Spring will come again di Duchessa712 (/viewuser.php?uid=1122558)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Queen in the North ***
Capitolo 2: *** Lonelines ***
Capitolo 3: *** The King beyond the Wall ***
Capitolo 4: *** Sister ***
Capitolo 5: *** First impression ***
Capitolo 6: *** Pride and sensibility ***
Capitolo 7: *** Their last night ***
Capitolo 8: *** Lost in memory ***
Capitolo 9: *** The shadow of the Lion ***
Capitolo 10: *** The Ice Queen is kissed by fire ***
Capitolo 11: *** Irene ***
Capitolo 12: *** Their future ***
Capitolo 13: *** Light of the North ***
Capitolo 14: *** Little shewolf ***
Capitolo 15: *** Golden Princess ***
Capitolo 16: *** Eddard ***
Capitolo 17: *** Cruelty ***
Capitolo 18: *** Only a Lannister can truly love a Lannister ***
Capitolo 19: *** Marriage ***
Capitolo 20: *** Spring ***
Capitolo 21: *** And now his watch is ended ***
Capitolo 22: *** Winter is here ***
Capitolo 1 *** Queen in the North ***
Document
La neve cade ancora, più dolce e meno impetuosa. Anche l'inverno, che si è fatto attendere per anni, sta lentamente cedendo il posto alla Primavera. Sarà un processo lungo tanto quanto il tempo necessario a risollevarsi dalla Guerra contro i Morti, a far rinascere dalla neve un Regno prospero e stabile.
Sarà una Regina a guidarli. Ha il sangue dei Lupi e gli occhi dell'inverno, che mantengono promesse e minacce e contrastano con i capelli rossi, ricordo del troppo sangue versato. È imperturbabile come la neve, come le statue nella cripta, e ascolta e osserva, prevedendo le mosse di tutti e non fidandosi di nessuno. È ancora troppo presto per trovare nuovi amici e ci sono punizioni da dispensare. La maggior parte dei Lord, che la fissa alla ricerca di una crepa nella maschera di compostezza, l'ha abbandonata quando aveva più bisogno di aiuto. Quando i ghiacci del Nord e le sale di Grande Inverno erano profanate da un pazzo sadico incontrollabile. E lei non ha dimenticato. Gli aiuti offerti dopo, nella Guerra contro i Morti, non sono sufficienti a cancellare i torti compiuti in precedenza, il sangue che scorreva sul suo corpo, i segni che adornano la sua pelle.
Per il momento, però, lascerà che si cullino nel ricordo di Jon Snow, misericordioso e veloce a perdonare, o di Eddard Stark, così accecato dal suo stesso onore da non vedere le colpe degli altri, o, cosa ancora peggiore, da vederle e non fare nulla.
Lascerà che si dimentichino, che non capiscano chi ha vinto il Gioco del Trono, che al Nord è stato quasi sempre un estraneo, e quando penseranno di essere al sicuro, di poter fare della loro Regina un burattino nelle loro mani, aprirà le fauci e azzannerà chi sarà così sciocco da attaccarla.
Nessuno, però, guardandola, potrebbe intuire il corso dei suoi pensieri. Seduta sul trono, vestita di scuro, con la corona in testa, sembra ancora la figlia maggiore di Ned Stark, seria e composta, amante del ricamo e delle ballate. Basterebbe soffermarsi un po' di più su come assottiglia gli occhi o arriccia le labbra per scorgere la natura del Lupo, quella propria di uno Stark, così evidente nella selvatica Arya e nella compianta Lyanna e così nascosta nella dolce Lady Sansa. Per questo nessuno osserva con più attenzione: perché hanno negli occhi la bambina partita per il Sud e quando era tornata erano troppo occupati ad amare il loro nuovo Re per curarsi troppo di quella ragazza che sembrava destinata a passare da un Inferno all'altro.
In tanti l'hanno sottovalutata. Sono tutti morti. L'ultima volta che ha osservato le distese immense che sono il Nord si era appena liberata del suo secondo marito, il suo secondo torturatore, il suo secondo carceriere. Ramsay era stato il secondo in molte cose per tutta la vita e per questo, quando si era trovato ad essere il primo, in una posizione di potere che aveva sempre voluto ma per cui non era mai stato preparato, aveva usato la sua crudeltà per togliere di mezzo quelli che secondo lui costituivano una minaccia, ma che in realtà erano i suoi unici alleati.
Si concede un sorriso al ricordo della fine che gli ha fatto fare: ucciso da ciò a cui teneva di più. Le sue grida sempre più acute fino a scendere in rantoli spezzati le fanno venire in mente i gemiti di Joffrey, morente tra lo sgomento della folla, il disappunto della sposa e della sua famiglia, la disperazione della madre, l'unica a piangere la morte del ragazzo in sé e non l'autorità che rappresentava. Sa che la Regina le ha dato la colpa di quell'omicidio per anni, le parole di Tyrion sono state solo una velata conferma, e quasi le dispiace non aver potuto dire a Cersei di essere stata lei il mezzo, seppur inconsapevole, tramite cui è stato ucciso suo figlio. Probabilmente sarebbe morta all'istante o forse sarebbero stati i suoi fratelli a pagare il prezzo della sua impulsività: Cersei era più spietata con chi feriva i suoi cuccioli che non lei direttamente.
Come una minuscola parte del suo cuore di ragazza aveva gioito del tormento di Joffrey, così un'altra, più grande, del suo cuore di donna aveva fatto lo stesso per le urla di Ramsay.
Sorride soddisfatta come ha fatto quel giorno. Ramsay Bolton e la sua famiglia saranno dimenticati, ma lo stesso non accadrà alla sua morte. Le persone sapranno che Sansa Stark sa difendere e sa vendicare, che proteggerà il suo popolo come chi è venuto prima di lei non ha saputo fare.
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Capitolo 2 *** Lonelines ***
Il sole fa luccicare la neve come mille diamanti e Sansa osserva incantata lo spettacolo. Si appoggia alla finestra e sorride, sincera, come non ha più fatto da che era una bambina. Si stringe le braccia al petto e sente la solitudine sopraffarla,lei, che è stata sola per la maggior parte della sua vita, che ha creduto di aver perso tutta la sua famiglia, che si sentiva al centro del vuoto anche quando era circondata da persone. Non ci aveva mai fatto caso, troppo occupata a fare l'unica cosa che sa ancora fare davvero: giocare. L'hanno preparata per questo, impartendole lezioni a suon di schiaffi e tradimenti. Le hanno insegnato a non fidarsi e a farcela da sola. A prevedere le mosse di tutti e a non scoprire mai le carte. L'hanno fatta diventare la migliore, anche senza volerlo.
Ma adesso che non c'è più un Trono per cui combattere, un gioco da giocare, lei è incapace di smettere, perché l'idea che smettendo perderebbe è troppo radicata nella sua mente e nella sua anima.
E si sente sola,come non era nemmeno alla Fortezza Rossa.
Le manca Arya, partita e forse destinata a non tornare mai più. La bambina che la infastidiva e la imbarazzava, che giocava con le spade e tirava con l'arco, invece di ricamare e cantare. Le manca la donna che si porta dietro la spada che le ha regalato il fratello prediletto come se fosse una reliquia, che la maneggia come se fosse una penna per disegnare, che si muove come in una danza. Arya che è diventata l'eroina di Grande Inverno, su cui tra qualche anno si scriveranno libri e si comporranno canzoni. Arya che, a quanto pare, somiglia tanto a Lyanna, ma più testarda e determinata.
Le manca Bran. Non il Corvo a Tre Occhi che siede sul Trono dei Sei Regni, il giovane uomo che ha negli occhi tutta la saggezza di dei in cui lei non crede più, che conosce il passato, il presente e il futuro e che pronuncia sentenze di morte più affilate delle lame. Le manca il bambino che scalava i torrioni del Castello, che amava le canzoni e le gesta eroiche proprio come lei, che era il preferito della loro madre e nonostante questo si è trovato da solo nel momento del bisogno. Vorrebbe averlo con lei, stringerlo come non può più fare con Rickon, il bambino di cui quasi non ha memoria, quello che la preferiva, che ha pianto quando è partita per il Sud e che aveva un sorriso e una risata per tutti. Che era preda di sentimenti troppo grandi e troppo forti, che esplodevano in scintille di pianti e fuoco. Rickon che ha pagato il prezzo più alto perché era il più innocente, perché del Gioco del Trono non sapeva nemmeno l'esistenza.
