, ma temeva che sarebbe stata contro suo fratello o uno dei suoi amici, per questo non aveva mai smesso di allenarsi. Piegò le resistenze nemiche con pochissimo sforzo, ma quando furono circondati, capì di dover ricorrere alle maniere forti e tirò fuori la vecchia arma che gli avevano insegnato ad usare in Bolivia. Carlos rise soltanto nel vedergli tirare fuori due enormi armi da taglio, che Juan maneggiava da sempre con molta destrezza.

“Il machete è più efficace della pistola, nei combattimenti a breve distanza devo ammetterlo” commentò Luis, ma Juan non disse una parola, perché ormai il sangue dei suoi nemici aveva macchiato quasi tutto il suo corpo.

Raggiunsero il quarto piano abbastanza rapidamente, perché nessuno si aspettava un’aggressione nottura, ma presto a Carlos fu comunicato che il grosso dei suoi uomini era rimasto fuori a combattere e che erano in pochissimi quelli riusciti ad entrare.

“Digli di usare le granate…” ringhiò Juan rigidissimo “…tanto non ci serve più l’effetto sorpresa. Si faranno strada così e ci apriranno un varco per uscire…”
Juan aveva studiato a memoria quella cartina e cominciò a contare mentalmente quale fosse la porta di Mina, ma lo capì immediatamente, perché c’era un vero e proprio esercito schierato in un punto,e Carlos disse solo “dannazione ai miei fantastici equipaggiamenti anti sommossa, sono perfetti…” ma Juan aveva deciso di sfondare completamente la resistenza, quindi con un sorriso malvagio fece una cosa folle, sperando che lei non fosse accanto alla porta.

Lanciò una bomba e dopo qualche secondo approfittò del caos per uccidere praticamente tutti i superstiti e sfondare la porta.
Mina era morta di paura sentendo l’esplosione e si era rannicchiata in un angolo, ma quando lui entrò da quella porta, per la prima volta in tanto tempo sorrise. Per un attimo nessuno dei due riuscì a dire una parola, completamente sopraffatti dal dolore che gli provocava quell’incontro, ma poi Juan tirò fuori due pistole, ci mise il silenziatore e disse “ti avevo insegnato a tirare, no? Non eri un cecchino, ma avevi imparato ad usare una pistola…”

Era vero, glielo aveva insegnato a Chino, ma Mina non aveva mai sparato ad un uomo e Juan era spaventoso e completamente ricoperto di schizzi di sangue,e lei non riuscì a dire una sola parola, annuì e basta.

“Mi dispiace, dovrai sparare anche tu. Siamo davvero troppo pochi e non so se ne usciremo, ma se dovesse andare male, tu abbandonaci e corri fuori, a due isolati ci sono dei furgoncini neri, e ti porteranno in salvo, hai capito?” le disse, fissandola negli occhi molto profondamente e Mina annuì soltanto.

“Andiamo…” le disse, un secondo prima di prenderla per mano e scaraventarla all’inferno, e Mina per qualche minuto rimase paralizzata, ma lo seguì e basta. C’erano un sacco di persone per terra sanguinanti e una nebbiolina le impediva di vedere o respirare bene e Mina pensò che fosse una cosa davvero terribile, ma Juan sembrava  completamente a suo agio in quell’atmosfera di guerriglia.

Gli uomini la circondarono completamente e lei riuscì a sparare qualche colpo da dietro, ma era terrorizzata all’idea di poter uccidere qualcuno, anche se tutti quegli uomini volevano soltanto far del male a lei e a sua figlia. E poi Jane iniziò a piangere, spaventata dal rumore delle pistole e Mina per calmarla le sussurrò piano
“no, no, no llores mi amor” facendo letteralmente tremare Juan.

Quella era la frase che le diceva lui per calmarla quando Mina piangeva, e gli fece un effetto assurdo sentirla dire da lei, con quella voce dolce e felpata che aveva voluto sentire per mesi. Avvenne tutto in un attimo, il folle si distrasse e si girò per fissarla per un attimo con sguardo perso e dolcissimo e Mina gli sorrise soltanto, mentre stringeva quella piccolina al cuore, ma poi Carlos gli tirò uno schiaffò dietro la testa e gli ringhiò in spagnolo “non è il momento idiota” e lui si riprese.
Superato il quarto piano, però, rimasero completamente bloccati in un’imboscata e tutti, tranne Juan, pensarono solo che quella fosse la fine, perché li strinsero in un angolo e non poterono fare a meno di essere catturati. Juan aveva previsto anche quell’eventualità, in realtà, ed era pronto ad essere catturato, ma quello che successe dopo andò molto oltre le loro idee. Provarono comunque a combattere, ma furono presto disarmati e scortati in un lunghissimo corridoio.

“Dà la colpa a me ragazzina, hai capito? Dì che ti ho rapito, che ti ho portato via contro la tua volontà, che non ne sapevi nulla, così non ti toccheranno…”

Le disse all’orecchio e Mina sorrise e basta, ma capì che la sua era una strategia intelligente ma valeva solo per lei, così pianissimo rispose “…toccheranno Jane, Juanito…” con il cuore a pezzi e lui rispose “…ci provassero…” facendola sorridere.

In pochi minuti furono condotti in una stanza grigia e angusta, piena di uomini armati e Mina morì di paura. Juan pensò che era la stanza degli interrogatori, ma in realtà quello era il luogo dove avvenivano le esecuzioni.

“Reshen, il generale di Samir…” ringhiò Mina con un filo di voce entrati nella stanza, e quell’uomo si avvicinò a lei con fare molto deciso, e le diede uno schiaffo tanto forte da gettarla per terra. Mina non si difese, ma strinse forte Jane, per evitare che subisse un colpo nell’impatto con il suolo e Juan fece per avvicinarsi a lei, ma fu immediatamente circondato da dieci uomini con la pistola pronta a sparare e costretto a sedersi.

“Credi non sappiamo chi sei, alma negra? Pensi che non le conosciamo le storie? E poi li abbiamo visti i video della security e siamo preparati per affrontarti…”

Ringhiò Reshen, mentre i suoi uomini legavano ad una sedia e immobilizzavano Juan, Luis, Pablo e Carlos.

“Fate un movimento, uno solo, e siete morti…” gli disse, mostrando i cecchini che li tenevano sotto tiro.

“Tu invece resterai a vedere morire tutti loro, e poi forse, tornerai di sopra ad aspettare il tuo signore e padrone…” ringhiò a Mina, che era stata immobilizzata da due uomini, che le tolsero il marsupio con Jane, malgrado lei si opponesse con tutte le sue forze.

“Lei non c’entra niente, sono stato io a rapirla…” ringhiò Juan in modo durissimo, ma nessuno sembrò interessato a quelle parole.
Reshen prese Jane e la appoggiò senza nessun riguardo su una scrivania al centro della stanza, dove lui aveva appoggiato la pistola.

“…che poi se volevi tua figlia, bastava chiedere: te l’avremmo fatta arrivare fino a casa, perché stavamo proprio cercando un modo per liberarcene e invece no, dovevi fare la cazzata e ora vedrai morire lei e violentare la madre.”
Mina provò a liberarsi in mille modi, urlò di lasciarli stare, di prendersela solo con lei, e Reshen senza prestarci troppa attenzione si avvicinò e le diede una serie di pugni nell’addome tanto forti da farla smettere di respirare.
“…così finalmente chiudi quella bocca”.
 Concluse Reshen vittorioso, e Juan gli ringhiò di nuovo di non toccarla, perché era innocente, ma capì che le sue parole non sarebbero servite a molto, perché Mina non riusciva a smettere di scalciare e agitarsi. Stava facendo esattamente come aveva fatto con lui: combatteva con le unghie e con i denti, ma loro pensarono che fosse troppo debole per rappresentare una minaccia e decisero di non legarla.
Ben presto anche Juan fu costretto al silenzio, perchè gli infilarono del nastro isolante sulla bocca e così rimase ad osservare tutto, incapace di muoversi o parlare perché totalmente bloccato, ma si disse che aveva bisogno di una strategia: aveva un pugnale attaccato al polpaccio e poteva anche prenderlo perché non gli avevano immobilizzato le gambe, ma le guardie lo tenevano d’occhio e reagivano ad ogni movimento e gli serviva un diversivo. Fortunatamente erano concentrate principalmente su di lui, quindi non notarono i movimenti di Carlos, che era stato legato in modo meno saldo e che stava attuando la sua strategia .
“Bene, ora liberiamoci della bastarda…” ringhiò Reshen ridacchiando e Mina fece una follia: prese a morsi gli uomini che la trattenevano e corse verso il tavolo dove c’era Jane, ma quel sadico di Reshen l’afferrò con forza e la gettò con molta forza contro la scrivania su cui era Jane e poi, sbattendole la testa con violenza sul tavolo le disse che doveva restare in quella posizione, perché così sarebbe servita ai suoi uomini. Mina però rimase immobile e presto il suo sangue iniziò a colare sulla scrivania, facendo dire a Reshen che forse aveva esagerato con quel colpo.

