Verso un nuovo inizio

di Milich996
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capito 11 ***
Capitolo 12: *** Capito 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 18 ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 19 ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 2O ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 21 ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 22 ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO 23 ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO 24 ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO 25 ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO 26 ***
Capitolo 27: *** CAPITOLO 27 ***
Capitolo 28: *** CAPITOLO 28 ***
Capitolo 29: *** CAPITOLO 29 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Mancava davvero poco alla stagione degli accoppiamenti.
Come ogni anno, il Leader non era minimamente interessato alla faccenda. Trascorreva il tempo libero assieme al giovane nipote, o ai fratelli. Insieme, facevano lunghe passeggiate.
Altre volte, Yar’lath preferiva stare solo, a provare le armi, nella Kehrite del palazzo.
Gli piaceva utilizzare soprattutto un particolare ki’cti-pa, finemente adornato. Le punte acuminate, nei secoli, avevano impalato migliaia di Kainde Amedha, e persino delle Kainde-lou-dte’kalei. Conferendo onore al Clan della Valle al proprietario: il nonno di Yar’lath.

Adesso, il Leader se ne stava in piedi, al centro dell’arena. Come d’abitudine, parte dei dreads erano annodati sulla sommità del capo.
Teneva gli occhi chiusi, respirando piano.
D’un tratto, l’inmagine della Kalei’Pyode’a prese forma nella sua mente...
Non la vedeva da mesi, ormai.
“...Dove sarai adesso, testarda femmina chiassosa?” pensò
Avvertì una sorta di apprensione: l’aveva lasciata sola, in mezzo alle montagne.
Lontana dagli altri Pyode Amedha.
Adirato con sè stesso, cercò subito di riprendere il controllo:
“H’ko!! Pauk! Ell-osde c’jit! (No! Fuck! Damn you!) È un’umana!!”
Lentamente, Yar’lath piegò la gamba destra; la sinistra, scivolò indietro, agile e tesa. L’allenamento prese il via: movimenti rapidi, aglili e fludi si susseguirono, in una sorta di danza. Il ki’cti-pa, ora attaccava, ora difendeva il proprietario da nemici invisibili.
Nessuno riusciva ad eguagliare Yar’lath. Nemmeno i fratelli.
Dopo circa un’ora, venne interrotto. Qualcuno bussò alla porta della sala.
“Chi è?” domandò irritato
“Seag’h-dhe”
“Entra” gli disse Yar’lath, sospirando.
Un guerriero, leggermente più alto di lui ma meno possente, fece il suo ingresso nella stanza. Rispetto a quelle del fratello maggiore, le zanne esterne apparivano simmetriche. I lineamenti, più regolari. Per gli standard Yautja, era senza dubbio un maschio avvenente.
“Ti stavi allenando?”
“Ho finito. Cosa vuoi?”
“Sei atteso nella Sala Principale. Spetta a te scegliere la prima compagna della stagione...”
Il Leader si fece scuro in volto, allargando leggermente le quattro mandibole, in segno di frustrazione.
Trascorsi alcuni istanti, rispose: “Non sceglierò. Avvisa gli altri che possono cominciare”.
“Nemmeno quest’anno? Perchè?” insistette Seag’h-dhe, un po’esasperato. Non capiva la reticenza del fratello, il quale ribadì:
“Non sceglierò. Ora vai.”

All’interno della Sala Principale, il Clan attendeva con ansia l’arrivo del proprio Leader. Le femmine, immancabilmente giovani e adornate da gemme preziose, occupavano lo spazio di fronte al trono. Mór se ne stava tra loro, ostentando la solita aria sprezzante. Ma dentro di sè, non era più tanto sicura della propria bellezza.
Dy’m-fna sedeva nella zona adibita ai famigliari, a sinistra, tra la sorella (Maj’me-h) e l’anziano zio Car’ad-oc. Quest’ultimo, da tempo cieco, faceva affidamento sugli altri sensi, per destreggiarsi nel quotidiano.
Un brusio sommesso di voci riecheggiava attraverso la stanza. Brusio che cessò all’istante, non appena la porta principale si aprì.
Tra lo stupore generale, apparve solo Seag’h-dhe, con le direttive di Yar’lath.
La reazione fu di protesta: ogni anno la stessa storia. Ma le decisioni del Leader non andavano contestate. Pian piano, i presenti abbandonarono la sala; tutti, tranne Dy’m-fna, il fratello e Car’ad-oc.
“Ma che sorpresa!” esordì la guerriera, sarcastica. Il vecchio zio rise, divertito.
“Che intendi?”commentò Seag’h-dhe, un po’ acido
“Nostro fratello non vuole sposarsi...” replicò la sorella, esasperata.
Affrontavano ogni anno la medesima diatriba, senza giungere ad una conclusione.
“Se permettete” interruppe l’anziano zio “c’è un’altra questione che mi preme analizzare....Quando mio nipote è rientrato dal Pianeta Blu, gli ho avverto addosso i residui di un odore particolare, simile ai nostri xa’rr...”
“I fiori della Montagna? Ma come può essere?” obiettò Dy’m-fna, perplessa. Che cosa assurda, eppure...il suo adorato mei’hswei era cambiato. Inutile negarlo.
“Dico solo” proseguì Car’ad-oc, placido “che nessuno della nostra specie emana o ha mai emanato un odore simile”
Seag’h-dhe rise.
“Ma andiamo” aggiunse allegro “e cosa può essere? Sulla Terra ci vivono solo gli...oh! Pauk!! (fu*k)”
“Mi rendo conto” disse lo zio “che come ipotesi vi sembrerà assurda. Ma di qualunque creatura si tratti, a quanto pare...”
“Qualunque creatura?” sospirò Seag’h-dhe “dev’essere per forza uno di loro. Nel nome di Paya, ma come?? Come?? Sono così imperfetti, primitivi, deboli... “
“Bisogna aiutare nostro fratello!” intervenne Dy’m-fna “ Dobbiamo farlo ragionare! Anche se, a dire il vero, non sta violando alcuna legge...”
“Non esistono direttive al riguardo, perchè nessuno sceglierebbe mai di frequentare un’altra specie! Pyode Amedha, che siano maledetti!!” sbottò Sag’h-dhe. Il vecchio Car’ad-oc, decise di porre fine al battibecco:
“Manterremo il segreto!” sentenziò perentorio “Credetemi, quando vi dico che alcuni, in questo Clan, non aspettano altro che un’occasione come questa.”
I due nipoti assentirono, ora visibilmente preoccupati.



Kehrite= sort of trainig arena
Ki’cti-pa= combistick
Kainde-lou-dte’kalei= Xenomorph Queen
Mei’hswei= brother

Yautja words at: “Yautja Language- Fandom”

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


La spedizione in Messico, aiutò molto Lara. Circondata dagli amici più cari, riuscì ad accettare l’esperienza vissuta al capanno degli orrori.
Nei giorni immediatamente successivi al suo rientro a New York, si era svegliata urlando quasi ogni notte; per fortuna, divideva l’enorme appartamento con David. L’uomo, l’aveva consolata ogni singola volta: gli incubi ben presto si erano diradati, fino a svanire quasi del tutto.
A Città del Messico, alloggiarono come ospiti, presso di uno dei cognati del signor Joseph Wyatt, padre di David. La lussuosa villa in stile coniale, era situata sul Paseo de la Reforma, uno dei viali più rinomati della capitale.
Dalle innumerevoli stanze finemente arredate, al giardino interno con piscina, ogni cosa sembrava messa lì apposta per rendere il soggiorno indimenticabile.
I padroni di casa, Linda Wyatt e Angel Sànchez, oltre ad essere persone squisite, avevano accolto di buon grado anche la presenza della piccola lupa Tinny. Di fatto, la bestiola, rappresentava l’unico legame di Lara con l’enorme alieno. Ogni tanto, la giovane pensava ancora a lui.
Gli scavi si trovavano a circa 40 km dalla capitale, vicino all’antica città di Teotihuacan. Lei, David, Mike e Samantha, dovevano coadiuvare un team messicano, che aveva scoperto una nuova area di sepoltura, forse appartenente ai Teotihuacanos. O forse a qualche altra popolazione. I quattro scienziati raggiungevano e lasciavano il sito su un elicottero di proprietà del signor Sanchez. Per chiunque sarebbe stata la manna. Ma, sotto la consueta professionalità, la giovane donna iniziò pian piano a covare una tempesta.
Sempre più spesso guardava il cielo, come se i suoi occhi fossero stati in grado di uscire dall’atmosfera terrestre. Una miriade di interrogativi prese ad opprimerla: “Dove sarà quello stupido rettile? A sparare con il cannone in giro per l’universo? Al diavolo, basta Lara, o finiranno per rispedirti a casa!” Si ripeteva mentalmente, ogni volta che pensava a Yar’lath.
Nel frattempo, il cambiamento della sua migliore amica, non era sfuggito a David. Riesumavano le ossa, catalogavano i pezzi...tutto come sempre. Ridevano e scherzavano, eppure...La conosceva troppo bene: qualcosa non andava.
Di comune accordo, lui e gli altri amici si prodigarono per farla divertire: al rientro a New York, le cose sembrarono andare meglio.

Il signor Alloran rimase molto soddisfatto del lavoro svolto in Messico. Ai suoi occhi, la Bennett poteva ormai considerarsi operativa. Grazie a Dio. Nell’immediato, c’erano infatti alcuni resti umani da analizzare: una persona scomparsa nel nulla circa 15 anni prima. Forse un omicidio. Andava appurato. Poi, una stimata collega del signor Collins, avrebbe tenuto una conferenza in Europa. A Parigi. Infine, di lì a pochi mesi, qualcuno avrebbe dovuto presenziare ad altri scavi, in Cambogia e in Perù. Come smistare i dipendenti?
“Ci penserò a tempo debito...” concluse Alloran, lasciando l’ufficio.

Un mese dopo, David e Lara se ne stavano a guardare la TV nell’appartamento degli Wyatt, sull’ Avenue des Champs-Élysées. La ragazza osservò con dolcezza l’amico: era davvero una persona meravigliosa. Ma, a causa dell’enorme ricchezza della sua famiglia, faticava a trovare compagne disinteressate.
“Non ci dovrei essere io su questo divano” concluse l’antropologa, amaramente “ma qualcuna che lo ami come merita...”
Già. L’amore. Che ne sapeva lei, in fondo? Lei, che si ficcava di proposito in storie senza futuro. Solo per riempire il tempo tra un viaggio e l’altro. Lei se lo meritava, di restare sola...
La voce dell’uomo la fece trasalire.
“Che ne dici di uscire? Io ho di nuovo fame...”
“Mmmmmm...va bene dai...Ma stavolta camminiamo un po’. Andiamo lontano dal Viale, se ti va...”
“E poi, mi dici che ti prende?”
Lara lo fissò, incerta “Che intendi?”
“A quest’ora, normalmente, saremmo stati in giro a goderci Parigi. Facendo cose di cui vergognarsi il giorno dopo, da sobri...Vorrei aiutarti a non soffrire per la vicenda di Rocky Ridge. Ma non so come fare...”
L’amica sospirò; chiuse gli occhi. Quando li riaprì, mormorò: “In montagna ho incontrato qualcuno, piuttosto scorbutico...”
“L’orso?” scherzò David
“Dacci un taglio!” lo ammonì Lara, aspra. Era ancora un argomento tabù, per lei.
Conscio di aver passato il segno, David si scusò prontamente:
“Perdonami, sono un idiota! Comunque, prima o poi dovremo tornare là...”
“Forse hai ragione...” convenne la giovane, dopo alcuni istanti “bisogna che affronti le mie paure...”
“No no...” affermò l’amico, serio “Intendevo che il vecchio Collins ci ha proprio ordinato di perlustrare i boschi. Sai, aveva organizzato una piccola caccia al tesoro per te...”
“Ovvero?” chiese la ragazza, preoccupata. Ogni frase che cominciava con “Il sig. Collins ha fatto” e affini, non prometteva nulla di buono.
“Ha preso un teschio dal magazzino di Antropologia e lo ha nascosto da qualche parte, solo che non ricorda bene dove...” La giovane sospirò: era davvero tornata al solito tran tran.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Quella notte, faceva più caldo del solito. Dalla finestra di camera sua,Yar’lath osservava le stelle. Brillavano, disegnando arcane immagini nel cielo.
Di mala voglia, andò a letto. Non aveva sonno. Continuò a rigirarsi, esasperato: finalmente, dopo circa un’ora, un piacevole torpore lo avvolse. Al di là della coscienza, lo attendevano i sogni. Il cuore, finalmente scevro dalle coercizioni della ragione, rivelò il desiderio più nascosto: la Pyode Amedha.
L’umana, avvolta in un vestito corto e semitrasparente, gli dava le spalle; se ne stava affacciata all’ampia finestra della stanza, i lunghi capelli marroni sciolti.
La giovane si voltò. Al collo portava una catenina, con i gioielli della famiglia reggente: assieme al marchio del Clan, posto sopra il pettorale destro, rappresentava il legame del matrimonio.
Dopo averlo raggiunto, gli montò a cavalcioni, proprio come quella volta, nel bosco. Con una mano, iniziò ad accarezzare i dreads grigi. Usando le soffici labbra perfettamente disegnate, baciò la fronte, le palpebre e la cicatrice vicino all’occhio. Mentre le piccole dita scorrevano sulle zanne inferiori (speroni inclusi), gli sussurrò:
“Ti amo”.
E poi carezze e baci si spostarono sul torace, facendogli divampare un fuoco incontenibile nelle vene. Un forte odore muschiato si mescolò a quello dei fiori.
“Non muoverti” disse lei.
Yar’lath, obbedì afferrando con entrambe le mani la testiera del letto. Lo Yautja, avvertì un’improvvisa scarica di piacere, che continuò a crescere; i muscoli si contrassero, mentre un profondo ruggito risuonò nella stanza. E fu a questo punto, che il sogno finì.
Lui non se ne rese conto: ormai sveglio, allungò una mano, cercando Lara. Ansimante, chiamò più volte nel buio: “Dove sei??”
Nessuno rispose. Capì di essere solo, in camera sua. Fuori, ancora il buio. La testa gli scoppiava.

Diverse ore dopo, assieme a Yn’gve, raggiunse il Grande Lago. Aveva promesso al nipote una gita, nella foresta della Montagna, poco sopra di loro. Un’ottima occasione di evadere dalle pressioni imposte dal Clan.
Lasciato il Lago, iniziarono la salita verso la foresta. Parlavano del più e del meno, anche se allo zio premeva molto garantire un prestigioso futuro al nipote. Lo Youngblood, così insolitamente mite per uno della loro specie, non desiderava intraprendere la via del guerriero. Dunque, bisognava scoprirne i talenti. Medico? Scienziato? Chissà...
A pochi passi da loro la fitta vegetazione, formata da alberi e piante di ogni tipo. Una morsa al cuore, costrinse Yar’lath a fermarsi: iniziava a percepire l’effluvio dei fiori xa’rr. Yn’gve, notando il comportamento insolito dello zio, gli chiese:
“Stai bene?”
“Non è niente. Andiamo avanti”
Proseguirono per circa un chilometro in salita, tra gli svariati colori della foresta. Versi di animali si udivano qua e là, bestiole troppo timide per uscire allo scoperto. Accanto a loro, sparsi un po’ ovunque, i grandi xa’rr indaco e azzurri.
Yar’lath chiuse gli occhi, corrugando la fronte.
Di nuovo, il nipote gli domandò:
“Stai bene?”
“Dammi qualche istante”
Il giovane Youngblood fece una pausa, poi aggiunse:
“Secondo te, quella Pyode Amedha che abbiamo incontrato...”
“Non offendere gli dei, nominando gli Umani al cospetto della Montagna!” lo interruppe, severo, lo zio.
“Mi chiedevo solo...”
“Ki’cte, ragazzo mio, Ki’cte. Continuiamo a camminare.”

Mentre discutevano, ignoravano il fatto che qualcuno li spiava. Accovacciato su un ramo, poco distante da loro e in modalità cloaking, uno “Youngblood”, di nome Ti’g-he, ascoltava il dibattito. Fratello minore di Me’i-kal, il suo ruolo nel complotto per uccidere il Capo Clan, risultava tuttavia marginale. Quel giorno, avrebbe dovuto limitarsi a sorvegliare il Leader. Stufo di restare in disparte, decise di agire per conto proprio.
Yar’lath ancora parlava, quando Yn’gve notò i puntatori laser apparire dal nulla, proprio sulla fronte dello zio. Rapido, spinse il parente in disparte. Colto di sorpresa, il Leader udì un forte boato, e si ritrovò a terra, il giovane nipote sopra di lui.
Nuovi puntini rossi comparvero, stavolta sulla schiena di Yn’gve. Poi, un secondo boato. Yar’lath rotolò via, tenendo stretto a sè il nipote. Evitarono il colpo di un soffio; il Capo Clan riportò un’ustione sul polpaccio. Spalancò le quattro mandibole, ruggendo per il dolore.
Chi, nel nome di Paya osava attaccarli? Forse Dubh’gh-las? No, chiunque fosse, poteva sentirne l’odore. Intenso, carico di ormoni. Caratteristico degli Yautja più giovani.
Yar’lath estrasse le lame, deciso a stanare l’aggressore.
Stava per mettersi un piedi, quando i puntini gli apparvero sul petto. Un attimo dopo, però, invece dell’ennesimo sparo, dalle cime degli alberi eccheggiò un fruscio di foglie, seguito da un verso acuto. Il Leader, intravide chiaramente un corpo che cadeva.
Nella foresta tornò a regnare il silenzio.
O quasi. Due figure saltarono giù dall’alto; disattivando la modalità cloaking, gli si avvicinarono. Erano Dy’m-fna e Seag’h-dhe.
“Che ci fate voi qui?” domandò Yar’lath, sorpreso
“Prego, non c’è di che...” rispose il fratello, in tono sarcastico, mentre aiutava Yn’gve a rialzarsi.
La sorella gli lanciò un’occhiataccia: non era il momento di fare gli spiritosi.
“Car’ad-oc ci ha pregato di seguirti, mei’hswei. Abbiamo nemici nel Clan, e se scoprissero...” Dy’m-fna tacque. Perchè dare tormento all’ amato fratello, con la faccenda dei Pyode Amedha? Magari si stavano sbagliando...
“Chi sono i traditori? E che cosa potrebbero scoprire?” tuonò Yar’lath, ormai in piedi. Era furente per l’attentato.
“Umani!” intervenne Seag’h-dhe, mentre controllava se Yn’gve aveva delle ferite. Non guardò nemmeno il fratello maggiore.
“Che...cosa...” replicò il Leader, tremando di rabbia.
“Adesso basta voi due!” si intromise la loro sorella, nel tentativo di smorzare la tensione. Ma Seag’h-dhe non intendeva lasciar perdere.
“Sei tornato dal Pianeta Blu con addosso il fetore di un Pyode Amedha...”
Dy’m-fna e Yn’gve riuscirono a mettersi appena in tempo tra i due maschi, evitando lo scontro.
“S’yuit-de!!” gridò la guerriera a Seag’h-dhe “Ki’cte! Ki’cte! Calmatevi!!”
Ansimante, furioso, le quattro mandibole spalancate, il più vecchio dei due arretrò.
“Non vi azzardate a menzionarla” sibilò infine
“E va bene!” sospirò Dy’m-fna “Adesso scopriamo chi voleva uccidervi. Forza, il cadavere è ancora tra i cespugli!”



Pyode Amedha= soft skin
Ki’cte= enough
S’yuit-de= idiot (insult)
Mei’hswei=brother

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il soggiorno nella capitale francese, giunse al termine. Lara e David passeggiavano lungo la Rive Gauche: si godevano l’ultima sera di libertà. La giovane era determinata a voltare pagina. Basta rimuginare sul passato. Non avrebbe rivisto mai più i due alieni.
Durante la notte iniziò a piovere. Sdraiata nel comodo letto a due piazze, la acienziata osservava le gocce di pioggia picchiettare contro la ringhiera del balcone. L’indomani sarebbero rientrati. Non vedeva l’ora di attaccare con la solita routine: lavoro, sport, amici...forse il destino le riservava anche un fidanzato, chissà! Sbadigliando, chiuse gli occhi e sprofondò in un sonno ristoratore.
Una volta a New York, Lara dovette subito fornire una consulenza. A Long Island, più precisamente nella riserva naturale di “Pine Barrens”, degli escursionisti avevano rinvenuto alcuni resti umani: 11 individui, sparsi in un raggio di 300 metri. A diversi stadi di decomposizione. Il più recente era un uomo sulla trentina, lì da circa una settimana. Di uno restava solo il teschio, senza la mandibola. In mezzo a quel macabro spettacolo, assieme a Samantha, Mike, agli altri colleghi e alle forze dell’ordine, Lara pensò: “Beh, a quanto pare, anche il presente è un’autentica mer*a!”

