Dear Heart~

di StewyT
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Infinity_ ***
Capitolo 2: *** Happiest year_ ***
Capitolo 3: *** Feel Something_ ***
Capitolo 4: *** Dear heart_ ***
Capitolo 5: *** Moondust_ ***
Capitolo 6: *** Don't you know_ ***
Capitolo 7: *** Stone_ ***



Capitolo 1
*** Infinity_ ***


Dear Heart

 
1_Infinity
[Jaymes Young]
Oh, darling, my soul
You know it aches for yours
And you've been filling this hole, since you were born, oh
'Cause you're the reason I believe in fate
You're my paradise
And I'll do anything to be your love, or be your sacrifice

 
“Non voglio più sentirmi in questo modo, eppure non so come fare per uscire da questo loop infinito di pensieri paranoici e sensi di colpa.
Essere così diventa sempre più complicato.
A sedici anni pensavo che sarei cambiato crescendo, ora, sedici anni dopo sono ancora qui, nello stesso posto, a piangermi addosso e chiedermi quando cambierò.
Quando avrò il coraggio di essere me stesso.
Quando avrò il coraggio di fare quello che mi fa stare bene.
Quando avrò il coraggio di non essere più perso tra quello che pretendono e quello che si aspettano da me.
Quando avrò il coraggio di capire davvero chi sono.
Sono un adulto, ormai. Non più un ragazzino.
Eppure sono ancora la stessa persona repressa, sola, chiusa e piena di timori che ero all’ora. Cambia solo il modo in cui mi vedono gli altri. Non cambia mai il modo in cui mi vedo io. Gli altri tessono le mie lodi mentre io resto lì, con lo sguardo impassibile. Mentre il mio cervello urla che non è vero. Nulla di quello che pensano e dicono di me è vero. Io non sono vero.”
 
Wei Wuxian provò a deglutire il groppo che gli si era formato in gola leggendo quelle parole di cui era venuto a conoscenza in modo così casuale – ma Wei Wuxian non credeva molto nel caso. L’uomo aveva il libero arbitrio, certo, ma si muoveva sempre all’interno della una tela tessa dal destino, con una trama più complicata di quanto ci si aspettasse. Almeno quello gli faceva piacere pensare.
Eppure quello continuava a non farlo sentire meno in colpa per ogni passo che aveva compiuto nel suo percorso, ogni passo che lo aveva portato di nuovo lì, in quel posto, sedici anni dopo, tra così tante cose cambiate.
Sospirò, toccando distrattamente la carta spessa su cui erano incise quelle parole: nero su bianco. Così come i pensieri che torturavano anche la sua mente.
Quante cose erano state diverse sedici anni prima, quando lì, a Gusu, era ancora un ragazzo spensierato, che non aveva ancora assaggiato tutti i d olori della vita, che non odiava ancora chi era e le colpe che poteva imputare unicamente a sé stesso.
Gusu, all’ora, era stata molto più piacevole: un’esperienza universitaria per un sedicenne ancora ingabbiato nella vita liceale era un sogno.
Ed effettivamente quel periodo era stato uno dei più belli della sua vita.
Sorrise pensando a quando era ancora per tutti il migliore tra i migliori studenti di Lotus Pier High, a lui secondo sua sorella Jiang Yanli – vincitrice del concorso l’anno precedente - e suo fratello Jiang Cheng che era stato selezionato a sua volta per partecipare al periodo di studio nell’università più ambita del paese.
Così, improvvisamente, assieme a Jiang Cheng – da sempre il suo unico e vero amico, nonostante Wei Wuxian fosse pieno di persone che potessero essere chiamate ‘amici‘, - si era ritrovato catapultato in quel posto meraviglioso che aveva scoperto essere un inferno con oltre quattromila regole che aveva trasgredito assieme a Nie Huaisang – impavido, per quanto volesse fare credere il contrario, pazzo selezionato a sua volta tra i migliori studenti della Lotus Pier Hight, sebbene volesse dare sempre l’impressione di essere un idiota.
Wei Wuxian non ci aveva mai parlato molto, se non per qualche rara volta in cui erano finiti assieme in detenzione, eppure dal primo momento in cui avevano messo piede a Gusu, sera stato certo che assieme si sarebbero divertiti un mondo a discapito di un altro povero – meraviglioso, incredibile, strabiliante – studente che si era trasferito al Lotus poche settimane prima del concorso e lo aveva vinto con il massimo dei punti: Lan WangJi – rigido e rigoroso nipote del temibile direttore di Gusu. Dopo averlo conosciuto, fin troppo bene, Wei Wuxian si rese conto del perché il povero Lan WangJi era cresciuto su così disciplinato e serio. Un po’ gli dispiaceva vedergli sempre quell’espressione responsabile dipinta sul volto, come se non desse mai la possibilità al suo vero sé di uscire fuori perché era quello che suo zio si aspettava da lui, soprattutto tra le mura della sua Università: rispetto delle regole, austerità, freddezza.
“Suo fratello non è così” aveva mormorato Jiang Cheng la prima volta che lo aveva visto passare tra i corridoi di Lotus Pier, Wui Wuxian aveva sorriso e non si era fatto scappare l’occasione per tormentarlo un po’.
Jiang Cheng era uno un po’ impulsivo, un tipo permaloso fino al midollo, e Wei Wuxian adorava prenderlo in giro. Eppure dopo tanti anni vissuti al suo fianco ancora non era in grado di capire esattamente se Jiang Cheng si fosse anche solo una volta mai preso una cotta per nessuno.
Mentre aveva parlato del fratello di Lan WangJi, Lan Xichen, però, era arrossito.
E Wei Wuxian aveva deciso che lo avrebbe preso in giro a vita.
Che suo fratello non assomigliava minimamente – nell’atteggiamento – a Lan WangJi lo aveva confermato quando aveva messo piede per la prima volta a Gusu, nel momento stesso in cui il loro pullman si era fermato ed uno ad uno erano scesi per essere accolti da Lan Quiren – serioso e indifferente come suo nipote più giovane, che si era chinato a suo zio in un rispettoso saluto - e Lan Xichen che sebbene fisicamente somigliasse incredibilmente a Lan WangJi - con quegli spettacolari capelli lunghi al mento lucidi e dall’aspetto morbidissimo e setoso, quelle labbra gonfie e quel viso tondo, quelle guance sode. Tutto, tutto di Lan WangJi era elegante ed etereo! – era totalmente diverso da lui. Un grosso sorriso era dipinto sulle sue labbra mentre si chinava a sua volta ad ognuno di loro che scendeva dal pullman e si chinava in saluto.
“Benvenuto a Gusu” aveva detto, sorridendo, ad ognuno di loro e Wei Wuxian non si era perso il modo in cui Jiang Cheng ara diventato viola come l’enorme felpa che portava.
Era stato in quel momento che aveva notato Nie Huaisang, perché ridendo aveva mormorato al suo orecchio – sebbene non si fossero mai parlati molto prima –
“Questo Lan Xichen è proprio diverso da Lan WangJi! Boni sono boni entrambi, ma Lan WangJi sembra avere costantemente una spada infilata su per il-“ ma era stato interrotto da Jiang Cheng che aveva ascoltato tutto – ovviamente Huaisang non aveva sussurrato davvero – e aveva degnato entrambi di uno sguardo di disapprovazione. E Wui Wuxian viveva per quegli sguardi da parte di suo fratello.
Così, Huaisang era stato il suo primo nuovo migliore amico – lui, Wei e Jiang Cheng erano diventati un vero e proprio trio solido dal primo momento.
Sebbene le dinamiche tra loro tre fossero più o meno sempre le stessa da subito: Wei e Huaisang combinavano casini che ovviamente Lan Quiren non approvava, e Jiang Cheng li rimproverava e alzava gli occhi al cielo come a chiedersi: perché sto con loro. Domanda che effettivamente una volta gli era uscita fuori mentre i due si facevano notare anche da Lan Xichen che era scoppiato a ridere e gli aveva dato una pacca sulla spalla. Jiang Cheng aveva rischiato una morte per ipossia.
A Gusu Wei Wuxian si era divertito, aveva conosciuto persone che lo avrebbero accompagnato per la vita, era entrato nei Guinnes World Record per tutte le punizioni che si era beccato, aveva imparato tantissimo di sé stesso e di quello che voleva essere da grande, e soprattutto si era preso una stratosferica cotta per
Lan WangJi che era diventato, praticamente, il punto di mira di ogni azione dello scapestrato: ogni cosa che Wei Wuxian faceva aveva lo scopo ben preciso di farlo notare da Lan WangJi che continuava ad andare avanti come se non esistesse alternando momenti di pura indifferenza a momenti di pura rabbia.
Ed era in quei momenti di rabbia che Wei Wuxian avrebbe voluto inchiodare Lan WangJi (o meglio Lan Zhan, ormai aveva deciso di avere abbastanza confidenza con l’etereo compagno per poterlo chiamare con il suo nome di nascita, che tra l’altro gli stava magnificamente bene. Se avesse dovuto associarlo ad un colore sarebbe sicuramente stato l’azzurro, così puro ed elegante!) al tavolino basso della biblioteca per farci quello che ormai sognava da molteplici notti.
Ma Lan Zhan, anche in quei rari momenti in cui decideva di far venire qualche emozione a galla, lo guardava di traverso, mormorava uno “Sfacciato” e volava via nella sua aura di perfezione.
Il che rendeva Wei Wuxian ancora più interessato: gli piaceva quel gioco di continui inseguimenti.
Sebbene Lan Zhan lo odiasse, ne era profondamente certo.
Tant’è che quando il periodo di studio a Gusu – con tanto di infinite punizioni, giornate passate chiuso in biblioteca con Lan Zhan (che lo odiava a ragione, dal momento in cui ogni volta che Wei Wuxian veniva messo in punizione spettava a Lan Zhan fargli da balia) – era finito, Lan Zhan aveva deciso di lasciare Lotus Pier e aveva iniziato a frequentare studi in privato.
Da quel momento in poi erano successe così tante cose nella vita di Wei Wuxian, cose che non sapeva neanche spiegarsi. Cose che lo avevano distrutto. Cose che avevano distrutto la sua vita. Cose dalle quali non era riuscito ancora a riprendersi del tutto. Cose che lo avevano portato nuovamente alla Gusu University.
In quel preciso momento. Lì. In quella stessa biblioteca in cui si era reso conto di provare attrazione per gli uomini. Per Lan Zhan, in particolare. A sfogliare un libro a caso che sarebbe diventato la sua ancora di salvezza. Assieme a quel foglio dalla carta ruvida e costosa. Assieme a quelle parole. Parole che appartenevano a qualcuno che non conosceva. Parole che appartenevano a qualcuno che Wei Wuxian considerava già un’anime affine alla sua.
 
Sì sentì in colpa per averla letta; probabilmente non avrebbe dovuto, eppure quando se l’era ritrovata tra le mani non aveva potuto farne a meno.
Come se ci fosse stata una forza sovraumana che lo avesse spinto a farlo.
O forse quello era solo il suo ennesimo modo stupido di giustificare una sua stupida azione.
Eppure mentre rileggeva ancora una volta quelle parole, si sentiva esattamente dove doveva essere, dopo così tanti anni passati sempre a sentirsi nel posto sbagliato.
 E così aveva deciso di liberare anche la sua mente: lì su quello stesso quadernino dalle infinite pagine spesse vuote che sembrava essere un libro all’apparenza, ci lasciò anche un po’ di sé.



Spazio autrice.
OKAY. Delirio autrice, forse è meglio. NON SO assolutamente in cosa mi sto buttando; questa non è la prima fanfiction che scrivo nella mia vita ma mi sembra proprio di non averlo mai fatto prima, ho quasi l'ansia. Quindi, riassumendo tutto: non so cosa abbia deciso di fare e perchè lo sto facendo. So solo che una mia carissima amica (se mai leggerai, ehi, ciao Chiaretta <3) mi ha ispirata con la trama di una storia stupenda che stava scrivendo e a me sono subito venuti in mente i miei due bimbi WangXian - benedetti loro, è da novembre 2019 che li conosco e dopo 2 rewatch di Untamed, un amore spropositato per la novel (e i capitoli speciali) e le diecimila fanfiction di cui mi sono nutrita per tutto questo periodo ho deciso di sfogare questo amore in qualche modo, prima o poi deve diminuire questa ossessione, no? -.
In più, ero lì a fare le mie cose normali durante la mia vita normale (forse stavo /ri/leggendo un capitolo, forse) e mi è partita Moondust di Jaymes Young e ciao, ho perso quel briciolo di sanità mentale che avevo. Mi sono catapultata su spotify, ho ascoltato tutte le sue canzoni E IN OGNI CANZONE RIVEDO COSTANTEMENTE i WangXian.
(Tra l'altro esistono FV stupendi con Jaymes Young che fa da colonna sonora, adoro, li guardo in loop!).
E quindi niente, ho deciso di scrivere - in ogni capitolo ci sarà una canzone di Jaymes Young all'inizio che è quella che ho ascoltato in loop per tutta la scrittura del capitolo. Ormai le conosco a memoria! - e pubblicare questa storia sicuramente moooolto occidentalizzata, ma ahimè, conosco ancora troppo poco della vera cultura cinese e non volevo fare casini. In alcuni punti della storia, soprattutto nelle lettere, Lan WangJi è suuuuper ooc, ma mi piace immaginarlo così, dentro. In fondo che èun softie al cuore di panna lo sappiamo da sempre! 
E niente, forse è il caso che la smetta di scrivere qui sotto. Lascio le prossime spiegazioni nei prossimi capitoli? Meglio. 
Detto questo, sono molto insicura e ho davvero tanta ansia per questa ff, non voglio combianre casini con loro, quindi spero di leggere qualche vostro commento (sì, anche se dovete dirmi che fa talmente schifo che Jiang Cheng mi frusterebbe con piacere /mio/ con Zidian fino a farmi chiedere scusa in ginocchio. La smetto.).
Grazie per essere arrivat* fin qui!

StewyT~


Dal 2° capitolo.
Un attimo dopo stava cercando di nascondere lo shock che gli si era dipinto sul volto quando qualcuno lo aveva afferrato per le spalle e lo aveva stretto in un abbraccio.
Quel qualcuno, aveva capito immediatamente dall’odore e da quella strana elettricità che aveva pervaso il suo corpo, era il solo ed unico Wei.
Ed infatti, qualche secondo dopo, non appena era riuscito a staccarsi -  non perché Wei Wuxian fosse chissà quanto forte, ma perché aveva faticato a trovare in sé la forza per farlo- ecco lì, con i suoi occhi grigi, con il suo enorme e luminoso sorriso, con i capelli raccolti in un mezzo chignon scomposto, con la sua infinita bellezza.
Lan Zhan lo aveva guardato e aveva ricordato il bellissimo anno che gli era stato regalato al suo fianco. Poi aveva abbassato lo sguardo.
“Lan Zhan!” aveva urlato lui, dandogli un’altra pacca sulla spalla.
Lan Zhan aveva dimenticato quanto fosse difficile sopportare ogni suo tocco.
“Ti sono mancato?” aveva chiesto, ancora, divertito.
Sedicianni dopo era diventato ancora più difficile.
Aveva deglutito, a fatica e sbuffato uno “Sfacciato” al che Wei Wuxian aveva riso ancora di più, circondando di nuovo il suo collo. “Sei sempre lo stesso, vero?” gli aveva chiesto e lui aveva dovuto imporsi di non girarsi, stringergli un braccio, trascinarlo in camera sua e dirgli: ti sembro lo stesso?
 

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Capitolo 2
*** Happiest year_ ***


Dear Heart


2_ Happiest year
[Jaymes Young] 
So wake me up when they build that time machine
I want to go back
Wake me up when you were sleeping next to me
'Cause I really loved you, ooh

“So che non avrei dovuto leggere queste parole. Ne sono infinitamente dispiaciuto. Ma credo nel destino e se mi sono ritrovato a leggerle forse è perché ne avevo bisogno. O forse perché tu avevi bisogno di leggere – ammesso e concesso che queste parole appartengano a qualcuno che è ancora vivo, è ancora qui, ha ancora voglia di leggerle e non si pente di averle scritte – che non sei solo a questo mondo.
Mi piacerebbe poterti dire che ti scrivo perché so come aiutarti ad uscire da questo loop ma non posso. Ti scrivo perché so come ti senti.
Non so cosa ti spinga a non avere il coraggio necessario per uscire dal tuo loop e non pretendo di capirlo. Ogni loop è un loop a sé stante. Ma tutti bene o male ci siamo intrappolati dentro e tutti sentiamo, in modo più o meno diverso, la pressa che non ci permette di uscirne.
Il mio, di loop, è un infinito: perché?
Perché sono come sono, perché sono capitato dove sono capitato, perché ho fatto quello che ho fatto, perché non posso tornare indietro, perché non posso evitarlo, perché?
Io sono esattamente quello che pensano e dicono di me: un fortunato che non merita la sua fortuna.
Ma sono sicuro che questo non valga anche per te, perché sono certo, leggendo queste parole, che tu meriti la felicità. Ed è tuo dovere riuscire ad ottenerla.
Per cui, metti da parte quello che ti senti in dovere di fare e fai quello che vuoi fare.
O almeno, provaci.
A questo punto, ammesso che tu voglia ancora scrivere, posso farti una domanda?
Come hai riempito il vuoto che il loop ti ha creato dentro?”.

 
 
Quando aprì quello che gli piaceva pensare il suo “diario segreto” o il suo “psicologo” portatile, Lan Zhan non si sarebbe mai aspettato di trovare una pagina interamente scritta da una grafia che non era sua e neanche riusciva a riconoscere bene – era una grafia molto confusionaria, con i caratteri tremolanti, quasi staccati l’uno dall’altro. Caratteri che di certo non ci si sarebbe aspettati in un’università.
Un po’ gli ricordavano una grafia che aveva già visto tante volte nel passato.
Ma quella, appunto, apparteneva al passato. E lui stava facendo di tutto per uscirci.
Passò le dita sulla carta spessa e sospirò, chiedendosi come gli fosse venuto in mente di scrivere su un quaderno così prezioso e lasciarlo lì, tra i libri, pensando che nessuno lo avrebbe notato. Eppure lì, in quella sezione della biblioteca, quasi nessuno mai metteva piede. Avevano persino deciso di sostituirla con qualcosa di più moderno ma lui si era opposto fermamente. Era lì che tutto aveva preso inizio. E si sarebbe sempre opposto ad ogni minimo cambiamento che chiunque, persino suo Zio, avesse voluto compiere proprio lì. Tra gli scaffali pieni di testi rilegati in pelli lucenti, il parquet graffiato sul quale sedici anni prima venivano spesso strappati e gettati quei fogli sui quali quel qualcuno scriveva le regole dell’università con quella sua grafia così impertinente e scombussolata da farlo quasi ridere, in fondo.
 Dopo aver sospirato ed essersi chiesto perché fosse toccato proprio a lui stare lì, certo.
Lan Zhan non era un tipo molto aperto, sicuramente si sarebbe potuto dire il contrario sul suo conto: taciturno, sempre serio, sempre imbronciato.
Non gli piaceva mostrare agli altri quello che portava dentro.
Eppure ne era certo: lì, nel preciso posto in cui stava sedendo in quel preciso momento, aveva nascosto fin troppo male le sue emozioni che così come una foglia spinta malamente sott’acqua, era risalita a galla, decisa a non scendere più negli abissi dove invece lui avrebbe voluto lasciarla.
Lan Zhan non era un tipo che si lasciava andare facilmente; era sempre regio alle regole; era devoto alla figura che gli altri avevano costruito di lui – non che gli importasse davvero del pensiero altrui. Ma gli importava del pensiero di suo Zio che aveva cresciuto lui e Lan Xichen quando nessun altro lo aveva fatto. Quasi si sentiva in dovere di essere quello che suo zio si aspettava da lui: una precisa ed identica copia senza alcuna vita di sé stesso. E Lan Zhan era cresciuto in quel modo.
Quando tutti i bambini giocavano con la neve nel cortile della scuola, lui camminava con sguardo perso e mormorava a sé stesso, quasi come monito, le regole che lo zio tanto gli aveva ripetuto: è vietato correre, è vietato urlare, è vietato essere rumorosi.
 
È vietato vivere. Avrebbe voluto aggiungere. Ma non voleva azzardarsi neanche a pensarlo. Ormai era un adulto, eppure continuava ad essere quel bambino dallo sguardo perso che non conosceva altro, della vita, se non le regole.
Tuttavia c’era stato un MA in tutta la sua candida vita di perfezione.
Quel MA era il motivo per il quale, ancora sedici anni dopo, si trovava in quella biblioteca che aveva protetto con sé stesso, a sospirare su un quadernetto quasi del tutto vuoto.
Aveva sedici anni, aveva deciso di smetterla con la scuola individuale, non faceva bene alle sue già scarse capacità di socializzazione e Lan Xichen sembrava molto più felice da quando a sua volta aveva iniziato a studiare in un liceo comune come tutti gli altri comuni mortali; era stato lui a consigliargli la Lotus Pier Hight. Era una delle scuole migliori ed in più era affiliata con l’università di Gusu. Non che fosse difficile per lui poter fare un periodo di studio a Gusu, certo. Ma Lan Zhan, così come suo zio, era sempre stato dedito all’idea che ogni cosa ottenuta nella sua vita dovesse essere ottenuta, appunto, con le sue sole capacità.
Il primo giorno che aveva messo piede alla Lotus Pier – giorno in cui aveva anche preso parte al concorso per poter frequentare sei mesi alla Gusu – era stato uno dei giorni più strani della sua vita.
In parte grazie o a causa di quello che sarebbe diventato il suo tormento.
Era arrivato, aveva attraversato le porte intarsiate della scuola e si era ritrovato in un film americano scadente degli anni novanta: tutto si era mosso al rallentatore, tutto si era focalizzato in un solo punto, lui era lì immobile a guardare quel punto.
Quello in cui prendeva posto il ragazzo più… diverso che avesse mai visto; non che ne avesse conosciuti tanti in vita sua.
C’era qualcosa di quel ragazzo, nei suoi occhi di quel grigio così particolare da essere notato ad una distanza tale – Lan Zhan si era sentito impazzire dal primo momento; avrebbe voluto correre il più vicino possibile al suo fianco per guardarlo. Per guardarli. Per distinguere ogni singola pagliuzza di colore azzurro e viola in quegli occhi così belli da rispecchiare anche l’anima di quel ragazzo.
Ovviamente non aveva corso, aveva provato a non mostrare emozione alcuna, come al solito, aveva annuito quando il Professor Jiang Fengmian gli aveva detto che dopo il test un certo Wei Wuxian gli avrebbe fatto una presentazione veloce della scuola e dal giorno dopo avrebbe iniziato a seguire le lezioni come tutti.
Per qualsiasi cosa avrebbe potuto contare su di lui, su Jiang Cheng e ovviamente su Wei Wuxian – da come ne parlava sembrava essere particolarmente fiero di lui.
Al punto da renderlo curioso.
Ma aveva messo la sua curiosità – e il suo velato interesse per il ragazzo dagli occhi grigi- da parte e si era concentrato sul test che aveva avanti.
E lo aveva superato brillantemente, arrivando persino primo a Wei Wuxian e Jiang Cheng, i migliori della scuola.
Subito dopo il quiz Lan Zhan aveva pensato di poter morire: il ragazzo dagli occhi grigi che aveva fissato per tutto il tempo gli si era avvicinato e sorridendo come il maledetto gremlin che era, gli aveva allungato una mano presentandosi come
“Wei Wuxian, il tuo cicerone per la giornata”.
Lan Zhan non ricordava nulla di quella giornata, se non la sensazione di voler vomitare ad ogni passo, la testa contemporaneamente vuota e leggera, il formicolio nelle mani che sembravano quasi voler aver voglia di toccare il ragazzo al suo fianco, il cuore che gli batteva più forte.
Quella sera aveva fatto una veloce ricerca su internet. Sembravano essere sintomi di una malattia mortale.  La più grave in assoluto. Lan Zhan aveva una cotta.
 
