Tra storia e realtà

di Sarah_lilith
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 5: *** Quarto capitolo ***
Capitolo 6: *** Quinto capitolo ***
Capitolo 7: *** Sesto capitolo ***
Capitolo 8: *** Settimo capitolo ***
Capitolo 9: *** Ottavo capitolo ***
Capitolo 10: *** Nono capitolo ***
Capitolo 11: *** Decimo capitolo ***
Capitolo 12: *** Undicesimo capitolo ***
Capitolo 13: *** Dodicesimo capitolo ***
Capitolo 14: *** Tredicesimo capitolo ***
Capitolo 15: *** Quattordicesimo capitolo ***
Capitolo 16: *** Quindicesimo capitolo ***
Capitolo 17: *** Sedicesimo capitolo ***
Capitolo 18: *** Diciassettesimo capitolo ***
Capitolo 19: *** Diciottesimo capitolo ***
Capitolo 20: *** Diciannovesimo capitolo ***
Capitolo 21: *** Ventesimo capitolo ***
Capitolo 22: *** Ventunesimo capitolo ***
Capitolo 23: *** Ventiduesimo capitolo ***
Capitolo 24: *** Ventreesimo capitolo ***
Capitolo 25: *** Ventiquattresimo capitolo ***
Capitolo 26: *** Venticinquesimo capitolo ***
Capitolo 27: *** Ventiseiesimo capitolo ***
Capitolo 28: *** Ventisettesimo capitolo ***
Capitolo 29: *** Ventottesimo capitolo ***
Capitolo 30: *** Ventinovesimo capitolo ***
Capitolo 31: *** Trentesimo capitolo ***
Capitolo 32: *** Trentunesimo capitolo ***
Capitolo 33: *** Trentaduesimo capitolo ***
Capitolo 34: *** Trentatreesimo capitolo ***
Capitolo 35: *** Trentaquattresimo capitolo ***
Capitolo 36: *** Trentacinquesimo capitolo ***
Capitolo 37: *** Trentaseiesimo capitolo ***
Capitolo 38: *** Trentasettesimo capitolo ***
Capitolo 39: *** Trentottesimo capitolo ***
Capitolo 40: *** Trentanovesimo capitolo ***
Capitolo 41: *** Quarantesimo capitolo ***
Capitolo 42: *** Quarantunesimo capitolo ***
Capitolo 43: *** Quarantaduesimo capitolo ***
Capitolo 44: *** Quarantatreesimo capitolo ***
Capitolo 45: *** Quarantaquattresimo capitolo ***
Capitolo 46: *** Quarantacinquesimo capitolo ***
Capitolo 47: *** Quarantaseiesimo capitolo ***
Capitolo 48: *** Quarantasettesimo capitolo ***
Capitolo 49: *** Quarantottesimo capitolo ***
Capitolo 50: *** Quarantanovesimo capitolo ***
Capitolo 51: *** Cinquantesimo capitolo ***
Capitolo 52: *** Cinquantunesimo capitolo ***
Capitolo 53: *** Cinquantaduesimo capitolo ***
Capitolo 54: *** Cinquantatreesimo capitolo ***
Capitolo 55: *** Cinquantaquattresimo capitolo ***
Capitolo 56: *** Cinquantacinquesimo capitolo ***
Capitolo 57: *** Cinquantaseiesimo capitolo ***
Capitolo 58: *** Cinquantasettesimo capitolo ***
Capitolo 59: *** Cinquantottesimo capitolo ***
Capitolo 60: *** Cinquantanovesimo capitolo ***
Capitolo 61: *** Sessantesimo capitolo ***
Capitolo 62: *** Sessantunesimo capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Dedico questa storia a Anna, Sabrina, Cristina, Elisa e Deborah, che ascoltano i miei scleri e mi sopportano. So che se finissi davvero in MDZS voi mi uccidereste se non facessi abbastanza foto.

Grazie ragazze, siete mitiche.

 

 

 

Se ti trovi in pericolo, svieni

 

 

Quando mi svegliai, mi resi conto di aver battuto la testa. Le vertigini che mi colsero quando provai ad alzarmi mi fecero preoccupare. Per quanto ne sapevo, potevo avere una commozione cerebrale. 

Studiavo medicina per diletto, non ero un’infermiera e probabilmente non lo sarei mai stata.

Controllai i sintomi. Non avevo la sensazione di dover vomitare, ma per qualche motivo non riuscivo ad abituarmi alla luce che mi filtrava tra le palpebre socchiuse. Forse avevo solo preso una bella botta cadendo. 

Cadendo? Ero caduta? Non ricordavo qualcosa del genere. Cosa stavo facendo prima di svenire?

Mi costrinsi ad alzare la testa e appoggiare i palmi sul pavimento per cercare di tirarmi su, riuscendo finalmente a mettermi seduta. In quel momento, la tracolla della mia borsa scivolò giù dalla mia spalla e cadde a terra, percorrendomi il braccio nudo e dandomi i brividi. L’aria era fredda e il prato su cui mi trovavo era ricoperto di rugiada fresca che mi bagnava le dita.

Quando mi guardai intorno, vidi solo un’area boschiva attraversata da quello che doveva essere un sentiero non ben definito, vicino al quale, in quel momento, mi trovavo seduta. La terra battuta che creava la strada era priva d’erba, coperta in parte da uno strato di ghiaia bianca che mi faceva ricordare le piste di mountain bike che percorrevo con la mia bicicletta quand’ero piccola.

Con un certo sforzo afferrai la borsa e me la rimisi in spalla, piegando le gambe sotto il busto per alzarmi. Prima che potessi mettermi in piedi però, sentii un rumore provenire dalla boscaglia dietro di me. 

Con il cuore in gola, mi voltai con uno scatto e vidi una figura che emergeva dalle frasche. Saltai all’indietro, finendo nuovamente col sedere a terra per lo spavento. Caddi, colpendo la strada talmente forte da farmi vibrare i denti. Imprecando, arretrai velocemente strisciando le mani sul terreno umido e graffiandomi i palmi con le pietre appuntite. 

La persona che ora si trovava in piedi davanti a me si fermò di scatto, probabilmente valutando se fossi una minaccia, poi fece un gesto secco con la mano verso i cespugli. 

Era un ragazzo dai tratti asiatici giovane, sicuramente più di me, con i lunghi capelli neri allacciati in una coda di cavallo alta da un nastro rosso e un decoro d’oro sulla sommità. Osservando il marchio cremisi sulla fronte, le labbra piene, il volto delicato, ora accigliato in un’espressione di infastidita curiosità, pensai che poteva essere considerato proprio un bel ragazzo, se avesse iniziato a sorridere togliendosi quell’aria di superiorità di dosso. 

La lunga veste dorata che indossava, insieme alla fascia decorativa che gli copriva lo stomaco, erano molto simili ad alcuni abiti tipici che io e le mie amiche avevamo potuto ammirare dal vivo al museo sull’antica Cina, oppure in televisione grazie ai manhua 1 di cui andavamo matte.

Per via dell’arco impreziosito da intarsi in oro sulle spalle e la ricca spada che aveva in mano, non potei fare a meno di pensare quanto quello sconosciuto assomigliasse terribilmente all’immagine di Jin Ling che mi ero fatta leggendo il novel di Mo Dao Zu Shi.

Al suo via libera, due persone uscirono allo scoperto, spuntando dai cespugli con il viso sorridente e le vesti immacolate come fogli bianchi. Erano altri due giovani ragazzi, entrambi molto avvenenti, con gli stessi capelli lunghi, lisci e scurissimi del loro amico, ma in qualche modo le loro figure sembravano più eteree, quasi simili a degli angeli. 

Le maniche delle loro vesti candide erano talmente ampie da arrivargli al ginocchio, e i ricami all’estremità del drappeggio sulle gambe rappresentavano delle nuvole azzurre, intonate alla sottoveste che spuntava dal colletto e dalle braccia. Lo spesso tessuto che gli avvolgeva la vita aveva due pendenti di stoffa, azzurra anch'essa, che dondolavano seguendo il movimento dei loro passi.

Avevano le mani intrecciate davanti al petto, a formare un cerchio con le braccia. Il gesto di saluto formale che si usava nell’antica Cina, combinato con il particolare nastro frontale bianco che portavano tra i capelli… mi ricordava proprio Mo Dao Zu Shi

Ma non è possibile, giusto? Sto sognando, oppure qualcuno mi sta facendo un colossale scherzo.

Conoscevo certe mie amiche che ne sarebbero state capaci, in effetti.

-Giovane Signora, vi siete persa?- domandò con voce soave uno dei ragazzi vestiti di bianco, interrompendo i mie pensieri. Lo guardai negli occhi, scrutando quelle iridi chiare per capire se si stesse davvero rivolgendo a me con un tono così formale. 

A quanto pare si.

Mi ritrovai sconcertata: era sicuramente più giovane di me, ma nessuno si era mai rivolto con quell’appellativo nei miei confronti, ne tanto meno mi aveva dato del voi. Se era uno scherzo, era davvero orchestrato bene.

Stavo per aprire la bocca e rispondere che no, non stavo affatto bene, mi faceva male la testa e che il gioco era bello quando durava poco o non feriva i partecipanti, ma venni interrotta da un’altro rumore proveniente dalla boscaglia. Volsi lo sguardo verso il cespuglio che si stava scuotendo e mi aspettai di veder comparire un’altro ragazzo belloccio e strambo, ma fui sorpresa un’altra volta.

Dall’arbusto si sollevò una figura alta e massiccia con dei lunghi capelli neri, arruffati e pieni di fogliame. I vestiti lacerati e sporchi, le pesanti catene ai polsi, il viso armonioso ma mortalmente pallido, ricoperto di vene nere, gli occhi bianchi senza pupilla o iride… non poteva essere vero. L’unico essere con caratteristiche simili che poteva “esistere”, se si poteva parlare di esistenza di un personaggio immaginario, era il primo ed unico cadavere ambulante cosciente del mio novel preferito, ma non potevo davvero trovarmi davanti a Wei Ning, il leggendario Generale Fantasma. 

Stavamo parlando di un personaggio immaginario in una serie fantastica creata da una scrittrice, non di una persona realmente esistente. Giusto?

Mentre mi scervellavo su quello che poteva significare il trovarmi all’interno di una delle mie icone di scrittura preferite, quello che a tutti gli effetti era Wei Ning cominciò ad avvicinarsi, allungando una mano ricoperta di sangue secco verso di me, forse per stringerla attorno al mio collo e spezzarmi le ossa con un movimento del polso. L’idea, totalmente plausibile in effetti, mi terrorizzò a morte.

