Ce L'hai Un Attimo Per Me

di Placebogirl_Black Stones
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Misuzu Uehara ***
Capitolo 2: *** Nana Osaki ***
Capitolo 3: *** Shinichi Okazaki ***



Capitolo 1
*** Misuzu Uehara ***


Per ogni madre ancora troppo immatura, che ha avuto troppa paura

 
Alla TV stanno trasmettendo un’intervista su di te, su quel gruppo punk che hai formato insieme a quelli che sono i tuoi amici, le uniche persone che ti hanno sostenuta in questi anni.
Non conosco i loro nomi, non conosco le loro facce.
Non conosco te.
So bene che non è colpa tua, ho scelto io di lasciarti indietro come si fa con le cose troppo scomode.
Questo rappresentavi tu per me all’epoca: un intralcio alla mia nuova relazione, alla vita che volevo vivere.
Immagino che ti sarai sempre chiesta il perché l’ho fatto e come te molti altri si sono fatti la stessa domanda.
C’è chi verrà a raccontarti che il mio è stato un atto di amore materno, che volevo proteggerti da quell’uomo violento che odiava i bambini, ma la realtà è un’altra: la verità è che ho scelto la mia felicità al tuo bene.
Non ho saputo sacrificarmi per te, ho scelto l’amore per un uomo a quello per una figlia.
Non è che non ti volessi bene, semplicemente amavo di più me stessa.
Ammetterlo adesso mi fa sentire ancora più squallida di quanto non mi sentissi all’epoca.
Ho soppresso per tutti questi anni i sensi di colpa, arrivando al punto di crearmi una nuova famiglia e di metter al mondo una figlia a cui ho dato tutto ciò che non ho mai dato a te.
Ero una giovane donna immatura e incapace di fare le giuste scelte, troppo egoista per prendermi cura di qualcun altro oltre che di me stessa.
Non pretendo di essere perdonata, né tanto meno di essere compresa: agli occhi di chiunque sembrerei solo una donna indegna di essere chiamata madre, una buona a nulla che ha preferito se stessa alla propria figlia, sangue del suo sangue.
Non ho mai saputo prendermi le mie responsabilità, non so farlo nemmeno adesso.
Se rifiuto di avere ogni genere di contatto con te è solo per questo.
Non sono in grado di affrontare i miei errori.
Forse sono ancora la stessa donna immatura di sedici anni fa, troppo testarda per ammettere con se stessa i proprio sbagli.
Guardo la mia immagine riflessa nello specchio e mi accorgo di quanto mi somigli ora che ti sei fatta donna.
Cerco di restare indifferente a questo, così come lo sono stata quando ti ho lasciata in mezzo a quella strada piena di neve.
L’unica cosa che posso fare è sperare che tu abbia ereditato da me solo l’aspetto fisico.
Ma a ben pensarci, forse sarebbe stato meglio che non ti avessi trasmesso nemmeno quello, costringendoti a fissare ogni giorno l’immagine della donna che ti ha rovinato l’infanzia.
Sempre che la cosa non ti lasci indifferente, quell’indifferenza che ho mostrato io quando ti ho abbandonata.
Non ho mai creduto negli angeli, ma se davvero esistono vorrei che mi tendessero la mano, anche se sono la peggiore delle peccatrici.
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Dopo secoli di assenza da questo fandom ho ritrovato questa vecchia raccolta che avevo iniziato ma poi sospeso come tutte le altre storie quando ho deciso di prendermi una pausa dopo spiacevoli eventi successi su un altro fandom dove scrivevo. Così ho sentito la voglia di riprendere a scrivere anche su Nana, che mi mancava. Sicuramente avrò perso la mano, quindi perdonatemi se questa raccolta non sarà proprio il massimo. Parlando di essa, come avrete intuito è basata sulla canzone “Ce l’hai un attimo per me” dei Gemelli Diversi: ogni storia di questa raccolta comprenderà una strofa della canzone legata al pensiero di un personaggio (un po’ come avevo fatto in Welcome To My Mind). Ovviamente non userò tutte le strofe ma solo quelle che mi hanno ispirato un personaggio in particolare. Spero vi piaccia e spero non vi siate scordati di me! :)
Un bacione a tutti
Place
 
PS: non so con che frequenza aggiornerò questa storia perché ho in corso una long nel fandom di Detective Conan che è un po’ impegnativa, ma cercherò di fare del mio meglio! 

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Capitolo 2
*** Nana Osaki ***


Per chi ha visto un genitore andare via
 
 
 
