Incrinature

di Gaia Bessie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I: Una metà da rieducare ***
Capitolo 2: *** II: Una metà per sperare ***



Capitolo 1
*** I: Una metà da rieducare ***


Ha segreti come ossa rotte: si sono disintegrati in un muro di silenzio, un giorno, e ne sono rimasti solamente i frammenti stracciati e insensati che, adesso, costruiscono le fondamenta della sua medesima esistenza. C’è il buio che le respira addosso, con polmoni sfilacciati, quasi un rantolo che le si incolla addosso come un brivido che le rompe le vertebre.
Saresti in grado di mantenere i miei segreti? Domanda, silenziosamente, e un ticchettio le risponde quietamente, alternandosi ai battiti del suo cuore.
Hermione Granger si mette una mano in tasca, come se potesse trovarvi frammenti d’osso e la causa del proprio respiro affannato: ne rinviene solamente una Giratempo con il vetro crepato.
«Io non ce la faccio più, una sera prendo e t’ammazzo: te la devo togliere, questa patina di esistenza perfetta».
 
Incrinature
 
I. Una metà da rieducare
 
Ho smesso di parlare e lotto col tuo nome
E sto fingendo sia banale
Ho perso le parole
Ma quel che è stato lo difendo e mi commuove
Portati via il coraggio
Che a me è rimasto solo l'orgoglio da sputare
Sopra un pianoforte senza più un pedale
Ma qui cadono macerie e
Voglio che tu sia d'accordo che fa più male
(Nyv, Io ti penso)
 
Qualcuno ha trovato Draco Malfoy a piangere nel bagno di Mirtilla Malcontenta: riflesso nello specchio, il rampollo dei Malfoy singhiozzava, senza vergogna, non sapendo di essere osservato da qualcuno che, di motivi per piangere, avrebbe voluto dargliene almeno un secondo. E qualcun altro, poi, Draco Malfoy avrebbe preferito non doverlo trovare mai più.
Macchiato di sangue, chissà se e quanto puro, il giovane giaceva riverso sul pavimento, incoronato con una corona di spine che lo feriva, continuamente, anche nella sua triste immobilità. Qualcuno ha desiderato rompergli ogni osso del corpo, anche quello più inutile e superfluo, cancellarlo come un’ombra da una parete bagnata di luce solare. Gli hanno cercato l’anima a unghiate, sfregiandogli il viso come a parodiare la cicatrice di Potter.
E, adesso, dicono che lui sia solo. Che giaccia immobile su un letto dalle lenzuola fresche di bucato, con gli occhi fissi su un soffitto tristemente immobile, e cicatrici che tirano la pelle come un velo troppo teso, pronto a stracciarsi a ogni respiro troppo pronunciato. E come potrebbe non pronunciarli, lui, quei respiri?
Come potrebbe non lasciare uscire l’aria dai polmoni con quel grumoso misto di rabbia impotente e rassegnazione, senza sentire il sangue che preme lungo ogni cicatrice che, lentamente, si rimargina spinta dagli incantesimi di guarigione?
«Sarai in grado di mantenere i miei segreti?» una voce gli striscia lungo il collo, solleticandolo come una carezza.
Draco Malfoy ha gli occhi annebbiati ma, davanti a lei, si rifiuta di piangere: chissà cosa se ne farebbe, alla fine della fiera, della compassione di una persona che, se non odia, quantomeno disprezza. Eppure, di tutti i suoi sedicenti amici, la ragazza di cui è innamorato, i suoi compagni di Casa, nessuno è venuto a verificare che sia ancora vivo di quella vita cui è attaccato con i suoi ultimi brandelli di pelle intonsa, se abbia ancora lacrime da versare o se la abbia tramutate in vino, prima, e in sangue, poi. Si è presentata solamente Hermione Granger, qualcuno, forse Madama Chips o forse l’ha solamente immaginato, gli ha detto che l’ha trovato lei mentre, per la seconda volta in vita sua, si dissanguava sul pavimento di un bagno. L’ha interrotto mentre, semisvenuto, ancora gli rimbombava nelle orecchie il suono delle sue ossa frantumate, mentre un incisivo spezzato gli graffiava il labbro inferiore e, questo lo ricorda distintamente, stava pensando che è così, che si rompono le cose.
Lui forse se la ricorda, una macchia in divisa che si chinava di fianco a lui, che urlava o forse sussurrava parole che non riusciva a comprendere e lo scuoteva leggermente, sfiorandogli la spalla e facendolo tintinnare come uno scacciapensieri. Li aveva scacciati via, i suoi pensieri?
A guardarla negli occhi, Draco Malfoy non potrebbe dirne di essere sicuro, perché la Granger ha come un’ombra che le distorce il viso, facendola sembrare più vecchia e stanca di quanto in realtà non sia. E Draco conosce bene il nome e il volto di quell’ombra, può quasi toccarla con la punta delle dita, macchiandosele di inchiostro.
La Granger sa chi è stato a ridurlo così.
 
***
 
Hermione Granger è una ragazza in fuga: se dovesse individuare il momento in cui ha smesso di avere una casa, e una famiglia, lo collocherebbe ormai due anni fa, alla vigilia della ricerca degli Horcrux. E, adesso che Harry e Ron hanno preso una strada diversa, forse più semplice del ritorno a Hogwarts, lei è di nuovo persa e sola, e perfino lo spostarsi da un’aula all’altra ha perso significato, trasformandosi nell’ennesimo inutile vagabondaggio.
Hogwarts è animata da un concerto di rumori: sono giorni, no settimane, che tutti mormorano che qualcuno ha finalmente ammazzato Malfoy. Che l’hanno trovato esanime nel bagno di Mirtilla Malcontenta, con gli occhi rossi di pianto e anche di sangue, che gli hanno rotto i timpani e, adesso, non vede e non sente. Magari nemmeno parla.
Lei pagherebbe con il suo, di sangue, per sapere se Malfoy l’ha sentita, se l’ha compresa e se, come sospetta che non farà, manterrà il segreto. Ma cosa se ne farebbe, lui, di una promessa sul suo sangue sporco?
Eppure, quando Draco Malfoy esce dall’infermeria, e ha le ossa rinsaldate e al loro posto e i graffi che non hanno lasciato nemmeno un alone sulla pelle, non spiccica parola. Silenzioso siede al suo posto, a lezione, a pranzo e a cena, in Sala Comune, sempre. E nessuno gli rivolge la parola.
Hermione lo osserva, muta anche lei, mentre gioca con il cibo nel suo piatto, mentre quietamente si sposta di lezione in lezione con immensa fatica: potranno avergli aggiustato le ossa, ma sembra comunque che, dentro Malfoy, si sia rotto qualcosa.
Ogni tanto, lui la guarda. Senza disprezzo, o rancore, si limita solamente a soffermarsi sulla sua figura quasi come se si aspettasse delle parole, forse delle spiegazioni che lei non potrà mai dargli, e allora tace e continua a fissarla, imbarazzato. Se gli sguardi potessero parlare, i suoi ne potrebbero mai avere, di parole?
Perché Draco Malfoy non rivolge la parola nemmeno a quelli che, un tempo, erano stati i suoi amici: gli si legge come fosse scolpito sul volto, il sospetto che l’attanaglia, l’incertezza che gli corrompe ogni gesto e ogni pensiero, e che gli impedisce di rivolgere la parola anche a quella ragazza che, in un tempo che ormai potrebbe essere trascorso da sei secoli, un tempo forse aveva amato. Si domanda se non siano stati loro, a prenderlo alle spalle come un topolino in un vicolo cieco, e a togliergli speranza e parole. Non lo ammetterà mai, probabilmente nemmeno con sé stesso, che segretamente adesso si chiede perché non gli abbiano tolto anche la vita.
È triste, e sola, quest’esistenza sfiduciata, tagliata a metà da quello Schiantesimo che, facendolo cadere contro il lavandino, gli ha rotto un incisivo. E, Draco Malfoy nemmeno può bearsi della consolazione di sapere chi lo ha ridotto così.
Vorrebbe avvicinarla, domandarle cos’ha visto, prima di farlo levitare per portarlo in infermeria, cos’ha sentito. Perché, e questa certezza gli si è incancrenita dentro, lei lo sa.
Perché Hermione Granger gioca a nascondino perfino con il suo sguardo stanco ed estenuato, con la lettera scarlatta del colpevole dipinta in fronte, come a dire guardami. Ma, lei, non lo guarda mai di rimando.
Lui si è dovuto rimangiare l’orgoglio, e la boria, che in passato l’avevano caratterizzato e, adesso, è un’ombra spaventata da sé stessa che s’aggira terrorizzando i bambini del primo anno. Le ferite non gli hanno ammorbidito il carattere: è rimasto aguzzo come un diamante grezzo, che con un sorriso potrebbe tagliare il vetro, e sfuggente, glaciale s’è rinchiuso in un mutismo che, se ben interpretato, ferisce più degli insulti. Hermione lo sa, che silenziosamente Malfoy le sta dando la colpa per quel che gli è successo.
Non dovrebbe importarle. Non sono mai stati amici e lui è la persona più insopportabilmente egocentrica e opportunista che lei conosca. Eppure, nessuno si meriterebbe di esser colpito alle spalle e lasciato a terra con le ossa rotte, a fissare un soffitto, con la mente che proietta all’infinito tutte le proprie speranze infrante. E, in fin dei conti, allora le importa.
Perché Hermione, anche se ha finto di non notarlo, l’ha visto. Quando l’ha adagiato con la magia sul letto dell’infermeria, sentendo lo scricchiolio delle proprie ossa, Draco Malfoy ha pianto: silenziosamente le lacrime se lo sono mangiato vivo e, lui, ha pagato con le parole il debito che queste esigevano. E, adesso, lei fugge dalla propria coscienza che l’insegue in ogni angolo in cui decide di nascondersi: sarà veramente una Grifondoro, se permetterà che un’ingiustizia venga perpetuata nella più generale indifferenza?
Qualcuno ha cercato di spezzare Draco Malfoy come un misero ramoscello, e lei conosce il nome e il volto di questa persona. Ma come potrebbe mai dirlo a lui?
 
