I Can See Clearly Now di emmevic (/viewuser.php?uid=131809)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Imparare a dubitare e imparare a scegliere ***
Capitolo 2: *** Imparare a temere e imparare ad amare ***
Capitolo 3: *** Imparare a lasciarsi andare e imparare a lasciare andare ***
Capitolo 4: *** Imparare a vivere (come persone normali) ***
Capitolo 1 *** Imparare a dubitare e imparare a scegliere ***
I
C A N
S E E C L E A R L Y
N O W
(mani sporche)
Il dubbio è un
serpente. Striscia, si insinua dove non deve e infine morde dove fa
più male, dove la carne è tenera ed esposta. O
almeno, questo è quello che Castiel si ripeteva, quando
doveva tenere la testa china ed eseguire gli ordini del Paradiso senza
mai domandarsi cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Interrogarsi su
quale fosse il suo ruolo nel vasto disegno divino non era compito suo,
il suo dovere era verso il Paradiso e il Paradiso soltanto. Non
c’era né un io né un noi, ma solo una
volontà da seguire senza esitazione. Cieca obbedienza.
Avrebbe imparato solo molto tempo più tardi che non sempre
ciò che gli veniva ordinato era la cosa giusta da fare e
l’avrebbe compreso a caro prezzo, eppure, se ora gli
chiedessero se ne sia valsa la pena, Castiel risponderebbe
“sì” senza che un dubbio lo sfiori. Non
importa quanto faccia male avere le mani che grondano del sangue dei
suoi fratelli, la sua nuova famiglia è la cosa
più bella che gli sia mai capitata.
È imperfetta e si gridano addosso, ma ci saranno sempre gli
uni per gli altri.
⋯
La casa che Dean e Cas hanno ristrutturato, una villetta da sogno
americano con il tetto grigio e le pareti bianche (e un mucchio di
finestre per ogni parete), è la casa in cui Dean avrebbe
voluto crescere. È su due piani e ha un ampio giardino che
l’abbraccia da ogni lato, uno in cui lui e Sam da bambini
avrebbero potuto passare interi pomeriggi a rincorrersi e a giocare a
pallamano. È rassicurante ed è più
lussuosa di ogni motel in cui ha passato la maggior parte della sua
vita e non ha, tanto per dirne una, scarafaggi che escono dallo scarico
e lenzuola che puzzano di candeggina. È anche il luogo che
Jack ha imparato a chiamare casa
e questo secondo Dean è il complimento più grande.
Non lo ammetterebbe mai, perché Dean è fatto
così, ma il ragazzino è ormai parte della
famiglia, e anche se all’inizio non era riuscito ad
accettarlo, quei tempi sono ormai andati, sepolti sotto pagine di
ricordi e nuove esperienze. E quindi la casa che adesso abitano
è anche la casa di Jack.
“Mangiamo?”
Dean si gira di scatto. Lo sguardo che Jack gli rivolge
dall’altra parte della cucina, mentre porta avanti le mani e
si appoggia al tavolo in mezzo alla stanza, è quello di un
bambino che vuole qualcosa, ma non sa bene come dirlo e non vuole
essere il primo a esporsi. Non importa che quell’espressione
innocente sia sul volto di un finto ventenne, rimane
l’espressione di un bambino.
Dean fa un movimento vago con la mano, che accompagna a un cenno
d’assenso. Va
bene. “Preferenze?” gli chiede,
osservando come gli occhi del ragazzino brillino alla domanda e il
volto intero si faccia più luminoso. E luce fu. Sorridendo,
Jack annuisce e si siede.
“Hanno aperto una nuova hamburgheria in fondo alla via e
Leslie mi ha detto che devo provarli assolutamente. Potremmo prendere
d’asporto…” suggerisce il Nephilim con
le labbra strette in un sorriso storto. Una fossetta gli segna la
guancia.
“Chi è Leslie?” chiede divertito
l’ex-cacciatore e, quando Jack spalanca gli occhi e diventa
dello stesso colore della tovaglia, un rosso amarena, Dean sa di aver
posto la domanda giusta. E, in tutta onestà, lo rincuora
sapere che Jack finalmente
parli con qualcun altro oltre a lui, Sam e Cas.
“È… una mia amica”
deglutisce. “Una vicina.” Ma il lampo imbarazzato
che gli attraversa gli occhi racconta una storia diversa.
“Ah, quindi adesso si dice
così…” gli fa un occhiolino e Jack, se
possibile, diventa ancora più rosso: lo sguardo sfuggente.
“Prendiamo d’asporto quindi?” svia il
ragazzino, alzandosi in piedi e lanciandosi verso la porta. Sulla
soglia si ferma. “Va bene?” domanda con
metà viso nascosto dietro lo stipite.
Dean annuisce.
⋯
La prima volta che Castiel si è permesso di dubitare
è stato anni prima, in una stanza arredata in stile Art
Decò, quando un essere umano con tanta voglia di combattere
ma nessun asso nella manica l’ha guardato negli occhi e gli
ha chiesto aiuto. Dean Winchester, Spada di Michele e tramite su misura
per l’Arcangelo più potente del Creato,
l’ha pregato di fare qualcosa e Castiel l’ha fatto,
quel qualcosa. Ha accettato. Ma prima di porgergli la mano e ribellarsi
contro l’intera schiera celeste, Cas è scappato.
Perché avrebbe accettato di aiutare Dean Winchester in ogni
universo, ma disfare migliaia e migliaia di anni di cieco asservimento
e prendere la strada del libero arbitrio non è qualcosa che
accade così per così. Aveva dovuto ripensare a
tutto quello che aveva fatto, a tutto quello che il Paradiso gli aveva
chiesto di fare e agli occhi di Dean.
Arrabbiati. Impauriti. Ma
speranzosi. (Gli occhi di un Uomo Giusto.) E
così Castiel aveva dubitato e aveva deciso e, dopo essere
scappato, era tornato: si è ribellato per Dean Winchester, solo per Dean
Winchester.
Ci vuole mezz’ora perché Jack decida cosa
prendere. E quando finalmente si è deciso (Dean nel
frattempo si è già studiato il menu a memoria e
ha optato per un Cheeseburger
della casa doppio bacon) è il turno di Cas,
anche se Dean sa già cosa sceglierà. Non che ci
voglia un grande intuito, l’ex-Angelo prende sempre lo stesso
ordine. Ma chiamarlo è la cosa giusta da fare,
perché magari questa volta deciderà di provare
qualcosa di nuovo.
Dal tavolo della cucina dove l’ex-cacciatore e Jack osservano
il menu del ristorante, un foglio stropicciato, pieno di colori fluo e
piegato in tre parti, (“Me l’ha dato Leslie,
secondo te devo restituirglielo?” “No, Jack,
però dovrai dirle se ti è piaciuto il
panino.”) l’uomo grida un
“CAS!” che risuona per tutta la casa e sa di datti una mossa, che abbiamo
fame e devi scegliere. Il messaggio è chiaro e
il tono sa di calore e di casa. O almeno Dean lo spera.
Ma Castiel non arriva. Lo chiama una seconda volta, ma non entra dalla
porta della cucina. Jack intanto sta osservando il menu e non sembra
preoccupato. Nonostante abbia già scelto cosa ordinare, lo
sta ancora esaminando come se fosse la cosa più interessante
del mondo e non una semplice lista di hamburger con combinazioni
più o meno simili (tranne il Veggy che per Dean è
“un affronto al concetto stesso di hamburger”).
Prima che Dean chiami una terza volta Castiel (ora inizia a
preoccuparsi, una vecchia abitudine che gli è rimasta
radicata da quando Cas aveva le ali e il terribile vizio di scomparire
nel nulla in un puff
senza preavviso, per ricomparire mesi e mesi dopo in condizioni
pietose), Jack alza gli occhi dal foglio e con uno sguardo
indecifrabile lo informa che: “Credo sia in
giardino”.
