Serenata Silenziosa

di Miryel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


[ Tony x Peter - Angst/Malinconico/Introspettivo - Missing Moment ]
 

 

Serenata

Silenziosa



 

«These tears we cry Are falling rain
For all the lies You told us The hurt, the blame.»
Gollum's Song - Emiliana Torrini


Prologo.
 

         La coscienza è ai limiti del tempo e dello spazio. Ciò che esiste e ciò che non esiste, in questo momento, sono la stessa cosa. Indistinguibili. Persi in sguardi annacquati di non detti e occasioni perse in un passato che non torna. 

  Gli prende la mano. Falangi crepitanti che si chiudono nelle sue gli ricordano che è vivo e che quello è un dono che non va sprecato. Peter lo sa meglio di chiunque altro, cosa significa perdere le persone care; per questo, quando tiene a qualcuno, pretende di imprimere nella testa ogni singolo attimo, ogni piccolo istante, ogni fotogramma che gli passa davanti. Come se potesse registrare nel cervello la traccia di un’esistenza diversa dalla sua. È un concetto complesso, che spiegato a voce lo fa sentire persino stupido; ma non lo è. No, non lo è. Ne ha bisogno e ha imparato a conviverci, con quella necessità. Ognuno ha le sue fisime. Lui ne ha una sola: questa. Non pensa di essere peggiore di altri, dopotutto. Allora sorride. Stira le labbra quando incontra i suoi occhi. Tony fa lo stesso. Arrogante in quel suo modo dolce di riservargli la sua attenzione, quella così preziosa. Quella che gli manca più di ogni altra cosa quando non sono insieme. C’è l’amore mai detto, in quella premura, che Peter sa di non meritare, ma che Tony prova per lui. Immeritato. Sì, è immeritato. Trattiene le lacrime, perché non è sicuro che Tony sappia. No, forse non lo sa. Gli occhi gli brillano troppo per aver già capito quella bugia che gli sta raccontando – senza parole, solo con la folta corolla di ciglia alzata sui suoi occhi. Allora Peter accorcia le distanze. Piega la testa in avanti e appoggia la fronte sul suo petto. Se davvero non sa, Peter vuole che non sappia la verità fino in fondo. Non vuole. Desidera solo che il tempo si fermi lì, proprio in quel punto. Proprio in quell’istante, dove Tony gli appoggia una mano sulla spalla e la fa scivolare lungo il suo braccio, fino alla mano, per stringere anche quella. Poi gli bacia la testa e Peter smette di pensare al resto e si concentra su di loro. Nient’altro che loro. 

  «Che c’è?», gli chiede Tony, e la sua voce lo distrugge. Gli spalanca – gli lacera l’anima e gli scuce il cuore. Lo divide in tanti piccoli fili di nervi e sangue. Stilettate nel petto e nel cervello, che fanno male, ma anche dannatamente bene. È l’amore, e qualcos’altro. Sa cos’è, ma non vuole dirlo.

  «C’è che è difficile.»

 

 

  Quando Banner l’ha visto entrare in laboratorio, deve aver pensato alla solita visita di routine; quella finalizzata a scoprire cosa c’è di nuovo da quelle parti, e invece Peter è lì per chiacchierare. Ha quel desiderio e, sebbene sia qualcosa che voleva fare da troppo, si è deciso solo oggi a farsi coraggio. Come se Bruce potesse mai negargli qualcosa… come se Bruce potesse mai cacciarlo via. Come se gli Avengers avessero mai davvero desiderato di farlo. Gli sorride; stringe la spallina dello zaino tra le dita, nervoso. Arriccia le labbra e si avvicina, quando l’altro gli intima di farlo, togliendosi gli occhiali da vista, ridacchiando.

  «Non ho nulla di nuovo da farti vedere, Parker, ma è sempre un piacere vederti.» 

  Peter sbuffa divertito; quasi lusingato che, la sua compagnia, non sia poi così malvista, dopotutto. Almeno per Hulk. «Sono andato ad un corso di aggiornamento, qui vicino. Ho pensato di passare a salutare.» 

  «Hai pensato bene. Vuoi un caffé? Un succo di frutta?» 

  «No, grazie.»  Stira di più il suo sorriso, e poi sospira, quando Banner inclina la testa e capisce. Capisce che la visita di piacere ha ben altri fini. Peter è certo, che lo abbia capito. «Non voglio niente da bere, ma vorrei parlare. Mi piacerebbe parlare un po’, se ha tempo, dottor Banner.» 