***
 
«Hai intenzione di dire qualcosa?».
Quando la neve comincia a cadere, in una sterile mattinata di novembre, e il vento copre anche il suono dei propri pensieri, Malfoy si decide a sputare alcune parole, quasi come fossero un’elemosina schifata concessale dopo l’ennesima settimana a fissarla silenziosamente.
«Cosa dovrei dirti, Malfoy?» domanda lei, laconicamente. Dentro sta tremando fino al midollo. «Sei tu che sembri ansioso di parlarmi, da quando…».
Da quando ti hanno spezzato in due metà diseguali che, adesso, non sai più come far stare insieme.
«Pensavo che, alla fine, ti saresti sentita in colpa e avresti parlato» mormorò lui, chinando il capo. «Evidentemente ti ho sopravvalutato, Granger. Pensavo che almeno i tuoi principi morali fossero puliti».
Lei lo guarda, stupita. Non gli aveva mai sentito pronunciare un discorso tanto lungo da quando lo aveva visto per la prima volta, sette anni prima. L’ha quasi impietosita, quell’espressione stravolta del suo viso, mentre pronuncia quelle parole, tossendo come se dovesse riabituarsi a usare la voce.
«Pensavo che avessi imparato a scegliere meglio i principi cui aderire» risponde lei, atona. «Ma, a quanto pare, non hai imparato…».
«La lezione?» completa lui, con un sorrisetto ironico. «Vorrei sapere chi ha pensato di istruirmi, allora».
Lei è esasperata. Ha dipinto sul viso una stanchezza che, fino a qualche mese prima, non le si era incisa tra i lineamenti. Ma, da quella bocca che le divide in due il volto come l’ennesima cicatrice.
«Malfoy» borbotta, con fare autoritario. «Io non so che idea tu ti sia fatto di questa situazione, ma io ti ho solamente trovato. Non ho idea di chi sia stato, a ridurti così».
Lui la guarda, senza smuoversi di un millimetro, riflettendo amaramente che la Granger ha utilizzato il presente. Perché, innegabilmente, lui è rimasto lì, su quel pavimento, con le ossa rotte e il sangue che gli sporca la bocca, senza che lui abbia la forza di sputarlo.
«Lo so che non mi credi» mormora lei, con fare conciliante. «Ma se lo sapessi, ti aiuterei. Io…».
«E, allora, fallo» ribatte Malfoy, freddamente. «Perché qui nessuno farà mai niente, per me, se non riesco a dire chi è stato e tu…».
«E io non c’ero» risponde Hermione, sorridendo tristemente. «Ti aiuterei, ma se tu non ricordi nulla, Malfoy, non puoi pretendere che io faccia nomi che non so. Io non condanno le persone senza prove».
Lui ride, senza emettere un suono: si rinchiuderà di nuovo nel suo gelido mutismo, o la investirà con una valanga di insulti, perché non può risollevarlo da quella situazione disperata?
Ma Malfoy la guarda nuovamente, e ha un sorriso trionfante.
Te la devo togliere, questa patina d’esistenza perfetta.
 
***
 
Quanta intonazione puoi metterci, nel pronunciare solamente un nome, come fa a impigliarsi nelle corde vocali, strozzandoti lentamente? Puoi pentirti di un pensiero, no, di un’affermazione che ti sei fatta incautamente sfuggire dalle labbra?
Hermione lo sa perfettamente che, lei, per quanto buona e pronta ad aiutare il prossimo, non potrebbe mai avere alcuna intenzione di soccorrere Draco Malfoy: non tutte le cicatrici sono guaribili con la magia e a lei brucia ancora l’animo di un incendio inestinguibile, che ha il profumo di tutte le umiliazioni subite da lui e dalla sua famiglia. Però.
Però l’ha anche visto a terra, ha pensato fosse morto e, adesso, guardandolo vien da chiedersi se non lo sia davvero e ne sia rimasto solamente lo spettro muto e inconsistente. Quel pomeriggio, sul pavimento del bagno di Mirtilla Malcontenta, Malfoy ha perso qualcosa di più importante del suo purissimo sangue: ha perso l’orgoglio, gliel’han fatto inghiottire insieme a qualche scheggia dei suoi stessi denti, e non è più riuscito a sputarlo fuori.
«Io non ti devo niente, Malfoy» scandisce, lei, con lentezza esasperante. «Anche se tu fossi certo di aver sentito quella frase, come potrei…».
Aiutarti?
È dura ammettere, anche soltanto a sé stessa, che gli porta ancora troppo rancore per aiutarlo: è stupido, infantile e poco Grifondoro, ma come potrebbe essere altrimenti? Quanto dovrebbe essere pazza, per desiderare di aiutare qualcuno che ha passato buona parte della propria vita a odiare? Qualcuno che la disprezza, di certo non la stima e che, nonostante tutto, ha lo sguardo velato di luminosa speranza. E, in una frazione di secondo, Hermione è costretta a fare i conti con il fatto che non se la sente, di deluderlo.
«Non insistere» borbotta. «A volte, la conoscenza è solamente dolorosa».
«Pensi che sia meglio vivere così?» risponde lui, con una calma che la sorprende. «Per quanto ne so, potresti essere stata tu e questa sarebbe una tua tattica per farmi dubitare anche dei miei amici».
«Non essere ridicolo, Malfoy» sbuffa Hermione anche se, ed è sorprendente anche soltanto pensarlo, ha perfettamente compreso il suo punto di vista. «Anche se ti facessi un nome, non risolverebbe la situazione».
A volte, pensa lei cercando di scrutare un segno di cedimento in quello sguardo stanco ed esasperato, è meglio che i nomi rimangano solamente nomi. Si era convinta, mentre portava Draco Malfoy in infermeria, che avrebbe mantenuto il segreto solamente per non dargli qualcosa contro cui accanirsi. Se l’era immaginato furioso, pronto a distruggere chi l’aveva privato dell’equilibrio, spingendolo sul pavimento: ma non era giusto, che vi stesse, che provasse il brivido della caduta, che stesse lui, per una volta, più in basso di tutti?
Ma, mentre lui scuote il capo, e controluce è talmente disperato che Hermione inizia a temere di doverlo raccogliere da terra per una seconda volta, si convince che non era quella, la motivazione. Che, ancora una volta, si è fatta condizionare dal cuore in maniera eccessiva: semplicemente, non è riuscita a prendersi la responsabilità di pugnalare Draco Malfoy. Sarebbe stato logico e razionale, andare dalla preside e dire nome e cognome di chi aveva colpito Malfoy, nel bagno, ma avrebbe anche voluto dire togliere al ragazzo quell’ultima scintilla di vita e di fiducia che la guerra non gli aveva tolto.
Avrebbe potuto mai avere, Hermione, il coraggio di disincantarlo?
«Non penso di poter fare questo a nessuno» mormora, voltandogli le spalle. «Nemmeno a te».
 
