Ofelia

di Merkelig
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Le cose che ci lasciamo dietro ***
Capitolo 3: *** 2. In viaggio per mare ***
Capitolo 4: *** 3. Segreti sepolti ***
Capitolo 5: *** 4. la verità divampa ***
Capitolo 6: *** 6. 5. finalmente insieme ***
Capitolo 7: *** 7. 6. In fuga ***
Capitolo 8: *** 7. Ricordi ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Ofelia era venuta al mondo in un regno difficile, in una famiglia difficile.

Ofelia era venuta al mondo con un dono terribile e spaventoso, un dono che fin dall'infanzia aveva cercato di nascondere e dominare.

Un dono che alla fine l'aveva sopraffatta e l'aveva resa colpevole di un atto intollerabile.

Un dono che l'aveva convinta ad abbandonare l'unica persona che amava e allontanarsi da tutto e da tutti.

Era cresciuta, Ofelia, da sola nel deserto; era stata modellata dalla sabbia aspra e dai venti prepotenti, finché il suo stesso carattere non era divenuto affilato come una scheggia di selce.

Aveva imparato a conoscere il suo dono, scatenandolo, modellandolo, mai cercando di reprimerlo, ed esso ora le rispondeva con la velocità e l'obbedienza di un segugio.

La ragazzina spaventata che era aveva lasciato il posto ad una giovane donna dalla pelle olivastra e lo sguardo fiero di un leone.

Era arrivato il momento. Poteva tornare a casa.

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Capitolo 2
*** 1. Le cose che ci lasciamo dietro ***


Capitolo primo

-le cose che ci lasciamo dietro-



Ofelia mise piede nella sua città un tardo pomeriggio di fine estate. I contadini rientravano stanchi a casa e gli operai si preparavano a chiudere le botteghe per godersi un po' di meritato riposo.

Una donna notò la ragazza dritta come un fuso che si guardava attorno, e impietosita dagli stracci che portava e dai piedi nudi e sporchi, le si avvicinò.

- Va tutto bene, cara?

La fanciulla sembrò accorgersi in ritardo della sua presenza, intenta com'era a guardarsi attorno.

- Potreste dirmi una cosa? - chiese poi gentilmente, non rispondendo alla domanda – cos'è successo alla famiglia reale negli ultimi anni?

La donna restò interdetta ma poi la accontentò.

- Il principe più giovane è partito l'anno scorso per incontrare il sovrano di un altro regno e non è ancora tornato. I suoi fratelli e il re hanno discusso a lungo sulla possibilità di dare il via ad una missione diplomatica, ma ancora non se ne è fatto nulla.

- Dov'è andato il principe?

- Oh, è un regno del nord. Si chiama Arendelle.

- Capisco – la ragazza parve meditabonda – grazie infinite.

- Non c'è di che... - rispose la donna stupita, mentre la ragazza si allontanava.

Ofelia attraversò il vecchio quartiere meridionale, tagliando la città in direzione del palazzo reale.

Quella che una volta era una zona piena di case e botteghe si era trasformata in un variopinto ammasso di bettole sudicie e bordelli di basso livello. Alcune prostitute occhieggiarono curiose la giovane ricoperta di stracci che incedeva con passo sicuro e con un portamento regale, del tutto fuori luogo in quell'ambiente.

- Salve – la salutò un uomo dal sorriso viscido, sbucando dal nulla.

Ofelia non rispose; cercò di oltrepassarlo ma l'uomo la afferrò per un braccio e la costrinse a fermarsi.

- Calma, calma. Voglio solo aiutarti.

La ragazza si guardò rapidamente alle spalle. Il vicolo in cui era entrata, che secondo i suoi calcoli sbucava esattamente sulla via principale, era vuoto. Nessuno era in vista.

- Ecco, brava... - sorrise nuovamente l'uomo, prendendole anche l'altro braccio – Sei una bella ragazzina, uh?

Ofelia fissò l'uomo negli occhi, per la prima volta. Le sue iridi si accesero di potere, la sua pelle diventò incandescente e l'uomo ritirò le mani di scatto.

- Che cosa è stato? - strillò – chi sei? Una fattucchiera?

La ragazza strinse i pugni mentre la temperatura nel vicolo saliva vertiginosamente.

- Un momento... - fece lui folgorato – c'era nel regno una bambina con dei poteri spaventosi ma tu non... non puoi essere lei. È morta tempo fa, tutto il regno l'ha saputo.

Al suo silenzio l'uomo corse con la mano all'elsa della spada che portava alla cintura, la fronte madida di sudore.

- Senti... - tentò con la gola secca – io non voglio guai.

- No? - gli fece il verso lei, gli occhi ridotti a due opali iridescenti – Allora lascia mantello e spada e vattene.

L'uomo tentennò per qualche secondo, poi slacciò le fibbie di entrambi gli oggetti facendoli cadere a terra e se la diede a gambe.

La ragazza chiuse gli occhi, respirando a fondo. Quando li riaprì tutto era tornato alla normalità.

Si chinò sul suo bottino. La spada non era altro che un vecchio cimelio arrugginito, probabilmente usata solo a scopo intimidatorio; il mantello invece era piuttosto interessante, dei colori della terra e luccicante per alcuni frammenti di vetro cuciti come una decorazione.

Ofelia si accertò nuovamente che non ci fosse nessuno intorno a lei, dopodiché si strappò di dosso gli stracci che indossava e si accomodò sul corpo il largo pezzo di stoffa, aiutandosi con i lacci che lo tenevano chiuso. Una volta terminato cercò di sciogliersi la treccia ma dopo tanti anni i suoi capelli si erano irrimediabilmente attorcigliati tra loro. Spazientita li avvolse intorno al pugno e con un colpo di spada li recise a filo della nuca, per poi gettarli in un angolo.

Si alzò in piedi, spazzolandosi la testa nel tentativo di abituarsi a quel cambiamento e abbandonò la spada accanto ai suoi stracci. Cominciava a sentirsi di nuovo se stessa finalmente.

