Born to ice

di Moonyque
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ice wall ***
Capitolo 3: *** Heat ***
Capitolo 4: *** Strategist ***
Capitolo 5: *** Questions and answers ***
Capitolo 6: *** Call him ***
Capitolo 7: *** Control ***
Capitolo 8: *** Firefish ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La storia contiene ovviamente spoiler se non siete lettori del webtoon (attualmente siamo fermi all'episodio 68 della 3° stagione). I tag e i rating potrebbero modificarsi proseguendo con i capitoli.

Si tratta di un racconto che mi è sfuggito un po' di mano e tenderà a costruirsi su più capitoli prima di vedere i due protagonisti incontrarsi, mi spiace se potrà sembrare noioso o troppo pieno di "spiegoni".

Essendo una fan fiction che si distacca da quello che è il canon originale, si ambienta su livelli della torre che sono di pura fantasia e che quindi non coincideranno con quelli reali del webtoon, così come saranno diverse le vicende mano a mano che l'opera originale proseguirà. Leggendo il mahnwa in inglese, purtroppo molti termini che utilizzerò sono ripresi in questa lingua (firefish, lighthouse, float ship, ecc...) non sapendo bene quale sia la traduzione "ufficiale" nella versione italiana. Buona lettura e spero vi piaccia.

 

Prologo

 

La ragazzina diede uno strattone deciso alle redini della sua cavalla che ancora non si era abituata al cambio di temperatura improvviso. Avanzò ancora di qualche passo aprendo la via all’animale che dietro di lei ancora trascinava il carretto carico di rifornimenti.

Col carro impiegava mezza giornata a raggiungere il posto, ma una piccola floating ship ci avrebbe impiegato meno di due. Si trattava comunque di un posto estremamente isolato raggiungibile via terra solo attraverso una pista accidentata che attraversava le colline.

Il sentiero si interrompeva in quel punto disperdendosi in un’ampia vallata; i suoi piccoli stivali di cuoio ora scricchiolavano calpestando i primi fili d’erba congelati. Osservando con attenzione era possibile distinguere il graduale mutamento dell’ambiente che le confermava che ormai era vicina. Finora aveva attraversato il rustico paesaggio agreste godendosi il calore che preannunciava l’arrivo dell’estate, ma da quel punto in poi il panorama mutava. Il terreno si induriva e cominciava a scricchiolare per la brina che cominciava a rivestirlo; la rugiada sui fili d’erba si cristallizzava in piccole gemme luccicanti e una sottile coltre di ghiaccio cominciava a ricoprire tutto il paesaggio ispessendosi sempre di più e celando tutto sotto una fredda coltre bianca. Il cielo si era rannuvolato nella tarda mattinata, attenuando al minimo le ombre: se non fosse stato per la sfumatura grigiastra di alcune nubi non sarebbe stato possibile distinguere l’esatto punto in cui il pallore del cielo incontrava quello del suolo.

La temperatura si era gradualmente abbassata e il suo alito cominciava a condensarsi in soffici nuvolette che le accarezzavano il volto paffuto. Si strofinò le mani e afferrò dal dorso della cavalla il pesante cappotto che si era portata in previsione del suo viaggio. Erano ormai quasi tre anni che lei e i suoi fratelli si alternavano in quel compito: una volta al mese caricavano il carretto di viveri e di quant’altro il cliente avesse richiesto e consegnavano il pacco. Questa volta non c’erano state particolari richieste: cibarie, abiti nuovi, medicinali, libri e, a suo parere, una varietà eccessiva di prodotti per capelli e snack. Almeno i suoi genitori non avevano dovuto adoperarsi per recuperare nuovamente pezzi di ricambio per Lighthouses come era accaduto sei mesi prima.

Il carretto si arrestò con un ultimo sofferto cigolio. Le ruote rivestite in metallo non erano più in grado di avanzare in mezzo alla distesa di neve e ghiaccio che si stendeva di fronte a lei, ma non se ne preoccupò, perché ormai aveva raggiunto la sua destinazione. Sapeva che in lontananza si trovava la vecchia tenuta dei Grimore, ma oramai erano anni che era stata venduta e nessuno la visitava da allora. Ora vi dimorava il suo cliente: lo aveva scorto un’unica volta, quando era giunto in paese a richiedere il servizio per cui ora si presentava. Non aveva avuto modo di inquadrarlo granché: capelli biondi, occhi di un intenso blu cobalto, il resto del volto celato da una maschera metallica; vestiva leggero, nonostante fosse giunto in pieno inverno, difatti ciò che l’aveva maggiormente colpita era il calore sprigionato dal suo corpo. All’inizio era piacevole, ma ad un certo punto si era dovuta allontanare nauseata: come quando si trascorre troppo tempo vicino al termosifone. Si trattava decisamente di un individuo decisamente sospettoso e poco socievole, ma non era tanto più bizzarro dei regular che transitavano di frequente su quel piano. Inoltre pagava bene e non aveva mai causato alcun problema, tralasciando il dettaglio che dal suo arrivo, nel raggio di un chilometro dalla sua abitazione, nella vallata non sembravano più alternarsi le stagioni: nel luogo era ormai calato un inverno perenne. Il suo cliente si era ritirato nella villa dei Grimore e non vi era stato più nessun contatto diretto tra lui e i regular che ormai vivevano in quel piano: molti di quelli che lo avevano incrociato ormai erano saliti ai piani successivi e quelli che erano rimasti si erano ormai scordati del suo passaggio, ad eccezione di lei e della sua famiglia che, gestendo la drogheria che riforniva praticamente tutto il paese, erano ormai i suoi affezionati rifornitori.

Puntuale come sempre il suo pocket cominciò a ronzare avvisandola della chiamata in arrivo. Mentre accettava la comunicazione la ragazzina vide con la coda dell’occhio la familiare lighthouse blu avvicinarsi come ormai capitava da anni.

“Elly, è già il tuo turno questo mese?”

Una voce di poco distorta dalle interferenze del pocket scaturì dal dispositivo. Il tono era cordiale, ma la voce era leggermente arrochita, come se non fosse stata usata da un po’ di tempo. Elly non sapeva bene se provare pena o sospetto per quel ragazzo che da anni si ostinava a vivere solo e isolato dal mondo.

“Doveva toccare a mio fratello, ma se l’è svignata con la sua nuova ragazza…”

Una risata priva di una reale emozione giunse attraverso il pocket. “Lui si che sa come divertirsi...”

La ragazzina rispose imbronciata con un borbottio e lanciò uno sguardo alla lighthouse che nel frattempo si era accostata al carretto ingrandendosi fino quasi a triplicare le sue dimensioni. Elly sapeva che gestire una lighthouse di quelle dimensioni e da una distanza così elevata richiedeva un elevato controllo.

“La lighthouse si è già posizionata, carico tutto come al solito e poi comincio ad avviarmi.” Con l’efficienza che ormai le era data dall’abitudine la ragazzina cominciò a caricare i pacchi dal carro alla lighthouse senza aggiungere altro. Sapeva che cercare di intrattenere una conversazione con il suo cliente era una fatica inutile. Nonostante fosse sempre cordiale con lei, si rivelava sempre altrettanto restio quando era il momento di intavolare un qualsiasi discorso, ma andava bene così, pure lei era una persona di poche parole.

“Fai con calma… intanto avvio il pagamento.”

Con la coda dell’occhio Elly vide riflesso sul suo pocket il download del pagamento. Efficiente come sempre.

Nel giro di qualche minuto il carro era ormai alleggerito e del tutto svuotato. Con un balzo la ragazzina salì alla guida afferrando le redini e controllando sul pocket che il pagamento fosse andato a buon fine. Di questo passo sarò a casa prima di cena. Con un sorriso soddisfatto si apprestò a far girare la cavalla che, alleggerita dal peso, trotterellò nitrendo seguendo il comando.

“Ho finito…” La lighthouse si ricompattò e si avviò verso il punto in cui Elly sapeva trovarsi la vecchia tenuta dei Grimore.

“Perfetto. Alla prossima allora… vedi di far lavorare tuo fratello il mese prossimo.”

“Sicuro.” Elly si voltò e lanciò un’occhiata alla foresta che affiancava il sentiero che presto avrebbe dovuto attraversare. “Un’ultima cosa… i due pacchi che aveva ordinato il mese scorso… dovrebbero arrivare a momenti… farò in modo di farglieli arrivare alla prossima consegna.”

Per un attimo non ricevette risposta, poi il suo pocket gracchiò e la voce del cliente assunse un tono pensieroso. “… ho capito, ti ringrazio. Per quelli ovviamente riceverete un extra”.

La ragazzina sorrise e, facendo schioccare la lingua, fece avviare la cavalla. Si congedò utilizzando la prima frase ad effetto che le venne in mente. “Ottimo, è sempre un piacere fare affari con lei signore!”

Dall’altra parte il cliente pose fine alla chiamata. Si sarà innervosito?

Una decina di minuti dopo, quando il carro raggiunse nuovamente il sentiero inoltrandosi nel boschetto, Elly fece fermare la cavalla, si tolse il cappotto pesante, ormai superfluo, e rivolse lo sguardo alle sue spalle.

Due figure emersero dagli alberi all’inizio della vallata. Ora le davano le spalle e sembravano aver atteso di proposito il momento in cui lei si fosse allontanata. Li vide mentre rabbrividendo si coprivano, indossando dei pesanti cappotti, e si avviavano verso la distesa di neve e ghiaccio.

Quindi mi hanno davvero seguita. Alzò le spalle, si voltò e spronò nuovamente la cavallina al trotto. Signor cliente, spero che i pacchi ordinati siano di suo gradimento.

 

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Capitolo 2
*** Ice wall ***


Capitolo 1: Ice wall

 

“Ricordavo avesse problemi a controllare le fiamme, non il ghiaccio.” Hatz si strinse nelle spalle lanciando occhiate di sbieco al paesaggio innevato. Vedendo il carro della figlia del droghiere allontanarsi, i due erano usciti dal loro nascondiglio tra la boscaglia e avevano proseguito nella direzione in cui la lighthouse blu si era ritirata. Shibisu, pochi passi più avanti, si fermò e gli indicò qualcosa in lontananza. Aveva gli occhi socchiusi per il freddo e il naso aveva cominciato ad arrossarsi.

“Osserva meglio…” La sua voce era calma, ma il moro vi riconobbe una nota di preoccupazione. Strinse gli occhi cercando di mettere a fuoco ciò che il compagno gli aveva appena indicato.

Coperti da una spessa coltre di neve e cristallizzati da un luccicante velo di ghiaccio, Hatz riconobbe i resti di quello che una volta dovette essere un piccolo boschetto. Ciò che sopravviveva erano degli scheletri ingrigiti e spezzati di querce e lecci: il tetro lascito di un incendio. “Non sembra una cosa recente. I tronchi sono troppo pallidi.” Giudicò Shibisu senza sbilanciarsi troppo su quanto “poco recente” potesse essere quel fenomeno.

Hatz fischiò. “Non è possibile che riesca a gestire tutto questo shinsu di ghiaccio. Il droghiere ha detto che questo posto è in questo stato da tre anni, come fa a mantenere una simile distesa di shinsu per così tanto tempo?”. Shibisu si accigliò senza distogliere lo sguardo dai resti carbonizzati degli alberi.

“Mettila in lista tra le cose da chiedergli non appena lo vediamo”.

Lo spadaccino emise una breve risata cupa. “Intendi dopo che lo avrò riempito di botte…” Le parole si trasformarono presto in piccole nuvolette pallide.

Shibisu gli rivolse un’occhiata complice da sopra la spalla. Attese che il moro lo raggiungesse per poi proseguire al suo fianco.

Avanzare sul ghiaccio non era certamente agevole, ma era ancora peggio quando si ritrovarono a sprofondare fino al ginocchio nei cumuli di neve. Shibisu alzò gli occhi al cielo traendo un profondo respiro. L’aria gelida gli riempì i polmoni allievando di poco quel senso di calore umido che l’improvvisa attività fisica gli stava procurando. Ad un certo punto qualcosa di freddo e bagnato gli colpì la fronte colando lentamente fino al ponte del naso.

“Nevica…” Hatz si stava osservano il palmo della mano notando i piccoli cristalli di neve che cominciavano ad accumularvisi.

“Dobbiamo sbrigarci.” Lo incalzò l’amico riprendendo a camminare. La neve non era particolarmente fitta e cadeva quasi svogliatamente, lasciandosi trasportare dalla brezza leggera, tuttavia se avesse cominciato ad accumularsi sarebbe stato difficile proseguire e trovare un riparo.

Sentendo un suono metallico Shibisu lanciò un’occhiata ad Hatz che proseguiva al suo fianco. Aveva sguainato di poco la sua spada osservandola con un velo di preoccupazione. “Spero solo che la lama non congeli dentro il fodero”. Il compagnò gli diede un colpetto sulla spalla e il moretto rinfoderò l’arma.

Insieme continuarono ad avanzare, guardando fissi nella direzione in cui la lighthouse era scomparsa.

“Quella lighthouse blu… era sicuramente la sua. Questa volta deve essere lui…” Hatz lo osservò di sottecchi: i suoi occhi erano pensosi, le labbra tese in una linea sottile.

“Biondo, occhi blu, maschera sul viso. Se avesse voluto nascondersi avrebbe potuto adottare un travestimento diverso. Qualcosa di nuovo…” Osservò lo spadaccino ripetendo la descrizione che la moglie del droghiere aveva fornito del loro misterioso cliente: un regular in grado di controllare il ghiaccio. Lo avevano cercato per cinque lunghi anni: Khun aveva certamente operato bene, lasciando falsi indizi per depistare chiunque lo stesse cercando. Tra tutte, la pista del regular eremita che viveva in mezzo alla radura di ghiaccio – trenta piani più sotto rispetto all’ultimo livello della torre che sapevano avesse raggiunto – sembrava la meno probabile, così ovvia e allo stesso tempo inverosimile, così poco… da Khun. L’avevano scartata a priori e con il tempo l’avevano dimenticata; almeno fino a quando l’informazione era di nuovo rimbalzata a loro, trovandoli in un momento in cui ormai le idee scarseggiavano e le speranze si assottigliavano.

“O magari lo ha fatto di proposito sapendo che solo in alcuni avrebbero riconosciuto proprio quel travestimento…” di nuovo, Hatz gli lanciò un’occhiata, mugugnò qualcosa di indefinito, poi rispose: “Non ne sono del tutto convinto, se ricordi non era propriamente in sé nell’ultimo periodo… ”

“Speriamo allora che abbia riacquistato le sue piene facoltà mentali nel frattempo…” Shibisu affrettò il passo quasi a rimarcare quelle parole. “… considerando quanto si è impegnato per depistarci, sono abbastanza fiducioso a riguardo.”

Il moretto sbuffò e si affrettò ad allungare il braccio afferrando saldamente quello del compagno, costringendolo così a fermarsi. “Isu, non so bene chi ti aspetti di incontrare…” Il suo tono era calmo, ma il suo abbassamento di voce implicava un ammonimento in arrivo. Shibisu si voltò a guardarlo, lievemente sorpreso “… ma la persona che tu e Bam state cercando così disperatamente di ritrovare potrebbe non essere esattamente come la ricordavate.”

La durezza improvvisa delle sue parole lasciò momentaneamente il compagno interdetto. “Lo so…” bisbigliò infine, quasi fra sé. Le sue parole si condensarono in piccole nuvolette di vapore.

“Voglio dire… guarda questo posto. Siamo in una landa di ghiaccio in mezzo al nulla.” Per enfatizzare la sua affermazione il moro lasciò la presa sul braccio di Shibisu e indicò con un cenno circolare la vallata che li circondava. “Il centro più vicino è a mezza giornata a piedi da qui. Il droghiere ha detto che è isolato in questo luogo da tre anni: tre anni senza nessun contatto umano… e, ancora peggio, sappiamo bene come ha trascorso i due anni precedenti al suo arrivo qui!”

“Lo so…” rispose nuovamente Shibisu, accogliendo con pazienza lo sfogo del compagno. C’era comprensione ora nel suo sguardo. Lo spadaccino era una persona relativamente pacata, di poche parole, e nonostante dalla sua voce non trapelasse una reale agitazione, l’amico poteva leggere un velo di alterazione in quegli occhi scuri.

Hatz si strinse nelle spalle rabbrividendo, se per il freddo o per una qualche sua preoccupazione a Shibisu questo non fu chiaro. “Dico solo che non è detto che questa nostra missione possa realmente ottenere qualcosa di positivo.”

Isu sospirò e le labbra gli si incurvarono in un flebile sorriso, assumendo quell’espressione quasi “paterna” che lo contraddistingueva. “Lo so… ma sarebbe peggio non provarci nemmeno.”

Hatz lo fissò accigliandosi, poi arrossì e sbuffò, distogliendo lo sguardo quasi a celare quell’improvvisa ostentazione emotiva. “Andiamo…” bofonchiò riprendendo la marcia “…ho bisogno di picchiare qualcuno.”

I loro stivali continuarono a slittare tra le lastre di ghiaccio scricchiolanti e a sprofondare nei tracciati ricoperti di neve fresca. Avanzare in quel terreno era decisamente impegnativo.

La vallata era silenziosa ad eccezione del crepitare dei loro passi sul terreno e del suono sommesso della neve che continuava placidamente a cadere. Shibisu osservò i fiocchi bianchi risaltare tra le ciocce di capelli neri di Hatz e istintivamente si passò una mano tra i capelli castani, avvertendo la sensazione umida e fredda del ghiaccio che si scioglieva. Si pentì di non essersi portato dei guanti. Proseguirono in silenzio per un altro quarto d’ora respirando affannosamente per lo sforzo; finalmente cominciarono a scorgere un’abitazione in lontananza.

La villa di fronte a loro cominciava a delinearsi sempre di più. Entrambi si fermarono a osservarla riprendendo fiato. Nuvolette di condensa si formavano intorno al volto di Shibisu; Hatz aveva le guance arrossate per il freddo e lo sforzo, ma gli occhi erano lucidi e attenti. Era la classica tenuta di campagna: un edificio a due piani con annesso il fienile. Era ben mantenuta, con un ampio cortile spoglio circondato da un basso recinto di pietre e con pareti in mattoni rossastri su cui si aprivano piccole finestre prive tuttavia dei classici oscuranti in legno. Il tetto a doppio spiovente era rivestito da scure tegole in terracotta: su di esso non vi era la minima traccia di ghiaccio e la neve non sembrava farvi presa.

“Quello sembra recente.” Seguendo lo sguardo di Hatz, Shibisu intravide dei tronchi carbonizzati a una ventina di metri alla loro destra. Gli scheletri anneriti degli alberi e il fumo grigiastro si stagliavano sullo sfondo in contrasto con il pallore della neve e del cielo; sottili volute di fumo fuoriuscivano dalle cavità ormai vuote dei tronchi e si disperdevano nell’aria. I due regular assunsero un’espressione confusa, ma nessuno dei due disse nulla.

Il terreno tutt’intorno ai resti era anch’esso annerito, lo strato di ghiaccio che lo aveva ricoperto era ormai dissolto e i fiocchi di neve che ora riempivano l’aria si scioglievano ancora prima di raggiungere il suolo. Uno stretto sentiero, anch’esso di terra bruciata, collegava il piccolo gruppo di alberi alla villa.

Quest’ultimo dettaglio fece accendere un campanello d’allarme in Shibisu che reagì d’istinto afferrando al volo Hatz per il gomito trascinando così entrambi all’indietro.

Per un attimo credette di vedere un’esile mano pallida emergere da dietro uno di quegli scheletri inceneriti, poi, improvvisamente, con un forte fragore e un sommesso scricchiolare, dal suolo si innalzarono quattro alte pareti di ghiaccio che tagliarono loro ogni via di fuga. Le barriere si sollevarono fino quasi a ripiegarsi su sé stesse e oscurare il cielo sopra le loro teste.

“Davvero? Un’imboscata? E’ così che si accolgono gli amici?” Senza che potesse trattenerlo, un sorriso cominciò a stamparsi sul volto di Shibisu. Qualcosa si accese dentro di lui. Avvertì i suoi battiti accelerare e rimbombargli nelle tempie: un improvviso senso di eccitamento lo pervase. Ne era sicuro: lo avevano trovato. Ora più che mai, ne era fermamente certo.

“E’ passato un po’ di tempo… non credo di ricordare bene come si accolgono gli ospiti.”

Quella voce! Per un attimo sia Shibisu che Hatz restarono senza fiato. I loro sguardi si incrociarono trionfanti e quando il moro vide il sorriso idiota stampato sul volto dell’amico non poté trattenersi dal pungolarlo sulla spalla con un bonario gesto di rimprovero. Nonostante la situazione non si presentasse propriamente come una calorosa rimpatriata, la tensione accumulata in quegli anni si dissolse ed entrambi gli scout si sentirono finalmente alleggeriti da un peso che per troppo tempo si erano portati dietro.

La voce pacata, leggermente arrochita, ma con un inconfondibile velo di ironia, proveniva dal gruppo di alberi incendiati che avevano scorto poco prima. Con uno strano ghigno stampato sul volto, Hatz si voltò in quella direzione ed estrasse la spada.

“Pensi che questi cubetti di ghiacciano possano servire a qualcosa?” La lama brillò nel momento in cui lo shinsu di Hatz l’avvolse e lo spadaccino fendette l’aria con due secchi e rapidi colpi diretti alla parete loro di fronte. Shibisu avvertì lo spostamento d’aria e per un momento credette di essere stato colpito a sua volta. “Ohi! Fa’ piano!”

Il ghiaccio si spaccò con precisione all’incirca a un metro d’altezza, lungo due rette oblique: la parte superiore del muro scivolò lungo i due tagli e collassò al suolo con un crepitio di ghiaccio in frantumi. Il muro doveva essere spesso almeno una trentina di centimetri, ma, per la violenza dell’impatto contro il suolo, si sgretolò e accartocciò come se fosse di cartapesta. Una sottile polvere di ghiaccio si sollevò dalle macerie offuscando l’aria e riempiendo loro i polmoni di una sgradevole sensazione di gelo. Per un breve istante Hatz percepì una ventata di aria calda insinuarsi nella breccia che aveva aperto e investirgli in pieno il volto.

La polvere non si era ancora dissolta. Shibisu fece appena in tempo a scorgere una sagoma a una decina di metri da loro e il bagliore di due occhi blu – o questo lo aveva solo immaginato? – prima che una seconda barriera di ghiaccio si innalzasse repentinamente a sostituire quella appena abbattuta.

“Vuoi ritentare? Possiamo andare avanti tutto il giorno. Posso raddoppiare lo spessore se preferisci…”

Hatz sbuffò digrignando i denti. “Lo stronzo…” Shibisu lo bloccò prima che potesse aggiungere altri improperi.

Khun, mio caro, non vieni a darmi un abbraccio? Mi sei mancato sai?” Nonostante il tono scherzoso, un abbraccio era proprio quello di cui Shibisu aveva bisogno ora.