***
 
«Tu mi stai obbligando a ricominciare. Dovrei esserti grato, Granger?» le urla sono una ferita che sanguina nel buio della Torre di Astronomia. «Pensavo avresti ceduto, che avresti detto chi è stato».
«Ma io non ho intenzione di dire niente» di rovinarti la vita, vorrebbe dire. «Quindi cos’altro potresti fare, escluso ricominciare da zero?».
Hermione si è quasi abituata alla presenza assillante di Malfoy: il ragazzo ha passato gli ultimi trentatré giorni a rincorrerla nelle ronde da Caposcuola, da una lezione alla successiva, dalla Sala Grande alla biblioteca. Ma, lei, non ha mai detto nemmeno una parola.
«Potrei affatturarti» borbotta lui. «L’ultima volta ti ho fatto un favore».
«Merlino, Malfoy» sbotta, lei, esasperata. «Se per trentatré giorni non ho parlato, cosa ti farà pensare che lo farò oggi?».
Inaspettatamente, lo vede sorridere. Aveva quasi pensato che non ne fosse più capace, da quando Madama Chips aveva dovuto ricostruirglielo, quel sorriso, che era stato privato di un canino e mezzo incisivo. Ma Draco Malfoy le sorride e, per un attimo, qualcuno potrebbe pensare che hanno semplicemente superato i loro contrasti e, in qualche modo, lei è riuscito ad obbligarlo a ricominciare. Ma sarebbe solamente l’ennesimo abbaglio in una giornata di sole.
«Perché oggi è una bella giornata» risponde, lui, con calma. «E mi fa pensare che ho tutto il diritto di rivolere la mia vita indietro. Di poter volere degli amici, una ragazza, o semplicemente di poter sapere di chi mi devo fidare».
«Puoi ancora fidarti di qualcuno, Malfoy, non usarmi come pretesto per giustificare la tua misantropia» osserva Hermione, senza cedere di un millimetro. «Puoi ancora avere degli amici, e una ragazza».
«No» mormora lui e, si accorge lei con immenso orrore, gli stanno tremando le mani. «Non posso più. Quanto dev’essere ironico, il destino, per avermi lasciato solamente una persona che detesto?».
«Nessuna ironia, Malfoy» risponde Hermione, senza scomporsi. «A volte semplicemente bisogna scendere a compromessi anche con sé stessi».
«Tu non capisci» lui la guarda con un’urgenza che la sorprende, il viso gli s’è animato di un inusuale rossore. «Io avevo… dei progetti».
«Sono sicura che la Parkinson capirebbe, se tu le parlassi» commenta lei, laconica. «Sta solo aspettando che tu faccia marcia indietro».
«Non parlavo di lei» risponde Malfoy, scuotendo il capo. Ha i capelli troppo lunghi e, adesso, quando si china gli proiettano un’ombra sbilenca sulla fronte.
Per un momento, Hermione si trova a domandarsi se Draco Malfoy non abbia perso le parole una seconda volta, prima di rendersi conto che lui, al pari di lei, non riesce a pronunciare un singolo nome. Così, lui rimane a guardarla, quasi come se se stesse aspettando che nella mente di Hermione baleni improvvisamente il nome e il volto di Asteria Greengrass.
Ha sedici anni, vorrebbe raccontarle, i capelli di un curioso biondo, ma non biondo grano, più un biondo tramonto, e non un pensiero in testa. Ma, mentre formula questo pensiero, Draco Malfoy si domanda perché alla Granger dovrebbe interessare.
Perché sta cercando le parole per dirle che si era preso una brutta cotta per la minore delle Greengrass quando aveva sedici anni, lui, e tredici lei, e gli aveva prestato una piuma e dell’inchiostro in Sala Comune. E, poi, negli specchi e tra le ombre della sua mente, quella cotta s’era slargata, aveva mutato forma e nome, s’era tinta dei mille colori della sua immaginazione. E Asteria Greengrass, che pur aveva un naso per niente fine e un brutto neo vicino alla tempia sinistra, era diventata bella come potrebbe esserlo una pietra preziosa, un topazio aranciato come la sua chioma, o una rosa di sale.
Ma, ed era questo il terrore che gli aveva invaso i sogni prima di esser lui stesso proiettato dentro un incubo, per questo se l’era immaginata come fragile e, se solamente l’avesse sfiorata contaminandola con la muffa che s’era infiltrata nella sua stessa essenza, lei si sarebbe dissolta in una nuvola di granelli di sale.
«Di chiunque tu stia parlando» mormora Hermione, con una dolcezza strana. «Sei ancora in tempo per tornare indietro».
Ma, forse, non ne è convinta nemmeno lei.
 
***
 
Draco Malfoy ha impiegato esattamente tre mesi, quindici giorni e due ore e mezza prima di rendersi conto che la soluzione al suo problema è sempre stata lì, nella sua testa, e non aveva quindi mai avuto alcun reale bisogno dell’aiuto della Granger. Per cui, dopo tre mesi, quindici giorni e tre ore e un quarto, ha raccolto il coraggio necessario per dirigersi verso il bagno di Mirtilla Malcontenta.
Ma, quando s’è visto comparire davanti il lavandino su cui aveva sbattuto il volto, prima di cadere sul pavimento, gli è come mancato il coraggio. Se mai ne ha avuto anche solamente un surrogato, una pallida copia di quello con cui la Granger l’aveva affrontato, ogni volta che aveva provato a tirarle fuori anche solamente un brandello di verità.
Eppure, si ripete Draco tra le ombre della sua mente, ormai vale la pena tentare: vuole davvero sapere cosa gli è successo, vuole davvero riacquistare un briciolo di fiducia nelle persone che, un tempo che oramai appare come immensamente lontano, l’avevano circondato. E, soprattutto sebbene questo la sua mente non glielo dica mai, vuole tornare a fidarsi di Asteria Greengrass.
Per questo, che è il motivo che segretamente gli serpeggia tra anima e cuore, Malfoy s’è deciso a muovere un passo dietro l’altro, fino a potersi guardare nello specchio dove la sua immagine e le sue ossa si sono infrante.
Te la devo togliere, questa patina d’esistenza perfetta: ma che esistenza perfetta potrebbe mai avere, lui, che nel proprio riflesso appare pallido ed emaciato, con duri solchi che gli contaminano lo sguardo, con una placida stanchezza che, ne é certo, anni prima non c’era.
«Sei venuto per morire davvero, questa volta?» mugola Mirtilla Malcontenta, facendolo sobbalzare. «Pensavo che sarebbe ora di avere qualcuno che mi faccia compagnia, in questo bagno».
Lui finge una risata, ma sembra solamente il suono dell’ennesimo rasoio che gli penetra nella carne. Pensa, Malfoy, che è a un punto, come avrebbe dovuto essere lui tre mesi e quindici giorni prima, morto: o avrà il coraggio di porle la domanda o rimarrà per sempre nelle mani della Granger che, quella risposta, non gliela concederà mai.
«Tu sai chi è stato?» mormora, sottovoce, incerto.
Il fantasma ride, quasi voglia sbeffeggiarlo, ma poi annuisce con aria compita e strilla dei nomi che lui non riconosce, ragazzi del sesto anno, dice.
E, poi, un rumore lo stordisce: qualcuno ha spezzato il cuore a Draco Malfoy, nel bagno di Mirtilla Malcontenta.
 
