I Can See Clearly Now

di emmevic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Imparare a dubitare e imparare a scegliere ***
Capitolo 2: *** Imparare a temere e imparare ad amare ***
Capitolo 3: *** Imparare a lasciarsi andare e imparare a lasciare andare ***
Capitolo 4: *** Imparare a vivere (come persone normali) ***



Capitolo 1
*** Imparare a dubitare e imparare a scegliere ***






I   C A N
S E E   C L E A R L Y
N O W


(mani sporche)


Il dubbio è un serpente. Striscia, si insinua dove non deve e infine morde dove fa più male, dove la carne è tenera ed esposta. O almeno, questo è quello che Castiel si ripeteva, quando doveva tenere la testa china ed eseguire gli ordini del Paradiso senza mai domandarsi cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Interrogarsi su quale fosse il suo ruolo nel vasto disegno divino non era compito suo, il suo dovere era verso il Paradiso e il Paradiso soltanto. Non c’era né un io né un noi, ma solo una volontà da seguire senza esitazione. Cieca obbedienza.
Avrebbe imparato solo molto tempo più tardi che non sempre ciò che gli veniva ordinato era la cosa giusta da fare e l’avrebbe compreso a caro prezzo, eppure, se ora gli chiedessero se ne sia valsa la pena, Castiel risponderebbe “sì” senza che un dubbio lo sfiori. Non importa quanto faccia male avere le mani che grondano del sangue dei suoi fratelli, la sua nuova famiglia è la cosa più bella che gli sia mai capitata.
È imperfetta e si gridano addosso, ma ci saranno sempre gli uni per gli altri.





La casa che Dean e Cas hanno ristrutturato, una villetta da sogno americano con il tetto grigio e le pareti bianche (e un mucchio di finestre per ogni parete), è la casa in cui Dean avrebbe voluto crescere. È su due piani e ha un ampio giardino che l’abbraccia da ogni lato, uno in cui lui e Sam da bambini avrebbero potuto passare interi pomeriggi a rincorrersi e a giocare a pallamano. È rassicurante ed è più lussuosa di ogni motel in cui ha passato la maggior parte della sua vita e non ha, tanto per dirne una, scarafaggi che escono dallo scarico e lenzuola che puzzano di candeggina. È anche il luogo che Jack ha imparato a chiamare casa e questo secondo Dean è il complimento più grande.
Non lo ammetterebbe mai, perché Dean è fatto così, ma il ragazzino è ormai parte della famiglia, e anche se all’inizio non era riuscito ad accettarlo, quei tempi sono ormai andati, sepolti sotto pagine di ricordi e nuove esperienze. E quindi la casa che adesso abitano è anche la casa di Jack.
“Mangiamo?”
Dean si gira di scatto. Lo sguardo che Jack gli rivolge dall’altra parte della cucina, mentre porta avanti le mani e si appoggia al tavolo in mezzo alla stanza, è quello di un bambino che vuole qualcosa, ma non sa bene come dirlo e non vuole essere il primo a esporsi. Non importa che quell’espressione innocente sia sul volto di un finto ventenne, rimane l’espressione di un bambino.
Dean fa un movimento vago con la mano, che accompagna a un cenno d’assenso. Va bene. “Preferenze?” gli chiede, osservando come gli occhi del ragazzino brillino alla domanda e il volto intero si faccia più luminoso. E luce fu. Sorridendo, Jack annuisce e si siede.
“Hanno aperto una nuova hamburgheria in fondo alla via e Leslie mi ha detto che devo provarli assolutamente. Potremmo prendere d’asporto…” suggerisce il Nephilim con le labbra strette in un sorriso storto. Una fossetta gli segna la guancia.
“Chi è Leslie?” chiede divertito l’ex-cacciatore e, quando Jack spalanca gli occhi e diventa dello stesso colore della tovaglia, un rosso amarena, Dean sa di aver posto la domanda giusta. E, in tutta onestà, lo rincuora sapere che Jack finalmente parli con qualcun altro oltre a lui, Sam e Cas.
“È… una mia amica” deglutisce. “Una vicina.” Ma il lampo imbarazzato che gli attraversa gli occhi racconta una storia diversa.
“Ah, quindi adesso si dice così…” gli fa un occhiolino e Jack, se possibile, diventa ancora più rosso: lo sguardo sfuggente.
“Prendiamo d’asporto quindi?” svia il ragazzino, alzandosi in piedi e lanciandosi verso la porta. Sulla soglia si ferma. “Va bene?” domanda con metà viso nascosto dietro lo stipite.
Dean annuisce.





La prima volta che Castiel si è permesso di dubitare è stato anni prima, in una stanza arredata in stile Art Decò, quando un essere umano con tanta voglia di combattere ma nessun asso nella manica l’ha guardato negli occhi e gli ha chiesto aiuto. Dean Winchester, Spada di Michele e tramite su misura per l’Arcangelo più potente del Creato, l’ha pregato di fare qualcosa e Castiel l’ha fatto, quel qualcosa. Ha accettato. Ma prima di porgergli la mano e ribellarsi contro l’intera schiera celeste, Cas è scappato.
Perché avrebbe accettato di aiutare Dean Winchester in ogni universo, ma disfare migliaia e migliaia di anni di cieco asservimento e prendere la strada del libero arbitrio non è qualcosa che accade così per così. Aveva dovuto ripensare a tutto quello che aveva fatto, a tutto quello che il Paradiso gli aveva chiesto di fare e agli occhi di Dean.
Arrabbiati. Impauriti. Ma speranzosi. (Gli occhi di un Uomo Giusto.) E così Castiel aveva dubitato e aveva deciso e, dopo essere scappato, era tornato: si è ribellato per Dean Winchester, solo per Dean Winchester. 





Ci vuole mezz’ora perché Jack decida cosa prendere. E quando finalmente si è deciso (Dean nel frattempo si è già studiato il menu a memoria e ha optato per un Cheeseburger della casa doppio bacon) è il turno di Cas, anche se Dean sa già cosa sceglierà. Non che ci voglia un grande intuito, l’ex-Angelo prende sempre lo stesso ordine. Ma chiamarlo è la cosa giusta da fare, perché magari questa volta deciderà di provare qualcosa di nuovo.
Dal tavolo della cucina dove l’ex-cacciatore e Jack osservano il menu del ristorante, un foglio stropicciato, pieno di colori fluo e piegato in tre parti, (“Me l’ha dato Leslie, secondo te devo restituirglielo?” “No, Jack, però dovrai dirle se ti è piaciuto il panino.”) l’uomo grida un “CAS!” che risuona per tutta la casa e sa di datti una mossa, che abbiamo fame e devi scegliere. Il messaggio è chiaro e il tono sa di calore e di casa. O almeno Dean lo spera.
Ma Castiel non arriva. Lo chiama una seconda volta, ma non entra dalla porta della cucina. Jack intanto sta osservando il menu e non sembra preoccupato. Nonostante abbia già scelto cosa ordinare, lo sta ancora esaminando come se fosse la cosa più interessante del mondo e non una semplice lista di hamburger con combinazioni più o meno simili (tranne il Veggy che per Dean è “un affronto al concetto stesso di hamburger”).
Prima che Dean chiami una terza volta Castiel (ora inizia a preoccuparsi, una vecchia abitudine che gli è rimasta radicata da quando Cas aveva le ali e il terribile vizio di scomparire nel nulla in un puff senza preavviso, per ricomparire mesi e mesi dopo in condizioni pietose), Jack alza gli occhi dal foglio e con uno sguardo indecifrabile lo informa che: “Credo sia in giardino”.
Ah, ma avresti potuto dirlo anche prima, eh. 