Ah, ma avresti potuto
dirlo anche prima, eh.
⋯
Il dubbio va spesso a braccetto con l’indecisione.
Perché se hai la facoltà di dubitare, hai anche
la libertà di scegliere se eseguire o non eseguire un ordine
e hai quindi la possibilità di ritrovarti in
quell’orribile terra di mezzo che si trova a metà
esatta tra un’ottima decisione e una “meno
ottima”.
Nel caso di Castiel, c’è da dire che, se in un
tempo lontano lontano (davvero molto
lontano) era stato un grande stratega (di sicuro prima che conoscesse
Dean o che la sola idea di Dean balenasse nella mente di Dio) e aveva
dimostrato grandi capacità decisionali, in tempi
più recenti il suo metro di giudizio doveva essersi
incrinato perché non aveva fatto altro che prendere una
scelta meno saggia dell’altra (“di merda”
direbbe qualcuno). Una volta gli è parso di sentire Sam
bofonchiare qualcosa di molto simile a “Dean ti ha mandato in
corto circuito il cervello”, ma è abbastanza
sicuro che nessuno, per quanto speciale, sia fisicamente in grado di
mandarlo in corto circuito. Nemmeno ora che è umano.
Comunque.
Il punto è che prendere decisioni è difficile,
mentre seguire gli ordini è facile, ma non
c’è giorno che Castiel non si senta fortunato di
questo peso.
Si è ribellato, ha ucciso i suoi fratelli ed è
caduto, cose che di certo non ricorda con un sorriso, ma, se
rimpiangesse il proprio cammino, dovrebbe rimpiangere anche Jack e
lui… Jack è una cosa molto, molto bella. Assieme
a Dean, Sam e Mary è il nuovo centro del suo mondo.
⋯
Il giardino è l’ultima parte della casa a cui si
sono dedicati per la ristrutturazione. È quasi finito,
mancano solo i dettagli. La staccionata Dean l’ha montata
solo qualche giorno fa (con un sacco di sudore, fatica e blasfemie) e
deve essere verniciata. O almeno così credeva
l’ex-cacciatore.
“Bello” commenta Dean, osservando la recinzione
appena pitturata. Un bianco accecante che gli ricorda un po’
troppo il Paradiso, ma
va beh. “Stiamo scegliendo cosa mangiare.
Prendiamo hamburger d’asporto, cosa vuoi?”
“Ah,” risponde Castiel senza nemmeno guardarlo
negli occhi. Ha le mani e la faccia impiastricciate di bianco (le mani
poi sono sporche
sporche sporche e anche i ciuffi ai lati del viso) e ha lo
sguardo fisso di quando qualcosa non lo convince. Quando è
così concentrato, sembra ancora Castiel l’Angelo.
“Il solito.”
“Non vuoi nemmeno vedere il menu, Cas?”
Scuote la testa. “Sono impegnato.”
A fare che?
Gli vorrebbe chiedere Dean, perché (sul serio) la
staccionata è già completamente verniciata e
c’è poco da fare ancora lì fuori.
Soprattutto fissarla così non porterà a nulla.
“Non so…” lo vede sospirare Dean.
“Forse starebbe meglio ritinteggiarlo panna..?
Perché a guardarla ora credo sia troppo bianca e ho letto su
una rivista che…”
“Cas.”
L’ex-Angelo tace e alza gli occhi al cielo.
“Dean.”
“Cas”
rimarca Dean, piccato.
Jack, intanto, li osserva dalla soglia di casa con il menu in mano.
Vuole solo mangiare il suo hamburger e parlare con Leslie e non gli
importa dei dubbi esistenziali dei suoi genitori. Lui vuole la sua cena
e ha l’impressione che Dean e Cas la tireranno per le lunghe.
L’attimo dopo non è più sulla soglia di
casa.
Puff.
- Ehm, questo è quello che chiamo il
tentativo di riprendere a scrivere. Non so se il mio
"tentativo" sia riuscito, se i personaggi siano OOC o se
interesserà a qualcuno leggere questi quattro capitoletti,
ma ci ho provato. Mi sono permessa di sperimentare e di scrivere
qualcosa che mi frullava in testa da un po' di tempo a questa parte. La
raccolta si colloca in un finale ipotetico che non considera le ultime
due stagioni, la 14 e la 15 (perchè non le ho ancora viste,
fondamentalmente). Come potete leggere nell'introduzione e come si
capirà man mano dal testo, è un mondo senza
Angeli e senza Demoni, in cui i Winchester sono andati in pensione, Cas
è diventato umano al 100% e tutti vissero felici e contenti con
Jack al seguito. Tutto molto allegro e molto domestico
<3 (perché in quarantena ho bisogno di dolcezza).
Infine, la forza per mettermi a scrivere questa mia piccola idea e che
ha di fatto portato a questa fanfiction mi è stata
data da un'iniziativa organizzata da un forum di scrittura: questa storia partecipa infatti
al contest “Be our Guest” indetto dal forum Piume
d'Ottone (se vi piacciono questo genere di iniziative, vi
consiglio di passare). Per il resto, se vi è piaciuto, mi
piacerebbe tanto saperlo, essendo la mia prima volta in questo fandom (<3) e
non avendo idea se le caratterizzazioni siano piuttosto plausibili.
P.S. il prompt è mani sporche (+ imparare) e il
titolo l'ho preso in prestito da una canzone di Jimmy Cliff. Questa.
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Capitolo 2 *** Imparare a temere e imparare ad amare ***
I
C A N
S E E C L E A R L Y
N O W
(“È
terrificante avere qualcosa da perdere”)
Dio ha ordinato agli angeli di
amare l’uomo, ma l’amore di un angelo è
freddo e distaccato. Non è come lo intendono gli umani, un
sentimento totalizzante, caldo e irrazionale, e Castiel fino a quando
non è sceso sulla Terra, calandosi dentro Jimmy Novak, non
avrebbe mai potuto comprendere cosa significa amare alla maniera umana.
Quello che provano gli angeli è, a posteriori,
un’ombra appannata. Qualcosa di astratto e lontano. Per amare
davvero è necessario toccare, vedere, respirare: bisogna
essere fatti di carne e provare dolore, ma soprattutto capire la
mortalità (sentire almeno una volta la morsa pungente della
paura).
Castiel non ha mai provato terrore, né panico, non
finché eseguiva gli ordini del Paradiso: ha cominciato ad
avere paura solo quando ha conosciuto Dean. Perché la cosa
buffa dell’amare alla maniera degli umani è che,
appena succede qualcosa di brutto, hai questo tuffo al cuore al
pensiero che sia successa una disgrazia proprio a quel
qualcuno che hai deciso di rendere il centro del tuo mondo.
Cas non è stato creato per avere paura, ma ha imparato lo
stesso ad averla, perché quando il tuo centro è
Dean Winchester, cacciatore professionista, Spada di Michele, Uomo
Giusto e calamita di guai, alla fine ti ritrovi a convivere con
un’ansia che un test online, fatto per scherzo in una notte
annoiata, ti diagnostica come “cronica”. Ma non importa, alla fine
sarebbe peggio non provarla affatto, soprattutto ora che ha trovato la
sua piccola porzione di Paradiso e per questo è diventato
umano. Non può far altro che accettare l’intero
pacchetto: amore, paura, gioia, tristezza e tutto il resto. E,
sì, ne è valsa la pena. (Anche perché poi,
in realtà, ha anche imparato ad accoglierla come parte dell’esperienza umana, la paura, e
da quando l’ha fatto tutto
è diventato un po’ più semplice,
innanzitutto gestirla).