Riuscii solo a lanciare un grido prima di svenire.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. manhua: come sapete, stiamo parlando di “manga cinesi”, così come se dico donghua, sapete che si tratta di “anime”, solo cinesi e non giapponesi


Salve gente, eccomi qui in un esperimento che ho deciso di fare sono insistenza delle mie amiche (che sono entusiaste della cosa) e che spero piaccia anche a vuoi. Questo che avete letto è il prologo di una storia che sarà molto lunga e la cui fine giungerà probabilmente tra alcuni mesi (forse anni).
L’idea mi è venuta dopo aver fatto un sogno i cui finivo catapultata dentro Mo Dao Zu Shi e potevo interagire con i personaggi, parlarci e scoprire nuove cose su di loro. Dato che mi sono svegliata con una sensazione di tristezza immensa (perché non capiterà MAI e poi MAI) ho voluto esorcizzare questo mio desiderio con questa fan fiction.
Spero che l’inizio vi sia piaciuto, i prossimi capitoli saranno molto più lunghi, non preoccupatevi.
Beh, la ragazza sviene come una donnetta vittoriana, ma perché ha effettivamente sbattuto la testa, non per lo shock o altro. È scientificamente provato che svenire a causa di un trauma è raro e soprattuto collegato ad altri fattori (tipo mancanza di sonno o carenze di zuccheri). Poi scoprirete che lei è cazzuta, quindi non sverrebbe ami per una piccolezza simile.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 2
*** Primo capitolo ***


Trovarsi con le mani nella borsa di una signora

 

 

Quando ripresi nuovamente conoscenza, mi lasciai sfuggire un gemito di sconforto. Svenire per due volte di seguito nello stesso giorno non sembrava incoraggiante, per di più la testa iniziava a farmi male anche dal lato sinistro, segno che cadendo l’avevo nuovamente sbattuta al suolo.

Mi presi del tempo per aprire gli occhi, cercando nel mentre di ricollegare gli ultimi avvenimenti: se il mal di testa persisteva, voleva dire che quello che era accaduto non era stato un sogno. Non sapevo se esserne entusiasta o assolutamente terrorizzata. 

Forse un misto delle due.

Quando finalmente raccolsi abbastanza coraggio per aprire le palpebre, mi trovai davanti un viso. Un paio labbra rosse e carnose erano aperte in un sorriso gioioso, illuminando il volto delicato e decisamente attraente di un uomo che non avevo mai visto prima, ma che mi ricordava terribilmente qualcuno che avrei dovuto riconoscere. 

Gli occhi scuri, di un grigio vivo e lucente, mi tolsero ogni dubbio.

Se prima mi ero trovata faccia a faccia con il leggendario Generale Fantasma, ora potevo senza sforzo contare le ciglia al celebre Patriarca di Yiling. Favoloso. 

Se continuavo a questo ritmo, a fine giornata mi sarei trovata a fare le treccine a Lan QiRen.

Quello che avevo constatato essere Wei WuXian mi fece l’occhiolino e ridacchiò divertito vedendomi sbattere le palpebre perplessa. Prese fiato e parlò con voce chiara e cristallina.

-Guardate ragazzi, la vostra Shijie 1 si è ripresa- con questa sua affermazione il mio risveglio venne notato da tutti i presenti, e ben presto mi trovai circondata da una folla di persone che sembravano volersi sincerare delle mie condizioni fisiche.

-Si si, sono a posto, gente. Datemi aria- dissi, sventolando una mano come ad allontanare delle mosche, alzandomi a sedere. 

Notai varie cose in pochi istanti: prima di tutto ero stata spostata. Mi trovavo distesa su un mantello scuro, consumato alle estremità, anche se relativamente pulito. Attorno a me non c’era più una fitta boscaglia, ma una serie di colline verdeggianti che circondavano un monte talmente alto da toccare le nuvole bianche che ricoprivano il cielo.

Secondo fattore, non meno importante: qualcuno aveva ripulito e bendato i tagli che mi ero fatta alle mani strisciando sulle pietre del sentiero. 

Terzo, avevo i capelli talmente arruffati da rischiare di mangiarli ogni volta che aprivo bocca, cosa che sarebbe stata molto frequente, dato che mi ero appena ritrovata nel mio novel preferito.

Mi scostai delle ciocche castane dalla fronte con uno sbuffo e decisi di legarli. Almeno avrei affrontato la discussione “sono finita in un mondo fantasy” con un’acconciatura comoda.

Quando mi girai per afferrare la borsa e cercare uno dei molteplici elastici che conteneva, mi accorsi che non era più al mio fianco. Probabilmente l’avevano recuperata mentre mi portavano via dal bosco, ma ora dove l’avevano messa? 

-Dov’è la mia roba?- chiesi sgarbatamente, infastidita dal fatto che qualcuno toccasse le mie cose. Poi cercai di ragionare a mente lucida e non cadere nel panico -Mi servirebbero le mie cose, grazie- riprovai. Ottenni il silenzio.

Alzai lo sguardo per capire il perché di quella reazione, e notai solo in quel momento che oltre a Jin Ling, Lan SiZhui, Lan JingYi, Wen Ning e Wei WuXian, al nostro gruppo si era aggiunto l’immancabile Lan Zhan. Lo riconobbi a colpo d’occhio, senza bisogno di presentazioni o altro.

Era bianco come un fiocco di neve, sia di carnagione che di vestiario. La pelle liscia e levigata sembrava scolpita nell’alabastro tanto era perfetta, e il viso simmetrico e ben definito lo facevano apparire come l’uomo più bello che io avessi mai visto. Le iridi, poi, erano qualcosa di mai immaginato prima. Se nel donghua mi sembrava straordinario che avesse gli occhi dorati, ora quelle pozze d’ambra mi fecero venire i brividi.

La veste larga ed elegante era la ciliegia sulla torta. La tonalità azzurra dei decori e della sottoveste non facevano altro che mettere in risalto i capelli scuri, tenuti magistralmente lontani dal viso armonioso dal nastro frontale della scuola di Lan.

Guardando i suoi capelli morbidi, mi tornò in mente che i miei erano ancora bisognosi di essere legati. Mi ripresi dal momentaneo shock che mi aveva paralizzato per qualche istante, mentre ammiravo uno dei miei personaggi preferiti prendere vita davanti ai mie occhi. 

Volsi lo sguardo intorno a me, alla ricerca della mia borsa, rifornita di tutto ciò di cui avevo bisogno nelle situazioni più disparate. Quando finalmente la trovai, vidi che non solo era aperta, ma che qualcuno ci stava frugando dentro. 

Wen Ning si accorse di essere fissato e si voltò verso di me con un’espressione spaurita. Lasciò cadere le mie cose come se si fosse scottato.

-Che cavolo stavi facendo con le mani nella mia borsa?- gli inveii contro, saltando in piedi con una velocità che non sapevo di possedere e avvicinandomi a lui con le mani sui fianchi -Ti sembra il caso di frugare nella mia roba mentre sono svenuta?- urlai.

Il Generale Fantasma parve rimpicciolirsi sotto le mie accuse, abbassando la testa ancor più del solito, nonostante restasse comunque molto più alto di me, e scusandosi con un balbettio sconnesso -Io n-non… era per sapere se voi… mia signora, mi d-dispiace- provò a rantolare tenendo gli occhi fissi sulle mie scarpe -Wei Gongzi mi ha chiesto di capire chi siete e v-voi… la borsa, insomma…- si bloccò. Sembrò per un’attimo indeciso, poi si lanciò a terra inchinandosi ai miei pedi con le mani sotto il viso.

Lo fissai sconcertata, cercando di capire quanto fosse sincero. Riflettendo però sul personaggio e su come era stato descritto per tutto il novel, capii che in effetti si stava prostrando con buone intenzioni, quindi passai oltre la faccenda.

-Alzati, dai. Ho detto alzati- quando obbedì gli afferrai una ciocca di capelli e la tirai fino a portare il suo viso alla mia altezza -Chiariamo una cosa: tu non tocchi la mia roba e io non ti sfascio la faccia a suon di sberle, siamo intesi?- in quel momento, mentre annuiva servizievole, notai che non indossava più il suo mantello.

Un lampo mi illuminò la mente come un fulmine che squarcia la notte durante una tempesta. Nel caos del mio cervello quasi ottenebrato completamente dal panico derivato dalla situazione, capii che non aveva il mantello perché io c’ero stata appoggiata sopra fino a quel momento.

Oh, povera me.

Lo aveva steso al suolo prima che chiunque mi trasportasse mi adagiasse a terra, evitandomi il contatto con l’erba bagnata. Anzi, considerato la statura dei ragazzi che erano con lui quand’ero svenuta, con tutta probabilità mi aveva portata in braccio per l’intero tragitto. 

Nonostante sapessi che non provava freddo o stanchezza, mi commossi un pochino.

-Scusa, è che sono nervosa- dissi controvoglia, mentre lo lasciavo andare e gli riaggiustavo i capelli dietro le orecchie, in un gesto affettuoso che non mi apparteneva.

Aveva ragione Elisa, quella pazza della mia migliore amica: Wen Ning era decisamente il più pericoloso di tutti, nessuno poteva resistere alla sua tenerezza. 

Allontanandomi da lui, afferrai la borsa da terra, frugando per un po’ fino a trovare un elastico viola ed il mio telefono, ancora acceso e fortunatamente carico. Lo guardai sbuffando e lo rimisi via.

Figurati se c’è campo, dato che siamo nella Cina antica.

Mentre mi legavo i capelli notai degli sguardi perplessi su di me. Wei WuXian sembrava compiaciuto del mio comportamento di poco prima, Lan Zhan era inespressivo come al solito, anche se sembrava guardingo, e gli altri non cercavano neppure di nascondere lo sconcerto.

Mi voltai verso il gruppo e cercai le parole giuste -Mh, grazie per avermi medicata, anche se non sarebbe servito se lo zombie qui presente non fosse spuntato dal nulla facendomi venire un crepacuore- incrociai le braccia al petto e assunsi nuovamente un’espressione severa.

Loro mi guardarono con interesse, cercando di capire cosa volessi fare ora che mi ero ripresa. L’unico che ancora rivolgeva lo sguardo da un’altra parte era Wen Ning, intento a fissare un formicaio al bordo della strada, evitando lo sguardo di tutti. 

Devo averlo spaventato, poverino.

-Possiamo sapere il vostro nome, Giovane Signora?- domandò Lan SiZhui con aria candida, facendo un passo avanti per salutarmi nuovamente in modo formale. Seguito a ruota dai due compagni di studi, si inchinò brevemente e mi sorrise, deciso a rimediare alla pessima figura iniziale con dell’esagerata cortesia.

Posai per un momento lo sguardo sui due adulti del gruppo, scoprendo che anche Wei WuXian si stava prodigando in un saluto, anche se più sciolto, mentre Lan Zhan si limitava a farmi cenno col capo. 

Snob dei miei stivali, pensai, prima di ridere di me stessa. Non si comportava così perché si sentiva superiore, ma ora potevo capire perché Su She si era tanto adirato con lui. 

Sembrava davvero un principino altezzoso.

-Mi chiamo Cristina- dissi, continuando a sogghignare tra me e me per l’assurdo pensiero di Lan WangJi vestito come una principessa Disney, in un’immagine molto simile a una Cenerentola con più muscoli o una Biancaneve sotto steroidi.