Il dubbio va spesso a braccetto con l’indecisione. Perché se hai la facoltà di dubitare, hai anche la libertà di scegliere se eseguire o non eseguire un ordine e hai quindi la possibilità di ritrovarti in quell’orribile terra di mezzo che si trova a metà esatta tra un’ottima decisione e una “meno ottima”.
Nel caso di Castiel, c’è da dire che, se in un tempo lontano lontano (davvero molto lontano) era stato un grande stratega (di sicuro prima che conoscesse Dean o che la sola idea di Dean balenasse nella mente di Dio) e aveva dimostrato grandi capacità decisionali, in tempi più recenti il suo metro di giudizio doveva essersi incrinato perché non aveva fatto altro che prendere una scelta meno saggia dell’altra (“di merda” direbbe qualcuno). Una volta gli è parso di sentire Sam bofonchiare qualcosa di molto simile a “Dean ti ha mandato in corto circuito il cervello”, ma è abbastanza sicuro che nessuno, per quanto speciale, sia fisicamente in grado di mandarlo in corto circuito. Nemmeno ora che è umano.
Comunque. Il punto è che prendere decisioni è difficile, mentre seguire gli ordini è facile, ma non c’è giorno che Castiel non si senta fortunato di questo peso.
Si è ribellato, ha ucciso i suoi fratelli ed è caduto, cose che di certo non ricorda con un sorriso, ma, se rimpiangesse il proprio cammino, dovrebbe rimpiangere anche Jack e lui… Jack è una cosa molto, molto bella. Assieme a Dean, Sam e Mary è il nuovo centro del suo mondo.





Il giardino è l’ultima parte della casa a cui si sono dedicati per la ristrutturazione. È quasi finito, mancano solo i dettagli. La staccionata Dean l’ha montata solo qualche giorno fa (con un sacco di sudore, fatica e blasfemie) e deve essere verniciata. O almeno così credeva l’ex-cacciatore.
“Bello” commenta Dean, osservando la recinzione appena pitturata. Un bianco accecante che gli ricorda un po’ troppo il Paradiso, ma va beh. “Stiamo scegliendo cosa mangiare. Prendiamo hamburger d’asporto, cosa vuoi?”
“Ah,” risponde Castiel senza nemmeno guardarlo negli occhi. Ha le mani e la faccia impiastricciate di bianco (le mani poi sono sporche sporche sporche e anche i ciuffi ai lati del viso) e ha lo sguardo fisso di quando qualcosa non lo convince. Quando è così concentrato, sembra ancora Castiel l’Angelo. “Il solito.”
“Non vuoi nemmeno vedere il menu, Cas?”
Scuote la testa. “Sono impegnato.”
A fare che? Gli vorrebbe chiedere Dean, perché (sul serio) la staccionata è già completamente verniciata e c’è poco da fare ancora lì fuori. Soprattutto fissarla così non porterà a nulla.
“Non so…” lo vede sospirare Dean. “Forse starebbe meglio ritinteggiarlo panna..? Perché a guardarla ora credo sia troppo bianca e ho letto su una rivista che…”
“Cas.”
L’ex-Angelo tace e alza gli occhi al cielo.
“Dean.”
Cas” rimarca Dean, piccato.
Jack, intanto, li osserva dalla soglia di casa con il menu in mano. Vuole solo mangiare il suo hamburger e parlare con Leslie e non gli importa dei dubbi esistenziali dei suoi genitori. Lui vuole la sua cena e ha l’impressione che Dean e Cas la tireranno per le lunghe.
L’attimo dopo non è più sulla soglia di casa.

Puff




Ehm, questo è quello che chiamo il tentativo di riprendere a scrivere. Non so se il mio "tentativo" sia riuscito, se i personaggi siano OOC o se interesserà a qualcuno leggere questi quattro capitoletti, ma ci ho provato. Mi sono permessa di sperimentare e di scrivere qualcosa che mi frullava in testa da un po' di tempo a questa parte. La raccolta si colloca in un finale ipotetico che non considera le ultime due stagioni, la 14 e la 15 (perchè non le ho ancora viste, fondamentalmente). Come potete leggere nell'introduzione e come si capirà man mano dal testo, è un mondo senza Angeli e senza Demoni, in cui i Winchester sono andati in pensione, Cas è diventato umano al 100% e tutti vissero felici e contenti con Jack al seguito. Tutto molto allegro e molto domestico <3 (perché in quarantena ho bisogno di dolcezza). Infine, la forza per mettermi a scrivere questa mia piccola idea e che ha di fatto portato a questa fanfiction mi è  stata data da un'iniziativa organizzata da un forum di scrittura: questa storia partecipa infatti al contest “Be our Guest” indetto dal forum Piume d'Ottone (se vi piacciono questo genere di iniziative, vi consiglio di passare). Per il resto, se vi è piaciuto, mi piacerebbe tanto saperlo, essendo la mia prima volta in questo fandom (<3) e non avendo idea se le caratterizzazioni siano piuttosto plausibili. P.S. il prompt è mani sporche (+ imparare) e il titolo l'ho preso in prestito da una canzone di Jimmy Cliff. Questa. 

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Capitolo 2
*** Imparare a temere e imparare ad amare ***






I   C A N
S E E   C L E A R L Y
N O W


(“È terrificante avere qualcosa da perdere”)


Dio ha ordinato agli angeli di amare l’uomo, ma l’amore di un angelo è freddo e distaccato. Non è come lo intendono gli umani, un sentimento totalizzante, caldo e irrazionale, e Castiel fino a quando non è sceso sulla Terra, calandosi dentro Jimmy Novak, non avrebbe mai potuto comprendere cosa significa amare alla maniera umana. Quello che provano gli angeli è, a posteriori, un’ombra appannata. Qualcosa di astratto e lontano. Per amare davvero è necessario toccare, vedere, respirare: bisogna essere fatti di carne e provare dolore, ma soprattutto capire la mortalità (sentire almeno una volta la morsa pungente della paura).
Castiel non ha mai provato terrore, né panico, non finché eseguiva gli ordini del Paradiso: ha cominciato ad avere paura solo quando ha conosciuto Dean. Perché la cosa buffa dell’amare alla maniera degli umani è che, appena succede qualcosa di brutto, hai questo tuffo al cuore al pensiero che sia successa una disgrazia proprio a quel qualcuno che hai deciso di rendere il centro del tuo mondo.
Cas non è stato creato per avere paura, ma ha imparato lo stesso ad averla, perché quando il tuo centro è Dean Winchester, cacciatore professionista, Spada di Michele, Uomo Giusto e calamita di guai, alla fine ti ritrovi a convivere con un’ansia che un test online, fatto per scherzo in una notte annoiata, ti diagnostica come “cronica”. 
Ma non importa, alla fine sarebbe peggio non provarla affatto, soprattutto ora che ha trovato la sua piccola porzione di Paradiso e per questo è diventato umano. Non può far altro che accettare l’intero pacchetto: amore, paura, gioia, tristezza e tutto il resto. E, sì, ne è valsa la pena. (Anche perché poi, in realtà, ha anche imparato ad accoglierla come parte dellesperienza umana, la paura, e da quando l’ha fatto tutto è diventato un po più semplice, innanzitutto gestirla).