⋯
La staccionata è ancora fresca, si sta asciugando (alla fine
Castiel ha accettato di lasciarla bianca, mal che vada potrà
sempre ritinteggiarla più avanti). Dean ha dovuto insistere,
ma niente di nuovo sotto il sole: qualche volta l’ex-Angelo
ha bisogno di una spintarella
e così, morale della favola, anche lui ha convenuto che in
fin dei conti è solo una staccionata e non è un
così grande problema che sia troppo bianca e troppo poco
panna. In realtà il vero problema (ma questo solo secondo
Dean, a giudicare dall’espressione composta di Castiel)
è che Jack non si trova.
Jack, ingenuo, adorabile, imbecille
imbecille imbeccile Jack, non è più
in casa. È scomparso e con lui è sparito anche il
menu. (“Io lo strozzo.” “DEAN.”
“Cas, se lo merita! Andarsene così senza dirci
niente!” “Strozzarlo non lo aiuterà a
cambiare attitudine. E sono sicuro che stia bene, mi fido di
lui” “Mi
fido di lui un… e questo lo dici tu,
Cas, che sta bene!”).
Che poi è quasi routine, questa.
Perché è inevitabile che in casa regni il caos,
quando tuo figlio adottivo è l’Anticristo
(soprattutto se il Nephilim in questione ha il brutto vizio di
spalancare le ali e andare a trovare l’altro suo
papà, quello che vive tre stati più in
là e dopo una vita da cacciatore ha deciso di fare un
ritorno alle origini e di riprendere gli studi a
Stanford).
“Scrivo un messaggio a Sammy, visto che tuo figlio non
risponde al cellulare” ringhia Dean a Cas, irritato, come se
fosse colpa sua che Jack soffra del suo stesso vizio e abbia preso
l’abitudine di sparire in un puff senza dire
niente a nessuno. (Per lo meno Jack torna sempre nel giro di qualche
ora e non mesi e mesi dopo. Non come qualcuno).
La cosa sfortunata però è che, no, le ramanzine
che Dean gli propina ogni volta non gli hanno insegnato nulla,
soprattutto perché Cas in questo frangente non lo appoggia
affatto. La filosofia che l’ex-Angelo ha adottato con Jack
è infatti diametralmente opposta e l’ha presa a
piè pari da un libro sulla Comunicazione non violenta:
volume breve che dice di lasciare il giusto spazio ai
figli adolescenti. (“È scritto qui, Dean, che non
dobbiamo tarpargli le ali. Figurativamente e, secondo me, anche
letteralmente: deve imparare a sbagliare”). Peccato che suddetto adolescente
abbia in realtà quattro anni e non sia quindi tanto un
adolescente quanto più un moccioso, vorrebbe
dirgli Dean ogni volta, e qualche giorno fa gliel’ha anche detto
(gridato addosso, più che altro), per poi beccarsi
un’occhiata inquisitoria da Castiel che lo informava di non
“umanizzare” troppo Jack. “Non
dimenticarti che è un Nephilim, Dean, non un normale essere
umano” aveva puntualizzato, come se Dean potesse dimenticarsi
un dettaglio del genere, ed essere
umano l’aveva pure virgolettato con le mani,
tanto per sottolineare il concetto.
Dio.
Castiel in tutto questo, comunque, con Jack scomparso per
l’ennesima volta e la pancia tristemente vuota, ha pure la
grandissima faccia tosta di sedersi nel prato e guardare il cielo. Loro
figlio è scomparso (di nuovo) e lui guarda il tramonto. Il tramonto.
Alla fine, quando Sammy risponde a Dean e gli scrive che “no,
mi spiace, non è qui”, lo sguardo che
l’ex-cacciatore lancia a Castiel è di
esasperazione pura. Cas, invece, ha anche il coraggio di rivorgergli un
sorriso flemmatico.
“Vedrai che tornerà prima delle dieci”.
Dean si limita a ignorarlo e a imboccare il vialetto, dirigendosi verso
l’hamburgheria.
Magari è
lì.
⋯
Se la paura è una morsa che si stringe attorno al cuore, un
freddo che ti intirizzisce fino nelle ossa, l’amore
è farfalle nello stomaco e una sensazione di calore che dal
petto si irradia fino al viso e ti fa brillare gli occhi.
All’inizio è stato difficile capire la differenza,
soprattutto perché Castiel nella sua vera forma
(“un’onda multidimensionale di intento
celeste” come qualche volta gli ricorda Dean facendogli il
verso) un cuore non ce l’ha, e nemmeno delle ossa, e
soprattutto uno stomaco. Abituarsi ad avere degli organi interni
richiede, in effetti, un certo quantitativo di tempo, ma alla fine
è riuscito comunque a capire cosa voglia dire cosa. In
relativamente poco tempo, quando ancora era un Angelo e lavorava per il
Paradiso, era anche giunto alla conclusione che, per qualche strana
ragione, stare vicino a Dean era meglio che stare lontano da Dean.
Qualcosa al centro del petto di Jimmy si scaldava tutto alla sola vista
dell’uomo che aveva strappato dall’Inferno.
Una decina d’anni dopo Cas chiama quel sentimento amore e,
anche se la prima volta che ha compreso veramente la sua natura
è stato parecchio tempo prima, è nel mezzo che ha
imparato cosa significa avere paura (e non averne).
⋯
All’hamburgheria in fondo alla via non
c’è traccia del Nephilim e Dean sente la vena che
gli attraversa la fronte iniziare a pulsare in maniera allarmante. Che
Jack se ne vada in giro da solo non gli piace, perché il
mondo rimane un posto orribile. Anche se ora, con i cancelli del
Paradiso e dell’Inferno chiusi, di Angeli e Demoni non
c’è più traccia sulla Terra
perché non possono più scendere (o salire,
questione di prospettive), ci sono comunque le streghe. E i Vampiri. E
i Ghoul. E un sacco di altre cose che di sicuro non possono uccidere
Jack, ma possono fargli male. In più Jack ha solo quattro anni ed
è di una ingenuità imbarazzante, gli
ricorda una vocina fastidiosa nella testa, ma è solo un
attimo.
“Dean” lo raggiunge la voce di Cas, strappandolo
dai suoi pensieri, e l’ex-cacciatore si volta di scatto. Quindi ha smesso di guardare il
cielo, pensa con una nota di astio mentre gli lancia uno
sguardo che spera tanto trasmetta tutta la sua infinta insofferenza.
“Dean,” ripete l’ex-Angelo senza cedere
di un millimetro (ha attraversato Inferno e Purgatorio, non
sarà lo sguardo di Dean a farlo tremare) “devi
imparare ad avere più fiducia in Jack” e prima che
il cacciatore in pensione possa ribattere, Cas lo blocca con un cenno
della mano e riprende a parlare. “Lo so,” chiarisce
“lo so che
tu non vuoi che gli accada nulla. Che hai paura di perderlo come molte
persone che hai perso prima di lui, ma devi imparare a dargli fiducia.
Quando io e te non ci saremo più, e potrebbe essere fra
vent’anni come fra cinquant’anni o l’anno prossimo, lui rimarrà solo.
Deve imparare a prendersi cura di se stesso”.
“Ma ha solo quattro anni!” ribatte Dean a voce un
po’ troppo alta e quando un passante lo guarda incuriosito
è già pronto a dirgliene quattro, se solo Cas non
lo interrompesse prima.
“Devi smetterla di considerarlo umano.”
“Non sarà…” Dean abbassa la
voce, perché davvero non vuole che tutti i clienti
dell’hamburgheria lì di fronte si facciano i
fattacci dei Winchester. “Non sarà umano, ma
può comunque morire o soffrire, come è stato
ampiamente dimostrato” ringhia, ma Castiel non incassa il
colpo e non sposta manco lo sguardo: continua a fissarlo.