“…magari ho ucciso prima la cagna, chissà. Tanto dirò che sei stato tu, sappilo”

Sussurrò a Juan con fare molto divertito, ma lui aveva lo sguardo fisso su Mina ormai accasciata su quel tavolo e aveva le lacrime agli occhi. Non era stato un colpo tanto forte, lui aveva ucciso più di una volta persone in quel modo, ma lei era così piccola e sembrava completamente priva di sensi, magari poteva avere una lesione alla testa.

Rimase a fissarla terrorizzato, finché non si accorse di due cose che lo risollevarono: avevano tutti voltato le spalle a Mina, che iniziò piano a muovere un braccio facendogli esalare un fortissimo sospiro di sollievo. E poi Juan sentì che qualcuno stava lavorando alle corde che gli bloccavano le mani. Dovevano stare incredibilmente attenti, perché erano troppi gli uomini pronti a sparare, dato che anche quelli che trattenevano Mina prima avevano deciso di unirsi ai loro carcerieri e se avessero fatto fuoco, qualcuno avrebbe davvero rischiato di ucciderlo. In pochi minuti si accorse di essere libero e si disse che doveva trovare una strategia d’uscita, ma capì che gliel’avrebbe fornita Mina, che senza essere vista aveva appena afferrato la pistola che Reshen teneva sul tavolo dov’erano sia lei che Jane.
Il generale continuava a parlare e nessuno lo stava ascoltando, ma quando avvicinò la mano per afferrare Jane, fu letteralmente freddato da un colpo alla testa sparato da Mina con la pistola che lo stupido aveva lasciato incustodita, e in un istante successe qualsiasi cosa.
I quattro uomini, ormai liberi, sconfissero rapidamente i loro carcerieri e Juan potè finalmente andare a controllare Mina, che sanguinava alla testa, ma stringeva al petto Jane come niente fosse.
“Ragazzina mia…”

Sussurrò Juan con un mix di soddisfazione e sollievo, stringendola come non aveva mai stretto niente in vita sua, perché aveva davvero avuto paura per lei, ma Mina si liberò scocciata da quell’abbraccio e gli disse solo “dobbiamo andare…” con una voce fredda e distaccata, che lo gelò completamente. Non aveva praticamente detto una parola da quando si erano rivisti, ma aveva accettato che lui la prendesse per mano, e lo aveva chiamato “Juanito”, invece ora aveva reagito con una tale furia da sorprenderlo.

“Devo guardarti la testa…” le disse molto duro e Mina glielo permise, malgrado le facesse malissimo quella ferita.

“Non è così brutta come sembra, ma dobbiamo tenerti d’occhio. Devi dirmelo se inizi a sentirti strana, ok?”
Concluse, un po’ più calmo ora che sapeva che aveva solo un lungo taglio e Mina annuì sbrigativa, ma poi Juan sussurrò pianissimo“E lei come sta?” facendola sorridere.

Cercava di non sembrare troppo apprensivo, ma Mina lo trovò molto dolce e tolse Jane dal marsupio per mostrargliela per la prima volta. Non era così che aveva sognato di farlo, in fuga, camminando tra i cadaveri dei suoi carcerieri, ma non poteva esimersi, così liberò quella piccola ribelle e la mostrò a quel suo tenerissimo padre.
Il cuore di Juan letteralmente tremò: era la bambina più bella che avesse mai visto, con enormi occhi azzurri, ma aveva il taglio degli occhi, il naso e anche gli zigomi marcatamente simili ai suoi e per un attimo Juan si disse che era un miracolo. Mina gliela porse per fargliela prendere in braccio, ma lui non volle e avvicinò soltanto il viso a quella piccola, che in un secondo gli allungò un calcio tanto forte da fargli uscire il sangue dal naso.

“…è il primo colpo che ricevo in tutto questo…”
Ringhiò lui tra il seccato e il divertito, mentre Mina, Carlos e Luis ridevano senza ritegno.
“...direi che sta bene…”
Concluse,allontanandosi insieme a Carlos, che voleva a tutti i costi reclutare lei e la figlia manesca nel suo esercito.
 Scapparono letteralmente dal terzo piano, e al secondo incontrarono moltissimi altri uomini di Samir e Reshen, ma combatterono tutti e cinque al massimo delle loro forze, e Mina provò a sparare al meglio delle sue abilità. Juan continuava a proteggerle, ma aveva perso parte della sua ferocia, e questo non era positivo e Carlos lo accusò apertamente di essere un rammollito.
Giunti al primo piano, per un attimo pensarono di essere ancora in trappola, perché c’era fumo dappertutto e un sacco di uomini si avvicinarono in lontananza, ma quando loro puntarono le armi, Carlos gliele abbassò dicendo una frase in spagnolo ai tizi, che risposero nella stessa lingua. Avevano finalmente i rinforzi, e riuscirono con poco sforzo ad uscire, anche se all’esterno cominciarono a sparargli contro dai palazzi circostanti e gli autisti furono costretti ad avvicinarsi all’hotel.
Carlos salì in auto da solo con Juan e Mina e si disse che sarebbe stato un viaggio incredibilmente imbarazzante, ma non immaginava quanto.

Nota:
Eccoci qua, vicinissimi al finale. Vi è piaciuta questa parte un po' "action" o l'avete trovata troppo cruenta? Soprattutto: che succederà a questi due? Fatemi sapere, come sempre aspetto le vostre opinioni

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Capitolo 52
*** Capitolo 52: l'eredità degli Jimenez ***