Le manca anche Jon ma a lui non vuole pensare. Sono ferite ancora aperte i tradimenti che le ha inferto, le troppe volte che l'ha umiliata, minimizzando l'importanza delle sue parole, ritenendo i suoi consigli le sciocche paure di una donna poco avvezza alla guerra e alle tragedie. Non gli ha ancora perdonato di aver ceduto la loro casa, quella per cui lei ha sanguinato, a una donna di cui era chiaro fin da subito non ci si potesse fidare. Lei di mostri ha esperienza e la Regina dei Draghi rientra nella categoria. È anche per questo che non ha perdonato Tyrion, pregandolo di annullare il loro matrimonio il prima possibile nel caso fosse stato ancora valido: perché ha portato sulle loro coste una conquistatrice incapace di governare, che alla fine ha fatto più danni della Regina che sedeva sul Trono di Spade.
È sola e si ritrova piena di rabbia, di risentimento e di frustrazione, e anche di qualcosa che si impone di mettere a tacere, perché lui non la merita, così come non la meritavano gli uomini venuti prima di lui. Lacrime salate fanno capolino da dietro le ciglia ma lei si impedisce di piangerle. Ha fatto della sua imperturbabilità la sua maschera, dei modi fermi e cortesi il suo scudo, della mente pronta e attenta la sua arma, e non può permettersi distrazioni. Non è mai stata più al sicuro eppure è più terrorizzata di qualsiasi momento delle sua vita.
È così che si sentiva Cersei Lannister? Mossa dalla paura di cosa sarebbe successo se si fosse fermata, se fosse uscita dal copione scritto per lei e comunque incapace di ripetere a memoria le battute che le erano state insegnate?
Sono pensieri pericolosi e li scaccia con un gesto stizzito della mano.
Finisce di vestirsi e indossa la maschera, i capelli sciolti e la corona d'argento in testa. L'oro è troppo pretenzioso e stona nel bianco candore dell'inverno, nella gentilezza della Primavera che porterà il suo Regno.
Oro e rosso sono i colori dei Lannister. Lei di Cersei ha già abbastanza senza che sia necessario mostrarlo a tutti. Hanno bisogno della solidità della neve e del gelo, non del caldo torrido dell'Estate, del lungo ululato dei Lupi, non del breve ringhio dei Leoni.
E mentre sorride, le labbra tese in una posa familiare, gli occhi da predatrice che scrutano l'aria, si chiede come sia possibile che nessuno noti il fantasma che le aleggia attorno.
Al Castello Nero non arrivano mai corvi con il sigillo della Regina. Se anche accadesse, lui non lo saprebbe. Ha accettato la sua condanna, ha preso Spettro e Tormund, gli unici a essergli rimasti veramente fedeli e si è lasciato dietro i Sette Regni pieno di rimpianti e confusione e alla ricerca di un posto che lo possa definire, di un'identità che possa sentire propria.
Aegon Targaryen è un estraneo, morto prima ancora di nascere, tornato in vita per un istante lungo una notte sul dorso del Drago che aveva il nome di suo padre.
Jon Stark è un'utopia, l'eredità lasciata da una madre che profumava di sangue e di rose, quello che ha pensato di voler essere per tutta la vita, quello che con le sue scelte non può più nemmeno pensare di diventare. La sua famiglia lo vede come un Targaryen, un traditore, colui che si è inginocchiato a una Regina straniera, e che non ha più un posto nel branco.
Jon Snow è come lo hanno sempre chiamato, il simbolo di una colpa che non è mai stata commessa, la somma degli sbagli di un uomo troppo leale a una sorella. È quello che non vuole più essere, che non sente più suo.
Non sa più chi è ed è solo, senza famiglia, senza branco, perché i Lupi non potranno mai accettare un Drago, e se la freddezza di Sansa non fosse stata sufficiente, il fatto che nessuno si sia opposto al suo esilio è la prova più lampante di cui necessitava. Non lo vogliono e lui, allontanandosi ancora di più, farà loro un favore.
Spettro avverte il suo stato d'animo e gli lecca una mano. Lui sorride e cerca di tranquillizzarlo, mentre Tormund accanto a lui lo fissa preoccupato. - Vedrai, troveremo un posto anche per te- cerca di consolarlo, ma nemmeno lui crede a ciò che dice. Un uomo senza identità non può avere un luogo dove stare.
Jon annuisce e scruta l'orizzonte. Una distesa di neve scintillante, una quiete impossibile da spezzare. Ci sono altri, oltre a loro, da quel lato della Barriera? |
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Capitolo 3 *** The King beyond the Wall ***
Quando si addormenta, sente l'odore della cenere e del fumo, le grida terrorizzate delle donne e dei bambini, degli innocenti che in quella guerra non hanno mai preso parte. Vede i suoi uomini ignorare i suoi ordini e l'autorità che ancora detiene come comandante, se non come Re.
È una scena che preannuncia la fine del mondo, la fine di tutto ciò in cui aveva creduto, la fine della vita che credeva di poter avere al fianco di una Regina giusta e buona.
Si sveglia terrorizzato e fatica a capire dove si trova, se quello che ha visto è reale o solo un brutto gioco della mente.
Quando, piano piano, rimette insieme i pezzi di ciò che è successo esce dalla tenda su gambe traballanti e inspira a pieni polmoni l'aria pulita del vero Nord, della terra oltre la Barriera dove lo trattano come Re. Il Re Corvo che ha dato una speranza, una vita, una casa. Il Re Corvo che li ha uniti come solo Mance Rayder aveva saputo fare.
Ma Re di cosa? Ha già provato ad esserlo e non è andata bene. Forse non è adatto alle posizioni di comando, non conosce e non apprezza i sottili giochi politici su cui si basa l'equilibrio tra guerra e pace tipici dei Lord di Westeros.
Il Popolo Libero non è così. Loro dicono quello che pensano e pensano quello che dicono e per questo, forse, per loro, saprà essere un Sovrano migliore che per il Nord.
Sulle sue labbra si dipinge un leggero sorriso mentre guarda i suoi sudditi, i suoi compagni, il suo popolo. Sono pochi, la Guerra contro gli Estranei e la Battaglia contro i Bolton ne ha uccisi molti, ma quelli rimasti ripongono in lui le loro speranze. Perché non vuole cambiarli, perché li conosce, perché non ha chiesto loro di inginocchiarsi davanti a lui e di servirlo e riverirlo.
Per un po' riesce anche a dimenticare cosa c'è dall'altra parte: la sua famiglia, o quello che ne resta, la sua casa, o quella che lo è stata per la maggior parte della sua vita, i suoi amici, quello morti al suo fianco, e quelli vivi. Per qualche ora dimentica anche i suoi sbagli, solo per poco tempo, però. Tornano troppo presto a tormentarlo.
Tormund ha preso l'abitudine di seguirlo e tenerlo d'occhio. Jon non sa di cosa abbia paura ma accetta la sua compagnia di buon grado ed è un aiuto prezioso per il bene della loro gente.
I Bruti lo adorano, lo ammirano anche. Su di lui girano storie che lo dipingono come l'eroe che li ha salvato dalla morte, che può entrare nel fuoco e non bruciare, che li condurrà tutti verso la salvezza e la Primavera, verso una nuova vita.
Jon non sa cosa pensare. Non si vede come liberatore di nessuno, non ha sconfitto lui il Re della Notte e non sa se la sua eredità di Targaryen lo renda immune al fuoco. Al Popolo Libero sembra non importare e continuano a raccontare storie sul loro Re vestito di Nero. Il Re Corvo, accompagnato da un lupo Bianco, sua guardia e più leale amico. Dicono che possano anche scambiarsi i corpi, l'animale e il padrone. Lo chiamano metamorfo, e lui ripensa a quell'uomo che ha conosciuto, tempo fa. Quello che era innamorato di Ygritte ed è morto a causa sua.
A Bran si impone di non pensare. Ha deciso di dimenticarli. Non lo hanno voluto e lo hanno abbandonato, troppo occupati a pensare a loro stessi e ai loro Regni. Il Reame intero in mano ai Lupi. Ned Stark deve esserne fiero.
Non sa bene quali siano i suoi sentimenti riguardo suo zio, l'uomo che gli ha fatto da padre, che lo ha protetto, che per farlo ha mentito a tutti e sacrificato il suo buon nome, che lo ha costretto a subire l'odio immotivato di Lady Catelyn, la posizione di eterno secondo, sempre dietro a Rob. Che lo ha privati della sua eredità, del sangue di Drago che scorre nelle sue vene temprato dal gelo dell'inverno e da quel sempre voler fare il proprio dovere tipica degli Stark.