La staccionata è ancora fresca, si sta asciugando (alla fine Castiel ha accettato di lasciarla bianca, mal che vada potrà sempre ritinteggiarla più avanti). Dean ha dovuto insistere, ma niente di nuovo sotto il sole: qualche volta l’ex-Angelo ha bisogno di una spintarella e così, morale della favola, anche lui ha convenuto che in fin dei conti è solo una staccionata e non è un così grande problema che sia troppo bianca e troppo poco panna. In realtà il vero problema (ma questo solo secondo Dean, a giudicare dall’espressione composta di Castiel) è che Jack non si trova.
Jack, ingenuo, adorabile, imbecille imbecille imbeccile Jack, non è più in casa. È scomparso e con lui è sparito anche il menu. (“Io lo strozzo.” “DEAN.” “Cas, se lo merita! Andarsene così senza dirci niente!” “Strozzarlo non lo aiuterà a cambiare attitudine. E sono sicuro che stia bene, mi fido di lui” “Mi fido di lui un…  e questo lo dici tu, Cas, che sta bene!”).
Che poi è quasi routine, questa.
Perché è inevitabile che in casa regni il caos, quando tuo figlio adottivo è l’Anticristo (soprattutto se il Nephilim in questione ha il brutto vizio di spalancare le ali e andare a trovare l’altro suo papà, quello che vive tre stati più in là e dopo una vita da cacciatore ha deciso di fare un ritorno alle origini e di riprendere gli studi a Stanford).  
“Scrivo un messaggio a Sammy, visto che tuo figlio non risponde al cellulare” ringhia Dean a Cas, irritato, come se fosse colpa sua che Jack soffra del suo stesso vizio e abbia preso l’abitudine di sparire in un puff senza dire niente a nessuno. (Per lo meno Jack torna sempre nel giro di qualche ora e non mesi e mesi dopo. Non come qualcuno).
La cosa sfortunata però è che, no, le ramanzine che Dean gli propina ogni volta non gli hanno insegnato nulla, soprattutto perché Cas in questo frangente non lo appoggia affatto. La filosofia che l’ex-Angelo ha adottato con Jack è infatti diametralmente opposta e l’ha presa a piè pari da un libro sulla Comunicazione non violenta: volume breve che dice di lasciare il giusto spazio ai figli adolescenti. (“È scritto qui, Dean, che non dobbiamo tarpargli le ali. Figurativamente e, secondo me, anche letteralmente: deve imparare a sbagliare”). Peccato che suddetto adolescente abbia in realtà quattro anni e non sia quindi tanto un adolescente quanto più un moccioso, vorrebbe dirgli Dean ogni volta, e
qualche giorno fa gliel’ha anche detto (gridato addosso, più che altro), per poi beccarsi un’occhiata inquisitoria da Castiel che lo informava di non “umanizzare” troppo Jack. “Non dimenticarti che è un Nephilim, Dean, non un normale essere umano” aveva puntualizzato, come se Dean potesse dimenticarsi un dettaglio del genere, ed essere umano l’aveva pure virgolettato con le mani, tanto per sottolineare il concetto.
Dio.

Castiel in tutto questo, comunque, con Jack scomparso per l’ennesima volta e la pancia tristemente vuota, ha pure la grandissima faccia tosta di sedersi nel prato e guardare il cielo. Loro figlio è scomparso (di nuovo) e lui guarda il tramonto. Il tramonto.
Alla fine, quando Sammy risponde a Dean e gli scrive che “no, mi spiace, non è qui”, lo sguardo che l’ex-cacciatore lancia a Castiel è di esasperazione pura. Cas, invece, ha anche il coraggio di rivorgergli un sorriso flemmatico.
“Vedrai che tornerà prima delle dieci”.
Dean si limita a ignorarlo e a imboccare il vialetto, dirigendosi verso l’hamburgheria.
Magari è lì.





Se la paura è una morsa che si stringe attorno al cuore, un freddo che ti intirizzisce fino nelle ossa, l’amore è farfalle nello stomaco e una sensazione di calore che dal petto si irradia fino al viso e ti fa brillare gli occhi. All’inizio è stato difficile capire la differenza, soprattutto perché Castiel nella sua vera forma (“un’onda multidimensionale di intento celeste” come qualche volta gli ricorda Dean facendogli il verso) un cuore non ce l’ha, e nemmeno delle ossa, e soprattutto uno stomaco. Abituarsi ad avere degli organi interni richiede, in effetti, un certo quantitativo di tempo, ma alla fine è riuscito comunque a capire cosa voglia dire cosa. In relativamente poco tempo, quando ancora era un Angelo e lavorava per il Paradiso, era anche giunto alla conclusione che, per qualche strana ragione, stare vicino a Dean era meglio che stare lontano da Dean. Qualcosa al centro del petto di Jimmy si scaldava tutto alla sola vista dell’uomo che aveva strappato dall’Inferno.
Una decina d’anni dopo Cas chiama quel sentimento amore e, anche se la prima volta che ha compreso veramente la sua natura è stato parecchio tempo prima, è nel mezzo che ha imparato cosa significa avere paura (e non averne).





All’hamburgheria in fondo alla via non c’è traccia del Nephilim e Dean sente la vena che gli attraversa la fronte iniziare a pulsare in maniera allarmante. Che Jack se ne vada in giro da solo non gli piace, perché il mondo rimane un posto orribile. Anche se ora, con i cancelli del Paradiso e dell’Inferno chiusi, di Angeli e Demoni non c’è più traccia sulla Terra perché non possono più scendere (o salire, questione di prospettive), ci sono comunque le streghe. E i Vampiri. E i Ghoul. E un sacco di altre cose che di sicuro non possono uccidere Jack, ma possono fargli male. In più Jack ha solo quattro anni ed è di una ingenuità imbarazzante, gli ricorda una vocina fastidiosa nella testa, ma è solo un attimo.
“Dean” lo raggiunge la voce di Cas, strappandolo dai suoi pensieri, e l’ex-cacciatore si volta di scatto. Quindi ha smesso di guardare il cielo, pensa con una nota di astio mentre gli lancia uno sguardo che spera tanto trasmetta tutta la sua infinta insofferenza.
“Dean,” ripete l’ex-Angelo senza cedere di un millimetro (ha attraversato Inferno e Purgatorio, non sarà lo sguardo di Dean a farlo tremare) “devi imparare ad avere più fiducia in Jack” e prima che il cacciatore in pensione possa ribattere, Cas lo blocca con un cenno della mano e riprende a parlare. “Lo so,” chiarisce “lo so che tu non vuoi che gli accada nulla. Che hai paura di perderlo come molte persone che hai perso prima di lui, ma devi imparare a dargli fiducia. Quando io e te non ci saremo più, e potrebbe essere fra vent’anni come fra cinquant’anni o l
’anno prossimo, lui rimarrà solo. Deve imparare a prendersi cura di se stesso”.
“Ma ha solo quattro anni!” ribatte Dean a voce un po’ troppo alta e quando un passante lo guarda incuriosito è già pronto a dirgliene quattro, se solo Cas non lo interrompesse prima.
“Devi smetterla di considerarlo umano.”
“Non sarà…” Dean abbassa la voce, perché davvero non vuole che tutti i clienti dell’hamburgheria lì di fronte si facciano i fattacci dei Winchester. “Non sarà umano, ma può comunque morire o soffrire, come è stato ampiamente dimostrato” ringhia, ma Castiel non incassa il colpo e non sposta manco lo sguardo: continua a fissarlo.
“Dean, tu gli darai fiducia” stabilisce l’ex-Angelo. Lo dice con una finalità che ha dell’ultraterreno e per un attimo l’ex-cacciatore si ricorda perché Cas all’inizio lo mettesse così in soggezione. Sembra pronto a infilzarlo se non concorda qui e ora con ciò che gli sta dicendo.
Abbassa gli occhi, sconfitto, anche se non completamente d’accordo.
“Quando torna, gli parlerò io questa volta. Gli farò capire che deve avvisarci e deve farci sapere dove va e quando intende tornare, ma tu in cambio gli darai fiducia” gli spiega Castiel e Dean vorrebbe dire qualcosa, sta per dire qualcosa, ma si blocca.
Annuisce e osserva in silenzio la strada affianco. Tutto pur di non incrociare lo sguardo dell’ex-Angelo.
“Hai fame?” L’ex-cacciatore gli chiede, cambiando argomento.
Castiel scuote la testa. No. “Tu?” gli chiede.
“Preferisco tornare a casa ad aspettare Jack.”





