Shake - Earthquake

di flyerthanwind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tettonica a zolle ***
Capitolo 2: *** La scossa ***
Capitolo 3: *** The end ***



Capitolo 1
*** Tettonica a zolle ***


«... Dunque, le scosse sono sia sussultorie che ondulatorie ed è normale che si sposti la faglia. Questo fenomeno è conosciuto come tettonica a zolle».

Un paio di risatine si sollevarono dal fondo della classe, probabilmente stupiti di come un fenomeno geologico potesse portare il nome simile all'organo sessuale femminile secondario.

Rose, da parte sua, non ci trovava nulla di divertente. Anzi, si riteneva abbastanza soddisfatta di ricordare tutto quello che la professoressa aveva spiegato con la sua vocina stridula non appena era entrata nell'aula. Le sfuggiva solo il nome del fenomeno e per questo era stata costretta ad ascoltare la spiegazione per tutta l'ora.

Jeff, dal banco accanto al suo, sussurrò qualcosa al ragazzo dietro di lui rivolgendogli un sorrisino tutt'altro che innocente.
Jeff Morgan era il suo compagno di banco da circa dieci anni. Si era trasferito nella casa accanto la sua quando aveva appena sette anni poiché i genitori avevano problemi economici e lavorativi, ed erano diventati subito migliori amici. Avevano fatto in modo che capitasse in classe con Rose e in breve tempo si era fatto il triplo dei suoi amici.

Jeff era una personcina aperta, socievole ed estroversa anche da bambino, per questo sembrava quasi si completasse con la timida e misantropa Rose. Spesso lui trascorreva i pomeriggi in casa dei vicini, dato che i genitori erano troppo impegnati a lavorare fino a tarda sera per dargli retta. Non che non gli volessero bene, sia chiaro, solo che spesso e volentieri erano costretti a trattenersi in ufficio più del dovuto. Per fortuna anche tra le due famiglie si era instaurato un buon rapporto, per cui i genitori di Rose non avevano problemi ad ospitare Jeff.

Contrariamente a quanto si possa credere, la loro amicizia era tutt'altro che platonica. All'età di nove anni Jeff aveva baciato Rose e lei lo aveva respinto, rifiutando di giocare con lui per una settimana. A quel punto erano intervenuti i genitori, ignari dell'accaduto e sospettosi di qualche futile litigio, che avevano provveduto a farli riappacificare.

Più tardi, all'età di quattordici anni, Jeff si era trovato la ragazza. Una testa calda della sua stessa età che a Rose non andava proprio a genio. Un giorno, mentre erano a casa, Rose aveva baciato Jeff e lui l'aveva scansata, sottolineando il fatto che fosse fidanzato. Rose era estremamente orgogliosa per ammettere che voleva farli lasciare, così campò in aria la scusa che voleva solo allenarlo per quando avrebbe dovuto baciare lei. Inutile dire che il giorno dopo la coppietta aveva rotto, con somma soddisfazione della ragazza.

Rose non aveva avuto dei fidanzati, considerava i ragazzi della sua età estremamente immaturi per poter godere della sua compagnia, indi per cui Jeff aveva avuto solo alcune occasionali occhiate da maschio per essere geloso.

Naturalmente nel corso degli anni erano cambiati entrambi. Rose non era più la bimba cicciottella che si nascondeva dietro le spalle del piccolo Jeff quando i compagni li prendevano in giro sostenendo che fossero fidanzati. Jeff, d'altra parte, non era più il bimbo che proteggeva col corpo la sua piccola migliore amica sperando di ricevere come premio un piccolo bacino quando nessuno avrebbe potuto vederli. Il loro rapporto, però, era rimasto invariato.

Sebbene fossero cresciuti e avessero personalità molto diverse continuavano a volersi un bene immenso. Rose aiutava Jeff con i compiti almeno tre volte la settimana e lui ogni week-end la trascinava a una festa diversa. La madre di Rose non era propriamente contenta che la figlia diciassettenne tornasse a casa alle due del mattino almeno una volta al mese, ma quando si rintanava in camera a leggere e studiare quasi pregava che Jeff la allontanasse dai libri.

