Personaggi senza storie

di Mr Lavottino
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Duncan e Courtney ***
Capitolo 2: *** II - Dawn e Scott ***
Capitolo 3: *** III - Noah ed Emma ***
Capitolo 4: *** IV - Trent e Cody ***
Capitolo 5: *** V - Duncan, Zoey, Gwen e Mike ***
Capitolo 6: *** VI - Troppi. ***
Capitolo 7: *** VII - Noah ed Ezekiel ***
Capitolo 8: *** VIII - Heather e Gwen ***
Capitolo 9: *** IX - Tutti. ***
Capitolo 10: *** X - Gwen, Zoey, Tyler e Leshawna ***



Capitolo 1
*** I - Duncan e Courtney ***


Duncan, seduto scomposto su una sedia, osservò il fumo della sua sigaretta disperdersi nell’aria con sguardo distratto. Teneva gli occhi, quelle due biglie azzurre che si ritrovava incastonate in faccia, fissi contro un punto indefinito della stanza bianca e vuota in cui era confinato.
Negli ultimi mesi il suo quantitativo di lavoro era calato nettamente, tanto che passava numerosi giorni all’interno di quelle “quattro mura” senza fare nulla, se non aspettare che la grossa  porta di servizio alle sue spalle si aprisse.
Prese un altro tiro dalla sigaretta e lasciò lentamente uscire il fumo grigiastro dalla bocca semiaperta. Assaporò con noncuranza il sapore amarognolo della nicotina e poi sospirò, pensando quanto fosse noiosa la sua vita.
Era diventato il giocattolo di un gruppo di ragazzini che si divertivano a definirsi scrittori, ma che in realtà non avevano la minima idea di come scrivere neppure una riga.
Ricordava ancora quando il reality era appena finito e lui, da buon personaggio principale, veniva utilizzato da tutti gli “scrittori” per interpretare i ruoli più disparati: dal villain al buon samaritano, dal ladro al mago. Aveva spesso preso parte a delle storie belle ed avvincenti delle quali andava fiero, ma non poteva dimenticarsi di quelle terribili alle quali era stato obbligato a partecipare.
- Andiamo Erika, ma che diavolo è stà roba? Mi vuoi davvero umiliare in questo modo?- diceva Duncan ad Erika, la sua manager, con tono lagnoso nella speranza che si decidesse, per una buona volta, a rifiutare quell’incarico.
- Conosci la politica aziendale: accettiamo tutte le storie di tutti gli autori. Questo posto serve ai giovani scrittori per crescere ed imparare le basi del mestiere.- replicava sempre lei, portando Duncan a storcere gli occhi.
Il tempo era passato e lui aveva imparato a lavorare a qualsiasi tipo di storia, dalle belle alle brutte, senza battere ciglio, perché con l’andare avanti del tempo il numero degli scrittori era sceso sempre di più e Duncan aveva capito che avrebbe dovuto accettare anche i ruoli più umilianti se voleva sopravvivere in quella giungla.
Sospirò con forza scuotendo la testa e gettò da qualche parte il mozzicone della sigaretta, che sparì all’istante dissolvendosi come il fumo.
- Che maleducato! Non hai il minimo rispetto per l’ambiente.- una voce alle sue spalle lo portò a voltare la testa di scatto.
- Courtney, si può sapere che ci fai qui?- sbuffò e, dopo essersi girato con il corpo verso di lei, accennò ad un leggero sorriso.
- Sono passata a trovarti. Ultimamente il lavoro è poco, quindi ho molto tempo libero.- la bruna schioccò le dita e fece apparire una sedia.
- Se perfino io ho questa carenza di lavoro figuriamoci voi. Deve essere parecchio noioso, vero?- chiese Duncan, appoggiando la testa contro lo schienale della sua sedia.
- Puoi dirlo forte. I più famosi se la cavano con comparsate qua e là in qualche storia che non verrà mai finita.- Courtney si mise a sedere sulla sedia imitando la postura del ragazzo. Non le si addiceva quel modo rozzo di sedersi, ma era talmente spallata che non gli dava importanza.
- Merda.- Duncan si portò un pugno sulla fronte – Come siamo arrivati a questo punto?- domandò, seppur in cuor suo sapesse già la risposta.
- Il nostro tempo è finito, tutto qui. Ringrazia che siamo durati per tutti questi anni, ci sono delle categorie che non hanno nemmeno un decimo delle nostre storie.- sospirò Courtney.
- Già.- Duncan non riuscì a dire altro. Rimase in silenzio per un po’, finché la sua testa non si perse nei ricordi lontani di quando lavorava ventiquattro ore su ventiquattro – Ti ricordi quando ci hanno fatto partecipare a quella storia sui campi di concentramento? Come si chiamava? Priz… prinz.. pre…-
- “Prinzessin”.- lo imboccò lei – Che bella storia, è la più famosa del sito. - Courtney si abbandonò ad un sorriso nostalgico.
- Vero, è un onore averne fatto parte.- Duncan sorrise e gonfiò il petto, facendola ridere.
- Ti ricordo che eri l’antagonista principale della storia e che tutti ti odiarono dopo averla letta.- il volto del punk passò dal divertito al triste in pochi istanti.
- Cavolo, è vero! Mi avevano preso per un animale senza cuore.- si grattò la fronte e ripensò alle crudeltà che era stato costretto a fare in quella storia.
- Hai ucciso un migliaio di ebrei e stuprato una povera ragazzina, potevi anche aspettartelo.- Courtney alzò le spalle.
- Che ne sapevo? Mica l’ho scritta io. - Duncan si limitò a sbuffare.
- Se è per questo non lo sapeva nemmeno l’autrice che l’ha pubblicata. Era una storia scritta in inglese che una volenterosa ha tradotto.- la castana tirò su il collo con fare altezzoso.
- Ecco che ricomincia a fare l’enciclopedia umana. - Duncan roteò gli occhi, facendola arrabbiare.
- Ehi, non dire così! È stato il mio più grande successo, è normale che ci sia affezionata. Ovviamente senza parlare del sequel, se ci penso mi vengono ancora i brividi.- posò le mani incrociate sulle spalle ed iniziò a tremare.
- Fare una storia in cui due morti si rincontrano in paradiso non è stata una grande idea, vero?- il punk la guardò con un sorrisetto in volto.
- Per niente.-
- Dai su, non abbatterti. Abbiamo fatto anche altre belle storie.- la consolò Duncan.
- Sì, come ad esempio quella che è stata aggiornata di recente, “Love me Always”. Non ci speravo più, ma alla fine siamo andati avanti!- Courtney batté le mani.
- Speriamo la finisca, di questi tempi sono ben poche le storie che trovano un degno finale. Tipo quella storia in cui io ero stato portato nel futuro perché tu eri diventata una dittatrice senza pietà dopo che ti avevo lasciato.- disse Duncan, conscio di quanto lei la odiasse.
- Oh, quella sono contenta non sia finita! Mi ritraeva come un mostro senza scrupoli.- la sua risposta non si fece attendere.
- Touché, ti capisco. Però non puoi negare che fosse geniale.-
- Beh, sì, era un’ottima idea. - Courtney si prese una breve pausa – Tuttavia non sono d’accordo, il ruolo di cattiva spetta sempre a me e mai a Gwen!- portò le braccia al petto e mise il broncio.
- Mi pare il minimo, nella serie hai dimostrato di essere parecchio suscettibile. Sei una villain con i fiocchi.- la punzecchiò Duncan, con un sorrisetto in volto.
- Che significa!? Fino a prova contraria sono una delle più amate del cast. – alzò nuovamente il collo, cercando di darsi un tono.
- Su questo non ho dubbi, nella sezione è pieno di tue storie. Anche se nemmeno una è finita.- sentendo quelle parole, Courtney scattò sull’attenti.
- Non è colpa mia se gli autori non hanno voglia di finire ciò che iniziano.- batté le mani sulle cosce e girò la testa di scatto.
- Eppure quelle mie e di Gwen hanno quasi sempre un finale. Ti ricordi “Choose what your heart suggests”? Oppure “Desert_Zone” o “La fine del mondo…”, sono tutte belle storie con una discreta conclusione. Inoltre hanno una bella trama.-
- Sì, sì. Guarda che anche le storie in cui compaio io hanno una bella trama! È solo che - Courtney si interruppe a metà discorso.
- È solo che?- la incalzò Duncan, vedendola in difficoltà.
- È solo che gli autori crescono e non sempre riescono a finire ciò che iniziano.- la castana sospirò.
- Hai ragione. Però dai, ogni tanto si vede qualche One-shot interessante, quelle hanno sempre una conclusione.- Duncan provò a tirarla su di morale.
- Ultimamente ne sono uscite tante su Chris, vero?- Courtney appoggiò la testa sullo schienale della sedia con sguardo abbattuto.
- Se lo meritava un momento di gloria, non credi? In una delle ultime storie in cui era apparso aveva il ruolo di un pedofilo, non fece una gran bella figura.- Duncan rise di gusto, contagiando anche l’altra.
- Sì, è vero. Pensare che “The Bus” sia stato un grande successo mi fa diventare furiosa.- sbuffò Courtney.
- Ce l’hai ancora con le storie ad OC?- il punk la guardò stranito. Era sin dal primo momento in cui erano state concepite che Courtney le aveva attaccate a spada tratta, convinta che non facessero altro che “uccidere” le loro già poche possibilità di lavoro – Eppure in una delle ultime hai fatto una comparsa.-
- Parli di “Moonlight Camp”?- ottenne un cenno positivo con la testa – Certo, come no. Al contrario tuo, che sei stato il protagonista, io non ho avuto nemmeno una battuta, giusto qualche citazione qua e là. -
- È già qualcosa, non credi?- ironizzò Duncan.
- No!- Courtney dette un colpo alla sedia – Che diavolo ha in testa quell’autore? Non fa altro che pubblicare storie su te e Zoey, oltre che sfornare annualmente delle storie ad OC del cavolo.-
- Io non posso lamentarmi, grazie a lui sono riuscito a tornare per un bel po’ sulla cresta dell’onda e se non sbaglio anche tu in “The Getaway” hai avuto un ruolo abbastanza importante.- le ricordò Duncan.
- Sì, hai ragione.-
- Vabbè, lasciamo stare questo discorso. Hai più sentito gli altri? – Duncan decise bene di passare all’argomento successivo.
- Sì, più o meno siamo tutti nelle stessa situazione. Giusto Dawn e Scott hanno sempre delle long in cui lavorare. – sbuffò Courtney.
- Ho notato che anche Heather ed Alejandro sono tornati alla ribalta. –
- Beh, era anche l’ora. Sembravano caduti nel dimenticatoio. – la castana si stiracchiò la schiena e poi lasciò cadere la testa all’indietro.
- Andiamo, Court, non essere triste, prima o poi le cose miglioreranno. – Duncan cercò di tirarla su di morale.
- Sicuramente, con un programma morente che ha pensato bene di suicidarsi facendoci diventare bambini dell’asilo. – ironizzò lei. Duncan sapeva bene quanto Courtney disprezzasse le ultime direttive che i loro superiori avevano scelto – Non ne ho vista nemmeno una di storia su di noi da marmocchi. – aggiunse, per poi incrociare le braccia.
- Quella è stata una bella stronzata, te lo concedo. – anche Duncan la pensava come lei, seppur ormai si fosse fatto una ragione. Nulla poteva abbatterlo più dell’umiliazione che gli avevano inflitto nella quinta stagione, con quel cambio di carattere completamente a caso che, per di più, non avevano nemmeno portato ad una conclusione.
- Maledetti, avrebbero dovuto fare un’ultima stagione fatta per bene. – Courtney colpì con violenza la sedia. Fece per continuare, ma qualcosa nelle sue tasche squillò – Pronto? Oh, sì, vengo subito. –
- Lavoro? – Duncan le rivolse un’occhiata di soppiatto.
- No, qualcuno mi ha cercato nella barra delle ricerche, devo andare. Ci vediamo. – lo salutò muovendo leggermente la punta delle dita e rivolgendogli un sorrisetto spento.
Duncan la guardò andare via nel più completo silenzio.
- Che poi, dopotutto, potrebbe essere una storia anche questa. – sussurrò, prima di affondare la testa fra le braccia. Trasse un grosso respiro e, all’improvviso, sentì il cellulare vibrare.
- Pronto, Duncan? – una calda voce femminile, che conosceva fin troppo bene, gli arrivò alle orecchie.
- Dimmi tutto, Erika. – un sorriso si dipinse sul suo volto.
- C’è del lavoro per te. – disse la segretaria.
- Fantastico. – sussurrò lui, per poi osservare l’enorme portale che appariva davanti ai suoi occhi.
 
ANGOLO AUTORE:
Che cos’è questa storia? Il delirio di un maturando che ha fatto da poco Pirandello, ecco cos’è. Diciamo che mi sono immaginato Efp come una grossa industria che “presta” i personaggi agli autori.
Metto le mani avanti dicendo che questa non è una critica verso l’inattività del fandom o altro (anzi, ho spiegato all’interno della storia anche il motivo per cui secondo me siamo finiti in questo stato) inoltre ci tengo a chiedere scusa agli autori delle storie citate nel caso gli abbia dato fastidio, non era assolutamente mia intenzione, volevo dare un tocco di realismo alla storia.
Detto ciò, parliamo un po’ di futuro! Vista la grossa emergenza CoronaVirus, c’è la possibilità che questa estate me la passi a casa, perciò… boh, pensavo che, forse, potrei buttare giù una storiella ad OC. Vedrò in futuro, non vorrei fare la fine della precedente, LOL.
Comunque sia, per concludere, vi ringrazio per aver letto questa storia e vi auguro una spassosissima giornata a casa!!!

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Capitolo 2
*** II - Dawn e Scott ***


Nel momento in cui aveva preso parte alla quarta stagione del reality, Dawn non si sarebbe mai aspettata di riuscire a ritagliarsi un ruolo così importante all’interno delle storie del sito, eppure era divenuta, in poco tempo, uno dei personaggi più popolari.
Tutto ciò era strano, vista la sua presenza a poco più di cinque episodi nella serie, però la cosa su cui spesso si soffermava a pensare era il motivo di tutta quelle popolarità: Scott.
C’era da dire che lei rappresentava alla perfezione l’ideale di personaggio strambo e misterioso che piaceva alle masse, tanto che molti fan del programma la trovavano intrigante e la vedevano sotto una luce che la produzione non si sarebbe mai sognata di darle, eppure Dawn ben sapeva che senza Scott non sarebbe mai arrivata a quei livelli.
La loro relazione, completamente infondata e priva di una qualsiasi linea logica all’interno del programma, aveva garantito ad entrambi una fama continua che, anche in quei tempi di crisi, non si era mai spenta.
In particolare, erano diventati i piccioncini preferiti di uno scrittore che, nel giro di qualche anno, aveva scritto la bellezza di dieci storie incentrate su di loro, oltre che numerose One shot. La cosa che la stupiva di quell’autore era la sua capacità di portare sempre alla fine le sue storie. In breve tempo si era trovava ad essere uno dei personaggi con più storie completate al suo seguito.
Anche in quel momento stava partecipando ad una nuova long, di nome “Alcol”, che, da quello che aveva avuto modo di scorgere, sembrava parecchio interessante.
- Sarà sicuramente meglio di quella storia piena di spari e malavitosi a cui ho preso parte l’estate scorsa. – sussurrò, mentre leggeva il copione che aveva ricevuto da Erika. Prendere parte a “The Getaway”, per lei, era stato davvero difficile. Non solo era stata posta in un ruolo spinoso, come quello della doppiogiochista, ma aveva anche dovuto sottostare ai continui soprusi dell’autore che, in maniera volontaria o meno, l’aveva costretta a comportarsi come mai avrebbe fatto nella realtà.
- Stai ancora leggendo quella roba? – Dawn non poté far altro che storcere gli occhi quando la voce di Scott le arrivò alle orecchie. Si voltò, seppur riluttante, e lo guardò con l’espressione più svogliata che riuscì ad assumere.
- Fino a prova contraria, questo è il mio lavoro. Anzi, dovresti farlo anche tu. – lo bacchettò.
- Mi sono stancato delle commediole sentimentali, voglio tornare ai vecchi tempi di “Desert_Zone” o di “Sinner’s House”. – Scott si dette un pugno nel palmo della mano e sospirò. Gli sarebbe piaciuto prendere parte a delle storie con più azione, anche se, infondo, non poteva assolutamente lamentarsi di ciò che aveva. Era uno dei più usati ed apprezzati dell’intero sito.
- Ah, sì? Ti piace così tanto farti riempire le gambe di pallottole? – lo stuzzicò prontamente Dawn, riferendosi al trattamento poco gentile che aveva subito in “The Getaway” – Oppure vuoi finire come in “La legge del gioco”? – aggiunse, citando un’altra di quelle storie che lei sapeva quando Scott avesse odiato fare.
- Smettila di toccare quei tasti dolenti! – il rosso rabbrividì al pensiero di come la sua immagine fosse stata sporcata.
- Se non erro, tutte le storie finite a cui hai preso parte sono o commediole o storie in cui non finisci bene. – Dawn decise di lanciare un sasso su un campo che sapeva bene essere piano di mine.
- Con questo che vorresti dire?! La tua fortuna l’hai fatta solo grazie a me. – sputò acidamente il rosso incrociando le braccia al petto.
- Non posso negarlo. Resta comunque il fatto che senza le “commediole” – mimò le virgolette con le dita - che tanto odi non saresti nessuno. – Dawn schioccò le dita e fece apparire un piccolo sgabello, sul quale si sedette con grazia.
- Dannazione! Sono diventato il giocattolo amoroso di un branco di incompetenti. – Scott fece apparire una sedia dietro di lui e vi si gettò di peso. Mise le mani nei capelli, con fare disperato, e cercò di contenere la rabbia che provava in quel momento.
- Incompetenti? Non penso tu abbia idea di cosa voglia dire essere incompetenti. Il novanta percento degli autori che scrive su di noi fa sempre un ottimo lavoro. –
- Fare commediole tutte uguali ti sembra un ottimo lavoro? – controbatté prontamente Scott.
- Ti sembrano tutte uguali? – Dawn assottigliò gli occhi e lo guardò male – Il fatto che girino intorno alla stessa coppia non le rende affatto tutte uguali. –
- Ah, cavoli! Perché devono shipparmi per forza con te?! – Scott buttò la testa all’indietro e si lasciò andare ad un lungo sospiro – Nella quinta edizione ero riuscito a rimorchiare quella sventola di Courtney, ma sono stati in pochi a scrivere al riguardo. – tornò alla pozione naturale.
-Mi sembra normale, è stata una delle relazioni più tristi della storia. – il commento di Dawn non si fece attendere – Siete stati assieme per poco più di cinque episodi. O forse erano quattro? – domandò, palesemente con tono provocatorio.
- Non ti facevo così bastarda. – Scott la guardò dritta negli occhi, senza però venire ricambiato.
- Ti tratto male perché tu non capisci la fortuna che hai. – Dawn abbassò la testa – Ieri mi ha chiamata B per dirmi che è un sacco felice di avere ottenuto quel ruolo in “Alcol”. Era un sacco che non lavorava. –
- Non ci credo, B non parla. – Scott scosse la testa.
- Non parla con te. – la bionda fece forza sulle due ultime sillabe – Ci sono personaggi che stanno anni senza partecipare a nessuna storia, mentre tu, che hai la fortuna di essere usato con continuità, non fai altro che lamentarti. – concluse, tenendo le mani ferme in due pugni.
- Sai che me ne frega degli altri. Ognuno deve guardare in casa sua. – il rosso spostò lo sguardo verso il muro bianco alla sua destra e sospirò. Ogni volta che andava da Dawn finiva in quel modo.
- È per questo che stai antipatico a tutti, Scott. – quelle parole lo colpirono come un proiettile in piena fronte – Nessuno pretende che tu ti preoccupi per gli altri, ma quantomeno abbi la decenza di non lamentarti del tuo lavoro. –
- Non ti azzardare a farmi la predica. – Scott si tirò su.
- “Another Moment”, “Bull”, “HeadHunter”, “Lo sguardo dell’angelo” e addirittura una compilation di One Shot! Come puoi anche solo azzardarti ad aprire la bocca? – Dawn sentì il suo cuore battere sempre più forte. Fu proprio quel rumore riecheggiante a farle capire di star esagerato.
- Smettila! – urlò il rosso, stringendo i denti con forza. Non sopportava sentirsi dire quelle cose, soprattutto da Dawn.
- Sei fortunato, Scott. – sussurrò la bionda – Ci sono personaggi che darebbero qualsiasi cosa pur di essere al tuo posto. –
- Me ne vado. – Scott spostò bruscamente la sedia e si allontanò. Schioccò le dita e fece apparire una piccola porta in legno ricamato.
- Ricordati di studiare il copione. – Dawn non aggiunse altro, buttò di nuovo la testa sul blocco di fogli e riprese a leggere.
Scott aprì la porta e fece un ulteriore passo in avanti. Stava per attraversarla, ma si fermò proprio quando la punta della sua scarpa destra era già dall’altra parte. Afferrò con forza lo stipite della porta e, senza girarsi verso di lei, parlò.
- Hai ragione. – disse, schiarendosi la voce – Lo so che hai perfettamente ragione. – appoggiò l’altra mano sulla maniglia e la colpì con forza – Però non posso farci niente. Il pensiero che tutta la mia popolarità possa essere dovuta da te mi da profondamente fastidio. – per dire quelle parole dovette dar fondo a tutte le sue riserve di coraggio. Dawn rischiò di cadere dallo sgabello. Mai si sarebbe aspettata di sentire quelle labbra proferire cose simili. Non poté far altro che sorridere.
- Anche a me. – sussurrò. Scott si girò di colpo verso di lei. La trovò con la testa rivolta verso il pavimento e con le mani strette attorno al copione – Ogni giorno non posso far altro che pensarci. Perché sempre con lui? Perché nessuno mi utilizza da sola? – delle lacrime argentate iniziarono a cadere, alcune per terra, altre sul manoscritto.
Scott rimase immobile, senza dire nulla. Sul suo volto si dipinse uno sguardo triste e abbattuto, avrebbe voluto consolarla, ma non sapeva come fare. Non si riteneva sufficientemente bravo per tirarla su di morale, soprattutto perché in cuor suo sentiva di non poterlo fare dopo quanto le aveva detto poco prima.
- “Tè verde”, “La voce dell’anima” e “The blonde girl”. È ironico il fatto che mi ricordi i titoli di ogni storia che ho fatto senza di te. – aggiunse poco dopo Dawn – Forse è vero che non valgo nulla. –
- No. – Scott colpì la porta con violenza – Non è vero. Sei un ottimo personaggio. – si avvicinò a lei lentamente – Il numero di volte che veniamo utilizzati non ci incastra nulla con quello che abbiamo da dare. La colpa è degli autori che sono stupidi ed hanno gusti tutti uguali, di certo non nostra! – la afferrò per le spalle e, dopo averla guardata intensamente, le asciugò le lacrime con i pollici.
- Non pensavo sapessi dire cose del genere. – fra un singhiozzo e l’altro, Dawn accennò ad una risatina. Scott divenne rosso in viso.
- No, ehm, ecco – si grattò il collo nervosamente, alla ricerca di una scusante per coprire quella lacuna di debolezza che aveva avuto.
- Grazie mille, Scott. – Dawn, senza preavviso, lo abbracciò, lasciandolo a bocca aperta.
- Di nulla, Dawn. – il rosso ricambiò in silenzio, godendosi quel momento. Un solo pensiero balenò nella sua mente: come l’avrebbe presa Dawn se anche quello fosse stato parte di una storia?
 
