Don’t Call Me Angel

di ARed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bryant Rd - Waretown NJ ***
Capitolo 2: *** Sacket Ave - Bronx NY ***
Capitolo 3: *** Marbel Hill Ave - Bronx NY ***
Capitolo 4: *** Rose Ave - Staten Island NY ***
Capitolo 5: *** Lauriston Ave - Los Angeles CA ***
Capitolo 6: *** 768 5th Ave - Manhattan NY ***
Capitolo 7: *** Old K10 Rd - Alta Vista KS ***
Capitolo 8: *** 113 Savoy Rd - Windsor MA ***
Capitolo 9: *** West Ave - Crosville TN ***
Capitolo 10: *** West 41st ST - Manhattan NY ***
Capitolo 11: *** 135 Central Park West - Manhattan NY ***
Capitolo 12: *** 26 Duane St - Manhattan NY ***
Capitolo 13: *** 1 Police Plaza Path - Manhattan NY ***
Capitolo 14: *** 1292 Washington Ave Bronx- NY ***
Capitolo 15: *** Edgewater ST Staten Island - NY ***
Capitolo 16: *** 60 Centre ST Manhattan - NY ***
Capitolo 17: *** East 77th ST - Manhattan NY ***
Capitolo 18: *** South Big Lake RD - Three Lakes WI ***
Capitolo 19: *** Hazen St - Bronx NY ***
Capitolo 20: *** Hillsboro RD - Forest Hills TN ***
Capitolo 21: *** Metropolitan Ave - Bronx NY ***
Capitolo 22: *** 74th Street - Queens NY ***
Capitolo 23: *** Sunday Woods Rd - Weston MA ***
Capitolo 24: *** Ridge Rd West - Hamptons NY ***



Capitolo 1
*** Bryant Rd - Waretown NJ ***



CAPITOLO 1
BRYANT RD 
WARETOWN NJ
 
Gennaio 2019
 
Il centro operativo del FBI di New York quel giorno era caotico, sembrava come se qualcosa di importante stesse per succedere. Il problema era che da giorni avevamo quella sensazione. Ma non succedeva nulla, eravamo come bloccati, fermi.
Papà, Direttore del FBI, discuteva animatamente con James Cooper, assistente Direttore non che capo della squadra di cui facevo parte.
Erano settimane che cercavamo tracce del gruppo terroristico che aveva fatto esplodere un edificio federale a Manhattan causando venti morti, tra civili e polizia. Non avevano lasciato nulla che ci riconducesse a loro o alle motivazioni che gli avevano spinti ad agire.
Alice uscì trafelata dall’ascensore, « Che succede? », domandai avvicinandomi.
« Forse abbiamo una pista » , disse raggiungendo i monitor  del centro operativo, « Direttore Swan, Cooper, dovete vedere questo », disse dando il comando dal suo tablet.
« Chi è? », chiese Cooper.
« Nolan Sheperd, contabile della HCU, nessun precedente penale. Sposato e padre di quattro figli. Cittadino modello », rispose con accuratezza Alice, che era a capo del settore informatico. 
« Cosa c’entra con noi? »
« Ha dichiarato alla polizia di aver ricevuto questa lettera a casa sua » , disse mostrando sugli schermi un foglio scritto a mano in corsivo.
« Una lettera? Brandon quante volte ti ho detto di non perderti in cazzate? », James Cooper era un vero bastardo, certo un ottimo agente speciale, ma questo non giustificava i suoi mezzi. Detestava le teorie o le supposizioni, preferiva lavorare su prove o piste tangibili.
« Ti prego Brendon continua », la incoraggiò mio padre.
« Dal giorno dell’attentato, polizia e FBI collaborano, quindi ogni elemento, anche il più stupido viene rilevato dai miei database », con professionalità Alice, ignorò i commenti di Cooper e continuò, « La lettera che Sheperd ha consegnato alla polizia racconta dell’attentato, sembra quasi un articolo di giornale. L’ho analizzata », disse isolando la prima lettera di ogni frase, « Se le mettiamo assieme danno.. questo », sugli schermi comparve un indirizzo.
 
BRYANT RD 
WARETOWN NJ
 
« Ho controllato sulle mappe », riprese Alice, « In quella strada, lunga quattro miglia, ci sono solo due costruzioni: una villa e una vecchia fabbrica di legname in disuso dal 1986 », concluse.
« Potrebbe esserci qualsiasi cosa dentro », disse Cooper con scetticismo.
« Potrebbe.. ma è la prima pista che abbiamo, dovremmo seguirla »
« Allora piccola Swan organizza la squadra Beta, visto che sono solo stupide supposizioni non voglio troppi agenti in campo », alzai gli occhi al cielo e prima che potessi dire qualcosa prese ed uscì dal centro operativo.
« Come diavolo ha fatto a diventare assistente Direttore? » 
« Ha un modo di fare più diretto, arriva al punto e colpisce », rispose mio padre sorridendo sotto i baffi. Papà faceva parte del FBI da più di quarant’anni e da quindici aveva lasciato il campo per dedicarsi al lavoro d’ufficio. Cosa che lo annoiava a morte. Nel 2014 era stato nominato dal presidente Obama Direttore Generale del FBI e questo lo portava ad essere perennemente in viaggio.
Io Isabella Marie Swan ero un agente speciale, dopo anni passati a Dallas avevo chiesto il trasferimento nella grande mela per poter rimanere vicina a madre e a mia sorella Leah. 
« Aggiornami ti prego », il mio collega entrò nello spogliatoio, era sudato e i suoi occhi erano segnanti da profonde occhiaie.
« Emmett sono quasi le otto! »
« I gemelli non mi fanno dormire.. dimmi che oggi non rimaniamo chiusi qui dentro. Ti prego. Ho bisogno d’aria »
« No.. si va in azione, quindi preparati », gli dissi mentre finivo di indossare il mio giubbotto antiproiettile 
Due ore di viaggio e quattro macchine nere del FBI raggiunsero Bryant Road a Waretown nel New Jersey, erano i primi di gennaio e la neve ancora non si era sciolta.
« McCartney con la squadra Beta II a est. Beta I e Swan con me ad ovest », disse Cooper appena scendemmo dalle macchine.
Lo seguimmo lungo il perimetro del vecchio edificio, all’apparenza sembrava abbandonato, ma le scie delle ruote sulla neve facevano intendere il recente passaggio di macchine.
Cooper fece segno con le mani a due agenti di entrare alla prima entrata laterale, io e il resto della squadra lo seguimmo ed entrammo con lui dal retro. 
Una volta dentro mi fece segno di perlustrare l’area, la poca luce era data dalle grandi vetrate, ma nulla mia sembrava sospetto, dava tutto l’aria di essere abbandonato, vecchio e sporco, « Libero », dissi facendo segno di entrare alla squadra.
Sembrava tutto tranquillo, finché non notai dei MP5* sul soppalco alle spalle della squadra, « Alle vostre spalle! », urlai andando a ripararmi dalla raffica di colpi, dietro ad un vecchio macchinario.
Da lì ne seguì una violenta sparatoria, riuscii a farne fuori due, ma non avevo più il campo libero, « Cooper coprimi », urlai. Il mio capo cominciò a sparare verso i due uomini, mentre attraversavo velocemente la stanza per raggiungerlo ed aiutarlo. 
« Coraggioso da parte tua! », mi disse mentre caricava, mi alzai per rispondere al fuoco e poi ritornai da lui, « Sai mi pagano », dissi tirando un ultimo colpo e uccidendo l’ultimo uomo.
« Ottimo Swan.. andiamo verso i sotterranei », disse ma lo presi per un braccio e feci cenno di no, erano di sopra, indicai con la mano.
Cooper mandò due agenti nei sotterranei, mentre io e gli altri tre andammo su, stando ben attaccati al muro.
« Devo ammettere che Brandon aveva ragione », disse mentre perlustravamo il piano superiore, sentivamo ancora dei colpi provenire da giù, « McCartney tutto bene? ».
« Tutto sotto controllo », rispose il mio collega.
« Dovresti essere più carino con lei, non capisco come Victoria ti sopporti », nonostante fosse un gran bastardo, io e James eravamo ottimi amici.
« La sprono a lavorare meglio e mia moglie mi ama », sostenne facendomi segno con le mani di andare verso il corridoio a sinistra, mentre lui si dirigeva al lato opposto.
Non si sentiva più alcun rumore, eppure avevo sentito dei passi, ne ero sicura.
Un leggero scricchiolare mi fece puntare l’arma verso l’ultima porta a destra, da dove uscii un uomo che sparò in mia direzione, ma io fui più veloce e sparai per prima. L’uomo cadde a terra privo di vita.
Dolore.
Voci.
Buio.
« Isabella? », sentivo qualcuno chiamarmi, « Bella? Hey mi senti? », avevo un dolore lancinante alla testa, non riuscivo ad aprire gli occhi.
« Dai tesoro », riconoscevo quella voce.
« Mamma? », dissi aprendo gli occhi, pentendomene immediatamente, cosa ci facevo in ospedale? 
« Leah chiama il medico e di a papà che Bella si è svegliata »
« Cosa è successo? », domandai cercando di riaprire gli occhi, ma molto più lentamente, cosicché potevo abituarmi alla luce fredda della stanza in cui mi trovavo.
« Cosa ti ricordi? » 
« Ero sul campo.. e ho colpito uno dei terroristi e poi eccomi qui », risposi a mia madre, che sorrise debolmente.
« Ecco il nostro agente speciale », disse il dottore entrando nella mia camera.
« Salve », salutai.
« Si ricorda chi è? », mi domandò serio puntando un fascio di luce sui miei occhi.
« Isabella Marie Swan, nata a New York il 13 aprile del 1984, dal 2017 sono un agente speciale del FBI », risposi sicura e fiera.
« Molto bene. Io sono il dottor Rogers primario dell’ospedale. Lei ha subito un forte trauma cranico, ma a primo impatto non si evidenziano danni celebrali », probabilmente era un medico nuovo, non l’avevo mai visto, certo che le mie corse in ospedale erano molto rare, per fortuna.
« Posso tornare a casa? » 
« Dobbiamo fare un ultimo test », disse togliendo il lenzuolo dalle mie gambe, solo in quel momento notai il mio orrendo camice da ospedale bianco a pois blu.
« Muovi le gambe », un senso di panico mi colpì e rimasi ferma, come avrei svolto il mio lavoro se non potevo più camminare? 
« Bella.. tranquilla », disse mia sorella Leah, respirai e mossi entrambe le gambe, il dottor Rogers cominciò a dare vari pizzicotti ed io sentivo tutto. 
« Ora con calma cerca di scendere dal letto e camminare », feci quello che il medico mi chiedeva e mi alzai, camminai per circa tre metri, mio padre mi abbracciò stretto, appena lo raggiunsi.
« Molto bene, firmi le dimissioni ed è libera » 
« Grazie dottor Rogers », il medico uscì dalla stanza ed io rimasi da sola con la mia famiglia, avevano tutti un’aria preoccupata.
« Papà cosa è successo alla fabbrica? »
« Avete smantellato l’organizzazione terroristica, era una cellula composta da quindici uomini di origine asiatica, lavorava in modo autonomo ispirandosi ad organizzazioni terroristiche ben più grandi », rispose mio padre, ma c’era nel suo tono di voce una sfumatura di smarrimento, anni luce dall’euforia che lo caratterizzava quando catturavamo o smantellavamo un’organizzazione criminale.
« La squadra? »
« Stanno tutti bene tranne Cooper », disse evitando i miei occhi, il suo tono non cambiò di una virgola, in che senso James non stava bene?
« Cosa gli è successo? », domandai, temendo la sua risposta.
« C’è stata un’esplosione nell’ala ovest Cooper era lì ed è morto »
Non poteva essere vero, Cooper era un bastardo schifoso ma non doveva morire, lui no, aveva una bambina di pochi mesi, non poteva arrendersi senza combattere.
« Dov’è? »
« Bella è morto non possiamo fare più nulla », mamma mi fermò per un braccio, papà chiuse la porta, perché non capivano?
« Isabella! È uno dei rischi del nostro lavoro! Non fare la debole, arriveranno momenti difficili per l’FBI, non sono permessi sentimentalismi! », disse duro papà ed aveva ragione. Non sarebbe stato facile ma bisognava buttare giù il dolore e accettarne tutte le conseguenze.
Mi asciugai le lacrime, ma la verità era che avrei voluto piangere per ore. Avevo appena perso il mio capo, un amico, il mio migliore amico.
Solo quando uscii dall’ospedale notai che era già mattina, il mio orologio segnava le otto passate, « Bella dove stai andando? », domandò mamma vedendo che non la seguivo, « Al centro operativo », risposi, attendendo il suo essere terribilmente contraria.
« Vieni a casa con me, riposa qualche ora »
« Ho dormito tutta notte.. ciao mamma », la salutai e salii sul primo taxi disponibile, in poco meno di mezz’ora raggiunsi la sede di New York del FBI.  Un’aria pesante circondava il centro operativo, un senso di sconfitta, di morte.
Guardai verso il suo ufficio, da lì a poco sarebbe dovuto uscire da quella porta in vetro, ma il nastro nero sulla maniglia mi ricordò che non sarebbe mai più successo.
« Bella cosa ci fai già qui? », Alice mi venne incontro e mi abbracciò, gli agenti alzarono per la prima volta lo sguardo verso di me.
« Andiamo nel tuo laboratorio ti prego », le risposi, vidi Emmett uscire dalla zona caffè, gli feci segno di seguirci.
Senza dire una parola in più entrammo nell’ascensore per raggiungere il piano superiore dove si trovava il laboratorio tecnico di Alice o meglio il suo regno.
Ogni agente informatico stava seduto alla sua postazione, nessuno fiatò al nostro arrivo, Alice mi condusse ad uno dei sui monitor.
« La fabbrica dove vi ho mandati, stupidamente, era piena di esplosivo », disse Alice facendomi vedere le immagini del vecchio stabilimento parzialmente distrutto.
« Perché non è crollato tutto? », domandò Emmett.
« Non sono esplose tutte le bombe, solo una », cosa significavano le parole di Alice, perché era esplosa solo la bomba che aveva ucciso Cooper?
« Sul posto abbiamo trovato questi », continuò mostrandoci una serie di carte, « Sono i progetti dell’attentato all’edificio federale, con le X hanno indicato i punti esatti dove hanno messo l’esplosivo ».
« Bene, almeno gli abbiamo presi », dissi uscendo dal laboratorio. C’erano tanti punti che non mi tornavano ma le risposte sembravano così difficili da ottenere.

La cappella della Trinity Church era piena, erano passati solo tre giorni dalla morte di Cooper, ed ancora non mi sembrava vero. Da un lato la sua famiglia, dall’altro tutti gli agenti del FBI di New York e i gradi più alti del FBI nazionale.
La bara di James, coperta dalla bandiera a stelle e strisce era al centro, a lato il pastore Common celebrava il funerale.  Tutto in religioso silenzio, tutti perdenti davanti alla morte.
« Prima di essere un uomo di legge, un agente speciale del FBI, James era un padre affettuoso e un marito perfetto. È morto per la sua patria  e la nostra bambina sarà sempre orgogliosa del suo papà », la voce rotta di Victoria risuonò in tutta la chiesa, nessuno più di lei stava soffrendo, ma dimostrava una forza incredibile, leggevo rabbia nei suoi occhi. Paura.
« James era un ottimo agente, un buon amico, ha diretto con onore l’ufficio del FBI di New York, uno dei più difficili. Non si è mai messo al di sopra dei suoi colleghi, ha sempre lavorato e collaborato con loro, mostrando così le sue capacità e intelligenza », conclusi, non avevo letto niente di quello che mi ero scritta, avevo tenuto la testa alta guardando un punto non ben definito, ma evitando gli occhi di Victoria. Perché solo in quel momento mi resi conto di quanto mi sentissi in colpa.
« L’etica, la dedizione al suo lavoro, hanno reso l’agente speciale assistente Direttore James Alan Cooper un esempio da seguire per le nuove leve del FBI. Rendendo il Bureau fiero di aver avuto un membro della sua altezza », il Direttore Charlie Swan non mostrava segni di debolezza, l’abitudine mi dicevo, eppure io conoscevo bene mio padre, una parte di lui moriva quando un giovane agente cadeva in missione.
« Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Lettera a Timoteo** », concluse mio padre facendo il saluto militare davanti alla bara di James e tornado a sedersi in prima fila.
All’uscita della bara il suono delle cornamusa e ventun colpi d’arma da fuoco diedero l’ultimo saluto a Cooper, e un’unica lacrima sfuggì dai miei occhi.
Tornare alla centrale operativa non era semplice dopo quell’ultimo saluto, che rese quella tragedia ancora più vera e tangibile.
« Agente speciale Swan; il direttore del FBI, il vicepresidente degli Stati Uniti, Il Procuratore generale e il direttore dell'Intelligence Nazionale la aspettano nell’ufficio dell’Assistente Direttore », mi disse Emma, una delle nuovi agenti arrivate direttamente da Quantico.
« Grazie », cosa volevano i piani alti da me? Probabilmente chiedevano rapporto su quanto successo allo stabilimento il giorno della morte di Cooper. Washington aveva aperto un’inchiesta interna. Mio padre mi aveva spiegato che era una procedura obbligatoria in caso di morte di un agente.
Bussai alla porta di vetro, il nastro nero era ancora legato alla maniglia, « Avanti », disse il vocione di mio padre, entrai e mi ritrovai davanti quattro delle figure più importanti degli Stati Uniti.
« Isabella ti presento Melanie Collins, Procuratore generale degli Stati Uniti d’America, Leonard Parker, Direttore dell’intelligence nazionale e Nicholas Adams, vicepresidente degli Stati Uniti d’America », strinsi la mano a tutti e tre.
Nessuno si sedette, mi fissavano tutti come se fossi sul patibolo in attesa della mia esecuzione, l’attesa era snervante, « Agente speciale Swan », prese la parola il direttore Parker, « La recente e prematura scomparsa dell’assistente Direttore James Cooper ha colpito tutti noi, ma come lei  ben sa, bisogna continuare ad onorare e fare, al meglio delle nostre possibilità, il nostro lavoro ».
« Abbiamo visionato decine di candidati », continuò Melanie Collins, « E nessuno come lei ha leadership, abilità ed integrità », non capivo, o meglio non volevo farlo, era chiaro quello che mi stavano comunicando, eppure avevo paura, « Caratteristiche fondamentali per il Direttore della sede del FBI di New York », il mio cuore si fermò.
Il vicepresidente Adams prese la parola, « Ed è per questo motivo, che a nome del Presidente degli Stati Uniti d’America, nomino lei, Isabella Marie Swan Direttore dell’ufficio del FBI di New York, nonché assistente Direttore del Capo del FBI », mi pose la mano e, con gesto automatico, la strinsi. 
« Congratulazioni », strinsi le mani di tutti i presenti, papà mi abbracciò mettendomi in estremo imbarazzo. Perché avevano scelto me? In sede c’erano agenti ben più pronti di me: Emmett, Garrett, Hannah. Perché io? 
« Non lo pensi », mi voltai verso il Procuratore Collins, « Abbiamo scelto lei per le caratteristiche che le abbiamo descritto non perché è la figlia del Direttore del FBI » , disse mostrando un timido sorriso che ebbe, però, il potere di tranquillizzarmi.
« Puntiamo molto su di lei », disse il vicepresidente.
« Bene credo sia arrivato il momento di rendere il tutto ufficiale Direttore Swan, si segga e comici a firmare », papà sorrise. Ricambiai. 
Il mio sorriso svanii quando notai il posto che mi stava indicando, era la poltrona di Cooper, ero il suo successore.
« È tua, James approverebbe la nostra scelta », annuii e prendendo un respiro profondo mi sedetti, papà mi passò la sua penna, « In attesa di quella ufficiale », mi fece l’occhiolino.
Firmai una serie infinita di documenti, essere Direttore significava avere a che fare con scartoffie e riunioni ogni giorno.
Il telefono squillò, fu mio padre a rispondere, « È arrivato? », a chi si riferiva? Firmai l’ultimo foglio e Richard, l’assistente di mio padre, prese tutti i documenti.
« Molto bene, fatelo pure entrare », concluse mettendo giù il telefono, pochi istanti dopo sentimmo bussare alla porta di vetro. Nessuno parlò, mi guardavano tutti e capii il motivo dei  loro sguardi, « Avanti », mi sorrisero, da pochi minuti quello era il mio ufficio.
La porta di vetro si aprì, un ragazzo alto dai capelli castani, che non avevo mai visto, entrò.
« Scusate il ritardo », disse richiudendosi la porta alle spalle, vestiva un completo nero, probabilmente era presente al funerale.
« Non si preoccupi », lo rassicurò mio padre, che passò immediatamente alle presentazioni, il ragazzo non dimostrava nessun tipo di emozione, « Piacere, agente speciale Edward Cullen », si presentò.
« Infine abbiamo Isabella Swan, neo direttore della sede del FBI di New York », si voltò verso di me, lo guardai in volto per la prima volta, cambiò espressione. Sorrise educatamente.
« Piacere Cullen », strinsi anche la sua mano.
« L’agente speciale Cullen ha lavorato alla sede di Washington e per motivi che di seguito vi  enunceremo è stato trasferito a New York. Lui sarà il tuo vice », disse papà dandomi informazioni importanti sull’ultimo arrivato.
« Pensavo fosse Emmett », dissi troppo tardi per rendermene conto.
« Cosi è stato deciso Isabella. Ora, vi prego di seguirmi in sala conferenze, dobbiamo comunicare allo staff le decisioni prese »
Senza dire nulla lo seguimmo, fuori dal mio nuovo ufficio non c’era nessuno, probabilmente erano già seduti sulle poltrone blu, pronte a conoscere il loro destino.
Quando entrammo si alzarono tutti in piedi, mio padre ci fece cenno di seguirlo sul palchetto, prese il microfono e cominciò a parlare alla sala, « La dolorosa scomparsa dell’assistente Direttore Cooper ha lasciato un grande vuoto e dirgli addio questa mattina non è stato semplice, ma il lavoro del FBI deve continuare. Questa mattina è stata presa una difficile decisione, ma alla fine si è arrivati ad un nome », mio padre si voltò verso di me e mi fece cenno con la mano di avvicinarmi, « Da oggi Isabella Marie Swan è il nuovo Direttore della sede del FBI di New York », leggevo una sfumatura d’orgoglio nella sua voce. 
In sala partì un timido applauso, alzai lo sguardo e guardai in faccia i mie colleghi e capii che avrei dovuto dare il 200% di me stessa  per dimostrare che anche una donna, anche se figlia del direttore, sarebbe stata in grado di gestire il Bureau del FBI più complicato dopo quello di Washington.
__________________
Era il 2015 e su Italia 1 veniva trasmesso il promo di una nuova serie TV, Blindspot, me ne sono innamorata, saranno stati i misteri, la trama i personaggi, sta di fatto che da quel momento il mio cervello si è messo a pesare..
Ho lasciato quest’idea per anni chiusa in un cassetto, non sapevo bene quello che volevo..
Poi, come con Million Years Ago, mi è semplicemente bastata una canzone.
Spero vi piaccia, a venerdì.
♥️
 
*Pistola Mitragliatrice 
**Seconda Lettera a Timoteo cap.4, 6-8
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Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. I nomi e i cognomi utilizzati, eccetto quelli del mondo Twilight, sono di pura fantasia.
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Capitolo 2
*** Sacket Ave - Bronx NY ***


Dove eravamo rimasti..
Nel corso di una missione il direttore della sede del FBI di New York rimane vittima di un’esplosione, dopo il suo funerale Isabella Swan viene nominata suo successore.
 
CAPITOLO 2
SACKET AVE
BRONX NY
 
Gennaio 2019
 
Il vicepresidente mi fece cenno di perdere il microfono e fare il mio primo discorso da direttore, con timore presi la parola, « Non è facile quello che mi è stato chiesto di fare, ricoprire questa carica significa avere sulle spalle l’intero centro operativo di New York. Significa prendere il posto di un ottimo direttore. Non so se ne sarò in grado, ma giuro solennemente di provarci. Renderò onore e prestigio a questo ufficio.  Grazie », conclusi, sentendomi più tranquilla.
« Congratulazioni Direttore », Alice mi abbracciò, dopo di lei Rosalie, la nostra psicologa, poi Emmett. Pensavo di leggere delusione nei suoi occhi, ma quello che ne percepii era tutt’altro, « Se lo avessero chiesto a me non avrei accettato, lo faccio per i miei figli », disse per poi abbracciarmi.
Strinsi tantissime mani nella mezz’ora successiva, forse l’astio che avevo percepito entrando non c’era, o molto più probabilmente sapevano ben nasconderlo davanti ai grandi capi.
« Direttore Swan, vicedirettore Cullen vi chiedo di seguirci al laboratorio », disse il capo dell’intelligence nazionale, Cullen mi guardò alzai le spalle, non sapevo cosa volevano dirci, probabilmente il motivo del suo trasferimento a New York, pensai.
Il laboratorio era vuoto, se non per la presenza di Alice, al centro c’era un tavolo bianco con un telo grigio sopra, « La scientifica ha controllato ogni centimetro della fabbrica dove l’agente speciale Cooper ha perso la vita », disse mio padre, non riuscivo comunque a capire la presenza dei grandi capi nel laboratorio.
« Tra le macerie hanno trovato questo », disse il direttore dell’intelligence sollevando il telo grigio, apparve un specie di scatola di latta.
« Cos’è? », domandai avvicinandomi.
« Non sappiamo il suo contenuto, sappiamo solo che è rivestita da uno spesso strato di titanio », disse Alice, « Ho cercato di aprirla, così analizzandola con una lente di ingrandimento ho notato che sul lato destro in basso ha un’incisione », prese la scatola e la girò verso di noi, ma le scritte erano troppo piccole per essere lette ad occhio nudo. 
Alice mi passò una lente d’ingrandimento, la posizionai e ne lessi il contenuto:
 

« Il primo è il mio numero di matricola a Quantico, non conosco il secondo », dissi sollevando lo sguardo e notando che tutti mi stavano guardando come se si aspettassero che nelle mie mani la scatola si aprisse all’improvviso.
« Posso? », mi domandò Cullen al mio fianco, annuii e gli passai il tutto, « Il secondo numero è mio », disse lasciandomi senza parole. Perché in una scatola in titanio c’erano incisi i nostri numeri di matricola?
« Esattamente, ed è per questo motivo che è stato trasferito a questo ufficio, non sappiamo il contenuto della scatola, ma è chiaro che è qualcosa che vi riguarda entrambi », disse mio padre.
« Direttore, ho continuato a lavorare sulla scatola e facendo un po’ di pressione.. ho sollevato la parte superiore, che però non apre la scatola, è una sorta di doppio coperchio », Alice riprese la scatola dalle mani di Cullen e, con delicatezza, la posò sul tavolo. Prese un bisturi da chirurgo e sollevò il coperchio, tutti si avvicinarono come attratti da una calamita.
Il secondo coperchio rivelava al centro due meccanismi di apertura di un armadietto scolastico, « È solo un ipotesi, ma forse vi richiede il vostro codice a quattro cifre di apertura dell’armadietto che utilizzavate a Quantico ».
« Ci sono altri modi? », domandò il vicepresidente.
« Si, potrei collegarlo a un generatore casuale di codici, ma potrebbe impiegarci dai pochi istanti a giorni interi », rispose Alice.
« Allora proviamo », dissi inserendo il mio codice, 1912, non l’avevo mai cambiato, anche Cullen lo inserì, ma non successe nulla.
« Non va », sussurrò.
« Invertitevi », suggerì Alice, passai al lucchetto di destra, « Fatelo assieme ».
« Al mio tre », dissi continuando a percepire lo sguardo di tutti addosso, « Uno, due, tre », sentimmo qualcosa scattare all’interno della scatola, con timore sollevai il secondo coperchio. All’interno era pieno di fogli, ricoperti da una miriade di disegni e scritte senza senso, « Fermati! », urlò Alice, si allontanò dal tavolo e tornò con dei guanti bianchi per me e Cullen.
Indossammo i guanti ed entrambi prendemmo i fogli in mano, per il resto la scatola era vuota, chi si voleva prendere gioco del FBI?
« Cosa sono? », chiese mio padre, mi avvicinai a lui e glieli mostrai, il vecchio Swan, mi aveva insegnato molto del suo lavoro; per quanto stupida ed insignificante potesse sembrare una cosa, aveva sempre dietro di se una lunga storia da raccontare.
« Alice, analizza questi fogli e cerca di ricavarne quante più informazioni possibili », dissi prendendo il comando della situazione.
« Subito », Alice prese tutto il contenuto della scatola e si mise immediatamente al lavoro.
« Isabella quando avete novità chiamateci, noi siamo in sala riunioni », disse mio padre, uscendo dal laboratorio assieme alle alte cariche.
« Quando hai frequentato Quantico? », domandai a Cullen sedendomi sulle poltrone che c’erano davanti alla mia nuova scrivania, ci eravamo messi lì per non disturbare Alice.
« Nell’autunno 2007, a gennaio dell’anno dopo sono stato trasferito a Chicago, poi una volta diventato agente speciale, nel 2016, ho accettato l’incarico a Washington », rispose educatamente prendendo posto davanti a me, che non avevo avuto il coraggio di sedermi sulla poltrona principale, « E tu? ».
« Primavera 2008, Dallas poi New York », risposi cercai di di capire cosa legava me e il mio nuovo collega, lo avevano trasferito qui, quindi qualcuno voleva che lavorassimo insieme? Ma a cosa? Con quale scopo?
« Vieni ti presento la squadra », dissi alzandomi, stavo cominciando ad avere un terribile mal di testa, uscii dall’ufficio che dava sul centro operativo.
« Agente Cullen le presento l’agente speciale Emmett McCartney, l’agente speciale Katherine Brook », dissi con tono fermo, mi meravigliai di vedere Kate, per quello che ne sapevo era ancora in ferie.
« Man mano conoscerà tutti i dipendenti di questo ufficio federale », Emmett sapeva essere molto accogliente con i nuovi arrivati, io un po’ meno.
« Non riuscivo a stare a casa dopo quello che è successo », mi disse Kate mentre prendevamo assieme l’ennesimo caffè della giornata.
« Non mi sembra ancora vero Kate. Guardo verso quella porta e mi sembra di vederlo uscire, non oso immaginare come stia Victoria », risposi.
Chiesi ad Alice di inviarmi le scansioni dei disegni, erano venti in tutto, sembravano tra loro collegati, ma non capivo secondo quale criterio.
Il nuovo arrivato passò con me l’intero pomeriggio, ma non arrivammo a nessuna conclusione, verso le sette Alice chiamò, aveva finito di analizzare i disegni.
« Ho analizzato il tipo di carta, la grafite della matita utilizzata, ma sono fogli comuni disegnati con una comune matita da scuola. Cose reperibili in ogni negozio su suolo americano », ci spiegò Alice nel suo laboratorio. 
Collins, Parker e Adams, erano ancora lì, stavamo parlando di sicurezza nazionale, e in qualche modo, a noi ignoto, Cullen ed io eravamo la chiave.
« Sostanze strane? », chiese Cullen.
« Non c’è nulla, se non fosse per la grafite, sarebbero completamente sterili » 
« Un’impronta? Marcature strane sui fogli? », ogni indizio, anche il più stupido ci poteva portare a qualcosa, ma quei disegni apparentemente così innocui erano la cosa più difficile e complicata che avessi visto da quando ero un agente del FBI.
« Nulla, un tratto talmente leggero da sembrare un foglio bianco, nemmeno i fogli stampati sono così lisci »
« Può riordinare i fogli partendo dall’ordine in cui sono stati trovati all’interno della scatola? », suggerì l’agente speciale Cullen.
« Certamente.. ecco fatto », Alice predispose sul suo grande schermo i disegni, così come erano usciti dalla scatola, formando un lungo serpente.
« Non hanno senso », disse il vicepresidente Adams.
Dovevano per forza avere una logica, altrimenti chiunque gli avesse lasciati alla fabbrica si voleva semplicemente prendere gioco di noi.
Venti disegni, apparentemente senza senso. Venti disegni.
« Invece si.. ponili su una griglia 4x5 partendo dall’angolino in basso a destra e invertendo l’ordine », dissi tramutando in parole quello che la mia mente mi suggeriva, Alice costruì una tabella sul grande schermo e ad uno ad uno mise i disegni sui quadranti della griglia.
I disegni ora sembravano raggiungere un primo significato: in quasi tutti i fogli c’era disegnata una linea, leggermente più spessa delle altre, e messe insieme sulla griglia formavano un paio di ali. 
« Intuizione.. uno dei motivi che ci hanno spinti a scegliere lei come nuovo assistente Direttore », disse il capo dell’intelligence.
« Sono le ali di un angelo.. ne ho visti molti in giro per le città », disse Cullen, effettivamente guardandole bene erano quello che mi ricordavano.
« Alice isola le ali dell’angelo e cerca di capire a cosa potrebbero appartenere: graffiti, murales, pubblicità con questo disegno » 
Brandon si mise subito al lavoro, in tempo reale fece scorre l’immagine su centinaia di altre immagini prese dal server del FBI.
« Eccolo è un murales in Sacket Avenue, nel Bronx, vicino alla New Apostolic Church », disse Alice facendo vedere il muro su cui era disegnato l’angelo grazie alle mappe in 3D.
« È lui », Emmett disse quello che ognuno di noi stava pensando.
« Più o meno »
« Si spieghi », la incitò mio padre.
« La corrispondenza non è del 100% », disse zoomando sulla parte inferiore delle ali dell’angelo, « In questo tratto come vedete la linea è rossa e non verde ».
Alice per facilitare la lettura della griglia aveva adoperato il sistema “battaglia navale”, ad ogni colonna corrispondeva una lettera e ad ogni riga un numero.
« In cosa si differenzia? », domandai.
« Nel murales un piccolo tratto dell’ala in D4 manca, perché l’artista che l’ha disegnato lo ha utilizzato per firmarsi », disse isolando la scritta, dal murales.
 
KUDO 
 
« Sappiamo qualcosa di lui? »
« È morto di overdose un anno fa », mi rispose con prontezza, Alice aveva capacità di analisi e di ricerca invidiabili.
« Nei disegni a cosa corrisponde la firma dell’artista? », la domanda di Cullen era giusta e seguiva alla perfezione il ragionamento che avevo fatto anche io.
« Numeri », Alice ingrandì il disegno e quattro cifre comparvero chiare sullo schermo.
 
2  0  1  9
 
« 2019? È l’anno in cui siamo », constatò Emmett.
« E se fosse un orario? », suggerì Katherine.
« Non siamo in Europa, non utilizziamo il sistema a ventiquattro ore », gli rispose Emmett.
« Brandon può.. », notai Alice alzare gli occhi al cielo mentre si voltava verso di noi, odiava che qualcuno la chiamasse per cognome, eccetto che dai suoi superiori.
« Cullen nella mia squadra ci si da tutti del tu », intervenni, di base avevamo tutti la stessa età, più o meno.
« Perfetto, Brandon puoi.. »
« Preferirei Alice », puntigliosa, tra i suoi difetti. Il nuovo arrivato sembrava già esasperato, caro mio questo è solo il tuo primo giorno.
« Benissimo Alice, puoi zoommare sul tratto appena prima e appena dopo le quattro cifre? » 
« Certamente.. ecco qui », accanto al 2 e accanto al 9 si potevano ben distinguere che il tratto non era più lineare ma era formato da tante piccole H.
« H… è un orario » 
« Direi di andare a fare un giro nel Bronx », era già buio, visto che erano passate da poco le sette e venti.
« Direttrice Swan la lasciamo al suo lavoro, confidiamo in lei e nella sua squadra per la risoluzione di questo caso », disse la Collins, mi fece molto piacere sentirmi chiamare Direttore al femminile.
Il Direttore del FBI, il Procuratore generale, il Direttore dell’intelligence nazionale  e il vicepresidente degli Stati Uniti d’America uscirono dal laboratorio di Alice, mio padre mi aveva comunicato che avevano un’importante riunione al Pentagono.
« Emmett prepara la squadra Alfa e tu Cullen.. », era il momento di andare sul campo. Il nuovo arrivato mi guardò con una faccia da schiaffi che mi metteva un nervoso addosso. Ora che i capi se ne erano andati cominciava a fare il pagliaccio?
« Avevi detto niente cognomi »
« Shh.. Tu sarai a capo della squadra Beta, Alice inviaci l’indirizzo del murales », le dissi.
« Okay, avviso anche Alfa e Beta di prepararsi », con Alice eravamo diventate prime colleghe e subito dopo grandi amiche, c’era un bellissimo feeling tra noi due ed in team lavoravamo benissimo.
« Veloci abbiamo meno di un’ora » , dissi uscendo per dirigermi allo spogliatoio e prepararmi, seguita da Emmett e Cullen.
L’indirizzo ci portò nel cuore del Bronx, il murales si trovava esattamente davanti ad una stradina buia, che io e il mio team utilizzammo per appostarci con le macchine senza essere visti.
« Per te sono Cullen? », mi domandò il mio vice, eravamo nella stessa macchina con due agenti della squadra Beta II,  Noah e Caleb.
« Direi di si », dissi tendendo lo sguardo fisso al murales, mancava un solo minuto alle 20:19.
« Bene per me tu sei Swan allora », ci stava per caso già provando? Dovevo ammette che era un bellissimo uomo, ma non era quello che cercavo, perché di base non cercavo nulla. Il nostro lavoro non è adatto alle relazioni.
« Guarda », una signora ben vestita, per essere una del Bronx, passò camminando con tranquillità davanti al murales. Pochi istanti dopo, quando l’orologio segnò le 20:19 arrivò un uomo, « È un luogo di scambio? », ipotizzò Cullen.
 « Non ho la visuale. Emmett? », dissi sperando che il segnale radio funzionasse.
« Credo che la signora abbia lasciato qualcosa sul cestino e che l’uomo l’abbia appena presa, mi pare sia un foglio », rispose prontamente Emmett.
Notammo l’uomo salire su una macchina, « Squadra Beta I inseguite una Chevrolet scura targata  1709 – SM  », la signora sembrava come essersi materializzata.
« Bella? Mi senti? », la voce di Alice risuonò in tutta la macchina.
« Dimmi pure »
« Ai lati delle H, scritti allo specchio ci sono altri due indirizzi, che terminano con le cifre 2036 e 2043, potrebbero essere altri due punti di scambio », sicuramente.
« Manda il primo indirizzo sul telefono di Emmett e il secondo al mio », dissi chiudendo la comunicazione, Alice ci fece immediatamente avere il secondo indirizzo.
« Emmett, Katherine e squadra Alfa andate al primo indirizzo », io e Cullen con i due membri di Beta II raggiungemmo il secondo indirizzo, sempre nel Bronx, e ci ritrovammo nuovamente davanti ad una scena simile a quella precedente.
L’uomo in giacca e cravatta salì su una Porsche Carrera bianca, senza farci vedere la seguimmo per quaranta minuti, quando la sua macchina sparì dietro ad un cancello a Cresskill, New Jersey.
« Emmett, squadra Alfa e Beta I, dove siete? »
«  Nei pressi di Cresskill, a Tamarck Road », mi rispose Emmett, guardai sullo schermo della macchina e notai che erano proprio davanti a noi.
« Anche noi », mi rispose Lauren, agente della Beta I.
« Molto bene.. spegnete le luci ed uscite fuori », dissi dando l’ordine, «  Squadra Alfa I e Emmett sul lato Ovest, Alfa II e Katherine sul lato Nord, Beta I e Cullen lato Est, Beta II con me ».
Io e la mia squadra andammo verso l’entrata principale, due uomini armati sorvegliavano il cancello, brutto segno. Feci segno a Noah e Caleb di sorprenderli ai lati, io gli avrei coperti.
Com due colpi decisi le due guardie caddero a terra, perdendo i sensi, mi avvicinai e presi loro il badge per aprire il cancello.
Entrammo dentro l’immenso giardino della villa da dove proveniva tantissima musica, sembrava tutto tranquillo, ma qualcuno notò la nostra presenza e cominciò a sparare verso di noi, io e la mia squadra rispondemmo ma le armi che sparavano verso di noi erano troppe e noi solo in tre. « Swan? Tutto bene? », era la voce di Cullen.
« Si.. ma sono troppi per noi », dissi nascondendomi dietro ad un albero.
« Arriviamo.. il retro è.. », non sentii più la sua voce, ma solo una raffica di colpi, che cazzo stava succedendo? « Cullen tutto bene? » 
I colpi verso di noi cessarono, stavano caricando, « Swan ne abbiamo fatti fuori cinque.. ora arriviamo », sospirai sollevata, « Abbiamo il tiro ».
« Ora! », urlai ed uscimmo allo scoperto, con un colpo a testa riuscimmo a buttar giù otto uomini. 
« Emmett, Katherine? » 
« Il lato ovest è libero », disse Emmett, probabilmente le guardie si erano sposate tutte verso di noi quando avevano sentito gli spari.
« Abbiamo liberato il lato nord », mi rispose Katherine, « Bene io e la squadra Beta entriamo voi sorvegliate il perimetro ».
« Bella? »
« Dimmi Alice », dissi avvicinandomi all’entrata, probabilmente le guardie stavano solo all’esterno, perché non avevano comunicato con l’interno.
« Tramite il riconoscimento facciale ho scoperto chi è la donna che è passata davanti al murales, è Suzanne Smitthen, condannata per sfruttamento della prostituzione e tratta di esseri umani » 
« Credo che non ci siano guardie dentro perché uomini ricchi e facoltosi sono presi a fare ben altro », disse Cullen strappandomi un sorriso.
Seth, membro della Beta I posizionò un piccolo esplosivo davanti all’entrata. Due secondi dopo, un forte rumore, la porta era aperta, un leggero calcio e la buttammo giù, Caleb lanciò un fumogeno, « FBI », urlai per farmi sentire al di sopra della musica che era assordante.
Con due colpi secchi Cullen colpì le due casse e fu così che cominciarono le urla, « Mani in alto! Tu triplo mento butta giù quella pistola o ti ritrovi una groviera al posto del petto! »,  dissi avanzando verso il lussuoso salone.
La scena che avevo davanti era raccapricciante, luridi bastardi in giacca e cravatta seduti su divani pregiati tra ragazze a petto nudo, altre le avevano messe sul tavolo, completamente nude, a fare da vassoio umano. Altre ragazze erano sbattute al muro da uomini con i pantaloni slacciati. I miei agenti andarono a separali, « Rimettiti i pantaloni coglione! », urlò Lauren. Le ragazze, tutte giovani, tremavano. Dai piani alti provenivano rumori, urla. 
« Katherine, Emmett! Alfa! Dentro! », urlai dalla rabbia, « Io vado di sopra ».
« Vengo con te »
Emmett e Katherine entrarono, dalla loro faccia lessi l’orrore davanti a quella scena, « Alice chiama i rinforzi e delle ambulanze, voi due controllate la sala, soprattutto lei », dissi indicando la donna che avevamo visto al murales, stava cercando di uscire da una porta di servizio laterale, sparai verso un quadro vicino, si bloccò sul posto. « Non osare muoverti da lì! Emmett prendila », ordinai.
« E se qualcuno di voi osa muoversi, farà la fine di quel quadro »
Salimmo le scale, le urla continuavano, non si erano accorti di nulla, la squadra Beta ci seguì. Ognuno si posizionò davanti ad una porta, erano chiuse a chiave, con un colpo ben mirato alla serratura le aprimmo, quello che i miei occhi si trovarono davanti mi fece venire la nausea.
Una ragazza completamente nuda era legata alla struttura del letto, in ferro battuto, mentre un uomo, anch’esso nudo, era sopra di lei, ma guardava me.
« FBI.. allontanati immediatamente »
« Uuhh.. mi piace.. non sapevo Suzanne avesse introdotti i travestimenti », disse alzandosi dal letto, puntai l’arma verso di lui, « Oh si.. anche tu ti travestirai con una bella tuta arancione », gli dissi facendo scattare l’arma di servizio. Impallidì all’istante. 
« Ora o ti vesti o proviamo quanto sia vera questa pistola », si mise immediatamente i pantaloni, la ragazza continuava a piangere, sul corpo aveva segni anche non recenti delle frustate che quel bastardo le aveva inflitto.
Un agente del FBI entrò nella camera, « Portalo giù », gli ordinai.
Mi avvicinai alla ragazza, tremava, dal comodino presi le chiavi delle manette e la slegai, le passai la vestaglia e quando la indossò mi abbracciò, « Shh.. è finita, è finita », le dissi ricambiando l’abbraccio.
« Suzanne Smitthen la dichiaro in arresto per sfruttamento della prostituzione, segregazione e tratta di esseri umani. Ha diritto a rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà o farà potrà e sarà usata contro di lei in tribunale », dissi leggendo i diritti davanti a colei che aveva permesso quello schifo.
Ventisette uomini, tra cui due senatori, vennero portati via, le ragazze vennero soccorse. Tornammo in sede, Suzanne venne portata direttamente nelle celle del FBI, il giorno dopo l’avrei interrogata, ma le testimonianze di trenta ragazze bastavano per garantirle l’ergastolo.
« I nomi delle ragazze corrispondo  ai nomi delle passeggere che viaggiavano su un pullman provenite dal Messico, sparito nel settembre 2016 poco prima di raggiungere il confine con gli Stati Uniti », ci informò Alice nel suo laboratorio.  
« Le ragazze hanno dai 18 ai 23 anni, sono in uno stato mentale completamente alterato da sostanze stupefacenti e torture. Hanno paura di tutto », Rosalie aveva lasciato i gemelli a sua madre e si era precipitata in sede appena Emmett l’aveva informata di quello che avevamo trovato in quella villa.
« Si può fare qualcosa per loro? »
« Si.. verrano portate in una casa famiglia e seguite costantemente da medici e psicologi, sarà dura ma torneranno a sorridere. Io personalmente seguirò il loro percorso », mi rispose ed io le credevo, mi fidavo di lei.
« Portatela via », avevo passato due ore chiusa nella sala interrogatori con Suzanne Smitthen, si proclamava innocente e che lei stessa era vittima come le ragazze, a quelle parole avrei tanto voluto spaccarle la faccia.
« Come è andata? », mi domandò Cullen.
« Non ha parlato.. peggio per lei, le prove contro sono schiaccianti », risposi prendendomi il mio meritato caffè.
« Ogni giorno la Smitthen, nei tre indirizzi, lasciava un bigliettino con l’indirizzo della villa dove si sarebbe svolto il festino. Sempre alla stessa ora; il primo alle 20:19, il secondo alle 20:36 e l’ultimo alle 20:43 », ci spiegò Alice.
I disegni ci avevano portato ad arrestare una donna spregevole, erano un aiuto, un’importante risorsa per l’FBI. Seguirli sarebbe stato pericoloso? 
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Esiste una parola per dirvi GRAZIE? Non lo so, ma vi dico semplicemente grazie, in tantissime avete letto il primo capitolo, spero con tutto il cuore che anche questo secondo vi sia piaciuto e che abbiate cominciato a capirne qualcosa. Io ancora no 😝.
Grazie mille di tutto care fanciulle ♥️
 
A venerdì 
Ps. Vi aspetto su Instagram ( @AlmaRed25 ) per tutti gli aggiornamenti ♥️
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Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. I nomi e i cognomi utilizzati, eccetto quelli del mondo Twilight, sono di pura fantasia.
Tutti i diritti sono riservati. È vietato qualsiasi utilizzo, totale o parziale, dei contenuti.
 

Ispirazione: Blindspot 1x14

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Capitolo 3
*** Marbel Hill Ave - Bronx NY ***


Dove eravamo rimasti..
Dopo essere stata nominata Direttore dell’ufficio del FBI di New York, Bella viene a sapere che alla fabbrica dove è morto Cooper, hanno trovato una scatola con incisi i numeri di matricola suo e di Edward Cullen, che entra a far parte della squadra.
I disegni rivelano un angelo, Alice nota un indizio che li porta ad arrestare una donna per sfruttamento della prostituzione.
 
CAPITOLO 3
MARBLE HILL AVE
BRONX - NY  
 
« Grazie per l’attenzione », avevo passato la mattinata più noiosa della mia vita, le riunioni per il bilancio mensile erano la cosa più pesante a cui avessi mai assistito.
« Caffè? », la faccia simpatica di Rose si affacciò all’entrata della sala conferenze, non appena si era svuotata.
« Mi salvi la vita, ho passato tre ore a sentire che sforiamo il budget ogni mese e che c’è un eccessivo consumo di caffeina in questo ufficio », le dissi prendendo la tazza che mi stava porgendo.
« La caffeina stimola il cervello parola di psicologa »
« Oggi è il grande giorno », dissi ricordando che era il compleanno dei gemelli mentre uscivamo dalla sala conferenze del centro operativo.
« Già.. Emmett ha comprato una torta che è finita a terra perché Jackson e Miley  hanno ben pensato che il tavolo in marmo italiano stesse meglio senza la tovaglia di Walmart da tre dollari e cinquanta »
Rose era felice, si illuminava tutta quando parlava dei suoi bambini, a volte invidiavo quella luce che aveva nei occhi, ma ero consapevole che per me mettere al mondo un figlio significava  esporlo al rischio della mia assenza. Non avevo quel coraggio. 
« Buongiorno signorine », Cullen uscì dall’ascensore, era tutto rosso in viso, probabilmente era reduce dall’allenamento che io avevo saltato per assistere alla riunione.
« Buongiorno, a Bella prima che me ne dimentichi, ero venuta a cercarti per dirti che »
« Non darmi compiti noiosi ti prego », la supplicai.
« Sei il direttore. Ti tocca »
« Dimmi » 
« Mi serve la lista dei agenti che vuoi sottoporre a seduta », mi disse.
« Non sono obbligatorie ogni tre mesi per tutti? », le domandai non capendo perché fosse diventato un compito del direttore, di solito Rose organizzava da sola le sedute.
« Washington vuole una relazione sulla condizione psichica degli agenti dopo la morte di Cooper, per farla ho bisogno dell’autorizzazione del capo dell’ufficio di New York », disse seria.
Si dice che il tempo curi le ferite, che tutto passa, ma la verità era che quel senso di morte e sconfitta, ancora aleggiava nell’aria.
« Va bene.. entro domani mattina sarà sulla tua scrivania », le risposi sentendo i sensi di colpa salire a galla.
L’Apple Watch che avevo al polso suonò, era Alice, aveva trovato qualcosa, da giorni lavorava suoi disegni.
Cullen richiamò l’ascensore ed assieme salimmo al laboratorio, Emmett e Katherine erano già lí, « Hai trovato qualcosa? », domandai.
« Questi disegni sono una fonte inesauribile di informazioni. Andando infatti sul tratto dell’angelo nei disegni E4 – E3 », disse partendo in quarta. I due disegni comparvero alle sue spalle.
« Perché sei andata lì? », domandò Cullen.
« A cavallo tra D4 e E4, dove ho trovato gli indirizzi che ci hanno portato ai punti di scambio di Suzanne Smitthen, come si può notare,  c’è una freccia che indica verso l’alto », rispose cerchiando di rosso la minuscola freccia, « Perciò in E3. Quindi ho pensato che seguire il contorno dell’angelo in senso antiorario, partendo dal punto 2  0  1  9, fosse buona cosa  ».
« E tutto ciò dove porta? », domandai.
« Se ingrandito si nota che il tratto non è lineare, sembrano dei piccoli frammenti, che ho isolato », lo schermo divenne nero con solo una striscia del tratto dell’angelo, « E se inserito all’interno di un programma che risolve puzzle e anagrammi, ecco qui quello che ne esce », i frammenti ruotarono fino a comporre un’immagine, o meglio dire un logo.
« Sai a chi appartiene? », ero sicura di non averlo mai visto.
« L’ho inserito all’interno dei nostri database dei marchi registrati, è il logo di un laboratorio di ricerca farmaceutica, il RFTF Laboratory », rispose Alice facendoci vedere il sito web.
« Ma non è finita qui. Ho inserito il nome del laboratorio all’interno del database del FBI, avendo un riscontro. Una serie di dati che ho poi inserito nella griglia dei disegni ed ecco che si accende di verde il disegno B2 », solo Alice riusciva a capire ogni segreto di ogni disegno, praticamente, « In particolare la parte in basso a destra, dove sotto l’immagine della fenice greca, ex logo del RFTF Laboratory, ho trovato una serie di due lettere seguite da sei cifre », disse indicando il monitor.
 
TW 111708
BD 111612
 
« A cosa si riferiscono? »
« A delle provette ma non sappiamo di cosa.. i file sono censurati », mi rispose Alice, se seguire il primo indizio ci aveva portato a salvare delle ragazze dalla prostituzione, seguire questo dove ci avrebbe portati?
« Ottimo lavoro Alice.. chiedi un mandato, si va in gita! »
« Preparo la squadra? », mi domandò Emmett, non sembrava una situazione di grave pericolo, perciò era meglio evitare.
« No.. ma rimanete pronti, Cullen tu vieni con me », dissi uscendo dal laboratorio di Alice, al centro operativo Emma mi diede il mandato che firmai.
« Cosa pensi di trovare al laboratorio? », chiese Cullen mentre guidava con facilità tra le strade di New York.
« Tante provette », risposi trattenendo una risata.
« Sicuro », mi voltai verso di lui, era concentrato sulla strada, non mi ero mai soffermata a guardarlo, ero bello. Il naso dritto, la mascella decisa, l’accenno di barba. 
In meno di mezz’ora uscimmo da New York per raggiungere Marble Hill Avenue, nel Bronx, l’indirizzo che Alice ci aveva fornito ci portava ad un laboratorio immerso pressoché nel verde, un po’ isolato dal resto.
« Buongiorno », ci salutò cordialmente la receptionist all’entrata.
« Buongiorno FBI », dissi mostrando il distintivo.
« Come posso esservi utile? »
« Vorremmo parlare con la dottoressa Miller ». Alice, durante il tragitto mi aveva dato informazioni sul RFTF Laboratory. Era stato fondato nel 1986 e dal 2014 la dottoressa Miller ne era la direttrice.
« Avete un appuntamento? »
« Abbiamo un mandato », le rispose Cullen, la giovane sembrò sbiancare, prese il telefono e parlò, presumibilmente, con la segretaria della Miller.
« Perfetto. Grazie », mise giù la telefonata e ci sorrise, « Due minuti ed è da voi ».
Esattamente centoventi secondi dopo, una donna di cinquant’anni uscì dall’ascensore, era vestita in modo elegante, anche se sopra portava il camice bianco.
« Buongiorno, Laura Miller, direttrice del RFTF Laboratory », si presentò.
« Agente Speciale Isabella Swan, direttrice dell’ufficio del FBI di New York », con la coda dell’occhio vidi Cullen sorridere. Era stata lei a cominciare! « Il mio vice, l’agente speciale Edward Cullen »
« Potrei dire che è un onore avervi qui, il che è vero, ma la vostra visita mi preoccupa un po’», disse mentre ci accomodavamo nel suo ufficio, che era decisamente più bello del mio, visto che aveva una vetrata con vista sul bosco, che occupava l’intera parete.
« Stiamo lavorando ad un caso, tra le varie prove abbiamo isolato due codici, che il database del FBI ha ricollegato a delle provette di questo laboratorio », le spiegai senza entrare nei dettagli.
« Vede dottoressa Miller questi sono i codici », le disse Edward mostrandoglieli sull’iPad, il volto della ricercatrice mutò, « I file a disposizione del FBI sono completamente censurati », concluse.
« Li riconosco, sono due dei virus più letali al mondo »
« Quali? »
« EBOV I e EBOVII, sono i virus dell’ebola. In questo laboratorio stiamo cercando di perfezionare il vaccino e una possibile cura », ci spiegò.
« A che punto siete della ricerca? », domandai.
« Abbiamo ottenuto dei risultati positivi ma non definitivi », questo non chiariva il perché avessero inserito nei disegni il laboratorio e i codici di quelle due provette.
« Le dispiace accompagnarci nel luogo in cui sono custodite le provette? »
« Ovviamente, prima però ci dovremmo preparare per evitare qualsiasi forma di contagio », disse alzandosi e facendo segno di seguirla.
« La luce ultravioletta ucciderà qualsiasi tipo di contaminante », ci disse mentre ci chiudeva in una stanza buia dalle parete di vetro, la luce UV passò tre volte sul nostro corpo, prima che si illuminasse una spia verde e la porta venne aperta, poi ci fece indossare delle tute ASMAT,  che ci avrebbero protetto da ogni possibile contagio biologico.
Entrammo nella stanza 211, che la dottoressa Miller aprì con una chiave elettronica e un codice a otto cifre. La temperatura era decisamente bassa, il termostato segnava meno di un grado, la stanza era completamente bianca con il pavimento in metallo.
« Le provette EBOV I e EBOV II sono in E12 conservate ad una temperatura di meno settanta gradi », disse estraendo da una sorta di congelatore un cilindro, che mise sul tavolo, al centro della stanza. Dal contenitore prese una griglia in cui erano contenuti una serie di scatoline in plastica, dal coperchio arancione.
Prese la prima e la aprì, era piena di provette, « Dovrebbe essere qui », disse prendendo le prime due, in alto a destra, « Sono vuote », constatò girandole verso di noi.
« In che senso vuote? », domandai allarmata, « Controlli bene! ».
« Le provette hanno un scrupoloso ordine, EBOV I e EBOV II, e se non sono qui vuol dire che qualcuno le ha prese senza la mia autorizzazione », anche la dottoressa Miller era spaventata, ma mostrava una calma snervante.
« Chi le ha viste l’ultima volta? », domandò Cullen mentre risalivamo ai piani superiori.
« Le ho utilizzate io circa dieci giorni fa »
« Chi ha accesso a questo luogo? », avevamo visto di persona che l’entrata era molto complicata, questo voleva dire che solo il personale autorizzato poteva.
« Solo io, il dottor Borden e la dottoressa Wright »
Chiamai Alice, avevo bisogno delle sue capacità, nel più breve tempo possibile, « Brandon accedi ai video di sorveglianza del laboratorio e controlla chi ha avuto accesso alla stanza 211 negli ultimi dodici giorni ».
Uscimmo dalla stanza 211 e ci liberammo della tuta ASMAT e tornammo ai piani superiori.
« Mi metto subito al lavoro » , in poco meno di due minuti Alice inviò sul mio telefono delle fotografie che mostrai immediatamente alla Miller.
« Questa sono io dieci giorni fa, da quel momento non ho più autorizzato nessuno », ci disse mentre sfogliava le immagini.
Alla terza foto, le prime due indicavano la Miller che entrava ed usciva, si bloccò, « Lo riconosce? ».
« È il dottor Borden », rispose.
« L’ora dei video di sorveglianza indica che è successo meno di mezz’ora fa », disse Edward.
« Mentre noi eravamo qui. Dov’è il dottor Borden ora? », domandai andando verso la receptionist, « Ha timbrato il cartellino ed è uscito », mi rispose.
« Ha dei assistenti? Collaboratori? », chiesi alla dottoressa Miller, era di vitale importanza trovarlo e capire perché aveva preso i due virus. La sua diffusione significava migliaia di morti.
« In questo momento ha solo un’assistente, la dottoressa Chang » 
« Vorremmo interrogarla », dissi tornado nell’ufficio della direttrice.
Una giovane ricercatrice, di origini asiatiche, entrò nell’ufficio della Miller, « Buongiorno, mi hanno detto che mi stavate cercando ».
« FBI, io e il mio collega le vorremmo fare delle domande sul dottor Borden », dissi facendole segno di accomodarsi davanti a me. Cullen era in piedi alle mie spalle.
« È un ottimo ricercatore, ho molto da imparare da lui » 
« Il dottor Borden ha portato via dal laboratorio due provette contenti il virus dell’ebola, secondo lei cosa ne vuole fare? »
« Io non lo so »
« La prego si sforzi », la incoraggiai, « Le ha mai parlato del virus dell’ebola? Anche una semplice battuta. Ogni elemento è importante ».
« È un forte sostenitore  della teoria di Darwin »
« La selezione naturale? », chiese Cullen, mettendo la mano destra sulla mia spalla, perché quel contatto così intimo? Dov’era finita la sua professionalità?
« Esattamente, secondo il dottor Borden il virus dell’ebola non ha cura e che solo il più forte gli sopravvive », ci spiegò e cominciai a collegare le cose, se quello che avevo intuito fosse vero, non avevamo molto tempo.
« Spesso nelle nostre discussioni sostiene che le epidemie come la Peste Nera nel Trecento o l’influenza spagnola negli anni Venti del Novecento, siano eventi naturali e necessari per l’evoluzione della specie », ci disse la Miller, aumentando di molto il nostro livello d’allerta.
« Vuole mettere in pratica questa teoria? », domandai alzandomi verso la giovane ricercatrice, che mi guardava ormai terrorizzata.
« È il suo lavoro io non lo so mi ha solo chiesto di procurargli dei piccoli mammiferi »
« Perché? », non parlava, continuava a fissarmi.
« Ragazzina se non rispondi verrai accusata di favoreggiamento, ostacolo alla giustizia e di chissà quali altri crimini! », la riprese Cullen.
« Credo sia quello che mangiano i pipistrelli », la ragazza sapeva molto più di quello che ci voleva dire, probabilmente il dottor Borden l’aveva coinvolta senza mai spiegarle interamente i suoi piani.
« Cazzo! I pipistrelli sono il primo veicolo di contaminazione del virus dell’ebola, non è così dottoressa Miller? », domandai ricordando un corso che avevo fatto per passare da agente ad agente speciale del FBI. 
« Esattamente », mi confermò la Miller, l’ebola era una delle malattie infettive più mortali al mondo, ancora non esisteva una cura efficace.
Avevamo poco tempo, « Alice cercami la popolazione di pipistrelli più grande nel raggio di 40 miglia dal laboratorio », non poteva aver percorso più strada in meno di quaranta minuti. Io e Cullen ci mettemmo in macchina, non avevamo tempo da perdere. 
« Dalle telecamere di sorveglianza ho recuperato la targa della macchina del dottor Borden e facendo una ricerca incrociata con le popolazioni di pipistrelli.. », si sentiva Alice digitare velocemente sulla sua tastiera, « Ho il posto. Ha parcheggiato all’entrata nord di Central Park cinque minuti fa », disse mentre Cullen azionava la sirena d’emergenza. 
« Manda sul posto Emmett e Katherine, ma di loro di stare il più cauti possibile, il dottor Borden ha con se due provette di vetro contenti il virus. Noi stiamo arrivando », conclusi di dare i miei ordini e Cullen accelerò. Mi piaceva che ci capissimo ogni volta senza dover parlare.
« Emmett, Katherine lo avete trovato? », domandai via radio appena entrammo a Central Park, 
« Positivo, il sospetto si dirige a sud est, ha in mano una valigetta e nell’altra una gabbia con dei ratti », rispose Katherine.
« Non perdetelo d’occhio »
« FBI.. Allontanatevi, uscite dal Central Park e rinchiudetevi in un locale chiuso, è un’emergenza. Su forza! Fuori! », Cullen continuava ad urlare alla gente, bisognava evitare il contagio.
« Avete sentito? Fuori! », dissi mentre correvamo verso il punto dove Borden avrebbe infettato i pipistrelli, « Alice di alla squadra Alfa di insistere maggiormente con l’evacuazione! », non capivo la gente che in pericolo di vita, si metteva a fare stupidi filmati da postare sui social.
La giornata non era delle migliori, c’era vento, tanto, non era un buon segno. Notai Emmett e Katherine, mi fecero segno di guardare verso est, vidi il dottor Borden, entrare in quella che era la zona più scura e umida del parco, sotto uno dei ponti.
Feci cenno a Cullen di andare verso il lato nord, io l’avrei sorpreso a sud. Facendo attenzione ai miei passi e senza far rumore raggiunsi la parte più buia del ponte, era pieno di pipistrelli a testa in giù, dormivano. Per terra c’era ancora la gabbia dei quattro topi da laboratorio, le siringhe utilizzate per infettarli erano buttate poco più in là, ma del dottor Borden nessuna traccia.
Sentii freddo alla base del collo, un rumore sordo, « Peccato abbia finito le fiale, una cavia umana sarebbe stata di certo più contagiosa », la voce del dottor Borden arrivava dritta alla mie orecchie. Era eccitato all’idea di infettarmi.
« Perché lo fa? Lei con il suo lavoro ci dovrebbe proteggere », dissi cercando di mantenermi il più possibile tranquilla.
« L’uomo del XXI secolo si sente invincibile, sente di avere sotto controllo tutto. Illuso. C’è qualcuno che non possiamo combattere: la natura. Lei crea, distrugge, seleziona », era cinico e fermo nelle sue convinzioni. 
« Ha contribuito a salvare tante vite », dissi cercando un modo di voltarmi e bloccarlo, senza beccarmi una pallottola nel cervelletto.
« Nessuno ha pensato di salvare la mia », rispose premendo l’arma ancora di più verso il mio collo. « Ho passato la mia vita chiuso in laboratorio a studiare, sperimentare. Per cosa? Per sentirmi dire che per il mio male non c’è cura? Per me che ho salvato interi villaggi? », il suo tono di voce era più basso, quasi disperato.
« Coloro che ha salvato non si dimenticheranno mai il suo nome è di quello che lei è fatto, vivrà per sempre nei loro cuori »
« FBI! », urlò la voce di Cullen, ma era impazzito? Mi voleva morta?
« Non ti avvicinare o le sparo », disse spostando l’arma sulla parte destra del mio collo ed io ne approfittai per girarmi, bloccargli il polso con la mano sinistra, e dargli una gomitata con il braccio destro.
Riuscì a liberarmi da lui e, se bene avessi la mira per sparare, non potevo farlo perché questo avrebbe svegliato i pipistrelli che si sarebbero avventati sulle cavie. Sarebbe stata la fine.
Con rabbia si avventò su di me, riuscii a toglierli l’arma, lanciandola il più lontano possibile, le sue mani raggiunsero il mio collo e mi scaraventò a terra, con un calcio rovesciò la gabbia e fece uscire i topi.
« Cullen recuperali! », urlai buttandomi contro Borden, mai nessuno aveva vinto contro di me in un corpo a corpo, di certo lui non sarebbe stato il primo, ma aveva capito che il mio punto debole era divento il collo, fortemente lesionato prima, e riuscì a prendermi di nuovo, buttandomi per terra con lui sopra. Non respiravo, volevo colpirlo con le gambe, ma era molto più alto e robusto di me.
« Mi ha morso! Stupido topo! », la voce di Cullen era sofferente.
Borden si voltò verso di lui ridendo in modo malvagio, allentò la presa su di me e ne approfittai per colpirlo nella parte bassa del ventre. Urlò e lasciò completamente la presa su di me, vidi arrivare Emmett che lo bloccò da dietro. Raggiunsi Cullen, « Come stai? », gli domandai facendo fatica a parlare, mi faceva male la gola. 
« Bene.. scusami io cercavo di prendere i topi e non sono riuscito a toglierti di dosso Borden.. tu stai bene? », disse prendendo il mio volto tra le sue mani.
« Dove ti ha morso? », domandai continuando a sentire fitte alla gola.
« Shh non parlare, non mi ha morso, era l’unico modo per distrarlo », mi rispose facendomi l’occhiolino e di slancio lo abbracciai.  Non mi ero accorta di quanto mi fossi preoccupata per lui, ma quando notai di essermi buttata tra le sue braccia mi allontanai imbarazzata.
Emmett aveva ammanettato Borden, « Gli ho appena letto i diritti », annuii, facevo troppa fatica a parlare, sapevo che dovevo tenere le corde vocali a riposo per almeno un paio d’ore, « Ora portalo via e interrogalo », dissi tenendomi la gola, Borden sorrideva, « Alice.. », Cullen mi fece segno di stare zitta, « Alice fa intervenire la scientifica, il 911, la squadra speciale di epidemiologia. C’è rischio biologico di livello 5 », disse Cullen al mio posto, gli sorrisi.
L’equipe del rischio biologico aveva fatto bonificare l’area e per i poveri quattro topi non c’era altra fine che la morte, l’intero sotto ponte era stato chiuso per poter controllare che nessuno dei duecento pipistrelli si fosse in qualche modo infettato. Cullen, Emmett ed io fummo costretti a una serie di analisi, controlli, decontaminazioni prima che ci dicessero che eravamo sani ed avevamo evitato il rischio di contagio.
« Per fortuna agente speciale Cullen ha utilizzato i guanti della divisa per riportare i ratti nella gabbia, altrimenti a quest’ora sarebbe quasi morto », ci disse la dottoressa Miller, che aveva partecipato alla bonifica dell’area.
« Dov’è Borden? », domandai sapendo che avevo dato il compito ad Emmett di portarlo via ed interrogarlo.
« Dopo aver passato i controlli della squadra di contaminazione biologica Katherine lo ha portato in sede per interrogarlo », mi rispose Emmett.
« Dimmi Katherine », parli del lupo e il lupo chiama.
« Ho appena concluso l’interrogatorio », era stata molto veloce, « Ha ammesso di aver voluto, nel pieno delle sue capacità cognitive, creare la più grande epidemia della storia, per portare l’homo Sapiens ad un nuovo stadio evolutivo », concluse.
I disegni ancora una volta ci avevano portato a salvare migliaia di vite umane, c’era qualcuno dietro che aveva accesso a tutte queste informazioni e non si era preso la briga di comunicarcele, ma di farci giocare ad indovina chi.
« Ha agito oggi perché ha visto noi al laboratorio? », domandai a Katherine.
« Si.. ha capito che qualcuno aveva intuito il suo piano perciò si è affrettato », mi rispose mentre raggiungevamo la sede.
« Come va la gola? »
« Meglio », facevo meno fatica a parlare ma per qualche giorno avrei avuto dei brutti segni violacei sul collo.
« Bella.. grazie al cielo stai bene! », mi disse Rose appena uscii dall’ascensore con Cullen ed Emmett, «  Si, amore mio anche io sto bene », la prese in giro suo marito.
« Oh zitto tu », rispose esaminando il mio collo, credo che fosse meglio accettare la fasciatura che il paramedico mi voleva fare, almeno non tutti avrebbero analizzato le diate che Borden mi aveva lasciato.
« Amico non ti sposare »
« Mai più », rispose Edward dandogli una pacca sulla spalla.
« Ah, prima che me ne dimentichi, alle otto questa sera tutti a casa nostra, bisogna festeggiare il secondo compleanno dei gemelli », Rose era entusiasta.
« Pesti.. bestie di satana le chiamerei »
« Ma se sono due angeli! », io amavo i figli di Rose, erano i bambini più intelligenti e belli che avessi mai visto.
« Angeli? Tu chiami angeli due nani che decidono di svegliarsi nel momento in cui tu stai per concludere con la loro mamma? », Emmett era leggermente frustato ed esaurito. L’unico difetto dei gemelli era che non amavano dormire molto la notte.
« Bestie di satana è il termine perfetto », Cullen, del resto era un uomo. Non ci capiva un cazzo esattamente come il suo collega.
« Tu sei il mio nuovo migliore amico! » 
Un altro disegno, un altro caso risolto. Io, Cullen, Quantico. C’era qualcosa che ci legava e il tutto doveva per forza essere partito da lì.
« Come facevi a sapere che non mi avrebbe sparato quando sei intervenuto oggi? », chiesi bevendo la mia tisana al lampone con miele, alla piccola festa organizzata per il compleanno dei gemelli che erano completamente andati fuori di testa per i maxi Lego che gli avevo regalato.
« Ho rischiato, ma la verità è che aveva troppa paura, non avrebbe mai sparato », mi rispose sedendosi accanto a me sul divano, « Poi ho una mira infallibile, lo avrei colpito prima che il suo cervello elaborasse il suolo pensiero di sparare ».
Chi sei Edward Cullen? Perché la mia vita è intrecciata alla tua? 
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Buonasera fanciulle ♥️
Grazie per il supporto e le vostre parole. DCMA non è una storia semplice.. m voi, beh voi so che capirete.
Un bacio a venerdì 😘
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Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. I nomi e i cognomi utilizzati, eccetto quelli del mondo Twilight, sono di pura fantasia.
Tutti i diritti sono riservati. È vietato qualsiasi utilizzo, totale o parziale, dei contenuti.
 

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Capitolo 4
*** Rose Ave - Staten Island NY ***



Dove eravamo rimasti..
Un altro disegno porta Bella e la sua squadra a evitare una disastrosa epidemia. I dubbi e le perplessità su chi ha fatto avere loro la scatola aumentano sempre di più. Così come l’intesa tra Bella e Edward.
 