“Mi piacerebbe molto, ma finiresti come questi alberi…” Il tono era canzonatorio, ma dietro di esso lo scout riuscì a percepire un velo di amarezza.

Vi fu un momento in cui nessuno disse nulla, poi, nella sua mente, Shibisu richiamò tutti i dettagli che aveva visto fino a quel momento, ma che inizialmente aveva scelto di non considerare: la casa in mattoni, il recinto in pietra, le asciutte tegole in terracotta del tetto, gli scheletri carbonizzati degli alberi che si stagliavano contro il pallore del cielo e, infine, lo stretto sentiero di terra bruciata che lo aveva messo in allarme, quello che ora collegava la villa al gruppo di alberi in cui si trovava Khun.

Realizzando, si passò una mano sul viso in un gesto pieno di frustrazione. “Questa barriera non serve a difendere te dagli intrusi…” concluse cupo lo scout con il petto gravato dal peso di una nuova consapevolezza.

Con voce piatta, Khun finì la frase al posto suo “… serve a proteggere voi da me.”

 

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Capitolo 3
*** Heat ***


Capitolo 2: Heat

Hatz cercò di intercettare lo sguardo di Shibisu mentre un’espressione perplessa gli increspava i fini lineamenti del volto. “Credo mi sfugga ancora qualcosa...”

L’amico aggrottò le sopracciglia e gli rispose indicando con un cenno del capo la direzione in cui doveva verosimilmente trovarsi la tenuta di campagna. “Osserva meglio la villa: niente legno o tessuti, solo materiali resistenti al calore, inoltre, il sentiero bruciato che collega la villa e quel gruppo di alberi carbonizzati è evidentemente la via che lui ha appena calpestato per arrivare fino a dov’è ora, ma non vi sono residui di fiamme...” 

Fece una pausa per dare al moro il tempo di assorbire quelle informazioni poi aggiunse: “... non è il fuoco del firefish, ma la temperatura del suo corpo a causare questa devastazione.” Shibisu sospirò e poi parlò rivolgendosi nella direzione da cui proveniva la voce di Khun

“Quanti gradi puoi raggiungere?”

Da oltre il muro di ghiaccio provenne un leggero scricchiolio. 

“Abbastanza da non avere più la necessità di usare il forno, anche se continuo a bruciare le torte...” 

Un secondo scricchiolio del terreno permise a Shibisu di capire che Khun ora si stava allontanando. 

“Quando mi sarò allontanato farò cedere la barriera e voi potrete tornare indietro. Apprezzo che siate venuti a trovarmi, ma capite che non ci sia granché che possiamo fare…” Vi fu una pausa, poi il tono di voce si addolcì. “E’ stato bello parlarvi dopo tutto questo tempo.”

“Non ti azzardare!” Hatz aveva di nuovo estratto la spada pronto ad abbattere il muro di ghiaccio di fronte a sé. “Non abbiamo fatto tutta questa fatica per niente!”

Con quella barriera di ghiaccio, realizzò Shibisu, Khun aveva appena dato loro dimostrazione del suo vantaggio su di loro: non avrebbero avuto speranze di raggiungerlo a meno che lui non lo avesse voluto. Inoltre, la velocità con cui li aveva congedati senza aggiungere altro, senza nemmeno informarsi sulla loro situazione o sul perché lo stessero ancora cercando, lo fece propendere verso due possibilità: o semplicemente non gli importava nulla o Khun già sapeva, ma comunque non gli importava… 

… o non è realmente in grado di gestire la cosa. 

Shibisu soppesò per un istante quel pensiero. 

Scosse la testa deciso.

Non voglio credere che la situazione sia realmente così tragica: vuole solo metterci alla prova.

Khun, lasciaci tentare.” Disse infine. “Sai che c’è una possibilità: possiamo addensare lo shinsu intorno a noi e creare una barriera che ci isoli dal calore.” Shibisu si sorprese dell’ingenua schiettezza delle sue parole: faceva apparire la sua idea come la più semplice e logica da compiere, ma era ben consapevole dello sforzo che in realtà avrebbe richiesto. 

“Non sareste in grado di mantenerla a lungo.” Fu la lapidaria risposta del lightbearer.

Una vena cominciò a gonfiarsi sulla tempia di Hatz. “Credo che tu ci stia fastidiosamente sottovalutando. Sono passati cinque anni e non siamo rimasti fermi allo stesso livello di una volta.”

“Ah, davvero?” Il tono del lightbearer era cambiato assumendo un timbro più basso e cupo. “Non sapevo che foste diventati dei ranker… ” La voce si era avvicinata e Shibisu riuscì perfettamente a cogliere il sarcasmo e l’amarezza di cui quelle parole erano intrise.

“Non è necessario essere dei ranker per gestire la tua brezza estiva. Ti sei rintanato in questo buco solo per questa sciocchezza? Vieni avanti, codardo!” Lo incalzò di nuovo Hatz

“Brezza estiva!? Ti riduco in cenere bushido boy!”

“Devi solo provarci!” L’animo strafottente di Hatz si era appena riacceso infondendo una luce sinistra nei suoi occhi. Shibisu sospirò, provando una certa impotenza di fronte a tutto quel testosterone.

Solitamente Khun non era tipo da cedere facilmente alle provocazioni, ma Shibisu si ritrovò a sperare che la strategia dello spadaccino sortisse il suo effetto. 

Vi fu un momento di sospensione in cui nessuno parlò, nessuno si mosse, nessuno pensò. 

Isu trattenne il fiato aspettando una qualche reazione da parte dell’ex-compagno, quando da oltre la muraglia percepirono di nuovo il suono del terreno mentre veniva calpestato. 

Poi, di nuovo, il silenzio. 

Sta esitando?

Vi fu un improvviso sbalzo di temperatura.

Con sollievo, Shibisu si accorse che aveva funzionato. Riprese a respirare e l’aria, ora calda, gli riempì i polmoni. Oltre la barriera avvertirono i passi di Khun farsi sempre più vicini e, più si avvicinavano, più l’aria iniziava a divenire secca e rovente. La parete di ghiaccio di fronte a loro iniziò a trasudare per il calore. Hatz, che era nelle immediate vicinanze, si allontanò colpito dal forte sbalzo di temperatura. La barriera cominciò a sciogliersi ad una velocità impressionante smussandosi sempre di più. Alcuni pezzi cominciarono a staccarsi precipitando a terra con un fragore sommesso. Al centro, nella parte inferiore, la parete stava diminuendo il suo volume, formando un’apertura ad arco, ampia poco più di due metri. Il ghiaccio si assottigliò fino al punto da diventare traslucido, assumendo per qualche secondo l’aspetto di una lastra di vetro torbido. 

Entrambi gli scout riuscivano ora a vedervi attraverso, le forme erano distorte e i colori si mescolavano tra loro, ma riuscirono nettamente a distinguere una figura longilinea che si avvicinava. 

L’aria si era fatta asfissiante, quasi irrespirabile. Come prima reazione, Shibisu sentì gli occhi e la gola seccarsi e bruciargli, cominciò a boccheggiare affannosamente e inconsciamente guardò con bramosia l’acqua che trasudava dalla parete in procinto di sciogliersi; in secondo luogo, avvertì la forte necessità di togliersi il cappotto di dosso, ma resistette alla tentazione. 

Cercò invece di accumulare tutte le sue energie e di concentrarsi sullo shinsu che lo circondava. 

Si voltò verso Hatz per suggerirgli di fare altrettanto, ma non fu necessario: lo spadaccino era in piedi accanto a lui e sembrava aver già padroneggiato la tecnica; il suo volto teso tradiva lo sforzo a cui si stava sottoponendo. 

Per lui fu ancora più difficile, ma il graduale e relativo lento innalzarsi della temperatura gli diede il tempo necessario per abituarsi. La sensazione di calore opprimente scomparve progressivamente, nonostante ne percepisse chiaramente la pressione esercitata sulla sua barriera improvvisata. Shibisu non riuscì a trarre un lungo sospiro di sollievo. Un rivolo di sudore iniziò a colargli sulla tempia tradendo la sua fatica. Non era semplice mantenere costante quel livello di densità di shinsu, ma avrebbe resistito.

Nel frattempo, la sottile lastra di ghiaccio trasparente aveva continuato ad assottigliarsi e ora si stava dissolvendo come un tessuto che viene lentamente lacerato. La figura loro di fronte attraversò il varco sciogliendo gli ultimi residui di ghiaccio; un arco quasi perfetto era quanto rimaneva della barriera e sembrava quasi essere stato realizzato di proposito per incorniciare la scena. Le tre pareti di ghiaccio intorno a loro, più distanti dalla fonte del calore, continuavano a trasudare acqua, ma il processo di scioglimento sembrò rallentare.

Finalmente lo videro distintamente di fronte a loro, a meno di una decina di passi di distanza. Dietro di lui, la neve che finora era rimasta esclusa oltre la barriera di ghiaccio, continuava a cadere pigramente in gonfi fiocchi bianchi; quelli a lui più prossimi si scioglievano ancora prima di raggiungerlo. Intorno al suo corpo, l’aria sembrava addensarsi e oscillare, con un riverbero che ricordò loro i miraggi nel deserto. 

Khun Aguero Agnes aveva arrestato il suo avanzare osservandoli in silenzio. Indossava solo una semplice casacca blu stretta in vita da una cintura in un tessuto più scuro. I piedi, si sorprese Shibisu, erano scalzi. Era più alto di come lo ricordava e magro in una maniera che ritenne allarmante. I capelli di quel familiare e caratteristico colore azzurro-argenteo ondeggiavano in lunghe ciocche che superavano di poco le spalle, andando a incorniciare un viso pallido e scavato in cui l’eccessiva magrezza faceva risaltare gli zigomi alti e i lineamenti sottili. Gli occhi erano solcati da profonde occhiaie, arrossati e febbricitanti, ma le iridi rilucevano di quel nostalgico e intenso color cobalto che ancora ricordava. 

Shibisu non poteva di certo ammettere che Khun avesse una bella cera, ma c’era qualcosa nel suo sguardo altero e nel suo portamento che lo rendevano affascinante e spaventoso allo stesso tempo. Per un momento temette quasi di trovarsi di fronte a uno spettro.

Durante uno di quegli istanti che sembrano durare un’eternità, i tre rimasero in silenzio a guardarsi. 

Un senso di commozione sembrava averli simultaneamente pervasi togliendo loro ogni parola.

La neve continuava a cadere placidamente al di fuori della muraglia di ghiaccio.

Infine, Hatz ruppe la tensione creatasi.

“Stai uno schifo…”

Khun alzò gli occhi al cielo e lo fulminò poi con lo sguardo. Non controbatté, forse perchè nemmeno lui poteva negare l’evidenza. Si limitò, con un gesto stizzito, a portarsi la mano al fianco e spostare il peso sulla gamba destra. 

Shibisu, confortato e  commosso da quella visione, lasciò che un sorriso sognante gli incurvasse le labbra; allargò le braccia e cominciò ad avvicinarsi teatralmente a Khun. Nonostante dal di fuori il movimento fosse apparso del tutto fluido ed agevole, aveva in realtà richiesto allo scout uno sforzo non previsto: le sue braccia erano difatti pesanti e intorpidite a causa della barriera di shinsu entro cui si stava isolando dall’ambiente circostante. 

Intuendo le sue intenzioni il lightbearer si rimise sull’attenti e alzò un braccio verso di lui imponendogli di fermarsi. “Aspetta…”

La nota di urgenza in quella parola costrinsero Isu a pietrificarsi a due metri dall’amico con un sorrisino dubbioso sulle labbra e le braccia ancora aperte in attesa dell’agognato abbraccio. Dietro di lui Hatz osservava la scena accigliato. 

Khun chiuse gli occhi inspirando profondamente, le sopracciglia aggrottate per la concentrazione. Nel momento in cui espirò, Shibisu registrò due fenomeni avvenire in simultanea: la neve cominciò a scendere più abbondantemente e le goccioline d’acqua che ancora colavano dalla barriera di ghiaccio ricominciarono a congelare; contemporaneamente l’aria si fece più frizzante e la pressione che il calore aveva finora esercitato sulla barriera di shinsu di Isu si allentò fino a svanire. Lo scout esitò per qualche secondo, ancora incerto, infine rilasciò lo difesa che aveva creato intorno a sé. 

Non avrebbe saputo descrivere la sensazione di leggerezza che provò in quel momento; solo allora si rese conto quanta fatica gli stava costando mantenere quella barriera. Si accorse di avere il respiro affannoso e con la manica si asciugò la fronte imperlata di sudore: probabilmente non sarebbe durato ancora a lungo. Lanciò un’occhiata sopra la sua spalla intercettando gli occhi neri di Hatz e si rese conto che anche lui stava provando lo stesso.

“Potevi farlo fin dall’inizio?” Sussurrò Shibisu rivolgendosi ora a Khun “Puoi convertire l’energia del tuo calore corporeo in shinsu di ghiaccio e gestire la temperatura?”

Il lightbearer si fece serio e rispose con una voce da cui non trasparì alcuna emozione. “Per la maggior parte del tempo, sì... La neve qui intorno non è altro che il mio shinsu di ghiaccio.” Sollevò il palmo lasciando che un fiocco di neve vi si posasse. “Trovo che esteticamente sia molto più scenografica e meno invasiva di stalattiti o cubetti di ghiaccio.”

Shibisu non disse nulla, ma gli ingranaggi nella sua mente continuavano a girare. La neve è caduta incessantemente fino ad ora e l’intera vallata ne è ricoperta da anni... significa che sta costantemente convertendo tutta questa energia in shinsu? Come fa a ad avere un simile controllo? 

Ripensò alla fatica che lui stesso aveva fatto solo per mantenere per qualche minuto la barriera di shinsu. 

Non mi stupisco che appaia così debilitato.

Hatz schioccò la lingua, lanciando uno sguardo sprezzante in direzione di Khun. “Quindi potevamo tranquillamente risparmiarci tutto il siparietto di prima…?”. 

L’altro sostenne il suo sguardo e rispose con finta noncuranza: “volevo assicurarmi che non vi avrei carbonizzati.” 

… e testare quanto fossimo motivati. Soggiunse Shibisu mentalmente.

“Avevi forse qualche dubbio? Di cosa ti preoccupi?” anche se poteva sembrare diversamente, l’ultima domanda di Hatz non era provocatoria, ma scaturita da una genuina curiosità.

Per un fugace istante gli occhi di Khun si adombrarono e Shibisu poté finalmente leggervi tutta la spossatezza che il suo fisico magro e provato rendeva già palese.

“Ormai non sono più molto…” il giovane esitò un secondo, distogliendo lo sguardo da loro in un tentativo di cercare il termine più corretto o forse per nascondere quell’accenno di imbarazzo che sembrò per un attimo sfuggire alla sua maschera inespressiva “…stabile”.

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Capitolo 4
*** Strategist ***


Capitolo 3: Strategist

 

"Nessuna notizia da Isu?" chiese svogliatamente Anaak dondolando i piedi scalzi.

L'ultimo contatto avuto con lo scout risaliva al giorno prima. Si trattava di un lapidario messaggio apparso sul pocket di Endorsi.

 

Forse l’abbiamo trovato.

Domani andiamo a esplorare la zona.

Non appena avremo notizie vi ricontatteremo.

 

L'ondata di speranza che aveva risvegliato nel gruppo si era trasformata in un'esasperante attesa carica di aspettative.

"Di nuovo… ho detto di no!" E rimarcando le ultime parole, Endorsi spinse senza troppa gentilezza Anaak giù dalla scrivania su cui era china a leggere le sue riviste di moda.

Stizzita, la piccola principessa le pizzicò il braccio e ridacchiò maliziosamente quando l'altra si lasciò sfuggire un urletto. "Vattene via, mocciosa!" Le gridò Endorsi lanciandole dietro una delle riviste.

Bam afferrò meccanicamente l'oggetto al volo e avvicinandosi lo posò nuovamente sul tavolo. Alto, atletico e decisamente più maturo, l’irregular aveva comunque conservato in quegli anni un volto fanciullesco dai lineamenti morbidi e gentili. I lunghi capelli castano scuro erano raccolti in una bassa coda che gli pendeva sulla spalla e solo alcuni ciuffi ricadevano sulla fronte e ai lati del viso. I profondi occhi dorati avevano assunto un’espressione più consapevole, ma in quel momento erano velati da una mal celata irrequietezza.

Da quando Shibisu aveva instillato quella piccola luce di speranza, il brunetto sembrava non trovare pace: si muoveva da una sala all’altra della warship senza un reale scopo, come una tigre chiusa in gabbia. “Avrei fatto meglio ad andare con loro…” mormorò sovrappensiero.

Endorsi alzò lo sguardo e indugiò forse un attimo di troppo sulla mano destra del giovane. Lui se ne accorse e la ritrasse incrociando le braccia al petto.

“Sono più di venti piani di differenza, non puoi arretrare così incautamente solo sulla base di una supposizione, non dopo tutta la fatica fatta per salire fino a qui.”

Bam sapeva che Endorsi aveva ragione, ma questa consapevolezza non riusciva a privarlo dello sgradevole senso di impotenza che lo aveva investito. Quando, mesi prima, Shibisu e Hatz erano scesi per seguire quella pista – non molto diversa da decine di altre rivelatesi poi solo mere illusioni – non coltivava molte aspettative a riguardo, ma quell’ultimo messaggio lo aveva scosso nel profondo. Isu non avrebbe mai instillato in loro una falsa speranza, non senza avere delle ottime basi su cui ergerla.

Endorsi lesse le sue preoccupazioni e insistette. “Ora più che mai dobbiamo concentrarci su come continuare a salire.” Lo rimproverò con lo sguardo, sentendosi subito in colpa per la pressione a cui lo stava sottoponendo. Doveva tuttavia fargli capire che stavano agendo nel modo più razionale e che non aveva nulla di cui incolparsi. “Hai fatto già tutto il possibile per trovare Khun, ma ora gli altri sono lì sopra: ti stanno aspettando e si affidano completamente a te.” Perfetto, ora aveva rimarcato l’ennesimo fardello che poggiava su quelle spalle già troppo gravate dalle aspettative altrui.

Bam le rivolse un sorriso, ma riconobbe della tristezza nei suoi occhi. “Hai ragione Endorsi…”

La ragazza imprecò interiormente, non sopportando di vedere quella passiva accondiscendenza nel suo volto. Da quanto non lo vedeva più sorridere come una volta?

Bam era sempre pacato e gentile. Gli avvenimenti affrontati in quegli anni, positivi e negativi, avevano infuso in lui una nuova maturità e una maggiore autostima: li stava guidando risolutamente lungo la Torre rivelandosi un ottimo leader, senza mai tradire la sua indole onesta e avendo sempre un occhio di riguardo per tutti. Tuttavia, non era un mistero quanto profondamente si stessero radicando nel suo animo il rammarico e lo sconforto che l’allontanamento di Khun aveva generato. Tutti si stavano impegnando per sostenerlo al meglio: perché non riuscivano… perché non poteva essere lei a restituirgli quel sorriso? 

Endorsi s’incupì e abbassò nuovamente lo sguardo sulla sua rivista.

Attualmente, si trovavano all’ottantaseiesimo piano. Ci avevano impiegato quattro anni per raggiungere l’ottantatreesimo, quando invece Khun con quel suo dannato fiefish ne aveva impiegati semplicemente due, lasciando dietro di sé una scia di fiamme e cenere. Quando loro finalmente guadagnavano un piano convinti di averlo raggiunto, arrivavano sue notizie da almeno due livelli davanti a loro. Sembrava impossibile stargli dietro. Oltretutto la collaborazione con FUG e Urek Mazino aveva imposto loro degli obblighi e delle inevitabili soste tra un piano e l’altro che li aveva impegnati in qualcosa di decisamente più marcato di una semplice distrazione – nuovi obiettivi, nuovi nemici, nuove battaglie –. Bam completava ogni impresa con lucidità e la massima dedizione, ma era evidente che, dalla scomparsa dell’amico, l’unica cosa che veramente gli importava era setacciare ogni singolo piano in cerca di una qualche traccia che potesse ricondurre a Khun... e proprio lo stesso Khun si era ben preoccupato di accontentarli.

Il lightbearer aveva infatti lasciato dietro di sé una serie di false piste e indizi appositamente per depistarli e demolire la loro fermezza nel ritrovarlo. Ogni piano raggiunto infondeva in loro una speranza che veniva poi puntualmente disattesa e ogni pista rivelatasi inattendibile non faceva altro che alimentare la loro frustrazione. Profondamente sconfortati, quando finalmente avevano scalato l’ottantatreesimo, l’ultimo piano in cui si erano avute notizie della presenza di Khun, illudendosi per l’ennesima volta di averlo finalmente raggiunto, ebbero nuovamente l’ennesima cocente delusione; solo allora, Bam era crollato e avevano chiaramente visto qualcosa spezzarsi in lui. Il wave controller aveva esitato, rifiutandosi in un primo momento di proseguire e chiudendosi in un preoccupante silenzio.

In un impeto di empatia, se non anche di compassione, Karaka gli aveva concesso del tempo per riordinarsi le idee e prendere una decisione che fosse definitiva; aveva preso alcuni membri del loro gruppo e aveva proseguito. White lo aveva seguito poco dopo con il gruppo di Yama.

Solo Evankhell e Hansung erano rimasti con loro. L’high ranker aveva continuato ininterrottamente a sottoporlo ai suoi estenuanti allenamenti insistendo, su esplicita richiesta di Bam, sulla difesa contro lo shinsu di fuoco. Spesso Endorsi aveva visto Bam rientrare nella sua stanza sfinito, con gli abiti bruciacchiati ancora fumanti, mentre si stringeva con sguardo afflitto il braccio destro.

Dopo quasi un anno intero trascorso a setacciare da cima a fondo l’ottantatreesimo senza alcun successo, Bam si era infine deciso a proseguire, ma non aveva veramente abbandonato il suo obiettivo primario. Confidava solo che, proseguendo, prima o poi l’avrebbe raggiunto. Tuttavia, nei livelli successivi persino le false piste erano scomparse; nessuno aveva più visto o anche solo sentito nominare Khun Aguero Agnes.

La porta si aprì scorrendo sulla parete. Rak entrò nella stanza attirando l’attenzione dei presenti e interrompendo il filo dei loro pensieri.

Black turtle, sei ancora in ansia?” il rombo della sua voce li risvegliò una volta per tutte da quella strana apatia che li aveva invasi.

“Non dovrebbe?” risposte secca Endorsi sfogliando distrattamente le sue riviste.

“No, non dovrebbe.” la rimbeccò il coccodrillo. “Non abbiamo bisogno di perdere altro tempo dietro quell’altro.”

Bam sospirò sapendo già come sarebbe proseguita quella conversazione e gli sorrise incerto. Volendo risparmiarsi l’ennesimo scontro, si avvicinò al compagno poggiandogli una mano sulla spalla.

In seguito, scusandosi, fece per uscire dalla stanza.

L’altro si frappose, sbarrandogli la strada.

“E’ stato lui ad allontanarsi.” Iniziò il cacciatore con tono mesto.