“Dean, tu gli darai fiducia” stabilisce
l’ex-Angelo. Lo dice con una finalità che ha
dell’ultraterreno e per un attimo l’ex-cacciatore
si ricorda perché Cas all’inizio lo mettesse
così in soggezione. Sembra pronto a infilzarlo se non
concorda qui e ora con ciò che gli sta dicendo.
Abbassa gli occhi, sconfitto, anche se non completamente
d’accordo.
“Quando torna, gli parlerò io questa volta. Gli
farò capire che deve avvisarci e deve farci sapere dove va e
quando intende tornare, ma tu in cambio gli darai fiducia”
gli spiega Castiel e Dean vorrebbe dire qualcosa, sta per dire
qualcosa, ma si blocca.
Annuisce e osserva in silenzio la strada affianco. Tutto pur di non
incrociare lo sguardo dell’ex-Angelo.
“Hai fame?” L’ex-cacciatore gli chiede,
cambiando argomento.
Castiel scuote la testa. No.
“Tu?” gli chiede.
“Preferisco tornare a casa ad aspettare Jack.”
⋯
Un mondo senza Dean Winchester è inaccettabile. Senza Sam
sarebbe triste, il mondo, e anche senza Mary, ma senza Dean sarebbe
semplicemente inammissibile. O almeno, questo era quello che Castiel
pensava mentre infilzava Billie. La mietitrice, poi, si era accasciata
con un orribile lamento ed era stato brutto. Non quanto uccidere i
propri fratelli, ma comunque era stato spiacevole (anche se dire addio
a un Winchester sarebbe stato peggio).
Tutto si riduceva sempre a quello, niente era più
terrificante per Castiel di non poter più esistere assieme a
Dean e questo, in realtà, non è cambiato affatto,
gli anni sono passati e le battaglie sono state combattute, ma la paura
sotto sotto è rimasta, anche se ormai (sarà
l’età o sarà l’essere
divenuto umano) l’ex-Angelo ha imparato a dominarla.
Un grande deterrente è sapere che lui e Dean stanno
sfruttando il tempo che rimane loro nel miglior modo possibile,
rispondendosi a male parole nella cattiva sorte, rotolandosi tra le
coperte nella buona e amandosi indipendentemente da tutto, bene, male e
routine.
Un altro sorprendente deterrente è la fiducia. Avere fede
nelle capacità di Dean significa azzittire la paura (e,
comunque, adesso che vivono in una periferia qualunque e i Winchester
sono ufficialmente in pensione c’è davvero poco da
temere). Castiel quindi pensa a Jack e non ha paura. Perché
se riesce a fidarsi che Dean, l’uomo idealmente
più sfortunato dell’universo, possa sopravvivere
senza che lui si faccia in quattro, allora può perfettamente
accettare l’idea che Jack voli in giro per il mondo senza
avere attacchi d’ansia al solo pensiero.
Che tanto non avrebbe senso, perché nessuno potrebbe stargli
più dietro, le sue ali Castiel le ha perse da tempo. Ma,
soprattutto, adesso che Cas è umano, nel tempo che gli
rimane da vivere deve insegnare a Jack a esistere senza di lui (e senza
Dean e Sam). Ciò che tenta di fare, quindi, non è
ascoltare le proprie paure, ma cercare di indirizzare suo figlio verso
la scelta giusta e fidarsi che non faccia idiozie.
⋯
Jack è tornato. È apparso in cucina dopo
un’ora scarsa dalla sua scomparsa (ben prima delle dieci),
con un sacchetto di carta da cui proveniva un invitante profumo di
carne. “Ho preso da mangiare” ha detto e poi si
è seduto, estraendo dal sacchetto tre pacchetti e
appoggiandoli sul tavolo. “Per te il solito,” ha
precisato rivolgendosi prima a Castiel “per te il doppio
bacon” e poi a Dean. L’ex-cacciatore ha quindi
guardato Cas, ricordandosi il discorso di poco prima sulla fiducia e
tutto quanto, ha afferrato dal frigo tre birre e poi, acchiappato
l’hamburger, si è morso la lingua, riempiendosi la
bocca di pane, carne e salse.
Un’ora più tardi Dean li osserva dalla finestra
mentre padre e figlio parlottano fitto fitto in giardino, sotto una
luna piena e un cielo terso.
Ha quasi un buon presentimento.
- Il prompt di questo secondo capitolo è "è terrificante avere
qualcosa da perdere" (+ imparare).
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Capitolo 3 *** Imparare a lasciarsi andare e imparare a lasciare andare ***
I C A N
S E E C L E A R L Y
N O W
(sigaretta)
Il tempo che una sigaretta ci
impiega per raggiungere terra, questo è quanto è
servito a Castiel per capire che ama Dean.
Prima sapeva solo di volergli stare accanto e di volerlo aiutare, gli
era sufficiente essere quella speranza che Dean aveva bisogno che
fosse, non gli serviva altro, ma la rivelazione che quello fosse amore,
come ora sa bene, è arrivata lo stesso: inaspettatamente e
in punta di piedi. (Era anche un mercoledì.)
Si trovavano fuori da uno dei motel in cui i Winchester, quando ancora
non erano in pensione e rincorrevano il sovrannaturale, erano abituati
a fermarsi: una luna piena illuminava il parcheggio in cui Dean aveva
appena posteggiato l’Impala, e l’Angelo (lo era
ancora, allora) stava guardando il cielo pensieroso. C’era
una figura che fumava a lato strada, proprio sotto uno dei lampioni, ma
non era una minaccia, solo un uomo come tanti. Tutto era tranquillo.
C’era pace, o sembrava ci fosse.
“Tutto bene?” gli aveva chiesto a un certo punto
Dean, attirando la sua completa attenzione (improvvisamente non
c’era più né la luna né
l’uomo con la sigaretta, anche il parcheggio era sparito e
tutto si era defocalizzato, ogni cosa tranne Dean), e in
quell’esatto momento Castiel aveva capito che quello era
amore. Sotto la luna e le stelle, in una notte che non era poi
così diversa dalle altre, la voce di Dean l’aveva
fatto sentire più che mai parte di qualcosa. Non era mai
stato così vicino a qualcuno e allo stesso tempo
così lontano da tutto il resto.
Non ti
abbandonerò mai pensò in
quell’epifania di un giorno qualunque.
Dean era (ed è) la sua ancora.
⋯
Jack non è umano.
Cas gliel’ha ricordato in più occasioni e, anche
se qualche volta Dean tende a dimenticarselo (ma non lo ammetterebbe
mai), è comunque difficile fare pace con la nozione che a
soli quattro anni il ragazzino possa andare in giro da solo. Ancora di
più se questo implica permettergli di andare
dall’altra parte del mondo in cambio della sola promessa di
tornare e con nessun’altra certezza. “Non
c’è niente che possa ucciderlo, Dean”
l’ha tranquillizzato questa mattina Castiel e, sebbene abbia
accettato di lasciarlo fare (almeno per questa volta), per
l’ex-cacciatore è come muoversi contro ogni fibra
del suo essere.
È nella sua natura preoccuparsi per gli altri. Se
così non fosse, non ci sarebbero altri in primo
luogo, visti i continui tentativi da parte delle influenze celesti di
rendere la Terra una palla infuocata; peraltro puntualmente dirottati
da nientemeno che i fratelli Winchester.