***
 
«Tu lo sapevi» l’accusa le piomba sul capo come un cappio, facendole mancare il respiro. «Perché non me lo hai detto?».
Lei lo guarda e, per la prima volta in vita sua, sembra aver perso le parole: forse, s’è già pentita di avergli voluto evitare un dispiacere, d’avergli occultato una verità così semplice da scoprire, così ovvia da intuire. E che, nonostante tutto, per tre mesi era riuscita a negargli.
Hermione non lo ammetterà mai, nemmeno a sé stessa, ma, vedendo l’espressione spezzata di Draco Malfoy, non può non pensare che, sì, ha fatto bene a mentire, a omettere, e a regalargli tre mesi di incompresa tranquillità.
«Sapevo che ti avrebbe fatto male» risponde, infine, incerta. «Che male c’è, a volerti regalare un po’ di respiro?».
C’è che potevi impedirmi di amare una persona che mi odia, vorrebbe rispondere lui, ma gli manca il coraggio. Che potevi impedirmi di ricominciare, invece, e lasciarmi su quel maledetto pavimento mentre i graffi mi stracciavano la pelle.
«Devo dirtelo io, che hai fatto una cosa così poco Grifondoro?» domanda Malfoy, laconicamente. «Che forse non puoi impedire i mali del mondo, ma quantomeno potresti provare a evitarli?».
Lei s’è vestita di una comprensione così luminosa da ferirlo, da tagliargli in due l’iride dove ha ancora incisa la delusione che gli pervade ogni nervo.
«Ma io ho tentato, Malfoy» risponde Hermione, con calma disarmante. «Sei tu che hai deciso che era meglio la verità».
«Tu non me l’avresti mai detto» commenta lui, e si sente ferito senza sapere bene il perché. «Ti sei divertita a vedermi brancolare nel buio».
«Non so cosa ti aspettassi» commenta lei, spazientita. «Non sei mai stato il mio migliore amico: ho fatto il meglio che mi è stato possibile».
Lui si sente di nuovo tutte le ossa frantumate, come segreti che gli corrodono il sangue e lo tramutano in acido: si starà accorgendo, la Granger, che si sta corrodendo dall’interno?
Perché, per quanto lui possa esser seduto di fronte alla Grifondoro, nel silenzio snervante della biblioteca, nella sua mente c’è Asteria Greengrass velata da un velo di rabbia cremisi. Non riesce quasi a ricordare com’era, Draco, prima di doverla odiare: prima di decidere che tutto quello che gli era piaciuto, di lei, mascherasse un difetto imperdonabile, il fatto che lei lo odiasse.
«Pensavo che ti piacesse dire la verità» osserva lui, atono. Ma, dentro, Draco Malfoy trema. «Che magari ti avrebbe anche fatto comodo, ferirmi. D’altronde sei come lei, no? Mi odi anche tu».
«Posso odiarti quanto vuoi» replica Hermione, con tutta la calma di cui è capace. «Ma, io, non ti ho attaccato alle spalle in un bagno deserto».
Una luce strana le illumina il volto: ha i capelli pieni di elettricità statica, le mani stropicciano la gonna in un tic nervoso che non è stata in grado di frenare.
«Pensavo fossi quella buona, dei due» lui cambia tattica, sebbene sia consapevole che non basterà mai, per confonderla. «Che non ti saresti abbassata a…».
Giocare con la mia testa, vorrebbe dire, ma le parole gli s’incrostano nella gola, soffocandolo.
«Non lo sono» risponde Hermione, placidamente. «Potresti pensarlo, considerato che sono amica di Harry e Ron. Ma non lo sono».
«Mi stai dicendo che anche tu hai un lato oscuro?» domanda Malfoy, fingendo disinteresse. «Che hai uno scheletro nell’armadio, un morto sotto al letto o cose del genere?».
«Harry agisce impulsivamente, sacrificando il proprio bene per quello degli altri» spiega lei. «Ron per proteggere quelli che ama, anche sbagliando».
«Non mi sembra che tu faccia niente di così diverso da loro» commenta, lui, ma ha una vena d’incertezza che gli ha sfigurato la voce.
«No, Malfoy, io ragiono prima di fare qualcosa» risponde Hermione, calma. «Ed è questo il problema più grande: ho bisogno di pensare, prima di compiere una buona azione. E, una buona azione ragionata, è davvero tale?».
«Solamente se ci hai ragionato abbastanza» commenta lui, con un sorrisetto ironico. «Ci hai ragionato abbastanza, prima di omettere di dirmi chi era stato?».
Lei ricambia il sorriso, e si mette una mano in tasca, facendogli sgranare gli occhi: ne rinviene una Giratempo con il vetro rotto.
 
***
 
«Me l’ha data Silente al quinto anno. Mi ha detto che, prima o poi, mi sarebbe tornata utile… permette di andare indietro fino a un anno» c’è qualcosa, risentimento, forse, nella voce di Hermione Granger. Un sassolino che le ha distrutto la placida tranquillità di cui si era ammantata, fino a quel momento. «Non l’avevo mai usata. Quando ti ho trovato nel bagno di Mirtilla, ho pensato che se fossi arrivata qualche minuto prima, allora…».
«Cosa avresti potuto fare, da sola?» domanda lui, laconicamente. «Avrebbero spezzato anche te».
«Mi si è rotta tra le mani, mentre cercavo una soluzione» mormora lei, affranta. «Non capisco a cosa dovesse servire, ma…».
«Hai provato a usare un Reparo?».
Lei lo guarda, stranita, domandandosi se la sua non sia qualche forma di strano umorismo, o se a Malfoy non sfugga la semplice evidenza.
«E tu hai provato a risvegliare un morto con un Innerva?» domanda. «Non può funzionare, Malfoy, è un oggetto magico, non un vaso rotto».
«In ogni modo, ormai è tardi» concluse lui, scrollando le spalle. «Non penso potresti tornare indietro di così tanto tempo, e poi…».
«E poi ti ho già obbligato a ricominciare?» chiede, lei, con un sorrisetto rassegnato. «Forse ti ha cambiato, quel colpo alla testa».
Lui pensa che, in un certo senso, la Granger potrebbe avere ragione: ma non è stato il colpo alla testa a riavviargli il cervello, ma il rumore delle proprie convinzioni che si sgretolavano. Erano passati giorni, anche se sembravano mesi, da quando aveva scoperto che Asteria Greengrass, chissà per quale motivo e quanto grave esso doveva esserlo, aveva desiderato di vederlo morto ai propri piedi. E lui non era ancora riuscito a trovare il coraggio di chiederle il perché.
«Cosa dovrei fare, Granger, andare da lei?» domanda, con il risentimento che gli sfregia i tratti come un’ennesima cicatrice. «Non m’interessa sapere perché mi odia».
Lei non glielo dirà mai, ma le è chiaro che Malfoy stia mentendo, forse anche a sé stesso: ha visto come si è crepato, il suo sguardo, mentre le riferiva che lo sapeva, adesso, che era stata la Greengrass, a volerlo morto nel bagno. E, ma questo lui non lo saprà mai, ancora una volta Hermione conosce una verità in più di lui.
Draco Malfoy potrà pensare di esserne stato innamorato, della piccola Asteria, ma l’ha mai veramente conosciuta, ha almeno mai provato, a conoscerla? È stata la freccia infuocata che l’ha tenuto sveglio, sul pavimento del bagno di Mirtilla Malcontenta, e la rosa di sale che gli è esplosa tra le mani, lasciandolo con le mani impolverate e desolatamente vuote.
«Ma immagino che tu lo sappia e, per quanto io proverò a estorcerti la verità, non me lo dirai mai».


 
Questa fanfiction è un grosso vorrei ma non posso. Ho sempre avuto il pallino delle Draco/Hermione, ma nella mia scrittura funzionano solamente quando sono adulti grandi e vaccinati. Ma è anche vero che ho una sorta di passione autolesionista per il provare a superare i miei limiti e, quando ho letto la citazione assegnatami, la mia testa mi ha urlato un’ambientazione che, purtroppo, è considerata molto cliché. Però penso che possa esserci bellezza anche nel già visto, se si trova un modo carino di utilizzarlo – e chissà se l’ho trovato, ottimisticamente spero di sì, ma rileggendo non ne sono nemmeno così certa – e quindi mi sono imbarcata in questa impresa.
Quel che ne è venuto fuori è una mini-long di due capitoli ma (a causa del finale stronzo) volendo potrebbe esserci un futuro sequel sotto forma di long molto long, ma ciò dipenderà dalla mia capacità di affrontare due personaggi che non sono palesemente in grado di far stare insieme.
Nelle note del prossimo capitolo, che penso pubblicherò tra poco meno di una settimana, inserirò una spiegazione del titolo della storia e del finale che, spero, possa piacere almeno quanto è piaciuto a me scriverlo.
Nel mentre, ringrazio meryl watase per avermi fornito il prompt di questa storia, ovvero il sonetto XVII di Neruda, che troverete citato a fine storia.
Grazie per chi è arrivato alla fine di questo capitolo e  (spero) resisterà anche alla fine del prossimo.
Gaia

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Capitolo 2
*** II: Una metà per sperare ***