ANGOLO AUTORE:
Non l’avrei mai detto, eppure “Personaggi senza autore” ha avuto un successo inaspettato. Cavoli, addirittura 5 recensioni, ne sono felicissimo! Grazie mille a tutti <3
Inizialmente avevo intenzione di scrivere un capitolo su Trent e Cody, ma dopo averlo finito ho deciso di rimandarlo a data da destinarsi. Il motivo? C’era troppa trama all’interno. Esatto, perché ho deciso di inserire una “trama”, prendete la parola con le pinze, in questa piccola storiella.
Il motivo? Fare un’effettiva raccolta mi annoierebbe a morte. Dopo i primi tre/quattro capitoli non ci sarebbe più nulla da dire. Perché? Beh, mi pare ovvio: a livello di fandom, che differenze ci sono fra Sadie, B, Leonardo, Ezekiel o qualsiasi altro personaggio terziario/di contorno? Nessuna. Ne uscirebbero fuori tutti commenti tristi dei personaggi che, onestamente, mi voglio risparmiare.
Quindi… che trama sia!
Piuttosto, parliamo di questo capitolo: ho sempre pensato che Dawn e Scott, presi singolarmente, sarebbero molto interessanti. Però, per ovvi motivi, sono sempre usati come coppia. Perciò, un po’ come successe al buon Alvaro Vitale con Pierino, li ho immaginati come due personaggi che si portano la loro “fama di coppia” come un grosso fardello da cui non riescono a separarsi.
Ah, giusto, mi ero dimenticato i disclaimer. L’ultima frase che Scott dice a Dawn (quella sugli autori) non è un mio pensiero, ma serve soltanto a gettare le basi per quella che verrà dopo. Scusate se metto sempre le mani avanti, vorrei solo evitare cose spiacevoli ;-)
Infine parliamo della storia ad OC: è pronta, il primo capitolo e la trama sono già stati scritti, devo solo aspettare il momento migliore per pubblicarlo, visto che ho un esame da fare LOL. Ovviamente, dipende anche tutto dalla partecipazione che ci sarà.
Bene, penso di aver detto tutto. Ci vediamo con il prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** III - Noah ed Emma ***


Da quando aveva preso parte a “The Getaway”, Noah si era montato la testa. Era passato dall’essere un asociale burbero, scontroso e con un’ironia pungente ad un ragazzo alla moda, vestito di tutto punto e con l’atteggiamento saccente da detective che aveva avuto per tutta la durata della storia.
Era da quasi un’ora davanti allo specchio ad aggiustarsi gli occhiali da sole di marca, che non toglieva da quasi sei mesi, e a pettinarsi i capelli con talmente tanta cura da prestare attenzione ad ogni ciuffo che non si piegava al volere del suo pettine.
- Ancora con questa storia?! “The Getaway” è finita da un sacco di tempo. – Emma ruotò gli occhi e sbuffò sonoramente. Portò le braccia al petto ed iniziò a battere con il piede per terra in attesa che lui la degnasse di una qualche attenzione. Ci vollero altri cinque minuti, che passarono fra il progressivo aumentare della violenza con cui Emma batteva sul pavimento con la scarpa e i colpi di pettine calcolati al millimetro di Noah, poi l’indiano le rivolse la parola..
- Oh, Emma, qual buon vento ti porta qui? – domandò, guardandola con quello che lui riteneva essere il suo “sguardo da conquiste”, che si poteva tranquillamente riassumere in un assottigliamento degli occhi ed un sorrisetto da schiaffi. La ragazza portò lo sguardo sui capelli e rimase sconvolta.
- Quanto gel chi hai messo? – chiese.
- Gel? Quello da solo non basta, devo usare anche metà barattolo di cera. Solo in questo modo i miei capelli possono essere lucenti e lisci. – spiegò, mentre con cura passava la mano sopra la testa per verificare se ogni ciuffo fosse stato buttato giù.
- Oh, Cristo. – Emma si prese le tempie con l’indice ed il pollice della mano destra. Non riusciva a crederci – Per quanto hai intenzione di andare avanti così? – domandò poi.
- Finché la mia popolarità non scenderà, quindi credo mai. – Noah le rivolse un occhiolino ed un sorriso, che portarono Emma a dover far appello a tutto il suo autocontrollo per non aggredirlo.
- Andiamo, Noah, in quella maledetta storia non sei nemmeno nei crediti! – sbottò lei.
- È qui che ti sbagli mia cara. – Noah schioccò le dita e fece apparire un telefono fra le sua mani – Guarda qui. – indicò la descrizione di “The Getaway” con un dito. Il nome del ragazzo compariva affianco a quello di Duncan e di Zoey.
- Da quant’è che c’è? – Emma lo guardò con gli occhi sgranati.
- Da circa quattro giorni. – si gongolò Noah, con un sorriso ebete e soddisfatto in volto. La ragazza roteò gli occhi e li rivolse verso il soffitto bianco.
- È mai possibile che tutte le volte che interpreti un personaggio fai questa fine? – sbottò poi.
- Cosa intendi dire? –
- Owen mi ha raccontato tutto. Quando hai preso parte a “The Society”non hai parlato a Duncan e Geoff per mesi, dopo “Il gioco della corda” hai pensato seriamente al suicidio e dopo “Mackenzie: alla ricerca del pollo di platino” ti sei convinto di essere un azionista di successo. Per non parlare di quando hai preso parte a “Dolci sogni” e ti sei convinto che la vita non fosse altro che “una mera allucinazione visiva”. – si interruppe per riprendere fiato – Capisco tu voglia interpretare al meglio i tuoi personaggi, ma stai esagerando! – Noah spagliò e fece un passo indietro.
- Non è vero. – scosse la testa – E poi tu non c’eri! –
- Mi fido di Owen, sono sicura che non mi abbia mentito. – Emma si fece in avanti, portandolo con la schiena contro lo specchio – Ti prego, Noah, smettila con queste sciocchezze. –
- Non sono sciocchezze, mi sto solo godendo la mia fama. – cercò di giustificarsi lui, ottenendo uno sguardo infuocato da parte della ragazza che per poco non lo fece sciogliere.
- Te lo ripeto per un’ultima volta. Noah, smettila di comportarti in questo modo. – Emma iniziò a tamburellare con le dita sulle braccia, che erano ancora incrociate al petto, segno che la sua pazienza stava per esaurirsi.
- Non devo smettere nulla. Mi sto comportando come mio solito – Emma si scrocchiò le dita – Forse non mi conosci davvero. – la ragazza passò alle braccia – Dannazione, dopo tutto questo tempo pensavo che finalmente fossi riuscita a – non ebbe modo di finire.
Emma gli saltò addosso e lo mise al tappeto in pochi secondi. Ci mise poco, le bastò gettarsi su di lui che, debole e gracile, non ebbe alcun modo di rialzarsi.
- Adesso ti faccio vedere io. –
- No, ti prego, Emma, non farlo! – Noah si portò le mani davanti alla faccia, convinto che di lì a poco sarebbe finito nello stesso modo in cui erano finiti tutti gli animali che DJ aveva toccato nella terza stagione: morto stecchito.
- Ormai è troppo tardi. – Emma strinse la mano in un pugno e, dopo averlo caricato, lo slanciò in avanti.
- No, no, no, mi dispiace! Ti prego! – Noah strinse gli occhi. Sentì chiaramente le mani della ragazza toccarlo, ma non percepì dolore.
Ci mise qualche secondo prima di realizzare cosa stesse facendo e, quando lo fece, urlò ancora di più.
- No! I miei capelli! Non toccarli! – le sue urla riecheggiarono per tutte le quattro mura bianche. Emma, presa da un raptus di rabbia, aveva messo la mani sulla testa del ragazzo ed aveva incominciato a spettinarlo.
- Stai zitto, questo è quello che ti meriti! – gridò la mora, spaventandolo a morte.
Noah provò in ogni modo a ribellarsi, ma venne completamente sopraffatto dalla foga di Emma, che rovinò il lavoro a cui lui aveva dedicato l’intera mattinata. Tanto gel e cera sprecati per nulla. Il colpo di grazia gli arrivò poco dopo, Emma scosse le dita e fece apparire un secchio pieno d’acqua nelle sue mani. Noah capì subito quello che sarebbe successo, non perse nemmeno tempo a ribellarsi, e lasciò che l’acqua gelida gli si abbattesse in faccia. Era finita, le ore che aveva speso davanti allo specchio erano state completamente vanificate.
Noah trovò il coraggio di sollevarsi da terra solo dopo cinque minuti, nei quali Emma ebbe il tempo di imbastire un tavolo con delle sedie e due bevute fresche.
- Noah, dobbiamo parlare. – gli disse, quando notò che stava riprendendo a muoversi.
- Cosa vuoi. – sussurrò, con tono talmente sconfitto da non far nemmeno finta fosse una domanda.
- Non puoi ridurti così ogni volta, stai diventando patetico. – Emma gli fece cenno di sedersi davanti a lui. Noah, seppur controvoglia, si gettò di peso sulla sedia e prese la bevanda, del tè alla pesca, fra le mani.
- Che altro posso fare? È l’unico modo per recitare al meglio. – sussurrò.
- Cavolo, non devi per forza diventare ciò che gli altri vogliono tu sia. Sei un bellissimo personaggio, non hai bisogno di modifiche. – controbatté Emma. Noah sorrise, quel discorso era trito e ritrito. Owen glielo diceva spesso, ma lui non gli aveva mai dato importanza.
- Lo so, ma questo è il mio modo di lavorare. – aprì la bevanda ed iniziò a berla.
- Smettila di dire così. – Emma fece lo stesso con la sua lattina di cola.
- Che ci posso fare? C’est la vie, C’est la mia orribile vie. – la ragazza rise.
- Ecco, è così che ti voglio. Te stesso, senza influenze esterne. –
- Ti piace davvero il mio essere un eterno depresso senza speranza? – Emma scosse la testa in segno positivo – Cavolo, non l’avrei mai detto. –
- Mi pare che ormai la nostra coppia sia canonica. Dovresti sapere che mi piaci. – Noah rischiò di strozzarsi con il tè.
- Non dire queste cose mente sto bevendo, rischi di uccidermi. – riuscì a dire, fra un colpo di tosse e l’altro.
- Senti, Noah, per caso il motivo per cui ti comporti così è quello? – Emma non riuscì a guardarlo negli occhi. Owen le aveva detto che accennare a quel discorso con Noah sarebbe stato un suicidio.
- Cavoli, oggi è davvero una bella giornata. – il ragazzo provò a cambiare argomento e ciò fece capire ad Emma di essere sulla strada giusta. Una strada piena di scheletri nell’armadio e sogni infranti, ma pur sempre quella giusta.
- Noah, non cambiare discorso. Sono la tua ragazza, puoi, anzi, devi parlarmi di queste cose. – disse, mentre girellava la lattina fra le mani.
- Non capisco proprio di cosa tu stia parlando. –
- Devo utilizzare il metodo di prima? – Emma alzò gli occhi e, dallo sguardo che ricevette dal ragazzo, capì di essere stata molto convincente.
- Come può non darmi fastidio? – Noah si lasciò andare ad un lungo sospiro.
- Va bene Noah, ti capisco, ma non puoi dargli così tanto peso. – la mora lo guardò negli occhi, notando quanto fosse effettivamente disperato.
- Non capisci. – scosse la testa.
- Ti dico di sì. Però devi andare avanti. – sussurrò Emma.
- Come faccio ad andare avanti se il fottuto sistema di ricerca non fa vedere le nuove storie a cui ho partecipato? – urlò Noah, scattando in piedi di colpo – Quel maledetto affare è ancora bloccato al duemilatredici! –
- Hai perfettamente ragione, ma devi fartene una ragione! Sei comunque un personaggio importante. – Emma provò in tutti i modi a calmarlo.
- Talmente importante che il sistema di ricerca schifa la mia presenza nelle storie. – sbottò, per poi rimettersi a sedere.
Noah se n’era accorto qualche anno prima. Cercando alcuni dei ruoli che aveva interpretato, si era reso conto che il sistema di ricerca non le segnalava. Sulle prime ci aveva riso sopra, ma con il passare del tempo la cosa aveva iniziato ad infastidirlo. Chiunque voleva cercare una sua storia non ci riusciva, al punto che nemmeno lui si ricordava a quali storie avesse preso parte negli ultimi sette anni. Per questo motivo aveva deciso di “diventare” quello che gli autori volevano fosse, così da poter ricordare a tutti, oltre che a se stesso, di tutti i suoi ruoli dimenticati.
- Sono stanco, Emma. Già il lavoro è poco, se poi i poteri forti mi remano contro in questo modo sono finito. – Noah appoggiò la testa sul tavolo – L’unica cosa che resta di me sono le storie su di me ed Izzy. –
- Ecco, questo mi da un po’ fastidio. – disse lei.
- Che intendi dire? – Noah portò gli occhi contro quelli di Emma.
- Che io e te non abbiamo molte storie. –
- Di chi pensi sia la colpa? – domandò, con un goccio di ironia, lui.
- Degli autori. Autori, per piacere, votatemi nel sondaggio per aggiungere i personaggi, mancano pochi voti! – disse Emma, guardando un punto fisso della stanza.
- Che diavolo stai facendo? – chiese Noah.
- Un gesto disperato. Magari in questo modo gli autori e i lettori si ricorderanno di me e mi aggiungeranno nella lista dei personaggi. – spiegò.
- Qui non c’è nessuno, Emma. Siamo solo io, te ed il bianco più profondo. – Noah spalancò le braccia con fare poetico.
- Lo so. Però tentar non nuoce. – Emma finì la lattina in un sorso – Che vita. –
- Finalmente sei entrata nel mio mood. – scherzò Noah.
- Lo sono sempre, eri tu ad essere impazzito. – sbottò lei, guardandolo male.
- Va bene, hai vinto. Cercherò di non comportarmi più in quel modo. – disse, portando Emma a sorridere – Però devi ammettere che i capelli in quel modo mi stava bene. –
- Oh, no, caro, erano orribili. Non farteli mai più. – controbatté Emma. Scoppiarono a ridere entrambi poco secondi dopo, contagiati l’uno dall’altra.
- Basta, voglio pensare positivo! Sono convinto che da oggi gli autori sapranno sia del mio che del tuo problema e ci aiuteranno. – Noah scattò in piedi di colpo.
- Sì, hai ragione. Pensiamo positivo. – Emma fece lo stesso. I due si scambiarono un’occhiata, poi si rimisero a sedere – Ah, quasi stavo per dimenticare. Ti devo dare questo. – la ragazza schioccò le dita e fece comparire una pila di fogli.
- Cosa sono? – domandò Noah, mentre con calma li sfogliava.
- Siamo stati scelti come personaggi per una storia ad OC, ma ancora non si sa se verrà fatta. – spiegò lei.
- Sarò un insegnante di letteratura?! Dannazione, devo subito procurami una camicia a scacchi ed un libro di Baudelaire! – lo sguardo di Emma gli fece cambiare subito idea – Sto scherzando. – disse quindi, salvandosi in calcio d’angolo.
- Sarà meglio per te. La prossima volta che ti comporterai così non ci andrò affatto leggera. –
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ragazzi, sul serio, cercate Noah nella barra delle ricerche e ditemi se è un problema mio o del sito. Dannazione, scrivere questo capitolo è stato davvero stressante! Ho dovuto guardarmi tutte le vecchie storie una per una per trovare quelle da citare, è stato un inferno con la i maiuscola!
Vi invito anche a votare la povera Emma, così potrò utilizzarla nella mia prossima storia ad OC eheheheh.
Passiamo adesso alla storia. Ho parlato poco dell’utilizzo di Noah nel sito. Il motivo è particolarmente semplice: non ho avuto modo di rileggere le storie su di lui. C’erano solo quelle fra lui ed Izzy, quindi ho preferito non addentrarmi in caratterizzazioni senza avere un campione di storie decenti. Mi sarebbe piaciuto fare un parallelismo sul triangolo Noah-Owen-Izzy, ma l’ho sempre trovato pesante e poco credibile, inoltre ho in programma un capitolo con Mike, Zoey, Gwen e Duncan, ditemi voi se vi può interessare LOL.
Che dire, questo capitolo è più incentrato sul fattore comico rispetto agli altri. Inizialmente le mie idee erano tutt’altre, ma i vari intoppi che ho trovato sul mio cammino mi hanno costretto a virare verso un’altra meta. Nonostante ciò, sono soddisfatto.
La “trama” è rimandata di un capitolo (nel prossimo ci sarà Trent, non vi dico altro) perché questo è considerabile come una sorta di filler. Volevo rendere giustizia al povero Noah, personaggio secondo me troppo bistrattato.
#MoreLoveForNoah
Beh, io ho finito. Ci vediamo al prossimo!

