I want to know what love is

di Cassandra caligaria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 - ADMISSION (RICOVERO) ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 - ALICE ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 - FRIENDSHIP (AMICIZIA) ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 - EDWARD ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 - DAMNED SOUL (ANIMA DANNATA) ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 - CUM PATIOR (ESSERE CON L’ALTRO NEL SENTIRE) ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 - THRILL (BRIVIDO) ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 8 - CLUMSINESS AND GAFFES (GOFFAGINE E GAFFES) ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 9 - VIRGIN (VERGINE) ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 10 - TEARS, PAIN AND … KISSES! (LACRIME, DOLORE E … BACI!) ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 11 - TRUTH, DARE, DOUBLE DARE, COMMAND, KISS OR PROMISE! (DIRE, FARE, BACIARE, LETTERA O TESTAMENTO!) ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 12 – PROMISES, PARENTS AND THOUGHTS (PROMESSE, GENITORI E PENSIERI) ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 13 – CHAT BETWEEN FRIENDS (CHIACCHIERATA TRA AMICHE) ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 14 – TALKING WITH JASPER (PARLARE CON JASPER) ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 15 – INSOMNIA (INSONNIA) ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 16 – FEAR OF LOSING HER (PAURA DI PERDERLA) ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 17 - KNOWLEDGE AND FOUND (CONOSCENZA E RITROVAMENTO) ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 18 – TOGETHER AGAIN (DI NUOVO INSIEME) ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 19 – DEMISSION (DIMISSIONI) ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 20 - THE KISS AFTER THE STORM (IL BACIO DOPO LA TEMPESTA) ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 21 – MAGNOLIA’S TALE (IL RACCONTO DELLA MAGNOLIA) ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO 22 - JUST MYSELF (SEMPLICEMENTE ME STESSA) ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO 23 – YOU ARE SPECIAL, FOR ME (TU SEI SPECIALE, PER ME) ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO 24 – DON JUAN (DON GIOVANNI) ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO 25 – YOU DON’ T BLEED (TU NON SANGUINI) ***
Capitolo 27: *** CAPITOLO 26 – A NEW LIFE (UNA NUOVA VITA) ***
Capitolo 28: *** CAPITOLO 27 – BELLA’S LULLABY (NINNA NANNA PER BELLA) ***
Capitolo 29: *** CAPITOLO 28 – I MISS YOU (MI MANCHI) ***
Capitolo 30: *** CAPITOLO 29 - VAMPIRE (VAMPIRO) ***
Capitolo 31: *** CAPITOLO 30 – AMOEBA … IN LOVE (AMEBA … INNAMORATA) ***
Capitolo 32: *** CAPITOLO 31 – ON THE SCOTTISH HILLS ( SULLE COLLINE SCOZZESI) ***
Capitolo 33: *** CAPITOLO 32 - LUCKENBOOTH (PEGNO D’AMORE) ***
Capitolo 34: *** CAPITOLO 33 - I WANT TO KNOW WHAT LOVE IS ( VOGLIO SAPERE COSA SIA L'AMORE) ***
Capitolo 35: *** CAPITOLO 34 – UP AND DOWN (SU E GIU') ***
Capitolo 36: *** CAPITOLO 35 – VOLTURI ***
Capitolo 37: *** CAPITOLO 36 – PARALYSIS (PARALISI) ***
Capitolo 38: *** CAPITOLO 37 - WHEN THE PAST COME BACK (QUANDO IL PASSATO RITORNA) ***
Capitolo 39: *** CAPITOLO 38 - COURAGE (CORAGGIO) ***
Capitolo 40: *** CAPITOLO 39 – TWO SIDES OF THE SAME COIN (DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA) ***
Capitolo 41: *** CAPITOLO 40 – DECISION (DECISIONE) ***
Capitolo 42: *** CAPITOLO 41 – PLAN OF ACTION (PIANO D’AZIONE) ***
Capitolo 43: *** CAPITOLO 42 – COME BACK TO THE STATES (RITORNO NEGLI STATI UNITI) ***
Capitolo 44: *** CAPITOLO 43 – BIOCHEMISTRY OF HORMONES (BIOCHIMICA ORMONALE) ***
Capitolo 45: *** CAPITOLO 44 - THE TESTS NEVER END (GLI ESAMI NON FINISCONO MAI) ***
Capitolo 46: *** CAPITOLO 45 – TWINS (GEMELLI) ***
Capitolo 47: *** CAPITOLO 46 – GRADUATION AND GIFTS (LAUREA E REGALI) ***
Capitolo 48: *** CAPITOLO 47 – BUMP AND CRAVINGS (PANCIONE E VOGLIE) ***
Capitolo 49: *** CAPITOLO 48 - BIRTH (NASCITA) ***
Capitolo 50: *** CAPITOLO 49 – LIFE IN CANADA (VITA IN CANADA) ***
Capitolo 51: *** CAPITOLO 50 – HAPPINESS (FELICITÀ) ***
Capitolo 52: *** AVVISO - NUOVA STORIA ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


 

La vita a volte sa essere davvero strana. La dea bendata si diverte a creare le situazioni più assurde e paradossali, mescola dall’alto dell’Olimpo le sue carte, mentre noi poveri umani cerchiamo di trovare soluzioni alle situazioni che si presentano davanti a noi. Ci sono momenti nella vita in cui ti fermi e ti volti indietro per vedere la strada percorsa. In quei momenti ti fermi, come un pellegrino in cerca di ristoro, e pensi. Pensi al percorso fatto, al punto in cui tutto è cominciato fino al punto in cui si è arrivati e tiri le somme. Questo momento è arrivato anche per me, e nonostante il senso di stanchezza, come se avessi percorso chilometri trasportando pesanti ed inutili fardelli, mi giro indietro e poi di nuovo davanti a me e mi sembra di non aver percorso nulla, anzi se possibile di essere andata indietro mentre tutto il mondo andava e va avanti. Ma a volte, il più delle volte bisogna fare tanti passi indietro, ripercorrere la stessa strada a ritroso per poter andare avanti, per riuscire a vedere la luce, per trovare la giusta direzione. Non importa se per arrivare a destinazione si è impiegato più del dovuto o si è fatta qualche sosta in più, bisogna perdersi per poi ritrovarsi, l’importante è andare avanti e non arrendersi. Mai. Ma questo l’ho capito tardi..o forse no … In fondo chi può decidere se sia presto o tardi!? Cosa è giusto o cosa è sbagliato?! Come mi ripete sempre il mio Edward, la persona a cui devo la vita e forse anche di più, senza la quale non avrei ragione di vivere, non esistono gli assoluti nella vita, tutto è relativo. Anche per capire questo ce ne ho messo di tempo, ma quello che conta è averlo capito. Mi chiamo Isabella Swan e questa è la mia storia.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 - ADMISSION (RICOVERO) ***


ANGOLO DELL’AUTRICE

Buonasera, anzi … è quasi un buongiorno!!! Allora, dopo aver militato per quasi un anno tra le pagine di EFP leggendo molte fan fiction ho deciso anch’io di cimentarmi nella pubblicazione di questa storia, nata un po’ per caso, frutto di una nottata insonne. Spero davvero che vi piaccia. Ringrazio infinitamente le sei splendide persone che hanno inserito la storia tra le seguite:

1 - alexia__18 [Contatta]
2 - Betty O_o [Contatta]
3 - beverlina [Contatta]
4 - Lizzie95 [Contatta]
5 - Moon Light [Contatta]
6 - zlatyna [Contatta]

Grazie a Zlatyna per averla inserita anche tra le preferite. Un ringraziamento molto speciale a Beverlina, per avermi inserito tra gli autori preferiti :)

E mille mille grazie a Lizzie95 che ha recensito il prologo. Spero che anche questo primo capitolo sia all’altezza delle tue aspettative. Mille grazie ancora.

Vi lascio al capitolo e vi auguro una buona lettura. Nice night ;)

 

CAPITOLO 1 - ADMISSION (RICOVERO)

"L'unica cosa di cui hai bisogno per sentirti speciale sei tu" (La timidezza delle rose di Serdar Ozkan)

Pirandello diceva “La vita o si vive o si scrive”.Già, ma se non vivi cosa scrivi?! Bella domanda! Vivere … non ho mai capito appieno il significato di questo verbo. Certo da un punto di vista prettamente biologico so cosa è la vita, ma dal punto di vista metafisico … cos’è la vita? Perché viviamo? E soprattutto … il gioco vale la candela? A cosa serve vivere se esistono malattie, guerre, sofferenza? Citando Don Juan de Marco “Ci sono solo quattro domande che contano nella vita. Cosa è sacro? Di cosa è fatto lo spirito? Per cosa vale la pena vivere? E per cosa vale la pena morire? La risposta a ognuna è la stessa: solo l'amore.”

L’amore … non so cosa sia. Non mi sono mai innamorata. Eppure è la chiave del mistero della vita. Non sono una persona credente, però quando mi guardo intorno mi chiedo quale sia la forza o il potenziale che ha generato tutto quello che vediamo, che ci dà la forza di andare avanti, di fare dei progressi, di crescere … è l’amore, questo grande estraneo. Ho vent’anni e non mi sono mai innamorata, non ho mai avuto un ragazzo, né delle amiche vere. Ma non ne ho mai sofferto, almeno fino ad ora. Fin all’infanzia ho sempre creduto di essere come il brutto anatroccolo dei fratelli Andersen, non mi sono mai curata del fatto di non essere magra, bella e popolare. No, ho sempre detestato quelle oche che venivano a scuola con me! Io ero in compenso la più intelligente e la più brava della classe, e mi andava bene così. Ogni traguardo scolastico raggiunto compensava, o almeno così credevo che fosse, tutte le esperienze che le mie coetanee vivevano, ogni A + presa mi ripagava di tutte le feste di fine anno a cui non ho mai preso parte, perché nessuno mi ha mai invitata. Una volta al college, credevo, sarebbe spuntato il cigno che era nascosto dentro di me, avrei trovato ragazzi più simili a me, più affini, forse, mi illudevo quasi che avrei finalmente potuto avere una vita normale, come una qualunque ventenne, fatta non solo di studio e successi scolastici, ma anche di amici, e perché no, amore. Ma non avevo fatto i conti con la mia estrema timidezza e con il fatto che le persone sono sempre uguali, ovunque, come diceva sempre mia nonna Marie : “Tutto il mondo è paese, bambina mia!”.

Il primo giorno al college mi sedetti come sempre in prima fila, sola, per seguire meglio, e continuai a farlo tutti i giorni della settimana. Durante i week end rimasi a casa a studiare, e quel cigno che doveva uscire fuori è rimasto intrappolato nel corpo e nella mente dell’anatroccolo, per sempre succube della paura della libertà.

Ed ora sono nella corsia di un pronto soccorso in attesa che si liberi un posto letto in reparto, sola, come al solito. In fondo si nasce e si muore soli, a me evidentemente toccherà anche vivere sola, non ci sarà traffico nella mia vita, no.

Eppure, distesa su una barella, con un camice bianco ed un misero lenzuolo a ripararmi un po’ dal freddo, con un “butterfly” sul dorso della mano, perché la mia grande fortuna ha voluto che l’infermiere non riuscisse a trovarmi la vena nella piega del gomito, e dopo vari accanimenti e tentativi fatti con un ago comune, causandomi un gran bell’ematoma, si è arreso ad infilarmi un butterfly sul dorso della mano, mi chiedo a cosa serve sapere e capire tutto quello che mi hanno diagnosticato i medici? A che pro sapere la fine che farò?

E’ arrivato il momento, anche per me, di fermarmi e fare un “bilancio” della mia vita.

In questo momento vorrei tanto essere come quella ragazza seduta di fronte a me. Si è tagliata un dito e le stanno dando dei punti di sutura. Piange, come se le avessero dato poche ore di vita, e il suo ragazzo accanto le accarezza i capelli dandole qualche tenerissimo bacio sul viso, mentre le tiene stretta l’altra mano, come per infonderle forza e sicurezza. Non sono invidiosa, ma vorrei tanto poter piangere anch’io come lei, in fondo la sua è una sciocchezza rispetto a quello che è stato diagnosticato a me. Vorrei poter avere anch’io paura come lei, sarebbe giusto, e avere qualcuno accanto che mi tenga per mano, che mi rassicuri, che mi faccia capire che comunque vada non sarò sola, in fondo ho solo venti anni, non dovrei essere abituata a ricevere cattive notizie in un pronto soccorso. Mi ritornano in mente, pungenti come aculei velenosi, le parole che mi ha detto la dottoressa poche ore fa, con la delicatezza di un pachiderma.

“Signorina, c’è una neoformazione di circa 15 cm a carico dell’ovaio sinistro. Speriamo non si tratti di un carcinoma ovarico. Dobbiamo ricoverarla per ulteriori analisi che ci permetteranno di capirne la natura e poi decideremo come intervenire. C’è qualcuno con lei?”

“No, sono sola. I miei vivono a Forks”.

“Bene. Se vuole, può avvisarli. E’ bene che ci sia qualcuno con lei, soprattutto se si riterrà opportuno intervenire chirurgicamente, avrà bisogno di assistenza. Ora mi scusi, preparo il referto. Verrà a prenderla qualcuno per il ricovero.”

“Ok, la ringrazio”.

Certo, “la ringrazio”.

Mi dicono che probabilmente ho un tumore ed io li ringrazio! Tipico di me! Sempre troppo composta e perfetta in ogni situazione. Anche se dentro ho una rabbia e un dolore che fanno male come il sangue che pulsa in una ferita fresca, continuo a sorridere e ringraziare i paramedici e gli infermieri che di tanto in tanto si ricordano di me e vengono a controllare a che punto è la mia flebo e mi chiedono come va il dolore.

Non so neanche quanto tempo sia passato da quando ho messo piede qui dentro, ore, o forse addirittura è l’alba del giorno dopo, finalmente arriva un’infermiera.

“Isabella Marie Swan?”

“Mmm, si sono io”, rispondo un po’ assonnata, tutta colpa della morfina che molto probabilmente mi hanno iniettato nella flebo.

“Si è liberato un posto letto nel reparto di chirurgia generale, andiamo”.

“… Ook”.

Non ricordo molto di quello che è successo dopo, so solo che quando mi sono svegliata ho sentito un forte odore di alcool misto ad una blanda fragranza di limone, e facendo mente locale ho aperto gli occhi e mi sono ritrovata tra lenzuola pulite e bianchissime. Volgendo lo sguardo alla mia sinistra, la flebo era ancora lì in bella mostra, a destra un lettino vuoto. Certo, sola anche nella camera dell’ospedale. Perfetto, meglio così. Molto probabilmente si sarebbe trattato di qualche caso di appendicite, avrei dovuto sopportare lagne di qualche ragazzina viziata e fingere di essere davvero interessata e dispiaciuta. Non che non lo sarei stata in condizioni “normali”, ma la mia attuale situazione è davvero ben più grave.

 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 - ALICE ***


ANGOLO DELL’AUTRICE

Buonasera cari lettori, o meglio lettrici!!! Come va? A me abbastanza bene … sono davvero molto felice del seguito che ha avuto il primo capitolo di questa storia e spero vivamente che continui a piacervi. Per me è un piacere scrivere … Scrivo maggiormente di notte Non sono pazza, né nottambula … semplicemente quando l’ispirazione chiama … io rispondo!

GRAZIE MILLE ALLE PERSONE CHE SEGUONO QUESTA STORIA :

1 - alexia__18 [Contatta]
2 - Anninaa [Contatta]
3 - Betty O_o [Contatta]
4 - beverlina [Contatta]
5 - congy [Contatta]
6 - Lizzie95 [Contatta]
7 - MaryAc_Cullen [Contatta]
8 - Moon Light [Contatta]
9 - zlatyna [Contatta]

 

GRAZIE A COLORO CHE L’HANNO INSERITA TRA LE PREFERITE :

1 - letizia_ama_rob [Contatta]
2 - zlatyna [Contatta]

 

GRAZIE A CHI L’HA INSERITA TRA LE STORIE DA RICORDARE :

1 - beverlina [Contatta]
2 - sassy86 [Contatta]

 

UN GRAZIE SPECIALE A BEVERLINA CHE MI HA AGGIUNTA TRA GLI AUTORI PREFERITI E AI DUE ANGELI CHE HANNO RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO!

 

ORA VI LASCIO AL SECONDO CAPITOLO, BUONA LETTURA! ELETTRA.

 

CAPITOLO 2 – ALICE

 

“E un sollievo di lacrime a invadere gli occhi e dagli occhi cadere.” (Khorakhané, Fabrizio De Andrè.)

 

Ad un tratto sentii la porta di fronte al mio letto aprirsi e vidi spuntare fuori una ragazza molto minuta, dall’aria sbarazzina. Corti capelli neri scalati e ribelli le incorniciavano il visino dai tratti molto delicati e belli, trascinava un’asta cromata a cui era appesa la flebo. Dopo non poca fatica riuscì a chiudersi la porta del bagno alle spalle e alzò lo sguardo puntando due smeraldi tristi verso di me. Quando vidi tutta quella sofferenza e quel dolore in quegli occhi che sicuramente non erano in grado di mentire per quanto erano limpidi, mi diedi mentalmente della stupida per quello che avevo pensato appena sveglia.

Con passo lento e trascinato riuscì ad arrivare al letto e con molta fatica si sedette sul bordo.

“Ciao, io sono Alice”.

Che stupida, l’avevo fissata per tutto il tempo senza muovere un dito per aiutarla e senza aprire bocca. Per la seconda volta mi diedi mentalmente della stupida. Probabilmente tutti quei farmaci che mi stavano iniettando ininterrottamente dovevano aver bruciato i residui dei miei neuroni. Scossi la testa come per scacciare via quei pensieri e mi presentai anch’io.

“Io sono Isabella, Bella per gli amici”, le sorrisi.

Per la prima volta nella mia vita ero riuscita a pronunciare la seconda parte di quella frase senza balbettare o arrossire. Per la prima volta nella mia vita mi sentivo a mio agio a parlare con una mia coetanea. Per la prima volta nella mia vita sociale iniziava ad accendersi la speranza di poter instaurare un rapporto che andasse al di là degli scambi di appunti o del ripasso prima di un esame. Non avevo idea di chi fosse quella ragazzina dall’aria vispa di fronte a me, ma sentivo che saremmo diventate amiche. Non ne capivo il motivo, eppure sentivo che sarebbe andata così. Un po’ per la circostanza in cui ci eravamo trovate, un po’ perché mi era bastato guardare quelle iridi profonde per scorgere tanto dolore ma anche tanta forza. Il dolore rende tutti uguali, non esiste un metro o una bilancia per misurare la sofferenza e per stabilire chi soffre di più.

“Bella … quanti anni hai? Da dove vieni? Cosa fai nella vita?”.

Loquace, decisamente loquace.

“Ho venti anni, ne compirò ventuno a settembre. Vengo da Forks, una cittadina poco distante da Port Angeles. Studio qui a Seattle. E tu?”

“Abbiamo la stessa età! Io ho già compiuto ventuno anni, la settimana scorsa. Ero qui … sono di Seattle. Posso chiederti cos’hai?”, mi disse diventando d’un tratto timida. Questa ragazza mi piaceva sempre più. Era loquace ma non invadente.

“Bè a dir la verità ancora non si sa di preciso cos’abbia. Pare ci sia una neoformazione a carico dell’ovaio sinistro. Si spera nulla di grave, però devono farmi ulteriori accertamenti. E tu, se posso chiedertelo, cos’hai? Sei ricoverata da molto?”.

“Sono esattamente 18 lunghissimi giorni che mi trovo qui, per fortuna che ora sei arrivata tu! Ops … non volevo! Scusa! Non volevo dire per fortuna … è che è maledettamente deprimente trovarsi in un letto d’ospedale, sola per giunta!”

“Ehi, ehi! Tranquilla! Avevo capito che il senso della frase era un altro! Non è successo niente!”, cercai di tranquillizzarla. Mi sorrise.

“Grazie, è che mi sembrava di aver perso l’abitudine di stare in mezzo agli esseri umani. L’unico contatto umano che ho sono i medici e gli infermieri due volte al giorno per la terapia, e basta. Comunque neanche io so di preciso cos’abbia, pare un polipo dell’intestino, ma ancora non c’è nessuna certezza. Siamo in due a non sapere niente! Speriamo di riuscire a cavare qualcosa nei prossimi giorni!” mi sorrise.

Parlammo di tutto, della mia famiglia, dei miei studi, dei suoi studi. Mi raccontò di aver perso il padre ed il fratello di 22 anni in un incidente stradale 13 anni fa, quando aveva solo 8 anni, da allora la madre cadde in un forte stato depressivo e fu internata in un ospedale psichiatrico. Non ricordava molto di quel periodo, mi disse che ogni tanto guardandosi allo specchio le veniva in mente suo fratello. Aveva i suoi stessi occhi, ma ha dei ricordi sfocati dei lineamenti del suo viso. Ha vissuto con i nonni fino alla maggiore età, una volta preso il diploma ha deciso di andare a vivere da sola e di mantenersi da sola lavorando in una boutique. Mi raccontò dell’inizio dei suoi dolori al fianco sinistro, sempre più insistenti, accompagnati da perdite di sangue. Il suo medico curante le consigliò il ricovero 18 giorni fa, e da allora si trova qui. Nessuno viene a farle visita, suo nonno è morto un anno fa e sua nonna è troppo anziana per poter attraversare tutta Seattle da sola per venire a farle visita, così le sta vicina telefonicamente. Si sentono due volte al giorno. Io le raccontai della borsa di studio vinta alla Seattle University, dei rapporti tempestosi con la mia “intraprendente” ed attivissima compagna di stanza, Jessica, del cambio di stanza avvenuto in modo consensuale un mese fa, di Angela, la mia attuale compagna di stanza che sfortunatamente era tornata a casa nel week end in cui le mie condizioni di salute erano peggiorate.

“I dolori al fianco sono iniziati venerdì sera, Angela era uscita con Ben, il suo ragazzo. Nonostante stessi male, decise di uscire comunque perché l’indomani sarebbe partita e non si sarebbero visti per il week end. Rientrò molto tardi, ma io ero sveglia, non riuscii a chiudere occhio per il dolore durante la notte. Sabato mattina partì molto presto. In stanza avevo solo dell’aspirina, così mi vestii ed andai nella farmacia del campus a comprare una confezione di Tylenol. Il farmacista mi disse che senza prescrizione medica non poteva vendermelo. Cercai in tutti i modi di convincerlo a darmelo, stavo davvero male, zoppicavo per il dolore, ma non volle sentire ragioni. << Vada in ospedale se sta davvero così male>>.

Sabato sera il dolore diventava sempre più forte, ebbi più di un capogiro, la vista mi si annebbiava per il dolore e più di una volta rischiai di cadere per terra mentre mi dirigevo in bagno. Avevo paura, è stato terribile. In quei momenti pensavo << Sono sola, se cado e batto la testa non se ne accorgerà nessuno. Mi ritroverà Angela, probabilmente morta, lunedì>>, così decisi di chiamare l’ambulanza ed eccomi qui”.

Non mi ero neanche accorta delle lacrime che già da un po’ volevano uscire e che finalmente erano riuscite a liberarsi, né delle lacrime che rigavano il viso di Alice. Ad un tratto mi ritrovai le braccia di Alice intorno al collo. Il mio corpo era scosso da singhiozzi fortissimi, avevo il capo poggiato sulla sua spalla e piangevo. Piangevo come non avevo mai fatto in vita mia. Quelle lacrime contenevano tutta la sofferenza accumulata non solo negli ultimi giorni, ma in quasi 21 anni di vita. Finalmente avevo una spalla su cui piangere, e non solo metaforicamente parlando.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 - FRIENDSHIP (AMICIZIA) ***


 

ANGOLO DELL’AUTRICE

Buonasera popolo di EFP!!! E’ venerdì finalmente … e sono molto stanca, per cui non mi dilungo molto in chiacchiere! Volevo solo puntualizzare alcune cose:

* LA STORIA E’ UNA EDWARDxBELLA

* LA STORIA E’ A LIETO FINE (OVVIAMENTE! DETESTO LE STORIE TRISTI, E’ GIA’ COSI’ TRISTE LA VITA REALE, ALMENO LEGGENDO E’ BELLO SOGNARE!)

* NON VI PREOCCUPATE PERCHE’ EDWARD COMPARIRA’ A BREVE!!!

Detto ciò ringrazio coloro che hanno aggiunto la storia tra le seguite :

1 - alexia__18 [Contatta]
2 - Anninaa [Contatta]
3 - Betty O_o [Contatta]
4 - beverlina [Contatta]
5 - congy [Contatta]
6 - Lizzie95 [Contatta]
7 - MaryAc_Cullen [Contatta]
8 - Moon Light [Contatta]
9 - sabribot [Contatta]
10 - zlatyna [Contatta]

Tra le preferite :

1 - beverlina [Contatta]
2 - letizia_ama_rob [Contatta]
3 - zlatyna [Contatta]

E tra le storie da ricordare :

1 - beverlina [Contatta]
2 - ilaria2008 [Contatta]
3 - sassy86 [Contatta]

 

 

CAPITOLO 3 - FRIENDSHIP (AMICIZIA)

"Keep smiling, keep shining
Knowing you can always count on me, for sure
That's what friends are for
For good times and bad times
I'll be on your side forever more
That's what friends are for"

"Continua a sorridere, continua a splendere
Sapendo che puoi sempre contare su di me, é sicuro
E' per questo che ci sono gli amici
Per i bei tempi e per i brutti tempi
Sarò al tuo fianco per sempre
E` per questo che ci sono gli amici"

(That's What Friends Are For,
Steve Wonder)

ASCOLTATELA!!!! http://www.youtube.com/watch?v=EtGF2m102Wg

 

Dopo quel pianto mi sentii decisamente meglio. Era stato catartico. Avevo bagnato completamente la camicia da notte di Alice, ma non importava, e non solo perché lei me lo aveva ripetuto più volte, ma perché quella era la prova tangibile che anch’io ero un essere umano, anch’io ero solo una ragazza di vent’anni che aveva tutto il diritto di soffrire e di gioire, di piangere e di ridere. Anch’io avevo il diritto di vivere, ed ora avevo una ragione in più di combattere per difenderlo, avevo finalmente trovato un’amica. Un’amica vera.

Quella mattina venne un’infermiera a cambiare la mia flebo e ad avvisarci che di lì a poco ci sarebbe stata la visita medica. Sia io che Alice dovevamo restare digiune. Dieta liquida per prevenire eventuali disturbi e complicazioni che avrebbero potuto compromettere gli esami che dovevano effettuare. Riuscii a lavarmi e cambiarmi da sola nonostante l’ingombro dell’asta a cui era appesa la flebo e l’ago infilato sul dorso della mano. Nel frattempo Alice mi parlò un po’ dei medici del reparto, soffermandosi soprattutto sul primario e suo figlio, un giovane specializzando molto affascinante, che aveva fatto strage di cuori tra le infermiere, ma che per qualche strana ragione non mostrava alcuna preferenza. Si premurava solo di seguire il padre e di annotare l’andamento dei pazienti sulle cartelle cliniche, senza dilungarsi troppo in chiacchiere e soprattutto senza avere alcun contatto fisico con i pazienti, forse perché era ancora inesperto.

“Da come e quanto ne parli sembra che ti sia invaghita anche tu di lui!”

“No, ma cosa vai a pensare …”, mi rispose balbettando, “… è che …”, fece una pausa, “ma no, è una sciocchezza!”.

“Andiamo Alice! Se mi diventi così rossa e balbetti non è una sciocchezza!”.

“Ok, però non mi prendere per pazza. Ti ho raccontato di mio fratello e del fatto che ho dei ricordi vaghi di lui, tranne che per gli occhi. Bè, vedi, la prima volta che ho incontrato Edward mi è sembrato per un attimo di rivedere mio fratello. Sarà che hanno lo stesso nome, sarà che avrei tanto voluto poter trascorrere più tempo con lui. Però mio fratello Edward è morto 13 anni fa in quel maledetto incidente. E poi, se oggi fosse vivo avrebbe 35 anni, il dottor Edward Cullen ne dimostra almeno 10 di meno. E soprattutto non ha i miei occhi!”, disse infine con aria mesta. Doveva essere davvero un ragazzo speciale il fratello di Alice.

“Tuo fratello sarebbe fiero di te. Devi somigliargli molto. Sono sicura che anche lui era una persona meravigliosa come te. Ci conosciamo da poche ore, ma sento che sei una persona davvero speciale, come poche al mondo. Credimi Alice, sono sincera”.

Non so da dove tirai fuori quelle parole. Non ero mai stata così spigliata in vita mia e per giunta con una persona che conoscevo da poco! Eppure più tempo trascorrevo in compagnia di Alice più mi rendevo conto dell’affinità che c’era tra noi. Iniziavo a credere davvero che quel filo invisibile degli affetti che unisce le persone che non hanno apparentemente alcun legame, per lo meno non di sangue, stesse iniziando a legare anche me a quella specie di folletto dagli occhi verdi. Mi era successa solo una volta una cosa del genere con Jacob, mio fratello adottivo. Ma quella era un’altra storia.

Sebbene non siamo fratelli di sangue, io e Jacob siamo cresciuti insieme, volendoci bene come due veri fratelli. E poi eravamo bambini quando i miei decisero di adottarlo. Il padre naturale di Jacob, Billy, era il migliore amico di mio padre. Quando si ammalò chiese a mio padre di prendersi cura di Jake, dal momento che era orfano anche di madre dalla nascita. Ricordo ancora il giorno in cui papà mi disse che da quel momento in poi avrei avuto finalmente un fratellino con cui giocare. Ero al settimo cielo!

Era una calda domenica di giugno. Sentii il rumore della macchina di papà entrare nel vialetto di casa. Scesi di corsa le scale ed aprii la porta. Mi ritrovai davanti a mio padre che teneva per mano un bambino alto più o meno quanto me, con un buffo taglio di capelli, una sorta di caschetto, e con gli occhi neri e profondi come il buio. Aveva uno zainetto sulle spalle e una piccola valigia in mano. Mio padre portava il resto dei suoi bagagli. Nel momento in cui i nostri occhi si incrociarono mi sorrise facendo intravedere una fila di denti banchissimi orfani degli incisivi. Gli sorrisi anch’io, mostrandogli la mia finestrella sul davanti, così simile alla sua. Gli porsi la mano, “Ciao, io sono Bella, piacere!”.

“Io sono Jacob, ma puoi chiamarmi Jake se vuoi.”

“Bene Jake. Ti va di fare una partita a Supermario? Io sono campionessa indiscussa!”

“Nooo, non ci credo!Ti faccio vedere io chi è il campione ora!!”.

Da quel momento diventammo inseparabili. Probabilmente se fossimo stati fratelli di sangue non saremmo andati così d’accordo. E’ stato così facile entrare in sintonia con Jake, probabilmente perché eravamo solo due bambini di 6 anni. I bambini hanno la strana capacità di dare fiducia alle persone con estrema facilità, per questo riescono a creare forti legami. Più si cresce, più si conosce il mondo, più si diventa diffidenti e si perde questa capacità. E io ne so qualcosa. Più di qualcosa.

“Ti ringrazio Bella. Io ti considero già mia amica, anche se ci siamo conosciute in circostanze poco felici, sono davvero contenta di averti incontrata. Almeno ci sembrerà di sopportare meglio il dolore … il fardello diventa più leggero quando è condiviso!”.

Le sorrisi e le strinsi la mano. Ad un tratto la porta della stanza si aprì e il mio cuore perse un battito. O forse più di uno. Temetti di avere una sincope. Ero sicura di avere le guance arrossate. Mi succedeva sempre quando ero in imbarazzo.

La creatura più bella che avessi visto fino ad ora fece ingresso nella stanza, seguendo un altro medico, più grande di lui ma dall’aria non meno affascinante.

 

CHI SARA' ENTRATO?!?!?!?!SI ACCETTANO PROPOSTE E SUPPOSIZIONI!!!!

ALLA PROSSIMA!!!!BUON WEEK END!!!ELETTRA.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 - EDWARD ***


 

ANGOLO DELL’AUTRICE

Buon pomeriggio e buon inizio di settimana a tutti!! Com’è andato il fine settimana? Spero bene … a me benissimo!!! Sabato sera è stato davvero emozionante vedere questa scena ….

CAMPIONI D’EUROPA!!!!

Ok … passiamo a noi! Avete indovinato tutte ovviamente chi entra nella stanza di Bella … Questo è il capitolo dell’incontro!! Non perdo altro tempo e vi lascio al capitolo! Buona lettura!!!

 

CAPITOLO 4 - EDWARD

“In quel preciso istante, gli occhi di Edward guizzarono come lampi e incontrarono i miei.”

(Twilight, S. Meyer).

La creatura più bella che avessi visto fino ad allora fece ingresso nella stanza, seguendo un altro medico dall’aria non meno affascinante. Per un istante che mi sembrò infinito ci fissammo negli occhi e fui percorsa da un brivido. Un brivido molto piacevole.

Aveva un fisico perfetto, alto, non molto robusto, spalle non eccessivamente larghe. Il viso dai lineamenti angelici era incorniciato da ciuffi ribelli di una tonalità molto particolare. Castano ramati. Due occhi color oro mi perforarono l’anima.

Mi specchiai in quei pozzi di oro colato e mi sentii strana. Bene ma strana. Mi sentii viva come non mai. Mi sentii a casa, anche se ero in un letto d’ospedale con un ago infilato sul della mano e una diagnosi ancora non definita. Anche se a giorni si sarebbe aperta una sessione d’esame ed io probabilmente non avrei potuto dare nessun esame. In quel momento non mi importava di nulla, volevo solo continuare ad annegare con lo sguardo in quegli occhi meravigliosi …
...e il naufragar m’è dolce in questo mare” …
Mi ridestai dai miei pensieri solo quando quell’angelo aprì la bocca per salutarci. Spostai lo sguardo dagli occhi alle labbra. Mossa sbagliata perché iniziai a fare pensieri impuri ed inevitabilmente arrossii, come al mio solito. Perfette, piene e rosse come il peccato. Non so come, riuscii a rispondere al saluto.
“Buongiorno”, dissi balbettando e abbassando lo sguardo sulla mia mano.
“Buongiorno signorine. Alice hai visto? Non sei più sola!”, disse sorridendo il medico che era entrato per primo. Lessi il nome sul tesserino che pendeva dal taschino del camice.
“Dott. Carlisle Cullen”
MEDICO PRIMARIO
SPECIALISTA IN CHIRURGIA GENERALE, GASTRO-INTESTINALE E TORACICA
Allora … oh mio Dio!!!! Quell’angelo era lo specializzando di cui parlava Alice!! Cercai con lo sguardo anche il cartellino dell’altro medico.
“Dott. Edward Cullen”
MEDICO SPECIALIZZANDO IN CHIRURGIA GENERALE
Il mio cuore perse un battito. Avrei trascorso tutta la vita in quel letto d’ospedale pur di vedere il volto di quell’angelo e sentirlo parlare. Aveva una voce così calda e profonda.
Ma cosa mi stava succedendo?! Con quali farmaci mi stavano drogando!? Io, Isabella Marie Swan, colei che non si scompone mai, la ragazza tutta d’un pezzo, che fa pensieri impuri su un medico infischiandosene anche dell’università?!?! Sicuri che la neoformazione si trovasse vicino all’ovaio e non vicino a qualche neurone?! Un giorno e mezzo trascorso in quell’ospedale e non mi riconoscevo più. Eppure, nonostante il dolore e la situazione poco felice, mi andava bene così. Più che bene.
“Ehm, sì. Io e Bella siamo diventate già grandi amiche.”
Mi voltai verso Alice e le sorrisi. Nel momento in cui Alice pronunciò il mio nome notai che Edward, lo specializzando, aveva ricominciato a fissarmi. Mi voltai e per la seconda volta nel giro di pochi minuti mi persi in quegli occhi così profondi. Non avevo mai visto quel particolare colore di occhi. Oltre ad essere di un colore insolito erano tremendamente espressivi. Non mi sarei mai stancata di fissarli. Notai che anche l’altro dottore, Carlisle, li aveva dello stesso colore. Sarà stato un particolare di famiglia. Oltre al fascino disarmante che esercitavano su ogni essere di genere femminile.
“Ciao Bella. Io sono il Dott. Carlisle Cullen e lui è mio figlio Edward, specializzando in chirurgia. Sei stata ricoverata ieri a causa di forti dolori addominali, giusto? Come ti senti oggi?”
“Un po’ meglio, stordita direi, il dolore è meno forte rispetto a ieri.”, dissi sorridendo.
“Devono aver esagerato un po’ con la morfina! Stai tranquilla, è un effetto passeggero. Ora ti visito e vediamo un po’ com’è l’addome. Edward intanto potresti misurare la pressione ed il polso alla nostra signorina?”.
“Certo papà, con piacere!”, e mi sorrise.
Gli sorrisi di rimando, mentre il dottor Cullen iniziava a scostare le lenzuola e mi aiutava a stendermi completamente. Mi fece tirare giù i pantaloni del pigiama e iniziò a tastarmi l’addome. Aveva delle mani freddissime. Di riflesso rabbrividii. Lui se ne accorse.
«Sensibile?», chiese.
«No, davvero».
Sobbalzai quando aumentò la pressione in corrispondenza della vescica. Quella era la zona dove sentivo maggior dolore.
“E’ qui. Palpabile. L’ addome è trattabile. Bene Bella, abbiamo finito per oggi. Anche se il dolore va meglio, continuiamo con gli antidolorifici. Passerà l’infermiera che ti farà un prelievo per controllare i tuoi parametri e poi decideremo sul da farsi. Tu stai tranquilla in ogni caso, ora ci pensiamo noi a te. La dottoressa che ti ha visitata stanotte ti ha spaventata? Spero tanto di no. Non è molto sensibile e delicata, e ti dirò di più … ce l’ha a morte con le more giovani e carine!”
Sorrisi ed arrossii inevitabilmente. Era così gentile e premuroso. Sembrava un padre.
“Grazie dottore. Grazie davvero. La dottoressa mi ha un po’ spaventata in effetti, soprattutto quando ha azzardato la diagnosi di un carcinoma ovarico …”
“Come?! Come fa a stabilire di cosa si tratti con una semplice ecografia?! Ma è impazzita!!?? Stai tranquilla Bella, lascia perdere tutto quello che ti ha detto quella sottospecie di …”
“Edward, calmati! Ora ci pensiamo noi a Bella”, mi disse sorridendo Carlisle, accarezandomi i capelli. Io ero tra le nuvole. Sentire Edward adirarsi in quel modo per le parole che la dottoressa mi aveva rivolto, rassicurarmi in quel modo, sentire il mio nome pronunciato dalla sua voce … mi piacque più del lecito.
Alice guardava la scena con gli occhi sgranati. Non capii subito il perché. Poi mi ricordai delle parole che mi aveva detto qualche ora prima.
Edward Cullen di solito non interagiva con i pazienti. Si limitava ad annotare sulle cartelle cliniche quello che gli suggeriva Carlisle. Evidentemente era la prima volta che lo sentiva parlare in quel modo e che lo vedeva rivolgersi ad una paziente. Io dal canto mio ero al settimo cielo. Quell’angelo si era preoccupato di rassicurare me. Ed era niente. Niente in confronto a quello che accadde dopo.
Lo vidi avvicinarsi al mio letto ed infilare il manicotto dello sfigmomanometro sul mio braccio sinistro. Cercai di rilassarmi e di regolare il mio respiro affannoso concentrandomi sul ritmo della pompetta stretta nella mano di Edward. Aveva delle mani bellissime. Dita lunghe, affusolate e bianchissime. Molto curate. Le mani del perfetto chirurgo.
“ 70 su 110. La pressione è buona. Ora controlliamo il polso.”, mi disse con una dolcezza disarmante.
Sentii un brivido percorrere tutta la mia spina dorsale nel momento in cui l’indice ed il medio della sua mano destra si posizionarono con estrema delicatezza sulla mia arteria radiale, mentre il pollice si posizionava sul lato opposto, sembrava quasi mi volesse bloccare, tenere ferma lì. Ed io ci sarei rimasta per sempre. Fui percorsa da brividi dalla radice dei capelli fino ai piedi. Erano brividi molto piacevoli. Come ascoltare la canzone del cuore. Come tornare a casa dopo una fredda giornata di gennaio trascorsa fuori, catapultarsi sotto il getto bollente della doccia e sentire quel brividi bollenti sulla pelle allo scorrere dell’acqua. Come immergersi in mare dopo aver preso il sole in spiaggia.
Trattenni il respiro mentre avvertivo uno strano formicolio nelle mie parti intime. Era una sensazione nuova per me ed estremamente piacevole. Possibile che un semplice tocco mi avesse fatta eccitare così barbaramente? Sperai che quel minuto durasse il più a lungo possibile, invece, feci appena in tempo ad accorgermi che le sue dita affusolate avevano abbandonato la loro postazione per impugnare una penna.
“103 … sei un po’ agitata Bella …”, mi disse sfoggiando il sorriso tipico di chi la sa lunga, mentre annotava i miei parametri sulla cartella clinica.
Il mio corpo reagiva in modo troppo evidente alla Sua presenza. Le reazioni fisiologiche del mio corpo erano troppo palesi, e da buon medico se ne era accorto … che figura!

 

 

 

RINGRAZIO TUTTI COLORO CHE HANNO LETTO QUESTO CAPITOLO E CHE HANNO LETTO I PRECEDENTI.

GRAZIE A COLORO CHE HANNO INSERITO LA STORIA TRA LE SEGUITE :

1 - alexia__18 [Contatta]
2 - Anninaa [Contatta]
3 - Betty O_o [Contatta]
4 - beverlina [Contatta]
5 - congy [Contatta]
6 - giova71 [Contatta]
7 - hitomi [Contatta]
8 - Lizzie95 [Contatta]
9 - MaryAc_Cullen [Contatta]
10 - Moon Light [Contatta]
11 - raf [Contatta]
12 - sabribot [Contatta]
13 - zlatyna [Contatta]

 

GRAZIE A COLORO CHE L’HANNO INSERITA TRA LE PREFERITE :

1 - beverlina [Contatta]
2 - letizia_ama_rob [Contatta]
3 - zlatyna [Contatta]

 

E TRA LE STORIE DA RICORDARE :

1 - beverlina [Contatta]
2 - ilaria2008 [Contatta]
3 - sassy86 [Contatta]

 

UN GRAZIE SPECIALE A COLORO CHE LASCIANO SEMPRE UNA RECENSIONE.

 

GIOCHINO : Nel capitolo è presente una citazione tratta da uno dei libri della saga … il segugio che riuscirà a scoprirla riceverà uno spoiler del prossimo capitolo via e-mail!!! Buona caccia!!!

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 - DAMNED SOUL (ANIMA DANNATA) ***


 

CAPITOLO 5 – DAMNED SOUL (ANIMA DANNATA)

 

"Il tempo guarirà tutto. Ma che succede se il tempo stesso è una malattia?" (Il cielo sopra Berlino, 1987).

 

POV EDWARD

 

Felicità. Non credevo esistesse. Non per me almeno.

La mia vita era finita nel momento in cui l’auto in cui mi trovavo con mio padre andò a scontrarsi contro quel maledetto tir, 13 anni fa. Quello che mi ritrovo a vivere da quell’istante ad oggi è un limbo senza fine, una non vita eterna per espiare le mie colpe. Sempre che ne abbia. Cosa può aver fatto di male un ragazzo di soli ventidue anni per meritare di morire? O di non vivere, come sto facendo io. Sebbene adori Carlisle e tutta la sua famiglia, anzi, la mia famiglia, non riesco ancora a prendere pace. Emmet, mio fratello maggiore d’adozione, mi definisce un’anima in pena. Ed è così davvero. Ogni giorno è sempre uguale a quello precedente e non dissimile dal successivo.

Ricordo ancora il suono delle sirene farsi sempre più lontano, la voce di mio padre che urlava “Salvate lui! Pensate a mio figlio!”, lo spostamento d’aria in seguito al quale mi hanno sistemato su una barella e mi hanno caricato sull’ambulanza. Ricordo un vociare continuo, aghi, macchinari e poi un bip continuo.

“L’abbiamo perso, povero ragazzo”.

Buio.

“Qui c’è un cuore che batte”.

Uno spiraglio di luce, due occhi dorati.

“Perdonami figliolo”.

Una puntura fortissima all’altezza della mia giugulare. Il fuoco nelle vene. Credevo di essere finito all’inferno, invece quello era solo l’inizio.

E’ durata tre giorni la mia trasformazione. Carlisle mi morse nell’obitorio dell’ospedale, per evitare che fosse troppo tardi per me. Poi mi portò a casa sua. Non urlai durante la trasformazione, preferii soffrire in silenzio, un’abitudine umana che conservo tutt’ora. Mi svegliai e mi ritrovai di fronte alla donna più dolce che avessi mai conosciuto. Esme. Una vera mamma.

Poi conobbi Jasper, Emmet e Rosalie, i miei fratelli. Tutti erano stati trasformati da Carlisle, che li aveva trovati in fin di vita.

Esme, sua moglie, fu la prima ad unirsi alla sua famiglia. Aveva tentato il suicidio in seguito ad un aborto eseguito sotto costrizione dei suoi genitori. Non era sposata, ma desiderava ugualmente quel bambino. Non resse il peso della colpa e si gettò da uno scoglio. Quando Carlisle la trovò versava in condizioni gravissime. Fortunatamente riuscì a trasformarla. Fu amore a prima vista. Non ho mai conosciuto due persone più buone ed amorevoli di loro.

Emmet e Rosalie si erano sposati quando erano umani. Vivevano a Liverpool. Si amavano tantissimo. La nave che li stava conducendo in America, dall'Inghilterra, la nave più famosa del mondo, il Titanic, affondò la notte del 14 aprile 1912. Su quella nave viaggiavano anche Esme e Carlisle. Furono morsi in acqua, da Carlisle, mentre stavano annegando. Vissero i giorni di “fuoco” al largo dell'oceano, lontani dalle scialuppe e dai soccorritori, stesi su delle lamiere di acciaio che si erano staccate dal transatlantico nell'impatto con l'iceberg. Esme e Carlisle vegliarono su di loro con la stessa devozione e lo stesso amore degni di due veri genitori. Quando si svegliarono raggiunsero a nuoto le coste del Messico e successivamente si trasferirono a Portland.

L'ultimo ad unirsi alla famiglia, prima di me, fu Jasper. L'ammiraglio Jasper John Whitlock. Comandante in seconda della flotta della Marina militare statunitense attraccata a Pearl Harbour. Carlisle ed Emmet erano medici di bordo. Rosalie ed Esme prestavano servizio come infermiere presso l'ospedale sito sull'isola. Jasper fu trovato in fin di vita tra le macerie della nave e Carlisle lo trasformò poco prima che spirasse. La sua trasformazione fu più lunga rispetto alle nostre perchè le sue ferite erano davvero molto gravi. Durò una settimana. Jasper era l'unico della famiglia a possedere un potere particolare. Durante la sua breve vita umana aveva sviluppato un forte carisma, che dopo la trasformazione era accresciuto diventando un vero e proprio manipolatore di emozioni. Inoltre era una sorta di incubo. Giaceva con le donne mentre dormivano, appariva loro in sogno ma non sottraeva loro la linfa vitale.

Poi arrivai io e scoprii di avere un potere ancora più particolare, riuscivo a leggere la mente delle persone. Inoltre mostrai fin da subito una predilezione per il sangue animale e una fortissima resistenza al sangue umano, che mi permise di iniziare a frequentare, due anni dopo la mia trasformazione (clausola imposta da Carlisle per cautelarmi ancora), la facoltà di medicina nella città in cui ci trasferimmo, Seattle. Mi laureai con il massimo dei voti ed entrai nella scuola di specializzazione di chirurgia generale del dottor Carlisle Cullen. Questa mia particolare resistenza al sangue umano mi permise di avere anche molte donne, cadevano tutte ai miei piedi. Fino a quando, non incontrai lei. Samantha. Era stata la mia prima ragazza quando ero umano, ero stato follemente innamorato di lei, ma ci eravamo lasciati quando partii per il college. Una sera, mentre ero con Jasper in un locale per il solito giro di “perlustrazione”, la vidi seduta al bancone del bar. Non resistetti alla tentazione di avvicinarmi, sebbene conoscessi i pericoli che correvo se solo mi avesse riconosciuto. Fortunatamente era alquanto alticcia e sembrò non ricordarsi di me. Non fu difficile ottenere quello che desideravo da lei quella sera. Se solo non avessi agito così d'istinto, non sarebbe accaduto l'irrimediabile. Non fui molto dolce con lei, avevo solo voglia di divertirmi, di trascorrere una notte selvaggia come già era capitato con altre donne. Da ragazzi non ci eravamo mai spinti oltre delle semplici carezze, ero intenzionato a "recuperare" il tempo perduto e a prendermi ciò che da umano non ero riuscito ad ottenere. Volevo solo sfogare il mio istinto represso. Non mi resi conto che per lei era la prima volta e quando mi arrivò alle narici quell'aroma dolciastro e ferroso proveniente da quelle misere goccioline di sangue che fuoriuscivano dal suo corpo non capii più nulla. I miei occhi divennero neri come la pece, non avevo mai provato una sensazione simile. Volevo morderla. Volevo assaporare fino all'ultima goccia quel nettare divino. E lo feci. Non sono mai riuscito a perdonarmelo. Tutti cercavano di dirmi che era “normale”, ero ancora un neonato, era capitato a tutti di cedere. Avrebbero potuto continuare all'infinito, io ero solo un mostro. Non meritavo di essere felice. Quel limbo in cui mi ritrovavo a vivere ogni giorno era la mia punizione. Nulla in confronto ad una vita spezzata in un modo così brutale per una notte di sesso. Avevo avuto molte donne e ne avrei avute altre, ma possedevo solo i loro corpi. Non mi era concesso amare. L'amore è per i cuori puri, gli assassini non ne sono degni.

18 giorni fa entrai nella stanza numero 10, avevano ricoverato una ragazza giovanissima, aveva solo 22 anni. Provavo sempre un forte senso di dispiacere quando vedevo che nei letti c’erano dei ragazzi. Ma quel giorno, quando incrociai quello sguardo, quegli occhi verdi così maledettamente simili ai miei occhi da umano, fu come ricevere una pugnalata dritta al cuore. Alice. Mary Alice Masen. Mia sorella. La mia piccola Alice. Se avessi potuto piangere l’avrei fatto, per la gioia di averla ritrovata e per il dolore della malattia che affliggeva il suo sguardo. Ma le lacrime non sono contemplate nella mia natura.

Lessi nei suoi pensieri che si sentiva attratta da me. Ma non come si sentivano attratte tutte le donne che avevano la fortuna o la sfortuna di incontrarmi, escluse mia madre Esme e mia sorella Rosalie. Lei provava un grande affetto per me, e non riusciva a spiegarselo perché teoricamente non mi conosceva, avrei dovuto essere un “estraneo” per lei.

E invece, se solo avesse potuto sapere. Avevo 14 anni quando nacque Alice. Ero al settimo cielo. Ero cresciuto praticamente da solo, con il mio pianoforte e i miei libri. Peccato che il destino volle che godessi della presenza di Alice solo per 8 miseri anni. E forse quello stesso destino volle farci reincontrare, nella più infelice delle situazioni. Come si faceva a dire alla propria sorella che probabilmente non avrebbe visto la luce dei 22 anni? Sembrava che il destino ce l’avesse con noi giovani Masen. Solo 22 anni di vita. Anche per lei.

Cercavo in tutti i modi di non far trasparire i miei veri sentimenti. Avrei voluto abbracciarla e non lasciarla più andare. Mi era mancata così tanto … eppure non potevo. Lei non poteva sapere che ero un essere dannato. Preferivo che si ricordasse di me umano. Povera Alice. La vita era stata davvero molto dura con lei. Dopo l’incidente la nostra povera madre fu internata e lei crebbe con i nonni. Fu costretta ad andare a lavorare per poter continuare gli studi. Ora che doveva godere della sua giovinezza, ora che doveva vivere, laurearsi, innamorarsi, avere dei figli, il destino aveva deciso di recidere il fiore dei suoi anni.

Ogni giorno che passava leggevo nella mente di Carlisle l’affetto che provava nei confronti di quella ragazza così minuta e così forte allo stesso tempo. E allo stesso tempo la pietà e il dolore derivato dall’impotenza di fronte ad un male incurabile. Il dispiacere nel vedermi addolorato.

Non era difficile affezionarsi ad Alice. Sapeva conquistare le persone con il suo sguardo dolcissimo e il suo modo di fare, sempre solare e divertente. Anche nei momenti di dolore, sorrideva. Amava la vita. Nonostante tutto, lei amava la vita. E combatteva con le unghie e con i denti per poter continuare a vivere. Per poter vedere sorgere e tramontare il sole un altro giorno ancora. Ed io avrei fatto tutto il possibile affinché lei vivesse.

Un giorno Carlisle, mentre visitava Alice pensò “Povera piccola, quanto mi piacerebbe se anche tu diventassi mia figlia … e se …”

“NO”, ringhiai.

Lei non doveva avere una vita dannata come la mia. Lei meritava di vivere una vita normale. Lei meritava di essere felice.

“ Pensaci bene Edward, sarebbe una soluzione. L’unica, ahimè. Non sai quanto mi dispiace figliolo. Sai bene che non trasformo le persone per divertimento. Lo faccio solo quando non ci sono altre speranze per loro. E’ stato così per te, come per Esme, Jasper, Rosalie ed Emmet. Potrebbe continuare a vivere e smettere di soffrire.”

“No, non voglio! Lei deve VIVERE! Io non potrei costringerla a vivere un’esistenza dannata! Dovrebbe rinunciare a troppe cose…”

“Edward, ragiona. Sei un medico. Hai visto gli esiti della TAC e i risultati della biopsia ci hanno privato di ogni speranza. L’intervento servirebbe solo ad accelerare i tempi e ad aumentare la sua sofferenza. E’ questo il destino che desideri per tua sorella? Sai anche tu che è l’unica possibile soluzione”.

Il mio corpo fu percorso da fortissimi singhiozzi e in men che non si dica mi ritrovai tra le braccia di Carlisle. Era davvero un padre per me.

“Io non voglio che muoia, non voglio che soffra! Perché? Perché? Perchè? Cosa ha fatto di male!!!?!?”.

Quando mi calmai, presi un respiro e decisi, dopo averci pensato a lungo, quello che dovevo fare.

“Va bene, però prima vorrei tentare l’intervento. Ti prego Carlisle. Proviamoci almeno, se poi non ci dovessero essere davvero più speranze la trasformerai.”

“E così sia, se questa è la tua decisione, io non posso fare altro che rispettarla.”

 

 

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE

Buonasera!! Posto sempre in notturna, eheh!!! Mi piace scrivere di notte, sono più ispirata e ... mi rilassa! Allora, cosa ne pensate di questo capitolo?? Abbiamo un POV Edward...

E iniziamo ad entrare un po' più nel vivo della storia...come molte avevano già intuito Edward ed Alice sono fratelli...I miei complimenti alle tre ragazze che avevano indovinato la citazione dello scorso capitolo,Congy, Chiara Bella e Beverlina...piaciuto lo spoiler?!?!L'avete ritrovato?!?! Aspetto i vostri commenti al capitolo...intanto vi lascio il link di una breve storia che sto scrivendo nella categoria attori, una storia nata di notte, dopo aver visto un'immagine …

http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=511669

Leggete se vi va!

Ringrazio tutte le persone che recensiscono, quelle che mi hanno aggiunta tra le storie seguite, le preferite e le storie da ricordare!

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 6 - CUM PATIOR (ESSERE CON L’ALTRO NEL SENTIRE) ***


 

CAPITOLO 6 – CUM PATIOR (ESSERE CON L’ALTRO NEL SENTIRE)

“La forza nascosta della sua etimologia bagna la parola di una luce diversa e le dà un senso più ampio: aver compassione (co-sentimento) significa vivere insieme a qualcuno la sua disgrazia, ma anche provare insieme a lui qualsiasi altro sentimento: gioia angoscia, felicità, dolore.
Questa compassione designa quindi la capacità massima di immaginazione affettiva, l'arte della telepatia delle emozioni.
Nella gerarchia dei sentimenti è il sentimento supremo."

("L’insostenibile leggerezza dell’essere", Milan Kundera)

 

POV EDWARD

Quella mattina mi recai molto presto in ospedale, nonostante fossi uscito di lì da poco. Di solito entravo con Carlisle alle 9, ma da quando la piccola Alice era rimasta sola nella stanza mi intrufolavo di notte e le rimanevo accanto. Cercavo di godere il più possibile della sua presenza, come per recuperare il tempo perduto. Quella notte però avevano ricoverato un’altra ragazza, non potevo rischiare che si accorgesse della mia presenza, così tornai a casa.

Passai accanto alla sua stanza. Si era svegliata ed era appena uscita da bagno, sentivo le sue imprecazioni mentali contro l’asta della flebo. Povera piccola! Cercai di capire qualcosa di più sulla ragazza nuova, ma nulla. Forse dormiva ancora.

“Ciao, io sono Alice”.

“Io sono Isabella, Bella per gli amici”.

Allora era sveglia! Come era possibile?!?! Non sentivo nessun altro pensiero provenire da quella stanza, esclusi quelli di Alice.

“Finalmente non sono più sola!! Meno male che ha la mia età, almeno il tempo sembrerà passare più in fretta in compagnia!! Sembra davvero una brava ragazza, ha uno sguardo molto dolce ed espressivo.”

Mi ritrovai a sorridere dei pensieri di mia sorella. La mente di Alice era sempre così limpida. Non aveva le stupide imposizioni mentali delle ragazze della sua età. Conservava ancora una sorta di spontaneità infantile che la rendeva adorabile. E proprio come i bambini riusciva a cogliere la sostanza delle cose e delle persone, andando oltre le apparenze. Raramente sbagliava. Sembrava avesse un fiuto particolare nel riconoscere le qualità delle persone. Se questa ragazza l’aveva colpita così tanto doveva essere davvero interessante. Era da un po’ che non sentivo Alice chiacchierare così tanto. Le raccontò tutta la sua, o meglio la nostra storia. Quanto avrei voluto entrare e dire ad Alice, nel momento in cui confessava a quella ragazza che sentiva un legame particolare nei miei confronti e che le ricordavo suo fratello, “Eccomi!!Sono qui!Sono io, Edward!”. Ma non potevo. E non dovevo. Sarei stato per sempre il suo angelo custode. Avrei vegliato su di lei per sempre, a qualunque costo.

Poi quella ragazza iniziò a raccontare la sua storia. La sua voce aveva un tono triste e malinconico. Troppo triste e malinconico per una ragazza di vent’anni. Non era giusto che soffrisse così. C’era tanta amarezza e rassegnazione nella sua voce. Sembrava davvero disperata.

"Sabato sera il dolore diventava sempre più forte, ebbi più di un capogiro, la vista mi si annebbiava per il dolore e più di una volta rischiai di cadere per terra mentre mi dirigevo in bagno. Avevo paura, è stato terribile. In quei momenti pensavo << Sono sola, se cado e batto la testa non se ne accorgerà nessuno. Mi ritroverà Angela, probabilmente morta, lunedì>>, così decisi di chiamare l’ambulanza ed eccomi qui”.

Tutta quella disperazione non era dovuta solo alla malattia. C’era dell’altro. Si sentiva sola, e questa era la vera pena. L’esperienza in ospedale mi aveva insegnato che l’unica cura per tutte le malattie, sia del corpo che e soprattutto dello spirito, è l’amore e la compagnia. Molte volte avere qualcuno accanto che ti tenga per mano e in una muta confessione, come può essere una carezza o un bacio, ti faccia capire che lui o lei c’è, comunque vada, qualunque cosa accada, vale molto di più di tutte le medicine del mondo messe insieme.

Bella piangeva. Pulsava forte dentro di me l’istinto di entrare nella stanza e stringere forte al petto quella ragazza sconosciuta, la cui mente mi era preclusa. Consolarla e stringerla così forte da cancellare il suo dolore. Sussurrarle all’orecchio : “Non piangere, ora non sei più sola”.

Ci pensò Alice. Ma non so perché, sentivo una strana attrazione verso quella ragazza. Bella. Così aveva detto di chiamarsi. Non era pena per la sua storia triste, né la pietà che si riserva ai malati. Era un senso di protezione misto a tenerezza. Compassione. Ecco il sentimento che provavo. Soffrivo con lei e per lei.

Aveva una voce molto melodiosa, dal tono espressivo ma contenuto. Aveva esposto il suo racconto con estrema freddezza, eppure sentivo che dentro di sé covava un forte senso di rabbia. Rabbia nei confronti delle ingiustizie della vita. La stessa rabbia che provavo io da 13 anni a questa parte. Ma io ero un essere dannato. Lei aveva tutta la vita davanti. Tutta la sua vita umana e, come mia sorella Alice, meritava il meglio dalla vita.

Fortunatamente riuscii a captare in tempo la presenza della signorina Cope, l’infermiera cinquantenne che aveva tentato spudoratamente varie volte di portarmi a letto, e andai via. I suoi pensieri lascivi arrivavano prima dei suoi piedi piatti. Per fortuna. Non osavo immaginare cosa avrebbe potuto raccontare in giro per il reparto se mi avesse trovato a pochi passi dalla porta della stanza di due ragazze.

Entrai nello studio di Carlisle. Non si fece attendere molto.

“Buongiorno Edward. Come mai già qui?”

“Ehm…volevo controllare che fosse tutto a posto”.

“Edward, ma perché ti ostini a soffrire tanto? Perché cerchi di autopunirti per colpe che non hai? Sarebbe tutto più semplice se decidessi di…”

“NO! Carlisle, ne abbiamo già parlato.”

“Va bene, va bene. Ora andiamo. E’ orario di visita. Così conosceremo anche la nuova arrivata, povera ragazza. E’ passata dalle grinfie della dottoressa Stanley ieri notte. Speriamo che non l’abbia spaventata troppo con le sue diagnosi affrettate.”

“Ehm, credo che come al solito abbia fatto danni quella pettegolona!”

“Ci penseremo noi a tranquillizzarla. Ho dato uno sguardo all’ecografia, credo si possa risolvere tutto con un intervento. Comunque visitandola capiremo meglio.”

“Ok, andiamo.”

Quando entrai in quella stanza ed incrociai quegli occhi color cioccolato così belli e profondi sentii una strana sensazione invadermi completamente. Un senso di profondo benessere che mai avevo provato in tutto la mia esistenza mi pervase dalla testa ai piedi. Se avessi avuto ancora un cuore vivo nel petto probabilmente avrebbe iniziato a battere all’impazzata, all’unisono con quello di Bella.

 

ANGOLO DELL’AUTRICE

Buon sabato pomeriggio! Se siete giunte fin qui vuol dire che avete letto quest’altro capitolo e vi ringrazio. Grazie davvero a tutte le persone che leggono, che seguono e che hanno aggiunto la storia tra le preferite. Volevo puntualizzare una cosa, anche se non sembra, la storia è a lieto fine! Tutto si risolve! Un grazie particolare a congy e beverlina che recensiscono puntualmente tutti i capitoli … siete fantastiche!!! Ribadisco che scrivo per il puro piacere di farlo, però leggere le vostre parole mi dà la forza di migliorare sempre, grazie di cuore.

Vi lascio il link di una one shot con la quale ho partecipato ad un contest letterario, leggetela se vi va.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=514147&i=1

E il link di una storia pubblicata nella categoria attori.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=511669&i=1

 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 - THRILL (BRIVIDO) ***


 

CAPITOLO 7 - THRILL (BRIVIDO)

"Il battito di un cuore dentro al petto/ la passione che fa crescere un progetto/ l'appetito la sete l'evoluzione in atto / l'energia che si scatena in un contatto." (Fango, Jovanotti).

 

POV EDWARD

Tum tum tum. Tum tum tum. Tum tum tum.

Il cuore di Bella batteva all’impazzata. Sembrava una locomotiva a vapore in dirittura d’arrivo. Non riuscii a trattenere un sorriso di compiacimento. Soprattutto quando vidi un delizioso rossore spargersi a macchia d’olio sulle sue guance. Trattenni a mala pena l’istinto di accarezzarle le gote. Chissà che sensazione avrei provato quando quel calore avrebbe irrorato anche le mie gelide terminazioni. Bramavo quel contatto, lo volevo a tutti i costi. Il mio corpo reagì contemporaneamente ai miei pensieri e gli ormoni che erano rimasti congelati nelle mie vene iniziarono a correre all’impazzata, svegliando il “ragazzo” dei "paesi bassi".

Carlisle, a cui non era sfuggita la mia reazione, sorrise felice. “Anche Edward Junior è presente all’appello stamattina!! Scherzi a parte … Non sai quanto mi fa piacere Edward, finalmente! Coraggio, saluta almeno!!! Non fare il maleducato!”

Si prendeva gioco di me. Mio padre. Carlisle Cullen. Stimato primario di chirurgia toracica ed addominale in uno degli ospedali migliori degli Stati Uniti, luminare della medicina ed eccellente professore universitario, si prendeva gioco delle mie “reazioni ormonali” da adolescente un po’ “maturato”.

“Buongiorno ragazze”.

Nessuno dei due accennava ad abbassare lo sguardo. I nostri occhi erano incatenati. Oro e cioccolato. Quando salutai però, Bella spostò lo sguardo soffermandosi sulle mie labbra. Arrossì ancora di più se possibile. Temevo avesse seriamente bisogno delle mie mani gelide per spegnere quel fuoco che le invadeva le guance … e che mi eccitava tremendamente. Non mi era mai successa una cosa del genere. Eccitarmi per delle guance arrossite, per un cuore che batteva all’impazzata, per uno sguardo maledettamente profondo. Causavo questi effetti su tutte le donne che mi incontravano, ma Bella era diversa. Lei era realmente timida. Ma allo stesso tempo coraggiosa. Nessuno osava sostenere il mio sguardo tanto a lungo. Lei lo aveva fatto.

La mia muta mentale.

Mia?! Cosa mi stava succedendo? Dopo la visita mi sarei fatto dare anch’io una controllatina da Carlisle.

“Buon … giorno”, rispose balbettando e abbassando lo sguardo sulle sue mani.

Non ascoltai affatto lo scambio di battute tra Alice e Carlisle, ero troppo impegnato a cercare di capire perché da quella deliziosa testolina, che sicuramente ospitava una mente acuta, non provenisse alcun pensiero. Niente. In tutta la mia esistenza da vampiro non avevo mai desiderato come allora di poter conoscere i pensieri di una persona. Mai. Anzi, a volte il mio potere mi dava una gran noia, c’erano pensieri che avrei preferito di gran lunga non conoscere, e che invece avevo avuto il dispiacere di ascoltare. Le menti dei miei familiari erano quelle che cercavo di “spegnere” il più possibile, un po’ per rispetto loro, un po’ per preservare la mia salute mentale. La mente di Emmet a volte si trasformava in un film a luci rosse, meglio di "9 settimane e mezzo"!

“Ehm, sì. Io e Bella siamo diventate già grandi amiche.”

Bella. Non c’era nome più adatto per lei. Era una vera delizia per gli occhi. Non era il genere di ragazza che si faceva notare. Ma ritenevo impossibile che passasse inosservata.

Non era magrissima, ma ben proporzionata. Anzi, se avesse avuto qualche chilo in meno non sarebbe stata così attraente. Un viso a forma di cuore, dai tratti dolcissimi, incorniciato da una cascata di boccoli castani. Il nasino all’insù e le labbra rosse e piene. Peccaminose ed eccitanti. E i suoi occhi. Erano qualcosa di indescrivibile. Erano dello stesso colore del cioccolato fondente, profondi e tremendamente espressivi.

I nostri sguardi si incrociarono ancora. E fui percorso da un altro brivido lungo tutta la schiena.

“Cullen Junior sembra molto interessato a Bella … si guardano negli occhi come se volessero leggersi dentro!!! Ovviamente ha sortito su Bella lo stesso effetto che fa a tutte, infermiere cinquantenni comprese! Però … c’è qualcosa di diverso in lui … la guarda come se fosse una dea … sembra che la stia studiando ….”

La perspicacia di Alice era qualcosa di unico. Unito all’intuito tipicamente femminile diventava un’arma molto pericolosa!

“Ciao Bella. Io sono il Dott. Carlisle Cullen e lui è mio figlio Edward, specializzando in chirurgia. Sei stata ricoverata ieri a causa di forti dolori addominali, giusto? Come ti senti oggi?”

“Un po’ meglio, stordita direi, il dolore è meno forte rispetto a ieri.”, rispose sorridendo. Ero davvero felice che stesse un po’ meglio.

“Devono aver esagerato un po’ con la morfina! Stai tranquilla, è un effetto passeggero. Ora ti visito e vediamo un po’ com’è l’addome. Edward intanto potresti misurare la pressione ed il polso alla nostra signorina?”. “Voglio proprio vedere come reagisci ora! Non hai mai preso il polso a nessun paziente, Alice esclusa … vediamo un po’ cosa mi combini!”

“Certo papà, con piacere!”, risposi sorridendo a Bella, che mi sorrise di rimando.

Poi mi voltai verso Carlisle, che sghignazzava mentre si apprestava a scostare le lenzuola dalle gambe di Bella, e gli feci un cenno che significava “Tu vuoi sfidare me?!?! Preparati a perdere!”. Mi sorrise ancora.

Non conoscevo questo lato spiritoso di Carlisle. O forse, impegnato come ero a piangermi addosso e a chiudermi in me stesso per gli errori commessi in passato, non mi ero mai reso conto di quanto fossero speciali le persone che mi circondavano.

Dopo aver visitato Bella, le chiese cosa le avesse detto quell’oca della Stanley.

“La dottoressa mi ha un po’ spaventata in effetti, soprattutto quando ha azzardato la diagnosi di un carcinoma ovarico …”

COOOSAA?!?!

La interruppi, forse con troppo impeto, ma non era possibile fare una diagnosi del genere solo con una semplice ecografia. E poi, un carcinoma ovarico … no, Bella era così giovane … non doveva, anche lei …. No …

“Come?! Come fa a stabilire di cosa si tratti con una semplice ecografia?! Ma è impazzita!!?? Stai tranquilla Bella, lascia perdere tutto quello che ti ha detto quella sottospecie di …”

“Edward, calmati! Ora ci pensiamo noi a Bella”, intervenne fortunatamente Carlisle, mentre cercava di rassicurare Bella sorridendo e accarezzandole i capelli. Quel gesto così “intimo”, sebbene non nascondesse nessun altro interesse, e fosse anzi dettato dal profondo istinto paterno di Carlisle, mi provocò una fitta di gelosia. Sì, ero geloso ed invidiavo tremendamente Carlisle in quel momento. Avrei voluto rassicurarla io, beandomi della consistenza di quei capelli che dovevano essere sicuramente setosi al tatto.

“Figliolo, calma .. sai anche tu perché la Newton si trova ancora qui, quella non è un medico … solo una donna invidiosa e gretta! Però non puoi reagire così, rischi di spaventare Bella … anche se mi è sembrato quasi di scorgere una certa soddisfazione nel suo sguardo .. credo proprio che tu abbia fatto colpo, e a quanto pare la cosa è reciproca!!”

“Edward Cullen che urla in questo modo e si preoccupa di una paziente?! Credo proprio che Bella abbia fatto colpo … sono davvero felice, è una bravissima ragazza… e anche lui, dietro quella facciata .. sono sicura che si nasconda un cuore d’oro…”

Prima Carlisle, poi anche Alice. Avevano ragione, Bella mi aveva colpito davvero. Ma io ero un essere dannato, il mio cuore era morto, per sempre. Eppure, quando avevo incontrato quello sguardo, quando avevo visto quelle guance rosse per l’imbarazzo, quando il suo profumo attraverso le narici mi aveva inebriato i sensi, mi era sembrato di avere ancora un cuore.