  «Bruce», lo invita, come sempre, ma Peter è troppo educato per cominciare davvero a chiamarlo per nome. «E sì, ho tempo. Di cosa vuoi parlare?»  
 

 

  «Cosa è difficile?» Tony ride, mentre lo dice. Gli passa un dito sotto al mento e gli alza il viso verso il suo. Lo studia. Come se fosse la prima volta che lo vede. Lo fa ogni volta. Peter ha sempre avuto la sensazione di essere come la scienza, per Tony. Un inesplorato e infinito ripieno di scoperte, sebbene non si senta così interessante. Eppure pare che, per l'uomo che ama, lui sia questo. 

  «Molte cose, a dirla tutta», sbuffa divertito. Inclina la testa, malinconico. Glissa il discorso. Nasconde la verità in un sorriso, che quasi non può fare a meno di regalargli. Abbassa le ciglia, e Tony gli prende le guance. Lo costringe a guardarlo. È distruttivo. È distruttivo perché vuole una risposta che Peter non sa dargli. Che non vuole dargli. Non vuole. «Non mi va di parlarne ora. Ci saranno altre occasioni per farlo», mente. Gli riesce così bene, ultimamente…

  «Lo sai che non ti lascerò in pace finché non me lo dirai, no? Sono troppo curioso per lasciar correre e sono molto persuasivo… diciamo pedante, quando voglio sapere. Mi va di parlarne ora.» Ostinato. Dannazione. Ostinato e tedioso. Oltremodo detestabile. Oltremodo amabile. Oltremodo il suo punto debole.

  «Tony...», sbuffa Peter, e distoglie lo sguardo. 

  «Fuggi. Scivoli via dalle responsabilità. Come sempre. Dici che non vuoi parlarne ora, ma la verità è che non ne parleremo mai. O no?»

  «E anche fosse così? E io non scivolo dalle responsabilità! Le responsabilità sono la mia condanna, lo sai. Non sarei in grado di fuggire dai miei doveri nemmeno se lo volessi davvero. Come in questo caso.»

  «E allora parlami! Qual è il problema, Peter? Cosa ci facciamo qui, in camera tua, ora? Perché io sono qui?»

  Peter lo guarda. Peter ha capito. Sa che Tony sa. Stringe i pugni e abbassa lo sguardo. Spalanca gli occhi e non sa cosa fare, cosa dire, cosa pensare. Cosa sta succedendo? Cosa gli sta succedendo? Cosa ha fatto…?

  «Peter?», lo incalza Tony, e gli posa le mani sulle spalle. Lui sussulta ed è come risvegliarsi da un sogno orribile per entrare in un altro ancora peggiore; si sente morire. Alza la testa e incontra i suoi occhi. Le ciglia lunghe di Tony sono la sua àncora, quando non ha nessun altro appiglio a cui aggrapparsi. Sono la salvezza che cerca da una vita, e quando la trova poi la perde immediatamente, incapace di preservarla; di tenerla stretta tra le dita forti che gli appartengono, ma solo quando è Spider-Man.

  «Di noi. Voglio parlare di noi.»
 

 

  Peter esita. Si morde un labbro e gli muore un sorriso tra i denti. Vorrebbe continuare a fingere che non ci sia niente; che se vuole parlare è solo perché ha nostalgia di quel laboratorio e di quelle persone che lo hanno sempre occupato. Anche quando è sparito durante quei cinque, lunghissimi anni – di cui non ha nemmeno percepito lo scorrere incessante del tempo. Stringe di nuovo le spalline dello zaino tra le dita, che scricchiolano come le sue gambe tremanti; fa un passo avanti. Balbetta. Ha perso la capacità di esprimersi, eppure deve dire solo quelle parole. Quelle piccole, insignificanti, semplici parole. Quel suo desiderio. Un'urgenza impellente, perlopiù.

  «Peter, va tutto bene, ragazzo? Sei strano.» 

  «S-sì, sto… sto bene...», mente, e abbozza un sorriso che ha più il gusto di una smorfia. Il ferroso sapore di sangue e dolore. Di sconfitta. Di paura.