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Capitolo 4
*** IV - Trent e Cody ***


Trent guardò la parete bianca davanti a se come se fosse una gabbia. Allungò la mano e chiuse le dita, poteva giurare di riuscire a vedere e sentire delle grate d’acciaio che, tuttavia, non esistevano. Quanto era passato dall’ultima volta che aveva lavorato? Un infinità di tempo. In quegli anni se l’era cavata facendo comparsate in storielle di poco conto nelle quali aveva, per lo più, un tristissimo ruolo di contorno.
La colpa di ciò lui la imputava allo studio di produzione dello show. Non gli piaceva dirlo in giro, perché l’idea di lanciarsi all’attacco contro qualcuno lo metteva a disagio, ma sarebbe andato volentieri a fare visita ai quartieri generali della Fresh per chiedergli come dannazione avessero strutturato il suo personaggio.
Nel giro di due stagioni era passato dall’essere uno dei più amati a finire tristemente nel dimenticatoio. Addirittura, non lo avevano nemmeno fatto partecipare alla stagione più famosa del programma. Di ciò, ovviamente, ne aveva risentito la sua popolarità ed il quantitativo di lavoro a suo carico.
Ricordava i bei periodi in cui anche lui era sulla cresta dell’onda, dove venivano pubblicate centinaia e centinaia di storie su lui e Gwen. Era durato poco, ma se l’era goduto al massimo. Poi era arrivato Duncan. Non ce l’aveva con lui, sapeva perfettamente di chi fosse la colpa per la sua scomparsa dal palco, ma era innegabile come il suo arrivo l’avesse relegato al ruolo di semplice fidanzato scartato da Gwen o da semplice comparsa in qualche storia d’amore fra il punk e la dark.
Trent era diventato talmente poco usato che, in quell’anno, ancora non aveva partecipato ad una nuova storia. Cercava di sopperire alla mancanza di lavoro con il sorriso sulle labbra, ma ben poco aveva da ridere. Sapeva che era in corso un effetto domino che avrebbe trascinato ben presto tutto il cast dello show in un buco nero profondo, e lui per primo sarebbe stato dimenticato.
Aveva nostalgia di quelle belle storie in cui faceva il protagonista, quelle commedie che lo avevano aiutato a raggiungere il suo picco massimo di popolarità all’interno del sito. A volte la sua testa si perdeva nel ricordo di “Un bacio al chiaro di luna”, la prima storia a cui aveva partecipato e che aveva riscosso un notevole successo. Ricordava ancora l’ebbrezza di essere sulla cresta dell’onda, amato da tutti e trattato con rispetto.
Trent era rimasto in auge grazie ad un sacco di One Shot romantiche dove lui e Gwen, a volte addirittura Courtney, si lasciavano andare a teneri amoreggiamenti. Gli andava bene così, il ruolo del personaggio dolce era il suo preferito.
Però c’era qualcosa che, in un modo o nell’altro, gli aveva sempre dato fastidio. In quel periodo di fama era riuscito ad allontanare il ronzio dalla testa, ma ben presto, con il calare della popolarità, la voglia di far parte di una Long si era fatta sempre più forte.
Aveva partecipato a tante Long, ma nessuna era finita. Il suo più grosso successo in quel campo fu “La storia inversa”, ma non riuscì comunque a riguadagnare la popolarità persa.
A suo tempo, pensò di poter ritornare in pista con “Our love is a mistake”, storia in cui interpretava un personaggio omosessuale nella Germania Nazista nel bel mezzo della guerra, ma nemmeno quella storia riuscì ad aiutarlo perché, nonostante fosse bella, non ottenne il successo sperato. Ci rimase male al tempo, aveva adorato quella storia ed era più che sicuro che sarebbe stata la sua chiave per la rivalsa.
Poi, dopo anni di difficoltà, era arrivato il biglietto per il treno perfetto: “Stay”, una storia piena di intrighi, colpi di scena e problematiche giovanili. Anche in quel caso interpretava il ruolo di un omosessuale. Quando lesse il copione era riluttante, ma in breve tempo quella storia esplose. Fior fiori di recensioni, belle parole e tanti apprezzamenti su di lui. Trent era sicuro di aver trovato il binario giusto, ma poi, come il fumo che vola in cielo, la storia era sparita. Cancellata, interrotta, fermata. L’autrice, già nota per le brusche interruzioni che dava alle sue storie, cancellò il tutto, lasciandolo deluso per l’ennesima volta.
Si era quindi dovuto accontentare delle piccole comparsate che gli venivano date nelle flash-fic dei nostalgici della Gwent, oltre che di qualche piccola citazione in One-Shot di poco conto.
C’era stata, tempo prima, una One-Shot che l’aveva convinto, nella quale interpretava il ruolo di un musicista fallito che voleva suicidarsi, ma che poi finiva intrappolato in una conversazione surreale con Dawn. L’idea gli era piaciuta, ma era stata una goccia d’acqua nel deserto. Finita quella storia, era tornato alla “normalità”.
Trent trasse un lungo sospiro e si massaggiò le palpebre con una mano. Gli sarebbe davvero piaciuto tornare in scena.
- Oh, cavolo, Trent! Ti stai ancora deprimendo? – sentire la voce di Cody dietro di lui gli dette parecchio fastidio. Non volle comunque infierire sul povero Cody, sapeva perfettamente che il suo intento non era quello di offenderlo. Trent si girò verso il castano e abbozzò un mezzo sorriso.
- Cody, che piacere vederti. Cosa ci fai qui? – Cody non rispose subito, si prese il suo tempo. Gettò uno sguardo triste verso il pavimento e si mise a sedere per terra.
- La solita storia: non c’è lavoro e quindi vado a far visita a qualcuno a caso. Sarei voluto andare da Gwen, ma mi ha cacciato via alla velocità della luce. – Trent si sentì quasi offeso per essere diventato la sua seconda scelta.
- Hai ragione. – schioccò le dita e fece apparire due poltrone – Siediti pure. – con la mano gli fece cenno di mettersi comodo, cosa che Cody fece ringraziando con un sorriso.
- Allora, che mi racconti? – domandò Cody, cercando di instaurare una conversazione.
- Vista la condizione in cui versi penso che dovresti essere tu a raccontarmi qualcosa, non credi? – Trent osservò Cody con attenzione: era visibilmente abbattuto, peggio di quanto non fosse lui. Nei suoi occhi e nei suoi continui sospiri lesse tutta la tristezza e la noia che cercava di mascherare con dei finti sorrisi che, col tempo, si erano completamente sgretolati.
- Avrei proprio bisogno di sfogarmi, in effetti. – il castano affondò la testa sullo schienale della poltrona e trasse l’ennesimo sospiro – La mia ultima storia risale a due anni fa. – sussurrò poi, con tono stanco.
- Siamo tutti nella stessa situazione. – Trent fece apparire una tazza di tè ed iniziò a berla, conscio di dove sarebbero ben presto andati a parare.
- No! È proprio qui che ti sbagli! Ci sono un sacco di personaggi che hanno continuato ad avere un sacco di lavoro. È un’ingiustizia! – Cody colpì il bracciolo della poltrona con forza.
- Calmati, Cody. Bevi questa. – con uno schiocco di dita, il moro fece apparire una lattina di cola fra le gambe dell’amico.
- Ahia, è fredda! – sussurrò quello, per poi aprirla. Il liquido, agitato dal movimento effettuato in precedenza, iniziò ad uscire fuori, costringendo Cody a cercare, in maniera buffa e scoordinata, di fermarlo.
- Non capisco come facciano a non scrivere storie su di te, sei la comicità fatta persona. – lo derise Trent, con un leggero sorriso sulle labbra.
- Vero? – Cody non aveva capito l’evidente ironia, che Trent non provò nemmeno a spiegargli.
- Siamo tutti nella stessa situazione, al giorno d’oggi è difficile avere delle parti importanti. – disse Trent, cercando di tranquillizzare il discorso.
- La frase “al giorno d’oggi” mi infastidisce. Ho sempre lavorato poco, sia durante il boom che dopo. – Cody si mosse bruscamente, facendo cadere altra cola che macchiò il divano – Scusa. – sussurrò, per poi tornare imbronciato.
- Se è per questo, c’è gente che non ha lavorato né prima né dopo. – Trent tentò, con la sua solita retorica buonista, di spegnere la fiammella che si era accesa nel cuore di Cody.
- Non ti stanchi mai di sparare queste stronzate buoniste? – la domanda del castano lo lasciò a bocca aperta. Mai si sarebbe aspettato, da parte di Cody, una cosa del genere.
- Che cosa? – il moro batté gli occhi incredulo. Solo in quel momento Cody si rese conto di essere andato troppo oltre.
- Oh Dio, scusami Trent, non volevo offenderti. Mi è scappato. – provò ad alleggerire la situazione con una risata di circostanza, ma ormai la freccia che aveva erroneamente scoccato aveva centrato in pieno petto l’amico.
- Noi siamo personaggi secondari. – la bocca, che per tutto quel tempo Trent aveva chiuso con una spillatrice, iniziò a dire tutto quello che pensava – La Fresh ci ha sputato addosso e, per questo motivo, nessuno ci considera più. –
- Okay, Trent. Adesso calmati. – Cody aveva azionato una macchina da distruzione di massa senza rendersene conto.
- Come possiamo offendere gli scrittori che non ci utilizzano se i primi a snobbarci sono i nostri creatori? Che cosa abbiamo fatto di male per arrivare a questo? Dannazione, non ne posso più. – Trent si alzò di scatto e, preso dalla rabbia, lanciò per terra la tazza, imbrattando il pavimento biancastro che, dopo pochi secondi, ritornò scintillante come se nulla fosse successo.
- Hai ragione, ma noi cosa possiamo farci? Siamo solo delle pedine che devono stare al gioco, tutto qui. – Cody, tenendo la testa bassa, non poté far altro che costernare i pensieri negativi che aveva nella sua mente. Era uno dei personaggi che nella terza stagione, quella reputata la migliore, aveva avuto un’ottima riuscita, ma ben presto era finito nel dimenticatoio. Addirittura, gli aveva preferito Cameron.
- Noi non piacciamo, Cody. I bravi ragazzi non piacciono. – il moro si mise nuovamente a sedere, portando una mano davanti agli occhi – Ai lettori, così come agli scrittori, piacciono Duncan, Courtney, Gwen, Scott e tutti quei personaggi stereotipati del cavolo. Noi non siamo che semplici contorni da inserire nelle loro storie. –
- Forse sei un po’ troppo duro con te stesso. – Cody appoggiò la lattina per terra e si lasciò andare ad una risatina nervosa. Sentire tutte quelle parole forti lo stava mettendo a disagio.
- Hai presente “The Getaway”? – Trent tirò leggermente su la testa, così da permettere all’altro di vedere un accenno di occhio verde.
 - Parli di quella Long che è finita l’anno scorso? – Cody inclinò leggermente il collo, non sicuro di dove stesse andando a parare.
- Esatto. – il moro mise una mano sulla stoffa della poltrona e vi affondò le unghie con prepotenza – In una storia da trenta capitoli, io e te abbiamo avuto il ruolo di due semplici comparse, così come molti altri. –
- Sì, ricordo. Io ho fatto il cameriere in un autogrill. – replicò Cody, con un sorrisetto che poco si addiceva alla conversazione.
- Non è giusto. Dovremmo avere tutti le stesse opportunità, Efp non dovrebbe permettere delle disparità del genere. – Trent affondò la testa nello schienale e si lasciò andare ad un lungo sospiro.
- Beh, noi non possiamo farci nulla. – il castano prese la lattina di nuovo in mano e ricominciò a berla.
- Oh, sì che possiamo fare qualcosa. – gli angoli della bocca di Trent si piegarono in un sorriso. Ci avrebbe pensato lui a dare a tutti lo stesso spazio, avrebbe fatto in modo che chiunque avrebbe potuto considerarsi importante. Basta storie tutte uguali, basta ruoli chiave occupati, basta soprusi dai più popolari. Per fare ciò aveva bisogno di indire una riunione con tutti i membri del cast.
 
ANGOLO AUTORE:
Ma ciao! Ed ecco a voi l’inizio della trama. Beh, attualmente ho scritto 7 capitoli e la storia ha già una fine, quindi se volete propormi qualche personaggio da far interagire… beh, ne sono più che felice.
Torniamo a Trent: Il nostro eroe inizia ad avere qualche pensiero sovversivo di troppo, eh? “Ma che sarà mai” direte voi, ehm, ecco, diciamo che lui non l’ha presa molto bene.
Si sa, quelli che di solito sono i più tranquilli si rivelano belve quando si arrabbiano. Perciò… aspettatevi di tutto dal povero Trent!

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Capitolo 5
*** V - Duncan, Zoey, Gwen e Mike ***