Così il suo caro padre l'aveva dichiarata morta. Tutti pensavano che lo fosse.

Che senso aveva tornare laddove nessuno la aspettava?

Ofelia girò le spalle e si incamminò nella direzione dalla quale era venuta. Ora come ora tutto ciò che le interessava era di ritrovare la sola persona che, ne era certa, l'avrebbe pianta davvero se fosse morta e allo stesso tempo probabilmente era l'unica che sapendola viva aveva avuto un ottimo motivo per non piangere.

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Capitolo 3
*** 2. In viaggio per mare ***


Capitolo secondo

-in viaggio per mare-


 

Ofelia arrivò al porto durante il tramonto e si avvicinò alla prima nave mercantile che vide.

- Scusate! - chiamò.

Un uomo, probabilmente il capitano che vicino alla passerella controllava i marinai che caricavano le merci, si affacciò.

- Sì?

- Sapreste indicarmi una nave che salpa per Arendelle?

L'uomo si grattò la nuca.

- Siete fortunata madamigella. È proprio lì che la mia nave è diretta.

- Quanto per un biglietto?

Lui sembrò soppesare la domanda, alla fine scoppiò in una risata poderosa e le fece cenno.

- Salite, avanti! Il vostro peso non ci rallenterà di certo, e io non perdo niente ad imbarcare anche voi.

Ofelia accettò di buon grado e salì a bordo. Il vascello era molto più grande di quanto non sembrasse da terra e i marinai vi si affaccendavano sopra con l'alacrità di tante formiche.

La ragazza si ritagliò un angolo a prua della nave e si appoggiò al parapetto per godersi la partenza che sarebbe avvenuta di lì a poco.
 

°°°
 

Il mare visto dal vascello era meraviglioso di notte. Sembrava di galleggiare sopra le schegge di milioni di specchi, dove i riflessi di luce si frammentavano nel momento in cui toccavano la superficie.

Ofelia respirava l'odore dell'acqua salata con una nostalgia che non avrebbe mai pensato di provare e sentiva con un brivido piacevole i refoli di vento che le accarezzavano le spalle nude, diventando sempre più freddi man mano che il viaggio proseguiva.

- Buonasera – la salutò una voce dietro le spalle.

Il capitano che l'aveva presa a bordo si appoggiò al parapetto, il berretto di lana calato sugli occhi e la fiaschetta di rum in mano.

- Allora, cosa spinge una giovane come voi, tutta sola, ad andare ad Arendelle?

- Devo cercare una persona. Un mio caro.

- Capisco. Un vostro fidanzato magari? Nessuno della vostra famiglia poteva venire con voi?

- No – fece Ofelia lapidaria – nessuno.

- Ma come? Non avete fratelli? Vostro padre allora.

- Ho dei fratelli, tredici per l'esattezza, ma non siamo in buoni rapporti. Anche con mio padre le cose non vanno bene. Invece mia madre... beh, è morta quando ero più piccola.

- Siete una fanciulla sfortunata – constatò l'uomo con genuina compassione – ma le cose ora vi andranno senz'altro meglio. Dopo tanta oscurità non può che arrivare la luce.

Ofelia lo fissò sorpresa senza sapere cosa replicare.

- Vi auguro di tutto cuore di trovare chi state cercando – fece il capitano, alzandosi con un colpo di reni e barcollando appena. Poi sembrò avere un ripensamento e aggiunse – tredici fratelli? Sapete, anche il re del nostro regno ha tredici figli. Per un attimo mi è sembrato che steste descrivendo la famiglia reale.

- Una bella coincidenza.

-Già – per un attimo l'uomo sembrò meditare sulla cosa poi le augurò la buonanotte e si avviò verso la sua cabina.
 

°°°
 

Dopo sei giorni di navigazione la nave attraccò al porto di Arendelle quando il sole era alto nel cielo. Ofelia salutò il capitano, che come le mattine passate sembrava alle prese con i postumi di una sbronza prepotente, e si incamminò verso il centro della città. A metà strada fermò una donna e si fece indicare il palazzo reale.

Per strada molti si fermavano a guardarla, incuriositi dai suoi tratti orientali e dai capelli corvini, e dalla seta impalpabile della sua veste che contrastava con la lana pesante delle mantelle in giro per le strade.

Il palazzo le si parò davanti all'improvviso, le pietre candide che splendevano ammantate dalla prima luce del giorno e le tegole di ardesia scura che sembravano le ali di un gigantesco corvo addormentato sulle guglie.

All'imboccatura dello stretto ponte che conduceva al portone principale due guardie le sbarrarono la strada.

- Cosa vuoi? - le chiese uno dei due in maniera sgarbata.

- Devo vedere la regina per una questione importante.

- La regina Elsa è molto impegnata. Non ha tempo per ricevere ogni contadinella che viene a lamentarsi della vicina per una baruffa tra donnicciole.

- Non sono una contadinella – fece Ofelia, impennando in modo quasi impercettibile il tono della voce – e non sono qui per un litigio tra vicini. Potrebbe essere una questione di vita o di morte per una persona a me molto cara.

I due armigeri si scambiarono un'occhiata. Dopo un momento d'esitazione uno dei due si voltò e si avviò lungo il ponte.

Tornò qualche minuto dopo con un maggiordomo, un uomo in divisa basso e tarchiato con lo sguardo gentile. Quest'ultimo le fece un cenno con la mano per invitarla a seguirlo.

Una volta davanti al portone di quella che doveva essere la sala dove la regina riceveva chi veniva a chiederle udienza l'uomo le disse:

- Aspettate qui per favore. Ditemi il vostro nome e il motivo della vostra visita, così che io possa annunciarvi.

- Sono la principessa Ofelia delle Isole del Sud. Sono venuta fin qui per cercare mio fratello Hans.

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Capitolo 4
*** 3. Segreti sepolti ***


Capitolo terzo

-segreti sepolti-


 

Nella grande sala regnava il silenzio più assoluto. Ofelia ebbe l'impressione che una volta pronunciato il nome di Hans la curiosità negli occhi della gente si fosse trasformata in ostilità palpabile.