Intanto, su un altro pianeta, i tre fratelli avevano raggiunto lo zio Car’ad-oc, nel quartiere privato di quest’ultimo. Seduti nell’ampio soggiorno, esposero le novità all’anziano parente.
“Il giovane Ti’g-he, dite?” esclamò questi, sorpreso “com’è possibile? Chi può averlo mai indotto a compiere un simile tradimento?”
“Suo padre è un membro del Consiglio” rispose Dy’m-fna “A rigor di logica, i traditori, se ci sono, fanno parte di quella cerchia di inutili idioti. Strano, io avrei puntato su nostro cugino, Dubh’gh-las...”
“Ma che ne avete fatto del corpo?” insistette Car’ad-oc, preoccupato.
“Lasciato in un posto lontano dalla foresta. Lo troveranno entro domani” asserì calmo Seag’h-dhe. Non gli importava nulla del cadavere.
“È presto per escludere o includere qualcuno tra i sospettati, nipote mia” continuò il vecchio Yautja.
Yar’lath non intervenne: pareva quasi che la faccenda non lo riguardasse. Fissava un punto imprecisato della sala, dietro lo zio. Car’ad-oc, paziente, cercò di scuoterlo un po’.
“E il nostro Capo Clan, cosa ne pensa? Ti sei fatto una tua idea?”
Ma non ottenne risposta. Seag’h-dhe intervenne, aspro:
“Il nostro onorabile zio sta parlando con te, amico dei Pyode Amedha!”
“Ki’cte!” gli sussurrò tra i denti la sorella. Non ne poteva davvero più.
Punto sul vivo, Yar’lath allargò le mandibole. L’espressione del volto, divenne cupa. I due guerrieri stavano per litigare di nuovo, quando la potente voce di Car’ad-oc risuonò nella sala, spezzando la tensione.
“La’ra-h!”
Tutti e tre lo guardarono esterrefatti, senza capire. Allora, il vecchio Yautja ripetè, stavolta fissando Yar’lath:
“La’ra-h! È il nome della Pyode Amedha, quella che vi ha aiutati, sul Pianeta Blu. Me lo ha confessato Yn’gve: erano diventati amici”
“I-io...” balbettò il Leader con un filo di voce “...n-non lo...”
Gli altri fratelli tacquero, increduli. Una femmina umana: una creatura debole , insignificante. Il loro mei’hswei doveva essere impazzito. Car’ad-oc tornò a rivolgersi al nipote più vecchio:
“Nel nome di Paya, basta con i litigi. Dobbiamo restare uniti, perchè i traditori avranno sempre meno scrupoli a colpire.”

Come predetto da Seag’h-dhe, il corpo del giovane Ti’g-he venne rinvenuto nel tardo pomeriggio, dentro un piccolo edificio a circa 1 km dal Palazzo. Il Clan aveva adibito la struttura ad arena; circondata all’esterno da una vegetazione rigogliosa, all’interno constava di un’armeria, di spogliatoi, ecc... Restava comunque una sorta di “ripiego”, per chi intendeva allenarsi. A cui si ricorreva, quando gli spazi più prestigiosi risultavano occupati. I guerrieri la frequentavano poco, in media solo una o due volte al giorno. Un posto perfetto per scaricare un ic’jit (bad blood). L’indignazione e la rabbia del Consiglio non tardarono a farsi sentire.
Il padre di Ti’g-he e Me’i-kal era uno dei membri più anziani: esigeva che il responsabile pagasse con la vita. Per mantenere la facciata, Yar’lath autorizzò delle indagini. Che non portarono a nulla. La spiegazione ufficiale, fu che la giovane vittima aveva partecipato ad un allenamento, poi sfuggito di mano. Quanto al colpevole, non venne identificato. Si pensò ad uno Yautja solitario, che probabilmente era fuggito dalla Valle subito dopo il delitto. I parenti di Ti’g-ve, si lanciarono perfino all’inseguimento...dell’ipotetico assalitore nessuna traccia. Ovviamente.
Nei giorni successivi al ritrovamento, la tensione rimase alle stelle. Poi, subentrò la rassegnazione. Tutti voltarono pagina, tranne Me’i-kal; aveva intuito qualcosa: ora più che mai, desiderava la morte di Yar’lath.
Pertanto, irruppe nel quartiere privato di Dubh’gh-las. Trovò il guerriero nel salone principale, assieme a Mòr. Squadrò sprezzante la femmina: la considerava alla stregua di una prostituta.
“Noi dobbiamo parlare. In privato!” esordì, perentorio Divertito dall’insolenza del giovane Yautja, Dubh’gh-las fece cenno alla compagna di andarsene. Una volta soli, il cugino di Yar’lath rispose:
“Allora, cosa ti porta qui, non invitato e senza permesso?” Ma l’altro non si lasciò intimidire.
“Dobbiamo stringere i tempi. Questa cosa di Ti’g-ve...è troppo. Devono morire!”
“Ti’g-ve non conta nulla! Li uccideremo durante la Grande Caccia. Così è stabilito. Ora vai, oggi non voglio più vederti!”
Me’i-kal si lasciò sfuggire un ruggito, carico di rabbia. Era un boccone amaro, da mandare giù. Aspettare. Aspettare ancora. Sopportare la vista del Capo Clan. E dei suoi fratelli.

Ki’cte= Enough

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


La stagione degli accoppiamenti giunse al termine. La maggior parte delle femmine, portava già in grembo una nuova generazione di guerrieri. Yar’lath non nascose il proprio sollievo: adesso, toccava alla Grande Caccia. Una spedizione che celebrava ufficialmente l’inizio di un nuovo ciclo nella vita degli Yautja: trofei, onore, trovare una compagna...e così via, all’infinito...
In quel particolare anno, la partenza subì uno slittamento. A sorpresa, nella Valle arrivò in visita la delegazione del Clan “Endless Battle”, che, dopo quello di Yar’lath, era il più importante sul pianeta. Il gruppo di ospiti risultava composto dal Leader, soprannominato Bakuub (straight spear), da due dei suoi figli, A’lun e O’on-a (destinata a sostituire il padre), da alcuni dignitari e da una decina di guerrieri scelti.
Un attimo prima di uscire ad accoglierli, Yar’lath, che si trovava in camera sua, diede l’ultima controllata alla propria immagine, riflessa nell’ologramma. Era in alta uniforme: la prestigiosa awu’asa (full body armour) decorata con i simboli del Clan; poi le armi, il mantello...non mancava nulla. L’eleganza (e il buon carattere), ne compensavano i lineamenti marcati, e le mandibole un po’ irregolari.
“Gkaun-yte!” esclamò allegro il vecchio ospite, non appena vide Yar’lath in piedi, davanti alla porta del Palazzo.
“Gkaun-yte!” rispose l’altro.
Poi, fu la volta dei parenti: Dy’m-fna e Seag’h-dhe da una parte, e i figli di Bakuub dall’altra. Yar’lath rimase sorpreso nel vedere O’on-a: l’utimo loro incontro, risaliva a qualche secolo prima. Lui stava per assumere la guida del Clan; lei, iniziava il duro allenameto, che l’avrebbe preparata ad affrontare il Chiva. Di quella timida Yautja, non restava nulla: ora invece, sembrava forte e sicura di sè. Con un visetto grazioso. Anche il fratello, A’lun, era venuto su bene. Se ne dicevano grandi cose, in giro.
Dopo i convenevoli di rito, seguì una visita del Palazzo; al termine, gli ospiti espressero il desiderio di mangiare. In quell’occasione, Yar’lath ebbe modo di conoscere meglio O’on-a. E gli piacque: arguta, spiritosa, vivace. Lei sembrava ricambiare l’interesse. Fu quasi naturale, per loro, trascorrere del tempo insieme, nei giorni successivi. Il vecchio Bakuub, in silenzio, approvava. Verso la fine del soggiorno, O’on-a chiese di potersi allenare. Un po’ sorpreso, Yar’lath acconsentì; le richieste, tuttavia, non erano terminate.
“Possiamo usare dei Kainde Amedha? Vorrei testare il mio nuovo ki’cti-pa...”
“Come desideri, a’ket’anu sain’ja!” rispose l’altro, divertito.
Ma per una simile richiesta, dovettero spostarsi nella Kehrite principale della Valle. Situata dalla parte opposta rispetto al Lago e alla Foresta. Su una leggera altura, lontano dalle abitazioni. Sotto la struttura, si snodava un piccolo reame, con le gabbie, le stanze, i corridoi e la Regina. Enorme, feroce, letale (se libera). Da secoli, assoggettata al Clan della Valle. Costretta all’immobilità e alla procreazione di Xenomorfi.
Poco dopo, il Leader e la giovane ospite attendevano, in piedi, nel mezzo di un’area circolare. Senza alcuna armatura. In mano, i loro ki’cti-pa. Al livello inferiore, i servitori del Clan garantivano l’accuratezza dell’operazione. A’lun e alcune guardie del corpo, vigilavano alle spalle di O’on-a. I Kainde Amedha vennero fatti risalire, ancora dentro le gabbie, attraverso un sistema di montacarichi. Al termine del percorso, potevano uscire solo attraverso un breve corridoio, che dava direttamente sull’arena. Il campo di battaglia, era inoltre circondato da una rete alta e robusta.
Yar’lath fissò i dreads, nel solito modo. Poi, diede il segnale. Le prime due bestie, si scagliarono contro di loro. Gli Yautja evitarono l’attacco: veloci e leggeri come il vento, si librarono sopra gli Xenomorfi; un istante dopo, li avevano già impalati. I Kainde Amedha emisero un verso orribile, grottesco e stridulo. Poi più nulla. O’on-a, ritrasse la propria lancia dal corpo senza vita della preda.
Guardò il Leader e gli sussurrò:
“Ancora...”

Terminato l’allenamento, Yar’lath scortò i figli di Bakuub a Palazzo. Di lì a poco sarebbe stata servita la cena. Prima di congedarsi nel quartiere degli ospiti, O’on-a disse al Capo Clan:
“So che sei in partenza per la Grande Caccia, Yeyn N’yaka-de...”
“È corretto...” rispose lui
“Passerà del tempo, prima che ci vediamo di nuovo”
“Forse...”
“Permettimi di seguirti, allora...”
Lo Yautja la guardò, incerto. La figlia di un altro Leader. Rischioso. Guai, se le fosse accaduto qualcosa... Ma O’on-a gli piaceva. Sospirò.
“Tuo padre deve acconsentire” rispose, infine
In qualità di ospiti, la scelta del terreno di caccia spettò proprio ad A’lun e alla sorella. Sarebbero venuti entrambi, assieme alle guardie del corpo. Queste erano le condizioni imposte dal vecchio Bakuub. I due giovani, dopo attenta riflessione, optarono per la Terra. Una scelta affatto casuale.
Per i nemici di Yar’lath non cambiava nulla: lui e i fratelli sarebvero morti. E con loro, chiunque si fosse trovato nel mezzo.

David e la sua nuova ragazza se ne stavano chiusi in camera a fare sesso.
Lara non riusciva a guardare la TV. Provava un certo disagio. Decise di uscire: una passeggiata le avrebbe schiarito le idee. Il centro città non era lontano, solo un paio di isolati. Si tuffò nella notte newyorkese. Luci, rumori e volti di perfetti sconosciuti, le si riversarono addosso come una cascata. Stranamente, desiderava compagnia. L’unica soluzione che le venne in mente, fu di chiamare Samuel, amico e, in qualche occasione, amante. Mezz’ora dopo, giaceva sotto di lui. Sentiva le spinte dell’uomo, mentre le loro lingue si intrecciavano. Eppure, stavolta, provò solo un blando piacere: dovette fingere l’orgasmo. Dopo l’incontro, tornò ad immergersi nella città. Facce, traffico, musica, insegne al neon...Avvertì un certo languore.
“Meglio trovare una tavola calda...” pensò
E poi? Mah, forse il cinema...qualche bel film d’epoca, in bianco e nero. Non davano “La vita è meravigliosa”, con James Sewart, lì vicino?
“Se mi sbrigo, forse riesco a vedere l’ultimo spettacolo...” concluse, affrettando il passo. Si sentiva malinconica. Per fortuna, di lì a poco sarebbe andata in Perù.




Ki’cti-pa= combistick
A’ket’anu sain’ja= beautiful warrior
Yein N’yaka-de= brave master

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


La Nave Madre partì al sorgere dei soli: enorme, ricordava una sorta di piccola città. Con dentro praticamente di tutto. La stanza di Yar’lath, era accanto a quelle dei due fratelli, da una parte. E di O’on-a e A’lun dall’altra. Il resto dei guerrieri venne dislocato in base al rango sociale.
Il carattere un po’ altezzoso dei figli di Bakuub, iniziò lentamente ad emergere. Dy’m-fna provò a regalare il proprio ki’cti-pa ad O’on-a, in segno di amicizia.
“Grazie, ma preferisco che i tuoi servi me ne costruiscano uno nuovo!” fu la risposta.
In un’altra occasione, tutti e cinque si trovarono nell’ ampio soggiorno della Nave. A’lun tesseva le lodi del proprio Clan. Yar’lath, paziente, suggerì ad O’on-a:
“Non avete ancora visitato il nostro Lago, passeggiato lungo Ah’lf, il nostro fiume, e risalito attraverso la Foresta della Montagna Sacra. Quando torneremo...”
Entrambi i giovani risero. Poi, l’aliena rispose:
“Spiacente, Yeyn N’yaka-de! Noi preferiamo la caccia, alle passeggiate nei boschi...”
A Dy’m-fna ribollì il sangue: quei luoghi erano cari, al fratello. Il quale, non riuscì a nascondere la propria delusione.

Anche Yn’gve e e Ca’ad-oc parteciparono; ricoprivano un ruolo marginale. Più che altro di compagnia: avrebbero trascorso quasi tutto il loro tempo sulla Nave Madre. Il vecchio Yautja cieco e lo Youngblood, dividevano la stessa stanza. Sempre sul medesimo corridoio di Yar’lath e degli altri. Discretamente, osservavano le dinamiche attorno a loro.
Una notte, O’on-a bussò alla porta del Leader.
“Posso entrare, Yeyn N’yaka-de?”
“Accomodati”
La giovane guerriera occupò una sorta di divano. Dietro di lei, l’ampio oblò-finestra, offriva una vista spettacolare: luci di miliardi di stelle, cinture di pianeti, bagliori di esplosioni lontane. Alla figlia di Bakuub non interessavano. Si trovava lì, perchè, tutto sommato, reputava Yar’lath una scelta sensata; d’accordo, era un po’ noioso e non molto bello. Ma guidava un Clan importante, e nessuno osava metterne in dubbio le abilità tecniche. Un guerriero eccezzionale. Che avrebbe potuto farle da mentore. Insieme avrebbero cacciato, procurando onore alle rispettive famiglie.
“Perdonami” gli disse “volevo sincerarmi che stessi bene”
“Sei gentile, a’ket’anu sain’ja!”
“Ti è sempre gradita, la mia compagnia?” chiese lei, incerta
“Ogni giorno...”
“Non ti nascondo, che vorrei unissimo i nostri destini”
Yar’lath la guardò, basito: gli si stava forse offrendo?
“Desideri che io ti prenda?”
“Desideri farlo?”
Il Leader tacque. La voleva. Ma non così.
“Sì” le rispose “ Dopo la cerimonia di unione, sul nostro pianeta”
O’on-a si alzò in piedi. Avanzando lentamente verso di lui, sussurrò:
“Allora è stabilito. Sarò tua moglie...”
Quando furono vicini, si protese verso Yar’lath, accarezzandogli il volto con le 4 mandibole. [ L’equivalente di un bacio, per noi umani ;-) ] Lui ricambiò le effusioni, stringendola a sè. Gli sembrò perfino di avvertire una pressione sul petto, simile a quella provocatagli dalla Kalei’Pyode’a, tempo addietro. Solo molto più tenue.
O’on-a, durante tutto il “bacio”, cercò di non pensare agli speroni, che adornavano le mandibole inferiori del suo compagno. Non le piacevano. Ma, sopportarne la vista, era un sacrificio necessario.

In una piccola sala adibita al riposo, Me’i-kal e Dubh’gh-las, lontano da orecchi indiscreti, discussero il da farsi, una volta atterrati. Il primo intendeva agire subito. Il secondo preferiva lasciar passare uno o due giorni, di modo che il cugino focalizzasse la propria attenzione sui Kainde Amedha.
“Poi, cominceremo da Car’ad-oc e Yn’gve. Le prede più facili.” aggiunse
“Assurdo! Potremmo sistemare tutti già stanotte!” sbraitò Me’i-kal. Non riusciva a trattenere la rabbia.
“Inizio a pensare che ti manchi il coraggio!” proseguì, in tono di sfida “Hai paura di Yar’lath...”
Dubh’gh-las lo afferrò per il collo, sbattendolo contro una parete. Dopo avegli ringhiato contro, sibilò:
“Attieniti al piano, se non vuoi assaggiare le mie dah’kte. O preferisci che si sappia in giro del tuo piccolo segreto?”
Me’i-kal ringhiò a sua volta, furioso. Ma non aveva scelta.
“Come desideri...”mugugnò, carico di livore.
Dubh’gh-las allargò leggermente le mandibole, compiaciuto.
“Avanti, Lou-dte Kalei! Sai cosa devi fare...” aggiunse
Lasciò andare Me’i-kal, e lo costrinse ad inginocchiarsi. Poi, estrasse il proprio organo, parzialmente eretto. L’altro lo accolse nella bocca, in un misto di rabbia ed eccitazione. Quando ebbero finito, uscirono dalla stanza, prendendo direzioni opposte. Nessuno doveva sapere, nè tantomeno sospettare.




Yeyn N’yaka-de= brave master
A’ket’anu sain’ja= beautiful warrior
Dah’kte= wristblades
Lou-dte Kalei (“female”, used to insult another male)

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Sulla Terra, il gruppo di scienziati si apprestava alla partenza. A Lara e David vennero affiancati i protetti di Edmund Jones, il vicedirettore. Nella fattispecie, gli elementi più odiosi e arroganti dell’intero istituto: James Clark, la solita, onnipresente Jennifer e Louis Martin, il peggiore di tutti.
Un piccolo individuo di mezza età, paffuto, viscido. Riuscì a guastare l’intero viaggio, con le sue allusioni alle origini di Lara (da lui giudicate troppo umili). Oppure al fatto che avesse perso entrambi i genitori. Neanche David venne risparmiato: il padre, morto in un incidente, aveva sempre avuto problemi con l’alcol.
Atterrarono a Lima nel tardo pomeriggio, presso l’Aeroporto Internazionale “Jorge Chavez”. Secondo il programma stabilito dal signor Alloran, avrebbero sostato due giorni nella capitale. Per mettere a punto, assieme ai colleghi peruviani, gli ultimi dettagli della spedizione. La nuova squadra, al completo, risultava composta da dodici scienziati. Trascorso il tempo necessario, il gruppo partì alla volta di Tarapoto, una bella città situata a circa 20 Km dal sito archeologico.

L’Astronave Madre, procedeva a velocità costante; a bordo, i guerrieri dovettero misurarsi nel tradizionale Jehdin/Jehdin. I primi a combatterere, all’interno di un’apposita Kehrite, furono i giovani. Yar’lath, Dy’m-fna e Seagh’dh-de, beneficiavano dei posti d’onore; seduti, su un piano leggermennte rialzato, e a pochi metri dai contendenti. Tra le altre cose, era necessario valutare le nuove generazioni. Altri membri della famiglia reggente assistevano, un po’ più in disparte. Confusi nell’assembramento di Yautja. Tra di essi, anche Dubh’gh-las.
Il Leader, chiamò i prescelti:
“Me’i-kal e Co’nn, Hiju! ”
I due avanzarono, in silenzio. Presero posizione, l’uno di fronte all’altro. Sulla carta, si equivalevano per forza, tecnica e velocità. La vittoria sarebbe andata al più furbo.
Yar’lath diede il segnale. Lo scontro iniziò.
Subito Co’nn aggredì l’avversario, tentando di morderlo e di lacerargli la pelle con gli artigli. Me’i-kal fu abbastanza veloce da schivare l’attacco. Contemporaneamente, afferrò i dreads del rivale, per trattenerlo; quindi gli sferrò un calcio nello stomaco. Co’nn cadde in ginocchio, dolorante; le quattro mandibole spalancate, in segno di rabbbia e frustrazione. Me’i-kal lo fissò, compiaciuto, tra i ruggiti dei presenti. Cercò Dub’h-gh-las con lo sguardo: appena lo vide, il cuore sobbalzò.
Il cugino di Yar’lath non stava seguendo lo scontro: era impegnato a parlare con una giovane guerriera del Clan: Su’un...Bella, scaltra, ambiziosa, discreta cacciatrice. Lei, manteneva una rispettosa distanza, il capo leggermente chino. Pazzo di gelosia, Me’i-kal ignorò a Co’nn. Fu un grave errore. Venne sbattuto a terra; l’avversario, sopra di lui, iniziò a sferzarlo con gli artigli. Il giovane Yautja tentò di proteggersi con le braccia: rivoli di colore verde fluorescente, gli colarono dalle ferite, macchiando il pavimento. D’un tratto, non avvertì più il peso di Co’nn. Dov’era andato? Un secondo più tardi, un poderoso calcio fece rotolare Me’i-kal sul bordo dell’arena. Se finiva fuori, era sconfitto. I presenti gridavano, incitando i due avversari. Me’i-kal riuscì a mettersi a carponi. Respirava a fatica. Guardò verso Dub’h-gh-las, che gli restituì un’occhiataccia sprezzante.
“Lou-dte Kalei...” pareva dire
Il giovane ruggì, allargando le mandibole. Con la coda dell’occhio, intravide Co’on: s’apprestava ad assestare un secondo calcio. Lo lasciò fare. Quando la gamba gli arrivò addosso, la bloccò. Ora in piedi, in equilibrio precario, il rivale colpì Me’i-kal sulla schiena, con graffi e pugni. Ma questi fu rapido: passò il ginocchio dietro la caviglia di Co’on rimasta libera. Poi lo caricò, mandandolo a tappeto.
La situazione era cambiata ancora.
Senza esitare, Me’i-kal fu sopra l’avversario. Iniziò a sbattergli la testa contro il pavimento.
Una, due, tre volte.
“Ki’cte! Stop!” Gridò allora Yar’lath. L’esito del confronto risultava fin troppo chiaro.
Ma il vincitore, non intendeva fermarsi. In preda all’ira, assestò un pugno in faccia a Co’on, ormai inerme.
“Ki’cte!!” urlò il Leader, a pieni polmoni.
Me’i-kal trasalì. Nella sala regnava il silenzio.
Il giovane guardò in direzione del Capo Clan: gli aveva appena disobbedito. Subito abbassò la testa, in segno di scuse. Lo avrebbe perdonato?
Yar’lath respirò piano, adirato. Quindi, ordinò di aiutare Co’on e chiamò altri due lottatori. I guerrieri presenti, ricominciarono con le grida, mentre il giovane vincitore si allontanò, silenzioso. I suoi pensieri erano rivolti a Dubh’gh-las. Lì in giro non si vedeva. E mancava anche Su’un. Dov’erano finiti? Come in trance, soffocato dalla gelosia e dalla rabbia, Me’i-kal scomparve nei corridoi della nave.