Era l'unico a riuscirci. Diceva sempre che aveva una pessima influenza su di lei, ma continuava a salutarlo con l'abbraccio più caloroso di cui fosse capace ogni volta che varcava la porta di casa. Se solo avesse saputo che la figlia fuggiva da quelle feste a gambe levate non appena Jeff si intratteneva a parlare con qualche ragazza per chiudersi in macchina a leggere.

Anche dal punto di vista fisico erano molto cambiati. Rose era diventata una donna slanciata di un metro e settanta dalle forme prosperose e giusto qualche chilo di troppo. I riccioli biondi le ricadevano fin sotto le spalle e gli occhioni marroni brillanti le donavano un’aura di dolcezza che difficilmente passava inosservata.

Jeff, d'altro canto, era uno sportivo il cui unico muscolo meno sviluppato era il cervello, ma solo perché non aveva mai voglia di applicarsi. La sua zazzera di capelli corvini aveva iniziato ad essere tale quando suo madre non aveva più potuto metterci le mani e i suoi occhioni verdi gli illuminavano il viso. Sembrava un bambino nel corpo di un giocatore di basket di un metro e novanta, ma un leggero strato di barba iniziava ad ombreggiargli il viso.

Come di consuetudine, i due stavano tornando a casa a piedi dopo la fine delle lezioni e Jeff le stava ampiamente spiegando come il fenomeno della tettonica a zolle potesse essere collegato all'atto sessuale.
«Pensaci Rosie, i movimenti sussultori e ondulatori potrebbero essere assimilati ai movimenti del letto e dunque il movimento delle faglie...» si apprestò a spiegare con rinnovato interesse mentre Rose scuoteva la testa, rassegnata.

«Non verrò a letto con te per dimostrartelo, Jeff» sibilò sorridendo all'amico, colto con le mani nel sacco. Non era nuovo a proposte del genere, ma Rose si era rassegnata al fatto che il suo migliore amico a volte sembrasse più un menomato mentale che un ragazzo di diciassette anni non più vergine quasi per miracolo.
Era successo a una delle feste a cui aveva preso parte anche Rose. Lei stava tentando di allontanare un compagno di scuola particolarmente molesto mentre il suo migliore amico si stava divertendo con la padrona di casa in una stanza imprecisata della sua immensa villa. Naturalmente lei l'aveva mollato subito dopo aver smaltito la sbronza, il giorno seguente.

«Ma dai, perché no? Meglio perdere la verginità con un amico» continuò imperterrito dato che ormai era stato colto in flagrante.

«Perché no» ribadì Rose con un sorrisetto. Erano quasi arrivati a casa e lui continuava a girarle intorno per esporle le strane idee che gli ronzavano in testa. Se non lo conoscesse da qualcosa come dieci anni avrebbe avuto timore per la propria incolumità data la sua insistenza. Ma d'altronde era stato lui a insegnarle a difendersi.

D'un tratto le allacciò le braccia intorno alla vita e la fece volteggiare sul marciapiede, come si fa con i bambini. Rose rise di gusto e osservò i passanti guardarli come se fossero due ragazzi scappati da un istituto psichiatrico.
La madre di Rose osservava divertita la scena dietro la finestra della propria abitazione. Aveva sempre pensato che quei due fossero un po' matti, quando stavano insieme. D'altra parte non riusciva a spiegarsi come Jeff prendesse dei voti alti solo quando studiava con Rose e come Rose uscisse di casa solo per stare con Jeff. Supponeva che non l'avrebbe capito mai.
La donna guardò indispettita i due che entravano a casa dei Morgan pensando che Rose sapeva benissimo che alle due c'era il pranzo. Si premurò di farglielo notare se non fosse arrivata a casa puntuale e si allontanò dalla finestra.

Jeff l'aveva letteralmente trascinata all'interno dell'abitazione, lontano dagli sguardi curiosi, mentre la ragazza era ancora in preda alle risate. La sollevò delicatamente per farla sedere sul piano cucina in modo che fosse più alta. Raramente Rose riusciva a guardarlo dall'alto in basso e gli rivolse un sorrisino compiaciuto mentre incrociava braccia e gambe con aria di superiorità.