Con una mano sulla staccionata (che adesso, asciutta, è meno
“bianco accecante” del giorno prima) Dean guarda
quindi l’orizzonte (la casa dei vicini) e intanto ripensa a
quello che da ieri continua a dirgli Castiel, ossia di stare calmo, di
fidarsi, di lasciar crescere Jack e
bla bla bla. Come se fossero una normale famiglia di
periferia e loro figlio un adolescente standard. Come no. Che poi,
se anche fosse un normale adolescente, Dean ha come il presentimento
che le sue preoccupazioni continuerebbero a ronzargli in testa come
mosche (anzi, magari sarebbero anche più di quante siano già
ora, le sue apprensioni, ma questo è meglio non dirlo a Cas).
È dunque in piedi sul limitare del giardino, a rimuginare
con la mano ancora sulla staccionata, quando un rumore di passi lo fa
voltare. Jack. Per
lo meno non si è teletrasportato in giardino come la
settimana scorsa… i vicini li guardano straniti da quel
giorno e davvero sarebbe meglio non ripetere l’esperienza.
“Mi spiace per ieri sera,” gli dice il ragazzo con
un broncio dispiaciuto (qualche volta fa ancora fatica con le
espressioni e in questo
caso gli è uscita proprio male pensa Dean,
mentre si incolla un sorriso tirato sulla faccia). “Non
pensavo fosse così importante avvertirvi quando
esco” pausa. Un’altra espressione poco convinta gli
attraversa il volto e Dean cerca di trattenersi dal roteare gli occhi.
“Anche se me lo dici sempre, in effetti” conclude
infine Jack, guardandolo in volto.
A questo punto l’ex-cacciatore preferisce soprassedere e gli
risponde in tono volutamente non accusatorio, sviando il discorso.
“Ieri sera ti ho cercato in hamburgheria, ma non
c’eri” Dean informa il Nephilim, lasciando
sottointesa la domanda dove
diamine eri? (visto che alla fine, in effetti, si
è presentato a casa con i panini di quella stessa
hamburgheria); domanda a cui Jack prontamente risponde senza un filo di
rimorso.
“Ah, è che sono volato fino a Vancouver, ho visto
sul loro sito che lì c’era un altro locale della
stessa catena” butta lì, come se non avesse appena
ammesso di aver lasciato gli Stati Uniti ed essere andato in Canada per
del fast food. A questo punto Dean si sente cogliere dal principio di
un’emicrania quando Jack, con nonchalance, lo informa anche
che: “In quello dietro casa c’era troppa
fila”. Motivazione
eccezionale.
“E quindi sei volato fino a
Vancouver…” Dean ripete le sue esatte parole
cercando di digerire l’informazione. “Ma ci hai
messo un’oretta” aggiunge l’ex-cacciatore
senza capire, il tono confuso. In teoria, se Jack è andato a
Vancouver per evitarsi la coda (in effetti c’era molta gente
dentro e fuori dal locale del loro quartiere, ricorda Dean),
perché allora ci ha messo così tanto?
Il ragazzo si porta una mano dietro la testa, imbarazzato.
“Per strada ho visto-” sta dicendo, ma Dean lo
blocca con un cenno della mano in un va bene, non importa.
Perché in fin dei conti non vuole saperlo, meglio non saperlo:
non ha l’intenzione di rendere il principio di emicrania
un’emicrania effettiva, quindi rivolge a Jack un sorriso di
circostanza, sperando che l’altro non se ne accorga, e gli
dà una pacca sulla spalla.
“Basta che la prossima volta ti ricordi quello che ti ha
detto Cas, di avvertirci e tutto il resto” gli dice, e prima
che possa buttare un braccio attorno al collo del Nephilim e rientrare
in casa con lui, Jack sparisce in un puff che a quel
punto gli fa davvero venire l’emicrania del mese.
(Jack, intanto, è ricomparso direttamente in casa sul divano
e uno dei loro vicini boccheggia alla finestra.)
⋯
Tra Dean e Cas le cose, ben prima che divenissero
“ufficiali” e tutto quanto, non sono mai andate
tanto bene. Gli alti e i bassi erano (sono) la norma, ma il non dirsi
mai veramente addio era ed è la loro costante. Si sono
sempre orbitati attorno senza rendersene conto: se Dean è la
Terra, Cas è la Luna, lontano ma allo stesso tempo vicino.
Questo non significa che siano sempre stati compatibili. Quella strana
cosa che è la compatibilità l’hanno
acquisita con parecchia fatica dopo essere morti (o quasi) almeno un
paio di volte ciascuno. Perché, sul serio, per rimettere le
cose in sesto morire è forse la cosa che più di
tutte riesce a riportarti a uno status quo. C’è
stato lo scandalo del tradimento con Crowley, c’è
stato il marchio di Caino, c’è stata tutta la
questione del Purgatorio (e molto altro ancora), ma alla fine, in
qualche modo, hanno superato tutto, lasciandosi ogni torto alle spalle.
Non si sono mai veramente salutati, hanno tenuto duro e hanno imparato
a incastrarsi e anzi. Anzi, quando le porte
dell’Inferno e del Paradiso si sono finalmente chiuse e
Castiel ha perso tutto ciò che lo definiva un Angelo,
è a quel punto che le cose si sono davvero fatte
interessanti.
Da Angelo Cas non avrebbe mai immaginato certe sensazioni puramente
fisiche che solo gli esseri umani possono provare, e così la
sua nuova quotidianità dopo l’exit di Angeli e
Demoni è cominciata con un set di sensazioni che mai si
sarebbe sognato. Quando infatti si è deciso a baciare Dean
per poi spingerlo verso il letto con una determinazione che aveva
lasciato l’ex-cacciatore boccheggiante (Dean non se
l’era aspettato questo colpo di scena, ingenuo da parte sua),
è stato allora che è avvenuta la magia.
Quello che ha provato (e che prova ogni volta) con Dean impallidisce a
confronto di quello che aveva sentito con April, la mietitrice con cui
mille vite fa aveva perso la sua verginità.
Con Dean, molto semplicemente, è il Paradiso.
⋯
Avere la certezza che Jack ascolti Cas, ma non Dean, per
l’ex-cacciatore non è proprio il massimo, ma non
può fare nulla al riguardo, se non seguire le direttive di
Castiel e sperare che vada tutto bene. L’ex-cacciatore
oltretutto si sta effettivamente impegnando, così quando
Jack, ancora sul divano mentre si gode un episodio di Scooby-Doo, lo
guarda e gli chiede se può andare da Sam, Dean si scioglie
dal momento che questo è a tutti gli effetti un bel passo
avanti. Gliel’ha
chiesto. Gli ha chiesto se può uscire. (E
l’emicrania qui si allenta, perché non solo la
scena di Jack che guarda Scooby-Doo è davvero troppo dolce, ma il
fatto che il Nephilim abbia finalmente capito che chiedere di uscire e
avvisarli non è un optional è indubbiamente un
bel risultato: ciò che sperava di ottenere).
Castiel intanto, che è sulla poltrona di fianco al divano su
cui Jack ha preso posto e tecnicamente starebbe leggendo un libro, alza
gli occhi e, con un sorriso e un sopracciglio sollevato da te l’avevo detto
(Dean già se lo immagina mentre gli fa notare che aveva
ragione, che avrebbe dovuto gestire lui la situazione da subito),
incrocia lo sguardo dell’ex-cacciatore.
Dean allora non si trattiene e rotea gli occhi di fronte alla reazione
dell’ex-Angelo, prima di rispondere a Jack e dirgli che:
“Certo, puoi anche fermarti a dormire da lui se vuoi. Entro
domani a pranzo però ti vogliamo a casa”.
Il Nephilim annuisce e puff,
è già sparito dal salotto, destinazione Sam.
Castiel a questo punto alza ancora di più il sopracciglio e
il suo sguardo da te
l’avevo detto diventa qualcosa più:
il focus aumenta e fissa Dean come se fosse l’unica cosa che
esista al mondo ed è così che
l’ex-cacciatore improvvisamente realizza che, wow, hanno la casa
tutta per loro.