  «Allora? Di cosa volevi parlare?» Banner inclina la testa e lo incalza. Lui deglutisce un groppo in gola, affilato più di un bisturi. Gli resta nel petto e non va giù. Non vuole proprio andare giù. 

Alza la testa e ci mette quasi una vita intera, per farlo. «Di Tony. Voglio parlare di Tony.»

 

Torte | Pasticceria Cappelli Parma
Fine Capitolo I
Torte | Pasticceria Cappelli Parma

•••

«Don't say goodbye 
Don't say, I didn't try...»

•••



 

 

 
 

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Note Autore
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1. | DON'T YOU FORGET ABOUT ME. (Peter Parker!) - FACE CLAIM ...
♥ HAPPY BIRTHDAY TONY STARK ♥

Salve,
Non ci avete capito niente? Tranquilli, è normale. Per capire cosa sta succedendo dovrete aspettare il prossimo capitolo ma sarò felice ascoltare le vostre supposizioni a riguardo ♥ 
La carica di Angst è forte? Lo so, in verità questa storia è un po' datata ma solo ora ho avuto il coraggio di riprenderla in mano, sistemarla e pubblicarla. Perché? Non lo so... o forse lo so, ma è inutile diverlo, dopotutto. O magari ve lo racconto nel prossimo capitolo, il perché, se avrete il piacere di seguirla ♥
Nel frattempo cosa posso dirvi? Ovviamente le parti con Banner sono ambientate nel passato (e giuro che stavolta non vi sto buggerando come quella volta con quell'altra storia XD giuro!) e quelle con Tony nel presente. Il legame tra le due cose è forte, ve lo assicuro. Non vi dico altro, spero solo che questo primo capitolo – non del tutto chiaro, vi sia comunque piaciuto e abbia acceso un pochino di curiosità nei vostri cuori.
La canzone a inizio – e fine capitolo è la bellissima canzone di chiusura de "Il Signore Degli Anelli - Le Due Torri", la Gollum's Song, interpretata dalla meravigliosa voce di Emiliana Torrini, che ho trovato calzante per questa storia ♥
Nel frattempo vi do appuntamento al prossimo e, come sempre, mi auguro che tutti voi stiate bene ♥
E ci tenevo a fare gli auguri a Tony e pubblicare questo prologo proprio oggi ♥
A presto,
La vostra amichevole Miryel di quartiere
Robert Downey Jr All You Need To Know...

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Capitolo 2
*** Epilogo ***


[ Tony x Peter - Angst/Malinconico/Introspettivo - Missing Moment ]
 

 

Serenata

Silenziosa



 

«These tears we cry Are falling rain
For all the lies You told us The hurt, the blame.»
Gollum's Song - Emiliana Torrini


Epilogo.

 

        Silenzi ubriachi di rumore. Ecco come li percepisce Peter, quelle derive immense dove le parole si arenano e non si muovono più, sbattute su scogli appuntiti dalla corrente dei sentimenti. Della paura e dell’amore, perlopiù. Non riesce a riemergere da quel mare immenso che sono gli occhi di Tony, men che meno riesce a respirare aria che non sia fatta da sbuffi tossici di sensi di colpa. 

  Non sa cosa ha fatto, ma Tony lo sa. Lo sa meglio di lui. Lo sa così bene che glielo dice senza nemmeno girarci intorno. Fa così male che vorrebbe solo urlargli di stare zitto e di stringere quel poco che rimane della sua anima. Un mosaico spezzato – a metà, di colpe. 

  «Peter, io sono morto. Non esistiamo più noi, come lo intendevamo un tempo. Esisti tu, e il ricordo che hai di me.»

  «No, oggi esisti. Non sei un ricordo. Oggi… oggi esisti.» Si morde le labbra e piange, arrabbiato. Non avrebbe voluto parlare di quello. Non avrebbe mai voluto. Distoglie lo sguardo da quella laguna profonda che sono le iridi castane di Tony. «Pensavo non lo sapessi… pensavo che non te ne fossi reso conto.»

  Tony lascia scivolare via una risata dalle labbra. Alza il mento e guarda altrove, per un attimo. Gli posa una mano sulla guancia. Gli infila le dita tra i capelli. Gli lascia da ammirare un sorriso arrogante – dolce come il miele. «Come avrei potuto non saperlo? Sono io, parte di me sa e non sa cosa è successo. Sono io. Io so sempre tutto, d’altronde.»