CAPITOLO 4
ROSE AVENUE
STATEN ISLAND - NY  
 
28 Gennaio 2019
 
Il sole rendeva New York ancora più bella, ma ormai erano settimane che non uscivo a camminare per le sue strade. Entravo al centro operativo la mattina presto e ne uscivo la sera dopo le undici.
« Buongiorno », disse Cullen entrando nel mio ufficio con mio padre.
« Ciao papà », lo salutai con un abbraccio, era appena tornato dal congresso del Pentagono, a Washington. 
« Hey piccola.. come va? » 
« Abbiamo passato gli ultimi dieci giorni ad indagare suoi disegni. Abbiamo arrestato Suzanne Smitthen e Josh Borden grazie agli indizi che abbiamo trovato », risposi sedendomi sulla mia poltrona.
« Siete riusciti a capire a chi appartengono? » 
« No, sappiamo solo che chi ha consegnato quella lettera a Sheperd, che ci ha portati a smantellare l’organizzazione terroristica e chi ha creato quella scatola sono probabilmente la stessa persona. Il tratto e la carta utilizzata coincidono al cento per cento », risposi riportando quello che Alice aveva scoperto il giorno prima.
« Chi ha consegnato quella lettera a Sheperd? », domandò mio padre bevendosi il suo caffè.
« Non lo sappiamo, ha trovato la lettera nella sua cassetta della posta la mattina. Sappiamo che alle 5:25 le telecamere dell’intero quartiere sono andate in disuso per dieci minuti.
Non abbiamo nessuna ripresa. Non abbiamo nulla » 
« Cosa ti lega ad Edward Cullen? », mio padre era molto diretto, sorrisi, era la stessa domanda che mi facevo da giorni.
« Quantico, ma frequentata in due periodi diversi », rispose Cullen.
« Continuate a seguire e a studiare i disegni, hanno un senso logico », ci disse uscendo dal mio ufficio. Sbuffai accartocciando un pezzo di carta. James era morto e noi continuavamo a girare attorno alla verità.
« Li troveremo, chiunque essi siano », il mio vice sorrise, togliendo dalle mie mani quel povero pezzo di carta.
« Lo spero tanto.. capisco come sia arrivato ai nostri numeri di matricola, ma come faceva a sapere i nostri codici degli armadietti? », mi sentivo violata, come se qualcuno in quel momento avesse il controllo della mia vita. Si era introdotto nelle nostre vite, era solo una sensazione, ma era così che mi sentivo. Cullen dovette percepirlo si alzò e si mise davanti a me porgendomi la sua mano, « Esci con me questa sera, abbiamo entrambi bisogno di qualcosa di forte », sorrisi alla sua proposta. 
« Solo se offri tu », dissi mentre l’Apple Watch cominciava a suonare, « È Alice, andiamo », uscimmo dal mio ufficio e con l’ascensore andammo al laboratorio. Brandon e i suoi disegni ci aspettavano.
« Cosa abbiamo Alice? », dissi salutando Emmett e Katherine.
« Seguendo sempre l’ordine antiorario del bordo delle ali dell’angelo,  e non so perché non ci sono arrivata prima, molto probabilmente il bordo è collegato a tutti i disegni », l’avevamo persa, era entrata nel suo mondo, escludendo tutti noi.
« Alice non ti seguiamo  »
« Giusto.. oggi è il 28 gennaio, lunedì che bello! », disse smanettando con il suo iPad, come mai era così euforica, cosa aveva bevuto a colazione? 
« Alice! », la ripresi.
« Scusa.. beh ecco tra i vari indicatori che ho inserito per decifrare i disegni ho messo anche la data e puff si è illuminato C2 », selezionò il disegno alle sue spalle ed ingrandì l’immagine. In verde aveva evidenziato quattro numeri romani.
 
XXVIIII
 
« XXIII – 28 e I – Gennaio. Ovvero oggi », ci chiarì. Spesso aveva la testa fra le nuvole, ma Alice Brandon era la migliore nel suo campo. Il suo sguardo andava oltre l’ovvio.
« Non ti seguo », disse Edward.
« “Oggi” è la parola chiave, seguendo in ordine antiorario il tratto del bordo dell’angelo,  possiamo notare che tra E3 e E2 il tratto è discontinuo », cerchiò quel tratto in giallo, lo riconobbi, « Codice Morse », affermai e lei annuii.
« Esattamente », disse isolandolo e mettendolo al centro dello schermo.
 
--- --. --. .. / -.-. ..- -.-. -.-. .. --- .-.. .. / …- --- … - .-. ..
 
Cominciai a decifrarlo, ma nella mia testa non aveva senso. Probabilmente sbagliavo a leggerlo.
« E cosa dice? », Emmett era anche peggio di me, eppure sapevamo comunicare in codice morse.
« Oggi cuccioli vostri », disse Alice facendo comparire la scritta sullo schermo. Allora non avevo capito male, « Si diverte a prenderci in giro? », ero stanca di giocare a Cluedo.
« Probabilmente, ma i cuccioli mi hanno portato in A4, dove al centro possiamo notare l’impronte di un cucciolo con la sigla SE all’interno, sotto il disegno c’è una scritta, credo sia russo. Non l’ho ancora decifrato », disse mettendo al centro dello schermo l’impronta di un cucciolo di cane, effettivamente le lettere sembravano appartenere all’alfabeto cirillico.
« Alice riesci a metterlo in modo lineare eliminando l’impronta? », le domandò Cullen, non conoscevo il russo, per me era una lingua incomprensibile.
« Subito », in pochi secondi Alice tolse l’immagine e sullo schermo rimasero solo le lettere, Cullen si avvicinò e cominciò a leggere a bassa voce.
 
ПЕРЕКРЕСТОК РОЗА АВЕ 8-Й ST
 
« È un indirizzo e deduco che la sigla SE indichi la posizione Sud Est », concluse sicuro.
« Parli russo? »
« Ho moltissime doti », disse facendomi l’occhiolino, alzai gli occhi al cielo, mi mancava uno che ci provasse con me.
« Tra queste doti c’è anche quella della traduzione? », dissi voltandomi verso di lui, mi fissava intensamente negli occhi, ma distolsi lo sguardo da lui e tornai a concentrarmi sulla scritta.
« Certamente è l’incrocio tra Rose Avenue e l’ottava strada », disse  mettendosi al mio fianco.
« È un indirizzo di Staten Island », aggiunse Alice, mostrandoci l’indirizzo sulla mappa, era una zona residenziale, abbastanza tranquilla, perché era presente sui disegni? 
« Bene.. inviamelo sul mio telefono. Cullen con me, Emmett rimani a disposizione », dissi uscendo dal laboratorio. 
« Ai tuoi ordini », il mio vice mi seguii, presi le chiavi della macchina del FBI e mi misi alla guida. Il sole accecante di quella giornata d’inverno mi dava un fastidio atroce.
« Cullen nel cruscotto ci sono i miei occhiali da sole, me li passi? », gli chiesi mettendomi sulla 5th Avenue.
« Certo »
In poche decine di minuti raggiungemmo l’indirizzo segnato sul disegno, avevamo passato l’intero viaggio in silenzio. Mi piaceva la sua compagnia, ma dovevamo cercare di mantenere un rapporto professionale, non erano ammesse distrazioni. Non in quel momento per lo meno, dove sembrava che qualcuno, nell’ombra, stesse giocando con noi.
Nel punto esatto indicato dall’indirizzo c’era una comune casa in stile americano, a due piani con le travi bianche e un piccolo portico. Non aveva l’aria di essere abbandonata, sembrava innocua e per questo terrificante.
« Sembra la casa di mia nonna », disse Cullen mentre salivamo i gradini che ci portavano al portico, « Non credo, però, che sia così silenziosa », dissi.
Suonai il campanello alla mia sinistra ed immediatamente la porta d’entrata scattò e si aprii, entrambi prendemmo l’arma di servizio, « FBI », dissi ad alta voce, nessuno ripose. Cullen diede un leggero colpo con il piede alla porta, che si spalancò. Partì un colpo dalla nostra destra, rispondemmo al fuoco e il primo uomo cadde a terra, altri passi si sentivano dal retro, feci cenno a Cullen di controllare chi fosse la vittima. Raggiunsi quella che era la cucina, una giovane donna dai tratti mediterranei mi sorrideva con l’arma puntata su di me, « Chiunque tu sia », disse con sicurezza, « Addio », sparò, mi nascosi dietro al bancone. Sparò di nuovo alla mia sinistra, risposi ma colpii la dispensa. Lei si nascondeva dall’altra parte del bancone, dovevo trovare un modo per farla uscire da lì, « Swan intervengo », mi disse Cullen all’auricolare, « No! Stai fermo dove sei! », la donna sparò ancora. Ricambia e notai che la credenza sopra di lei aveva dei sportelli in vetro. Sparai verso l’alto e mille frammenti di vetro le caddero addosso, per evitarli uscii dalla sua zona di copertura. Si accorse di me, sparò, ma io fui più veloce. Colpii poco sopra la sua clavicola, destra. Non volevo ucciderla, ma volevo capire il perché lei e il suo compagno avessero aperto il fuoco. Chi erano? Cosa nascondevano? 
Mi avvicinai e con un calcio allontanai dal suo corpo la pistola, era ancora viva, c’era battito. Le tamponai la ferita, « Alice chiama il 911 e la scientifica. Subito! », urlai, io e la squadra eravamo in costante collegamento telefonico.
« È morta? », domandò Cullen entrando nella cucina, « No, l’uomo? », chiesi continuando a tamponare e a premere sulla ferita, era l’unica cosa che potevo fare fino all’arrivo dei soccorsi.
« È morto », mi rispose sostituendo le mie mani con le sue. Mi spostai andando a sedermi contro la cucina.
« Sappiamo chi sono? », domandai.
« Non con precisione.. in tasca aveva almeno tre carte d’identità diverse », mi alzai e cominciai a guardarmi attorno. Era una casa tranquilla, nulla di sospetto. 
In lontananza si sentivano le sirene dell’ambulanza, in pochi minuti la casa si riempii di paramedici e agenti del FBI. Cullen ed io cominciammo l’ispezione, non c’era nemmeno una loro foto. 
Salimmo al secondo piano, uguale al primo, la camere erano perfettamente in ordine, in quella matrimoniale c’erano due trolley, gli aprimmo.
« Si trattavano bene », dissi prendendo dalla valigia della donna una pochette di Hermès, la aprii e all’interno vi trovai due biglietti per la premier di Green Book, per quella sera stessa.
« C’è altro? »
Guardai meglio nella piccola pochette e in una dust bag di velluto nero tirai fuori un orologio completamente rivestito di cristalli.
Cullen prese l’orologio, « È un Rolex da uomo, a prima vista direi oro bianco e diamanti ».
Assieme all’orologio c’era anche un anello con incisi tre ferri di cavallo, « Cosa significa tutto questo? », domandai nella confusione più totale.
« Tutto e niente », mi rispose, controllando nella valigia dell’uomo, dove trovammo solo una serie di passaporti falsi di varie nazioni e un completo da sera.
Tornammo al centro operativo, era ormai inutile rimanere lì, « Alice sappiamo chi sono? », domandai mettendomi davanti agli schermi, dove scorrevano le varie notizie.
« Dal riconoscimento facciale risultano essere Edgar e Lillian White, due sicari professionisti  a cui si attribuiscono almeno ventisei omicidi », mi rispose facendomi vedere la loro foto segnaletica.
« Sappiamo qualcosa dall’ospedale? »
« È appena uscita dalla sala operatoria », molto bene era sopravvissuta, « Andiamo a.. », dissi, ma Alice mi bloccò con un cenno della mano, « È in coma », fantastico.
« Dovremmo andare », disse Cullen, non capii, « Dove? », chiesi voltandomi verso di lui, « I biglietti, l’orologio e l’anello », spiegò prendendo l’iPad di Alice, che lo linciò.
« Non capisco, spiegati meglio »
« I biglietti indicano il punto d’incontro », sugli schermi fece apparire una foto del cinema dove si sarebbe svolta la premier, « L’orologio il prezzo da pagare e l’anello.. », capii, anche se mi pareva pura follia, « Come segno di riconoscimento », conclusi.
« Esatto! Se sono sicari professionisti vuol dire che stavano cercando qualcosa che gli permettesse di arrivare a qualcuno »
« Okay, andremo io e Cullen sotto copertura », dissi uscendo dal laboratorio per andare a prepararmi.
Mi dispiaceva togliere i miei comodi stivali per mettermi dei tacchi alti e un vestito lungo bordeaux con inserti in pizzo laterali e spacco, molto, profondo sulla gamba. Sistemai i capelli di lato in morbide onde e Alice pensò al trucco. « Così lo stendi », disse girando lo specchio, labbra color vinaccia, ombretti dai toni caldi e ciglia finte completavano il mio look.
« Chi? », domandai alzandomi dalla postazione trucco, ebbene sì all’interno della sede del FBI di New York c’era una zona make-up. Per le missioni, ovviamente.
« Nessuno », mi rispose sorridendo furba.
Uscii dall’ascensore ed entrai al centro operativo, tutti gli occhi su di me, mai nessuno mi aveva visto vestita così, nemmeno io, e non mi sentivo un granché a mio agio.
« Wow.. se non fossi già sposato ti sposerei io », disse Emmett facendomi fare una giravolta, aumentando il mio imbarazzo. In quel momento stavo perdendo tutta la mia autorità in quel ufficio.
« Se non ti dispiace la sposo io », alzai lo sguardo e vidi Cullen, elegantissimo, nel suo smoking, mi guardava come se fossi la cosa più bella che avesse mai visto. Può uno sguardo parlare? 
« Sei bellissima », disse prendendo la mia mano per portarsela alle labbra, lasciò un delicato bacio che sfiorò la mia pelle, poi prese quella sinistra e all’anulare mise una fede d’argento e un anello di fidanzamento. 
« Chi l’avrebbe mai detto che un giorno mia figlia si sarebbe sposata? », mio padre sorrideva divertito sotto i baffi.
« Hai visto? », dissi prendendo la fede dalla scatolina in velluto, per metterla all’anulare del mio vice. Provai una strana sensazione, mi sembrava di essere ad un matrimonio vero.
« Mi è anche andata bene », disse Cullen prendendomi a braccetto, « Sorridete », ci voltammo verso Alice che ci scattò una foto. Il livello di imbarazzo era altissimo.
« Ottimo.. una macchina vi aspetta nei garage sotterranei noi vi seguiremo da remoto », ci disse spingendoci in ascensore. 
« Siamo senza armi »
« Non dirmi che ho come marito uno che non sa difendersi senza un’arma », dissi controllando il trucco allo specchio.
« Era per dire », disse sistemando il farfallino.
« Si, certo », stavo per mettermi lo scialle in seta, ma lo prese dalle mie mani e lo fece lui, mettendosi dietro di me.
« Non saremmo proprio una brutta coppia », disse mettendosi al mio fianco poco prima dell’aprirsi delle porte dell’ascensore. Cullen aveva preso troppo sul serio la nostra copertura.
Mi aprii la portiera della macchina in un gesto di galanteria estrema, a cui non ero sinceramente abituata.
« Signori, dove vi porto? », trattenni una risata.
« Emmett! », si voltò abbassando il capellino della divisa da autista, non avevo dato ordini sulla sua presenza.
« Shh.. da questo momento sono Gustavo », disse sognante, « Gustavo l’autista, sentite come suona bene », eppure ero convinta di lavorare per l’FBI e non per l’asilo.
« Gustavo, gentilmente, ci porti alla premier di Green Book a Broadway », disse Cullen mantenendo il gioco. Sbuffai. Uomini.
« Eccovi a destinazione »
« Gustavo, tenga gli occhi ben aperti », gli suggerii mentre Cullen mi aiutava a scendere dalla macchina, decisamente non ero abituata ai vestiti lunghi. Rischiavo di più la vita camminando sui tacchi che nel bel mezzo di uni scontro a fuoco.
Cullen mi prese a braccetto ed assieme ci avviamo verso l’entrata del cinema. Era pieno di gente, giornalisti e fotografi. Con chi si dovevano incontrare i due coniugi?
« Dobbiamo percorre il tappeto rosso? », domandai mentre ci controllavano i biglietti per poterci far entrare nella zona vip.
« Potremmo, ma potremmo anche tirare dritto e introdurci all’interno », mi disse all’orecchio, la sua presa sul mio fianco diventava sempre più decisa.
« Mi pare ottima come idea »
Passammo dietro ai fotografi, Cullen lasciò il mio fianco e prese la mia mano, la intrecciò alla sua. Come era sottile il confine tra finzione e realtà. Cosa significava quella mano stretta così tanto?
« Buona sera, benvenuti », ci disse un uomo all’entrata della sala dove sarebbe stato proiettato il film, « Buonasera », rispondemmo.
« Vi vorrei chiedere cortesemente i vostri cellulari, la produzione non vuole che escano video o spoiler dalla proiezione. Ci scusiamo per il disagio », ci disse con tono gentile, ma fermo.
Cullen mi guardò, lasciare il telefono significava restare completamente isolati,  visto che per sicurezza avevamo evitato qualsiasi tipo di ricetrasmittente. Consegnare il telefono era l’unico modo per evitare di compromettere la missione. 
« Spero solo di riaverlo, sa è nuovo », dissi prendendo il mio dalla borsetta, Cullen fece lo stesso, « Non si preoccupi signora, ogni telefono viene messo in una cassetta di sicurezza, ecco la chiave e godetevi il film », disse consegnandomela. 
Mano nella mano raggiungemmo i nostri posti, completamente isolati, continuavo a guardarmi attorno finché non notai un uomo avvicinarsi, « Bell’anello signore », disse stringendo la mano destra di Cullen, « Sono Steave.. dicono che Green Book sia un’opera d’arte, ma il mio capo non vede l’ora di conoscervi ».
« Ci faccia strada », rispose Cullen prendendomi per mano.
Lo seguimmo fino all’uscita sul retro del cinema, dove una macchina dai vetri oscurati ci aspettava. Dai fascicoli che ci aveva presentato Alice, risultava che i coniugi White erano molto discreti, non avevano grandi rapporti di amicizia e in pochi conoscevano il loro vero volto. Questo giocava a nostro favore.
« Scopriamo chi è il suo capo e cosa i coniugi White volevano da lui », Cullen mi parlava a bassa voce all’orecchio sinistro per non farsi sentire dall’autista e dall’uomo che ci aveva chiesto di seguirlo. Annuii sorridendo, prese la mia mano e la baciò.
« Stai entrando troppo nella parte », gli sussurrai all’orecchio. Non amavo molto le relazioni tra colleghi, ma avevo il sentire che Cullen mi voleva far cambiare idea. Mi piacevano le sue attenzioni, anche se ero ben conscia del fatto che erano dettate dalla missione.
« Chi ti dice che stia solo fingendo? », disse lasciando un bacio appena sotto il mio orecchio.
L’autista continuava a scrutarci dallo specchietto retrovisore della macchina, si divertiva.
« A casa facciamo i conti io e te », parlai ad alta voce, sapevo benissimo che i due stavano cercando in tutti i modi di ascoltarci.  
« È sposato? », Cullen voleva attaccare bottone con Steave, sbuffai guardando fuori dal finestrino, stavamo attraversando l’Hudson in direzione New Jersey.
« Si, da venticinque anni. Voi? » 
« Beh.. complimenti. Noi da tre », grazie alle informazioni di Alice avevamo avuto un quadro generale sulla vita dei coniugi White.
Cullen mi lasciò un bacio sulla tempia e mise un braccio attorno alle mie spalle. Recitava bene, e visto lo sguardo costante di Steave, toccava farlo bene anche a me. Presi la mano che mi circondava le spalle e la intrecciai alla mia.
« Ha una moglie bellissima, se la tenga stretta », continuava a fissarmi dallo specchietto retrovisore, posizionato apposta per controllarci, perché era inutile in quella posizione per l’autista.
« Mi piace il fatto che gli altri la guardino ma che non la possano avere », gli rispose deciso.
« Anche a me », dissi voltandomi verso di lui per lasciarli un bacio a stampo sulle labbra. Mi guardò sorpreso, ma sorrise sghembo. Avevamo appena superato il confine professionale, questo non andava bene. Non andava affatto bene.
Passammo i successivi cinquanta minuti a tenerci per mano e a guardare fuori dal finestrino, eravamo diretti a sud, stavamo percorrendo la Garden State Parkway, ma non capivo quale fosse la nostra destinazione finale. Alice sicuramente si era accorta della nostra assenza in sala.
« Pensi ci stiano già cercando? » 
« Assolutamente », riposi fiduciosa.
L’autista prese l’uscita 105 per County Road, ci eravamo allontanati da Manhattan di circa sessanta miglia a sud. Prese una serie di strade, svoltava spesso, come a volerci confondere. 
Arrivammo davanti all’ingresso di una villa sulla spiaggia, il nostro uomo del mistero non se la passava male.
Scendemmo dall’auto e seguimmo Steave, « Il tuo capo è già qui? », chiesi mentre ci faceva entrare alla festa, non eravamo gli unici vestiti eleganti, per fortuna.
« È entusiasta di conoscervi.. sarà da voi fra cinque minuti. Godetevi la festa », ci disse prima di sparire dietro una porta laterale.
« Allora moglie, riconosci qualcuno? », mi disse Cullen mettendo una mano attorno al mio fianco. Una cameriera passò davanti a noi con dello champagne ne presi due bicchieri, « Ti ricordo che sei in servizio ».
« Sotto copertura », precisai, « Riconosco alcuni volti; quello con la giacca bordeaux è Philip O’Braian, sospettato di corruzione, ma abbastanza furbo da non farsi mai beccare », dissi voltandomi verso di lui, « Quella con l’abito argento, alle mie spalle, è Melissa Hogan, tenuta sotto controllo dal FBI per sospetti contatti con la mafia russa ». Lasciammo i bicchieri vuoti su un vassoio e per amalgamarci bene con gli altri ospiti cominciammo a ballare.
« Mi sembra tutta gente altolocata », disse mentre le sue mani percorrevano su e giù la mia schiena, ero felice che l’abito fosse abbastanza spesso da non farli percepire i miei brividi.
« Le mani Cullen », dissi tirandogli leggermente i capelli alla base.
« Sei mia moglie », rispose guardandomi dritto negli occhi, solo in quel momento notai il verde profondo che gli caratterizzava. Erano quasi ipnotici.
« Sono il tuo capo », risposi continuando a guardalo.
« Ed io il tuo vice », disse facendomi fare una piccola giravolta, « E credimi non ho mai avuto un capo così sexy », sussurrò al mio orecchio.
« Dovresti cambiare un po’ registro », gli dissi mentre dal fondo della sala Steave faceva strada ad un uomo dai capelli biondi.
Tornai su Cullen che mi guardava intensamente prima di abbassarsi e premere le sue labbra sulle mie, « Che fai? », domandai staccandomi leggermente. Alla fin dei conti ero stata io la prima a baciarlo, non mi potevo lamentare. 
« Di solito marito e moglie si baciano », ballando ci girammo e notai che alle mie spalle c’era una grande parete specchiata, dove si vedevano Steave e il misterioso uomo. Ecco perché lo aveva fatto. « Per quello che ne so fanno anche altro », gli dissi all’orecchio, lo sentii chiaramente rabbrividire.
« Io non ci posso ancora credere, la coppia più fatale del mondo balla al centro del mio salotto, sono ancora incredulo », disse una voce squillante, ci voltammo verso di lui entrambi, era l’uomo dai capelli biondi. 
Alto, magro e biondo, gli mancava la calzamaglia azzurra ed era un perfetto principe della Disney.
« Direi che il suo è un ottimo salotto in cui ballare », disse Cullen, non avevo la più pallida idea di chi potesse essere.
« Vedi Steave, hanno anche dei gusti molti raffinati, sua moglie signor White è un incanto, una femme fatale », disse facendomi il baciamano.
« Mi piacciono gli uomini diretti, soprattutto quelli che vanno dritti al punto », dissi per velocizzare il tutto.
« Seguitemi nel mio ufficio »
Salimmo al piano superiore, il ragazzo biondo inserì un codice per aprire la porta del suo studio, all’interno c’erano due guardie, entrambe armate.
« Spero non vi scocci, ma mai fidarsi », disse poco prima che una delle due guardie cominciasse a controllare che non avessimo armi o microfoni addosso.
« Alt.. non andare più su è un territorio che posso toccare solo io », disse Cullen alla guardia che stava salendo con le mani troppo vicino al mio seno.
« Ragazzi allontanatevi! Questi due sono capaci di farvi fuori solo con lo sguardo »
« Non vogliamo rischiare JW », disse uno dei due, si allontanarono e si posarono ai lati della porta. Quindi il biondo si chiamava JW.
« Possiamo avere quello per cui siamo qui? », Cullen insisteva, ottima mossa. Ormai avevamo capito che JW pendeva un po’ dalle nostre labbra, o per lo meno era molto affascinato dalla nostra professione.
« Subito ecco a voi. È la lista completa dei testimoni sotto falso nome di Del Capo », disse inserendo la chiavetta nel suo PC, erano loro l’obiettivo dei coniugi White. Come faceva a sapere colui che aveva fatto i disegni che JW era in possesso di quella lista?
« Ottimo lavoro », Edward prese la chiavetta e la mise in tasca, JW era probabilmente un hacker, e se era riuscito ad avere una lista così delicata, doveva essere anche molto bravo. Questo voleva dire una sola cosa: era molto pericoloso. 
« Questo è l’orologio che tanto volevi, mi sbaglio? », Cullen si tolse l’orologio in diamanti e lo fece vedere a JW, che lo guardò come i bambini guardano le vetrine di caramelle.
« È quello originale di Micheal Jackson? », ecco dove lo avevo visto.
« Si, controlla pure » JW prese una lente e cominciò a studiarsi l’orologio, « Dobbiamo trovare il modo di avvisare il bureau », mi sussurrò Cullen all’orecchio. 
« Io adoro fare affari con voi », disse mettendosi l’orologio al polso, dove già c’era un Rolex, « Andate pure a godervi la festa », se era una criminale, era decisamente bizzarro.
Uscimmo dall’ufficio con la lista, avevamo appena salvato quindici vite, ma altri avrebbero potuto richiedere il suo aiuto, « Non abbiamo telefoni, ne armi. Come facciamo ad arrestarlo? », mi piaceva che Cullen fosse arrivato alle mie stesse conclusioni.
« Vedi laggiù.. dove c’è un nonno che balla con sua nipote? », dissi indicando con lo sguardo, mentre scendevamo le scale.
« Non credo sia sua nipote », mi rispose con ironia.
« Andiamo a scoprirlo.. ah giacca, tasca destra », dissi mentre ci ributtavamo sulla pista da ballo e per sbaglio ci scontravamo con la coppia di presunto nonno con nipote.
« Mi scusi tanto.. ho perso l’equilibrio, maledetti tacchi », la mia voce era stridula, da vera oca, il signore però fissava la mia scollatura, pervertito!
Cullen mi prese per mano e mi trascinò in un corridoio secondario, « Lo hai preso? », gli domandai, ma non mi rispose, mi spinse contro il muro e mi baciò con passione, prese la mia gamba, libera dallo spacco, e la portò al suo fianco. Lo volevo allontanare, ma se lo stava facendo c’era un perché.
Il profilo tra professionale e non svanì completamente quando la mia lingua cominciò a darsi battaglia con la sua. Si allontanò di poco,  ansante, « Scusami.. Steave e le guardie ci stavano seguendo e.. », era realmente dispiaciuto.
« Shh.. va tutto bene. Credo se ne siano andati », dissi guardando oltre le sue spalle, « Lo hai preso? », domandai giocando con la sua cravatta.
« Avevi dubbi? », disse tirando fuori dalla tasca un cellulare, lo presi e composi il 911, visto che il telefono era bloccato e non potevo contattare direttamente Alice, « Coprimi », Cullen si strinse a me, portandomi nuovamente contro il muro.
Nascosi il telefono tra il mio orecchio e il suo collo, « 911.. quale è il suo problema? », rispose dopo due squilli la voce tranquilla dell’operatrice, « FBI, sono l’agente speciale Isabella Marie Swan, direttrice dell’ufficio di New York, codice 090618RK, mi metta in contatto con il centro operativo codice 1309NY », dissi a bassa voce, stupendomi di come ricordassi quei numeri a memoria.
« Codice identificazione » 
« MDL97G », dissi maledicendo i numerosi codici che ogni giorno dovevo imparare, visto che avevano una scadenza di ventiquattro ore.
« Alice Brandon.. con chi parlo? » 
« Alice sono Bella »
« State bene? Vi abbiamo completamente persi di vista.. ho già avviato le ricerche »
« Stiamo bene.. geocalizza questo telefono e manda una squadra, il capo è un certo JW », dissi stando sempre tra le braccia di Cullen.
« Jasper Whitelock, uno dei più potenti hacker al mondo, l’anello con incisi i tre ferri di cavallo, è uno dei suoi simboli », disse mentre si sentivano i tasti della tastiera che premeva con velocità assurda. Quindi era un ottimo hacker eppure appariva una persona così stupida.
« Più o meno sai dove siete? Così riduco l’area » 
« Alice a sud, sulla costa, probabilmente nella contea di Monmouth » 
« Vi ho trovati, la squadra Alfa guidata da Emmett è ha trenta minuti da voi », dovevamo cercare di mantenere un basso profilo almeno fino all’arrivo dei rinforzi.
Conclusi la chiamata, Cullen rimise il telefono in tasca e mi prese per mano, « Aspetta », mi voltai verso di lui, « Ti ho sbavato il rossetto », disse pulendo con le dita l’angolo destro del mio labbro inferiore.
« Torniamo alla festa, non voglio perdere di vista JW », dissi togliendo la sua mano dalle mie labbra, Cullen annuì. 
« Fra quanto arrivano? », mi domandò non appena ritornammo alla sala principale della villa, fuori ormai era buio.
« Trenta minuti » 
JW guardò verso la nostra direzione, ci fece segno di avvicinarci, « Steave mi ha detto delle vostre effusioni nel corridoio di servizio », ci disse con malizia. Più lo guardavo e meno mi capacitavo che fosse una persona così intelligente.
« Prova a resisterle », rispose il mio vice dandomi un bacio sulla guancia, sorrisi facendogli l’occhiolino. 
« Beh hai ragione.. per la prossima volta, di sopra è pieno di camere vuote, solitamente non lascio che nessuno le usi, ma per voi questo ed altro », provava completa ammirazione per noi due, o meglio per quelli che credeva fossero i coniugi White.
« Addirittura? », dissi con voce da perfetta gatta morta.
« Assolutamente, ma sapevo della vostra fretta, una macchina è fuori che vi aspetta.. non ditemi grazie », si sistemò la giacca e mi guardò con malizia. 
La situazione si stava mettendo abbastanza bene, avremmo messo fuori gioco l’autista ed aspettato i rinforzi appena fuori dalla villa.
« Abbiamo un lavoro da compiere, alla prossima », Cullen gli strinse la mano, lo feci anch’io, ma JW la prese e la baciò, « Non siete una coppia aperta, vero? ».
« No », risposi prendendo mio “marito” per mano ed andando verso l’uscita, « Edward Cullen è qui e si è pure sposato », gelammo, ma continuammo a camminare, ignorando la voce della donna dai capelli biondi.
« Edward? Non mi riconosci? », la ragazza ci si piombò davanti, tutta la sala si fermò, il Dj abbassò la musica. Tutti ci guardavano.
« Arya cara ti sbagli è Edgar White. Credo che tu abbia esagerato con la polverina bianca, questa mattina », JW venne al mio fianco. Cercavo di mantenere la tranquillità, ma Arya non demordeva.
« Riconosco benissimo un agente del FBI », disse incrociando le braccia sotto il seno, eravamo decisamente nella merda.
« Interessate.. non vorrei rovinare la festa a nessuno e poi il marmo bianco è così delicato » 
Due guardie armate si avvicinarono a noi, ci presero per un braccio e ci portarono al piano superiore, nell’ufficio di JW. 
« FBI? Sul serio? », disse chiudendo la porta alle spalle, le due guardie, dietro di noi, ci puntavano con la postola.
« Agente speciale », precisò Edward, avevamo capito quanto a JW piacesse parlare e sentirsi al centro dell’attenzione, sembrava convinto che la sua vita fosse un opera drammatica. E se voleva il drama, il drama avrebbe avuto.
« Addirittura »
« Edward chi cazzo è quella lì? », dissi voltandomi verso di lui, fingendo di essere delusa, ignorando completamente JW. Sorrise leggermente era la prima che lo chiamavo per nome.
« Ci sono stato assieme un mese fa », mi rispose capendo il mio gioco, JW aveva capito che non eravamo i coniugi White, ma non poteva di certo sapere che tra me e Cullen non ci fosse niente se non un rapporto professionale.
« Uhhh », JW si strofinava le mani.
« Non riesci proprio a tenertelo nei pantaloni? », dissi schifata, ero entrata bene nel personaggio. 
« Voi due abbassate pure le armi, voglio che prima dell’incontro con nostro Signore, facciano pace », disse con tono drammatico, le guardie eseguirono il suo ordine. Non mi capacitavo, proprio, della sua intelligenza.
« Amo te », disse Cullen prendendo il mio volto tra le mani, i suoi occhi erano incredibilmente sinceri, mi avvicinai, « Dimostramelo ».
Le nostre labbra a pochi centimetri, JW era completamente rapito dalla scena, « Ora », dissi e Cullen si accanì contro la guardia dietro di me ed io con quella dietro di lui; lo presi per il colletto della camicia, lo tirai verso di me e gli diedi un calcio alle parti basse, che lo fece piegare, misi le mani sul suo collo e glielo girai. Cadde a terra, non era morto, semplicemente svenuto. Presi la sua pistola e, in perfetta coordinazione con Cullen, la puntai verso JW.
« Wow.. è stato super eccitante », disse allontanatosi indietro di qualche passo, ma eravamo chiusi nel suo ufficio, si era messo in trappola da solo.
« FBI, mani in alto. Jasper Whitlock è in arresto per hackeraggio e diffusione di materiale protetto dal segreto di stato e per chissà quali altri crimini », disse Cullen.
« Ma siete una coppia voi due? Sì o no? », era snervante, la voglia di sparargli era altissima.
« Chiama i tuoi uomini e di loro di raccogliersi tutti nella sala da ballo, una parola sbagliata e il tuo fine cervello salata in aria », ordinai per evitare una strage.
« Io la ascolterei.. lei è il direttore oltre che mia moglie », guardai Cullen, cosa serviva continuare a fingere? 
« Tutti in sala grande.. stanno per arrivare gli ospiti d’onore. Che mi vogliono uccidere », disse mettendo giù il telefono, Cullen lo prese immediatamente da dietro. Io rubai il suo pass ed uscimmo. Due guardie ci attendevano fuori, sparai e colpii entrambi. Dal basso si sentivano le urla. 
« Ordina loro di abbassare le armi o ti faccio saltare il cervello », Cullen mise la pistola sulla testa di JW. Non era un comportamento correttamente etico il suo, ma era l’unico modo per mettergli veramente paura.
« Abbassate le armi », urlò e i suoi uomini fecero come chiesto. Era strano tutto troppo semplice.
Nell’arco di cinque minuti Emmett e gli agenti della sua squadra fecero irruzione nella villa, JW venne portato via assieme ad alcuni dei ospiti, che dovevano essere interrogati.
« Ottima mossa », mi disse Cullen mentre con una delle macchine del FBI tornavamo al centro operativo.
« Quale? », domandai voltandomi verso di lui.
« La moglie gelosa », gli diedi il pugno al braccio e tornai a fissare il buio della notte. 
Al centro operativo non era rimasto quasi nessuno, ormai era tardi, Cullen ed io uscimmo dall’ascensore, ancora con i vestiti eleganti addosso.
« Eccovi », Alice ci venne incontro, mi abbracciò.
« I testimoni? », domandai andando verso il mio ufficio.
«  Sono tutti salvi e ho cambiato loro abitazione e identità », mi rispose dandomi la lista che lessi e firmai. Per fortuna non era finta nelle mani sbagliate.
« Molto bene »
« I vostri telefoni », ci disse passandoci una busta, me ne ero completamente dimenticata. 
« Grazie Alice.. puoi andare, anzi andiamocene via tutti è tardissimo », dissi mettendo i fogli in una cartellina e chiudendo il mio ufficio. 
Lo spogliatoio era vuoto, « Ragazzi io corro. Buonanotte! », Alice uscì, mi tolsi i tacchi, i piedi mi facevano malissimo. 
« Swan.. mi dispiace per oggi », mi disse Cullen, il suo armadietto era accanto al mio, ma per cambiarsi si era messo al lato opposto.
« È solo lavoro », dissi dandogli le spalle, mi volevo togliere il vestito ed andare a casa il prima possibile, cercai di prendere la cerniera sul retro ma era troppo in alto, facevo fatica.
« Faccio io », la voce di Cullen era a pochi centimetri dal mio collo, che si riempii di brividi. Era strana l’alchimia che c’era tra noi due. Abbassò la cerniera e lasciò un bacio alla base del collo, mi voltai verso di lui e mi presi le sue labbra. Avevo ceduto, mi ero resa debole.
————
Grazie per aver intrapreso assieme a me questa pazza avventura ♥️
A martedì 17.12.19

Ps. Venerdì prossimo ci sarà il finale di Recommencer. ♥️
Pss. Ci vediamo su Instagram 

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Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. I nomi e i cognomi utilizzati, eccetto quelli del mondo Twilight, sono di pura fantasia.
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Capitolo 5
*** Lauriston Ave - Los Angeles CA ***



Dove eravamo rimasti..
Grazie ad uno dei enigmi presenti all’interno dei disegni Bella e la squadra catturano un pericoloso Hacker che aveva messo in vendita la lista dei testimoni sotto copertura di un processo. Durante il corso della missione Bella e Edward, fingendosi la coppia che voleva comprare la lista, si baciano più volte.
 
CAPITOLO 5
LAURISTON AVE
LOS ANGELES - CA  
 
29 Gennaio 2019
Non erano passate nemmeno dieci ore dall’ultima volta che avevo messo piede nell’edificio della sede del FBI che già mi ritrovavo nell’ascensore riservato agli agenti speciali.
Vidi Cullen correre in mia direzione, bloccai le porte e lo feci entrare. « Grazie », disse digitando il codice che ci avrebbe portati al centro operativo.
« Già qui? », gli domandai per rompere quel silenzio imbarazzante che si era creato tra di noi. La sera prima ero letteralmente scappata da lui e dalle sue labbra, « È il mio lavoro », rispose bevendo un sorso del suo caffè.
« Quello che è successo ieri.. rimane a ieri », dissi poco prima dell’aprirsi delle porte dell’ascensore, mi ero lasciata andare troppo. Non sarebbe più successo.
Una pila di carte da firmare mi attendevano nel mio ufficio, mi sedetti e cominciai a leggerle, erano tutti verbali, bilanci e interrogatori di criminali, o presunti tali, fatti dagli agenti nel corso della settimana precedente. Leggere e firmare, avanti così per più di un’ora, dove per fortuna nessuno venne a disturbarmi. 
Il mio telefono si illuminò era Alice, mi voleva nel suo laboratorio, « Hai trovato qualcosa? », domandai, salutando con un cenno Emmett e Katherine.
« Ho analizzato il tratto delle ali dell’angelo in E1.. apparentemente lineare, senza interruzioni o frammenti dalle forme strane », disse mettendosi davanti agli schermi.
« Ma? »
« Se lo isolo mi ricorda tanto una strada di montagna, visto le curve, e se la inserisco all’interno delle mappe », disse trascinando il disegno sulla cartina degli Stati Uniti, « Ho un riscontro », l’immagine si sovrappose perfettamente ad una strada sulla costa ovest. « Coincide perfettamente con la stradina che porta sulla collina di Hollywood,  poi ho preso la stradina e l’ho fatta passare su tutti i disegni e boom! In B2 abbiamo questo, ogni curva, con un ampiezza superiore ai 90 gradi, corrisponde ad un numero sul disegno ».
 
14  5  24  20
 
« Numeri che ritenevo messi a caso, ma se sostituiamo ogni numero con la corrispettiva lettera in ordine alfabetico e tenendo come primo indizio Hollywood » , continuò Alice mettendo sullo schermo le quattro cifre e sostituendole attraverso l’iPad con le lettere.
 
14 -> N    5-> E    24 -> X    20 -> T
 
« Ecco a voi la NEXT Production una compagnia venduta almeno dieci volte negli ultimi sei mesi, ma sempre in produzione », disse aprendo la pagina Wikipedia della casa di produzione. 
« Alice puoi risalire a qualche nome? »
« Assolutamente.. in tutte le transazioni comprare il nome di Brooklyn Ross, noto produttore quarantenne senza alcun precedente penale », mi rispose facendo comparire sullo schermo alle sue spalle la scheda di Ross.
« Altro? », la scheda suggeriva quanto normale e noiosa fosse la vita del produttore, niente di sospetto, che ci potesse portare ad arrestarlo per chissà quale crimine poi. Poteva colui che ci ha mandato i disegni, farci un semplice elenco di chi avremmo dovuto arrestare e non farci perdere tempo con tutti questi enigmi? 
« Solo ipotesi, la Next potrebbe essere una società di copertura o semplicemente il nostro disegnatore si sta divertendo a prenderci in giro »
« Lo vorrei.. abbiamo altre informazioni su questo Ross? »
« Da circa tre anni è legato a Sofia Diaz figlia del narcotrafficante, condannato all’ergastolo, Arturo Diaz », conoscevo padre e figlia, era stato un caso molto strano quello di Diaz, pieno di incongruenze e testimoni misteriosamente scomparsi.
« Della sua organizzazione è rimasto qualcosa? », le domandò Cullen mettendosi al mio fianco, non mi ero accorta che fosse nel laboratorio.
« No.. con il suo arresto e quello di altre venti persone è sparita », risposi finendo il mio terzo caffè della giornata. Ed erano appena le nove del mattino.
« E la figlia? », sullo schermo accanto alla foto di Ross, Alice aveva messo la foto di Sofia, una bellissima donna dai tratti messicani. Era cresciuta, al processo del padre aveva appena vent’anni.
« Durante il processo è risultata estranea ai fatti », disse Alice, alzando le spalle. Se il nome della casa di produzione di cui faceva parte il suo fidanzato, era stato inserito all’interno dei disegni, voleva dire che c’era qualcosa da scoprire. Almeno così credevo. 
« Emmett fa preparare il Jet, si vola a Los Angeles. Alice procurarci dei pass per entrare agli studios », dissi prima di lasciare il laboratorio e ritornare al mio studio per far partire questa “gita” fuori porta.
« Pensi che la figlia abbia continuato l’attività del padre? », Cullen si chiuse la porta del mio ufficio alle spalle, volevo metterlo al corrente di tutto quello che sapevo sui Diaz.
« Credo non ne sia mai uscita », risposi prendendo il tablet, « Quando Diaz è stato arrestato dal FBI è successo in maniera pacifica, nessun scontro a fuoco. La figlia durante il processo risultò troppo pulita.. strano per una che stava h24 con il padre », dissi mostrando ad Edward le immagini, mi ricordavo ancora di quell’arresto e del successivo processo, ero ancora a Dallas, nei primi anni da agente del FBI.
« Eri al processo? », domandò puntando i suoi occhi verdi su di me.
« Si.. ho assistito anche all’arresto », dissi sedendomi sulla scrivania.
« Potrebbe riconoscerti », mi rispose incrociando le braccia.
« Come la tipa che ti ha riconosciuto ieri? Arya credo si chiamasse », dissi con aria da presa in giro, « Andiamo Cullen pensavo avessi gusti un po’ più elevati », conclusi scendendo dalla scrivania.
« Un mese fa ero a New York per.. delle cose mie e alla sera sono uscito l’ho incontrata e ho parlato con lei per tutta la sera, ma ero già ubriaco e poi », era completamente rosso in viso. 
Ero il suo capo ed i miei agenti dovevano tenere un comportamento impeccabile anche fuori dall’ufficio, « Ubriacarsi e raccontare tutta la propria vita ad uno sconosciuto non è un atteggiamento che tollero nella mia squadra », dissi seria, lui annuii, abbassando lo sguardo. 
« Ieri abbiamo rischiato, non voglio che ricapiti e prima che tu ti metta in testa che queste parole siano dettate da quello che è successo ieri tra di noi, sappi che non è così », dissi mentre sul tablet arriva l’avviso che il jet fosse pronto.
« Mi dispiace » 
« Della tua vita privata puoi fare quello che vuoi, ma ricordati delle responsabilità che hai nei confronti di questo distintivo », dissi scostando leggermente la sua giacca. Teneva il distintivo sulla cintura, come facevo io.
« A Quantico nessuno ti dice che la tua vita privata diventerà il tuo lavoro », disse amaro, una nota di malinconia nei suoi occhi.
« No.. e quando lo capisci è troppo tardi, non ti resta che accettarlo », gli sorrisi, « Ora andiamo,   la California ci attende », dissi uscendo dal mio studio per andare nello spogliatoio a prepararmi.
Il jet del FBI sorvolava il Colorado, ormai mancavano meno di settanta minuti all’atterraggio, Emmett si stava coordinando con gli agenti del Bureau di Los Angeles, Katherine l’avevo lasciata a New York, in caso di emergenza avrebbe preso il mio posto.
Era strano, per anni avevo atteso il momento del passaggio da agente ad agente speciale ed ora che lo ero diventata, per giunta direttore, volevo tornare alla spensieratezza di prima, dove le decisioni difficili le prendevano i miei capi, quando non morire in capo era l’unica cosa a cui dovevo pensare.
« A cosa pensi? », Cullen mi sorrise, prese il posto vuoto davanti a me.
« A niente », risposi tornando a guardare le nuvole sotto di noi.
« Sei un ottimo leader, so quanto possa essere difficile stare al tuo posto », tornai a guardarlo, come aveva fatto a capire esattamente quello che mi passava per la mente? « Sei sicura che Sofia Diaz non ti riconosca? Sai non voglio prendere il tuo posto », sorrisi, glielo avrei ceduto volentieri.
«  Avevo i capelli tagliati corti e.. bionda », gli risposi sorprendendolo.
« Non ci credo »
Presi il tablet e cercai nell’archivio delle vecchie foto, « Eccomi, lavoravo al FBI di Dallas », io e il mio ragazzo dell’epoca ci eravamo appena lasciati e per tornare in pista mi ero fatta bionda.
« Ti preferisco mora agente speciale Swan », alzai gli occhi al cielo, avrebbe mai smesso di sorridermi in quella maniera? 
« Emmett tu vai verso i set.. io e Cullen ci addentriamo nelle quinte », dissi appena entrammo agli NEXT Studios, Los Angeles era calda e soleggiata, non era affatto male.
Stavano girando un film in costume, anni Sessanta probabilmente, Cullen ed io eravamo vestiti da perfetti turisti; jeans, converse, maglietta bianca e giacchino in pelle che ci permetteva di nascondere l’arma di servizio. La polizia di Los Angeles ci aveva fatti entrare da un’entrata secondaria. 
« Perché ti sei fatta bionda? »
« Volevo cambiare », riposi mentre ci allontanavamo dalla massa di turisti per addentrarci nel retro degli studios.
« C’entra un ragazzo? », era meglio non ricordare il perché l’avevo fatto. 
Erano passati anni dall’ultima volta che l’avevo vista, eppure Sofia Diaz era rimasta uguale. Alta, pelle olivastra e lunghi capelli scuri.
« Shh », feci segno a Cullen prendendolo per un braccio. Mi volevo avvicinare senza farci scoprire. Entrammo all’interno di un grande magazzino, pieno di scatoloni e pezzi di set, Sofia entrò in una porta coperta da un’orrenda tenda di plastica a pois.
Ci avvicinammo mettendoci entrambi al lato destro della porta, si sentivano varie voci di operai, poi sentii chiaramente la voce di Sofia, parlava spagnolo con un uomo, « Está todo listo?», cosa doveva essere pronto?
« Si, señorita Diaz »
« Senti questo odore? », mi disse Cullen parlando molto lentamente, annusai l’aria, ma non capivo a cosa si riferisse, « È levamisolo », rispose.
« È una delle sostanze chimiche più utilizzate per il taglio della cocaina »,  dissi cominciando a sentirne l’odore nell’aria.
« Pensi che stiano utilizzando gli Studios per nascondere il laboratorio? », annuii alla sua domanda, mi avvicinai lentamente alla porta, i Diaz erano a capo di uno dei cartelli della droga più potenti e proficui degli ultimi vent’anni.
« Alice procura un mandato di perquisizione, si sospetta attività illecita di commercio e taglio di sostanze illegali », dissi attivando il collegamento con New York.
Mi sentii trascinare contro dei scatoloni, messi davanti alla porta, le labbra di Cullen raggiunsero le mie in un bacio passionale.
« Voi due! Prendetevi una camera! I bambini girano liberi! », ci urlò una guardia, non si chiedeva il perché fossimo li? 
« Ci scusi », dissi fingendo imbarazzo, presi Cullen per mano e mi avviai all’uscita, « Che ti è preso? », domandai tra i denti, la guardia continuava a fissarci.
« Era armato.. ti ho appena salvato la vita »
« Povero avevi paura? Eppure pensavo tu fossi un agente speciale del FBI », lo preso in giro, Alice era ancora in collegamento con noi, sentivo la sua risata.
« Come gli avresti giustificato la tua presenza a pochi metri da dove imballano la droga? Me lo spieghi? » 
« Oh credo che le ragioni siano altre », dissi con sarcasmo. 
« Illuminami », si posizionò davanti a me, alle sue spalle agenti della polizia in tenuta da sommossa avanzavano verso il magazzino, alle mie spalle sentii i primi spari. Mi buttai su Cullen e nel farlo caddi addosso a lui
« Lo vedi sei tu che mi salti addosso », mi disse sul collo mentre, ancora abbracciati, ci trascinavamo dietro ad una macchina.
« Magari un’altra volta.. prima usciamone vivi », risposi prendendo la pistola e cominciando a sparare verso le guardie. 
Gli agenti della polizia erano in abbondanza si sarebbero occupati loro delle guardie, a me servivano Sofia e il suo compagno, ma di loro nessuna traccia. A pochi mentre da noi, che eravamo abbastanza laterali, passò una golf cart bianca, la stava guidando la Diaz. 
« Io non la perdo di vista, tu procurati una di quelle macchinine », dissi a Cullen mentre schivavo i colpi per raggiungere l’esterno del magazzino. 
« Entrate dentro e la prossima volta siate più discreti! », urlai agli agenti mostrando il distintivo.
« Swan! », mi voltai, Cullen aveva preso una golf cart fucsia, « Un colore molto virile », dissi salendo, la Diaz era a circa trenta metri da noi, « Prima finisco il mio lavoro poi ti mostro quanto io sia virile », mi rispose beccandosi una gomitata.
Quei maledetti golf cart andavano pianissimo, non avremmo mai raggiunto la Diaz, che si stava dirigendo verso i parcheggi. Presi bene la mira e colpii una delle ruote posteriori, il mezzo cominciò a sbandare a destra e a sinistra, per poi cadere su un lato.
Scesi e andai immediatamente ad accertarmi che fosse ancora viva, « Mi poteva uccidere! », disse uscendo dalla golf cart, « No.. magari ferirla », le risposi sorridendo.
« Bella? » 
« Dimmi Emmett »
«  Abbiamo fatto irruzione all’interno del laboratorio, come si sospettava, è pieno di droga pronta alla vendita », mi disse all’auricolare, molto bene potevo procede all’arresto.
« Sofia Diaz è in arresto per traffico e commercio di sostanze stupefacenti. Ha diritto a rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà o farà potrà e sarà usata contro di lei in tribunale. Ha diritto ad un avvocato. Se non può permettersene uno, gliene sarà assegnato uno d’ufficio », dissi prendendola per un braccio per portarla verso la polizia che stava ultimando gli arresti, non c’erano molti uomini a terra, per fortuna nessun poliziotto. 
Un agente mi passò un paio di manetta e la relativa chiave, ammanettai la Diaz, che Cullen prese per un braccio. Emmett ci raggiunse con Brooklyn Ross, anche lui in manette, « Signorina Diaz è il suo fidanzato? », disse con vivacità il mio collega.
« Si! », rispose lei dimenandosi dalla presa ferra di Cullen.
« Beh.. ho trovato il suo fidanzato tra le gambe di un’attrice o presunta tale », Emmett amava il drama. La Diaz divenne tutta rossa, « Mi tolga le manette! Lo strozzo e poi me le rimetta pure! », disse incazzata, « Volevo solo sfogarmi passerotto.. tu sei sempre impegnata con l’organizzazione del laboratorio », rispose lui con strafottenza. 
« Voi lo sapete che tutto quello che dite in stato d’arresto sarà usato contro di voi in tribunale? Emmett glielo hai detto? »
« Assolutamente capo » 
Un agente in divisa si avvicinò a noi, « Direttore, mi presento sono Charles Brown, capo della polizia di Los Angeles », quindi era lui il deficiente che non sapeva gestire un’operazione.
« I suoi uomini conoscono la discrezione? Io e l’agente speciale Cullen potevamo rimanerci secchi! », ci eravamo trovati nel bel mezzo di una sparatoria, era un miracolo che non ci avessero colpiti.
« Mi scuso a nome della polizia », disse abbassando lo sguardo, voleva per caso impietosirmi? 
« Certo.. Cullen, McCartney scortate Brooklyn Ross e Sofia Diaz al nostro jet privato, verranno interrogati a New York », volevo sapere molto di più su questa storia e perché la loro cattura fosse prevista dai disegni. Non potevano dare questa informazione agli agenti del FBI o della polizia di Los Angeles?
« No.. sono competenza della polizia di Los Angeles », si impuntò il capo Brown, mi venne da ridere.
« Mi ascolti bene capo Brown se non fosse stato per noi Sofia Diaz avrebbe continuato la sua attività in totale tranquillità, inoltre un’indagine del FBI ci ha portato qui. Quindi Diaz e Ross vengono con me! », dissi tirando fuori tutta la mia autorità.
« Direttore », era leggermente alterato, i suoi baffi scuri sembravano vibrare.
« Farò in modo di farle avere le trascrizioni dei loro interrogatori. Le lascio il resto della ciurma, oggi non si annoierà », al FBI interessavano solo i pezzi grossi di un’organizzazione.
« La ringrazio »
L’odio che quell’uomo provava verso di me era ben visibile sul suo volto, cavoli suoi pensai, mentre il jet ci riportava nella grande mela.
« Mi piace Harry Potter, da piccolo ero convinto che sotto il mio letto ci fosse una colonia di mostri e amo Lady Gaga, per il resto mai nessuna donna si è lamentata di me », la voce di Cullen mi arrivò alla spalle, « Con Harry Potter mi avevi convinto », dissi girandomi, si avvicinò lentamente, i suoi occhi verdi puntavano i miei, « Bella? », scattai immediatamente Emmett era appena entrato nella parte del Jet dedicata agli agenti.
« Dimmi » 
« Non ho interrotto niente vero? Comunque Alice mi ha mandato i primi interrogatori fatti dalla polizia di Los Angeles in collaborazione con gli agenti del FBI e ad una prima lettura, Sofia è nella.. »
« Ho capito.. molto bene. Non vedo l’ora di interrogarla » 
Il tanto momento atteso era arrivato, Ross e Diaz erano nella sala interrogatori assieme ai loro rispettivi avvocati, « Da quanto ha ripreso l’attività di suo padre? », le domandai sedendomi di fronte a lei, non mi rispose, « A che scopo erano utilizzati gli NEXT Studios? Mi vuole rispondere lei Ross? No? », che noia di interrogatorio. 
« Molto bene.. Swan hai impegni per questa sera? », mi chiese Cullen seduto al mio fianco.
« No.. Ho tutto il tempo del mondo »
« Quanto dura questo interrogatorio? », mi domandò uno dei due avvocati.
« Beh.. questo dipende dal suo cliente », risposi incrociando le braccia, si prospettava una lunga serata. 
______________
Un avvicinamento? Cosa succede tra questi due?
Grazie per l’affetto.
Colgo l’occasione per farvi i miei migliori auguri di un Buon Natale 🎄♥️
A venerdì 27 dicembre 😘
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Capitolo 6
*** 768 5th Ave - Manhattan NY ***


 

Dove eravamo rimasti.. uno dei disegni porta la squadra a Los Angeles dove viene scoperto che la figlia di un narcotrafficante Diaz, ora in carcere, ha continuato l’attività mascherandola con una produzione di film.
CAPITOLO 6
768 5th AVE
 MANHATTAN - NY 
Febbraio 2019
« Buongiorno squadra », dissi entrando nel laboratorio di Alice, dopo aver partecipato all’ennesima riunione sul budget settimanale.
« Buongiorno raggio di sole », mi salutò la mia amica, viva la professionalità.
« Caffè? », mi voltai Cullen mi porgeva una tazza che è emanava un profumo paradisiaco, la accettai, « Grazie », gli sorrisi, lui ricambiò, « Cosa abbiamo Alice? », domandai notando che si avvicinava alla postazione disegni, da lei rinominata “galleria”.
« Nascoste in tutti e venti i disegni ci sono delle lettere, messe a caso, senza un senso logico. Le ho isolate e divise per grandezza e font », disse evidenziandole di vari colori. «  Ho preso quelle in maiuscolo più piccole e le ho inserite all’interno del mio programma che rileva gli anagrammi, ma sono uscite parole senza senso. NARLC, ACLRN, LRANC, RANCL.. Fino ad oggi », dagli schermi sparirono i disegni, « Ho inserto tutte le parole ottenute all’interno del database e, magia, questa notte ho avuto un riscontro: la parola LRANC è stata utilizzata o meglio si è attivata all’interno di un blog di moda », concluse accedendo al sito web del blog.
« Un blog di moda? Fantastico », il mio collega era irritante.
« Cullen credo tu sappia che questi siti vengano utilizzati perché poco monitorati », lo ripresi.
« E tra Gucci e Versace di cosa si parla? »
« Ehm.. non nominare Gucci e Versace invano.. tornado a noi, questa notte verso le due e mezza l’account LRANC si è attivato in una serie di commenti sotto un post del blog », continuò Alice, mai toccarle i grandi marchi della moda. Alice ci fece vedere il post e i relativi commenti.
 
“White Party”
“Ottimo abbinamento.. quando?”
“Questa sera, ore 9, Plaza”
 
« Plaza Hotel.. vi state chiedendo la stanza? Prediamo le tre lettere in stampatello più grandi e le mettiamo davanti uno specchio.. et voilá! » 
 
E   S   B  |  8   2   3
 
« Stanza numero 823, ovvero la suite presidenziale, occupata in questi giorni da Kabir Muhammad Sherif, petroliere, sospettato di corruzione e finanziamenti a gruppi terroristici in Libia e in Siria », adoravo Alice quando con estrema semplicità ci spiegava come aveva decifrato uno dei disegni, evitandoci noiosi calcoli o cose varie.
« E nessuno dell’intelligence ha pensato di avvisarci. Viva la cooperazione », nei ultimi tempi non era buona l’aria che scorreva tra FBI e l’intelligence.
«  Su di lui sta indagando la CIA, ma per ora non hanno nessun elemento valido per poterlo accusare o almeno inserire nella blacklist degli USA », commentò Cullen, il nome di Sherif era un crucio sia per FBI sia per la CIA.
« Bene.. come ci si entra a questo White Party? », dopotutto era uno dei disegni che ci portava al party, forse era l’occasione buona per ammanettarlo.
« Beh.. vestiti di bianco. Analizzando i commenti ho trovato questo », mi rispose Alice, mettendo in evidenza un'altra parte dei commenti sotto al post.
 
“Il bianco sarà il colore della prossima estate e un accessorio dorato renderà il tuo look più distintivo”
 
« Mamma mia sembra una frase proveniente direttamente da Vogue 2002 », commentò schifata Kate.
« Alice trova il modo di farci entrare », dissi uscendo dal suo laboratorio, seguita da Cullen e Emmett, mio padre era appena rientrato a New York e ci aspettava nel mio ufficio.
« Ciao papà », lo salutai con un leggero abbracciò, niente gesti d’affetto estremi in pubblico.
« L’ufficio del FBI di Los Angels ha appena inviato questo », disse mio padre passandomi una cartella, la aprii e notai una serie di scatti.
« È il capo Brown? », domandai riconoscendo negli scatti il capo della polizia di Los Angeles con cui avevo avuto a che fare giorni prima.
« Si.. è stato arrestato per corruzione e insabbiamento di prove », confermò mio padre.
« Questo è Ross », disse Cullen prendendo le foto dalle mie mani, cominciavo a capire un paio di cose che a Los Angeles mi erano sfuggite.
« Esattamente tre giorni prima del vostro arrivo, la NEXT Production doveva subire un’ispezione dal dipartimento della salute, che è saltata all’ultimo », spiegò mio padre.
« Era loro complice », non era Sofia Diaz lo scopo finale, ma l’arresto del capo Brown. I disegni stavano facendo vacillare molte poltrone ai piani alti. Dove avrebbero portato gli altri?
« Si.. andate pure il tuo orologio sta lampeggiando », disse mio padre e solo in quel momento mi accorsi che Alice ci voleva nel suo laboratorio, « Bella? », mi chiamò papà mentre uscivo dall’ufficio con Cullen ed Emmett, « Si? ».
« State attenti » 
« Come sempre », dissi richiudendomi la porta alle spalle.
Raggiungemmo Alice che sorrideva sadica, cosa si era inventata per farci imbucare alla festa senza dare spettacolo?
« Qualche idea? »
« Emmett e la squadra Alfa I sostituiranno il catering », spiegò.
« Vogliamo fallire Alice? », Emmett era un uomo alto un metro e novanta, robusto e con la delicatezza di un panda in un negozio di Chanel.
« Donna di poca fede.. ho lavorato nei migliori ristoranti di Boston per permettermi Harvard, so come si fa festa », disse il diretto interessato mettendosi in mostra. Alice alzò le spalle, mi convinsero, o meglio cercavo di fidarmi di loro.
« Bene allora hai l’intero pomeriggio per insegnarlo anche alla squadra Alfa I, poi tra poco è ora di pranzo potete utilizzarla come esercitazione », mi sarei divertita nel vederli in mensa.
« Ti stupirò », disse uscendo dal laboratorio.
« Per quanto riguarda me e Cullen, ti sei procurata l’invito o ci fingiamo chef? », domandai con sarcasmo, ero un capo abbastanza divertente.
« È una festa a numero chiuso.. ma niente nominativi », rispose Alice,  mi sembrava abbastanza ovvia come cosa visto che probabilmente l’ottanta percento degli invitati era ricercato o comunque indagato.
« Quindi? », domandò Cullen finendo il suo caffè.
« Avete mai visto Harry Potter? » 
 
Edward
 
All’ora di pranzo Emmett ci chiamò in sala riunioni, « Swan sei proprio sicura di Emmett come cameriere? », domandai sedendomi accanto a lei, si voltò verso di me e scosse la testa, « No, per niente », rispose tornado a dare attenzione a Alice che le spiegava il piano. Isabella Swan era davvero una bella donna, forte, tenace, ottima nel suo lavoro, ci metteva passione, ma era anche fredda e calcolatrice. Era me. Per questo era meglio stare lontani e dimenticarci dei nostri baci. Anche se due di essi ci avevano salvato la vita, ma erano ben evitabili.
« Come primo piatto e unico la casa propone un trionfo di prosciutto crudo accompagnato da una crema di limone, olio e uova, con una foglia d’insalata biologica. Il tutto adagiato tra due fette di pane dorate e croccanti », notai Swan chiudere gli occhi ed inspirare alla descrizione di Emmett, che con l’aiuto degli agenti della squadra Alfa I servì il pranzo.
« È un toast » 
« Aaa stai zitto tu e mangia. Ragazzi questo non lo dovete dire, sorridete e mandate a quel paese nella vostra testa », Swan soffocò una risata, « Finite di mangiare questo trionfo di prosciutto con non si sa che cosa, e andate al Plaza, il direttore vi sta aspettando. Mi raccomando discrezione », disse il capo addentando il suo toast, « Beh non male », constatò.
Alle otto Brandon mi fece trovare nello spogliatoio uno smoking completamente bianco, con il farfallino oro, non avevo mai visto un completo più orrendo e imbarazzante.
« Posso? » 
« Si », risposi mettendomi la giacca, la mia collega entrò, « Edward sei.. », la interruppi. 
« Zitta.. questa me la paghi Alice » 
« Mamma mia quanto sei noioso, comunque ero qui per dirti di dare questa pelliccia a Bella », disse appendendola ad uno degli armadietti.
« Non puoi farlo tu? » 
« No, è in riunione con suo padre ed io devo andare in laboratorio », mi rispose chiudendosi la porta. Sbuffai ed uscii anch’io, al centro operativo tutti gli agenti mi fissavano. 
« Kate.. no » 
« Non ho detto nulla.. volevo chiederti se ti andrebbe di replicare l’uscita di ieri sera, mi sono davvero divertita », Swan me lo aveva detto, separa la vita privata da quella lavorativa ed io come avevo risposto? Avevo chiesto all’agente speciale Katherine Brook di uscire con me. Un vero cretino. Bravo Cullen. Davvero intelligente.
« Kate io.. », la porta del ufficio di Bella si aprì, « .. veramente.. », i miei occhi vennero rapiti dalla donna che avanzava verso di me, era bellissima. Fasciata in un abito bianco lungo, dalla profondissima scollatura sul seno. Nulla di volgare, anzi era fine ed elegante. I suoi capelli erano biondi, corti, tagliati a caschetto e leggermente ondulati. Era irriconoscibile.
« Ah.. », Kate si voltò verso il nostro capo, io ero rimasto imbambolato, « Ora capisco », disse divertita.
« Cosa? No! », dissi tornado in me.
« Oh si.. altroché  »
Il mio capo si avvicinò ed io non sapevo cosa dirle, « Sei molto.. elegante », mi disse sorridendo mordendosi il labbro inferiore, se avevo imparato a conoscerla un po’ sapevo che non si sentiva molto a suo agio.
« Non mentire.. sembro un gelataio », le risposi passandole la pelliccia bianca, il suo dettaglio oro erano le scarpe e un bracciale.
« Grazie.. Alice? » 
« In laboratorio », le risposi evitando di guardarla, Kate se la rideva di gusto.
« Katherine tutto bene? Sono ridicola vero? » 
« Isabella sei bellissima », dissi sorridendole e Kate confermò annuendo convinta, l’ascensore si aprì e ne uscì fuori Alice con in mano un vassoio.
« Ho preparato gli auricolari, sono talmente invisibili che nessun sensore gli rivela, tranne il mio ovvio », ci disse passandoceli.
« Al Plaza è tutto pronto? », domandò la Swan indossando l’auricolare.
« La stanza è prenotata a nome Stewart, il check-in è già stato fatto », rispose Alice, « Io da qui controllerò chi entra nell’ascensore e appena vedo una coppia vestita di bianco diretta al ottavo piano, la farò fermare al settimo », io e la Swan ci saremmo scambiati con una coppia a caso. Era l’unico rischio del piano di Alice.
« Perfetto », rispose Isabella, poco prima che le porte dell’ascensore si chiudessero lasciandoci soli. 
« Perché bionda? », domandai sfiorandole un ciuffo.
« Così.. mi rende un po’ più intrigante. Non trovi? », rispose amicando allo specchio. La verità era che quel taglio corto le donava moltissimo, non che i lunghi capelli  castani le stessero male, anzi. Era bella, era molto bella. Sempre.
« Assolutamente », dissi aggiustandomi il farfallino oro. Isabella scoppiò a ridere ed io la seguii a ruota.
 