Qualche tempo dopo Lan Zhan si era ritrovato a Gusu, quasi tra le mura di casa sua, esattamente in quel posto ad urlare contro allo stesso Wei Wuxian che invece rideva divertito, sventolandogli un giornaletto yaoi porno sotto al naso.
Giornaletto che Lan Zhan aveva provato a non guardare, ma che la notte seguente, avrebbe sognato proprio nello stesso posto, lì, tra le mani di Wei Wuxian che venivano poi sostituite dal suo viso, dalle sue labbra, dal suo intero corpo, dai loro gemiti e dal loro piacere.
Quella notte Lan Zhan si era toccato per la prima volta pensando a Wei Wuxian.
E allora Lan Zhan era stato certo di un’altra cosa: aveva una cotta per Wei Wuxian e Wei Wuxian lo sapeva, addirittura se ne prendeva gioco.
E un po’ Lan Zhan lo aveva odiato per quello.
Eppure ogni volta che il maledetto tornava a sorridergli e guardarlo in quel modo, non poteva non pensare ad altro che lui. A quanto fosse stato fortunato a conoscerlo.
A quanto, sebbene fosse una cotta giovanile non corrisposta, fosse stato bello provare quella sensazione – anche se doloroso quanto la morte – almeno una volta nella sua vita.
Perché, almeno per una volta, poteva dire di aver provato cosa fosse l’amore.
Almeno per una volta poteva dire di aver provato felicità.
Perché quello al fianco di Wei Wuxian, nonostante tutto, era stato l’anno più felice della sua vita.
Ma era finito e Lan Zhan aveva deciso di finire anche qualsiasi cosa  ci fosse tra loro; Lan Xichen gli aveva detto che Wei Wuxian pensava che lo odiasse e lui non aveva fatto nulla per smentirlo, anzi, aveva deciso di abbandonare Lotus Pier e non lo aveva neanche avvisato. O salutato.
Wei Wuxian aveva avuto la notizia il primo giorno del nuovo anno scolastico, quando, entrato con quel suo solito sorriso in aula, pronto ad occupare il suo posto al fianco di Lan Zhan, non lo aveva trovato – o almeno questo gli era stato riferito da Jiang Cheng che ben dodici anni dopo era ritornato proprio lì, alla Gusu, ad insegnare etica professionale.
Il primo giorno del nuovo anno scolastico Wei Wuxian gli aveva scritto un messaggio, un semplice: Perché lo hai deciso, Lan Zhan? Sono sicuro che ti mancherò ;)
E lui lo aveva immaginato benissimo sorridere mentre lo scriveva.
Ma non gli aveva mai risposto.
Non fino ad un mese prima, quando, maledetto sé stesso, si era ritrovato proprio    Wei Wuxian avanti mentre camminava nel suo solito modo composto verso la classe di giurisprudenza dove avrebbe dovuto tenere una lezione di diritto penale agli studenti del quarto anno.
Un attimo prima era lì, che camminava verso una giornata noiosa costellata di leggi che odiava, in un posto che odiava, ad essere una persona che odiava.
Un attimo dopo stava cercando di nascondere lo shock che gli si era dipinto sul volto quando qualcuno lo aveva afferrato per le spalle e lo aveva stretto in un abbraccio.
Quel qualcuno, aveva capito immediatamente dall’odore e da quella strana elettricità che aveva pervaso il suo corpo, era il solo ed unico Wei Ying.
Ed infatti, qualche secondo dopo, non appena era riuscito a staccarsi -  non perché Wei Wuxian fosse chissà quanto più forte, ma perché aveva faticato a trovare in sé la forza per farlo- ecco lì, con i suoi occhi grigi, con il suo enorme e luminoso sorriso, con i capelli raccolti in un mezzo chignon scomposto, con la sua infinita bellezza.
Lan Zhan lo aveva guardato e aveva ricordato il bellissimo anno che gli era stato regalato al suo fianco. Poi aveva abbassato lo sguardo.
“Lan Zhan!” aveva urlato lui, dandogli un’altra pacca sulla spalla.
Lan Zhan aveva dimenticato quanto fosse difficile sopportare ogni suo tocco.
“Ti sono mancato?” aveva chiesto, ancora, divertito.
Sedici anni dopo era diventato ancora più difficile.
Aveva deglutito, a fatica e sbuffato uno “Sfacciato” al che Wei Wuxian aveva riso ancora di più, circondando di nuovo il suo collo. “Sei sempre lo stesso, vero?” gli aveva chiesto e lui aveva dovuto imporsi di non girarsi, stringergli un braccio, trascinarlo in camera sua e dirgli: ti sembro lo stesso?
“Anche tu” aveva, solo borbottato, guardando dritto avanti a sé.
“Devo andare in classe” quindi.
“Ma come, Lan Zhan! Rivedi il tuo migliore amico dopo sedici anni e devi andare in classe! Sei sempre lo stesso” aveva sbuffato, imbronciato, ma poi aveva riso di nuovo e gli si era avvicinato pericolosamente, sussurrandogli all’orecchio “Stasera diamo una piccola festa in camera di Jiang Cheng come ai vecchi tempi. Io, lui, Nie Huaisang e tanto Sorriso dell’imperatore. Ci sei?”.
Come se nulla fosse successo! Come se non fossero stati sedici lunghi anni in cui si erano visti unicamente su foto capitate per caso avanti ai loro occhi.
Sedici anni in cui non avevano parlato e Wei Wuxian lo stava trattando come se fossero passati unicamente sedici minuti. Come era possibile?
“Bere nelle mura dell’università è vietato” eccolo, il solito Lan Zhan.
“Ah, giusto” Wei Wuxian era sembrato rattristato, chiudendosi quasi in sé stesso prima di illuminarsi di nuovo.
“Allora che ne dici di vederci oggi pomeriggio da soli per un caffè?”.
Da soli.
Lan Zhan quasi aveva avuto paura di svenire. Ma non aveva potuto dirgli di no.
Wei Wuxian era stato l’anno più bello della sua vita, non aveva potuto non accettare la possibilità che anche quell’anno sarebbe potuto essere migliorato dalla sua presenza.
Gli sarebbe piaciuto poter dire che Wei Wuxian gli dava pace, ma Wei Wuxian era tutt’altro che pace.
Era caos, era confusione, era agitazione, era eccitazione, era vita.
E quello, provare quella vita, gli dava pace.


Spazio autrice.
O come al solito, delirio autrice.
OKAY posto che tra Wei Wuxian e Lan Zhan non riesco a scegliere - se mi chiedessero di salvare uno dei due probabilmente mi immolerei per salvare entrambi! - devo ammettere che scrivere questa parte dal punto di vista di Lan Zhan mi è piaciuto di più anche se l'ho trovato più complicato perchè Lan Zhan è un personaggio così "freddo" e "granitico" all'esterno, ma così "profondo" e "caldo" dentro, magma puro.
E quindi sì, sono di nuovo qui a dire che ho avuto ansia durante questa parte e tutte le parti scritte dal suo punto di vista, MA sono quelle che ho preferito - infatti è più presente.
E niente, sono anche qui per ringraziare chiunque abbia letto il primo capitolo e questo e chiunque deciderà di continuare a leggere nonostante sia tutto un enorme, sclerato, casino!
Grazie!!

StewyT~


Dal 3° Capitolo.
“Ti prego, Lan WangJi. Resta. Non lasciarmi solo”.
Quasi come se avesse letto la preghiera nascosta tra quelle parole, quindi, Lan Zhan restò e Wei Wuxian ricordò cosa significa essere davvero felici.
“Lan Zhaaaaan” si lamentò, sedendosi al suo fianco “Perché non mi dici che ti sono mancato in tutti questi anni?”.
“Noioso” rispose lui.
“Sfacciato o noioso! Potresti dire qualcosa di diverso, qualche volta?”.
“Noiosamente sfacciato” rispose allora, LAn Zhan e lui rise.
“Sei cambiato in fondo, sai? Il Lan Zhan Sedicenne mi avrebbe strattonato e sarebbe corso via, qualche minuto fa” in realtà era passato più di qualche minuto.
 

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Capitolo 3
*** Feel Something_ ***


Dear Heart


3_ Feel Something
[Jaymes Young]
I don't care if it hurts
I'll pay my weight in blood
To feel my nerves wake up
So love me now or let me go
Let me feel these highs and lows
Before the doors to my heart close
Touch me someone
I'm too young to feel so
Numb, numb, numb, numb
You could be the one to
Make me feel something, something
 

“Non sono dispiaciuto che tu abbia letto le mie parole e deciso di lasciarmene di tue. Sono sorpreso, sì. Non mi sarei aspettato di essere letto. Forse per questo sono stato me stesso senza freni inibitori. È una sensazione che penso di non aver mai provato prima e voglio costringermi a provare anche ora, quindi eccomi qui che scrivo ancora.
Sì, sono ancora vivo e ho ancora voglia di leggerle e non mi pento di averle scritte.
È bello sapere che non sono solo al mondo perché è proprio così che mi sento.
Intorpidito, vuoto – o estremamente pieno, talmente tanto da non riuscire a sentire nulla. È strano pensare di non essere normale, di non essere umano perché non provo quello che provano tutti, o forse non allo stesso modo. Una volta mi è successo.
Mi sono sentito umano. Ma poi ho deciso di allontanarmi dalla mia umanità e sono tornato ad essere di granito. Freddo. Duro. Chiuso. Solo.
E non mi piace. Ma non so come uscirne.
Non ti conosco. Non so come tu sia. Ma so – proprio perché come te credo nel destino – che c’è sempre una risposta ad una domanda.  Forse non l’hai posta nel modo giusto. O magari non è ancora arrivato il tuo momento di conoscerla.
Prima o poi succederà. Ma perché, nel frattempo, perdere tempo a domandartelo?
Detto da una persona che perde tempo a chiedersi perché non riesce ad essere il verso sé stesso, fa un po’ ridere. Lo so.
Il fatto è che non posso mettere da parte chi sento in dovere di essere perché dopo non saprei chi essere. Non conosco altro oltre al modo in cui vivo.
Puoi farmi le domande che vuoi. Non so se sarò in grado di darti una risposta, ma ci proverò comunque.
Come ho riempito il vuoto. Non l’ho fatto. È ancora qui.
Ma almeno mi ricorda che sono ancora umano. Che esisto.
E tu ti sei mai sentito così intorpidito da preferire anche i sentimenti più tristi al nulla assoluto?
È strano finire una lettera mentre cerco di mantenere l’anonimato.
Come dovrei fare?
 
A presto? È stato un piacere? J.”
 
Lan Zhan sospirò, chiudendo per la seconda volta il quadernino, per affrettarsi poi verso camera propria. Stava infrangendo il coprifuoco, lo stava facendo per scrivere a qualcuno che avrebbe sicuramente letto le sue parole e risposte a sua volta.
Stava facendo una cosa così irrazionale da non permettergli, quasi, di riconoscersi.
Così come qualche mese prima, quando alle sei in punto, così come stabilito da Wei Wuxian si era fatto trovare da quell’ultimo nel bar dell’università.
Era vestito di bianco come suo solito, gli occhi chiusi mentre cercava di calmare la mente e lo spirito all’idea di quello che avrebbe dovuto rivivere di lì a qualche minuto: quegli occhi, quei sorrisi, quella risata, quella bellezza disarmante, quel flirt continuo.
Lan Zhan sarebbe morto di autocombustione, lo sapeva.
Poi era arrivato il suo migliore amico ed improvvisamente, mentre lo vedeva camminare verso di sé, gli erano venute in mente tutte le dannate volte in cui lo aveva sognato gemere sotto il suo corpo, baciarlo e dirgli che lo amava a sua volta; tutte le dannate volte in cui, in sedicianni e più, si era toccato pensando a lui, pensando che quel tocco fosse il suo, che quelle mani potessero essere le sue labbra, e quei gemiti potessero essere i loro, mischiati assieme a creare una sinfonia magica.
Che invece, nella realtà dei fatti, era stata ogni singola volta assordante.
Così come lo scampanellio della voce allegra di Wei Ying che si era sporto verso di lui per abbracciarlo – inebriando ogni suo senso! – prima di sedersi e sorridergli.
“Allora, Lan Zhan!” aveva detto, allungando una mano verso la sua e Lan Zhan l’aveva prontamente tirata via perché, sebbene non gli piaceva l’idea che Wei Wuxian potesse pensare che lo odiasse, la preferiva al dover sentire davvero male fisico mentre le loro dita si sfioravano e lui aveva voglia di fare molto di più.
“Non mi fai domande?” gli aveva sorriso. Di nuovo. Perché doveva sorridere così tanto?
“Non sei curioso di sapere perché il tuo amico è qui? O cosa ho fatto in tutti questi anni? Non mi hai mai risposto a quel messaggio. O agli altri. Non mi hai mai scritto!”.
Ma non era propriamente vero. Gli aveva scritto, una volta. Quando circa sei anni prima erano morti i suoi genitori. Aveva cercato da mettere da parte sé stesso, di pensare al bene di Wei Ying, che conoscendolo stava sicuramente soffrendo ed incolpando sé stesso per quello che era successo alla sua famiglia.
Così gli aveva scritto un “Wei Ying. Ho saputo. Mi dispiace.”.
Avrebbe voluto aggiungere anche un “Sono qui, per ogni cosa. Sono innamorato di te” ma ovviamente non lo aveva fatto.
Ad ogni modo, a quel messaggio non era arrivata alcuna risposta e così Lan Zhan non ci aveva più riprovato. Aveva pensato che Wei Wuxian lo odiasse; dopotutto non si erano sentiti per così tanto tempo, quanto era ipocrita e stupido farsi sentire in quell’occasione solo per mostrargli che era presente nel suo dolore quando aveva abbandonato completamente la sua vita molto tempo prima?
“Mn” aveva risposto, quindi. Cosa altro poteva mai dirgli?
Che voleva sapere tutto? Che gli era mancato? Che voleva tornare indietro nel tempo?
Che voleva far parte della sua vita e conoscere tutto quello che lo aveva portato ad essere chi era? No. Di certo non poteva.
Wei Wuxian aveva sorriso, ancora una volta, era andato a prendere due the, era ritornato e aveva avvicinato la sedia alla sua, così da stargli praticamente attaccato.
Lan Zhan aveva sospirato e aveva pregato sé stesso di restare lì dove era, in silenzio, immobile, mentre ascoltava quello che Wei Wuxian aveva da dirgli: quanto fosse stato triste quando non lo aveva visto, quanto gli sarebbe piaciuto studiare con lui, quanto gli era piaciuto studiare in America, quanto era felice di essere tornato e aver lavorato a Nightless City nonostante la guerra e la paura costante di quello che potesse conoscere, quante persone aveva conosciuto a Wen – soprattutto Wen Quing, Wen Ning e A-Yuan, adorabile bambino che avevano praticamente adottato e deciso di crescere assieme – quanto gli mancasse A-Yuan ora che non poteva vederlo perché era lontano. Quanto, insomma, la sua vita fosse stata bella. Il tutto bypassando i momenti brutti, quelli che lo avevano reso davvero chi era.
Ma Lan Zhan aveva imparato a conoscerlo e non lo aveva spinto a dirgli altro.
Era rimasto lì, ad ascoltarlo. E poi aveva risposto quando lui gli aveva fatto domande.
Cosa mi dici di te? Ho continuato a studiare da solo.
Dove ti sei laureato? A Gusu. Non ho viaggiato molto. Ma vorrei farlo.
Come mai sei ancora qui? Non ho altro posto dove andare.
E di nuovo: ti sono mancato?
E Lan Zhan aveva sospirato, si era alzato e aveva mormorato un “Devo Andare”.
“Non ci sarai stasera?” gli aveva chiesto ancora Wei Wuxian e Lan Zhan aveva scosso la testa.
“Allora domani, per un altro the?”.
E aveva accettato di nuovo.
E così, erano passati due mesi.
Due mesi durate i quali era ritornato a chiedersi così tante cose alle quali però, non sapeva dare risposta.
Due mesi che lo avevano portato a scrivere la prima lettera.
E poi a leggere la prima risposta.
E quindi a scrivere un’altra lettera.
E ricevere un’altra risposta.
E così, in loop.
Di mattina era il solito silenzioso e taciturno Lan Zhan.
Di notte, quando sarebbe dovuto essere già a dormire, era J.
Chiuso in biblioteca a scrivere.
In quel modo gli sembrava di vivere.
Eppure non lo stava facendo.
Non come Wei Wuxian, che in fondo anche se era cambiato, era lo stesso ragazzo che aveva trascinato di nuovo Jiang Cheng e Nie Huaisang – che lì alla Gusu stava procedendo con un master in strategia e logica di sviluppo – nelle risate e nell’energia di cui era sempre stato portatore.
Lan Zhan aveva continuato a guardarli da lontano.
Anche quella notte, mentre tornava in camera dopo aver scritto la lettera al suo nuovo amico anonimo, li sentì schiamazzare mentre tornavano da un pub poco distante dalla Gusu – pub al quale era stato invitato anche lui. Nonostante i continui rifiuti Wei Yig continuava ad invitarlo e continuava ad assumere quell’espressione contrariata ogni volta in cui lui rifiutava, per poi ripetergli “Allora domani, per un altro the?” a cui lui continuava a rispondere positivamente. Perché aveva bisogno di Wei Wuxian nella sua via. Voleva un altro anno felice. Aveva bisogno di provare qualcosa.
 
___
È anche per me un piacere, ed è per questo che ti prego di essere te stesso e non avere freni inibitori. Mi sentirei in colpa se succedesse il contrario: ho invaso un tuo spazio privato senza neanche chiederti il permesso. Non sarebbe giusto.
Per cui, se dovessi avere problemi, giuro che basterebbe dirmelo. Scomparirei dal tuo quadernino. Non leggerei più nulla. Non scriverei più nulla.
Sebbene, scrivendo questa seconda lettera, mi rendo conto di sentirmi proprio a mio agio mentre leggo le tue parole e ne scrivo di mie; è in un certo senso liberatorio.
È bello sapere che dall’altra parte legge senza sapere chi sono, perché questo mi fa sentire libero di poter scrivere tutto quello che sento e penso senza il timore di essere giudicato. Dopo mi sento libero di volare come un palloncino all’elio, lasciato in cielo.
Cos’è che non provi? Cosa pensi che ti renda diverso dagli altri?
Perché in queste parole non leggo nulla di diverso: tutti si sono sentiti almeno una volta nella loro vita in questo modo. E fa schifo, non sto dicendo che siccome tutti provano questa sensazione, sia una sensazione meno dolorosa e da sottovalutare, anzi. Sto semplicemente dicendo, J, che non sei diverso e che mi piace leggere le tue parole proprio perché non sei diverso da me. Mi rispecchio in quello che scrivi, in quello che senti e in quello che sembri essere. Sebbene siamo entrambi in loop diversi.
I loop e l’eterno ritorno!
Non voglio perdere tempo a chiedermi: perché e sono quasi sicuro di poter dire che non lo faccio davvero. Provo a vivere la mia vita nel modo migliore in cui potrei: sto sviluppando la mia passione e la sto rendendo la mia carriera, ho molti amici – sebbene siano davvero poche le persone che posso considerare davvero tali – ho persino una.. cotta, se così può essere chiamata alla mia età.
Eppure, ogni notte, quando poggio la testa sul cuscino, quel perché mi ritorna in mente.
Nonostante la stanchezza. Nonostante l’alcool. Nonostante tutto quello che ho utilizzato fino ad oggi per riempire quel vuoto.
Quindi posso rispondere ‘decisamente no’; nel momento in cui avrei potuto – e ho sperato – sentirmi intorpidito, mi sono sentito solo sopraffatto.
Dai sensi di colpi, dalla paura, dal desiderio di tornare indietro, dal desiderio di scomparire, dalla voglia di non essere nato.
Puoi finire la tua lettera come preferisci, io lo farò con un’altra domanda.
Perché mi piace leggere il tuo punto di vista; mi fai riflettere, mi fai parlare, mi fai svuotare, mi fai stare bene per qualche minuto.
Ecco, ora sono qui invece di avere la testa poggiata su quel maledetto cuscino, proprio perché non riesco a chiudere gli occhi a causa di quei sentimenti che mi sopraffanno ogni volta.
Quindi, J, la mia domanda è: Qual è la tua paura più grande?
 
A presto. X.”
 
