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Autore: Moonyque    15/07/2020    0 recensioni
[Tower of god ]
“Mio Aguero, non era la tua biglia preferita? Perché l’hai lanciata in quel modo?” la voce melodiosa e pacata della madre suscitò nel bambino profondi singhiozzi che scossero tutto il suo corpicino.
Khun provò a rispondere, ma tra le lacrime riuscì a pronunciare solo poche parole sconnesse. La madre lo strinse forte a sé accarezzandogli i capelli.
“Hai perso il controllo e hai distrutto una cosa a te cara.” Discostandolo di poco, gli posò un bacio sulla guancia umida e lo guardò negli occhi. “Non devi mai cedere alle tue emozioni, non otterrai nulla e finirai solo con il fare cose di cui sicuramente ti pentirai.”
Spoiler fino a EP68-S03.
Non essendoci al momento molte informazioni in merito al potenziale del firefish ho deciso di darne una mia personale interpretazione: la storia si basa quindi sull'idea non canonica che si tratti di un'entità instabile che prima o poi Khun non sarà più in grado di gestire.
Genere: Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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La storia contiene ovviamente spoiler se non siete lettori del webtoon (attualmente siamo fermi all'episodio 68 della 3° stagione). I tag e i rating potrebbero modificarsi proseguendo con i capitoli.

Si tratta di un racconto che mi è sfuggito un po' di mano e tenderà a costruirsi su più capitoli prima di vedere i due protagonisti incontrarsi, mi spiace se potrà sembrare noioso o troppo pieno di "spiegoni".

Essendo una fan fiction che si distacca da quello che è il canon originale, si ambienta su livelli della torre che sono di pura fantasia e che quindi non coincideranno con quelli reali del webtoon, così come saranno diverse le vicende mano a mano che l'opera originale proseguirà. Leggendo il mahnwa in inglese, purtroppo molti termini che utilizzerò sono ripresi in questa lingua (firefish, lighthouse, float ship, ecc...) non sapendo bene quale sia la traduzione "ufficiale" nella versione italiana. Buona lettura e spero vi piaccia.

 

Prologo

 

La ragazzina diede uno strattone deciso alle redini della sua cavalla che ancora non si era abituata al cambio di temperatura improvviso. Avanzò ancora di qualche passo aprendo la via all’animale che dietro di lei ancora trascinava il carretto carico di rifornimenti.

Col carro impiegava mezza giornata a raggiungere il posto, ma una piccola floating ship ci avrebbe impiegato meno di due. Si trattava comunque di un posto estremamente isolato raggiungibile via terra solo attraverso una pista accidentata che attraversava le colline.

Il sentiero si interrompeva in quel punto disperdendosi in un’ampia vallata; i suoi piccoli stivali di cuoio ora scricchiolavano calpestando i primi fili d’erba congelati. Osservando con attenzione era possibile distinguere il graduale mutamento dell’ambiente che le confermava che ormai era vicina. Finora aveva attraversato il rustico paesaggio agreste godendosi il calore che preannunciava l’arrivo dell’estate, ma da quel punto in poi il panorama mutava. Il terreno si induriva e cominciava a scricchiolare per la brina che cominciava a rivestirlo; la rugiada sui fili d’erba si cristallizzava in piccole gemme luccicanti e una sottile coltre di ghiaccio cominciava a ricoprire tutto il paesaggio ispessendosi sempre di più e celando tutto sotto una fredda coltre bianca. Il cielo si era rannuvolato nella tarda mattinata, attenuando al minimo le ombre: se non fosse stato per la sfumatura grigiastra di alcune nubi non sarebbe stato possibile distinguere l’esatto punto in cui il pallore del cielo incontrava quello del suolo.

La temperatura si era gradualmente abbassata e il suo alito cominciava a condensarsi in soffici nuvolette che le accarezzavano il volto paffuto. Si strofinò le mani e afferrò dal dorso della cavalla il pesante cappotto che si era portata in previsione del suo viaggio. Erano ormai quasi tre anni che lei e i suoi fratelli si alternavano in quel compito: una volta al mese caricavano il carretto di viveri e di quant’altro il cliente avesse richiesto e consegnavano il pacco. Questa volta non c’erano state particolari richieste: cibarie, abiti nuovi, medicinali, libri e, a suo parere, una varietà eccessiva di prodotti per capelli e snack. Almeno i suoi genitori non avevano dovuto adoperarsi per recuperare nuovamente pezzi di ricambio per Lighthouses come era accaduto sei mesi prima.