Per la prima volta nella mia non vita mi ero sentito vivo.

“Edward, dovresti controllarle i parametri … o preferisci che lo faccia io?”

Feci segno di diniego con la testa ed estrassi dalla tasca del camice il manicotto dello sfigmomanometro. Feci scivolare dal collo lo stetoscopio e mi avvicinai a Bella. Mi pose quasi istintivamente il braccio. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Respirava affannosamente e il suo cuore iniziò a battere all’impazzata non appena mi avvicinai a lei. Il suo sguardo era fisso sulla mia mano che era intenta a pompare aria nel manicotto.

“ 70 su 110. La pressione è buona. Ora controlliamo il polso.”, le dissi dolcemente. In risposta mi dedicò il più bello e dolce dei sorrisi che avessi mai visto.

Posai l’indice e il medio della mia mano sul suo polso, in cerca dell’ arteria radiale. Le sensazioni che provai in quel momento, provocate da quel contatto erano indescrivibili.

La sua pelle era morbida, calda, liscia.

Gioia, desiderio, passione. Mi sembrò di provare brividi di freddo, cosa assolutamente impossibile. Avrei voluto prolungare quel contatto, ma non potevo. Non era una sprovveduta, anzi era molto intelligente. Così, trascorso il minuto più bello ed intenso di tutta la mia vita, mi allontanai da lei e con la stessa mano con cui le avevo preso il polso impugnai una penna per scrivere i valori sulla sua cartella.

Mi sembrava che le dita scottassero, mi sembrava di sentire ancora quel calore propagarsi per tutto il mio corpo, quel sangue scorrere impetuoso nelle sue vene, il suo profumo di donna invadere le mie narici prepotentemente, l’eccitazione crescere dentro di me.

"103 … sei un po’ agitata Bella …”, le dissi malizioso, facendola arrossire di nuovo. Era dannatamente bella ed irresistibile.

I nostri corpi reagivano allo stesso modo. E ci eravamo semplicemente sfiorati.

 

 

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE

Buonasera cari lettori e care lettrici!!! Grazie come sempre a tutti coloro che leggono, seguono e commentano questa storia. Grazie anche ai preferiti e a coloro che l’hanno inserita tra le storie da ricordare.

Abbiamo l’ultimo (per ora!) pov Edward … dal prossimo capitolo si andrà avanti con la trama … non vi anticipo nulla se non un “ne vedremo di belle!!”.

Vi volevo segnalare una one shot che avevo scritto per un contest letterario, leggetela se vi va e magari fatemi sapere cosa ne pensate!

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=514147&i=1

 

E una storia conclusa pubblicata nella categoria attori.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=511669&i=1

 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 8 - CLUMSINESS AND GAFFES (GOFFAGINE E GAFFES) ***


 

CAPITOLO 8 - CLUMSINESS AND GAFFES (GOFFAGINE E GAFFES)

 

"Tutto il potere del mondo è contenuto negli occhi."

(dal film "Il corvo" , 1994)

 

Ero ancora sconvolta. Non avevo mai provato prima tutte quelle sensazioni, così intense e così … piacevoli. Mi era sembrato di vedere che anche Edward non fosse rimasto del tutto indifferente a quel contatto. Anzi. I suoi occhi ardevano.

Il mio polso scottava ancora per il contatto con le sue dita freddissime, proprio come quelle del padre. Forse era un difetto genetico. Magari avevano problemi di circolazione. Ma cosa andavo a pensare in quel momento?!?! Stavo divagando, e tutto pur di non ammettere ad Alice che ero rimasta letteralmente sconvolta da quella che doveva essere una normalissima visita medica di routine. E meno male che si era limitato a prendermi i parametri vitali. Non osavo immaginare cosa sarebbe potuto succedere al mio corpo se al posto delle mani di Carlisle ci fossero state le sue a tastare la mia pancia. Oddio. Al solo pensiero sentivo delle piacevoli fitte percorrermi il basso ventre.

“Bella fidati, sto qui da 18 giorni. Edward non si è mai lasciato andare così tanto con una paziente. Credo proprio che tu gli piaccia … probabilmente quanto lui piace a te!!! Ti dovevi vedere!!! Eri tutta rossa!!”.

Mio Dio .. ma allora le mie reazioni erano così evidenti?!?! Accidenti!!!

“Ehm, Alice … credo che nessuna donna, a meno che non sia asessuata, possa rimanere immune al fascino del DOTTOR CULLEN, anzi dei dottori Cullen!”

“Bella, non cercare di cambiare il discorso!! Ammettilo!! Ti piace, e anche tanto!!”

“Non è vero Alice, cioè si … è …. Bellissim”, le parole mi morirono in gola quando il diretto interessato della nostra animata “discussione” entrò di nuovo nella stanza. Ma perché queste magre figure toccavano sempre a me??!!! Destino crudele!

“Disturbo ragazze?”, disse con un sorrisetto alquanto malizioso.

Alice me l’avrebbe pagata cara!

“Ehm, no … assolutamente … perché dovrebbe?”, da quando ero diventata così spigliata nel dare risposte al ragazzo più bello, affascinante e terribilmente sexy che avessi mai conosciuto?

“Bella, non sono così vecchio! Ho solo qualche anno in più di te! Dammi del tu! Comunque sono venuto a prenderti. Dobbiamo andare a fare un giretto al quarto piano. Ginecologia. Dovresti sottoporti ad una visita ginecologica prima di stabilire come intervenire.”

Dammi del TU. Sono venuto a prenderti. Dobbiamo andare a fare un giretto.

Sarei arrivata in capo al mondo se me l’avesse chiesto guardandomi in quel modo. Il suo sguardo sembrava penetrarmi l’anima, come se volesse leggermi dentro. Ero in soggezione, e come al solito, arrossii. Sicuramente se ne era accorto, proprio come quando mi aveva preso il polso ed aveva notato una “leggera” tachicardia.

“Ok, andiamo.”.

Con la coda dell’occhio vidi Alice sorridermi e farmi l’occhiolino. Mi sussurrò un “in bocca al lupo” mentre scostavo le coperte del letto e mi accingevo a scendere. Avevo ancora le gambe penzoloni quando vidi Edward avvicinarsi per staccare la flebo dall’asta e porgermi la mano per scendere dal letto. Con una sicurezza che non sapevo di possedere strinsi forte la sua mano e scesi dal letto. Ovviamente non avevo fatto i conti con l’altezza del letto e la mia goffaggine innata. Il mio piede era rimasto intrappolato tra le lenzuola e sbilanciandomi in avanti vidi il mio naso molto vicino al pavimento. Non so come, né quando, mi ritrovai tra le braccia di Edward. Il viso sul suo petto, a contatto con il tessuto morbido e profumato del camice, la mano sul suo fianco. Lui mi stringeva forte in vita. Poi con una mano cercò il mio viso e lo portò all’altezza del suo.

“Tutto bene? Ti sei fatta male?”, tratteneva a malapena le risate.

Bella Swan. Nata sotto il segno della goffagine. Regina delle gaffes.

“Sì, tutto ok. Grazie, ehm, Edward … se non fosse stato per te, a quest’ora …” scoppiai a ridere. Non so perché. Mi venne naturale. Era una risata sincera e spensierata. Edward ed Alice mi seguirono a ruota. Non ridevo così da tanto tempo. Fu una bella sensazione, catartica. Come vedere i raggi del sole dopo interminabili mesi di lungo inverno, a Forks. Mi sentivo bene. Strano da dire nella circostanza in cui mi trovavo, ma nonostante le mie condizioni di salute, ero in pace con me stessa. Sentivo una piacevole sensazione di leggerezza e benessere.

Nel giro di due giorni avevo pianto e riso, trovato un’amica ed ora mi trovavo tra le braccia del ragazzo più bello che avessi mai visto. Inspirai forte il suo profumo. Sapeva di mare e sole. Con il respiro ancora affaticato dalle risate riuscii a dirgli,

“Grazie, davvero!”.

“Figurati! E’ stato un piacere!”, mi sorrise. Un sorriso che avrebbe dovuto essere dichiarato illegale.

“Ora andiamo, Bella. Ti stanno aspettando. Ciao Alice, a dopo!”.

Quando pronunciò il mio nome, guardandomi dritta negli occhi, provai una forte ondata di piacere. Continuando a cingermi la vita, con una mano posata delicatamente su un mio fianco, mentre con l’altra sorreggeva la flebo, mi fece sedere sulla sedia a rotelle. Mi coprì le spalle con la vestaglia che avevo malamente sistemato sulla sedia accanto al letto. Arrossii quando mi accarezzò i capelli.

“Nei corridoi fa freddo, non vorrei che ti ammalassi.”, mi sussurrò all’orecchio per giustificare il suo gesto, sorridendomi dolcemente. Mi voltai e ritrovai il suo viso a pochi centimetri dal mio. Gli occhi incatenati, i respiri che si confondevano, le guance che si sfioravano.

Stavo andando letteralmente a fuoco.

Io ero senza parole. E non solo per l’improvvisa vicinanza del viso di Edward al mio. Nessuno era mai stato così premuroso e gentile nei miei riguardi. Biascicai un timido “Grazie” e salutai Alice.

Percorse il corridoio fino all’ascensore. Entrammo e premette il dito sul pulsante che indicava il quarto piano. Stava calando un silenzio troppo imbarazzante. Temevo riuscisse a sentire il battito forsennato del mio cuore, dovuto alla sua vicinanza.

“Allora Bella, vivi qui a Seattle?”, per fortuna ruppe quel fastidioso silenzio che gravava su di noi.

“No, vivo a Forks. Sono qui a Seattle per motivi di studio.”

“Frequenti il college?” Cosa studi?”

“Frequento il corso di biologia. Mi piacerebbe diventare una ricercatrice. Veramente il mio sogno sarebbe stato studiare medicina, ma … ecco … come dire, non ho un buon rapporto con il sangue … la sola vista mi causa qualche problemino!”

“Oh, capisco!”, sorrise. “Ti impressioni alla vista del sangue”, sembrava parlasse tra se e sé. Continuava a sorridere fissandomi. Poi, quando si riscosse dal suo stato di trance, continuò a parlarmi.

“Il tuo corso di laurea deve essere molto interessante. Io amavo la biologia a scuola, ma poi, decisi di studiare medicina. Un po’ per vocazione, un po’ per tradizione!”, sorrise.

“Hai detto che sei di Forks? I tuoi vivono lì? Li hai avvisati del tuo ricovero?”

“Sì, dovrebbero arrivare domani.”

“Bene”.

In quel momento la porta dell’ascensore si aprì rivelandoci una parete tappezzata da tutti i personaggi della Disney. Lessi il tabellone sovrastante : “Ostetricia e Ginecologia”. Evidentemente era presente anche una nursery. Infatti all’odore acre di limone e bergamotto, tipico del disinfettante, si mescolava un odore delicato di talco. Era una miscela di fragranze molto molto gradevole, nonostante la diversità.

Entrammo in un piccolo ambulatorio. C’era un lettino ostetrico, immaginai già l’impresa che avrei dovuto compiere per evitare di farmi male salendoci su, un monitor a cui era collegata la sonda dell’ecografo ed uno sgabello.

“Buongiorno Edward. Ciao cara, sono la dottoressa Pennington.”.

Una donna sulla cinquantina fece il suo ingresso. Era bassina e rotondetta, indossava una divisa blu ed il camice bianco. Sorrideva in modo molto dolce e materno. Mi sentii al sicuro. Era tutto così diverso rispetto alla prima ecografia che mi avevano fatto in pronto soccorso.

In primis era diversa la dottoressa, e poi non ero sola. C’era Edward con me.

Dopo aver ascoltato il mio raccontò ed aver esaminato la cartella clinica la dottoressa mi disse di stendermi sul lettino. Edward, che non si era spostato di un centimetro dal mio fianco, mi aiutò a salire su e a sedermi sul lettino. Poi mi stesi e scoprii la pancia.

La dottoressa mi verso un po’ di gel che a contatto con il calore della mia pelle mi provocò un brivido. Questa volta non era stato piacevole come quello dovuto al contatto con la pelle fredda di Edward.

“Allora Bella, vediamo un po’ qui cosa abbiamo.”

Dopo aver terminato l’ecografia ed aver confermato la presenza della neoformazione a carico del mio ovaio, la dottoressa si alzò dallo sgabello e si avvicinò ancora di più a me.

Eliminò le ultime tracce di gel con una salvietta ed avvicinò le mani all’elastico dei miei slip.

Mi voltai verso Edward e notai che i suoi occhi erano spalancati, come se fosse terrorizzato per quello che stava per succedere. In effetti anch’io avevo un po’ di paura. Non riuscivo proprio a capire le intenzioni della ginecologa.

“Bella vorrei fare un controllo più approfondito per vedere fino a che punto si estende questa neoformazione. Non è nulla di grave o doloroso, si chiama ecografia trans vaginale. Non ti spaventare dal nome, dovrei solo infilare una piccola sonda nella tua vagina. Ti assicuro che non sentirai nulla. Hai già avuto rapporti sessuali?”

In quel momento avrei preferito di gran lunga essere sola. La presenza di Edward mi metteva fortemente in imbarazzo.

Sicuramente rossa come un peperone, con il capo chino, sussurrai :

“No, sono ancora vergine”.



 

ANGOLO DELL’AUTRICE

Buonasera a tutte/i (sperando che ci sia anche qualche maschietto a leggere!) e buon inizio di settimana … ovviamente è notte fonda ed io, da buona nottambula, mi ritrovo qui a postare!!!

Allora … spero che il capitolo vi piaccia (fatemi sapere!!xD), siamo ritornati al pov Bella, ma non temete … presto ci saranno altri pov Edward!!! Buona lettura!

Ringrazio tutti coloro che leggeranno questo capitolo e tutti quelli che hanno letto i precedenti.

Grazie a chi ha inserito questa storia tra le seguite, le preferite e quelle da ricordare. Un grazie speciale alle persone che recensiscono, in particolare a congy e beverlina che hanno recensito e continuano a recensire tutti i capitoli della mia storia. Grazie davvero di cuore.

Buona lettura e buonanotte, Elettra.

 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 9 - VIRGIN (VERGINE) ***


ANGOLO DELL’AUTRICE!

Buongiorno e buona domenica carissime e carissimi!

Come molti di voi sapranno (o forse dovrei dire “Tutti”!?!?) oggi è il 20 giugno … e cosa si festeggia, o meglio chi si festeggia il 20 giugno?!?!?

LUI.

MILLE DI QUESTI GIORNI EDWARD!!!

 

Torniamo a noi. Finalmente si scopre cosa ha Bella. Non sono un medico, ma mi sono documentata … la patologia di Bella è realmente molto comune tra le ragazze, rari però sono i casi in cui si richiede un intervento chirurgico per risolvere il problema. Secondo voi Bella rientrerà in questa categoria?! Si accettano supposizioni.

Ringrazio tutti coloro che leggono la mia storia, quelli che l’hanno inserita tra le seguite e le preferite. Un grazie particolare alle ragazze che recensiscono.

UN CONSIGLIO : NON PERDETE IL PROSSIMO CAPITOLO, CI SARA’ UNA SORPRESA!!!! SI ACCETTANO SCOMMESSE!!!

Vi segnalo una one-shot che ho scritto qualche sera fa ... "GELSOMINO NOTTURNO" Fatemi sapere cosa ne pensate!

Ed ora, buona lettura!

 

 

CAPITOLO 9 – VIRGIN (VERGINE)

 

“Come quel dolce pomo rosseggia in cima al ramo, alto, sul ramo più alto, e se ne scordano i coglitori di mele: anzi, non se ne scordano, ma non riescono a raggiungerlo “ (Saffo)

 

POV EDWARD

 

Vergine. Vergine. Vergine.

Bella era ancora vergine.

In quel momento il mio cervello viaggiava a milioni di gigahertz. Nella mia testa i pensieri si sovrapponevano e si contrastavano, come nell’eterna lotta tra istinto e ragione.

Dapprima quell’aggettivo, “vergine“, in quella frase pronunciata da Bella, mi aveva sorpreso, successivamente avevo provato un grande senso di piacere. Era pura. Completamente casta. Cercavo di trovare il motivo per cui a quasi 21 fosse ancora illibata. Certo, non che ci fosse una data di scadenza o fosse troppo grande. Ma nel 2010 era davvero difficile trovare una ragazza così.

Le ragazze, che avevo incontrato io fino a quel momento, cercavano di bruciare tutte le loro tappe più belle e “delicate” il prima possibile, senza riflettere prima di agire.

Una sorta di disperato “carpe diem”, alquanto contorto, si era impossessato degli animi dell’attuale generazione. Come se fossero spaventati dall’idea di non avere più tempo o modo di poter vivere determinate esperienze con la giusta maturità e consapevolezza.

Ma non Bella. No. Lei era diversa. L’avevo capito dal primo momento in cui avevo incrociato il suo sguardo. Anzi, da prima che la vedessi. Avevo capito che era speciale quando avevo origliato la sua conversazione con Alice e mi ero reso conto che mi sarei ritrovato di fronte ad una donna, non ad una sciocca ragazzina.

Era un esserino così speciale, fragile e forte allo stesso tempo. Determinata e timida. Lei era tutto e il contrario di tutto.

Bella era pura e candida, magari stava aspettando qualcuno per compiere quel passo così importante nella vita di una ragazza. Qualcuno molto speciale, almeno quanto lei. E la cosa mi piaceva più del lecito.

Sentivo una fortissima attrazione per la mia piccola e goffa muta mentale.

E poi il modo in cui l’aveva detto … era diventata tutta rossa, aveva abbassato il capo e aveva semplicemente sussurrato quella risposta, imbarazzatissima, quasi se ne vergognasse.

Io invece gongolavo di gioia. Mi sentivo all’ improvviso capace di poter fare qualunque cosa, di poter arrivare dove altri non avevano mai neanche lontanamente immaginato.

Provai ad immaginare come avrei reagito se la sua risposta fosse stata un’altra. Se avesse risposto di sì.

Un moto di irritazione mi scosse le membra alla sola ipotesi. Ero geloso. Terribilmente geloso, eppure lei non era mia. Ero geloso di una perfetta estranea, che conoscevo da appena 3 ore, ma a cui mi sentivo legato indissolubilmente. Ormai ero completamente perso. E non volevo più ritrovarmi.

D’altro canto quell’aggettivo mi aveva inevitabilmente catapultato nel mio inferno personale. Samantha. Il suo sangue. Il suo corpo esanime dilaniato dai miei canini tra le mie braccia, quelle misere goccioline scarlatte, simbolo della sua virtù brutalmente strappata, riverse sulle lenzuola sotto i nostri corpi.

I miei singhiozzi e il mio dolore. La mia pena da espiare nel mio eterno purgatorio.

Sicuramente i miei pensieri si erano resi manifesti tramite varie espressioni facciali. Infatti Bella mi fissava probabilmente chiedendosi cosa mi stesse succedendo, e la dottoressa Pennington iniziava a formulare pensieri pericolosi.

“Forse è il caso che lo visiti. Mi sembra più pallido del solito … sembra in un forte stato di shock, dovrei misurargli la pressione …”

No. Non potevo permetterglielo. Avrebbe scoperto la mia natura e … non osavo neanche immaginare cosa sarebbe potuto accadere. Così cercai di ricompormi e di rassicurarle.

“Bene, quindi dal momento che non può effettuare altri controlli, abbiamo finito?”, chiesi alla Pennington.

“C-c-c—eerto, Edward. Dammi solo un attimo per scrivere il referto e poi potete andare. Riferisci a tuo padre che lo contatterò io in giornata per discutere su come intervenire.”, rispose titubante.

Bella era rimasta nel più assoluto silenzio. Quanto avrei voluto poterle leggere nella mente per sapere cosa stesse pensando. Si guardava le mani mentre si torturava il labbro inferiore con i denti. Un gesto in apparenza banale, ma che scatenò in me un’improvvisa eccitazione. Avrei voluto mordicchiarle io quelle labbra, rosse come il peccato … chissà che sapore delizioso avevano …

Ma cosa andavo a pensare!?!? Bella era troppo pura e dolce per un essere dannato come me. Dovevo rassegnarmi.

“Bella, tutto bene?”.

Non riuscii a trattenermi. Dovevo sapere cosa le stesse accadendo.

“Sss-i. Tutto bene, grazie.”

Era sempre così gentile e composta. Anche se si vedeva lontano un miglio che c’era qualcosa che la turbava, lei rispondeva che era tutto apposto.

“Non ti preoccupare, cara. Quello che hai, possiamo definirla una grossa cisti ovarica di natura ignota, così evitiamo di usare questi paroloni medici che possono spaventare i pazienti, è una patologia molto comune nelle ragazze della tua età. Solo che nel tuo caso è un po’ troppo sviluppata, ma nulla di cui allarmarsi eccessivamente. Con il dottor Cullen sei in ottime mani! Posso farti una domanda? Il tuo ciclo mestruale è sempre stato regolare negli ultimi mesi?”

“Si, non ho mai avuto problemi … sempre ogni 28 giorni”.

Bella continuava a rispondere con il capo chino e la voce flebile. Forse era in imbarazzo nel rispondere a domande così “intime” di fronte a me. In fondo ero comunque un ragazzo, anche se quando aveva parlato con mio padre non era così imbarazzata … forse … ma no! Non poteva essere …

… Eppure non riuscivo a trovare una spiegazione più plausibile.

Era imbarazzata perché sortivo su di lei un certo effetto, era attratta da me. Non come io lo ero da lei, ma di sicuro non le ero indifferente. E la cosa mi faceva molto, molto piacere.

Salutammo la dottoressa Pennington e ritornammo nella stanza. Durante il tragitto Bella non disse una parola, ed io preferii rispettare il suo silenzio. La accompagnai in camera e come era già successo prima, la aiutai a sistemarsi sul letto.

“Alice ora è il tuo turno. Devo accompagnarti in gastroenterologia, dovremmo effettuare ulteriori esami. Sei pronta?”

“Si si, eccomi!”, scese dal letto e quasi saltellando si avvicinò alla sedia a rotelle. Si sedette e prima di uscire salutò Bella.

“A dopo!!”

“Ciao Alice!”, rispose Bella continuando a mantenere un basso profilo. Avevo sensazione che ci fosse qualcosa che non andava. Cercai comunque di apparire sereno.

“Ciao Bella, a domani!”

“Arrivederci dottore!”.

“Bella, quante volte devo ripeterti che non mi piacciono queste formalità!”.

In realtà volevo a tutti i costi sentire il mio nome pronunciato da lei, volevo sentire quelle lettere prendere forma dalle sue labbra. Come se il solo chiamarmi con il mio vero nome servisse ad instaurare un rapporto più intimo, più nostro.

“Ciao Edward!”, colpito ed affondato.

Aveva sollevato lo sguardo e mi aveva guardato dritto negli occhi. Non mi ero mai sentito così vivo, neanche da umano probabilmente. Avevo ragione.

Il solo sentire il suono del mio nome vibrare tra quelle labbra perfette mi aveva gonfiato il cuore di gioia, era uno dei suoni più belli per me. Il più bello in assoluto era quello forsennato del suo cuore che sembrava voler uscire dal petto ogni volta che mi avvicinavo a lei.

 

Accompagnai Alice in gastroenterologia e ritornai in reparto. Dovevo sistemare alcune cartelle.

Appena varcai la soglia di chirurgia la strana sensazione che qualcosa non andasse divenne fonte di ansia. Volevo andare da Bella per assicurarmi che le mie fossero solo delle paranoie.

Man mano che percorrevo il corridoio, i numeri delle stanze che crescevano in progressivo mi incutevano una strana sorta di ansia, come se una volta varcata quella porta mi sarei ritrovato di fronte a qualcosa di inaspettato.

Ero accanto alla stanza numero 4 quando il mio udito sopraffino percepì dei lamenti accompagnati da forti singhiozzi. Riconobbi la Sua voce.

Volai nella stanza. I singhiozzi erano sempre più acuti ed intensi. Bella non era nel suo letto. Aprii la porta del bagno da cui provenivano quei suoni carichi di sofferenza e mi ritrovai di fronte a quello che mai avrei voluto vedere.

Bella era accasciata sul pavimento, la schiena contro il muro, le ginocchia strette al petto ed il capo nascosto, poggiato sulle gambe.

Soffriva tremendamente. Sapevo, senza leggerle nella mente, cosa stava pensando in quel momento.

Si era sentita di nuovo male ed era di nuovo sola.

Ma sbagliava. Non era così. Non sarebbe più stato così. C’ero io ora.

 

Grazie e alla prossima! Elettra.

 

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 10 - TEARS, PAIN AND … KISSES! (LACRIME, DOLORE E … BACI!) ***


Buonasera care lettrici e cari lettori.

Il capitolo di questa storia è dedicato ad una persona molto speciale …

Una persona che ha rivoluzionato il mondo della musica e che esattamente un anno fa ci ha lasciati, creando un immenso vuoto sia tra i suoi fans che tra coloro che non amavano molto il suo genere.

Dal momento che la sua musica ha accompagnato e continua ad accompagnare la mia vita, ho ritenuto doveroso postare proprio in questa serata.

… Grazie Michael …

Vi consiglio di ascoltare questa canzone durante la lettura. Il capitolo è stato ispirato proprio da queste meravigliose parole …

http://www.youtube.com/watch?v=C73NjVQoRww

 

 

... Long live the king ...

 

 

CAPITOLO 10 - TEARS, PAIN AND … KISSES! (LACRIME, DOLORE E … BACI!)

 

I thought I heard you cry
Asking me to come
And hold you in my arms
I can hear your prayers
Your burdens I will bear
But first I need your hand
Then forever can begin.

Pensavo di averti sentito piangere
mentre mi chiedevi di venire
E stringerti tra le mie braccia
Posso sentire le tue preghiere
Il fardello che sosterrò
Ma prima ho bisogno della tua mano
Poi per sempre può iniziare

"You are not alone", Michael Jackson.

 

Quella visita stava prendendo davvero una brutta piega. Ero tremendamente in imbarazzo, rispondere a quelle domande così intime di fronte ad Edward mi aveva terribilmente intimidita.

Mi sentivo giudicata.

Come se essere ancora vergine alla mia età fosse una colpa.

Chissà cosa pensava di me in quel momento.

“Povera sfigata …”

Sapevo che ora mi avrebbe guardata con occhi diversi. Magari avrebbe cercato di scansarmi come facevano tutti quando scoprivano che non avevo mai avuto un ragazzo alla veneranda età di 21 anni … eppure negli occhi di Edward non vidi nulla di tutto quello che mi aspettavo di trovare.

Non c’era pena, non c’era derisione né freddezza.

Sembrava sollevato e felice.

Forse dovevo fare un giretto anche in oculistica … eppure i suoi occhi non riuscivano a tradire le sue emozioni. Avevo sentito fin da subito che doveva essere un ragazzo sincero, trasparente. Ne avevo avuto la prova durante il nostro primo incontro, quando aveva istintivamente quasi imprecato contro la dottoressa Stanley per la sua diagnosi affrettata.

Mi faceva maledettamente piacere scorgere quel lampo di gioia nel suo sguardo a quella scoperta, quello che non riuscivo a spiegarmi era il motivo. Perché avrebbe dovuto essere felice e sollevato di una tale notizia? In fondo a lui cosa importava?

Non ci capivo nulla … avevo un forte mal di testa e iniziavo a sentire dei fastidiosi dolorini al basso ventre. Sperai con tutta me stessa che fossero passeggeri. L’effetto della morfina stava svanendo, proprio come aveva previsto il dottor Cullen.

Dopo avermi tranquillizzata riguardo alla mia situazione la dottoressa mi chiese se il mio ciclo fosse regolare. Altra domanda imbarazzante per la presenza di Edward. Risposi ancora una volta sussurrando le parole. Ma non era solo imbarazzo. Stavo iniziando a sentirmi male. Inoltre avevo la vescica piena per via dei liquidi che mi avevano iniettato con le flebo. Volevo tornare in camera.

La mia preghiera fu esaudita ed in men che non si dica ci ritrovammo di nuovo in ascensore per risalire in reparto. Nessuno dei due parlò durante il tragitto. Io non ero proprio in grado di tenere una conversazione in quel momento e fui grata ad Edward per aver intuito probabilmente il mio stato ed aver rispettato la mia tacita richiesta di silenzio.

Una volta in camera, mi aiutò a rimettermi a letto. Era davvero molto premuroso e delicato.

Ad ogni suo tocco il mio corpo reagiva troppo palesemente. Sentivo il cuore battere all’impazzata e brividi continui pervadermi dalla radice dei capelli alle dita dei piedi.

Dopo avermi sistemata disse ad Alice che doveva accompagnarla a fare alcuni controlli. Ero quasi sollevata dal fatto che sarei rimasta da sola per un pò.

Alice avrebbe sicuramente continuato con il suo interrogatorio e le sue false supposizioni sull’interessamento di Edward nei miei confronti, ed io in quel preciso momento non avevo alcuna voglia di assecondare le sue paranoie. Non mi sentivo affatto bene.

E poi … perché mai un ragazzo così … perfetto … avrebbe dovuto avere un qualche interesse per una ragazza goffa e per nulla carina come me? Non riuscivo proprio a spiegarmelo. Certo che il comportamento di Edward era alquanto strano … nessuno si era mai comportato così con me.

Ne ero lusingata e contenta allo stesso tempo.

Una volta che Edward ed Alice furono usciti dalla camera scesi dal letto per andare in bagno. Avevo la vescica pienissima.

Durante la minzione una fitta fortissima si impossessò del mio basso ventre. Fu come ricevere una coltellata. Mi tolse il respiro. Divaricai le gambe cercando una posizione più comoda e fortunatamente dopo un po’ il dolore passò. Avevo già avuto dolori simili nei giorni precedenti e sapevo quanto potessero essere intensi.

La dottoressa mi aveva spiegato che la cisti si era sviluppata da un follicolo dell’ ovaio sinistro e si era ingrandita fino a toccare l’uretere. Ecco perché avevo dei dolori così acuti quando urinavo.

Con molta fatica riuscii a sollevarmi e a rivestirmi.

Non riuscii ad arrivare nemmeno alla maniglia della porta del bagno che una fitta fortissima, più acuta ed intensa delle precedenti mi tolse il respiro. Cercai di sostenermi al lavabo, ma il dolore era troppo forte.

Questa volta era peggio delle precedenti. Le gambe tremavano, ero sicura che avrebbero ceduto di lì a poco. Riuscii a racimolare le ultime forze e mi sedetti sul pavimento, con la schiena poggiata alla parete fredda ed anonima di quella toilette.

Non riuscivo a respirare. Le prime lacrime iniziarono a farsi strada sul mio viso. Istintivamente divaricai le gambe poggiando completamente la pianta dei piedi per terra e sollevando le ginocchia divaricate all’altezza del petto.

Solo in quella posizione ancestrale riuscii a trovare un po’ di sollievo.

Dopo quella forte fitta sembrava che il peggio fosse passato. Asciugai le lacrime con la manica del pigiama e cercai di sollevarmi, facendo leva sul corrimano e sulla tazza del water con le braccia, per andare a chiamare aiuto.

Un dolore sordo mi scosse le membra e caddi pesantemente sul pavimento. Era come se una mitragliatrice si fosse impossessata del mio ventre, le fitte erano acutissime e frequenti, mi mancava l’aria, avevo mal di testa e piangevo.

Piangevo per il dolore, piangevo la mia triste sorte, e piangevo il fatto di essere di nuovo sola. Non c’era nessuno lì con me. Nessuno che potesse aiutarmi o chiamare aiuto. Nessuno che mi tenesse per mano. Ero sola. Sembrava che il destino si fosse accanito contro di me.

E questa volta era la peggiore.

Il dolore era molto più insopportabile.

Urlavo e piangevo.

Speravo che qualcuno mi sentisse. Ma probabilmente non mi avrebbe sentita nessuno.

Io ero Isabella Swan. Sola contro il destino ed il dolore, come sempre. Non sapevo più se le lacrime copiose che scendevano dai miei occhi fossero dovute più al dolore fisico provocato dalla cisti o la colpa fosse del dolore che sentivo all’altezza del cuore. Che male avevo fatto per dover soffrire sempre così, per non avere mai nessuno accanto nel momento del bisogno? Solo le mie urla riempivano di suono quelle pareti asettiche, mute testimoni del mio dolore.

“AAAAAAAh, ahi ahi ahi!!! NON CE LA FACCIO PIU’!!! PERCHE’, PERCHE’ TUTTE A ME!!!! CHE COSA HO FATTO DI MALE!!”

 

 

“Non hai fatto nulla di male, piccola. Ora ci sono io, non sei più sola. Calmati.”.

 

Con gli occhi appannati dalle lacrime riuscii a riconoscere la figura angelica del mio salvatore.

Edward.

Si inginocchiò accanto a me e mi accarezzò il viso, poi i capelli, scostò le ciocche ribelli dalla mia fronte madida di sudore, mi asciugò le lacrime con i suoi polpastrelli e posò un delicatissimo bacio sulla mia fronte.

“Torno subito, vado a prendere una fiala di morfina. Preferisci restare qui o vuoi che ti riporti subito a letto? Trovi maggiore sollievo in questa posizione?”, mi chiese dolcemente.

Annuii debolmente e dopo avermi lasciato un ultima carezza sulla guancia umida ed arrossata per via del pianto si allontanò.

Non riuscivo ancora a capacitarmi di quello che stava accadendo. Mi sentivo come se mi fossi appena risvegliata da una notte tormentata dagli incubi e affacciandomi alla finestra avessi visto che il sole era ancora, come sempre, in alto nel cielo, ad illuminare le nostre giornate con i suoi timidi raggi.

Edward era davvero come un raggio di sole, il mio raggio di sole. In soli due giorni era riuscito ad illuminare quasi 20 anni di buio. Sembrava che avesse intuito i miei pensieri quando mi aveva rassicurata sussurrandomi, con quella voce calda, la frase che aveva definitivamente sciolto il mio cuore,

“Ora ci sono io, non sei più sola.”.

In un baleno era di nuovo accanto a me. Infilò nella flebo, che era ancora attaccata al mio braccio, l’ago di una piccola siringa e vi iniettò tutto il liquido che conteneva. Poi gettò la siringa nel cestino e si sedette accanto a me. Un’altra potentissima fitta scosse le mie membra e ricominciai a piangere e ad urlare in preda al dolore. Ero esausta, non avevo più la forza di reagire.

Mi ritrovai a piangere accoccolata sul petto di Edward, che mi accarezzava dolcemente i capelli per tutta la loro lunghezza con una mano, mentre con l’altra stringeva forte la mia, come se attraverso la forza sprigionata da quel contatto avesse voluto prendere un po’ del mio dolore per aiutarmi a sostenere il mio fardello.

Mi sussurrava all’orecchio parole di conforto, dolcissime e cariche di affetto.

“Stai calma, passerà, vedrai. Tra un po’ la morfina farà effetto. Non sei più sola, piccola. Ora ci sono io con te, resto qui, io non me ne vado.”

Ogni volta che le fitte raggiungevano i picchi d’intensità massima la mia mano stringeva istintivamente più forte quella di Edward e lui rispondeva dolcemente a quella muta preghiera di soccorso tracciando piccoli cerchi concentrici sul dorso della mia mano ed aumentando la frequenza delle sue carezze.

Dopo un tempo che mi sembrò infinito finalmente il dolore si era sopito.

Avevo versato tutte le mie lacrime, mi sentivo spossata eppure stavo bene lì, tra le braccia forti e rassicuranti del mio angelo custode. Si accorse che il mio stato era migliorato e mi chiese dolcemente, accarezzandomi la guancia :

“Tutto bene? E’ passato il dolore?”

“Si, ora va meglio. Grazie, di tutto. Soprattutto di …”

Non mi fece neanche finire la frase che mi ritrovai le sue labbra sulle mie, schiuse in un bacio che sapeva del sale delle mie lacrime e del suo meraviglioso sapore di menta fresca.

Io ero semplicemente sconvolta. Dire che non me lo aspettavo proprio era riduttivo. Risposi istintivamente a quel piacevolissimo contatto. Le nostre labbra si sfioravano come se fosse la cosa più naturale del mondo, cariche di tante parole che non avevano bisogno di prender forma tramite le nostre voci. Non c’era bisogno di parlare in quel momento, sarebbe stato superfluo.

Avevo dato e ricevuto il mio primo bacio. Nella sterile toilette di una camera d’ospedale. Con il ragazzo più bello e dolce che esistesse.

Per la prima volta nella mia esistenza mi sentivo viva, pienamente e completamente viva. Non ero in imbarazzo, né fuori luogo. Era tutto … giusto. Naturale come respirare. Un bacio desiderato da entrambi e desideroso di continuare all’infinito.

Continuò a lasciarmi dei dolcissimi baci anche sulle guance salate, poi poggiò la fronte sulla mia. I suoi occhi brillavano di una luce particolare, sembravano due stelle del firmamento in una notte molle e tersa.

“Non dirlo neanche per scherzo. Non mi devi ringraziare di nulla. L’importante è che ora tu stia bene, io sono qui. Io resto qui.”, mi sussurrò sulle labbra.

L’intensità, la fermezza e la determinazione delle sue parole mi commossero. I miei occhi si riempirono nuovamente di lacrime. Ma stavolta erano lacrime di gioia. Asciugò quel rivoletto salato che si era incanalato nella porzione di pelle compresa tra il naso e la guancia con un bacio. Il mio cuore batteva all’impazzata, felice come non lo era stato mai.

“Ora è meglio che ti riporti a letto, la morfina ti farà stare tranquilla per un pò e probabilmente ti addormenterai” - proprio in quel momento uno sbadiglio confermò le sue supposizioni - “Ecco, appunto!”.

Sorrise sereno. Era una gioia per i miei occhi e per il mio cuore. Liberai la mia mano dalla sua stretta e percorsi il profilo della sua mascella, gli accarezzai la guancia e con il pollice iniziai a tracciare il contorno di quelle labbra perfette. Mi baciò il polpastrello e poi si voltò per baciare il palmo della mia mano. Sorrisi, finalmente, felice.

“Andiamo?”, mi chiese dolcemente.

Annuii e cercai di sollevarmi da terra. Non me lo permise. Si inginocchiò accanto a me e con estrema delicatezza passò un braccio sotto le mie ginocchia, mentre con l’altro circondò le mie spalle. Poggiai il capo sul suo petto. Aveva un odore delizioso.

Colonia, miele, sole e sale. Il sale delle mie lacrime.

“Ti ho bagnato tutto il camice, mi dispiace.”, ammisi colpevole.

“Non ti preoccupare, non è nulla. L’importante è che tu ora stia bene”, mi sorrise in un modo che dovrebbe essere considerato illegale.

Mi adagiò dolcemente sul letto e mi coprì con le coperte.

“Hai freddo, vuoi che ti faccia portare un’altra coperta? Vuoi dell’acqua?”.

Stavolta fui io ad arginare il suo fiume di parole con un bacio.

Delicato, dolce e fresco. Come il sentimento che sentivo crescere tra di noi.

“Sto benissimo così, grazie.”

Mi sorrise, evidentemente stupito e fiero del mio gesto inaspettato. Da entrambi. Proveniva davvero da me tutta quella intraprendenza? Stentavo a riconoscermi ma non era quello il momento adatto per pensarci, iniziavo a sentire le palpebre pesanti.

“Bella, ora devo andare. Mi aspetta una montagna di cartelle cliniche da sistemare … mio padre quando vuole sa essere davvero un negriero! Di qualunque cosa tu abbia bisogno, anche di una sciocchezza non esitare a chiamarmi. Basta che pigi quel tasto rosso e sarò da te in un baleno. Cerca di riposare, tutto quel dolore ti ha spossata. Torno prestissimo, ti prometto che non ti accorgerai neanche della mia assenza. Dormi, mia Bella. Fai tanti bei sogni.”, mi sussurrò sulle labbra prima di sugellare la sua promessa con un altro dolcissimo bacio.

 

ANGOLO DELL’AUTRICE.

Ovviamente la citazione tratta da Eclipse ci sta, data l’imminenza dell’evento …

Allora, penso che il capitolo si commenti da sé, non credo ci sia bisogno di scrivere ulteriori chiarimenti ... ovviamente se avete dubbi o domande, basta chiedere!

Inizialmente volevo dividerlo in due parti, vista la lunghezza .. però poi ho pensato che sarei stata troppo cattiva a lasciarvi con il fiato sospeso!!

Mi è piaciuto molto scriverlo e spero che vi diletti nella lettura.

Aspetto le vostre opinioni! Alla prossima! Un bacio!

Grazie alle persone che hanno inserito questa storia tra le seguite, le preferite e quelle da ricordare. Grazie in particolare a chi ogni volta mi lascia una recensione.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 11 - TRUTH, DARE, DOUBLE DARE, COMMAND, KISS OR PROMISE! (DIRE, FARE, BACIARE, LETTERA O TESTAMENTO!) ***


 

CAPITOLO 11 - TRUTH, DARE, DOUBLE DARE, COMMAND, KISS OR PROMISE! (DIRE, FARE, BACIARE, LETTERA O TESTAMENTO!)

 

"Un bacio legittimo non vale mai un bacio rubato." (Guy de Maupassant)

 

POV EDWARD

 

Quando avevo visto il suo dolce viso trasfigurato dal dolore acuto, il suo corpo contorcersi in cerca di una posizione comoda, le sue lacrime che copiose le solcavano il viso, mi ero sentito morire dentro. Avrei tanto voluto alleggerire quel fardello che doveva sopportare. E l’unica cosa che potevo fare in quel momento, per darle un minimo di sollievo e di conforto, era stringerle la mano ed accarezzarle dolcemente il capo. Il solo ripensare alla consistenza setosa di quei capelli mi mandava gli ormoni in subbuglio.

E la sua mano che stringeva spasmodicamente il mio camice, mentre l’altra era stretta nella mia … sentivo di doverla proteggere da quel dolore che le scuoteva il corpo e da ogni altra cosa avesse osato minare la sua tranquillità ed il suo benessere.

Quando poi, finalmente, il dolore si era placato, mi aveva ringraziato.

Aveva ringraziato un essere dannato per averle semplicemente offerto un misero supporto nel momento del bisogno.

Quegli occhi, in grado di perforare l’anima, erano così belli, lucidi per il pianto, le gote arrossate, le labbra salate … era una tentazione. Ed io avevo miseramente ceduto.

L’avevo baciata. Era stato un bacio dolcissimo, un signor Bacio.

Non riuscivo a capire nulla, ero ancora stordito e sbada quel contatto piacevolissimo. Non era la prima volta che incontravo le labbra di una donna, ma con Bella era stato tutto così diverso, magnifico.

Assaporare il sale delle sue lacrime su quelle labbra, saggiare la loro consistenza morbida e delicata aveva completamente sconnesso i miei neuroni. Era stato uno dei baci più belli che avessi scambiato.

Inaspettato.

Rubato.

Dolce.

Delicato.

Fresco.

Non c’erano aggettivi sufficienti per descriverlo.

Solo le nostre labbra a contatto. Non c’era stato alcun secondo fine, nè voracità. Solo la necessità di incontrarci, il bisogno di suggellare quel momento d’intimità, che si era creata tra noi, con quel gesto così semplice, ma altrettanto significativo.

Perché non esiste nulla di più adatto di un bacio per fermare i discorsi quando le parole diventano inutili.

Non riuscivo ancora ad elaborare tutte le sensazioni che avevo provato in quel momento.

Piacere, gioia, pace. Sì, ero in pace. Ero pervaso da un senso di benessere che non mi era mai appartenuto.

Era come se il contatto con quelle labbra avesse incasellato il tassello mancante di un puzzle.

La pennellata che rende perfetta ed immortale una tela.

La terza maggiore, che crea quella consonanza imperfetta, che rende unica ed inimitabile un’opera.

Quel bacio era stato semplicemente giusto. Perfetto.

Bella era la sola in grado di farmi sentire così umano e vulnerabile. In soli due giorni, la sua presenza aveva risvegliato in me istinti che erano ormai da tempo sopiti, chiusi nei meandri della mia anima (se mai ne avessi ancora una), che credevo quasi di aver dimenticato.

Quando ero con lei tutte le mie difese cedevano inesorabilmente. Gettavo lo scudo dell’anti-eroe immortale e diventavo semplicemente soggetto dell’idillio che ci trovavamo a vivere.

Partecipavo al suo dolore, mi beavo del suo profumo e della consistenza dei suoi capelli, bramavo continuamente un nuovo contatto con le sue labbra.

Quando mi aveva baciato per la seconda volta, con mia somma sorpresa, prendendo lei l’iniziativa, ero rimasto stupito e soddisfatto allo stesso tempo.

Era timida ma intraprendente. Quel porpora che le tingeva le guance aveva il sapore di qualcosa che, ero certo, sarebbe stato meglio non assaggiare. Conduceva i miei pensieri verso vicoli ignoti che era meglio non percorrere.

Ma la mia natura curiosa mi aveva spinto ad andare oltre, ad oltrepassare quel confine che da tempo mi ero imposto di guardare da lontano e con timore. Avevo nuovamente varcato il limite del mondo umano, e ne ero felice.

Accarezzai con la lingua il mio labbro inferiore. Sapeva ancora di lei.

Quella piccola e goffa umana mi stava facendo impazzire.

Perso nei miei pensieri, non mi accorsi neanche dell’arrivo di Carlisle.

“Edward, tutto bene? Sei strano … sembri felice! Cos’è successo figliolo?”, mi chiese con fare ammiccante … che fosse in grado di leggere nel pensiero anche lui?!

“Ehm … nulla … hai parlato con la Pennigton? Cosa avete deciso?”, cercai di deviare, mica tanto poi!, il discorso.

“Sì, ho parlato con Victoria. Opererò io Bella, il prima possibile. C’è il rischio che la cisti si ingrandisca o addirittura scoppi riversando il suo contenuto all’interno dell’utero di Bella. Non possiamo correre questo rischio, la situazione potrebbe degenerare. Credo che fisseremo l’intervento per domani. C’è una sola cosa di cui vorrei parlarti.”.

Iniziavo a preoccuparmi. Carlisle aveva chiuso la sua mente.

“Dimmi. Cosa mi stai nascondendo Carlisle, perché la tua mente mi è preclusa?”

“Edward mi sono accorto del modo in cui guardi Bella. Hai lo sguardo perso, tipico di chi è innamorato. Non voglio che tu soffra ancora. Credimi, io voglio solo che tu sia felice, quindi sii cosciente delle conseguenze delle tue scelte. So che ti piace divertirti con le donne, ma non ti avevo mai visto così preso. E’ un’umana Edward, se ti ci affezioni troppo … insomma … bada a quello che fai. Sai che su di me potrai sempre contare. Comunque, dal momento che la cisti è molto estesa, potrebbe essere necessario asportare anche l’ovaio. Sai cosa vuol dire questo. Qualcuno dovrebbe comunicarlo a Bella, vuoi occupartene tu?”

“Sì, le parlerò io.”

Non riuscii a dire altro. Ero sbalordito e scosso dalle parole di mio padre. Cosa provavo per Bella? Mi ero innamorato? … No. Forse non ancora. Sapevo anch’io che stavo scegliendo la strada meno battuta, come sempre. Impelagarmi nelle situazioni più complicate era la mia specialità.

Ma se il peccato ed il piacere avevano il sapore di Bella, sarei andato all’Inferno ed avrei accettato tutte le conseguenze, pur di restarle accanto e poter godere della sua presenza.

Non appena mi riscossi dai miei pensieri, mi accorsi che intorno a me continuava a regnare il silenzio.

“C’è dell’altro? Perché continui a nascondermi i tuoi pensieri? Carlisle … si tratta di Alice, vero? Cosa è successo?”.

Iniziavo ad avere paura. Avevo paura che il destino di mia sorella fosse realmente inevitabile.

“Edward … ho assistito personalmente alla rettoscopia questa mattina. Come sospettavo, si tratta di un adenocarcinoma del colon-retto. Quello che non mi aspettavo è la sua incredibile estensione. Edward … ti prego, non sottoporla ad un inutile sofferenza. Anche James, il gastroenterologo, ha detto che l’intervento sarebbe inutile. C’è un solo modo per salvarla, e lo sai anche tu.”

Leggevo nei suoi pensieri la sofferenza che Alice aveva provato quando poche ore prima si era dovuta sottoporre a quell’esame così fastidioso. La compassione negli occhi del gastroenterologo, la pietà di Carlisle e l’affetto che provava per Alice.

“Ti prego Edward … concedimi la gioia di diventare di nuovo padre, concediti la gioia di poter finalmente ritrovare tua sorella … smettila di farti del male!”

“E va bene … però, dobbiamo trovare un modo per spiegarle chi siamo e a cosa andrà incontro.”.

Per farlo avevamo bisogno solo di una persona in quel momento. Leggevo nella mente di Carlisle lo stesso nome che avevo pensato io.

Prima però dovevo andare da Bella.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE.

Capitolo di passaggio, avevo bisogno di entrare di nuovo nella mente di Edward, ci sto prendendo gusto!!!

Allora … vediamo un po’ …. Giochino!!!

Chi è la persona, di cui parlo nell’ultima parte del capitolo, che aiuterà Edward e Carlisle??

Aspetto le vostre supposizioni!!!

Chi indovina riceverà uno spoiler via email!!

Grazie a tutti coloro che leggono, seguono e recensiscono questa storia. Grazie anche a chi l’ha inserita tra le storie preferite e da ricordare.

Volevo lasciarvi il link di una one-shot che ho pubblicato ieri … "SEI OTTAVI" ... mi farebbe molto piacere se la leggeste e magari lasciaste un commentino per sapere la vostra opinione!

 

Goodnight and sweet dreams, Elettra!

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 12 – PROMISES, PARENTS AND THOUGHTS (PROMESSE, GENITORI E PENSIERI) ***


 

Ehm ... ehm ... Allora, mi sono fatta attendere … ho avuto un bel po’ da fare, è un periodo complicato questo che sto attraversando. Per fortuna scrivendo riesco ad alienarmi dalla routine di tutti i giorni.

Grazie a tutti coloro che leggono, seguono e soprattutto grazie e a coloro che recensiscono questa storia.

PS: Avete visto Eclipse?!?! Io l’ho trovato MERAVIGLIOSO!!! Chris Weitz è il mio mito … ma onore e gloria a David Slade! Non ha tralasciato nulla!!!

Vi lascio al capitolo. Buona lettura e buona serata.

 

CAPITOLO 12 – PROMISES, PARENTS AND THOUGHTS (PROMESSE, GENITORI E PENSIERI)

 

"E un giorno cammini per strada e ad un tratto comprendi che non sei la stessa che andava al mattino alla scuola, che il mondo là fuori t'aspetta e tu quasi ti arrendi capendo che a battito a battito è l'età che s'invola." (da "E un giorno"..., Francesco Guccini)

 

Sentivo tante voci. Avrei voluto urlare loro di smetterla, avevo sonno, volevo dormire. Ma le voci si intensificavano ed iniziavano a chiamarmi per nome. Non riuscivo a distinguerle, erano 2, 3 o forse 4. Maschili e femminili insieme.

Poi tutto tacque e sentii solo la Sua voce.

“Bella”.

“Bella, svegliati. Ci sono visite.”

“Apri gli occhi, ti prego.”

“Bella”.

Volevo vederlo. Volevo perdermi di nuovo nei suoi occhi, così risposi alle sue richieste ed iniziai a sbattere le palpebre.

“Edd-ward … Edward, che cosa c’è? Ho sonno …”

Lo sentii sogghignare.

“Svegliati dormigliona. Sono arrivati i tuoi genitori. Sono qui fuori.”

“Mmm, mamma … mamma e papà sono qui!?!?!”

“Si, Bella addormentata, sono qui e sono impazienti di vederti. Ma … sei tutta sudata? Hai caldo? Non ti sarà mica salita la febbre?!”.

Alle sue parole agitate seguirono dei gesti dolcissimi. Posò una mano sulla mia fronte per controllarmi la temperatura.

Mano che poi fu sostituita dalle sue labbra.

“No … anzi, ho … ho quasi freddo”, risposi imbarazzata. Iniziavo a prendere coscienza della realtà. I ricordi di quello che era accaduto qualche ora prima mi si pararono prepotentemente di fronte proprio nel momento in cui le sue fredde labbra lasciarono un delicato bacio sulla mia fronte.

Arrossii.

Probabilmente lui credette che fosse a causa della febbre, perché mi accarezzò la guancia rovente, che al tocco delle sue dita divenne incandescente.

“Hai la febbre, piccola. Stare così tanto a contatto con il pavimento freddo del bagno deve averti fatto male.”, soffiò sulle mie labbra, sorridendo maliziosamente.

“S-s-i, evidentemente mi sono raffreddata lì”, balbettai imbarazzata fino al midollo.

Mi accarezzò lentamente una guancia, poi si sedette sul letto. Cercai di mettermi seduta. Quando comprese i miei intenti, mi aiutò a sollevarmi e posò sulle mie spalle la vestaglia che giaceva sulla sedia. Era premuroso in maniera quasi imbarazzante. Scostò alcune ciocche di capelli che mi ricadevano ribelli davanti agli occhi ed iniziò a parlarmi prendendomi una mano tra le sue.

“Bella, devo parlarti della tua situazione. Carlisle ha creduto che magari preferissi che fossi io a parlartene, ma se vuoi parlare con lui non c’è problema.”.

Sembrava triste. Gli sorrisi per incoraggiarlo. Non avrei mai voluto nessun altro al posto suo. Qualunque cosa avesse dovuto dirmi, sarebbe stata comunque piacevole per il solo fatto che prendesse forma da quella bocca meravigliosa.

“No, no. Preferirei che me ne parlassi … tu. Voglio che mi dica tu cosa hanno deciso.”, sussurrai guardando la mia mano stretta tra le sue.

Un incastro perfetto. Sembravano plasmate per stare unite in quel modo.

“Bene. La patologia da cui sei affetta, come sai, non è grave ed è piuttosto comune tra le ragazze della tua età. Però la tua cisti è troppo grande e non è possibile che si riassorba da sola con una cura farmacologica. E’ necessario che ti sottoponga ad un intervento chirurgico. Ti opererà Carlisle ed io assisterò all’intervento. Puoi stare tranquilla, andrà tutto bene. L’intervento è fissato per domani. Carlisle è un eccellente chirurgo, e non lo dico solo perché è mio padre!”

Gli sorrisi.

“Va bene. Sono più tranquilla ora che so di cosa si tratta e che .. sì, insomma … ci sarete voi con me”, l’ultima parte fu un sussurro. Ma lui lo sentì.

Mi sollevò il mento. Di nuovo occhi negli occhi. Oro e nocciola.

“Ti prometto che andrà tutto bene. Ti fidi di me?”

“Si”, risposi decisa.

Non avrei potuto dargli una risposta diversa. Quegli occhi erano così sinceri e carichi di luce che mi sarei fidata di lui anche se mi avesse chiesto di buttarmi giù dalla finestra con lui.

“C’è solo una cosa di cui devo informarti.”

“Dimmi pure, Edward. Ti ascolto.”

Prese ad accarezzarmi il viso, mentre la presa sulla mia mano si rafforzava.

“Bella, vedi … la cisti occupa una posizione molto … delicata. Non sappiamo con precisione quanto sia a contatto con l’ovaio. Quello che sto cercando di dirti, è che … potrebbe rendersi necessario, nella peggiore delle ipotesi, asportare anche l’ovaio oltre alla cisti. Non possiamo correre rischi. Dobbiamo pensare prima di tutto a salvare te. Poi vedremo di salvare anche l’ovaio.”

Ero senza parole. Sapevo a cosa alludesse Edward. Se mi avessero asportato l’ovaio, probabilmente sarei rimasta sterile.

“Io … io … non …”, non sapevo cosa dire.

Il discorso di Edward non faceva una piega. Ovviamente loro dovevano pensare prima alla mia vita e poi alla mia fertilità.

Non avevo mai pensato alla maternità prima d’allora. Ero ancora troppo giovane. Mi sentivo invincibile ed eterna. In grado di poter fare tutto ed avere tutto. Fino a quel momento. E’ proprio vero che ti accorgi del valore delle cose nel momento in cui sai di poterle perdere. Anch’io desideravo prima di tutto star bene e poter vivere. Ma non avevo mai pensato a quale prezzo avrei dovuto pagare.

“Ehi, calmati. Va tutto bene. E’ solo un’eventualità, non è detto che debba andare per forza così. E poi non è detto neanche che asportando un ovaio diventi sterile. Ricorda che ne hai due. La natura ha creato tutto in doppio proprio per far fronte a simili eventi. Abbiamo due polmoni, due reni, due gonadi, due occhi, due orecchie, due gambe, due braccia …”

“Ma abbiamo un solo cuore”, risposi istintivamente.

“Già abbiamo un solo cuore. E sai perché? Perché una volta che te lo sei giocato è per sempre. Una volta che inizia a battere per qualcuno, stai tranquilla che non ci sarà più niente e nessuno in grado di alterare il suo ritmo.”, mi sorrise.

Annuii e gli sorrisi di rimando, aumentando la presa tra le nostre mani che non si erano staccate nemmeno per un secondo.

“Bella guardami.”

Obbedii.

 

“Ti giuro su quanto ho di più caro al mondo che cercheremo di fare il possibile per evitare che tutto questo accada. Abbi fiducia in noi. Voglio solo che tu stia tranquilla, me lo prometti?”

“Si. Mi fido di voi e … sì, ti prometto che cercherò di stare tranquilla.”

“Bene, così va molto meglio.”

Mi accarezzò di nuovo le guance e posò un delicato bacio sulla mia fronte.

“La temperatura si è abbassata. Meno male. Ora, signorina, scommetto che sei impaziente di vedere i tuoi genitori! Li faccio entrare. Poi spiegherò io a loro la tua situazione, non devi preoccuparti di nulla.”

“Grazie Edward. Grazie davvero, di tutto.”

“E’ un piacere.”, mi sorrise. Uno di quei sorrisi che rendevano i suoi occhi due fari incandescenti.

Gli sorrisi di rimando.

Non ebbi neanche il tempo di realizzare che la mia mano non era più tra quelle di Edward e che lui si era allontanato da me, che fui travolta da un uragano di nome Renee.

“Mamma, mamma fai piano! Mi fai male!!”, si era completamente adagiata sul mio povero addome, che era ancora dolorante.

“Tesoro, tesoro di mamma! Come stai? Oh mio dio! Che cosa ti faranno ora? E’ molto grave dottore?”

Ero terribilmente in imbarazzo, Edward rideva sotto i baffi per l’esuberanza e l’eccessiva apprensione di mia madre, mentre mio padre cercava di farsi strada per avvicinarsi a me.

“Papà”.

Io e mio padre avevamo moltissime cose in comune. Oltre ai colori somatici, entrambi eravamo molto timidi e riservati. L’opposto di mia madre, insomma.

“Bella, come ti senti?”

“Ora va un po’ meglio, domani mi opereranno.”

“Come operare!?! Gesù!!! Ma cosa? E’ preoccupante?”

Renee era decisamente partita. La modalità mamma-chioccia-perché-tutte-le-catastrofi-del-mondo-si-abbattono-su-mia-figlia era accesa.

“Mamma, non è nulla. Non ti preoccupare.”, cercai di tranquillizzarla almeno un po’.

Fortunatamente il mio salvatore intervenne in mio soccorso. Credevo che iniziasse a piacergli come ruolo.

“Signori Swan, state tranquilli. Bella non ha nulla di grave. Quello di domani è un semplice intervento. Se volete seguirmi, vi farò parlare direttamente con il medico che la opererà. E’ il primario di chirurgia, ed è un eccellente chirurgo. Bella è in ottime mani.”

Sfoderò un sorriso che avrebbe convinto chiunque della veridicità delle sue parole, anche il più scettico, ed uscirono dalla stanza.

Tirai un sospiro di sollievo. Ero di nuovo sola. No. Non ero sola. C’era un tornado di pensieri a farmi compagnia. Ed erano pensieri molto molto piacevoli. Cosa stava succedendo?

Cosa mi stava succedendo?

Stentavo a riconoscermi. Non ero più la stessa Bella che qualche giorno prima aveva messo, timorosa e sola, piede in quell’ospedale. Stavo cambiando. Le circostanze che mi ritrovavo a vivere, le persone che mi circondavano mi stavano cambiando. E ne ero felice.

Quello che era accaduto qualche ora prima, quella mattina, poi.

Inaspettato e dannatamente meraviglioso. Non avrei mai potuto immaginare che avrei provato tante sensazioni piacevoli tutte insieme.

Quell’angelo mi aveva teso la mano e mi aveva tirato fuori dall’ oblio della solitudine che rischiava di inghiottirmi nuovamente quella mattina.

E poi mi aveva baciata.

E non era stato un gesto dettato solo dalla circostanza.

C’era qualcosa nel suo sguardo, nei suoi gesti, nelle sue parole che mi induceva a credere che ci fosse qualcosa di più della pietà che chiunque avrebbe provato nei miei confronti in quel momento.

Anzi, a dirla tutta, non avevo scorto traccia di pietà nei suoi occhi. Mai.

Ma allora … cos’era?

Cosa ci stava succedendo?

La porta che veniva aperta mise fine ai miei pensieri.

 


 

Chi entrerà?!?! Lo scoprirete nel prossimo capitolo!!!

Ed anche stasera c'è il giochino con in palio uno spoiler del prossimo capitolo! Chi indovina chi sta entrando nella stanza di Bella riceverà nei prossimi giorni un'email con lo spoiler del prossimo capitolo. Alla prossima!! Un bacione, Elettra.

 

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 13 – CHAT BETWEEN FRIENDS (CHIACCHIERATA TRA AMICHE) ***


 

Buonasera care lettrici e cari lettori!!! Sono molto felice del seguito che sta raggiungendo questa storia. Grazie mille per l'affetto ed il sostegno dimostrato, è un incentivo a fare sempre di più e meglio! Ho cercato di postare il prima possibile ... anzi credo che nel fine settimana, salvo imprevisti, posterò nuovamente! Grazie davvero a chi legge, chi segue e soprattutto grazie a chi recensisce.

I miei complimenti alle tre ragazze che hanno indovinato chi sarebbe entrato ed hanno ricevuto lo spoiler!

Bene, ora vi lascio al capitolo. Spero che sia di vostro gradimento, aspetto le vostre opinioni! Un bacione e buona lettura!

 

CAPITOLO 13 – CHAT BETWEEN FRIENDS (CHIACCHIERATA TRA AMICHE)

 

Siedono. L'una guarda l'altra. L'una
esile e bionda, semplice di vesti
e di sguardi; ma l'altra, esile e bruna,
l'altra... I due occhi semplici e modesti
fissano gli altri due ch'ardono. «E mai
non ci tornasti?» «Mai!»

(Digitale purpurea, G.Pascoli)

 

 

“Bella! Come stai? Ho saputo che sei stata di nuovo male! E non c’ero neanche io in camera! Mi dispiace tanto!!”

Alice era davvero adorabile. La conoscevo da poco, ma sentivo di volerle già un gran bene.

“Alice! Va tutto bene, tranquilla. Per fortuna è arrivato Edward e mi ha iniettato una fiala di morfina per placare il dolore.”

“Ma va meglio ora? Quando l’infermiera è venuta a riferirlo al dottor Cullen mi sono sentita così in colpa per non essere stata lì con te! Mi dispiace tanto!”

Incredibile. Stava tanto male lei e si preoccupava comunque di me. Dovevo aver fatto davvero qualcosa di buono nella mia vita precedente per aver meritato di essere circondata da persone così. Prima Edward, poi Alice.

O forse, per una sorta di contrappasso, quello che stavo vivendo in questi giorni era un compenso di tanti anni di sfortuna e solitudine.

“Alice, ma tu non hai nessuna colpa! Stai scherzando?! Eri andata a fare una visita … piuttosto, come è andata? Cosa ti hanno detto?”

“A dire il vero non mi hanno detto nulla. Si sono scambiati una serie di sguardi molto eloquenti e poi mi hanno detto di stare tranquilla. Ho paura che ci sia qualcosa che mi tengono nascosto. Ho una strana sensazione, come se qualcosa stia per cambiare definitivamente le sorti della mia vita.”

Era così tranquilla mentre mi raccontava della visita, delle espressioni che aveva assunto il medico quando aveva letto il referto, della premura paterna di Carlisle, della gentilezza di Edward che l’aveva accompagnata in reparto.

“Alice, vedrai che si risolverà tutto. Siamo in buone mani!”

“Tu piuttosto … signorina!!! Non mi devi dire niente?!?! Hai gli occhi a cuoricino!!!”

Arrossii. Era impossibile nasconderle qualcosa.

“No, nono, nulla. Ah, si. Domani mi operano.”

Cercai di deviare il discorso. Ma anche nella mia mente l’intervento non aveva di certo la priorità su gli altri pensieri si affollavano e si rincorrevano, quasi volessero fare a gara a quale mi avrebbe fatto impazzire di più.

Edward. Bacio.

Bacio. Edward.

Abbracci, carezze. Baci.

Parole dolci. Il suo profumo.

Tutte le volte che mi aveva chiamata con un vezzeggiativo :

“Piccola”, “Mia Bella”.

Mi sembrava seriamente di impazzire.

Cercai di imporre silenzio a quel turbinio di parole che vorticavano vertiginosamente nella mia mente.

Alice mi guardava con aria furba e maliziosa.

“Ci sarà anche Edward in sala?!”, mi chiese lanciandomi uno sguardo piuttosto eloquente.

“Si, si credo di sì. Assisterà il dottor Cullen.”

“E’ stato solo lui a soccorrerti quando ti sei sentita male stamattina?”

Ecco che come in un film, le scene di qualche ora prima venivano proiettate nella mia mente.

“Si. Si, se non fosse stato per lui … io …”

Sentii le lacrime che prepotenti cercavano di uscire di nuovo dai miei occhi. Le parole mi morirono in gola al ricordo di tutto quel dolore. Alice capì subito che se avessi detto una sola parola sarei scoppiata a piangere e deviò abilmente il discorso.

“Ho conosciuto i tuoi genitori. Sono molto simpatici. Somigli tantissimo a tuo padre.”

“No, ho solo i colori di mio padre. Se ci osservi bene, vedrai che ho gli stessi lineamenti di mia madre”.

Sorrise.

“Sai Bella, stanotte ho sognato mio padre. Era nella casa dove eravamo soliti trascorrere le vacanze estive, a Cancun, in Messico. Era seduto sul dondolo, sotto il portico, con il sigaro tra le labbra. Mi è sembrato addirittura di sentire l’odore dolciastro del sigaro misto a quello acre della citronella.

Gli odori della mia infanzia, le fragranze che mi ricordano l’unico periodo felice della mia famiglia. Ha sollevato lo sguardo e mi ha sorriso. Poi ha teso le braccia verso di me e ci siamo abbracciati.”

Non sapevo cosa dirle. Ero senza parole.

“Mia nonna diceva sempre che quando una persona cara che non c’è più ti appare in sogno, vuol dire che ti sta aspettando e ti verrà a prendere. Non so perché, ma ho la strana sensazione che presto mi ritroverò accanto a mio padre e a mio fratello. Non mi spaventa tutto questo, anzi …”

“NO!”, urlai.

“No, Alice .. ma cosa ti salta in mente!? Cosa stai dicendo?! Hai sognato tuo padre semplicemente perché lui è il tuo angelo custode. Veglierà sempre su di te. Non pensare nemmeno certe assurdità! Te ne prego …”, sussurrai.

“Bella, calmati. Ho solo voluto confidarti il mio sogno. Tu mi vedi sempre solare e sorridente, ma la vita non è stata facile per me. Sono state poche le occasioni in cui mi ha sorriso. Quando ero piccola, non sai quante volte ho pregato mio padre e mio fratello di venirmi a prendere. Ogni volta che mia madre diceva che ormai non le era rimasto più nulla e nessuno, come se io non esistessi, io speravo che, se mi volevano ancora bene, sarebbero venuti presto a prendermi. Penso che qualunque cosa ci sia al di là di questa vita, sia sicuramente migliore delle sofferenze di questo mondo. E comunque, quelle sono solo delle vecchie credenze di mia nonna! Penso che dovrai sopportarmi ancora per un bel po’!”

“Per fortuna, Alice! Non farmi sentire più cose del genere!!!”.

Scesi dal letto e l’abbracciai. Un po’ perché avevo paura di perderla, un po’ per infonderle un minimo di quel coraggio e quell’affetto che mi aveva trasmesso lei nei giorni scorsi.

Mi sentivo una vera stupida.

Una stupida egoista.

E’ vero, anche per me la vita non era stata facile. Avevo sofferto tanto e continuavo a soffrire. Ma di fronte a quello che aveva dovuto patire Alice, il mio dolore era nulla. Solo un semplice fastidio, come la puntura di un insetto.

 

 

 

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Capitolo 15
*** CAPITOLO 14 – TALKING WITH JASPER (PARLARE CON JASPER) ***


 

Buongiorno e buona domenica!! Come promesso, il capitolo è arrivato prima questa volta!! Spero che vi piaccia!

Ora vi lascio, devo andare a prendere un pò di tintarella ... sono bianca come un vampiro!!!

Grazie mille a chi ha aggiunto questa storia tra le seguite, tra le preferite e tra quelle da ricordare.

Grazie in particolare a chi, ogni volta, mi lascia una recensione e grazie anche a chi legge soltanto.

Buona lettura! Un bacio e buona giornata!

 

CAPITOLO 14 – TALKING WITH JASPER (PARLARE CON JASPER)

 

Hey you,
Don't tell me there's no hope at all.
Together we stand, divided we fall.

 

Hey tu,
non dirmi che non c’è più alcuna speranza,
insieme resisteremo, divisi cadremo.

 

"Hey you", Pink Floyd

 

POV EDWARD

Dopo aver tranquillizzato i genitori di Bella insieme a Carlisle, li accompagnai a salutare la figlia. Ne approfittai per verificare le sue condizioni di salute. Aveva avuto un po’ di febbre nel pomeriggio, non era di certo la condizione ideale prima di un intervento.

“Buonasera ragazze, come va?”

“Bene!!” rispose prontamente Alice.

“E tu Bella? Hai ancora la febbre?”, chiesi apprensivo.

Morivo dalla voglia di sfiorare ancora quella pelle liscia e profumata con le mie labbra. Ma non potevo. Non davanti ai suoi genitori e ad Alice. Così mi limitai a posare il dorso della mia mano sulla sua fronte e a stringerle una mano con la mia. Fortunatamente la febbre era scesa, ma dovetti comunque fingere di affidarmi a quello stupido strumento umano. I miei sensi erano molto più sviluppati di un banale termometro elettronico.

“Dovrebbe essersi abbassata. Dopo verrà l’infermiera a controllarti con il termometro. Sei tranquilla per domani?”

“Si, va tutto bene. Grazie Dottore.”, mi sorrise e notai il solito rossore fare capolino sulle sue guance.

“Di nulla, Bella. Ci vediamo domani.”, non resistetti e le accarezzai una guancia, delicatamente. Ma evidentemente anche lei desiderava un contatto più profondo, perché piegò la testa da un lato, posando completamente la sua guancia sul palmo della mia mano, incastrandola tra la sua spalla ed il suo viso. Il suo respiro leggermente più veloce del solito mi solleticava la pelle delle dita. Cercai di prolungare il più a lungo possibile quel contatto, ma quando mi accorsi che i pensieri di Alice stavano prendendo una brutta piega, dopo un’ultima carezza mi staccai da lei.