«Dunque, Morgan, che vuoi?» domandò inarcando le sopracciglia per sottolineare la sua posizione.
Per tutta risposta Jeff la baciò delicatamente sulle labbra, facendola sussultare. Non era la prima volta che si baciavano, ma non se l'aspettava. Volò giù dal piano cucina reggendosi alle spalle del ragazzo, che l'accompagnò tenendole la vita. Si guardarono un po' intimoriti per qualche secondo, poi Jeff sciolse la tensione con un ampio sorriso.

Per un attimo, solo un attimo, Rose sperò che non fosse mai successo e contemporaneamente che ricominciasse a baciarla, ma era arrivata l'ora di pranzo e non voleva farsi fare una ramanzina da sua madre.

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Capitolo 2
*** La scossa ***


Ogni volta che Jeff pensava di propinarle l'invito a una festa, Rose cercava invano di rifiutare; alla fine lui la convinceva, sempre. Questa volta però, doveva pensare a una scusa da propinare ai suoi genitori. La festa, infatti, si sarebbe svolta a casa di Jeff, dato che i Morgan erano fuori per questioni lavorative.

Stava scendendo le scale ripetendo la balla sul fatto di dover studiare dai vicini quando trovò entrambi i genitori seduti al tavolo della cucina. Marisol, la sorellina di tre anni, stava giocando sul tappetto sotto gli occhi vigili del gatto Sun.

«Io...» esordì incerta, fissandosi i piedi. «Vado a studiare con Jeff».

«Uh, e vai a studiare con le scarpe alte?» domandò il padre squadrandola da capo a piedi. A quei due non sfuggiva mai nulla, a partire da quella volta che un ragazzo le aveva lasciato un  biglietto nell'armadietto a quando aveva passato l'intero pomeriggio a giocare a basket con Jeff e non aveva fatto i compiti.

«Beh...» provò a giustificarsi inventando una scusa plausibile.

«Sai, Camille mi ha chiamato stamattina» la interruppe la madre. «Ha detto che stanotte Jeff sarebbe stato da solo in casa e che sicuramente avrebbe dato una festa. Ne sai qualcosa?» domandò con occhio indagatore. Lo sguardo colpevole che assunse parlava certamente più dell'occhiata eloquente di suo padre.

«Ci ha chiesto di controllare che non faccia saltare in aria la casa e che non arrivi la polizia, pensi di poterci dare una mano?».

Gli occhietti brillanti di Rose si illuminarono. Felice che non l'avrebbero messa in punizione per essere complice del suo migliore amico dipendente dai festini, Rose sorrise cordialmente e si avviò verso la porta.

«I libri puoi lasciarli qui» disse il padre alludendo allo zaino che portava ancora sulle spalle.

Mollò lo zaino mentre Marisol domandava a sua madre il motivo per cui la sorella poteva stare fuori tutta la notte mentre lei non poteva nemmeno guardare i cartoni fino a tardi. Le venne da sorridere pensando a quanto fosse bella la sua famiglia, non avrebbe mai voluto che si dividessero.

Il vialetto di casa Morgan era illuminato da candele profumate e la musica ad alto volume si sentiva nonostante fosse tutto sigillato. Tirò la maniglia pensando che Jeff non avrebbe mai chiuso a chiave, e infatti non si stupì di essere inondata da un forte odore di alcool e adolescenti in atteggiamenti poco consoni. Sgomitò tra la folla per poter trovare un angolino in cui starsene tranquilla a controllare la situazione quando fu letteralmente strattonata da quel bestione di un metro e novanta.

«Ciao Rosie! Tutto bene?» domandò, cercando di nascondere la preoccupazione sotto un velo di ironia. Pessima idea da parte sua.

«Lo sanno» ammise Rose con molta tranquillità, «Gliel'ha detto tua madre stamattina. Sei decisamente prevedibile» concluse con una pacca sulla spalla.