Bella
 
La stanza del Plaza scelta da Alice era più o meno grande quanto il mio appartamento, e si trovava esattamente sotto la suite presidenziale, Cullen osservava il traffico della grande Mela dalla vetrata, il completo bianco gli donava, anche se lui si sentiva ridicolo. 
« Kate, Seth, pronti all’uscita dell’ascensore la coppia X sta salendo », disse Alice dal suo laboratorio, i due agenti vestiti da camerieri si posizionarono ai lati e appena udirono il tin misero in atto il piano di Alice.
La coppia vestita di bianco svenne poco dopo aver sorseggiato lo champagne di benvenuto offerto dai due agenti, Kate e Seth gli trascinarono così nella nostra stanza. 
« Dici che sono morti? », disse Cullen rovistando nelle tasche dell’uomo.
« No.. si faranno solo una buona dormita », Alice aveva “corretto” lo champagne con un potente sonnifero, nulla di pericoloso.
« Ragazzi ditemi come si chiamano » 
« Adam e Agata Kowalski », risposi leggendo le carte d’identità dei due.
« Bene.. datemi un attimo. Trovati, vi invio suoi vostri telefoni una loro foto », sul mio telefono arrivarono le due immagini, erano loro. 
« Confermo.. sono loro »
« Bene.. Adam Kowalski è un ricco uomo d’affari polacco con cittadinanza americana dal 2015, la sua multinazionale si occupa di ricerca e controllo di nuovi giacimenti di petrolio, la moglie Agata è una moglie ricca che adora lo shopping di lusso e i suoi due Chihuahua », ci informò Alice.
« Quindi io parlo di cani e tu di petrolio. Bene »
« Cullen io Chihuahua tu petrolio! », lo corressi. Sorrise imbarazzato mettendosi una mano tra i capelli. 
« Giusto.. ehm, pronta? », domandò allungando la mano verso di me, la presi ed assieme uscimmo dalla camera. 
« Edward bussa tre volte e non dire nulla », lo informò Alice che monitorava le telecamere dalla sede.
« Ricevuto » 
Salimmo in ascensore, « Dovremmo avere un accento pesante, siamo polacchi », disse sistemandosi il farfallino d’oro, « Potremmo anche non parlare », suggerii.
Davanti alla porta 823 c’erano due guardie armate, non ci fissarono ne chiesero nulla, Cullen bussò tre volte e la porta si aprì. 
L’interno urlava lusso da ogni punto, uomini e donne vestiti di bianco la facevano da padrone, qua e là c’erano dei tavoli da bigliardo, da poker, al centro la roulette. 
Emmett passò accanto a noi e ci diede un bicchiere di champagne, « Grazie », dissi sorridendo.
« Ho sentito signor Kowalski che lei è un ottimo giocatore di poker, la aspettano al tavolo », ci disse Emmett, per poi spostarsi verso altri invitati. 
Cullen mi guardò ed io annuii, mettersi al tavolo del poker ci avrebbe dato un’ottima vista su tutto l’ambiente oltre che ad amalgamarci bene con gli altri invitati.
« Buonasera. C’è posto per me? », disse Cullen ai giocatori del tavolo che annuirono fissando me, mi tolsi la pelliccia dandola a Kate. Ottimo la mia scollatura distraeva tutti. Al tavolo del poker però c’era un solo posto, Cullen si sedette e mise una mano sui miei fischi e mi trascinò sulle sue gambe.
« È il mio porta fortuna. Spero non vi dispiaccia », disse stringendo più forte la sua mano attorno alla mia vita.
« È un piacere avere tale visuale », rispose un uomo che poteva tranquillamente essere mio nonno. 
Cullen cominciò a giocare, a me non rimaneva altro che guardarmi attorno per capire chi o cosa i disegni volevano farci scoprire. Donne giovani e belle, uomini ricchi e facoltosi, tutti vestiti di bianco, impegnate in attività da ricchi: bere champagne, mangiare caviale e giocare a poker. Dovevo ammettere che Cullen non se la cavava affatto male.
« Riconosci qualcuno? », dissi a bassa voce al suo orecchio, mentre con una mano gli aggiustavo il colletto della camicia.
Non rispose, scosse leggermente la testa e mostrò le sue carte, « Full », disse mettendo sul tavolo un tris di Re e una coppia di 10.
« Complimenti amico » 
« Bravo amore », Cullen riprese il gioco, ma la mia attenzione venne catturata da un uomo, certo era facile catturare l’attenzione di tutti se si indossava una giacca oro completamente glitterata, era qualcuno che avevo già visto. « Kate passa con lo champagne davanti all’uomo con la giacca oro, Alice prepara il riconoscimento facciale », dissi mettendo una mano tra i capelli di Cullen per avvicinarmi al suo orecchio e non farmi sentire dai altri. 
Notai Kate avvicinarsi all’uomo che le avevo indicato, « Pronta.. Kate passati con disinvoltura una mano in fronte. Perfetto ce l’ho », disse Alice dal laboratorio, « Ho un riscontro è.. oh mio Dio.. », la mia collega urlò.
« Alice », la ripresi mettendomi una mano davanti alla bocca, mentre l’altra continuava a giocare con i capelli del mio vice, che erano morbidi e seriosi.
« È Abdul Tawaab Ali il settimo uomo più ricercato del FBI »
« Ne sei sicura? », domandai sorpresa, se fosse stato veramente lui avremmo fatto il colpo dell’anno con il suo arresto.
« A causa di un colpo d’arma da fuoco, dovrebbe zoppicare con la gamba destra », ci informò Alice, ma Tawaab Ali era seduto e non potevo constatarlo, « Non ho la visuale », disse Cullen al mio orecchio, per poi lasciarmi un bacio poco sotto.
« Nemmeno io », disse Kate all’auricolare. 
« Maledizione! Continuate a girare come prima », dissi sul collo di Cullen, che si ricoprì di brividi, non gli ero indifferente, e se guardavo verso il cavallo dei suoi pantaloni ne avevo anche la conferma.
Cullen cominciò un’altra manche, tutto era tranquillo, Emmett e i miei agenti giravano per la sala, ai lati c’erano quattro guardie armate.
Guardai le carte che aveva in mano Cullen, poker, era bravo, molto bravo. Un uomo di colore si avvicinò per brindare con Tawaab Ali, si alzò, ma non si capiva se stesse zoppicando o meno. 
Seth, uno degli agenti del FBI vestiti da cameriere, lo urtò per sbaglio e lo costrinse a spostarsi, notammo immediatamente che il sospettato aveva un problema con il ginocchio destro.
« È lui », disse Edward.
« Pronti ad intervenire, squadra Alfa I le armi, Alfa II e Beta in posizione », sussurrai all’orecchio di Cullen, che strinse il mio fianco, « Tutti pronti? ».
« Si », risposero i miei agenti.
« Armi? », domandai, perché l’unica arma che avevo al momento erano i tacchi a spillo. 
« Seth per Edward, Kate per te », rispose Emmett.
« Poker », disse Cullen calando le sue carte e vincendo la manche, se non fosse stato un agente speciale del FBI Cullen sarebbe stato un ottimo attore.
« Ho vinto », disse girandosi verso di me, la mano destra stringeva forte la mia vita, quella sinistra raggiunse il volto, gli sorrisi. Le sue labbra si avvicinavano sempre di più alle mie, finché non le raggiunsero in un bacio che di finto aveva ben poco, se non nulla.
Si staccò da me e sorrise, lo guardai, sapeva benissimo che non era necessario, ma dovevo ammettere almeno con me stessa che era quello che volevo anche io.
« Amore basta giocare », mi lamentai, ben consapevole che le orecchie dei miei colleghi stavano ascoltando tutto.
« Sto vincendo », si lamentò. 
« Preferisci le carte a me? », domandai sbattendo ripetutamente gli occhi, messi in risalto da delle scomodissime ciglia finte.
« Scusatemi doveri coniugali », Cullen si alzò prendendomi per mano.
« Beato te », disse un signore davanti a noi facendogli l’occhiolino.
Ci avvicinammo a Tawaab Ali, che si era nuovamente seduto, era difronte a noi, parlava animatamente con un uomo. Kate e Seth si posizionarono dietro di noi, allungandoci le armi, nessuno dei presenti aveva notato nulla.
« Tawaab Ali? », alzò il capo di scatto, ultima conferma che non ci sbagliavamo, gli puntai addosso la pistola, sentii quattro AK-105* scattare verso di noi, ma i miei agenti si erano già posizionati alle loro spalle, bloccandoli, « FBI. La dichiaro in arresto.. voi altri abbassate le armi. Siete circondati », dissi facendo un passo in avanti.
« Tu chi sei? », si alzò e venne verso di me, dalla tasca della giacca di Cullen presi il mio distintivo, « Direttrice Swan.. FBI », risposi facendo cenno al mio vice di ammanettarlo, « Bella! Giù! », Cullen mi trascinò a terra e sparò verso la guardia alle mie spalle. La gente in sala cominciò ad urlare, si scatenò il caos, e Tawaab Ali ne approfittò per scappare, uscì dalla stanza 823, io e Cullen lo seguimmo, ma il maledetto aveva una pistola. Entrò in ascensore, per noi era tropo lontano, « Le scale », disse il mio collega prendendomi per mano, « Alice? », dissi nella speranza che il collegamento non si fosse interrotto, « Ci sono », sospirai sollevata.
« Blocca l’ascensore su cui è salito Tawaab Ali ».
« Nessun problema.. fatto. È bloccato tra il quinto e il quarto piano » 
Alice era la nostra salvezza, « Ottimo lavoro Alice », dissi tirando la mano di Cullen, potevamo anche smettere di correre per le scale, visto che con i miei tacchi rischiavo il collo ad ogni gradino.
« Deve essere un tipo intelligente », mi disse mentre uscivamo dalla porta delle scale per rientrare nei eleganti corridoi del Plaza.
« Tanto da mettersi in trappola da solo. Ci ha tolto tutto il divertimento », dissi mentre ci posizionavamo ai lati dell’ascensore.
« Alice sblocca l’ascensore e fermalo al quarto piano », disse Cullen.
« Mettetevi in posizione, punta l’arma verso le porte » 
Le porte dell’ascensore si aprirono, Tawaab Ali ci puntava una pistola completamente rivestita d’oro, che cosa pacchiana pensai, con il sorriso stampato in faccia, « Abbassa l’arma! », dissi, ma non mi ascoltò, Cullen mi guardò e dopo avergli dato un tacito consenso, lo disarmò con un calcio ben mirato verso la pistola. 
L’arma di Tawaab Ali cadde a terra ed io la presi, si abbinava perfettamente con il mio abito bianco, Cullen gli mise le manette e gli lesse i diritti.
Scortai personalmente assieme a Cullen Tawaab Ali al centro operativo, in ascensore continuava a dimenarsi, ma che il mio collega sapeva tenerlo a bada, « Come siete caduti in basso voi americani.. permettere che una donna sia vostro capo! », urlò, notai il mio vice stringere i pugni, « L’FBI punta alle nostre capacità, non al nostro genere! », rispose, ma capivo che si stava trattenendo dal buttarlo a terra e riempirlo di calci e pugni. 
« Dici questo solo perché te la vuoi fare » 
« È mia moglie! Non serve che la lusinghi », Cullen mi fece l’occhiolino, scossi la testa divertita, perché ogni missione finiva con me e lui sposati? 
Le porte dell’ascensore si aprirono mostrando il centro operativo pieno di agenti, funzionari e dei gradi più alti dell’FBI nazionale, tra cui mio padre e Parker, Direttore dell’intelligence nazionale. Ne partì un lungo applauso, il settimo uomo più ricercato dal FBI era nostro.
« Direttrice Swan, complimenti. Erano anni che attendavamo questo momento. Lei e la sua squadra avete fatto un lavoro impeccabile. Mi complimento ancora », disse Parker stringendomi la mano.
« Grazie mille », dissi mentre Tawaab Ali veniva portato nelle celle del FBI.
« Tesoro complimenti », mi disse mio padre abbracciandomi, « Cullen quali sono i suoi doveri coniugali? », domandò rivolgendosi al mio vice. C’era da divertirsi ora.
« Mi sono calato bene nella parte », si giustificò.
« Bene ora ne esca », papà gli diede una pacca sulla spalla e uscì dal centro operativo seguito da Parker.
« Avete fatto tutti un ottimo lavoro.. soprattutto i camerieri », dissi rivolgendomi all’intera squadra, « Ora, chi non ha il turno di notte è pregato di andare a casa. Tipo me.. buonanotte a tutti », dissi andando verso lo spogliatoio, non vedo l’ora di togliermi il vestito e la parrucca.
« Bionda non eri male.. ma così sei molto meglio », disse Cullen alle mie spalle mentre mi toglieva la fastidiosa parrucca bionda.
«  Non mi avevi detto che eri bravo a poker » 
« Te l’ho detto che ho moltissime doti », mi rispose.
Mi voltai verso di lui, era senza maglietta, aveva un fisco da urlo, ma dovevo mettere in chiaro un paio di cose con lui, non mi dovevo far distrarre, « Cullen quel bacio era necessario? ».
« La verità Bella? », lo chiese con voce bassa, non sembrava lui.
« Sempre » 
« La verità è che.. non vorrei. Diavolo ti conosco da appena un mese e.. non so cosa mi stia succedendo, ma la verità è che passerei le ore a baciarti », confessò a brucia pelo, tutto mi sarei immaginata tranne che lui si aprisse con me così velocemente.
« Cullen » 
« Lo so.. siamo nel mezzo del caos assoluto, qualcuno ci vuole assieme e non sappiamo il perché, e andando avanti di questo passo dubito lo sapremo mai », disse torturandosi i capelli, « Ma tu.. maledetta tu, mi piaci », lo aveva detto. Quello che più temevo.
« Cullen non è così.. è quello che vogliono loro, ci vogliono deboli e vulnerabili, diavolo sapevano la combinazione dei nostri armadietti! A momenti nemmeno io me la ricordavo! Stanno controllando la mia vita, il mio lavoro », dissi lasciando, che per una volta, le lacrime cadessero libere sul mio volto, « È da un mese che ogni caso è legato a quei stupidi disegni ed io mi sento così.. inutile », le sue grandi mani circondarono il mio viso, avevo fatto cadere qualsiasi tipo di barriera.
« Tu sei il diavolo » 
« Grazie », dissi sarcastica, ma lui scosse la testa, « Tutti pensano che il diavolo sia cattivo, ma la verità è che non lo è, lui punisce i cattivi, i buoni gli lascia ai piani alti », sorrisi e lui asciugò una mia lacrima, « Tu sei come lui, sei forte, determinata, punisci i cattivi, hanno tutti timore di te e con questo corpo sei fonte di peccato », arrossii e lui mi fece fare una giravolta, mai nessuno mi aveva descritto così, « Ma sei anche sensibile, buona, divertente. Hai tante qualità.. ma di base sei il diavolo, e il diavolo non si fa comandare da nessuno, nemmeno dal grande capo », disse facendomi l’occhiolino, se ci stava provando con me, dovevo ammettere che lo stava facendo bene.
« Io sono un totale casino in queste cose », negli anni mi ero costruita una scudo, non perché mi fosse successo qualcosa, ma per la paura che succedesse, ed ero anche consapevole di quanto questo mi stesse togliendo dalla vita. 
« Tu hai paura », come faceva quest’uomo, arrivato dal nulla a conoscermi così bene? 
« No.. sono il diavolo, l’hai detto tu! »
« Touché », mi sorrise. Stavamo entrando nei guai, probabilmente già lo eravamo.
 
————
Buon 2020 fanciulle! 
Nuovo decennio? O siamo alla fine dell’altro? Non mi è ancora chiaro.
Comunque Buon Anno ad ognuna di voi dalla vostra “scrittrice” che per queste vacanze ha deciso di prendersela comoda. Scusatemi. Ma bando alle ciance e ciancio alle bande, cosa mi combinano questi due che sembrano sempre più vicini? Ipotesi? Teorie? Fatemi sapere tutto, a venerdì un bacio 😘.
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Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. I nomi e i cognomi utilizzati, eccetto quelli del mondo Twilight, sono di pura fantasia.
Tutti i diritti sono riservati. È vietato qualsiasi utilizzo, totale o parziale, dei contenuti.
 
*arma da fuoco 

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Capitolo 7
*** Old K10 Rd - Alta Vista KS ***




Dove eravamo rimasti..
Dopo aver catturato uno dei uomini più ricercati dal FBI grazie ad un indizio presente nei disegni, Edward confessa a Bella che lei le piace, ma il direttore mette un freno, ha paura.
 
CAPITOLO 7
OLD K10 RD
ALTA VISTA - KS
14 febbraio 2019
Ero sveglia dalle sei del mattino, ripensavo ancora alle parole di Cullen dette la settima prima, non aveva più tirato fuori l’argomento, mi stupiva il fatto che sapesse così tanto su di me senza nemmeno conoscermi, ma non sapeva cose riguardanti la mia vita, per quello bastava una ricerca, dopotutto era un agente del FBI, lui sembrava conoscere la mia anima e questo a dirla tutta mi spaventava.  
Chi ti ha mandato a me Edward Cullen? 
Non sapevo nulla su di lui, mi dovevo informare, avevo perso tempo dietro ai casi senza mai chiedermi chi fosse realmente il mio partner. 
Suonarono alla porta, erano appena le sette del mattino, chi poteva essere?
« Cullen? Cosa ci fai qui? », chiesi spostandomi di lato per farlo entrare nel mio appartamento.
« Buongiorno direttore e buon San Valentino », disse sorridendo sghembo, quest’uomo mi avrebbe fatto andare fuori di testa molto presto.
« Cullen.. seriamente? » 
« Volevo essere cortese con la mia nuova vicina »
« Cosa? », a momenti sputai il caffè.
« Visto che ormai è ufficiale il mio trasferimento qui a New York, non posso continuare a vivere in hotel o da mia sorella e tuo padre mi ha detto che qui c’era un appartamento vuoto », aveva una sorella e mio padre era un traditore, perché non mi aveva avvisata? 
« Capisco.. prima ti spediscono a New York, poi diventi il mio vice, poi il mio vicino.. il prossimo passo sarà il mio letto? », dissi incavolata tornado dietro al bancone della cucina.
« Che cosa stai insinuando? », disse alzando la voce.
« Non lo so, dimmelo tu » 
« Secondo te è questo quello che voglio? Rimanere a New York accanto a te, quando a Washington c’è mia figlia!? », urlò girando attorno al bancone. Faccia a faccia. Mi odiava, glielo leggevo nei suoi occhi. 
« Cosa? Io.. mi dispiace »
« Ti dispiace? Pensi che tutto ruoti attorno a te ma non è così! Non sono entrati solo nel tuo intimo anche nel mio! Anch’io sono una stupida pedina del loro gioco.. pensavo che almeno tu mi capissi! », si sedette sullo sgabello, lanciando sul bancone un sacchetto ed una rosa, era stanco.
« Ti prego non urlare.. forse è questo quello che vogliono.. », dissi avvicinandomi, ma mi bloccò con una mano.
« Zitta.. sta zitta. Dimmi tu, piuttosto, cosa vuoi? », disse puntando i suoi occhi chiari su di me.
« Non voglio litigare con te.. vorrei capire, questi disegni.. », mi prese per mano e mi portò sul divano, si sedette accanto a me e cominciò a torturarsi le mani.
« Questi disegni ci hanno portato ad arrestare persone importanti.. hanno fatto cadere qualche poltrona ai piani alti », sorrise amaro, «  Non ci hanno fatto del male.. per ora. Bella, io sono terrorizzato all’idea che qualcuno possa fare del male a mia figlia,  è per lei che devo continuare a seguire quei disegni  e per farlo ho bisogno della mia partner », concluse mordendosi il labbro.
« Mi dispiace per prima.. qualsiasi cosa abbiano in mente, noi siamo più forti. Sono il diavolo, no? », dissi sentendomi più leggera.
« Lo sei », disse sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
« Non sapevo che avessi una figlia » 
« Non hai fatto ricerche su di me Direttore? », scossi la testa, quello che sapevo dei lui me lo aveva detto mio padre, ma riguardava tutta la sua sfera professionale.
« Va bene.. non avevo ancora vent’anni, frequentavo il primo anno a Stanford, conobbi Linda in una festa delle nuove matricole.. sai », era imbarazzato, ma ero curiosa e gli feci cenno di continuare, « Ad Aprile nacque Chloe, me ne innamorai. Io e Linda provammo ad essere una coppia ma non funzionò ».
« Questo non ti ha impedito di crescerla? » 
Scosse la testa e si alzò dal divano per prendere il sacchetto che aveva buttato sul bancone, ne estrasse due ciambelle al cioccolato e me ne passò una, « Grazie ».
« L’abbiamo cresciuta assieme. Linda insegna letteratura inglese, quando ho cominciato a lavorare per l’FBI mi ha seguito prima a Chicago e poi a Washington » 
« Verrà anche qui? » 
« No.. ora vive a Arlington poco fuori Washington, con suo marito John, mia figlia e Thomas », disse rattristandosi.
« Lei ti manca vero? » 
« Detesto l’idea che John possa vedere mia figlia tutti i giorni, mentre io mi devo accontentare di chiamarla e basta », non avevo figli, e non volevo averne, non avrei retto nel sapere che il mio lavoro era un continuo pericolo per loro.
« Vai a trovarla.. sono più che sicura che il grande capo non ha nulla in contrario », dissi facendo l’occhiolino. 
« E il grande capo ha pensato alle mie parole? », certo che ci avevi pensato, ma come facevo a dirli, che da lui non volevo nulla. Non ero brava nelle relazioni, non lo ero mai stata.
« Io.. si ovviamente, ma.. » 
« È ancora presto », disse alzandosi dal divano per raggiungere il bancone della cucina, « Ma almeno la rosa accettala, Direttore », mi strappò un sorriso. 
« Andiamo al lavoro insieme? », domandai mettendo le tazze di caffè nella lavastoviglie e accettando la rosa, « Non potrei mai dire di no al mio Direttore », disse facendomi l’occhiolino.
Trovai la tranquillità assoluta al centro operativo, ma non durò per più di qualche minuto, l’Apple Watch cominciò a suonare, Alice chiamava.
« Cosa abbiamo? », domandai entrando nel suo laboratorio con Cullen alle spalle.
« In B1 c’è questa bussola, che se ingrandita, mostra che le linee che la compongono sono una serie di numeri », rispose mostrandoci il disegno sugli schermi.
 
 
« Codice binario », disse Cullen mettendosi al mio fianco, non volevo che al lavoro nessuno sospettasse di qualcosa, odiavo le chiacchiere da ufficio.   
« Esatto, che come sappiamo consiste in un sistema numerico posizionale in base due, che convertito da questo », avevo cominciato a decifrarlo ma Alice e il sui iPad furono più veloci. 
 
1.P85.22.815
 
« È l’indirizzo server di un sito del dark web », ci informò.
« Cosa contiene il sito? », domandai sapendo che il dark web rappresentava l’oro per i criminali del mondo intero.
« Nulla se non l’immagine di un buco nero », disse aprendo il sito e mostrandoci l’immagine di un buco nero disegnata al computer, da quello che ne sapevo la National Science Faundation ne stava ricavando la prima fotografia, ma quella presente sugli schermi era chiaramente un’immagine fatta a computer. 
« Sei riuscita a decodificarlo? », domandai, osservandolo, solo una serie infinita di linee bianco, nere e arancio.
« No.. », Alice era mortificata, le sorrisi, senza di lei non avremmo risolto nemmeno uno dei disegni.
« Continua a lavorarci », le dissi tranquilla.
Tornai nel mio ufficio e vidi Cullen seguirmi, non aveva nulla da fare? Sbuffai sedendomi sulla mia poltrona, era una settimana che eravamo fermi con quei maledetti disegni. Nella settima di “riposo” avevo interrogato tutti coloro che avevamo arrestato grazie ai disegni, per capire quanto ci fosse in comune, ma non ero arrivata a nessuna conclusione, per ora.
« Cosa c’è? », mi domandò sedendosi davanti a me. Le facce degli arrestati erano sparse sulla mia scrivania. 
« È come se sapessi chi c’è dietro, ma non so chi. Sono solo stanca », dissi mettendo su ogni fotografia il disegno corrispondente. 
« Qui ci vuole un buon cappuccino.. dammi due minuti », disse uscendo dal mio ufficio, non feci nemmeno in tempo a dire « Grazie ».
« Eccoti.. l’ho fatto io », disse passandomi la tazza.
« Grazie », riuscii a dire, prendendo la mia tazza, era veramente un ottimo cappuccino, la schiuma bianca del latte si mescolava perfettamente al caffè, mescolai, e ne uscirono infinite linee. Come un buco nero. Ma prima di essere un mix di latte e caffè erano due cose separate, « Ho capito come decifrare il buco nero », dissi alzandomi. 
« Come? » 
« Tu sei un genio », dissi prendendo il suo viso tra le mie mani e lasciando un bacio sulla sua fronte, « Tornado prima bevi il cappuccino », lo feci, « È buonissimo », scappai nel laboratorio di Alice. 
« Mi vuoi spigare cosa hai capito? », mi domandò in ascensore ma non dissi nulla, finii solo il mio cappuccino, e gli feci l’occhiolino.
« Alice forse ho capito! », dissi appena entrai nel suo laboratorio. 
« Spara » 
« Flusso laminare.. ti ho stupita, vero? », Alice si illuminò.
« Noo.. ti ho istruita bene » 
« Che cos’è il flusso laminare? », mi chiese Cullen.
« Sono miliardi di linee che si creano mischiando due liquidi, come il caffè con il latte o le tempere colorate, se si inverte il processo si torna al loro stadio iniziale », spiegai sentendomi Alice e rendendola orgogliosa.
« Per farlo ho bisogno di un server più potente », disse provando con i suoi computer.
« Procedi pure.. sai quello che devi fare », le dissi sapendo che alla sede del FBI c’era quello di cui lei aveva bisogno, anzi era uno dei suoi sogni poterlo utilizzare.
« Isabella ti cercavo.. JW vuole proporre un accordo al FBI », disse Emmett entrando nel laboratorio.
« Da quando facciamo accordi con i criminali? », chiesi voltandomi verso di lui.
« Da quando il suddetto criminale non se la passa bene in carcere », sorrisi alla sua risposta, pensavano forse che il carcere fosse una passeggiata di salute? 
« Cosa vuole darci? »
« Un nome e un volto », rispose Emmett sedendosi su uno dei sgabelli, era fisicamente stanco, probabilmente i gemelli non gli avevano dato tregua durante la notte.
« È tranquillo oggi.. andrò a trovarlo in carcere », dissi notando che Alice era già sparita per mettere in uso i server più potenti per decifrare il buco nero.
« Ha detto che parlerà se ci sarà anche tuo marito », mi informò Emmett, sentii Cullen ridere alle mie spalle.
« Marito vieni con me », dissi voltandomi verso di lui.
« Mi dispiace per questa mattina.. veramente », gli Imagine Dragon avevano appena finito di cantare Bad Liar, fuori c’era il sole ed io non volevo farmi mezz’ora di strada nell’assoluto silenzio. 
Cullen si voltò verso di me e mi sorrise, per poi tornare a concentrarsi sulla strada.
« Non lo sapevi.. siamo entrambi sotto stress » 
Arrivammo a Rikers Island poco dopo, molte delle persone detenute lì dentro mi conoscevano, diciamo che non ero proprio la benvenuta.
« Direttore », ci venne incontro il direttore del carcere, Hopper, che era un vecchio amico di mio padre.
« Hopper, che piacere rivederti », dissi abbracciandolo.
« Anche mio cara, beh complimenti Direttore », mi disse sciogliendo l’abbraccio, era più di un mese che mamma cercava di organizzare una festa per la mia nomina, ma in un modo o nell’altro riuscivo a fermarla, non so per quanto ancora avrei resistito.
« Grazie Hopper, lui è Edward Cullen, il mio vice », i due si strinsero la mano.
« Cosa vi porta qui? » 
« Uno dei vostri detenuti vuole proporre un accordo al FBI »
« Jasper Whitlock, giusto? », annuii alla sua domanda, qualcosa mi diceva che si era fatto notare all’interno del penitenziario.
« Vi sta già aspettando.. io torno in ufficio. Quando avete finito venite da me », disse sorridente.
« Grazie, a dopo »
Trovammo Jasper Whitlock già pronto nella sala colloqui privata, « Agente speciale Isabella Swan, Assistente Direttore del FBI dell’ufficio di New York e il mio vice l’agente speciale Edward Cullen », dissi prendendo posto davanti a lui che ci guardava divertito, con un bel livido sotto l’occhio sinistro. 
« Ah che cosa simpatica.. suo marito è anche il suo vice », disse divertito, lo incenerii con lo sguardo. 
« Il direttore vuole sapere il volto e il nome di chi ci vuoi così gentilmente dire », disse Cullen incrociando le braccia al petto. 
« Ah! Ah! Prima l’accordo! » 
« Non sei nella giusta posizione per poter dettar legge. Voglio prima il nome e poi deciderò se vale la pena o meno spostare il tuo bel culo da qui! », dissi con tranquillità mettendomi comoda sulla sedia.
« Va bene.. dovresti prenderti un po’ più cura di lei la notte », probabilmente cercava il livido nero anche sull’occhio sano. Lo avrei accontentato.
« Fidati che me ne prendo cura, ora dicci il nome », incenerii il mio vice, che di risposta mi fece l’occhiolino, per poi tornare serio su JW. Uomini.
« Christopher Rogers », disse con una tranquillità snervante.
« E Babbo Natale esiste », sbuffai alzandomi, non avevo tempo da perdere con uno sbruffone.
« Nessuno sa niente di lui.. figuriamoci tu! » 
« Sono, probabilmente, il miglior hacker del pianeta. Anzi, senza il probabilmente, lo sono. Certo mi sono fatto fregare da due agenti speciali del FBI, ma a mia discolpa posso dire che sono, senza dubbio, i migliori nel loro campo, ma io so dove si nasconde Rogers », tonai a dargli attenzione, sembrava davvero convinto.
« Ci stai leccando il culo? », dissi mettendo le mani sul tavolo e sporgendomi verso di lui. 
« È così palese? » 
« Un tantino », risposi, ma sapevo che aveva ragione, lui poteva avere seriamente delle notizie su Roger, noi non avevamo nulla, ma era bene che lui non lo sapesse, feci segno a Cullen di andare.
« Sentite ragazzi io non me la sto passando bene qua dentro, vi dirò ogni cosa che so », disse quando io e Cullen avevamo ormai raggiunto la porta.
« Facciamo così, se entro settantadue ore Christopher Rogers sarà catturato, potrai considerare i domiciliari come cosa fatta », proposi e gli si illuminarono gli occhi.
« Ci sto » 
« Sei sicura? », mi domandò Cullen appena uscimmo dalla sala colloqui. 
« No.. ma se catturiamo Rogers tagliamo le gambe a minimo quattro cartelli della droga e ad una dozzina di gruppi terroristici. Sono dieci anni che CIA e FBI lo cercano e l’unica cosa che abbiamo di lui è un vocale di due secondi! Quindi se ho l’opportunità di sbatterlo dietro le sbarre, lo faccio », dissi decisa indossando la giacca.
« Vuoi entrare nella storia? »
« Perché no? », risposi facendogli l’occhiolino, la verità era che lottavo ogni giorno per rendere il mio paese uno Stato libero e sicuro. 
« Avete finito? », domandò Hopper appena raggiungemmo il suo ufficio, bisognava organizzare il trasferimento.
« Si » 
« Posso fare qualcosa per voi? » 
« Preparate Jasper Whitlock al trasferimento, scortatelo con la massima sicurezza e discrezione alla sede del FBI di New York », diedi ordine, era strano dare ordini ad un uomo che in famiglia ero solita chiamare zio.
« Ai suoi ordini », rispose facendomi l’occhiolino. JW sarebbe arrivato al centro operativo del FBI appena dopo l’ora di pranzo. 
« Hopper? », lo chiamai mentre salivo in macchina, aveva insistito per accompagnarci fuori, diceva che aveva bisogno di qualche raggio di sole, « Aumenta il livello di sicurezza a 4 ».
« Nessun problema », disse chiudendomi la portiera, Cullen partì, ma sentivo che aveva qualcosa da ridere, visto che dal suo volto non spariva quel maledetto sorriso.
« Livello di sicurezza a 4.. se non mi sbaglio è quello utilizzato per i terroristi »
« Fidarsi è bene, non farlo è meglio », risposi indossando i miei occhiali da sole.
..
« È molto bello qui.. decisamente più pulito », l’ora di pranzo era passata e come da accordi JW era seduto al centro della nostra sala interrogatori.
« Bene ora che abbiamo constatato che è meglio qui, come prediamo Roger? », domandai rimanendo in piedi davanti a lui.
« Mi serve un computer » 
« Assolutamente no! », dare un computer a JW era come dare un coltello ad un sicario.
« Bene allora è inutile che io sia qui » 
« Tu non sai dov’è », constatai, « Riportatelo dov’era », dissi alle guardie dietro di lui, era inutile perdere tempo con lui.
« No, no, no. Aspetta. È vero non so dov’è, ma so come trovarlo. Mi basta solo un computer e nell’arco di cinque minuti Roger sarà vostro », disse con voce tormentante, sbuffai, ma tentare non mi costava nulla. Feci segno agli agenti di lascarlo ancora seduto.
« Non ti lascerò utilizzare i computer del FBI », dissi sedendomi davanti a lui. Tutto ma non questo, ne andava di mezzo la sicurezza nazionale.
« Me ne basterebbe uno da 100 dollari », disse tirandosela come se non ci fosse un domani, sorrisi sadica.
« Nel laboratorio, grazie », dissi agli agenti che presero, senza togliergli le manette.
« Cosa hai in mente Direttore? », mi domandò Cullen aprendo la porta della sala interrogatori, per farci uscire.
« Ora lo vedrai », dissi chiamando l’ascensore. Dovevo prima passare nel mio ufficio.
« Whitlock ti presento l’agente speciale Alice Brandon capo del settore informatico del distretto del FBI di New York », dissi appena gli agenti scortarono JW nel laboratorio di Alice. 
« Una leggenda vivente » 
« JW e pensare che potevi esserci tu al mio posto.. ma hai preferito la parte oscura », disse Alice mettendosi davanti a lui, non sapevo si conoscessero.
« Affascina di più.. certo nemmeno voi ve la passate male » 
« Vi conoscete già? », domandò Cullen.
« Abbiamo frequentato Yale assieme », ci informò Alice, guarda di JW seriamente. 
« Alice a JW serve un computer », dissi non volendo perdere altro tempo.
« Non gli farò toccare i mie computer. Assolutamente no », Alice era stata categorica, ma mai ero stata più d’accordo con lei. 
« Non toccherà i computer del FBI, si dovrà accontentare di questo », dissi tirando fuori il copiare che avevo preso nel mio ufficio.
« È un computer del ’99! », si lamentò, Alice non trattenne le risate, « Sei perfida », mi disse Cullen all’orecchio.
« L’hai detto tu che sei il miglior hacker del mondo e che ti bastava un computer da 100 dollari, eccoti contento »
« Tieni conto che è un computer dell’altro secolo, può essere considerato vintage, quindi è anche di valore », mi diede manforte il mio vice. Posai il computer su un tavolo e lo invitai a sedersi.
« È semplicemente lento » 
« Abbiamo tempo », risposi sedendomi accanto a lui, Alice era alla sua destra, « Alice ti controllerà.. quindi non  cercare di fare il furbo altrimenti ti faccio sbattere nella peggiore delle prigioni degli Stati Uniti! », gli dissi alzandomi e tornando vicino a Emmett e Cullen.
« Un angioletto.. ma potreste almeno togliermi le manette? » 
« No », dimmo tutti all’unisono.
« Okay.. okay.. okay », cercava di fare il simpatico, peccato non fossimo al Saturday Night Show, avremmo fatto il botto d’ascolti. 
« Essendo un computer vecchio te l’ho collegato a un Wi-Fi esterno via cavo.. evita di commettere sciocchezze perché la prossima sedia sulla quale poserai il tuo bel di dietro sarà quella elettrica », non scherzava Alice, mi faceva paura.
« Hai sempre avuto un debole per il mio.. », non finì nemmeno di parlare che la mano di Alice si era già posata con violenza alla base del collo di JW.
« Stai zitto e fa quello che il direttore ti ha chiesto! » 
JW prese a digitare senza sosta al computer, era, quasi, più veloce di Alice, che non aveva smesso un secondo di osservarlo, Whitlock era pericoloso, con un computer de 99 avrebbe potuto scatenare una guerra in Mongolia, senza che nessuno di noi se ne accorgesse, « Ecco qui.. ci siamo », disse eccitato, « Bingo! » esclamò applaudendo, nonostante le manette. « A voi Christopher Roger all’anagrafe Alan Austin Thomson, classe 1965, al quinto posto della lista delle persone più ricercate dagli Stati Uniti », mi avvicinai a controllare.
« Che sito è? », domandai.
« Siamo nelle radici più profonde del dark web.. dove solo hacker esperti, come me,  riescono ad accedere », mi rispose, mamma mia quanto era presuntuoso.
« Sembra una sorta di Twitter », constatò Cullen.
« L’idea è quella.. ma assomiglia di più ad Amazon » 
« In che senso? » 
« Li dentro trovi tutto quello che vuoi: da un banale Rolex ad armi di distruzione di massa. È la versione oscura di Amazon, ma il concetto è uguale », ci spiegò Alice.
« Come faccio a sapere che è lui? », sull’immagine dell’account di nome @Pher c’era un uomo pelato di mezza età.
« Non avete nemmeno una sua foto? », aveva colto nel segno, nessuno parlò, « Mi sa di no.. mi date il permesso di farvi vedere una cosa? », ormai eravamo in pista. Continuiamo a ballare.
« Procedi pure », feci segno.
Dopo pochi click JW ci mostrò un video, « È lui.. è l’uomo della foto », disse Cullen, indicando la parte destra dello schermo.
« Ha l’audio questo video? », domandai e JW schiacciò altri due tasti e in tutto il laboratorio si diffusero le note di Beethoven.
« Non mi guardate così.. amo le feste a tema », si giustificò, io più passava il tempo e più mi chiedevo come un personaggio stupido come lui fosse un ottimo hacker. 
« Ferma il video », disse Cullen, « Torna indietro di 5 secondi ed isola la voce che si sente in sottofondo », non capivo da dove avesse sentito, ma JW fece quanto ordinato.
“Si dice che quello che succede a capodanno succede tutto l’anno”
Quando sentii quelle parole capii, l’unica cosa che l’intero FBI aveva su Roger, era un audio della sua voce, per il resto era un fantasma. Niente foto, niente famiglia.
« Alice comparala con tu sai cosa »
« Subito », prese il computer dalle mani di JW e si mise al lavoro con i suoi. 
« Cosa cerca solitamente Roger su questo sito? », domandai.
« Armi, donne, vini italiani », mi rispose.
« Questo è il suo profilo? », era strano pensare all’esistenza di un Amazon oscuro.
« Si », disse con tono divertito, cominciavo a perdere la pazienza.
« Dimmi la verità altrimenti ti sparo in mezzo alle gambe! », dissi sedendomi davanti a lui.
« Non è un comportamento etico » 
« Vedi che lo diventa.. allora? », Cullen alle sue spalle non la smetteva di ridere. 
« È il suo profilo e la fortuna vuole che stia cercando qualcosa », ci disse non appena Alice rimise il computer sul tavolo.
« Cosa? » 
« OK1TTAS », mi rispose, sembrava una presa in giro.
« Che diavolo è? » 
« Fammi controllare », disse il mio vice mettendosi in uno dei computer di Alice, che non mancò, ovviamente, di guardarlo male, nessuno doveva permettersi di toccare il suo laboratorio, « È il gas Sarin.. armi chimiche », ci informò leggendo sullo schermo.
« Se sta cercando il Sarin vuol dire che ha in mente un attacco.. dobbiamo fermarlo al più presto », era uno dei gas più nocivi presenti sulla terra, se non mi sbagliavo causava il collasso degli organi interni in pochi minuti.
« È lui..  c’è una compatibilità del 100% », disse Alice avvicinandosi, la prova vocale era una delle più accurate, e in questo caso anche l’unica, che avevamo.
« JW scrivigli che abbiamo quello che vuole », volevo Roger dietro le sbarre immediatamente, tirargli una trappola era l’unica soluzione.
« Isabella », mi ammonì Emmett, l’FBI non contrattava con i criminali, ma non vedevo soluzioni all’orizzonte.
« Siamo l’FBI.. mi basta una telefonata » 
« È pericoloso », mi disse Cullen.
« È la nostra prima e probabilmente ultima possibilità di catturarlo! », dissi mettendo in campo il mio tono autoritario, ero il capo e tutti dovevano seguire il mio piano, ma non volevo arrivare a tanto, non volevo imporre una sorta di dittatura.
« Come diavolo vuoi procurarti il Sarin? », chiese Emmett, la sua domanda era legittima, ma avevo una mezza idea su come ottenerlo. 
« Chiamerò il dipartimento.. » 
« Aspetta ho un riscontro con i disegni », ci disse Alice accendendo gli schermi al centro del suo laboratorio.
« Quale? » 
« Mentre parlavate ho inserito OK1TTAS all’interno del database e guardate in D2 nel disegno del pentagramma ci sono le note dello spezzone del brano che JW ha isolato per permetterci di ascoltare la voce di Roger.. se ingrandite le note mostrano all’interno delle lettere, alcune però sono vuote, quindi se inserisco le lettere e i numeri di OK1TTAS ne esce fuori »
 
OK1TTAS
_LD _ _ 0 AL_A VIS_ _ K_
OLD K10 RD ALTA VISTA KS
 
Un indirizzo, l’ennesimo, come faceva a sapere colui che ha disegnato che JW ci avrebbe mostrato quel video e che quelle note ci avrebbero permesso di identificare Roger? 
« Un attimo », disse Alice zoomando il pentagramma, « Guardate la linea finale di chiusura se ingrandita mostra.. » 
 
VGF5+7G
 
« Che cos’è? », domandai.
« È un plus code, funzionano come gli indirizzi.. vi da quindi la posizione esatta su Google Maps », ci spiegò aprendo le mappe per cercare l’indirizzo, era nel bel mezzo del Kansas.
« È un capannone » 
Se quell’indirizzo era uscito fuori inserendo il nome in codice del Sarin, voleva dire che in quel posto c’era quello che ci serviva, « Li dentro potrebbe esserci quello che ci serve per catturare Roger », dissi alzandomi, erano le tre del pomeriggio, non avevamo tempo da perdere. 
« Moto probabilmente.. è uno stabile in disuso dal 1990 », mi informò Alice.
« Ottimo Emmett prepara il jet », dissi uscendo dal laboratorio per preparare la squadra. Non volevo errori, l’ultima volta che avevamo raggiunto uno stabile abbandonato, James aveva perso la vita. Non avrei permesso a nessuno dei miei agenti di farsi del male.
« Ragazzi queste sono per voi », ci disse Alice quando, trenta minuti dopo, eravamo tutti pronti per la partenza.
« Cosa sono? », chiusi aprendo la scatola.
« È l’antidoto, se il gas si dovesse aprire usatelo subito, in qualsiasi parte del corpo, l’ho inserito all’interno a delle siringhe », ci spiegò, si vedeva ad occhio nudo che aveva paura per noi, « State attenti ».
« Non ti preoccupare », dissi dando una siringa ad ogni agente.
Non pensavo fosse così lontano il Kansas, non ci ero mai stata, « Cosa c’è? », mi domandò Cullen, era da due ore che fissavo l’oblò senza dire nulla.
« Ho paura » 
« Andrà tutto bene.. non ci succederà nulla », mi rassicurò prendendomi per mano, forse la sua stretta, forse i suoi occhi sinceri o il senso di sicurezza che mi trasmetteva ma gli credetti.
Atterrammo in una piccola pista privata nei pressi di Alta Vista, verso le otto di sera, fuori era già buio e faceva freddissimo. La notte ci avrebbe aiutato.
« E pensare che avevo promesso a Rose una serata super romantica », disse Emmett che era alla guida di un insospettabile furgone da traslochi, che volevamo utilizzare per traportare il Sarin.
« Se la ami è San Valentino ogni giorno », disse Cullen, colpendomi. Era davvero una cosa romantica, e se lo dicevo io che ero la meno romantica delle persone allora era proprio vero.
« Saggio » 
« Lo so » 
Avevo due colleghi davvero cretini.
Il capannone nella realtà corrispondeva alla stalla di una vecchia fattoria, nulla sembrava  dimostrare la presenza o meno di persone, quel posto era nel bel mezzo del nulla. Emmett fermò il furgone sul ciglio della strada, « Alfa I con Emmett e Kate a est, Alfa II con me e Cullen a ovest. State attenti », dissi mentre di soppiatto raggiungevamo l’entrata della stalla. Nulla si mosse, solo il vento freddo. L’entrata era chiusa da un lucchetto arrugginito, segno che erano mesi che nessuno lo apriva, Seth, uno degli agenti lo ruppe con il tacco della pistola di servizio. Cadde a terra in un attimo.
Entrammo e tra una balla di fieno e l’altra trovammo delle casse di legno, tutto quel silenzio era assurdo, considerando che il Sarin sul mercato nero valeva quanto e più dell’oro, « Ragazzi state attenti », dissi alla squadra. Nessun livello di sicurezza, nessuna guardia.
« Direttore qui è libero », mi disse Emmett all’auricolare.
« Raggiungeteci », dissi alla squadra, so che era sbagliato ma volevo tutti vicini.
Cullen togliendo la paglia aprì una delle casse, dentro c’erano delle bombole di circa un metro, avevano l’adesivo del dipartimento per la distruzione di gas e sostanze nocive, probabilmente era il carico sparito nel 2017.
« Ottimo.. vorrei solo scoprire chi le ha messe qui », dissi, prima di vedermi a diretto contatto con il pavimento. Partirono colpi d’arma da fuoco, io non riuscivo a muovermi, Cullen stava sopra di me, « Obiettivo a terra.. ripeto soggetto a terra cessate il fuoco », disse Kate.
Allora una guardia c’era, « State tutti bene? », domandai, li contai c’erano tutti. Cominciai a sentire uno strano odore, mi girai verso le bombole, su una c’era il segno di una pallottola, era aperta, « L’antidoto! Veloci », urlai tirando il mio fuori dalla tasca del pantalone, lo iniettai con forza e violenza sulla mia coscia e immediatamente ricominciai a respirare, Cullen crollò davanti ai miei occhi. 
« Usa l’antidoto », urlai inginocchiandomi.
« L’ago si è rotto.. uscite di qui… è..  pericoloso », disse a fatica, no, non potevo perderlo. Presi la siringa e cercai a terra la mia, tremavo tutta, tolsi l’ago alla mia e cercai di inserirlo in quella di Cullen, ma non ci riuscivo a causa del tremore.
Respira Bella l’agitazione non serve a nulla in questi casi. 
Cullen svenne, i miei colleghi si avvicinarono, ma era pericoloso rimanere lì, « Uscite tutti fuori è un ordine! », urlai, ero il direttore nessuno poteva disubbidire. Presi la testa del mio vice e la appoggiai sulle mie gambe, coprii con un fazzoletto le vie respiratorie, meno gas Sarin respirava più tempo avevo io.
Finalmente riuscii ad inserire l’ago nella siringa, e ben consapevole di non avere malattie, ma sapendo che non era la cosa più igienica del mondo,  gliela iniettai direttamente nella giugulare.
« Edward ti prego svegliati.. », dissi sull’orlo di una crisi di pianto, « Edward ti prego.. », lo presi a schiaffi, avevo iniettato l’antidoto nella giugulare perché era il modo più diretto, perché non funzionava? 
« Dovevo quasi morire per farmi chiamare per nome da te? », disse con un filo di voce, sorrisi abbracciandolo.
« Non ci fare l’abitudine », dissi sulle sue labbra.
 
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Buonasera fanciulle, come va? Tutto bene? 
Grazie per il sostegno che mi date ad ogni capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate, non potete immaginare che gioia provo nel leggere le vostre recinsi.
A venerdì ♥️
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Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. I nomi e i cognomi utilizzati, eccetto quelli del mondo Twilight, sono di pura fantasia.
Tutti i diritti sono riservati. È vietato qualsiasi utilizzo, totale o parziale, dei contenuti.
 
 

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Capitolo 8
*** 113 Savoy Rd - Windsor MA ***



Dove eravamo rimasti..
Edward è il nuovo vicino di casa di Bella, i due discutono e lui le rivela che ha una figlia. Al lavoro Alice decifra un disegno che gli porta su un sito dove c’è solo un buco nero. JW dal carcere chiede un accordo, gli rivelerà dove si nasconde Christopher Roger, una delle persone più ricercate dell’FBI. Bella accetta, ma durante la missione Edward rischia di morire. 

 
CAPITOLO 8

113 Savoy Rd
Windsor, MA


17 febbraio 2019
Erano passate trentasei ore dall’esposizione al Sarin, per fortuna nessuno era rimasto infettato, e Edward non aveva presentato sintomi successivi all’iniezione. 
« JW.. organizza quell’incontro », dissi entrando nel laboratorio di Alice, il nostro hacker aveva trascorso due notti nelle celle del centro operativo.
« Buongiorno Direttore », mi salutò con quel ghigno insopportabile. 
« Brandon dagli il computer », avevo perso qualsiasi tipo di speranza, seguivo le regole di un gioco fatto da chissà chi, per chissà quale motivo, se mai ce ne fosse uno, magari si divertiva a farci girare attorno al nulla senza mai arrivare a niente.
Alice prese il computer e lo misi e davanti a JW che non nascose il suo disappunto, « Ancora quel ferro vecchio? », si lamentò, ma la mia pazienza era arrivata alla soglia del “fa quel che ti dico o ti pianto una pallottola nel bel mezzo della fronte”, perciò non dissi nulla, ma Cullen non era del mio stesso parere. 
« Non ti lamentare e fa quello che mia moglie ti ha chiesto », lo fulminai ma non avevo la forza di ribattere e mettere tutti al proprio posto.
« Se lo sguardo potesse uccidere saresti morto amico.. portale la colazione a letto », non mi controllai ed una mia mano finii dritta sua testa, che abbassai sul computer con forza. 
« Fa quello che ti ho chiesto e smettila di interessati alla mia vita privata! » 
JW riprese a digitare sul suo computer sotto l’attenta supervisione di Alice, mi era parso di capire che c’era stato qualcosa tra di loro, ma come mi ero ripromessa la vita privata dei miei collaboratori rimaneva tale, privata. Compresa la mia.
« Avete un appuntamento domani alle 9… », sorrideva trionfante voltandosi verso di me, ma Alice alle sue spalle era tutt’altro che felice, « Che cazzo hai fatto?! », urlò spingendolo via dalla sedia e prendendo il suo posto. 
« Che cosa succede? », domandai facendo segno a due agenti di prendersi JW. 
« Ha scritto che ci sarà anche lui all’incontro », mi rispose Alice chiudendo di scatto il vecchio, portatile. 
« Non esiste », piuttosto facevo saltare la missione. 
« Ascoltate! Lui mi conosce e A022606 sono io. Devo esserci.. altrimenti voi rischiate, e siceramente mi sono affezionato »
Voi rischiate.. voi rischiate, Roger era pericoloso, James era morto, e io non volevo rischiare, dissi un debolissimo, « No.. ». JW era il nostro jolly, il nostro rischio, la nostra unica arma.
Rischiare con lui, per non mettere a rischio me.
« Roger è pericoloso, ha fatto uccidere il suo barbiere perché gli ha fatto un taglio che lui stesso aveva chiesto », nemmeno lo ascoltavo, avevo preso la mia decisine. 
« Va bene.. », acconsentii, il suo viso si illuminò, Alice alzò gli occhi al cielo, non era d’accordo con me, ma sapeva che era inutile discutere, non avrei più cambiato idea, « Dove e quando? ».
« C’è una cascina a Windsor, Massachusetts,  domani alle 9 », disse Alice leggendo dallo schermo del computer di JW.
« Molto bene.. Emmett dirama la notizia che JW è evaso dal carcere », mi guardavano tutti con aria interrogativa, « Roger non è stupido, sa che JW è stato arrestato, capirà immediatamente che c’è qualcosa che non va se non dichiariamo che è evaso ».
« Hai ragione.. emetto un 327 », disse Emmett uscendo dall’ufficio, il 327 era il codice che utilizzavano per avvertire le autorità che la fuga non era reale, ma serviva al FBI per portare a termine un’operazione. 
« Kate tu verrai con me assieme alla squadra Beta », dissi uscendo dal laboratorio, avevo notato la faccia contrariata di Cullen, ma quello che avevo detto non era da mettere in discussione. Le porte dell’ascensore si aprirono appena le chiamai, avevo una riunione con l’amministrazione per il bilancio, ed ero già in ritardo.
« Aspetta! », urlò Cullen bloccando le porte dell’ascensore con una mano, senza però entrare, rimaneva sulla soglia, « Cosa c’è? », domandai fredda, perché sapevo quello che voleva dirmi. 
« Lo sai, domani vengo io con te! », lo guardai e l’immagine di lui che non respirava si sovrapponeva con la sua che mi guardava arrabbiato. 
« No », risposi seria e decisa.
« È perché ti ho detto di avere una figlia e mi vuoi tenere a cuccia come fai con Emmett? », che diavolo girava nella sua testa? Perché non lo capiva di suo? Perché non capiva che non volevo rischiare?
« Io non tengo a cuccia Emmett, lui fa semplicemente quello che gli chiedo senza obiettare, cosa che dovresti fare anche tu! », non capiva e spiegarglielo avrebbe abbassato le mie difese, mi avrebbe reso debole, umana e come Direttore,  non dovevo esserlo. 
« Allora fammi fare il mio lavoro! », era determinato, in altri casi non avrei esistano a farlo venire con me, ma non volevo rischiare. 
« No » 
« Perché? », il suo tono si fece più dolce, quasi rassegnato, per questo scelsi di essere ancora più dura con lui, « Perché sono il capo, perché decido io e quindi tu resti qui! ».
« Sono il tuo vice.. io », non lo feci nemmeno concludere, « Proprio per questo! Proprio perché sei il mio vice, devi rimanere qui, se mi succede qualcosa il potere passa a te. Fine della discussione », dissi premendo il pulsante che chiudeva le porte dell’ascensore, lui fece un passo indietro, la discussione era finita.  

18 febbraio 2019
Il profumo del caffè innondava il salotto, erano da poco passate le cinque del mattino, nel giro di un’ora sarei partita per il Massachusetts a bordo di un tranquillo camion per i traslochi con a bordo le bombole di Sarin depotenziate da Alice e il suo team. Bussarono alla porta e ancor prima di aprire avevo già capito chi potesse essere,  « Cosa vuoi? », dissi finendo il mio secondo caffè, Cullen mi guardava sorridendo, già pronto. 
« Fammi venire con te! », disse con decisione, la situazione stava davvero diventando snervante non erano nemmeno le cinque del mattino e già mi ritrovavo a fare la parte della cattiva. 
« Quale parte di no, non ti è chiara? », Cullen sorrise, mettendosi le mani nelle tasche dei suoi jeans neri. Non disse nulla, mi sorpassò e si sedette su uno dei due sgabelli in pelle della cucina, « Chicago, maggio 2016, tre agenti dell’FBI muoiono, un kamikaze  si è fatto esplodere, era la mia squadra. Beta II, quella mattina mi avevano trasferito nella Beta I, per sostituire Frank, che si era infortunato. L’attentato fu rivendicato da Alijadid », disse puntando i suoi occhi chiari su di me e come mai prima di allora mi resi conto di quando poco conoscessi la vita del mio vice. Avevo studiato ogni particolare di questo caso, tranne lui e mi sentivo in difetto, ero un pessimo capo.
« Roger finanzia questo gruppo », dissi capendo la sua voglia di essere sul campo, ma avevo paura che con il desiderio di vendetta che leggevo nei suoi occhi avremmo mandato a monte l’operazione, ed io non potevo permettermelo. 
« Lo so cosa stai pensando, ma non posso permettermi di rimanere qui, quando ho la possibilità di prenderlo, non posso permettermi che faccia del male anche a te. Quindi se te lo devo chiedere in ginocchio, lo faccio », me lo ritrovai a pochi centimetri da me, non mi ero nemmeno accorto che si fosse alzato, il suo volto era campo di numerose battaglie combattute dalle sue emozioni e questo mi portò a fare una difficile scelta. 
« No.. io ho bisogno di saperti al sicuro », dissi facendo crollare quel muro che avevo costruito a fatica il giorno prima.
Scosse la testa e sorrise, « Per quanto io ci provi tu non cambierai idea, non è così? », annuii senza avere il coraggio di dire più nulla, non volevo più espormi. 
« Sei il capo, scegli tu, decidi tu.. solo, ti prego, torna qui, dopo tutto io e te ancora non abbiamo bevuto quel drink », sorrise amaro, sconfitto, aveva capito. Avevo evitato il rischio di perderlo. 
Il viaggio verso Massachusetts passò lento, Kate guidava, JW al centro continuava a parlare di cose a caso,  nessuna delle due lo ascoltava, il mio pensiero era al centro operativo dove Cullen aveva preso il mio posto nelle noiose riunioni dell’FBI, dove era al sicuro. Era quasi morto, per quanto ne dicessero gli altri, come capo avevo fallito. 
« Capo? », mai come prima d’ora ero rimasta così distratta durante una missione da non accorgermi che, praticamente, eravamo arrivati, JW mise una sua mano davanti al mio viso e cominciò a scuoterla, gliela presi e rischiai di rompergliela, che diavolo mi prendeva? « Non la voglio uccidere, le sta squillando il telefono », disse rimettendosi al suo posto. 
« Scusa », presi il telefono e risposi, era Alice, « Dimmi ».
« Va tutto bene? »
« Si.. perché hai chiamato? », portai immediatamente la conversazione su altro, Alice  era la persona che meglio mi conosceva.
« Ricordati del localizzatore.. solo questo », disse mettendo giù il telefono. Era strana, ma non capivo la ragione e non ebbi nemmeno il tempo di pensarci perché Kate fermò il furgone davanti all’entrata di una vecchia fattoria. L’odore delle stalle era molto intenso, qua e là le galline svolazzavano, spaventate da un pastore tedesco in la con gli anni. Sembrava tutto, terribilmente, normale. 
Un ragazzo giovane si avvicinò al furgone, « Sono qui per quella consegna », disse Kate con perfetto accento russo, il ragazzo annuii e si sporse per vedere meglio, « Allora è vero JW è libero! », urlò felice.
« Come l’aria Tom! Come l’aria! », rispose entusiasta, « Chiama il capo », disse facendomi cenno di scendere, come previsto dal piano, scesi e mi aggiustai la giacca in pelle per nascondere l’arma che avevo inserito all’interno della cintura. 
Tom fece il giro del furgone e abbracciò calorosamente JW, « Come hai fatto ad evadere? Pensavo fossi uno di quei sorvegliati speciali », domandò e notai il nostro hacker fare un sorriso furbo, sembrava davvero amico con quel strano ragazzo, ma meno parlavano e meglio era.
« L’ho aiutato io, certe volte bastano delle conoscenze.. approfondite e intime », gli feci l’occhiolino, « ai piani alti », dissi con incredibile sincerità sostenendo i suoi occhi color ghiaccio. 
«  Benvenuti in America! », sghignazzò con malizia, che mi fece venir voglia di urlargli in faccia che i piani alti ero io. 
« E i tuoi piani alti dove sono? Ho portato il regalino », intervenne JW, il ragazzo sorrise sadico, « Era impegnato e ha mandato me, non ti dispiace spero ».
« L’unica cosa che mi dispiacerebbe è che il mio conto alle Seychelles non venisse arricchito di qualche milione. Quelli dell’FBI nemmeno si sono chiesti se avessi conti off shore, dilettanti! », lo aveva appena fatto e questo aggiungeva qualche anno alla sua detenzione, alla sua lunga detenzione.
« Allora controlliamo » 
Kate scese dal camion e aprii il portellone,  Tom salì e cominciò a spostare i scatolini, dietro i quali c’erano le bombole di Sarin, alle nostre spalle arrivarono altri tre uomini, tutti e tre armati, « Loro due sono comprese nel prezzo? Ho la sensazione che siano due bombe più esplosive di quelle alle mie spalle », disse guardando prima me e poi Kate, feci in tempo a buttare a terra la piccola ricetrasmittente, che Tom calpestò nell’istante in cui saltò giù dal camion, fece un passo ed era sparita. Alice era un genio, il localizzatore si era incastrato nella scuola dei scarponi di Tom, seguirlo sarebbe stato un gioco da ragazzi. 
« Probabile, ma no, andava tutto bene? Era quello che voleva? » 
« Assolutamente.. il tempo di caricarli sul nostro furgone e aggiungiamo qualche zero al tuo conto », si mise di lato e fece segno ai tre ragazzi di cominciare a spostare la merce. « Una sveltina? », mi sussurrò all’orecchio, trattenni un conato di vomito. 
« È un modo carino per dirmi che duri quanto un adolescente? », dissi mostrando la mia miglior faccia da poker. 
« Uhhh.. fossi in te, dopo questa, passerei all’altra sponda »
« Già fatto amico! », gli fece l’occhiolino, l’ultima bombola di Sarin venne caricata sul loro camion, « Noi abbiamo quello che volevamo, ora scrivi qui le tue coordinate », gli passò un telefono satellitare, JW digitò il conto che l’FBI aveva creato per l’operazione.
« Spunta verde credo significhi che son sempre più vicino al primo o chissà al quarto o quinto  miliardo », Tom riprese il cellulare e lo mise via, salutò con un gesto della mano e si mise alla guida del camion. Uscirono dalla fattoria , « Alice », dissi accettando la chiamata.
« Funziona! Un drone gli sta seguendo a mezzo miglio di distanza » 
« Ottimo.. Emmett prepara le squadre », ero fiduciosa, Roger non mi sarebbe sfuggito, ma quella sensazione di rischio ancora non mi era passata.
« Siamo in posizione.. quando volete », mi rispose McCartney, felice di sentire la sua voce e non quella di Cullen. 
« Kate che ne dici di rimetterci in viaggio? », dissi prendendo JW per un braccio e trascinandolo nel camion, « Ai suoi ordini capo! », rispose la mia collega mettendosi alla guida. 
« JW? », Kate aveva da poco imboccato l’autostrada verso ovest, in direzione Springfield, seguivamo Tom da una distanza di cinque miglia.
« Si, Direttore? » 
« Se scopro che hai messo in pericolo un solo membro della squadra per tentare di evadere giuro che prima ti faccio a pezzi e poi ti do in pasto ai leoni! Ti è chiaro Jasper - quelli dell’FBI sono dei dilettanti- Whitlock? » 
« Limpido » , disse continuando a guardare con interesse le immagini in diretta del drone. 
« Direttore, c’è una pattuglia della polizia stradale a due miglia dall’obiettivo », ecco che si presentava il pericolo, il rischio, se il camion venisse fermato, Tom e i suoi amici non si farebbero problemi a far fuori due innocenti agenti della polizia. 
« Avvisali e di loro di lasciare passere quel camion » 
« Come vuoi impostare l’attacco? », sorrisi, guardai l’ora e Cullen non doveva essere nel laboratorio di Alice, « Hai disertato le riunioni? ».
« No tesoro, ho solo fatto in modo che finissero prima, Harold dell’amministrazione non era d’accordo, ma ho detto che era un tuo ordine », mi rispose il mio vice, ero contenta che per una volta avesse obbedito ai miei ordini.
« Tu lo sai che poi tocca a me finirla quella riunione? » 
« Mi facevi venire con te », rispose divertito. 
« Sai che a tua moglie hanno proposto una sveltina? », l’idea di chiudere la bocca a JW con un colpo di pistola, non mi sembrava poi così crudele, Kate represse una risata, continuando a guidare seguendo il drone che a sua volta seguiva Tom. 
« Ah si? Ora capisco perché non mi volevi in missione! », il suo tono continuava ad essere serio con una punta di divertimento e malizia. La verità era che avrei voluto averlo accanto me, insieme eravamo un’ottima coppia, in meno di due mesi avevamo sviluppato un feeling straordinario, un’intesa che non avevo nemmeno con Alice.
« Mi servi lì »
Il camion si era fermato nel parcheggio di un supermercato, « Capo l’obiettivo è giunto a destinazione », disse Emmett che era a meno di un miglio da Tom, « Cullen dammi informazioni sull’area ».
« Ha solo una strada d’accesso, sul retro c’è un capannone ma solo metà è di proprietà del supermercato », rispose dopo pochi instanti. 
« Emmett predisponi le squadre a raggio, voglio che l’elicottero sia a meno di un miglio dall’obiettivo, non deve avere nessuna via d’uscita. Nemmeno le fogne »
« Siamo in posizione, l’obiettivo è entrato all’interno del capannone », mi comunicò Emmett, nel giro di un minuto raggiungemmo il parcheggio, « Kate lascia JW in custodia a Seth.. anzi tienilo tu », dissi scendendo dal camion, uno degli agenti mi passò il giubbotto antiproiettile che indossai e un’arma più potente. 
« Sono all’interno, conto sette persone armate », Emmett era entrato, « Voglio Roger vivo », dissi entrando nel magazzino con altri due agenti che mi coprivano le spalle, ero nella parte dei detersivi, uno dei magazzinieri mi vide e mi puntò addosso l’arma, sparò, mi nascosi in tempo dietro ad uno scaffale pieno di sapone  per i piatti, « In azione! », Roger aveva probabilmente sentito lo sparo, tornai sull’uomo che aveva sparato e sparai in sua direzione, beccandolo ad una gamba, l’uomo cadde a terra e nel farlo sbatté la testa contro uno degli scaffali e litri di detersivo gli si rovesciarono addosso. Mi avvicinai e constatai che era ancora vivo, « Seth portalo via », presi il suo badge ed aprii la porta che portava alla seconda parte del magazzino, la scena che mi ritrovai davanti era al pari di una guerra tra cartelli messicani. 
Tre agenti dell’FBI erano a terra, non doveva essere una strage, colpii uno degli uomini di Roger, cadde a terra, probabilmente morto, notai Roger era salito sul camion, con un ghigno di vittoria sul volto. Voleva farlo esplodere.  I colpi cessarono, i suoi uomini erano tutti a terra, era solo su un camion pieno di Sarin depotenziato, che se fosse esploso al massimo avrebbe creato qualche scintilla. 
« Hai perso.. scendi giù! », dissi avvicinandomi, era a dieci metri da me, « Sono un uomo libero e come tale decido io come e quando finire la mia vita, e questo mi sembra il teatro perfetto ».
« Peccato che con me, non funziona così! », mantenni gli  occhi costantemente su di lui, aveva l’aria trionfante di chi sapeva di avere in serbo l’ultima mossa, « Ho analizzato la sua voce, è lui », disse Alice con tono squillante all’auricolare, « Christopher Roger ti dichiaro in arresto, hai il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirai potrà essere e sarà usata contro di te in tribunale. Hai diritto a un avvocato, se non te lo puoi permettere te ne sarà assegnato uno d'ufficio », conclusi la formula mentre Emmett con altri due agenti si metteva a lato del camion. 
« Quando ve la insegnano questa filastrocca? Il primo giorno di addestramento? », fece un passo in avanti, era sull’orlo del camion, e solo in quel momento notai che aveva due pistole, come il migliore dei cowboy, « Sai tra i miei sogni c’è sempre stato quello di sentirmi dire questa filastrocca e poi boom! », saltò giù dal camion, i miei agenti aspettavano il mio permesso per arrestarlo, « Ogni condannato a morte ha diritto ad un ultimo desiderio », sparò un colpo verso il Sarin e l’altro verso di me. Buio. 
Aprii gli occhi, mi aveva colpito, ero morta?
« Stai bene? », mi aiutarono a rimettermi in piedi, guardai verso il mio cuore lì dove mi aveva colpito, ma non c’era sangue, faceva solo male. 
« Dov’è Roger? », il giubbotto antiproiettile mi aveva salvato la vita, avevo visto la morte in faccia e l’avevo accolta come una vecchia amica, sarà questo vivere? 
Emmett mi indicò Roger ammanettato e tenuto a bada da quattro agenti, mi avvicinai, il camion era intatto, nulla era esploso, io ero viva, « Come stanno i miei agenti? », ne avevo visti tre a terra. 
« Un po’ ammaccati ma stanno bene. Nessun morto tra i nostri », sorrisi sollevata, Roger mi guardava senza più proferire parola, « Scacco matto ».
La notizia dell’arresto di Roger aveva messo in subbuglio l’interno FBI, arrivammo a New York poco dopo le quattro del pomeriggio, li avrei fatto il primo interrogatorio e poi sarebbe passato a Washington e alla Corte Suprema. Roger era tra me e Emmett in ascensore, stavamo salendo al centro operativo. Dopo settimane di buio, mi sentivo fiduciosa, nell’aria c’era fiducia e fierezza. 
Le porte dell’ascensore si aprirono e ci accolsero gli applausi, tra di loro anche mio padre che mi abbracciò complimentatosi.
« Direttore complimenti »
« Grazie Alice » 
« Sono stato arrestato dal Direttore in persona, quale onore », ignorai le parole di Roger, tornai a guardare il mio team, mi ero informata sui tre agenti, stavano tutti e tre bene, tranne Steve che doveva essere operato ad una spalla, ma si sarebbe rimesso presto. « Vorrei ringraziare ognuno di voi, è stato un perfetto lavoro di squadra ». 
Cullen si fece largo tra i miei colleghi, mi sorrise, ero tornata, come avevo promesso. 
« Sei qui », annuii, mi abbracciò davanti a tutti, mettendo in piazza qualcosa che volevo rimanesse solo nostro, ma a dire il vero non mi importava, andava bene così. Se non fosse che il colpo ancora doleva, « Ahi ».
« Cosa c’è? Stai bene? », mi scrutò preoccupato. 
« Mi ha sparato, ma sto.. », feci in tempo a vedere il pugno del mio vice scagliarsi contro il viso di Roger, « Edward! », lo richiamai. 
« Scusatemi, piccola vendetta personale », scossi la testa avrei dovuto riprenderlo per un gesto del genere, ma ero il direttore e potevo chiudere uno o entrambi gli occhi. 
« Portatelo in sala interrogatori », gli agenti presero Roger e lo portarono via, « Bene grazie per l’accoglienza, ora ognuno alla sua scrivania », mio padre sorrise e si avviò verso l’ascensore, « Sono fiero di te », mi disse lasciandomi un bacio sulla guancia. 
Non era facile essere la figlia di Charlie Swan, papà non mi aveva mai aiutato nella mia carriera all’interno dell’FBI, se ero lì, lo dovevo solo a me stessa.
« Cullen, McCartney con me, abbiamo un certo criminale da interrogare », gli superai e andai verso la sala interrogatori. Roger non era un gran oratore, non disse nulla per quasi due ore, il suo avvocato d’ufficio ci guardava con aria smarrita, era giovane probabilmente alle prime armi. Roger non aveva chiesto un suo avvocato e il tribunale aveva scelto per lui. 
« Quel pezzo di merda mi ha venduto? » 
« Chi? JW? Vuoi la verità? », scattò in me un senso di protezione nei confronti del nostro hacker, « Eravamo sulle sue tracce e ci sei capitato tu. Come si suol dire due piccioni con una fava », misi in scena la mia più seria delle facce da stronza, « Potete procedere con il trasferimento, Washington lo aspetta », non sarei riuscita a ricavare nemmeno una parola da lui.  
« George, che bello rivederti. Come stai? », dissi abbracciando il mio collega ai tempi di Dallas, « Molto bene e tu direttore? ».
« D’incanto », risposi sorridente, «  Sei qui per.. », indicai la sala interrogatori alle mie spalle e lui annuii, « Dopo la nostra rottura mi sono trasferito a Washington, scusami se non mi sono fatto più vivo », George era bello, alto con i capelli scuri, gli occhi verdi e un sorriso che ti contagiava, ma non ero innamorata di lui, e me ne ero accorta solo quando una sera si presentò a casa mia con un anello. 
« Washington? Allora conosci Cullen? », probabilmente si accorse del mio collega solo in quel momento perché sembrò sbiancare. 
« Credo conosca meglio la mia ex », mi sussurrò Edward, trattenni un sorriso, « Oh.. ehm bene, potete pure procedere, è tutto vostro », dissi mettendomi da parte, la situazione stava diventando alquanto imbarazzante. 
« Certo.. ci si vede Isabella », George mi superò, non prima di aver lanciato un occhiataccia alla mano di Cullen che si era, casualmente, appoggiata, al mio fianco. 
« Sai che è la prima cosa che abbiamo in comune? », mi disse all’orecchio, effettivamente era così, ma speravo che le cose in comune fossero un po’ più serie e non un ex fidanzato.
« Il mio ex si è portato a letto la tua ex.. wow », sentii la porta della sala interrogatori aprirsi, Roger ammanettato sia alle mani che ai piedi, camminava tra due robusti agenti, George li seguiva. « Una tua firma e lo portiamo a Washington », presi i moduli e dopo un’attenta lettura firmai, da quel momento Roger non era più sotto la mia responsabilità. 
« Vedo che siamo pari.. », disse rivolto a Cullen che aumento la sua presa su di me, ma sorprendermi non rispose, « Isabella », mi salutò con un cenno della mano, un elicottero li attendeva sul tetto dell’edificio per portarli a Washington. 
Mi voltai staccandomi dalla presa di Cullen e lo guardai torva, non mi piaceva fare la parte della donna trofeo, « L’ho trovato in casa mia, nel mio letto e non gli ho spaccato la faccia, se prima hai chiuso un occhio, beh non credo che lo avresti fatto anche questa volta », si giustificò. Sospirai e mi avviai al mio ufficio. 
Al suo interno trovai pronto JW con Alice e Kate, « Eccomi, allora ogni promessa è debito », dissi sedendomi alla scrivania, Emmett e Cullen si misero accanto a me, « Ne ho parlato con il direttore dell’FBI nazionale e siamo arrivati ad una conclusione », JW era confuso, « Tu conosci molti nomi interessanti e questo interessa a noi, detesti il carcere e questo interessa a te », da quello che avevo capito di JW era che non era cattivo, gli piaceva il rischio ed avere potere, avrei utilizzato questa sua caratteristica a mio favore. 
« Da oggi collaborerai con l’FBI, in cambio »
« I domiciliari? », era speranzoso, ma metterlo ai domiciliari sarebbe stato rischioso per lui. Non era stato reso pubblico il suo aiuto nell’arrestare Roger, ma nel suo mondo la faccia dei traditori viaggiava a velocità della luce, « No.. rimarrai qui, in una delle nostre safe house interne, seguirai una serie di regole rigide che McCartney ti spiegherà », Emmett prese una serie di fogli dalla mia scrivania, « Un solo, minimo, grave o stupido errore e torni dentro! Chiaro? ».
« Limpido » 
« Emmett accompagnalo nella sua nuova dimora »
« Vieni JW abbiamo tante nuove regoline da imparare.. su dai », mi ricordava quando parlava con i suoi figli, ma al lavoro Emmett si faceva capire, per questo avevo scelto lui.
Lo smart watch al polso di Alice cominciò a suonare, lo spense e sul suo viso si fece strada una nuova emozione, il trionfo.
« Il computer ha portato il buco nero allo stadio iniziale » 

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Sono esattamente tre mesi che non pubblico, mi sono bloccata, succede. Perdonatemi ♥️ 
È un periodo strano, siamo chiusi in casa come ai domiciliari e leggere e guardare film sono gli unici modi che mi permettono di evadere un po’, di viaggiare lontani dalle nostre case.
Voi come state? E le vostre famiglie? Un bacio Alma, a venerdì ♥️
Ps. Scrivetemi nelle recensioni cosa ne pensate, per me è davvero importante
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Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. I nomi e i cognomi utilizzati, eccetto quelli del mondo Twilight, sono di pura fantasia.
Tutti i diritti sono riservati. È vietato qualsiasi utilizzo, totale o parziale, dei contenuti.
 

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Capitolo 9
*** West Ave - Crosville TN ***



Dove eravamo rimasti..
Utilizzando JW come esca Bella e il suo team arrestano Roger, dopo l’interrogatorio l’agente speciale George Standler prende il detenuto e lo porta a Washington. Si scopre che è stato fidanzato con Bella in passato e che è stato l’amante dell’ex di Edward. 