Sansa siede sul trono e ascolta i mormorii che sorvolando la sala, bisbigli e sussurri appena abbozzati. Li ascolta e li ripone in un angolo della mente, pronti ad essere esaminati al momento opportuno. Sono distorti, contraddittori a causa del tempo e della distanza tra Grande Inverno e la Barriera. Parlano di suo cugino, che sfugge al suo esilio, alla sua punizione, che si ribella al volere del Re che lo ha condannato, che prende l'espiazione dei suoi crimini come un gioco, sottovalutando la sua importanza. Si è definito Re Oltre la Barriera e sa che la gente lo interpreterà come un segno di rivolta. Lei no. Lei sa che Jon è troppo sciocco, troppo ignorante della mente umana, troppo semplice per preoccuparsi di cosa i Sette Regni avrebbero potuto pensare. Sa che non è stato lui a darsi quel titolo, quanto il suo popolo a darlo a lui.
Il fatto che non lo abbia rifiutato dice molto, però.
-Posso assicurarvi, miei Signori, che Jon Snow non ha alcuna intenzione di ribellarsi agli ordini ricevuti-. Ha la voce di Cersei e le parole di Ditocorto, la fredda compostezza di sua madre e il sorriso che ha imparato fin da bambina.
Non parla della fiducia che bisogna accordargli, del fatto che non tradirà. Lo ha già fatto e nessuno si fida più di lui e lei sta indebolendo la sua posizione ancora troppo fragile garantendo per lui.
Sente la rabbia ribollire, pensadolo al sicuro e felice, inconsapevole dei problemi che le sta causando.
-E potete essere certi che, dovesse fare qualcosa di sbagliato, sarà punito come qualsiasi criminale-.
Nessuno osa contraddirla perché c'è una tale serietà nella sua voce che nessuna osa pensare stia mentendo.
Si è guadagnata il loro rispetto perorando la causa dell'indipendenza del Nord non solo con la Regina Folle, come già è conosciuta Daenerys, ma anche con il suo stesso fratello, il sangue del suo sangue.
Ma non è abbastanza. Non c'è mai stata una Regina Regnante oltre Cersei e, sebbene la Leonessa dei Lannister al Nord non abbia dato troppo fastidio, le voci corrono. La guardano e la studiano, alla ricerca di qualcosa che possa essere indizio di un'inabilità a governare. Non lo faranno, non adesso che il Nord non è ancora al sicuro, ora che non c'è un altro pretendente,perché nessuno dei Lord che siedono accanto a lei sarebbe capace di governare e lo sanno benissimo, e Arya non accetterebbe mai una corona. Ma quando vorranno che si sposi, che dia un erede, potrebbero premere per toglierle il potere così faticosamente conquistato per darlo al suo Re e al suo bambino.
Deve giocare d'anticipo e trovare una soluzione. |
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Capitolo 4 *** Sister ***
È passato quasi un anno da che è partita e sarebbe andata avanti ancora se non fosse stato per qualcosa, nel fondo dello stomaco e del cuore, che le diceva di tornare a casa. Una volta, da bambina, non lo avrebbe ascoltato, sarebbe andata avanti per la sua strada, convinta di avere tutte le capacità e i mezzi necessari per superare qualsiasi imprevisto. Forse è così. Sicuramente è così. Ma non è più una bambina e ha imparato che il Lupo solo muore e il branco sopravvive. Per questo sta tornando indietro, su quel mare che ha solcato più volte, piena di paura e meraviglia e senza sapere cosa, esattamente, avrebbe trovato. Anche adesso ha paura e stringe convulsamente l'elsa della spada, anche mentre oltrepassa i cancelli di Grande Inverno e senza aspettare si dirige nella Sala del Trono.
Sansa è lì, sembra quasi la stia aspettando. Alza lentamente lo sguardo verso di lei, il fuoco del camino che si riflette nei suoi occhi e sui suoi capelli. Ha sempre saputo che sua sorella fosse bella, ma adesso sembra molto di più. Sembra una dea, la Madre o la Fanciulla, e la guarda con le sopracciglia leggermente aggrottate e le labbra strette.
-Pensavo saresti stata via più tempo-. Sempre cauta, sempre elegante. Ha la schiena dritta, la testa alta, le mani strette in grembo e cammina con il passo sicuro e lento delle Regine. Il potere le dona, la avvolge e la innalza sopra a tutti quanti.
Arya non risponde e si limita a seguirla lungo i corridoi illuminati dalle torce. La Primavera sta arrivando, ma le notti sono ancora fredde.
Si fermano davanti a quella che era la camera dei loro genitori, quella che Sansa ha reclamato per sé, quella che non ha veramente avuto bisogno di reclamare perché nessun altro avrebbe potuto prenderla.
Versa del vino e le fa segno di sedersi e Arya obbedisce. Mangia e beve e poi inizia a parlare. Racconta di mondi mai visti e cose dai nomi impronunciabili. Di nuovi amici e nuovi nemici. Di chi ha ucciso e chi ha salvato. Le brillano gli occhi come quando da bambina le venivano raccontate le storie su cruente battaglie e duelli all'ultimo sangue. Sansa ascolta, paziente e attenta. Ha tolto la corona e si sta pettinando i lunghi capelli. Se chiude gli occhi può far finta che sia sua madre.
-Sembra ti stessi divertendo. Cosa ti ha spinta a tornare? -.
-Una sensazione. Mi sentivo inquieta. È successo qualcosa? Qualche nuovo nemico? È tornato l'ultimo drago? -.
Eccola la sua Arya, che pensa sempre a nemici da sconfiggere con la spada e in un duello.
-Si, è successo qualcosa. No, nulla del genere. Nulla che richieda la morte di qualcuno, per il momento-.
-Cosa è accaduto? -. Prende un respiro profondo e guarda sua sorella attraverso lo specchio, l'espressione seria e la voce incolore, quella che ha imparato a usare osservando i suoi nemici, quella che nessuno di loro le ha insegnato, perché nessuno di loro la sapeva usare.
-Jon Snow sfugge alla sua punizione. È andato con il Popolo Libero al di là della Barriera e si fa chiamare Re di quelle terre-.
-Ma non c'è nulla oltre la Barriera-.
-Lo so bene, sorella-. Aspetta che Arya metta insieme i pezzi, le reali implicazioni di ciò che quello che le ha detto significa. Gli occhi della giovane si spalancano, pieni di incredulità. - I Lord vorranno la sua testa. Lo consideraranno un tradimento, un modo per reclamare l'autorità che aveva, un avvertimento per una nuova guerra-.
-Si. Ma non faranno nulla di tutto ciò. Ho garantito per lui e ho promesso loro il mio aiuto. Manodopera e cibo venduto a prezzi minori. Posizioni e matrimoni di prestigio-.
-E un marito? Un sovrano, per quando vorranno un erede con il sangue degli Stark? -. La domanda di Arya è più che legittima e lei ha la risposta pronta da tempo, ormai. È la stessa che ha dato quando hanno cominciato ad avvicinarla, proponendo figli e nipoti e conoscenti come candidati. - Il Nord non è ancora pronto perché io possa distrarmi. Quando sarà giunto il momento provvederò anche ad un erede-.
Gendry è come se lo ricorda e la guarda come se la vedesse per la prima volta, con gli occhi pieni di meraviglia e di stupore e lei si sente a disagio. Non è abituata e forse non lo sarà mai.
Lo ha trovato nelle fucine, a fare quello che non è sicuramente un lavoro da Lord.
-Ti credevo a Capo Tempesta-.
Lui la guarda, forse imbarazzato, forse sorpreso. - Ho capito che non è la vita adatta a me. Non sono un Lord e non lo sarò mai e soprattutto non sono un Baratheon. Non è mia quell'eredità-.
Non sa che ha ragione più di quanto creda, che il titolo e la terra che lui ha rifiutato andrebbero a una ragazzina dal volto deturpato dalla malattia e gli occhi pieni di speranza, vittima inutile e sbagliata, una delle troppe casualità del Gioco del Trono.
Sarà Sheeren l'ultima Lady ad avere avuto qualche diritto su Capo Tempesta.
-E quindi sei tornato qui-. Gendry annuisce e le si avvicina. Non sa bene cosa dirle perché non sa bene cosa sono. Quell'unica notte di passione ha cambiato tutto e si muovono su un terreno nuovo e pericoloso.
-Speravo che un giorno saresti tornata-
-Mi hai aspettata? -
-Tutti i giorni-. Arya annuisce e poi lo guarda cercando di mostrargli quello che prova davvero. Cercando di togliere la maschera che la Casa del Bianco e del Nero le ha messo addosso, quella che lei si è lasciata mettere addosso volontariamente.
Torna ad essere Arya Stark e non Nessuno, o almeno ci prova. Deve essere riuscita a far trasparire qualcosa perché Gendry le si avvicina lentamente e la bacia, con la stessa passione e più sicurezza della notte precedente la Battaglia contro i Morti.