Anche Jeff sembrò rilassarsi, poi la trascinò quasi di peso al centro della calca e prese a ballare con lei. Erano abbastanza ridicoli dato che nessuno dei due sapeva danzare e si muovevano freneticamente in preda alle risate. In effetti, più che ballare, si stavano sbellicando dalle risate.  Quella fu probabilmente la prima festa a cui partecipò dall'inizio alla fine, dato che Jeff non la mollò neanche un secondo.

Verso le quattro, quando gli invitati erano andati tutti via e loro due se ne stavano spaparanzati sul divano, decisero arbitrariamente che non era il caso di mettere in ordine a quell'ora, così andarono a dormire.

«'Notte Jeff» sussurrò Rose mentre si alzava dal divano.

«'Notte Rosie» rispose Jeff a fior di labbra, facendole passare improvvisamente il sonno. Peccato che quella non fu una buona notte per nessuno.

Rose si stava per infilare sotto le coperte quando udì un sordo boato. Non se ne preoccupò inizialmente dato che spesso immaginava le cose quando era assonnata, ma il tremolio che seguì subito dopo la riscosse. Quello certamente non se lo stava immaginando.

Rimase immobile per una manciata di secondi riflettendo su cosa diamine stesse succedendo e sul perché la sua libreria sembrasse molto più attratta dal pavimento che dalla parete. Fu in quel momento che realizzò, mentre il tremolio diventava più forte e i primi libri iniziarono a cadere.

L'istinto primario di sopravvivenza le fece svegliare in malo modo Marisol. Era troppo piccola per rendersi conto da sola di quello che stava accadendo. Corse in camera dei suoi genitori con l'intento di svegliarli ma si incontrarono a metà del corridoio. La madre aveva la faccia peggiore che le avesse mai visto, e gliene aveva viste molte. A confronto, quella volta che beccò Marisol a colorare sulla parete appena pittata era sorrisino benevolo. Suo padre, d'altro canto, sembrava mantenere apparentemente la calma.

La piccola di casa aveva iniziato a piangere e si era rifugiata tra le braccia del suo protettore mentre si avviavano per le scale. Rose sapeva che era una pessima idea e che le scale sarebbero precipitate a momenti, ma non c'era altra via d'uscita. Se avessero aspettato i vigili del fuoco probabilmente sarebbe stati ritrovati sotto qualche letto o qualche architrave, e al momento non le sembravano così sicuri.

Sua madre stava blaterando qualcosa a proposito di dover assolutamente prendere delle cose, ma il fatto che si trovasse esattamente dietro di lei doveva averle fatto cambiare idea. Era consapevole che Rose non l'avrebbe mai lasciata sola per seguire il padre. Esitò solo un momento prima in imboccare la scalinata su cui si intravedeva solo la testolina di Marisol con le manine sulla testa per proteggersi e il viso al sicuro sulla spalla del padre per non dover vedere nulla, ma fu fatale.

Nel momento in cui poggiò in piede precipitò assieme alla scalinata, lasciando Rose impietrita. Guardava la scena immobile, senza fiatare, temendo che se avesse anche solo respirato sarebbe stata risucchiata dalla voragine che si era appena presa sua madre. Sperò con tutta se stessa che almeno suo padre e sua sorella fossero già al sicuro, all’esterno dell’abitazione.

Solo quando divenne tutta rossa e si sentì svenire liberò nuovamente i polmoni, ispirando aria e polvere, principalmente. Si riscosse, cercando di togliersi dalla testa l'immagine della madre che precipitava di sotto -l'urlo strozzato che le era uscito e le mani tese verso l'alto, a voler afferrare qualcosa che non aveva trovato, perché non c'era nulla che potesse afferrare nella discesa verso linterno della terra. Le sembrò ancora di vedere i capelli della donna quando si allontanò da quelle che erano state le scale schivando pezzi di cristalliera che vorticavano nel corridoio.

Sentì qualcuno urlare a gran voce il suo nome e in un primo momento pensò fosse il padre. Quando si avvicinò alla finestra, però, -le orecchie ovattate e una strana sensazione di star fluttuando- scoprì che quello che la chiamava a gran voce non era altri che Jeff. E prima che i suoi «Rosie» potessero apparirle sempre più lontani si lanciò di sotto.