 
CAPITOLO 9
WEST AVE
CROSVILLE - TN
18 febbraio 2019
« Il computer ha portato il buco nero allo stadio iniziale », continuava a ripetere Alice mentre salivamo nel suo laboratorio, « Stuard sei sicuro di quello che mi hai scritto? », il sottoposto annuì e lo seguimmo al computer che Alice aveva potenziato per utilizzare il flusso laminare e riportare il buco nero al suo stadio iniziale.
« Assolutamente », sorrise Stuard, « Manca un solo click. Non l’ho schiacciato io perché temevo di vedere cose.. perché avevo », era molto agitato, lo guardai e feci segni che andava tutto bene. 
« A te l’onore », disse Alice, cosa poteva mai nascondersi dietro a quel disegno? Premetti su invio e le linee che componevano il buco nero cominciarono a circolare in senso antiorario, tornavano al loro punto d’origine. In pochi secondi davanti ai miei occhi comparvero migliaia di fogli scritti al computer e immagini. Che diavolo era tutto quel materiale? Alice prese l’iPad e cominciò a zoomare, « Sembrano mail spam... dovranno essere analizzate e », ingrandì un punto rosso, ma quella non era una macchia, « Bella ».
Mi avvicinai, quella macchia rossa era il mio cappotto, e la bambina che lo indossava ero io, così come nelle altre foto che Alice apriva, in quello schermo c’era tutta la mia vita.
« Quello sono io », un bambino biondo sorrideva divertito davanti all’obiettivo della macchina fotografica, in un’altra foto teneva tra le mani una medaglia vinta in una gara di atletica. A sì sinistra dello schermo Alice ingrandì un’altra foto e mille ricordi colpirono la mia mente, in quello scatto c’eravamo io e la mia famiglia al compleanno di zio Thomas, non mi sarei mai dimenticata di quel giorno, era il dieci settembre 2001. Non l’avrei mai più rivisto.
Cullen prese il tablet dalle mani di Alice, « È la mia bambina » , disse in un sussurro, nella foto c’era un giovane con in braccio un minuscolo fagottino.
« Che cazzo sono tutte queste cose? », non avevo mai sentito la sua voce così dura, « Perché ci sono le foto di mia figlia? », tolsi il tablet dalle sue mani e lo spensi, era tardi ed eravamo tutti stanchi, nessuno pensava lucidamente alle otto di sera. 
« Andiamo a casa », lui scosse la testa, « Non risolveremo nulla stando qui! Alice domani analizzerà tutto. Tutti a casa », ordinai prendendo Cullen per mano ed avviandomi all’ascensore.
Non mi parlò, non disse nulla finché non ci trovammo nel parcheggio del centro operativo, io ero senza macchina e lui mi fece solo cenno di salire sulla sua. Il viaggio verso casa proseguì nel silenzio più assoluto. Stringeva con forza la mano sinistra sul volante, l’altra continuava a torturarla, volevo prendergliela per evitare che si facesse male, ma non lo feci. Rimasi ferma lì, in silenzio, a domandarmi perché le foto della mia vita fossero finite in quel maledetto buco nero.
L’entrata dell’appartamento di Edward si trovava di fronte alla mia, non mi salutò, prese le chiavi ed aprii. Feci lo stesso. 
« Resta con me ti prego »
Mi voltai, una lacrima solcava il suo viso, tolsi le chiavi dalla serratura e mi avvicinai. Lui non si mosse, nemmeno quando andai a togliere quella lacrima dal suo viso, presi la sua mano ed aprii la porta del suo appartamento. Era l’esatto opposto del mio, più colorato e dalle pareti in legno, ma estremante vuoto.
Lo feci sedere sul divano in pelle color caramello, « Guardami », i suoi occhi erano fissi sull’unica foto presente in tutto l’appartamento, o per lo meno nel salotto, era lui con sulle spalla una bambina di cinque anni. 
« Hanno foto di mia figlia.. hanno fotografie tue e mie. Foto che non sono suoi social. Foto che sono nei nostri album di famiglia », Edward non parlava con me, era entrato in un circolo vizioso dove sentiva solo la sua voce. Mi alzai e mi bagnai le mani con l’acqua fredda. Qualcuno, la fuori, sapeva probabilmente ogni aspetto della mia vita. Ma chi? Chi mi aveva messo al centro di un gioco senza fine? Edward non poteva essere, la sua vita era stata sconvolta così come la mia. Qualcuno della mia squadra? Ma a che scopo? Chiusi l’acqua, e tornai da Edward, non si mosse, mi inginocchiai davanti a lui e passai le mani ancora bagnate tra i suoi capelli. Alcune gocce ricaddero sul suo volto. Alzò lo sguardo su di me, era terrorizzato. 
« Ne verremo a capo.. te lo prometto », sorrise debolmente, « Ora hai bisogno di una doccia ed anche io », dissi prendendolo per mano e facendolo alzare dal divano, sorrise malizioso. 
« Insieme? »
Scossi la testa, « Tra dieci minuti sono qui.. fatti trovare.. », mi avvicinai al suo orecchio, « vestito », sussurrai lasciandoli un bacio sulla guancia. Mi sorrise, forse era uscito da quel vortice. 
« Pensavo tornassi con un completo di Victoria Secret’s », disse aprendomi la porta, il suo umore era decisamente cambiato, sembrava più tranquillo, indossavo una vecchia canotta e dei pantaloncini corti. 
« Invece ti becchi la canotta di High School Musical », gli feci l’occhiolino e posai telefono e chiavi sul tavolino vicino al divano.
« Decisamente più sexy.. ti ho preparato un panino con prosciutto »
« Italiano? » 
« Non ne conosco altri » 
Ci sedemmo sul divano e cominciammo a mangiare, pensavo che il momento di sconforto fosse finito, ma mi sbagliavo, Edward tornò al silenzio.
« Se ti senti più sicuro va da lei », dissi una volta finto il panino.
« E se fossi io il pericolo per lei? » 
« Sei uno dei migliori agenti speciali dell’FBI nessuno accanto a te è in pericolo »
Non disse nulla, prese il suo telefono e avviò una chiamata su FaceTime, cercai di allontanarmi, ma me lo impedí mettendo una mano attorno alla vita. 
« Ciao papà », la voce di Chloe era leggermente assonata.
« Ciao tesoro, va tutto bene? », domandò Edward con un tono di voce che non gli avevo mai sentito usare. Era come se parlasse alla sua fonte d’ossigeno. 
« No papà! »
« Perché? », si allarmò immediatamente, strinse a pugno la sua mano sul mio fianco, la presi e la intrecciai con la mia. 
« Ho il test di chimica domani e non so nulla! », sentii Edward respirare in modo più tranquillo. 
« Rimettiti a studiare. Ti voglio bene » 
« Ti voglio bene anche io papà », concluse la video chiamata. Mi sorrise e mi abbracciò, mi sentivo bene tra le sue braccia, quasi invincibile. « Grazie ».

19 febbraio 2019
La sveglia del telefono continuava a suonare, allungai il braccio ma toccai qualcosa che non era il mio materasso, aprii gli occhi e vidi Edward dormire accanto a me. Stretti sul divano, erano settimane che non dormivo così bene. 
Mi sporsi per spegnere quel maledetto telefono, che si trovava sul tavolino, nel farlo salii praticamente addosso a Edward e non me ne accorsi finché non sentii le sue labbra sulla mia spalla. Riuscii nella mia impresa, spensi la sveglia e guardai imbarazzata Edward.
« Ti fa ancora male? », guardai il segno che mi aveva lasciato la pallottola di Roger il giorno prima e scossi la testa. Il dolore era stato coperto dalla sensazione delle sue labbra su quel punto. 
« Scusa io.. volevo solo », ero addosso a lui che si era svegliato, in tutti i sensi, e l’unica cosa che volevo fare era quella di scappare il prima possibile, ma al contempo rimanere lì per sempre. Lasciando ad altri il compito di salvare il mondo, almeno per quel giorno. 
« Per me puoi rimanere così tutto il giorno », disse accarezzandomi la schiena e nel farlo la mia maglietta si alzò. Le sue mani finirono a diretto contatto con la mia pelle. Era meglio non continuare su quella strada, quindi con tutta la forza che avevo in me mi alzai. 
« Preparati al tuo capo non piace la gente che arriva in ritardo », dissi sorridente prima di uscire da casa sua per prepararmi a quella ennesima giornata, in cui qualcuno avrebbe giocato con me. 
« Buongiorno », entrai nel laboratorio di Alice, « Hai trovato qualcosa? », domandai tornando davanti a quel maledetto schermo. 
« No.. nulla. Mi dispiace », erano da poco passate le sette del mattino, come potevo pretendere che Alice in una notte avesse risolto tutto, quando io stessa l’avevo mandata a casa la sera prima. 
« Non ti preoccupare, se hai qualche novità chiamami », dissi tornando nel mio ufficio. Edward entrò con un caffè alle otto precise, « Perché non mi hai aspettato? », domandò sedendosi davanti a me. 
« Scusa volevo.. niente »
« Volevi sapere se Alice ha scoperto qualcosa? », domandò passandomi il caffè, annuii era inutile mentire, « Novità? ».
Lo guardai e feci segno di no, « Ci sta lavorando, ora se mi vuoi scusare ho una riunione », mi alzai ed andai verso la porta, « Grazie per il caffè ». Uscii dall’ufficio perché non reggevo più il suo sguardo, mi guardava come se avessi la soluzione a tutto, come se fossi la sua ancora di salvezza, ma come glielo spiegavo che stavo andando a fondo e che trascinavo lui con me? 
Ognuno al centro operativo svolgeva il suo lavoro al meglio, e se quelle foto fossero partite da qui?  Avrei dovuto sospettare di ognuno di loro? Ridicolo!
Alle nove e trentadue minuti, nel bel mezzo di una riunione sul protocollo di sicurezza da mettere in atto per l’intervento del presidente degli Stati Uniti alla conferenza delle Nazioni Unite, prevista per la prima settimana di marzo, il mio Apple Watch cominciò a suonare, era Alice. Codice 025, era uno dei disegni.
« Scusatemi.. ho un emergenza », dissi alzandomi, « rimandiamo la riunione a domani mattina alle nove ».
« Direttore Swan non funziona così! », l’agente speciale Mike Newton, capo della squadra gamma, si alzò di scatto, « Non può rimandare riunioni di vitale importanza per la sicurezza del paese, per correre dietro a dei stupidì disegni! », disse alzando la voce. Lo guardai seria, Mike Newton aveva dieci anni più di me, molta più esperienza eppure non lo avevano fatto direttore, per questo mi odiava, « Non può continuare a fare il loro gioco! ».
« Sai qualcosa? », le informazioni sui disegni erano riservate a me e a pochi altri agenti speciali, di certo non Newton.
« No »
« Bene.. continua tu questa riunione e se qualcosa va storto, se si mette a piovere e il presidente non avrà un ombrello, se viene ucciso come Kennedy o se cade un asteroide sulla sua macchina, ti riterrò completamente responsabile! », non mi facevo intimorire da nessuno, tanto meno da uno come lui.
« Domani mattina va benissimo », schifoso esibizionista, tanto rumore per poi spaventarsi perché l’ho messo davanti ad una delle mille responsabilità che come direttore mi toccavano.
« Molto bene.. ah Newton? », lo chiamai vedendo che era il primo che stava uscendo dalla sala conferenze.
« Swan »
« Per te Direttore.. entro le otto di questa sera voglio il caso Cklarcson chiuso! »
« Certo.. direttore », mise le mani nelle tasche del suo costoso abito e si avviò verso il suo team. 
« Sei cattiva », guardai Emmett torva, « Fila da Alice prima che mandi anche te ad indagare su presunti concorsi pubblici truccati! », quello era il caso Cklarcson. 
« Piuttosto cambio i pannolini dei gemelli a vita », gli lanciai un’occhiataccia, « Vado subito ». 
Alice ci stava aspettando davanti alla galleria di schermi con tutti i disegni, 
« Cosa succede? » 
« Hai trovato qualcosa sul buco nero? », chiese Cullen che per tutta la riunione non aveva detto nulla. Alice scosse la testa, « No.. alle nove e trenta si è aperta la borsa di Wall Street e l’equazione in D2 si è risolta », disse evidenziandola in giallo.

 
R=√(z2-y2)2+(z2-x2)2+(l-xyz)2sin2(lxyzπ)+1

« Quale è il valore che l’ha risolta? », domandai, delusa dal fatto che non avesse trovato informazioni sul perché quelle foto fossero presenti in quel buco nero. 
« 96,55 », rispose Alice aprendo i valori di Wall Street.
« A cosa corrisponde? »  
Alice cominciò a digitare sulla tastiera del suo computer e sullo schermo comparve:

 
Valore Litio 19 febbraio 2019
96,55 $

« Credo si sia risolta quando il prezzo del litio ha superato i 95$, prezzo che non aveva fino alla chiusura dei mercati di ieri », disse Alice mettendo sugli schermi il prezzo del litio degli ultimi due anni. 
« Il risultato? » 

 
151.120.199 x2 y2

« Questo, che ci porta.. », disse scrivendo il risultato in un altro schermo.
« Ad un sito del dark web »
« Bravo Emmett », disse dando il cinque al suo collega, « Ed ecco a voi CRONO », sembrava un vecchio blog.
« Nella mitologia greca era capo dei titani, figlio di Urano e padre di Zeus, tolse suo padre dal trono e il figlio fece lo stesso con lui », disse Cullen, in maniera così fluida che sembrava stesse parlando del tempo. 
« Interessante » 
« L’ho detto che ho molte doti », si diede il cinque con Emmett, i dubbi sul fatto che non fossero agenti speciali capaci di uccidere anche con una cannuccia, si insinuavano in me con sempre più convinzione. 
« Alice sai dirci qualcosa di più? »
« Crono era anche una società segreta di Yale, nessuno sapeva niente di loro, si sapeva che c’erano e basta », disse Alice, « Scorrendo verso il basso abbiamo la lista di coloro che ne fanno o ne facevano parte ».
« Riconosco molti di questi nomi: senatori, medici, ricercatori » , disse Kate che era l’unica che prendeva il suo lavoro con la giusta serietà.
« Di che cosa si occupa questa famigerata società segreta? », io le odiavo, nelle università americane se non facevi parte di una società segreta o di una confraternita non diventavi nessuno. Beh questo secondo loro.
« Sono abbastanza innocui, almeno lo erano a Yale, si limitavano a cambiare i voti o a far scattare l’allarme durante gli esami », Alice non le stava leggendo quelle informazioni, lei aveva frequentato Yale, sapeva tutto di loro.
« Ed ora? » 
« Non saprei.. ma forse qualcosa lui si », disse cerchiando uno dei ultimi nomi della lista, non so perché ma non mi sorpresi nel leggere quel nome.
« Jasper Whitlock? » 
« Purtroppo », sbuffò Alice.
« Kate portalo qui » , dissi divertita, era il primo momento di leggerezza della giornata.
« Buongiorno ciurma! Chi è il vostro capitano? », JW mirava sempre di più alla mia instabilità mentale.
« Piantala! Il capo ha le palle girate oggi! », lo avvertí Emmett.
« Amico poi ti spiego due cose su come non far arrivare la propria moglie incazzata al lavoro »,  misi con presunta innocenza le mani sulla pistola d’ordinanza che aveva alla cintura, JW sbianco, « Cosa sai dirci di Crono? », domandai picchiettando le dita sulla pistola. 
« Capo dei titani spodestato da Zeus », rispose in maniera corretta, ma non era quello che volevo sentirmi dire.
« E di Crono a Yale? » 
« Prima che tu dica che non ne sai niente.. questa è la lista dei suoi membri », gli mostrò Edward. 
« Era una stupida società segreta in cui dovevi metterti un ridicolo cappello di paglia ad ogni raduno », rispose mettendosi davanti agli schermi di Alice, gli avevo fatto togliere le manette, ma rimaneva comunque un pericoloso hacker. 
« E questa? », dissi tirando fuori da una cartelletta l’equazione.
« Come fate ad averla? », disse prendendola dalle mie mani. 
« La riconosci? » domandai con un po’ troppa enfasi nella voce, ma forse la mia idea di tenere JW all’FBI, stava dando i suoi frutti.
« Si, è la formula del disastro. Ipotetico, ovviamente » 
« Chi l’ha scritta? »
« Theodor III Jefferson », non mi suonava nuovo quel nome, « Cosa ci sai dire di lui? ».
« A Yale era fissato con i giochi di guerra e perciò simulava battaglie su battaglie al computer. Alcune erano talmente fatte bene che guardarle era più appagante di farsi una »
« Il linguaggio! », lo riprese Cullen. 
« Scusa.. comunque scrisse l’equazione per i membri del gruppo, chi l’avrebbe risolta sarebbe entrato a far parte del suo piano », l’equazione si era risolta alle nove e mezza.
« Chi la risolse a Yale? »
« Nessuno. Aveva inserito un incognita evento, solo quando si sarebbe realizzata, l’equazione avrebbe avuto soluzione », rispose tranquillo. 
« In cosa consisteva il suo piano? » 
« Non l’ha mai rivelato, secondo lui se non eravamo in grado di risolvere l’equazione non meritavamo di sapere », spiegò lasciandoci con un pugno di mosche in mano.
« Temi che possa mettere in atto una delle sue simulazioni? », mi domandò Emmett, probabilmente aveva visto il terriere farsi strada nel mio viso.
« Se è presente nei disegni probabilmente si. Alice sai dirci qualcosa su questo Jefferson? » 
« Theodor III Jefferson, miliardario a capo della TJ industries, compagnia che si occupa di ricerca e sviluppo di fonti energetiche alternative, tra i suoi prototipi più promettenti c’è il Röder, sostanza al 80% di origine naturale, andrebbe a sostituire il litio nelle batterie dei nostri smartphone e computer. Rendendoli più ecologici e sicuri, la probabilità che una batteria al Röder esploda sono più basse del 86% rispetto a quelle al litio », mi informò Alice, una scoperta del genere avrebbe rivoluzionato il mondo della tecnologia.
« Come mai non è già sul mercato? »
« Perché Jefferson stesso ne sta ritardando l’uscita », rispose Alice mostrandoci alcuni articoli di riviste scientifiche e tecnologiche in cui Jefferson presentava il suo prototipo. 
JW sorrideva, « Vecchia volpe ».
« Cosa sai? », domandò Kate.
« Parla o ti rispedisco nel penitenziario di prima, o forse ancora peggio », lo minacciai. 
« Ve l’ho detto ama le guerre, facendo salire il prezzo del litio alle stelle, costringerebbe gli Stati Uniti a chiudere i rapporti commerciali con gli stati importatori come Cina, Afghanistan, Cile, creando così delle crisi diplomatiche », disse JW con non chalance, « E a quel punto, secondo l’equazione del disastro, metterà sul mercato il Röder, il prezzo del litio crollerà e benvenuta crisi internazionale ». Era un piano geniale, se non fosse che avrebbe causato la terza guerra mondiale, probabilmente.
« Dov’è questo Jefferson ora? », stavo cominciando a perdere la pazienza contro colui che doveva farci tutti questi giochetti continuamente, al posto di venire qui e dirci tutto quello che sapeva.
« Il suo Jet privato è appena atterrato a Charlotte, North Carolina, ed entrando nella suo iPad sappiamo che ha in programma una conferenza alla NC State University alle tre »
« Probabilmente prima farà vista alla Marshall Corporation », disse Jasper.
« Alice? »
« La Marshall Corporation è leader mondiale nel trattamento e raffinazione di vari metalli, tra cui il litio. Nei suoi magazzini c’è la maggior riserva di litio degli Stati Uniti », ecco quale era l’obiettivo di Jefferson.
« Oggi il litio ha raggiunto il prezzo più alto da quando è considerato l’oro bianco, se si distruggesse la più grande riserva nazionale, il prezzo salirebbe alle stelle e l’equazione del disastro si avvererebbe » , dissi capendo la miriade di numeri presenti negli schermi davanti a me. 
« Era questo che intendevo »
Alice si mise al computer, non capivo cosa stesse cercando, era troppo veloce, « Secondo i dati del magazzino della Marshall questa mattina alle undici verranno consegnati i toner per le stampanti », cosa me ne fregava delle stampanti? 
« E questo cosa c’entra? » 
« La compagnia di produzione del toner è di Mark Martin, membro del Crono », rispose Alice facendomi vedere la foto del giovane imprenditore.
« Oh lui fu l’unico che quasi riuscì a risolvere l’equazione, ma la lasciò a metà perché doveva uscire con Jessica, bomba sexy, Smith »
« Ed entrare a fare parte del suo piano così »
« Sbrighiamoci non c’è tempo da perdere. Alice chiama il JFK e fa preparare il jet, poi entra nel sistema di video sorveglianza della Marshall e da il comando del laboratorio a Stuard, oggi vieni con noi », Brandon prese da parte il suo vice e lo istruì sul da farsi.
« Vengo con voi? »
« Assolutamente no! Rimarrai qui con Kate e Stuard »
« Grandioso », sbuffo sedendosi su uno dei sgabelli. « Kate stampa le mail presenti nel buco nero e lavoraci su.. sfrutta pure JW ma tienilo lontano dai computer ».
« Perfetto! Su JW andiamo! », Kate e il nostro criminale uscirono per andare al centro stampa, accanto al laboratorio. 
« Emmett  contatta la sede del FBI di Charlotte ed emetti codice rosso 210, di loro di preparare le forze speciali e gli artificieri, ma di non avvicinarsi alla Marshall fino al nostro arrivo », ordinai, ma notai disappunto in lui.
« Non dovremmo passare le informazioni che abbiamo al direttore del FBI di Charlotte e farlo fare a loro, dopotutto è sul loro territorio, è loro giurisdizione », che cosa gli prendeva? Da quando Emmett si rifiutava di andare in missione? Cosa avevano tutti contro di me oggi? 
« Fedeltà. Coraggio. Integrità. È il nostro giuramento. Non paura, ipocrisia ed egoismo. Quindi fa quello che ti ho detto! », lo ripresi duramente, abbassò la testa e annuí, « Certamente. Direttore ».
Kate tornò con JW, Alice si era tolta il camice bianco e si rivolse al suo ex compagno di Yale, « Prova solo a toccare un mezzo tasto di una tastiera, anche scollegata, del mio laboratorio e ti spedisco nella prigione più schifosa degli Stati Uniti, tanto che quella in cui stavi prima ti sembrerà un hotel a cinque stelle! Ci siamo capiti? », si rivolse minacciosa a JW.
« Si »
« Molto bene. Stuard il laboratorio è tuo. Andiamo il jet ci aspetta »
« Le telecamere dicono qualcosa? », le domandai mentre scendevamo nel piano dove c’erano gli uffici.
« No, quelle ai piani superiori mostrano un’attività normale e quelli al piano interrato mandano in loop un video registrato il giorno prima, probabilmente sono spente », mi rispose facendomi vedere dal suo tablet.
Quaranta minuti più tardi eravamo in volo verso Charlotte, la sede della Marshall era a Crosville a poche miglia dalla città.
« Mi dispiace per prima.. ho solo paura per i miei figli. Come sono arrivati alle vostre foto potrebbero arrivare alle loro », mi disse Emmett mentre l’aereo cominciava le manovre di atterraggio.
« Va bene avere paura, ma non dimenticarti mai del distintivo che porti »
All’aeroporto ci aspettava l’FBI di Charlotte, « Benvenuti, sono l’assistente direttore Patrick Drew e lui è il mio vice Philip Turner », si presentò un uomo dai folti capelli scuri, in giacca e cravatta. 
« Piacere, assistente direttore Isabella Swan, questo è il mio team: gli agenti speciali Cullen, McCartney e Brandon », dissi ricambiando la stretta di mano.
« Il giudice mi ha appena fatto avere il mandato di perquisizione », mi diede in mano il mandato mentre raggiungevamo le macchine dell’FBI.
« Ottimo.. da quello che sappiamo l’ipotetico ordigno potrebbe trovarsi nei piani interrati », non avevamo prove di un’esplosione, tutta teoria, e se fosse un modo per prendersi gioco dell’FBI?
La Marshall Corporation si trovava in una zona verde poco abitata, c’erano per lo più fabbriche e raffinerie, « Le squadre sono pronte », disse Drew avvicinandosi a me, quando scesi dalla macchina. Emmett si mise alla guida di un camion che avrebbe consegnato le risme di carta, « Allora in posizione. Io e il mio team entreremo nei piani interrati a lei il perimetro esterno », dissi salendo sul retro del camion con Edward, « Perché hai chiesto il mandato? Quando entriamo fingendoci pacchi di carta? », domandò mentre ci avvicinavamo ai cancelli della Marshall. Emmett avrebbe mostrato un documento falso creato da Alice alle guardie e non avremmo avuto problemi ad entrare.
« Era un diversivo, gli attentatori verrano attirati all’esterno, mentre noi quattro cerchiamo la bomba e con l’aiuto degli artificieri la disinneschiamo », spiegai.
« Non vedo gli artificieri » 
« È il camion dietro al nostro », dissi mentre Emmett apriva il portellone per farci scendere, eravamo dentro al magazzino, ma appena girammo l’angolo fummo colpiti da una serie di spari, ci nascondemmo dietro le colonne, per fortuna nessuno di noi venne colpito, c’erano otto uomini armati. Qualcuno doveva averli avvisati. Feci segno ai miei colleghi che ne avremmo avuti due a testa. Con otto spari coordinati riuscimmo a metterli a terra, mi avvicinai e tolsi loro le armi, ma la mia attenzione venne catturata da un timer, avevano azionato l’esplosivo, e il litio si trovava esattamente sopra le nostre teste, « Alice chiama gli artificieri », urlai. Dove diavolo erano? Che fine aveva fatto il camion dietro di noi? 
« Non abbiamo tempo mancano meno di 120 secondi, le dobbiamo disinnescare noi », disse mettendosi davanti all’altra bomba. 
« Ci sono quattro bombe », disse Emmett.
« Okay.. una a testa. Alice guidaci » 
« Non basta una persona, ne servono due, sono congegni molto sofisticati, una volta esplosi non lasciano tracce ed esplodono molto velocemente », spiegò cercando qualcosa sul suo tablet. « Alice sbrigati, mancano meno di cento secondi! », dissi mentre cominciavo a sentire l’adrenalina scorrermi nelle vene.
« Si.. un attimo »
« Alice 90 secondi »
« Emmett con me, Edward con Bella! », urlò, il mio vice mi raggiunse.
« Per disinnescarle dobbiamo rimuovere il chip del detonatore, contenuto all’interno della griglia, con la parte rotonda delle chiavi delle manette Edward e Emmett allentate le quattro viti,  e portate la griglia in avanti di 4 centimetri, senza toccare i punti di contatto, altrimenti boom. Io e Bella inseriremo la mano e, senza tremare, rimuoviamo la microchip con un colpo secco, stando attente a non toccare i lati altrimenti.. » 
« Boom! », finii io per lei, Edward prese le chiavi delle sue manette e svitò le quattro viti e con mano ferma portò la griglia in avanti, « Tocca a te », mi sussurrò, presi un profondo respiro e inserii la mano stando attenta a non far toccare la microchip con i lati in metallo della griglia.
« Fatto! Ora? », dissi euforica, non avevo mai disinnescato una bomba.
« Passate all’altra! Ottimo lavoro », disse Alice.
« Non per mettervi ansia ma mancano meno di trenta secondi », se non ci avesse ucciso la bomba ci avrei pensato io.
Ripetemmo le stesse azioni e con non poca ansia evitammo di diventare poltiglia, « Fatto! », dissi calpestando la seconda microchip e saltando in braccio a Edward che mi fece fare una giravolta, Emmett e Alice ci guardavano curiosi. 
« Non dite nulla.. », dissi allontanandomi dal mio vice, « Alice dirama un’allarme uomo armato al NC State University ».
« Non c’è nessun omicida in giro!»
« Appena Jefferson capirà che l’attentato è fallito cercherà di scappare. L’allarme uomo armato fa chiudere tutte le porte del college », le spiegai mentre uscivamo dal magazzino, gli artificieri ci vennero incontro con faccia dispiaciuta, « Sempre troppo in anticipo voi, ne? », gli presi in giro.
« Ci hanno bloccato, ci scusi direttore », disse quello che doveva essere il loro capo. 
« Direttore » 
« Jasper.. cosa ci fai tu al telefono? », dissi rispondendo ad una chiamata della centrale.
« Vi salvo la vita.. uno degli attentatori sta cercando di riattivare una delle bombe! »
« Sono morti », dissi con sicurezza.
« Mi annoiavo e ho sbloccato le telecamere che Jefferson ha spento, mentre Stuard era distratto! Ora entrate o mi saltate tutti in aria e questo mi dispiacerebbe perché mi sono affezionato a voi » 
« Ne sei sicuro? » 
« Ti mando il video sul tuo telefono » , Alice era furiosa, JW aveva toccato i suoi computer, al ritorno l’avrebbe mangiato vivo.
« Fermi! », urlai agli artificieri, « Vado io ».
« Ti accompagno », disse Edward. Tornammo nel magazzino, un uomo era accovacciato su una delle bombe, Edward sparò e colpì il microchip che aveva in mano.
« Chi ha messo qui le bombe? », gli urlai per avere la conferma che fosse Jefferson il mandante, ma l’uomo non proferiva parola.
« Senti ti conviene parlare. Quindi rispondi alla domanda. Chi ha ordinato l’attentato? » 
« Nel suo nome c’è un tre.. non ricordo chi sia », disse prima di svenire.
Sul jet diretti alla NC State University, Alice ci informò che gli uomini presenti alla Marshall erano un gruppo di mercenari che facevano attentati a pagamento. 
« Non si può entrare », ci bloccò una ragazza all’entrata del teatro dove Jefferson teneva la sua conferenza.
« FBI », dissi semplicemente mostrando il distintivo, la ragazza si mise da parte ed entrammo, oltrepassai il tendone, ritrovandomi direttamente sul palco. Visto che Jefferson voleva entrare nel mercato energetico in grande stile, l’avrei accontento arrestandolo in grande.
« Theodore III Jefferson? », domandai facendo dei passi avanti sul palco. Il mormorio di sottofondo svanì. 
« In persona », disse voltandosi verso di me, lasciandosi il pubblico alle spalle.
« FBI, la dichiaro in arresto per tentato attentato, strage civile e disastro ambientale. Ha diritto a rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà o farà potrà e sarà usata contro di lei in tribunale. Ha diritto ad un avvocato. Se non può permettersi un avvocato, gliene sarà assegnato uno d’ufficio », dissi mentre un “ohh” generale aleggiava nel grande teatro. 
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Buonasera fanciulle, tutto bene? Come promesso avrei riportato alla normalità il nostro venerdì.
Un bacio a settimana prossima. ♥️
Grazie per le vostre bellissime recensioni. 

Ps. Vi  aspetto su Instagram 😍 

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Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. I nomi e i cognomi utilizzati, eccetto quelli del mondo Twilight, sono di pura fantasia.
Tutti i diritti sono riservati. È vietato qualsiasi utilizzo, totale o parziale, dei contenuti.
 

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Capitolo 10
*** West 41st ST - Manhattan NY ***


Dove eravamo rimasti..
All’interno del buco nero trovano mail e fotografie private di Edward e Bella, uno dei disegni evita lo scoppio di una crisi globale.

 
CAPITOLO 10
WEST 41st ST
MANHATTAN – NY

5 marzo 2019
Mi sembrava di essere tornata all’inizio dell’anno, quando nessuno disegno mi tormentava, quando non c’era nessun Edward e le mie foto erano semplicemente mie, chiuse nell’album di famiglia. Facevo riunioni, proteggevo lo Stato dallo spionaggio estero, controllavo costantemente i gruppi terroristici in giro per il mondo, semplicemente per capire se dietro tutto ci fosse qualcuno di loro. Ovviamente non ottenni nulla e nemmeno Alice riusciva più a ricavare informazioni da quei strani disegni. JW aveva chiesto tutte le mail presenti nel buco nero che aveva stampato con Kate. Lo osservavo, le studiava per tutto il giorno, sottolineava e scriveva tutto a mano in un quaderno. Non mi fidavo di lui per concedergli l’uso di un computer, anche di quello vecchio.  Ma lavorava sodo. Ogni volta, quando mi notava sorrideva e scuoteva la testa. Era il segno che non aveva trovato nulla. 
La giornata non era delle migliori, il cielo era grigio e tuonava dalle prime luci dell’alba, a mezzogiorno il diluvio universale si era abbattuto sulla grande mela. Il tempo aldilà delle spesse mura in cemento del mio ufficio rappresentava al meglio il mio umore. Grigio.
« Ciao Rose », salutai la mia amica che vedevo davvero poco, nonostante il suo ufficio fosse due piani sotto il mio.
« Hai una faccia », commentò premendo il pulsante che ci avrebbe portato nei parcheggi sotterranei.
« Sono solo stanca e Newton non la smette di tormentarmi.. continua a dirmi cosa devo o non devo fare », mi lamentai.
« È risaputo che è da anni che mira al tuo ufficio »
« Fosse per me glielo cederei subito », dissi uscendo dall’ascensore per dirigermi alla mia macchina.
« Vieni a cena da noi.. la tata ha cucinato messicano », non potevo rifiutare una cena pronta, sorrisi affamata, « Va bene, ma non farmi fare tardi », le dissi.
« Da quando sono nati i gemelli per me tardi vuol dire andare a letto alle dieci », disse poco prima di salire sulla sua macchina. La seguii con la macchina verso casa sua e di Emmett, non pioveva, il cielo coperto di nuvole nascondeva il tramonto e diffondeva in tutta la città una sinistra luce gialla, che piano piano scomparve lasciando posto alle tenebre.
Arrivate a casa McCartney-Hale Rose venne assalita dai gemelli, mentre io dal profumo delizioso che proveniva dalla cucina. Nel corso della cena dovetti più volte complimentarmi con Maria. La tata dei gemelli aveva davvero le mani d’oro in cucina. 
« Mi ha messo ansia mangiare con il capo », disse Emmett mentre lui e Rose mi accompagnavano alla porta, « Avevi paura di beccarti un’altra strigliata? », domandai indossando il cappotto e ricordando quello che era successo due settimane prima.
« No.. », ridemmo tutti alla sua smorfia. « Io, ora andrei, non vorrei farvi fare troppo tardi. Sono le dieci e un quarto ».
« Buona notte capo », mi salutò Emmett rientrando in casa, senza giacca faceva abbastanza freddo.
« Buona notte », salutai Rose con un cenno della mano e mi avviai verso casa.
Quando raggiunsi il mio appartamento aveva ripreso a piovere e sembrava non voler smettere per tutta la notte.
« Che ti è successo? », chiesi dopo essermi ripresa dallo spavento, Edward usciva dall’ascensore, era tutto bagnato ed aveva uno strano taglio sulla fronte. 
« Stavo correndo a Bryant Park e sono scivolato sull’asfalto », mi disse mentre il pavimento del pianerottolo si riempiva d’acqua.
« Bryant Park? Cos’è Central Park è troppo piccolo per te? », lo presi in giro con allegria, che si spense subito. Fece un esso sorriso, seguito da una smorfia di dolore.
Mi avvicinai, « Ti aiuto? », la ferita sembra profonda. Fece un passo indietro, abbassò lo sguardo ed aprì la porta del suo appartamento. Era strano, ma quella sera non ci feci molto caso. 

7 marzo 2019
Edward era strano, me ne accorsi il giorno dopo il nostro incontro nel pianerottolo e ne ebbi la conferma quella mattina, quando al suo arrivo mi trovò in reggiseno all’interno dello spogliatoio e non disse nulla, nemmeno una delle sue stupide battute. L’Edward che avevo imparato a conoscere non si sarebbe risparmiato.  
« Buongiorno », trovai JW con la testa china sulle fotocopie delle mail e delle foto del buco nero, « Salve direttore », mi salutò. Aprii la porta in vetro temperato ed entrai nella sua safe house.
« Questo è per te », gli passai un sacchetto di carta, vedevo il suo impegno e da quando avevo insistito per averlo a disposizione al centro operativo, non aveva mai sgarrato.
« Grazie », aprii immediatamente il sacchetto trovandoci dentro un muffin e un caffè, sorrise alla loro vista.
« Il cibo della mensa non è ottimo », disse gustandosi il muffin. Aveva chiesto ad Alice di procurarli evidenziatori e post-it, l’intera parete alla mia destra era piena di fogli attaccati al muro, alcuni avevano delle scritte, altri erano colorati in diversi modi, ma in nessuno di essi sembrava farsi posto la soluzione.
« Lo so », dissi voltandomi verso di lui.
« Sei il direttore potresti fare qualcosa » 
Sorrisi e scossi la testa, « No.. non avrei più una scusa valida per comprarmi i donuts al carretto di Phill ».
« Se sono all’altezza di questo hai la mia piena approvazione » 
« Bene.. io », erano le nove ed avevo una riunione per parlare dell’ottima organizzazione della vista del Presidente del lunedì precedente. Con un gesto della mano lo salutai ed aprii la porta.
« Sta cambiando »
« Come? », JW guardava verso l’unica piccola finestra presente nella stanza, mi dava le spalle.
« Il tempo.. quei nuvoloni neri promettono altra pioggia », un tuono squarciò quello strano silenzio, come a dirmi che JW non stesse parlando solo del tempo. 
Lasciai la safe house con una strana sensazione addosso, fatta di inquietudine e di freddo, che non se ne andò nemmeno con i complimenti del capo della sicurezza della Casa Bianca durante il meeting in videoconferenza. 
« Grazie mille a tutti.. tornate pure al vostro lavoro », dissi alzandomi dalla poltrona posta a capo del grande tavolo della sala conferenze. 
« Direttore, Jacob Black della New York PD la aspetta nel suo ufficio », mi disse uno dei nuovi agenti, lo ringraziai e mi diressi verso il mio studio, cosa voleva il capo della polizia da me? Nelle ultime operazioni non avevamo mai sconfinato nelle loro competenze.
Entrai nel mio ufficio e lo trovai in piedi davanti alla scrivania, due agenti in uniforme erano alla sua sinistra, « Capo Black, sono Isabella Swan, direttrice della sede di New York dell’FBI », mi presentai. Black era fresco di nomina e non ci eravamo ancora visti di persona. 
« Jacob Black, piacere mio », mi strinse la mano gli feci cenno di accomodarsi, girai attorno alla scrivania e mi sedetti davanti a lui.
« Come posso esserle utile? », domandai cercando di mantenere un aspetto al quanto più tranquillo, ma quella sensazione che provavo dall’incontro con JW premeva forte all’altezza dello stomaco. 
« Le chiedo di firmare il mandato di arresto per l’agente speciale Edward Cullen », il cielo venne squarciato dall’ennesimo tuono, quella sensazione stava prendendo la forma di un incubo.
« Mi scusi? », domandai non volendo credere a quello che le mie orecchie avevano appena udito.
« Nella notte tra il 5 e il 6 marzo, è stato rinvenuto il cadavere di Jason Pike tra i bassi arbusti di Central Park », disse mettendosi in posizione più rigida sulla sedia. 
« Edward Cullen cosa c’entra con l’omicidio? » 
« Le telecamere lo hanno ripreso all’entrata ovest del parco alle dieci di martedì 5 marzo », spiegò, « Poi all’uscita alle dieci e trenta ». Venni colpita da un flash, era la sera in cui avevo cenato da Rose ed avevo visto Edward tutto bagnato sul pianerottolo. 
« Questo non fa di lui un assassino »
« L’autopsia riporta l’ora del decesso tra le dieci e le dieci e venti, inoltre nel torace della vittima sono stati trovati due proiettili appartenenti all’arma di servizio di Edward Cullen », sentii il pavimento tremare, ma quando guardai verso il basso notai che a tremare fossero solo le mie gambe.
« Mi scusi un attimo », uscii dal mio ufficiale, avevo la gola secca, non respiravo bene, « Jones cercami Edward Cullen! », dissi ad un agente che scattò immediatamente in piedi, probabilmente scosso dal mio sguardo severo.
Rientrai e lessi con attenzione il mandato di arresto, senza la mia firma non avrebbero potuto procedere, ma questo avrebbe messo anche me sotto accusa per oltraggio alle indagini. Avevo le mani legate e un dolore alla bocca dello stomaco insopportabile. 
« Avanti », la faccia tranquilla di Edward  mutò quando incontrò i miei occhi, « Edward Cullen lui è il capo della polizia di New York », si strinsero educatamente la mano. 
« Che succede? », pareva tranquillo, ma sentivo nella sua voce una punta di paura. 
« Cull.. » 
« Capo Black le chiederei gentilmente di lasciarmi sola con il mio vice », dissi alzandomi, per far valere meglio la mia posizione di Direttore. 
« Certamente », Black e i suoi due agenti uscirono dall’ufficio. Eravamo soli, le veneziane della parate in vetro erano chiuse.
« Mi vuoi dire cosa succede? », Edward si stava preoccupando, feci il giro della scrivania e mi misi davanti a lui, tra le mani avevo il mandato.
« Mi devi dire qualcosa? », domandai guardandolo negli occhi.
« No » 
« Sei sicuro? » 
« Si.. mi vuoi dire che cazzo succede? »
« La New York PD sostiene che tu abbia ucciso un uomo martedì sera » , dissi dandogli il mandato di arresto dove c’erano tutte le informazioni che mi aveva dato Black. Lo prese e cominciò a leggerlo, scuoteva con agitazione la testa, « No.. non è possibile. Bella mi devi credere non sono stato io! », mi guardava dritto negli occhi.
« Quella sera mi hai detto che eri andato a correre a Bryant Park, le telecamere ti hanno ripreso a Central Park », tremavo, ma non sapevo se a causarlo fosse la paura o la rabbia.
« Non l’ho ucciso io », gli credetti nonostante ogni cosa mi portasse a pensare il contrario.
« Ho le mani legate », dovevo firmare quel maledetto foglio.
« Proteggi mia figlia.. Bella promettimelo »
« C’è qualcosa che mi devi dire? », mi stava nascondendo qualcosa, lo sentivo.
« Prometti »
« Promesso », mi abbracciò stringendomi forte a se, tremava, o forse ero io, non lo sapevo, fuori pioveva costantemente e il freddo attorno a me faceva da padrone.
« Ho bisogno che tu mi creda », il mio volto era racchiuso tra le sue mani.
« Ti credo », mi lasciò un bacio sulla fronte, prese una penna dalla mia scrivania e me la pose, tornai a sedermi al mio posto è firmai quella maledetta lettera. Edward aprì la porta per far rientrare Black e i suoi uomini, « Procedete pure », dissi consegnandoli il mandato firmato.  
« Edward Cullen la dichiaro in arresto per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Jason Pike. Ha diritto a rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà o farà potrà e sarà usata contro di lei in tribunale. Ha diritto ad un avvocato. Se non può permettersi un avvocato, gliene sarà assegnato uno d’ufficio », gli lesse i diritti Black, Edward annuì con serietà.
Uno degli agenti gli mise le manette, « Sono necessarie? », inorridii a quella scena. 
« Isabella va bene così », il mio nome per intero detto da lui mi diede fastidio, sembrava arrendersi.
Black sorrise maligno, « Direttore, il suo vice per me è alla pari di un lurido assassino ».
Lo raggiunsi, mi misi a meno di un metro da lui, « Non si permetta.. mai più! », dissi a denti stretti.
« Altrimenti? » 
« Le toglierò quel sorriso Black! », vedevo euforia nei suoi occhi, era felice di aver arrestato un membro dell’FBI, alla polizia non eravamo mai piaciuti.
« Vedremo », aprì la porta del mio ufficio, i due agenti si misero ai lati di Edward e lo portarono fuori seguiti da Black. Mi bloccai all’entrata del mio ufficio, a braccia conserte, mentre guardavo inerme tre poliziotti che portavano via il mio vice. Le porte dell’ascesa re si chiusero, Edward non c’era più. 
Il mio ufficio si trovava nel cuore del centro operativo, era stato portato via come il peggiore dei criminali, davanti a tutti. Sui volti dei collaboratori, degli agenti, di Rose, Emmett ed Alice c’era la mia stessa espressione di incredulità. Nessuno disse nulla, erano tutti sconvolti, anche il vecchio Newton. Un altro velo di freddo si era adagiato sull’FBI quel giorno e difficilmente il sole avrebbe fatto la sua comparsa.
« Bella seguimi », la voce di Alice mi arrivò come lontana, tornai a guardare gli altri, erano tutti girati, davano le spalle ai loro computer, e questo mi mandò in bestia.
« Volete tornare al vostro cazzo di lavoro! », urlò Emmett, facendomi un favore, mi limitai a fulminarli con lo sguardo e a seguire Alice, con Emmett e Rose.
Scendemmo di un piano, seguimmo i vari corridori fino a raggiungere la zona delle safe house, Emmett aprii quella di JW e si fece da parte per farci entrare. 
Erano passate poche ore dalla mia visita, eppure quella stanza pareva completamente cambiata. Il piccolo divano al centro della stanza era stato spostato contro la porta del bagno e il parquet in laminato spariva coperto da tutte le mail del buco nero.
Alice chiuse le veneziane della finestra che dava sul corridoio, « Che succede? », domandai guardando quella stanza tappezzata di fogli.
« JW ha decifrato parte delle mail », mi spiegò Alice.
« Cosa significano? » 
« Ho cercato di dividere le mail in base ad un elemento comune, ho cominciato dall’anno in cui sono state inviate », spiegò JW, « Quindi ho messo da un lato quelle del 2017 e dall’altro quelle del 2018. Analizzandole ho notato che alcune mail avevano un numero nella parte inferiore e quindi le ho divise anche secondo quest’ultimo criterio, pensando fosse il numero di protocollo, ma se le riordino per data, questi numeri non hanno senso », guardai le mail poste sul pavimento ed effettivamente il numero in basso sembrava un numero a caso.
« Abbiamo studiato questi numeri, ho dato loro tantissimi valori, senza mai arrivare a nulla. Poi Jasper mi ha suggerito di fare la cosa cosa più ovvia », continuò Alice mettendo per terra sei fogli, « Nelle mail inviate nel 2017, ho sostituito i numeri con la corrispettiva lettera in ordine alfabetico, quindi 1 alla A, 2 alla B e così via », prese un foglio bianco e si sedette sul pavimento, «  Ad esempio la prima mail datata 21 giugno 2017, presenta questi numeri: 2015 », li sottolineò, « Tenendo conto che lo zero non lo posso associare a nessuna lettera, ho preso due cifre quindi 20=T, mentre 1 e 5, potevano indicare A e E, se presi separatamente o se unite indicavano la O. Fino a qui ci siete? », ci domandò Alice girandosi verso di noi, io, Emmett e Rose annuimmo.
« Bene continuando su questa scia, prendendo in considerazione varie lettere da dare ai vari numeri e tendo l’ordine delle date presenti sulle mail, otteniamo questo », Alice accese la televisione presente nella safe house, l’aveva collegata al suo tablet.

 
20    15     7    15    15     4    1    20    7    15    15    4    2    24    5    19
T    O     G    O    O    D    A    T    G    O    O    D    B    Y    E    S

« To Good At Goodbyes? La canzone di Sam Smith? », domandai incredula.
« Era l’unica cosa sensata », spiegò Alice.
« Hanno appena arrestato Edward per omicidio e l’unica cosa che voi due siete riusciti a cavare da queste mail è una stupidata canzone?! », l’aria era diventata irrespirabile, dovevo uscire da quella stanza al più presto. Cercai di aprire la porta ma la trovai bloccata. Alice mi mostrò la chiave magnetica che tendeva in mano,
« Sto solo cercando di fare il mio lavoro e se mi avessi fatto finire.. »
« Scusa », tornai sui mie passi.
« Ho provato ad adottare lo stesso criterio per le mail del 2018, ma dopo giorni non ho ottenuto nulla »
« Ehm », si schiarì la voce JV, « Abbiamo », si corresse Alice, « Abbiamo fatto una cosa che pareva assurda, abbiamo preso il testo di To Good At Goodbyes e lo abbiamo fatto “giocare” con questi numeri », sulla televisione apparve a destra il testo della canzone e a sinistra i numeri presenti nelle mail.
« Nessun risultato finché non ho cominciato a dividere i numeri a metà, ma non in senso matematico, ad esempio il primo in ordine di data è 34, ho preso il 3 e il 4 e tra le varie combinazioni l’unica che mi ha dato risultati era quella di abbinare al primo numero alla parola e il secondo alla lettera », non ci stavo capendo più nulla.
« Prendiamo la prima strofa della canzone »

You must think that I'm stupid 

« La terza parola è think e la quarta lettera di think è N. Otteniamo così la prima lettera: N », Alice cerchiò la lettera N nel testo della canzone, « Prendiamo ora  le altre mail del 2018 in ordine di data con il numero nella parte inferiore, abbiamo 72, 94 e così via, mettiamole ora a confronto con il testo  » 
« 72 ovvero 7 e 2 da la lettera O. 94, 9 e 4, la lettera N. Abbiamo una prima parola NON, le mail successive hanno numeri a tre o quattro cifre »
« Abbiamo preso l’ultima cifra per contare la lettera e le prime due o tre cifre, per contare la parola ad esempio 131, 13 indica l’ordine della parola e 1 la lettera. Fool è la parola numero 13 e F è la prima lettera, quindi abbiamo F, continuando così otteniamo una frase »
NON FIDARTI DI NESSUNO SOLO AB EM RMH EC TUO TAS
 
« Non fidarti di nessuno? Che diamine significa? », dissi sedendomi sul piccolo divano.
« Alice Brandon, Emmett McCartney, Rosalie McCartney Hale e Edward Cullen.. ma chi è TAS? », Emmett si sedette accanto a me, Alice chiuse bene le veneziane. Perché non mi dovevo fidare dell’FBI? Chi era TAS? 
Le foto, quella foto del 2001. Era impossibile, « Thomas Arthur Swan », dissi in un sussurro.
« Tuo zio? » 
« Morto », quella presa in giro mi fece ancora più rabbia.
« Direttore, e se fosse vivo? » 
« Impossibile.. mio padre ne ha riconosciuto il corpo », risposi ricordando quei giorni di terrore, non era stato semplice tornare alla normalità.
« Fino ad oggi i disegni ci hanno portato ad evitare delle stragi o ad arrestare pericolosi criminali », disse Alice, quello era il loro unico punto a favore.
« Jasper metti via queste mail e fa finta o continua a lavorare alle altre. Questa cosa rimane tra di noi », dissi decidendo in quel momento di volermi fidare di TAS, non avevo nulla da perdere.
« Va bene direttore », uscimmo dalla safe house di JW, ero scossa e non sapevo più quali pesci prendere, «  Perché la polizia ha portato via Edward? », mi domandò Alice, feci segno a lei, a Emmett e a Rose di seguirmi.
Il laboratorio di Alice era più adatto ad una conversazione, rispetto al mio ufficio, « Hanno trovato un cadavere l’altra notte a Central Park, è stato ucciso dalla pistola di Edward », dissi sedendomi su uno sgabello. 
« Come? »
« È impossibile » 
« Lo hanno arrestato con l’accusa di omicidio », guardai le loro facce, probabilmente erano più sconvolte di quanto lo fossero al momento del suo arresto. 
« Lo hanno incastrato secondo te? », mi domandò Emmett, lo guardai non sapendo cosa rispondere, “non ti fidare” diceva quel messaggio.
« Non lo so.. ma voglio indagare » 
« È compito della polizia »
« Non mi importa.. stanno accusando un mio agente di omicidio, non rimarrò con le mani in mano », mi lisciai le pieghe invisibili del mio completo, « Qualcuno è con me? », i miei colleghi annuirono, sapevo di non essere sola. Ma avevo la sensazione di esserlo al di fuori di quel laboratorio. 
« Bella? », mi chiamò Alice, ci voltammo tutti verso di lei, « Guarda », uno dei disegni si era illuminato, non succedeva da più di due settimane. 
« Come? », domandai.
« All’interno dei miei software ho inserito vari dati che fino ad ora ci hanno aiutato a risolvere i disegni, ho appena inserito il codice K0053 e il tratto dell’ala dell’angelo si è illuminato », disse estrapolando i numeri dal disegno e mettendoli al centro del monitor, « Dammi un secondo », disse mettendosi davanti ad una delle tastiere.
« È il numero di iscrizione al Bar Exam di Isabella Marie Stewart », disse mostrandoci una sua foto.
« Chi è? » 
« È un avvocato, laureata ad Oxford in legge, ad oggi è la più giovane associato senior di Manhattan », spiegò Alice.
« A cos’altro la colleghi? », domandai. 
« Tra i suoi clienti c’è Edward Cullen.. per una causa di divorzio da Julien Morgan », come facevo a fidarmi se non mi aveva detto nemmeno che era sposato.
« Dov’è il suo studio? » 
« Sulla quarantunesima, vicino alle Nazioni Unite », doveva davvero essere un ottimo avvocato per permettersi un ufficio del genere.
« Bene.. Alice vieni con me. Emmett ti chiedo di andare a Washington e di portare la figlia di Edward qui, ho promesso che l’avrei protetta » 
« La madre sa qualcosa? », mi domandò.
« No.. Alice procurami il suo numero, si chiama Linda »
Due minuti dopo ero al telefono con la ex di Edward, non era semplice spiegarle che il padre di sua figlia fosse accusato di omicidio e che mi aveva chiesto di tenere la figlia al sicuro. 
« Va bene »
« Due miei agenti di fiducia verranno da voi verso le due di pomeriggio. Sono marito e moglie, chieda loro dei gemelli », “non fidarti”.
« Ok.. Direttore tenga mia figlia al sicuro » 
« Non si preoccupi, arrivederci », conclusi la chiamata felice che Linda avesse collaborato, il peso, anzi il macigno, allo stomaco era ancora lì. 
« Rose va con Emmett per piacere, Chloe avrà bisogno di qualcuno con cui parlare », annuirono entrambi ed uscirono dal laboratorio di Alice. 
La pioggia aveva intasato, più del solito, il traffico di New York, per raggiungere la quarantunesima ci impiegammo quasi mezz’ora. Il grattacielo dove si trovava lo studio era imponente, quasi come quello dell’FBI. 
L’interno era elegante e moderno, uomini e donne correvano da una parte all’altra, tutti vestiti con abiti d’alta sartoria da 5000 dollari ciascuno. 
« FBI », dissi mostrando il mio distintivo, il portiere ci fece passare, mimando un saluto militare, Alice trattenne una risata.
« Piano? », chiesi alla mia collega.
« Cinquantesimo », rispose premendo il pulsante accanto alla targhetta, “Oxford & Law”.

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Buona sera fanciulle, giornata funesta qui da me, non che loro se la passino meglio.
Buon primo maggio a tutti, oggi più che mai♥️
Come state? 
Grazie per l’affetto con cui seguite DCMA, davvero grazie.
Vi aspetto su Instagram se vi va, mi trovate con il nome @Almared.25
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Il testo della canzone è di Sam Smith.

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Capitolo 11
*** 135 Central Park West - Manhattan NY ***



Dove eravamo rimasti..
Il capo della polizia di New York chiede a Bella di firmare il mandato di arresto per omicidio per Edward. Alice e Jasper riescono a ricavare dalle mail del buco nero la frase “non fidarti di nessuno”, scritta da TAS. Tra i disegni colmare il nome dell’avvocato Isabella Stewart. 
 
CAPITOLO 11
135 CENTRAL PARK WEST 
MANHATTAN – NY
7 marzo 2019 
Lo studio legale Oxford & Low era ampio, pieno di gente elegante che sfrecciava da un ufficio all’altro, « Come posso aiutarvi? », ci chiese una ragazza all’entrata, era bionda e sedeva dietro ad una scrivania di vetro. 
« FBI, dovrei parlare con l’avvocato Isabella Stewart », dissi mostrando il distintivo.
« L’avvocato è in riunione con i soci », rispose tornando a premere, con le sue unghie fresche di manicure, i tasti sulla tastiera, « Emh signorina.. », lessi il nome sulla targhetta, Monica Clark – assistente legale, « Clark vada dal suo capo e le dica che il Direttore dell’FBI le vuole parlare », dissi incrociando le braccia sotto il seno. 
« Direttore? », disse puntando i suoi occhi grigi su di me, « In persona », rispose Alice. Monica sorrise  debolmente e sparì nel corridoio alla sua destra. Indossava delle scarpe a punta in vernice nera, « Riusciresti a farti una giornata con quelle addosso? », chiesi alla mia collega.
« Potrei provarci, ma sono troppo fedele alle mie converse », rispose mostrando il suo segno distintivo: le converse rosse.
Monica tornò con la famosa Isabella Stewart, era una bella donna, sulla trentina, abito sartoriale italiano, scarpe francesi e capelli perfetti. 
« Isabella Stewart, associato senior dello studio », si presentò.
« Isabella Swan, direttore dell’FBI di New York », risposi ricambiando la stretta di mano, « L’agente speciale Alice Brandon ». Le due si strinsero la mano e l’avvocato si girò per farci strada verso il suo ufficio. L’ambiente era molto minimal, il bianco predominava e le vetrate davano un’ottima vista sul porto. 
« In cosa vi posso aiutare? », chiese con tono deciso sedendosi alla sua scrivania, alle sue spalle c’erano varie foto, tra cui quelle di un bambino dai occhi verdi in braccio ad un uomo che avevo già visto da qualche parte.
« Da indagini interne dell’FBI risulta che lei è l’avvocato dell’agente speciale Edward Cullen », dissi mettendomi comoda sulla poltrona in velluto verde bottiglia davanti alla scrivania. 
« Confermo, sto seguendo la sua causa di divorzio, ma per motivi di privacy non ve ne posso parlare », disse realmente dispiaciuta.
« L’agente Cullen è stato arrestato questa mattina con accusa di omicidio », spiegai all’avvocato quello che era successo all’arrivo di Black. Mi stavo fidando dei disegni, loro mi avevano portato su quella poltrona.  
 « Le prove contro di lui sono schiacciati, l’unica cosa che posso fare è chiedere un’udienza per la cauzione e partire da lì », l’avvocato non aveva esistano un attimo, era convinta dell’innocenza di Edward. 
« Bene.. io vado da Black e cerco di parlare con Edward », dissi, avevo bisogno di conoscere ogni dettaglio, anche il più stupido.
« Non glielo lasceranno fare, ma non gli possono negare la visita del suo avvocato », disse sicura di sé.
« Lei crede alla sua innocenza? » 
« Nessuno è colpevole fino a prova contraria Direttore », rispose, facendomi riflettere. Le prove. Le prove si potevano manomettere. 
« Alice cerca di ottenere tutto quello che la polizia ha sul caso » 
« Se fosse possibile ne vorrei una copia », chiese l’avvocato.
« Certamente.. Bella posso? » 
« No Alice, sempre per vie legali », le dissi sapendo la sua volontà di voler hackerare il profilo della polizia, ma le prove ottenute in quel modo non sarebbero utilizzabili.
« Mi raccomando », la riprese l’avvocato sorridendo.
« Questo è il mio bigliettino da visita, mi tenga informata », dissi alzandomi dovevo mettermi in moto e analizzare tutta la faccenda.
« Avvocato »
« Direttore »  

Alice mi aveva portato le prove della polizia, tutto portava ad Edward, l’arma del delitto, il luogo, gli orari, ma mancava un movente. Chi era Jason Pike? Cosa lo collegava ad Edward?
« Dimmi Emmett », erano le sette di sera, avevo passato l’intero pomeriggio seduta nel mio ufficio a studiarmi quelle carte, mentre il messaggio di TAS continuava a comparire costantemente tra i miei pensieri. 
« Siamo appena atterrati a New York » 
« Molto bene », la partenza da Washington era stata spostata di due ore a causa del maltempo, « Ci vediamo direttamente a casa mia », dissi uscendo dall’ufficio, con il fascicolo di Edward tra le mani. 
« Pronto », risposi al telefono mentre aprivo la porta del mio appartamento, c’era profumo di pulito, Emilia, la donna delle pulizie, era appena andata via. 
« Salve direttore, sono l’avvocato Stewart », finalmente pensai, erano ore che aspettavo sue notizie, visto che nemmeno una mia telefonata alla polizia aveva dato frutti.
« Buonasera, ci sono novità? »
« Ho ottenuto l’udienza per la cauzione, le chiederei di venire per testimoniare », mi disse mentre in sottofondo sentivo un bambino piccolo chiamarla “mamma”. 
« Non mancherò »
« Perfetto.. domani la mia segretaria le manderà un mail con tutti i dettagli. Ora la lascio, mio figlio mi reclama »
« Certo.. buonanotte », conclusi la chiamata, e dopo essermi tolta i stivaletti, era l’unico tipo di tacco che riuscivo a tenere per tutto il giorno, misi le ciabatte ed andai a sedermi, tirai fuori tutta la documentazione e la misi sul tavolo in cristallo, che mia madre mi aveva regalato.
Rilesso un’altra volta le carte, ma mi sembrarono più complicate e senza senso di prima, perciò lasciai tutto sul tavolo e cominciai a cucinare. Quando aprii il frigo notai un post-it di Emilia.
“Ho fatto il ragù, con la ricetta di nonna, scaldane un po’ per la cena, il resto congelalo”
La mia pancia brontolò non appena lessi la parola “ragù”, Emilia aveva la nonna di cui portava il nome, italiana e ogni volta che veniva a pulire l’appartamento, mi lasciava qualche delizia nel frigo. 
L’unica cosa che mi rimaneva da fare era mettere sul fuoco l’acqua per la pasta. Il profumo del ragù si diffuse nell’aria, dando a quell’appartamento vuoto, il sentore di casa. Apparecchiai la tavola per due persone, conoscendo Emmett e Rose non si sarebbero fermati, gli avevo tenuti lontano dai gemelli per troppe ore.
Il campanello di casa suonò, tolsi la pasta dal fuoco ed andai ad aprire, il faccione di Emmett era stravolto, « Buonasera direttore », mi salutò entrando con in mano una valigia rosa metallizzata.
« Emmett.. », risposi mettendomi di lato, assieme a lui entrano Rose, alla quale nemmeno la pioggia rovinava i capelli, e dietro di lei una ragazza dai lunghi capelli castano ramati e due occhi verdi che avevo visto solo sul viso di un’altra persona.
« Lei è Chloe », disse Rose, la figlia di Edward alzò la mano in segno di saluto, « Io sono Isabella.. per tutti Bella ».
« Chloe », disse a voce bassa, sembrava smarrita, potevo capirla, non era facile essere la figlia di un agente dell’FBI.
« Avete fame? Ho la cena pronta »
« Si, ma vorremmo andare a casa dai gemelli, sono passate troppe ore dall’ultima volta che le mie orecchie hanno sentito le loro urla », disse Emmett tornando verso la porta d’ingresso. Salutai entrambi e rimasi sola con una sconosciuta. 
« Bell’appartamento è così.. » 
« Newyorkese? », conclusi divertita, Chloe annuì andando verso le vetrate che davano su Central Park e sull’Upper East Side. 
« Mi sento tanto Gossip Girl, così », disse sorridendo. 
« Dovremmo essere dall’altra parte del parco », dissi indicando i grattacieli oltre le cime degli alberi. 
« Credo che anche questo vada bene », notai il suo sguardo posarsi sulle mie ciabatte nere, mi guardava dispiaciuta, « Dovevo togliermi le scarpe, scusami! Mamma me lo dice sempre lei, è fissata ».
« Oh no.. non ti preoccupare.. io lo faccio solo per comodità », le dissi evitando di nominare Emilia, lei si che si sarebbe arrabbiata, « Fame? ».
« Da morire » 
« Allora sediamoci, poi ti accompagno nella tua stanza », ci sedemmo a tavola e cadde un silenzio imbarazzante, non sapevo cosa dirle, fissava le carte dall’altra parte del tavolo, erano quelle che accusavano il padre di omicidio. 
« Era tutto molto buono », disse non appena finì il suo piatto.
« Seguimi », Chloe prese i piatti, « Faccio io, tu seguimi », presi la sua valigia e la portai nella camera degli ospiti, avevo detto ad Emilia di cambiare le lenzuola e darle una pulita.
Quando entrai trattenni una piccola risata, Emilia aveva messo tantissimi cuscini rosa e un plaid coordinato, per fortuna aveva mantenuto il copri letto bianco.
« È molto.. rosa », commentò Chloe, mi voltai verso di lei per scusarmi, « Amo il rosa », disse sorridendo indicando la sua valigia.
« Ne sono sollevata, fino a ieri sera questi cuscini erano grigi » 
« È davvero bella.. Emilia oltre a saper cucinare ha davvero ottimo gusto », l’unica cosa che le avevo detto durante la cena era che il sugo non fosse opera mia, ma di Emilia.
« Lei è un angelo, ti lascio sola, qui c’è il tuo bagno se ti serve qualcosa chiamami », chiusi la porta e tornai in sala. Ero stanca, era stata davvero una giornata pesante, molto più di quando dovevo andare in missione.
L’omicidio era stato commesso a Central Park, in un orario in cui Edward era lì, con la sua pistola. Uscii in balcone e la fredda aria di marzo mi avvolse, un leggero venticello sfiorava le cime scure degli alberi davanti a me, se solo potessero parlare. Era una coincidenza che quel messaggio “non fidarti di nesso” fosse comparso proprio nel giorno dell’arresto di Edward, e che proprio il codice che indicava un agente in arresto portasse al miglior avvocato della città? TAS sapeva tutto? Aveva previsto l’arresto di Edward?  
« Papà è innocente vero? », mi voltai verso Chloe, si era cambiata, aveva sostituito i jeans con una tuta grigia. Mi ricordava Edward in questo. 
« Si.. », doveva esserlo.
« State insieme? » 
« No », risposi, probabilmente mentendo. Era vero non stavamo insieme, tra di noi c’era un rapporto strano, basato su una fiducia che nemmeno sapevo da dove provenisse, ma c’era, perlomeno fino all’altra sera. Sentivo che mi aveva mentito, ma credevo in lui. 
« Ero a scuola questa mattina, all’ora di pranzo vengo chiamata in segreteria, c’è mia madre che mi dice che papà è stato arrestato e che l’FBI mi ha messo sotto protezione. Quattro ore dopo sono su un aereo privato diretto a New York », disse avvicinandosi a me, « L’unica cosa che voglio sapere è: perché? », mi guardava come se potessi dirle qualsiasi cosa, ma la verità era che non sapevo nulla più di lei. 
« Me lo ha chiesto Edward » 
« Qualsiasi cosa ci sia tra di voi.. non farlo soffrire », sembrava più grande dei suoi quindici anni, era più matura delle ragazze della sua età. 
« Non.. » 
« Papà non mi parla spesso del suo lavoro, ma da quando è qui mi parla sempre di una certa Isabella, che lo fa impazzire perché non accetta la sua corte », questa Cullen me la pagava.
« Chloe, io voglio molto bene al tuo papà, è per non farlo soffrire che non accetto la sua corte », in quelle settimane avevo capito di essere la pedina di un gioco di qualcuno che si divertiva con la mia vita. Avevo paura a legarmi a lui perché lo avrebbero colpito, « Oh mio Dio! », rientrai in salotto seguita da Chloe, riaprii il fascicolo. Non era stato lui, l’avevano incastrato per colpire me. 
Me, che insieme a lui, continuavo a seguire quei disegni che portavano all’arresto di varie persone. Mi stavano dicendo di fermarmi? Per questo TAS diceva di non fidarmi? 
« Che succede? » 
« È innocente, Edward è innocente », dissi abbracciandola. 

