Perfect for each other

di chemist
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il giorno dopo ***
Capitolo 2: *** Sotto la mia protezione ***
Capitolo 3: *** La collana ***
Capitolo 4: *** Ritorno ***
Capitolo 5: *** Un passo in avanti ***
Capitolo 6: *** Comincia la lezione ***
Capitolo 7: *** Te ne andresti da me? ***
Capitolo 8: *** Pioggia ***
Capitolo 9: *** Qualcuno di tuo ***
Capitolo 10: *** Giustizia ***
Capitolo 11: *** Io sono tua e tu sei mio ***
Capitolo 12: *** La verità recondita ***
Capitolo 13: *** Tieni viva la memoria ***
Capitolo 14: *** In pochi istanti ***
Capitolo 15: *** Al buio ***
Capitolo 16: *** Il gioco del trono ***
Capitolo 17: *** Resa dei conti ***
Capitolo 18: *** Un campione per il Folletto ***



Capitolo 1
*** Il giorno dopo ***


Capitolo 1: Il giorno dopo

“Non entrerò nel tuo letto. Non lo farò fino a quando non sarai tu a volerlo”.
 
Quelle parole, pronunciate solo qualche ora prima, fecero capolino come un flebile sussurro nella mente di Tyrion Lannister nel momento in cui si svegliò. Strano affare: non aveva ancora smaltito del tutto l’enorme quantità di vino bevuta la sera precedente, in effetti ricordava ben poco, ma quelle parole…era come se non avessero mai lasciato i suoi pensieri. Avrò fatto la scelta giusta?, si ritrovò a chiedersi.
 
Qualche secondo dopo fu in grado di rimettere a posto tutti i ricordi. Aveva sposato Sansa Stark. Aveva partecipato ad una cerimonia che, tanto per cambiare, sembrava più una farsa che altro. Aveva avuto l’ennesimo scontro verbale con suo nipote, l’odioso e infantile re Joffrey. E si era ritrovato da solo con la sua nuova moglie, decidendo infine di non consumare il matrimonio.
 
Ripercorrere i momenti di quella giornata gli fece venire l’amaro in bocca. Non era stato lui a pianificare quell’unione: la brillante idea era stata di suo padre, lord Tywin Lannister, sempre concentrato sulle sue ineluttabili strategie politiche. Tuttavia, non gli sarebbe affatto dispiaciuto ricevere un pizzico di comprensione in più da parte di Sansa, che invece era stata silenziosa e assente per tutta la durata del banchetto nuziale.
 
Il suo rimuginare venne interrotto da un rumore improvviso, che lo fece sussultare. Stava cercando in maniera goffa di rimettersi in piedi dallo scranno, zuppo di sudore e saliva, sul quale aveva dormito ed andare così a scoprire cosa fosse stato, quando una voce familiare scacciò via ogni suo dubbio: “lady Sansa, ti ho portato la colazione”.
 
Shae.
 
Si era quasi scordato di Shae e delle sue scenette di gelosia alla vigilia del matrimonio. Sapeva di essere stata una semplice puttana fino a poco tempo prima, ma ciò non le impediva di comportarsi in maniera eccessivamente morbosa nei suoi confronti. Continuava a chiamarlo ‘mio leone’ e ad esporgli progetti futuri che difficilmente si sarebbero realizzati. Gli aveva addirittura proposto di fuggire oltre il Mare Stretto, trovare una nuova sistemazione in qualche lussuosa e luminosa città del Continente Orientale e recidere ogni legame con la propria famiglia. Forse avrei dovuto darle ascolto, pensò Tyrion.
 
“Dovresti imparare a bussare”, disse invece sarcasticamente. Shae non rispose ma non perse l’occasione di fulminarlo con lo sguardo, per poi afferrare una vestaglia con fare stizzito ed andare ad aiutare Sansa ad indossarla.
 
Fortunata lei che può farlo, si disse amaramente Tyrion. Lui, il giorno prima, si era ritrovato nella stessa situazione, ma con un ricchissimo mantello nuziale anziché un’umile vestaglia e davanti a decine e decine di persone, piuttosto che in solitudine. E ancora una volta era stato troppo basso: Dontos Hollard, il giullare di corte, era stato costretto a chinarsi per permettere a lui di salire sulle sue spalle e compiere il proprio dovere, mentre il resto dei presenti neanche si sforzava di reprimere risatine e commenti umilianti. A Dontos non importava nulla, era stato privato di ogni dignità, ma a Tyrion Lannister importava eccome. Avrebbe voluto mandarli tutti alla dannazione. E l’umiliazione più grande, più pesante, gli fu offerta proprio da Sansa, che nemmeno per un momento pensò di accovacciarsi per facilitare le cose.
 
Quando finalmente trovò la forza di alzarsi dallo scranno, incrociò lo sguardo con sua moglie. Era bella, la piccola Sansa, con l’incarnato pallido come la neve, i capelli fluenti di colore rosso e gli occhi azzurri come il ghiaccio della Barriera, e altrettanto freddi, che ora lo scrutavano con aria guardinga. Non gli era mai sembrata così imbarazzata come in quell’istante, la povera ragazza che egli aveva sposato: non sapeva cosa dire, neanche per dargli il buongiorno, quindi con la schiena rigida e il passo tremolante si limitò ad avvicinarsi al tavolo e a consumare la colazione, tenendo gli occhi bassi per tutto il tempo.
 
Fu allora che Tyrion se ne ricordò: è una bambina, è solo una bambina che sognava di sposare un principe e di divertirsi con le dame di corte. E tu hai contribuito a infrangere i suoi sogni, tanto quanto Joffrey, Cersei e tutti gli altri. Si odiava per questo. Si odiava per tante cose, in verità.
 
Poi la sua attenzione fu di nuovo catturata da Shae, che nel frattempo stava riordinando il letto di Sansa. Era di spalle, ma riuscì comunque a percepire la sua sorpresa nel vedere le lenzuola candide e pulite come le aveva lasciate il giorno prima, indice incontrovertibile del fatto che tra il Folletto e la giovane Stark non fosse accaduto nulla. Vide Shae voltarsi e rivolgergli un sorrisetto appena accennato, al quale rispose con uno sguardo innocente dei suoi occhi asimmetrici.
 
Dopo essersi assicurata che a Sansa non mancasse nulla, Shae se ne andò, decisamente più calma rispetto a quando era entrata. Tyrion si ritrovò allora da solo con Sansa e rimase per qualche istante a fissarla: continuava a reputare il loro matrimonio una pessima idea, però era sinceramente incuriosito da quella ragazza, un’anomala figura gentile in mezzo a tante maschere e tante malelingue. Le buone maniere stavano diventando il suo scudo: ne aveva passate tante, decisamente troppe per una della sua età, ma aveva sempre trovato il modo di andare avanti. Ed ora era lì. Tyrion sorrise, ma quando Sansa finalmente alzò gli occhi incontrando i suoi si sentì fuori luogo, quindi tenendosi a debita distanza (quasi come se non volesse avvicinarsi troppo ad un animale spaventato) farfugliò: “bene, spero che la colazione sia stata di tuo gradimento, Sansa. Ora vado, i miei doveri da maestro del conio mi chiamano. A presto”.
 
Tyrion attese una risposta che, tanto per cambiare, non arrivò. Dunque si voltò e si incamminò verso la porta, quando all’ultimo momento Sansa si fece coraggio: “ti auguro una buona giornata, mio lord”.
 
Il Folletto indugiò per un secondo sull’uscio, poi con voce accondiscendente disse, di rimando: “mi chiamo Tyrion”.

 

 
"Com’è stato?”, fu l’unica cosa che continuava a domandargli Bronn. L’ex mercenario era sempre a suo agio in quel genere di conversazioni ed era sempre stato molto curioso quando si parlava di donne.
 
Tyrion non lo diede a vedere, ma si vergognava: come poteva spiegare ad uno come Bronn le motivazioni dietro la sua decisione di non sfiorare nemmeno la ragazza Stark? Non avrebbe mai capito. Prese tempo sorseggiando lentamente il vino dalla sua coppa, poi scelse di non rivelargli niente, almeno per il momento.
“Piacevole”.
“Meglio o peggio che con Shae?”.
“Come puoi chiedermi una cosa del genere?”
“Hai ragione, hai ragione”, acconsentì Bronn, ricordandosi del fatto che la ragazzina che aveva appena sposato il suo amico non avrebbe mai avuto né la stessa malizia, né soprattutto la stessa esperienza di Shae. “Ma almeno ti è piaciuto?”.
“Si…”.
“E lei? Come si è comportata?”.
 
Tyrion deglutì: era davvero in difficoltà davanti a quelle domande, non riusciva neanche più a fingere. E di certo non si poteva dire di Bronn che fosse una persona discreta. Quindi si convinse a vuotare il sacco: si guardò intorno con attenzione per assicurarsi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze oltre a loro, si chinò verso Bronn e gli fece cenno con l’indice di avvicinarsi per sentire quanto aveva da dire.
“Non ho consumato il matrimonio”.
“Cosa?”. Bronn assunse un’espressione stranita e allargò le braccia per cercare conferme su quanto aveva appena udito.
“Mi hai sentito”.
“Perché?”.
“Perché, Bronn? Me lo chiedi pure?”, rispose Tyrion, seccato. “Quando siamo tornati nelle nostre stanze non riusciva neppure a guardarmi, tanto era spaventata. È stato uno strazio. Non potevo semplicemente fregarmene e scoparla, Bronn. Non è così che funziona. Ha solo 14 anni”.
 
Bronn attese in silenzio la fine del racconto e non disse nulla neanche dopo. Tyrion era diverso da lui e certe volte proprio non capiva le sue azioni, ma ormai ci aveva fatto l’abitudine e non si interrogava più di tanto sul perché di certe cose. Fu allora il Folletto a riprendere la parola.
“Bronn, quanto ti ho appena detto deve restare tra noi. Nonostante tutto io mi fido di te, e pare che tu ti fidi del mio oro. Dunque, giurami che non lo dirai a nessuno”.
“Io sarò muto e nessuno lo verrà a sapere da me. Ma sai bene che in questa città nessun segreto resta tale troppo a lungo”.
“Lo so”, disse Tyrion con aria preoccupata. Sapeva quanti occhi ed orecchie indiscrete si nascondessero tra quelle mura, in quei giardini, persino nelle stanze più appartate. “Di quello mi occuperò io”.
“E di tuo padre cosa mi dici?”.
 
Era proprio suo padre Tywin a fargli paura in tutta quella faccenda. Se fosse venuto a sapere della sua decisione, glie ne avrebbe senz’altro fatto pagare le conseguenze. Ciò nonostante, Tyrion continuò a mostrarsi convinto.
“Mio padre…mio padre mi ha costretto a fare cose fin da quando ero bambino. Ha sempre avuto in mano la mia vita. Ma stavolta è diverso: non si tratta solo di me”. Si tratta anche di Sansa. Non avrebbe permesso a suo padre di traumatizzare anche lei; non più di quanto non avesse già fatto, almeno.
 
Detto questo, Tyrion bevve l’ultimo sorso di vino rimasto nella coppa e con passo deciso s’incamminò altrove.

 

 
Quando rientrò nelle stanze trovò il tavolo già apparecchiato per la cena, composta da stufato di carne e qualche verdura, dunque si sedette e si servì immediatamente: le giornate ricche di impegni come quella gli mettevano appetito. Sua moglie, d’altra parte, continuava a mangiare poco, troppo poco, ma Tyrion pensò che non fosse ancora il momento di spronarla a far questa o quell’altra cosa. Meglio restare un po' in disparte, per lasciarle il tempo di abituarsi alla vita da coniuge.
 
Parlarono poco per tutta la durata della cena, limitandosi a domandarsi reciprocamente come avessero trascorso il pomeriggio o cosa avrebbero fatto il giorno seguente, il tutto condito dalla solita, inamovibile patina di cortesia e formalità che a Tyrion piaceva poco, ma che non si azzardava a contestare: sapeva che Sansa era più a suo agio a parlare in quella maniera.
 
Dopo la cena stava quindi per andare a dormire, di nuovo sullo scranno su cui aveva dormito la notte prima: non era poi così male, a lui serviva poco spazio e lì, lontano dalla sua moglie ragazzina, poteva abbandonarsi al sonno o ai pensieri senza il ‘pericolo’ di infastidirla. Stava sbottonandosi il farsetto quando Sansa ruppe nuovamente il silenzio che aleggiava tra di loro.
“Perché?”.
Tyrion all’inizio non capì: “cosa intendi, Sansa?”.
“Perché ieri sera hai deciso di non fare nulla?”.
Il Folletto la fissò per un lungo momento. Non si aspettava di ricevere quella domanda: pensava che sarebbe semplicemente andata avanti nella vita quotidiana, cercando a poco a poco di eliminare ogni ricordo di quegli imbarazzanti istanti. Almeno aveva avuto il coraggio di affrontare subito l’argomento.
“Non fraintendermi Sansa, sei una ragazza splendida…anzi, direi che ora sei a tutti gli effetti una donna ma…ricordi la mia promessa? Non ti farò mai del male. Ebbene, intendo tenervi fede, e ieri sera ho capito che consumare il matrimonio sarebbe stato un po' come farti male, dal momento che non eri pronta”.
 
Per la prima volta, credette di cogliere negli occhi cristallini di Sansa una sorta di empatia. Forse stava cominciando a capire tante cose.
 
“E tuo padre? Cosa penserà?”.
Di nuovo quella domanda. Tyrion ripensò inevitabilmente alla discussione avuta qualche ora prima con Bronn. E fornì a Sansa la stessa risposta.
“Mio padre ha già rovinato la mia, di vita”, disse con un sorriso amaro. “Non permetterò che rovini anche la tua. Buonanotte, Sansa”.
Tyrion era stanco e assonnato, così riprese a cambiarsi per la notte. Poi successe qualcosa che lo sorprese anche più della domanda che Sansa le aveva posto poco prima: sua moglie gli si avvicinò lentamente e riprese a parlare.
“Ieri sera ti addormentasti subito dopo, quindi non ebbi modo di dire nulla…ma ho apprezzato molto la tua comprensione e la tua onestà nei miei confronti. Grazie, mio lord”.
 
Tyrion rimase per un po' a contemplare il suo sguardo, cercando di decifrarlo. Poi le rispose con un piccolo cenno del capo e si coricò, non prima di far uscire dalle labbra, ammorbidite in un sorriso stavolta sincero, un ultimo commento su quanto Sansa gli aveva appena detto:
“Tyrion, Sansa. Mi chiamo Tyrion”.
Se siete arrivati fino a questo punto, vi prego di continuare a leggere ancora qualche riga:
1 ) Avevo in mente già da qualche tempo di iniziare a scrivere una storia su Tyrion e Sansa, l’unica coppia (se così la si può definire) di Game of Thrones con la quale abbia mai empatizzato. Non so quando arriverà il prossimo capitolo, ho già immaginato per sommi capi come far evolvere la vicenda, ma ovviamente non c’è ancora nulla di definito o di definitivo, quindi vediamo ;)
2 ) È un primo capitolo molto lungo, ma devo dire che volevo che fosse esattamente così. Nei prossimi cercherò magari di regolarmi meglio con la lunghezza.
3 ) Ho scelto di scrivere tutto dal punto di vista di Tyrion, ma nei prossimi capitoli cercherò di assumere anche quello di Sansa. La stessa Sansa è stata poco caratterizzata in questo capitolo ma vorrei preparare per lei un’evoluzione adeguata a quello che è il suo personaggio. Spero di riuscirci.
4 ) Ovviamente, nella scheda della FF cito solo Tyrion e Sansa perché sono i protagonisti, ma appariranno tanti altri personaggi ;)
5 ) Sono relativamente ‘nuovo’ su questo sito, per ora ho scritto poco (anzi pochissimo) e devo senz’altro migliorare il mio stile, ma per ora spero di non risultare troppo pessimo…
6 ) Titolo e introduzione della storia non sono il massimo, me ne rendo conto, ma ero un po' a corto di idee…
Credo che sia tutto, se vi va fatemi sapere con una recensione cosa ne pensate, lo apprezzerei molto. A presto!

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Capitolo 2
*** Sotto la mia protezione ***


Capitolo 2: Sotto la mia protezione

“Parlami della tua prima notte di nozze!”.
 
Tra tutte le domande che Margaery Tyrell avrebbe potuto rivolgerle, quella era proprio la meno desiderata da Sansa Stark. La giovane ragazza dai capelli rossi provava ancora molto imbarazzo nel ripensare a quella sera, non a caso non ne aveva ancora parlato con nessuno, nemmeno con Shae. L’unica persona che gli aveva infuso un pizzico di coraggio nell’affrontare l’argomento era stato proprio suo marito, Tyrion Lannister.
 
Non aveva voglia di parlarne, ma sapeva di doverlo fare. Il giorno precedente Margaery aveva trascorso l’intera giornata al Fondo delle pulci, dove spesso si recava per far visita ai poveri ed ai bambini da lei tanto amati, e che tanto la amavano. In pratica, dunque, lei e Sansa non si vedevano dal banchetto nuziale, così la futura regina la invitò a pranzo per trascorrere un po' di tempo insieme. Parlare della sua notte di nozze sarebbe stato inevitabile, Sansa lo capì subito; ma d’altra parte era felice dell’invito di Margaery, una delle poche persone che la trattava con gentilezza in tutta Approdo del Re. Ormai la considerava un’amica e aveva bisogno di lei in quei giorni ricchi di incertezze.
 
“È stato…è andato tutto bene, vostra grazia”, disse allora Sansa balbettando, rossa in viso.
“È stato doloroso? Lord Tyrion ti ha fatto male?”.
“N-no, vostra grazia”.
Margaery la scrutò con i suoi intensi, bellissimi occhi castani, che ogni volta sembravano poter penetrare fino ai più remoti meandri della mente di chi le stava di fronte, mentre Sansa teneva bassi i suoi per l’imbarazzo. In quell’improvviso silenzio, spezzato di tanto in tanto solo dalle voci in lontananza della corte della capitale e dall’infrangersi delle onde marine sugli scogli, era possibile udire chiaramente il suo respiro ansioso, e forse pure il battito irregolare del suo cuore. Accorgendosi del suo disagio, fu di nuovo Margaery a rompere gli indugi, stavolta definitivamente:
“Non avete consumato il matrimonio, vero?”.
 
Sansa rinsavì bruscamente dal torpore che il silenzio e la brezza estiva le stavano causando ed un brivido percorse la sua schiena. Come fa a saperlo?, si domandò in preda al panico. Inizialmente immaginò che qualcuno glie lo avesse detto, ma chi poteva essere stato? Gli unici a conoscenza della cosa erano Tyrion e Shae. Tyrion non avrebbe mai potuto farlo: ne avrebbe provato vergogna lui stesso, e non era il tipo da mostrarsi debole davanti ad altre persone, tanto meno i Tyrell. E Shae…si fidava di Shae, troppe volte aveva espresso davanti a lei il proprio odio per re Joffrey senza che lei avesse mai rivelato nulla a nessuno. No, non glie lo ha detto nessuno. Deve averlo capito da sola.
Fu la stessa Margaery a confermarle il secondo pensiero, sorridendole dolcemente: “se fosse accaduto qualcosa, non mi avresti risparmiato alcun dettaglio. Sono sicura che non sia accaduto niente perché non sai cosa dire”.
 
Era incredibile la sua capacità di capire le persone al primo colpo, di approcciarsi a chiunque sempre nella maniera giusta e sempre con parole opportunamente misurate. Sapeva sempre tutto. E doveva aver capito al primo colpo anche che Joffrey era un essere spregevole, ma nonostante ciò riusciva ad inculcargli le proprie volontà e a renderlo docile quando era infuriato. Sarà una regina perfetta, pensò Sansa. “Vostra grazia, vi prego di non farne parola con nessuno. Se non per me, fatelo per il lord mio marito: sarebbe poco rispettoso nei suoi confronti”.
 
Ma si stava veramente preoccupando per la reputazione di un Lannister? Oppure, semplicemente, non voleva sentirsi di nuovo addosso gli occhi di tutta Approdo del Re, con nelle orecchie i commenti divertiti del re e dei suoi insulsi cortigiani?
Come se non ci fossi già abbastanza abituata.
“Certo che no, Sansa, resterà tra di noi. Ma, se posso chiedertelo…come mai?”, rispose Margaery, sinceramente interessata.
Sansa prese a tormentarsi le maniche del vestito. “Io…io credo che lord Tyrion non abbia voluto fare nulla contro la mia volontà. Deve avermi vista inquieta e ha detto che non entrerà nel mio letto fino a quando non sarò io a volerlo”.
Margaery le rivolse uno sguardo compassionevole: “eri davvero così spaventata?”.
Sansa le fece cenno di si con la testa mentre i suoi occhi azzurri iniziavano a riempirsi di lacrime.
La ragazza Tyrell le asciugò prontamente con l’indice della mano destra, mentre con la sinistra le accarezzò delicatamente il braccio. Sansa trovò quel gesto incredibilmente tranquillizzante e si fece trasportare da quel morbido tocco.
Margaery allora mutò espressione, tornando sorridente e forse anche un po' divertita: “avevo ragione su Tyrion. Ti avevo detto che avrebbe potuto sorprenderti”.
“Cosa significa, vostra grazia?”.
“Sono sicura che Tyrion ti trovi molto bella, Sansa, e se fosse stato per lui avrebbe senz’altro fatto il proprio dovere di marito; ma è anche un uomo onorevole, e il suo onore gli ha impedito di iniziare qualcosa che ti faceva paura. È stato molto gentile da parte sua”.
Sansa, decisamente più calma rispetto a pochi istanti prima, non poté fare a meno di essere d’accordo con l’amica e annuì: “l’ho già ringraziato per questo”.
“Nondimeno, un matrimonio è un matrimonio”, affermò Margaery, tornando seria. “Il fatto che tuo marito non ti abbia ancora toccata dimostra che ha un profondo rispetto per i tuoi sentimenti, più profondo di qualunque altro uomo. Abbi anche tu rispetto per lui: sei sua moglie e in quanto tale devi dargli dei figli”.
“Ma…è un Lannister, vostra grazia. La sua famiglia è in guerra contro la mia”.
“Proprio perché è un Lannister, il vostro matrimonio potrebbe essere un vantaggio per tutti”, disse la futura regina sottovoce, come se anche nella solitudine in cui si trovavano temesse orecchie infide. “Questa guerra ha già fatto scorrere troppo sangue, e la vostra unione potrebbe essere sfruttata come un accordo, una tregua. E poi i Lannister, che ti piaccia o no, sono una casa ricca e potente, e i vostri figli in futuro potrebbero diventare signori non solo di Grande Inverno, ma anche di Castel Granito”.
Sansa non seppe se essere lusingata o offesa, bramosa o intimorita. Non le era mai importato nulla di politica e degli intrighi che vi stanno dietro.
Margaery le carezzò di nuovo la guancia e concluse il discorso: “la gente parla di te tutto il tempo perché sei più importante di quanto tu immagini, Sansa. Succederanno grandi cose nella tua vita, e tu diventerai una donna straordinaria”. Mentre rifletteva su tutto ciò, Margaery si rivolse alle sue ancelle: “e ora portate qualche dolce, di quelli che piacciono tanto a lady Sansa”.
Si, è proprio una regina perfetta. Non è come Cersei, non costruirà il suo regno sulla paura: lo costruirà sull’amore e sulla giustizia.
Nonostante fosse estate, il clima ad Approdo del Re era particolarmente mite, specie di sera. E fu per questo che quella sera Sansa decise di fare una passeggiata per le strade della capitale. Non era solita passeggiare in ora tarda, ma dopo il matrimonio con Tyrion era uscita dalle sue stanze solo per il pranzo con Margaery e per andare, come suo solito, nel Parco degli Dei a pregare; era da tempo che non visitava quel mondo in fermento ai piedi della Fortezza Rossa, fatto di magazzini, locande, bancarelle e bordelli. Dall’alto della propria finestra, talvolta dimenticava che ci fosse qualcosa anche laggiù, qualcosa che si ripeteva identico ogni giorno a prescindere da chi sedesse sul Trono di Spade o da chi fosse il Primo Cavaliere.
 
Sansa si fece rapire dalle voci e dagli odori che la circondavano. C’erano cose piacevoli, come le risate dei bambini che giocavano o gli odori provenienti dalle cucine delle locande, e cose che la inquietavano, come i rumori e le urla che fuoriuscivano dai bordelli o il luccichio delle cappe dorate della Guardia Cittadina, che le ricordavano che erano ancora in tempi di guerra.
 
Pensò allora a quando entrò per la prima volta ad Approdo del Re, e ricordò che la capitale le era sembrata un sogno ad occhi aperti: era entusiasta di andare a Sud per conoscere la corte reale e per diventare la promessa sposa di Joffrey. Al suo fianco c’erano suo padre, l’onorevole Ned Stark, e sua sorella Arya. Per come si sarebbero messe le cose, di lì a poco, sarebbe stato molto meglio non lasciare mai Grande Inverno. Che stupida che sono stata.
 
Passare di tanto in tanto davanti ai bordelli le fece tornare in mente ancora una volta Tyrion, nonché quello che le aveva detto Margaery poche ore prima. Il Folletto era noto per la sua lussuria e per essere stato in passato un avido frequentatore di quelle ‘case del piacere’. Sarebbe tornato lì, se lei avesse continuato a rifiutare di accoglierlo nel proprio letto? Avrebbe mai trovato il coraggio di compiere il proprio dovere di sposa?
 
Davanti all’ingresso di uno di quei bordelli, Sansa credette di vedere tre uomini che la fissavano e si scambiavano cenni col capo. Deglutì e iniziò a sudare leggermente dalla fronte, ma proseguì oltre facendo finta di nulla. Quando però sentì dei passi alle sue spalle, la sua inquietudine aumentò.
“Sansa Stark?”, disse una voce dietro di lei.
Il sangue le si gelò nelle vene. Per istinto, per puro istinto, continuò a camminare, come se non fosse successo assolutamente niente. Sperava di aver capito male, che fosse tutto nella sua testa. Ma la presa ferrea di una mano sul suo braccio sinistro la riportò alla realtà.
“Si, è decisamente lei”.
“Chi siete? Cosa volete da me?”.
“Niente”, disse l’uomo che l’aveva fermata, mentre gli altri due sghignazzavano poco distanti. Non si era sbagliata: erano proprio i tre che aveva intravisto poco prima. “Vogliamo solo divertirci un po'”.
 
Sansa non riuscì a capire se fossero uomini del popolino o di rango più elevato. Il sudore e la paura le offuscarono la vista; lo stesso effetto ebbe anche l’alito maleodorante dell’uomo che le si stava avvicinando. E rimase pietrificata quando questi le baciò il collo, in una maniera che però riusciva a definire soltanto malata. Al viscido contatto con la lingua di lui, la ragazza trasalì e d’impulso scostò il viso dell’aggressore, disgustosamente impregnato di saliva e alcol.
“Che c’è, ragazzina? Non ti piacciono gli uomini interi? Solo i mezzi uomini?”, disse lui mentre le si avvicinava nuovamente. E di nuovo Sansa lo respinse.
“Certo che per essere una lady ti agiti parecchio!”. L’uomo parve pericolosamente seccato. “Va bene, allora. Se tu non vuoi partecipare, farò da solo. Alf, Tom, tenetela ferma”.
 
Quelle parole portarono la disperazione sul volto di Sansa. Provò a fuggire, ma le ampie gonne che indossava la rendevano lenta e fu facile per i due compagni dell’uomo che la stava molestando afferrarla e riportarla indietro.
“Adesso, troietta, ti faccio vedere com’è fatto un vero uomo”, disse ridendo l’uomo ubriaco, mentre si slacciava le brache. “E quando avrò finito, sarà il turno degli altri due”.
“Non consumarla troppo, Jorgen”, bofonchiò divertito Tom. “Altrimenti per noi non ci sarà gusto”, gli fece eco Alf.
Jorgen iniziò ad esplorare con le sue sporche dita le cosce di Sansa. La rossa, in lacrime, li implorò di smettere, ma sapeva che sarebbe stato tutto inutile. Qualche momento dopo sentì le dita dell’uomo ritirarsi, ma fu tutt’altro che un sollievo, perché significava che Jorgen stava tirando fuori il suo membro eretto. Ebbe dunque un mancamento, sentì le forze abbandonare il suo corpo e credette di stare per svenire.
 
Quel che accadde dopo le fu poco chiaro, perché accadde molto in fretta e si sentiva fortemente frastornata. Sentì gli zoccoli di alcuni cavalli cozzare sul suolo pietroso, mentre Alf e Tom dietro di lei allentavano a poco a poco la presa.
“Che sta succedendo qui?”, una voce squarciò le risate sommesse dei tre molestatori. “Cosa ci fate voi con mia moglie?”.
Jorgen si voltò e prima che trovasse qualcosa da dire un pugno gli arrivò dritto sul muso, scaraventandolo a terra con violenza. La bocca, quella bocca che poco prima aveva cinto il collo di Sansa, ora grondava sangue.
“Proprio un bel colpo, Bronn. Ora occupati degli altri due mentre io scambio qualche parola con il nostro amico”.
L’ex mercenario estrasse la spada e con fare minaccioso si avvicinò ad Alf e Tom, che pur essendo in superiorità numerica indietreggiarono intimoriti. “Per oggi è tutto, barboni”, li schernì. “Tornatevene nelle vostre case da pezzenti”.
 
Jorgen intanto si rialzò e si trovò davanti una sagoma confusa che però riconobbe essere quella di Tyrion.
“Mezzo uomo…”
“Già, sono un mezzo uomo. Eppure ti guardo dall’alto verso il basso e tu sei a terra con un labbro spaccato. Sicuro di non essere più piccolo di me?”.
Tyrion lanciò all’uomo un altro feroce sguardo, prima di dargli le spalle e incamminarsi verso il suo cavallo.
“Non finisce qui, Lannister”.
“Non mi sembra la frase giusta da dire ad una persona che potrebbe farti uccidere con un semplice schiocco di dita, e che non lo fa solo per evitare spargimenti di sangue davanti alla propria signora. A proposito, Podrick, aiuta lady Sansa a rialzarsi e falla salire sul tuo cavallo”, disse Tyrion al suo scudiero, che eseguì prontamente l’ordine. Poi, il Folletto si rivolse un’ultima volta a Jorgen: “azzardati di nuovo a toccare mia moglie e farò mettere la tua testa su una picca”.
 
Sansa era sconvolta da quanto le era successo, ma quando rinvenne fu sollevata nel vedersi appoggiata alle spalle di Podrick Payne, su un cavallo diretto alla Fortezza Rossa. Il peggio era passato.
Sentì anche Tyrion scherzare con Bronn: “’tornatevene nelle vostre case da pezzenti’? Dimmi, hai forse dimenticato da dove vieni tu?”.
“Sono un cavaliere, ora”.
Tyrion continuava a sorridere quando si accorse che Sansa si era ripresa.
“Sansa…finalmente. Come stai?”.
La Stark iniziò a ricordare. Era stato lui a soccorrerla. Ancora una volta. “Adesso bene…grazie a voi che mi avete salvata, mio lord”.
“Tyrion” la corresse il Folletto, rincuorato dal vederla in migliori condizioni. “Chiudi gli occhi, Sansa, e riposati: l’andamento del cavallo potrebbe farti girare la testa. Parleremo di tutto più tardi, nelle nostre stanze. E tu, Pod, non prenderci troppo gusto: ti ricordo che lady Stark è sposata con me”, disse con aria canzonatoria ma giocosa. Lo scudiero arrossì.
Dopo un bel bagno caldo, Sansa tornò nelle sue stanze. Era ancora scossa, ma non ricordava l’ultima volta in cui era stata così felice di tornare in quel posto. Lì, seduto su una sedia a rimuginare, vi trovò Tyrion.
“Sansa, eccoti. Ti senti meglio?”.
“S-si”.
“Bene, ne sono contento. Ascolta…so che sei ancora spaventata e magari avresti bisogno solo di riposare un po', ma ho bisogno che tu mi racconti per bene come sono andate le cose”.
 
Sansa ubbidì, e Tyrion rimase in silenzio per tutta la durata del racconto. Sansa percepì in lui la rabbia per gli atteggiamenti di quegli uomini ed il sollievo nel sapere che non avevano avuto il tempo di prendere la sua verginità. Alla fine, il Folletto riprese a parlare.
“Ciò che ti è accaduto è orribile, Sansa, e ti assicuro che quelle persone non resteranno impunite per quello che hanno fatto. Oggi hanno ricevuto solo minacce, alla prossima azione pagheranno con la vita. Temo che ci sia qualcuno dietro di loro, che spera di ferire anche me”.
Sansa non capiva: “e chi potrebbe essere?”.
“Non lo so, ma intendo scoprirlo”.
 
Sansa, con un nodo alla gola, rimase per qualche istante a fissare suo marito, ancora assorto da preoccupanti pensieri. Questo fece apparire sui suoi occhi un velo di lacrime.
“Tyrion…”, il fatto che l’avesse finalmente chiamato per nome, e non ‘mio lord’, attirò improvvisamente l’attenzione del Folletto. “Mi dispiace, mi dispiace tanto. Sono una ragazzina stupida e incosciente, non avrei mai dovuto aggirarmi in città da sola…quel che è successo è solo colpa mia”.
Tyrion la interruppe facendole segno con le mani di fermarsi. “No, Sansa, non è colpa tua, e non sei affatto stupida. Né tanto meno sei una prigioniera: devi sentirti libera di andare dove vuoi. Sono io che avrei dovuto proteggerti in maniera più adeguata. Quando ci siamo sposati, nel Tempio di Baelor, ho posto un mantello sulle tue spalle”. Tyrion insistette sulla parola ‘mantello’, e non era un caso. “Sai cosa significa quel mantello? Che ora sei sotto la mia protezione. E, per quanto è in mio potere, non permetterò a nessuno di farti del male”.
 
Il ricordo dell’episodio del mantello fece sentire Sansa ancora più in difetto nei confronti di suo marito. Solo allora realizzò di essersi comportata in modo infantile e totalmente irrispettoso. Se ne vergognò profondamente.
“Mi dispiace anche per quello”, disse.
“Cosa intendi?”.
“Il mantello. Avrei dovuto chinarmi. Ti chiedo scusa”, gli spiegò sottovoce, intrecciando le mani per l’imbarazzo.
Tyrion le sorrise: “stai tranquilla, Sansa, ho subito offese molto peggiori di quella e ne subirò tante altre, suppongo. Non devi preoccuparti. Va’ a dormire, ora: sarai stanca”.

Al termine del primo capitolo vi avevo detto che a partire dal secondo mi sarei moderato un po' con la lunghezza, ma in realtà temo che questo sia anche più lungo…spero che non vi abbia annoiato!
A tal proposito, dopo un primo capitolo introduttivo e molto dialogato ho pensato che fosse il caso di scombussolare un po' le carte in tavola, per rendere il tutto più movimentato!
Non è stato facile assumere il punto di vista di Sansa, un personaggio per me difficile da inquadrare: spero che il risultato vi soddisfi!
P.S.: ovviamente Jorgen, Alf e Tom sono nomi inventati, così come sono inventati anche i loro personaggi.
Detto ciò, spero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto, e che magari mi facciate sapere in una recensione cosa ne pensate. A presto! ;)

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Capitolo 3
*** La collana ***


Capitolo 3: La collana

Fino a pochissimo tempo prima, Tyrion non avrebbe mai resistito a Shae che lo fissava con aria smaliziata tentando di sbottonargli le brache. Anzi, si sarebbe adoperato immediatamente a darle una mano. Ma il caso voleva che qualcosa fosse cambiato, e molto più rapidamente di quanto si sarebbe immaginato. Ora si sentiva talmente goffo da non saper cosa fare, e in verità non era neanche sicuro di voler fare qualcosa. Non riusciva a capire il motivo di quell’improvvisa freddezza che lo ricopriva nel corpo e nella mente, ovattandolo da impulsi e tentazioni che una volta per lui erano abitudini quotidiane. Non riusciva a capirne il perché e questo lo spaventava: si sentiva sempre impotente quando non capiva qualcosa.
 
Era impossibile che ciò dipendesse da Shae: lei era bellissima, con gli occhi e i capelli neri come la notte, il viso grazioso, le labbra carnose, la pelle leggermente scura, la voce attraente e quell’accento orientale che la rendeva diversa da tutte le donne che aveva conosciuto prima di lei, le gambe snelle, il sedere rotondo, i seni sodi. Era un incanto e di certo non era cambiato il modo in cui lui la percepiva.
Erano cambiate, semmai, le sue reazioni: Shae era stata, per molto tempo, tutto il suo mondo, l’unico spiraglio di gioia in quell’insidioso dedalo di intrighi e sotterfugi che era la capitale…ora invece sudava freddo ogni volta che era con lei, temeva che qualcuno potesse vederli e distruggere le loro vite per sempre, portandogli via l’unica donna di cui gli importasse realmente qualcosa. Quel terribile pensiero, in quei momenti, gli faceva quasi perdere il controllo del proprio corpo.
 
Ma forse non era quella l’unica ragione del suo astenersi da Shae.
Forse c’era dell’altro.
Forse non è più l’unica donna di cui mi importa qualcosa.
 
In effetti, ogni volta che restava da solo con lei che lo invitava a fare sesso, Tyrion non riusciva a fare a meno di pensare a Sansa. Decine e decine di volte, nella sua vita, aveva avuto a che fare con delle puttane e la cosa non lo aveva mai sfiorato…ma ora era diverso. Da quando si era sposato con Sansa, c’era una sorta di forza invisibile che lo teneva fermo, immobile al suo posto, una forza a cui non era ancora riuscito a dare un nome.
 
Dovere? Sensi di colpa?
Amore?
 
L’ultima ipotesi era quella che lo spaventava di più, perché era una parola che aveva speso ben poche volte in vita sua. L’amore per lui era una cosa incontrollabile, che lo rapiva in un secondo e lo abbandonava quello dopo. Ricordava ancora la storia con Tysha, una cicatrice che non si sarebbe mai rimarginata del tutto.
Eppure ormai gli capitava sempre più spesso di vedere i capelli corvini di Shae divenire improvvisamente rossi, i suoi occhi cristallizzarsi in un azzurro intenso, le sue mani sbiancarsi e diventare meno esperte, certo, ma anche più fragili e delicate.
Sono così diverse.
 
Stava pensando a tutto questo quando si accorse che Shae lo aveva denudato quasi del tutto, ma riuscì a fermarla appena in tempo.
“Shae! No! Non ora. Non sono qui per fare sesso”, disse con la voce affannata.
“Non sei qui per fare sesso?”, ripeté lei ironica, scostando le leggere spalline del proprio abito e mostrando così i seni dai capezzoli turgidi.
“No. Rivestiti. Sono qui per parlare”.
L’espressione di Shae la diceva lunga sul suo disappunto, ma la donna ubbidì comunque.
 
Quando si furono rivestiti entrambi, Tyrion prese da uno scaffale due belle coppe d’argento e versò per sé e per lei dell’ottimo vino dorniano. Beveva sempre quando doveva affrontare un discorso importante: paradossalmente, lo aiutava a restare lucido. Dopo di che, riprese a parlare.
“Ieri sera Sansa è stata assalita tra le strade della città. Tre uomini hanno cercato di stuprarla”.
“Cosa?!” rispose lei ad alta voce, sinceramente preoccupata.
“Abbassa la voce. Sta’ tranquilla, la ragazza sta bene. Sono arrivato giusto in tempo per salvarla insieme a Bronn e Podrick”.
“Quindi…non l’hanno toccata”.
“No”. Per fortuna.
 
Shae tirò un enorme sospiro di sollievo. Era molto affezionata a Sansa, questo Tyrion lo sapeva. E, nonostante le difficoltà che comportava l’avere come amante l’ancella di sua moglie, ne era decisamente felice: Sansa aveva bisogno di una persona vicina di cui potesse fidarsi, e la suddetta persona doveva essere rigorosamente donna. Per fungere da insegnante, da confidente, da amica.
“Sono venuto a dirtelo io perché dubito che Sansa ne parlerà con qualcuno. È ancora scossa, e certamente prova vergogna per la cosa. Ma tu dovevi sapere”.
Shae comprese la gravità della situazione: doveva sapere, certo…ma non perché era la sua ancella. Non solo, almeno. C’era un’altra ragione che continuava a sfuggirle: “d’accordo, ma perché?”.
Tyrion rispose con un’altra domanda: “devo chiederti una cosa. C’è qualcuno che si è avvicinato a Sansa negli ultimi tempi?”.
“Loras Tyrell”.
Tyrion sospirò e con un accenno di sarcasmo chiese nuovamente: “qualcuno di pericoloso?”.
Shae, sempre più confusa, si fermò a riflettere sulla domanda. Tra i due si instaurò un silenzio pesante, che spinse il Folletto, teso come una corda, a mandar giù un grande sorso di vino, come a voler trattenere il respiro. Era così assorto nei suoi timori da avere un piccolo sussulto quando Shae riprese la parola.
“No, nessuno”.
A quella risposta, Tyrion si afflosciò sullo schienale della propria sedia. Non sapeva dove sbattere la testa. “Capisco”, disse sottovoce, con aria delusa; quindi bevve un altro sorso che gli sembrò particolarmente amaro.
“Beh, a parte…”. Tyrion si ridestò dal torpore e spalancò di nuovo i suoi grandi occhi verdi in direzione di Shae.
“…lord Baelish”.
 
Quel nome lasciò le labbra della donna portandosi dietro un carico di insidie. Tyrion strinse nervoso la coppa ormai vacante: finalmente aveva un nome, ma era di quelli che avrebbe desiderato non sentire mai. C’erano poche persone, in tutta Approdo del Re, più infide di Petyr Baelish, detto Ditocorto. Era un uomo sveglio, astuto e tremendamente manipolatore, sempre alla ricerca del piano perfetto per raggiungere i propri scopi. Scopi che, ovviamente, nessuno conosce.
“Un po' di tempo fa, lord Baelish ha incontrato e parlato con Sansa al porto”.
“E che cosa le ha detto?”.
“Non lo so: mi ha chiesto di restare da solo con lei e si è intrattenuto a parlarle solo per un paio di minuti, mentre io sono rimasta in disparte con la sua accompagnatrice”.
Tyrion aveva un’espressione strana, la stessa che assumeva ogni volta che rimuginava su qualcosa. Si porto le mani sotto al mento e rimase in silenzio per un po'. Poi sciolse gli indugi: “ascoltami, Shae: da questo momento in poi, devi informarmi ogni volta che qualcuno di sospetto si avvicina più del dovuto a Sansa. Io purtroppo ho dei doveri, ereditati tra l’altro proprio da Baelish in quanto maestro del conio, e non riesco a starle dietro per tutto il giorno…quindi dovrai farlo tu”.
“Va bene ma…mi spieghi cosa succede?”.
Il Folletto deglutì: “sospetto…che qualcuno stia architettando qualcosa per colpire sia Sansa che me”.
Shae stavolta non si scompose: “Per tre uomini che hanno provato ad abusare di una bella ragazza che passeggiava in città? Sei sicuro di non essere troppo paranoico?”.
Quella era la triste verità: eventi di quel tipo erano abbastanza comuni, ad Approdo del Re. Ne giravano parecchi di balordi, e certamente Sansa, per le sue nobili origini e per il suo essere appena entrata nell’età della maturazione, rappresentava una ‘preda’ molto intrigante. Tuttavia, continuava a credere che non fosse qualcosa di casuale ma di premeditato.
“È possibile, anzi direi che me lo auguro. Però tu fa’ come ti ho detto, te lo chiedo per piacere”. Shae annuì.
 
Fece dunque per andarsene, ma ad un passo dalla porta il suo saluto venne interrotto: “la ami, non è così?”.
Quelle parole lo fecero stare ancora peggio. Con lentezza si voltò a guardare il viso di Shae, su cui adesso c’era un miscuglio di irritazione, malinconia e insofferenza. Era sul punto di esplodere, di lasciarsi cadere a terra, sfogandosi e rivelandole di essere stanco di quei dubbi e pensieri mai espressi. Avrebbe davvero voluto farlo, ma non lo fece. Qualcosa lo trattenne, ancora una volta.
 
“Non lo so, Shae. Non lo so”.
Lei tacque per un lungo istante, poi sorrise con amarezza: “il mio leone si è già stancato di me”.
Tyrion afferrò le sue mani e le strinse nelle proprie: “no, non mi sono stancato di te. Io non dimentico mai chi mi è stato vicino nei giorni peggiori”.
“Però ora sei diverso”.
Ha ragione. Ha maledettamente ragione.
“Non sono io ad essere diverso, Shae, ma il contesto in cui mi trovo. Mio padre mi ha ordinato questo matrimonio senza neppure chiedermi un’opinione in merito. Sei importante per me, lo sei ancora e lo sarai sempre…ma ho anche dei doveri, adesso”.
Non seppe e non volle decifrare l’espressione sul volto di Shae. Si limitò a ringraziarla, a baciarle una mano e ad uscire dalla stanza, più sommessamente di quando vi era entrato alle luci dell’alba.
Aveva smesso da diverso tempo di chiedersi quale fosse la ragione che lo spingeva a fidarsi di Varys. Forse aveva bisogno di credere che alla Fortezza Rossa ci fosse ancora qualcuno che stesse dalla sua parte, anziché da quella di Cersei. Oltretutto era un alleato importante e, se lo avesse voluto morto, avrebbe fatto in modo che accadesse molto prima.
 
“Mio lord, sono felice di rivederti, ma anche profondamente addolorato per quanto successo a lady Stark l’altra sera. Tua moglie è una ragazza così deliziosa, e non merita di subire azioni tanto oscene”.
Non si smentisce mai.
“Ti ringrazio per la comprensione, lord Varys” affermò Tyrion, per nulla sorpreso nell’apprendere che l’eunuco sapesse già tutto. “E mi preme chiederti da chi hai saputo dell’accaduto”.
“Uccellini”, rispose Varys, divertito.
Ci ho provato, pensò Tyrion tamburellando con le dita sul tavolino di legno. Quindi si schiarì la voce, sperando che quest’ultima non venisse tradita dalla grande impazienza che aveva di conoscere qualche dettaglio in più.
“E dimmi, questi tuoi uccellini ti hanno suggerito qualcosa in merito?”.
“Non saprei proprio, mio lord, il misfatto è ancora così recente…ma in tanti anni ho imparato che in questa città quasi nulla avviene per caso. E sono certo che non saresti qui se non la pensassi come me”.
 
Quella frase criptica fu sufficiente al Folletto per capire che anche Varys credeva che ci fosse qualcos’altro dietro quella che, ai più, sarebbe apparsa come una semplice aggressione. Si convinse così ad andare dritto al punto: “quegli uomini erano stati mandati da qualcuno”.
“Certo, ma…hai già un’idea di chi potrebbe essere il responsabile?” domandò Varys in tono ambiguo.
“No, ed è per questo che sono venuto da te”.
Il Ragno Tessitore sorrise. “Temo allora di non poterti essere molto d’aiuto, mio lord, ma c’è ancora qualcosa che posso dirti: i miei uccellini mi hanno riferito che i tre uomini che hanno assalito lady Sansa uscivano da un bordello”.
Tyrion aveva già capito dove volesse andare a parare, ma continuò a fare il vago: “per quanto tu non sia più avvezzo a questo genere di pratiche, voglio comunicarti che degli uomini che escono da un bordello non sono una cosa poi tanto strana”.
“Certo che no, amico mio, infatti ti ho avvertito del fatto che non potessi esserti di grande utilità, ahimè”, disse l’eunuco con falso buonismo. “Però, se fossi in te, non escluderei alcuna ipotesi. E, soprattutto, sospetterei di chiunque: sai bene quanto possano essere infidi, talvolta, i gestori dei bordelli”.
 
È già il secondo indizio che porta a Ditocorto. Un terzo indizio farà la prova?
“Cosa ti fa credere che sia stato Baelish?”, gli chiese a bruciapelo.
Un’espressione di malcelato disprezzo si dipinse sul volto di Varys. “Non sono nella posizione di insinuare nulla, mio lord, ma Baelish ha dimostrato più volte di essere…diciamo un abile doppiogiochista. Non si riesce mai a capire veramente da che parte stia. La verità è che quell’uomo è più pericoloso di quanto dicano il suo sorriso benevolo ed i suoi modi cordiali. Non ama nessun altro all’infuori di se stesso, e il suo unico desiderio è sempre stato quello di avere tutto il potere nelle proprie mani”.
Tyrion ascoltò attentamente tutto ciò che Varys gli diceva, conscio che molte delle sue parole fossero dettate dalle sue vecchie ruggini con Petyr, ma determinato allo stesso tempo a far luce su quella spinosa situazione. “E questo cosa c’entra con Sansa?”.
“In passato Ditocorto ha mostrato di avere una sorta di strana attenzione per la giovane Stark”.
Non è possibile. Dopo Shae, anche lui. Possibile che io sia l’unico a non essersene accorto?
“Oltretutto”, continuò Varys, “tu sei un uomo molto potente, mio lord. Per lui, rappresenti un insidioso rivale. Sa che deve colpire quanto hai di più caro per prendere realmente il sopravvento su di te. E quale miglior modo di mettere a repentaglio il tuo matrimonio, pur di ottenere ciò che vuole?”.
Tyrion non sapeva cosa dire. Aveva evidentemente sottovalutato questo lato inquietantemente ambizioso di Petyr Baelish.
“E tu cosa vuoi, lord Varys?” domandò, solo per rompere quel silenzio che lo stava opprimendo.
Il Ragno Tessitore sorrise, come lo aveva visto fare mille altre volte. “Te l’ho detto più volte, amico mio. Io sono solo un fedele servitore del reame”.
“Hai già scelto l’abito per le nozze reali, bambina mia?”, chiese curiosa l’anziana Olenna Tyrell.
Sansa aveva un’altra volta trascorso il pomeriggio con Margaery e sua nonna, che l’avevano invitata su un terrazzo circondato in ogni angolo di fiori variopinti. Lei aveva accettato con piacere: era sicura che chiacchierare con loro le avrebbe fatto dimenticare per un po' dei brutti momenti vissuti il giorno prima. Infondo, loro non sapevano ancora niente dell’accaduto. Forse più tardi ne parlerò con Margaery.
“Francamente non ancora, mia lady”, rispose quindi alla domanda che le era stata posta.
“Pensi di farci mettere qualche riferimento alla casa Stark?”.
Sansa fu colta da un improvviso attacco di nostalgia, come ogni volta che qualcuno le riportava alla mente la sua famiglia. “Non credo che sia una buona idea, mia lady. La mia famiglia è ancora in guerra con i Lannister. Re Joffrey potrebbe reputarla un’offesa”.
Olenna percepì il suo disagio e decise di non girare il dito nella piaga. Poteva solo immaginare quanto avesse sofferto da quando suo padre, Ned Stark, era stato decapitato davanti ai suoi occhi. Decise piuttosto di sdrammatizzare: “Beh, se le cose stanno così, forse sarebbe stato meglio se anche i Tyrell fossero rimasti in guerra contro i Lannister. Vedi, mia nipote dovrà indossare un abito con i colori e le rose simbolo della nostra casata. La rosa…che stupido emblema!”, dichiarò, con un tono tutt’altro che scherzoso. “Il leone, il metalupo…sono questi gli emblemi che incutono timore e guadagnano rispetto. Non le rose”.
“Nonna!”, la rimproverò Margaery, ridendo. “Che reputazione avremo agli occhi di Sansa, se continui a dirle queste cose?”. Olenna sbuffò, scocciata.
Sansa fece attenzione a non rendere veritieri i timori di Margaery, ma osservò divertita la discussione tra le due donne. In un certo senso, le ricordavano i battibecchi tra sua madre, lady Catelyn, e sua sorella Arya, quando quest’ultima faceva qualche capriccio di troppo o rifiutava di farsi il bagno dopo essersi sporcata nel fango.
Mia madre, Arya…Grande Inverno. Chissà se le rivedrò, prima o poi.
 