Il mio pubblico reagì con delle espressioni confuse e qualche sguardo incerto, mentre decidevano se espormi le loro perplessità o meno. Dopo qualche attimo, Wei Ying non riuscì più a trattenersi.

-Scusate, il vostro nome è davvero Christi Na? Perché non ho mai sentito una famiglia di cultori con un cognome simile… Christi, no, non mi viene niente- si picchiettò l’indice sul mento, socchiudendo gli occhi e ripercorrendo la sua memoria in fatto di Clan, evidentemente. Gli altri parvero dello stesso parere; io invece mi misi a ridere.

-Cielo, hai sbagliato su tutta la linea- alzai il dito indice -Primo: cosa ti fa pensare che io sia una Cultrice? Secondo: Cristina è il mio nome proprio, il mio cognome è Nobili e non ho nomi pubblici- alzando anche il terzo dito, mi divertii ancora di più alla vista delle loro espressioni completamente disorientate -Terzo: cosa ti fa credere che dovrei dirti il mio VERO nome?- scossi la testa e osservai Lan WangJi, l’unico ad essere rimasto impassibile al mio discorso, come era ovvio che facesse.

Il famoso Hanguang-Jun si avvicinò leggermente, inclinando il capo e sollevando una mano, come per invitarmi a prenderla, cosa che non feci. Non parve infastidito, ma le sue dita tremolarono mentre mormorava qualcosa.

-Guó wài 2- disse, rivolgendosi agli altri senza darmi le spalle, visto che per qualcuno del Clan Lan era maleducazione parlare rivolgendo la schiena all’interessato.

Wei WuXian sussultò e sorrise raggiante, anche se in parte sconvolto, mentre gli altri si guardarono confusi e interessati, come se si trovassero davanti ad un fenomeno inspiegabile ma molto atteso.

Mi spazientii subito.

-Ehi, non sono un fenomeno da baraccone! Che cazzo sta succedendo?- gli schiaffeggiai via la mano che mi stava davanti al viso e lo guardai con astio, soppesando le conseguenze dell’eventualità in cui gli tiravo un pugno e scappavo.

Poche chance, inutile negare.

Lan Zhan non si scompose davanti al mio maleducato comportamento, ma volse l’attenzione a Wei Ying, che fece qualche passo avanti e allargò le braccia. Con un ghigno a dir poco inquietante, iniziò a spiegare.

-A quanto pare venite da un’altro mondo, Shimei 3- si scostò i capelli dal viso con un gesto distratto, la mano che gli superava le spalle e sollevava le ciocche scure con fluidità ed eleganza -E ora ci direte cosa ci fate qui- proseguì, severo.

La sua voce melodica si era andata a inasprirsi con l’accumularsi delle parole, quasi si fosse reso conto di dover apparire più minaccioso, davanti ad una sconosciuta caduta da un’altro universo, con tutta probabilità. 

Al suo tono vibrante, Wei Ning si mise sull’attenti e i ragazzi stettero all’erta, mentre io mi rendevo conto del casino nel quale ero finita.

Cazzo, sono fottuta.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Shijie: vuole dire “sorella marziale” e si usa per le donne appartenenti alla stessa famiglia ma di età maggiore di chi parla (questo appellativo lo usava, ad esempio, Wei Ying per sua sorella Jiang YanLi) Wei WuXian lo usa per prendere in giro i ragazzi… sarebbe l’equivalente odierno di “oh, la vostra amichetta si è svegliata
2. Guó wài: (國外) vuole dire “straniero/a”
3. Shimei: vuole dire “sorella marziale”, ma sta volta lo usa direttamente qualcuno con più anni della persona a cui è rivolto, prima era da parte di qualcuno più giovane, perché Wei WuXian stava scimmiottando Jin Ling e Lan SiZhui


Ciao a tutti, scusate l’enorme ritardo, ma avevo altra roba da scrivere. Non è una scusa, ma imploro pietà.
Cristina, Elisa, Deb, ragazze del gruppo Whatsapp (Yiling Girls) e Facebook (Mo Dao Zu Shi Ita) questo capitolo, e anche questa storia, sono per voi. Sappiate che quest’epopea diventerà più lunga e più intensa ad ogni aggiornamento, quindi preparatevi.
Sono davvero stanca, in questi giorni, ma sono riuscita a correggere sto capitolo e ad aggiornare. Mi sa che a parte per “Scrivimi ancora”, gli aggiornamenti dovranno aspettare, per queste 2 settimane.
Tra poco parto per il Belgio, a mala pena riuscirò a scrivere, figuriamoci a postare. Starò via poco, non preoccupatevi. Cercherò anche di farmi ispirare, dato che QUALCUNO, non faccio nomi (coff off Cristina) vuole una Omegaverse AU…
Vabbè, che assillanti che siete, amorini mie.
Ditemi se ci sono errori, che magari qualcosina mi è sfuggito :)

Baci a tutti, Sarah_lilith

 

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Capitolo 3
*** Secondo capitolo ***


La schiettezza è donna

 

 

Se avessi avuto qualche possibilità di scappare, sarebbe stato quello il momento esatto in cui avrei iniziato a correre. Ovviamente era un pensiero sciocco. Tralasciando il fatto che ero pessima nella corsa, quelli da cui stavo progettando di fuggire erano dei Coltivatori in grado di cavalcare le loro spade e uno Zombie iper-potenziato.

In cosa mi sono andata a cacciare?

Mentre guardavo quello che ritenevo il mio eroe osservarmi come un gatto può fissare un canarino prima di inghiottirlo intero, mi vennero i brividi. 

Solo dopo parecchi secondi registrai la sua frase.

Un cretino, certo, ma pur sempre il mio idolo

-Che cosa intendi per “altro mondo”?- domandai in un sussurro stupito -Non è la prima volta che vedete qualcuno come me?- l’agitazione rese la mia voce un pò stridula, ma non ancora fastidiosa. Ero talmente sconvolta che non notai che il Patriarca aveva preso a darmi anche lui del voi, come i tre ragazzini.

Wei WuXian scosse la testa come se non credesse alle sue orecchie, gli occhi sgranati e i palmi rivolti verso l’alto. Evidentemente mi ero persa un passaggio fondamentale.

-Cos’altro potreste essere, se non una straniera?- ribadì, quasi fosse ovvio -Abbiamo molte leggende che parlano di viaggiatori venuti da altri luoghi o tempi, e, nonostante non ne abbia mai incontrato nessuno, credo proprio di non ritenere la cosa così improbabile- scrollò le spalle e fece un cenno vago con la mano a Wen Ning.

Il giovane cadavere rilassò la postura e smise di produrre quello strano suono simile ad un ringhio che aveva riempito l’aria fino a poco prima. Anche i ragazzi sembrarono scogliere la tensione accumulata quando il Generale Fantasma tornò tranquillo.

-I vostri abiti sono insoliti, effettivamente- confermò Lan SiZhui, mentre gli altri due annuivano e Jin Ling si sporgeva per sussurrargli qualcosa all’orecchio. Le guance del candido coltivatore presero fuoco e, nonostante l’amico stesse ridacchiando, gli assestò una severa pacca sulla spalla. Aveva un’espressione imbarazzata e anche un pò schifata.

Abbassai lo sguardo sul mio abbigliamento con un’espressione contrariata in viso. Ero vestita in modo semplice: maglietta smanicata nera, skinny jeans blu chiaro e stivaletti scamosciati con un pò di tacco per farmi sembrare almeno un poco più alta del mio metro e sessantacinque scarso.

Non mi pareva di essere esageratamente scoperta, ma, ripensando all’abbigliamento tipico dell’epoca, dovevo sembrargli un pò “esposta”. O, come minimo, i pantaloni erano troppo aderenti.

Comunque, mi sentivo in dovere di difendermi.

-Cos’hai detto, scusa?- alzai il mento e mi misi le mani sui fianchi, spostando il peso del mio corpo sulla gamba destra e assumendo la tipica posa di una madre pronta ad una ramanzina. 

Oh, mi divertirò un mondo.

I due si scambiarono uno sguardo spaventato, forse preoccupati di offendermi, mentre Lan JingYi non si fece il minimo scrupolo a confidarmi la verità. Facendo un passo a destra per distanziarsi dai compagni, si rivolse a me con un inchino accennato e un saluto sbrigativo.

-Ha detto che sembrate una donna dedita alla vendita del proprio corpo, non so se mi spiego- si grattò la nuca come se non volesse continuare -Non posso dire che abbia ragione, figuriamoci, ma quell’abbigliamento…- si interruppe e abbassò le mani.

Io lo fissai con le labbra dischiuse. 

Sperava di non offendermi, ma sinceramente non avrei saputo come altro prendere quel commento, se non come un offesa. Intanto, Jin Ling non pareva ancora intenzionato a guardarmi negli occhi. 

Magari si aspetta anche che non gli faccia una lavata di capo coi fiocchi, il coglione.

-Mi ha dato della bagascia, per dirla schiettamente- affermai, quasi provando un sadico piacere nel vederli sussultare tutti e tre come degli scolaretti beneducati che sentono per la prima volta una parolaccia -Ah, non prendetemi per il culo! Jiang Cheng non mi sembra il tipo da risparmiare gli improperi, quando è incazzato, non fare quella faccia. Sembra tu non abbia mai sentito qualcuno parlare normalmente- aggiunsi.

Mi avvicinai al discepolo del Clan di Yunmeng e gli puntai un dito sul petto. Lui fece per indietreggiare, ma una spallata di Lan SiZhui lo costrinse a restare dov’era.

Mh, magari il piccolo Lan vuole punire l’amico per l’insulto arrecatomi? Li educano davvero bene a Gusu. Tanto meglio per me.

-Se provi ancora una volta anche solo a pensare una cosa simile, ti faccio passare la voglia anche di camminare- sibilai con voce minacciosa, mentre Jin Rulan impallidiva visibilmente -Nel mio mondo questi vestiti sono tutt’altro che inopportuni e, se questo ti crea qualche problema, possiamo risolverla in un attimo. Addio- detto questo mi voltai e afferrai la borsa che avevo lasciato a terra.

Salutai con un cenno vago Wei Ying e Lan Zhan, ancora fermi a osservare la scena, uno compiaciuto e l’altro inespressivo. Wen Ning mi riservò un inchino impacciato, mentre gli passavo di fianco.

Quando stavo per raggiungere il limite della strada, sentii una voce fioca richiamarmi, anche se con poca convinzione. Non mi voltai, ma mi fermai in attesa.

-Scusate- mormorò Jin Ling, che ormai immaginavo con la faccia in fiamme e le mani intente a torturarsi tra loro, nella perfetta rappresentazione di un bimbo pentito  che striscia a chiedere perdono alla mamma -Non avrei dovuto dire quelle cose- continuò schiarendosi la voce.

Mi volsi nella sua direzione solo quando ebbe finito di parlare, con un largo sorriso sulle labbra e uno sguardo omicida. Candidamente, gli impartii la lezione del giorno.