Osserva Arya con attenzione, soprattutto quando è in compagnia del giovane fabbro,cioè tutto il tempo che non passa ad allenarsi con la spada. Gendry Waters, Baratheon sussurra la sua mente sempre troppo all'erta, sembra buono, bravo, innocuo. Ama Arya, la conosce, la accetta, l'ha protetta come e finché ha potuto e quando l'ha ritrovata non ha esitato ad aiutarla ancora.
L'ultima volta che un Baratheon ha amato una Stark è scoppiata una guerra. E Gendry è figlio di Robert. Hanno gli stessi capelli e gli stessi occhi e qualcos'altro che Sansa non riesce a decifrare, ma che è lì, nel fondo dei loro occhi. Forse è la devozione quasi maniacale che si notava quando il Re parlava di Lyanna.
Sansa non lo sa e francamente non le interessa saperlo. È sufficiente tenere d'occhio il ragazzo, ricordare chi è suo padre, che il sangue porta un'eredità che può essere temprata fino a un certo punto.
È disposta a concedergli il beneficio del dubbio. Perché ama sua sorella, perché Arya è appena tornata e Sansa non vuole perderla, perché ha combattuto con loro, perché ha promesso di non far pesare sui figli le colpe dei padri.
Questo non vuole dire che si fidi. Quello che Robert faceva alla sua Regina non era un mistero per nessuno. L'avrebbero chiamata la seconda Rhaella se non avessero temuto l'ira di Ser Jaime. Arya è troppo capace per permettere che qualcuno le faccia del male fisicamente, ma sua sorella non accetta mai bene i tradimenti.
-Sembra tu lo voglia uccidere solo con lo sguardo-. Arya é silenziosa e cerca i suoi occhi. - Non lo conosco e non mi fido-
-Non mi farà del male. Non glielo permetterei-.
-Raramente una donna innamorata riesce a mantenere una simile promessa-.
-Non sono debole-
-Non ho mai detto il contrario-.
-Mi ama troppo per permettere che mi venga fatto qualcosa da altri-
-L'ultima volta che un Baratheon si è innamorato di una Stark non è andata molto bene-
-Non è un Baratheon. Ha rinunciato al titolo e alle terre-.
Sansa ride divertita. - Nelle sue vene c'è il sangue di Robert . Vuoi negarlo? -
-Il sangue non sempre conta-
-Il sangue a volte è la cosa più importante-. Lei lo sa bene. È il sangue di lupo, freddo come il Nord, la lealtà e l'onore degli Stark che le scorrono nelle vene a impedirle di diventare i suoi maestri.
-Non sarò una nuova Rhaella, se è questo che temi... Dei Sansa! Sembra quasi mi debba sposare! -
-Rhaella Targaryen non è stata l'unica Regina a essere picchiata dal suo Re-.
Cersei è il nome sulla sua lingua ma non lo pronuncia. Arya non sa tutta la storia e non le crederebbe. Per sua sorella tutto deve essere bianco o nero, proprio come con Jon e con Robb e loro padre. Non hanno ancora capito che il mondo è pieno di grigi,sempre mutevole e in movimento.
Arya ha gli occhi socchiusi e la mano alla spada. Forse nemmeno se ne è resa conto, e Sansa cerca di calmarla. Le sorride conciliante e le chiede perdono, promettendo di accordare un po' di fiducia a Gendry, di non giudicare prima di conoscere.
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Capitolo 5 *** First impression ***
È più di una anno che non ha notizie della sua famiglia, che si è volontariamente esiliato e i problemi non mancano nemmeno a lui. Non c'è quasi più cibo. Non che sia una novità. L'inverno è stato lungo e inclemente e l'esercito dei Morti era composto anche da animali.
I Bruti hanno fame e vengono da lui che non sa cosa fare tanto quanto loro.
È Tormund il primo ad avere l'idea.
-Magari tua sorella ci può aiutare-
-Non è mia sorella-. Lo corregge senza bocciare subito l'idea. Ha voglia di rivederla, di vedere Grande Inverno, cosa è cambiato e cosa no. Il Nord ama la sua Regina e vuole vedere da cosa scaturisce questa ammirazione che lui non ha mai conquistato. Tuttavia non è così facile. Non sa come sarebbe ricevuto, se ci sarebbe una punizione per scappare al suo esilio anche solo per qualche giorno.
-Potresti andare tu- propone all'amico senza essere troppo convinto, ma Tormund scuote la testa. - È a te che guardano come Re, sei tu che devi andare a trovare gli aiuti necessari-.
Jon sospira perché sa che è così e sa di non avere scampo. Dovrà andare a Grande Inverno e sperare di star facendo la cosa giusta.
Ha promesso di provare e sa che toccherà a lei fare il primo passo con Gendry.
Lo trova sui bastioni di Grande Inverno, quelli dove Bran bambino amava arrampicarsi, ad osservare la neve che cade sempre più di rado. È giunta la Primavera e lei ha in testa una corona d'argento adornata di fiori e indossa un abito più leggero e con colori più scuri di quelli della sua infanzia. Sembra una dea, la Fanciulla e la Madre, la Principessa delle canzoni dei cantastorie. La chiamano la Regina della Neve, la Portatrice di Primavera, la Lupa Rossa. Lei ha preso tutti quei titoli e li ha fatti propri, li ha indossati insieme alle maschere e li ha drappeggiati sulle spalle e si è modellata sui loro significati.
Gendry la guarda in soggezione e lei sorride, un vano tentativo di stemperare la tensione. Riporta in vita la Sansa bambina e addolcisce lo sguardo. - So che Arya tiene particolarmente a te-. Il ragazzo è arrossito violentemente e balbetta qualcosa che lei non ha il tempo di decifrare. - Non è un'accusa- lo tranquillizza e lui rilassa le spalle. - Sono disposta a darti una possibilità, ma non è me che devi impressionare. Devi solo stare attento a come tratti mia sorella-. Gendry la guarda confuso, senza capire. - Ho conosciuto tuo padre. Non bene, ma abbastanza da sapere come trattava la sua Regina-spiega sincera e lentamente, stando attenta che il ragazzo capisca ogni parola. - Ovviamente Robert aveva la scusa di essere innamorato di mia zia, di aver scatenato una guerra per volerla riprendere-
-La amava molto? -
-Abbastanza da pronunciare il suo nome durante la prima notte di nozze-. Sotto questo punto di vista lei ha avuto mariti migliori. - Arya sarà trattata con tutto il rispetto che merita-
-Anche se non ti volesse mai sposare? -
Il ragazzo ride sinceramente divertito - Se ciò accadesse mi preoccuperei per lei-.
Sansa sorride e accetta a posare lascia di guerra. Quel ragazzo non è come Robert, non dove conta almeno, dove è importante. Arya non sarà Rhaella e nemmeno Cersei. |
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Capitolo 6 *** Pride and sensibility ***
Document
Quando Arya viene da lei, agitata e con il fiato corto, e le dice che deve venire subito nel Parco degli Dei, perché hanno viste inattese, Sansa prega, con il fervore di quando era bambina, che non sia accaduto ciò che teme. Cerca lo sguardo di sua sorella e vi trova solo conferme. Sente la rabbia e l'irritazione prendere possesso di lei e artiglia le lenzuola così forte da strapparle, ma non le importa. Se potesse si metterebbe a urlare.
Visto che non può, si alza, si veste, scioglie i capelli che aveva raccolto in una treccia, i capelli che sa che alla luce pallida della luna ricordano il sangue dei morti e vi posa sopra la corona.
Si avvolge in un mantello e segue Arya fuori dalla porta, gli occhi azzurri che mandano fiamme. Questa volta non resterà impassibile, non può permetterselo. Griderà la sua rabbia protetta dagli Alberi Diga, custodi di segreti da migliaia di anni, si lascerà investire dal fuoco e scioglierà, pe run momento, di qualche centimetro, la corazza che si è creata attorno.
Perfino Arya la guarda spaventata e ringrazia che sua sorella non sappia usare una spada, altrimenti il loro ospite morirebbe prima dell'alba. Poi si rende conto che Sansa non ha bisogno delle armi, perché ha imparato a giocare con le persone, a manovrare e a prevedere i loro gesti. É diventata quello che i suoi carnefici volevano diventasse e la giovane Stark prova un inaspettato moto d'orgoglio per quella sorella che non aveva mai sentito come propria, troppo diversa, troppo simile alla Lady loro madre, troppo agognante per ciò che non poteva avere, coperto da una patina di irrealtà e finzione.