Capitolo 52: l’eredità degli Jimenez
Saliti in auto, Juan posò le armi, fece un respiro profondo, per cercare di calmare il suo cuore che andava a mille, e finalmente si concesse di fare l’unica cosa che desiderava davvero sin da principio: afferrò Mina forte per un braccio e la tirò contro il suo corpo, per avvolgerla in un dolcissimo abbraccio. Il cuore di lei impazzì per quell’inaspettato momento d’intimità, così bello, ma anche così doloroso e per qualche istante rimase così, avvolta insieme a sua figlia tra le braccia dell’unico uomo che avesse mai amato, e le vennero persino le lacrime. Juan le strinse con tutto il fiato che aveva, cercando di non far male a Jane che era nel marsupio tra loro due, e per qualche minuto sembrò quasi che non servissero parole, che tutto fosse perfetto e che fossero finalmente la famiglia felice che lei aveva sempre desiderato, ma poi Mina accorse di quanto le facesse male crogiolarsi in quell’illusione, così ancora una volta si divincolò. Lo amava troppo e non riusciva a stargli così vicino, a stringerlo sapendo che non era più suo, perchè si sentiva letteralmente morire.
Juan, però, ignorò quel rifiuto. Era troppo felice di rivederla e fu letteralmente travolto da una valanga di emozioni che aveva dovuto reprimere all’Erimal, così le afferrò il viso con le mani e per un secondo rimase soltanto a fissarla sconvolto, poi poggiando la fronte contro la sua le fece una confessione dolcissima.
“Ho creduto che fossi morta ragazzina. Morta, cazzo. Ti ho cercata ovunque, ma non riuscivo a trovarti e per mesi ho sofferto le pene dell’inferno, temendo ti fosse successo qualcosa e invece ti trovo in questo posto dimenticato, con una cosina piccolissima stretta al seno, ed è fantastico…”
Aveva pronunciato quelle parole pianissimo, nella speranza che suo fratello e l’autista non sentissero, ma loro sentirono perfettamente e Carlos pensò solo “Dio, patetico”.
 Quelle parole, e il tono con cui le aveva pronunciate, tradirono il dolore e la gioia che stava provando, ma Mina non volle cedere e neanche si accorse che l’uomo nero aveva le lacrime agli occhi, così un po’ disgustata spostò il viso per non allontanarlo e gelidamente rispose “sì, grazie per averci liberate, sei stato davvero fantastico…” senza neanche guardarlo, facendo pensare a Carlos “che grandissima stronza!”
Juan capì che non voleva essere toccata, e decise di rispettarlo, ma continuò a fissarla in silenzio e con un sorriso, incredulo, come se fosse la cosa più bella del mondo. Lei odiò sentirsi quegli occhi addosso, e dovette voltarsi dall’altro lato per non fargli vedere che aveva le lacrime agli occhi. Era troppo doloroso quel contatto, lui sembrava troppo affettuoso e Mina aveva il terrore di caderci di nuovo, per poi essere scacciata come aveva fatto alla galleria d’arte. Eppure Juan non indossava una fede e Mina rimase qualche minuto a chiedersi come mai. Possibile che non avesse sposato quella stronza? E come aveva fatto con il bambino e con sua madre?
Mentre Mina si ossessionava con tutte quelle domande, Jane iniziò a lamentarsi e sua madre pensò solo “non adesso!” perché l’ultima cosa che voleva fare era spogliarsi davanti a quei tre tizi. Sbuffò forte, allora, e provò a calmarla distraendola, ma Jane aveva proprio fame e non era intenzionata ad aspettare oltre.
“Che succede?”
Chiese dolcemente Juan cercando di non sembrare troppo allarmato, ma non aveva la minima idea di come funzionassero i bambini e non credeva che una creaturina così piccola potesse urlare tanto solo per fame, ma provò ad accarezzarla per calmarla e Mina gli scostò la mano. Fu un gesto terribilmente meschino da parte sua, e Juan sbuffò tanto forte che chiunque capì cosa stesse pensando, ma lei non voleva tenerlo lontano da sua figlia. Così sussurrò solo “per favore, prendi le salviette nel marsupio e pulisciti le mani se vuoi toccarla…” e lui si disse che era stato davverp un idiota a non pensarci, perché aveva le mani piene di sangue.
Jane, però, non aveva nessuna intenzione di darsi una calmata e la madre capì che non poteva proprio evitare di allattarla, così morì d’imbarazzo. Anche lei era ricoperta da schizzi di sangue e non era proprio igienico, ma o quello o ore e ore di Jane urlante e Carlos aveva già iniziato a lamentarsi perché quella ragazzina aveva urlato per tutto il tempo. Così, controvoglia Mina chiese aiuto a Juan, che muto e dolcissimo annuì soltanto e le tenne il marsupio con Jane con braccia tese, come se fosse un sacco di patate.
“Non ti fa niente se l’avvicini…” sussurrò Mina senza guardarlo,pulendosi il seno con le salviette che usava per cambiare Jane, mentre tutti gli uomini in auto morivano letteralmente d’imbarazzo.
“…lo hai detto anche tu, sono pieno di sangue…” le disse, con una voce dolcissima e Mina annuì e basta, riprendendosi Jane per farla finalmente stare buona. Ci fu un attimo di silenzio estremamente imbarazzato, in cui Juan si godeva quella scena così dolce e Mina fissava fuori dal finestrino perché non voleva urlargli di smettere di guardarla così apertamente, ma Jane non aveva intenzione di stare buona e neanche il seno della madre riuscì a calmarla. Vedete, Mina voleva dare a Juan la possibilità di guardarla, di osservarla, così avrebbe capito che era figlia sua, perciò l’aveva appoggiata al seno destro, ma Jane aveva una preferenza per il sinistro e iniziò a protestare.
“Non aveva fame?” chiese Juan in un sussurro, avvicinandosi tanto a Mina da farle sentire il suo respiro sulla pelle, e appoggiando una mano sulla pancia di quella piccola.
 “Oh sì, ma è prepotente e pretende che le cose siano fatte a modo suo, quindi se non le do il seno che preferisce si lamenta.”
“Esattamente come sua madre…” sussurrò Juan pianissimo, fissando Mina negli occhi con uno sguardo tanto languido da farla tremare, ma lei ricambiando il suo sguardo rispose “…pensa, io dico sempre che è identica al padre, invece…”
Ci fu un attimo di magia tra loro, terribilmente intenso. Mina pensò solo che desiderava più di ogni altra cosa che lui la baciasse, e Juan aveva il cuore letteralmente in gola all’idea di poter avere non solo la sua ragazzina, ma anche la bambina che tanto aveva desiderato. Era arrabbiata e fredda, era evidente, ma non gli era indifferente e lui si disse che forse avrebbe potuto vincere di nuovo un pezzo di quel suo bellissimo cuore. E poi, proprio quando Jane si era calmata e Mina gli stava sorridendo, qualcuno decise di intromettersi, rovinando tutto.
“Sì, ma quindi di chi è questo problema?”
Borbottò Carlos ridacchiando, convinto di aver detto una cosa divertente e l’autista rise, ma sia Juan che Mina lo fulminarono con lo sguardo. Juan pensò che non doveva in alcun modo dirglielo in quel modo, che non ne aveva nessun diritto, e tirò un calcio fortissimo al suo sedile.
“Di nessuno. Jane non è un problema, è la cosa migliore della mia vita. E’ figlia mia e basta…”
Ruggì Mina furiosa e Juan pianissimo le accarezzò la guancia, ma questa volta Mina si tenne quella carezza senza parlare.
“Basta giochini signorina: chi è il padre?”
 Chiese Carlos molto serio e lei scosse solo la testa, ma Juan rispose serio “sono io, è evidente” facendole venire i brividi.
Nessuno disse una parola, allora, ma gli occhi di Mina si riempirono di lacrime perché finalmente quello stupido aveva capito che quella piccola era anche sua.
“E’ così, no?”
Aggiunse Juan, con un minimo di esitazione, perché si aspettava una conferma da parte sua, e Mina annuì e basta, e poi fece una cosa strana: allontanò Jane dal suo seno e decise di mostrarla a Carlos, così l’avvicinò a lui con decisione e ringhiò “Guardala in faccia Calavera e dimmi se non ti ricorda nessuno…”
Carlos si risentì terribilmente per i modi irrispettosi di quella cretina, ma fissando la bambina notò effettivamente delle cose in comune con i suoi figli, così sorrise e Mina più serena aggiunse  “…ha i vostri zigomi, i capelli neri, gli occhi e persino questo vostro orribile naso Jimenez. Mi toccherà farle fare una rinoplastica a quindici anni…”
 “Orribile naso, eh?” sussurrò Juan piano, un po’ ferito dalle parole di Mina, ma lei rise e basta guardando Jane, fino a quando lui sospirando non le disse “finalmente hai smesso di vedermi migliore di quello che sono…” facendole venire i brividi.
Non rispose a quel commento, perché non capiva che diavolo avesse quell’uomo, che faceva l’innamorato non corrisposto, ma non gli avrebbe permesso di avvicinarsi tanto facilmente questa volta. Rimasero per un attimo in silenzio e Juan pensò che forse non lo amasse più, che probabilmente era anche giusto, ma era davvero doloroso. Aveva bisogno di capire come fosse possibile che Jane fosse figlia sua, però, così sputò fuori una domanda molto difficile.
“…Solo non capisco come possa avere quattro mesi Mì se l’abbiamo fatta quando…dovremmo averla fatta, ecco” le disse preoccupato e spaventato, ma lei s’infuriò per quella domanda e non lo guardò neanche.
“Non ha quattro mesi, ha 3 mesi e mezzo, ha compiuto quattordici settimane tre giorni fa per l’esattezza. E ti garantisco che è stata concepita proprio quando pensi tu…”