Duncan non aveva ben chiaro il perché si trovasse lì. Era stato chiamato da Gwen, con la scusa fosse qualcosa di importante ed imprescindibile, la cui sua assenza avrebbe distrutto completamente il mondo a loro conosciuto, e si era ritrovato seduto ad un tavolino con due persone con le quali mai avrebbe pensato di poter discutere.
Mike davanti a lui, Zoey alla sua destra e Gwen alla sua sinistra. Avevano ognuno un lato a testa di quel piccolo tavolo di marmo con decorazioni gotiche che la dark aveva preparato per l’occasione.
Imbarazzo. Duncan non riuscì a provare nient’altro nei primi cinque minuti dopo essersi seduto. Un silenzio tombale, quasi surreale, si creò fra di loro, come se stessero giocando una partita di scacchi. Occhiate, sguardi, boccheggi, scrutamenti e poco più. Ognuno di loro stava studiando gli altri cercando di essere il meno invasivo possibile, con la stessa cura di un giocatore di poker professionista che cerca di intuire la prossima mossa del suo avversario.
E questo a Duncan non piaceva per nulla. Non piaceva per più motivi, ma il principale era quell’aria ostile che percepiva provenire da davanti a lui. Gli occhi di Mike più volte si abbattevano contro i suoi e, in quei frangenti di pochi secondi, Duncan percepiva un astio che non riusciva proprio a spiegarsi.
- Abbiamo intenzione di starci a guardare ancora per molto? Capisco che vi annoiate a stare da soli tutto il tempo, ma datevi una regolata. – sputò acidamente Duncan. Quell’aria cattiva che respirava gli era entrata in corpo, sentiva di non potersi sentire  suo agio.
- Hai ragione, penso sia il momento di iniziare. – disse Gwen, venendo appoggiata da Zoey – Prima, però, vi do qualcosa da bere. – schioccò le dita e quattro bevande diverse apparvero sul tavolo. Una birra per Duncan, un tè al limone per Zoey, una limonata per Mike ed un Bloody Mary per Gwen.
- Non pensi di esagerare? – chiese Zoey. Come risposta, la gotica iniziò a bere dalla cannuccia.
- Quindi, perché sono qui? – Duncan fece lo stesso con la sua birra e si mise seduto in maniera scomposta.
- Ecco, diciamo che Mike voleva parlarti di una cosa importante. – iniziò Zoey, scambiandosi un’occhiata molto poco tranquilla con Gwen.
- Del tipo? – incalzò Duncan.
- Devi smetterla di provarci con Zoey! – Mike anticipò le due, che con estrema difficoltà stavano cercando di mettere il discorso in chiave più pacifica possibile.
- Di che cazzo stai parlando? – domandò istintivamente Duncan, facendo una faccia confusa.
- Non fare il finto tonto, sai benissimo di cosa sto parlando. – Mike appoggiò l’indice sul tavolo.
- Volete spiegarmi cosa diavolo vuole questo svitato? – Duncan portò gli occhi prima su Zoey e poi su Gwen, ricevendo delle risatine nervose come risposta.
- Beh, lui – Zoey tentò, nella maniera più calma possibile, di esplicare il contesto, ma non ne fu in grado.
- È geloso delle storie su di te e Zoey. – disse Gwen, in maniera schietta e coincisa. Duncan ci mise qualche secondo a metabolizzare il messaggio. Il tempo che il suo cervello impiegò a realizzare cosa avesse appena udito venne proiettato visivamente da un continuo battere d’occhi a velocità sempre più forte.
- State scherzando, vero? – chiese poi, alla ricerca di una risposta positiva.
- Purtroppo no. È per questo che ti abbiamo chiamato, vorremmo che tu dicessi a Mike che fra voi non c’è assolutamente nulla. – spiegò Gwen. Duncan, incredulo, cercò conferma nel volto del diretto interessato. Sulla faccia di Mike era piantato uno sguardo corrucciato tutt’altro che amichevole.
- Come se ci fosse bisogno di farlo. – sputò acidamente il punk.
- Voglio che da qui in avanti rinunci a tutti i ruoli in cui tu e Zoey dovete interpretare una coppia. – disse Mike. Duncan lo guardò con un sorriso beffardo in volto.
- Senti, caro mio, penso che tu abbia sbagliato persona. – le presa sulla birra si fece più salda – Non ti azzardare a parlarmi in questo modo. -
- Andiamo, calmatevi tutti e due. Possiamo risolvere la faccenda senza morti o feriti. – Gwen si mise fra i due, ponendo le braccia come barriere.
- Oh, forza Gwen, è evidente che quest’idiota stia cercando di provocarmi. – il punk roteò gli occhi, poi li puntò verso Mike – E sappi che ci stai riuscendo anche bene. –
- Tu hai un sacco di richieste di lavoro, puoi cavartela anche senza partecipare nelle storie con Zoey. – il moro colpì il tavolo con il palmo della mano.
- Come se fossi sommerso di lavoro. – disse ironicamente Duncan.
- “impressionismo dello sconforto”, “Fate”, “Esploratori dell’infinito”, “Alcol”. Devo continuare? – Mike iniziò ad elencare tutte le storie alle quali aveva preso parte Duncan nell’ultimo periodo.
- Sono abituato a ritmi lavorativi ben peggiori. – scosse la testa – Comunque sia, non rinuncerei mai ad un lavoro. Soprattutto se a  volermi convincere è un qualche idiota senza cervello. – indicò Mike.
- Per colpa tua nessuno scrive più storie su di me e Zoey. – sbottò quello – L’ultima è stata quasi un anno fa! –
- Ah, perché avete mai avuto storie? – lo sfotté Duncan.
- “Destini segnati”, “Le mie odiose, incostanti ed eccentriche personalità!” e molte altre. Per non parlare di “The bad boy”, un capolavoro assoluto! – controbatté Mike.
La situazione stava sfuggendo sempre di più dalle mani di Gwen e Zoey, che cercavano di evitare un conflitto che sembrava ormai annunciato.
- “The bad boy”?! A me risulta che il personaggio principale sia Mal, non tu. – Duncan, con un sorrisetto beffardo, guardò Mike negli occhi.
- Cosa c’entra? È pur sempre una mia personalità. –
- Scendi dal piedistallo, bello. Avere trecentodiciotto personalità non ti rende un personaggio migliore. –
- Che intendi dire?! – Mike scattò in piedi.
- Voi stupidi personaggi con le personalità multiple siete convinti che questo tratto vi renda meglio caratterizzati, quando in realtà non fa altro che annoiare il pubblico e togliere spazio a personaggi più significativi. – Gwen e Zoey si guardarono con gli occhi sgranati. Duncan aveva detto quelle parole senza curarsi minimamente di usare un po’ di tatto, gli aveva spiattellato in faccia una dura verità che loro avevano cercato di non far trapelare. Zoey conosceva Mike, sapeva bene quanto fosse fiero delle sue personalità e dell’importanza che esse avevano nella sua caratterizzazione, perciò aveva sempre cercato di non infierire su ciò. Però, a quanto pareva, era giunto il momento di affrontare quel discorso così delicato.
- Queste sono solo stronzate. Vero, Zoey? – Mike guardò la rossa, che se avesse potuto si sarebbe volentieri sotterrata, in attesa di una risposta. L’esitazione della fidanzata gli bastò come risposta – Zoey? – ripeté, con tono afflitto.
- Ecco, Mike, quello che dice Duncan non è tutto sbagliato. – iniziò Gwen, cercando di essere la più gentile possibile. L’espressione, triste e sconvolta, del moro le fece capire di doversi spiegare al più presto – Nel senso, a tutti piacciono le tue personalità, ma a volte sono un po’ troppo – si prese una pausa per cercare la parola giusta.
- Invasive? Noiose? Inutili? Completamente prive di interesse? – concluse Duncan, ottenendo uno sguardo cattivo da parte di Gwen – Che c’è? Volevo aiutare. –
- No, Mike, ciò che intendevo dire è – Mike non le permise di finire.
- Zoey, anche tu la pensi come loro? – chiese, guardando la fidanzata. Zoey non ebbe il coraggio di alzare la testa.
- Ecco, io – si fermò subito, conscia che le sue parole avrebbero avuto un peso pari ad una mandria di elefanti indiani – Sì, Mike. A volte le tue personalità ti rendono un personaggio scontato e banale. – disse, mentre giocava con le mani per cercare di smaltire l’ansia.
- Sono solo cavolate! Ci sono state un sacco di storie a cui ho preso parte senza le mie personalità. – Mike, boccheggiando, provò a difendersi.
- Come “Nymphomania”? Cavolo, che onore essere il protagonista di una One Shot in cui la tua ragazza ti cornifica. – disse Duncan, ricevendo prontamente una gomitata sulla spalla da parte di Gwen.
- Duncan, dannazione! Non complicare ancora di più le cose. –
- Scusami tanto se ricordo al bimbo che questa è la vita vera. – il punk si massaggiò il punto colpito.
- Mike, non è colpa tua. Purtroppo i tuoi creatori non hanno gestito bene la cosa, tutto qui. – Gwen cercò di consolarlo.
- Che cosa significa? – chiese Mike, inclinando leggermente la testa. La gotica provò a rispondere, ma venne anticipata da Duncan.
- Che la quinta stagione è stata uno schifo. Fra i tanti problemi, quello che più ha inciso è stata la gestione orribile del tuo personaggio e di Mal. – un’altra gomitata, questa volta più forte.
- Vuoi chiudere quella fogna?! – sbottò Gwen.
- Cazzo, vacci piano. – Duncan si toccò la spalla.
- Non ne aveva idea. – sussurrò Mike – Pensavo che l’idea di Mal fosse piaciuta a tutti. –
- Beh, ecco, il problema non era Mal, ma tutto quello che è girato intorno a lui. – abbozzò Gwen.
- Ti hanno dedicato un sacco di tempo inutile che potevano usare su altri personaggi. – Duncan subì la terza gomitata che, per poco, non rischiò di frantumargli la spalla – Dannazione, Gwen, vacci piano! –
- Se non sbaglio, ti ho detto di stare zitto. – disse lei, con i denti digrignati.
- Però le mie storie sono belle. – Mike sembrava completamente perso – Vero? – guardò Zoey, che ricacciò subito la testa verso il pavimento bianco.
- Diciamo che non tutte lo sono. – Gwen cercò di essere la più gentile possibile – Spesso finiscono per essere delle commedie sentimentali sdolcinate o comiche, perciò, beh, diciamo che dipende dai gusti. -
- Quindi anche le mie storie fanno schifo. – sussurrò Mike, per poi appoggiare la fronte contro il bordo del tavolo – La mia vita è orribile. – aggiunse.
- Oh, dannazione, smettila di piangerti addosso. – disse Duncan, che riuscì addirittura a parare l’ennesima gomitata da parte di Gwen – Nessuno ha detto che le tue storie fanno schifo. Come ognuno di noi, tutti abbiamo storie belle e storie brutte. –
- Duncan ha ragione. – Zoey portò una mano sui capelli del fidanzato ed iniziò a massaggiarli – Abbiamo tutti degli scheletri nell’armadio, non essere triste per questo. –
- Per esempio, il qui presente Duncan ne ha un sacco di storie scritte da giovani autori che ancora non avevano dimestichezza con la scrittura. Ne ha addirittura una in inglese. – disse Gwen.
- Ehi, le mie storie sono quasi tutte belle. – controbatté il punk.
- Sì, come no. Piuttosto, vogliamo concentrarci sul cambio radicale di carattere che ti hanno dato in alcune storie? In “How to spend a million dollar” sembravi una brutta copia del Trent della prima stagione. – lo punzecchiò la gotica.
- Per piacere, non parliamo di quell’autore. In “Moonlight Camp” mi ha reso un vero e proprio ebete. – Duncan scosse la testa con fare contrariato.
- Però in “The Getaway” sei abbastanza IC. – fece notare Zoey.
- Questa te la passo, anche se pure in quel caso c’è stato la maturazione del personaggio e bla bla bla, le solite cavolate da storiella media. – Duncan finì l’ultimo sorso di birra – Che poi, Gwen, tu sei l’ultima a potermi parlare di cambio radicale. –
- Eh? – Gwen non aggiunse altro.
- Su, andiamo, anche tu in un sacco di storie vieni completamente stravolta. –
- E che c’entra?! Comunque sia, eravamo qui per parlare di altro. – la gotica cercò di non far notare il rossore sulle sue guance.
- Giusto. Duncan, qual è la tua risposta? – Mike alzò la testa di scatto e fissò Duncan fisso negli occhi. Il punk riuscì a leggervi dentro tutto quel poco pizzico di determinazione che gli era rimasta.
- Vuoi sapere qual è la mia risposta? – Duncan si alzò di colpo. Rimase fermo per qualche secondo, sotto lo sguardo curioso degli altri tre, poi si sporse in avanti verso di Zoey e le lasciò un leggere bacio a stampo sulla bocca – Questa è la mia risposta. –
- Duncan! Sei impazzito?! – urlò Zoey, mentre il suo volto si tingeva completamente di rosso.
- Che diavolo fai? – anche Gwen gridò. Mike, invece, rimase immobile ad osservare la scena senza dire nulla.
- Beh, è giunto il momento di andare. Courtney mi sta aspettando. – Duncan guardò l’orologio, dopodiché si alzò dalla sedia – Grazie della birra. – detto ciò, scioccò le dita per far apparire la porta di legno ed andarsene.
- Mike, non farci caso. Duncan è fatto così, se gli chiedi un favore lui fa sempre l’opposto. – Gwen provò a rincuorare Mike, che aveva un’espressione talmente sconvolta da sembrare fatto di pietra.
- Sì, esatto. – Zoey, ancora shoccata dall’accaduto, si limitò a boccheggiare qualche parola a caso, nella vana speranza di cancellare tutto l’imbarazzo che stava provando.
- Alla fine non ha nemmeno tutti i torti. – commentò Mike – Però resta comunque un grandissimo pezzo di merda. – il ragazzo si alzò e senza dire nulla, se ne andò usando la stessa porta di Duncan.
- Dici che abbiamo fatto peggio? – sussurrò Gwen, mentre con entrambe le mani si reggeva la testa che sentiva stesse per scoppiare.
- Temo proprio di sì. – Zoey non poté far altro che concordare con lei e finire quello che restava della sua bevanda nel più completo silenzio. Non riusciva a capire perché sentisse ancora battere il cuore così forte. Il suo fidanzato era Mike, eppure stava provando delle emozioni che con lui non aveva mai provato. Scosse la testa cercando dimenticare quella faccenda. Forse era colpa di un incantesimo? Oppure era condizionata da qualcosa o da qualcuno di superiore? Non riuscì a stabilirlo, preferì affondare il dispiacere nello zucchero del suo tè al limone.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Questo è uno dei miei scritti preferiti. Spero che le lunghe descrizioni dettagliate non vi abbiano annoiato, io ho adorato farle e penso siano venute anche discretamente bene. Beh, la struttura è sempre quella: inizio più dettagliato e poi una prevalenza di dialettica e pensieri dei personaggi.
Ragazzuoli, è più forte di me: la Doey deve essere canon AHAHAHAH. Scherzi  a parte, ho voluto usare questa scusa per inserire una breve riflessione su Mike e sul suo personaggio che io ed Anown avevamo iniziato tramite messaggi qualche giorno fa.
Mike è senza ombra di dubbio un personaggio interessante  e particolare, ma dal mio punto di vista è stato usato piuttosto male. Vabbè, alla fine son gusti.
Piuttosto, il prossimo capitolo non so quale sarà. Nel senso, che ho già iniziato a scrivere gli ultimi battiti di questa storia, ma il mio obiettivo è inserire diversi capitoli transitori in cui si parla dei personaggi.
Ah, ho notato che anche Mike e Gwen anche questo problema delle storie non segnalate. Ahimè, temo che molti personaggi ne siano afflitti. Maledetto Efp, salva questi bambini!

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Capitolo 6
*** VI - Troppi. ***