Mentre la cerimonia dell Jehdin/Jehdin proseguiva, O’on-a riposava, da sola, nella sua stanza. Il rapporto con Yar’lath procedeva bene. Nonostante lo reputasse un guerriero vecchio stampo, con delle idee un po’ antiquate sulla caccia. Troppo attaccato alle tradizioni. Nel complesso, comunque, aveva l’animo buono e la rispettava. L’ unione, avrebbe rafforzato ancor più entrambe le diastie.
Improvvisamente, i pensieri di O’on-a andarono a giorni ormai lontani. E ad un altro valoroso cacciatore, bello da far male. Ko’h-de...Il suo amato Ko’h-de, che alcuni mesi prima le aveva giurato di tornare, da quella stramaledetta caccia sul Pianeta Blu. E di sposarla. Ma poi, il grande Paya l’aveva chiamato a sè. La Terra, invece, si era tenuta il corpo. Adesso, lei intendeva trovarlo, e seppellirlo a casa, con tutti gli onori. Un proposito, ne era ben conscia, quasi impossibile da realizzare. Sospirando, attese la fine dello Jehdin/Jehdin.




Jehdin/Jehdin= Hand-to-hand combat. No weapons are used
Hiju= Fight position
Lou-dte Kalei= Female (used as male insult)
Kehrite= Battle arena
Ki’cte= Enough

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Il gruppetto di studiosi venne condotto al sito archeologico. Usciti da Tarapoto, la vegetazione si fece più rada. Il terreno era secco e polveroso. Il paesaggio circostante, costituito da rocce, arbusti e qualche albero, piacque molto a Lara e David. Seduti nella loro jeep, assieme ad altri quattro scienziati peruviani, chiacchieravano allegramente. A metà percorso, attraversarono un piccolo agglomerato di case. Si trattava di un minuscolo paesino, provvisto di poco o nulla. L’antropologa, non scorse giovani o bambini: soltanto persone anziane.
Dopo circa mezz’ora, giunsero a destinazione: un campo base piuttosto ampio, a ridosso della giungla. Circondato da una rete metallica, che ne delimitava il perimetro. Sulla sommità del recinto, correva del filo spinato. Un generatore, inseriva (o toglieva) la corrente dalla rete di protezione. All’interno, un’infermeria, la cucina, la mensa, un laboratorio adibito ai reperti, i dormitori e un’armeria. Assieme agli studiosi, anche otto militari, incaricati della sicurezza. Fuori dal recinto, oltre a diverse jeep, sostavano, parcheggiati, due camion dell’esercito e un elicottero. Nel caso si fosse reso necessario un rapido allontanamento.
Lara e David scelsero di dormire nel medesimo alloggio. L’interno li stupì: due camere da letto ben arredate, neanche troppo piccole, ciascuna con il proprio guardaroba. Il bagno, pulito e funzionale. Un soggiorno provvisto di un sofà, di una poltrona e di una TV.
“Ah!” esclamò l’uomo, incredulo “Sembra una camera d’albergo...”

Alcuni ricercatori, tuttavia, protestarono vivacemente. Troppo caldo, secondo Louis Martin, e le sistemazioni, pessime. Troppo distanti dalla città, secondo Jennifer. Troppo poche risorse a disposizione, per compiere dei rilievi adeguati, secondo James Clark.
La situazione non migliorò, al momento di raggiungere il sito archeologico. Il governo aveva fatto aprire un sentiero, lungo circa 3 km, attraverso la giungla. Quanto bastava per le jeep. Il terreno, risultò fortemente sconnesso; bisognava passare attraverso fronde e arbusti, e, circa a metà percorso, attraversare un modesto corso d’acqua. La foresta li avvolgeva con il suo imperscrutabile mantello di vegetazione. Qua e la si udivano versi di uccelli, e forse qualche piccola scimmia.
“Chissà che animali incontreremo...” pensò Lara, non senza un filo di preoccupazione.

Sull’Astronave Madre i combattimenti erano terminati. Come da tradizione, dopo lo Jehdin/Jehdin, i guerrieri avevano festeggiato ad oltranza. Adesso, la maggior parte degli Yautja dormiva.
Anche Yar’lath si era ritirato nella sua stanza. Desiderava stare solo. Avrebbe visto O’on-a l’indomani. Stancamente, tolse l’uniforme e si sdraiò sul letto. La figlia di Bakuub rappresentava una benenedizione: gliel’aveva mandata il grande Paya, senza dubbio.
“La’ra-h...” pensò, distratto.
Ormai, quel nome non gli faceva più alcun effetto. Col tempo, ogni dettaglio riguardante la Kalei-Pyode’a sarebbe svanito.O almeno, così credeva.
Il Leader chiuse un attimo gli occhi. Quando li riaprì, il cuore ebbe un sussulto. Al suo fianco, seduta sul letto con le gambe incrociate, c’era l’umana. Indossava gli abiti e i gioielli tradizionali. Lo guardava, silenziosa.
“Che ci fai qui?” chiese Yar’lath, allarmato
“Mi hai chiamata tu...” rispose lei, divertita
“Piantala con quel tono irrispettoso!” borbottò lo Yautja, fingendosi arrabbiato “E comunque, non ricordo di averti invitata...”
“Stai sognando, genio!” lo canzonò lei, allegramente
“Questo. Lo. So! Dacci un taglio!”
“O...?” sussurrò la giovane, provocatoria
L’istante dopo, una cascata argentea di dreads, avvolgeva la ragazza. Il possente alieno le stava sopra, fissandola dritto negli occhi; le quattro mandibole erano aperte di pochi centimetri.
“O sarai punita, Kalei’Pyode-a!” sentenziò lui. Faceva in modo di sembrare risoluto. Lara sorrise. Poi, sfruttò le lunghe e muscolose gambe per cingergli la vita.
“Che cosa prevede la legge, nel mio caso specifico?” domandò, mentre, con le dita, tamburellava sugli speroni delle zanne inferiori. L’ennesima provocazione.
“Te la sei cercata, umana...” le disse, piano
Il sogno era vivido: mentre facevano l’amore, Yar’lath avvertì perfino l’inebriante odore di fiori, che gli impregnava l’anima. Una volta finito, tutto divenne buio.

Durante quella lunga notte, un giovane guerriero attese, ben nascosto e in preda al risentimento, l’occasione di agire. Me’i-kal, acquattato in un piccolo vano posto di fronte all’alloggio vuoto di Dubh’gh-las, tenne d’occhio il viavai della famiglia reggente. Sfruttando le risorse degli enormi bracciali, aveva assunto la modalità “cloaking”.
Del suo amato, però, nemmeno l’ombra.
Nell’arco di svariate ore, intravide chiunque: Yar’lath e i figli di Bakuub, Seag’h-dhe e l’altra sorella, perfino il vecchio Car’ad-oc e il piccolo Youngblood, Yn’gve...
Finalmente, apparve Dubh’gh-las. Emanava un odore muschiato, misto a qualcos’altro...L’essenza di una femmina...Su’un!! In preda ad un violento raptus, Me’i-kal disattivò la modalità “cloaking”. Mentre stava entrando nel proprio alloggio, il cugino del Leader venne scaraventato contro la porta. Artigli iniziarono a colpirlo un po’ ovunque, sulla schiena.
Lo Yautja cacciò un ruggito: chi osava aggredirlo?
Me’i-kal, con una mano, lo afferrò per i dreads; tirò con forza, e nel contempo gli assestò un poderoso morso nella spalla, affondando le mandibole superiori nella spessa pelle verde. Sentì in bocca il sapore del sangue di Dubh’fh-las. Quest’ultimo, ignorando la fitta lancinante, ruotò leggermente il busto, e assestò un pugno dritto in faccia a Me’i-kal. Intontito, l’aggressore mollò la presa. Allora, il cugino di Yar’lath lo scaraventò a terra. Rendendosi conto di essere in svantaggio, il giovane Yautja provò subito a reagire. Colpì e graffiò. Tentò di sferrare calci al rivale, ormai sopra di lui. Invano.
L’altro gli sollevò il capo, sbattendolo poi a terra.
Me’i-kal non riuscì più a coordinare i movimenti. Dubh’gh-las, allora, lo girò sul ventre e gli torse un braccio dietro la schiena.
Lo scontro era terminato.
“Maledetto! Lasciami! Ti ammazzo!” inveì lo sconfitto, ancora in preda al risentimento. Cercò di liberarsi, ma il peso dell’avversario lo schiacciava.
Il cugino del Leader osservava, carico di livore, quel ragazzetto che aveva osato l’impensabile. Attaccare un membro della famiglia reggente. Pauk! S’yuit-de Lou-dte Kalei! Cosa credeva di ottenere? In un’altra occasione, l’avrebbe ucciso senza pensarci due volte. Ma adesso c’era un piano da portare a termine.
Me’i-kal, non accennava a calmarsi. Bloccato sotto Dubh’gh-las, imprecava. Rischiando di svegliare qualcuno. L’altro gli andò sopra con tutto il peso; la pressione sul braccio aumentò, e il giovane emise un ringhio di dolore.
“Che c’è?” gli sibilò il rivale nell’orecchio, sprezzante “Non sai lottare come un vero maschio?”
“Lasciami, maledetto. Vattene da Su’un!” fu la risposta
“Stupido idiota!!”
In un lampo, il vincitore balzò in piedi. Quindi, assestò due potenti calci a Me’i-kal, nello stomaco.
“Per la tua insubordinazione! E considerati fortunato!”
Avrebbe davvero voluto staccare la testa a quell’inutile zabin. Ma gli serviva ancora. Almeno fino alla morte del Capo Clan.




S’yuit-de= pathetic/idiot
Zabin= insect

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Rimasto solo, al buio, rannicchiato sul pavimento, Me’i-kal desiderava solo sparire. Maledisse ancora e ancora, il giorno della propria nascita.
Improvvisamente, una mano gli si posò sulla spalla.
“Stai bene?” domandò una voce maschile.
“Dannazione!” imprecò tra sè e sè lo Yautja.
Si trovava, infatti, nel quartiere della famiglia reggente. Senza permesso. Poteva costargli cara. Alzò la testa, ed incontrò lo sguardo preoccupato di Yn’gve.
“Pauk!!” pensò allarmato. Il nipote di Yar’lath: splendido! Di sicuro avrebbe riferito ogni cosa allo zio.
La domanda venne ripetuta: “Ti senti bene?”
“C-come?” replicò il guerriero, incerto
Lo Youngblood diede un rapido sguardo in giro: c’era del sangue sul pavimento, come se qualcuno avesse lottato. Inoltre, il possente cacciatore suoi piedi, appariva ferito e pieno di contusioni. Lo conosceva di vista. Aveva una reputazione eccellente. Cosa ci faceva lì, a terra?
“Vieni, lascia che ti aiuti” continuò Yn’gve, cercando di sollevarlo.
“Non serve!” rispose brusco l’altro.
Ma, mentre provava a rialzarsi, avvertì una violenta fitta, nel punto in cui Dubh’gh-las gli aveva tirato i calci. Ruggendo, si accasciò. Il nipote di Yar’lath lo sorresse, pronto.
“Lasciami...” sussurrò Me’i-kal, con un filo di voce.
“Ti accompagno alla tua stanza. Dove si trova?”

Pian piano, raggiunsero l’alloggio. Yn’gve aiutò il ferito a sdraiarsi.
“Corro a prendere il necessario per medicarti le ferite e torno...” aggiunse poi.
Il giovanissimo soccorritore, mantenne la promessa e, con pazienza e delicatezza, si occupò di ogni singola escoriazione.
Una volta terminato, chiese:
“Hai sete? Ti porto da bere?”
“Vai, adesso...La tua famiglia ti starà aspettando...” fu la debole risposta.
Titubante, lo Youngblood obbedì.
Esausto, e sopraffatto dal dolore emotivo, Me’i-kal si addormentò.

Il piccolo tempio, nella giungla peruviana, così come le rovine attigue, conservava ben poco dell’aspetto originale. Il cimitero invece, portò alla luce diverse tombe e manufatti. Iniziò così un viavai di scienziati, e militari. Ognuno con il proprio compito da svolgere. Lara e David legarono, in particolar modo, con i colleghi Ana e Juan: due simpatici e brillanti antropologi sulla mezza età. E poi c’era una coppietta di studenti, composta da Pilar, originaria di Lima, e John, un londinese trasferitosi per amore.

Lara e Pilar, come primo incarico, si occuparono del cimitero. Pian piano, con l’aiuto di altre persone, vennero riesumate le ossa di 11 persone. Alla giovane specializzanda piaceva molto chiacchierare. Mentre lavoravano, raccontò ciò che sapeva della foresta.
“Mio nonno Paco e alcuni suoi amici, ogni tanto andavano a caccia nella giungla...”
“Ma non è pericoloso?” domandò l’americana, stupita. Ammirava il coraggio di quelle persone; lei, anche con i militari e tutti gli accorgimenti presi, ancora non si sentiva al sicuro.
“Cercavano animali, per mangiare. Che ti devo dire, presumo non avessero molta scelta...” rispose Pilar, un po’ malinconica.
“Ah...” continuò Lara, pentita della domanda.
“Comunque...” riprese l’amica, di nuovo allegra “Stando ai ricordi de mi abuelo, se camminiamo un altro paio di chilometri verso nord-ovest, ci dovrebbe essere una grotta sotterranea!”
“Lui l’ha esplorata?”
“A dire il vero, ha solo detto che si sono addentrati per un po’. C’era anche uno specchio d’acqua, una sorta di lago. E sui bordi, un cadavere...”
“Questa però è difficile da credere...” obbiettò Lara, scettica
“Gli hanno rubato delle monete...” aggiunse Pilar, come in trance
“Al morto? Ma dai...”
Una bella storia per spaventare i nipoti, ecco cos’era. Niente di più.
“Dal lago si dipartivano altre gallerie, allora ne hanno scelta una. Poi non so...o meglio, mi abuelo no quiere hablar...Fatto sta che in quella grotta sono scesi in cinque, ma risaliti in due...”
“Qualche animale?...” ipotizzò Lara, solo per non dire che, probabilmente, gli uomini si erano scannati fra loro a causa del denaro.
“Una volta, quando era ubriaco, ha fatto accenno a due strane bestie nere; secondo lui usavano la coda come una lancia, e potevano arrampicarsi agevolmente sulle pareti. Poi c’erano altri dettagli che...”
“Cioè?” la incalzò l’americana, divertita.
“La bocca...dentro la bocca ne avevano un’altra più piccola, che potevano estrarre a comando...”
“Pilar, santo cielo...”
Nel frattempo, le due donne avevano terminato di pulire alcuni teschi. Bisognava portarli a Louis Martin. Affidarono il compito a degli studenti lì vicino. Tornando a concentrarsi sulle ossa, la bella peruviana insistè:
“La grotta esiste. Ne sono certa. E là sotto mio nonno ha davvero incontrato qualcosa. Ecco perchè ho intenzione di cercarla, assieme a John...”
“Ma dico, sei impazzita?” esclamò Lara. Alcuni colleghi si voltarono brevemente, attirati dalla sua voce.
“Non gridare!” sussurrò Pilar “Dovrai solo coprirmi per un giorno...”
“Da dove vuoi che cominci, per sottolineare l’assurdità del tuo piano?”
“Solo una giornata...”
“Con John, che sviene appena vede un insetto?”
“Io...”
Improvvissmente, un urlo seguito dal rumore di uno sparo, pose fine alla conversazione. Louis Martin, si era allontanato per sgranchire un po’ le gambe. Giunto vicino ad un piccolo rivolo, a circa 30 metri dal sito, aveva udito dei versi strani. Appartenenti ad un pecari. L’intervento di un militare, aveva evitato spiacevoli conseguenze. L’uomo, in preda allo shock, era tornato al campo base, fuori dalla giungla. Scortato da James e Jennifer.
Inutili i tentativi di calmarlo.
“D’ora in poi, alloggeremo in città, lontano da questo inferno!” urlò “Io e i miei due colleghi non metteremo a repentaglio le nostre vite per un mucchio di sassi. È una cosa inaudita, riferirò tutto al mio capo, a New York!”
Mentre l’intero pool di scienziati guardava i tre disertori allontanarsi, David sussurrò a Lara:
“Tre zavorre in meno...Ho fame, ti va uno spuntino?”

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


L’Astronave Madre viaggiava ormai da diversi giorni. Presto avrebbe raggiunto la Terra. I guerrieri erano trepidanti: non vedevano l’ora di misurarsi con gli Xenomorfi, e con gli animali del Pianeta Blu. Yar’lath e Dym’fna scesero ai livelli inferiori, dove giaceva reclusa l’enorme Kainde-lou-dte’kalei (xenomorph queen). Bisognava predisporre nel dettaglio, le delicate operazioni di rilascio delle uova, sul suolo terrestre.
Il Leader apparve subito molto provato, agli occhi della sorella.
“Dormito male, mei’hswei? Troppo C’ntlip (alcoholic drink)? O forse la causa risiede in una bella giovane?” gli chiese, maliziosa
Lo Yautja fissava il vuoto, pareva altrove.
Dopo alcuni istanti, rispose:
“Io la amo...Mi dispiace così tanto, mei-jadhi... perdonami! Perdonatemi tutti...”
“Che dici...” mormorò la guerriera
Senza aggiungere altro, Yar’lath andò da un gruppo di ufficiali e tecnici, che attendevano gli ordini. Dym’fna lo seguì con lo sguardo, perplessa. Nel nome di Paya, perchè suo fratello sentiva il bisogno di scusarsi? Ad ascoltare Yar’lath, talvolta si rischiava di impazzire...

Me’i-kal si svegliò nel primo pomeriggio. Istintivamente, ispezionò il proprio corpo. Ferite e contusioni un po’ ovunque. Causati da Co’on prima, e Dubh’gh-las poi... Qualcuno suonò alla porta. Sofferente, andò ad aprire. Indossava solo un gonnellino, che ne metteva in risalto il fisico.
Con somma sorpresa, si ritrovò davanti Yn’gve.
“Che ci fai qui, Youngblood?” gli chiese, sospettoso
“S-sono venuto a vedere come stai...” rispose l’altro
Lo Yautja osservò il giovanissimo visitatore.
Non arrivava ai 2 metri, e probabilmente, sarebbe rimasto così; il corpo appariva piuttosto snello e tonico, ma poco muscoloso. Il volto, invece, era tutt’altra storia. Paya aveva concesso a quel cucciolo una bellezza perfetta. Zanne simmetriche, lineamenti delicati e regolari, occhi blu come li Grande Lago della Valle. I dreads neri, cadevano, un po’ scompigliati dietro la schiena. Nemmeno Dubh’gh-las, considerato forse il più avvenente maschio del Clan, poteva reggere il confronto.
“I-io...” replicò Me’i-kal, imbarazzato
“Ti ho cucinato del cibo, hai fame?” lo interruppe Yn’gve, senza aspettare la risposta. Il cuore gli batteva forte, alla vista di quel guerriero, temprato da innumerevoli battaglie. Tremando, gli porse un’ampia scatola. Gli occhi color acqua si abbassarono, in segno di rispetto.
Me’i-kal non intedeva prolungare la conversazione. “Dovresti tornare al livello superiore, dai tuoi zii” rispose, un po’ brusco
“Assaggia, te ne prego. L’ho preparato io...”
L’altro sospirò: quel piccoletto testardo non intendeva mollare. Meglio farlo contento e accettare il regalo. In fondo, non aveva fatto la spia. E comunque, apparteneva alla famiglia reggente.
“Va bene, dammi qua” Preso il dono, continuò “Sono in debito per ieri notte. Se c’è qualcosa che vuoi...magari ti posso allenare...”
“Io non diventerò un cacciatore!” esclamò Yn’gve
Aveva davvero un bel sorriso, caldo e sincero.
Me’i-kal sussultò, incredulo.
“Ah, e cosa farai allora?”
“Io ho iniziato a studiare da medico!”
L’altro proruppe in una fragorosa risata.
“Hai del fegato, piccolo Youngblood, a contraddire tuo zio! Allora, c’è qualcosa che desideri?”
“Nel mio livello abbiamo un giardino, con erba, alberi e perfino uno specchio d’acqua. Potremmo mangiare là...”