 
 
Wei Wuxian si chiuse la porta della biblioteca alle spalle e, dal momento che non riusciva a chiudere occhio, decise di tornare nell’unico posto che gli aveva sempre trasmesso pace e tranquillità. Cold Spring, una pozza di acqua magica, dalle splendide doti di riuscire a curare anima e corpo e aumentare le capacità di chiunque toccasse quell’acqua gli era stata mostrata da Lan Xichen quell’unica volta in cui era stato frustato talmente tanto da non riuscire quasi a stare in piedi; la punizione aveva coinvolto anche Lan Zhan, perché la sera prima Wei Wuxian lo aveva convinto a bere con lui e ovviamente Lan Quiren non poteva lasciare andata impunita la decisione del povero Lan Zhan di disobbedire ad una norma.
Lan Zhan era stato frustato talmente tante volte da essere lasciato quasi nel suo stesso sangue, poi era stato trascinato via e in seguito Lan Xichen aveva trascinato anche Wei Wuxian, rivelandogli un segreto: quel posto era conosciuto ed utilizzato solo da loro. Wei Wuxian aveva sorriso, quasi a ringraziare la Giada di Gusu maggiore per quel piccolo dettaglio – mentre gli sorrideva fu proprio come se Lan Xichen avesse saputo perfettamente quello che Wei provava per suo fratello – ed era corso nel posto più bello di Cloud Recesses. E così, tra la fitta nebbiolina bianca, il calore sprigionato tutt’attorno e la freschezza dell’acqua – che era letteralmente ghiacciata – era spuntato Lan Zhan, in tutta la sua bellezza. I capelli – all’ora più lunghi – erano incollati al viso, il corpo ricoperto – non solo da sangue e ferite inflittegli dal suo stesso zio – da goccioline bianche che gli facevano venire voglia di asciugarle una ad una.
Sedicianni dopo, Wei Wuxian stava assistendo allo stesso spettacolo – sangue a parte, sebbene la schiena di Lan Zhan fosse ricoperta da cicatrici  e il petto ricoperto da un segno nero che non riusciva a riconoscere – ed era ancora una volta senza parole.
Non si sarebbe di certo aspettato di ritrovare la sua anima gemella – se solo anche Lan Zhan l’avesse pensata allo stesso modo! – lì all’una di notte. era passato da un pezzo l’ora del coprifuoco per i Lan!
E invece eccolo, Lan Zhan, un’espressione confusa sul viso prima di alzarsi per coprirsi ed andare via. Ma così come quella volta di sedicianni prima, Wei Wuxian fu più veloce di lui. Tolse velocemente le scarpe e i pantaloni, per tuffarsi con la sola maglia in acqua – o meglio, discendere i gradini ad alta velocità. Rimproverandosi mentalmente per averlo fatto. Sapeva quanto fosse fredda quell’acqua, perché non poteva semplicemente scendere un gradino alla volta per permettere al suo corpo di abituarsi alla nuova temperatura?
“Lan Zhan” rise quando scese l’ultimo gradino “Non ti mangio mica!”.
Ed eccolo, Lan WangJi che assumeva la solita espressione scocciata, quasi come se avesse potuto l’avrebbe tolto con le sue stesse mani dalla faccia della terra.
E a lui sarebbe andato bene. Avrebbe concesso ogni cosa a quell’uomo.
“Sfacciato” mormorò, solo, e lui sorrise perché ogni volta che lo ripeteva, si sentiva nuovamente quel ragazzo sedicenne senza peccati.
Ma poi lo vide alzarsi di nuovo e non poteva sopportare l’idea di restare solo, ora che lo aveva visto. Quindi allungò una mano e lo fermò; Lan Zhan lo guardò, impallidendo di colpo o fulminandolo con lo sguardo, non avrebbe saputo distinguere lo sguardo, e lui sospirò. “Ti prego, Lan WangJi. Resta. Non lasciarmi solo”.
Quasi come se avesse letto la preghiera nascosta tra quelle parole, quindi, Lan Zhan restò e Wei Wuxian ricordò cosa significa essere davvero felici.
“Lan Zhaaaaan” si lamentò, sedendosi al suo fianco “Perché non mi dici che ti sono mancato in tutti questi anni?”.
“Noioso” rispose lui.
“Sfacciato o noioso! Potresti dire qualcosa di diverso, qualche volta?”.
“Noiosamente sfacciato” rispose allora, LAn Zhan e lui rise.
“Sei cambiato in fondo, sai? Il Lan Zhan Sedicenne mi avrebbe strattonato e sarebbe corso via, qualche minuto fa” in realtà era passato più di qualche minuto.
Un’ora, circa. Mentre uno di fianco all’altro guardavano la luna e pensavano.
Wei Ying pensava a quanto fosse dannatamente bello Lan Zhan, lì, seduto al suo fiano, le spalle e il viso bianco rivolto alla luna, il solito choker d’argento con la nuvola, il simbolo sacro dei Lan – collana che lo aveva fatto sempre segretamente impazzire. Poggiava esattamente sul suo pomo d’Adamo ed ogni volta che deglutiva la nuvoletta si muoveva, muovendo anche parti del suo corpo che Wei Wuxian avrebbe preferito dimenticare in presenza dell’uomo di cui era innamorato, che purtroppo già lo odiava abbastanza -.
“Mi avrebbe risposto con un ‘mn’ e ora mi starebbe ignorando. Invece mi stai fissando! Ah mi stai fissando! Ti piace quello che vedi, Lan Zhan? Perché a me piace moltissimo! Su questo non sei cambiato. Sei ancora l’uomo più bello del mondo!”.
Lan Zhan deglutì, Wei Wuxian osservò la nuvoletta fare su e giù e desiderò poter poggiare le labbra esattamente in quel punto. Chissà che avrebbe fatto la Giada di Gusu? Gli sarebbe piaciuto poter provare. Ma se c’era una cosa di cui aveva paura quella era poter perdere anche Lan Zhan. Quindi non lo avrebbe mai fatto.
A meno che non fosse stato lui a chiederglielo. In quel caso avrebbe poggiato le labbra sul tutto il suo magnifico corpo.
“Aspetta, so cosa stai per rispondere!” sorrise, poggiando un dito sulle sue labbra, senza toccarle davvero. Non come avrebbe voluto fare, almeno.
Una volta aveva sognato esattamente una scena simile, ma in quella scena Lan Zhan prendeva il suo pollice tra le labbra e Wei Wuxian non doveva pensare, mentre era mezzo nudo al fianco di Lan Zhan, quello che era successo dopo.
“Stavi sicuramente per dire ‘sfacciato’, vero?”.
“Vergognoso” rispose, invece lui “Sfacciato sarebbe troppo poco!”.
Wei Wuxian sorrise “Ah se solo sapessi quello che ho in mente ogni volta che ti guardo, Lan Zhan. Quello sì che è davvero vergognoso!”.
Lan Zhan alzò gli occhi al cielo, poi tornò immobile avanti a sé.
“Tu mi sei mancato molto, sai?” mormorò Wei Wuxian, cercando di distogliere lo sguardo da lui, per rivolgerlo alla luna.
“Quando non ti ho visto in aula ho pensato di poter piangere avanti a tutti. Ma poi è entrato Jiang Cheng, mi ha preso in giro e io gli ho dato un pugno. Mi avresti chiamato sicuramente sfacciato! Mi sarebbe piaciuto finire gli studi con te. Venire all’università con te. Crescere con te e averti al mio fianco…”.
“Mi dispiace” mormorò allora Lan Zhan, senza distogliere lo sguardo dal punto scuro che stava guardando “Per non esserci stato quando…”.
“No” rispose lui  “Va bene”.
“Non va bene” riprese allora “So che non vuoi parlarne. Ma non è colpa tua, Wei Ying. Non lo sarà mai. Non hai piazzato tu quella bomba su quell’aereo”.
“Lan Zhan…” provò a fermarlo, ma lui scosse la testa.
“Non è colpa tua se i tuoi genitori sono morti. No è colpa tua se tua sorella ha subito quello che ha subito. Ma ora sta bene. E anche se i tuoi genitori non ci sono, lei e tuo fratello sono ancora al tuo fianco. E ci sono anche io”.
Wei Wuxian lo guardò, in parte shockato in parte meravigliato dal sentirgli dire così tante cose in un così poco tempo. Poi ricordò della tendenza di Lan Zhan a parlare e dire ogni cosa che si portava dentro quando era brillo e gli venne voglia di affogarsi da solo.
“Lan Zhan. Quanto hai bevuto?”.
Lan Zhan rise “Un goccio” mormorò nel nulla.
“Sei brillo”.
Ma Lan Zhan scosse la testa “Forse meno bloccato del solito, ma non sono brillo. Ho ancora tutti i freni inibitori dove dovrebbero essere”.
“Non mi sembra” sbuffò Wei Wuxian, quasi infastidito dalla situazione.
Perché Lan Zhan non voleva bere con lui, se poi alla fine comunque trasgrediva alla regola?
“Non hai idea di cosa farei senza quei freni”.
“Dimmelo” sbuffò.
Ma Lan Zhan scosse di nuovo la testa.
“Li ho ancora” mormorò, solo.
La conversazione sembrò cadere nel nulla, fino a quando non fu proprio Lan Zhan a riprenderla con un “Mi dispiace non esserci stato. Ci sarò ora, se avrai bisogno di me”.
“Perché?” chiese allora lui “Perché hai bevuto?”.
“Per sentire qualcosa” rispose Lan Zhan e Wei Wuxian fece per ribattere, ma l’amico fu più veloce ad alzarsi dall’acqua – doveva ammettere di non essere stato lento ma distratto dalla statuaria bellezza dell’uomo che aveva avanti – mettere una felpa bianca ed andare via, senza dirgli altro.
Gli aveva già urlato fin troppo addosso, in fondo.



Spazio autrice.
Okay, riassutno del capitolo: J/X, LAn Xichen Capitano della ship da sempre e per sempre, proteggiamo tutti Lan Zhan e Wei Wuxian come al solito, Lan Zhan da brillo parla più del dovuto (e da ubriaco fa anche peggio), angst con la pala.
Okay combo x2 probabilmente neanche vi siete accorte dell'assenza ma se lo avete fatto: chiedo perdono per aver fatto attendere così tanto questo capitolo. La sessione autunnale non mi lasciava voglia di far nulla finite le ore di studio!
Ma ora è finita  e sono ibera per un po', yay! Cosa mi dite di voi?
Nada, grazie davvero a chiunque arrivi fini qui e decida di lasciare una recensione/inserire la storia tra le seguite, è sempre una gioia!!
A presto, StewyT~


Dal prossimo capitolo.
La felicità è vedere mio fratello alzare gli occhi al cielo come faceva quando eravamo piccoli, ogni volta che combino un casino. La felicità è sapere che mi ha perdonato e mi vuole ancora al suo fianco. La felicità è sapere di avere degli amici al mio fianco che non mi abbandoneranno mai. Persone speciali, con un cuore talmente grande da decidere di regalare le loro vite per il bene altrui.
La felicità sarebbe vedere la persona di cui sono innamorato felice.
Eppure, non riesco a vederla mai felice. Non so perché ma se dovessi descrivere l’aura che ha attorno ogni volta che la vedo sarebbe: eterea e malinconica.
Ed è logorante vederla così. Vorrei che almeno questa persona fosse felice.
Ma forse anche la persona che… amo non sa cosa sia davvero la felicità.
Posso dire di amarla dopo aver perso così tanto tempo a pensare ed immaginare le sue labbra, il suo tocco, le sue parole, lui, al mio fianco?


 

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Capitolo 4
*** Dear heart_ ***


Dear Heart


4_ Dear Heart

What should I do?
[Jaymes Young]
Take me back to the start
Broken glass
Making scars
Take me back!
I'll scream and shout it can't be true!
If I wake up and you're gone
What should I do?
I'll lose my head, I'll make the news
If I wake up and you're gone
That's what I'll do
X!
È bello rileggere di te. Mi dispiace per aver fatto passare tutto questo tempo tra le nostre lettere. Ma è successo parecchio in questa settimana e ho avuto parecchio a cui pensare. No, non vorrei parlarne. Non riguarda solo me, coinvolge anche la persona di cui sono innamorato e non mi va di parlarne.
Ma non voglio che tu la smetta di leggermi e scrivermi, anzi. Ti prego. Continua!
Concordo, mi piace scrivere sapendo che tu non sappia io chi sono.
Sei l’unico che non mi giudica e non pensa di sapere tutti di me, solo perché conosce il mio nome. A volte penso che non vorrei affatto avere questo nome.
O qualsiasi nome.
Cos’è che non provo.
Nulla, X. Non provo nulla. O tutto. Non lo so. È difficile da capire quando stai praticamente confessando i tuoi sentimenti all’unica persona che non potrà mai davvero ricambiarti. Eppure è stata quell’unica persona a farmi vivere l’anno migliore della mia vita ed è a quella persona che devo l’unica felicità che abbia conosciuto in questi anni. Per quanto possa valere, io sono felice che tu sia nato.
Inizio a pensare che così come i loop anche i vuoti siano diversi; tutti ne abbiamo uno ma non tutti lo ‘viviamo’ allo stesso modo e mi dispiace leggere dalla tua sofferenza. Mi piacerebbe poterne prendere un po’ e farla mia, risolveremmo due problemi in questo modo, no? Io sentirei qualcosa e tu non sentiresti più quello che ti fa stare male.
A te piace leggere le mie risposte e a me piace leggere le tue domande!
La mia più grande paura.
Potrei risponderti che la mia più grande paura è non sapere chi sono.
In fondo se mi spogliassi di questo vestito, questo nome e tutto quello che mi sono costruito attorno -  e che non sono davvero io – chi sarei? Non lo so.
E mi spaventa davvero, non saperlo. Eppure non è la cosa che mi spaventa di più.
Potrei dirti che in passato mi ha spaventato tantissimo svegliarmi e scoprire che tutto quello che di bello avevi vissuto, fosse scomparso.
Ma non è successo. Mi sono svegliato, la persona di cui ero e sono tutt’ora innamorato, non c’era più ma io c’ero ancora e così i miei ricordi, così il mio amore, così il mio desiderio.
Quindi. La mia paura più grande?
Finire i miei giorni senza aver scoperto cosa fare e come fare.
Vorrei sapere cosa fare per smettere di essere così, per spogliarmi di questi vestiti, per tornare indietro nel tempo e cambiare tutto o semplicemente restare in questo tempo e cambiare tutto. Perché proprio ora ho di nuovo la possibilità di poter cambiare qualcosa. Di poter dir alla persona che amo quello che provo.
Ma non so cosa fare. Né come farlo.
E non so quando lo saprò.
La mia più grande paura è morire senza averlo fatto.
E la tua?
Ma soprattutto, X, cosa credi che sia la felicità?
J.
 
 

Fragments
___
And it's hard looking back
Knowing what I could've done
I'm never going Back
I'm always on the run,
And you never really find
The pieces that you Leave behind
All I got from this place is fragments

J!
Non è da molto che ti conosco. 
Un paio di lettere.
Eppure mi sembra di conoscere più te che la persona di cui sono innamorato; più te che il mio migliore amico; più te che mio fratello.
Ed inizio a chiedermi: chi è J? 
Quindi, la domanda che ti pongo prima di risponderti è: chi sei davvero?
Mi piacerebbe poter scoprire questa risposta dal vivo.
Sì, so la storia dell’anonimato e tutto, sono il primo ad amarla.
Eppure sono così curioso di scoprire come sei fatto.
Sono così curioso di sapere…. Chi sia la persona, che dopo così tanti anni, mi sta facendo provare di nuovo qualcosa.
Ma non posso. Quindi rispondo alla tua lettera!
Ecco beh, forse hai risposto già alla mia domanda in questa lettera, ma io voglio sapere qualcosa di diverso. Se non sai chi sei, voglio sapere chi vorresti essere.
Ad ogni modo, vedila così: se non sai chi sei, sei come una tabula rasa.
Puoi essere chiunque.
E ti invidio. Vorrei poter essere anche io una pagina bianca da riscrivere completamente.
Ma non lo sono. E devo condividere con il mio passato, con quello che mi trascino dietro, con la consapevolezza di quello che avrei potuto fare per cambiare le cose ma non ho fatto. Perché non potrei davvero cambiare nulla.
Comica questa cosa che oltre ad un loop ed un vuoto, siamo entrambi accomunati dallo stesso tipo di amore avverso alle stelle, no?
Spero che tu riesca a trovare il coraggio di capire cosa fare.
Mi piacerebbe poterti dire: fallo, qualsiasi cosa sia, falla.
Dopo sarà tutto più bello. Sarò tutto più facile. Sarai felice.
Ma non so se questo sia vero e voglio essere sempre vero con te, J.
Per quello che mi fai provare mentre ti leggo, mentre ti immagino in questo posto a scrivere, mentre non riesco a dormire e decido di venire nel mio porto sicuro.
Te.
Cosa credo che sia la felicità.
Non avresti potuto pormi domanda più difficile.
In questo momento credo che la felicità sia vedere le persone che amo sorridere, sapere che nonostante tutto, nonostante me, stiano bene.
La felicità è vedere mio fratello alzare gli occhi al cielo come faceva quando eravamo piccoli, ogni volta che combino un casino. La felicità è sapere che mi ha perdonato e mi vuole ancora al suo fianco. La felicità è sapere di avere degli amici al mio fianco che non mi abbandoneranno mai. Persone speciali, con un cuore talmente grande da decidere di regalare le loro vite per il bene altrui. 
La felicità sarebbe vedere la persona di cui sono innamorato felice.
Eppure, non riesco a vederla mai felice. Non so perché ma se dovessi descrivere l’aura che ha attorno ogni volta che la vedo sarebbe: eterea e malinconica.
Ed è logorante vederla così. Vorrei che almeno questa persona fosse felice.
Ma forse anche la persona che… amo non sa cosa sia davvero la felicità.
Posso dire di amarla dopo aver perso così tanto tempo a pensare ed immaginare le sue labbra, il suo tocco, le sue parole, lui, al mio fianco?
Non so. Ma non mi sento più in grado di dire che è solo la persona per cui ho una cotta – sì so che l’ho fatto proprio nell’ultima lettera. Ma da allora l’ho visto sotto una veste diversa e Dio mio, J, credimi, quanto ho dovuto fermarmi per non dirgli tutto! Sì, complimenti a me, anche io non gli ho mai detto dei sentimenti che nutro per lui. Ma lo faccio per un motivo diverso. Sono terrorizzato dall’idea di perderlo anche come amico. Non potrei sopravvivere senza sapere che, anche se non ci vediamo o parliamo da centinaia di giorni, lui è ancora lì. Esiste. E se ne avrò bisogno, quando tornerò da lui, ci sarà ancora.
La smetto di parlarti di lui. Non voglio annoiarti.
Ti ho già lasciato la mia domanda. Questa è la mia risposta.
Non ti ho chiesto di vederci e non lo farei, non voglio spaventarti.
Ma sarei pronto a vederti, qualora lo volessi anche tu.
Mi piaci, J. 
È da tanto che non provavo questa esuberanza per qualcosa.
La provo solo quando vedo lui.
Grazie.
X.
Paradox
__ 
Out of all the times I've opened up
You're the only one who saw the real me, yeah
Out of all the stupid things I've done
You're the only thing that almost killed me, yeah
This life is a paradox
You're the only one who saw the real me, yeah
This love is a paradox
You're the only thing that almost killed me

X!
A quanto pare dovrò scusarmi ogni volta per gli immani ritardi tra una lettera e l’altra. È che quando ho iniziato a scrivere non mi aspettavo che avrei continuato per così.. tanto tempo. So che ci siamo scritti così poco, solo qualche lettera in due mesi, eppure in questi due mesi mi sembra di aver vissuto e attraversato così tanto!
Nella mia vita reale e anche tra queste righe.
Le cose stanno così: diventa sempre più difficile, per me, riuscire a resistere dal vomitare tutto quello che provo alla persona a cui vorrei dirlo.
Lui.
Sì, ci accomuna anche questo. È un lui. Allora mi chiederai: è forse questo un problema?
Siamo nel ventunesimo secolo, non dovrebbe essere un problema, ma in fondo, penso che sia comunque complicato da accettare quando sei mei, quando sei stato cresciuto come me, quando si aspettano quello che si aspettano, quando non sei quello che sei ma quello che gli altri vogliono. E gli altri non vogliono questo.
Ma io sono questo. Io sono un uomo che si è innamorato di un altro uomo.
Sono un uomo che darebbe la sua vita per un altro uomo.
Sono un uomo che sta scrivendo ad un altro uomo, che al momento considera l’unico amico e la persona più vicina che abbia, nonché, una probabile… cotta (e questo lo confesso solo perché non vedrai mai il mio viso. Se non avessi letto tra le righe: no, X, non ci vedremo mai e in parte proprio perché non voglio. Proprio perché vederti, non mi permetterebbe di essere più me stesso mentre ti scrivo) e gli parla dell’uomo che ama. È tutto così tanto un paradosso. Ma cos’è l’amore se non un paradosso?
Il fatto che io ami questo uomo così tanto che morirei per lui, il fatto che soffra anche solo guardandolo, mentre mi abbraccia, mentre mi sorride, mentre pronuncia il mio nome come se non esistesse nome più bello al mondo, non è forse un paradosso?
E alla fine, X, cos’è la vita se non un paradosso? Nasci per morire. Muori per nascere.
Più paradosso di così!
Okay, aggiungiamo alla lista dei miei problemi anche i paradossi!
Tornando a noi, dopo le mie scuse e il mio ennesimo sfogo personale – ero stato io a dire che non volevo parlare di lui o sbaglio? A quanto pare posso depennare “coerenza” dai miei pregi! – ripeto quanto sia per me un piacere ritrovare ogni volta che torno qui, isolandomi dal mondo, una tua lettera. Mi fa sentire come se, entrando da quella porta, mi chiudessi in una bolla tutta nostra. Dove ci siamo solo noi. Solo le nostre parole. Solo il caso che ti ha fatto prendere quel libro. O solo il destino. Chi lo sa.
Mi sembra giusto rispondere prima alla mia domanda, no.
La mia risposta è tanto semplice quanto banale.
Sono felice ogni volta che lo vedo sorridere.
Null’altro.
Passiamo alla tua domanda. Chi sono. O meglio, chi vorrei essere.
Vorrei essere l’uomo che dipingono quando mi guardano, o forse non me ne frega nulla di quell’uomo. Vorrei essere quello che vedo riflesso nel sorriso dell’uomo che amo. Vorrei essere, almeno per una volta, la ragione del suo sorriso. Vorrei essere in grado di renderlo felice. Vorrei essere l’uomo che ora posa questa lettera, esce da quella porta, entra in camera sua, lo afferra, lo bacia, gli dice che lo ama, si sente dire che è ricambiato e dopo affonda nel suo corpo fino a sentirsi finalmente completo.
Sai quante volte ho desiderato fare l’amore con lui!
Quante volte ho finito per farlo con me stesso, odiandomi, mentre sussurravo il suo nome nel buio.
Queste lettere, X, sono quanto di più simile all’amore che io abbia mai fatto in vita mia; ogni lettera è una carezza. Ogni parola è un bacio. Ogni “A presto” è una promessa d’amore eterno. Ogni volta che ti leggo mi sento libero e felice e quando esco da quella porta è quasi come se avessi fatto l’amore con te.
Tu, X, sei quanto di più vicino al nome dell’uomo che amo, pronunciato sulle mie labbra.
So di non farti un torto dicendoti questo; so che non ti sentirai ‘ lo scarto, quello a cui vengono dette queste cose perché non possono essere dette al diretto interessato ‘ e so che tu sai, che queste parole sono quanto di più vero potresti leggere.
Questo è il mio segreto. Il tuo, X? Qual è il tuo segreto più grande?
 
J.

Wondering
___
Now my sheets grow, cold as I am sleeping
Where my thoughts go, no one will be grieving
But I can't stop, wondering how long it will be
'Till I start wondering, I start wondering
'Till I start wondering, I start wondering
If you are even here at all

 
J!
Questa volta sono io a dovermi scusare con te.
Ecco, anche nella mia vita stanno succedendo… cose.
Non voglio tediarti, ma, inizio a vedere cose che non dovrei vedere, forse.
Ogni volta che l’uomo che amo mi guarda, non vedo più quel vetro freddo che separava la sua anima dalla mia!
Lui mi guarda, io mi sciolgo.
Lui mi guarda e a me sembra che mi veda davvero. Come mi vedi tu tra le mie parole.
E non esiste sensazione più bella.
Lui mi guarda, ripetendomi quanto sono noioso, quanto sia immorale, e so che non lo fa perché mi odia. Forse anche lui senza di me non sa vivere.
Forse anche lui senza di me non vuole vivere.
Forse anche lui sa che, anche se dovessimo tornare a non parlarci per anni, torneremo sempre l’uno dall’altro, contando i giorni che ci separano.
Non lo so.
Ma inizio a chiedermi se non sia davvero.
Inizio a chiedermi se non ci sia davvero nella mia vita e non sia solo una mia illusione.
E tu, J? Tu sei solo una mia illusione?
Perché se so che non potrò mai dire all’uomo che amo che appunto, lo amo, so anche di poter dire a te, invece, tutto quello che mi sento di confessarti.
E in questo momento mi sento di confessarti che leggendo le tue parole, ho desiderato poter fare l’amore con te, tanto quanto tu hai desiderato di farlo con me.
Per la prima volta nei miei sogni non c’è stato solo lui, ma anche tu.
Senza un volto, ma con le tue parole. Non ricordo cosa dicessi, ma è stato bello.
Grazie per esserci stato anche questa volta.
Quindi, chi vorrei essere?
Mi basterebbe tornare indietro per evitare alcune cose, solo quello.
Mi va bene essere chiunque la vita vuole che io sia.
Ma vorrei che la vita, il karma, il destino, chiunque esso sia, si sfogasse su di me, piuttosto che su chi amo. Se c’è una cosa che mi fa soffrire, quella è vedere le persone che amo soffrire. E ho causato troppa sofferenza al mondo.
Merito una punizione esemplare.
Forse è per questo che non riuscirò mai ad avere lui; è la mia punizione.
Il mio segreto più grande. Oh beh, è una domanda bella difficile.
Se ti dico: ho paura di non trovare una risposta alle mie domande mi rispondi come nella tua prima lettera di risposte?
“Ma so – proprio perché come te credo nel destino – che c’è sempre una risposta ad una domanda.  Forse non l’hai posta nel modo giusto. O magari non è ancora arrivato il tuo momento di conoscerla. 
Prima o poi succederà. Ma perché, nel frattempo, perdere tempo a domandartelo?”
Beh, in quel caso mi vedo costretto a cercare un altro segreto.
Forse il fatto che a volte mi sembra di sdoppiarmi.
Non farei del male ad una mosca; metterei la vita di chiunque prima della mia.
Non perché penso che valga meno delle altre, ma perché penso che salvando altre persone potrei dare anche più valore alla mia vita.
Eppure, J, da quando la vita mi ha servito un bel piatto di minestra amara – e non sto qui a dirti quali fossero gli ingredienti della minestra! – ho deciso che non voglio altro che vendetta. Voglio riuscire a capire cosa sia successo. Perché. E vendicarmi.
Io, che metterei la vita di chiunque altro avanti alla mia, arriverei a spellare vivo con le mie stesse mani, la persona o le persone, che sono state in grado di causare così tanto dolore alla mia famiglia, a tante altre famiglie e a me stesso.
 