  «La mia era solo una mera speranza. Volevo che questo giorno potesse essere come tutti quelli che abbiamo trascorso insieme, quando c’eri davvero. Quando eri qui. Per l'ultima volta», mormora; gli muore la voce in gola. Gli stringe le dita intorno al polso della mano che ancora continua a carezzargli la testa. Ferma quel movimento. È troppo. Quel tocco e troppo. Quello sguardo è troppo. Tony è troppo. Tutto è troppo. Insopportabile. «Non so cosa ho fatto, ma l’ho fatto. Vorrei che fosse come sempre. Solo per ora.»

  Tony lo guarda come se fosse un povero pazzo. Come se si stesse attaccando a qualcosa di astratto. Forse è così, ma Tony esiste. Tony è davanti a lui; lo può toccare, lo può vedere. Può incastrare le dita tra le sue. Peter può fare tutto, solo che ha una clessidra attaccata alla schiena, che pesa come un macigno. La sabbia scandisce il tempo di quelle ventiquattro ore con meno lentezza con cui lo farebbe in una giornata dove Tony non c’è. Dannato sia il tempo. Maledetto sia il tempo. Maledetto. Forse è pazzo davvero; gli è stato donato quel tempo e lo vuole solo sfruttare, fino a distruggersi completamente. 

  «Per poi tornare a soffrire? Ad annullarti? Peter…»

  Serra di più le dita intorno al suo polso. «So cosa sto facendo!»

  «No, non lo sai!», lo zittisce Tony. Ha indurito la mascella. Ha contratto i muscoli. Ha ridotto gli occhi a due fessure. Gli lascia la guancia bruscamente e infila le mani nelle tasche dei pantaloni. È deluso. È deluso delle sue stupidaggini. Peter sa di averne fatte molte, e che sono state tutte stupide, ma questa… questa è un appiglio di cui ha bisogno. Ha bisogno di quella giornata per risanare qualcosa. Ha bisogno di Tony. «Non lo sai. Quando qualcuno muore lo lasci andare. Ci vuole tempo. Soprattutto di vuole coraggio. Non lo stai dimostrando, Peter! Non avresti dovuto farl-»

  «No? Hai idea di che cosa ho passato, per colpa di quell’insulso attimo abbracciato a te, per poi vederti morire come se… come se non ci fossimo mai rivisti davvero? Ti ho perso, subito dopo averti ritrovato!»  

  Tony lo ha guardato tutto il tempo con la mascella serrata. Sbuffa aria dal naso, poi gli punta un dito contro. Digrigna i denti. Lo accusa. Che faccia pure! Peter lo sa benissimo, che è solo un agglomerato di demoni e pece che gli cola dall’anima. Che ha incastrata addosso la colpa di aver risvegliato un’anima dormiente e che non andava scomodata per le sue pretese dettate dall’impossibilità di accettare una separazione definitiva, priva di speranza. Priva di un ritorno.

  «E tu hai idea di cosa sono significati cinque anni a fingere che quello che è successo non sia mai accaduto? A cercare di andare avanti per non tornare indietro?»  

  «Non è lo stesso! Tu sapevi che sarei tornato! Io invece ti ho perso, Tony. Io ti ho perso!» 

  Tony gli prende i polsi in un gesto istintivo. Lo strattona, lo percuote e Peter lo lascia fare solo perché non ha la forza né la voglia di discutere più. Ha fatto quello che ha fatto per rivederlo un’ultima volta, per fingere che sia un giorno come un altro passato insieme all’amore della sua vita. Quello che ha perso e che, alla fine, perderà ancora. E l’ultima cosa che stanno facendo, prima di dirsi addio per davvero, è litigare su chi abbia perso di più. Folli. Come sempre, due folli.

  «Anche se hai pensato che non fossi più con te, sapevi che non lo ero davvero. Dentro al cuore lo sapevi che c’era una minuscola speranza che potessi tornare, insieme a tutti gli altri. Siamo spariti, non siamo morti. La morte è un’altra cosa. La morte è quello che ti è successo di fronte ai miei occhi. È talmente ingiusto che non c’è modo di accettarlo. Lo sai che è così.» Si calma, respira. Ricaccia indietro lacrime amare e roventi.

  «Non ho ricordi, di quel momento. So che è successo, ma non so come. Non volevo questo. Non volevo tornare, per poi andarmene di nuovo. Volevo solo che tu andassi avanti, Peter. Non lo stai facendo.» 