La ragazza percorse tutta la navata con il mento alto e quando fu vicina agli scranni reali fece un profondo inchino alla regina.

- Regina Elsa – esordì – sono qui perché da quando mio fratello è venuto nel vostro regno, ormai un anno fa, ogni traccia di lui si è persa. Vi prego, voi dovete darmi un qualunque indizio su dove possa trovarlo.

La regina esitò per un lungo istante.

- Mi dispiace molto per voi e la vostra famiglia – rispose alla fine, la voce traballante – ma da quando lo abbiamo messo su una nave per le Isole del Sud non lo abbiamo più rivisto.

- Regina Elsa, con tutto il rispetto, questo non è possibile. Nelle Isole del Sud non è arrivata una singola notizia di mio fratello. Quindi o è qui o ha fatto naufragio lungo la strada; la nave su cui viaggiava è tornata?

- Sì. Ha attraccato al porto dopo due settimane di viaggio, senza il principe Hans a bordo.

- I vostri marinai devono sapere qualcosa. Chi l'ha accompagnato a terra? A chi lo hanno consegnato?

La regina strinse la mascella.

- Mi dispiace principessa ma non so nient'altro. Vi suggerisco di tornare a casa e provare a cercare lì vostro fratello.

Ofelia in quell'istante ebbe l'assoluta certezza che la regina Elsa stava mentendo.

Non sapendo cosa altro fare piegò la testa in un rigido inchino e si voltò per uscire.

 

°°°
 

- Aspetta!

Ofelia si voltò stupita, sentendosi chiamare lungo il corridoio. Una ragazza stava correndo verso di lei trafelata, con le trecce color miele d'acacia che le turbinavano attorno alla testa.

- Principessa Anna – la salutò sorpresa Ofelia quando la riconobbe.

- Oh, non ce n'è bisogno, - si schermì lei con il fiato corto – puoi chiamarmi solo Anna. E tu sei Ofelia, giusto?

- Sì.

- Io ecco... ho sentito a grandi linee il motivo per cui sei venuta qui … sai ero nel salone e... non importa, insomma, ti volevo dire che... mi dispiace per tuo fratello. Cioè a dire la verità si è comportato malissimo, ma tu sembri volergli bene... cioè non che non si possa voler bene ad un fratello anche se si comporta male... con questo non voglio dire che si è comportato male... cioè sì, si è comportato male ma...

- Cosa ha fatto? - chiese Ofelia, una punta d'angoscia che le corrugava la fronte.

- Ecco... - Anna esitò, soppesando cosa dire. Alla fine decise di raccontare tutto.

Man mano che apprendeva le azioni di Hans Ofelia si incupiva sempre di più, la delusione e la vergogna che le si dipingevano in viso. Quando Anna tacque la imitò, cercando di metabolizzare tutto quello che aveva scoperto.

- Sai... tutto quello che hai detto... sono cose da lui. Si comportava così con tutti. Con tutti, tranne che con me.

- Davvero?

- Lui ha... abbiamo avuto un'infanzia complicata. Nostro padre e i nostri fratelli maggiori ci davano contro continuamente e dopo che... dopo la morte di nostra madre le cose sono ulteriormente peggiorate. Eravamo i più piccoli della famiglia e Hans ha imparato a manipolare gli altri per sopravvivere. E dopo che me ne sono andata, lui... è rimasto solo.

- Mi dispiace per quello che vi è successo.

- E a me dispiace che mio fratello ti abbia lasciato a morire. Sembri una brava persona, Anna.

- Sì, ecco... cioè... no, perché lo pensi?

- Mi sei venuta dietro, no? - spiegò Ofelia dolcemente – Mi hai raccontato tutto.

- È solo che so come ci si sente a perdere uno di famiglia... - si incupì la principessa – i miei genitori morirono in mare, qualche anno fa...

Ofelia le mise una mano sulla spalla, in una muta consolazione.

Anna si asciugò una lacrima, poi in tono grave aggiunse – Credo che tu debba sapere una cosa. La notte dopo che la nostra nave è tornata è arrivata una nave del tuo paese...

Ofelia lasciò cadere la mano.

- … e mia sorella mi ha detto che venivano per informarci di una cosa.

Anna posò una mano sulla spalla di Ofelia, proprio come aveva fatto lei prima.

- Mi ha detto che un messaggero le ha riferito della morte di Hans. Mi dispiace moltissimo.

- Cosa? - Ofelia alzò lo sguardo su Anna, che la guardava con compassione - Tua sorella mi ha detto che non non aveva idea di che fine avesse fatto mio fratello. Se sapeva che era morto perché non dirmelo?

- Non lo so, forse non voleva farti soffrire.

Senza una parola Ofelia si voltò in un turbinio di seta per tornare nella sala del trono.

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Capitolo 5
*** 4. la verità divampa ***