Lessi nella mente di mia sorella che aveva intenzione di chiedere a Bella TUTTO. Non avrebbe più accettato le solite scuse che le accampava di solito.

Povera piccola. Quando Alice si metteva in testa una cosa era davvero irremovibile. Però ero davvero curioso di conoscere i pensieri di Bella su di me. Chissà che opinione aveva … chissà se le era piaciuto quello che c’era stato tra noi … chissà chissà … chissà se la sua attrazione, più che palese, nei miei confronti fosse forte quanto la mia nei suoi …

Dal momento che la sua mente mi era preclusa, l’indomani avrei letto nella mente di Alice della loro chiacchierata!

 

******

 

Una volta a casa, corsi nella stanza di Jasper.

“Ehi fratello! Tutto bene … hai una faccia! Sembri un cadavere!!!”, e il suo sorriso appena accennato sfociò in una risata sguaiata.

“Emmet, ti prego … potresti essere serio per almeno 5 minuti nella tua esistenza?! Jasper, ti devo parlare.”

“Andiamo a caccia, così saremo indisturbati e lasceremo la casa libera ai piccioncini!”, scambiò uno sguardo malizioso con Emmet.

“Va bene, va bene. Andiamo!”

Effettivamente era una buona idea. La mattina seguente sarei entrato in sala operatoria, era meglio essere completamente sazi.

Dopo aver bevuto il sangue di due alci, mi appollaiai sul ramo di una quercia ed attesi che Jasper finisse di giocare a nascondino con la sua preda.

“Allora Edward, dimmi pure. Sai, da qualche giorno è veramente piacevole starti accanto. Sei euforico, quasi quanto dopo una …”

“Jazz, ti prego .. risparmiami i dettagli della tua ultima notte di fuoco.”

“Ok, ok. Sono tutto orecchie.”

“Però stasera un salto al night ci starebbe proprio … come dice Emmet dopo una bella mangiata, ci vuole una sana …”

“Va bene, va bene. Trascorri troppo tempo con Emmet per i miei gusti!! La rima la finisco da solo. Ora, ti ricordi di mia sorella? La ragazza, di cui ti parlavo, che è stata ricoverata in reparto qualche settimana fa?”

“Certo che me ne ricordo. Come sta?”

“Molto male Jasper, purtroppo … non c’è più niente da fare. L’unica soluzione è ..”

“Ho capito. Mi dispiace molto Edward, però d’altro canto sono felice. Insomma, vi ritroverete e potrete vivere insieme per l’eternità. Avremo un’altra sorella!!”

“Già, sono felice anch’io di questo. Ti devo chiedere un favore, però. Vedi, io non saprei proprio come spiegarle cosa siamo e cosa diventerà lei. Ho paura di una sua reazione negativa. Potresti occupartene tu? Domattina la sua compagna di stanza sarà operata ed Alice sarà sola in camera. Mentre riposa … le apparirai in sogno e le mostrerai tutto. Chi sono io in realtà, il momento in cui Carlisle mi ha salvato, come viviamo, di cosa ci cibiamo. Otterrai la sua fiducia, come solo tu sai fare … e la convincerai a farsi trasformare e a non fare parola del suo sogno con nessuno.”

Temevo che potesse raccontare qualcosa a Bella. Non poteva e non doveva sapere che essere ignobile le stava accanto ed aveva baciato.

“D’accordo Edward. Stai tranquillo. Ci penso io. Vedrai che andrà tutto bene.”

Mi diede una pacca sulla spalla.

“Ora però, so io di cosa abbiamo bisogno stanotte entrambi! Dopo questa bella caccia e con quello che ci aspetta domani … ci vuole un po’ di “esercizio fisico”!

Scossi la testa sorridendo.

Jasper e le donne. Un binomio molto molto pericoloso!!

“Andiamo su!! Vediamo chi c’è stanotte!”.

Entrammo, come di consueto, al “Night 69”, un posto dove io ed il mio fido compagno trascorrevamo le nottate in compagnia di calienti ragazze. Un po’ per svagare, un po’ per lasciare un minimo di intimità alle due coppie di casa Cullen.

Inutile dire che, visto il nostro naturale fascino, in quel pub eravamo stati soprannominati “Gli scapoli d’oro di Seattle”.

Nessuno riusciva a spiegarsi come, due ragazzi belli ed aitanti come noi, potessero essere single e addirittura fossero disposti a pagare per farsi “coccolare” in un posto frequentato maggiormente da polli cinquantenni, ricchi e panciuti, pronti a farsi spennare per bene dalle ventenni dell’Est che ci lavoravano.

Ma le nostre laute mance erano sufficienti a mettere a tacere i loro stupidi pettegolezzi mentali.

 

******

 

Entrai nella camera numero 15. La ragazza, Tanya, così Eleazar, il proprietario del Sixty-Nine, mi aveva detto che si chiamasse, mi stava aspettando distesa sul letto. Indossava una specie di baby-doll rosso fuoco che lasciava ben poco all’immaginazione.

Alta, bionda, fisico ben tornito da modella moldava, occhi azzurro ghiaccio. Vuoti. Freddi.

In quel momento sollevai lo sguardo sulla testiera del letto. Sulla parete faceva bella mostra di sè il poster di un vecchio film italiano che conoscevo bene, “Il gattopardo”, di Luchino Visconti.

gattopardo

Due occhi scuri e profondi, gli occhi della bella Claudia Cardinale, mi riportarono prepotentemente alla mente un altro paio di occhi.

Gli occhi di Bella.

Non avevo mai visto due occhi più belli ed espressivi dei suoi. Erano magnetici.

“Ciao”, disse lascivamente la ragazza sul letto.

“Io sono Tanya. Stasera mi prenderò cura di te e del tuo amichetto”, iniziò a ridere sguaiatamente come un’oca.

Ma io non l’ascoltavo. Ormai la mia mente vagava. Ero fortemente tentato ad aprire quella porta ed andarmene. Avrei tanto voluto essere in quella stanza d’ospedale con Bella. Avrei voluto sapere se fosse riuscita a prendere sonno oppure fosse agitata per via dell’intervento. Avrei voluto conoscere i suoi pensieri e le sue sensazioni riguardo a quello che era accaduto quella mattina.

Quel bacio … sentivo ancora quel sapore dolce e salato delle sue labbra, il suo profumo, la consistenza della sua pelle, la morbidezza dei suoi capelli … senza rendermene conto Edward Junior si era svegliato.

Ed aveva sortito uno strano effetto su Tanya, credeva fosse merito suo! Leggevo nella sua mente strane fantasie e guardava in modo famelico le mie parti basse. Non ero più così sicuro che svagarmi quella sera fosse la cosa migliore.

Ma ormai c’era stato l’alzabandiera, tanto valeva cominciare la “cerimonia” e placare almeno i miei istinti primari. I miei pensieri sarebbero stati sempre lì, con Lei.

Mi sbottonò i jeans e gliene fui grato. Io ero in piedi, lei era seduta sul letto. Iniziò a massaggiarmi con le mani e a leccarmi con quella viscida lingua.

“Sei troppo teso, rilassati … stenditi accanto a me!”.

Si mise in ginocchio sul letto ed avvicinò il mio viso al suo. Iniziò ad accarezzarmi lascivamente il viso e quando compresi le sue intenzioni la scostai, forse un po’ troppo bruscamente.

“No. Nessun bacio. Fai ciò che vuoi, ma non ti azzardare ad avvicinare le tue labbra alle mie, chiaro?”

Ero stato molto brusco, ma non mi andava proprio di alterare il sapore dolce, delicato e puro di Bella, con quello rozzo e squallido di Tanya. Non avrei mai profanato il ricordo di quel momento meraviglioso che avevamo vissuto. Quel bacio era stato così carico di promesse, che mi sarebbe sembrato di tradire la mia Bella.

Mia? Tradire?! Ma cosa mi stava succedendo?! Aveva forse ragione Carlisle?!

Cosa provavo davvero per Bella?

Di sicuro non era solo semplice attrazione fisica. No.

Lei mi attraeva come si attraggono due magneti desiderosi di ricongiungersi. Non bramavo solo il suo corpo. Desideravo conoscere la sua mente. Volevo possedere la sua anima ed il suo cuore.

Mentre nella mia mente albergavano questi pensieri, Tanya aveva terminato la sua opera. Chissà quanti sapori erano passati da quella bocca. Rabbrividii al solo pensiero che avrebbe potuto baciarmi ed insozzare la purezza che mi aveva donato Bella con il suo bacio.

Le lasciai una manciata di biglietti da 100 dollari sul comodino.

“Abbiamo già finito? Cos’è non ti piaccio?”

“No, per niente. Scusa la franchezza. Ti ringrazio per la tua opera, spero che troverai qualcuno che sarà in grado di apprezzarti. Io non ci riesco. Buona serata”.

E mi chiusi la porta alle spalle. Jasper si stava ancora divertendo.

Non avevo alcuna voglia di tornare a casa e sentire i gemiti dei miei famigliari accompagnati dalle loro vivide immagini mentali. Stare di notte a casa nostra, per me, equivaleva a guardare ininterrottamente "9 settimane e ½". Soprattutto se c’era Emmet all’opera. Ma non potevo neanche andare dove avrei voluto, in ospedale. Avrei destato troppi sospetti.

Decisi di andare a godermi lo spettacolo dei ghiacciai sul monte Rainier, per riflettere e pensare.

monte rainier

Guardai l’ora. L’ 1.30. Alle 8.00 sarei ritornato a Seattle per prepararmi all’intervento.

 

 

Cosa ne pensate? Vi è piaciuto?! Ve lo aspettavate un nuovo pov Edward?! Aspetto i vostri commenti! Ciaoo!! Elettra.

 

 

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Capitolo 16
*** CAPITOLO 15 – INSOMNIA (INSONNIA) ***


Buonasera a tutti!!! Come va? E' iniziata bene la settimana?! Io personalmente, non vedo già l'ora che finisca!!

Bene, lo scorso capitolo ha sorpreso molti di voi!!! Non ve lo aspettavate proprio Edward un tipo da Night Club??!!!

Bè, l'Edward della mia storia, da "quel" punto di vista... non è come l'Edward della Meyer ... ho preferito creare un personaggio un pò più "vittima" delle passioni umane. In fondo è pur sempre un ragazzo, anche se è un vampiro non è un santo!

Ho visto che molte si chiedevano il motivo per cui Jasper apparirà in sogno ad Alice. Allora, Jasper è una sorta di incubo, una specie particolare di vampiro che giace con le donne mentre dormono e riesce a "manipolare" i loro sogni. Avevo parlato di Jasper e della sua storia nel CAPITOLO 5, se vi va basta cliccare su e vi troverete direttamente alla pagina del capitolo.

Ringrazio tutte le persone che seguono questa storia. In particolare quelli che l'hanno inserita tra le preferite e tra quelle da ricordare. Un grazie speciale a coloro che recensiscono.

Buona lettura e buonanotte! Spero che il capitolo vi piaccia!!! A me è piaciuto molto scriverlo, mi sono divertita!! :) Un bacione, Elettra.

 

 

CAPITOLO 15 – INSOMNIA (INSONNIA)

 

How much pain has cracked your soul?
How much love could make you whole?

Quanto ha spaccato la tua anima, il dolore?
Quanto ti ha reso completa, l'amore?

“I belong to you", Muse

 

Quella notte non chiusi occhio. Non che fossi agitata o preoccupata per l’intervento. Quello che mi preoccupava era il fatto che di lì a poco sarei entrata in sala operatoria con Edward. Non sapevo seriamente cosa pensare, come comportarmi o se dirgli qualcosa. Non ero di certo la tipa che baciava i ragazzi a caso, tutt’altro! Eppure, in sua presenza, tutti gli interrogativi svanivano magicamente dalla mia mente.

Mi veniva naturale sorridergli, stringergli la mano, cercare di prolungare una carezza. Naturale come respirare. Era l’unica persona in tutta la mia esistenza con cui mi sentissi sempre a mio agio. Nonostante quello che c’era stato, dopo esserci baciati, ero sicurissima che non sarei stata più in grado di guardarlo negli occhi. E invece no. La parte più timida e schiva di me spariva in sua presenza. Lasciava il posto alla nuova parte di me, intraprendente ed istintiva, che non conoscevo. E che mi piaceva decisamente di più della vecchia Bella. Tutto questo, però, iniziava a farmi paura. Avevo paura di soffrire. Non sapevo cosa provasse lui per me. Non sapevo come comportarmi. Non mi ero mai trovata in una situazione del genere, non avevo mai avuto a che fare con un ragazzo dal punto di vista più intimo e naturale che si possa intendere. Non mi ero mai innamorata. Non sapevo di preciso cosa provassi per Edward. Mi piaceva. E tanto anche. Lo avevo ammesso anche ad Alice, quando rimaste sole di sera, aveva cercato di estorcermi tutte le informazioni del caso. Ma era semplice attrazione fisica? Ero innamorata forse?! Troppe domande e poche risposte, anzi a dirla tutta … nessuna risposta!

Mi voltai a guardare l’orario sul display del mio cellulare. Erano quasi le sei. Alle otto sarebbe passata l’infermiera per prepararmi all’intervento. Forse era il caso di cercare di dormire, almeno per un paio d’ore. Dal momento che da sola non ci riuscivo, aprii il cassetto del comodino accanto al letto e tirai fuori il mio i-pod.

Riproduzione casuale.

Non avevo preferenze e soprattutto non ero in grado di scegliere neanche che musica ascoltare in quel momento. Avrebbe deciso la sorte per me. Tanto sarebbe andata bene qualunque cosa, avevo solo bisogno di rilassarmi un po’, e magari dormire.

Una serie di accordi ritmati al piano e la voce di Mattew Bellamy, il mio cantante preferito, giunsero alle mie orecchie.

When these pillars get pulled down,
It will be you who wears the crown,
And I’ll owe everything to you

How much pain has cracked your soul?
How much love could make you whole?
You’re my guiding lightning strike

I can’t find the words to say,
But they’re overdue,
I’ve travelled half the world to say,
I belong to you

Sebbene il mio intento fosse quello di non pensare, anzi di staccare proprio la spina della mia mente, la canzone che stavo ascoltando era proprio la più adatta in quel momento per accompagnare il ricordo della giornata trascorsa.

******

Non ricordo cosa sognai, ma di sicuro la realtà era di gran lunga più bella.

Edward, in tutto il suo splendore, con i capelli più spettinati del solito ed un leggerissimo strato di barba rossiccia sulle guance, mi sorrideva porgendomi un orrendo camice verde.

“Ben svegliata! Dormito bene?”, con lo sguardo indicò le cuffie che si trovavano ancora nelle mie orecchie.

“Oh, sì. Veramente … non riuscivo a dormire, così ho ascoltato un po’ di musica e mi sono addormentata. Comunque, buongiorno!”. Da dove scaturiva questa simpatia a me ignota!?

“Buongiorno a te!”, mi sorrise ed avvicinò le sue mani al mio viso. Istintivamente mi voltai verso Alice. Stava dormendo. Per fortuna!

“Cosa c’è?”, mi chiese preoccupato.

“N-nulla, va tutto bene.”

“Perfetto. Volevo solo sfilarti le cuffie dalle orecchie, così puoi iniziare a prepararti per andare in sala. Hai bisogno di aiuto per lavarti? Vuoi che ti chiami un’infermiera?”, sfilò le cuffie dalle mie orecchie mentre parlava e ripose l’i-pod sul comodino. I miei occhi seguirono attentamente ogni suo gesto. Era meravigliosamente aggraziato ed elegante. A differenza mia, sempre goffa ed imbranata!

Mi aiutò a scendere dal letto. Nel brevissimo tragitto che ci separava dalla toilette, la sua mano non lasciò mai la mia.

“Vado a sistemare alcune scartoffie”, sbuffò facendomi sorridere, “nel frattempo lavati ed indossa questo camice, torno subito”, soffiò vicinissimo alle mie labbra, senza però sfiorarle.

Ci rimasi un po’ male, ma quando sentii la voce di Alice, lo ringraziai mentalmente per aver evitato quello che sicuramente sarebbe stato un piacevolissimo quanto pericoloso contatto.

Se ci avesse visti Alice … meglio non pensarci!

“Buongiorno Alice! Ci vediamo dopo!”, disse sorridendo, sfoderando un’invidiabile faccia da poker. Si era ricomposto in men che non si dica, io invece ero ancora impalata, con lo sguardo da pesce lesso rivolto alla sua bellissima figura e la mano che stringeva la maniglia della porta del bagno.

“Ciao Edward, a dopo! Bella, buongiorno! Come va stamattina?”

“Buongiorno Alice, tutto bene, grazie. E tu? Come ti senti?”, ricominciavo a prendere coscienza della realtà.

Fortunatamente sembrava che Alice non avesse visto né sentito nulla.

“Abbastanza bene, grazie.”, mi rispose sorridendo come sempre.

“Vado a prepararmi”

“Certo, a dopo!”

******

Uscii dalla toilette e mi sedetti sul bordo del letto in attesa che venissero a prendermi. Avevo appena salutato i miei genitori, quando la porta si aprì rivelando l’ingresso di Edward.

Si avvicinò ad Alice con una siringa in mano. Ne iniettò tutto il contenuto nella flebo.

“E’ solo un antibiotico”, si giustificò sorridendole. Poi si volse verso di me.

Mi squadrò da capo a piedi con occhio clinico, ed esordì con :

“Bella, dovresti togliere anche la biancheria intima …”

“COSA?!”, forse alzai un po’ troppo il tono di voce.

Lo osservai ridacchiare e scuotere la testa.

“Preferisci che lo faccia qualcuno di noi in sala?”, mi disse con tono malizioso.

Lui mi avrebbe vista nuda, o quasi, in sala operatoria.

Oh mio Dio.

Iniziavo a vergognarmi sul serio.

Sentii le guance in fiamme. Sospirai e mi sollevai dal letto per dirigermi verso il bagno. Mi fermò.

“Puoi toglierli qui, ti tiro il separè e ti aspetto qui fuori.”

“Va bene”.

Appena si chiuse la porta alle spalle mi sfilai le mutandine ed abbassai le spalline del reggiseno. Quel camice era quasi trasparente. Che vergogna!

Ad un tratto la porta si aprì. Cercai di tirarmi su il reggiseno inutilmente e mi coprii come meglio potevo con quel camice.

“Edward! Esci! Sono nuda!”

Mi guardava con occhi famelici.

“Bella, tra qualche minuto ti vedrò anche più nuda di così!!”, disse con tono divertito indicando con un dito quei miseri straccetti di tessuto non tessuto che cercavano miseramente di lasciarmi, ancora per un po’, un minimo di dignità.

Arrossii ancora di più alle sue parole.

“Devi solo firmarmi questi moduli. Sono le autorizzazioni ed il consenso alle trasfusioni, in caso di bisogno. Poi esco, così puoi finire di spogliarti.”, mi sorrise maliziosamente.

Con mano tremula firmai quei moduli e tirai un sospiro di sollievo quando si chiuse la porta alle spalle.

Un’infermiera mi portò nella sala antistante la sala operatoria. Faceva molto freddo. D’altronde ero praticamente nuda, avevo solo quel camicino addosso. Si sentiva un forte odore di cloro e limone, misto alla fragranza del lattice emanata dai guanti utilizzati dai medici.

Ero sdraiata su una barella in attesa di fare il colloquio con l’anestesista, o chi per lui.

Ad un tratto sentii una leggera pressione su tutto il corpo e realizzai che non ero più scoperta, un lenzuolo mi ricopriva interamente lasciando scoperto solo il capo e parte del petto.

“Allora Bella, va meglio ora? Stavi tremando? L’infermiera non avrà pensato che potessi aver freddo, perdonala. Sei agitata?”

La voce del mio angelo. Mi aveva coperta perché aveva intuito che sentissi freddo. Era di una dolcezza inaudita.

“No, sono abbastanza tranquilla. Grazie Edward, per avermi coperto!”

“Figurati! Ora devo farti alcune domande. Sei allergica a qualche farmaco o all’anestesia in particolare?”

“No, non sono allergica a nessun farmaco. Almeno credo!”

“Bene … ora due domande indecenti .. le due domande che non si dovrebbero mai fare ad una donna!”, rise.

“Quanti anni hai e quanto pesi?”.

Ops. Il peso. Non ero di certo una modella …

“Ho quasi ventun’anni e peso 65 kg.”

“Perfetto. Torno tra un attimo.”

Che vergogna. Sapeva che ero vergine, mi avrebbe vista nuda di lì a poco ed ora conosceva anche il mio peso. Peggio di così …

“Eccomi. Ora ti inietto un po’ di curaro nella flebo. Poi iniziamo.”

Iniziai a sentire un leggero torpore. La notte insonne non aiutava di certo.

Non mi accorsi neanche che mi avevano portata nella sala operatoria, né della presenza di Carlisle e di altri medici e paramedici.

“Bella, tutto bene?”

Scossi il capo in segno di assenso e sorrisi a Carlisle.

“Edward, possiamo procedere”

Sentii una mano fredda accarezzarmi la guancia e poi i capelli, coperti dalla cuffia. Poi lo vidi. Era bellissimo anche con la cuffietta celeste e la divisa verde da chirurgo.

“Bella, ora conta fino a 10 e fai dei lunghi respiri con la bocca”, così dicendo avvicinò la mascherina del respiratore al mio viso.

Ero ancora cosciente quando mi sussurrò nell’orecchio :

“Sogni d’oro piccola, ci vediamo dopo”.

 

 

 

Alla prossima!!! Credo che aggiornerò venerdì o sabato!!! Buonanotte!! Kisses!

 

 

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Capitolo 17
*** CAPITOLO 16 – FEAR OF LOSING HER (PAURA DI PERDERLA) ***


 

Buonasera a tutti!!! Come promesso ... eccomi qui, con il nuovo capitolo! A dire il vero avrei dovuto postare domani mattina, perchè oggi sono stata fuori ... ma anche se sono rientrata da poco, ho preferito postare subito!!

Capitolo atteso da molti, suppongo ... è il capitolo dell'intervento di Bella!! Spero vi piaccia!!

Grazie a tutti voi che leggete, a chi ha inserito la storia tra le seguite, le preferite e quelle da ricordare. Mille grazie a chi lascia sempre una recensione. Grazie davvero di cuore, il vostro sostegno è importante! Buona lettura!!!

 

CAPITOLO 16 – FEAR OF LOSING HER (PAURA DI PERDERLA)

 

"Ma se ti sveglio e hai ancora paura ridammi la mano.
Cosa importa se sono caduto, se sono lontano..."

("Hotel Supramonte", Fabrizio De Andrè)

 

POV EDWARD

 

“Bisturi”.

Dopo aver disinfettato l’addome di Bella iniziai a passare gli strumenti a mio padre.

Era nuda sotto i miei occhi. Completamente nuda. Ridacchiai mentalmente ripensando al suo viso imbarazzato e più rosso che mai quando l’avevo scoperta seminuda nella stanza ed aveva cercato, piuttosto malamente, di coprirsi. I miei occhi, in quel momento, ardevano come tizzoni arroventati. Le sue forme generose e candide, che il camice verde tentava inutilmente di celare, rimbalzavano ai miei occhi come se ci fosse stato un cartello lampeggiante ad indicarle. La mia vista acuta da vampiro oltrepassava il sottile ed inutile tessuto che la copriva ed arrivava dove l’occhio umano non sarebbe mai riuscito ad arrivare.

Era toccato a me scoprirla. O meglio, avevo voluto che toccasse a me e l’avevo fatto. Avevo sollevato i lembi di quell’orribile camice, quando tutti erano impegnati a lavarsi le mani, e l’avevo tirato fin sopra il suo ombelico. Solo io mi ero beato della vista di quei riccioli bruni che conducevano la mia mente perversa a fantasie poco consone alla situazione in cui ci trovavamo.

Ero stato l’unico ed il solo, in quel momento, e fino ad allora nella sua vita. Avrei voluto percorrere lentamente quel viale color dell’ebano per bearmi del suo nettare.

Aveva un buon odore la mia Bella. Il più dolce che avessi mai sentito.

La fragranza dolciastra della sua femminilità mi arrivava prepotente alle narici, conducendo i miei pensieri verso paradisi mentali molto lontani e piacevoli. E mescolata all’odore del sangue fresco e vivo che potevo vedere scorrere tra i suoi vasi sanguigni, in quell’istante, rendeva tutto molto eccitante. Quella miscela di fragranze così pericolosamente invitante aveva il sapore di qualcosa che era meglio non assaggiare.

Nonostante la mia mente ospitasse tutti quei pensieri così distanti dal reale motivo per cui mi trovavo in quella sala operatoria, quando mio padre mi richiamò mentalmente all’ordine riuscii a concentrarmi e a pensare a qualcosa di diverso.

Qualcosa che non fosse Bella nuda, coperta solo da un misero camice ed una sorta di separè, in tutto il suo splendore in balia delle fantasie perverse di un vampiro eccitato.

“Edward, guarda. E’ troppo estesa … l’ovaio è completamente coperto … non credo sia possibile salvarlo, dobbiamo asportare tutto …”

Dopo aver asportato la cisti e l’ovaio, mi avvicinai a mio padre con le provette per prelevare i tessuti da analizzare. Sembrava fosse andato tutto bene.

Invece, ad un tratto, sentii il cuore di Bella perdere qualche battito e l’odore del suo sangue farsi più intenso.

“Porca puttana! Ha un’emorragia interna! Presto Edward, vieni ad aiutarmi!”

Non finii neanche di ascoltare i pensieri di mio padre che mi catapultai dall’altro lato del tavolo operatorio. Aspirai tutto il sangue che sgorgava e si accumulava nell’addome di Bella mentre mio padre cercava di suturare le tuniche della vena che avevano ceduto, rompendosi.

“Edward, sei sicuro di riuscire a resistere? L’odore del sangue è fortissimo … ce la posso fare da solo adesso, allontanati”!

“NO”, ringhiai in risposta ai pensieri di mio padre.

Era vero, l’aroma del sangue di Bella era uno dei più dolci e stuzzicanti che avessi mai sentito, ma in quel momento la sete era l’ultimo dei miei problemi. Riuscivo tranquillamente a stare a contatto con il suo sangue senza avere la tentazione di assaggiarlo.

Il suo cuore stava collassando, quella era la mia unica angoscia.

“La pressione sta calando troppo! Cosa aspettate! Adrenalina e nitroglicerina in vena! SUBITO!!!”

Urlavo come un disperato. Se solo non avessi dovuto mantenere un minimo di parvenza umana avrei fatto tutto da solo ed avrei impiegato un tempo minore di quello che stavano impiegando 5 persone tra medici e paramedici.

Man mano che aspiravo sentivo il cuore di Bella battere con una frequenza sempre più lenta. Avevo paura.

Paura di perderla.

Paura di non sentire più il suo cuore battere veloce come le ali di un colibrì in mia presenza.

Paura di non vedere più quel delizioso rossore fare capolino sulle sue guance.

Paura di non vedere più la luce brillare nei suoi occhi meravigliosi.

In quel momento, mentre praticavo il massaggio cardiaco sul suo petto, dopo aver scansato quell’incapace dell’anestesista, realizzai che avevo completamente perso la testa per lei.

Mi ero innamorato.

Perché se non era amore quello, cos’altro poteva essere?

“Forza Bella, resisti! Devi resistere!! SU!!!”

Dopo aver massaggiato il suo cuore per circa 2 minuti e dopo che Carlisle aveva attaccato al suo braccio una sacca di sangue per la trasfusione, finalmente sentii quello che per me era il suono più bello del mondo.

Il battito del suo cuore. La melodia più dolce che avessi ascoltato nella mia vita.

“Sei stato davvero bravo Edward. Sei riuscito a resistere al richiamo del sangue. Sono orgoglioso di te. I primi tempi anch’io avevo difficoltà a resistere, tu invece … hai avuto una prontezza e mantenuto una resistenza esemplari. L’hai salvata, figliolo. E’ merito tuo se è ancora qui con noi”.

Mi diede una pacca sulla spalla. Gli sorrisi in risposta.

Era viva. Era ancora con me.

“Edward, vuoi terminare tu la sutura? Complimenti per il tuo tempismo, è merito tuo se la nostra paziente è viva.”

“Certo papà, ci penso io. E grazie.”

Con la massima attenzione e perizia suturai i lembi di pelle della mia piccola umana. Non sarebbe rimasta una grande cicatrice, per fortuna.

Dopo circa un quarto d’ora dalla fine dell’intervento sentii il suo battito accelerare e la sua ventilazione polmonare aumentare di frequenza, segno che si stava svegliando.

“Bella, ehi Bella!”

Avrebbe trovato me accanto al suo risveglio.

Se avesse voluto, mi avrebbe trovato sempre accanto.

“Ciao Bella Addormentata! Bentornata tra noi”, le accarezzai il viso beandomi del sorriso che mi dedicò, irradiato dallo splendido spettacolo dei suoi occhi, che nonostante la stanchezza ed il sonno, erano più vivi e brillanti che mai.

Mi sembrava di essere rinato.

“Ciao Edward … co - com’ è andata?”

“Bene piccola, bene … mi hai fatto un po’ spaventare, ma ora va tutto bene.”

Avevo bisogno di sentire che c’era. Avevo bisogno di tangere la sua presenza attraverso tutti i sensi.

Non mi bastava vederla, sentire il suo odore, sebbene leggermente alterato dalla trasfusione, udire il battito lento ma deciso del suo cuore. No, volevo toccarla, bearmi della sua morbidezza e … gustare il suo sapore.

Iniziai ad accarezzarle una mano. Rispose alla mia presa con fermezza e decisione. Con l’altra mano le scostai una ciocca di capelli e le accarezzai il viso. Dalla tempia al mento, e poi al contrario.

Quando fui sicuro che non ci fosse nessuno che potesse vederci mi avvicinai al suo viso.

Il suo cuore iniziò la sua corsa, sembrava volesse uscirle fuori dal petto. Il suo respiro affannato si confondeva con il mio. Deglutii più volte.

Diventavo quasi umano in sua presenza. Sentivo esigenze, che non appartenevano solitamente alla mia specie, come prendere aria o deglutire.

Le baciai le palpebre provocandole un fremito.

Poi scesi giù con le labbra, seguendo la curva del naso, e depositai un bacio sulla punta. Sorrise.

Volevo farmi attendere. Sentivo che anche lei mi voleva. L’odore della sua eccitazione si distingueva perfettamente, nonostante in aria circolassero le varie fragranze dei disinfettanti. O forse ero io che in sua presenza riuscivo ad isolarmi da tutto. Non esisteva più niente, lei diventava il centro del mio mondo.

Poggiai, con tutta la delicatezza e la calma di cui ero capace, le mie labbra fredde ed esangui, sulle sue, calde ed umide.

Fuoco e ghiaccio coesistevano, rinnegando ed infrangendo tutte le leggi della fisica.

Saggiai a fondo la morbidezza delle sue labbra, una volta, poi un’altra, ed un’altra ancora. Mi allontanai per un secondo, per lasciarle il tempo di respirare. In fondo, aveva appena subito un’ intervento con tanto di complicazioni. Era debole.

Ma era pur sempre la mia Bella dolce e decisa. Infatti, mi tirò per la nuca, stringendo forte i miei capelli e catturò di nuovo le mie labbra tra le sue.

Esigevo un contatto più profondo. E sentivo che anche lei lo voleva.

Era viva, ed era mia. Perfettamente in sintonia con i miei pensieri e le mie emozioni.

Volevo carpirle l’anima ed il cuore attraverso quel bacio, ma i pensieri di mio padre mi avvisarono in tempo della sua presenza.

Baciai un' ultima volta, con dolcezza, la mia piccola Bella e mi staccai da lei. Altrimenti sarei ricaduto in tentazione.

Le nostre mani sempre unite saltarono subito all’occhio attento di mio padre.

“Edward … ho interrotto qualcosa?! Dobbiamo riportarla in camera, ha bisogno di riposarsi … non farla stancare troppo!!”

Sorrisi ai pensieri maliziosi di mio padre. Aveva ragione, Bella era ancora provata dall’intervento.

La riaccompagnai in camera, adagiandola delicatamente sul letto. Poi andai a parlare con i suoi genitori per spiegargli le dinamiche dell’intervento e per rassicurarli sull’avvenire.

La madre di Bella era davvero molto apprensiva, non fu tanto facile farle capire che anche con un solo ovaio avrebbe, probabilmente, potuto avere dei bambini.

Già dei bambini … solo un essere umano sarebbe stato in grado di donarle la gioia di diventare madre … Bella meritava il meglio dalla vita, ed in quel momento mi resi conto che io, forse, non ero “giusto” per lei.

Ero solo un essere dannato. La mia natura mi imponeva di togliere e negare la vita, non di crearne un’altra. Era scritto nel mio destino. E volente o nolente, dovevo accettarlo.

Scacciai quei pensieri tristi e mi congedai da loro, dirigendomi nello studio di mio padre, dove mi attendeva una piacevole sorpresa.

 

 

 

SPOILER!!!

Vi lascio un assaggio del prossimo capitolo ... chi indovina chi sta parlando riceverà via e-mail un altro spoiler!!! Vi aspetto in numerosi!!! Alla prossima ... un bacione!!!

Nella stanza regnava il silenzio, si sentiva solo il suo respiro cadenzato, lo stillare delle gocce di soluzione fisiologica contenuta nella flebo, ed il battito delicato del suo cuore.

Feci il giro del letto e mi ritrovai di fronte al viso di un cherubino.

 

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Capitolo 18
*** CAPITOLO 17 - KNOWLEDGE AND FOUND (CONOSCENZA E RITROVAMENTO) ***



Buongiorno care lettrici e cari lettori! Mi sono fatta attendere un pò, ma purtroppo non è dipeso da me. Qualche giorno fa è venuta a mancare una persona molto speciale per me, a cui ero tanto legata, mio nonno.
Il capitolo era già pronto. Lo dedico a te, nonno, grazie di tutto.
Buona lettura, spero che il capitolo vi piaccia, a presto!
Grazie come sempre a tutti, chi legge soltanto, chi segue, chi ha inserito la storia tra le preferite e tra quelle da ricordare. E un grazie speciale a chi recensisce.
Vi lascio il link di una nuova storia che ho iniziato a pubblicare, mi farebbe molto piacere se la leggeste e magari mi fareste conoscere la vostra opinione LA FANCIULLA E LO STRANIERO .

CAPITOLO 17 – KNOWLEDGE AND FOUND (CONOSCENZA E RITROVAMENTO)

 

“E non lontana omai vista la nave,
Un dolce canto cominciaro a sciorre:
"O molto illustre Ulisse, o degli Achei
Somma gloria immortal, su via, qua vieni,
Ferma la nave; e il nostro canto ascolta.”

(Odissea, Canto XII – Traduzione di Ippolito Pindemonte)


POV ALICE
Iniziavo ad avere molto sonno. Sentivo le palpebre pesanti. Non mi resi neanche conto che erano venuti a prendere Bella per portarla in sala operatoria. Avrei voluto salutarla, augurarle buona fortuna e dirle di stare tranquilla. Con il dottor Carlisle Cullen ed Edward al suo fianco, non aveva nulla di cui preoccuparsi. Già … Edward.
Bella mi aveva confessato che le piaceva. E tanto anche. Ma ero convinta che mi tenesse nascosto qualcosa. Lui la guardava in un modo … la adorava con lo sguardo, come un devoto di fronte alla statua di un santo.
Sprofondai in un sonno profondo … un sonno senza sogni, o almeno era quello che credevo.

POV JASPER
Edward aveva appena lasciato la stanza delle ragazze. Aveva iniettato una dose massiccia di sonnifero nella flebo di sua sorella, così non avrei avuto nessun problema ad entrare nella stanza e compiere la mia opera.
Attesi circa dieci minuti. Appena vidi l’infermiera entrare in ascensore con la barella, su cui era sdraiata la compagna di stanza della piccola Masen, volai come un razzo per i corridoi ed entrai nella stanza numero 10. Nessuno si accorse del mio passaggio. Uno dei vantaggi dell’ essere un vampiro.
Una sagoma minuta giaceva nel letto, coperta dalle lenzuola, rivelando un corpo esile e di piccola statura. Sbucava da quel bozzolo candido solo un caschetto di capelli corvini. Era voltata di spalle.
Nella stanza regnava il silenzio, si sentiva solo il suo respiro cadenzato, lo stillare delle gocce di soluzione fisiologica contenuta nella flebo, ed il battito delicato del suo cuore.
Feci il giro del letto e mi ritrovai di fronte al viso di un cherubino.
Aveva i lineamenti molto simili a quelli di Edward, ma più delicati. Il nasino alla francese, gli zigomi alti, le labbra color porpora.
Era davvero molto bella. Sembrava una bambina. Dolce ed innocente.

Doveva avere un sonno molto tranquillo. Meglio per me, avrei fatto meno fatica a fare arrivare nel suo subconscio le mie immagini.
Mi stesi sul letto, accanto a lei, calibrando bene ogni mio movimento e dosando il mio peso. Le accarezzai il capo e scostai una ciocca di capelli dal suo dolce viso, accompagnandola con le mie dita dietro al suo orecchio.
Il suo respiro caldo mi arrivava dritto in viso. Eravamo vicinissimi. Poggiai la fronte sulla sua e premetti con le dita sulle sue tempie.
Iniziai a trasmetterle tutti i miei ricordi e quelli di Edward, parlandole nell’orecchio. Il mio potere consisteva nel riuscire a plasmare immagini vivide attraverso i miei racconti. Questo accadeva però solo quando la prescelta dormiva. Riuscivo ad impadronirmi del suo inconscio e a manipolare i suoi sogni. Nessuno osava minare la veridicità delle immagini che trasmettevo. Ammaliavo le mie “vittime”. Carlisle aveva paragonato il mio potere al canto delle sirene dell’Odissea.
Era un potere che avevo usato spesso in passato, appena avevo scoperto di esserne dotato, per conquistare e sedurre molte donne che erano restie a cedermi la loro virtù, ma poi con il tempo avevo perso gusto a farlo.
A quel tempo, negli anni 50, arrivare illibate al matrimonio era sacro. Ma io ero come un bambino capriccioso e dispettoso. Promettevo loro di sposarle ed amarle, e poi dopo essermi divertito con loro per qualche notte fuggivo via, in cerca di una nuova preda. Ma a lungo andare mi ero stancato, e visto che con l’avvento del ’68 e la rivoluzione studentesca, le ragazze si erano emancipate, diventando della splendide femmine di uomo in calore, disinibite e per nulla pudiche. Come quando un bambino ha un giocattolo nuovo e trascorre la maggior parte del suo tempo con esso per i primi giorni, poi lo accantona nell’angolo più remoto della sua stanzetta perché è preso dalla brama di averne uno più nuovo e più bello, così io mi ero semplicemente annoiato di arrampicarmi sui tetti delle case più facoltose della città per giacere con donne bigotte e bacchettone. Potevo ottenere quello che volevo semplicemente con uno schiocco di dita, o con una mazzetta di dollari.

Raccontai ad Alice dell’incidente di Edward, della sua trasformazione, della nostra famiglia. Mi presentai anch’io, le raccontai dei miei trascorsi gloriosi di ammiraglio della marina militare statunitense, dei bombardamenti di Pearl Harbour, del mio salvataggio in extremis da parte di quello che consideravo più di un padre, Carlisle.
Le spiegai che eravamo diversi dagli altri vampiri, noi non uccidevamo le persone. Ci nutrivamo del sangue degli animali, non eravamo degli assassini spregevoli.
Poi passai a lei. Le mostrai quello che Carlisle e gli altri medici le avevano tenuto nascosto, la sua malattia. Ed il suo inevitabile destino.
Con abili parole, come un seguace della maieutica socratica, svelai ai suoi occhi l’unica strada da percorrere. Lei sorrise nel sonno. Aveva compreso ed accettato. A conferma di ciò mi afferrò per il bavero della giacca e nascose il viso sul mio petto. Respirò a fondo il mio profumo. Sentii il suo cuore battere più velocemente, segno che si stava svegliando.
Infatti aprì gli occhi e tese le labbra in un timido sorriso.
Ero completamente stregato dall’intensità del verde di quei due smeraldi. Nessuna donna era riuscita a soggiogarmi solo con uno sguardo. Fremevo impaziente in attesa di una sua prossima mossa. Che non tardò ad arrivare.
Iniziò ad accarezzarmi il viso, soffermandosi sulla linea degli zigomi, e poi scendendo giù lungo la mascella squadrata. Con il pollice tracciò il contorno delle mie labbra esangui. Non aveva idea dell’effetto che il calore della sua piccola mano sortiva sulla mia pelle algida. Ero completamente in balia delle sue carezze. Ammaliato dalla dolcezza del suo viso.
Mi guardava in modo estasiato. Non aveva paura. Anzi, sorrideva … felice.
“Quindi … è tutto vero? Tu … tu sei vero? Non era un sogno?”, mi chiese timida con la voce rotta dall’emozione, abbassando lo sguardo sulla mano che aveva ritratto dal mio viso, come se si fosse scottata.
“Sì Alice, è tutto vero. Io sono reale. Hai … hai paura? Hai paura di me?”.
Temevo una sua risposta affermativa. Sebbene la sua reazione iniziale fosse stata più che positiva, non riuscivo a spiegarmi perché, dopo tanta intraprendenza avesse allontanato la sua mano dal mio viso, sottraendomi le sue morbide carezze.
“No, no!! Assolutamente no! E’ che, io ... non mi sembra vero .. io …”, non terminò la frase perché il suo corpo fu scosso da singhiozzi. Calde lacrime le solcavano il viso, dello stesso colore della madreperla. Istintivamente la strinsi forte a me, accarezzandole con movimenti lenti ma decisi la schiena, in tutta la sua lunghezza. Eravamo ancora stesi sul letto, l’uno accanto all’altra, con lei che aveva trovato rifugio nel mio petto marmoreo.
Era così piccola e vulnerabile in quel momento. Bisognosa di protezione.
Dopo un tempo che mi sembrò interminabile sentii il suo respiro regolarizzarsi e finalmente mi regalò di nuovo la vista dei suoi splendidi occhi.
Le accarezzai una guancia con il dorso della mano.
“Va tutto bene?”
“Si, si … scusa … io … sono felice. Mi crederai pazza, forse dovrei avere paura in questo momento, ma non ne ho affatto. Per la prima volta nella mia vita sento che le cose stanno cambiando in meglio. Grazie, Jasper. Grazie davvero … e scusa se ti ho bagnato tutta la giacca!”, scoppiò a ridere indicando la parte di tessuto della mia giacca, di un colore più scuro rispetto al resto, intrisa delle sue lacrime.
“Figurati, è stato un piacere. In effetti, per un momento avevo frainteso la tua reazione! Temevo avessi paura di me … in fondo sono pur sempre un predatore …”, le sorrisi ed accompagnai alle mie parole il più galante dei gesti. Portai la sua mano alle mie labbra, depositandovi un bacio.
Arrossì impercettibilmente a quel baciamano, poi sorrise di rimando.
“Ero sicura che Edward fosse il mio Edward! Non poteva avermi abbandonata così!”
“Tuo fratello ti vuole davvero molto bene, e sento che anch’io te ne vorrò, Alice.”
“Grazie. Grazie di cuore. Finalmente avrò una famiglia!”
“Già … e che famiglia! Sai, sono tutti ansiosi di conoscerti!!”, continuai ad accarezzarle il dorso della mano, disegnando con il mio pollice figure concentriche.
Sentivo di provare già un grande affetto per quella piccola umana.
“Posso farti una domanda?”
“Certo, puoi chiedermi tutto quello che vuoi.”
“Quello, quello che ho sognato … insomma … sei stato tu? Come hai fatto?”
Sorrisi. Era davvero molto sveglia e perspicace.
“Ho un potere. Molti vampiri ne hanno. Si tratta di doti umane che durante la trasformazione si amplificano fino a diventare dei poteri veri e propri. Edward, ad esempio, è in grado di leggere il pensiero.”
“COSA?! Davvero?! Quindi … quindi lui sapeva! Conosceva i miei pensieri, le mie supposizioni su di lui!”
“Esattamente. Lui sapeva tutto. Ha letto tutto di te. La tua sofferenza, il tuo bisogno di affetto, la tua forza d’animo. Sei molto perspicace, Alice! Ti va di andare nello studio di Carlisle ad aspettare tuo fratello? Così nel frattempo ti spiego come funziona il mio potere e ti racconto qualcosa in più sulla nostra famiglia.”
“Va bene, andiamo.”

POV ALICE
Non riuscivo a credere a tutto quello che mi stava succedendo. Finalmente la vita mi offriva un riscatto per tutti gli anni di sofferenza che avevo dovuto patire. Scesi dal letto, accompagnata da quell’angelo di nome Jasper, per recarci nello studio di Carlisle.
“Ce la fai a camminare?”
“Sì, perché?”
“Speravo mi rispondessi di no.”
“E come mai?”, iniziavo a prenderci gusto a punzecchiarlo …
“Volevo mostrarti una cosa … ma se dici che ce la fai da sola, non fa nulla …”, finse di mettere un broncio adorabile. Sorrideva quando credeva che non lo vedessi.
“Mmm .. vediamo, no .. forse non ce la faccio. Sono stanca. Cosa devi farmi vedere?!”
“Furbetta!! Volevo mostrarti il nostro modo di “spostarci”. Se ne hai voglia. Prima però devo staccarti la flebo.”
Ero davvero curiosa ed affascinata da quel mondo fantastico, che fino a ieri mi sembrava esistesse solo nei romanzi, ed invece di lì a poco sarebbe diventato anche il mio mondo. Finalmente avrei trovato anch’io il mio posto nell’universo, la mia dimensione. Accanto a mio fratello. E a Jasper …
Sentivo una forte attrazione nei suoi confronti. Era stato così dolce con me. E poi si era creata da subito una certa complicità.
Dopo aver sfilato dal mio braccio quell’odiosissimo ago della flebo, mi fece salire sulle sue spalle.
“Pronta?! Soffri di nausea da movimento per caso?”
“No, non credo!”. Ero elettrizzata.
“Allora reggiti forte!!”
In un battito di ciglia eravamo nello studio di Carlisle.
“Woow … fico! E’ … sembra tutto così irreale! Sei sempre sicuro che io sia sveglia e non stia sognando?!”
“Certo sciocchina! Sei sveglia, e questa è la realtà. La nostra realtà.”, mi accarezzò i capelli e mise una certa enfasi nel pronunciare l’aggettivo nostra.
Quella sarebbe stata anche la mia realtà.
Non vedevo l’ora di diventare come loro!
Dopo avermi raccontato tutta la sua storia e quella della famiglia Cullen e dopo aver dissipato ogni mio dubbio circa i suoi poteri e quello di Edward, sentii la porta chiudersi. Mi voltai e di nuovo le lacrime solcarono il mio viso alla vista della persona che era entrata. Erano lacrime di gioia.
Iniziai a muovere i passi verso mio fratello, ma lui fu più veloce di me ed in un nanosecondo mi ritrovai stretta tra le sue braccia forti.
“Non sai quanto ho atteso questo momento. Non ci separeranno più, piccola Alice. Mai più. Te lo prometto!”
Sopraffatta dai singhiozzi non riuscivo a parlare. Mi ricordai che non ce n’era bisogno.
“Mi sei mancato tanto Edward! Tantissimo!! Ti voglio bene!”
Aumentò la sua stretta sul mio esile corpo e mi baciò il capo.
“Anch’io Alice, anch’io ti voglio bene. Non piangere, sorellina. Ora abbiamo l’eternità davanti a noi!”




 

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Capitolo 19
*** CAPITOLO 18 – TOGETHER AGAIN (DI NUOVO INSIEME) ***


OVE IS

Buongiorno a tutti! Posto velocemente perchè sono reduce da un intervento ed inizio a sentire parecchio dolore ... quindi senza indugiare oltre vi lascio al capitolo. Spero che vi piaccia!!

Grazie come sempre a tutti, chi legge soltanto, chi segue, chi ha inserito la storia tra le preferite e tra quelle da ricordare. E un grazie speciale a chi recensisce.
Vi lascio il link di una nuova storia che ho iniziato a pubblicare, mi farebbe molto piacere se la leggeste e magari mi fareste conoscere la vostra opinione LA FANCIULLA E LO STRANIERO . Il prossimo capitolo credo che arriverà nel week-end.
Buona lettura!

 

CAPITOLO 18 – TOGETHER AGAIN (DI NUOVO INSIEME)

 

 

“L'essenziale è invisibile agli occhi non si vede bene che col cuore.” (Il piccolo principe)

 

 
POV EDWARD
Fin dalla prima volta in cui l’avevo vista in quel letto d’ospedale, quando quegli occhi così simili ai miei da umano mi avevano scrutato ed a lungo studiato, sorpresi, perché gli occhi del cuore avevano elaborato prima della mente il legame del sangue, avevo sperato di poterla riabbracciare. Di raccontarle la verità. Finalmente quel momento era arrivato.
Ora la mia famiglia era davvero al completo. Avevo ritrovato mia sorella. La mia piccola e dolce Alice. Eravamo ancora stretti in quell’abbraccio soffocante, che aveva quasi la presunzione di azzerare la distanza temporale che ci aveva visti lontani, quando anche Carlisle fece il suo ingresso nello studio.
Alice ritornò a toccare terra con i suoi piedi, ma non l’abbandonai. La tenevo abbracciata da dietro mentre Carlisle si avvicinava. I suoi occhi tradivano una certa emozione. Probabilmente se la natura ci avesse concesso la facoltà di piangere lo avremmo fatti tutti in quel momento, insieme ad Alice.
Mi diede una pacca sulla spalla e poi si dedicò completamente ad Alice. Aveva provato sin da subito un forte affetto nei suoi confronti, quasi avesse presagito quello che sarebbe accaduto. L’essenza delle cose non si percepisce se non con il cuore.
“Dottore, io …”
“No, chiamami Carlisle. A cosa servono queste formalità?”, le sorrise in modo paterno.
“Io, volevo ringraziarti Carlisle. So … ho visto – si volse verso Jasper che era rimasto in silenzio per tutto quel tempo, rispettando l’intimità del momento in cui ci eravamo ritrovati – che hai convinto tu Edward a trasformarmi. Sei stato tu a farlo ragionare.”, mi strinse forte la mano che tenevo sul suo fianco.
Ero sempre stato ostinato. E molte volte pagavo caro il prezzo di quel mio difetto. Avrei potuto perdere per sempre Alice se non avessi deciso di dar retta a Carlisle …
“Insomma … grazie, grazie di cuore di tutto. Di tutto quello che hai fatto, che fai e che farai in futuro. So che entrerò a far parte della vostra famiglia, e …”
“Alice, sei la sorella di mio figlio. Non devi ringraziarmi di nulla, è un vero piacere che tu entri e far parte della nostra famiglia. Io ti considero già mia figlia.”
Si liberò dalla mia stretta e corse ad abbracciare Carlisle che rispose con gioia alla vigorosità dell’abbraccio di Alice. Leggevo nella mente di Jasper che gongolava di gioia. Tutti i sentimenti positivi che aleggiavano nell’aria erano benessere puro per il suo ego empatico.
“A casa sono tutti ansiosi di conoscerti. Soprattutto mia moglie. Più tardi verranno a farti visita.”
“Io, io non so cosa dire! Credevo di aver perso tutto, ed invece ora sono la persona più felice del mondo!”
Anche se sapevo che stesse dicendo la sola e pura verità, avevo bisogno di sentire un’ulteriore conferma della sua scelta.
“Non devi dire nulla, Alice. Devi solo promettermi che d’ora in poi non ci sarà più spazio nel tuo cuore per la tristezza e per la sofferenza. Giurami che sei davvero felice di questa decisione. So che non ci sono altre alternative, però …”
“Ma certo Edward! Certo che sono felice! Non osare mai più pensare una cosa del genere! Nell’arco di un baleno ho ritrovato il mio fratellone ed una famiglia!”
Ritornò tra le mie braccia. Era visibilmente emozionata e stanca. Quando la vidi sbadigliare, ridacchiai.
“Perché ridi?”
“Nulla, nulla.”
“Edward.”
“Davvero, non è niente.”
“A cosa stavi pensando?”, chiese battendo ritmicamente il piede destro per terra e poggiando le sue piccole mani sui fianchi, proprio come quando da piccola voleva ottenere qualcosa.
“Pensavo alla dose massiccia di sonnifero che ho dovuto iniettarti stamattina!”
“Ah!! Ecco perché ho dormito tanto e ho ancora sonno!! Mascalzone di un vampiro!!”, cercò invano di colpirmi con uno scappellotto. Mi scansai per evitare che si facesse male sul serio!
“Ehi, era necessario!! Altrimenti Jasper non sarebbe riuscito a concludere il suo compito!”
“Ah, giusto. Mi ha spiegato come funziona il suo potere. E mi ha parlato anche del tuo.”
Aveva chiuso la sua mente. Che furbastra!
“Alice, cosa mi stai nascondendo?”
Iniziavo ad avere qualche sospetto.
“Ne parleremo dopo.”, disse cercando di apparire vaga.
“So che fai finta di nulla! Sai bene a quali pensieri mi riferisco!! Mi avrai sicuramente letto nella mente prima di entrare in sala operatoria stamattina … avrai visto tutta la mia conversazione con Bella, tutto quello che sono riuscita ad estorcerle!”
Bingo! Sapevo dove voleva andare a parare!!! Eh, cara sorellina … dovrai attendere un po’!! Percepii i pensieri di Esme avvicinarsi e con essi, sentimmo la porta aprirsi e chiudersi subito dopo.
Erano arrivati tutti. Tutta la famiglia Cullen al completo.
C’eravamo proprio tutti.
Esme era davvero una mamma. Guardava Alice con adorazione. Mi sentivo felice in quel momento, ma non completamente. Era una sensazione strana Quella sensazione che provi quando ti sembra di aver raggiunto uno scopo a lungo agognato, ma poi ti rendi conto che ti manca qualcosa. Che hai dimenticato un pezzo di te stesso nel percorso che hai fatto per raggiungere il traguardo, la parte più importante di te.
Mi mancava il “mio cuore”. Bella.
Mi allontanai per andare a controllare le sue condizioni. Alice era in mani più che sicure. Era con la nostra famiglia.
Avevo bisogno di vedere Bella. Di sentirla.
 
 
Entrai in camera. C’era sua madre che dormiva su una sedia, accanto al letto. Anche Bella si era addormentata.
Mi avvicinai cauto, cercando di fare il minor rumore possibile.
Nonostante fosse provata dall’intervento, era bellissima. Le ciocche di capelli ricadevano scomposte sul guanciale, le labbra socchiuse, le guance rosate.
Mi avvicinai al suo viso e fui subito investito dal suo respiro caldo e delicato. Le baciai la fronte, poi il naso ed infine le labbra. Sorrise nel sonno.
“Edward”.
Si era forse svegliata? Avevo cercato di essere il più delicato e silenzioso possibile. E poi aveva ancora l’anestesia in circolo. Non era sveglia.
“Edward, stai qui con me. Edward … io … io ti voglio … ”, ammise infine sospirando.
Stava sognando. Stava sognando me. Mi chiamava a sé con un’intensità tale che dovetti far leva su tutto il mio autocontrollo per evitare di rapirla, portarla via da quella stanza e dichiararle il mio amore.
Sentii un certo prurito agli occhi. Se avessi potuto, probabilmente, avrei pianto in quel momento.
Mi sedetti sul letto accanto a lei e le accarezzai la mano, continuando a venerare la sua splendida figura.
 
 
Solo in seguito realizzai la bizzarria della situazione. Sua madre dormiva su una sedia, seduta alla destra del letto, mentre io ero alla sinistra di Bella, chino sul suo corpo. Se qualcuno ci avesse visti … non osavo immaginare!!!
Salutai la mia piccola e dolce Bella con un ultimo bacio e gongolante di gioia mi recai di nuovo dalla mia famiglia.
 
 
 

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Capitolo 20
*** CAPITOLO 19 – DEMISSION (DIMISSIONI) ***


 

Buonasera, vista l'ora tarda posto velocemente. Ho rallentato un pò il ritmo perchè sono strapiena di impegni e trovare il tempo per scrivere sta diventando un'impresa ... ma nonostante tutto eccomi qui!

Grazie come sempre a tutti, chi legge soltanto, chi segue, chi ha inserito la storia tra le preferite e tra quelle da ricordare. E un grazie speciale a chi recensisce.

Vi lascio il link di una nuova storia che ho iniziato a pubblicare, mi farebbe molto piacere se la leggeste e magari mi faceste conoscere la vostra opinione LA FANCIULLA E LO STRANIERO .

Il prossimo capitolo credo che arriverà nel week-end.

Buona lettura.

 

 

CAPITOLO 19 – DEMISSION (DIMISSIONI)

 

“Senza amici nessuno sceglierebbe di vivere, anche se avesse tutti gli altri beni.”
(Aristotele)

 

Non ricordavo per quanto tempo avessi dormito. Al mio risveglio sentivo tutti i muscoli delle gambe intorpiditi ed un leggero fastidio alla pancia, un bruciore simile a quello provocato da uno strappo.

“Bella, ti sei svegliata, tesoro! Come stai?”, mi chiese mia madre palesando attraverso gli occhi una certa preoccupazione.

“Bè, diciamo che ho conosciuto momenti migliori, ma sto abbastanza bene. Com’è … com’è andato l’intervento?”

“E’ andato tutto bene tesoro, ti hanno asportato la cisti ed anche l’ovaio, ma il dottor Cullen ha detto di non preoccuparci. Sembra proprio un bravo dottore.”

“Già”, risposi soltanto. Chissà dov’era Edward in quel momento … ricordavo di averlo visto appena l’intervento era terminato. Poi avevo solo dormito. E sognato.

Avevo sognato Lui. D’altronde non poteva che essere un sogno tutto quello che avevo vissuto in quei giorni. Ancora non mi sembrava reale.

Dopo un’ora circa venne un’infermiera a controllare la flebo e a farmi scendere dal letto. Dopo un iniziale capogiro riuscii ad arrivare fino alla sponda del letto di Alice e a tornare da sola. Non avevo ancora visto Alice, chissà dov’era finita anche lei. Chiesi a mia madre se lo sapesse, ma non seppe rispondermi.

A pranzo continuarono a tenermi a digiuno, per precauzione. Mia madre dovette andar via nel primo pomeriggio a causa di un impegno lavorativo.

“Torniamo domani mattina, Bella! Ci sentiamo stasera, mi raccomando non fare di testa tua, come al solito, chiama i medici se hai bisogno di aiuto, capito?”

Ecco, si era riattivata Renee- mamma- chioccia.

“Va bene mamma, ora vai, altrimenti farai tardi! Io sto bene!”

Avevo ancora sonno. Dal momento che ero sola in camera, decisi di riposare un po’.

Al mio risveglio trovai Alice seduta sulla sedia accanto al mio letto, più sorridente che mai. Era raggiante.

“Alice”, biascicai con la bocca ancora impastata dal sonno.

“Bella, Bella! Finalmente ti sei svegliata!”, mi strinse forte a sé, per quanto le sue esili braccia permettessero.

Che tesoro di ragazza. Mi chiese tutti i particolari relativi alla preparazione pre-operatoria e tutti i dettagli che ricordavo sull’intervento. Ovviamente stetti ben attenta ad omettere i dettagli più intimi tra me ed Edward.

“Ho caldo. Sarà colpa di tutti questi antibiotici. Vado a rinfrescarmi un po’ in bagno.”

“Certo, vuoi una mano?”

“No, ti ringrazio. Dovrei riuscire a farcela da sola.”

Appena vidi la mia figura allo specchio emisi un verso stridulo che alle orecchie di Alice dovette sembrare un urlo.

“Bella, cos’è successo?! Ti sei fatta male?!”

“Alice! Ma guarda che capelli!!! Sono inguardabili!!!”, se solo Edward mi avesse visto in quelle condizioni … sembravo una balla di fieno.

Alice scoppiò a ridere.

“Sciocchina, mi hai fatto preoccupare!”, si allontanò per poi ritornare dopo pochi secondi con un elastico bianco in mano ed una spazzola dalle setole in legno.

“Ecco, raccogli i capelli con questo.”

“Oh, grazie, Alice. Se non ci fossi tu qui!!”, le sorrisi e lei prontamente ricambiò.

Trascorremmo la serata guardando un vecchio film in tv e poi ci addormentammo.

La mattina seguente il dottor Cullen entrò nella stanza seguito da un ragazzo molto bello, biondo e con gli occhi di quella strana tonalità che a quanto pare era tipica della famiglia Cullen. Lo presentò come il suo secondogenito, Jasper.

“Alice, oggi torni a casa … contenta?”

“Certo dottore! Finalmente! Non ne potevo più!”

“Ti riaccompagnerà mio figlio a casa, dal momento che non può venire a prenderti nessuno.”

“Oh, grazie mille dottore! Grazie di tutto!”

Alice sembrava davvero felice.

Io, invece, ero, egoisticamente, triste. Sarei rimasta di nuovo sola.

Dopo aver preparato le sue cose ed aver indossato i suoi vestiti, Alice si avvicinò a me per abbracciarmi.

Sentii la spalla destra umida.

Stava piangendo.

“Ehi, non piangere. Tanto ci rivediamo presto! Appena mi dimettono devi assolutamente venire a trovarmi!”, le mie parole che volevano consolarla, sortirono l’effetto contrario. Iniziò a singhiozzare e a versare lacrime copiosamente.

Poi qualcuno la allontanò da me.

“Ehi Alice, calmati su. Vi rivedrete presto.”

Quella voce … la sua voce.

Edward.

Edward?! Ma quando era entrato nella stanza!?

La strinse a sé, poi quando si fu calmata mi riabbracciò e mi sorrise.

“Ti voglio bene, Bella”, mi sussurrò all’orecchio.

A quel punto iniziai a piangere io. Ero sinceramente commossa. Mi sarebbe mancata tantissimo. La mia prima vera amica.

“Anch’io Alice, anch’io ti voglio bene. Ti prometto che ci vedremo presto!”

“Certo, certo”, mi sorrise.

Quando stava per uscire dalla porta, mi ricordai di doverle restituire una cosa.

“Alice! Alice, aspetta!”

“Cosa c’è?”

“Devi riprenderti l’elastico”, e così dicendo lo sfilai dai miei capelli, facendoli ricadere morbidi sulle spalle.

“No, no. Tienilo tu. Così avrai qualcosa di mio e ti ricorderai per sempre di me.”, mi disse con aria triste. Edward le rivolse uno sguardo compassionevole e le accarezzò il capo.

Era molto strano il loro atteggiamento … erano intimi. Ed io ero quasi … gelosa. Sì, gelosa. Perché quella stessa carezza era stata rivolta a me qualche giorno prima. Quello sguardo dolce lo aveva dedicato a me.

Quando però vidi gli occhi di Alice di nuovo lucidi per le lacrime, mi pentii del sentimento che avevo provato.

Edward non guardava Alice come guardava me. Era sì amorevole e compassionevole, ma come lo era Jacob con me. Era una sorta di affetto fraterno. D’altronde, per quel poco che avevo conosciuto Edward, mi sembrava un ragazzo molto buono ed altruista. Una grande anima. Ed Alice sembrava così piccola e fragile in quel momento, bisognosa di conforto.

A volte, formulavo dei pensieri da vera stupida.

Quando finalmente uscirono, mi rigirai quell’elastico tra le dita e scoppiai a piangere. Quanto mi sarebbe mancata Alice!

Le sue parole mi rimbombavano nella testa “ti ricorderai per sempre di me”. Perché era così triste quando mi aveva salutata? Perché aveva pronunciato quella frase? Sembrava quasi … un addio. Ma non ne capivo il motivo.

Perché l’avevano dimessa? Era guarita? O stava davvero così male che …

No. Non poteva essere così davvero. Eppure solo questo spiegava lo sguardo compassionevole dei dottori, i vari esami e visite specialistiche, i suoi occhi tristi, le lacrime e quelle parole.

“Ti ricorderai per sempre di me”.

Nostalgia, paura e senso di colpa. Provavo tutti questi sentimenti messi insieme. Poi il pentimento derivato dall’aver provato gelosia nei suoi confronti prese il sopravvento sugli altri sentimenti. E la mia mente cadde di nuovo in quel giro perverso di pensieri di cui ero vittima e carnefice allo stesso tempo. Pensieri che vorticavano in un tunnel senza via d’uscita. E ricominciai a biasimarmi e piangermi addosso. Ricominciai a piangere la mia solitudine e la mia inettitudine.

Ecco perché sono sola.

Non mi fido.

Non mi fido di nessuno, neanche di me stessa e dei miei sentimenti. Come potrebbero fidarsi gli altri di me?

Come si potrebbe stare accanto ad una persona debole ed egoista come me?

E a quelle lacrime seguirono i singhiozzi. Piansi così forte che iniziai ad avere dei fortissimi dolori al di sotto dell’ombelico, dove evidentemente c’era la ferita.

Quando iniziai a sentire la carenza dell’ossigeno e cercai di boccheggiare in cerca d’aria, sentii il materasso del letto cedere sotto il peso di qualcuno che si era sdraiato dietro di me e mi accarezzava dolcemente i capelli.

Quel qualcuno mi strinse forte la mano e con calma mi fece voltare verso di sé.

Avevo già una vaga idea di chi potesse essere, ma il suo profumo, la sua pelle fresca e morbida mi diedero conferma di chi fosse prima ancora di voltarmi e trovarmi occhi negli occhi con il mio angelo custode.

Poggiai il capo sul suo petto e continuai a piangere. Lui non parlava, come già era successo, si limitò a stringermi la mano e ad accarezzarmi i capelli.

Poi mi sussurrò all’orecchio “Calmati, altrimenti rischi che ti si aprano i punti. Guarda che ti ho suturato io la ferita, non vorrai mica rovinare la mia opera?!”, disse con tono divertito, cercando di farmi sorridere.

E ci riuscì.

Smisi di piangere e strofinai il naso sul suo camice inspirando a pieni polmoni il suo profumo meraviglioso.

Regolarizzai il respiro, ma nulla potei contro il battito del mio cuore. Ogni volta era così. Edward mi destabilizzava completamente. Ed allo stesso tempo era l’unico che riusciva a calmarmi.

La mia unica medicina.

Era bastato avvertire la sua presenza per mettere a tacere tutti quei pensieri martellanti nella mia testa.

“Edward …”

“Dimmi Bella.”

“Edward … perché avete dimesso Alice?”

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE.

Allora molti di voi probabilmente si staranno chiedendo il motivo dei pensieri e del comportamento di Bella. Ricordiamo che Bella non ha mai avuto amici, è stata sempre da sola e la sua unica consolazione è stata la scuola e l'essere una brava studentessa. Diciamo un 10 nello studio e uno 0 nella vita, per intenderci. Questo ovviamente non è uno stile di vita sano da adottare. C'è un equilibrio che regola tutta la natura, e noi siamo fatti di anima, mente e corpo. Tutti e tre devono essere in equilibrio, devono ricevere la medesima cura da parte nostra, altrimenti si rischia di cadere in qualche modo. Bella tende a colpevolizzarsi per ogni cosa, a lungo andare ha iniziato a credere che se nessuno volesse essere sua amica allora il problema era lei. E di qui si è chiusa ancora di più, inizaindo a biasimarsi e piangersi addosso. Purtroppo è una cosa che succede a molte persone, ne ho conosciute tante, e il mio consiglio è quello di non chiudersi mai in queste situazioni. A chi non è capitato di essere esclusi a volte dagli amici, soprattutto quando si era più piccoli?! Le scuole medie sono state un periodaccio anche per me!

Ricordate sempre la fiaba del brutto anatroccolo, c'è un cigno in ognuno di noi che aspetta solo un nostro cenno per spiegare le ali e mostrare la sua eleganza e superiorità. Bella è come il brutto anatroccolo e presto anche il suo "cigno" verrà fuori. Non arrendetevi mai di fronte al giudizio degli altri e soprattutto, non vi biasimate. Ricordate la frase che avevo citato un pò di capitoli fa : "L'unica cosa di cui hai bisogno per essere speciale, sei tu".

Ho voluto affrontare questo argomento delicato nella mia ff perchè è molto diffuso e mi sta molto a cuore. La solitudine è una brutta bestia. Bella sembra fragile, ma la sua cura è a portata di mano. L'amore guarisce tutto. Ora vi saluto, buonanotte e alla prossima! Ci sarà molto molto spazio dedicato a Edward e Bella! ;) Un bacio!

PS: Secondo voi cosa racconterà ora Edward a Bella?! Aspetto le vostre supposizioni!!!

 

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Capitolo 21
*** CAPITOLO 20 - THE KISS AFTER THE STORM (IL BACIO DOPO LA TEMPESTA) ***


 

Buonasera, come procedono le vacanze?! Le mie iniziano da domani, e per festeggiare ho deciso di postare prima, visto che il capitolo era già pronto!!!

 

Grazie come sempre a tutti, chi legge soltanto, chi segue, chi ha inserito la storia tra le preferite e tra quelle da ricordare. E un grazie speciale a chi recensisce.

 

Vi ricordo come sempre l'altra mia storia : LA FANCIULLA E LO STRANIERO .

 

Per quanto riguarda i prossimi capitoli, penso che ritarderò un pò, perchè mi aspettano delle giornate molto piene da qui a ferragosto, a partire da domani ... tutti in spiaggia a vedere le stelle! *_*

 

Vi lascio al capitolo ora, buona lettura!

 

 

 

 

CAPITOLO 20 – THE KISS AFTER THE STORM (IL BACIO DOPO LA TEMPESTA)

 

 

"Accepturus indicinae nomine ab ipsa Venere septem savia suavia et unum blandientis adpulsu linguae longe mellitum."

 

"E ricevera', come premio della denuncia, da Venere in persona sette soavi baci, e uno addolcito di molto dal tocco della sua lingua carezzevole ."

 

(Metamorfosi VI, 8 – Apuleio)

 

 

 

 

 

Sentii i suoi muscoli irrigidirsi. Trattenne il respiro.

Alzai il capo per guardarlo in volto. Gli accarezzai il viso con la mano percorrendo il profilo perfettamente squadrato della sua mascella, fino ad arrivare alle labbra. Vermiglie e piene. Non capivo seriamente da dove provenisse tutta quella intraprendenza. La Bella timida ed impacciata spariva con la sua vicinanza.

Cercai di arrivare con il viso all’altezza del suo.

Occhi negli occhi. Respiri che si confondevano. Labbra ad un centimetro da quelle dell’altro.

Prima, però, dovevo sapere la verità su Alice.

“Bella”, soffiò sulle mie labbra. Vidi i suoi occhi diventare più scuri del solito.

No, non dovevo cedere. Prima volevo sapere. Trovando, non so in quali meandri della mia parte razionale, la forza di resistere a quel dolce richiamo, mi allontanai quel tanto, che mi bastava per prendere aria, che non fosse contaminata dal suo respiro fruttato.

“Edward, dimmi la verità. Cos’ha Alice?”.

Chiuse gli occhi per un attimo e mi strinse forte la mano.

“Bella, so che non sei una stupida. Se mi stai ponendo una domanda del genere è perché dentro di te hai già intuito che c’è qualcosa che non va, giusto?”, mi chiese conferma delle sue corrette supposizioni.

“Sì, voglio sapere la verità, Edward.”

“La formazione che si è creata nell’intestino di Alice è di origine tumorale. Non è operabile. Mi dispiace”, sussurrò chinando il capo.

Io non riuscivo a realizzare. Ero confusa. Non volevo capire.

Alice … Alice non poteva morire a soli 21 anni!

Scossi più volte il capo e ricominciai a piangere. Ormai non riuscivo a fare altro.

“Bella, Bella! Calmati! Ti prego, non rendere le cose ancora più complicate e difficili! Non fare così, rischi che ti si aprano i punti della ferita!”