Peter corruga la fronte; ha di nuovo gli occhi gonfi di lacrime, che frena tra la folta corolla di ciglia. «Come posso? Come si fa? Dimmelo tu, se lo sai.»

  «No,» mormora Tony, dopo aver sospirato. Gli lascia i polsi. Gli passa una mano tra i capelli, di nuovo, «Non lo so. Non so come si fa. Non ci sono mai riuscito, quando sei morto tu.»

  Peter appoggia la fronte alla sua. Chiude gli occhi e sospira affranto, vinto. Rassegnato alle bugie che Tony gli sta raccontando e a quelle che lui è costretto a dire. «E allora cosa hai fatto, in quei cinque anni, senza di me?» 

  «Ci ho provato, ad andare avanti. Ho fallito e ho ricominciato a provare a riportarti indietro.» 

Peter inclina la testa. Stringe di più gli occhi, e il cuore si accartoccia. Si appiattisce. Cerca di difenderlo dal dolore che sente, ma è solo peggio. È solo peggio… 

  «Ho provato a fare lo stesso. È lo stesso.»

  «No, non lo è.» Tony gli cattura un bacio lieve sulle labbra, e se ne appropria. Peter ha un brivido. «Lo hai detto tu. Eri sparito, io sono morto. Per sempre, Peter. Ho bisogno di sapere che lo accetterai. Dimmi che lo accetterai.» 

  No. No che non lo accetto. Non tu. Non tu!


 

   «Lo so, sembrerò stupido, ma vorrei dirgli addio. Vorrei farlo come avrei voluto. Vorrei dirgli che mi manca. Lo so che manca a tutti, ma i-»  

  «No, Parker. Manca a tutti, ma non come manca a te. Lo so. Lo sappiamo tutti», sorride Bruce, seduto accanto a lui con una tazza di caffé fumante tra le mani. Peter ha un bicchiere di limonata tra le dita, ma non lo beve. Ha l’esofago troppo strozzato dalla tristezza, per pretendere che possa riuscire a mandarlo giù.

  «Vorrei che ci fosse un modo per farlo… vorrei che fosse qui, anche solo un minuto, e dirgli tutto quello che non gli ho detto in quel minuscolo frammento di tempo che abbiamo condiviso, prima che lui…», mi lasciasse solo e inerme.

  Banner sospira. Peter lo guarda e il suo sguardo addosso lo schiaccia. Sembra trattenere cose non dette, tra le labbra. Sembra che, quel gigantesco essere, sia troppo poco impulsivo e troppo riflessivo. Sembra avere la soluzione tra le mani, ma è assurdo. Peter sa che è assurdo.

  «Un modo c’è», esordisce Hulk, e lo fa sussultare. Peter si rizza sulla schiena e non sa cosa prova. Speranza, diffidenza, tristezza… forse tutte e tre le cose. «Ma è assurdo e immorale. Peter, i morti andrebbero lasciati in pace.» 

  «Non voglio tormentarlo. Voglio solo salutarlo. Lo giuro.» Promette cose che sa di non poter mantenere. Promesse cose che non vuole mantenere. È un bugiardo. Lo è, da quando Tony è morto. Lo è quando dice che ogni giorno è meglio, malgrado tutto, perché in verità non lo è. Anzi.

  «Esiste un modo, che non ho mai sperimentato direttamente… esiste una soluzione liquida, mista ai raggi Gamma, che spezza il tempo e lo sovrappone ad un altro. Una sorta di viaggio nel tempo, che ti permetterebbe di incontrarlo. Ti permetterebbe di incontrare un Tony di quella realtà, che però non è ancora morto.»  

  «Tornerebbe indietro? Potrei vederlo? Sarebbe lui?», chiede, e cerca di smorzare l’entusiasmo, ma sa di aver detto troppo dagli occhi, sicuramente luminosi e vivi; occhi che, fino a un secondo fa, sono stati vuoti e privi di speranza. Ne ha fin troppa, ora. Non esiterà. Qualsiasi cosa sia, buon Dio, Peter la vuole. Ne ha bisogno. È un appiglio; è infelice, forse, ma lo è.

  «Sì, ma solo per la durata dell’effetto, Parker. Poi svanisce e chi torna, poi se ne va.»