-Non puoi usare la scusa che gli Dei ti hanno dato una lingua ma non l’autocontrollo per gestirla, altrimenti l’opzione migliore diventa tagliartela- affermai continuando a sorridere mentre il suo viso passava dal rosso al bianco grigiastro.

A quanto pare sono più spaventosa di Jiang Cheng, mi dissi. Fantastico.

In quel momento, Wei WuXian decise che il momento delle chiacchiere era finito, perciò si fece avanti con le braccia spalancate e un sorriso spavaldo sul volto. Il marito lo seguì a pochi passi di distanza, senza distogliere lo sguardo dalla figura del giovane uomo davanti a lui.

La devozione e l’affetto che gli dimostrava erano notevoli, e anche un pochino inquietanti, a dirla tutta. Se qualcuno mi avesse fissato così per tutto il tempo, mi sarei sentita in imbarazzo.

Dio, se è innamorato.

-Allora, avete intenzione di spiegarci da dove venite?- domandò piegando la testa di lato come fanno i gatti quando gli riservi una singola carezza e non continui a coccolarli -Perché l’ideale sarebbe farlo in compagnia di un esperto del settore, noi non ne sappiamo molto- completò il discorso con un saltello e un battito di mani secco, che fece scattare Wen Ning sull’attenti, mentre gli veniva impartito l’ordine.

-Vai da tu sai chi e digli quello che sta succedendo, e che siamo diretti ai Meandri della Nuvola- sussurrò senza guardare il proprio zombie prostrato ai suoi piedi, e continuando invece a fissarmi negli occhi -Fa in fretta- sentenziò.

Il Generale Fantasma si sollevò, si inchinò nuovamente e partì correndo verso il bosco, senza voltarsi ne fermarsi per un ultimo saluto. Presi parola non appena la sua figura scura si confuse con la vegetazione fitta, facendomelo perdere di vista.

-Chi sarebbe l’esperto? Dove stiamo andando e perché hai mandato Wen Ning a chiamare qualcuno?- il mio respiro si fece più pesante e andai nel panico -DIAMINE, COSA STA SUCCEDENDO?- presa dall’agitazione, sventolai le mani in aria e feci qualche passo indietro.

Non ho più il controllo della situazione, non capisco più nulla.

Tutta la tensione accumulata in quelle ore mi colpì all’improvviso, mentre iniziavo a iperventilare e la gola prendeva a bruciarmi per le lacrime trattenute. Le gambe mi cedettero e finii in ginocchio nella polvere, il petto squassato dai singhiozzi che cercavo in tutti i modi di reprimere.

Tutti, prima o poi, sperano di finire nel loro libro preferito. Ma la realtà è ben diversa: sarei mai tornata a casa? Avrei rivisto la mia famiglia, i miei amici? Sarei sopravvissuta?

Non conoscevo quelle persone, in fondo. Avevo letto le loro storie, potevo dire di sapere il loro passato, ma non certo di essergli amica o di potermi fidare di loro. Come avrei fatto ad adattarmi ad una vita in un’altro secolo, in un paese straniero e in mezzo a degli sconosciuti, proprio non lo sapevo.

Vedendomi così disperata, il gruppo cercò di tirarmi su di morale. I ragazzi, troppo impacciati dal trovarsi davanti ad una donna piangente, presero a darsi la colpa a vicenda, creando una scena surreale quanto comica. Lan SiZhui continuava a scusarsi, mentre sullo sfondo potevo chiaramente vedere, attraverso il velo di lacrime, Lan JingYi e Jin Ling tirarsi i capelli come due bambini.

Wei Ying e Lan Zhan, invece, cercarono di essere un pò più utili, anche se non lo furono. Mentre la Seconda Giada del Clan Lan mi porgeva quello che sembrava un pregiatissimo e intonso fazzoletto che mi affrettai a rifiutare, il Patriarca di Yiling si espresse con una delle poche frasi da non dire mai ad una donna che va nel panico.

-Andrà tutto bene, calmatevi- disse gentilmente, poggiandomi la mano sulla spalla e stringendo lievemente. Il mio sguardo gelido lo costrinse a ritrarsi.

Pessima mossa, idiota.

-Calmarmi? CALMARMI?!- gridai facendolo sobbalzare -Cosa vorrebbe dire? Mi sveglio e mi ritrovo in un posto dove le donne sono delle giumente da vendere e comprare, soggiogate al marito o al padre e buone solo a fare figli, se non per qualche rara eccezione in cui la fortunata ha molto potere spirituale ma deve comunque farsi il culo per guadagnarsi metà del rispetto che dareste ad un uomo qualsiasi. SECONDO TE ANDRÁ TUTTO BENE? Come fai a dirlo, visto che ci hai messo due vite per capire che quel povero coglione era innamorato di te? Non mi pare il caso che tu ti sbilanci in previsioni- continuai a sbraitare indicando con un gesto secco il famoso Hanguang-Jun.

Gli altri, intanto, mi fissavano sbalorditi. Perfino Lan Zhan aveva abbandonato la sua solita espressione apatica, inarcando le sopraccigli e sbattendo più volte le palpebre. 

Forse non gli piace essere appellato come “povero coglione”?

Wei WuXian sembrò colpito dalle mie parole e aprì la bocca per intervenire, ma ormai io ero un fiume in piena, e non mi sarei lasciata fermare da due belle moine.

-Sapete cosa vuole dire trovarsi di fronte a delle persone che non dovrebbero nemmeno esistere, conoscendo a memoria le loro storie e comunque non potendo sapere se saranno gentili con voi o no? Avete idea di cosa significhi dover parlare con una persona che ammiri, perché hai letto tutto su di lei, ma percepire la sensazione di essere in costante pericolo?- senza fiato, mi asciugai con stizza le guance -Andate al diavolo, tu e i tuoi amichetti. Dovreste essere i personaggi di un libro, non delle persone vere- finii.

Il silenzio che seguì il mio sfogo durò talmente a lungo che fece sfumare perfino l’imbarazzo creatosi. Io, imperterrita, continuai a fissare Wei Ying negli occhi, ignorando chi ci circondava.

Vidi una scintilla di consapevolezza, e forse anche un pò di compassione, nel suo sguardo. Poteva non capire cosa si provava ad essere una donna in un’epoca del genere, ma sicuramente di discriminazioni e ingiustizie era un esperto.

Prese fiato per parlare, e per un attimo sperai che stesse per dire qualcosa di davvero profondo che mi avrebbe tirato su di morale.

-Credo che dovresti incontrare mio fratello, stareste bene insieme- annunciò invece sorridendo e incamminandosi per la strada senza aggiungere altro, seguito a ruota dai tre giovani discepoli, come una mamma chioccia e i suoi pulcini.

Lan WangJi, invece, mi fece cenno di alzarmi e scosse la testa davanti alla mia espressione sconcertata.

-Non è molto serio- dichiarò con solennità, facendomi ridere con serenità per la prima volta da quando ero arrivata in quel posto.

Almeno lo sapeva, di essersi sposato un pazzo.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Cosa succede nella mia testa? Ecco qui la risposta.
Non è un capitolo entusiasmante, perché non succede praticamente nulla, ma abbiamo introdotto la storia e finalmente c’è stata una reazione umana da parte di Cristina (si tesoro, parlo con te). Doveva sclerare, raga, Era stata troppo calma fino ad ora.
Comunque, spero vi stia piacendo. Nel prossimo capitolo metterò Lan XiChen (si, è lui l’esperto) e finalmente anche Jiang Cheng… tra un pò partiranno gli insulti seri tra lui e Cry, sappiatelo. :)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 4
*** Terzo capitolo ***


Le donne sono il sesso debole… vaglielo a dire

 

 

Camminammo per qualche minuto in silenzio, io ancora scossa dagli eventi e loro troppo educati per fare domande. Sembrava che nessuno osasse parlare e rompere la calma creatasi durante il tragitto.

Beh, quasi tutti.

-Allora, com’è il vostro mondo?- mi chiese a bruciapelo Wei Ying, piegandosi verso di me da sopra Piccolo Melo che procedeva spedito, tenuto alle redini da Lan Zhan. 

Li avevo ammirati per un pò senza commentare, godendomi la rappresentazione visiva di una delle scene iconiche che avevo potuto leggere nel novel. I miei personaggi preferiti che prendevano vita davanti ai miei occhi? Quanto avevo aspettato quel momento.

I capelli neri del Patriarca si arricciavano al vento, tenuti lontani dal viso bianco solo dalla mano che si portava ogni tanto al capo per rimetterli in ordine. Aveva sorriso tranquillo per tutto il tempo.

Lan WangJi lo osservava invece senza sorridere, ma con un calore dolce negli occhi.

-Non infastidirla- si premurò di rimproverarlo, anche se non ce n’era bisogno. In effetti, quell’imbarazzante silenzio non poteva continuare.

-Nessun problema- risposi, facendo un cenno del capo al candido Cultore e rivolgendomi a Wei WuXian per rispondergli -É complicato. Penso sia impossibile da spiegare senza creare incomprensioni… però posso dire che è tutto molto meno magico, ecco- ridacchiai.

Wei Ying sembrò molto interessato ad approfondire questa mia affermazione. Piegò la testa di lato e mi fissò attentamente negli occhi.

-Mi state dicendo che non si usano i talismani, da dove venite?- domandò con sconcerto, inarcando le sopracciglia non appena annuii con enfasi. I tre ragazzini, che intanto avevano cercato di non farsi notare mentre spiavano la conversazione, emisero dei versi increduli. 

Lan Zhan si limitò a rallentare l’andatura.

-Ve lo giuro: niente talismani, né spade volanti, né poteri spirituali… ne tanto meno cadaveri che se ne vanno in giro quando invece dovrebbero tenere il culo ben ancorato alla tomba- nascosi l’ennesima risata con un colpo di tosse e continuai -C’è molto sviluppo economico, certo, e la gente è molto più libera, soprattutto le donne, ma credo che non sia così bello come ve lo state immaginando ora- 

Jin Ling mi guardava con la bocca lievemente aperta, le labbra socchiuse a formare una o di stupore che conferiva al suo giovane viso un’aria ancora più fanciullesca. Balbettando un pochino, forse ancora spaventato dalla mia precedente minaccia, mi domandò di approfondire.

-Beh, ad esempio- ripresi il discorso -I cavalli e i carri sono stati sostituiti da macchine, oggetti che funzionano in modo molto più efficace e hanno migliori prestazioni, ma consumano molta energia. Prima che lo chiediate, non sto parlando di poteri spirituali, ma di risorse primarie della terra- sospirai e alzai lo sguardo verso il cielo -Pensate che costruiremo delle strutture simili a grandissimi… aquiloni per volare in cielo, e degli oggetti che permettono di comunicare istantaneamente da una parte all’altra del mondo- mi strinsi le braccia al petto e sorrisi, tornando a fissare i miei accompagnatori.