Sentivo come un’eco lontana le sue parole, sovrastate dai miei singhiozzi.

Mi strinse di nuovo forte a sé e sentii la sua mano premere forte contro il mio ventre, al di sotto dell’ombelico. Non capivo questo suo gesto, ma non me ne curai affatto. In quel momento, non nulla aveva importanza.

“Bella, Bella, Bella”, continuava a ripetere il mio nome come una nenia nel mio orecchio. Man mano che i miei singhiozzi aumentavano, la pressione della sua mano si faceva più forte. Quando avvertii un forte dolore provenire proprio dal punto in cui si trovava la ferita compresi le intenzioni che si celavano dietro il suo gesto. Facendo pressione contro la ferita aveva evitato che mi si aprissero i punti.

Edward era così attento e premuroso. Non meritavo tutta quella cura. Non meritavo le sue attenzioni, non meritavo l’amicizia di Alice.

Lei stava per morire, e per un attimo io avevo perfino provato gelosia nei suoi confronti. Ero un essere spregevole. Meritavo la mia solitudine, anzi era fin troppo per me.

Dopo un tempo che mi sembrò infinito, quando probabilmente non avevo più lacrime da versare e i miei polmoni reclamavano ossigeno, mi calmai e ripresi fiato. Sollevai lo sguardo e trovai Edward che mi guardava preoccupato.

“Bella, come stai? Avverti dolore alla ferita? Vuoi un antidolorifico?”

Non badai a quello che stava dicendo, né alla ferita che pulsava.

Arginai il suo fiume di parole premendo forte le mie labbra sulle sue. Dopo un lieve attimo di esitazione, rispose con ardore al mio bacio. Sentii la sua lingua fredda percorrere dolcemente i miei canini e gli incisivi, solleticando la gengiva superiore, e scendendo poi di nuovo ad accarezzare tutta l’arcata superiore dei mie denti, fino a quando non schiusi la mia bocca e le nostre lingue si incontrarono.

Quando andavo al liceo e sentivo i racconti delle mie compagne di classe riguardo al loro primo bacio, pensavo a come sarebbe stato quando sarebbe accaduto a me. Temevo che non sarei stata capace. D’altronde, ero la prima della classe, ma a livello di rapporti umani e relazioni sociali ero davvero una frana.

Una sfigata, ecco come mi definivano amabilmente.

Ero sicura che quando sarebbe toccato a me, se mai quel momento fosse arrivato, la goffa Bella Swan avrebbe vinto il primato delle gaffe.

Invece, in quel momento mi dovetti ricredere. Con Edward era tutto così semplice e naturale. Come respirare.

Le mie mani erano artigliate in quella massa arruffata e morbidissima di ciocche rossicce, mentre le sue erano saldate intorno ai miei fianchi, stringendomi possessivamente.

Le nostre lingue si rincorrevano e si intrecciavano, quasi giocassero al tiro alla fune. Nessuno dei due però aveva intenzione di cedere.

Quello era il mio primo vero bacio. Destabilizzante e tremendamente piacevole.

Un signor bacio.

Quando sentii il fiato corto, accarezzai le sue splendide labbra con la mia lingua e depositai un leggero bacio sul suo labbro inferiore. Ripresi fiato, mentre lui continuava a baciarmi ogni singola parte del mio viso, fino a riappropriarsi, quando con un sorriso gli feci cenno di essermi ripresa, delle mie labbra.

“Scusa se prima mi sono permesso di premere sulla tua ferita … ma non potevo fare altrimenti!”.

Aveva il fiato corto anche lui.

“Non hai nulla di cui scusarti Edward, devo ringraziarti per il tuo gesto! Mi hai salvato ancora una volta, grazie!”

“E’ sempre un piacere”, mi dedicò uno di quei sorrisi da infarto del miocardio.

“Anzi, scusami tu …. Per la mia …. Mmm … reazione, insomma … io”

“A quale ti riferisci esattamente?”, chiese ammiccando maliziosamente.

“Alla prima”, risposi arrossendo.

“Insomma, io … scusami per le lacrime, i singhiozzi e …”

“Shh – mi mise un dito sulle labbra – Bella, è normale che tu sia dispiaciuta per Alice. Anche per noi, non è stato semplice darle questa notizia, nonostante faccia parte del nostro lavoro. Ma Alice è forte, molto più forte di quanto crediamo.”

“Già”, mi incupii di nuovo ripensando alla triste sorte della mia amica.

“Hey, ti va di scendere un po’ in cortile? Oggi c’è il sole, Bella, te ne sei accorta? Quando c’è il sole devi sorridere.”

Sorrisi. Non perché c’era il sole, né perché ne avessi voglia. Sorrisi, perché nonostante tutto, c’era lui con me.

 

Scendemmo il cortile e ci accomodammo su una panchina esposta al sole. Eravamo circondati da una siepe molto bella, i germogli gonfi annunciavano il prossimo arrivo dei fiori. Accanto alla nostra panchina una maestosa magnolia faceva bella mostra di sé coprendo in parte il sole e creando dei giochi di luce sul bellissimo dio greco che avevo accanto.

I raggi tenui del sole di marzo, che facevano capolino dalle nuvole, mi solleticavano il viso. Edward mi mise un braccio dietro le spalle e mi attirò verso di sé, facendomi poggiare il capo sul suo petto, poi con l’altra mano strinse la mia. Posò il suo viso sulla mia testa, strofinando la guancia sui miei capelli.

Inspirai il suo odore, che dalle narici pervase ogni singola cellula del mio corpo, provocandomi una scossa di piacere, e mi voltai posando un bacio sul suo petto, coperto dal camice.

Lo sentii sorridere sui miei capelli ed aumentare la presa intorno alle mie spalle. Stavo così bene, sarei rimasta lì per sempre.

“Adoro venire qui in questo periodo. Mi rilassa e mi permette di pensare. Guarda questa magnolia, tra qualche tempo fiorirà. La magnolia è una pianta straordinaria, sai che i suoi fiori vengono utilizzati anche in campo medico?”

Feci segno di diniego. Non volevo interrompere il flusso mellifluo delle sue parole, adoravo sentirlo parlare.

“E’ così maestosa, bella e fiera di sé.”

Già, pensai, il mio contrario.

“Vedi, laggiù in fondo ce n’è un’altra.”

Guardai nella direzione che mi indicava, diametralmente opposta a noi, a meno di sette metri dalla grande magnolia, un’altra più piccola ed umile faceva da guardiana ad un’altra panchina.

“Sai perché ce ne sono due?”.

Scossi di nuovo il capo. Era così bello, la luce del sole si divertiva a creare le più svariate sfumature tra i suoi capelli, i suoi occhi brillavano quasi più del sole, ero incantata dai movimenti sensuali della mascella quando parlava. Era uno spettacolo meraviglioso da osservare, sullo sfondo sublime di una natura in fiore.

Fece una piccola pausa e spostò il suo braccio dalle spalle fino alla mia vita. Mi strinse a sé ed iniziò a disegnare dei ghirigori sul dorso della mia mano, sempre stretta alla sua.

“Voglio raccontarti una storia.”

 

 

 

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Capitolo 22
*** CAPITOLO 21 – MAGNOLIA’S TALE (IL RACCONTO DELLA MAGNOLIA) ***


 

CAPITOLO 21 – MAGNOLIA’S TALE (IL RACCONTO DELLA MAGNOLIA)

 

“L’amore è irrazionale, più ami qualcuno più perdi il senso delle cose.”

(“New moon”, Stephenie Meyer)

 

POV EDWARD

 

Bella era stretta a me, il profumo dei suoi capelli, così dolce e fruttato, mi arrivava prepotente alle narici, rilassandomi completamente e conducendomi verso la pace dei sensi.

Vederla in lacrime, così disperata, aveva scatenato qualcosa in me. Non era puro e semplice istinto di protezione, né pena o dispiacere. Io soffrivo con lei e per lei, versavo lacrime invisibili insieme alle sue, ed il mio cuore si lacerava al ritmo dei suoi singhiozzi. Stavo bene se la vedevo sorridere.

Mi era costato tremendamente dirle solo una parte della verità. Ma non ero ancora pronto per svelarle la mia natura. Non potevo dirle che ero un vampiro, non senza sapere fino a che punto era pronta a spingersi.

Non conoscevo ancora a fondo i segreti del suo cuore.

Quel bacio catartico, che era seguito, era stato qualcosa di indescrivibile. Si era innescato un meccanismo di non ritorno nel mio cuore muto che sapevo non avrebbe condotto a nulla di buono.

Ma la vita non è mai facile, i bivi che troviamo di fronte al nostro cammino sono sempre dolorosi, qualunque scelta si decida di intraprendere, c’è sempre qualcosa da perdere e qualcosa da guadagnare.

In quel momento, quando il sapore dolciastro della sua saliva si era mescolato a quello salato delle sue lacrime, e calda, la sua bocca aveva riscaldato in parte la mia, gelida ed esanime, avevo scelto.

Avevo scelto lei.

Mi aveva completamente rapito perché non aveva paura di me. Sapevo, da quello che avevo letto nella mente di Alice, che Bella non legava molto facilmente con le persone, anzi.

Però di me, di un mostro, non aveva avuto timore e si era completamente affidata.

La sua totale fiducia, il rossore delizioso sulle sue gote, il battito forsennato del suo cuore ad ogni mio tocco ed il suo sguardo così malinconico e penetrante mi avevano completamente stregato.

Avevo capito che per conquistare il suo cuore sarei stato disposto a tutto. Ero deciso e determinato a mettere fine al mio eterno limbo, e sapevo, che lei sarebbe stata la mia salvezza, l’amore che provavo per quella fanciulla dal cuore così buono e puro sarebbe stato il riscatto per la mia anima dannata, che del peccato aveva fatto la sua religione.

Non mi importava affatto che sarebbe stata una cosa insensata e contro natura.

La vittima ed il carnefice.

Suonava come il titolo di un film horror di quarta categoria.

Ma non me ne curavo affatto, non mi sarei creato più tanti problemi inutili, d’altronde, in amore esiste una sola regola :

AMA.

Avevo deciso che le avrei rivelato i miei sentimenti a poco a poco, in fondo non ero certo dei suoi sentimenti, e, fino a poco prima, neanche dei miei ero completamente sicuro.

Ma per noi vampiri è diverso, una volta che un avvenimento turba il nostro animo, è un qualcosa di così forte e profondo, quasi viscerale, che non c’è via di ritorno.

Volevo mostrarle un po’ di me stesso, la parte più intima di me. Così, avevo deciso di portarla sotto la grande magnolia, il mio luogo preferito in tutto l’ospedale.

Ero solito andare lì e pensare.

Guardavo i passanti, leggevo nelle loro menti, ascoltavo in silenzio le loro storie ed i loro affanni. Il mio dono mi permetteva di vedere i miei pazienti nel loro intimo. Per me non erano solo lavoro, erano storie. Piccoli tasselli della trama infinita della storia dell’universo, piccole gocce nell' immenso oceano.

 

L’aria frizzantina di marzo, che preannunciava l’arrivo della primavera, rendeva il profumo di Bella ancora più delizioso. Era così bello sentirla vicina, e non solo fisicamente. Saremmo potuti rimanere così, stretti l’una all’altro, all’infinito, beandoci della presenza reciproca e rischiarati dai timidi raggi del sole.

 

La nostra dieta vegetariana aveva modificato un’importante caratteristica della nostra specie. La diversa composizione chimico-fisica del sangue animale faceva sì che la nostra pelle fosse più “opaca” rispetto a quella dei nostri simili, e la diversa capacità di condurre energia elettrica rendeva la nostra pelle meno riflettente.

A differenza degli altri vampiri, noi non brillavamo alla luce del sole, riflettevamo solo in minima parte la luce. Questo ci rendeva, in un certo senso, più umani rispetto agli altri nostri simili, che si nutrivano di sangue umano.

Solo quando eravamo molto “assetati” la luce solare si rifletteva sulla nostra pelle rendendola simile al diamante più bello. Ma io ero più che sazio, visto il lavoro che mi trovavo a svolgere, e poi coperto dall’ ombra della grande magnolia, non correvo alcun rischio.

 

Volevo raccontare a Bella la leggenda delle due magnolie, il racconto più bello che avessi mai ascoltato. La metafora più bella di quello che è l’amore. Me lo aveva raccontato mia nonna quando ero poco più che adolescente.

Dopo la mia prima delusione amorosa, corsi da lei in lacrime. Per consolarmi, accompagnò il suo solito tè con i pasticcini con quel bellissimo racconto.

Strinsi forte il mio braccio intorno alla vita di Bella e cercai di tenerla quanto più vicina. Mi sentivo bene, in pace con me stesso e con il mondo, non più nel mio tetro limbo.

“Voglio raccontarti una storia.”

Cominciai.

“Tanto tempo fa, esisteva una magnolia sola, all'esterno si presentava alta, forte, con pochi fiori e molte foglie verdi sui rami alti e concedeva la vista delle sue corolle e il profumo dei suoi petali al vento. All'interno del tronco si presentava come una magnolia stellata, con tantissimi fiori bianchi, anch'essi profumati. La magnolia alta era il corpo, la magnolia stellata era il cuore. Fiorivano insieme l'una nell'altra tutto l'anno dando serenità all'intero parco.

Poi, un giorno di pioggia l'albero fu appena sfiorato da un'azalea gialla pastello che gli era cresciuta al fianco. Anche a lei l'albero di magnolia offrì il profumo dei fiori dei suoi rami alti, la sicurezza delle sue grandi foglie verdi e la dolcezza delle stelle bianche del suo cuore.

Ma la magnolia non si accorse che l'azalea gialla pastello lo aveva sfiorato solo per caso, perchè spinta dal vento, e che non esisteva una direzione particolare dei suoi fiori.

La magnolia confuse il soffio del vento con il respiro dell'azalea e cadde nell'incantesimo. Sempre di più il suo cuore stellato spingeva il suo corpo forte a voltare i fiori profumati dalla parte dell'azalea gialla pastello, ma l'azalea gialla pastello non aveva cuore per l'albero di magnolia.

Giorno dopo giorno l'albero di magnolia sentiva il suo interno stellato spezzarsi e staccarsi dal suo corpo forte, finchè si ruppe e ci furono due alberi.

La magnolia alta che tendeva i suoi rari fiori sui rami ricoperti di foglie verdi per mostrare la sua forza, ma solo in estate, perchè così era la vita, e la magnolia stellata che apriva senza foglie i suoi fiori bianchi per mostrare il suo fragile cuore senza speranza, ma solo in primavera, perchè così era l'amore.

E da quel giorno noi vediamo nei parchi e nei giardini i due alberi di magnolia divisi come due parti di uno stesso corpo, bellissime e profumate, ma che vivono in stagioni diverse come se l'altra parte non esistesse perchè la vita era stata staccata dall'amore.”

Mi voltai verso Bella e trovai il suo viso vicinissimo al mio, il capo perfettamente incastrato nell’incavo del mio collo, gli occhi lucidi e le labbra dolcemente distese in un sorriso bellissimo.

“Edward”, sussurrò, “E’ una storia meravigliosa … anche se un po’ triste”.

 

Già. Triste. Ed io, essere maledetto e foriero di morte, mi sentivo come la magnolia stellata, per sempre staccata dalla vita.

Dalla mia vita.

E’ possibile cambiare il corso del destino, sfidare le leggi della natura ed essere felici?

I grandi mi avevano insegnato che nulla è impossibile, e che la volontà dell’uomo è in grado perfino di smuovere le montagne.

Io avrei trovato una soluzione, a qualunque costo, pur di raggiungere la mia felicità, che in quell’istante si trovava molto vicina a me.

“No, non è triste. L’amore non è mai triste, vedi queste due magnolie sembrano giocare a rincorrersi durante le stagioni senza prendersi mai. Ma sono qui, entrambe. L’una si specchia nella maestosità dell’altra. Vivono solo perché ci sono entrambe, se estirpassimo una delle due, l’altra ne morirebbe. Questo è amore, un’unica anima in due corpi separati. ”

“Come nel simposio di Platone”.

Rispose istintivamente sorridendo, compiaciuta, come se avesse colto tutta l’essenza del mio discorso.

Intelligente e sagace. La mia Bella non finiva mai di stupirmi. Sorrisi fiero e continuai il mio discorso.

“Esatto, proprio così. Vedi, la vita e l’amore, in questo racconto, viaggiano su binari paralleli, ma al contrario di quello che ci insegnano gli assiomi di geometria, io credo che due rette parallele prima o poi si incontreranno. Sono destinate ad incontrarsi, non potrebbe essere altrimenti. Tutti sono alla ricerca della propria metà”.

“La metà della mela …”, rispose sovrappensiero.

Il silenzio calò tra di noi. Un silenzio carico di significato, che parlava più di mille parole. Avrei voluto guardarla negli occhi in quel momento e confessarle che lei era la mia metà della mela, e che ora che l’avevo trovata, avrei fatto di tutto per averla con me per sempre.

Poi un pensiero, viscido come un serpente, si insinuò nella mia mente.

E se lei fosse già innamorata di qualcuno? Se avesse colto il messaggio del mio discorso perché aveva già trovato la sua anima gemella?

Mi incupii e fui travolto da una spirale di imprecazioni contro me stesso e contro il destino.

Poi la sua mano strinse più forte la mia ed io mi voltai a guardarla incuriosito dal suo gesto. Sembrava che si fosse accorta del mio cambiamento d’umore ed intuendo i miei pensieri avesse voluto destarmi dalla mia solita paranoia.

Fissai i miei occhi, interrogativi, nei suoi ed abbassò lo sguardo, timida ed imbarazzata, scottata dall’intraprendenza del suo stesso gesto.

Le sorrisi, rilassato e con la mente che vagava nuovamente sui binari giusti, e notai quel delizioso e familiare rossore ricoprirle le guance.

Il battito accelerato del suo cuore mi diede ulteriore conferma di quanto i miei dubbi fossero insensati ed infondati.

Continuammo a perderci nei nostri pensieri, rilassati, e a bearci del nostro abbraccio che di sciogliersi non aveva la benchè minima intenzione.

Guardai il cielo, le nuvole stavano iniziando ad oscurare il sole ed il vento iniziava a soffiare più forte.

Bella era ancora convalescente, un raffreddore nelle sue condizioni non sarebbe stato affatto benefico.

“Bella, credo che sia il caso di rientrare … hai freddo?”

“Mmm … si, un po’ .. però si stava così bene qui!”, disse teatralmente con aria affranta e affondando ancora di più il viso sul mio petto.

Era adorabile, con quel nasino all’insù e le labbra corrucciate in una smorfia di dispiacere.

Depositai un bacio sulla punta del suo naso e le sollevai il mento con due dita per portare il suo viso all’altezza del mio.

La vicinanza dei suoi occhi ed il suo respiro caldo e dolce mi destabilizzavano i sensi. Era un girone di perdizione assolutamente piacevole.

“Anch’io sono stato molto bene qui, con te. – caricai di enfasi le ultime parole – Domani ti porterò in un altro posto speciale.”

Le sue labbra si allargarono in un sorriso, dapprima di sorpresa e poi di gratitudine.

Non potendo più farne a meno, azzerai la misera distanza che c’era tra le nostre labbra e una nuova scossa di piacere, più intensa delle precedenti, si impossessò delle mie membra, quando sentii la sua lingua audace picchiettare sulle mie labbra, quasi stesse bussando all’uscio di una porta per chiedere il permesso di entrare. Permesso che, ovviamente, non le avrei mai negato.

Risposi a quel vortice di passione con trasporto, e colmo di felicità la strinsi ancora di più a me, quasi temessi che da un momento all’altro qualcuno mi avrebbe svegliato e mi sarei reso conto che era stato tutto un sogno.

Ma lei era reale.

Viva e reale come non mai.

 

La riaccompagnai in camera e, come di consueto, la aiutai a sistemarsi nel letto.

Le sue condizioni di salute erano decisamente migliorate, e se da una parte quella era una cosa che mi rendeva molto felice, dall’altra mi rendeva, egoisticamente, il più triste degli esseri.

Perché prima o poi l’avremmo dimessa … e non conoscevo ancora di quell’amore, il cui seme iniziava a mostrare i primi germogli, il destino.

“Tra un po’ le infermiere passeranno a cambiarti la flebo. Io ho quasi terminato il turno, purtroppo devo rientrare a casa perché abbiamo visite.”

Quanto vorrei restare a farti compagnia stanotte …

Dovevo rientrare, c’era una questione molto delicata da definire. Non potevo assolutamente rivelare a Bella il nome dell’ospite d’onore in casa Cullen. Non ancora quanto meno.

Alice voleva molto bene a Bella ed aveva fatto fatica ad accettare la mia scelta di allontanarle così brutalmente, ma aveva capito anche che non potevo catapultarla in un mondo di cui non conosceva neanche l’esistenza. Avrebbe corso troppi rischi, e noi con lei. Avevamo delle regole da rispettare.

Una, in particolare, era molto categorica : “Se un umano viene a conoscenza dell’esistenza dei vampiri può decidere di condividere il segreto e diventare un vampiro. Altrimenti la soluzione è una sola. Morte.”

Rabbrividii ai miei stessi pensieri.

Per il momento, fortunatamente, avevo altre cose più urgenti di cui preoccuparmi …

Sentii una mano di Bella accarezzare dolcemente la mia, posata pigramente sul suo fianco. Chissà cosa le passava in quel momento per la testa …

Quanto avrei voluto conoscere i dubbi, che sicuramente, in quel momento, albergavano in quel cervellino così sveglio ed attento.

Sicuramente, perspicace com’era, si era accorta della diversa temperatura della mia pelle e della diversa consistenza del mio corpo … chissà quale spiegazione si era data …

Sperai con tutto me stesso che prima o poi ci sarebbe stato tempo e modo di parlare di tutto quello che riguardava me ed il mio mondo con lei.

Le accarezzai i capelli, morbidi e setosi, e mi avvicinai a lei baciandole la fronte.

Poi le accarezzai una guancia e le nostre labbra si sfiorarono nuovamente. Era un bacio diverso, meno passionale del precedente, e più dolce, delicato.

Un augurio di sonni tranquilli e sogni sereni.

Il mio orgoglio di uomo, chiaramente, sperava che il protagonista dei suoi sogni, anche quella notte, fosse il sottoscritto.

“Buonanotte piccola”, le sussurrai sulle labbra che si distesero immediatamente in un sorriso.

Mi allontanai, svogliatamente, da lei e mi diressi verso la porta. Poi mi un’idea mi balenò in mente.

“Ah Bella, domani tocca a te.”

“Cosa?”, domandò stupita ed incuriosita dalla mia affermazione.

“Mi racconterai una storia”, le dedicai il mio sorriso malandrino, che sapevo, faceva un certo effetto sulla produzione di endorfine di tutte le donne che avevo incontrato, e Bella di certo non ne risultava immune … anzi …

In mia presenza, i suoi ormoni iniziavano a dar vita ad una danza esotica. Ferormoni, feniletilamina, endorfine … il mio olfatto acuto mi rendeva capace di distinguere i vari aromi ormonali … ed il suo aroma risultante era un mix letale di piacere per i miei sensi.

Mi chiusi la porta alle spalle lasciandola con un’espressione buffissima in volto, a metà tra la smorfia di un broncio, tipico di chi non sa cosa ribattere, e la sorpresa rivelata dalla mia affermazione.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE.

Buonasera carissime! Come state? Com'è andato il Ferragosto?! Spero tutto bene. Passando a noi ...

Come ho già spiegato in parte nel capitolo e come molte di voi si erano chieste, ho modificato un po’ le caratteristiche fisiche dei nostri vampiri. Ho ipotizzato che il sangue animale oltre a diluire e modificare il colore degli occhi dei vampiri vegetariani, mutasse anche la consistenza e la capacità riflettente della loro pelle. Ovviamente nel momento in cui i vampiri sono “assetati”, come cambia il colore dei loro occhi, che diventano neri come la pece, così muta anche la loro pelle, diventando al sole come un diamante.

Spero di essere stata esauriente e spero che nessuno mi inveisca contro per questa mutazione!XD

Il racconto della magnolia è tratto da un racconto originale di Roberto Mahlab.

Il simposio di Platone è forse il dialogo più famoso del filosofo greco, la parte a cui mi riferisco nella storia è ovviamente quella delle anime gemelle paragonate alla mela tagliata a metà. Per chi non la conoscesse, di seguito un breve riassunto.

 

Anticamente gli esseri umani erano divisi in tre generi, quello femminile che aveva origine dalla Terra, quello maschile che aveva origine dal Sole e quello androgino che aveva origine dalla Luna.

Questi erano degli esseri perfetti, fieri, forti e vigorosi. Ma erano anche arroganti e vollero tentare la scalata al cielo per combattere gli dèi.
Zeus e gli altri dèi non sapendo cosa fare dal momento che non potevano uccidere tutti gli uomini, decisero così di dividerli per renderli più deboli.
Quando gli essere umani furono tagliati in due, ciascuna delle due parti desiderava ricongiungersi all'altra, desiderando solo di formare nuovamente un solo essere.
Ognuno di noi è una frazione dell'essere umano completo originario, per ciascuna persona ne esiste dunque un'altra che le è complementare.
Ed è per questo che siamo sempre alla ricerca continua della nostra metà della mela, non vogliamo essere una mezza anima, ma desideriamo ritornare alla nostra natura originaria.

Questa ricerca si chiama amore.

 

Qui invece troverete il testo integrale. http://www.ilgiardinodeipensieri.eu/testi/simposio.html

 

ANGOLO DELLO SPIRITO .

 

Quando troverete la vostra metà della mela …

 

 

ATTENTI AL BRUCO!

 

 

Lo so che stavolta mi sto dilungando un po’ troppo, ma prometto che questa è l’ultima cosa che scrivo!

Gli ormoni che ho elencato nel capitolo sono tutti legati alla sfera amorosa. Sono proprio definiti “Gli ormoni dell’amore”.

Noi donne ne produciamo quantità industriali quando il nostro “Edward” è nei paraggi ^^

Un po’ di spiegazioni scientifiche …

Endorfine: gli ormoni del piacere, oppiacei naturali secreti dall’ipofisi responsabili sia della dilatazione uterina durante l’orgasmo che delle contrazioni durante il parto. Si associano anche al primo periodo dell’innamoramento.

Feromoni: praticamente l’odore della persona amata rilevato dal partner che agisce da afrodisiaco se una persona ci piace come si suol dire “a pelle”.

FEA o feniletilamina: l’ormone dell’amore a prima vista, del colpo di fulmine insomma, che in barba a chi crede non esista dimostra come l’attrazione sia fatta anche di primi sguardi. È collegata all’umore e produce effetti simili a quelli delle anfetamine: eccitazione, ottimismo, piacere.

[FONTE : www.benessereblog.it]

 

PUBBLICITA'.

Vi ricordo come sempre l'altra mia storia : LA FANCIULLA E LO STRANIERO

E direi che per ora è tutto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto! vi auguro di trascorrere questi giorni di vacanza nel miglior modo possibile! Alla prossima, un bacione!!

 

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Capitolo 23
*** CAPITOLO 22 - JUST MYSELF (SEMPLICEMENTE ME STESSA) ***


 

Ehm Ehm ...

Salve a tutte!! Lo so che sono in un ritardo tremendo, ma non ho avuto un attimo di tregua da metà agosto in poi! Viaggi, vacanze e tanti altri impegni mi hanno portata via da casa per un bel pò di tempo! Ora si riprende il solito ritmo ... come state? Considerazioni su questa estate appena trascorsa?! Spero vi siate divertite e rilassate! Vi lascio al capitolo, grazie a tutte coloro che seguono, leggono e commentano questa storia! Grazie anche a chi l'ha inserita tra le preferite e quelle da ricordare!

Buona lettura!

 

CAPITOLO 22 - JUST MYSELF (SEMPLICEMENTE ME STESSA)

 

“E c'è un'altra storia da dire, una favola da
raccontare, un amore che non può finire, una
pagina da inventare …”

(“Una storia da raccontare”, Nomadi)

 

Nonostante la stanchezza, complice il fastidio che avvertivo alla ferita, non riuscii a chiudere occhio durante la notte. Le emozioni che avevo provato durante il giorno e la strana ansia che si era impossessata di me, come se dalla richiesta che Edward aveva formulato, quando era uscito dalla mia stanza, dipendesse qualcosa di molto importante, avevano messo in circolo nel mio organismo una quantità spropositata di adrenalina.

Nuovi interrogativi si aggiunsero a quelli già presenti nella mia mente. Il mio cervello, pieno ed impregnato come una spugna lasciata sotto il getto dell’acqua corrente, riusciva ad ossigenarsi e trovare sollievo solo in presenza di Edward. Quando ero con lui tutto andava bene, era la mia cura.

Una domanda mi assillava da tempo. E con ogni fibra del mio essere desideravo trovare una risposta.

Cosa provavo per Edward?

Non riuscivo a definire il caleidoscopio di sensazioni da cui ero invasa ogni volta che le sue labbra incontravano le mie, né la gioia che mi provocava ogni sua carezza ed ogni suo abbraccio, o il sentire il suono della sua voce cullarmi con parole dolcissime.

Cos’era quella strana sensazione che mi stringeva le membra in una morsa piacevolissima, provocandomi brividi, che piccoli e veloci come formiche, percorrevano tutto il mio corpo, solleticandomi ogni singola cellula?

Quando eravamo insieme perdevo la cognizione del tempo e dello spazio, sembrava quasi che una bolla invisibile ci alienasse dal resto del mondo.

Si era creata una tale complicità, in così poco tempo, che un solo sguardo, un sorriso, una stretta era in grado di farci comprendere le reciproche sensazioni.

Non avevo mai provato una simile connessione e sintonia con nessuno. Non mi ero mai sentita così a mio agio con una persona. In sua compagnia ero spigliata e spontanea, ogni gesto, parola o sguardo era naturale ed istintivo.

Esisteva un nome per tutto ciò?

 

Per la prima volta nella mia vita agivo assecondando il mio cuore. Non pensavo alle conseguenze dei miei gesti, né mi perdevo in complicati calcoli di “se” e “ma”, non c’erano le fredde congetture a cui mi ero sottomessa nei miei precedenti rapporti con le persone.

Ero semplicemente me stessa, e non ero mai stata più felice di esserlo.

Edward aveva un animo molto sensibile, ne avevo avuto l’ennesima prova quel pomeriggio, quando mi aveva raccontato la storia delle due magnolie.

Era una storia meravigliosa e per la prima volta nella mia vita, rassicurata dalle sue parole e dal suo sorriso, avevo ricominciato a sperare.

Una nuova fiamma si era accesa in me ed avevo deciso che quella tensione titanica, che mi aveva illusa che primeggiando a scuola sarei riuscita a colmare il vuoto delle amicizie e dell’amore e che fino a quel momento aveva fatto da padrona nel mio animo, sarebbe andata via.

L’unico campo in cui, da quel momento in poi, desideravo primeggiare era la mia vita. L’unica ricerca per cui, mi ero finalmente resa conto, valesse la pena combattere, era quella della pace interiore e della felicità.

Sentivo emozioni e sensazioni nuove e destabilizzanti animarmi il corpo e la mente, quando Edward era con me o quando semplicemente pensavo a lui … ed avvertivo anche le sue reazioni in mia presenza.

La nostra complicità intellettuale mi portava a credere che fossimo anime affini, e questo mi gonfiava il cuore di gioia. Avevo trascorso il pomeriggio più bello di tutta la mia vita, fino a quel momento.

 

Quando l’alba fece capolino attraverso le fessure semiaperte delle persiane, realizzai quale fosse il principale motivo della mia insonnia, che giaceva nascosto tra le pieghe del mio animo.

La gioia fu soppiantata dalla consapevolezza della mia inferiorità rispetto a lui. I dubbi e le incertezze, il pessimismo che mi caratterizzava erano svaniti fino a quando la parte razionale di me era rimasta in silenzio.

Come poteva un ragazzo così bello, intelligente e sensibile provare qualcosa per me? Sì, ero indubbiamente intelligente … ma non ero affatto bella o desiderabile. Ero una ragazza come tante, inferiore alle altre per timidezza e goffaggine.

Eppure … sentivo che provava qualcosa per me. Il modo in cui mi guardava, mi sfiorava e mi baciava

C’era elettricità fra noi.

 

Stanca ed esausta per le continue domande senza risposta che si affacciavano prepotenti nella mia testa, in un tira e molla senza fine, decisi di metterle in coda per un tempo, che, sperai, fosse infinito e racimolai le ultime energie per trovare una scusa plausibile che mi esonerasse dal raccontargli una storia.

Non avevo nulla da raccontare … o meglio, nulla che fosse al pari della storia che mi aveva raccontato lui.

“Buongiorno Bella! Come ti senti oggi?”

Il sorriso disteso e cordiale del dottor Cullen riuscì a trasmettermi un po’ di serenità.

“Abbastanza bene, dottore”, risposi sorridendo.

Mi voltai verso la finestra, alla mia destra, e vidi i raggi del sole penetrare nella stanza ed accarezzarmi il viso. Sorrisi, ed inevitabilmente, il mio pensiero andò a lui.

“Bene, anche la tua ferita sta bene. Non c’è secrezione, né ombra di pus. Tra qualche giorno potrai tornare a casa. Sei felice?”

Il panico ed il buio invasero la mia mente. Le mie dimissioni equivalevano al distacco da Edward … ed era un qualcosa che mi procurava dolore al solo pensiero.

Fortunatamente ebbi poco tempo per pensare e crogiolarmi nel mio piccolo e complicato mondo. Edward entrò nella stanza, illuminandola, se possibile, ancora più del Sole.

Non avevo mai visto nessuna persona, uomo o donna, circondata da un’aura di perfezione come Edward. Una bellezza eterea, degna di un dio greco.

Incantata ed abbagliata, come un pellegrino venuto da lontano venera la statua del suo Santo protettore, non mi ero accorta che il dottor Cullen ci aveva lasciati soli, ed io non avevo neanche risposto alla sua domanda … la solita sbadata!

“Buongiorno Bella, pronta per andare in cortile?”

“Sì, andiamo!”

Sorrise della mia impazienza. I miei gesti avventati e poco attenti alle mie condizioni fisiche mi procurarono un dolore acuto alla ferita, che si riflesse, evidentemente, nell’espressione del mio viso.

“Piano piano, altrimenti rischi di farti male!”, mi ammonì dolcemente.

In un secondo ero già fra le sue braccia, e mentre con una mano mi massaggiava l’addome donandomi sollievo, mi baciò una tempia e mi sussurrò all’orecchio, con voce roca :

“Quanta impazienza, Bella!”

Arrossii come una mela ad ottobre, ma a differenza di quello che avrei fatto altre volte, sollevai il capo e cercai i suoi occhi. Quella mattina erano ancora più dorati del giorno prima …

Mi persi in quelle pupille del colore del metallo più prezioso e gli sorrisi.

Mi aiutò a rimettermi in piedi e mi fece indossare una vestaglia, per ripararmi dal vento fresco di marzo.

“Oggi andiamo in un posto molto speciale.”

Aveva usato quelle parole anche il giorno prima, quando mi aveva portata nel cortile, sotto la grande magnolia. Però stavamo percorrendo una strada diversa, eravamo nella parte più orientale dell’ospedale. Quando uscimmo fuori l’aria fresca di marzo mi colse impreparata, scatenando uno starnuto.

“Hai freddo, vuoi che ti riporti in camera? O magari prendiamo qualcosa di più pesante da indossare …”

“Sto bene così, grazie.”, sorrisi in risposta alla sua eccessiva premura.

 

 

Eravamo seduti su una panchina, completamente immersi nel verde tenue dei prati in fiore di marzo, circondati da grandi alberi, querce probabilmente.

C’erano molte di persone di tutte le età sedute sulle altre panchine intorno a noi, alcuni indossavano una vestaglia, come me, altri invece soltanto il pigiama. Di tanto in tanto passava anche qualche infermiere. Non riuscivo davvero a capire dove mi trovassi.

“Dove siamo Edward?”

“Alt! Oggi niente domande! Ricordi?! Oggi tocca a te!”

“Ma io …”, iniziai a biascicare cercando negli anfratti della mia mente di accampare una qualunque giustificazione … non sapevo davvero cosa raccontargli!

“Andiamo Bella, me l’hai promesso!”

“Veramente io non ho risposto proprio nulla!”

“Bè … chi tace acconsente! Andiamo … ti chiedo solo di raccontarmi una piccola, insignificante storia … mi piace ascoltarti parlare …”, sussurrò nel mio orecchio provocandomi un fremito di eccitazione.

Cercai di schiarire la voce e di ritrovare un minimo di lucidità. Sapeva ottenere quello che voleva, non c’era dubbio.

“Non conosco storie, davvero Edward … non saprei cosa raccontarti!”

“Impossibile! Tutti hanno almeno una storia da raccontare! Il semplice fatto che sei viva, implica che conosci almeno una storia. Raccontami la tua storia, Bella.”

 

 

 

 

Come reagirà Bella ora?! Dove si trovano, secondo voi?! Chi indovinerà, riceverà uno spoiler via email! Vi aspetto al prossimo capitolo! Ricordo come sempre l'altra storia che sto pubblicando, in serata o domani posterò il nuovo capitolo LA FANCIULLA E LO STRANIERO.

 

 

Alla prossima! Baci!!!

 

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Capitolo 24
*** CAPITOLO 23 – YOU ARE SPECIAL, FOR ME (TU SEI SPECIALE, PER ME) ***


 

Salve a tutte!! Come va? Spero bene! Allora ... il capitolo che segue è uno dei fondamentali di questa storia ... spero sarà di vostro gradimento! Ringrazio come sempre tutte coloro che seguono, leggono e commentano questa storia! Grazie anche a chi l'ha inserita tra le preferite e quelle da ricordare!

Buona lettura!

 

 

CAPITOLO 23 – YOU ARE SPECIAL, FOR ME (TU SEI SPECIALE, PER ME)

 

“Oh please, say to me
You'll let me be your man
And please, say to me
You'll let me hold your hand
I'll let me hold your hand
I wanna hold your hand
And when I touch you I feel happy
Inside
It's such a feeling that my love
I can't hide”

“per favore dimmi
che mi permetterai di essere il tuo uomo
e per favore dimmi
che mi permetterai di stringere la tua mano
ora lasciami stringere la tua mano
voglio stringere la tua mano
e quando ti tocco mi sento felice dentro
è una sensazione che, amore mio,
non riesco a nascondere”

("I Want To Hold Your Hand", The Beatles)

 

 

POV EDWARD

 

Le avevo chiesto di aprirmi il suo cuore. Volevo conoscere ogni singola piega del suo animo, ogni evento della sua vita, volevo sapere se qualcuno occupasse un posto speciale nel suo cuore, o se mai si fosse innamorata.

Mi piaceva sentirla parlare, il suono della sua voce era la più dolce delle melodie al mio orecchio acuto, seconda soltanto al suono del suo cuore. E glielo avevo anche confessato, facendola arrossire. Adoravo vedere le sue guance imporporarsi, innocenti vittime delle mie parole e prede della mia volontà.

“Sono nata ventuno anni fa a Forks, un piccolo paese nello stato di Washington, non molto distante da qui. Mio padre è il capo della polizia di Forks, mia madre insegna all’asilo comunale. Ho un fratello adottivo, Jacob. Lui è una delle persone più importanti della mia vita. E’ il mio confidente, il mio porto sicuro, l’unica persona che conosce tutti i segreti del mio animo … fino ad oggi, per lo meno.”

Prese una pausa e mi sorrise. Allora ero l’unico a cui stava aprendo il suo cuore, dopo suo fratello. Ero estremamente orgoglioso e felice della notizia.

La strinsi più forte a me per infonderle sicurezza e posai un lieve bacio sul suo capo profumato.

Sentii i suoi muscoli rilassarsi, le dita della sua mano si intrecciarono naturalmente con le mie, e dopo aver preso un bel respiro, continuò il suo racconto.

“Non sono mai stata molto socievole e spigliata, né posso essere definita una gran chiacchierona. Per questo ho avuto sempre difficoltà a relazionarmi con le persone. Non mi sono mai sentita a mio agio con i miei coetanei. Il mio unico amico è mio fratello. Le mie compagne di classe, fin dalle scuole elementari, si sedevano accanto a me solo per poter copiare i compiti o chiedermi gli appunti a fine lezione. Nessuna si avvicinava mai per chiedermi di andare al cinema o semplicemente di studiare insieme qualche pomeriggio. Ero solo una secchiona per loro.

All’inizio ne soffrivo molto, poi con il tempo ho innalzato una barriera tra me ed il resto del mondo. Ho iniziato a credere di non aver bisogno di avere rapporti con le persone.

Pensavo che ogni A + presa potesse ricompensare tutte le esperienze adolescenziali che mi venivano precluse. Studiavo e cercavo di essere sempre la prima della classe per prendermi una sorta di rivincita morale nei loro confronti.

So che è un atteggiamento sbagliato, infantile forse, ma era l’unica cosa che riusciva, in quei momenti a risollevarmi l’animo. Il mio unico scopo nella vita era essere migliore di loro, almeno nel campo dello studio.”

Puntò i suoi occhi nei miei e continuò.

“Sai, nessuno mi ha mai invitata al ballo di fine anno, o a qualche festa o semplicemente a bere un caffè insieme. Per fortuna che c’erano i miei libri. Quando sentivo che la malinconia stava prendendo il sopravvento mi rifugiavo nella lettura e sognavo. Speravo che un giorno anche per me ci sarebbe stata una svolta, che non sarei rimasta a vita un brutto anatroccolo. Poi una volta all’università, ho sperato che finalmente il cigno che era in me uscisse fuori. Ma non è stato così. Anche qui non sono riuscita a legare con nessuno, e come al solito, ho riversato tutte le mie energie solo nello studio. Credevo mi bastasse, credevo di poter essere felice anche così. Quando poi, però, mi sono sentita male, quando ho dovuto cercare aiuto da sola per salvarmi, quando mi sono ritrovata da sola nella corsia del pronto soccorso senza sapere cosa avessi, senza avere qualcuno che mi tenesse per mano … io …”

Scosse il capo e le parole le morirono in gola. Aveva gli occhi lucidi e le guance rigate dalle lacrime. Povera piccola, quanta sofferenza c’era nel suo animo! Un essere così speciale e puro meritava il meglio dalla vita.

La feci sedere sulle mie gambe e la strinsi forte al mio petto muto. Iniziò a piangere e singhiozzare.

Non la fermai.

Mi limitai a stringerla forte e ad accarezzarle i capelli.

 

 

“Scusami ... ogni volta finisco per bagnarti il camice con le lacrime!”, disse accennando l’ombra di un sorriso.

Aveva ritrovato un po’ di buon umore. Le accarezzai una guancia ed asciugai le ultime lacrime con le mie labbra esangui. Sentii le sue labbra curvarsi in un sorriso sotto la pelle della mia guancia e le sussurrai nell’orecchio :

“Tu non sei un brutto anatroccolo, Bella. Sei uno splendido cigno, il più bel cigno del lago. Sei stata circondata da oche invidiose che hanno cercato di farti credere che tu fossi diversa da loro. E lo sei per fortuna. Tu sei un essere superiore, per questo cercavano di tenerti alla larga e si difendevano dalla tua intelligenza con la loro cattiveria. Sei una persona davvero speciale, non badare alla stupidità della gente. Tu non hai bisogno di loro o del loro giudizio, devi essere fiera di essere te stessa, perché sei speciale, così come sei.”

Presi una grossa boccata d’aria. Mi sembrava quasi indispensabile in quel momento.

Respirai forte il suo odore delicato e sussurrai quelle parole che da tanto desideravano prendere un suono.

“Tu per me sei speciale …”

Glielo avevo detto, finalmente ero riuscito a liberare il mio animo dai miei sentimenti. Certo, non sapevo quale sarebbe stata la sua reazione, ma mi sentivo stranamente leggero e fiducioso.

 

Rapita dalle mie parole, portò il suo viso all’altezza del mio. Vidi i suoi occhi brillare come non mai, era una gioia per il mio cuore muto. Mi sorrise in un modo così sereno e sincero che se avessi avuto ancora un cuore vivo avrebbe, di certo, perso qualche battito.

“Sei bellissima …”, sussurrai sulle sue labbra prima di prenderne possesso.

Calde e soffici, più umide del solito per via delle lacrime, le labbra di Bella accolsero con piacere le mie, impazienti di ricongiungersi alle sue.

“Non è vero …”, soffiò sulle mie labbra provocandomi un brivido di piacere che corse veloce a stuzzicare i miei ormoni, già impazziti da un pezzo.

“Sì, invece, è la pura verità. Io non mento mai!”, le dissi con fare teatrale, sollevando in alto la mano destra in segno di giuramento.

Rise sonoramente. Era un vero piacere vederla così serena. Non volevo apparire frettoloso o insistente, ma avevo bisogno di sapere che effetto avevano avuto le mie parole e soprattutto, cosa provava lei per me.

Avvicinai di nuovo le mie labbra alle sue, il suo respiro caldo si infrangeva sulle mie labbra marmoree. “Bella …”, soffiai sulle sue labbra provocandole un brivido.

Non era un brivido di freddo. Le reazioni del suo corpo erano fin troppo palesi per i miei sensi acuti.

“Edward …”, sussurrò in risposta.

Poggiai la fronte sulla sua e le baciai la punta del naso.

Sorrise.

“Bella, io … ecco …”

Cosa mi prendeva? Non ricordavo di aver avuto mai difficoltà con le parole … soprattutto da quando ero diventato un vampiro! Sembravo un adolescente alla prima cotta!

Via il dente, via il dolore, Edward! Forza!

“Bella, tu sei diventata molto importante per me. So che ci conosciamo da poco, e probabilmente, mi reputerai uno stupido oppure un farfallone … ma, ecco … vedi … tu mi piaci molto. Sei speciale, per me. Molto speciale, e …”

E … non feci in tempo a terminare il mio discorso. Le sue labbra calde e morbide si posarono sulle mie, delicate ma decise.

Esplorai ogni centimetro di quella bocca da tanto agognata, giocai con la sua lingua, accarezzai le sue labbra. Quel bacio per me valeva più di mille parole.

Ansante e sorridente, bella come non mai, mi prese il viso tra le mani e cercò l’attenzione dei miei occhi.

Non potevo leggerle nella mente, ma non avevo mai visto due occhi più limpidi e capaci di parlare come i suoi.

Erano meravigliosi. Sirio e Vega, a confronto, in quel momento, sarebbero stati considerati due deboli lumini.

“Edward … io … non sai da quanto tempo aspettavo questo momento!”

Sorrisi e le depositai un sonoro bacio sulle labbra.

“Da quando ti conosco, provo delle sensazioni che non avevo mai provato in tutta la mia vita. Credimi … io … non so cosa mi stia succedendo …”, disse abbassando lo sguardo.

Con due dita le sollevai il mento e vidi che aveva le guance rosse. Molto rosse.

“Sono sensazioni spiacevoli? Che, magari, preferiresti non provare?”

Avevo bisogno di conferme, prima di espormi ulteriormente.

“No! No!”, urlò allarmata.

“Non fraintendermi! Io … io non mi sono mai sentita così in tutta la mia vita. E credimi, è tutto molto piacevole!”, sussurrò imbarazzata.

Io gongolavo di gioia. Con le labbra distese in un enorme sorriso abbassai il capo cercando il suo sguardo.

“Non volevo metterti in imbarazzo, perdonami. E’ solo che volevo conoscere quello che provi … per me

Sentii il suo cuore iniziare a correre come se avesse scalato la facciata più ripida di un monte. Lasciandomi stupito, per la seconda volta, prese di nuovo la parola.

“Io non so come definire quello che provo per te, non riesco a dargli un nome. Forse perché non ho termini di paragone. E’ tutto così nuovo per me … ma questo non vuol dire che sia dispiaciuta o pentita. Anzi … anche tu mi piaci molto Edward.”

Non avevo bisogno di sentire altro. L’avrei conquistata ed insieme saremmo riusciti a dare un nome a quel sentimento che ci univa.

Ripresi possesso delle sue labbra con un impeto che, sperai, non la spaventasse.

Rispose al mio bacio con ardore e consapevolezza. Sapevo che anche lei aveva atteso quel momento da tanto. Lo avevo letto nei suoi occhi, giorno dopo giorno.

Mi staccai malvolentieri da lei, per permetterle di respirare, e posai la mia fronte sulla sua.

“Ti va di scoprirlo insieme, allora? Hai voglia di cercare con me un nome da dare a queste sensazioni?”

“Sì”, affermò decisa, prima di ricominciare a giocare con le mie labbra.

 

 

”Che amabile donzella, complimenti caro dottore! Bel bocconcino!”

Riconobbi immediatamente la voce di quei pensieri.

Era arrivato il momento di rispondere alla prima domanda di Bella …

 

 

 

A quale domanda dovrà rispondere ora Edward?! E di chi sono i pensieri?! Aspetto di conoscere le vostre supposizioni!! Alla prossima! Un bacio, Elettra.

 

 

 

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Capitolo 25
*** CAPITOLO 24 – DON JUAN (DON GIOVANNI) ***


 

Buonasera a tutte!! Come va? Spero bene!

Finalmente scopriremo in questo capitolo chi è la persona a cui appartengono quei pensieri e si scoprirà anche dove sono Edward e Bella! Non mi dilungo oltre e vi lascio al capitolo!

Ringrazio come sempre tutte coloro che seguono, leggono e commentano questa storia! Grazie anche a chi l'ha inserita tra le preferite e quelle da ricordare!

Ricordo come sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.

Buona lettura!

 

CAPITOLO 24 – DON JUAN (DON GIOVANNI)

 

“Ma credete veramente di essere pazzi? Davvero? Invece no, voi non siete più pazzi della media dei coglioni che vanno in giro per la strada, ve lo dico io!.”

("Qualcuno volò sul nido del cuculo", 1975)

 

 

POV EDWARD

Dopo aver giocato con il suo labbro inferiore, provocandole sospiri continui, dolce musica per le mie orecchie, la feci voltare verso la fonte dei pensieri che avevo avvertito poc’anzi.

“Mia cara ed acuta osservatrice, ricordi cosa mi hai chiesto appena siamo arrivati?”

“Certo … e ricordo anche non hai voluto rispondere alla mia domanda!”, rispose con fare teatrale.

Era adorabile.

“E se rispondessi ora, alla tua domanda? Sono ancora in tempo?”, sussurrai nell’incavo del suo collo, lì dove il suo dolce aroma pulsava veloce e forte.

“S-si”, balbettò, evidentemente eccitata dal mio gesto.

“Siamo nel cortile dell’ospedale psichiatrico, Bella.”

“Come … ma, davvero?”

La sua espressione era indecifrabile, un misto tra stupore e curiosità.

“Si, davvero. E’ un posto speciale per me.”

Amavo quel posto.

Il mio potere mi permetteva di conoscere realmente cosa passasse per la mente di quelle persone che dai comuni mortali e dagli standard imposti dalla società erano stati catalogati come “pazzi”.

In realtà le loro menti erano limpide come le chiare acque incontaminate di un fiume ed i loro pensieri innocenti come quelli dei bambini.

Erano privi di freni inibitori, non conoscevano regole, né dettami o protocolli. Non sapevano discernere il bene dal male, il giusto dall’errato.

Agivano solo secondo il loro istinto.

Erano liberi.

E per questo la “società” aveva deciso, a suo tempo, di internarli e di “curarli”.

Quello che fino a qualche decennio fa “loro” definivano “cura” io lo definivo “massacro”. Il loro intento era quello di annientarli, renderli innocui.

Fortunatamente i vecchi manicomi erano stati chiusi e tutte le persone che avevano subito in quei posti squallidi elettroshock e “cure” di vario genere erano state trasferite in strutture simili a quella in cui ci trovavamo in quel momento.

C’era un motivo per cui avevo deciso di portare Bella lì. Era importante per me conoscere la sua opinione rispetto al diverso, sapere come si sarebbe comportata di fronte ad un’altra realtà, a lei ignota …

Notando ancora una nota di curiosità aleggiare sul volto di Bella, probabilmente dovuta al mio silenzio, ed impaziente di conoscere i suoi pensieri, continuai.

“Queste persone sono speciali. La società li definisce pazzi, ma secondo me i veri pazzi sono loro, quei falsi signorotti perbenisti. Esiste davvero un confine tra sanità e malattia? C’è forse una bilancia tarata per misurare la follia e la normalità? La maggior parte di queste persone aveva idee libere e rivoluzionarie. Ma il governo non poteva accettarle, dovevano tacere, non potevano interferire con i loro piani. Per questo sono stati presi ed internati nei manicomi. Hanno subito l’elettroshock, hanno cercato di annientare la loro personalità con sedativi e psicofarmaci, li hanno violentati psicologicamente facendogli credere di essere malati. Vedi, le persone di solito hanno paura di fronte a qualcosa che non fa parte della loro “quotidianità”. Fuggono spaventati di fronte a ciò che è diverso e cercano di eliminarlo perché lo temono. Queste persone sono solamente diverse da noi, non inferiori. Spero di non averti spaventata. Se vuoi torniamo in camera.”

Mi sorrise e mi sciolse nuovamente il cuore.

Strinse forte la mia mano fredda e ne baciò il dorso. Non potei fare a meno di commuovermi per il suo gesto dolcissimo.

“No, Edward. Non ho paura. E’ molto triste quello che mi hai raccontato, sapevo qualcosa riguardo alle pratiche in uso nei manicomi ma non conoscevo tutte queste orribili verità. Condivido il tuo pensiero e sono sicura che queste persone siano davvero speciali, proprio perché sono diverse.”, prese una pausa ed abbassò il capo.

Lo faceva sempre quando stava per dire qualcosa che la metteva in imbarazzo. Ormai avevo imparato a conoscere cosa ci fosse dietro ogni suo gesto, ogni piccola abitudine, ogni sorriso.

Rispettai il suo silenzio con riserbo e le concessi tutto il tempo di cui aveva bisogno pur di farle proseguire il suo discorso. Perché ero sicuro che avesse qualcosa da aggiungere. Era solita conservare le cose più importanti e più significative da dire sempre alla fine.

Non dovetti attendere molto. Le mie supposizioni trovarono immediato riscontro.

Sollevò lo sguardo, mi strinse la mano e terminò il suo discorso.

“Solo una persona sensibile come te avrebbe potuto fare un discorso così, solo una persona che va al di là delle apparenze e delle convenzioni sociali può trovare del buono in ogni cosa e capirne la vera essenza.”

“Oh Bella!”, la strinsi forte a me e cercai un contatto più profondo avvicinando le mie labbra alle sue, ma una persona che attendeva da tempo di presentarsi al nostro cospetto fece la sua venuta.

“Buenos dias, senõrita! Buenos dias, dottor Cullen!”

“Don Juan”, risposi salutandolo con un gesto del capo. Bella, stretta tra le mie braccia, guardava lo strano sconosciuto che l’aveva appena salutata con occhi attenti e curiosi.

“Permettetemi, dottore, di complimentarvi con voi per essere riuscito a conquistare una così deliziosa donzella.”

Sollevò con estrema delicatezza la mano di Bella che non era intrecciata alla mia e con la grazia e l’eleganza di un cavaliere rinascimentale ne baciò il dorso. Bella era stupita ed affascinata da quella figura stramba che si trovava davanti a noi e sicuramente mille interrogativi si rincorrevano nella sue mente in quel momento, ma non me ne curai. Volevo godermi lo spettacolo.

Don Juan, o meglio, Laurent, era uno dei miei pazienti preferiti. Era un giovane messicano che soffriva di un forte disturbo di personalità. Fin da piccolo era stato in cura da vari psicologi, ma nessuno era riuscito a comprenderlo, e probabilmente nessuno ci sarebbe mai riuscito.

Durante l’adolescenza si era immedesimato così tanto nella lettura del “Don Giovanni” di Byron che aveva creduto di essere lui il protagonista del libro.

I genitori, distrutti dalle continue angherie e dagli insulti che erano costretti a subire a causa della strana personalità del figlio, avevano deciso di internarlo in un istituto di igiene mentale, affidandolo alle “cure miracolose degli psicofarmaci”.

Era la persona più carismatica e dotata di dialettica che avessi mai incontrato nella mia vita. Sarebbe stato un ottimo politico. Ed in quel momento era riuscito ad incantare anche Bella.

“Permettetemi di presentarmi, dolce fanciulla. Sono Don Juan de Marco, vivevo in Messico, in un piccolo villaggio, ma un bel giorno, hanno deciso di trasferirmi qui. Mi credevano pazzo per il modo in cui vesto e parlo, ma in realtà erano solo invidiosi.”

“Invidiosi?”, intervenni io, fingendo di non conoscere la sua battuta successiva.

“Caro dottore, avete ben inteso. Invidiosi.”

“E perché mai?”, continuai.

“Ho fatto l'amore con più di mille donne; ho compiuto ventun'anni martedì scorso.”

Sentii Bella trattenere il respiro e cercare la mia mano. Si voltò verso di me interrogandomi con lo sguardo, e le sussurrai nell’orecchio :

“Ti spiego tutto dopo”.

“Non vi spaventate donzella, non sono un pazzo né un ninfomane. Sono solo un amatore, un abile amatore.”

Tentò di rassicurarla. Poi si rivolse a me.

“E voi, dottore? Avete mai amato veramente una donna? I vostri occhi mi dicono di no.”

Aveva ragione probabilmente. Avevo avuto tante donne, avevo dato e ricevuto piacere da esse, ma non avevo mai amato nessuna. Mai.

“Non avete mai incontrato una donna che v'ispira ad amare, fino a che tutti i vostri sensi non siano intrisi di lei. La respirate, l'assaporate, vedete i vostri futuri figli nei suoi occhi e sapete che finalmente il vostro cuore ha trovato una dimora. La vostra vita inizia con lei e senza di lei deve sicuramente aver termine..."

Pensai all’unica ragazza che avrei voluto avere accanto per sempre, l’unica di cui avrei voluto conoscere la mente ed i sentimenti, la sola che avesse donato un ritmo al mio muto cuore.

Bella.

Laurent, o meglio, don Juan era un abile oratore, affascinante e carismatico. Follia e saggezza convivevano nel suo animo, ed io che avevo la possibilità di leggere la sua mente ero rimasto più volte sbalordito della sua abilità oratoria.

Possedeva l’arte di amare e di comprendere le donne, e nulla avevano potuto scalfire la malattia o le “cure”.

“Ricordate miei giovani amici che ci sono solo quattro domande che contano nella vita: cosa é sacro, di cosa é fatto lo spirito, per cosa vale la pena di vivere e per cosa vale la pena di morire... La risposta, ad ognuna, è la stessa: solo l'amore".

Con quelle parole si congedò e sparì, così com’era apparso.

 

 

ANGOLINO DELL'AUTRICE.

Allora ci tengo a fare qualche precisazione visto che nel capitolo ho deciso di affrontare un tema molto delicato.

Il discorso che fa Edward altro non è che l'espressione del mio pensiero riguardo ai manicomi e a quello che accadeva lì dentro. Fortunatamente in Italia, in seguito alla legge Basaglia, sono stati aboliti come istituzione ... ma quelle persone vengono ancora trattate in modo non adeguato alle loro condizioni. Come avrete notato il mio pensiero rispecchia molto anche il tema trattato nel film da cui è tratta la citazione ad inizio capitolo, "Qualcuno volò sul nido del cuculo".

Per me il confine tra follia e ragione è molto labile, come la linea che separa il cielo dal mare ... credo che ci sia un pizzico di follia in ciascuno di noi ... solo che in pochi riescono a prenderne atto e a farne un potenziale piuttosto che un deficit.

Ovviamente questo prescinde dal discorso più ampio della malattia. Ma malato non vuol dire inferiore o emarginato. Esiste una cura anche per quelle malattie e non si chiama solo Prozac o Valium. Si chiamano Amore e Rispetto.

Questo è solo il mio pensiero, sono pronta a ricevere critiche di qualunque genere. E' un tema delicato, ma ho voluto inserirlo lo stesso nella storia. Non è altro che un' altra sfumatura della diversità. Ecco perchè Edward porta Bella lì. Comunque vorrei conoscere anche la vostra opinione a riguardo :)

Poi, passiamo a Laurent/Don Juan. Liberamente tratto da uno dei miei film preferiti, interpretato dal mio attore preferito, Don Juan è un personaggio straordinario. Folle, sensibile, saggio e carismatico. Vi consiglio di vedere il film. Alcune citazioni, quelle sottolineate, che ho usato nel capitolo sono tratte proprio dal fim.

 

 

 

Ringrazio tutte coloro che hanno letto questo capitolo e spero che vi sia piaciuto. Alla prossima! Un bacione, Elettra.

 

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Capitolo 26
*** CAPITOLO 25 – YOU DON’ T BLEED (TU NON SANGUINI) ***


Buonasera a tutte!! Come va? Spero bene!

CAPITOLO DI FONDAMENTALE IMPORTANZA ... VI DICO SOLO BUONA LETTURA!!!

Ringrazio come sempre tutte coloro che seguono, leggono e commentano questa storia! Grazie anche a chi l'ha inserita tra le preferite e quelle da ricordare!

Ricordo come sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.

 

CAPITOLO 25 – YOU DON’ T BLEED

 

“La verità è una coperta che lascia scoperti i piedi.”

(“L’attimo fuggente”, 1989)





Erano trascorsi due giorni dall’incontro con don Juan. Due giorni da quando avevo aperto il mio cuore ad Edward e lui aveva fatto lo stesso con me. Due giorni da quando finalmente mi svegliavo la mattina con il sorriso sulle labbra e con lo stesso sorriso mi addormentavo la sera. Due giorni da quando il solo sentire il mio nome pronunciato dalla Sua voce mi faceva sentire leggera come una nuvola.
Non avevo ancora trovato un nome per definire quelle sensazioni.
Sentivo che il sentimento che provavo per Edward cresceva di giorno in giorno.
Man mano che il tempo passava la sua presenza nella mia vita diventava indispensabile e caratterizzante. Nonostante lo conoscessi da poco, era riuscito in breve tempo ad occupare un posto fondamentale nel mio cuore e nella mia vita. Viaggiavamo sulla stessa lunghezza d’onda, ed era una sensazione bellissima, che non avevo mai provato con nessuno.
Mi sentivo, finalmente, completamente viva. Era come se finalmente avessi trovato il mio posto nel mondo, il vuoto che sentivo dentro di me era stato colmato grazie alla sua presenza.
Le sensazioni che provavo in sua presenza erano qualcosa a cui non ero ancora riuscita ad abituarmi. Era strano per me sentire quel languore che si impossessava del mio ventre, cercare di avere un contatto più profondo, prendere l’iniziativa anche solo per un bacio.
Ero felice.
Solo l’incombenza delle mie dimissioni imminenti dall’ospedale rovinava il quadretto perfetto della mia situazione. Ero felice che fosse andato tutto bene e la mia guarigione procedesse secondo il normale protocollo, ma il solo pensiero di terminare la mia convalescenza a Forks, lontana da lui, mi rabbuiava terribilmente.
All’improvviso Seattle non era più la terribile città fredda e caotica in cui avevo deciso di trasferirmi solo per studiare.


Una voce familiare mi ridestò dai miei pensieri.
“Bella, dobbiamo controllare i punti prima delle dimissioni. Ti accompagno nell’ambulatorio del dottor Cullen.”
Emily, l’infermiera più simpatica e dolce del reparto.
“D’accordo, andiamo.”

Giunta in ambulatorio trovai entrambi i dottori Cullen ad aspettarmi.
“Buongiorno Bella, come andiamo?”, chiese con la solita gentilezza e professionalità il dottor Cullen.
“Abbastanza bene dottore.”
“Si vede, cara. Ora diamo un’occhiata i punti, così vediamo quando possiamo dimetterti.”
Notai una smorfia di delusione disegnarsi sul volto di Edward. Fino a quel momento non aveva detto nulla, non mi aveva neanche salutata.
Si era limitato a dedicarmi il più bello dei suoi sorrisi, come sempre quando non eravamo soli.
Da quando avevamo iniziato a “conoscerci” si fermava in ospedale anche durante le sue ore libere, che solitamente trascorrevamo nella mia stanza oppure, quando non faceva molto freddo, nel cortile delle magnolie.
Adoravo quel posto. Ogni volta che ammiravo le magnolie, ormai quasi in fiore, mi ritornava in mente quella storia meravigliosa che Edward mi aveva raccontato prima di dichiararci.
La voce calda e pacata del dottor Cullen mi riportò alla realtà.
“Allora Bella, qui procede tutto bene. La ferita si sta cicatrizzando bene, non c’è ombra di infezione … direi che possiamo dimetterti anche oggi pomeriggio se per te va bene, altrimenti, domani mattina. Poi ci rivediamo tra 10 giorni per ricontrollare i punti ed eventualmente rimuovere quelli che non sono caduti da soli, va bene?”
Un solo giorno. E poi sarei ritornata a Forks.
“Io … dovrei prima parlarne con i miei genitori, comunque … se per voi non è un problema preferirei domani. Oggi non credo abbiano la possibilità di venire a prendermi.”
“Ma certo Bella, non c’è alcun problema, vero papà?”, intervenne Edward.
“Assolutamente. Effettueremo un prelievo per controllare i valori, prima di dimetterti.”, rispose il dottor Cullen.

L’infermiere che mi fece il prelievo non era dei più simpatici. Anzi.
Un bell’ematoma faceva bella mostra di sé nella piega del mio gomito. Il colore scuro del sangue che si era accumulato sotto la mia pelle contrastava nettamente con il mio incarnato pallido.
La mia più attesa e gradita visita pomeridiana non tardò ad arrivare.
“Buongiorno mia Bella!”, esclamò avvicinandosi al mio letto e stampandomi un bacio sulle labbra.
“Ciao”, risposi mesta.
“Hey, che succede piccola?”, mi chiese.
La nota di preoccupazione che traspariva dal suo tono era in disarmonia con la tipica musicalità della sua voce.
“Nulla. E’ che … - sospirai - domani mi dimettono … e sì, lo so, dovrei esserne felice … ma in realtà ..”
“Bella” disse mentre con due dita sotto il mento mi sollevò il viso.
Eravamo di nuovo occhi negli occhi.
Un sorriso si disegnò sulle sue labbra perfette, così vicine alle mie.
“Sai che neanche io sono felice che ti dimettano?”, mi chiese con fare retorico.
“Ma vedrai che 10 giorni passano in fretta …”, sussurrò sempre più vicino alle mie labbra fino a quando quella misera distanza non fu azzerata e tutte le parole che avrebbero voluto prendere forma e suono rimasero intrappolate in un bacio soffocante e decisamente passionale.
Le mie mani finirono tra i suoi capelli. Lo strinsi forte a me cercando di attirarlo il più vicino possibile. Lui mi stringeva forte per la vita.
Sembrava quasi volessimo fonderci l’uno nell’altro.
Dopo aver esplorato ogni meandro della sua bocca e dopo che lui aveva fatto altrettanto con la mia, ci staccammo, continuando a rimanere vicinissimi.
Poggiò la sua fronte sulla mia e mi baciò la punta del naso.
“Non ti avevo ancora salutata come si deve oggi”, si giustificò sorridendo e stampandomi un sonoro bacio sulle labbra.
Poi si allontanò un pò, mentre io cercavo di tenerlo ancora stretto a me.
Mi sporsi verso di lui e mi impossessai nuovamente delle sue labbra. Con calma e dedizione saggiai il suo labbro superiore, mentre lui si occupava di vezzeggiare il mio labbro inferiore.
Sembravamo insaziabili …

Scendemmo in cortile e ci sedemmo su quella che ormai era stata battezzata come la nostra panchina.
“Bella … io devo dirti una cosa.”
“Certo Edward, dimmi pure.”, gli sorrisi cercando di incoraggiarlo. Sembrava quasi più pallido del solito, e cosa alquanto insolita, era molto teso.
“E’ una cosa importante .. fondamentale direi. E il fatto che io non te ne abbia parlato subito non deve indurti a pensare che io non avessi fiducia di te … anzi. E’ solo che avevo bisogno di sapere cosa provassi per me.”
Iniziavo a preoccuparmi, cosa doveva dirmi di così importante? Non era da Edward fare tanti giri di parole.
“Bella io sono …”
Quello che accadde nei secondi successivi nei miei ricordi appariva nettamente sfocato.
Sentii un urlo, un urlo disumano. Poi vidi una figura correre verso di noi.
Era don Juan.
Urlava e si dimenava. Una schiera di medici ed infermieri lo seguiva, ma nessuno riusciva a prenderlo.
Aveva un bisturi in mano. Credeva fosse una spada. Voleva battersi con l’uomo che aveva osato rubare il cuore della sua amata.
Qualcuno, un medico credo, spiegò a Edward che non aveva preso le sue solite medicine quella mattina. Stava avendo delle allucinazioni.
Iniziò a parlare in spagnolo e si avvicinò pericolosamente a noi.
Brandiva il bisturi come se fosse stato realmente una spada e sferrò qualche colpo che andò a vuoto.
Poi impugnò il bisturi come un coltello e come impossessato da una forza sovrumana colpì Edward sulla spalla destra.
Urlai, invocando aiuto, ma quello che vidi mi fece raggelare il sangue nelle vene.
Uno stridore metallico, come due estremità in acciaio che strisciano tra loro, squarciò l’aria già satura di tensione e di urla disordinate.
Edward non sanguinava.




Cosa accadrà ora?! Vi aspetto al prossimo capitolo!!! Buonanotte, un bacio! Elettra.


 

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Capitolo 27
*** CAPITOLO 26 – A NEW LIFE (UNA NUOVA VITA) ***


 

Salve a tutte! Scopriremo presto cosa è successo dopo che Bella ha notato il particolare che Edward non sanguinava ... prima però voglio ringraziare tutte coloro che seguono, leggono e commentano questa storia! Grazie anche a chi l'ha inserita tra le preferite e quelle da ricordare!

Ricordo come sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.
Buona lettura!




CAPITOLO 26 – A NEW LIFE

“Non c'era più alcun suono. Alcun respiro. Neanche il mio.
Per un attimo, l'unica cosa che riuscii a comprendere fu l'assenza di do­lore.
Poi aprii gli occhi e guardai in alto, sorpresa.”


(Stephenie Meyer – “Breaking Dawn”, cap. 19)

 

 

POV EDWARD

“Tu … tu … non sanguini …”
Bella era rimasta pietrificata ed era fuggita via. Via da me.
E come darle torto, io ero solo un mostro. Un mostro innamorato di lei.
Stavo per confidarle il mio segreto, quando il caso ha ben pensato di rivelarle la brutalità della mia natura nel peggiore dei modi.
Laurent stava bene, sedato e tenuto sotto controllo medico 24 ore su 24. Fortunatamente, o sfortunatamente, solo Bella aveva notato il particolare che mi contraddistingue, tutto quel marasma di medici e paramedici arrivò un secondo più tardi e nessuno si accorse che don Juan aveva cercato di ferirmi.
Tutti meno che lei.
Ma perché il destino aveva deciso di farmi questo?
Si era rifugiata nella sua camera, visibilmente sotto shock. Aveva parlato con il medico di guardia ed aveva chiesto le dimissioni imminenti. Il medico, il dottor Smith, si rivolse a mio padre.
Dopo aver ascoltato da me quello che era accaduto, mio padre firmò le dimissioni.
Nel pomeriggio i suoi genitori vennero a prenderla.
Non aveva voluto vedermi, o meglio non era venuta a cercarmi.
Forse ero stato un codardo, ma dopo quello che era accaduto, avevo preferito starle lontano e lasciarle del tempo per riflettere.
Mio padre aveva cercato di tranquillizzarmi così come tutta la mia famiglia.
Alice in particolare, la mia piccola Alice, che ormai viveva con noi, non mi lasciava un attimo da solo.
Era convinta che Bella provasse per me un sentimento così forte che avrebbe accettato la mia natura senza timore, proprio come aveva fatto lei.
Io, invece, ero molto pessimista.
Bella era fragile, molto fragile.
Nei suoi occhi avevo letto una gran paura. E non potevo di certo darle torto.
“Edward, siamo pronti. Andiamo?”, mio padre entrò nella mia stanza interrompendo i miei tristi pensieri.
“Sì, andiamo”.
Eravamo in partenza. Destinazione Sitka, Alaska.