All’interno della stanza c’era un vocio assillante. C’erano più di sessanta persone che, senza alcuna spiegazione, erano state invitate da Trent.
- Che cosa vorrà quel bel mozzarellone? – chiese Leshawna, mentre a fatica sedeva su una delle piccole sedie che tappezzavano la stanza.
- Ah, sorella, non ne ho idea. È la prima volta che ci chiama tutti qua. – DJ, seduto accanto a lei, alzò le spalle e scosse la testa.
- Forse ha qualche buona notizia da darci. – optò Harold, mentre con fare incerto si sistemava gli occhiali.
- Non penso. – Gwen scosse la testa – Se anche fosse come dici, perché mai dovrebbe dirlo anche a personaggi con cui non ha mai parlato? – la gotica si guardò attorno, rimanendo shockata dal quantitativo di persone presenti nella stanza. C’era tutti, dalla prima stagione fino a quella in coppie.
- Mi piacerebbe tanto sapere perché siamo qui. – si chiese Brody.
- Trent è un tipo a posto, fratello. Se ci ha chiamato è sicuramente una questione importante. – lo rasserenò Geoff.
- Però è strano, siamo davvero in tanti. – Bridgette portò una mano sotto il mento, stranita da tutto ciò.
- Se ha chiamato addirittura me deve essere qualcosa di veramente importante. – disse Chris, seduto in ultima fila.
- Ci sono anche io. – Chef Hatchet alzò la mano.
- Se è per questo, anche io. – anche Don fece come il cuoco.
- Fino a prova contraria, quel maschiaccio ha chiamato tutti quanti. – sputò acidamente Anne Marie, mentre si limava le unghie con poco interesse.
- Sento puzza di bruciato. – disse Gwen, portando il corpo in avanti.
- Forse la colpa è delle nostre anime. – asserirono in coro Ennui e Crimson, lasciando gli altri senza parole.
- Ecco – Cody, con voce alta, cercò di richiamare l’attenzione di tutti i presenti – io forse so perché Trent ci ha chiamati qua. – disse, ottenendo tutti gli occhi su di se.
- Cioè?- chiese Sadie.
- Che intendi dire? – aggiunse Katie.
- Non ci sto capendo niente. – commentò Ellody.
- Ah, dannazione, sputa il rospo! – urlò Eva, spaventando a morte il povero Cody.
- Troglodita, vedi di calmarti. Ci tengo ai miei timpani. – replicò schiettamente Heather.
- Come hai detto? – Eva si alzò di colpo dalla sedia, puntando verso di lei, seduta qualche fila più indietro.
- Chica, non ti azzardare ad avvicinarti al mio amor. – Alejandro, dall’altra parte della stanza, intervenne in difesa della mora.
- Non rompere anche tu, Asinomorto. – Heather roteò gli occhi con fare innervosito, senza però riuscire a sopprimere un sorrisetto soddisfatto.
- Ehm, ecco, io vorrei spiegarvi. – Cody, con fare più calmo possibile, cercò di placare gli animi.
- Sbrigati, siamo stufi di perdere tempo. – dissero all’unisono Jacques e Josee, infastidendo tutti con il loro marcato accento francese.
- Basterebbe che lo faceste parlare, invece di rompere le palle. – in sua difesa intervenne Gwen.
- Grazie mille cara. – Cody gli rivolse un’occhiata dolce.
- Meno cazzate e più parole. – anche Duncan, che fino a quel momento si era limitato a starsene in silenzio, iniziò ad innervosirsi.
- Andiamo Duncan, non ti arrabbiare. – Zoey, seduta vicino a lui, gli poggiò una mano sulla gamba.
- Oh, ti prego, non ti ci mettere anche tu a rompere. – il moro roteò gi occhi.
- Si sta preoccupando per te, cerca di esserle grato. – Mike, seduto alla sinistra di Zoey, scattò subito in piedi.
- Eh?! Hai detto qualcosa stramboide? – Duncan fece lo stesso, ma venne riportato giù sia da Zoey che da Courtney.
- A lui ci penso io, grazie. – disse la castana, guardando Zoey dritta negli occhi. La rossa si limitò ad accennare un sorriso nervoso e a lasciare la presa sul ragazzo, scusandosi.
- Okay, ora che anche questa sottotrama è stata portata a termine, Cody vuoi dirci perché siamo qui? – Gwen, con tono misto fra l’annoiato e l’arrabbiato, riportò l’attenzione sul castano.
- Ecco, diciamo che ieri ho parlato con Trent e – si fermò per un istante – diciamo che forse ho un po’ calcato la mano e quindi diciamo che – iniziò a battere le dita delle mani fra di loro con fare nervoso.
- Oh, per Cristo, ti vuoi dare una mossa? – Sugar lo bacchettò, creando una rapida reazione a catena.
- Infatti, non ci stiamo capendo nulla. – aggiunse Sky.
- Dovrei tornare da mia moglie, facciamo presto. – disse Dwayne, che venne poi zittito da una gomitata di Dwayne Junior.
- Adesso basta! State tutti zitti e lasciatelo finire. – Sierra aveva provato a contenersi, ma era arrivata ben presto al suo limite. Era rimasta in silenzio nonostante tutto, perché Cody le aveva detto di evitare di intervenire, eppure le continue interruzioni l’avevano fatta dare di matto.
- Trent vuole ribellarsi alle regole del sito. – disse di colpo Cody, alzando la testa al cielo ed urlando a squarciagola. Un silenzio glaciale si diramò per tutta la stanza. Nessuno disse una parola per cinquanta secondi che sembrarono un’eternità. Il solo pensiero che qualcuno potesse anche solo provare a ribellarsi era quasi comico.
- Stai scherzando, vero? – domandò Noah, spezzando quel silenzio e dando il via ad un chiacchiericcio degno del mercato più rumoroso della storia.
- Oh, non posso crederci. È per caso impazzito? – commentò Beth, portandosi le mani alla bocca.
- I miei calcoli statistici dicono che fallirà sicuramente. – aggiunse Scarlett.
- Questo è il ruolo che spetta ad un malvagio come me. – imprecò Max.
- È una cavolata, non può essere vero. – Owen scosse la testa con fare disperato e, preso dal panico, abbracciò Noah rischiando di stritolarlo.
- Che figata! Mi immagino che casino che accadrà. – disse Izzy, la cui voce, fortunatamente, venne sopraffatta da quelle degli altri.
- Probabilmente hai capito male, non è possibile che il nostro Trent faccia una cosa del genere. – Katie scoppiò a piangere, venendo prontamente seguita da Sadie.
- Oh, Dio, sento di star per svenire. – Kitty si appoggiò sulla sorella mimando uno svenimento.
- Forse è colpa del 5G, gli ha dato alla testa. – urlò Rock, alzandosi in piedi e facendo cadere la sedia.
- Beh, se si parla di testa non che prima ce l’avesse tanto normale, era al quanto sproporzionata. – fece notare Tom.
- Non posso negarlo. – acconsentì Jen.
- Smettetela tutti! – Gwen schizzò in piedi e, con un urlo degno di un leone, zittì tutti quanti. La gotica si assaporò quei dieci secondi successivi, nei quali nessuno si azzardò a fiatare – Aspettiamolo e vediamo cosa ci dirà. – concluse, per poi risedersi di peso.
- Confermo tutto ciò che ha detto Cody. – la voce che, dal fondo della stanza, richiamò la loro attenzione costrinse tutti a girarsi di scatto. A parlare era stato, come intuibile, Trent. Il ragazzo, dopo un attimo di esitazione, si portò davanti alla prima fila delle sedie e, schioccando le dita, fece apparire un piccolo palco sul quale salì.
- Stiamo scherzando? – sussurrò Harold a Leshawna, ottenendo un cenno spaesato da parte della ragazza. Rimasero tutti in attesa che proferisse parola, senza nemmeno provare ad anticiparlo.
- Katie. – disse Trent, richiamando l’attenzione della ragazza – Quando è stata l’ultima volta che hai partecipato ad una storia? – domandò. La ragazza ci pensò qualche secondo prima di rispondere.
- Circa cinque anni fa, la storia si chiamava “Uscita a tre”. – rispose.
- Justin, invece tu? – guardò il ragazzo dritto negli occhi.
- Relativamente poco, l’ultima si chiamava “Raccontami una storia”. Ho preso parte a così poche che me le ricordo bene. –
- Tom, tu? – chiese, guardando lo stilista.
- Ecco, io – Tom si fermò a pensare per un bel po’ – Non sono nemmeno nell’elenco dei personaggi. – sussurrò, cercando di non far trasparire tutto l’imbarazzo che stava provando.
- Izzy? – la rossa, sentitasi chiamare in causa, sorrise.
- Ho preso parte ad una a Natale dopo tanto tempo che non lavoravo! Ho ucciso Babbo Natale! – urlò, sembrando fin troppo euforica.
- Alzi la mano chi è più di due anni che non lavora. – domandò Trent. Una marea di braccia si sollevarono in cielo. Tutti i personaggi iniziarono a guardarsi fra di loro, chi con imbarazzo e chi con nervosismo.
- Dove vuoi andare a parare? – chiese Emma.
- Non c’è giustizia all’interno del sito. – Trent si assicurò che il microfono posto davanti a lui permettesse a tutti di far arrivare la sua voce fino al fondo della stanza – A lavorare sono solo i personaggi più famosi. – un leggero brusio si espanse per la stanza.
- In effetti ha ragione. – sussurrò Katie.
- Non posso negarlo. – disse Eva.
- Beh, mi sembra normale. – obiettò Scarlett.
- Ma dove sono? – chiese Lindsay, venendo prontamente zittita da Beth.
- Courtney, Duncan, Dawn, Scott, Chris, Zoey. – ogni volta che citava un personaggio, tutti si voltavano a guardarlo – Loro hanno monopolizzato fin troppo la piazza. Anche noi meritiamo spazio, anche noi siamo ottimi personaggi su cui scrivere. – concluse, sbattendo il pugno sul banco. Il vocio di prima iniziò pian piano a farsi sempre più forte.
- È vero. – urlò Sky.
- Non ha tutti i torti. – disse Dave, venendo appoggiato con alcuni versi da Beardo.
- Se Dave la pensa così vuol dire che il testone ha ragione. – anche Ella si accodò all’indiano.
- In effetti è tutta colpa loro. – aggiunse Ryan.
- Vero, se non sono famosa è colpa loro! – gridò Taylor.
- Quindi cosa dovremmo fare? – domandò Devin. Sul volto di Trent si dipinse un sorrisetto, voleva esattamente quella domanda.
- Abbattere le caste. Costringere gli scrittori a scrivere storie anche sui personaggi meno famosi. – disse.
- Spiegati meglio, non è molto chiaro. – obiettò Carrie.
- Non abbiamo capito. – dissero all’unisono Jay e Mickey.
- Gli scrittori potranno pubblicare solo storie su personaggi decisi da noi. Noi daremo loro la lista di chi usare e loro dovranno scrivere. In questo modo tutti avremmo l’opportunità di apparire in maniera equa e giusta. – Trent puntò gli occhi verso il centro della folla.
- Ha ragione, mi piacerebbe avere delle storie con le mie fidanzate. – disse Rodney.
- Anche noi avremo un ruolo importante! Come il mio bis bis bis bis bis zio. – aggiunse Stacy.
- Potrei vincere una stagione. – commentò Ezekiel con fare sognante.
- Esatto! In questo modo tutti potremmo avere un ruolo importante. – Trent batté un altro colpo – Basta con questo sopruso da parte dei personaggi più famosi. – alzò un pugno in aria, venendo seguito dalla maggior parte della folla.
Per quasi un minuto ci fu il delirio all’interno della stanza. Sadie, Katie, Ezekiel, Stacy, Sky, addirittura Eva, e molti altri si alzarono in piedi ed iniziarono ad inneggiare verso Trent, che li guardava con un sorriso in volto. Gli serviva proprio quello, che la rabbia sopita dei personaggi meno popolari scoppiasse fuori ed esplodesse in una voglia estrema di sovvertire quel sistema che li opprimeva. Se tutti loro fossero andati a brutto muso da Erika, forse sarebbero riusciti a farsi sentire. Negli occhi del cantante si era illuminata una scintilla piena di speranza e di passione, più le urla si facevano forti e più lui si caricava.
- In questi due giorni ho sentito parecchie cazzate, ma la tua le batte tutte. – una voce, dal fondo della stanza, sovrastò le numerose urla e fece spostare l’attenzione verso chi aveva parlato. Duncan, discostato leggermente dalla sua fila, si stava dirigendo a passo svelto verso il palco seguito da Courtney.
- Concordo, questo discorso non sta né in cielo né in terra. – anche la castana parlò, tenendo le braccia conserte ed il volto digrignato in un’espressione incredula ed infastidita.
- Per voi è facile parlare, siete il fiore all’occhiello del reality. Tutti vi stimano e vi amano. – sputò acidamente Trent. Aveva già messo in conto che qualcuno si sarebbe opposto, quello che doveva fare non era altro che convincere i più deboli, che erano anche i più numerosi, a ribellarsi.
- Parli come se fosse colpa nostra. – ribatté prontamente Courtney.
- La colpa è degli autori che non capiscono l’importanza di noi personaggi secondari. – Trent continuò imperterrito a sostenere la sua tesi, cercando di non farsi influenzare dalla schiettezza della ragazza.
- Oh, andiamo, come se fossimo tutti sullo stesso livello. – sbottò Duncan.
- Che cosa intendi dire? – domandò Trent, con un tono falsamente stupito. Sperava proprio che il punk la mettesse su quel piano, così da poter usare contro di lui le sue stesse parole.
- Che non siamo tutti sullo stesso livello. – ripeté seccamente.
- Quindi anche tu sei d’accordo con gli autori che ci disprezzano ed opprimono. – Trent lo indicò con l’indice e dalla folla si levarono numerosi insulti verso di Duncan. Il punk, indispettito, si girò a brutto muso verso il pubblico, ma venne fermato da Courtney prima che potesse fare qualcosa di avventato.
- Mio Dio, che spettacolo penoso. – Heather arrivò in soccorso dei due – Parlate come se lavorare fosse tutto nella vostra inutile vita. Sveglia, il lavoro non fa altro che farci buttare tempo. -
- Mi trovo d’accordo con la mia señorita, da quando lavoriamo di meno possiamo passare più tempo assieme. – Alejandro, ovviamente, le dette man forte. L’ispanico le andò in contro e le passò una mano attorno al fianco per poi sorriderle.
- Voi non capite. – Trent batté ancora una volta sulla scrivania – C’è bisogno di una rivoluzione. –
- Dannazione, eppure mi pare che qualche storia sul nazismo ci sia stata sul sito. – gridò Noah, rimanendo fermo al suo posto accanto ad Emma.
- Costringere tutti gli autori a scrivere delle storie con personaggi scelti da noi non è affatto una soluzione. Anzi, ucciderebbe quel poco che rimane del fandom. – disse Emma.
- Volete davvero lasciare tutti questi personaggi a marcire in un angolo buio?! – urlò Trent. Colpì nuovamente la scrivania e vi lasciò una grossa crepa – Io non ci sto! Voglio uguaglianza per tutti. –
- Trent, hanno ragione loro. – Gwen, timidamente, si diresse verso il palco. Trent la guardò con gli occhi sgranati per tutto il tragitto. Sperava con tutto se stesso di averla dalla sua parte, tanto che non l’aveva voluta citare come personaggio più utilizzati, vederla contro di lui lo lasciò di stucco.
- Anche tu? – sussurrò, allontanandosi leggermente dal microfono. La gotica abbassò lo sguardo e si grattò un gomito.
- Le tue stupide manie di rivoluzione non farebbero altro che ucciderci ancora di più. Già siamo in una crisi, se costringiamo gli autori ad agire secondo il nostro volere non faremmo altro che portarli ad andarsene. – disse Gwen.
- Neanche tu mi capisci. – Trent affondò la testa nelle mani – Come potete non capire?! Qui c’è in gioco la nostra sopravvivenza. Se non facciamo qualcosa, alcuni di noi finiranno per sparire completamente! – urlò a squarciagola.
- Stai tirando su un siparietto penoso, Elvis. – disse schiettamente Duncan.
- Forse loro hanno ragione, dovremmo farcene una ragione e basta. – anche Geoff e Bridgette si alzarono in piedi e raggiunsero il gruppo, che stava diventando una piccola opposizione.
- Sono d’accordo. – Chris e Chef si unirono a loro.
- Ci aggreghiamo. – Noah ed Emma, seguiti da Zoey e Mike, si diressero verso il palco. Pian piano, un quantitativo sempre più ampio di personaggi, quali Harold, Dawn, Scott, Leshawna, Scarlett, DJ ed Owen, si riunirono ai piedi del palco di Trent.
- Anche se voi vi opponete, noi siamo comunque in maggioranza. – Trent, danneggiato ma voglioso di andare fino in fondo, guardò la folla con un sorriso beffardo. La maggioranza del cast di Missione Cosmo Ridicola e de L’isola di Pakhitew erano rimasti seduti al proprio posto, così come i personaggi più snobbati delle prime stagioni.
- Non ti permetteremo di distruggere il sito. – Gwen si mise davanti al gruppo di opposizione e guardò l’ex fidanzato in volto cercando di risultare calma e risoluta.
- Non ce la farete, noi siamo di più. – Trent strinse con forza il microfono.
- Ma noi siamo più popolari. – Courtney, dimenticandosi completamente i suoi conflitti con Gwen, si mise al suo fianco e le dette man forte.
- Voi non siete altro che degli alleati dei nostri oppressori. –
- Ti sbagli, noi siamo “A Tutto Reality”, così come lo siete voi. – anche Chris si portò in avanti assieme a loro. Trent iniziava a sentirsi davvero circondato, sapeva che, anche se erano di meno, loro rimanevano pur sempre la fetta più famosa ed importante della serie. Le sue vane speranze crollarono nel momento in cui vide anche Cody nel mezzo del gruppo a lui contrario.
- Siete solo dei maledetti. – delle lacrime argentee iniziarono ad uscire dai suoi occhi. Trent afferrò il microfono e lo sbatté per terra, causando un rumore assordante che portò tutti quanti a tapparsi le orecchie. Il ragazzo, furioso, si portò a grandi falcate davanti a Gwen e fece per colpirla in volto, ma venne prontamente bloccato da Duncan ed Alejandro, che si misero davanti alla gotica.
- Okay, basta così, direi che vi siete divertiti abbastanza. – nessuno riconobbe quella voce. Veniva da dietro il palco, un punto in cui nessuno di loro riusciva a vedere. Gli occhi di tutti si spostarono per il grande rettangolo di legno fino a quando una figura uscì fuori, come dal nulla, da dietro di esso. Aveva capelli neri abbastanza folti e scompigliati, occhi marroni ed un’espressione tutt’altro che allegra in volto.
I personaggi lo osservarono, ma nessuno di loro riuscì a riconoscerlo. Non lo avevano mai visto prima.
- Tu chi saresti? – domandò Scott, senza staccargli gli occhi di dosso. Quello ridacchiò e, poco dopo, rispose con un grosso sorriso in volto.
- Sono l’autore di questa storia. –
 
 
ANGOLO AUTORE:
Cari signori, scusate il “ritardo” (lo vogliamo chiamare così?)
La nostra storia, ahimé, si avvia verso la chiusura. Mi sarebbe piaciuto tanto continuarla, visto anche il successo che ha avuto, tuttavia ho una serie enorme di impegni e non riesco proprio a scrivere.
Oltre questo, c’è un altro capitolo, che probabilmente pubblicherò la settimana prossima, e poi la storia sarà conclusa. È stato un viaggio corto, ma mi sono divertito un sacco!
 
Comunque sia, c’è una cosa, abbastanza importante di cui vorrei parlarvi. Sto progettando una nuova storia ad OC, come già vi aveva anticipato. Per quest’anno avevo pensato di tornare al vecchio stile (per intenderci, una storia come “The Bus”), però vorrei attuare una variante che prima di ora non mi sembra di aver mai visto su questo sito.
Vorrei scrivere la storia in due. Cosa significa? Che, oltre alla mia storia, ci sarebbe un’altra storia (con trama simile alla mia) nella quale vengono trattate vicende parallele e, perché no, anche intrecciate.
Ecco, è per questo che sto facendo questo appello: vorrei una persona che mi aiutasse a portare avanti questo progetto e che scrivesse la storia assieme a me. Premetto che, per quanto a puro scopo di divertimento, il mio obiettivo è quello di iniziare a finire la storia, come del resto ho fatto ogni anno, pertanto gradirei qualcuno che abbia voglia di mettersi in gioco e di restarci fino alla fine.
Se volete proporvi (cosa che mi farebbe molto piacere) potete mandarmi un messaggio privato al mio profilo. Spero vivamente che qualcuno accetterà “la mia richiesta”, fatemi sapere se siete interessati!

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Capitolo 7
*** VII - Noah ed Ezekiel ***


- No, sul serio, come diavolo hai fatto a resistere ad una cosa del genere?! Ti hanno umiliato e ridotto ad un’orribile mascotte per le due ultime stagioni più brutte mai viste. Dannazione, al tuo posto mi sarei ucciso già da tempo. - disse Noah, mentre con gli occhi sgranati guardava Ezekiel. Il ragazzo stava bevendo, come se nulla fosse, della cola da un grosso bicchiere di vetro con una discutibile cannuccia rosa e gialla.

Si divertiva un sacco nel vedere la bevanda passare attraverso quel piccolo tunnel, che lo faceva diventare di un colore più scuro rispetto a quello originale.

- Ehi, Zeke, mi stai ascoltando? - l’indiano gli passò la mano davanti alla faccia e roteò gli occhi - Dannazione, ancora mi chiedo perché perdo tempo con te. - scosse la testa.

In effetti non lo sapeva, ormai Noah era diventato un personaggio, più o meno, importante all’interno della serie. Nella terza stagione aveva fatto un bel percorso ed in quella a coppia si era addirittura fidanzato.

Non avrebbe avuto motivo oggettivi per voler passare il suo tempo assieme ad uno caduto nel dimenticatoio come Ezekiel.
Eppure era più forte di lui, almeno una volta al mese andava da lui e lo trovava, ogni dannata volta, fermo a fissare il cielo, se così poteva definire quell’immensa distesa di bianco accesso, con un mezzo sorrisetto sulla bocca.

- Terra chiama Zeke. - Noah si sentiva molto legato a lui, in passato avevano trascorso molto tempo assieme, principalmente quando la terza serie non era ancora approdata nel paese, in compagnia di Sadie, Katie e tutti gli altri personaggi bistrattati dalla serie. Poi, però, più o meno tutti avevano trovato la loro strada. Anche Ezekiel l’aveva trovata, ma più che strada poteva essere definita una via di punta di Chernobyl, nella quale la radioattività aveva una certa importanza.
Ovviamente il vero Ezekiel non si era mai “trasformato” in un Gollum della Conad, anzi, aveva mantenuto intatto il suo carattere spaesato e spesso assente. Tuttavia ciò che restava di lui nella serie era quello: un relitto segnato dalla sua perenne eliminazione per primo in ogni stagione a cui aveva partecipato.

Era diventata una gag, simpatica secondo i produttori, noiosa secondo tutti gli altro, che per Noah rappresentava un coltello piantato nel collo del povero Zeke. Però, nonostante tutto, lui non se ne era mai lamentato.

-  Questa bibita è molto zuccherata. - quelle furono le prime parole che Ezekiel rivolse a Noah. L’indiano non potè che sbattere gli occhi con fare incredulo.

- Dannazione, è questa l’unica cosa che hai da dirmi?! Io inizio un argomento profondo e serio sul tuo personaggio e tu mi rispondi che la tua bibita è molto zuccherata? - replicò Noah, imitando la sua voce robotica e senza sentimento per dire l’ultima frase.
- Il colore di questa cannuccia mi piace. - disse Ezekiel. Noah si sentì ferito nell’orgoglio, sentì che qualcuno stava cercando di ledere alla sua intelligenza.
- Ah, Zeke, mi chiedo di diavolo ci vengo a fare qui. - sbottò, per poi alzarsi di colpo - Me ne vado da Owen, almeno lui mi risponde. - roteò gli occhi e si diresse a grandi falcate verso la porta.
- Il mio personaggio fa schifo. - Noah si bloccò di colpo. Si rese conto di aver appena attivato una bomba di cui non sapeva la capacità distruttiva - Pensi che non lo sappia? Mi consideri così stupido da non rendermi conto di quanto mi abbiano umiliato? - lo sguardo di Ezekiel era lo stesso di sempre. I suoi occhi, spenti e vuoti, erano puntato verso il bianco e la sua bocca era digrignata in un mezzo sorrisetto paragonabile a quello di un Hannibal Lecter - Mi hanno preso in giro, fatto trasformare in un mostro, fatto finire dentro ad un vulcano, bloccato su un’isola piena di mostri radioattivi che poi, per di più, hanno fatto saltare in aria. Si sono presi gioco dei miei sogni, delle mie speranze e dei miei obiettivi. Per di più, non mi hanno fatto partecipare nemmeno alla stagione da bambini. - si zittì per un istante. Gli angoli delle sue labbra si piegarono in un dispotico sorriso - Hanno avuto il coraggio di portarmi fino a quel punto. - sussurrò, con voce talmente bassa che Noah fece fatica a sentire. Quella frase sembrò essere la carica di una molla, come se stesse girando l’ingranaggio per poi partire, esplodere in un fiume di rabbia e disperazione che aveva rinchiuso all’interno del suo gracile corpo. Un ruggito, un boato, un insieme di parole sputate fuori come fossero veleno acido, che trasformarono quella stanza da bianca a grigia, grigia come le sensazioni slavate, scolorite e putride che Ezekiel sentiva di dover esternare. Con gli occhi sgranati, iniziò la narrazione della sua tragedia teatrale - Mi hanno preso in giro, mi hanno umiliato, mi hanno distrutto! Come hanno potuto farmi una cosa del genere? Come hanno potuto pensare che fosse divertente? Com’è possibile che ci sono ancora dei fan che vogliono vedermi uscire per primo?! Dannazione, non posso più sopportarlo! Che cosa ho fatto di male? Che dannazione ho fatto per meritarmi un trattamento del genere?! Volevo solo vincere una stagione, volevo solo riuscire ad arrivare un pelo più vicino al mio obiettivo. E invece sono stato trasformato in un maledetto cliché da quattro soldi!  Addirittura, nella mia ultima storia vengo visto come un disadatto sociale che vuole distruggere il mondo!  Né i produttori né i fan provano un minimo di pietà per me! - batté con entrambi i pugni chiusi sul tavolo, facendo cadere per terra il bicchiere di vetro che, proprio come il suo personaggio, finì per sgretolarsi un una marea di pezzi di vetro taglienti.