Capitolo quarto

-la verità divampa-



- Regina Elsa! - tuonò Ofelia spalancando i battenti della sala e avanzando lungo la navata.
La giovane sovrana dapprima sussultò, poi strinse i braccioli del trono tanto forte da far sbiancare le nocche.
- Voi mi avete mentito poco fa – accusò la ragazza cercando di trattenere il tono della voce – una nave è attraccata qui dalle Isole del Sud, una nave che portava la notizia che mio fratello è morto. Ma se fosse stata la verità lo avrebbero pubblicamente annunciato entrambi i nostri regni. Voi sapete qualcosa sulla sua sorte e vi prego- si sforzò di pronunciare -di riferirmi le informazioni in vostro possesso.
La regina lanciò un'occhiata di rimprovero alle spalle di Ofelia – presumibilmente alla sorella – prima di alzarsi in piedi.
- Principessa Ofelia – ordinò glaciale – lasciate il mio palazzo immediatamente.
- È vero, dunque. - fece l'interpellata stringendo a sua volta i pugni – Voi sapete.
Improvvisamente i candelabri, spenti a causa del sole che entrava dalle vetrate, divamparono come per magia. La temperatura della sala salì, tanto che diverse persone si guardarono attorno spaventate asciugandosi il sudore dalla fronte.
Per la seconda volta da quando aveva lasciato il suo ritiro solitario nel deserto Ofelia richiamò a sé il suo potere. L'aria intorno a lei si surriscaldò, i suoi pori si dilatarono di colpo e le vesti presero a svolazzare lievemente. Le iridi divennero traslucide di potere.
La regina istintivamente si mise in guardia; il ghiaccio rispose alla sua agitazione e il pavimento fiorì di stalagmiti che puntavano minacciose contro l'intrusa.
- Non vi conviene ingaggiare battaglia contro di me – la avvertì Ofelia in tono grave – voi non sapete con chi avete a che fare.
La ragazza alzò un piede e lo sbatté con forza sul pavimento: le picche di ghiaccio si sciolsero in pochi secondi e una folata arida e rovente investì i presenti che si appiattirono contro le pareti in cerca di scampo.
- Ora – riprese, mentre nella sala iniziava a mancare l'ossigeno – ditemi immediatamente dove si trova mio fratello o brucerò voi e questo vostro palazzo fino alle fondamenta.
Elsa serrava i denti tanto forte da farsi male; era terrorizzata ma per nulla al mondo avrebbe abbandonato i suoi leali sudditi o sua sorella.
Lei era la regina. Lei doveva proteggerli.
Taceva, fissandola con aria di sfida e il cuore che batteva all'impazzata.
Ofelia alzò una mano nella sua direzione.
- Ferma! tuonò una voce.
Un uomo grande e grosso si fece spazio tra la folla, spingendo gentilmente da parte una cameriera che stringeva al petto le mani giunte.
- Kristoff! lo chiamò indietro Anna spaventata.
L'uomo fece un cenno di rassicurazione alle sue spalle e si avvicinò guardando Ofelia negli occhi con severità.
- Ti porterò io da tuo fratello.














Nota dell'autrice:
la storia è ad un punto di svolta perciò il capitolo è corto, ma niente paura
: il prossimo sarà assai più sostanzioso. Un saluto a tutti, ci vediamo giovedì prossimo! :)
M -

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Capitolo 6
*** 6. 5. finalmente insieme ***


Capitolo quinto
- finalmente insieme -
 
Il palazzo reale di Arendelle si estendeva in profondità tanto quanto si innalzava dal terreno, se non di più.
Ofelia scendeva la ripida scala a chiocciola fissando la schiena della regina Elsa davanti a lei, mentre l'uomo chiamato Kristoff apriva la strada reggendo una lanterna. Una volta scesi i primi tre piani sotto terra le pareti si fecero umide e spoglie e ogni segno di civiltà scomparve, eppure la scala continuava a scendere verso il basso.
Finalmente arrivarono in fondo. Kristoff batteva i denti per il freddo, e quello era l'unico suono che udivano mentre procedevano lungo un corridoio. Diverse celle vuote si aprivano sui lati, e Ofelia faceva scorrere lo sguardo dentro ognuna di esse, finché la regina Elsa si fermò bruscamente e ne indicò una con un cenno del mento. Quando Ofelia vi si affacciò fece un passo indietro e rimase accanto al muro, con le labbra serrate.
La ragazza corrugò le sopracciglia nello sforzo di distinguere qualcosa, nell'oscurità appena lambita dalla luce tremolante del fuoco, e sussultò quando un pezzo di quella oscurità si mosse per venire loro incontro.
- Ofelia? - chiamò una voce, incredula.
Inghiottendo un groppo che le aveva serrato la gola all'improvviso, la ragazza si aggrappò alle sbarre come se volesse passarci attraverso.
Una figura ingobbita e lacera comparve nel cerchio di luce e tese una mano vestita da un guanto bianco, ora sporco e rotto in diversi punti, verso il suo viso.
- Hans? - chiese lei a propria volta, con una punta di dubbio nella voce. Faticava a rivedere in quell'uomo appassito e con le guance scavate il suo vigoroso e audace fratello.
- Ofelia... tu... come... - balbettò lui, carezzandole una guancia e passandole le dita tra i capelli.
La ragazza strinse le labbra, più commossa di quanto avesse immaginato.
- Mi dispiace di essere stata via così tanto - gli sussurrò. Non aveva più dubbi ora, quegli occhi chiari, sul cui fondo brillava ancora qualcosa, appartenevano senza dubbio a suo fratello. Ricambiò il gesto, prendendo il viso di lui nella propria mano.
Poi drizzò la schiena e si voltò con uno scatto verso Elsa.
- Aprite questa cella, maestà – ordinò bruscamente.
- Non è possibile – rispose Elsa asciutta – la serratura è stata fusa.
Ofelia studiò il blocco di ferro compatto dove una volta c'erano cilindri e meccanismi che permettevano di aprire la porta.
Invitò il fratello a spostarsi indietro e prese tra le mani il blocco di ferro finché esso non divenne incandescente e iniziò a sciogliersi, gocciolando sul terreno. In pochi minuti la porta si aprì, e Ofelia entrò con passo rapido e si gettò tra le braccia di Hans.
 