II: Una metà per sperare
 
Qualcuno ha lanciato una fattura ad Asteria Greengrass, durante la colazione dell’ennesima inutile domenica di fine novembre: nessuna voce ha urlato l’incantesimo, nessun movimento è stato colto, ma la Greengrass minore ha comunque strillato e si è coperta il volto. Qualcuno le ha inciso stronza sul viso e, sebbene in molti abbiano più che un vago sospetto riguardo l’identità dell’affatturatrice, non vi sono prove che incastrino la diretta interessata.
Così, Hermione Granger siede tranquillamente al proprio posto, in biblioteca, e non si scompone minimamente nell’apprendere che nessuno è ancora riuscito a sistemare il viso della Greengrass: chissà cosa starà provando, la bionda sedicenne, nel vedersi sfigurata da qualcosa di ben più appariscente del proprio naso aquilino.
«Merlino, Granger» Malfoy scivola su una sedia, di fronte a lei, con uno sguardo divertito. «Sapevo che avevi anche tu un lato oscuro, ma affatturare una povera ragazza di domenica mattina…».
Lei sbuffa, ma non riesce a mascherare una striatura di divertimento che le si è impressa nella fronte. «Malfoy, ero quasi riuscita a combinare qualcosa, durante la tua assenza» lo rimbrotta. «E, comunque, non sono stata io».
«Non pensavo che la mia preziosa compagnia ti distraesse» commenta lui, con fare gioviale. «E non pensavo nemmeno sapessi mentire».
«Io non pensavo che potessi essere più irritante del dodicenne lunatico che m’insultava a giorni alterni» risponde Hermione, riponendo una pergamena nella borsa. «Invece mi hai sorpresa anche tu».
«Ma tu non mi hai sorpreso. È che tu difendi le persone a cui tieni» osserva lui e, per la prima volta in quei dieci minuti, appare serio. «Non pensavo che avresti difeso anche me».
«Difendo chi ne ha bisogno, Malfoy, è diverso» commenta lei, srotolando un nuovo pezzo di pergamena. «Nessuno meriterebbe di essere tradito da una persona che ama».
«Ma ancora non mi hai detto perché» e la voce si macchia di quel tremolio che gli sta nuovamente spaccando le ossa. «Perché dovrebbe odiarmi».
«A volte» mormora Hermione, sollevando lo sguardo dai propri compiti. «Una motivazione, per quanto giusta e condivisibile, non è abbastanza: forse non sei la persona peggiore che conosco, hai dei lati negativi, come tutti. Basta per volerti morto?».
«A me sarebbe bastato» osserva lui, piattamente. «Un tempo, forse, avrei potuto essere io quello che attaccava alle spalle».
«E davvero basterebbe a dare a qualcuno il diritto di attaccarti?» domanda lei. «Non penso proprio che Asteria Greengrass sia senza peccati e si possa permettere di giudicare qualcun altro, a prescindere dalla gravità delle tue azioni».
«Mi stai giustificando, Granger?» chiede lui, perplesso. «Il tuo lato oscuro sta decisamente prendendo il sopravvento su di te».
«Nessuno meriterebbe di essere odiato dalla persona che ama» ripete, come se Malfoy fosse un bambino un po’ lento a comprendere. «Nemmeno tu».
«Tu però mi odiavi» commenta il biondo, studiandosi con noncuranza le mani, quasi come vi fosse scritta una risposta ai suoi pensieri. «Mi hai anche schiaffeggiato, al terzo anno».
«Perché eri uno stronzo e, negli anni, ti sei anche dimostrato un vigliacco» risponde lei, dura. «Ma è davvero sufficiente per odiare una persona?».
Lui, silenziosamente, spera che la risposta alla domanda della Granger sia negativa. E, per una volta, è lui a omettere qualcosa.
 
***
 
È vero che lo abbiamo tutti, un lato oscuro? Che c’è qualcosa di decadente e pericolante in ogni cuore, che un soffio dato con troppa forza basterebbe a buttare giù anche l’anima più salda?
Potrebbe, Hermione Granger, cadere per un colpetto dato nel punto sbagliato?
Malfoy se l’è chiesto a lungo, anche dopo che Madama Chips è riuscita a sistemare la faccia della Greengrass, che cosa nasconda la Granger nelle caverne buie della propria anima, se ci siano semplicemente muschi e licheni, o forse qualche segreto indicibile che la renderebbe irresistibilmente e, come probabilmente lei stessa teme, irrimediabilmente umana.
A lei ancora non l’ha chiesto. Non è nemmeno riuscito a racimolare parole sufficienti per dirle che, quest’anno, non tornerà a casa per Natale: il coraggio gli è – sempre – mancato e ancora non ne ha coltivato abbastanza per affrontare sua madre. Ne ha bruciato le lettere, limitandosi a risposte annoiate e generiche, senza rispondere nemmeno una volta ai dubbi assillanti di Narcissa Malfoy.
Mirtilla Malcontenta, che l’aveva colto come un fiore durante una delle sue passeggiate nevrotiche, gliel’aveva spiegato con sconcertante chiarezza: se rimani qui, da solo, ti uccideranno.
È stata drastica, e l’ha fatto ridere, ma guardandosi in quello specchio scheggiato una frase gli ha inciso il viso: te la devo togliere, questa patina di esistenza imperfetta.
Anche Asteria Greengrass non tornerà a casa: i suoi genitori e Daphne, ha raccontato la ragazza a un gruppetto di ragazze del suo anno, andranno in Francia da delle cugine, e lei si è rifiutata di seguirli. Evidentemente, ha pensato Draco con amarezza, Parigi non è abbastanza à la mode per lei. Ma, quando se la ritrova davanti, nel vuoto asfissiante della Sala Comune, non ne è nemmeno così sicuro, dei suoi pensieri, e anche l’odio pressante che ha provato nei suoi confronti gli sembra inadeguato o fuori misura.
«Non disturbarti a dire niente» sibila lei, senza nemmeno guardarlo. «Lo so, che sai che sono stata io, e so anche che non dirai nulla».
E che quindi siamo dove ho sempre temuto di fermarmi, pensa lui: a quel famoso punto morto dove non si vede e non si sente, magari potrei smettere di parlare una seconda volta, chissà se farebbe la differenza.
«Non avrei avuto comunque nulla da dirti» risponde lui, accomodandosi su una poltrona. «Non sono in vena di sentire le patetiche motivazioni per cui, una come te, avrebbe dovuto volermi…».
«Morto?» domanda lei, con indifferenza. «Mi vai bene anche così: sai che sono stata io, sai che potrei rifarlo e comunque non riesci a raccogliere il coraggio di denunciarmi. Tu hai imparato la lezione, io ne esco pulita».
«Sono contenta che tu abbia avuto a cuore la mia istruzione» commenta Malfoy, con astio. «Ma non capisco cosa dovrei avere imparato».
Asteria Greengrass sorride, a sé stessa, e per un attimo agli occhi di Draco appare nuovamente bellissima, con quella dolcezza poetica che, chissà quanti secoli prima, lo aveva incantato. Ma sarebbe bastato, un solo sorriso, a compiere la medesima magia?
Con un moto di tristezza, è costretto ad apprendere che, no, non basta a fargli dimenticare il dolore delle ossa rotte e dell’orgoglio che gli risaliva lungo la gola, del silenzio schiacciante che gli aveva oscurato i pensieri. Non basterà mai, comprende Malfoy in un attimo, e teme questo suo stesso pensiero: forse, la Granger non aveva torto, nel volerlo obbligare a ricominciare.
«Occhio per occhio» risponde la Greengrass, con calma. «Tutti noi abbiamo perso qualcuno, con la guerra, tranne te. Tu non hai dato niente, hai solamente tolto».
Mentre pronuncia queste parole, e la rabbia le sfigura il volto, Asteria Greengrass muta forma, nella mente inerme di Draco Malfoy, e torna a essere esattamente quella che è: una ragazza a malapena sedicenne, avvelenata dal rancore che le sfigura il viso, forse ancora bella da far male ma, adesso, questa bellezza non conta più niente.
«Io non ti ho tolto niente» ringhia, lui, sorprendendosi del tono ostile che ha assunto, senza rendersene conto. «Non posso essere responsabile delle azioni…».
Di mio padre, vorrebbe dirgli, ma non riesce a rinnegare Lucius nemmeno nei suoi stessi pensieri: chissà se è vero che impari a crescere solamente nel momento in cui riesci a pensare che anche i tuoi genitori sono in grado di sbagliare, quando apri una breccia nell’aura di infallibilità cui li hai avvolti da bambino, e, allora, ne cogli i difetti uno a uno, senza sorprenderti. E, anche se Draco non si sorprende più da tempo, nell’apprendere di cos’è capace suo padre, ancora non riesce a far coincidere, nella sua mente, l’immagine di Lucius padre e Lucius Mangiamorte.
«Tutti noi siamo stati abituati a prenderci le nostre colpe» commenta Asteria, dolcemente, avviandosi fuori dalla Sala. «Dovresti imparare a farlo anche tu».
 