Detto questo, so che mi hai detto che non vorresti incontrarmi ma, J, devo confessarti che la mia voglia di incontrarti, invece, cresce sempre di più.
Io non posso avere chi amo. Tu non puoi avere chi ami.
Ma entrambi potremmo averci a vicenda.
Non sei un ripiego. E so che anche io non sarei un ripiego.
Se in così poche lettere ci conosciamo così tanto, non immagino cosa potremmo diventare.
O forse no. forse sto solo cercando di scappare dalla realtà dei fatti: non riuscirò mai ad avere quel magnifico uomo che merita molto di più.
Ecco perché, a conti fatti, non gli dirò mai che lo amo.
Perché merita molto di più.
E su questa cosa, non ho alcuna domanda da pormi. È la mia unica certezza nella vita.
Ma tu, J, dove sei? Dove eri? Dove vorresti essere?
Pensi che potresti mai camminare un percorso diverso dal tuo?
 
X. 
Dark Star
__
If I told you where I've been
Would you still call me baby?
And if I told you everything
Would you call me crazy?
'Cause baby I'm a dark star

 
Ognuno di noi si porta dentro cose di cui non va fiero, X.
Ognuno di noi, in quanto essere umano, ha sperimentato sensazioni, vicende, momenti, che non avrebbe voluto vivere.
Ma lo ha fatto. E ne è uscito fuori.
Tu, X, lo hai fatto. E ne sei uscito fuori. E sei qui. E io ne sono felice.
No, non sono un’illusione così come tu per me. Sei realtà.
Il fatto che io sappia della tua esistenza e tu della mia, ti rende più reale di qualsiasi altra persona nella mia vita, in questo momento.
Dove sono, dove sono stato, dove vorrei essere.
Così tante domande, così tante risposte.
Sono qui, in questo momento. Mi sento una causa persa, ma non più solo.
Sono tra le mura di questa università, sotto lo stesso tetto del mio più grande amore e del mio più grande torturatore. E sotto lo stesso tetto dell’unica persona che oltre lui mi abbia fatto sentire così. Non più solo.
Dove sono stato. Se te lo dicessi, X. Se ti dicessi che sono stato nella mia mente, in tutti questi anni, recluso in me stesso e che me stesso non è un bel posto, mi chiameresti pazzo? 
A volte mi sembra di essere prigioniero di me stesso.
Mi sento in una gabbia: ogni giorno apro gli occhi, mi lavo, mi vesto e poi salgo sulla mia ruota ed inizio a girare, girare, giro anche se sono stanco, anche se non voglio, anche se mi riesce male, anche se non mi piace. Giro perché sono salito su questa ruota e non so come si fermi. E non sa più come scenderne.
Ormai non so più se sono io a far girare la ruota p è lei a far girare me.
Ma io sono qui, solo io, con la mia ruota, le mie decisioni la mia gabbia.
Fino a quando la ruota non si ferma. O forse sono io a fermarmi, finalmente
E poi scendo, mi svesto, mi lavo, vado a dormire.
E di nuovo, in loop. Quindi, sono in una gabbia o sono io stesso la gabbia?
Non lo so.
Ma questi attimi, questi rari attimi in cui sono qui a scriverti, X, sono gli unici attimi in cui non mi sento in gabbia.
Potrei mai camminare un percorso diverso dal mio?
Se non fossi me stesso, quello che sono, sicuramente si.
Anche tu, potresti. Tutti potremmo.
Il fatto è che siamo quello che siamo per il percorso che abbiamo scelto – o che ci ha scelti -, per le scelte che abbiamo compito, per le parole che abbiamo detto, per le cose che ci sono state dette, per come siamo cresciuti, per come moriremo.
Sono questo, anche se non mi piaccio, anche se non so chi sono, anche se vorrei cambiare. Questo è il mio percorso. Non riesco ad immaginarne un altro.
 
In fine, X, no. 
Non posso incontrarti.
Non so chi tu sia eppure so più di te he di me stesso.
Ma non posso incontrarti, so che non funzionerebbe.
Ti lascerei scivolare via come sabbia al vento. Così come è successo al mio primo amore. 
Cercavo di aggrapparmi a lui eppure si è lasciato andare, o forse io l’ho lasciato andare.
Fatto resta che anche ora, quando lo guardo, sento quel sentimento di appartenenza che non ho più provato con nessuno, prima di te.
Io appartengo a lui ma un po’ anche a te. Eppure non sarò mai di nessuno dei due.
Sono una stella nera: simile ad un buco nero, ipotetico, reale o forse no.
Un paradosso.
E non voglio risucchiare anche te.
J.



Spazio autrice.
Riassunto del capitolo: I WangXian si innamoreranno sempre e comunque l'uno dell'altro, in ogni universo, in ogni modo diverso, in corpi diversi.
Tutto quello che resterà sarà sempre il loro amore <3

A parte le smielate: è un capitolo un po' difficile da leggere, immagino; è praticamente tutto introspettivo, ma dovrebbe tuffarci direttamente nella testa di questi due e farci capire quanto siano trasportati l'un verso l'altro anche senza essersi mai visti perchè a volte l'attrazione e l'amore vanno oltre tutto (almeno per me. Ma solo se si tratta degli altri, io voglio stare lontana da tutto e tutti!).
Detto questo, per ogni lettera c' una canzone di Jaymes Young, non so se le stiate ascoltando mentre leggete (in caso positivo, come vi sembrano all'interno della storia?) e ogni canzone è stata ascoltata in loop mentre ascoltavo. A dire il vero ogni canzone ascoltata mesi prima mi ha ispirato queste parole!

Lascio uno spoiler del prossimo capitolo: ahi ahi le cose si fanno pesanti, ma siamo quasi al termine!
Vi ringrazio dal profondo del mio cuoricino peloso per aver deciso di leggere questa storia, spero di leggere vostri commenti!

StewyT~
 
Capitolo 5_Moondust_
“Vorrei essere un coniglio in questo momento” mormorò così vicino da poter sentire il suo alito sul viso, da poter distinguere qualche pagliuzza nera e viola nei suoi occhi, persino da poter contare tutti i graziosi nei che prendevano posto su quel viso così elegante e ben definito da poter finire su tutte le copertine di riviste di moda.
“Lan WangJi” disse ancora, in quel tono dolce e morbido che solo la sua voce era in grado di assumere “Non puoi abbracciarmi e accarezzarmi come stai facendo con questo bel batuffolino?” sorrise tra sé e sé e LAn Zhan perse ancora una volta un battito. Sarebbe morto di aritmia cardiaca di quel passo.
“Posso comportarmi come vuoi! Posso girarmi e darti il culetto come sta facendo lui oppure guardarti negli occhi e dirti quanto ti desidero!” e basta, Lan Zhan non riuscì più a sopportarlo. Distolse lo sguardo e sbuffò.
“Smettila, Wei Ying” ringhiò, quasi. A tal punto che Wei Wuxian allontanò la mano che aveva poggiato sulla sua spalla e lo guardò di traverso.
“Ehi non arrabbiarti” ridacchiò, come suo solito “È solo che sei incredibilmente bello mentre sorridi” disse e Lan Zhan avrebbe potuto giurare di averlo visto leggermente arrossato in viso.
“Sfacciato” ribattette lui e Wei Wuxian rise di nuovo, questa volta poggiando una mano tra le sue, per accarezzare il coniglio che nel frattempo era stato raggiunto da Bichen.
“Solo perdutamente incantato” confessò l’altro. 
 
 

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Capitolo 5
*** Moondust_ ***


Dear Heart~


5_ Moondust
[Jaymes Young]

 
The brightness of the sun, will give me just enough
To bury my love, in the Moondust
I long to hear your voice, but still I make the choice
To bury my love, in the moondust


 
Erano passate ormai tre settimane dall’ultima volta in cui Lan Zhan aveva letto qualche parola scritta da X e la mancanza iniziava a sentirsi; il fatto che gli mancasse qualcuno che neanche aveva mai davvero visto, un po’ lo divertiva, un po’ gli incuteva terrore. Come era possibile che dopo sedici anni stava provando di nuovo qualcosa per qualcuno? E soprattutto, cos’era quello che stava provando?
Non conosceva davvero X, così come non aveva davvero conosciuto Wei Wuxian nell’anno che avevano passato assieme. Eppure si era innamorato di Wei Wuxian, e sebbene non fosse convinto di poter chiamare amore quel desiderio di rileggere, la mancanza, la felicità che gli sbocciava nel petto ogni volta che leggeva quelle parole, beh era successo qualcosa con X, ancor più velocemente.
Lan Zhan stava iniziando a pensare di essere uno da tutto o niente: o era completamente indifferente verso il mondo esterno, o cadeva nella tana del coniglio con tutte le scarpe.
Quasi come se si sentisse offeso della metafora che aveva appena usato Bichen alzò lo sguardo indignato verso di lui e mosse il musino, per poi rigirare il culetto e tuffarsi tra gli altri coniglietti bianchi. Lan WangJi si lasciò andare ad un sorrisetto prima di prendere un altro coniglietto tra le braccia e dargli un bacio tra le orecchie.
Il coniglietto nero, che segretamente gli ricordava incredibilmente Wei Wuxian, sia per il carattere che per il colore – lucente come i suoi capelli neri! – lo guardò, dopodiché girò su sé stesso e si accoccolò comodamente sulle sue gambe mentre lo accarezzava, sorridendo. Non si lasciava andare spesso a quelle effusioni, ma dalla prima volta in cui aveva messo mano su un coniglio se ne era innamorato perdutamente e non poteva farne più a meno.
La prima volta aveva poco più di otto anni, ne aveva trovato uno bianco come la neve mentre tornava da scuola – quando ancora ne frequentava una! -, il coniglio lo aveva guardato e Lan WangJi aveva ricambiato lo sguardo, allora il coniglietto aveva mosso il musino come a chiedergli cosa stesse guardando e lui aveva scosso le spalle abbassandosi per accarezzargli le orecchie, ma il coniglietto si era allungato e gli aveva quasi strappato di mano la carota che stava sgranocchiando.
Era stato amore a prima vista.
Lo aveva preso di peso e lo aveva trascinato a casa dove anche Lan Xichen se ne era innamorato. Lo avevano tenuto nascosto per un mese, poi Lan Quiren lo aveva trovato e siccome “va contro le regole di Gusu tenere degli animali a Cloud Recesses. È deleterio per le tue responsabilità” glielo aveva strappato dalle braccia. Lan Zhan non aveva battuto ciglio, aveva già imparato ad essere indifferente al mondo intero – o almeno, a far credere che lo fosse. Ma poi era tornato in camera ed era scoppiato a piangere, come ogni bambino di otto anni avrebbe fatto.
Poco dopo era stato raggiunto da Lan Xichen che lo aveva abbracciato e gli aveva promesso che da grande gli avrebbe regalato tutti i conigli del mondo.
Otto anni dopo era arrivato Wei Wuxian che dopo poco più di un mese dall’inizio dei corsi a Gusu aveva portato un coniglio perché “non riusciva a star rinchiuso lì dentro senza avere contatti con il mondo esterno” o come le persone normali direbbero senza cercare di arrampicarsi sugli specchi, perchè doveva dare sui nervi a Lan Quiren.
Ma non era successo. Era stato Lan Zhan a scoprire il coniglio e non appena lo aveva visto gli erano brillati gli occhi e sebbene se ne vergognasse profondamente, aveva sorriso. Al che Wei Wuxian era scoppiato a ridere chiedendogli se davvero gli piacessero i conigli. E Lan Zhan aveva risposto nell’unico modo che conosceva: noioso.
Eppure da quel momento in poi Wei Wuxian aveva iniziato a tappezzarlo di conigli: disegni di conigli, gadget – che non capiva neanche da dove venissero – a forma di conigli, tutto a forma di conigli! E in ultimo, si era presentato una sera fuori la porta di camera sua con un “Sorpresa” e il coniglio lanciato tra le sue mani.
“Non posso più tenerlo. Non potrei comunque portarlo con me a Lotus Pier. Lì diventerebbe cibo per la mensa! Quindi tienilo tu. È il mio regalo! Ma chiamalo Ying, d’accordo?”.
Lan Zhan non aveva detto nulla ma aveva continuato a chiamare il coniglietto – ora genitore di tutti i conigli che riempivano il boschetto dietro Cold Spring – Ying. Unicamente per il significato della parola!
“Non ci credo” sentì dire ad una voce fin troppo conosciuta.
“Lan Zhan che coccola dei conigli!” disse ancora, divertita.
“Questo deve essere il paradiso!”.
Lan Zhan alzò lo sguardo dal batuffolino nero che aveva tra le braccia e guardò quel gremlin maledetto di Wei Wuxian, perdendo ancora una volta le idee e la ragione.
Come poteva quel ragazzino, ormai uomo, essere sempre così dannatamente perfetto anche solo con dei pantaloni della tuta neri ed un felpone rosso?
Anche solo con i capelli legati in modo disordinato e dei ciuffi ribelli sulla fronte?
Anche solo con quel sorriso e quegli occhi grigi luminosi più della luna?
Ah.
X gli faceva venire voglia di leggerlo e rileggerlo. Ma Wei Wuxian.
Beh, lui era tutt’altro.
Di X era mortalmente invaghito.
Di Wei Ying era mortalmente innamorato.
“Persino quei conigli sono più fortunati di me, Lan Zhan” sbuffò, sedendosi al suo fianco. E lui non riuscì a distogliere lo sguardo dalla sua figura. Ovviamente il maledetto se ne accorse e sorrise, prima di spingersi verso di lui.
Era vicino. Pericolosamente vicino. Lan Zhan non poteva andare avanti in quel modo.
“Vorrei essere un coniglio in questo momento” mormorò così vicino da poter sentire il suo alito sul viso, da poter distinguere qualche pagliuzza nera e viola nei suoi occhi, persino da poter contare tutti i graziosi nei che prendevano posto su quel viso così elegante e ben definito da poter finire su tutte le copertine di riviste di moda.
“Lan WangJi” disse ancora, in quel tono dolce e morbido che solo la sua voce era in grado di assumere “Non puoi abbracciarmi e accarezzarmi come stai facendo con questo bel batuffolino?” sorrise tra sé e sé e LAn Zhan perse ancora una volta un battito. Sarebbe morto di aritmia cardiaca di quel passo.
“Posso comportarmi come vuoi! Posso girarmi e darti il culetto come sta facendo lui oppure guardarti negli occhi e dirti quanto ti desidero!” e basta, Lan Zhan non riuscì più a sopportarlo. Distolse lo sguardo e sbuffò.
“Smettila, Wei Ying” ringhiò, quasi. A tal punto che Wei Wuxian allontanò la mano che aveva poggiato sulla sua spalla e lo guardò di traverso.
“Ehi non arrabbiarti” ridacchiò, come suo solito “È solo che sei incredibilmente bello mentre sorridi” disse e Lan Zhan avrebbe potuto giurare di averlo visto leggermente arrossato in viso.
“Sfacciato” ribattette lui e Wei Wuxian rise di nuovo, questa volta poggiando una mano tra le sue, per accarezzare il coniglio che nel frattempo era stato raggiunto da Bichen.
“Solo perdutamente incantato” confessò l’altro. Ma Lan Zhan non avrebbe mai capito quanto quelle parole fossero reali. Lan Zhan era fermamente convinto di quanto Wei Wuxian si divertisse a prenderlo in giro. E ovviamente anche in quel momento lo stava facendo.
“E questi adorabili piccoli hanno dei nomi?” chiese, rubando Bichen per dargli un bacino tra le orecchie. “A-Yuan li amerebbe! Posso scattare una foto a loro due?”.
Lan Zhan annuì, perdendosi nel mondo in cui Wei Wuxian stava crescendo un bambino: che tipo di educatore era? Era affettuoso? A-Yuan lo amava?
Lo osservò, il cuore che gli batteva furiosamente in petto, lo stomaco in subbuglio e la fronte leggermente imperlata di sudore.
Sì, A-Yuan – che era sempre più curioso di conoscere – sicuramente lo amava.
Come avrebbe potuto qualsiasi essere umano non amarlo?
“Lui è Bichen” disse “Solo lui” fece poi spallucce e tornò a guardare la pallina nera.
“Allora lui sarà Suibian” affermò convinto Wei abbassandosi verso il grembo di Lan Zhan per posare un bacio sul musino del coniglio nero, o meglio, Suibian.
Lan Zhan pensò di poter morire guardando Wei piegato in quel modo, Wei praticamente tra le sue gambe, Wei che mentre dava un bacino al coniglio guardava lui negli occhi e no, non poteva andare in quel modo.
Si alzò di scatto, le orecchie viola e la schiena completamente sudata.
“Ehi dove vai?” chiese Wei Wuxian, ma Lan Zhan non si degnò neanche di rispondere; poggiò Suibian tra l’erba e corse via, avvolto dalla sua coltre di vergogna e pudore.
Una volta in camera, chiuso nella sicurezza e nel silenzio del sui Jingshi, nonostante il disagio provato in quel momento, Lan Zhan raggiunse l’orgasmo sussurrando, ancora una volta, il nome di Wei Wuxian nel buio.
___
Quella notte non riusciva a chiudere occhio; non riusciva a dimenticare il modo in cui Wei Wuxian lo aveva guardato mentre accarezzava i coniglietti, né tantomeno lo sguardo che gli aveva lanciato mentre si abbassava quasi tra le sue gambe a baciare Suibian. Aveva provato e riprovato a calmarsi, aveva persino provato a meditare, ma ben quattro ore dopo il coprifuoco non era riuscito a chiudere occhio e non sapeva cosa fare se non rifugiarsi in quella che in una lettera a X aveva chiamato la loro bolla personale.
Così indossò la felpa bianca che tanto adorava per la sua morbidezza – ma mai avrebbe messo in condizioni normali o comunque rischiando di essere visto da qualcuno in qualcosa che non fosse meno elegante di una camicia – e si avviò verso la biblioteca.
Due pensieri in testa: Wei Wuxian che di quel passo lo avrebbe ucciso e X che invece lo stava salvando giorno dopo giorno.
Salì le scale della biblioteca e si avviò verso la zona un po’ più appartata dove solo chi cercava determinati libri approdava – e di solito per caso.
Fu silenzioso come suo solito, ma ad un certo punto gli venne voglia di urlare: lì, seduto sullo sgabello dove di solito era seduto lui a scrivere sul quadernino su cui di solito scriveva, c’era… lui.
Come era possibile? Stava davvero scrivendo sul suo quadernino? Era davvero X?
Ma certo! Come aveva fatto a non pensarci?
X. A-Xian. Wei WuXian!
Come aveva fatto a non connettere i puntini che Wei Wuxian aveva sospeso sui fogli? La sofferenza della sua famiglia, l’odio verso sé stesso, quella tristezza che nascondeva negli occhi ed era visibile solo a chi ci guardava più approfonditamente.
Wei Wuxian era X.
E lui si era innamorato ancora una volta di quell’uomo.
Che fosse guardandosi negli occhi, sfiorandosi o scrivendosi parole, era sempre lì che tornava: LAn Zhan si innamorava sempre e comunque, in loop di Wei Wuxian.
E che fosse destino, caso o uno scherzo dell’universo, non sapeva spiegarselo.
Non riusciva a capire perché tutto dovesse sempre tornare a quel dannato ragazzo dagli occhi grigi che sedici anni prima gli aveva bloccato il cuore e ancora una volta gli stava bloccando i pensieri.
Talmente tanto bloccati da bloccare il suo intero corpo lì, in quel punto, sospeso tra il tutto e il nulla, anche mentre lui, con i capelli sciolti ad incorniciargli il viso, gli si avvicinava per poi fermarsi e sorridere come solo lui riusciva a fare: riscaldandogli il cuore.
Cos’è l’amore?
Si chiese ancora una volta mentre lo guardava, mentre si muoveva verso di lui, mentre ingoiava la domanda che cercava di uscire fuori ad ogni costo: sei tu?
Ma non sapeva cosa fosse l’amore.
E non poteva chiederlo neanche più al suo X perché il suo X era Wei Wuxian e lui non era suo e mai lo sarebbe stato.
Era innamorato di qualcuno. Ma quel qualcuno non aveva il suo nome e mai lo avrebbe avuto.
Chi è?
Si chiese, guardandolo negli occhi.
Nie Huaisang?
Erano diventati amici dal primo momento in cui si erano parlati, in fondo; erano sempre lì a parlottare e ridacchiare tra loro, sempre lì a prenderlo in giro tra loro.
E se invece fosse stato Jiang Cheng?
Erano cresciuti assieme, certo. Potevano essere considerati fratelli, sotto un certo punto di vista. Ma potevano pur sempre essersi innamorati, no?
Magari Jiang Cheng sapeva cos’era l’amore.
Cosa che lui non avrebbe mai saputo.
“Lan Zhan!” urlò Wei Wuxian correndo verso di lui, il sorriso luminoso come al solito.
“Non è possibile!” rise, abbracciandolo “Davvero sei tu?”.
LAn Zhan si immobilizzò sul posto, rigido come un tronco.
Chi altri poteva essere?
“Sono le due di notte, Lan Zhan” sbottò, stringendogli una mano attorno al collo “allora è proprio vero che l’intransigente Lan Zhan è cambiato! Per chi sei cambiato? Chi è il fortunato? Chi la fortunata? Chi è stato in grado di cambiare il mio Lan WangJi a tal punto?”.
E improvvisamente tutto gli girò attorno e gli venne voglia di piegarsi e vomitare.
Il mio Lan WangJi.
Era così che lo considerava? Suo? Allora perché erano ancora lì a guardarsi invece di baciarsi come la luna con le stelle? Perché Wei Wuxian lo stava abbracciando come avrebbe fatto con un fratello? E perché lui glielo stava permettendo?
Si mosse leggermente a disagio, cercando di allontanarlo, ma lui non cedette di un solo centimetro.
Per chi sei cambiato?
Per te. Avrebbe voluto rispondere. Ma non era cambiato davvero.
Lan Zhan era sempre il solito povero idiota che si nascondeva dietro il suo nome, che non si dava la possibilità di essere chi era, che neanche provava più a desiderare qualcosa o qualcuno. Non Wei Wuxian. Non X. Aveva desiderato entrambi a lungo e alla fine erano la stessa persona. Aveva desiderato poter appartenere ad entrambi e alla fine non poteva appartenere a nessuno dei due.
Era solo. E tale sarebbe rimasto per sempre. E l’idea lo spaventava da morire.
È tutto un incubo, si sussurrò. Perché non poteva essere vero. Non poteva essersi innamorato nuovamente di Wei Wuxian senza neanche sapere di star parlando con lui.
Perché non era possibile che anche X si fosse innamorato di J. Perché lui era J e non poteva dirglielo. Non poteva confessargli che l’uomo di cui si era innamorato era lui. Non poteva confessargli che l’uomo che gli aveva confessato di essersi quasi innamorato di lui, era proprio Lan Zhan, l’uomo che prendeva in giro da sedici anni.
Perché era vero, no?
Wei Wuxian si divertiva a prenderlo in giro. Perché erano amici. Perché in fondo proprio per quello sarebbero sempre tornati l’uno dall’altro.
“Lan Zhan?” chiese Wei Wuxian, sorridendogli ancora una volta e lui si ridestò e quasi come a farglielo capire annuì.
“Tutto bene?”.
Annuì ancora. Anche se no, tutto andava male.
“Stai bene?”.
Ancora una volta annuì.
“Vuoi venire a bere qualcosa con me?”.
Quella volta non poteva annuire, però. Sebbene avesse il bisogno impellente di bere.
“Il coprifuoco” disse solo. Dopodiché, come al solito, scappò via.
E ancora una volta, nonostante Wei Wuxian stesse chiamando il suo nome nel silenzio della notte in piena Gusu, Lan Zhan correva sotto i bianchi fasci lunari, pronto a nascondersi ancora una volta in sé stesso.
Ma per quanto avrebbe potuto continuare a nascondersi?
Per quanto ancora avrebbe potuto continuare guardare l’uomo che amava negli occhi, senza dirgli che lo amava?
Mi piacerebbe poterti dire: fallo, qualsiasi cosa sia, falla.
Dopo sarà tutto più bello. Sarò tutto più facile. Sarai felice.
Gli aveva scritto in una lettera.
Gli avrebbe detto lo stesso se avesse saputo che era lui la persona che amava?
_____
 