 
- Ora cosa pensate di fare? - domandò Elsa fissando l'uomo che aveva tentato di ucciderla mentre riacquistava la libertà.
- Ce ne andremo. Non sentirete mai più parlare di noi – le rispose gelida Ofelia.
- No! - le sussurrò Hans fermandosi – è la nostra occasione per prendere Arendelle! Con te al mio fianco potremmo conquistare facilmente il trono e avere finalmente un regno tutto nostro!
- Hans – replicò la ragazza – sei mio fratello, e sai di essere praticamente l'unica persona a cui tengo al mondo. Ma se ripeti una cosa del genere ti lascio qui, in questa cella, e me ne vado.
L'uomo la fissò stupito.
- Non farai più nulla – lo redarguì – ce ne andremo lontano e vivremo per i fatti nostri, senza fare del male a nessuno. Mi sono spiegata?
Mentre Hans soppesava le sue parole, ancora indeciso, con sorpresa di tutti la regina parlò.
- Non posso permetterlo. Non posso permettere che Hans torni libero e minacci ancora il mio regno!
- Elsa... - chiamò Kristoff allarmato.
- No – esclamò la regina alzando caparbiamente il volto in un improvviso scatto di sfida.
Ofelia si mosse con calma, togliendo il braccio di Hans dalle proprie spalle e frapponendosi tra lui ed Elsa.
Se la regina desiderava uno scontro non l'avrebbe delusa.
- Kristoff, vai via – ordinò questa, con un cenno della mano che tremò appena.
- Elsa, cerca di riflettere... - tentò di intervenire.
- Ascoltala – gli consigliò Ofelia, rivolgendosi direttamente a lui per la prima volta – scappa.
Poi una corona di fiamme rosso vivo sgorgò dalle sue mani come acqua da una fonte e si scagliò contro la regina. Elsa fece in tempo ad alzare un imponente muro di ghiaccio prima che venisse sciolto e che le fiamme raggiungessero lei e Kristoff, scagliandoli lontano con la forza di un'esplosione.

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Capitolo 7
*** 7. 6. In fuga ***


 Capitolo sesto

- in fuga -

 

- Seguiamo la costa. Restiamo nascosti, al riparo. In un giorno o due di navigazione raggiungeremo i confini di Arendelle e fuggiremo. 

- Sei matta, sorellina. Non ce la faremo mai.

- È la nostra unica possibilità. In fretta, prima che ci trovino.

- Che cosa succede? - chiese Elsa alzandosi a sedere e tenendosi la testa.

- Fa' piano - le disse Ofelia, cambiando immediatamente tono di voce - hai battuto la testa.

I tre si trovavano a bordo di una barca che ondeggiava tranquilla, in un tratto di mare deserto a ridosso delle alte scogliere di Arendelle.

- Come siete riusciti a scappare? - domandò ancora la regina, con preoccupazione malcelata. Nel mentre si guardava intorno e si rese conto sgomenta di non riconoscere quel luogo.

- Ti abbiamo preso in ostaggio - le rispose la ragazza freddamente. Hans sedeva accanto a lei reggendo uno dei remi. Aveva delle bende avvolte intorno a una mano e alla fronte, e indossava una pesante pelliccia di renna. Sua sorella invece mostrava ostinatamente le spalle e le gambe al freddo pungente, come se un fuoco interiore le impedisse di sentire freddo. Fin dove arrivavano i suoi poteri?

Ofelia indovinò cosa la regina stesse pensando.

- Rilassati - le consigliò impassibile - quando raggiungeremo il confine sarai libera.

- Mia sorella verrà a cercarmi e porterà l'esercito reale - dichiarò Elsa, meno minacciosa di quanto avrebbe voluto. O almeno sperava che Anna non venisse da sola. Ci sarebbe voluta un'armata per sottomettere Ofelia.

- Lo spero. Perché non ho intenzione di riaccompagnarti a casa, mia regina - la rimbeccò questa, chiudendo il discorso. Al suo fianco Hans stirò le labbra in un sorriso muto.

Il sole calava.

 

Avevano attraccato in una piccola insenatura, dopo aver navigato per ore nell'oscurità guidati solo dal chiarore delle fiamme di Ofelia.

Una volta scesi a terra avevano trovato uno spiazzo riparato dai venti gelidi del nord e recuperato della legna per accendere un piccolo falò; non si erano disturbati a legare la loro prigioniera reale, dal momento che tutti e tre sapevano perfettamente che addentrarsi nel bosco a quell'ora di notte significava andare incontro a morte certa.

Elsa si era accucciata nel punto più lontano da loro, con la schiena contro il tronco di un albero.

Hans si era raggomitolato su se stesso, nel tentativo di conservare più calore possibile, e si era appisolato, spossato. Dopo aver raccolto altri rami e averli messi ad asciugare, Ofelia si sedette accanto al fratello, a gambe incrociate, di modo da nasconderlo almeno parzialmente alla vista. Lasciò che il suo sguardo si perdesse nel fuoco, mentre con una mano allungata dietro di sé carezzava il braccio di Hans, nascosto dallo spessore della pelliccia.

Non riusciva a credere di averlo ritrovato.

Elsa li studiava con sguardo ostile.

- Non mi sorprende che siate fratelli.

Ofelia alzò un sopracciglio e spostò lo sguardo sulla regina, con l'espressione assente di chi è stato interrotto mentre seguiva il filo dei suoi pensieri.

- Siete due assassini - continuò, facendo appello al proprio coraggio.

Tuttavia la reazione che ottenne non fu per niente quella che si era immaginata.

Ofelia abbassò impercettibilmente le spalle, tornando a guardare davanti a sé senza replicare. Per la prima volta, da quando si era presentata nel palazzo poche ore prima, la ragazza sembrava aver abbandonato momentaneamente il proprio vigore. Le fiamme ruggenti da cui Elsa era stata investita ora apparivano più come un fuocherello smorzato, un calore temperato e tranquillo.

La regina ne fu stupita.

- Ti sorprenderesti, se conoscessi il resto della storia - replicò Ofelia stancamente.

- Conosco il fuoco - la contraddisse Elsa, altera - distrugge le case, annienta le scorte per l'inverno... è morte, è distruzione.

Ofelia rise piano, a metà tra lo scherno e il divertimento sincero.

- Invece il ghiaccio è l'emblema della vita, vero?

Elsa si morse il labbro. Dolorosi sensi di colpa, che sapeva che non l'avrebbero mai abbandonata neanche in cento anni, le riaffiorarono alla mente e, come ogni volta, per un secondo fu sopraffatta dalla loro violenza.

Tuttavia l'altra non sembrava intenzionata ad infierire. Anzi, scosse la testa con un sorriso accondiscendente.