Quei pensieri furono interrotti da una terza voce, che andò ad aggiungersi a quelle di Margaery e Olenna: “Mie signore, spero di non disturbare le vostre animate discussioni!”.
Tyrion Lannister, accompagnato dal suo scudiero Podrick, si fece strada fino al loro tavolo. Nel vederlo, Olenna si acquietò e si sistemò meglio sulla propria sedia, in modo da apparire più alta.
“Lord Tyrion, che piacere vederti. A cosa dobbiamo questa visita?”.
“A niente in particolare, lady Olenna. Passavo di qui e ho visto che con voi c’era anche Sansa, dunque ho pensato di venirvi a salutare”. Dopo di che salutò sua moglie con un leggero bacio sulla mano.
“Hai trascorso una buona giornata, Tyrion?”, gli chiese Sansa. Si stava a poco a poco abituando a chiamarlo per nome: non poteva negare che dopo le tensioni iniziali stesse cominciando a fidarsi maggiormente di lui, o quanto meno a gradire la sua compagnia. E poi, non avrebbe potuto fare altrimenti davanti alle Tyrell: sarebbe stato poco rispettoso nei suoi confronti.
“Non molto diversa da tutte le altre, mia cara moglie” rispose il Folletto, un po' seccato. “Il mestiere del maestro del conio è meno gratificante di quanto si possa credere”.
“Non ne dubito, specialmente in questi giorni” si intromise Olenna. “Sono certa che il matrimonio di mia nipote con re Joffrey ti stia causando parecchi grattacapi”.
“Proprio come si addice ad un matrimonio reale”.
“Sicuro, mio lord”, confermò Olenna. Che però ebbe comunque da ridire: “nondimeno 77 portate ed un numero incalcolabile di giullari, giocolieri, saltimbanchi e musicisti mi sembrano comunque un’esagerazione, soprattutto dal punto di vista delle spese economiche”.
Sansa vide Margaery distogliere lo sguardo per l’imbarazzo. Avrebbe voluto intervenire e dire qualcosa che la facesse sentire meglio, ma non se la sentiva di contraddire lady Olenna e, infondo, non era neanche così sicura che avesse torto. Adesso capiva, però, perché tutti la chiamassero la Regina di Spine: proprio come una rosa, sotto la dolcezza e la gentilezza sapeva nascondere alla perfezione le sue spine, fatte di domande scomode e di un carattere non sempre facile.
 
“Non posso darvi torto, mia lady” si difese Tyrion, “ma se non erro la casa Tyrell si è offerta di pagare la metà del prezzo di questo matrimonio, comprese le presunte esagerazioni che esso comporterà. Non capisco, quindi, se le vostre affermazioni sono dettate da un repentino cambio d’opinione o piuttosto da una difficoltà nel mantenere certe promesse”.
Sansa lo osservò con aria stupita. Provava una sincera ammirazione per il fatto che sapesse sempre cosa rispondere a chi si poneva a lui con falsa superiorità.
Olenna invece non raccolse il guanto di sfida: “non intendevo dire questo, lord Tyrion. Volevo solo dire che se in quanto membro del concilio ristretto voi riusciste a far ragionare il ragazzo…”.
“Far ragionare re Joffrey?” la interruppe sarcasticamente il Folletto. “Ahimè, non credo di esserne capace. Potreste però provarci voi: se doveste riuscirci, giuro sul mio onore di Lannister di cedervi il mio posto nel concilio”.
Sansa non riuscì a reprimere una risata. Era rimasta per tutto il tempo incantata nell’assistere a quello scambio di battute da cui suo marito era uscito, come al solito, vincitore. Gli sorrise in un modo più unico che raro, simile a quello che aveva quando, da bambina, ridacchiava in segreto con la sua migliore amica Jeyne Poole. Lo stesso Tyrion le rivolse un ghigno ricco di divertimento e complicità.
 
“A proposito, Sansa” disse dopo un po' il nano di casa Lannister, facendosi passare da Podrick una scatoletta metallica che consegnò a sua volta a Sansa. “Ti ho preso un regalo, spero che ti piaccia”.
La giovane Stark fu colta alla sprovvista da quel gesto e inizialmente non seppe come comportarsi. Fu quindi lo stesso Tyrion a spronarla: “aprila, se ti fa piacere”.
Sansa ubbidì e quello che trovò all’interno la lasciò a bocca aperta: una magnifica collana d’oro, in cui erano incastonate pietre preziose di vario colore finemente intagliate.
“Che meraviglia!” affermò Margaery, cingendo delicatamente le spalle di Sansa. “Ti starà benissimo!”.
Sansa si sentì imbarazzata: raramente aveva condiviso momenti di serenità con suo marito, e farlo in presenza di altre persone era ancora più complicato per lei. Tuttavia, pur avendo avuto una reazione molto composta, non poté fare a meno di divenire raggiante: “è un dono stupendo, Tyrion. Ti ringrazio molto”.
Il Folletto sorrise, consapevole di averla finalmente resa felice: “sono contento che ti piaccia”.
 
“Posso vederla?”, disse improvvisamente Olenna. Sansa annuì e le passò il prezioso monile.
La Regina di Spine osservò la collana in un modo che tutti, Tyrion per primo, trovarono piuttosto strano. Era come se la stesse studiando, percorrendo con le dita rugose ogni centimetro delle pietre in essa incastonate. Nei suoi piccoli occhi apparve un lampo compiaciuto.
“Eh si, è proprio una collana stupenda”, disse infine. “Un oggetto perfetto da indossare al matrimonio di un re”.

Ciao a tutti!
Devo dire che questo capitolo non mi soddisfa appieno, ed è per questo che ci ho messo qualche giorno in più per pubblicarlo!
E’ un capitolo un po' di transizione, ma vi assicuro che il prossimo sarà migliore (o almeno me lo auguro!).
P.S.: forse ricorderete la frase di Olenna sugli emblemi delle casate: è ripresa da quella che l’anziana Tyrell dice a Sansa al loro primo incontro nella serie tv ;)
Detto questo, non posso fare altro che salutarvi ed invitarvi, se vi va, a scrivermi cosa ne pensate in una recensione.
A presto!

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Capitolo 4
*** Ritorno ***


Capitolo 4: Ritorno
 
“Lady Margaery aveva ragione, Sansa. Quella collana ti dona molto, e sono contento che tu abbia deciso di indossarla già oggi”.
Tyrion aveva sempre parole gentili per lei. Una volta la inquietavano, ora invece la lusingavano, come giusto che fosse.
 
D’altra parte, Sansa si sentiva stranamente di buon umore quel mattino. Si era svegliata con la calda luce del sole ad inondare e dare colore al suo pallido viso; poi era arrivato alle sue narici l’odore invitante della colazione, lasciata da Shae sul tavolo poco prima. Si alzò in fretta dal proprio letto e andò a dare un’occhiata: c’erano fette di pane caldo col burro, porridge e pezzetti di pancetta, che tanto piacevano a suo marito.
Già, mio marito.
Sansa d’istinto si voltò verso Tyrion, che ancora dormiva sul proprio scranno. Non le sfuggì, tuttavia, che reggeva tra le mani un grosso tomo: doveva essersi addormentato mentre lo leggeva. La Stark sorrise impercettibilmente, quindi gli si avvicinò, incuriosita, cercando di non fare rumore. Arrivata da lui, cercò di capire di che libro si trattasse, ma prima che trovasse il modo per farlo si accorse che il Folletto si stava a poco a poco svegliando, aprendo lentamente gli occhi.
“Ti…ti chiedo scusa. Non volevo svegliarti!” disse imbarazzata.
“Sta’ tranquilla, Sansa, credo di aver dormito più del dovuto…” rispose lui, sbadigliando. “Piuttosto, è la prima volta che mi sveglio e ti trovo così vicina. A cosa devo questa piacevole novità?” aggiunse poi, sorridendo beatamente.
“Io...ho visto che dormivi con un libro e la cosa mi ha reso curiosa”.
“Oh, giusto”, disse il Folletto, quasi come se avesse dimenticato di avere ancora l’oggetto tra le mani. “’Vite dei Quattro Re’. Un racconto interessante, più di quanto suggerisca il fatto che mi sia assopito nel leggerlo”, ammise ridendo. “È un libro molto raro e pensavo di regalarlo a Joffrey come dono di nozze”.
Sansa non poté fare a meno di sentirsi dubbiosa: “sei sicuro che gli piacerà?”.
“Non mi aspetto che gli piaccia, ma forse leggendolo scoprirà per la prima volta i requisiti di un buon sovrano”.
A quell’affermazione, Sansa gli sorrise di nuovo: ormai lo faceva sempre più spesso. Non si sentiva più oppressa dalla paura che qualcuno potesse improvvisamente picchiarla. Tyrion non era come Joffrey, e d’altro canto stava imparando ad apprezzare, a discapito di un’apparenza tutt’altro che affascinante, molti aspetti della sua personalità. Soprattutto la sua generosità ed il suo senso dell’umorismo.
Vide poi suo marito tormentarsi le mani ed indugiare prima di aprir bocca, come se avesse qualcosa da dire ma non sapesse come. Ma riuscì a farsi coraggio: “Sansa…che ne diresti, dopo la colazione, di fare una passeggiata nei giardini?”.
Gli occhi della ragazza si illuminarono: “con molto piacere”.
 
L’odore pungente ma piacevole dei fiori nei giardini e il canto melodioso degli uccelli la riportarono con la mente alla domanda che Tyrion le aveva appena posto: “ti ringrazio, Tyrion. Sia per il regalo che…per i complimenti”, disse arrossendo.
Notò che lui faceva molta attenzione a non prendersi troppe libertà: camminava abbastanza distante da lei e non provava neanche ad allungarle una delle sue mani. Era come se temesse ancora un allontanamento di lei, e questo lo faceva desistere dall’osare troppo. Come alla prima notte di nozze.
Ciò nonostante, Sansa cominciava a preferire la sua compagnia fatta di sguardi furtivi e attenzioni sincere, piuttosto che quella di ser Loras Tyrell che, pur tenendole il braccio e pur essendo molto più bello di lui, sembrava sempre poco interessato a quello che lei gli diceva, come se fosse assorto in altre questioni.
 
“Ho notato che trascorri molto tempo con lady Margaery e sua nonna. Cosa ne pensi di lei? Secondo te sarà la sposa giusta per Joffrey?”, domandò il Folletto.
“Margaery è una donna adorabile. Mi ha sempre trattata come un’amica e le voglio bene. Quanto a lady Olenna…”. Sansa indugiò un po' sul nome della Regina di Spine, come se stesse cercando le parole giuste per descirverla: “…è una donna molto furba a cui piace dire sempre la propria”.
“Oh, si, me ne sono accorto anche ieri” sogghignò Tyrion.
“Però le hai risposto bene. Non la fai mai passare liscia a nessuno” affermò Sansa, con un vispo sorrisetto a gonfiarle gli zigomi.
Tyrion si sentì lusingato: “sei troppo buona, Sansa, ma forse non è il caso di esagerare. Anche se recentemente abbiamo avuto qualche piccolo screzio dialettico, sono sicuro che Olenna Tyrell sia una donna giusta. Però devo ammettere che...talvolta mi diverto un po' troppo a smentire verbalmente chi si sente superiore a me solo perché sono un nano”.
 
Sansa annuì, mentre due uomini vennero verso di loro per poi superarli; nel farlo, però, si voltarono furtivamente scambiandosi commenti divertiti sui due coniugi.
“Toh, eccone altri due” disse Tyrion, palesemente infastidito. “Desmond Crakehall ed Eldrick Sarsfield”.
Sansa quasi non aveva fatto caso a loro, abituata com’era ormai a sentirsi addosso gli occhi e le critiche di tutta Approdo del Re; tuttavia fu dispiaciuta nel constatare il nervosismo di suo marito.
“Non è un caso che sulla mia lista siano presenti pure i loro nomi”.
“Lista?” ripeté Sansa, confusa. “Hai una lista di persone che vuoi ammazzare?”.
La bocca del Folletto tornò ad incresparsi in un sorriso, anziché in una smorfia rabbiosa: “ammazzare? No, Sansa, sarebbe troppo anche per me. Non sono mica Joffrey”, le ricordò. “Anche se…” continuò, “mandare Bronn ad impaurirli un po' non mi sembra un’idea da buttare…”.
I due risero all’unisono, proprio come avevano fatto Crakehall e Sarsfield poco prima.
 
Dopo aver scherzato su una cosa che sembrava banale, però, Sansa comprese che c’era ben poco da ridere. Si era ampiamente abituata alle offese rivolte a lei, facevano parte della sua quotidianità da ormai diversi mesi; ma non sopportava l’idea di aver condannato ad una vita di derisione anche suo marito, a prescindere che questi fosse oppure no il marito che lei desiderava. Sentì quindi l’obbligo, e in un certo senso anche il bisogno, di rincuorarlo: “ascoltami, Tyrion. Non badare alle loro parole: cerca soltanto di ignorarli”.
Lui alzò i suoi penetranti occhi verdi su di lei, socchiudendoli in un gesto spontaneo di incomprensione: “oh, non preoccupartene, Sansa. Queste persone ridono di me da molto prima che iniziassero a schernire te”. Si schiarì la voce: “io per loro sono il Folletto, il mezzo uomo, la scimmia demoniaca”.
“Sei anche un Lannister, però” rispose lei, che subito dopo abbassò lo sguardo, facendo trasparire un velo di muta tristezza: “io, invece, sono la figlia disgraziata di Ned Stark il traditore”.
Tyrion non seppe che cosa dire: anche allora non aveva ancora compreso a fondo il dolore e i rimpianti della sua giovane sposa. Così cercò di sdrammatizzare: “la figlia disgraziata e la scimmia demoniaca…beh, direi che siamo perfetti l’uno per l’altra, non trovi?”, le domandò, sorridendo con mestizia.
Quel che forse lui non si aspettava era di vedere Sansa annuire, sinceramente consolata da quella battuta senza pretese e di nuovo sorridente. Lo vide fissarla per un lungo momento, e la cosa non le diede per niente fastidio.
No, non è come Joffrey. È un uomo buono.
 
Sansa decise di continuare a mantenere quell’atmosfera scherzosa e chiese a suo marito: “quindi? Come puniremo Desmond Crakehall ed Eldrick Sarsfield?”.
Tyrion si portò una mano sotto al mento, riflettendo: “vediamo…potrei chiedere a lord Varys di rivelarmi le loro più segrete perversioni. Voglio dire…lord Varys sa sempre tutto, ed uno che si chiama lord Desmond Crakehall deve essere un pervertito”.
La rossa lo guardò con aria di rimprovero, a ricordargli le dicerie che giravano sul suo conto. Lui se ne accorse e iniziò a farfugliare, imbarazzatissimo, prima di cambiare volutamente discorso: “ehm…tu hai qualche altra idea?”.
Sansa aspettava solo quella domanda: avanzò a rapidi passi verso la panchina più vicina, ci si sedette e, con la vivacità che era propria di tutte le ragazze della sua età, rispose: “potremmo fare il gioco della pecora nel letto di ser Desmond!”.
“Temo di non sapere di cosa si tratta” ammise Tyrion, stringendo le spalle.
“Allora te lo dico io: si fa un buco nel materasso, lo si riempie in profondità con escrementi di pecora, si ricuce il buco e infine si rifà il letto. Sentirà una puzza tremenda, ma non riuscirà mai a capire da dove viene!” spiegò la Stark mentre un furbo sorrisetto si faceva strada sul suo viso.
“Lady Sansa!” la ammonì lui in maniera spiritosa. “E perché il gioco della pecora?”.
“Beh, volevi che lo chiamassi il gioco dello sterco?”. Risero entrambi, come poco prima.
“A chi è venuta la brillante idea del gioco della pecora?” chiese poi Tyrion, incuriosito.
“A mia sorella. Lo faceva sempre, a Grande Inverno, quando era arrabbiata con me. Ed era sempre arrabbiata con me”.
Il pensiero di Arya fece sorridere Sansa, ma solo per far spazio un attimo dopo alla tristezza di aver perso anche lei. Raramente andavano d’accordo, litigavano di continuo, eppure le voleva bene e adesso sentiva la sua mancanza tanto quanto sentiva quella di sua madre, di Robb, di Bran, di Rickon. E di Jon.
Tyrion si accorse subito del suo cambio d’umore e tentò di infonderle speranza: “sono sicuro che la rivedrai”.
“E come? Sarà già morta, a quest’ora”. Una piccola ma cocente lacrima cominciò a ruscellarle sulla guancia.
“Io credo di no, e comunque vale la pena sperare il contrario. Per quanto ne so, le Cappe Dorate la stanno ancora cercando, e se dovessero trovarla ti assicuro sul mio onore che non le verrà fatto alcun male”.
Rimase sinceramente colpita da quelle parole di suo marito, che poi, avvicinandosi lentamente, le asciugò la lacrima con il dorso della mano.
“Te lo ripeto, Sansa. Forse per te questo non conta nulla, lo capirei…e forse io stesso sto commettendo un errore a farti promesse che non sono sicuro di poter mantenere. Ma ti giuro che farò tutto quello che è in mio potere affinché tu possa riabbracciare tua sorella sana e salva”.
La Stark sorrise, delicata come una rosa che resta in piedi pure in mezzo ad una bufera di neve. Aveva un disperato bisogno di credere che quello che lui le stava dicendo fosse vero.
“Grazie, Tyrion”. Sei un uomo buono.
Lui sospirò impercettibilmente: gli bastava sapere che la sua parola contasse ancora qualcosa alle orecchie di qualcuno.
 
Stavano per riprendere a camminare quando d’un tratto arrivò, correndo, Podrick Payne. Aveva il fiato corto e la faccia arrossata, ma Tyrion non si scompose: sapeva che quel ragazzo trattava con urgenza anche le questioni che non ne richiedevano.
“Mio lord, spero di non aver disturbato la vostra passeggiata” disse lo scudiero, inspirando affannosamente.
“No, Pod, non hai disturbato nulla. Adesso potresti essere così gentile da spiegarmi a cosa si deve tutta questa fretta?”.
“Vostro padre vuole vedervi, mio lord”.
Il Folletto ruotò gli occhi, scocciato nell’immaginare di quale altra spinosa questione volesse parlare con lui Tywin Lannister.
“Vostro fratello Jaime è tornato in città” aggiunse poi Podrick.
Bastò quella piccola frase per far mutare radicalmente l’espressione sul viso di Tyrion. Ora era lui a sentirsi smanioso.
“Cosa?!”.
“È così, mio lord”.
“Sansa, ti chiedo scusa ma temo di dovermi allontanare”.
La giovane Stark non comprendeva ancora tutte le conseguenze che avrebbe comportato il ritorno dello Sterminatore di Re, ostaggio che suo fratello Robb avrebbe dovuto scambiare proprio con lei. Tuttavia, si convinse che dietro tutto ciò ci fosse proprio il volere di Robb, e nel vedere suo marito tanto agitato gli fece cenno con la testa di andare con il suo scudiero.
Subito dopo sentì Tyrion, d’un fiato, dire: “andiamo, Pod. Accompagnami da loro”.

 

 
Quando entrò nell’enorme stanza di suo padre, notò che l’espressione di quest’ultimo non era cambiata di una virgola rispetto a quella che aveva sempre avuto. D’altra parte, ben raramente lord Tywin Lannister faceva trasparire qualche emozione dalla propria persona, paragonabile ad un’austera e imperturbabile statua dorata.
Nonostante ciò, Tyrion sapeva che, sebbene non lo desse a vedere, quell’uomo era sempre stato in ansia per suo figlio, il suo figlio prediletto, ed ora l’averlo ritrovato gli dava una sorta di pace interiore, oltre a metterlo in una posizione di immane vantaggio sui propri nemici.
Finalmente ora potrai smetterla di lusingarmi falsamente, non è vero, padre?
Ma questo, il Folletto non lo disse.
 
Non osservando nessun cambiamento sul volto del padre, spostò lo sguardo su Jaime. La vista di suo fratello gli mozzò il fiato, e gli fece quasi venir voglia di piangere.
Aveva senz’altro avuto il tempo di farsi un bagno, ma su di lui i segni della prigionia restavano evidenti. Gli parve più esile e persino più basso, a causa forse delle scomode posizioni in cui si era ritrovato a dormire e viaggiare; i capelli, una volta biondissimi, continuavano a sembrare sporchi anche dopo averli lavati, e questo fece capire a Tyrion che più volte doveva essere stato gettato nel fango e nel letame; i luminosi occhi verdi ora sembravano particolarmente sbiaditi e raccontavano chiaramente la sofferenza che aveva dovuto sopportare.
Tyrion gli andò incontro lentamente, con indulgenza, ma fu grandemente rincuorato nel vedere suo fratello sorridergli: “Tyrion…”.
“Jaime…” sussurrò lui, di rimando. “Gli Dei sono stati misericordiosi. Sono così felice di rivederti”.
“Anche io, fratellino”. Un sorriso ancora più ampio si fece largo sulle sue labbra.
“Come stai?”. Quella domanda, per quanto banale potesse essere, era tutto ciò che Tyrion necessitasse di sapere. Anche adesso che era maestro del conio e persino quando era stato, per poco tempo, il primo cavaliere del re, il pensiero di Jaime tenuto in cella dagli Stark aveva dominato molte delle sue giornate, facendogli trattenere il respiro. Amava suo fratello con tutto il cuore e desiderava solo rivederlo sano e salvo.
“Sono vivo”, rispose Jaime in tono quasi irrisorio nei confronti di tutti quei signori del Nord che speravano di fargli la pelle. Poi, però, il suo volto tornò ad incupirsi: “sono vivo…ma ho comunque pagato un prezzo altissimo”.
 
Tutte le riflessioni che aveva fatto pochi istanti prima sulla sua esilità, sui capelli sporchi e sugli occhi sbiaditi, furono assolutamente nulla in confronto a quanto vedeva ora. Jaime sollevò il braccio destro e alla sua estremità non c’era nulla, a parte un’arrangiata fasciatura e qualche macchia di sangue raggrumato su di essa. Aveva perso la mano destra. La mano della spada.
Tyrion si sentì paralizzato. “No…non è possibile…”.
Jaime non ebbe la forza di rispondere. Si limitò a fissarlo, con aria affranta.
Fu allora Tywin a spezzare quel pesante silenzio: “come ho detto poco fa a tuo fratello, provvederò io stesso a far sì che il colpevole di questo vile gesto riceva la giusta punizione”.
“Chi è stato?”.
“Locke”. Jaime pronunciò quel nome con tutto il disprezzo ed il veleno che aveva in corpo. “Uno degli uomini di Vargo Hoat”.
“Il Caprone” sbuffò Tyrion. “Vedo che anche gli alleati di Roose Bolton si stanno abituando a staccare pezzi dal corpo dei propri avversari…un’usanza davvero carina. Però mi chiedo…perché rimandare indietro un ostaggio fondamentale come te?”.
Mentre pronunciava quelle parole, il Folletto continuò però a fissare suo padre, consapevole del fatto che risposte più precise gli sarebbero giunte da lui piuttosto che da suo fratello, nonostante quest’ultimo avesse vissuto tutta questa storia in prima persona. E non fu un caso se vide risplendere, negli occhi di Tywin, una scintilla inquietante. La scintilla dell’astuzia.
“L’alleanza tra Roose Bolton e Robb Stark non è più solida come una volta”.
 
Tyrion stava per chiedergli delucidazioni su quell’enigmatica affermazione, ma prima che potesse aprir bocca lord Tywin aveva già ripreso a parlare: “ti ho fatto venire anche per un altro motivo, Tyrion. Questa mattina è arrivata una lettera da Dorne, da parte del principe Doran Martell”. La voce di suo padre non faceva presagire nulla di buono. “Dice che nei prossimi giorni suo fratello Oberyn giungerà ad Approdo del Re come suo rappresentante per le nozze reali. Quando arriverà sarai tu ad accoglierlo, Tyrion”.
Oberyn Martell. La vipera rossa di Dorne. Che graditissimo ospite che mi mandi ad accogliere, padre caro.
“E adesso”, aggiunse Tywin, “devo assentarmi. Ho delle importanti questioni da discutere con il re”.

 

 
I due fratelli rimasero quindi soli, in un silenzio indecifrabile che durò per qualche secondo.
E fu proprio Tyrion a rompere il ghiaccio: “la compagnia degli uomini del Nord ti ha ammutolito vedo”.
Jaime sbuffò, e tanto bastò a suo fratello minore per lanciarsi verso di lui ed abbracciarlo, con una forza che non si direbbe appartenere ad un nano. E l’altro Lannister rispose all’abbraccio, con altrettanto vigore.
Preferiva sempre evitare gesti plateali in presenza del padre o di altre persone: non tutti erano in grado di capire fino in fondo l’affetto che provava per Jaime. Ma ora che non c’era nessuno, si abbandonò ad un gesto agognato, a lungo desiderato, che lo fece sentire leggero come una piuma.
Sentì Jaime singhiozzare contro il proprio orecchio e, istintivamente, lo strinse più forte: “è finita, fratello. È tutto finito. Ora sei di nuovo a casa”.
 
Successivamente Jaime gli raccontò tutti i dettagli del suo periodo da ostaggio degli Stark. Tyrion ascoltò tutto con la massima attenzione: da quando aveva contribuito a respingere l’assalto di Stannis Baratheon, nell’ormai celeberrima battaglia delle Acque Nere, aveva iniziato a studiare e ad interessarsi pure alle tattiche di guerra, e certamente non poteva trascurare il rischio di un futuro attacco da parte di Robb Stark, che si era autoproclamato re del Nord.
Dopo essere venuto a conoscenza di tutte le vicissitudini del fratello, tornò quindi a concentrarsi sul moncone che aveva al posto della mano destra. Con un nodo alla gola, gli domandò: “ti fa male?”.
“No, o almeno non più come prima. È stato Qyburn a curarmi”.
Tyrion annuì, ma sulla bocca di Jaime apparve un ghigno amaro: “il dolore che ho dentro, però…quello non se ne andrà facilmente”.
“È stato questo Qyburn a riportarti ad Approdo del Re?”.
“Si, ma non solo. Ho conosciuto una donna dell’isola di Tarth di nome Brienne. Tanto sgraziata quanto alta ed abile con la spada”, disse ridendo. “In pratica, la versione femminile della Montagna”.
Tyrion sgranò gli occhi: “oh, beh…dovunque si trovi ora Brienne di Tarth, la troveremo e la ricompenseremo come merita”.
“Non c’è bisogno di trovarla. È qui, e per un motivo preciso”.
“Ovvero?”.
“Riportare Sansa Stark da sua madre. È fedele a Catelyn Stark e morirebbe per lei. So quanto sia importante la ragazza Stark nell’economia di questa guerra, ma intendo chiedere comunque a nostro padre di liberarla e riportarla dalla propria famiglia. E sarà come se nulla fosse accaduto”.
Avrebbe potuto immaginare mille ragioni per le quali Jaime era tornato ad Approdo del Re, ma per qualche assurdo motivo Tyrion non ne considerò nemmeno una che coinvolgesse anche Sansa. Forse perché non voleva farlo.
“Sarebbe da pazzi chiedere a Tywin Lannister di liberare un ostaggio di guerra ora che ha riavuto indietro quello del suo nemico” disse sarcasticamente. “Sarebbe da pazzi per chiunque, tranne che per te. Se sarai tu a dirglielo, c’è una minima possibilità che si fermi a pensarci”.
Jaime annuì, consapevole della difficoltà ma anche della non impossibilità dell’impresa.
“Tuttavia…” continuò Tyrion, “stavolta, in via del tutto eccezionale, sarò io a chiederti di rinunciare ai tuoi propositi”.
“Perché?”, chiese confuso lo Sterminatore di Re.
Lui si grattò la fronte, cercando il coraggio di rispondere e infine, con gli occhi bassi, disse: “perché Sansa Stark ora è…mia moglie”.
 
A quella notizia, Jaime si guardò intorno spaesato, come se cercasse conferme da qualcuno su quanto Tyrion gli aveva appena detto. Percependo i suoi dubbi, il Folletto gli riassunse il tutto:
“Non è stata una mia idea. È stato nostro padre ad organizzare tutto, per avere in futuro anche il controllo del Nord. Ed ora…eccomi qua, sposato ad una ragazza che non mi vuole e non mi vorrà mai” disse, stringendosi nelle spalle. “Io…vedi Jaime, io capisco che questa unione potrebbe rivelarsi in futuro molto vantaggiosa per la nostra casata, ma…ma quella ragazza ne ha già passate tante, le hanno persino decapitato il padre davanti agli occhi. Non sarò io a darle un ulteriore trauma”.
Jaime stava iniziando a capire, ma fu ancora Tyrion a confermare i suoi sospetti: “non ho ancora consumato il matrimonio. Non me la sono sentita”. Ebbe il coraggio di rivelargli questo, ma non di rivelargli che Tywin aveva combinato un altro matrimonio indesiderato, quello tra Cersei e Loras Tyrell.
Lo sguardo di Jaime si fece più comprensivo, ma non aveva ancora allontanato tutti i dubbi: “se dici che non è stata una tua idea, se dici che lei non ti ama…perché non vuoi che se ne vada?”.
Quella domanda colse impreparato Tyrion, perché non aveva mai pensato a cosa rispondere nel caso qualcuno glie lo avesse chiesto.
Per fortuna, quel qualcuno era suo fratello e intuì subito ogni cosa: “lei ti piace, non è così?”.
Tyrion alzò gli asimmetrici occhi verdi, quel giorno più lucidi del solito. Non disse nulla, ma Jaime seppe di aver indovinato.
Lo Sterminatore di Re dichiarò allora, convinto: “molto bene, ritiro tutto ciò che ho detto prima. Brienne se ne farà una ragione. Non ti porterò via tua moglie. Non un’altra volta”.
Il riferimento a Tysha fu ancor più difficile da affrontare per Tyrion: “Jaime, io…non intendevo…”.
“Sta’ tranquillo, fratellino”, lo interruppe. “Ho preso la mia decisione”.
“Grazie, Jaime” fu tutto ciò che riuscì a dire.
 
Sotto esplicita richiesta di Jaime, uscirono dunque dalla stanza di Tywin per spostarsi nella sala del Trono di Spade, insolitamente vuota.
La vista dell’immane seggio metallico scatenava sempre emozioni forti nel cuore di Jaime, ma non era di certo il primo indizio che facesse credere a Tyrion che suo fratello volesse fare i conti col passato.
“Non è cambiato nulla”, disse amaro lo Sterminatore di Re.
“Beh, più o meno”.
“Che vuoi dire? È successo altro durante la mia assenza? Pensavo che il tuo matrimonio con Sansa fosse la novità principale”.
Il Folletto lo fissò. “No, in effetti non è cambiato nulla. Là fuori c’è un terremoto, ma quel trono, quel dannato trono…”, disse indicandolo col dito, “…è sempre lì”.
“Che mi dici di Joffrey?”.
“Oh, vuoi dire il grande e valoroso re Joffrey? Ti basti sapere che persino nostro padre e Cersei fanno fatica a controllarlo. Insomma, anche lui è sempre lo stesso…solo che adesso porta una corona sulla testa. Il che rende tutto più problematico”.
Jaime sospirò. D’altro canto, non poteva aspettarsi un responso diverso.
“Magari il matrimonio lo farà cambiare…”.
“È quello che ci auguriamo tutti”, concluse Tyrion. “Dovresti tuttavia sapere che in questa città i guai non scarseggiano mai. Ne sta arrivando un altro, direttamente da Dorne”.
“Pensi che Oberyn Martell possa creare scompiglio?”.
“Non lo so”, rispose Tyrion con fare vago. “Ma conosciamo tutti la ragione che lo spinge a venire qui”.
Jaime strinse il pugno, l’unico che gli era rimasto. “Se dovesse rivelare il suo vero scopo, non potrei neanche fare nulla per contrastarlo…”. Deglutì con forza, prima di aggiungere: “non sarò più in grado di combattere”.
Tyrion gli si mise di fronte: “non essere troppo precipitoso…”.
“Come potrei non esserlo? Per un cavaliere, la mano della spada è tutto”.
Il Folletto continuò a guardarlo con lo stesso sguardo furbo di sempre. Poi alzò contemporaneamente entrambe le mani: “ma se non sbaglio…” disse, chiudendo la destra a pugno ma aprendo ancor di più la sinistra, “l’uomo ne possiede anche un’altra!”.
Jaime scrollò il capo: “non posso imparare a combattere con la sinistra”.
“Da solo, no di certo” confermò Tyrion. “Ma se ti allenassi con un insegnante…”.
“Che vuoi dire?”.
“C’è un nuovo collega cavaliere di nome Bronn. Devo la mia vita alla sua spada. Ti aiuterà lui, e ti assicuro che tornerai il leone indomabile che eri prima”.

Avevo intenzione di pubblicare questo capitolo molto prima (sabato pomeriggio), ma per via dello studio per un esame e di altri impegni non ci sono riuscito…
Però eccolo qui, con qualche giorno ritardo ma più ricco che mai!
Mi sto divertendo sempre di più a scrivere questa storia e finalmente ha fatto la sua comparsa un altro personaggio da me molto amato: Jaime Lannister, lo Sterminatore di Re!
Stiamo a poco a poco entrando nel vivo delle vicende ma vi assicuro che manca ancora molto alla fine dei giochi!
Devo anche dire che sono un po' timoroso per i prossimi capitoli, in quanto ci saranno sempre più personaggi da descrivere e gestire nel modo giusto (avrete notato che non ho ancora introdotto né Joffrey né Cersei, ma due figure così importanti nella vita dei due protagonisti non possono assentarsi ancora per molto…presto toccherà a loro fare la propria comparsa e spero davvero di riuscire a raccontarli come meritano).
P.S.: nel passaggio dai libri alla serie tv, in verità, Vargo Hoat e Locke sono la stessa persona; tuttavia ho deciso di citarli entrambi come se fossero due personaggi diversi, perché non sapevo davvero chi scegliere tra i due! ;)
Detto questo, vi saluto e vi invito come sempre a farmi sapere con una recensione se il capitolo vi è piaciuto.
A presto!

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Capitolo 5
*** Un passo in avanti ***


Capitolo 5: Un passo in avanti
 
C’erano molte cose che Sansa apprezzava di Shae: non poteva propriamente dire che si comportasse da amica, dal momento che non si era mai presa le stesse libertà che si prendeva, ad esempio, Margaery Tyrell; era però come una sorta di sorella maggiore, che se non interpellata restava zitta ma che, quando lo riteneva necessario, non si faceva problemi ad esprimere la propria opinione. Era diversa da tutte le altre servette che si aggiravano incessabilmente in quegli stessi corridoi, non era un automa adibito esclusivamente a servirla…sapeva come farsi rispettare, e sapeva pure mantenere i segreti.
 
Per cui, quel mattino, Sansa fu comunque lieta di trascorrere un po' di tempo con lei, mentre la pettinava dopo averle cambiato le lenzuola ed aiutata a vestirsi.
“Sono cresciuti parecchio, non è vero?” le chiese, guardandola attraverso lo specchio che avevano di fronte.
Shae sfoggiò il solito sorriso rassicurante: “si, lady Sansa. Sembrano una cascata di fuoco”. Dopo un momento di silenzio ed una lunga spazzolata, l’ancella aggiunse: “i capelli rossi sono molto rari qui a Sud. Ti rendono diversa da tutte le altre donne di Approdo del Re, ma è una diversità di cui dovresti essere fiera”.
“Mia madre mi diceva sempre che i capelli rossi sono tipici dei Tully, la sua casata”.
 
Nominando sua madre, si ricordò di colpo del ritorno nella capitale di Jaime Lannister, avvenuto il giorno precedente. Lo Sterminatore di Re era prigioniero di Robb ed era sicura che suo fratello, con tutto l’esercito che si portava dietro, non gli avrebbe mai permesso di fuggire. Per qualche motivo che ancora non comprendeva, doveva essere stato lui a liberarlo.
Forse questa guerra sta finalmente per finire…
 
“Sapevi che Jaime Lannister è tornato in città?”, chiese allora a Shae.
“Ne ho sentito parlare” rispose lei, tornando seria.
“Che significato pensi che possa avere il suo ritorno? Mi riporteranno a casa?”.
Shae, che un attimo prima appariva di buon umore, persino allegra, di colpo divenne schiva, come se non avesse più voglia di intavolare alcuna conversazione. Le sue stesse mani ora tradivano un certo nervosismo nello scorrere lungo la sua fulgida chioma rossa, e nella sua voce si fece largo una sorta di piccata insofferenza: “non lo so, lady Sansa. Non me ne intendo di queste cose”.
 
Sansa percepì immediatamente il cambio di tono della sua ancella e, pur non sapendo proprio a cosa fosse dovuto, scelse di rimanere in silenzio, per non rischiare di risultare invadente o fastidiosa nei suoi confronti.
Preferì piuttosto fissare la propria immagine riflessa nello specchio, incuriosita da ciò che fino ad allora le era stato invisibile. E, d’un tratto, si rese conto di essere cresciuta: si vedeva più alta, le spalle le erano diventate più larghe, i seni più accentuati, i fianchi più rotondi. Le sembrò che persino alcuni tratti del suo viso fossero cambiati, diventando più spigolosi e decisi, ma non per questo meno belli. Si chiese dunque come avesse fatto ad accorgersene soltanto in quel momento.
 
Era ancora assorta in quella visione quando Shae parlò di nuovo. Ed aveva riacquistato il tono dolce e moderato di prima: “tu vorresti tornare a casa?”.
Sansa fu ancora più stupita quando si accorse di non avere una risposta a quella domanda. Si ricordò di quanto fosse felice il giorno in cui si trasferì ad Approdo del Re, ma gli ultimi mesi nella capitale erano stati tremendi per lei: la morte di suo padre avvenuta davanti ai suoi occhi, la sua testa infilzata su una picca, i continui maltrattamenti di Joffrey e dei suoi cavalieri che, anziché proteggerla, la picchiavano senza scrupoli; e poi le intimidazioni di Cersei prima, durante e dopo la battaglia delle Acque Nere, la paura di quella notte di guerra, i tre uomini che avevano cercato di stuprarla qualche giorno prima…
Tra tutti quei brutti momenti, Sansa non pensò neanche per un secondo al matrimonio con Tyrion. Inizialmente, considerava quelle nozze una delle cose peggiori che le fossero capitate, ma adesso non ne era più così sicura.
In fondo, l’avere Tyrion come marito si era rivelata una situazione tutt’altro che spiacevole, e forse quell’uomo era proprio la ragione per cui non sapeva dare una risposta al quesito di Shae.
 
“Vorrei senz’altro rivedere mia madre e mio fratello Robb, per riabbracciarli dopo tanto tempo…” disse allora la giovane Stark, ribadendo cose fin troppo ovvie. Poi però esitò: “…ma per il resto, non sono sicura più di nulla ormai. Da quando sono arrivata, molte cose sono cambiate. Adesso sono sposata con Tyrion”.
Il nome di suo marito, pronunciato all’improvviso, fece bloccare Shae per un istante, solo per riprendere un secondo dopo a pettinarla con più insistenza.
“Forse dovresti imparare a seguire una sola strada: quella del tuo cuore”.
“Cosa intendi dire?” chiese Sansa, confusa.
Shae indugiò per un attimo, mordendosi il labbro come se non riuscisse a dire quello che stava pensando veramente. Poi, schiarendosi la voce, spiegò: “volevo solo dire che se continuerai a dar conto a questa o a quell’altra persona, non sarai mai davvero felice. Non agire più in base alle conseguenze che le tue azioni potrebbero o non potrebbero avere su chi ti sta intorno. Dai retta soltanto a ciò che vuoi veramente”.
Per qualche secondo Sansa riuscì a sostenere lo sguardo profondo della sua ancella; poi lo distolse di nuovo, concentrandosi su decine di altri dettagli: i fermagli disposti disordinatamente sul tavolo che le stava di fronte, la cornice d’oro che contornava lo specchio, i timidi raggi solari che penetravano da una piccola finestra sulle loro teste, il suo letto non ancora condiviso con il marito, ma intarsiato del porpora della casa Lannister…qualsiasi cosa, in quel momento, le sembrava più meritevole di attenzione rispetto alla frase rivoltale da Shae.
 
Per la prima volta, da un tempo immemore, Sansa non era più convinta di ciò che volesse per davvero. Non avrebbe mai rinnegato la sua famiglia, soprattutto in quei tempi così difficili. Era una Stark di Grande Inverno e lo sarebbe stata per sempre. Eppure, se qualcuno fosse arrivato in quel preciso istante per portarla da Robb e da sua madre, garantendole però che non avrebbe mai più messo piede ad Approdo del Re né rivisto le persone che abitavano la capitale, il fatto che lei avrebbe accettato sarebbe stato tutt’altro che ovvio.
Avrebbe potuto rinnegare tutto una volta per tutte e tornare a dedicare i propri pensieri e le proprie speranze solo alla sua famiglia, come faceva una volta. Non solo avrebbe potuto farlo, ma voleva farlo; tuttavia, ogni volta che tentava di ricacciare indietro dubbi e indecisioni, essi tornavano nella sua mente, materializzandosi nella figura di Tyrion…
 
Sorrise, ma non c’era niente di gioioso nella sua espressione. “Sai Shae, temo che il mio cuore non abbia ancora trovato una propria strada”.
“È per lord Tyrion, non è così?”.
Quel ripetuto interesse di Shae nei confronti di suo marito avrebbe insospettito chiunque, ma su di lei non ebbe lo stesso effetto. Era troppo rapita da altre questioni. Si limitò ad annuire, e dopo quel suo gesto l’espressione di Shae mutò ancora, assestandosi su una smorfia rassegnata.
 
L’ancella continuò quindi a svolgere le proprie mansioni in assoluto silenzio: c’erano momenti come quello, in cui perdeva la propria unicità e diventava uguale a tutte le altre serve. Ma quando ebbe finito e si apprestava a lasciare la stanza, Sansa si alzò del proprio posto e le si pose davanti, nella maniera più convincente che le fu possibile.
“Shae”.
“Si, lady Sansa? Cosa c’è?”.
“Io…io non ho ancora consumato il matrimonio con lord Tyrion”.
Perché le stai dicendo questo? Lei lo sa già. Che stupida che sei!
“Lo so, lady Sansa”, rispose infatti lei, per nulla a disagio davanti ad una dichiarazione di quel peso.
“Beh, io…” farfugliò la rossa, “…io non sono ancora certa di esserne pronta, ma forse dovrei concedermi a lui”.
Quell’ultima frase sembrò avere ben altro effetto sulla tenuta emotiva di Shae. I suoi occhi, per qualche ragione, le parvero più lucidi del solito.
“Te l’ho detto, lady Sansa. Non pensare agli altri. Comportati solo seguendo il tuo cuore”.
Forse stava osando un po' troppo con le parole: si trattava pur sempre di un Lannister di Castel Granito, nonché maestro del conio della capitale. Ma se anche fosse, Sansa non vi badò.
“Voglio che mi insegni…a dar piacere a mio marito, Shae”.
Le sembrò che l’ancella stesse trattenendo le lacrime, ma non badò neanche a questo.
È da quando è arrivata che si comporta in modo un po' strano. Avrà i suoi problemi, e non mi sembra il caso di giudicarla per questo.
“È questo quello che vuoi?” le chiese poi, in un sussurro. Sansa, con la testa, confermò.
 
Si guardarono negli occhi per un lungo momento, entrambe incapaci di comprendere le paure dell’altra.

 

 
“Magnifica!”.
Fu quello l’aggettivo che più rapidamente uscì dalla bocca di Jaime Lannister, non appena sguainò la lunga spada. Lo stesso Tyrion rimase affascinato.
Tywin Lannister aveva convocato un’altra riunione di famiglia, a cui presenziava stavolta anche Cersei, e la prima cosa che aveva fatto al loro arrivo era stata porgere al suo primo figlio quella straordinaria lama.
Proprio un bel regalo di bentornato, convenne Tyrion.
“Sembra fresca di forgia!”.
“Perché lo è”. Lo sguardo di Tywin era fiero come quello di un leone che vede suo figlio uccidere la sua prima preda.
“Come hai fatto ad averla?”.
“Al mondo sono rimasti solo tre fabbri che sanno come si rifonde l’acciaio di Valyria. Il migliore di loro lavorava a Volantis”, raccontò il capofamiglia dei Lannister. “Ed io l’ho fatto venire ad Approdo del Re per realizzare questa meraviglia”.
“Dove hai preso tutto quell’acciaio di Valyria?” domandò allora Cersei, ma sul suo volto apparve il solito sorriso che aveva sempre quando fingeva di non sapere una cosa che invece sapeva fin troppo bene.
Tyrion non fu sorpreso nel vedere suo padre reggere il gioco: “da qualcuno a cui non serviva più. L’arma originale era talmente enorme che sono riuscito a ricavarne anche un’altra, di spada come quella”.
A Tyrion non servì un eccessivo sforzo mentale per capire che l’arma originale di cui parlava Tywin era Ghiaccio, l’imponente spadone del defunto Ned Stark. A Sansa non piacerà questa notizia…ed è per questo che non glie lo dirò.
“Grazie, padre. È davvero stupenda”, ripeté entusiasta Jaime.
 
Lo Sterminatore di Re provò poi a rinfoderare la spada, ma ebbe qualche difficoltà di troppo nel farlo con una sola mano, oltretutto la sinistra. Fu allora Tyrion ad aiutarlo, tenendo fermo il fodero e dandogli così una maggiore libertà di movimenti, mentre Tywin si limitò ad osservare Jaime in un modo ben poco lusinghiero. Il Folletto immaginò che il motivo di quel comportamento sarebbe stato svelato di lì a poco.
“Ti sarà molto proibitivo tornare a combattere senza la mano destra”, constatò infatti Tywin.
“Questo è certo” fu costretto ad ammettere Jaime. “Ma fino a quando sarò il migliore, quale delle due mani uso non ha importanza” aggiunse poi, sorridendo sia a Cersei che a Tyrion e cercando approvazione sui loro volti. Sua sorella lo assecondò, mentre il Folletto stava ancora cercando di capire dove il loro padre volesse arrivare.
“Può darsi, ma non ho mai sentito di cavalieri della Guardia Reale con una mano sola” disse Tywin. E da quel momento fu tutto chiaro.
Jaime non arretrò di un passo: “nemmeno io, ma nulla mi impedisce di diventarne il primo”.
Tyrion tamburellò con le dita sul grande tavolo a cui erano seduti. Cersei continuò a sorseggiare vino senza dire nulla.
L’espressione di Tywin era una maschera d’oro imperturbabile, ma dal suo tono di voce cominciava a trasparire un certo fastidio per l’ostinazione di Jaime: “ora che la guerra è finita, direi che il re è al sicuro”.
“Il re non è mai al sicuro!”. Jaime non era per nulla intimorito dalla ferrea posizione del padre, e se lo era non lo diede a vedere. “Finché non sarà morto anche Stannis, finché in città ci sarà anche un solo individuo che desidera vedere la testa di Joffrey su una picca, il re non sarà al sicuro”.
“Credi che mentre tu eri prigioniero il re si sia mostrato vulnerabile? Altri cavalieri lo hanno protetto, e continueranno a farlo anche quando tornerai a casa”. Finalmente il vecchio leone aveva scoperto le proprie carte. “Andrai a Castel Granito a governare in mia vece”.
 
Tyrion percepì l’importanza di quella discussione e preferì non intromettersi. Si limitò ad alzare lo sguardo su Cersei: fissava assorta l’interno del suo calice, permettendo al cupo rossore del vino di riflettere ed allo stesso tempo distorcere la smorfia teatrale che aveva stampata sul viso.
Suo fratello era allettato dalla proposta, Tyrion glie lo leggeva negli occhi. E chi poteva biasimarlo? Jaime non aveva mai amato Approdo del Re, né tanto meno gli individui che la abitavano, secondo lui insulsi e disgustosamente falsi; la sala del trono, in cui doveva stare di continuo per proteggere il re, gli riportava alla mente frammenti del passato che avrebbe preferito seppellire per sempre; la nomina a lord comandante della Guardia Reale era in genere un grande onore ma su di lui, privato della mano destra, appariva piuttosto come una pressione insostenibile ed una responsabilità troppo grande. A Castel Granito, invece, avrebbe potuto smettere una volta per tutte di combattere, dedicandosi ad una vita agiata e tranquilla nel castello in cui era nato.
Qualunque uomo al mondo avrebbe accettato senza alcuna esitazione, invece Jaime uccise ancora una volta il suo buon senso per seguire l’unica cosa che avesse mai avuto realmente importanza nella sua vita. Si girò verso Cersei, rivolgendole un sospiro stanco che non sfuggì a Tyrion e di certo non doveva essere sfuggito neanche a Tywin. Poi disse con decisione: “no, non lo farò. Castel Granito appartiene a te”.
 
Tywin ammiccò, di certo si aspettava quella risposta. “Io sono il primo cavaliere del re. Non credo che rivedrò Castel Granito prima della mia morte”.
“No, padre, non posso farlo” insistette Jaime. “Là fuori come in ogni altro angolo dei Sette Regni, la gente mi chiama Sterminatore di Re ed uomo senza onore. Se infrangessi un altro sacro giuramento…”.
Giuramento. Quella parola fece sogghignare mestamente Cersei.
Quanto conta davvero un giuramento in questa città, in questi tempi?
 
“Non infrangerai alcun giuramento” lo interruppe Tywin, con un tono secco ma deciso. “C’è già un precedente…”.
“Non mi importa nulla dei precedenti. La mia risposta è no”.
“Jaime, non diventare testardo solo per il tuo maledettissimo onore…”.
“Il mio onore?” chiese sbuffando lo Sterminatore di Re. “Io non ho più un onore, padre. Non ne ho più uno da molto tempo”.
Tacque per qualche secondo, ingoiando fino in fondo il sapore amaro di quelle parole. Poi riprese: “non voglio Castel Granito, non voglio una moglie e non voglio nemmeno dei figli”.
Desiderare di non avere un fardello che già si possiede talvolta è anche peggio che desiderare qualcosa che non si può avere, pensò Tyrion. Cersei invece continuava a starsene rintanata in un silenzio ormai persino fastidioso.
 
L’espressione sul volto di Tywin si indurì. In quelle occasioni, sembrava ancora più vecchio.
“Per quarant’anni non ho fatto altro che insegnarti tutto ciò che dovevi sapere, e l’ho sempre fatto affinché tu diventassi il mio erede, il prossimo patriarca dei Lannister” tuonò. “Ma se ancora oggi mi dai dimostrazione di non aver imparato nulla, allora ci rinuncio. Se la tua massima aspirazione è diventare una guardia del corpo con l’approvazione del popolo, allora vai. Va’ e compi il tuo dovere”.
Jaime parve meno mortificato del previsto. “Immagino che tu rivoglia la spada”, si limitò a dire.
Il padre però non tornò sui suoi passi, anzi trasformò quell’innocente domanda in un’altra stoccata per suo figlio: “no, puoi tenerla. Senza una mano e senza una famiglia, sono certo che ti servirà”.
 