“Rak…” sussurrò Bam quasi implorante.

“E’ stato lui a far esplodere l’intera floating ship con quelle dannate fiamme.”

“Quante volte dovrai ancora ripetere questa scenetta!?” Lo rimproverò impettita la principessa dalla sua postazione alla scrivania.

“Continuerò finché voi tartarughe non abbandonerete questa assurda idea di correre dietro a quel pazzo! Sembrava foste finalmente rinsaviti, invece è bastato che qualche sconosciuto vi passasse un’altra di quelle false piste per ricadere di nuovo in questa assurda ricerca.” ringhiò esuberante il cacciatore riportando i suoi occhi scarlatti su Bam, puntandogli contro il dito artigliato e proseguendo con il suo discorso: ormai gli altri sapevano il copione a memoria.

“Lo hai visto anche tu black turtle. Rideva. Mentre bruciava fino alle ossa chiunque gli si parasse davanti, lui rideva. Gli stolti e gli assassini ridono, un vero cacciatore non ri-”

“Non era in sé Rak!” lo interruppe brusco Bam alzando il tono di voce, volendo a tutti i costi porre fine a quel discorso.

Il brunetto inspirò lentamente rilassando le mani che nel frattempo si erano chiuse a pugno.

Finalmente occhi dorati incontrarono occhi scarlatti rifiutandosi di cedere per primi alla reciproca intimidazione.

Dopo un po’ lo sguardo di Bam si addolcì. “Rak, sai quanto tengo a te e al tuo supporto, ma per quante volte tu ci prova, non ti darò mai retta su questo punto.”

Rak ringhiò con insofferenza e comprese allora che era necessario apportare delle modifiche al copione. Rapidamente, afferrò il polso destro di Bam e gli alzò la manica della felpa.

“Stupido coccodrillo!” Gli urlò Endorsi alzandosi di scatto dalla scrivania.

L’altro non la calcolò nemmeno.

“E’ stato lui a ridurti in questo stato!” La spessa cicatrice rifletté la luce artificiale della sala. Così esposto, il tessuto cicatriziale che ricopriva l’intero arto appariva spesso e scuro. La pelle si era rigenerata in maniera irregolare deturpando l’intera superficie con pieghe e depressioni innaturali. Sapevano che quella era solo la punta dell’iceberg: nascosti sotto la felpa scura, i segni della bruciatura ricoprivano il braccio, risalivano sulla spalla e scendevano sul petto deturpando tutto il fianco destro. In quegli anni alcuni guaritori si erano proposti di curare la lesione, ma, nonostante le sollecitudini dei suoi amici, Bam si era sempre rifiutato.

“... se non fossi intervenuto probabilmente non saresti nemmeno qui ora.” Aggiunse sommessamente Rak, la voce incrinata al solo ricordo. L’unica cosa per cui il cacciatore si sentiva grato nei confronti del lightbearer era di averlo messo nelle condizioni di sviluppare appieno la sua difesa rocciosa. Quella che gli aveva permesso di strappare Bam dalla sua presa, prima che lo riducesse in cenere.

Bam dovette stringere i denti per mantenere la calma. Si sottrasse dalla presa e si riabbassò paziente la manica. I ciuffi castani gli ricaddero sul volto nascondendo la sua espressione.

“E’ stato un incidente.” mugugnò sommesso. “Gli sono arrivato alle spalle… non si era reso conto...” Nella mente di Bam balenò il ricordo di due furenti occhi blu a pochi centimetri dalla sua faccia che lo fissavano senza riconoscerlo: fiamme aranciate vi guizzavano agitate, vorticando intorno le pupille dilatate e alterando grottescamente i lineamenti dell'amico. Bam si era avvicinato d’istinto per fermarlo, per farlo rinsavire, credendo ingenuamente di essere abbastanza forte da poter resistere.

Alla fine… per quanto forte continuasse a diventare… non era mai abbastanza.

“Non cercare di giustificarlo.” rispose Rak a denti stretti.

“Non mi importa…” Bam rialzò lo sguardo su di lui. “Non mi importa niente di quello che potrebbe avermi fatto.” Si morse il labbro inferiore. “E’ solo colpa mia… Ci eravamo tutti accorti che qualcosa non andava, ma ero troppo concentrato sulla scalata alla Torre, sul seguire il mio cammino. Mi sono fatto trasportare dalle parole di Karaka, di Hwaryun… dagli obiettivi di FUG. Ho finito per non vedere il suo turbamento, quando invece lui faceva il possibile per restare sempre saldo al mio fianco... ho ignorato il mio migliore amico fino a quando non avevo più la possibilità di farlo.” La sua voce era diventata un sordo lamento.

“Non sei il solo a non aver fatto nulla, non puoi assumertene l’intera colpa…” Sussurrò Endorsi accigliata. Bam la osservò con quello sguardo ferito che fino ad allora aveva sempre cercato di nascondere loro, ma che già prima avevano scorto tra parole non dette e vuoti sorrisi. A quella vista Endorsi sentì qualcosa stringersi nel petto.

Il compagno scosse la testa amareggiato. “Ho ignorato la cosa finché non è stato più possibile farlo perché ho voluto credere che fosse inevitabile. Avevo ormai accettato l’idea che prima o poi non sarebbe più riuscito a restare al passo e che avrei dovuto lasciarlo indietro, per il suo bene e per il mio.” Si portò la mano a nascondersi il volto, la mascella contratta in una smorfia di dolore. “Ero convinto che avrei potuto gestire ogni cosa, e invece io...” la sua voce si spezzò, ma si sforzò di continuare “... io di nuovo non sono stato abbastanza forte per aiutarlo.”

Rak lo osservò severo. “Anche lui ha fatto le sue scelte… non puoi addossarti anche le sue colpe.” Aggiunse sommesso, poi gli posò una mano sulla testa scompigliandogli i capelli. Bam accettò il gesto sfiorando il braccio teso dell’alligatore. Con un lento respiro riuscì un poco a ricomporsi.

“Sono convinta che non sia passato giorno in cui Khun non si sia pentito di quello che ha fatto e che non gli sia mai passato per l’anticamera del cervello di biasimarti.” Non era nel carattere di Endorsi prendere le difese di qualcuno che non fosse Bam, soprattutto se si trattava di Khun, ma vedere l’irregular così afflitto la stava emotivamente disorientando. Sperò che almeno questo pensiero potesse in qualche modo dargli un minimo di conforto.

“Lui è il nostro stratega…” Anaak parlò facendoli sobbalzare dal momento che, nel frattempo, sembravano essersi dimenticati della sua presenza. “... persino io riesco a capire che ci ha lasciati per riguardo nei nostri confronti, ma, prima di tutto, lui era il nostro stratega. Aldilà di quanto voi possiate essergli sentimentalmente legati, è un dato di fatto che da quando se ne è andato impieghiamo il doppio del tempo a passare di piano in piano. Con lui le cose diventavano più... gestibili... e proprio per questo...” e in quel momento la principessa fissò il suo sguardo ferino su Rak “... se non riesci ad accettare il fatto che questo piagnucolone lo abbia già perdonato, accetta almeno il fatto che la sua presenza sia indispensabile affinché noi raggiungiamo la cima in fretta e senza inutili sforzi.” Un ghigno le incurvò le labbra. “Non so te, ma io odio perdere tempo inutilmente.”

Anaak li superò avvicinandosi noncurante alla porta e ponendosi alle spalle di Rak “Ci siamo alleati con FUG, abbiamo accettato l’aiuto di mostri come White o Kallavan. Sarai in grado di non biasimare qualcuno che fino all’ultimo ha sempre sostenuto ogni decisione di questa testa bacata.”

Detto ciò, la principessa uscì dalla stanza chiudendo seccatamente la porta alle sue spalle.

 

 

Finalmente anche Bam ha fatto la sua comparsa. Sto cercando di diluire gli spiegoni in più capitoli per evitare di appesantirli troppo. Mi spiace se questo rallenterà un pochino la narrazione, ma cerco sempre di fornire un quadro chiaro delle storie che ho in testa; ho sempre timore di non riuscire a esprimermi correttamente e il fatto che non sia particolarmente talentuosa nella scrittura non mi aiuta.

Arriverà il momento in cui finalmente Bam e Khun si incontreranno, in realtà il loro incontro l’ho già scritto, ma devo ancora mettere giù tutta la parte che ci sta in mezzo. A presto!

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Capitolo 5
*** Questions and answers ***


Al punto in cui siamo ora fermi nel webtoon, non si sa molto riguardo a quali siano le reali potenzialità del firefish, quindi ovviamente quanto segue è solo una mia personale reinterpretazione finalizzata allo sviluppo della trama. Spero di aver reso la cosa abbastanza interessate; in ogni caso ci sarà ancora altro da aggiungere in merito, ma per quello bisogna prima attendere che Bam incontri finalmente Khun e parta anche la parte più sentimentale della storia. Mi spiace se questo momento comincia a farsi un po’ attendere.

Buona lettura!

 

Capitolo 4: Questions and answers

 

Investito da un confortevole calore si ritrovò presto a sbottonarsi il cappotto e a sfilarselo.

Quando Shibisu aveva compreso l’entità del potere di Khun si era già fatto un’idea di come potesse presentarsi l’edificio in cui l‘amico aveva deciso di trascorrere quei lunghi tre anni di solitudine, ma varcando la soglia della tenuta rimase comunque sorpreso.

Di fronte a loro si apriva un ampio salone con scure pareti in mattone a vista. Private le finestre delle tende e degli oscuranti in legno, la luce entrava con prepotenza nella stanza nonostante la cupa giornata nuvolosa. L’austerità dell’arredamento faceva apparire il già spazioso salone ancora più grande e vuoto: il mobilio era ridotto al minimo indispensabile e strideva fortemente con l’ampiezza della sala. Un enorme tavolo bianco in marmo lisciato occupava il centro della stanza affiancato nei lati lunghi da due panche anch’esse in pietra. Nella parete loro opposta si apriva invece un angolo cottura affiancato da un’ampia credenza in uno strano metallo scuro. Infine, una lunga panca in ghisa con un alto schienale occupava buona parte della parete alla loro destra.

“Sono tutti materiali ignifughi o quantomeno resistenti al calore, tutto ciò di indispensabile che non lo è si trova al sicuro nella mia lighthouse.” sorrise Khun rispondendo alle loro domande inespresse e accennando con il capo alla lighthouse blu luminescente che era comparsa al suo fianco. “Le altre stanze, ad eccezione del bagno ovviamente, sono praticamente vuote. Solitamente dormo nell’edificio qui accanto, sarebbe l’ex-fienile... è l’unica stanza a trasgredire le regole e per questo la tengo separata” lanciò un sorrisino verso di loro e poi aggiunse “c’è un bel letto morbido, non dormo sul pavimento, non temete”.

“Dovresti usarlo più spesso…” sentenziò Hatz alludendo alle occhiaie scure che cerchiavano gli occhi del lightbearer. Shibisu, nonostante l’arroganza del moro, non lo riprese giacché, con un pizzico di colpevolezza, sapeva di aver pensato la medesima cosa. Conosceva inoltre Hatz abbastanza bene da sapere che quello era il modo più diretto che lo spadaccino conosceva per manifestare la sua apprensione.

Per la seconda volta in quella giornata, Khun rispose alla provocazione con un’occhiataccia, ma non ribatté. Lo scout si domandò se finalmente l’ex-compagno avesse messo la testa a posto e fosse diventato finalmente più accondiscendente, ma cominciò invece a ritenere che dovesse esserci qualcosa di più complesso dietro quell’atteggiamento.

“Sedetevi.” Il tono era cordiale, ma perentorio. I due scout accettarono comunque l’invito e si accomodarono affiancati su una delle panche del tavolo, dando le spalle all’entrata e fronteggiando la parete del piano cottura. Sfiorando la superficie del marmo Shibisu si aspettava di percepirla fredda, invece sembrava irradiare un piacevole tepore, come se fosse rimasta esposta al sole per ore.

“Solitamente in questa casa posso distendermi ed allentare il controllo sulla mia temperatura, per questo la stanza è così calda e le superfici sono ancora tiepide.” Di nuovo il lightbearer anticipò i loro quesiti. “Tuttavia, oggi abbiamo ospiti e pare non avrò modo di rilassarmi…” e con quest’ultima frecciatina gli occhi di Khun brillarono verso di loro, allusivi ed eloquenti. Ciò tuttavia non riuscì a far provare a Shibisu o ad Hatz un qualsiasi senso di colpa.

Dando loro le spalle, Khun estrasse tre tazzine dalla spartana credenza metallica. Senza guardare, infilò poi il braccio nella lighthouse al suo fianco e ne estrasse prima sei barrette di cioccolato, che poggiò sul grezzo tavolo in marmo, e in seguito una caffettiera in vetro sigillata, piena quasi fino all’orlo. Sospirando si accomodò infine nel posto di fronte a loro.

“Caffè?” Senza attendere risposta cominciò a versare la bevanda scura in una delle tre tazzine. “Non preoccupatevi, non è quello solubile…”

Hatz allungò la mano accettando l’offerta, ma Khun prese per primo la tazza tra le mani. “Aspetta, te lo scaldo.” Con un sorrisino che a Shibisu ricordò quello di un bambino in procinto di ostentare un nuovo giocattolo, Khun tenne per qualche secondo la tazzina di caffè tra le mani per poi porgerla di nuovo al moretto. Quest’ultimo la afferrò, annusò il liquido e, non senza mal celare una certa diffidenza, ne bevve un sorso. Quasi istantaneamente, gli angoli della bocca di Hatz si piegarono all’ingiù in un’indubbia espressione disgustata. “E’ gelido…”

Khun si portò le dita alle labbra soppesando quasi stupito quell’affermazione. In quell’istante si comportò in un modo che Shibisu ritenne decisamente bizzarro: si corrucciò stizzito mormorando sommesso fra sé e, infine, con la mano fece il gesto di allontanare qualcosa dall’orecchio. Poco dopo riprese la tazzina dalle mani dello spadaccino e bofonchiò tra l’imbarazzato e il divertito: “Scusa… a volte mi confondo, credo di non riuscire più a distinguere la differenza fra caldo e freddo ormai…” La porse di nuovo al moretto e questa volta si poté chiaramente distinguere del vapore far capolino dalla tazzina.

“Meglio…” valutò questa volta Hatz dopo un secondo sorso. Shibisu intercettò i suoi occhi scuri ed entrambi si scambiarono un eloquente sguardo circospetto.

Khun aveva già riempito la seconda tazzina e si apprestava a fare altrettanto con la terza, quando Isu gli fece cenno di diniego. Il lightbearer fece spallucce e scolò il suo caffè in un unico sorso, poi afferrò una delle barrette che aveva poco prima estratto dalla lighthouse e la scartò. In tre rapidi morsi la divorò letteralmente.

Intercettando lo sguardo impressionato di Hatz, Khun si affrettò saccentemente a spiegare: “se non la mangio subito, poi si scioglie…” la spiegazione non aiutò di molto il moretto a dissipare l’incredulità che ormai gli alterava i lineamenti. Il lightbearer non aggiunse altro e si limitò ad appoggiare il gomito destro sul tavolo e il mento sul palmo della rispettiva mano. La sinistra restò abbandonata sulla superficie ancora tiepida del marmo. Ora Khun li osservava in silenzio già presagendo la serie di domande che gli ex-compagni gli avrebbero di lì a poco rivolto. Gli occhi cobalto erano in attesa e vigili, ma ancora arrossati e soffocati da quell’evidente spossatezza che a Isu piaceva sempre meno.

“Avevo capito che ormai riuscivi a gestire la tua temperatura corporea…” Intervenne Shibisu, ripensando all’episodio del caffè e allungando una mano per afferrare quella di Khun in un innocente tentativo di verificare la sua teoria. La mano del lightbearer sfuggì agile dalla traiettoria dello scout e andò a ripararsi al sicuro nell’incavo del gomito destro, ancora poggiato sul tavolo. In compenso Isu si guadagnò un gelido sorriso che aveva l’obiettivo di scoraggiare qualsiasi altra iniziativa del genere.

Khun…” Shibisu aveva sempre trovato abbastanza semplice distinguere gli stati d’animo dell’ex-compagno, anche quando questi si ostinava a celarli dietro le sue maschere d’indifferenza o ad innalzare le sue barriere emotive. Ora lo scout non riusciva ancora a comprendere chiaramente quali sentimenti il loro arrivo avesse risvegliato in Khun. Non percepiva ostilità da parte sua, ma nemmeno accettazione. Diffidenza? Si, quella certamente. Sollievo? Rammarico? Timore? Sembrava che lo stesso lighberarer non avesse ancora deciso come definire la loro improvvisa intrusione in quella fredda prigione che si era creato.

La situazione di stallo in cui si trovavano stava tuttavia innervosendo Hatz: lo spadaccino aveva iniziato inconsciamente a muovere nervosamente la gamba e Shibisu gli sfiorò delicatamente il ginocchio per farlo smettere.

“E va bene, se non lo fate voi… inizio io” esordì Khun spazientito. “Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati…”

Stavano ancora discutendo quando il sole era in procinto di tramontare oltre le colline. Avevano iniziato dalla sua partenza, quando Khun li aveva abbandonati dopo l’incidente della warship. Stranamente, forse per il piacere di poter nuovamente discorrere con qualcuno, il loro ex-compagno non si risparmiò e rispose ad ogni loro perplessità con pazienza, a voce bassa, distaccata, interrompendosi solo per versarsi un altro caffè e divorare una dopo l’altra le restanti cinque barrette di cioccolato abbandonate sul tavolo. Questo fece comprendere a Shibisu che non era la mancanza di appetito la causa della sua allarmante magrezza.

Non si soffermarono sull’incidente di cinque anni prima; lui e Hatz avevano ormai sentito più volte la versione di coloro che avevano assistito all’accaduto ed era chiaro che Khun non ne volesse parlare.

Per spiegare le motivazioni che stavano dietro alle azioni da lui compiute dopo quell’evento, il lightbearer dovette prima illuminarli sul suo attuale rapporto con il firefish. “Ho fatto alcune ricerche, visto che il dannato pesce a quanto pare è pure riservato…” aggiunse intrecciando le mani sul tavolo.

Da quanto aveva potuto apprendere, si trattava di un’entità immortale, originaria della Torre e intrinsecamente legata alla famiglia Yeon. Poteva tuttavia manifestarsi solo all’interno di un ospite, in questo caso Khun. Conseguenza dello sfruttamento continuo del suo potere era che il firefish accumulava, senza riuscire a disperderla, una notevole energia che scatenava come effetto secondario i sempre più eccessivi sbalzi di temperatura.

“Come può il tuo corpo resistere a queste temperature? Dovresti essere carbonizzato…” Aveva osservato Hatz.

“Lo sarei se non avessi il sangue di mio padre, il fisico di un membro delle Dieci Famiglie e non fossi in grado di gestire lo shinsu di ghiaccio” fu la secca risposta “una fortunata combinazione direi...”. Il graduale aumentare della temperatura nel corso degli anni aveva poi fatto il resto, lasciando il tempo al fisico di Khun di abituarsi letteralmente per gradi, non senza spiacevoli giornate in preda ai deliri della febbre.

Il vero problema era però costituito dalle fiamme, il vero potere del firefish. All’inizio, nella sua ignoranza, Khun ne aveva approfittato adoperandolo indiscriminatamente e lasciando che la creatura accumulasse continuamente nuova energia che alimentava sempre di più il suo potere distruttivo.

“Dopo avervi lasciati, non volevo più che si ripetesse quanto accaduto… nell’incidente, ma non ero più sicuro di riuscire a controllarmi e a garantire la vostra sicurezza. Ero deciso a non farmi più corrompere da questo potere e volevo trovare un modo per liberarmene. Così non ho fatto altro che salire e salire cercando risposte…”

Si zittì per un istante e, da quella breve esitazione, Isu comprese che Khun stava omettendo alcune informazioni. “…forse stavo solo scappando dalle mie colpe, ma all’epoca ero convinto che fosse la cosa più giusta da fare. Ho creato alleanze con chiunque mi facesse comodo pur di salire sempre più velocemente e distanziarvi il più possibile. Ho lasciato false tracce in ogni livello della Torre che attraversavo per depistare prima voi e poi i nemici che pian piano mi stavo creando. Ho usato incautamente e indiscriminatamente il firefish contro chiunque mi rallentasse cercando allo stesso tempo qualcuno che mi dimostrasse che questo potere potesse essere soppresso o mi desse l’opportunità di scoprire una qualche abilità in grado di annullarlo. So che può sembrare sciocco e poco razionale come atteggiamento, non è di certo da me agire in maniera così impulsiva, ma…” Khun si interruppe senza concludere la frase. Di nuovo, i due scout compresero che il compagno stava volontariamente evitando di fornire loro alcuni dettagli, ma nessuno dei due intervenne.

“Quando mi sono reso conto che così facendo non sarei arrivato da nessuna parte e avrei finito per coinvolgere anche persone che non c’entravano nulla, mi sono fermato. Alla fine, ero arrivato ad un punto in cui stentavo a tenere a freno le fiamme e ne fui terrorizzato.”

“Nei tre anni che ho trascorso in questo luogo questo è il massimo che sono riuscito ad ottenere: sopprimo costantemente le fiamme del firefish convertendole in shinsu di ghiaccio… costantemente, giorno e notte.” Khun alzò lo sguardo e per un istante videro cedere la sua maschera di compostezza e vi lessero un’infinita disperazione. “Ormai è diventata un continua battaglia di logoramento…”

“Soffoco il firefish con il mio shinsu finché quel dannato pesce cede e abbandona per un breve periodo il mio corpo in attesa di riprendersi. In quei momenti riesco finalmente a riposare e a recuperare le energie, ma mentre io continuo a indebolirmi sempre di più lui diventa sempre più tenace. Prima o poi sarò io ad esaurirmi prima di lui.”

Khun…” Shibisu gli lanciò uno sguardo carico di compassione.

“Non guardarmi in quel modo Shibisu, non vi sto chiedendo aiuto e nemmeno voglio la vostra commiserazione. Siete voi ad essere venuti a cercarmi.” Una punta d’orgoglio sembrò riaccendersi nello sguardo del lightbearer che si ricompose e si mise sulla difensiva.

“Poco fa ci hai raccontato di come per mantenerti stai lavorando in anonimato come informatore, raccogliendo dati con la tua lighthouse…” Khun lo osservò di sottecchi in silenzio, la sua mano si contrasse lievemente tradendo il suo nervosismo.

“Io non credo che si tratti di una coincidenza… Proprio ora che sei quasi al limite, rimbalza al nostro orecchio un’informazione vecchia di anni che ci porta qui, venti piani più indietro, dove un anonimo droghiere di un anonimo paesino descrive esattamente una persona con le sembianze che tu avevi quando abbiamo partecipato alla sfida del workshop e che solo noi potevamo riconoscere.Shibisu sospirò e lo fissò serioso.

“Sei tu che ci hai condotti qui, sei tu che volevi essere trovato.” Concluse Hatz realizzando la cosa in quello stesso momento.