Vedendo che pendevano dalle mie labbra, decisi che era giusto dargli la soddisfazione di essere i primi a conoscere almeno in parte la modernità, in un certo senso il futuro, dal loro punto di vista.

Gli raccontai delle scoperte scientifiche, delle guerre e delle alleanze, degli stati e della loro economia, della globalizzazione e delle varie tecnologie. Tutto quello che potevo spiegargli della mia epoca, del mio mondo, delle mie abitudini. 

Due ore dopo avevo la gola che bruciava e dovetti domandare dell’acqua, prima di continuare la descrizione. Nessuno obbiettò, anzi, ricevetti tutto quello di cui avevo bisogno per potermi riprendere e ricominciare presto a parlare.

Gli spiegai cos’era un telefono e come funzionava, facendogli una foto e mostrandogliela, per poi godermi le loro espressioni estasiate. Perfino Lan Zhan sembrava stupito, cosa che mi rese molto felice.

Quando poi arrivai a spiegargli la libertà sessuale, sia di donne che di uomini, Jin Ling mi interruppe con il viso in fiamme. Si mise ad agitare le braccia davanti al viso come se le maniche dell’abito gli avessero preso fuoco, lasciandosi scappare un urlato isterico.

-Non è un argomento adatto- strillò mentre Lan SiZhui e Lan JingYi, anche loro con i volti rossi d’imbarazzo, annuivano i accordo -Il solo pensiero di fanciulle che non preservano la loro purezza è…- incespicò nelle discorso, cercando di trovare una parola adatta che non mi offendesse, ma che esprimesse a pieno il suo sconcerto.

-...Disgustoso- giunse in suo aiuto una voce sconosciuta che proveniva da dietro le mie spalle. 

Mentre mi giravo con tutta la velocità che mi era concessa, pensai che il tono che lo sconosciuto aveva usato doveva essere interpretato come offensivo, ma a mio parere aveva una sfumatura derisoria esagerata a tal punto da farmi venire in mente un gallo a cui avevano arruffato tutte le penne.

Con il sorriso sulle labbra a quell’immagine, mi trovai faccia a faccia con colui che aveva parlato.

Cazzo, fai che non sia chi credo io.

Sperai di aver interpretato male i segnali e soprattutto il suo aspetto, ma quando vidi Wen Ning spuntare dai cespugli, cercando di tenersi distante dalla figura misteriosa, capii che ci avevo visto giusto.

I capelli neri raccolti in uno chignon molto stretto che lasciava libere solo due ciocche di media lunghezza davanti alle tempie, gli occhi grigi come la tempesta, i tratti del viso spigolosi ma virili, l’espressione irritata così simile a quella di Jin Rulan… per non parlare della divisa viola che gli copriva le spalle robuste e l’amuleto di giada con il pendaglio d’argento che portava inciso il simbolo della famiglia.

Vai da tu sai chi…” aveva detto Wei Ying. Ovvio che intendesse il fratello.

-Ha parlato quello che porta una gonna più lunga di quanto io abbia mai fatto. Tesoro, il corpo è mio e ne faccio ciò che voglio- riuscii a rispondere acidamente senza indietreggiare, nonostante l’inquietudine che mi suscitava Jiang Cheng a quell’irrisoria distanza -E scollati, per carità, mi sento il tuo fiato addosso- aggiunsi con un movimento del polso che poteva essere interpretato come “sciò”.

Mentre indietreggiava di qualche passo, incrociai le braccia al petto imitando la sua rigida postura.

L’autocontrollo che stavo dimostrando mi rese molto orgogliosa di me stessa, anche se era davvero difficile mantenere un’espressione neutra. Mi trovavo davanti al vero capo del Clan dei coltivatori di Yunmeng, colui che usava il Lampo Purpureo contro i suoi nemici, la famosa Zidian, e poteva vantare una serie di coraggiose imprese e battute di caccia contro minacce che non potevo nemmeno immaginare.

A parte tutto questo, era uno dei personaggi che meno apprezzavo dell’intero novel. 

Non solo lo consideravo uno dei più grandi palloni gonfiati di cui avevo mai potuto leggere, ma il suo atteggiamento insicuro che lo portava a comportarsi in maniera così aggressiva me lo faceva detestare ancora di più. Non riuscivo proprio a digerire le sue scelte, era inutile provare a mentire.

Per non parlare del rancore che gli portavo per il suo costante rapporto conflittuale con Wei Ying. Trovavo il suo odio così infantile e poco sensato da ritenerlo quasi stupido, irrazionale.

Troppo impulsivo e testardo, proprio come me, pensai, finiremo per ammazzarci.

-Come vi permettete di parlarmi così, non avete proprio idea di con chi avete a che fare?- si infervorò infatti, schioccando le nocche della mano destra come se fremesse dal desiderio di impugnare la spada. 

Probabilmente sperava di intimorirmi col suo tono minaccioso, ma io ero determinata a dimostrargli che la donna che si ritrovava davanti non avrebbe abbassato la testa e non si sarebbe sottomessa solo perché faceva la voce grossa.

-So perfettamente chi sei, ma ora chiudi quella cazzo di bocca e ascolta qualcuno che ne sa più di te per una volta nella tua inutilissima vita- lo fissai dritto negli occhi con uno sguardo di sfida e alzai il mento -Non mi interessa se sei abituato a comandare la gente a bacchetta perché sei il capo della tua Setta: io non sono uno dei tuoi discepoli e tu non devi osare permetterti di giudicare degli usi e dei costumi che non capisci solo perché sei uno spocchioso viziato- lasciai uscire il fiato che avevo trattenuto fino a quel momento con un profondo sospiro, continuando a mantenere il contatto visivo.

Il suo volto sembrava pietrificato in un’espressione di puro tormento, gli angoli della bocca piegati all’ingiù in un broncio degno di un bambino di sei anni, le sopracciglia contratte e la fronte aggrottata. 

No, il mio discorso non gli era piaciuto. Tanto peggio per lui, non mi sarei rimangiata nemmeno una singola parola.

Alla periferia del mio campo visivo distinsi le figure di Jin Ling e dei due amici che tremavano visibilmente, forse intimoriti dalla possibile reazione dello zio, mentre alle mie spalle potei udire la sonora risata di Wei WuXian, che non cercava neppure di nascondere il suo divertimento.

Mi volsi verso di lui per vederlo aggrappato a Lan Zhan con tutte le sue forze pur di non cadere a terra, quando ad un tratto Jiang Cheng scattò in avanti e mi afferrò per il braccio. 

La mano che mi avvolse il bicipite era grande e morbida, nonostante sentissi la consistenza ruvida dei calli sulle dita, dovuti all’allenamento con spada e frusta. Non stringeva eccessivamente forte, ma manteneva una presa ferrea che mi avrebbe reso impossibile liberarmi, se ci avessi provato. 

Quando il mio cervello registrò quello che stava succedendo, scattai come una molla.

Prima ancora che potessi formulare il pensiero di gridargli contro o di dimenarmi per levarmelo di dosso, la mia mano destra si chiuse a pugno e il braccio mi si sollevò per far collidere le mie nocche contro lo zigomo del capo Clan. L’impatto produsse uno scricchiolio inquietante e subito un dolore sordo mi si diffuse lungo l’intero corpo, che vibrava per l’urto.

Jiang Cheng mollò all’istante la presa, inciampando all’indietro, tenendosi il volto con le mani e lasciandosi sfuggire un guaito rabbioso. Tra le sue dita intravidi del liquido rossastro colargli lungo la guancia candida, anche se non capii subito a chi appartenesse.

Indietreggiando di qualche metro, concentrai l’attenzione su me stessa per farmi un resoconto dei danni. Ignorai le grida piene di panico di Jin Ling, che si muoveva intorno allo zio come una trottola impazzita, le insistenti domande dei due giovani Lan che si volevano accertare che stessi bene e le grasse risate del Patriarca che riempivano l’aria.

Tastandomi il polso e stringendo i denti per il dolore, notai che, oltre al rossore e alle tracce di sangue che sgorgavano dai tagli che si erano creati sulle nocche, non avevo nessuna frattura o slogatura. Me l’ero cavata con qualche graffio e un bel livido per il giorno dopo.

Poco male, mi pareva di aver sentito il rumore di un osso rotto, mi dissi. Sempre meglio esagerare sulla gravità delle ferite, piuttosto che sottovalutarle.

Sollevando lo sguardo, capii invece di aver udito bene: dalla smorfia sofferente che sfoggiava il volto rabbioso di Jiang Cheng, compresi che non ero stata io a subire i danni maggiori, ma che le ossa a scricchiolare erano state le sue.

Dio, ho rotto lo zigomo al capo della setta di Yunmeng, pensai. Di certo ho fatto una bella prima impressione.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
… bel finale eh? Sono sadica, la suspence mi piace troppo.
La nostra Cristina ha tirato fuori le unghie, mi sembra di averlo chiarito. Così come mi pare ovvio che lei ha più palle di tutti loro messi insieme. So che è sboccata e irritabile, ma volevo una ragazza tutto pepe, quindi mi sembra sia in linea.
Che dire, adoro come sta procedendo la storia, anche se non credo sia molto facile da seguire. Scusate, nella mia testa tutto sta funzionando alla grande, prego di renderlo facilmente comprensibile anche scrivendo.
Spero come al solito che il capitolo vi sia piaciuto, correggetemi se trovate errori.

Baci a tutti, Sarah_lilith

 

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Capitolo 5
*** Quarto capitolo ***


Dispenso affetto con cerotti e abbracci

 

 

Avevo davvero preso a pugni con un cultore dotato di forza straordinaria e di una pazienza praticamente inesistente? Era nato in me un’enorme istinto suicida e non me n’ero accorta?

Devo rimediare in qualche modo, pensai, altrimenti questo è capace di uccidermi nel sonno.

Riprendendomi in fretta dallo stato di shock in cui ero piombata, mi avvicinai a passi spediti a Lan SiZhui, che intanto aveva recuperato la mia borsa da terra. Gli poggiai una mano sul gomito e lo ringraziai con un cenno.

Nonostante avessi appena malmenato un suo Senior, il ragazzo non sembrava spaventato da me, anche se seguì con lo sguardo i miei movimenti successivi. Magari voleva stare attento di non ricevere anche lui un cazzotto.

Io comunque, avevo altro per la testa.

Frugando nella mia amata “sacca da viaggio” trovai il kit di sopravvivenza che mi assicuravo di avere sempre in borsa in caso di emergenza. 

Nonostante fosse solo un piccolo borsello arancione con cucite sopra delle stelline verdi e rosse, era molto importante per me, e non per il contenuto. Era stato un regalo della mia migliore amica, che me lo aveva comprato quando avevo iniziato a lamentarmi del fatto che dovevo perdere troppo tempo a cercare le pastiglie o i cerotti in borsa.

Da quel giorno, dovunque andassi, portavo con me quell’indispensabile oggetto che conteneva tutto quello di cui potevo aver bisogno.