 

 



Entrare nella casa che era stata testimone del primo battito di ciglia della mia nuova vita da vampiro, a distanza di 13 anni, mi fece un certo effetto.

Ricordavo ancora lo stupore che provai quando scoprii la mia forza sovrumana, il piacere di poter sfrecciare tra gli alberi nella foresta, la prima nuotata nelle fredde acque dell’oceano senza aver bisogno di ossigeno.
Ricordavo ancora le raccomandazioni di Carlisle, il piacere di sentire il sangue caldo di un orso bruno percorrere la mia gola e riscaldare il mio corpo fino alle terminazioni, la sorpresa di essere un vampiro speciale che leggeva nella mente.
Sembrava che il tempo si fosse fermato in quella deliziosa casetta in legno, finemente arredata da mia madre Esme.


Quella casa, dopo tanti anni, avrebbe accolto ed ospitato la trasformazione di mia sorella Alice.
“Alice, come ti senti?”, chiese Rosalie porgendo alla mia sorellina una felpa per proteggersi dal freddo.
“Io … Non lo so … è una sensazione strana. Da una parte ho paura … paura che qualcosa vada storto … ho paura di non svegliarmi più … dall’altra, sono tremendamente euforica di diventare come voi!”
“Tesoro, non devi temere nulla. Carlisle ha trasformato tutti noi e non è successo niente di irrimediabile. Ha un autocontrollo invidiabile, proprio come Edward. Andrà tutto bene, Alice. Devi crederci.”
Alice abbracciò Rosalie. Incredibile come avessero legato in così poco tempo. Erano davvero come due sorelle.
Non avevo mai visto Rosalie comportarsi in modo così dolce ed umano con un’altra persona che non fosse Emmet o qualcuno della nostra famiglia.
Alice aveva conquistato il cuore di tutti.
Leggevo nella sua mente una calma invidiabile. Quello che aveva confidato a Rosalie era la verità.
La sua unica paura era quella di morire.
Ma non sarebbe accaduto, mi fidavo ciecamente di Carlisle.
“Alice, vuoi mangiare qualcosa? Hai voglia di qualcosa in particolare?”, le domandai.
Non si era accorta che fossi lì, a differenza di Rosalie che mi fece un occhiolino complice.
Ridemmo per la sua reazione. Aveva gli occhi sgranati e la bocca aperta per lo stupore della mia improvvisa entrata in scena.
“Uffa, non è giusto! Avete ancora poco tempo per prendervi gioco di me, aspettate qualche giorno e vedrete!”, esclamò.
Ammirai il suo viso da bambina e mi persi nella contemplazione di quel verde intenso dei suoi occhi, così simile al mio da umano, che presto avrebbe assunto il colore del sangue.
La strinsi forte a me e le baciai il capo.
La mia sorellina … finalmente non ci saremmo separati mai più.

POV ALICE
“Vado a fare una doccia prima di … insomma … prima di iniziare.”
Non lo davo a vedere ma avevo una fifa tremenda. Edward sicuramente lo aveva letto nei miei pensieri, infatti acconsentì immediatamente, certo che una doccia rilassante avrebbe fatto al caso mio.
Il getto caldo dell’acqua sciolse i muscoli della mia schiena ed accarezzò tutto il mio corpo. Da bambina odiavo fare la doccia, avevo paura di annegare sotto il getto dell’acqua, così violento ed impetuoso, e preferivo di gran lunga immergermi in una bella e comoda vasca da bagno.
Poi un giorno, un giorno freddo e piovoso, Edward mi trascinò in giardino, sotto la pioggia.
“Solleva il capo, lasciati accarezzare dalla pioggia … accogli l’acqua che scende dal cielo con un sorriso, è una sensazione bellissima sentire le gocce di pioggia che ti solleticano il viso.”
Lo feci ed iniziai a ridere spensierata. Avevo 6 anni.
Da allora, soprattutto dopo la presunta morte di mio fratello, ogni volta che entravo in doccia ed il getto d’acqua mi investiva ripensavo a lui e a quanto fosse speciale.
Aveva ragione Rosalie, dovevo essere fiduciosa, tutto sarebbe andato bene e finalmente avrei iniziato a vivere, avrei avuto una famiglia ed un futuro eterno e felice.
Uscii dalla doccia e scelsi i capi da indossare. Un comodo e caldo maxi pull che lasciava il collo scoperto, visto quello che di lì a poco sarebbe accaduto e degli altrettanto comodi leggings.
Mi osservai allo specchio e mi soffermai sul particolare della scollatura. Studiai il mio collo candido da ogni angolazione possibile, chissà cosa avrei provato quando …
All’improvviso il panico si impossessò di me. La paura del dolore, il timore che qualcosa potesse andare storto, mille dubbi si insinuarono nella mia mente e fui costretta a stringermi il capo con le mani, quasi volessi comprimere i pensieri e mettere a tacere tutti quei se e quei ma che mi affliggevano.
Iniziai a piangere, sicuramente a causa della tensione a cui avevo sottoposto i miei nervi. Non volevo che qualcuno mi vedesse così, soprattutto Edward.
Io volevo diventare una vampira, però avevo paura.
Ad un tratto due braccia fredde mi cinsero la vita e mi ritrovai a piangere con il capo incastrato nell’incavo profumato del collo di Jasper.
“Shh … devi stare tranquilla, Alice. Andrà tutto bene, te lo prometto. Non pensare più a nulla. Ci siamo noi.”
Cercava di rassicurarmi, si sedette su una sedia a dondolo di fronte allo specchio e lasciò che mi sfogassi.
Ascoltò tutti i miei dubbi, mi accarezzò il viso ed asciugò le mie lacrime.
“Ti fidi di me Alice?”, mi domandò.
“Si”, risposi senza pensarci due volte.
“Andrà tutto bene, tra un paio di giorni correremo insieme nella foresta laggiù, faremo gare di nuoto nell’oceano, cacceremo orsi ed alci, voleremo sui tetti della città. Fidati di me, fidati di noi.”
“Ok ..”, risposi sorridendo.
Sicuramente doveva aver usato il suo potere perché ad un certo punto mi sentii stranamente calma e rilassata.
Raggiungemmo il resto della famiglia in salotto. Abbracciai mio fratello che mi sussurrò all’orecchio “Buonanotte piccola Alice” e mi baciò la fronte.
Poi mi sdraiai sul lettino preparato per l’occasione e vidi Carlisle avvicinarsi a me con una siringa in mano.
“Sto per iniettarti della morfina in vena per sedare un po’ il dolore. Andrà tutto bene, Alice. Sei pronta?”
Annuii con il capo e gli sorrisi.
Sentii una leggera puntura all’altezza del braccio e poi, dopo pochi minuti, gli arti iniziarono ad intorpidirsi.
Edward fece un cenno a Carlisle, doveva avermi letto nel pensiero.
Carlisle si avvicinò al mio collo.
“Ora non soffrirai più, piccola”. Fu l’ultima cosa che sentii.
Un fortissimo bruciore, come lingue di fuoco, mi percorse le vene.
Poi il nulla.

 

Piaciuto?! Spero di sì! Alla prossima, buonanotte! Elettra.


 


 

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Capitolo 28
*** CAPITOLO 27 – BELLA’S LULLABY (NINNA NANNA PER BELLA) ***


Buonasera! Vi lascio subito al capitolo ... voglio solo ringraziare tutte coloro che seguono, leggono e commentano questa storia! Grazie anche a chi l'ha inserita tra le preferite e quelle da ricordare!

Ricordo come sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.
Buona lettura!




CAPITOLO 27 – BELLA'S LULLABY

“La musica rallentò, si trasformò in qualcosa di più morbido, e con grande sorpresa, tra le ondate di note, colsi la melodia della sua ninna nanna.
«Questa l'hai ispirata tu», disse, a bassa voce. La musica si riempì di una dolcezza insostenibile
.”


(Stephenie Meyer – “Twilight”, cap. 15)

 

 

POV EDWARD


Erano ormai trascorsi quasi tre giorni.
Alice non aveva urlato durante la sua trasformazione, ma stava soffrendo tantissimo. Leggevo nella sua mente la voglia di spegnere le fiamme che la stavano divorando, il desiderio di mettere a tacere quel dolore indicibile, calvario necessario per la sua rinascita da vampira.
Eravamo stati tutti accanto a lei durante quei tre giorni.
Carlisle monitorava la situazione, Esme le stringeva una mano, di tanto in tanto, per infonderle coraggio, Rosalie ed Emmet ricordavano il dolore provato durante la trasformazione e sembrava quasi soffrissero con lei.
Jasper …
Jasper non si era mosso neanche per un istante.
Non che avessimo necessità fisiologiche o problemi di intorpidimento.
Non era andato neanche a caccia in quei giorni. Era rimasto lì, accanto a lei. Uno spettatore discreto ma presente.
Sembrava che ci fosse un filo che li unisse.

Ad un tratto, quando l’incarnato di Alice stava per diventare più pallido e le sue labbra più scure, segno che la trasformazione era quasi giunta al termine, accadde una cosa a cui non ero preparato.
Alice sognò. Più che un sogno sembrava un film, proiettava immagini nella sua mente, non pensieri. Non mi era mai successa una cosa del genere.
Spesso in reparto mi era capitato di assistere e “leggere” i sogni dei miei pazienti, ma non mi era mai successo con un vampiro … o con un quasi vampiro!
Durante la trasformazione non c’era posto per i sogni. Troppo dolore. E poi, a quel punto della trasformazione, le caratteristiche tipicamente umane come sognare, sentire fame, o qualunque altro bisogno fisiologico, erano ormai perdute.

Alice, ormai vampira, correva spensierata in una maestosa foresta di abeti sitka. Era bellissima. Alle sue spalle, con lo sguardo completamente perso ed incantato, Jasper correva, ridendo.
Poi si fermarono e si voltarono l’una verso l’altro. I loro occhi dorati emanavano una luce nuova. Si avvicinarono e lui pose le mani sui suoi fianchi, attirandola a sé e baciandola.

Sorrisi involontariamente e contemporaneamente anche Alice sorrise.
“Cosa?! Alice, Alice mi senti?!”, mio padre, uomo di scienza, non riusciva a spiegarsi come la mia sorellina potesse sorridere mentre, in realtà, provava un dolore devastante.
“Papà, non ti sente. La trasformazione è ancora in corso. Alice sta sognando.”, risposi titubante.
“STA SOGNANDO?” Ma come è possibile, Edward?!”
“Non lo so, papà. Credo che anche Alice abbia un potere … scopriremo tutto appena si sveglierà”.
Mi chiesero cosa avessi visto nella mente di Alice. Gli raccontai del sogno, omettendo il particolare Jasper. Non sapevo come interpretare quello che avevo visto, né cosa pensare di mia sorella e mio fratello insieme, come coppia.
Alice era … la mia sorellina. E Jasper … era più di un fratello. Jasper era il mio compagno di avventure. E che avventure.
Oh.
Non era quello il momento per pensare quelle cose. A tempo debito, avrei fatto un bel discorso con mio fratello.
Il cuore di Alice accelerò la sua corsa verso la meta. Sul suo viso si disegnò una smorfia di dolore, povera piccola.
“Dai Alice, manca poco”, sussurrai al suo orecchio, mentre le stringevo una mano.
Un ultimo battito sordo.
Poi due fari vermigli osservavano tutti i presenti nella stanza con curiosità e gioia.
“Edward”, si stupì della musicalità della sua voce.
“Ehi piccola, benvenuta tra noi!”, mi avvicinai a lei, cauto, era pur sempre una vampira neonata.
La abbracciai, piano. Anche lei cercava di calibrare i suoi movimenti e di dosare la forza. Leggevo nella sua mente l’emozione di aver varcato la soglia di una nuova vita, lo stupore di essere rimasta sempre se stessa, nel suo animo, la gioia di avere dei sensi acutissimi che le permettevano di ammirare la nostra bellezza e contemporaneamente la confusione suscitata dal guardare il mondo con occhi diversi, più chiari, o dal riuscire a sentire il minimo rumore.
Abbracciò anche gli altri. L’ultimo fu Jasper, a cui dedicò un sorriso dolcissimo.
Probabilmente il sogno di Alice era una premonizione di quanto sarebbe accaduto.
Avremmo avuto tutta l’eternità per occuparcene, in quel momento bisognava portare a caccia Alice.

Alice era nata per quella vita. Aveva cacciato in modo impeccabile ed elegante e tutti eravamo rimasti affascinati dalla grazia dei suoi movimenti e dall’autocontrollo che aveva dimostrato quando, rientrando a casa, ci eravamo imbattuti in un gruppo di cacciatori.
Una volta in casa, Rosalie ed Emmet si congedarono dal gruppo per dedicarsi alle loro “attività” notturne, Esme e Carlisle furono costretti a rientrare a Seattle per via di un emergenza in ospedale che richiedeva la presenza di mio padre, ed Alice, Jasper ed io rimanemmo in salotto, in compagnia del camino acceso, a godere dello spettacolo favoloso della foresta innevata.

salotto

 

“Ma davvero non abbiamo la necessità di dormire?!”, domandò una Alice più curiosa che mai.
“No!”, rispondemmo in coro io e Jasper, dopo esserci scambiati uno sguardo d’intesa.
“Ah .. e quindi di notte, cosa fate di solito?”, una risatina sommessa di Jasper fu seguita da uno scappellotto.
“Jazz ..”, lo rimproverai bonariamente.
“Di notte puoi dedicarti alle attività che preferisci, leggere, scrivere, suonare, giocare a scacchi, guardare la tv oppure puoi cacciare. Insomma, puoi fare quello che vuoi!”, risposi ad Alice.
“E’ strano …”
“Sì, all’inizio sì … ma poi ti abitui. Vedrai, in una famiglia come la nostra, non avrai mai il piacere di conoscere la noia!”, esclamò Jasper scoccandomi un’occhiata complice.
“Già.”, concordai. Jasper aveva ragione, la nostra famiglia era davvero speciale.
“Ti piace questo posto Alice?”, continuò Jasper.
“Moltissimo. Sembra di vivere in un libro di fiabe. La natura incontaminata, la pace nella foresta. E poi il cielo … non avevo mai visto un cielo così blu …”, rispose Alice mentre Jasper la osservava incantato.
“Resteremo ancora un po’ qui, fino a quando non acquisirai il pieno autocontrollo sulla tua “sete”. E se ti piace, potremo tornare qui ogni volta che vorrai.”, le risposi.
“E dopo? Voglio dire … cosa racconteremo alla nonna? E a Bella? Sparirò così, nel nulla?”
Bella. Avevo cercato di pensare a lei il meno possibile. Il suo viso nei miei ricordi pulsava come una ferita aperta.
“Ne parleremo con Carlisle al suo rientro. Dobbiamo ancora decidere cosa raccontare in giro. Stai tranquilla, ora non sei più sola. Non dovrai più sobbarcarti di pene ed affanni. Hai una famiglia adesso.”, le accarezzai il capo ed in risposta mi sorrise.
Ero felice che mia sorella fosse finalmente di nuovo al mio fianco, ma sentire il nome di Bella aveva aperto di nuovo il vuoto nel mio cuore muto.
Avevo bisogno di pensare, avevo bisogno di stare da solo e di crogiolarmi nel dolore del mio triste destino.
Con una scusa mi congedai da Alice e Jasper, certo che non si sarebbero di certo annoiati senza di me. Magari uscendo di scena, avrei dato una mano al destino …
“Sai che Sitka era la capitale dell’Alaska ai tempi dei Russi?”
“Davvero?!”
Bene, Jasper ora sfoggiava le sue conoscenze storiche per far colpo sulle ragazze … scossi il capo ed iniziai a correre tra gli alberi nella foresta.
Sentire il vento correre in direzione opposta a me, sfidare le leggi della fisica, dribblare gli ostacoli senza avere bisogno di un grande livello di attenzione era una sensazione meravigliosa.

Giunsi in un luogo sublime. Una sorta di riserva naturale artica.


Le acque di uno degli affluenti dello Yukon scorrevano lente e silenziose, in tacito accordo con la pace di quel posto. Il nero della notte si rifletteva sulle acque chiare e le stelle illuminavano quella immensa superficie come se fosse l’immagine capovolta di uno skyline Newyorkese di sera.
Mi sedetti in riva al fiume e cercai con lo sguardo l’unico elemento mancante in quel quadro perfetto.
Nascosta tra i rami di un grande albero, una luna piena e paffuta mi sorrideva.
L’immagine del viso sorridente di Bella si proiettò nella mia mente e subito il mio pensiero corse a lei.
Chissà cosa faceva in quel momento, chissà cosa pensava, chissà se mi amava …
Colto da una improvvisa ispirazione, complice sicuramente la natura che mi circondava, una melodia prese corpo nella mia mente, e come un torrente in piena, le parole che avrei voluto dirle in quel momento, per cullare i suoi sogni, accompagnarono la melodia.




 

 

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Capitolo 29
*** CAPITOLO 28 – I MISS YOU (MI MANCHI) ***


 

Buonasera ... o meglio, buonanotte! Perdonate il mio ritardo! Sono stata veramente impegnatissima .. tra università e varie altre cose il tempo per scrivere si è ridotto davvero ai minimi termini! Aggiungiamo anche che non sempre ho potuto godere del privilegio di una connessione che non fosse a banda preistorica ... Anyway THE SHOW MUST GO ON ... e nonostante tutto la storia va avanti, solo con aggiornamenti un pò più radi!
Grazie come sempre a tutti coloro che seguono e commentano questa storia! Grazie ai preferiti, a chi l'ha aggiunta tra le storie da ricordare e anche a chi si limita alla sola lettura.

Ricordo come sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.
E ... Buona lettura!




CAPITOLO 28 – I MISS YOU



“I know I'll see you again
Whether far or soon.
But I need you to know that I care

And I miss you”

 

“So che ti rivedrò di nuovo
presto o tardi che sia
Ma ho bisogno che tu sappia,
che ci tengo a te

E mi manchi....”

(Incubus, “I miss you”)

 

 

“Bella! Bella! Aspetta! Ti prego … lasciami spiegare … Bella …”

“Tu … tu non sanguini … io”

Mi svegliai di nuovo spaventata, con la fronte madida di sudore ed il respiro pesante, e con il dito pigiai sull’interruttore dell’abatjour.
La luce fioca ma calda della lampadina illuminò la mia stanza : i miei libri perfettamente ordinati sui ripiani della libreria, il mio PC sulla scrivania, le foto della mia infanzia sulla parete di fronte al mio letto e, voltandomi verso la testiera del letto, l’acchiappasogni che mi aveva regalato Jacob.


“Buon compleanno, Bella! Questo ti aiuterà, è un acchiappasogni … diciamo che quando fai brutti sogni ce ne accorgiamo un po’ tutti, quindi spero che d’ora in avanti le tue urla non ci faranno più svegliare nel cuore della notte!”
“Scemo!”
“Dai sorellina! Lo sai che ti voglio bene! Questo è per augurarti sogni sereni.”
“Grazie Jake. Ti voglio bene anch’io.”


Da qualche tempo a quella parte, però, l’acchiappasogni non funzionava molto bene con me.
Più volte, da quando ero stata dimessa dall’ospedale, era capitato che mi svegliassi nel bel mezzo della notte urlando spaventata.
Non sapevo, in realtà, da cosa dipendessero i miei incubi. O meglio, lo sapevo, potevo intuirlo, ma non riuscivo proprio a venire a capo a quella strana situazione.
Puntualmente, nei miei incubi, mi ritrovavo a vivere di nuovo la stesa scena del cortile di qualche settimana fa.
Don Juan arrivava urlando e brandendo un bisturi come se fosse una spada, io urlavo, cercavo aiuto, temevo che facesse del male a Edward e poi don Juan affondava il bisturi nella spalla di Edward.
Uno stridore metallico così forte da svegliarmi e nessuna goccia di sangue, né un taglio o una lesione sulla sua spalla.
Era come se Edward ed il bisturi fossero fatti dello stesso materiale.
Acciaio. Freddo, duro e brillante.
Avevo notato fin dall’inizio che Edward avesse una temperatura corporea di qualche grado inferiore alla mia. Non mi era passata neanche inosservata la sua consistenza fisica. Credevo fosse molto muscoloso.
Ma … non sanguinava.
Com’era possibile che una persona, un essere vivente, non sanguinasse?

Cos’era Edward?

Chi era Edward?


Erano trascorsi esattamente 20 giorni da quando ero stata dimessa. Ero anche ritornata in ospedale per togliere gli ultimi punti, ma non avevo incontrato nessuno dei due dottori Cullen. E da brava vigliacca, quale ero, non mi ero neanche preoccupata di raccogliere informazioni.
Ero sconvolta.
Non riuscivo a pensare, credere, parlare. Rischiavo seriamente di impazzire.
Con chi avrei potuto parlare di quello che avevo visto? Mi avrebbero presa per pazza …
Non sanguinava …
Però …
Edward mi mancava, e tanto.
Ogni giorno senza di lui era vuoto, inutile. Trascorreva senza lasciare alcun segno. Un susseguirsi di ore, azioni abituali, come in una catena di montaggio; ritmi scanditi esclusivamente da bisogni fisiologici.
Come una pianta, che necessita di luce, messa in un angolo all’ombra appassisce, così io mi inaridivo, giorno dopo giorno, in assenza di lui.
Era diventato troppo importante per me.
Fondamentale.
Eppure, ancora una volta, non avevo avuto il coraggio di prendere la situazione di petto. Per l’ennesima volta, mi ero nascosta nella fuga, passiva spettatrice di una vita che mi scorreva davanti, in attesa che qualcosa accadesse.
Ma cosa doveva accadere? Vegetavo in attesa che il destino facesse il suo corso. Ero così inetta e vigliacca da affidarmi alle mani di una dea bendata, senza far nulla. E nel frattempo mi crogiolavo nel mio dolore.
Ma era un dolore diverso quello che provavo. Era un dolore consapevole.
Prima di conoscere Edward soffrivo, e tanto. Provavo una sensazione di vuoto insopportabile e cercavo di colmarlo con lo studio, auto convincendomi che fosse giusto così, che era il mio destino quello di eccellere a scuola e non avere altro. E mi andava bene così.
Edward era riuscito a stravolgere tutte le convinzioni che avevano mantenuto in piedi il mio scarno equilibrio, fino ad allora. Erano bastati uno sguardo, una parola, una carezza, un bacio per colmare quel vuoto che per ventuno anni aveva albergato prepotentemente nel mio cuore. Accanto a lui la mia vita prendeva colore, tutto aveva senso. Avevo trovato il mio posto nel mondo.
Da quando ero tornata a Forks, da quando avevo voltato le spalle alle sue preghiere di rimanere perché mi avrebbe spiegato tutto, quel vuoto si era ripresentato, ancora più prepotente e doloroso, perché ora conoscevo la sensazione di benessere che si provava quando quel vuoto era colmato.


Negli ultimi giorni, un po’ per fuggire le continue ed assillanti domande di mia madre, un po’ perché adoravo quel posto, andavo spesso a La Push, mi lasciavo accarezzare dalla fredda brezza del mare e restavo giornate intere a pensare, seduta sulla spiaggia.
Forse perché quella carezza gelida mi ricordava le sue carezze e mi sembrava di averlo ancora accanto a me.
“Bella!”
“Jake”, sorrisi a mio fratello.
Era la persona che più di tutte mi conosceva ed il mio strano atteggiamento lo aveva a dir poco insospettito.
Si sedette accanto a me, su un tronco rovesciato dal vento sulla spiaggia e mi circondò le spalle con il braccio.
Istintivamente posai il capo nell’incavo del suo collo e mi beai del suo calore fraterno.
Jake mi era mancato tanto.
Restammo in silenzio per un tempo che mi sembrò infinito, cullati dal rumore delle onde del mare e dai gridi dei gabbiani.
“Bella”
Mi voltai verso di lui per poterlo guardare negli occhi.
“Io … se non vuoi raccontarmi nulla, va bene. Ma non dirmi che non ti è successo niente o che va tutto bene … ti conosco e c’è sicuramente qualcosa che non va. Sembri assente, con la mente altrove. Non parli, sei sempre triste. Però, a volte, soprattutto quando sei in spiaggia sorridi da sola ed i tuoi occhi brillano come non è mai capitato …”
Fece una breve pausa.
“Sai che se vuoi parlare, io ci sono. Però ti prego … fai qualcosa! Riprenditi! Non puoi stare così! Qualunque cosa sia successa deve esserci un rimedio per far ritornare il tuo splendido sorriso sulle labbra!”
“Io .. io …”
In quell’istante il mio cellulare prese a squillare.
Guardai le dieci cifre, che componevano il numero, a me sconosciuto, sul display ed una strana sensazione mi attraversò le membra.
“Pronto?”, risposi un po’ titubante.
“Bella”
Un sorriso si disegnò sulle mie labbra. Il mio respiro aumentò di frequenza. Uno strano languore fermentò nel mio ventre con una forza tale da intorpidirmi quasi le gambe e da costringermi a rimettermi seduta.
Le parole che pronunciò mi fecero raggelare il sangue nelle vene e di nuovo il buio regnò nella mia mente.
“Va .. va bene – risposi singhiozzando – ci vediamo domani”.
Riagganciai e continuai a piangere sulla spalla di mio fratello.




Uh… uh … cosa le avrà mai detto?!
Provate ad indovinare … in palio uno spoiler del prossimo capitolo!
Cosa ne pensate di Jake, in questo breve spazio (per ora) dedicato a lui?! Aspetto i vostri commenti!
Alla prossima! Un bacio, Elettra.



 

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Capitolo 30
*** CAPITOLO 29 - VAMPIRE (VAMPIRO) ***


 

Buonasera! Come state?! Raffreddore e mal di testa a parte ... io sono stra-felice!!! Stanno girando BD!!!

Avete visto questo video?! http://www.youtube.com/watch?v=CZ2ZkBjlgis&feature=player_embedded

(CONTIENE SPOILER!!!)


Non sto già più nella pelle!!!! Ma quanto sono belli?!!? *_*

Torniamo a noi ... Vi lascio al capitolo, alcune di voi avevano indovinato :) Buona lettura!

Grazie come sempre a tutti coloro che seguono e commentano questa storia! Grazie ai preferiti, a chi l'ha aggiunta tra le storie da ricordare e anche a chi si limita alla sola lettura.

Ricordo come sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.

 

CAPITOLO 29 - VAMPIRE (VAMPIRO)

 

“I Cullen erano vampiri?
Be', senz'altro erano qualcosa. Qualcosa di impossibile da definire
razionalmente si stava chiarendo sotto il mio sguardo incredulo. Che fossero i
freddi di cui parlava Jacob o i supereroi della mia teoria personale, Edward
Cullen non era... umano. Era qualcosa di più.
Perciò la risposta alla mia domanda, per il momento, era: forse."
(Twilight, Stephenie Meyer)

 

 

 

 

BRANDON – MASEN



Lessi attentamente i nomi sul cartoncino, ingiallito dal tempo, coperto da una capsula di plastica, accanto al campanello.
L’uscio di casa era aperto, come si era soliti fare in quelle occasioni.
L’odore dei fiori era così forte da giungere al di là dell’appartamento.
Presi un respiro profondo ed entrai.
Un piede dietro l’altro.
Attraversai un breve disimpegno e varcai la porta a due ante aperta, con lo sguardo basso.
C’era un silenzio assordante.
Una bara in legno chiaro era posta al centro della stanza. Al lato, seduta su una sedia, c’era una donna anziana, vestita di nero.
Supposi fosse la nonna di Alice.
Era così piccola e composta nel suo dolore.
Mi avvicinai, lentamente, alla mia amica.


“Bella”, tremai quando sentii la sua voce.
“Bella, sono Edward. Io … avrei voluto chiamarti per mille altri motivi. Per sapere come stavi o semplicemente per sentire il suono della tua voce. Però … Devo … Devo darti una brutta notizia, Bella.
Alice … Alice non c’è più.”


Le lacrime iniziarono a scendere sul mio viso, man mano che mi avvicinavo e realizzavo che quell’incubo non erano solo parole sussurrate al microfono di un cellulare.
Era la tragica e triste realtà, che prendeva forma davanti ai miei occhi.
L’odore intenso dei gigli e delle orchidee mi pizzicava le narici.
Il bianco era senz’altro il colore che dominava la scena: la luce che proveniva da una porta finestra, i fiori, il velo, il suo viso … era una sensazione accecante.

Alice era bellissima. Sembrava quasi più bella di come la ricordassi.
Il pallore del suo viso esanime sembrava emanare una luce intensa. I capelli, perfettamente ordinati, brillavano come il cielo in una notte buia e tersa.
Si poteva morire a soli 22 anni? Cosa c’era di sbagliato nel mondo?
Destino, divinità, fortuna … tutto era inutile in quel momento.
Non esisteva alcuna spiegazione, logica o mistica che fosse.
Era impossibile accettare di dover piangere una morte così prematura.
Il mio pensiero corse immediatamente a quella povera donna che sgranava il rosario.
Che orribile destino … aveva perso entrambi i nipoti. E per uno strano gioco della vita, le loro vite erano state troncate alla stessa età.
22 anni.
Ero così sconvolta e con gli occhi offuscati dalle lacrime che non mi accorsi neanche della sua presenza.
Discreto e maledettamente carismatico, riuscì a catapultare la mia attenzione su di sé anche in quel tragico momento.
Era ancora più bello di quanto ricordassi.
I miei sogni non riuscivano a rendergli giustizia.
Era la prima volta che lo vedevo senza camice, in abiti comuni.
I jeans scuri gli fasciavano le gambe perfette. Una camicia blu lasciava intravedere il collo candido e qualche centimetro della parte superiore del torace.
Improvvisamente tutta la paura, la rabbia e la delusione svanirono.
Così come sparirono gli interrogativi e le supposizioni su cosa o chi fosse Edward.
Lui era lì, a pochi passi da me.
Ma quando avevo iniziato a camminare verso di lui?
Avvertii una strana sensazione, quella che tante volte avevo sentito definire farfalle nello stomaco, ma che non avevo mai sperimentato. O meglio, avevo iniziato a provarla da quando conoscevo Edward.
Continuavo a singhiozzare mentre mi avvicinavo a quel dio greco che sembrava il ritratto della perfezione, semplicemente adagiato allo stipite di una porta.
Non capii come, né quando, mi ritrovai a respirare forte il suo buon odore, che mi era mancato tanto, stretta tra le sue braccia.
Mi accarezzava lentamente i capelli, poi mi sussurrò all’orecchio : “Mi dispiace”.
Strinsi più forte tra i pugni il tessuto della sua camicia e continuai a piangere.
Stavo male eppure sentivo allo stesso tempo una strana sensazione di benessere.
Ci allontanammo, senza che me ne accorgessi, dirigendoci in una piccola ma graziosa veranda.
Edward si sedette su un vecchio dondolo e mi fece accomodare accanto a sé, aprendo le braccia.
Un invito che non avrei mai saputo rifiutare.
Ero di nuovo a casa.
Quando esaurii anche le ultime lacrime, sollevai il viso e trovai il suo sguardo.
Caldo, sensuale, mio.
“Come stai?”, mi chiese con un tono dolcissimo.
“So che è stupido chiedertelo in una situazione del genere …”, mormorò più a se stesso che a me.
“No”, risposi prontamente, schiarendomi la voce arrochita dal pianto.
“Non saprei definire il mio stato … non sto male, ma non sto neanche bene … Edward …”, avrei voluto chiedergli tante cose, dirgli tante cose e tutte in quel momento, ma lui interruppe i miei pensieri ed i miei propositi.
“Bella … so che … forse non è il momento … ma … mi sei mancata”
Il mio cuore perse un battito.
Gli ero mancata, proprio come lui era mancato a me.
“Anche tu”, risposi e per la prima volta nella mia vita, non ebbi timore, né vergogna. Era la verità, erano i miei sentimenti ed io avevo il dovere e la necessità di esprimerli.
Dovevo vivere. E dovevo farlo anche per chi, purtroppo, non c’era più.
Mi sorrise e mi accarezzò una guancia, spostandosi verso il collo. Poi prese una ciocca dei miei capelli e la sistemò dietro l’orecchio.
Quel contatto mi destabilizzò completamente.
Mi era mancato e ne volevo sempre di più.
Mi beai di quelle carezze, di quel tocco freddo e delicato che riusciva a farmi provare sensazioni uniche.
“Bella”, richiamò la mia attenzione.
“Ti chiedo scusa. Io spero che tu possa perdonarmi per non averti detto prima quello che sto per dirti ora.”
Era arrivato il momento della verità. E un brivido di terrore mi percorse le membra.
Ma volevo sapere. Anche se avevo appena dato l’estremo saluto alla mia unica amica. Anche se avevo il cuore dilaniato dal dolore della perdita.
Io volevo sapere la verità.
“Bella, io sono un vampiro.”



"Infine, il quesito più importante di tutti. Come mi sarei comportata, se
quella fosse stata la verità?"
(Twilight, Stephenie Meyer)

 

E adesso?!
Provate ad indovinare come reagirà Bella… in palio uno spoiler del prossimo capitolo!
Però stavolta vi lascio un aiutino ... un piccolo spoiler.
La citazione che troverete all'inizio del prossimo capitolo, tratta da un film bellissimo, "The Reader", è :
“C'è solo una cosa che può fare di noi degli esseri completi e quella cosa è l'amore”.
Alla prossima! Un bacio, Elettra.


 

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Capitolo 31
*** CAPITOLO 30 – AMOEBA … IN LOVE (AMEBA … INNAMORATA) ***




Ehm ... ehm ... lo so, sono in ritardo.
Come vi avevo già annunciato, gli aggiornamenti saranno un pò più radi perchè il tempo per scrivere, purtroppo, si è ridotto davvero tanto.
Nonostante tutto la storia continua. Ringrazio tutte/i voi che mi seguite e commentate, i preferiti, chi ha inserito la storia tra quelle da ricordare e grazie anche ai lettori silenziosi.
Vi ricordo sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.
Buona lettura!





 

CAPITOLO 30 - AMOEBA ... IN LOVE ( AMEBA ... INNAMORATA)
 
“C'è solo una cosa che può fare di noi degli esseri completi e quella cosa è l'amore”
(The Reader, 2008)


“Bella, io sono un vampiro”

Ed io una stupida. Una maledettissima stupida, e non sarei mai cambiata.
Ero corsa via a gambe levate, sconvolta, piangendo come una bambina, terrorizzata e non avevo neanche rivolto un ultimo saluto alla mia migliore amica.

Un vampiro … ma non esistevano solo nei film e nella letteratura!?

Eppure tutto tornava. Avevo fatto delle ricerche sfidando e vincendo la mia naturale inclinazione allo scetticismo. Il web era popolato di notizie sui vampiri. In particolare, un sito internet indicava con precisione tutti gli elementi che caratterizzavano i vampiri, soffermandosi in particolare sulla loro dieta.

Si nutrivano di sangue umano.

A quel punto mi ero catapultata nella mia stanza sperando che un buco nero o una qualunque calamità naturale permettesse al mio letto di fagocitarmi. Volevo sparire, annullarmi, spegnere i miei pensieri martellanti.
Ormai non distinguevo più il giorno dalla notte, non mangiavo, evitavo qualunque rapporto prolungato con la mia famiglia per paura che indagassero troppo sul mio stato di … di cosa?! Cos’ero diventata?!
Sembravo un’ameba.
Lentamente mi stavo trasformando in un protista, un parassita. Solo che io ero un parassita masochista ed autonomo, come al solito.
Mi stavo autodistruggendo e logorando.
Ero combattuta. Avevo paura. Ed ero confusa.
Avevo paura … ma di cosa poi? Non ero più tanto sicura che fosse la natura di Edward il reale motivo dei miei timori. Probabilmente era il mio stato di inezia a provocarmi un vuoto nel petto, così forte da togliermi il respiro.
Ero confusa, perché non sapevo.
Non sapevo cosa fare, come comportarmi … non sapevo cosa provassi realmente per Edward.
Era qualcosa di sconvolgente la sensazione di benessere che mi pervadeva quando ero tra le sue braccia.
Mi bastava guardarlo negli occhi per sentirmi bene, una carezza per mandarmi in paradiso.
Vampiro o no, stavo bene con lui. Mi sentivo davvero me stessa, come non mi era mai capitato fino ad allora.
Senza di lui ero … un’ameba.
Decisi di andare in spiaggia, lì dove ormai trascorrevo la maggior parte dei miei pomeriggi. Avevo anche messo da parte i libri. In quelle condizioni, perfino studiare diventava un’azione inutile e, soprattutto, non produttiva.
Speravo di trovare qualcosa, un segno, un’ aquila che volasse sopra la mia testa o una bottiglia con un messaggio all’interno … qualunque cosa mi potesse indicare la strada da percorrere : non ce la facevo più.
Iniziai a costeggiare la battigia. Il sole tiepido di aprile, pronto a congedarsi anche per quel giorno, mi accarezzava il volto.
Ad un tratto, lì dove la sabbia era asciutta, ma era ancora possibile riconoscere il segno di un’onda più lunga, scorsi una bottiglia di vetro con in cima un tappo di sughero.
Incuriosita, mi avvicinai e la presi tra le mani.
Non riuscivo a credere a quello che vedevano i miei occhi … c’era un foglio arrotolato su se stesso all’interno della bottiglia!
Velocemente stappai la bottiglia e ne estrassi il contenuto. Srotolai il foglio ed iniziai a leggere quello che c’era scritto.
Una grafia ordinata e paffuta, elegante, quasi d’altri tempi, riempiva la colonna centrale del foglio.




Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti guardo mentre ti addormenti, ti abbraccerei
fortemente e pregherei il Signore per poter essere il guardiano della tua anima.
Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei, ti
darei un bacio e ti chiamerei di nuovo per dartene altri.
Se sapessi che oggi è l’ultima volta che sento la tua voce, registrerei ogni tua parola per
poterle ascoltare una e più volte ancora.
Se sapessi che questi sono gli ultimi minuti che ti vedo, direi “ti amo” e non darei
scioccamente per scontato che già lo sai.
Sempre c’è un domani e la vita ci dà un’altra possibilità per fare le cose bene, ma se mi
sbagliassi e oggi fosse tutto ciò che ci rimane, mi piacerebbe dirti quanto ti amo, che
mai ti dimenticherò.
Il domani non è assicurato per nessuno, giovane o vecchio. Oggi può essere l’ultima
volta che vedi chi ami. Perciò non aspettare oltre, fallo oggi, perché se il domani non
arrivasse, sicuramente compiangeresti il giorno che non hai avuto tempo per un sorriso,
un abbraccio, un bacio e che eri troppo occupato per regalare un ultimo desiderio.
Tieni chi ami vicino a te, digli quanto bisogno hai di loro, amali e trattali bene, trova il
tempo per dirgli “mi spiace”, “perdonami”, “per favore”, “grazie” e tutte le parole
d’amore che conosci. Nessuno ti ricorderà per i tuoi pensieri segreti.





POV ALICE
“Jasper, dobbiamo dargli una mano.”, mi rivolsi risoluta al vampiro che giorno dopo giorno mi stava facendo capitolare verso orizzonti, per me, fino ad allora, ignoti.
C’era stata da subito una strana alchimia tra noi, poi avevo avuto una sorta di premonizione durante la mia trasformazione …
Carlisle sosteneva fossi dotata di un potere, come quelli che possedevano Edward e Jasper, ma per averne la certezza bisognava che ci rivolgessimo all’ultimo immortale di Scozia, un vampiro dotato del dono di riconoscere i poteri degli altri vampiri, Willie, l’Highlander.
Edward era partito per la Scozia il giorno successivo ai miei “funerali”. Non aveva voluto parlare con nessuno dopo che Bella era fuggita via da lui.
Era partito annunciando di voler stare un po’ da solo con i suoi pensieri … Ma io sentivo, sapevo, che stava soffrendo tantissimo.
Ero sicura che Bella e mio fratello fossero legati da un sentimento fortissimo, solo che non lo avevano mai ammesso a se stessi e all’altro, frenati dalla paura di sbagliare.
Avevo avuto una visione ed avrei fatto di tutto affinché si fosse avverata.

“Credi che funzionerà?”, mi chiese Jasper indicando con lo sguardo Bella, intenta a srotolare il messaggio che avevamo lasciato in spiaggia.
“Sì, funzionerà. L’ho visto”, risposi certa che il mio piano si sarebbe rivelato vincente.
“Le sue emozioni sono cambiate .. si sta agitando, sei sicura che sia il caso di farti vedere?”, continuò Jasper.
“Sì, andiamo. Appena mi vedrà inizierà a balbettare e poi potremo finalmente spiegarle tutto.”


POV BELLA
Non feci in tempo ad elaborare il caleidoscopio di sensazioni e pensieri che vorticavano dentro di me, dopo la lettura di quel messaggio in bottiglia, che mi ritrovai di fronte a qualcosa o meglio qualcuno che non mi sarei mai aspettata di poter rivedere.
Alice, più bella che mai, accompagnata dal fratello di Edward, si stava avvicinando, con incedere aggraziato, a me.
Mi girava la testa. Mi sedetti a terra stringendo la sabbia fredda e umida nei pugni e lasciandola andare, ripetendo il gesto più volte.
Respirai e cercai di articolare qualche parola ma non ci riuscivo più.
Credevo di aver toccato il fondo quando avevo scoperto dell’esistenza dei vampiri … invece mi ritrovavo di fronte la mia amica, a cui avevo dato l’estremo saluto qualche settimana prima.
“Bella, Bella respira. Jasper …”
Sentii una strana sensazione di calma pervadermi le membra. Il mio respiro ritornò regolare, il battito del mio cuore non aveva più eco nelle orecchie e le dita delle mani si distesero lasciando andare via gli ultimi granelli di sabbia.
“A-Alice … tu..t-tu …”, balbettavo.
“Bella, rilassati. Ti spiegheremo tutto. Chiudi gli occhi.”
Lo feci.
Sentii due mani fredde stringere le mie e poi vidi una sequenza di immagini, come un film proiettato direttamente nella mia mente.
Vidi un ragazzo bellissimo con gli occhi verdi ed i capelli rossi vittima di un incidente stradale. Il dottor Cullen mordere Edward all’altezza della giugulare con i suoi canini. Edward ed il dottor Cullen nella foresta correre e bere il sangue di animali. Poi Alice in ospedale. Edward ed Alice stretti in un abbraccio fraterno, Alice affetta da un male incurabile ritrovare suo fratello, che credeva morto, proprio in ospedale e scoprire che lui sarebbe stato il suo salvatore. Alice correre in una foresta innevata con Jasper. Ed infine l’immagine che mi provocò una stretta dolorosa al cuore : Edward con un espressione triste e sofferente quando, piangendo, gli avevo voltato le spalle, spaventata dalla sua natura, ed ero corsa via.
Non appena il flusso di immagini cessò, riaprii gli occhi ed abbracciai Alice di slancio.
“Mi sei mancata!”, esclamai. Ero certa che tutto quello che avevo visto fosse la pura e semplice verità. Non avevo dubbi. Alice era la mia migliore amica. Ed era di nuovo con me.
“Anche tu, Bella. Non sai quanto …”
“Quindi … voi siete vampiri, ma vi nutrite di sangue animale.”
“Esatto”, rispose Jasper che fino ad allora era rimasto in disparte.
Una vera e potente verità stava prendendo corpo nella mia mente. Una verità che probabilmente era sempre stata dentro di me, ma a cui non avevo mai dato la giusta importanza.
“Edward!? Quella lettera … Io devo parlare con lui!”
“Edward è in Scozia, Bella.”, rispose ancora una volta Jasper.
“Ma .. io …”
“Bella, io so cosa provi per mio fratello. E so cosa lui prova per te. Siete stati entrambi vittime della paura di sbagliare.”
“Già …”, risposi mesta.
“Ho bisogno di parlargli, Alice. Devo … devo dirgli …”
Avevo bisogno di dirgli che non mi importava cosa fosse. Lui era Edward, ed io ...
“ … devo confessargli i miei sentimenti”.
… io ero perdutamente innamorata di lui.





Piaciuto!? Spero di sì :)

La lettera che legge Bella è stata erroneamente attribuita a G. G. Marquez, uno dei miei scrittori preferiti.
In realtà è stata scritta da Johnny Welch. QUI troverete il testo integrale.

Cosa farà ora Bella?!
Alla prossima, un bacio e buon week end!

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Capitolo 32
*** CAPITOLO 31 – ON THE SCOTTISH HILLS ( SULLE COLLINE SCOZZESI) ***


 

Buonasera, vi lascio subito al capitolo . Solo due righe per ringraziare tutte/i voi che mi seguite e commentate, i preferiti, chi ha inserito la storia tra quelle da ricordare e grazie anche ai lettori silenziosi.
Vi ricordo sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.
Buona lettura! A fine capitolo troverete una piccola nota.



 

 

CAPITOLO 31 - ON THE SCOTTISH HILLS ( SULLE COLLINE SCOZZESI)

 


“In fondo non è stato difficile attraversare la strada. Tutto dipende da chi ti aspetta dall'altra parte.”
(Un bacio romantico – My Blueberry Nights, 2007)




Poche ore.
Ancora poche ore e avrei potuto riabbracciare Edward e dirgli che lo amavo.
Ero stata una stupida a non averlo capito subito, ma combattere contro la mia innata mancanza di fiducia in me stessa e superarla era stata la battaglia più grande e più difficile della mia vita.
E l’avevo vinta.
Finalmente mi sentivo libera di essere me stessa. Libera di amare ed essere amata. Avevo finalmente compreso che non era chiudendomi nel guscio della mia solitudine, aspettando, nella speranza di un divino cambiamento, che la mia vita avrebbe avuto una svolta e avrebbe smesso di essere soltanto una continua sofferenza. Un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia.
Io dovevo essere la mia svolta.
Da quando avevo conosciuto Edward mi ero resa conto che la mia vita non poteva e non doveva essere solo basata sulle soddisfazioni scolastiche, facendo diventare il rimorso ed il rimpianto, derivati dal non vivere le gioie della mia età, delle semplici abitudini.
Non potevo più sopravvivere, io dovevo pretendere di vivere.

Non appena Alice mi aveva parlato delle sue intenzioni di raggiungere Edward in Scozia insieme a Jasper, senza neanche pensarci, le avevo chiesto di portarmi con loro da lui.
Alice aveva accettato entusiasta ed io ero corsa a casa ad avvisare i miei genitori che sarei partita con Alice, ovviamente inventando che sarei andata a Seattle e non ad Edimburgo, e preparare un veloce bagaglio.
Pochi vestiti ed effetti personali, ma tanta speranza.
Avevo chiuso la lampo della valigia e salutato i miei genitori, che dopo l’iniziale titubanza, avevano acconsentito alla mia partenza, probabilmente perché avevano visto nei miei occhi una luce diversa dal solito buio a cui li avevo abituati in quei giorni. Mi ero risvegliata dal mio stato ameboide. Ero di nuovo un essere umano nel pieno delle funzioni vitali.



Il volo da Seattle a Londra era stato piuttosto tranquillo. Alice e Jasper mi avevano raccontato nei dettagli le loro storie, chiarendo tutti i miei dubbi circa la loro natura.
L’ora di volo da Londra ad Edimburgo era trascorsa molto più lentamente, invece.
La paura di essere rifiutata da lui o di non riuscire a parlare stava prendendo di nuovo il sopravvento.
“Bella … tutto bene?”, mi chiese Jasper.
Non potevo mentire ad un empatico.
“No, affatto! Ho paura!”, mi lamentai.
“Bella, non devi temere nulla. Se vuoi posso usare il mio potere, ma non credo sia la soluzione migliore. Il rimedio a questa paura è dentro di te. Ami Edward e lui, posso assicurartelo, ama te. Concentrati su questo pensiero e vedrai che andrà tutto bene.”
Annuii.
Aveva ragione. Jasper aveva perfettamente ragione.
Feci come mi aveva consigliato. Mi concentrai sulle sensazioni che provavo in presenza di Edward, sull’amore che sentivo crescere dentro sempre di più, immaginai il momento in cui sarei stata nuovamente tra le sue braccia e la calma mi avvolse nuovamente. Mi ritornarono in mente le parole che avevo letto in spiaggia, Oggi può essere l’ultima
volta che vedi chi ami. Tieni chi ami vicino a te, digli quanto bisogno hai di loro, amali e trattali bene, trova il
tempo per dirgli “mi spiace”, “perdonami”, “per favore”, “grazie” e tutte le parole d’amore che conosci. Nessuno ti ricorderà per i tuoi pensieri segreti,
e mi resi conto che per la prima volta nella vita stavo facendo quello che di più giusto c’era da fare. Seguire la felicità, senza paura.
“Grazie, Jasper”, sussurrai, certa che mi avrebbe sentita.
“Figurati”, mi rispose, rivolgendomi un sorriso.


Dopo aver recuperato i bagagli, prendemmo un taxi per raggiungere la casa di Willie. Jasper mi aveva detto che distava circa un’ora dall’aeroporto di Edimburgo, immersa nel verde delle colline scozzesi.
Rimanemmo in silenzio durante quel breve tragitto.
Osservai con attenzione il paesaggio che scorreva di fronte a me dal finestrino : il colore dominante era sicuramente il verde. La speranza, pensai tra me e me.
Non avevo mai visto dei colori così meravigliosi.
Il cielo azzurro, tendente al grigio, faceva da sfondo alle verdi colline che si dipanavano di fronte a me. Di tanto in tanto si scorgeva qualche specchio di acqua tra le valli. Il sole timido delle ultime ore del pomeriggio tingeva di rosa i colori caldi delle casette che si ergevano ai margini della strada.


Il paesaggio scozzese era il più bello che avessi mai visto.
Ma non era niente, niente in confronto allo spettacolo che si stava presentando ai miei occhi.
Edward era seduto sull’erba verde della collina, le spalle volte alla casa di Willie e lo sguardo verso il tramonto.
I raggi del sole riflettevano una tonalità ramata sulle ciocche ribelli dei suoi capelli.
Mi muovevo lentamente verso di lui, certa che avrebbe captato la mia presenza dal rumore dei miei passi o, più probabilmente, da quello del mio cuore che batteva veloce nel petto.
Pochi passi ancora ci separavano.
Le sue spalle si sollevarono e si rilassarono.
“Bella …” , sussurrò, voltandosi lentamente nella mia direzione.
“Non .. non è possibile”, scosse il capo incredulo, mentre i suoi occhi si dilatavano per lo stupore.
“Edward”, pronunciai il suo nome riempiendomi della gioia che mi procurava il suono di ogni singola lettera e percorsi gli ultimi passi che ci separavano.
Allungai una mano e gli accarezzai il viso, ma lui fece un passo indietro, timoroso.
Era giunto il momento di confessargli i miei sentimenti, probabilmente credeva che io avessi paura di lui.
“Edward, perdonami.”
Sgranò gli occhi e fece per dire qualcosa, ma bloccai le sue parole posandogli due dita sulle labbra.
“Aspetta, devo dirti una cosa importante. Poi potrai dirmi ciò che vuoi.”, mi sorrise e si avvicinò di nuovo a me, prendendomi una mano tra le sue.
“Io .. sono stata un stupida. Perdonami, se puoi. Non so cosa mi è preso, non so perché sono scappata. Avevo paura.”
Lasciò andare la mia mano, ma, io, rapidamente, presi la sua e la strinsi forte tra le mie. Non si oppose.
“Avevo paura, ma non di te. Avevo paura di me, di quello che sei riuscito a provocare dentro di me. Edward, – alzò lo sguardo e i miei occhi annegarono di nuovo nei suoi – non hai idea di quello che provo quando sono con te o semplicemente quando ti penso. Ho iniziato a sentirmi completamente viva solo da quando ti conosco. Ho provato a vivere senza di te, negandomi la felicità. Ma, credimi, niente ha senso se tu non ci sei.”
Le sue labbra si distesero nel sorriso più bello che avessi mai visto. Il suo viso emanava una luce meravigliosa, quasi accecante.
Mi prese il viso tra le mani e posò, dolcemente, le sue labbra sulle mie.
Probabilmente quello fu uno dei baci più belli ed intensi che ci scambiammo. Sentire, dopo tanto tempo, di nuovo, il suo sapore dolce e fresco sulle mie labbra, era qualcosa di meravigliosamente destabilizzante.
Si allontanò, per permettermi di riprendere fiato, e prese ad accarezzarmi le guance.
“Non sai quanto ti ho aspettata …”, soffiò sulle mie labbra.
“Scusami.”, mormorai sinceramente dispiaciuta.
“L’importante è che ora sei qui. E poi, non devi scusarti di nulla, tu.”
Lo fissai con aria interrogativa.
“Perdonami se non sono stato da subito sincero con te, se non ti ho rivelato la mia natura fin dall’inizio. Avevo paura, paura di perderti. Temevo che non mi avresti accettato per quello che sono.”
“Edward, io ti amo. Ti amo proprio per quello che sei. Un ragazzo meraviglioso. L’unico che mi abbia fatto battere davvero il cuore”
Non ci credevo. Ero davvero riuscita a dirgli che lo amavo?!
“Cosa hai detto? Credo di non aver sentito bene … potresti ripetermelo?”, mi chiese con fare retorico, mentre i suoi occhi, che brillavano più del sole che stava tramontando di fronte a noi, scaldandoci con i suoi ultimi raggi e rendendo ancora più speciale quel momento, tradivano una grande emozione.
“Ho detto che ti amo. Ti amo, Edward.”, affermai decisa fissandolo negli occhi.
Le sue labbra si avventarono sulle mie come non aveva mai fatto prima di allora. Mi tempestò il viso di baci, poi sussurrò al mio orecchio, facendomi tremare di emozione, “Anch’io ti amo”.





ANGOLO DELL'AUTRICE.
Finalmente Bella ce l’ha fatta a confessare i suoi sentimenti. Mi rendo conto che è stato un parto, 31 capitoli!, ma era necessario. Una persona, come Bella, che si lasciava vivere passivamente dagli eventi, nutrendo innanzitutto poco amore per se stessa, non avrebbe mai potuto amare un’altra persona. Dunque, bisognava che Bella toccasse il fondo, per poter risalire. Lo stato ameboide non era, ovviamente, solo un riferimento alla trascuratezza fisica, ma, anche e soprattutto, una metafora dell’animo di Bella che non aveva più stimoli vitali. Una volta presa coscienza che la vita è una sola e che per essere felici bisogna correre il rischio, il cigno ha spiegato le ali.
Ora, qualche piccolo appunto riguardo alle citazioni presenti nel capitolo.

  • Innanzitutto, se non lo avete già fatto, vi consiglio vivamente di guardare il film da cui è tratta la citazione incipitaria, “Un bacio romantico”. E’ uno dei film più belli che abbia mai visto.

  • “Un pendolo che oscilla tra il dolore è la noia”, è una citazione del filosofo Arthur Schopenhauer.

  • Il nome del vampiro Highlander, Willie, è un omaggio ad uno dei personaggi più simpatici, a mio giudizio, dei Simpson : il giardiniere, che parla sardo, ma in realtà è scozzese, Willie!

  • La frase che pronuncia Edward, “Non sai quanto ti ho aspettata …”, è tratta dal film “Twilight”, con una piccola omissione del “Tu” iniziale!

Direi che è tutto. Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, aspetto di leggere le vostre opinioni! Alla prossima, buonanotte!
Un bacio, Elettra.

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Capitolo 33
*** CAPITOLO 32 - LUCKENBOOTH (PEGNO D’AMORE) ***


 



Grazie a voi che mi seguite e commentate, ai preferiti, a chi ha inserito la storia tra quelle da ricordare e grazie anche ai lettori silenziosi. Il capitolo è dedicato a tutte voi!

 


CAPITOLO 32 - LUCKENBOOTH (PEGNO D’AMORE)

 


E l'amore ha l'amore come solo argomento”.
(Dolcenera, Fabrizio De Andrè)

 

 

“Highlander?! Ma non era il protagonista di un film?!”, domandai incredula al vampiro alto e biondo che stava comodamente seduto, sul divano in pelle blu, di fronte a me.
Un coro di risate melodioso e cristallino si levò nell’aria.
Per lo meno, li facevo ridere.
“Non ci capisco più niente …” sospirai, fintamente affranta, prendendomi, teatralmente, la testa fra le mani.
Edward, che mi stava seduto accanto, mi circondò la vita con un braccio e mi baciò la guancia, sorridendo sulla mia pelle.
“Bella, io sono un vampiro highlander, perché vivo qui in Scozia, su queste meravigliose colline, e perché sono l’ultimo vampiro, ancora in vita, del mio clan. Il film … bè, diciamo che gli autori si sono ispirati un po’ alla mia storia!”, rispose gentilmente Willie.
“Quindi … anche la letteratura vampiresca …”
“Non è tutta frutto della fantasia degli autori! Vedi, Bella .. io non sono l’unico vampiro ad avere il potere di apparire nei sogni degli umani. Ci sono stati vampiri molto più potenti di me, che, grazie alle penne degli scrittori, a cui sono apparsi in sogno, sono diventati famosi.”, intervenne Jasper.
“Dracula ..”, risposi istintivamente.
“Bè, sì … lui è il più famoso”, disse Edward, sorridendomi dolcemente.
Poi avvicinandosi al mio orecchio, sussurrò : “Magari un giorno, qualcuno scriverà qualcosa su di noi e sulla nostra storia”.


La settimana appena trascorsa era stata la più bella di tutta la mia vita.
Sebbene vivere con quattro vampiri avesse contribuito a far crescere esponenzialmente i miei complessi di inferiorità – perché in confronto a loro ed alle loro capacità, mi sentivo realmente un essere infimo – non avrei mai e poi mai potuto credere che il sapore della felicità fosse così delizioso.
Avevo scoperto che riuscivo a relazionarmi naturalmente con altre persone ed ero perfino simpatica, con la mia autoironia.
Avevo finalmente un’amica. La migliore che si potesse desiderare. Alice.
Avevo trovato un’amante della natura, esperto di storia, con cui trascorrere ore a parlare e discutere, senza mai stancarci, e soprattutto senza risultare “noiosa”. Jasper.
Willie aveva una pazienza infinita. Mi aveva raccontato la sua storia e quella del suo clan, aveva risposto a tutte le mie domande e si mostrava sempre ben felice di alimentare la mia curiosità verso il mondo misterioso ed affascinante dei vampiri.
E poi … poi c’era lui. Edward.
Edward era perfetto, non finiva mai di sorprendermi. Ed io, con lui, ero semplicemente me stessa. Ormai non c’era più imbarazzo, sebbene dovessi ancora abituarmi all’idea che un essere bellissimo, intelligentissimo ed assolutamente dolce e premuroso si fosse innamorato di un’umana imbranata e comune come me.




Stavamo passeggiando, mano nella mano, per una delle vie principali di Edimburgo, High Street.
“Non avevo mai visto così tanti artisti di strada!”, esclamai stupefatta, voltandomi, da una parte all’altra della via, per ammirare le più stupefacenti acrobazie che avessi mai visto.
Ma lo spettacolo più bello era quello che mi stava accanto. Mi girai di scatto verso Edward, insospettita dal suo silenzio, e rimasi senza fiato : il sole pallido all’orizzonte si sposava perfettamente con il suo incarnato diafano, creando, complici le sue ciocche ribelli, dei piccoli giochi di luce ed ombra sul suo viso; le labbra, incurvate a formare una virgola di sorriso, lasciavano intravedere i denti eburnei ed i suoi occhi brillavano, come oro fuso.
Mi fissava con il suo sguardo innamorato, ed io, lusingata, cercai rifugio, nascondendo il volto sul suo petto muto.
Gli circondai i fianchi con le braccia e lui, automaticamente, si chinò sul mio capo, iniziando a solleticarmi il collo scoperto con le labbra.
“Sei bellissima quando ti imbarazzi, lo sai?”
Mossi il capo sul suo torace in segno di diniego.
“E che adoro vedere l’entusiasmo e la curiosità illuminare il tuo viso, lo sai?”
Sorrisi, di nascosto, sulla sua camicia profumata, consapevole che nessuno dei miei movimenti, anche il più piccolo, non sfuggisse ai suoi sensi acuti.
“E che ti amo, ogni giorno di più, lo sai?”
Tremai di fronte alla semplicità e alla potenza di quelle parole.
Tremai di gioia.
Tremai, perché non potevo fare altro che lasciarmi travolgere dall’amore che trapelava da ogni sua parola e da ogni suo gesto, e che mi faceva sentire viva, come non mai.
Mi voltai, lentamente, pregustando già quello che sarebbe accaduto di lì a qualche secondo, ed incontrai le sue labbra, intente a stuzzicare la pelle sensibile del mio collo. Intrappolai il suo labbro inferiore tra le mie ed iniziai a baciarlo con foga. Disegnai il contorno delle sue labbra con la lingua, che si infilò prepotentemente nella sua bocca, dove iniziò a giocare ed intrecciarsi con la sua, fresca e dolce.
Mi strinse ancora di più a sé, mentre le mie braccia salivano fino al suo collo e le mie mani si artigliavano tra i suoi capelli, morbidi e setosi. Emisi un mugolio di piacere sulle sue labbra, quando sentii le sue mani accarezzarmi dolcemente i fianchi, fino a posarsi sotto i miei glutei e stringerli, attirandomi, ancora di più, verso il suo bacino. Sentii qualcosa di molto duro premere sul basso ventre e, completamente incurante del fatto che fossimo in una strada piena di gente, che probabilmente ci stava guardando, in pieno giorno, risposi a quel bacio con ancora più ardore.
Quando ci staccammo, non ero l’unica ad ansimare. Felice dell’effetto che sortivo su di lui, gli accarezzai una guancia e posai un bacio leggero sull’angolo della sua bocca, che immediatamente si piegò in un sorriso dolcissimo.
“Ti amo”, sussurrai.
Mi schioccò un sonoro bacio sulle labbra e rispose, sollevando ed abbassando le spalle, come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo : “Anch’io ti amo”.


“Vieni, voglio mostrarti una cosa.”, mi prese per mano e mi condusse verso una bancarella.
Parlò velocemente con un uomo sulla cinquantina da cui acquistò una strana spilla, che infilò nella tasca dei suoi jeans, e ricominciammo a camminare.
“Cos’è quella spilla?”, domandai curiosa.
“Aspetta .. tra poco ti spiegherò tutto”.
Intanto eravamo arrivati in un parco e ci eravamo accomodati su una panchina, all’ombra di una grossa quercia.
Di fronte a noi, il castello di Edimburgo si ergeva maestoso e fiero. Mi sembrava di vivere in una favola, dove il romanticismo ed il mistero si fondevano, creando un’atmosfera unica.
E, per una volta, la protagonista della favola, ero io. E, come in tutte le favole che si rispettino, il mio principe mi aveva salvata.
Edward tirò fuori dalla tasca la spilla che aveva comprato, porgendomela affinché la prendessi in mano.
La rigirai tra le dita, cercando di cogliere ogni piccolo particolare.
Era una spilla in argento, sembrava molto antica. La trama era formata da due cuori che si intrecciavano, al centro una pietra, probabilmente un brillante, blu, teneva uniti i due cuori.

 



“E’ molto bella ..”, dissi, mentre continuavo a studiare ogni angolo della spilla.
“E’ un luckenbooth”, rispose Edward con aria saccente e furba.
Evidentemente dovette leggere un enorme punto interrogativo sul mio viso, perché, dopo aver preso una mia mano tra le sue, iniziò a spiegarmi :
“E’ una spilla, che prende il nome dai Locked Booths del Royal Mile, nei pressi della Cattedrale di St. Giles ad Edimburgo, dove sembra fossero venduti durante il 1600.
Queste spille divennero una moda durante il regno di Mary. La leggenda vuole che la regina ne commissionò uno apposito con le proprie iniziali, per donarlo a Lord Darnley, come simbolo del proprio sentimento nei confronti dell'uomo. Il giovane all'epoca aveva 19 anni, Mary 22 e fu il secondo marito della Regina degli Scozzesi.
Come puoi vedere dalla spilla che hai in mano, la forma canonica è quella del doppio cuore intrecciato con l’erica, simbolo di fortuna amorosa.
Tradizionalmente vengono donati come pegno d'amore.”
Io sentivo già gli occhi lucidi per la commozione, Edward mi prese il mento con la mano libera e guardandomi con occhi sinceri ed innamorati, disse :
“Questa è la tua. E’ il mio pegno d’amore. Sappi che ti amerò per sempre, Isabella Swan.”
Mi avvicinai al suo viso e lo baciai.
“Adesso sei legata a me per sempre, lo sai?”, mi canzonò riprendendo il tono che aveva usato prima, quando passeggiavamo lungo High Street, ma riuscii a percepire una leggera incrinazione, dovuta all’emozione, nella sua voce.
“Ed io ti amo, e sono felice di essere legata a te per sempre, lo sai?!”
Rise e riprese a baciarmi, su quella panchina immersa nel verde, di fronte ad un romantico tramonto. Ed in quell’istante magico, mi resi conto che per essere completamente sua mancava solo una cosa …



ANGOLO DELL'AUTRICE.

Chiedo umilmente perdono per il ritardo! Purtroppo, come vi avevo già scritto nell’avviso, gli aggiornamenti saranno un po’ più lenti .. per lo meno in questo periodo.
Credo, comunque, che l’attesa sia stata ricompensata :)) I due piccioncini si stanno godendo la magica atmosfera scozzese, romantica e malinconica al tempo stesso … e l’ultima frase del capitolo cosa vi fa presagire?! Indovinate un po’! Spoiler in premio! ;)

Qualche precisazione in merito al capitolo :

  • I Luckenbooth esistono davvero e sono tutt’ora regalati come pegno d’amore, in Scozia. La loro storia, raccontata nel capitolo, è molto, molto romantica!

  • High Street è realmente una delle principali vie di Edimburgo, piena di artisti di strada e di venditori ambulanti.

  • “Magari un giorno, qualcuno scriverà qualcosa su di noi e sulla nostra storia”. Bè, diciamo che ho voluto fare un piccolo riferimento alla nostra saga preferita :) Grazie zia Steph, per averci regalato una storia che ci ha fatto e che ci fa sognare.



PS: Vi ricordo sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.
 


Alla prossima, un bacione!

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Capitolo 34
*** CAPITOLO 33 - I WANT TO KNOW WHAT LOVE IS ( VOGLIO SAPERE COSA SIA L'AMORE) ***


 


Grazie a voi che mi seguite e commentate, ai preferiti, a chi ha inserito la storia tra quelle da ricordare e grazie anche ai lettori silenziosi. Il capitolo è dedicato a tutte voi!

 


CAPITOLO 33 - I WANT TO KNOW WHAT LOVE IS ( VOGLIO SAPERE COSA SIA L'AMORE)

 

 

Devo prendermi un pò di tempo
Un pò di tempo per pensare a queste cose
Farei meglio a leggere tra le righe
In caso ne abbia bisogno quando sarò più vecchia



Sapevo cosa volevo e dovevo solo prendere coraggio e dare voce ai miei desideri.
Mi rigirai tra le dita la spilla che Edward mi aveva regalato come pegno d’amore, riempii i polmoni d’aria che poi lasciai fluire fuori dal mio corpo lentamente, per calmarmi ed apparire sicura di me, almeno in quel momento.
Mi concentrai sull’aria. Quella che entrava e che usciva dal mio corpo, quella che mi accarezzava il volto e mi scompigliava i capelli, quella che portava alle mie narici il suo odore.

Adesso devo scalare questa montagna
Sembra che tutto il mondo sia sulle mie spalle
Vedo il sole splendere tra le nuvole
Mi tiene caldo man mano che la vita si fa più fredda


Mi sentii ad un tratto più leggera.
Presi coraggio e finalmente parlai :
“Edward, io voglio fare l’amore con te.”
Ero io l’attrice della mia vita e non mi sarei più lasciata vivere passivamente dallo scorrere degli eventi.

Nella mia vita c’è stato dolore e sofferenza
Non so se posso affrontarlo ancora
Non mi posso fermare adesso, ho viaggiato tanto
Per cambiare questa vita solitaria


Ad un tratto, non ricordavo nè come nè quando, mi ritrovai distesa su quello che da qualche notte era diventato il mio letto con Edward accanto che mi guardava pieno di meraviglia.
“Bella .. io, non so se è il caso … sei sicura?”
Mi domandò con il respiro corto, tra un bacio e l’altro.

Voglio sapere cos’è l’amore
Voglio che tu me lo spieghi
Voglio sentire cos’è l’amore
So che tu puoi mostrarmelo


“Non sono mai stata più sicura in tutta la mia vita di quello che voglio. Edward io voglio te. Ti amo e ti voglio. Adesso.”
Non so dove trovai tutta quella sicurezza e quell’intraprendenza e non me ne curai; lo tirai per il collo della camicia verso di me e ripresi a baciarlo.
Esplorai a fondo la sua cavità orale, rincorrendo la sua lingua, intrecciandola alla mia, lo baciai con una passione incontenibile. Mi sentii a casa, così a stretto contatto con il suo sapore.

Mi prenderò un pò di tempo
Un pò di tempo per guardarmi attorno
Non c’è nessuno posto in cui mi possa nascondere
Sembra che l’amore mi abbia finalmente trovato


Mi staccai da lui per riprendere fiato e mi venne in mente una delle nostre conversazioni avvenute nel cortile dell’ospedale.
“Edward, ricordi quando ti ho raccontato la mia storia nel cortile dell’ospedale ed abbiamo aperto reciprocamente i nostri cuori?”

Nella mia vita c’è stato dolore e sofferenza
Non so se posso affrontarlo ancora
Non mi posso fermare adesso, ho viaggiato tanto
Per cambiare questa vita solitaria


Annuì e mi accarezzò il viso, dolcemente. Ricordava sicuramente la nostra conversazione e scorsi un lampo di curiosità illuminare, se possibile ancora di più, i suoi occhi dorati.
“Ti confessai che tutte le sensazioni provate da quando ti conoscevo erano nuove per me e non sapevo dargli un nome. Allora, tu mi hai proposto di cercarlo insieme quel nome. Amore mio, ci siamo arrivati insieme a quel nome. Ed ora voglio arrivare fino in fondo a conoscere cos’è l’amore.”