8 marzo 2019
L’indomani portai Chloe al centro operativo con me, avrebbe seguite le sue lezioni tramite il computer nel mio ufficio.
« Ciao Jasper »
« Non mi chiami più JW direttore? », mi disse mangiando la ciambella che gli avevo preso.
« Hai trovato qualcosa? »
« No.. ma ci sto lavorando », disse aprendo e chiudendo una cartellina, come avevo chiesto era diventato un po’ più discreto.
« Alice da questo momento ogni nuova scoperta che fai sui disegni me la comunichi a voce », all’esterno avrei mascherato eventuali missioni come operazioni di routine normali. Avrei fatto credere che le piste dei disegni fossero finite. 
« Pensi ci sia una talpa? » 
« Non ti fidare, ricordi? », eravamo nella safe house di JW, mi stavo nascondendo dal mio team, con me c’erano solo Alice e Emmett. Rose era con Chloe.
« Hanno incastrato lui per colpire noi? », domandò Emmett.
« Credo di sì », uscii dalla sefe house per recarmi da Newton, mi doveva aggiornare su una pista che stava seguendo, stava tenendo d’occhio un gruppo di pescatori, che secondo lui e la sua fonte trafficavano altro, oltre al pesce.
« Come sei elegante », mi disse Chloe quando alle sei del pomeriggio entrai nel laboratorio di Alice, le due avevano passato il pomeriggio insieme. 
« Sto andando in tribunale per l’udienza », dissi guardandomi su un vetro del laboratorio, avevo scelto una gonna a tubino blu notte e una camicetta bianca, « Scarpe da avvocato? », mi fece notare Alice, un paio di Jimmy Choo color cipria erano adatte all’occasione. Scomode, ma adatte.
« Scendiamo »
Nella sala principale del centro operativo comparve Emmett con un mazzo di rose per me, Alice e Chloe, « È l’otto marzo, io e l’intero team volevamo festeggiare il miglior capo che l’FBI di New York abbia mai avuto », disse mettendosi davanti ai miei colleghi. Mi commossi, quasi. 
« Grazie, uomini ricordate che l’otto marzo è tutti i giorni », dissi guardando negli occhi ognuno di loro, di chi non mi dovevo fidare? 
« Emmett prendi tu il mio posto », dissi avvicinandomi, « Alice tu rimani con Chloe, quando rientro a casa ti mando un messaggio e venite, ok? », dissi indossando il trench, fuori ancora pioveva.
L’udienza per un agente dell’FBI accusato di omicidio aveva fatto scalpore tra i media che bloccavano l’entrata del tribunale, scesi dalla macchina dell’FBI guidata da Seth e con Emma che mi faceva da assistente, salii le scale altamente rese scivolose dalla pioggia. 
Gli obiettivi dei giornalisti si puntarono verso di me non appena notarono la mia presenza, evitai qualsiasi tipi di domanda, intervenne la sicurezza del tribunale per permettermi di entrare, senza rischiare l’osso del collo.
« Direttore »
« Avvocato, pronta? » 
Isabella Stewart indossava un tubino dai colori chiari, era sicura nelle sue Loubutin, « Ho recuperato un testimone », disse mentre raggiungevamo la saletta dove si trovava Edward.
« Chi è? » 
« Un senza tetto, Arnold Hill, dice di aver visto il signor Cullen all’uscita di Central Park alle dieci e un quarto », disse mentre una delle guardie del tribunale, dopo averci identificate, ci fece entrare nella saletta, «  e di non aver sentito alcun sparo », concluse. 
« Ottimo » 
La porta davanti a noi si aprì, Edward entrò nella saletta, aveva un occhio nero, mi avvicinai immediatamente, « Che diavolo ti è successo? », dissi esaminando il suo volto. 
« Nulla.. diciamo che i federali non godono di ottima fama in carcere », mi rispose allegro, di slancio lo abbracciai, avrei fatto di tutto per tirarlo fuori da lì al più presto. 
« Toglietele », dissi indicando le manette.
« No », mi rispose uno dei poliziotti, erano in due.
« È un ordine », lo fecero, « Ora fuori ».
« No » 
« È un suo diritto poter parlare con il suo avvocato quindi fuori! », l’avvocato Stewart sapeva il fatto suo, i due poliziotti, con la coda fra le gambe ci lasciarono soli.
« Grazie »
« Oh dovere », l’avvocato spiegò ad Edward di aver trovato un testimone e che avrebbe chiamato anche me a testimoniare.
« Chloe? », mi domandò Edward mentre entravamo nell’aula di tribunale, la Stewart aveva chiesto un’udienza a porte chiuse.
« È a casa con me, ora è con Alice.. sta bene », sorrisi mentre le porte si aprivano, sul tavolo dell’accusa sedeva una donna che avevo l’impressione di aver già visto. 
« Julien? », Edward si bloccò, lei gli sorrise, ma non con un sorriso buono, sembrava il sorriso di chi ti ha incastrato. Cosa ci faceva la sua ex moglie in quell’aula? 
« Non mi avevi detto che eri sposato », gli dissi quando arrivammo alla fila in cui mi dovevo sedere, « Mi dispiace », disse sedendosi davanti a me con il suo avvocato. 
L’udienza cominciò, il giudice Brown volle iniziare con l’accusa, l’avvocato Luke Davis cominciò a presentare tutte le prove che portavano alla colpevolezza di Edward, definendolo come una persona senza scrupoli e calcolatrice.
Isabella Stewart cominciò la sua difesa chiamando Edward a testimoniare, « Agente Cullen, lei dove si trovava martedì cinque marzo 2019 tra le dieci e le dieci e trenta di sera? ».
« Correvo a Central Park », rispose lui, la sua prima bugia, a me aveva detto che aveva corso a Bryant Park.
« È suo solito correre la sera così tardi? »
« Si, spesso la mattina non ne ho tempo », potevo confermare quello che diceva, un paio di volte lo avevo accompagnato anche io.
« Cosa è successo durante la sua corsa? »
« Due uomini mi hanno aggredito », disse guardando verso di me, non era caduto. Isabella Stewart camminava davanti e indietro davanti al giudice, il ticchettio dei tacchi era stressante.
« Gli ha identificati? » 
« No.. era buio ed avevano qualcosa, una fascia, che gli copriva il volto »
« Cosa è successo durante la colluttazione? » 
« Mi sono liberato, uno dei due quello con la giacca gialla, era terra gli avevo dato un pugno allo stomaco, sono corso via e ho raggiunto il mio appartamento », perché non mi aveva detto nulla? 
« Aveva con sé l’arma d’ordinanza? » 
« No, è rimasta chiusa dentro la cassaforte a casa mia fino al mattino successivo » 
« Ho concluso vostro onore.. vorrei chiamare a testimoniare.. », la Stewart si voltò verso di me.
« Obiezione! Vorrei fare un paio di domande all’imputato », disse l’avvocato dell’accusa, Isabella lo fulminò.
« Prego avvocato Davis »
Luke Davis si sistemò il nodo della cravatta e prese il posto della collega, « Agente Cullen da quanti anni presta servizio all’FBI? », domandò mettendosi le mani nelle tasche del pantalone gessato. 
« Dal 2008 » 
« Ha giurato fedeltà, integrità e onore agli Stati Uniti. Giusto? » 
« Si » 
« Perché martedì sera è venuto a meno a questo giuramento? », dove diavolo voleva arrivare con quel discorso, « Lei conosceva la vittima? ».
« No! » 
« No? Si è chiesto perché sua moglie sia sul tavolo dell’accusa? » 
« Si » 
« Jason Pike era il compagno della signora Morgan Cullen, a cui lei non concede il divorzio! », disse alzando il tono di voce. 
« Obiezione! », disse con voce decisa Isabella. 
« Respinta! Vada avanti avvocato Davis! », ma che diavolo di udienza era? 
« Lei era geloso del compagno di sua moglie e lo ha ucciso! », accusò Davis, vedevo le mani di Edward tremare.
« Obiezione! », Isabella Stewart si alzò, aveva alzato la voce, il giudice non poté far altro che  far accomodare Davis per lasciarle la parola.
« Sto seguendo il divorzio del signor Cullen dal quattro dicembre del 2018, e le posso presentare prove documentate che ad ostacolare il divorzio non è l’agente Cullen », l’avvocato tornò alla sua postazione e da un fascicolo prese un foglio che presentò al giudice. 
« Qui c’è la sua firma avvocato Davis in cui rigetta a nome della sua cliente la proposta di divorzio consensuale », disse il giudice Brown facendo crollare immediatamente l’accusa di omicidio passionale. 
« Resta il fatto, signor Giudice, che la vittima era l’amante della moglie e che l’arma del delitto corrisponde a quella del signor Cullen », la voce di Davis era viscida.
« Signor giudice chiamerei a testimoniare Arnold Hill » 
Il signor Hill incalzato dalle domande dell’avvocato Stewart spiegò come la notte dell’omicidio avesse visto tre uomini fare a botte, spiegò come ne aveva visto uno fuggire, « L’uomo che ha visto scappare, corrisponde a Edward Cullen? », chiese Isabella.
« Si.. mi sono chiesto come mai in pieno inverno indossasse dei pantaloncini leggeri »
« Ha visto o sentito qualcuno sparare? » 
« No, il ragazzo con la giacca gialla si è rialzato poco dopo, per paura che si accanissero anche contro un povero senza tetto mi sono sposato verso nord », non era stato Edward ad ucciderlo.
« Molto bene.. signor Giudice chiamerei Isabella Swan a testimoniare », mi alzai ed andai a sedermi alla sinistra del giudice, giurai di dire la verità con la mano destra sulla Bibbia e Isabella Stewart cominciò con le sue domande. 
« Direttore Swan da quanto conosce l’agente Cullen? » 
« Da gennaio 2019 », risposi tranquilla.
« È sempre stato ligio al suo dovere? »
« Si.. uno dei migliori agenti con cui abbia mai collaborato », lo guardai, sorrise e mi fece l’occhiolino, il giudice Brown aveva seguito tutto. 
« Secondo lei è capace di commettere il crimine di cui è accusato? » 
« No », eravamo agenti speciali, abituati a sparare, anche a morte, solo nei momenti in cui era a rischio la nostra vita o quella degli altri. 
« La sera dell’omicidio lei lo ha incontrato sul pianerottolo del palazzo dove abitate? » 
« Si »
« Cosa le ha detto? », perché Isabella Stewart mi voleva mettere in difficoltà con quella domanda? Sapeva che Edward mi aveva mentito.
« Che aveva corso a Bryant Park », risposi, ero sotto giuramento.
« Obiezione! », esclamò Davis.
« Accolta »
« Quindi il signor Cullen le ha mentito? », Davis si avvicinò, cosa avrei dovuto rispondere se non si.
« No.. le telecamere di un bar confermano che il signor Cullen è stato anche a Bryant Park quella sera », disse la Stewart mostrando al giudice i filmati che ritraevano Edward correre, alle nove e mezza del cinque marzo. 
« Posso approfittare signor giudice della presenza del capo dell’FBI di New York? » 
« Prego », la Stewart tornò a sedersi accanto ad Edward, Davis voleva mettermi in difficoltà, glielo leggevo negli occhi.
« Direttore Swan, lei è figlia del Direttore dell’FBI nazionale Charlie Swan? »
« Confermo », perché stava andando sul personale? 
« È salita in carica dopo la prematura scomparsa dell’agente speciale James Copper? » 
« Si »
« Come mai hanno scelto lei, nonostante la presenza a New York di agenti con maggiore esperienza della sua? », la mia scelta non era piaciuta a molti,  mi ritenevano tutti troppo giovane, o meglio troppo donna, per ricoprire una tale carica.
« Per le mie capacità di saper guidare una squadra come quella dell’FBI », risposi con fierezza, non ero su quella poltrona perché ero figlia di Charlie Swan. 
« Obiezione.. questo esula dall’udienza », intervenne l’avvocato di Edward.
« Si concentri sul caso avvocato Davis », lo riprese il giudice.
« Mi scusi.. lei prima ha detto di aver visto l’agente Cullen la sera dell’omicidio, me lo può descrivere? » 
« Era in tenuta sportiva ed aveva un graffio sulla parte destra della fronte »
« Le ha omesso di essersi recato a Central Park? » 
« Si », quella era la bugia di Edward che più mi aveva dato fastidio, perché non si era fidato di me?
« L’agente Cullen vive nell’appartamento accanto al suo? » 
« Si » 
« L’appartamento è di proprietà di suo padre? » 
« No », risposi sicura.
« Lei mi vuole dire che  non sapeva che suo padre ha comprato l’appartamento 804 situato al 135 di Central Park West per otto milioni di dollari? », chiese mettendosi davanti a me, mio padre non mi aveva detto nulla.
« No, non lo sapevo » 
« Quindi non sa che Edward Cullen paga un affitto di duemila dollari al mese per un appartamento che sul mercato immobiliare ne vale almeno ottomila? »
« No » 
« Ha una relazione con Edward Cullen? » 
« No » 
« Il signor Cullen ha detto nella sua deposizione che con lei ha un rapporto speciale », disse prendendo un foglio in cui erano state trascritte le parole di Edward.
« Perché secondo lei il signor Cullen le ha mentito quella sera? » 
« Non lo so » 
« Le ricordo che è sotto giuramento. Lo sta proteggendo? » 
« No »
« Ha detto di averlo visto in tenuta sportiva, ha notato l’arma d’ordinanza? » 
« Indossava una felpa, se c’era non potevo vederla », risposi trattenendo la rabbia verso Edward, Davis non mi faceva paura, era solo uno scarafaggio a cui piaceva spargere veleno.
« Perché Edward Cullen le ha chiesto di proteggere sua figlia? » 
« Non lo so » 
« Non ho altre domande signor Giudice », mi diede le spalle e tornò a sedersi al suo posto. 
« L’udienza per il rilascio su cauzione dell’agente speciale Edward Douglas Cullen è sospesa, mi ritiro per deliberare. L’udienza riprenderà tra un quarto d’ora a partire da adesso », il giudice Brown colpì il martello e si alzò. 
Tornai al mio posto, delusa, dalla persona che avevo davanti. Davis aveva fatto domande fuori luogo, ma del tutto legittime.
L’ex moglie di Edward, o forse era ancora moglie, si avvicinò, io non avevo la voglia di discutere con nessuno.
« Non ne uscirai pulito Edward », se le era morto l’amante che tanto amava, non sembrava dimostralo.
« Lo vedremo » 
« Sei sempre stato geloso di Jason »
« Io non l’ho mai visto questo Jason », gli rispose lui.
« Io ti rovinerò come tu hai rovinato me », sorrise compiaciuta, cosa era successo tra loro due? Perché lei era così arrabbiata con lui? 
« Ascolta.. tornate al tuo posto », intervenni per evitare che Edward commettesse qualche sciocchezza.
« Oh che carino Edward ora hai anche la balia, è la tua nuova puttanella? », io l’avevo detto che non mi volevo innervosire.
« Ti consiglierei di non aggiungere altro se non vuoi che ti arresti per offesa a pubblico ufficiale e tendendo conto che il pubblico ufficiale davanti a te è direttore dell’FBI la pena prevede anche la reclusione », dissi inventandomi l’ultima parte, in realtà si rischiava un’ammenda molto salata, ma non il carcere. 
« Mi scusi.. Direttore », girò i tacchi e tornò dal suo avvocato. Evitai Edward e mi sedetti, cominciai a leggere delle mail sul cellulare. Il giudice Brown ritornò come previsto, un quarto d’ora dopo, viste le prove e le testimonianze impose una cauzione di un milione di dollari con obbligo di residenza in un domicilio diverso dal proprio.
« A qualche abitazione da suggerire agente speciale Cullen? » 
« Non all’interno dello stato di New York », rispose Edward sollevato dal fatto che non dovesse più passare del tempo in cella.
« 135 Central Park West », dissi e il giudice mi guardò come se non avessi capito, che Edward non poteva ritornare a casa sua, « Appartamento 805 », precisai prendendo la mia borsa e il trench, uscii dal tribunale con l’umore sotto i tacchi, erano troppe le bugie di Edward.
« Alice porta Chloe a casa mia », dissi al telefono mentre Seth mi riaccompagnava verso l’Upper West Side, Edward sarebbe stato portato dalla polizia. 
« È andata bene? » , mi chiese a bassa voce, probabilmente Chloe era nelle vicinanze. 
« Si » 
Ci impiegammo oltre mezz’ora a raggiungere il mio appartamento, il traffico di New York era qualcosa di impossibile.
« Hey! Avete fatto prima di me », dissi trovando Chloe e Alice a parlare con il portiere.
« Alice conosce delle scorciatoie, come è andata con papà? » 
« Tra pochi minuti sarà a casa.. gli hanno concesso la cauzione », dissi chiamando l’ascensore.  
« Ragazze io vi saluto devo tornare al laboratorio, per tu sai cosa », disse Alice chiedendo al portiere di chiamarle un taxi.
« Vieni Chloe andiamo su e ordiniamoci una pizza » 
« Non vedo l’ora, il cibo della mensa fa schifo », non potevo che confermare quello che aveva detto.
« Margherita? », le chiesi non appena mi sedetti su uno dei sgabelli della cucina.
« Io al salame », mi rispose, in ascensore le avevo chiesto di chiamare lei ma si vergognava, tutta suo padre pensai, « e papà.. ».
« Ai funghi », dissi senza nemmeno accorgermene, lei annuii e mi fece l’occhiolino. 
« Vado a farmi una doccia », sparì veloce come il vento verso la sua camera, chiamai la pizzeria ed ordinai tre pizze. Dieci minuti dopo suonarono alla porta, non poteva essere la pizza, era Edward assieme a due agenti, che mi fecero firmare un modulo per poi sparire dietro le porte dell’ascensore.  
Edward mi seguì fin dentro casa, non disse nulla, lo guardai, non riconoscevo più il mio vice, « Quante altre bugie intendevi dirmi? », dissi avanzando verso il salotto. 
« Bella », mi prese per mano, ma mi staccai immediatamente.
« Tu di me sai tutto », non gli avevo nascosto nulla di rilevante della mia vita,  « Ho scoperto che hai una figlia. Una moglie. Che stai divorziando, che l’appartamento nel quale vivi è di mio padre, c’è altro? », non riuscivo più a trattenere la rabbia. 
« Mi dispiace », lo sguardo basso, le mani lungo i fianchi chiuse a pugno. 
« Tienitelo per te », non me ne facevo nulla delle sue scuse.
« Bella ascoltami! », i suoi occhi verdi erano stanchi, ma avevano ancora il potere di destabilizzarmi. 
« Ascoltarti? Lo sai quando ti avrei ascoltato? », quasi urlai avanzando verso di lui,  « Quella sera! ».
« Mi avevano minacciato! », non aveva capito proprio nulla di me.
« Non mi importa! Se qualcuno ti minaccia tu vieni da me! », ero il suo capo, ero sua amica, e non si era fidato di me, « Non mi interessa se è il Papa, Trump o Dio in persona che ti minaccia, tu vieni da me e mi dici tutto! », le lacrime presero il via libera sul mio volto, tutta la frustrazione, il dolore e la rabbia erano rinchiusi in quelle lacrime, che gli impedì di toccare, « Si chiama fiducia Edward! ».
Alle sue spalle comparve Chloe, si era messa la tuta, probabilmente aveva sentito tutto perché mi guardava dispiaciuta, « Papà », disse in un sussurro.
« Chloe », Edward si voltò ed andò da lei, la prese tra le braccia e le fece fare una giravolta, mi sentivo di troppo. Lasciai il salotto e mi chiusi in camera mia. Era un momento loro ed io non ne facevo parte.
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Buonasera, come va? 
Io tutto bene, perché sto leggendo le vostre recensioni e le vostre teorie, che mi fanno super piacere.
Spero continui a piacervi.
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Capitolo 12
*** 26 Duane St - Manhattan NY ***



Dove eravamo rimasti..
Bella e Alice incontrano l’avvocato Isabella Stewart e le parlano di Edward. L’avvocato riesce a prendere un’udienza per liberare Edward su cauzione. Durante l’udienza si presenta l’ex moglie di Edward che lo accusa di aver ucciso il suo amante. L’avvocato dell’accusa interroga Bella e le fa delle domande che faranno vacillare la sua fiducia nei confronti di Edward.

 
CAPITOLO 12
26 DUANE ST
MANHATTAN – NY
8 marzo 2019 
Mi ero rifugiata in camera, dove mi lasciai andare alle lacrime, opere del nervosismo, della rabbia e di quel senso di impotenza che mi attagliava da giorni. Non sopportavo le bugie, non le avevo mai tollerate. Facevano vacillare quel filo sottile che era la fiducia, troppe portavano a spezzarlo. E si sa, un filo rotto si può annodare, ma quel nodo rimarrà lì, come un piccolo ostacolo, per sempre. Non accesi nessuna luce, lasciai che il buio mi avvolgesse. Il buio era la mia coperta di Linus, il mio posto sicuro. 
La porta alle mie spalle si aprì, non mi voltai, continuavo a fissare le luci dell’Upper East Side al di là del parco, « Non mi ero mai soffermata sulla bellezza di questa vista », si era messo accanto a me, immobile davanti alla vetrata, non parlava. « Dev’essere uguale a quella del tuo appartamento », continuai con una punta di cattiveria nella voce. Edward tranne il respiro, strinse i pugni lungo i fianchi, « Mi dispiace », sussurrò guardandomi attraverso il riflesso del vetro. 
« Sta zitto », respirai a fondo, ma l’aria mi si bloccò al centro esatto del petto, faceva male, un male tremendo. Sentii la sua mano raggiungere la mia, non mi ritirai, la strinse nella sua. Nessuno dei due disse nulla, rimanemmo lì fermi a guardare le luci della città. Quell’innocente contatto mi tranquillizzò, ma la paura e il senso di impotenza rimanevano lì, creando il gelo attorno a me.
Il suono del campanello mi distolse da quel momento, tolsi la mia mano da quella di Edward, e mi voltai verso l’uscita, ma lui non me lo permise, mi abbracciò da dietro. Sentii le sue lacrime bagnarmi il collo, il campanello continuava a suonare, le domande di Davis continuavano a bombardare la mia mente e la mia voglia di scappare da tutti e tutto non era mai stata così alta. Stare lì, tra le sue braccia mi piaceva, ma al contempo lo odiavo. Edward mi aveva resa vulnerabile. 
A fatica mi staccai da lui ed uscii dalla mia camera da letto, la porta d’ingresso davanti a me era aperta, Chloe pagava le pizze.
Edward dietro di me si irrigidì, cosa gli prendeva? Il fattorino prese i soldi e salutò.
« Non dovevi » 
« Ho preso i soldi dal portafoglio di papà », disse Chloe sorridendo con in mano i tre cartoni della pizza.
« Hai fatto bene tesoro. Portale pure di la io e Bella ti raggiungiamo subito », disse Edward mettendosi accanto a me, nel guardarlo notai il mio volto riflesso nello specchio posto alle sue spalle, era ancora rigato dalle lacrime. 
« Non lo fare papà, non a lei », disse Chloe con un tono di voce troppo serio per i suoi quindici anni. Ci lasciò soli, Edward pulì le mie lacrime, lo lasciai fare, « Scusa », lo disse in un sussurro lento, mentre faceva sparire anche l’ultima goccia.
Lo superai senza dire nulla, Chloe aveva messo le tovagliette sul tavolo in cristallo, le pizze erano ancora nei cartoni, le sorrisi, non volevo che mi vedesse così. Mi tolsi i tacchi, il dolore ai piedi era passato in secondo piano. 
« Mangiamo? », dissi sedendomi a capotavola, Chloe annuì e si sedette alla mia destra, poco dopo arrivò suo padre. Riuscii a mangiare solo due fette di pizza, avevo lo stomaco chiuso, neanche Edward mangiò tanto, l’unica a finire fu sua figlia, « Io.. ehm vado in camera mia, devo finire di guardare Stranger Things », disse alzandosi da tavola. Aveva mentito, a pranzo mi aveva detto di aver visto la secoda stagione in due giorni, ma la capivo, il gelo sceso in quel salotto era insopportabile. 
« Che cos’è? » 
« Una serie Netflix papà, aggiornati! », rispose Chloe dandoli un bacio sulla guancia, « Buona notte Bella ».
« Buonanotte », le dissi prendendo i cartoni della pizza per mettergli via, Edward mi seguii nei gesti, tolse i bicchieri e le tovagliette. Quel silenzio mi uccideva, non era normale. Lavai quei tre bicchieri a mano, solo per trovarmi qualcosa da fare ed evitare i suoi occhi, solo quando  non rimase più nemmeno una goccia d’acqua e le scuse erano finite, mi voltai verso di lui. Era seduto sullo sgabello dell’isola della cucina, la testa bassa, i gomiti sul bancone e le mani tra i capelli. Sembrava l’ombra di se stesso.
« Prima hai detto che ti hanno minacciato », dissi mettendomi davanti a lui, a separarci c’era solo il bancone in marmo, « Chi? », era arrivato il momento delle risposte, non avrei accettato altro. Sorpreso Edward alzò lo sguardo su di me, si morse il labbro, « Bella.. », stava preparando un’altra bugia, ne ero sicura.
« Bella niente! Io ho bisogno che tu sia sincero con me! », dissi dura, avrei così tanto voluto urlare, « Devo sapere cosa è successo quella sera ».
« Sono tornato a casa prima, tu non c’eri », cominciò a raccontare torturandosi le mani.
« Questo cosa c’entra? », domandai con ancora in mano il canovaccio con cui avevo asciugato i bicchieri.
« Volevo solo invitarti a mangiare la pizza da me », disse semplicemente, « Ma visto che tu non c’eri ho deciso di andare a correre a Bryant Park, nonostante il cielo minacciasse pioggia, ma avevo bisogno di sfogarmi ».
« Che ore erano? » 
« Circa le nove, poco prima avevo sentito Chloe al telefono », le telecamere lo avevano ripreso alle nove e mezza, i tempi coincidevano. Dai nostri appartamenti a Bryant Park erano più o meno due miglia, che un uomo allenato come lui poteva benissimo percorrere in trenta minuti.
« Come sei arrivato a Central Park? » 
« Ho fatto il giro di Bryant Park e nel frattempo ho ordinato una pizza, così da mangiarla al mio rientro. Ho, poi risalito la Eighth Avenue e sono rientrato a casa, erano circa le dieci », superai lui e la cucina e da uno degli armadi della sala presi il suo fascicolo. Mi sentivo il suo sguardo addosso, « Alle dieci eri all’entrata ovest di Central Park », gli ricordai mostrandogli la foto che lo ritraeva. 
Mi sedetti davanti a lui, i fogli sparsi sul bancone, i suoi occhi addosso a me, « Quando rientrai nel palazzo Paul mi disse che la mia pizza era arrivata e che visto che io non c’ero, l’aveva pagata lui, gli restituii i soldi e presi l’ascensore »,  Paul era il portiere del grattacielo in cui vivevamo. 
« Continuo a non capire »
« Andai a correre senza cena, appena rientrai nel mio appartamento, mi tolsi le scarpe sporche, posai la pizza sul bancone e la aprii. Dentro c’era un biglietto » 
« Cosa c’era scritto? » 
« Vieni a Central Park immediatamente e ti spiegherò perché le foto di tua figlia circolano nel dark web », Edward tremava, le sue mani strette a pugno sulle gambe. 
« Cosa è successo a Central Park? » 
« Ho visto due uomini, mi hanno chiamato Agente Cullen, conoscevano il mio nome » 
« Gli hai riconosciuti? » 
Scosse la testa, « Ero sotto giuramento in tribunale... non sapevo chi fossero. Si sono avvicinati uno di loro quello, con la giacca scura, mi ha detto di smettere di seguire i disegni ».
Come facevano a sapere dei disegni? Non era una notizia pubblica.
« Mi sono avvicinato per capire chi fossero, ma quello con la giacca gialla mi ha colpito da dietro dicendomi che se non avessi fatto come dicevano mia figlia non avrebbe più frequentato nessuna scuola in vita sua », avevano toccato Chloe, per questo non mi aveva detto nulla.
« Hanno iniziato a colpirmi e ripetermi di smetterla con quei maledetti disegni, ho reagito ma ti giuro che quando sono scappato quel Jason Pike era vivo e non può essere stato ucciso con la mia pistola visto che è rimasta nella cassaforte per tutta la notte », disse guardandomi dritto negli occhi.
Le cassaforti dei nostri appartamenti erano digitali, Alice sarebbe di sicuro riuscita a scoprire se quella di Edward era stata aperta o meno quella notte.
« Perché mi hai mentito? » 
« Ho solo avuto paura Bella.. nessuno al di fuori dell’FBI sapeva dei disegni »
« Il giorno in cui ti hanno arrestato, Jasper ha decifrato », mi interruppe con un gesto della mano, « Jasper? ».
« JW », precisai, « Ha decifrato alcune delle mail ».
« Cosa ha trovato? », presi il fascicolo sotto il suo e glielo consegnai, « Non ti fidare di nessuno? », annuii, « Cosa sono queste sigle? ».
« Alice, Emmett, Rose e te.. mi devo fidare solo di voi »
« Pensi ci sia una spia all’FBI? »
« Non lo so », dissi prendendo la mia testa tra le mani, mi stava scoppiando, « Il messaggio era firmato TAS, sono le iniziali di mio zio, ma lui è morto diciotto anni fa.. quindi non lo so Edward! », le lacrime frutto di tutta quella tensione tornarono, « Non so di chi mi devo fidare, non so perché continui a mentirmi! Non so nulla! », Edward mi prese per le spalle e mi strinse a sé, « Sistemeremo tutto », disse al mio orecchio continuando a cullarmi.
« Credo che chiunque ci sia dietro i disegni ci stia aiutando e qualcun altro non vuole che lo faccia per questo ti hanno incriminato », dissi staccandomi da lui per tornare ad essere più lucida.
« Pensi che ci vogliono fermare? », mi domandò, annuii. Dopo il nostro abbraccio ci eravamo messi sul divano.
« Tua moglie », dissi girandomi verso di lui, la stanza era quasi al buio, se non fosse per le luci della cucina.
« Ex », precisò lui.
« Perché non mi hai mai detto nulla? »
« Non la ritenevo importante, avevo chiesto il divorzio dopo averla trovata a letto con il tuo ex, per me era finita » 
« George? »,  mi faceva ridere pensare che l’unico punto in comune che avessimo fosse un mio ex fidanzato. 
« Si » 
« In tribunale ti ha detto che ti avrebbe rovinato come tu hai fatto con lei. Cosa intendeva? » 
« Non lo so, dopo George provai a perdonarla ma non ci riuscii e chiesi il divorzio » 
« E a Washington non c’erano avvocati divorzisti? », domandai perché ancora non mi spiegavo la scelta di Isabella Stewart.
« Mia sorella Elizabeth vive a Jersey City e mi ha consigliato di rivolgermi alla Stewart, quando le ho detto che Julien non mi concedeva il divorzio », spiegò.
« Il nome della Stewart era presente nei disegni. Lui sapeva che un agente sarebbe stato arrestato »
« Qualcuno mi vuole incastrare, ma non può essere la mia ex moglie » 
« E se lei stesse facendo il gioco di qualcun altro? », ipotizzai, ma Edward scosse violentemente  la testa, « Andiamo Bella lei è solo una commessa di una boutique di lusso non è una mente criminale ».
« Edward sveglia! Non ti ha insegnato nulla il nostro lavoro? », lo ripresi, perché mi sembrava avesse il prosciutto negli occhi.
« Siamo stati sposati per tre anni, l’ho amata e ti giuro che non le ho mai fatto male » 
« L’hai lasciata » 
« Mi ha tradito » 
« Non importa, l’hai lasciata e lei non l’ha mai accettato », Edward per lei era un buon partito, per questo faticava a lasciarlo andare, nonostante fosse in torto.
« Lei non mi farebbe mai questo » 
« Comincia a prendere in considerazione l’idea che potrebbe averlo fatto » 
« E allora perché minacciarmi con i disegni? » 
« Non lo so », Edward abbassò la testa sulle ginocchia, era stanco ed avevo la sensazione che se anche avessimo parlato per tutta la notte non saremmo arrivati a nessuna conclusione.
« Vieni in camera mia e fatti una doccia », gli dissi prendendolo per mano, attraversammo il corridoio, « Entra pure, nel mobile sotto il lavandino trovi un asciugamano pulito », mi sorrise ed entrò nel bagno della mia camera da letto. Nella mia cabina armadio trovai una vecchia maglietta di papà dell’FBI, altro non avevo da dargli visto che casa sua era stata chiusa dalla polizia e lui non poteva entrarci. 
Nel corridoio appena fuori dalla mia camera c’era un armadio a specchio, dove avevo visto Edward irrigidirsi all’arrivo delle pizze, ora ne capivo il perché, aveva timore di trovare altri biglietti. Aprii l’armadio e presi un cuscino, un lenzuolo e una coperta per Edward. Il mio appartamento aveva solo due camere da letto, perciò Edward avrebbe dormito sul divano. Tornai in camera e decisi di mettermi il pigiama, visto che sentivo ancora l’acqua della doccia, Edward uscì poco dopo, aveva solo l’asciugamano attorno alla vita, era bello da rimanere lì per ore ad osservarlo.
« Ho solo una maglietta da darti », dissi distogliendo lo sguardo da lui
« Mi hanno dato un cambio questa mattina in carcere, per questa notte andrà bene così, ma la maglietta dell’FBI la accetto molto volentieri », rispose tornando in bagno.
« Posso? », domandai bussando, Edward aprì la porta del bagno, si era messo la maglietta di mio padre e i boxer bianchi che gli avevano dato in carcere.
« Tieni questo è per te », dissi passandogli uno spazzolino nuovo, ci lavammo i denti assieme, dall’esterno sembravamo una coppia che si prepara per la notte, ma la realtà ci vedeva protagonisti di uno spettacolo di burattini. Chi stava tirando i fili?
« Buona notte », mi lasciò un bacio sulla guancia ed andò in salotto, mi misi immediatamente sotto le coperte, avevo freddo, ero stanca, provai a chiudere gli occhi per rilassarmi e lasciare andare via tutto lo stress di quella lunga giornata. Fu impossibile, dopo un un’ora decisi di alzarmi ed andare in cucina a bere qualcosa, forse una camomilla.
Edward era sdraiato sul divano, un braccio dietro la testa e gli occhi spalancanti puntati al soffitto, « Ho pagato quel divano sei mila dollari, è bellissimo ma è la cosa più scomoda su cui dormire », dissi avvicinandomi a lui, non sapevo cosa stessi facendo, ma decisi di seguire l’istinto, lasciando da parte la razionalità.
« Non dormi? », domandò sedendosi, scossi la testa e lo presi per mano, in silenzio lo portai fino in camera mia, appena sentii la porta chiudersi alle sue spalle mi voltai, le sue labbra furono immediatamente sulle mie, mi appoggiò alla porta della mia cabina armadio e quando la mia lingua cominciò a darsi battaglia con la sua capii che la razionalità mi aveva abbandonato nell’esatto istante in cui era entrato nella mia vita.
Le sue mani lasciarono il mio viso per addentrarsi sul mio corpo, sollevò la mia canotta, che usavo come pigiama, ma si bloccò a metà, così come le sue labbra sul mio collo.
« Sono mesi che ti desidero », disse tornando sulle mie labbra, « ma se non riuscissi a dimostrare la mia innocenza », mi lasciò un altro bacio, io mi strinsi ancora più a lui, « Non voglio che questa sia la mia ultima volta con te», pensai di sentirmi offesa da un suo rifiuto, ma percepivo che non era così, « Bella.. », chiusi gli occhi e appoggiai la mia fronte sulla sua.
« Allora farò di tutto per tirarti fuori », lo baciai e lo ripresi per mano, « Non scherzavo sul divano prima, dormi con me », mi sorrise dandomi un altro bacio.
« Ho bisogno del bagno prima », disse lasciandomi sul letto con il desiderio del suo corpo sul mio ancora alto. Tornò cinque minuti dopo e si sdraiò accanto a me, con invito silenzioso mi trascinò sul suo petto, « Andrà tutto bene », sussurrò sui miei capelli, « e ti toglierò quella maglietta, bacerò ogni angolo del tuo corpo », sorrisi lascando un pizzicotto sul suo fianco, così di certo non mi aiutava.
Sollevò il mio viso e le nostre labbra si toccarono in un bacio dolce, « Buonanotte », mi strinsi di più al suo corpo e mi addormentai. 

9 marzo 2019 
Erano giorni che a New York pioveva, ma quella mattina dalle ampie vetrate della mia camera da letto entravano ampi e luminosi raggi di sole. Avrei voluto fermarmi li, tra le sue braccia per sempre, dove ogni cosa sembrava perfetta, dove nessuno era accusato di omicidio, dove TAS era solo l’acronimo di qualche stupido gioco. Ma non era così, ed era meglio alzarsi e fare qualcosa.
Mi alzai, erano le sette del mattino e alle otto mi attendevano in sede, ma non feci in tempo a sedermi sul letto che mi sentii trascinare giù, finii sul petto di Edward e poco dopo le sue labbra furono sulle mie, mi fece salire a cavalcioni su di lui e se Chloe non fosse entrata in camera in quel momento avremmo probabilmente continuano quanto interrotto la sera precedente. 
« Ohh..scusate io.. non ti trovavo di la. Scusate.. ciao », Chloe chiuse la porta alle sue spalle ed io nascosi la faccia nell’incavo del collo di Edward, entrambi eravamo scassi dalle risate e dall’imbarazzo.
« Buongiorno », disse divertito sulle mie labbra, ma io non lo ero un granché avevo detto a Chloe che non c’era nulla tra di noi e la mattina dopo mi aveva trovato a cavalcioni su suo padre.
« Buongiorno.. un cazzo ho appena fatto una figura di merda con tua figlia », dissi cercando di scendere dalle sue gambe, ma me lo impedì.
Mi baciò, « Non ti preoccupare, andiamo a fare colazione prima che ti blocchi qui e faccia saltare tutti i miei buoni proposti », disse dandomi la possibilità di scendere.
« Comunque possibilmente una bambina »
« Come? », domandai guardando Chloe, eravamo sull’ascensore del centro dell’FBI, non avevo ancora il coraggio d guardarla in faccia, ero troppo imbarazzata.
« Chloe non mettere in imbarazzo Bella », intervenne Edward, il giudice gli permetteva di venire al lavoro ma gli erano stati confiscati pistola e distintivo.
« Perché ci siamo fermati qui? », domandò Edward mentre uscivamo dall’ascensore, eravamo nel piano delle safe house, « Ora capirai », dissi aprendo le porte con il mio pass.
Alice e Emmett mi aspettavano nella safe house di Jasper, accolsero Edward con un abbraccio, erano felici di rivederlo, « Chloe lui è Jasper.. », dissi.
« Un criminale da cui devi stare lontana », continuò Edward, era super protettivo nei confronti di sua figlia.
« Quindi il vostro è stato un matrimonio riparatore perché l’hai messa incinta? » 
« Vuoi tornare a.. », minacciai Jasper, che si scusò abbassando le mani sul tavolo, « Voi due mi dovete delle spiegazioni », disse Chloe curiosando con lo sguardo, la stanza di JW era un vero disastro, eppure le mail che aveva decodificato erano ben nascoste.
« Novità? »
« Nessuna per il momento », mi rispose Alice.
« Porta JW nel tuo laboratorio ho bisogno di un favore e Emmett va alla polizia ed informati su chi ha fatto l’autopsia a Jason Pike e sul referto. Quello che mi ha fornito Black mi sembra incompleto », dissi dando i primi ordini della giornata, Emmett ci salutò ed uscii.
Edward e Chloe seguirono Alice in laboratorio, io dovevo mettermi nei panni del direttore per un po’.
« Buongiorno Direttore »
« Kate, buongiorno abbiamo novità sul caso Sanchez? », era uno dei tanti casi che stavamo seguendo che non implicava i disegni, e che io amavo.   
« Fernando Sanchez ha varcato il confine tra Colombia e Venezuela, la nostra fonte sostiene che si imbarcherà su una nave cargo a Coro entro le sei di questa sera », mi rispose dandomi le stampe della telefonata che aveva avuto con la fonte.
« New York è sempre l’obiettivo? »
« Si » 
« Ottimo.. avvisa la guardia costiera e il porto, domani saremo noi a dargli il benvenuto », dissi firmando il modulo per la richiesta nel mio ufficio, conclusi un paio di cose burocratiche, feci una piccola riunione con le nuove matricole e con il caffè delle dieci raggiunsi gli altri.
Alice aveva liberato il laboratorio mandano i suoi sottoposti ad aggiornare il sistema di sicurezza di ogni computer presente nell’edificio.
Chloe era seduta alla scrivania di Alice, aveva le cuffie ed ascoltava la sua lezione di letteratura online.
« Alice devi riuscire ad accedere alla cassaforte di Edward da remoto e capire a che ora è stata aperta e chiusa il cinque marzo », dissi dando avvio alle mie indagini. Edward mi aveva detto che era stato minacciato a causa dei disegni, ed essendo questi parte di un indagine FBI, mi portava, come Direttore dell’FBI, a dover indagare. 
« Bella lo sai che lo farei d occhi chiusi, ma metterei Edward nei guai »
« Jason Pike e l’altro uomo sapevano dei disegni », notai lo stupore sul viso di Alice, « è mio compito capire come », conclusi, lei era felice, aveva capito.
Le porte del laboratorio di Alice si aprirono ed entrò Seth, Alice cambiò talmente velocemente le schermate dei suo computer che mi lasciò senza parole.
« Direttore, una certa Monica Clark ha portato questa busta per lei, la sicurezza l’ha passata allo scanner.. niente bombe »
« Grazie.. puoi tornare al tuo lavoro », dissi, Seth uscì ed io presi il contenuto della busta, sorrisi.
« Che cos’è? », domandò Alice.
« Edward firma qui », dissi passandogli il fascicolo con cui l’avvocato Stewart sottoscriveva e firmava la dichiarazione di Edward sulle minacce ricevute quella sera. 
« Tu sei un fottuto genio, Bella. Con questa dichiarazione tu puoi indagare e nessuno può dirti nulla », annuii alle parole di Edward che preso dall’entusiasmo mi lasciò un bacio a stampo davanti ad Alice e Chloe, ma soprattutto davanti a JW, « Chloe poi tu mi spieghi come sei venuta al mondo ».
« Stai lontano da mia figlia », lo minacciò Edward.
« Alice procedi pure », la mia migliore amica mi fece l’occhiolino e con velocità disarmante entrò nel sistema della cassaforte di Edward. Un minuto dopo la prova che la pistola fosse rimasta lì dentro per tutta la notte, era tra le mie mani.
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Buonasera fanciulle, come state?
Grazie mille per il sostegno, non vedo l’ora di rispondere alle vostre recensioni.
Un bacio 💖 
Spero continui a piacervi.
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Capitolo 13
*** 1 Police Plaza Path - Manhattan NY ***


Dove eravamo rimasi..
Edward racconta a Bella quello che è successo la notte dell’omicidio, delle minacce sui disegni e sua figlia. Collegandosi ai disegni Bella fa partire le indagini dell’FBI e in laboratorio Alice scopre che la pistola di Edward non ha mai lasciato la sua cassaforte. 

 
CAPITOLO 13
1 POLICE PLAZA PATH
MANHATTAN -NY

I fogli che avevo tra le mani mostravano le immagini della telecamera interna della cassaforte di Edward, che era era stata aperta alle otto di sera del cinque marzo e riaperta alle sette e trenta del mattino successivo. Nessuno aveva preso l’arma per undici ore e mezza, quindi era impossibile che Jason Pike fosse stato ucciso da essa. 
« Perché la scientifica non ha controllato la cassaforte? », si domandò Alice, tornando sul suo computer.
« Perché questo avrebbe portato immediatamente alla sua innocenza e non lo avrebbero arrestato », risposi.
« Pensi che la polizia stia cercando di incastrare Edward? » 
« No.. penso che qualcuno stia portando la polizia a credere che lui sia colpevole, come se ci fosse qualcuno che tira i fili »
« Chi può essere? », mi chiese Edward, era stanco, e nonostante avesse dormito per tutta la notte il suo volto era segnato da profonde occhiaie. 
« L’uomo che ti ha minacciato con Jason Pike o la tua ex moglie », sapevo che Edward non prendeva nemmeno in considerazione l’idea che Julien fosse immischiata in quell’affare, per questo mi sorpresi alle sue parole, « Alice, per piacere.. indaga su Julien Morgan, è nata a Memphis il trenta ottobre 1989 ».
« Subito »
Edward mi prese una mano e la stringe forte, Alice si voltò verso di noi, scuoteva la testa, il mio vice si allontanò, « Non c’è nessuna Julien Morgan nata a Memphis in quell’anno », sembrò calare il gelo dopo quelle parole.
« Come? », Edward si avvicinò ai computer.
« Non esiste Edward, non a Memphis », specificò Alice, Julien Morgan non esisteva.
« Introduci i dati che ti ha dato Edward nel database dei disegni », dissi mettendomi davanti alla galleria di schermi, Alice si mise immediatamente davanti ad una delle sue tastiere. 
« Guardate in D1 c’è un albero con trenta rami e dieci radici », corrispondevano alla data di nascita di Julien, « per questo si è illuminato e se lo inserisco in un motore di ricerca per immagini.. », Alice digitava sula sua tastiera con frenesia, « Assomiglia al 90% a questo logo.. che è lo stemma della città di Forest Hills, contea di Davidson, Tennessee », non era la prima volta che sentivo quel nome, mi dovevo solo sforzare di ricordare. Finché l’’immagine dell’ex direttore non comparve tra i miei pensieri, « James è nato a Forest Hills.. credo ».
« Controllo subito », Alice andò a recuperare la cartella di James nell’archivio digitale, confermando le mie parole.

        Nome:         James Alan 
Cognome:        Cooper
Data di nascita:    23 novembre 1975    
        Luogo di Nascita:    Forest Hills (Tennessee)
        Istruzione:        Martin Luther King High School, Nashville - 1993
                    The Tennessee Law Enforcement Academy – 1994
                    University of Tennessee – legge 2000
                    Marine Corps Base Quantico – FBI Academy 2001

« Prova a cercare Julien Morgan a Forest Hill », disse Edward.
« C’è una Julien C. Morgan nata il trenta ottobre 1989 da Hannah Morgan, il padre è ignoto », disse Alice mostrando le immagini di una bambina di quattro o cinque anni. 
« È lei.. sua madre si chiama Hannah », riconobbe la foto di quella bambina, si sedette prendendosi la testa tra le mani, era devastato. Chloe tolse le cuffie, le feci cenno che andava tutto bene, anche se andava tutto male.
« Edward », mi avvicinai.
« Chi ho sposato? »
« Edward...  tu non centri nulla », mi inginocchia davanti a lui, tolsi le sue mani dai capelli e le intrecciai con le mie. Edward Cullen aveva fatto cadere ogni muro, ogni difesa che nei anni avevo costruito attorno a me.
« Sono un agente dell’FBI Bella e fino a due minuti fa ero convinto che la mia ex moglie fosse nata a Memphis », fissava un punto fisso alle mie spalle, era perso nei suoi pensieri.
« Chiudi tutto Alice.. con le immagini della cassaforte abbiamo la prova che non è stata utilizzata l’arma di Edward. Ci resta solo da capire come quei proiettili siano finiti nel torace di Pike », dissi sciogliendo l’intreccio di mani con Edward.
« Il poligono », l’aveva sussurrato, non ero nemmeno sicura di averlo realmente sentito. 
« Come? », domandai voltandomi verso di lui.
« Quel giorno ho tirato al poligono ed ho utilizzato la mia arma di servizio perché Ryan stava pulendo quelle da tiro », disse e nelle sue parole notai una punta di speranza ed ero sicura che la stessa cosa si potesse leggere anche nei miei occhi, visto che solo una mia firma autorizzava Ryan a far utilizzare l’arma di servizio all’interno del poligono. 
« Buongiorno Ryan », dissi appoggiandomi al bancone.
« Direttore.. che sorpresa », rispose sorpreso, mettendo via l’arma che stava pulendo, « Vuole fare due tiri? ».
« No.. sai Alice ti cercava », dissi tamburellando con le dita sul vetro del bancone, avevo della sua cotta per Alice.
« Alice? », chiese speranzoso, annuii amicando. 
« E ha mandato lei a chiamarmi? », chiese giustamente.
« Pensi che Alice ti aspetti per tutto il giorno? » 
« Certo.. cioè no. Vado. Direttore », Ryan uscì dal poligono alla velocità della luce, mi misi dietro la sua postazione e raggiunsi immediatamente il suo computer, « Alice, la password ».
« Dammi un secondo.. fatto! », non avevo nemmeno fatto in tempo a pensare al secondo, quella ragazza era un fenomeno. 
In pochi click riuscii ad arrivare ai registri, dove venivano segnati coloro che tiravano al poligono, l’arma usata, i colpi e i cartelli colpiti.
Sorrisi non appena lessi il nome del mio vice:

Agente speciale Edward Cullen, 5 marzo 2019, ore 2:52 pm, postazione 4, colpi 16, cartelli colpiti 3.

Stampai quelle informazioni, entrai nel retro del poligono dove venivano conservati i cartelli colpiti, cercai tra quelli del cinque marzo, ma di Edward Cullen non c’era l’ombra, i suoi cartelli erano spariti, ma il suo nome era li, quindi qualcuno gli aveva fatti sparire.
Usando la mia pass key aprii la cassaforte dove venivano conservati i bossoli utilizzati da chi sparava, trovai quelli di Edward del cinque marzo, erano conservati in una bustina di plastica, gli presi e gli nascosi nella tasca della mia giacca.
Riuscii ad uscire in tempo dal magazzino, Ryan entrò al poligono due secondi dopo, era rosso in viso, Alice aveva sicuramente flirtato un po’ con lui.
« Ryan quando è stata l’ultima volta che hai pulito tutte le armi? », domandai.
« Il cinque marzo come da sua richiesta », Ryan confermò uno dei miei dubbi, l’ultima mia autorizzazione risaliva al 23 febbraio.
« Oh giusto.. ti dispiacerebbe farmi una copia delle mie autorizzazioni? Ho avuto un bug al computer oggi e le ho perse », dissi cercando  di essere convincente.
« Nessun problema.. mi dia un attimo », disse mettendosi al computer.
« Grazie Ryan », presi la cartella ed uscii dal poligono. In ascensore presi l’autorizzazione ed ero più che convinta di non averla firmata io.
« Alice controlla i filmati del poligono del 5 marzo dalle 2:30 del pomeriggio »
« Subito », nei filmati di sorveglianza non appariva mai Edward, eppure nei registri era segnato, « Qualcuno ha manomesso i video.. non sono quelli originali. Chiunque tu sia non mi freghi », Alice era frenetica nei sui movimenti, « Pensavi di fregarmi, vero? I filmati del 5 marzo sono quelli del 5 marzo 2018 », disse mostrandoci i filmati su un altro schermo.
« Hanno cancellato quelli che dimostravano che ero li », disse Edward sconfortato.
« Ma non hanno pensato ai registri », mostrai i figli che avevo stampato dal computer di Ryan, « e nemmeno a riprendersi queste », tirai dalla giacca la bustina con i bossoli, Alice le prese immediatamente, « Le analizzo ».
« Quanti colpi hai sparato? »
« Una ventina, circa » 
« Qui ce ne sono sedici e il medico legale ne ha trovati due », disse Alice rovesciandoli su un tavolo del laboratorio.
« Credo che le cose siano andate così, qualcuno si è intrufolato al poligono ha preso due proiettili di quelli che tu hai sparato, ha ucciso Jason Pike e sostituito i proiettili nel laboratorio legale », mi sembrava assurda la mia teoria. 
« Quale mente diabolica potrebbe aver escogitato tutto questo? »
« Non lo so Edward » 
Le porte del laboratorio di Alice si aprirono, entrò Emmett, sembrava teso, tra le mani stringeva una cartella del reparto di medicina legale della NYPD.
« Ho quello che mi hai chiesto »
« Tutto bene? »
« Il testimone che ha visto Edward andare via senza aver sparato è stato trovato morto alle prime luci dell’alba. La polizia ha già chiuso il caso », disse passandomi la cartella.
« Sano chi è stato? »,  Emmett scosse la testa, « Suicidio », come poteva la polizia di New York chiudere il caso della morte di un testimone per omicidio come suicidio, in così poche ore?
« Farò riaprire le indagini.. sono più che sicura che non sia morto per mano sua »
« Potremmo condurle noi.. leghiamole in qualche modo ai disegni », disse Alice, annuii alla sua proposta perché era l’unica strada veloce che in quel momento potevamo seguire. Non so dopo quanto notai il mio cognome sull’etichetta della cartella che mi aveva passato Emmett, Leah Swan, mia sorella aveva svolto l’autopsia.
Mi sedetti alla scrivania di Alice e aprii la cartelletta, Jason Pike era morto tra le 10:20 e le 10:30, a causa di due colpi d’arma da fuoco che avevano attraversato il cuore e raggiunto la schiena.
I due proiettili erano stati rinvenuti ad una profondità di 5mm. Era, quindi, plausibile l’ipotesi che l’assassino avesse stratto i suoi proiettili per sostituirli con quelli di Edward. 5 mm non erano tanti e una mano ferma ed esperta avrebbe  potuto farlo in pochi minuti. 
I proiettili rinvenuti erano EC456 – EC457, i proiettili che avevo preso al poligono erano sedici, Edward ricordava di averne sparato un ventina. Presumibilmente mancavano quattro bossoli.
« Io devo uscire », dissi alzandomi, mi guardarono tutti, « Mia sorella ha condotto l’autopsia, se lo scambio è avvenuto nel suo laboratorio io lo devo sapere ». 
« Bella dovrei parlarti »
« Dimmi »
« In privato », Emmett uscii dal laboratorio, lo seguii, « Cosa c’è? », dissi mentre si chiedevano le porte alle mie spalle.
« Perché sei così convinta che Edward sia innocente? », disse mettendosi davanti a me.
« Che stai dicendo? »
« Tutto questo è cominciato da quando lui è qui! Ti sei mai chiesta perché il tuo nome era accanto al suo? », non riconoscevo la persona davanti a me.
« Potresti fare la stessa domanda a lui! » 
« Dico solo che tutto questo è strano » 
« Questo cosa? »
« I vostri nomi, le vostre foto, la tua nomina, la sua nomina. È sospetto, nessuno diventa direttore di un ufficio federale prima dei quarant’anni », il mio migliore agente diffidava di me, anche se non voleva dirmelo era così.
« Emmett dove vuoi arrivare? »
« Da nessuna parte.. mi ha solo colpito la facilità con cui gli hai creduto », Emmett non mi guardava, stava mentendo ed io non tolleravo più nessuna bugia.
« Sono un po’ di giorni che ti osservo », anche durane la cena a casa sua era strano, « Coraggio.. dillo », lo guardai dritto negli occhi, ero trasparente, non avevo nulla da nascondere. 
« Il Dipartimento di Giustizia », sorrisi, avevo già capito, « Mi ha chiesto di indagare », disse con un’arroganza nella voce, che non era tipica del suo carattere. 
« Indagare su cosa? »
« Corruzione nell’FBI »
« Tu.. tu pensi che io abbia corrotto qualcuno per dirigere questo maledetto ufficio? », chi avevo davanti? 
« Non ho prove contrarie.. Swan so solo che sei la figlia del capo e che tra decine di agenti ben più preparati, hanno scelto te! Scavalchi l’autorità della polizia per dimostrare che il tuo amante non è un assassino! » 
« Emmett non ti permettere! »
« Altrimenti cosa? », urlò furioso.
« Hanno minacciato anche te? », a quel punto ne ero convinta, avevan minacciato i suoi figli come va erano fatto con Edward. 
« No.. nessuno mi ha minacciato.. sto solo indagando », disse allentandosi di pochi passi.
« Se avevi dei dubbi, perché non sei venuto da me? Ti avrei chiarito ogni cosa », ero tranquilla, ma potevo ben percepire tutta la delusione nei confronti di Emmett, che stavo provando in quel momento.
« Come pensi sarebbe andata? Con me e te che ci facevamo due risate? », disse sarcastico.
« Come pensi di continuare a restare in questo team se non ti fidi di me? », ero seria, non lo volevo nella squadra in quel modo.
« Non ho detto questo »
« Lo hai pensato », dissi superando, non aveva più senso quella discussione, lui non s fidava, indagava sulla sua squadra e questo portava me a non fidarmi di lui. 
Mia sorella Leah era un medico legale della NYPD, era brava nel suo lavoro, non sbagliava mai, possibile che le fosse sfuggita una cosa del genere? 
« Posso chiederti se sai qualcosa su Jason Pike? », le domandai entrando nel suo laboratorio, era pieno di matricole, probabilmente stava facendo lezione.
« Buongiorno anche a te sorella »
« Scusate »
« Nullità vi presento Isabella Marie Swan, mia sorella, nonché Direttore dell’ufficio dell’FBI di New York, quindi dove lei cammina, voi poi baciate la terra », disse alle matricole che annuirono spaventate. Mia sorella non si smentiva mai.
« Posso fare una domanda alle tue nullità? »
« Certo » 
« Chi ha affiancato mia sorella con questa autopsia? », dissi mostrando le foto del cadavere di Jason Pike. Non vidi nessuna faccia inorridire, erano abituati. La mano di un giovane biondo si levò per aria.
« L’FBI ritiene che ci sa stata una contaminazione delle prove.. quindi ti chiederei Leah, assieme alla tua nullità di seguirmi », forse Emmett aveva ragione, abusavo del mio potere.
« Bella » 
« I proiettili di un’arma da fuoco rimasta chiusa in una cassaforte per tutta la notte sono stati ritrovati nel corpo di Jason Pike, qualcuno di voi mi deve spiegare come! », dissi facendo cadere il gelo, anche tra me e mia sorella.
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Buona sera fanciulle, scusate il ritardo di due giorni ma il ritorno al lavoro mi ha assorbito più del previsto.. ma eccomi qui. Spero vi piaccia. 
Un bacio
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Capitolo 14
*** 1292 Washington Ave Bronx- NY ***


A Giulia..


Dove eravamo rimasi..
Alice riesce ad accedere alla telecamera interna della cassaforte di Edward e recupera le prove della sua innocenza. Edward ricorda di aver tirato al poligono quel giorno e Bella riesce a recuperare i bossoli, constatando che ne mancano due. Inoltre, Alice, scopre che i filmati delle telecamere sono stati sostituiti con quelli dell’anno precedente. 
Emmett porta la cartella dell’autopsia di Jason Pike e Bella scopre che ad effettuarla è stata sua sorella Leah.

 
CAPITOLO 14
1292 WASHINGTON AVE
BRONX - NY
9 marzo 2019
Mia sorella mi fissava seria, avevo chiesto a lei e alla sua matricola di seguirmi nel mi ufficio, non ero a mio agio, non sapevo cosa pensare, perché mille domande si stavano facendo strada in me in quei minuiti.
Era stata Leah? Conosceva Jason Pike? Conosceva la moglie di Edward? E il suo assistente?
« Bella non è normale tutto questo », disse guardandomi con i suoi profondi occhi chiari.
« No Leah hai ragione.. non è normale »  
« È un interrogatorio? Perché se lo fosse sarebbe illegale visto che non c’è un avvocato », mia sorella era spazientita.
« No, non lo è. Siamo nel mio ufficio non nella sala interrogatori », dissi semplicemente.
« Bene, perché siamo qui? »
« Tu hai eseguito l’autopsia di Jason Pike, giusto? », domandai cercando di creare un rapporto professionale tra me e mia sorella. 
« Si » 
« E il qui presente Trevor Rich ti ha assistito », affermai guardando il giovane biondo che annuì
« Dove vuoi arrivare? »
« L’autopsia ha rilevato che Jason Pike è morto a causa di due colpi d’arma da fuoco che hanno attraversato il cuore e raggiunto la schiena », dissi dando un’occhiata alla cartella che avevo tra le mani.
« Esattamente, Jason Pike è morto sul colpo »
« Però c’è qualcosa che non coincide con le indagini dell’FBI », dissi prendendo la cartelletta delle prove che aveva raccolto Alice. 
« Spiegati » 
« Nella tua relazione parli di due bossoli con codice identificativo EC456 e EC457, appartenenti secondi le indagini della NYPD all’agente speciale Edward Anthony Cullen », dissi guardando mia sorella negli occhi. Le mostravo una faccia tranquilla, mentre dentro di me esplodeva l’inferno.
« Precisamente »
« Ed è esattamente in questo punto che FBI e NYPD si scontrano » 
« In che senso? »
« L’arma dell’agente Cullen non è mai uscita dalla cassaforte quella notte.. quindi non può essere stato lui a sparare, se poi aggiungiamo la testimonianza.. », stavo varcando, senza nemmeno accorgermene il confine tra il lecito e l’illecito. 
« Bella ferma! Io non sono ne il procuratore, ne l’accusa, tanto meno il giudice! Non le devi dire a me queste cose! »
« Allora mi devi spiegare come queste due pallottole siano state trovate nel corpo di Jason Pike, quando l’arma che le ha sparate era chiusa in una cassaforte? »
« Questo si è appena trasformato in un interrogatorio e visto che ti voglio bene e che non ti voglio mettere nei guai, perché sai che ci finiresti se continuassi »
« Leah.. »
« Ora io e questa nullità ce ne andiamo e ci dimenticheremo di essere stati qui »
« Leah chiederò al giudice di indagare sul reparto di medicina legale della NYPD », la informai prima che uscisse dalla mia porta, « Non è una cosa personale », volevo bene a mia sorella e sapevo che avrebbe capito.
« Lo so », disse con un timido sorriso prima di chiudersi la porta del mio ufficio alle spalle. 
La mensa dell’FBI era piena di agenti e federali, non appena mi notarono si fermarono tutti a guardarmi, non mi facevo vedere spesso da quelle parti, ma la verità era che quel clima mi mancava. Mi mancava l’essere libera da ogni responsabilità, mi mancava l’adrenalina di andare in missione, anche se da direttore ci andavo, non era lo stesso, avevo sulle spalle le loro vite e questo toglieva tutto il divertimento. 
Mi mancava la spensieratezza di quei attimi, « Buongiorno Direttore ».
« Newton »
« Nel pomeriggio le porto il rapporto.. », lo fermai con un gesto della mano, non volevo che ne parlasse in pubblico.
« Ok », dissi sbrigativa, tra di loro c’era qualcuno che stava facendo il doppio gioco, ma chi? Se ne stavano li seduti a mangiare e discutere di chissà che cosa, ed uno di loro, o forse più di uno in quell’esatto momento stava ridendo di me.
McCartney entrò dalla porta della mensa, ora che sapevo, riuscivo a dare un nome a quelle profonde occhiaie e di certo non era colpa di gemelli. Il Dipartimento di Giustizia gli aveva commissionato un’indagine interna, qualcuno voleva il mio posto, non avevano ancora capito che l’avrei ceduto più che volentieri.
« Qualsiasi cosa tu stia facendo. Pensa soltanto se riesci a dormire la notte », dissi ad Emmett quando me lo ritrovai davanti, mi guardò ed abbassò lo sguardo, non potevo avercela con lui. 
Lo superai ed uscii dalla mensa, mi era passata la fame.
L’avvocato Isabella Stewart uscì dalle porte dell’ascensore, indossava un elegante tubino color carta da zucchero, tacchi alti ed aveva una camminata decisa. Mi ero informata su di lei, era una macchina da guerra, laureata ad Oxford, sposata con un chirurgo, madre di un bambino di due anni e mezzo e socio dirigente della Oxford & Low. Non aveva mai perso una causa e molti avvocati si erano ritirai quando scoprivano che c’era lei dall’altra parte. 
« Direttore »
« Avvocato », la salutai facendole strada verso il mio ufficio, dove Edward ci stava aspettando.
« So che abbiamo delle importati novità », disse sedendosi nella poltrona davanti alla mia.  
« Il testimone che ha visto l’agente Cullen lasciare il parco prima dei colpi d’arma da fuoco è stato trovato morto questa mattina, la polizia ha chiuso il caso come suicidio, ma intendo farlo riaprire », dissi sedendomi sulla mia poltrona. 
« La sua testimonianza era fondamentale », disse Edward.
« Ha testimoniato sotto giuramento durante l’udienza per il tuo rilascio.. quindi anche se è morto la sua testimonianza vale ancora »
« Almeno questo » 
« So che è cinico ma potremmo utilizzare a nostro favore la morte di Arnold Hill, visto che è un testimone a tuo favore »
« Molto bene.. questo è tutto quello che il nostro informatico è riuscito ad ottenere, visto che ho autorizzato un’indagine dell’FBI, come le ho detto questa mattina al telefono », dissi mostrando le immagini ricavate da Alice, e i documenti con cui avevo avviato l’indagine.
Isabella Stewart prese i fogli e gli studiò per alcuni minuti, « Gli abbiamo in pugno », disse soddisfatta. « Chiederò al giudice di anticipare il processo.. più tempo passa e più è probabile che insabbino le prove a tuo favore »
« Inoltre, dovrai riferire al giudice quello che mi hai detto ieri sera »
« È fondamentale che tu ne parli », mi appoggiò l’avvocato, Edward annuii, ma comunque non era soddisfatto, « Se non sono stato io, chi ha ucciso Jason Pike? », domandò puntando i suoi occhi chiari su di me.
« È un’indagine della NYPD. Non mi interessa chi ha ucciso Jason Pike.. voglio solo che tu ne esca pulito » 
« Capire chi ha ucciso Pike ci porta a colui che vuole fermare l’indagine sui disegni »
« Hai ragione.. scusa » 
« A piccoli passi.. prima togliamo le accuse a carico di Edward », disse rassicurante l’avvocato, « Poi procediamo con il resto.. ora se non vi dispiace io dovrei tonare nel mio studio », la salutammo entrambi, mentre prendeva il fascicolo con le nuove prove ed usciva. 
Sbuffai tornando a sedermi alla mia scrivania, troppi pensieri offuscavano la mia testa e mi sembrava di scoppiare. Il mio team cadeva a pezzi, l’unico testimone di Edward si era tolto la vita e i disegni rimanevano fermi, come se anche loro capissero che c’era qualcosa o meglio qualcuno che tentava di bloccarli. L’autopsia eseguita da Leah, il mio tentativo di peggiorare la situazione cercando di ricavare informazioni a due civili. Le prove mancati era troppo.
Stavo impazzendo.
« Tutto bene? » 
« Si », sbuffai alzandomi per riempire una tazza di caffè, l’ennesima di quella lunga giornata, Edward  si mise dietro di me, lo notai nel riflesso del vetro davanti a me, « Bella », mi lasciò un delicato bacio alla base del collo, « Mi dispiace.. è tutta colpa mia ».
Mi voltai verso di lui, era visibilmente stanco, non era facile la sua situazione, « Ho una riunione », dissi fredda e nemmeno io ne capivo il perché. Lo lasciai solo nel mio ufficio e mi avviai verso la sala conferenze, dove Alice, Emmett, Newton, Kate e tutti gli altri agenti speciali mi stavano aspettando. Per due ore mi dimenticai di Edward, dell’accusa di omicidio, dei disegni e di tutti i misteri che circondavano la mia vita, finché Newton non pensò bene di ricordarmelo, « Ho visto Cullen », lo fulminai.
« Agente speciale Cullen », lo corressi, « È innocente e se c’è qualcuno qui che sta cercando di far credere il contrario, deve sapere che lo troverò e distruggerò personalmente », dissi guardando ognuno di loro, « Potete andare ». 
Chloe aveva insistito per mangiare giapponese quella sera, Edward l’aveva accontentata, per questo ci trovavamo a mangiare seduti sul tappeto davanti ad un film di Netflix. Sembrava tuto così tranquillo.
« Vado io », disse Edward quando udimmo il campanello suonare.
« Cosa è successo con papà? », mi chiese Chloe prendendo l’ultima porzione di pesce.
« Nulla tesoro »
« Non vi siete parlati molto da quando siamo tornati a casa », era così matura per i suoi anni, si era accorta di tutto, anche prima di me. Mi sentivo persa, come se non potessi più credere a nulla e a nessuno.
« Alice! Che ci fai qui? », domandai vedendo la mia amica entrare nella mia sala seguita da Edward.
« Qualcuno sta cercando di entrare nei computer dell’FBI »
« Come? »
« Non c’è riuscito, ma ho delle cose da mostravi e non mi fidavo di farlo nel mio laboratorio », disse sedendosi e mettendo il suo portatile sul tavolo in cristallo. Alice aprì il suo computer e lo collegò via chromcast alla mia smartTV.
« Quando ti hanno nominata nuovo direttore ho potenziato il livello di sicurezza della struttura e, senza la tua autorizzazione, ho creato un secondo circuito di video sorveglianza »
« Tu cosa? »
« Lo so che avrei dovuto chiederti il permesso.. ma »
« Va bene Alice, continua »
« Il secondo circuito di video sorveglianza utilizza a random una sola telecamera presente nell’ambiente », cominciò a spiegare, ma a dire il vero mi ero già persa.
« Utilizzando lo stesso circuito delle telecamere principali, utilizzare tutte le camere contemporaneamente farebbe saltare il sistema, ma facendone funzionare solo una alla volta questo si evita », tre agenti speciali si voltarono verso un’adolescente che ne sapeva più di me e, sicuramente, suo padre. 
« Non mi guardate così.. sono figlia di un agente dell’FBI », Edward sorrise e le diede un bacio sulla tempia. 
« Chloe ha ragione.. questo sistema essendo una specie di parassita per vivere passa da una telecamera all’altra, questo mi porta ad avere un unico filmato che cambia punto di vista ogni due minuti »
« E questo chi ha modificato i video del 5 marzo non lo sapeva », dissi sentendo quel peso che avevo sul petto sollevarsi di un po’. Alice annuì e dopo aver digitato qualcosa sulla sua tastiera un filmato comparve sulla mia smartTV.
5 marzo 2019, 2:52 pm, segnava una scritta nella parte destra dello schermo.
Si vedeva Edward mentre entrava al poligono, firmava e parlava con Ryan, « Qui mi stava dicendo che le armi da tiro erano in revisione e che dovevo usare la mia », disse Edward mettendosi accanto a me.
« Puoi attivare l’audio? », domandai ad Alice, quando nel video vidi Edward mettersi in postazione, era solo nessun altro agente si trovava li.
« Si, ma è basso non si capisce cosa si dicono »
« Non è per quello.. ora Edward si mette a sparare e ci basta ascoltare quanti spari ci sono per determinare se i bossoli che abbiamo coincidono o meno », spiegai vendendo il volto di Edward rilassarsi.
« Giusto », Alice attivò l’audio, il suono degli spari era chiaro. Uno, due, tre e così via, nessuno fiatava, ognuno di noi teneva il conto con le dita, come se avessimo il timore di sbagliare. 
« Sono diciotto », sussurrai, « Edward sono diciotto! », dissi tornando a sorridere, sentivo il cuore leggero. Forse la mia ipotesi non era del tutto sbagliata.
« Io qui ne ho sedici.. due sono stati trovati nel corpo di Pike », disse Alice prendendo un busta dalla sua borsa. 
Da uno degli armadi del mio salotto presi l’autopsia di Pike che mi aveva portato Emmett, « I proiettili trovati sono EC456 e EC457 », dissi dopo avergli letti sulla cartella, solo per essere certa perché ormai gli conoscevo a memoria.
« Io qui ho i bossoli da EC440 a EC455.. mancano gli ultimi due »
« E scommetto che se andassimo a vedere nella pistola di Edward troveremmo EC458 », Edward non aveva più utilizzato la sua pistola da quel giorno al poligono, « Chiederò a Black di farmi avere la tua pistola ».
« Guardate! », ci voltammo tutti e tre verso Chloe, stava indicando lo schermo della televisione, alle 10:15 pm un uomo si era intrufolato nel magazzino del poligono, le immagini lo mostravano a scatti, appariva e scopriva ad un intervallo di venti secondi, visto che Alice aveva velocizzato il video, ma in una delle riprese si poteva benissimo vedere lui che trasportava le due sagome che Edward aveva colpito nel pomeriggio. Alice congelò l’immagine, si era volato preoccupato verso una delle telecamere, per fortuna attiva dal secondo circuito di video sorveglianza.
« Chi è? »
« Dammi un secondo », Alice scannerizzò il volto dell’uomo e pochi secondi dopo il nome di Marcus Gomez faceva mostra sulla smartTV, era un uomo dai tratti messicani, assunto dal Bureau come addetto alle pulizie nel 2015.
Avevamo un volto, ma ero sicura fosse solo una pedina, di un gioco ben più grande e pericoloso di lui.
« A cosa pensi? », mi domandò Edward mentre eravamo avvolti dal buio della mia camera da letto. 
« Domani al porto arresteremo Fernando Sanchez.. avrei voluto che ci fossi anche tu », mentii per non renderlo partecipe dei miei veri pensieri, o meglio delle mie paure. Fernando Sanchez era un semplice trafficante, un pesce piccolo, un caso all’ordine del giorno.

10 marzo 2019
« Buongiorno », dissi entrando nella sala interrogatori con il mio fedele caffè tra le mani, Marcus Gomez sedeva completamente spaesato.
« Salve.. lei mi può spiegare cosa ci faccio qui? »
Sorrisi e mi sedetti davanti a lui, « Vediamo in questo momento potrei accusarla di almeno tre crimini gravi, federali, sa? », Gomez mi guardava non capendo.
« Vede il 5 marzo tra le dieci e venti e le dieci trenta è stato ucciso un uomo a Central Park », dissi mostrandogli le immagini del corpo senza vita di Pike.
« Io non ho ucciso nessuno », si difese.
« Lo so! »
« E allora perché sono qui? »
« Lei quella sera si trovava qui, esattamente due piani sotto questa stanza », presi i fraim dei video che lo riprendevano al poligono, « Si è intrufolato in un ambiente federale, utilizzando il codice d’accesso di Ryan Spike, ecco il primo e il secondo reato », dissi continuando a tamburellare le dita sul tavolo bianco, « Dopodiché si è impossessato di due cartoni usati e dei ultimi due bossoli sparati su quei cartoni, mi sbaglio? ».
« Voglio il mio avvocato »
« Il suo avvocato arriverà », avevo fatto le cose per bene, l’interrogatorio era legale, i video di sorveglianza pure, visto che avevo firmato il consenso ad Alice per poter creare un secondo circuito di video sorveglianza quella mattina stessa, poco importa se in post produzione aveva cambiato la data inserendo quella del primo febbraio. 
« Ora lei mi dice chi lo ha mandato ed io cercherò di ridurre la sua permanenza in un carcere federale, se non annullarla del tutto », Gomez era visibilmente spaventato, era sposato da vent’anni ed aveva quattro figli da mantenere, per questo dubitavo di un suo coinvolgimento diretto. 
« Non lo volevo fare! », alzò la voce sbattendo i pugni sul tavolo.  
« Marcus chi è stato ad obbligarla, allora? »
« Non lo so! Non l’avevo mai visto prima! »
« Quando è successo? », Gomez stava per crollare lo vedevo dai suoi occhi lucidi.
« Non posso »
« Metterò sotto custodia la sua famiglia », era il suo punto debole, la verità era che era il punto debole di tutti noi.
« Lo prometta »
Presi un foglio e lo scrissi, con tanto di orario e data. Firmai e glielo diedi, « Si può fidare di me ». 
« Quel giorno stesso, alle nove sono uscito da qui, ho preso la metro e sono tornato a casa nel Bronx, all’incrocio tra Washington St e 169th St un uomo mi ha fermato mi minacciava con una pistola alla tempia »
« Riuscirebbe ad identificarlo? »
Scosse la testa, « No, stava alle mie spalle ».
« Cosa le ha chiesto? »
« Mi ha dato il pass di Ryan e mi ha detto di entrare al poligono dell’FBI prendere i due cartonati utilizzati dall’agente Cullen e i due ultimi bossoli », con queste informazioni Edward era libero.
« Dopo averle prese cosa ha fatto? »
« Ho messo i cartoni nel trita rifiuti, come mi avevano detto, e ho portato i bossoli dietro ad un muretto all’entrata ovest di Central Park »
« Tra la settantatreesima e la settantaquattresima strada? », era l’entrata di Central Park davanti al mio appartamento.
« Sì »
Il laboratorio di Alice era vuoto, « Riesci a risalire a qualche ripresa dell’incrocio tra Washington St e la 169th nel Bronx, il 5 marzo intorno alle nove di sera? », le domandai. Edward, Jasper e Chloe guardavano con attenzione ogni mossa di Alice.
« Ho solo l’immagine di questo semaforo e dell’entrata di questo negozio »
« E dell’entrata di Central Park davanti a casa mia? »
« Quelle che riprendono Edward? »
« Si.. ma dopo che lui se ne andato quindi verso le dieci e quaranta »
Le immagini riportavano esattamente le parole di Gomez, aveva lasciato qualcosa dietro al muretto, esattamente cinque minuti dopo un uomo raccoglieva una bustina.
« È lui che mi ha aggredito », disse Edward riconoscendo quell’uomo.
« Jasper, Alice », disse Chloe mettendosi davanti uno dei computer di Alice, « Ingrandisci li », indicò la vetrina del negozio di alimentari.
« Sono Gomez e l’uomo che ti ha aggredito », dissi ad Edward vedendo il riflesso dei due uomini nella vetrina del negozio. Alice recuperò i tratti del volto di quell’uomo e tramite il riconoscimento facciale uscì il nome di Alejandro Sanchez, fratello di Fernando, l’uomo che avrei arrestato quel pomeriggio stesso. 
________________
Buonasera fanciulle, scusate l’assenza della settima scorsa ma non ero pronta a pubblicare. Scusatemi tanto, ma ora siamo qui.. lo so tante domande, poche risposte, ma giuro settimana prossima qualcosa in più sapremo.
Un bacio 
Alma
Ps.
Teniamoci in contatto su Instagram @Almared.25
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Capitolo 15
*** Edgewater ST Staten Island - NY ***



Dove eravamo rimasti...
Bella para con sua sorella Leah e le fa presente delle incongruenze tra le indagini della polizia e di quelle dell’FBI. La sorella vedendo che Bella rischia i abusare della sua posizione la ferma. Alice, ha introdotto senza autorizzazione, un secondo circuito di video sorveglianza, grazie al quale riescono a risalire a Marcus Gomez che, interrogato, rivela che un uomo lo ha costretto a far sparire i cartonati e prendere alcuni bossoli della pistola.