È un attimo (il tempo che una sigaretta ci impiega per
raggiungere terra) quanto è servito a Dean per lasciarsi
andare quando Castiel l’ha baciato per la seconda volta. Al
primo bacio ha boccheggiato, per l’appunto, ma al secondo ha
risposto con l’entusiasmo che Cas si era augurato, poi hanno
toccano il letto e sono stato scintille. Non letteralmente,
perché Castiel non è più un Angelo e
non è più in grado di mandare in corto circuito
l’impianto di una casa (o di un bunker, visto che erano
ancora lì quando tutto è successo), ma le
scintille ci sono state lo stesso.
I due mondi si sono collisi e Castiel e Dean sono diventati
un’unica cosa: si sono finalmente lasciati andare.
⋯
Jack è tornato a casa proprio quando doveva tornare: per
pranzo. Ha rispettato perfettamente il coprifuoco che Dean gli ha
imposto e anche questo l’ex-cacciatore può
considerarlo un passo avanti, il che lo porta alla considerazione che
magari Jack non è così ingenuo e inaffidabile come
credeva. Bastava che fosse Cas a spiegargli la questione.
Ed è la mattina seguente che a Dean arriva
l’ennesima conferma che le orecchie di Jack non siano
lì per addobbo, ma per effettivo uso (nelle settimane
precedenti un po’ aveva iniziato a preoccuparsi, era come se
tutto gli entrasse da una parte e gli uscisse dall’altra).
Perché, vittoria,
Jack di nuovo gli chiede se può uscire. (“Vado a
farmi un giro, ok?” le esatte parole, quindi era forse
più una constatazione, ma è comunque una
vittoria).
Quando poi gli ha chiesto dove andasse per sincera curiosità
e non per paranoia, Dean ha sentito una vampa d’orgoglio per
il proprio passo avanti: ha imparado a lasciarlo andare, forse. Inaspettato, come progresso, anche se sudato.
“In giro con Leslie” ha risposto Jack mentre un
leggero rossore gli colorava le guance.
Quanto starai via? stava anche
per chiedergli Dean per pura curiosità (o forse no,
stavolta) quando Castiel, dall’altra parte della stanza,
l’aveva anticipato con un “Ti aspettiamo per cena,
Jack”.
Semplice e veloce.
E così la casa, adesso che Jack è in giro con
Leslie, è di nuovo tutta per loro.
- Questo terzo capitolo non mi convince, ma non riesco
a scriverlo in un altro modo (purtroppo), quindi alla fine ho deciso di
pubblicarlo ugualmente. Il prompt in questo caso è sigaretta (+ imparare).
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Capitolo 4 *** Imparare a vivere (come persone normali) ***
I
C A N
S E E C L E A R L Y
N O W
(“Non hai bisogno che ti
dica cosa fare”)
Dal momento in cui ha
strappato Dean Winchester dall’Inferno e l’ha
riportato nella terra dei vivi, ci sono nozioni che Castiel ha
assorbito un po’ per caso, un po’ per
necessità e un po’ per amore. Perché
camminare tra gli uomini fa questo: ti cambia in maniera indelebile,
insegnandoti lungo la via a comportarti come uno di loro. Il fatto che
adesso sia a sua volta umano è una testimonianza
più che sufficiente a dimostrazione di ciò.
Così, quando ancora era un Angelo, Castiel ha imparato che
Dean alla mattina deve bersi almeno una tazza di caffè o
rimane di cattivo umore per tutto il giorno, anche “peggio di
un orso” (caso); quando poi è diventato umano, ha
imparato a sua volta a farsi il caffè perché,
senza una buona dose di caffeina, l’ex-Angelo si è
reso conto che la giornata non può iniziare nel verso giusto
(necessità); ma soprattutto, da quando si sono trasferiti
nella loro nuova casa di periferia e hanno comprato una moka degna di
questo nome (quella nel bunker se l’è tenuta Sam,
portandosela con sé a Stanford), Castiel ha imparato come fare a Dean il
caffè perfetto (amore).
Lo vuole amaro, senza zucchero e non troppo caldo e, quando finisce di
berlo, l’ex-cacciatore gli rivolge sempre un sorriso appena
accennato che fa capire a Castiel che, sì, ne vale la pena
alzarsi un po’ prima alla mattina per preparargli sto benedetto caffè.
E non ci sarebbe nemmeno bisogno che gli dica grazie, ma Dean lo
ringrazia lo stesso, sia con gli occhi sia con la voce; la pensione e
la mancanza di catastrofi incombenti gli stanno decisamente facendo
bene, ed è in questo quadretto idilliaco che Cas una tazza
alla volta cerca di migliorargli ulteriormente la vita.
Il Paradiso in Terra: quello è l’obiettivo che
l’ex-Angelo si è prefissato per Dean.
…
“Ormai credo di aver capito quando una cosa è
giusta e quando è sbagliata” così
esordisce Jack, nel momento in cui raggiunge Dean in salotto e gli si
siede accanto sul divano. “All’inizio ero un
po’ confuso,” specifica il Nephilim “ma
adesso mi è tutto chiaro, tu, Sam e Cas siete
stati… esplicativi”.
Al che il ragazzo guarda negli occhi uno dei suoi tre padri,
l’unico che in questo momento è in casa,
più precisamente in salotto, e imperterrito riprende la
parola senza lasciare il tempo all’ex-cacciatore di capire
dove voglia andare a parare.
Ma l’Uomo Giusto non deve aspettare così tanto per
scoprirlo: “Non è che puoi spiegarmi come si fa a
capire se ti piace qualcuno?” gli chiede Jack dal nulla e, se
Dean è contento che abbia deciso di chiederlo proprio a lui
e non a Cas o a Sam, è doveroso ricordare che, tuttavia,
parlare di sentimenti
non sia il suo forte. Né la sua cosa preferita.
“Mmm-”
mugugna Dean cercando di prendere tempo (questa è una di
quelle volte che vorrebbe che Cas fosse ancora un Angelo,
così potrebbe pregare a suo indirizzo e in un batter
d’occhio sarebbe lì a spiegare lui stesso a Jack
cos’è l’amore). “Quando ti
piace qualcuno…” Dean guarda un po’ in
aria e poi aggrotta le sopracciglia. “Quando ti piace
qualcuno,” ricomincia con più decisione
“senti che vorresti stare sempre con quella persona,
perché rende anche la giornata più brutta degna
di essere vissuta… tutto rimane uguale a prima, ma
è allo stesso tempo diverso: più
colorato”.
Dean vede l’esatto momento in cui le sue parole fanno click nella testa
di Jack: “Oh” sussurra il ragazzo, spalancando gli
occhi e a questo punto l’ex-cacciatore non può
lasciarsi sfuggire l’opportunità.
“Ma mi chiedi questo perché hai in mente qualcuno
in particolare?” domanda. “…Leslie,
magari?” gli chiede già ridendo sotto i baffi (che
non ha) e lo sapevo
gli balena in mente, appena vede gli occhi del ragazzino cominciare a
muoversi frenetici da un angolo all’altro della stanza, in
cerca di non si sa bene cosa.
Jack alza una mano, il dito medio allungato verso il soffitto e le
guance più rosse di qualche secondo prima. “Mi
sembra che Cas mi stia chiamando” informa suo padre, ma prima
che possa lanciarsi al piano di sopra o scomparire dal salotto, Dean
gli afferra una spalla.
“Aspetta un attimo, Casanova, ancora una cosa.”
Il Nephilim si blocca.
“Fammi un piacere. Non volare più in giro per il
quartiere, i nostri dirimpettai stanno iniziando a notarlo e a
preoccuparsi” lo avvisa Dean.
Jack annuisce, le guance ancora rosse.