Voglio sapere cos’è l’amore
Voglio che tu me lo spieghi
Voglio sentire cos’è l’amore
So che tu puoi mostrarmelo


Le sue labbra si avventarono sulle mie decise, ma non frettolose. Mi sussurrò mille volte che mi amava e quando non parlava i suoi baci erano ancora più eloquenti delle parole.
Mi aiutò a sfilare la maglietta che indossavo ed inevitabilmente arrossii.
Non ero di certo perfetta, anzi.
Coprii con le mani quanto più potevo, non sapevo se coprire il seno o la mia pancetta, allora optai per coprire entrambi utilizzando ambedue le mani.
Edward si rese conto del mio imbarazzo e si fermò. Iniziò a baciarmi le mani e ad annusare e baciare quelle parti di pelle che le mie mani non riuscivano a coprire.
“Bella, se non vuoi, ci fermiamo. Non devi fare nulla se non ti senti pronta.”
Mi sorrise amorevolmente, mentre mi accarezzava un fianco.
Aveva frainteso. Io lo volevo, eccome se lo volevo!
Il problema ero io: lui era perfetto ed io mi sentivo di gran lunga inferiore.
“Edward, io voglio fare l’amore con te. Però - non sapevo dove trovare le parole per palesargli i miei pensieri, senza apparire ridicola – io mi vergogno.”
Arrossii ed abbassai lo sguardo sulla mia pancia.
Edward pose due dita sotto il mio mento e mi costrinse a rialzare lo sguardo e a riportare i miei occhi nei suoi.
“Di cosa?”, mi chiese con dolcezza. Non c’era ilarità né ironia nella sua voce. Voleva realmente ascoltare le mie paure.
“Io … tu sei bellissimo. Sei perfetto. Ed io, io … non sono bella e posso definirmi tutt’altro che perfetta! Guardami : sono cicciottella e non ho delle forme perfette e toniche. Non credo proprio di essere desiderabile.”
Fermò il mio flusso di parole con un bacio.
“Amore mio, io non sono perfetto. Nessuno di noi lo è. E tu, tu sei bellissima. Credi di non essere desiderabile? Non hai idea di quanto mi dia alla testa il tuo odore, non hai idea dell’effetto che mi fai ogni volta che mi baci o che semplicemente mi sfiori. Non sai cosa ti farei in questo istante se lasciassi prendere il sopravvento al mio istinto di uomo, senza pensare che devo essere molto delicato e dolce, perché per te è la prima volta e perché tu meriti tutto il meglio. Perché tu devi ricevere da me amore e dolcezza, non solo istinti.”
Come sempre riusciva a trovare le parole giuste al momento giusto ed era in grado di farmi sciogliere.
Gli sorrisi e mi scusai, sottovoce.
“Non devi scusarti di nulla, amore. Promettimi che ti confiderai sempre con me. Giurami che mi racconterai anche delle tue più piccole paure.”
Annuii e lo baciai, qualunque parola mi sembrava superflua in quel momento.
Rispose al bacio, poi si staccò e riprese a parlare :
“Ora, se ne hai ancora voglia, lascia che ammiri il tuo corpo e veneri le tue belle forme.”

Voglio sapere cos’è l’amore
Voglio che tu me lo spieghi
E voglio sentire, voglio sentire cos’è l’amore
E lo so, So che tu puoi mostrarmelo


Un brivido di piacere mi percorse tutto il corpo e come se fossi incosciente in quel momento, guidata solo dall’amore immenso che provavo per quel meraviglioso ragazzo, tolsi le mani dal mio corpo e le portai sul suo.
Iniziai a sbottonargli la camicia, mentre lui mi baciava e succhiava la pelle delicata del collo provocandomi brividi continui.
Eliminato l’ostacolo della camicia, finalmente potei ammirare Edward in tutta la sua bellezza. Non avevo mai visto niente di più bello.
Il torace glabro e muscoloso, gli addominali scolpiti, la pelle diafana e fresca.
Accarezzai quasi con timore quei muscoli in rilievo, poi presi coraggio ed iniziai a baciare quel corpo magnifico, partendo dal collo, così come aveva fatto lui con me, fino ad arrivare all’addome.
Incrociai il suo sguardo colmo d’amore e capii che era tutto giusto, perfetto.
Noi insieme eravamo perfetti.
Con un unico gesto sganciò il reggiseno e contemplò i miei seni, prima con lo sguardo poi con le mani ed infine con la lingua, facendomi sospirare e rilasciare dei gridolini a metà tra una risatina ed un gemito.
Non mi resi neanche conto del momento in cui si era sfilato i pantaloni ed aveva tolto anche i miei, tanto ero presa dalla venerazione del suo corpo e dal godermi tutto il piacere che ogni sua carezza mi donava.
Eravamo rimasti in intimo entrambi.
Con estrema delicatezza mi sfilò anche le mutandine.
Abbassai lo sguardo e vidi la cicatrice dell’intervento, la coprii istintivamente con le mani.
“E’ brutta, lo so. Me ne vergogno.”, sussurrai mesta.
“Bella, Bella. Ma come devo fare con te!?”

Voglio sapere cos’è l’amore, Parliamo d’amore
Voglio che tu me lo spieghi, voglio sentirlo anche io
Voglio sentire cos’è l’amore, voglio sentirlo anche io


Scese con le labbra a baciare quella riga bianca e senza peli, che si trovava proprio sopra il mio pube, e tremai per quel gesto così dolce ed eccitante allo stesso tempo.
“Senza di questa non saresti tu.”
Bastarono quelle semplici parole a farmi capire che ero stata solo una stupida a farmi tutte quelle paranoie.
Edward mi amava esattamente così come ero.
Ripresi a baciarlo con più foga ed infilai due dita nell’elastico dei suoi boxer, per fargli capire che volevo che anche lui si spogliasse completamente.
Comprese i miei desideri e mi ritrovai sdraiata sul letto, completamente sovrastata da lui.
Sentivo qualcosa di duro premere contro la mia pancia.
Senza staccare mai le sue labbra dalle mie, accarezzò con una mano la mia intimità.
La fretta delle nostre bocche stonava quasi con la lentezza e la dolcezza delle sue dita che con perizia massaggiavano ed allargavano la mia fessura, ormai umida e pronta ad accoglierlo.
Avevo il respiro corto e non ce la facevo più a resistere a quelle scosse di piacere continue.
Sempre con dolcezza sentii qualcosa di più duro e decisamente più grosso sostituire le sue dita.
Smise per un istante di baciarmi e mi perforò l’anima con lo sguardo.
“Ti amo”, sussurrò prima di entrare lentamente dentro di me.
Sentii un leggero dolore, sostituito poi da una sensazione di piacere che aumentava mano a mano che lo sentivo entrare sempre di più dentro di me.
Finalmente mi sentivo completa.
E quando raggiungemmo la vetta del piacere insieme mi resi conto che avevamo mantenuto fede alla promessa fatta qualche minuto prima : eravamo arrivati insieme a conoscere fino in fondo cos’è l’amore.

E lo so lo so, So che tu puoi mostrarmelo
Mostrami che l’amore è reale, yeah
Voglio sapere cos’è l’amore…



ANGOLO DELL'AUTRICE.

Ci siamo. E’ il capitolo e spero di essere riuscita bene a rendere le emozioni che volevo trasparissero.

- La canzone che trovate in traduzione all’interno del capitolo e che dà il nome alla storia è I want to know what love is dei Foreigner. Era lo spoiler che vi avevo lasciato nell’avviso. Testo e traduzione li potete trovare QUI .

- “Ti amo e ti voglio. Adesso” E’ tratta dall’ultimo capitolo di Eclipse di Stephanie Meyer.

- Il dialogo tra Bella e Edward che ho citato si trova nel capitolo 23 di questa storia. Che bello autocitarsi!

“Io non so come definire quello che provo per te, non riesco a dargli un nome. Forse perché non ho termini di paragone. E’ tutto così nuovo per me … ma questo non vuol dire che sia dispiaciuta o pentita. Anzi … anche tu mi piaci molto Edward.”
“Ti va di scoprirlo insieme, allora? Hai voglia di cercare con me un nome da dare a queste sensazioni?”


So che mi sono fatta aspettare molto, spero che il capitolo possa compensare in parte la vostra attesa. Come vi avevo spiegato nell'avviso, gli aggiornamenti saranno un po' più radi, ma ci saranno. Questo è sicuro. Colgo l'occasione per ringraziare tutte le lettrici che avevano commentato l'avviso, anche se avrete letto la risposta, ci tenevo a ringraziarvi qui.

Vi ringrazio tutte, per esserci, nonostante i tempi quasi biblici.

Buonanotte, un bacio.

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Capitolo 35
*** CAPITOLO 34 – UP AND DOWN (SU E GIU') ***



CAPITOLO 34 – UP AND DOWN



“There is no life – no life without its hunger;
Each restless heart beats so imperfectly;
But when you come and I am filled with wonder,
Sometimes, I think I glimpse eternity."



"Non c'è vita, nessuna vita senza sofferenza;
Ogni cuore batte senza sosta in modo così imperfetto;
Ma quando arrivi tu e io mi riempio di meraviglia,
A volte mi sembra di scorgere l'eternità.”



(You raise me up, Westlife)

 

 

 

POV EDWARD

 

Bella stava dormendo tranquilla, nel suo letto, avvolta tra le coperte, mentre io non riuscivo a prendere pace.
Alice aveva avuto una visione, mentre io e Bella eravamo in giro per la città, e non appena avevo letto nella sua mente quello che aveva visto mi era crollato il mondo addosso.

I Volturi avrebbero rapito la mia Bella e … l’avrebbero uccisa, davanti ai nostri occhi.

Avevamo infranto la legge : Bella era un’umana che conosceva il nostro segreto.
Non riuscivo a capacitarmi, però, com’era possibile? Chi aveva rivelato ai Volturi di me e di Bella?
Bella aveva percepito subito che ci fosse qualcosa che non andava, perché ero diventato ad un tratto triste e di poche parole. Per fortuna, ero riuscito a fingere fino a quando si era addormentata, stretta tra le mie braccia.
Ormai eravamo inseparabili e quella era la prima notte che sgattaiolavo fuori dal letto, lasciandola sola; ma avevo bisogno di parlare con i miei fratelli e con Willie. Dovevamo trovare una soluzione.
Sprofondai sul divano e mi presi la testa fra le mani, maledicendo la mia natura di vampiro e le stupide leggi che regolavano la nostra vita.
Se fossi stato un essere umano avrei potuto amarla liberamente, senza vincoli né condizioni.
Ma se fossi stato umano, probabilmente non l’avrei neanche mai incontrata. E Bella era quanto di più bello il destino mi avesse donato.
Era così dolce ed allo stesso tempo decisa, timida e coraggiosa; l’amavo e lei mi amava, avrei lottato con tutto me stesso contro qualunque minaccia per il nostro amore.
“Perché .. perché … ma come è possibile una cosa del genere?! Come potrebbero venire a sapere di Bella?!”
“Edward .. coraggio. Troveremo una soluzione”
Jasper era sempre così tranquillo e cercò di infondere, tramite il suo potere, un po’ di calma anche a me.
“E’ strano, qui non c’è nessun altro a parte noi.”, intervenne Willie, pensieroso.
“Io non ricevo visite da un bel po’ di anni, a parte vostro padre. I Volturi li ho visti soltanto una volta in tutta la mia lunga esistenza di immortale. Qui, sulle Highlands, non viene mai nessuno. Non riesco proprio a capire …”, continuò.
“Dobbiamo stare molto attenti in questi giorni, Bella non dovrà uscire di casa né passare nemmeno un secondo da sola. Con i nostri sensi riusciremo a captare qualunque presenza anche a chilometri di distanza. Carlisle arriverà domani e forse con lui riusciremo a capire meglio il senso della visione di Alice. Mi raccomando, non dite nulla a Bella. Edward, cerca di stare più tranquillo o se ne accorgerà, è molto sveglia.”, concluse sorridendo Jasper.
Il suo spirito pratico ed il carisma che aveva sviluppato da umano, durante la sua breve ma intensa carriera nella marina militare degli USA, erano in grado di rassicurarmi, come sempre.
“Va bene, grazie Jasper.”, gli diedi una pacca sulla spalla, accarezzai il capo della piccola Alice, stretta tra le forti braccia di mio fratello, che mi dedicò un timido sorriso.
“Mi raccomando Edward, falla stare tranquilla. Ci siamo tutti noi a difenderla, cerca di non preoccuparti.”
Sorrisi. Mia sorella non aveva proferito parola durante tutta la conversazione. Mi aveva sostenuto con lo sguardo ed aveva preferito parlarmi “in privato”. I nostri poteri ci legavano in modo particolare, quasi a completare il legame di sangue che ci univa.
Salii al piano di sopra e mi fermai sullo stipite della porta a contemplare una delle immagini più belle che avessi mai visto.
Il sole stava sorgendo ed i suoi timidi primi raggi accarezzavano la figura di Bella. Sdraiata su un fianco, con le spalle rivolte alla finestra ed il viso verso di me, dormiva beatamente. La stessa posizione in cui l’avevo lasciata, evidentemente non si era accorta di nulla.
Il respiro cadenzato le alzava ed abbassava il busto.
I lunghi capelli le ricadevano in morbide onde sul petto, le ginocchia leggermente piegate, quasi in posizione fetale; aveva un braccio sotto il cuscino ed uno in avanti, all’altezza dello sterno.
Il suo viso era dolcissimo, le palpebre un po’ più scure rispetto al suo incarnato, le gote arrossate, doveva avere caldo - forse avevo esagerato con i riscaldamenti-, e la bocca leggermente aperta a formare una “O”.
Chiusi la porta alle mie spalle e delicatamente mi stesi di nuovo accanto a lei.
Portai un mio braccio a circondarle la vita ed istintivamente lei abbassò il suo, e con le dita andò in cerca della mia mano. La strinse forte e le sue labbra si piegarono in un sorriso.
Non resistetti e le baciai una spalla, coperta solo da una leggerissima vestaglietta.
“Edward”, sospirò.
Parlava spesso nel sonno. Ed era uno dei momenti che preferivo: non potendole leggere la mente, riuscivo a conoscere la parte più intima del suo animo solo attraverso i suoi monologhi notturni.
Si voltò verso di me ed infilò la testa nell’incavo della mia spalla, il suo respiro aumentò di frequenza : si era svegliata.
Prese a baciarmi e mordicchiarmi quella porzione di pelle compresa tra la spalla ed il collo: sapeva che mi eccitava tremendamente, quando lo faceva.
Era diventata sempre più intraprendente, in intimità, ed io adoravo vederla prendere l’iniziativa. Non volevo che ci fossero freni o inibizioni tra noi: non ce n’era alcun motivo.
Io l’amavo e per me era perfetta, esattamente così com’era.
Avevo cercato in tutti i modi di spazzare via dalla sua testa le sue insicurezze; come mi aveva confessato la prima volta che avevamo fatto l’amore, lei si sentiva inferiore a me. Piano piano, ero riuscito a farle capire che in amore nessuno è superiore o inferiore ed io e lei eravamo esattamente sullo stesso piano.
Quando mi aveva chiesto di fare l’amore con lei, se avessi avuto un cuore probabilmente sarebbe scoppiato per la gioia.
Mi aveva donato tutta se stessa, affidandomi completamente la sua anima ed il suo corpo.
Ed io ne ero felice, perché con Bella era stata un po’ anche la mia prima volta, non solo la sua.
La prima volta che avevo fatto l’amore, non semplice sesso.


“Amore mio, ben svegliata!”, cercai di articolare modulando il tono della voce, già evidentemente arrochita.
“Buongiorno”, sussurrò tra un bacio e l’altro.
Portò il viso all’altezza del mio ed incatenò i suoi occhi meravigliosi ai miei. Sorrisi e presi possesso delle sue labbra.
Ci amammo ancora, quella mattina, accarezzati dalle dita rosa dell’aurora.


Dopo aver fatto una doccia e aver quasi costretto Bella a fare colazione, andammo a fare una passeggiata per il bosco circostante la casa di Willie.
“E’ meraviglioso”, disse Bella con aria sognante, di fronte allo spettacolo che ci stava offrendo la natura.
Eravamo arrivati nei pressi di Loch Linnhe, il sole brillava alto nel cielo e rendeva quasi argentea l’acqua del lago. Il cielo quella mattina era molto limpido, aveva perso la consueta tonalità grigia.


Per un solo istante abbandonai le preoccupazioni causate dalla visione di Alice e decisi di godermi quel frammento di felicità che la vita mi stava regalando.
Abbracciai Bella da dietro e lei prontamente sistemò il capo sul mio torace.
Mi sedetti sull’erba della collina, tenendola sempre stretta tra le mie braccia, e la feci comodamente sedere sulle mie gambe; respirai il dolce profumo dei suoi capelli e mi venne in mente una bellissima canzone celtica che avevo sentito per la prima volta proprio lì, sulle Highlands.
Richiamai alla mente le parole e mi resi conto che erano perfette.
Erano le parole perfette per noi.
Intonai la canzone, beandomi del battito del cuore di Bella e del magnifico spettacolo che faceva da cornice al nostro momento di felicità.




 

CITAZIONI.

 

  • Le dita rosa dell’aurora, non è frutto della mia penna. Magari!

L’Aurora dalle dita di rosa è l’epiteto che Omero usa per descrivere l’alba.

Vi riporto una delle ventidue volte che nei poemi omerici ricorre questo verso.

Come la figlia del mattin, la bella | Dalle dita di rose Aurora surse,| Surse di letto anche il figliuol d'Ulisse, | I suoi panni vestì, sospese il brando | Per lo pendaglio all'omero, i leggiadri | Calzari strinse sotto i molli piedi | E della stanza uscì rapidamente, | Simile ad un degli Immortali in volto.(Odissea - Libro II, Omero. Traduzione di Ippolito Pindemonte)

  • La canzone che Edward canta a Bella, da cui è tratta anche la citazione ad inizio capitolo :

questa http://www.youtube.com/watch?v=Yfwlj0gba_kè la versione che ha sentito Edward per la prima volta - e che io, personalmente, adoro!
Invece, questa http://www.youtube.com/watch?v=9bxc9hbwkkw dovete immaginarla come cantata dalla voce del bel vampiro!

 


Ricordo come sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.


NOTE

Ho deciso di postare in questa data perché è significativa per me: esattamente un anno fa, ho postato il primo capitolo di questa storia. E’ un’avventura nata un po’ per caso, un po’ per sfogo, un po’ per gioco.
Ad un anno di distanza, posso affermare che sono felice di aver preso coraggio quella notte del 12 maggio 2010 e di essermi messa in gioco.
Perché credo non ci sia sensazione paragonabile a quella che si prova quando un racconto piano piano prende forma nella mente. Inizi a plasmarlo, battuta dopo battuta, parola dopo parola; ti ruba il sonno, proprio come un neonato.
Questi personaggi ormai sono parte di me, o forse io sono parte di loro; non saprei come definire bene il legame viscerale che si crea tra un autore ed un’opera. Sicuramente una parte di me l’hanno presa loro, ma me ne hanno restituita un’altra, quella parte di me che credevo di aver perso.
Spero non me ne vogliate, se dedico questo capitolo alla storia che lo contiene, perché se la merita proprio questa dedica.
Grazie a tutti voi, cari lettori e care lettrici.

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Capitolo 36
*** CAPITOLO 35 – VOLTURI ***



I WANT TO KNOW WHAT LOVE IS


CAPITOLO 35 – VOLTURI




“[…] i Volturi non vanno fatti arrabbiare», proseguì Edward, interrompendo il mio sogno a occhi aperti. «A meno che non si cerchi la morte, o qualunque altra cosa ci tocchi».”


(New Moon, Stephenie Meyer)

 


 

 

 

POV EDWARD

 

Nei giorni seguenti la visione di Alice fortunatamente il clima era stato dalla mia parte: aveva piovuto ininterrottamente e tenere Bella a casa era stato semplice. Si era subito innamorata della Scozia e delle sue meraviglie e non sarei mai stato capace di rifiutarle una gita al lago o una visita in città. Bella era deliziosamente curiosa di natura e io adoravo raccontarle storie e leggende locali. Ma in quei giorni dovevamo essere prudenti: non sapevamo come e quando e se i Volturi sarebbero arrivati e soprattutto come avremmo potuto giustificare la presenza di un’umana in una casa di vampiri.
Carlisle ci aveva raccomandato la massima prudenza e il massimo riserbo di fronte a Bella: non dovevamo farla preoccupare. La visione di Alice, in fondo, non aveva alcun fondamento. Perché i Volturi avrebbero dovuto farci visita? E perché proprio a casa di Willie?
Assorto tra i miei pensieri, non mi ero accorto che Bella si era seduta accanto a me e mi scrutava con aria preoccupata.
“Edward, cos’hai? Sei strano …”, sussurrò accarezzandomi una mano.
Portai la sua mano alle mie labbra e vi depositai un tenero bacio.
“Niente amore, non è niente. Stavo pensando che tra un po’ dovremmo ritornare a Seattle. Le vacanze estive sono quasi finite e tu comincerai il tuo ultimo anno di college.”
“Già”- rispose pensierosa –“il college … e poi? Edward stavo pensando a noi due e al futuro e …”
La zittii con un bacio. Sapevo che prima o poi avremmo dovuto affrontare quel discorso, ma in quel momento avevo altri pensieri per la testa. Prima del nostro futuro insieme, c’era un pericoloso futuro prossimo all’orizzonte e dovevo scovare una tattica per gestirlo nel migliore dei modi.
“Ci penseremo dopo la tua laurea, Bella. Adesso che ne diresti di …”
La visione di Alice bloccò le mie parole.
I Volturi erano appena arrivati all’aeroporto di Edimburgo. Stavano salendo su un taxi diretti verso la casa di Willie. Jane, Aro e Caius. Mancava solo Marcus, che non lasciava quasi mai Volterra. Cosa volevano? Dove avremmo potuto nascondere Bella e come avremmo potuto eliminare ogni traccia della sua presenza in quella casa che ormai era pregna del suo odore?
“Edward …”, mi chiamò Alice per destarmi dal mio stato di trance.
Bella mi guardava preoccupata, Alice era pietrificata di fronte a me, Jasper e Willie erano gli unici a mantenere un minimo di compostezza e lucidità.
“Edward cosa sta succedendo?”, mi chiese Bella preoccupata.
Intervenne Jasper che spiegò a Bella la situazione, cercando di non allarmarla più del dovuto, mentre io tentavo disperatamente di trovare una soluzione che non esisteva.
Willie aveva parlato con Carlisle, che ci aveva raccomandato di restare calmi e accoglierli al meglio e di nascondere Bella nella dependance.
 
 
“Amore, mi dispiace tantissimo … cerca di stare tranquilla. Le pareti sono dotate di un sistema di isolamento acustico, quindi non riusciranno a sentire né il tuo respiro né il battito del tuo cuore, né qualunque altro tuo movimento. I pannelli delle vetrate sono invisibili dall’esterno, quindi potrai muoverti liberamente. Cercheremo di mandarli via il prima possibile, non sappiamo perché stanno venendo. Qui hai tutto quello che può servirti: acqua, cibo, libri … cercherò di tornare da te il prima possibile. Se ti serve qualcosa, fammi uno squillo sul cellulare e sarò immediatamente da te. Spero che potrai perdonarmi per tutti i rischi che ti sto facendo correre …”
“Edward! Non dire mai più una cosa del genere! Tu non mi hai mai messa in pericolo, mi hai salvata. E non una volta soltanto. Smettila di colpevolizzarti e cerca di mandar via presto questi ospiti sgraditi perché già mi manchi …”
Sorrisi e la baciai con un ardore tale da rendere faticosa anche a me la respirazione. Era riuscita a risollevarmi anche se la situazione era critica e stava correndo rischi incredibili. Forse non li immaginava neanche, o forse il suo amore e la sua fiducia incondizionata nei miei confronti erano più forti perfino della paura che la vicinanza di tre vampiri non vegetariani avrebbe potuto paralizzare un qualunque essere umano.
Ma lei era la mia Bella ed era speciale proprio per questo.
La baciai ancora. La baciai come se non avessi più avuto la possibilità di farlo. Mi allontanai con il cuore a pezzi dal mio amore e rientrai in casa in attesa della sgradita visita.



“Alice quanto manca? Riesci a vedere cosa faranno, una volta qui?”
“Edward … mi dispiace, ma la visione non è cambiata. Riusciranno a trovarla e non capisco come!”
Sprofondai sul divano e mi presi la testa fra le mani.
“Deve esserci un modo … non può finire così!”
“Tranquillo Edward, siamo in maggioranza. Anche se si dovesse arrivare a uno scontro per proteggere Bella, vinceremmo noi.”
“Jazz, i loro poteri! Jane è in grado di uccidere un vampiro in un batter d’occhio! No … non voglio arrivare a uno scontro. Non voglio che la vedano … non …”
Mi paralizzai all’istante. Di fronte a noi i tre eleganti vampiri italiani, con indosso i loro mantelli neri e lo stemma della casata al collo, raffigurante lo stemma araldico della città: il grifone rosso e la biscia verde, afferrati insieme in un campo bianco, simbolo della pace tra Guelfi e Ghibellini nella città.
“Chi è che non dovremmo vedere, Edward?”, domandò Jane con un sorriso sardonico stampato in viso.
“Jane, come stai?” Willie si avvicinò alla vampira e tentò di cambiare discorso.
“Bene, Willie. E tu?”, rispose con aria di superiorità.
“Molto bene, grazie. Permettetemi di presentarvi la nuova piccola Cullen: Alice.
Alice loro sono Aro, Caius e Jane”, disse Willie, con il tono fermo e cordiale di un vero padrone di casa.
“Salve, molto lieta di conoscervi.” Esclamò Alice, dissimulando la sua preoccupazione.
“Siamo venuti fin qui proprio per te, Alice. Volevamo conoscere la piccola Cullen di persona.”, rispose cortese Aro.
Intanto, Jane scrutava la stanza in cui eravamo, come se fosse alla ricerca di qualcosa, e mi oscurava i suoi pensieri. I Volturi erano venuti per conoscere Alice, come facevano a sapere che non eravamo a Seattle?
“Ehm, scusate … ma come mai siete venuti proprio qui a cercarci e non a Seattle?”, domandai cercando di nascondere la mia preoccupazione.
“Edward! Sapevamo tutto della pantomima che avete dovuto organizzare per giustificare la trasformazione di Alice. E poi è una regola dei vampiri, dovresti saperlo bene anche tu: dopo la trasformazione e quindi la “morte” della persona, per evitare grane e problemi inutili bisogna allontanarsi dal posto in cui si è vissuti da umani. Tutti voi siete stati qui da Willie subito dopo la trasformazione, tuo padre è fin troppo prevedibile! Ah ah ah!”, rispose Caius che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
“Edward … da quando vi siete convertiti all’alimentazione umana? Non vi nutrite più di sangue ora, ma di cibo per umani?”, trillò Jane, indicando una scatola di biscotti che giaceva semi-aperta sul tavolino di fronte al divano.  
Un sorriso malvagio si disegnò sul suo viso.
Ci guardammo tutti e vedemmo nei rispettivi volti il panico.
“C’è un umano qui con voi, ho sentito il suo odore appena sono scesa dall’automobile. E quei biscotti mi hanno dato la conferma che è qui ed è stato qui con voi! Dov’è e chi è?!”






NOTE.
 

  • Questo è lo stemma della città di Volterra : QUI trovate gli articoli del comune di Volterra che descrivono lo stemma araldico del Comune. E' da qui che ho tratto la descrizione che trovate nel capitolo.



    Mi rendo conto e mi scuso anche qui per il mio imperdonabile ritardo. Spero che continuerete a leggere e a seguirmi. Grazie e a presto, stavolta sul serio!

    Ricordo come sempre l'altra storia che sto pubblicando LA FANCIULLA E LO STRANIERO.


     

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Capitolo 37
*** CAPITOLO 36 – PARALYSIS (PARALISI) ***




CAPITOLO 36 – PARALYSIS (PARALISI)




“Osservò la scena e pensò alla vita- e come regolarmente gli succedeva quando pensava alla vita, diventò malinconico. Una tristezza dolce discese in lui. Sentì quanto era vano lottare contro la sorte- era questa la saggezza che i secoli gli avevano tramandato.”
("Una piccola nube" – tratto da "Gente di Dublino", James Joyce)

 

 

 

POV EDWARD

 

“C’è un umano qui con voi, ho sentito il suo odore appena sono scesa dall’automobile. E quei biscotti mi hanno dato la conferma che è qui ed è stato qui con voi! Dov’è e chi è?!”


Nessuno di noi aveva proferito parola. Le menti di Alice, Jasper e Willie erano invase dal panico e tutti i loro pensieri erano concentrati su Bella. Io non avevo più pensieri, parole, sentimenti. Da una parte continuavo ad imprecare contro il destino che ancora una volta era avverso nei miei confronti, proprio quando avevo trovato la felicità; d’altra parte proprio la fonte della mia felicità, la mia Bella, mi aveva dato prova più volte di quanto si dovesse combattere per essere felici e per difendere la propria felicità dai colpi del destino, spesso andando contro se stessi, contro le proprie paure.
Troppo a lungo mi ero crogiolato nel mio dolore, per troppo tempo ero rimasto sopito imprecando contro il destino crudele e avverso senza muovere un dito.
Questa volta c’era a rischio qualcosa, o meglio qualcuno, di troppo importante. Dovevo reagire. Dovevo trovare una soluzione e dovevo trovarla al più presto. Cominciai con il negare i sospetti di Jane.
“Abbiamo ricevuto visite, è vero. Un giovane scout aveva perso il suo gruppo durante un’escursione e ci ha chiesto aiuto. Lo abbiamo ospitato per una notte, questa mattina siamo riusciti a rintracciare il capo gruppo e sono venuti a riprenderselo. I biscotti li ha mangiati Be … - Ben, a colazione. E’ andato via poco prima che voi arrivaste qui.” Risposi sfoggiando la mia migliore faccia da poker.

“Bravo Edward! Meno male che sei riuscito a inventare questa scusa! “

Alice tirò un mentale sospiro di sollievo e anche Jasper e Willie si rilassarono e mi sorrisero complici.
“Ah davvero? Beh peccato, se fossimo arrivati un po’ prima avremmo potuto fare noi una bella colazione!” esclamò con tono sadico Jane.
“Ah ah ah!”, tuonarono all’unisono i fratelli Aro e Caius.
“Ma come avete fatto a resistere? C’è un odore davvero delizioso in questa casa … Non capirò mai la vostra scelta!”, continuò Jane.
Davvero non riuscivo a capire dove volesse arrivare. Erano venuti fin lì per conoscere Alice e non le avevano rivolto neanche una misera domanda? Non si erano neanche informati – come erano soliti fare – se fosse dotata di qualche potere particolare. Una delle ragioni per cui tutti avevamo trascorso i primi mesi dopo la trasformazione a casa di Willie, oltre che per motivi di sicurezza e per poterci nutrire liberamente nella folta e ricca foresta scozzese, era per capire se fossimo dotati di particolari poteri, avvalendoci della capacità di Willie di riconoscere i doni dei vampiri.
“Cara Jane, noi siamo quello che scegliamo di essere. La famiglia di Carlisle e io abbiamo deciso di rispettare il genere a cui siamo legati dalla nascita e con cui in qualche modo continuiamo a convivere. Nutrirci di un essere umano sarebbe come nutrirci di noi stessi, di quello che eravamo. Voi avete deciso diversamente e va bene così.” Rispose Willie con tono fermo e con una punta di rimprovero.
Era un vampiro molto sensibile e molto legato agli umani, sebbene conducesse una vita da eremita sulle Highlands. Detestava i Volturi per la loro crudeltà e la loro dieta spietata.
“Willie! Ci stai forse giudicando?”, intervenne Aro.
“Assolutamente no, Aro.”
“Bene. Perché noi seguiamo soltanto la nostra natura e il nostro istinto. I vampiri non sono esseri umani. Sono vampiri. Siamo vampiri. E ci nutriamo di esseri umani. Voi vi sforzate tanto perché siete legati a degli stupidi precetti morali di un mondo di cui ormai non fate più parte.”
“Adesso sei tu che ci stai giudicando, Aro.”, ribatté Willie.
“No … ho solo espresso la mia opinione a riguardo.”, rispose con tono di sfida.

Edward, non capisco cosa stia succedendo. Non riesco ad usare il mio potere su di loro per poterli calmare. C’è qualcosa che non va, non mi fido …

Io non riuscivo a leggergli nel pensiero, Jasper non riusciva a calmarli, Alice non era riuscita a prevedere tutte le loro mosse … i miei sospetti prendevano sempre più terreno. I Volturi avevano uno scopo preciso e quello scopo si trovava nella dependance ed era l’amore della mia vita.
Non avrei permesso a nessuno di loro di sfiorarle neanche un capello. Avrei fatto qualunque cosa affinché la visione di Alice non si avverasse. Dovevo solo trovare la chiave per capire come riuscivano a bloccare i nostri poteri ed ero convinto che una volta scoperta, avremmo capito anche come avevano fatto a scoprire il reale motivo per cui eravamo in Scozia.
“Willie, non abbiamo mai avuto l’onore di visitare la tua dependance. Perché non ce la mostri?”
Maledetta Jane! Aveva capito tutto!

Edward!? Cosa facciamo adesso!
Edward, non possiamo!!! Bella … Oh mio Dio!
Maledetti Volturi! Edward, cosa ci inventiamo ora?!

Mi scoppiava la testa. Non potevamo negargli la visita nella dependance. Non avevano di certo buone intenzioni e con i loro poteri, se si fosse arrivati a uno scontro, avrebbero senz’altro vinto loro. E a quel punto per Bella non ci sarebbe stato scampo.
Dovevo portarli nella dependance e poi una volta lì avrei cercato di spiegargli la situazione.
Feci un segno di assenso a Willie che prontamente rispose :
“Va bene, andiamo. Seguitemi.”

Con la rassegnazione dipinta sui volti ci dirigemmo verso la dependance.

Appena Willie aprì la porta, una forte ventata di fresia e lavanda ci investì le narici e riuscii a percepire chiaramente i pensieri dei tre Volturi:

“Sangue umano!”.

La scena che mi si parò davanti mi paralizzò.

“Bella!” urlammo tutti e quattro.

“Cosa le hai fatto?! Chi sei?!”, urlai disperato alla figura che ci dava le spalle.

“Edward. Dovresti riconoscermi.”, disse voltandosi.







Non era possibile.

Non poteva essere lei.

Lei era morta

“Samantha”, sussurrai terrorizzato.








CITAZIONI.

- “Noi siamo quello che scegliamo di essere.”
[Green Goblin/Norman Osborn (Willem Dafoe)
dal film "Spider-Man" di Sam Rai]

- Il titolo del capitolo e la citazione iniziale rimandano al tema principale della raccolta di racconti di James Joyce GENTE DI DUBLINO. Vi consiglio di leggerlo, se non lo avete già fatto. Potreste regalarvelo per Natale! :)



Ehm ehm … chi di voi si ricorda di Samantha? Se non vi ricordate chi è, vi consiglio di andare a rileggere il CAPITOLO 5.
E ora, cosa accadrà? Come sta Bella e quale sarà la sua sorte?
Lo scoprirete nel prossimo aggiornamento! Non vi prometto niente, ma se riesco, aggiornerò prima di Natale.
Nei prossimi giorni sarà online anche il nuovo capitolo de' LA FANCIULLA E LO STRANIERO.

Grazie a tutte. A presto!





 

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Capitolo 38
*** CAPITOLO 37 - WHEN THE PAST COME BACK (QUANDO IL PASSATO RITORNA) ***


 

CAPITOLO 37 - WHEN THE PAST COME BACK (QUANDO IL PASSATO RITORNA)




Nessun uomo è abbastanza ricco da poter riscattare il proprio passato.”
(Oscar Wilde)

 

 

 

POV EDWARD

 



Bella era seduta sul divano, con le mani legate dietro la schiena e la bocca imbavagliata. Nei suoi occhi avevo letto il terrore, ma quando ci aveva visti entrare e aveva incrociato il mio sguardo avevo scorto una scintilla di gioia in quei pozzi color cioccolato che tanto amavo.
Povera piccola …
“Cosa le hai fatto?”, ringhiai contro la vampira dai lunghi capelli corvini.
“Nulla per ora. Ti stavo aspettando per dare inizio allo spettacolo, ah ah ah!”, esclamò e la risata macabra che ne seguì mi avrebbe fatto accapponare la pelle, se la mia natura me lo avesse permesso.

Non riuscivo a capire come fosse possibile: io l’avevo uccisa, ne ero certo. Eppure, in quel momento era lì, davanti a me e mi fissava con due occhi color rubino.
Gli occhi di un’assassina.

“Edward, non ti abbiamo presentato il nuovo acquisto della guardia dei Volturi. Ma forse non sono necessarie le presentazioni, visto che lei è opera tua.”, intervenne quasi divertito Caius.
“Non può essere …”, sussurrai.
“Oh sì, mio caro. Quella sera mi hai trasformata, non mi hai uccisa. Vampiro da quattro soldi, non ti sei neanche accorto che non mi avevi succhiato via tutto il sangue! “
“Come … come facevi a sapere che Bella era qui?”

Edward, lei è la chiave di tutto il dilemma! Questa vampira ha un potere molto particolare: ha il dono dell’invisibilità e in più è uno scudo. Riesce a passare inosservata e a confondere la sua presenza, ecco perché Alice non l’ha vista nelle sue visioni. E probabilmente lei era qui da quando ci siete voi, ha spiato ogni nostro movimento. Inoltre, essendo uno scudo, riesce a isolare anche un certo numero di vampiri. Non riesci a leggere nei pensieri di nessuno per questo motivo. Dobbiamo escogitare qualcosa al più presto!

Willie aveva ragione, ma cosa potevamo fare?
Dovevo distrarla e lasciarla parlare.
Dovevo salvare la vita di Bella.

“Ah, è così che si chiama la tua nuova amichetta. Beh, mio caro, si dà il caso che io sia una vampira molto speciale.”
“Da quanto tempo mi spiavi, maledetta?”, ringhiai.
“Non ho mai smesso di farlo da quando mi hai trasformata. Quando i Volturi mi hanno presa con loro e mi hanno spiegato cosa era successo, mi sono ripromessa che non avrei avuto pace fino a che non te l’avessi fatta pagare. E ora siamo arrivati alla resa dei conti.”.
Un ghigno malefico si dipinse sul suo volto.
Però doveva esserci un modo per fermarla, non poteva essere così forte …
“Ti prego, lascia andare Bella. Fa’ di me quel che vuoi : uccidimi pure, vendicati, ma lascia stare in pace Bella. Lei non c’entra niente.”
Bella iniziò ad agitarsi a quelle parole e a dimenarsi. Cercò il mio sguardo e vide nei miei occhi la rassegnazione e il mio amore infinito per lei; nei suoi lessi un dolce rimprovero, come era solita fare quando mi compiangevo troppo, e un amore altrettanto grande nei miei confronti. Quei pochi istanti in cui i nostri occhi si incrociarono furono decisivi per farmi scattare dentro una scintilla : avrei combattuto, per me e per lei. Se uno dei due fosse morto, non ci sarebbe stata vita per l’altro. Avrei combattuto per la nostra felicità e il nostro amore.
“Oh, tranquillo. Quando avrò finito con lei penserò anche a te. Jane!”
La vampira bionda dilatò le pupille e diresse la scossa elettrica verso Bella.

“Ma come … non è possibile!”, esclamò stupefatta Jane.

“COSA?! Riprova!”, ordinò Samantha.

Bella non aveva subito nessuna scossa. Era seduta ed era sana e salva!

Edward … lo sospettavo da tempo e ora credo che i miei sospetti siano fondati: Bella è uno scudo! Se diventerà una vampira, sarà uno scudo potentissimo: riesce a essere così forte già da umana!

C’era gioia nei pensieri di Willie, gioia e stupore in quelli di Alice e Jasper. Io ero al settimo cielo e forse avevo trovato un modo per riuscire a uscire indenni tutti e quattro da quella situazione.

“Non capisco! Ce la sto mettendo tutta!”. Jane era esausta, proprio quello che speravo.
“Non credo … non è possibile! Prova ancora!”, urlò inviperita Samantha.

Dovevo creare discordia tra di loro, solo così ci saremmo potuti salvare. Non capivo come mai una vampira così giovane avesse tanto potere tra i Volturi.

“Jane! Ti fai dare ordini da una nuova arrivata?! Fossi in te mi farei rispettare un po’ di più, mia cara”, dissi con molta nonchalance.

Edward, sei un grande! Ho capito cosa vuoi fare! Sono certo che funzionerà!

I pensieri di mio fratello Jasper mi giunsero limpidi e rassicuranti. Avrei avuto bisogno anche del suo potere. Gli sorrisi in risposta e lui mi fece un occhiolino di assenso: aveva capito.

“Scusate – intervenne Willie – perché appoggiate la vendetta privata di questa vampira? Voi cosa ci guadagnate? La morte di un’innocente e di quattro vampiri vegetariani. Non ci avete neanche chiesto quali fossero le nostre intenzioni nei confronti di Bella …”

“Spiegati meglio, Willie.”, intervenne Aro.

“Bella diventerà una di noi, molto presto.”

A quelle parole, gli occhi di Bella brillarono di gioia, i pensieri gioiosi di Alice mi invasero la mente e Jasper sorrise compiaciuto. E sebbene non ne avessi mai parlato con nessuno, quello che desideravo di più al mondo era trascorrere la mia eternità con lei.
Sorrisi a Willie e poi continuai:

“Questo cambia le cose, Aro. Non credi? Voi dovreste essere tutori della giustizia nel nostro mondo, non complici di crimini e di vendette personali.”

Jasper riuscì a utilizzare il suo potere di manipolatore sui Volturi, evidentemente Samantha era così incollerita da aver abbassato il suo scudo, e infatti riuscii a leggere nelle loro menti.
Aro e Caius avevano intenzione di lasciarci in pace, a patto di trasformare Bella; Jane era verde di bile ed era molto offesa dall’atteggiamento di Samantha.

“Io ho commesso un errore involontariamente e ti chiedo scusa, Samantha. Ma questo non giustifica quello che hai intenzione di fare. Non è uccidendo un’innocente che avrai indietro la tua umanità.”

“Edward ha ragione, Sammy. Torniamocene a Volterra e poi verremo a far visita alla nuova piccola Cullen. Jane, prenota il volo.”





“NOOOOOOOOOOOOOOO!”


Non ebbi neanche il tempo di pensare. L’urlo di mia sorella, eco dei miei pensieri e di quelli di Jasper e Willie, bastò a farmi capire che la visione che Alice aveva avuto stava per realizzarsi.


Ma qualcosa di grandioso ed inaspettato accadde.
Qualcosa che nessuno di noi aveva mai visto né sentito: un essere umano in grado di allontanare un vampiro assetato di sangue e di vendetta.










Sono riuscita ad aggiornare, come speravo.
Cosa avrà fatto Bella?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo!
Vi auguro di trascorrere un felice e sereno Natale e vi ringrazio per aver letto il capitolo.
A presto, un bacio!

 

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Capitolo 39
*** CAPITOLO 38 - COURAGE (CORAGGIO) ***


 


CAPITOLO 37 - COURAGE (CORAGGIO)




Il leone:“Che cos'è che di un misero fa un re? Il coraggio! Quale portento fa una bandiera sventolare al vento? Il coraggio! Chi rende ardita l'umile mosca nella foschia fosca nella notte losca... e fa sì che un moscerino la paura mai conosca? Il coraggio! Perché l'esploratore non teme l'avventura? Perché ha coraggio! Perché quando è in pericolo non prova mai paura? Perché ha coraggio! Perché Riccardo Cuor di Leone metteva i suoi nemici in apprensione? Che cosa aveva lui che io non ho?”
Dorothy, Spaventapasseri e Uomo di latta:“Il coraggio!”
(Il mago di Oz, 1939)

 


 

POV EDWARD


Bella aveva gli occhi chiusi e sulla fronte contratta si erano formate delle deliziose righe. Le tempie erano contratte, segno che si stava concentrando molto. Aveva le labbra serrate e se la situazione non fosse stata così drammatica, l’avrei riempita di baci.
L’attenzione di tutti era completamente rivolta ad osservare quanto straordinaria fosse la forza del suo potere: Samantha sembrava stretta in una morsa, si agitava e si dimenava ma non riusciva a oltrepassare lo scudo invisibile che proteggeva Bella da lei.
Aveva la bocca semi-aperta da cui sporgevano i canini affilati, pronti a fendere la pelle della vittima e a placare avidamente l’istinto della sete; ruggiva come un leone affamato per la rabbia, ma era tutto inutile: Bella era più forte di lei.
Un’umana più forte di una vampira. Uno scudo umano più forte di uno scudo vampiro. Incredibile!
Nessuno di noi aveva mai visto una cosa del genere nella sua esistenza - e quella di alcuni presenti contava qualche secolo. Bella era un potentissimo scudo, fisico e mentale. Se il suo potere si manifestava già così forte da umana, da vampira l’intensità si sarebbe centuplicata.
Potevo leggere lo stupore e la meraviglia nelle menti di tutti; ma gli schieramenti restavano divisi: nella mente dei miei fratelli e di Willie c’era la gioia, nella mente dei Volturi c’erano piani che non mi piacevano affatto.
Aro stava già pensando a Bella nella sua guardia e l’immagine che si formò nella sua mente mi fece – se mai fosse possibile - rabbrividire: Bella con la tunica nera, Bella con indosso lo stemma dei Volturi, Bella con gli occhi color rosso rubino…
“Ricordati bene l’immagine su cui hai fantasticato, Aro, perché resterà per sempre tale. Una fantasia.”
“Umm… staremo a vedere.”, rispose laconico.
“Basta Sammy, su! Andiamo, ho sete. Jane!”
La vampira bionda sorrise compiaciuta: finalmente si sarebbe vendicata del trattamento che aveva ricevuto poc’anzi da Samantha.
Una forte scarica elettrica percorse il corpo di Samantha che si sollevò da terra di qualche centimetro e poi cadde, quasi esanime, sul parquet, con un forte tonfo: sembrava fosse caduto un masso roccioso.

Jane aveva usato il suo potere su Samantha e non c’era stato bisogno di specificare cosa dovesse fare. Era bastato chiamarla per nome. Dunque, era quella la vita che Aro sperava di poter riservare a Bella o a qualunque altro vampiro del nostro clan? Tra i Volturi non c’erano legami d’affetto, non c’era rispetto per il singolo individuo, non c’era libertà; c’erano tre capi e una serie di macchine da guerra, addestrate a rispettare gli ordini e a non pensare, pronti anche a farsi la guerra fra di loro pur di accontentare i superiori. I Volturi non reclutavano vampiri per aiutarli nei loro piani personali; se lo facevano era perché ne avrebbero ricavato comunque un tornaconto.
Avevano preso Samantha con loro solo per arrivare a noi. Tre Cullen, ora quasi quattro, straordinariamente dotati facevano gola da tempo ai vampiri italiani, tanto più che nessuno nella loro guardia possedeva simili poteri. Ero certo che non si sarebbero arresi facilmente, ma di certo il loro sogno di averci nella loro guardia non si sarebbe mai avverato.

Samantha era a terra tramortita dalla forte scarica elettrica. Caius la sollevò dal pavimento e se la caricò sulle spalle come un sacco. In quel momento provai una profonda pena per lei e inevitabilmente mi sentii molto in colpa per la sua sorte: avrei preferito che fosse morta quella sera, perfino la morte sarebbe stata una condizione migliore rispetto alla vita che stava conducendo con i Volturi.
Ma non mi feci prendere troppo dall’autocommiserazione: c’era qualcuno molto più importante di me e dei miei errori passati che aveva bisogno del mio aiuto e che stava aspettando con ansia di ricongiungersi a me.
Con un balzo fui accanto a Bella e la liberai dal bavaglio e dalle corde che la immobilizzavano. La strinsi forte a me, senza prestare troppa attenzione a dosare la mia forza e lei si aggrappò alle mie spalle con forza e decisione. Infilò la testa nell’incavo del mio collo, con un gesto quasi automatico, naturale.
Respirai a pieni polmoni l’odore dei suoi capelli e finalmente riuscii a calmarmi: per noi vampiri, l’olfatto è il senso più sviluppato e quindi il più importante, siamo sicuri di quello che ci sta accadendo solo quando riusciamo a decifrarlo attraverso gli odori. Il profumo di Bella era un vero balsamo per il mio olfatto: l’unico odore in grado di farmi sentire al sicuro, a casa, sereno.
Nessuno di noi due parlò. Restammo seduti sul parquet, stretti l’uno all’altra, intrecciati in un groviglio di gambe e braccia, per non so quanto tempo.
Salutai con un cenno del capo i Volturi che andavano via e vidi con la coda dell’occhio Alice, Jasper e Willie uscire dalla dependance per lasciarci un po’ da soli.
Dopo un po’, Bella fece un respiro più profondo e staccò lentamente la testa dalla mia spalla, si girò tutta e si mise seduta con le mie gambe. Io sarei rimasto in quella posizione per l’eternità, ma lei era un’umana e i suoi muscoli evidentemente le avevano iniziato a dare segni di intorpidimento.
La abbracciai e posai le mani sul suo ventre, le dita intrecciate alle sue. Le baciai una guancia e sentii distendere i muscoli del suo viso in un sorriso. Non avevo bisogno di sporgermi per osservarla, ormai conoscevo così bene ogni suo movimento che riuscivo a immaginarlo perfettamente.
Restai con le labbra sul suo volto, vicinissime alle sue ma senza sfiorarle.
“Come stai?”, sussurrai.
La sentii trattenere l’aria un po’ più a lungo e poi rilasciarla d’un fiato, prima di rispondermi.
“Bene, bene. Ora mi sento stanca, come se avessi fatto un enorme sforzo fisico senza aver dormito a sufficienza. Ma sto bene, non preoccuparti.”
Mi strinse di più le mani e continuò:
“Edward, cosa è successo? Io non ricordo precisamente ogni istante… come sono riuscita a fermare quella vampira?”
“Amore mio, quello che ho visto oggi è stato straordinario, incredibile. Nessuno di noi aveva mai visto una cosa del genere. Ti rendi conto che tu, mia piccola, dolce e fragile umana, hai fermato una delle vampire più forti e dotate che ci siano in circolazione e, per di più, inviperita? Sei stata molto coraggiosa. Hai avuto paura, amore?”
“Sì, ma non per me. Ho avuto paura che potesse fare del male a te, o a Alice, a Jasper, a Willie…”
Non resistetti più e la baciai. Come al solito, si preoccupava di tutti meno che di sé stessa.
“Sei incredibile! Sei stata prigioniera di una vampira, hai rischiato che ti trasformasse o peggio… - mi rabbuiai per un istante-, hai scoperto e utilizzato un potere enorme per proteggere quattro vampiri e te stessa e non hai avuto paura!”
Ridacchiò e mi diede un bacio a fior di labbra.
“Le abitudini sono dure da perdere!”
“Già…” e in quell’istante mi resi conto che le avevo mentito di nuovo. O meglio, non le avevo raccontato tutto.
“Edward, a cosa stai pensando?”, mi accarezzò una guancia con il dorso della mano.
Presi coraggio e le raccontai la storia di Samantha, senza omettere alcun particolare. Durante il racconto, non vidi mai sul suo volto e nei suoi occhi, orrore o paura. Sentimenti legittimi da provare di fronte a un racconto del genere. L’amore e la dolcezza sempre presenti nel suo sguardo, non mi lasciarono solo, neanche quella volta.
Al termine del racconto, abbassai lo sguardo e dissi:
“Hai paura di me, ora? Sei delusa?”
Avevo paura della sua risposta, ma Bella mi stupì, come sempre:
“E perché dovrei? Edward, tutti sbagliamo. Non condannarti troppo per i tuoi errori, sii più clemente con te stesso.”
“Ma io ho rischiato di perderti oggi, per un mio errore! Capisci?!”
“Sì, ma non è successo. Pensa che se oggi non fossero arrivati i Volturi, non avremmo scoperto il mio potere e soprattutto, tu avresti continuato a pensare di essere un assassino, invece, Samantha è comunque viva
“Riesci sempre a vederlo mezzo pieno quel dannato bicchiere, eh?!?”, la canzonai.
“Sii, sono proprio un’ottimista nata!”
Ridemmo entrambi per la sua autoironia.
“Edward, mi trasformerai davvero, come hai promesso ai Volturi, o era solo un modo per distrarli?”, mi domandò a bruciapelo.

 

 

NOTE

Sono tornata!!!
Perdonate il mio ennesimo ritardo, giuro che cercherò di essere più costante negli aggiornamenti.
Come molte di voi avevano giustamente supposto, Bella è uno scudo fisico e mentale... insomma un'umana piuttosto dotata!
E ora, cosa risponderà Edward?

Lo saprete nel prossimo capitolo!

A presto e grazie a tutte voi!
 

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Capitolo 40
*** CAPITOLO 39 – TWO SIDES OF THE SAME COIN (DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA) ***


 

CAPITOLO 39 - TWO SIDES OF THE SAME COIN (DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA)

 

 

“L'origine della paura è nel futuro, e chi si è affrancato dal futuro non ha più nulla da temere.”

Milan Kundera

 

POV BELLA



 

“Edward?”
Lo chiamai, trovandolo assorto nei suoi pensieri. I Volturi erano andati via con la promessa che io sarei presto diventata una vampira. Edward non aveva risposto alla mia domanda, si era limitato a un accenno di sorriso, era molto teso.
Mi aveva riportata in casa senza proferire parola, stringendomi la mano. Mi aveva preparato un bagno caldo e poi mi aveva preparato il pranzo.
Eravamo soli in casa: Jasper, Alice e Willie erano andati a Edimburgo a prendere Esme e Carlisle in aeroporto.
“Dimmi amore.” Si girò verso di me, dedicandomi un sorriso bellissimo.
“Edward, mi trasformerai?”
“Bella… possiamo aspettare che arrivino Esme e Carlisle per parlarne?”, mi domandò dolcemente, ma sentivo la tensione nella sua voce. Ormai lo conoscevo meglio di quanto non conoscessi me stessa.
“No, Edward. Questa è una questione fra me e te. Per me non è fondamentale sapere cosa ne penseranno i tuoi familiari, quello che conta per me è sapere cosa ne pensi tu. Mi trasformerai? Mi permetterai di trascorrere con te l’eternità?”
Vidi un lampo percorrere le sue iridi dorate a quell’ultima domanda.
Dopo un tempo che mi sembrò infinito, si alzò dalla poltrona dove era seduto e si mise in ginocchio davanti a me, arrivando all’altezza del mio viso.
“Bella…”, pronunciò il mio nome accarezzandomi i dorsi delle mani, strette nelle sue.
“Amore mio, io non so se posso chiederti tanto, ecco perché ho glissato sull’argomento anche stamattina, prima che arrivassero…”, lo vidi chiudere gli occhi e prendere un respiro profondo per calmarsi. Non riusciva a perdonarsi di avermi messa nei guai, di aver corso il rischio che Samantha mi potesse fare del male. E lo capivo, perché io avrei fatto lo stesso, se i ruoli fossero stati invertiti.
“Amore, io sono qui con te e sto bene. Non pensiamoci più, ti prego. Non assumerti colpe che non appartengono a nessuno. Nessuno, neanche Alice avrebbe potuto prevedere quello che è successo. Sono viva e sono qui davanti a te: questo conta, nient’altro.”
Liberai una mano dalle sue e gli accarezzai il viso perfetto.
“Leggi anche nel pensiero ora? Mia piccola, superdotata e strepitosa umana?”
Sorrisi. Aveva ritrovato lo spirito e il buon umore.
Si avvicinò al mio viso e mi baciò. Un bacio leggero, delicato. Poi poggiò il capo sul mio cuore e rimase ad ascoltarne il battito forsennato. Era sempre così, ogni volta che mi si avvicinava, il mio cuore iniziava la sua corsa.
Lo strinsi forte a me e presi ad accarezzargli i morbidi capelli. Gli baciai il capo e dopo un mio sospiro, sembrò destarsi. Posò un bacio delicatissimo proprio lì dove il mio cuore palpitava e arrossii, come al solito.
Si posizionò nuovamente di fronte a me.
“Bella, io ti amo. E non hai neanche idea dei pensieri e dei tormenti che hanno albergato nella mia testa da quando ti ho conosciuta. So che tu sei l’amore della mia vita. Per noi vampiri, l’amore arriva una sola volta, lo sapevi?”
Scossi il capo in segno di diniego.
“E quella volta è per sempre. Tu sei il mio per sempre. Ma sei un’umana. Una piccola, fragile e deliziosa umana. E io non ti priverò della tua natura se tu non lo vorrai o se non sarai veramente sicura di quello che deciderai di fare. Vedi, amore, è un processo irreversibile. Non si torna indietro dopo la trasformazione e voglio che tu sappia tutto quello di cui ti priverai scegliendo di diventare la mia compagna per l’eternità.”
Lo ascoltavo attentamente, ma in cuor mio avevo già deciso. Io avevo iniziato a vivere quando lo avevo conosciuto, senza di lui niente aveva senso, per me.
“Sei giovanissima, hai tutta la tua vita umana davanti, con tutte le gioie e tutte le esperienze umane che la nostra natura di vampiri non ci concede. Se diventerai una vampira, rinuncerai per sempre alla possibilità di avere dei figli. Rinuncerai alla possibilità di stare accanto ai tuoi cari per il resto della loro vita, perché non invecchierai e prima o poi dovrai sparire dalla circolazione per non destare sospetti. Vedi, per noi, Alice compresa, era diverso. Noi avevamo perso tutto, o quasi. Eravamo in fin di vita, casi disperati. Ma tu… tu sei una giovane donna, piena di salute, una potenziale madre, una meravigliosa umana. Pensaci bene, amore mio. Sono un essere egoista e ti vorrei avere accanto a me per l’eternità, ma ti amo troppo e non vorrei mai che tu decidessi qualcosa di cui non sei completamente sicura. Prenditi del tempo, pensaci. I Volturi aspetteranno. La nostra concezione del tempo è molto diversa da quella degli esseri umani… quando si ha l’eternità davanti, un’ora è l’equivalente di un anno. Non voglio che la tua risposta sia dettata dalla paura che loro possano farti del male, perché questo non accadrà mai. Te lo giuro.”
Mentre Edward parlava, ripensai alla mia famiglia: mia madre, mio padre, Jacob. Pensai che li non li avrei più visti. Mai più. Non avrei visto i miei genitori invecchiare, mio fratello diventare un uomo, innamorarsi e avere dei bambini. Non gli avrei mai regalato la gioia di diventare nonni, sebbene non avessi mai pensato fino a quel momento che in futuro avrei potuto avere dei figli. E loro non avrebbero più visto me ed ero certa che questo li avrebbe resi pazzi per il dolore. Ero la loro unica figlia, la loro unica figlia naturale. Avevano fatto di tutto per me, per rendermi felice. Avevano cercato di darmi sempre il meglio. Ma, per quanto mi sforzassi, per ripagare almeno in parte i loro sforzi e i loro sacrifici, non ero mai stata felice. Lo ero solo da quando Edward era entrato nella mia vita.
“Non ci avevo mai pensato…”
Sorrise bonario, “Lo so, amore. Ogni evento che ci accade, ogni bivio, ogni decisione ha sempre due facce. Qualunque strada tu deciderai di percorrere avrai qualcosa da guadagnare e qualcosa da perdere. Sta a te decidere cosa sei disposta a lasciare. Sappi, che qualunque sarà la tua scelta, io sarò sempre al tuo fianco. Se anche dovessi decidere di restare umana, io ti starò sempre accanto, fino a quando lo vorrai e nella maniera e nella misura che desidererai. Non dovrai mai temere che qualcuno possa farti del male. Io ti proteggerò da chiunque oserà farti del male. I Volturi non hanno idea di cosa è capace di fare la famiglia Cullen quando qualcuno tenta di fare del male a un loro membro…”
“Ma io…”, intervenni commossa da tanto amore.
“Tu sei una Cullen e questo non cambierà mai. Anche se deciderai di vivere una vita umana, farai sempre parte della nostra famiglia.”
Lo abbracciai di slancio. Sebbene avessi conosciuto solo una parte della famiglia, mi sembrava che fosse davvero la mia famiglia. Alice era davvero la sorella che non avevo avuto e volevo bene a Jasper come ad un fratello. Il dottor Cullen era molto paterno e quando ero in ospedale mi ero molto affezionata a lui ed era evidente che anche lui provava un sincero affetto per me. Non conoscevo gli altri tre membri della famiglia, ma potevo immaginare quanto fossero straordinari.
“Pensaci amore, d’accordo?”
Annuii e lui mi diede un casto e delicato bacio sulla fronte.
“Sei pronta per conoscere mia madre?”







Scusatemi ancora per l’ennesimo ritardo, sono imperdonabile!
Grazie di cuore a chi continua a seguirmi e a leggere ed apprezzare le mie storie.
A presto- stavolta per davvero!
Nei prossimi giorni aggiornerò anche LA FANCIULLA E LO STRANIERO.
Un bacione!

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Capitolo 41
*** CAPITOLO 40 – DECISION (DECISIONE) ***


 

CAPITOLO 40 - DECISION (DECISIONE)

 



 

“Una campana le squillò sul cuore. Lo sentì afferrarle la mano:
«Vieni!».
Tutti i mari del mondo le si rovesciarono intorno al cuore. La stava attirando dentro di essi: l'avrebbe affogata. Si aggrappò con entrambe le mani alla ringhiera di ferro.
«Vieni!»
No! No! No! Era impossibile. Le mani strinsero convulse e frenetiche il ferro. Lanciò in mezzo ai mari un grido di tormento.
«Eveline! Evvy!»”

[James Joyce, Gente di Dublino]

 

 

POV BELLA


 

Continuai a pensare a quello che mi aveva appena detto Edward: nella mia mente si affollavano una serie di immagini, i visi dei miei familiari, il mio, quello di Edward, Alice, Jasper. I ricordi felici della mia infanzia e quelli tristi della mia giovinezza si confondevano e si sovrapponevano a quelli più recenti, legati alla figura di Edward.
Dentro di me sapevo di voler vivere con lui per sempre più di ogni altra cosa al mondo, ma d’altra parte non riuscivo ad essere così egoista da anteporre la mia felicità a quella dei miei cari; perché lo scotto che avrei dovuto pagare per la mia felicità sarebbe stato caro. Gli avrei inflitto un dolore enorme, facendomi credere morta.
La porta d’ingresso si aprì e misi a tacere la mia mente, concentrando il mio sguardo sulle due figure che comparvero dinanzi a noi.
Esme Cullen era una vampira minuta, molto graziosa e delicata; aveva un sorriso rassicurante e rasserenante.
“Ciao, tu devi essere Bella. La tua fama ti precede! Come stai?”, mi domandò. Aveva una voce calda e musicale, materna. Carlisle era al suo fianco e le teneva teneramente una mano sulla spalla.
“Bene, molto bene grazie signora Cullen.”, risposi leggermente imbarazzata. Edward mi teneva per mano e si accorse del mio imbarazzo: infatti, si avvicinò ancora di più, sfiorando il mio fianco con il suo. Era un gesto molto rassicurante per me -lo era in generale la sua vicinanza- e lui lo sapeva bene.
“Bella, cara, ti trovo molto bene. L’aria del vecchio continente ti ha evidentemente giovato!”, mi disse Carlisle.
“Oh, grazie dottore. In effetti, si sta molto bene qui.”, mi voltai verso il mio personale centro di benessere che mi regalò un sorriso e mi baciò una tempia.
“Bella, cosa sono tutte queste formalità! Sei la ragazza di nostro figlio, devi darci del ‘tu’ altrimenti ci fai sentire ancora più vecchi di quanto siamo!”, Carlisle riuscì a farmi ridere. Era molto simpatico e gioviale.
La ragazza di nostro figlio…
Quella frase ebbe un effetto devastante sulle mie reazioni fisiologiche- già pericolosamente alterate dalla vicinanza di Edward-: il mio cuore iniziò a battere così forte che temetti mi sarebbe uscito fuori dal petto, arrossii come una mela ad ottobre, e iniziai a sudare, perché il fatto che tutti loro potessero sentire la mia frequenza cardiaca, come se fosse stata la musica proveniente da uno stereo, mi provocò ancora più imbarazzo.
“Edward, noi andiamo a fare una piccola escursione con Willie, Jasper ed Alice. Ci vediamo dopo. Ciao Bella, a più tardi!”
Carlisle ci salutò e Esme mi accarezzò una guancia. Mi voltai verso l’adone che mi stava accanto e che mi teneva ancora per mano e nascosi il mio viso sulla sua t-shirt.
“Mi vergogno…”, brontolai.
Mi abbracciò e lo sentii ridere sui miei capelli, dove poi posò un bacio.
“E di cosa, se mi è permesso chiedere, di grazia?”, mi canzonò.
Non mi diede neanche il tempo di riuscire ad articolare un pensiero di senso compiuto, che mi prese in braccio e volò al piano di sopra; nell’arco di pochi istanti ci ritrovammo distesi sul letto, nella camera che ormai potevo definire nostra.
“Qui stiamo più comodi”, mi sorrise.
“Voi siete tutti così perfetti, carini e gentili con me… io sono un’imbranata… guarda: ho costretto i tuoi genitori ad andare via da qui perché mi stavo imbarazzando troppo e alla fine ho messo in imbarazzo loro! Ma ti rendi conto?!”
“Oh, sì… sì che mi rendo conto…”, mi ritrovai la sua bocca sulla mia, il suo corpo sul mio, e le mie mani in cerca delle sue.
“Edward…”, soffiai sulle sue labbra, ormai quasi senza fiato per via di quel bacio piacevolmente inaspettato.
“Bella, sei incredibile! Ti colpevolizzi troppo, amore mio. I miei sono andati via perché dovevano andare a caccia. Hanno usato la parola ‘escursione’ per non spaventarti. Sono partiti da Seattle in fretta e siccome vivranno in casa con una piccola umana, volevano essere sicuri di non… essere un pericolo per lei, perché lei è la ragazza del loro adorato figlio… ”
Mi sorrise maliziosamente fissando lo scollo della mia maglietta che si era abbassato a causa dei nostri ‘movimenti’.
“Tu non ti rendi conto di quello che mi fai… quando prima ti sei imbarazzata e ho sentito il tuo cuore battere così forte per me, per effetto della frase di mio padre, e tutti i tuoi profumatissimi ormoni scorrere nel tuo sangue che andava a velocità vampiresca nelle tue vene- mi fece sorridere-… non hai idea di quello che ho provato… mi sembrava di avere ancora un cuore vivo nel petto.”
Lo baciai, come non avevo mai osato fare prima. Non che non prendessi mai l’iniziativa: anzi, diventavo sempre più sicura con lui, almeno nei nostri momenti di intimità, ma c’era sempre qualcosa che mi frenava un po’. Pudore, paura di sbagliare o di sembrare sfrontata o di fare qualcosa che lui non volesse. Sapevo che mi amava: era forse l’unica certezza nella mia vita in quei giorni di totale confusione. Ma quelle parole mi avevano reso ancora più consapevole che amava davvero tutto di me: perfino i miei ormoni impazziti e il mio imbarazzo.
Sbottonai i suoi jeans e li tirai giù insieme ai suoi boxer: mi guardò all’inizio sorpreso dalla mia iniziativa, poi i suoi occhi divennero sempre più famelici e iniziò a baciarmi ovunque. In pochi secondi eravamo entrambi nudi e intrecciati l’uno all’altra. Sentivo la sua eccitazione crescere e mi venne in mente una cosa che non avrei mai neanche lontanamente immaginato di sfiorare con il pensiero.
Sfiorai il suo membro con le dita e vidi i suoi occhi sgranarsi per la sorpresa. Lui mi aveva amata e venerata completamente e in ogni maniera possibile: volevo fare lo stesso con lui.
Mi avvicinai al suo orecchio e gli sussurrai con voce tremante:
“Spero solo di esserne capace…”, poi gli baciai la piccola e profumata porzione di pelle del collo, sotto l’orecchio e lo sentii fremere. Evidentemente era un punto molto sensibile.
Cercando di rimanere il più aggraziata possibile, per quanto i miei standard lo concedessero, scesi verso il centro della sua virilità, lasciando una scia di baci su tutto il suo corpo, per segnare il mio passaggio. Edward sollevò la schiena e si mise seduto sul letto: sentivo i suoi occhi su di me… chissà cosa stava pensando in quel momento.
Non mi soffermai troppo su quel pensiero: volevo che sentisse che lo amavo quanto lui amava me, sebbene probabilmente non fossi brava quanto lui a dimostrarglielo, un po’ per colpa della mia totale inesperienza un po’ per via della mia insicurezza.
Baciai la punta del suo membro eretto e sentii le mani di Edward cadere pesantemente sul materasso, dietro la sua schiena. Iniziai a massaggiarlo con le mani, ma poi un istinto quasi primordiale si svegliò dentro di me.
Esplorai zone del mio inconscio che non avevo mai conosciuto, varcai confini di desideri che neanche nei miei sogni più segreti avrei mai immaginato di superare. Percorsi con la lingua tutta la sua lunghezza e poi sostituii completamente le mie mani con la bocca. Lo portai ad un livello di eccitazione tale da farlo ansimare, e sentendo quanto fosse eccitato, mi eccitai anch’io.
E sicuramente lui lo percepì.
Lo desideravo con un’intensità tale da farmi quasi male e pensai che mi avesse letto nel pensiero, quando mi prese la testa fra le mani e mi fece sollevare il capo. Mi sollevò e mi mise in braccio a sé, penetrandomi completamente. La sua bocca si impossessò della mia, soffocando i miei ansiti come un leone fa con la sua preda: deciso, forte e passionale. Ci amammo bramando sempre di più, sperimentando nuovi modi di provare piacere, toccando vette che non avevamo mai raggiunto, come due disperati che comprendono e temono l’inesorabilità del tempo che passa.
Stretta fra le sue braccia, con il capo appoggiato sul suo petto fresco e forte finalmente compresi tutto.
Dentro di me scattò qualcosa: i dubbi che per un attimo mi avevano fatto vacillare, quando Edward mi aveva esposto tutti i pro e i contro della mia trasformazione svanirono. Certo, sarebbe stata dura rinunciare alla mia famiglia. Ma rinunciare a lui era impensabile: avrei preferito morire e questo avrebbe addolorato ancora di più la mia famiglia. In fondo, loro desideravano la mia felicità e io l’avevo trovata nel vampiro che proprio in quel momento mi teneva fra le sue braccia e mi sussurrava quanto mi amasse.
“Amore”, lo chiamai e lui avvicinò il suo viso al mio.
“Dimmi”, soffiò sulle mie labbra.
“Ho preso una decisione. Voglio diventare una vampira.”







NOTE
Allora, c'è stato un breve incontro con mamma e papà Cullen, che torneranno presto e poi Bella ha avuto un 'epifania' - giusto per restare in tema con Joyce!- e ha capito quale è la scelta migliore.
Come reagirà Edward? Si accettano ipotesi e scommesse ;)
Lo scoprirete presto! :)
Grazie a chi continua a leggere, seguire, preferire e commentare questa storia!
Alla prossima, un bacio!

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Capitolo 42
*** CAPITOLO 41 – PLAN OF ACTION (PIANO D’AZIONE) ***


 

 CAPITOLO 41 - PLAN OF ACTION (PIANO D'AZIONE)

 



 

“Gatto del Cheshire - chiese Alice - mi diresti per favore che strada devo prendere per andarmene di qui?"
"Dipende molto da dove vuoi andare" rispose il Gatto.
"Non mi importa molto il dove", disse Alice.
"Allora non mi importa quale strada prendi" disse il Gatto.