***
 
«Ma si può sapere cosa non funziona, nella tua testa?» la Granger, esasperata, lo guarda con aria estremamente contrariata. «Come ti è saltato in mente di dire che saresti rimasto a Hogwarts?».
«Lo dici solo perché non conosci mia madre» risponde Malfoy, con ovvietà. «Non sono pronto per affrontarla, sta ancora dando di matto».
«Merlino, Malfoy!» sbotta lei, sbuffando sonoramente. «Hai il coraggio di rimanere al castello con una che potenzialmente ti vorrebbe morto e non di affrontare tua madre?».
«Tu potresti andare dalla tua famiglia e invece preferisci passare l’ennesima luna di miele con Weasley» commenta lui, non senza un velo di risentimento che a malapena riesce a nascondere. «Ma non ti giudico per questo».
«Io non l’ho più, una famiglia» risponde Hermione, senza scomporsi. «Per questo, se fossi al tuo posto, trascorrerei il Natale con mia madre».
«Che fine hanno fatto, i tuoi genitori Babbani?» domanda Malfoy, senza badare al garbo. «Pensavo li avessi protetti».
«L’ho fatto» mormora lei, chinando il capo. «Mio padre è morto di leucemia, una malattia Babbana, durante la guerra».
Con orrore, Draco constata che la Granger è quasi sul punto di piangere e, per evitare di crollare, continua a guardare fisso un punto indefinito vicino alla Torre di Astronomia. Il cortile è deserto, e non vi è perciò alcun rischio che qualcuno possa vederla in un momento di così intima fragilità ma, per un momento, Malfoy ha paura di non sapere cosa fare, con lei, se dovesse crollare e sciogliersi in un fiume di lacrime.
Non la vede piangere dal terzo anno, si domanda se ne è ancora capace, o se la guerra è riuscita a toglierle anche questo: se si è indurita così tanto da non riuscire più a emozionarsi, se è così rotta e spaccata da non poter sacrificare nemmeno una delle energie che usa per tenersi insieme per una cosa così stupida, infantile e necessaria come piangere.
«Quando sono andata a cercarli, in Australia» continua la Granger, con la voce rotta. «Papà era già morto e mamma aveva un compagno, una casa, degli amici. Come potevo toglierle anche questo?».
«Quindi hai semplicemente lasciato perdere?» domanda Draco, perplesso. «Non sei così diversa da me, allora».
Lei si lascia sfuggire un sorriso ironico e scuote il capo, come per mandar via un pensiero troppo insistente.
«No, infatti» acconsente. «Per questo, mi chiedevo… ti andrebbe di venire con me, a Natale? Io ne ho già parlato con Harry e Ron e…».
«E scommetto che hanno fatto i salti di gioia e non stanno assolutamente tramando per farti ricoverare al San Mungo in via precauzionale» commenta lui, con una risata che gli incrina la voce. «Non… Non meriti che io ti metta in difficoltà».
Lei non riesce a reprimere uno sguardo stupito e, per la prima volta da quando Malfoy la conosce, le mancano le parole.
«Non mi metteresti in difficoltà» mormora, infine. «Te l’ho chiesto perché confido nel tuo buonsenso. E perché nessuno meriterebbe di passare il Natale da solo».
«Non sempre otteniamo ciò che meritiamo, allora» risponde lui. «Non… il fatto che io e te parliamo come può andare bene a Weasley e Potter?».
«Le persone perdonano, Malfoy» commenta Hermione, con enfasi. «Hai sbagliato, sì, ti sei comportato come uno stronzo arrogante per anni e, per finire, anche come un codardo e un traditore. Ma basta davvero per odiare una persona per tutta la vita?».
«A molti basterebbe» commenta lui, atono. «Ma capisco che voi tre dobbiate per forza elevarvi con la vostra bontà sopra la comune plebe».
«Non sarai mai il migliore amico di Harry, e Ron ha messo in chiaro che dovremo ringraziarlo se si degnerà di rivolgerti il saluto, ma nessuno di loro gioirebbe nel sentire cosa ti è successo» osserva lei. «Non riesci proprio a convincerti che non tutte le persone sono cattive o vogliano per forza farti del male?».
Hermione lo guarda, fiduciosa, in attesa di una sua risposta: ma Draco, che ancora una volta ha perso le parole, sa che quella risposta non potrebbe mai dargliela. Non avrà mai il coraggio di dirle che, sì, è mortalmente convinto del fatto che tutti, a Hogwarts, abbiano segretamente gioito del saperlo steso a terra nel bagno di Mirtilla Malcontenta. Tutti. Tranne lei.
Era diventare il migliore amico della diade Weasley-Potter quello che intendeva, la Granger, imponendogli di ricominciare? Certamente, non è quello che intendeva, no, che intende lui.
In un certo senso, riflette, Asteria Greengrass aveva ragione: ci sono cose che non possono essere perdonate e, in questo senso, ricominciare non serve poi a molto.
«In un certo senso» mormora lui, senza troppa convinzione. «Le convinzioni sono per chi ha ancora qualcosa da perdere».
«Tu hai ancora qualcosa da perdere» lo interrompe lei, con veemenza. «Hai una casa, qualcuno che ti ama, una famiglia…».
«Non pensi che se veramente qualcuno mi amasse non rimarrei qui per Natale?» domanda Draco, laconicamente. «Sarebbe un motivo sufficiente per andar via».
Lei non riuscì a dire una parola, così chinò il capo e si limitò a restituirgli un silenzio timido, e disorientato, che ebbe come unico effetto quello di donargli una certezza. E, contemporaneamente, di togliergli tutte le speranze.
 
***
 
Alla fine, si è rassegnato a lasciarla andare, senza di lui: non è riuscito a trovare una scusa sufficientemente valida per chiederle di rimanere, né ne ha trovata una per dirle che sarebbe andato con lei, nella Tana del nemico. Così, Draco Malfoy ha deciso di trascorrere, per la prima volta in vita sua, Natale da solo.
Non sono servite le suppliche di sua madre, Narcissa, che ansiosamente aspettava Natale per scrutarlo, dopo l’incidente, in cerca di ogni cicatrice visibile e non. Non sono servite nemmeno le parole e i ragionamenti della Granger, Draco non si è mosso di un millimetro dal suo progetto di rimanere a Hogwarts per le festività.
Lo fai per lei, non è vero, gli aveva poi bisbigliato la Granger prima di partire, e lui non era riuscito a risponderle, incapace di comprendere il senso delle sue parole. Per poi capire, due giorni dopo: pensava che fosse rimasto per Asteria. E, nel momento esatto in cui riesce a realizzarlo, il mondo di Draco crolla giù, ancora una volta, come un castello di carte.
Ma per dirle che non era rimasto ad Hogwarts per Asteria, ma solamente per la sua buffa e paradossale ostinazione, è ormai troppo tardi. Scriverle, poi, è fuori da ogni discussione: cosa se ne farebbe mai, Hermione Granger, di una sua lettera?
Così, Draco non le ha dato spiegazioni, non le ha scritto e si è perfino imposto di non pensarla, rinchiudendosi in un cupo mutismo. Ha trascorso le vacanze di Natale vagando per i corridoi sperduti della propria mente, in ogni angolo buio e dimenticato, cercando un coraggio che s’è scordato di avere. Lo dirà mai, alla Granger, che non è rimasto ad Hogwarts per Asteria?
Non lo farà: ammetterlo con lei significherebbe dover spiegare che la sua attrazione per la Greengrass si era sciolta in una nuvola di granelli di sale e, tra le mani, gli era rimasto l’ingenuo bagliore di un topazio spaccato a metà. Che valore ha una pietra preziosa crepata di risentimento, può servire ancora a qualcosa?
Lo dirà, ad Hermione, che il suo innamoramento per Asteria Greengrass s’è dissolto come la luce di una freccia infuocata nel cielo?
Potrebbe farlo, d’altronde sembrerebbe solamente una precisazione disinteressata e il discorso cadrebbe lì, senza particolari conseguenze. Però. Però Draco potrebbe anche dirle che esistono due modi, per amare una persona: che gli innamoramenti fugaci di un mercoledì di mezz’estate spariscono come il suo per Asteria, in uno sbuffo di fumo in un orizzonte incontaminato, ma che si può anche amare segretamente. Che, in un corridoio buio e dimenticato della sua mente, ha trovato lei.
Potrebbe dirle che se l’è vista davanti, mentre lo trovava steso in una chiazza d’oscurità nella propria anima, che l’ha raccolto anche quella volta?
Potrebbe. Ma, se lo facesse, vedrebbe il viso di Hermione, adesso così familiare, contrarsi in una smorfia di disappunto e, la risposta che arriverebbe, non potrebbe che dispiacerlo.
Così, Draco non le scrive, non le dà spiegazioni e, soprattutto, s’impone di non pensarla nemmeno: perché, se cedesse, se anche solamente si concedesse di farle attraversare nuovamente la propria psiche, Hermione Granger se ne approprierebbe e a lui rimarrebbe solamente l’ennesimo puzzle di vetro che non è in grado di risolvere.
 