Il posto era davvero bello: un’oasi di pace e tranquillità. Yn’gve risultò essere un giovane di rara intelligenza, colto, spiritoso...e un ottimo cuoco. I due condividevano la passione per storia della loro specie, per i libri e le lingue antiche. Il guerriero raccontò poi delle sue missioni; il tempo volò, senza che se ne accorgessero. Quando Me’i-kal controllò il bracciale, erano già trascorse alcune ore.
“I-io doverei andare, Youngblood...ho un allenamento...” disse, piano.
Fece per alzarsi, quando Yn’gve lo fermò.
“Aspetta” esclamò, porgendogli una collanina che si era sfilato “prendi questa!”
L’altro osservò il ciondolo.
“Che cosa sono?” chiese, notando alcune zanne di animale, attaccate al cordino.
“Appartengono ad un orso che ho ucciso sul Pianeta Blu. Sono tue. Ti porteranno fortuna!” rispose il giovane Yautja, sorridendo.
In silenzio, il guerriero accettò il dono.
Una volta in piedi, riuscì solo a dire:
“Grazie, Yn’gve. Ci vediamo...”
Poi lasciò il giardino, più in fretta che poteva.

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Capitolo 11
*** Capito 11 ***


Appena due giorni dopo la partenza di Louis Martin, Pilar e il suo fidanzato sgattIolarono dal campo-base di buon mattino, decisi a trovare la misteriosa caverna descritta dal nonno della peruviana. Convinsero Gabriel, un militare sulla 30ina loro amico, ad accompagnarli. Di nascosto. Pilar possedeva una mappa disegnata proprio dal vecchio Paco. Non restava che tentare. Seguendo le indicazioni, camminarono per svariati km. C’erano mille suoni attorno a loro, ma nessuna bestia li attaccò.
Un dettaglio mise in allarme il gruppetto: improvvisamente, iniziarono ad imbattersi in ossa di animali; erano sparse qua e là, come un macabro corteo che adesso li accompagnava.
“Qui c’è chiaramente l’attività di qualche carnivoro. Ci sono resti di scimmie, e altra fauna selvatica...” asserì Gabriel, preoccupato “non sono sicuro che sia una buona idea, proseguire”
“Ti prego, ormai non manca molto!” supplicò Pilar.
“Amore, io non lo so...davvero...” mormorò John, visibilmente allarmato. Non voleva restare lì. Desiderava solo tornare al campo base.
“Dai...” esortò la ragazza “Continuiamo ancora per un po’. Al minimo segnale di pericolo, ce la daremo a gambe...”
Sospirando, gli uomini accettarono. Eppure, Gabriel aveva ancora parecchie riserve. Qualcosa non andava...non solo per via delle ossa... Più ci pensava, più si sentiva inquieto. D’un tratto capì: il silenzio. In quella parte della giungla, regnava il più assoluto silenzio. I mille suoni della foresta, parevano di colpo svaniti. Assurdo: guardando in alto, tra i rami degli alberi, non scorse alcun animale. Cosa poteva aver spaventato a tal punto ogni creatura?
Pilar avanzava risoluta. Non volle sentire ragioni, nemmeno quando, raggiunto il luogo indicato dalla mappa, la grotta non c’era. Alla fine, dopo aver girovagato per altri quaranta minuti, scorsero una possibile entrata. Circa un chilometro più avanti, rispetto a quanto ricordava l’anziano Paco. L’apertura, nonostante i muschi e le piante rampicanti che crescevano tutto attorno, risultava pienamente accessibile.
“Che sia questa?” domandò Gabriel, perplesso. Qualcuno manteneva l’entrata scevra dalla vegetazione: l’intera faccenda gli piaceva sempre meno.
“Vediamo...dovrebbe esserci un segno, inciso da qualche parte” replicò Pilar. Ormai in preda all’eccitazione, pareva ignorare i molteplici indizi di pericolo.
Ambiva solo a comprovare la storia del nonno.
La ragazza ispezionò attentamente le rocce. E trovò quello che cercava: adesso, bisognava solo inoltrarsi.
L’idea fu subito bocciata dagli uomini.
“Non se ne parla!” esclamò il soldato, categorico “Ma ti sei guardata attorno? Questa è una tana, e di qualunque bestia si tratti, noi ci troviamo nel suo territorio di caccia!”
“Solo un’occhiata veloce...” implorò Pilar
“Andiamocene, tesoro, la grotta l’hai vista, no?” la esortò John, ben conscio della situazione. Dovevano allontanarsi da lì. Immediatamente.
La giovane donna, senza alcun preavviso, estrasse dallo zaino una torcia, e corse all’interno della cavità. Agli altri due, non restò che inseguirla, gridandole di fermarsi. Quando la raggiunsero, erano ormai vicini al lago descritto dal nonno. Mancavano giusto una cinquantina metri. Torce alla mano, decisero di scendere ancora. Attenti al minimo rumore. Le luci rischiaravano ora il suolo, ora le pareti, ora il soffitto del passaggio.
C’erano resti di animali sparsi ovunque. Un tanfo di decomposizione saturava l’aria.
Giunsero ad una grande camera; al centro, lo specchio d’acqua. Un verso stridulo echeggiò in lontananza. Allarmato, Gabriel imbracciò la mitraglietta, che portava a tracolla, e ordinò a John e Pilar di illuminare l’ambiente.
Non c’era nulla.
“Andiamo!” sussurrò il militare tra i denti “Prima che sia troppo tardi!”
“Cerchiamo i cadaveri!” insistette Pilar
“Tu non...” stava per replicare Gabriel, quando il verso stridulo tornò ad echeggiare. Solo che stavolta pareva molto più vicino. Di nuovo, tre luci sondarono spasmodiche la sala. Niente.
“Qua sotto c’è qualcosa. E sa che siamo qui...” bisbigliò John, angosciato.
Adesso anche Pilar iniziava ad avere paura. Forse si erano spinti troppo in là. Un rumore di zampe contro le pareti, interruppe i pensieri dei tre sventurati. Molte zampe. E sembravano provenire da direzioni diverse. Gabriel cercò di localizzare gli animali con la torcia. Scorse solo alcune ombre: sagome grosse e oblunghe, con il “dono” di scalare la nuda roccia. Paralizzati, in preda al terrore, i due giovani a malapena riuscivano a reggere le luci.
“Presto, fuggiamo!” gridò il soldato, scuotendoli violentemente. Pilar lo guardò, con gli occhi sgranati. Tremava, ormai fuori di sè.
“Avete sentito?” urlò di nuovo Gabriel “Dobbiamo fugg..aaahh!!”
Una sagoma nera gli piombò addosso dall’alto, emettendo il solito, orribile verso. Quindi lo trascinò nel lago.
I ragazzi gridarono, illuminando l’acqua. La scena divenne surreale: intravidero solo la lunga coda della bestia, che terminava con una punta acuminata.

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Capitolo 12
*** Capito 12 ***


Il misterioso animale trascinò Gabriel verso il fondo. Poi, un rumore ovattato di colpi, sparati dalla mitraglietta: l’acqua divenne rossa.
“Gabriel!! Gabrieeel!!” lò chiamò invano Pilar, ingiocchiandosi in lacrime, sulla riva del lago.
“Andiamo amore, ti prego!!” implorò disperato John Frattanto, un secondo xenomorfo girava attorno a loro. Sulle pareti. Pronto a colpire.
“Non possiamo lasciarlo lì!” rispose la ragazza, ormai isterica.
“Andiamo!!”
Corsero verso l’uscita. Ma il Kainde Amedha ghermì l’uomo, trascinandolo nelle tenebre. Pilar udì l’urlo spaventoso del compagno, mentre veniva dilaniato. Poi, di nuovo ii silenzio.
“Tesoro...” chiamò la peruviana, con un filo di voce.
Tremando, puntò la torcia nella direzione in cui il fidanzato era scomparso. E allora vide quell’essere orribile: nero, enorme, con la testa allungata. Due bocche, proprio come nei racconti del nonno: qualunque animale fosse, non apparteneva alla Terra. Stava sopra il cadavere di John (sventrato dal torace all’iguine). La fissava, ringhiando. Istintivamente, Pilar ricominciò a correre.
La creatura emise il suo verso agghiacciante, e la inseguì. Ma era estremamente difficile muoversi all’interno degli angusti passaggi: lo xenomorfo le fu addosso quasi subito. Nonostante il panico, la giovane ricordò di essere armata. Un istante prima che la bestia colpisse, lei sparò un paio di colpi. L’alieno, sanguinante, vibrò un colpo con la coda. La ragazza riportò una brutta ferita ad un fianco, ma riprese ad avanzare. Il Kainde Amedha parve esitare: attese acquattato per due o tre minuti. Poi ricominciò la caccia. Pilar guadagnò l’uscita, ma fece solo qualche metro, prima di collassare. Il taglio sanguinava, e bruciava da morire.
Si voltò d’istinto, in direzione della grotta. E vide la creatura, a circa un metro da lei. Fine dei giochi. O almeno così credeva. Ci fu un boato improvviso, seguito da un lampo; lo xenomorfo venne colpito in pieno petto da qualcosa di simile ad una palla di fuoco. Il tutto avvenne in una frazione di secondo. La ragazza udì un rumore strano, provenire dalle cime degli alberi: “Click Click Click”
Infine, tutto attorno a lei si fece buio.

Quando rinvenne, credette di sognare. Giaceva all’interno di una navicella spaziale, sdraiata su una branda. Seduto accanto a lei, un essere enorme, alto almeno due metri e venti. La fissava, senza dire una parola.
“Chi sei?” gli chiese con un filo di voce “Sei tu che mi hai salvata? Capisci la mia lingua?”
Ma l’altro non rispose.
Pilar lo osservò attentamente: aveva la pelle simile ad un rettile; quattro grosse mandibole esterne gli coprivano una bocca piena di denti aguzzi. Inoltre non possedeva nè labbra nè un naso. Attorno alla testa gli spuntavano delle appendici nere, adornate con degli anelli d’argento. Improvvisamente, la creatura parlò: una voce gutturale, profonda.
“Mi chiamo Ko’h-de. Nella tua lingua, significa “The Chosen one” (Prescelto). Sono un onorevole guerriero del Clan “Endless Battle”.
“Questa è la tua nave?”
“Non preoccuparti. Qui sei al sicuro. Ho modificato temporaneamente i parametri di areazione: ti verrà garantito il necessario apporto di ossigeno...” replicò lui, continuando a fissarla.
La Pyode Amedha non gli piaceva. Così fragile... e senza zanne, per di più. Almeno fosse stata un’abile guerriera. Ma no. Neanche quello. Eppure, ben due maschi della sua specie l’avevano seguita nella tana dei Kainde Amedha: davvero inspiegabile.
“Adesso devi aiutarmi...” proseguì Ko’h-de
“Come?” domandò Pilar, sospettosa
“Mi servono dei pezzi di ricambio per riparare il mio velivolo. Magari lì, da dove tu e i tuoi compagni siete venuti...”
“C-ci hai spiati?”
“Da quando siete entrati nella grotta. Ero curioso di vedere la vostra tecnica di caccia, perciò ho atteso su un albero. Non sapete usare le vostre armi... Patetici umani...” sentenziò l’alieno, gelido.
I grandi occhi neri di Pilar si riempirono di lacrime.
“Allora?” la incalzò lo Yautja, un po’ impaziente.
Non aveva davvero tempo da sprecare.
“Un posto c’è, dove forse troverai quello che cerchi...” ammise la giovane, asciugandosi il volto “Prometti solo che non farai del male a nessuno”
Da sola non sarebbe mai riuscita a raggiungere il campo base. Doveva assecondare l’enorme varano.
“Se nessuno me ne darà motivo, io non attaccherò” rispose Ko’h-de, di nuovo calmo. Poi aggiunse “Adesso vado a procurarci la cena. Ti consiglio di restare al sicuro sulla navicella...”

L’ Astronave Madre orbitava poco fuori l’atmosfera terrestre. L’enorme Kainde-lou-dte’kalei (Xenomorph Queen) iniziò a deporre le uova. Queste ultime, poi, avrebbero raggiunto l’obbiettivo designato tramite un complesso sistema di capsule da lancio. (Immaginatelo da soli, io non ho voglia 🥱 😉) Tra i cacciatori, la tensione era palpabile.

Yn’gve e Me’i-kal, trovarono il tempo per mangiare di nuovo assieme, nello splendido giardino. Consumarono il pasto seduti placidamente sull’erba.
“Come stai? Sei preoccupato?” chiese lo Youngblood.
L’altro scoppiò a ridere.
“Oh, nel nome di Paya! Io...preoccupato?”
“Non voglio che ti succeda nulla...”
“Non essere ridicolo! Tornerò con le teste 1000 Kainde Amedha!”
Il nipote di Yar’lath rimase in silenzio, gli enormi occhi blu fissi sul prato.
“Yn’gve, non fare così! Lo sai che l’onore di un guerriero...”
Ma non riuscì a terminare la frase. D’un tratto, il giovanissimo interlocutore, cercò ad accarezzargli il volto con le mandibole. Colto di sorpresa, Me’i-kal lo respinse.
“Piantala, stupido...devo andare...” tagliò corto.
Erano andati davvero troppo oltre.
Mentre lo guardava uscire dal giardino, Yn’gve mormorò sconsolato:
“Perchè non ti piaccio?”
“Tu mi piaci...solo, non nel modo in cui vorresti. Perdonami...” rispose l’altro. Mentendo a sè stesso.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


La scomparsa di Pilar, John e Gabriel venne notata solo dopo diverse ore. Lara riferì della grotta, ammettendo di aver sottovalutato la caparbietà dell’amica. Subito i militari andarono nella foresta, a cercarli. Le autorità competenti, informate dell’accaduto, sospesero gli scavi. Le informazioni acquisite dall’americana risultavano alquanto vaghe: una caverna ad un paio di km da lì, direzione nord-ovest. Senza contare il fatto che bisognava rientrare prima del buio.

I soldati avanzarono in gruppo, con estrema cautela. Incontrarono diversi animali, alcuni dei quali vennero purtroppo abbattuti, in quanto feroci. Eppure, dei dispersi nessuna traccia.
“Ragazzi, fermiamoci, basta così per oggi” ordinò ad un certo punto il capo, un robusto ufficiale sulla 50ina di nome Cesar Muñez.
Avevano camminato per parecchi km. Di sicuro la caverna, se esisteva, doveva trovarsi molto più indietro. Inoltre, qualcosa non tornava, agli occhi dell’intera brigata. Il silenzio. Nessun rumore in quella zona, nessun verso, nessuna forma di vita.
“Dove saranno finite le bestie?” chiese un soldato, nervoso
“Non mi piace...non mi piace affatto...” gli rispose un commilitone
“Ragazzi, piantatela!” tuonò Muñez “ho detto di tornare subito...”
Rimase immobile, come pietrificato. A pochi passi da loro, delle code nere oscillavano al di sopra della vegetazione. Sembravano fatte di placche osee, e terminavano in una punta aguzza. Ce ne erano ben tre.
“Sparate!” ordinò il comandante.
I soldati imbracciarono i loro mitra e aprirono il fuoco.
Feriti, gli xenomorfi apparvero, ringhiando.
“Presto, uccidiamoli!” insistette Muñez
Si udirono altri rumori. Stavolta provenivano dagli alberi. Gli uomini alzarono lo sguardo: altri cinque Kainde Amedha, appostati sui rami. E poi ancora ne emersero dalla giungla, stavolta dietro di loro. Erano circondati...

Al campo base, attesero invano il piccolo contingente. Ora dopo ora, finchè il sole non tramontò. Giunti al mattino dopo, le speranze di veder tornare qualcuno svanirono. Il governo organizzò una massiccia operazione di ricerca: sarebbero state inviate nuove truppe, ed elicotteri a sorvolare la foresta. Gli archeologi ricevettero quattro giorni, per sgomberare l’accampamento. Quasi tutti scapparono subito, ad eccezione di Lara, David, Ana e Juan.
Soli, in un posto ormai deserto.
Ma la giungla non li spaventava: erano decisi a trovare Pilar e gli altri.

Verso sera, quando ormai la luce stava scemando, dal cancello elettrificato giunse un trambusto considerevole. Allarmati, Juan e David impugnarono le pistole, che ormai tenevano sempre appresso. Rapidi, corsero a vedere, seguiti dalle donne. La scena parve surreale, agli scienziati: un essere enorme, ricoperdo da un’armatura metallica, ringhiava adirato nella loro direzione. Ai suoi piedi, Pilar, che cercava invano di calmarlo. Lara sussultò: conosceva bene quella razza di alieni, e sapeva quanto potevano essere letali. Guai a sembrare ostili! Erano tutti in grave pericolo.
“Abbassate le armi!” supplicò, mettendosi davanti agli amici
“Sei impazzita? Hai visto bene quel coso? Scansati!” le urlò David
“Ti scongiuro, io ne ho incontrati altri come lui, allo chalet...Il cannone che vedi sull’armatura ci farà saltare tutti!”
Sgomenti, gli uomini obbedirono, gettando via le pistole. La bestia, parve acquietarsi un po’. Tenendo le mani alzate, Lara avanzò di qualche passo.
Poi domandò:
“Pilar, tesoro, come stai?”
“Ho una brutta ferita, ma questa iguana mi ha aiutata. Togliete la corrente, non vi farà nulla. Vuole solo dei pezzi per la sua astronave...”
“Va bene, adesso leviamo l’elettricità dal perimetro. Sbrighiamoci, là fuori c’è qualcosa di orribile!”

Ko’h-de era molto arrabbiato per l’incidente da svariati volt.
“Stupidi umani’ pensò
Ma lo strano insediamento pareva ben fornito: decise di prendere il necessario, e abbandonare i Pyode Amedha ai loro problemi.
Mentre lo Yautja gironzolava qua e là selezionando i vari componenti, gli antopologi occuparono la mensa. Molte domande attendevano una risposta. Pilar, sdraiata su una branda, tra le lacrime, raccontò l’accaduto.
“Ay, niña!” Sospirò Ana, stringendola a sè.
“Dunque ci sono dei predatori che hanno fatto la tana in una grotta...” riflettè Juan, pensieroso “Non ci voleva...”
“Siamo al triste epilogo...” sospirò David “Circondati da cacciatori intergalattici, iracondi e armati fino ai denti, e da immonde creature fameliche...”
Una voce profonda e gutturale li interruppe.
Ko’h-de non ne poteva più: i terrestri lo annoiavano.
“I Kainde Amedha sono morti. Perchè discuterne ancora?” sentenziò, aspro.
“Puoi dirci almeno da dove arrivano?” gli chiese Lara
Lo Yautja la guardò sorpreso, attraverso la maschera. Non si aspettava una simile intraprendenza. Quella Kalei’Pyode’a sembrava un po’ meglio delle altre due.
Decise di accontentarla.
“Periodicamente, li rilasciamo su vari pianeti. Da noi, sono considerati dei trofei ambiti. Il valore di un guerriero, dipende esclusivamente da ciò che riesce ad uccidere. Tuttavia, ogni tanto, qualcuna di delle creature sfugge al proprio destino. Succede, con i Clan meno potenti...”
“La gente continua a sparire...insomma, parliamo di soldati esperti!” si intromise David “Perdonami, ma i tuoi amici non potrebbero essere tornati, per una nuova battuta di caccia?”
Ko’h-de rimase in silenzio. Non sembrava un’ipotesi così assurda. Forse, avrebbe potuto ottenere un passaggio verso casa. Dalla sua O’on-a. Valeva la pena aporofondire la faccenda.
“Vi propongo un accordo...” disse, alla fine “Aiuterò a trovare i vostri compagni dispersi, in cambio di cibo e uno spazio in questo insediamento...”
Così avrebbe potuto concentrarsi sulla ricerca di altri Yautja. Sapeva bene che per gli umani mancanti, non c’era più nulla da fare.

Svariate ore prima del ritrovamento di Pilar, il Clan della Valle approntava la discesa sul Pianeta Blu. I guerrieri, armati e carichi, montarono sulle navicelle, in attesa del loro turno per decollare. I primi furono i membri della famiglia reggente, assieme ai figli di Bakuub. Seguirono gli altri velivoli, in base all’importanza degli occupanti. Me’i-kal, occupò il terzo. Ironia della sorte, assieme a Su’un. Entrambi rivaleggiavano per un rango migliore. Naturalmente, si odiavano.
Venti minuti dopo, i mezzi atterrarono, uno ad uno, su una serie di alture, nel raggio di 500 metri. Yar’lath e O’on-a sostavano in piedi, fianco a fianco, nell’attesa di uscire. La giovane continuava a fissare il compagno.
Ma lui non la ricambiava.
Il portellone si aprì: tutti indossarono la maschera e scesero. Il Pianeta Blu. Un mare di ricordi investì il Leader del Clan.
“Dove sarai adesso, amore mio?” pensò.
Miliardi di umani popolavano quel mondo così diverso dal suo. A lui bastava trovarne una. L’avrebbe viziata in ogni modo possibile; qualunque cosa, pur di renderla felice...
La voce della sorella, lo distolse dai molteplici pensieri.
“Quando vuoi, mei’hswei, possiamo cominciare...”
“Allora andiamo” rispose Yar’lath, secco “Avverti pure gli altri gruppi!”