Khun li fissò per due lunghi e interminabili secondi, in cui non disse nulla, ma dal suo sguardo fu chiaro che dentro di lui si stessero agitando sentimenti contrastanti.

“Siamo venuti qui con lo scopo di riportarti indietro. Non credi che Bam-”

A Shibisu mancò improvvisamente il respiro quando un’ondata di calore lo investì violentemente facendogli morire le parole in gola. Preso alla sprovvista, fu sul punto di rialzare la barriera di shinsu su di sé, ma in quel momento il lightbearer si alzò di scatto e si diresse verso una porta che dava sul retro della casa dando loro le spalle.

“Per questa notte potete riposarvi nella camera dell’ex-fienile. Domani ve ne andrete.” Così dicendo uscì lasciandoli soli nel salone.

Shibisu si passò con un gesto carico di frustrazione le mani sul volto. Perché doveva sempre essere tutto così complicato?

Hatz sembrò prendere una decisione e annuendo fra si alzò “Isu, avvisa Bam. Domani mattina vado a prendere la float ship che abbiamo lasciato al villaggio.”

Il compagno gli lanciò uno sguardo interrogativo.

“Ci serviranno le nostre cose se vogliamo aspettare il suo arrivo in questa radura sperduta.”

Shibisu gli sorrise. “Lascia la navetta fuori dal raggio congelante di quel testardo, non vorrei che venisse danneggiata.”

Hatz gli rivolse un’occhiataccia. “Stai dicendo che dovrò di nuovo fare su e giù a piedi in mezzo al ghiaccio e la neve!?”

“Sono certo che sopravviverai…” sghignazzò l’altro.

 

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Capitolo 6
*** Call him ***


Ho dovuto modificare questo capitolo più volte. Anche se la trama non avanza di molto, dovevo prestare attenzione a che tipo di informazioni inserire e soprattutto a cercare di ravvivare i dialoghi. Spero di essere ben riuscita a esprimere le angosce di Bam e Khun, saranno fondamentali quando finalmente si incontreranno.

Abbiamo ben tre POV: Shibisu, Endorsi e Bam. Ciascuno a modo suo, cerca di fare la sua parte. Buona lettura e spero vi piaccia!

 

Capitolo 5: Call him

 

Shibisu lo trovò nella veranda sul retro la mattina dopo. Poco prima di attraversare la soglia gli era parso di sentirlo parlare con qualcuno o qualcosa, ma non era riuscito a cogliere nulla più di semplici sussurri indistinti.

Sembrava molto più piccolo mentre sedeva a gambe incrociate su una panca in pietra e sfogliava indaffarato le schermate della sua lighthouse. I capelli erano sciolti e ricadevano poco al di sotto delle spalle, lisci e ordinati come sempre. Indossava solo una lunga casacca simil-kimono azzurro pallido, stretta in vita da una cintura bianca in tessuto. I piedi erano, come sempre, scalzi.

Il retro della tenuta dava su un ampio cortile su cui torreggiavano non troppo lontane da loro le verdi colline soleggiate, all'estremità opposta della vallata.

A giudicare da quel paesaggio, sarebbe stata una bella mattinata assolata, se non fosse stato per la neve leggera che Khun continuava a mantenere e che rendeva di una tonalità più fredda la luce del giorno. La temperatura era bassa e lo scout dovette abbottonarsi il cappotto fin sotto il mento.

"Non sei ancora andato a dormire?" Chiese già conoscendo la risposta.

Khun alzò lo sguardo dal suo lavoro e voltò il capo nella sua direzione. "Ho l'aria di uno che ha passato la notte sotto le coperte?"

Shibisu si soffermò sui suoi occhi arrossati e infossati. No, certo che no.

"Non dovrebbe mancare molto comunque, si stancherà prima o poi quel dannato pesce." Alzò con noncuranza le spalle e tornò a lavorare alla sua lighthouse. "Il samurai è già corso a recuperare le vostre cose?"

Hatz era partito all'alba per recuperare la loro float ship dal porto del villaggio. Probabilmente non sarebbe tornato prima di cena.

"Sì." si limitò a rispondere lo scout.

"Non avete intenzione di andarvene vero?"

"Esatto."

Khun esitò per un istante. Il suo volto era nascosto dai lunghi ciuffi argentei. "Lo hai già chiamato?" sussurrò.

Shibisu spostò il peso da un piede all’altro. "Non ancora…"

"Preferirei non lo facessi… e preferirei che ve ne andaste." Soggiunse l’altro risoluto abbandonando ancora la sua lighthouse e tornando di nuovo a squadrare l’amico.

"Suvvia, non fare il finto offeso con me. Le tue azioni dicono tutto il contrario…"

Khun gli rivolse un sorrisino strafottente. "Le mie azioni ormai sono spinte solo dalla disperazione…" Shibisu non riuscì a comprendere quanta verità fosse realmente contenuta nel sarcasmo di quelle parole. Si strinse nelle spalle trattenendo un brivido di freddo.

Gli si avvicinò e si accomodò a cavalcioni sulla panca, in modo da poterlo fronteggiare e lasciargli comunque dello spazio personale.

Isu sapeva cosa Khun aveva fatto il giorno dell’incidente, sapeva dell’enorme warship piena di passeggeri, nemici e non, che aveva fatto esplodere e aveva visto la cicatrice che deturpava il corpo di Bam. Nonostante ciò non riusciva a biasimarlo o a provare rancore nei suoi confronti: anche lui allora, come gli altri, si era accorto della piega che stavano prendendo i fatti e comprendeva che il loro team non avrebbe più potuto stare al passo con Bam. Per lui non era stato così difficile accettarlo, forte del legame che aveva con il suo gruppo e consapevole dei suoi limiti.

Convinto che lo slayer candidate stesse propendendo la decisione più giusta, aveva voluto credere che anche Khun, razionale com’era, avesse già accettato la cosa, ma, mentre il lightbearer veniva sempre più lasciato indietro, non si erano resi conto dell’influenza che il firefish stava avendo su di lui.

In un gesto quasi scocciato, l'altro distolse di nuovo lo sguardo dal suo lavoro e compresse la lighthouse facendola scomparire.

Shibisu vide il suo profilo farsi pensoso. "Anni fa ricorsi allo stesso e riconoscibile travestimento del workshop solo per lasciarmi una porta aperta: nessun piano può ritenersi perfetto senza una via di fuga… ma non ho mai avuto realmente l’intenzione di utilizzarla."

Lo scout alzò un sopracciglio. "Dimentichi l’informazione che ci hai fatto pervenire. Senza di quella difficilmente ci saremmo accorti di questo posto."

Dapprima Khun non rispose. "È stato un momento di debolezza..." esordì poco dopo passandosi una mano pallida fra i lunghi capelli sciolti.

Khun abbassò lo sguardo, quando lo riportò su Shibisu, quest’ultimo vi lesse tutta la stanchezza e la frustrazione accumulate in quegli anni.

"Non pensavo potesse essere così gravosa…" Shibisu corrucciò le sopracciglia perplesso. Il suo viso si indurì assumendo un’espressione più cupa.

“Ti riferisci al potere del firefish?” il lightbearer scosse il capo in segno di diniego.

"La solitudine era diventata insopportabile… e il fatto di sapere cosa stavate attraversando, impresa dopo impresa, senza poter far nulla, peggiorava solo il mio stato d’animo.” Esitò accigliandosi.

“Mi vergogno quasi ad ammetterlo se penso che Bam ha dovuto subire molti più anni di solitudine di quanti ne sia durato io…" Si interruppe incupendosi a quel pensiero.

“Ho scelto io di andarmene e non sono mai stato una persona socievole: per questo non pensavo che la cosa mi avrebbe pesato così tanto, ma è diverso…” esitò un instante cercando le parole “… è diverso quando sai di aver lasciato dietro di te del rancore che non potrà mai essere chiarito. Quando non si ha più uno scopo da perseguire…”

Shibisu rimase in silenzio, cogliendo nel silenzio di Khun una sospensione che presagiva dell’altro, qualcosa che l’amico ancora faticava a formulare.

"Ormai non mi resta molto… realizzai un giorno" lo vide stringere i pugni contro il tessuto della veste. "Quando compresi appieno cosa ciò comportava, ne fui inorridito."

Fece un gesto con la mano per rimarcare le sue parole.

"Non fraintendermi, non avevo paura di morire… o forse anche sì, ma quello lo avevo già messo in conto." Lanciò lo sguardo alla vallata sollevando il mento per indicarla a Shibisu. "Mi conosci, difficilmente faccio qualcosa senza sapere come andrà a finire… Prima che arrivassi qui a congelare ogni cosa, questo era un luogo bellissimo, isolato e lontano dalla cruda realtà della Torre." Sorrise. Era un sorriso triste, rassegnato. "Era un bel posto per morire…"

"Khun…" il lightberarer riportò stancamente lo sguardo su di lui, i suoi occhi cobalto erano calmi, ma spenti.

"… ma non ci sono riuscito. A farmi crollare fu la consapevolezza di morire qui, da solo, senza poterlo rivedere nemmeno un'ultima volta..." La sua voce si incrinò. "… senza avergli nemmeno fatto sapere quanto mi senta in colpa per tutto ciò che gli ho causato."

Fu in quel momento che Shibisu vide la sua maschera dissolversi. Una smorfia di dolore gli alterò i lineamenti e abbassò il capo lasciando che i lunghi capelli gli nascondessero di nuovo il volto smunto. Trasse un lungo, tremolante sospiro. “Mi ero ripromesso che non lo avrei più… ostacolato.”

Che non lo avresti più ferito. Capì Isu.

“Che senso ha tutto quello che ho fatto in questi anni per stargli lontano se lo trascino qui proprio adesso?”

Senza riflettere, lo scout allungò una mano a toccargli una spalla e questa volta Khun non gli negò il contatto. Attraverso la stoffa leggera della veste, si ritrovò a stringere una spalla calda, ossuta, esile come quella di un ragazzino. Questo gli provocò ancora più amarezza.

Khun posò i palmi sul bordo della panca dietro di lui, raddrizzando la schiena e sostenendo il peso del corpo sulle braccia tese. Portò la testa all'indietro, chiudendo gli occhi e inspirando profondamente. I capelli gli scivolarono con un fruscio dietro le spalle. Lo scout vide per un istante la sua fronte aggrottarsi, ma, con un secondo e più lento respiro, il lightbearer riuscì a ricomporsi. La sua figura si rilassò e si piegò nuovamente in avanti, con gentilezza scostò la mano di Shibisu e si mise in piedi.

“Scusami, sono stanco. Ho bisogno di dormire… credo sia ora ormai.” Disse stancamente, cambiando discorso e premendosi le dita sulle tempie.

Isu non lo aveva mai visto così combattuto. Ora cominciava a capire quanto forse profondo il conflitto interiore che l’altro stava vivendo, rivelandosi incapace di impedire che il suo affetto per Bam influenzasse tutte le sue decisioni, anche le stesse che si era imposto per difenderlo. Si sorprese di come proprio lui si stesse comportando in maniera così emotiva. Sapeva che l’obiettività di Khun veniva meno quando si trattava del brunetto e che certamente non fosse nelle condizioni fisiche e mentali per ragionare al pieno delle sue facoltà, ma trovava comunque difficile credere che l’altro potesse accettare di metterlo in una situazione che lui stesso riteneva di pericolo.

Non era però quello il momento per indugiare su simili considerazioni.

Isu gli afferrò saldamente la manica della casacca, temendo che se ne andasse senza lasciarlo parlare. "Ehi…” gli sussurrò gentilmente. “Sono sicuro che l'ultima cosa che Bam voglia sentire da te siano delle scuse. Ha passato gli ultimi cinque anni a inseguirti, non ha mai rinunciato a ritrovarti. Penso che entrambi meritiate di confrontarvi almeno un’ultima volta.” Gli sorrise con fare quasi paterno.

“Personalmente, sono contento che tu abbia desistito dal portare avanti questo tuo assurdo piano. Sono felice che tu ci abbia fatto arrivare qui. Nessuno di noi…” lo scout ripensò per un istante a Rak, ma preferì tacere. “Nessuno di noi ti ha mai biasimato per ciò che hai fatto.”

Khun abbassò lo sguardo su di lui, il volto, tornato nuovamente impassibile, reso quasi spettrale dalla sua carnagione diafana e dal volto emaciato.

Shibisu avrebbe voluto dirgli molto di più: quanto fossero tutti preoccupati per lui, come Bam non avrebbe mai potuto considerarlo un ostacolo, quanto la sua assenza aveva invece pesato su di lui e di come aveva passato gli ultimi anni ad allenarsi solo per poterlo aiutare, ma comprese anche che ciò non era compito suo.

Doveva solo limitarsi a predisporre il terreno per il loro incontro.

"Non lo chiamerò se davvero non vuoi” Shibisu sollevò la gamba destra scavalcando la panca su cui era a cavalcioni per rialzarsi a fronteggiare l’amico “… ma se pensi che così smetterà di cercarti ti sbagli.” Vide i suoi occhi rispecchiarsi in quelli di Khun. “Se invece credi di farlo venire qui per confessare le tue colpe e lasciare che si limiti a guardati morire… " Un sorrisino gli arricciò le labbra. "… ti sbagli di grosso."

Il lightbearer lo fissò impassibile per quella che sembrò un’eternità.

"Chiamalo."

...

A pochi centimetri dal suo viso, due occhi fiammeggianti si voltarono a fissarlo ricolmi di odio. Fiamme dorate e aranciate vorticavano frenetiche nelle iridi color zaffiro, saettando e baluginando minacciose. Le ombre nette create dalla distesa di fuoco alle loro spalle alteravano in modo grottesco i lineamenti di quel volto, accentuando la furia di quello sguardo e avvolgendo i contorni di quella figura con una sinistra luce aranciata.

In vita sua non aveva mai visto uno sguardo più spaventoso.

Ciò che più lo terrorizzò fu che quegli occhi non sembrarono riconoscerlo in alcun modo.

Il sangue gli ribollì letteralmente nelle vene.

Vide le labbra dell’altro muoversi per pronunciare qualcosa, ma non ricordava le parole o forse non era mai veramente riuscito a udirle in mezzo al fragore delle fiamme.

Capì comunque cosa stava per accadere.

Una ferina ondata di panico lo investì e istintivamente cercò di fuggire per evitare il peggio, ma il suo braccio destro venne bloccato da una presa ferma che lo strinse con forza sovrumana.

Sentì la pelle ustionarsi sotto il suo tocco.

Cercò di liberarsi, ma la mano si serrò con ancora più forza. Avvertì la forte pressione sul polso farsi sempre più insopportabile e infine il suono secco dell’osso che si spezzava.

Non fece in tempo ad urlare per il dolore che una vampata di fuoco lo investì con violenza.

 

Un’esclamazione di dolore sfuggì dalle labbra del wave controller. “Endorsi, questo ha fatto male…”

La ragazza gli lanciò un’occhiata di sottecchi, per nulla dispiaciuta “ah, davvero?” con pazienza, strinse di più la fasciatura sul suo braccio sinistro.

Alla principessa non erano sfuggiti lo sguardo scosso di Bam e il fremito che aveva percosso il suo corpo.

Ultimamente ci pensa sempre più di frequente.

Con un gesto apparentemente distaccato gli scostò i lunghi ciuffi castani dal volto, sfiorando la sua guancia nel tentativo di trasmettergli un qualche conforto. “Smettila di ridurti in questo stato ogni volta che ti alleni e non ti capiterà più di ricevere una mia medicazione.” La garza appena stretta si macchiò di scarlatto riproducendo la forma allungata del taglio sottostante.

“Lo scricciolo ha ancora molto da imparare prima di uscirne illeso.” Le rispose Evankhell seduta con le gambe accavallate sopra la barella della piccola infermeria. I lunghi capelli argentei le penzolavano pesantemente dalla spalla. “… ma almeno posso ritenermi soddisfatta dei suoi progressi.”

“Grazie…” Rispose incerto Bam squadrandola stancamente.

“Non lo considererei un complimento Bam…” osservò scocciata Endorsi.

“Ci sono notizie di Shibisu?” Il ragazzo non si trattenne dal lanciarle un’occhiata speranzosa che le provocò un leggero senso di irritazione.

“Hai altro su cui devi concentrarti Bam...” Una smorfia di esasperazione le arricciò le labbra tinte dalla nuova tonalità di rossetto. “Sono mesi che siamo qui fermi, Hockney ha già preparato tutto per poter ripartire e affrontare il nuovo test, non possiamo restare qui ancora per molto”.

Lui le sorrise indulgente. “Dovremo almeno aspettare che Shibisu e Hatz tornino da noi per poter avanzare assieme.”

Endorsi cominciava a stancarsi di interpretare il ruolo della maestrina severa. “Sai che non potranno reggere per sempre il nostro passo.” Sbottò, pentendosi di quell’asserzione ancora prima che le sfuggisse dalle labbra.

In quel momento Bam sembrò fulminarla con lo sguardo, la sua mascella si indurì e i suoi occhi rifletterono sinistri la luce fredda del neon. “Non lascerò più nessuno dei miei compagni indietro, non di nuovo.” Quanto fosse radicato il suo senso di colpa per ciò che era accaduto con Khun, Endorsi lo sapeva bene e comprese subito di aver toccato un tasto dolente. Bam rilassò il volto e le strinse delicatamente l’avambraccio, quasi in un tentativo di scusarsi per l’eccessiva durezza con cui le si era rivolto.

In realtà, anche se poteva non sembrare, lei e Bam si erano avvicinati molto nel corso di quei cinque anni. Ormai, passavano molto tempo assieme ed Endorsi, con i suoi modi sempre un pochino egocentrici ed imperiosi, era comunque riuscita ad aprirsi un varco in quel distacco forzato in cui Bam si era rifugiato, confidandosi spesso con lei e concedendole di acquisire maggior confidenza con lui.  Tutto ciò la rendeva felice, ma comprendeva bene che per l’altro non fosse sufficiente a riempire il vuoto che il suo migliore amico aveva lasciato, figuriamoci a conquistare qualcosa di più come Endorsi avrebbe sperato. In ogni caso, non aveva intenzione di desistere, nonostante difettasse di pazienza.

“Lo so bene” cercò di mostrarsi dispiaciuta. “L’ho detto senza pensarci…” La ragazza fissò il bendaggio e allungò le braccia a cingergli il collo, si fermò davanti a lui a solo una decina di centimetri dal suo volto osservandolo con premura. Aveva gli occhi stanchi.

Lui non si scansò, ma nemmeno si avvicinò. “Vai a riposare ora...” Le sue labbra gli sfiorarono rapide la fronte.

Evankhell si alzò in piedi, assicurandosi di far ben risuonare i tacchi dei suoi stivali sul pavimento. “Se proprio dovete amoreggiare, prendetevi una stanza…”

Bam arrossì e scostò gentilmente Endorsi, sorridendole impacciato.

Stava per dirle qualcosa, ma un suono famigliare gli fece sbarrare i grandi occhi ambrati. Sentì la pelle accapponarsi percossa da un brivido.

Materializzandosi lì vicino, il pocket di Endorsi mostrava a chiare lettere il nome di Shibisu.

Qualcosa nello sguardo ora impaziente di Bam fece esitare Endorsi dall’accettare subito la chiamata.

E se fossero cattive notizie? Si accigliò.

E se invece non lo fossero? Con un groppo in gola, diede il comando e la voce dello scout risuonò nella stanza.

Endorsi? Bam è lì con te? Devo chiamare anche lui?”

“Siamo entrambi qui” Rispose distaccata Endorsi. Il suo volto si era fatto serio e gli occhi apparivano ora più spenti.

Shibisu non perse tempo, la ragazza poté sentire il sorriso trionfante dello scout attraverso la sua voce: “Lo abbiamo trovato.”

 

Il cuore di Bam prese a battere all’impazzata e per un secondo temette di restare senza fiato. Si portò le mani a nascondere il volto mentre un’ondata di sollievo lo travolse. Espirò profondamente sentendo dissiparsi in lui un peso che fino a quel momento non si era reso conto di portare. “Come sta?” Disse flebilmente con il cuore in tumulto. Non riuscì a pronunciare altro, sentiva la testa leggera… ascoltò quasi trasognato le parole di Shibisu, rischiando di indugiare troppo sulle sue emozioni, ma si sforzò di restare concentrato.

Khun era vivo, ma no, non stava bene.

Bam si incupì quando Shibisu descrisse brevemente le sue condizioni.

Involontariamente la sua mente gli restituì una vivida e cupa immagine: vide Khun solo in una casa vuota e silenziosa; le mani affusolate dai polsi sottili intente a scorrere pigramente gli schermi della sua lighthouse; la luce fredda del dispositivo che si rifletteva sugli occhi oltremare socchiusi e adombrati dalle lunghe ciglia argentee; lo sguardo riflessivo e stanco, incorniciato da profonde occhiaie che risaltavano sul volto diafano.

Qualcosa gli si strinse nel petto.

In seguito, lo scout iniziò a descrivere tutto ciò che aveva potuto apprendere sul firefish e su come Khun era riuscito finora a gestirlo, con la coda dell’occhio, Bam notò Evankhell ascoltare con attenzione e accigliarsi.

“… per questo è sempre sull’attenti, evita qualsiasi contatto fisico e non si lascia troppo avvicinare.”

“Stai parlando di Khun o di un gatto che hai raccolto per strada?” osservò Endorsi alzando un sopracciglio e alleggerendo di poco la tensione che si andava creando.

Shibisu sbuffò e rivelò loro la cosa che maggiormente lo preoccupava.

“Penso che il firefish stia esercitando una certa influenza su di lui, non ho ben chiaro in che modo o con quale scopo, ma temo che le sue scelte siano in qualche modo condizionate.”

Un brivido percorse la schiena di Bam che si sentì mancare il fiato. Non di nuovo.

Per un istante nella stanza cadde il silenzio. Evankhell fece un’osservazione, ma Bam la sentì risuonare nelle orecchie senza coglierne veramente il significato. Continuava a rivedere l’immagine di Khun solo in quella casa, ma ora alle sue spalle vorticava la figura del firefish – o quantomeno la creatura che lui immaginava essere il firefish.

Isu proseguì spiegando loro la rotta per poterli raggiungere. Con la war ship, sarebbero stati necessari almeno due mesi prima di poter arrivare.

“Dovrete lasciare la float ship al porto del paese, è troppo grande per attraccarla nella vallata e potrebbe attirare attenzioni indesiderate.”

“Due mesi. Senza contare che sono a ritroso verso piani della Torre che già avete scalato…” Evankhell incrociò le braccia al petto scuotendo la testa.

Bam, so che non esiterai a precipitarti qui e lo sa anche Khun. Per quanto non voglia darlo a vedere, è lampante che aspetta con ansia il tuo arrivo. Non lo farei aspettare.

Nonostante l’angoscia che gli stava salendo in gola a causa del quadro poco promettente descritto da Shibisu, quelle ultime parole gli procurarono un intenso calore che scoppiò prepotente con una fitta sorda alla bocca dello stomaco, ma che si irradiò con un piacevole formicolio in tutto il suo corpo.