…
Se imparare a fare il caffè è stato relativamente
semplice (alla fine è addirittura diventata routine), ci
sono altrettante mansioni che invece si sono dimostrate spinose
(cambiare la ruota anteriore della macchina, per dirne una).
Castiel in quell’occasione, mentre si trovava da solo su una
provinciale sotto una pioggia torrenziale che non voleva saperne di
smettere, per la prima volta aveva capito quanto potesse effettivamente
fare schifo essere un semplice essere umano che prova freddo, fame e
frustrazione. (Aveva smesso di essere un Angelo da poco meno di un mese
e c’erano momenti in cui ancora faticava a capire
l’entità di questo cambiamento: il freddo, assieme
all’andare in bagno, era la cosa che forse lo infastidiva di
più.)
Aveva passato così una buona manciata di minuti a fissare la
ruota sgonfia (chissà come si era bucata), poi aveva cercato
sul proprio cellulare cosa fare e l’aveva fatto. Non era
stato appagante, non come fare il caffè per Dean e, in
più di un’occasione, era stato tentato di chiamare
Jack e farsi dare un passaggio in volo fino a casa, alla fine,
però, aveva sistemato la ruota da solo ed era rientrato al
bunker bagnato, ma vincente.
Quella sera stessa Dean gli aveva dato una pacca sulla spalla al
racconto di come aveva cambiato la ruota (di come non aveva avuto
bisogno di aiuto, che qualcuno gli dicesse cosa fare) e Cas, in
risposta, l’aveva baciato.
Il loro primo bacio.
Che, poi, Castiel nemmeno più si ricorda (stupida memoria da
essere umano) perché si fosse ritrovato proprio su quella
provinciale a inzupparsi, ma una cosa che non può in nessun
modo dimenticare non è tanto il fastidio dei
vestiti bagnati appiccicati alla pelle o la frustrazione per tutta la
situazione, quanto piuttosto, qualche ora dopo, come tutto fosse
diventato perfettamente giusto.
Le labbra di Dean sulle sue. Le loro mani unite.
Il loro primo bacio (a cui subito era seguito il fatidico secondo).
…
Il sole del mezzogiorno illumina il viso di Castiel, mentre pota uno
dei cespugli accanto alla staccionata verniciata pochi giorni prima.
Dean, con le mani in mano e nessun impegno a portarlo altrove, si gode
la vista e ammira gli occhi azzurri dell’altro, ancora
più celesti sotto la luce calda del sole.
C’è da dire che, se tante cose sono cambiate tra
loro, di sicuro i loro lunghi sguardi non sono una di queste. (Anche se
stavolta Cas non lo sta guardando perché troppo concentrato
sulla pianta di fronte a lui).
“Credo che Jack abbia una cotta” Dean si spiccia
infine a dire, decidendosi a interrompere il silenzio, per poi
correggere il “credo” con un “sono
sicuro”.
Castiel, senza fermarsi, alza leggermente gli occhi e incrocia il suo
sguardo.
Non è sorpreso,
realizza Dean.
“E?” lo invita a continuare il giardiniere
improvvisato. Che
problema c’è? sembra dicano i suoi
occhi.
“Non so, dici che dovremmo spiegargli la storia
dell’ape e del fiore e… tutto quanto?”
“Credo l’abbia già fatto
internet” lo tranquillizza Cas. “E Sam. Tuo
fratello mi ha detto di aver avuto la Conversazione con
Jack e di avergli dato dei libri da leggere per chiarirgli ogni
dubbio”.
L’ex-cacciatore richiude la bocca. Questo non
l’avrebbe mai detto, ma a posteriori è
così da Sam
che nemmeno può stupirsi. In silenzio, riprende quindi a
guardare Castiel che tortura il cespuglio.
Trascorrono dieci minuti. Uno dei ragazzini del quartiere passa dalla
loro via e saluta Castiel, che, in risposta, alza le cesoie a
mo’ di saluto.
Una lampadina (mentale) si accende.
“Ah, Cas, ora che mi ricordo di dirtelo, abbiamo un problema.
Ho dovuto dire a Jack di smetterla di svolazzare per il quartiere,
perché i nostri vicini hanno iniziato a notare il suo
scomparire e riapparire”.
Silenzio. A questo punto l’ex-Angelo si ferma. Una ruga gli
divide la fronte in due metà esatte.
“Intendi Masina? È lei che l’ha
visto?” domanda tranquillo.
“Masina chi?”
chiede Dean, che sul vicinato è rimasto un po’
indietro. Troppi nomi.
Cas sospira. “Capelli bianchi, occhi neri, origini samoane e
una settantina d’anni… Viene qui a bere il
tè ogni mercoledì pomeriggio.”
“Ah, madame Siete
una bella coppia” borbotta Dean a denti stretti,
ricordando il commento che la donna ha rivolto loro appena si sono
trasferiti nel quartiere. Non che si vergogni di quello che ha con Cas,
ma al tempo non era ancora pronto per quel tipo di considerazione e, da
quel giorno, non può fare a meno di pensare alla loro vicina
e provare un leggero disagio. Li ha visti subito per quello che sono e
questo, il mostrarsi per quello che è davvero (un uomo
stanco e innamorato), dopo aver passato una vita a cercare di sembrare
indistruttibile e invulnerabile, è qualcosa che fatica a
viversi serenamente. (È anche per questo che non
andrà mai a una festa di quartiere, riflette, ma, mentre lo
pensa, sa già che ci andrà perché
prima o poi Castiel lo trascinerà a forza).
Intanto, il suo interlocutore rotea gli occhi e Dean ci legge del
disappunto.
Sì,
a Cas la vecchina, Masina, piace molto (e viceversa).
“Comunque no, Mani-di-forbici” chiarisce
l’ex-cacciatore, alludendo al povero cespuglio sotto le mani
dell’altro. “Intendo i nostri
dirimpettai.”
“Ah, gli Smith.”
“Loro” conferma Dean, anche se non ricorda bene chi
siano gli Smith. Ma se Cas dice che sono loro i dirimpettai, allora
è così. In effetti dovrebbe cercare di integrarsi
di più: cosa che all’ex-Angelo stranamente (ma
neanche troppo)
sta riuscendo alla grande. Tutti già lo amano, in pratica
è la nuova mascotte del quartiere.
Castiel nel frattempo riprende a tagliare.
“Lo sai che Masina è la nonna di
Leslie?”
“Non dirmi che hai conosciuto Leslie!” gli
rinfaccia subito Dean, come se fosse l’affronto peggiore che
l’altro gli abbia mai fatto.
“No, me l’ha detto Masina. In realtà
è stata lei stessa a raccontarmi di Jack e Leslie”.
Lo sguardo accusatorio che l’ex-cacciatore gli rivolge urla lo sapevi e non me
l’hai detto! (stronzo). Un vero
sguardo da Dean Winchester.
“Visto che siete amici, perché non chiedi a lei,
per sicurezza, di fare un discorsetto anche a sua nipote? Siamo troppo
giovani per diventare nonni e Jack ha solo quattro anni, per
giunta” lo rimbecca quindi Dean, aspro, ma Castiel scuote la
testa e ride.
…
Lo spazio è un concetto relativo quando sei
un’onda di intento celeste, non c’è
quindi da stupirsi che una delle primissime cose che Dean abbia da
subito fatto notare a Castiel sia stata la sua totale incomprensione
dello spazio personale. Adesso, chiaramente, Cas sa bene qual
è la giusta distanza da porre tra sé e un
interlocutore: è umano da troppo tempo per non aver capito
cosa bisogna fare e non fare quando qualcuno ti parla. (Invadere la
bolla personale è una di queste cose).