Un mondo senza Dean Winchester è inaccettabile. Senza Sam sarebbe triste, il mondo, e anche senza Mary, ma senza Dean sarebbe semplicemente inammissibile. O almeno, questo era quello che Castiel pensava mentre infilzava Billie. La mietitrice, poi, si era accasciata con un orribile lamento ed era stato brutto. Non quanto uccidere i propri fratelli, ma comunque era stato spiacevole (anche se dire addio a un Winchester sarebbe stato peggio).
Tutto si riduceva sempre a quello, niente era più terrificante per Castiel di non poter più esistere assieme a Dean e questo, in realtà, non è cambiato affatto, gli anni sono passati e le battaglie sono state combattute, ma la paura sotto sotto è rimasta, anche se ormai (sarà l’età o sarà l’essere divenuto umano) l’ex-Angelo ha imparato a dominarla.
Un grande deterrente è sapere che lui e Dean stanno sfruttando il tempo che rimane loro nel miglior modo possibile, rispondendosi a male parole nella cattiva sorte, rotolandosi tra le coperte nella buona e amandosi indipendentemente da tutto, bene, male e routine.
Un altro sorprendente deterrente è la fiducia. Avere fede nelle capacità di Dean significa azzittire la paura (e, comunque, adesso che vivono in una periferia qualunque e i Winchester sono ufficialmente in pensione c’è davvero poco da temere). Castiel quindi pensa a Jack e non ha paura. Perché se riesce a fidarsi che Dean, l’uomo idealmente più sfortunato dell’universo, possa sopravvivere senza che lui si faccia in quattro, allora può perfettamente accettare l’idea che Jack voli in giro per il mondo senza avere attacchi d’ansia al solo pensiero.
Che tanto non avrebbe senso, perché nessuno potrebbe stargli più dietro, le sue ali Castiel le ha perse da tempo. Ma, soprattutto, adesso che Cas è umano, nel tempo che gli rimane da vivere deve insegnare a Jack a esistere senza di lui (e senza Dean e Sam). Ciò che tenta di fare, quindi, non è ascoltare le proprie paure, ma cercare di indirizzare suo figlio verso la scelta giusta e fidarsi che non faccia idiozie.





Jack è tornato. È apparso in cucina dopo un’ora scarsa dalla sua scomparsa (ben prima delle dieci), con un sacchetto di carta da cui proveniva un invitante profumo di carne. “Ho preso da mangiare” ha detto e poi si è seduto, estraendo dal sacchetto tre pacchetti e appoggiandoli sul tavolo. “Per te il solito,” ha precisato rivolgendosi prima a Castiel “per te il doppio bacon” e poi a Dean. L’ex-cacciatore ha quindi guardato Cas, ricordandosi il discorso di poco prima sulla fiducia e tutto quanto, ha afferrato dal frigo tre birre e poi, acchiappato l’hamburger, si è morso la lingua, riempiendosi la bocca di pane, carne e salse.
Un’ora più tardi Dean li osserva dalla finestra mentre padre e figlio parlottano fitto fitto in giardino, sotto una luna piena e un cielo terso.
Ha quasi un buon presentimento.



Il prompt di questo secondo capitolo è "è terrificante avere qualcosa da perdere" (+ imparare).

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Capitolo 3
*** Imparare a lasciarsi andare e imparare a lasciare andare ***






I   C A N
S E E   C L E A R L Y
N O W


(sigaretta)


Il tempo che una sigaretta ci impiega per raggiungere terra, questo è quanto è servito a Castiel per capire che ama Dean.
Prima sapeva solo di volergli stare accanto e di volerlo aiutare, gli era sufficiente essere quella speranza che Dean aveva bisogno che fosse, non gli serviva altro, ma la rivelazione che quello fosse amore, come ora sa bene, è arrivata lo stesso: inaspettatamente e in punta di piedi. (Era anche un mercoledì.)
Si trovavano fuori da uno dei motel in cui i Winchester, quando ancora non erano in pensione e rincorrevano il sovrannaturale, erano abituati a fermarsi: una luna piena illuminava il parcheggio in cui Dean aveva appena posteggiato l’Impala, e l’Angelo (lo era ancora, allora) stava guardando il cielo pensieroso. C’era una figura che fumava a lato strada, proprio sotto uno dei lampioni, ma non era una minaccia, solo un uomo come tanti. Tutto era tranquillo. C’era pace, o sembrava ci fosse.
“Tutto bene?” gli aveva chiesto a un certo punto Dean, attirando la sua completa attenzione (improvvisamente non c’era più né la luna né l’uomo con la sigaretta, anche il parcheggio era sparito e tutto si era defocalizzato, ogni cosa tranne Dean), e in quell’esatto momento Castiel aveva capito che quello era amore. Sotto la luna e le stelle, in una notte che non era poi così diversa dalle altre, la voce di Dean l’aveva fatto sentire più che mai parte di qualcosa. Non era mai stato così vicino a qualcuno e allo stesso tempo così lontano da tutto il resto.
Non ti abbandonerò mai pensò in quell’epifania di un giorno qualunque.
Dean era (ed è) la sua ancora.