Voleva vederlo, sentire la sua voce, incontrare i suoi occhi blu, scorgere il suo sorriso…

“Ragazzino, sappi che non ti seguirò in questo viaggio.” Il tono perentorio di Evankhell lo riscosse dai suoi pensieri.

Devo concentrarmi. Si rimproverò mentalmente ancora avvolto in quel torpore che continuava a ripresentarsi ogni qualvolta ripensasse a Khun.

La donna gli stava ancora parlando: “con gli allenamenti avuti in questi anni e la tua innata capacità di controllo dello shinsu, sono sicura che non avrai problemi a controllare il fuoco degli Yeon.” Bam stava per sorriderle, lieto di quella inaspettata fiducia, ma le parole che seguirono gli fecero morire il sorriso sul nascere. “Non posso tuttavia garantire che questo sia sufficiente a salvare la vita del figlio di Khun. Potresti solo perdere del tempo inutilmente cercando di riparare l’irreparabile.”

Fosse anche solo per rivederlo per una manciata di secondi, non sarebbe stato inutile. Pensò, ma invece bisbigliò accigliandosi: “Che intendi dire?”

Evankhell si adombrò “Non permettergli mai di ricorrere nuovamente a quelle fiamme.” Bam si ritrovò a deglutire di fronte allo sguardo gelido della donna “Una volta raggiunto il limite, il potere del firefish non può essere fermato.”

“Potremmo prima… provare a valutare delle strategie alternative?” Suggerì Endorsi che, a differenza di Bam, aveva conservato la sua obiettività.

“Non avete capito. Qui non si tratta di valutare alternative.” Lo sguardo di Bam ardeva di risoluzione. “Scenderò dalla Torre e andrò a riprendermi Khun.”

Si rivolse al pocket di Endorsi.

Shibisu, fra due mesi sarò lì, che non si azzardi a morire prima del mio arrivo. Troverò un modo per rimetterlo in sesto.”

Il dispositivo emise un gracchiare elettrostatico. “Ci conto.”

Evankhell sorrise enigmatica. “Fai come vuoi piccoletto.”

“Tutto ciò non farà piacere a Karaka…” Si voltarono in direzione della voce e videro Hwaryun sullo stipite della porta, evidentemente consapevole di quanto era stato detto. Non indossava la sua solita benda, ma un lungo ciuffo cremisi le nascondeva ugualmente il lato destro del volto. “Viole” disse con tono pacato “nel tuo cammino, non esistono vie che ti conducano a ritroso nella Torre...” Prima che Bam potesse ribattere lei gli rivolse un flebile sorriso e aggiunse. “… ma ti seguirò ugualmente.”

Bam rispose al suo sorriso. “Ti ringrazio, Hwaryun.”

Endorsi le lanciò un’occhiata diffidente. “Più che Karaka, mi preoccupa la tragedia che tirerà fuori questa volta il coccodrillone. Dobbiamo portaci dietro anche lui?” Bam colse il significato implicito dietro quelle parole.

“Verrai anche tu Endorsi?” Il wave controller la guardò raggiante.

“Avevi qualche dubbio?” Rispose lei senza riuscire a sciogliersi in un sorriso di fronte alla genuina riconoscenza di Bam.

Hwaryun attraversò la piccola infermeria avvicinandosi al gruppo e in particolare a Bam. “Viole, per quanto tu voglia provare a negarlo, entrambi avete subito un trauma quel giorno, non sarà così semplice riconciliarvi” si avvicinò di un altro passo posando una mano sulla spalla del ragazzo. “Dubito che Khun abbia voglia di avvicinarsi troppo a te dopo quello che ti ha fatto, figuriamoci rilasciare il suo potere perché tu possa provare a sopprimerlo.” La guida spostò la mano dalla spalla fino a sollevare il mento di Bam. “E tu?” L’occhio scarlatto della ragazza sembrò trapassarlo da parte a parte. “Sarai davvero in grado di sopportare la sua vicinanza se dovesse usare il fuoco?”

Bam indietreggiò involontariamente. Di nuovo i furenti occhi fiammeggianti di Khun tornarono a riempigli la mente. Il suo fianco destro sembrò avvampare. Strinse inconsciamente i pugni cercando di scacciare il ricordo. Endorsi, al suo fianco, lo osservò accigliandosi.

“Traumi?” La voce di Evankhell riportò la loro attenzione su di lei. “Si possono usare a nostro vantaggio. Posso suggerirti un modo per assestare i bollori di quel piccoletto.” Si rizzò sulla schiena portandosi una mano sul fianco. Lanciò un sorriso saccente in direzione del wave controller. Gli occhi di Bam brillarono riacquistando fiducia. “Sai cos’è una terapia d’urto, mio caro?”

Il gruppetto la fissò confuso, in silenzio.

“Ehi, siete ancora lì?” ma ormai nessuno stava più ascoltando lo scout.

 

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Capitolo 7
*** Control ***


In questo capitolo abbiamo tre POV: Shibisu, Bam e finalmente un piccolo scorcio di quello che sta accadendo nella testa di Khun. Spero di essere riuscita a trasmettere in maniera chiara i pensieri di ciascuno di loro. Mi risulta molto difficile cercare di mantenere il carattere dei personaggi, soprattutto perché sono situazioni in cui non è facile immaginare come potrebbero comportarsi. Se risultassero troppo OC, spero non vi dia fastidio.

Buona lettura!

 

Capitolo 6: Control

 

Shibisu trovò insolitamente piacevole trascorrere il tempo in quella vallata. Le giornate erano lunghe e tranquille e dover finalmente passare un po’ di tempo lontano dai test, dalle battaglie e dalla continua ansia di dover raggiungere il piano successivo o di escogitare una nuova strategia era così strano, seppur familiare. Era così la vita prima di entrare nella Torre. Aveva dimenticato quanto poteva essere piacevole la normalità. 

Ogni tanto, quando la monotonia cominciava a farsi sentire, lui e Hatz uscivano dalla piccola valle a esplorare le colline circostanti, il clima lì fuori era estivo e le giornate sempre luminose e limpide. In particolare, amavano sostare qualche ora sulle sponde di un lago nel versante opposto alla vallata e facilmente raggiungibile seguendo il corso di un piccolo torrente che l’attraversava, ma che, grazie al loro amico, era in parte congelato.

Khun invece non lasciava mai la radura, ogni tanto spariva a girovagare per la valle, ma la maggior parte del tempo la trascorreva a lavorare alla sua lighthouse portando avanti i suoi incarichi di informatore. Dormiva pochissimo, cinque, massimo sette, ore alla volta, e poteva restarne sveglio anche per più di venti prima che il firefish venisse sopraffatto dallo shinsu di ghiaccio del ragazzo. Quando accadeva, il lightbearer si ritirava a dormire nella camera dell’ex-fienile, la neve cessava di cadere e il sole estivo tornava a riscaldare la vallata. Cominciarono a trovare conforto in quei momenti, non tanto per il clima decisamente più mite, ma in quanto significava che il loro amico aveva finalmente trovato un po’ di riposo. Una volta, Hatz gli confidò di aver scorto la figura fiammeggiante di un pesce attraverso la porta dischiusa della camera, ma che in seguito, quando era entrato a controllare, aveva solo trovato Khun profondamente addormentato e avvolto nelle coperte.

Shibisu non aveva ancora capito come il loro ex-stratega riuscisse a svegliarsi sempre prima che il firefish potesse tornare a causare problemi. Quando glielo aveva chiesto, l’altro si era limitato a rispondere che era “una sorta di tregua”, ma ciò non fu sufficiente a dissipare le sue preoccupazioni.

Un giorno lui e Hatz si erano recati all'inizio della vallata per raccogliere la consegna mensile dei viveri ed Elly, la figlia del droghiere, – a quanto pare nuovamente incastrata nel turno di consegna dal fratello fanfarone – li aveva accolti piacevolmente sorpresa: finalmente il suo cliente sembrava essere uscito dalla sua fase di isolamento. 

Solitamente i suoi pacchi scompaiono misteriosamente” disse lei utilizzando il termine in codice che lei e Khun avevano concordato per informarlo di possibili intrusi.

Quell'affermazione fece anche capire a Shibisu che non erano stati i primi a trovare il lightbearer e che probabilmente quest'ultimo se ne fosse sbarazzato in qualche modo.

Il loro arrivo aveva comunque spezzato la routine di Khun che trascorreva volentieri qualche ora in loro compagnia. Le prime volte aveva persino aiutato Hatz ad allenarsi con la spada, creando barriere di ghiaccio sempre più spesse che venivano puntualmente tagliuzzate dal moretto. Era divertente vederli nuovamente bisticciare e punzecchiarsi a vicenda, ma dopo qualche giorno dovettero smettere perché Khun finiva con lo stancarsi troppo.

In compenso consumavano i pasti sempre insieme, come i vecchi tempi alla mensa: il lightbearer mangiava parecchio e per più volte al giorno, eppure ogni sua energia veniva letteralmente divorata dal suo costante controllo sul firefish.

Alla sera avevano preso l’abitudine di accomodarsi nella veranda sul retro a bere, osservando placidamente il sole che tramontava dietro le colline mentre rivangavano i tempi ormai passati o gli eventi che li avevano tenuti occupati in quegli anni di distanza. Come informatore, Khun li aveva sempre tenuti d'occhio e sapeva quasi tutto delle loro ultime imprese; erano infatti i dettagli, gli eventi della loro quotidianità che si era perso, ciò di cui era più avido di sapere: come quando erano riusciti casualmente a trascorrere una giornata al mare, aggirando le truppe di Zahad, o di quando Anaak aveva riempito il phon di Endorsi con la farina scatenando la furia della vanitosa principessa. A Shibisu si scaldò il cuore quando lo vide ridere di gusto al pensiero di Endorsi imbiancata dalla testa ai piedi.

Parlare di Bam era però sempre difficile. Khun non lo aveva espressamente detto, ma era chiaro che preferiva evitare di soffermarsi troppo su di lui. L'idea che si era fatto Shibisu era che Khun si sentisse profondamente colpevole e stesse ancora cercando di perdonarsi per quanto aveva fatto al suo migliore amico. Prima o poi avrebbe trovato l'occasione per parlarne, pensò, nel frattempo i due scout evitavano di menzionare il wave controller a meno che non fosse strettamente necessario. 

Shibisu si meravigliò di quanto la vita potesse essere tranquilla e piacevole, forse monotona a volte, ma comunque felice. Tuttavia era chiaro quanto quella apparente quotidianità fosse solo un’illusione destinata a non durare ancora per molto.

Con il tempo Khun sfioriva sempre di più e la neve si ripresentava sempre più spesso e sempre più fitta. Shibisu si era accorto dei tremori che ogni tanto gli scuotevano le mani, dei lunghi sospiri e dei sussulti trattenuti. Quando pensava di non essere visto, lo scout lo aveva notato mentre, con espressione alterata, parlava a denti stretti, apparentemente da solo, ma rivolgendosi in realtà alla creatura che ospitava. Shibisu avrebbe tanto voluto sapere quali fossero gli argomenti di quelle discussioni, ma non aveva mai avuto la volontà di avvicinarsi troppo per origliare o il coraggio per chiederlo.

Pochi giorni prima avevano avuto la prova definitiva che ormai non restava molto tempo. Lui e Hatz erano in cucina a giocare a carte, quando i vetri delle finestre avevano cominciato a vibrare. Una rapida occhiata fuori aveva fatto loro comprendere che all'esterno si stava scatenando quella che sembrava una vera e propria bufera di neve.

Senza esitare, i due si erano precipitati fuori. Khun era lì da qualche parte, ma non si riusciva a scorgere a un palmo dal naso. Nel momento in cui Shibisu era tornato indietro a recuperare i cappotti, Hatz era già scomparso in mezzo alla bufera.

Preso dal panico aveva cominciato a chiamare a gran voce i suoi amici e fortunatamente, dopo una decina di minuti, aveva scorto la sagoma di Hatz tra la neve. Avanzava sorreggendo Khun: un braccio che gli cingeva il fianco e quello dell'amico intorno le proprie spalle.

Quella volta Khun aveva imposto loro di allontanarsi, non accettando alcun compromesso e chiedendo categoricamente che fosse lasciato solo nella villa.

Ho bisogno di scaricare un po’ di energia, senza dovermi preoccupare di ferire qualcuno.” Aveva detto. ll tono era debole, ma i suoi occhi ardevano letteralmente di risolutezza. 

Non sapendo in che altro modo aiutare, presero lo stretto necessario e fecero come era stato loro richiesto. Quando erano ormai prossimi al limite della radura, presso il sentiero fra le colline, la neve aveva già smesso di cadere da parecchio. Nessuno dei due si guardò alle spalle. 

Passarono la notte accampati fuori fra le colline. 

Quando tornarono il giorno dopo, il terreno a un raggio di dieci metri intorno alla villa era ancora caldo e annerito, un pungente odore di bruciato impestava l’aria, ma la temperatura era piacevole e non nevicava, segno che Khun si fosse addormentato. Lo trovarono raggomitolato sulla scomoda panchina in ghisa del soggiorno. Prima di entrare, attraverso le finestre, Shibisu avrebbe giurato di aver intravisto una scia infuocata, simile a un pesce, volteggiare nella stanza.

Hatz lo aveva portato nel letto nell’ex-fienile mentre Khun non sembrò nemmeno accorgersene da tanto profondamente dormiva. Anche quando si era risvegliato aveva passato la giornata disteso sulla panca sulla veranda nel retro, senza nemmeno la forza per stare in piedi. Il giorno dopo sembrava aver recuperato un poco le forze e aveva ripreso a comportarsi normalmente, ma il suo volto era sempre più incavato e le sue occhiaie sempre più marcate.

Mai come prima d'ora, Shibisu aveva atteso con così tanta ansia l'arrivo di qualcuno. Sperò solamente che, una volta arrivato, Bam potesse veramente risolvere quella situazione come sembrava deciso a fare.

Mancavano ancora più di due settimane al suo arrivo, almeno secondo i calcoli di Hatz.

 

Quando era molto piccolo qualcuno che ormai aveva dimenticato gli aveva regalato delle biglie di vetro. Ripensandoci furono forse quelle piccole sfere a stimolare la sua successiva passione per le gemme e gli orecchini. In ogni caso, tra di esse Khun aveva ovviamente la sua preferita: una semplice sfera blu zaffiro con inserti e screziature dorate. La portava sempre con sé ed era quella con cui giocava più di frequente. Rotolando, rimbalzano e strofinandosi sulle sue ancora piccole dita, si era effettivamente consumata parecchio, ma lui restava ancora incantato dalla trama e dai colori di quella sfera ogni qualvolta la luce la colpiva rifrangendosi tra i suoi inclusi dorati.

Un giorno, come tutti i bambini della sua età, Khun fece i capricci. Non si ricordava bene il motivo per cui quel giorno era scoppiato in un pianto furioso, ricordava solo il profilo impassibile di sua madre che lo ignorava volontariamente, senza proferire parola o assecondare la sua scenata infantile. La reazione della donna lo fece diventare ancora più isterico, così, piangendo e urlando infuriato, perse il controllo e, come se quel gesto avesse potuto in qualche modo richiamare finalmente l’attenzione della madre, lanciò con violenza le biglie con cui stava giocando poco prima. Tra di queste, la sua preferita andò in frantumi scoppiando in una miriade di schegge blu e dorate a contatto con il pavimento.

Quando si rese conto di quello che era appena accaduto, Khun osservò quella distesa luccicante di schegge di vetro, con gli occhi sgranati e arrossati dal pianto; trattenne per qualche secondo il respiro, mugolando incredulo, e poi riprese a piangere a dirotto ancora più disperatamente. Il suo petto si strinse in un dolore sordo che non aveva ancora conosciuto a quell’epoca.

Solo allora sua madre gli si avvicinò e lo prese tra le braccia sussurrandogli parole di conforto.

“Mio Aguero, non era la tua biglia preferita? Perché l’hai lanciata in quel modo?” la voce melodiosa e pacata della madre suscitò nel bambino profondi singhiozzi che scossero tutto il suo corpicino.

Khun provò a rispondere, ma tra le lacrime riuscì a pronunciare solo poche parole sconnesse. La madre lo strinse forte a sé accarezzandogli i capelli.

“Hai perso il controllo e hai distrutto una cosa a te cara.” Discostandolo di poco, gli posò un bacio sulla guancia umida e lo guardò negli occhi. “Non devi mai cedere alle tue emozioni, non otterrai nulla e finirai solo con il fare cose di cui sicuramente ti pentirai.”

“Ma-madre…” piagnucolò sconsolato il bambino ancora scosso dai singhiozzi. Scostandogli i capelli dalla fronte, la donna gli stampò un secondo bacio. “Sei figlio di tuo padre, mio Aguero…” il suo tono si fece improvvisamente severo “non voglio mai più vederti abbassare a un simile livello.”

Detto questo, la donna lo strinse di nuovo al petto, continuando ad accarezzarlo finché non si fu addormentato.

 

Affermare che da quel giorno Khun non aveva più perso il controllo non era propriamente corretto, ma era diventato quasi infallibile nell’evitarlo. Ogni volta gli tornavano alla mente le parole della madre e quella biglia screziata d’oro, così si bloccava prima di commettere qualcosa di cui poi si sarebbe sicuramente pentito”. 

Tuttavia, cinque anni prima, Khun aveva di nuovo rotto quella biglia e con suo immenso orrore, ne aveva tratto piacere. Almeno fino a quando non aveva realizzato che quella non era un insignificante gioco per bambini, ma colui che riteneva essere la persona a lui più cara.

L’aveva avvolta nelle fiamme accecato dalla furia e dal senso di onnipotenza.

L’aveva fatto semplicemente perché ne era in grado…

… perché, di nuovo, aveva perso il controllo accecato dalle sue emozioni.

Risvegliandosi, Khun si mise a sedere sul materasso. Ancora intontito, posò i piedi nudi a terra. Com’era il pavimento? Era freddo? Caldo? Non riusciva più a distinguerne la differenza.

“E’ freddo…” gli sussurrò una voce nella testa.

Pigramente, il lightbearer alzò gli occhi di fronte a sé e nella penombra della camera non vide nulla se non i contorni indistinti del suo armadio.

Quanto avrebbe voluto continuare a dormire, dimenticando per qualche altra ora tutte le sue preoccupazioni.

Invece si alzò a fatica, indossando distrattamente la lunga casacca azzurra sopra il corpo magro e pallido. Paradossalmente ogni risveglio sembrava portare con sé sempre più stanchezza.

Meccanicamente prese la cintura dalla spalliera della sedia e l’allacciò in vita.

Si affacciò alla finestra e, scostando la tenda scura, vide la villa avvolta nelle tenebre; le luci erano spente, quindi suppose che Hatz e Shibisu stessero dormendo.

Non sapeva nemmeno che ore fossero.

“Non manca molto all’alba.” Disse di nuovo la voce.

Si passò una mano tra i capelli sentendoli scompigliati. Usando le dita sottili, sciolse alcuni nodi e raggruppò le ciocche più lunghe dietro le orecchie.

Aveva fame e cominciava ad avvertire quel tipico mal di testa che aveva imparato essere causato dalla carenza di zuccheri.

“Nella lighthouse ci sono ancora quelle barrette al cioccolato che ti piacciono tanto”.

Con un breve comando fece apparire il cubo luminoso che diffuse una luce fredda nella camera dell’ex-fienile. Le ombre degli angoli e delle travi a vista del soffitto si fecero ancora più dense.

Senza rendersene conto in meno di un minuto aveva già divorato un’intera tavolozza di cioccolato e ne stava già scartando una seconda.

“Sarebbe il caso di uscire, così potrai rilassarti e rilasciare un po’ di calore.”

 

Fuori la neve era soffice e bagnata sotto i suoi piedi, ma, appena cominciò ad alleggerire la presa sul suo shinsu, iniziò rapidamente a sciogliersi. Avvertì il terreno umido e i sassolini della ghiaia punzecchiargli le piante dei piedi. Di nuovo, non riuscì a distinguere la temperatura del suolo.

“E’ caldo.”

Finalmente Khun si accorse che quella voce non faceva parte dei suoi pensieri.

“Falla finita!” Bisbigliò a denti stretti.

Nessun suono giunse in sua risposta. L’unica cosa che riusciva a percepire era quella turbolenta e costante sensazione di oppressione sempre viva dentro di lui. Combattere e sopprimere quell’energia era ormai la sua personale battaglia: quella che gli permetteva di mantenere assopita la fiamma primordiale del firefish. La stessa battaglia che lo stava inevitabilmente consumando giorno dopo giorno.

La luce grigia dell’alba aveva ormai cominciato a rischiarare la vallata circostante.

Bam sarebbe arrivato di lì a poco, realizzò. Non aveva idea di come, ma lo sapeva.

Si portò una mano al petto e si sorprese di come il suo cuore avesse iniziato a battere con prepotenza nel suo torace. Un brivido lo percosse e comprese che non ci sarebbe riuscito.

Non era in grado di affrontarlo. Non dopo quello che gli aveva fatto.

Il suo respiro si fece affannoso.

Perché sta venendo qui? Si chiese sorpreso: come se in quell’istante si fosse appena risvegliato da un brutto sogno.

“Sei stato tu a chiamarlo.”

Sono stato io? Si sorprese a domandarsi.

No. Lui non voleva che lo raggiungesse. Si era nascosto per anni in quella vallata. Aveva già deciso come sarebbe andata a finire. Non avrebbe più permesso che Bam fosse esposto ad altri rischi.

Non gli avrebbe più permesso di avvicinarsi a lui.

Non si sarebbe mai più permesso di fargli del male.

Che sta succedendo?

Le mani cominciarono leggermente a tremargli.

“Sei stato tu?” Disse alla vallata ancora addormentata di fronte a lui.

“Sei stato tu.” Gli fece eco la voce, risuonando vuota nella sua mente. “Non ricordi? Non sopportavi di morire senza prima rivederlo…”

No. E’ stato solo un momento di debolezza. Io non… poi, come piccoli tasselli di un puzzle che si ricompongono in successione l’uno dopo l’altro, ricordò di aver inviato un messaggio qualche mese prima.

I ricordi gli arrivavano offuscati alla mente, come se li avesse vissuti da semplice spettatore.

Ricordò la conversazione avuta con Shibisu.

Ricordò di avergli chiaramente detto di chiamarlo. Era consapevole quando tutto ciò era accaduto: le emozioni che aveva provato e le parole che aveva detto erano reali, erano sue…

… ma rammentò anche pensieri a lui estranei e una voce che non gli apparteneva sussurrargli nella mente.

Le orecchie cominciarono a fischiargli e le sue pupille si dilatarono.

Gli aveva permesso di manovrarlo con una simile facilità.

Non è possibile…

Perché il firefish voleva Bam lì?

Prima ancora che potesse darsi una risposta sentì un tonfo non molto distante da lui e il suo cuore perse un battito.