Jon aspetta, seduto sotto a un albero e cerca di non pensare alla fredda accoglienza ricevuta da Arya, la sorella prediletta, e cosa questo possa lasciar intendere sul modo in cui sarà ricevuto da Sansa, che da bambina non lo sopportava e da adulta sembra quasi odiarlo. Infatti lo riceve proprio così la Regina, con negli occhi il fuoco e l'arroganza di chi si crede superiore, quasi che la sua presenza lì sia la peggiore delle scortesie e lui il più infimo dei traditori. Sa cosa accadrà: lei lo guarderà e lo lascerà parlare e non perderà mai, nemmeno per un secondo, la compostezza che sua madre le ha insegnato. Per questo, quando inizia ad accusarlo, quando diventa fuoco invece che ghiaccio, quando usa la rabbia di Cersei, forte, furente, impossibile da non notare, lui non sa cosa fare.
Sansa, internamente, sorride soddisfatta. Se suo cugino, che l'ha tradita per l'ultima volta, pensava di venire da lei e di dominare la discussione, di batterla al suo stesso gioco, è più stupido di quanto sembri. Quindi sceglie l'attacco, che certe volte è davvero la miglior difesa, e lascia il Lupo libero di mostrare i denti come ha imparato a fare dai Leoni.
-E ora dimmi. A cosa devo la visita del Re Oltre la Barriera? Vuoi forse rendermi complice di questo tuo tradimento?- all'espressione confusa che riceve come risposta spiega - Se qualcuno ti vedesse pretenderebbe la tua testa, e a ragione devo dire, visto che per permetterti di portare avanti la tua piccola ribellione ho promesso che non avresti creato problemi e che, sarebbe dovuto giungere il momento, ti avrei trattato come il criminale che sei-. È spietata e sussurra con la capacità di Ditocorto e Jon si chiede se in lei sia rimasto qualcosa di vero o se sia tutto un personaggio, costruito per sopravvivere alla guerra per il Trono.
-Io non ho mai voluto una corona e nemmeno metterti in pericolo. Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per proteggerti-.
-Anche quando hai giurato fedeltà alla Madre dei Draghi?Quando hai creduto a Cersei?Quando hai continuato a perseverare nell'errore, sminuendo le mie preoccupazioni e i miei consigli? Quando sono stata costretta ad abbassare il prezzo del cibo e a offrire posizioni di prestigio a persone di cui non posso fidarmi perché dovevo garantire per te, che hai fatto ciò che volevi, disubbidendo agli ordini di un Re che ti aveva mandato al Castello Nero e non oltre la Barriera? Dimmi, anche allora hai fatto tutto per me? -. Jon la fissa con gli occhi e la bocca spalancati vedendo le cose, forse per la prima volta, dal suo punto di vista. Abbassa il capo sconsolato, consapevole che venire da lei pensando di trovare clemenza e aiuto è stato un errore.
-Non ho mai voluto arrecarti problemi-
-Ma lo hai fatto, e non sei stato nenache veloce nel concedere il tuo aiuto-. Un'altra espressione sorpresa. - Quando venni da te dopo essere fuggita da Ramsay tu eri pronto ad andartene, a lasciarmi da sola, nonostante quel mostro avesse la nostra casa. È stato quando hai scoperto che aveva prigioniero anche Rickon che hai accettato di aiutarmi e anche allora è stato merito mio se hai vinto la battaglia e non hai mostrato nessuna riconoscenza. Ma andava bene. Perché ero di nuovo a casa e perché finalmente non ero più sola. Non hai fatto altro che tradirmi, Jon, anche se in mente avevi sempre e solo me-.
Si ferma prima di poter dire altro, di potersi compromettere ancora di più. Ha pensato di odiarlo in quei momenti, avrebbe voluto odiarlo. Perché sarebbe stato tutto più semplice, perché avrebbe potuto giocare anche con lui. Invece non lo ha fatto. Ha lasciato che le parole di Petyr, per una volta giuste, per una volta sincere, le scivolassero addosso come acqua su una roccia. Ha scelto di non giocare con Jon e per questo Approdo del Re è stata data alle fiamme. Se fosse stata più Cersei e meno Ned, più pratica e meno innamorata, avrebbe ucciso Daenerys il momento in cui aveva messo piede a Grande Inverno. Invece non lo ha fatto, ha scelto l'onore degli Stark, di non commettere un atto così contro natura come l'uccisione di un ospite, terrorizzata all'idea di superare la sottilissima linea che le impediva di essere completamente come la Regina dorata che governava il Sud, e il risultato sono milioni di persone sulla coscienza. Le stesse milioni di persone per cui Jaime Lannister aveva gettato all'aria tutti i suoi giuramenti, come le aveva raccontato Brienne quando era giunta la notizia della sua morte. É stato in quel momento che il cavaliere le è parso un uomo d'onore più di Ned Stark.
-E adesso dimmi perché sei qui-.
-Non abbiamo quasi più cibo-
-Un Re che non sa prendersi cura del suo popolo-. É crudele. Sa di esserlo. Vuole esserlo.
-Sansa, ti prego. Devi aiutarci-
-Devo? - chiede inarcando un sopracciglio. Il fuoco ribolle ancora in lei ma è tornata a nasconderlo dietro la maschera della Regina del Nord.
-Loro ci hanno aiutato nella guerra contro i Morti e nella battaglia contro Bolton-.
-Io cosa ci guadagno? Sono le scorte di cibo della mia gente che sto vendendo in cambio di... Che cosa offri in cambio? -
-Tutto quello che vuoi-. Sansa riflette con calma e pazienza. - Non dovrai mai più venire qui e non dovrai mai più sfuggire alla tua punizione. Tornerai al Castello Nero e lì rimarrai fino alla fin dei tuoi giorni. Dovessi sentire atti di ribellione da parte dei Bruti, provvederò di conseguenza-. È una promessa che sa non dovrà mantenere. Nessuno è pronto ad una nuova guerra.
Jon annuisce e Sansa prende un respiro profondo, consapevole di ciò che sta per dire. - E ora vieni dentro, senza che nessuno ti veda. Non voglio averti sulla coscienza perché ti ho permesso di partire da solo nel pieno della notte-. da una patina di i finzione.
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Capitolo 7 *** Their last night ***
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Non pensa mentre percorre sicura e tremante i corridoi del castello.
Non pensa mentre apre la porta della sua camera e gli prende la mano.
Non pensa mentre lo guarda negli occhi e cerca il suo assenso, la sua approvazione, tracce di un amore a cui non ha mai voluto credere.
Agisce e basta, mentre lo bacia e lo porta con sé sul letto che era stato dei suoi genitori. Si permette di essere amata. Negli occhi di Jon c'è qualcosa che sfiora la venerazione e scaccia dalla testa la voce che sussurra che lei non è la prima, che c'è stata Daenerys e che per lei lui ha combattuto, si è schierato dalla sua parte e l'ha difesa. Si sforza di non essere gelosa perché non ne ha il diritto e perché è un momento unico, che non si ripeterà mai più. Entro l'alba lui dovrà sparire perché altrimenti dovrà davvero ucciderlo.
Chiude gli occhi e si lascia amare come non ha mai fatto con nessuno. Gli dona se stessa e si scopre vulnerabile, terrorizzata. Potrebbe essere la Sansa che era da bambina se non fosse per la voce insistente che sussurra ancora, che sembra quella di Petyr e le sussurra tutti i difetti dell'uomo che ha davanti, di come lei non sia mai stata al primo posto nei suoi pensieri, di come sfruttare al meglio la situazione, di prendersi quella rivincita che ha il sapore delle lacrime che non può piangere, di usarla per dare al Nord il tanto sospirato erede. Per una volta spera di rimanere incinta perché altrimenti non saprebbe come fare. Non vuole sposarsi, ma le serve un figlio. Si perde in questi pensieri e negli occhi di Jon, che la guardano come se fosse la creatura più bella del mondo, che sussurrano promesse che lei sa essere false e per questo non ha difficoltà a non credevi anche se le si spezza il cuore.
Ti amo.
Ti proteggerò.
Puoi fidarti di me.
Non ti farò del male.
Si sveglia in un letto vuoto e freddo. L'ha lasciata senza salutare e lei, finalmente, può piangere. Si sente felice, completa e questo pensiero la disgusta. Spera che almeno ne sia valsa la pena. Spera che nessuno lo venga a sapere perché lui è suo cugino e per tutti gli altri continua a essere suo fratello.
Si raggomitola su se stessa sotto a una coperta che ha ancora il suo profumo, quello del Nord, dell'inverno che li ha abbandonati, e si chiede come faccia qualcosa di così bello ad essere ritenuto sbagliato. A quel pensiero si alza di scatto e si avvicina allo specchio. Il suo riflesso è quello di una giovane donna con il corpo segnato da cicatrici, il petto che si alza e abbassa affannosamente, le guance rosse che contrastano con il pallore del volto.