Noah rimase immobile. Non disse nulla, riuscì soltanto a tenere gli occhi fissi e increduli puntati verso di Ezekiel. Non sapeva cosa dire, non riusciva a pensare ad una frase che potesse anche solo rincuorarlo o a farlo sorridere.

Che poteva fare per lui? Una pacca sulla spalla, ecco cosa. Ma sarebbe stata un’ammissione di sconfitta, l’ennesima conferma che in quello show tutti vedevano Zeke come un semplice manichino da maltrattare per qualche gag divertente.

- Sai, Zeke, penso che tu abbia ragione. Non si sono comportati bene con te. Tuttavia, i veri fan della serie ti vogliono bene. Loro non possono odiarti, questo te lo assicuro. - disse Noah, con la gola talmente arida da sembrare un deserto in pieno Agosto. Puntò gli occhi verso di Ezekiel e lo vide mentre, con estrema calma, riassumeva la sua solita espressione. Gli occhi erano di nuovo spogli e lo sguardo ancora più assente.

- Ciao Noah, è stato un piacere sentirti. - disse, con tono robotico.
- Anche per me, Zeke. Ci vediamo presto. - Noah gli rivolse un’ultima occhiata di soppiatto: era un personaggio distrutto, non c’era altro da dire.

Aprì la porta e la attraversò, pensando a quanto fosse stato fortunato.

 

 

ANGOLO AUTORE:

Ehilà!

Vi aspettavate l’ultimo capitolo? E invece no, ah! Ho deciso ingarbugliare un po’ le fila di questa storia, inserendo capitoli anche nel bel mezzo della trama.

Povero Ezekiel, qualche giorno fa ho visto su una pagina di Instagram un sondaggio dove chiedevano di eliminare un personaggio per un reality fangame. Indovinate chi è stato il primo eliminato? Esatto, Zeke.

Ci sono rimasto talmente tanto male che ho buttato giù di getto questa storiella.

 

Passiamo adesso alle cose serie: perché è passato tutto questo tempo? Il motivo è semplice: il mio computer si è freezato🥳!

E, come avrete intuito dall’emoji, sto scrivendo da cellulare. È una cosa odiosa. Dico solo questo.

Quindi scusatemi se il capitolo è corto, ma non ho il senso della misura, qua sulle note del cellulare.

E, siccome rischio di perdere tutti i file, forse anche la storia ad OC va a farsi fottere. Yeeeee🎉!

Ovviamente sono ironico. Incazzato, ma ironico.

Comunque sia, in qualche modo me la gestirò.

In programma per PSS c’era una storia su Gwen ed Heather (che è rimasta bloccata nel computer) e l’ultimo capitolo che spero vivamente di non dover riscrivere.

Cooomunque sia, io adesso vi lascio. Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

E scusate per l’inconveniente!!!😵

 

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Capitolo 8
*** VIII - Heather e Gwen ***


Heather rimase incantata nel vedere il fumo della sigaretta di Gwen uscire dalla punta bruciacchiata. L’insolita colorazione verdastra aveva destato non pochi sospetti al suo occhio, convinta che una cosa del genere non potesse essere possibile.
- Che dannazione ti stai fumando, darkettona? – domandò, con la solita aria sprezzante che la contraddistingueva ormai da più di dieci lunghi anni. Gwen la guardò con un sopracciglio alzato, poi sospirò gettando fuori altro fumo verdastro dalla bocca.
- Posso fare come voglio, figurati se non riesco a cambiare il colore del fumo di una fottuta sigaretta. – la gotica schioccò le dita ed il colore passò da verdastro a nero, per poi ritornare al classico grigio.
- Secondo me ti droghi, e lo fai anche pesantemente. – Heather assottigliò gli occhi, cercando di provocarla il più possibile. Adorava farla esplodere di rabbia soprattutto perché in quel modo potevano passare la giornata al meglio, fra insulti pesanti e botte evitate per miracolo.
- Non lo farei mai, sarebbe irrispettoso nei confronti dei nostri lettori. – Gwen non riuscì a trattenere una leggera risatina.
- Sveglia, qua non c’è nessuno. – Heather, nel dubbio, si guardò attorno per confermare quello che aveva appena detto.
- Ed io come faccio a saperlo? Ormai qui è tutto relativo. – la gotica gettò a terra la sigaretta e ruotò gli occhi – Dopo quel dannato incontro è diventato tutto così confuso. – appoggiò l’indice e il pollice sulla caruncola lacrimale e si lasciò andare ad un lungo sospiro.
- Credi davvero a tutte quelle cazzate? Diamine, ti facevo più sveglia. – l’asiatica scosse la testa e portò gli occhi contro il muro bianco davanti a lei.
- Le reputi cazzate. Non lo so, forse lo sono, ma a me sono sembrate abbastanza realistiche. – Gwen si passò una mano nei capelli – Anzi, direi proprio che mi hanno convinto. – concluse.
- Questo perché sei un’idiota darkettona. – Heather mosse le spalle con fare teatrale, mentre nel suo volto si disegnava pian piano un piccolo ghigno. Seppur non ne fosse pienamente cosciente, stava cercando di sviare quell’argomento spinoso che stavano intraprendendo.
- Zoey mi ha chiesto di prendere parte ad un centro di recupero. – le parole di Gwen, tuttavia, spalancarono le porte al fantomatico argomento sopra citato.
- Di che diavolo stai parlando? – l’asiatica sbatté gli occhi per qualche secondo, mentre la sua testa capiva lentamente il perché Gwen si fosse presentata da lei senza alcun preavviso in quella maniera. Doveva confidarsi, ecco il motivo. Perché Gwen sapeva perfettamente che l’unica persona che poteva darle un consiglio era Heather. Lei era l’unica che non si sarebbe fatta condizionare e che avrebbe saputo darle la risposta migliore.
- Non lo so, mi ha parlato di una specie di riunione nella quale vuole risolvere i problemi di personalità dei personaggi. – rispose Gwen, cercando di essere la più esaustiva possibile.
- Ancora non capisco. – l’asiatica sbatté nuovamente gli occhi ed inclinò la testa. Gwen si limitò a sospirare.
- Dopo quel discorso che l’autore ci ha fatto, molti di noi sono sprofondati in una crisi di identità. Sapere che è tutto pilotato da un autore esterno alla storia non è semplice da accettare. – spiegò, mentre giocherellava con le dita.
- Bah, sono tutte cazzate. Scemi voi che vi lasciate influenzare. Io odio addirittura lavorare, pensa te cosa mi interessa se tutto si rivela una stronzata. – Heather stirò le braccia e si lasciò affondare nel divano.
- Forse hai ragione tu, però – Gwen si prese una pausa – non lo so, mi sembra di star andando contro un muro. Siamo stati fino a ieri a lamentarci dell’inattività del sito e, tutto d’un tratto, esce fuori che è tutta una palla. – Gwen appoggiò la testa sullo schienale e puntò gli occhi verso il soffitto bianco.
- Te lo dico io, la verità è che voi vi fate condizionare troppo da quello che interpretate. Nel senso, se anch’io fossi come voi dovrei andare dietro ad Alejandro per tutto il tempo. Sai, abbiamo un sacco di storie dove scopiamo o, comunque, ci andiamo molto vicini. – l’asiatica si guardò le unghie con fare indifferente, nella speranza di risultare la più distaccata possibile. Perché lei, in verità, dava fin troppa importanza a quello che faceva sul sito. Per smascherarla, sarebbe bastato ricordarle come si comportava quando il cartone era nel pieno del suo successo e lei, assieme ai più popolari, veniva usata in qualsiasi storia.
Boriosa, acida, permalosa e altezzosa. Trattava tutti senza rispetto ed andava in giro come una star di Hollywood all’apice della sua carriera. Poi, lentamente, aveva smesso, o meglio, era stata costretta a smettere. Meno lavoro, meno cose su cui vantarsi. L’unico modo in cui poteva salvare la sua immagine, per evitare di finire come una vecchia attrice alcolizzata che rimugina nel passato, era quello di fingere che, ormai, non le importasse più di nulla.
A lei, Heather Wilson, non importava niente di lavorare, anzi, il lavoro le portava via tempo prezioso che preferiva passare stando seduta a bere cocktail su un divano comodo.
Quella bugia aveva portato i suoi frutti, gli altri personaggi l’avevano presa ad esempio e, in pochissimo tempo, era diventata l’icona del “non ho voglia di lavorare”. Eppure c’erano personaggi che non potevano essere fregate, personaggi che avevano letto fin troppo bene fra le righe e che sapevano perfettamente dove stesse andando a parare.
Gwen era una di quelle. Heather ci aveva provato a convincerla di essere cambiata, ma non c’era stato alcun modo. I tempi in cui si vantava di “First time”, di “Tango and love” o di “Agape” erano ben impressi nella testa della gotica.
- Heather, ti prego, accetta la realtà. – Gwen schioccò le dita facendo apparire una sigaretta nella sua mano e un accendino nell’altra. Mise la sigaretta in bocca e la tenne ferma con i denti – Nemmeno io capisco alla perfezione quello che sta succedendo, ma far finta di niente complicherà ancora di più le cose. – accese la sigaretta.
- Sentiamo, darkettona da strapazzo, tu che suggerisci di fare? – Heather incominciò a ticchettare con forza sullo schienale del divano. Gwen buttò fuori un po’ di fumo e la guardò scuotendo la testa.
- Non lo so Heather. Se lo sapessi, non sarei qui a chiederti aiuto. – quelle parole, dette con una franchezza tale da sembrare un’ammissione di impotenza, accesero una lampadina nella testa di Heather. Gwen aveva davvero bisogno di aiuto e, fra tutti, aveva scelto lei. Un misto fra felicità, incredulità e voglia di morire, perché quella non guastava mai, le riempì la testa.
Heather boccheggiò per quasi un minuto intero. Non sapeva cosa dire, non sapeva se poteva fidarsi di Gwen. Avrebbe dovuto rivelarle tutti i drammi nascosti nel suo inconscio? Oh, dannazione, che aveva da perdere? Fu proprio quel pensiero a convincerla del tutto.
- Ormai mi pare fin troppo chiaro che questa storia del lavoro nelle fan fiction non sia che una grande cazzata. – l’asiatica si sdraiò sul divano proprio come se fosse stata dallo psicologo. Lo trovò stranamente eccitante.
- Vedo che finalmente ti sei decisa a parlarne sul serio. – Gwen incrociò le braccia al petto e la guardò con fare soddisfatto.
- Esattamente, e come sto facendo io dovrai fare tu. Sei piena di problemi, goticaccia da quattro soldi. – ribatté quella.
- Cavolo, vuoi iniziare a litigare? – l’espressione di Gwen mutò radicalmente.
- Penso sia il modo migliore per sfogarci. Nel reality le nostre litigate sono un cliché. – Heather alzò, per quanto potesse farlo, le spalle e sorrise.
- Certo, perché tu sei acida come cibo andato a male. Se scendessi dal piedistallo, forse, riusciremmo ad avere una conversazione civile. – Gwen non se lo fece ripetere due volte.
- Senti cara, dal personaggio con più comportamenti “OOC” non voglio lezioni di stile. Sembravi una dodicenne in piena crisi ormonale. “Uh, amo troppo Trent”, “Uh, non lo amo più”, “Wow, com’è fico Duncan”, “Bleah Duncan non mi piace più, preferisco farmi trattare come una pezza da Courtney”.  Ho appena riassunto quattro stagioni in quattro frasi. – anche Heather attaccò con il piede di guerra senza farsi intimorire.
- Ha parlato la super villain, che dopo due stagioni di figuracce si è ritrovata ad essere eroina per caso perché la sua controparte maschile era nettamente migliore di lei. – Gwen assottigliò gli occhi.
- La mia, cara darkettona con troppe crisi di personalità, si chiama evoluzione del personaggio. Sono passata dall’essere una villain con le palle ad un personaggio leggermente più positivo. – a quelle parole, Gwen si morse un labbro – Tu, invece, sei diventata il burattino dello show. –
- E pensare che c’è gente che non se n’è nemmeno accorta. – la gotica si portò le mani davanti alla faccia – L’unica critica che mi hanno fatto è stata sulla doppiatrice, l’unica cosa in cui io non c’entravo assolutamente nulla. – sussurrò poi.
- In effetti. – Heather buttò benzina sul fuoco.
- Eppure tutti mi amano. Incredibile, tanti personaggi sono stati accantonati per dei singoli errori, mentre io, Courtney, Duncan e tutti gli altri più famosi siamo considerati come divinità nonostante tutto. Da non credere. – Gwen appoggiò la testa sullo schienale e buttò fuori dell’altro fumo dalla bocca. Lo osservò sbattendo gli occhi, poi soffiò e lo fece disperdere nella stanza bianca.
- Hai recitato in un centinaio di storie. “Notte di mezza estate”, te la ricordi quella? Cavolo, al tempo la Gwencan andava di brutto. – entrambe sorrisero – C’è anche “Choose what your heart suggests”, per finirla ci hanno messo una vita, però, ehi, è stato un bel successo. –
- Beh, c’ero anche in “Agape”. Oh, e ti ricordi de “La fine del mondo”? Quanti ricordi. – Gwen buttò la sigaretta a terra e la guardò mentre scompariva con aria malinconica – A quei tempi non avevamo nulla di cui preoccuparci. “Tanto poi faranno un’altra stagione”, bastava pensare a quello e tutti i nostri errori e problemi venivano rimandati. E ora, che abbiamo capito che più in là di uno stupido spin-off dell’asilo non possiamo andare, sbattiamo di muso nelle nostre incongruenze. –
- Però tanta gente si fa fregare dai ricordi. – Heather si tirò su con la schiena – Ad esempio, c’è un sacco di gente che dice di amare Mal. Come si può amare Mal?! È il classico villain stereotipato senza pudore che puntualmente viene sconfitto nella maniera più casuale ed insensata dell’universo. L’ho sempre trovato un’offesa verso me e verso Alejandro. – sbottò.
- Solo verso voi due? Ci sono anche Scott, i pattinatori e – l’asiatica non le permise di finire.
- I pattinatori posso passarteli. Tutti gli altri “villain” non sono altro che degli idioti che non hanno idea di come si gestisce una stagione dalle retrovie. Sono stati fatti e pensati nella maniera più sbagliata in assoluto. – Heather colpì il divano con un pugno.
- Hanno voluto esagerare. Il cast della prima stagione era bello perché verosimile, dalla quarta in poi hanno deciso di fare personaggi sempre più strambi e improbabili e, beh, non è stata una grande mossa. – Gwen scosse la testa, venendo imitata dall’altra.
- Vacci a quel corso di recupero o come cavolo si chiama. – disse rapidamente Heather voltando la testa di scatto. Non lo avrebbe ripetuto più di una volta, perché per lei dire quella frase equivaleva ad una sconfitta a livello morale. Gwen, sulle prime, la guardò sbattendo gli occhi incredula, poi, pian piano, un piccolo sorriso si dipinse sulla sua faccia.
- Grazie Heather, sei una vera nemica. – le disse, senza riuscire a trattenere una risata.
- Oh, smettila. È dalla seconda stagione che non siamo più nemiche. – Heather la liquidò con un cenno della mano, facendole capire che era giunto il momento di andarsene.
- Immagino che sia uno dei tanti motivi per cui dovrò andare a quel centro di recupero. – Gwen si alzò dal divano e si allontanò di qualche passo. Schioccò le dita ed una porta marrone apparve davanti a lei. La aprì con calma mentre con la coda dell’occhio guardava Heather, occupata ad osservarsi le unghie con fare noncurante. Gwen trasse un lungo sospiro, poi attraversò la porta.
Fu solo dopo l’addio della gotica che Heather riuscì a rilassare le spalle. Farsi vedere come una donna tutto d’un pezzo era una sceneggiata che, col passare del tempo, le diventava sempre più difficile. Eppure a quell’aria da vip non voleva rinunciare, seppur fosse cosciente che non era altro che una debole facciata. D’altronde cosa poteva fregargliene? Sapere che non era altro che un manico mosso da una marea di scrittori l’aveva solo portata ad accettare quella triste realtà. Accettazione che, invece, Gwen non era ancora riuscita a raggiungere.
Heather si lasciò sprofondare nel divano e, dopo aver puntato gli occhi sul soffitto bianco, si lasciò andare ad un’ultima frase conclusiva.
- Che poi, Zoey è la prima a non aver accettato se stessa. Che faccia tosta. – scosse la testa. Avrebbe chiamato Alejandro, così si sarebbe tolta dalla testa quei pensieri che le ronzavano in mente come mosche. Una litigata, un po’ di sesso e poi sarebbe tornata come nuova.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ma ciao! Come state? Io non benissimo, ho un mal di schiena atroce.
Tralasciando ciò, vi starete chiedendo cosa voglia dire questo capitolo, immagino. Beh, ormai questa storia è un mischione di idee, progetti e pensieri, pertanto ho deciso di mischiare un po’ le carte in tavola. Infatti, questo capitolo è ambientato dopo il famoso incontro fra tutti i personaggi.
Beh, io so cosa è successo, voi no. Perciò… magari potrebbe essere un po’ difficile da capire, ma a tempo debito avrete le risposte. Per adesso accontentatevi si quel poco che Heather e Gwen hanno detto al riguardo.
Onestamente, non volevo continuare troppo questa storia, ma l’idea di Zoey che gestisce un “centro di recupero per personaggi con crisi di identità” mi sembrava fantastica. Quindi… meno riferimenti alle storie e più al reality e al fandom. Che poi, ehi, faccio sempre come mi pare, quindi i capitoli potrebbero uscire una volta in un modo e una volta in un altro. Sto usando questa storia come test per migliorarmi, tutto qui.
Detto ciò, ci vediamo al prossimo capitolo!
Ah, per chi si chiedesse che fine ha fatto House of Memories, con calma ci sto lavorando ;-)

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Capitolo 9
*** IX - Tutti. ***


- Tu chi saresti? – domandò Scott, senza staccargli gli occhi di dosso. Quello ridacchiò e, poco dopo, rispose con un grosso sorriso in volto.

- Sono l’autore di questa storia. –

Un silenzio tombale pervase l’intera stanza. Nessuno mosse un muscolo, ad eccezione delle palpebre che si aprivano a chiudeva in continuazione in preda all’incredulità e alla sorpresa. Ci fu poi chi sprofondò nella propria sedia e che, al contrario, si alzò in piedi per vedere meglio.