Una figura indistinta, avvolta in due enormi ali color della notte, era atterrata a pochi passi da lui. Gli dava le spalle, attratta dalla villa di fronte a loro, e sembrava non averlo notato fra le ombre cupe dell’alba.

La sua mente si svuotò, colta da quello che riconobbe come puro panico.

Un brivido lo percosse da cima a fondo e lo paralizzò.

“Questo… è freddo”. Sussurrò la voce nella sua testa.

 

Il sole aveva appena iniziato a risalire oltre i colli circostanti quando Bam atterrò sulla neve con un tonfo sommesso, il suo fiato pesante si condensò in piccole nuvolette lattiginose. Le ali, che nel corso degli anni si erano evolute ampliandosi e assumendo il colore della notte, erano spiegate contro il pallore della neve e la luce fredda dell’alba. Ancora accaldato per lo sforzo del volo, accolse quasi con sollievo il gelo che lo circondò, nonostante il brivido che gli percorse la schiena. 

Di fronte a lui la villa appariva silenziosa e in parte ancora offuscata dalle ombre notturne.

Per quanto non voglia darlo a vedere, è lampante che aspetta con ansia il tuo arrivo. Non farlo aspettare. 

Le parole di Shibisu gli risuonarono nella mente.

“Khun!” si ritrovò ad urlare, una nota di emergenza nella voce tradì la sua trepidazione. Sgranò i grandi occhi color del miele e senza attendere risposta, prese fiato e urlò con ancora più forza. “Khun!” 

Il nome si condensò nell’aria in una vaporosa nuvoletta bianca.

Cominciò a muovere i primi passi verso l'abilitazione quando avvertì un movimento dietro di lui.

Qualcuno trasse un profondo sospiro.

“Sono qui…” Rispose una voce pacata, ma flebile, alle sue spalle. 

Con un sussulto, il brunetto si voltò di scatto e si perse in due profondi occhi color zaffiro. Lo spettro di quello sguardo furente e fiammeggiante gli attraversò pericolosamente la mentre, ma poi vide il volto di fronte a lui addolcirsi. Un timido sorriso infuse in quelle gemme cobalto una luce che Bam aspettava di vedere da troppo tempo ormai.

Ora, finché ha la guardia abbassata. Rilasciò il respiro che non si era accorto di trattenere e avanzò con prepotenza pressando ad ogni passo la neve sotto i suoi scarponi. Si costrinse a reprimere, o a ignorare, tutte quelle emozioni che lo assalirono improvvisamente riempiendogli il cuore e facendolo battere all'impazzata. Trattenne e accantonò quelle parole che da anni desiderava pronunciare. Si obbligò a concentrarsi solo sulla sua prossima mossa.  

Nel tempo che impiegò a percorrere quella decina di passi che li separavano, la sua mente, ora svuotata, registrò alcuni dettagli: una cintura di tessuto scuro che stringeva una vita eccessivamente magra, dei piedi scalzi, un volto incavato ed emaciato, la luce grigia dell’alba che si rifletteva in lunghe ciocche azzurro-argentee, una smunta mano diafana che si contraeva tradendo un gesto d’inquietudine.

“Bam, non…”

Khun era in procinto di arretrare, disorientato dall’irruenza del compagno, ma Bam lo sovrastò con le sue spalle ampie e la sua statura di poco superiore; due forti braccia quasi arpionarono le spalle esili del lightbearer in una morsa che non gli diede modo di sfuggirgli.

"Che stai… aspetta!” Khun sobbalzò senza riuscire a impedire che una nota d’urgenza confluisse nella sua voce.

Bam avvertì una resistenza sul suo petto e si accorse che l’altro vi stava contrapponendo le mani nel tentativo di allontanarlo. Attraverso i palmi un’ondata di calore oltrepassò la sua casacca nera e gli investì prima il petto e in seguito si irradiò velocemente sulle spalle e sui fianchi.

Sentì Khun imprecare sommessamente e immediatamente soffici fiocchi di neve iniziarono a cadere sulle loro teste. Il calore sul suo torace si affievolì fino a scomparire.

Il lightbearer aumentò allora la forza esercitata su di lui per allontanarlo, ma il suo fisico debilitato non poteva contrastare quello allenato di Bam.

“Bam, ascoltami, te ne devi andare…”

Ignorando quelle parole, il wave controller fece scorrere le proprie mani dalle spalle di Khun fino alla sua schiena, costringendolo a ripiegare le braccia esili sul suo petto e vincolandolo contro volere nell’abbraccio.

Si sforzò di non soffermarsi sul senso di fragilità che gli trasmise stringere a sé quel corpo sottile e leggero.

“No, no! Che diavolo fai… allontanati!” A quel punto qualcosa scattò nel lightbearer. Bam lo sentì irrigidirsi contro di lui e cercare poi di divincolarsi. Avvertì il suo respiro caldo divenire affannoso contro la base del suo collo.

Fu in quel momento che Bam venne investito da un'ondata d'aria bruciante, che dissolse in un attimo le sue ali ancora spiegate. Grazie all'abitudine data dai suoi allenamenti si difese subito addensando lo shinsu attorno a sé.

Prepotentemente riaffiorò ancora in lui il ricordo di quei due furenti occhi blu fiammeggianti e per un terribile istante temette di fallire di nuovo.

Resistette all'istintivo impulso di staccarsi e correre via.

Ricordò il fuoco, il calore insopportabile, la presa ferrea e rovente della mano di Khun sul proprio braccio che gli impediva di sfuggire al fuoco che lo stava dilaniando. Si sentì vacillare investito dal panico, ma una parte di lui realizzò che ora era diverso: Kuhn non lo stava afferrando, era lui a stringerlo a sé. 

Aveva una scelta: poteva scappare o restare e, questa volta, aveva la forza e tutta la volontà necessarie per combattere. Si aggrappò a quel pensiero stringendo ancora più a sé il corpo dell’amico.

Si concesse solo altri due secondi, prima di riacquisire il controllo di sé.

Nel frattempo, la neve sotto e sopra di loro cominciò a sciogliersi entro un raggio sempre più ampio. Ondate d'aria rovente lo investivano a intervalli veloci e regolari. Percependo il corpo del compagno su di sé, Bam comprese con meraviglia che quelle ondate seguivano il battere ritmico e frenetico del cuore di Khun.

Avvertì anche il proprio pulsare con veemenza nelle tempie.

Il calore era diventato insopportabile e cominciò presto a sentire la propria pelle scottarsi nonostante la sua difesa.

Posso resistere… valutò inconsciamente, fiducioso degli allenamenti a cui si era sottoposto in quegli anni. Un rivolo di sudore gli scese lungo la tempia.

Respirare gli risultava tuttavia difficile: ogni boccata d’aria gli infiammava la gola e gli offuscava la vista, nonostante ciò lui continuò a stringere a sé quel corpo esile, ma combattivo, insopportabilmente caldo.

I loro volti si sfiorarono per un attimo, zigomo contro guancia. Si ritrovò i capelli di Khun in faccia, ma non poté allontanarli per non perdere la presa che aveva su di lui. Il lightbearer era rovente.

Tutto intorno a loro, l’aria e il suolo cominciarono a sfrigolare.

“Bam!” Urlò Khun tentando di calciarlo via. Per un fugace istante scorse i suoi occhi dilatati per il terrore e si sentì in colpa per il trauma che gli stava facendo rivivere. A un certo punto, Bam strinse i denti e si lasciò sfuggire un lamento ricevendo un colpo secco proprio sotto la rotula, ma non cedette. "Lasciami andare!"  Ringhió l’altro accompagnando quelle parole con uno strattone.

Di tutta risposta il moretto gli premette la mano dietro la nuca avvicinando il suo orecchio alle proprie labbra. Il lightbearer si lasciò sfuggire un verso carico di frustrazione e sembrò cedere del tutto al panico. 

“Non di nuovo…” lo sentì impercettibilmente supplicare.

“Va tutto bene, Khun-ssi, cerca di stare calmo…” sussurrò Bam, cercando di apparire rassicurante. La sua voce risuonò bassa e roca per via della gola ormai riarsa. “Mi sono allenato finora solo per questo.”

A quelle parole Khun rispose con un altro scossone, ma poi cedette e appoggiò esasperato e sfinito la fronte calda contro la sua clavicola. Le braccia rimasero tuttavia ancorate contro il suo petto esercitando sempre un'ostinata pressione. 

Bam gli accarezzò la nuca. "Non puoi più farmi del male…" 

Il lightbearer trasse dei profondi respiri nel tentativo di calmarsi, ognuno di questi si ripercuoteva nel suo corpo con un lieve tremore.

La neve attorno a loro si infittì e i fiocchi si gonfiarono, ma le ondate di calore non cessavano, sembrarono anzi espandersi e aumentare d’intensità ad ogni pulsazione.

"Fa silenzio…" Lo sentì mugugnare quasi impercettibilmente e, adombrandosi, Bam non fece fatica a comprendere che non si stesse riferendo a lui.

Il terreno sotto di loro cominciò a fumare e ad annerirsi. “Non riesco…” Soffiò Khun tra i denti, arpionando frustrato la sua casacca. “Non riesco a fermarlo! Perché hai...” 

Bam però non lo ascoltava più: in quel momento tutta la sua concentrazione era rivolta al controllo dello shinsu. Fece come Evankhell gli aveva insegnato in quegli anni. Non isolò sé stesso dal calore, ma ne cercò i confini. Trovarne il limite d’estensione non fu arduo: gli venne in aiuto la circonferenza di neve sciolta che si era creata sotto i loro piedi. Cominciò quindi con prudenza a circondare quel potere con il proprio. Una volta che riuscì a racchiuderlo nella sua barriera iniziò la parte più difficile: con uno sforzo che fece vacillare per un istante il suo intero essere, fece arretrare quell'energia verso la sua fonte d’origine. Avvertì quella forza opporgli resistenza, ma con veemenza la ricacciò indietro. Quella sorta di braccio di ferro continuò ancora per qualche secondo, infine, un alone dorato – manifestazione dello shinsu controllato da Bam – cominciò lentamente ad avvolgere Khun fino a rivestirlo completamente. Quest’ultimo trattenne il fiato avvertendo l’aura del wave controller invaderlo e rilassò inconsciamente la presa che stava esercitando su di lui.

Così come erano iniziate, le ondate di calore si dileguarono e la neve smise di cadere.

Per una manciata di battiti nessuno dei due si mosse o disse nulla.

Il moretto strinse il suo abbraccio sentendo l'esile corpo di Khun abbandonarsi alla sua stretta e riprendere a respirare. 

Sembra così fragile... 

Chiuse gli occhi emotivamente e fisicamente esausto, affondando il viso nei soffici capelli del compagno. 

Era davvero lì con lui o stava solo sognando? 

“Khun?” bisbigliò con la voce ancora arrochita, respirando affannosamente. Si distaccò di poco per tentare di intercettare il suo sguardo, ma in quel momento la testa del lightbearer ciondolò all’indietro, il suo corpo si rilassò e cominciò ad accasciarsi verso il suolo. Il brunetto dovette sorreggerlo e si inginocchiò per frenare la caduta del compagno. “Khun!” lo chiamò allarmato.

A qualche metro di distanza, due figure gli si avvicinarono con un'andatura incerta.

“Non preoccuparti Bam…” il ragazzo guardò oltre la propria spalla e vide Hatz e Shibisu in piedi ad osservarlo. A parlare era stato quest’ultimo che gli rivolse un sorriso quasi commosso, carico di gratitudine “… credo si sia semplicemente addormentato.” 

Bam li guardò con uno sguardo trasognante. La sua mente era ancora occupata a elaborare quanto era appena accaduto.

“Nel fienile c’è un letto…” esordì Hatz tentando di non mostrarsi troppo scosso per ciò a cui aveva appena assistito “…fagli fare una bella dormita.”

Perplesso, Bam rispose con un mugugno d’assenso, annuendo con il capo. Esitò un solo istante, indeciso se dire qualcosa prima di congedarsi, ma poi, senza aggiungere altro, si caricò parte del peso dell’amico sulla spalla e si dileguò letteralmente in un battito d’ali.

I due scout rimasero a osservarlo allontanarsi per qualche secondo, in silenzio.

“A cosa ho appena assistito…?” bisbigliò lo spadaccino quando Bam scomparve alla vista, portandosi al contempo una mano sul volto in un gesto d’incredulità.

"Anch'io voglio abbracciare Khun.” Piagnucolò Shibisu in un impacciato tentativo di sdrammatizzare, ma senza tuttavia riuscire a scrollarsi di dosso la sgradevole sensazione di aver illegittimamente assistito a un evento intimo e privato.

Una voce femminile esordì non molto lontana da loro “Questo non è il modo in cui ci si saluta fra amici…” I due scout si voltarono in simultanea verso la loro destra. Per un istante rimasero abbagliati dalla luce fredda del sole ormai sorto, poi distinsero i contorni di due figure molto familiari.

“Endorsi! Rak!” Shibisu sorrise impacciato. “Siete qui da molto?”

“Siamo corsi dietro a Bam subito dopo l’atterraggio al villaggio… ho dovuto spingere Bong Bong al massimo per raggiungerlo.” lasciò intendere che anche loro avevano avuto modo di assistere all’intenso ricongiungimento tra Bam e Khun.

“Come l’aveva chiamata black turtle?” Disse Rak sovrappensiero. “Terapia d’urto? Funziona, mi piace. Almeno blue turtle si è preso un bello spavento...” il cacciatore lanciò un’occhiata indecifrabile nella direzione in cui si trovava il fienile.

“Già…” sussurrò la principessa seguendo lo sguardo del coccodrillo, adombrandosi impercettibilmente “… Bam si è rivelato di nuovo un uomo di parola.”

 

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Capitolo 8
*** Firefish ***


Questo capitolo è stato decisamente faticoso da scrivere e rimango ancora perplessa riguardo certi punti. Alla fine ho deciso comunque di pubblicarlo perché ci stavo veramente rimuginando troppo. Il POV principale è quasi interamente dedicato a Bam e alle sue paranoie. La mia paura resta tuttavia Endorsi, non vorrei che risultasse antipatica, snaturando il personaggio; ogni sua azione è dettata dal desiderio di aiutare e attirare le attenzioni di Bam, per cui sappiamo tutti ha un debole. Infine, premetto nuovamente che non ho la più pallida idea di quale sia il ruolo del firefish e come funzioni (non so nemmeno se effettivamente si chiami firefish) quindi consideratelo come una creatura differente rispetto a quella presente nel webtoon. Se qualcosa non fosse chiaro o se vi fossero incongruenze vi chiedo di farmelo notare. Grazie e buona lettura!

 

Capitolo 7: Firefish

 

Bam si mosse a disagio sul bordo del letto. Sollevò la gamba appoggiando il ginocchio contro il petto nel tentativo di trovare una posizione più comoda e far rilassare le spalle indolenzite. La tuta violacea che gli aveva fornito Shibisu per cambiarsi gli stava larga ed era ridicola, ma almeno era pulita e lo teneva al caldo.

Era ormai notte fonda e la stanza era rimasta in penombra, con solo la luce pallida della falsa luna che filtrava dalle finestre. La temperatura era fresca, nonostante per tutto il giorno il sole di shinsu avesse battuto contro le pareti dell’edificio.

Khun, disteso alle sue spalle, non si era ancora risvegliato.

L’amico era profondamente addormentato. Nel corso della giornata si era rigirato più volte, mugugnando cose indistinte nel sonno e optando infine per una posizione fetale, avvolto nelle coperte. Per quel che Bam riusciva a scorgere tra la matassa di lenzuola e la chioma arruffata dei suoi capelli argentei, il volto dell’amico appariva finalmente rilassato, ma le guance erano scavate e la sua carnagione innaturalmente pallida.

Il debole alone dorato della sua barriera continuava ad avvolgerlo da quando quella mattina lo aveva rincontrato: una volta agganciata al lightbearer, Bam non aveva problemi a mantenerla attiva e a reprimere la pressione costante che il calore esercitava contro il suo shinsu, ma aveva bisogno di essere sempre cosciente per tenerla salda.

Sospirò, cominciando a percepire la stanchezza appesantirgli le palpebre e un lieve mal di testa pulsargli nelle tempie.

Stiracchiandosi, posò la fronte sul ginocchio piegato contro di lui, tirando i tendini della nuca in cerca di sollievo. I lunghi ciuffi castani gli caddero sul volto creando una tenda intorno a lui.

Nonostante tutto il tempo avuto a disposizione fino ad ora, Bam non era ancora riuscito a fare ordine nella sua testa e nelle sue emozioni.

In realtà non aveva avuto molte possibilità per meditare in solitudine: a turno tutti erano passati a far loro visita e per il resto del tempo era stato troppo occupato a mostrarsi tranquillo e fiducioso, sorridendo alle loro gentilezze e colloquiando in maniera pacata, per poter riflettere.

Shibisu e Hatz avevano trascorso gran parte della giornata muovendosi tra la camera e la villa, portando cibo, acqua, vestiti puliti e parole di conforto. Fra una visita e l’altra si erano aggiornati reciprocamente sugli ultimi accadimenti, discorrendo sommessamente per non svegliare il lightbearer.

Endorsi era invece rimasta con lui per tutta la mattina, risistemandogli i lunghi e scompigliati capelli castani in un'alta coda e approfittandone per districare con le sue dita sottili, ma vigorose, anche quei fastidiosi nodi di tensione che gli dolevano fra le spalle.

La principessa lo aveva pure risparmiato da scomode domande ed evitato qualsiasi discorso che potesse metterlo in apprensione. La conferma alla sua insolita galanteria l’aveva avuta quando lo aveva persino aiutato a sistemare Khun, rifacendo il letto e procurandogli qualche coperta extra: nel mentre, entrambi avevano notato come la temperatura del lightbearer si fosse abbassata notevolmente nel sonno; la sua pelle era fredda e, se possibile, ancora più pallida. Bam non seppe dire se questo risvolto fosse dovuto all'effetto della sua barriera o se fosse normale che, privato del calore del firefish, il suo fisico reagisse in quel modo.

Tuttavia, era chiaro che la principessa fosse lì principalmente per tenere sotto controllo il wave controller e, difatti, presto aveva riportato tutte le sue attenzioni verso quest'ultimo.

Erano rimasti a discorrere tranquillamente ancora un poco e, finiti gli argomenti, la ragazza era semplicemente rimasta in silenzio, mostrando un tatto che Bam non avrebbe mai pensato potesse possedere. Non seppe spiegarsi tutta quella premura da parte di Endorsi, ma il brunetto ammise a sé stesso che non sarebbe stato in grado di reggere a lungo se avesse assunto la sua solita irruenza, pertanto aveva accettato con sollievo quel cambio di atteggiamento.

“E’ faticoso?” gli aveva chiesto lei alla fine, alludendo all’aura dorata che avvolgeva Khun e non riuscendo a trattenere quella piccola curiosità. Gli occhi ambrati della ragazza erano seri e velati da una lieve apprensione.

Bam le aveva sorriso inclinando un poco la testa. “La parte più difficile è andata. Devo solo concentrarmi per mantenerne il controllo.” Endorsi gli aveva stretto la mano ed era rimasta in silenzio.

Portando via con sé il suo profumo di pesche e mandole, la ragazza se ne era dovuta andare poiché anche il resto del loro gruppo aveva raggiunto la valle ed era stato necessario placare l’animo adirato di Anaak: l’avevano praticamente abbandonata con la navicella al villaggio insieme ai rimanenti membri del team, ma a differenza di Hwaryun o Laure, non aveva preso la cosa con filosofia.

La notte prima, appena erano atterrati nel piccolo insediamento, Bam era letteralmente volato verso la valle seguendo le coordinate di Shibisu e senza aspettare nessuno. Il viaggio stesso fino a quel piano si era tramutato in una corsa contro il tempo: Hockney e Hwaryun avevano spinto i motori al massimo e ridotto le tappe al minimo permettendogli di arrivare con almeno una settimana d’anticipo sul tempo previsto.

In ogni caso, nel primo pomeriggio Anaak, Rak, Hockney e Laure avevano già iniziato a colonizzare la villa o quantomeno era ciò che Hwaryun gli aveva raccontato quando era passata a visitarlo. La rossa aveva lanciato una lunga occhiata a Khun e, in un gesto che lo aveva sorpreso, l’aveva vista scostargli in silenzio una ciocca di capelli dal volto, sfiorandogli la fronte.

Il modo in cui lo aveva guardato e il fatto che per tutto il resto della sua permanenza non avesse accennato al lightbearer gli causarono una spiacevole sensazione di irrequietezza.

Nondimeno, la guida era stata l’unica che lo aveva proiettato verso l’immediato futuro. Cosa aveva intenzione di fare ora? Come pensava di gestire la cosa?

Bam si era rifiutato di rispondere.

Non era ancora in grado di darle una risposta, non senza aver avuto prima la possibilità di confrontarsi con Khun: non aveva più intenzione di prendere autonomamente decisioni che riguardassero il loro futuro.

Quando anche Hwaryun se ne era andata e pensava di poter finalmente godere di qualche minuto in tranquillità, Shibisu era tornato per l’ennesima volta, stavolta per portargli la cena.

Sembrava che tutti i suoi amici si fossero accordati per non lasciarlo un attimo da solo.

Avevano mangiato assieme sgranocchiando con poco entusiasmo delle bruschette con bizzarri condimenti che Hatz aveva preparato con l’aiuto di Rak.  

Hatz conosce tutte queste strambe ricette.” Aveva esordito lo scout imbarazzato, quasi sentisse il dovere di scusarsi per la cucina del moro.

Bam ridacchiò finendo in un sol boccone l’ultimo pezzo di pane tostato. Shibisu gli aveva allora allungato una bottiglia d’acqua che Bam aveva subito accettato tracannandone un sorso dopo l’altro.

“Fa freddo qui dentro… vuoi che ti porti una coperta?”

Bam aveva scosso la testa mentre appoggiava sul pavimento la bottiglietta ormai svuotata.

“Quanto pensi di restare ancora?” Rinunciando ai convenevoli, Shibisu era andato subito al nodo del discorso.

In risposta Bam lo aveva osservato come se gli avesse appena chiesto di buttarsi dalla finestra. “Non penso accadrà presto. Non almeno finché non si sarà risvegliato.” Si era scordato di abbassare il tono di voce, così, rimediando, aveva proseguito sussurrando, lanciando a Khun un’occhiata da oltre la spalla. “Anche volendo, non posso sciogliere la barriera se prima lui non è cosciente, è necessario che riprenda il controllo della sua temperatura.”

Shibisu aveva annuito sovrappensiero. L’amico non si era preoccupato di nascondergli l’inquietudine che nutriva per quella situazione e soprattutto per lo stato d’animo di Khun.

“E’ diverso.” Gli aveva detto ad un certo punto, accigliandosi.