Aprii la cerniera e osservai un pò l’interno del kit, riflettendo su cosa poteva servirmi. Alla fine, estrassi due cerotti traspiranti e una salvietta disinfettante.

Rimisi tutto il resto al suo posto e mi diressi senza esitazioni verso Jiang Cheng, che aveva smesso di lamentarsi e ora mi guardava furioso, tenendosi la guancia con la mano.

Non mi aggredì quando lo avvicinai, ma Jin Ling lo stava trattenendo per un braccio, quindi poteva anche avergli impedito di muoversi. Entrambi mi fissarono con evidente diffidenza.

Il piccolo Rulan, in realtà, sembrava più dispiaciuto che altro. Forse aveva capito che suo zio non si era comportato in modo esattamente signorile e mi giustificava per averlo ferito.

Almeno non mi odia, mi dissi.

-Mi dispiace di averti fatto così male, non è stato intenzionale. Mi ha infastidito il tuo comportamento, ma non avrei dovuto perdere la pazienza in quel modo- ammisi rivolgendo i palmi delle mani verso l’alto, dimostrando di non avere intenzioni ostili -Posso rimediare?- domandai.

Il Capo Setta, anche se con poco entusiasmo e con evidente scetticismo, mi fece cenno di avanzare, mentre Jin Ling si lasciava sfuggire un sorriso nel vedere lo zio meno di cattivo umore.

Probabilmente lo stronzo si è reso conto di aver esagerato, pensai. E poi gli deve fargli un male cane.

Per arrivare al suo viso dovetti mettermi in punta di piedi e allungarmi al massimo, ma comunque risultò un compito difficoltoso che mi fece sbuffare offesa. Con mio grande stupore, lo vidi piegarsi un poco per facilitarmi il compito, anche se non abbastanza per essere notato dagli altri. 

Ah, gli uomini e il loro orgoglio.

-Cos’è questa roba?- mi chiese quando gli passai la salvietta sui tagli poco sotto la palpebra, dove la pelle si era spaccata durante l’impatto -Mi stai cercando di avvelenare, donna?- esclamò indignato per nascondere una smorfia di dolore.

Evidentemente gli faceva male e non era abituato a farsi medicare dagli altri, perché l’operazione richiedeva troppa fiducia e lui ne era essenzialmente sprovvisto. Senza distrarmi, gli parlai direttamente davanti al viso.

-Ma che bambino viziato che abbiamo qui- lo canzonai mentre gli soffiavo sul taglio, continuando però a sorridere malignamente -Fa tanto male, piagnucolone?- lo stuzzicai ancora compiacendomi nel vederlo arrossire indignato.

-Non sono un bambino, e smettila di prenderti tutte queste libertà- mise il broncio, cosa che considerai adorabile, e incrociò le braccia al petto corrugando le sopracciglia per apparire più minaccioso.

In risposta sollevai gli occhi al cielo e feci per sottolineare il suo comportamento, ma poi mi resi conto che mi aveva dato del tu e mi fermai. Probabilmente l’averlo colpito mi aveva fatto salire di grado, anche se non capivo il perché.

Voltandomi verso gli altri, che intanto mi fissavano stupita, sfoderai il mio miglior sorriso e dissi a tutti di chiamarmi tranquillamente per nome, senza darmi del voi.

-Ma Shijie, come potremmo fare una cosa simile?- domandò stupito Jin Ling, che aveva finalmente lasciato il fianco dello zio e si era riunito ai suoi coetanei -Già chiamarvi con l’appellativo Shijie è molto informale- guardò i compagni, che annuirono con lui.

Ci pensai un attimo, mentre continuavo a pulire la guancia di Jiang Cheng con cura. Spiegare a qualcuno le tradizioni del proprio popolo era più complicato di quanto pensassi.

-Nel posto da cui vengo non ci sono tutte queste formalità- riuscii ad articolare infine -Si da del lei alle persone più grandi se si è minorenni o ci si sta rivolgendo ad un autorità, ma per il resto si usa sempre il tu e non si danno appellativi, semplicemente ci si chiama per nome. Se proprio si vuole si può usare il cognome o un soprannome, ma è più facile se mi chiamate Cristina- li guardai con nervosismo, sperando di essermi spiegata bene.

Il silenzio che seguì il mio piccolo monologo mi fece supporre che fosse davvero un’usanza importante, quella degli onorifici, quindi aprii bocca per dirgli che andava bene qualunque cosa li facesse sentire a loro agio. D’altro canto, mi stavano già aiutando senza tornaconti personali.

-Molto bene, così sia allora- esclamò Wei Ying battendo le mani entusiasta -Benvenuta tra di noi, Cristina- sorridendo, diede un buffetto a Lan Zhan e si inchinò con rispetto senza smettere di ridere.

Io ricambiai il saluto, poi mi scostai di un passo da Jiang Cheng e allungai una mano verso Wei WuXian, sorridendo contenta. Lui mi guardò il braccio stupito.

-Oh, scusa, dimenticavo- arrossii e gli afferrai il polso -Si fa così, nel mio mondo. Deriva da una vecchia usanza che era nata per evitare di farsi uccidere mentre ci si presentava. Si usa la destra perché la maggioranza non è mancina e con la mano dominante si potrebbe impugnare la spada e ferire l’altro- dissi mentre gli stringevo il palmo.

Lui ricambiò la stretta, borbottando qualcosa che suonava come “sono felice che tu non mi voglia uccidere”, seguito da Lan Zhan, che fu molto delicato ed elegante, e da un Wen Ning decisamente impacciato che mi porse la mano senza stringere per paura di farmi male.

Poi toccò a Lan SiZhui, Lan YingYi e infine a Jin Ling. Quest’ultimo però si ancorò al mio polso come se fosse la sua ancora di salvezza, sussurrandomi qualcosa a bassa voce.

-Potete… volevo dire, puoi finire di medicare il mio venerabile Zio?- mi lasciò andare per spingermi vicino al ferito con fretta -Quella frattura ci metterà due o tre giorni a guarire se non fai nulla- esclamò con ovvietà, anche se io ero più stupita che altro.

Due o tre giorni… quanto diamine è alto il suo potere spirituale, santo cielo? mi ritrovai a pensare.

-Guarda che non sto facendo nessun incantesimo medicinale o simili eh- gli sventolai davanti alla bella faccia il cerotto ancora imbustato -Gli ho solo pulito la ferita e ora gliela coprirò in modo che non si infetti, non gli ho risistemato i connotati- affermai ridacchiano.

Forse pensavano l’avrei curato magicamente o che so io, ma avrebbero dovuto rassegnarsi all’idea che con gli strumenti che avevo a disposizione non potevo fare molto per il suo osso, se non forse alleviargli i dolore. 

Spettinandogli i capelli con fare giocoso, notai che aveva abbassato la testa e fissava il suolo con gli occhi spalancati e lucidi. Feci quindi per ritirare la mano, sperando di non averlo offeso con quel gesto tipico di una madre al proprio figlio, quando Jin Ling afferrò il mio braccio e, inchinandosi davanti a me, mi costrinse a rimettere il palmo sulla sua testa. 

Vuole… farsi coccolare? pensai scioccata. 

Poi però capii. D’altro canto, non aveva mai potuto avere una figura materna che lo riempisse di affetto e contatto fisico, quindi probabilmente trovava molto intima e speciale anche solo una semplice carezza.

Sentire la mancanza di qualcosa che non si ha mai provato. Deve essere logorante.

Senza esitazione, gli circondai le spalle con le braccia e gli feci appoggiare la testa sulla mia spalla, carezzandogli i capelli con calma e costanza. Dopo il primo attimo di smarrimento, la sua resistenza sembrò perdere ogni forza e si strinse a me come se ne andasse della sua vita.

La differenza di altezza non era molta, anche se dovette piegarsi un poco per non farsi venire il torcicollo, eppure, mentre si rannicchiava su di me con le braccia strette contro il petto, mi chiesi quanto potesse essere crudele una società in cui un bambino è costretto a comportarsi da “uomo” sopprimendo la sua stessa anima.

Alzando lo sguardo e continuando a spupazzare il piccolo criceto d’oro che mi trovavo tra le braccia, vidi Wei WuXian che annuiva nella mia direzione, appoggiato al marito, che intanto gli pettinava amorevolmente i cappelli con le dita. Lan SiZhui e Lan YingYi si erano rispettosamente voltati, lasciando al loro compagno minimo di intimità e chiacchierando a bassa voce con il Generale.

Jiang Cheng, invece, fissava la scena con evidente disgusto e sembrava pronto a fare la ramanzina al nipote. Io, per tutta risposta, strinsi più forte Jin Ling e gli stampai un bacio sulla tempia, facendo arrossire il giovane come uno scolaretto.

Vedere il Capo Setta di viola vestito digrignare i denti per la “debolezza”, a suo pensiero, dell’erede mi riempì il cuore di sconforto.

Perché gli uomini pensano sempre che dimostrarsi deboli sia un qualcosa di negativo? Tutti hanno i propri momenti bui, e di certo necessitano di qualcuno, anche uno sconosciuto, che gli dica che va tutto bene.

Sospirando piano, lasciai un’ultima carezza sul capo di Jin Rulan, sussurrandogli che era giunto il momento di curare lo zio. Il ragazzo, improvvisamente risvegliato da tepore che lo aveva colto, schizzò via alla velocità della luce, gridando qualcosa a proposito di recuperare un carro per me.

Mah, chi li capisce i giovani.

Dando una pastiglia all’ancora irritato Jiang Cheng lo invitai a inghiottire, porgendogli la bottiglietta d’acqua che avevo recuperato dalla borsa. Lui la guardò per un attimo con diffidenza, ma dopo il primo sorso se ne scolò metà in pochi secondi.

-Ehi, è acqua, non vino- esclamai -Avevi un sacco sete eh?- gliela strappai di mano e la rimisi a posto, scuotendo la testa con rassegnazione. Sistemando nuovamente tutto nella borsa, sperai non fosse allergico ai medicinali.

-Cos’era quella pastiglia?- mi domandò con scortesia, anche se ormai era un pò tardi per chiederlo. 

-Una di quelle pillole che prendono le donne quando hanno il loro periodo- nascosi un ghigno nel vederlo sbiancare come la tunica di Lan Zhan -Tranquillo, funziona anche coi dolori normalissimi, non diventerai una femmina- lo rassicurai per evitare che mi svenisse davanti agli occhi. 

Riacquistando un colorito normale, si rese conto di aver fatto una pessima figura, quindi tornò composto e riprese a sfoderare la sua solita aria arrogante e privilegiata. Incrociando le braccia al petto, come avevo notato faceva spesso, mi indicò un punto alle mie spalle.

-É arrivato il nostro carro- spiegò. 

Io mi voltai, osservando il piccolo mezzo di trasporto di legno che apparteneva di sicuro ad un povero contadino a cui Jin Ling probabilmente aveva pagato in oro, senza comprendere che in realtà non valeva granché. Se lo tirava dietro con una sola mano, come se non pesasse nulla, anche se sembrava abbastanza massiccio.