Jaime incassò anche quel colpo con la massima compostezza ed afferrò la spada senza farselo ripetere una seconda volta. Prima di uscire definitivamente dalla stanza per tornare ai propri doveri di cavaliere, rivolse nuovamente lo sguardo ad un consanguineo, ma stavolta anziché Cersei si trattava di Tyrion.
A dispetto di quanto era appena successo, lo Sterminatore di Re gli sorrise. Aveva sempre fatto di tutto affinché suo padre iniziasse finalmente a considerare l’ipotesi di nominare Tyrion come erede di Castel Granito. È ancora l’unico che crede in me, constatò il Folletto.
 
Fu solo quando Jaime se ne fu andato, ed il tintinnare metallico della sua armatura inghiottito dai corridoi della Fortezza Rossa, che Cersei aprì bocca: “molto bene, adesso Castel Granito si ritrova senza un erede. Brindiamo al futuro della casa Lannister!” sbuffò sarcastica, alzando il calice come per proporre un brindisi. “A meno che…” aggiunse poi, mandando giù l’ultimo sorso di vino, “…tu non voglia rivedere certe posizioni che hai assunto in passato, padre”.
È la regina reggente e ancora non le basta. Finge sempre di essere un guscio vuoto, eppure le sue ambizioni non hanno limiti, pensò Tyrion.
Effettivamente, più volte sua sorella aveva consigliato a Tywin di eleggerla erede di Castel Granito, ricordandogli di essere la sua primogenita e di essere nata persino prima di Jaime, anche se solo di qualche istante. Lo stesso Tywin, però, non le aveva mai dato retta: quanto alla propria eredità, non aveva occhi né orecchie né pensieri che per Jaime.
Jaime resta nella capitale soltanto per starti vicino e tu lo ripaghi complottando per avere il suo posto. Davvero dolce da parte tua, sorella.
“La riunione è terminata. Andate” li spronò severamente Tywin, ancora visibilmente contrariato dal responso di Jaime.
Così Tyrion e Cersei uscirono ed andarono in direzioni diverse della Fortezza Rossa, non prima di essersi scambiati uno sguardo di reciproca deplorazione.

 

 
Il corridoio che portava alle sue stanze sembrò interminabile a Tyrion Lannister, che ormai desiderava soltanto togliersi gli stivali e far riposare i suoi poveri piedi. Era stata una giornata ricca di andirivieni alla Fortezza Rossa, tra la riunione con padre e fratelli e gli incombenti (e, talvolta, noiosi) compiti da maestro del conio.
Il Folletto si chiese che ore fossero, ma importava poco: voleva solo dormire.
 
Quando rientrò, trovò Sansa seduta sul suo letto, in abito da notte: appena lo vide abbassò lo sguardo ed iniziò a tormentarsi timidamente le mani.
“Buonasera, Sansa” disse con la voce fioca per la stanchezza, mentre si sfilava quei maledettissimi stivali. “Mi dispiace di non aver potuto cenare con te, ma oggi è stata una giornata particolarmente impegnativa”.
“N-non preoccuparti, Tyrion”.
Il suo modo di parlare era particolarmente esitante, ma Tyrion inizialmente non vi fece caso.
“Hai trascorso una buona giornata?”.
“Io…si, Tyrion”.
“Molto bene” concluse lui. “In tal caso, ti chiedo scusa ma credo che andrò direttamente a dormire. Sono molto stanco”.
 
Si stava ancora cambiando, con movimenti lenti e intervallati da sbadigli, quando Sansa richiamò di nuovo la sua attenzione. “A-aspetta…” balbettò, e Tyrion vide che era abbastanza agitata.
“Qualcosa non va, Sansa?” le chiese quindi, incuriosito da quegli atteggiamenti.
“No, no, è…va tutto bene, Tyrion. È solo che…” degluti. “…ho riflettuto un po' sul nostro matrimonio oggi, sugli ultimi giorni trascorsi insieme e…e vorrei che…” ancora una volta ebbe bisogno di prendere coraggio, “…vorrei che tu passassi la notte con me…voglio dire, nel mio…letto”.
 
Sulle prime, il Folletto pensò di aver capito male: la testa gli doleva e probabilmente aveva confuso qualche parola, doveva essere andata così. Si grattò sistematicamente prima la nuca, su cui ricadevano i ricci e sudati capelli biondi, e poi la guancia, squarciata dalla cicatrice rimediata durante la battaglia delle Acque Nere. Socchiuse poi le palpebre, come se gli occorresse ancora qualche minuto per elaborare ciò che aveva appena sentito.
Si rese conto di aver sentito bene solo quando si girò di nuovo verso Sansa e, sgranando gli occhi, la vide spogliarsi. Le sue snelle mani bianche, tremanti, gli parvero comunque infinitamente più rapide nello scostare le spalline dell’abito rispetto alla loro prima notte di nozze, quando ogni movimento avveniva con una lentezza quasi intollerabile. Quando ebbe finito, la ragazza lasciò cadere la leggerissima veste e mostrò a suo marito il suo giovane corpo.
 
Tyrion rimase ad osservarla, a bocca aperta. Era sempre stata alta, o almeno più alta della media delle ragazze della sua stessa età, ma per una statura che restava invariata c’erano mille piccoli dettagli del suo corpo che gli parvero diversi.
Le gambe, una volta troppo esili, adesso erano slanciate e ben definite, e andavano ad attaccarsi ad un bacino che era a tutti gli effetti quello di una donna. Una parte del Folletto se ne vergognò, ma i suoi occhi asimmetrici, inevitabilmente, andarono poi a concentrarsi soprattutto sui seni di Sansa: li trovò belli, ancora un po' acerbi ma dannatamente belli, e li desiderò. Sollevando lo sguardo, poi, notò pure lo sforzo notevole che la Stark stava facendo per tenere aperti i suoi magnifici occhi azzurri.
Era incantato, e non sapeva cosa dire.
 
“Sansa, io…non capisco”. Fu così che espresse la sua sorpresa.
“Voglio che passi la notte con me, Tyrion” rispose allora lei, schiarendosi la voce. “Non c’è molto altro da capire”.
“Sansa…io lo vorrei ma…ne sei sicura?”.
“Si”.
 
Una parola di due lettere, ed un brevissimo cenno del capo. Tanto bastò a Tyrion per dimenticarsi della stanchezza, delle preoccupazioni, di tutto. Tanto gli bastò per cedere alla tentazione e cominciare a spogliarsi anch’esso, mosso all’interno da un fuoco nuovo, del quale non aveva ancora mai assaggiato il calore.
Per la prima volta, quando fu anch’egli nudo, non si senti inferiore, colpevole o mortificato sotto lo sguardo della sua nuova moglie. “Sansa…facciamolo”.
 
La ragazza annuì, si sedette sul letto come si era fatta trovare al suo rientro e infine si distese su di esso, inarcando leggermente la schiena.
Tyrion le si avvicinò a piccoli passi, temendo di star vivendo solo un incredibile sogno. Quando le fu abbastanza vicino, pose le sue piccole e rugose mani sulle cosce di lei, massaggiandole e tastandone la morbidezza, e notò con un certo piacere che la cosa la fece rilassare.
Avrebbe voluto dirle qualcosa, magari che nonostante i precedenti era un momento particolare anche per lui o magari che aspettava da tempo il giorno in cui lei gli avrebbe chiesto di entrare nel suo letto…qualsiasi cosa sarebbe andata bene, ma non disse nulla. Sospirò fortemente, chinò la testa e con la bocca andò ad esplorare quel mondo ancora sconosciuto che si trovava tra le sue gambe.
 
Sulle prime, Sansa ebbe solo degli improvvisi e velocissimi sussulti, dovuti ad una pratica con cui non era ancora mai venuta in diretto contatto. Ma dopo la scoperta iniziale e qualche momento speculativo, i due iniziarono a muoversi con lo stesso ritmo, come un unico, grande ingranaggio d’amore.
Nemmeno per un istante Tyrion pensò di fermarsi. Aveva immediatamente amato il contatto delle proprie labbra con quelle di lei (un altro genere di labbra) e gli parve che tutto ciò che stava intorno a loro fosse sparito. C’erano solo lui e sua moglie, immobili nel vuoto di quell’inaspettato contatto che si era materializzato così in fretta.
I suoi incontrollabili (ma comunque mai violenti) impulsi furono d’un tratto interrotti dalla delicata mano di Sansa, che pian piano gli strinse un groviglio di capelli. “Tyrion…”.
Il Folletto udì chiaramente il proprio nome ma non si fermò, anche perché gli parve di scorgere nella voce della ragazza una nota di celato piacere.
E d’altra parte, come avrebbe potuto fermarsi? Pur volendolo, non ci sarebbe riuscito.
Aveva un sapore così fresco quel bacio che, assolutamente sbagliato fino a qualche minuto prima, ora gli risultava così naturale…
 
Essendo la prima volta di Sansa, Tyrion decise di risparmiarle l’inversione dei ruoli, ma dopo un po' sollevò comunque la testa, impaziente di provare quel che sarebbe venuto dopo.
Vide quindi il corpo di Sansa interamente percorso da un tremito di paura o forse di eccitazione, mentre affondava le unghie nelle lenzuola e mentre piccole goccioline di sudore continuavano a bagnarle la fronte. Il suo respiro, solitamente muto e controllato, ora sembrava poter abbattere le mura della loro stanza per quanto era rumoroso. E la sua pelle, bianca come la neve, era bollente come il magma.
 
“Sansa…” esordì Tyrion per assicurarsi che fosse pronta a ciò che stava per succedere.
“Vai” rispose semplicemente lei, quasi urlando.
Tyrion afferrò allora il proprio membro con la mano destra. Era da tempo che non si sentiva tanto eccitato, nonostante avesse incontrato Shae più volte nei giorni precedenti. Non poté fare a meno di essere ulteriormente sorpreso dall’effetto praticamente istantaneo che la Stark, ancora così giovane, aveva avuto sulla sua virilità.
Stava dunque per compiere il passo decisivo quando qualcosa di altrettanto inaspettato fece capolino nell’atmosfera che si era venuta a creare, spezzando la magia di quel momento.
Sansa stava piangendo.
 
“Oh, no, no, no Sansa…perché piangi ora?”.
“Io…io non sto piangendo” disse lei, ma le lacrime che ruscellavano copiose sulle sue guance arrossate tradirono la bugia.
“Sansa…”. Tyrion non avrebbe potuto sentirsi più allarmato.
“Diamine, io…basta così Sansa. Sta’ tranquilla, non farò nulla. Fermiamoci”.
Quella frase fece sussultare la rossa, che rapidamente si mise a sedere sul letto: “no, no Tyrion…perché vuoi fermarti? Io non ti piaccio, vero?”.
 
Tyrion, che si era messo di spalle per reprimere le proprie voglie e per nasconderle almeno parzialmente la propria nudità per evitarle altre agitazioni, si voltò immediatamente in sua direzione.
Come potresti non piacermi? Sei bellissima, sei più bella di quanto tu potrai mai immaginare!
Il Folletto fece un ampio respiro, poi parlò: “non è questo, Sansa. Non è colpa tua. Per quel poco che è durato, è stato incredibile per me…però non sei pronta, Sansa. Forse lo sei fisicamente, ma non lo sei nella mente. Ed io non voglio che tu lo faccia solo perché ti senti obbligata”. Deglutì. “Un grande passo in avanti è stato fatto. Per ora, fermiamoci qui”.
Sansa singhiozzava: “Tyrion, io…mi dispiace. Sono tua moglie”.
“Lo so” sorrise lui. “Ed il fatto che tu non mi guardi più con disprezzo, è già una grande vittoria per me”.
 
Lei continuò a singhiozzare, incapace di fermarsi, ma il suo sguardo, un attimo prima tanto sofferente, tornò ad accendersi. “Grazie” gli disse, in un dolce sussurro.
Tyrion rispose al ringraziamento con un cenno della testa. “Credo allora che andrò a dormire per davvero stavolta”.
“Aspetta” lo interruppe Sansa, esattamente come aveva fatto quando si era spogliata. “Dormi qui, accanto a me”.
 
Quella richiesta lo colse impreparato anche se fino a poco prima aveva la testa tra le sue gambe.
“S-Sansa, ecco…”. Guardò fugacemente il proprio membro ancora eretto per qualcosa lasciata in sospeso. “Credo che non sia una buona idea, non so se capisci…”.
“Ti prego” insistette lei.
Tyrion non poté fare a meno di accettare. Si rivestì il più in fretta possibile mentre Sansa continuava a starsene seduta, nuda, come se non sapesse come comportarsi.
Fu allora lui stesso a porgerle l’abito da notte, ancora arrotolato sul pavimento, e nonostante la bassezza ed un’eccitazione ancora evidente la aiutò anche ad indossarlo, visto che lei era ancora un po' impacciata.
Poi Sansa gli fece spazio, spostandosi dall’altra parte del letto. Tyrion vi salì, si stese e, ancora abbastanza incredulo per quanto era accaduto, le disse: “allora buonanotte”.
Quasi non fece in tempo a finire quella frase che Sansa, con gli occhi ancora rossi per le lacrime, si chinò verso le sue labbra per porgervi un bacio che, stavolta si, fu deciso e pienamente, indiscutibilmente voluto.
Quindi si staccò delicatamente, mentre Tyrion, ormai abituato alle sorprese che sua moglie gli riservava, chiuse gli occhi dimenticandosi di tutto il resto e si addormentò.

Ciao a tutti!
Finalmente è iniziata anche per me l’estate e quindi spero nei prossimi giorni di aumentare la frequenza di pubblicazione dei capitoli!
Su questo capitolo ho poco da dire, se non che è stato molto bello da scrivere perché mi ha fatto fare un ulteriore passo in avanti (notare la citazione al titolo 😉) nella definizione di aspetti introspettivi e relazioni interpersonali dei personaggi.
P.S.: il secondo paragrafo è chiaramente basato sulla scena dell’episodio 4x01 della serie tv, in cui però discutono soltanto Tywin e Jaime; io ho voluto inserire anche Tyrion e Cersei per “giocare” anche sulle loro reazioni alla conversazione e per proseguire l’abitudine, ormai consolidata, di narrare la storia unicamente dal punto di vista o di Sansa o, come in questo caso, di Tyrion.
Come sempre, vi invito a farmi sapere con una recensione cosa ne pensate 😊
A presto!

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Capitolo 6
*** Comincia la lezione ***


Capitolo 6: Comincia la lezione

L’ultima volta che era stato tanto sorpreso nell’aprire gli occhi fu all’indomani della battaglia delle Acque Nere, quando si ritrovò ad un palmo dal naso il volto rugoso e guardino del gran maestro Pycelle, che stava curando le sue ferite. Quel giorno portava una benda che gli copriva la fronte e buona parte della faccia, aveva le ossa a pezzi e si sentiva letteralmente uno schifo.
Ora la situazione era un tantino diversa: la ferita si era ampiamente rimarginata, si sentiva tutto sommato bene e la figura che si trovò davanti agli occhi era decisamente più affascinante di Pycelle.
 
Svegliarsi al mattino di fianco alla propria moglie, infatti, era un’abitudine normalissima per la stragrande maggioranza degli uomini, ma non lo era affatto per Tyrion Lannister. Le sue pupille verdi, ancora un po' annebbiate dal sonno e dal sudore, si dilatarono quando scorsero Sansa Stark così vicina e ancora beatamente addormentata.
Non riuscì a reprimere un sorriso spontaneo. Sembra ancora più indifesa quando dorme, pensò.
Tuttavia, dopo quello che era accaduto la sera precedente (ricordi ancora nitidissimi nella sua mente), non era più molto sicuro di poterla considerare una bambina, come aveva fatto fino a quel momento.
 
La cosa che più di tutte attirò la sua attenzione furono i suoi capelli rossi, sparsi disordinatamente sul cuscino, più luminosi dei timidi raggi di sole che fendevano la stanza entrando dalla finestra. Qualcosa spinse Tyrion ad allungare lentamente il palmo della mano e ad afferrarne una ciocca, per poi mettersi a giocherellare con essa. Gli sembrò di avere un mucchietto di sabbia rossa di Dorne che gli scivolava dalle dita.
Il Folletto si soffermò poi sulla sua bocca, di cui aveva finalmente avuto un primo assaggio qualche ora prima. Le labbra erano piccole e sorprendentemente lisce, quasi fluide: sembrava proprio che, nonostante le frequenti percosse che aveva ricevuto dai cavalieri di Joffrey (soprattutto da Meryn Trant), la purezza e la nobiltà di quelle labbra fossero rimaste invariate. E che gli Dei siano ringraziati per questo, si disse.
 
Anche nel sonno, Sansa riusciva comunque nell’impresa di apparire elegante, cortese, impeccabile: dormiva in maniera composta, senza mai fare movimenti improvvisi o fastidiosi, e il suo respiro era talmente silenzioso da sembrare addirittura muto, a differenza di Tyrion che talvolta russava più rumorosamente del dovuto. La cosa fece sogghignare il Folletto, il quale si accorse poi che la ragazza aveva una mano libera, piegata proprio all’altezza della spalla destra.
Istintivamente la strinse nella sua, che al confronto sembrava quella di un bambino, se la portò impercettibilmente vicino alla bocca e vi posò un leggero bacio.
È così bella. E finalmente sta iniziando a fidarsi di me. Non posso sprecare questa occasione. Non posso più deluderla.
 
Quel flusso di pensieri si interruppe di colpo quando Tyrion si accorse che anche il suo corpo, come la sua mente, ricordava perfettamente il breve contatto avuto la sera prima con Sansa e ne portava ancora i segni d’eccitazione: sentiva qualcosa di eretto e trepidante tra le proprie gambe e questo lo fece sussultare, come se fosse stato appena scoperto a commettere un crimine. Meglio alzarsi subito, prima che Sansa si svegli e si verifichino altre situazioni imbarazzanti.
Dunque si alzò di scatto dal letto, quel letto che sua moglie aveva finalmente deciso di condividere con lui, si mise a sedere e le rivolse un ultimo, caloroso sguardo. Infine si alzò del tutto, si vestì in fretta e si preparò ad uscire.
L’incontro di oggi è molto importante, e sarà meglio non tardare.

 

 
“Cos’è che aveva detto tuo fratello riguardo a quella…donna?”.
“Che è la versione femminile della Montagna”.
Bronn era letteralmente esterrefatto, e Tyrion lo trovò divertente come sempre.
“Beh, si è scordato di citare pure il Mastino, credo. E poi, cos’avrebbe di femminile quell’armadio?”.
Stavolta lo sguardo del Folletto fu di rimprovero, ma la realtà era che non riusciva a dare torto all’ex mercenario. Brienne era una donna unica nel suo genere: esageratamente alta, tanto che al suo confronto si sentiva ancor più piccolo di quanto non fosse già, sembrava non possedere alcuna grazia; i suoi capelli erano del colore della paglia ed i suoi occhi di un azzurro sbiadito, dalle tonalità grigiastre; i lineamenti del volto erano spigolosi ed irregolari, anche se non irregolari quanto i suoi; aveva forme piatte, che non esercitavano alcun fascino sugli uomini, ma in compenso aveva una muscolatura degna di un fabbro.
“Guarda il lato positivo” sbuffò Bronn. “Abbiamo trovato qualcuno più brutto di te”.
 
Stavano ancora parlottando sottovoce seguiti da Podrick quando arrivarono al balcone al quale Jaime e Brienne erano affacciati, a scrutare l’orizzonte e a discutere anch’essi.
“Tyrion! Eccoti qui” lo accolse lo Sterminatore di Re, mentre la donna si voltò verso di loro con espressione distante.
“Ti presento Brienne dell’isola di Tarth”.
“Mia lady” esordì Tyrion con tutta la cortesia che riuscì a raccogliere, “sono onorato di fare la tua conoscenza”.
“Non sono una lady” rispose lei in tono seccato, quasi sprezzante. Persino la sua voce era assimilabile più a quella di un uomo che a quella di una donna.
“Non importa. Mio fratello Jaime mi ha detto che gli hai salvato la vita ed hai contribuito al suo ritorno ad Approdo del Re. In tal caso, sia io che la mia famiglia ti siamo riconoscenti e debitori”.
“Un Lannister paga sempre i suoi debiti, certo” convenne Brienne. “Tuttavia, mio lord, non so quanto ci si possa fidare della tua parola”.
Fu un’insinuazione totalmente gratuita che mise Tyrion ancora una volta sull’attenti riguardo alla percezione che le altre persone avevano di lui. Lo stesso Jaime rivolse a Brienne un’occhiata di disaccordo. Bronn, alle sue spalle, ridacchiò.
“Lady Brienne” disse quindi, ignorando volontariamente le precisazioni della donna sul proprio titolo, “se hai sentito qualcosa di spiacevole sul mio conto, ne sono profondamente dispiaciuto. Tuttavia, se posso permettermi…” proseguì, fissando su di lei i suoi vispi occhi verdi, “…credo che il tuo disprezzo nei miei confronti sia piuttosto un riflesso del disprezzo che Catelyn Stark provava nei miei confronti”.
 
Dal profondo respiro che prese Brienne e dalla sua smorfia a denti stretti seppe di aver indovinato. “Lady Catelyn era fermamente convinta che tu avessi inviato un assassino ad uccidere suo figlio Brandon, prima che egli si risvegliasse. E lady Catelyn non ha mai dato motivo a nessuno di reputarla una bugiarda”.
Tyrion spostò lo sguardo verso Jaime e percepì il suo disagio. “Oh, ma certo. Una calunnia che ho già sentito altre volte” disse stringendo le spalle.
“Ebbene, non ho mai complottato contro il ragazzo, né contro nessun altro Stark; le ostilità che ho compiuto nei confronti di quella famiglia si limitano ad una fugace battaglia sulla Forca Verde ed al mio matrimonio con lady Sansa”. La seconda citazione fece di nuovo ridere Bronn, e persino Pod parve divertito. “Mi sorprende piuttosto che tali dicerie siano ancora in giro dopo che gli Dei hanno decretato la mia innocenza in un processo per combattimento al Nido dell’Aquila”.
“Innocenza decretata dagli Dei e dalla mia spada” gli ricordò Bronn.
Brienne dedicò ad entrambi un’espressione severa. Chissà se almeno quando sorride appare più piacente…dopo pochi minuti passati con lei, comincio davvero a sospettare che questa donna non sorrida mai.
“Un processo per combattimento vinto non rende innocente un uomo colpevole”, sentenziò poi la Vergine di Tarth. “È probabile che avessi semplicemente il campione migliore”.
Bronn alzò un sopracciglio, vantandosi apertamente.
“Acuta osservazione, soprattutto nel caso di un nano poco avvezzo alle buone azioni come me” rilevò il Folletto. “Nondimeno, sul giovane Brandon Stark la mia coscienza è a posto. Sei libera di credere ciò che vuoi: io so di non aver commesso quel crimine”.
Brienne continuò a scrutarlo con fare sospettoso, ma quelle parole la rassicurarono innegabilmente.
 
“Ad ogni modo, credo che tu sappia già perché sono qui”.
“Mio fratello mi ha accennato qualcosa” ammise Tyrion, “ma vorrei saperne di più”.
“Ebbene, tu stesso hai detto di essermi debitore per aver riportato ser Jaime nella capitale. Io non cerco oro né ricchezze di sorta, non ne ho bisogno. Voglio soltanto che mi permettiate, tu e la tua famiglia, di riportare Sansa Stark da sua madre”.
“Questo non è possibile” sentenziò il Folletto, senza alcuna esitazione.
“Ho giurato a lady Catelyn di riportarle sua figlia. Vuoi forse che infranga il mio giuramento?”.
“Se anche glie la riportassi, ne infrangeresti un altro, di giuramento. Sansa è mia moglie”.
A quelle parole, Brienne sembrò paralizzarsi, come se non riuscisse più a controllare il proprio corpo. Jaime non glie l’aveva ancora detto, rilevò Tyrion con un pizzico di disappunto.
Lo Sterminatore di Re farfugliò qualcosa: “non ho fatto in tempo a riferirtelo…”.
La bionda lo fulminò con lo sguardo, poi tornò a rivolgersi a Tyrion: “credo che dovrei comunque parlarne con lady Sansa, mio lord”.
A quella prospettiva, il Folletto deglutì e parve quasi imbarazzato: “lady Brienne, io ho un grande rispetto per l’opinione di mia moglie e cerco sempre di accontentarla in tutto. A volte ci riesco, altre volte no”. Bronn fu il primo a scorgere in quell’affermazione una sfumatura sessuale e sghignazzò ancora una volta.
“Ciò nonostante…” proseguì con un tono più alto, come per zittire l’ex mercenario, “…temo che stavolta sia meglio non dirle nulla. Sansa desidera ardentemente rivedere i suoi familiari, e sono abbastanza sicuro che preferisca la loro compagnia alla mia” sorrise amaramente. “Però io ho giurato di proteggerla, e sul campo di battaglia non sarà mai al sicuro come qui ad Approdo del Re al mio fianco, questo lo sai anche tu. D’altra parte, sarò pure un nano ma so come farmi rispettare. E spero che Sansa riesca comunque a riabbracciare sua madre e suo fratello, quando questa guerra sarà finita”.
 
I due erano uno di fronte all’altra, e questo evidenziava ancor di più la loro differenza di altezza. Fu però quando si voltò nuovamente verso Jaime che la Vergine di Tarth decise, sospirando: “in tal caso, rinuncerò ai miei propositi. Anche il matrimonio comporta dei doveri”.
Tyrion annuì: “ti sono grato per la tua comprensione, mia lady”. Poi, con la mano destra, fece cenno a Jaime di avvicinarsi: “e adesso, se non ti dispiace, ti porto via mio fratello per qualche ora”.
“Perché?” chiese curioso lo Sterminatore di Re.
A rispondergli, però, fu Bronn: “comincia la lezione”.

 

 
Il posto che aveva scelto era abbastanza vicino al terrazzo dove avevano lasciato Brienne, forse troppo, ma Tyrion non se ne preoccupò: Jaime gli aveva spiegato che quella donna non amava particolarmente Approdo del Re, dunque una volta terminato il loro incontro sarebbe senz’altro tornata nelle proprie stanze. In compenso, per arrivare a quello che di lì a poco sarebbe diventato un vero e proprio rifugio per suo fratello, dovettero affrontare una discesa tutt’altro che tranquilla, con scalini di pietra stretti ed irregolari che andavano a comporre un infido zig zag. Di fronte, il mare si infrangeva impetuoso contro gli scogli, creando su di essi spessi strati di schiuma, ed anche quella era una visione poco rassicurante visto la vicinanza dei bordi ai suddetti scogli e la totale assenza di barriere che potessero evitare cadute. L’unica cosa davvero piacevole di quel luogo sperduto era la brezza marina, che anche in quel momento scompigliava i riccioli biondi del Folletto.
 
“Quindi…” disse Bronn, parlando lentamente per restare concentrato anche sulla discesa, “…l’hai vista combattere”.
“Si, e ti assicuro che potrebbe mettere col culo a terra la maggior parte dei cavalieri di questa città” confermò Jaime.
“Allora ricorda a quel nanerottolo incosciente di tuo fratello di tenere a bada la lingua, la prossima volta che parla con lei” sbuffò l’ex mercenario, perfettamente consapevole che Tyrion lo avesse sentito anche senza il bisogno della mediazione di Jaime, “perché non sarò io a salvargli nuovamente la pelle”.
“Puoi stare tranquillo, Bronn” lo rassicurò il Folletto. “Sono sicuro che dopo i sassolini che entrambi oggi ci siamo tolti dalle scarpe, il mio rapporto con Brienne diventerà più amichevole”.
“Però mai amichevole come quello che ha con tuo fratello” ridacchiò Bronn, che poi tornò a rivolgersi a Jaime: “di’ un po', te la sei scopata, non è vero? Quel gigante di donna è pazza di te”.
“Bronn…” lo ammonì Tyrion, certo che quella domanda non avrebbe fatto per nulla piacere a suo fratello.
“Cosa…cosa ti salta in mente?! Sono una Guardia Reale!” rispose infatti Jaime, stizzito.
“Sicuro, sicuro. Sei una Guardia Reale” ripeté l’ex mercenario. “Ma se non lo fossi stato te la saresti scopata, mi ci gioco le palle. Tu sei mai stato con una donna di quelle dimensioni, Pod?”.
Lo scudiero fu colto alla sprovvista da quella domanda e, come al solito, arrossì: “n-no, ser Bronn”.
“Ser Bronn?” chiese Jaime con sguardo di sfida, indugiando sull’appellativo. Sapeva che l’ex mercenario era stato fatto cavaliere, ma quella sembrava proprio l’occasione giusta per metterlo alla prova.
“Eh già” si limitò a rispondere l’altro, sgranando gli occhi corvini.
“Bronn ha ottenuto il cavalierato dopo essersi distinto nella battaglia delle Acque Nere” si intromise Tyrion. “Talvolta parla più del dovuto, ma è un portento con la spada”.
“Tu però non mi chiami mai ser”.
“E tu non mi chiami mai lord”.
 
Arrivati al luogo stabilito, Jaime rimase per qualche secondo con lo sguardo basso, assorto nei propri pensieri. Non deve essere facile per uno col suo orgoglio venire su questo ammasso di pietre a farsi insegnare di nuovo come usare la spada, rilevò Tyrion.
A richiamare la sua attenzione ci pensò ancora una volta Bronn, che estrasse da un fodero sulla schiena una spada da porgere allo Sterminatore di Re: “tieni”.
“No, grazie. Io ho la mia” rispose Jaime, estraendo a sua volta l’immane spada in acciaio di Valyria donatagli dal padre.
“Oh, acciaio di Valyria. Una lama splendida” ammise Bronn. “Però vedi…se tu usi una spada affilata, dovrò farlo anch’io. E se io uso una spada affilata, la lezione termina all’istante”.
Jaime incassò il colpo, ma Tyrion gli fece cenno con la testa di fare come Bronn gli diceva.
“Tyrion mi ha detto che sei bravo a tenere la bocca chiusa. Dote piuttosto rara da trovare in un mercenario”.
Bronn gli si avvicinò in maniera poco amichevole: “e a me ha detto che cachi oro, dote piuttosto facile da trovare in un Lannister”. Quindi gli passò la spada, sbattendogliela sul petto. Jaime tirò fuori dalla tasca un sacchetto pieno di monete sonanti, glie lo diede e solo allora afferrò l’arma con la mano sinistra.
“E comunque, non sono più un mercenario”.
 
Lo Sterminatore di Re fece roteare la lama nell’unica mano che gli rimaneva, studiandone prima l’impugnatura e poi la straordinaria leggerezza. “Non uso una spada da allenamento da quando ero un ragazzino”.
“Non è mai troppo tardi per ricominciare. E ora, vediamo come te la cavi”.
Tyrion e Podrick restarono a guardare con impazienza mentre Jaime iniziò ad avvicinarsi ad ampie falcate a Bronn, sfoderando subito un fendente che quest’ultimo parò senza difficoltà.
“Non essere così precipitoso. Studiare la posa e la postura dell’avversario è fondamentale per uno spadaccino”.
Jaime sbuffò: “credi che non lo sappia? Combatto con la spada da quando avevo 15 anni”.
“A giudicare dall’errore grossolano che hai appena commesso, non si direbbe”.
Quelle parole non fecero altro che ravvivare le fiamme che ardevano dentro Jaime. Il Lannister non indietreggiò, anzi tornò ad attaccare con altri colpi decisi, anche ben assestati, ma che venivano sempre prontamente respinti da Bronn. E poi, quando Jaime lasciò scoperto il fianco debole, l’ex mercenario lo spintono, facendolo quasi cadere in mare. Tyrion ebbe un sussulto che scomparve solo quando il fratello riacquistò l’equilibrio.
“Se solo avessi ancora la mano destra…”.
“Già, che peccato!”. Stavolta fu Bronn ad attaccare, ed i suoi colpi erano incredibilmente rapidi. Fu in quel momento che Jaime si rese conto che sarebbe stato un ottimo maestro e che meritava più rispetto di quanto ne ispirassero la sua faccia e i suoi modi.
Stavolta Jaime non cadde, ma barcollò e fu costretto ad appoggiarsi alla parete di roccia per restare in piedi. La sua fronte grondava sudore, il suo sguardo era sofferente.
 
Tyrion allora gli si avvicinò ed approfittò della casuale pausa dallo scontro per dirgli qualcosa: “ascolta, Jaime. Non arrenderti alle prime difficoltà o alle prime provocazioni. Bronn è fatto così: potrà essere fastidioso, ma non ho dubbi che con lui tornerai ad essere il formidabile guerriero che eri prima”.
Lo Sterminatore di Re non lo guardò, bensì alzo gli occhi sul suo rivale, che lo attendeva passandosi la spada da una mano all’altra. Doveva però aver udito almeno una parte del discorso di Tyrion, perché anche lui lo incitò: “non ho mai visto nessuno maneggiare così abilmente una spada con la mano debole. Dovevi davvero essere un guerriero molto al di sopra della media” ammise. “Ma ora, tutto ciò che devi fare è avere pazienza”.
Jaime rimase immobile per qualche istante, elaborando fino in fondo il significato di quella frase. Infine sorrise e, senza dire nulla, riprese la spada e si rimise in posizione.
Tyrion comprese che in quel momento sarebbe iniziato il vero allenamento e sorrise a sua volta, soddisfatto. “Molto bene. Ora, se volete scusarmi, torno alle mie mansioni”, disse. “Podrick, accompagnami alla Fortezza Rossa. Lasciamo Jaime e Bronn alla loro lezione”.

Ciao a tutti!
Capitolo un po' transitorio, questo, ma spero che non vi siate annoiati nel leggerlo!
Finalmente anche Brienne ha fatto la sua comparsa, che ne pensate del suo personaggio?
Mi sono divertito molto anche nello scrivere il terzo paragrafo, che fa riferimento ad una delle mie scene preferite della serie tv: il primo allenamento di Jaime e Bronn con la spada (episodio 4x02).
Devo essere sincero, mi diverte soprattutto scrivere di Tyrion, Jaime, Bronn e Podrick: ormai nella mia mente sono una sorta di rockband 😂
Qui ho assunto unicamente il punto di vista di Tyrion, ma nel prossimo capitolo tornerà anche quello di Sansa!
Ebbene non mi resta che salutarvi e ricordarvi come al solito di lasciarmi una recensione per farmi sapere se il capitolo vi è piaciuto!
A presto 😉

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Capitolo 7
*** Te ne andresti da me? ***


Capitolo 7: Te ne andresti da me?
 
Al momento del risveglio, suo marito non c’era ma le sembrava di aver ancora impresso sulle labbra il sapore del bacio che si erano scambiati la notte precedente. Non era il bacio che aveva sempre sognato da bambina, quello travolgente di un principe biondo di ritorno da una grande impresa; era stato piuttosto un bacio rubato, sussurrato nelle tenebre stranamente rassicuranti delle loro stanze. Un bacio che poteva significare tutto oppure poteva significare nulla.
 
Sansa aveva chiuso gli occhi quando baciò Tyrion, lo aveva fatto istintivamente, ma ciò non le impedì di percepire il suo sguardo basito ed il movimento improvviso della sua bocca, di certo colta impreparata da quell’inaspettato contatto. Ciò nonostante, il Folletto non aveva avuto un solo secondo di esitazione: aveva subito risposto alla sua iniziativa, sintomo del fatto che apprezzasse sentire sua moglie finalmente così vicina.
 
Furono questi i primi ricordi che si mossero nella mente di Sansa una volta che ebbe aperto gli occhi. Senza smuoversi dalla posizione in cui aveva dormito, rimase per qualche istante a fissare il baldacchino del letto, quel letto in cui si era alla fine decisa ad accogliere l’uomo che avrebbe avuto accanto per il resto dei suoi giorni.
 
Per un unico, inevitabile attimo, si ritrovò ad immaginare come sarebbe stata la sua vita al fianco di Tyrion Lannister. Forse i nostri figli comanderanno davvero su Grande Inverno e Castel Granito, come ha detto Margaery, o forse comanderanno il mondo intero. Oppure potremmo non avere affatto dei figli, il nostro matrimonio potrebbe finire domani stesso e noi potremmo morire prima del tempo. Che cosa misteriosa ed imprevedibile che era il futuro!
 
Solo quando ruotò impercettibilmente la testa si accorse che poco distante, seduta al tavolo, c’era anche Shae. Il suo sguardo era rivolto verso di lei, ma aveva un’aria assente, come se non si fosse ancora accorta che Sansa s’era svegliata. Anzi, non è un’impressione: davvero non se n’è accorta!
Shae la stava guardando, ma non osservando.
 
Fu dunque Sansa a chiamare lei: “Shae…”.
Quando udì il suo nome, l’ancella sbatté le palpebre e si ridestò dal torpore in cui era immersa, alzandosi di scatto dalla sedia e balbettando goffamente: “buo-buongiorno, lady Sansa”.
Attese dunque che la Stark si alzasse dal letto e poi la aiutò ad indossare una vestaglia azzurra, come faceva invariabilmente ogni mattina. I movimenti delle sue mani ormai erano diventati meccanici: ora si che sembrava un automa la cui unica utilità era quella di assicurarsi che non le mancasse niente.
 
Si ritrovò a pensare al giorno in cui la conobbe ed ai primi giorni che lei trascorse al suo servizio: ricordò di averla guardata con sospetto, non riuscendo a capire da dove saltasse fuori quella donna dai capelli neri come la pece e dai tratti esotici che non sapeva dove mettere le mani, cosa che le fece capire che non era una serva e che non fece che aumentare i suoi interrogativi. In compenso, era molto di compagnia e con lei sentiva di poter parlare liberamente, senza dover per forza aggiungere tutte quelle stupide frasette di cortesia che doveva invece usare in presenza di altre persone.
E poi pensò alla notte della battaglia delle Acque Nere, quando la regina Cersei la mise sotto torchio con domande rapide ed affilate come coltelli, delle quali qualsiasi altra servetta sarebbe stata succube, ma alle quali Shae seppe rispondere a dovere, senza un briciolo di paura, persino con un pizzico di fierezza nello sguardo.
Si chiese che fine avesse fatto quella Shae.
 
Dopo aver mangiato una semplice fetta di pane con burro per colazione, Sansa andò a farsi il bagno, accompagnata naturalmente da Shae che iniziò a lavarle i fluenti capelli rossi.
L’acqua era fresca, l’ideale in quelle giornate estive, e Sansa chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dalla superficie ondulata dell’acqua stessa e dalle dita delicate della sua ancella, che andavano su e giù dalla sua fronte alle ultime punte della sua chioma ramata.
Tirò indietro la testa, poggiandola leggermente sul bordo della vasca, mentre aspettava che il sudore scivolasse via dal suo corpo e che i pensieri scivolassero via dalla sua mente.
 
Quando riaprì gli occhi, si accorse che Shae stava fissando la sua nudità, o quanto meno il riflesso distorto che ne traspariva dall’acqua. Non era di certo la prima volta che la sua ancella la vedeva nuda (come normale che fosse), ma stavolta si sentì stranamente a disagio…forse perché vide negli occhi della donna qualcosa di insolito, che non riuscì a definire. Istintivamente si coprì i seni e le altre parti intime, facendo tutto il possibile affinché sembrasse che si stesse semplicemente lavando.
L’imbarazzò aumentò quando Shae le chiese: “non è accaduto nulla neanche stanotte…perchè?”.
Il cuore di Sansa mancò un battito, solo per riprendere un secondo dopo a martellare con maggiore agitazione. “V-vuoi dire…con Tyrion?”. Un’altra domanda superflua.
Shae annuì. Come fa a saperlo?
Poi realizzò: ma certo, le lenzuola.
Se la prima risposta che le aveva dato (che, in fin dei conti, era solo un’altra domanda) fu dettata dalla memoria ancora nitida di ciò che era successo quella notte, il secondo quesito le fece tornare in mente il fatto che era stata proprio lei a chiedere a Shae dei consigli su come dar piacere a suo marito quando questi sarebbe entrato nel suo letto. Dunque, si regolò di conseguenza.
 
Avrebbe potuto fare un passo indietro e tornare al contesto in cui si trovava ormai da settimane, continuando a farle credere che Tyrion avesse voluto aspettare i suoi tempi come fatto fino ad allora. Sarebbe stata la strada più semplice da percorrere: nessuna curiosità, nessuna domanda, meno voci che girano…
Tuttavia, nella mente di Sansa scattò qualcosa che la spinse stavolta ad essere più sincera con Shae, a differenza del giorno dopo la sua prima notte di nozze in cui, molto semplicemente, non le aveva parlato di niente. Oltretutto, questa volta era diverso: era innegabile che fosse davvero successo qualcosa…
“In verità…mi sono spogliata davanti a lui, e lui ha fatto lo stesso…q-quindi è entrato nel mio letto e…e ho aperto le mie gambe per lui”. Il suo viso divenne paonazzo, e proseguire era sempre più difficile: “lui però non è…non è entrato dentro di me. Ha usato solo la bocca, m-ma…ha ritenuto che non fossi ancora pronta per andare avanti. E poi ha dormito con me”.
Sansa sembrava quasi sul punto di piangere. Che vergogna…avrò fatto bene a fidarmi di lei?
 
Shae continuò a scrutarla con aria frastornata. Poi abbassò lo sguardo e tenne gli occhi bassi per tutto il tempo: “ho capito”.
Sansa fu sinceramente dispiaciuta nel vederla così e si chiese se quella reazione potesse essere stata causata dall’imbarazzante racconto che le aveva appena fatto. Però…è sempre così quando si parla di Tyrion, si rese conto.
Ed era vero: bastava nominare il nano di casa Lannister per far sì che Shae cambiasse radicalmente umore, un po' come accadeva a lei quando da bambina, a Grande Inverno, le si parlava di Joffrey. L’ancella, a differenza sua, diveniva non euforica ma triste e cupa; questo però, per quanto ne sapeva, poteva essere dovuto al fatto che Tyrion era un uomo sposato…
Non poté fare a meno di chiedersi se anche quella di Shae fosse solo un’infatuazione o se magari ci fosse anche dell’altro. O magari non c’era proprio nulla.
La donna nel frattempo aveva iniziato ad asciugarle i capelli con un asciugamano. Era dietro di lei e non poteva dunque guardarla in faccia. Questo, però, non le impedì di porle la fatidica domanda, che le ronzava in testa già da qualche minuto.
“Shae…Tyrion ti piace, non è così?”.
Anche girata di spalle, avvertì in maniera univoca le sue mani ed il suo respiro bloccarsi di colpo, come se fosse in apnea, e le parve addirittura di udire i battiti del suo cuore diventare più irregolari.

 

“Com’è andato l’allenamento con Jaime?”.
Fu Tyrion a porgere quella domanda all’ex mercenario mentre riempiva tre coppe con del rubicondo vino di Arbor.
“Tuo fratello ci sa fare, è un ottimo spadaccino e si vede. Gli serve solo del tempo per convincersi del tutto che può tornare alla sua vecchia vita anche senza la mano destra” rispose Bronn, stiracchiandosi sulla propria sedia e pulendosi maleducatamente i denti con il dito indice, tra l’altro senza aver consumato nessun pasto.
“Io penso che gli serva anche del tempo per convincersi di voler davvero tornare alla sua vecchia vita” rilevò Tyrion porgendo una coppa a Bronn e un’altra a Podrick, che come al solito se ne stava seduto al proprio posto in silenzio.
Quando però gli venne offerto il vino, finalmente fece sentire la sua timida voce: “mio lord, non so se sia saggio…sappiamo entrambi che questa sarà la prima ma non l’ultima coppa a venir servita questa sera”.
“Sei il mio scudiero, ed io ti ordino di bere” rispose il Folletto, con un sorriso che fece apparire quella frase come un amichevole incitamento piuttosto che una minaccia.
 
“L’ultima volta che ho bevuto vino di Arbor c’era pure una ragazza dell’Altopiano a tenermi compagnia” disse Bronn, gustando lentamente quel denso liquido come l’esperto di vini che chiaramente non era. “Adesso, invece, con me ci sono un nano del cazzo ed un ragazzo decisamente troppo silenzioso”. Nel dirlo, diede una pacca sulla spalla a Podrick.
“Stai dicendo che preferivi la vita da mercenario a quella da cavaliere?” chiese Tyrion, alzando un sopracciglio in segno di provocazione.
“Sto dicendo che preferivo la compagnia di una donna alla vostra”.
“Oh beh, come biasimarti” rise il Folletto.
“Ad ogni modo” continuò Bronn, grattandosi la barba sotto al mento, “questa ragazza mi disse che veniva da una piccola città di cui non ricordo il nome…credo che fosse Tumbleton, o qualcosa del genere…”. Tyrion confermò con un cenno del capo che quello era la corretta pronuncia del nome. “Disse che questa Tumbleton veniva continuamente saccheggiata e martoriata, quindi era stata costretta a fuggire e a cercare fortuna altrove come puttana. Aveva i capelli castani, gli occhi grigi e due tette belle grosse…sembrava una donnina a modo come tutti quegli altri stupidi fiorellini dell’Altopiano, e invece quando me la portai nel talamo si rivelò essere una sorta di demonio, grezza e violenta”.
“Violenta?” chiese Podrick, confuso.
“Mi tirò le palle senza alcun motivo!” gli spiegò l’ex mercenario, sollevando le braccia con esasperazione.
Tyrion sogghignò divertito. “Ho conosciuto un uomo di Tumbleton, una volta. Si chiamava Yoren ed era un Guardiano della Notte. È grazie a lui se non mi sono annoiato durante il mio soggiorno al Castello Nero”. Bevve in un solo sorso tutto il vino che restava nella sua coppa. “Un uomo in gamba, non c’è che dire…ma mi avvisò che la popolazione di Tumbleton era composta per lo più da mercanti e contadini”.
“Sono sicuro che questo Yoren fosse di gran lunga più femminile di quella puttana” sbuffò Bronn. “E comunque, avrei dovuto saperle certe cose sugli abitanti della fottuta Tumbleton”.
“Scommetto che al tempo non eri così schizzinoso” affermò Tyrion riempiendosi nuovamente la coppa.
“No, infatti. Ma adesso ho imparato la lezione”.
“Non hai imparato nessuna lezione, Bronn. Semplicemente ora hai il mio oro e puoi ambire a qualcosa di meglio” lo corresse il Folletto. “Dimmi, a cosa aspiri?”.
“Voglio sposarmi con una ricca lady e diventare padrone di un castello” dichiarò Bronn senza esitazione. “Ma nel frattempo, prendo tutto ciò che arriva!”.
 
Tyrion fece una smorfia: non poteva aspettarsi nulla di diverso da quell’uomo. Poi allungò la sua piccola mano per afferrare la coppa di Podrick e riempirla fino all’orlo con altro vino: “e tu, Pod? Se non sbaglio il mio…regalo fu la tua prima volta”.
“Si, mio lord” rispose lo scudiero, con lo sguardo basso per la vergogna.
“A proposito, non ci hai più detto cosa hai fatto a quelle donne” si intromise Bronn.
Pod scosse la testa con fare innocente: “nulla di particolare”.
“Eppure non hanno voluto pagamenti” incalzò Tyrion.
“Esatto, mio lord”.
“Beh, evidentemente si sentivano già abbastanza ricompensate!” esclamò nuovamente Bronn, strizzando leggermente la virilità di Podrick, ma non abbastanza leggermente da impedirgli di farsi male, cosa che fece ridacchiare l’ex mercenario.
Tyrion rise a sua volta, forse perché alticcio per l’ingente quantità di vino bevuto, forse perché contento di scoprire finalmente qualcosa in più del suo scudiero. “E qual è quella che ti ha soddisfatto di più?”.
Pod arrossì, ma il vino gli diede il coraggio di rispondere: “forse quella di nome Marei, mio lord”.
Bronn rise così forte che quasi sputò il vino che aveva in bocca: “ricorda il suo nome! Oh, Pod…sei un fantastico figlio di puttana!”.
“Come mai Marei?” domandò Tyrion, con molta più educazione.
“Non saprei, mio lord…mi sembrava molto…gentile, oltre che brava…”.
“Si, fare apprezzamenti sull’aspetto dei clienti è tipico di Marei” disse Bronn, disilludendo il povero ragazzo.
 
Dopo Podrick, arrivò il turno di Tyrion. Bronn però si rese conto che lo scudiero era troppo timido per chiedere qualcosa di personale al suo lord, quindi fu lui a farsi avanti: “e tu che ci racconti, Tyrion?”. Ma era palesemente una domanda ironica, infatti subito dopo aggiunse: “oh già, quasi dimenticavo. Ora sei sposato!”.
Sul volto di Tyrion si fece largo un ampio sorriso, mentre gli occhi cominciavano a farsi piccoli per il sonno causato dalla sbronza. Riuscì comunque a fare un cenno della testa per confermare l’ultima affermazione di Bronn.
“Dicci allora come va la vita coniugale con la lupacchiotta Stark!”.
La lupacchiotta Stark. Quel nomignolo lo ridestò, rendendolo confuso e persino un po' contrariato.
L’ex mercenario se ne accorse: “andiamo, non prendertela per così poco!”. Poi sollevò la coppa come per proporre un brindisi e bevve avidamente.
Tyrion fece lo stesso. “Effettivamente, pare che il mio rapporto con Sansa stia finalmente progredendo”.
Bronn e Podrick si guardarono a vicenda, esaltati da quella novità e certamente anche dal vino. “Non mi dire!” esclamò Bronn.
“È così” annuì il Folletto.
“E…?” lo incitò Bronn, curioso di sapere il resto. Persino Podrick si sporse per ascoltare meglio.
“E…”. Che diamine stai facendo? Non puoi dirglielo, non puoi. Sono i tuoi amici più fidati, ma è meglio non rischiare. Si bloccò, come se non riuscisse più a proferire parola.
“…e vi basti sapere questo!” disse infine, scolando il vino rimasto nella coppa, alzandosi e incamminandosi verso i corridoi.
“Andiamo, Tyrion!” lo richiamò Bronn. “Che cazzo fai?! Io e Pod abbiamo parlato, adesso tocca a te!”.
Fu tutto inutile: il Folletto li salutò sollevando svogliatamente la mano destra, mentre sorridente si avviò in direzione delle sue stanze con passo ondeggiante.

 

 
Era ancora assorto nei propri pensieri quando finalmente arrivò davanti alla porta delle sue stanze. Si sentiva più leggero ad ogni passo, quasi come se stesse lievitando a mezz'aria, e aveva la vista offuscata. Il buio di quel corridoio, illuminato solo da qualche piccola torcia qua e là, non lo aiutava poi molto.
 
Stava dunque affrettandosi a rientrare, ma ad un certo punto non riuscì più a mettere un piede davanti all'altro e andò a sbattere con la faccia sulla porta che tanto alacremente stava cercando. Cadde a terra con un tonfo sordo e prese a massaggiarsi il naso, che portava ancora i segni della terribile battaglia delle Acque Nere e che ora a causa di quell'imprevisto era tornato a dolergli.
Si distese a terra, abbandonando il peso della propria testa al pavimento. Quasi quasi dormo qui, pensò.
 
E stava effettivamente per addormentarsi quando la porta davanti a lui si aprì, donando a quel nerissimo corridoio una consistente fonte di luce che lo spinse a riaprire gli occhi un po' alla volta.
Una figura fece capolino sull'uscio, e quando la vista gli si rischiarò Tyrion la riconobbe essere quella di Sansa.
"Tyrion...".
"Si?".
"...cosa ci fai lì a terra?".
Quando si accorse di essere coricato sul pavimento, si sentì tremendamente ridicolo: "io...nulla, Sansa. Ero molto stanco e ho pensato di riposarmi un po'". Sorrise per rendere più credibile quella battuta.
Una volta rialzatosi, fu comunque in grado di reggersi sulle proprie gambe ed entrare nella stanza. Si incamminò a rapidi passi, quasi saltellando, verso lo scranno sul quale aveva dormito fino a qualche notte prima. Poggiò la testa, ancora frastornata, sul lato posteriore dello schienale ed iniziò a massaggiarsela con una mano. Maledizione, che mal di testa...
 