Bam lo aveva visto incupirsi e stringersi nelle spalle. “E’ più cauto, meno spontaneo con noi rispetto ad un tempo. C’è qualcosa che lo blocca e non credo sia solo il firefish…” aveva fatto una pausa lanciando un’occhiata di sottecchi al lightbearer, quasi temesse li stesse ascoltando “… ma quello che più mi preoccupa è che non lo vedo reagire. Khun ha sempre un piano e se non funziona ne tira fuori un secondo, un terzo e così via. Ora ho invece l’impressione che non sappia nemmeno da dove iniziare.” Bam lo aveva osservato in silenzio accogliendo quasi con sollievo quello sfogo da parte dell’amico.

Era grato di essere finalmente lui a poter dare conforto a qualcuno, senza dover per forza ricevere le premure di tutti. Avere la possibilità di essere di supporto, specialmente ad Isu che tanto lo aveva sostenuto in quegli anni, nonostante la tragicità della situazione, lo fece sentire meglio.

E’ vero, non poteva offrirgli granché: conforto, solidarietà, una stretta sulla spalla, ma questo fu sufficiente, perché anche lui, come Shibisu, aveva gli stessi timori e cercava le medesime risposte. Entrambi sapevano che il loro obiettivo coincideva e non erano da soli a combattere per ottenerlo.

Osservò per un istante Khun e poi tornò a concentrarsi sullo scout. “Lo hai già resuscitato una volta, non può essere peggio di allora.” Aveva concluso infine, guadagnandosi un timido sorriso da parte di Isu.

Poco dopo, lo scout si era ritirato, rinunciando ai suoi propositi di tenergli compagnia per il resto della serata e portando con sé la richiesta per gli altri di lasciarlo solo. “Endorsi andrà su tutte le furie, già non ha preso bene il fatto di non poter cenare con te.”

Bam lo aveva salutato chinando il capo e rivolgendogli un sorriso colpevole, consapevole delle sfuriate che certamente avrebbero accolto l’amico al suo ritorno alla villa.

Finalmente era solo e sembrava che nessun altro sarebbe più giunto a “disturbarlo”.

Risollevò la fronte di scatto colto da un pensiero: Rak, realizzò Bam in quel momento, non si era fatto vivo.

Il brunetto sollevò la mano destra a massaggiarsi le tempie, turbato da quel pensiero. Quello era un altro problema a cui non aveva ancora trovato soluzione. Non era in grado di prevedere in quali modi il cacciatore sarebbe insorto una volta messo faccia a faccia con il lightbearer: non aveva voglia di pensarci proprio in quel momento.

La testa riprese a pulsargli per la stanchezza e per lo sforzo di mantenere attiva la barriera.

Riabbassò la mano sul suo ventre e si soffermò ad osservarla.

Ci aveva riflettuto parecchio e alla fine aveva deciso di indossare un guanto nero per nascondere la cicatrice: non era certo di come Khun avrebbe reagito alla sua vista e non gli sembrava il caso di palesarla così tranquillamente. Sperò solo che l'amico non interpretasse quel gesto come una forma di ripudio o di vergogna.

Si voltò di poco, sforzandosi di lanciargli un’occhiata di sottecchi: le sue spalle si muovevano lentamente mosse da lunghi e profondi respiri, le ciglia argentee erano calate a sfiorare le guance incavate e la sua mano, pallida e ossuta, era abbandonata sul cuscino vicino al volto. Così raggomitolato e avvolto tra le lenzuola, il suo corpo ricordava piuttosto il profilo gracile di un bambino che non quello di una persona ormai adulta.

Bam si mosse di nuovo a disagio, incrociando le gambe sopra il bordo del letto.

Senza più nessuno a distrarlo, l’angoscia riprese ad attanagliargli il petto.

Sono stato io a ridurti in questo stato?

Sapeva che non doveva colpevolizzarsi, tutti continuavano a ripeterglielo e lui stesso ci aveva quasi creduto, ma quanto poteva davvero ritenersi innocente per quanto accaduto?

Ogni volta che provava a scavare nei suoi ricordi, trovava solo nuove scuse per incolparsi: quando non era riuscito a fermalo, lasciandogli incenerire la war ship; quando non si era reso conto di come il firefish lo stesse corrompendo; quando aveva deciso di lasciarlo indietro e proseguire senza di lui; oppure quando, in quello che sembrava un passato ormai troppo remoto, aveva creato la situazione adatta affinché Rachel lo ferisse, costringendoli a impiantare in lui quella creatura.

Qual era effettivamente il momento in cui tutte le sue azioni passate perdevano di significato e lui risultava innocente come gli altri sembravano sostenere, se non anche vittima delle azioni di Khun?

Bastava solo una cicatrice a renderlo innocente?

Se lo era meritato.

Lo sfregio che ricopriva parte del suo corpo non era altro che la giusta punizione per non essere riuscito ad essere all’altezza dell’incondizionata lealtà che Khun gli aveva sempre dimostrato: era un monito, secondo lui anche troppo clemente, alla propria superbia.

Non doveva raggiungere la cima della Torre sacrificando i propri compagni, abbandonandoli quando non potevano più essergli d’aiuto: ciò avrebbe significato solo sottostare alle leggi che la scalata imponeva e mettersi sullo stesso livello di coloro contro cui stava combattendo. Non era così che avrebbe portato il cambiamento che auspicava.

Non era così che avrebbe dovuto trattare il suo migliore amico.

Si voltò sforzandosi, nonostante il proprio senso di colpa, di osservare meglio Khun e con la mano guantata si azzardò a sfiorargli la guancia. L’altro non ebbe alcuna reazione e continuò a dormire profondamente.

Un dolore sordo gli si strinse nel petto.

“Mi dispiace…” sussurrò piegando la testa su di lui, rasentando con la fronte la spalla del lightbearer.

"Hai un'aria afflitta, irregolare…"

Bam sobbalzò sentendo quella voce eterea riecheggiare all'interno della sua testa. Si guardò attorno cercando di comprenderne l’origine quando con la coda dell’occhio intravide una scintilla alla sua destra.

La stanza si illuminò di una calda luce aranciata, come rischiarata dalla fiamma di decine di candele. Prima ancora della creatura, vide la propria ombra, nera e grottesca, proiettata contro la parete di fronte e ne ebbe quasi timore.

Un piacevole tepore iniziò a pervadere la stanza portando con sé anche un acre odore di cenere e carta bruciata.

Il firefish ondeggiò placidamente di fronte a lui, fluttuando immerso nello shinsu e formando dei piccoli cerchi fiammeggianti. Il suo corpo era piccolo e affusolato, dalla pelle squamata e traslucida; da esso si diramavano le pinne e la lunga coda ardenti di vive e luminose fiamme scarlatte.

Il wave controller trattenne inconsciamente il respiro, rapito dall’eleganza e dalla solennità di quella creatura, ipnotizzato da quei movimenti fluidi e aggraziati.

La bellezza di quell’essere era comparabile solo al senso di pericolo che la sua vista generava, allo stesso modo in cui il bagliore del fuoco attira la falena verso la fiamma. Bam fu sul punto di allungare la mano per afferrare quell’essere, ma l’istinto glielo impedì.

“Non dovresti essere in grado di uscire oltre la mia barriera.” Affermò allora, riprendendo a respirare.

“Non sei ancora abbastanza forte per impedirmi di andare dove voglio.” La voce incorporea del firefish risuonò secca nella mente di Bam procurandogli un brivido lungo la spina dorsale.

"Immagino quindi sia troppo chiederti di lasciare in pace Khun di tua iniziativa… " suggerì allora senza preoccuparsi di apparire scontroso.

"Ho bisogno di un ospite per sopravvivere.” Fu la sterile risposta che ottenne.

Bam avrebbe voluto controbattergli di trovarsi qualcun altro, ma era consapevole di quanto ingenua sarebbe suonata come replica. Senza contare che non sarebbe stato giusto far sobbarcare a un’altra persona un simile fardello o almeno così si convinse: non avrebbe mai messo a repentaglio la vita di qualcun altro pur di salvare Khun, giusto? Rabbrividì.

“Devo ringraziarti per essere venuto a salvarlo. Non sarebbe stato giusto lasciarlo deperire fino a spegnersi, devo ammettere che ha avuto una forte determinazione a riguardo. Non fosse stato per te, ci sarebbe anche riuscito.”

Il ragazzo si accigliò. “E’ per dirmi questo che ti sei fatto vivo?”

Il pesce di fuoco si fermò di fronte al suo volto e Bam poté scorgere i due piccoli occhi color dell’ebano scrutarlo e luccicare di una luce sinistra. “Avevo bisogno di appurare che tu non potessi costituire una minaccia.”

Le guance di Bam avvamparono per il risentimento e si dovette trattenere per non lasciarsi travolgere dalla collera. Contò fino a tre mentre si impose di sostenere lo sguardo penetrante della creatura.

“Hai manipolato il mio amico fino al punto da fargli distruggere sé stesso e tutti i legami che aveva costruito.” Fu soddisfatto di come la sua voce suonasse bassa e cupa, abbastanza da apparire minacciosa. Bam trasse un respiro facendo fluire un po’ della rabbia che lo attanagliava nella sua voce. “Io per te non sono una semplice minaccia, sono quello che userà le tue stesse fiamme per ridurti in cenere.”

La creatura rimase in silenzio, indugiando ancora un poco sui suoi occhi dorati, resi ancora più vividi dal riflesso delle sue stesse fiamme. “Tutto ciò che ha fatto, lo ha fatto da solo. Io mi sono solo limitato ad amplificare le sue emozioni; era già tutto dentro di lui.” La voce risuonò nella sua testa fredda e distaccata, per nulla smossa dalle minacce del wave controller. “Non sono io quello a cui devi rivolgere la tua ira, giovane irregolare.” La sua pinna dorsale aumentò d’intensità e si allontanò vorticando in direzione di Khun.

Nuove ombre si proiettarono sulla parete, ondeggiando per i rapidi movimenti del firefish.

Bam provò un forte senso di ribrezzo quando intuì che quell’essere sarebbe rientrato nel corpo del suo amico e, ancora peggio, avvertì una fitta allo stomaco quando comprese che in quel momento non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo.

“Aspetta!” Allungò la mano nella sua direzione, sapendo bene quanto quel gesto sarebbe risultato inutile. Tuttavia, con sua sorpresa, il firefish si fermò a mezz’aria ruotando su sé stesso.

"Il figlio di Khun non è una persona facile da manipolare.” La creatura riprese ad avanzare verso di lui e, superato il momento di stupore, Bam si ricordò improvvisamente di quanto facevano male quelle fiamme. “Ha una mente forte, è sveglio e ha un fastidioso autocontrollo, ma, purtroppo per lui, anche i suoi sentimenti sono ben radicati." Con un fluido movimento delle pinne si portò ancora più vicino. "Non puoi salvarlo irregolare, non è nato per portare queste fiamme, non è uno Yeon.”

Ormai gli era talmente vicino che il calore misto all’odore di cenere e legno bruciato gli riempirono i polmoni smorzandogli il respiro; cercò di reprimere l’istinto di allontanarsi per non dar allo sweetfish alcun motivo per dubitare della sua fermezza, ignorando quanto in realtà il ricordo delle sue fiamme lo terrorizzasse. “Lo dico perché provo rispetto nei vostri confronti: accontentati di stargli vicino, non lasciare che si distrugga prima del tempo, non lasciargli affrontare i suoi ultimi giorni nell’angoscia. Non è per questo che sei qui in fondo?”

“Sono qui per togliergli di dosso un parassita fastidioso che non sa stare al suo posto.” Il puzzo acre di quelle fiamme gli fece girare la testa già dolente per la stanchezza, ma si impose di apparire più intimidatorio possibile.

Le fiamme del firefish divamparono e così anche l’agitazione nel petto del wave controller. "Parassita? Sono una creatura della Torre, esistevo ancora prima che il vostro re mettesse piede in questo luogo. Possedevo un Piano una volta, in un luogo in cui nessuno di voi ha mai messo piede.”

Un pensiero accese un campanello di allarme nella mente del Bam. “Sei un Guardiano?” Bisbigliò senza riuscire a trattenere lo stupore.

La creatura non confermò, né smentì la sua supposizione. “Mi trovò Yeon Hana quando la mia casa mi venne sottratta. Non posso sopravvivere a lungo senza un luogo da cui attingere lo shinsu e così facemmo un patto.” Fece una pigra capovolta all'indietro facendo tremolare la luce nella stanza.

“Essendo troppo difficile da contenere, il mio fuoco venne scisso in due, mentre io continuai a vivere nei discendenti di Yeon. Solo quelli che condividono il suo sangue sono in grado di gestire il mio potere, ma nemmeno loro resistono a lungo. Quando ne vengono sopraffatti non mi resta che reincarnarmi nello Yeon successivo. Solitamente passano la loro intera vita senza nemmeno accorgersi della mia presenza e la loro morte viene considerata semplice inettitudine nel controllo del loro stesso shinsu.”

Dopo una pausa, la voce eterea della creatura riprese a riecheggiare nella sua testa. “Le ferite che curo, le vite che restituisco, così come quelle che incenerisco, hanno un prezzo, generano un'energia: un debito che si accumula… e si accumula.” Bam ripensò all’immenso calore sprigionato dal corpo di Khun, allo sforzo che gli era stato necessario per costringerlo all’interno della sua barriera, alla forza devastante che lo aveva colpito quando il lightbearer lo aveva sopraffatto anni prima. Il battito del suo cuore iniziò ad accelerare rimbombandogli nel petto, nelle tempie, nei polsi.

“Quando il mio ospite raggiunge il suo limite semplicemente viene divorato dal mio fuoco trascinando con sé tutto quello che lo circonda.” L’entità fluttuò per un istante sopra Khun, illuminando con una luce calda i lineamenti affilati del giovane e proiettando l’ombra del suo profilo distorto sulla parete.

Bam ripensò ad Ehwa e non ebbe difficoltà a comprendere la portata di quelle parole. Ricordò come la ragazza gli avesse confidato di essere stata allontanata per la sua incapacità nel controllare le proprie fiamme. Evidentemente la paura per le disastrose conseguenze che ciò poteva comportare, aveva reso i membri della famiglia Yeon diffidenti verso qualsiasi loro membro che avesse manifestato delle instabilità. Ripensò anche al modo in cui la sua amica era stata completamente sopraffatta dal proprio potere nell’Hell Train, esattamente come era accaduto a Khun cinque anni prima. C’era qualcosa nel fuoco degli Yeon che funzionava diversamente da qualsiasi altro shinsu Bam avesse mai incontrato e per questo motivo, nonostante ne fosse stato colpito, non era mai stato in grado di riprodurlo come aveva già fatto in passato con altre tecniche.

 “A cosa serve un potere che distrugge tutto quello che ha prodotto… perché Yeon Hana ha acconsentito che una cosa del genere accadesse ai suoi discendenti? Che senso ha?” Bam non poté celare una nota di orrore nella sua voce.

“Non sta a te decidere cosa abbia o meno senso… è così che funziona, è così che deve finire. Non puoi evitarlo”. Così dicendo la creatura compì una lenta giravolta attorno a Bam fermandosi a pochi centimetri dalla sua guancia. Il calore improvviso lo costrinse a sopprimere un gemito e gli spiacevoli ricordi che quelle fiamme portavano con sé.

"Sei riuscito a neutralizzare tutto quel calore. Sei forte, te lo concedo, ma si tratta solo di un effetto collaterale che l’uso del mio shinsu comporta, non puoi immaginare cosa il mio fuoco sia in grado di fare… anche se ne hai già avuto un assaggio...” ondeggiò verso la sua mano destra illuminando lo spazio di pelle scoperto tra il guanto e il polsino della camicia: la cicatrice esposta era spessa e grinzosa "... non sei in grado di sopraffare il mio potere." Sentenziò infine.

Bam cedette e lo allontanò con la mano, infastidito da quel calore soffocante e da quell’opprimente odore di fumo e cenere. "Non sarà necessario. Khun non userà di nuovo le tue fiamme. Non glielo permetterò. Troverò un modo per sbarazzarmi di te."

Il fuoco della creatura si rifletté nei suoi occhi ambrati rischiarando la determinazione che colmava il suo sguardo. Fendette l'aria con un colpo della sua lunga coda fiammeggiante e questa volta Bam non batté ciglio. "Accetto la sfida." Nel momento in cui quelle parole risuonarono nella mente del wave controller, il firefish era già scomparso.

La stanza ripiombò nel buio.

Battito dopo battito, minuto dopo minuto, il suo cuore si riassestò.

Era sfinito.

Bam…?”

Gli occhi di Bam impiegarono qualche secondo prima di focalizzare l’origine di quella voce e riabituarsi alla tenue luce lunare, ma non ebbe problemi a riconoscerne il proprietario.

Khun si era già messo a sedere sul letto, in penombra, lontano dal fascio di luce argentea che penetrava dalla finestra. Fortunatamente la schermatura dorata che continuava ad attorniarlo gli permetteva ancora di individuarlo fra le ombre della notte.

Il suo volto era una maschera indecifrabile, bianca come la porcellana e dall’aria altrettanto fragile. Se non fosse stato per i suoi occhi cobalto, guardinghi seppur ancora assonnati, avrebbe avuto la prova definitiva che gli spettri esistessero realmente.

Bam sostenne quello sguardo e per un lungo istante nessuno dei due disse nulla.

Il sollievo che provò a vederlo finalmente sveglio fu presto sopraffatto da un senso di angoscia e smarrimento. Non era pronto ad affrontare Khun senza nemmeno aver avuto il tempo di rielaborare quanto aveva appena appreso. Nonostante l’audacia che aveva sfoggiato contro il firefish, quanto detto lo aveva scosso nel profondo lasciandogli un insopportabile senso di impotenza.  

Avrebbe voluto riferirgli quanto il firefish gli aveva svelato, chiedergli di formulare insieme un piano e porre così fine a quella tortura, ma la fragilità che gli trasmetteva ora il suo amico gli diede l’impressione che qualsiasi altro peso avesse gravato sulle sue spalle lo avrebbe certamente spezzato.

Qualcosa dentro di lui lo incitava ad avvicinarsi a Khun, a stabilire un contatto, a colmare quella distanza che quegli anni di lontananza avevano lasciato. Voleva sentirlo vicino e credere che sarebbe tutto tornato come prima: se a spingerlo fosse un senso di protezione nei confronti dell’amico o una sua personale ricerca di conforto non seppe dirlo, probabilmente entrambi.

Tuttavia, rimase ancorato al bordo del letto mentre avvertiva la tensione instaurarsi lentamente fra loro smorzando ogni sua iniziativa.

Non aveva pensato a cosa gli avrebbe detto una volta che si fosse risvegliato. Non credeva nemmeno di doverlo fare. Era il suo migliore amico, non c'era mai stata tensione fra loro, le parole sarebbero dovute uscire da sole, eppure...

“Che ore sono?” Disse ad un certo punto Khun con voce arrochita, rompendo quel silenzio ormai troppo opprimente.

Grato di poter approfittare di questa occasione, Bam distolse lo sguardo osservando fuori dalla finestra, come se questo potesse dargli qualche indizio. “Non lo so…” rispose onestamente. Non era un’informazione che lo interessava particolarmente: il passare del tempo, in quella stancante giornata, era diventato qualcosa di molto relativo per lui.

“Per quanto ho dormito?” Ritentò allora l’amico.

“Quasi un giorno intero.” Di questo ne era consapevole.

“Da quanto sei qui dentro?”

“Da ieri mattina…” Perché il tuo tono è così freddo?

“Hai mangiato?”

“Si.”

“Hai dormito?”

“No…” Bam lo guardò incerto da oltre la propria spalla. "Khun…" Era il suo migliore amico quello, eppure continuava a sentirsi a disagio.

L'altro socchiuse le palpebre, soppesando le informazioni appena ottenute. 

“In quanti siete arrivati?” continuò riportando lo sguardo su di lui.

Bam rispose paziente, senza preoccuparsi troppo di celare la propria stanchezza. “Siamo in sette: con me sono arrivati Rak, Endorsi, Anaak, Laurel, Hockney e Hwaryun.”

“Dove sono ora?”

“Alla villa.” Riusciva quasi a sentire il suono degli ingranaggi muoversi nella testa di Khun. Lo conosceva bene, sapeva che aveva sempre bisogno di avere un quadro chiaro della situazione, ma tutte quelle domande cominciavano a indisporlo.

“Non dovreste essere qui.” Disse infine con risolutezza il lightbearer. Bam sospirò, avvertendo la testa pulsare e le spalle farsi sempre più pesanti. Allungò una mano ad afferrare la spalla dell’amico, ma questi la respinse con un gesto della propria. “Non sto scherzando.”

Questo servì un poco a riscuoterlo. Stupito da quella reazione e sentendo mancare quel contatto che ormai era già concreto nella sua mente, Bam si innervosì e afferrò al volo la mano che lo aveva scacciato. Le dita di Khun erano ora calde e sottili contro il tessuto leggero del suo guanto.

“Possiamo prima parlare?” Il suo tono era gentile, velato dalla stanchezza, ma irremovibile.

L’altro si zittì e resse il suo sguardo. Parve concordare con Bam poiché i suoi lineamenti si addolcirono e la tensione fra loro parve alleggerirsi un poco.

“Sei pallido. Come stai?” disse allora Khun, ammorbidendo il tono di voce.

Cogliendo l’ironia di quelle parole, pronunciate proprio da quello che sembrava lo spettro di Khun, Bam sorrise debolmente senza mollare la presa sulla sua mano, intrecciando le dita fra loro. Quel cambio di tono e il fatto che l’altro non lo respinse lo rincuorò. “Meglio di te…” ironizzò lanciandogli un’occhiata eloquente.

Vide l’altro trattenere una smorfia e scuotere la testa.

“Non dormivo così bene da mesi.” Sussurrò socchiudendo gli occhi in un’espressione chiaramente compiaciuta.

“Non c’è di che.” Allargò il sorriso, ma rimase amareggiato quando Khun si fece serio.

“Grazie, Bam.” I suoi occhi erano calmi e limpidi, incorniciati da alcuni ciuffi azzurrini. "Non credere che non comprenda quanto ti è costato venire fino a qui…"

Khun, questo è davvero… è davvero il minimo che io possa fare per te.” Strinse le dita dell’amico per rimarcare le sue parole, l’altro non si ritrasse, ma nemmeno reagì al suo tocco.

Il lightbearer abbassò lo sguardo mimando un composto disinteresse e si passò la mano libera tra i capelli arruffati, gesto che tradì comunque la sua agitazione. "Bam, è stato il firefish a fare in modo che vi facessi arrivare fin qui. Non è sicuro per te… per voi rimanere. Non conosco le sue intenzioni."

Bam ripensò alla conversazione appena avuta con la creatura e scosse il capo cercando di camuffare il brivido che gli percorse la schiena. "Non ti lascio. Se vuoi che me ne vada, dovrai venire con me. Qualsiasi cosa voglia, lo affronteremo insieme." Quelle parole potevano suonarono ingenue persino a lui: una serie di frasi fatte messe in fila una dopo l’altra, ma non poteva evitarlo, credeva in ogni singola sillaba pronunciata.

L’altro lo scrutò serio per qualche istante, poi un accenno di sorriso gli incurvò le labbra.