Che cosa ha fatto?
Ha usato anche lui. Ha giocato anche con lui. Suo cugino. Suo fratello.
É stato bello. É stato sbagliato.
Studia con attenzione la se stessa dello specchio perché è sicura che presto acquisirà altre sembianze, la pelle diventerà leggermente più scura, gli occhi da azzurri a verdi e i capelli da rossi a biondi. Riesce a vedere Cersei più di quanto riesca a vedere se stessa. È come lei. Alla fine è diventata come lei. Innamorata della persona sbagliata.
Chiude gli occhi e prende un respiro profondo. Poi un altro e un altro ancora finché non si è calmata. Deve scoprire se qualcuno si è accorto della presenza di Jon e deve vedere come si evolveranno le cose, se lui farà ciò che lei gli ha ordinato e se il sospetto che le alberga dentro è reale o solo le fantasie della stupida ragazzina che ha giurato di non essere più.
Per prima cosa, però, deve mangiare, ascoltare quello che devono dirle i suoi Lord e prendere decisioni di conseguenza. Deve fare finta che non sia accaduto nulla,che sia una giornata come le altre.
Indossa la corona e chiude la porta della stanza, pregando di lasciare alle spalle anche i suoi pensieri e l'ombra di Cersei.
Passano i giorni ma nessuno le dice nulla, nemmeno Arya che si comporta come se Jon non fosse mai venuto e è sempre più vicina Gendry. La sua opinione sul ragazzo è decisamente migliorata, anche se c'è una parte di lei che non potrà mai fidarsi completamente non tanto di lui quanto di qualsiasi persona in generale. Il Nord non dimentica e lei meno di tutti. Il giovane, invece, sembra avere un effetto benefico su Arya che piano piano sta tornando ad essere la bambina che era e non la statua impassibile che l'hanno fatta diventare. Sua sorella non dimentica l'addestramento ricevuto, ma giorno dopo giorno ritrova in lei l'umanità cui credeva di aver dovuto rinunciare per sempre. A Sansa va bene così e anche i Lord non creano problemi. Quando ha detto loro dell'accordo stipulato tra lei e Jon nessuno ha obiettato, forse perché avevano paura, forse perché non ne ha dato loro il tempo, forse perché non hanno ancora un'alternativa migliore con cui sostituirla al governo.
Sorride segretamente mentre, davanti allo specchio, al buio nelle sue stanze, carezza il ventre ancora piatto. Sono passati due mesi e può dire di esserne certa, ormai. Aspetta un figlio e deve pregare che nessuno le voglia imporre un marito, che il bambino non la odi per l'assenza di un padre e che non debba spiegare la presenza di capelli argentei e occhi viola. Prega che il sangue degli Stark sia più forte di quello Targaryen, e che quello dei Tully, quello che in lei scorre potente, quello di sua madre che porta con sé capelli rossi e occhi azzurri, sia più forte di entrambi.
Catelyn Stark ha avuto cinque figli. Quattro avevano i suoi colori.
-Quando pensi di annunciarlo a tutti? -. Arya è appoggiata alla parete e la fissa con gli occhi socchiusi. La sta studiando.
-Quando sarà necessario-
-E cosa dirai a chi ti chiederà di chi è figlio? -
-Che è figlio dei Lupi-.
Sua sorella sbuffa e Sansa inarca un sopracciglio. - Circolano storie più fantasiose su di me. Sai che a quanto pare ho ucciso Joffrey con la forza del pensiero, soffocandolo con la mia rabbia e il mio risentimento? Che mi ero trasformata in un lupo e per questo Cersei non mi ha mai trovato e quando lo ha fatto era troppo tardi per chiedere la mia testa? -. È da quelle storie che trae la sua forza, le mille maschere che ha a disposizione da indossare.
-L'importante è che sia un figlio tuo e che sia maschio-
-No. Sarà una femmina. Lo sento. E sarà una Regina migliore di quanto io possa mai essere-
-Lo dubito. La gente pensa a te quando prega gli dei. Ti amano e ti acclamano-.
Amavano anche Daenerys dall'altra parte del mare, ma è un pensiero che Sansa tiene per sé. La successione non sarà un problema. Vista la mancanza di uomini a causa della guerra molte delle casate fanno capo a una donna e una delle prime cose che ha fatto durante il suo regno è stata assicurarsi che il Nord seguissi l'esempio di Dorne. Si eredità per età, non per sesso. Le donne non dovranno più essere sottomesse e ubbieidenti, incapaci di parlare e decidere per sé e per i loro cari.
Lei darà al Nord un solo erede dal momento che è l'unica cosa che deve a quegli uomini che per lei non hanno mai alzato un dito.
Arya annuisce, ma Sansa sa che non riesce a capire. Lei ha combattuto battaglie diverse ed essere la preferita di loro padre le ha permesso di avere, da bambina, libertà che lei poteva solo sognare.
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Capitolo 8 *** Lost in memory ***
I Bruti lo hanno seguito. Non è quello che si aspettava quando ha detto loro dell'accordo con la Regina del Nord e Jon, adesso, teme l'ira di Sansa. I Lord non saranno contenti di avere quelli che per milioni di anni hanno considerato nemici così vicini a loro, gli Umber in maniera particolare, ma spera che il buon comportamento dei Bruti, che si sono astenuti da razie e rapimenti, possa essere uno scambio equo per un accordo che non avrebbe nemmeno dovuto esserci.
Spera che sia così, perché ormai sa che Sansa non può difenderlo, che lo ucciderà se dovesse rivelarsi necessario e inevitabile. Non importa che lui abbia mantenuto la promessa, che se ne sia andato stando attento che nessuno lo vedesse, che non le abbia più chiesto nulla. Per il Nord è un traditore ed è solo la clemenza della Regina e la paura verso sua sorella a tenerlo in vita.
Girano voci strane, poi. Voci che riguardano un Principe per il Trono di Grande Inverno, un figlio di Lupo concepito sotto le stelle e la luna piena, destinato a grandi cose.
Dicono che la Regina sia incinta e che ormai non si preoccupi più nemmeno di nasconderlo, non dopo averlo detto ai suoi Lord, che hanno accettato di avere un erede figlio di Sansa Stark e di un amante occasionale. Lui invece sa che quel figlio è suo e il pensiero di non conoscerlo, di non poterlo abbracciare e baciare, di non poteggli insegnare nulla gli stringe il cuore. Ma non sarà avventato. Non lo metterà in pericolo reclamano un diritto che non ha, non costringerà Sansa a spezzarsi il cuore per mantenere la corona.
Si limita ad aspettare, ad ascoltare i pettegolezzi mezzi spezzati che giungono fino al Castello Nero e se Tormund gli lancia strane occhiate sempre più spesso lui le ignora. Basta che qualcuno abbia la conferma di qualcosa per distruggere il fragile equilibrio in cui vivono tutti loro. Sansa ordina che la cena venga servita nelle sue stanze, Arya e Gendry gli unici ospiti, una conversazione piacevole e leggera il prezzo da pagare per qualche scarso momento di tranquillità. Le cose vanno bene, per il momento, ma sa che non potrà durare. Con i Bruti dentro i loro confini qualcuno sarà scontento e i loro nuovi e indesiderati ospiti non sono propriamente da considerare civilizzati. Prima o poi verranno a lamentarsi per qualche razia e qualche donna rapita, per distruzione e macerie, e allora si potrà solo far sì che venga fatta giustizia e lei non ha alcuna intenzione di tirarsi indietro. Ha promesso di proteggere il suo popolo e se per farlo dovrà distruggere del tutto il suo rapporto con Jon, a spezzarsi il cuore malamente ricucito, lo farà con la grazia che l'ha sempre contraddistinta.
Arya intuisce che Sansa si sta perdendo nei meandri della propria mente e, senza dire nulla, le mette davanti la sua cena. La Regina ha congedato anche i servi ed è la giovane Stark a servire cibo e vino e acqua. Sono gesti con cui è familiare, imparati in fretta e furia e perfezionati tra un consiglio di guerra e una schermaglia verbale, tra domande studiate e mezze verità confidate e capite. Sansa ha imparato da Cersei, crudele e calcolatrice, la degna erede di suo padre, ma lei quel poco che sa del Gioco lo ha imparato direttamente da Tywin Lannister, che vedeva oltre le sue bugie e non ha mai agito di conseguenza, anzi le dava consigli su come migliorare.