Sansa chiuse la porta e lo seguì, accovacciandosi poi al suo fianco: "qualcosa non va, Tyrion? Stai male?".
Il Folletto sollevò la fronte: "cosa? No, no, tranquilla Sansa, sto bene. Scusami se rientro a quest'ora, ho passato un po' di tempo con Bronn e Pod...ma tu come sapevi che ero dietro la porta?".
"Ho sentito un rumore strano e ho pensato di venire a controllare...".
Tyrion ricordo così la botta che aveva appena preso. "Oh, ma certo, il rumore. Che sbadato" convenne, grattandosi distrattamente i capelli.
Sansa lo fissò con aria interrogativa, poi gli chiese: "Tyrion...sei ubriaco?".
Si sentì profondamente fuori luogo. Certo che sei ubriaco, stupido nano.
"Meno ubriaco di quanto sembri, a dire il vero...ma non nego di aver leggermente esagerato con il vino".
Avrebbe voluto informarla in maniera più dettagliata, ma non era riuscito a tenere il conto delle coppe che lui, l'ex mercenario ed il giovane scudiero avevano svuotato.
 
Immaginava che Sansa lo avrebbe guardato in modo disgustato, voltandogli le spalle e tornando a letto senza prestargli attenzione; invece gli sorrise dolcemente, avvicinando una mano alla bocca per reprimere una risatina.
Anche Tyrion sorrise. È cambiata. Non è più la persona irraggiungibile di una volta. Non mi odia più, e se mi odia, è maledettamente brava a nasconderlo.
I loro visi erano a pochi centimetri di distanza e riusciva a sentire chiaramente il suo inconfondibile profumo.
"Sansa io...non sono sicuro di avertelo mai detto ma...hai degli occhi stupendi".
La ragazza arrossì, ma non gli sottrasse il tocco delicato delle sue iridi del colore del cielo.
 
Per qualche motivo, il Folletto si sentì incredibilmente fortunato e, d'istinto, allungò la mano sinistra, posandola leggera sulla guancia di Sansa. La carezzò, trovandola morbida come la gioventù e calda come le famose sorgenti di Grande Inverno.
Al contrario della notte precedente, stavolta fu lui a tendersi verso le sue labbra e a lasciare su di esse un piccolo bacio. Temeva di avere ancora in bocca il sapore del vino, ma per fortuna Sansa non si ritrasse.
 
Dopo quell’intimo momento, lei si rialzò e andò a sedersi sul suo letto. Tyrion invece ne approfittò per cambiarsi per la notte.
Mentre sbottonava il farsetto, ripensò alla conversazione avuta qualche ora prima con Brienne di Tarth ed al fatto che le avesse negato di riportare Sansa da sua madre, senza oltretutto interpellare la diretta interessata.
Catelyn Stark...come si sarà sentita alla notizia che sua figlia ha sposato il nano di Castel Granito?
Quei pensieri lo resero inspiegabilmente triste. L'ennesimo sbalzo d'umore provocato dal vino...o c'è dell'altro?
 
Senza voltarsi, richiamò l'attenzione di sua moglie: "Sansa...".
"Si?".
"Io...vorrei farti una domanda. Una domanda particolare".
"Ma certo, dimmi".
Il Folletto tacque per qualche secondo. Poi riprese: "se te ne venisse offerta l'occasione...te ne andresti da Approdo del Re, abbandonando me ed il nostro matrimonio?".
Quando si girò verso di lei, percepì il disagio sul suo volto. "Puoi stare tranquilla, Sansa, qualunque dovesse essere la tua risposta non ti farò nulla e non lo dirò a nessuno. Vorrei solo che rispondessi con sincerità".
 
Sansa rimase in silenzio per un po', con lo sguardo basso e le mani intrecciate. D'altra parte, non si aspettava di certo una risposta immediata e priva di esitazioni: era una domanda importante quella che le aveva posto.
Poi, dopo un tempo che Tyrion non seppe quantificare, la Stark rispose: "no, Tyrion. Non me ne andrei".
Il Folletto tirò un sospiro di sollievo: "perchè?".
"Perchè sei un uomo buono, e sei mio marito".
Non avrebbe mai immaginato di sentire una frase così ovvia ma allo stesso tempo così sorprendente nella sua semplicità, ed era già felice di quel responso, ma una volta iniziato quel gioco, tanto valeva giocare fino in fondo.
"Però all'inizio questo non sembrava tanto rilevante per te".
"Hai ragione" confermò Sansa. "Ma ho cambiato opinione poco alla volta. Sto imparando a conoscerti, non per l'apparenza che dai ma per la persona che sei realmente. E inoltre, al di là di tutto, un grande passo come il matrimonio comporta responsabilità altrettanto grandi".
 
Tyrion la fissò per un istante che parve interminabile. Era affascinato da quella ragazza così giovane, così delicata, ma già così matura e con una forza d'animo seconda a nessuno.
Forse c'è ancora una speranza per me. Forse posso ancora credere che ci sia del buono in questo mondo.
Con gli occhi suo malgrado lucidi, che tradivano la forte emozione di quel momento, le rivolse un ultimo ma grandioso sospiro: "ti ringrazio, Sansa. Non potrei sentirmi più grato".

Ciao a tutti!
Avete presente quando a volte saltano fuori dal nulla versioni primordiali delle grandi opere di letteratura? Si tratta molto spesso delle idee originali per la trama di una storia che poi, per un motivo o per un altro, vengono scartate o modificate (è successo anche con le nostre amate Cronache del Ghiaccio e del Fuoco).
Ebbene, io non sono Martin nè un qualsiasi altro grande scrittore, e la mia FF non è un'opera letteraria, questo è chiaro; però sappiate (lo so, non lo avete chiesto, ma a questo punto ve lo dico lo stesso! 😉) che anche questo capitolo aveva un'idea di base differente, in cui Sansa avrebbe dovuto mentire a Shae dicendole che aveva a tutti gli effetti consumato il matrimonio con Tyrion.
Stavo già scrivendo sulla falsariga di quest'idea, quando mi sono accorto che c'era un buco di trama: come avrebbe fatto Shae a crederci una volta viste le lenzuola pulite del loro letto?
Così, ho deciso di scartare l'idea originale e di reinventarla nel modo in cui la trovate scritta qui: vi assicuro che quello che potrebbe sembrarvi un dialogo come tanti altri tra la rossa e la sua ancella, più avanti avrà dei risvolti importanti, dunque tenetelo d'occhio!
Questo per dirvi che, anche se la mia storia nasce senza pretese, voglio cercare di renderla il più coerente e verosimile possibile, ergo vi chiedo un'opinione sincera soprattutto su questo primo paragrafo per capire se ho fatto o meno un buon lavoro.
(Oh, e vi assicuro che non dimentico nulla: persino il tentato stupro di Sansa del lontano capitolo 2 in futuro tornerà ad avere un certo peso!).
Quanto al secondo paragrafo, volevo dirvi che la storia di Tumbleton (anche se non è mai stata citata né da Tyrion, né da Bronn) esiste davvero: anche in questo caso spero che sia un indice del mio impegno a fornirvi dei racconti precisi fino ai minimi dettagli, impresa che mi è finora stata possibile grazie ad alcuni ricordi che ho dei libri che ho letto ma anche al sito Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco - Wiki, una fonte inesauribile di nuove scoperte riguardo il mondo di Westeros (ed Essos).
Infine, sul terzo paragrafo ho poco da dire: penso ve ne siate accorti, ho voluto fin da subito una Sansa più affezionata a Tyrion, le cose tra i due stanno andando piuttosto bene ma non sarà sempre così, soprattutto perchè il prossimo capitolo sarà un vero e proprio punto di svolta (e credo che molti di voi avranno già capito di cosa parlo).
Detto ciò, non mi resta che salutarvi ed invitarvi a farmi sapere con una recensione cosa ne pensate di questo capitolo, mai come stavolta mi sarebbe molto utile.
A presto 😊

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Capitolo 8
*** Pioggia ***


Capitolo 8: Pioggia


 
Quel mattino, ad Approdo del Re, arrivò un’ospite insolita: la pioggia.
Era stata, e continuava ad essere, un’estate molto mite nella capitale, le cui giornate erano scandite da un sole sempre caldo ma anche da una piacevole brezza proveniente dal mare. Ciò che era mancato, fino ad allora, era propria la pioggia, che infine si decise a fare la propria comparsa.
Non era però uno di quei classici e fugaci acquazzoni estivi, né poteva definirsi un temporale che si protraesse per giorni interi. Era piuttosto una pioggia calma, silenziosa, che logorava lentamente tutto ciò su cui si posava.
 
Tyrion s’era alzato molto presto, quel mattino. E siccome Sansa dormiva, e avrebbe continuato a dormire ancora per un bel po', decise di ammazzare il tempo sedendosi di fronte alla finestra della sua stanza e contemplando quell’improvvisa mutazione metereologica che aveva colpito il Sud.
Vide le gocce d’acqua scorrere inesorabili sul vetro, producendo un rumore sinistramente simile a quello di due lame che si scalfiscono l’un l’altra.
Quando è stata l’ultima volta che ha piovuto ad Approdo del Re? Credo sia stato durante la battaglia delle Acque Nere.
Ripensando a quella sera, non poté fare a meno di credere che quella pioggia fosse un cattivo presagio.
Forse sto diventando troppo superstizioso.
 
Qualcuno bussò alla porta, dunque Tyrion si alzò per andare ad aprire. Era Podrick.
Dopo essersi assicurato di non aver svegliato Sansa, lo scudiero gli disse: “mio lord, il concilio ristretto, radunato dal lord tuo padre, ti aspetta”.
“Molto bene”, rispose Tyrion. Dopo un fugace sguardo alla moglie, si incamminò con lui verso la sala del concilio.
 
Quando vi arrivò, trovò già tutti seduti e in trepidante attesa. C’era addirittura re Joffrey, allegro come poche altre volte lo si era visto. Non è un buon segno.
C’era ovviamente lord Tywin, anch’egli con un ghigno soddisfatto sul volto; c’era la regina Cersei, che stringeva beatamente il braccio di suo figlio; c’era il gran maestro Pycelle, che lo accolse con la solita smorfia insolente sotto la lunga barba canuta; e c’era infine anche Varys, forse l’unico tra tutti i presenti che gli andasse minimamente a genio.
 
Joffrey gli si avvicinò saltellando e sghignazzando. “Che c’è? Hai fatto impiccare qualcuno stamani?”.
Il ragazzo ignorò la provocazione. “Su, dagliela” disse, rivolgendosi a Pycelle. “Da’ la pergamena a mio zio, gran maestro”.
“Certo, vostra grazia” farfugliò il vecchio, che poi estrasse dalla larga manica della sua tunica un foglietto arrotolato, porgendolo a Tyrion. Il Folletto tese la mano per afferrarlo, ma all’ultimo momento Pycelle lo lasciò cadere volontariamente.
“Perdonami, lord Tyrion. La vecchiaia gioca brutti scherzi…” disse, chinandosi per riprendere l’oggetto caduto.
“Faccio da solo” rispose Tyrion, anticipandolo in maniera adirata.
 
La prima cosa che notò srotolando il foglietto fu l’emblema delle Torri Gemelle. Iniziò dunque a leggere ad alta voce.
“La mia dolce Roslin ha pescato una grossa trota e per le sue nozze i fratelli le hanno regalato delle calde pellicce di lupo. Firmato: Walder Frey”.
Sulle prime non colse il reale significato di quelle parole, sebbene fu facile collegare trote e lupi, rispettivamente, ai Tully e agli Stark.
“Da quando il vecchio lord Frey si diletta a scrivere poesie?”, chiese dunque agli altri membri.
“Robb Stark è morto!” esclamò Joffrey, colmo di soddisfazione. “E anche quella lurida cagna di sua madre!”.
 
Tyrion sentì una morsa gelida stritolargli il cuore, come se si trovasse sugli Artigli del Gelo al di là della Barriera. Non poteva negare che quella fosse un’ottima notizia per la casa Lannister, che in tal modo si era finalmente sbarazzata del suo nemico più pericoloso; ma le prime sensazioni che scattarono nel suo cervello e nel suo corpo furono totalmente diverse e non comprendevano né il sollievo, né la contentezza.
Trucidati e sterminati ad un banchetto di nozze, sotto un tetto che doveva essere di riparo, da uomini che chiamavano alleati e che hanno profanato le sacre leggi dell’ospitalità…che terribile scempio.
Si portò una mano alla fronte, che intanto iniziava a sudare. Il disagio aumentò in maniera esponenziale quando, all’improvviso, si ricordò di Sansa.
Per tutti gli Dei…come la prenderà Sansa?
 
Dettaglio che neanche Joffrey dimenticò di considerare: “gran maestro, occupati tu stesso di rispondere a lord Frey. Ringrazialo per i suoi servigi e digli che il re gli ordina di mandare la testa di Robb Stark ad Approdo del Re: voglio servirla a Sansa durante il mio banchetto di nozze!”.
Quella richiesta fece inorridire Varys: “chiedo scusa, vostra grazia, ma ti ricordo che lady Sansa adesso è tua zia acquisita”.
“Il re stava solo scherzando”, si intromise Cersei. “Mio figlio non parlava seriamente”.
“Ma certo che parlavo seriamente” la corresse Joffrey. “Voglio che venga servita a Sansa durante il banchetto!”.
Fu allora che Tyrion ritrovò la forza di parlare, cercando di allontanare con un leggero colpo di tosse la rabbia che gli ribolliva dentro: “no, non lo farai. Ora è mia moglie e pertanto non hai più il diritto di tormentarla”.
L’espressione del re, raggiante fino a quel momento, mutò in un istante. Gli si avvicinò, guardandolo dall’alto verso il basso come per ribadire la differenza di ruolo oltre che d’altezza, e con la sua solita voce stridula affermò: “ti ricordo che sono il re e pertanto ho il diritto di tormentare chi mi pare e piace”. Poi, voltandosi lentamente, aggiunse: “faresti bene a ricordartelo sempre, piccolo mostro”.
“Ah, così sarei un mostro…ebbene, credo allora che dovresti rivolgerti a me con più accortezza” osò il Folletto. “Sai, i mostri sono esseri molto pericolosi, e pare che di questi tempi i re muoiano come mosche”.
 
Joffrey rimase a fissarlo per qualche secondo, a bocca aperta. Poi guardò ad uno ad uno tutti gli altri presenti, rimasti in silenzio, come per cercare conferme su quanto aveva appena udito.
La sua voce si fece ancora più insopportabile: “lo avete sentito?!” domandò, soffermando lo sguardo soprattutto su lord Tywin. Poi, si rivolse nuovamente a suo zio: “potrei farti tagliare la lingua in questo preciso istante per quello che hai detto”.
“Perché non ci provi, allora?”, lo sfidò Tyrion. Non ne fu sicuro, ma gli parve di scorgere sul viso liscio e rotondo di Varys un sorriso di approvazione.
“Lascia perdere le sue insulse minacce” disse Cersei, avvolgendo di nuovo le mani affusolate intorno al braccio di suo figlio, come per trattenerlo. “Come hai detto tu stesso, è solo un piccolo mostro invidioso”.
“Dovresti scusarti immediatamente con il re, lord Tyrion” incalzò Pycelle con tono odioso e raschiante. “Una battuta irrispettosa e decisamente di cattivo gusto”.
Mai di cattivo gusto come le cose che combini quando sei da solo nelle tue stanze, vecchio infame.
“Non credere di passarla franca senza che io te la faccia pagare per quello che hai detto!” dichiarò Joffrey.
Nemmeno per un attimo Tyrion si ricordò di avere di fronte il sovrano dei Sette Regni, suo nipote, il figlio di sua sorella e…di suo fratello. Dimenticò tutto.
“Avanti, allora. Attendo la mia punizione”.
“Io sono il re!” tuonò iracondo il ragazzo, sollevando entrambi i pugni per ricordare a chiunque ne avesse bisogno la sua autorità.
“Chiunque dica ‘io sono il re’ non è un vero re”.
Stavolta nessuno si azzardò ad aprir bocca, perché l’ammonizione era stata pronunciata da Tywin Lannister.
 
“Come dici?!” chiese Joffrey, ancora una volta incredulo per gli affronti che stava subendo. Questa volta però neanche Cersei fu capace di inserirsi in una conversazione che, inevitabilmente, si sarebbe spostata unicamente tra il giovane sovrano ed il suo primo cavaliere.
“È una lezione molto importante e mi assicurerò che tu la impari quando avrò vinto questa guerra per te”.
“Mio padre ha vinto la vera guerra! È sceso sul campo di battaglia, ha ucciso Rhaegar Targaryen e si è preso il Trono di Spade, mentre tu ti nascondevi a Castel Granito!”.
Il silenzio più assoluto calò nella sala del concilio ristretto. Stavolta Joffrey si era spinto davvero troppo oltre e se ne accorse anche lui stesso, deglutendo e spostando altrove lo sguardo, incapace di sostenere quello ferreo di lord Tywin.
“Il re è palesemente stanco” concluse il vecchio leone. “Cersei, fa’ in modo che venga accompagnato nelle sue stanze, dove potrà riposare. Magari con l’aiuto di qualche pozione del gran maestro…”.
“Io non sono affatto stanco!” rispose Joffrey, in un ultimo accesso d’ira. Poi, quasi trascinato da sua madre, uscì dalla sala, sbattendo la porta.
 
“Molto bene” riprese Tywin una volta che furono andati via. “La riunione è terminata”.
Pycelle e Varys si alzarono e si avviarono verso la porta, e lo stesso avrebbe fatto anche Tyrion se suo padre non lo avesse fermato: “tu invece resta qui”.
Assicuratosi che non ci fosse più nessuno, il Folletto puntò su suo padre i suoi grandi occhi verdi, in cui ora c’era un misto di disappunto per quanto aveva letto sulla pergamena di Pycelle e godimento per il modo in cui aveva liquidato Joffrey.
“Sbaglio o hai appena mandato l’uomo più potente di Westeros a letto senza cena?”.
“Pensi che serva una corona per fare di un uomo il più potente di Westeros?”.
“No. Penso che servano le armate. Sei stato tu ad insegnarmelo”. Tywin annuì con un ghigno soddisfatto.
“Robb Stark aveva un’armata” continuò il Folletto. “Era un ottimo comandante, credo che tu stesso possa riconoscerlo. Non ha mai perso una battaglia, eppure tu lo hai sconfitto comunque”.
“Così pare” confermò il patriarca dei Lannister, vecchio ma per niente intenzionato a cedere il proprio scettro di padrone delle guerre.
“Un vero peccato, dunque, che sia Walder Frey a prendersi tutti i meriti della cosa”. L’espressione di Tyrion diveniva a poco a poco sempre più dura. “Il signore delle Torri Gemelle è un lord longevo, astuto, con una famiglia allargata ed un’eredità solida…ma un uomo coraggioso, non lo è mai stato. Non avrebbe mai agito contro gli Stark se non avesse prima ricevuto delle garanzie sicure”.
“Infatti. Le ha ricevute da me”.
C’è voluto poco a fargli vuotare il sacco.
“Abbiamo ottenuto una grande vittoria ma non mi sembri molto felice” disse Tywin, sondando fin dove era disposto a spingersi suo figlio.
“Ti sbagli. Non sono felice del modo in cui è arrivata la suddetta vittoria” spiegò dunque Tyrion. “Posso capire ed accettare le strategie ed i complotti di guerra, ci mancherebbe. Ma trucidare i propri nemici ad un matrimonio…”.
“Credi che uccidere 10.000 uomini sul campo sia più nobile che ucciderne una dozzina a tavola?”.
“Oh, dunque lo abbiamo fatto per salvare delle vite...che azione misericordiosa”.
Tywin batté un pugno sul tavolo. “Lo abbiamo fatto per porre fine a questa guerra. E per proteggere la nostra famiglia”. In quel momento, era una maschera d’oro con due occhi di pietra. “Questo è il mio compito e continuerò a svolgerlo fino a quando sarò in questo mondo”.
“Si dice che il Nord non dimentichi mai”.
“Ottimo” esclamò Tywin con un tono orgoglioso che quasi stonava con la calma piatta dipinta sul suo volto. “Non devono dimenticare cosa succede quando si marcia contro il Sud”.
 
Dopo quella massima, il primo cavaliere del re si alzò dal proprio posto, mettendosi di spalle. Di fronte a lui, appesa alle pareti della stanza, c’era una cartina che raffigurava la mappa di Westeros.
“Ora che tutti gli Stark sono morti, Roose Bolton diventerà lord di Grande Inverno, fino a quando il figlio che avrai con Sansa non sarà abbastanza grande da poter governare”.
Udire di nuovo il nome di sua moglie lo fece sentire ancora più amareggiato. Ed arrabbiato.
“Di sicuro la ragazza sarà ben lieta di aprire le gambe per me, quando saprà della morte di sua madre e suo fratello”.
“Lieta o no, dovrà farlo” sentenziò Tywin con la solita autorità. “Trova un modo per metterla incinta, Tyrion”.
Lui gli si avvicinò, per nulla intimorito da quell’ordine. Attese che suo padre si voltasse per rivolgergli lo sguardo più fermo che egli avesse mai visto nel proprio figlio nano. “Io non la stuprerò” disse, quasi in un sussurro.
Tywin sbuffò. “Devo spiegarti anche questo?”
Tyrion scosse la grossa testa riccioluta. “Non occorre”.
“Gli uomini che antepongono il bene della propria famiglia ai desideri personali prevarranno sempre su quelli che si perdono dietro ai propri capricci”.
“Oh, un’altra grande lezione” rispose il Folletto, sorridendo sarcasticamente. “Una lezione molto più facile da imparare quando sei tu a prendere tutte le decisioni per la famiglia”.
Si sentì oltremodo appagato nel constatare che almeno quella frase aveva suscitato sorpresa in quell’armatura inscalfibile che era suo padre. “Stai dicendo che io prendo solo decisioni facili?”.
“Dimmi, quand’è che hai compiuto azioni che non fossero nel tuo interesse ma solo in quello della famiglia?”.
“Il giorno in cui sei nato!”.
 
Se suo padre lo avesse schiaffeggiato in pieno volto, gli avrebbe comunque fatto meno male di quelle poche ma raschianti parole. E non era tutto.
“Fosse stato per me, ti avrei portato sulle scogliere di Castel Granito e avrei lasciato che le onde ti trascinassero via con tutta la loro violenza” raccontò Tywin. “Invece ti ho tenuto con me, crescendoti come un figlio. E l’ho fatto per la famiglia”.
Tyrion rimase impietrito. Sapeva fin troppo bene che la sua nascita non aveva mai allietato lord Tywin Lannister, che nello stesso giorno, a causa sua, perse anche la moglie Joanna; ma non era mai venuto a conoscenza del fatto che suo padre avesse provato ad ucciderlo appena nato. Forse Joffrey non ha poi tutti i torti. Che orribile piccolo mostro che dovevo essere…
Non riuscì a dire più nulla, né a muovere le sue storte gambette. Rimase immobile al centro della stanza, aspettando forse che qualche entità superiore venisse a salvarlo da quella crudele realtà.

 

 
La pioggia di quel mattino era stata una vera sorpresa per Sansa Stark, che udendone il rumore si era catapultata giù dal letto per cercare la finestra ed essere sicura che stesse accadendo davvero.
E si, stava accadendo davvero: tutto ciò le riportò alla mente la sua infanzia a Grande Inverno e quelle fredde giornate in cui tutto ciò di cui aveva voglia era starsene davanti al caminetto, a sorseggiare una bevanda calda e a chiacchierare allegramente con la sua amica Jeyne. Quante cose erano cambiate da allora…
 
Sansa aveva quindi deciso di approfittare fino in fondo di quella piacevole anomalia e, vestitasi il più in fretta possibile, uscì dalle proprie stanze per fare una passeggiata nei giardini della Fortezza Rossa.
Come una bambina, corse via da quelle monotone mura e si mise a danzare sotto la pioggia, assaporando il brivido che i freschi rivoletti d’acqua le provocavano sulla schiena. Non ricordava l’ultima volta in cui era stata tanto felice di vedere un cielo grigio!
 
Quando iniziò a sentire freddo, si riparò sotto i colonnati. Non c’era nessuno, quel giorno: erano tutti impegnati nei loro doveri o rintanati nelle proprie stanze a causa di quel clima che gli abitanti di Approdo del Re potevano definire quasi invernale. Però fu contenta di essere da sola, perché in tal modo poté abbandonarsi al proprio giubilo: iniziò a ridere e non ne capiva il motivo, era come se quella scarica di buon umore fluisse fuori dal suo corpo senza che lei potesse controllarla…
Dopo qualche minuto, decise di cercare Tyrion. Sapeva che suo marito era occupato, aveva sempre conti da fare o riunioni a cui partecipare…ma non resisteva: voleva trovarlo, trascinarlo per una volta via dai suoi doveri e portarlo là fuori, per mostrargli quanto poteva essere bella la pioggia se si riusciva a coglierne le sfumature nascoste.
Si incamminò dunque verso la torre del primo cavaliere, sapendo che quello era il luogo in cui aveva più probabilità di trovarlo.
 
La sua serenità si dissolse nel nulla quando in lontananza vide arrivare Joffrey e Cersei. Un altro brivido corse lungo la sua schiena, ma stavolta era un brivido di paura: non passava mai dei bei momenti quando era in compagnia del re o di sua madre. Ancora peggio se erano insieme.
Li vide confabulare in maniera nervosa e notò che Joffrey era particolarmente stizzito. Era rosso in volto ed ogni tanto inveiva contro Cersei. La regina, d’altro canto, era sempre bellissima coi suoi capelli dorati e coi suoi abiti scintillanti, ma anche il suo viso tradiva una certa preoccupazione.
Sansa avrebbe voluto nascondersi, evitare di incrociare il loro sguardo e aspettare che se ne fossero andati per continuare la ricerca di Tyrion. Ma mentre nella sua mente si accavallavano tutte queste idee, il suo corpo non riuscì a fare altro che camminare in linea retta, e alla fine fu troppo tardi.
 
Quando la vide, l’espressione di Joffrey cambiò in un secondo. Assunse lo stesso perfido sorriso che gli aveva visto fare tante volte e le andò incontro a rapidi passi per raggiungerla più in fretta.
“Buongiorno, Sansa!”.
“Buon…giorno, vostra grazia”.
“Una splendida giornata, non trovi? Questa pioggia improvvisa è stata proprio una bella sorpresa”.
“S-si, vostra grazia”. Si costrinse a sorridere.
Joffrey guardò sua madre, stranamente divertito. “Tu conosci tutte le canzoni, non è così, Sansa? Hai mai sentito parlare delle ‘piogge di Castamere’?”.
“Certamente, vostra grazia. È una delle canzoni più famose nei Sette Regni”.
“Sicuro. Dicono che l’abbiano suonata anche al matrimonio di tuo zio Edmure Tully alle Torri Gemelle…”. Un infido lampo apparve nei suoi occhi mentre si chinava verso il suo orecchio, come se volesse sussurrarle qualcosa di segreto. La sua voce, tuttavia, fu tutt’altro che un sussurro: “…mentre ammazzavano tua madre e tuo fratello”.
All’inizio le sembrò di non aver udito nulla. Poi, quando quelle parole si materializzarono nella sua mente, credette di aver capito male. Solo quando lui fece un passo indietro e le mostrò il suo ghigno diabolico, capì che stava parlando sul serio.
“Co…come?” disse sottovoce.
“Proprio così, dolce Sansa. Tuo fratello Robb è morto, così come tua madre. Sono stati assassinati durante il banchetto assieme a tutti i loro alleati, da Walder Frey e Roose Bolton”.
Sansa credette di stare per svenire. La testa le ronzava e le si stava appesantendo. Gli occhi le si offuscarono, le membra iniziarono a sciogliersi. Persino le gambe stavano per cederle.
Credette anche di stare per mettersi a urlare, invece dalla sua bocca non uscì un singolo suono.
 
Fu allora Joffrey a riprendere volentieri la parola: “ma lascia che ti spieghi meglio come sono andate le cose. Dunque, vediamo: a Robb hanno tagliato la testa, sostituendola poi con quella del suo stupido metalupo. Ma sta’ tranquilla: la farò presto arrivare qui ad Approdo del Re, per infilzarla su una picca da mettere accanto a quella di tuo padre. Tua madre invece…”. Si portò un dito al mento, come per ricordare la sorte di Catelyn. “Oh, ma certo: le hanno tagliato la gola da parte a parte e hanno gettato il suo corpo nel fiume!”.
Il re rise di gusto: “la morte giusta per due traditori come loro!”.
Da quel momento in poi, Sansa non riuscì a sentire più nulla: temette addirittura di essere diventata sorda.
No, era quel che la circondava ad essere diventato muto.
Niente aveva più importanza, ormai.
 
Spostò lo sguardo su Cersei. La regina continuava a stringere il braccio di suo figlio, eppure sul suo volto non notò un singolo segno di gioia. La stava fissando coi suoi spigolosi occhi verdi (perché tutti i Lannister hanno gli occhi verdi?), ma sembrava inquieta e non sorrideva affatto. Non sorrise neanche quando Joffrey, entusiasta per aver spezzato ancora una volta il cuore della giovane Stark, la invitò con la mano a seguirlo.
Loro si allontanarono, mentre Sansa rimase ferma lì per un istante che parve interminabile. Poi si voltò e riprese a camminare: non più verso la torre del primo cavaliere, ma verso la sua stanza. L’unico luogo in cui poteva starsene da sola.

 

 
Ad ogni piccolo passo, il cuore di Tyrion saliva sempre più in alto, come se si stesse prepotentemente facendo spazio nelle sue viscere. E quando arrivò davanti alla porta delle sue stanze, il cuore gli era ormai arrivato in gola.
E adesso come lo dico a Sansa?
Sperò con tutto se stesso che sua moglie non ci fosse, cosicché potesse restare da solo ancora per un po' a rimuginare sul modo migliore per darle quella terribile notizia.
Ma che dico? Non c’è un modo migliore degli altri per dirglielo. Ha perso sua madre e l’ultimo fratello che le era rimasto, in una sola volta e per giunta ad un matrimonio…Dei, siate misericordiosi con lei, proteggetela da questo mondo infame.
 
Alla fine, con una lentezza che non credeva gli appartenesse riuscì ad aprire la porta. E i suoi timori si trasformarono in realtà: Sansa era lì.
Peggio: era seduta davanti alla finestra a guardare un punto indefinito, in assoluto silenzio. Pareva addirittura che non lo avesse sentito arrivare, o comunque che non avesse reagito al rumore della porta che si apriva.
Non è possibile…non lo avrà mica già saputo?
“Sansa…”.
Finalmente si voltò. Ma forse sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto.
I suoi occhi, rossi come il fuoco, erano gonfi e lividi per il pianto e davano vita ad uno straziante contrasto con il bianco pallidissimo del suo viso. La sua bocca era contorta ma immobile, come un cancello chiuso a chiave. E il suo sguardo era freddo, incredibilmente freddo. Più freddo della pioggia che quel mattino aveva sconvolto le loro vite.
 
Quel limbo si protrasse per qualche secondo, poi Sansa tornò a rivolgere lo sguardo altrove, come se cercasse delle risposte nelle onde del mare che si infrangevano sulla capitale.
Tyrion non riuscì a dire nulla. E cosa avrebbe potuto dire?
Come si rimette a posto un cuore che già troppe volte è stato frantumato?
 
Si girò di spalle, tremendamente vergognato, e uscì dalla stanza in punta di piedi, esattamente come vi era entrato.

 

 
Nonostante la fitta oscurità, Sansa riuscì a capire che si trovava nella sala grande di un castello. C’era infatti un gran numero di tavoli ed uno ancora maggiore di sedie, sentiva nell’aria il profumo di cibo e di vino, e sulle pareti in mattoni vide molti stendardi, di cui però a causa del buio non fu in grado di riconoscere né il colore, né l’emblema.
Era un luogo enorme, ma pareva completamente disabitato. L’unico suono che poteva udire erano i suoi passi, e il pavimento era stranamente viscido. Continuò per molto tempo a vagare in quella immane distesa nera, quando a un tratto udì la voce di una donna chiamarla: “Sansa!”.
La cosa la fece sussultare. Chi è costei? E perché mi chiama?
Non fece in tempo a trovare una risposta a quelle domande che si aggiunse pure la voce di quello che sembrava un giovane uomo: “Sansa!”.
Continuava a girare su se stessa, alla ricerca della direzione giusta in cui andare. E alla fine, in un angolino della sala, le vide. Due sagome scure, sedute una accanto all’altra.
Aveva paura, certo, ma la curiosità la spinse ad avvicinarsi a loro. Ad ogni suo passo, la sala diveniva sempre più luminosa, cosicché riusciva a distinguere un numero sempre maggiore di dettagli.
Vide che le due sagome erano di spalle: quella a sinistra era chiaramente una donna, con un abito scuro ma con dei lunghi e bellissimi capelli ramati come i suoi; quella a destra doveva invece appartenere ad un ragazzo alto e snello, con la testa ricoperta di capelli neri come la pece.
Quelle due figure cominciavano ad apparire decisamente familiari a Sansa. Che siano davvero loro?!
“Mamma! Robb!”.
Ma certo che sono loro!, realizzò Sansa. Poi, sorridendo, iniziò a correre per raggiungerli più in fretta: desiderava solo abbracciarli fino a quando non si sarebbe stancata di farlo. Non li vedeva da così tanto tempo, e ora erano così vicini…
Ma quando arrivò, il cuore le balzò in gola: Catelyn aveva gli occhi chiusi e la gola profondamente squarciata da un orecchio all’altro, mentre la testa di Robb le sembrava così pelosa perché era in realtà quella di un lupo, con le cavità oculari sanguinanti e la lingua penzoloni…
Sansa indietreggiò spaventata, mentre la sala era ormai abbastanza luminosa da essere visibile in ogni angolo: gli stendardi appesi alle pareti recavano un leone d’oro in campo porpora, simbolo dei Lannister, e il liquido viscido disperso sul pavimento era sangue…
 
Sansa si svegliò di soprassalto, in preda a convulsioni che non riusciva a controllare. Aveva il fiato corto, come se fosse appena uscita da un mare in cui stava annegando. Temette addirittura di stare per morire, ma poi si accorse di trovarsi nel proprio letto.
“Sansa!”.
Ancora una voce che chiamava il suo nome: aveva il terrore di scoprire di chi si trattasse…
“Sansa, che ti succede?!”.
La voce era troppo vicina per non voltarsi, così lo fece e rivelò la sua identità: era Tyrion. Suo marito. Un Lannister.
Lo guardò con aria assente, come se nonostante la vicinanza non riuscisse a vederlo.
Percepì però fin troppo bene la sua piccola mano che le carezzò una spalla.
“Sansa…sta’ calma. Era solo un incubo. Va tutto bene”.
Proprio come nel sogno che aveva fatto poco prima, la figura del Folletto le apparve poco alla volta e, sebbene non fosse il massimo della bellezza, non trovò nulla di diverso in lui.
Poi delle calde lacrime iniziarono ad uscirle dagli occhi e a rigarle la faccia, e lei si rannicchiò, come se si stesse proteggendo dagli assalti di una belva. Di un leone.
 
Rimase in quella posizione per diversi minuti, forse per un’ora, forse per un paio d’ore, non seppe dirlo. Ma non si sentiva per niente al sicuro: continuava a tremare di paura e non riusciva a smettere. Doveva essersene accorto anche Tyrion, perché tornò a rivolgerle la parola.
“Sansa…non riesci a dormire?”.
Lo guardò con la coda dell’occhio e scosse la testa.
“Beh, allora…ti va di uscire e camminare un po'?”.
“No. Sto bene così”.
“Non stai affatto bene, Sansa”.
Era vero: non stava affatto bene. E se c’era una cosa di cui aveva davvero bisogno, era prendere una boccata d’aria. Ma come avrebbe potuto accettare?
È un Lannister.
Visto il silenzio in cui continuava a rintanarsi, Tyrion parlò di nuovo: “sai Sansa, anche a me capita a volte di svegliarmi nel cuore della notte e di non riuscire a riprendere sonno. E ti assicuro che non c’è niente di meglio di una passeggiata all’aria aperta per ritrovare la calma”.
Lei continuava a non fiatare.
“Se non vuoi la mia compagnia, posso sempre chiamare Podrick o chiunque altro tu voglia, mi basta sapere che ci sia qualcuno con te…”.
“No, va bene così. Andiamo io e te”.
Quelle parole le uscirono di bocca da sole e non si capacitava del motivo. Perché hai accettato? È un Lannister.
 
Pur restando in abito da notte, prese un morbido scialle e se lo mise sulle spalle. È già stata una giornata abbastanza fredda…
Tyrion la seguì e, dopo aver chiuso la porta, le si mise di fianco. Andarono ancora una volta nei giardini, dove Sansa fu grata di non trovare assolutamente nessuno: non avrebbe sopportato che quella gente la vedesse di nuovo debole e addolorata…
D’altra parte era sicura che da qualche parte, lontano da loro, ci fossero dei membri della Guardia Reale, che dovevano restar svegli anche a quell’ora per proteggere il re. Come vorrei invece che qualcuno di loro conficcasse la propria spada nel cuore di Joffrey…sempre ammesso che ne abbia uno.
Nel pensare ciò, una lacrima di rabbia le solcò la guancia, e subito si affrettò ad asciugarla. Tyrion però se ne accorse ugualmente.
“Sansa…io so che non è un momento facile per te ma…sei sicura di non volerne parlare? Io credo che ti aiuterebbe…”.
Il Folletto aveva una voce molto rassicurante, ma lei non riuscì comunque a controllare le lacrime che ripresero a scendere copiose dai suoi occhi azzurri.
“Perché?” chiese improvvisamente, con la voce rotta dal pianto. “Perché ho dovuto perdere tutte le persone che mi erano più care? Perché, Tyrion?”.
Lui abbassò lo sguardo e sospirò senza rispondere nulla.
“Quante volte in questi mesi ho sognato di rivedere mia madre, per lasciarmi cullare ancora una volta dal suo abbraccio…stanotte l’ho davvero rivista in sogno, ma aveva la gola tagliata!”.
Tyrion deglutì, sempre più fuori luogo davanti a quello sfogo.
“E ho rivisto anche Robb. Solo il suo corpo, in verità, perché la testa era quella di Vento Grigio, il suo metalupo. Era il mio fratello preferito. Lui e Bran. E la morte me li ha portati via entrambi. Questo non è giusto…” disse affondando il volto ormai stravolto nelle tremanti mani bianche.
“No…” confermò suo marito. “Non è giusto. E vorrei solo che tu sappia che io non ne sapevo nulla”.
 
Diceva il vero? Veramente non ne sapeva nulla? Sansa non riuscì a darsi una risposta, né tanto meno aveva imparato a comprendere se quelli che le parlavano mentivano o meno.
“Robb era un nemico della tua casata. Sarai contento della sua morte” si limitò a dire, in tono sferzante.
Tyrion incassò il colpo con dignità e aveva già la risposta pronta: “potrà sembrarti strano, ma non è così. Non posso negare che tuo fratello fosse un temibile avversario per la Corona, ma io non avevo nulla di personale contro di lui, anche perché non ho mai avuto modo di conoscerlo per bene. Tutt’altro: devo riconoscere che era un tipo in gamba e uno straordinario condottiero, che ha saputo dimostrare il proprio valore sul campo. Ha radunato un grande esercito, lo ha guidato con sapienza, ha vinto ogni battaglia a cui ha preso parte, ha imprigionato mio fratello Jaime…”.
“E alla fine è stato ucciso” lo interruppe Sansa. “Ad un matrimonio”.
“Quando l’ho saputo, ho odiato mio padre tanto quanto lo hai odiato tu”.
Restò senza parole. Davvero lo odiava?
“Io non sono né Joffrey né mio padre, purtroppo. O per fortuna, dipende dalla prospettiva da cui si guarda la cosa” proseguì il Folletto con un sorriso appena accennato che voleva essere di rassicurazione. “Quello che volevo dire è…purtroppo non posso fare molto, Sansa. Ma ti prometto che non vedrai la testa mozzata di Robb, come ha minacciato Joffrey. Tuo fratello riceverà una degna sepoltura nel Nord, così come l’ha ricevuta vostro padre. Quanto a tua madre…non so se il suo corpo sia ancora integro, ma manderò qualcuno a cercarlo. Anche la ricerca di Arya proseguirà senza interruzione. E infine, per quanto riguarda Bran e Rickon, molti li danno per morti ma molti altri li danno semplicemente per dispersi. Se sono fuggiti, faremo di tutto per ritrovarli. Se sono morti…avrai la tua vendetta su Theon Greyjoy”.
Tyrion pronunciò quelle promesse a bassa voce, ma a Sansa sembrò che le avesse urlate. Aveva i denti stretti, lo sguardo infuocato e le mani serrate a pugno lungo i fianchi.
“Perché mi dici queste cose?” non poté fare a meno di domandargli.
Lui le sorrise di nuovo: “perché se c’è una cosa che tutti noi dovremmo imparare da voi Stark, quella è proprio l’unione. Non ho mai visto una famiglia più unita della vostra”.
Quelle parole le riempirono il petto di orgoglio, e uno dei motivi doveva essere il fatto che a pronunciarle era stato un Lannister.
 
Ripresero a passeggiare sotto la flebile luce della luna. La mente di Sansa, però era ancora stracolma di domande senza risposta; dunque si fece coraggio e richiamò l’attenzione di suo marito.
“Davvero odi tuo padre?”.
Lui la guardò, e i suoi occhi le parvero incredibilmente tristi.
“Vorrei tanto poterlo fare, ma non è facile odiare il proprio padre”.
“Ma allora…perché prima hai detto di odiarlo?”.
“Non farci caso, Sansa. Vorrei solo che ogni tanto si ricordasse di avere anche un altro figlio, oltre a Jaime e Cersei” rispose lui amaramente.
Sapeva bene che lord Tywin disprezzava il suo figlio nano, ma qualcosa le diceva che dietro quel rapporto conflittuale ci fossero delle dinamiche ancora sconosciute.
Avrebbe potuto chiedergli perché il suo stesso padre lo disprezzasse, o perché non si fosse mai ribellato a quei soprusi. Invece scelse una domanda che, se possibile, era ancora più spinosa.
“Ti ha mai trattato con gentilezza”.
Tyrion la guardò negli occhi, per poi tornare a rivolgere lo sguardo di fronte a sé. “Non che io ricordi”, rispose infine.
“Neppure quando eri un bambino?”.
“Dunque, vediamo” disse lui, con una smorfia. “Ricordi quando, alla nostra prima notte di nozze, ti parlai del mio primo matrimonio?”. Sansa annuì.
“Ebbene…”, continuò lui, “…lei si chiamava Tysha. La incontrai per puro caso quando avevo 13 anni: girovagavo con mio fratello e vedemmo dei briganti che la assalivano. Jaime si occupò di loro, sconfiggendoli in pochi minuti, mentre io mi avvicinai a lei per sincerarmi che stesse bene. Stavo facendo solo il mio dovere, ma lei mi guardava coi suoi occhi del colore del cielo e mi rivolse un magnifico sorriso…perdonami, Sansa, forse non dovrei dire queste cose proprio a te che sei mia moglie…”.
“Non preoccuparti, non c’è problema” lo rassicurò lei.
“Ad ogni modo, mi disse di essere rimasta orfana dopo la morte del padre contadino e che non ce l’avrebbe mai fatta a sopravvivere a quell’attacco se non fosse stato per me. Subito dopo, mi disse di essersi innamorata di me: io non lo credevo possibile, ci conoscevamo solo da qualche momento, ma ero giovane e lei mi trascinò con sé in una locanda. Mangiammo, bevemmo, lei mi cantò ‘Le stagioni del mio amore’ e successivamente finimmo a letto insieme: fu la mia prima volta. Il giorno seguente, avevo già perso del tutto la testa per questa ragazza saltata fuori dal nulla, e le chiesi di sposarmi. Con mia grande sorpresa, lei accettò e organizzammo tutto in gran segreto con un vecchio septon del paese. Ma la nostra matta vita coniugale durò soltanto due settimane: quando mio padre lo scoprì, obbligò Jaime a raccontarmi la verità. Era stato proprio Jaime ad architettare tutta quell’avventura così da permettermi di aver finalmente a che fare con una donna, dal momento che tutte le altre fuggivano da me disgustate. Tysha non lo fece…perché era una puttana.”
Sansa era allibita. Non avrebbe mai immaginato che il primo matrimonio di Tyrion fosse stato così controverso. Ma d’altronde, c’era qualcosa di non controverso nella vita del Folletto?
“Dopo che mi fu rivelata la verità, mio padre fece stuprare Tysha a turno da tutte le sue guardie, come punizione per aver avuto la presunzione di sposare un Lannister. Ognuno di quegli uomini la pagò con una moneta d’argento. Io invece fui costretto ad assistere alla scena e, quando loro ebbero finito, a scoparla io stesso, pagandola però con una moneta d’oro perché ‘un Lannister vale di più’”.
Tra loro due calò il silenzio, inevitabile dopo un racconto del genere. Solo quando Tyrion si fermò per sedersi su una panchina Sansa ebbe il coraggio di chiedergli: “cosa ne è stato di Tysha?”.
Il Folletto abbassò gli occhi, nascondendoli sotto i suoi riccioli biondi, e si strinse nelle spalle: “morta, probabilmente”.
Il cuore di Sansa, già sofferente per la morte di Robb e Catelyn, si strinse ancor di più per quella triste storia d’amore e d’inganni.
“Oh, e non è finita qui”. Tyrion sogghignò, ma sul suo viso non c’era traccia di felicità o divertimento. “Quando compii 16 anni, chiesi a mio padre il permesso di partire per andare a visitare le nove città libere del Continente Orientale, come avevano già fatto alcuni miei zii prima di me. Lui mi rispose che potevo farlo, se volevo…a due condizioni: avrei dovuto pagare tutto da solo e non sarei mai più dovuto tornare a casa. Ovviamente rinunciai e rimasi a Castel Granito, dove mio padre mi affidò l’illustre compito di pulire tutte le fognature e le cisterne della città. Ah, e giusto stamattina, dopo la riunione del concilio ristretto, mi ha raccontato che appena nacqui voleva gettarmi dalla scogliera di Castel Granito, per lasciare che il mare mi inghiottisse”.
Il volto di Tyrion non si contorse neanche una volta nel raccontare quegli episodi. Tutti quegli anni trascorsi tra Castel Granito ed Approdo del Re dovevano aver temprato il suo animo e doveva aver metabolizzato ogni angheria.
Sansa invece ricominciò a tremare. Non aveva mai neanche lontanamente immaginato che suo marito potesse aver subito tali crudeltà. Era come se le si fosse aperta la porta di una stanza mai esplorata.
“Ma…ma perché tuo padre ti ha fatto queste cose?”, domandò sconvolta.
“Ma come perché? Non ti viene in mente nulla?” le chiese lui come risposta. Poi si rimise in piedi, allargando le braccia come per presentarsi ad una sconosciuta.
“Perché sono un nano, Sansa. E ogni nano è un bastardo agli occhi di suo padre”.

Ciao a tutti!
Eccomi di ritorno con un capitolo particolarmente ricco (il più lungo che ho scritto finora), che mi ha emotivamente coinvolto dall’inizio alla fine e spero che faccia lo stesso anche con voi.
Finalmente sono arrivate, come un fulmine a ciel (più o meno) sereno, le Nozze Rosse. Quali conseguenze porteranno nel già fragile rapporto tra Tyrion e Sansa? Saranno in grado di superare questo difficile momento?
Volevo chiedervi anche cosa ne pensate dell’immagine che ho inserito a inizio capitolo. Ovviamente l’ho trovata su Internet e pensavo di fare lo stesso anche con alcuni dei prossimi capitoli, magari quelli più “importanti”. Fatemi sapere se l’idea vi piace.
P.S.: la frase conclusiva del capitolo, come ricorderete, è quella che Tyrion dice a Jon Snow nel primo episodio della serie tv, ma mi piaceva troppo per non inserirla e così le ho trovato un posto 😉
P.S. (parte 2): probabilmente questo sarà l’ultimo capitolo che pubblico prima delle vacanze, dato che a breve partirò. Forse riuscirò a postarne anche un altro, ma non vi garantisco nulla.
Come sempre, aspetto trepidante le vostre recensioni.
Alla prossima! 😉

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Capitolo 9
*** Qualcuno di tuo ***


Capitolo 9: Qualcuno di tuo
 
In una certa misura, fu sorprendente per Tyrion Lannister scoprire di star apprezzando ogni giorno di più la compagnia di Podrick Payne.
Per la stragrande maggioranza dei lord e dei cavalieri residenti nella capitale, gli scudieri erano poco più che coppieri o giullari, semplici ragazzi ancora troppo giovani e inesperti per far sentire la propria voce o per ambire ad un ruolo di rilievo nella corte del re; ma per lui non era così.
Si rese conto ben presto che l’opinione di Podrick gli importava eccome: d’altro canto, il ragazzo era eccessivamente timido, persino poco sveglio forse, ma era di buon cuore e soprattutto imparava in fretta. È il compromesso perfetto tra l’esagerata loquacità di Bronn e il tetro mutismo di suo cugino Ilyn, rilevò il Folletto.
 
Lo invitò dunque nel proprio ufficio da maestro del conio, ereditato da Petyr Baelish: un’ampia sala rettangolare con un tavolo circolare al centro, bellissime sedie di legno, un piccolo scranno ed una biblioteca rifornita di tomi sullo studio dell’economia. Lo fece accomodare proprio di fronte a sé e gli servì del vino. Allo scudiero, tuttavia, parve insolito il fatto che avesse preso una sola coppa.
“Tu non bevi, mio lord?”.
“No, Pod” rispose lui distrattamente, mentre rovistava tra l’immane pila di fogli posata sul tavolo. “Non fraintendermi, mi unirei volentieri a te, ma so per certo che se iniziassi a bere non sarebbe così semplice fermarmi, e trascurerei i miei doveri”.
Pod sorrise leggermente e annuì.
 
Il giovane Payne aveva già svuotato la prima coppa quando Tyrion parlò di nuovo, esordendo con una domanda a bruciapelo che certamente l’altro non si aspettava.
“Allora Pod, cosa ne pensi delle morti di Robb e Catelyn Stark?”.
Lo scudiero deglutì e sembrò che per poco non ritirasse su tutto il vino che aveva bevuto, tanto che fece fatica a schiarirsi la voce per rispondere: “come mai me lo chiedi, mio lord?”.
“Credevo che fosse tuo cugino a non avere più la lingua” affermò il nano, sollevando sarcasticamente le folte sopracciglia.
“V-volevo dire…perché lo chiedi proprio a me?”.
“Perché credo che tu sia più intelligente di quanto tu voglia far apparire, e sono assolutamente certo che tu sia onesto e leale”, gli spiegò, cercando di placare la tempesta che imperversava nell’animo del ragazzo. “E oltretutto, qui non c’è nessun altro con cui parlare a parte te”.
Podrick, rassicurato ma ancora troppo impacciato, si grattò la nuca: “dicono che le chiamino le ‘Nozze Rosse’, mio lord”.
“Cosa che ormai conoscono anche i Bruti al di là della Barriera”, commentò fintamente spazientito. “Non ti ho chiesto cosa sai delle Nozze Rosse, Pod. Ti ho chiesto cosa ne pensi”.
 