- Stai scherzando, spero. – balbettò Gwen. La gotica fece un passo indietro, intimorita da quel personaggio.

- Niente affatto. Sono io, in carne ed ossa. – si indicò con una mano – Più o meno. – specificò poi, con un sorrisetto in volto. Gettò poi lo sguardo verso la folla ed iniziò a scrutarla con attenzione – Cavolo, ci siete tutti. – disse.

- Questo cosa c’entra? – Heather alzò un sopracciglio con aria pragmatica.

- Penso sia la prima volta che succede in una storia. – l’autore schioccò le dita e sorrise. I personaggi iniziarono a guardarsi fra di loro sempre più confusi.

- Spiegati meglio. – disse Tyler, in piedi nel bel mezzo della folla, incuriosito da quell’affermazione.

- Sì, esatto, sei fin troppo vago. – Beth si accodò a lui, così come altri personaggi.

- Confermo. – Brick portò la mano sulla fronte facendo il saluto militare.

- Stai zitto, scemo. – Jo lo colpì con un’amichevole pugno sulla spalla – E se non ne vuoi uno anche tu, sarà meglio che ci parli con chiarezza. – rivolse il pugno verso l’autore, che sbiancò per un istante.

- Hanno Sha-ragione! – anche Lightning si unì a quel coretto, che venne presto spento.

- Dannazione, lasciatelo parlare. Altrimenti qui facciamo notte. – strillò Blaineley dal fondo della sala, stufa di dover stare lì per tutto quel tempo.

- Non che notte e giorno abbiano alcun senso per questo posto, ma grazie per l’aiuto psicologa da strapazzo. – l’autore le rivolse un occhiolino, invocando il ruolo che la bionda aveva avuto all’interno di “Care Project” – Quello che intendo dire, è che in questa storia ci siete tutti. – guardò la folla, nella quale era presenti la maggior parte dei personaggi poco utilizzati – So che non è molto, ma è comunque un inizio. Non credete? –

- Ha ragione. – sussurrò Tammy, colpendo con forza il suo casco da vichinga.

- Se questa è una storia… - iniziò Kelly.

- Noi ne stiamo facendo parte! – concluse Mary.

- Esattamente! - confermò l’autore. Fra la folla si sollevò un fortissimo urlo di gioia da parte di tutti i personaggi meno utilizzati: Beardo iniziò a fare versi incomprensibili con la bocca, B ad agitare in aria tutti i suoi attrezzi e Spud a suonare la sua air guitar con più foga del solito.

- Come potete essere soddisfatti per una cosa del genere?! - tuonò Trent con tutta la voce che aveva in corpo. Prese il microfono in mano e fece un passo in avanti – Vi stanno dando un contentino, una misera apparizione al fronte di tutti gli anni che avete passato nell’oblio ad aspettare una chiamata per una storia. - abbassò la testa verso il pavimento e la rialzò di colpo – E voi avete il coraggio di accettare? - concluse, guardando la folla con gli occhi infuocati.

- È un inizio. - disse Jasmine con voce titubante.

- Sì, certo, è l’inizio del vostro ritorno nell’oblio. Una volta conclusasi questa storia tornerà tutto come prima. - Trent lanciò il microfono per terra, molestando di nuovo le orecchie dei presenti, e calciò con forza il pavimento.

- Okay, ne ho abbastanza. - l’autore si avvicinò al moro.

- Che intendi fare? - chiese Trent, leggermente impaurito dalla sua vicinanza. Quello non disse nulla, si limitò ad andare oltre fino ad essersi distanziato di quasi dieci metri da loro.

- Ti dimostrerò che questa è una storia scritta da me e che tutte le cose che dici in realtà le sto pensando io. - mosse la mano destra in avanti con fare teatrale, poi si avvicinò a loro di due passi.

- Non ci sto capendo nulla. - Gwen scosse la testa e guardò Heather e Zoey.

- Stessa cosa. - l’asiatica alzò le spalle e sbuffò, indispettita da tutto quel farneticare continuo.

- Concordo. - la rossa si limitò sbattere le palpebre con la bocca spalancata.

- Vai dritto al solo! - urlò Chet.

- Esatto! - Lorenzo affiancò il fratellastro. In breve nell’aula iniziarono a rimbombare migliaia di parole gridate dalla grossa che folla che, prima con un brusio e pian piano con delle urla, cercavano di farsi sentire.

- Oh, per Dio, lo volete lasciar parlare? - Courtney roteò gli occhi e sbottò pesantemente.

- Ci penso io, non ti preoccupare. - l’autore le sorrise, poi schioccò le dita e, come per magia, le voci i tutti sparirono. I personaggi provarono a parlare, ma dalla loro bocca non usciva che aria – Perfetto, adesso che siete in silenzio, possiamo iniziare. - disse.

I personaggi si guardarono l’un l’altro con gli occhi spalancati. Avevano sempre pensato di essere i padroni di quel mondo, ma in quell’istante tutte le loro convinzioni erano andate i frantumi, nessuno di loro sapeva più a cosa doveva credere.

- Iniziamo dalla cosa che mi preme di più: Zoey – indicò la rossa – tu provi qualcosa per Duncan. - la ragazza sussultò, senza emettere alcun suono, e divenne rossa in volto come un peperone. Courtney le rivolse subito un’occhiataccia e Mike la guardò con gli occhi sgranati, mentre il punk si limitò a sbuffare, come indispettito dalla cosa – Non ti preoccupare, sei ricambiata. - la situazione si capovolse di colpo, con un Duncan imbarazzato che cercava di non darlo a vedere e Mike e Courtney che lo guardarono con sguardi tutt’altro che amichevoli, mentre Zoey faceva di tutto per trattenere un sorrisetto euforico. Detto ciò, l’autore schioccò le dita e la voce tornò a tutti i personaggi, provocando un brusio all’interno della stanza.

- Duncan, cosa significa questa storia? - Courtney cinse le braccia al petto e guardò il ragazzo assottigliando gli occhi.

- Esatto, Zoey, cosa significa? - Mike porse la stessa domanda alla fidanzata, che non riuscì a fare altro che boccheggiare senza sapere cosa dire.

- Sono tutte cazzate. - Duncan sbuffò pesantemente e rivolse lo sguardo verso il soffitto.

- Duncan, non arrabbiarti. Non è colpa tua, sono io a decidere come vanno le cose qua dentro. - l’autore alzò le spalle – Se è per questo, nella mia testa anche Dawn e Scott sono una coppia canonica. - i diretti interessati arrossirono di colpo e vennero sommersi dagli sguardi di tutti i personaggi.

- Di che diavolo stai parlando? - Scott passò prontamente all’offensiva.

- Della verità, mio caro. Volete un esempio ancora più chiaro? - l’autore porse quella domanda retorica e schioccò prontamente le dita, per poi indicare un punto in fondo alla sala.

Josh si alzò dal suo posto e si avvicinò verso Blaineley.

- Che diavolo vuoi? - domandò, con fare scontroso, la bionda. Il moro si limitò ad afferrarla per le spalle e a darle un appassionato bacio alla francese.

- Te. - disse poi con tono malizioso. Blaineley lo guardò senza parole, persa completamente negli occhi dell’altro. Sentiva il cuore batterle come non mai ad una forza spropositata. Lentamente avvicinò la bocca a quella di Josh per baciarlo di nuovo. Poi l’autore schioccò le dita e tutto tornò come prima, Blaineley, imbarazzatissima, spinse indietro Josh, che cadde a terra come una pera cotta senza neanche sapere perché non fosse più al suo posto.

- Se volete vi do la prova del nove. - l’autore schioccò nuovamente le dita.

Ad alzarsi in piedi questa volta fu Samey, che si diresse ad ampie falcate verso la sorella. Le si fermò davanti e, sotto lo stupore generale, la colpì con un forte schiaffo in volto.

- Questo è per tutto quello che mi hai fatto passare! - disse poi con rabbia. Tutti si aspettavano una reazione violenta da parte della sorella, ma ciò non accadde.

- Hai ragione, scusami tanto se ti ho ferita. - Amy si alzò e la abbracciò forte, fin quando l’autore non schioccò le dita per l’ennesima volta e le due si staccarono di colpo – Non mi toccare! - strillò Amy, tornata alla normalità.

- Bene, adesso che sapete che non scherzo, posso spiegarvi per quale motivo sono qui. - l’autore girò su se stesso con fare teatrale – Io voglio aiutarvi. - iniziò, per poi venire prontamente interrotto da qualche voce esterna appartenente alla folla.

- Come intendi aiutarci?! Ormai sono anni che viviamo nell’oblio. - tuonò Gerry.

- Esatto, nessuno ha mai provato a scrivere una storia sul tennis con me e Gerry come protagonisti, non mi sembrava chiedere tanto! - si aggiunse Pete, sbattendo per terra la racchetta che portava sempre con se.

- Hanno ragione, anche io non ho mai avuto una fanfiction nella quale sono conduttore! - alle lamentele si unì anche Topher.

- Ed io che devo dire? L’unica storia con gli zombie l’hanno scritta ancora prima che io venissi inventato! - inveì Shawn.

- Oh, per l’amor del cielo, volete lasciarmi finire? Non costringetemi a zittirvi di nuovo con la forza. - l’autore roteò gli occhi e sbuffò pesantemente.

- Ci devi un bel po’ di spiegazioni, caro mio. Anche io pretendo una long sul duro e stressante lavoro da poliziotto corrot… ehm, onesto. - sbottò MacArthur colpendosi con forza il petto con il pollice.

- Ehi, lascialo parlare! - ci pensò Sanders a zittirla, costringendola a sedersi con la forza.

- Okay, l’avete voluto voi. - l’autore fece per schioccare le dita, ma prima che potesse farlo un urlo si levò dall’intera stanza.

- No, per favore! - urlarono tutti assieme, costringendolo a coprirsi le orecchie.

- D’accordo, d’accordo, però state in silenzio. - guardò la folla, che si limitò a scuotere la testa su e giù in segno di assenso – Allora, dov’ero rimasto? Ah, sì! Io voglio aiutarvi e questa storia sarà il mio tentativo. Ho cercato di dare spazio ad ognuno di voi, così che i lettori possano ricordarsi di voi e, chissà, darvi un qualche ruolo nelle loro fanfiction future. - spiegò, con un raggiante sorriso in volto.

Dai loro occhi, l’autore capì che i personaggi non erano del tutto convinti dal suo piano. Per certi versi li capiva: l’essere stati dimenticati dalla maggior parte delle persone li aveva portati a non credere più né in loro stessi, né in chi li avrebbe dovuti utilizzare.

- Non abbattetevi! - disse, cercando di essere il più convincente possibile – Trent, guardarmi. - puntò gli occhi verso il moro, che aveva ancora lo sguardo rivolto sul pavimento. Non appena ottene la sua attenzione riprese a parlare – La tua protesta non era sbagliata, ma i tuoi modi sì. Le persone devono essere lasciate libere di fare quello che vogliono nella maniera che preferiscono anche se spesso, purtroppo, ciò non ci piace o non ci reca vantaggi. - prese un grosso sospiro e poi si girò verso la platea – Io non posso costringevi a credere a quello che dico, ma voglio provare a farvi credere in voi stessi. Se non lo farete voi per primi, nessuno lo farà. - l’autore sentì il peso e la responsabilità di quelle parole. Stava cercando di dare una nuova speranza a quei personaggi seppur in cuore suo sapesse di non potere fare molto per aiutarli, soprattutto perché lui era il primo ad avere delle preferenze sui personaggi che utilizzata nelle sue storie. Eppure, nonostante apparisse come un controsenso, forse era proprio per quel motivo che riusciva ad enfatizzare così tanto con loro, perché si rendeva conto di relegarli all’interno di un sogno senza possibilità di uscire.

- Quindi io potrei avere una storia nella quale sono una top model di successo? - domandò Dakota.

- Penso ci sia già. - l’autore inclinò la testa dubbioso.

- Ed io una storia nella quale entro in un gioco virtuale ultra-realistico? - Sam, affianco alla fidanzata, si alzò di colpo ed iniziò ad agitare le braccia in preda all’eccitazione.

- Non so se al creatore di Sword Art Online farebbe piacere, ma non vedo quale sia il problema. -

- Potrei far parte di un crossover con “Il signore degli anelli”? - chiese Leonard agitando il suo bastone.

- Potresti. -

- E noi potremmo far parte di una storia nella quale i vegani e gli ambientalisti hanno conquistato il mondo? - domandarono in coro Laurie e Miles.

- Spero vivamente di no, ma in teoria sì. -

I personaggi iniziarono ben presto a fomentarsi, perdendosi in una marea di pensieri dettati dai loro sogni e dalle loro ambizioni più intimi.

- Potrei smettere di fare il semplice cameo! - urlò Cameron.

- Potrei vincere una stagione di Missione Cosmo Ridicola! - esultò Stephanie assieme a Ryan.

- Potremmo diventare leader di una band rock! - festeggiarono Spud e Rock.

- Potreste fare tutto ciò. - confermò l’autore, felice di vederli così euforici. Eppure qualcuno aveva ancora dei debbi a tal riguardo. Leggeva negli occhi di vari personaggi l’insoddisfazione e l’incapacità di credere a quello che sentivano dire. E, purtroppo, l’autore li capiva fin troppo bene.

- Quindi noi, alla fin fine, cosa siamo? - Gwen si avvicinò all’autore, seguita da Duncan, Courtney, Heather, Zoey e da qualche altro, e gli fece quella domanda con un tono monotono e basso, non voleva farsi sentire dai personaggi che stavano festeggiando, perché capiva non ci fosse il bisogno di reinstallare in loro il seme del dubbio.

- Voi siete – l’autore esitò e ciò, per certi versi, bastò come risposta – dei personaggi. - non riuscì ad aggiungere altro.

- Siamo entità alla merce di chi ci desidera? - chiese Courtney.

- Una cosa del genere. - confermò l’autore.

- Da non credere. - Duncan scosse la testa.

- Andiamo, che cosa ve ne frega? Meglio così, almeno non abbiamo nulla di cui preoccuparci. - Heather minimizzò il problema, limitandosi a guardarne il lato positivo.

- Esatto, cercate di godervela finché dura. - l’autore mosse la mano per far loro cenno di non preoccuparsi troppo, poi guardò l’orologio al suo polso e spalancò gli occhi – Dannazione, è già così tardi?! Ho ancora un sacco di pagine da scrivere! - schioccò le dita e fece apparire una porta a qualche metro da lui – Arrivederci a tutti! - corse ad aprirla mentre salutava tutti con la mano alzata.

- Aspetta! - Gwen gli corse dietro e riuscì a fermarlo qualche istante prima che tutto il suo corpo varcasse la porta – Ma se tu sei qui, questo vuol dire che anche tu sei un personaggio. - l’autore tornò serio solo per un istante, poi le sorrise e mise l’indice davanti alla bocca.

- Shhh! Non lo dire agli altri. - l’autore le rivolse un occhiolino e poi chiuse la porta, lasciandola lì con ancora tutti i suoi dubbi a ronzarle in testa come mosche.


 


 

ANGOLO AUTORE:

Il capitolo 8, quello originale che è stato per errore cancellato, era diverso rispetto a questo. C’era sempre tutti i personaggi, ma lo aveva scritto assieme alla parte precedente, quindi i due capitoli si andavano a completare.

Questo, invece, è frutto di un rimodellamento e di vari mesi passati a riflettere sul modo in cui questa storia dovesse andare avanti. Onestamente, non so se ho fatto la scelta giusta, ma la quarta parete per me è sacra ed inviolabile e l’ultima frase di Gwen vale solo per ricordarvi che questa è una storia e, in quanto tale, non è vera.

Mi piace crepare la quarta parete, ma abbatterla completamente mi sembra eccessivo. Inoltre, ehi, c’è ancora la saga di Zoey da portare al termine!

Lì spenderò più tempo a parlare dell’introspezione dei personaggi del cartone, ma non disdegnerò qualche reference alle storie del sito che, vuoi o non vuoi, sono il carburante/petrolio di questa storia.

Detto ciò, vi comunico che fra un bel po’ questo capitolo lo sposterò più in alto (precisamente dopo la prima parte, che è quella intitolata “Troppi:” [scusate non ricordo il numero del chap :-P]) così da poter finalmente usare l’opzione di Efp che permette di spostare in avanti e in dietro i capitoli LOL.

Ah, fatemela tirare un pochino: questa è la prima storia in cui appaiono tutti i concorrenti (canonici) della storia del sito, evviva!

Basta, direi che ci possiamo salutare. Alla prossima!