 
CAPITOLO 15
EDGEWATER ST
STATEN ISLAND - NY

 
10 marzo 2019
« Squadra Alfa, Beta e Gamma l’operazione che andremo ad eseguire questo pomeriggio è importante per la sicurezza nazionale », sessanta agenti dell’FBI mi guardavano, pronti nelle loro divise, « Brook sarai a capo dell’Alpha II », Kate annuì mettendosi davanti ai suoi agenti, « McCartney Beta I, Robinson Beta II, Newton Gamma I, Perez Gamma II », finii di organizzare le squadre, mi dovevo fidare di loro? Come potevo pensare che qualcuno di loro mi potesse tradire? « Alpha I con me » .
Non volava una mosca, « Ogni agente in questa stanza ha un potenziale enorme, delle capacità che lo rendono unico, ma dietro ognuno di voi c’è una storia, che vi ha portato qui. Avete scelto di servire questo paese, così come ho fatto io », volevo disperatamente fidarmi di loro, a prescindere dalle parole di quel messaggio, « Avete fatto un giuramento.. onoratelo ».
« Come ha fatto Cullen, Direttore? », l’agente Scott era giovane, nei suoi occhi un gesto di sfida nei miei confronti, « Il rispetto, agente Scott, è una delle prime cose che pretendiamo qui, quindi chieda scusa se non vuole rimanere in panchina anche questa volta », lo riprese Robinson, uno degli agenti speciali più importanti della sede newyorkese dell’FBI. 
« Grazie Garrett », mi sorrise e tornò al suo posto, « Ve lo ripeto.. onorate il vostro giuramento e se non siete in grado di farlo, fermatevi qua », dissi lasciando l’aula. 
« Bella »
« Devo andare Edward, non ho tempo », dissi indossando il mio gilet antiproiettile, nello spogliatoio.
« Mi stai evitando.. cosa succede? », mi voltai verso di lui, incapace di dire qualcosa, « Devo andare », dissi lasciandolo da solo per raggiungere il mio team. Mi ero lasciata coinvolgere troppo a livello emotivo e questo non era da me.
Il porto era stato evacuato, tute le persone che si vedevano in giro erano agenti dell’FBI in borghese, il cielo minacciava pioggia dalle prime ore del giorno, tutti gli agenti si erano posizionati seguendo il mio schema. Alice dal centro operativo seguiva la nave che da lì a poco si sarebbe attraccata al porto.
« Dieci minuti  all’ora X », disse all’auricolare, feci segno alla squadra di avvicinarsi al punto di attracco, dove poco più tardi arrivò la nave cargo.
Il pesante ponte in metallo scese sull’asfalto del porto con un sonoro tonfo, poco dopo grazie ad una gru vennero fatti uscire i primi container, due agenti portuali si avvicinarono e firmarono le carte che permettevano lo scarico della merce in territorio americano.
Tutto stava andando come previsto dal piano, « Voglio i fratelli Sanchez vivi », dissi mentre vedevo i nostri obiettivi affacciarsi dal ponte della nave.
« Squadra Beta I e Beta II preparatevi », disse McCartney e come previsto dal piano le due squadre si arrampicarono sui due lati della nave grazie all’utilizzo di due corde che gli agenti della Gamma I avevano posizionato, non appena si era aperto il ponte.
Un attacco dall’interno aveva più probabilità di essere vincente.
Alpha II bloccò gli uomini all’entrata, permettendo così a me e ad Alpha I di entrare all’interno della nave cargo, diedi ordine di nascondersi e di non sparare, per quello che ne sapevano all’interno dei container poteva esserci anche esplosivo.
Salii verso il primo ponte, due guardie sorvegliavano l’uscita, feci cenno a Seth di occuparsi di quello di destra io avrei preso alle spalle quello a sinistra. Per non essere vista dovetti aggirare vari container e mettere KO un paio di altre guardie, tutto in rigoroso silenzio, mi avvicinai alla guardia e in perfetta coordinazione con Seth, che era di fronte a me, riuscii ad arrivare alle spalle del grosso uomo. Tutto sembrava filare liscio,  nessun intrippo, per questo non mi stupii quando il mio piede destro calpestò un punto del pavimento in metallo cigolante.
L’uomo davanti a me si voltò di colpo, puntandomi l’arma addosso, con un calcio riuscii a fargliela cadere dalle mani. L’altra guardia si era accorta di Seth, e si erano messi a lottare, senza armi. L’uomo davanti a me si mise in posizione da combattimento, io avevo un’arma in mano, potevo sparare e finirla li, ma non lo feci. Scelsi la strada più complicata. Sorrisi, mentre sentivo l’adrenalina scorrermi nelle vene, quella sensazione mi faceva sentire viva, come non mi succedeva da giorni. L’uomo davanti a me, mi venne incontro, lo schivai e lo feci cadere con un banale sgambetto, ma evidentemente era bravo quanto e come me, visto che ricambiò immediatamente facendomi cadere usando il mio stesso trucco. 
Me lo ritrovai addosso in pochi istanti, le sue mani andarono a posarsi sul mio collo, non riuscivo a respirare eppure non accennavo ad arrendermi, con un colpo di reni ribaltai la posizione, mi trovai a cavalcioni su di lui che continuava a tenere le mani sul mio collo, gliele presi e facendo forza sul suo addome riuscii a colpirlo sotto l’ascella, la sua presa si allentò ed io ne approfittai per finirlo con un pugno ben mirato sul volto, il tipo svenne. Sorrisi soddisfatta mentre scendevo da lui e lo ammanettavo ad un tubo di ferro.
« Chiunque dubiti della sua posizione Direttore dovrebbe vedere quello che io ho appena visto.. lei è il miglior Direttore che l’FBI di New York potrebbe mai avere »
« Grazie Seth.. hai fatto un ottimo lavoro anche tu », gli dissi mentre ci avvincevamo alla porta che portava sul ponte, dove Sanchez discuteva animatamente con suo fratello.
« Il ponte è libero.. le guardie sono state neutralizzate », mi disse Alice all’auricolare, feci cenno a Seth di posizionasi alle mie spalle, uscii allo scoperto, « Ferdinando e Alejandro Sanchez? », dissi alzando la voce per farmi sentire.
I due fratelli si voltarono verso di me, con fare interrogativo, « Saresti? », domandò quello che aveva aggredito Edward.
« FBI », dissi indicando la scritta gialla sul mio gilet nero. Sogghignarono entrambi, « Mi dispiace avvisarla agente, ma la crociera è finita », rispose il più grande dei due fratelli. 
« Beh allora preparatevi per un lungo soggiorno al fresco »
« Preferisco le mete caraibiche », il fratello minore aveva un accento sudamericano molto più marcato di quello grande.
« Purtroppo è un biglietto di sola andata, non rimborsabile », dissi alzando le spalle.
« È sotto tiro », mi informò Alice.
« Ferdinando e Alejandro Sanchez vi dichiaro in arresto per traffico di esseri umani, sostanze illegali e per l’omicidio di Jason Pike », dissi avvicinandomi con l’arma puntata verso di loro.
« Non credo proprio agente »
Successe tutto troppo in fretta, Alejandro puntò l’arma verso di me, sparò, Seth si buttò, un altro colpo venne sparato ma non capii da chi. Caddi sul freddo pavimento del ponte della nave, « Mi scusi Direttore », disse Seth alzandosi, non era ferito, « Stai bene? », domandai preoccupata cercando di capire quello che era successo.
« Si, la porta alle nostre spalle un po’ meno », mi voltai e notai un foro nel centro esatto della pesante porta di ferro.
Emmett e Garrett trattenevano Ferdinando, Kate era vicino al corpo inerme di Alejandro, « Avevo dato ordine di non uccidere », dissi avvicinandomi.
« Lo so Direttore, ma era troppo lontano per essere bloccato a mano, le avrebbe sparato ancora, se non fossimo interventi », mi spiegò Kate, ed aveva ragione, avevano tenuto fede al loro giuramento, come avevo chiesto. 
« Certo.. scusa », la nave cargo venne sequestrata, quarantadue uomini vennero arrestati, Ferdinando Sanchez venne portato negli uffici federali dove sarebbe stato interrogato dalla sottoscritta e dal dipartimento di sicurezza nazionale.
Non mi interessava interrogare Sanchez, sapevo tutto su di lui, era solo una pedina di un’organizzazione criminale più grande di lui, di cui probabilmente sapeva poco e niente. L’unico dei fratelli che volevo interrogare era morto, sembrava che tutto mi volesse remare contro, come se nessuno mi volesse far arrivare alla verità sulla morte di Jason Pike.
Dopo due ore di interrogatorio dove non fece altro che ripetere quello che già sapevamo gli chiesi l’unica cosa che mi premeva sapere, « Conosci Jason Pike? ».
« No », disse sicuro.
« Edward Cullen? »
« No »
« Julien Morgan Cullen? » 
« Non so chi siano agente! », c’era qualcosa nel suo modo di parlare che mi portava a credergli.
« Tuo fratello ha partecipato all’omicidio di Jason Pike! », dissi alzandomi dalla sedia, mi facevano male le gambe e il collo cominciava a dolere. 
« Io mio fratello non lo vedo da mesi »
« Strano era con te su quella nave », dissi con tono piatto, consapevole che da quell’interrogatorio non avrei tirato fuori un ragno dal buco.
« L’ho fatto salire a Cuba.. ha chiesto un passaggio », rispose con il suo forte accento sudamericano. 
« Garrett, Kate continuate voi l’interrogatorio.. voglio che faccia nomi: persone, luoghi, società. Tutto, voglio la relazione domani mattina sulla mia scrivania. Buonanotte! », era la prima volta che utilizzavo un tono così autoritario con i miei colleghi da quando mi avevano nominata Direttore, non era nella mia natura. Forse avrei dovuto cominciare ad essere più severa, meno complice, ma a che serviva se si dubitava del mio ruolo?
Entrai in casa poco dopo le nove di sera, c’era profumo di pasta nell’aria, « Ciao Bella.. ho ordinato i ravioli per cena », disse Chloe dandomi il benvenuto, ero felice di avere lei in casa, portava allegria, ed io ne avevo disperatamente bisogno.
« Grazie, tuo padre? », domandai togliendomi il cappotto, Chloe indicò la sala con la mano. Trovai Edward al telefono davanti alla vetrata che dava su Central Park, « Molto bene.. ci vediamo mercoledì », si voltò verso di me, mi sorrise. Non ricambiai, mi sentivo come svuotata.
« Chi era? », domandai sedendomi stanca sul bracciolo del divano, Edward si mise davanti a me, ma non si avvicinò più di tanto.
« L’avvocato.. il giudice ha deciso la data dell’udienza », mi rispose.
« Quando? »
« Giovedì »
« È presto », sussurrai fissando le mie unghie corte, da quanto non mi mettevo uno smalto?  
« È meglio così.. ho saputo di Sanchez », Edward abbassò lo guardò e questo fece scattare in me un senso di colpa atroce, avevo trovato molte prove della sua innocenza, ma altrettante erano quelle sulla sua colpevolezza.
« Avevo dato ordine di non sparare », il mio labbro inferiore chiedeva pietà, dat le numerose volte in un l’avevo morso nel corso di quella lunga giornata.
« Va bene così », tentò di sorridere, ma quel sorriso non arrivava ai suoi occhi e questo mi distruggeva. 
« No Edward, non va bene così.. nulla sta andando bene », mi sentivo come se ogni fibra del mio essere mi stesse abbandonando, come se non riuscissi più ad avere il controllo della mia vita.
« Parlami Bella.. ti prego », si sedette sul tavolo da caffè che scricchiolò sotto il suo peso, « Chloe, tesoro, ci puoi lasciare soli? ».
« Certo », rispose dando un bacio a suo padre ed anche a me. Andò in camera sua chiudendosi la porta alle spalle. 
« Cosa succede? », una domanda dalle mille risposte, perché stava davvero succedendo di tutto in quel momento. Perciò decisi di partire dall’ultima novità, « Il Dipartimento di giustizia ha aperto un’indagine », l’espressione di Edward era confusa, dopo la mia affermazione.
« Su di chi? », domandò guardandomi negli occhi.
« Me », risposi semplicemente, mi sembrava così assurdo quel discorso, mai nella mia carriera avrei pensato di essere indagata per una cosa così effimera.
« Sulla base di cosa? »
« La mia nomina », Edward si alzò dal tavolino e prese a camminare in tondo lungo il salotto, per poi fermarsi davanti alla vetrata, « Di cosa ti accusano? », domandò senza voltarsi verso di me.
« Testualmente: corruzione », lo dissi sul tono di una risata isterica, perché sembrava la più banale delle barzellette. 
« Come cazzo possono indagare su di te per corruzione se sono stati loro a darti questo maledetto incarico? », Edward alzò la voce, si mise davanti a me, il suo volto era segnato da una profonda riga di incredulità.
« Non lo so.. per ora non c’è nulla di definitivo, ma mettono in dubbio la mia nomina, la tua innocenza », non avevo ricevuto nessun avviso, solo parole, ma che avevano auto il potere di mirare a quella oliva fiducia che riponevo in Emmett. 
« Chi? »
« Cosa? »
« Chi sta indagando? », specificò. 
Come potevo dirgli che colui che stava indagando era uno dei miei migliori amici? Un suo amico? Perciò scelsi l’unica strada percorribile, « Emmett », dissi diretta, Edward sgranò gli occhi, « Non è possibile », disse più a se stesso che a me.
« Vorrei scappare, liberarmi di tutto », mi sfiorai il collo, probabilmente c’erano vari ematomi, non lo avevo più guardato. Edward notò la mia smorfia di dolore, si avvicinò e portò i miei capelli dietro la schiena.
« Cosa è successo? », domandò esaminando il mio collo. 
« Ho fatto a botte », risposi cercando di sorridere, ma mi resi conto di non riuscirci, mi costava uno sforzo enorme e ci rinunciai.
« Teppistella », disse prendendo il mio volto tra le sue mani, « Potevi farti male », sussurrò lasciandomi un bacio sulla fronte. 
« È stato eccitante », dissi riuscendo a sorridere, ancora sentivo l’adrenalina scorrermi nelle vene, Edward scosse la testa divertito, « Beh ti assicuro che non serve ridurti il collo così per.. », si avvicinò al mio orecchio, « eccitarti », sussurrò, prima di lasciare un bacio sotto il lobo.
« Ah si? E cosa sarebbe? », cercai di dimenticare le nostre parole, cominciai a flirtare con lui, perché volevo sentirmi leggera e normale, anche se per soli pochi istanti.
« Io », disse semplicemente, come avrei voluto incontrarlo al bar, parlare con lui di cazzate, uscire a cena, per poi baciarlo sul ponte di Brooklyn, essere banale assieme a lui.
« Beh avrei proprio voglia di ravioli adesso », sussurrai sulle sue labbra, le sfiorai leggermente con le mie e mi allontanai, dopotutto Chloe era a pochi metri da noi e probabilmente stava ascoltando tutto.
« È un doppio senso? » 
« No.. ho fame, sul serio », risposi alzandomi, ci separavano pochi centimetri, il suo sguardo ardeva, la voglia di baciarlo e dimenticarmi di tutto era alta, ma la paura di perderlo la superava.
« Andrà bene, io sono innocente, e tu sei il direttore migliore che l’FBI abbia mai avuto.. nessuno si deve permettere di dubitare di te e della tua posizione. Chiaro? », annuii appoggiando la fronte sul suo petto, le sue mani giocavano con i miei capelli e non volevo nient’altro se non che il tempo rallentasse.
« Andiamo a mangiare e dobbiamo festeggiare », lo guardai interrogativa, « Hai arrestato Sanchez dopotutto, sono due anni che l’FBI lo cerca », chiarì.
« Probabilmente sono un ottimo direttore », dissi, notando Chloe rientrare nella zona giorno del mio appartamento, cosa che Edward non notò dato le sue parole, « Sicuro, poi aggiungerei che sei intelligente, bella e sexy ». Arrossii violentemente, Chloe mi fece l’occhiolino. 
« Papà smettila di fare l’adolescente! »
« Chloe? », non avevo mai visto Cullen in imbarazzo, e dovevo ammettere che mi piaceva, « Ehm.. io », era rimasto senza parole.
« La devi invitare a cena, magari in un ristornate con una terrazza che da sulla città, dove le luci sono sfocate, tanto da assomigliare a migliaia di stelle. Ti devi vestire bene, niente jeans. Le regali una rosa. Una sola rosa blu, perché rossa è banale, e lei non lo è. Le prendi la mano e le parli di te, dille anche che sei un ottimo papà, poi ascoltala, respira ogni sua parola, rendila tua. Poi chiedile di ballare, non importa che non siate bravi, ma fa in modo che il tuo cuore e il suo si avvicinino, stringila a te e poi.. poi baciala », mi accorsi delle lacrime che percorrevano silenzio se il mio viso, solo quando raggiunsero il mento. Edward mise una mano sul mio fianco e mi attirò a se, mi lasciò un bacio sulla tempia. Chloe mi sorrise dolcemente, poi prese il suo telefono e scattò una foto, catturando quell’attimo. 
« Seguirò ogni tuo consiglio tesoro »
« Ti conviene papà.. una così non la trovi più » 
« No.. non me la lascio sfuggire », prese il mio voltò e, con Chloe spettatrice, mi diede un bacio. Il più semplice, ma nello stesso tempo, il più profondo della mia vita.
« Grazie per aver tenuto mia figlia al sicuro »
« Altre mille volte », dissi lasciandomi abbracciare, Chloe si avvicinò e si strinse ad entrambi. Ero felice.
Il tempo fuori dava il meglio di sé pioggia e tuoni combattevano su chi dei due facesse più rumore, avevo deciso di non chiudere le tende della mia camera per godermi lo spettacolo, stretta tra le braccia di Edward. Mi piaceva, ero in pace, avevo passato un bella serata con Edward e Chloe, guardando un film e mangiando popcorn, come se fossimo una famiglia normale in una tranquilla domenica sera.
« Hey », disse lasciandomi un bacio sul collo, che aveva provveduto a massaggiare con una crema antidolorifica.
« Hey », mi voltai verso di lui.
« Cosa c’è? Sei pensierosa »
« Nulla.. solo che è domenica ed io me ne sono resa conto solo adesso » 
« Ti ricordi una delle prime cose che ti dicono a Quantico? », domandò mentre una sua mano accarezzava dolcemente i miei capelli.
« Sarà sempre un eterno lunedì », dissi con voce profonda cercando di imitare quella dell’agente che dava il benvenuto alle matricole a Quantico.
« Tu lo dici in modo molto più sexy », disse avvicinandosi pericolosamente alle mie labbra. Eliminai ogni distanza lasciandomi travolgere da un bacio che di casto aveva solo il nome, Edward mi portò a cavalcioni su di lui, le sue mani esploravano la mia schiena, le mie i suoi capelli.
« Lo vedi che io sono più eccitate di un combattimento? », domandò mentre le sue labbra lambivano il mio collo.
« Allora sta zitto », ripresi le sue labbra, lascai il temporale, i disegni, l’omicidio di Jason Pike, l’indagine di Emmett e il resto del mondo fuori dalla mia camera. 
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Buonasera fanciulle, perdonate il ritardo ma è stato un weekend super intenso, ma son felice di essere qui. Sembra un capitolo di passaggio, ma non lo è, in questo capitolo è successa forse la cosa più grave fino ad ora.
A venerdì
♥️
Ps. Vi aspetto su instagram 
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Capitolo 16
*** 60 Centre ST Manhattan - NY ***



Dove eravamo rimasti..
Bella  riesce ad arrestare i fratelli Sanchez, ma il più piccolo rimane ucciso, tornata a casa discute con Edward sulle accuse di corruzione che il Dipartimento di Giustizia le vuole fare. Chloe dice al padre che Bella è la donna giusta per lui. 
 
 
CAPITOLO 16
60 Centre St
MANHATTAN – NY
 
13 marzo 2019
Mancava un solo dannato giorno al processo di Edward, purtroppo le nostre indagini non ci avevano portato a nuove prove sulla sua innocenza, perciò confidavo molto sulla bravura di Isabella Stewart.
« Le prove che abbiamo, non portano ad un colpevole certo, quello che ci dicono, però, è che Cullen non lo è », disse l’avvocato seduta sul divano in pelle del mio salotto.
« Vuole puntare tutto sul fatto che è stato incastrato? », domandai finendo la nona tazza di caffè della giornata, fuori tanto per cambiare pioveva.
« Esattamente »
« È determinata nel voler vincere. Non si è mai chiesta se Edward fosse innocente o meno? », non capivo da dove mi fosse arrivata quella domanda. Ed io? Avevo mai dubitato della sua innocenza? 
Mai. Mi ero fidata di lui, senza alcuna riserva. 
« Certo che me lo sono chiesta, quando ho scelto di essere avvocato mi sono ripromessa che avrei difeso gli innocenti, coloro a cui il potere di altri voleva rovinare la vita, se non fossi sicura della sua innocenza al cento per cento avrei rifiutato di rappresentarlo. Come posso convincere un giudice o una giuria dell’innocenza di un mio cliente se io per prima non ne sono convinta? », mi rispose sicura delle sue parole.
« La sua fama la precede, è per questo che non ha mai perso una causa, vero? », era la migliore di New York, una donna da ammirare, non era semplice in un mare di squali. Io ne sapevo qualcosa.
« No, non ho mai perso una causa perché so quello che faccio »
« Ha mai rischiato? », domandai girandomi verso di lei, « Nel senso, uno è ricco, mi paga una parcella milionaria e non importa se è colpevole o meno? », non era curiosità la mia, volevo sapere dove finiva l’avvocato e cominciava la donna in carriera. 
« L’ho fatto, una volta. Quando ho capito che le accuse verso di lui erano vere, l’ho fatto condannare », rispose prendendo l’iPhone dalla sua Chanel.
« Allora una causa l’ha persa », era umana dopotutto. 
« No, non direi, avrei potuto farlo assolvere senza problemi, ma ho deciso di farlo condannare, perciò non penso di aver perso. Credo che vincere una causa significhi far giustizia, perciò se il cliente che rappresento è colpevole, è giusto che paghi », il suo ragionamento non faceva una piega.
« Già », ma se non era stato Edward ad uccidere Jason Pike, allora chi era stato? 
« Tutti pensano che gli avvocati siano solo degli opportunisti affamati di potere.. non è così, mi creda Direttore, almeno la maggior parte, poi ci sono tipi come Davis, che pensano solo alla parcella », ora capivo perché Isabella Stewart fosse la migliore.
« Edward è fortunato ad avere lei come avvocato »
« Parlavate di me? », Edward rientrò in salotto, aveva aiutato Chloe a studiare per un test d biologia.
Sorrideva, scossi la testa, « Non sei il centro del mondo! », si sedette accanto e me, « Del mio sì! », sussurrò, per non farsi sentire dall’avvocato.
« Domani durante l’udienza ti chiederò di testimoniare come direttore dell’FBI che ha condotto le indagini sul suo vice », mi disse Isabella Stewart mentre indossava il suo trench di Burberry. 
« Consegnerò personalmente al giudice il rapporto delle indagini », dissi liberandomi dalla presa di Cullen.
« Non avranno scampo », disse Edward seguendoci verso l’uscita. 
« Già », Isabella Stewart era convinta delle sue parole, ma io sentivo che c’era qualcosa che non sarebbe andato come dovuto. Come se il nostro nemico avesse un tiro nascosto, pronto all’uso, pronto per faci crollare definitivamente.
« Scusatemi », l’avvocato rispose al telefono, Edward si avvicinò a me, mise una mano sulla mia schiena e cominciò a muoverla su e giù. Quell’innocente gesto aveva il potere di tranquillizzarmi.
« Sì amore, ho finito.. non fare addormentare Ben senza di me.. ti amo », invidiavo spudoratamente la felicità e la dolcezza che leggevo negli occhi dell’avvocato quando parlava con suo marito. Era completamente diversa dalla tigre in tribunale.
« Ci vediamo domani »
« A domani », dissi aprendo la porta di casa e ritrovandomi mio padre davanti.
« Direttore Swan », lo salutò l’avvocato.
« Buonasera », Isabella mi salutò con un cenno della mano mentre si chiudevano le porte dell’ascensore.
« Papà », erano giorni che cercavo di parlare con lui, ma era come sparito dalla faccia della terra.
« Ciao Bells », mi misi di lato per farlo entrare nel mio appartamento. Edward mi guardava preoccupato.
« So che mi hai cercato », disse raggiungendo la zona living.
« Arrestano il mio vice e tu sparisci, durante l’udienza vengo a sapere che l’appartamento che hai trovato ad Edward in realtà è tuo.. quando avevi intenzione di dirmelo? », papà era sempre stato sincero con me, mi ero sempre fidata di lui eppure mi sembrava che stesse costruendo un muro ta di noi.
« Non lo ritenevo importante », disse semplicemente, girandosi attorno, come se fosse la prima vota che mettesse piede nel mio appartamento.
« Non lo ritenevi importante? », alzai il mio tono di voce.
« Non alzare la voce Isabella! », si voltò verso di me, il suo volto era segnato da profonde rughe, era preoccupato, e non mi voleva dire il motivo.
« Io la alzo eccome! Cosa mi nascondi papà? », mi diede le spalle e si mise davanti alla vetrata che dava su Central Park, mi avvicinai,  « Tra i disegni è comparso il nome di zio Thomas », inviavo ogni sera il resoconto sulle indagini all’ufficio di mio padre, ma non avevo mai nominato TAS, vidi stupore nel suo volto, poi scosse violentemente la testa, « È impossibile.. è morto da quasi vent’anni ».
« Papà tu sai qualcosa? Ti prego.. io non ce la faccio più », ero motivante, fisicamente e mentalmente stanca.
« Mi dispiace tesoro, ma non so nulla di più di quello che sai tu. Tuo nonno aveva comprato questi due appartamenti per te e Leah, solo che lei non l’ha voluto preferendo vivere a Brooklyn, conosci tua sorella, detesta Manhattan » , disse voltandosi verso di me.
« Già », mia sorella odiava il mondo dorato dell’Upper Est e West Side, come darle torto?
Gli occhi di papà erano persi, era lontano anni luce dalla persona che conoscevo, « Thomas », disse in un sussurro.
« Mi devi dire qualcosa papà? »
« No », nemmeno mi guardò negli occhi, da quando mio padre non si fidava di me? « Ero venuto anche ad informarmi sulla difesa di Edward », era un modo molto elegante per dirmi che non mi avrebbe detto più nulla.
« Certo, Edward ti spiegherà tutto », tornai verso il mio vice, mi sorrise, ricambiai sconfitta.
« Ho visto che sei seguito da Isabella Stewart, lavoravo con suo padre alla NYPD », non mi sorpresi, ero arrivata ad un punto tale per cui nessuna cosa mi stupiva più. Cominciavo ad essere apatica alla novtà.
« Com’è piccola New York.. io devo andare », non riuscivo più a rimanere dentro quelle quattro mura, dovevo evadere prima di impazzire del tutto.
« Dove? », mi domandò Edward, non ero lucida con lui accanto, lui capì.
« Ehm.. Alice.. si Alice mi aspetta per una serata solo donne », dissi la prima cosa che mi passò per la mente, in sala arrivò anche sua figlia, « Chloe ti va di venire con me? », le domandai, mi dispiaceva lasciarla sola. Edward e mio padre avrebbero parlato di cose noiose.
« Si! », mi rispose entusiasta.
Ci avviammo verso l’uscita sotto lo sguardo preoccupato dei due uomini, « Bella », mi chiamò mio padre, mi voltai e capii che non mi avrebbe detto nulla, « Ti sto solo chiedendo di essere sincero con me papà », dissi mettendomi il cappotto, « Chloe andiamo », la figlia di Edward annuì. 
« Ciao papà », Edward lasciò un bacio sulla fronte a sua figlia, erano così belli assieme, poi si avvicinò a me, Charlie era tornato in sala. « Bella, va tutto bene? », chiese sistemando una ciocca dei miei capelli.
« Si.. ho solo bisogno di staccare per un po’ », sapevo che avrebbe capito.
« Va bene », si abbassò per baciarmi, ma all’ultimo mi spostai, lasciando che le sue labbra mi sfiorassero le gote e non le labbra. Mi staccai da lui e mi chiusi la porta di casa mia alle spalle.
L’appartamento di Alice non distava molto dal mio, Chloe mi fece dimenticare per qualche minuto tutti i problemi che popolavano le mie giornate, continuava a cambiare canzoni e cantarle tutte. Era bello tornare per qualche minuto ad avere sedici anni.
Alice non sapeva nulla della serata che mi ero inventata solo per uscire e lasciare Edward con mio padre, volevo fuggire anche solo per pochi istanti. 
« Bella? Che ci fai qui? », domandò sorpresa non appena aprì la porta del suo appartamento a SoHo.
« Cerco asilo », dissi scrollando le spalle, Chloe accanto a me soffocò una risata, per tutto il tragitto non mi aveva chiesto nulla, forse aveva capito quanto mi volessi distrarre. Potrei togliere il forse, Chloe era davvero matura per la sua età.
« Vieni entra, ciao Chloe », Alice era già in pigiama, ma sapevo di non disturbarla, anzi, era lei che mi rimproverava per non trovare mai il tempo per stare insieme.
L’appartamento di Alice la rispecchiava al massimo, il parquet chiaro dai toni caldi, i mobili bianchi, i cuscini rosa e aggeggi tecnologici di dubbia origine sparsi ovunque. 
« Che succede? », mi chiese mentre Chloe era impegnata a coccolare Mrs Who, la piccola gatta di Alice, che aveva chiamato così perché era una trovatella. 
« Mi prometti una cosa? », le chiesi sedendomi sul divano accanto a Chloe. 
« Spara » 
« Non parlarmi di FBI, disegni e uomini », risposi, Mrs Who fece le fusa e la presi in grembo, avevo più volte preso in considerazione l’idea di adottare un animale, poi ripensavo a quanto poco tempo restassi in casa ed allora cambiavo opinione.
« Perché? » 
Non era facile spiegare le ragioni che mi spingevano a fare quella richiesta, sapevo solo che semplicemente volevo parlare di cose futili, che non mi toccassero nel profondo. 
« Credo che papà la confondi, lei è un lupo solitario e lui ha cominciato a ronzarle intorno » 
« Ahh.. interessante, e Chloe, a te lei piace? », strabuzzai gli occhi alla domanda di Alice, era per caso impazzita?
« Il mio sogno più grande è sempre stato quello di vedere mamma e papà assieme », ci rimasi male a quelle parole, ma erano de tutto comprensibili, « Come qualsiasi ragazza della mia età, ma mamma ama un’altra persona, follemente. Papà, non l’ho mai visto innamorato, nemmeno di Julien, la sua ex moglie, ma quando guarda Bella, quando parla di lei, cambia. Quando oggi ha saputo che ti avevano quasi sparato è impazzito », Chloe si voltò verso di me e mi sorrise, sembrava che Edward mi amasse, che cosa assurda.
« Perciò si, mi piaci, più di Julien sicuramente », mi fece piacere più del dovuto quella affermazione.  
« Ehmm.. grazie », non sapevo cosa dire, Alice mi tolse dall’imbarazzo, « Facciamo cose da ragazze? », disse con l’entusiasmo che la caratterizzava. 
« S.P.U? »
Chloe ci guardò come se avessimo quattro teste, « Sushi, pettegolezzi, unghie », specificai e lei trattenne le risate. 
« Ok.. sembra fantastico »
Non sembrava molto entusiasta, ma ero fiduciosa sul fatto che io ed Alice le avremmo fatto cambiare idea. 
« Colore? », mi domandò Alice dopo aver limato le mie unghie ed aver applicato il gel, la guardai e sorrisi, volevo azzardare, « Rosso », dissi in un sussurro.
Il sushi arrivò mentre ammiravo il capolavoro di Alice sulle mie unghie, il rosso spiccava sulle mani, caratterizzate da un pallore che avrebbe fatto concorrenza alla neve, tanto era chiara la mia pelle.
« Allora Chloe, hai il fidanzato? », Alice non capiva il senso di vita privata, la figlia di Edward arrossì violentemente, colta in fragrante.
« Io.. ehm si, ma non dirlo a papà », rispose nascondendosi dietro all’enorme bicchiere d’acqua.
« Ti considera ancora la sua bambina », le dissi, per quello che conoscevo Edward, sapevo quanto protettivo fosse nei confronti della sua bambina.
« Si.. e questo non mi da fastidio, vorrei solo che fosse meno.. »
« Opprimente? »
« Sì.. direi che questo rende bene l’idea »
Passai davvero una buona serata, ma la realtà ti piomba addosso quando meno te lo aspetti, il sushi era finito da un pezzo, le unghie erano perfette ed i pettegolezzi erano aria. 
« Che c’è Bella? », Alice mi raggiunse nella sua cucina, mi ero allontanata con la scusa di mettere in lavastoviglie i bicchieri, ma erano venti minuti che osservavo la città dalla finestra. 
« Niente », risposi voltandomi verso di lei.
« È quando noi donne diciamo “niente” che si apre un mondo »
« Oh Alice.. è tutto così complicato », lei scosse la testa, « No, non lo è. È complicato solo nella tua testa », non mi era granché d’aiuto.
« Lasciati andare Bella.. non frenare »
« Non è semplice quando tutto attorno a te sta andando a rotoli », dissi torturandomi le dita, « È come se il disastro fosse dietro l’angolo.. questa sensazione è opprimente », era come un peso all’altezza dello stomaco.
« Adesso vai a casa.. e sai quella magnifica vasca che hai davanti a quella vetrata in bagno? », annuì, « La riempi d’acqua e ti rilassi.. tutto andrà bene, Bella ».
Avevo seguito il consiglio di Alice, la vasca si stava riempiendo d’acqua, tornai in camera a lasciare il telefono, Edward dormiva, un braccio verso la mia parte di letto, come se, inconsciamente, nel sonno mi cercasse.
L’acqua era calda, scioglieva ogni muscolo teso, lavava via ogni preoccupazione, l’acqua rendeva tutto facile, anche la morte. Era così semplice, bastava chiudere gli occhi e lasciarsi andare. Immersi la testa e tutto sembrò sciogliersi attorno a me. Riemersi prendendo una profonda boccata d‘aria, che fece male ai polmoni, quanto ero rimasta sott’acqua?
« Hey », la voce di Edward mi arrivò lontana, mi era mancata.
« Ciao », sussurrai voltandomi verso la porta.
« Pensavo non tornassi », lo pensavo anch’io.
« Vieni qui », in due falcate mi raggiunse, si inginocchiò davanti alla vasca e prese il mio volto tra le sue mani. Mi guardava intensamente, annullai ogni tipo di distanza. Le mie labbra si appoggiarono alle sue, mi sentii invasa da un senso di pace.
Misi le braccia attorno al suo collo, incurante di bagnarlo, o di mostrami nuda, volevo che mi inglobasse nel suo essere. Il bacio divenne sempre più potente, le mie labbra giocavano con le sue, mi sollevò leggermente facendo uscire l’acqua dalla vasca, sorrise sulle mie labbra.
« È meglio se mi fermo qui »
« Ti conviene essere assolto domani Cullen », dissi sulle sue labbra, lo volevo con ogni fibra del mio corpo.
« Farò il possibile Direttore », mi lasciò un bacio sul collo, che di certo non aiutò il mio precario autocontrollo.
« Delle volte vorrei sparire, rendermi invisibile, mostrarmi a chi voglio. Vorrei chiudere gli occhi e non pensare.. vorrei cenare con te su una terrazza che da sulla città. Vorrei tornare ad essere Bella e non il Direttore », dissi tornando a fissare l’acqua davanti a me.
« Allora chiudi gli occhi.. », si spostò alle ie spalle, prese a massaggiarle, « Siamo in primavera, l’aria è frizzantina e tu indossi un abito a fiori, sorridi, i tuoi occhi sono rapiti dalle migliaia di luci. Le vedi? », avevo chiuso gli occhi, m concentravo solo sulla su voce.
« Si »
« Ti prendo la mano », sussurrò facendo scivolare la sua lungo il mio braccio per raggiungere la mia ed intrecciarle a filo sull’acqua. 
« Il leggero vento della sera ti scompiglia i capelli e tu ami quella sensazione », l’altra mano finì tra i miei capelli, alla base della nuca, prese a massaggiarli e in quell’istante, mentre al di fuori dei vetri New York viaggiava a mille all’ora, mi sentii libera.
 
14 marzo 2019
Mi svegliai avvolta in un morbido asciugamano, le immagini di Edward che mi portava fuori dalla vasca da bagno la sera prima, erano ancora ben vivide nella mia memoria.
Avevo dormito tutta la notte abbracciata a lui, completamente nuda, a separarci solo quel maledetto asciugamano. Non dormivo così da anni.
« Buongiorno » 
« Buongiorno », dissi sulle sue labbra, che lasciarono le mie per avventurarsi sul mio collo, e prima che scendesse, lo fermai. « Dovremmo bloccare questa cosa, sai? Oggi potresti essere assolto e non è consono che Direttore e vicedirettore condividono il letto. Non penso che ai piani alti faccia piacere ».
« Ehm.. fammi vedere, se faccio questo », mi lasciò un bacio sul seno, mal coperto dall’asciugamano, « do fastidio ai pani alti? ».
« Credo di sì »
« Quindi se facessi questo.. », la sua mano prese il bordo dell’asciugamano, i suoi occhi maliziosi sui miei, la sua evidente eccitazione a contatto con la mia gamba.
Era molto probabile che avremmo mandato a benedire le nostre buone intenzioni, se solo la squillante voce di Chloe non ci avesse interrotti, « Papà, Bella! La colazione è pronta! », scoppiai a ridere, Edward sbuffò. Con un colpo di reni salì a cavalcioni su di lui, l’asciugamano scivolò, lasciandomi completamente nuda, sbarrò gli occhi alla vista del mio corpo, mi avvicinai al suo orecchio, « Fatti assolvere e questa notte mando Chloe a dormire da Alice », dissi lasciandogli un lungo bacio, prima di alzarmi per andare vestirmi.
« Grazie era tutto buonissimo », dissi alzandomi da tavola, Chloe aveva fatto dei pancake meravigliosi.
« Sono da sposare », disse Chloe, provocando Edward.
« Sì nel duemila mai », rispose suo padre, non c’era nulla da fare, era irrecuperabile.
« Io devo andare, ci vediamo in tribunale alle tre », mi abbassai e gli lasciai un bacio sulle labbra, davanti ad una Chloe felice.
« Non mancare »
« Per nulla al mondo », dissi facendoli l’occhiolino, lasciai il mio appartamento e raggiunsi il centro operativodell’FBI. L’intera mattinata passò a fare riunioni di qualsiasi genere. Kate mi aveva fatto trovare sulla scrivania la relazione dell’interrogatorio di Sanchez, aveva fatto nomi molto interessanti. Erano una buona base per delle indagini future. All’ora di pranzo parlai con Edward al telefono, era molto fiducioso sull’esito dell’udienza. Mancavano pochi minuti e mi sarei diretta in tribunale, con la relazione sulle indagini dell’FBI sul caso Cullen, come lo avevo rinominato.
« Bella? »
« Dimmi Alice »
« C’è una rapina in corso a 60 Centre St »
« Se ne sta occupando la polizia, vero? », dissi chiudendo la cartellina.
« Si.. solo che i rapinatori per rilasciare gli ostaggi chiedono la tua presenza », guardai l’ora erano le due e trenta, mancava poco meno di mezz’ora all’udienza.
« Sì, va bene..  chiamami Emmett »
Presi un foglio e cominciai a scrivere la mia testimonianza, cercando di ricordare tutte le domande che l’avvocato Stewart mi aveva fatto, firmai e timbrai quel foglio e lo mise all’interno della cartelletta. Non sarei mai riuscita ad arrivare in tempo in tribunale e Edward aveva bisogno della mia testimonianza. Pochi istanti dopo arrivò Emmett, non mi guardava, teneva la testa bassa, « Non mi importa se stai indagando sulla mia squadra, e non mi importa chi te lo sta facendo fare. Però fai parte di questo team, ed io mi fido di te. Va in tribunale, consegna questa cartella al giudice, e fa in modo che Edward ne esca da uomo libero ».
Raggiunsi 60 Centre st, che era stata bloccata dalla NYPD, il senso di colpa per non essere con Edward in quel momento era altissimo, mancavano solo cinque minuti all’inizio dell’udienza.
« Buongiorno direttore »
« Salve.. mi aggiorni », dissi all’agente della polizia che mi faceva strada verso il centro.
« L’edificio ospita una succursale della Deutsche Bank, tra dipendenti e clienti all’interno ci sono cinquanta persone, i rapinatori sono in dieci, il capo è in collegamento telefonico con uno di loro ».
« Grazie », dissi indossando il gilet antiproiettile.
« Direttore Swan », alzai lo sguardo e mi ritrovai Jacob Black davanti, « Capo Black ».
« Non sappiamo chi siano.. ma chiedono di lei in maniera insistente », disse con tono annoiato.
« Bene.. eccomi qui », presi il telefono e feci partire la chiamata, il rapitore rispose immediatamente e avrei risposto anche io se non avessi sentito un dolore allucinante alla base del collo.
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Buonasera fanciulle, tutto bene?
D’ora in poi tutto cambia.. cosa è successo a Bella?
A venerdì
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Capitolo 17
*** East 77th ST - Manhattan NY ***



Dove eravamo rimasti..
Bella decide d passare la serata prima del processo di Edward, da Alice. Il giorno del processo non riesce a recarsi in tribunale per un’emergenza sul lavoro, Jacob Black la vuole per risolvere una rapina.
 
 
CAPITOLO 17
EAST 77TH ST 
MANHATTAN – NY
 
14 marzo 2019
2:58 pm
Guardai l’ora per la trentesima volta, mancavano due minuti e di Bella nemmeno l’ombra, era strano il suo ritardo, mi aveva promesso di esserci. Il tribunale era pieno, non era cosa da tutti giorni assistere al processo di un agente speciale dell’FBI accusato di omicidio. La gente voleva spettacolo, ed io ero l’attrazione principale. La porta alle mie spalle si aprì, doveva essere Bella. Ma non fu lei ad entrare, era Emmett, rosso in viso, come se avesse corso. Tra le mani teneva un cartelletta.
« Avvocato Stewart questa è per lei »
« Dov’è Bella? », domandai, Emmett si limitò a scuotere la testa, sembrava preoccupato.
« Silenzio in aula, etra il giudice George Brown », disse la voce dell’assistente.  Alla mia sinistra la mia ex moglie era seduta dietro l’avvocato Davis e a Melanie Collins, che in quanto Procuratore generale degli Stati Uniti d’America, aveva il dovere di rappresentare la pubblica accusa.
Il giudice presentò l’accusa nei miei confronti, Isabella Stewart si alzò pronta per fare il contro esame, per dimostrare la mia innocenza, ma del Direttore non c’era traccia.
« La difesa è pronta a procedere? »
« Si, vostro onore », l’avvocato si alzò, « La difesa vuole chiamare Julien Morgan Cullen a deporre ».
La mia ex moglie mi guardò con aria di sfida, indossava ancora l’anello di fidanzamento e la fede, io nemmeno ricordavo dove fosse finita la mia. Raggiunse la postazione e prestò giuramento. Pronta a rispondere alla domande del mio avvocato.
« Signora Morgan Cullen », cominciò a parlare la Stewart mentre nell’aula del tribunale si sentiva solo il ticchettio delle sue scarpe, « Così tante vite spezzate.. quella d Jason Pike, quella del povero Arnold Hill, per finire la morte di Alejandro Sanchez ».
« Dove vuole arrivare? »
« È da dicembre del 2018 che il signor Cullen le chiede il divorzio, lei rifiuta e in mia presenza il due gennaio 2019, dice testuale “te ne pentirai”. Sembra il presagio di una vendetta », non avevo mai sentito nessuno più sicuro nel tono di voce di Isabella Stewart, « Arriviamo alla morte di Jason Pike, nessun legame con il mio assistito, tranne uno. Lei. Aveva una relazione con Pike, è corretto? ».
« Sì »
« Molto bene.. Jason Pike viene ucciso tra le dieci e venti e le dieci e trenta a Central Park, contemporaneamente a 3,2 miglia a sud, precisamente al centro operativo dell’FBI, le telecamere riprendono l’addetto alle pulizie Marcus Gomez portare via, per poi successivamente distruggere, i due cartonanti che il mio assistito ha utilizzato quel pomeriggio, assieme a due bossoli. Se mi perette signor giudice vorrei far vedere i filmati di quel cinque marzo » 
« Prego avvocato Stewart »
« Obiezione signor giudice, i filmati potrebbero essere dei falsi », tentò Luke Davis, ma il giudice non era del suo stesso parere, « Respinta », tuonò riportando l’attenzione sul mio avvocato.
Il video mostrava come alle 2:50 del pomeriggio mi fossi recato al poligono e di come Gomez avesse recuperato i miei cartonati, Davis sembrava mordersi il fegato, « Come vi siete procurati questo filmato? Tra l’altro inutile? », disse alzandosi dalla sua postazione. 
« Il Direttore dell’FBI, Isabella Swan ha condotto un’indagine interna sul caso Cullen, per conto ed interesse dell’FBI, come dimostra questo fascicolo, che da veridicità alle mie parole, presenti e future », disse consegnando la cartelletta che Emmett aveva portato in tribunale, ma dov’era Bella? Non era da lei ritardare.
« Prego continui avvocato Stewart », disse il giudice Brown, sfogliando il fascicolo. 
« Jason Pike viene ucciso, l’autopsia condotta dalla dottoressa Leah Swan e dalla matricola Trevor Rich, porta alla luce che la causa della morte sono due proiettili: EC456 e EC457 »
« Signor giudice credo che il caso sia molto chiaro, l’agente Cullen è colpevole e qui dentro stiamo solo perdendo tempo »
« Ancora un’interruzione avvocato Davis, e mi vedrà costretto ad allontanarla dall’aula », rispose severo il giudice.
« Stranamente quei proiettili sono il continuo dei diciotto spari che l’agente Cullen ha fatto al poligono, dove l’agente Alice Brandon ne ha recuperati sedici. Marcus Gomez, come può leggere nella testimonianza fornita all’FBI, afferma di aver preso i due bossoli più recenti », l’avvocato camminava sicura davanti al giudice, gli occhi della mia ex moglie, furiosi sulla figura del suo di avvocato.
« E di averli lasciati all’entrata di Central Park, dove alle 10:45 pm un uomo, meglio identificato come Alejandro Sanchez ha recuperato una bustina, come dimostrato dalle immagini a pagina ventitré dell’indagine dell’FBI »
« È il soggetto rimasto ucciso durante un’operazione dell’FBI? », domandò il giudice. 
« Esattamente » 
« Molto bene, questo come si collega alla presenza della signora Morgan Cullen a deporre? »
« Il signor Sanchez quella sera stessa intorno alle 11pm, consegna una busta del McDonalds alla matricola Trevor Rich, che come sappiamo ha condotto l’autopsia di Pike », l’avvocato si fermò davanti a Julien che non nascondeva il suo nervosismo, « Lei signora Morgan Cullen conosceva Alejandro Sanchez? ».
« No! », rispose decise.
« Strano, visto che il giorno in cui l’agente Cullen viene arrestato con l’accusa di omicidio, da un suo conto corrente alle Barbados parte un bonifico di mezzo milione di dollari a favore del conto corrente 1920RX con sede ad Hong Kong », il numero di quel conto corrente lo aveva trovato Alice tra i disegni, nascosto tra i petali di un’orchidea, stemma di Hong Kong, « Riconducibile ad Alejandro Sanchez ».
« Non ho mai visto quell’uomo in vita mia »
« Obiezione, vostro onore, l’avocato Stewart sta processando la vittima », obiettò Davis.
« Il mio cliente è la vittima! », ribatté il mio avvocato.   
« Spero che abbia le prove di quello che dice », disse il giudice.
« È tutto nel fascicolo che il direttore dell’FBI le ha fatto avere » 
« No », Julien stava crollando, era stata lei, ma l’unica domanda a cui volevo rispondesse, era perché? C’era qualcosa di più del nostro divorzio.
« In aula qui presente c’è Trevor Rich, che è pronto a testimoniare di aver ricevuto minacce alla sua famiglia da parte sua, signora Morgan Cullen! », Bella lo aveva interrogato durante l‘indagine sul reparto di medicina legale della NYPD. 
« Non è possibile! », quasi urlò Julien, il suo castello di bugie stava crollando.
« E dirà che è stato lui a sostituire le pallottole che hanno ucciso Pike con quelle della pistola dell’agente Cullen »
« Obiezione! », tentò Davis, ma la Stewart era più che decisa ad andare avanti.
« Respinta »
« E dirà che ha distrutto nell’acido quelle originali, come da lei richiesto », il tono del mio avvocato si stava alzando, ma rimaneva comunque fermo e deciso.
« Io non c’entro niente » 
« Non è quello che dirà » 
« Jason Pike è stato ucciso dalla pistola di Edward Cullen davanti a me! », si era data la mazza sui piedi da sola, lei per quella sera aveva un alibi molto forte.
« Cosa ha detto? », chiese l’avvocato, si sentiva una nota di divertimento nella sua voce.
« Ero lì »
« No, lei non era lì,  era a Broadway a godersi un altro spettacolo », vidi Julien deglutire, non aveva nessuna via di scampo, « La pistola di Edward Cullen è rimasta chiusa nella sua cassaforte per tutta la notte, come dimostrano le prove, quindi la mia ipotesi è questa », l’avvocato si avvicinò a Julien, « Lei ha pagato Alejandro Sanchez per uccidere Jason Pike, minacciato Trevor Rich, tutto questo per incolpare il suo ex marito », disse l’avvocato tornando a sedersi accanto a me. 
« Obiezione »
« Respinta! I fatti mi sembrano molto chiari. Le sue richieste avvocato Stewart? » 
« La difesa chiede che l’agente Cullen venga prosciolto da ogni accusa e reintegrato all’FBI », non volevo risarcimenti, se non il rimborso delle spese processuali, l’unica mia volontà era quella di ritornare a fare il mio lavoro.
« Procuratore Collins? »
« Nessuna obiezione vostro onore », disse Melanie Collins.
« Il fascicolo e la testimonianza del Direttore Swan sono molto completi », non riuscivo a leggere le emozioni del giudice, era impassibile, poi prese la sua decisone, « La dichiaro innocente agente Cullen e libero da qualsiasi accusa. Così è deciso! », il giudice sbatté il martello. Quel maledetto incubo era finito.
« Grazie avvocato », strinsi la sua mano, ma il giudice richiese nuovamente la sua attenzione, « Nel fascicolo del direttore Swan è presente anche la richiesta di divorzio che lei signora Morgan Cullen si rifiuta di firmare, affermando tra l’altro il contrario, quindi le chiederei la sua firma, in mia presenza », sorrisi, l’asso nella manica di Bella, mi sorprendeva anche quando non c’era.
Julien prese i fogli e firmò, ero libero anche a lei.
Luke Davis si avvicinò, « Bell’arringa », disse sfrontato, la sconfitta gli bruciava.
« Mentirei se non ti dicessi che è stato uno dei momenti più belli della mia carriera », disse fiera il mio avvocato, mettendo via le sue cose.
« Papà! », mi voltai verso mia figlia che sorrideva felice, avevo avuto così tanta paura per lei, e finché Julien sarebbe rimasta in libertà ne avrei avuta.
« È tutto finito amore mio », le dissi abbracciandola. Lei era la mia forza. Emmett, davanti a noi parlava con qualcuno al telefono, il suo volto sbiancò, trasformandosi in marmo, « Certo.. a dopo », disse in un sussurro.
« Che succede? », domandai preoccupato, avevo il sentore che qualcosa sarebbe andato storto.
« Hanno sparato a Bella », poche parole, ma che ebbero la capacità di far svanire tutta la felicità che avevo provato nel momento in cui il giudice mi aveva dichiarato innocente.
« Lei è.. », non poteva esistere un mondo in ci lei non c’era, non l’avrei accettato, lei non poteva, non riuscivo nemmeno a pensare a quella possibilità.
« No, la stanno operando al Lenox Hill Hospital, ma è grave », non avevo mai visto Emmett così preoccupato, era viva, non importa quanto grave fosse, era viva. 
« Mio marito lavora lì.. andiamo », disse l’avvocato e come un automa la seguii, Chloe mi stringeva forte la mano, dandomi forza. « Andrà tutto bene papà », mi sussurrò uscendo dall’aula del tribunale, solo in quel momento notai mia sorella Liz con suo marito Philip, erano seduti tra i civili, quando erano arrivati?
« Dove scappi? Non sei felice di vedermi? », disse abbracciandomi.
« Liz.. non è il momento. Devo andare.. grazie per essere venuta », ci eravamo sentiti al telefono nei giorni precedenti, le avevo chiesto di non venire a trovarmi, avevo paura che qualcuno la notasse e le facesse del male.
La sala d’attesa era vuota, l’unica persona seduta su una scomoda sedia di plastica era il capo della NYPD, Jacob Black, che alzò il capo appena ci vide, il suo completo era completamente sporco di sangue, non ci vidi più, lasciai la mano di Chloe e mi accanii contro di lui, « Che cazzo lei hai fatto? », urlai prendendolo per il colletto della camicia.
« Edward fermati! », le possenti braccia di Emmett mi staccarono da Black.
Lo guardavo con odio, lui ricambiava, « Cosa è successo? », chiese con più calma nella voce Emmett.
« L’ho chiamata per risolve una rapina, appena si è avvicinata a me qualcuno le ha sparato al collo, le ho fatto da scudo beccandomi il secondo colpo  sulla schiena », per questo non era venuta in tribunale? Per risolvere una rapina?
« Si è fatto male? » 
« No.. il gilet antiproiettile ha fatto il suo lavoro agente McCartney », mi sedetti, in un colpo avevo perso tutte le forze. 
Tre ore, di non vita, i medici entravano ed uscivano da quella maledetta sala operatoria, ma nessun diceva nulla, la madre e la sorella di Bella ci avevano raggiunti, erano disperate. Il padre era irraggiungibile, probabilmente impegnato al Pentagono.
Emmett era tornato al centro operativo, avrebbe fatto le mie veci, io non ero nella condizione fisica e mentale di portare avanti la sede dell’FBI.
« Amore? Che ci fai qui? », disse un medico uscendo dalla sala operatoria, « Conosco la tua paziente.. come sta? », disse l’avvocato avvicinandosi, probabilmente quel medico era suo marito.
« Buona sera, sono il dottor Edward Masen. Siete i parenti? », chiese rivolgendosi a noi.
« Siamo la madre e la sorella », rispose Renèe, era la prima volta che la vedevo. Bella mi aveva detto solo che insegnava alla Columbia.
« Non è stata un’operazione semplice, Isabella è davvero forte, il colpo ha reciso la carotide, bloccandosi sulla parte superiore dello sterno da cui è stato estratto », cominciò a spiegare, « Ho ricostruito la carotide e chiuso i tessuti lacerati, ma Isabella ha perso molto sangue, il cervello non ha ricevuto ossigeno per qualche secondo, quindi non sappiamo i danni cerebrali che ha riportato », il mio respiro era spezzato, non riuscivo a buttare giu l’aria nei polmoni, faceva dannatamente male.
« Quando si sveglierà? »
« Non lo sappiamo.. è in coma. Questo per il momento è un bene, in quanto da tempo al corpo di assorbire il trauma », spiegò il dottor Masen. 
« Ma si sveglierà, vero? »
« Dipende tutto da sua figlia » 
« Possiamo vederla? », chiese la signora Swan.
« Una persona alla volta », il dottor Masen fece strada alla madre di Bella, le porte si chiusero alle loro spalle, io non ero nessuno per lei, non mi avrebbero mai permesso di vederla.   
« Se mia sorella lotta tra la vita e la morte è colpa tua! », Leah mi si avvicinò, stringeva i pugni, stetti in una morsa che le avrebbe lasciato sicuramente il segno.
« Lo so », era da quando avevo messo piede in ospedale che avevo quel brutto presentimento, le avevano sparato per impedirle di venire da me. Dovevo capire chi era stato e ucciderlo con le mie stesse mani. Non mi importava di finire i miei giorni in un carcere federale.
« Papà, Bella non vorrebbe questo.. promettimi che non farai cazzate », mia figlia era più adulta e matura di me, ma come potevo farle una promessa che io stesso sapevo di non mantenere. 
« Chloe »
« Papà, giura », era seria, i suoi occhi così simili ai miei, non potevo deluderli, « Va bene ».
« Scopri chi è stato, non vedo l’ora di fare un’autopsia sul suo corpo », Leah uscì dalla sala d’aspetto. 
« Ti ho appena tirato fuori dai guai, o meglio Bella lo ha fatto, chiederò a mio marito di fartela vedere »
« Non sono nessuno per lei », almeno a livello legale.
« Tu per lei sei molto di più di quello che pensi », disse l’avvocato sistemandosi le pieghe del tubino nero che aveva indossato per l’udienza, « Essere la moglie del primario di chirurgia ha dei vantaggi », mi fece l’occhiolino e sparì dietro la porta da dove era uscito suo marito.
« Ha ragione », disse mia figlia sedendosi accanto a me, rimanemmo in silenzio per  un tempo indeterminato. Ero ansioso di uscire da quel maledetto ospedale per ridurre in cenere il responsabile, ma il desiderio di vedere Bella, di assicurarmi che ci fosse, era più forte.
« So cosa si prova a vedere la persona che ami su un letto d’ospedale », il dottor Masen rivolse lo sguardo a sua moglie e sorrise debolmente, chissà cos’era successo nelle loro vite, «  Perciò puoi entrare, anche se non ne hai l’autorizzazione ».
Il dottore aveva parlato di amore, amavo Bella? Non lo sapevo, non avevo mai provato amore nella mia vita se non quello per la mia famiglia o per mia figlia, ma mai per una donna. Non ero mai stato innamorato, nemmeno della mia ex moglie, l’avevo sposata in una notte folle a Las Vegas, convincendomi che il mio affetto fosse amore. Come mi sbagliavo. Amavo Bella e non me ne ero accorto. Amavo la sua indipendenza, la sua forza, la sua leadership, la sua dolcezza e il suo senso dell’umore. Amavo che mi chiamasse per cognome la maggior parte delle volte, come se mi volesse infastidire, le piaceva provocarmi. La amavo e me ne accorgevo mentre intubata giaceva su un letto d’ospedale.
Era pallida, i suoi lunghi capelli color mogano ricadevano sulle spalle, non c’era più rossore nel suo viso, l’unico tocco di colore era lo smalto rosso sulle unghie, l’avevo presa in giro per tutta la durata della nostra colazione, quella stessa mattina. Mi sembravano passati anni.
Le sfiorai una mano, era gelida, « Torna da me », le dissi baciandole le dita. Lei, ovviamente, non rispose, era immobile, sembrava che dormisse. Quante volte l’avevo stretta forte a me in quelle notti? Senza rendermi conto della fortuna che avevo. 
Le lasciai un bacio sulla fronte ed uscii da quella stanza d’ospedale, promettendomi che avrei arrestato chiunque fosse coinvolto, « Grazie », dissi al mio avvocato, lei sorrise ed uscì dalla sala d’aspetto. 
« Devi organizzarmi quella serata in terrazza », dissi a mia figlia mentre un’auto della NYPD ci portava al centro operativo.
« Andrà bene », disse appoggiando il capo sulla mia spalla. Mi lasciai rapire dalle luci di New York, mentre mia figlia si addormentava accanto a me.
« Tesoro, siamo arrivati », le dissi quando la macchina della NYPD si fermò davanti alla sede dell’FBI. 
« Ben tornato agente Cullen »
« Grazie.. Newton ora puoi anche tornare ad ignorarmi », dissi salutando tutti per recarmi da Alice, Bella mi aveva detto di non fidarmi di nessuno, avrei seguito il suo consiglio. 
« Edward! », Alice mi abbraccio calorosamente, « Come sta Bella? », domandò preoccupata, sul viso si notavano i segni del suo pianto. 
« È stabile, ma è in coma », riposi sedendomi su uno sgabello, « Puoi chiamare Black? Voglio sapere come è andata ».
« Certo » 
« Papà sta chiamando nonno Carlisle e anche mamma ha chiamato prima »
« Passami pure il telefono », i miei genitori avevano insistito più volte per venie a New York, ma come per Liz, anche per loro avevo paura e mi ero rifiutato, promettendo che gli avrei tenuti informati su tutto. 
« Papà? »
« Figliolo, come stai? »
« Bene », mentii, come gli spiegavo che la donna che amavo rischiava di non sorridermi più?
« Se hai risposto al telefono vuol dire che il processo è andato bene? » 
« Sì, è andato bene. Ora.. saluta mamma, devo andare », dissi chiudendo la telefonata, « Chiama tua madre e dille che è andato tutto bene e che tra qualche giorno torni a casa », il volto di Chloe si rabbuiò, non capivo.
« Io non voglio tornare a Washington, voglio restare qui, con te », non avevo mai vissuto con mia figlia, anche se le nostre case sono sempre state vicine, spesso addirittura nello stesso pianerottolo. 
« Chloe è pericoloso », cercai di persuaderla, ma aveva preso da me, non si sarebbe arresa facilmente.
« Pensi che Washington sia il posto più sicuro al mondo? », non era il posto a metterla in pericolo, era il mio maledetto lavoro.
« Mamma non sarà felice di questo », Linda e Chloe erano un’unica cosa.
« Lo accetterà, lei ora ha la sua famiglia ed io voglio vivere con il mio papà. Avrò pur voce in capitolo », io e sua madre non avevamo mai discusso su chi dei due dovesse tenere la bambina, non avevamo mai messo di mezzo tribunali e avvocati, andavamo d’accordo, ma ora Chloe era grande, era suo diritto decidere con chi stare. 
« Va bene.. ne parlerò con tua madre », mi arresi e lei riprese il suo telefono.
« Black è già per strada, sarà qui nell’arco di dieci minuti »
« Chloe.. », non volevo che mia figlia fosse coinvolta nelle indagini, ma non ero sicuro nel mandarla a casa.
« Nel mio ufficio, non c’è nessuno, vai pure li », le disse Alice ed io non seppi come ringraziarla, mia figlia prese la sua borsa e si chiuse la porta alle spalle. Dalla vetrata potevo controllarla e assicurarmi che stesse bene.
« Ho recuperato i filmati delle telecamere di sicurezza e di quelle della polizia. Colui che ha sparato a Bella si trovava al sesto piano di questo edificio », disse Alice portandomi davanti alla galleria di schermi, dove normalmente c’erano i disegni. 
« Fai partire il filmato », dal video si vedeva Bella scendere dalla macchina dell’FBI e parlare con un agente della polizia, poco dopo si avvicinò a Black e due secondi dopo era accasciata a terra, mentre Black le faceva da scudo. Quell’immagine mi fece contorcere lo stomaco, da una delle telecamere si vedeva espandersi il sangue dal collo di Bella, mentre Black cercava in tutti i modi di fermare l’emorragia, lui l’aveva salvata.
« Con Alice mi sono recato nell’esatto punto dove il cecchino ha sparato », Emmett era appena entrato nel laboratorio, « Bentornato vicedirettore.. mi dispiace per il mio comportamento».
« Bella si fida di te, non vedo motivo per cui non debba farlo anche io », Emmett mi pose la sua mano, la strinsi con sicurezza. « Cosa avete trovato? », domandai tornando a concentrarmi sulle indagini. 
« Ha fatto un lavoro pulito, niente bossoli usati, ha evitato i punti ciechi delle telecamere, niente impronte se non questo », disse Alice mostrando una lettera dell’alfabeto greco scritta sul vetro polveroso della finestra da cui aveva sparato.
« È lambda? », chiesi per sicurezza, Alice annuì.
« Inserisci lambda nel database delle indagini dell’FBI », disse Emmett, ed allora capii anche io, se era quello che pensavo, non l’avremmo mai catturato. 
« Il Greco », dissi in un sussurro, mentre sullo schermo davanti a me comparivano decine di finestre con quel segno, era il suo marchio di fabbrica, « Se è lui, non abbiamo niente », quell’uomo era introvabile.
« Non proprio, se cerchiamo tra i disegni lambda compare in A1, dentro questo logo »
« Sei riuscita a capire a cosa appartiene? », domandai riportando tutta la mia attenzione su Alice.
« È il logo di un’azienda di trasporti del Wisconsin, la Borison Ltd, il proprietario è un certo Stephen Borison, fedina pulita », poteva essere quell’uomo il famoso Greco? L’uomo ritratto nella fotografia aveva sessantacinque anni e l’aria di chi non è mai uscito dal Wisconsin. 
« Puoi controllare se ha preso l’aereo tra ieri e oggi? », chiesi ad Alice per togliermi ogni dubbio. 
« Non risulta niente », come sospettavo.
Le porte del laboratorio di Alice si aprirono, rivelando la presenza di Newton, « Vicedirettore Cullen, il capo della polizia è qui », Jacob Black si fece strada ed entrò, Alice aveva fatto sparire ogni disegno dagli schermi.
« Mi dispiace per quanto successo al Direttore.. sono qui per collaborare »
« Mi fa piacere capo Black.. ha qualche informazione? », la sua camicia non era più macchiata di sangue, il suo pronto intervento l’aveva salvata, gli dovevo la vita della donna che amavo e questo bastò per farmelo piacere e non prenderlo a pugni per come mi aveva trattato il giorno del mio arresto. 
« Siamo riusciti a rintracciare una macchina che è uscita dal palazzo dove si è nascosto il sicario, alle 2:59 pm, esattamente un minuto dopo gli spari », mi spiegò mostrandomi delle immagini delle telecamere di sicurezza.
« Dove si è diretta la macchina? »
« I miei agenti l’hanno trovata in fiamme a due miglia dal JFK International Airport, è risultata rubata », spiegò Black, non era molto quello che avevano ma dava un indizio importante, il killer aveva probabilmente preso un aereo. 
« Alice in nessun video si vede il volto, giusto? », il Greco era un professionista, sapeva come nascondersi e non lasciare tracce. 
« Voi avete trovato qualcosa? », chiese Black osservando con attenzione gli schermi del laboratorio di Alice, decisi di non esporre troppo le nostre indagini, « Abbiamo un legame con il Wisconsin », dissi non specificando come l’avessimo ottenuto. Il dossier disegni era top secret. 
« Non aiuta molto »
« Io credo di sì », intervenne Alice, « Se l’auto in fiamme è stata trovata a poche miglia dall’aeroporto si presuppone che il killer abbia preso un aereo ».
« Controlla i voli che partono da New York per il Wisconsin », chiesi alla mia collega, avevo un’idea in mente, mi sembrava alquanto folle, ma per il momento era l’unica pista che potevamo seguire.  
« Non ci sono voli diretti, solo tramite scali ed uno è partito oggi alle 5:29pm, lo scalo avviene a Detroit dove si prende il volo per Milwaukee nel Wisconsin », spiegò Alice. 
« Riesci a risalire alla lista dei passeggeri? »
« Merito un po’ più d fiducia da parte tua Cullen », disse smanettando sul computer, trenta secondi dopo sullo schermo comparvero le liste dei passeggeri dei due voli, « Adesso escludo i passeggeri che non hanno preso il secondo volo e quelli che non hanno preso il primo », sorrisi Alice aveva capito quello che volevo fare, filtrando in questo modo la lista avremmo avuto i nomi di chi è partito da New York con destinazione il Wisconsin. 
« Abbiamo  cinquantadue passeggeri che hanno preso il volo al JFK e raggiunto Milwaukee »
« Escluderei i cinque bambini, le due donne incinte e le dodici persone over settanta », dissi guardando i volti di cinquantadue sconosciuti.
« Agente Brandon, può controllare se tra questi passaporti ci siano dei falsi? », ottima intuizione quella di Black.
Alice fece partire la ricerca, passarono sotto una striscia verde tutti i volti, solo uno venne evidenziato di rosso, un certo Alex Taylor, era un uomo possente, dalla barba lunga e senza capelli, non aveva l’aria di uno spietato cecchino. 
« Guarda tra i dipendenti di quell’azienda di trasporti », suggerii.
La fotografia di Alex Taylor combaciò perfettamente con la foto del pass di sicurezza di uno dei dipendenti, « Alexios Giannopolis, nato a Wausau, Wisconsin, il dodici ottobre del settantasei, da una famiglia di  origini greche », era lui.
« Emmett fa preparare il Jet, domani mattina partiamo per il Wisconsin », avrei preso quell’uomo vivo, lo avrei consegnato alla giustizia, anche se avrei preferito torturarlo fino a che lui stesso non mi avesse chiesto di porre fine alla sua inutile vita.
« Vicedirettore, ho visto in agenda che domani è previsto un volo per il Wisconsin, posso unirmi? », mi domandò Newton entrando nell’ufficio di Bella, avrei voluto tenere l’operazione segreta, ma mi era impossibile.
« Siamo al completo Newton, e servi qui al centro operativo », lo liquidai, si chiuse la porta lasciandomi solo in quel maldetto posto, mi faceva male stare li, c’era ancora il suo profumo nell’aia, se chiudevo gli occhi la vedevo ancora seduta alla sua scrivania. Dove pesto sarebbe tornata, perché lei era forte e non mi avrebbe abbandonato. Presi posto alla sua scrivania e compilai i moduli per la missione dell’indomani, mi sentivo fuori posto quello era compito di Bella.
« Avanti », risposi al bussare alla porta di vetro, il procuratore generale degli Stai Uniti, Melanie Collins, entrò, sorrideva, « Mi fa piacere vederla di nuovo nel suo ambiente agente Cullen », disse sedendosi davanti a me.
« In questa busta ci sono il suo distintivo e la sua arma d’ordinanza. Bentornato».
« Grazie », allungai la mano per prendere la busta di plastica.
« Dovere », si alzò lisciandosi le pieghe del tailleur grigio chiaro, « Le dona questo ufficio, ma non ci si affezioni », c’era sarcasmo nella sua voce. Pensava per caso che mi piacesse stare li? Non poteva sbagliarsi di più.
« Non si preoccupi, tornerà presto nelle mani del Direttore »
« Certamente, buona serata », si chiuse la porta alle spalle, era strana quella donna. Così altezzosa e fiera della sua posizione, tutto il contrario del mio Direttore. 
 
______
Buonasera care fanciulle, tuto bene? Come procede l’estate, qui da me si muore di caldo.
Ditemi tutto quello che pensate, vi è piaciuta la nuova narrazione? E Bella tornerà?
State attente agli indizi, questo capitolo è pieno.
Alla prossima.
Alma 
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Capitolo 18
*** South Big Lake RD - Three Lakes WI ***




Dove eravamo rimasti..
È il giorno del processo, l’avvocato Stewart con un’impeccabile arringa mette alle strette Julian e fa scagionare Edward. Bella non si presenta all’udienza, è rimasta gravemente ferita durante una missione ed ora è in coma. Edward prende il controllo della sede dell’FBI e si mete sulle tracce del sicario che ha sparato al direttore.
 
CAPITOLO 18
SOUTH BIG LAKE LOOP RD
THREE LAKES WI
 
15 marzo 2019
Non avrei permesso a quel pezzo di merda di scappare da me, lo avrei preso con le mie stesse mani, il Greco e colui che lo aveva assunto avrebbero pagato per quello che avevano fatto a Bella.
« McCartney? », domandai guidando verso Madison, eravamo atterrati all’aeroporto di Milwaukee un’ora prima e ci eravamo separati.
« Come previsto, Alexios Giannopolis ha abbandonato la sua abitazione, ha preso la sua macchina e qualche vestito », mi rispose Emmett all’auricolare. In quel momento si trovava a casa del Greco con Pearson, il secondo di Black, si fidava di lui ciecamente, e visto che eravamo in pochi avevo acconsento alla sua presenza. 
« Perfetto.. raggiungetemi », terminai la chiamata. 
« Quindi si procede con la seconda parte? »
« Si » 
« Pensi che.. » 
« Ascoltami.. sei qui perché ho la squadra ridotta all’osso,  non dobbiamo essere amici », dissi tornado a concentrandomi sulla strada. Non avevo voglia di parlare con nessuno.
Avevo chiamato il dottor Masen per sapere delle condizioni di Bella, ma nulla in poche ore era cambiato, era stabile, ma non respirava autonomamente. La sua vita era legata ad un filo e l’unica cosa che potevo fare per lei era arrestare colui che l’aveva ridotta così.
« Brandon? »
« Il Greco è uscito dall’aeroporto alle 9:30 pm ora locale, le 10:30 di New York, ha preso un taxi per la propria abitazione e spento il cellulare alle 10 », queste informazioni Alice le aveva ottenute da Paul Parker, un investigatore privato che la mia collega aveva contattato fingendosi la moglie di Giannopolis.
 
14 marzo 2019
Melanie Collins aveva appena lasciato l’ufficio di Bella, Edward era distrutto il suo pensiero era costantemente rivolto alla donna che combatteva tra la vita e la morte in un letto d’ospedale. Quella sarebbe dovuta essere la loro serata, avrebbero passato la notte assieme ad amarsi, invece si ritrovava nel suo studio da solo a pianificare l’operazione del giorno dopo.
« Posso? »
« Entra pure », disse Edward allontanatosi dalla scrivania del Direttore, Alice si chiuse la porta alle spalle, in mano teneva una specie di vecchia radio.
« Che cos’è? »
« È un disturbatore.. ho la sensazione che qualcuno ci stia ascoltando », rispose il capo dell’area informatica dell’FBI.
« Siamo arrivati a questo? »
« Le hanno sparato.. non mi fido di nessuno. Prima non ne ho parlato in laboratorio », Alice si sedette alla scrivania, « L’aereo del Greco atterra tra dieci minuti all’aeroporto di Milwaukee ».
« Se è ancora in volo possiamo bloccarlo e chiedere all’FBI di.. », Alice scosse la testa, « No.. credo che coinvolgere altri agenti sia rischioso. L’FBI sta cambiando, ci sono agenti corrotti l’indagine di Emmett non è campata in aria », spiegò lei. Edward si sentì impotente, erano soli.
« Per questo ho pensato di contattare qualcuno al di fuori dell’FBI »
« Chi? »
« Ho chiamato un investigatore privato di Madison, gli ho detto di essere la moglie di Giannopolis e che avevo il sospetto che mio marito si trovasse in Wisconsin »
« Che cazzo hai fatto? », come si era permessa Alice di coinvolgere un civile?
« È un ex Marines.. adesso si trova all’aeroporto di Milwaukee e lo seguirà a debita distanza fino al nostro arrivo domani », spiegò Alice.
« Potrebbe essere compromesso »
« È la nostra unica possibilità »
« Dovremmo partire subito, tu rimani qui con mia figlia », Alice annuì, andò a chiamare Black e McCartney, un’ora dopo i tre uomini e un agente fidato della polizia erano a bordo del Jet. 
 