Sebbene l’ambiente non fosse particolarmente caldo, il povero Pod cominciò a sudare copiosamente.
“Beh, senz’altro…senz’altro una grande vittoria per tuo padre, mio lord, ma…”.
“Ma…?”, lo esortò il Folletto, incuriosito da quell’impercettibile ma significativa esitazione.
“Ma, insomma…” farfugliò lo scudiero, stringendo le spalle. “Massacrare degli ospiti durante un matrimonio…non mi è sembrata una soluzione molto…ortodossa, mio lord”.
Per qualche secondo ci fu silenzio, poi Tyrion sogghignò, e questo parve accrescere ulteriormente il già grande disagio del suo interlocutore.
“Io…io ti chiedo scusa, mio lord. N-non avrei dovuto intromettermi in discorsi politici e certamente non avrei dovuto contestare le scelte di lord Tywin. Dev’essere per via del vino…”.
“No Pod, non è colpa del vino. Anche perché hai bevuto una sola coppa”. Lo scrutò coi propri occhi asimmetrici, studiando le sensazioni che quell’atto di coraggio (di questo si trattava) portava sulla sua mimica facciale. Poi aggiunse: “hai semplicemente ragionato nel modo giusto”.
 
Podrick sembrò meno sorpreso del previsto da quella dichiarazione, o forse sorpreso non lo era affatto.
“Neanche tu approvi la strategia di tuo padre, mio lord?” domandò, ma conosceva già la risposta.
“No” sospirò Tyrion, con lo sguardo basso, quasi mortificato. “Certo, è una vittoria fondamentale per la casa Lannister, come hai detto tu stesso…ma non posso fare a meno di pensare che il nostro sia un mondo davvero crudele. Non poteva esserci modo più vile di sterminare una famiglia fiera come quella degli Stark”.
Quell’ultima frase convinse Podrick ad osare di più con la propria sincerità: “inoltre, mio lord, sono anche dispiaciuto per lady Sansa”.
Il Folletto, che in quel momento stava facendo dei conti, immediatamente gli rivolse la propria attenzione: “che vuoi dire?”.
“Beh, la sua permanenza ad Approdo del Re non deve essere stata molto felice” spiegò lo scudiero. Ovviamente non si azzardò neanche a pensare di menzionare le continue prepotenze di re Joffrey nei confronti di Sansa; in compenso, elencò alla perfezione tutti gli altri drammi della ragazza. “Prima le hanno decapitato il padre proprio davanti al naso, poi le hanno detto che sua sorella è scomparsa e che i suoi due fratelli più piccoli sono stati uccisi a Grande Inverno. Infine, ora ha perduto anche la madre e l’altro fratello…”.
“E ha dovuto sposare me” completò Tyrion con un ghigno amareggiato.
Pod però scosse il capo: “non penso che quest’ultima sia stata una sfortuna per lei, mio lord. E credo che lady Sansa sia d’accordo con me”.
L’espressione del nano era ancora avvolta da un velo di tristezza, ma questo non gli impedì di guardare il ragazzo con profonda gratitudine.
 
Tyrion tuttavia non aveva alcuna intenzione di perdersi in discorsi dolorosi, così dopo un po' la conversazione si spostò su incombenze più urgenti.
“Domani arriverà la corte di Doran Martell” sbuffò, mentre metteva a posto i fogli con cui aveva armeggiato fino a quel momento per sostituirli con un polveroso libro preso dagli scaffali della biblioteca.
“La cosa ti preoccupa, mio lord?” chiese Podrick.
“Per il momento no” dichiarò il Folletto, aprendo il libro in una pagina a caso e cercando poi quella che gli interessava. “Ma tra i dorniani e la Corona non corre esattamente buon sangue, negli ultimi tempi. Soprattutto se tra quei dorniani c’è il principe Oberyn”.
Già, Oberyn Martell. La Vipera Rossa.
Quell’uomo era rinomatissimo nei Sette Regni per vari motivi: primo fra tutti la sua fierezza, ma non ci si poteva scordare della sua schiettezza, del suo carattere fumantino, della sua grande abilità in combattimento e delle sue tendenze vendicative…insomma, accoglierlo ad Approdo del Re era un compito da portare a termine con la massima cautela, proprio come quando si ha a che fare con una vipera.
“Pensi che abbia intenzioni ostili?”.
“È quello che intendo scoprire”, disse Tyrion. “E tu e Bronn verrete con me”.
 
Qualche momento dopo, qualcuno bussò alla porta. Fu lo stesso Tyrion ad andare ad aprire e si trovò davanti sua sorella, la regina Cersei, bellissima come sempre nel suo leggero abito verde smeraldo.
Non appena varcò l’uscio, la donna si avvicinò a rapidi passi e di certo non parve contenta di vedere Podrick starsene beato a sorseggiare vino.
“Payne, giusto?”, gli chiese con finto interesse.
Pod cadde nella trappola. “Si, vostra gra…” farfugliò, ma Cersei lo liquidò prima ancora che riuscisse a terminare la frase: “vattene”.
Lo scudiero era confuso e imbarazzato, ma ubbidì senza troppe cerimonie.
 
Chiusasi la porta, fu Tyrion a parlare per primo: “suppongo che non sia il primo ragazzo a cui spezzi il cuore, sorella cara”.
Cersei ignorò la battuta, ma non si fece scrupoli a utilizzarla per i propri scopi. Versandosi del vino in una coppa pulita, replicò infatti: “di certo non è l’unico ad avere il cuore spezzato in questi giorni. Che mi dici di Sansa?”.
La menzione di sua moglie gli fece riaffiorare i nervi. Non hai più il diritto di godere delle sue sventure.
“Ha perso gli ultimi familiari che le erano rimasti nella maniera più turpe che si possa immaginare, almeno questo me lo concederai”.
“Robb Stark era un traditore, esattamente come Renly e Stannis. Doveva morire” giustificò la regina.
“Ma ad un matrimonio…”.
“Talvolta i matrimoni possono portare più guai di quanti ne immagini” lo fulminò, e lui credette di cogliere in quell’affermazione un riferimento al defunto Robert Baratheon.
“Questo non ci autorizza a tagliare la gola a chiunque si presenti come ospite ad un banchetto”.
“Ma certo che no!” esclamò Cersei, ma non credeva neanche lei a quello che aveva appena detto. “Nondimeno ora Sansa è l’unica Stark rimasta in vita, e se fossi in te mi sbrigherei a fare un figlio con lei”.
Tyrion strinse i denti per il nervosismo: “da quando sei diventata la portavoce di nostro padre?”.
“Io non sono la portavoce di nessuno” sibilò la regina, in tono sferzante. “Hai passato almeno metà della tua vita a giacere con delle puttane da quattro soldi. E adesso vuoi farmi credere di non volerti scopare una ragazza bella e nobile come Sansa?”.
“Quindi, cosa dovrei fare?” chiese lui di rimando, alzando inavvertitamente la voce. Non sapeva se Podrick fosse ancora dietro la porta, ma se così fosse stato lo avrebbe di certo sentito. “Pagarla per farle aprire le gambe come se fosse una di quelle puttane da quattro soldi che tu stessa hai citato? O meglio ancora stuprarla?”.
“Non ho detto questo” lo interruppe Cersei, svuotando la propria coppa. Poi si sporse in avanti, come se stesse per dirgli qualcosa di indicibile, e gli offrì uno dei suoi enigmatici sguardi: “dico solo che se ti ostinerai a non compiere il tuo dovere, senz’altro nostro padre o Joffrey prenderanno dei provvedimenti”.
 
Era una frase pesante, che suonava addirittura come una minaccia, ma Tyrion, forse per la rabbia, non vi prestò molta attenzione e preferì passare al contrattacco, riabbassando il tono ma continuando a muoversi nello stesso campo minato in cui sua sorella lo aveva condotto per prima.
“E del matrimonio di Joffrey con Margaery Tyrell, invece, cosa mi dici? Immagino che per sua maestà non sarà così difficile prendersi al primo colpo la verginità di sua moglie” disse, evidenziando vocalmente la parola ‘verginità’ per rimembrare a Cersei che quella di Margaery, secondo molti, fosse solo presunta. “Mi piacerebbe sapere anche in che modo lo farà, ma suppongo che questo non abbia importanza…”.
“Esatto. Non ha importanza”.
Quelle poche parole risuonarono nella stanza e nella sua mente come una sentenza: finalmente anche le mura della psiche di Cersei, incrollabili fino a qualche momento prima, erano cadute. Il Folletto infatti non trovò null’altro da dire, ma gli fu evidente fin da subito il cambiamento d’umore di sua sorella.
La regina posò la propria coppa sul tavolo e, stringendo con le unghie i braccioli della sedia, riprese a parlare, ma la sua voce schernitrice si era di colpo fatta incerta e tremolante.
“Non è sempre stato così” disse sottovoce, scuotendo il capo. “Prima che arrivasse Myrcella, Joff era tutto quello che avevo. Dal giorno del mio matrimonio non sono mai stata particolarmente felice, ma è stato lui ad impedirmi di togliermi la vita. Restavo ad ammirarlo per ore: era un bimbo così bello, con i folti capelli biondi, gli occhi chiari e le manine fragili. Ed era così allegro…dicono tutti che le persone malvagie erano cattive fin dall’infanzia, ma sono tutte sciocchezze. Lui non era così, era felice quando stava con me. Ed ero felice anch’io, perché non c’è sensazione più bella dell’avere qualcuno di tuo”. Poi risollevò gli occhi, facendo scontrare il suo sguardo lucido con quello colto alla sprovvista di Tyrion. “E ora me lo stanno portando via”.
 
Non c’è sensazione più bella dell’avere qualcuno di tuo.
Avrebbe potuto dirle tante cose. Che nonostante tutti i colpi bassi che si erano scambiati in tanti anni, lui non la odiava; che doveva continuare ad essere forte per i suoi figli; che magari Margaery si sarebbe rivelata la moglie giusta per Joffrey; che forse lo stesso Joffrey poteva ancora diventare un buon re.
Ne avrebbe avute, di cose da dire, ma non disse nulla. Per dirle, era necessario avere più sicurezza di quanta ne aveva Cersei, ma lui di sicurezza, in quel momento, non ne aveva un briciolo. Anzi, avrebbe volentieri dato la propria vita per avere in cambio delle risposte.
Così rimase a fissare lei, l’austera e inscalfibile regina, tramutatasi all’improvviso in una semplice donna, in una madre esasperata che non riusciva più a tenersi stretto suo figlio.
Mia sorella…
 
Cersei era seduta proprio di fronte a lui, eppure gli sembrava così distante. Gli era sempre sembrata troppo distante.
“Quanto manca al matrimonio?”.
“Si sposeranno dopo che avremo sconfitto i nostri nemici”.
“Ogni volta che sconfiggiamo un nemico, ne creiamo altri due”.
La regina si alzò e sul suo bianchissimo viso apparve la smorfia che sempre assumeva quando restava, per l’ennesima volta, delusa da quel mondo infame.
“Allora immagino che ne avremo ancora per molto”.

 

 
La leggera brezza pomeridiana che trapelava nella piccola stanza non rese meno pesante la domanda che stava per fare.
“Allora? Hai visto qualcuno di sospetto avvicinarsi a Sansa?”.
Shae scosse il capo, ma sembrava avere la mente altrove, così Tyrion decise che era meglio non fidarsi troppo del primo responso e di riprovare con più insistenza.
“Ne sei sicura? Proprio nessuno?”.
“Ne sono sicura” confermò lei, fintamente seccata. In realtà, un attimo dopo le sue labbra si incresparono in un malizioso sorriso che disorientò il Folletto.
“Che c’è?”.
“Niente” rispose Shae, che poi fece un paio di piccoli ma decisi passi in sua direzione. Quando se la ritrovò davanti, a lui parve che lo avesse fatto per rimarcare la loro differenza d’altezza, eppure il gesto non sembrava per nulla irrisorio. D’altro canto, aveva sempre avuto difficoltà a comprendere fino in fondo cosa passasse nella testa di quella donna. “Solo che è passato molto tempo dall’ultima volta in cui ci siamo visti”.
Tyrion scrollò le spalle: “hai ragione, sono stato piuttosto assente ultimamente…purtroppo ho dei doveri che continuano a tenermi impegn…”.
“So quali doveri tengono impegnato il mio leone di Lannister” lo interruppe lei, ad alta voce. “Doveri di lord, di maestro…di marito”. Socchiuse le palpebre, come per scrutare meglio nell’animo del nano e per far breccia nella sua mente con le parole. “Ma non temere: ci pensa Shae a tirare su il morale al suo leone”.
 
Prima che Tyrion riuscisse a metabolizzare la frase, la donna si era già inginocchiata per terra e, mentre con la mano gli cingeva la guancia ruvida, squarciata dalle cicatrici di battaglia, lo baciò.
Il primo impulso del Folletto fu quello di ritrarsi immediatamente ad un atto che avrebbe evitato volentieri, ma non ci riuscì: quel contatto gli restituì sensazioni provate già mille ed altre mille volte, eppure ancora sconosciute, da scoprire fino in fondo. Era come se la stesse baciando per la prima volta.
Solo dopo qualche secondo trovò la forza, nonché il coraggio, di stringere le spalle di Shae e scostarla lentamente.
Aveva fatto tutto con la massima cautela, ma questo non impedì a lei di sentirsi rifiutata e messa da parte.
“Perché continui a respingermi?!”.
“Shae, io…”.
“Se non vuoi più fare sesso con me, dimmelo! Così evitiamo questi incontri segreti in cui ti servo solo come informatrice”.
Tyrion non era pronto per quel tipo di reazione. Non aveva molta esperienza sul come si tratta una donna arrabbiata e ingelosita: in vita sua, era sempre stato con donne a cui bastava poco per essere felici. Giusto qualche moneta.
“Ma cosa dici? Io non…”.
“Tu non mi vuoi più, Tyrion. È evidente”. Strinse i pugni talmente forte da lasciare sulla morbida pelle dei palmi i segni delle unghie. “Dovevo capirlo molto prima, dal giorno in cui hai accettato di sposarti. Invece mi sono illusa che fra di noi non fosse cambiato nulla. Sono stata stupida e lo sono stata perché ti amo ancora, anche Sansa lo ha capito”.
 
Un fulmine a ciel sereno. Un rimbombo improvviso che mise a tacere quel caos di parole ridondanti.
“Che vuoi dire?”.
“Si, lo ha capito anche Sansa. Ci ha messo del tempo, ma se ne è accorta” disse Shae, incrociando le braccia sul petto in una posa spazientita.
A Tyrion iniziò a girare la testa: “come è successo?”.
“Le stavo lavando i capelli quando me lo ha detto. ‘Shae, Tyrion ti piace, non è così?’, ha detto”. Ricordava perfettamente la domanda che la Stark le rivolse quel giorno. “Sono la sua ancella, capisci cosa significa questo? Come farò d’ora in poi a stare tutto il giorno intorno alla moglie dell’uomo che amo, sapendo che lei ha scoperto la nostra relazione?”.
Il Folletto ignorò la domanda e cercò di capire quanto alto fosse il rischio: “e tu cosa le hai risposto?”.
La rabbia fece spazio al dolore sul viso di Shae: si morse il labbro, aveva un colorito pallido ed il respiro affannato.
Le ci volle un po' prima di riuscire a raccontargli il resto: “le ho detto che è vero, che per un po' sono stata attratta da te e di averti desiderato, non come marito ma come uomo. Le ho detto la verità, Tyrion”.
 
Il Folletto ebbe l’impressione che il tempo si fosse fermato. Forse era finito vittima di qualche incantesimo, perché non riusciva più nemmeno a controllare il proprio corpo, e d’altra parte, anche se ci fosse riuscito, non avrebbe saputo cosa fare.
Una parte di lui avrebbe voluto spaccare l’intera stanza, l’intera Fortezza Rossa e l’intera Approdo del Re, liberandosi dalla sempre ingombrante presenza di Shae; un’altra parte avrebbe voluto abbandonarsi tra le braccia della donna, ringraziandola per il coraggio che aveva dimostrato nel fare una cosa che a lui non riusciva mai: affrontare la verità a viso aperto.
Prima che riuscisse a decidere a quale parte di sé dar retta, Shae lo ridestò dalla voragine immaginaria in cui era precipitato.
“Poi, subito dopo, le ho detto che, per quanto cercassi di attirare la tua attenzione, tu mi avevi sempre respinta…perché ami soltanto lei”.
Il cuore del nano, che da qualche istante aveva iniziato ad accelerare senza sosta, tornò a battere in maniera più regolare.
Indietreggiò di qualche passo finché la sua schiena incontrò uno scranno, al quale si appoggiò con entrambe le mani: gli sembrava di non riuscire più a reggersi in piedi. Poi, con gli occhi chiusi, respirò profondamente, come se avesse appena evitato una tragedia.
Siano ringraziati gli Dei…
“…perché?”, chiese infine a Shae.
“Te l’ho detto. Le ho raccontato tutta la verità”, fu la risposta della donna.
 
Un quesito continuava però a rimbalzare nella mente di Tyrion, come se mancassero ancora dei pezzi.
“Tieni così tanto a Sansa?”.
“Certo, ma tengo di più a te” rispose Shae, che ormai singhiozzava. “Ho fatto e continuo a fare di tutto per proteggerla…ma ho anche provato ad allontanarla”, rivelò.
“In che senso?” chiese Tyrion, perplesso.
“Ho provato a convincerla a lasciare la città, ricordandole di sua madre e suo fratello. Ed ho anche sperato che lo facesse, lo ammetto. Perché volevo che tu tornassi ad essere mio, e solo mio”.
Improvvisamente, gli tornò in mente la frase che aveva udito quella mattina da sua sorella Cersei: Non c’è sensazione più bella dell’avere qualcuno di tuo.
Questo lo fece sentire prima spaesato, poi arrabbiato, infine triste. “Sua madre e suo fratello sono morti”.
“Lo so. Ma non se ne sarebbe andata in nessun caso, perché lei tiene molto a te”.
Questo lo lasciò piuttosto sorpreso: la stessa Sansa gli aveva detto di voler restare nella capitale per adempiere i propri doveri di moglie, ma sentire la stessa cosa da un’altra persona, per di più da Shae…era un’altra cosa. Ma era la verità?
Se Sansa tenesse a me solo una parte di quanto io tengo a lei…
Si alzò dallo scranno e si voltò di spalle, standosene per qualche momento a fissare il vuoto. C’erano ancora troppe cose della quotidianità di sua moglie di cui era all’oscuro…
Dopo un istante interminabile si voltò a guardare un’ultima volta Shae, anche lei incapace di compiere un qualsiasi movimento. Poi, resosi conto che lei non avrebbe più tentato di fermarlo, si incamminò lentamente verso la porta, sperando invano di lasciare in quella stanza tutte le incertezze che lo attanagliavano.

 

 
Né il monologo di Cersei sull’importanza di avere dei figli né le inaspettate rivelazioni di Shae furono paragonabili a quello che dovette affrontare quando rientrò nelle sue stanze.
Trovò Sansa seduta di spalle sul letto, ingobbita su se stessa, rannicchiata nell’angolino più distante…e stava piangendo.
Il cuore di Tyrion gli balzò in gola: non erano mai stati due coniugi normali, avevano costruito gran parte della loro ancor breve vita insieme sui timori e sull’incomunicabilità portati da un matrimonio non voluto ma ordinato…ma nonostante tutto non ce la faceva a vederla così.
 
Si ricordò di quando la raggiunse il giorno in cui vennero a conoscenza delle Nozze Rosse: in quel mattino piovoso Sansa era imprigionata in una calma folle, chiusa in una corazza che nessuno avrebbe potuto scalfire, tanto da non sembrare neanche reale…ora invece l’impossibilità di accettare l’accaduto si era trasformata in un vuoto straziante, che necessitava di una valvola di sfogo.
Tyrion non osò neppure chiamarla, quasi come se questo avesse potuto arrecarle un ulteriore dispiacere; semplicemente le si avvicinò, camminando in punta di piedi, finché non le fu di fronte.
“Sansa, io…non ti dirò di non piangere, perché i pianti spesso possono aiutare se si vuole star meglio…ma ti prego, cerca di essere forte…”.
Sansa parve non udire, e se aveva udito non rispose in alcun modo. Continuava a fissare il pavimento mentre dai suoi occhi di cristallo, fragili come la sua anima, sgorgavano lacrime amare, intervallate da lamenti che ricordavano quelli di una bambina, e perciò indicibilmente tristi.
“Sansa…?” ripeté Tyrion, per accertarsi che lei lo avesse sentito.
“Come faccio ad essere forte in questo momento? Io non…non ho più una famiglia” disse la ragazza, con una voce dolce ma anche tremendamente raschiante, che fece sentire Tyrion ancora peggio.
“Beh…intanto potresti parlare con me, sono pur sempre tuo marito…”.
Il Folletto le tese un braccio per poi stringerle una mano nella sua. Era fredda come il ghiaccio.
Lei immediatamente sciolse la presa e ritirò la mano, lasciandola poi penzoloni come se fosse stata morsa da un leone.
Tyrion incassò il colpo e, senza insistere, riprese a parlare: “Sansa, ascoltami. Io…non credo di sapere come ti senti davvero...posso solo immaginare quanto tu amassi tuo fratello Robb, perché anche io amo mio fratello e non riuscirei mai a sopportare di perderlo. Quanto a tua madre…beh, avrei tanto voluto conoscere mia madre, ma non ho fatto in tempo…”.
Nel nominare la defunta Joanna Lannister, la sua voce si incrinò.
“…tuttavia, ho fatto in tempo a conoscere Catelyn Stark. Lei mi odiava, ma era un odio dettato dal profondo senso di protezione che aveva per i propri figli, e la ammiravo per questo. Sai, dicono che non esista sensazione più bella dell’avere qualcuno di tuo…”.
Il nano si arrampicò sul letto e le si sedette accanto.
“Tua madre era una donna onorevole e coraggiosa, una vera lady del Nord. E tu le somigli molto, Sansa”.
Ci riprovò: percorse la parte finale del braccio di sua moglie con la sua piccola ma sapiente mano, per poi poggiarla nuovamente nel palmo della sua.
Lei si irrigidì nuovamente, ma stavolta non fuggì da quel contatto.
“Sono sicuro che tua madre avrebbe voluto vederti a testa alta mentre trovi dentro di te la forza di andare avanti. E questo lo sai anche tu”.
Sansa batté le palpebre per schiacciare le ultime lacrime che vi si erano ammassate, e con l’altra mano, ormai arrossata, asciugò quelle che erano già scese lungo il suo viso. Infine annuì, consapevole che quanto le aveva detto suo marito, sebbene fosse difficile da accettare, era la verità.
 
Vedendo Sansa cercare di riprendersi dal rossore irritato che il lungo pianto le aveva provocato, Tyrion si ricordò di quanto gli aveva detto Shae: la giovane Stark aveva intuito qualcosa sul rapporto tra lui e la sua ancella, e certamente questo doveva aver aggravato ulteriormente la precarietà del suo morale.
Quindi, schiarendosi la voce, decise di mettere in chiaro le cose: “so che il nostro è stato un matrimonio travagliato, Sansa. E so anche che probabilmente abbiamo iniziato col piede sbagliato. Però voglio…voglio che tu sappia che sono tuo marito, che sono dalla tua parte e che ho a cuore la tua salute, sia fisica che mentale. E pertanto, sarò sempre al tuo fianco”.
Sansa era ancora un po' scossa e Tyrion non riuscì a capire se credesse o meno alle sue parole, ma la ragazza annuì di nuovo e questo gli bastò.
Come faccio a farti capire quello che provo?
Poi ebbe un’idea. Un’idea rivedibile, ma comunque un’idea.
“Sansa…domattina arriverà ad Approdo del Re il principe Oberyn di Dorne con la sua corte. Vorresti accompagnarmi ad accoglierlo? Potrebbe essere un buon modo per distrarsi…”.
Lei tacque per qualche momento, poi accettò.
“Bene” esclamò Tyrion, risollevato nel vederla più partecipe. “Allora meglio mettersi a dormire: domani il principe arriverà molto presto”.

Guess who’s back?😎
Ebbene si, con l’arrivo di settembre, dopo quasi un mese dalla mia ultima apparizione, dopo qualche settimana di meritate vacanze, dopo aver smaltito qualche bevuta in amicizia e (più a fatica…) qualche tipica cotta estiva, sono tornato!😁
Devo ammetterlo: mi è mancato scrivere in questo piccolo (ma neanche tanto) angolino che ormai fa parte della mia quotidianità…durante le vacanze ho avuto modo soltanto di leggere (e recensire) qualche bella FF che mi è capitata a tiro e di iniziare a porre le fondamenta di una storia originale che ho in progetto di realizzare già da diverso tempo e che, se e quando vedrà la luce, potrebbe darmi notevoli soddisfazioni, credo.
Appena tornato a casa, però, mi sono subito dedicato a ‘Perfect for each other’. Mentre scrivevo, mi sono reso conto di dovermi rimettere in carreggiata: sono un tipo abbastanza autocritico e mi sono accorto di non saper più come impostare un capitolo, tant’è che questo nono “appuntamento” non mi convince fino in fondo (ad esempio, non sono molto soddisfatto di come ho risolto l’espediente di Sansa che intuisce l’attrazione di Shae per Tyrion). Proprio per questo motivo, vi invito adesso più che mai a lasciarmi delle recensioni che possano aiutarmi a capire se il capitolo è stato comunque di un buon livello oppure no.
A parte ciò, ho ancora due precisazioni da fare sui prossimi capitoli:
1 ) Qui ho assunto esclusivamente il punto di vista di Tyrion, e credo che sarà in gran parte così anche nei prossimi aggiornamenti, ma non mi sono scordato di Sansa e anzi già dal prossimo capitolo tornerò a scrivere anche dal suo punto di vista;
2 ) Ultimamente la FF è diventata un po' statica, molto dialogata, ma vi assicuro che non sarà sempre così e anzi molto presto tornerà ad esserci un po' di…”azione”😉
Detto ciò, vi saluto e vi aspetto nello spazio recensioni. A presto!

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Capitolo 10
*** Giustizia ***


Capitolo 10: Giustizia
 
Quel mattino, il sole splendeva su Approdo del Re con la stessa intensità con cui faceva capolino dagli stendardi della casa Martell, che di lì a poco avrebbero sventolato per le strade della capitale. Ma nonostante questo, continuava ad esserci la pioggia nel cuore di Sansa.
La sera prima, Tyrion le aveva proposto di accompagnarlo ad accogliere il principe Oberyn e lei, forse ancora intontita dalle pessime notizie arrivatele negli ultimi giorni, forse per paura di restare da sola nella sua stanza (che iniziava ad avere qualcosa di lugubre), forse perchè, semplicemente, era buona norma che una moglie si mostrasse col proprio marito, aveva accettato. Ma la scarsa voglia di vivere tornò presto ad agitare il suo animo e la ragazza non poté fare a meno di chiedersi se non fosse stato meglio starsene in disparte in un angolino del proprio letto.
 
"Va tutto bene, Sansa?" domandò Tyrion, sinceramente interessato.
"Si" finse lei. "Ho solo un leggero mal di testa".
"Non preoccuparti, moglie cara" rispose lui con una formalità insolita, che Sansa non seppe se attribuire al tentativo di metterla a suo agio o alla speranza di sembrare più signorile agli occhi di Bronn e Podrick, anch'essi immancabilmente presenti. "Il principe e la sua corte saranno qui a breve. Non sei ansiosa di conoscerli?".
La domanda suonava stupida, come molte delle domande che Tyrion faceva in situazioni d'imbarazzo, ma la fece riflettere sul fatto di non essere mai venuta davvero in contatto con la cultura dorniana.
Sapeva che quello di Dorne era un popolo fiero, l'ultimo ad agglomerarsi a quelli che ora erano i Sette Regni: proprio per questa ragione il motto della nobile casa Martell era 'Mai inchinati, mai piegati, mai spezzati'. Sapeva che avevano usi e costumi unici nel proprio genere, ed in questo erano paragonabili alla gente del Nord. Sapeva anche che le cose dorniane più apprezzate a Westeros erano il vino e le donne. Ma a parte questo, sapeva davvero poco altro su di loro.
 
Fu la voce raschiante di Bronn ad annunciarle che il momento era giunto: "stanno arrivando, vedo i loro vessilli", disse acidamente l'ex mercenario.
"Quanti sono?" chiese Tyrion, visibilmente trepidante.
"Troppi" concluse Bronn, con l'entusiasmo di colui che avrebbe preferito poltrire con una coppa di vino fra le mani piuttosto che attendere su un cavallo l'arrivo di un qualsivoglia nobile.
Il Folletto rimuginò per qualche istante. Poi, con una scintilla di divertimento negli occhi, si rivolse al suo scudiero: "Podrick, facciamo un gioco. Dimmi cosa vedi su quei vessilli e a quali casate appartengono".
Sperava, con questo espediente, di incuriosire anche Sansa, che infatti volse prontamente lo sguardo in direzione del giovane Payne.
L'unico a non divertirsi era proprio Pod, timoroso di sbagliare: "mio signore, io...c'è troppo vento oggi, i vessilli sventolano troppo velocemente...ed io non riesco a vederli".
"Allora te li descriverà Bronn, e tu ti limiterai a citare le casate", lo rimbeccò Tyrion con un sorriso sornione, consapevole di averlo messo sotto scacco; e per invogliarlo aggiunse: "se le indovini tutte, ti faccio un regalo".
 
Bronn, udito del nuovo compito che gli toccava, sbuffò sonoramente, incurante della presenza di Sansa.
"Allora, vediamo...sole rosso trafitto da una lancia nera".
"Casa Martell di Lancia del Sole" riconobbe subito Podrick.
"Questa la sapeva anche il mio cavallo" commentò sarcastico Tyrion, strappango malgrado tutto un fugace sorriso a sua moglie. "Bronn, cercane uno che non conoscano anche i cavalli".
"Limoni gialli su sfondo viola".
"Casa Dalt di Bosco dei Limoni" esclamò altrettanto prontamente il giovane.
Ebbe allora inizio una vera e propria carrellata di emblemi più o meno bizzarri e di nomi altisonanti di famiglie più o meno antiche. Dopo ogni descrizione Bronn si fermava per qualche secondo ad osservare Pod con un ghigno sfacciato, per poi restare continuamente interdetto dopo ogni sua risposta esatta.
"Casa Manwoody di Tomba del Re...casa Qorgyle di Sandstone...casa Gargalen di Costa Salata...". Alla fine, li indovinò tutti.
Dopo che Podrick ebbe pronunciato l'ultimo nome, Sansa, malgrado tutti i cattivi pensieri che la affliggevano, gli tributò un breve ma sincero applauso: aveva seguito con curiosità l'intero gioco ed era rimasta impressionata dalla precisione dello scudiero, che come suo solito arrossì. Bronn fu decisamente meno gentile: "tu studi troppo, ragazzo. Finirai col rimbambirti come il tuo lord".
Tyrion ignorò lo scherno dell'ex mercenario: "molto bene, Pod, ti faccio i miei complimenti. Una volta tornati in città, riceverai il tuo regalo". L'occhiolino che seguì fece intendere a Podrick che anche quel dono sarebbe stato 'scartato' in un bordello.
 
Pochi minuti più tardi, finalmente arrivarono i nobili dorniani, tutti magri e slanciati, tutti dalla pelle scura, tutti con occhi e capelli nerissimi, tanto da sembrare tutti gemelli. L'unico a distinguersi dagli altri, più per la stravaganza del suo lungo abito giallo tempestato di gioielli a forma di sole che per proprie caratteristiche fisiche, era quello alla testa del gruppo, seduto su un enorme cavallo nero in perfetto contrasto con quel lucente contorno. Sansa intuì presto che si trattava dell'ospite più atteso.
Tyrion si schiarì la voce prima di dire: "tu ed i tuoi nobili compagni siete i benvenuti ad Approdo del Re, principe Oberyn. Sono certo che anche re Joffrey sarà felice di avervi a corte".
"Ti ringrazio, mio lord", rispose l'altro. Aveva una voce suadente, quasi magnetica. Poi si rivolse al suo seguito: "cari compagni, siete in presenza di Tyrion Lannister, celebre zio del sovrano".
A Sansa fece un certo effetto vedere tutti quegli uomini illustri, provenienti da una terra lontana, abbassare il capo in segno di rispetto nei confronti di suo marito. Un marito che lei, invece, aveva impiegato un po' ad accettare, e che forse non aveva ancora accettato del tutto.
"Come potete vedere, miei lord, neanche io sono solo" riprese il Folletto, ruotando gli occhi su ognuno dei suoi accompagnatori. "Vi presento ser Bronn delle Acque Nere, cavaliere recentemente distintosi nella battaglia contro il sedicente re ribelle Stannis Baratheon; il giovane Podrick Payne, mio scudiero; e Sansa Stark, mia moglie".
Una volta annunciata, Sansa rivolse ai nuovi arrivati un tremante sorriso, ma non riuscì a dire nulla; piuttosto notò immediatamente la piccola smorfia che apparve sul volto di Oberyn nell'udire il cognome Stark.
"Non sapevo che avessi preso moglie, mio lord".
"È accaduto di recente, e a dire il vero è stata una cerimonia abbastanza...intima".
"Ma certo" affermò Oberyn, come per insinuare qualcosa che solo lui poteva capire. Poi fece cenno con la mano a qualcuno nelle retrovie della sua schiera: si fece largo una donna magra e dal viso appuntito, dall'abito scollato e dalla bellezza molto particolare.
"Permettimi allora di presentarti anche la mia concubina. Il suo nome è Ellaria Sand".
Tyrion la salutò con cortesia, ma subito dopo deglutì. Sansa ne indovinò il motivo: Sand era il cognome che si dava ai bastardi di Dorne.
Martell e Tyrell si disprezzano da anni. Quando lord Mace scoprira che il principe Oberyn ha portato una donna bastarda al matrimonio di sua figlia Margaery...
Quei pensieri angosciosi furono interrotti da Tyrion, che a differenza sua continuava a nascondere le preoccupazioni dietro un velo di cordialità: "miei lord, sarete stanchi per il lungo viaggio. Che ne dite di avviarci in città?".
 
Dopo qualche minuto di marcia, vide Bronn affiancarsi a Tyrion: sembrava volergli dire qualcosa di privato. Il Folletto, di contro, non provò nemmeno ad allontanarla: voleva che tra lui e sua moglie ci fosse il minor numero di segreti possibile. Così restò alla sua destra, e ne approfittò per origliare.
"Comunque, se sono questi signorotti a preoccuparti, puoi stare tranquillo" dichiarò l'ex mercenario. "Ho visto poche spade e, per quanto nobili, sembrano degli incapaci. In più, si vestono come donne".
Tyrion sbuffò, affatto sorpreso dalla superficialità dell'altro: "hanno poche spade perchè utilizzano altre armi, Bronn. E non lasciarti ingannare dalle apparenze: pochi altri popoli possono vantare la durezza e le capacità di Dorne".
"E del principe cosa mi dici?".
"Non mi fido di lui. È il più pericoloso di tutti".
Bronn avrebbe voluto continuare la conversazione, ma vide arrivare da dietro Oberyn in persona. "Buona fortuna allora. Sta venendo da te" sussurrò, prima di allontanarsi.
Martell raggiunse il Folletto e, con un sorriso ammiccante, gli confidò: "sai, io e te ci siamo già incontrati una volta".
"Davvero, mio lord?" domandò Tyrion, stringendo gli occhi come per sollecitare la memoria. "Ti chiedo scusa, ma temo di averlo dimenticato".
"Non l'hai dimenticato. Semplicemente non puoi ricordarlo: è accaduto tanti anni fa, qualche giorno dopo la tua nascita".
Sansa capì dall'espressione sorpresa di suo marito che davvero non ne sapeva nulla.
"Mi piacerebbe saperne di più, mio lord".
"Te ne parlerò con piacere: ricordo tutto come se fosse ieri" esclamò Oberyn, stranamente divertito.
"Ebbene, dovevo avere non più di 15 anni ed ero in compagnia di mia madre e mia sorella Elia: eravamo diretti a Castel Granito per far visita ai tuoi genitori e portare i nostri omaggi per la nascita del terzogenito di Tywin Lannister. Quando arrivammo, trovammo il castello a lutto piuttosto che in festa, per la morte di tua madre".
Il viso di Tyrion si rabbuiò: "un vero peccato che vi siate trovati ad Ovest in circostanze così nefaste", disse, alludendo probabilmente sia alla scomparsa di lady Joanna che alla sua nascita. "Spero che Castel Granito sia stata comunque di vostro gradimento".
"Non molto, ad essere sincero. Sai, noi dorniani siamo gente particolare, e le vostre città sono invece così convenzionali...stanze troppo buie, cieli troppo grigi, vini troppo dolci, donne troppo caste. Ma la delusione più grande fosti proprio tu".
Sansa trattenne il respiro: aveva appurato da tempo che Oberyn sarebbe giunto nella capitale con intenzioni tutt'altro che buone, ma non si aspettava di certo che le avrebbe palesate così presto.
Tyrion invece incassò in silenzio: "non stento a crederlo, mio lord. Ma, se posso chiedere...in cosa ti avrei deluso?".
"Dal giorno in cui sei venuto al mondo la tua fama ti ha preceduto: ricordo che in ogni angolo dei Sette Regni non si parlava d'altro che del mostro inviato dagli Dei a lord Tywin come punizione per la sua sete di un potere che scavalcasse anche quello di re Aerys Targaryen. Oh, e naturalmente delle altre innumerevoli sventure che la tua nascita avrebbe portato con sé: guerre e carestie".
Il Folletto rise, ma la sua era una risata amareggiata che trasmise a Sansa solo pena e tristezza: "mi spiace, ma temo di non possedere nessuno di questi poteri...a parte forse l'essere, talvolta, una punizione per mio padre".
"E non è finita qui. Non ti ho ancora raccontato delle voci che giravano sul tuo aspetto fisico", incalzò la Vipera Rossa. "Si diceva che tu fossi nato con una barba ed una peluria nerissime, un occhio demoniaco, artigli simili a quelli di un leone, zanne talmente lunghe e sporgenti da non permetterti neanche di chiudere la bocca e una coda nodosa come quella dei maiali. E si diceva persino che fossi nato sia con i genitali maschili che con quelli femminili".
"Devo dire che quest'ultima anomalia non mi sarebbe dispiaciuta affatto: la vita sarebbe immensamente più semplice, se gli uomini potessero scoparsi da soli!" sentenziò Tyrion con ironia.
Sansa stava invece iniziando ad agitarsi interiormente: era sinceramente curiosa e forse persino emozionata di incontrare i dorniani, ma l'atteggiamento fin troppo sfacciato di questo principe nei confronti di Tyrion la infastidiva. E il peggio doveva ancora venire.
"Probabilmente io e Elia non ti avremmo mai visto se non fosse stato per Cersei" riprese Oberyn, e il nome della regina fece nascere lungo la schiena di Sansa un brivido di repulsione. "Tuo padre non permetteva mai a nessuno di portarti fuori dalla tua stanza, ma un giorno Cersei e Jaime ci condussero di nascosto da te. Ebbene, il tuo occhio sembrava certamente quello di un demonio e forse la tua testa era un po' più grossa del normale; ma non c'era traccia né di barba, né di peluria, né di artigli, né di zanne, e fra le tue gambette tozze c'era solo un piccolissimo cazzo. Elia ti trovò adorabile, mentre io mi limitai a constatare che eri un bambino come tutti gli altri; allora Cersei ti accusò della morte di vostra madre, afferrò il tuo piccolo cazzo ed iniziò a tirarlo talmente forte da arrivare quasi a strappartelo. Fu Jaime a fermarla: 'smettila, gli stai facendo male', le disse, mentre tu piangevi e urlavi come un dannato. 'Che importa?', chiese Cersei, 'tanto morirà presto. Anzi, a quest'ora dovrebbe già essere morto'".
 
Sansa, pur essendosi fin da subito eclissata dalla conversazione, si sentiva tesa come una corda di violino: vide il principe sfoggiare un sorriso saccente per saggiare le reazioni scaturite dal suo racconto, ed il Lannister farsi scuro in volto con un tremolio che non sapeva se associare alla tristezza, alla rabbia o ad entrambe.
"Ma che storiella avvincente" commentò sarcastico il nano. "Ricordati di raccontarla anche a mio padre: sono sicuro che la adorerà".
"Senz'altro", rispose Oberyn. "Io e lui abbiamo molte cose di cui parlare".
Detto ciò, Martell si voltò inaspettatamente verso Sansa, e questo costrinse la ragazza a distogliere lo sguardo, incapace di sostenere il suo.
"E così hai preso moglie, Folletto" esclamò, cercando di intuire anche i suoi pensieri, da buon osservatore qual era. "Lannister e Stark. Che unione felice! Specialmente in questi tempi".
Di' qualcosa. Non puoi startene zitta per tutto il tempo!
"G-grazie, mio lord...", esordì timidamente la rossa, prima che Oberyn prendesse di nuovo il controllo emotivo del discorso.
"Lyanna Stark era tua zia, non è vero? Eppure sei molto diversa da lei...non solo nell'aspetto, voglio sperare".
Le remote intenzioni di Sansa ad intrattenersi col principe scomparvero all'istante: era ovvio che diffidasse anche di lei, oltre che di suo marito. Lo stesso Tyrion si voltò e le riservò un'espressione compassionevole, che la rese ancor più disorientata.
Ormai per il mio cognome ci sono solo silenzio o parole sprezzanti.
 
Arrivarono in città, e subito si ritrovarono con gli occhi del popolino piantati addosso: li osservavano dai più remoti angoli delle stradine e dalle più minuscole finestrelle delle abitazioni, cercando di capire dagli stendardi chi fossero gli ospiti appena giunti e da dove venissero.
Oberyn sbuffò sotto i sottili baffi: "ah, cara vecchia Approdo del Re...neanche il tempo di entrarvi e ne sento già il tanfo. Questo posto non mi è mancato per niente".
Tyrion ruotò gli occhi, spazientito: "spero che il tuo nuovo soggiorno ti faccia cambiare idea sulla capitale, mio lord".
Sansa strinse i denti per la rabbia: il principe aveva ragione, sia lei che Tyrion lo sapevano. Approdo del Re era davvero un luogo infame.
In quel preciso momento passarono davanti a un bordello, uno dei più frequentati della città a giudicare dai rumori che ne provenivano.
"Toh! Ecco finalmente qualcosa di gradito!" esclamò Oberyn sghignazzando. "Più tardi forse vi ritornerò".
Sansa lo guardò incredula: come poteva dire certe cose, con la concubina che lo seguiva poco distante?
"Credevo di aver capito che avessi già una donna, mio lord" azzardò Tyrion, dando voce ai suoi pensieri.
"Infatti è così" confermò Oberyn, "ma sia io sia lei siamo parecchio...curiosi, ci piace sperimentare. E non l'abbiamo mai fatto con una bionda. Conosci qualcuna a cui potremmo rivolgerci?".
Sansa spostò lo sguardo sul Folletto, visibilmente imbarazzato per la domanda. Ma, anche in quella situazione pungente, ebbe per lei solo parole rispettose.
"Non frequento più i bordelli, mio lord. Come ti ho detto poco fa, adesso sono un uomo sposato".
"Ciò non ti ha però impedito di mettere una tassa sulle puttane" biasimò il dorniano. "Mi è giunta voce che da queste parti la chiamino 'il soldino del nano': suppongo dunque che sia opera del tuo ingegno".
"Ti sbagli. È opera di mio padre" lo corresse Tyrion. "Solo un centesimo per ogni 'visita': il primo cavaliere del re lo ha ritenuto moralmente giusto, una specie di compromesso".
"Da quando lord Tywin se ne intende di giustizia?".
La voce di Oberyn, tipicamente calda e ammaliante, divenne improvvisamente fredda e affilata come una lama.
Sansa capì che erano arrivati al punto di non ritorno. Solo Tyrion osò voltarsi verso il principe, mentre tutti gli altri presenti tirarono dritto come se non avessero udito nulla.
"Mio lord, non capisco...".
"Stai tranquillo, Folletto: capirai presto. E risparmiami altre cortesie false come voi Lannister. Per quale ragione credi che sia venuto io piuttosto che Doran? Te lo dico io: perchè venga finalmente fatta giustizia", disse Oberyn, esitando un attimo per scandire meglio quella parola così potente e ineluttabile. "Per mia sorella Elia e per i suoi figli".
Il volto asimmetrico di Tyrion rimase immobile, specchio di quello silenziosamente iracondo del principe. Ma il cuore del Lannister era al contrario in pieno subbuglio: una nuova minaccia si era appena insinuata nella capitale.

 

 
La mano di Tyrion si fece stranamente pesante nel dover bussare alla porta di Shae.
Era ancora confuso e agitato dalle dichiarazioni di Oberyn, così nel pomeriggio aveva deciso di recarsi dalla donna per chiarire un po' quanto successo il giorno precedente.
Alla fine, ritrovò il coraggio e la compostezza di superare quell'ultima porta che ancora lo separava da ulteriori questioni tanto spinose quanto necessarie da affrontare.
Shae gli aprì e, muta come una statua, lo fece entrare.
"Ciao, Shae..." esordì cautamente il nano.
"Allora di tanto in tanto ti ricordi ancora che esisto anch'io. Ma spero che stavolta non scapperai senza dire nulla come hai fatto ieri" sibilò lei di rimando.
"Dimmi, pensi che sia facile per me?".
"Sei un Lannister! Sei il figlio del primo cavaliere, e lo zio del re" gridò Shae, stizzita. "Perchè non ti decidi una buona volta a mandare tutti all'inferno e a fare ciò che realmente vuoi?".
Perchè non so neanch'io cosa voglio...o forse quel che voglio ora è proprio stare lontano da te.
Ma questo, Tyrion non ebbe la forza di dirglielo.
"Credimi, Shae...tutto ciò che hai detto, tutto ciò che dovrebbe rendermi sicuro e intoccabile...sembra non valere più niente" le disse invece, trascinandosi su una sedia e affondando il viso tra le mani. "Non c'è un singolo individuo in tutta Approdo del Re che non mi detesti o che non mi voglia morto".
Shae sembrava sul punto di piangere. "Ci sono io" disse, chinandosi per guardarlo negli occhi. "C'è Shae che ama ancora il suo leone di Lannister. Fuggiamo insieme, Tyrion. Andiamocene da questo ammasso di malvagità".
Aveva perso il conto di quante volte aveva udito questa proposta, ma la risposta era sempre la stessa.
"Non posso" sussurrò, anch'egli sull'orlo di una crisi di nervi.
A questo punto del canovaccio, di solito Shae cominciava ad arrabbiarsi e si allontanava in preda alla repulsione. Capì che questa volta sarebbe stato immensamente più difficile quando vide che la donna rimase supplichevole.
"Riflettici, Tyrion. Una nuova vita solo per noi! Una nuova vita fatta solo di amore e sesso piuttosto che di guerre e insulti".
Il Folletto si lasciò cullare per qualche secondo da quella visione, prima che i suoi sensi venissero di nuovo catturati da una strana frase pronunciata da Shae: "qui per te c'è solo odio, e anche per Sansa".
L'appresione tornò lentamente a far capolino nella sua mente: "che vuoi dire? Cosa c'entra Sansa?".
La parlantina di Shae si arrestò di colpo, come se si fosse appena resa conto di aver accennato a qualcosa che doveva restare segreto. Ma ormai non si poteva più tornare indietro.
"Parla, Shae: cosa sai riguardo a Sansa?!".
Lei chiuse gli occhi, pronta ad espellere il macigno che la affliggeva da ore.
"Joffrey vuole punirla di nuovo" disse, scuotendo il capo con disperazione. "Ieri sera...ieri sera stavo camminando per i corridoi e per caso ho udito il re parlare con le sue guardie: diceva di aver preparato una specie di...piano, per ricordare a lady Sansa che è ancora di sua proprietà".
"Un piano?" domandò Tyrion, e ora la sua voce sembrava davvero il basso ringhio di un leone in attesa del momento giusto per colpire una preda. "E di che piano si tratta?".
Shae deglutì. "Vuole fare in modo che tu ti allontani dalle vostre stanze...per farvi irruzione e stuprare Sansa, mentre le sue guardie la tengono ferma".
 
La stanza in cui si trovavano, già di per sé minuta, parve rimpicciolirsi ulteriormente, fino a schiacciarlo e a soffocarlo.
Una volta venivo in quest'angolino della Fortezza Rossa per provare piacere. Adesso, ogni volta che ci vengo, ricevo sempre e solo cattive notizie.
Rimase per un po' a riflettere su quanto gli era appena stato comunicato da Shae. In effetti, il piano aveva senso: il matrimonio non aveva frenato Joffrey dal credere di essere in tutto e per tutto il padrone di Sansa, così come non ci era riuscita la presenza a corte della futura regina Margaery Tyrell; il ragazzo sapeva quanto quell'episodio avrebbe fatto arrabbiare Tyrion (cosa che gli provocava sempre un gran divertimento), e sperava allo stesso tempo di istigare suo zio a fare una contromossa, così da avere in futuro un pretesto per punirlo.
Davvero un bel piano, non c'è che dire. Inizio a dubitare che sia stato ideato da quell'imbecille di Joffrey.
Dopo un lungo silenzio, sospirò e tornò a rivolgersi a Shae: "ti ringrazio per avermi avvisato in tempo".
Dunque si alzò e fece per andarsene, nonostante avesse la vista totalmente offuscata dall'ira.
"Cosa intendi fare? E cosa mi dici riguardo a noi?" chiese ansiosamente Shae, che intanto lo aveva raggiunto sull'uscio.
A Tyrion parve che stesse per esplodergli il cervello. Non poteva ancora essere sicuro se Joffrey volesse davvero agire a quel modo o se fosse tutta un'invenzione di Shae, ma in ogni caso non sarebbe rimasto con le mani in mano.
Così si allontanò a rapidi passi nel corridoio, senza rispondere a nessuna delle due domande di Shae.
Nonostante tutto, continuava a commettere gli stessi errori.
Quello che però entrambi ignoravano era che, nascosta dietro una colonna, una serva di Cersei aveva assistito a tutta la scena.

 

 
Era già sera inoltrata quando Tyrion decise di mettersi di guardia fuori la porta delle proprie stanze.
Sansa dormiva già da un pezzo, ma per fortuna a tenergli compagnia c'erano Bronn e Podrick.
Fu proprio l'ex mercenario, come prevedibile, ad insinuare qualche dubbio: "sei sicuro che Shae non si sia inventata tutto? Conoscendola, non ne sarei sorpreso".
"Shae è tante cose, ma non una bugiarda", rispose Tyrion. "E in ogni caso, verificare di persona serve anche a questo: a capire se posso ancora fidarmi di lei".
Bronn sbuffò, ma non aggiunse altro, così come Pod, il cui dovere era di restare sempre al fianco del suo lord.
 