[Lewis Carroll, Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie, 1865]

 








POV EDWARD


 

Il mio cuore, se fosse stato ancora vivo, probabilmente al sentire quelle parole, avrebbe cominciato a battere velocemente, proprio come stava facendo quello di Bella in quel momento.
“Ne sei sicura? Perché…”, mi zittì con un bacio.
“Sì, Edward. Non sono mai stata più sicura di una scelta in tutta la mia vita. Sai bene che nella mia vita non sono mai stata sicura di niente… - fece una pausa - Ti amo e voglio stare con te. Questa è la mia unica certezza. So che sarà dura dover dire addio alla mia famiglia, ma dire addio a te sarebbe impensabile.”, chiuse gli occhi e rabbrividì al pensiero.
La capivo, perché per me valeva la stessa cosa, anzi probabilmente era peggio: lei era un’umana e avrebbe potuto innamorarsi ancora e vivere una vita serena, magari si sarebbe dimenticata di me. La natura di vampiro non contemplava l’oblio e io sarei stato costretto a trascorrere l’eternità come il più infelice e il più sfortunato degli esseri. Le avevo giurato che le sarei stato accanto qualunque decisione avesse preso: ma ero certo che la fine della sua vita umana avrebbe inevitabilmente coinciso con la mia fine. Come avrei potuto vivere senza di lei? Sarei andato a cercare la morte dai Volturi, non avrei avuto altra scelta.
Non le palesai i miei pensieri, perché non volevo turbarla e soprattutto perché non volevo rovinare un momento così bello: la fermezza nelle sue parole, la decisione del suo sguardo, la limpidezza dei suoi pensieri che, nonostante fossero oscurati dal suo scudo, erano chiari nei suoi occhi.
Mi avvicinai ancora di più al suo volto e la baciai. Le sussurrai che l’amavo, facendola rabbrividire, e quando sentii i pensieri di mio padre in lontananza, mi alzai malvolentieri dal letto, con lei fra le mie braccia e corsi in bagno.
Sul suo viso si disegnò un buffo punto interrogativo: era bellissima, con le guance arrossate per la temperatura evidentemente elevata della stanza, i capelli arruffati per… beh, per colpa mia, e il corpo ricoperto solo da una vestaglietta molto corta e decisamente scollata: un regalo di mia sorella per Bella, senza dubbio. Non potei fare altro che ringraziare mentalmente Alice e avvicinarmi a Bella per privarla di quel misero indumento.
“Edward?”, tentò di articolare mentre la spogliavo.
“Stanno arrivando i miei, per risparmiare tempo, ho pensato che potremmo fare la doccia insieme… se non hai nulla in contrario…”, sussurrai malizioso.
“Oh”, disse soltanto e arrossì.
“Va bene, però… certe cose si fanno ad armi pari!”, e così dicendo mi abbassò velocemente i boxer e corse ad infilarsi nel box doccia lasciandomi inebetito con la sua vestaglietta in mano.
“Piccola peste umana!”, mi fiondai nella doccia e soffocai le sue risate con un bacio.
Artigliò i miei capelli tra le dita e la presi in braccio per poterla baciare meglio.
“Bella”, sussurrai mentre continuava a baciarmi. Non ce la facevo più, sembrava che lo scorrere dell’acqua sui nostri corpi amplificasse le mie emozioni. E in effetti era alquanto eccitante pensare di fare l’amore nella doccia.
“Vuoi proprio farmi impazzire?”, le domandai quando iniziò a muovere il suo bacino, strofinandolo contro il mio.
“Armi pari, ricordi mio bel vampiro?! Non hai idea di quanto mi faccia impazzire tu!”, sorrisi pensando a quanto fosse cambiata nel giro di poco tempo e a quanto mi piacesse ogni giorno di più. La misi seduta sul ripiano che conteneva i flaconi dei vari bagnoschiuma e shampoo che mia sorella aveva provveduto a rifornire con cura. Alcuni dei flaconi caddero sul piatto doccia, ma non me ne curai.
Ero troppo impegnato in quel momento per pensare all’ordine maniacale con cui Alice aveva sistemato quei flaconi.
Scesi con le labbra sul suo seno e poi sempre più in basso, fino alla sua intimità. La contemplai, la venerai a la portai al culmine. Quando mi resi conto che era ormai pronta per riprendere e io non ce la facevo più a resistere, entrai nella sua calda e accogliente urna.
L’amore con Bella era una continua sorpresa: avevo avuto molte donne, ma con lei c’era sempre qualcosa di nuovo da scoprire e da provare. Era un’amante molto devota e il suo pudore e le sue guance che arrossivano ogni volta che cercava di fare qualcosa di nuovo mi facevano impazzire.
Ci lavammo a vicenda come due bambini, quasi dimentichi di quello che avevamo combinato in quel box doccia qualche istante prima. Quando vidi la sua faccia mutare espressione per la sorpresa di fronte al disastro dei flaconi sparsi sul piatto doccia, scoppiai a ridere.
“Alice ci ucciderà!”, esordii facendola sorridere.
“Potremmo cercare di sistemare un po’…”, tentò lei.
“Se ne accorgerebbe comunque, tanto vale che lo faccia lei!”


Sì sì sì, ha detto di sì! Hai visto Edward? Avevo ragione io! Come sono felice!
Sorrisi ai pensieri di Alice, Bella mi lanciò uno sguardo interrogativo.
Appena varcammo la soglia del salotto, l’uragano Alice travolse la mia povera Bella e la stritolò in un abbraccio.
“Alice”, la rimproverai bonariamente.
“Bella Bella Bella! Saremo sorelle! Non sai quanto sono felice!”
“Oh Alice! Anch’io sono molto felice!”, Bella era commossa e mi lanciò uno sguardo carico di significato.
Mi avvicinai a lei e le baciai una tempia, poi riuscii a sottrarla dalle esili ma forti braccia di mia sorella e ci accomodammo sul divano.
Mia madre comparve in salotto portando un vassoio.
Lo pose sul tavolo basso, di fronte a Bella, e le accarezzò una guancia.
“Tesoro, sarai affamata. Da umana ero una brava cuoca, spero ti piacciano le mie omelette.”
“Grazie Esme”, sussurrò Bella, mentre un leggero rossore faceva capolino sulle sue guance.
Non era abituata a ricevere molte attenzioni, ma le avrei fatto cambiare presto prospettiva. Sorrisi ai miei stessi pensieri, fantasticando sulle attenzioni che le avrei riservato io… in privato!
“Buongiorno ragazzi!”, mio padre si sedette accanto a mia madre, prendendole una mano.
“Papà, Bella ha preso una decisione. Ma sono certo che desideri comunicarvela lei stessa”, le sorrisi. Alice era il ritratto della gioia. Jasper era in estasi: tutta la nostra felicità era benefica per il suo ego empatico.
“Signori Cullen… - mio padre le rivolse un divertito sguardo ammonitore – ehm… volevo dire, Carlisle, Esme… ho preso una decisione. Voglio diventare una vampira per poter vivere accanto a Edward per sempre. Sempre che voi non abbiate nulla in contrario…”, Bella iniziò a torturarsi una pellicina sull’indice sinistro con l’altra mano.
Mia madre si alzò e la avvolse in un delicato abbraccio.
“Benvenuta in famiglia, Bella. Non avresti potuto darci una notizia più bella!”
Anche mio padre la abbracciò e finalmente vidi un sorriso rilassato comparire sul suo volto: era davvero importante l’opinione dei miei genitori per lei!
Jasper le strizzò un occhio e le sussurrò: ”Ottima scelta, sorellina!”.
“Bene, bene. Edward, Bella, dobbiamo decidere quando. Se voi siete d’accordo potremmo anche prolungare il nostro soggiorno qui da Willie e trasformare Bella domani… Così appena Bella sarà pronta, potremo andare in Italia a….”
“Domani?”, Bella mi rivolse uno sguardo impaurito.
“No, amore. Se domani è troppo presto, possiamo rimandare. Decidi tu quando. Ti ho già spiegato che non dobbiamo preoccuparci eccessivamente dei Volturi…”
“Edward. Samantha è pericolosa.”, intervenne Willie.
“Bella, non voglio spaventarti. Ma, in tutta la mia lunga vita di vampiro – e ti assicuro che è davvero molto lunga! – non ho mai incontrato un vampiro così pericoloso. Riesce a nascondersi e a passare inosservata persino ai nostri sviluppatissimi sensi. Edward è uno dei vampiri più sensibili e dotati che esistano, eppure non ha captato la sua presenza, né qui, né evidentemente a Seattle, quando vi spiava. Non possiamo rimandare troppo.”
“Willie ha ragione, Edward. Bella, tesoro, quando vorresti essere trasformata? Suppongo tu voglia trascorrere un po’ di tempo con la tua famiglia… perdonami se ti sono sembrato insensibile e affrettato.”, Carlisle le sorrise.
“Vorrei almeno poter regalare ai miei genitori la gioia di vedermi laureata…”, Bella strinse più forte la mia mano e in risposta al suo bisogno di sentirmi accanto, la feci sedere sulle mie ginocchia e la strinsi forte a me.
“Dopo la tua laurea, quando vorrai tu. Solo quando tu sarai pronta.”, la rassicurai incatenando il mio sguardo nei suoi occhi profondi e meravigliosi.
Annuì con il capo e si rilassò, posando la testa nell’incavo del mio collo.




Bella era in cucina con Alice e mia madre, intente a preparare il suo pranzo e io ne approfittai per raggiungere mio padre e discutere con lui i dettagli della situazione.
“Papà, allora credi che possiamo aspettare la laurea di Bella?”
“Ma certo, va bene. Però… Edward… dobbiamo sbrigarci, quella vampira è pericolosa. Dopo la laurea vi trasferirete qui da Willie, io verrò con voi. Appena Bella sarà in grado di stare in mezzo agli esseri umani senza costituire un pericolo per loro, la porteremo in Italia. Prima sapranno che non è più un’umana vulnerabile, meglio sarà.”
“D’accordo, papà. Hai ragione. Faremo così.”





NOTE

Innanzitutto, grazie a chi legge, segue, preferisce e commenta questa storia. Spero che il capitolo vi sia piaciuto... so che siamo in una fase di passaggio e quindi i capitoli possono risultare un po' privi d'azione.
Volevo avvisarvi che la prossima settimana salterò l'aggiornamento, perché parto. Quindi il prossimo capitolo arriverà intorno al 9 agosto.
Venerdì o sabato aggiornerò anche LA FANCIULLA E LO STRANIERO.


Detto questo, vi lascio uno spoiler del prossimo capitolo per colmare la mia assenza!

“L’ultima volta che ho preso un aereo credevo di averti perso, mi sentivo completamente vuota. Priva di stimoli vitali… l’unica cosa che ha animato il viaggio, oltre alla presenza di Alice e Jasper, è stata la speranza che tu mi amassi… E adesso, guarda! Torno a casa con te, l’amore della mia vita, e la promessa di una vita eterna insieme. Non avrei mai creduto che la vita potesse riservarmi qualcosa di così bello. Pensavo che la felicità non fosse destinata a tutti… non a me, per lo meno…”



Buone vacanze e buona estate, a presto!
 

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Capitolo 43
*** CAPITOLO 42 – COME BACK TO THE STATES (RITORNO NEGLI STATI UNITI) ***


 

CAPITOLO 42 - COME BACK TO THE STATES (RITORNO NEGLI STATI UNITI)

 



 

« Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti? »

[Costantino Kavafis, Itaca]






 

POV BELLA


 

Il mattino seguente, avvisai i miei genitori che sarei rientrata a Forks due giorni dopo. Avevo deciso di regalargli almeno la gioia di vedermi laureata e felice. Volevo che quello fosse l’ultimo ricordo che avevano di me, non la Bella triste.
“A cosa pensi? È davvero struggente poter essere nella mente di tutti, ma non nell’unica in cui vorrei essere… Destino infame!”, con un gesto teatrale Edward si accasciò sul letto, accanto a me e iniziò ad accarezzarmi il fianco.
Mi voltai verso di lui e mi chinai sul suo viso, sfiorandogli il naso con il mio.
“A nulla di importante”, soffiai sulle sue labbra. Adoravo il suo profumo, era celestiale.
“Tutto quello che passa per la tua testolina è importante, signorina.”
“Davvero?”
“Sì, per me lo è.”, rispose lui come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
“Vampiro curioso!”, mi avventai sulle sue labbra.



“Allora?”, mi domandò lui dopo il mio assalto.
Sapevo che era preoccupato per me, soprattutto dopo avergli comunicato la mia decisione, era ancora più presente e protettivo del solito. Voleva sapere a cosa passava per la mia testa, credeva che avessi qualche remora riguardo alla mia decisione.
“Stavo pensando che l’ultimo ricordo che lascerò di me ai miei genitori sarà di una Bella nuova, una Bella che purtroppo non hanno mai conosciuto, perché non esisteva prima d’ora. Una Bella felice.”
Sospirò e mi baciò i capelli.
“Questa cosa ti rende triste? Ti dispiace doverli lasciare proprio ora che sei felice e che potrebbero godersi la presenza di una figlia felice?”
Mi conosceva fin troppo bene e io non ero in grado di mentirgli.
“Un po’ sì… però sono felice, perché almeno loro mi sapranno felice e si ricorderanno di me felice. Non penseranno alla Bella triste e cupa. Avranno la gioia di vedermi laureata, felice e innamorata. Penso di non potergli fare un regalo più grande… sebbene sia un regalo d’addio…”, l’ultima frase fu un sussurro.
“Bella… mi dispiace tanto. A volte, penso che se fossi stato al mio posto e non ti avessi stravolto la vita in questo modo, non ti avrei messa nelle condizioni di scegliere tra me e la tua famiglia.”
“Edward, smettila. Io ho scelto, tu non mi hai obbligata. Se il prezzo da pagare per la mia felicità è questo, non ho altra scelta. Ti prego, amore, non devi farti inutili sensi di colpa. Bastano le mie di paranoie!” scherzai e funzionò.
I suoi occhi brillavano di una luce che ormai conoscevo bene.
Mi baciò con trasporto, ma fummo presto interrotti dal tornado Alice.
“Basta ragazzi! Rischiamo di perdere il volo! Su, forza! Meno male che ai bagagli ci ho pensato io, lo sapevo che voi due insieme non avreste combinato nulla!”, ci rimproverò.
Io e Edward ci guardammo e scoppiammo a ridere, facendola infuriare ancora di più.



“Pronta?”, mi chiese prendendomi la mano.
“Sì. Mi mancherà molto questo posto…”, sospirai. Ed era vero, la Scozia mi era entrata nel cuore, con tutta la magia che mi aveva regalato durante il mio soggiorno.
“Mancherà anche a me… ma ci torneremo presto, te lo prometto.”, mi sorrise e scendemmo in salotto.
Salutammo Willie e ci avviammo alla volta di Edimburgo.




Il volo per Londra trascorse molto velocemente. Effettuati i dovuti controlli, ci accomodammo nella prima classe dell’aereo diretto a Seattle. Lo steward mi offrì il pranzo che consumai molto velocemente - da quando ero così affamata? -, sotto lo sguardo attento e allo stesso tempo disgustato di Edward.
“Che cosa c’è dentro quel sandwich?”, mi domandò.
Ridacchiai per la sua espressione buffa, “Pollo, insalata, pomodori e maionese… vuoi assaggiarlo?”, lo presi in giro.
“Signorina, ti prendi gioco di me?!”, iniziò a farmi il solletico sul fianco.
“No, no, ti prego! Basta Edward!”, sapeva che avrei iniziato a ridere come una matta.
“Ti risparmio solo perché lo steward aveva intenzione di venire qui a rimproverarci.”, alzò un sopracciglio per sottolineare la sua onnipotenza.
“D’accordo. Ma… ti fa davvero così ribrezzo il cibo umano? Insomma… da umano mangiavi anche tu queste cose…”, gli domandai abbassando il tono della voce.
“Ha un odore poco invitante… ma credo sia normale. Insomma, se ti mettessi davanti in questo istante un bicchiere colmo di sangue, non credi che avresti l’acquolina in bocca! È la stessa cosa per noi con il cibo umano.”, mi sorrise.
“Sei curiosa? Vuoi sapere qualcos’altro?”, mi chiese dolcemente, comprendendo l’origine della mia domanda.
“Sì, sono curiosa. Vorrei vederti cacciare, qualche volta…”
“No, Bella. Quando mi vedrai, cacceremo insieme. Prima non è possibile. Ci sono troppi pericoli nella foresta per un essere umano…”
Lasciai cadere il discorso lì, in fondo aveva ragione. E poi, avevo un po’ paura di vedere il modo di nutrirsi dei vampiri… in fondo, di lì a poco tempo sarebbe diventato anche il mio modo di nutrirmi e tutto sarebbe diventato naturale.
“Sai, stavo pensando una cosa…”, sussurrai al suo orecchio.
“Cosa?”, mi chiese curioso.
“L’ultima volta che ho preso un aereo credevo di averti perso, mi sentivo completamente vuota. Priva di stimoli vitali… l’unica cosa che ha animato il viaggio, oltre alla presenza di Alice e Jasper, è stata la speranza che tu mi amassi… E adesso, guarda! Torno a casa con te, l’amore della mia vita, e la promessa di una vita eterna insieme. Non avrei mai creduto che la vita potesse riservarmi qualcosa di così bello. Pensavo che la felicità non fosse destinata a tutti… non a me, per lo meno…”
Mi accarezzò una guancia, mi guardava con gli occhi adoranti.
“Bella, sei la persona più speciale che abbia mai incontrato. Tu mi hai dato la speranza e mi hai fatto scoprire il sapore della felicità. Ti amo così tanto…”
Mi baciò delicatamente le labbra, piegate in un sorriso.
“Anch’io ti amo”, sussurrai sulle sue labbra.
Poggiai il capo sul suo petto e prese ad accarezzarmi i capelli.
“Vuoi dormire un po’? Il viaggio è ancora lungo… chiedo un cuscino…”
“No, davvero. Sto benissimo così.”, gli sorrisi per rassicurarlo. Non avevo bisogno di nessun cuscino, quando potevo dormire direttamente sul suo torace muscoloso.
“Come desideri. Buonanotte allora…”, soffiò sulle mie labbra prima di baciarmi.



Arrivati a Seattle, trovammo ad attenderci nel parcheggio due automobili con due autisti: una bionda mozzafiato, che dedussi dovesse essere Rosalie, e un ragazzo molto più alto di Edward e più robusto, che era sicuramente Emmet.
Mi sentii ancora più insignificante di fronte a Rosalie, ma scacciai via quel pensiero e sorrisi porgendo la mano ai due Cullen che non conoscevo ancora.
“Bella è un vero piacere conoscerti!”, esclamò Rosalie. Era molto gentile e affabile.
“Ciao Bella! Finalmente ci conosciamo!”, tuonò Emmet stringendomi la mano e facendomi quasi male.
“Emmet! Non me la stritolare!”, lo rimproverò Edward, scatenando l’ilarità generale.



“Benvenuta a casa, Bella.”, mi sussurrò nell’orecchio, facendomi tremare.
Ero davvero a casa.









Salve a tutte!
Come procedono le vacanze? Immagino che molte di voi da domani saranno ufficialmente in ferie, quindi vi auguro di trascorrere una buona estate e un buon Ferragosto.
Grazie a tutte voi che leggete e seguite questa storia. Avete ritrovato lo spoiler nel capitolo? ^^
Il prossimo capitolo arriverà fra una decina di giorni.
A presto, un bacio!

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Capitolo 44
*** CAPITOLO 43 – BIOCHEMISTRY OF HORMONES (BIOCHIMICA ORMONALE) ***


 

CAPITOLO 43 - BIOCHEMISTRY OF HORMONES (BIOCHIMICA ORMONALE)

 




 

« L'ottanta per cento di un esame si basa sull'unica lezione a cui non sei andato, nella quale si parlava dell'unico libro che non hai letto.»
[Arthur Bloch]






 

POV BELLA


 

La vita a casa Cullen era quanto di più vicino ci fosse alla parola ‘perfezione’. Le mie giornate erano piene e io mi sentivo felice e viva come non mai. I baci di Edward mi svegliavano al mattino e le sue carezze mi facevano addormentare la sera. Esme e Carlisle Cullen erano due genitori impeccabili: premurosi, dolci e discreti. Il rapporto con Alice e Jasper era diventato ancora più forte e mi ero affezionata molto anche a Rosalie ed Emmet.
Ormai erano trascorsi tre mesi da quando eravamo tornati dalla Scozia, cinque da quando avevo visto per l’ultima volta i miei genitori. Non ero tornata a casa neanche per Natale, adducendo come scusa gli esami da preparare. In realtà, non riuscivo neanche a pensare di separarmi da Edward per più di poche ore. E lui, dopo l’incontro con i Volturi, era ancora più protettivo nei miei confronti. Eravamo l’uno parte dell’altra e il nostro legame cresceva di giorno in giorno.
Comunque, avevo deciso che dopo la laurea avrei trascorso un po’ di tempo a Forks, con i miei genitori, prima di essere trasformata da Edward. Era il minimo che potessi fare.
Stavo preparando gli ultimi esami all’università, tra i quali il più impegnativo del mio corso: biochimica ormonale, con tanto di test in laboratorio. Per mia fortuna, Edward era un asso nella biochimica e Carlisle aveva collezionato nella sua lunga vita una serie di specializzazioni in tutte le branche della biologia: mi sentivo infinitamente piccola quando chiedevo qualche delucidazione a uno di loro e sentivo risposte enciclopediche ed estremamente aggiornate su qualunque argomento.

“Uffa! Maledetti ormoni! Ma quanti siete e quanto siete complicati!”, sbuffai, mentre tentavo di imparare i meccanismi di azione degli ormoni.
“Umm… vediamo, forse posso aiutarti a ripassare praticamente come la cellula risponde allo stimolo creato dall’interazione ormone-recettore…”, sentii due braccia forti avvolgermi la vita e le labbra così care e familiari solleticarmi il collo, fino ad arrivare sulla mia guancia, all’angolo della bocca.
“Edward!”, esclamai arrossendo per le sue parole e per il suo caloroso saluto. Dovevo ancora abituarmi al fatto che riuscisse a cogliermi sempre di sorpresa. D’altronde, era così elegante e silenzioso quando si muoveva. Il mio opposto.
“Bentornato.”, girai la testa per incontrare le sue labbra.
“Bentrovata, piccola. Come va con gli ormoni?”, mi domandò malizioso mentre la sua mano si faceva strada sotto la mia maglietta, solleticando la mia pelle accaldata.
“B-b-en… ah!”, strillai quando l’altra mano iniziò a farsi strada tra i miei slip.
“Ti aiuto io a studiare gli ormoni, vedrai che sarà molto più semplice così.”, asserì con convinzione e sfoderando una serietà che non gli apparteneva, in momenti come quello.

L'ossitocina è un ormone peptidico di 9 aminoacidi prodotto dal nuclei ipotalamici e secreto dalla neuroipofisi.”

La sua voce giungeva alle mie orecchie ovattata, come in un sogno, per via del flusso di sangue troppo abbondante che in quel momento affluiva al mio cervello.

“L'azione principale dell'ossitocina è quella di stimolare le contrazioni della muscolatura liscia dell'utero.”

“Aaaaaah! Oddio Edward!”, mi stava letteralmente facendo impazzire.
Non ero in grado di capire se mi stessi eccitando di più per quello che mi stava facendo con le mani o per la sua voce sensuale nell’orecchio che mi parlava del cosiddetto ‘ormone dell’amore’.

“Utilizza il sistema trasduzionale dell’IP3 e del diacilglicerolo.”

Possibile che anche le frasi da manuale scientifico, pronunciate da lui, fossero altamente erotiche?




“Oh…”, tentai di articolare qualcosa di senso compiuto, ma non ci riuscii. Ero completamente in estasi, stremata ma felicemente appagata. Mi sistemai al meglio i vestiti e tentai di sciogliere i nodi tra i capelli con le dita.
“Già, ‘oh’. – mi fece il verso, ridacchiando - Ora direi che conosci benissimo anche gli effetti delle endorfine.”, mi guardò maliziosamente, inarcando un sopracciglio, come faceva sempre, mentre cercavo di riprendermi. Ero senza fiato, sicuramente con le guance in fiamme e gli occhi lucidi. Il suo sguardo famelico non incoraggiava di certo la mia ripresa.
Intrappolai le sue labbra tra le mie e continuammo a studiare la biochimica degli ormoni per tutto il pomeriggio.



“Devo studiare…”, piagnucolai sconsolata contro il suo petto fresco.
“Ancora studiare? Direi che abbiamo studiato abbastanza, signorina Swan. O c’è ancora qualcosa che non le è chiaro? Sono pronto in qualsiasi momento per fornirle dei chiarimenti…”, mi punzecchiò, mentre si muoveva lentamente e maliziosamente sotto di me, per confermare in maniera più esplicita le sue parole.
“Lo sai che studierei con te tutto il giorno, caro il mio vampiro instancabile. Ma ho degli esami da preparare!”, gli lasciai un bacio a stampo sulle labbra e mi alzai dal letto per dirigermi verso il bagno. Forse mi sollevai troppo in fretta, dopo essere stata sdraiata a lungo, perché la pressione mi giocò uno scherzetto. Ebbi un capogiro e se non ci fosse stato Edward, sarei caduta sul pavimento.

“Ehi… tutto bene, amore?”, mi domandò dolcemente, mentre mi sollevava senza fatica e mi faceva stendere sul letto, posizionando due cuscini sotto le gambe per tenerle sollevate.
“S-sì, ora va meglio. Mi si è annebbiata la vista…”
“Ti sei alzata troppo in fretta…”, mi sorrise e si avvicinò per baciarmi delicatamente la fronte.
“Grazie.”, gli sorrisi e gli presi il mento tra il pollice e l’indice avvicinandolo al mio viso per stampagli un tenero bacio sulle labbra.
“È sempre un piacere.”, sussurrò sulle mie labbra.
“Ti ho già detto che ti amo, oggi?”, mi domandò continuando a lasciarmi teneri e piccoli baci sulle labbra.
“Mmm… sì, ma puoi ripeterlo ogni volta che vuoi. Sa, come si dice, professor Cullen, repetita iuvant…”
Ridacchiò e nascose il viso tra i miei capelli.
“Anch’io ti amo.”, gli sussurrai nell’orecchio mentre mi beavo della consistenza morbida dei suoi capelli tra le dita.
Era incredibile come riuscisse ad essere contemporaneamente malizioso, sexy, dolce e premuroso, cambiando nel giro di pochi istanti.








“Swan! Analizzi questo campione, tra due giorni voglio la relazione completa.”
“D’accordo, professore.”
Presi la provetta con il campione e la sistemai nella centrifuga. Poi aprii il flacone contenente il reagente e l’odore acre che si sprigionò nell’aria, misto alle altre fragranze chimiche presenti nell’aria mi diede alla testa.
Dovetti reggermi forte con le mani al bancone per non cadere.
Avevo la nausea. Mi sedetti per terra, ma non riuscivo a far passare il senso di malessere. Allora, strinsi la testa tra le ginocchia e cercai di rilassarmi. Non sentii la voce preoccupata del professor Jensen, fino a quando non mi ritrovai il suo viso a un palmo dal mio.
“Signorina Swan! Cos’è successo? Si sente bene?”, mi domandò allarmato.
“In realtà, no, professore. L’odore del reagente mi ha fatto venire la nausea e un forte mal di testa…”
“Venga, la aiuto a rialzarsi e la accompagno fuori di qui.”, mi mise entrambe le mani sotto le braccia e mi sorresse come una bambina. Ma nel momento i cui i miei piedi si posizionarono sul pavimento un capogiro più forte del precedente mi colse alla sprovvista e persi i sensi.


“Merda! James! Vieni, aiutami! Dobbiamo portarla in ospedale, è svenuta!”
Sentii la voce ovattata del professor Jensen e poi l’aria fresca e pulita accarezzarmi il viso.
Mi stesero su una barella e mi portarono in un ambulatorio del pronto soccorso. Sentii le voci di alcune infermiere e mi accorsi a malapena che mi avevano infilato un ago in un braccio per farmi una flebo.
Poi, quando sentii una voce familiare, mi svegliai.











Salve lettrici carissime!
Come state? Spero che le vacanze siano andate bene e siate tutte cariche per il rientro a lavoro, a scuola e all'università.
Vi lascio il link se avete voglia di leggere informazioni sul cosiddetto 'ormone dell'amore', citato nel capitolo, l'ossitocina.
Mentre delle 'endorfine' avevo già parlato in un altro capitolo, qui.
Bene bene, vi anticipo che gli 'ormoni' saranno la chiave del prossimo capitolo!
Chi indovina di quali ormoni si tratta, riceverà uno spoiler! :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ringrazio tutte le care lettrici che continuano a seguire questa storia e do un grande benvenuto alle nuove.
Il prossimo capitolo arriverà tra circa due settimane.
A presto, un bacione!

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Capitolo 45
*** CAPITOLO 44 - THE TESTS NEVER END (GLI ESAMI NON FINISCONO MAI) ***


 

CAPITOLO 44 - THE TESTS NEVER END (GLI ESAMI NON FINISCONO MAI)

 




 


“Sappiamo ciò che siamo, ma non sappiamo ciò che potremmo essere.”
(Ofelia: atto IV, scena V - Amleto, W. Shakespeare)

 






 

POV BELLA




“Carlisle”, sussurrai con la bocca impastata per via delle medicine che mi stavano iniettando attraverso la flebo.
“Bella, che spavento mi hai fatto prendere! Come ti senti, cara?”, mi domandò osservandomi con occhio clinico e controllando i miei parametri.
“Bene, ho avuto un mancamento in laboratorio. Ora sto bene. Edward? Dov’è? Non gli hai detto che mi sono sentita male, vero?”, gli domandai, immaginando che se lo avesse saputo sarebbe venuto in ambulatorio.
“Edward sta completando alcune cartelle nel mio studio, non gli ho detto nulla per non allarmarlo. Bella…”

“Che succede qui!? Carlisle perché non mi hai detto che Bella era in ospedale!?”, Edward entrò come una furia nell’ambulatorio.
“Maledetta miss Cope!”, imprecò Carlisle.
Edward lo fulminò con lo sguardo e per un attimo si guardarono negli occhi senza parlarsi.
Volò al mio fianco e quando incrociò il mio sguardo la sua furia svanì. Incontrai nei suoi occhi la dolcezza infinita che tanto amavo; prese ad accarezzarmi il viso e mi baciò la fronte con delicatezza.
“Amore, come ti senti?”, mi domandò ignorando la presenza di suo padre.
“Bene, Edward. Non ti preoccupare, Carlisle non ti ha detto nulla per non farti preoccupare. Non è niente, ho avuto un mancamento in laboratorio per via degli odori dei reagenti.”, al solo ricordo un conato di vomitò mi salì in gola.
Per fortuna avevo due vampiri al mio fianco che prontamente si accorsero del mio stato e mi aiutarono a mettermi seduta sul letto per calmare lo spasmo.
Carlisle posò una bacinella sulle mie gambe, mentre Edward teneva la sua mano fresca sulla mia fronte per darmi sollievo.
“Va meglio ora?”, mi chiese Carlisle.
“Sì, grazie.”, gli risposi sorridendo.
“Di nulla, tesoro.”

“Edward… vieni qui. Guarda le sue analisi. Non ho voluto dirti nulla, prima di accertarmi di persona se fosse il caso di fare ulteriori controlli. Guarda i valori delle Beta HCG.”
Edward, senza lasciare la mia mano e la mia fronte, fece cenno a Carlisle di avvicinarsi con la mia cartella clinica. Tentai di sbirciare, ma non ci riuscii. Era forse il caso di preoccuparmi? Io mi sentivo piuttosto bene, a parte i capogiri e il conato di vomito…


Beta HCG, perché mi suonava familiare?
Ma certo!
Gli ormoni! Li avevo studiati proprio il giorno prima…



Oh.

Non poteva essere.

Eppure…

Ero in ritardo, da più di qualche mese. Non ci avevo fatto caso, perché dopo l’intervento Carlisle mi aveva spiegato che il mio ciclo poteva avere degli sbalzi, visto che avevo un solo ovaio.
“Non può essere…”, scossi il capo dando voce ai miei pensieri.
“Bella…”, mi chiamò Carlisle.
“Edward”, sussurrai.
Avevo bisogno di lui, di sentirlo vicino in quel momento.
Non avevo mai pensato alla maternità, in realtà non credevo di essere la persona adatta per crescere un bambino. Ma fino a qualche mese prima, non credevo neanche di potermi innamorare e soprattutto che qualcuno potesse innamorarsi di me. Erano cambiate molte cose nel giro di pochi mesi e in quel momento io non ero in grado di gestire le mie emozioni.

Come mi dovevo sentire?

Come facevo a sapere se ero adatta oppure no per crescere un bambino?

Ero così confusa... e il comportamento di Edward non mi aiutava di certo.

Non sapevo se essere felice per la scoperta, il miracolo della vita che cresceva dentro di me, o se preoccuparmi per Edward e per il suo atteggiamento.
In tutta risposta mi strinse di più la mano, ma non si voltò a guardarmi.
Edward e Carlisle non parlavano ma si guardavano, di sicuro Edward gli stava leggendo la mente perché non volevano che io ascoltassi quello che stavano pensando.
Fui colta improvvisamente dal panico e un forte conato di vomito, stavolta, scosse il mio stomaco.
Piegai la testa sulla bacinella e mi resi conto solo dopo aver vomitato succhi gastrici che la mano di Edward non si era mai allontanata dalla mia fronte e che lui si era seduto dietro la mia schiena, reggendomi il busto con l’altra mano.
Esausta, piegai indietro la testa e trovai il suo corpo marmoreo a farmi da schienale. Mi accarezzava i capelli, mentre con l’altra mano continuava a tenermi la fronte. Mi baciò una guancia e mi domandò:
“Come stai?”, il suo tono era tranquillo, come se nulla fosse successo. Come se non avessimo appena scoperto che saremmo diventati genitori.

Genitori...
Oddio...


“Non lo so.”, ammisi sinceramente.
“Bella, devo farti un’ecografia. Te la senti ora, o vuoi riposare un po’?”, mi domandò Carlisle.
“No, va bene ora. Carlisle, ti prego. L’ansia mi sta uccidendo, cosa succede? Spiegamelo, per favore. Sono incinta, non è vero?”, domandai incredula e in quel momento, dando voce a quella parola, ne realizzai pienamente il senso.
Un bambino.
Un bambino mio e di Edward.
Sorrisi.
“Sì, Bella. Credo proprio che tu sia incinta. I valori delle Beta HCG sono altissimi e questo accade solo in gravidanza. Dobbiamo capire, però, da quanto tempo sei incinta e vedere come sta il bambino. Dimmi, cara, quando hai avuto l’ultimo ciclo?”, mi domandò Carlisle con tono professionale.
“Due mesi fa, credo. Il…”, tentai di ricordare il giorno preciso.
“Il 12 gennaio.”, rispose Edward per me.
Mi voltai verso di lui e mi sorrise. Sembrava tranquillo, ma lo conoscevo troppo bene. Mi stava nascondendo qualcosa.
“Non mi sono preoccupata del ritardo perché mi avevi spiegato che poteva accadere quando si subiva un intervento come il mio…”, ammisi colpevole abbassando il capo.
“Bella, ehi, guardami.” – Edward mi sollevò il mento con due dita e mi costrinse a guardarlo dritto negli occhi – “Non hai nessuna colpa, semmai dovevo stare più attento io a te e ai ritmi del tuo organismo. Mi ero accorto del ritardo, ma sinceramente non me ne sono preoccupato… Io… non credevo di poter… beh, insomma, essere un potenziale padre.
Edward mi strinse forte le braccia intorno alla vita e mi sentii un po’ più tranquilla.
“Edward, Bella. Un po’ di colpa ce l’ho anch’io… Vedete, da vampiri, gli uomini, non perdono la fertilità. Sono molti i vampiri che si uniscono a donne umane per avere dei figli. Beh, erano molti un tempo. Era il tempo dei succubi, i vampiri che giacevano con le donne nel sonno. Nell’ultimo secolo, i vampiri hanno perso - come dire – interesse nell’avere una progenie e le unioni tra vampiri e donne umane sono rari. Avrei dovuto avvisarvi che c’era la possibilità che tu potessi rimanere incinta, avendo rapporti non protetti con Edward.”
“Carlisle, il bambino cos’è? Sì… insomma, è umano, vampiro, o cosa?”, domandò Edward e finalmente mi resi conto di quanto fosse preoccupato. Io non avevo proprio pensato a quale potesse essere la sua natura.
Per me, era il mio bambino. E basta.
“Il bambino eredita parte delle caratteristiche umane e parte delle caratteristiche dei vampiri: la gestazione di solito dura meno di una normale gravidanza, al massimo 6 mesi. Nella prima parte della loro vita sono i geni ereditati dalla madre umana e i geni umani contenuti nel seme paterno a dominare. Poi il carattere vampiresco, crescendo, diventa sempre più evidente fino a diventare il carattere dominante. Il bambino si sviluppa più in fretta rispetto agli altri bambini e raggiunge l’età adulta in genere intorno ai 15-16 anni. Una volta raggiunta l’età adulta, la crescita si arresta.”
Impallidii e sentii Edward irrigidirsi. Carlisle notando il nostro timore, riprese a parlare, rispondendo alle nostre mute domande.
“Nei primi anni di vita, sembrano bambini umani, solo molto più intelligenti e precoci. Sono molto veloci e i loro sensi sono sviluppati come quelli dei vampiri. Inoltre, ereditano dai vampiri l’immortalità, ma sono più vulnerabili di noi: il loro cuore batte, nelle loro vene scorre sangue e veleno, possono nutrirsi di sangue o di cibo umano, ma crescendo abbandoneranno per sempre le abitudini alimentari umane per nutrirsi esclusivamente di sangue. Questo li rende molto più forti e meno vulnerabili. Il veleno presente nel loro sangue, con il tempo, aumenta e 'si nutre' in un certo senso del sangue presente delle vene, che si riduce a una minima percentuale.”
“Quindi, lui starà con noi per sempre?”, domandai sollevata dalle parole di Carlisle e all’improvviso mi sentii felice.
Istintivamente strinsi la mano di Edward che stava sulla mia pancia.
“Sì, Bella. Starà sempre con noi.”, Carlisle mi sorrise felice.
Edward mi strinse più forte a sé e mi baciò una tempia.
“Ti amo.”, mi sussurrò nell’orecchio e notai una certa emozione nella sua voce.
“Allora, vogliamo vedere come sta questo vampiretto?”, domandò allegro Carlisle.
“Sì, sì. Voglio vederlo!”, esclamai.
“Bene, torno subito.”, Carlisle si dileguò dall’ambulatorio per andare a prendere il macchinario per l’ecografia.
Edward si alzò dal letto e si mise seduto di fronte a me. I suoi occhi brillavano, più del solito. Baciò tutte le nocche della mano che stringeva fra le sue, mentre mi guardava con adorazione.
“Edward…”, lo chiamai. Avevo un cattivo sapore in bocca, per via dei succhi gastrici rigettati.
“Dimmi amore”
“Per favore, potrei avere un po’ d’acqua e una caramella? Sono nella mia borsa.”, gli indicai la borsa che si trovava ai piedi del letto e in un attimo i miei desideri furono esauditi.
“Come ti senti?”, mi chiese dolcemente.
“Ora, decisamente meglio.”, gli sorrisi.
“C’è qualcos’altro che desideri?”
“Sì.”
“Tutto quello che vuoi, amore mio. Dimmi, cosa vorresti?”, era un tesoro.
“Un bacio. Adesso puoi… prima, sarebbe stato un po’ imbarazzante e poco piacevole…”, ridacchiai ma all’improvviso la sua bocca bloccò il mio umorismo.
Mi baciò con dolcezza, a fior di labbra. Senza fretta, con una calma rilassante. Strinsi forte le mani fra i suoi capelli e picchiettai con la lingua sulle sue labbra. Sentii le sue labbra incurvarsi in un sorriso, prima di concedermi il permesso di entrare.
“Ehm… ehm…”, Carlisle tossicchiò per avvisarci della sua presenza.
Arrossii e nascosi il viso sul petto di Edward, che iniziò a ridacchiare.
Sembravamo due adolescenti.
Mi baciò sulla fronte e si sedette sul letto accanto a me, facendomi sdraiare e aiutandomi ad assumere la posizione migliore per l’ecografia. Mi scoprì la pancia, sollevando la mia maglietta e abbassando i pantaloni e gli slip. Carlisle sistemò una tovaglietta per coprirmi il basso ventre e poi versò un po’ di gel freddo sulla mia pancia. Ritrassi i muscoli istintivamente.
“Rilassati, Bella. Per fortuna ti hanno fatto due flebo, così la tua vescica dovrebbe essere abbastanza piena per permetterci di visualizzare bene l’utero e il bambino. Iniziamo.”
Carlisle disegnò un cerchio sulla mia pancia spalmando il gel che vi aveva versato e sul monitor iniziai a vedere delle onde. Edward e io avevamo gli occhi puntati su quello schermo e le mani intrecciate.
“Eccolo qui, è di 10 settimane circa. Sta benissimo, è leggermente più grande di un feto di due mesi. Ma… cosa c’è qui?”








Cosa ci sarà mai?
Provate a indovinare... c'è in palio uno spoiler in anteprima! :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e aspetto di leggere le vostre recensioni.
Alla prossima, un bacio!

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Capitolo 46
*** CAPITOLO 45 – TWINS (GEMELLI) ***


 

CAPITOLO 45 - TWINS (GEMELLI)




« Tutti coloro che conquisteranno la gioia dovranno dividerla. La felicità è nata gemella. »
[George Gordon Noel Byron]

 

 


 

POV EDWARD


Bella era incinta.
Non avrei mai e poi mai pensato di poter avere dei figli. Era una delle cose a cui avevo creduto di dover rinunciare, nella mia nuova vita. E chi lo sapeva che i vampiri potevano avere dei figli?
Ero felice.
Più che felice.
Felice come non mai.
La mia ragazza, l’amore della mia vita, portava in grembo mio figlio.
Ma, all’improvviso fui colto dalla paura. Che natura avrebbe avuto il bambino? Temevo che ereditasse troppe caratteristiche umane. In particolare, temevo ereditasse la mortalità. Mi ero rabbuiato appena quel pensiero si era affacciato nella mia mente e non ero riuscito a proferire parola né a stare vicino a Bella come avrei voluto e come avrebbe meritato in quel momento, se non fisicamente. Non riuscivo a immaginare come avremmo fatto a sopravvivere vedendo nostro figlio crescere, invecchiare e morire.
Magari Bella avrebbe deciso di restare umana, per non dover assistere a una tale tragedia. E a quel punto, io sarei morto con loro.
Sarei morto due volte.
Fortunatamente, Bella era molto più lucida e reattiva di me e mentre Carlisle tentava di comunicarmi nella mente che sarebbe andato tutto bene, che per Bella non ci sarebbero stati problemi a portare a termine la gravidanza, gli chiese di fornirci maggiori spiegazioni. Ci illustrò dettagliatamente come sarebbe stata la vita del nostro bambino e per fortuna, al momento opportuno mi svegliai e gli feci la domanda che più temevo, ricevendo la risposta più bella che potessi sentire: il bambino era immortale.
Avrei voluto che fossimo soli in quel momento nella stanza per poter strapazzare Bella di baci e sussurrarle cose talmente romantiche e dolci da provocare picchi glicemici elevati anche a un vampiro; ma c’era ancora mio padre con noi. Così, con il cuore gonfio di gioia feci la cosa migliore che potessi fare in quel momento: le sussurrai nell’orecchio che l’amavo.
Carlisle aveva intuito che desideravo restare solo con Bella, così, accampando la scusa di dover andare a prendere il macchinario per l’ecografia, si congedò.
Tornò troppo presto, per i miei gusti. E ci colse in flagrante: Bella si imbarazzò e nascose il viso sul mio petto; io dal canto mio ridacchiai e dovetti sorbirmi i commenti e le battutine mentali di Carlisle.
Una volta pronta per l’ecografia, Carlisle posizionò la sonda sul suo addome e sul monitor comparvero le prime immagini di mio figlio.
Ero emozionatissimo.
“Eccolo qui, è di 10 settimane circa. Sta benissimo, è leggermente più grande di un feto di due mesi. Ma… cosa c’è qui?”
C’era un’altra sacca, un’altra piccola camera gestazionale.
“Carlisle, che succede?!”, domandò Bella allarmata.

Edward, vuoi dirglielo tu?

Carlisle incontrò il mio sguardo emozionato e annuii alla sua domanda.
“Sono due, Bella. Avremo due gemelli!”, esclamai felice, stringendole forte la mano.
“Oh mio Dio!”, Bella aveva gli occhi lucidi e un sorriso luminoso.
Era bellissima.
Mi allungai per baciarle una guancia e sussurrarle nell’orecchio:
“Grazie, grazie amore mio.”
Avvertii il suo battito accelerare e un brivido le percorse la pelle del viso, si voltò e mi rivolse un sorriso accecante.
Carlisle era radioso e i suoi pensieri erano pieni di felicità.
“I bambini stanno benissimo, non possiamo ancora sapere con certezza il sesso. Sono ancora troppo piccoli. Congratulazioni ragazzi miei!”
Carlisle abbracciò prima Bella e poi me.

Grazie Edward, non hai idea della gioia che questi bambini porteranno nella nostra famiglia.

Sorrisi in risposta a mio padre.
“Bene, ora io devo tornare in reparto. Ho in programma alcuni interventi. Bella, credo che tu possa tranquillamente tornare a casa. Edward penserà a te e alle tue dimissioni. Ci vediamo più tardi a casa.”
“D’accordo Carlisle. Grazie.”, gli rispose Bella.
“Grazie a te, per la gioia che ci stai donando.”, la abbracciò.
Carlisle andò via portando con sé il macchinario per l’ecografia, mentre io aiutai Bella a rivestirsi.


“Edward…”, mi chiamò.
“Finalmente soli.”, mi avvicinai a lei, che era ancora seduta sul letto con le gambe penzoloni, e mi inginocchiai per essere alla stessa altezza del suo sguardo.
D’istinto, posai il capo sulla sua pancia, che non era ancora cresciuta, e la baciai, credendo che, seppur attraverso il tessuto della maglia, i miei bambini lo avrebbero avvertito. Le circondai la vita con le braccia e rimasi in quella posizione per qualche minuto, godendo del suo calore e delle sue dolci carezze.
Si piegò sul mio capo e mi lasciò un bacio sui capelli e uno sulla guancia.
Ero in estasi. Sollevai il capo e mi trovai di fronte le sue labbra incurvate in un sorriso. Le lasciai un bacio a fior di labbra e poi mi alzai e mi sedetti sul letto, accanto a lei, continuando a tenerla stretta per la vita.
“Bella, non hai idea di come mi senta in questo istante. Sono ubriaco di gioia. Non avevo mai pensato all’avere dei figli, ero troppo giovane quando ho lasciato la mia vita umana e non credevo che da vampiro ci fosse questa possibilità. Ci avevo rinunciato, come avevo rinunciato all’amore, da tanto tempo, fino a quando non ho incontrato te. Tu hai cambiato la mia vita, mi hai donato gioia fin dal primo sguardo, stavo con te e stavo bene. Avevo capito da subito che ero nato per prendermi cura di te e proprio per questo, da quando stiamo insieme, non è passato giorno in cui una piccola parte di me non mi ricordasse, facendomi sentire in colpa, quello di cui ti saresti privata stando con me e diventando una vampira: avresti rinunciato per sempre alla gioia della maternità. Era una cosa che probabilmente non mi sarei mai perdonato, ma con te accanto sarebbe stato sopportabile conviverci. Oggi… oggi è il giorno più bello della mia vita. Mi sembra quasi un miracolo. Io sono così felice!”
“Oh Edward! Hai proprio intenzione di farmi piangere?!”, mi domandò sorridendo, con gli occhi lucidi, Bella.
Mi prese il viso tra le mani e guardandomi dritto negli occhi, mi disse:
“Ti amo, Edward. Ti amo e questa è l’unica cosa buona che abbia mai fatto nella mia vita. L’unica certezza della mia vita sei tu. Sai bene che sono stata sempre una persona mediocre, non avrei mai creduto di potermi innamorare, figuriamoci di essere ricambiata. Non avevo mai pensato alla maternità, mi sembrava una cosa troppo lontana da me. Non credevo di essere la persona adatta. Ma da quando Carlisle mi ha confermato che sono incinta, non ho fatto altro che immaginarmi un bambino, un bambino bellissimo, il nostro bambino. E quando mi hai detto che sono due… beh, credevo che il cuore mi sarebbe scoppiato per la gioia. Mai avrei pensato che sarei stata così felice, in tutta la mia vita.”
“Amore mio, tu non sei mai stata una persona mediocre. Mai. Sei semplicemente nata e cresciuta nel mondo sbagliato e con le persone sbagliate.”, la strinsi forte tra le braccia e finalmente la baciai, continuando da lì dove Carlisle ci aveva interrotto.
“Pensi che sarò una buona madre? Io ho paura di non essere all’altezza…”
La zittii con un bacio.
“Sarai una mamma perfetta.”, la baciai ancora.
“So-n-o due!!”, mormorò mentre continuavamo a baciarci.
“Saranno due bambini speciali, non vedo l’ora che nascano!”, esclamai entusiasta.
“Anch’io Edward, non vedo l’ora di tenerli tra le braccia!”, mi sussurrò sulle labbra.
“Ti amo così tanto…”, le dissi guardandola negli occhi.
“Anch’io Edward, ti amo tantissimo.”, mi sorrise e mi diede un altro dolce bacio.
“Andiamo a casa? Ce la fai?”, le domandai apprensivo.
“Sì, sì Edward. Non ce la faccio più a sentire questo odore di disinfettante!”, esclamò.
Ridacchiai e l’aiutai a indossare il cappotto. Presi la sua borsa e salimmo al piano del reparto di chirurgia, per togliermi il camice e la divisa e rivestirmi.



“Bellaaaaaaaa!”, l’uragano Alice per poco non fece sbilanciare la povera Bella. Per fortuna, io ero dietro di lei, così evitai che accadesse il peggio.
“Alice.”, la ripresi bonario.
“Devi fare piano.”, tentai di mantenere una certa autorevolezza, ma ero ben consapevole di quanto fosse felice per me e per Bella.
“Congratulazioni! È una notizia meravigliosa!”, esclamò tenendo Bella stretta in un abbraccio.
“Grazie Alice, ancora non mi sembra vero. Siamo così felici…”, disse Bella chiamandomi in causa e liberando una mano dalla morsa di Alice, mi accarezzò il viso.
Presi la sua mano tra le mie e la portai alle labbra, guardandola con adorazione.
“Congratulazioni fratellone!”, Alice mi abbracciò e ricambiai la sua stretta affettuosa.
“Grazie sorellina!”, le baciai una guancia e misi un braccio intorno alle spalle a entrambe. Entrammo in casa e subito Esme ci corse incontro congratulandosi con noi. Leggevo nelle menti di tutti i presenti tanti pensieri positivi e di gioia per noi. Rosalie già pensava ai nomi e immaginava i suoi turni da zia babysitter; Emmet sperava che almeno uno dei bambini fosse un maschietto, così da poterlo iniziare alla sacra arte del baseball; Jasper era felicissimo per noi e gongolava per l’atmosfera felice che si respirava in casa: il suo ego empatico ballava la samba. Alice aveva già in mente degli abbozzi dei vestiti dei bambini, che avrebbe disegnato personalmente e fatto confezionare nella migliore sartoria italiana di Seattle.
Esme, colei che aveva messo fine alla sua vita umana perché aveva dovuto ‘uccidere’ il suo bambino, guardava Bella con ammirazione e con adorazione. I nostri bambini, i suoi nipoti, sarebbero stati una sorta di riscatto anche per lei.
Riempirono di coccole e complimenti me e soprattutto la povera Bella, che esausta non la smetteva di sorridere ed elargire parole di sincera gratitudine a tutti.
Eravamo seduti sul divano, lei tra le mie braccia, seduta sulle mie gambe, e stava raccontando a tutti dello svenimento in laboratorio, delle analisi, della mia entrata furiosa e dell’ecografia, quando uno sbadiglio interruppe il suo racconto.
Povero amore, era stanca.

Edward, caro, ha bisogno di riposare. Portala in camera, ci racconterà tutto più tardi. Non deve affaticarsi. Ha mangiato? Le preparo qualcosa?

Esme, la mia mamma.
Le sorrisi e poi mi rivolsi a Bella:
“Andiamo in camera, amore? Sarai stanca, devi riposare. Hai fame? Esme vorrebbe prepararti qualcosa…”
Bella sorrise prima a me e poi a Esme.
“Sì, Esme. Ho fame, ti sarei molto grata se mi preparassi qualcosa.”, le rispose dolcemente.
“Oh, cara! Desideri qualcosa in particolare?”, domandò apprensiva Esme.
“Hmm… sì, ho voglia di un french toast. Ne ho sentito l’odore in caffetteria, all’università, stamattina e non ho fatto altro che pensarci! Se solo avessi saputo che c’era un motivo -anzi due!-, per cui non la smettevo di pensare a quei french toast!”, ridacchiò.
“Te ne preparo subito un bel po’! Devi mangiare di più, adesso!”, e si congedò per andare in cucina.
Salutammo i miei fratelli e la presi tra le braccia, nonostante le sue polemiche, per salire le scale.



Arrivati in camera, nella nostra camera, la feci sedere delicatamente sul letto e mi accoccolai accanto a lei.
“Edward?”
“Sì, Bella… dimmi.”
“Mi daresti una mano con la tesi?”
“Certo amore.”, risposi. Era ovvio che l’avrei aiutata, anche se lei era bravissima di suo.
“Bene, allora vedi… devo chiederti un paio di cose riguardo ad alcuni studi condotti nelle università canadesi…”
“Adesso? Amore è stata una mattinata intensa, dovresti riposare…”
“Ma…”
“Sh, niente ma.”, posai un dito sulle sue labbra.
“Adesso mangerai tutti i french toast che Esme ti sta portando, poi riposerai, ti godrai le mie coccole. Se ne avrai voglia, io mi godrò le tue, pranzerai, e poi nel pomeriggio, quando sarò certo che ti sarai riposata per bene, ci rimetteremo a lavorare alla tua tesi. D’accordo?”, le tesi la mano.
Lei scosse il capo sorridendo e la strinse.
“Affare fatto, dottor Cullen.”
“Sai che ogni patto deve essere sigillato con un bacio?”, le domandai con aria saccente.
“Nel medioevo, forse!”, mi rispose lei.
“Non potremmo fare un’eccezione, my lady?”, domandai imitando la voce di un bambino indifeso.
Ridacchiò e le sue labbra furono subito sulle mie.
“Lo sai che non resisto, quando fai così.”, mi disse con voce affannosa.
“Così come?”, le chiesi innocente.
“Come adesso! Quando fai la vocina innocente, potresti chiedermi qualunque cosa, perfino di arrampicarmi su un albero, e io lo farei!”
“Istinto materno, signorina Swan.”, le sussurrai nell’orecchio, prendendo a baciarle il collo.
“E per inciso – tentò di articolare – ho sempre voglia di farti le coccole.”, abbandonandosi completamente alle mie attenzioni.















Avete indovinato tutte! Sono due gemelli :)
E ora si accettano scommesse e proposte per il sesso dei bambini! In palio, al solito, uno spoiler del prossimo capitolo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Alla prossima, un bacio!

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Capitolo 47
*** CAPITOLO 46 – GRADUATION AND GIFTS (LAUREA E REGALI) ***


 

CAPITOLO 46 - GRADUATIONS AND GIFTS (LAUREA E REGALI)

 




 


« Non esiste scelta che non comporti una perdita.»
[Jeanette Winterson, Non ci sono solo le arance]

 






 

POV BELLA

 


“Alice, ti prego… non ce la faccio più!”, sbuffai osservando la mia immagine sconsolata, riflessa nello specchio di fronte a me.
La mia cara amica nonché cognata vampira aveva deciso di prepararmi per la cerimonia di consegna della laurea ed erano ormai due ore che armeggiava con vari prodotti per il corpo e per i capelli, sottoponendomi a terribili torture quali ferro arricciacapelli e piegaciglia. La povera Rosalie aveva tentato di salvarmi dalle sue grinfie offrendosi per acconciarmi i capelli, ma Alice non aveva voluto sentire ragioni e le aveva affidato l’unico compito di farmi la manicure e aiutarmi a indossare l’abito che avevamo acquistato qualche giorno prima. Ormai la mia pancia iniziava timidamente ad essere evidente: eravamo in aprile ed io ero incinta di tre mesi. Essendo di costituzione non proprio esile, non tutti si accorgevano che fossi in dolce attesa. E questo mi sollevava e non poco: non avrei dovuto dare spiegazioni ai miei genitori. Non potevo dirgli di essere incinta e poi sparire nel nulla. La gravidanza procedeva molto bene, non accusavo particolari fastidi, mi sentivo solo un po’ debole, per questo Carlisle mi costringeva a prendere degli integratori di ferro in fiale, il cui sapore era a dir poco rivoltante. Ma era per il bene dei miei bambini e avrei fatto qualunque cosa per loro. Era incredibile come mi venisse automatico essere più attenta in quello che facevo e mettere la loro salute come priorità assoluta. Certo, le mie paure non erano scomparse, anzi, se possibile erano aumentate. Ma riguardavano unicamente i piccoli e la loro salute: io stavo bene ed ero felice come non mai. Non temevo più di avere qualcosa che non andasse, perché sentivo di aver trovato ormai il mio posto nel mondo.


“Alice, hai finito? Arriveremo tardi!”, sentii Edward al di là della porta. Alice non gli aveva permesso di entrare. Voleva che mi vedesse a lavoro terminato e da una parte lo volevo anch’io. Volevo sorprenderlo ed essere bella per lui.
“Edward arriveremo in perfetto orario, l’ho visto! E poi con la tua guida sportiva, figuriamoci se rischiamo di fare tardi!”, ridacchiò Alice.
“Ti ricordo che Bella è incinta e non posso correre troppo!”, grugnì il mio povero Edward.
“Bella starà benissimo, sta’ tranquillo e va’ a cambiarti: ti ho lasciato i vestiti sul letto!”, urlò allegra Alice.


Un’ora dopo, indossavo un meraviglioso kaftano con una cinta in vita e delle ballerine: Edward e Carlisle avevano tassativamente vietato a Alice di farmi indossare delle scarpe alte. Con mio sommo sollievo. Immaginavo già qualche disastrosa caduta. Scesi le scale e arrivata in cima alla seconda rampa, vidi Edward in un meraviglioso completo blu che mi attendeva sorridente.
Aveva le pupille dilatate e il suo sguardo, che percorreva ogni singolo centimetro del mio corpo, bruciava.
Arrivata alla base, si inchinò ed io gli porsi la mano, che lui, in un gesto di antica cavalleria, prese sul dorso della sua e la baciò delicatamente.
“Sei un incanto.”, mi disse adorante.
“Grazie, anche tu stai molto bene.”, sicuramente arrossii perché lui mi accarezzò una guancia con il dorso della mano libera e mi sorrise.
Stava per avvicinarsi al mio viso, quando il tornado Alice lo allontanò da me. La guardai interrogativa e lei rispose alla mia muta domanda:
“No, niente baci! Non rovinerai il mio capolavoro! La bacerai dopo che avrà ricevuto il diploma di laurea, mio caro!”, ordinò.
Edward alzò gli occhi al cielo e mi prese per mano. Io ridacchiai e gli accarezzai una guancia.
“Dai, manca poco.”, bisbigliai nel suo orecchio.
Lui, in tutta risposta, mi abbracciò e la sua mano andò a posarsi, come di consueto sulla mia piccola pancia, nascosta dal morbido vestito.
Lo avevamo scelto di proposito, altrimenti avrei potuto destare qualche sospetto. Mia madre, che appariva piuttosto svampita, aveva in realtà un certo fiuto per queste cose. Già sospettava che ci fosse un ragazzo dietro la mia fuga in Scozia e la mia permanenza prolungata a Seattle. Di solito, non resistevo più di tre settimane da sola a Seattle. E sicuramente quando mi avrebbero vista con Edward… beh, avrei dovuto spiegargli un po’ di cose.
Rabbrividii e a Edward non sfuggì.
“Hai freddo, amore?”, mi domandò preoccupato.
“No, no.”, risposi scuotendo il capo.
“C’è qualcosa che ti turba?”, continuò.
Sospirai e annuii.
“Dovrò presentarti ai miei.”, ammisi.
“Mi conoscono già.”, rispose lui fingendo di essere disinvolto. In realtà, sapevo che la cosa lo mettesse un po’ in soggezione. Ne avevamo parlato spesso, negli ultimi tempi. Probabilmente, sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto i miei genitori e lui era piuttosto triste per questo.
“Non come il mio ragazzo, però!”, ribattei.
“Temi che non saranno felici della tua scelta?”, mi chiese all’improvviso timido.
“No, no… Edward, non fraintendermi. Sono sicura che gli piacerai molto, ma non è questo che mi preoccupa. È che mi imbarazza un po’… sai, non ho molta esperienza in questo genere di cose… con i miei non abbiamo mai affrontato l’argomento ragazzi… era uno degli argomenti off-limits, perché mi rattristavo ogni qual volta mio fratello portava a casa qualche ragazza e inevitabilmente mia madre e mio padre mi guardavano interrogativi, come per dire: “E tu? Quando arriverà il tuo momento?”. Ma più il tempo passava, più non ne parlavamo. Da quando mi ero trasferita a Seattle per il college, l’argomento era caduto quasi nel dimenticatoio, anche se di tanto in tanto mia madre tentava di sfiorare l’argomento. Perdonami, mi sono sentita fuori posto per tutta la vita e ogni tanto il fantasma della mia insicurezza torna prepotente ad affacciarsi…”
In tutta risposta, Edward mi strinse più forte a sé e mi baciò il capo.
“Non sono io che devo perdonarti, ma sei tu devi perdonare te stessa. Il tuo momento a quanto pare è arrivato e vedrai che i tuoi genitori saranno felici, vedendo te felice.”, mi rispose tranquillo, continuando ad accarezzarmi la schiena.
“Dio, che stupida! Sto per diventare madre e vampira e mi preoccupo di queste cose! Probabilmente non mi vedranno più, dopo oggi e io mi preoccupo solo dell’imbarazzo che proverò nel presentargli il mio ragazzo! Scusami! Divento paranoica quando si tratta dei miei e del mio passato!”, esclamai scuotendo il capo.
“Bella, non devi scusarti con me. Il nostro rapporto funziona proprio perché ci diciamo qualunque cosa ci passi per la mente. E beh, insomma… anch’io sono un po’ preoccupato dall’impressione che potrei fare ai genitori della mia ragazza…”
Lo fissai imbambolata e sicuramente arrossii.
“Che c’è?”, mi chiese.
“Nulla… è che mi fa sempre un certo effetto sentire l’aggettivo possessivo ‘mia’ pronunciato da te accanto al sostantivo ‘ragazza’…”, gli risposi con dolcezza.
Edward mi sorrise e mi baciò la fronte. Lo sentii fremere.
“Ho una voglia matta di baciarti e quella tiranna di mia sorella minaccia di farmi a pezzi se solo ci provo!”, mi baciò ancora la fronte e poi mi mise due dita sotto il mento per trovarci occhi negli occhi.
“Ti amo, Edward. E per la cronaca: da quando sto con te, non mi sento più fuori posto.”, gli sorrisi e gli circondai il collo con le braccia.
“Ti amo tanto…”, mi rispose stringendo di più la presa sulla mia vita.
“Ora però andiamo, altrimenti non rispondo più delle mie azioni e la scenetta che mi ha appena mostrato Alice, se non ci sbrighiamo, non ti renderebbe molto felice!”, mi prese per mano e ci dirigemmo in garage.





“Isabella Marie Swan. Congratulazioni!”, il preside mi strinse la mano e io mi voltai verso il pubblico che applaudiva.
Un flash mi colpì, facendomi chiudere le palpebre per un istante: Alice.
“Tesoro congratulazioni!”, la mamma mi strinse ancora una volta, bagnandomi la spalla con le sue lacrime.
“Sei bellissima, oggi.”, mi sussurrò poi nell’orecchio.
“Grazie mamma.”, risposi un po’ imbarazzata, come accadeva ogni qual volta ricevevo un complimento.
“Congratulazioni piccola.”, anche papà mi abbracciò e notai che anche lui si era commosso.
“Grazie papà!”, gli risposi stringendolo forte a me.
“Ehi sorellina!”, Jake mi sollevò senza fatica e mi abbracciò.
“Bravissima!”, mi sussurrò.
“Grazie Jake!”, poggiai la testa nell’incavo del suo collo: mi era mancato mio fratello e mi sarebbe mancato molto, forse più dei miei genitori.
Mi fece ritornare finalmente con i piedi per terra e io vagai con lo sguardo in cerca dell’altra parte della mia famiglia. I Cullen al completo erano seduti in prima fila durante la cerimonia di consegna dei diplomi di laurea, ma evidentemente avevano voluto lasciarmi qualche momento da sola con la mia famiglia.
Sentii un tocco freddo alla base della mia schiena.
Un tocco che avrei riconosciuto tra mille.
Mi voltai e probabilmente persi un battito.
Edward in completo blu con il tramonto alle spalle era uno spettacolo da infarto.
Mi abbracciò e finalmente mi sentii di nuovo completa.
“Congratulazioni amore.”, mi sussurrò nell’orecchio facendomi tremare. Poi mi allontanò di poco da sé e mi fece voltare. Poggiai le spalle al suo petto e lui mi circondò la vita con un braccio, tenendo la mano ferma sulla mia pancia.
I miei genitori sgranarono gli occhi.
Gli avevamo appena detto, senza parlare, che stavamo insieme.
Mi schiarii la voce e poi mi rivolsi a loro:
“Mamma, papà, Jake, lui è Edward. Il mio ragazzo.”
Mia madre stava quasi per piangere, mio padre mi sorrise e Jake mi fece l’occhiolino. Lui aveva capito prima di tutti.
Si avvicinò subito per stringere la mano a Edward e lo stesso fecero, dopo essersi ripresi, i miei genitori.




“Ma è lo specializzando dell’ospedale in cui sei stata ricoverata, vero Bella?”, mi domandò mia madre che appena aveva potuto, mi aveva preso in disparte sottobraccio.
Alzai gli occhi al cielo. Era arrivato il momento che più temevo: l’interrogatorio e le raccomandazioni di mia madre.
“Sì, mamma. Edward è lo specializzando che ha assistito al mio intervento.”
“E da quanto tempo state insieme?”, mi domandò assottigliando lo sguardo.
“Beh, ormai direi che sono… è un anno quasi.”, risposi, mentendo. Perché erano esattamente 13 mesi che Edward e io stavamo insieme. Era già trascorso più di un anno da quando avevo incontrato Edward per la prima volta.
Quante cose erano cambiate, quanto ero cambiata io.
“E perché non ce l’hai mai detto? E in Scozia sei andata da lui? E ora vivete insieme a Seattle? E cosa farai adesso che ti sei laureata? Bella… siete attenti, non è vero?”, la mamma chioccia era partita in quarta e nessuno, se non il mio adorato salvatore, avrebbe potuto fermare quel fiume in piena che era mia madre.
“Bella, è ora di scartare i regali.”, Edward mi sorrise felice.
Lo presi per mano e strinsi forte. Non ero abituata a stargli lontano, neanche per poche ore.
I miei genitori mi regalarono una meravigliosa edizione della Recherche di Proust del 1934 contenuta in un cofanetto di legno e finemente rilegata: avevo sempre detto che una volta laureata, avendo più tempo a disposizione, avrei dedicato tutta la mia attenzione alla lettura di uno dei capolavori più grandi – in tutti i sensi- della letteratura di tutti i tempi.
Li abbracciai forte. Era un regalo meraviglioso.
E poi, sarei presto diventata una vampira: avrei avuto l’eternità per leggere ‘Alla ricerca del tempo perduto’. Sorrisi al mio buffo pensiero. Edward, che non perdeva di vista neanche un mio battito di ciglia, mi guardò interrogativo, ma io gli sorrisi rassicurandolo e facendo segno con le mani che gli avrei spiegato tutto più tardi.
I Cullen mi regalarono una collana: era un regalo molto importante, perché sanciva il mio ingresso nel clan. Sul ciondolo d’oro bianco c’era inciso lo stemma di famiglia.
Alice e Rose un buono da 500 dollari per fare acquisti da Victoria’s Secret. Ovviamente, arrossii al solo pensiero di me e quelle due arpie in mezzo ai completini intimi.
Jasper ed Emmet la discografia completa dei Beatles in vinile.
Era un regalo meraviglioso e mi tuffai tra le braccia dei miei fratelli. Perché ormai, lo erano a tutti gli effetti.
Infine, quando credetti di aver ringraziato tutti, Edward infilò una mano nella sua giacca e con un gesto elegante e sensuale, ne tirò fuori una busta rettangolare.
Me la sventolò davanti agli occhi e poi me la porse.
Lo guardai curiosa e poi aprii la busta.
All’interno c’erano due biglietti aerei intestati a me e a lui, destinazione San Francisco.
Mi aveva regalato una vacanza, solo io e lui!
Lo abbracciai di slancio e incurante dei presenti, incollai le mie labbra alle sue.
Finalmente, quel contatto tanto e da tanto anelato, era arrivato.
Sentii papà tossicchiare e ridacchiando mi staccai da lui, che mi guardava felice e innamorato.
“Grazie”, sussurrai sul suo petto.
“È un piacere, amore.”, sfiorò le mie labbra con le sue e poi ci dirigemmo verso le automobili.
Abbracciai i miei genitori e mio fratello e non mi sfuggirono delle lacrime: con buone probabilità, non mi avrebbero più rivista.
Spiegai loro che dopo la vacanza a San Francisco, probabilmente mi sarei trasferita in Europa per perfezionare gli studi e per cercare lavoro. Edward sarebbe venuto con me, in fondo, non mentii del tutto: saremmo andati via presto da Seattle per far nascere i bambini e per la mia trasformazione.



In macchina, mi accoccolai sul petto di Edward e continuai a piangere.
Era stata una giornata lunga e piena di emozioni: mi ero laureata e avevo salutato, probabilmente per sempre, i miei genitori.
Edward, che aveva lasciato la guida della sua auto a Jasper, non smise un attimo di sussurrarmi parole dolcissime e di accarezzarmi per consolarmi.
Non mi accorsi neanche che Alice e Jasper erano entrati in casa, mentre noi eravamo rimasti in macchina.
Edward mi baciò la punta del naso e mi asciugò le lacrime con i pollici.
“Va meglio, amore?”, notai che c’era preoccupazione nel suo sguardo.
“Sì, ora sì.”, tentai di sorridergli.
“Scusami, è che è stata una giornata impegnativa e poi gli ormoni mi fanno piangere più del solito…”, mi zittì con un bacio. Ormai era diventata un’abitudine.
“Non hai nulla di cui scusarti. Ti ammiro e sono orgoglioso di te, per come hai affrontato il carico emozionale della giornata. Credo che nessuno avrebbe retto al posto tuo e nelle tue condizioni a un’emozione del genere. Sei meravigliosa e forte, Bella. E devi essere fiera di te stessa.”, mi disse dolcemente.
Sapevo che dentro di lui ardeva un fuoco in quell’istante: se io ero triste perché avevo salutato per sempre i miei genitori, lui si sentiva in colpa perché credeva che fosse a causa sua. Si sentiva responsabile e colpevole di avermi messo nella condizione di dover rinunciare a loro.
Ma non era così, e anche se avevamo affrontato milioni di volte il discorso, sapevo che lui non si era ancora perdonato del tutto.
Così, decisi di cambiare discorso. Io avevo scelto lu ed ero felice e sicura della mia scelta. Avrei continuato a vegliare sulla mia famiglia, anche da vampira, anche a distanza. Ma la mia vita era con Edward, il mio posto nel mondo era accanto a lui.
“Quando partiamo?”, gli domandai accarezzando la sua mascella con le labbra.
“Se te la senti, era mia intenzione partire stasera stessa.”, mi sorrise sollevato.
“Bene, allora andiamo. Immagino che non ci sia bisogno di preparare i bagagli?”, gli domandai retorica.
“Li ho già fatti con Alice, questa mattina. Ci teneva particolarmente a preparare la tua valigia!”, rispose e notai che il suo tono era molto più allegro e leggero.
“Bene, allora dovrò preoccuparmi seriamente di quello che potrò trovare in quella valigia!”, esclamai e scoppiammo entrambi a ridere.