C’è voluto del tempo ma alla fine ha imparato
anche come si stringe una mano quando questa ti viene offerta, come si
ricambia un abbraccio dopo che non hai visto qualcuno per tanto tempo e
come bisogna sorridere nel momento in cui la nuova vicina, una vecchina
adorabile con un gatto nero e una ragnatela di rughe che le segna
l’intero viso, ti dice che “siete davvero una bella
coppia, tu e il tuo compagno”. (E Dean al complimento si
è subito dileguato: Dean, che, pur essendo umano dalla
nascita, certe volte ha dei seri problemi a comportarsi come una
persona normale. Come in questo caso, in cui avrebbe potuto evitare di
lanciarsi in casa per evitare di prendere atto del commento).
Ma la vecchina, Masina, si è limitata a ridere di fronte
alla reazione dell’ex-cacciatore (Santa Donna, pensa
Castiel) e Cas ha quindi roteato gli occhi, come a scusarsi per il
comportamento di Dean, e poi ha sorriso, offrendole quindi un
tè perché
no. (L’invito è stato accettato e il
tè è stato accompagnato da dei biscotti).
L’interazione è stata più che naturale
e Castiel, come non mai, si è sentito a tutti gli effetti
umano: non è più un pesce fuor d’acqua
e non ha più bisogno di fermarsi a pensare cosa farebbe una
persona e non un’onda celeste. Ormai ha imparato e non
è più necessario che segua le direttive di
nessuno: è veramente libero per la prima volta nella sua
lunga vita.
Libero di essere e di fare ciò che desidera, ma soprattutto
di essere se stesso. E così Castiel sorride e continua a
farlo, ed è quel tipo di sorriso che nasce dalla pancia e
arriva su fino alle labbra.
E Masina è davvero una mente brillante.
…
Jack sta praticamente vibrando. Cammina da una parte
all’altra del salotto come un tarantolato, stringendo tra le
mani una scatolina azzurra.
Dean, che ha appena finito di cenare e con la pancia piena è
particolarmente calmo, lo osserva incerto dalla cucina e, girandosi
verso Castiel che sta preparando le carte sul tavolo, gli sussurra:
“Secondo te dobbiamo preoccuparci?”
Lo chiede sinceramente impensierito, dal momento che, da quando questa
mattina ha dato l’ok a Jack per uscire, il ragazzo sembra non
potersi trattenere dal muoversi.
L’ex-Angelo scrolla le spalle. “È
agitato” gli risponde, e l’Uomo Giusto vorrebbe
fare una smorfia da ma
no, dai? perché certe volte è
davvero snervante dividere il letto con Capitan Ovvio. (Un
Capitan Ovvio adorabile, certo, ma pur sempre un Capitan Ovvio).
Castiel si schiarisce la gola e gli si avvicina.
“Questo pomeriggio ho sentito Masina e mi ha raccontato che
Jack ha chiesto a Leslie un appuntamento” gli confida
l’ex-Angelo in un sussurro, un’espressione felice
gli attraversa lo sguardo.
E se da una parte Dean pensa che oh,
è emozionato per Jack, dall’altra
riflette anche che Cas avrebbe pure potuto dirglielo
dell’appuntamento, ma si limita a sbuffare e andare in
salotto.
“Jack” dice Dean. “Tutto bene?”
Il ragazzo si ferma: lo fa per la prima volta da quando
l’ex-cacciatore gli ha detto che può uscire.
“In effetti no, non va tutto bene” risponde
accigliato.
“Ti serve un consiglio per qualcosa?”
Annuisce e abbassa gli occhi.
“Ti ricordi Leslie?” chiede con gli occhi bassi e
la punta delle orecchie rosse. “Le ho preso una cosa, ma non
so se le piacerà. L’ho comprata l’altro
giorno, quando sono andato a Vancouver,” si confida, ancora
immobile. “È per quello che mi ero
distratto…”
Dean gli mette una mano sulla spalla, Cas, intanto, si è
mosso accanto a loro.
“Posso?” chiede Castiel con riverenza a Jack,
portando avanti la mano.
Il Nephilim gli allunga la scatolina. È azzurra e dentro
c’è un braccialetto in argento con una pietra
azzurra come la scatola.
Dean lancia un fischio, stupito. “Sono sicuro che le
piacerà” dice quindi Castiel e Dean aggiunge
velocemente un “Concordo”, a cui istantaneamente
Jack si rilassa, sciogliendosi.
Addirittura sorride, il ragazzo.
Poi Dean vede il bigliettino dentro la scatolina e non può
trattenersi. Lo prende.
“DEAN”
ringhia Castiel con uno sguardo che spaventerebbe chiunque (non Dean),
ma l’ex-cacciatore lo sta già leggendo, mentre
Jack appare gelato sul posto: sembra non sappia più cosa
fare, nemmeno più respira (non che gli sia indispensabile).
“Alla strega più bella del mondo?!”
legge Dean e dal biglietto alza gli occhi per puntarli in quelli di
Jack, ma il ragazzo è ancora più veloce e gli
strappa di mano biglietto, scatolina e bracciale e non è
più nemmeno in salotto. Puff:
se n’è andato.
È volato via
il piccolo infame.
“UNA STREGA!”
urla Dean a Cas, che a quel punto è l’unico
rimasto in casa e lo fissa come se fosse lui a essere in torto e non
Jack. È uno sguardo secco, che non ammette repliche quello
che Castiel gli rivolge. Non è arrabbiato, è
semplicemente perentorio.
“Lo sospettavo in effetti, visto che anche Masina lo
è” aggiunge con voce monocorde
l’ex-Angelo, mantenendo la stessa espressione da provaci a contraddirmi, Dean.
Ha anche assottigliato gli occhi e questo lo fa solo in rare occasioni,
quando è pronto a fronteggiarlo in una sfuriata.
L’ex-cacciatore ha già la risposta pronta, ma
sospira, perché le carte sono sul tavolo ad aspettarli e lui
non ha voglia di passare tutta la serata a litigare con Cas
perché Jack è un idiota.
“Nostro figlio esce con una strega” si limita
quindi a commentare con un filo di voce, buttando fuori con quella
frase tutto il suo astio verso le streghe.
L’espressione di Castiel si fa più dolce. Nemmeno
lui ha voglia di litigare, ma un sassolino dalla scarpa vuole
toglierselo ugualmente.
“Almeno è con qualcuno che può
difenderlo. Ora non puoi proprio più preoccuparti,
Dean” lo punzecchia con un sorriso che il Winchester
può catalogare solo come strafottente, per
poi schioccargli un bacio sulla guancia e andare a sedersi in cucina,
di fronte alle carte.
Dean non può far altro che sbuffare.
Adorabile bastardo.
- Mi sembra giusto finire una raccolta di questo
tipo con bastardo,
lmao. (Non odiatemi, per favore). Comunque. Ho fatto del mio
meglio per questo capitolo e spero davvero che possa essere
una "degna" conclusione e vi possa piacere, anche solo strappare un
sorriso. Spero anche di poter tornare a scrivere in questo fandom
(più prima che poi, incrociamo le dita). Intanto colgo
l'occasione per ringraziare Ilarya che mi ha aiutato
rileggendo ogni capitolo e dandomi delle dritte essenziali (tisivuoleunsaccobene,
sappilo). Venendo al prompt, qui è “Non hai bisogno che
ti dica cosa fare” (+ imparare).
P.S. nel caso ci siano errori o refusi fatemi pure sapere! Temo che
qualcuno sia sfuggito. E, ah, se volete parlare di Destiel o fare quattro chiacchiere, passate pure a farmi ciao sul mio FB o sul mio tumblr. P.P.S. Ringrazio strugatta, hiromioka e Joy per avermi accompagnato capitolo dopo capitolo: ho apprezzato ogni parola che mi avete rivolto.
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