Rispose durissima, ma Juan sussurrò appena “…ma non quadrano i conti…” e lei offesissima rispose che poteva fare anche il test del DNA per lei, perché non le importava molto e poi concluse dicendo “Io Jane l’ho voluta, ho deciso consapevolmente di averla e per me non potrebbe mai essere uno sbaglio o un problema, come dite voi. Per te è diverso, probabilmente, e va bene così, ma sbagli a pensare che io voglia qualcosa da te. Non ti chiedo di fare il padre, o di cambiare la tua vita, non voglio neanche il tuo cognome, insomma assolutamente niente.”
“Io muoio dalla voglia di fare il padre, idiota” ringhiò Juan ferito e Mina non riuscì a trattenere un sorriso, perché comunque aveva sempre sperato che fosse così.
“Volevo anche io questa bambina, e lo sai. Solo che in nessun universo una bambina di quattro mesi può essere stata concepita dodici mesi fa, e io voglio solo essere sicuro che tu non l’abbia fatta con un altro…”
Non voleva dirlo, non davanti a Carlos e all’autista, ma la verità gli era semplicemente scivolata fuori, e si era pentito immediatamente di quelle parole, che fecero letteralmente infuriare Mina.  
“Come osi accusarmi di averti tradito, brutto bastardo?”
Ruggì, gelando letteralmente tutti gli uomini presenti. Per un attimo finirono di nuovo in silenzio, poi lei aggiunse “…ma poi non lo sai come funziona? Il ginecologo non ti ha spiegato come funziona il conteggio dei mesi in gravidanza, quando sei andato con la tua cara Aileen?”
“E chi cazzo è Aileen, adesso?” ringhiò Carlos, che per qualche motivo aveva deciso di parlarne con l’autista che ne sapeva meno di lui.
“E’ la donna per cui mi ha lasciata, incinta e con uno stupido e inutile anello al dito, e sogni ancora più stupidi e inutili nella testa…” ringhiò Mina e Carlos, che non conosceva esattamente cosa Juan le avesse detto per allontanarla, capì e sospirò forte.
“Mì guardami…” le disse serissimo perché gli aveva fatto troppo male sentirle dire quelle parole, ma lei non aveva nessuna voglia di farlo e ignorò totalmente la sua richiesta, finchè non lo ripetè, con un evidente tono di disperazione nella voce.
Fissò per un attimo il suo viso, allora e si accorse che Juan era completamente a pezzi.
“Te la racconto dopo questa storia, quando siamo da soli. Però credimi se ti giuro che non ho mai e poi mai guardato un’altra donna da quando mi sono innamorato di te.”
Mina scosse solo la testa, ma non volle credere a quelle parole e Juan rimase in silenzio a guardarla, mentre si ricomponeva e sorrideva a Jane che si era addormentata.
“…sono 40 settimane a partire dall’ultimo ciclo, non dal concepimento. Quindi è normale che ci sia qualche settimana in più nel conto…” bisbigliò Mina piano, accarezzando Jane addormentata e lui le mise una mano sulla spalla e sussurrò “scusa Mì. Scusa di nuovo…” ma lei non rispose e neanche incrociò il suo sguardo languidissimo.
E poi, proprio mentre Mina stava per urlargli “ma che diavolo è successo, si può sapere?” Juan si ricordò di una cosa e con un sorriso le disse “ pulisciti bene dal sangue e poi chiamiamo Johanna che è a Chino e impazzirà per voi due”.
Mina sorrise in modo bellissimo, allora perché moriva dalla voglia di rivedere sua madre e ripulendosi gli chiese “perché mia madre è a casa tua?” ma non era più antipatica, ma solo curiosa e Carlos pensò “finalmente…”.
“Eravamo insieme il giorno del tuo compleanno. Abbiamo entrambi pensato di…volerlo passare con qualcuno che ti amava…” le disse con sguardo immensamente languido e Mina scosse solo la testa e con un sorriso molto incerto, diede Jane addormentata a suo zio e iniziò a pulire il viso e il collo di Juan che erano completamente zuppi di sangue con le salviettine umidificate.
 “Sei ferito?”
 Sussurrò pianissimo, senza accorgersi di essersi avvicinata tanto per pulirlo da poterlo baciare quasi, ma Juan scosse solo la testa e si portò la sua mano alle labbra per baciarla e lei fu scossa da un brivido fortissimo, ma sorrise e basta.
 “Non è mio questo sangue, ragazzina. Dovresti avere più fiducia nel padre di tua figlia.”
Le sussurrò all’orecchio con molta tenerezza, facendola sorridere in modo molto bello. Mina sembrava di nuovo la sua dolcissima donna e lo stava pulendo come una mamma con un cucciolo, perciò lui non potè evitare di farsi mille domande. Era cambiata di colpo quando aveva detto di non averla tradita, quindi forse era ancora arrabbiata per Aileen? Forse l’aveva respinto solo per quello? Era molto confuso e gli venne una voglia terribile di baciarla, ma quando lei ricominciò a sistemargli i capelli, fu costretto a chiudere gli occhi per non mostrarle la tempesta di sentimenti che lo stava investendo.
La mano di Mina tremava, perché si era resa conto che stava per farsi del male ancora con quella storia, ma non poteva resistere. Lei lo desiderava da impazzire e per quanto volesse frenarsi, per quanto volesse stare attenta a non cedere ancora alle sue lusinghe, quell’uomo aveva sfidato l’inferno per lei e ora la stava guardando come se fosse la cosa più bella del mondo, quindi non riusciva proprio a tenerlo a distanza. Gli pulì il viso, come faceva con Jane e per qualche istante indugiò sulle sue bellissime labbra sexy e carnose, perché le era venuta voglia di morderle, ma si trattenne. Con mano sapiente sfiorò i suoi capelli e glieli sciolse, solo perché voleva sistemare la strana coda in cui li aveva raccolti, ma rimase sconvolta per quanto fossero corti.
“…sappi che è colpa di tua madre…”
Le disse, leggendo la sorpresa nei suoi occhi, e poi aggiunse “erano molto più lunghi dei tuoi quando lei è arrivata per il tuo compleanno, ma poi sembravo sciatto con la barba e i capelli lunghi, così mi ha costretto ad andare da un barbiere folle…”
Mina sorrise allora, ricordandosi di quanto le fosse mancato anche il solletico che le facevano i suoi capelli a letto, ma poi senza volerlo perse l’equilibrio a causa di una curva e finì sul suo petto, facendo letteralmente morire dal desiderio lui, che immediatamente l’afferrò. Si strinsero forte, allora e Juan pensò solo “finalmente!” ma non disse una parola. Dopo qualche minuto, però,le prese la testa come faceva sempre per baciarla e rimase un attimo a fissare quegli occhi blu luccicanti che lo fissavano in modo bellissimo, ma poi ancora una volta Carlos fece notare la sua presenza, commentando che nessuno aveva mai chiesto al capo del più feroce cartello di Chino di fare da tata e Mina imbarazzata recuperò Jane sorridendo.
Usarono un sacco di salviettine, ma finalmente si ripulirono abbastanza da non far paura a Johanna, ma Juan decise di farle prima una chiamata normale, così fece partire il vivavoce e le disse di non dire una parola.
 “…allora? L’hai trovata? Dov’è? Come sta la bambina? E’ tua? E’ del tizio? No, è tua, vero? Sei vivo? Mi dici qualcosa?”
Disse Johanna tutto d’un fiato e Mina sussurrò “ciao mamma…” con un tono tanto dolce da farla sciogliere.
“tu ragazzina, sei una pazza. Ma come diavolo ti è venuto in mente di fare una cosa del genere? Non sei in che guaio ti sei cacciata…”
Urlò, palesemente commossa, e Juan sussurrò “Te lo faccio vedere il guaio in cui ci siamo cacciati, se accendi la webcam e abbassi la voce perché dorme…” facendo impazzire Johanna.
“E’ sua però, no? Insomma gli assomiglia parecchio…” sussurrò appena, perché temeva di dire la cosa sbagliata, ma Mina annuì soltanto e rispose “hai presente il test che dovevamo fare? Ecco qua!”
“…hai una figlia ragazzone. Hai visto? Fare il Don Chisciotte innamorato alla fine ti ha portato bene!”
Gli disse Johanna commossa e lui annuì soltanto, ma con un bellissimo sorriso e lei si rivolse a Mina, allora.
“…sarai tanto felice di tornare a casa. Non ha minimamente toccato le tue cose, ci sono persino le tue pantofole in bagno” ma Mina non capì. Non comprendeva quella loro strana amicizia e Johanna si accorse che era perplessa e chiese a Juan se avesse detto a Mina la verità, lasciandola ancora più perplessa.
“No, sto aspettando il momento giusto Jo, non c’è stato tempo…”  rispose lui, accarezzando piano la sua bambina addormentata e Johanna ringhiò “ma non starà capendo niente quella povera ragazzina, allora!”
“Già…” rispose Mina laconica, impressionata da quel loro rapporto e da quel “Jo” di Juan, ma sua madre dolcemente aggiunse “…quanto ti racconterà la storia, però, tu giurami che non gli spacchi la faccia, eh? Perché è un idiota, è vero, ma non hai idea di quello che si è inventato per trovarti. Non ha smesso un secondo solo di cercarti in questi mesi piccola…”
Mina scosse solo la testa molto risentita, perché non le piaceva che lui godesse di tutto quel supporto da parte di sua madre, e Johanna capì che doveva lasciarli in pace così li salutò e basta.  
Arrivarono in aeroporto dopo pochi minuti e salirono sull’enorme jet privato di Carlos e Mina pensò che sembrasse quasi l’Air Force One, perché era davvero imponente, decisamente il più grande che avesse mai visto. Finalmente avrebbero potuto avere un minimo di privacy, e sciogliere qualche nodo, se Juan non le avesse comunicato che andava a fare una doccia.
“…così posso finalmente abbracciarvi entrambe…” sussurrò, con sguardo immensamente languido, accarezzandole le labbra e il viso e Mina fissando Jane disse solo “Oh Cazzo!” e poi si pentì di averlo detto a una bambina di quattro mesi nemmeno.