Jack non è umano.
Cas gliel’ha ricordato in più occasioni e, anche se qualche volta Dean tende a dimenticarselo (ma non lo ammetterebbe mai), è comunque difficile fare pace con la nozione che a soli quattro anni il ragazzino possa andare in giro da solo. Ancora di più se questo implica permettergli di andare dall’altra parte del mondo in cambio della sola promessa di tornare e con nessun’altra certezza. “Non c’è niente che possa ucciderlo, Dean” l’ha tranquillizzato questa mattina Castiel e, sebbene abbia accettato di lasciarlo fare (almeno per questa volta), per l’ex-cacciatore è come muoversi contro ogni fibra del suo essere.
È nella sua natura preoccuparsi per gli altri. Se così non fosse, non ci sarebbero altri in primo luogo, visti i continui tentativi da parte delle influenze celesti di rendere la Terra una palla infuocata; peraltro puntualmente dirottati da nientemeno che i fratelli Winchester.
Con una mano sulla staccionata (che adesso, asciutta, è meno “bianco accecante” del giorno prima) Dean guarda quindi l’orizzonte (la casa dei vicini) e intanto ripensa a quello che da ieri continua a dirgli Castiel, ossia di stare calmo, di fidarsi, di lasciar crescere Jack e bla bla bla. Come se fossero una normale famiglia di periferia e loro figlio un adolescente standard. Come no. Che poi, se anche fosse un normale adolescente, Dean ha come il presentimento che le sue preoccupazioni continuerebbero a ronzargli in testa come mosche (anzi, magari sarebbero anche più di quante siano già ora, le sue apprensioni, ma questo è meglio non dirlo a Cas).
È dunque in piedi sul limitare del giardino, a rimuginare con la mano ancora sulla staccionata, quando un rumore di passi lo fa voltare. Jack. Per lo meno non si è teletrasportato in giardino come la settimana scorsa… i vicini li guardano straniti da quel giorno e davvero sarebbe meglio non ripetere l’esperienza.
“Mi spiace per ieri sera,” gli dice il ragazzo con un broncio dispiaciuto (qualche volta fa ancora fatica con le espressioni e in questo caso gli è uscita proprio male pensa Dean, mentre si incolla un sorriso tirato sulla faccia). “Non pensavo fosse così importante avvertirvi quando esco” pausa. Un’altra espressione poco convinta gli attraversa il volto e Dean cerca di trattenersi dal roteare gli occhi. “Anche se me lo dici sempre, in effetti” conclude infine Jack, guardandolo in volto.
A questo punto l’ex-cacciatore preferisce soprassedere e gli risponde in tono volutamente non accusatorio, sviando il discorso.
“Ieri sera ti ho cercato in hamburgheria, ma non c’eri” Dean informa il Nephilim, lasciando sottointesa la domanda dove diamine eri? (visto che alla fine, in effetti, si è presentato a casa con i panini di quella stessa hamburgheria); domanda a cui Jack prontamente risponde senza un filo di rimorso.
“Ah, è che sono volato fino a Vancouver, ho visto sul loro sito che lì c’era un altro locale della stessa catena” butta lì, come se non avesse appena ammesso di aver lasciato gli Stati Uniti ed essere andato in Canada per del fast food. A questo punto Dean si sente cogliere dal principio di un’emicrania quando Jack, con nonchalance, lo informa anche che: “In quello dietro casa c’era troppa fila”. Motivazione eccezionale.
“E quindi sei volato fino a Vancouver…” Dean ripete le sue esatte parole cercando di digerire l’informazione. “Ma ci hai messo un’oretta” aggiunge l’ex-cacciatore senza capire, il tono confuso. In teoria, se Jack è andato a Vancouver per evitarsi la coda (in effetti c’era molta gente dentro e fuori dal locale del loro quartiere, ricorda Dean), perché allora ci ha messo così tanto?
Il ragazzo si porta una mano dietro la testa, imbarazzato. “Per strada ho visto-” sta dicendo, ma Dean lo blocca con un cenno della mano in un va bene, non importa. Perché in fin dei conti non vuole saperlo, meglio non saperlo: non ha l’intenzione di rendere il principio di emicrania un’emicrania effettiva, quindi rivolge a Jack un sorriso di circostanza, sperando che l’altro non se ne accorga, e gli dà una pacca sulla spalla.
“Basta che la prossima volta ti ricordi quello che ti ha detto Cas, di avvertirci e tutto il resto” gli dice, e prima che possa buttare un braccio attorno al collo del Nephilim e rientrare in casa con lui, Jack sparisce in un puff che a quel punto gli fa davvero venire l’emicrania del mese.
(Jack, intanto, è ricomparso direttamente in casa sul divano e uno dei loro vicini boccheggia alla finestra.)





Tra Dean e Cas le cose, ben prima che divenissero “ufficiali” e tutto quanto, non sono mai andate tanto bene. Gli alti e i bassi erano (sono) la norma, ma il non dirsi mai veramente addio era ed è la loro costante. Si sono sempre orbitati attorno senza rendersene conto: se Dean è la Terra, Cas è la Luna, lontano ma allo stesso tempo vicino. Questo non significa che siano sempre stati compatibili. Quella strana cosa che è la compatibilità l’hanno acquisita con parecchia fatica dopo essere morti (o quasi) almeno un paio di volte ciascuno. Perché, sul serio, per rimettere le cose in sesto morire è forse la cosa che più di tutte riesce a riportarti a uno status quo. C’è stato lo scandalo del tradimento con Crowley, c’è stato il marchio di Caino, c’è stata tutta la questione del Purgatorio (e molto altro ancora), ma alla fine, in qualche modo, hanno superato tutto, lasciandosi ogni torto alle spalle.
Non si sono mai veramente salutati, hanno tenuto duro e hanno imparato a incastrarsi e anzi.  Anzi, quando le porte dell’Inferno e del Paradiso si sono finalmente chiuse e Castiel ha perso tutto ciò che lo definiva un Angelo, è a quel punto che le cose si sono davvero fatte interessanti.
Da Angelo Cas non avrebbe mai immaginato certe sensazioni puramente fisiche che solo gli esseri umani possono provare, e così la sua nuova quotidianità dopo l’exit di Angeli e Demoni è cominciata con un set di sensazioni che mai si sarebbe sognato. Quando infatti si è deciso a baciare Dean per poi spingerlo verso il letto con una determinazione che aveva lasciato l’ex-cacciatore boccheggiante (Dean non se l’era aspettato questo colpo di scena, ingenuo da parte sua), è stato allora che è avvenuta la magia.
Quello che ha provato (e che prova ogni volta) con Dean impallidisce a confronto di quello che aveva sentito con April, la mietitrice con cui mille vite fa aveva perso la sua verginità.
Con Dean, molto semplicemente, è il Paradiso.





Avere la certezza che Jack ascolti Cas, ma non Dean, per l’ex-cacciatore non è proprio il massimo, ma non può fare nulla al riguardo, se non seguire le direttive di Castiel e sperare che vada tutto bene. L’ex-cacciatore oltretutto si sta effettivamente impegnando, così quando Jack, ancora sul divano mentre si gode un episodio di Scooby-Doo, lo guarda e gli chiede se può andare da Sam, Dean si scioglie dal momento che questo è a tutti gli effetti un bel passo avanti. Gliel’ha chiesto. Gli ha chiesto se può uscire. (E l’emicrania qui si allenta, perché non solo la scena di Jack che guarda Scooby-Doo è davvero troppo dolce, ma il fatto che il Nephilim abbia finalmente capito che chiedere di uscire e avvisarli non è un optional è indubbiamente un bel risultato: ciò che sperava di ottenere).
Castiel intanto, che è sulla poltrona di fianco al divano su cui Jack ha preso posto e tecnicamente starebbe leggendo un libro, alza gli occhi e, con un sorriso e un sopracciglio sollevato da te l’avevo detto (Dean già se lo immagina mentre gli fa notare che aveva ragione, che avrebbe dovuto gestire lui la situazione da subito), incrocia lo sguardo dell’ex-cacciatore.
Dean allora non si trattiene e rotea gli occhi di fronte alla reazione dell’ex-Angelo, prima di rispondere a Jack e dirgli che: “Certo, puoi anche fermarti a dormire da lui se vuoi. Entro domani a pranzo però ti vogliamo a casa”.
Il Nephilim annuisce e puff, è già sparito dal salotto, destinazione Sam.
Castiel a questo punto alza ancora di più il sopracciglio e il suo sguardo da te l’avevo detto diventa qualcosa più: il focus aumenta e fissa Dean come se fosse l’unica cosa che esista al mondo ed è così che l’ex-cacciatore improvvisamente realizza che, wow, hanno la casa tutta per loro.