Quasi un'ora era passata da quando si erano messi ad aspettare. A un certo punto, videro una sagoma nell'ombra che veniva verso di loro. Non riuscivano a distinguerne precisamente il contorno, ma sembrava qualcosa di ingobbito che avanzava molto lentamente. Solo quando fu sufficientemente vicino e la distanza che li separava poté essere coperta dalla fioca luce della torcia appesa al muro, si accorsero che si trattava del gran maestro Pycelle.
L'anziano e infermo maestro che si incammina nel cuore della notte, diretto guarda caso verso le mie stanze. Che strana combinazione!
Quest'ultimo sembrava oltremodo sorpreso della presenza di Bronn e Podrick, ma cercò di apparire il più innocente possibile: "oh, buonasera, lord Tyrion. Come mai te ne stai nei corridoi a quest'ora?".
"Potrei rivolgerti la stessa domanda, gran maestro" ribatté Tyrion, con un'espressione di rimprovero.
Non solo è un viscido doppiogiochista...con l'andare degli anni si sta anche rimbambendo.
Lo stesso Pycelle si rese conto dell'inadeguatezza della propria domanda, alla quale tentò di rimediare con una risatina falsa come le sue intenzioni: "ah, già...eheh! Sai, mio lord, la vecchiaia rende le ossa deboli e i muscoli indolenziti...e quand'è così, la cosa migliore è una buona passeggiata per sgranchirsi un po'" si giustificò, con un leggero tremolio. "Nondimeno, ne stavo giusto approfittando per venire da te, mio lord".
"Ah si?" chiese Tyrion, fingendo di cadere dalle nubi. "E a cosa devo questo onore?".
"Io...so che in passato ci sono state delle...ruggini tra di noi, lord Tyrion" iniziò a farneticare il vecchio, alla ricerca di cosa dire. "Ciò nonostante, spero che tu non abbia mai dubitato della...stima, e del rispetto che ho nei tuoi confron...".
"Va' avanti, gran maestro" lo interruppe il Folletto, stufo dei convenevoli.
"E-ebbene...fra gli innumerevoli fogli sparsi nel mio studio ho ritrovato un'antica pergamena riguardante l'utilizzo dell'Altofuoco e...e ho pensato che potrebbe interessarti, mio lord...".
"Bene!" esclamò, curioso di sapere fin dove si sarebbe spinta la sua fantasia. "Vediamola!".
"In...in verità, mio lord, come ti ho appena detto, la pergamena è nel mio studio...".
"Non l'hai portata con te?".
"C-credo di...essermene dimenticato, mio lord...".
"Che peccato" disse Tyrion, stringendosi nelle spalle. "Vorrà dire che la consulteremo domattina".
"Ma reputo che sia una cosa abbastanza...urgente, lord Tyrion...".
Gli bastò un piccolo gesto della mano per far smettere Pycelle di balbettare e far capire a Bronn che era il momento di agire.
 
Prima ancora che potesse rendersene conto, Bronn afferrò Pycelle per il cappuccio della veste e lo tenne fermo con un braccio; l'altro, invece, lo adoperò per portare un pugnale alla gola del gran maestro.
"Non t'azzardare ad urlare che ti sgozzo da parte a parte" minacciò l'ex mercenario. "Infondo non è la prima volta che ci ritroviamo in questa situazione, vero? Eheheh!".
"Co-cosa fate?!" chiese Pycelle, terrorizzato e incapace di divincolarsi.
"Sappiamo tutto, gran maestro" rispose Tyrion, ponendosi di fronte a lui. "Tu ora resti qui con noi, muto, fin quando non deciderò il contrario".
Dopo di che, il nano tornò a rivolgere lo sguardo al corridoio buio, in attesa del prossimo segnale.

 

 
Il silenzio era tombale. Persino Pycelle, che inizialmente singhiozzava e ansimava come un animale in gabbia, non emetteva più un singolo rumore.
D'un tratto, udirono il suono di passi affrettati provenire dall'altra estremità del corridoio, insieme a dei sospiri d'eccitazione.
Shae aveva ragione. Eccoli che arrivano.
Su ordine di Tyrion, i quattro si spostarono dalla zona illuminata dalla torcia, fino a immergersi nella penombra circostante.
Finalmente i nuovi arrivati giunsero alla porta e la luce giallo-arancione della fiamma rivelò i loro volti: Joffrey Baratheon, Meryn Trant e Boros Blount.
"Molto bene" sghignazzò il re, "al mio tre buttate giù la porta. Mi prenderò la verginità di quella cagna!".
Quindi iniziò il conto alla rovescia: "uno...due...".
Proprio un istante prima del 'tre', la voce di Tyrion fece bloccare tutti: "non farai nulla di tutto ciò. Non butterai giù nessuna porta, e certamente non torcerai neanche un capello a Sansa".
Il Folletto avanzò fino all'area illuminata, rendendosi visibile ai tre cospiratori. Lo stesso fecero Pod e Bronn con Pycelle, che guardò il sovrano con espressione rammaricata per il fallimento del piano.
"Che significa tutto questo?" chiese Joffrey a nessuno in particolare, con voce stridula.
"Dimmelo tu" lo provocò Tyrion, che fulminò con lo sguardo anche le due cappe bianche che accompagnavano il ragazzo.
"Te lo ripeto per l'ultima volta, Joffrey. Sansa ora è mia moglie e come tale la lascerai in pace, da oggi fino all'ultimo dei tuoi giorni".
A giudicare dallo stupore che gli si dipinse sul volto, il re dovette scorgere in quelle parole una velata minaccia di morte: "ancora osi parlarmi in questo modo, piccolo verme? Te lo ripeto anch'io per l'ultima volta: posso fare di Sansa quel che voglio, e posso anche metterti a morte, se mi aggrada!".
Tyrion era al colmo della sopportabilità: "coraggio, allora. Fallo!".
 
Ser Boros e ser Meryn misero mano all'elsa delle proprie spade, pronti a sguainarle al primo ordine di Joffrey. Lo stesso fece Bronn, che spinse via bruscamente Pycelle e in posizione di guardia attendeva un cenno di Tyrion.
L'anziano maestro fuggì il più rapidamente possibile, mentre Tyrion fu effettivamente tentato dal far passare Bronn all'attacco.
D'altro canto, uno come lui basta e avanza per due caproni come Blount e Trant. E poi, c'è anche Podrick.
Persino il giovane Payne, infatti, solitamente impacciato e riservato, sembrava voler intervenire se fosse stato necessario.
Joffrey sollevò improvvisamente un braccio, esitando un attimo prima di chiudere il pugno.
Le due cappe bianche avanzarono di qualche passo, ma prima che si scatenasse l'irreparabile una voce squarciò quel tesissimo silenzio, ed era la più autorevole e temibile di tutti i Sette Regni.
"Fermi tutti! Che sta succedendo qui?".
 
I cavalieri percepirono alle loro spalle l'arrivo di Tywin Lannister, il cui viso era fulgido e indignato.
Immediatamente riallinearono i piedi, mentre Bronn lasciò l'elsa della spada, rilassando i muscoli.
"Volete davvero avviare uno scontro armato di notte nei corridoi della Fortezza Rossa?".
"Mio zio mi ha nuovamente minacciato! Cosa dovrei fare con lui?!" domandò Joffrey, adirato come poche altre volte prima di allora.
"Di certo non ordinare a due cavalieri della Guardia Reale di sguainare le spade di notte nei corridoi della Fortezza Rossa".
Joffrey strinse i denti fin quasi a spaccarseli. Aveva in effetti il potere di decidere della vita e della morte di ogni singola persona dei Sette Regni...ma non quello di opporsi a Tywin.
Il biondo re si voltò un'ultima volta verso suo zio: "al prossimo affronto non sarò così clemente!", disse, quindi richiamò Meryn e Boros e insieme a loro si allontanò.
 
Quando furono abbastanza lontani, Tywin osservò Bronn: quei pochi minuti gli erano bastati per accorgersi che le cappe bianche erano riluttanti al pensiero di doverlo affrontare, e la cosa lo incuriosì.
"Lo stesso vale anche per te".
L'ex mercenario abbassò appena il capo, in segno di consenso.
Infine, il primo cavaliere posò lo sguardo su Tyrion. Le sue iridi verdi scintillavano come gioielli.
"Joffrey non farà del male a Sansa Stark, questo te lo garantisco...ma fai il tuo dovere".
Pronunciata quella frase, egli se ne andò, mentre le labbra del Folletto si piegarono in una smorfia indecifrabile.

Salve a tutti!
Per prima cosa, vorrei sinceramente scusarmi per l'enorme ritardo con cui aggiorno questa storia (quasi 4 mesi! 😱): purtroppo, a partire da settembre, una serie di 'ostacoli' (dai sempre più pressanti esami universitari a dei problemi di salute di mio padre, passando per un lutto familiare e per la mancanza di una linea Internet fissa che si protrae tutt'ora) mi hanno impedito di dedicarmi a pieno regime alla scrittura del nuovo capitolo, che ho ultimato nel giorno della vigilia di Natale ma che pubblico soltanto oggi per i problemi di connessione di cui sopra.
A proposito, se doveste riscontrare degli errori di battitura segnalatemeli, e vi chiedo scusa in anticipo ma ho dovuto riscrivere tutto sul cellulare (vi lascio immaginare che faticaccia...😂).
Spero di riuscire a farmi perdonare almeno in parte con questo capitolo un po' più lungo del solito e con il prossimo che, essendo già stato iniziato, dovrei pubblicare in tempi più brevi 😅
Ma veniamo al dunque: gli screzi tra Tyrion e Joffrey proseguono senza sosta, e non sappiamo ancora se Tywin sia un nemico o un alleato del nostro Folletto in questo conflitto interno alla famiglia Lannister; la questione Shae si fa sempre più pressante per Tyrion, che deve decidere in fretta cosa fare con lei; ed ora ad Approdo del Re c'è una nuova bomba a orologeria pronta ad esplodere, la Vipera Rossa di Dorne, Oberyn Martell.
Insomma, di carne al fuoco ce n'è tanta e vorrei davvero ricevere una vostra opinione su questo decimo capitolo: vi è piaciuto oppure no? Fatemelo sapere nello spazio recensioni! 😉
P.S.(pt.1): i dialoghi tra Tyrion e Shae stanno diventando un po' ripetitivi, me ne rendo conto...per chi ha visto Breaking Bad, direi che sono ormai paragonabili a quelli tra Walt e Skyler 😂 tuttavia vi assicuro che molto presto ci sarà una svolta.
P.S.(pt.2): l'arrivo di Oberyn nella capitale è stato narrato nel modo in cui avviene nel libro, che secondo me è decisamente più incisivo di quello che si vede nella serie.
Non mi resta che salutarvi e augurarvi una buona fine di 2019 e un magnifico inizio di 2020 😁
Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Io sono tua e tu sei mio ***


Capitolo 11: Io sono tua e tu sei mio


 
Come se non bastasse l’enorme moltitudine di problemi piovutagli addosso il giorno precedente, tra un principe dorniano assetato di vendetta, un’amante stanca di essere l’alternativa e non la priorità, e un re deciso a rendere la sua vita e quella di sua moglie un inferno, Tyrion Lannister si recò dall’unica persona in tutta Approdo del Re che avrebbe potuto rendere ancor più intricato quel terribile groviglio che era diventata la sua mente.
Varys lo aveva mandato a chiamare, e sembrava che fosse urgente.
 
Lo fece recare su un piccolo terrazzo sul quale, nonostante la presenza di un gazebo, splendeva la calda luce del mattino; il tavolo era imbandito di diverse pietanze che l’eunuco stava consumando con la leggerezza che lo aveva sempre contraddistinto.
Non appena scorse Tyrion, gli fece segno col palmo della mano di unirsi a lui: “serviti pure, mio lord. Abbiamo diverse cose da dirci, dunque tanto vale intrattenersi a stomaco pieno”.
Il Folletto ignorò momentaneamente la proposta per dedicargli un’occhiata provocatoria: “strano che tu voglia parlarne all’aperto”.
Varys, per una volta, spogliò il proprio linguaggio di ogni aulico giro di parole ed optò per una risposta diretta: “puoi stare tranquillo. Ciò che verrà pronunciato qui, resterà qui: non t’avrei mai fatto venire in questo posto se non fossi assolutamente sicuro di stare al riparo da orecchie indiscrete”.
Il nano si sentiva decisamente meno riparato, ma troppe altre volte si era fidato dell’eunuco e, fino a quel momento, non se ne era mai pentito, quindi lo assecondò.
Si sedette di fronte a lui, e fu nuovamente Varys a farsi avanti: “così il principe Oberyn è finalmente giunto ad Approdo del Re…”.
“Sarebbe stato molto meglio se non l’avesse mai fatto” rispose Tyrion, ancora guardingo. “Abbiamo parlato a lungo durante il tragitto: non ha dimenticato ciò che è stato fatto ad Elia ed ai suoi figli, e ti assicuro che la sua presenza ci arrecherà molti danni”.
“Non m’aspettavo niente di diverso: Oberyn è noto da sempre per la sua indole vendicativa ed ogni uomo vendicativo che si rispetti deve avere una memoria di ferro” sospirò il maestro delle spie, versando per sé e per il suo interlocutore una coppa di vino rosso. “Tuttavia non tutto è perduto, mio lord; forse abbiamo ancora una carta da giocare per placare l’ira della Vipera Rossa, ma non è questo il momento di discuterne”.
Tyrion bevve un grosso sorso che gli riscaldò il petto: “mi auguro che sia davvero così. E tu invece di cosa volevi parlarmi?”.
Varys tamburellava le dita sul grosso calice che aveva davanti, e un misterioso timore si impossessò di lui.
“Tante volte sono stato biasimato, anche da te, amico mio…perché so tutto di tutti, quando è risaputo che proprio questo sia il motivo per il quale vivo nella capitale anziché al di là del mare, e per il quale a più riprese la suddetta capitale è rimasta in piedi contro forze esterne”.
“Perdonami, ma non credo che tu mi abbia fatto venire fin qui soltanto per vantarti e smentire le malelingue” disse Tyrion, scuotendo il capo.
“Infatti non è così” confermò l’eunuco. “Ti ho fatto venire per dirti di stare attento ai tuoi affetti, mio lord”.
Il Folletto aggrottò la fronte: non starà mica parlando di Sansa e del piano di Joffrey?
“Se ti riferisci a mia moglie…”.
“Non mi riferisco a Sansa” chiarì subito Varys, lasciando irrisolto il dubbio sorto nella sua mente. “Ciò che volevo dire è che le mie spie sono le più indistinguibili, e le più rapide a raccogliere informazioni…ma non sono le uniche: Shae è in pericolo”.
 
Quell’ultima dichiarazione fu un vero pugno nello stomaco per Tyrion, il quale si sentiva come un soldato in guerra su troppi fronti, accerchiato da centinaia di nemici.
“In…in pericolo?”.
“Ora più che mai” sentenziò Varys, intrecciando nervosamente le mani. “Una serva ti ha visto uscire dalla sua stanza ieri pomeriggio. Non so se abbia udito la vostra conversazione, ma ha riferito tutto a Cersei, la quale ha ovviamente fatto passaparola con vostro padre. Suppongo che presto arriveranno provvedimenti”.
Tyrion si portò una mano alla fronte: non si era accorto neanche di questo.
Rimase in silenzio per un po', cercando col proprio ingegno una scappatoia che andasse bene per tutti, come se stesse mettendo a posto i pezzi di un grande puzzle.
Non riuscendo a venirne a capo, azzardò semplicemente: “è l’ancella di mia moglie…non c’è niente di strano se ogni tanto la incontro…”.
“Direi di si, invece, se vi ‘incontrate’ in un certo modo e in determinate ore della giornata” affermò Varys, alludendo implicitamente all’intesa fin troppo consolidata che traspariva da ogni gesto che lui e Shae si scambiavano. “In più, tuo padre è una persona estremamente prudente, a differenza di Cersei. Mi chiederà senz’altro di indagare…”.
“In tal caso, basterà che tu gli menta. La prima cosa che ti passa per la testa, purché sia credibile: va bene tutto, ma non la verità” suggerì allarmato il Folletto.
“No, no, troppo pericoloso” rifiutò all’istante l’eunuco che, vedendo il Lannister inclinare la testa in cerca di spiegazioni, aggiunse: “quanto pensi che possa durare l’inganno? Un giorno? Due? Ma alla fine scoprirà la verità da solo e mi metterà a morte…sai, mio lord, io non ho un nome importante come il tuo, né un cavaliere pronto a salvarmi la pelle”.
Tyrion, nonostante il subbuglio che quella rivelazione aveva suscitato nel suo animo, non poté fare altro che dargli ragione: tante volte il Ragno Tessitore si era esposto a delle vere e proprie corse ad ostacoli solo per fargli un favore, e tutto ciò gli era servito a vederlo più come una spalla che come una minaccia, ma quanto gli chiedeva adesso era troppo anche per lui.
Sconsolato, si limitò a chiedere: “cosa mi suggerisci di fare allora?”.
“Ho degli amici ad Essos…persone potenti nelle loro dimore, persone che potrebbero garantire a Shae una vita persino più agiata di quella che conduce ad Approdo del Re, la quale va già ben oltre il concetto di agio che aveva prima di incontrare te” disse Varys, infilando le mani nelle tasche del suo abito, come se la donna si trovasse sui suoi palmi e stesse già cercando di nasconderla dai leoni che volevano sbranarla. “Convincila a partire, ed oggi stesso farò preparare per lei una nave diretta a Pentos”.
Shae…mia amata Shae…la tua volontà è sempre stata quella di tornare al di là del mare, o sbaglio?
Il Folletto trovò grottescamente ironico il fatto che il grande sogno che Shae a più riprese gli aveva chiesto di realizzare stesse ora per mettere la parola fine alla loro storia.
Una storia che per mesi era stata la sua unica ancora di salvezza e al contempo la sua rovina, come una fiamma troppo intensa per estinguersi, ma troppo rovente per durare.
In un ultimo slancio d’ostinazione, obiettò: “già troppe volte l’ho messa in guardia dai rischi della Fortezza Rossa…non avrà motivo di credere che stavolta sia diverso, e pertanto non accetterà di partire”.
“Oh, ti garantisco che anche lei capirà che stavolta è diverso: basterà dirle la verità”, disse Varys sibilino. “Tuo padre ha ordinato di far tagliare la testa ad ogni ancella che verrà vista in tua compagnia. Non mi risulta che lord Tywin abbia mai contraddetto una delle sue promesse”.
Tyrion ebbe una fulminante visione di Shae che veniva decapitata, e ne rimase agghiacciato.
Dei, con tutti i soprusi che sono costretto a subire…perché volete anche privarmi di ciò che mi è caro?
“Così sia, allora” esclamò, spezzando anche gli ultimi indugi che lo incatenavano.
“Fa’ preparare una nave che possa salpare entro oggi. Io, nel frattempo, andrò a parlarle”.

 

 
Un leone non si arrende, mai.
Può succedere che una preda gli sfugga un secondo prima di agguantarla. Una, due, dieci, cento, mille volte può succedere.
Non importa, il leone continuerà a rincorrerla ogni giorno. Perché fa parte della sua natura, del suo istinto.
Del suo essere leone.
 
In questo, Shae era di gran lunga più leone (anzi, leonessa) di lui, nonostante dei due fosse proprio lui il Lannister.
L’astuzia, la testardaggine con cui, appena arrivata, riprese a corteggiarlo e tormentarlo, malgrado tutte le incomprensioni e le frasi sospese a metà degli ultimi giorni, era qualcosa che non riusciva a spiegarsi e a cui non sapeva dare un nome.
“Dove vuole possedermi oggi, il mio leone?” chiese lei sorridente, cominciando ad alzarsi la veste all’altezza delle cosce. Sansa non c’era e sapeva benissimo che si sarebbe assentata fino al tardo pomeriggio: in quelle ore del giorno passeggiava a lungo nei giardini, andava a pregare nel Parco degli Dei o se ne stava affacciata a un terrazzino ad osservare il mare, persa in chissà quali pensieri.
Il ritrovarsi da sola con Tyrion, per di più nella stanza di lui anziché nella propria, risvegliò in lei delle voglie che sapeva di avere in comune con l’altro; ciò che invece non sapeva era che l’aveva fatta venire lì perché, dopo essere stati scoperti da Cersei, non potevano più trovarsi entrambi nella stanza di lei.
Con aria mesta, quasi colpevole, il Folletto osservò le sensuali forme del corpo che aveva di fronte.
Potrebbe essere l’ultima volta.
Poi rinsavì e, come faceva ormai da settimane, si avvicinò a Shae per bloccarne i movimenti.
“Fermati. E non chiamarmi così. Non sono il tuo leone”.
Non sono il leone di nessuno. Sono solo un nano codardo.
“E come vuoi che ti chiami?” chiese lei di rimando, confusa da quell’improvvisa ruvidezza, ma ancora abbastanza ben disposta.
“Non dovrai più chiamarmi in nessun modo: questo è un addio, Shae”.
Lei credette d’aver sentito male: “un…cosa?”.
“Recati al porto: lì ti attende una nave, che salperà nel pomeriggio. Ti porterà a Pentos, dove avrai una casa ricca e persino una servitù a tua completa disposizione”.
“Ma che stai dicendo?!”.
“Non era forse il tuo sogno quello di partire per il continente al di là del mare?” domandò Tyrion, con una faccia di bronzo che avrebbe fatto invidia a quella di suo padre.
“Solo se tu sarai con me” specificò Shae in un mormorio che tuttavia rimbombò assordante nella mente del Folletto.
“Sai bene che sono un uomo sposato, dunque starò con mia moglie. L’ho lasciata sola già troppe volte e intendo recuperare il tempo perso…”.
“Lei non ti vuole” sibilò la donna, non volendo restare inerme davanti a quella farsa. “Non ti ha mai voluto”.
“Questo lascialo decidere a lei!”.
“Da cosa vuoi nascondermi? Cos’è che ti spaventa?”.
La tua testa su una picca, rispose Tyrion tra sé e sé.
“Non hai nulla da temere, desidero semplicemente che tu lasci la città”.
Aveva scelto di non rivelarle dell’ordine di Tywin: come aveva detto a Varys, era sicuro che non avrebbe preso sul serio quella minaccia, ovattata com’era da uno stallo imperturbabile che andava avanti da mesi…e inoltre, non poteva neanche escludere che avrebbe fatto qualche pazzia pur di tornare al proprio posto.
Una volta per tutte, capì che per allontanare Shae doveva farle credere che fosse davvero lui a volerlo.
 
“Non lo desideri affatto” disse lei, ostinata come sempre.
E aveva indovinato, come sempre.
Tyrion iniziò invece ad avvertire dei tremolii sottopelle: dubitava di riuscire a controllarsi ancora a lungo.
“Hai già avuto modo ultimamente di constatare che le cose tra di noi sono cambiate…”.
“Sono disposta a restare solamente come ancella di Sansa e a vederti solo in rare occasioni” propose, ma vedendolo scuotere la testa ed inspirare con vigore si fece ancor più pressante: “non puoi…”.
“Io non posso avere al mio fianco una puttana!” concluse Tyrion, con un tono che non ammetteva repliche.
Odiava l’aver dovuto ricorrere alla violenza verbale, ma sapeva che era l’unico modo per rendere irreversibile la propria decisione.
“Puoi dirmi ciò che vuoi, ma resti sempre una puttana! Con quanti uomini hai giaciuto prima che ci conoscessimo? Centinaia, forse migliaia!”.
Shae aveva il viso pallido e le lacrime pronte a fuoriuscire.
“E tu con quante puttane sei stato prima che ci conoscessimo?”.
“Tante” ammise il nano. “E sono stato bene con ognuna di loro, con te più che con tutte le altre, questo non lo posso negare…ma ormai ho abbandonato quel passatempo. Definitivamente”.
Strinse i pugni, come a spronare se stesso ad essere ancor più convincente: “tu…tu non sei degna di partorire i miei figli. Solo Sansa lo è”.
La voce di Shae era poco più che un sussurro: “di quali figli stai parlando?”.
“Controlla le lenzuola, se vuoi saperlo”.
 
Quelle parole furono per la donna l’annuncio di una tragedia. A piccoli passi si avvicinò al letto per verificare ciò che il suo cuore già da tempo temeva.
Tyrion diceva il vero: le lenzuola erano macchiate di sangue.
Shae cadde in ginocchio, cedendo a un pianto troppo a lungo represso e che, più che di liberazione, sapeva di prigionia.
“Come puoi vedere, ho consumato il mio matrimonio” annunciò il Folletto, ribadendo l’evidente. “Ci ho messo un po', questo è vero, ma finalmente ho fatto ciò che andava fatto”.
Shae non rispose: a quel punto, era inutile. A fatica, ancora tremante e in lacrime, si rimise in piedi, si voltò e si diresse ad ampie falcate verso la porta, incurante dello scalpore che avrebbe potuto generare in chi l’avrebbe osservata nei corridoi della Fortezza Rossa.
Tyrion invece non pianse: era troppo furibondo per farlo. Guardò per l’ultima volta quella donna, all’apparenza così semplice, quasi una formica in mezzo ai grandi nobili di Approdo del Re, che gli aveva cambiato la vita. Poi spostò lo sguardo sul palmo della propria mano destra, sulla cicatrice che si era procurato qualche ora prima, quando con un coltello s’era fatto un piccolo taglio per far fuoriuscire il sangue con cui sporcare le lenzuola.
 
“Voglio che mi scopi come se questa fosse la mia ultima notte in questo mondo”.
Fu questa la frase che le disse la prima volta che la vide. Presto davanti a lui ci sarebbero state spade, scudi, lance, cavalli, cavalieri, la guerra e forse la morte. Ma non gli importava, perché in quel momento davanti a lui c’era solo una donna che sembrava scesa dal cielo.
E allora, tanto valeva godersi ogni istante. Una filosofia di vita a cui, di lì a poco, avrebbe guardato con mille rimpianti.
“Il mio lord Lannister ha un aspetto che incute timore”.
“Il tuo lord Lannister ha l’aspetto di un nano balordo con una stupida armatura”.
“Cerca di non farti uccidere”.
“Dubito fortemente che io possa riuscirci. Ma nel caso in cui dovessi miracolosamente sopravvivere, gradirei davvero che tu restassi al mio fianco ancora per un po'”.
“Io sono tua…e tu sei mio”.

 

 
Quando rientrò nella Fortezza Rossa a sera inoltrata, si sentì sollevato come poche altre volte gli era capitato negli ultimi tempi.
Nascosto su uno dei tanti balconi della Collina di Aegon, aveva trascorso il pomeriggio ad assistere alla partenza della nave che avrebbe portato Shae a Pentos, per assicurarsi che tutto andasse come pianificato da Varys.
In lontananza, al riparo da altri eventuali sguardi rancorosi di lei, l’aveva vista sedersi sulla banchina, nell’attesa che i marinai terminassero di caricare la nave, e affondare il viso tra le mani, ancora incapace di ricacciare indietro le lacrime che le arrossavano gli occhi e le guance; aveva poi visto l’eunuco avvicinarsi a lei e rivolgerle qualche parola che doveva essere di conforto, ma che non aveva sortito l’effetto desiderato; e infine l’aveva vista rivolgersi con disprezzo e persino maleducazione a chiunque provasse ad informarla del viaggio che la attendeva, salire sull’imbarcazione e sparire definitivamente in una cabina.
Era stato uno strazio. Odiava la serva di Cersei per l’aver smascherato un rapporto che forse poteva ancora aggiustarsi, odiava suo padre e sua sorella per la loro perseveranza nel rendere la sua vita un inferno, ma più di tutti odiava se stesso, perché non riusciva ancora a ripagarli con la stessa moneta.
Ciò nonostante, sapeva di aver fatto la cosa giusta.
Ora è al sicuro, si disse per cercare di dimenticare quegli orribili momenti. Se fosse rimasta al mio fianco, avrebbe rischiato la vita in ogni istante e l’avrei condannata a fare l’ancella per il resto dei suoi giorni.
Vivrà meglio, lontana da me.
 
Stava ancora cercando di convincersene quando varcò la porta delle proprie stanze. Trovò Sansa seduta al tavolo ma vide che non aveva toccato neanche una pietanza della ricca cena portata dalla servitù. Aveva un’aria interrogativa e allo stesso tempo triste.
“Sansa, perché non hai mangiato nulla? L’ora di cena è passata da un pezzo e credo che tutto quel cibo si sia raffreddato” esordì, notando che lei era invece riluttante a proferire parola.
Non si erano più parlati molto da quando era giunta loro la notizia della morte di Robb e Catelyn Stark. Sua moglie non aveva ancora superato il trauma (Non lo supererà mai del tutto, si rese conto) e lui non aveva ancora trovato un modo per farle davvero sentire la propria solidarietà.
“Non ho fame” rispose lapidaria la rossa, e Tyrion non insistette.
In compenso, la ragazza aveva in mano un foglietto di carta: lui lo adocchiò subito, ma fece finta di nulla, per fare in modo che, per una volta, fosse lei ad accennarvi per prima.
Solo quando fu di spalle, concentrato su delle scartoffie disordinatamente sparse sul mobile vicino al letto, Sansa si comportò come lui aveva previsto: “ho ricevuto una lettera oggi…da parte di Shae”.
Non poté vedere la sua reazione, ma certamente l’avrebbe confusa constatare che la notizia non suscitò in lui neanche una minima sorpresa.
“Davvero?” domandò il Folletto, voltandosi verso sua moglie che nel frattempo s’era messa in piedi con gli occhi ancora puntati su quella piccola pergamena. “E cosa dice?”.
La Stark, dopo qualche secondo di silenzio, iniziò dunque a leggere quanto impresso sul foglietto.
 
‘Cara Sansa, mi dispiace di dovertelo dire con una semplice lettera e di non averti potuto salutare un’ultima volta di persona, ma una nave mi attende al porto: sto per partire, lascerò Approdo del Re e Westeros per tornare nel continente dove sono nata, quello al di là del Mare Stretto. Ho saputo, grazie alle informazioni raccolte da lord Varys, che mia madre, che credevo morta da anni, è in realtà ancora viva: si trova a Pentos ora, e io desidero ricongiungermi con lei. Spero che la mia mancanza non ti arrechi nessun fastidio o problema, e che le ancelle che prenderanno il mio posto facciano bene il proprio dovere.
Auguro anche a te di capire cosa il tuo cuore desidera veramente, e di riuscire così a realizzare i sogni che ti sono rimasti. Sii forte anche per tua madre e i tuoi fratelli. Addio.
Shae’.
 
Anche dopo aver finito di leggere, Sansa continuava a fissare quelle parole, come se volesse scorgerne tutte le sfumature e i significati nascosti.
“Se n’è andata anche lei. Ultimamente sembra proprio che io sia destinata a stare da sola”.
Fin quando sarò in vita, non ti lascerò mai sola…fin quando sarò in vita, si ripromise Tyrion, ma preferì non esprimere quei pensieri ad alta voce per non destare ulteriori preoccupazioni, dato che, a quel punto, neanche lui poteva sapere per quanto ancora sarebbe rimasto in vita.
“Talvolta ho scambiato qualche parola con lei, ma non ho mai avuto modo di conoscerla per bene” finse lui. “Era una buona ancella?”.
“La migliore che abbia avuto” confermò Sansa. “Spesso mi è stata vicina quando mi sentivo persa per colpa…per colpa di Joffrey” indugiò per un attimo, sentendosi ancora fortemente inquieta nel nominare il re che tanto l’aveva fatta soffrire, “e qualche volta mi ha anche dato dei consigli utili”.
Il Folletto fu sul punto di chiederle di che tipo di consigli parlasse, ma qualcosa già sapeva e infondo non gli importava poi molto: ciò che contava davvero era che sua moglie avesse un buon ricordo di Shae.
“Eppure qualcosa non mi torna” riprese Sansa dopo un po'. “Sono abbastanza sicura che Shae non sapesse scrivere”.
“Potrebbe essersi rivolta a qualcuno che sa farlo per far mettere nero su bianco ciò che lei dettava” ipotizzò Tyrion.
Sansa continuava a non esser convinta, ma non avanzò altri dubbi.
Ciò che la ragazza non sapeva era che quella lettera era stata scritta dallo stesso Tyrion, per sfuggire alle domande che lei le avrebbe rivolto e a cui lui, stavolta, non avrebbe potuto rispondere.
“E su quel che c’è scritto cosa mi dici?” si limitò a chiedere il Lannister.
“Non mi aveva mai parlato di sua madre. Una volta mi disse che suo padre la trattava male, la costringeva a stare in cucina tutto il giorno e ha persino provato ad abusare di lei. È per questo che è fuggita a Westeros…ma di sua madre non ha mai detto niente. Forse pensava davvero che fosse morta…”.
Un’amara smorfia comparve sulle sue labbra: anche a lui aveva raccontato la stessa storia.
Evidentemente il rapporto tra lei e Sansa era più vero di quanto immaginassi.
“So cosa si prova ad avere un padre che ti umilia” disse il Folletto, sempre più cupo. “Se ha trovato il coraggio di mandarlo all’inferno e andarsene per la propria strada, deve essere davvero una donna forte”.
“Lo è”, confermò Sansa. “Ma ha fatto bene a tornare da sua madre. Potrebbe essere l’ultima occasione che ha per rivederla”.
Una minuscola lacrima scese lungo le gote bianchissime della rossa, che si affrettò a rimuoverla. Il ricordo di Catelyn era ancora vivido in lei.
Tyrion passò dalla rabbia alla desolazione fino alla pietà: pietà per la sua moglie ragazzina, rimasta con nulla in un’età in cui si dovrebbe aver tutto, e pietà per la donna che non aveva smesso neanche per un istante di amarlo e che lui aveva appena mandato via, talmente lontano che non l’avrebbe mai più rivista.
Tentò allora di divagare, per alleggerire l’atmosfera ed evitare a sua moglie il pensiero delle Nozze Rosse: “non sapevo aveste questo rapporto così stretto, tu e lei”.
“A lei ho rivelato molte cose, a differenza che alle altre ancelle, perché sentivo di potermi fidare. E lei non ha mai tradito la mia fiducia” raccontò Sansa. “Inoltre, ha sempre avuto un debole per te”.
Il Folletto credette di vederla sorridere, mentre a lui venne un nodo alla gola.
“Ah si? Beh…non so propria cosa possa aver visto di speciale in un nano”.
“Evidentemente per alcune persone non conta che tu sia un nano”.
Quella frase lo colse alla sprovvista.
Stai parlando di Shae…o di te?
“In ogni caso, devo ammettere che mi mancherà” concluse Sansa, mettendosi lentamente a sedere sul letto.
Dopo qualche istante, suo marito la raggiunse, stendendosi poco distante.

Anche a me…anche a me.

Salve a tutti!
Eccomi con un nuovo aggiornamento di questa storia che è il mio diletto e al contempo la mia rovina...
Un capitolo quasi interamente dedicato a Shae, lo avreste mai detto?
Ebbene, l’ex “grande amore” di Tyrion è un personaggio che alla maggior parte di voi (ho constatato) sta antipatico, ma che a me ha sempre incuriosito…d’altra parte vi avevo anticipato che presto per lei ci sarebbe stata una svolta, e se dovevo farla uscire di scena, dovevo farlo per bene!
Sarà un addio…o un arrivederci?
Detto ciò, qualunque recensione o commento sul capitolo, come sempre, è ben accetto.
Alla prossima!
P.S.: anche se con una settimana di ritardo…buon 2020!

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Capitolo 12
*** La verità recondita ***


Capitolo 12: La verità recondita
 
Approdo del Re poteva anche essere una città sfarzosa e in costante fermento, ma a Sansa sembrava che, col tempo, le sue giornate stessero diventando via via sempre più vuote.
Erano passati diversi giorni da quando ciò che restava della sua famiglia era stato fatto fuori nel più diabolico dei modi, Shae se n’era andata senza preavviso e persino suo marito Tyrion, dopo qualche piccolo segnale di avvicinamento, per colpa degli impegni aveva avuto pochissimo tempo per starle vicino.
È come se gli Dei volessero che io resti da sola.
Le era rimasta in pratica soltanto Margaery, la persona che le stava di fianco in quel preciso momento.
“Devo ammetterlo: in quanto futura regina non dovrei essere così…materialista” disse la Tyrell, accompagnando l’ultima parola con una delle sue classiche e soavi risatine, “ma non vedo l’ora di vedere i miei regali di nozze!”.
Sansa aveva già scordato tutto quello che l’amica aveva detto prima, ma quell’affermazione la ridestò, facendo vibrare di colpo il suo già fragilissimo cuore.
Cosa che ormai le capitava di continuo, quando si parlava di nozze.
 
Si voltò alla sua destra e vide Margaery sfoggiare un ampio sorriso mentre le cingeva il braccio, in attesa di una risposta.
Si sforzò con tutta se stessa di apparire lieta e appassionata, ma questa volta non ci riuscì.
Le sue labbra tremavano. Gli occhi pure.
“Va tutto bene, cara?” chiese infine Margaery, accortasi del suo malessere.
“Si, si…” finse inizialmente Sansa, “…è solo che…mi chiedevo quali regali avrà ricevuto mio fratello Robb per il suo matrimonio”.
A volte lo dimenticava (e, per come erano finite le cose, forse era meglio così), ma Robb era stato il primo nella lunga progenie Stark a sposarsi, e doveva senz’altro essere stato molto felice quel giorno; il destino aveva però deciso che quella donna, di cui Sansa non sapeva nulla, oltre che il suo più grande amore, sarebbe stata anche la sua condanna a morte.
Le iridi cerulee della ragazza si ricoprirono di un sottile strato di lacrime, cosa che fece sentire Margaery profondamente in imbarazzo.
“Sansa, io…ti chiedo scusa, non avrei dovuto parlare di matrimoni in tua presenza. Mi dispiace” sussurrò, carezzandole una spalla.
La Stark scosse il capo in segno di perdono: “nonostante fosse in corso una guerra, non ho mai realmente pensato alla possibilità di non rivederli più”.
La angosciava a dismisura scoprire che i castelli di certezze che gli uomini costruiscono nelle proprie menti, credendosi al sicuro da tutte le intemperie, sono in realtà fragilissimi e a rischio di crollo in qualunque momento: non pensi mai che possa succedere proprio a te, finché non succede proprio a te…
L’amica le fece troncare quella riflessione, mettendo da parte i modi prudenti e posandole un sincero bacio sulla guancia: “l’averti impedito di incontrarli un’ultima volta è stata certamente un’azione crudele, ma forse, sotto certi altri punti di vista, è stata anche la cosa migliore per te”.
Margaery sapeva sempre come stupirla, ma stavolta Sansa non riusciva proprio a trovare una valida motivazione a ciò che aveva appena sentito: “meglio?” ripeté allora, desiderosa di spiegazioni, con la voce ridotta a un filo in previsione della direzione che quel discorso stava imboccando e forse pure per il solito timore che qualcuno fosse in ascolto.
Questa città ha già saputo abbastanza delle disgrazie mie e della mia famiglia.
“Si” le confermò comunque Margaery. “Non fraintendermi: non dico che dovresti rallegrarti per…quel che è accaduto” abbozzò la Tyrell, non sapendo come citare l’evento senza risultare brusca. “Dico solo che poteva andarti persino peggio: ad esempio, saresti potuta arrivare alle Torri Gemelle con Brienne proprio mentre si consumava il massacro…se fosse andata così, il tuo cuore adesso sarebbe ancor più affranto, oppure avrebbero potuto uccidere anche te, e in quel caso un cuore non ce l’avresti più”.
Margaery ora la fissava, delicata e decisa allo stesso tempo, in attesa di una sua reazione. Ma Sansa era confusa, e per nulla sicura di come avrebbe dovuto reagire.
“Vi chiedo scusa, vostra grazia, ma temo di non capire…”.
La futura regina era inscalfibile nella sua espressione contemplativa, quindi la giovane Stark continuò ad ostentare la propria perplessità: “sapete meglio di me che non mi avrebbero mai permesso di lasciare la capitale, men che meno per raggiungere i miei familiari nelle Terre dei Fiumi…e inoltre, non conosco nessuna Brienne”.
Fu solo allora che Margaery constatò la possibilità di aver parlato troppo; si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, in un gesto automatico ma comunque accuratamente studiato, e farfugliò un “come, non te l’hanno detto?”, fingendosi sorpresa.
“Detto cosa?”.
Il danno era ormai fatto, così la Tyrell sputò il rospo.
 
“Tempo fa, insieme a Jaime Lannister, è giunta ad Approdo del Re anche Brienne di Tarth, una donna guerriera che conobbi quando ero sposata a Renly e che entrò a far parte della sua guardia. Giusto qualche giorno fa ho avuto modo di parlare con lei: a quanto pare, è stata tua madre a darle l’ordine di scortare ser Jaime fino alla capitale”.
A questo punto Margaery fece una breve pausa, anche per consentire a Sansa di metabolizzare una notizia così paradossale. Poi però riprese il racconto, convinta del fatto che la sua amica avesse il diritto di sapere com’erano andate realmente le cose.
“In cambio, però, lady Catelyn aveva fatto giurare a Brienne di riportarti sana e salva da lei e da tuo fratello”.
Sansa sentì il cuore stringersi, e pareva che anche respirare le fosse diventata un’impresa.
“Riportarmi da loro…” sussurrò, immaginandosi il momento in cui sarebbe stata avvolta dall’abbraccio amorevole di sua madre e da quello forte e protettivo di Robb. “Ma allora, se era coinvolto anche ser Jaime…perché vengo a sapere di questa promessa soltanto oggi?”.
Margaery deglutì, consapevole dello smacco che avrebbe provocato all’amica rivelandole il nome di colui che l’aveva tenuta all’oscuro di tutto.
“È stato lord Tyrion a far desistere Brienne dal suo intento, e ad ordinare che nessuno te ne parlasse”.
Quell’ultima frase fu come un dardo avvelenato che le si conficcò dritto nel petto, facendola crollare definitivamente.
“T-Tyrion…”. Sentì le palpebre farsi pesanti di lacrime che pensava di non avere più. “Tyrion sapeva…e non mi ha detto nulla…”.
Ripensò agli svariati elogi che suo marito aveva sempre elargito alla famiglia Stark, a quando si disse costernato per l’orrenda tragedia andata in scena nella dimora dei Frey, a quando le promise che avrebbe fatto tutto il possibile affinché Arya venisse salvata…a tutte le piccole cose che l’avevano spinta fino a quel momento a fidarsi di lui.
Tyrion…come hai potuto farmi questo?
Perché, Tyrion?
 
Alzò lo sguardo su Margaery, la quale riuscì a pronunciare solo un soffocato “mi dispiace”.
Sansa scosse leggermente la testa: non ce l’aveva con lei, neanche un po'. Almeno era stata onesta e, seppur in ritardo, le aveva detto la verità.
“Avrei potuto rivederli” ripeté, tirando col naso. Realizzare la fattibilità di una cosa che sognava da tempo faceva ancora più male. “Salutarli un’ultima volta, prima di dir loro addio”.
La Tyrell, inconscia della ruota di eventi che quella dichiarazione avrebbe scatenato sul destino di tutti, alla fine tacque e lasciò Sansa emotivamente da sola, a compiangersi e a cercare di capire se le bruciasse di più la privazione di un’occasione irripetibile o il colpo basso di una persona di cui voleva veramente potersi fidare.
Se non altro, per la prima volta dopo molto tempo fu assolutamente risoluta nel decidere cosa avrebbe fatto.
Devo parlare con Tyrion.

 

 
Da principio Tyrion non notò niente di diverso nell’atteggiamento di Sansa e anzi credette che la loro cena di quella sera fosse esattamente uguale a tutte le altre. Non c’era da biasimarlo: i due coniugi continuavano a dialogare poco, e certamente non poteva in nessun modo immaginare quel che Sansa aveva udito in mattinata, né le conseguenze che ciò avrebbe avuto sul loro già non facile rapporto.
“Com’è stata la tua giornata, Sansa?”, chiese quindi mentre masticava del pane con burro.
Solo dopo aver visto il volto corrucciato di lei si accorse che, effettivamente, l’atmosfera fra lui e sua moglie era particolarmente tesa.
“Direi ricca di sorprese”, rispose la giovane con acidità.
“Oh…sorprese belle o brutte?” domandò allora, sfoggiando un affabile sorriso. In realtà era chiaro che non fosse nulla di piacevole.
“Brutte” affermò Sansa dopo qualche secondo d’esitazione, come se stesse studiando la maniera più dignitosa per dire quanto aveva da dire. “Molto brutte, oserei. Ormai dovrei aver imparato a non riporre la mia fiducia in nessuna delle persone che si aggirano per la Fortezza Rossa, eppure continuo a commettere lo stesso errore”.
Tyrion sentì la sua voce smorzarsi di colpo, e vide i suoi occhi farsi leggermente lucidi.
Per gli Dei, cos’altro è accaduto adesso?
 
Inizialmente temette che Sansa potesse aver scoperto che la partenza di Shae fosse stata architettata da lui, o peggio ancora che Shae fosse stata a lungo la sua amante, anche dopo il matrimonio. Nel dubbio avrebbe voluto prendersi a schiaffi da solo, per essere uno stupido nano a cui piace il rischio e che gioca sempre col fuoco.
Non essendoci altre scorciatoie, dovette recitare la parte del finto tonto: “non capisco, Sansa. C’è qualcuno di cui ti fidavi e che si è comportato male con te?”.
Idiota, è evidente che ce l’abbia con te.
“Si” disse infatti lei, mentre le prime lacrime cominciavano a strisciarle sulle guance e a salarle le labbra. “E fa ancora più male, perché è qualcuno che tante, troppe volte aveva giurato a sua moglie che potesse fidarsi di lui”.
Ecco…per l’appunto.
Il Folletto farfugliò qualcosa, perdendosi in suoni incomprensibili, e prima che riuscisse a mettere insieme delle parole sensate venne fulminato dalla sua interlocutrice.
“C’è una certa Brienne che voleva portarmi con sé nelle Terre dei Fiumi, per permettermi di ricongiungermi con mia madre e mio fratello. Perché glie lo hai impedito? E per favore, se mai hai provato un briciolo di affetto nei miei confronti, questa volta dimmi la verità”.
Il tono di Sansa era ridotto a un sibilo, ma ciò non significava che la sua rabbia stesse sfumando: pareva anzi una lupa che ringhia sommessamente nell’attesa del momento giusto per azzannarlo.
Dunque è di questo che si tratta.
La prima cosa che fece Tyrion fu cercare di capire chi potesse averglielo detto.
Brienne non può essere stata: Jaime ha garantito per il suo onore e comunque è la persona meno subdola che abbia camminato per Approdo del Re da molto tempo a questa parte. Cersei? No, il nostro incontro le è rimasto ignoto, di questo sono certo. Anche Joffrey ne era all’oscuro e, conoscendolo, se lo avesse saputo avrebbe umiliato Sansa davanti a tutta la corte, anziché in privato.
Mi sembra che manchi qualche pezzo…chi può essere stato?
Il Lannister, ovviamente, ignorava il fatto che Margaery e Brienne avessero già avuto modo di conoscersi al campo del defunto Renly, quindi passò dritto a quelle che dovevano essere delle scuse.
“Ebbene, sarò sincero e non negherò che quanto dici è vero. Spero solo che vorrai ascoltarmi, poiché avevo le mie motivazioni” disse, picchiettando nervosamente le mani sul tavolo e tenendo lo sguardo basso. “So che è difficile elaborare un tale lutto e so anche quanto tenevi alla tua famiglia, ma se ho vietato a Brienne di accompagnarti da loro è proprio per l’affetto a cui tu stessa hai accennato. Quelle terre, specialmente in questi tempi di guerra, sono un luogo troppo pericoloso: andandoci, avresti rischiato di farti ammazzare prima ancora di giungere alle Torri Gemelle”.
“Può darsi, o può darsi di no” esclamò Sansa, avvicinandosi allo schienale della sedia in un gesto che sembrava di repulsione e cercando di trattenersi dal piangere per apparire il più austera possibile. “Tu conosci ser Loras, il fratello di lady Margaery: è reputato da tutti uno dei più forti e valorosi cavalieri dei Sette Regni, eppure è stato sconfitto in duello da Brienne. Se questa donna è riuscita a prevalere sul famoso Cavaliere dei Fiori, cosa ti fa pensare che non sarebbe riuscita a scortarmi fino al Guado?”.
“Sansa, per quanto formidabile possa essere Loras Tyrell, vincere un duello non è come sopravvivere ad una battaglia” spiegò Tyrion, mentre la Stark ascoltava a braccia conserte. “Le guerre non si combattono mai per singolar tenzone, sareste state voi due da sole contro chissà quanti uomini che vi attaccavano da ogni direzione”.
“Magari non saremmo state sole”.
“Andiamo, Sansa. Chi credi che sarebbe venuto con voi?”. Il Folletto non intendeva schernirla, ma ormai il confronto aveva assunto i contorni di una discussione in cui era impossibile non risultare duri. “Se escludiamo me e Jaime, chiunque altro in tutta la capitale avesse saputo del piano lo avrebbe riferito a Cersei, e tanto sarebbe bastato per far rinchiudere te in una gabbia e per far cacciare Brienne da Approdo del Re, e neanche in modo gentile”.
“Io non li rivedrò mai più, Tyrion! Ed è anche colpa tua!”.
Si bloccò, trattenendo il fiato. Non l’aveva mai vista così furiosa, né l’aveva mai sentita alzare tanto la voce.
“Hai almeno una minima idea di quanto tempo è passato dall’ultimo giorno che ho visto un membro della mia famiglia? Sono trascorsi mesi e mesi da quando mio padre fu decapitato, e nello stesso giorno scomparve anche Arya. Mia madre e i miei fratelli erano a miglia e miglia di distanza, e ora non ci sono più. Ho pregato ogni giorno, con ogni parte di me stessa, affinché avessi un giorno la possibilità di riabbracciarli, di tornare a stare con le persone che amo, malgrado tutti i rischi che ciò avrebbe comportato”. Inspirò energicamente, come se stesse per esplodere; aveva il viso gonfio e arrossato. “E tu, proprio tu, mi hai portato via questa possibilità. Proprio quando stavo iniziando a fidarmi di te!”.
 
Tyrion vide nelle pupille di sua moglie il riflesso di se stesso, ma era deforme, grottesco e reso ancor più inquietante dalle cicatrici.
Un mostro, ecco cosa vide, e si domandò se non lo fosse davvero.
Com’è possibile che ogni volta che provo a metterti a tuo agio e a fare un passo in avanti verso di te, finisco col rovinare tutto e farti stare ancora peggio?
Questo pensiero lo frustrava a dismisura.
Tanto valeva vuotare completamente il sacco.
“Ho sopportato il tuo sfogo, Sansa, e sopporterò anche quelli a venire; non posso scusarmi per i crimini della mia casata nei confronti della tua, non sarebbe giusto, ma ora ammetto di aver peccato personalmente d’egoismo e di questo si, che domando perdono”. Si passò una mano fra i riccioli sudati, schiarendosi la voce, e proseguì: “il motivo principale per cui ti ho trattenuta qui è la tua incolumità, che per me ha la priorità assoluta anche ora che è tornato mio fratello; tuttavia non nego che subito dopo è subentrato dentro di me anche un motivo secondario: sapevo che se fossi stata messa al corrente della cosa saresti partita immediatamente, senza nemmeno rifletterci”. Non se ne accorse, ma anche lui aveva la voce provata dalle emozioni. “E lo avrei capito, ma vedi…io non volevo che tu partissi. Io volevo che tu restassi qui, accanto a me”.
Io ho bisogno di averti accanto, avrebbe voluto aggiungere, ma questo non ebbe il coraggio di pronunciarlo.
Solo allora Sansa tacque, colta alla sprovvista da quella confessione. Tyrion non sapeva se si fosse calmata (ne dubitava fortemente), ma gli bastava aver messo ogni pezzo al suo posto dopo l’esplosione di collera che lo aveva travolto: le aveva detto tutta la verità, anche la parte più recondita di essa.
Restarono a lungo uno di fronte all’altra a fissarsi, ma sentendosi tremendamente soli.