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Capitolo 3
*** The end ***


Orde di psicologi, negli anni, hanno dovuto lottare contro gli istinti suicidi. La situazione più comune era il volersi lanciare dalla finestra. Orde di psicologi hanno dovuto combattere con depressi di vario tipo per impedire loro di lanciarsi perché c'è sempre un'altra via d'uscita; ma quella era una situazione diversa.

Rose non voleva uccidersi, non ne aveva la minima intenzione. Se lo avesse voluto avrebbe seguito sua madre nella tromba delle scale o si sarebbe fermata in casa, aspettando che qualcosa le crollasse addosso. Rose non voleva morire, e quell'ultimo anelito verso la vita avrebbe potuto spezzargliela.

Si era lanciata dal secondo piano, né troppo alto né troppo basso, le probabilità di sopravvivenza erano considerevoli. Peccato non aver calcolato che ci fosse un terremoto in corso e che gli edifici sembrassero fatti di cartapesta. Era caduta slogandosi una caviglia, una diagnosi ottima se si considera l'opzione morte; infine, nel tentativo di fuggire, era passata troppo vicino a una casa traballante e qualcosa le aveva colpito la testa.

Quando, circa sei ore dopo, si risvegliò in ospedale, scoprì al suo capezzale un terrorizzato Jeff che si teneva la testa tra le mani. Il primo istinto fu quello di abbracciarlo, grata di trovarsi accanto un volto familiare, ma fu investita da un mal di testa lancinante e trattenuta da aghi infilate nelle vene non appena provò a mettersi a sedere.

«Oddio grazie» sussurrò il ragazzo guardandola negli occhi. Si accorse in quel momento di avere un sondino nel caso e che chiaramente qualcosa non andava. Non era solo svenuta, non poteva. Si guardò intorno per riconoscere l'ambiente ma le tende erano tirate e dal caos che si sentiva all'esterno doveva trovarsi vicino a un cantiere aperto.
Non sapevo ci fosse un cantiere dietro l'ospedale...

Fu in quel momento che realizzò.

Quello non era l'ospedale a cui era abituata, probabilmente era all'aperto, e i lavori erano conseguenza del terremoto.
Si era lanciata da una finestra e un detrito l'aveva colpita, una volta a terra. Jeff si era rifiutato di spiegarle qualcosa in più, ma dalla faccia sconvolta che aveva doveva essere un detrito piuttosto grosso.

Di sua madre non si sapeva nulla. Suo padre era stato allontanato con la forza da casa loro dato che non sapeva nemmeno quando esattamente fosse caduta. Non sapeva nulla eppure stava per rientrare in casa e salvare la parte restante della sua famiglia.

Marisol non parlava più e i genitori di Jeff, arrivati poco dopo l'accaduto, se ne stavano occupando mentre il padre gironzolava tra le case nella speranza di sentire qualcosa. Qualsiasi cosa. Un grido, un tonfo, un sibilo, uno spostamento d'aria. Un motivo per far credere ai soccorritori che lì ci fosse qualcuno da salvare.
Aveva iniziato lui stesso a spostare le macerie della loro abitazione, ancora in piedi ma troppo danneggiata per risultare agibile.

Non aveva più nulla. Nulla.
Sarebbe stata sistemata in una tenda di quelle che ti danno giusto per poterti nascondere mentre piangi. E lei non voleva. Ne era terrorizzata.

Jeff parve leggerle nel pensiero perché le sorrise cautamente, dicendo: «Non preoccuparti, piccola Rosie, ho minacciato chi di dovere per farti stare in tenda con noi».

Rose sorrise di rimando alle sue parole mentre gli occhi luccicanti la riportavano ai tempi andati, quando Jeff la difendeva a spada tratta dagli altri bambini. E decise che andava bene così. Che suo padre si adoperasse per ritrovare sua madre, che Marisol stesse con gli adulti e che lei potesse riposarsi, cullata dolcemente dalle braccia di Jeff.

Era tutto distrutto, ma il momento era quello giusto.

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