"Non sei cambiato." Alzò la mano libera ad arruffargli i capelli, ritraendola velocemente, quasi pentendosene. “Quando mi sei venuto incontro stamattina con quello sguardo deciso, per un istante ho temuto che volessi prendermi a pugni.”

Bam ridacchiò, avvertendo con rammarico il calore della mano di Khun allontanarsi da lui. “Mi dispiace di averti spaventato.”

“Oh, hai fatto molto peggio…” ma qui Khun non proseguì, inclinò lievemente il capo e gli lanciò un’occhiata di sottecchi, aspettandosi una spiegazione che Bam non tardò a fornirgli.

Evankhell ha detto che, preso alla sprovvista, avresti facilmente perso il controllo e avrei potuto incanalare il tuo potere.” Un sorrisino nervoso gli comparve sul volto mentre il senso di colpa si insinuava nella sua mente. “Non eravamo certi che mi avresti permesso di avvicinarmi a te o quantomeno provare ad aiutarti.” Non ebbe il coraggio di ammettere che l’intenzione era proprio sfruttare la concitazione che sicuramente il lightbearer avrebbe provato con un contatto così ravvicinato con lui: nessuno si aspettava che, dopo averlo attaccato in quel modo, cinque anni prima, sarebbe stato in grado di mantenere il sangue freddo ritrovandosi in una situazione analoga. Era stata una mossa meschina, crudele e che sicuramente avrebbe risvegliato in entrami brutti ricordi, ma era la via più rapida e, sicuramente, più efficace.

Bam si sentiva comunque colpevole: gli aveva di nuovo imposto la sua volontà e non era di certo questo il modo in cui aveva immaginato il loro incontro dopo tutti quegli anni. Se fosse stato questo il motivo per cui ora Khun appariva così sfuggente con lui, non lo avrebbe biasimato. Si aspettava che l’amico avrebbe preso a male un simile approccio ed era pronto a prendersene la responsabilità, ma non sembrava che fosse questa la causa del suo distacco.

Khun lo fissò senza rivelare alcuna emozione. I suoi occhi sembrarono cercare di leggere i suoi pensieri e, con stupore, Bam trovò difficile non distogliere lo sguardo. Per sua fortuna, fu l’altro a staccarsi, spostando l’attenzione su un punto indistinto alla sua destra. Vide il suo profilo imbronciarsi e trattenere un’espressione contrariata. “Su questo non vi do torto, non ti avrei mai permesso di avvicinarti…” Un sospiro sfuggì dalle sue labbra tese. “.. ma hai già dimostrato come non avrei nemmeno avuto la forza per impedirtelo.”

Inclinò la testa all’indietro e gli lanciò uno sguardo di sbieco. “Sei diventato ancora più forte di quanto pensassi.” Pronunciò quelle parole con lentezza, quasi gli costassero fatica. Un flebile sorriso gli incurvò le labbra, ma non raggiunse i suoi occhi. Quella constatazione sembrava infatti più amareggialo che non sollevarlo.

Fu allora che Bam si rese conto di non riuscire più a capire il suo amico. Khun non era una persona completamente distaccata, quando si trattava di condividere le sue emozioni con loro non si era mai particolarmente trattenuto: che fosse disappunto nei confronti di Hatz, ilarità alle constatazioni sciocche di Shibisu, collera nei litigi con Rak o anche solo l’affetto che costantemente gli rivolgeva; Khun aveva già mostrato loro una serie piuttosto variegata delle sfaccettature che lo caratterizzavano.

Era quando qualcosa lo smuoveva nel profondo che allora si controllava e nascondeva tutto dietro una facciata di indifferenza impedendo a chiunque di raggiungerlo, persino a lui. Era proprio quello l’atteggiamento che l’altro stava assumendo ora. Una reazione che aveva visto solo occasionalmente e che Khun non aveva mai mantenuto a lungo. In aggiunta, quelle poche emozioni che finora era riuscito a cogliere attraverso la maschera d’indifferenza dell’amico contrastavano con quanto Bam si sarebbe aspettato di vedere e poi… c’era quella tensione, quel distacco che sembrava impedire all’uno e all’altro di entrare effettivamente in contatto.

Nonostante il loro reciproco rispetto e affetto, sentiva che c’era molto che ancora non era stato detto, se non volutamente taciuto. Tanto era ancora lasciato in sospeso e non risultava più semplice dialogare con la stessa leggerezza e intimità di un tempo. Entrambi stavano nascondendo sentimenti e preoccupazioni per non ferirsi reciprocamente, per difendersi l’uno dall’altro, ma proprio tale atteggiamento, comprese Bam, era ciò che li stava allontanando.

Non era questo che aveva auspicato: ingenuamente, aveva creduto che tutto sarebbe tornato come prima, che non avrebbero avuto problemi a passare sopra a quanto accaduto. Era convinto sarebbe stato semplice riportarlo indietro, ma qualcosa nel loro rapporto si era fortemente incrinato.

Questa realizzazione lo gravò come se qualcuno gli avesse appena posato un macigno sulle spalle, più di quanto non avessero fatto le parole del firefish. Rivoleva indietro il suo migliore amico, non poteva accettare una situazione del genere dopo averlo appena ritrovato.

Cosa doveva fare? Come doveva comportarsi per ripristinare la loro amicizia? Qual era la mossa giusta questa volta?

Forse non avrebbe dovuto ascoltare Evankhell. Se il loro incontro fosse avvenuto in termini più pacati, meno irruenti, forse ora la situazione sarebbe stata diversa. Avrebbe tuttavia avuto altrettanto successo nell’aiutare il lightbearer?

Approfittando del suo silenzio, Khun abbassò lo sguardo sulla propria mano e finalmente guardò quella guantata di Bam che per tutto quel tempo era rimasta intrecciata alla sua.

Poté vedere le pupille del lightbearer restringersi mentre il suo sguardo si spegneva, incupendosi.

Il wave controller comprese di aver commesso un altro errore.

Sembrava che niente gli avrebbe dato tregua quel giorno.

Bam restò in silenzio trattenendo il fiato, con un crescente senso di allarme che squillava come un campanello impazzito nella sua testa. Nel mentre, le iridi oltremare risalirono il suo polso, il braccio, la spalla e infine si posavano sul colletto abbottonato della camicia da cui sporgeva traditore un sottile lembo di pelle cicatrizzata.

Khun si liberò dalla sua presa e alzò istintivamente le mani verso la lesione esposta.

Il brunetto gli afferrò i polsi prima che riuscisse nel suo intento. Erano così sottili che temette di spezzarli; con una fitta di angoscia si rese conto di quanto fu facile bloccarli.

Khun…”

Il lightbearer esitò. Alcuni ciuffi gli erano ricaduti sul volto a nascondere la sua espressione.

“Posso curarla…” Disse l’altro pacatamente. Non era una domanda.

“Non voglio che tu lo faccia.”

“Lasciami almeno questo.”

“Non voglio.” Ribadì seccamente con la stanchezza e l’angoscia che gli premevano sulle spalle e gli pulsavano nelle tempie.

L’altro alzò lo sguardo su di lui e Bam vi colse un velo di delusione.

Khun-ssi, non voglio che usi il firefish. Sai meglio di me che non devi assolutamente farlo.”

Il lightbearer indurì la mascella, ma non insistette.

Con un groppo alla gola, Bam sentì la distanza fra loro aggravarsi e gli sembrò quasi di aver appena fatto un passo nel vuoto.

Khun ritirò le mani quando il brunetto alleggerì la presa sui suoi polsi, portò braccia e gambe più vicino al corpo e rimase in silenzio a osservare l’aura dorata che ancora lo avvolgeva.

“Puoi fermare anche il fuoco degli Yeon con questa?” chiese all’improvviso pensieroso.

La mente di Bam reagì d’istinto. “Certo.” Mentì.

Khun rialzò lo sguardo su di lui e scrutò i suoi occhi in cerca di una qualche esitazione. Bam sapeva bene di avere qualche difficoltà nel nascondere la verità, ma l’amico non lo mise in discussione.

Non sapeva se fosse realmente capace di impedire alle fiamme di propagarsi e il recente incontro con il firefish gli aveva in realtà fatto dubitare di esserne in grado. Eppure, Evankhell sembrava convinta che lui non avrebbe incontrato problemi a riguardo. Dove stava sbagliando? Cosa mancava ancora?

"Bam, hai bisogno di dormire.” Sussurrò Khun con una nota di preoccupazione nella voce, leggendo evidentemente la stanchezza sul suo volto. “Togli la schermatura, posso mantenere da solo il controllo sul mio corpo."

Bam si sentì un poco deluso da quell'affermazione; probabilmente era solo una sua impressione, ma non poteva impedirsi di interpretare quella richiesta come un rifiuto all’aiuto che gli stava offrendo. Dovette tuttavia riconoscere di essere stanco e di non poter reggere ancora a lungo.

Sperava di poter continuare a discorrere con lui, per provare ancora a dissolvere quel clima di tensione instauratasi o anche solamente per trascorrere altro tempo insieme all'amico.

"Toglimi una curiosità prima…" disse allora tentando di guadagnare tempo, rifiutando l’idea di chiudere il discorso in quel modo.

Khun alzò un sopracciglio, ma gli fece un cenno di assenso con il capo.

"Da quando vai in giro a piedi scalzi?"

Vi fu un breve momento di sospensione, poi un misto di imbarazzo, sorpresa e diffidenza colorarono il volto di Khun, evidentemente colto alla sprovvista. Il volto gli si tinse di una sfumatura scarlatta e a Bam ricordò molto un bambino sorpreso con le mani nella scatola dei biscotti.

Anche se non si aspettava una simile reazione, ne fu piacevolmente colpito: se pure non avesse conosciuto la risposta alla sua domanda, lo slayer nominee si sarebbe sentito soddisfatto anche solo per quel risultato; si trattava forse della prima reazione spontanea che Khun gli aveva rivolto finora.

Sei ancora lì dentro quindi, da qualche parte.

Il lightbearer guardò ovunque tranne che nella sua direzione, sforzandosi di riapparire distaccato e riacquisire contegno, ma il modo in cui strinse nervosamente le lenzuola tra le dita tradì il suo disagio.

"Io… " sempre più incuriosito, Bam temette con un pizzico di delusione che avrebbe sviato la sua domanda, ma poi l'altro continuò "... anche provando con scarpe aperte, traspiranti o resistenti al calore, diventa difficile che i piedi non sudino nelle mie condizioni… ".

Bam spalancò gli occhi e li richiuse altrettanto rapidamente in una smorfia contrita, cercando di nasconderla con le mani: ci provò veramente, per rispetto nei confronti del suo amico, riuscì a resistere per ben due secondi. Poi si piegò su sé stesso e scoppiò in una fragorosa risata.

"Intendi dire che… allo spietato Khun Aguero Agnes puzzano i piedi?"

La risata di Bam risuonò cristallina riempiendo tutta la stanza.

Fu così liberatorio che Bam sentì gli occhi pizzicargli e il proprio cuore alleggerirsi di qualche grammo.

Continuò a ridere e a ridere, incurante dell'espressione indignata e imbarazzata dell'amico e delle sue vaghe giustificazioni.

"Se provo a immaginarti… con la tua faccia seria mentre ti levi le scar-" Un'altra crisi lo pervase e non riuscì a finire la frase.

Nel frattempo, era ricaduto di fianco sul letto e rigirandosi sulla schiena si afferrò l'addome scosso dai crampi. Le risate gli uscivano direttamente dalla gola, sconquassandogli il petto e smorzandogli il respiro. Non seppe dire in realtà quanto ciò fosse scatenato dalla “disgrazia” dell’amico, dalla stanchezza o dalla tensione nel suo corpo che aveva trovato finalmente una valvola di sfogo.

"Ma certo, continua pure… " Khun gli diede impettito un buffetto sulla testa.

Bam si sforzò di soffocare le risate, riprendendo fiato e asciugandosi una lacrima che gli scorreva ora lungo la tempia.

Guardò il soffitto affondando la testa sul cuscino. Un piccolo tremito lo percosse ancora, ma si trattenne. Trasse altri profondi respiri.

Khun lo sovrastava, seduto con le gambe incrociate alla sua destra.

"Hai finito?" Il lightbearer si sporse sopra di lui fissandolo accigliato, con ancora una punta di disappunto negli occhi color cobalto. “Ridi troppo per uno che sta indossando una di quelle ridicole tute di Isu…” Fece una pausa.

Bam incassò il colpo, ma non si sentì comunque in dovere di scusarsi. Ridacchiò un’ultima volta, ricambiando lo sguardo di Khun.

“Non ricordo l’ultima volta che ti ho sentito ridere a questo modo.” Sussurrò l’amico sovrappensiero. La sua voce suonò vellutata e per nulla alterata.

Una ciocca di capelli azzurro-argentei scivolò oltre la spalla dello stratega e sfiorò la guancia di Bam. Quest'ultimo alzò d'istinto la mano e con un gesto rapido e preciso l'afferrò al volo fra le dita guantate, accompagnandola con un gesto automatico al suo posto, dietro l’orecchio dell’amico.

"Mi permetterai di accorciarli?" un sorriso scaltro gli increspò le labbra, poi aggiunse facendosi serio: “Mi permetterai di aiutarti? Lo sai che per te ci sarò sempre.” Non era più ai suoi capelli che si stava riferendo, ma questo non fu necessario precisarlo.

Due occhi cobalto lo scrutarono in silenzio a una ventina di centimetri dal suo volto. Un’emozione che non riuscì bene a cogliere increspò la fronte del lightbearer non appena udì le sue ultime parole: rammarico? Afflizione? Timore? Tristezza? Non riuscì a capirlo, ma percepì nettamente, seppur brevemente, la pressione sulla sua barriera aumentare e, difatti, l’alone dorato che circondava Khun lampeggiò un instante, prima di riassestarsi.

L’altro non parve accorgersene. "Prima hai bisogno di dormire." Khun gli sorrise accondiscendente, privandolo di una reale risposta, ma questa volta il sorriso raggiunse anche il suo sguardo.

Cosa mi stai nascondendo Khun?

Infine, il lightbearer fece qualcosa che Bam non si sarebbe mai aspettato e che involontariamente smosse qualcosa dentro di lui: Khun allontanò una ciocca di capelli dal suo volto e con cautela si chinò, posandogli le labbra sulla fronte. Fu un contatto fugace e leggero. Ancora prima che potesse realizzare si trattasse di un bacio, l’altro era già tornato alla posizione iniziale quasi ad aspettare la sua reazione.

Non era la prima volta che accadeva, Endorsi ed anche Yuri gli avevano già rivolto simili attenzioni e comprendeva la sincera premura che si celava dietro quelle innocenti dimostrazioni di affetto, ma Khun? Non lo aveva mai fatto prima e comprendeva essere un qualcosa di insolito fra amici.

Si trattenne dal toccarsi la fronte nel punto in cui avvertiva ancora il calore di quel contatto pizzicargli la pelle. Gli occhi dorati di Bam indugiarono per ancora qualche secondo sul volto scavato dell'amico e, per la prima volta dal suo arrivo, vide oltre la fragilità che quel viso manifestava: percepì il vigore intenso e confortante che Khun aveva sempre saputo trasmettergli. Solo allora un piacevole torpore iniziò a diffondersi nel suo petto. Il suo stomaco sembrò aggrovigliarsi e non seppe più come reagire.

Pensava di essere maturato in tutti quegli anni, di aver meglio compreso quali fossero le dinamiche sociali che intercorrevano fra amici, uomini, donne, amanti… Capiva meglio quei gesti tipici dei rapporti interpersonali che anni prima lo avevano reso un po’ ingenuo e forse anche eccessivamente spontaneo di fronte a determinate situazioni. Eppure, ora si sentiva così confuso, piacevolmente confuso.

Era bastato un sorriso e un lieve contatto delle labbra di Khun e le parole del firefish, il suo senso di colpa, l’insofferenza di Rak, le preoccupazioni verso il futuro, la lotta contro Zahad, tutto quello che lo aveva tormentato in quella lunga giornata era ormai stato accantonato in un remoto angolo della sua mente. Tutte le ultime energie rimastegli dopo quella interminabile giornata erano ora rivolte a decifrare quelle vorticose emozioni scatenate da quei semplici gesti.

Probabilmente Khun comprese il suo smarrimento perché si limitò a scompigliargli i capelli, quasi a dirgli di non crucciarsi troppo, e si allontanò, ponendo fine a quel momento con un decoroso silenzio.

 

Alla fine, Bam fece come il lightbearer gli aveva chiesto: dissolse lo shinsu dorato che lo attorniava e per un istante la temperatura nella stanza aumentò, ma il lightbearer riacquisì presto il controllo.

Quest'ultimo si voltò a scrutare fuori dalla finestra e Bam girò il capo ancora posato sul cuscino, seguendo il suo sguardo: nella luce fioca della notte, riuscì a scorgere dei fiocchi di neve cadere pigramente. La temperatura nella stanza si riabbassò.

"Tutto nella norma… " disse Khun posando lo sguardo su di lui e sorridendogli di nuovo.

Bam si sentì improvvisamente impacciato.

Si mise meglio disteso dandogli le spalle e affondando il viso nel morbido cuscino.

L'amico si accomodò sollevando un secondo guanciale contro lo schienale del letto e vi appoggiò la schiena restando seduto al suo fianco.

"Parleremo ancora quando ti sarai riposato."

"Mmh…" assentì Bam mentre concedeva alla propria stanchezza di sopraffarlo.

Sentì una mano posarsi sulla sua testa e ordinargli gentilmente le folte ciocche di capelli castani. Quel tocco lo rilassò al punto da lasciarsi completamente trascinare da quella confortante sensazione, così, fra i tocchi leggeri di Khun e il suono soffocato della neve, non si accorse nemmeno di essersi addormentato.

Al suo fianco, il lightbearer inspirò profondamente, trattenendo una smorfia quando l’ormai debole odore di cenere e fumo rimasto nella stanza raggiunse le sue narici.

 

Era da poco sorta la luminosa sfera di shinsu quando un dolce profumo di mandorle e pesche invase l’ambiente. Endorsi entrò silenziosamente nella stanza.

Dopo una breve esitazione, la giovane si fermò di fronte al letto e scorse Khun seduto con la schiena contro la testiera; aveva gli occhi chiusi, ma il modo in cui gli si aggrottarono le sopracciglia le fece capire che fosse vigile e sveglio. La mano sinistra era abbandonata con fare protettivo sul capo di Bam, addormentato al suo fianco.

La ragazza spostò il peso da un piede all'altro, incrociando le braccia al petto.

Lentamente Khun aprì gli occhi e ruotò la testa nella sua direzione.

Forse era dovuto al clima freddo della stanza o alla luce spettrale dell'alba che filtrava oltre le finestre, ma un brivido le corse lungo la schiena. Quell'individuo pallido, dai lunghi capelli azzurro-argentei e dal volto scavato, sembrava quasi uno spettro e il modo in cui incombeva sul brunetto, con le lunghe dita scheletriche posate sul capo di Bam, non le piacque per nulla; a Endorsi ricordò una di quelle inquietanti immagini che aveva talvolta scorto su libri o manifesti, quelle raffiguranti i mietitori giunti a reclamare le anime dei defunti.

Un mietitore decisamente più affascinante del dovuto, ma pur sempre un divoratore di anime.

Endorsi sperò vivamente si trattasse solo della sua mente suggestionabile e non di una qualche sorta di presagio.

Istintivamente si avvicinò a loro e si accomodò sul bordo del letto, nello stesso punto in cui il wave controller aveva trascorso quasi tutta la giornata precedente.

"Pensavo lo avresti tenuto sveglio tutta la notte." Sussurrò allungando una mano a carezzare quella del ragazzo addormentato e rivolto verso di lei.

"Eri venuta a portarlo via?" Rispose pacato il lightbearer.

Non sei tu quello che è giunto a portarmelo via? Pensò.

“Con la forza, se necessario…” Rispose invece senza esitazione. "Non puoi nemmeno immaginare le notti insonni che ha passato a causa tua… e questa è solo la parte migliore rispetto a come ha trascorso il resto di questi anni." Bisbigliando per non svegliare Bam, Endorsi non si preoccupò comunque di celare l'avversione che provava in quel momento.

Scrollò le spalle e lanciò una seconda occhiata al wave controller, focalizzandosi sul suo viso, rasserenato in un modo in cui non lo vedeva da anni. Si accigliò. "Non ho intenzione di raccogliere di nuovo i pezzi quando deciderai di spezzargli di nuovo il cuore, piuttosto ti ridurrò io stessa in briciole, prima che accada."

Khun abbassò lo sguardo sull'amico, le sue dita si mossero a carezzagli le ciocche castane, ma poi allontanò la mano che ricadde inerme sul suo ventre. Un sorriso amaro gli incurvò le labbra.

"Ti ringrazio Endorsi. Hatz, Shibisu, per non parlare di Bam, sono stati anche troppo gentili nei miei confronti. Finalmente qualcuno che sembra dire le cose come stanno."

Endorsi arricciò le labbra in una smorfia seccata. "Non fraintendermi. Questo non significa che ti disprezzi o che non mi importi nulla di quello che ti accade, ma Bam resterà sempre in primo piano rispetto a te."

Khun acconsentì con un cenno del capo. "Ed è giusto che sia così."

"Sei diventato più mansueto in questi ultimi anni…" constatò la principessa con voce incerta.

"Sono solo stanco…" Khun si alzò dal letto, scendendo lentamente dal lato opposto per non svegliare Bam. Nel movimento la casacca gli cadde su un lato mettendo a nudo la scapola ossuta e sporgente. Endosi lo osservò risistemarla e riordinarsi alla meglio i capelli arruffati. Quell’uomo sta veramente per morire di stenti.

“Dimmi solo che hai un piano e che questa storia non finirà nel peggiore dei modi.” Chiese ad un certo punto. Dimmi che Bam non ne uscirà nuovamente distrutto.

Khun le lanciò uno sguardo penetrante da oltre la spalla, ma non le rispose.

Gli occhi ambrati di Endorsi si assottigliarono; essere ignorata la innervosì non poco.

Lo vide raggiungere silenzioso l'altro estremo della stanza e afferrare una veste pulita dall'armadio.

"Vieni con me a fare un bagno?" disse l'altro, voltandosi verso di lei con le labbra piegate in un sorriso canzonatorio.

La ragazza ignorò la provocazione sforzandosi di non lasciarsi trascinare dal suo gioco, ma non ci riuscì.

"Preferisco restare qui ancora un altro po'." Sussurrò. Risistemandosi meglio sul bordo del letto, si chinò su Bam, gli spostò le frange dalla fronte e gli stampò cautamente un bacio sulla guancia.

Quando si voltò verso la porta, vide Khun esitare sulla soglia guardandola di sottecchi da sopra la spalla. I suoi occhi color cobalto la trapassarono da parte a parte, ma non vi riconobbe alcuna emozione.

Endorsi sentiva ancora il calore di Bam sulle labbra, quando le piegò in un sorriso provocatorio.

 

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