Versa il vino con mano ferma, il corpo rigido, e la mente pronta e per un momento le sembra di essere ancora ad Harrenal, tra le macerie lasciate dai draghi e il sangue rosso Lannister che adorna le pietre ricche di storia. Harrenal fredda e soffocante, il suo primo campo di battaglia, la sua prima vera sfida contro un opponente degno di questo nome. L'uomo che teneva tra le mani i fili di Westeros, che aveva messo sul trono un numero considerevole di Re, che aveva impedito loro di distruggere il Reame, e aveva assistito impotente alle loro disfatte.
Ritorna alla realtà con un sospiro e un brivido magistralmente nascosto. Come sarebbe indossare il suo volto? Il volto del vero Leone, il suo primo maestro, per cui prova odio e ammirazione. È così che si sente Sansa nei confronti di Cersei? No, tra sua sorella e la Regina dorata c'è qualcosa di più profondo, nato dall'odio, dall'amore o dalla fiducia spezzata e tradita. Sansa ha paura di essere Cersei e si aggrappa con tutta sé stessa alla gentilezza che è sua fin da bambina. Lei non è Tywin Lannister. Lei agisce dove lui si sarebbe fermato, non ha la sua mente da stratega, ma ha passato i giorni a studiarlo e da lui ha imparato la pazienza e la lealtà a una casata ormai in rovina.
Sansa la guarda ma non fa domande. Ci sono cose di cui è meglio non parlare. |
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Capitolo 9 *** The shadow of the Lion ***
È andata a dormire con la testa piena di pensieri, ricordi che non ha ritenuto importanti da tempo, da quando, sola e senza famiglia, è scappata alla Casa del Bianco e del Nero. Tywin Lannister è tra quelli, anzi, è il primo, e in un momento è sommersa da emozioni che non sa gestire. L'addestramento di Jaqqen è un'arma a doppio taglio.
Ricorda le discussioni, le bugie svelate senza gentilezza ma mai usate per ferire, i complimenti che le rivolgeva a scapito dei suoi vassalli, uomini stupidi che di lui non avevano capito nulla. Le si stringe il cuore pensando che è stato lui il primo a cui ha parlato della morte di suo padre, ammantata di fantasia ma basata sulla realtà. Piange realizzando che Tywin Lannister è la cosa più simile a un padre che abbia avuto e allora decide che non ce la fa più, che Sansa non vuole parlare dei suoi fantasmi ma lei non è costretta a seguirla.
Sansa dorme tranquilla, il volto disteso e la bocca leggermente aperta. Illuminata dalla luna sembra quasi evanescente e Arya si sente un po' in colpa a svegliarla. Tuttavia lo fa lo stesso e adesso che sua sorella la guarda, pronta, attenta e preoccupata, si scopre incapace di parlare. Inizia a piangere e quando Sansa la stringe facendola sdraiare lei non protesta, non si scansa come avrebbe fatto da bambina, ma nasconde il viso nei capelli della sorella e finge che quelle che sta ricevendo siano le carezze della madre. Era da Lady Catelyn, infatti, che correva quando aveva avuto un incubo, il suo abbraccio quello che cercava le rare volte in cui ammetteva di essere spaventata.
Sansa non le mette fretta, la stringe e copre entrambe e Arya, premuta com'è contro il corpo dell'altra sente il suo ventre leggermente tondo. Non si vede ancora e il bambino non si muove ma c'è. Tra sette mesi le sale di Grande Inverno saranno piene di risate e loro avranno un motivo in più per mantenere la pace difficilmente costruita. Trae da quel bambino ancora al sicuro, ignaro del mondo e delle sue brutture, la forza che le serve per parlare,per confidarsi dopo essersi dimenticata come si fa, dopo aver passato la vita a credere che sia sinonimo di debolezza.
-Dopo essere fuggita da Approdo del Re sono stata ad Harrenal per un po'-. È poco più di un sussurro, una storia destinata solo alle orecchie di Sansa e non a quelle dei fantasmi che infestano la stanza, tra cui sa esserci anche loro padre che, sentendola, sarebbe tradito e disgustato.
Sansa non da segno di averla sentita, continua a carezzarle la schiena e resta in silenzio, pronta ad analizzare ogni singolo fiato uscirà dalla bocca della sorella.
-I soldati mi avevano scambiata per un ragazzo e questo era quello che credevano tutti all'interno della compagnia. Venivano scelti alcuni prigionieri a cui si cercavano di carpire informazioni con ogni mezzo possibile. Sarei potuta essere una di loro-. Si ferma e il silenzio perdura a lungo.
-Perché non è successo? - la invita a continuare Sansa. - Tywin Lannister mi ha scelta come sua coppiera. Stavo tutto il giorno con lui. Ascoltavo i suoi piani di guerra, sentivo le idiozie che proponevano i suoi comandanti, leggevo le sue lettere e pensavo ogni volta a un nuovo modo per ucciderlo e quando potevo lasciavo che quell'opportunità passasse-. Ha il fiatone come se avesse corso per un tempo indefinito e le lacrime sono tornate a rigare il volto. Non si accorge nemmeno di stringersi a Sansa con tanta forza da farle male. Altre cicatrici sul corpo martoriato di sua sorella.
-Lasciavo che l'opportunità passasse e trovavo sempre qualcuno da mettere prima di lui nella mia lista. Perché era gentile, mi permetteva di essere irrispettosa, aveva visto oltre le mie bugie e non le aveva mai usate contro di me e non liquidava tutto quello che dicevo come sciocchezze-. Aspetta ancora un momento e poi lo ammette-È stata la prima persona con cui ho parlato della morte di nostro padre. Non gli ho detto chi ero o come è successo, mi ero presentata come una ragazzina figlia di un muratore, non che lui ci avesse creduto, ma non è questo il punto-.
-Qual è il punto? -
-Che dovrei odiarlo e infatti lo odio. Ma è solo questo che dovrei provare, invece lo ammiro e gli sono anche riconoscente-.
Si aspetta che Sansa parli, che la consoli e la sgridi o la disprezzi. Invece sta in silenzio alla ricerca delle parole giuste e quando inizia a parlare lo fa senza guardare la sorellina.
-Ogni volta che Robb vinceva una battaglia venivo portata nella sala del Trono dove Joffrey ordinava alla sua Guardia di spogliarmi e picchiarmi davanti a tutta la corte. Non potevo ribellarmi e allora, una volta capito che implorare pietà non sarebbe servito, cercavo di mantenere qual poco di dignità che mi rimaneva-. Parla con voce incolore, la maschera non è mai stata così saldamente attaccata al suo viso. - Lui non mi picchiava mai direttamente. Sua madre gli aveva detto che un Re non picchia la sua Regina-. Aveva cercato di proteggerla da ciò da cui nessuno aveva protetto lei. - Tuttavia quando Cersei era in una stanza quasi non venivo degnata di uno sguardo e certamente nessuno alzava le mani su di me. In quei momenti ero sua più di quanto lo sarei mai stata di Joffrey-.
Non si sentiva certo al sicuro, mai lo sarebbe stata nel calore afoso del Sud, ma la presenza della Regina le donava qualcosa di prezioso: la calma e il tempo di riflettere. - A volte quando mi guardo allo specchio penso di vedere il verde al posto del blu, mi sento più leonessa che lupa. La odio, ma non posso negare che sono state le sue lezioni a tenermi in vita, è stata lei la prima a iniziare a fare di me una Regina, una giocatrice, e Ditocorto ha continuato un lavoro già iniziato-. A volte si chiede quanto tempo servirà prima che la chiamino Lady Lannister in faccia oltre che alle spalle.
Arya ascolta quella confessione inaspettata e il suo cuore batte un po' più forte all'idea di non essere sola.
-Diceva che gli ricordavo sua figlia-.
Sansa si morde le labbra prima di rispondere. Cersei non lo ha mai detto apertamente ma erano sufficienti alcuni commenti, le parole di altri nei suoi confronti, le lezioni impartite soprattutto mentre erano chiuse in una stanza ad aspettare la vittoria di Stannis o di Joffrey. Arya era Cersei da bambina, in disaccordo con la posizione delle donne nella società e con il desiderio di avere una spada al fianco.
Sansa bambina era Cersei da ragazza, quando era ancora in disaccordo sull'opinione che si aveva delle donne, ma aveva imparato ad usare la propria bellezza, e voleva sposare il Principe, avere i suoi figli e diventare Regina.
-Penso che Tywin Lannister, per l'idea che ho di lui, avrebbe apprezzato una donna dallo spirito ribelle. Sua figlia, però, gli serviva zitta e con la testa china, pronta ad obbedire-.
Nessuna delle due parla più. È una discussione che avrebbe numerosi sbocchi, tante cosa ancora da dire, ma ci sono segreti e certezze che è meglio tenere per sé.