Nota:
Eccoci qui a 2 capitoli dalla fine. Vi piace Juan come padre? E Mina come madre? Fatemi sapere

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Capitolo 53
*** Capitolo 53: Juan e Mina ***


Capitolo 53: Juan e Mina
Perché aveva continuato a cercarla? Perché era con sua madre? Perché diceva di non aver avuto altre donne? Mina stava impazzendo dietro a quelle domande, quando Carlos la raggiunse e sedendosi accanto a lei le chiese cosa volesse fare con il suo futuro.
“…non lo so, penso che una volta ottenuti i documenti miei e di Jane andrò a Londra da mia madre. Magari mi trasferirò lì per un periodo…”
“E come facciamo con mio fratello, eh? Pensi davvero che riesca a restarsene a New York con te e quella meraviglia dall’altra parte del mondo?”
 Le chiese molto deciso, prendendo la manina di Jane con un sorriso, e Mina si strinse solo nelle spalle e sussurrò “…beh se lui volesse me e Jane, sarebbe diverso, è chiaro…”
“Mina, cazzo, quell’uomo ha appena fatto una missione kamikaze per salvarvi, cosa deve fare di più per dimostrare che vi vuole?”
Le ringhiò scocciatissimo, ma senza urlare, perché non voleva agitare quella piccola e lei scosse soltanto la testa.
“Cosa vuoi? Un anello? Una casa? Digli cosa vuoi per restare con lui, così lo farà e riuscirà finalmente a trovare pace. Oppure, se non c’è possibilità di tornare insieme, diglielo chiaro e tondo, così se ne farà una ragione e andrà avanti con la sua vita, ma non tenerlo intrappolato in questo maledetto limbo, perché lo stai uccidendo.”
“E’ lui che non vuole stare con me, Carlos. Io gli avevo dato ogni cosa…” rispose lei con due occhi feroci, ma cercando di restare completamente calma e lui rise e basta.
“Sei una donna davvero stupida Mina” commentò terribilmente divertito e lei si infuriò, ma scosse solo la testa.
“E’ stato messo alle strette, per questo ti ha lasciato.”
Continuò, lasciando Mina senza fiato, “… gliel’ho consigliato proprio io, se vuoi saperlo, ma se avesse saputo che aspettavi un figlio, probabilmente le cose sarebbero state molto diverse. Non ha avuto il coraggio di uccidere quel figlio di puttana di Ronson, ma lo ha fatto per te e anche per me, per non farmi finire nei casini…”
Mina sconvolta chiese solo “ma che stai dicendo?” e Carlos capì che doveva spiegarle tutta la storia, ma in quel momento riapparve Juan pulito, con una maglietta nuova e i capelli bagnati che gli gocciolavano sulle spalle e le disse “Mì, diamo una pulita anche a Jane?” lasciandola interdetta.
Abbandonò Carlos perplessa, allora, e provò a porgere Jane al padre, ma lui scosse la testa e le disse sconvolto “solo quando sarò seduto, ti prego. Non ho la minima idea di come si tenga un bambino…” facendola ridere. Mina lo seguì sempre più confusa, e lui la condusse in quella che lei scoprì essere una piccola camera da letto e rimase a bocca aperta.
“E’ la mia solita stanza, sul jet di Carlos. E lì c’è il bagno, se vogliamo pulirla…” le disse molto serio e quasi imbarazzato, perché voleva chiudersi in camera da letto con lei, ma non subito e Mina rise perplessa spiegando che non aveva mai visto un aereo così.
“…diciamo che paga abbastanza il lavoro di Carlos. E che bisogna viaggiare molto, quindi si è sistemato così…”
Spiegò, sempre più imbarazzato perché Mina si era seduta sul letto, ma lei gli sorrise soltanto, scrutando Jane in cerca di eventuali macchie o schizzi. Era quasi completamente pulita, perché il marsupio e il corpo della madre le avevano fatto da scudo, ma decisero comunque di farle un bagnetto approfittando dello spazioso lavandino del bagno. Fu un momento molto dolce e intimo, in cui Juan potè finalmente accarezzare Jane e si trovò per la prima volta nelle vesti di padre, facendo sorridere Mina come mai prima, perché era terribilmente impacciato ma anche tenero da morire e la guardava con moltissima dolcezza. Sembravano proprio una famiglia e lei non potè evitare di sorridere a quel pensiero, anche se finì per essere completamente bagnata, oltre che sporca di sangue.
“Avanti, adesso siediti…”
 Gli disse sicura, uscendo dal bagno con Jane pulita in braccio, e Juan obbedì in silenzio con il cuore in gola. Lo guardava con immensi occhi azzurri languidi da morire e lui si sentiva ardere sotto a quello sguardo, ed era letteralmente sottosopra per l’emozione. Gli spostò i capelli sulle spalle con decisione, e con moltissima dolcezza si avvicinò tanto da porgergli la bambina e fissandolo negli occhi aggiunse “Devi tenerla in questo modo, sostenere la testa, e stare attento ai suoi movimenti, per il resto è facile…”
Per un attimo Juan morì: la sua ragazzina era di nuovo addosso a lui, e stavolta gli stava consegnando il bene più prezioso che aveva, con uno sguardo tanto denso e pieno d'amore da farlo tremare. Il cuore gli si fermò nel sentire quella piccola addosso e si commosse profondamente, ma riuscì a trattenere le lacrime, sorridendo e basta.
Rimase per qualche minuto completamente in silenzio accarezzando le guance di quella piccolina che lo guardava con occhi bellissimi, esattamente come sua madre. Fu travolto da un migliaio di emozioni favolose che gli incendiavano il cuore, ma poi quella piccola iniziò a tormentargli il viso e lui si girò per dire a Mina “ha preso il mio destro” ma morì perché lei aveva le guance ricoperte di lacrime e si era evidentemente commossa.
L’afferrò con il braccio destro, allora, e la strinse forte al petto e baciandole la fronte sussurrò “no llores, mi amor” con una voce terribilmente profonda e Mina tremò letteralmente risentendo quella frase. Le tenne per un secondo entrambe tra le braccia e si sentì il bastardo più fortunato del mondo, ma non potè dire molto, perché scoprì di aver fatto un errore enorme. I suoi capelli erano giunti alla portata di quella piccola dittatrice, che emettendo piccoli versi di apprezzamento aveva cominciato a strapparglieli letteralmente e dovette intervenire Mina per risolvere la situazione.
“Ok, non le piaccio, abbiamo capito…”
Borbottò ridendo imbarazzato, mentre Mina toglieva dalle dita di Jane i capelli neri che gli aveva strappato e che ora voleva con decisione portarsi alla bocca.
“Ah se lo pensi solo perché ti ha tirato i capelli, aspetta di vedere quando ti prende a calci nella pancia o in faccia mentre stai dormendo e ti riempie di morsi e schiaffi…” rispose Mina ridacchiando, ma lui era estasiato.
Mina era così dolce, ma anche autoritaria, e sapeva sempre cosa fare. Era una madre favolosa e lui non riusciva a smettere di fissare lei e Jane, così prendendole la mano, sussurrò “non vedo l’ora…”facendole schizzare il cuore in gola. Per un attimo arrossì sotto quello sguardo e fu scossa da un tremito al tocco della sua mano.
“Siete davvero bellissimi…”
Sussurrò con un filo di fiato, e occhi sognanti, esattamente come lo diceva a lui prima. Aveva gli occhi letteralmente incollati a quelli di Juan e lui tremò nel sentirle dire quelle parole e per un attimo entrambi morirono dalla voglia di avere un bacio, ma nessuno dei due aveva il coraggio di avvicinarsi abbastanza da prenderlo.
“…ma abbiamo un naso orrendo…” rispose ridacchiando, mentre le accarezzava il viso, perchè farla ridere e per un attimo ci riuscì, ma poi con molta dolcezza Mìmi bisbigliò pianissimo
“…non sai quanto ho sognato questo momento: Jane con te, tu che la coccoli e la guardi col tuo solito sguardo severo e dolce, lei che ti prende a pugni con quelle mani appiccicose…”