“Sono passati venti giorni, ormai! Perché non mi risponde?” sbuffò Wei Wuxian, drama queen delle drama queen, bevendo un altro goccio del sorriso dell’imperatore sotto lo sguardo scocciato di suo fratello e Nie Huaisang, accorsi subito non appena lui aveva mandato un messaggio sul loro gruppo: SOS, amici!
In quel momento, con Wei Wuxian che camminava a passo svelto avanti e dietro, la giara di alcool tra le mani, e un broncio dipinto sulle labbra, però, sia Jiang CHeng che Nie Huaisang lo stavano maledicendo mentalmente, guardandosi in attesa che uno dei due riuscisse a formulare un qualche tipo di pensiero coerente o risposta da fornirgli.
“E se si è scocciato di me? Magari pensa che le mie lettere siano vuote e stupide!” lanciò uno sguardo ai due che gli sedevano di fronte.
Jiang Cheng alzò gli occhi al cielo, Nie scossero furiosamente la testa mormorando un “Non so. Davvero, non lo so” ma come al solito sapeva eccome!
“È perché sono stupido?”.
Jiang Cheng alzò gli occhi al cielo “Non lo so, non lo so perché. Ma ti giuro che appena lo scopro squarto in due quel figlio di-“ Nie gli strinse il polso e lo fece sedere di nuovo, sorridendogli come a calmarlo. Wei Wuxian lo guardò di traverso.
“Non azzardarti a parlare mai più di J con queste parole!”.
“J!” sbuffò ancora il fratello “Non sai neanche quale sia il suo fottuto nome! Come fai a dire che ne sei invaghito!”.
“Perché tu conoscevi altro oltre il nome del tuo Lan Xichen quando vi siete visti per la prima volta? Lo conoscevi? E comunque non eri asessuato tu?” sbraitò, gli occhi quasi fuori dalle orbite e le mani a pugno.
Perché diavolo J ancora non gli aveva scritto?
Certo, erano già accadute volte in cui erano passati giorni su giorni prima di leggere una risposta, ma mai dopo una domanda come quella che gli aveva posto, un semplice ‘Non mi risucchierai e comunque sarebbe un piacere. Incontriamoci, ti prego’.
“Si dice asessuale, idiota. Ce l’ho il cazzo se proprio ti interessa!” rispose il fratello “E comunque sono demisessuale e lascia Lan Xichen fuori da questa discussione, okay?”.
E poi tra i due prendeva posto Nie Huaisang, che già era arrivato a trovare una risposta per tutte le domande che si stava ponendo quell’idiota del suo migliore amico. Ma non glielo avrebbe mai detto. Non fino a quando non sarebbe stato strettamente necessario.
“È perché ho insistito troppo? Come mi è venuto di rispondere in quel dannato modo dopo aver letto quel tipo di risposta! Perché non mi avete fermato!!”.
“Perché” rispose Jiang Cheng alzandosi per sostituire la giara di sorriso finita con una piena, al che Wei Wuxian gli regalò un dolce sorriso appagato “Se questo fosse uno show televisivo o un libro, nonostante la lunghezza, il titolo sarebbe probabilmente ‘Wei Wuxian, no! Le milleuno volte in cui Jiang Cheng, Nie Huaisang e il mondo intero hanno cercato invano di bloccare Wei Wuxian un attimo prima di fare una stronzata’. Non concordi con me?”.
Wei buttò giù altro alcool e sospirò “Almeno ho il sorriso che mi rende felice!”.
“Grazie anche a te per la tua magnifica presenza, Wei Wuxian”.
___
 
È passato fin troppo da quando ti ho scritto l’ultima volta.
Ora so chi sei ma tu non sai chi sono. E quello che sei coincide esattamente con l’uomo di cui ti ho parlato fino ad oggi. Potrebbe far ridere ma a me non viene voglia di farlo. Perché ho perso di nuovo qualcuno a cui tenevo.
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Mi manchi, X. Mi manchi così come mi manchi tu, Wei Wuxian.
Mi sento il petto pesante ogni volta che ti vedo, ogni volta in cui mi tocchi scherzando. Perché mentre tu fai l’ennesima battuta, io vorrei confessarti che per me sei tutto.
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Vorrei poter essere abbastanza, ma sono solo il mio nome, Wei Wuxian.
E ti meriti di più.
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Mi dispiace non averti più scritto. Oggi mi hai detto che una persona di cui ti fidavi ti ha deluso. So di essere stato io. Mi dispiace di averti deluso.
Ma non potrei continuare a scriverti sapendo chi sei. Non potrei continuare a parlarti di quanto ami qualcun altro mentre fingo di non sapere che sto scrivendo esattamente alla persona che amo.
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È passato più di un mese e mezzo, Wei Wuxian. Non è mai passato così tanto da quando non leggo di X e tu non leggi di J. Sono felice del fatto che tu non abbia scritto altro. Forse J non conta per te quanto X contava per me; almeno questa è la mia speranza.
Mi manca X, ma già l’ho detto e ridetto.
Tra qualche giorno finirà la prima parte del tuo dottorato, potrai andare via.
Non so se ritornerai.
Io non sono pronto a vederti lasciare queste mura.
Io non sono pronto all’evenienza di non vederti ritornare.
Ma non posso dirtelo, Wei Ying.
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E non posso dirti che ti amo, Wei Ying.
Se qualcuno trovasse queste note, se tu le trovassi, la mia vita sarebbe probabilmente finita.
Vorrei solo che almeno una volta, una sola, potessimo guardarci negli occhi e potessi vedere riflesso nei tuoi meravigliosi pozzi grigi, il desiderio e l’amore che tu sicuramente vedresti affogare nei miei occhi.
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In questo preciso momento c’è una camera oscura nella mia testa e sta sviluppando pensieri che non vorrei poter avere. Ma ci sono. E ci sei anche tu.
Oggi abbiamo preso il nostro solito the assieme. Mi hai parlato di A-Yuan, di quanto tu non veda l’ora di rivederlo, di quanto vorresti presentarmelo.
Io non riuscivo a pensare ad altro che ti vorrei qui per sempre.
Ma non farlo, Wei Wuxian. Non tornare per me. Ti amo. Ma non posso continuare ad averti vicino e sanguinare. Quanto può un corpo umano sopportare prima di perdere completamente tutte le sue forze? Io penso di esserci vicino.
---
“Lan Zhan” la voce di Lan Xichen era così vicina da far credere a Lan Zhan di essersi addormentato in qualche luogo pubblico, ma ricordava benissimo – nonostante avesse bevuto qualche goccia di sorriso dell’imperatore, chiedendosi se le labbra di Wei Wuxian avessero esattamente quel sapore – di essersi steso sul suo letto per qualche secondo, con la promessa di alzarsi per fare una doccia e mettere il pigiama.
Così, quando si accorse che il fratello maggiore era alla porta, si alzò e si trascinò verso di essa, blaterando qualcosa quando aprendola, la luce solare gli ferì gli occhi.
“Lan Zhan…” mormorò Lan Xichen chiudendosi la porta alle spalle “Stai bene?”.
Lan Zhan amava suo fratello, era la persona più vicina che avesse, eppure, faticava a parlare di quello che gli lacerava l’anima e la mente, anche con lui.
L’unico con cui non aveva faticato era X. Il suo Wei Wuxian.
“Mn” confermò, sedendosi alla scrivania sulla quale erano sparse lettere che nessuno avrebbe mai dovuto leggere, ma Lan Xichen lesse.
“Lan Zhan” disse, ancora, stringendo una spalla del fratello.
“Molto spesso gli uomini si illudono di poter avere il mondo tra le proprie mani; di poter controllare la loro e l’altrui vita in ogni momento. Di poter decidere chi essere e cosa fare. Ma solo perché ci è stato donato il libero arbitrio, non vuol dire che ogni cosa debba necessariamente dipendere da noi”.
Di solito le due Giade di Gusu viaggiavano sulla stessa scia d’onda; riuscivano a comprendersi anche solo con uno sguardo. Ma in quel momento Lan Zhan, non capì nulla delle parole che gli erano appena state dette.
Lan Xichen, ormai intimo con Jiang Cheng, sapeva perfettamente come stessero le cose. Nie Huaisang era stato il fautore di tutto: era stato lui a comprendere cosa stesse succedendo sotto i loro stessi nasi e renderlo quanto più comprensibile neanche per loro.
Eppure, guardando suo fratello in quel momento, sapendo che Wei Wuxian versava nella stessa identica condizione, si chiese se non fosse necessario fare qualcosa, perché di quel passo quei due non si sarebbero mai capiti.
‘Dobbiamo risolvere la situazione’ scrisse a Jiang Cheng.
‘Missione salvataggio WangXian’ rispose lui creando un gruppo con loro due e Nie Huaisang.
___
Ed era di nuovo lì, in quella dannata biblioteca, alla ricerca di lettere nuove.
Nella speranza di leggere nuovamente qualche parola di J, anche solo un “Non voglio avere più nulla a che fare con te. Non voglio più che tu mi scriva. Esci dalla mia vita”.
Anzi, a dire il vero, se non avesse trovato nulla neanche quella notte, aveva già deciso come sarebbero andate le cose: Mi dispiace di essermi intromesso così tanto, J. Non volevo finire le cose così. Neanche sapevo che le avremmo iniziate. Ti ringrazio comunque per questo bel periodo, per queste belle parole.
Mi manchi. Grazie per avermi fatto sentire di nuovo qualcosa, X.
Ma quando arrivò in biblioteca, si bloccò sul posto, la mascella spalancata e le mani tremanti: cosa stava vedendo?
Lì, seduto avanti a lui, con le lettere tra le mani, c’era davvero Lan Zhan?
Si mosse silenziosamente e si avvicinò a lui: certo che era Lan Zhan!
Ma cosa stava facendo? Stava semplicemente leggendo o…
J.
Lan WangJi.
J.
HanGuangJun.
J.
Il portatore di luce.
A volte penso che non vorrei affatto avere questo nome.
O qualsiasi nome.
Come aveva fatto a non arrivarci prima?
Aveva imparato a conoscere J talmente bene da non aver letto gli indizi tra le righe che lo portavano a chi J era davvero.
Il suo Lan Zhan.
“Lan WangJi?” chiamò, nel silenzio e nell’oscurità della biblioteca, e lui si girò, i capelli corti al mento sciolti ad incorniciargli il viso, le guance rigate di lacrime, le labbra rosse, una enorme felpa a coprirlo e renderlo quasi minuscolo.
“Lan Zhan…” mormorò nel buio, la voce strozzata, quasi stesse per piangere.
“Cosa stai facendo?” chiese, invano.
Lan Zhan lo guardò, poi guardò le lettere e poi di nuovo lui.
“Lan Zhan… Lan WangJi. Sei tu, vero?” chiese.
Erano entrambi due statue di ghiaccio: immobili, freddi, imperturbabili a tutto se non al calore, che in quel momento stava sciogliendo i loro animi.
“Mn” lo guardò per qualche secondo prima di abbassare lo sguardo “E tu sei X” rispose.
“Da quanto tempo lo hai capito?” domandò, ancora.
La voce incerta, le mani tremanti.
Come era possibile che si fosse innamorato, sebbene in una forma diversa, di nuovo dello stesso uomo per il quale aveva perso qualsiasi freno sedici anni prima?
Si era innamorato, ancora una volta, di un uomo che non solo non lo avrebbe mai ricambiato, ma anzi, in fondo, lo odiava.
E sentì il mondo cadergli di nuovo sulle spalle.
Era di nuovo solo.
Lan Zhan fece per dire qualcosa ma fu Wei Wuxian a parlare, cercando di sorridere e tirare su la sua solita corazza di divertimenti e sarcasmo. Mentre tutto dentro di lui sembrava essere entrato a contatto con acido muriatico.
“Aspetta. Circa un mese e mezzo fa? Quando ti ho visto proprio fuori la biblioteca oltre il tuo coprifuoco! Eri venuto qui per…” sospirò e abbassò lo sguardo; non riusciva a guardarlo negli occhi. Si sentiva ancora una volta sporco, corrotto fino all’animo. Ancora una volta aveva distrutto quanto di bello gli era stato dato.
Aveva sempre fatto così. Prima i suoi genitori, dopo i suoi genitori adottivi e sua sorella. Per un motivo o per l’altro, tutte le persone che amava di più erano destinate a scomparire dalla sua vita e soffrire per averne preso parte sebbene per un breve periodo. Non voleva che succedesse lo stesso anche a Lan WangJi.
No. Avrebbe rischiato la sua vita piuttosto.
“No” rispose solo l’altro “Per leggere”.
“Avevi già intenzione di non rispondere?” incalzò, allora lui.
Voleva sentirselo dire. Voleva proprio che Lan Zhan gli dicesse come stavano le cose.
Forse in quel modo la sua anima si sarebbe messa in pace avrebbe, una volta per tutte, provato a dimenticarlo.
“No” disse sinceramente lui. Lan WangJi era sempre così sincero.
E Wei Wuxian stava cercando proprio quello, la sua sincerità.
Ma fu comunque come ricevere un ceffone in pieno viso; il suo stomaco si riempì di qualcosa di muta-forma che si muoveva dall’interno quasi volesse squarciarlo per uscire. Così come le lacrime che minacciavano di farsi spazio sulle sue guance.
Invece sorrise, come al solito.
Sei nato con il sorriso sulle labbra. Sempre sorridente! Non importa quanti eventi dolorosi tu abbia dovuto affrontare. Non importa quanto sia difficoltosa la situazione in cui ti trovi. Puoi sempre essere felice.
Quelle erano state le parole più belle che gli fossero mai state dette.
Ovviamente era stata la sua shijie a sussurrargliele, mentre lo abbracciava non appena gli era stato concesso di rivederla dopo il coma.
Lui aveva pianto. Ma poi aveva iniziato a sorridere perché era quello di cui sua sorella aveva bisogno.
Sorrideva anche in quel caso, nonostante tutto stesse andando a pezzi.
Perché il suo Lan Zhan ne aveva bisogno.
Restò immobile per qualche secondo ad osservare quanto fosse bello, la luce lunare che si rifletteva sulla finestra della biblioteca colpiva proprio il suo viso che diventava ancora più magico e aggraziato e quanto avrebbe voluto sfiorarlo.
“Non eri curioso di conoscere il volto di X?” chiese, allora.
“No” rispose ancora sinceramente l’amico e lui annuì.
“Ne sei stato… deluso” mormorò, più a sé stesso che a Lan Zhan che in effetti non disse nulla, ma abbassò lo sguardo. Notò le orecchie rosse e le mani strette a pugno e si sentì mortalmente in colpa per averlo messo in quella situazione.
“Se avessi saputo che J eri tu non avrei…” sbuffò e scosse la testa.
Non sapeva se lo avesse fatto pur sapendo la vera identità di J. Forse ci avrebbe provato ancora di più, ad essere onesti.
“Solo… Lan Zhan hai deciso di non rispondere più perché sono X, vero?”.
Sperò. Sperò con tutto il cuore che Lan Zhan smentisse, ma non disse nulla.
Restò ancora lì, le mani strette a pugno, le orecchie rosse, il viso imperturbabile, lo sguardo nel suo.
“In fondo non ti sono mai andato così tanto a genio” ridacchiò e distolse lo sguardo; fu allora che Lan Zhan si spinse verso di lui, quasi volesse afferrarlo, ma non lo fece.
Lasciò cadere la mano in aria e mormorò un “No”.
“Sfacciato. Vergognoso. Noioso. Mn. No. Il tuo vocabolario si amplia sempre di più!” provò a scherzare, ma lo sguardo serio sul volto dell’altro, gli fece quasi venire voglia di scappare. Non poteva. Non prima di risolvere la situazione. Non avrebbe mia potuto dire a Lan Zhan che era innamorato di lui. Ma X poteva dire a J quello che pensava di lui. In quel momento erano J ed X.
“Ti parlerò come se stessi scrivendo una lettera per te” disse, guardandolo di nuovo negli occhi “È stato bello, J. È stato bello avere qualcuno disposto a leggermi e rispondermi, qualcuno per cui, per una sola volta in vita mia, non sono stato un peso. Ti ho detto cose importanti e tu ne hai dette a me. Non so se ti ho fatto stare bene quanto tu hai fatto stare bene a me, ma so che questo è stato uno dei momenti più belli per me. Assieme al primo anno passato qui a Gusu. E anche se ci stiamo dicendo addio… avrei voluto una risposta, J. Me la sarei meritata. Qui, su queste pagine, non ero Wei Wuxian, ero X e X meritava una risposta da J. Sono stato a vagare per due mesi tra le più recondite idee ma nessuna era disastrosa come questa. Quindi sì, J. Sono deluso e arrabbiato. Non so come io abbia fatto a non riconoscere chi c’era dietro quelle parole. Se lo avessi saputo mi sarei fermato prima e ora la smetto. Sono più bravo a scrivere che parlare e… mi dispiace di non essere stato chi volevi. Ma una risposta, Lan Zhan. Una risposta, solo quello.
Un ‘Non voglio più parlarti’. Mi sarebbe bastato”.
Concluse. Gli occhi che ormai faticavano a trattenere le lacrime. Lo stomaco in subbuglio, pronto ad esplodere e rendere il mostro mutaforme libero. Le gambe molli. La vogli di scappare via gridando.
Wei Wuxian guardò Lan Zhan. Lan Zhan guardò Wei Wuxian.
Ma nessuno dei due disse altro.
Il primo ad andare via fu Wei Wuxian.
 
___
Per le seguenti tre settimane Wei Wuxian non fece altro che studiare, studiare, studiare. Completò gli esami di cui necessitava per il dottorato con il massimo dei voti. Provò a scendere a patti con sé stesso e il suo cuore.
Ma ancora una volta non ci riuscì. E dunque, così come ogni volta in cui si trovava in una situazione capace si sopraffarlo, ritornò nell’abbraccio dell’alcool.
Quella volta, però, non era completamente solo.
Al suo fianco Nie Huaisang e Jiang Cheng, che lo ascoltavano piangere e lo consolavano quanto possibile.
 
___
Per le seguenti tre settimane Lan Zhan non fece altro che lavorare, lavorare, lavorare. Completò i corsi, iniziò e finì la sessione. Non si fece prendere dalla rabbia; continuò ad essere il solito professore intransigente ma disponibile e accurato.
Provò a scendere a patti con sé stesso e il suo cuore.
Ma ancora una volta non ci riuscì. E dunque, così come ogni volta in cui si trovava in una situazione capace di sopraffarlo, ritornò nell’abbraccio delle parole.
Quella volta, però, non era completamente solo.
Al suo fianco Lan Xichen. Sempre pronto a calmarlo con la sua sola presenza.
___
 
Mi manchi, J. Così tanto che a volte mi fa male il petto. Così tanto che ho finito tutte le scorte del sorriso dell’imperatore ma tu non vai via, sei ancora qui, nella mia testa.
Tu, J. Tu, Lan WangJi.
Quanto vorrei poterti dire quello che provo, sarebbe più facile, non credi?
--
Cosa è giusto in questo mondo? Cosa è sbagliato? Dammi un segno, X.
Non farmi del male, non oltre. Non riesco a sopportare il tuo tocco. Ma anche questa distanza mi distrugge. Mi manchi, Wei Wuxian. Guardarti passare fuori le mie aule, nei miei corridoi, al mio fianco e non avere il coraggio di chiamarti, mi distrugge.
Quanto vorrei poterti dire quello che provo, sarebbe più facile, non credi?
--
Non voglio nessun altro. Nessuno che non sia tu. Non l’ho mai voluto. Ho sempre voluto solo te. Ho sempre avuto bisogno solo di te, Lan Zhan.
Mi stavo illudendo di poter essere salvato e di poter salvare J, ma a conti fatti, me ne sono innamorato solo perché eri tu.
E allora mi chiedo: cos’è l’amore? Tu lo sai?
--
Hai mai riflettuto sulle anime gemelle, X?
Hai mai sentito del mito di Aristofane?
Esisteva un tempo in cui tutti gli esseri umani avevano due facce orientate in direzione opposta e una sola testa. Avevano quattro braccia, quattro mani, quattro gambe e due organi sessuali. Erano gli esseri più potenti mai conosciuti. Questo, ovviamente, spaventava gli dei e gli diede ancora più potere; così questi esseri androgeni decisero di iniziare una scalata verso l’Olimpo e conquistare la terra degli dei. Ma Zeus non poteva sopportare un tale oltraggio, dunque, usò l’unico modo possibile per indebolirli: li divise in due. Si indebolirono e diventarono incompleti.
Fu da quel momento che essi sono alla ricerca della loro antica unità e della perduta forza che possono ritrovare soltanto ritrovando la loro anima gemella.
Quindi, tu, Wei Wuxian, ci credi nelle anime gemelle?
--
Mi sento solo e perso senza di te, J.
Ho perso Lan Zhan così tanti anni fa. Forse non l’ho neanche mai avuto.
Ma attraverso le tue parole ho sperato di poter riavere o avere per la prima volta, qualcosa che non avevo mai avuto.
E ora mi rendo conto che sono solo e perso. Disperato. Perché ho perso, ancora una volta, la mi anima gemella. E non so come poter andare avanti.
--
Mi manchi, X.
--
Mi manchi, J.
--
Sono innamorato di te, Lan WangJi, Lan Zhan, Hanguang-jun.
--
Sono innamorato di te, Wei Ying, Wei Wuxian, Yiling Patriarch.
 