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Capitolo 10
*** X - Gwen, Zoey, Tyler e Leshawna ***


Gestire un centro di recupero per personaggi OOC. Gwen pensava che Zoey non potesse avere idea peggiore. In parole povere, era un’accozzaglia di gente con problemi di personalità che non perdeva un secondo a lagnarsi della sua condizione e di quanto si sentissero infelici della propria vita.
Eppure Gwen ci era andata comunque, forse perché spinta da Heather, forse perché realmente interessata. Oppure perché voleva semplicemente godersi le difficoltà che Zoey avrebbe avuto nel gestire quel centro, perché se c’era una cosa che attraeva Gwen più dello stile dark era la distruzione ed il fallimento in tutto ciò che partecipava. Era un’emozione strana, che la pervadeva ogni qual volta faceva qualcosa. Non che desiderasse apertamente vedere il fallimento, era la prima a gioire, internamente, se tutto andava bene, ma non riusciva mai a sopprimere quella voglia di vedere crollare tutto in un mare di fumo e rimpianti.
Tuttavia, Gwen non voleva lasciarsi trasportare da quell’energia negativa che teneva dentro come una bomba atomica pronta all’esplosione, voleva davvero cercare di aiutare genuinamente l’amica nel riuscire, in un modo o nell’altro, a “guarire” i personaggi. Solo che non se ne sentiva in grado, nonostante Zoey avesse voluto proprio lei al suo fianco in quell’impresa.
Quindi la gotica si era ritrovata lì, seduta all’interno di una grossa stanza bianca arricchita con delle poltrone con lo schienale in pelle messe a cerchio ed un piccolo tavolino al centro, nel quale erano poste ordinatamente varie bevande, dalla cola, al whisky.
- Bene, vedo che siamo quasi tutti. - disse Zoey, dopo che quattro sui cinque posti furono occupati.
- Possiamo iniziare, tanto Duncan non verrà mai. - Gwen, tenendo il gomito sul bracciolo ed il pugno della mano sulla guancia, roteò gli occhi.
- Dici? Non ha nemmeno risposto al mio messaggio. - la rossa inclinò la testa ed assunse un’espressione intristita, che si costrinse a cancellare qualche secondo dopo – Va bene, allora noi iniziamo. Se poi lui si farà vivo, meglio così. - Zoey ritrovò la sua compostezza immediatamente.
- Potresti spiegarci meglio quale sarebbe il tuo intento, mozzarella? - domandò Leshawna, sorseggiando la sua gazzosa dalla cannuccia.
- Sì, in effetti il messaggio non era molto chiaro. - asserì Tyler scuotendo la testa. Anche lui aveva preso una gazzosa, ma dopo aver sentito il sapore acre del limone l’aveva appoggiata sul bracciolo con fare indifferente, il tutto per evitare che le tre se ne accorgessero.
- Ve lo spiego subito. Innanzitutto mi presento: io sono Zoey. Piacere di conoscerti. - la rossa li salutò con una mano, mentre con l’altra reggeva un taccuino.
- Ciao. - si limitò a dire Tyler.
- Ciao, bella. - Leashawna si sistemò meglio sulla poltrona, che forse era troppo piccola per lei.
- Voglio morire. - sussurrò Gwen, portando le gambe sulla sedia e stringendosi a se. Pensava davvero di non riuscire a sopravvivere a quella conversazione, si stava facendo tutto troppo imbarazzante.
- Siamo qui perché voi due, a mio avviso, siete dei personaggi con disturbo di personalità. - spiegò Zoey, senza dosare le parole. Infatti, fu immediata la reazione dei due.
- Ehi, come ti permetti? Io sono sano come un pesce! - urlò Tyler, alzandosi in piedi e facendo distrattamente cadere la gazzosa dal bracciolo.
- Esatto, mozzarella. Come ti permetti di parlarci in questo modo? - anche Leshawna si alzò, iniziando a muovere i fianchi come suo solito. Dopo un iniziale attimo di panico, Zoey si riprese ed aggiustò il tiro.
- Non fraintendetemi, per piacere. - disse, mettendo entrambe le mani avanti – Con questo non intendo dire che siete malati, anzi. Però è evidente che nella seria abbiate avuto dei comportamenti da vero personaggio OOC. Io sono qui per aiutarvi a superarli. - spiegò, cercando di essere la più esaustiva possibile. Leshawna assottigliò gli occhi e le andò un passo più vicino.
- Ehi, ehi, ehi, tu non decidi cosa io devo fare, capito? Sono una donna afroamericana che ha passato di tutto dalla vita, dal razzismo fino alle scazzottate per i saldi del black friday. Quindi pensaci due, tre, o un milione di volte prima di parlarmi in questo modo. - sputò fuori – Ed ora me ne vado a casa, ho una sessione di manicure e di pedigree che ho posticipato per venire ad assistere a questa pagliacciata. - fece per andarsene, ma Gwen la richiamò.
- Su, Leshawna, non fare così. Sentiamo almeno cosa ha da dire, magari ha una laurea in psicologia o qualche cazzata del genere. - disse ironicamente, senza riuscire a cancellare un sorrisetto dalla sua faccia. Leshawna esitò e, dopo qualche secondo di incertezza, tornò a sedere con il broncio.
- E sia. - sospirò – Ma alla prima cazzata mi alzo e vado via. Le mie unghie sono in condizioni pessime. - Zoey non poté far a meno di ridere. Guardò Gwen e le sorrise per ringraziarla del suo aiuto.
- Tyler vorrei partire da te, se non ti dispiace. - afferrò il taccuino e rivolse un sorrisetto verso il moro, che si limitò ad annuire – Innanzitutto, c’è qualcosa di cui vorresti parlarmi? - notando la faccia stranita del ragazzo, Zoey specificò meglio cosa volesse dire – Nel senso, c’è qualcosa che ti turba particolarmente? - inclinò leggermente la testa.
- Beh, ecco, in realtà qualcosa c’è. - Tyler si rimise a sedere ed osservò il tavolo delle bevande con fare pensieroso, indeciso se parlare o no.
- Parlane pure, sono qui per ascoltarti. - lo incitò a proseguire alzando le sopracciglia e con un cenno della testa.
- Ecco io – si bloccò di colpo – io odio la gag dove Lindsay si scorda di me. - confessò, per poi iniziare a respirare affannosamente. Si era appena tolto un peso che portava dentro dal duemila otto – All’inizio era anche divertente, ma poi è diventata ripetitiva e sempre più logorante. Siamo arrivati al punto che la gente ha scritto addirittura storie su questa cosa. - abbassò lo sguardo verso il basso e si lasciò andare ad un lungo sospiro.
- Quindi a te ciò dà fastidio? - chiese Zoey, mentre con la penna si appuntava informazioni sul suo taccuino. Il castano ci pensò un po’, come se non fosse del tutto sicuro di ciò che aveva appena detto. Il suo primo pensiero era stato quello di ritrattare immediatamente la confessione, eppure non riusciva a farlo.
- Beh, ecco – sbatté gli occhi e rivolse lo sguardo verso una delle tante cole sul tavolino – Non è che mi dà fastidio, è solo che rende Lindsay idiota agli occhi degli altri e questa cosa non mi va giù. - spiegò con un’espressione triste in volto. Leshawna e Zoey si lasciarono andare ad un lungo “oooh” seguito da un sorrisetto dolce, mentre Gwen non poté far altro che reprimere i coniati di vomito che sentiva salirle con forza dal profondo dello stomaco.
- Tyler, questa cosa è dolcissima. – disse la rossa, mantenendo in volto un grosso sorriso genuino. Il ragazzo, imbarazzato, ridacchiò e rivolse lo sguardo verso il pavimento.
- Davvero cuccioletto, non me lo sarei mai aspettato. – concordò Leshawna.
- Voglio morire. – sussurrò, invece, Gwen, per poi affondare la testa fra le ginocchia. Non capiva il perché, eppure aveva la sensazione che di situazioni sdolcinate come quella ne avrebbe viste a bizzeffe da quel momento in poi.
- A parte questo, c’è qualcosa di più specifico che non ti piace particolarmente riguardo al tuo personaggio? – Zoey lo guardò di soppiatto, conscia che quella confessione non era che l’invito ad entrare ancora di più all’interno del suo inconscio.
- Beh, ecco… ci sarebbe un evento in particolare che mi ha sempre turbato. – Tyler iniziò a picchiettare con foga sul bracciolo della poltrona – Nella terza stagione ho visto Duncan e Gwen baciarsi. – si fermò quando si ricordò della presenza della gotica. Le rivolse un’occhiata preoccupata, che quella si limitò ad ignorare.
- Va avanti, per me è acqua passata. – scosse la testa e con un cenno della mano lo invitò a proseguire con la sua confessione.
- Io non mi sono mai spiegato come mai mi hanno costretto a dire di averli visti. Cioè, l’ho trovata una forzatura che, col senno di poi, mi ha portato solo ad essere odiato dai fan della Gwencan. – si portò le mani sulla faccia e si lasciò andare ad un lungo sospiro. Zoey fece per parlare, ma venne anticipato da Gwen che, stufa di tutte quelle manfrine, intervenne a gamba tesa nel discorso.
- Per fare spettacolo, tutto qui. Ti hanno usato come scusante per rivelare un’informazione essenziale per il proseguire della storia. Poi, se non erro, sei stato eliminato l’episodio dopo, il tutto per permettere alla storia del triangolo di andare avanti. Sei stato una piccola pedina da usare come capro espiatorio che hanno pensato di scartare non appena ha compiuto il suo compito. – Gwen lo guardò dritto negli occhi, senza curarsi di come quelle parole scalfissero la pelle di Tyler come coltelli affilati. Il ragazzo ci mise un po’ a riprendersi, rimase per quasi un minuto intero con la bocca aperta e gli occhi sgranati a fissare la gotica, con il sottofondo di un silenzio tombale che né Leshawna, né Zoey ebbero il coraggio di spezzare, perché pensavano che Gwen avesse esagerato troppo. Entrambe si aspettavano un dibattito, una lamentela, qualche urlo e, meno probabile ma comunque fattibile, l’arrivo alle mani.
- Cavolo, hai ragione. – esordì poi Tyler, spezzando quel muro di tensione che si era creato – È proprio come dici tu. Sono stato usato come pedina sin dal primo momento, il mio ruolo all’interno della serie era solo quello di tappare i buchi fino al momento in cui sarei stato eliminato. – asserì, tenendo lo sguardo fisso verso la gotica.
- Questo è il ruolo di tutti. – rispose prontamente Gwen, per poi far apparire una sigaretta dal nulla – Partecipi, ti danno il contentino e, se sei fra i fortunati ad arrivare fino in fondo, ti sfruttano solo come pretesto per spianare la strada a quello che verrà dopo. Come me in Azione. – fece per accendere la sigaretta, ma Zoey le rivolse un’occhiata gelida che la convinse a metterla via.
- Dannazione, sorella, come sei pessimista. – disse Leshawna, mandando giù un boccone amaro come il veleno. Si rivedeva fin troppo bene in quella spiegazione piena di misandria verso i creatori.
- Oh, andiamo Leshawna. Non fingere che non abbia ragione. – Gwen si lasciò andare ad un sorrisetto, poi affondo la testa nello schienale della poltrona – Ormai sappiamo tutti come funziona. Gli anni d’oro svaniscono a noi stiamo qui a parlare del passato e di quello che non ci è chiaro. – si lasciò andare ad un lungo sospiro.
- Vorrei evitare di doverlo fare, mozzarella cara. Ma hai visto come mi hanno trattata? Per una stupida gag sono stata eliminata nella prima stagione, nella seconda hanno dovuto applicare una forzatura con Harold, mentre nella terza… Cristo, non fatemi parlare della terza altrimenti do di matto. – Leshawna afferrò la lattina di soda espressione stizzita e la strinse talmente forte da accartocciarla.
- Questo è il motivo per cui siete qui: dovete sfogarvi ed accettare gli errori che sono stati fatti su di voi. – spiegò Zoey – A Tutto reality! è un cartone parodistico che con il tempo è andato sempre più contro il confine di realismo, perciò non dobbiamo lamentarci di quello che ci è accaduto, né dobbiamo cercare di contestualizzarlo. Abbiamo avuto la fortuna di essere un cartone molto famoso e questo basta. – concluse la rossa.
- Forse hai ragione. – concluse Leshawna, venendo supportata da Tyler.
- Inoltre Leshawna, hai una storia in corso in cui sei protagonista, vero? – Zoey la portò ad alzare la testa e a guardarla con un sorriso.
- Sì, almeno quello. –
- Vedi? È già qualcosa. Tyler, invece tu sei un personaggio a cui tutti sono affezionati e che sta simpatico a tutti. Non ti preoccupare se qualcuno parla male di te, sei un ottimo personaggio. – Zoey guardò i due negli occhi, i quali accennarono ad un sorriso che pian piano si fece sempre più convinto.
- Hai ragione. – asserì il ragazzo.
- Sai, non pensavo che parlare dei miei problemi mi avrebbe fatto stare così bene. Cavolo, mi sento proprio libera! – Leshawna si alzò dalla sedia e si stirò la schiena – Adesso però devo andare, la manicure mi aspetta! –
- Anche io, ho un appuntamento con Lindsay. – detto ciò, entrambi si alzarono e, dopo un rapido scambio di saluti, se ne andarono dalla stanza lasciando Zoey e Gwen da sole.
- Allora, come pensi sia andata? – domandò la rossa, mentre riponeva il taccuino all’interno di una valigetta fatta comparire in quell’istante. La gotica storse il naso e si prese qualche secondo per riflettere. Dal volto di Zoey capiva che lei ne era stata entusiasta e questo rendeva dirle la verità ancora più difficile. Pensò di mentirle, di dire apertamente che secondo lei i personaggi del cast erano tutti maledetti e che nessuno sarebbe riuscito a salvarsi all’implacabile scontro con il tempo, eppure non ci riusciva. Perché negli occhi di Zoey leggeva la scintilla della mania di protagonismo e, soprattutto, quella di chi in ogni stagione a cui aveva partecipato era stato protagonista indiscusso. Zoey non poteva capire cosa volesse dire essere un personaggio di sfondo, non ne aveva nemmeno la minima idea.
Fu quell’ultimo pensiero, così intrinseco di odio e di frustrazione, perché Gwen in Azione aveva effettivamente fatto da marionetta e la cosa non le era piaciuta affatto, a darle la spinta per cercare di abbattere quel muro di ipocrisia che la rossa stava cercando di tarare su con tanta semplicità e supponenza.
- Uno schifo. – disse, guardandola dritta negli occhi. Zoey non fece una piega e da ciò la gotica capì che quella risposta era perfettamente nei suoi piani – Più che un centro di recupero, sembra un reality show nel quale si da spazio a stelle cadute del cinema Hollywoodiano. – sputò acidamente, inviperita dall’aria calma dell’amica.
- Non c’è che dire, Gwen. – Zoey ripose la valigetta affianco alla sua poltrona – Hai centrato il punto. – scosse la testa in segno d’assenso e avvicinò una mano dal tavolino per prendere una soda alla ciliegia – Però io lo faccio per loro, perché ne hanno bisogno. L’unico modo per sentirsi ancora amati è quello di vivere nei ricordi ed inebriarsi con il ricordo del loro passato. – concluse. Aprì la soda ed iniziò a berla tenendo lo sguardo rivolto verso le poltrone vuote, che fece sparire qualche istante dopo.
- Per me non è altro che una grossa cazzata. Gli stai dando delle false speranze che, puntualmente, verranno deluse. Come quel fottuto autore, anche lui ha detto delle cazzate simili. – Gwen puntò gli occhi contro di Zoey e la osservò attentamente: aveva un’aria da fredda calcolatrice che le ricordava l’Heather dei tempi d’oro. Il suo sguardo, il suo modo di atteggiarsi, addirittura quello di bere sembrava completamente stravolto rispetto a quello di due minuti prima.
- Cosa ne pensi dell’autore? – domandò la rossa inclinando leggermente la testa.
- Che non dovrebbe usare i suoi fottuti poteri paranormali per impossessare la gente. – lo sguardo di Gwen si fece duro. Zoey spalancò la bocca, come se non avesse ben chiaro cosa fosse stato detto, poi scoppiò a ridere.
- Cavolo, sei davvero astuta. Complimenti. – incominciò a batterle le mani.
- Esatto, me ne sono accorta subito. – si crogiolò Gwen, pensando di averlo messo in scacco.
- Sì, perché io ho deciso che tu te ne saresti accorta. – la gotica affondò le unghie nel bracciolo – Comunque sia, non sono qui per parlare di abbattimenti della quarta parete o di paradossi logici delle mie storie. Voglio solo che tu sappia perché ho deciso di far aprire a Zoey questo centro di recupero. – la rossa iniziò a tamburellare le dita sulla soda.
- Ovvero? – Gwen non aggiunse altro.
- Analisi. – iniziò, per poi fermarsi subito – Analisi dei personaggi. È alquanto difficile trovare un pretesto per far conversare due personaggi a caso. Inoltre ai lettori piace leggere dei loro personaggi preferiti, però al tempo stesso vorrebbero anche la presenza di personaggi secondari. Insomma, si crea un altro paradosso molto interessante. – Zoey, se così si poteva chiamare, si toccò il mento affascinata da quelle dichiarazioni così astratte.
- Pensi di poter giudicare gli altri? – lo stuzzicò Gwen.
- Sì, perché sono esattamente come loro. Quello che provano loro lo provo anch’io. Ti faccio un esempio stupido: ultimamente hai avuto un sacco di lavoro, vero? – le chiese.
- Sì, due nuove storie. – confermò Gwen.
- Ecco, una di quelle storie mi piace particolarmente. Si chiama “The Apartment”, se non erro. Leggendola mi sono reso conto di quanto la Gwencan mancasse sul sito e, da quello che ho avuto modo di capire, anche per altri è lo stesso. Eppure, io sono la persona che in primis si lamentava dell’assenza dei personaggi secondari, ma che adesso vuole un ritorno dei protagonisti. Oh, Cristo, mi viene il mal di testa solo a pensarci. – Zoey scosse la testa – Noi umani siamo così complicati. – disse con voce sofferente.
- Vabbè, senti, andiamo dritti al punto. Non ho tutto il giorno. – sbottò la gotica.
- Sì, sì, un’altra pagina ed abbiamo finito. – Zoey le fece cenno con la mano di stare calma – Ti dicevo: sto usando Zoey come mia pedina per poter parlare dei personaggi del reality, così da dare più spazio alla loro caratterizzazione. – concluse.
- Ed io che c’entro? – Gwen si indicò.
- Beh, tu sarai l’effettiva protagonista dell’arco. Starai assieme a lei e renderai le cose più divertenti. Oh, già mi immagino un bel momento Doey nel quale Zoey va da Duncan per aiutarlo e… no, no, no, in questa storia ho promesso di no! – Zoey si colpì le gambe con un pugno.
- Perché hai scelto Zoey? – Gwen la guardò con fare confuso.
- Perché è il mio personaggio femminile preferito. – si limitò ad alzare le spalle con sufficienza – Comunque, adesso io vado. È stato un piacere! – la rossa schioccò le dita e la sua espressione mutò radicalmente.
Gwen rimase ad osservarla, venendo ricambiata, per quasi una trentina di secondi nel silenzio più assoluto.
- Allora? – chiese poi Zoey, spronandola a parlare.
- Cosa? – Gwen, confusa e stordita da tutto quello che era appena successo, non riusciva a connettere bene. Per di più, ancora non aveva ben chiaro chi fosse davanti a lei in quel momento.
- Come pensi sia andata? – domandò, con un sorriso genuino in bocca. Da quell’espressione capì di avere davanti la solita Zoey tutta manie di protagonismo e Mary Sue. Si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, poi capì come doveva rispondere. La conversazione con l’autore le aveva fatto capire cosa dovesse fare, quale sarebbe stato il suo ruolo all’interno di quel circoletto da bar allestito da Zoey. Doveva supportarla, aiutarla e fare in modo che portasse delle conversazioni il più colte e coinvolgenti possibili. Doveva dirle che era andato tutto bene che dovevano farlo più spesso.
- Uno schifo. –
Sì, come no, figurati se Gwendolyn Fahlenbock avrebbe lasciato che qualcuno le mettesse i piedi in testa e le dicesse cosa fare. O almeno quella delle prime tre stagioni.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ho impiegato letteralmente una vita per scrivere questo capitolo. O meglio, questo l’ho scritto in nemmeno tre giorni, ma l’idea per concepirlo è stata davvero dura da tirar fuori. Per di più, è molto scritto a braccio, ovvero con battute e ragionamenti improvvisati sul momento.
Insomma signori, da oggi si analizza personaggi! Se avete qualcuno da consigliarmi fate pure, anche solo per scegliere Leshawna e Tyler ci ho messo una vita…
Mi prendo un piccolo spazio per sfogarmi su una cosa: Leshawna.
Ovunque leggo commenti del tipo “avrebbe dovuto vincere una stagione!” o “Meritava più lei di altri!”. Ragazzuoli cari, passi il fatto che queste sono gusti soggettivi e, come tali, vanno rispettati ed accettati, ma Leshawna è un personaggio che a lungo andare, a parere mio, stucca.
Benissimo nella prima, sufficiente nella seconda, nella terza era diventata davvero un peso morto. Però, ehi, come al solito la colpa forse è dei produttori che l’anno resa lo zimbello dei Alejandro.
Vabbè, più ne scrivo e più mi sento in colpa con lei, povera cucciola!
 
Comunque sia, noi ci vediamo alla prossima! Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo 😉

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