 Juan non ce la fece più a quel punto e fece il primo passo: le afferrò la testa con il braccio e le diede un bacio molto intenso. Pensava che lei si sarebbe scansata, che lo avrebbe rifiutato ancora una volta, ed invece Mina ricambiò quel bacio con moltissima foga, facendolo impazzire.
“…non sai quanto vi ho volute e sognate io…”
Sussurrò, osservando lo sguardo di Mina, che era terribilmente a disagio per essersi abbandonata a quel bacio. Si era lasciata andare, prendere dal momento e dai sentimenti che provava per lui, ma non era convinta che fosse una buona idea e si vedeva chiaramente.
“Beh l’ultima volta che ti ho visto non sembrava proprio. Ad essere onesti sembrava solo che volessi disfarti di me il prima possibile. Posso sapere cosa è cambiato? E’ perché hai scoperto di essere padre?”
 Chiese, con un’espressione molto dolce, ma anche spaventata e Juan le disse solo “No, Mina. Io vi ho sempre volute e desiderate, e lo sai. Ho solo fatto una sciocchezza…”
“Con Aileen?” sussurrò lei tramortita dal dolore, ma Juan scuotendo la testa rispose piano “No, Mì. Non ti sono stato infedele. Myles mi ha minacciato e io da idiota ho pensato che se mi fossi allontanato, tu avresti avuto una vita felice…”
Le raccontò tutta la storia, ma senza guardarla, e Mina si infuriò terribilmente. Gli intimò di guardarla, allora e lui sospirando alzò lo sguardo, ma si beccò un ceffone pazzesco e Mina furiosa gli ringhiò “…Dovevi raccontarmi questa storia un anno fa, e io lo avrei messo in ginocchio in tre secondi. Invece hai rovinato tutta la mia vita perché non ti sei fidato di me…”
“Non è stata mancanza di fiducia, amore mio…” le sussurrò pianissimo, completamente mortificato, ma Mina era troppo ferita per aver voglia di ascoltarlo, così si alzò per uscire e Juan le chiese solo di non andarsene, con il cuore a pezzi.
“Tu non lo sai cosa ho provato, non hai idea di quanto possa essere doloroso essere incinta del figlio di un uomo che da un giorno all’altro ti tratta con il disprezzo che mi hai mostrato tu…”
Ringhiò di spalle, per non fargli vedere le sue lacrime, ma lui ovviamente capì che stava piangendo e le disse con molta dolcezza “non volevo allontanarmi Mina, te lo giuro. Ed è stato dolorosissimo per me sbatterti fuori dalla mia vita, è stata la cosa più difficile che abbia mai dovuto fare. Io volevo te, volevo avere nostro figlio, ma mi sono sentito impotente e incapace e non volevo che ti cadesse sulle spalle il peso di dover decidere se farmi finire in carcere o farmi uccidere Myles, perché di questo stiamo parlando”
“…e quindi hai preferito gettarmi sul cuore il peso di te che ti sposi con un’altra perché è incinta? In che universo sarebbe meglio?” ringhiò lei furiosa e poi aggiunse una cosa che gli fece terribilmente male.
“…io avrei combattuto per te, come ho sempre fatto, e se non fossi stata in grado di trovare una soluzione, ti avrei chiesto di essere il mio amante. Ti avrei difeso, protetto, nascosto e avrei dato la mia anima, pur di non rinunciare a te. Sarei persino rimasta al tuo fianco se avessi ripreso la tua carriera nel cartello. Tu, invece, ancora una volta hai deciso che il nostro amore non valesse abbastanza da …”
“Non ti permettere di finire la frase…” le urlò improvvisamente, con tono rigidissimo che spaventò Jane, e così finì sentendosi ancora più in colpa.
 Mina scosse la testa sconsolata, perché sapeva che quella relazione era solo uno sbaglio e si sentiva incredibilmente sconfitta, ma lui aggiunse “…Mina ti ho cercata dopo neanche mezz’ora dal momento in cui sei uscita dalla galleria. Volevo solo dirti che ti amavo e trovare una soluzione, anche a costo di dover tornare nel clan, e alla fine, come puoi vedere, ci sono tornato. Ti ho cercata ovunque, ho perso mesi negli obitori a vedere se tra i cadaveri non identificati ci fossi tu. Ti ho pianta per mesi, convinto che ti fosse successo qualcosa di brutto, e non immagini il dolore che ho provato. Ho girato gli ospedali, ho fatto qualsiasi cosa per trovarti, ho venduto l’anima al clan per te e ho scatenato una guerra per riprenderti, cazzo. Ora guardami negli occhi e dimmi come questo possa significare che il nostro amore non valga abbastanza, avanti…”
Mina sospirò fortissimo e lui pensò che se non era riuscito a convincerla neanche così, forse non aveva molte possibilità di riaverla, ma lei sussurrò piano “Hai inflitto una sofferenza spaventosa ad entrambi per una sciocchezza, sarai contento…”
Juan pensò che voleva terribilmente raggiungerla e baciarla, e provò a capire per un attimo cosa diavolo dovesse fare con Jane, e come dovesse tenerla in braccio alzandosi, ma poi Mina concluse “prestami dei vestiti dai, voglio togliermi questo schifo di dosso. Tra poco dovrò allattarla di nuovo e così proprio non posso…” e Juan le indicò la sua valigia.
Sospirò e basta, e con Jane sul petto si sdraiò sul letto confuso. Sua figlia continuò a mettergli quelle sue manine sporche dappertutto e Juan la fissò con tantissimo dispiacere, perché fino a quel giorno era sempre mancato nella sua vita e non sapeva neanche cullarla o cambiarle il pannolino.
“Imparerò, mi hija…” le disse pianissimo, prendendole quella piccola manina e lei emise i suoi soliti gridolini allegri in risposta e per un po’ giocarono insieme con i capelli del padre. E poi mentre pensava a suo padre, a come lui invece sembrava sapere sempre tutto, Jane iniziò ad agitarsi e lui non seppe assolutamente cosa fare. Provò a distrarla, poi a cullarla, ma non c’era verso di tenerla. Provò ad alzarsi, allora e tenendole la testa l’appoggiò sul suo petto. Voleva cullarla, calmarla, ma Jane aveva fame ed iniziò ad essere ingestibile. Così Mina uscì bagnata e in accappatoio e Juan sorpreso chiese “E come hai fatto a sentirla sotto la doccia?” ma lei ridendo rispose “Sono la madre…”
Non era più gelida, solo molto ferita, ma aveva ricominciato a sorridere e Juan era terribilmente felice di questo. Tornarono a letto e Mina chiese a Juan di scostare le tende per guardare fuori mentre allattava, e sorrise con gli occhi chiusi quando la luce la investì. Era molto stanca, ma bella in modo incredibile, sdraiata a letto con l’accappatoio aperto e i capelli bagnati
“Non ho mai visto niente di più bello...”gli sfuggì improvvisamente fissandole, e lei sorridendo scosse solo la testa e rimase per qualche minuto in silenzio, ma gli afferrò forte la mano. Proprio mentre Juan cercava le parole adatte, lei si decise a chiedergli quello che voleva sapere da molto, così bisbigliò “ E hai una relazione con qualcuno?”
“Io?” rispose ridendo, come se stesse dicendo una cosa incredibilmente stupida, e Mina annuì perplessa pensando “ci siamo solo noi, eh!”, ma lui fece una cosa molto strana: prese il cellulare e compose un numero.
 “state bene?” chiese Johanna preoccupata e Juan si scusò per il disturbo, ma le disse “tua figlia vuole sapere se io ho una relazione, mi sembrava il caso che glielo spiegassi tu…”
“Ma quanto puoi essere strano? Davvero pensi che glielo possa dire io? Che razza di film d’amore hai visto, si può sapere?” ringhiò Johanna, sempre più sconvolta dalle capacità comunicative di Juan e lui ridendo rispose “nessuno. Dai Jo, diglielo…” stupendo incredibilmente Mina.
“No, non esiste! Glielo devi dire tu, Don Chisciotte, avanti. Non mi sembra così difficile…” rispose Johanna ridendo, ma Mina ringhiò “cosa diavolo dovete dirmi? Non vi sarete messi insieme voi due?”
E mentre Johanna urlava “ma sei matta?” Juan aveva preso a fissarla malissimo e con le braccia conserte ringhiò “sei veramente stupida, eh!”