***
 
«Aspetta, non credo di aver capito» Ginny la guarda, incerta. «L’hai davvero trovato nel bagno di Mirtilla, coperto di sangue?».
Hermione annuisce e, istintivamente, mette una mano in tasca, dove il vetro crepato della Giratempo le sfiora il polpastrello. Nella sua mente, risuona un pensiero ricorrente, che ha imparato a conoscere nell’arco degli ultimi mesi e, quando diventa troppo assillante, ad ignorare: se solamente non avessi avuto paura di tentare.
«Quindi è per questo che passi così tanto tempo con lui?» chiede la Weasley, senza cambiare tono. «Perché me ne sono accorta, che… che vi siete avvicinati, ecco».
«Tu non avresti fatto lo stesso, al mio posto?» domanda Hermione, scrutando l’amica. «Io non penso che l’avresti lasciato lì, a morire».
«Ovviamente non l’avrei lasciato lì» concorda Ginny, annuendo. «Sai, è che… mi sembrate molto intimi, ecco».
«Credo che sia cambiato» come tutti noi, vorrebbe dire, ma quelle parole le rimangono nella gola. «A un certo punto, ha imparato a mandar giù l’orgoglio».
«La boria, vorrai dire» commenta la rossa, ridendo. «Comunque me n’ero accorta anche io, che era cambiato: quest’anno è stato come se nemmeno fosse a scuola. Non capisco nemmeno perché sia voluto tornare».
«Non lo so» conviene Hermione. «So che però è cambiato per davvero, l’aggressione nel bagno di Mirtilla l’ha segnato… credo che ci pensi ancora, alla Greengrass, intendo».
«Immagino sia diventato abbastanza ragionevole dal comprendere che non può stendersi ai piedi di una che vorrebbe solamente pugnalarlo alle spalle» commenta Ginny, seria. «Quel che non riesco a immaginare è perché ti interessi così tanto».
«Mi sentivo così fuori posto, senza Harry e Ron, a inizio anno» mormora, abbassando lo sguardo. «Era come se tutto fosse andato avanti mentre io rimanevo ferma».
«E allora hai pensato di fare amicizia con Malfoy?» domandò la Weasley, ridendo. «Buffa soluzione, Hermione».
Per un problema irrisolvibile, si trattiene dall’aggiungere: Ginny l’ha sempre saputo, quando era ricominciato l’anno scolastico, che Hermione, la sera, piangeva di stanchezza, solitudine e nervoso. Che fosse stanca, già la prima settimana di scuola, era così assurdo da sembrare normale, ma solamente adesso a Ginny sembrava evidente che, più che stanchezza da stress, quella della sua amica fosse qualcosa di più profondo e annichilente. Aveva pensato fosse normale, piangere la mancanza dei suoi due migliori amici, che avevano preferito non tornare a Hogwarts per completare gli studi, e che sarebbe passata, appena si fosse ambientata. E, alla fine, capiva anche perché Hermione era così nervosa: anche lei si sarebbe sentita così, se fosse stata perennemente al centro dei bisbigli di tutti gli altri studenti. Ma, che la soluzione a tutto questo potesse essere Draco Malfoy, Ginny mai avrebbe potuto immaginarlo.
«Non era una soluzione, è stato lui a tampinarmi perché voleva informazioni su chi l’avesse conciato in quel modo» spiega Hermione, mestamente. «Poi, è diventata un’abitudine».
«Se ti rende contenta è un’ottima abitudine» si affretta a dire Ginny, di fronte all’espressione affranta della sua amica. «Non badare ai brontolii di Ron, deve ancora digerire che tu lo abbia scaricato».
Peccato, pensa Hermione, che anche lei debba ancora fare i conti con quella consapevolezza: in quei pochi mesi che erano stati insieme, si era già prefigurata un’esistenza da fiaba, figli con i capelli rossi, una vita insieme. Poi, quei sogni si erano sciolti uno a uno, finché non erano diventati una massa grumosa e incolore, tanto si erano mischiati insieme.
Fare i conti con la consapevolezza che lei e Ron non fossero destinati a stare insieme, contrariamente a tutte le fantasie su cui aveva costruito la propria adolescenza, era stato annichilente: e, forse, solamente così era diventata definitivamente e completamente una strega. Non c’era posto, nel Mondo Magico, per le favole dei Babbani: avevano fiabe d’avventura e con personaggi meravigliosi, ma che fine avevano fatto Cenerentola, la Sirenetta, Raperonzolo? C’era magia, nelle fiabe dei maghi, ma dov’era l’amore e, soprattutto, la speranza?
Era come se le avesse perse anche lei, le speranze, arrendendosi all’inevitabilità del crollo delle proprie fantasie. E dei propri sentimenti: quand’era stato, che Hermione aveva smesso di sognare e sperare nell’amore?
Da quando la guerra è finita, non è mai più stata la stessa. Ha smesso di credere nella magia che anima il mondo, come un polmone immaginario che gonfia d’ossigeno una delicata distesa di boccioli, e s’è lasciata morire d’asfissia. Ma non respirano anche i ramoscelli più piccoli e secchi?
«Sai… è che non ti vedevo così fiduciosa da tempo, ormai» ammette Ginny, candidamente. «Sembra che tu abbia ritrovato un po’ di speranza».
 