Ciao a tutti!
Anche stavolta è passata un’eternità dall’ultima volta che ho aggiornato questa storia.
Gli ultimi mesi sono stati particolari, e per quanto il tempo libero abbia abbondato ci siamo anche ritrovati, inevitabilmente, a riflettere su quelli che sono gli aspetti più semplici ma allo stesso tempo più importanti delle nostre vite.
Spero che quella luce in fondo al tunnel che si intravede da qualche giorno si faccia via via sempre più vicina.
Quanto al capitolo, ho deciso di inserirvi “solo” due paragrafi (comunque abbastanza lunghi) invece dei consueti tre, un po' per mancanza di fantasia (meglio essere onesti!), un po' per capire se c’è ancora qualcuno a cui interessano le vicende del mio Tyrion e della mia Sansa.
Non mi resta che salutarvi e ringraziare chi, nonostante la mia frequenza di scrittura sia pessima, continua a leggere e recensire la mia FF.
Alla prossima!

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Capitolo 13
*** Tieni viva la memoria ***


Capitolo 13: Tieni viva la memoria
 
Certo, non era affatto facile essere ottimisti in tempi aspri come quelli, ma Tyrion si rifiutava comunque di credere che ci fosse un senso logico dietro al modo in cui la sua vita stava inesorabilmente precipitando, senza mai dargli un attimo di tregua.
Iniziò tutto da quel maldestro tentativo di Joffrey di stuprare Sansa nel sonno; tentativo prontamente mandato all’aria da suo padre Tywin, il quale però altrettanto prontamente gli aveva rammentato l’oppressante dovere di consumare il matrimonio. In seguito venne la scoperta, da parte di quella vipera di sua sorella Cersei, della sua relazione segreta con Shae, con conseguente partenza di quest’ultima e con tutta la sofferenza che quell’addio aveva provocato sia a lui che a lei. Infine un’altra scoperta, questa volta da parte di sua moglie, di un’azione oggettivamente egoista che aveva compiuto e che lo faceva ora apparire ai suoi occhi, non più solo nel corpo ma anche nell’animo, come un mostro, uno dei tanti di quella crudele città.
E come se tutto ciò non bastasse, era appena giunto nella capitale un ospite, se possibile, ancor meno desiderato di Oberyn Martell (che per il momento se ne stava tranquillo a covare il proprio desiderio di vendetta). Sempre che si possa chiamare ospite una presenza piuttosto abituale della Fortezza Rossa, che si era solo allontanata per qualche tempo.
 
Il Folletto era in piedi davanti alla finestra a scrutare l’orizzonte soleggiato, visibile anche attraverso le tende, quando qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” si limitò a dire, perfettamente consapevole del volto che avrebbe fatto capolino dall’entrata.
“Noto con un certo piacere che questa stanza è rimasta identica a come l’avevo lasciata” esordì una voce chiara e sagace, ma anche affilata. “Significa forse che apprezzi i miei gusti?”.
“Non per fare un torto ai tuoi gusti, ma significa che sono stato molto impegnato negli ultimi mesi e di conseguenza mi sono limitato a svolgere il mio lavoro, lord Baelish”.
Ditocorto lo scrutò con un enigmatico sorriso sotto i baffi, che tuttavia non esprimeva nessun divertimento.
Non si divertiva mai: era sempre concentrato sul prossimo scalino della sua misteriosa scalata.
“Anch’io sono contento di rivederti, mio lord…ma dimmi: come hai trovato il mestiere di maestro del conio? Hai avuto problemi?”.
“L’ho trovato sinceramente più impegnativo del previsto” confessò Tyrion. “Quanto ai problemi, non ne ho avuti molti ma sono certo che presto ne avremo di belli grossi. Le famiglie del re e della futura regina non hanno temuto esagerazioni nell’organizzare le nozze reali”.
“Tipico dei Lannister e dei Tyrell” commentò Petyr, sbuffando impercettibilmente. “Le innumerevoli ricchezze sono la più grande delle vostre forze e al contempo la più strana delle vostre debolezze”.
Ma scoprire le debolezze altrui è il tuo passatempo preferito, non è vero?
“Bene, non credo ci sia molto altro da riferirti” chiosò Tyrion. “Piuttosto, raccontami tu dove sei stato in queste ultime settimane”.
L’altro rispose gesticolando e roteando una mano: “un po' qui, un po' là…ho rivisto diversi angoli della Valle, un luogo che mi riporta alla mente tanti piacevoli ricordi di gioventù. Oh, e ho avvisato personalmente la cara Lysa Tully del fatto che presto ci sposeremo”.
Che donna fortunata, pensò, conscio del fatto che l’unica persona in tutti i Sette Regni che avrebbe potuto accettare di buon grado un’unione con Baelish era proprio Lysa, la cui sanità mentale barcollava ormai da lungo tempo.
“Immagino la gioia che una tale notizia abbia suscitato nell’animo della vedova di Jon Arryn. Avete già scelto una data?”.
“Ufficialmente no, ma credo che l’ideale sarebbe qualche settimana o tutt’al più un mesetto dopo le nozze del re” spiegò Ditocorto, visibilmente compiaciuto. “Sarà un giorno memorabile, quello, ed è giusto che per il momento tutte le attenzioni siano rivolte all’evento più importante”.
“Concordo” annuì Tyrion.
“A tal proposito…” proseguì Petyr incrociando le mani sotto al mento, mentre sulle sue labbra andava a dipingersi il ghigno che sempre assumeva quando si preparava ad una provocazione, “…speravo davvero che potessi darmi qualche consiglio sull’ottenimento di una felice vita coniugale: ho saputo che, mentre ero assente, hai sposato Sansa Stark. Che cara ragazza!”.
Tieni Sansa lontana dai tuoi infami giochetti di potere, avrebbe voluto ringhiargli in faccia mentre con la mente tornava ai giorni in cui sia Shae che Varys lo misero in guardia dalle strane attenzioni che sempre Ditocorto rivolgeva a sua moglie.
“So che ti è molto cara”. Talmente cara da rischiare di farla stuprare da tre bestie d’uomini pur di fare un torto a me. “E so anche che la tua benevolenza nei suoi confronti, che per quanto ne so è ricambiata, si deve alla sua somiglianza con Catelyn Stark”.
Nell’udire quel nome, Baelish deglutì e un baluginio di collera attraversò il suo volto.
“Come ho detto poc’anzi, ho un ottimo ricordo dei luoghi della mia infanzia e lo stesso vale anche per le persone”. Il suo sguardo rimase sospeso nel vuoto di anni ormai lontani. “Il mio affetto per Catelyn è sempre stato grande, forse più grande del dovuto”, ammise. Poi, come se fosse tornato al presente, rialzò nuovamente gli occhi su Tyrion: “immagino che assassinare lei e quel poco di famiglia che le era rimasto fosse…un male necessario”.
La conversazione stava deviando, ma il Folletto s’era messo in testa di studiare (e in un certo senso sfidare) il suo interlocutore; così, dopo una breve pausa, rispose: “quel che è accaduto nella dimora dei Frey è solo l’ennesima dimostrazione che non tutti vogliono a Sansa il bene che le vuoi tu: popolani, nobili, perfino il re in persona…sono in tanti ad aver provato ad attaccarla, in un modo o nell’altro. Purtroppo per loro, pur essendo un nano so come far rispettare me e le persone a cui tengo”.
Sto davvero marcando il territorio per Sansa?
Poteva quasi sentire gli ingranaggi del cervello di Ditocorto muoversi per consentirgli di decifrare tutte le implicazioni del suo discorso.
“Come si confà ad un bravo marito” commentò infine Petyr, sorridendo. “Sansa può ritenersi fortunata e, se vorrai consentirmelo, ti aiuterò come possibile a proteggerla dalle offese future, amico mio”.
Un brivido percorse per intero la schiena di Tyrion: ovunque si voltasse, vedeva dei nemici.

 

 
Sansa sedeva su una panchina, in silenziosa attesa di qualcuno.
Davanti a lei, un gruppetto di fiori azzurri le fece tornare in mente il Nord, il suo amato Nord, dove ogni persona era leale e si poteva ancora vivere in modo spensierato, senza dover riflettere sulle conseguenze di ogni azione.
Si ricordò di quel giorno in cui Robb e Bran la accompagnarono nel bosco: il primo si dedicò alla caccia mentre il secondo, come sempre, si arrampicava da un albero all’altro; lei invece si mise appunto a raccogliere dei fiori da regalare a sua madre, che però vennero accidentalmente calpestati da Arya, intenta a saltellare da una parte all’altra del cortile di Grande Inverno: la cosa fece infuriare lei ma divertire gli altri.
Malgrado tutto, le scappò un sorriso.
 
Improvvisamente si accorse di un’imponente presenza alla sua sinistra: si voltò e vide una donna bionda altissima, goffa e composta allo stesso tempo, che la guardava con aria amorevole.
“Tu devi essere Brienne” disse, continuando ad analizzarne l’aspetto.
“È giusto, mia lady” rispose l’altra, chinando la testa in segno di riverenza. “Sono onorata di fare la tua conoscenza. Volevi vedermi?”.
Sansa annuì: “ho saputo da lady Margaery che sei venuta ad Approdo del Re per accompagnare Jaime Lannister e che in cambio avresti dovuto riportarmi da mia madre”.
Brienne schiuse le labbra e mutò espressione, sentendosi colta in fallo ed impreparata ad affrontare una discussione in cui venisse messo in dubbio il suo onore, così la Stark si affrettò a precisare che non ce l’aveva con lei: “tranquilla, non ti biasimo, lady Brienne: non avevi altra scelta e già troppe volte sei stata invischiata in missioni che non ti riguardassero in maniera diretta”.
La donna di Tarth tirò un eloquente sospiro di sollievo: “ti ringrazio per la comprensione, lady Sansa. Ebbene, ciò che hai saputo è vero: ti avrei condotta personalmente al Guado, se non ci fosse stato un matrimonio a vincolarti qui”.
“Sono altri fattori che mi vincolano qui, ben più potenti di un semplice matrimonio” sussurrò Sansa, più a sé stessa che a Brienne.
“Se conosci già tutti i dettagli, perché mi hai fatta venire?”.
“Perché tu hai assistito agli ultimi giorni di mia madre e di mio fratello, e vorrei che mi parlassi un po' di loro”.
 
Soltanto allora Brienne pensò all’indicibile dolore che il lutto doveva aver causato a quella povera ragazza, e sentì gli occhi pizzicarle.
Rinunciò per un attimo alla sua solita rigidità e si chinò a stringere le mani di Sansa fra le sue: “permettimi innanzitutto di farti le mie condoglianza per la tua perdita” le disse; quindi, vedendola abbassare lo sguardo, raccontò: “ho conosciuto lady Catelyn quando entrai a far parte della guardia di Renly Baratheon: all’inizio la guardai con ostilità, non sapendo quali fossero i suoi rapporti con il re che avevo scelto di seguire, ma scoprii abbastanza in fretta che si trattava invece di una donna straordinaria”.
Quell’aggettivo rese il cuore di Sansa più stretto, ma anche più caldo.
“Quando Renly fu ucciso, tua madre fu la prima a garantire per la mia innocenza e mi accolse al suo servizio, restituendomi una causa per cui continuare a vivere e combattere. Le sarò grata per sempre” proseguì, anch’essa piuttosto provata. “Fu proprio lei ad ordinarmi di riportare ser Jaime nella capitale, perché sapeva di non poter contare sulla magnanimità di suo figlio e dei suoi alfieri e perché il desiderio di riaverti con sé la divorava ogni giorno di più: sperava in questo modo di convincere Tywin Lannister a risparmiare almeno te dagli orrori della guerra, ma naturalmente il peggio doveva ancora venire”.
Infine, dopo una piccola pausa, passò a parlare di Robb: “quanto a tuo fratello, non ho avuto modo di conoscerlo a fondo ma sembrava un uomo giusto, giovane ma già saggio e intelligente, oltre che coraggioso nel condurre il proprio esercito in battaglia; inoltre sono sicura che non avrebbe mai liberato Jaime di sua iniziativa, essendo decisamente più ferreo di tua madre nelle proprie decisioni. Probabilmente sarebbe stato un ottimo re per i Sette Regni”.
Quando finì, si accorse che lacrime discrete ma inesorabili avevano iniziato a cadere dagli occhi di Sansa. Non aveva neanche accennato ai pochi giorni tranquilli trascorsi a Delta delle Acque in compagnia dei suoi familiari Tully, né alla breve ma intensa storia d’amore di Robb, eppure quel che aveva detto era stato sufficiente a commuoverla.
Immediatamente provò per la ragazza un’istintiva pietà ed una cieca devozione che solo Renly e Catelyn erano riusciti a suscitarle in precedenza: vedeva in lei il riflesso delle cattiverie e degli scherni che essa stessa aveva dovuto sopportare in gioventù, sebbene i motivi fossero completamente diversi.
Con la schiena dritta e la testa alta, le indirizzò allora il poco conforto che ancora poteva darle: “tua madre mi parlava molto di te, Sansa. E ora che ti ho conosciuta, posso dire con certezza che sei esattamente come lei e Robb avrebbero voluto che fossi. Continua ad essere forte e a tenere viva dentro di te la loro memoria”. Dopo di che iniziò ad allontanarsi, incamminandosi verso i propri doveri.
“Brienne!” la richiamò però Sansa, che nel frattempo aveva asciugato il pianto con un fazzoletto.
L’altra si voltò, ripristinando quel contatto visivo che tanto bene aveva fatto all’anima spezzata della ragazza dai capelli rossi.
“Grazie” aggiunse semplicemente, e avrebbe voluto urlarlo alla città intera per avvisare tutti che forse c’era ancora qualcuno dalla sua parte.
La Vergine di Tarth sorrise, e lo stesso fece anche Sansa.

 

 
Era ancora nei giardini a riflettere sulle parole di Brienne quando un’altra voce in avvicinamento alle sue spalle la fece sussultare.
“Brienne di Tarth è proprio come me l’hanno descritta quando mi recai a Ponte Amaro. Sarà cambiato il destinatario della sua lealtà, certo, ma lei è rimasta una combattente scolpita nella roccia”.
Sansa si girò lentamente, ancora indecisa se interpretare quell’incontro con sollievo o diffidenza.
“Lord Baelish…sei tornato”.
“Soltanto da qualche ora, ma non potevo esimermi dal venirti a salutare” rispose gagliardo Petyr, accarezzandole una guancia col dorso della mano. “Come immaginavo, diventi ogni giorno più bella, Sansa”.
Il contatto e il complimento la fecero rabbrividire, ma cercò di mantenersi disinvolta.
“Sei stato via più a lungo di quanto credessi”.
“E più a lungo di quanto avessi pianificato” si giustificò lui. “Sono stato parecchio indaffarato, c’erano diverse pratiche di cui occuparsi. Ma ho saputo che alla Fortezza Rossa non siete stati da meno: ne sono accadute di cose, in mia assenza…”.
“Già” esclamò Sansa, lasciandosi andare sulla panchina. “Avrai saputo che ora sono una donna sposata”.
“E orfana” soggiunse Ditocorto, sedendosi accanto a lei. Fu come ricevere un pugno nello stomaco.
L’uomo le prese una mano, esattamente come aveva fatto Brienne, ma c’era qualcosa di differente nel modo in cui lo fece: qualcosa di più meschino…e più lungimirante.
“Tu sei l’unica che può comprendere davvero quanto amassi Catelyn, e quanto sia stato straziante apprendere che avesse lasciato questo mondo. Allo stesso modo, spero che tu abbia compreso anche che la mia volontà d’esserti amico è assolutamente sincera”.
Era stanca di ascoltare frasi di cordoglio (talvolta spudoratamente false) da ogni singolo individuo della capitale; tuttavia non poteva negare che quelle di Petyr avessero, in qualche modo, colto nel segno.
“Ne sono consapevole e ti ringrazio” rispose cortesemente, pur non essendone pienamente convinta.
“Ciò nonostante…” riprese Baelish, lasciandole la mano ma avvicinando sinistramente il proprio volto al suo, come un animale che punta a intimorire la preda prima di attaccarla, “…mi vedo costretto a farti un ammonimento: prima che la mia nave salpasse, ti invitai a venire con me. Forse non avrei evitato il massacro degli Stark, ma t’avrei sicuramente risparmiato molte altre violenze fisiche e psicologiche”.
La giovane lo guardò più a fondo, credendo di scorgere nelle sue pupille scure le immagini di un viaggio assieme a lui che l’avrebbe resa non più allegra, non più serena, ma di certo più libera.
Ditocorto reagì alzando entrambe le braccia: “hai fatto una scelta, e non sarò io a giudicarti per quella. Spero solo che d’ora in avanti ti aiuti a distinguere più chiaramente chi sono i tuoi veri alleati qui ad Approdo del Re…dato che ne hai pochi. Meno di quanto immagini, a dir la verità”.
Sansa si sentiva sempre più irrequieta. Non si starà mica riferendo a Tyrion?
Petyr si congedò con un ghigno appena accennato sotto i baffi, mentre un misto di rimpianti e timori si impossessò di lei.

Care lettrici, cari lettori, finalmente sono riuscito a ridurre (almeno un po'!) i tempi di pubblicazione fra un capitolo e l’altro 😂
Questo qui è lunghetto, me ne rendo conto, ma contiene dialoghi secondo me molto importanti (e spero ben scritti) e inoltre fa entrare in scena Petyr Baelish, un personaggio cardine per la mia storia.
Ringrazio quindi chiunque abbia avuto la pazienza di leggere fino alla fine, e chiunque vorrà lasciarmi una recensione col proprio parere.
Appuntamento al prossimo capitolo, che sarà assolutamente fondamentale.
Alla prossima! 👋

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Capitolo 14
*** In pochi istanti ***


Capitolo 14: In pochi istanti


 
E alla fine arrivò il giorno più atteso da tutti: il matrimonio del sovrano dei Sette Regni con quella che, di lì a poche ore, sarebbe diventata a tutti gli effetti la sua regina.
Le celebrazioni iniziarono dal primo mattino, quando Joffrey e Margaery approfittarono della colazione in compagnia degli invitati per ricevere i loro regali di nozze. Per primi arrivarono quelli dei nobili di rango minore, ma i più magnifici erano senz’altro quelli dei familiari dei due futuri coniugi.
“Questa coppa d’oro è il mio dono per voi” affermò giocondo lord Mace Tyrell, il padre di Margaery, stringendo fra le mani l’enorme contenitore. “Vi sono incisi gli emblemi delle più grandi casate dei Sette Regni, che oggi festeggiano l’unione di re Joffrey con la lady mia figlia: un immenso onore per me e per l’intera casa Tyrell. Spero che possa divenire il simbolo d’un regno prospero e felice”.
“Ti ringrazio, lord Mace: è un regalo stupendo” rispose Joffrey con un sorriso di circostanza.
Dopo che il lord dell’Altopiano si fu congedato con un inchino, avanzò Tywin Lannister che prese un lungo oggetto avvolto in un panno dalle mani di un servo.
“Un grande re deve brandire una grande spada” disse solennemente, scostando il panno e svelandone il contenuto: un’eccezionale spada in acciaio di Valyria.
Joffrey si alzò di colpo, spalancando la bocca per la sorpresa; facendo il giro del tavolo, si diresse poi verso suo nonno, traboccante d’entusiasmo.
“Che lama incredibile!”, esclamò sguainandola dal fodero. Il metallo scintillò alla luce del sole.
“Vostra grazia, vi prego di fare molta attenzione: è molto affilata” lo ammonì il vecchio Pycelle, seduto poco distante.
“Una spada così bella merita un nome all’altezza!” continuò il giovane re, ignorando l’avviso del gran maestro. “Come dovrei chiamarla?” chiese quindi indistintamente ai suoi sudditi.
Molti dei presenti suggerirono dei titoli, alcuni banali, altri effettivamente notevoli. Uno in particolare catturò l’attenzione di Joffrey.
“Lamento di Vedova! Mi piace!”. Un lampo crudele attraversò il suo sguardo mentre si avvicinava a Sansa gonfio d’orgoglio. “Ogni volta che la userò, sarà come tagliare di nuovo la testa a Ned Stark!”.
Tutti gli occhi furono sulla ragazza, ma solo Tyrion si accorse del piccolo sussulto che scosse il suo petto quando sentì nominare il suo defunto padre. Escluso quello, però, non disse una parola e non versò una lacrima.
Pareva un guscio svuotato.
 
Successivamente, si fece avanti proprio Tyrion mentre Podrick posò sul tavolo, davanti a Joffrey, un grosso libro dalla copertina marrone.
“Questo, vostra grazia, è ‘Vite dei quattro re’, in cui si raccontano gli anni di regno di alcuni fra i più importanti sovrani di Westeros” spiegò il Folletto. “Un libro che, a parer mio, ogni grande re dovrebbe leggere”.
Il ragazzo fece una smorfia e tutti presagivano il peggio, ma stranamente subito dopo il suo viso si addolcì.
“Ora che la guerra è finita e si avvicinano giorni di pace, dovremmo tutti diventare delle persone più sagge” commentò. “Sono certo che ci sia molto da imparare da questo libro, dunque ti ringrazio per il dono, zio”.
Tyrion cercò di capire dove si nascondesse l’ironia, e rimase dunque basito nell’apprendere che i ringraziamenti del nipote erano sinceri.
Non sapendo come interpretare quel bizzarro cambio d’atteggiamento, si limitò ad annuire e a tornare al suo posto.
 
“Molto bene!” esclamò Joffrey al termine della colazione. “Prima di spostarci tutti nel Grande Tempio di Baelor, dove finalmente lady Margaery diventerà mia moglie, vorrei dare un’altra occhiata alla mia nuova spada. Dov’è Lamento di Vedova?”.
Immediatamente un servo si avvicinò e passò l’arma al re, che la sfoderò maneggiandola in maniera grossolana ma esaltata.
Inizialmente sembrava che volesse solo farla vorticare in aria, ma all’improvviso assestò un paio di fendenti sul tavolo che distrussero completamente il libro che gli era appena stato donato.
Dalla folla di invitati si sollevarono quasi all’unisono dei sospiri spaventati, subitanea conseguenza dell’ennesimo accesso d’ira del ragazzo, mentre Tyrion restò a bocca aperta.
“Che peccato, zio!” disse Joffrey, rivolgendosi proprio a lui con il solito insopportabile ghigno. “Il tuo regalo è rovinato! Temo che dovrai trovarmene un altro”.
Il nano serrò i pugni talmente forte da credere che le sue mani si sarebbero frantumate. Se in gioco non ci fosse stata la sua vita, sarebbe andato volentieri a schiaffeggiarlo fino a spaccargli la faccia, umiliandolo davanti alla sua ridicola corte al completo.
Poggiò le braccia sul tavolo per darsi la spinta necessaria a scendere dalla sedia: potevano impedirgli di aggredirlo fisicamente, ma non di strigliarlo a dovere.
Fu però trattenuto da una mano, delicata e decisa allo stesso tempo, che era quella che più di tutte avrebbe meritato il diritto di picchiare Joffrey e proprio per questo l’ultima che Tyrion si sarebbe aspettato di dover eludere: quella di Sansa.
Guardò sua moglie, che ondeggiò leggermente il capo da destra a sinistra pregandolo di non fare avventatezze. Non aveva la faccia di chi voleva proteggere il re, ma quella di chi voleva evitare altre catastrofi.
“Non pensarci. Ignoralo e basta. Tanto con lui ogni causa è persa”.
Era ancora accecato dalla rabbia, ma riuscì comunque a constatare che aveva ragione lei: anche nel giorno del suo matrimonio, Joffrey desiderava solo un pretesto per infliggergli la più dura delle punizioni, e sarebbe stato immensamente stupido darglielo di persona.
Pur non rispondendo a Sansa, la assecondò: rilassò la schiena sulla sedia e desistette dai suoi intenti.
Sarebbe stata una giornata lunga, e chissà quali e quante altre cose sarebbero successe.

 

 
Il banchetto nuziale fu qualcosa di mai visto prima. La quantità di cibo sarebbe probabilmente stata sufficiente a sfamare tutta Westeros e forse persino il continente al di là del mare; invece era tutto destinato ad una cerchia, sebbene piuttosto consistente, di nobili che indossavano abiti pomposi e scintillanti e si mascheravano di buone maniere talvolta eccessive e nauseabonde.
Gli innumerevoli servi continuavano a porgere pietanze tradizionali o esotiche davanti a Sansa, ma lei non faceva altro che piluccare un paio di morsi per poi lasciare il piatto pressoché intatto e concentrarsi nuovamente su suo marito, che sedeva alla sua destra.
Anche Tyrion, d’altro canto, mangiò molto meno di quanto avrebbe potuto e preferì sorseggiare inesorabilmente il suo amato vino, sperando che lo aiutasse a tenere i nervi saldi. In più, osservava seccato l’interminabile sfilza di giocolieri, buffoni, musicisti e saltimbanchi che si esibivano senza tregua, impazienti di riscuotere il loro futile e fugace momento di gloria; al contrario il piccolo Tommen accanto a lui si stava divertendo come un bambino che esplora il mondo per la prima volta.
“Qualcosa non va, Tyrion?” domandò Sansa, chinandosi in sua direzione. Stentava a credere che il Folletto, che tante ingiustizie aveva dovuto subire in quegli ultimi mesi, se la fosse presa tanto per un libro fatto a pezzi.
“No, è tutto a posto” la tranquillizzò infatti lui. “Spero solo che la festa finisca con leggero anticipo: la testa inizia già a dolermi e preferirei ritirarmi nelle nostre stanze per riposare un po'”.
In quell’attimo, come se lo avesse sentito e volesse fargli un dispetto, Joffrey annunciò: “ed ora, che inizi lo spettacolo principale!”.
Le falde del tendone allestito innanzi ai tavoli si aprirono e ne fuoriuscirono una decina di attori, tutti nani. Indossavano costumi e armature recanti gli stemmi delle più rinomate famiglie dei Sette Regni.
I minuti seguenti furono imbarazzanti oltre ogni misura, un vero e proprio scempio: i nani misero in scena una parodia della Guerra dei Cinque Re, che dipingeva qualsiasi rivale dell’attuale monarca come un individuo volgare e grottesco e che faceva goliardia su episodi controversi come le brutali uccisioni di Robb Stark e di Renly Baratheon (sulle quali, tuttavia, neanche i Tyrell si permisero di dissentire). Provò un misto di compassione e ribrezzo per quegli attori, vittime come lui di un destino turpe e beffardo, eppure quasi lieti dell’essersi ridicolizzati per il diletto di uomini e donne ben più disgustosi di loro.
Si voltò poi verso Sansa, e vide che anche lei condivideva la sua amarezza: “ripensandoci, gradirei anch’io tornare alla Fortezza, in un luogo meno caotico”.
“Prometto che non ti tratterrò qui un secondo in più del necessario”, borbottò in risposta.
Fu allora che Olenna Tyrell venne a sedersi di fianco a Sansa.
“Bambina mia, purtroppo non ho avuto la possibilità di fartelo sapere prima, ma sono sinceramente addolorata per le tue perdite” esordì l’anziana lady, percorrendo con le dita rugose la collana d’oro regalatale da Tyrion. “Senza intristire oltre il tuo dolce animo, voglio dirti che il futuro ha in serbo per te giorni più felici o almeno più giusti, ne sono certa”.
“Vi ringrazio, lady Olenna” rispose educatamente Sansa, mentre la Regina di Spine si rialzava rivolgendole un ghigno enigmatico; Tyrion invece le fece cenno con la mano di seguirlo, intenzionato com’era a congedarsi da quell’insulsa situazione.
Sfortunatamente, fu intercettato da Joffrey: “zio! Dove vai?”.
“Vostra grazia, è stata una cerimonia meravigliosa ma io e lady Sansa siamo piuttosto stanchi e speravamo di ritirarci…”.
“Suvvia, non fare così! Anzi, visto che sei in piedi, pensavo che volessi confrontarti personalmente con il qui presente campione!” disse il giovane, indicando il nano che lo aveva interpretato poc’anzi.
“Oh no, vostra grazia: un paio di battaglie mi sono bastate, preferirei conservare ciò che resta del mio già troppo rovinato volto. Potresti invece scendere in campo tu stesso: un re dovrebbe essere sempre in prima linea nella difesa del proprio reame, e credo, in qualità di testimone, che il tuo campione abbia trasposto in maniera esagerata il tuo coraggio bellico. Stai in guardia, dunque: potrebbe rivelarsi un avversario sorprendentemente insidioso”.
I commensali continuavano a vociare; addirittura Varys gli donò un sorrisetto d’approvazione. Soltanto quando Joffrey gli andò incontro a lenti ma inesorabili passi la folla si ammutolì.
Le sue labbra erano serrate, ma Tyrion avvertì chiaramente i suoi denti che sbattevano gli uni sugli altri per l’irritazione. Sollevò macchinosamente il suo bicchiere, versandone tutto il contenuto in testa allo zio.
Sansa lo fulminò con lo sguardo e, per quanto volesse bene a Margaery, una parte di lei sperò davvero che Tyrion trovasse una maniera per guastargli la festa. Quest’ultimo, invece, scelse ancora la via della diplomazia: “un vino delizioso, maestà; che peccato averlo sprecato su di me”, affermò, mentre con la punta della lingua assaggiava un rivoletto rossastro che gli scorreva giù dalla fronte.
“Se la pensi così, mi farai da coppiere per il resto del pranzo” ribatté Joffrey, come quei bambini che inventano idiozie pur di averla vinta in una discussione.
La furia sopita del Folletto non fece che aumentare quando l’odioso nipote aggiunse la beffa al danno impedendogli in ogni modo di afferrare quel dannato bicchiere: prima lo lasciò cadere a terra e poi, quando esso si chinò per recuperarlo, con un calcio lo spedì sotto al tavolo.
Tyrion stava impazzendo, gli sembrava di avvertire chiaramente ogni muscolo di Joffrey, Cersei e Tywin tendersi per far apparire le loro facce il più controllate possibile, ma non poté fare altro che girarsi ed abbassarsi per guardare sotto al tavolo.
Con sommo stupore, vide che Sansa s’era alzata dal proprio posto: la sua inamovibile moglie, talmente composta da sembrare talvolta una statua, si era mossa per lui, per prendere quel bicchiere e porgerglielo con educazione. I suoi occhi si incatenarono a quelli di lei; non disse nulla, ma era un silenzio che esprimeva un’infinità di cose.
Mi dispiace. Non ti merito. Nessuno qui ti merita.
 
Riempì nuovamente il bicchiere con del vino e lo passò a Joffrey con fare spazientito: voleva solo andarsene e gettarsi sul suo maledetto letto, sperando che gli servisse a sfumare tutta la bile che aveva dovuto mandar giù…ma evidentemente il ragazzo aveva altri piani.
“E adesso, inginocchiati” ordinò il re, fregandosene del gesto servile appena compiuto nei suoi confronti.
Tyrion non aveva alcuna intenzione di ubbidire; studiò invece le espressioni degli altri presenti, da Tywin che scuoteva il capo a Cersei che cercava, senza successo, di reprimere uno sberleffo, da Olenna Tyrell che fissava indecifrabilmente il bicchiere alle povere Sansa e Margaery che palpitavano nel timore di uno scontro dal quale non si sarebbe più potuto tornare indietro.
Quando capì che non avrebbe ricevuto solidarietà da nessuno, sussurrò un mesto ma ringhiante “no”.
“Ti ho detto…di inginocchiarti davanti al tuo re!”.
Nessuno dei due arretrò di un millimetro, ma per fortuna la sposa spezzò la tensione un attimo prima della catastrofe: “guarda, amore mio, la torta! È arrivata la torta!”.
Nell’indifferenza generale, infatti, dei servi stavano reggendo l’ultima portata: una gigantesca torta a tre piani, alla vista della quale tutti gli invitati si abbandonarono ad un giocondo applauso.
Una forchettata, qualche sorso di vino ed ogni cosa pareva sistemata.
Nessuno poteva immaginare la follia che stava per verificarsi.
 
Un primo colpo di tosse, lieve, a cui nessuno diede peso; poi un secondo, accolto come una reazione a catena; poi un terzo, che molti attribuirono alla secchezza della torta. Dal quarto in poi, divenne chiaro che ci fosse qualcosa di strano, ma era troppo tardi: nel giro di pochissimi istanti, la faccia di Joffrey passò da rosa a rossa a viola, mentre egli affondava le unghie nel suo stesso collo per poi starnazzare al suolo.
Il caos si impossessò di quel luogo e di chiunque stesse assistendo a quella sciagura. I primi a correre da lui furono, ovviamente, Jaime e Cersei, e quel che toccò loro era una visione raccapricciante: il suo viso stava contorcendosi per il dolore, due fiotti di sangue schizzarono dalle sue narici e la sua bocca iniziò a produrre una disgustosa schiuma giallastra.
E quella fu la fine di re Joffrey Baratheon.
 
Tyrion, sconvolto come chiunque altro, afferrò il bicchiere per osservarne il fondo, e ciò fu sufficiente a Cersei, piangente e affranta, per far scoppiare la bolla surreale in cui era finita.
“Ha ucciso mio figlio, il suo re…lo ha avvelenato! Assassino!” urlò in direzione di suo fratello minore, ancora inebetito.
“È stato lui! Quel viscido piccolo mostro! Guardie, prendetelo!”.
Prima che potesse solo pensare di difendersi, il Folletto venne afferrato e strattonato da due omoni, ma Cersei non trovò pace.
“Aspettate…dov’è Sansa?”.
Tutti gli occhi puntarono verso il posto dove fino a poco prima sedeva la giovane Stark.
Però, a quanto pare, Sansa era scomparsa.

 

 
Era avvenuto tutto così in fretta...
Sansa aveva visto Joffrey farsi assalire da uno strangolamento invisibile sempre più vigoroso, fino a quando non cadde a terra.
In quel momento, una grossa mano le strinse un braccio; lei si voltò e scoprì che era quella di ser Dontos Hollard, l’ex cavaliere diventato buffone di corte.
“Presto, mia lady, dobbiamo scappare!”.
“Come?!”, boccheggiò la ragazza, incredula e disorientata.
“Ci sarà tempo per le spiegazioni, ma ora devi seguirmi se ci tieni alla vita!”.
Sansa non era convinta, ma non poté far altro che assecondarlo.
 
Iniziò così un forsennato percorso a ostacoli fra le strade di Approdo del Re, già invasa dal suono delle campane che annunciavano la morte del sovrano.
Non posso crederci. È tutto vero. Joffrey è…
“Fermi dove siete!”.
Erano sulla banchina portuale, di fronte ad un mare scuro e agitato, quando vennero circondati da tre membri della Guardia Cittadina.
“Re Joffrey è appena stato assassinato, nessuno può lasciare la città” esclamò uno di loro.
“Idiota, questa qui è Sansa Stark!”, lo rimbeccò un altro, “è probabile che abbiano a che fare con la faccenda!”.
In quel marasma, Dontos diede sfogo alla sua ultima spinta di impavida incoscienza: con una finta provò a sfuggire agli avversari, ma ottenne soltanto una rapida e fredda pugnalata nel petto da parte dell’unica cappa dorata non impegnata nel diverbio, che mise la parola fine anche alla sua semplice e paradossale esistenza.
 
Sansa, rabbrividendo, stava per gridare all’infame fato la propria disperazione, ma la stessa mano che aveva appena vibrato il colpo di pugnale le tappò la bocca e la trascinò indietro, verso lo scenario del misfatto.

Salve a tutti!
Lo so, lo so: anche stavolta aggiorno con tremendo ritardo, ma se siete arrivati fin quaggiù…intanto complimenti, perché il capitolo è lunghissimo, e inoltre credo che avrete compreso quanto sia stata dura scriverlo!
Le Nozze Viola sono un’apoteosi di piccoli particolari che conducono poco alla volta ad un disastro immane, e non potevo proprio esimermi dal narrarli nella maniera più congeniale possibile.
Ho preferito descrivere la scena del banchetto senza rivederla né nel libro, né nella serie, basandola unicamente sui miei ricordi; di conseguenza l’ordine cronologico degli eventi potrebbe essere differente da come lo conoscete, ma tant’è.
Joffrey è morto (finalmente! 😂), ma il finale ci lascia con tanta suspance: cosa accadrà ora che anche Sansa è stata catturata?
Lo scopriremo presto…almeno spero!
P.S.: l’immagine incollata è una reinterpretazione delle Nozze Viola realizzata da Conor Campbell.
Alla prossima! 😁

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Capitolo 15
*** Al buio ***


Capitolo 15: Al buio
 
Sansa aveva la vista ancora fastidiosamente offuscata quando venne liberata dalla stretta delle guardie che l’avevano ricondotta con forza alla Fortezza Rossa.
Ricordava ben poco degli istanti successivi all’omicidio di ser Dontos perché il caldo, la stanchezza e l’incredibile concatenazione degli eventi le avevano indebolito i sensi e forse l’avevano fatta svenire. Le sembrava che il mondo ruotasse vorticosamente intorno a lei, ma riuscì comunque a rimettere alcuni pezzi al proprio posto: Joffrey era morto, lei era stata catturata e adesso si trovava al cospetto di Cersei Lannister, che la guardava con ripugnanza.
“Sansa! Mia dolce, piccola Sansa!” esordì la regina, afferrandole il mento in quella che divenne a poco a poco una stretta violenta. “Che strana coincidenza! Scomparire senza motivo proprio mentre mio figlio sta morendo. Dimmi, dove credevi di andare?”.
“Maestà, io non c’entro nulla con la morte del re, lo giuro” si difese la Stark, con la voce soffocata per la morsa in cui la leonessa l’aveva costretta.
“Questo lascialo decidere a noi” minacciò Cersei, a un palmo dal suo viso, prima di ordinare alle guardie con un cenno del capo di portarla in prigione.
 
Era buio, lì sotto, e stava facendo uno sforzo immane nel cercare di non piangere al pensiero della cella in cui l’avrebbero rinchiusa, che sarebbe sicuramente stata stretta, sporca e fatiscente.
Le sorprese, però, non erano ancora finite, perché il secondo volto che vide in quella sciagurata serata fu quello di Tyrion.
Inizialmente aveva tenuto la testa bassa, evidentemente provato dall’aria pesante che si respirava in quelle segrete, ma quando si accorse del loro arrivo rilasciò un profondo sospiro.
“Sansa…”.
“Ti abbiamo portato la tua mogliettina, Folletto. D’altronde all’altare vi eravate promessi di stare vicini nella buona e nella cattiva sorte, no?” sbeffeggiò una delle guardie prima di aprire la cella adiacente a quella di Tyrion e spingervi dentro la ragazza senza troppi complimenti.
“È così che tratti una lady indifesa?” inveì il Lannister contro di lui mentre si allontanava assieme ai colleghi. “La pagherete per tutto ciò, maledetti!”.
Il fracasso dei cancelli che si chiudevano gli fece capire che continuare a imprecare era inutile, dunque iniziò a tastare il muro che lo separava dall’altra cella, sperando di trovare fra le sue pietre una crepa che gli permettesse di vedere sua moglie.
“Sansa…Sansa, mi senti?” la chiamò ripetutamente, prima che lei riuscisse a pronunciare un flebile e strozzato “Tyrion…”.
“Sansa! Grazie al cielo, stai bene?”.
“S-si, ero solo…ho un forte mal di testa…”.
Poggiò la fronte al muro, chiuse gli occhi e si abbandonò a quel suono limpido, simile al pigolare di un uccellino ferito, sentendosi sollevato, malgrado la tremenda situazione in cui si trovavano, che non le fosse accaduto niente di male, o niente di insanabile, perlomeno.
“Per tutti gli Dei, Sansa…dov’eri andata?”.
Dall’altra parte lei si rannicchiò, affondando la faccia nelle ginocchia in previsione dell’ennesimo smacco che stava per dare all’uomo che aveva sposato, ma che avrebbe abbandonato senza troppi scrupoli qualora il piano di ser Dontos fosse andato a buon fine.
“Io non…non so dove stavo andando, è successo tutto in fretta, troppo in fretta…stavano tutti accerchiando Joffrey quando un giullare è venuto da me, mi ha trascinata via e mi ha fatta correre fino al porto e…ed è lì che mi hanno trovata…”.
“Un giullare?” ripeté Tyrion, confuso. “Non ti ha detto dove voleva portarti?”.
“Non ne ha avuto il tempo. Lo hanno ucciso senza pietà”.
“Naturalmente”, sbuffò il Folletto, scivolando con la schiena verso il basso e mettendosi anch’esso a sedere.
Chissà, forse presto potrò chiederglielo di persona, dato che probabilmente farò la stessa fine.
 
Ci fu un silenzio, sintomo dello stato di rassegnazione in cui vivevano. Fu Sansa ad interromperlo all’improvviso.
“E così…Joffrey è morto” sussurrò, come se temesse che il fantasma di quel sadico ragazzino potesse giungere da un momento all’altro per tormentarla ancora.
“Già” annuì Tyrion, ripercorrendo con la mente ogni attimo di quel folle pomeriggio.
“Perché sei qui? Sei stato tu?” domandò Sansa senza peli sulla lingua.
“No, certo che no. Voglio dire, Joffrey non s’è mai risparmiato nel darmi delle ragioni per volergli fare male, ma…non sono stato io”.
“Si, beh, perdonami se non verso alcuna lacrima per tuo nipote” commentò la rossa. In qualche modo, l’oscurità del carcere e la precipitazione delle sue condizioni le avevano conferito un insolito coraggio.
“Attenta a come parli…basta poco, qui, per farsi condannare per crimini di cui non si è colpevoli, soprattutto di ritorno da una fuga sospetta”.
La risatina sommessa, quasi inudibile, gli confermò che Sansa aveva preso quella frase per ciò che realmente era: del puro e semplice sarcasmo per rispondere al suo sarcasmo.
“Che ne sarà di noi?” interrogò poi, tornando seria.
“Non ne ho idea, Sansa. Se avessero voluto ucciderci lo avrebbero fatto subito, ma magari in città c’è ancora qualcuno con un minimo di buon senso. Immagino che saremo sottoposti ad un processo”.
Tale prospettiva non fece altro che accrescere l’ansia di lei: “un processo? E davanti a quale giuria?”.
Tyrion aveva imparato la lezione: era meglio non illuderla, per evitare di sentirsi un verme quando le sue rassicurazioni si sarebbero rivelate false.
“Non so dirti i nomi di chi verrebbe ipoteticamente chiamato a giudicarci, ma posso di certo dirti quelli a cui spetterebbe la sentenza finale. Temo che Cersei e mio padre ormai controllino tutto”.
A quelle parole il corpo di Sansa rammollì, come se i suoi già manchevoli muscoli si fossero arresi nel tentativo di tenerlo in tensione e la sua anima fosse già volata via alla ricerca di una scappatoia dal luogo che rischiava di diventare la sua tomba.
Lui premette le mani contro la spessa parete che lo divideva da lei come a volerla abbattere, ma l’unica cosa che ottenne fu una pungente sensazione di freddo provocata dal contatto tra i palmi e la nuda roccia.
“Sansa…” si strusse di nuovo, ma lei non lo lasciò finire.
“Non importa, Tyrion, va bene così. È da tanto che sono preparata alla morte e talvolta l’ho persino desiderata. Se non altro, sono felice di condividere i miei ultimi giorni con te”.
Il Lannister si coprì la bocca, per non farle sentire che era in procinto di piangere; serrò il pugno e colpì ripetutamente il pavimento, sicuro che le sue dita di nano non avrebbero prodotto il minimo rumore, continuando finché non cominciò a sanguinare.
Forse le convinzioni di sua moglie, che gli erano sempre apparse ingiuste, erano vere. Forse era davvero responsabile quanto il resto della sua famiglia (se non di più) delle sofferenze di quella ragazza. Forse era soltanto un ripugnante mostro che le aveva rovinato la vita.
Un fuoco enigmatico ma terribile lo stava divorando dall’interno.
“Sansa, io…ho paura che la mia autorità sia stata quasi del tutto seppellita, ma ti giuro…”, e a quel punto il suo tono era il ringhio di un leone che protegge il proprio branco, “…ti giuro che farò tutto, ogni cosa che è in mio potere e nelle mie possibilità per farti uscire sana e salva da qui”.
Un’altra atroce lotta per la sopravvivenza era iniziata.

Ciao a tutti!
Anche in un anno insolito come quello in corso, spero che abbiate trascorso una bella estate.
Torno con un capitolo notevolmente più breve del solito ma che introduce i nostri protagonisti ad un contesto inedito, una detenzione comune. Riusciranno a gestire preoccupazioni e rimorsi? Ma soprattutto, riusciranno a scampare al destino crudele che li attende?
Fatemi sapere cosa ne pensate nello spazio recensioni!
Io vi ringrazio come sempre per essere arrivati sin qui e vi auguro un inizio d’autunno all’insegna della normalità, che talvolta è la cosa migliore che si possa desiderare.
Alla prossima! 👌

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Capitolo 16
*** Il gioco del trono ***


Capitolo 16: Il gioco del trono
 
Uno degli aspetti peggiori della detenzione (e la scelta era vasta tra l’oscurità, la claustrofobia, l’umidità e quei lunghi silenzi che avrebbero fatto impazzire chiunque) era l’interminabilità delle giornate.
Tyrion aveva perso la cognizione del tempo in quella maledetta cella: per quel che ne sapeva, potevano essere trascorsi pochi minuti, delle ore o persino degli anni. Il cervello iniziava a giocargli brutti scherzi e ad ogni istante si spegneva un po' di più.

In realtà erano passati un paio di giorni dalla morte di Joffrey e il mondo, lì fuori, era ancora in subbuglio. La sua vita, di contro, si era ridotta a dei pasti sporadici, tanto sonno e qualche timida chiacchierata con Sansa, che si trovava ovviamente nelle medesime condizioni.
Parlavano per lo più del passato, quello a Castel Granito e quello a Grande Inverno: era l’unico modo per conoscersi un po' meglio e per non ripensare al loro matrimonio, che apparentemente aveva mandato in rovina entrambi.
Niente e nessuno avrebbe potuto scacciare dai loro cuori la sensazione d’esser stati privati d’un pezzo delle loro esistenze, sprecandolo inesorabilmente, ma forse a qualcosa era servito: Tyrion scoprì un lato indomito, da vera lupa, di sua moglie, capace d’affrontare con dignità pure il precipizio metaforico in cui erano stati spinti, e Sansa comprese più a fondo il senso d’estraniamento di suo marito dalla sua famiglia.
Forse era un paradosso, ma a entrambi sembrava di aver conosciuto più dettagli l’uno dell’altra nel ribrezzo di quelle due celle piuttosto che nell’ingannevole sfarzo della loro recente vita coniugale alla Fortezza Rossa.

Un pomeriggio, dopo aver consumato un pranzo striminzito, i due prigionieri malgrado le scomodità cedettero al bisogno impellente di riposare occhi, cervello e corpo, e ne approfittarono per dormire un po'. La quiete, tuttavia, ebbe breve durata: l’insistente scricchiolio dei cancelli della prigione e il tonfo sordo di passi affrettati li svegliarono.
“Bene. Liberatela”, disse una voce che era poco più di un sussurro.
Tyrion, ancora in dormiveglia, si ridestò completamente quando udì Sansa domandare “chi…chi siete?”, con fare spaventato.
A quel punto infilò il suo malridotto naso fra le sbarre per vedere chi fosse. C’erano due uomini davanti alla cella di Sansa, decisamente due brutti ceffi; dietro di loro, con la schiena poggiata al muro, un terzo osservava che andasse tutto liscio; e fuori i cancelli, in lontananza, poteva scorgere la sagoma di un quarto che ondeggiava la testa in modo guardingo, come se stesse facendo il palo.
Un rumore metallico lo avvertì poi che la cella di sua moglie fosse stata aperta.
Un salvatore…possibile che ce ne siano ancora in questa città?, pensò.
Ma la sorpresa che li attendeva era tutt’altro che piacevole: Sansa trattenne il fiato sconvolta, uno dei due uomini che avevano aperto la cella le fece segno col dito di star zitta e quello che dava gli ordini fece un passo verso destra, in maniera tale che la debole luce delle fiaccole ne rivelasse il volto.
“Tu!” esclamò Tyrion, al quale di colpo si afflosciarono le gambe.

Ditocorto lo stava fissando con occhi vispi e con quell’enigmatico sorriso che lasciava sempre presagire il peggio. I suoi sottoposti, intanto, avevano bloccato le braccia di Sansa per evitare che facesse avventatezze.
“Che significa tutto ciò?” chiese Tyrion mentre anche le ultime speranze lo abbandonavano: la sua mente aveva già compreso quel che stava succedendo.
“Sei contenta, Sansa? Stai per lasciare il luogo di tutte le tue disgrazie” affermò Baelish, rivolgendosi alla ragazza ma senza mai distogliere lo sguardo dal Lannister.
“E dove intendi portarla?!” ringhiò quest’ultimo.
“Non ti riguarda, mio lord, dal momento che non farai parte dell’equipaggio” lo ammonì l’altro, confermando i suoi timori.
“Lurido bastardo…” inveì Tyrion, ormai dimentico delle convenzioni e del rispetto che anni prima li legava, mentre Sansa implorava “ti prego, libera anche lui! Liberalo e fallo venire con noi!”.
“Portatela via, e fatelo discretamente. Io vi raggiungerò fra poco” ordinò Ditocorto ai suoi uomini, che dopo un cenno d’assenso si avviarono verso l’uscita insieme alla Stark. “Io voglio scambiare ancora qualche parola con il leone in gabbia”.

Rimasero soli. Tyrion ribolliva di rabbia e disprezzo.
“Come hai fatto ad avere le chiavi della sua cella?”.
“Credi forse che i custodi della prigione non siano avvezzi ai bordelli?” si vantò Baelish, godendosi i frutti che la sua complessa rete d’informazioni e attività aveva portato. “Se ti interessa potrei anche raccontarti le loro perversioni; anche se, in tutta onestà, non c’è molto da dire…si accontentano di donne banali, quasi grossolane…non sanno cosa voglia dire avere per le mani una vera lady…”.
“Se ti azzardi a torcere anche un solo capello a Sansa ti giuro che…”.
“Suvvia, sai meglio di me che lei è più utile da viva che da morta” lo interruppe l’ex maestro del conio, togliendogli il tempo di terminare la minaccia. “Inoltre, fossi in te non mi prodigherei nell’elargire agli altri condanne che presto potrebbero toccare a te”.
“Finché respiro, valgo più di te” cercò di intimidirlo Tyrion, in barba al suo essere un nano ripudiato dietro le sbarre dai suoi stessi parenti.
“Respirerai ancora per poco. Ci sarà un processo e credo tu sappia quanto la tua presenza sia sgradita ultimamente”.
Poi Ditocorto gli andò più vicino, chinandosi sulle ginocchia per porre le loro facce alla stessa altezza: “e questa sarà la fine di Tyrion figlio di Tywin, la scimmia demoniaca. Un epilogo miserabile per un essere miserabile…ma soprattutto un epilogo a lungo tessuto e finalmente pronto a realizzarsi”.
L’espressione confusa del prigioniero tradiva la sua estraneità alla questione, dunque, sentendosi quanto mai al sicuro dall’altra parte della barricata, aggiunse: “sai, le tue supposizioni erano corrette. C’è il mio zampino in molte delle disavventure che ti sono capitate nelle ultime settimane: l’aggressione di quei tre uomini nei confronti di Sansa, il primo tentativo di fuga con quel ridicolo giullare, persino il fatto che tu sia chiuso qui dentro…tutto, o quasi, era premeditato”.
“Non ho mai conosciuto un essere più viscido di te, pezzente!”.
“Gli insulti non ti serviranno a nulla” lo derise ancora una volta Baelish, rimettendosi in piedi e stirandosi i vestiti con una mano. “Devo ammetterlo: sei stato un temibile avversario per il potere, uno dei più difficili da mandare fuori pista…la tua intelligenza ha soltanto un difetto: capisci le cose sempre troppo tardi. Addio, Folletto!”.
E così dicendo s’incamminò compiaciuto verso la nave ferma al porto, lasciandosi alle spalle tutte le inutili imprecazioni di Tyrion.