- Il fuoco, come il ghiaccio, non è né buono né cattivo, Elsa - dichiarò quasi gentilmente, chiamandola per la prima volta per nome. - I nostri poteri sono legati alle nostre emozioni e solo quando temiamo ciò che siamo, ciò che possiamo fare, ne perdiamo il controllo.

La regina serrò la mascella, testarda, fingendo di non sentire quanto quelle parole le stessero scavando dentro.

Ofelia piegò le labbra in un piccolo sorriso, poi con una mano prese a scavare il terreno in cerca di qualcosa.

- Cosa fai?

La ragazza in risposta sollevò una pietra, ancora sporca di terriccio umido, grossa il doppio della sua mano. Guardando Elsa negli occhi la strinse tra le mani ed esse divennero incandescenti; la pietra poco a poco si sgretolò per il calore, finché tra le sue dita non scorse della sabbia finissima. Allora chiuse le mani a coppa e le sfregò tra loro, poi vi alitò dentro con aria misteriosa.

Infine le sue mani tornarono a una temperatura normale, e le aprì per mostrare ciò che aveva creato.

Soffiò delicatamente e il piccolo cumulo di sabbia che era rimasto volò via, mostrando una minuscola scultura di vetro a forma di cristallo di neve. I bordi erano tanto minuti che sembravano fatti di ghiaccio vero.

Delicatamente lo gettò in grembo ad Elsa, che lo prese con entrambe le mani per non danneggiarlo. La regina lo fissò rapita.

- Come hai fatto?

- Beh, la maggior parte delle rocce contiene quarzo siliceo, da cui si ricava la sabbia. Scaldandola a sufficienza...

- Non quello - la interruppe Elsa - come sei riuscita a controllare le fiamme con tanta precisione?

Ofelia si strinse nelle spalle.

- Diciamo con la pratica.

- Vorrei saperlo fare anch'io... - mormorò la regina, improvvisamente malinconica.

- Non è sempre stato così - le confidò Ofelia, ammorbidendosi di fronte alla sua espressione sconsolata - Ho dovuto esercitarmi a lungo, passare molto tempo a contatto con il fuoco, per capire la reale portata dei miei poteri e imparare così a conoscerli.

Elsa alzò il capo, tra le mani ancora teneva delicatamente il piccolo fiocco di vetro.

- Quando ero piccola ho causato un incendio - raccontò brevemente l'altra, fissando il cuore caldo del piccolo falò da campo - Così, dopo un viaggio lungo settimane, sono fuggita nel deserto dove non avrei potuto fare del male a nessuno. E lì ho vissuto fino a due mesi fa.

- Hai lasciato tuo fratello? - le chiese Elsa, rendendosi conto di non riuscire a pronunciare il nome di Hans senza piegare la bocca in una smorfia.

- Sì - rispose Ofelia, gettando uno sguardo oltre la sua spalla - non potevo rischiare che fosse bandito insieme a me. Ma mi è costato più di quanto pensassi.

- Cosa intendi?

Invece di rispondere Ofelia le lanciò una lunga occhiata senza aprire bocca. Alla fine disse:

- Mettiti a dormire, mia regina. Abbiamo ancora poche ore di sonno e domani mattina ci aspetta un lungo viaggio.

Elsa esitò, ma alla fine si rannicchiò sul terriccio duro e ghiacciato, mentre Ofelia restava sveglia di guardia.

Portò un braccio sotto la testa e si strinse al petto la piccola scultura di vetro.

Pian piano si assopì.

 

 

 

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Capitolo 8
*** 7. Ricordi ***


Capitolo settimo
-
 ricordi -
 
Hans e Ofelia da bambini passavano molto tempo nelle stalle del castello, a spazzolare e nutrire gli animali. Era una sorta di rifugio felice, un luogo dove nascondersi e passare del tempo. Gli stallieri li osservavano darsi da fare con sguardo benevolo, mentre ferravano gli equini o pulivano il pavimento con i grossi forconi.
Perciò Ofelia era sicura di trovarvi il suo fratellone.
E infatti il bambino era lì e le dava le spalle, seduto su una balla di fieno. Con una mano si teneva premuto il fazzoletto, che solitamente portava al collo, sul naso sanguinante.
Ofelia gli si sedette accanto, mentre il fratello alzava lo sguardo su di lei.
- Perché non lasci che ti aiuti, Hans? Sai bene che potrei spaventarli a dovere - disse la bambina dopo un po', alzando i piccoli pugni infantili e facendo in modo che venissero avvolti da fiamme vermiglie.
Il fratello le strinse il braccio.
- Lo sai il perché, - la riprese - nessuno deve saperlo. Penserebbero tutti che sei una strega, o peggio. Potrebbero portarti via, gettarti nelle segrete. Potrebbero metterti a morte.
La bambina sbuffò, frustrata.
-Ascoltami - le disse Hans, abbassando il fazzoletto - noi due non siamo i più forti, ma i più furbi. Un giorno ti porterò lontano da qui  e saremo i principi di un regno bello e invincibile, un regno che sarà solo tuo e mio e di nessun altro. Te lo giuro, Ofelia.
La bambina guardò a lungo suo fratello negli occhi e  lo abbracciò con forza senza dire una parola, abbandonando la testolina  contro la manica di lui che profumava di paglia e di erba del prato.
 