Non riesco a ricordare la fisionomia del tuo volto.
L'ultima immagine che ho di te è la tua figura di spalle, mentre te ne vai via con le tue scarpe rosse col tacco attraverso la neve.
Ma camminare con delle scarpe del genere durante un giorno di neve è impossibile.
I miei ricordi non devono essere reali.
Questo è quello che ho sempre pensato…ma allora perché quell’immagine continua a tormentarmi ancora oggi?
Quando mi hai abbandonata sedici anni fa ero solo una bambina che trascorreva le sue giornate chiedendosi perché sua madre non tornasse.
A quattro anni si è troppo piccoli per capire come va il mondo e quanto possono essere meschini gli esseri umani.
Non riuscendo a trovare una risposta alle mie domande, alla fine mi ero convinta che fosse colpa mia, che mi avessi abbandonata perché in me c’era qualcosa di sbagliato.
Ho vissuto con questa mentalità per tanti anni, fino a quando non ho raggiunto l’età della ragione, quell’età in cui le illusioni si frantumano e la cruda realtà  della vita si presenta al nostro cospetto.
È stato allora che ho capito di non aver fatto nulla di male, che la colpa era solo tua.
Eppure, nonostante ciò, quel trauma che ho cercato con tutte le mie forze di dimenticare è rimasto vivo da qualche parte, dentro di me.
È un fantasma di cui sento ancora il rumore delle catene.
Sei uscita dalla mia vita, ma non dalla mia testa.
Forse è proprio questo che non riesco a perdonarti.
Il tuo gesto egoista e irresponsabile continua a influire inevitabilmente sulla mia vita, nonostante cerchi disperatamente di cancellarti dai miei pensieri.
Chissà se in questi anni ti sei mai fermata un attimo a riflettere e a chiederti quanto il peso di ciò che hai fatto possa avermi schiacciata.
Ma da una persona egoista non ci si può aspettare preoccupazione per gli altri, quindi probabilmente non ti interessa nemmeno sapere come sto, come vivo, cosa faccio, quali sono i miei sogni e quali sono le mie paure.
Non ti interessa conoscere che tipo di donna sia diventata quella bambina che hai abbandonato in mezzo alla neve come un oggetto vecchio che non ti serviva più.
E mentre fronteggio il mio stesso egoismo, mi chiedo se non ti somigli più di quanto io voglia ammettere.
Questa cosa mi manda in bestia, non voglio assomigliarti in nulla.
Dico a tutti che non mi importa nulla di te, che adesso non ho più bisogno di una madre, ma la verità è che mi sento ancora una bambina di quattro anni che si chiede perché sua madre l’ha abbandonata.
Chissà se un giorno troverò la risposta che sto cercando.
Chissà se riuscirò ad accettare quella risposta.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Ho deciso di provare a riprendere in mano questa raccolta che avevo messo nel dimenticatoio insieme ad altre storie. È da parecchio che non scrivo, sono arrugginita, quindi perdonatemi se quanto scritto è breve e apparentemente troppo semplice o banale. Spero vi piaccia comunque!
Baci
Place

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Capitolo 3
*** Shinichi Okazaki ***


Per chi il proprio padre non sa nemmeno chi sia
 
 
 
Cambio canale distrattamente, oggi in TV non si trova nulla di interessante da guardare.
Mi ritrovo davanti l’ennesimo sceneggiato da quattro soldi, con quelle trame mielose che piacciono tanto alle ragazze sognatrici come Hachi.
Una donna, un uomo e un bambino si sorridono teneramente.
Classica scenetta della famigliola felice che però non rispecchia sempre la vita reale.
Io non ho mai avuto una vera famiglia, non ho avuto nessuno che mi ha sorriso, nessuno che mi ha amato.
Non ho mai conosciuto mia madre, non so nemmeno che aspetto avesse, se le somiglio in qualche modo.
Mio padre non so nemmeno chi sia.
Quello vero intendo.
Perché ho sempre saputo che l’uomo che mi ha cresciuto, quello che ho chiamato papà per 15 anni, in realtà non ha nulla da spartire con me.
Non ci somigliamo in nulla, né nell’aspetto fisico né in quello caratteriale.
Anche quel fratello con cui ho sempre desiderato essere complice ma che non mi ha mai dimostrato affetto non mi somiglia per niente.
Ho vissuto per 15 anni con dei perfetti sconosciuti che si amavano fra loro ma che detestavano me.
Mi chiedo cosa avrei fatto io al posto di mio padre.
Avrei accettato di crescere un figlio che non era sangue del mio sangue?
Sarei stato capace di amarlo?
Ancora oggi non so rispondere a questa domanda, però so che non sentire l’affetto delle uniche persone che puoi considerare come la tua famiglia è una sensazione disumana e ingiusta per un ragazzino.
Essere esclusi, vivere ai margini…non è semplice.
Mi volto a guardare la mia immagine riflessa nel vetro della finestra e mi chiedo se gli somiglio, al mio vero padre.
Perché mia madre non è rimasta con lui ma ha preferito tornare da mio padre e vivere nella menzogna?
Forse nemmeno il mio vero padre mi ha voluto?
Questo pensiero mi intristisce, considerando il fatto che una parte di me ha sempre desiderato conoscere le proprie origini.
Vorrei tornare in Svezia un giorno e magari cercare quell’uomo nelle cui vene scorre il mio stesso sangue.
Ma ogni volta che nel mio cuore si fa strada questo desiderio, la ragione mi riporta con i piedi per terra.
A cosa mi servirebbe conoscere il mio vero padre?
Ormai non sono più un bambino, non posso riavere quell’infanzia felice che mi è stata negata.
Devo farmi bastare le premure di Hachi, i suoi manicaretti e i suoi abbracci.
È l’unico genitore alternativo che posso avere e in fondo va bene anche così.
Per uno come me, abituato a ricevere solo cose materiali dalle persone, anche l’affetto dato da un perfetto estraneo può essere confortante.
Distolgo lo sguardo dalla mia immagine riflessa, sono stanco di cercare risposte troppo dolorose che non ho nessuna speranza di trovare.
Io non ho un padre.
Io non so chi sia mio padre.
Io sono il figlio di nessuno.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Ciao a tutti! Questo terzo capitolo è dedicato a Shin, spero di non averlo reso OOC dal momento che è sempre abbastanza difficile entrare nella testa di un adolescente tormentato e capire cosa pensa e quali sono i suoi reali desideri.
Fatemi sapere se questa raccolta vi sta piacendo!
Baci
Place

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