__
Erano passati così tre mesi: tra lettere scritte, alcool consumato, lacrime versate.
Poi Nie Huaisang arrivò all’unica conclusione disponibile.
 
-Head Shaker-
Ho la soluzione!
 
-Zidian-
Ucciderli entrambi con una frusta magica?
 
-Zewu-Jun-
Jiang Cheng…
 
-Head Shaker-
Non ne so niente di tutta questa faccenda…
 
 
-Zidian-
Nie Huaisang potresti PER UNA DANNATA VOLTA smetterla di fare il cagasotto?
Qual è la tua dannata soluzione?
 
-Zewu-Jun-
Quello non è il modo migliore per convincere qualcuno a parlare, Jiang Wanyin.
 
-Zidian-
Vuoi assaggiare anche tu quella frusta?
 
-Head Shaker-
Perché mi sembra di aver cambiato discorso?
Stavamo parlando della missione wangxian, no?
Perché ora parliamo di bdsm?
Sono interessato alle dinamiche. Anche se preferisco essere spettatore.
Credo di essere asessuale, comunque.
 
-Zidian-
Che cazzo sta succedendo! Nie sei ubriaco?
 
-Head Shaker-
È tuo fratello quello che ha un problema con l’alcool, non io.
 
-Zewu-Jun-
A proposito di fratelli, quale era la tua idea?
 
-Head shaker-
Cos’è tutta questa fretta, Lan Xichen? Vuoi finire in fretta per poter scappare a provare la nuova frusta di Jiang Cheng, vero?
 
-Zidian-
La proverai anche tu. Stretta. Attorno al collo.
 
-Zewu-Jun-
Allora?
 
-Head shaker-
Chiudiamoli in camera assieme.
Lan Zhan e Wei Wuxian da soli. Con un paio di giare di sorriso dell’imperatore.
 
 
-Zewu-Jun-
….
 
-Zidian-
A me va bene. Qualsiasi cosa purchè quel coglione la smetta di piagnucolare e sbavare sulle mie felpe viola.
Quando lo facciamo?



Spazio autrice.
Riassunto del capitolo: gay panic, angst, dumbass Wei Wuxian, risolviamo i casini di quei deficienti squad.
Potrei giurarvi che l'angst sta per finire maaaa manca ancora un po'. C'è un po' di angst sparso qui e lì, ma spoiler: sta per arrivare un po' tanto fluff e un Lan Zhan che fa casini!
Giuro, nel prossimo capitolo potrebbe esserci un po' di rosso qui e qualche guaio qui e lì, ma la smetto.
Vi ringrazio di cuore sempre per aver deciso di leggere la storia; as always vi lascio uno spoiler sotto.
A presto, spero!

StewyT~

Capitolo 6_Don't you know_
“No” disse, quasi terrorizzato “No, Lan Zhan. Non ci credo! Perché diavolo lo hai fatto!” si alzò, quasi di scatto, e lo afferrò per le braccia “Perché diavolo hai bevuto! Oh Dio pensavo che la serata non potesse peggiorare!” piagnucolò e Lan Zhan rise, per la prima volta forse da quando lo conosceva, Lan Zhan scoppiò a ridere: una risata spontanea, grossa, che gli si era estesa a tutto il viso e Wei Wuxian se ne innamorò ancora una volta. Lì, era lì tra le sue bracci a e rideva, la testa leggermente piegata all’indietro, la nuvola così vicino, le sue labbra così vicine, e lui lo voleva, quanto lo voleva, quanto lo desiderava. E Lan Zhan non lo avrebbe mai saputo.
“Già sei ubriaco” si lamentò, sfiorandogli la fronte “Non ricordi tutti i casini che hai fatto da ubriaco! Io sì” gli urlò contro e li ricordava eccome!
 

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Capitolo 6
*** Don't you know_ ***


Dear Heart~


6_ Don’t you know.
[Jaymes Young]
I've been walking in the moonlight looking for you
I got nobody but my shadow to give me through
So put your lips on my scars and teach me to love
Give my slow heart the rhythm of a blood drum
I don't want you to go
I need more of you in my life
Nobody should be alone
Please let me take you home tonight

 
Devo parlarti.
Alle otto nel mio Jingshi.
Lan WangJi.
 
Wei Wuxian aveva guardato e riguardato quel piccolo pezzo di carta per tutta la giornata, era stato come stregato da quei pochi caratteri che potevano voler dire tutto o nulla. Lan WangJi voleva parlargli. Ma di cosa? Perché?
Erano passate tre settimane dall’ultima volta che avevano parlato, più di due mesi da quando non si erano più letti e Wei Wuxian avrebbe avuto così tante cose da dirgli! Ma nel momento stesso in cui aveva letto quelle parole, gli si era gelato il sangue nelle vene e aveva dimenticato anche il suo nome.
Lan WangJi voleva parlargli e anche lui voleva farlo.
Era lì, fuori la porta di camera sua. Gli tremavano le mani e aveva la vista annebbiata.
Era lì, voleva parlargli.
Ma cosa gli avrebbe detto?
__
 
Devo parlarti.
Alle otto nel tuo Jingshi.
Wei WuXian.
 
LAn Zhan aveva ricevuto quel pezzetto di carta da suo fratello alle prime luci dell’alba e da quel momento aveva passato la giornata in una bolla; una di quelle che lui e Wei Wuxian avevano imparato a costruire lettera dopo lettera.
Ogni suo pensiero era stato stregato dal pensiero di rivedere Wei Wuxian, di riparlargli, di poter mettere le cose a posto e poter ritornare, quanto meno, amici.
Wei Wuxian voleva parlargli. Ma di cosa? Perché?
Gli avrebbe detto che non voleva più avere nulla a che fare con lui?
E lui che avrebbe fatto? Lo avrebbe lasciato andar via o lo avrebbe pregato di restare? In fondo lui era J e sebbene non fosse l’uomo di cui Wei Wuxian era innamorato, era pur sempre l’uomo a cui X si era affezionato.
Wei Wuxian voleva parlargli e anche lui voleva farlo.
Eppure era lì, dietro la porta di camera sua, le mani tremanti sul pomello.
Wei Wuxian era lì e lui voleva parlargli.
Ma cosa avrebbe detto?
___
 
Wei Wuxian e Lan Zhan si guardarono come se non si fossero mai visti prima.
Lan Zhan lo aveva fatto accomodare nel Jingshi, del the nero fumante, due tazze una di fronte l’altra, tre giare dell’imperatore sul tavolino, del pollo fritto in una scodella.
Si era seduto all’altro capo del tavolo, erano distanti eppure talmente vicini che i loro occhi erano tuffati gli uni negli altri.
Wei Wuxian sperava che Lan Zhan potesse leggervi dentro tutto il desiderio che provava per lui.
Lan Zhan sperava che Wei Wuxian potesse leggervi dentro tutto quello che non riusciva a dirgli.
Wei Wuxian fu il primo a parlare.
“Riguardo J..” disse, distogliendo lo sguardo. Aveva bisogno di chiederlo. Solo quello, poi lo avrebbe lasciato parlare.
“L’uomo di cui parlavi…” deglutì a fatica, chiedendosi quale fosse il modo giusto per dirlo. “È qui, ora? È a Gusu?”.
Lan Zhan lo fissò per qualche secondo, la mascella contratta. Poi annuì.
“E io lo conosco?” domandò, ancora. Alzò lo sguardo dalle proprie mani e si guardò attorno, come a cercare una via di fuga dall’eventuale rabbia di Lan Zhan.
“Mn”.
“È Mo Xuanyu?” concluse e poi lo guardò.
Non sapeva cosa aspettarsi, certo. Ma di sicuro non quell’espressione inorridita mista a divertimento. “Stai scherzando?”. Wei Wuxian scosse la testa.
“E l’uomo di cui parlavi tu? È qui, ora? È a Gusu?” una scintilla negli occhi mentre faceva la domanda che non avrebbe mai voluto fare. L’altro annuì.
“È Nie Huaisang?” e poi Wei Wuxian scoppiò a ridere; molto meno discreto e più diretto di lui nella sua risposta.
“Sei impazzito?” chiese, con le lacrime agli occhi “Nie? Huaisang? Davvero?” scosse la testa, ridendo “È asessuale, forse, e anche se non lo fosse non gli interesso! Piuttosto ha una cotta per mio fratello e tuo fratello! Comunque no, non siamo non- siamo migliori amici! Non potrei mai andare a letto con lui!”.
Lan Zhan annuì.
“È Jiang Cheng?”.
Oh Dio. No. Wei Wuxian lo sapeva. Lan Zhan era così depresso all’idea di amare un uomo perché amava… suo fratello? Stava forse proiettando su di lui il suo sentimento? Jiang Cheng? Davvero? L’idea anche solo di guardarlo con occhi diversi gli faceva venire da vomitare! Almeno Nie non era così disgustosa come idea.
E se ci fosse stato probabilmente ci avrebbe anche provato in passato.
Ma Jiang Cheng?
“Hai bevuto?” chiese, solo, un sopracciglio alzato e le mani strette a pugno.
“Mi stai prendendo per il culo? Stai cercando di dirmi che quello ad essere innamorati di suo fratello sei tu? Cosa.. cosa stai cercando di dirmi?”.
“No” tremò lui, uno sguardo di puro terrore negli occhi “Non- nulla di tutto quello”.
“Bene. Sarebbe strano se avessi bevuto. Ma anche se mi stessi prendendo per il culo o stessi cercando di dirmi che sei innamorato di Lan Xichen. Per quanto sia attraente è… tuo fratello. E sta con mio fratello. Non potrei mai vederlo con occhi diversi e non potrei sopportare il peso del segreto se fossi innamorato di lui e come diavolo ti è venuto Jiang Cheng? Oddio. È lui?” improvvisamente il mondo gli cadde addosso: e se Lan WangJi fosse stato innamorato di SUO Fratello? E se Jiang Cheng avesse ricambiato? Se avesse ripiegato su Lan Xichen solo perché non poteva avere lui?
“No” sospirò sconfitto Lan Zhan, prima di versare il the ad entrambi, come a chiedere di mettere fine alla discussione.
“Vergognoso ed indecente” mormorò.
“Esatto. Non avrei potuto scegliere una conclusione migliore per tutta questa conversazione. Ti prego, fingiamo che non ci sia mai stata”.
E così, con un tacito accordo, misero fine a quella mezzora di panico ed imbarazzo, bevendo dell’ottimo the nero.
Caddero in silenzio per un po’, fino a quando Wei Wuxian facendosi coraggio, parlò, ricordando il motivo per il quale era andato lì.
“Jiang Cheng mi ha consigliato il bigliettino…” mormorò, nel silenzio e nel buio della camera. Lan Zhan alzò la tazza di the e ne bevve un sorso, gli occhi chiusi e l’espressione seria. Wei Wuxian non potette distogliere lo sguardo dal suo pomo d’adamo che si abbassava mentre deglutiva, la nuvoletta della famiglia Lan che lo seguiva, prima di ritornare immobile. Avrebbe voluto coprire quella nuvoletta, quel pomo d’adamo, con le sue labbra. Avrebbe voluto coprire tutto Lan Zhan con le sue labbra.
Lan Zhan alzò lo sguardo verso il suo, di nuovo grigio nell’oro.
“Lan Xichen mi ha consigliato il bigliettino…” disse a sua volta.
Wei Wuxian bevve a sua volta, abbassò la tazza e sorrise.
“Hai raccontato di X e J a Lan Xichen?” chiese.
“Mn” rispose l’altro “E Jiang Cheng sapeva?”.
Wei Wuxian annuì “E Nie Huaisang”.
“Cosa diceva il tuo biglietto?” mormorò Lan Zhan, consapevole di non aver scritto biglietto alcuno per l’uomo che gli sedeva avanti. Almeno, alcun biglietto che lo invitasse lì quella sera.
“Devo parlarti. Alle otto nel mio Jingshi. Lan WangJi.”.
Lan Zhan Sbuffò “Lo stesso”.
Wei Wuxian quasi sorrise, poi ricordò la situazione in cui era finito a causa di quel bigliettino: lì, seduto avanti a Lan Zhan più imbronciato del solito.
La cosa più imbarazzante della sua esistenza.
“Strano ricevere lo stesso bigliettino dai nostri fratelli, non pensi?”.
“Mn”.
“Oserei dire sfacciati, non credi, Lan WangJi?”.
Lan Zhan annuì, un piccolo sorriso dipinto sulle sue labbra.
“Suppongo tu non abbia nulla da dirmi, quindi?” rincarò la dose il più basso dei due, gli occhi grigi puntati nei suoi, un sorriso dipinto sulle labbra. Ma era un sorriso triste, Lan WangJi aveva imparato a riconoscerli.
“Mi dispiace” rispose solo lui.
Il suo ospite, quindi, buttò giù il contenuto della sua tazza e si alzò, lo sguardo fiero, le spalle larghe, un sorriso sulle labbra.
“Buona notte, HanGuangJun”.
Non dissero altro. Lan Zhan lo osservò mentre nella sua solita enorme felpa rossa -che non gli permetteva di vedere quanto ben delineato e strutturato fosse il suo fisico – si avvicinava alla porta, girava il pomello e poi ritornava a guardarlo, scoppiando a ridere. Era un riso nervoso, ma anche divertito.
Una risata che voleva dire solo una cosa: Nie Huaisang, Lan Xichen e Jiang Cheng erano scesi in campo. E loro erano letteralmente spacciati.
“Non ci credo” mormorò Wei Wuxian dando un pugno alla porta “Non ci credo!” ripetette, prendendo il cellulare dalla propria tasca per comporre un numero.
“Che cazzo vi è saltato in mente!” sbraitò “Davvero Jiang Cheng? Sono chiuso con Lan Zhan qui dentro? Davvero? Che senso ha! Cosa? Avete pensato che così riusciremo a parlare e mettere fine a tutto questo? Che cazzo sarebbe tutto questo? Dio mio, Jiang Chen se vi do così fastidio basta dirlo! Non parlerò più di J! Non parlerò più di Lan Zhan ma vieni ad aprirmi, subito!! Devo uscire da qui! Jiang Cheng! Vaffanculo!!!”.
Wei Wuxian attaccò e guardò Lan Zhan, seduto lì, impassibile, come se non fosse stato chiuso con la persona che più odiava al mondo in una camera talmente piccola da poter essere soffocante.
Sbuffò e scosse la testa: quasi non riusciva a sopportare la sua presenza.
Perché era lì, immobile, in silenzio, senza dire nulla?
Compose un altro numero.
“Nie. Subito. Subito. So che sei con quell’idiota di mio fratello e non mi frega un cazzo dei tuoi ‘non so nulla’, sai tutto, è stata una tua idea! Jiang Cheng è troppo stupido per avere idee del genere e Lan Xichen è.. non avrebbe mai fatto qualcosa di simile. Non me ne frega! Subito, Nie. Se non vieni subito sei morto. Morto!” e attaccò di nuovo.
Lan Zhan era ancora lì, le gambe accavallate, lo sguardo fiero mentre beveva dalla sua tazza, una specie di sorriso sulle labbra.
“Hai intenzione di minacciare anche mio fratello?” chiese e Wei Wuxian lo guardò di traverso “E tu non hai intenzione di far nulla? Sono quasi le nove, è il tuo coprifuoco!”.
“A che scopo? Non verranno ad aprire. Resta. Per questa notte”.
Lo guardò a bocca aperta, mentre diceva quel tipo di cose con quello sguardo impassibile. Si era reso conto di quello che aveva detto? Si era reso conto di averlo appena ucciso con una sola frase? Come poteva restare lì? Come poteva dormire nel suo stesso letto! No, non gli aveva detto che era innamorato di lui, che era mortalmente attratto dal suo corpo, che ogni sera era il suo ultimo pensiero prima di andare a dormire, che tormentava i suoi sogni, che ogni mattina era il primo pensiero che gli sfiorava la mente mentre si masturbava, che era il primo nome che pronunciava nel silenzio. No. come avrebbe potuto dirglielo?
Ma soprattutto, come poteva dirgli che no, non poteva restare a dormire lì perché non riusciva ad immaginare come avrebbe potuto reagire dormendo al suo fianco?
“Wei Ying” mormorò, quella voce calda e soffice, quello sguardo freddo e serio.
“Resta”.
“Lan Zhan..” sbuffò, le mani nei capelli, gli occhi stretti in due fessure.
“Sei talmente disgustato all’idea di restare nella mia stessa camera per più di dieci minuti, Wei Wuxian?” domandò.
Finalmente era riuscito il pensiero che gli girava nella mente dal primo momento in cui lo aveva visto entrare in camera, sebbene fosse terrificato dalla risposta.
Ma lui non rispose. Lo guardò, arrossì e sbuffò.
“Sei ancora arrabbiato con J” annuì, più a sé stesso che a lui, che lo guardò quasi shockato. Perché Lan Zhan gli stava dicendo quelle cose?
“Ti ho usato” mormorò allora Wei Wuxian, sedendosi, “E tu hai usato me” disse ancora, facendo spallucce. “E come un giocattolo rotto, quando hai scoperto con chi stavi parlando davvero, mi hai buttato. E mi hai lasciato lì a brancolare nel buio. E nel buio ho sentito così tanti cani abbaiare. E io sono terrorizzato dai cani. Lo sapevi.”.
E quelle poche parole gli erano bastate per immaginare con quanto dolore, quanta ansia, quanta paura, Wei Wuxian avesse aspettato una sua risposta.
Eppure, ancora, lui non sapeva come giustificarsi. Perché forse non poteva.
“Mi dispiace, Wei Ying..” sussurrò nel buio “Mi dispiace per non esserti stato vicino prima e per averti fatto vagare tra i cani da solo. Vorrei poter…”.
Ma Wei Wuxian stava già sorridendo “Va bene” disse, solo “Va bene”.
E l’unica cosa che gli venne in mentre di fare fu alzarsi per prendere dei bicchieri e una ciotola di semi di loto, poi si sedette al tavolo, versò il sorriso in un bicchiere e glielo avvicinò, al che Wei Wuxian si allargò in un enorme sorriso.
“Ora cerchi di distrarmi con il sorriso dell’imperatore?”.
“E i semi di loto e il pollo fritto” borbottò, togliendo la cloche dal piatto di pollo.
“Quale sarà il prossimo passo per farti perdonare, Lan Zhan?” ridacchiò, buttando giù il primo bicchiere di sorriso dell’imperatore, che così come prometteva il nome, lo fece immediatamente sorridere. Per tutte le volte che lo aveva bevuto. Per ogni ricordo che aveva guardando quelle giare. Per la prima volta che aveva portato dell’alcool in camera e Lan Zhan lo aveva beccato e gli aveva quasi urlato contro, sul punto di ignorare una delle leggi di Gusu.
“Mi regalerai due polli grassocci e mi chiederai di sposarti?” disse e poi scoppiò a ridere “Oh già. Lo hai già fatto. È da sedici anni che provi a chiedermi di sposarti, in fondo!”.
Lan Zhan lo guardò, l’espressione illeggibile come al solito, gli occhi dorati puntati nei suoi. Si chiese cosa stesse pensando. A volte avrebbe voluto così tanto leggergli nella mente.
E in quel momento, nella mente di Lan Zhan non ci avrebbe trovato nulla di divertente: solo Lan Zhan che si malediceva per ogni azione che aveva compiuto e lo aveva portato lì, in quel momento, con Wei Wuxian che faceva quelle battute senza sapere che Lan Zhan si sarebbe inginocchiato a chiedergli di sposarlo in quell’esatto momento se avesse saputo che la sua risposta sarebbe stata positiva.
Riempì di nuovo il bicchiere dell’amico e poi riempì il proprio e, sotto il suo sguardo incredulo, lo trangugiò in un batter d’occhio.
Lan Zhan non aveva una buona resistenza all’alcool, certo, ma negli ultimi anni era visibilmente migliorata, avendone fatto uso una volta o due.
Eppure, Wei Wuxian sembrava non crederci.
“No” disse, quasi terrorizzato “No, Lan Zhan. Non ci credo! Perché diavolo lo hai fatto!” si alzò, quasi di scatto, e lo afferrò per le braccia “Perché diavolo hai bevuto! Oh Dio pensavo che la serata non potesse peggiorare!” piagnucolò e Lan Zhan rise, per la prima volta forse da quando lo conosceva, Lan Zhan scoppiò a ridere: una risata spontanea, grossa, che gli si era estesa a tutto il viso e Wei Wuxian se ne innamorò ancora una volta. Lì, era lì tra le sue bracci a e rideva, la testa leggermente piegata all’indietro, la nuvola così vicino, le sue labbra così vicine, e lui lo voleva, quanto lo voleva, quanto lo desiderava. E Lan Zhan non lo avrebbe mai saputo.
“Già sei ubriaco” si lamentò, sfiorandogli la fronte “Non ricordi tutti i casini che hai fatto da ubriaco! Io sì” gli urlò contro e li ricordava eccome!
La prima volta che aveva bevuto – pensando fosse acqua – era svenuto e poi improvvisamente qualche secondo dopo era diventato iperattivo, aveva iniziato a correre per la camera e poi verso di lui, prendendo le sue braccia per mettersele attorno ed urlare un “Preso” talmente felice e divertito da far divertire anche lui, che guardandolo giocare in quel modo, a sedici anni, si chiese se avesse mai giocato prima in quel modo. Conoscendolo e conoscendo suo zio, la risposta era probabilmente negativa, così aveva continuato a bere e aveva iniziato a giocare con lui fino a quando Lan Zhan non era svenuto di nuovo sul letto, blaterando qualcosa sulla sua collana e la nuvola, di come dovesse essere toccato solo da un* spos*.
Il giorno dopo si era risvegliato con il corpo di Lan Zhan premuto sul suo – e aveva finto che l’erezione che premeva contro i suoi pantaloni non riguardasse affatto Lan Zhan, certo, non era eccitato dalla visione che aveva avuto la sera prima e dall’essersi svegliato praticamente tra le sue braccia – non ricordando praticamente nulla della notte prima. Aveva solo qualche ricordo sfumato di come, ad un certo punto, subito dopo un “preso” di Lan Zhan, si fossero spinti sul letto e si fossero baciati. Ma di quel ricordo non ne era molto certo. Lan WangJi si era svegliato con gli occhi e le labbra gonfie, si era alzato ed era andato dritto da suo zio, quindi non aveva avuto modo di chiederglielo. Ma di sicuro non avrebbe saputo risolvere il suo dubbio. Quindi, sedici anni dopo, Wei Wuxian si stava ancora chiedendo se avesse davvero baciato Lan Zhan, quella notte.
“Non sono ubriaco” sbuffò il Lan Zhan trentaduenne, guardandolo dritto negli occhi, ma dal modo in cui era imbronciato e lo guardava, poteva scommetterci le altre due giare, almeno era brillo.
“Ti prendo dell’acqua” disse, alzandosi. Qualche secondo dopo vide Lan Zhan buttare giù un altro bicchiere e quasi gli venne una crisi isterica.
“Lan Zhaaaaaaaaaaan” urlò, bloccandogli le mani “smettila, dannazione! L’unica volta che ti ho visto bere così tanto sei scappato da camera tua, hai superato le mura dell’uni e te ne sei andato a spasso per la città a rubare polli!”, Lan Zhan sembrava molo divertito da quel racconto; ridacchiava e gongolava, come se la cosa non lo riguardasse minimamente. Non stavano per discutere di qualcosa di importante poco prima? Come erano arrivati a quello?
“Erano grandi?” chiese, le labbra carnose piegate in un sorriso provocatorio: come avrebbe fatto a placare la sua mente, di quel passo?
“Erano grandi” acconsentì “Mi sono sentito onorato e sposato” Ridacchiò “E avrei voluto inchiodarti al muro e farti un pompino proprio lì, fuori la fattoria. Ma tu eri ubriaco, io non potevo confessarmi e i padroni di casa avevano appena acceso la luce perché tu avevi schiamazzato troppo” confessò, Lan Zhan rise di nuovo, quella volta lo seguì anche Wei Wuxian.
“Che ne dici di andare a letto prima che tu combini altri guai?” chiese, cortese.
“E se invece tornassimo in quella fattoria?” sussurrò suadente, l’altro.
“Vuoi rubare altri due polli per me?” ridacchiò Wei Wuxian, dandogli un buffetto sulla guancia e l’altro sorrise famelico “Pensavo più al pompino..”.
E sentirgli dire quelle cose fece esattamente l’effetto che doveva fare: Wei Wuxian sperò di poter scomparire
“Okay come faccio ad uscire da questa camera? Dimmi che hai delle chiavi, devo scappare, ti prego, Lan WangJi…” ma l’altro stava già dormendo; la fronte poggiata all’addome di Wei Wuxian, in piedi avanti a lui, le braccia strette alla sua vita, il corpo afflosciato sul suo. E ancora una volta, il povero giornalista, sperò di poter morire sul colpo.
“Dannato Lan WangJi” mugolò afferrandolo, in modo da prenderlo tra le braccia; provò a non farci caso, a non guardarlo, ma come poteva non farlo mentre lo portava in braccio verso il letto? Aveva lì, tra le sue braccia, una versione mini di LAn Zhan, addormentato, con un mezzo broncio e la collana con la nuvoletta leggermente spostata di lato. Gli venne quasi voglia di fargli una foto; probabilmente il giorno dopo Lan Zhan gli avrebbe urlata contro, quando gliel’avrebbe fatta vedere. Lui, invece, nel buio della sua camera, se la sarebbe goduta come non poteva fare in quel momento, con il diretto interessato svenuto tra le sue braccia.
Sospirò poggiandolo sul letto, alzò la coperta bianca, allungò una mano dietro al collo per sciogliere la piccola treccia che gli teneva indietro i capelli, e poi li spostò dal viso, stendendoli sul cuscino bianco.
Nero su bianco. Viso perfetto. Labbra carnose. Occhi chiuso. Naso dritto.
Lan Zhan era una statua eterea e lui non avrebbe potuto andare avanti in quel modo; non avrebbe superato quella notte, ne era certo.
Fece per allontanarsi  - aveva bisogno di bere altro sorriso per non scoppiare a piangere – ma l’amico gli strinse un polso e sospirò un  “Non andare via, ti prego” al che Wei Wuxian ingoiò un groppo di lacrime. Non avrebbe mai voluto andare via.
“Prendo solo una giara” rispose, come se Lan Zhan fosse stato cosciente, poi!
Si avvicinò al tavolo, scrisse un ‘ Domani mattina siete morti ‘ a Nie Huaisang e Jiang Cheng, prese la bottiglia di sorriso e ritornò al letto, sedendosi nel lato vuoto, al che Lan Zhan allungò una mano verso di lui e lui la prese, sorridendo.
“Sono qui” sussurrò “Sono qui e ti amo, Lan WangJi”.
Finalmente. Finalmente riuscì a dirlo senza timori. Finalmente riuscì a liberarsi.
Finalmente. Non aveva più quel peso sul petto che lo stava ostruendo. Non si sentiva più finto. Era egoista e lo sapeva. Ma Lan Zhan stava dormendo ed era ubriaco, l’indomani non avrebbe ricordato nulla, anche se in quel momento stava sorridendo. “Chissà cosa stai sognando” sospirò, buttando giù altro alcool.
E Lan Zhan stava sognando esattamente quella stessa scena. Con una conclusione diversa.
___
Era ormai notte fonda, le giare erano finite come la batteria del suo cellulare e lui si allungò oltre il comodino per spegnere la luce grande, cosicché solo una piccola lucina bianca e la luce lunare che entrava dalla finestra illuminassero la camera; quando si girò nuovamente verso Lan Zhan, lui era ancora lì, ancora addormentato, ancora perfetto. La pelle chiara era illuminata dalla luce e quasi sembrava argentea, le labbra erano rosee e piene, le ciglia lunghe tremolavano sulle sue guance.
Come faceva ad essere così bella anche inconsapevolmente?
Forse era proprio quello a renderlo ancora più bello.
Guardò ancora le sue labbra e si chiese come sarebbe stato baciarle, cosa avrebbe provato.
Aveva sempre desiderato dare il suo primo bacio a lui, il solo e unico Lan WangJi, il solo e unico di cui si era innamorato. Ma c’era stato qualcun altro – qualcuno che non aveva mai visto in viso, a dire il vero – prima di lui e molti altri dopo di lui.
Eppure. Eppure con nessuno aveva mai provato quello che stava provando in quel momento, anche solo guardandolo. 
Sospirò e gli si avvicinò. Era sbagliato, lo sapeva. Aveva ricevuto un bacio mentre era bendato e ne era stato mortalmente arrabbiato. Sapeva come ci si sentiva. E il fatto che il giorno dopo Lan Zhan non avrebbe ricordato nulla di certo non giustificava la sua scelta. Stava sbagliando. Si sarebbe punito per quello. Ma da qualche parte, il suo cervello annebbiato dall’alcool, non era interessato ai sensi di colpa in quel momento, e così, senza che se ne rendesse davvero conto, le sue labbra erano poggiate a quelle di Lan Zhan. Ed erano morbide. E calde. E lo voleva. Lo desiderava.
Wei Wuxian desiderava molto di più. Ma si allontanò leggermente, le guance rigate di lacrime. “Ti amo” sussurrò, ancora. Restò lì, immobile, per qualche secondo.
Poi sentì l’altro mormorare un “Wei Ying” un sospiro nel silenzio, nel buio, nella notte.
E Wei Wuxian pensò di poter morire di crepacuore. Era sveglio? Aveva sentito?
Ma Lan Zhan si mosse, gli occhi ancora chiuse, le labbra leggermente dischiuse, una mano che si infilava nei propri pantaloni. E Wei Wuxian era lì, incredulo, seduto al suo fianco mentre guardava un Lan WangJi addormentato che si premeva i fianchi contro la propria mano, sospirando in modo indecente il suo nome.
“Wei Ying” pianse “Ancora” mugugnò “Ti prego” gemette.
E Wei Wuxian pensò di poter prendere fuoco.
Non si mosse, abbassò solo il viso sul suo e lo baciò e sotto di lui Lan Zhan dischiuse le proprie labbra ed infilò, senza troppi pensieri, la lingua nella sua bocca.
Qualche secondo dopo lo stava baciando: una mano ancora infilata nei propri pantaloni a sfregare la propria erezione, una mano dietro il collo di Wei Wuxian per impedirgli di muovere, le labbra incollate alle sue in una danza scomposta di lingue e salive, gli occhi dorati svegli e vigili nei suoi.
Wei Wuxian si allontanò leggermente scosso, vide gli occhi dorati di Lan Zhan spalancarsi e gli venne da piangere “Scusa..” sussurrò “Sei ubriaco e stavi dormendo..”.
“Sono sveglio” rispose Lan Zhan afferrandolo con entrambe le mani “sono sveglio” ripetette, capovolgendo la situazione. Wei Wuxian era sotto di lui, la sua erezione premuta contro la propria gamba, la propria erezione stretta nei pantaloni, il cuore che batteva a mille, la testa che gli pulsava: cosa stava succedendo?
“Sei ubriaco” provò a dire, ma le parole facevano fatica ad uscirgli, non voleva stare a sentire il suo cervello, voleva semplicemente baciarlo, voleva semplicemente aprire le gambe, lo voleva semplicemente dentro di lui.
Lan Zhan gli bloccò le mani sopra la testa, lo sguardo serio mentre scendeva a baciarlo di nuovo. Profondo. Sicuro. Forte.
Non gli interessava delle conseguenze. Non gli interessava di quello che sarebbe successo l’indomani.
Lan Zhan era lì, lo stava toccando; stava continuando a tenere ferme le sue mani mentre con la bocca scendeva sulla sua mascella e poi sul suo orecchio, stuzzicandolo con la lingua e poi sul suo collo. Sentiva la lingua lambire la sua pelle, il corpo bloccare il suo, il cuore galoppare.
Aveva bisogno di quel tocco, di essere guarito da ogni dolore; voleva che quelle labbra sfiorassero ogni sua cicatrice e gli insegnassero ad amare. Voleva sentire qualcosa. Voleva Lan Zhan. E lo voleva nella sua vita. E non voleva più perderlo.
“Non sono ubriaco” disse Lan Zhan ritornando a guardarlo negli occhi.
“E lo voglio, se tu lo vuoi” lo assicurò, stringendo un po’ le sue mani, prima di distogliere una mano per scendere a toccarlo. Scese in una lunga scia di tortura e si infilò nei suoi pantaloni – Wei Wuxian ringraziò gli dei per aver messo dei pantaloni larghi – e gli afferrò l’erezione, al che ovviamente, Wei Wuxian si lasciò scappare un urlo di sorpresa. Lan Zhan sorrise.
“Lan Zhan…” gemette Wei Wuxian “Non farlo”.
E allora l’altro sbarrò gli occhi e si immobilizzò.
Wei Wuxian lo guardò e si maledisse “Se non sei completamente lucido non farlo”.
“Lo sono” disse, serio come al solito “Lo sono”.
Annuì “Allora…” disse, forzandolo a lasciargli andare l’altra mano per buttarle entrambe al suo collo “Ti prego” disse, serio e sincero come non mai, gli occhi grigi affondati nei suoi “TI prego, Lan WangJi. Ti prego, Lan Zhan. Baciami. Usami. Toccami. Toccami come se fossi l’uomo di cui parlava J. Fa l’amore con me come se fossi l’uomo che ami. Ti prego”.
Lan Zhan si bloccò sul posto, le guance rosse e gli occhi lucidi.
Sarebbe stato il momento giusto, vero?
Sarebbe stato facile in quel momento dirgli “Non faccio l’amore con te come se tu fossi l’uomo che amo. Tu SEI l’uomo che amo”.
Ma non lo fece.
Si abbassò sulle sue labbra e con quel bacio gli dimostrò quello che con le parole non era in grado di dire.
E poi affondò in lui, che gemendo gli aveva detto di non aver bisogno di preparazione alcuna. E così lo riempì e in un attimo svuotò il suo cuore da ogni preoccupazione: era lì, si spingeva contro il suo corpo e lo sentiva gemere, piangere, sussurrare, urlare il suo nome. E non avrebbe voluto sentire altro per il resto della vita.
Non era la prima volta in cui faceva sesso; Wei Wuxian aveva molti uomini e qualche donna alle sue spalle. Ma nessuna volta era stata come quella. Con LAn Zhan era diverso. Era amore. In quel momento non riusciva neanche a pensare; riusciva solo a concentrarsi sulle gambe di Lan Zhan che sfioravano le sue ogni volta che affondava completamente in lui, facendo sbattere le loro carni; riusciva solo a sentire i suoi capelli sfiorargli la pelle; una mano mantenere il ritmo attorno al suo sesso; le labbra poggiate sulle sue; due dita capaci stringere a turno i suoi capezzoli.
In quel momento non riusciva a concentrarsi e pensare altro oltre al piacere che quell’uomo, l’uomo di cui era innamorato, gli stava facendo provare.
E mentre gemeva il suo nome, aggrappandosi di più a lui, affondando le unghie nella pelle della sua schiena, lasciando segni che si sarebbero potuti confondere con le cicatrici che tanto fieramente portava, non riusciva a non pensare quanto fosse invidioso dell’uomo che Lan Wanji amava. Sarebbe voluto essere lui. Per la vita.
Ma gli bastava essere lui anche solo per una notte.
“Wei Ying” lo chiamò lui, colpendo esattamente il fascio di nervi più sensibile “Guardami”.
E Wei Wuxian lo fece e restò quasi pietrificato dall’incommensurabile bellezza che stagliava avanti ai suoi occhi.
LAn Zhan colpì di nuovo la sua prostata e lui urlò.
Anche se erano nella camera del silenzio. Anche se era contro le leggi. Anche se non era l’uomo che Lan Zhan amava. Urlò. Perché quel piacere era troppo da contenere.
Non si riconosceva, quasi, mentre stringendosi a Lan Zhan si muoveva verso di lui in una litania di urla, mentre mormorava e poi urlava il suo nome, trattenendo sulla lingua un ‘ti amo’ per il timore di quello che sarebbe potuto succedere se lo avesse lasciato scappare via. Non era da lui. Di solito a letto gli piaceva provocare, divertirsi e divertire, scappare per essere poi preso, parlare sporco, essere sfacciato.
Ma in quel momento non aveva tempo per nulla di tutto quello: era la sua unica occasione per poter guardare Lan zhan mentre faceva l’amore. Non poteva concentrarsi su altro. Gli accarezzò il volto e sorrise.
“Lan Zhan” sospirò, una mano ancora attorno al so pene, l’altro sul suo petto “Sei magnifico” gemette “Sto per-. Dio. Ti prego. Mio-Lan Zhan” si spinse contro di lui e buttò la testa indietro, lasciandogli più spazio a disposizione. Lan Zhan ovviamente se ne approfittò e sorrise sentendolo mormorare il suo nome mentre lasciava un altro succhiotto su quella pelle diafana. Il giorno dopo, oltre ai ricordi, avrebbero avuto la testimonianza di quello che era successo quella notte.
Non sarebbe successo mai più, lo sapeva. Ma almeno avrebbe avuto il ricordo del volto di Wei Wuxian avvolto da puro piacere, impresso per sempre nella mente.
Non avrebbe mai più dimenticato il modo in cui si inarcava, buttando la testa all’indietro, il modo in cui i suoi occhi grigio liquidi affogavano nei suoi, il modo in cui apriva la bocca in cerca di ossigeno, la meraviglia delle sue unghie conficcate nella carne, la forza delle sue gambe avvolte attorno ai fianchi, la sensazione di essere stretto in lui, di averlo tra le mani, di vederlo venire con il suo nome sulle labbra.
Non avrebbe mai più avuto l’occasione di vedere l’uomo che amava in quelle condizioni – e in quel momento, senza volere, si lasciò andare alla gelosia per l’uomo che Wei Wuxian amava.
Era immensamente fortunato e neanche se ne rendeva conto!
“WoW” mormorò Wei Wuxian, stringendosi ancora di più attorno a lui.
“Sei una bestia a letto” ridacchiò dandogli un bacio all’angolo delle labbra “Non me lo sarei mai spettato da te, Hanguang-Jun” ecco, ritornava a riconoscersi: sfacciato come al solito. Stava cercando di farlo arrabbiare? Stava cercando di provocarlo?
Lo voleva ancora? Ovviamente. Avrebbe sempre voluto Lan Zhan.
“L’uomo che ami. Quello di cui J mi ha parlato. È fortunato”.
Lan Zhan sospirò e si abbassò a baciarlo, un bacio meno urgente, più dolce quasi un bacio d’addio. Un bacio che voleva dire ‘Sei tu l’uomo che amo’ ma non poteva.
“Anche l’uomo che ami tu” disse, quindi, sorridendo mentre lo guardava negli occhi.
“Solo per questa notte..” mormorò Wei Wuxian “Puoi essere J? Posso essere X? Posso essere l’uomo che ami?” chiese, non poteva dire nulla sull’uomo che amava lui, ovviamente.
Lan Zhan annuì.
“Allora baciamo ancora, Lan Zhan. Baciami. Sfiorami ancora. Fa l’amore con me per tutta la notte”.
E lui non se lo fece ripetere due volte.
Lo fecero ancora. Beandosi l’uno dell’altro. Imprimendo a fuoco quell’immagine nella mente. E si addormentarono in quel modo: attaccato l’uno all’altro.
Wei Wuxian sovrastimolato dal corpo di Lan Zhan. Lan Zhan sovrastimolato dal corpo di Wei Wuxian. Ma quello era il loro posto e non gli interessava di altro.
Non per quella notte, almeno.