È un attimo (il tempo che una sigaretta ci impiega per raggiungere terra) quanto è servito a Dean per lasciarsi andare quando Castiel l’ha baciato per la seconda volta. Al primo bacio ha boccheggiato, per l’appunto, ma al secondo ha risposto con l’entusiasmo che Cas si era augurato, poi hanno toccano il letto e sono stato scintille. Non letteralmente, perché Castiel non è più un Angelo e non è più in grado di mandare in corto circuito l’impianto di una casa (o di un bunker, visto che erano ancora lì quando tutto è successo), ma le scintille ci sono state lo stesso.
I due mondi si sono collisi e Castiel e Dean sono diventati un’unica cosa: si sono finalmente lasciati andare.





Jack è tornato a casa proprio quando doveva tornare: per pranzo. Ha rispettato perfettamente il coprifuoco che Dean gli ha imposto e anche questo l’ex-cacciatore può considerarlo un passo avanti, il che lo porta alla considerazione che magari Jack non è così ingenuo e inaffidabile come credeva. Bastava che fosse Cas a spiegargli la questione.
Ed è la mattina seguente che a Dean arriva l’ennesima conferma che le orecchie di Jack non siano lì per addobbo, ma per effettivo uso (nelle settimane precedenti un po’ aveva iniziato a preoccuparsi, era come se tutto gli entrasse da una parte e gli uscisse dall’altra). Perché, vittoria, Jack di nuovo gli chiede se può uscire. (“Vado a farmi un giro, ok?” le esatte parole, quindi era forse più una constatazione, ma è comunque una vittoria).
Quando poi gli ha chiesto dove andasse per sincera curiosità e non per paranoia, Dean ha sentito una vampa d’orgoglio per il proprio passo avanti: ha imparado a lasciarlo andare, forse. Inaspettato, come progresso, anche se sudato.
“In giro con Leslie” ha risposto Jack mentre un leggero rossore gli colorava le guance.
Quanto starai via? stava anche per chiedergli Dean per pura curiosità (o forse no, stavolta) quando Castiel, dall’altra parte della stanza, l’aveva anticipato con un “Ti aspettiamo per cena, Jack”.
Semplice e veloce.
E così la casa, adesso che Jack è in giro con Leslie, è di nuovo tutta per loro.



Questo terzo capitolo non mi convince, ma non riesco a scriverlo in un altro modo (purtroppo), quindi alla fine ho deciso di pubblicarlo ugualmente. Il prompt in questo caso è sigaretta (+ imparare).

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Capitolo 4
*** Imparare a vivere (come persone normali) ***






I   C A N
S E E   C L E A R L Y
N O W


(“Non hai bisogno che ti dica cosa fare”)


Dal momento in cui ha strappato Dean Winchester dall’Inferno e l’ha riportato nella terra dei vivi, ci sono nozioni che Castiel ha assorbito un po’ per caso, un po’ per necessità e un po’ per amore. Perché camminare tra gli uomini fa questo: ti cambia in maniera indelebile, insegnandoti lungo la via a comportarti come uno di loro. Il fatto che adesso sia a sua volta umano è una testimonianza più che sufficiente a dimostrazione di ciò.
Così, quando ancora era un Angelo, Castiel ha imparato che Dean alla mattina deve bersi almeno una tazza di caffè o rimane di cattivo umore per tutto il giorno, anche “peggio di un orso” (caso); quando poi è diventato umano, ha imparato a sua volta a farsi il caffè perché, senza una buona dose di caffeina, l’ex-Angelo si è reso conto che la giornata non può iniziare nel verso giusto (necessità); ma soprattutto, da quando si sono trasferiti nella loro nuova casa di periferia e hanno comprato una moka degna di questo nome (quella nel bunker se l’è tenuta Sam, portandosela con sé a Stanford), Castiel ha imparato come fare a Dean il caffè perfetto (amore).
Lo vuole amaro, senza zucchero e non troppo caldo e, quando finisce di berlo, l’ex-cacciatore gli rivolge sempre un sorriso appena accennato che fa capire a Castiel che, sì, ne vale la pena alzarsi un po’ prima alla mattina per preparargli sto benedetto caffè.
E non ci sarebbe nemmeno bisogno che gli dica grazie, ma Dean lo ringrazia lo stesso, sia con gli occhi sia con la voce; la pensione e la mancanza di catastrofi incombenti gli stanno decisamente facendo bene, ed è in questo quadretto idilliaco che Cas una tazza alla volta cerca di migliorargli ulteriormente la vita.
Il Paradiso in Terra: quello è l’obiettivo che l’ex-Angelo si è prefissato per Dean.





“Ormai credo di aver capito quando una cosa è giusta e quando è sbagliata” così esordisce Jack, nel momento in cui raggiunge Dean in salotto e gli si siede accanto sul divano. “All’inizio ero un po’ confuso,” specifica il Nephilim “ma adesso mi è tutto chiaro, tu, Sam e Cas siete stati… esplicativi”. Al che il ragazzo guarda negli occhi uno dei suoi tre padri, l’unico che in questo momento è in casa, più precisamente in salotto, e imperterrito riprende la parola senza lasciare il tempo all’ex-cacciatore di capire dove voglia andare a parare.
Ma l’Uomo Giusto non deve aspettare così tanto per scoprirlo: “Non è che puoi spiegarmi come si fa a capire se ti piace qualcuno?” gli chiede Jack dal nulla e, se Dean è contento che abbia deciso di chiederlo proprio a lui e non a Cas o a Sam, è doveroso ricordare che, tuttavia, parlare di sentimenti non sia il suo forte. Né la sua cosa preferita.
Mmm-” mugugna Dean cercando di prendere tempo (questa è una di quelle volte che vorrebbe che Cas fosse ancora un Angelo, così potrebbe pregare a suo indirizzo e in un batter d’occhio sarebbe lì a spiegare lui stesso a Jack cos’è l’amore). “Quando ti piace qualcuno…” Dean guarda un po’ in aria e poi aggrotta le sopracciglia. “Quando ti piace qualcuno,” ricomincia con più decisione “senti che vorresti stare sempre con quella persona, perché rende anche la giornata più brutta degna di essere vissuta… tutto rimane uguale a prima, ma è allo stesso tempo diverso: più colorato”.
Dean vede l’esatto momento in cui le sue parole fanno click nella testa di Jack: “Oh” sussurra il ragazzo, spalancando gli occhi e a questo punto l’ex-cacciatore non può lasciarsi sfuggire l’opportunità.
“Ma mi chiedi questo perché hai in mente qualcuno in particolare?” domanda. “…Leslie, magari?” gli chiede già ridendo sotto i baffi (che non ha) e lo sapevo gli balena in mente, appena vede gli occhi del ragazzino cominciare a muoversi frenetici da un angolo all’altro della stanza, in cerca di non si sa bene cosa.
Jack alza una mano, il dito medio allungato verso il soffitto e le guance più rosse di qualche secondo prima. “Mi sembra che Cas mi stia chiamando” informa suo padre, ma prima che possa lanciarsi al piano di sopra o scomparire dal salotto, Dean gli afferra una spalla.
“Aspetta un attimo, Casanova, ancora una cosa.”
Il Nephilim si blocca.
“Fammi un piacere. Non volare più in giro per il quartiere, i nostri dirimpettai stanno iniziando a notarlo e a preoccuparsi” lo avvisa Dean.
Jack annuisce, le guance ancora rosse.