“…vuole che ti dica che l’ho tormentato in questi mesi per convincerlo a uscire con qualcuna, dato che pensavo che tu l’avessi lasciato, e lui sembrava uno di quei naufraghi dei film. Brutto e puzzolente e costantemente ossessionato dal fantasma del suo amore passato…”
Mina sorrise allora, e mordendosi il labbro gli prese la mano e lui disse a Johanna “me la sbrigo io da qui in poi, grazie. A dopo” lasciandola a sperare per quei due testoni.
 Mina si avvicinò piano e iniziò ad accarezzargli i capelli, il viso e poi le labbra e lui le fece fare tutto, perché il suo cuore ormai era tornato alla sua legittima proprietaria e non aveva mai provato una sensazione così.
“Allora davvero mi hai aspettata, mi amor? Non mi hai tradita?” sussurrò con un filo di voce, ad un millimetro dalla sua bocca e lui rispose piano “…ti aspetterei per tutta la vita ragazzina mia…” e fu così che le resistenze di Mina crollarono totalmente, e lei iniziò a baciarlo con trasporto.
 Juan per un attimo dimenticò Jane e si disse che stavano per fare l’amore, finalmente. Iniziò a morderle le labbra, a stringerla e infilò una mano sotto l’accappatoio per sentire il suo corpo. La voleva, la desiderava da impazzire e Mina voleva lui, si sentiva, ma poi emise un verso strano e si allontanò da lui spaventandolo.
“Mi fai male così, te l’ho già detto” ringhiò a Jane che invece se la rideva e rimase a guardarla con uno sguardo tanto dolce da lasciare Juan senza parole. Realizzò che sarebbe stato molto difficile avere del tempo da solo con lei, e probabilmente quasi impossibile fare l’amore, ma che si sentiva comunque l’uomo più fortunato del mondo.
“Che cos’è quello sguardo da pesce lesso, papà?” gli chiese, richiudendosi l’accappatoio e sistemando Jane tra loro e Juan ridacchiando rispose “Adesso ho anche lo sguardo da pesce lesso? Il naso orrendo…altro?”
Lei gli sorrise, e scuotendo la testa gli sussurrò “Il tuo naso a te sta bene, perché hai il viso grosso ed è bilanciato, ma su una bambina minuscola non è l’ideale, ammettilo. E poi tu sei l’uomo più bello del mondo per me, mi amor, lo sai.”
 Ma Juan ridacchiando rispose “non è vero, ma non importa. Non sono neanche andato in palestra in quest’anno, quindi non ho il corpo a cui sei abituata…”
“Tu? Tu vuoi essere insicuro? Io ho avuto una figlia Juanito, penso di aver messo almeno sei chili. Niente del mio corpo è com’era prima!” rispose lei ridendo, ma lui scuotendo la testa aggiunse “…no, infatti. E’molto meglio di prima. Anzi vestiti, che non so quanto riesco a stare calmo con te seminuda” Facendola sorridere.
Juan prese Jane in braccio e si decise ad andare a recuperare un po’ di cibo facendo sorridere Mina come mai prima per la sicurezza con cui la teneva in braccio, ma uscendo le disse “…e comunque sei una madre straordinaria, ragazzina. Hai combattuto per lei come una tigre, e non avrei mai pensato che tu avessi quella forza.”
Mina rise e basta e sussurrò “…magari sono diventata una lupa anche io, o magari la bambina crescendo con il lupo ha imparato a comportarsi da selvaggia…”
“Hai capito piccola? Hai una madre terribilmente feroce, quindi attenta a non farla arrabbiare…” disse dolcemente alla bambina, per far ridere Mina e poi fece per uscire quando lei sussurrò pianissimo una cosa che lo paralizzò.
“…sarai suo padre Juan? Saremo una famiglia?”
Chiese, con il cuore in tempesta e Juan sorridendo rispose “io sono suo padre, anche se non ho la minima idea di cosa fare, e noi siamo già una famiglia. Cresceremo Jane a Brooklyn, a casa nostra insieme ai suoi venti fratelli. E se lo vorrai, ragazzina, sarò tuo marito e litigherò con te per tutta la vita…”
“Venti fratelli solo se impari a partorire tu” rispose Mina commossa e Juan ridendo rispose “ok mi accontento di Jane e tre altri piccoli Jimenez…”
“Guarda, al massimo uno” rispose lei divertita e poi aggiunse “…e dovrai regalarmi un altro anello perché quello che avevo non voglio mai più vederlo. E voglio sposarmi in spiaggia, a maggio magari. Accetto il prete, ma voglio una cosa intima ed estremamente raffinata, capito? Quindi niente membri del clan, ok? E le foto ce le farà Al, perché quello che ha la mano più delicata e poi è quello che mi fa foto più belle....”
“Più belle delle mie?” chiese offesissimo e vagamente sorpreso, ma Mina ridendo rispose “che c’entra, tu sei lo sposo, non puoi mica fare le foto al tuo matrimonio?”e lui annuì compiaciuto. “…altre condizioni?”
“Oh sì parecchie altre. Tipo che tu non sarai interamente vestito di nero e non lo faremo finchè non avrai capelli decenti, e poi serviremo solo finger food, perché odio mangiare troppo ai matrimoni…”
Mina continuò per un po’ e Juan annuì e basta, ma poi quando lei fu interamente vestita si avvicinò e baciandole la guancia sussurrò “ok ci ho ripensato, riprenditi la ragazzina e ciao” facendola infuriare per un attimo. Mina si riprese Jane offesa e gli diede una fortissima pacca sulla spalla, mentre lui rideva a crepapelle. Ci mise qualche secondo per tornare serio, e allora si avvicinò molto al suo viso e un secondo prima di baciarla bisbigliò “hai detto un milione di parole, tranne quella che volevo sentire. Non hai detto sì…” e lei spalancò i suoi occhioni e sussurrò “certo che sì, mi amor. Sai quante volte l’ho sognato? Pensi davvero che stia improvvisando?”
Si baciarono forte, allora, ma Carlos giunse ad annunciare che erano arrivati e Juan si mise a ridere e le disse “la vera guerra inizia ora…” riferendosi chiaramente a sua madre, che non era neanche stata avvisata del fatto che il figlio era tornato con una figlia illegittima.
Johanna ovviamente impazzì nel rivedere Mina e si commosse tantissimo a prendere Jane in braccio, la famiglia di Juan invece fu molto gelida. Clarita era furiosa con lei per aver esposto suo marito a quell’enorme rischio, Felipa era furiosa con entrambi per aver avuto un figlio fuori dal matrimonio e Josefina era troppo debole per ammettere di essere felice di rivederla ora che Neide era tornata in Brasile.
Johanna abbracciò fortissimo anche Juan e sussurrò “povero bambino, cresciuto con quella donna così cattiva! Dovrai trattarlo come si deve, piccola, perché non è un uomo abituato ad essere amato.”
Aveva letteralmente in tre giorni capito totalmente il carattere di Felipa e Mina sorrise e basta, ma Juan disse ad entrambe di lasciarlo solo con la sua famiglia. Iniziò una lite furibonda, che durò per ore e che portò Juan alla rottura completa con Felipa, che si rifiutava persino di guardare in faccia sua nipote. Mina rimase con Johanna nella dependance, e si raccontarono un sacco di storie molto dolci. Decisero di non pesare sulla famiglia Jimenez, così cenarono da sole, senza sapere che loro erano troppo intenti a farsi la guerra per occuparsi del cibo e quando finalmente Juan le raggiunse le trovò tutte e tre addormentate sul divano. Mina fu svegliata da Juan che l’aveva sollevata per portarla a letto e disse solo “Jane?” ma lui l’aveva messa al sicuro sul suo letto tra quattro cuscini e Mina sorrise nel rivederla addormentata.
“Dormi con me, amore…” sussurrò piano e Juan pensò che sua madre si sarebbe inviperita ancora di più, ma non voleva nient’altro, così si trovarono uno accanto all’altra e senza sapere neanche bene come finirono a fare l’amore con infinito trasporto, sussurrandosi piano "ti amo".   
Nota:
Eccoci qua, siamo giunti quasi al finale. Vi siete un po' emozionati con le dichiarazioni di questi due? Vi piace Juan come padre? Fatemi sapere, io vi aspetto. Ah, nel prossimo capitolo inserirò il link per leggere eventualmente il seguito, fatemi sapere se lo leggerete.