Spazio autrice.
As always riassunto: Magic trio che mette in atto una cosa molto molto easy - povero Huaisang, sicuramente lui avrebbe voluto un piano più arzigogolato - ti piace tuo fratello? Mi piace tuo fratello? bang bang bang.
E finalmente, ci sono riusciti! I Wangxian si sono trasformati in due coniglietti!

OKAY son mortalmente imbarazzata; ho letto millemila fanfiction rosse e obv la novel (sia santificata la novel) ma mai qualcosa di rosso in italiano quindi boh mi sembra di essere stata troppo o troppo poco, non so. Diciamo che anche in questo caso ho ansie da prestazione, quindi, perdonatemi se avete letto qualcosa che vi ha fatto un po' storcere il naso.
Riassunto spoiler del prossimo e ultimo capitolo: bang. angst. bang.

Ebbene, il prossimo capitolo sarà l'ultimo MA ieri, siccome mi sentivo ispirata per il compleanno del nostro bellissimo Wei Wuxian, mi è venuto da completare un progetto che avevo iniziato in quarantena - rossa come niente altro che abbia mai scritto, voglio morire -. Non so se lo posterò mai. In caso contrario, se dovessi trovare il coraggio, potrei decidere di ritardare un attimino la pubblicazione dell'ultimo capitolo di questa storia, spero mi perdonerete!
Vi lascio come sempre lo spoiler. Grazie per aver letto e a chiunque deciderà di farmi sapere cosa ne pensa <3


Spoiler Capitolo 7: Stone.
Non sono ubriaco. E lo voglio, se tu lo vuoi.
Gli aveva sussurrato la notte precedente, un attimo prima che le loro labbra si sfiorassero ancora. E lui lo aveva pregato di fare l’amore, di baciarlo, di amarlo come se fosse stato l’uomo che amava. Ma non lo era. E Lan Zhan lo aveva messo in chiaro lasciandolo da solo quel mattino.
Lan Zhan. La possibilità che potesse esserci qualcosa. Il desiderio di un futuro assieme. Tutto fittizio. Tutto un sogno che non si sarebbe mai potuto avverare.
Tutta una sua fantasia.
Non voleva essere arrabbiato con Lan Zhan. Non lo aveva usato. Era stato lui a chiederglielo, certo. Eppure. Eppure una rabbia incandescente gli ribolliva nelle vene. Perché doveva sempre fare così? Perché doveva scomparire e lasciarlo di nuovo a brancolare nel buio tra cani randagi?
Ma andava bene. Le cose erano chiare. Non doveva continuare ad illudersi.
Aveva il diritto di dirgli come stavano le cose e Lan Zhan aveva il diritto di ignorarlo.
Ma quella, decise alzandosi dal letto, quella era la fine tra loro.
Avevano iniziato con uno sguardo, avrebbero finito con un bacio.
E andava bene in quel modo.
 

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Capitolo 7
*** Stone_ ***


Dear Heart~


7_ Stone.
[Jaymes Young]
So give me all your pain
And love will set you free
Give me all your shame
Put all your weight on me
And i'll be the stone that you need me to be