Il carretto si arrestò con un ultimo sofferto cigolio. Le ruote rivestite in metallo non erano più in grado di avanzare in mezzo alla distesa di neve e ghiaccio che si stendeva di fronte a lei, ma non se ne preoccupò, perché ormai aveva raggiunto la sua destinazione. Sapeva che in lontananza si trovava la vecchia tenuta dei Grimore, ma oramai erano anni che era stata venduta e nessuno la visitava da allora. Ora vi dimorava il suo cliente: lo aveva scorto un’unica volta, quando era giunto in paese a richiedere il servizio per cui ora si presentava. Non aveva avuto modo di inquadrarlo granché: capelli biondi, occhi di un intenso blu cobalto, il resto del volto celato da una maschera metallica; vestiva leggero, nonostante fosse giunto in pieno inverno, difatti ciò che l’aveva maggiormente colpita era il calore sprigionato dal suo corpo. All’inizio era piacevole, ma ad un certo punto si era dovuta allontanare nauseata: come quando si trascorre troppo tempo vicino al termosifone. Si trattava decisamente di un individuo decisamente sospettoso e poco socievole, ma non era tanto più bizzarro dei regular che transitavano di frequente su quel piano. Inoltre pagava bene e non aveva mai causato alcun problema, tralasciando il dettaglio che dal suo arrivo, nel raggio di un chilometro dalla sua abitazione, nella vallata non sembravano più alternarsi le stagioni: nel luogo era ormai calato un inverno perenne. Il suo cliente si era ritirato nella villa dei Grimore e non vi era stato più nessun contatto diretto tra lui e i regular che ormai vivevano in quel piano: molti di quelli che lo avevano incrociato ormai erano saliti ai piani successivi e quelli che erano rimasti si erano ormai scordati del suo passaggio, ad eccezione di lei e della sua famiglia che, gestendo la drogheria che riforniva praticamente tutto il paese, erano ormai i suoi affezionati rifornitori.

Puntuale come sempre il suo pocket cominciò a ronzare avvisandola della chiamata in arrivo. Mentre accettava la comunicazione la ragazzina vide con la coda dell’occhio la familiare lighthouse blu avvicinarsi come ormai capitava da anni.

“Elly, è già il tuo turno questo mese?”

Una voce di poco distorta dalle interferenze del pocket scaturì dal dispositivo. Il tono era cordiale, ma la voce era leggermente arrochita, come se non fosse stata usata da un po’ di tempo. Elly non sapeva bene se provare pena o sospetto per quel ragazzo che da anni si ostinava a vivere solo e isolato dal mondo.

“Doveva toccare a mio fratello, ma se l’è svignata con la sua nuova ragazza…”

Una risata priva di una reale emozione giunse attraverso il pocket. “Lui si che sa come divertirsi...”

La ragazzina rispose imbronciata con un borbottio e lanciò uno sguardo alla lighthouse che nel frattempo si era accostata al carretto ingrandendosi fino quasi a triplicare le sue dimensioni. Elly sapeva che gestire una lighthouse di quelle dimensioni e da una distanza così elevata richiedeva un elevato controllo.

“La lighthouse si è già posizionata, carico tutto come al solito e poi comincio ad avviarmi.” Con l’efficienza che ormai le era data dall’abitudine la ragazzina cominciò a caricare i pacchi dal carro alla lighthouse senza aggiungere altro. Sapeva che cercare di intrattenere una conversazione con il suo cliente era una fatica inutile. Nonostante fosse sempre cordiale con lei, si rivelava sempre altrettanto restio quando era il momento di intavolare un qualsiasi discorso, ma andava bene così, pure lei era una persona di poche parole.

“Fai con calma… intanto avvio il pagamento.”

Con la coda dell’occhio Elly vide riflesso sul suo pocket il download del pagamento. Efficiente come sempre.

Nel giro di qualche minuto il carro era ormai alleggerito e del tutto svuotato. Con un balzo la ragazzina salì alla guida afferrando le redini e controllando sul pocket che il pagamento fosse andato a buon fine. Di questo passo sarò a casa prima di cena. Con un sorriso soddisfatto si apprestò a far girare la cavalla che, alleggerita dal peso, trotterellò nitrendo seguendo il comando.

“Ho finito…” La lighthouse si ricompattò e si avviò verso il punto in cui Elly sapeva trovarsi la vecchia tenuta dei Grimore.

“Perfetto. Alla prossima allora… vedi di far lavorare tuo fratello il mese prossimo.”

“Sicuro.” Elly si voltò e lanciò un’occhiata alla foresta che affiancava il sentiero che presto avrebbe dovuto attraversare. “Un’ultima cosa… i due pacchi che aveva ordinato il mese scorso… dovrebbero arrivare a momenti… farò in modo di farglieli arrivare alla prossima consegna.”

Per un attimo non ricevette risposta, poi il suo pocket gracchiò e la voce del cliente assunse un tono pensieroso. “… ho capito, ti ringrazio. Per quelli ovviamente riceverete un extra”.

La ragazzina sorrise e, facendo schioccare la lingua, fece avviare la cavalla. Si congedò utilizzando la prima frase ad effetto che le venne in mente. “Ottimo, è sempre un piacere fare affari con lei signore!”

Dall’altra parte il cliente pose fine alla chiamata. Si sarà innervosito?

Una decina di minuti dopo, quando il carro raggiunse nuovamente il sentiero inoltrandosi nel boschetto, Elly fece fermare la cavalla, si tolse il cappotto pesante, ormai superfluo, e rivolse lo sguardo alle sue spalle.

Due figure emersero dagli alberi all’inizio della vallata. Ora le davano le spalle e sembravano aver atteso di proposito il momento in cui lei si fosse allontanata. Li vide mentre rabbrividendo si coprivano, indossando dei pesanti cappotti, e si avviavano verso la distesa di neve e ghiaccio.

Quindi mi hanno davvero seguita. Alzò le spalle, si voltò e spronò nuovamente la cavallina al trotto. Signor cliente, spero che i pacchi ordinati siano di suo gradimento.

 

   
 
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