Ci fece cenno di avvicinarci mentre legava il Piccolo Melo in modo che fosse lui a trainare il mezzo. Entusiasta, vidi Wei Ying buttarsi a peso morto sulla superficie ricoperta di paglia dorata, non prima che Lan Zhan ci avesse sistemato sopra la sua veste esterna per renderlo più confortevole.

-Ancora non capisco perché lo abbia preso, però- ammisi a bassa voce verso il Capo Setta, anche se, circondata da ottimi cultori com’ero, la privacy sarebbe stata impensabile.

-Io non ho diritto ad una presentazione formale?- chiese invece eludendo la mia domanda e porgendomi la mano.

Io per tutta risposta, offesa dall’essere stata ignorata, gli appiccicai il cerotto sullo zigomo e mi assicurai che non si staccasse. Il colpo fu abbastanza forte da faro sussultare, ma il mio lavoro per lui era finito, quindi gli diedi le spalle.

-Ringrazia che ti ho curato e non ucciso- esclamai allontanandomi per salire sul carretto -Gli animali feriti si abbattono, sai?- risi.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Sapete, dovrei studiare in questo momento, ma avevo troppo voglia di scrivere questo aggiornamento, quindi santificatemi subito. :)
Jin Ling e il suo immenso bisogno di affetto potranno sembrare immotivati, ma date per certo che lui non si ricordi proprio nulla dei genitori? Magari la sensazione di una carezza, il calore di una abbraccio… vabbè volevo spupazzarmelo tutto perché lo trovo cucciolo al massimo. Lo ammetto.
Deb, so che ci sei, sii clemente con me. La trama non va avanti ma nel prossimo capitolo si inizierà ad ingranare. Giuro. :3
Cry, sempre per te… sappi che mi devi una foto ;) Terrò il conto.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 6
*** Quinto capitolo ***


A pensar male si fa peccato…

 

 

L’ondeggiare del carretto non mi infastidiva molto, a dispetto di quello che mi sarei aspettata. Per esser un semplice pezzo di legno poggiato su due ruote rigide che percorrevano una strada di terra battuta, era relativamente comodo.

Godendomi il panorama, notai che io e Wei WuXian eravamo gli unici a esserci accomodati, mentre gli altri cinque ci affiancavano camminando. Questo mi fece sentire improvvisamente molto pigra.

Arrossendo, feci per saltare giù dal carro, ma venni fermata da un brusio che mi costrinse a voltarmi verso destra.

Il paesaggio che stavamo attraversando si apriva in una distesa verde tra due colline, una vallata piccola ma confortevole dove sorgevano qualche decina di case. Il villaggio era modesto e fatto perlopiù di legno, ma al centro di esso, dove la strada si biforcava in due sentieri, si trovava un pozzo di roccia massiccio ed imponente, in netto contrasto con le altre strutture. 

Alle sue spalle si ergeva un’edificio elegante, nonostante la semplicità dei decori, che mi ricordava i vari disegni di antichi e modesti templi taoisti che avevo visto. Alla base della corta scalinata che conduceva alla porta rossa si trovavano due statue raffiguranti dei draghi cinesi abbozzati nel legno, i lunghi corpi affusolati che si arrotolavano sul corrimano di legno chiaro.

Le voci che avevo sentito provenivano dalla folla raggruppata davanti al pozzo. Una quarantina di uomini e donne di varie età si muovevano attorno alla struttura con affanno, dando uno sguardo ai sui piedi per poi indietreggiare e correre a casa.

Mentre il nostro carretto si avvicinava, vidi gli abitanti del villaggio che erano rientrati nelle loro abitazioni uscirne muniti di strani foglietti rossi 1. Quando iniziarono ad appenderli sulle finestre e sulle porte, vidi i miei accompagnatori incupirsi e sentii i tre ragazzini sospirare tristemente.

Con uno strattone alle redini, feci fermare Piccolo Melo, balzando giù dal carro e avvicinandomi alla folla. Anche se Jiang Cheng tentò di fermarmi, io ignorai le sue proteste e avanzai.

Quando giunsi abbastanza vicina, vidi che la gente stava accerchiando due persone inginocchiate; due donne, per l’esattezza.

La più anziana delle due, che identificai come la madre, stringeva tra le braccia il corpo gocciolante d’acqua della più giovane. Piangeva disperatamente, carezzando i capelli strafonti della ragazza e ripetendo il suo nome.

-Mei Te 2- chiamò ancora disperatamente -Svegliati, piccola mia- continuò.

Scorsi tra la folla un’uomo alto e pallido che indietreggiava sconsolato, sorretto da altri due contadini. Dato che barcollava come un ubriaco e le gambe sembravano potergli cedere da un momento all’altro, i due amici lo accompagnarono verso l’unica casa ancora spoglia dei volantini rossi. Mentre mi passavano di fianco, sentii i loro sussurri affranti.

Quello che udii non mi piacque per nulla.

-Non scoraggiarti, hai altre due bellissime figlie e un primogenito maschio, non hai perso tutto- stava affermando con sicurezza uno di loro, forse tentando di consolare il pover’uomo a cui doveva essere morta una figlia -Ora appendiamo dei talismani bianchi fuori da casa tua e copriamo tutti gli specchi 3- continuò come se nulla fosse.

-Andiamo a pregare al tempio, questa sera- aggiunse l’altro con forse un pò più di sensibilità. 

Scuotendo la testa, mi feci spazio tra la folla e mi accostai alla madre in lacrime, che mi notò appena. Osservando da vicino la scena, notai che dal pozzo era stato sollevato completamente il secchio che doveva scendere in profondità nella terra alla ricerca di acqua. Probabilmente la ragazza era scivolata ed era finita dentro senza volerlo, annegando poi per sfinimento o per il freddo.

Quando mi sporsi però per fare le condoglianze alla povera signora, mi accorsi che la giovane defunta, per essere un cadavere di qualcuno morto in dell’acqua gelida, aveva le punta delle dita ancora rosee.

Mi ricordavo della lezione che ci avevano fatto sul riconoscimento dei sintomi dell’annegamento. Uno di questi era che le labbra e le estremità diventavano blu-violacee. 

Il corpo doveva anche gonfiarsi, ma quello accadeva col tempo.

Mei Te aveva sì il viso pallido e la bocca contornata da un’alone più scuro, ma poteva essere solo sintomo di una grave ipotermia. Quando poi, tastandole il polso con discrezione, sentii un lievissimo battito, capii che era ancora viva.

-Non è morta- dissi alla madre, mentre questa si girava stupita verso di me e mi fissava con sgomento -Non lo è. C’è battito- insistetti. 

Era vero, anche se non sarebbe durato molto. Subito dopo l’arresto respiratorio, c’era quello cardiaco.

Visto che la donna si limitava a guardarmi inespressiva, probabilmente troppo sconvolta per recepire le mie proteste, le afferrai la mano e con poca delicatezza le feci tastare il collo della svenuta. Trovata la giugulare, la vidi spalancare gli occhi e sussultare, quasi le avessi dato in mano il cuore pulsante della figlia.

-Sono un medico- mentii -Posso salvarla, ma deve spostarsi ora- aggiunsi perché mollasse la presa che aveva sulla giovane. Anche se non ero un medico vero, avevo seguito dei corsi di specializzazione sul primo soccorso e la medicina mi piaceva abbastanza, anche se il sangue mi dava un pò il voltastomaco.

Visto che è una vittima di annegamento, pensai per rassicurarmi, dubito ci saranno ferite sanguinanti.

La donna non si muoveva ancora, ma per fortuna intervenne Wei WuXian, che era sceso dal carro ed era accorso al mio fianco insieme agli altri, a sollevarla praticamente di peso e portarla qualche passo indietro per darmi spazio.

Finalmente libera, scostai di poco la veste esterna di Mei Te e incominciai a massaggiarle le costole dal basso verso l’altro. Quando le mie mani arrivarono poco sotto i seni, sentii l’irrigidimento della cassa toracica, sintomo che aveva i polmoni pieni di acqua. 

Decisi di cominciare la rianimazione anche senza che l’arresto cardiaco fosse sicuro. Non avevo molta scelta, e neppure le attrezzature adatte.

30 compressioni toraciche e 2 insufflazione d’aria, è facile Cristina, ripetei mentalmente, anche se sapevo che tenere il ritmo sarebbe stato faticoso. Presi un profondo respiro e iniziai con la manovra.

Cercai di essere delicata, per non incrinarle le costole, ma anche di metterci abbastanza energie perché funzionasse. Pregai con tutto il cuore di non star sbagliando.

Quando dovetti farle la respirazione bocca a bocca, sentii qualcuno alle mie spalle sussurrare qualcosa sul fatto che stessi baciando un cadavere, ma ero troppo concentrata per smentire quello che stavano dicendo. Al contatto con le labbra gelide, poi, dovetti impegnarmi per non rabbrividire.

Finalmente, quando per la quarta volta che la costrinsi ad ingoiare l’aria dei miei polmoni, riprese conoscenza e iniziò a tossire acqua. Io mi lasciai cadere all’indietro, sfinita come se avessi sollevato pesi fino a quel momento. 

Tra la tensione che scemava via e la stanchezza, finii a peso morto sul terreno.

O almeno, lo avrei fatto se Jin Ling non fosse accorso a sorreggermi con un grosso sorriso sulle labbra. Non disse nulla, ma annuì in assenso quando Lan SiZhui si avvicinò per complimentarsi con me.

Questo damerino deve proprio essersi affezionato, pensai contenta. Ho un figlio e non sono nemmeno sposata. 

Sollevandomi con un gemito sfinito, mi avvicinai di nuovo a Mei Te, che era stata raggiunta dalla madre piangente, e le controllai il viso. Le pupille erano dilatate ma regolari, mentre il viso aveva ripreso un pò di rossore, anche se sembrava ancora quello di un cadavere.

Interruppi i ringraziamenti dell’anziana donna per elencarle cosa diceva fare da quel momento in poi. Si zittì all’instante e mi guardò con estrema rispetto, quindi capii di essermi guadagnata la sua attenzione.

-Dovete tenerla al caldo e controllare che non gli venga la febbre, anche se credo che sia inevitabile, dopo tutto il freddo che ha preso- riflettei per un attimo, poi sospirai e frugai tra la mia roba -Se dovesse salirle troppo la temperatura, dategli questa pastiglia da sciogliere nell’acqua- le porsi un paio di aspirine spiegandole come aprire i pacchetti e come usarle.

Quando ebbi finito di ragguagliarla sulle varie possibilità, avvertendola inoltre che la figlia non era fuori pericolo, dato che non sapevo che cosa ci fosse nell’acqua che aveva bevuto, la madre mi strinse un abbraccio espansivo e pianse sulla mia spalla. Io le carezzai impacciata la testa.

Dopo parecchi minuti mi lasciò libera e tornò a stingere l’ancora scossa Mei Te, che mi rivolse un sorriso tremulo e un ringraziamento a mezza voce quando la genitrice le spiegò cos’era successo.