Quella sera i sovrani delle Isole del Sud e i quattordici principi cenarono, come ogni giorno, riuniti attorno alla grande tavola di legno massiccio. Di una famiglia unita avevano almeno l'apparenza.
- Non potevano capitarmi figli peggiori - stava infatti dichiarando il re. Il rituale che si ripeteva ad ogni pasto era ufficialmente cominciato. Accanto al suo piatto, la caraffa di vino denso e speziato che veniva servita ogni sera era già vuota.
- Un figlio piccolo, gracile, che butta tutti il suo tempo dietro a degli stupidi cavalli, e una femmina - sottolineò la parola come se da sola giustificasse tutto il disprezzo di cui era intrisa la sua voce - almeno me n'è toccata solo una.
Gli altri principini sghignazzavano dandosi dei colpetti l'un l'altro. Il loro spettacolo preferito aveva avuto inizio. 
Come ogni sera Hans ed Ofelia si limitarono a fissare il proprio piatto in silenzio, cercando di non prestare orecchio a quelle parole.
- Non mi servite a nulla - borbottò scolando il fondo del bicchiere - almeno la femmina potrò farla sposare...
Usò proprio quella parola,"femmina", come se stesse parlando di una coppia di vacche da vendere al mercato.
- Mio re... - lo chiamò la consorte, con voce lieve, cercando di rabbonirlo un poco.
- Ma Hans! - proseguì ignorandola, preso dalle proprie disquisizioni - Eh? Che me ne faccio di te?
Il ragazzino non replicò.
- Allora? - lo incalzò l'uomo, innervosito - Ti ho fatto una domanda. Rispondi! E guarda in faccia la gente quando ti si parla. Sei pur sempre un principe di questa corona, che io sia dannato...
Non sortendo effetti l'uomo ricadde pesantemente contro lo schienale e batté un pugno sul tavolo, per farsi portare un'altra caraffa di vino.
Quando la cameriera se ne fu andata e lui ebbe riempito e vuotato con pochi sorsi un altro calice pieno fino all'orlo, tornò a studiare i due ragazzini seduti uno a fianco dell'altro.
- Non combinerai mai nulla nella vita - sentenziò alla fine rivolto indirettamente ad Hans, fissando il fondo vuoto del proprio bicchiere - nulla.
- Sbagli.
All'improvviso la tavolata ammutolì di colpo. Tredici teste color carota si voltarono sbalordite verso Ofelia, che, dal pallore della rabbia, era arrossita di colpo.
La parola le era sfuggita di bocca, e strizzare il tovagliolo fra le mani come stava facendo non le avrebbe ricacciate in fondo alla sua gola.
Il re era alticcio, ma non così tanto da lasciarsi sfuggire che fra tutti era stata proprio la "femmina" ad avere la sfrontatezza di contraddirlo. Una mancanza di rispetto doppia.
- Che cosa hai detto? 
La bambina alzò lo sguardo sulla madre, alla sinistra del sovrano. Esmeralda, la sua bellissima madre, sciupata anzitempo dalla vita in cui era rimasta intrappolata, la guardò spaventata.
- Ti ho chiesto - ripeté alterato il re, alzandosi e spingendo indietro la sedia - di ripetere quello che hai detto.
- Caro...  - cercò di fermarlo la moglie, posandogli una mano sul braccio.
- Tu stai zitta. Non andrà da nessuna parte se non imparerà a portare rispetto al suo re e padre.
- Ho detto - fece la bambina, stupendosi del proprio coraggio - che ti sbagli.
- Oh, mi sbaglio secondo te... - le fece il verso, ammansendo il tono della voce in modo ingannevole.
L'uomo fece il giro della tavola fino a trovarsi alle spalle della sedia di Hans.
- Quindi per te - chiese, posando le grandi mani sul bordo dello schienale, mentre il ragazzino impallidiva di colpo - questo buono a nulla... questo moccioso... sarebbe in grado di fare qualcosa di buono, uh? Magari perfino di diventare re un giorno!
E proruppe in una risata sguaiata.
Ofelia guardò il suo adorato e forte  fratello,  mentre la scongiurava con gli occhi di tacere, di non andare più oltre di così. La ragazzina si morse il labbro a sangue, sentendo che gli occhi le si appannavano.
- Sicuramente un re migliore di te - disse alla fine. La risata si interruppe.
I suoi fratelli ora guardavano alternativamente lei e il padre, con il fiato sospeso.
Ofelia quasi non respirava, come paralizzata, le mani strette in grembo.
Poi l'uomo ebbe uno scatto di rabbia e la afferrò per la treccia, trascinandola in piedi. La bambina strizzò gli occhi con un gemito tenendosi la nuca, mentre cadeva in ginocchio. Le lacrime che inizialmente era riuscita a trattenere cominciarono a scorrerle giù per le guance.
- Padre! - gridò allarmato Hans, balzando giù dalla sedia.
Ofelia avvertì il rumore di uno schiaffo violento e vide, oltre la gamba del re, che suo fratello era caduto a terra e si teneva il viso, ora arrossato.
- Devi imparare come comportarti! - ruggiva il re, strattonandola con violenza - Una donna deve stare in silenzio di fronte al capo famiglia! Deve imparare a tacere e a stare al suo posto!
- Mio re! - piangeva intanto la sovrana ancora seduta, non osando nemmeno alzarsi dalla tavola.
I ragazzini invece erano balzati in piedi, e fissavano la scena a bocca spalancata.
- Lasciala - ordinò Hans in quel preciso istante, con la voce che tremava appena.
L'uomo si fermò e alzò lo sguardo. Il bambino aveva sfilato la spada a una delle armature decorative nella sala, e ora la reggeva con entrambe le mani puntandola al viso del padre.
Questi lasciò andare Ofelia e si rizzò in tutta la sua statura.
- Bene bene... - borbottò, con gli occhi annebbiati da tutto l'alcool che aveva in corpo - allora alla fine ce l' hai un po' di spina dorsale...
Poi posò la mano sull'elsa della propria spada e la estrasse dal fodero.
- No! - gridò Ofelia spaventata.
Ma era troppo tardi. L'uomo mandò in frantumi facilmente la spada di Hans,che era un pezzo di anticaglia arrugginita, poi, completamente fuori di sé, alzò il braccio per mirare un colpo alla testa del figlio.
Il bambino si coprì con  le mani  per proteggersi, mentre l'arma calava.
Fu l'ultima immagine che Ofelia vide prima di serrare gli occhi, alzare le mani verso il padre e gridare con quanta forza avesse in corpo.