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Fu una battuta di caccia piuttosto anomala. Nessuno dei protagonisti ci mise la dovuta concentrazione. Yar’lath camminava tra O’on-a e A’lun. Subito dietro a loro tre, Dy’m-fna e Seag’h-dhe. La foresta sembrava un intricato groviglio verde.
“Pauk!” pensò il Leader. Stava sprecando il suo tempo, lì...
O’on-a, di tanto in tanto, lo guardava. Poi tornava alla giungla, scannerizzando la vegetazione con il bio-elmo.
Mille rumori, il fruscio del vento...
Ripensò all’insistenza del padre, Bakuub, mesi addietro, affinchè lei incontrasse Yar’lath.
“Ko’h-de è morto, figlia mia. Non tornerà! Volta pagina!” le aveva ordinato, senza mezzi termini.
Così, volente o nolente, avrebbe sposato un vecchio Yautja. Egemone del Clan più autorevole del loro pianeta.

Anche Dubh’gh-las, poco lontano, restava oppresso da mille pensieri.
Pensieri di vendetta e di morte.
Il guerriero ponderò la situazione. Dei mercenari che aveva ingaggiato, nemmeno l’ombra: spariti con i soldi. Non ci voleva.
“Pauk! C’jit! Dannati Bad Blood!” pensò, inviperito.
Restavano solo una trentina di cospiratori. Contro gli altri (70 e più), ancora favorevoli al vecchio regime. Bisognava agire con estrema cautela. Un “incidente” dopo l’altro. A cominciare (forse) dal giovane Yn’gve, il cui volto perfetto gli dava il tornento: assomigliava alla madre, la bellissima Maj’me-h...
Contro la propria volontà, Dubh’gh-las iniziò a ricordare giorni ormai lontani.
Fin da piccoli, lui e la cugina erano stati inseparabili. Lo aveva sempre incoraggiato e sostenuto. Nonostante egli fosse d’indole poco gradevole: testardo, arrogante e scontroso. Poi, il Chiva. Dentro la Piramide, al buio, sotto terra. Il ticchettio insopportabile delle zampe degli Xenomorfi contro le pareti. Un solo desiderio: riabbracciare Maj’me-h. Sentirne ancora il profumo.
Infine, il rientro a casa. L’amore che gli bruciava nelle vene. Ma la cugina, nel frattempo, aveva già scelto un guerriero d’elite, carico di trofei.
I ricordi svanirono, lasciando lo Yautja alle prese con la propria difficile situazione.

Non molto lontano da lì, Me’i-kal e Su-un perlustravano il territorio. La tensione tra i due risultava palpabile. Ciascuno intendeva primeggiare sull’altro. Uccidere un numero maggiore di prede, significava acquisire prestigio nel Clan.
Me’i-kal esordì:
“Fai troppo rumore, il tuo passo è pesante e sgraziato. Torna sulla Nave Madre, non ho intenzione di salvarti dai Kainde Amedha!”
“Stanotte sarò stanca per la caccia. Grazie a Paya, il letto di Dubh’gh-las è abbastanza comodo, potrò riposare. Forse.” ribattè la guerriera, annoiata.
L’altro ringhiò.
“Sei solo una delle tante. Il tuo tempo finirà...”
Iniziava davvero a stancarsi di lei.
“Non disperare, Lou-dte Kalei...” replicò Su-un “un giorno troverai un guerriero disposto a montarti sopra...”
Me’i-kal rimase immobile, paralizzato dal livore...

Ma così andava ogni volta: a cominciare da Lì’r, suo compagno di Chiva. E poi Lu’gh, mèntore nei primi anni di caccia. Una volta stufi, lo avevano abbandonato.
Infine Dubh’gh-las stesso: un’ intimità fugace, approcci di poco conto. Seguiti dall’ennesimo rifiuto.

Il giovane cacciatore emise un poderoso ruggito, fin troppo eloquente.
“Basta parlare. Preparati, Hiju! (fight position)” le intimò.
“E sia, Lou-dte Kalei! Questo disgustoso pianeta sarà la tua tomba!”
L’avrebbero risolta lì. Nella foresta.
In giro, nessun testimone.
Un attimo prima di cominciare, udirono un fruscìo provenire da qualche parte, nel verde. A pochi passi dalla guerriera. Colta di sorpresa, la Yautja venne buttata a terra da un grosso Kainde Amedha. Presa dal panico, non riuscì a reagire.
Me’i-kal, intravide subito l’opportunità di conquistare un facile trofeo, e nel contempo di umiliare Su-un, salvandole la vita. Estrasse la propria taun’dcha (plasma pistol) e sparò un paio di colpi, fino ad uccidere lo Xenomorfo. Compiaciuto, oltrepassò la giovane femmina, senza nemmeno guardarla.
Aggiunse solo:
“Il tuo tempo finirà...”

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Di buon mattino, sulla Nave Madre, iniziarono i preparativi per il secondo giorno. Su’un, profondamente ferita e umiliata, bramava del sangue. L’occasione arrivò all’improvviso: Yn’gve e Car’ad-oc decisero di partecipare.
Le vittime ideali.
Il giovane Youngblood, aveva espresso la volontà di esplorare il Pianeta Blu.
“Per fare esperienza...” asserì.
In realtà desiderava stare più vicino a Me’i-kal.
Un po’ sorpreso (e con qualche riserva), Yar’lath acconsentì. A patto di restare vicino ai velivoli.

Il Clan atterrò nella giungla, sopra le medesime alture del giorno prima. Tutti iniziarono a discendere i ripidi versanti.
Su’un rallentò di proposito; scortata da tre robusti fratelli, I’v-or, Si’ôn-n e A’od-h (giovani e brutali maschi, invaghiti di lei) raggiunse il suolo. Ben presto gli altri cacciatori li superarono, scomparendo dal loro campo visivo.
Rimasti soli, l’aliena esordì: “Ecco la nostra opportunità. Io raggiungo il gruppo, assieme a Si’ôn, per non destare sospetti. Voi due tornate indietro, e occupatevi del vecchio cieco e del piccoletto. Liberatevi dei corpi...”

Yn’gve scelse con calma l’equipaggiamento.
Car’ad-oc lo aspettava, flemmatico.
Guardando il pronipote, iniziò a rimuginare, divertito... Di solito era consuetudine arrivare su un pianeta già pronti, e armati fino alle zanne...Da dove saltava fuori quel giovane, solo Paya lo sapeva.
Il vecchio Yautja indossava un bio-elmo speciale, con dei sensori che gli comunicavano esattamente l’ubicazione degli ostacoli. Non calzava quasi armatura, pochissime protezioni. Come armi, le dah’kte (wristblades). Nulla più.
D’un tratto, percepì alcuni rumori, accompagnati da voci indistinte. Che strano. Qualcuno stava tornando alla navicella. Nessuno che appartenesse alla famiglia reggente, in ogni caso. Forse dei cacciatori in difficoltà? La faccenda non gli piaceva. Uscì dalla navetta, a controllare.
I’v-or e A’od-h non tardarono molto a completare la scalata. Una volta in cima, si trovarono a pochi metri da Car’ad-oc.
“Posso esservi utile?” chiese gentilmente lo zio di Yar’lath
A’od-h, il più brutale e sanguinario fra i due, scoppiò a ridere.
“Certo, stupido vecchio. Cominceremo proprio da te, e poi sarà il turno dello Youngblood. Nel frattempo Su’un, Me’i-kal e Dubh’gh-las...”
“Zitto!” lo ammonì I’v-or, di gran lunga il più intelligente “Non raccontare nulla!”
“Tanto stanno per incontrare Cetanu...” rispose il fratello, sarcastico, continuando a fissare l’avversario.
Questi, tuttavia, rimase impassibile.
“Andatevene!” intimò
Cercava di giocare d’astuzia. Conosceva i due giovani: erano degli idioti. Ma se avessero sparato con il sivk’va-tai (plasmacaster) o con la taun’dcha (plasma pistol), per lui e Yn’gve non ci sarebbe stata possibilità di salvezza. Doveva provocarli, fino a portare il confronto sulle armi da taglio.
La strategia funzionò.
Furente, A’od-h gridò:
“Implorami di risparmiarti! Implorami in ginocchio!”
“Vattene” ripetè Car’ad-oc “o ti aprirò la pancia con le mie dah’kte!”
“Vediamo un po’ di che colore è il tuo sangue!” ruggì l’altro, estraendo le lame.
Quindi, corse incontro allo zio di Yar’lath. Che seguitò a restare immobile.
Accade tutto nella frazione di un secondo.
Con un movimento fluido, il vecchio Yautja schivò l’assalto, girando attorno all’avversario. Colto di sorpresa, A’od-h venne trapassato a livello della scapola destra. Il sangue verde fosforescente prese a sgorgare copioso dalla ferita. Adesso il giovane, ormai in ginocchio, alla mercé dell’avversario, era a tutti gli effetti un ic’jit (bad blood). Lui, il fratello, Su’un e tutti gli altri.
L’attempato guerriero, in procinto di infliggere il colpo di grazia, avvertì una presenza alle proprie spalle.
“Pauk!” pensò.
I’v-or! Doveva essere giunto in soccorso di
A’od-h! Car’ad’oc venne sopraffatto, e finì a terra con tre profonde lacerazioni su un fianco; il dolore gli annebbiava i sensi.
Fu di nuovo A’od-h, a parlare:
“Basta giocare, inutile vecchio! È tempo di incontrare Cetanu!”
Stava per trafiggere l’anziano avversario, quando dalla navetta partì uno sparo, che gli aprì un buco nel cranio. Un misto di sangue e schegge di ossa investì i due contendenti rimasti. Di riflesso, l’v-or guardò il fratello, e lo vide accasciarsi, ormai privo di vita. Sgomento, non riuscì a reagire.
Nuovi colpi di taun’dcha (plasma pistol) vennero esplosi. Uno, gli bruciò alcuni dreads. L’altro, lo mancò. Ormai nella confusione più totale, il Bad Blood arretrò, fino a circa un metro dal precipizio. Veloce, Car’ad-oc riuscì a spingerlo di sotto.
Erano salvi.
Lo zio di Yar’lath giacque esausto.
Dalla navetta emerse Yn’gve, terrorizzato, la pistola al plasma ancora calda. Tremava, sconvolto: aveva appena ucciso qualcuno.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Superato lo shock iniziale, lo Youngblood corse dal prozio.
“Come stai?” domandò ansioso
“Ragazzo mio...” rispose l’altro, con un filo di voce “sei stato bravo. Hai avuto coraggio. Diventerai un guerriero formidabile. Adesso bisogna avvertire Yar’lath...”
“Riesci ad alzarti?”
“Ci provo...aiutami...”
Facendo leva sul nipote, lentamente, si rimise in piedi. Perdeva ancora sangue, la ferita gli bruciava da morire; presto Cetanu sarebbe arrivato per lui.
Ma prima, doveva aiutare la sua famiglia.
In silezio, pregò Paya di poter resistere ancora un po’.

La discesa dall’altopiano risultò particolarmente insidiosa. Il giovane Yautja ponderò ogni singlo movimento, per non rischiare di cadere. Car’ad’oc faceva quasi totale affidamento su di lui. Ogni tanto, Yn’gve scrutava la vegetazione attorno a sè. Di I’v-or nessuna traccia. Era morto per davvero? Meglio non pensarci troppo.
Raggiunto il suolo, il vecchio guerriero sedette su una roccia. Quindi, attivò un’opzione sull’enorme bracciale, che gli consentì di individuare la direzione presa dal resto del Clan. Tuttavia, non fu possibile rilevare le coordinate esatte: il dispositivo, piuttosto datato, non prevedeva una simile opzione.
E così partirono.
Dopo circa mezz’ora, comparve una piccola radura. Di Yar’lath nemmeno l’ombra.
“Che facciamo?” chiese Yn’gve, angosciato
“Dobbiamo andare avanti...”
Un potente ruggito, pieno di odio, risuonò tra gli alberi dietro di loro. Poi, l’inconfondibile fragore di un sivk’va-tai (plasmacaster). Lo Youngblood si buttò a terra, con lo zio: il colpo lasciò una brutta ustione sulla coscia dell’anziano Yautja... Quest’ultimo gridò dal dolore, ma non poteva fare nulla.
Il nipote lo trascinò fino ad un grosso albero, subito lì vicino.
“Scappa, ragazzo...” sussurrò il ferito, con le ultime forze.
Una figura enorme, invisibile, saltò giù dalle fronde. Mentre avanzava nella loro direzione, disattivò la modalità cloaking: I’v-or! Coperto di abrasioni ma ancora vivo.
“Ora assaggerete il mio cannone...” sibilò, malvagio.
Ma, accecato dal desiderio di vendetta, il Bad Blood non percepì una quarta presenza, ben nascosta tra le fronde, alcuni metri sopra Car’ad-oc...

Veso le 9 del mattino di quello stesso giorno, erano patiti dal campo-base. Juan, David, Lara e Ko’h-de. Camminavano distanziati, in maniera da perlustrare un’area maggiore. Mantenevano il contatto tramite dei piccoli dispositivi. Lo Yautja, in modalità “invisibile”, avanzava sfruttando i rami. Nessuno riusciva a scorgerlo con precisione: alle orecchie degli umani, giungevano solo deboli rumori tra le foglie. Dopo qualche ora, l’antropologa si era ritrovata a fronteggiare un pendio, che aveva risalito abbastanza agevolmente. E dopo quello, la piccola radura, teatro dello scontro.

Mentre la ragazza rifiatava, sentì dei rumori, come dei versi indistinti. Temendo qualche predatore, arrampicò in fretta un maestoso ebano, accanto a lei. Da lì, a svariati metri d’altezza, vide arrivare gli Yautja.
“Dannazione, altri due!!” pensò la giovane, in preda al panico
Conoscendo bene la pericolosità della specie, rimase immobile, in silenzio. Ma più li osservava avvicinarsi, più qualcosa non tornava. Uno dei due le sembrava...familiare...
Nell’istante in cui riconobbe Yn’gve, il cuore le sobbalzò nel petto. Stava per scendere dall’albero, pronta a corrergli incontro, quando udì un boato tremendo. Il plasma caster. Seguito dall’apparizione di un terzo, minaccioso alieno. Intuendo il pericolo, Lara imbracciò il suo fucile Mauser e sparò per salvare l’amico. O, almeno, lei lo considerava tale.
Il proiettile, colpì l’aggressore ad una gamba; subito dopo, una seconda pallottola centrò l’altra coscia. La creatura si accasciò, ruggendo. La giovane sparò altri colpi, sempre alle gambe (meglio non correre rischi). L’impatto fu devastante: I’v-or ringhiava, imbrattato dal suo stesso sangue.
Yn’gve scrutò le fronde dell’albero: chi li aveva salvati?
Scorse una sagoma, tra le foglie. Impostò il bio-elmo per ottenere una visuale più nitida; basito, realizzò che si trattava di un essere umano. Il misterioso Pyode Amedha iniziò a scendere, abbastanza agilmente. L’immagine diventò sempre più nitida, agli occhi dello Youngblood: una femmina, una giovane femmina...Infine, il viso...
“La’ra-h!!” esclamò, mentre un’improvvisa, incontenibile felicità, gli pervase l’anima. La sua amica, così dolce e gentile. Era lì per lui! Di nuovo!
Appena toccato il suolo, l’antropologa venne accolta da un possente abbraccio, ed una serie di “Click” per lei incomprensibili. Suppose che fossero di gioia. Divertita, ricambiò l’abbraccio. Poi, tolse la maschera al giovane Yautja e prese ad accarezzargli il volto e le mandibole.
“Non sei cambiato molto” gli sussurrò
Yn’gve reagì emettendo il solito verso, molto simile alle fusa dei gatti. Restarono così per qualche minuto.
Poi, Lara guardò l’alieno appoggiato al tronco d’ebano.
Con la mano, proteggeva una brutta ferita: tre profondi tagli su un fianco, risultato chi chissà che lotta furibonda...La pelle raggrinzita, dai colori sbiaditi, e i dreads completamente bianchi, lasciavano presupporre che si trattasse di un individuo molto vecchio. Ormai al limite delle forze.
Stanca e preoccupata, commentò:
“Alla tua età, ti sembra ancora il caso di effettuare incursioni nella giungla?”
Chissà come mai, era convinta che non potesse capirla.
Una voce, gutturale e profonda, la fece prontanente ricredere...
“Il rispetto non è una prerogativa degli esseri umani...”
Lara sobbalzò. Quell’essere parlava...
Ma in fondo perchè meravigliarsi? Anche l’enorme (e odioso) Ko’h-de, discorreva fluentemente. Fin troppo.
“C-chiedo perdono...io...” balbettò
L’altro proseguì, con un filo di voce:
“Andate adesso...Porta in salvo mio nipote...”
Poi, rivolse una serie di “click” al giovane parente.
“L’ordine di abbandonarlo...” intuì la ragazza
La scena che seguì fu davvero triste, agli occhi dell’americana: il suo amico intergalattico iniziò ad emettere dei lamenti, simili ad un pianto. Abbracciò forte lo zio...
L’antropologa alzò gli occhi al cielo, esasperata...Perchè voler morire a tutti i costi? Cosa c’era di male in una dignitosa ritirata strategica?
Sospirando, replicò:
“Non può restare nella giungla, signore. Non supererebbe la notte, specialmente nelle sue condizioni. Dobbiamo rientrare subito!”
Quindi, utilizzò il trasmettitore per chiamere i compagni. Le servivano i muscoli e la tecnologia di Ko’h-de, se voleva trarre in salvo il vecchio guerriero.
Car’ad-oc non ebbe la forza di controbattere.
“Umana testarda e irrispettosa! Su Yautja Prime, nessuno oserebbe mettere in discussione l’autorità degli anziani!” pensò
La Kalei’Pyode-a intendeva salvargli la vita...anche a costo di sfidare Cetanu! Pazza! Stolta! Eppure...allo stesso tempo, ne ammirava il coraggio e la grande bontà d’animo.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


I’v-or tentò di sollevare il busto e sparare dal plasma caster una sola volta. Vincendo il dolore quasi insopportabile (aveva entrambi i femori rotti), riuscì ad appoggiare il peso del busto su un gomito; ma Lara fu pronta: mentre l’altro stava già prendendo la mira (in direzione di Yn’gve), sparò un colpo di avverimento, che atterrò a pochi millimetri dalla mano dello Yautja.
Tanto bastò a far desistere il Bad Blood. Che, fondamentalmente, era un vigliacco.
Poco dopo, Juan, David e Ko’h-de giunsero sulla scena. Appreso l’accaduto, quest’ultimo rifilò un potente calcio, che colpì I’v-or su un fianco. Non sopportava i traditori.
“S’yuit-de (coward) ic’jit !! ” sibilò, sprezzante
Avrebbe voluto sistemarlo lì.
Ma quel guerriero senza onore non apparteneva al Clan di Bakuub. L’ultima parola spettava all’anziano Car’ad-oc.

Gli umani osservarono in silezio la scena. Un fitto scambio di “click click” riempiva la radura. Juan, immobile, cercò i due amici con lo sguardo. Sperava in un cenno, un segnale, qualsiasi cosa gli infondesse il coraggio per tentare la fuga. Ma Lara e David, restituirono un’occhiata inequivocabile...
“Fermo, o moriremo tutti”, il significato.
Dopo quella che sembrò un’eternità, Ko’h-de parlò:
“L’infame resterà qui; gli verrà concesso di tenere il bracciale con le dah’kte. Noi prenderemo le altre armi, ne avremo bisogno. Meglio rientrare, siamo nel territorio degli Xenomorfi...” Poi, lo Yautja caricò sulle spalle Car’ad-oc, ed il gruppo ripartì velocemente.

Quando raggiunsero il campo-base, lo zio di Yar’lath era ormai esanime. Venne adagiato su un letto, la ferita lavata e medicata. Yn’gve restò a vegliarlo, piangendo.
Si sentiva inutile.
Ko’h-de, da solo, nell’armeria, esaminò l’attrezzatura sottratta ad I’v-or.
“Pauk! Non ci voleva!” pensò “A quanto pare, è in corso una guerra interna, nel Clan della Valle. Probabilmente, nuovi Bad Blood verranno a stanarci... Poco male, li sconfiggerò...Allora, sì, allora in cambio della mia lealtà, otterrò un passaggio verso Yautja Prime...Devo tornare, prima che Bakuub prometta O’on-a ad un altro guerriero...”

Ana e Pilar, riposavano in uno dei prefabbricati. Lara, David e Juan sedevano in mensa, angosciati. Improvvisamente, la Terra brulicava di varani alti più di due metri. Come se non bastasse, c’era odore di faida, tra le gigantesche creature. David fu il primo a parlare:
“Dobbiamo stare buonini buonini, senza fiatare. Magari, alla fine, si scanneranno fra loro...”
“Oppure, stanotte, prendiamo le ragazze e ce la filiamo. Non intendo morire, come John e i militari!” sbottò Juan “E se ne arriveranno altri? Qui siamo animali in trappola!”
Era vero. Lara lo sapeva.
Ma non avrebbe mai abbandonato il suo giovane amico. Soprattutto in una tale situazione.
“Io devo restare, qualunque cosa accada. Mi spiace...” sussurrò, mortificata
“Estas loca? Non abbiamo bisogno di eroi!” le gridò Juan
“Niente di tutto ciò!” rispose la giovane “E comunque, non capireste...”
David la guardò attonito, in silenzio.
Juan, invece, dopo aver imprecato, uscì dalla mensa.
Ora dopo ora, la giornata volse al termine. Il buio e una fitta pioggia, calarono su tutto. Momentaneamente al sicuro, protetti dal recinto elettrificato, i componenti della brigata (alieni e non) scivolarono in un sonno profondo.