  «Quanto tempo avrei?», chiede, e anche se non conosce la risposta, sa che sarò abbastanza. O che sarò troppo poco. Sa solo che sarà un errore, ma sarà dolce.

  «Ventiquattro ore, non di più.» 

 

 

  «Ci proverò.»

  «No, non esiste provarci. Lo fai e basta! Hai un’esistenza davanti, se la sprechi sei un idiota: Sei troppo giovane per cadere così in basso. L’apatia lasciala a chi non ha più niente da dare», lo redarguisce Tony, e gli ruba un’altro bacio. Ha ragione, e pure torto. Fa rabbia perché, dopotutto, non era lì per promettere niente, ma solo per dire addio a qualcuno che ama e che amerà sempre troppo. Più di se stesso. Più di chiunque altro.

  «Non volevo che te ne accorgessi… non volevo arrivare a promettere cose che so di non poter mantenere. Volevo che fossi inconsapevole, e avrei finto solo che questo è un giorno come un altro. Un giorno mio e tuo, come lo sono stati molti altri.» 

  «Non è così, quindi prometti che, quando svanirò, ci proverai davvero, a non restare indietro. Anche se ora non ci credi, fallo.» 

  Peter non ci crede, e il fatto che Tony lo sappia un po’ lo rassicura. Distoglie lo sguardo e cerca un altro appiglio, ma sa benissimo che il suo è lì, davanti a lui, sebbene per un tempo troppo breve e limitato ma è meglio di niente, dopotutto. Lo stringe forte, poi. Gli nasconde il viso nella spalla. Sospira contro il tessuto della sua giacca e ricaccia lacrime di rabbia nella gola. Si aggrappa alla sua schiena e, con una naturalezza che gli fa quasi dimenticare cosa significa perdere tutto, Tony ricambia quella stretta. Non sono mai stati così vicini come ora. Nemmeno quando facevano l’amore; è più un’unione spirituale, forse persino totale. Peter si sente perso e spaccato, ma anche completo, solo per un attimo, di quel pezzo di puzzle che gli si è staccato dal cuore quando, per colpa di Thanos, ha perso ogni cosa in cui credere.

  «Te lo prometto.» Non lo guarda negli occhi, ma rimane lì, chiuso in quel mondo a parte, dove solo Tony sa portarlo. Ci crede un po’ di più, a quella possibilità, ma sa che quando lo perderà di nuovo, crollerà sotto il peso dei suoi stessi errori e delle sue stesse scelte sbagliate. Non sarà mai in grado di lasciarlo andare. Prima o poi dovrà farlo, ma è talmente impossibile che riderebbe, se fosse una situazione meno disperata.

  «Quanto ci resta?»

  «Ventidue ore», risponde, nella sua spalla, con la voce ovattata. Tony gli bacia di nuovo la testa. Sospira e sorride e Peter lo sa, che lo sta facendo, anche se non può vederlo. Allora incrocia i suoi occhi, alzando la testa e scopre che sì, aveva ragione e allora ricambia e si lascia baciare. «Bastano per fingere che siano l’eternità?» 

  «No», risponde Tony, poi alza le spalle, e torna arrogante, come se lo ricordava. «Ma meglio di niente, no?» 

  Peter sbuffa divertito, e dimentica per un attimo la morte e tutto il resto. «Sì, sempre meglio di niente.» 

 

  Cadono. Si distruggono in un falso scenario di un amore che è eterno e che avrà la fortuna di ardere altre cento volte. E invece quella è l’ultima. La più passionale, la più dolce, la più intima… la più distruttiva. Ogni frammento di pelle legato all’altro è come un’armatura di metallo attaccata addosso, ma che ustiona la pelle per quanto è bollente. Ogni sguardo, ogni ricerca delle mani dell’altro è una promessa che si rivedranno, ma Peter lo sa fin troppo bene, che non è così. 

  Chissà che accidenti pensava, quando ha deciso di riaverlo indietro per un giorno? Forse che avrebbe dimenticato l’esito di quella giornata, fingendo senza dolore che giorni come quelli sono destinati a ripetersi ancora. Forse pensava che si sarebbero amati senza lanciarsi sguardi che supplicano al tempo di fermarsi lì, in quel preciso istante, dove Peter è aggrappato alla sua schiena e Tony gli affonda la testa nel collo, e diventano una cosa sola. 