 

 
Le gambe di Sansa, indolenzite dalla sostanziale immobilità che la prigionia le aveva imposto, non erano più abituate a correre e le ci volle una fatica notevole per protrarsi fino al molo, per lo più con due robusti uomini che la trascinavano. Sebbene non stessero scappando da nessuno, infatti, dovevano muoversi rapidi e silenziosi per non attirare l’attenzione delle innumerevoli guardie pronte a riferire ogni più piccolo spostamento alla regina.
Ormeggiata sul posto c’era una nave sufficientemente grande da garantire un viaggio agevole, ma non abbastanza da apparire sospetta. Gli uomini sulla terraferma ed altri due sull’imbarcazione la aiutarono a salire.
In breve alla combriccola si ricongiunse anche Ditocorto che, una volta sopra, diede l’ordine di partire immediatamente.
“Ma lord Baelish, dov’è Tyrion? Perché lo hai lasciato lì?” obiettò Sansa, allarmata dall’uragano degli eventi che la stava travolgendo dopo giorni e giorni di ineluttabile quotidianità vissuti fra la sua stanza ed i giardini di Approdo del Re.
“Chiamami Petyr, mia cara” rispose l’altro. “Vedo che ancora non hai imparato la lezione: non siamo in una canzone cavalleresca, Sansa. Non c’è spazio in questo mondo per pietà e compassione”.
“E questo che c’entra con…”.
“Tyrion Lannister è un disonesto, colpevole del massacro degli Stark tanto quanto il resto dei suoi familiari” la anticipò lui. “Non sciupare il tuo bel viso con lacrime per individui che non le meritano. Sapevi che ha avuto un’altra moglie prima di te?”.
“S-si, me lo ha raccontato”. La storia di Tysha era ancora vivida nei suoi ricordi.
“Bene, spero che abbia avuto l’onestà di raccontarti anche com’è finita. Ma siccome ben poco di quel che esce dalla bocca del Folletto è degno di fiducia, ti dirò io com’è andata: quando si fu stancato di lei, la regalò ai soldati di suo padre come se fosse un giocattolo, e solo gli Dei sanno cosa le hanno combinato quelle rudi canaglie”.
La versione era molto diversa da quella che aveva sentito da Tyrion, che sosteneva d’aver amato sul serio Tysha e d’esser stato costretto dal padre a guardare mentre gli altri la violentavano. A quel punto, però, non sapeva più a chi credere.
“Dalla tua faccia interdetta deduco che non conoscevi la verità. Niente che non mi aspettassi: sono certo che prima o poi avrebbe fatto lo stesso anche con te”.
No, questo non lo avrebbe mai fatto, pensò Sansa senza il minimo dubbio.
Ma cosa poteva fare? Gettarsi in mare, così lontano dalla costa, equivaleva a morte certa, esattamente come provare a ostacolare Ditocorto e la sua banda. Non aveva altra scelta che assecondarlo.
“Io non…non riesco a capire…”.
“È normale che tu sia scossa, Sansa, ma lascia che ti rassicuri almeno su una cosa: adesso sei al sicuro, non hai nulla da temere con me. Conosci il legame che avevo con tua madre; Catelyn andò in sposa al lord che suo padre aveva eletto, mandando in frantumi i miei sogni di una lunga e felice vita assieme a lei…eppure, prima di intraprendere la strada che l’avrebbe portata alla morte mi affidò qualcosa di ancor più prezioso: sua figlia, quella delle due che più le somigliava. Mi ha affidato te, Sansa. Ed io, fin dal principio, non ho fatto altro che escogitare un piano per trarti in salvo: non immagini nemmeno fin dove mi sono spinto per donarti un futuro migliore. Per esempio…” si stoppò Petyr, sporgendosi verso l’orecchio della rossa come per riservare soltanto a loro ciò che stava per dire, “…chi credi che abbia ucciso Joffrey?”.
Un brivido fulmineo cavalcò lungo la nuca di Sansa. Era stato lui, dunque.
“Ma non è solo farina del mio sacco, no. Da solo non avrei probabilmente potuto fare nulla. Per fortuna, quando sono tornato nella capitale ho trovato un’alleata scaltra e potente. Noti qualcosa di strano nella tua collana?” la interrogò provocatoriamente, maneggiando il monile che portava appeso al collo.
In effetti si accorse solo allora che nella collana mancava una pietra. Tentò di ricordare se ci fosse qualcuno che avesse mostrato una qualche morbosità per quel gioiello, e alla fine un nome le apparve in mente come un’epifania.
Per tutti gli Dei…lady Olenna…
Il ghigno di Baelish si allargò nel constatare la sua realizzazione. “So cosa stai pensando: perché l’ho fatto? Fai bene a chiedertelo. Joffrey mi ha concesso ricchezza, fama, terre…mi ha dato Harrenhal, un castello ambito da tantissimi lord…ebbene la risposta è altrettanto semplice: l’ho fatto perché la sua dipartita era necessaria al gioco”.
“Il gioco? Di che gioco parli?”.
“L’unico gioco che esiste: il gioco del trono” sentenziò infine Ditocorto, riempiendosi i polmoni della fresca e salubre aria marina. “Sono finiti i tempi in cui eravamo due deboli pedine nelle mani dei più forti: da questo momento, siamo noi che facciamo le regole”.
Dietro di loro, Approdo del Re era ormai un innocuo e sparuto ammasso di luci che stava pian piano scomparendo nell’abisso dell’orizzonte.
“E…e Tyrion? Che ne sarà di lui?” era l’enorme cruccio che tormentava la povera Sansa.
“Vedo che malgrado tutto continui a premurarti di lui. Non c’è che dire: i burattinai Lannister ti hanno trasformata proprio nella moglie modello, sempre leale al proprio maritino” commentò Petyr scocciato prima di ricomporre, qualche secondo dopo, la sua espressione sardonica. “A tal proposito, concedimi di esprimere un parere sincero: la vedovanza ti si addice, mia cara. Tyrion sarà processato domani, e non ha una singola speranza di uscirne vivo”.

Eccomi di ritorno dopo una pausa forzata che a me (e credo anche a voi) è parsa interminabile, ma a cui non ho potuto far altro che soccombere vista la mole di ostacoli che mi si sono parati davanti tra impegni universitari ed extrauniversitari, problemi con Internet che mi hanno messo fuori uso il computer ed un lutto familiare che mi ha scosso profondamente.
Non mi pare però il caso di mettermi a parlare della mia vita in questi spazi, dunque torniamo alla storia: Ditocorto ha fatto nuovamente irruzione fra Tyrion e Sansa, separandoli in maniera brusca e spietata.
Solitamente definisco i capitoli più brevi come transitori, ma non è questo il caso: questo capitolo, pur essendo più piccolo, è un punto di svolta bello grosso che mi porta in dote molti timori sul come proseguire il mio racconto.
Proprio per tale ragione, apprezzerei molto se chi sta continuando a leggermi mi desse, nello spazio recensioni, un’opinione sincera sulla direzione intrapresa dalla fanfiction.
D’altra parte, non si finisce mai d’imparare!
Chiudo ringraziandovi per la pazienza che avete avuto nell’arrivare ancora una volta fin qui e augurandovi un prosieguo speranzoso in questo periodo tanto delicato per l’Italia e per il mondo.
Alla prossima!

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Capitolo 17
*** Resa dei conti ***


Capitolo 17: Resa dei conti


 
Ser Kevan, titubante e disorientato come suo solito, lo salutò con una constatazione talmente ovvia da sembrare sarcastica pur non essendolo: “hai una brutta cera, Tyrion”.
Certo che aveva una brutta cera. Era rinchiuso da giorni in quella oscura e fetida cella, accusato dell’omicidio del re che, malgrado tutto, era pur sempre suo nipote; un viscido doppiogiochista s’era portato via sua moglie la sera prima, impedendogli di chiudere occhio per tutta la notte; ed era rimasto solo, in paziente attesa del sopraggiungere della fatidica ora.
Come poteva non avere una brutta cera?
“Effettivamente ho vissuto momenti migliori, zio Kevan. Qualcosa però mi dice che tu non sia qui per fare commenti sul mio stato attuale” rispose, mettendosi in piedi e sgranchendosi la schiena.
Il vecchio cavaliere deglutì: “no, infatti…sono qui per accompagnarti nella sala del trono”. Poi, con un cenno del capo, spronò due carcerieri ad aprire la serratura.
“Troppo buoni” ironizzò Tyrion, senza illudersi troppo. “A cosa devo questo illustre invito?”.
“È lì che si terrà il tuo processo”.
“Il processo è oggi?!” esclamò, sbalordito. “Non puoi dire sul serio. Non ho neanche avuto modo di convocare qualche testimone della mia innocenza!”.
“L’intera città ha saputo che il processo è stato fissato per questa mattina: se c’è qualcuno che intende testimoniare a tuo favore, si farà vivo”.
“Lo ha saputo l’intera città tranne me, naturalmente!” sbottò Tyrion, privo ormai di qualunque riguardo anche nei confronti di quello zio che aveva sempre detto di rispettarlo, ma che tanto facilmente s’era prestato a quella ignobile farsa. “Scommetto che mia sorella, invece, ha avuto tutto il tempo che le garbasse per trovare chi ha la sua stessa voglia di vedere la mia testa su una picca!”.
Il silenzio dell’altro Lannister era la prova che aveva indovinato.
“Lasciamo perdere. Chi saranno i giudici?”.
“Tuo padre, lord Mace Tyrell e il principe Oberyn Martell”.
“Che allegro quadretto”, sbuffò disgustato. “E di Sansa avete qualche novità?”.
“La stanno cercando in molti, Tyrion, e se è ancora viva presto la rivedrai, però prima…” disse Kevan, col tono troncatore di chi non vuole più affrontare certi argomenti, “…sarai processato tu”.
Spero che almeno lei non faccia mai più ritorno in questo inferno, pensò.

 

 
Dopo un buio e stretto corridoio, fu quasi doloroso per i suoi sensi ritrovarsi nella grandiosità della sala del trono, sconfinata e riccamente illuminata dalle sgargianti vetrate dei finestroni; e lo fu ancor di più accorgersi di aver addosso gli avidi sguardi dell’intera platea, composta per la maggior parte da cittadini della capitale, da alfieri dei Tyrell e da Tyrell stessi.
Ai suoi familiari erano invece stati riservati posti d’onore: Cersei e Jaime sedevano rispettivamente a sinistra e a destra della navata centrale, mentre sul Trono di Spade, che ancora aspettava un nuovo padrone, sedeva lord Tywin, con un’espressione inscalfibile; ai suoi fianchi, lord Mace e Oberyn si raddrizzarono sulle loro sedie, frementi come ogni altro spettatore.
Lui invece dovette accomodarsi su una piattaforma che terminava con un piccolo altarino, sistemata di fronte al trono. Accanto, poco distante, ce n’era un’altra, dedicata presumibilmente ai testimoni.
Si stava ancora guardando intorno per assimilare più informazioni possibili sulla tipologia di processo quando la voce di Tywin rimbombò ineluttabile in tutti gli angoli della sala: “siamo qui riuniti, oggi, per fare chiarezza sul lutto che ha recentemente addolorato i Sette Regni. Tyrion, hai assassinato tu re Joffrey?”.
“No” rispose semplicemente, scuotendo il capo.
“Lo ha allora assassinato tua moglie, Sansa Stark?”.
Quanta fretta, constatò. Stavano subito cercando di metterlo sulla difensiva.
“Nemmeno. Purtroppo lei non è qui per confermarlo o smentirlo: forse se il processo, come da protocollo, fosse iniziato più tardi…”.
“È già tardi, Tyrion. Abbiamo già sopportato per troppo tempo la mancanza di una verità sulla morte del re”.
“In tal caso, sappiate che la suddetta morte è stata una volontà degli Dei. Joffrey si è soffocato con la torta e col vino”.
“Sembri sicuro delle circostanze in cui è avvenuto il misfatto”.
“Sono sicuro solo della mia innocenza”.
“Questo non spetta a te decretarlo. Ci sono diverse persone pronte ad accusarti”.
Ovviamente, ringhiò Tyrion fra sé e sé; ma rimase zitto mentre sulla seconda piattaforma si susseguivano celermente i vari testimoni.
I primi furono Meryn Trant e Boros Blount, i cagnacci di Joffrey, che partirono dai burberi rimproveri di Tyrion all’ex re durante la Battaglia delle Acque Nere per poi proseguire con un racconto dettagliato (e in larga parte inventato) delle altre severità che il Folletto aveva, secondo loro, dispensato a suo nipote.
“Percuoteva frequentemente il re”, “più di una volta ha minacciato di morte sia lui che noi”, “ha detto alla regina che avrebbe reso la sua vita un inferno”: era questo il genere di frasi con cui le Guardie Reali, a cui in passato erano richieste pietà e onestà incondizionate, lo stavano descrivendo, ed il vedere Cersei fingere un volto affranto che verificasse tali deposizioni gli fece serrare la mascella per la rabbia fin quasi a spaccarsi i denti.
Dopo di loro venne il gran maestro Pycelle che ingobbendosi su una pergamena elencò i nomi di numerosi veleni che teneva custoditi nel suo studio, causando grugniti spazientiti in tutta la platea: “molti di questi mi furono rubati dal qui presente Tyrion Lannister quando mi fece imprigionare ingiustamente. E non ho il minimo dubbio nell’affermare che egli ha usato uno dei più rari e letali, detto ‘lo strangolatore’, per soffocare il ragazzo più nobile che abbia mai calcato i nostri Regni”.
Tyrion, fino ad allora, era stato impeccabile nel mantenere il controllo, ma le parole del vecchio colmarono la misura: “Nobile? Nobile, dici? Joffrey, oltre che stolto, era anche malvagio, e l’animo marcio di quelli come te che dovrebbero rappresentare una guida non smette mai di disgustarmi!”.
“Fa’ silenzio!”, tuonò improvvisamente Tywin, mentre Pycelle frignava, a nessuno in particolare, “vedete? Serba ancora rancore nei miei confronti, è un pericolo per tutti noi”.
“Tyrion, puoi parlare solo se autorizzato dai giudici. Alla prossima violazione, saremo costretti a incatenarti e imbavagliarti” lo ammonì ancora il patriarca dei Lannister, alzandosi dal trono. “Ci fermeremo qualche ora per il pranzo, e riprenderemo nel pomeriggio”.

 

 
La sala cominciò lentamente a svuotarsi. Jaime, tuttavia, si diresse senza esitazioni dal padre che aveva appena disposto la pausa.
“Sarai contento” disse, richiamando la sua attenzione.
“Non capisco cosa tu voglia dirmi” rispose l’altro, girandosi a fronteggiarlo.
“Sta andando tutto esattamente come volevate tu e Cersei”.
“Jaime, né io né tua sorella trarremmo vantaggio dalla morte di Tyrion. Siamo solo determinati a fare giustizia: se tuo fratello è veramente innocente come dice, non ha nulla da temere”.
“E tu questa la chiami giustizia?” sibilò Jaime, riducendo gli occhi a due verdi fessure. “Toglimi una curiosità: quanto oro avete promesso a questa gente in cambio delle loro menzogne?”.
“Attento a come parli. Ti ricordo che sono ancora il Primo Cavaliere del re, un re che tu stesso hai giurato di proteggere ma che ora giace in una tomba”.
Jaime incassò il colpo. “Intendo anch’io vendicare mio…”. Mio figlio, avrebbe voluto urlare al mondo intero. “…il mio re; quello che volevo dire è che anche nelle vene di Tyrion scorre il sangue dei Lannister, e meriterebbe almeno un processo più veritiero”.
Tywin aveva lo sguardo sospeso nel vuoto. “Un regicida dev’essere punito con la decapitazione, a prescindere dal sangue che ha”.
Jaime non voleva arrendersi: “potresti invece mandarlo alla Barriera. Lo conosci e sai bene che per lui sarebbe una punizione addirittura peggiore della morte”.
“Mi stai chiedendo di risparmiare l’uomo che probabilmente ha ammazzato un nostro parente”.
“Ti sto chiedendo di fare un’eccezione, in cambio di un’altra eccezione” corresse Jaime. “Se mi assicuri che Tyrion non morirà, io ti prometto che rinuncerò al mio giuramento per tornare ad essere l’erede di Castel Granito”.
“D’accordo” replicò Tywin con un sorriso lapidario appena abbozzato, sbattendo in faccia al figlio la reale complessità delle sue trame.
Era sorpreso e deluso dal pragmatismo di suo padre, ma adesso perlomeno aveva la certezza che presto ogni nefandezza sarebbe finita.

 

 
Congedatosi da Tywin, Jaime andò dritto da suo fratello. Erano praticamente soli: la maggioranza dei presenti erano andati a mangiare, ma Tyrion aveva lo stomaco così in subbuglio da temere che se avesse provato a mandar giù un boccone lo avrebbe vomitato all’istante, e scelse dunque di digiunare.
“Dovresti rifocillarti, e riprendere in mano le redini di te stesso” gli suggerì infatti Jaime.
Lui però era talmente frastornato che neanche si accorse del suo arrivo: “a che scopo? Presto non ne avrò più la necessità, dato che sarò morto prima di quanto immagini”.
“Vuoi morire di fame?”.
“Meglio di fame che con la testa mozzata”.
“Tu non morirai affatto” sussurrò Jaime, sospettando forse che qualcuno fosse ancora nei paraggi ad origliare.
“E come farò a impedirlo? Salterai tu sul patibolo e mi difenderai a spada tratta?”.
“Lo sto già facendo, e senza il bisogno di usare la spada. Devi solo confessare…”.
“Fratello caro” lo interruppe il Folletto, “sai quanto ti rispetto, ma non puoi chiedermi una cosa del genere. Non posso dichiararmi colpevole di qualcosa che non ho mai fatto”.
“Ascoltami” insistette Jaime. “Lo so che non sei stato tu, ma quale altro spiraglio di salvezza vedi? Cersei e i suoi fedeli ti stanno facendo a pezzi, non hai alcun testimone che possa provare la tua innocenza ed io non posso fare niente, men che meno adesso che sono una cappa dorata. Ciò nonostante, resti sempre un Lannister e se confesserai, se ti mostrerai pentito, ti verrà concesso di prendere il nero e unirti alla confraternita dei Guardiani della Notte”.
“Ah! I Guardiani della Notte”, sghignazzò Tyrion. “Se non sbaglio fu offerta la stessa cosa anche a Ned Stark, ma se ti affacci lì fuori vedrai ancora la sua testa appesa alle mura”.
“Quella fu opera di Joffrey. E di Cersei. Stavolta si tratta di nostro padre, che è ben più ragionevole”.
“Te lo ha detto lui?”.
“Mi ha dato la sua parola” annuì Jaime. “Tu pensa a dire le cose giuste nel modo giusto; a fermare il boia e a spedirti a Nord, ci penserà lui”.
Tyrion tacque per qualche secondo; poi disse: “cosa hai dovuto dargli in cambio della sua grazia?”. Aveva intuito che quel regalo non poteva essere gratuito.
Suo fratello sospirò. “Rinuncerò al mio posto nella Guardia Reale e lui mi riaccoglierà come suo erede”.
Poggiò i gomiti sull’altarino, sconfitto. “Alla fine ha ottenuto ciò che voleva”.
“Lo otterrà solo se farai la tua parte, e in ogni caso Castel Granito non vale quanto la tua pelle. Dimmi, confesserai?”.
Tyrion rimuginò per un po'. Tornò con la mente al giorno in cui vide la Barriera, l’ultimo confine della Westeros civilizzata, arcana e interminabile contro le terre selvagge, e si ricordò dei brevi ma profondi monologhi del Lord Comandante Mormont.
“Mansioni prettamente diplomatiche, totale impossibilità di conquistare la gloria in battaglia, uomini che non ridono neanche sotto tortura, un freddo da congelarsi le palle e la rinuncia definitiva al sesso. Decisamente non la vita che m’aspettavo di dover abbracciare”.
“Ma pur sempre una vita”.
“Confesserò”, concluse infatti il Folletto. “E quando questo circo che si sono permessi di chiamare processo chiuderà i battenti, potrò finalmente andarmene da questa merda di città”.
Jaime rispose con un cenno d’assenso e si ritirò, consapevole che a suo fratello servisse qualche minuto di riflessione in isolamento per poter fronteggiare al meglio la parte finale del processo.

 

 
Alle prime ore del pomeriggio tutto fu pronto. Il sole era ancora alto e la fronte di Tyrion iniziava a imperlarsi di sudore; e tuttavia stavano per arrivare persone e dichiarazioni più asfissianti del caldo.
Uno dopo l’altro, popolani e signorotti che aveva raramente o mai visto (e che non avevano realmente nessun motivo per odiarlo) sostenevano di averlo udito invocare la morte del re, tanto da prenderlo di mira in ogni occasione possibile. Il culmine fu raggiunto quando Jorgen, Tom e Alf (i tre uomini assoldati mesi prima da Baelish per stuprare Sansa, impresa in cui fallirono solo grazie al cavalleresco intervento di Tyrion) si disposero uno di fianco all’altro, come una squadra, innanzi ai giudici, ai quali giurarono d’aver visto il Folletto prendere a schiaffi Joffrey durante la rivolta di Approdo del Re, e incitare la folla inferocita a prendersi con la forza la testa del sovrano.
Tyrion non poté che ammettere che Ditocorto aveva pianificato minuziosamente ogni azione, maledicendolo per essersela svignata con Sansa e abbandonandosi a un sorriso amaro.
Successivamente fu il turno di Varys, e tutto ciò che uscì dalla sua bocca, se possibile, valeva doppio, perché era il maestro delle spie e tutto quel che diceva veniva dato per vero a priori, specialmente da orecchie riluttanti a udire obiezioni: egli comunque si limitò a confermare le versioni dei testimoni precedenti, certificando di fatti la malafede di Tyrion.
Quest’ultimo lo fissò per un lungo momento, sperando di rammentargli in quel modo del giorno in cui s’era vivacemente definito come suo amico. L’eunuco ricambiò guardandolo con sufficienza, nascondendo chissà quali intrighi, poi si allontanò senza aggiungere altro.
Che possa bruciare all’inferno assieme ai suoi sporchi uccelletti.

“In assenza di ulteriori testimonianze, direi che abbiamo finito” disse Tywin.
Tyrion tirò un pesante quanto paradossale sospiro di sollievo. Dei, fate che sia davvero finita…
“Abbiamo quasi finito” si intromise invece Cersei. “Con la tua licenza, padre, vorrei far accomodare un’ultima persona, per sentire quel che ha da riferire”.
“Licenza accordata”, accettò Tywin. “Domattina la interrogheremo”.
Le labbra della regina, sinuose e granitiche allo stesso tempo, si curvarono in un ghigno malefico: “non sarà necessario attendere così a lungo…la testimone di cui parlo sta arrivando proprio adesso”.
Tyrion si voltò e vide entrare nella sala l’ultima delle voci a cui era stato affidato il suo destino. Il colpo di grazia.
Non è possibile…Shae!
Mentre ancora si domandava come avessero fatto a trovarla, la donna cominciò a recitare il proprio copione: “Sono stati Tyrion e Sansa a uccidere il re, miei lord. Io lo so bene, perché ero l’ancella di Sansa e la…”, esitò, “…la puttana di Tyrion. Dopo la morte di Robb Stark, lady Sansa disse di volerlo vendicare e il Folletto rispose che l’avrebbe aiutata, perché voleva il trono tutto per sé: voleva uccidere la regina e poi suo padre, così sarebbe diventato il Primo Cavaliere del principe Tommen; e prima che il bambino diventasse adulto, avrebbe ucciso anche lui, diventando re a tutti gli effetti. Dice di volere la corona da quando mi scopava nella stanza con i teschi di drago, mentre io lo imploravo di fermarsi; diceva che presto avrebbe tolto di mezzo Joffrey, e quindi dovevo essergli grata perché essere puttana del re dei Sette Regni è un onore che capita a poche donne”.
Le guance di lei vennero rigate da due piccole lacrime, false come ogni singola cosa detta in quella sala da quel mattino. “Io non volevo fare la puttana, perché non lo sono. Amavo un ragazzo, un ragazzo bravo e gentile, e volevo sposarlo, ma quando Tyrion ci vide alla Forca Verde lo mise in prima linea contro l’esercito di Robb Stark, che era più numeroso, mandandolo incontro a morte certa; e quando sono andata a piangerlo sul campo, lui mi ha fatta rapire e portare nella sua tenda, dove mi ordinò di dargli piacere altrimenti mi avrebbe data ai suoi selvaggi”, singhiozzò. “Non ho avuto altra scelta. Mi ha fatto fare cose vergognose e riprovevoli…e dovevo chiamarlo ‘mio leone di Lannister’”.
Nella platea iniziarono a farsi largo risate più o meno mascherate, mentre molti altri reagivano in modo disgustato a quelle rivelazioni.
Il più divertito di tutti era il principe Oberyn, che rivolse a Tyrion uno sguardo d’approvazione per le sue perversioni; ma quando lo fece, vide il Folletto ribollire, pronto ad esplodere.
“Padre, desidero confessare”, disse infine sottovoce. “Mandate via la sgualdrina bugiarda. Desidero confessare”.
“Sei dunque deciso ad ammettere la tua colpa?”.
“Proprio così. Sono colpevole. Colpevolissimo. È esattamente questo che volevate sentire, no?”.
“Allora hai avvelenato tu il vino di re Joffrey?”.
“Oh no, di quello sono innocente. Ma mi sono macchiato di un crimine molto peggiore: essere un nano”.
Tutta la sala tacque. L’intera capitale era sulle spine.
“Che stai dicendo? Non sei certo sotto processo per essere un nano”.
“Lo sono, invece. E dal primo istante in cui ho messo piede in questo lurido mondo”.
“Tyrion, tutto ciò non ha senso. Non hai nulla da dirci in tua difesa?”.
“Nient’altro. Non ho ucciso io Joffrey!”, ringhiò in direzione di Cersei, “ma vorrei tanto averlo fatto, sai? Veder crepare quel tuo figlio bastardo mi ha dato più piacere di quanto me ne abbia mai dato Shae o qualunque altra puttana di questo mondo. E voi!”, disse rivolgendosi ai cittadini seduti dietro di lui, e la sua voce era possente e incontrastabile come un tuono che squarcia il cielo sereno. “Io vi ho salvati! Ho salvato questa putrida città e tutte le vostre inutili vite! Purtroppo mi rendo conto soltanto ora che sarebbe stato molto meglio farvi passare a fil di spada da Stannis Baratheon!”.
Il caos si impadronì della sala. “Basta così!”, urlò Tywin, tentando di ristabilire l’ordine.
“Sono d’accordo. Basta così” ribatté Tyrion furibondo. “Ho capito che qui dentro non riceverò alcuna giustizia, perciò saranno gli Dei a dimostrarvi che sono innocente: io reclamo un verdetto per combattimento!”.
Un boato, seguito da un completo silenzio.
Fu come il ruggito di un leone all’altro che tenta di sopraffarlo, e pareva che persino i muri della sala del trono stessero per crollare.

Care lettrici, cari lettori, come state? Spero bene 😉
Mi scuso per l’interminabile ritardo con cui mi rifaccio vivo, ma le ultime settimane (tanto per cambiare) sono state abbastanza ricche di impegni…spero di riuscire a farmi perdonare, almeno in parte, con questo capitolo che, se non è il più lungo che io abbia mai scritto, poco ci manca!
Non poteva essere altrimenti per il processo di Tyrion, un episodio potente come pochi altri. In realtà stavo seriamente pensando di dividerlo in due parti, ma non avrei saputo poi dare alla seconda parte un finale ‘ad effetto’ e inoltre nei prossimi paragrafi vorrei tornare a parlare anche di Sansa, che ho lasciato un po' nell’ombra dopo essere stata rapita da Ditocorto.
Raccontare le vicende di entrambi i protagonisti, ora che sono separati, è d’altra parte una cosa che temo tantissimo, ma vedrò d’inventarmi qualcosa…nel frattempo, fatemi sapere se vi stanno piacendo gli sviluppi della storia!
Chiudo con i consueti saluti e augurandovi anticipatamente buone feste, nel caso in cui non dovessimo risentirci prima.
Alla prossima!

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Capitolo 18
*** Un campione per il Folletto ***


Capitolo 18: Un campione per il Folletto


 
La sala del trono, il processo, la promessa fatta a Jaime, lo sguardo affranto di Cersei, la sua voce che sovrastava e zittiva tutte le altre, la faccia allibita di suo padre…
Ogni cosa era ancora nitida nella memoria di Tyrion, il quale riuscì a visualizzarle ancor più facilmente dato che era al buio: perché dopo tutte quelle cose, dopo la caduta e la risalita, lo avevano riportato in cella, ad aspettare il giorno in cui il suo destino si sarebbe compiuto.
C’era però un pensiero, che sempre più spesso prendeva il sopravvento sugli altri malgrado questi fossero più gravi e impellenti: Sansa.
Dov’era? Come la stava trattando Baelish?
Pensava a lui, almeno ogni tanto?
“Su cosa riflette il nostro Folletto? I pensieri di chi sta per crepare mi hanno sempre affascinato”.
Una voce calda interruppe il suo subconscio.
“Si dice che le vipere striscino così silenziosamente da farti accorgere di loro solo quando ti hanno già azzannato”, rispose.
La fioca luce del giorno, infatti, aveva appena illuminato il viso di Oberyn Martell, che gli stava di fronte dall’altra parte delle sbarre.
“Credi che sia venuto ad ammazzarti?”.
“Scusami se ormai faccio fatica a scorgere in chiunque mi si avvicini un intento diverso da quello di ammazzarmi” replicò Tyrion. “Per quanto ne so, Cersei potrebbe aver assoldato l’intera città per portare a termine tale compito”.
“Forse dovrai ricrederti”, affermò sibilino il principe, “ma prima voglio togliermi una curiosità: consideralo uno dei miei tanti capricci. Hai ucciso tu il re?”.
Il nano rise amaramente. “Cos’è, hanno spostato il processo direttamente in carcere?”.
“Non hai risposto alla mia domanda”.
“No, non l’ho ucciso io. Sei stato tu?”, chiese Tyrion provocatoriamente.
Oberyn sogghignò divertito: “è così che parli ad uno dei giudici?”.
“Dubito che la mia condizione possa aggravarsi ulteriormente”.
“Tua sorella, al contrario, mi dimostra che al peggio non c’è mai limite”.
Martell chiamò quindi uno dei carcerieri, ordinandogli di aprire la cella; e dopo che egli ubbidì, entrò e si accomodò vicino alla finestra.
“Abbiamo qualcosa in comune, allora”.
“Eppure per certi versi dovrei esserle grato” sghignazzò il principe, tastandosi la corta barba nera. “Se non avesse accusato immediatamente te al banchetto, probabilmente sarei stato io il primo sospettato per l’uccisione del re: nessuno conosce l’arte dei veleni meglio dei dorniani, e nessuno avrebbe più motivi di me per cercare vendetta verso la casa Lannister”.
“Sul secondo punto avrei da ridire” disse Tyrion, quasi in un sussurro.
Sansa avrebbe più motivi di te, di tutti. E nonostante ciò, non è stata neanche lei.
“Ad ogni modo, il mio connubio con la regina sta prendendo una piega molto più serena di quanto mi aspettassi. Presto vostro padre mi proporrà apertamente di sposarla: di fatti, alla poveretta serve un marito dopo il decesso del vecchio grassone Baratheon e il voto di castità dell’altro biondino”.
Lo scherno alla relazione incestuosa con Jaime fu l’apice del grottesco.
“Ellaria, la mia compagna, mi scongiura ogni giorno di accettare: alla sola idea di avere Cersei nel nostro letto impazzisce d’eccitazione, come darle torto…e, tutto sommato, credo che anche tua sorella sia allettata dalla prospettiva”.
“Nulla da obiettare al tuo fascino” lo lusingò sarcasticamente il Folletto, “ma ti avverto: non sarebbe la prima volta che Cersei viene promessa in sposa ad un uomo che non le aggrada e che poi, per un motivo o per l’altro, nel proprio letto non se la ritrova mai”.
“Stai insinuando che non le vado a genio?”.
“Sono ben poche le persone che le vanno a genio, mio lord; e questo nessuno può saperlo meglio di me”, strinse i denti. “Sapevi, ad esempio, che doveva sposare Loras Tyrell?”.
“Il fiorellino di Alto Giardino? Probabilmente tra i due il vero uomo sarebbe stato Cersei” sbuffò Oberyn. “No, Tyrell non ha più niente da offrirle, niente che non possa trovare in uomini che sappiano anche scoparsela. Io, invece, si”.
“Ovvero?”.
“Ovvero Myrcella. Tua nipote sposerà Trystane e, un giorno, diventerà la lady di Lancia del Sole: questo è assodato. Ma se la regina reggente mi sposasse, restituendo valore alla legge dorniana, alla fanciulla spetterebbe una carica persino più importante…”.
“Le spetterebbe il Trono di Spade, lo so” concluse la sua frase Tyrion, rimettendosi in piedi e sgranchendosi le gambe piccole e indolenzite. “Beh, mi dispiace doverti deludere ma finché non diventate ufficialmente coniugi, la legge dorniana non è applicabile ad Approdo del Re. Inoltre, non sono poi così sicuro che Cersei voglia favorire Myrcella rispetto a Tommen, e in ogni caso nostro padre non le lascerà la scelta”.
“Questo finché vostro padre è in vita” annuì Oberyn, prima che nei suoi occhi si accendesse una fiamma inquietante. “Vostro padre, tuttavia, non vivrà in eterno”.
Questa è una minaccia bella e buona. Non si nasconde più. E perché dovrebbe?
“Mio lord, ti consiglio, per il tuo bene, di non fare simili discorsi, neanche quando sei da solo in una cella con un nano accusato di regicidio. In questa città anche i muri e i pavimenti sembrano avere orecchie per ascoltare”.
“Che ascoltino pure” ribatté spavaldo Oberyn. “È forse un reato ricordare che tutti gli uomini sono mortali? ‘Valar morghulis’, dicevano nell’antica Valyria. E poco conta se la morte in questione sia giusta o sbagliata: d’altro canto, la giustizia è sempre stata cosa rara dalle vostre parti”.
Tyrion cominciava a perdere la pazienza: “posso sapere cosa ti ha spinto a venire qui, mio lord?”.
“Tu sei un esempio perfetto di quel che stavo dicendo”, rispose semplicemente il principe. “In tanti anni ho imparato che spesso le apparenze ingannano; e tu, apparentemente, sei talmente colpevole da convincermi che sei innocente. Non c’è stata abbastanza giustizia per te, come non c’è n’è stata affatto per Elia e i suoi figli, ma adesso mi viene data l’opportunità di regolare entrambi i conti”.
“Spiegati”, lo spronò Tyrion.
“Non c’è fretta: prima voglio un’altra risposta. È stato tuo padre a dare l’ordine, non è così?”.
“No”.
Ovvio che è stato lui, allora perché continuo a difendere un padre che non s’è mai comportato come tale, e che per giunta mi vuole morto da sempre?
“Sei un pessimo bugiardo”, disse infatti Oberyn. “Di chi sarebbe la colpa, dunque?”.
Si sentiva intrappolato in un ciclo in cui gli veniva chiesto di attribuire le colpe di eventi che non lo riguardavano a persone di cui non sapeva essenzialmente nulla.
“Non ne ho idea. A quel tempo ero a Castel Granito, e soprattutto ero troppo piccolo per comprendere certi intrighi. Quel che è certo è che fu ser Gregor Clegane a stanare la principessa Elia, a stuprarla e ad ammazzarla brutalmente, con le mani ancora lorde del sangue del suo bambino che, naturalmente, aveva provveduto lui stesso a togliere di mezzo schiacciandogli la testolina contro un muro, al pari di una bestia qualsiasi”.
I dettagli più cruenti strapparono persino all’inscalfibile volto di Oberyn Martell una smorfia di irascibile rancore, alla quale seguì però un sorriso beffardo: “Senti senti, che cosa abbiamo qui? La verità, da un Lannister?”.
“È da un bel po' che dalla mia bocca esce solo la verità, ma non mi pare che le abbiate dato molto peso”.
“Hai reclamato un verdetto per combattimento, ma non hai ancora un campione” constatò il principe scacciando via la polvere dalla sua tunica e apprestandosi ad uscire.
“Nessuna delle mie opzioni iniziali è disponibile, in effetti”.
“Sai chi sarà il campione di Cersei?”.
“No”.
“Gregor Clegane”.
Un nome e un cognome, pronunciati con astio e avidità, furono sufficienti a rendere finalmente chiara la ragione di quella visita.
“Curioso come le porte della vendetta talvolta ti si spalancano davanti, non trovi? Tyrion Lannister, sarò io il tuo campione”.
Il cuore, che sembrava volersi fermare per la fredda agonia della prigione, divampò di speranza, e tornò a pulsare più frenetico di prima.
La Vipera contro la Montagna…potrebbe funzionare.

 

 
Le Dita erano quanto di più differente potesse esserci dalla capitale. Niente castelli, niente mura interminabili, niente mercati, pochissima gente (per lo più povera), e pareva addirittura che il sole non sorgesse mai del tutto, in quelle terre ammantate d’un grigio mogio e sciatto. L’unica cosa che aveva ritrovata era il mare, ma anche quello era estremamente diverso, scuro e ventoso, perennemente agitato…e comunque, dopo tante ore trascorse sulla nave, Sansa ne aveva ben donde, del mare.
Tuttavia l’aria della costa era sempre meglio del tanfo umidiccio e opprimente del piccolo palazzo in cui Petyr l’aveva condotta. “Ci tratterremo qui soltanto per qualche giorno; poi ti porterò in un luogo più adatto ad una lady”, le aveva detto, ma lei si sentiva sempre più debole, le doleva la testa e anche lo stomaco, e pregava dentro di sé che il momento della partenza arrivasse presto.
Nell’attesa, si recava spesso sulla scogliera, un anonimo e informe ammasso di rocce contro cui le onde si infrangevano incessantemente, ricoprendole di una schiuma bianca e gelida. Mirava l’orizzonte, fantasticando su un misterioso salvatore che, da un istante all’altro, sarebbe potuto giungere per prenderla con sé, salvarla da tutti quei sotterfugi che, nonostante fosse ormai l’erede di Grande Inverno, le sembravano ancora più grandi di lei, e condurla verso la libertà, quella vera, quella che sognava da innumerevoli mesi.
Quel salvatore cambiava continuamente identità: a volte era Robb, tornato dal mondo dei morti solo per riportarla a casa; altre volte era Jon, pesantemente vestito di nero come ogni Guardiano della Notte, cresciuto fino a divenire un uomo rispettabile; altre ancora era Theon, desideroso di redenzione dopo aver trucidato Bran e Rickon; avrebbe anche potuto trattarsi di uno straniero, magari un principe di Essos sbarcato a Westeros in esplorazione, oppure…oppure adesso le sembrava di vedere Tyrion, coi capelli scintillanti come l’oro, con una bandiera non porpora come quella dei Lannister, bensì nera come il loro destino; Tyrion che allungava una mano verso di lei per tentare di raggiungerla, ma che veniva sospinto dal vento sempre più lontano, fino a scomparire.
E scomparve. A Sansa pizzicavano gli occhi, perché si accorse che più tempo passava in quel paese dimenticato dagli Dei, più l’immagine del suo salvatore diventava confusa e sbiadita; si stava rassegnando al fatto che Ditocorto, forse, era l’unico a cui importasse ancora qualcosa di lei.

Sopraffatta da quelle emozioni, decise di rientrare nel palazzo. Percorrendo il corridoio, notò una stanza dalla porta socchiusa, dalla quale proveniva un vociare sommesso e vagamente sospetto. Pensò che le convenisse ignorare tutto e tirare dritto verso la sua camera, ma quando vi passò accanto udì un nome (o meglio, un soprannome) che attirò la sua attenzione, e non riuscì a resistere all’impulso di origliare.
“Novità sul Folletto?”, domandò una voce che riconobbe essere quella di Baelish.
“La capitale è in subbuglio, mio lord”, rispose invece una voce sconosciuta, probabilmente un sottoposto. “Il processo architettato dalla regina e da suo padre stava procedendo alla perfezione, finché lui non ha richiesto un verdetto per combattimento”.
“Tipico del nano. Ha fatto la stessa cosa quando è stato giudicato a Nido dell’Aquila: in quell’occasione riuscì a trovare un mercenario disposto a difenderlo per del vile oro, ma dubito che stavolta sarà così fortunato. Non ha più alleati alla Fortezza Rossa”.
“E anche se ne avesse non cambierebbe nulla: la regina ha già fatto sapere che il suo campione sarà la Montagna. Nessuno può passarla liscia contro quel diavolo” osservò l’altro, ridendo sguaiatamente.
“Già…qualunque scenario dovesse verificarsi d’ora in poi, prevederà l’uccisione del Folletto” commentò soddisfatto Ditocorto. “Un’altra testa che salta. Un altro passo verso la vetta. I tempi sono maturi…”.
Sansa trattenne il fiato. È vivo, dunque! È ancora vivo…ma come farà a cavarsela? Chi potrebbe sconfiggere ser Gregor?
Mentre cercava delle risposte a quelle domande, e mentre il battito del suo cuore accelerò alla notizia che l’ora di Tyrion non fosse ancora scoccata, Sansa si rese conto che la conversazione non era ancora finita: Baelish e il suo servo avevano solo abbassato la voce, per bisbigliarsi qualche altra cosa evidentemente segreta.
Si sporse un po' di più per carpire altre informazioni, ma nel farlo il suo piede urtò leggermente la porta, che cigolò fastidiosamente; nel medesimo attimo, nella stanza calò il silenzio.
No! Mi hanno scoperta!
L’immediato scalpitare che si sentì dall’interno la avvertì che stavano uscendo a vedere chi fosse, quindi fece finta di essere appena passata di lì, sperando di non destare dubbi.
“Sansa!”, chiamò la voce tagliente di Petyr, facendole gelare il sangue.
“S-si?”.
“Mia cara, dove sei stata?”.
“Ero sugli scogli…sono appena rientrata. Vorrei riposare un po'”.
“Certamente” sorrise lui, avvicinandosi lentamente e cingendole le spalle. Le sue dita erano sottili e fredde come delle lame.
“Sono contento che tu stia imparando ad apprezzare la mia terra d’origine. Il paesaggio non è un granché, ma qui sei al sicuro da ogni minaccia” aggiunse cordialmente. “Non ti ci abituare però: ripartiremo prima di quanto immagini, e non dovremo più nasconderci”.
“Mio lord…Petyr…dove siamo diretti?”.
Ditocorto, massaggiandosi i baffi, la fissò in modo enigmatico, probabilmente per capire se avesse ascoltato o meno il suo precedente dialogo.
“Andiamo nella Valle di Arryn. È lì che sposerò tua zia Lysa, ciò che rimane della tua famiglia. Tieniti pronta, Sansa: sta per cominciare un nuovo gioco”.

 

 
Quella sera Tyrion ricevette una seconda visita, ancor più piacevole della prima.
“Vedo che oggi siete in molti a preoccuparvi delle mie sorti”.
“E poi dici che nessuno ti vuole bene” scherzò Jaime, appena sedutosi accanto al fratello.
"Oh, e ti ringrazio per il vino: sarà una delle poche cose che mi mancheranno, qualora dovessi andare all'altro mondo" esclamò, versandoselo in un bicchiere e bevendolo avidamente. "Sii sincero: secondo te Martell ha qualche possibilità?".
"Non lo so. Non l'ho mai visto combattere".
"Neanch'io, ma 'Vipera Rossa' non mi sembra il nomignolo che ti viene affibbiato per caso...".
Sto cercando di convincere Jaime o me stesso?
"Se hai la coscienza a posto, gli Dei ti salveranno".
"Ho smesso da un bel po' di fidarmi degli Dei. Ho preteso un verdetto per combattimento solo per ritardare la mia esecuzione, per vedere se c'è ancora qualcuno che rischierebbe la vita per me senza essere pagato e...beh, per regalarmi un'uscita di scena più spettacolare!" spiegò Tyrion, con un'ilarità che stonava con la tensione del contesto. "E d'altra parte, cosa siamo noi agli occhi degli Dei se non dei miseri insetti?".
"A proposito d'insetti", s'illuminò Jaime; "ricordi nostro cugino Orson? Quello che batté la testa su una pietra quando era ancora un bambino e rimase un po' tardo...passava le sue giornate a schiacciare scarafaggi".
"Se me lo ricordo, chiedi?" replicò Tyrion alzando una delle sue folte sopracciglia. "Era la mia ossessione: anche dopo che te ne andasti io rimasi con lui a Castel Granito, incuriosito dal motivo che lo spingeva a compiere una tale strage. Per prima cosa gli domandai 'Orson, perché ammazzi gli scarafaggi?', ma l'unica risposta che ottenni fu 'li spiaccico tutti! Li spiaccico tutti!'", e nel raccontare imitò gesti e versi gutturali del povero cugino.
"Ti diverti a sfotterlo, vedo. Pensavo che i maltrattamenti subiti da bambino ti avessero avvicinato agli indifesi".
"Tutt'altro" lo contraddì, più serio che mai. "Ridere delle sventure altrui è l'unica cosa che mi fa sentire vagamente normale. Comunque, siccome Orson era indecifrabile, mi rivolsi ai maestri e agli eruditi. Sai cosa dissero? 'Sui grandi uomini della storia abbiamo montagne di libri, ma sui malati di mente abbiamo ben poco'...lo trovai davvero ingiusto. Non mi restò che tornare a osservare Orson, studiarlo, indagarne i comportamenti...non mi davo pace, mi svegliavo nel cuore della notte e nei miei incubi c'erano miliardi di miliardi di carcasse d'insetto che mi sommergevano fino a seppellirmi. Perchè lo faceva, Jaime? Non trovi che sia terribilmente crudele sterminare senza un motivo apparente tanti esseri viventi?".
"Non so dirti perchè lo facesse" commentò Jaime con disimpegno. "Uomini, donne e bambini muoiono ogni giorno (ma che dico: ogni minuto) in ogni angolo del mondo...a chi vuoi che freghi di qualche insetto?".
"Già, a chi frega?", ripeté Tyrion; poi tacque.
Fratello caro...una metafora perfetta, non credi?

Trascorsero il resto della serata a chiaccherare del più e del meno fino a quando Jaime non s'alzò da terra, lasciando intendere al fratello che era stanco e sarebbe andato a dormire.
"Lo invidio proprio il comodo giaciglio in cui stai per tuffarti, sai?" esclamò Tyrion. "È quasi un mese che dormo su queste dure e scabrose pietre del cazzo".
"Punto primo, è poco più di una settimana", ironizzò Jaime; "e punto secondo...non lamentarti sempre, ti assicuro che c'è molto di peggio: quando ero prigioniero degli Stark mi sbatterono in una gabbia grande quanto una scatola, a sorbirmi il fetore della mia stessa merda e del mio stesso piscio. Tu hai addirittura una latrina!".
"Oh si, che immensa fortuna che ho! Chissà se anch'io verrò liberato da una donna cavaliere di 2 metri pronta a scortarmi per tutti i Sette Regni...".
"Brienne eseguì gli ordini di Catelyn Stark, non i miei. È la persona più leale che abbia mai conosciuto" asserì Jaime con decisione, quasi come se si sentisse additato lui stesso al posto dell'amica; e a Tyrion non sfuggì una strana espressione di rimorso che attraversò il suo volto nel nominarla.
"Non ne dubito. Ti è molto cara, vedo".
Lo Sterminatore di Re non disse nulla, era troppo orgoglioso per ammetterlo, ma il suo zittire non faceva altro che dargli ragione.
"Non fare quella faccia, non c'è niente di male: a dispetto delle circostanze ai limiti del circense in cui ci siamo sposati, anch'io ho finito per affezionarmi a mia moglie, che come sai non è più qui".
Jaime era sul punto di scoppiare a ridere prima di accorgersi che il fratello fosse serio.
"Ti manca?".
"Abbastanza", ammise il Folletto con un sospiro. "Insomma, non che avessimo questa grande alchimia, però...lei ne ha passate tante, Jaime; più di quante ne meritasse. Ed è per questo che te la affido".
"Come?!", disse l'altro, arrivando quasi a sputare il vino per la sorpresa.
"Hai capito bene: Cersei e nostro padre non alzeranno un dito per me, ma a te so di poter ancora chiedere aiuto. La sera prima del processo Baelish è venuto proprio qui, ha rapito Sansa e l'ha portata chissà dove, per chissà quali ignobili scopi. Promettimi che se dovesse accadermi qualcosa, se dovessi morire...la troverai, la salverai da Ditocorto e la porterai in un luogo dove nessuno potrà più tormentarla. Promettimelo, Jaime. È l'ultimo favore che ti chiedo".
Soppesò la reazione del fratello a quella richiesta, aspettandosi mille e più scrupoli legati al far parte della Guardia Reale, ma invece Jaime non batté ciglio.
Sarà perchè ha pietà di me...cazzo, che finaccia che ho fatto.
"Va bene. Te lo prometto" disse Jaime, sugellando tutto con un gesto da giuramento, conscio ormai che poco valesse la semplice parola di colui che era noto come Sterminatore di Re. "E se non potrò farlo personalmente, passerò l'incarico a Brienne: dopo tutto, questo era il suo scopo originale".
"In tal caso, sarò debitore a Brienne di Tarth due volte: per aver riportato a casa mio fratello e per aver dato un futuro migliore a mia moglie. Spero soltanto di rimanere in vita per saldare il debito, in qualunque modo".
"Lo spero anch'io", concordò Jaime, "ma adesso sarà meglio provare a riposare un po'. Ci attende una mattinata impegnativa".
"E che possa essere la prima di molte altre mattinate impegnative" brindò il Folletto con un'ultima coppa di vino. "Buonanotte, fratello".
Ricambiando il saluto, Jaime uscì dalla cella e si congedò, abbandonandolo in balia delle riflessioni su ciò che l'indomani aveva in serbo per lui.

Ciao a tutti!
Eccomi di ritorno con un capitolo molto introspettivo, molto dialogato, ma spero comunque soddisfacente (a tal proposito, vi ricordo che ogni recensione e/o consiglio è sempre ben accetta/o!).
Oltre che da Tyrion, per il quale si avvicina l'ora cruciale del verdetto per combattimento, siamo tornati anche da Sansa, che si è allontanata dall'incubo di Approdo del Re solo per finire nelle grinfie di Ditocorto, del quale ancora non riesce a comprendere i reali piani.
La divergenza delle trame dei due protagonisti continua a darmi molti grattacapi, ma spero di venirne fuori in qualche modo.
Intanto vi ringrazio per il continuare a seguire la storia e vi saluto, sperando di poterla aggiornare in tempi più brevi.
Alla prossima!
P.S.: per il confronto tra Tyrion e Oberyn del primo paragrafo mi sono ispirato largamente ai libri, mentre dalla serie ho voluto trasporre l'aneddoto di Orson Lannsiter, uno dei più emblematici e misteriosi dell'opera.

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