Intanto, anche la seconda giornata di caccia finì. Le navicelle rientrarono, con svariati passeggeri in meno. Alcuni periti in modo onorevole, contro i Kainde Amedha. Altri, semplicemente inghiottiti dalla giungla. Il corpi recuperati (incluso A’od-h) sarebbero tornati a casa, per i funerali.
Nessuno sospettò nulla.
In tarda serata, il Clan si riunì per una cerimonia di lutto. Yar’lath mantenne un atteggiamento impassibile: un Leader non mostrava debolezze. In realtà, gli sembrava di impazzire. Il dolore lo annichiliva. Teneva gli occhi fissi nel vuoto, senza guardare i fratelli, nè il resto dei guerrieri. Lui aveva dato il permesso al nipote di scendere sul Pianeta Blu. Lui era l’unico responsabile...
Molti Yautja soffrirono, ad esempio Dy’m-fna e Seag’h-dhe. Soffrì persino Me’i-kal, pieno di rimorsi per non aver protetto Yn’gve.
Nemmeno a Dubh’gh-las, le cose andarono meglio.
Durante l’intera commemorazione, studiò i volti presenti. Tra tutti, solo quello di Su’un emanava un’espressione compiaciuta. Lei c’entrava qualcosa.
“Pauk! Dannata ic’jit! Così ci farai scoprire!” pensò, adirato
Guardò i familiari, devastati dalla perdita, e avvertì una sorta di malessere...
La sua mente andò al passato: lui e Maj’me-h, come sempre. Stavolta, poco più che adolescenti. Partivano all’alba dal Palazzo, e tornavano al tramonto; spesso disobbedivano a Guan-thwei (Nigtblood), leader del Clan e padre di Yarlath, sgattaiolando oltre i confini della Valle. E Car’ad-oc, il loro zio, li copriva sempre.
A Dubh’gh-las, sembrava impossibile aver vissuto realmente quei giorni, carichi di felicità e aspettative. Forse erano appartenuti ad un altro sè stesso.
Un giovane di cui restava ben poco, ormai.
In piedi, confuso tra la piccola folla di guerrieri, sentì di non avere più alcuna possibilità di redenzione.

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Capitolo 18
*** CAPITOLO 18 ***


Car’ad-oc riprese conoscenza verso le sette del mattino.
Fuori pioveva ancora.
Istintivamente portò una mano al fianco. Un’improvvisa fitta di dolore lo fece sobbalzare: realizzò, così, di essere ancora vivo. Tentò di mettere ordine nei propri ricordi: i Badblood, la fuga nella foresta e l’incontro con la Kalei’Pyode’a...Irrispettosa! Testarda! Al punto da sfinire Cetanu!
Infine, esaminò il posto in cui lo avevano messo.
Il letto risultava comodo, sebbene le gambe gli sbucassero fuori a circa metà polpaccio. Gli umani facevano del loro meglio, inutile biasimarli. Accanto a lui, su un altro giacilio, dormiva Yn’gve. Ne riconobbe l’odore. Il suo adorato pronipote, trascinato in una faccenda troppo grande per uno Youngblood.
La pioggia divenne più intensa. Car’ad-oc provò un certo sollievo: la morte, nella giungla, sarebbe stata lenta e dolorosa. Alla mercè dei Kainde Amedha, delle intemperie o di chissà quali carnivori terrestri.
Lì, per il momento, erano tutti al sicuro.
Ma bisognava trovare il modo di avvertire Yar’lath. Al più presto. La porta si aprì. L’aria iniziò a profumare di fiori xa’rr. Il vecchio Yautja, udì un rumore di passi: la Kalei’Pyode’a. Era nella stanza, insieme a loro.
“Salve, umana...” esordì, calmo
“Come sta, signore?” chiese la ragazza
“Perchè mi trovo qui?”
“Perchè è ferito, signore. Deve assolutamente riposare. Ha fame? Gradisce del cibo? Oppure da bere? Ho portato acqua fresca...”
“Parli molto!...Ma sì, prendo l’acqua. E vorrei della carne...” rispose Car’ad-oc
Gli piaceva, quella femmina chiassosa. Una combattente leale. Aveva grinta e intelligenza da vendere. Ma, più di ogni altra cosa, un grande cuore.
D’un tratto, la porta si aprì di nuovo. Ko’h-de entrò nel prefabbricato. Deciso a riscuotere la propria ricompensa.
Lara salutò entrambi, e andò a procurare la carne. Non desiderava immischiarsi in aliene faccende.
Il giovane guerriero, parlò, in tono pacato:
“Mi serve aiuto. Devo tornare a casa”
“Come, un vecchio cieco e ferito, potrebbe esserti utile?”
“Invia una richiesta di scoccorso al tuo Clan. Che vengano a prenderci...”
“I miei compagni sono lontani. Non ho un trasmettitore adeguato. Ma forse torneranno sul Pianeta Blu entro poche ore. Il dispositivo di Yn’gve è più potente. Faremo il possibile, hai la mia parola...”
“Ti ringrazio, venerabile Car’ad-oc” rispose Ko’h-de, sollevato “Aggiungo che, qualora ci fossero altri Bad Blood, Yar’lath può contare su di me...”
“Sei un guerriero generoso...dunque lo aiuterai a proteggere O’on-a...”
Il cuore dello Yautja si fermò, nell’udire il nome della propria amata.
“Lei...” sussurrò, attonito “lei è qui? Perchè?”
“Sposerà mio nipote. Sono impegnati formalmente”
Il giovane guerriero, incredulo, rimase in silenzio. Pian piano, iniziò a mancargli il respiro. Sentì che stava per esplodere dalla rabbia. Non poteva, non davanti a Car’ad-oc.
Senza proferire verbo, uscì dalla stanza. Camminò disperato, sotto la pioggia, fino a raggiungere il dormitorio dei militari. In mezzo alle brande vuote, per un attimo, accarezzò l’idea di innescare il congegno di auto-distruzione. Una bomba ad ampio raggio, che avrebbe spazzato via ogni cosa. Ma poi ci ripensò.
Forse O’on-a lo credeva morto. Doveva ricongiungersi a lei, in qualunque modo. Era disposto a sfidare chiunque, pur di riprendersela.

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Capitolo 19
*** CAPITOLO 19 ***


Un nuovo giorno di caccia addendeva il Clan della Valle. Con la morte nel cuore, il Leader iniziò ad impartire gli ordini. Un’ora dopo, le navicelle atterrarono nella giungla. In silenzio, i zannuti ramarri invasero la foresta. Ma qualcuno, tra loro, non intendeva accettare la scomparsa di Yn’gve. Me’i-kal decise che lo avrebbe cercato per conto proprio. Una volta sceso dall’altura, si arrampicò su un albero e iniziò a guardare attorno.
Dopo alcuni minuti, scorse delle piccolissime tracce di sangue, che andavano in direzione opposta, rispetto a quella del Clan. Il giovane Yautja iniziò a seguirle.
Presto, venne inghiottito dalla vegetazione.
L’aria era umida, ancora intrisa di pioggia.
Agile e silenzioso, seguì le esili macchie verde fluorescente, ormai quasi completamente lavate via dall’acqua. Sangue. Non gli piaceva. Sperava con tutto il cuore che non appartenesse a Yn’gve. Il suo dolce e bellissimo Youngblood. Che gli aveva offerto il proprio amore, senza esitazioni. Me’i-kal giurò a se stesso, che, se lo avesse trovato ancora in vita, lo avrebbe portato via, al sicuro. Lontano da tutto quel male e quella corruzione.

Nel frattempo, gli altri guerrieri della Valle presero ad inseguire alcuni Xenomorfi. Gradualmente, il gruppo, dapprima abbastanza compatto, si disperse.
Yar’lath, i suoi fratelli e i figli del vecchio Bakuub, giunsero nei pressi di un laghetto poco profondo, dove scaricarono i plasma caster addosso a quattro Kainde Amedha. Nuovi trofei con cui adornare le stanze del Palazzo.
Soddisfatti, decisero di riposare.
Tolsero le armature e iniziarono a nuotare nel piccolo specchio d’acqua. In realtà fu un’idea di O’on-a e A’lun.
Indulgere nell’ ozio, durante una caccia, risultava incomprensibile, per il Leader. Basito, guardò i propri congiunti, che gli restituirono un’occhiata perplessa...

Yar’lath teneva annodati i dreads ormai grigi sulla sommità del capo. Non gli piaceva quel posto. L’acqua non sembrava molto pulita. Niente a che vedere con il Lago della Valle. Un luogo di impareggiabile bellezza, brulicante di colori e di vita. Il posto ideale, dove condurre una creatura altrettanto meravigliosa: la sua La’ra-h.
Aveva un disperato bisogno di lei.
Il gruppetto continuò a stare così, in ammollo. Nessuno parlava. Avendo rimosso ogni protezione, bio-elmi inclusi, non percepirono la presenza di svariati nemici, sugli alberi attorno a loro.
Su’un, Dubh’gh-las, Si’ôn e altri quattro Bad Blood. Tutti in modalità “cloaking”, e pronti a sparare. Dubh’gh-las puntò il plasma caster contro il Capo Clan. Un solo colpo e sarebbe finita. Finalmente la vendetta, a distanza di secoli...
Accucciato tra i rami, venne, ancora una volta, sopraffatto dai ricordi.
Maj’me-h non gli parlava più, ed era incinta di un altro guerriero. Poi, non sapeva bene quale battuta di caccia. Una delle tante. In compenso rammentava il grosso Kainde Amedha, che stava per piombargli addosso; lui lo aveva visto, ma era rimasto immobile. Una morte onorevole: avrebbe aspettato la cugina nell’ Aldilà. Ma Yar’lath si era messo in mezzo, salvandolo. E restando quasi ucciso nel farlo. Nessuno dei due ci aveva guadagnato alcunchè.

Dubh’gh-las, non riuscì a prendere bene la mira.
Quasi inconsciamente, lo Yautja mancò il bersaglio: il proiettile, prese in pieno una roccia accanto al Leader. L’esplosione fece trasalire il gruppeto: pezzi di sasso volarono qua e là.
Il boato, rivelò anche nuovi sgraditi ospiti: 7 xenomorfi, grossi e piuttosto inferociti. Chissà per quale miracolo, uno solo dei Kainde Amedha puntò gli Yautja ancora immersi nel laghetto. I sei restanti, seguirono l’odore dei Bad Blood, fino a raggiungerli sugli alberi.
Ne seguì una confusione indescrivibile: spari, grida, ecc...
In qualche modo, Seag’h-dhe recuperò la propria pistola al plasma, metre i compagni tenevano a bada lo Xenomorfo. Il fratello di Yar’lath, colpì l’animale alla testa: il sangue schizzò sul petto di A’lun, troppo vicino per scansarsi.
Il giovane guerriero emise un forte ruggito, mentre la pelle bruciava.
In quell’istante, uno dei Bad Blood cadde morto da un ebano, trafitto dalla coda acuminata del suo avversario. Approfittando del trambusto, il Leader afferrò O’on-a e Dym’fna, e le spinse fuori dall’acqua.
“Svelte, prendete le maschere e le armi, e allontaniamoci da qui!” urlò
Il frastuono sopra di loro, crebbe. Tutto attorno, a una decina di metri, nuove, ostili presenze. Indossati i bio-elmi, il gruppetto scorse altri Kainde Amedha. Dym’fna fece per abbatterne qualcuno, con la propria taun’dcha (plasma pistol), quando dagli alberi un proiettile vagante la colpì ad un fianco.
La guerriera collassò, inerme.
Veloce, Yar’lath la caricò sulla schiena e proseguirono.
Pochi minuti, e il verde li inghiottì.

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Capitolo 20
*** CAPITOLO 2O ***


Non appena sveglio, Yn’gve mandò una richiesta di soccorso; utilizzò un’apposita frequenza criptata, che lo zio aveva ideato per loro due soli.
Yar’lath lo trattava come un figlio.
Lo Youngblood cotinuò ancora e ancora, nella speranza che lo zio si trovasse entro la portata del segnale.

Il Leader non realizzò subito che il proprio bracciale lampeggiava.
Stavano avanzando alla cieca: sapevano dov’erano le navicelle, ma non potevano tornare indietro, nemmeno per aiutare il resto della famiglia. Cognati, cugini, cugine...arrivati a quel punto, soccorreli risultava impossibile.
“Pauk!!” pensò Yar’lath, fuori di sè.
Un vile complotto. Gli stessi Bad Blood che li avevano attaccati, probabilmente erano responsabili della morte di Yn’gve e Car’ad-oc.
D’un tratto, realizzò che Dym’fna (ustionata in maniera grave dal proiette al plasma) non parlava. Nè si muoveva.
“Mei-jadhi! Mei-jadhi! (sister)” le gridò, disperato
“È svenuta!” gli rispose il fratello “Che facciamo, mei’hswei? (brother)”
Yar’lath guardò i figli di Bakuub: A’lun sembrava messo male. Le bruciature coprivano buona parte del petto.
“Dobbiamo...” esordì
Ma O’on-a lo interruppe.
“Il tuo bracciale, perchè lampeggia?” domandò, sospettosa
“Che...?” mormorò il Leader, abbassando lo sguardo sul congegno.
Era vero. Un segnale. Qualcuno trasmetteva un segnale. Non appena riconobbe la frequenza, il cuore ebbe un sussulto.
“Yn’gve!” esclamò “È ancora vivo! Dobbiamo salvarlo!”
“E se fosse un inganno dei nemici?” ipotizzò Seag’h-dhe “Nostro nipote è morto. I traditori sono ovunque, ormai!”
“Questa frequenza non la conosce nessun altro. E in ogni caso, quali alternative abbiamo?” ribadì il Capo Clan

Il gruppetto di Yautja, decise di seguire le coordinate imposte dal segnale. Dopo alcune ore, la giungla prese a diradarsi, e i cinque giunsero nei pressi di un insediamento umano, circondato da un rete metallica. Subito fuori, due figure, che parevano in attesa.
Yar’lath le riconobbe subito. Inziò a tremare, mentre il cuore gli batteva all’impazzata. Yn’gve... E La’ra-h...
Istintivamente, lanciò un ruggito, colmo di rabbia, sofferenza, gioia e amore. Una cornucopia di emozioni, che gli rimescolavano le viscere. Lei era lì. Lei era reale. A lei doveva la vita del nipote. A lei doveva ogni cosa.
Camminò verso la ragazza.
Attraverso il bio-elmo, le immagini gli arrivarono come ad un osservatore esterno. Yn’gve lo abbracciava. Gli gridava qualcosa. Dopo qualche istante, anche La’ra-h gli cingeva la vita. E parlava, nella lingua degli Uomini.
Udì sè stesso emettere le “fusa”...
Sapeva che il fratello e i figli di Bakuub lo stavano guardando. Ormai dovevano aver capito. Ma non gli importava. Lui era il Leader del Clan della Valle. Il Clan più potente sul Pianeta Yautja Prime. Non doveva spiegazioni a nessuno.
D’un tratto, avvertì le piccole e soffici dita della Kalei’Pyode’a, che gli accarezzavano la cicatrice sul fianco. Un gesto molto intimo, in entrambe le culture. Yar’lath iniziò ad emanare lo n’dui’se (musky scent)...stava perdendo il controllo.
“M-di! M-di!!” pensò “Non adesso!”
Dovevano occuparsi dei feriti. Rifocillarsi. Elaborare un piano. Cercare di sopravvivere.

Entrarono nel campo base in silenzio. Yar’lath portava la sorella; procedeva lento, tra Yn’gve e Lara. Subito dietro O’on-a e Seag’h-dhe, che sorreggevano A-lun.
“Una miserabile umana!” sussurrò la guerriera, indignata Non sapeva neanche lei perchè, ma avvertiva una sorta di gelosia.
“Ti consiglio di portarle maggior rispetto. Insultare lei, equivale ad insultare l’intero Clan della Valle” replicò Seag’h-dhe, stizzito.
La figlia di Bakuub non gli piaceva. Una sciocca arrogante. L’umana, invece, sembrava tenere davvero a Yar’lath.
Ma O’on-a insistette:
“Il Clan della Valle? La uccideranno...Lei e i bastardi che metterà al mondo!”
Il fratello del Leader provò una rabbia indescrivibile.
“Ringrazia Paya che sei la figlia di Bakuub!” rimuginò, in silenzio, mentre continuavano a camminare.

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Capitolo 21
*** CAPITOLO 21 ***


Giunto all’interno dell’insediamento, il gruppetto incontrò il resto dei sopravvissuti.
Ko’h-de se ne stava in piedi, il plasma caster acceso. David e Juan tenevano in mano un fucile Mauser. Yar’lath valutò la situazione: adesso erano più numerosi, e armati. Avevano del cibo e un posto in cui dormire.
Guardò fisso il giovane degli “Endless Battle”, aspettando che questi gli rendesse omaggio; ma il guerriero lo ignorò. Una mancanza di rispetto inconcepibile.
Ko’h-de raggiunse O’on-a e la prese tra le possenti braccia. L’aliena non oppose alcuna resistenza. Piuttosto, accarezzò avidamente le mandibole e i muscoli del compagno. Le sembrava di tornare a vivere, a respirare.
Poi, lo sfrontato Yautja esordì:
“Onorevole Leader, io reclamo la figlia di Bakuub come mia! Sono pronto a sfidarti!”
“Quale coraggio!” commentò Sag’g-dhe, ironico
“Non immischiarti!” gli ruggì l’altro
Yar’lath rimase in silenzio.
Non intendeva combattere: Ko’h-de gli serviva integro.
“Nessun confronto, tra noi due, oggi. Stai disonorando te stesso e la tua gente. Puoi tenerti O’on-a, e considerati fortunato” proclamò infine, gelido
Il giovane antagonista, rimase basito: nessuna traccia di paura o esitazione, in quelle parole.
La figlia di Bakuub, sentì ribollire il sangue.
Invece di calmare il proprio compagno, cercò di istigarlo.
“Parla così tanto dell’onore, ma ha scelto di sposare la Kalei’Pyode’a, che adesso gli sta a fianco! I loro abomini thwei-za (half blood), contamineranno il nostro Pianeta!” sussurrò, in tono aspro.
Prima che Ko’h-de potesse reagire, Yar’lath replicò:
“Sfiorate la mia compagna, e non vedrete sorgere il sole!”
Era l’ultimo avvertimento.
L’umana apparteneva, di fatto, al Clan della Valle.
Una volta placati gli animi, i feriti vennero soccorsi. Dy’m-fna occupò il letto accanto a Car’ad-oc. L’anziano Yautja emise un debole ruggito di felicità: ormai non sperava più di rivedere i suoi nipoti. Yar’lath, Seag’h-dhe e Yn’gve sedettero dove capitava. Stavano un po’ strettini, in quella specie di stanza degli Uomini. Ma poco importava: almeno erano assieme.
Lara scelse un piccolo spazio accanto al Leader.
Gli alieni conversavano nella loro lingua. “Click Click Click...”
La ragazza, incerta sul proprio ruolo, addocchiò i lunghi dreads grigi del compagno. Decise che giocarci per un po’, l’avrebbe aiutata a smorzare la tensione. Il Capo Clan stava ancora discorrendo, quando avvertì la piccola mano della giovane, affondare nella chioma argentea.
Una violenta scossa di piacere lo attanagliò.
Man mano che le soffici dita stuzzicarono i dreads, Yar’lath perse il controllo sul proprio corpo: i muscoli si irrigidirono, e la respirazione divenne affannnosa.
Seag’h-dhe osservò la scena, divertito.
“La Kalei’Pyode’a ti sta reclamando, fratello! Meglio non farla aspettare!” commentò, ironico.
Perfino Car’ad-oc rise, seppur in modo flebile.
Lara, dal canto suo, continuò, imperterrita. Ignara della situazione. Lo Yautja sentì che era arrivato al limite. Nessuna femmina lo aveva mai cercato in quella maniera, così sfrontata e sensuale. L’odore dell’umana saturava tutta la stanza, intossicandolo. Esitante, rimosse il bio-elmo. Gli occhi verde smeraldo della Pyode Amedha, incontrarono i suoi. Con la mano libera, la giovane gli accarezzò una delle mandibole inferiori; in particolar modo, ripassò con il pollice lo sperone aggiuntivo.
“Mi è mancato, il tuo spuntone...” asserì, dolce
Infine, gli baciò la cicatrice sull’occhio.
Era certa che lui potesse capirla. Avevano un legame profondo. Yar’lath venne travolto dalla passione. Non aveva mai sperimentato niente del genere: un amore talmente forte da bruciare l’anima. Prese in braccio Lara, e uscì dalla stanza.
Il resto del mondo scomparve.
Entrarono in uno degli alloggi rimasti vuoti. Lo Yautja adagiò la compagna sul letto, e si distese accanto a lei. Non sapeva bene come procedere: erano passati secoli, dall’ultima volta che aveva giaciuto con qualcuno. La sua Kalei’Pyode’a, pareva così fragile: non voleva rischiare di ferirla, o peggio.
Tolsero velocemente i pochi indumenti che indossavano. Il Leader, cinse la vita della ragazza con un braccio; iniziò ad accarezzarle il viso e la testa, con le mandibole. Lara lo baciò a sua volta, mentre, con le mani, esplorava il possente corpo alieno. Aveva fantasticato mille volte a riguardo: il petto largo e muscoloso, gli addominali perfetti, la cicatrice... Un rumore di “fusa” pervase la stanza, sinfonia inequivocabile che incoraggiò la giovane donna a proseguire; le agili dita umane, scivolarono tra le gambe di Yar’lath, e ne esaminarono il sesso. Molto più grande, rispetto agli umani.
Le fusa divennero più intense, e un forte odore muschiato sarurò l’aria. Per nulla intimorita, l’antropologa proseguì con la stimolazione, fino a che lo Yautja cacciò un violento ruggito e, in un attimo, le fu sopra. Lara gli si aggrappò alla vita, usando le lunghe gambe toniche. Yar’lath usò la massima accortezza, durante la penetrazione: spingeva piano, attento a non farle troppo male.
La ragazza ignorò il dolore: era determinata ad arrivare fino in fondo. Ci volle un po’, ma gradualmente, il corpo le inviò scariche di piacere, sempre più intense. Lo Yautja aumentò il ritmo; Lara gridò, travolta dall’orgasmo. Subito dopo, anche Yar’lath venne, ringhiando; il suo sperma caldo, riempì il ventre della giovane.
Stremati, rimasero immobili, avvinghiati l’uno all’altra.