« Parker lo sta seguendo mantenendo una distanza di sicurezza di circa due miglia », Alice aveva hackerato il sistema GPS dell’auto dell’inconsapevole investigatore privato, così lo stavo seguendo, ma ero lontano, il Greco aveva circa tre ore di vantaggio.
« Perfetto.. Chloe come sta? »
« Dorme », Alice ci stava seguendo dall’ufficio di Bella, al momento mi sembrava il posto più sicuro, dove tenere mia figlia.
Nessuno all’FBI sapeva della nostra partenza anticipata, all’aeroporto avevo fatto valere la mia posizione di vice direttore per far partire prima il Jet.
« Vuoi che guidi io? », si propose Black, scossi la testa, guidare mi permetteva di deconcentrarmi dal pensiero fisso di Bella, stare fermo senza fare nulla mi avrebbe fatto solo impazzire. 
« No », dissi mentre il volto di Bella tornava prepotente davanti ai miei occhi. 
« Spero di non essere arrivato tardi »
« Hai fatto quello che potevi », risposi accelerando, ero ad oltre 160 km/h, erano le due di notte e non c’era nessuno per strada. 
« Edward? »
« Dimmi »
« Parker mi ha appena telefonato, il Greco ha lasciato la macchina nel parcheggio di un mini market all’incirca dieci minuti fa »
« Ottimo mandami la posizione e manda questo Parker a casa, ha già rischiato abbastanza »
« Già fatto », disse la voce squillante di Alice, poco dopo un bip del telefono mi avvisò dell’arrivo del messaggio.
« Black controlla tu per favore », gli dissi dopo aver sbloccato il telefono, volevo evitare un incidente.
« Si è fermato vicino a Three Lakes a 180 miglia da qui » 
« Sono ancora più due ore di viaggio.. Alice cosa c’è nell’area in cui si è fermato? »
« Sei ai confini della Northern Highland American Legion State Forest, quindi hai solo boschi e laghi per centinaia di miglia »
« Ho trovato un testa d’orso nella sua casa, probabilmente è un cacciatore », la voce di Emmett arrivò all’improvviso, mi ero dimenticato che fosse costantemente in collegamento con me.
« Aspetta un attimo », si sentiva chiaramente il rumore della tastiera di Alice, « A nove miglia da dove ha abbandonato l’auto c’è un rifugio anti orso che ha prenotato dice volte negli ultimi sette mesi ».
« Ottimo lavoro Brandon », lo avevamo in pugno, « Faremo un po’ di trekking », dissi accelerando sulla strada deserta.
« Cullen »
« McCartney »
« Volevo dire che non ho mai pensato che Bella fosse corrotta o che tu fossi colpevole.. ho solo eseguito gli ordini di chi sta più in alto di me »
« Hai fatto il tuo lavoro »
« Ho perso la fiducia della mia squadra »
« Bella si fida di te ed anche io »
« Grazie »
« Un’ultima cosa.. poi il discorso finisce qui », presi un profondo respiro, « Chi ti ha commissionato l’indagine? ».
« Melanie Collins », rispose. Perché il procuratore generale degli Stati Uniti aveva commissionato un’indagine sulla nomina di un direttore che lei stessa aveva scelto?
« Alice segna la missione come fallita sui computer dell’FBI », era l’unico modo per cercare di anticipare le mosse di chi ci stava tradendo. 
Erano tante le domande e troppo poche le risposte, perseguii il viaggio senza dire più nulla, Black al mio fianco si limitava a commentare lo stato della strada, ma il mio pensiero era fisso  alla donna che stava a 1200 miglia lontana da me.
Verso le cinque del mattino, quando ancora il sole faticava ad uscire fuori, raggiungemmo il parcheggio del mini market dove il Greco aveva lasciato la sua auto.
Il posto si trovava al margine della foresta, che a causa del buio della notte risultava inquietante. 
Il rifugio anti orso era a nove miglia in linea d’aria da quel parcheggio e dalle mappe risultava raggiungibile solo a piedi. 
« Dobbiamo proseguire a piedi », dissi a Black scendendo dalla jeep. 
« Aspettiamo i rinforzi », mi rispose guardando timoroso verso la foresta, sorrisi sarcastico, « Hai paura? », lo presi in giro mettendomi il gilet antiproiettile. 
« No! », rispose prendendo le torce e le armi dalla macchina.  
« Molto bene, se vuoi rimanere ad aspettare Emmett fa pure, io vado », lo vidi alzare gli occhi al cielo, mi passò la mia torcia ed assieme ci avviammo verso la foresta. 
« Voglio esattamente quello che vuoi tu », mi disse raggiungendomi.
« Allora non fiatare e cammina », nessuno dei due parlò per la successiva mezz'ora, la luce del sole cominciava a filtrare debole tra le foglie delle conifere, ma l’alba sembrava ancora lontana, il terreno era abbastanza compatto, probabilmente erano giorni che non pioveva.
« Guarda qui», Black indicò un’impronta mal nascosta, ad occhio sembrava appartenere ad una scarpa da uomo numero 45, coincideva perfettamente con le informazioni che avevamo su di lui.
« Ottimo, su mancano ancora 5 miglia »,  cominciava ad albeggiare e questo rendeva più facile la camminata, resa difficoltosa dalla presenza di rami e radici sul terreno.
Non era semplice camminare attraverso la foresta, che piano piano si stava risvegliando, eravamo armati e preparati entrambi, ma stavamo comunque andando verso un cecchino professionista, conosciuto in tutto il mondo e mai preso da nessuno. Tutte le nostre ricerche e ipotesi erano perlopiù campate in aria. Non avevamo la certezza che fosse lui, probabilmente stavamo seguendo la pista sbagliata mentre il vero cecchino se la spassava in qualche spiaggia caraibica. 
« Manca meno di mezzo miglio », dissi a Black, da quel momento in poi dovevamo stare ancora più attenti, « Fermo! », lo bloccai giusto in tempo, a venti centimetri dal terreno c’era un filo di metallo, legato a due alberi, muovendomi verso ovest notai che continuava. Era un sistema per avvisare dell’arrivo dei orsi, o molto più probabilmente il Greco ci stava aspettando.
« Usciamo dal sentiero, tu controlla i rami in alto, io davanti », dissi preparando l’arma, Black fece come detto. Proseguimmo in silenzio, stando attenti a qualsiasi rumore, dopo poche decine di metri intravidi il rifugio, era una piccola casetta dalla forma quadrata, dalle pareti in legno e con un piccolo portico a sud. Si trovava la centro di una radura. Eravamo in pochi, Emmett era ancora ad un’ora di cammino da lì, ma dovevamo agire in fretta. Feci segno a Black di fare il giro  per trovarsi esattamente dalla parte opposta rispetto a me, ci saremmo coperti le spalle a vicenda così
« Black.. fa attenzione »
« Altrettanto »
Presi il binocolo e guardai in direzione del rifugio, niente pareva muoversi, « Sono in posizione », mi disse Black, comunicavamo via radio.
« Raggiungi la parete nord.. sta basso io ti vengo incontro », ordinai uscendo con cautela dalla protezione della foresta. La vegetazione era abbastanza alta, ma non mi copriva, l’erba arrivava al bacino, perciò mi abbassai il più possibile. Il sole cominciava ad alzarsi ed io e Black predavamo il vantaggio del buio. 
Lo sguardo fisso al rifugio, nulla cambiava, d’un tratto la porta si aprì, mi abbassai, ne uscì un uomo robusto, tra le mani teneva un fucile da caccia. Si osservava attorno, senza muoversi tanto dal piccolo portico del rifugio.
« È lui », dissi più a me stesso che a Black.
« Lo hai sotto tiro? » 
« Sì », potevo sparare in qualsiasi momento, non ero un cecchino, ma avevo un’ottima mira. Potevo ucciderlo, ma non lo avrei fatto, avrei tenuto fede al mio giuramento. 
« Cosa stai aspettando? Spara! » quasi urlò Black.
« Non posso.. non finché non spara lui », lo avrei solo fatto in caso di pericolo. 
Alle mie spalle si mosse qualcosa, mi voltai in tempo per vedere un orso adulto uscire dalla foresta, mi dovetti spostare con cautela per non farmi vedere, ma il fruscio dell’erba catturò l’attenzione del Greco, sparò in mia direzione, il colpo arrivò a dieci centimetri dalla mia gamba, sparò nuovamente e colpì l’orso. 
« Cullen? »
« Sto bene » 
 Il Greco sparò nuovamente in mia direzione, mi aveva individuato, « FBI mani in alto! », urlai sparando in sua direzione, schivò il colpo. Continuò a sparare verso di me, cominciai a spostarmi verso est, « Black crea un diversivo! », urlai evitando l’ennesimo colpo.
Il capo della NYPD cominciò a sparare in aria, il Greco mi diede le spalle puntando l’arma verso nord, Black era uscito allo scoperto, il Greco prese la mira, ma fui più veloce, il mio colpo gli sfiorò la testa ed andò ad incastrarsi nella prete alle sue spalle, si voltò verso di me. Non potevo più rimandare, o io o lui. Presi la mira e sparai. Colpito.
Il Greco cadde a terra, l’arma gli scivolò dalle mani. Per evitare che si alzasse continuai a sparare alla parete alle sue spalle, se solo avesse alzato la testa sarebbe morto. 
Black si avvicinò, smisi di sparare, con un calciò allontanò il fucile e gli mise le manette leggendogli i diritti. Il Greco non lo aveva visto, gli era arrivato di spalle. Mi avvicinai anche io, la macchia di sangue sul suo fianco destro stava aumentando a dismisura, e più si divincolava tra le braccia di Black e più la ferita si allargava. 
Sarebbe morto dissanguato nel giro di pochi minuti, ma lui non doveva morire, Bella l’avrebbe interrogato. « Portiamolo dentro, magari c’è un kit di pronto soccorso », dissi con tono glaciale. 
« Mi chiedevo quando sareste arrivati.. l’FBI di New York è veloce.. avevo scommesso almeno due giorni », disse a fatica mentre lo portavamo all’interno del rifugio. 
« Stai zitto! », gli intimai, posizionandolo con Black su una vecchia branda. Lui sapeva chi fossi, sapeva perché lo stavo cercando. 
Black arrivò con una pezza e dell’alcol, strappai la camicia del Greco, dalla ferita continuava ad uscire sangue, la disinfettai per evitare infezioni, il Greco urlò dal dolore, Black gli tappò la bocca.
« Grazie », dissi cominciando a tamponare la ferita, dovevo fermare al più presto l’emorragia. 
« Emmett », dissi aprendo il collegamento con lui
« Ci sono »
« Torna indietro e fa arrivare l’elisoccorso! », tornare a piedi era impossibile. 
« State bene? »
« Lo abbiamo preso.. è ferito », dissi strappando ancora la camicia del Greco per utilizzarla come tampone. 
« Cazzo! », Black davanti a me sbiancò, « Che succede? », domandai.
« Stai fermo », sussurrò alzandosi lentamente, alle mie spalle sentii un grugnito. Cazzo!
Successe tutto troppo in fretta, Black balzò in avanti, si fiondò verso la porta alle mie spalle e la chiuse di colpo, azionando tutti i meccanismi di chiusura. Il buio ci circondava, l’unica fonte di luce proveniva da una piccola finestra posta in alto. 
Non mi potevo muovere, Black mise un tavolo contro la porta, l’animale al di fuori cominciò a dare colpi violenti, le pareti del rifugio tremavano ad ogni colpo. Non avrebbe retto a lungo. 
« È l’orso a cui questo bastardo ha sparato! », disse Black, che si era appostato davanti alla piccola finestra.
« Lo vuole uccidere.. lo capisco. Ma cerchiamo di evitarlo », dissi cercando di tenere un tono tranquillo. Effettivamente mi mancava un attacco da parte di un orso nella mia carriera. « Spara in alto, dovresti riuscire a spaventarlo così ».
Black prese il fucile del Greco e aprì con cautela la piccola finestra posta abbastanza in alto da non permettere all’animale di raggiungerla, almeno finché stava a quattro zampe. Sparò dieci colpi. L’animale smise di dare colpi alla porta, « Si è allontanato? », domandai notando che Giannopolis cominciava a perdere i sensi, era un brutto segno. Quanto ancora ci avrebbe messo Emmett?
« Non lo vedo più », disse scendendo dalla sedia su cui era salito per raggiungere la finestrella.
Un colpo secco fece tremare il rifugio, mi venne da ridere, era testardo. 
« Continua a sparare », dissi, dovevamo distrarlo almeno fino all’arrivo dell’elicottero, « Alice.. avvisa la guardia forestale, un orso è stato colpito da un colpo di fucile », dissi al telefono, se quell’orso fosse morto mia figlia non me lo avrebbe mai perdonato.
« Dimmi che ora non vi sta attaccando »
« Ci ha solo bloccati all’interno del rifugio »
« Perché non succedono mai queste cose quando ci sono io! », si lamentò, aveva ancora la voce assonata, probabilmente aveva dormito per qualche ora.
« Perché te ne stai sempre chiusa nel tuo laboratorio », le risposi divertito. 
Trenta minuti dopo sentimmo il rumore delle pale, l’orso era ancora lì, ma con l’avvicinarsi dell’elicottero il rumore aumentava, « Batte in ritirata », disse Black. 
Pochi minuti dopo Emmett seguito da due soccorritori entrò nel rifugio. 
« Non può volare in queste condizioni.. dobbiamo prima fermare l’emorragia », disse quello più anziano dei due. 
I due paramedici si misero all’opera, « Lo abbiamo sedato, il proiettile non è arrivato in profondità grazie alla massa di grasso, ma dev’essere operato », mi spiegarono mentre lo portavano sull’elicottero. 
« Dovrei portarlo a New York è in stato di arresto », dissi salendo anche io. 
« L’autorizzazione dovrà essere data da un ospedale,  noi non abbiamo le competenze »
« Certamente.. Black sali », il capo della polizia scosse la testa, « Aspetto la guardia forestale e poi torno indietro e recupero la jeep », disse. Gli lanciai le chiavi e chiusi il portellone. 
L’Ascension Eagle River Hospital decise che prima del rientro nello stato di New York Giannopolis doveva essere operato per estrarre il proiettile. 
« L’operazione è andata bene.. nel giro di un’ora sarà pronto per il trasferimento al Lennox Hill Hospital di Manhattan », mi disse il dottor Wilson, primario di chirurgia.
« Grazie dottore » 
Avevo disposto che il Greco fosse trasferito nello stesso ospedale dove era ricoverata Bella, dovevo capire chi aveva organizzato il suo attentato, lui era solo l’esecutore materiale. 
In tarda serata arrivammo a New York, andai immediatamente da Bella, le sue condizioni non erano migliorate, era ancora pallida e intubata. Le avevano tolto anche lo smalto rosso dalle unghie. Era lontana anni luce dalla donna che conoscevo. 
« Ciao amore mio », dissi baciandole con delicatezza la fronte, era fredda, « L’ho preso sai, quel bastardo che ti ha sparato.. ho ricambiato il favore. Gli ho sparato anche io », sussurrai con una sua mano stretta tra le mie. « Non è morto..  ti prego torna da me.. ti prego. Dobbiamo interrogarlo assieme e devi fargli il culo », mi accorsi delle mie lacrime solo quando bagnarono la sua mano.
« Bella, basta dormire.. torna da me »
« Il dottor Masen dice che ci sente, è tutto il giorno che le chiedo di svegliarsi, forse a te ti ascolta, con me non lo fa più », alla porta della camera di Bella c’era il direttore Swan, sembrava invecchiato di dieci anni. Il suo viso era segnato da profonde occhiaie e le rughe erano più marchiate del normale.
« Hai sento Bella? »
« Ho saputo che lo avete preso.. grazie », disse avvicinandosi, tra le mani teneva un busta bianca.
« Dovere », risposi come un automa, stringendo la mano di Bella.
« Come direttore dell’FBI ti devo consegnare questo.. come padre non avrei mai voluto leggerlo », disse dandomi la busta bianca, la sua mano tremava. Teneva lo sguardo basso. Era visibilmente stanco.
« Che cos’è? », domandai con timore, avevo paura di scoprire il suo contenuto. 
« È il testamento biologico di Bella, lo ha redatto quando è stata nominata direttore », Charlie parlava con me, ma era lontano anni luce da quella stanza.
« Che cosa c’è scritto? », la verità era che non lo volevo sapere.
« Devo andare », senza dire nient’altro si voltò e si chiuse la porta alle spalle.
Guardai Bella, immobile, l’unico segnale che mi diceva che fosse ancora viva era il battito regolare del suo cuore, « Non mi fare brutti scherzi.. ti prego ». Presi coraggio ed aprii la busta, ne tirai fuori un fascicolo. La prima pagina dava le generalità di Bella, mancava poco al suo compleanno, il suo gruppo sanguigno era lo zero positivo, come me. Non aveva allergie o intolleranze. Con mano tremante girai la pagina, il mio timore divenne reale quando lessi le prime righe del testamento biologico di Bella, non mi poteva fare questo.
 
Io Isabella Mare Swan chiedo di interrompere la respirazione artificiale nel caso non sia autonoma nel farlo, dopo un periodo di incoscienza di dieci giorni. Al termine dei quali rifiuto qualsiasi forma di accanimento terapeutico”
 
Si lasciava morire. Dieci giorni. Si lasciava morire. Solo dieci giorni, che ormai erano nove.
« Torna da me, ti prego, torna da me », dissi cominciando a pregare un Dio, a cui non credevo più. 
Un moto di rabbia mi colpì, non mi poteva fare questo, « Torna da me ».
 
-8gg  20h  38min  12sec
 
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Non mi odiate.. vi prego.
Volevo dirvi grazie per l’affetto che mi avete dimostrato nell’ultimo capitolo. 
A venerdì 
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Capitolo 19
*** Hazen St - Bronx NY ***



Dove eravamo rimasti..
Edward, Emmett e Black partono per il Wisconsin e  riescono a prendere il Greco che si nasconde in un rifugio per gli orsi nel bel mezzo della foresta. 
Al ritorno a New York Charlie consegna ad Edward il testamento biologico di Bella, in cui chiede di interrompere la respirazione artificiale dopo dieci giorni di coma.
 
CAPITOLO 19
HAZEN ST
BRONX - NY
 
 
16 marzo 2019
-8 giorni 
 
Nulla era cambiato, Bella continuava a respirare grazie ad una macchina. Il Greco era stato interrogato da Black, non aveva detto nulla. 
 
17 marzo 2019
-7 giorni
 
Come previsto il Greco era scappato dalla sua stanza, mettendo fuori gioco le due guardie, per raggiungere la camera di Bella. Voleva portare a termine la sua missione. Lo avevo aspettato dietro la porta, si era avvicinato a lei, intenzionato a staccare il macchinario che la teneva in vita, l’avevo fermato e solo il pensiero di mia figlia e di Bella mi aveva impedito di ucciderlo.
L’avevo fatto trasferire al centro operativo in isolamento, aveva rinunciato a qualsiasi forma di difesa legale, diceva che era in grado di farlo da solo. 
 
18 marzo 2019
-6 giorni
 
Passavo tutto il giorno al centro operativo, sostituivo Bella nelle sue mansioni di Direttore, alla sera tornavo da lei in ospedale, le parlavo per ore, finché il sonno e la stanchezza non avevano la meglio su di me. 
Chloe si era trasferita da Alice, mia sorella Liz aveva insistito per ospitarla a casa sua nel New Jersey, ma mi sentivo più al sicuro se a prendersi cura di lei ci fosse stato un agente dell’FBI. 
 
19 marzo 2019
-5 giorni 
 
Il suo cuore aveva smesso di battere per venti secondi, i medici l’avevano rianimata. Dopo le sette di sera del 24 marzo non l’avrebbero più fatto. 
 
20 marzo 2019
-4 giorni 
 
Avevo chiesto a Black di farmi avere una copia degli interrogatori che aveva fatto alla banda che aveva rapinato la Deutsche Bank il giorno del mio processo. In quattro ore di filmato non spiegavano mai perché tra le loro richieste ci fosse la presenza del Direttore dell’FBI.
Il giorno dopo gli avrei interrogati io stesso. 
Come ogni sera alle sei lasciai l’ufficio, avevo coordinato un paio di operazioni con cui avevamo smantellato un gruppo terroristico e arrestato un magnate russo, nulla a che fare con i disegni.
« Papà? », mi chiamò mia figlia mentre entravamo in ascensore, « Vai da Bella? ».
Le sorrisi, lasciandole una carezza sul volto, la stavo trascurando e nel mio profondo desideravo che tornasse al sicuro da sua madre, ma un’altra parte di me, quella egoista, voleva che rimanesse lì con me per sempre.
« Si », le risposi mentre quella scatola di latta ci portava verso il parcheggio sotterraneo.
« Dalle un bacio da parte mia e dille che è tutto pronto » 
« Per cosa? » 
« Quella cosa », disse lasciandomi un bacio sulla guancia prima di salire con Alice nella sua macchina.
Vidi Leah e Renèe uscire dalla camera di Bella, loro non mi notarono ed io non feci nulla per essere visto, mi sentivo colpevole e le loro occhiate di certo non mi aiutavano a diminuire quel senso di colpa che mi seguiva da quasi una settimana. 
Quando entrai nella camera di Bella notai il dottor Masen compilare la sua cartella medica, in sei giorni nulla era cambiato, « Buona sera agente Cullen », mi salutò con un mezzo sorriso.
« Dottor Masen » 
« Io qui ho finito », disse ponendo la cartella alla base del letto di Bella.
« Perché Bella non riesce a respirare in maniera autonoma? », domandai quando il dottore aveva già raggiunto la porta, si voltò verso di me, era serio.
« Quando la pallottola ha attraversato il suo corpo ha lacerato la carotide, il cervello è rimasto per pochi secondi senza ossigeno. Il respiro è regolato da un gruppo di neuroni indipendenti situati nel 
sistema nervoso centrale. Quando questa funzione viene compromessa, come nel caso del Direttore,  la respirazione si ferma momentaneamente ed è necessario intervenire con un macchinario », spiegò in modo chiaro. 
« Come si risolve? », doveva esserci qualcosa, dopotutto era uno dei migliori chirurghi dello Stato. 
« Tempo », disse in un sussurro.
« Quanto? », sapevo la risposta, ma da masochista quale ero, mi piaceva farmi del male. 
« Pochi giorni o settimane » 
« Bella non ha tempo », mancavano poco meno di quattro giorni, e Bella non mostrava nessun margine di miglioramento. 
« Dipende solo da lei.. io non posso fare più nulla » 
« Certo.. cosa succederà dopo le sette di domenica, se non dovesse.. », non riuscivo nemmeno a pensare a quel giorno, nemmeno mi ci volevo preparare. Come si fa? 
« Seguiremo le sue volontà, i macchinari verrano spenti gradualmente, e aspetteremo finché il suo cuore non smetterà di battere », il tono di voce del dottore era basso, nemmeno a lui piaceva dare certe spiegazioni. Non doveva essere semplice la sua posizione.
« E se dovesse dare accenni di ripresa? », a lei piaceva stupire la gente, magari avrebbe cercato di svegliarsi proprio alla fine. 
« Ha rifiutato qualsiasi tipo di accanimento terapeutico.. non potremmo fare nulla », un colpo al cuore mi avrebbe fatto meno male. Bella non voleva essere aiutata. Non riuscivo ad accettare la sua decisione, tanto meno a comprenderla.
« Mi hai detto che non saresti mancata per nulla al mondo al mio processo.. mi hai mentito, non c’eri e mi hai anche promesso di portare Chloe da Alice, l’ho portata io ed ho passato la notte a guidare nel Wisconsin. Ti prego Bella », piansi, le mie lacrime bagnarono la sua mano fredda.
« Abbiamo fermato un magnate russo oggi e Newton ha smantellato un gruppo terroristico che progettava un attacco alla Grand Central Station. È in gamba quell’uomo.. ho fatto tutte le tue noiose riunioni e licenziato due agenti per negligenza », passavo ore a parlare con lei, ogni secondo, era prezioso, « Credo che Chloe abbia un ragazzo, l’ho sorpresa più volte sorridere mentre guardava il suo iPhone, ma ho la sensazione che tu questo già lo sappia. Ah mi ha detto di darti un bacio e che è tutto pronto per la nostra cena », mi alzai e le lasciai un bacio sulla fonte per Chloe ed altri due sulle sue palpebre chiuse, mi mancavano i suoi occhi scuri. Le sue labbra erano secche e screpolate, tra di esse c’era il tubo che le permetteva di respirare. Quel innocuo pezzo di plastica la teneva in vita. Dal comodino accanto al letto presi il balsamo labbra che mi aveva dato Lisa, l’infermiera che si prendeva cura di Bella, mi sporcai il pollice e lo passai sulle sue labbra, era l’unica cosa concreta che potessi fare, « Vorrei tornare a baciarti per tutta la notte, senza mai fermarmi. E tu? A cosa stai pensando? Mi senti? Spero di sì perché parlare da solo non è il massimo », le pettinai i lunghi capelli scuri, nonostante tutto erano ancora morbidi, « Ovunque tu sia, forse anche in un posto migliore di questo, ma ti prego torna qui ». Guardai verso il suo volto immobile, dalla sua palpebra sinistra scese un’unica lacrima, il mio cuore perse un battito, sorrisi baciandole quella lacrima, « Sei qui.. amore mio sei qui.. forza apri gli occhi », dissi con la mia fronte sulla sua, le mie lacrime bagnarono il suo volto, ma lei non si mosse.
« Ha pianto », dissi a Lisa, mentre le cambiava la flebo, era da poco passata la mezzanotte.
« È solo un riflesso involontario », mi rispose lei con tono gentile.
« Lasci che mi illuda », mi ero informato, sapevo che una lacrima non significava nulla, ma per me era un segno, l’unico che mi avesse dato in sei giorni.
« Metta una mano qui », prese la mia mano e la posò sopra il cuore di Bella, batteva con ritmo regolare, il mio Direttore era ancora lì. 
 
21 marzo 2019
-3 giorni 
 
Mi svegliai con un ormai famigliare mal di schiena, la poltrona della camera di Bella non era di certo il posto più comodo in cui dormire, le sue condizioni non erano migliorate nel corso della notte, ma ero fiducioso, dovevo esserlo. 
« Buongiorno Direttore.. sai è il primo giorno di primavera, è ora di svegliarsi », le dissi dandole un bacio sulla fronte, « Ora vado a casa, mi faccio una doccia, poi scappo al centro operativo, in mattinata devo partecipare a quella noiosa riunione dell’area finanziaria e poi interrogare i rapitori che.. ci vediamo questa sera amore mio.. vedi di farti trovare sveglia », le lasciai un ultimo bacio sul viso ed uscii da quella stanza. Finché Bella era lì continuava a vivere. 
« Vice Direttore Cullen, i fratelli Wood sono pronti nella sala interrogatori », mi disse Newton non appena uscii dalla riunione con gli amministratori. Bella doveva tornare, quelle riunioni erano la cosa più noiosa al mondo.
« Molto bene.. nella sala due voglio il Greco »
« Come sta il Direttore? », non era una domanda a cui ero in grado di dare una risposta.  
« Portami il Greco nella sala due, per piacere », Newton annuì, mi sorrise lievemente e sparì dietro ad una delle porte d’acciaio. 
« Sei pronto? », Brandon mi aspettava davanti alla porta della sala interrogatori assieme a McCartney, « Certo. Emmett interroga il Greco assieme a tua moglie ».
« Lo vado a recuperare dalla sua cella » 
« Non serve.. lo sta portando qui Newton » 
« Agente speciale Edward Cullen, vice direttore dell’FBI, la mia collega, l’agente speciale Alice Brandon », mi presentai sedendomi davanti ai due fratelli responsabili della rapina. Erano entrambi alti, dai tratti caucasici. Dalla loro fedina penale avevo avevo letto che erano responsabili di almeno quindici rapine a mano armata. Non erano mai stati beccati, almeno fino all’altro giorno.
« Non mi interessa sapere perché avete rapinato la banca.. l’unica cosa che voglio sapere è perché avete richiesto la presenza del Direttore dell’FBI », quella della rapina era un’indagine della polizia di New York, non dell’FBI.
« Faceva parte del piano », disse il più giovane.
« Quale piano? » 
I due si guardarono negli occhi, ma non risposero, « Lo ripeto ancora una volta, quale piano? ».
« Il nostro » 
« Cosa vi serviva il Direttore? » 
« Garanzia » 
Alice prese il suo iPad, « Riconoscete il Direttore in questa foto? », l’immagine era stata scattata il giorno della nomina di Bella, c’eravamo tutti. 
« È lei », indicò il fratello più grande, sorrisi non avevano la più pallida idea di chi fosse Bella. 
« Risposta sbagliata », disse Alice riprendendo il suo iPad.
« Chi vi ha detto di chiamare il Direttore e perché la rapina è stata fatta alle tre? », nessuno dei due accennava a dire nulla, « In questo momento il Direttore è in coma, le sue condizioni sono gravi, molto gravi. Se lei dovesse.. morire, tra i vostri capi d’accusa ci sarà anche l’omicidio ».
« Una donna ci ha raggiunti nel nostro appartamento.. sapeva chi fossimo e di cosa ci occupassimo, ci ha chiesto di rapire la Deutsche Bank alle 2:30 pm del 14 marzo e di chiedere la presenza del Direttore dell’FBI per il rilascio degli ostaggi » 
« Chi è questa donna? », cominciavo a sospettare chi fosse e non mi piaceva per nulla.
« Non lo so.. ci ha detto il piano, e dato centomila dollari in contanti » 
« Alice », la mia collega annuì, aveva capito, in pochi secondi cercò la fotografia della mia ex moglie all’interno del database dell’FBI, gliela mostrò ai due fratelli, « Indossava una parrucca nera, ma è indubbiamente lei ».
Sentivo ogni mia certezza crollare, ero stato sposato con una donna di cui non sapevo nulla, era stata lei a volermi incastrare per omicidio e sempre lei aveva tentato l’omicidio di Bella. A quale scopo? Vendetta forse, ma perché? C’era qualcuno dietro di lei o era tutta opera sua? 
« Emmett? », lo chiamai chiudendomi la porta della sala interrogatori alle spalle, « Non parla », disse scrollando le spalle, « Ci penso io ».
« Sta morendo.. se è questo ciò che ti interessa. Potresti ritenere la tua missione conclusa » 
« La riterrò conclusa quando sarà morta », non nascondeva il ghigno di soddisfazione che accompagnava le sue parole. 
« Cosa ti cambia? Non la conosci, non sai nulla di lei. Perché non mi dici chi ti ha commissionato la sua morte? », sentii una stretta alla spalla, era Rose, come psicologa aveva il compito di assicurarsi la capacità di operare degli agenti. La mia capacità era molto friabile al momento.
« È troppo grande per voi.. siete così piccoli e insignificanti », lui sapeva più di quello che voleva far credere, ne ero certo.
« Che cazzo significa? » 
« Me l’hanno chiesto, mi hanno pagato, l’ho fatto », c’era un solo posto per contattare uno come lui, un posto difficilmente raggiungibile. 
« Emmett rispediscilo in isolamento, Alice porta Jasper nel tuo laboratorio », mi mancava un solo elemento per completare il mio puzzle.
« Vicedirettore è un piacere vederla », JW era serio, aveva perso la sua aurea di comicità che lo distingueva, il laboratorio di Alice era vuoto, avevo mandato via tutti.
« Togligli le manette Alice e dagli un computer », ordinai, notai Brandon aprire bocca per protestare, ma si limitò ad annuire, « Usa questo », disse indicando quello centrale. 
« Cosa devo fare? », domandò mettendosi davanti alla postazione. 
« Il sito che hai utilizzato per metterti in contatto con Christopher Roger, trovalo! », dissi mettendomi alle sue spalle, « Sono qui », la schermata era piena di cripto scritture.
« Cerca le attività di Lambda, il Greco », suggerì Alice.
Jasper si mise all’opera, Alice seguiva ogni sua mossa, sapevo che non si fidava di lui, e nemmeno io, ma non era il momento di preoccuparcene.
Il mio telefono prese a squillare, era Leah Swan, non mi aveva mai chiamato, « Pronto? ».
« Ha avuto un’altra crisi respiratoria » 
Prendi me, non lei, prendi me, « No.. ».
« L’hanno rianimata in tempo » 
Il suo corpo era troppo debole, si stava lasciando morire, « Sarò lì il prima possibile », non l’avrei lasciata sola un solo secondo in più.
« Ti prego non far morire mia sorella »
Avrei dato la mia vita per lei. Leah concluse la chiamata, ero immobile, senza la capacità di dire o fare nulla, « Cosa? », chiese timorosa Alice, scossi la testa. I suoi occhi si riempirono di lacrime, « Sta bene », mi affrettai a dire.
« Il Greco ha lasciato il numero di un conto corrente delle Seychelles », disse Jasper indicando una conversazione tra Lambda e utente ospite 517. « Posso? », annuii alla sua richiesta,  JW cominciò a digitare velocemente sulla tastiera, finché non raggiunse l’interfaccia di una banca, « Questo conto corrente ha ricevuto un bonifico dalle Barbados il 14 marzo », Alice chiese a Jasper di spostarsi. Era l’ultimo pezzo di puzzle. 
« Corrisponde al conto corrente di Julien » 
Dovevo andare da Bella, dovevo assicurarmi che stesse bene, ma dovevo anche sputare in faccia alla mia ex moglie tutto l’odio che provavo per lei, « Stampa tutto ». 
« Subito » 
« Dove è detenuta? », domandai, dopo il mio processo Julien era stata arrestata. 
« A Rikers Island », mi rispose Emmett, « Vado ad interrogarla io.. tu va da Bella », ero il suo ex marito, non potevo farlo io. 
« Grazie.. prendi tutto quello che Alice ti da, io ti raggiungo tra un’ora », se la legge mi impediva di interrogarla, nulla mi vietava di partecipare.  
« Certo.. io vado » 
Emmett uscì dal laboratorio, « Alice riporta pure Jasper alla safe house ».
« Dica al Direttore di muovere il culo e tornare qui.. mi manca farle perdere la pazienza », in altre occasioni mi sarei arrabbiato, ma non quel giorno. 
« Lo farò, grazie Jasper », Bella mi aveva parlato del suo impegno nel decifrare le mail che avevamo trovato all’interno del buco nero. 
Trovai Bella uguale a come l’avevo lasciata solo poche ore prima, nulla mostrava la sua crisi, il suo cuore batteva regolare, « È stata Julien a ridurti così.. non dargliela vinta. Combatti. Non sono pronto a dirti addio », le lasciai un bacio sulla fronte.
Il dottor Masen entrò nella stanza, seguito da sua moglie, l’avvocato, era dal giorno del processo che non la vedevo, « Salve dottore, avvocato », salutai.
« Agente Cullen » 
« Cosa è successo? », domandai sedendomi accanto al letto di Bella, avevo paura di toccarla, aveva visibilmente perso peso. Appariva così fragile.
« I polmoni sono deboli, sembra che non abbia più forze », mi spiegò il dottore.
« Era in salute », il mio era solo un sussurro.
« Ha perso molto sangue »
« Fatele una trasfusione! Sono zero positivo anche io! », alzai la voce, che stupido che ero, di certo non potevo insegnare ad un medico come fare il suo lavoro.
« Agente Cullen, abbiamo fatto il possibile », il dottor Masen aveva un temperamento perfetto, probabilmente era abituato a gente come me. « Mi dispiace », sorrise comprensivo.
« Avvocato dal punto di vista legale, si può eludere la sua richiesta? », sapevo la risposta a quella mia stupida domanda, ma Bella si sarebbe svegliata, aveva solo bisogno di tempo. 
« Abbiamo le mani legate » 
« Devo tornare al lavoro.. la prego la tenga in vita »
L’ultima volta che stato a Rikers Island era insieme a Bella per ascoltare la proposta di JW, il direttore del carcere mi attendeva all’entrata, « Direttore Hopper », lo salutai con una stretta di mano.
« Vicedirettore Cullen, ho saputo delle accuse a suo carico, sono contenuto che tutto si sia risolto »
« Grazie, McCartney? » 
« È nella sala interrogatori numero sei, la detenuta è sua moglie, lei sa che.. »
« Ex moglie », lo corressi, « Parteciperò all’interrogatorio, non lo condurrò io », aggiunsi per rassicurarlo. In ospedale l’avvocato mi aveva detto che una volta divorziati non esisteva più il conflitto d’interessi, ma era meglio per me non condurre quell’interrogatorio.
« Ecco a lei », il direttore del carcere mi lasciò davanti alla sala interrogatori numero sei, dal vetro presente sulla porta potevo vedere Emmett di spalle, davanti a lui Julien, indossava la divisa arancione, i suoi capelli non erano messi in piega e sul suo viso non c’era trucco, non l’avevo mai vista così poco curata.
Entrai, per fortuna mi avevano ritirato l’arma all’entrata, perché non sapevo se fossi stato in grado di controllare la mia rabbia in sua presenza, « Agente Cullen », mi presentai al legale di Julien, era giovane, probabilmente un avvocato d’ufficio, Davis l’aveva abbandonata. 
« La mia assistita non c’entra nulla con le accuse che le sta rivolgendo il suo collega », nel suo tono di voce si poteva scorgere un tremolio, dato dalla sua poca esperienza. 
« Vede in questo campo, prima ci si presenta, si ascoltano entrambe le parti, si guardano le prove ed infine si formula l’accusa e di conseguenza la difesa. Avvocato.. », mi sedetti accanto ad Emmett, stavo facendo terrorismo psicologico su un povero neolaureato.
« Avvocato  Chestain  » 
« Molto bene » 
« Pensi di spaventarmi? », per la prima volta da quando ero entrato Julien posò i suoi occhi verdi su di me.
« Io non penso a te »
« Oh si, invece si, perché ti ricordi ancora bene quando ti.. », non potrei mai negare di non essermi divertito con lei, ma questo ora mi faceva ribrezzo.
« Non userei il termine ricordo.. incubo mi sembra più appropriato » 
« Signora Morgan dalle nostre indagini risulta che lei ha commissionato la rapina alla Deutsche Bank e il tentato omicidio del Direttore dell’FBI Isabella Swan.. glielo chiedo in modo diretto, conferma di essere responsabile? », la incalzò Emmett.
« Non risponda.. stanno basando le loro accuse su informazioni prese online », che fosse giovane l’avevo capito, ma non pensavo anche così stupido.
« Mette in discussione delle indagini federali? », il giovane avvocato scosse la testa. Se avessi avuto lui durante il mio caso a quest’ora sarei probabilmente su una sedia elettrica.
« Perché lo hai fatto? Non volevi che testimoniasse al mio processo? Eri gelosa di lei? », mi rivolsi direttamente a Julien, « Non me ne frega un cazzo della tua puttana! », disse con disprezzo. 
« Non ti permettere! Perché la vuoi morta? », urlai.
« Perché andava fatto », la tranquillità della sua voce mi faceva imbestialire. 
« Che cazzo significa?! » 
« Tra quanto le staccherai la spina? Non manca molto, vero? », Emmett mi trattene per un braccio, perché in quel momento l’avrei uccisa a mani nude.
« Come fai a sapere.. » 
« Sappiamo tutto di voi », non era sola, c’era qualcosa che governava anche lei, era forse collegato ai disegni?
« Sappiamo chi? », chiese Emmett. 
« Guardie! », urlò, da quel momento in poi non avrebbe più detto nulla. L’unica cosa che mi consolava era sapere che le prove che avevamo contro di lei bastavano per una condanna, nemmeno il mio avvocato sarebbe riuscita a portarla fuori da quel carcere.
« Julien giuro su mia figlia che se Bella dovesse morire.. », Emmett mi bloccò in tempo, una mia minaccia l’avrebbe solo aiuta. Arrivarono due guardie, la presero, « Tik tok, tik tok », sorrise in modo crudele, poco dopo sparì dalla mia vista.
« Lascia il caso finché sei in tempo ragazzo », consigliai al giovane avvocato prima di uscire da quel maledetto posto.
Le luci della terapia intensiva erano basse, non avevo passato la serata da Bella, ero rimasto a casa con mia figlia a guardare uno stupido film su Amazon Prime. Avevo promesso a Chloe di rimanere a casa con lei, ma alle undici cedetti alla mia voglia di vedere Bella, portai mia figlia da Alice. Nel giro di pochi minuti ero davanti alla porta della camera di Bella, incazzato nero con lei.
« Ti vuoi svegliare cazzo! Non lo vedi il male che mi stai facendo? Svegliati cazzo! Svegliati! », la stavo pregando, la odiavo e la amavo. Erano solo tre maledetti mesi che la conoscevo ed era entrata in maniera così prepotente nella mia vita. Non ero pronto a dirle addio.
Sfinito da quella interminabile giornata, mi addormentai con la testa accanto alla mano di Bella. Potevo ancora sentire il suo profumo, mischiato con quello intenso dell’ospedale, l’unico rumore nella stanza era il battito regolare del suo cuore.
Due dita sfioravano incerte la mia fronte, era un sogno un bellissimo sogno.
 
-2gg  20h  54min  12sec
 
——
Buonasera fanciulle ♥️
Grazie mille per l’immenso afferro che mi dimostrate ad ogni capitolo.
Mi raccomando fatemi sapere il visore parere 😘
A venerdì
——
Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. I nomi e i cognomi utilizzati, eccetto quelli del mondo Twilight, sono di pura fantasia.
Tutti i diritti sono riservati. È vietato qualsiasi utilizzo, totale o parziale, dei contenuti.
 
 

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Capitolo 20
*** Hillsboro RD - Forest Hills TN ***



Dove eravamo rimasti..
I giorni passano e Bella non si sveglia, Edward si concentra sul lavoro e passa ogni notte con lei. I medici la rianimano due volte, ma scaduti i dieci giorni non potranno fare più nulla.
Edward interroga i responsabili della rapina e il Greco, il loro unico punto in comune è la sua ex moglie, Julien Morgan.
 
CAPITOLO 20
Hillsboro Rd
Forest Hills TN
 
 
Il buio circondava la vecchia fabbrica di legname, Bella avanzava incerta al secondo piano assieme al suo capo, James Cooper, avevano appena discusso su Alice, il direttore la riteneva troppo esuberante, « Dovresti essere più carino con lei, non capisco come Victoria ti sopporti », gli disse l’agente Swan.
« La sprono a lavorare meglio e mia moglie mi ama ». Si separarono, lei si diresse verso sinistra, lui al lato opposto. 
Isabella si trovò davanti ad uno dei terroristi, si spararono a vicenda, lei cadde a terra, lui sembrava morto, ma lei si preparò a sparare di nuovo. 
« Cooper », disse l’uomo con un forte accento arabo.
Dolore.
Voci.
Buio.

 
  
 
22 marzo 2019
-2
Due dita sfioravano incerte la mia fronte, era un sogno un bellissimo sogno. Ma era così reale, la stanchezza che avevo accumulato in quei giorni cominciava a farsi sentire. 
Quel tocco sembrava così reale, ma avevo paura ad aprire gli occhi, non volevo svanisse. Il tocco arrivò alle palpebre ancora chiuse, sfiorò gli zigomi, presi coraggio ed aprii gli occhi, mi ritrovai davanti una mano che non era la mia. 
La presi, era fredda, sollevai lo sguardo e sprofondai. I grandi occhi scuri di Bella mi osservavano confusi. Non realizzai immediatamente quello che stava succedendo, ero come bloccato, come se il tempo si fosse fermato nell’esatto istante in cui avevo visto i suoi occhi. 
Solo quando Bella cercò di parlare rinsavii, « Shh Bella.. sei intubata. Non parlare », le dissi raggiungendola, il mio cuore rischiava la tachicardia per quanto veloce andava, aveva paura glielo leggevo nei suoi occhi, « Sei qui.. sei qui », cantilenai baciandole la fronte. La sua mano stringeva la mia, era qui, era tornata da me. Chiamai immediatamente i medici, volevo sentire la sua voce, volevo sentirmi dire che il peggio era passato. Il dottor Masen ci raggiunse dopo pochi minuti, aveva appena cominciato il suo turno, lo vidi sorridere mentre si avvicinava a Bella, con delicatezza le tolse il respiratore dalla bocca, le controllò le pupille e i riflessi. 
Bella tossiva e l’apparecchio che tracciava il suo cuore cominciò a suonare, « Direttore Swan si tranquillizzi. Va tutto bene », la rassicurò il dottor Masen, ma lei non accennava a calmarsi, « Agente Cullen, mi aiuti », disse voltandosi verso di me, lo guardai perplesso.
« Certo, tutto quello che serve », dissi tornando alla sinistra di Bella, che continuava a respirare male. 
« La abbracci », mi disse con tono gentile, chiesi muto permesso a Bella, si limitò ad annuire, non aspettai un secondo in più. Con delicatezza le sollevai le spalle dal letto e la strinsi a me, affondando il volto nel suo collo, facendo attenzione alla fasciatura, « Va tutto bene.. segui il mio respiro », le sussurrai all’orecchio. Bella iniziò a tranquillizzarsi, « Brava », il suo respiro era sempre più regolare e la macchina alle mie spalle non suonava più, « Sei qui », avvolsi il suo volto tra le mie mani, una lacrima solitaria sfuggì dai suoi occhi, « L’ho sempre saputo », sussurrai a pochi millimetri dalle sue labbra. 
« Eeedd.. edd», la sua voce era roca, faceva fatica a parlare. Le misi un dito sulle labbra, aveva la gola danneggiata, « Shh.. ».
« Prenda una po’ d’acqua Direttore », il dottor Masen le passò un bicchiere con una cannuccia, Bella lo prese incerta, la sua mano tremava, la avvolsi con la mia e la aiutai. Il suo volto mostrò il dolore che provò alla prima sorsata, la incoraggiai ad andare avanti. Aveva bisogno di idratazione, era normale che facesse male, la gola era abbastanza provata a causa del tubo che le aveva permesso di respirare e dalla operazione.
Arrivò con fatica a metà bicchiere, poi lo allontanò, il dottor Masen fece segno che andava bene, « Direttore, come si chiama? », domandò il medico.
« Is.. Isabella Marie Swan », disse con fatica.
« Bene.. in che anno siamo? » 
« Spero ancora nel 2019 », sorrisi alla sua risposta, era ancora lei. 
« Si.. il 2020 deve attendere ancora un po’, mi sa dire quando è nata? » 
« 13 aprile ’84 », rispose prontamente.
« Le farò fare una tac per escludere qualsiasi tipo di danno celebrare, ma da una prima analisi sembra tutto regolare », respirai sollevato da quelle parole. Bella sembrava stare bene, poco dopo mi fecero uscire dalla stanza, dovevano farle dei controlli ed io ne approfittai per avvisare i suoi famigliari e colleghi. Non mi importava di disturbarli, non mi interessava se erano da poco passate le sei del mattino, ero felice e lo sarebbero stati anche loro. 
« Si, Alice sembra stare bene », la mia collega aveva urlato come una matta quando l’avevo svegliata per dirle che il Direttore era uscito dal coma. Così come mia figlia, anche lei era entusiasta della notizia.
Il dottor Masen uscì dalla camera di Bella, « A dopo Alice, ciao », conclusi la chiamata e mi avvicinai, « Va tutto bene? ».
«  Sì, nel pomeriggio proveremo a farla camminare, i muscoli delle sue gambe praticamente non esistono più », mi spiegò.
« Ma starà bene, vero? » 
« Sì, sta già bene », mi diede una pacca sulla spalla e mi superò, Bella stava bene.
La trovai al telefono con suo padre probabilmente, pregava loro di non venirla a trovare perché era stanca, « A oggi pomeriggio papà, ti voglio bene anche io », disse mentre mi regalava un bellissimo sorriso. 
« Hai dormito per otto giorni di fila e mi vuoi far credere che tu sia stanca », la presi in giro sedendomi nella sedia accanto al suo letto.
« Non ho dormito, ho combattuto, contro i mulino a vento, però ho combattuto », era lei, la sua vena comica, il suo essere così innocente quando non lo era. « Ah, ah.. sicuro », dissi divertito. 
« Il processo.. io », Bella si alzò di scatto, la presi per le spalle e la feci accomodare nuovamente sul cuscino, « Shh Bella è tutto apposto ».
« Che intendi dire? »
« Sono libero da tutte le accuse »
« Davvero? », chiese stupita.
« L’avvocato Stewart e il tuo fascicolo hanno fatto un ottimo lavoro », le raccontai del processo, dell’arringa dell’avvocato, l’interrogatorio di Julien e del mio divorzio.
« Mi sono persa un bel processo allora »
« Direi di si », Bella era visibilmente stanca, ma era lì, sorrideva debolente, « Perché lo hai fatto? », le domandai mostrandole il suo testamento biologico.
« Mi dispiace », disse abbassando lo sguardo, sentivo la rabbia dentro di me cercare di esplodere, tentai di fermarla, avevo paura di dire cose sbagliate, di farle del male.
« Ti dispiace? Sul serio Bella? », la mia voce mi tradì, non era per niente tranquilla, era un miscuglio di inquietudine e terrore.
« È una mia scelta! », disse decisa.
« Già.. una tua scelta », la rispettavo, ma non riuscivo ad accettarla, avevo rischiato di perderla per sempre.
« Non avrei mai voluto farti stare male », prese una mia mano e la strinse nella sua che non era più fredda.
« Ti hanno rianimata due volte, il tuo cuore ha smesso di battere », Bella piangeva per colpa mia, le asciugai una lacrima, « Edward.. », sussurrò e mai il mio nome mi era sembrato più bello.
« Non mi fare più uno scherzo del genere »
« Vieni qui », Bella allungò una mano verso il mio viso, mi avvicinai e poggiai le labbra sulle sue. Tornavo a casa, era il bacio più bello che avessi mai dato, « Sei qui », sussurrai, lei sorrise circondando il mio volto con le sue mani, « Sono qui ».
« Ha tentato di ucciderti ancora mentre eri in coma », le dissi dopo un po’, era meglio non esagerare, dopotutto era sveglia da poco più di un’ora.
« Sai chi è stato? »
« Quando l’ho preso volevo ucciderlo », Bella mi lasciò una carezza sul viso, mi tranquillizzò, la rabbia verso colui che l’aveva quasi uccisa era ancora alta.
« Chi è? », domandò di nuovo.
« Il Greco », sgranò gli occhi incredula, « Wow.. che onore », aveva la straordinaria capacità di trovare la luce anche nel momento più scuro.
« Bella »
« Perché mi voleva morta? »
« A lui di te non gliene frega nulla era a Julien che interessavi »
« Julien? »
« È sempre stata lei.. ha pagato Alejandro Sanchez per uccidere Jason Pike, minacciato Trevor Rich per sostituire le pallottole, ha pagato i rapinatori della baca per far loro chiedere di te e il Greco per ucciderti », le spiegai evitando di guardarla negli occhi, se era quasi morta era solo per colpa mia.
« A quale scopo? »
« Non parla »
« Dammi il tempo di rimettermi e le farò dire tutto », ne ero più che sicuro, Bella era un’ottima agente, sarebbe riuscita a ricavare informazioni anche da una pietra.
« Ecco brava.. rimettiti e torna al lavoro sono stanco di fare le tue veci »
« Clark dell’amministrazione è noioso? », indovinò immediatamente il mio punto debole, seriamente rischiavo di addormentarmi durante quelle riunioni.
« È pignolo, alle nove ho una riunione »
« Allora vai, io starò bene », non volevo lasciarla, ma sapevo che la mia presenza le avrebbe impedito di dormire, « Riposati.. mi devi una cena », le lasciai un bacio sulla fronte. 
« E tu una notte », disse mordendosi il labbro inferiore.
« Già », mi abbassai a baciarla, Bella mise le braccia attorno al collo e approfondì il bacio, « Sai.. non ho nulla sotto », mi sussurrò all’orecchio, facendo rabbrividire ogni fibra del mio corpo. 
« Bella », la ammonì, non mi poteva dire certe cose in un ospedale, « Fai la brava », le lasciai un ultimo bacio ed uscii, senza più girarmi indietro, farlo avrebbe significato tornare da lei.
Durante la riunione con l’area amministrativa diedi la lieta notizia, ne erano tutti felici, Alice e Chloe mi abbracciarono non appena misi piede nel laboratorio, spiegai loro tutto quello che era successo,  nessuno dei tre tratteneva le lacrime.
« Alice cosa sai dirmi sul conto corrente di Julien Morgan alle Barbados », se la mia ex moglie non parlava, avrei scoperto da solo i suoi segreti.
« È stato creato nel dicembre 2018  e ad oggi ha un saldo di cinque milioni di dollari », dove diavolo aveva preso tutti quei soldi la mia ex moglie? 
« Quando ho chiesto il divorzio », la donna che avevo sposato, non era chi io pensassi che fosse, era una sconosciuta, di lei sapevo solo una cosa, dove era nata.
« Alice mi accompagneresti a Forest Hills? », nascondeva qualcosa quella città.
« Faccio preparare il Jet e chiedo a Emmett di stare con Chloe » 
« Papà posso stare con Jasper? » 
« Amore non puoi » 
« Ti prego », mia figlia tirò fuori una delle sue migliori facce da cucciolo smarrito, « Non preferiresti andare da Bella? », le proposi. Le si illuminarono gli occhi, « Sì, assolutamente! ».
« Promettimi solo di non disturbarla, assicurati che riposi » 
« Promesso », mi rispose dandomi un lungo abbraccio.
Essere il vice direttore aveva molti vantaggi tra cui quello di avere il jet sempre a disposizione, decollammo poco dopo, avevo lasciato l’FBI nelle mani di McCartney e Bella nelle mani di mia figlia, appena si erano viste si erano strette in un caloroso abbraccio, che aveva incluso anche me.
« A cosa pensi? » 
« Non mi sembra ancora vero Alice, ho paura che sia solo un sogno e che quando mi risveglio è domenica sera e Bella è.. »
« Sei su un jet dell’FBI, stai sorvolando il West Virginia e tra cinquanta minuti atterrerai a Nashville, dove l’FBI ti ha messo a disposizione una macchina per raggiungere Forest Hills, quindi fidati di me se ti dico che non è un sogno », avere Alice nel team significava avere tutto pianificato al minimo dettaglio.
« Hai trovato qualcosa su Julien? » 
« È nata a Forest Hills il trenta ottobre 1989, sua madre è Jackie Morgan nata a Huntsville nel 1967, il padre è ignoto » 
« Sulla madre sai altro? » 
« Ha lavorato al King, un ristorante sulla statale » 
« Ottimo.. se è ancora aperto partiamo da lì e poi andremo all’anagrafe » 
Il ristorante in cui aveva lavorato Jackie era il classico locale da provincia americana, al suo interno il tempo non sembrava essere passato, tutto ricordava gli anni ottanta, anche l’aria.
« Buongiorno.. siete qui per il pranzo? », domandò una signora di circa settanta anni, aveva i capelli bianchi e cotonati, un rossetto color ciclamino sulle labbra e la divisa giallo canarino.
« Magari dopo.. prima vorrei farle delle domande, signora? », dissi mostrando il distintivo.
« Io non ho fatto nulla! »
« Lo sappiamo, da quanto lavora qui signora.. » 
« Bennett, Josephine Bennett », si presentò allungando una mano verso la mia, prontamente la strinsi, « Agente Edward Cullen, lei è la mia collega Alice Brandon » 
« Accomodavi.. si parla meglio davanti ad un caffè », cercai di rifiutare ma Alice mi tirò un pugno sul fianco, « Non mostrarti impaziente, la spaventi », disse non appena la signora si alzò per andare verso il bancone.
« Lavoro in questo locale dal 1968, quando sposai Bill Bennet il rampollo più abito della città, ma lui scelse me, Mary Stallen è ancora invidiosa », spiegò dando ad entrambi una fumante tazza di caffè.
Mi piaceva ascoltare le storie degli anziani, erano pulite, semplici, ti insegnavano sempre qualcosa, appena tutta questa storia si fosse conclusa avrei portato Bella a Chicago da nonna Liz, lei aveva il mondo da raccontare.
« Il signor Bennett ha scelto molto bene », la lusingai, lei mi sorrise, « Posso chiederle se si ricorda di una sua dipendente? ».
« Mi ricordo di tutti » 
« Jackie Morgan, le dice qualcosa? », chiese Alice mostrandole la foto che l’FBI aveva nel suo database.
« Oh.. certo la piccola Jackie, non la vedo dal 1995 quando si è trasferita a Memphis »
« Memphis? Si era sposata? », domandai, quella era la città dove Julien sosteneva di essere nata.
« Oh no.. nel 1989 aveva avuto una relazione con Nicholas Cooper, un uomo sposato, che l’anno dopo è morto ucciso dal figlio. Un vero scandalo per la nostra città », era fintamente inorridita, si vedeva lontano un miglio che le piaceva spettegolare su questa storia.
« Dalle nostre ricerche sappiamo che Jackie ha una figlia », fu Alice ad introdurre l’argomento.
« Si.. la picciola Julien » 
« Chi era il padre? », domandai consapevole della risposta.
« Cooper il suo amante,  che non riconobbe la figlia » 
Il padre di Julien era un certo Cooper morto nel 1990 per mano del figlio, un campanello d’allarme cominciò a suonare, poteva essere? 
« Alice riesci a sapere qualcosa di questo Nicholas Cooper? », le domandai una volta raggiunta la macchina.
« Non molto, solo che è morto ucciso il dodici novembre 1990 dal figlio minorenne » 
« Come si chiama il figlio? » 
« Il suo nome è stato censurato », disse mostrandomi i file che aveva sull’iPad.
« Questo posto avrà una biblioteca, di solito i bibliotecari sanno tutto », dissi cercando su Google l’indirizzo.
« Non sarebbe meglio chiedere alla polizia? » 
« Non mi fido », dissi facendo partire la macchina. Come il ristorante anche la biblioteca sembrava ferma nel tempo, il bibliotecario era un vecchio uomo, come immaginavo, mi presentai  e dopo avergli detto cosa cercavo mi portò nel vecchio archivio, « Qui dentro ci sono i giornali di ogni giorno a partire dal primo gennaio 1948 », disse con orgoglio.
« Ottimo.. mi servirebbe il giornale del tredici novembre 1990 », era il giorno dopo la morte di Nicholas Cooper, di scuro sarà stata la notizia da prima pagina. 
« Eccovi » 
Presi il vecchio giornale tra le mani, in copertina c’era la foto di un uomo, che la didascalia presentava come Nicholas Alan Cooper, sfogliai delicatamente le pagine fino a raggiungere l’articolo che parlava del suo omicidio. 
“RAGAZZO DI 14 ANNI UCCIDE IL PADRE”, recitava il titolo dell’articolo, non dovetti leggere troppo per capire perché quello era il posto esatto dove cominciare le indagini.
 
“Il ragazzo ha utilizzato l’arma del defunto marito della madre per sparare tre colpi mortali verso il padre che era rientrato ubriaco a casa. Il giovane, James Cooper è stato portato via dagli assistenti sociali, verrà interrogato nei prossimi giorni..”
 
Alice mi guardò senza proferire parola, non poteva essere la stessa persona che aveva diretto il centro operativo dell’FBI di New York fino allo scorso gennaio. 
« James Alan Cooper è nato a Forest Hills il 23 novembre 1975, figlio di Nicholas e Susanne Cooper », disse Alice controllando la scheda di James. Erano la stessa persona. 
« Non mi aveva mai detto di aver ucciso suo padre.. mi parlava solo degli Harris, la famiglia che lo aveva preso in affido dopo la morte dei suoi genitori », Alice era sconvolta quanto e più di me. Il volo di ritorno verso New York fu silenzioso. Avvolti dal gelo del primo e forse unico passo verso l’ignoto che circondava le nostre vite dalla morte di James.
« Erano fratelli », Bella mi guardò senza capire, come promesso ero tornato da lei, era tardi, ero stanco, ma avevo bisogno di lei. 
« Cosa? Edward cos’hai? », disse sedendosi sul materasso. 
« Sono stato a Forest Hills oggi »
« Dove è nato James? », domandò, l’avevo sempre detto che era molto più sveglia ed intelligente di me, « Sì.. dove è nata anche Julien ».
« Sono fratelli? », quella di Bella non era una domanda, aveva già capito tutto, annuii raggiungendola, « Hanno lo stesso padre, Nicholas Cooper.. che James ha ucciso a soli quattordici anni »,  le dissi sedendomi sulla mia sedia. 
« Come? », chiese incredula.
« Nemmeno Alice lo sapeva » 
« Durante il coma continuavo a sognare la sua morte.. non so perché.. anche ora se provo a dormire mi torna in mente quella scena eppure lui non era con me », disse mordendosi il labbro. Rischiava di farsi male. Le sue labbra erano così fragili.
« Abbiamo bisogno di riposare entrambi », mi alzai e le lasciai un bacio sulle labbra, « Buonanotte.. non pensare a quello che ti ho detto ».
« Resta qui », lo sussurrò con paura, feci il giro del letto, Bella mi fece posto alla sua destra, la abbracciai e ispirai il suo meraviglioso profumo, si accoccolò al mio petto, mi diede un bacio sul mento e poi sulla labbra, « Quanto mi sei mancata Direttore », le dissi accarezzandole i lineamenti del volto, aveva già ripreso colore.
« Eri qui.. sempre, ti sentivo, ma eri così lontano » 
« Non riuscivo a stare un minuto lontano da questa stanza, mi obbligavano ad uscire », le spiegai dandole un bacio sulle palpebre chiuse, « Apri gli occhi.. mi sono mancati così tanto ».
« Sono così banali i tuoi sono più belli.. i miei non hanno nulla di speciale », disse guardandomi con intensità.
« I tuoi occhi? Beh i tuoi occhi sono la prova dell’eternità del tempo », le sfuggì una lacrima, io in quelle pozze di cioccolato ci vedevo l’eternità, perché il solo poterle vedere mi faceva sentire un uomo completo,  non mi serviva nient’altro se quei occhi mi avessero guardato per sempre.
Prese il mio volto tra le sua mani, mi baciò, e quel bacio fu molto più potente di qualsiasi ti amo urlato. Non mi importava del male che il mondo ci voleva fare se c’era lei a combattere accanto a me. 
« Ora dormi amore mio », le sussurrai tra i capelli, mentre appoggiava la testa sul mio petto, la sentii sorridere. 
Bella stava bene, era viva e dormiva tra le mie braccia. Lei aveva la capacità di tranquillizzarmi, di togliere la stanchezza e di farmi vedere tutto con più chiarezza. Probabilmente Dio era una donna, e nel mio cuore aveva il suo volto.
 
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Ve l’avevo detto di darmi fiducia. Vi ho deluse? 
A venerdì ♥️
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Capitolo 21
*** Metropolitan Ave - Bronx NY ***



Dove eravamo rimasti..
Il capitolo si apre con il ricordo della morte di James, Bella si risveglia dal coma e dopo essersi accertati che lei stesse bene Edward vola in Tennessee per indagare sulla sua ex moglie, scopre così che Julien e James sono fratelli da parte di padre.
 
CAPITOLO 21
1641 METROPOLITAN AVE
BRONX - NY
 
24 marzo 2019
Bella era sveglia, era l’unica cosa che contava per me, era viva e stava bene, perciò riuscivo a farmi passare anche il fastidio che provavo sapendo che il capo Black passava con lei le ore pomeridiane, ma quello che realmente mi infastidiva era vedere Bella completamente presa da lui. Se da un lato potevo capire, gli doveva la vita, dall’altro dovevo ammettere almeno a me stesso che ero geloso. 
Non lo ero mai stato, se non di mia figlia. 
Bella era diversa, da quando si era risvegliata aveva un’ombra negli occhi, c’era qualcosa che la tormentava, ma non mi parlava, diceva di stare bene.
La trovai mentre il braccio di Jacob la sorreggeva, la aiutava a camminare, doveva riprendere forza alle gambe. Mi nascosi dietro la colonna che si trovava davanti alla porta della sua nuova camera. Da due giorni Bella non era più in terapia intensiva. 
I due sorridevano mentre Bella faceva avanti e indietro, sempre più autonoma nei movimenti, in pochi giorni avrebbe recuperato del tutto, ne ero sicuro. 
Bella inciampò nel tubo della flebo che ancora teneva al polso, mi spostai in avanti per andare da lei, ma ero lontano, Jacob la prese tra le sue braccia, la aiutò a rimettersi in piedi, lei gli sorrise e fece quello che mai avrei voluto vederle fare. Lo baciò. 
Avrei potuto fare tante cose in quel momento: far notare la mia presenza, urlare, far finta di nulla, ma andarmene mi sembrò l’unica cosa ragionevole. Io amavo Bella, lei evidentemente no.
Era meglio così, non serviva a nulla complicare le cose.
Chiamai l’ascensore e poco dopo le porte si aprirono, rivelando la figura di mia figlia, « Cosa ci fai tu qui? », le domandai arrabbiato. L’avevo lasciata al centro operativo con Alice.
« Sono venuta a trovare Bella »
« Quante volte ti devo ripetere che non voglio che tu vada in giro da sola?! »
« Sono qui con Rose.. che ti è successo? », sul suo volto comparve un velo di preoccupazione, scossi la testa deciso, non volevo coinvolgerla. 
« Andiamo a casa »
« No! Prima voglio andare da Bella », non riuscii nemmeno a fermarla, Chloe corse via da me, rimasi solo davanti ad un ascensore aperto. Le sue porte si chiusero ed io tornai indietro. L’indifferenza sarebbe stata la mia unica forma difesa. 
« Edward », sorrise non appena entrai nella sua stanza, sembrava un sorriso sincero.
Perché sorridi? Ti piace farmi stare male? Avrei voluto dirle, ma mi limitai ad imitare l’ombra di un vero sorriso.
« Come va? », le domandai stando vicino alla porta, non mi avvicinavo. Era così diverso, solo dodici ore prime mi ero svegliato con la sua testa sul petto, l’avevo baciata ed ora non riuscivo nemmeno a starle accanto.
« Bene.. che succede? », mi guardava come solo lei riusciva a fare, escludendo tutti i presenti da quel contatto visivo, « Non succede nulla. Tranquilla », le risposi con voce piatta.
« Buonasera a tutti », si presentò il dottor Masen, mi feci da parte per farlo entrare, mostrò a Bella i risultati delle ultime analisi, « Per quanto sia stato un onore per me averla nel mio reparto, le devo comunicare che da domani dovremo fare ameno della sua presenza », la informò il dottore.
« Mi dimettete? », domandò felice, il dottor Masen annuì, Bella si voltò verso Jacob e lo abbracciò, lui la strinse forte a sé, « Te l’avevo detto! », disse. Mia figlia si avvicinò a me e mi circondò la vita con le sue braccia. Io avevo lei.
« È antipatico », ero più che sicuro che mia figlia avesse capito. Sorrisi passandole un braccio attorno alle spalle.
« Devo tornare in centrale.. ci vediamo domani? » 
« No.. domani pomeriggio mi dimettono » 
« Beh.. ci sentiamo per telefono allora », Black le lasciò un bacio sulla guancia, « Cullen », disse salutandomi con un cenno della testa. 
Il dottor Masen dopo aver cambiato la medicazione di Bella al collo, uscì dalla stanza, « Edward », Bella mi fece segno di avvicinarsi a lei, ma mi sentivo come se le mie scarpe fossero incollate al pavimento.
« È mamma, devo rispondere », disse mia figlia mentre tirava fuori il suo telefono dalla giacca. Uscì chiudendosi la porta alle spalle, lasciandomi solo con Bella. Volevo andarmene.
« Che cosa succede? » 
« Sono solo stanco » 
« Vieni qui », lo disse con una dolcezza infinita, ma l’immagine di lei con Black era ancora così schifosamente chiara che mi impediva di avvicinarmi a lei. 
Vedendomi fermo a pochi passi da lei, Bella si tolse la leggera coperta che aveva sulle gambe e si alzò in piedi, mi avvicinai, poteva cadere, ma mi sorprese quando con decisone mi raggiunse. 
Le sue mani si posarono sul mio volto, le mie non riuscivano a muoversi, erano ferme lungo i fianchi, 
« Se Maometto non va alla montagna.. », sussurrò, « Guardami », aprii gli occhi e mi persi nel cioccolato delle sue iridi. 
« Torna a letto », le dissi togliendo le sua mani dal mio volto. Non ci riuscivo, sapevo benissimo che mi stavo comportando come uno stupido ragazzino. Ero un uomo dovevo dirle il perché della mia freddezza, ma non ci riuscivo. Avrebbe reso tutto più reale ed io volevo vivermi ancora quella favola. 
« Tu hai.. Tu hai.. », la interruppi immediatamente.
« Domani », la aiutai a rimettersi a letto, non disse più nulla. Fissava un punto indefinito davanti a sé ed io non riuscivo ad allontanarmi da lei, per quanto lo desiderassi, non avevo le forze di alzarmi ed andarmene. 
« Non rimarrai qui, vero? », guardava i fiori che c’erano sul tavolino davanti al suo letto, non erano un mio regalo.
« No », non sapevo cosa mi avesse dato la forza, forse il suo sguardo fisso su quei maledetti fiori, forse la voglia di evitare di farmi male, ma mi alzai, mi avvicinai e le lasciai un bacio sulla fronte. Lei non mi guardava, si era girata verso la finestra.
« Per quanto vale.. mi dispiace », disse mentre aprivo la porta della sua camera. 
Tornai a dormire nel mio letto dopo quasi un mese, non dormii molto quella notte. Nulla era cominciato, il dolore non mi era dovuto. 
 