Se imparare a fare il caffè è stato relativamente semplice (alla fine è addirittura diventata routine), ci sono altrettante mansioni che invece si sono dimostrate spinose (cambiare la ruota anteriore della macchina, per dirne una).
Castiel in quell’occasione, mentre si trovava da solo su una provinciale sotto una pioggia torrenziale che non voleva saperne di smettere, per la prima volta aveva capito quanto potesse effettivamente fare schifo essere un semplice essere umano che prova freddo, fame e frustrazione. (Aveva smesso di essere un Angelo da poco meno di un mese e c’erano momenti in cui ancora faticava a capire l’entità di questo cambiamento: il freddo, assieme all’andare in bagno, era la cosa che forse lo infastidiva di più.)
Aveva passato così una buona manciata di minuti a fissare la ruota sgonfia (chissà come si era bucata), poi aveva cercato sul proprio cellulare cosa fare e l’aveva fatto. Non era stato appagante, non come fare il caffè per Dean e, in più di un’occasione, era stato tentato di chiamare Jack e farsi dare un passaggio in volo fino a casa, alla fine, però, aveva sistemato la ruota da solo ed era rientrato al bunker bagnato, ma vincente.
Quella sera stessa Dean gli aveva dato una pacca sulla spalla al racconto di come aveva cambiato la ruota (di come non aveva avuto bisogno di aiuto, che qualcuno gli dicesse cosa fare) e Cas, in risposta, l’aveva baciato.
Il loro primo bacio.
Che, poi, Castiel nemmeno più si ricorda (stupida memoria da essere umano) perché si fosse ritrovato proprio su quella provinciale a inzupparsi, ma una cosa che non può in nessun modo dimenticare non è tanto il fastidio dei vestiti bagnati appiccicati alla pelle o la frustrazione per tutta la situazione, quanto piuttosto, qualche ora dopo, come tutto fosse diventato perfettamente giusto.
Le labbra di Dean sulle sue. Le loro mani unite.
Il loro primo bacio (a cui subito era seguito il fatidico secondo).





Il sole del mezzogiorno illumina il viso di Castiel, mentre pota uno dei cespugli accanto alla staccionata verniciata pochi giorni prima. Dean, con le mani in mano e nessun impegno a portarlo altrove, si gode la vista e ammira gli occhi azzurri dell’altro, ancora più celesti sotto la luce calda del sole.
C’è da dire che, se tante cose sono cambiate tra loro, di sicuro i loro lunghi sguardi non sono una di queste. (Anche se stavolta Cas non lo sta guardando perché troppo concentrato sulla pianta di fronte a lui).
“Credo che Jack abbia una cotta” Dean si spiccia infine a dire, decidendosi a interrompere il silenzio, per poi correggere il “credo” con un “sono sicuro”.
Castiel, senza fermarsi, alza leggermente gli occhi e incrocia il suo sguardo.
Non è sorpreso, realizza Dean.
“E?” lo invita a continuare il giardiniere improvvisato. Che problema c’è? sembra dicano i suoi occhi.
“Non so, dici che dovremmo spiegargli la storia dell’ape e del fiore e… tutto quanto?”
“Credo l’abbia già fatto internet” lo tranquillizza Cas. “E Sam. Tuo fratello mi ha detto di aver avuto la Conversazione con Jack e di avergli dato dei libri da leggere per chiarirgli ogni dubbio”.
L’ex-cacciatore richiude la bocca. Questo non l’avrebbe mai detto, ma a posteriori è così da Sam che nemmeno può stupirsi. In silenzio, riprende quindi a guardare Castiel che tortura il cespuglio.
Trascorrono dieci minuti. Uno dei ragazzini del quartiere passa dalla loro via e saluta Castiel, che, in risposta, alza le cesoie a mo’ di saluto.
Una lampadina (mentale) si accende.
“Ah, Cas, ora che mi ricordo di dirtelo, abbiamo un problema. Ho dovuto dire a Jack di smetterla di svolazzare per il quartiere, perché i nostri vicini hanno iniziato a notare il suo scomparire e riapparire”.
Silenzio. A questo punto l’ex-Angelo si ferma. Una ruga gli divide la fronte in due metà esatte.
“Intendi Masina? È lei che l’ha visto?” domanda tranquillo.
“Masina chi?” chiede Dean, che sul vicinato è rimasto un po’ indietro. Troppi nomi.
Cas sospira. “Capelli bianchi, occhi neri, origini samoane e una settantina d’anni… Viene qui a bere il tè ogni mercoledì pomeriggio.”
“Ah, madame Siete una bella coppia” borbotta Dean a denti stretti, ricordando il commento che la donna ha rivolto loro appena si sono trasferiti nel quartiere. Non che si vergogni di quello che ha con Cas, ma al tempo non era ancora pronto per quel tipo di considerazione e, da quel giorno, non può fare a meno di pensare alla loro vicina e provare un leggero disagio. Li ha visti subito per quello che sono e questo, il mostrarsi per quello che è davvero (un uomo stanco e innamorato), dopo aver passato una vita a cercare di sembrare indistruttibile e invulnerabile, è qualcosa che fatica a viversi serenamente. (È anche per questo che non andrà mai a una festa di quartiere, riflette, ma, mentre lo pensa, sa già che ci andrà perché prima o poi Castiel lo trascinerà a forza).
Intanto, il suo interlocutore rotea gli occhi e Dean ci legge del disappunto.
, a Cas la vecchina, Masina, piace molto (e viceversa).
“Comunque no, Mani-di-forbici” chiarisce l’ex-cacciatore, alludendo al povero cespuglio sotto le mani dell’altro. “Intendo i nostri dirimpettai.”
“Ah, gli Smith.”
“Loro” conferma Dean, anche se non ricorda bene chi siano gli Smith. Ma se Cas dice che sono loro i dirimpettai, allora è così. In effetti dovrebbe cercare di integrarsi di più: cosa che all’ex-Angelo stranamente (ma neanche troppo) sta riuscendo alla grande. Tutti già lo amano, in pratica è la nuova mascotte del quartiere.
Castiel nel frattempo riprende a tagliare.
“Lo sai che Masina è la nonna di Leslie?”
“Non dirmi che hai conosciuto Leslie!” gli rinfaccia subito Dean, come se fosse l’affronto peggiore che l’altro gli abbia mai fatto.
“No, me l’ha detto Masina. In realtà è stata lei stessa a raccontarmi di Jack e Leslie”.
Lo sguardo accusatorio che l’ex-cacciatore gli rivolge urla lo sapevi e non me l’hai detto! (stronzo). Un vero sguardo da Dean Winchester.
“Visto che siete amici, perché non chiedi a lei, per sicurezza, di fare un discorsetto anche a sua nipote? Siamo troppo giovani per diventare nonni e Jack ha solo quattro anni, per giunta” lo rimbecca quindi Dean, aspro, ma Castiel scuote la testa e ride.