Seguita dalle urla  una fiammata rosso rubino eruttò da lei come fosse stata sputata da un drago e investì l'uomo alla schiena. Non fu abbastanza pericolosa da ferirlo seriamente, non con l'armatura che il re portava, tuttavia ebbe la forza di spingerlo via per diversi metri, facendolo cadere faccia a terra contro il tappeto.
Gli strilli  dei principi si fusero tra loro, mentre le fiamme  aggredivano e divoravano le tende diffondendosi poi agli arredi e ai mobili di legno. Rapidamente la stanza fu invasa dalle lingue di fuoco e da un denso fumo acre.
Hans si chinò su Ofelia e le prese entrambe le mani.
- Scappiamo! - gridò, facendola alzare. La bambina si aggrappò al  fratello, gettando un'occhiata alle spalle. Vide che suo padre si stava rialzando sulle ginocchia, prima che Hans la trascinasse via.
I due principi corsero a perdifiato lungo il corridoio sulle cui pareti erano esposte tele che ora si dimostravano un nutrimento efficace per le fiamme, le quali si propagavano con una facilità spaventosa; scesero la scalinata principale più veloci che poterono, urtando contro i servitori che scappavano in preda al panico, e, giunti in fondo, piegarono verso sinistra diretti alla porta di servizio, da dove i domestici entravano e uscivano dal palazzo.
Quando li raggiunse  un urlo familiare si fermarono terrorizzati, sentendosi come prede in trappola, e alzarono lentamente lo sguardo.
Il re loro padre li aveva seguiti ed era stato raggiunto dalla moglie, che ora cercava di trattenerlo; l'uomo l'aveva afferrata per un braccio e urlava contro di lei con tale veemenza che le sue parole si comprendevano facilmente anche ad un piano di distanza. I due discutevano, ignari della presenza dei due bambini sotto di loro che non osavano fare un passo per paura che si accorgessero di loro.
- Strega! - ruggiva il re in faccia alla consorte - Ho sposato una strega e sono stato maledetto con un demonio per figlia!
- No, io non...
- Tu lo sapevi, vero? Lo sapevi!
- Giuro di no!
- Tu mi hai maledetto con una femmina, e strega per giunta! Come la mia prima moglie, pace all'anima sua, non avrebbe mai fatto, lei che mi ha dato tredici figli...
- Tua  moglie...
- Tu! Tu, puttana maledetta, l' hai uccisa e mi hai stregato per convincermi a prenderti al suo posto!
- Come osi!
In quel momento Esmeralda, la docile, sottomessa Esmeralda, che teneva sempre il capo chino e che si mordeva le labbra pur di non parlare, aveva rizzato la schiena e strappato il braccio dalla stretta del marito con uno scatto di rabbia.
- Prima di sposare te ero Esmeralda dell'Ovest, la miglior guaritrice delle Isole del Sud, e se tu, mio re, avessi seguito le mie istruzioni ora tua moglie sarebbe viva!
- Sta' zitta...
- Sei stato tu ad invaghirti di me, ad obbligarmi a sposarti, perché mi volevi nel tuo letto e non certo nel tuo cuore...
- Ti avverto, strega...
- Lo sai - fece la regina, con un pericoloso scintillio di follia nello sguardo - se non fosse stato per te, ora, qui a farsi insultare ci sarebbe la tua prima moglie, non certo io. È solo colpa tua, Ignavus, se lei è morta.
- Sta' zitta! - gridò il re un'ultima volta, estraendo la spada.
Ofelia fece per gridare ma il fratello fu più svelto e la strinse tra le braccia con forza, premendole una mano sulla bocca. Poi la prese in braccio e iniziò a correre verso l'uscita.
La bambina si aggrappò alle spalle del fratello e  riuscì a vedere solo un lembo della veste della madre, che cadeva scomposto dal gradino più alto, e il padre, che alzava su di loro uno sguardo allucinato, mentre le fiamme li raggiungevano fameliche.
Hans oltrepassò la piccola porta di servizio e uscì all'aperto, nella fresca serata di inizio estate, mentre Ofelia, sballottata qua e là, fissava ipnotizzata davanti a sé senza seguire con lo sguardo la strada di pietra che le scorreva ai lati della visuale, né i cespugli ben curati del giardino che correvano loro incontro.
Il ragazzino si fermò solo arrivato alle stalle e mise giù la sorellina. Poi svelto sellò un cavallo.
- Ofelia - la richiamò - ora ascoltami.
La bambina sussultò ma spostò lo sguardo sul fratello.
- Devi scappare il più lontano possibile, dove lui non potrà trovarti. Prendi una nave e vai a Sud, e  quando avrà attraccato non fermarti. Continua sempre dritto, finché non troverai un posto isolato e senza pericoli.
- E tu? - chiese lei con gli occhi pieni di lacrime, mentre il fratello la aiutava faticosamente a salire in sella.
- Devo restare per assicurarmi che non ti cerchi.
- Oh, Hans - Ofelia piangeva a dirotto - ti prego, ti prego vieni con me!
Il bambino si sporse il più possibile dalla balla di fieno che aveva usato per raggiungere il garrese dell'animale, e, aggrappandosi al pomo della sella, le  fece una carezza.
- Il nostro regno, ricordi? - le disse con un sorriso bonario - Devo trovare un posto che sia solo tuo e mio, e quando ci sarò riuscito potrai raggiungermi e lì sarai al sicuro. Capito?
- Hans... - lo chiamò allungando una mano,  mentre il bambino scendeva dal rialzo.
Lui diede una pacca d'incitamento al fianco dell'animale, che partì al galoppo. Ofelia si aggrappò alle redini voltando la testa all'indietro, non riuscendo a scorgere nulla più di una macchia colorata a causa della patina di lacrime e dei capelli che le turbinavano attorno al capo.  












 
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Note dell'autrice:
1) Le fiamme di Ofelia da bambina sono vermiglie dal momento che più una fiamma tende al rosso e più la sua temperatura è relativamente bassa; ho immaginato che in età infantile il fuoco da lei creato fosse molto meno potente di quanto non sarebbe diventato dopo i tanti anni di addestramento nel deserto.
2) Il nome del padre, Ignavus, è latino e significa "codardo".

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