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Capitolo 22
*** CAPITOLO 22 ***


Yar’lath sussurrò, nella lingua degli Uomini:
“Tu verrai a vivere con me. Ti piacerà, il mio pianeta...”
Gli occhi chiusi, il volto appoggiato contro il petto muscoloso del Leader, Lara mormorò:
“Ah, allora parli! Meglio tardi che mai...” E, nel dire ciò, prese ad accarezzargli una delle mandibole inferiori.
La sfrontatezza dell’umana lo eccitava. Non vedeva l’ora di mostrarle la Valle. Ma prima bisognava sconfiggere i nemici del Clan. La situazione era davvero critica: non fosse stato per i Pyode Amedha, Yn’gve e Car’ad-oc sarebbero morti. Forse anche Dy’m-fna...
La giovane, proseguì:
“Non so nemmeno il tuo nome...”
Yar’lath trasalì. Rimase pensieroso alcuni secondi. Infine, spiegò:
“Nella tua lingua, può essere tradotto “Most distant Star”. Porto il nome dell’astro più lontano dai nostri Soli...”
“Io mi chiamo Lara. Non credo significhi qualcosa...”
“Chi sono gli altri umani?” volle approfondire lo Yautja. C’erano due maschi, e la cosa non gli piaceva.
“Allora...” iniziò la donna “ Quello più alto, che ha circa la mia età, è David. Siamo amici da sempre. Lo considero un fratello. L’altro uomo si chiama Juan, lavoriamo assieme, niente di più. Le donne...”
“E il marchio nero sul braccio? Appartieni forse ad un Clan? Ne hai anche uno grande sulla shiena...”
“Oh, quelli sono tatuaggi...disegni nella pelle. Non andranno mai via...”
“Cosa significa?” s’informò lo Yautja, curioso. Gli umani avevano abitudini piuttosto bizzarre: perchè imprimere delle immagini indelebili?
“Sulla spalla...diciamo un bracciale con le spine. Sulla schiena...noi le chiamiamo “ali”...”
“Sono piuttosto grandi...” obbiettò il guerriero. Coprivano la lunghezza dell’intera colonna vertebrale.
“Beh, allora sono un’umana che può volare...” scherzò Lara
“Tu puoi fare qualunque cosa, Kch-tanu Kch-ge’kote Pa’ya-te!”(my love)
“E la cicatrice? Sembra che abbiano provato a tagliarti in due!” commentò la giovane, accarezzandogliela.
“Beh, vedi...” iniziò a raccontare lo Yautja. Non intendeva nasconderle nulla, di sè.
Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta.
“Chi è? ruggì Yar’lath, adirato per l’interruzione di quei momenti così preziosi.
“Seag’h-dhe! Vieni, Dy’m-fna ora è sveglia!”

Di lì a poco, si riunirono tutti nel medesimo prefabbricato.
Stavolta c’era anche David, che cambiava le fasciature ai feriti. Gli alieni, potevano contare solo sulla medicina dei Pyode Amedha.
“Come stanno?” chiese Lara, preoccupata
“Quello vecchio è messo male. Deve riposare il più possibile, o non ce la farà. Anche l’altra, niente avventure per un bel po’...”
Dy’m-fna ringhiò.
“Non spetta a te, Pyode Amedha, darmi degli ordini. Non ho bisogno delle tue cure, nè della tua ridicola pietà!” aggiunse
La risposta dell’uomo, non tardò ad arrivare. Ma fu tutt’altro che scortese:
“Prima di ogni cosa, dovete pensare a guarire, signora. Il vostro bellissimo corpo necessita di una tregua...”
Dy’m-fna, rimase in silenzio, esterrefatta. Il suo fisico, pieno di cicatrici e ipermuscoloso, non era di certo tra i più desiderati, nel Clan. Troppo seno. Troppi fianchi. Cosce abbondanti. La salvava, in parte, il viso, abbastanza grazioso: zanne simmetriche, occhi grandi e chiari. Il suo defunto marito, l’aveva sposata solo per entrare a far parte della famiglia reggente.
Che cosa voleva, quell’umano, anch’egli con l’iride blu? Davvero non la temeva?
“I-il mio corpo?” ribattè, adesso un po’ più incerta
“Spero non intendiate affaticare le vostre splendide, lunghe gambe. Concedetemi di portarvi acqua e del cibo, ve ne prego!”
“Se ci tieni tanto vai pure, Pyode Amedha” tagliò corto lei, ostentando una falsa indifferenza.
Così, Lara e David andarono a preparare da mangiare per i loro ospiti intergalattici. Rimasti soli, gli Yautja elaborarono un piano.
“Se nostra sorella ha finito di sedurre i maschi autoctoni...” esordì Seag’h-dhe “propongo di tirare le somme: lo zio non può muoversi. Quante armi abbiamo? Conviene davvero inoltrarsi nella giungla, per stanare i nemici? Oppure cerchiamo rinforzi?”
“Quando saremo a casa, me la pagherai, mei’hswei...” sibilò la guerriera, punta sul vivo dalle insinuazioni di Seag’h-dhe.
“Anche con O’on-a e Ko’h-de, siamo troppo pochi” li interruppe Yar’lath “A’lun non può combattere. Dobbiamo chiedere aiuto”
“Procuratevi un trasmettitore abbastanza potente...” suggerì Car’ad-oc “Avvertite l’Astronave Madre, Bakuub...chiunque sia rimasto nella Valle...”
Si stava agitando troppo. Memore delle raccomandazioni dell’umano chiamato Dah’vid, Yar’lath cercò subito di calmarlo:
“Ki’cte, zio, ki’cte! Te ne prego! Cercheremo quel trasmettitore! Credo che quello di O’on-a farà al caso nostro...”
“Lei ti odia. Odia tutti noi...” gli rammentò Sag’h-dhe.
La scelta di sposare l’umana, avrebbe decretato la fine della vantaggiosa alleanza tra il Clan della Valle ed il Clan “Endless Battle”. Forse non ancora sotto Bakuub, il quale, nella sua lungimiranza, poteva arrivare a tollerare i Pyode Amedha. No, gli equilibri si sarebbero spezzati proprio con O’on-a e quell’idiota di Ko’h-de, una volta subentrati al vecchio Capo.
“Può anche darsi” ribattè Yar’lath “Ma nonostante la sua acredine, sono certo che anche lei voglia tornare a casa!”

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Capitolo 23
*** CAPITOLO 23 ***


“Che ti è preso? Maledetto! Ce l’avevi in pugno!” esclamò Su’un, livida. Guardava sprezzante Dubh’gh-las: adesso non lo temeva più. Nè lo rispettava.
Erano sopravvissuti in tre: lei, il cugino di Yar’lath e Si’ôn.
Attorno a loro, sangue e corpi smembrati di guerrieri e Kainde Amedha. Il complotto risultava praticamente fallito.
I pensieri della giovane Badblood, le si accavallavano frenetici nella testa. Ovunque fosssero, il Leader della Valle e i suoi compari disponevano ancora di maschere, armi e almeno di un trasmettitore funzionante. Avrebbero chiesto aiuto, inviando segnali alla Nave Madre e perfino su Yautja Prime. Entro poche ore al massimo.
Niente più gloria e ricchezza, per Su’un; la miserabile Su’un (come l’avevano soprannominata i suoi ex compagni di Chiva), nata in un’umile famiglia dei quartieri più modesti. Tutto finito. L’odore di Dubh’gh-las era familiare a Yar’lath. L’aveva sicuramente riconosciuto, in quella bolgia di poco prima. Ma forse lei e Si’ôn no.
Forse avevano ancora una possibilità.
Una volta fatto sparire il cugino del Capo Clan.
D’un tratto, iniziò a mancarle l’aria. Sempre di più.
Fu allora che notò l’enorme mano di Dubh’gh-las, stretta attorno al proprio collo.
“Puoi ripetere?...” asserì il guerriero, gelido
Non tollerava una simile mancanza di rispetto.
Ma a quel punto, le gerarchie non contavano più: nemmeno Si’ôn lo temeva. Il giovane Badblood estrasse pronto le dah’kte, e trafisse l’avversario nella schiena. Un istante dopo, fece rientrare le lame all’interno del bracciale.
Ferito quasi mortalmente, Dubh’gh-las cadde a terra.
Il sangue sgorgava a fiotti dalla ferita. Il dolore quasi gli impediva di respirare.
“Pauk!” imprecò, tra sè e sè. Sconfitto da due stupidi ragazzini. Che idiota! Faccia a terra, avvertì Si’ôn, mettergli un piede tra le scapole.
“Adesso resta fermo...” lo schernì il giovane
Ma, nella sua cieca sfrontatezza, decise di assaporare il momento. Azionò di nuovo le lame, e le sollevò lentamente. Su’un lo guardava, estasiata. Spettatrice consapevole, ai margini di un palcoscenico già saturo di morte.
Un fruscìo, provocato da un alito di vento, mosse le foglie di alcuni cespugli. Temendo la presenza di altri Kainde Amedha, i due Yautja spararono dal plasma caster, centrando diverse piante. Quei pochi secondi, in cui Si’ôn allentò la presa, diedero a Dubh’gh-las il tempo di reagire. Con le ultime forze, si girò di scatto e usò la taun’dcha (plasma pistol), in tutte le direzioni, senza nemmeno prendere la mira. Scaricò i proiettili in direzione dei suoi avversari, quindi lascò cadere il braccio, esausto.
Attorno a lui, il silenzio. Tese l’orecchio e aspettò.
A pochi metri, alcuni deboli rantoli: doveva aver colpito Su’un. Girò la testa: Si’ôn giaceva immobile, in un lago di sangue. Gli mancava mezza faccia.
Il cugino di Yar’lath, tirò un sospiro di sollievo: era salvo. Più o meno. Con simili ferite, gli restava poco tempo.
Morire. Sì, lo accettava. Ma non su quello schifo di pianeta, lontano da casa. Lontano da Maj’me-h. Doveva almeno tentare di raggiungere le navicelle.
Ringhiando dal dolore, sfruttò un albero per guadagnare la posizione eretta. Quindi, iniziò il proprio lento, disperato cammino. Cadde e si rialzò, ancora e ancora. Lasciando impronte verde fluorescente, testimonianza della vita che pian piano lo abbandonava. Infine crollò, proprio ai piedi dell’altura, dove erano atterrati i velivoli.
Impossibile scalare.
Rassegnato, chiuse gli occhi ed attese la fine.
Tuttavia, Paya aveva altri progetti. Alcuni minuti dopo, infatti, arrivò Me’i-kal.

Aveva cercato Yn’gve, il suo bellissimo Youngblood. Dolce, pieno di vita, e inebriante come la primavera. Adesso lo amava. Senza riserve.
Ma l’esito delle ricerche era stato a dir poco tremendo. A dispetto delle piogge, tracce di sangue risultavano ancora visibili, e avevano guidato Me’i-kal fino ad un gruppo di ebani. Dove restavano solo un avambraccio parzialmente scarnificato ed alcuni pezzi di interiora. E minuscole chiazze verdi, sparse un po’ ovunque. Il cadavere non sembrava appartenere a Yn’gve. Ma, lo Youngblood doveva essere incorso nel medesimo, tragico destino: sbranato vivo dai Kainde Amedha.
Me’i-kal, era caduto in ginocchio, annientato. Incapace perfino di respirare.
Infine, aveva deciso di tornare alla Nave Madre a costituirsi. Ormai non gli importava più di vivere.

Una volta scorto Dubh’gh-las, gli andò subito incontro. Il suo mentore, versava in pessime condizioni. Il giovane guerriero, avvertì una rabbia incommensurabile: il cugino di Yar’lath risultava la principale causa di tutto il male e la sofferenza che li circondavano.
Il primo istinto, fu quello di ucciderlo.
Ma a che sarebbe servito? Nulla avrebbe riportato in vita Yn’gve. Così, Me’i-kal si limitò a prestare le prime cure. Utilizzando alcune bende e il gel bluastro, provenienti dal piccolo kit medico in suo possesso, iniziò a trattare la ferita dell’ex amico.
“Chi è stato?” domandò, secco
“Su’un e Si’ôn...” rispose l’altro, con un filo di voce
“E Yar’lath?”
“L’ho mancato con il sivk’va-tai. Fuggito, assieme ai fratelli e ai figli di Bakuub...”
“Non mi stupisce” ammise Me’i-kal “ Tu sarai tante cose, ma non cattivo...”
“Credi quello che vuoi, lou’dte-kalei...” lo apostrofò Dubh’gh-las “E comunque, dov’eri sparito?”
“Ho cercato Yn’gve...” mormorò il giovane, con la voce strozzata. Non riuscì a nascondere la sofferenza.
“Ti sei fissato con la mia famiglia allora...” commentò l’altro, divertito. Poi, divenne serio, ed aggiunse:
“Avresti dovuto prendere quel povero cuccioletto e tornare a casa. Non era fatto per la Grande Caccia. Non sarebbe dovuto venire...”
Me’i-kal finì di medicare la ferita; fece una pausa, quindi aggiunse:
“Allora finisce così? Niente scontri epici all’ultimo sangue?”
“Probabilmente, entro stasera verremo scoperti e denunciati. Portami sulla Nave Madre, non voglio morire qui...” replicò il cugino di Yar’lath, ormai allo stremo
“Tu appartieni alla famiglia reggente...differenza di me, puoi scegliere tra la morte o l’ergastolo...”
“Non ho motivi per continuare a vivere...” asserì Dubh’gh-las
Una volta appreso del complotto, Maj’me-h lo avrebbe odiato a morte. L’idea gli risultava intollerabile.
“Nemmeno io...forza, torniamo alla Nave” concluse il giovane guerriero, caricandosi l’altro sulle spalle.

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Capitolo 24
*** CAPITOLO 24 ***


Sulla Terra, nel tardo pomeriggio, i membri dei due Clan scelsero finalmente di cooperare. Ma la tensione restava alta. Yar’lath teneva stretta a sè Lara: ormai i due non facevano mistero del sentimento che li univa. Il resto degli scienziati, David, Juan, Pilar e Ana, se ne stava al riparo tra Seag’h-dhe ed il massiccio fratello. Quei due ramarri, sembravano loro più mansueti e aperti al dialogo, rispetto agli altri. O’on-a faticava a contenere la rabbia. E la gelosia. Mai nessuno l’aveva insultata a quel modo. Il Leader della Valle, non la desiderava più. E lei, non era più tanto sicura di non provare nulla per Yar’lath.
Il trasmettitore/bracciale della figlia di Bakuub poteva essere settato a vari livelli di potenza. La Yautja, ancora poco esperta, lo manteneva sul livello primario: comunicazione entro un raggio di un centinaio di km. Il Leader cambiò le impostazioni; quindi inserì le frequenze dell’Astronave Madre e del Clan “Endless Battle”. Il messaggio, conteneva una richiesta d’aiuto.
“Adesso, dobbiamo solo aspettare” concluse Yar’lath. Forse, quell’incubo assurdo sarebbe presto giunto al termine.

Così fu. Tempo alcune ore, e una navicella giunse a raccogliere i superstiti. Car’ad-oc e A’lun, vennero adagiati all’interno del veicolo, usando la massima accortezza. Arrivò il momento dei saluti. O’on-a e Ko’h-de si congedarono con un leggero cenno del capo. Non intendevano ringraziare più di tanto gli umani, che consideravano inferiori.
Juan, Pilar e Ana, assistevano alla scena a debita distanza.
Yar’lath strinse a sè Lara. Iniziò ad emettere le solite fusa. La giovane donna, gli baciò ripetutamente le mandibole, mentre con le mani accarezzava i dreads grigi.
“Devo andare, Pyode Amedha” le sussurrò, apostrofandola in modo scherzoso. Lei era molto di più che una “pelle soffice”. L’amava più di se stesso.
“Tornerai?” gli chiese la ragazza, cercando di trattenere le lacrime.
“Il tempo di rendere la mia casa sicura, e in grado di accoglierti. Allora non ci separeremo più”
C’erano un’infinità di cose da sistemare: punire i cospiratori, parlare al Clan, affinchè la sua Kalei’Pyode’a venisse accettata...
“Fai presto, amore mio...” gli sussurrò lei, accarezzandogli la cicatrice accanto all’occhio.
David e Dy’m-fna si osservavano. La Yautja non sapeva cosa dire, a quell’umano così sfrontato, esuberante, gentile e impavido.
“Allora, fate buon viaggio. Abbiate cura di voi; siete una guerriera forte, bellissima e coraggiosa...” esordì l’uomo. Le generose curve dell’aliena, lo facevano impazzire. E in fondo, nonostante le zanne, anche i lineamenti risultavano piacevoli.
“Umano, ti prendi troppa confidenza...” tentò di scoraggiarlo lei, imbarazzata
“Con quei vestiti, sembrate una dèa. Una di quelle alte e dal fisico statuario, che tante volte ho visto nei libri...” commentò David, estasiato. Non riusciva a trattenersi.
“Adesso basta, Pyode Amedha!” replicò lei, brusca. Quella situazione iniziava a piacerle. Non andava affatto bene...“Ti ringrazio per l’aiuto, ma non passare il segno. Addio!” tagliò corto.
Facendosi aiutare da un divertito Seag’h-dhe, percorse la rampa della navetta e scomparve.
Poi toccò a Yar’lath: il cuore pesante come un macigno, accarezzò un’ultima volta la sua La’ra-h. Gli faceva male da morire: all’inferno, avrebbe sofferto meno. Sospirando, consegnò alla giovane donna un piccolo dispositivo, piatto e circolare. Al centro, la ragazza notò un pulsante ed un display.
“Tieni” spiegò “Quando lampeggerà, se non avrai cambiato idea su noi due, premi il bottone. Allora, ti aspetterò dove ci siamo incontrati la prima volta...”
Quindi, parlò a David:
“Se vorrai venire, sarai il benvenuto”
Un invito semplice e conciso. Rivolto a colui che sarebbe divenuto suo cognato e migliore amico.
L’enorme cacciatore si imbarcò sul velivolo. Il portellone venne chiuso; davanti gli occhi dei cinque umani, il mezzo decollò, scomparendo nel cielo azzurro.

Il giorno seguente, i militari irruppero nel campo-base. Di comune accordo, gli scienziati mantennero il segreto circa l’incontro con gli alieni. Le truppe esplorarono la giungla, senza trovare nulla: tutto svanito, come se qualcuno avesse rimosso ogni traccia.
Lara e David, una volta a New York, chiesero ed ottennero un periodo sabbatico dal lavoro. Dovevano sistemare alcune cose, prima della partenza.
Ma la salute della ragazza iniziò a peggiorare: si sentiva sempre stanca. Poi, arrivarono le nausee. Riusciva a malapena a consumare piccole razioni di cibo. Una mattina, l’amico la sorprese in bagno, a vomitare. “Tesoro, che succede?” le chiese, allarmato
Ormai erano circa due settimane, che stava male. Bisognava proprio consultare un dottore.
“Credo di essere incinta...” mormorò la giovane, esausta.
“Ah...” commentò David, basito
Dopo tutto, il medico poteva aspettare.

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Capitolo 25
*** CAPITOLO 25 ***


Nè il Clan della Valle nè il vecchio Bakuub, fecero i salti di gioia, una volta appreso dell’umana chiamata La’ra-h. Eppure, ognuno finì con l’accettare la nuova situazione. Contava solo preservare le alleanze e garantire prosperità ad entrambe le tribù. Una debole Pyode Amedha, non avrebbe mai potuto compromettere equilibri consolidati nei secoli.
Tutti approvarono, tranne O’on-a. Pentita della propria condotta, prima di fare ritorno a casa, decise di affrontare Yar’lath. Molte erano le cose che desiderava dirgli. Il Leader, le accordò l’ultimo confronto, in una delle sale per gli ospiti.
I raggi del sole inondavano di luce quel luogo, finemente arredato, attraverso due ampie vetrate.
“Che cosa c’è, figlia di Bakuub?”
“Volevo chiederti scusa...la mia condotta...”
“Non c’è niente da perdonare. Sei ancora molto giovane. Imparerai”
Ci fu un attimo di silenzio. O’on-a fissò intensamente il volto di Yar’lath. I grandi occhi gialli. La cicatrice. Le zanne così irregolari. E la realtà le piombò addosso come un macigno.
Il coraggio, le abilità, il buon carattere: lo amava.
Adesso avrebbe dato qualunque cosa, per passeggiare con lui nella Foresta, fino alla Montagna Sacra.
La guerriera proseguì:
“All’inizio, non lo nego, ero qui nella Valle su ordine di mio padre...”
Il Capo Clan la osservava, silenzioso.
La giovane Yautja proseguì:
“...ma adesso il mio cuore è tuo. Ecco, desideravo solo che lo sapessi...”
“Non potrò mai ricambiare quello che provi...” replicò il Leader
“Forse. Ciò non di meno, io ti aspetterò. Sempre!”
O’on-a, chinò la testa in segno di rispetto. Quindi raggiunse la famiglia e partì.