Alle cinque in punto, come ogni altro giorno, come se non fosse stato sveglio quasi tutta la notte, Lan Zhan si svegliò. E capì di aver combinato l’errore più grande della sua vita. Lì, stretto ai suoi fianchi, il viso poggiato sul suo petto, il corpo completamente attaccato al suo, cera Wei Wuxian.
L’uomo che amava. L’uomo che amava un altro.
TI prego, Lan WangJi. Ti prego, Lan Zhan. Baciami. Usami. Toccami. Toccami come se fossi l’uomo di cui parlava J. Fa l’amore con me come se fossi l’uomo che ami. Ti prego.
Gli aveva sussurrato qualche ora prima e lui non aveva avuto il coraggio di dirgli che si sbagliava, che non doveva fingere perché lì, tra le sue braccia, c’era proprio l’uomo che amava. Ma non avrebbe mai potuto farlo. Nelle sue parole c’era così tanta disperazione, così tanti rimorsi, da fargli venire quasi da piangere, solo a ricordarle. Wei Wuxian lo aveva implorato di fare l’amore con lui per dimenticare, sebbene solo per qualche ora, l’uomo che amava. L’uomo che non era Nie Huaisang né Jiang Cheng. L’uomo che non poteva avere.
E lui se ne era approfittato. Aveva approfittato di lui. Lo aveva baciato. Lo aveva sfiorato. Lo aveva assaporato. Lo aveva prosciugato come se fosse stato fonte di acqua preziosa nel deserto. E lo aveva fatto amandolo ma distruggendolo.
Lo aveva fatto per sé stesso, in un puro atto di egoismo.
Ed è forse quello, l’amore?
Chi ama non può essere egoista.
E lui lo era stato.
Si era detto che se lo meritava: per una volta, un’unica misera volta sarebbe stato giusto prendersi quello che desiderava. Non sarebbe stato sbagliato essere felice per una volta. Ma quell’unica volta era andata a discapito di Wei Ying che lo stava stringendo come se non esistesse cosa migliore al mondo.
Ma lui lo sapeva. Lan Zhan lo sapeva. Al risveglio sarebbe stato torturato, distrutto, schifato anche solo dalla sua presenza. E lui non avrebbe potuto sopportare quello sguardo. La freddezza che di sicuro sarebbe stata tra loro due.
Non poteva vedere odio negli occhi di chi amava.
Era bellissimo; con quel poco di luce che li circondava era ancora più bello mentre dormiva sul suo petto. Avrebbe voluto fermare il tempo per trascorrere tutto il resto della sua esistenza lì, al suo fianco, a guardarlo e pensare che era il suo miracolo personale.
Ma non poteva.
Dunque, nel modo più silenzioso possibile, si alzò, indossò i vestiti che la notte prima nella foga del momento erano stati sparsi in disordine alle loro spalle, prese un foglio ed una penna, alzò il cappuccio per nascondere i capelli disordinati, prese la chiave di scorta nascosta nell’armadio e corse.
Corse quanto più velocemente possibile.
Perché, nonostante quello che dicessero di lui, Lan Zhan, Lan Wangji, Hanguang-Jun, in quel momento si sentiva un codardo. E i codardi sanno solo correre.
__
Quando la luce fu troppo forte da sopportare, si stiracchiò, un enorme sorriso sulle labbra all’idea di aprire gli occhi e ritrovarsi la spettacolare presenza del suo Lan WangJi al suo fianco. Aveva deciso. Poco prima di addormentarsi dopo aver fatto l’amore tutta la notte, era rimasto qualche minuto ad osservare l’uomo che amava e aveva deciso che lo avrebbe fatto: gli avrebbe detto tutto.
Probabilmente lo avrebbe perso. Ma non gli interessava. Era giusto così. Era giusto che Lan Zhan sapesse che era lui il solo, l’unico. Che era sempre e solo stato lui.
Che ci credessero o no, Lan Zhan era stato messo sulla sua strada dal destino e anche se avesse dovuto perderlo e avesse dovuto imparare a sopravvivere anche alla sua assenza, non gli importava. Gli bastava averlo avuto per un po’ nella sua vita. lo avrebbe voluto per sempre. Avrebbe voluto svegliarsi ogni giorno al suo fianco. Andare a dormire ogni sera stretto tra le sue braccia. Sentirsi sempre in quel modo. Ma non poteva e doveva farsene una ragione. Avrebbe avuto per sempre quella notte e non l’avrebbe lasciata scappare via.
Aveva ancora un po’ prima di vedere quella notte scomparire via, però; aveva ancora un po’ per guardare Lan Zhan; aveva ancora un po’ per potergli chiedere di fare di nuovo l’amore con lui. Perché aveva bisogno di vederlo alla luce del sole.
Perché aveva bisogno di altri ricordi per poter andare avanti a vivere una vita senza di lui.
Si stese e allargò le gambe, ma il sorriso scivolò via dalle sue labbra così come ci era arrivato: le lenzuola scomposte erano fredde, il letto era vuoto, lui era solo.
“Lan Zhan?” mormorò, aprendo gli occhi, conscio del fatto che non lo avrebbe trovato.
Non sono ubriaco. E lo voglio, se tu lo vuoi.
Gli aveva sussurrato la notte precedente, un attimo prima che le loro labbra si sfiorassero ancora. E lui lo aveva pregato di fare l’amore, di baciarlo, di amarlo come se fosse stato l’uomo che amava. Ma non lo era. E Lan Zhan lo aveva messo in chiaro lasciandolo da solo quel mattino.
Lan Zhan. La possibilità che potesse esserci qualcosa. Il desiderio di un futuro assieme. Tutto fittizio. Tutto un sogno che non si sarebbe mai potuto avverare.
Tutta una sua fantasia.
Non voleva essere arrabbiato con Lan Zhan. Non lo aveva usato. Era stato lui a chiederglielo, certo. Eppure. Eppure una rabbia incandescente gli ribolliva nelle vene. Perché doveva sempre fare così? Perché doveva scomparire e lasciarlo di nuovo a brancolare nel buio tra cani randagi?
Ma andava bene. Le cose erano chiare. Non doveva continuare ad illudersi.
Aveva il diritto di dirgli come stavano le cose e Lan Zhan aveva il diritto di ignorarlo.
Ma quella, decise alzandosi dal letto, quella era la fine tra loro.
Avevano iniziato con uno sguardo, avrebbero finito con un bacio.
E andava bene in quel modo.
Non era uno capace di portare rancore, non lo odiava, non lo avrebbe mai odiato.
Ma non poteva più sopportare l’idea di vederlo; di guardarlo negli occhi e sapere che, mentre il suo cuore non desiderava altro, Lan Zhan desiderava un altro.
Comica questa cosa che oltre ad un loop ed un vuoto, siamo entrambi accomunati dallo stesso tipo di amore avverso alle stelle, no?
Aveva scritto in una delle loro lettere, sorridendo. Ma non aveva idea di quanto stava succedendo attorno a lui mentre scriveva. Il loro amore era diverso.
Lan Zhan avrebbe potuto avere ancora una possibilità. Lui no. quella notte era stata la sua unica possibilità.
Si avvicinò alla scrivania di Lan WangJi e, prendendo il primo foglio che gli capitò sotto mano, scrisse le uniche parole che avrebbe potuto scrivere.
Poi si chiuse la porta alle spalle. E così anche Lan WangJi. Non il ricordo di quella notte. Non l’amore spropositato che provava per lui. Non le belle memorie che avevano condiviso assieme. Non il desiderio di poterne vivere altre con lui.
Semplicemente la speranza di poterlo fare.
___
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Wei Wuxian.
Vorrei poterti dire queste cose guardandoti negli occhi ma non ne sarò mai capace.
Questa storia è iniziata così e finirà così. È giusto.
Ricordo di aver cercato il significato della parola “amore” la prima volta che ti ho visto e lo stomaco mi si è riempito di farfalle; avevo sedici anni e mi chiedevo cosa fosse davvero l’amore. Così ho chiesto all’unica persona a cui potevo chiedere.
E Lan Xichen mi ha sorriso e mi ha mormorato che amare qualcuno significa tenere a quella persona oltre ogni tipo di razionalità, a tal punto da volere che abbia tutto quello che desidera, indifferentemente da quanto tu possa soffrire.
E Quando ami qualcuno davvero, non ti fermi. Non potrai mai fermarti, continuerai ad amarlo nonostante tutto e tutti.
E anche se potessi farlo non lo faresti, perché in quel caso non sarebbe amore. Questo diceva sorridendo, avendo già capito a chi mi riferissi mentre gli facevo questa domanda e questo mi sono reso conto con il tempo di provare.
Questo, Wei Wuxian, è amore. E dopo sedici anni sono ancora qui perché ti amo.
Mi costa ammetterlo. Mi costa scriverlo. Mi costa pensare di essere arrivato sedici anni dopo ancora nelle stesse condizioni di quel sedicenne idiota.
Ma mentre ti sfioravo, ti guardavo negli occhi e vedevo tutto quello che voglio dalla vita, mentre mormoravi il mio nome, mentre ti sentivo attorno a me, mentre facevamo l’amore…
Mi sono reso conto che non potrà cambiare.
Non sai quanto l’abbia desiderato.
Ma non ci sono mai riuscito e mai ci riuscirò.
Non ho il coraggio di dirti queste cose perché so che ami qualcun altro; mi farebbe ancora più male guardarti mentre vieni a sapere che l’uomo con cui hai fatto sesso questa notte cercando di scappare almeno per una volta dalla tua realtà, con te non stava facendo solo quello. Questa notte stavo facendo l’amore con te. E ti ho usato. Ho usato una tua fragilità per sentirmi felice almeno una volta nella vita.
Dopo l’anno più bello della mia vita a sedici anni, questa notte mi hai dato il ricordo più bello della mia vita e non potrei essertene più grato.
So che non mi ricambierai; so che sarà difficile restare ancora nella mia vita; so che potresti odiarmi. Ma ti prego, Wei Wuxian, Resta.
Sarei perso senza di te nella mia vita.
Senza la consapevolezza di poter sapere che ci sei ancora, nonostante la distanza.
Come amico, come fratello, come nemico. Non mi interessa. Ma resta.
Non ti sto chiedendo di restare a Gusu. So che hai una vita fuori da queste mura a differenza mia. Ti sto chiedendo di restare nella mia vita. Di non lasciarmi andare.
Ti prego, Wei Wuxian.
Resta.
__
 
Sei tu, Lan WangJi.
Sei l’unico. Sei sempre stato tu. Sarai sempre tu. Saresti sempre stato tu.
___
 
“Lan Zhan”.
Quella voce. Era così diversa da quella che avrebbe desiderato sentire.
Eppure gli portò comunque conforto. Era arrivato. Non era più solo.
“Lan Xichen” mormorò, girandosi verso di lui, le guance bagnate, il viso sconvolto. Ma non aveva timore alcuno di mostrarsi nel modo in cui non si sarebbe mostrato a nessuno, Lan Xichen era suo fratello, la sua unica spalla, la sua roccia in quel momento. Lo guardò sedersi al suo fianco e poggiargli una mano sulla spalla, stringendola abbastanza da obbligarlo a guardarlo negli occhi.
“Cosa è successo?” domandò.
E lui glielo disse. Non gli avrebbe tenuto segreti, non più. Lo vide sospirare e scuotere la testa, indicando la lettera “E quella è per lui?”.
“Mn”. Disse solo. Avrebbe mai avuto il coraggio di dargliela?
Il cellulare di suo fratello squillò, e stranamente – diversamente da ogni volta in cui era con lui ed ignorava completamente il mondo esterno, per dedicarglisi del tutto – lo prese, lesse quello che c’era scritto sullo schermo e si rabbuiò.
“Tutto bene?” chiese e Lan Xichen quasi sorrise.
“Lan Zhan, sei tu quello che sta piangendo” mormorò, poggiandogli una mano sulla guancia, in modo da cacciare via le lacrime “Sei tu quello che dovrebbe smettere di piangere” e poi gli allungò un pezzettino di carta, guardandolo.
“Wei Wuxian sta per partire. Tra un’ora avrà lasciato Gusu” disse, alzandosi in piedi.
Sentì la terra tremargli attorno; era seduto, ma era certo che se non lo fosse stato sarebbe caduto al suolo. Le sue gambe non avrebbero avuto forza di sopportarlo.
Il suo cervello non aveva forza di supportarlo: Wei Wuxian lo odiava a tal punto da scappare. No, non stava scappando via. Era stato lui quello a scappare. A lasciarlo di nuovo senza una spiegazione.
Come aveva fatto sedici anni prima, come aveva fatto J.
“Va via” rincarò la dose Lan Xichen “Ha deciso di continuare il dottorato altrove. Non tornerà più, Lan Zhan”.
Lan Zhan si prese il colpo, annuì, gli occhi bassi, la voglia di scappare via a vomitare.
Non disse nulla. Cosa altro avrebbe potuto dire!
“Sei sicuro che sia la scelta giusta?” gli domandò e lui annuì di nuovo.
“Non avrei dovuto farlo, ma l’ho letto” continuò, indicando il bigliettino che gli aveva dato “Dovresti farlo anche tu e…” sospirò accarezzandogli la guancia nuovamente bagnata “E superare la tua paura più grande”.
Lan Zhan lo guardò, gli occhi strabuzzati, le guance rosse.
“Sappiamo entrambi che perdere Wei Wuxian ti terrorizza più di quanto tu voglia dare a vedere” si alzò di colpo, quasi volendo mettere fine a quella pausa dalla vita reale “E non meriti di vivere per sempre in una paura infondata”.
E così come era venuto, andò via.
Lan Zhan si fidava ciecamente di suo fratello; non esisteva persona al mondo di cui si sarebbe fidato tanto quanto faceva con lui. Quindi lo fece, aprì il bigliettino e lesse la calligrafia scomposta di Wei Wuxian.
Poi il tempo si fermò.
Il tempo accelerò.
Il tempo smise di esistere.
Il tempo iniziò ad esistere.
E lui iniziò a correre.
____
 
Wei Wuxian aprì la porta pronto a lasciarsi ancora una volta Gusu alle proprie spalle; il viso nascosto nel cappuccio, i capelli legati in modo scomposto dal suo nastro rosso fortunato, la valigia in una mano e lo zainetto nell’altra.
Era pronto. Pronto ad iniziare ancora una volta.
Quella volta in fondo, aveva tutto: sua sorella, suo nipote, suo fratello, il suo bambino, i suoi migliori amici. Ce l’avrebbe fatta. Sarebbe stato più facile.
“Wei Ying” sentì e si bloccò sul posto; il sangue gelato nelle vene, la testa vuota e piena contemporaneamente, il tempo diventato uno zimbello.
Aveva un aereo in meno di due ore. Sarebbe tornato a casa tra le braccia di A-Yuan, Wen Ning e Wen Quing, sarebbe andato tutto bene.
Lan Zhan non era lì. Non stava chiamando davvero il suo nome.
Lan Zhan non era lì. Lo aveva abbandonato ancora una volta quella notte.
Lan Zhan non era lì. Lo aveva lasciato tra i cani.
“Wei Ying” sentì di nuovo.
Lan Zhan era lì.
Si voltò verso di lui, lì, proprio a pochi passi, una mano ancora alzata quasi stesse per bussare alla porta che lui stesso aveva aperto qualche secondo prima.
Aveva il viso bagnato di lacrime, gli occhi gonfi, i capelli sciolti, la nuvoletta fuori posto. Era diverso. Quasi non sembrava lui. Assomigliava di più al Lan WangJi che gli aveva fatto piangere il suo nome quella notte che a quello che lo aveva lasciato a piangere in un letto quella mattina.
Deglutì, abbassando la testa in segno di saluto.
“Hanguang-Jun” mormorò “Mi dispiace ma..” sospirò, obbligandosi a dire quelle parole. Doveva. Non poteva non farlo. Ma lui? Aveva trovato le sue parole?
Era andato lì per ridergli in faccia? Per dirgli che non sarebbe mai stato possibile? Per dirgli di dimenticarlo?
“No” disse deciso Lan WangJi. Wei Wuxian alzò un sopracciglio in segno di domanda.
“Non partirai” rispose allora lui.
Sorrise leggermente: lo stava prendendo per il culo?
Stava succedendo un po’ troppo spesso negli ultimi tempi e non ne era del tutto felice. Non era il modo in cui preferiva essere preso per il culo.
“Non partirò perché… me lo ordina Hanguang-Jun? L’altissima giada di gusu?” rise, scuotendo la testa “Non metterti contro di me, Lan WangJi, d’accordo? Ho un aereo e una famiglia che mi aspetta. Che non mi lascia in un fottuto letto dopo avermi scopato per tutta la notte, okay? Quindi se permetti…” ma evidentemente non permetteva, lo stava spingendo dentro, stringendogli un braccio. Gli faceva male.
Ma non lo avrebbe detto ad alta voce. Non si sarebbe mostrato debole ai suoi occhi.
“Wei Wuxian” urlò, a sua volta. Non lo avrebbe spaventato. Non lo odiava. Ma era arrabbiato. Non voleva. Eppure trovandolo lì, avanti ai suoi occhi, non avrebbe voluto fare altro che baciarlo. Inginocchiarsi e fargli capire quanto lo desiderava.
“Chi credi di essere, Lan Zhan?” urlò, strattonandolo “Cosa credi di fare?”.
“Chi sono nella tua vita?” contraccambiò con lo stesso tono lui, guardandolo dritto negli occhi. Il foglietto di Wei Wuxian in una mano, un altro foglio nell’altra.
Wei Wuxian strappò il foglio che non aveva scritto lui. Doveva sapere.
Ma non lo lesse. Lo guardò, la rabbia dipinta sul suo volto, mista al desiderio, alla paura, alla speranza. Lan Zhan era sempre stato bravo a nascondere le sue emozioni. Ma in quel momento sembrava essere stato investito da tutte le emozioni che aveva represso nella sua intera vita.
E non poteva, avanti a quello sguardo, avanti alla fragilità che gli stava mostrando, no, non poteva assolutamente mentire. Lan Zhan si meritava la verità, nonostante tutto. Lui si meritava di liberarsi e dire la verità, nonostante tutto.
“Ho sempre pensato a te come alla mia anima gemella”.
Lan Zhan lo guardò, si allargò in un enorme sorriso e annuì.
“Lo sono. Lo sono ancora. Lo sono sempre stato. Lo sarò sempre. Lo sarei sempre stato” mormorò, e poi senza che se ne rendesse davvero conto, si stavano baciando.
Lan Zhan lo stava baciando come se, stringendosi così forte a lui, potesse fargli capire quello che a parole non avrebbe saputo dirgli: che avrebbe voluto trascinare via ogni suo dolore, che avrebbe voluto renderlo libero amandolo, che avrebbe voluto prendere sulle sue spalle ogni momento che Wei Wuxian avrebbe voluto dimenticare. Che sarebbe voluto essere la sua roccia.
Con quel bacio gli stava chiedendo di perdonarlo per aver lasciato la scuola sedici anni prima, per non essergli stato vicino alla morte dei suoi, per non avergli scritto una volta scoperto chi era davvero X, per averlo lasciato solo quella mattina.
E Wei Wuxian accettò ognuna di quelle scuse.
Sorrise, stringendoselo più forte al petto, poi, come un lampo a ciel sereno, lo allontanò di colpo e con forza.
“Non ci credo” sussurrò, la voce roca e le labbra già arrossate.
“Sei stato tu, Lan Zhan!” gli strinse una ciocca di capelli, ridendo.
“Sedici anni fa, nel bosco durante la caccia inaugurale di Gusu! Sei stato tu su quell’albero! Sei stato il mio primo bacio!”.
E Lan Zhan si aprì in un sorriso enorme, capace di illuminare persino la notte più oscura.
“Il tuo primo bacio?” domandò, le guance leggermente arrossate, le mani attorno ai suoi fianchi.
“E l’ultimo” confermò Wei Wuxian, avvicinandosi di nuovo per lasciare un bacio a stampo all’angolo delle sue labbra, ma Lan Zhan fece per attirarlo più forte e lui rise, allontanandosi leggermente “Abbiamo aspettato sedici anni, potrai aspettare cinque minuti affinchè legga la lettera che mi hai scritto, no?”.
Lan Zhan scosse la testa, gliela strappò di mano lasciandola cadere e lo spinse sul letto “Posso dirti io tutto quello che ho scritto” sbuffò, aprendo la zip della sua felpa, le labbra già su tutta la sua pelle. Wei Wuxian sorrise, allungandosi per tirare via anche la sua felpa, era giusto che entrambi vedessero qualcosa di incommensurabilmente bello, no?
“Cosa significa?” chiese, toccando il segno nero che aveva visto qualche tempo prima a Cold Spring.
“È un dizi” rispose l’altro, infilando una mano tra i suoi pantaloni; Wei Wuxian si lasciò andare ad un gemito “Dizi?” ripetette, gli occhi luminosi, un groppo di lacrime che gli risaliva in gola.
Chenqing” confermò la sua tesi Lan Zhan “Avevo bisogno di qualcosa che mi ricordasse che eri esistito davvero” e così aveva tatuato sulla pelle, lì dove sotto strati di cute, muscoli e tendini prendeva posto il cuore, lo strumento musicale con cui anni prima Wei Wuxian lo aveva tormentato per mesi, prima di ottenere un
‘ Sì, suonerò il guqin con te ’.
Si sentì quasi stupido a piangere per così poco, ma Lan WangJi asciugò via quella lacrima solitaria che era scesa giù e poi lo baciò.
Wei Wuxian non avrebbe preso quell’aereo, né entro due ore, né mai. Wei Wuxian non avrebbe lasciato mai più il suo fianco e quella volta si sarebbe assicurato di farglielo capire per bene.
“Cosa c’era scritto?” mormorò, ricordandosi dopo poco della lettera, Lan Zhan sorrise di nuovo, gli tirò i capelli, avvicinò i loro visi e guardandolo in quegli occhi grigi che sedici anni prima gli avevano rubato l’anima, mormorò un:
“Che ti amo”.
E dopo fu tutto una voragine di baci, saliva, risate, mormorii, magia.
Si spinse sul suo corpo, Wei Wuxian avvinghiato a lui, la testa buttata indietro mentre lo torturava con la bocca su tutto il corpo e poi velocemente era Wei Wuxian a torturare lui, dandogli finalmente le tanto attese attenzioni che Lan Zhan si sarebbe meritato sedici anni prima, fuori la fattoria. E poi erano ancora capovolti, Lan Zhan sul suo corpo, le loro mani intrecciate, le loro gambe strette, i loro occhi languidi, e Lan Zhan si muoveva di nuovo con forza dentro di lui, beandosi di ogni gemito che usciva dalle sue labbra e gli faceva venire ancora più voglia di spingersi a fondo, fargli piangere il suo nome, implorarlo di non lasciarlo mai.
Perché mai lo avrebbe fatto.
“Lan Ergege” pianse ad un certo punto, quasi sull’orlo della pazzia Wei Wuxian, stringendosi di più a lui “Ti prego, basta. Fermati. Non posso-“ e immediatamente Lan Zhan si fermò, uno sguardo di preoccupazione dipinto sul volto, ma Wei Wuxian stava ridendo, maledetto gremlin.
“Perché diavolo ti sei fermato” gli urlò contro, dandogli un morso sulla spalla destra “Muoviti” ordinò, e Lan Zhan obbedì, capovolgendo di nuovo la situazione; sorrise soddisfatto quando, riuscì a posizionare Wei Wuxian sopra di lui per spingersi più a fondo nel suo corpo. Wei Wuxian inarcò la schiena, stringendosi di più a lui, le sue unghie che gli entravano nella pelle, le cosce che sbattevano contro di lui, un’espressione di puro piacere sul viso.
“Lan Ergege” sussurrò, effettuando movimenti contrari ai suoi: ecco, si riconosceva, Wei Wuxian stava facendo l’amore con Lan Zhan, ma non come se fosse l’unica e ultima volta; si stava divertendo, stava facendo divertire l’uomo che amava e stava godendo come mai in vita sua.
“Lan Ergege se continui così avremo dodici gemelli per la fine dell’anno” scherzò e Lan Zhan lo guardò, un sorriso dipinto sulle labbra, prima di scendere a mordere un capezzolo, mentre con una mano stimolava l’altro e con l’altra lo masturbava.
“Oh caz- Lan Zhan! Lan Zhan! Lan Zhan, ti amo” gemette Wei Wuxian, scendendo sulle sue labbra. 
A volte penso che non vorrei affatto avere questo nome.
Gli aveva scritto in una lettera; ma quella voce, quello sguardo, il modo in cui Wei Wuxian stava chiamando il suo nome. Lo amava. Wei Wuxian era capace di fargli amare persino il suo nome. E con il tempo sarebbe stato capace di fargli amare anche quel ragazzino insicuro che era stato, quell’adulto stupido che stava rischiando di divenire.
“Lan WangJi, sei così bello che non vorrei mai più staccarmi da te” gli sussurrò all’orecchio, mordendolo leggermente “Ti immagini come sarebbe bella la vita se potessimo restare per sempre così? Ti piacerebbe essere per sempre stretto tra le mie gambe? Ti piacerebbe scoparmi per sempre? Ti piacerebbe baciarmi per sempre?”.
“Mn” gemette lui, quando Wei Wuxian rotolò con forza fianchi.
“Mi piacerebbe averti per sempre al mio fianco” confermò.
“Oh” rise Wei Wuxian “Non lo dico solo perché scopi da Dio, credimi” e confermò le sue parole muovendosi nuovamente contro di lui, lasciando andare alla giada di Gusu i gemiti più volgari che avrebbe mai pensato di poter sentire da lui
“Non andrò mai più da nessuna parte, sono tuo, Lan WangJi”.
Quello, pensò, beandosi della sua vista, avrebbe avuto quello per tutta la vita.
Non aveva più paure. Non aveva più timori. Non aveva più rimpianti.
Aveva Wei Wuxian.
E non desiderava altro.


Spazio autrice.

Okay so che vi ho fatto aspettare più del solito ma: ce l'abbiamo fatta, ecco il finale!
Ovviamente questi due rincitrulliti dovevano essere stupidi fino alla fine, sia santificato Lan Xichen.
Se non c'è angst non mi diverto e devo dire che in questa storia l'angst non è mancato per nulla ed è stato l'aspetto che ho preferito di tutta la creazione - ma solo perchè sapevo da subito come sarebbe finita -.

Eh nada, sono molto affezionata a questa ff, è la mia prima WangXian - non so se ce ne saranno altre ne ho finita una da poco ma non so se avrò mai il coraggio di farla leggere a qualcuno -  e in qualche modo mi ha fatta sentire più vicina a loro e mi ha fatto ritornare la voglia di rivedere per l'ennesima volta il drama e rileggere tutta la novel - Mi mancano troppo anche Wang Yibo e Xiao Zhan, bambini <3 - e sono stra felice che qualcuno l'abbia letta, quindi vi ringrazio dal profondo del cuore per aver deciso di intraprendere questa avventura con la mia mente malata; spero sia stata piacevole per voi la metà della metà di quanto lo è stato per me.
Vi auguro il meglio - sembra stupido dirlo in questo periodo in cui il meglio sembra non poter mai arrivare, lo so - vi e mando tanti abbracci virtuali!
A presto, spero?

StewyT~
 

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