***
 
Le è rimasto uno spiazzo illuminato, tra le ombre che le avvolgono l’anima, dove potersi nascondere da sé stessa?
Hermione, durante queste vacanze, è diventata lei stessa quello spasmo, quella tensione che vorrebbe portarla da Malfoy ma che, alla fine, la costringe anche a non muovere un passo. Se si permettesse di rivelargli dove l’ha nascosto, quel suo ultimo sprazzo di luce, significherebbe donare anche quello alle tenebre e perderlo per sempre. Parlando con Ginny, la Vigilia di Natale, ha compreso di aver già rinunciato a tutti quei preconcetti, e anche a un generoso pizzico della propria integrità morale, per aiutarlo. Ha mentito, se si vuol considerare menzogna una piccola omissione, e ha cercato di indorare una verità color carbone che, alla fine, ha macchiato entrambi.
Riuscirà mai, lei, a riscoprire di che colore era la pelle scurita dalla pece e dall’inchiostro, se era veramente candida come la immagina? Basterà darsi una spolverata, mettere dei vestiti puliti e una nuova pelle, una pellicola che la ricopre celando la forma delle ossa, per riscoprirsi?
Ma, soprattutto, basterà per dimenticarsi di sé stessa? Perché Asteria Greengrass gira per i corridoi con aria affranta e, sebbene il suo viso sia tornato pulito e ben truccato, è come se avesse ancora stronza scritto in fronte. Qualcuno mormora, non senza cattiveria, che un bel giovane deve averla rifiutata, per averle scavato una tale ruga di disappunto nel bel mezzo della fronte.
Sarà stato lui, si domanda Hermione Granger, nel pellegrinaggio da una lezione alla successiva. Deve essere stato lui, altrimenti non si spiegherebbe perché ha insistito tanto per passare il Natale ad Hogwarts. E, le sussurra una voce maligna all’orecchio, perché non si sia sentito in dovere di scriverti almeno una riga.
È che sono sprecate, pensa lei, le parole, se non si ha niente da dire: il silenzio era ciò che cercavo, un tempo, posso farmelo andare bene anche adesso. Non serve Draco Malfoy, per riempirlo, non è mai servito.
Ma, allora, perché lo cerca come un’esigenza quasi dolorosa, come un tic nervoso che le irrigidisce il collo, a lezione, quando si volta per cercarlo in un punto indefinito dietro di lei. E non lo trova.
Così, silenziosamente, decide che non lo cercherà mai più e si nasconderà nello spiazzo illuminato dentro di sé, dove lui non la potrà trovare. O, almeno, così crede.
Perché lui la trova, in meno di cinque minuti, a crogiolarsi sotto qualche pallido raggio di sole, nel cortile, dopo lezione.
«Andiamo, Granger» borbotta lui, stringendosi nel mantello, infreddolito. «Potevi cercare un nascondiglio migliore».
«Se solamente mi stessi nascondendo» risponde lei, annoiata. «Non pensavo mi stessi cercando».
«Non lo stavo facendo» si giustifica Malfoy, mentre una timida scia rosata gli colora il viso. «Mi stavo solamente domandando dove fossi».
«Che è un modo generico per non dire che mi stavi cercando» commenta Hermione. «Ti serviva qualcosa?».
«Va bene, ti stavo cercando» conviene lui, dandogliela vinta. «Tu non mi cercavi, così ho deciso di farlo io».
«Dovevo cercarti?» chiede lei, con un velo di rancore che non riesce a soffocare. «Dopo che…».
Che non hai trovato nemmeno due minuti per scrivermi che eri vivo e che nessuno aveva tentato di assassinarti in un bagno? Vorrebbe urlargli, ma quella fiammella di orgoglio che le arde ancora dentro, tra le viscere, le impedisce di pronunciare quelle parole.
«Lo so» borbotta Malfoy, imbarazzato. «Ma cosa te ne saresti fatta, di una mia lettera, quando eri con i tuoi amici?».
«Avrei potuto avere bisogno di legna per il caminetto» risponde lei, laconicamente. «O magari avrei potuto finire i fazzoletti, chissà, una lettera può avere molti utilizzi secondari. Oltre ad essere letta».
«Se mi avessi detto che avevi bisogno di carta te l’avrei scritta» prova a scherzare lui. «Anche se ti giuro che ho tentato. Ma cosa avrei potuto dirti, di interessante?».
«In che stato versa la faccia della Greengrass?» domanda Hermione, con un sorriso ironico. «Tanto per fare un esempio».
«L’ultima volta che ho controllato era ancora tristemente al suo posto» risponde Malfoy, ridacchiando. «Ma dicono che qualcuno abbia infranto la sua, di patina d’esistenza perfetta».
«Sì» mormora lei, chinando il capo. «Lo so».
 
***
 
Qualcuno dice che l’uomo nero ha fatto la spia: che, nascondendosi tra le fughe delle piastrelle nel bagno di Mirtilla Malcontenta, abbia visto i fatti e presofferto il resto. Che abbia previsto, annebbiandosi con i fumi della Cooman, chi avrebbe calpestato quel pavimento e chi vi sarebbe caduto sopra.
Qualcuno – Grifondoro, Corvonero, Tassorosso o perfino Serpeverde – ha detto alla preside McGrannitt che tre giovani Serpeverde hanno provato a cavar via la vita di Draco Malfoy frantumandogli le ossa in un mare di sussurri. Che hanno provato a render slavata la sua patina d’esistenza perfetta, annegandola nel sangue.
E, adesso, tutti si domandano chi sia stato: se fantasma o uomo nero, chi abbia avuto talmente tanto coraggio da andare dalla preside a far nomi e cognomi, senza temere vendette. Ma, soprattutto, tutti si chiedono come abbia fatto, se non il fantasma o l’uomo nero, a scoprire Asteria Greengrass e i suoi amici che volevano scollare Malfoy dalle proprie ossa.
Lo stesso Malfoy si aggira come oscurato dai propri pensieri, e il suo volto è un’ombra che ne riflette il turbamento, e ha le mani che tremano nel cogliere una verità che, ne è certo, rimarrà nota solamente a lui.
La Granger sa chi è stato.
 
***
 
«Mi spieghi perché lo hai fatto?» Draco urla, ha il viso stravolto da un’emozione che nemmeno lei, che pensava di aver imparato a conoscerlo, riesce a identificare. «Adesso come minimo mia madre vorrà la testa della McGrannitt, o mi manderà a Durmstrang».
«Perché mi ero distratta» mormora Hermione, sovrappensiero. «Per un po’ avevo perso di vista cosa fosse giusto fare, ma qualcuno doveva dirlo, Malfoy, altrimenti…».
Altrimenti ci avrebbe riprovato, pensano entrambi: con terrore, lei, ricordando di aver immaginato il rumore delle ossa rotte, mentre lo portava in infermeria. Con rassegnazione, lui, che solamente dopo aver visto la morte era riuscito a ricostruire qualche frammento di vita vera.
Forse, pensa Draco, era esattamente questo che intendeva la Greengrass: lo aveva detto che, in qualche modo che ancora lui non aveva compreso, gliel’avrebbe tolta, quella patina di esistenza perfetta.
«Le hai dato quello che voleva» mormora, così, senza riuscire a guardarla negli occhi. «Non l’hai capito?».
Ciò che ottiene di rimando è solamente uno sguardo incerto, e disorientato, e allora lui non riesce a trattenere una risata dolceamara.
«Hermione» la chiama, pronunciando il suo nome. «Mi avevi aiutato a costruirla tu, la mia patina d’esistenza perfetta».
Nemmeno se lei avesse abbastanza coraggio per rispondergli riuscirebbe a mascherare il suono disperato del suo cuore che si spezza.
 
***
 
C’è Draco Malfoy nello specchio del bagno di Mirtilla Malcontenta: attorno a sé, la realtà ha il suono attutito dei sogni, il suo riflesso scontornato sembra solamente l’ennesimo fantasma in grado di popolare quelle quattro mura. Dentro di sé, il buio respira silenziosamente, celando il proprio contenuto, le proprie immagini segrete, un tiepido barlume di speranza ha da tempo smesso di illuminarle. Puoi davvero amare qualcosa di così insensatamente segreto?
Lui non può saperlo ma, dietro la porta, in una zona di ombra che possiede le sue medesime oscurità, si nasconde la Granger: ha pianto silenziosamente  dentro uno dei cubiculi, cercando di non attirare l’attenzione dello spettro che li popola, e ne è uscita silenziosamente, con gli occhi rossi.
Malfoy forse non lo ricorda – potrebbe? – ma, nella tasca della divisa, Hermione ha sepolto un piccolo segreto: una Giratempo dal vetro crepato.
Saresti in grado di mantenere i miei segreti? Le domanda silenziosamente la ragazza, ignorandone il sinistro ticchettio, mentre con mano tremante tenta di caricare il numero corretto di giri.
«Io non ce la faccio più, una sera prendo e t’ammazzo: te la devo togliere, questa patina di esistenza perfetta».
 
 
Non t’amo come fossi rosa di sale, topazio
 o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t’amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, entro l’ombra e l’anima
(Neruda, Sonetto XVII)
 
Non credo riuscirei a spiegare meglio la questione del titolo e della Giratempo, quindi vi lascio con un estratto delle note che avevo inviato a Dark Sider per il contest:

Il titolo ha un significato che può essere interpretato in molte maniere: le incrinature sono quelle di Draco, che ha assistito all’infrangersi di ogni suo preconcetto o convinzione, ma anche quelle di Hermione, che subisce un processo simile. Incrinatura è il distacco di Hermione da Harry e Ron, da quest’ultimo soprattutto, ma anche il disamore di Draco per Asteria.
Spero vivamente, in questo mio pazzo tentativo, di essere riuscita a preservare (per quanto possibile) l’IC dei personaggi, che è il mio vero e proprio task attuale: dimostrare che la Draco/Hermione IC sia possibile e compatibile con come mi piace scrivere. E, in qualche modo, spero di esserci riuscita.
Ultima cosa che vorrei spiegare, è la questione della Giratempo, che è l’ultima e definitiva incrinatura: la Giratempo non è rotta, è incrinata. Ciò funziona, solo che Hermione non ha avuto abbastanza coraggio per tentare, convinta che non avrebbe funzionato, coraggio che ritrova nelle battute finali: di quanto sarà tornata indietro? (Magari ne verrà fuori un sequel?).

Grazie per essere arrivati fin qui
Gaia

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