NOTE.

Ammetto che nel descrivere i regali di Bella, l'ho invidiata un sacco! Perché se mi regalassero un'edizione del 1934 della Recherche, la discografia dei Beatles in vinile e pure un viaggio a San Francisco penso che sarei la persona più felice del mondo. :)
Mi basterebbe anche solo la meravigliosa edizione dell'opera di Proust! XD

Qui vi metto i link dei regali e dell'abito che indossava Bella, vi basterà cliccare sulla parola:


- il kaftano
- il regalo di Emmet e Jasper
- il regalo dei suoi genitori



Bene, io vi saluto e non vedo l'ora di leggere cosa ne pensate del capitolo! I piccioncini se ne vanno a San Francisco ;)
Vi lascio un piccolo spoiler del prossimo capitolo http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=Kee9xdQbQ4s

Alla prossima!

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Capitolo 48
*** CAPITOLO 47 – BUMP AND CRAVINGS (PANCIONE E VOGLIE) ***


 

CAPITOLO 47 - BUMP AND CRAVINGS (PANCIONE E VOGLIE)

 




 

« Che cosa c'è in un nome? quel che noi chiamiamo col nome di rosa, anche se lo chiamassimo d'un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.»

William Shakespeare, Romeo e Giulietta






 

POV EDWARD

Il viaggio a San Francisco era stato meraviglioso. Bella si era completamente rilassata e trasmetteva una tale beatitudine che era una gioia starle accanto, più del solito. La gravidanza l’aveva resa ancora più bella e solare.
Da qualche giorno ci eravamo trasferiti a Lakewood, vicino Tacoma, zona ricca di foreste e di laghi. Presto ci avrebbero raggiunti i miei fratelli, per aiutarmi e starle accanto quando sarei andato a caccia; nel frattempo continuavamo a goderci il nostro momento da fidanzatini in vacanza.
“Ricorda un po’ il paesaggio scozzese, non trovi?” mi chiese, mentre era assorta a scrutare l’orizzonte dalla vetrata della nostra casa. Pioveva.
“Sì, hai ragione. C’è qualcosa di simile, nel paesaggio; ma il colore del cielo scozzese è unico.” le risposi avvicinandomi a lei e circondandole la vita con le braccia. Ormai la sua pancia era più che evidente.
“Concordo, è meraviglioso. Quanto mi piacerebbe ritornarci…” sospirò.
“Lo faremo presto, amore. Quando i bambini saranno abbastanza grandi, torneremo in Scozia e, se vorrai, potremo anche decidere di restare lì.”
“Dici davvero?” mi guardò come una bambina a cui era stato promesso un viaggio a Disneyland per l’estate.
“Ma certo. Avremo tutto il tempo del mondo, quando anche tu diventerai una vampira.”
“Ancora non mi sembra vero…” sussurrò, abbandonandosi alle mie carezze.
“Lo sarà, vedrai.”



Sì, doppia panna! Oh, sì! Anche cioccolato… mmm, oh sì, è buonissimo!”
“Bella?” la svegliai, preoccupato. Non era una novità che parlasse nel sonno, ma temevo avesse fame.
“Ed… Edward…” si mise a sedere guardandosi intorno smarrita, le pupille dilatate.
“Bella, hai fame?” le domandai, inarcando un sopracciglio.
In tutta risposta, il suo stomaco brontolò e lei arrossì per l’imbarazzo.
“Oddio… che vergogna!” tentò di coprirsi il viso con le mani.
“Per cosa? Per aver invocato i gusti del gelato con un’enfasi tale, che credevo stessi per avere un orgasmo?” la punzecchiai, malizioso.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile e si coprì il capo con il lenzuolo.
“Amore, sei troppo carina!” esclamai, scoprendola, e le baciai il naso. Aveva le guance completamente rosse.
“Di solito, quando sospiri e hai quella voce nel sonno, è il mio nome che invochi, non un gelato al cioccolato…” soffiai sul suo volto.
“Dio, Edward!” esclamò, prima di avventarsi sulle mie labbra.
“Allora, come lo vuoi questo gelato? Cioccolato e doppia panna montata?” le chiesi, mentre continuava a lasciarmi baci roventi sul collo.
“Non lo so neanche io cosa voglio adesso, mi sento così strana” piagnucolò.
“Sono gli ormoni, tesoro. Non devi preoccuparti se hai voglia di più cose, anche diverse, nel giro di pochi attimi.” la rassicurai e le sollevai il mento con due dita per guardarla negli occhi.
“Quanto sei bella…” sussurrai, mentre le sistemavo una ciocca di capelli dietro l’orecchio per scoprirle il viso.
Chinò il capo, come faceva sempre quando le facevo un complimento, per non farmi vedere il delizioso rossore che compariva sulle sue guance.
“Non abbassare lo sguardo, ti prego. Permettimi di ammirare i tuoi occhi e il tuo viso.”
Sollevò il capo e timidamente mi sorrise.
Le stampai un bacio sulle labbra.
“Cioccolato e panna?”
“Sì, grazie.” E sul suo viso si dipinse un meraviglioso sorriso.



BELLA POV

Ero incinta da quasi cinque mesi, ma essendo una gravidanza gemellare di due mezzi-vampiri, la mia pancia era decisamente molto grande.
Nonostante fossi al settimo cielo e spesso mi svegliassi ancora incredula che tutto quello stava succedendo davvero a me, non riuscivo proprio a capire cosa ci fosse di dolce nell’attesa di un bambino. Chi l’aveva definita dolce attesa evidentemente non era mai stata incinta, o magari era stato un uomo.
Avevo i piedi perennemente gonfi, mi stancavo con una facilità estrema, il pancione mi rendeva ancora più goffa e impacciata del solito e gli ormoni in circolo nel mio corpo rischiavano di farmi impazzire.
Fra voglie improbabili in orari altrettanto strani, piedi gonfi e una vescica che pretendeva continuamente di essere svuotata, vivevo nel costante timore che Edward si sarebbe stancato di me e mi avrebbe abbandonata in qualche squallido istituto per ragazze madri. Quando glielo avevo confessato, mi aveva presa in giro come non mai ed era scoppiato a ridere di gusto. Poi, mi aveva stretta fra le sue braccia ed eravamo finiti a rotolarci tra le lenzuola, giusto per rassicurarmi che i miei timori fossero del tutto infondati. Ero certa del suo amore e più che sicura che non si sarebbe mai stancato di me, ma gli sbalzi d’umore, provocati dagli ormoni, giocavano brutti scherzi. E piangevo, come non mai. Edward aveva dovuto mettere sotto sequestro tutti i romanzi e i film d’amore presenti in casa.
Non vedevo l’ora che arrivasse Jasper a darmi una mano con il suo potere.

Eravamo distesi placidamente sul divano, i miei piedi si godevano un meraviglioso massaggio fatto con tanto amore dalle mani perfette del mio fidanzato, mentre io sfogliavo il ‘libro dei nomi’. Eravamo riusciti a scoprire il sesso dei gemelli e, con somma gioia di tutti, ero in dolce attesa di un bambino e una bambina.
“Voglio che i nomi inizino entrambi o per vocale o per consonante”
“D’accordo. Allora proponiamo una coppia di nomi a testa”
“Comincia tu” rispose facendo seguire alle sue parole un movimento della mano di antica cavalleria.
“Christopher e Sarah”
“Mmm… no, non mi piacciono.”
“Ok, tocca a te”
“Sophia e Gabriel”
“Carini… ma, non mi convincono. Passiamo alle vocali!”
“Ellie e Adam”
“No…” sussurrai sconsolata.
“Tocca a te, amore” mi disse dolcemente, accarezzandomi il dorso della mano che tenevo sul pancione.
Ci pensai a lungo: “Emily e Andrew”
Arricciò il naso e scosse il capo in segno di diniego.
“Alexander ed Emma” propose lui solennemente.
“Non male, Cullen; però, non mi dicono niente… Non so, vorrei che avessero dei nomi che in qualche modo ci ricordino come siamo arrivati fin qui” confessai.
“Allora, che ne dici di William e Juliette? William in onore di Willie e Juliette…”
“Molto inglesi e shakespeariani… Mi piace: William e Juliette Cullen”
“Suona bene, non è vero?” mi chiese, accarezzandomi il pancione.
“Sì, suona molto bene. Oh, credo piacciano anche a loro!” esclamai emozionata mentre i bambini scalciavano. Era una sensazione meravigliosa sentirli muoversi dentro di me. Edward posò il capo sulla mia pancia e vi depositò un bacio. Gli circondai il collo con le braccia e presi ad accarezzargli il capo e il viso.
“Non vedo l’ora che nascano…” soffiò sul sottile tessuto della mia vestaglia.
“Anch’io sono impaziente di conoscerli. Ora che abbiamo scelto i nomi, mi sembrano ancora più reali. Mi capita di sognarli spesso, sono certa che entrambi somiglieranno a te.”
“Io credo che avranno un po’ di entrambi e sicuramente somiglieranno un po’ anche a me!”
“Alice!” esclamai, voltandomi verso la porta d’ingresso.
“Bella, stai benissimo!” Alice venne ad abbracciarmi e la sua mano si fermò sulla mia pancia.
“Grazie” le risposi e feci per alzarmi dal divano, quando due braccia forti trattennero le mie gambe.
“No, signorina, devi riposare!”
“Carlisle!” esclamai sorpresa. Aspettavamo soltanto Alice e Jasper.
“Eh sì, ci sono anch’io. Come stai, tesoro?” si chinò per abbracciarmi. E dopo di lui fu il turno di Jasper, Rosalie, Esme ed Emmett.
C’erano proprio tutti.

Approfittando dell’arrivo dei suoi familiari, Edward andò a caccia con i suoi fratelli. Esme e Carlisle rimasero a casa con me.
“Allora, Bella, i bambini crescono bene e, da quanto mi ha detto Edward, la gravidanza procede nella norma. Ti trovo molto bene, la maternità ti dona.”
“Grazie” risposi imbarazzata da tanti complimenti, mentre mi rivestivo e mi mettevo seduta sul lettino ostetrico, aiutata da Esme.
“Carlisle, fra quanto nasceranno i bambini?”
“Sono qui proprio per questo, Bella. Sei al quinto mese di gravidanza e i bambini sono già ben sviluppati. Penso che il mese prossimo, potremo procedere con il cesareo.”
“Il 20 agosto” precisò Carlisle.
Annuii, stringendo la mano di Esme più forte.
“Ho qui con me quasi tutto l’occorrente per l’intervento, mi mancano solo alcune sacche di sangue, ma abbiamo un mese intero per procurarcele.”

“Sta’ tranquilla, Bella. Andrà tutto bene.” Esme mi abbracciò per rassicurarmi.
“Sì, lo so. Mi fido di Carlisle e di Edward, ma ho un po’ di paura… quando mi trasformerete?”
“Se tutto va secondo i miei piani, dopo lo svezzamento dei bambini. Hanno bisogno del tuo latte almeno per il primo mese di vita.”
Tirai un sospiro di sollievo.
“Temevo che non me li avreste fatti vedere appena nati!”
Esme mi accarezzò una guancia.
“Oh, cara! I bambini avranno bisogno di te, Carlisle non ti avrebbe mai negato di vederli appena nati!”
“Non sarò un pericolo per loro, una volta trasformata?”
“Non credo proprio, Bella.” Mi sorrise bonario Carlisle.
“Soltanto un mese…” sospirai, sollevata e felice, accarezzandomi il pancione.




Ehm, ehm… il capitolo è arrivato. In ritardo, ma è arrivato. Chiedo venia, per l’attesa.
Il prossimo – lo giuro – arriverà al massimo entro dieci giorni, anche perché conto di finire nel giro di un mese la storia, ormai siamo agli sgoccioli.
Allora, i bimbi sono un maschietto e una femminuccia e ormai anche i nomi sono stati scelti… cosa ve ne pare? ^^
Vi aspettavate altri nomi? Io mi sono stancata di Renesmee, Elisabeth et similia… Aspetto di conoscere la vostra opinione. :)
Vi saluto e lascio un avviso per chi segue ‘La fanciulla e lo straniero’: entro fine settimana sarà online il capitolo conclusivo.

Approfitto di questo spazio per pubblicizzarmi un po’ XD

Ho indetto un contest sul forum di efp, se voleste partecipare, mi farebbe piacere "yes I said yes I will Yes"

E in questo lungo periodo di assenza - mea culpa - come vi avevo già detto nell'avviso, ho scritto qualche storia per partecipare ad alcuni contest. Ve le 'linko' qui, di seguito; se voleste darci un'occhiata e farmi sapere cosa ne pensate, mi farebbe piacere. :-)





 

 

La tempesta

 

 

Storia prima classificata al contest "Padre e figlia" indetto da Alice_Nekkina_Pattinson sul forum di Efp
I Cullen stanno per partire per l’Alaska, dove trascorreranno un intero mese, ospiti del clan Denali. Seguirà, poi, un altro mese di vacanza alle Canarie. Renesmee non vuole trascorrere così tanto tempo lontana da Jacob e da Forks. Cerca di scendere a patti con i suoi genitori, per diminuire la durata delle vacanze, ma non ci riesce. La piccola sta crescendo e sente una tempesta agitarsi dentro di sé. Si ribella alle imposizioni di suo padre e litiga con lui. Corre via di casa e si rifugia nella foresta, ma un temporale estivo la coglie alla sprovvista…

 

Autore: Elettra989 | Pubblicata: 08/01/13 | Aggiornata: 08/01/13 | Rating: Verde | Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Renesmee Cullen | Note: Nessuna | Avvertimenti: Nessuno
Categoria: Libri > Twilight | Contesto: Successivo alla saga | Leggi le 3 recensioni

 

 

Magnolia

 

 

Storia terza classificata al contest 'Uno sguardo al passato' indetto da Pinzy81 sul forum di Efp
La storia narra, secondo il mio punto di vista, il primo incontro tra Esme e Carlisle. Siamo nel 1911, Esme è una studentessa in un collegio e, cadendo accidentalmente da un albero di magnolia, si frattura una gamba. Il medico di Columbus è fuori città e il suo sostituto è un medico giovane e alquanto affascinante...

 

Autore: Elettra989 | Pubblicata: 05/01/13 | Aggiornata: 05/01/13 | Rating: Verde | Genere: Generale, Sentimentale | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carlisle Cullen, Esme Cullen | Coppie: Carlisle/Esme | Note: Missing Moments | Avvertimenti: Nessuno
Categoria: Libri > Twilight | Contesto: Precedente alla saga | Leggi le 2 recensioni

 

 

Lume d'ombra

 

 

Storia seconda classificata la contest 'Luci e ombre di Natale' indetto da perrypotter e Capriccio biondo sul forum di Efp
È Natale e in casa Cullen, complice la presenza della piccola Renesmee, si respira aria di gran festa e di gioia. Di fronte al presepe allestito da Edward e sua figlia, Rosalie riflette su sé stessa, sul Natale, sulla vita che non ha avuto. Il rancore sempre nascosto dentro di sé per la maternità negata non le dà tregua; il senso di insoddisfazione e di tristezza crescono di fronte alle scene di vita quotidiana che vedono protagonisti Edward e la sua famiglia. Persa nei suoi ricordi umani e inghiottita dai suoi rimpianti, viene riportata alla realtà da Emmett. Grazie a lui e alle sue parole cariche d’amore, riuscirà ad accettare la sua vita e metterà a tacere i rimpianti.

 

Autore: Elettra989 | Pubblicata: 04/01/13 | Aggiornata: 04/01/13 | Rating: Verde | Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emmett Cullen, Renesmee Cullen, Rosalie Hale | Coppie: Emmett/Rosalie | Note: Nessuna | Avvertimenti: Nessuno
Categoria: Libri > Twilight | Contesto: Successivo alla saga | Leggi le 6 recensioni

 

 

Storia seconda classificata al contest 'About Renesmee' indetto da __Hilary__ sul forum di EFP
Renesmee trascorre una giornata con Charlie, perché i suoi genitori stanno organizzando una sorpresa per il suo compleanno ed il loro anniversario di nozze. Dopo un piccolo incidente avvenuto al parco, la piccola convince il nonno ad andare in un centro commerciale. Renesmee adora fare shopping, ma adora ancora di più vedere le persone che le stanno intorno felici. Il suo piano di andare al centro commerciale ha un fine particolare: rinnovare il guardaroba di Charlie per un appuntamento speciale.

 

Autore: Elettra989 | Pubblicata: 31/10/12 | Aggiornata: 31/10/12 | Rating: Verde | Genere: Commedia, Generale | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charlie Swan, Renesmee Cullen | Note: Nessuna | Avvertimenti: Nessuno
Categoria: Libri > Twilight | Contesto: Successivo alla saga | Leggi le 7 recensioni



Alla prossima, bacioni!

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Capitolo 49
*** CAPITOLO 48 - BIRTH (NASCITA) ***


 

CAPITOLO 48 - BIRTH (NASCITA)

 




 

« Lo sai che cos’è la nascita? È una nave che parte per la guerra.»


Paolo Cognetti, Sofia si veste sempre di nero


 

POV BELLA

Venerdì, 17 agosto 2012 ore 18.00

Edward era appena tornato dalla caccia e stava facendo la doccia. Approfittando del suo rientro e di quello di Jasper ed Alice; Carlisle, Esme, Emmett e Rosalie erano andati a caccia per prepararsi al grande evento dell’indomani. L’ultimo periodo della gravidanza era stato piuttosto duro e faticoso: i bambini per fortuna stavano bene, erano sani e pronti per uscire dalla mia pancia; io stavo bene, sebbene mi preoccupassi, forse un po’ troppo, del parto e di quello che sarebbe accaduto dopo. Il peso dei gemelli mi aveva provocato un po’ di pubalgia e facevo fatica a camminare o anche a stare seduta. Ma avevo due medici molto in gamba e un’intera famiglia di vampiri che mi tenevano in assoluto riposo e con l’aiuto di una crema antinfiammatoria ero riuscita a calmare un po’ il dolore, non potendo assumere farmaci per via del mio stato.
All’improvviso, mentre ero assorta nei miei pensieri e mi accarezzavo pigramente la pancia, sentii due braccia fresche abbracciarmi da dietro e il torace di Edward sistemarsi dietro la mia schiena, sostituendosi al cuscino.
“A che pensi?” mi domandò baciandomi il collo, dietro l’orecchio.
“A tutto e a niente, alla data di oggi che non mi piace e al fatto che domani a quest’ora sarò addormentata mentre i bambini nasceranno.”
Edward mi strinse più forte a sé.
“Non credevo fossi superstiziosa” scherzò.
“Non lo sono, però, non mi piace per niente questa data.” Piagnucolai.
Una fitta al pube mi fece sobbalzare. Ero abituata a quelle fitte simili a scariche elettriche che ti coglievano alla sprovvista e ti mozzavano il fiato, ma non erano mai state così forti.
“Tesoro, tutto bene?” mi domandò preoccupato.
“Sì… sì, è solo una fitta. Credo sia ancora la pubalgia…”
“Ti metto la crema, così avrai un po’ di sollievo. Da domani, a parte i punti, non sentirai più dolori.” Mi baciò una guancia e si chinò per prendere la crema dal comodino.
“Non vedo l’ora” sospirai.
Lasciai fare tutto a lui, non avevo la forza neanche di abbassarmi gli slip.
Con estrema delicatezza, sollevò la vestaglia che indossavo e abbassò gli slip. Io divaricai le gambe in automatico, puntando i piedi sul letto. La pancia non mi permetteva di vedere Edward, ma dopo avermi solo sfiorato non sentii più le sue mani e, puntellando i gomiti sul letto, sollevai il busto per capire cosa stesse succedendo.
“Edward? Tutto bene? Perché non stai spalmando la pomata?”
“Bella, amore, sta’ calma. La fitta che hai sentito non è dovuta alla pubalgia - non del tutto perlomeno -, ma al fatto che ti stai preparando per partorire. Sono le prime contrazioni…” mi disse e nella sua voce sentii l’emozione del momento mista a preoccupazione.
“Cosa?!” esclamai allarmata. Non potevo partorire, non c’era Carlisle e soprattutto io dovevo avere un parto cesareo! Avevo due gemelli in grembo, due mezzi vampiri! E poi, era venerdì 17, porca miseria!
“Amore, respira. Calmati.” Edward si era avvicinato a me e mi aveva fatta stendere sul letto.
“Non nasceranno oggi, tranquilla. Però, sei dilatata di quasi 3 centimetri. Non hai ancora perso le acque e non sei ancora in travaglio. Appena Carlisle torna ti controllerà anche lui, ma l’importante è che tu stia rilassata. Andrà tutto benissimo, come abbiamo programmato. Ti fidi di me?”
Annuii. Se c’era una cosa di cui ero certa era la fiducia che riponevo in lui e in Carlisle.
“Andrà tutto bene” mi ripeté ancora una volta, avvicinandosi al mio volto e lasciandomi un dolce bacio sulle labbra.
Gli strinsi la mano e lo abbracciai, avevo una paura tremenda.
Rimanemmo distesi sul letto per tutto il pomeriggio, avevo delle fitte leggere e la dilatazione non era aumentata in quelle ore. All’ora di cena, Edward mi vietò di mangiare qualsiasi cosa. Aveva rintracciato Carlisle sul cellulare e avevano deciso che, appena sarebbero rientrati, avrei partorito. Volevano evitare che entrassi in travaglio e sopportassi un dolore inutile: i bambini erano grandi abbastanza per poter uscire fuori dalla mia pancia.
Se da una parte ero preoccupata, dall’altra non vedevo l’ora che nascessero: volevo vederli, accarezzarli, sentire il loro profumo ed essere svegliata dal loro pianto.

Ore 22

“Bella, vieni, ti aiuto a prepararti per l’intervento”
Afferrai la mano che mi tendeva. “Mi sembra di vivere un déjà-vu, ricordi?”
Edward mi sorrise e il suo viso si illuminò, più di quanto già non lo fosse.
“Certo che ricordo. Ogni istante che ho vissuto con te è impresso nella mia memoria.” Mi persi nel suo sguardo profondo e gli accarezzai le labbra con le mie. Lo sentii sospirare e poi aggiunse “Tra l’altro, il taglio che praticheremo è lo stesso dell’altro intervento, quindi non è niente che tu non abbia già provato” Mi baciò ancora e mi strinse forte a sé. “La differenza è che il tuo risveglio sarà molto più piacevole dell’altra volta: ci saremo io e i bambini ad aspettarti” mi teneva ancora stretta al suo corpo. Sentivo che era teso, più volte lo avevo sentito discutere con Carlisle riguardo alla scelta di far nascere i bambini in casa e non in ospedale. Sebbene avessero ricreato una sala operatoria ben attrezzata nella casa in cui vivevamo, Edward aveva paura che non fosse abbastanza, in caso di complicazioni.
“Edward, andrà tutto bene. I bambini staranno bene e io anche, siamo nelle mani migliori che potessero capitarci.” Toccò a me rassicurare lui e parve funzionare. Mi sorrise e mi condusse in bagno, dove con estrema delicatezza mi aiutò a spogliarmi, a depilarmi l’addome e il pube, e a indossare un comodo camice bianco.

Ore 23,30

Ero stesa sul lettino ostetrico, Carlisle mi stava visitando per controllare la dilatazione. Le contrazioni erano piuttosto regolari e poco dolorose, ma abbastanza fastidiose.
“Bene, Bella, i bambini sono pronti per nascere. Possiamo trasferirti di là e procedere con l’anestesia. Ne abbiamo discusso con Edward, ma vorrei conoscere anche la tua opinione a riguardo: preferisci l’anestesia totale o vorresti l’epidurale? Con la seconda, come sai, addormentiamo solo la parte inferiore del corpo e il distretto addominale.”
“L’epidurale è molto dolorosa, non è vero?”
“Sì, è un po’ dolorosa, ecco perché Edward si è mostrato da subito contrario. Ma, per me, è fondamentale conoscere l’opinione del paziente” Sorrisi e fui grata a Carlisle per la sua onestà e per il rispetto dell’etica, ma il mio pensiero volò dritto a Edward e al suo constante preoccuparsi solo del mio benessere.
“Ti ringrazio per la chiarezza, Carlisle, ma preferirei anch’io l’anestesia totale. Ho un po’ paura a farmi infilare un ago nella spina dorsale!”
Ridacchiò.
“Va bene, cara, come desideri. Ti sveglieremo presto, tranquilla. Ora, vado a prepararmi, Edward ti accompagnerà in sala. Ci saranno anche Rosalie ed Esme: hanno seguito entrambe un corso da infermiere strumentiste e sono altamente specializzate. Esme faceva l’ostetrica, prima che la trasformassi.”
“Sono in ottime mani” commentai, lasciandomi avvolgere da una calma improvvisa: Jasper era di sicuro nei paraggi.
“Andiamo, amore?” Edward fece capolino nella stanza.
“Sì, andiamo, sono pronta.”
Mi sistemò sul lettino operatorio, Esme e Rosalie mi salutarono e mi riempirono di carezze, Edward mi baciò a lungo e prima di addormentarmi, lo sentii sussurrarmi all’orecchio “Ti amo tanto, a tra poco, amore”.
Poi, mi addormentai.


POV EDWARD

Nonostante Jasper mi stesse aiutando con il suo potere, ero teso come una corda di violino. Avevo il terrore che qualcosa potesse andare male, che ci fossero delle complicazioni, che non avessimo tutto il possibile di fronte ad una qualunque situazione di emergenza. Sapevo che avevamo tutto quello che ci occorreva per far fronte a qualsiasi complicazione, mi fidavo ciecamente di Carlisle, ma i miei figli stavano per nascere ed io ero in pensiero per loro e per Bella.
La presenza di Esme e Rose in sala operatoria era fondamentale: erano due strumentiste in gamba, inoltre si sarebbero prese cura dei bambini appena nati, mentre io e Carlisle ci saremmo occupati di suturare Bella e di farla svegliare.

Ore 23,55

“Tampone”
Carlisle lo passò sull’addome di Bella, proprio nella stessa zona in cui si vedeva ancora una sottile cicatrice bianca, dovuta all’intervento dell’anno prima.
“Bisturi”
Rosalie passò il bisturi a Carlisle, che mi guardò, chiedendomi mentalmente se volessi procedere io con il taglio.
Scossi il capo in segno di diniego: ero troppo agitato. Mi sarei occupato di prendere i bambini al momento dell’estrazione dall’utero.

Ore 00,05

Il primo a nascere fu William, un fagottino con pochi capelli e gli occhi verdi. Emise il primo vagito cinque minuti dopo la mezzanotte del 18 agosto 2012. Pesava tre chilogrammi ed era lungo cinquanta centimetri.
“Benvenuto al mondo, piccolo mio” lo strinsi per un attimo a me e poi lo passai a Esme, affinché lo lavasse e controllasse i parametri.
Mi occupai di sua sorella, Juliette. Una testolina piena di capelli scuri come quelli di sua madre e con i suoi stessi occhi. Nacque due minuti dopo suo fratello, sette minuti dopo la mezzanotte. Pesava due chili e settecento grammi ed era lunga quarantottto centimetri.
“Ciao, piccina, benvenuta” sussurrai alla piccola che piangeva tra le mie braccia, prima di passarla a Rosalie.
Ero emozionatissimo. I bambini erano sani e forti e piangevano a pieni polmoni: la musica più bella che avessi sentito.
“Congratulazioni, figliolo.”
“Grazie, Carlisle. Non vedo l’ora di svegliare Bella.”
“Procediamo con la sutura, allora. Così, poi controllerò i bambini. Èandato tutto bene” mi rassicurò ancora.
Suturai per la seconda volta la ferita di Bella, i suoi parametri erano perfetti. Il cesareo era andato bene e non c’erano state complicazioni di nessun genere. Bisognava solo svegliare Bella.
Iniziai a tirarle qualche leggero schiaffetto sul viso e a chiamarla. Ben venti minuti dopo la fine dell’intervento, con la bocca ancora impastata per via dell’anestesia, Bella aprì gli occhi e mi chiamò.

POV BELLA

“Edward? I bambini? Stanno bene?”
“Stanno benissimo, amore, è andato tutto bene. Come ti senti?”
“Assonnata, ma voglio vederli…”
“Adesso andiamo in camera, così ti presento i bambini più belli che abbia mai visto!”
Edward, aiutato da Rosalie e da Alice, mi sistemò sul letto con estrema delicatezza. Mi baciò la fronte e poi le labbra, era molto emozionato, i suoi occhi brillavano di una luce particolare. Se non avessi saputo che i vampiri non potevano piangere, avrei giurato che lui lo avesse appena fatto.
Rosalie mi abbracciò delicatamente congratulandosi, lo stesso fece Alice, poi si fecero da parte per far entrare un allegro corteo, capeggiato da Carlisle ed Esme che tenevano tra le braccia i miei figli, e seguito da Jasper ed Emmett che portarono in camera una splendida culla in legno bianca con un separatore fra i due materassini.
“Congratulazioni, Bella” Carlisle mi baciò la fronte e mi sistemò tra le braccia il piccolo William.
“Grazie, Carlisle” sussurrai tra le lacrime.
Quando avevo iniziato a piangere?
Uno per volta, si avvicinarono tutti ad abbracciarmi, li ringraziai e mi presi tutte quelle coccole, ma non avevo occhi che per il pargoletto.
“Ciao, amore” salutai il piccolo addormentato tra le mie braccia. Era davvero bellissimo: lineamenti delicati, pochi capelli biondi e due piccole mani paffute strette in deliziosi pugnetti. Avvicinai le labbra alla sua testa e respirai il suo profumo, un misto di borotalco e qualcosa di simile all’odore della pelle di Edward. Odore di nascita. Credevo che il mio cuore potesse scoppiare dall’emozione, quando vidi Edward prendere la piccola Juliette dalla braccia di Esme e sedersi sul letto accanto a me.
“Ciao, piccola” allungai un braccio, stando attenta a non muovere troppo William, per accarezzare la testolina di mia figlia. Edward le baciò la testa e poi me la sistemò sul petto, di fronte a suo fratello. Anche lei dormiva beata, era una bambolina: un nasino alla francese piccolo e delicato, molto simile al mio, lineamenti dolci contornati da tanti capelli castani.
Le baciai la fronte e mi accorsi che aveva un profumo molto simile a quello di suo fratello, ma più dolce. Edward era seduto di fronte a noi e ci guardava come un pellegrino di fronte alla statua di un santo: era completamente assorto nella nostra contemplazione.
“Credo di non aver mai visto niente di più bello” commentò, mentre accarezzava dolcemente le mani strette a pugno dei bambini. Ad un tratto, contemporaneamente, i bambini gli strinsero le dita e i suoi occhi divennero ancora più luminosi.
Solo allora mi resi conto che erano usciti tutti dalla stanza, c’eravamo solo noi quattro.
“Riesco a leggere nelle loro piccole menti: stanno sognando e mi hanno appena riconosciuto” mi disse incantato ed emozionato.
“Sono bellissimi” riuscii a dire tra le lacrime. Avevo un groppo in gola per via dell’emozione che non riusciva proprio a scendere.
Edward venne a sedersi accanto a me, distese le gambe e appoggiò la schiena sulla testiera del letto. Poi prese William, con estrema delicatezza, per non svegliarlo: erano uno spettacolo insieme.
“Ti somiglia molto” gli dissi, mentre appoggiavo la testa sulla sua spalla.
“È vero, ha anche gli occhi verdi. Juliette invece ha i tuoi stessi occhi: sono bellissimi” mi baciò la fronte e allungò un braccio oltre la mia spalla per stringerci a sé.
“Ti amo, Bella. Questo è il giorno più bello della mia vita”
“Anch’io ti amo e non mi sono mai sentita così felice e completa in tutta la mia vita”
Rimanemmo in quella posizione a lungo, fino a quando William non si svegliò, rivelando i suoi piccoli smeraldi vispi e allegri.
“Ha fame, il mio giovanotto, eh?!” gli domandò Edward retorico, solleticandogli il collo con il naso. William ridacchiò e io lo guardai sconcertata e preoccupata.
“Sono due mezzi vampiri” lo giustificò Edward con orgoglio.
“Beh, ecco perché dopo soli sei mesi di gestazione pesano quanto due gemelli umani non peserebbero neanche se rimanessero nella pancia per un anno!”
Edward scoppiò a ridere, facendo svegliare anche la piccola Juliette.
“Ops!” esclamò, facendomi sorridere.
“Bella, vuoi che chiami Carlisle per darti qualche indicazione o Esme per aiutarti?” mi domandò apprensivo.
“No, Edward. Ci sei tu e non ho bisogno di nessun altro. Puoi spiegarmi tu in che posizione mettere il bambino, ma ricorda che ho letto tre manuali per neo-mamme!” scherzai, facendolo sorridere. Mi schioccò un bacio sulle labbra e mi aiutò a sbottonare la camicia da notte.
William si attaccò subito al seno e non ebbi alcun bisogno di ricordare quello che avevo letto sui vari manuali di puericultura: l’istinto materno non si impara. Mi veniva naturale controllare che il bambino stesse nella posizione più comoda per succhiare, mi accorgevo da sola se stava ingoiando aria o latte, era istintivo aiutarlo in ogni modo possibile affinché il suo benessere e la sua fame fossero soddisfatti.
I punti iniziavano a tirare e quando William cominciò a succhiare sentii un leggero fastidio, ma non era niente in confronto al legame e all’amore che sentivo per lui e per Juliette. Avrei sopportato e fatto qualunque cosa, per loro.
“Amore, tutto bene? Avverti qualche fastidio?”
“Un leggero fastidio, ma niente di insopportabile. È indescrivibile quello che sto provando ora…”
“Posso immaginare…” mi sorrise estasiato Edward, che non riusciva a scollarci gli occhi di dosso.
Quando William fu sazio, ebbi appena il tempo di passarlo a Edward e di scoprire l’altro seno, che la piccola Juliette si attaccò e iniziò a suggere. Aveva proprio fame, povera piccola!
La piccola si addormentò ancora attaccata al seno, dopo aver finito di mangiare. Con l’aiuto di Edward, che aveva già sistemato William nella sua culletta, mi rivestii e passai la bambina a Edward, che la sdraiò accanto a suo fratello.
“Edward, quando potrò alzarmi?” avevo ancora il catetere e la flebo.
“Domani, amore. Domani ti togliamo tutto. Ora dormi, sei stanca.”
“E i bambini? Se hanno fame e non li sento?” domandai allarmata, tra uno sbadiglio e l’altro.
“Ti sveglierò io, dormi. Veglierò io su di voi” mi rispose, accarezzandomi le labbra con le sue.
“E se dovessero tirarsi il lenzuolino sulla testa e soffocare? Sono così piccoli!”
“Ci sono io, non permetterò a nessuno, mai, di farvi del male. Dormi, amore”
Annuii e, accoccolandomi sul suo petto, mi addormentai, felice.





NOTE

- La pubalgia è una tendinopatia piuttosto frequente nelle donne incinte e negli sportivi;
- Per chi fosse curioso di conoscere la storia dell’anestesia epidurale e/o di quella generale, vi rimando qui e qui;
- Anche la storia del taglio cesareo è piuttosto curiosa :)


I bambini che ho immaginato sono loro:




E questa è la culla :)






Grazie a tutte voi che continuate a seguirmi, leggere e recensire questa storia. Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione su questo capitolo e anche su una storia che ho pubblicato da poco, la trovate qui.

Buona Pasqua, a presto con il penultimo capitolo!
Baci

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Capitolo 50
*** CAPITOLO 49 – LIFE IN CANADA (VITA IN CANADA) ***



 

CAPITOLO 49 - LIFE IN CANADA (VITA IN CANADA)

 




 

"Il mio cuore balbettò due volte, poi emise un ultimo battito sordo.
Non c'era più alcun suono. Alcun respiro. Neanche il mio.
Per un attimo, l'unica cosa che riuscii a comprendere fu l'assenza di dolore.
Poi aprii gli occhi e guardai in alto, sorpresa."

[Breaking dawn, Stephenie Meyer]


 

POV BELLA

I bambini crescevano sani, belli e forti. Avevano compiuto tre mesi, ma ne dimostravano almeno dieci. E non solo fisicamente. Avevano iniziato a dire le prime paroline già ad un mese, “mamma” e “papà”. Io e Edward eravamo completamente innamorati di loro e quando ci avevano chiamati per la prima volta, io avevo pianto per entrambi. A due mesi gattonavano e a tre camminavano reggendosi alle mani di uno di noi. Ero certa che nel giro di una settimana avrebbero iniziato a camminare sulle loro gambette. Parlavano correttamente, come bambini di almeno due anni. Crescevano così in fretta, che avrei voluto rimandare la mia trasformazione pur di non perdere neanche tre giorni della loro vita, ma non potevo. Prima mi avrebbero trasformata, prima saremmo andati in Italia dai Volturi. Con il potere di Samantha, avevo troppa paura che potesse accadere qualcosa ai bambini. Erano sempre sotto sorveglianza: se non c’eravamo io e Edward, c’era l’intera famiglia Cullen a badare a loro. Ma io avevo comunque timore che potesse succedergli qualcosa.
Da due mesi ci eravamo trasferiti in Canada, nei pressi di Lethbridge, nella provincia dell’Alberta. Un posto poco popolato da umani e ricco di cibo per vampiri. La foresta boreale, non lontana, era ricca di alci e altri animali che servivano per il sostentamento della famiglia. Di lì a poco, anch’io avrei iniziato a cibarmi di sangue, mentre i gemelli avevano iniziato già dal secondo mese di vita. Gli piaceva molto il sangue, lo preferivano al cibo umano. E nonostante a volte facessero i capricci, riuscivamo a fargli mangiare anche minestrine, carne e pesce. Li avevamo svezzati molto presto e, poiché la loro dentatura era quasi completa, potevano masticare e digerire quasi tutto. Denti da vampiri.
Erano due batuffoli di allegria, pieni di vitalità e avevano portato un’ondata di gioia in famiglia. Erano inevitabilmente molto viziati da tutti, ma il loro papà non lo batteva nessuno. Non avevo mai visto un padre più devoto di Edward.
“Mamma!” mi sentii chiamare dalla voce allegra di mia figlia e mi voltai, sorridendo.
Stava camminando, da sola. Edward era dietro di lei, pronto a prenderla se fosse caduta, ma la piccola accelerò gli ultimi passetti saltandomi tra le braccia.
“Amore mio, cammini da sola!” le tempestai il viso di baci, mentre Juliette rideva felice.
“Sì!” squittì lei, allegra e orgogliosa delle mie attenzioni. Edward arrivò al nostro fianco e ci abbracciò entrambe.
Diede un bacio alla piccola che volle ricevere lo stesso trattamento di coccole anche dal padre, quindi Edward la prese tra le braccia e iniziò a farla svolazzare per aria. La stanza si riempì delle loro risate e inevitabilmente delle mie. Vedere Edward giocare con i bambini era sempre qualcosa di meraviglioso e toccante. Era attento e premuroso, ma allo stesso tempo folle: li assecondava, qualunque cosa volessero fare. Giocava con loro, rotolando per terra, saltando sugli alberi, facendogli fare capriole in aria, tanto che credevo di avere tre bambini anziché due. Ma erano uno spettacolo tutte e tre insieme e una gioia per il cuore.
Dopo averla strapazzata per bene di coccole, Juliette volle tornare con i piedi per terra e Edward acconsentì. Si avvicinarono di nuovo a me, Edward mi diede un bacio, aveva gli occhi lucidi, più del solito.
“William?” gli domandai, accarezzandogli il viso.
“Con gli zii, cose da uomini!”
Alzai gli occhi al cielo.
“Fortuna che c’è Jasper! Altrimenti, dovrei preoccuparmi seriamente!”
“Ehm, io mi preoccuperei comunque…” rispose Edward, grattandosi la nuca.
“Edward, cosa stanno facendo con mio figlio quei due?”
“Ok, io non c’entro… ma William si stava divertendo, così…”
“Edward!”
“Beh, stanno… come dire… tagliando la legna…”
“Cosa?! E William cosa fa?”
“Li guarda, mentre abbattono gli alberi. Emmett e Jasper saltano per aria, poi si schiantano con i piedi contro gli alberi e li fanno cadere sul suolo. C’è Carlisle con lui, tranquilla. Non lo avrei mai lasciato solo!”
Tirai un sospiro di sollievo.
“Andiamo a vedere questo spettacolo, allora!”
“Va bene, mamma” mi canzonò. Poi, mi posò la mano su un fianco e avvicinandosi al mio orecchio, sussurrò: “Sei terribilmente sexy quando fai la mamma autoritaria”
Ridacchiai e lo afferrai per il colletto della camicia per avvicinarlo a me e baciarlo.
Lo spettacolo che si presentò davanti ai miei occhi era effettivamente surreale e molto divertente. Le risate di mio figlio, accompagnate da quelle di Carlisle e degli zii riecheggiavano nella pianura.
“Amore, cosa fanno gli zii?”
Lo presi tra le braccia, mentre Carlisle prese Juliette che iniziò a ridere e battere le mani.
“Sono bravi!” il piccolo indicava gli zii e li incitava chiamandoli per nome, ogni volta che uno di loro abbatteva un albero.
Anche Juliette si stava divertendo un mondo, dimenandosi tra le braccia del nonno.
Edward, ovviamente, non poteva resistere al richiamo di unirsi ai suoi fratelli. Così, restammo lì ad osservare tre aitanti vampiri che abbattevano alberi a suon di calci e pedate.
“Bene, direi che abbiamo abbastanza legna da ardere per l’inverno!” esclamò Carlisle, ridendo.
“Direi di sì!” gli risposi.
“Mamma, voglio scendere” mi disse William.
Appena posò i piedini per terra, non mi diede neanche il tempo di afferrargli la mano che iniziò a camminare verso suo padre.
“Will!” lo chiamai, andandogli dietro. Stava camminando anche lui!
“Papà! Papà” chiamava lui, infischiandosene di me che gli stavo dietro, per paura che cadesse.
Edward piegò le ginocchia e lo attese a braccia aperte. William si tuffò letteralmente tra le braccia di suo padre, cingendogli in collo con le braccine.
“Bravissimo, amore!” esclamò Edward, poi abbracciò anche me e mi baciò una guancia.
“Tesoro, cammini da solo!” gli baciai la testolina bionda.
“Sì, sì! Sono grande!”
“Sei grandissimo!” intervenne Emmett che iniziò a fargli fare capriole e varie acrobazie in aria facendolo ridere come un matto. Io li osservavo dapprima terrorizzata, poi, quando Edward mi cinse un fianco e vidi che lui lo osservava rilassato e divertito, mi tranquillizzai e mi godetti lo spettacolo, a cui si unì, insieme a Jasper, anche Juliette.


Edward stava mettendo a letto i bambini, aiutato da Esme e Rosalie, e aveva insistito perché andassi a fare un bagno rilassante. La mattina seguente mi avrebbero trasformata e voleva che fossi il più tranquilla possibile.
Mi spogliai ed entrai nell’enorme vasca da bagno, piena di acqua calda profumata di orchidea. Presi due respiri profondi e iniziai a passare la spugna sulla mia pelle. Poi, chinai la testa all’indietro, per bagnare i capelli e quando riemersi, non ero più sola in bagno.
Edward si spogliò lentamente, sorridendomi malandrino e si sistemò nella vasca, sedendosi dietro di me. Mi abbandonai sul suo petto marmoreo e voltai il capo per baciargli il collo.
“Non riuscivo a resistere” sussurrò nel mio orecchio, iniziando ad accarezzarmi i fianchi e poi le gambe.
“Edward… ho paura”
“Lo so, amore, sono qui per questo. Per spegnere il tuo cervellino iperattivo con la panacea universale.” Ridacchiai e gli stampai un bacio sulle labbra.
Prese ad accarezzarmi il viso, fissando i suoi occhi, così profondi nei miei.
“Non devi pensare a nulla, solo a stare tranquilla. Concentrati su di me e i bambini, fissa il tuo pensiero sullo splendido futuro che ci attende. Noi ti amiamo e aspetteremo il tuo risveglio con impazienza e trepidazione”
Gli sorrisi. “Anch’io, Edward, amo te e i bambini più di ogni altro al mondo. Siete la mia vita ed è proprio per questo che ho paura. Ho l’incubo che qualcosa possa andare male, che non mi svegli e che non vi veda più.”
“Non accadrà. Non permetterò mai che ti accada qualcosa di male. Ti fidi di me?”
“Certo, Edward, che domanda!”
“Allora, devi stare tranquilla. Andrà tutto bene, ti sveglierai e sarai una splendida vampira. Immagina come sarà dopo: potrai saltare sugli alberi con me e i bambini – sorrisi – non sentirai più dolore o fatica, freddo o caldo, non avrai bisogno di mangiare né di dormire… Prova a immaginare soprattutto i vantaggi del non dormire…” ammiccò.
Mi abbandonai alle sue carezze e ai suoi baci, che si facevano via più roventi e passionali e immaginai tutto quello che mi aveva descritto. Era esattamente la vita che volevo vivere e distratta dalle sue carezze, spensi il cervello e mi dedicai completamente al nostro piacere.
Mi penetrò lentamente da dietro, cercando di far piano. Da quando erano nati i bambini era ancora più delicato e premuroso e mi ritrovai a pensare che una volta diventata vampira non ci sarebbe più stato bisogno di dosare la sua forza per paura di farmi male. Immaginai noi due in scenari piuttosto insoliti - per la nostra routine - e fantasiosi, e mi eccitai ancora di più. Venni dopo poche spinte, complici le mie fantasie, e poco dopo sentii anche lui venire dentro di me.
Gli confessai, arrossendo, i miei pensieri e vidi il suo sguardo infiammarsi e il suo membro, ancora dentro di me, indurirsi di nuovo.
Lentamente mi voltai, sedendomi a cavalcioni su di lui e iniziai a muovermi, mentre lui mi afferrava i fianchi possessivamente e affondava il capo sul mio petto.
Ci amammo ancora e dovetti dare ancora una volta ragione a Edward. Il sesso era davvero una panacea, non ero più preoccupata.
Mentre mi aiutava a rivestirmi, gli feci una richiesta che lo lasciò completamente spiazzato.
“Trasformami ora. Non serve aspettare domattina, adesso sono completamente tranquilla, i bambini dormono e non ho alcuna necessità di dormire un’ultima volta”
“Ne sei sicura?” mi domandò dolcemente.
“Sì, mai stata più sicura. Le tue parole mi hanno completamente convinta: ho immaginato come sarà la nostra vita dopo la mia trasformazione e sono impaziente di cominciare a viverla”
Mi baciò a lungo, lasciandomi senza fiato.
“Ti amo, Bella.” Lo disse così intensamente da farmi tremare.
“Ti amo anch’io.” Lo baciai ancora, poi lo presi per mano e uscimmo dal bagno.
I tre uomini Cullen erano in salotto, intenti a guardare un film in tv. Alice comparve e venne ad abbracciarmi.
“Hai fatto la scelta più giusta” mi fece l’occhiolino e rimase al mio fianco.
Gli altri in sala si voltarono, osservandoci incuriositi.
“Carlisle, ho deciso di non aspettare fino a domani mattina per essere trasformata. Voglio che lo facciate ora.” Strinsi la mano di Edward più forte e lui posò la sua testa sulla mia.
“Va bene, Bella. Andiamo di là, cara.” Si alzò dal divano e si avviò verso il suo studio. Emmett e Jasper mi abbracciarono, incoraggiandomi e facendomi sorridere con le loro battutine. Andai nella camera dei bambini, dove c’erano Esme e Rosalie. Abbracciai entrambe e poi baciai le fronti dei miei piccoli, accarezzandogli le testoline.
Fuori dalla camera trovai Edward ed Alice e insieme andammo nella stanza al piano inferiore che era stata preparata apposta per la mia trasformazione. C’era un camino acceso – sicuramente era stata Alice, perché notai uno sguardo complice tra lei ed Edward – due poltrone e un divano ad angolo. Una libreria molto grande e ben fornita e un lettino. Supposi fosse per me, quello.
“Vieni, cara. Stenditi qui e rilassati. Prima di iniettarti il veleno, ti sederò, così sentirai meno dolore.” Annuii e mi stesi. Edward era sempre al mio fianco, continuava ad accarezzarmi, baciarmi e sussurrarmi parole dolci per distrarmi. Quando fissai gli occhi al soffitto, cominciai a tremare.
“Amore, hai freddo?” mi domandò, preoccupato.
“No, no. Sto bene.” Risposi con voce incerta. La verità era che me la stavo facendo sotto dalla paura. Avevo il timore di chiudere gli occhi e non riaprirli più.
“Bella, andrà tutto bene.” Alice, come se mi avesse letto nel pensiero, si sistemò accanto a me, dal lato opposto di Edward e mi sorrise in maniera rassicurante.
“Non fa molto male – continuò – e ci troverai qui al tuo risveglio. Rilassati, passerà in fretta. Per noi, un po’ meno… fortuna che ci sono i bambini, altrimenti Edward potrebbe impazzire per l’attesa!” sghignazzò prendendo in giro suo fratello.
“Ah ah ah” rise sarcastico Edward. “Da quando stai con Jasper sei troppo spiritosa, Alice!” la canzonò.
Continuarono a prendersi in giro ed effettivamente mi rilassai, concentrandomi sul loro siparietto piuttosto che sulla mia imminente trasformazione.
Carlisle avvicinò una siringa al mio bracciò e mi iniettò una quantità abbondante di liquido trasparente. Iniziai ad avere sonno.
“Tesoro, dimmi quando inizi a sentire torpore agli arti.”
Annuii. Pochi secondi dopo il torpore arrivò e troppo stanca per parlare, afferrai la mano di Edward e sussurrai: “Ora”.
Di quello che accadde dopo ho ricordi confusi, l’ultima cosa che sentii furono le labbra di Edward sulle mie e poi un fuoco cominciò a bruciarmi nelle vene.



POV EDWARD


Erano trascorsi due giorni dall’inizio della trasformazione di Bella. Secondo Carlisle era quasi terminata, il suo cuore galoppava veloce e il suo colorito era già molto simile al nostro. Non vedevo l’ora che si svegliasse e anche i bambini non facevano altro che chiedere della loro mamma. Non gli avevamo permesso di vederla, stesa su quel lettino, immobile e con gli occhi chiusi. Erano ancora troppo piccoli e volevo evitargli qualunque tipo di trauma. Gli avevamo detto che era partita e sarebbe tornata presto. Stavo con loro tutto il giorno, la notte invece ero solo di Bella. Le parlavo, le stringevo la mano, le leggevo qualche pagina della Recherche, che Bella aveva iniziato a leggere durante la gravidanza ma che aveva poi messo da parte dopo la nascita dei gemelli.
Ogni bacio chiama un altro bacio. Ah! nei primi tempi di un amore i baci nascono con tanta naturalezza! Spuntano così vicini gli uni agli altri; e a contare i baci che si è dati in un'ora si faticherebbe come a contare i fiori di un campo nel mese di maggio.” Sospirai.
“Amore, mi manchi. Torna presto da me” sussurrai sulle sue labbra, ormai gelide come le mie. Mancava solo un giorno.
All’alba del terzo giorno, Alice e Jasper vennero a darmi il cambio perché i bambini si erano svegliati e avevano chiesto di me. Ma una voce e uno spostamento d’aria mi fecero fermare e voltare indietro, quando ero ormai sull’uscio della porta.
La vampira più bella e con il sorriso più dolce che avessi mai visto mi guardava con i suoi occhi rossi e perdutamente innamorati. Era un po’ impacciata, per via della scoperta dei suoi sensi ipersviluppati e della rapidità che i suoi movimenti avevano acquisito, ma si sarebbe presto abituata. Infatti, era ancora ferma accanto ad Alice e Jasper che monitorava il suo stato d’animo.
“È molto controllata” pensò Jasper, facendomi sorridere d’orgoglio. La mia Bella non avrebbe mai smesso di stupirmi.
“Alice, tu lo sapevi? Non è vero?” le chiesi, avvicinandomi.
Mia sorella mi fece un sorriso birichino e mi rispose nel pensiero: “Sì. Ho voluto farvi un regalo: i bambini stanno ancora dormendo, portala a caccia”
Le sorrisi e le scompigliai i capelli affettuosamente.
“Amore, come ti senti?” domandai a Bella.
“Bene, ma mi brucia la gola” rispose lei stupendosi della musicalità che aveva assunto il suo tono di voce.
“Sei splendida, ancora più di prima” le accarezzai il volto e scesi poi lungo il suo braccio fino a prenderle la mano e portarla vicino alle mie labbra.
“I bambini?” domandò a un tratto allarmata.
“Dormono di sopra, ci sono tutti gli altri con loro” la rassicurò Jasper.
“Andiamo a caccia, Bella. Credo proprio tu abbia molta sete!”


Correre nel bosco con lei fu una delle esperienze più belle e indimenticabili della mia vita. Vederla cacciare e saltare sugli alberi, come me e con me, mi riempiva il cuore di gioia. Niente avrebbe potuto più separarci, l’ultimo ostacolo, la sua mortalità, era stato abbattuto. Ci saremmo occupati dei Volturi più in là; per il momento, volevo godermi la mia splendida compagna e i miei meravigliosi figli, al riparo della foresta canadese.
“Ancora non riesco a leggerti nel pensiero” sospirai affranto, mentre le baciavo il collo. Il suo profumo non era cambiato, anzi era ancora più intenso ed invitante. Mi faceva andare fuori di testa. Eravamo nei pressi di un lago, stesi sull’erba a godere degli ultimi raggi di sole. Stavo ammirando la pelle di Bella brillare leggermente come la mia ed ero estasiato dalla visione dei nostri corpi uniti ed incastrati perfettamente. Non dovevo più preoccuparmi di dosare la mia forza, potevo amarla liberamente, senza freni, senza paura di farle del male.
“Credo che il mio scudo, con la trasformazione, si sia rafforzato” ansimò lei per via dei miei baci.
“Potrai allenare questo tuo potere, per estenderlo. Quando torneremo in Scozia, ti aiuterà Willie” - risposi e notai che era veramente poco interessata alle mie parole e totalmente presa dalla contemplazione del mio corpo– “Ma credo di riuscire comunque a leggerti dentro e a esaudire i tuoi desideri” la guardai malizioso, ricominciando a muovermi dentro di lei.
Ridacchiò e mi baciò famelica.
“Ti rendi conto, che adesso non ci sarà più niente che potrà farci astenere? Non dovrò dormire, non avrò il ciclo…”
“L’emicrania” aggiunsi io prendendola in giro e beccandomi uno scappellotto.
Mi lamentai per il dolore, ma mi ignorò.
“Non mi sono mai rifiutata adducendo come scusa la banalissima emicrania! Anzi, non mi sono mai rifiutata!” sbuffò, incrociando le braccia sotto il seno.
Mise su un falso broncio che durò veramente poco.
“Stavo scherzando, amore. So che non avresti mai usato una scusa così banale per rinunciare alle nostre fantastiche acrobazie…”
“Ruffiano” mi accusò, strusciandosi su di me.
“Vedi di farti perdonare…” mi sussurrò maliziosa nell’orecchio, facendo drizzare immediatamente Edward junior.
“Ho intenzione di farlo per l’eternità, amore mio”




NOTE

Ci siamo, è il penultimo capitolo di questa storia. Bella è diventata vampira, i bambini, che potete vedere nell'immagine in cima alla pagina (molto più grandi di come dovrebbero essere all'altezza cronologica di questo capitolo, però!) camminano e parlano. Beh, sono piccoli vampiri :)
Il libro della Recherche che Edward legge e da cui è tratta la citazione è Dalla parte di Swan.
Vi lascio con l'immagine della loro casetta in Canadà e del lago citato nel capitolo ^_^




Spero che il capitolo vi sia piaciuto, attendo le vostre impressioni :)

Vi do appuntamento alla prossima settimana, anche se con un po' di malinconia, perché sarà l'ultimo capitolo.

Baci,
Elettra


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Queste sono le storie che hanno partecipato al contest che avevo indetto sul forum di EFP. Sono molto belle e davvero meritevoli, fateci un salto e magari fate conoscere la vostra opinione alle autrici :)

How I Married your Mother di Postergirl84

Elegante come un pinguino, romantico come uno scimpanzé. di A strange dreamcatcher

Ora mi sposi? di Aiami

Will you marry me? di barbara91

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Capitolo 51
*** CAPITOLO 50 – HAPPINESS (FELICITÀ) ***


 

CAPITOLO 50 - HAPPINESS

 





 

 



 

“Ora so che se deciderò ancora di andare in cerca della felicità, non dovrò cercarla oltre i confini del mio giardino... perché se non la trovo là... non la troverò mai da nessun'altra parte...”
[dal film Il mago di Oz, 1939]








 

Due anni dopo la nascita dei gemelli e la trasformazione di Bella…

POV BELLA

“Mamma, adesso dove andiamo?” mi chiese Juliette seduta sul seggiolino della macchina, accanto a suo fratello, mentre ci lasciavamo alle spalle Volterra.
“A Roma, tesoro.” Risposi, girandomi per guardare i miei bambini.
Ancora stentavo a credere che eravamo riusciti a mettere da parte anche i Volturi e il pericolo che rappresentavano per la nostra famiglia. Potevamo davvero vivere quella vita felice e spensierata tanto desiderata sia da me che da Edward. Quel sogno di una vita che mi aveva dato la forza di affrontare le mie paure e le mie debolezze umane, che aveva permesso a Edward di perdonarsi per gli errori commessi in passato e a me di diventare padrona del mio destino. Quella vita che da due anni a questa parte era piena e felice grazie alla presenza di William e Juliette.
Complici i poteri di Edward e dei miei figli e il mio scudo, che ormai riuscivo a controllare, i Volturi avevano dovuto mettere da parte tutti i loro propositi e arrendersi di fronte all’evidenza e alla potenza dei nostri poteri. Avrebbero voluto che io e Edward ci unissimo a loro ed erano pronti anche ad uno scontro, ma il più saggio fra loro, Marcus, aveva bloccato i propositi dei suoi fratelli, ben intuendo che se si fosse arrivati a uno scontro, loro avrebbero perso. William e Juliette, figli di due talentuosi vampiri, avevano due poteri straordinari: William era in grado di manipolare le menti, facendo in modo che si generassero i pensieri che lui voleva, mentre Juliette era uno scudo molto potente, che non era solo protettivo come il mio, ma anche invasivo. Se utilizzato insieme al potere del fratello era un’arma potentissima. I pensieri di William, amplificati dallo scudo di Juliette, si erano intrufolati nella mente dei Volturi che non avevano potuto fare altro che arrendersi, lasciandoci per sempre in pace. Samantha era stata punita con la morte per quello che aveva fatto a me in Scozia.


Amplificai il mio scudo, avvolgendo la mente di Edward e pensai: “Avrei proprio voglia di un bagno nella vasca idromassaggio” facendo seguire alle mie parole, tutto quello che desideravo mi facesse. Immagini di me e lui, senza vestiti, nella vasca di casa nostra, nell’ Inverness-shire, si susseguirono nella mia mente e lo sentii chiaramente ruggire dal desiderio, mentre socchiudeva la porta della stanza della suite, dove dormivano i bambini, e mi raggiungeva prendendomi in braccio e portandomi nell’enorme bagno.
Quel che rimase dei nostri vestiti erano solo brandelli: la nostra passione era molto travolgente ed impetuosa, come il mare dello stretto di Drake. E spesso i nostri vestiti ne pagavano lo scotto. Il momento più divertente arrivava proprio quando avevamo finito di fare l’amore, e ancora stretti l’uno all’altra, ci rendevamo conto dell’entità dei danni, come i soldati che passano in rassegna il campo di battaglia, per contare i caduti.
“Non mi sembra ancora vero… finalmente possiamo vivere in pace!” sospirai, mentre disegnavo pigramente dei cerchi sul suo petto.
“A chi lo dici! Non credevo che i Volturi avrebbero ceduto così facilmente, non che non avessi fiducia nei nostri poteri o nella nostra buona fede, ma ero molto spaventato dai racconti di Carlisle sul loro terribile passato. Evidentemente, anche loro hanno deciso di cambiare e di mettere da parte i progetti di espansione del loro potere e della loro supremazia sugli altri vampiri. Sai, aumentano giorno per giorno i vampiri che si convertono al nostro stile di vita. Stiamo vivendo l’inizio di una nuova era, mia cara, segnata dalla convivenza pacifica tra umani e vampiri, dove non ci sono più prede e predatori, ma solo esseri diversi che vivono sullo stesso pianeta.”
Gli accarezzai il viso perfetto e gli baciai l’angolo della bocca che si piegò in un sorriso radioso.
“Sono felice che i nostri figli potranno crescere in un mondo migliore rispetto a quello in cui siamo cresciuti noi.”
Riprese a baciarmi, e cullati dalla schiuma dell’idromassaggio, facemmo di nuovo l’amore, ma con calma, senza l’urgenza di prima, senza il timore che qualcosa potesse accadere e interromperci; fu come se avessimo realizzato davvero, dopo due anni, che avevamo davanti a noi tutta l’eternità per amarci e che niente e nessuno ce lo avrebbe impedito.


“Si fa così: volgete le spalle alla fontana e una volta espresso il desiderio, lanciate la moneta oltre le vostre spalle, nell’acqua.”
“Papà, perché si fa questa cosa?” domandò Juliette, curiosissima come sempre.
“Beh, è tradizione che i turisti lo facciano: se si lancia una moneta nella fontana di Trevi ci si augura di tornare a Roma. Tu hai voglia di tornarci di nuovo?”
“Oh, sì!” esclamò la piccola, affascinata dalla spiegazione del padre.
“E perché dobbiamo esprimere un desiderio?” intervenne William.
“È un’antica tradizione romana, tesoro. Si dice che lanciare una monetina in una fontana o in un pozzo sacro portava la benevolenza degli dei locali.” Edward fece un occhiolino complice a William, appassionatissimo di storia e di antiche leggende, che si dimostrò entusiasta della spiegazione del padre.
I piccoli si presero per mano e si voltarono di spalle alla fontana, chiusero gli occhi, si concentrarono e contemporaneamente lanciarono la moneta nella fontana. Contenti e soddisfatti di aver mantenuto fede alla tradizione da turisti, vennero incontro a noi e ci abbracciarono.
“Mamma, papà, voi non lo fate?” domandò William.
“Beh, mamma, ci tocca!” Edward mi fece l'occhiolino e mi prese per mano. Ci posizionammo nello stesso posto in cui prima avevano lanciato le monetine i nostri figli.
Allungai il mio scudo sul mio compagno e pensai “Io potrei anche farne a meno… ho già tutto quello che desidero”. Edward si voltò verso di me e mi baciò con ardore.
“Ti amo ed è lo stesso per me.”
Gli sorrisi. “Ti amo anch’io” pensai.
“Noi lanceremo tre monetine.” Affermò deciso Edward.
“Come mai?” gli chiesi curiosa.
“Una leggenda racconta che, se si lanciano tre monete nella fontana, ognuna di loro equivale ad un desiderio. La prima riguarda il ritorno nella città di Roma, la seconda moneta farà sì che si incontri l’amore della propria vita e la terza farà avverare il desiderio di sposarsi. Il primo si avvererà di sicuro molto presto, il secondo lo abbiamo già realizzato… direi che ci manca solo il terzo” mi guardò così intensamente, con quegli occhi sorridenti e innamorati, che non potei fare a meno di mettergli le braccia al collo e incollare le mie labbra sulle sue. Ci staccammo solo per via delle risatine allegre dei nostri figli.


Stavamo passeggiando tra le rovine dell’antica Roma e mio figlio guardava con occhi pieni di meraviglia i resti della basilica di Massenzio all’interno del foro romano, mentre sua sorella ammirava poco più avanti, l’imponenza del Colosseo al tramonto; all'improvviso sentii qualcosa di più freddo della mia stessa pelle percorrere il mio anulare sinistro e fermarsi alla base del dito.
Mi voltai di scatto, cercando il volto dell’autore di quel gesto, e me lo trovai di fronte, con un sorriso delizioso e beffardo stampato in volto.
Credevo di essere tornata umana, per quanto ero rallentata nei movimenti e nei pensieri a causa dell’emozione.
“So che ne abbiamo parlato tante volte e che la pensiamo allo stesso modo riguardo al matrimonio. Non siamo credenti, non siamo umani e le leggi dei vampiri non contengono regolamenti in materia matrimoniale, semplicemente perché per noi, quando arriva l’amore è per sempre. Io ti amo e voglio trascorrere con te l’eternità e so che tu desideri la stessa cosa. Ed entrambi sappiamo che staremo insieme per sempre, perché non esisteremmo l'uno senza l'altra.”
Gli sorrisi e posai le mani sul suo petto. Nel farlo, guardai per la prima volta l’anello che mi aveva messo al dito e che sarebbe rimasto lì per sempre. Era un anello d’oro sottile, una fede a mani congiunte. Se fossi stata umana, di sicuro avrei pianto.
“Non sapevo quale tradizione scegliere, a quale credo fare riferimento, e così, complici Jasper e William, mi sono affidato alla tradizione romana. Togli l’anello.”
“No, perché?” risposi allarmata.
Ridacchiò.
“Devo farti vedere una cosa, giuro che poi non te lo farò togliere mai più.” Lo guardai negli occhi e credetti fermamente a quell’oro caldo che bruciava di amore.
Mi sfilò l’anello dal dito e mi mostrò la scritta che correva al suo interno.
“Si chiama –o meglio, i romani lo chiamavano – anulus pronubus. Più che un dono di nozze, quest' anello svolgeva una funzione simbolica ben precisa: era una sorta di "catena" simbolica attraverso cui lo sposo legava a sé la sposa, rivendicandone il pieno possesso. Di conseguenza, una volta infilato l'anulus al dito, la ragazza manifestava concretamente il suo impegno a rispettare il patto di fedeltà nei confronti del fidanzato. La scritta che ho fatto incidere all’interno Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia
"Dovunque tu sia, lì io sarò" conclusi io per lui la traduzione, con la voce tremante per l’emozione.
“Esatto. Era la formula matrimoniale latina.” Mi sorrise e fece una pausa. Intanto, Juliette e William, che evidentemente sapevano tutto, si erano avvicinati a noi.
“Bella, io non ho bisogno di un prete o di un pastore o di un sindaco o di nessun altro per dimostrarti il mio amore. E non sarà una firma a renderlo eterno. I nostri figli sono la firma più autentica del sentimento che ci lega e so bene che tu la pensi esattamente come me.” Annuii incapace di proferire parola. “Quindi, questa non è una proposta di matrimonio, questo è il nostro matrimonio. Non vedo luogo migliore delle rovine del tempio di Venus felix e momento più adatto di questo splendido tramonto romano o testimoni più sinceri dei nostri figli per giurarti amore eterno. Amore mio, ti amo e prometto di amarti e starti accanto, ovunque e per sempre, lo vuoi anche tu?”


“Oddio, ma certo che sì, Edward! Lo voglio! Ti amo tanto anch’io e prometto di amarti per l’eternità. Ubi tu, ibi ego” conclusi pronunciando solennemente quelle antiche parole e mi resi conto che non ce n’erano di più giuste per noi. Tutto era perfetto. Il luogo, il tempo e le parole. Noi eravamo perfetti, l’uno per l’altra.

 

Lo strinsi forte a me e lo baciai, lui rispose al bacio con ancora più ardore, mentre i nostri figli applaudivano ridendo.
Si unirono anche loro a noi, e stretti in un abbraccio collettivo ci voltammo ad ammirare il sole che tramontava al di là del Colosseo e accarezzava con gli ultimi raggi il tempio di Venere, la basilica di Massenzio e la nostra pelle che brillava impercettibilmente. Posai la testa nell’incavo del collo di mio marito e lui posò un bacio sul mio capo, stringendomi possessivamente la vita. Ringraziai mentalmente il destino, la fortuna o chi per loro per avermi fatto incontrare l’altra metà del mio cuore e avermi fatto conoscere e scoprire, con Edward e la nascita dei miei figli, che cos’è l’amore.





 

***FINE***




 



NOTE DELL'AUTRICE

Di seguito, una serie di immagini e link che riportano ai luoghi e agli oggetti citati nel capitolo. Se avete curiosità riguardo all'anello di Bella e al rituale del matrimonio nell'antica Roma, non esitate a chiedere! :)




Il canale di Drake, il mare più tempestoso del mondo ;)




Il cottage nell'Inverness-shire




La fontana di Trevi



L’anulus pronubus



Il tempio di Venus felix



La basilica di Massenzio




La frase Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia è stata tradotta liberamente nella storia. La traduzione letterale è "Dove tu, Gaio (Gaio o Caio tipico nome latino) sei, lì io, Gaia (Caia), sarò". Trovo che sia semplicemente perfetta per esprimere l'amore assoluto per una persona. :)


Spero che questo capitolo conclusivo vi sia piaciuto, se qualcosa non vi è chiaro o vi interessa sapere qualcosa in più delle citazioni, dei luoghi o delle leggende presenti nel capitolo, dovete solo chiedere!


E adesso, veniamo a noi...

Io amo i finali, ma non quando devo scriverli. Appartengo a quella categoria di lettori - e di persone – che prima di acquistare un libro leggono la riga finale. Quando però ci si ritrova a doverlo scrivere un finale, è tutta un’altra storia. Staccarmi da questi personaggi dopo tre anni è dura. Ma un punto alla fine bisogna metterlo e lasciare che i personaggi proseguano per la loro strada. Tutto è cominciato esattamente tre anni fa, il 12 maggio del 2010, ma come stabilire il momento esatto in cui comincia una storia? Tutto è sempre cominciato già prima. La prima riga della prima pagina di ogni romanzo rimanda a qualcosa che è già successo fuori del libro. Oppure la vera storia è quella che comincia dieci pagine più avanti e tutto ciò che precede è solo un prologo. (Se una notte d’inverno un viaggiatore, Italo Calvino)
Ho preso in prestito le parole del mio amato Calvino perché esprimono molto meglio di come farei io, quello che voglio dire.
Questa storia è nata in un momento particolare della mia vita e ad un certo punto ho sentito la necessità di scriverla. Mi ha accompagnata in questi tre anni costantemente, nonostante gli alti e i bassi che ci sono stati nella pubblicazione, nonostante a volte non riuscissi a scrivere o non ne avessi tempo. Ma è stata sempre dentro di me e in buona parte io dentro di lei. I personaggi continueranno a vivere nella mia testolina e non escludo di scrivere e di pubblicare in futuro spin off o extra di questa storia. Per ora, mi prendo una pausa. Ho in mente una storia, molto più leggera e diversa da questa, che probabilmente pubblicherò quest’estate, quando sarò un po’ più libera, quindi stay tuned ;) vi avviserò qui, nel caso vi andrebbe di leggerla.

Grazie a tutte voi che avete seguito questa storia, grazie a chi l’ha inserita tra le storie preferite e le ricordate.
Grazie per la vostra pazienza.
Un enorme grazie a chi ha commentato sempre (giova71, prudence78, beverlina e maryc), a chi ha commentato ogni tanto, a chi si è perso e poi è ritornato, e a chi ha commentato anche solo una volta.
Grazie anche a tutti i lettori silenziosi e a tutti i lettori che verranno. Tutto quello che avrete da dirmi e che mi scriverete sarà il benvenuto.
Oh - e questo vale anche per l’altra storia che ho concluso-, grazie infinite a chi mi ha inserito tra gli autori preferiti.
Adesso, con un groppo in gola, vado a spuntare la casella "completa".


A presto.
Un abbraccio,

Elettra

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Capitolo 52
*** AVVISO - NUOVA STORIA ***


Come promesso, volevo avvisarvi che ho iniziato a pubblicare una nuova storia Espresso
Spero di ritrovarvi lì :)

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