25 marzo 2019
Il caffè non mi era mai sembrato così amaro, Newton continuava a parlare del caso che stava seguendo, su un presunto giro di denaro riciclato in una libreria vintage di Manhattan, cercavo di prestargli attenzione, di apparire normale davanti a tutti i miei colleghi. Normalità, cos’era definibile normale? Era tutto così soggettivo. Bella mi aveva chiamato quella mattina, alle quattro del pomeriggio l’avrebbero dimessa ed io mi ero proposto di andarla a prendere. Era stata una telefonata strana, lei sembrava felice di sentirmi, io non vedevo l’ora di concludere la chiamata. 
« Manda due agenti sotto copertura », suggerii a Newton a fine della riunione, la sala in poco tempo si svuotò, rimasi solo con Alice. Il suo iPad si illuminò, « Edward puoi venire con me? », annuii e la seguii nel suo laboratorio.
Al centro degli schermi faceva bella mostra il disegno dell’impronta di un cane, « Non l’abbiamo risolto quando abbiamo preso JW? », domandai.
« Si.. è arrivata una mail, ho provato ha triangolare il mittente ma mi riporta in Antartide, lo fanno per far perdere le tracce. Il mio software ha trovato al suo interno questo disegno. Tale e quale », spiegò Alice aprendo la mail sullo schermo. 
« C’è un link.. lo hai aperto? »
Scosse la testa, sembrava preoccupata, si mise al computer e cliccò sul link, « Siamo nel deep web », sullo schermo non comparve nulla, se non la richiesta di un pin e una frase: 
Per il vicedirettore 
« È una password numerica.. dammi qualche minuto e la trovo »
« Prova con il mio numero di matricola a Quantico.. 1040263 », suggerii dopo aver contato le caselle del pin.
Alice digitò le sette cifre, il sito si sbloccò e mostrò un’immagine dello spogliatoio vuoto dell’FBI di New York. Cosa voleva dire? Non aveva senso.
« Non capisco » 
« È un video », Alice riuscii a farlo partire, in un primo momento non c’era nessuno, poi entrò Bella, la riconobbi non appena si voltò verso la porta da cui era entrata, sorrideva. Il video cambiò inquadratura, ora riprendeva la porta, da dove entrò James Cooper. In pochi passi la raggiunse, la prese per la vita e la trascinò contro gli armadietti di metallo nero. Le loro labbra si unirono in un bacio violento. James tornò indietro e chiuse la porta a chiave, poi la telecamera inquadrò nuovamente Bella, sconvolta dal bacio che le aveva dato il suo direttore. Perché mi aveva nascosto la sua relazione con Cooper? Quello che ne seguì era difficile anche da descrivere, lui la prendeva lì su quegli armadietti che portavano il nome di anonimi e ignari agenti.
Quelle immagini, forse, mi facevano ancora più male di quello che avevo visto il giorno prima. Chi era Bella? Davvero si faceva scopare da un uomo sposato? Lei che era leale fino al midollo? Di chi mi ero innamorato? Ma soprattutto era amore quello che provavo per lei, o era solo dettato dal senso di protezione che provavo nei suoi confronti? A quel punto non lo sapevo più.
Il video era datato  7 gennaio 2019, tre giorni prima della morte di James Cooper.
« Edward mi.. » 
« Nascondi questo video.. nessuno lo dovrà mai più vedere », dissi uscendo arrabbiato dal laboratorio. Aveva passato settimane a rimproverarmi il fatto di non averle detto del mio matrimonio con Julien o di mia figlia, quando lei in primis mi aveva tenuto nascosto la sua relazione con James.
Varcai le porte del Lenox Hill hospital pochi minuti dopo le sei di sera, ero in ritardo, non mi ero accorto del tempo che passava, chiuso nel buio dell’ufficio del Direttore. 
« Sono due ore che ti aspetto », la trovai di spalle, guardava il tramonto fuori dalla finestra. Nonostante tutto mi era mancata, mi sembrava di tornare a respirare, e questo perché eravamo entrambi nella stessa stanza. Che patetico che ero, così sentimentale, così debole. Perché le avrei perdonato tutto. 
Sempre.
« Scusa, mi hanno trattenuto », mentii.
« Potevi avvisare.. avrei chiamato qualcun altro », la sua voce era di ghiaccio, si voltò, i suoi occhi erano rossi, stanchi, specchio dei miei.
« Tipo Jacob Black? », non riuscii a trattenermi, mi maledii da solo. Ero il numero uno nel voler rovinare le cose. 
Bella si sentii punta nel vivo, « Si, tipo Jake! », rispose mettendosi un cappotto leggero, nonostante fosse quasi aprile, a New York faceva ancora freddo, ma non quanto il gelo che era sceso in quella stanza d’ospedale.
« Jake.. », presi il borsone che c’era sul letto ed uscii da quella stanza, non mi ero immaginato così le sue dimissioni dall’ospedale, nella mia testa era tutto diverso. L’avrei presa per mano e baciata prima,  avrei ringraziato il dottor Masen per averle salvato la vita e poi l’avrei portata a casa, dove Chloe ci aspettava con una cena sulla terrazza del palazzo dove c’erano i nostri appartamenti. La realtà era ben diversa, Bella camminava a un metro da me e non mi rivolgeva la parola.
« Mi raccomando cambi la medicazione ogni sei ore », ci disse il dottor Masen all’uscita del suo reparto,  Bella gli strinse la mano, « Sarà fatto.. grazie dottor Masen ».
Il viaggio verso casa fu silenzioso, « Bella », la chiamai mentre portavo la macchina nel parcheggio sotterraneo, « Cosa vuoi? ».
« Nulla », la verità era che come era arrivato il coraggio di chiederle di James, così se ne era andato.
« Sono tutti nel mio appartamento, vero? » 
« Si », Chloe aveva organizzato una piccola festa di bentornato, il mio compito era quello di trattenere Bella fino alle sei e mezza. Beh ero arrivato in ospedale con due ore di ritardo, mi ero evitato quel compito. 
« Bene.. fa che non duri troppo, sono stanca », non aveva nulla della Bella che avevo visto uscire l’ultima volta da quell’appartamento.
« Come desidera Direttore », dissi mentre l’ascensore ci portava all’ottavo piano. 
« Oh tesoro ben tornata a casa », la accolse sua madre non appena entrammo nell’ampio soggiorno di Bella, ad attenderci c’erano i suoi genitori, sua sorella, Alice, Emmett, Rose e i gemelli. Chloe abbracciò me e poi passò a Bella, « Finalmente sei qui », le disse portandola al centro della sala dove c’era un’enorme torta. 
« È la tua preferita.. pan di spagna al cacao e crema chantilly », disse Leah, le due sorelle Swan non si assomigliavano molto, Bella era uguale nei tratti a suo padre, mentre Leah aveva gli occhi della madre, ma nulla di Charlie. 
« Grazie a tutti.. non dovevate », Bella odiava essere al centro dell’attenzione, non la faceva sentire a suo agio. 
« Vedo la mia piccola Bella, stanca.. che ne dite di cenare? », ci voltammo tutti verso Emilia, Bella le sorrise e corse ad abbracciarla, « Credo di essermi risvegliata solo per la tua cucina », disse felice. Mi fece male, prima a farla sorridere così ero io, ora non riuscivo nemmeno a rivolgerle la parola.
« Le hai detto del video? », mi domandò Alice mentre mi lavavo le mani nel bagno di servizio, scossi la testa, « No », dissi uscendo, Bella mi fissava severa. 
« È successo qualcosa al lavoro? », mi domandò.
« No.. tutto tranquillo » 
« Alice è strana », disse sedendosi a capotavola, non credo fosse semplice per Alice accettare quello che aveva visto, Bella era la sua migliore amica e non le aveva mai parlato di James.
L’ottima cena di Emilia aveva riportato l’allegria, i gemelli si erano sporcati tutti ed era buffo vedere Emmett alle prese con aeroplanini e giochi vari per fargli mangiare. 
« Io vorrei proporre un brindisi al team di Bella che in tempi record ha individuato e catturato l’autore dell’attentato », disse  Charlie.
« Grazie, so che Edward ha dovuto lottare contro un orso », era dolce, sembrava tornata quella di prima. 
Scrollai le spalle, « Devo ricordarmi di aggiungerlo al curriculum », dissi sollevando il bicchiere in aria. « Alla mia fantastica squadra ». 
«  Mamma sto bene.. non c’è bisogno che rimani », erano rimasti solo i genitori di Bella, gli altri se ne erano già andati.
« Sicura tesoro? Hai fatto sette giorni di coma » 
« Il dottor Masen ha detto che sto bene, come e più di prima », le rispose lei, i signori Swan ci salutarono, Chloe era andata a dormire nella camera degli ospiti di Bella, in quei giorni stava portando le sue cose nel mio appartamento, anche se dovevo ancora discutere di questa storia del trasferimento con sua madre. 
« Non serve che rimani » 
« Tua madre ha ragione », avevo paura che le succedesse qualcosa nel corso della notte.
« Se dovessi avere bisogno chiamerò.. » 
« Jake, magari? Sei dispiaciuta che non ci fosse questa sera? », avevo alzato la voce.
« Si può sapere quale è il tuo problema? » 
« Sei tu! È da gennaio che sei un mio problema! », stavo perdendo il senso della ragione, dovevo andarmene da quella casa, stavo dicendo cose che non volevo. 
« Un problema.. era meglio se questo problema continuava a dormire »,  stava perdendo la sua corazza.
« Non lo dire, mai più », se non fosse tornata a respirare autonomamente in tempo a quest’ora sarebbe nel piano più basso dell’ospedale. 
« È così che mi sembra », le lasciai una carezza sul volto, sorrise la imitai, « È meglio se andiamo a dormire », suggerii andando verso la porta.
« Tu mi hai visto baciare Jacob », disse all’improvviso, mi voltai verso di lei. 
« Bella è tardi.. non ne voglio parlare » 
« Beh, io si! », si mise davanti alla porta impedendomi di uscire, cercai di spostarla ma mi era impossibile.
« Sposati »
« Sarebbe più semplice innamorarmi di Jacob, nessuno avrebbe cercato di uccidermi se avessi dovuto testimoniare al suo processo, nessuno ti avrebbe accusato di omicidio, se innamorarmi di lui servisse a tenere entrambi al sicuro lo farei », era sincera, i suoi occhi parlavano anche nella penombra della sera, « Ci ho provato, l’ho baciato e mi sono immediatamente resa conto che nonostante tutto io voglio lottare accanto a te! », prese il mio volto tra le sue mani, « Perché le uniche labbra che voglio.. sono le tue », mi baciò e tutto scomparve. 
La spinsi contro la porta d’entrata, le baciai il collo facendo attenzione alla medicazione, sarei andato anche oltre, ma le immagini di lei con James mi bloccarono.
« Mi hai rimproverato di non averti detto nulla di Julien, ma neanche tu sei stata sincera con me », le dissi staccandomi da lei, che mi guardò senza capire.
« Di me sai tutto », si avvicinò, mi allontanai.
« No.. non so della tua vita al di fuori dell’FBI, questo va bene nemmeno tu conosci la mia da quel punto di vista », le spiegai, « Ma credo che sapere che ti scopavi James fosse importante », le dissi schifato.
« Cosa? », Bella sembrava sorpresa, ma non mi sarei lasciato abbindolare.
« Non fare quella faccia lì »
« Che faccia dovrei fare? Ti rendi conto di quello che mi hai detto? James era uno dei miei migliori amici! Era un uomo sposato! Aveva una figlia! », mi urlò contro.
« Non saresti ne la prima ne l’ultima a fregartene! » 
« Tu non mi credi.. posso dirti qualsiasi cosa ma tu sei convinto », si allontanò dalla porta, lasciandomi libera l’uscita, « Posso almeno chiederti cosa ti ha portato a questa conclusione? ».
« Abbiamo ricevuto un video di te e lui nello spogliatoio », le risposi con voce piatta. 
« Lo voglio vedere »
« Ho chiesto ad Alice di.. » 
« Sono il Direttore.. la mia non è una richiesta. Chiudi la porta quando esci », non le avevo nemmeno concesso il beneficio del dubbio, mi ero già fatto le mie conclusioni, era delusa. Si chiuse in camera sua e nonostante le mie iniziali intenzioni non andai nel mio appartamento, tornai nell’amplio soggiorno di Bella, il suo divano in pelle mi avrebbe fatto da letto. 
Il mio iPhone segnava le 11:57 pm, non avevo dormito nemmeno cinque minuti nell’ultima ora, Bella voleva innamorarsi di Black, perché con lui sarebbe stato semplice, questo cosa voleva dire, amava forse me? 
« James! », sentii urlare dalla camera di Bella, mi precipitai immediatamente da lei, la trovai seduta sul suo letto, stava tremando.
« Hey.. hey tranquilla », la presi tra le mie braccia, continuava a non parlare, « Che succede? », le domandai guardandola negli occhi. 
« Continuo a sognare la sua morte.. non so perché », disse massaggiandosi il collo. Bella sciolse l’abbraccio e scese dal letto. Il cielo era terso, nonostante l’inquinamento luminoso, alcune stelle si riuscivano a vedere.
« Lo amavi? » 
« No », Bella si voltò verso di me, « Io non so cosa tu abbia visto, ma tra me e lui non c’è stato mai nulla ».
La seguii nel bagno di camera sua, si guardava allo specchio, era bellissima. Con delicatezza si tolse il cerotto, il taglio lungo quattro centimetri era ancora rosso. Il dottor Masen aveva detto che con le giuste attenzioni la cicatrice sarebbe diventata quasi invisibile.
Bella prese il cotone con il disinfettante, guardava me dal riflesso sullo specchio. La raggiunsi presi il dischetto dalle sue mani e cominciai a passarlo lungo la ferita, le passai il braccio sinistro attorno alla vita, la strinsi a me, il profumo dei suoi capelli mi ricordò che era viva. 
« Mi dispiace », le dissi con le labbra sul punto in cui il Greco l’aveva colpita. Tremò. 
Non disse nulla, si limitò ad un timido sorriso. Dopo averle messo la crema le misi un nuovo cerotto. « Grazie » 
« Ho avuto così tanta paura.. ora sei qui. Sei viva, non c’è una macchina che ti permette di respirare, il tuo cuore batte da solo », chiuse gli occhi mentre le mie mani circondavano il suo viso, « Qualsiasi cosa sia, l’affronteremo assieme. Non posso essere geloso di quello che è stato ».
« Non mi hai dato nemmeno il beneficio del dubbio » 
« Vederti con Jacob ieri e oggi con James.. mi sono comportato come un ragazzino. Scusa », Bella scosse la testa, tornò a guardare il suo riflesso allo specchio, si mise una mano sullo sterno, tolse il cerotto che copriva il foro da dove il dottor Masen aveva estratto il proiettile. 
« Mentre mi portavano in ospedale ero cosciente, erano le tre e cinque minuti del pomeriggio, pensavo che se i medici fossero stati veloci a medicarmi avrei fatto in tempo a venire da te », pensava a me, anche quando la sua vita era vicina alla fine. « Di quei giorni ricordo solo la tua voce », disse disinfettando la ferita. Toccava a me riparare quella più dolorosa. Non era una cicatrice visibile, le avevo fatto male dentro l’anima. 
« Ti ho parlato per ore », misi una mano sulla sua e con gesti delicati disinfettammo anche quella seconda cicatrice.
« Allora perché ti sei allontanato così? » 
« Sono geloso », ammisi. Lei sorrise divertita scuotendo la testa.
« Andiamo a dormire? », propose prendendomi per mano. Mi fece sdraiare nella parte destra del letto, la sua, poco dopo si accoccolò sul mio petto. Come avevo fatto ad essere così stupido? 
 
26 marzo 2019
La sveglia delle sei mi ricordò che dovevo cambiare la medicazione a Bella, lo feci mentre dormiva, con delicatezza, non si accorse di nulla. Chloe pensò alla colazione, dovevo assolutamente parlare con sua madre, volevo che mia figlia vivesse con me.
« Buongiorno », Bella entrò nel suo soggiorno vestita e pettinata, non ricordavo che avesse qualche visita, « Buongiorno a te », le dissi avvicinandomi, le lasciai un bacio sulla guancia. 
« Che profumino, Chloe cosa hai cucinato? » 
« Pancake.. sono più leggeri del solito, ho letto che il dottor Masen ti ha consigliato di mantenerti leggera »,  Bella doveva riabituare il suo organismo all’alimentazione solida, per più di una settimana era stata nutrita via flebo. 
« Grazie tesoro », mangiò di gusto e dovevo ammettere che quella versione light non era affatto male, mia figlia aveva davvero le mani d’oro.
« Ci vediamo questa sera? », le dissi non appena finii la mia colazione, Bella scosse la testa, capii le sue intenzioni, e non ero per niente d’accordo con esse, « Non se ne parla ».
« Non te lo sto chiedendo.. l’unica cosa che puoi fare è darmi un passaggio »
« Direttore », la ripresi ma era inutile combattere contro di lei, era testarda.
« Bravo.. sono il capo »
Avevo avvisato Alice dell’arrivo di Bella al centro operativo, per rispetto nei confronti del nostro Direttore ogni agente dell’FBI di New York si trovava davanti all’ascensore ad attendere il suo arrivo. 
« Sono tutti qui davanti, vero? », mi domandò quando raggiungemmo il nostro piano, annuii compiaciuto, sapevo quanto questo genere di cose le desse fastidio. 
Non appena le porte si aprirono partì un fragoroso applauso di bentornato, « Non vi siete liberati di me.. per ora. Tornate al vostro lavoro prima che mi liberi io di voi », non riuscii a trattenere le risate, quella era la Bella di cui mi ero innamorato. Perché si, io la amavo. 
« Cullen, McCartney, Brandon in laboratorio. Adesso! E tu piccola Cullen usa il mio ufficio per studiare », era tornata a dare ordini e solo il cielo sa quanto questo mi fosse mancato. 
Nel laboratorio nessuno parlava, « Mostrami quel video », Alice esitava, « È un ordine! », Bella era seria. Il video partì, la rabbia e la gelosia tornarono prepotenti, « Non sono io.. quella ragazza non sono io! », eppure era lei.
« Io ci ho pensato per tutta la notte, con la tecnologia di oggi si può fare di tutto », disse Alice, lei a mente fredda ci aveva pensato io ero arrivato alla conclusione più ovvia.
« Potrebbe essere opera di un film maker? », ipotizzò McCartney.
« Inserisci nel database dei disegni le parole chiave film e maker », suggerii, l’autore dei disegni sembrava avere una risposta ad ogni nostro dilemma. 
In pochi secondi nella casella 1A si illuminò di verde il disegno di una volpe, « Che cos’è? », domandò Bella, Alice estese la ricerca. « È il logo di un freelance, un certo Jonatan Kowalski, lavora nel mondo del video editing dal 2010 ».
« Abbiamo un indirizzo? », domandò Bella.
« 1641 Metropolitan Ave, Bronx » 
« Portatelo qui », ordinò.
Io e Emmett ci preparammo a dover combattere, come sempre, invece il giovane Kowalski ci seguì al centro operativo senza fare storie. 
« Faccio parte di un’indagine federale? », disse entusiasta mentre lo portavo nel laboratorio, era un tipo strano, sembrava il classico nerd. Non dava l’aria di essere pericoloso.
« Il direttore dell’FBI Isabella Swan », la presentai, Bella ci fece segno di seguirla davanti ad uno dei computer di Alice.
« Quella a cui hanno sparato? » 
« Vedo che è informato.. conosce questo video? », gli chiese facendo partire il filmato, Kowalski esitò, « Se scopriamo che è opera tua, senza che ce lo dici tu, sei nei guai », gli ricordai.
« È opera mia.. non credevo fosse il suo il volto da importare nelle clip » 
« Chi ti ha commissionato questo video? » 
« Non conosco il suo nome.. mi ha pagato in contanti » 
« Descrivilo », gli dissi. 
« È lui.. è l’uomo del video », disse indicando il volto di James. 
L’accusa di omicidio nei miei confronti, il tentato omicidio di Bella, ed ora questo video. Qualcuno ci voleva separare, non ci sarebbe riuscito. 
 
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Buona sera fanciulle, siamo verso la fine.. ma ancora nulla si è capito. 
Grazie per il supporto ♥️
 
Ps. Da ora si pubblica il sabato 😘
 
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Capitolo 22
*** 74th Street - Queens NY ***



Dove eravamo rimasti..
Edward vede Bella baciare Jacob, si ingelosisce e per la prima volta non passa la notte con lei.
Alice riceve una mail con un link che riporta ad un video di Bella con James.
Edward va a prendere Bella in ospedale con due ore di ritardo, lei è arrabbiata e lui altrettanto.
All’arrivo a casa la aspetta una piccola festa di bentornato, alla fine della quale discute con Edward. Il giorno successivo, dopo che Edward le ha detto del video, Bella va al centro operativo e grazie a Alice riesce a rintracciare colui che ha creato il video importando il volto del Direttore. Il video è stato commissionato da James stesso. 
 
CAPITOLO 22
74th STREET
QUEENS – NY
 
2 aprile 2019
L’acqua scendeva calda sul mio corpo, scioglieva tutto lo stress che avevo accumulato in quelle settimane; la morte di James, i disegni, Edward il suo arresto, il processo, lo sparo, il coma. Era tutto troppo. Ero stanca, dovevo capire chi era la penna dietro la mia vita. Perché nulla in quel momento sembrava avere senso, nemmeno il ricordo fisso e continuo della morte di James, che mi perseguitava dal mio risveglio.
 
Il buio circondava la vecchia fabbrica di legname, Bella avanzava incerta al secondo piano assieme al suo capo, James Cooper, avevano appena discusso su Alice, il direttore la riteneva troppo esuberante, « Dovresti essere più carino con lei, non capisco come Victoria ti sopporti », gli disse l’agente Swan.
« La sprono a lavorare meglio e mia moglie mi ama ». Si separarono, lei si diresse verso sinistra, lui al lato opposto. 
Isabella si trovò davanti ad uno dei terroristi, si spararono a vicenda, lei cadde a terra, lui sembrava morto, ma lei si preparò a sparare di nuovo. 
« Cooper », disse l’uomo con un forte accento arabo.
Dolore.
Voci.
Buio.

 
« Ahhhh… », un urlo agghiacciante mi fece tremare nonostante il caldo dell’acqua che continuava a cadere su di me. La fitta alla gola arrivò potente, così come il dolore lancinante alla testa.
Avevo avuto un attacco, l’ennesimo. 
L’acqua della doccia si fermò, un ampio asciugamano bianco mi avvolse, « Va tutto bene », mi sussurrò la voce calda di Edward.  Mi ritrovai in camera mia, tra le sue braccia, cullata come una bambina dopo un brutto sogno. La differenza? Il mio sogno era reale.
« Non puoi andare avanti così »
« Passerà », nascosi il volto nel suo petto, i miei capelli bagnarono la sua camicia pulita, cercai di allontanarmi, ma lui mi strinse ancora più stretto a sé, come se mi volesse inglobare nella sua anima.
« Dovresti parlarne con Rose », suggerì dandomi lenti baci sulla fronte.
« Non è niente », non volevo che si preoccupasse.
« Lo so, ma parlarne con lei ti aiuterebbe », lo avvicinai a me e lo baciai.
 
« Cooper », disse l’uomo con un forte accento arabo.
« Ancora non sei morto? », tuonò la gelida voce di James.
Dolore.
Voci.
Buio.

Mi scostai spaventata dalle labbra di Edward, che mi guardò allarmato, lo rassicurai, « Credo di dover parlare con Rose », dissi convinta delle mie parole. 
« È un’ottima idea », convenne lui, abbracciandomi, « Bella? ».
« Mhm », risposi con le labbra sul suo collo.
« Dobbiamo andare al lavoro », disse sistemando il telo in spugna che nei movimenti era scivolato, lasciando il mio seno nudo. 
« Mhm.. mhm », risposi cominciando a baciare il suo collo, la mandibola per poi arrivare alle sue labbra. Le sue mani stringevano possessive la mia schiena, la sua lingua trovò ben presto la mia. Si stava lasciando andare ed io non ero da meno, « Il Direttore alle nove ha indetto una riunione », dissi sbottonando i primi bottoni della sua camicia, « Si arrabbia molto se qualcuno arriva in ritardo »,  continuai tornado sulle sue labbra.
« Beh.. conosco un modo per farmi perdonare », la sua bocca arrivò al mio collo, ne baciò ogni centimetro, baciò la cicatrice che stava guarendo. Si abbassò e baciò anche quella sullo sterno, poi scese verso il mio seno, « Fermami ti prego », avrei tanto voluto non assecondare quella sua richiesta.
« Questa notte Chloe dorme da Alice, vero? », domandai portando il suo viso a contatto con il mio.
« Si », disse tra un bacio e l’altro alle mie labbra.
 
« Sono proprio necessarie queste riunioni? », mi chiese Alice non appena rimanemmo sole nella sala conferenze, Washington aveva mandato nuove linee guida sulla sicurezza nazionale ed era mio dovere esporle ai miei colleghi. 
« È il volere dei piani alti », le risposi firmando il verbale della riunione che aveva scritto un neo agente, « Alice, cerca di creare una mappa sugli ultimi eventi, vedi se riesci a trovare collegamenti oltre ai disegni ».
« Certo » 
Da quando ero agente dell’FBI non avevo mai temuto le sedute dallo psicologo a cui eravamo obbligati ogni tre mesi, ma mentre mi avviavo verso l’ufficio di Rose sentivo le gambe tremare, per la prima volta sentivo che c’era qualcosa di sbagliato in me.
Lo studio di Rose era un modo a parte, così diverso dallo stile freddo che caratterizzava il centro operativo, il pavimento era ricoperto da un caldo parquet in legno di rovere, la parete sul lato sud mostrava un’ampia vetrata, il sole birichino faceva breccia tra le nuvole, i mobili bianchi davano quella sensazione unica di benessere e le piante rendevano tutto più vivo. 
« Mi domandavo quanto tempo ci avresti impiegato a venire », Rose era seduta sulla sua poltrona, mi dava le spalle.
« Non ci ho messo poi così tanto », le dissi andando a sedermi sulla poltrona bianca, lei si alzò e si sedette davanti a me. 
Cominciai a raccontarle tutto, del sogno che avevo fatto poco prima del mio risveglio, e che si era ripetuto ogni notte, della crisi avuta nella doccia. Le raccontai del dolore che sentivo alla testa nel punto in cui qualcuno mi aveva colpito quel giorno alla vecchia fabbrica, quando James era morto. 
« È un continuo ripetersi di quella scena.. continuo. È come se conoscessi il finale, ma non lo sapessi leggere », era frustante. 
« È probabile che il tuo cervello, durante il coma abbia finalmente trovato il tempo di riposare, elaborando un trauma. Vedi Bella in questi mesi sei stata messa a dura prova dal punto di vista psicologico. Continue sfide che non ti hanno dato il tempo di elaborare quello che ti stava circondando. La morte di James, l’arrivo di Edward, i disegni.. ti hanno provato », disse Rose.
« Pensi sia un ricordo? », cominciavo a pensare che quel colpo alla testa fosse opera di James, quella mattina mi ero ricordata anche della sua voce, ma forse era solo uno stupido gioco della mia mente. Il corpo di James era stato ritrovato senza vita nel lato ovest dell’edificio, l’unica parte esplosa, io mi trovavo esattamente nel lato opposto. Sicuramente era solo un brutto scherzo della mia memoria.
« È plausibile » 
« Me lo devo solo ricordare allora »
« Il nostro cervello è molto egoista, per proteggersi delle volte elimina degli elementi che non gli piacciono. Ma il tuo cervello, sei tu. È una tua scelta », annuii poco convinta alle parole di Rose, mi sorrise, come ad incoraggiarmi.
« Datti tempo », mi sarei data tutto il tempo del mondo, se solo avessi saputo contro chi è contro cosa stessi lottando. 
Il bussare della porta ruppe quella strana atmosfera che si era creata, « Avanti », disse Rose.
« Scusate il disturbo.. I disegni », disse Alice. Mi alzai immediatamente, erano un po’ di giorni che non sembravano dare segni di vita, « Devo andare ».
« Certo », salutai Rose e con Alice raggiunsi il suo laboratorio.
« Che succede? », domandai, ritrovando il laboratorio vuoto, se si escludeva la presenza di Edward ed Emmett.
« Ieri sera un’inserviente della Maspeth High School nel Queens, Danielle Holland, ha trovato una bambina di pochi giorni nei bagni della scuola », spiegò mostrando delle immagini dell’istituto.
« Se ne sta già occupando la polizia? », domandò Emmett.
« Si, la piccola è stata portata in ospedale per gli accertamenti e questa mattina è stata trasferita in una casa famiglia a Brooklyn »
« Perché si sono attivati i disegni? », domandai.
« La NYPD ha caricato sul data base in comune con l’FBI tutte le prove che riguardano il caso », era triste vedere e concepire una bambina di pochi giorni come un anonimo caso di polizia. 
« Tra queste prove, c’è la copertina in cui era avvolta la bambina, è rosa in flanella e sul retro ha ricamato, con una precisione del 98%, le ali dell’angelo », Alice mostrò la copertina sui suoi schermi, le ali erano uguali a quelle del disegno.
« La polizia non sa nulla della madre? » 
« Nulla »
Presi il telefono e cercai il numero del capo della polizia, « Black? ».
« Bellissima.. sono giorni che aspetto una tua telefonata », quel suo tono di voce mi irritò, come mi era solo passata l’idea di sostituire Edward con lui? Idiota.
« Rientra nei tuoi panni da capo della polizia » 
« Non mi stai chiamando perché hai deciso di accettare il mio invito, suppongo »
« Jacob », sbuffai, catturata per un attimo dallo sguardo penetrante di Edward su di me, « ti prego ».
« Lui ha vinto.. capisco. Ritiro le armi »
« Della bambina della Maspeth High School cosa mi sai dire? », andai dritta al punto, non era il momento di flirtare.
« Non posso divulgare informazioni »
« Lo farai, dal momento che il caso è passato all’FBI », forse lo dissi con troppa autorità, ma mi piaceva essere autorevole, forse il termine migliore era stronza. Il concetto rimaneva, comunque, uguale.
« Assolutamente no! »
« Forse non ci siamo capiti, non è una richiesta », dal momento in cui i disegni riscontravano un minimo, anche piccolissimo, collegamento con un caso della polizia, esso automaticamente passava all’FBI.
« Certamente Direttore.. le farò avere tutto il fascicolo », avevo sbagliato a dargli false speranze, me ne rendevo conto, ma questo atteggiamento da adolescente in preda agli ormoni mi dava sui nervi. 
« Ottimo.. la bambina la voglio qui.. avvisa la casa famiglia » 
Conclusi la chiamata, sentendo gli occhi del mio team su di me, « Mi era mancata il Direttore stronzo.. bentornata! ».
« Non farti licenziare! », risposi ad Emmett, divertita. Non appena avessi ricevuto il fascicolo da Black avrei mandato McCartney e Cullen alla Maspeth High School per interrogare gli alunni.
« Bella.. Vieni un attimo? Ti dovrei parlare », seguii Cullen per i corridori del centro operativo, era silenzioso, arrivammo fino al piano dedicati agli allenamenti. 
 
« Cosa ci facciamo qui? Non mi posso allenare per le prossime due settimane », dissi mentre la porta della palestra si chiedeva alle mie spalle. Era vuota, data l’ora probabilmente erano tutti in pausa pranzo.
Edward si voltò verso di me, riconobbi i suoi intenti dal suo sguardo, con due falcate mi raggiunse e mi spinse contro il muro, le sue labbra raggiunsero fameliche le mie. 
« Questo tuo essere stronza mi fa impazzire », disse mentre le sue mani stringevano possessive la mia vita. 
« Non cercare di farti licenziare », gli risposi giocando con i suoi capelli, mi sorrise, lasciando teneri baci sul mio naso.
« Andiamo a mangiare.. va bene il cibo della mensa o ordiniamo? » 
« Sono sotto medicinali, quindi credo sia più sensato mangiare del cibo vero », risposi appoggiandomi al muro alle mie spalle. Edward mi bloccò mettendo le mani ai lati della mia testa.
« Mi sembra un’ottima idea », asserì prendendomi per mano, non appena uscimmo in corridoio notammo la figura di Kate, era al telefono e concluse immediatamente la chiamata non appena ci vide.
« Sei tornata ad allenarti? », chiese, lasciai immediatamente la mano di Edward.
« Oh.. emm no.. ma ho notato la palestra vuota e questo non mi piace », dissi per giustificare la mia presenza li, non volevo che cominciassero a circolare voci su me e Cullen, anche se probabilmente già circolavano.
« Richiamerò il mio team » 
« Ottima idea », convenni superandola, il mio rapporto con Kate si era basato sempre sul reciproco rispetto, avevamo stretto nel corso del tempo una bella amicizia, era più grande di me, di circa una decina d’anni. Era un’ottima agente, anche se mi era sembrata strana, come se non mi volesse lì. 
« Ti sei slavata.. », mi prese in giro Edward.
« Non stavo scherzando », dissi entrando nell’ascensore.
« Domani mattina mi alleno », lo guardai storta, da quello che ne sapevo era quasi un mese che non si allenava.
« Kate mi ha fulminato.. sarà gelosa », dissi non appena le porte dell’ascensore si chiusero.
« Beh si è fatta scappare uno come me », rispose compiaciuto con un sorriso da schiaffi stampato in faccia.
« Quante volte ci sei uscito? », domandai ricordando una discussione che avevo avuto con Kate su quanto bello e sexy fosse il nuovo arrivato.
« Una sola volta.. abbiamo bevuto un drink assieme »
« E.. », lo spronai a continuare.
« E basta. Sei gelosa? » 
« No caro.. quello geloso e che si comporta come un adolescente sei tu! », uscì vittoriosa dall’ascensore.
« Touché! », rispose seguendomi.  
Nelle prime ore del pomeriggio Alice mi avvisò dell’arrivo di Black, lo aspettai con Edward nel mio ufficio, « Capo Black, benvenuto », lo salutai con una stretta di mano, che Cullen replicò.
« Siamo tornati ad essere formali? »
« È quello che il nostro ruolo richiede », risposi facendolo accomodare.
« Limpido.. come richiesto il caso passa all’FBI.. le assistenti sociali con la bambina saranno qui a minuti », disse passandomi il fascicolo. 
« Leggo che avete già fatto degli interrogatori »
« Si.. come capirai sono stati interrotti », mi spiegò, si notava una ruga che gli attraversava il volto, era infastidito. Non doveva essere semplice vedersi soffiare un caso.
« Nessuno sembra sapere nulla.. telecamere? » 
« È una scuola pubblica, l’unica telecamera presente è all’entrata », mi spiegò. Non avevamo molto su cui lavorare, ma ero fiduciosa nelle capacità del mio team.
« Avanti », Alice entrò seguita da due donne, quella più giovane teneva un ovetto, da cui spuntava una coperta rosa, che non era la stessa con cui avevano ritrovato la bambina. 
« Direttrice Swan, Amelia Brown direttrice della casa famiglia Light blue e Eliza Romero giudice del tribunale dei minori », le introdusse Alice, salutai entrambe e le feci accomodare, colei che mi venne presentata come Amelia, appoggiò la bambina ai piedi della scrivania e quel gesto mi diede fastidio. « Brandon occupati della bambina.. ma non uscire dall’ufficio », mi corressi dopo un’occhiataccia da parte dell’assistente sociale.
« Come vi avrà anticipato il capo Black, il ritrovamento della bambina si ricollega ad un caso che l’FBI sta seguendo dai primi di gennaio. Come direttrice dell’ufficio dell’FBI di New York chiedo la custodia della minore e di tutti gli atti a lei attribuibili », chiesi con educazione e serietà, ma senza perdere quell’aura di autorità che caratterizzava la mia posizione. 
« Vorrei più dettagli » 
« Giudice Romero, non sono autorizzata .. stiamo parlando di sicurezza nazionale » 
« Ritiene una bambina di otto giorni un pericolo per la sicurezza nazionale? Ridicolo! », sbottò la dottoressa Brown. La piccola si agitò, Alice la prese in braccio e solo in quel momento notai quanto fosse piccola e indifesa. Mi si strinse il cuore.
« Non considera l’idea che ad essere in pericolo sia la bambina? », replicai cercando di mantenere un tono tranquillo.
« Da cosa dovete proteggerla? » 
« Non compete a lei conoscere i dettagli », risposi con severità. 
« Non acconsentirò » 
« Dottoressa Brown non è una decisone che le spetta », venne in mio aiuto il giudice Romero.
« Giudice Romero.. sia ragionevole », non capivo l’astio della donna nei miei confronti. Edward mi guardò con lo stesso punto interrogativo che probabilmente era stampato anche sul mio viso.
« Lo stato d’emergenza della situazione mi porta a prendere tale decisione in totale autonomia », dissi imponendomi, non eravamo in tribunale, le mie parole erano legittime, « Quindi giudice Romero le chiederei una firma qui e qui la sua dottoressa Brown », il giudice mi sorrise, aveva compreso appieno la gravità della situazione. Le due donne firmarono, anche se l’assistente sociale si mostrava restia.
Alice cullava la piccola, era sveglia e i suoi occhi puntavano su di me, come se mi volesse catturare.
« Chi si occuperà della bambina? », domandò qualcuno, non prestai attenzione a chi avesse parlato.
« Io »
Lo sguardo incredulo di Edward mi fece rendere conto della mia risposta, data d’istinto. Senza nemmeno ragionarci e pensarci su.
« Mi sono informata su di lei.. è appena uscita dal coma. Non è idonea », disse sprezzante la dottoressa Brown, respirai profondamente prima di perdere le staffe e farle pentire di essere nata.
« Dottoressa Brown, la Direttrice Swan si è completamente ripresa, è stata reintegrata nel suo ruolo e mi creda per UN ruolo così delicato al bisogna essere idonei in qualsiasi campo », intervenne Edward in mia difesa, nonostante le sue belle parole, mi diede fastidio. Sapevo difendermi da sola, non avevo bisogno di un uomo che lo facesse per me.
« Vede regolarmente uno psicologo » 
« Come ogni agente dell’FBI.. ora se ha concluso questo processo nei miei confronti, le chiedo gentilmente di lasciare l’ufficio »
L’assistente sociale lasciò un borsone sulla poltrona su cui era seduta ed uscì senza salutare nessuno, viva l’educazione, « Direttore queste sono le prove che la NYPD ha rivenuto nel luogo del ritrovamento », Black mi diede una busta di plastica, che conteneva gli abiti e la coperta rosa con il ricamo delle ali. 
« Grazie.. Alice passa la bambina a Edward e analizza le prove », Cullen prese la bambina, che tra le sue braccia sbadigliò. 
« Appena ho qualcosa ti avviso. Arrivederci giudice Romero »
« Aspetti.. esco con lei. Direttore, per qualsiasi cosa mi contatti »
« Non mancherò », salutai il giudice con una stretta di mano e chiesi ad Emmett di accompagnarla. Rimanemmo solo io ed Edward nel mio ufficio, « Ha i tratti chiari.. come Chloe », era completamente rapito da quel piccolo fagottino che si ritrovava tra le braccia.
« Come si chiama? », mi domandò, presi la cartelletta che c’era all’interno del borsone e lessi, Elle Doe, quello era il cognome che la polizia dava alle persone che solitamente avevano perso la memoria e non si ricordavano il proprio, in attesa che qualcuno della famiglia gli ricercasse. 
« Elle », dissi avvicinandomi. Con timore allungai una mano verso di lei, come se avessi paura di toccarla, come se il mio solo tocco le potesse fare male. 
Edward fece un passo verso di me, sentii un profumo dolce, non lo saprei descrivere, ma mi sembrò il più buono che avessi mai sentito.
« Non avere paura », Edward mi lasciò una carezza sul volto. Con un profondo respiro presi la piccola tra le mie braccia. Ogni paura svanì, sentivo che era al sicuro. Fu un gesto naturale.
« Ciao », la mia voce risultò smielata anche a me, « Possono fare del male a tutti, non importa se fanno del male a me, ma.. non possono fare del male a te  o a lei. Edward è così piccola », sentii una forte rabbia montare su di me.
« Chiunque ci sia dietro la pagherà.. per tutto », mi lasciò un bacio sulla fronte, « Credo che passerò in bianco anche questa notte », mi fece ridere. 
« Per quanto ne so.. dormono per qualche ora », dissi divertita. Edward aveva la capacità di allentare la tensione e se a qualcuno può risultare fuori luogo la sua battuta a me servì per farmi calmare. Sarebbe andato tutto bene.
« Hai novità? », chiesi ad Alice entrando nel suo laboratorio, Chloe si stava prendendo cura della piccola nel mio ufficio.
« Sull’etichetta al posto dei consigli per il lavaggio c’è la prima parte di una coordinata », disse mostrandoci i numeri sullo schermo.
 
N 42° 37’ 27”
 
« Sola così non ha senso, sul quarantaduesimo parallelo c’è di tutto. Così ho messo sotto ispezione i disegni e in B3, all’interno di questo », disse mostrando il disegno di un biberon, « ho trovato la parte mancante. Se notate », ingrandì l’immagine, « i numeri che segnano i ml non sono in ordine: 7 1 3 1 1 7. Se li scrivo così.. ». 
 
S 71° 31’ 17”
 
« Ottengo delle coordinate molto più precise » 
« Dove siamo? », domandai.
« Nel bel mezzo del Massachusetts e l’unico luogo di interesse è il Saint Andrew Hosptal, una clinica della fertilità », rispose mostrando il sito web della clinica. 
« Pensi che la bambina provenga da lì? », mi chiese Edward.
« Non lo so.. Alice prenota una visita », chiedere un mandato avrebbe dato tutto il tempo alla clinica di nascondere eventuali prove.
« Abbiamo problemi di fertilità? », mi domandò Edward facendo ridere la squadra che ormai era ridotta all’osso, oltre a me e a lui c’erano solo Alice ed Emmett.
« Noi no, ma Jess e Mathew Smith si », dissi inventandomi i primi nomi sotto copertura che mi fossero venuti in mente.
« Perfetto. Mi metto subito all’opera », disse Alice richiudendosi nel suo ufficio.
« Edward, Emmett prendete la squadra Alfa I e recatevi alla Maspeth High School e interrogate tutti gli studenti. Qualcuno deve sapere qualcosa », ordinai rientrando nel mio ufficio. Dove la piccola Elle dormiva beatamente tra le braccia di Chloe.
« Dovremmo prenderle un passeggino.. l’ovetto è scomodo », disse sorridente.
« Passala a me, chiamerò Emilia e le chiederò di acquistare il necessario », presi la piccola tra le mie braccia e un senso di pace mi avvolse.
Edward e gli altri tornano poco dopo le sei di sera, la piccola aveva dormito per tutto il tempo passando dalle mie braccia a quelle di Chloe, al piccolo divano del mio ufficio.
« I signori Smith hanno una visita con il Dottor Brenner giovedì 4 aprile », disse Alice entrando con cautela nel mio studio. 
« Perfetto », se c’era qualcosa da sapere su quella clinica io e Edward l’avremmo scoperta.
« Cosa avete ricavato? », domandai ai miei colleghi, che erano appena entrati. 
« Di quelli che abbiamo interrogato nessuno sa nulla » 
« Una ragazza ci ha fatto presente che la sua migliore amica, una certa Mariah Torres, manca da scuola da circa dieci giorni », aggiunse Edward.
« Avete chiamato a casa? » 
« Vive in una casa famiglia.. la stessa a cui era stata affidata la piccola »
« Cosa vi hanno detto? » 
« È solita scappare, ma dopo una o due settimane torna. Per questo non hanno avvisato le autorità », mi spiegò Edward prendendo la piccola. Le lasciò un delicato bacio sulla fronte, come fosse il più prezioso dei diamanti. 
« È minorenne? », Emmett annuì, io e la dottoressa Brown avevamo un bel discorso da fare. Per quanto ne sapessi, e ne sapevo molto, non denunciare la scomparsa di un minore era reato.
« Un'altra cosa », intervenne Edward che si era seduto sulla poltrona con la bambina, « Sei alunne di quella scuola sono incinte. È bizzarro ». 
« Già », tutta quella storia non prometteva nulla di buono e temevo di aver capito cosa si nascondesse dietro la nascita di Elle.
« Da dove spunta questa culla? », domandò Edward non appena rientrammo nel mio appartamento, Emilia aveva preso tutto quello che io e Chloe avevamo chiesto. E visto che nessuna delle due aveva esperienza, il mio soggiorno era pieno di roba di cui non conoscevo l’utilizzo.
« Non pensavo ci tenessi così tanto a passare la notte in bianco », dissi superandolo per mettere la piccola nella culla, temevo piangesse ma accolse la novità con un ampio sbadiglio.
« Le piace », sussurrai.
« Credo di si », rispose Chloe.
« Ragazze la bambina è in affido.. rischiate di affezionarvi », Edward ci riportò con i piedi a terra, aveva ragione, affezionarmi a lei mi avrebbe portato a soffrire.
« Bella ti sta squillando il telefono », disse Chloe passandomi il cellulare, era Black, cosa voleva a quell’ora? Sbuffai.
« Rispondi potrebbe essere importante », mi suggerì Edward e accogliendo il suo consiglio risposi.
« Pronto »
« Ciao Bella.. non ti volevo disturbare » 
« Dimmi pure », dissi avvicinandomi alla vista che avevo su Central Park.
« Abbiamo ritrovato il cadavere di una giovane donna nel Hudson questo pomeriggio, un primo esame del DNA ha stabilito che è Mariah Torres » 
« Studentessa della Maspeth High School, giusto? », la ragazza scomparsa e di cui nessuno aveva denunciato l’accaduto.
« Si e madre della bambina che hai preso in affido », mi sentii gelare il sangue. La piccola si mise a piangere, Edward la prese immediatamente in braccio, cercai di sorridere mentre dall’altra parte del telefono Black continuava a parlare. 
 
————
Buonasera fanciulle, tutto bene? 
Ci siamo quasi.. non manca molto ♥️
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Capitolo 23
*** Sunday Woods Rd - Weston MA ***


Dove eravamo rimasti..
Al centro operativo arriva la notizia del ritrovamento di una bambina di pochi giorni avvolta in una coperta rosa, che riporta il disegno delle ali dell’angelo. Alice riesce a ricavare delle coordinate che portano al Sant Andrews Hispital, nel Massachusetts. Bella decide di occuparsi della piccola, mentre Jacob ritrova nel Hudson il corpo della madre della piccola. 


 
CAPITOLO 23
SUNDAY WOODS RD
WESTON - MA

4 aprile 2019
Le prime luci dell'alba si facevano strada tra le dense nuvole che quella mattina sovrastavano il cielo della grande mela. La primavera sembrava voler tardare il suo arrivo e l'inverno ricordare ancora la sua presenza. 
La piccola Elle dormiva pacificamente sul mio petto dalle quattro del mattino, si era agitata per tutta la notte, Edward l'aveva cullata e poi passata a me.
Era bravo con i bambini, io non avevo mai cambiato un pannolino in vita mia. 
« Dorme tranquilla », dissi  lasciandole piccole carezze sulla schiena.
« Anche tu hai dormito tranquilla, nessun incubo », sorrisi. Aveva ragione, da quando avevo Elle, James e la sua morte non mi avevano più tormentato.
« Le sedute con Rose funzionano »
« Elle funziona », disse avvicinatosi per lascarmi un bacio sulla guancia, era bella la routine che si era creata in così pochi giorni. Non avevo il coraggio di ammettere, che nonostante mi piacesse, mi faceva paura. Quella non ero io. Non l’avevo mai desiderata una famiglia tutta mia, il mio unico obiettivo era il mio lavoro. Non Elle, non Edward. 
« Che succede? », mi domandò Edward vedendomi così silenziosa. 
« Niente », mi alzai lasciando la piccola sul letto, dormiva ancora, una doccia mi avrebbe fatto bene.
« Sei abituata alla solitudine e tutto questo non fa parte di te », fissai Edward dal riflesso dello specchio, « Non sei obbligata ».
Elle non era un obbligo per me. Era il cambiamento a farmi paura. In pochi mesi la mia vita era stata rivoluzionata.  
« Lo so », dissi mostrando un leggero sorriso.
« É stata una scelta azzardata » 
« No.. Ho paura.. non sono sua madre. Ho il terrore di farle del male », confessai, Edward scosse la testa e prese il mio volto tra le mani. 
« Sono paure naturali. Tu sei bravissima. Ora vestiti abbiamo un aereo da prendere signora Cullen », mi fece sorridere.
« Smith.. tienilo a mente », risposi più tranquilla. Nel pomeriggio avremmo preso un aereo per Boston, era arrivato il momento di scoprire cosa legava la bambina con la clinica.
« Nell’ultimo anno quattordici studentesse della Maspeth High School hanno preso due voli andata e ritorno per Boston, con una distanza di trentotto settimane dal primo al secondo volo », ci informò Alice nel suo laboratorio. Tremai. 
« Hai avuto accesso alle loro cartelle cliniche? » 
« Si, qualche osso rotto ma niente gravidanze », come sospettavo. Quello non era un buon segno.
Avevo lasciato la piccola a mia madre, mi era pianto il cuore quando l’avevo salutata poco prima di uscire, mi ero affezionata. E questo non lo volevo.
« Emmett ti passo il testimone », dissi lasciandolo a capo dell’ufficio dell’FBI di New York. 
« Non c’è problema »
« Signori Smith ecco i vostri documenti, vi auguriamo buon viaggio », ci disse la hostess di terra restituendoci i documenti, che Alice ci aveva procurato.
Il volo non durò molto, all’incirca un oretta. Edward mi aveva tenuto la mano per tutto il tempo. Era pensieroso.
« Tutto bene? »
« Ho parlato con Linda.. non vuole che Chloe rimanga a New York », disse guardando verso il finestrino.
« Cambierà idea », conoscevo abbastanza Chloe da poter dire che sarebbe stata abbastanza convincente con sua madre.
« Non avevamo mai discusso per Chloe » 
« Ha paura.. è naturale », sorrise alle mie parole. 
« Impari in fretta » 
Non capivo i miei sentimenti per Elle, l’unica cosa che sapevo era che volevo proteggerla da tutti, non avrei permesso a nessuno di farle del male.
Emmett, a New York, seguiva assieme al capo Black le indagini sull’omicidio di Mariah Torres, la madre biologica della piccola. L’avevano ritrovata nell’Hudson con una ferita sulla parte posteriore del cranio. L’avevano uccisa e buttata in acqua. 
Il Saint Andrew Hospital tal si trovava in una zona verde, in mezzo agli alberi e alla campagna. La struttura era in stile vittoriano. Maestosa. Assomigliava più ad una residenza di campagna di un nobile europeo che ad una clinica.
Un’infermiera ci attendeva all’entrata. Così come l’esterno anche all’interno il tempo non sembrava essere passato. « Questo posto mi ricorda un manicomio degli anni trenta », commentó Edward, mentre seguivamo la giovane donna lungo il bianco corridoio che conduceva all’ufficio del direttore, il dottor Branner. 
« O il set di un film dell’orrore », continuó sussurrando all’orecchio, mentre mi stringeva per un fianco.
« Dottor Branner i signori Smith », ci presentò l'infermiera. 
« Benvenuti, prego accomodatevi », il dottore ci accolse con un gran sorriso nel suo ufficio. Era un luogo armonioso, dove il bianco veniva accompagnato da un mobilio in legno scuro, quercia probabilmente. 
« Ho analizzato la sua cartella clinica », disse sedendosi davanti a noi. Alice aveva creato delle false analisi e visite, che confermavano l’impossibilità della signora Smith di concepire. Dalle nostre ricerche avevamo scoperto che il dottor Branner era un ricercatore, dalla discreta fama, conosciuto per aver permesso a più coppie di avere figli. Su quel punto io e il mio vice avremmo insistito. 
Il dottore cominciò a farci una serie di domande, sia di ordine medico, che personale. Sosteneva, infatti, che non tutte le coppie fossero mentalmente pronte ad avere un figlio. Cercammo di essere il più convincenti possibili, quello che ci propose era tutto nella norma, legale. Cosa nascondeva? 
« Io e mia moglie avremmo pensato ad una madre surrogata »
« Si, ci sembra l’idea migliore »
« Molto bene, a questo proposito abbiamo una serie di possibili madri surrogate da proporvi. Ovviamente se non avete già chiesto a qualcuno di vostra fiducia », notai qualcosa cambiare nel suo sguardo. 
« No, non l’abbiamo chiesto a nessuno », dissi.
« Nessuno sa dei nostri problemi », intervenne “mio marito”. Edward aveva capito quello che, probabilmente, si nascondeva dietro la clinica. 
« Il Saint Andrews Hospital è noto per la sua discrezione, se mi date un attimo vi mostro le madri surrogate che sono disponibili », il dottore uscì dal suo ufficio lasciandoci soli. 
« Dobbiamo avere accesso al suo computer », dissi ad Edward avvicinandomi. 
« Collegate la chiavetta USB », Alice ci seguiva dal centro operativo, ma non era cauto procedere in quel momento. 
Il dottor Branner arrivò con in mano un fascicolo, lo presi e assieme a “mio marito” cominciammo a sfogliarlo, erano le schede delle madri surrogate.
Tutte ragazze giovani, nessuna delle studentesse della Maspeth High School, « Grazie, io e mio marito vorremmo del tempo per discutere », dissi alzandomi, Edward mi seguì. 
« Non c’è problema vi aspetto domani alle dieci », ci rispose, restituii il fascicolo e dopo una stretta di mano uscimmo dalla clinica. 
« Hai riconosciuto qualche ragazza? », chiesi ad Edward una volta rientrati nella nostra camera d’albergo. 
« Una delle ragazze assomigliava ad una delle insegnanti che ho interrogato alla Maspeth High School » 
« Alice mandaci la lista con le foto » 
« Potete visualizzarla subito », ci disse.
Edward guardò la lista sul computer, « Eccola è lei, Jessica Pratt, insegnante di sociologia ».
« Possibile che.. »
« Cosa? »
« Sia lei a portare le ragazze qui? », diedi voce ai miei pensieri. Provavo orrore. 
« Non è da escludere » 
« Emmett interroga Jessica Pratt, ma non ora. Domani mattina », non volevo fughe di notizie, « Io e Cullen entreremo nella clinica questa notte, quindi Alice avremo bisogno della planimetria ».
« Ve la invio subito. Quando siete lì inserite la chiavetta in un computer qualsiasi e poi ci penso io », ci informò Alice.
« Ciao amore, come va? », Edward guardava innamorato lo schermo del suo iPhone, Chloe teneva in braccio Elle, mi mancavano entrambe.
« Ciao papà, io e la piccola stiamo bene. La mamma di Bella è fantastica, mi ha parlato di Shakespeare oggi pomeriggio », parlava con entusiasmo, mia madre era una docente di letteratura inglese alla Columbia University. 
« Stai attenta Chloe una volta che comincia non la smette più! » 
« Figlia ingrata! », mi riprese mia madre. 
La cena che ci portarono in camera era sublime. Mi era piaciuto parlare con le bambine, come le chiamava Edward. 
« Ti manca? » 
« Si », ammisi appoggiandomi a lui, mi lasciò un bacio sulla fronte e si mise un dolcevita nera. Sembravano una coppia di ladri. A mezzanotte saremmo entrati nella clinica, quando i medici avrebbero concluso l’ultimo giro di viste. 
Il commento di Edward sul set dei film dei orrori non era poi così fuori luogo. La luce della luna proiettava sulla clinica strane e inquietanti ombre. Per entrare utilizzammo la porta di servizio sul retro, quella che usavano i dipendenti della cucina. Alice, in collegamento dalla centrale operativa.
Per entrare utilizzammo la porta di servizio sul retro, quella che usavano i dipendenti della cucina. Alice, in collegamento dalla centrale operativa, controllava le telecamere di sorveglianza che spegneva e accedeva dopo il nostro passaggio. 
Non fu difficile per Edward forzare la fragile porta in legno. Entrammo in una cucina professionale, tutta in allumino. Era inquietante.
Dalla cucina, attraverso uno stretto corridoio, arrivammo alla lavanderia, dove io e il mio vice ci cambiammo indossando l’uniforme degli infermieri.
« Sei molto sexy » 
« Ho il mio fascino », risposi uscendo dalla lavanderia.
« Il corridoi che porta all’ufficio del direttore è libero », comunicò Alice, che malamente nascose una risata. 
Feci segno ad Edward di andare, io avrei controllato le camere. 
« Alice ho inserito la chiavetta », disse Edward dopo pochi minuti, io avevo raggiunto il secondo piano. Un’infermiera uscì da una delle stanze. Mi nascosi dietro all’angolo per non farmi notare.
« Ora puoi toglierla.. ho i dati del computer », lo informò Alice.
Entrai nella prima camera, la numero 201, al suo interno c’erano due donne, dormivano. Una era molto giovane, presi la sua cartella clinica agganciata al letto e un dettaglio mi stupì. Era nata nel 1982, non dimostrava più di vent’anni.
Accanto a lei, nel secondo letto, c’era un’altra donna. Presi anche la sua cartella. Stesso nome, stessa data di nascita.
« Alice, cercami tra le pazienti Melodie Barlow », sussurrai.
Presi entrambe le cartelle e le lessi assieme, erano l’una la fotocopia dell’altra.
« Ha partorito il tre aprile una bambina con taglio cesareo », mi informò. Osservai le due donne, quella più giovane aveva un evidente gonfiore alla pancia , segno che aveva appena partorito. L’altra era in perfetta forma, per quanto riuscissi a dedurre, visto che era coperta.
« Alice ti mando una foto, prepara il riconoscimento facciale », presi il telefono e scattai una foto alla ragazza giovane.
« Bella sono nella stanza 208, ci sono due donne con la stessa cartella clinica », mi comunicò Edward. Non era un caso isolato.
« Segnati il nome e passa a quella successiva »
« La ragazza della foto che mi hai mandato è Jess Taylor, è nata nel 2001, vive a New York e frequenta la Maspeth High School »
« Non ci sono documenti su una sua presunta gravidanza vero? »
« No, non c’è nulla » 
Passai alla camera successiva e a quella dopo ancora, Edward faceva lo stesso. Su quel piano c’erano otto stanze. Secondo gli atti ufficiali c’erano ricoverate otto donne, ne avevamo contate il doppio. Cinque avevano partorito, le altre tre erano state ricoverate il quattro aprile e per loro era stato programmato un parto cesareo per il girono successivo.
« Le cartelle cliniche dicono che tutte le gravidanze siano opera di una fecondazione assistita », Edward ed io ci trovavamo al terzo piano, dove erano ricoverate altre donne.
« È bizzarro molte delle donne che dovrebbero partorire domani non hanno nemmeno la pancia », dissi entrando nella prima stanza del terzo piano.
La scena che ci si presentò davanti era uguale a quella del secondo piano, solo che la ragazza più giovane era sveglia. Tremava.
Mi avvicinai, le feci segno di non parlare, « Come ti chiami? », le domandai sedendomi accanto a lei.
« Camille » 
« Non sei Kim? », le chiese Edward, la ragazza scosse la testa e indicò la donna nell’altro letto.
« Hai paura? » 
« Vi prego non prendete il mio bambino », si strinse le mani sulla pancia.
« Quando è programmato il parto? » 
« Ddd.. domani alle tre », rispose.
« Va bene.. ora dormi, risolveremo tutto », le dissi lasciandole una carezza sul viso.
« Tu non ci hai visto, okay? » 
La ragazza annuì, quella era una clinica degli orrori, non avrebbe avuto lunga vita.
« Sono tutte madri surrogate, ma di loro non c’è traccia. I parti sono tutti programmati », dissi mentre uscivamo dalla clinica senza farci vedere, « Credo che Elle sia nata prematura, che la madre abbia nascosto la piccola a scuola. Si sia allontanata e che qualcuno della clinica  l’abbia trovata e uccisa », esposi la mia teoria.
Edward annuí, per l’indomani avrei chiesto un mandato e fatto chiudere quel posto.
La doccia fu un tocca sana per me, mi rilassò completamente, anche se mi era difficile dimenticare quello che avevo visto. Quando tornai in camera notai Edward sul letto, era senza maglietta. Era un bellissimo uomo. Dormiva. Sorrisi e mi misi accanto a lui.
Dormiva tranquillo. Mi piaceva guardarlo dormire. Ero sempre stata così giostra, non vedevo nessuno al di fuori di me stessa. Nemmeno nelle mie precedenti relazioni. 
Lui era diverso, mi aveva cambiata. Non aveva chiesto il permesso di entrare nella mia vita, lo aveva fatto e basta. Era è entrato, macchiando in modo indelebile la mia anima. Era me e l’opposto di me. Questo mi terrorizzava, mi portava a fare un passo indietro, a chiudermi in me stessa. L’alternativa sarebbe stato quella di stargli lontano. Avrei sofferto. Io non volevo soffrire, non ne ero capace. 
Lo volevo nella mia vita non mi interessava se dietro al suo arrivo ci fosse l’autore dei disegni. Mi ero compromessa. Andava bene così.
Il suo volto pareva sereno, la mancanza della sottile barba che solitamente teneva, lo rendeva più giovane. Tra le sue sopracciglia non c’era più quella ruga che lo segnava non appena mi ero risvegliata dal coma.
Era preoccupato per me. 
Sfiorai quel punto con le labbra. Il ritmo del suo respiro cambiò. Era sveglio.
« Mi piace guardarti dormire », sussurrai al suo orecchio, sorrise tenendo gli occhi chiusi. Mi sentii circondare la vita dalle sue braccia e mi ritrovai su di lui.
Aprii gli occhi e mi sorrise, « Non dormi? ».
« No », sfiorò il mio viso con tocco leggero, come se avesse paura di rovinarlo, « È da quando hai riaperto gli occhi che ti voglio dire una cosa », tremai alle sue parole. 
Tenendomi per i fianchi si alzò, appoggiando la sua schiena alla testiera del letto. 
« Cosa? », domandai curiosa. Lo vidi deglutire, era agitato. Allungò una mano verso il comodino e accese la calda luce della lampada.
« In verità te l’ho gà detta », mi lasciò una carezza sul volto, « Eri in coma, la tua unica risposta fu data dal macchinario che segnava i battiti », posò la mano all’altezza del cuore. 
Ero serena, anche se sentivo lo stomaco dolere, il respiro farsi irregolare, il cuore battere forte. Edward se ne accorse, sorrise.
« Ti amo » 
Tutto passò in secondo piano, praticamente si annullò. C’era solo lui, le mie paure erano svanite. Dentro di me tornò a regnare l’equilibrio. Lui era il mio punto d’inizio.
« Ti amo », sussurrai sfiorandogli le labbra. M sorrise felice. Scossi la testa imbarazzata, era il mio primo ti amo. Nascosi il volto nell’incavo del suo collo, ma a lui questo non piacque. Si voltò quel poco che bastava per arrivare alle mie labbra. Ricambiai il bacio, appropriandomi di lui.

———
Buonasera fanciulle, come state?
Perdonate l’assenza, sono state giornate abbastanza piene per me. Sono in zona rossa 😓.
Mi raccomando fate attenzione e mettete la mascherina ♥️
Cosa succederà tra i due? Verranno interrotti? 
Alla prossima

Ps. Buon compleanno DCMA ♥️
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Capitolo 24
*** Ridge Rd West - Hamptons NY ***


Dove eravamo rimasti..

Edward e Bella si trovano nel Massachusetts stanno indagando su una clinica privata, da cui pare essere arrivata la piccola Elle. In albergo, dopo essersi introdotti di nascosto nella clinica facendo delle scoperte agghiaccianti, si dichiarano il loro amore.

Capitolo 24

Ridge Rd West

Hamptons NY

 

5 aprile 2019

Si voltò quel poco che bastava per arrivare alle mie labbra. Ricambiai il bacio, appropriandomi di lui.

Le mani di Edward scivolarono sui miei fianchi, alzando la maglietta dei Coldplay che indossavo. La sua pelle a contatto con la mia era ghiaccio. Il mio corpo venne ricoperto da brividi, lo sentivo sorridere sulle mie labbra. 

« Non c’è Chloe? », lo presi in giro.

« No.. niente Chloe, niente Elle », rispose alzando le mie braccia, fece scivolare la mia maglietta che finì sul parquet del pavimento. Riprese le mie labbra, scese sul collo e raggiunse il mio seno. 

Si bloccò all’altezza del mio cuore, « Con te ho imparato a cogliere l’attimo », sussurrò lasciando un bacio. 

« Carpe diem », sussurrò sulle mie labbra. Mi guardava intensamente, come se volesse rapirmi l’anima. Io non ero nei suoi piani, tantomeno lui nei miei. Ci eravamo solo trovati. 

Ero caduta nella trappola del suo cuore e lui in quella del mio, senza volerlo. Era semplicemente capitato. Per questo ero felice. 

Lo baciai stringendomi a lui, una lacrima sfuggì al mio controllo, bagnando anche il suo viso. Si allontanò, lo rassicurai con un sorriso. 

« Per tanti anni c’è solo stata l’agente Swan.. tu stai portando fuori Bella », gli dissi intrecciando la sua mano con la mia. « Mesi fa avrei dato Elle ad una casa famiglia. Ora, grazie a te, so che posso essere io la sua famiglia », sapevo che Elle non era mia, ero ben consapevole che qualcuno me l’avrebbe portata via. Ma ero pronta a lottare per lei.

« Insieme », sussurrò baciando la mia mano. Le sue labbra si posarono fameliche sulle mie. Così come la mia maglietta anche la sua finì da qualche parte sul pavimento. 

Quella notte nessuno ci avrebbe interrotto.

La sveglia del telefono mi riportò nel mondo reale. Quando aprii gli occhi trovai Edward che mi osservava, « Buongiorno Direttore », scappai in bagno a lavarmi i denti prima di tornare e baciarlo. 

« Buongiorno », dissi salendo a cavalcioni su di lui. Le sue mani, come la notte precedente, tentarono di togliermi la maglietta, « Devo far chiudere un posto ».

« Mhm, mhm », scese con le labbra sul collo e le immagini della notte appena trascorsa tornarono. 

Sospiri, baci, brividi. 

« Dovremmo andare », disse alzandosi con me in braccio, si diresse in bagno. Una doccia serviva ad entrambi e visto che eravamo in ritardo...

Il Direttore dell’FBI di Boston ci aspettava ad un miglio dal Saint Andrew Hospital, avevo messo a disposizione che gli agenti circondassero l’area, non volevo nessuna fuga. 

« Direttore Swan, la stavamo aspettando » 

« Buongiorno Direttore Storme, il mio vice l’agente speciale Edward Cullen », dissi stringendogli la mano. 

« Il comando è suo », per una questione di tempo non potevo contare sui miei agenti, per questo avevo chiesto aiuto a Storme. 

« Bene Direttore, metteremo la clinica sotto sequestro. Nessuno deve uscire senza la mia autorizzazione »

Il cancello della clinica era chiuso. Scesi dalla macchina e mi avvicinai alla guardia. « Ha un appuntamento? »

« Apra il cancello », dissi mostrando il distintivo. L’uomo davanti a me impallidì e azionò l’apertura. Feci segno ad un agente di avvicinarsi, « Lo controlli, non deve toccare nulla », ordinai.

« Comandi »

Entrammo nella clinica, avvolta ancora dal silenzio delle prime ore del mattino, un’infermiera ci venne incontro. 

« Signori è presto per le viste »

« Il Dottor Brenner è nel suo ufficio? », mostrai il distintivo e la superai. L’infermiera fece in tempo a spostarsi.

« Si », disse correndo verso il lato opposto, feci segno ad un agente di bloccarla. Niente fuga di notizie. 
Bussai alla porta del dottor Branner, « Avanti », disse con neutralità, nemmeno immaginava l‘’inferno che stavo per scatenare. 

« Signori Smith »

« Sbagliato. Isabella Swan, direttore dell’FBI di New York e il mio vice Cullen », sbiancò. Lentamente si avvicinò alla scrivania, Edward lo notò e lo bloccò alla poltrona. 

« C’è un dispositivo con riconoscimento Touch ID », disse estraendolo da sotto la scrivania. 

« Chi voleva avvisare? » 

Branner divenne completamente rosso, sulla sua fronte cominciò a farsi strada il sudore. Era nei guai. Grossi guai.

« Cosa volete da me? », sputò fuori. 

« La sua clinica è sotto sequestro », lo informai sedendomi di fronte a lui, « Lei è accusato di concorso in omicidio, sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani. Continuo? », gli passai il mandato d’arresto con elencate tutte le accuse derivate dalle prove che avevamo raccolto nella notte.

« Voglio il mio avvocato! » 

« Non sarò io a negarle questo diritto, ma stia certo che sarò io stessa a buttarla in gabbia e buttare la chiave! », non gli avrei più permesso di vedere la luce del sole.

« Questo lo vedremo », si sentiva protetto, era più che certa che non fosse lui la mente di tutto. Era troppo semplice così.

« Ludwick Branner lei  in arresto per i reati elencati nel mandato. È suo diritto rimanere in silenzio e richiedere l’assistenza legale di un avvocato », Edward gli lesse i diritti mettendogli le manette.

« Portalo via da qui » 

Davanti ad ogni camera c’era un agente dell’FBI, ogni entrata era bloccata e controllata a vista. 

La prima stanza in cui entri era quella di Camille, un’operatrice sanitaria del Boston Medical Center le stava accanto.

« È incivile quello che state facendo! », protestò la donna seduta nel secondo letto.

« Come si chiama lei? », la donna mi guardò con astio, non intendeva dire una parola in più, peccato per lei. « Non se lo ricorda? La aiuto io », presi il suo fascicolo. Alice aveva raccolto i dati di ogni paziente ricoverato nella struttura. Tutte prove che bastavano a chiudere il caso sul nascere. « Lei è Kimberly Logan Green.  Nata a Hartford, Connecticut il tre settembre 1983. Secondo le sue cartelle cliniche, lei risulta incinta di trentasei settimane. Mi chiedo dove sia il suo pancione », si morse le labbra.

Aprii l’armadio della camera, ed in fondo, dietro ad un costoso cappotto trovai un sacchetto. Dentro c’era una pancia finta. « Accanto al suo letto c’è una ragazza sua omonima, nata nel suo stesso giorno e nel suo stesso luogo. Coincidenze? Per una cartomante forse. Non per me. Davanti a me c’è Camille Snow, nata a New Castel, il dodici attobre 2001. Non c’è nessun documento che certifichi la sua evidente gravidanza. Bizzarro ».

« Voglio il mio avvocato » 

« Portatela via di qui », dissi facendo segno a due agenti.

Tutte le ragazze vennero messe su un aereo privato dell’FBI dirette a New York, le donne ricoverate con loro erano in stato d’arresto, così come tutto il personale della clinica. 

Sul nostro aereo avevo fatto imbarcare anche il dottor Brenner, non potevo interrogarlo finché non ci avesse raggiunto il suo avvocato. 

« Hey », Cullen mi lasciò un bacio alla base del collo, « Appena arriviamo a New York lo mangerai in sala interrogatori », mi disse notando il mio nervosismo, e capendone la fonte. 

« Credo non operi da solo, dobbiamo capire cosa attivava quel meccanismo sotto la sua scrivania », mi voltai verso di lui. Era stanco. Il suo viso un perfetto riflesso del mio.

« Alice ci sta lavorando », mi lasciò un bacio sulla punta del naso, nemmeno mi ero accorta di essere tra le sue braccia.

« Dovremmo limitare questa cosa sai », dissi giocando con la sua giacca.

« Non lo fare.. non ti allontanare », scossi la testa nascondendo il mio viso nel suo petto. Chiusi gli occhi per godermi la pace che mi dava il battito del suo cuore. Da quando ero diventata così romantica? 

« Piccola dovremmo riposare almeno un po’ », mi prese per mano e mi fece accomodare al mio posto. Si mise davanti a me e prese le mie gambe. Tolse i miei stivali e prese a massaggiare i piedi. 

Sorrise.

« Perché sorridi? »

« Il tuo smalto rosso », era perso nei suoi pensieri. Non mi guardava, semplicemente continuava a sorridere.

Poi ricordai.

 

« Sono due ore che siamo fermi qui! E le giuro Brenner che non mi muovo da qui finché non mi dice chi c’è dietro tutto questo schifo! », lo guardai dritto nei suoi occhi scuri. Sudava, era paonazzo, tremava. Aveva paura.

« È un presta nome.. è una pedina di un ben più abile giocatore di scacchi », mi voltai verso Alice. Mi diede un foglio su cui aveva scritto a penna un appunto.

« Sei settimane », dissi guardando Brenner. Spalancò gli occhi. Era in trappola e ne era ben consapevole.  Abbassò lo sguardo verso le sue mani ammanettate. Sapeva che quella era la fine che avrebbe fatto.

« C’è una villa » 

« Non parli! », lo fermò il suo avvocato.

« Negli Hamptons è lì che si incontrano ogni sei settimane » 

« Chi? » 

« Non lo so » 

Uscii dalla sala interrogatori stremata.  Avevo passato due ore con quell’uomo e avevo ricavato solo che qualcuno si riuniva in una villa negli Hamptons.

« Troveremo quella villa », mi rassicurò Cullen. Fece in tempo a lasciarmi un bacio, prima che le porte dell’ascensore si aprissero.

I computer del laboratorio di Alice, mostravano gli Hamptons in tutto il loro splendore.

« Ogni sei settimane nella sua agenda c’è un’acca », mi spiegò Alice mostrandomi le immagini dell’agenda del dottor Banner.

« La prossima? », domandai.

« Domani », rispose. Non avevamo tempo, trovare quella villa in così poche ore sarebbe stato impossibile.

« Come troviamo quella Villa, Alice? », chiese Edward.

« Non ho molto su cui basarmi, ma se partiamo dal presupposto che gli Hamptons sono una contea da ricchi e che le case vengono utilizzate principalmente in estate.. », disse Alice mettendosi davanti alla mappa che aveva messo sul suo computer. 

« Ci basterà capire chi utilizza corrente elettrica durante il resto dell’anno », dissi sentendo quel senso di impotenza scivolare via.

« Con un aumento dei consumi ogni sei settimane » 

Vidi una scintilla nello sguardo di Alice, forse il poco tempo ci avrebbe agevolato.

Cominciò a far scorrere velocemente le sue dita sulla tastiera. Edward mi passò una tazza di caffè, mi guardò fiducioso. Gli sorrisi.

L’area si ridusse ad una decina di ville, tutte sulla costa, tutte super lussuose.

« Bingo! », urlò Alice. Cerchiando di rosso un’area sulla mappa.

« Organizziamoci », dissi cominciando già a pensare al piano. Gli avrei presi uno ad uno.

Sentii il suo pianto non appena le porte dell’’ascensore si aprirono, Edward mi sorrise, ero così impaziente di vederla. 

« Calmati », mi sussurrò dandomi un bacio sulla tempia. 

Aprii la porta di casa, percorsi il corridoio e la vidi. Elle era in braccio a mia madre, mi stringeva il cuore sentirla piangere. Come poteva quel piccolo essere umano avermi cambiata in così poco tempo? Mi tolsi la giacca e mi avvicinai. Allungai le braccia verso di lei, mamma mi sorrise e me la passò. La strinsi a me e mi sentii a casa. 

Mi avevano detto di non affezionarmi. Era troppo tardi. 

La piccola smise di piangere, sembrava come se mi conoscesse, come se sentisse quanto già il mio cuore la amasse.  

« Ciao amore », sussurrai lasciandole un bacio tra i radi capelli. 

« Non ha smesso di piangere per tutto il giorno, poi vede te e smette. Piccola birbante », disse Chloe, dandomi un bacio sulla guancia, per poi tuffarsi tra le braccia di sua padre. 

« Ciao bellissima », Edward si abbassò e lasciò un bacio sul nasino della piccola. 

Notai mia madre guardarci con dolcezza, sapevo che quello che si stava ritrovando davanti era ben lontano da quello che le avevo sempre detto. 

Mancava poco alla mezzanotte, e seguendo la tabella di marcia della piccola, era ora della sua poppata. 

Mi misi a letto con la piccola in braccio, Edward entrò in camera con il biberon, lo presi dalle sue mani e lo diedi alla piccola, « Sei affamata tesoro mio! », dissi mentre venivo rapita dai suoi movimenti. Era così perfetta, come si poteva fare del male ad un essere così fragile? 

Edward le fece fare il ruttino per poi metterla nella culla accanto al nostro letto. Osservavo il tutto ed ero serena. Come non lo ero da anni. Nonostante tutto. 

Mi addormentai memorizzando il profilo della piccola mentre le braccia del mio vice mi stringevano da dietro. Ero in paradiso, nel mio personale paradiso. 

« Non la lascerai andare, vero? », mi sussurrò, prima di lasciami un bacio poco sotto l’orecchio.

Scossosi la testa, avrei fatto di tutto per tenere con me la piccola. Edward continuò la sua scia di baci. Si concentrò prima sul collo, poi le palpebre per finire sulle mie labbra.

« Ti amo », disse. Fronte su fronte. Occhi negli occhi. Ripresi le sue labbra. 

Il mio posto felice. 

 

6 aprile 2019

Non fu semplice lasciare la piccola a mia madre, mi ero ripromessa di cercare una babysitter, ma la verità era che avevo paura. Non mi fidavo di nesso al di fuori della mia famiglia e del mio team.

« Appena tutto questo sarà finito io e te ci faremo una vacanza », disse Edward mentre con altre tre auto dell’FBI raggiungevamo la Villa negli Hampton. 

« E quando finirà? », domandai vedendo quella possibilità molto remota.

« Presto amore mio », disse sicuro di sè, mentre l’auto cominciava a rallentare. Ci trovammo nel retro di una grande villa,  dai colori chiari. La piscina di un azzurro cielo la faceva da padrone. Nessuna guardia, nessun giardiniere, sembrava regnare la calma più assoluta. 

Solo il canto degli uccelli rendeva vivo quel posto. 

« Alfa I a sud », dissi cominciando a regolare le squadre. Saremmo entrati da quattro punti diversi. Sarebbe stato impossibile per chiunque scappare.

« Direttore, lato ovest libero », mi disse Cullen quando entrò. 

Io e la Beta I entrammo dalla porta principale. Era tutto tranquillo, di un silenzio quasi inquietante. 

« Libero », dissi constatando che non ci fosse nessuno. Eppure nell’aria il profumo di costosi dopo barba era ancora fresco. 

In perfetta sincronia entrammo in quella che doveva essere la sala da pranzo. Era completamente vuota. 

Il tavolo era apparecchiato per la colazione, mi avvicinai e notai tazze usate, briciole. Toast ancora caldi e uova strapazzate ancora fumanti. Qualcuno gli aveva avvisati. Ma come avevano fatto a scapare? Era da più di due ore che la villa veniva controllata.

« Non toccate nulla », dissi ai miei agenti. Quelle tazze mi avrebbero dato tutte le riposte.

 

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Buonasera bellissime.

Che emozione ritornare qui! Mi siete mancate davvero tanto ♥️

Ditemi cosa ne pensate, mi raccomando! 

Un bacio

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