Pochi giorni dopo, Yar’lath decise che era giunto il momento di interrogare i cospiratori sopravvissuti: Dubh’gh-las e Me’i-kal. Il primo era ancora ricoverato in infermeria. Il secondo occupava un’angusta cella nei sotterranei del Palazzo.
Raggiunta la struttura sanitaria, il Leader entrò nella stanza dove giaceva ammanettato il cugino.
“Ma che sorpresa!” esordì il prigioniero, beffardo “Niente meno che il grande Yar’lath!”
“Io non ti ho mai capito...” replicò l’altro, calmo “Combatti meglio dei miei fratelli, potevi essere secondo nel Clan. Ma hai sempre scelto la strada peggiore...Adesso le tue consorti, Aib’hilin e Mór, e le tue figlie, resteranno sole, coperte dal disonore!”
Dubh’gh-las scoppiò a ridere.
“Basterà solo che mi rinneghino pubblicamente. Alla prossima stagione, verranno tutte reclamate da qualche cacciatore. Lo sai anche tu. E comunque, non l’ho mai toccata, la tua Aib’hilin”
“Menti!”
“Ha vissuto con me, non lo nego...Una sorta di vendetta, poichè tu mi avevi privato della morte che tanto profondamente agognavo...Diciamo però che non corrispondeva al mio ideale di compagna. Ci sono stati molti guerrieri, quelle povere figlie provengono dal seme di chissà chi...”
Il Capo Clan, furibondo, stava per controbattere, quando la porta della stanza si aprì. Maj’me-h entrò; con passo deciso, raggiunse il cugino.
“...E Yn’gve? E tutto il resto?” lo interrogò. Non c’era odio nelle sue parole. Piuttosto, sembrava disperata. Affranta.
Terribilmente delusa.
Nell’istante in cui la vide, il cuore di Dubh’gh-las ebbe un violento sussulto.
“Mi rivolgi di nuovo la parola, dopo tanti secoli?” replicò, a fatica
“Rispondi!!” insistè la Yautja, vicina alle lacrime.
Yar’lath restò in silenzio. La sorella ed il cugino, in passato, erano stati molto amici. Forse, lei sarebbe riuscita a farlo parlare.
“Che importanza ha, ormai? Presto incontrerò Cetanu...” le rispose Dubh’gh-las. “Vai, adesso” proseguì “non dovresti essere qui”
Yar’lath, appoggiò una mano sulla spalla della sorella: era tempo di lasciare quel luogo. L’aliena esitò un attimo.
Invece di obbedire, s’inginocchiò a fianco del prigioniero; iniziò a rievocare un doloroso passato, che entrambi i maschi ignoravano:
“Io ti amavo, e aspettavo il tuo ritorno dal Chiva. Mio padre, Nightblood, all’epoca Leader del nostro Clan, mi impose un guerriero di nobile famiglia. Un essere orribile, violento, privo di morale. Quando gli dissi che intendevo lasciarlo, mi incrinò una costola, con un calcio. Aggiunse che se ti avessi cercato, lui ti avrebbe ucciso...”
Yar’lath e Dubh’gh-las ascoltavano, increduli. Le parole di Maj’meh, pesavano come macigni. L’avevano abbandonata nelle mani di un mostro.
Il racconto proseguì: “Ho trascorso la vita, sottomessa ad un individuo crudele; ora lui è troppo vecchio per cacciare, ma la sua indole malvagia continua ad avvelenare me e i miei figli...”
Si sdraiò accanto al cugino e chiuse gli occhi. Mormorò soltanto: “Ti perdono! Per quanto gravi siano le tue azioni...io ti perdono!”
Dubh’gh-las rimase immobile. Gli occhi chiusi, le mandibole serrate. Il peso della colpa risultava insopportabile. Infine, ruppe il silenzio.
“Su’un...l’avete trovata?” domandò a Yarl’larh
“Anche lei ha cospirato, dico bene?” replicò il Leader, adesso meno in collera.
“Sei-i”
“No, di lei nessuna traccia”
“Allora stai in guardia. Forse tornerà. E adesso porta via tua sorella. Dalle una vecchiaia serena. Io non potrò farlo”

Yar’lath tornò nei propri alloggi con più dubbi che certezze. Dopo il confronto con il cugino, aveva subito fatto cacciare dal Palazzo, l’ormai ex-marito di Maj’meh.
Restava da stabilire la data delle esecuzioni.
Eppure allo Yautja sembrò di non aver mai conosciuto i suoi famigliari...
E che pensare di quell’altro ic’ijt, Me’i-kal? Yn’gve lo amava più di se stesso. Il cuore del giovane nipote non avrebbe retto, una volta eseguita la sentenza...

Inoltre, Yar’lath ricordava fin troppo bene la facilità con cui suo padre, il brutale Leader Guan-thwei (Nightblood), mandava la gente a morire. Ed era fermamente deciso a non seguirne l’esempio; durante il proprio, di regno, aveva ponderato ogni singola condanna emessa. Adesso, però, non riusciva a decidere. C’era molto più di quanto le apparenze lasciassero intendere. Temeva di compiere uno sbaglio irreparabile. Gli serviva aiuto: di certo, la sua La’ra-h lo avrebbe indirizzato verso la scelta migliore. Era giunto il momento di tornare a prenderla.

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Capitolo 26
*** CAPITOLO 26 ***


Lara e David raggiunsero in fuoristrada lo chalet, nel primo pomeriggio di una giornata nuvolosa. Con loro, recavano diversi zaini e bagagli. E la fedele lupacchiotta Tinny.
La giovane donna provava un certo disagio: come avrebbero reagito le iguane, una volta appreso della gravidanza? Una parte di lei dubitava che i figli mezzosangue fossero ben visti, presso una razza così brutale. Gli umani non apportavano alcun miglioramento genetico, anzi!
I due amici parcheggiarono nello spiazzo davanti alla casa. L’abitazione risultò sprangata. Vuota. Impossibile entrare. La gestazione, benchè ancora nella fase iniziale, stava richiedendo uno sforzo enorme, al fisico della ragazza. E lei, in quel momento, avrebbe tanto voluto riassaporare i confort dello chalet. La vasca ad idromassaggio, il comodo letto...
Lì fuori faceva freddo, e soffiava il vento.

Un rumore, proveniente dal bosco, la distolse dalle proprie inquietudini.
E poi, improvvisamente li vide: il suo guerriero e la femmina che tanto piaceva a David. Sembravano materializzati dal nulla. Avanzavano verso di loro.
A Yar’lath batteva forte il cuore. Guardando brevemente la finestra dello chalet, ricordò la sera del primo incontro con La’ra-h. Il modo brusco in cui l’aveva afferrata per una spalla. La violenta, inaspettata reazione di lei. E tutti gli altri momenti, custoditi nell’anima.

Giunto a pochi passi, trasalì. Attraverso la maschera, scorse il calore nel ventre della compagna. Poco più che un puntino: il loro primogenito. La donna, attonita, osservò l’alieno cadere in ginocchio e cingerle delicatamente la vita con un braccio. Il Capo Clan iniziò ad emettere fusa, in maniera incontrollata, appoggiando la mano libera sopra la pancia della ragazza, in segno di protezione. La giovane pianse, mentre affondava le mani nei dreads argentei.
Dy’m-fna osservava in disparte, come da tradizione.
Domandandosi chi fosse in realtà quella Pyode Amedha, che il suo meih’swei amava più della vita. Fragile per genetica, eppure forte e impetuosa, come l’acqua quando apre un nuovo varco attraverso le rocce. Le piaceva. Molto.
Dopo qualche minuto, i quattro ripartirono.

La navetta risultò abbastanza grande, e provvista di numerose comodità. Lara chiese di riposare un po’; il Leader la condusse alla stanza da letto, che avrebbero condiviso per tutta la durata del viaggio. La donna guadagnò stancamente il letto: tempo qualche minuto e prese sonno.
Allora lo Yautja uscì, in direzione della piccola infermeria del velivolo. Qui, premette una serie di pulsanti, posti sulla parete vicino all’entrata. Una sorta di piccolo mobile scuro si aprì, rivelando alcune attrezzature mediche. Yar’lath estrasse un contenitore simile ad una fiala ed una sorta di bisturi. Incise leggermente il dito indice, e raccolse il proprio sangue.
In quel preciso momento, venne raggiunto da Dy’m-fna e David.
“Perchè lo fai?” chiese l’uomo
“Tu e La’ra-h dovete bere”
“Ma anche no! Cosa siamo, pipistrelli vampiri?”
Il Capo Clan sospirò:
“Non so cosa significa “va’m-pi’rhi”. Il plasma della mia specie prolunga la vita umana. Il tempo non verrà misurato in anni, bensì in secoli. I vostri organi non cederanno, sotto il giogo della vecchiaia. Al contrario, diverranno ancora più sani e forti. Potenziati, aggiungerei. I polmoni, ad esempio, dipenderanno sempre meno dal respiratore. Avrete molta più speranza contro malattie e ferite adesso per voi letali.
Ne basta una piccola dose, ogni tanto. Se non ingerisce, La’ra-h morirà. E con lei mio figlio.”
“Immagino che visitare, di quando in quando, la Terra sia broibito...”
“Non ve lo impedirò mai. Ma vedrete invecchiare e deperire coloro che amate. Potete sopportarlo?”
David mandò giù in silenzio lo strano liquido verde fosforescente. Bella domanda. Ma lui non era ancora pronto a dire addio. Nemmeno a quegli idioti dei suoi fratelli.

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Capitolo 27
*** CAPITOLO 27 ***


Lara riprese conoscenza alcune ore dopo che Yar’lath le ebbe somministrato il proprio sangue. Non avvertiva più nè stanchezza nè alcun tipo di dolore.
Incerta, guardò attorno.
Attraverso un’ampia finestra, scorse i bagliori delle costellazioni, incastonate nelle più oscure profondità del cosmo.
Ricordava a malapena la stanza in cui il compagno l’aveva adagiata. Doveva essere svenuta quasi subito.
Nella penombra, destinse uno scarno mobilio. O tale sembrava. Infine, sull’ampio letto, accanto a lei, dormiva...com’era il nome? “Stella più lontana”. Bizzarro. Eppure da lui stava per avere un figlio.
Lo studiò attentamente: i possenti muscoli, l’alta statura, i lunghi dreads grigi...e iniziò a provare desiderio. La ragazza osservò quindi il proprio corpo: ancora tonico, a dispetto della pancia un po’ più morbida. Indossava solo gli slip ed il reggiseno sportivo.
Lentamente, li rimosse.
Poi, con un lieve gesto del dito indice, prese ad accarezzare le enormi falangi di Yar’lath. Lo Yaytja contraccambiò quasi subito, imitando i blandi movimenti della giovane.
“È sveglio” pensò Lara.
Allora, guidò la mano dell’alieno tra le proprie cosce.
Dal petto del Leader scaturì un rumore di fusa, che riecheggiò nella stanza; la donna percepì anche l’inconfondibile odore muschiato, già emanato dal guerriero in svariate occasioni. L’ultima quando avevano fatto l’amore, al campo base.

Il Capo Clan era sul punto di esplodere. Il profumo della sua Kalei’Pyode’a gli annebbiava i sensi. Le intenzioni dell’umana risultavano fin troppo chiare. Eppure, il cacciatore avvertiva paura.
Paura...
Un sentimento inconcepibile, per uno Yautja...Secoli e secoli trascorsi a varcare confini di mondi ignoti, ingaggiando estenuanti battaglie, volte a mantenere intatto l’onore e la reputazione. Kainde Amedha, Kainde-lou-dte’kalei ( Xenomorph Queen ), e altre creature improbabili determinate a dilaniarlo. Senza contare le guerre intraprese dal padre, Guan-thwei (Nightblood), contro i Clan rivali che volevano prendersi la Valle.
Una vita intera, ad impugnare armi.
Di rado, quelli della sua specie sperimentavano sentimenti come l’affetto o l’amore. Le tradizioni prevedevano di cacciare e procreare.
Semplice e conciso.
Almeno prima di incontrare La’ra-h.
Quella piccola femmina chiassosa, testarda e sboccata come pochi, gli aveva stravolto l’ultima parte di cammino. E, lui, non conoscendo davvero l’amore prima di quei giorni tra le montagne, sul Pianeta Blu, adesso ne aveva paura...

La giovane donna, abituata a fronteggiare il bagaglio emozionale provvisto dalla genetica, interpretò la riluttanza del compagno come un tacito ivito a procedere.
Lentamente, slacciò il panno in tela che Yar’lath portava attorno alla vita. Appoggiò il palmo della mano contro il sesso: l’alieno ansimò, mentre le fusa e l’odore muschiato divennero più intensi.
“Kch-tanu Kch-ge’kote Pa’ya-te...vita mia...” mormorò nella propria lingua
Lara usò la bocca e le mani, accarezzandolo e stimolandolo finchè lo Yautja non raggiunse la completa erezione. Incapace di sopportare oltre, il Capo Clan abbandonò ogni resistenza. In un attimo fu sopra la compagna e iniziò a penetrarla.
La ragazza si lasciò sfuggire un lamento: faceva ancora male, anche se molto meno rispetto all’altra volta. Con il trascorrere dei minuti il piacere crebbe, portando entrambi vicini all’orgasmo. Avvinghiati l’uno all’altra, persi nell’intensità del momento, continuarono finchè Lara gridò: un violento fremito la pervase, e, quasi d’istinto, afferrò i dreads di Yarl’ath con entrambe le mani.
Le delicate e sensibili appendici, così sollecitate, portarono lo Yautja a raggiungere il picco: il suo seme caldo, accompagnato da un poderoso ruggito, riempì la compagna. Ma non era finita. Stava dando le ultime spinte, quando la giovane donna, portò uno dei dreads alla bocca. Una volta sistematolo tra i denti, succhiò il più forte possibile.
Il Capo Clan spalancò le quattro mandibole e chiuse gli occhi. La sensazione fu così intensa da causargli una sorta di blackout. I miliardi di circuiti neuronali che lo animavano, interruppero gli impulsi. Quando rinvenne, giaceva sul letto, stremato. Lara dormiva accanto a lui.

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Capitolo 28
*** CAPITOLO 28 ***


David non riuscì a prendere sonno. Stava morendo di fame: sulla Terra, era abituato ad indulgere in spuntini notturni.
Adesso non osava. Niente su quella nave apparteneva a lui.
Alla fine, lo stomaco ebbe il sopravvento, ed iniziò ad esplorare il velivolo. Un lungo corridoio separava le varie stanze.
Ricordava l’ubicazione dell’infermeria e di quelle private. Ne restavano altre cinque. Decise di aprire la porta più vicina alla sala di controllo. Purtroppo, l’uomo intuì da subito che ci voleva un codice. Diverso da quello della sua camera. Tutto, in quello stramaledetto posto, rispondeva ad una sequenza specifica di tasti o ad uno scanner.
Il giovane, prese a grattarsi la testa, mentre cercava una soluzione al problema. Forse, sarebbe stato meglio chiedere a uno dei due alieni.
D’un tratto, una voce lo apostrofò:
“Che ci fai qui, umano?”
Era Dy’m-fna.
David trasalì: la guerriera indossava un vestito semitrasparente, che copriva giusto lo stretto necessario.
“P-perdonatemi” rispose, un po’ in agitazione “ma avevo fame, e cercavo qualcuno in grado di aiutarmi...”
La guerriera avanzò di qualche passo.
Alta più di due metri, lo superava, ma senza sovrastarlo. Sul piano della forza fisica, invece, i Pyode Amedha non potevano nulla contro gli Yautja.
“La mia presenza ti mette a disagio?” incalzò, sperando di indurlo a vacillare.
Perchè quel giovane dagli occhi color acqua (davvero ben proporzionato, per uno della sua specie) sfrontato e impudente, in aggiunta doveva essere “ingegnoso”. Sul Pianeta Blu, il bio-elmo aveva rilevato in lui un’attività neuronale, paragonabile agli scienziati che risiedevano nella Valle.
La sorella di Yar’lath iniziava a provare curiosità e interesse.
“Ormai dovresti aver capito...” rispose l’uomo, guardandola negli occhi
“Di che parli?”
“Voglio stare con te...e tu con me...lo sento!”
“Sei uno stupido! Credi davvero che un insignificante essere um...”
Ma David, sanza aggiungere altro, le infilò una mano tra le cosce.
Un poderoso ruggito lo investì.
La guerriera gli afferrò un polso. L’ira le divampava negli occhi.
“Come osi...” sibilò
Un oltraggio del genere, verso un membro della famiglia reale, comportava la morte. Secondo la legge, avrebbe potuto sventrarlo con gli artigli.
Eppure, Dy’m-fna non ci riusciva.
Se ne stava lì, immobile. Aspettando, sperando che l’uomo fuggisse via, terrorizzato.
Il giovane la guardò. Quindi, la penetrò con l’indice e il medio. Possedeva dita abbastanza grandi da raggiungere lo scopo. La Yautja allentò un attimo la presa; le gambe le tremavano, mentre David iniziò ad esplorarla. Lasciò andare il polso dell’uomo; nel petto le risuonavano fusa incontrollate.
“Solo per questa notte, lasciati andare...” sussurrò David, aumentando l’intensità dei movimenti fino a potrarla ad un passo dall’orgasmo “Quando arriveremo, ti corteggerò secondo le tue tradizioni...”
“S-solo per questa notte, umano...e non tirare troppo la corda...”

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Capitolo 29
*** CAPITOLO 29 ***


Cinque giorni dopo, la navicella atterrò su Yautja Prime. L’intero Clan li stava aspettando. Tutti volevano vedere i Pyode Amedha.
Il portellone si aprì, e una rampa automatica scese fino a toccare il suolo.
Seag’h-dhe fu il primo ad accogliere i passeggeri: finse di non notare l’odore inconfondibile di cui erano impregnati Dy’m-fna e Yar’lath. Quello dell’accoppiamento, mescolato alle essenze degli Umani. Senza dubbio, il viaggio di rientro doveva essere stato “interessante”...
“Mei’hswei, Mei-jadhi! Bentornati! E benvenuti anche a voi, figli del Pianeta Blu! D’ora in poi, la Valle sarà la vistra casa!” esordì il guerriero

Terminata la cerimonia di accoglienza, i due giovani vennero scortati a Palazzo. Il Leader condusse la moglie nelle proprie stanze: le mostrò i trofei e le armi, frutto dei successi accumulati nei secoli. Ad ogni oggetto corrispondeva una storia: finalmente lui avrebbe avuto qualcuno con cui condividere passato, presente e soptrattutto futuro.
La sera stessa, la prima che trascorrevano assieme, la coppia giaceva abbracciata sul letto. C’era, tuttavia, ancora una questione rimasta in sospeso.
Ovvero chiudere il cerchio riguardo all’attentato sul Pianeta Blu. Dopo aver informato Lara circa il possibile destino dei Bad Blood sopravvissuti, il Leader le domandò un’opinione:
“Come dovrei agire?”
“Non lo so” rispose la donna “L’unica cosa che mi sento di affermare, da umana, è che non mi sembrano al di là di ogni redenzione...”
“Che vuoi dire?”
“Nel mio lavoro, sulla Terra, ho indagato sui crimini della peggior risma. Perpetrati da individui, la cui esistenza sembrava dedicata al male. Alcuni uccidevano solo per il gusto di farlo, mi capisci? Qui, non so... è diverso...
Insomma, è pur vero che ad un certo punto, tuo cugino ti aveva sotto tiro, dico bene? Eppure sei ancora qui...
Ritengo che, una volta liberi, se avranno accanto qualcuno che li supporti...forse...
Certo, non abbassare la guardia: sorvegliali sempre, e attendi qualche anno, prima di lasciarli avvicinare ad un’arma... però...”
“Un’altra occasione...” riflettè il Leader. Un concetto impensabile, per gli Yautja. Di solito, chi tradiva, non disponeva di chances aggiuntive.
Dubbioso, guardò i grandi occhi verde smeraldo della compagna. E capì che l’amore poteva davvero stravolgere qualunque cosa.
E chiunque.
Valeva la pena tentare.
Sospirando, mormorò:
“Che vengano risparmiati, allora! E che gli Dèi ci proteggano!”

Gli anni seguenti, diedero ragione a Yar’lath. Col tempo, ognuno trovò il proprio posto nel Clan. La pace e la prosperità regnarono ininterrotte nella Valle.
Paya in persona benedisse e vegliò sulle nuove coppie: da Me’i-kal e Yn’gve, a Yar’lath e Lara. Anche Ma’j-meh e Dubh’gh-las riuscirono a trascorrere la vita insieme, felici.
Per non parlare di David e la sua Dy’m-fna...

Lara e David vissero molte entusiasmanti avventure. Ma tutte queste, sono altre storie.





FINE

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