  Poi cadono esausti nel mare profondo di quel materasso; non annegano, ma ingoiano acqua salata e occasioni perse. Nessuno di quegli attimi si ripeterà più, ma è un tempo talmente limitato che ci sarà sempre il rimpianto di qualcosa che avrebbero voluto condividere e che alla fine non hanno potuto. Si stende accanto a lui e si guardano. Si scambiano uno, due, tre, venti, cinquanta, cento baci. Peter vorrebbe che quel sapore gli restasse sulla bocca fino alla morte. Vorrebbe farle proprie, smontare Tony pezzo per pezzo e nasconderlo ovunque la morte non possa trovarlo. 

  Tony gli accarezza una guancia, gli lascia un sorriso da ammirare e poi lo stringe forte. Gli fa nascondere il viso nel suo petto e poggia il mento sulla sua testa, dopo averla baciata con una lentezza che gli ha fatto male al cuore. Deglutisce la lama di un bisturi che gli ferisce la gola, e chiude gli occhi. Non vuole dormire, e forse nemmeno lo farà. Non vuole perdere un secondo, in quell’angolo di paradiso, che gli sta imprimendo addosso l’odore dell’uomo che ama e l’eredità della sua parte migliore. Quella che forse solo Peter conosce quasi a pieno. 

  Apre gli occhi ed è solo. Inerme, avvolto da una coperta e le braccia distese davanti a lui, sul materasso, dove prima c’era l’unica cosa per cui vale la pena persino autodistruggersi. Si guarda le mani. Sono vuote. Alza le ginocchia contro il petto e si copre il viso. Non era pronto, e non lo sarà mai. Lo ha promesso a Tony, che prima o poi farà quel passo avanti. Che ce la metterà tutta per accettare quella perdita. Solo che non è questo il giorno in cui muoverà il primo passo verso quel futuro. Ora vuole solo restare chiuso in quel limbo, dove almeno il profumo dell’altro lo avvolge, impresso nelle coperte e sulla sua pelle. Il resto verrà da sé, ma adesso è tempo di espiare una colpa incantevole.

Quella di saper amare ancora, malgrado tutto.

 
 

Torte | Pasticceria Cappelli Parma
Fine 
Torte | Pasticceria Cappelli Parma

•••

«Don't say goodbye 
Don't say, I didn't try...»

•••



 

 

 
 

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1. | DON'T YOU FORGET ABOUT ME. (Peter Parker!) - FACE CLAIM ...
Salve,
Carissima gente di mare, ed eccoci arrivati infine all'epilogo di questa mini-long e a malincuore premo il tasto "completa", come sempre, che fa male come quando mandi i tuoi bambini a scuola il primo giorno. L'ansia, rega', l'ansia.
Che dire? Scusate per l'angst ma stavolta devo dirvi che la colpa è al 70% mia e al 30% di un'altra persona, che ha letto questa storia in anteprima e mi ha detto "Chissà, magari Tony sparisce dopo che hanno passato insieme una notte" e dunque ha aggiunto ulteriore angst a quello che già, comunque, di per sé era angst... e questa persona è la mia carissima cosa Shilyss, dunque non prendetevela solo con me ♥ Io però la devo ringraziare, perché è grazie a lei se, questa storia, ha avuto un epilogo che mi ha soddisfatta (mentre ero in una valle di lacrime). Dunque grazie co' ♥♥♥ 
Questa storia nasceva grazie ad un prompt datomi tempo fa, che appunto richiedeva una trama dove Peter poteva avere indietro Tony ma solo per un giorno, grazie ad una pozione ♥ E, infine, eccola qui! 
Mi pare di non averlo detto nello scorso capitolo, ma il titolo della storia è una canzone di Alessandro Mannarino (chi mi conosce sa quanto io lo ami ♥) ed è appunto Serenata Silenziosa (e ce n'è un'altra molto bella che si chiama Serenata Lacrimosa, che vi invito ad ascoltare per quanto è bella ♥).
Sperando che la storia vi sia piaciuta ringrazio tutti colore che l'hanno listata, recensita e apprezzata e, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate anche di questo finale, mi farebbe tanto piacere!
Un abbraccio infinitamente affettuoso, da un'autrice superfluff innamorata di questi due stronzi e non può fare a meno di scriverne... ♥
Al prossimo progetto,
La vostra amichevole Miryel di quartiere
Robert Downey Jr All You Need To Know...

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