Lo spazio è un concetto relativo quando sei un’onda di intento celeste, non c’è quindi da stupirsi che una delle primissime cose che Dean abbia da subito fatto notare a Castiel sia stata la sua totale incomprensione dello spazio personale. Adesso, chiaramente, Cas sa bene qual è la giusta distanza da porre tra sé e un interlocutore: è umano da troppo tempo per non aver capito cosa bisogna fare e non fare quando qualcuno ti parla. (Invadere la bolla personale è una di queste cose).
C’è voluto del tempo ma alla fine ha imparato anche come si stringe una mano quando questa ti viene offerta, come si ricambia un abbraccio dopo che non hai visto qualcuno per tanto tempo e come bisogna sorridere nel momento in cui la nuova vicina, una vecchina adorabile con un gatto nero e una ragnatela di rughe che le segna l’intero viso, ti dice che “siete davvero una bella coppia, tu e il tuo compagno”. (E Dean al complimento si è subito dileguato: Dean, che, pur essendo umano dalla nascita, certe volte ha dei seri problemi a comportarsi come una persona normale. Come in questo caso, in cui avrebbe potuto evitare di lanciarsi in casa per evitare di prendere atto del commento).
Ma la vecchina, Masina, si è limitata a ridere di fronte alla reazione dell’ex-cacciatore (Santa Donna, pensa Castiel) e Cas ha quindi roteato gli occhi, come a scusarsi per il comportamento di Dean, e poi ha sorriso, offrendole quindi un tè perché no. (L’invito è stato accettato e il tè è stato accompagnato da dei biscotti).
L’interazione è stata più che naturale e Castiel, come non mai, si è sentito a tutti gli effetti umano: non è più un pesce fuor d’acqua e non ha più bisogno di fermarsi a pensare cosa farebbe una persona e non un’onda celeste. Ormai ha imparato e non è più necessario che segua le direttive di nessuno: è veramente libero per la prima volta nella sua lunga vita.
Libero di essere e di fare ciò che desidera, ma soprattutto di essere se stesso. E così Castiel sorride e continua a farlo, ed è quel tipo di sorriso che nasce dalla pancia e arriva su fino alle labbra.
E Masina è davvero una mente brillante.





Jack sta praticamente vibrando. Cammina da una parte all’altra del salotto come un tarantolato, stringendo tra le mani una scatolina azzurra.
Dean, che ha appena finito di cenare e con la pancia piena è particolarmente calmo, lo osserva incerto dalla cucina e, girandosi verso Castiel che sta preparando le carte sul tavolo, gli sussurra: “Secondo te dobbiamo preoccuparci?”
Lo chiede sinceramente impensierito, dal momento che, da quando questa mattina ha dato l’ok a Jack per uscire, il ragazzo sembra non potersi trattenere dal muoversi.
L’ex-Angelo scrolla le spalle. “È agitato” gli risponde, e l’Uomo Giusto vorrebbe fare una smorfia da ma no, dai? perché certe volte è davvero snervante dividere il letto con Capitan Ovvio. (Un Capitan Ovvio adorabile, certo, ma pur sempre un Capitan Ovvio).
Castiel si schiarisce la gola e gli si avvicina.
“Questo pomeriggio ho sentito Masina e mi ha raccontato che Jack ha chiesto a Leslie un appuntamento” gli confida l’ex-Angelo in un sussurro, un’espressione felice gli attraversa lo sguardo.
E se da una parte Dean pensa che oh, è emozionato per Jack, dall’altra riflette anche che Cas avrebbe pure potuto dirglielo dell’appuntamento, ma si limita a sbuffare e andare in salotto.
“Jack” dice Dean. “Tutto bene?”
Il ragazzo si ferma: lo fa per la prima volta da quando l’ex-cacciatore gli ha detto che può uscire.
“In effetti no, non va tutto bene” risponde accigliato.
“Ti serve un consiglio per qualcosa?”
Annuisce e abbassa gli occhi.
“Ti ricordi Leslie?” chiede con gli occhi bassi e la punta delle orecchie rosse. “Le ho preso una cosa, ma non so se le piacerà. L’ho comprata l’altro giorno, quando sono andato a Vancouver,” si confida, ancora immobile. “È per quello che mi ero distratto…”
Dean gli mette una mano sulla spalla, Cas, intanto, si è mosso accanto a loro.
“Posso?” chiede Castiel con riverenza a Jack, portando avanti la mano.
Il Nephilim gli allunga la scatolina. È azzurra e dentro c’è un braccialetto in argento con una pietra azzurra come la scatola.
Dean lancia un fischio, stupito. “Sono sicuro che le piacerà” dice quindi Castiel e Dean aggiunge velocemente un “Concordo”, a cui istantaneamente Jack si rilassa, sciogliendosi.
Addirittura sorride, il ragazzo.
Poi Dean vede il bigliettino dentro la scatolina e non può trattenersi. Lo prende.
DEAN” ringhia Castiel con uno sguardo che spaventerebbe chiunque (non Dean), ma l’ex-cacciatore lo sta già leggendo, mentre Jack appare gelato sul posto: sembra non sappia più cosa fare, nemmeno più respira (non che gli sia indispensabile).
“Alla strega più bella del mondo?!” legge Dean e dal biglietto alza gli occhi per puntarli in quelli di Jack, ma il ragazzo è ancora più veloce e gli strappa di mano biglietto, scatolina e bracciale e non è più nemmeno in salotto. Puff: se n’è andato.
È volato via il piccolo infame.
UNA STREGA!” urla Dean a Cas, che a quel punto è l’unico rimasto in casa e lo fissa come se fosse lui a essere in torto e non Jack. È uno sguardo secco, che non ammette repliche quello che Castiel gli rivolge. Non è arrabbiato, è semplicemente perentorio.
“Lo sospettavo in effetti, visto che anche Masina lo è” aggiunge con voce monocorde  l’ex-Angelo, mantenendo la stessa espressione da provaci a contraddirmi, Dean.
Ha anche assottigliato gli occhi e questo lo fa solo in rare occasioni, quando è pronto a fronteggiarlo in una sfuriata.
L’ex-cacciatore ha già la risposta pronta, ma sospira, perché le carte sono sul tavolo ad aspettarli e lui non ha voglia di passare tutta la serata a litigare con Cas perché Jack è un idiota.
“Nostro figlio esce con una strega” si limita quindi a commentare con un filo di voce, buttando fuori con quella frase tutto il suo astio verso le streghe.
L’espressione di Castiel si fa più dolce. Nemmeno lui ha voglia di litigare, ma un sassolino dalla scarpa vuole toglierselo ugualmente.
“Almeno è con qualcuno che può difenderlo. Ora non puoi proprio più preoccuparti, Dean” lo punzecchia con un sorriso che il Winchester può catalogare solo come strafottente, per poi schioccargli un bacio sulla guancia e andare a sedersi in cucina, di fronte alle carte.
Dean non può far altro che sbuffare.
Adorabile bastardo.




Mi sembra giusto finire una raccolta di questo tipo con bastardo, lmao. (Non odiatemi, per favore). Comunque. Ho fatto del mio meglio per questo capitolo e spero davvero che possa essere una "degna" conclusione e vi possa piacere, anche solo strappare un sorriso. Spero anche di poter tornare a scrivere in questo fandom (più prima che poi, incrociamo le dita). Intanto colgo l'occasione per ringraziare Ilarya che mi ha aiutato rileggendo ogni capitolo e dandomi delle dritte essenziali (tisivuoleunsaccobene, sappilo). Venendo al prompt, qui è “Non hai bisogno che ti dica cosa fare” (+ imparare). P.S. nel caso ci siano errori o refusi fatemi pure sapere! Temo che qualcuno sia sfuggito. E, ah, se volete parlare di Destiel o fare quattro chiacchiere, passate pure a farmi ciao sul mio FB o sul mio tumblr. P.P.S. Ringrazio strugatta, hiromioka e Joy per avermi accompagnato capitolo dopo capitolo: ho apprezzato ogni parola che mi avete rivolto.

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