Le parole di Arya si rincorrono nella sua mente, come un cane che si morde la coda. Immagina Tywin Lannister conversare con sua sorella, metterla alla prova e valutarla, infilzandola con gli artigli senza farle male, attento che quel gesto non venga scambiato per protezione.
Ha spesso pensato che, nonostante l'opinione generale, fosse Cersei la degna erede dei Lannister, vestita di porpora e adornata con l'oro, crudele e spietata e calcolatrice come suo padre. Tywin però era paziente e vedeva i difetti dei suoi figli, qualcosa che la Leonessa non era mai stata capace di fare.... No! Cersei aveva visto i difetti di Joffrey, li aveva provati sulla sua pelle, realizza ricordando le voci sul giovane Re che aveva schiaffeggiato sua madre davanti a tutta la corte. Il giovane Re che era il degno erede di Robert. Non aveva potuto fare nulla senza agire contro se stessa. Di lì a poco avrebbe perso anche Myrcella, partita per Dorne e destinata a non tornare, e Tommen era un bambino, dolce e ingenuo come sarebbe stato da adulto.
La Regina non poteva proteggere se stessa ma aveva provato a proteggere lei. Aveva provato a pregare per la vita di suo padre ed era stata sconvolta dal piano del figlio. Un'altra umiliazione davanti a tutta la città.
Eppure Tywin non l'aveva mai considerata se non quando era necessario che si sposasse, che desse al mondo altri bambini dai capelli biondi e gli occhi verdi, leoni pronti a ruggire e fare grande il nome della casata. In lei Tywin vedeva solo i difetti che in lui diventavano qualità, che lui poteva concedersi perché era un uomo e come tale comandava, perché non era imprigionato in una rete di sussurri e imposizioni e convenienze.
Il cuore le batte furioso nel petto se pensa che da bambina voleva essere così. Una dama vittima delle conseguenze e dei potenti, del volere di un padre che, per tutto il bene che avrebbe potuto volerle, l'avrebbe promessa al miglior partito, senza curarsi dei suoi sentimenti e dei suoi desideri. Lei con suo padre non aveva mai avuto un rapporto particolarmente stretto, preferendogli sempre la madre, come lui le aveva sempre preferito Arya. Cersei, invece, aveva passato la vita a cercare l'approvazione del padre senza mai trovarla e, probabilmente, come nel caso di Joffrey, era stata l'unica a piangerlo davvero. |
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Capitolo 10 *** The Ice Queen is kissed by fire ***
Ha passato l'ultimo mese, il terzo di una gravidanza che le ha reso gli occhi brillanti e pieni di stelle cadenti, aspettando che la calma si spezzasse. Non ha immaginato esattamente il modo e del momento in cui glielo avrebbero detto ha anticipato solo l'irritazione. I Bruti hanno rapito due ragazze, sparite nel buio della notte tra grida di terrore e disperazione e lei è irritata e anche delusa. Ha il ghiaccio sul viso e il fuoco negli occhi, la rabbia di Cersei che Jon ha già sperimentato e i Bruti non conoscono.
Gliela farà pagare, proteggerà la sua gente e ricucirà il suo povero cuore spezzato per l'ennesima volta. Impareranno che Sansa Stark mantiene le sue promesse ed è crudele con i nemici.
-Vuoi che venga con te? - le chiede Arya con cui i rapporti sono tornati gli stessi di sempre da quella conversazione che entrambe fanno finta non essere mai esistita, e lei scuote il capo. È una cosa che deve fare da sola e le sue guardie la sanno proteggere, le ha scelte lei personalmente, uomini del Nord fedeli solo alla loro Regina e di comprovata lealtà. - Deve esserci sempre uno Stark a Grande Inverno-aggiunge prima di partire alla volta del Castello Nero.
Galoppa veloce e senza fermarsi e quando entra, i suoi ospiti, i suoi nemici, sono radunati nel cortile come se non fosse accaduto nulla di grave, Tormund la guarda con un sorriso che non le piace. Pensa di avere la situazione sotto controllo, il povero folle coraggioso. Pensa che solo perché conosce il Nord conosca anche la sua Regina. Si aspetta la Sansa di sempre, fredda e distaccata, per questo, quando lei lascia ihl fuoco libero di bruciare, fa un passo indietro spaesato e spaventato.
Le giovani rapite sono davanti a lei, strette l'una all'altra e con lo sguardo basso,uno sguardo che Sansa conosce fin troppo bene.
-Dov'è Jon Snow? - chiede, la voce che si leva alta nel silenzio attonito che li circonda. Lo vede comparire, alto, fiero e con la colpevolezza scritta in volto. Lui ha garantito per loro e sa cosa starà per succedere. - Se non sbaglio avevamo un patto noi due. Un accordo da cui a trarre beneficio sarebbe stato solo il tuo popolo. Avete deciso di non rispettarlo. Dovete pagare le conseguenze della vostra follia-. Si rivolge a tutti adesso e si accorge solo in quel momento di essere vestita di giallo e che con i capelli rossi sciolti e mossi dal vento leggero sembra una Lannister.
Sorride internamente e senza darlo a vedere. Questi uomini non lo sanno, non possono conoscere i particolari della Guerra dei Cinque Re, delle Tre Regine, di Leoni, Lupi, Rose e Draghi, di fantasmi e peccati che si trascinano di generazione in generazione. Non sanno e questo toglie potenza al modo in cui si è presentata e allo stesso tempo è un vantaggio perché non le permette di essere paragonata a nessuno, fa sembrare la sua rabbia solo sua e per questo ancora più temibile.
-Giustizia sarà fatta- annuisce Jon, consapevole di non poter fare altro e se i suoi uomini si sentono traditi, a sua discolpa può dire di non aver mai dato loro false speranze, di non aver mai promesso di proteggere criminali, di aver detto chiaro e tondo che le offese sarebbero state punite.
Sansa li fissa con quei suoi occhi di ghiaccio brillanti di fuoco, le mani poggiate sul ventre curvo nell'atto di protezione più istintivo e inconsapevole.
-Lo farò io, Vostra Grazia- le annuncia e lei annuisce leggermente stupita. - Mi definiscono il loro Re e sta a me assicurarsi che la giustizia venga fatta rispettare e chi pronuncia la sentenza deve anche eseguirla-. Sansa annuisce e fa un passo indietro, il sole che illumina i capelli rendendoli fuoco, come quello che continua a brillare nei suoi occhi, la rabbia sorda che non è ancora svanita, che è ancora presente sotto la cenere.
La Regina di Ghiaccio baciata dal fuoco di quella vecchia canzone che le piaceva da bambina.
Torna a Grande Inverno senza degnare Jon di uno sguardo più del necessario e se le lacrime pizzicano i suoi occhi è colpa del sole, se il cuore batte all'impazzata è per l'agitazione di quella giornata, se le mani tremano è perché ha dovuto vedere altra morte quando pensava di non doverlo più fare.
Le due ragazze, due bambine in realtà, una deve avere l'età che aveva lei quando era partita per il Sud, l'altra un paio di anni in più, non hanno ancora parlato e tengono lo sguardo puntato verso il terreno.
Sansa le sta portando a Grande Inverno prima di restituirle alla loro famiglia e capire cos'è successo, intavolando un discorso inappropriato per le orecchie dei soldati.
Quando arrivano ordina di preparare un bagno e di dar loro vestiti puliti, poi le conduce nel suo studio, dove nessuno oserà disturbare. Scopre che si chiamano Myra e Lyarra, che sono due sorelle e che sono grate alla loro Regina per essere venuta personalmente a salvarle. Raccontano delle mani dei Bruti e degli insulti. Sansa stringe le mani a pugno e non sa descrivere l'ondata di sollievo che la invade quando Lyarra le dice che i loro rapitori non hanno fatto nulla perché Jon Snow stesso le ha prese sotto la sua protezione. Vorrebbe piangere di sollievo e un piccolo sorriso le incurva le labbra.
Le lascia andare con il cuore più calmo e stringe il ventre chiedendosi che mondo vedrà la sua bambina quando nascerà,pieno di pericoli e orrori. Vorrebbe tenerla dentro di sé, proteggerla come nessuno ha mai protetto lei e i suoi fratelli. Come farà ad essere innocente in una vita in cui l'innocenza è il peggiore dei pregi, una strada sicura verso la morte? Con quanta facilità una madre diventa spietata e crudele per proteggere i propri figli, che esempio potrà mai dare lei, che ha dovuto imparare da sola ed è incapace di emozioni spontanee, di non pensare sempre al dopo e sempre al peggio?
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Capitolo 11 *** Irene ***
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