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Capitolo 54
*** Capitolo 54: il regalo di Natale di Mina ***


 Capitolo 54: il regalo di Natale di Mina
Otto mesi dopo l’impresa eroica di Juan Jimenez all’hotel Erimal, il nostro caro eroe provava a dormire serenamente, quando improvvisamente fu colpito da un tremendo cazzotto dritto nella pancia. Sapeva esattamente di chi fosse la colpa, ma era l’alba e aveva dormito appena un’ora e non ce la faceva a svegliarsi, così decise di provare a fare finta di niente, lasciando che fosse Mina a gestire la cosa, ma gli arrivò un colpo più forte, così aprì gli occhi.
“Paiiiii” gli urlò una voce prepotente e stridula, decisamente simile a quella di sua madre e lui le sorrise soltanto. Jane lo chiamava sempre così, perché non riusciva a dire “papy”, ma era terribilmente carina.
“E dov’è tua madre?” sussurrò piano, accarezzando la guancia di quella piccola, ma lei incurante di tutto si lanciò contro di lui per abbracciarlo, tirandogli una testata terribile contro il mento, come faceva sempre.
 “Scusa amore se vi ho svegliati…” sussurrò pianissimo Mina emergendo dal bagno con un aspetto terribile e lui si preoccupò parecchio, mentre lei sapeva esattamente cosa le stava succedendo, perché non era la prima volta che capitava.
Le accarezzò il viso preoccupato, ma lei lo strinse e basta, facendo offendere terribilmente Jane, che era piuttosto possessiva con il suo “pai”, e l’allontanò in tutti i modi, facendo morire dal ridere Juan.
“Ah non c’è niente da fare, dovevo avere un figlio maschio…”
Le ringhiò la mamma gelosa di quelle attenzioni, ma Jane aveva una specie di fascia oraria: al mattino voleva solo il padre (e Mina ne era sempre stata molto felice) mentre la sera e il pomeriggio cercava lei. Era molto legata ad entrambi, e crescendo stava diventando molto simile a sua madre, anche se aveva molte cose in comune con lui. Si fecero qualche minuto di coccole, ma Mina fu costretta a correre al bagno di nuovo e Juan iniziò a preoccuparsi sul serio.
“…non sarà quello schifo di pesce crudo che hai mangiato con Gonzalo, vero?”
Le ringhiò preoccupato, mentre con una mano teneva Jane e con l’altra cercava di sistemarsi i capelli che lei continuava a mettergli davanti al viso ridendo.
“No, no mi amor. Stai tranquillo…” sussurrò Mina con un sorriso. Mancavano poche ore alla cena della vigilia di Natale, quando lei avrebbe annunciato a lui e alla sua famiglia di essere incinta, ma quel ragazzino aveva deciso di darle fastidio troppo presto e Juan già da tre giorni la osservava molto preoccupato perché lei era costantemente nauseata.
“Andiamo dal dottore, però, se non passa domani” le sussurrò baciandole la fronte e solo allora Jane fece per andare in braccio alla madre, ma lei offesa rispose “no, no stai con ‘pai’, che io sono arrabbiata…”.
Rimasero a letto ancora per un po’, a coccolarsi e chiacchierare, ma avevano ospiti in arrivo quel giorno e Juan doveva incontrare Penelope perciò era un po’ nervoso. Lei si era letteralmente infuriata quando aveva smesso di dipingere, e senza nessun preavviso aveva annullato il contratto  e lui non aveva mai provato a recuperare quella situazione, perché non poteva più dipingere. Con il ritorno di Mina e Jane, però, aveva ripreso e si era impegnato tanto da concludere 53 quadri in otto mesi. Voleva assolutamente recuperare la benevolenza di quella donna così influente, così  le aveva portato personalmente un paio di quadri nella sua galleria per mostrarglieli, ma non era riuscito a incontrarla e per qualche tempo si era rassegnato, ma la sera prima aveva ricevuto una mail da lei in cui chiedeva di incontrarsi il giorno dopo e aveva festeggiato.
Vedete, Mina aveva temporaneamente rinunciato al suo lavoro, perché riteneva che Jane fosse troppo piccola per separarsi dalla madre, e Juan lavorava come un matto, a tutte le ore, per cercare di mandare avanti la famiglia. Non gli era mai importato troppo di Penelope e della sua galleria, ma adesso ci stava mettendo l’anima per provare a convincerla e forse, si era detto, era quello il motivo per cui non ci era riuscito.
“Allora io vado a prendere Liam e Johanna in aeroporto e poi raggiungo Penelope, ok?” chiese nervoso, afferrando un biscotto di Jane che stava facendo colazione e Mina annuì soltanto, ma lui era troppo agitato, così lei saltò in piedi per abbracciarlo e sussurrò “mi amor, qualunque cosa accada, noi ti ameremo lo stesso, hai capito? E siamo terribilmente orgogliose di te…”
Sapeva che si stava massacrando solo per loro, che si stava impegnando tanto e non voleva che ci rimanesse male, ma lui annuì e basta, lasciandole sole e corse a recuperare quei suoi strani suoceri che lo accolsero con un abbraccio e un “insomma ma quando vi sposate?” facendolo ridere terribilmente.
“Davvero Juan, sono passati tanti mesi da quando glielo hai chiesto, e non so se ne avete mai più riparlato”disse Johanna molto seria.
No, non ne avevano riparlato, e mentre Juan dava per certo che lei sapesse che lui stava aspettando di raccattare un po’ di soldi, Mina aveva iniziato ad avere un sacco di dubbi sul suo desiderio di sposarla, ma non li aveva mai confessati a nessuno.
“Jo, ormai sono riuscito a comprare l’anello nuovo. Dammi solo altri due anni per mettere insieme i soldi per la festa che vuole tua figlia, e avrò fatto” le disse ridendo e Johanna scosse solo la testa.
“Perché dai tutta questa importanza alla festa? E’ il voto la parte importante, che cosa importa come avviene?” chiese Liam molto serio ma Juan ridacchiando rispose “…parli così perché non sai quante condizioni mi ha imposto Mina prima di accettare.”
“Dai ragazzone, ma era uno scherzo. Lei ti ama e sono sicura che sarebbe felice anche con un matrimonio meno opulento di quello che immagini tu…” concluse Johanna, ma lui scuotendo la testa disse solo “sì, ma lei lo sogna così e io non voglio che si accontenti. Mi piacerebbe che fosse il suo unico matrimonio, sai…”
Lo presero in giro per un po’, soprattutto perché Juan continuava a guidare come se fosse ancora un malvivente e se Johanna era preparata, Liam e le ragazze erano terrorizzati. Furono tutti molto felici di rivedersi e lui le diede solo un bacio sulle labbra per salutarla, mentre Mina gli sistemava una ciocca ribelle che non voleva proprio stare al suo posto, che ovviamente fu la prima cosa che notò Penelope.
“Insomma che diavolo ti è successo bisteccone mio, si può sapere? L’ultima volta che ti ho visto ti ho supplicato quasi di farmi vedere qualcosa, ma tu hai giurato che non avresti più toccato una tela, ed ora ti trovo qui, tutto scombussolato e con i capelli incasinati che mi dici di avere cinquantatre quadri da mostrarmi? Ma sei impazzito o cosa?” gli disse, provando anche lei a sistemare quel ciuffo che non voleva stare al suo posto e Juan con un mezzo sorriso rispose “…ho cambiato vita. E’ passato parecchio…”
“Meglio che tu non abbia cambiato stile, anche. Altrimenti continuerai a venderti ai giornaletti di moda, come una puttana da due soldi…” ringhiò severa, ma l’esposizione di Juan la toccò davvero tanto.
“…sei un dannato figlio di puttana”
Gli disse, dopo circa un’ora di completo e totale mutismo e Juan non sapeva esattamente cosa aspettarsi, ma Penelope aveva toccato alcuni quadri e sembrava essersi commossa per altri e per uno gli aveva solo detto “NO!” scartandolo immediatamente.
“Va bene, ti voglio ancora. Anzi, forse ti voglio più di prima…” gli disse con un sorriso e Juan pensò “meno male!”, ma lei alzò un indice serissima e ringhiò “…però ti giuro che…” e lui non la fece finire e rispose “niente cazzate!” facendola sorridere. Conclusero un grosso acquisto, Juan riuscì a vendere anche delle foto, ma soprattutto Penelope malgrado le sue finte rimostranze, gli aveva portato un contratto e Juan pensò che era davvero la cosa più importante. Forse, si disse, potevano provare a fissare la data e decise di dirglielo subito una volta arrivato a casa.
“Quanti ne hai venduti?” chiese Mina ridacchiando e lui ridacchiando rispose “Ne ha presi cinquantadue e mi ha minacciato di morte se ne faccio ancora uno come quello viola…” e tutti si congratularono, ma Juan mettendo una mano sulle labbra della sua compagna sussurrò
“ma …mi organizzerà la mostra permanente. Ho firmato il contratto”
“Oh amorcito è fantastico…” sussurrò Mina felice, e finalmente lui prendendole la mano aggiunse “…quindi, pensavo che ci sono due opzioni: 15 maggio a Santa Monica, o se vogliamo restare più vicino stessa data a South Hampton. Mi piace il 15, è un numero importante nel nostro rapporto. Però forse voi siete a scuola a maggio, no?”
Nessuno a quel tavolo aveva realmente capito quello che Juan era convinto di aver detto, e tutti si fissarono confusi per un attimo.
“Ma per la mostra? Perché a maggio?” chiese, dimenticando totalmente di avergli chiesto un matrimonio sulla spiaggia proprio in quel mese, e Juan ridendo tirò fuori il suo taccuino dei disegni e disse:
“Le condizioni erano: capelli più lunghi, e ok, niente vestito nero e lo posso anche accettare, Al che ci fa le foto e (per quanto lo detesti) ce l’abbiamo. Finger food (ma solo per te) e ok, musica jazz (e ci sta) e un matrimonio con poca gente a maggio sulla spiaggia, no?”
Solo allora Mina capì quello che le stava chiedendo e scoppiò in una fortissima risata, ma lui sorridendo la guardò con molta dolcezza e concluse “…e avevi chiesto un anello nuovo…” porgendole una scatolina di un colore verde inequivocabile, e lei tremò e basta.
“Non le stai chiedendo davvero di sposarti in questo modo stupido, vero ragazzone? Perché ti prendo a pugni davvero…” ringhiò Johanna, più divertita che seccata, ma Juan rispose con il suo stesso tono “Andiamo Jo, gliel’ho chiesto 2000 volte, può essere anche un attimo meno romantica questa volta.”
“Ma questa è la volta in cui accetta!” disse lei ridendo fortissimo, perché Juan aveva tanti pregi, ma su certe cose semplicemente non ce la faceva, eppure Mina sussurrò mortificata“…ma io non posso” spezzando il cuore a tutti in quel momento, e spazzando via il sorriso dalle labbra di Juan.
“Che diavolo significa?” le ringhiò severo, e tutti volevano sapere di più, ma Mina capendo l’equivoco si avvicinò per restituirgli la scatolina e sussurrò “ non posso accettare questo anello e non posso sposarmi tra cinque mesi, semplicemente perché sono incinta, signor Jimenez e non ci penso minimamente a sposarmi con la pancia enorme…”
Juan la baciò forte allora e stringendola forte sussurrò “ 15 marzo, allora. Ed ora apri questa cavolo di scatolina…” e lei sorrise, prima di restare senza fiato per il regalo meraviglioso che le aveva fatto.
Così, con questa assurda proposta di matrimonio, finisce la storia di Juan e Mina, due anime in pena che per caso hanno scoperto di poter lenire la loro sofferenza insieme; due lupi solitari che hanno involontariamente formato un branco. Lui non ha mai iniziato a fidarsi totalmente di lei, e neanche lei di lui, ma il loro amore è rimasto più forte di tutto. Certo non si sono detti “ti amo” tante volte, ma dopo quattro figli e una vita insieme hanno persino smesso di chiederselo.
 Si sposarono il quindici marzo, come deciso da Juan, su una spiaggia bellissima di Los Angeles. Il clima non era particolarmente caldo e ci furono anche varie folate di vento che scompigliarono i capelli ad entrambi, ma loro sembrarono non prestarci attenzione, presi com’erano dai loro sentimenti. Mina partorì quattro mesi dopo un bambino bellissimo, totalmente identico a suo padre, a cui decise di dare il nome di John Jimenez e qualche anno dopo ebbero anche la terza figlia, di nome Johanna. Ci fu anche un quarto erede Jimenez, ma questa amici miei è un’altra storia, che merita di essere approfondita in separata sede, se vorrete ancora sentire parlare di loro.

Nota:
Eccoci giunti al finale. Allora, vi è piaciuto questo happy ending? Vi piacciono Mina e Juan come coppia stabile e genitori? Siete curiosi di conoscere i ragazzi di Juan e Mina e di conoscere come va a finire questa storia? Se la risposta è sì, vi lascio il link del sequel, che potrete comodamente leggere su efp . Se la risposta è no, grazie comunque per aver letto questa storia!
Link del sequel: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3912194&i=1 



 

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