Alzandomi, venni travolta da qualcuno che mi prese per i fianchi e mi fece girare in aria per un paio di volte. Tornata coi piedi per terra, sollevi lo sguardo e incontrai gli occhi castani dell’uomo senza forze che prima mi era sembrato un vecchio e stanco padre a cui era morta la figlia.

Ora invece pareva ringiovanito di vent’anni, sorrideva felice e si continuava ad inchinare quasi fino al suolo, mentre io cercavo di farlo sollevare e lo rassicuravo sul pagamento.

-Ma i medici non lavorano gratuitamente- insistette quando gli dissi che non volevo essere ricompensata -Voi avete salvato la mia MeiMei, dovete ricevere un compenso- aggiunse con le lacrime agli occhi.

Vedendo che farlo desistere era impossibile, mi guardai attorno per decidere cosa chiedere in cambio al posto del denaro, dato che mi sembrava un villaggio molto povero e non li volevo lasciare a morire di fame.

Quando finalmente adocchiai delle giare impilate ordinatamente fuori da una casa, mi si illuminarono gli occhi.

-Quello è vino di riso?- domandai innocentemente.

 

 

Mentre ci allontanammo dal villaggio, Wei Ying sembrava camminare a dieci metri da terra. Stringendosi al petto i due grossi contenitori pieni di alcol, si lanciò sul carretto e ne aprì uno, scolandoselo per metà in pochi sorsi.

-Ah, non sarà il Sorriso dell’Imperatore, ma i vini artigianali sono sempre i migliori- sentenziò con un grosso sorriso sulle labbra piene -Cristina, sei stata geniale- sentenziò infine, guardandomi e facendomi l’occhiolino.

Ognuno di noi aveva ricevuto una giara tra le più pregiate che il contadino aveva trovato, e Wei WuXian se n’era meritata un’altra quando aveva regalato alla famiglia qualche talismano di fuoco per scaldare la stanza della figlia durante la notte.

Io avevo in mano il recipiente più grande di tutti. Era marrone scuro ed era coperto da un fazzoletto di lino scarlatto, ma l’odore che proveniva dal liquido dorato all’interno era quello dei fiori di acacia che ero abituata a sentire quando mia nonna mi portava per i boschi a raccogliere fragole e funghi. 

Sorridendo contenta, aprii anche io il mio bottino e osservai l’ondeggiare del vino. Ci pensai un pò prima di assaggiare, mentre calcolavo a bassa voce.

-A cosa stai pensando?- mi domandò Jiang Cheng, che fino a quel moneto era rimasto zitto e ora mi guardava con la fronte corrugata -Non avrai intenzione di bere, vero?- domandò con una punta di scherno nella voce.

-Perché no, scusami? Secondo te le ho prese per guardarle?- ribattei sollevando il mento e fissandolo truce. Lui sembrò valutare la frase che aveva in mente prima di dirla, ma evidentemente arrivò alla conclusione che quello che stava per affermare fosse sensato, quindi parlò con tranquillità.

Ecco che arriva la cazzata maschilista, fu il mio fugace pensiero.

-Le donne non bevono alcol, non lo reggono- disse con un’alzata di spalle, mentre vicino a lui Jin Ling provava invano a tirargli una manica e scuotere la testa per fargli cenno di tacere.

Oh, il cricetino aveva paura che mi offendessi e lo picchiassi di nuovo? Suo zio era un povero illuso, però in un certo senso era anche tenero per la sua ignoranza.

-Beh, abbiamo una massa minore, è ovvio che ci ubriacano prima- ammisi senza mostrare irritazione per avergli dato ragione, stupendo tutti -Ma devi sapere che le ragazze della mia epoca bevono tranquillamente alcolici e fidati, con una gradazione alcolica molto maggiore- senza esitare, presi il primo sorso e lo ingoiai dimenticandomi perfino di assaporarlo.

Come pensavo, il bruciore fu minimo e non mi si arrossò nemmeno il viso. Avevo letto da qualche parte che il vino di riso aveva una percentuale alcolica pari al 17-18%, quindi niente di troppo esagerato. Più di una birra, ma meno di uno shot di tequila, insomma.

Sorridendo con entusiasmo, mi godetti il resto della giara, che doveva contenere circa 750 millilitri di liquido. Il sapore era ancora meglio dell’odore, dato che insieme all’aroma di gelsomino e acacia si poteva elencarne altri dieci senza troppo sforzo, tutti evidenti e ben definiti.

Quando ebbi finito, appoggiai il contenitore di coccio sul carretto e mi pulii la bocca con la manica della veste leggera che mi aveva regalato la madre di Mei Te, quando mi aveva vista così scoperta. Non aveva fatto domande o commenti, cosa che avevo apprezzato, ma mi aveva infilato addosso una morbida tunica che mi arrivava alle caviglie.

Tenendola aperta, non sentivo più il vento freddo sulle spalle e non apparivo più così tanto stranamente abbigliata, vista di spalle. La veste era leggera e variopinta, con le estremità delle maniche castano scuro che sfumavano dal verde fino al giallo ocra quando si avvicinavano allo strascico.

Doveva essere la migliore che avevano in casa, quella per le feste, ma non avevo avuto cuore di rifiutare dopo che anche la figlia aveva insistito tanto, dicendomi che l’aveva cucita lei stessa.

Volgendo lo sguardo ai miei accompagnatori, vidi che mi fissavano tutti stupiti. Jiang Cheng sembrava aver appena magnato un limone, data la smorfia sul suo viso. Wei WuXian, invece, sorrideva maliziosamente al marito.

-Visto, Lan Er Gege- disse bevendo un’altro fiato -Anche Cristina regge l’alcol meglio di te- lo sbeffeggio, ridacchiando davanti all’occhiata truce del compagno. 

Percorrendo per un’altra ora quella strada monotona e dritta, potei solo appoggiarmi alla paratia del carro e osservare il sole che si avvicinava alle montagne, pronto a tramontare. Intanto ascoltavo le ulteriori domande che i tre ragazzini mi continuavano a porre, dalle più assurde alle più interessanti.

-Ma se questo “Internet” ha tutte le risposte, perché non le dice a tutti?- mi stava domandando Lan SiZhui con aria pensierosa, mente io cercavo di non scoppiargli a ridere in faccia.

Quando presi fiato per rispondergli, venni interrotta dal grido del mio vicino sul carro, che iniziò a sbraitare e agitare il braccio in direzione di qualcuno. Alzando lo sguardo, vidi un uomo in pedi sulla sua spada che volava a qualche metro da terra.

In Mo Dao Zu Shi avevo letto innumerevoli volte della pratica di muoversi a cavallo delle proprie spade, ma ammirarlo dal vivo era qualcosa di estatico. 

La veste bianca che gli si attorcigliava intorno alle gambe, scossa dal vento ma comunque perfettamente ordinata, lo faceva apparire come un’angelo che veniva dal Paradiso. Il nastro frontale fluttuava insieme ai capelli che formavano un’onda scura sulle sue spalle, lo sguardo castano sicuro e gentile.

Non appena mise piede a terra, potei solo pensare al fatto che fosse la copia sputata di Lan Zhan, forse solo un pò più longilineo, con gli occhi castani e non dorati. Lan XiChen era esattamente come me lo ero immaginato: bello, virile ma delicato come un airone.

La gentilezza che traspariva dal suo cordiale sorriso, poi, quasi mi infastidiva per la sua spontaneità. Un pò a disagio, mi alzai in piedi e saltai giù dal carretto, avvicinandomi per salutarlo.

Quando si piegò per l’inchino formale, non potei fare altro che ammirarne la compostezza e l’eleganza, invidiando quel portamento principesco che a me di certo mancava. Come una cretina, gli risposi con un ciao impacciato e un saluto con la mano.

Dio, sembro una bambina dell’asilo, pensai. 

La verità era che Lan Huan mi aveva sempre messo un pò di soggezione. Ero così abituata ai personaggi che sembravano puri e candidi, per poi rivelarsi completamente pazzi, che la sua cortesia mi sembrava falsa, anche se non era così. Se c’era qualcuno di realmente buono, tra tutti i cultori, era proprio lui.

-Benvenuta a Gusu, Madam Cristina- mi salutò continuano a sorridere. Adorabile, davvero.

-Ehm, grazie?- risposi stringendomi le braccia la petto e avvicinandomi a Jin Ling e i ragazzi, evitando lo sguardo della Prima Giada per non correre a strizzargli le guance. Al mio rifiuto di contatto visivo, lo vidi piegare la testa perplesso, assumendo un’aria da cucciolo ferito che non potevo tollerare senza farmi tremare il cuore.

Cavolo, mi sa che non ne uscirò viva, pensai gemendo e coprendomi gli occhi con una mano.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. foglietti rossi: come da tradizione, quando una persona muore, sulla porta della casa del defunto vengono appesi fogli quadrati di carta bianca, mentre sulle porte delle abitazioni dei vicini sono invece rossi, simbolo della felicità di una vita che non si è spezzata, ma che continua nell’oltretomba (e anche per scacciare la sfiga, magari. Tocchiamo ferro)

2. Mei Te: (美德) vuole dire, anche se non è la traduzione esatta, badate bene (i nomi non lo sono mai), “virtù”. Ad esempio, se lo scomponiamo, sta a dire Mei () “Stati uniti” e Te () “moralità”, che ovviamente non vuol dire nulla.

3. Ora… specchi: “Secondo una antica tradizione taoista, ancor oggi praticata, i riti funebri cominciano all'interno della casa del defunto, ovvero prima del funerale: quando una persona muore nella propria abitazione, occorre coprire tutti gli specchi perché l'anima potrebbe afferrare il riflesso di una persona viva e portarlo con sé nell’aldilà.” (fonte: Oltremagazine)


Allora, prima di tutto: la manovra di rianimazione io l’ho copiata pari pari da quella che ci hanno insegnato al corso. Se c’è qualche medico che legge e si trova in disaccordo mi scriva e corregga perché parei uccidere qualcuno un caso di emergenza.
Seconda cosa: Cristina ti prego perdonami, non ti voglio far passare per medico, ma volevo parlare di questo perché mi ispirava troppo. Giuro che nei prossimi capitoli risalterò di più la tua anima ingegneristica. :3
Terzo: (aspe, cos’era? Ah si) A pensar male si fa peccato è l’inizio di una citazione, tutta intera sarebbe “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”. Non è mia, ma di Giulio Andreotti. nessun parere politico, solo mi piaceva la frase (mia madre la ripete a raffica).

Detto questo… beh, mi pare che con Lan XiChen ci siamo. Devo dirvi che alla Cristina originale (Dio, suona così tanto come S.V.S, mi viene da piangere) non piace particolarmente Lan Huan, quindi non ci sarà molta interazione… fino ad un certo punto che non vi spoilero (Elisa, parlo con te)
Ho detto tutto, non mi dilungo ancora. So che sono logorroica.

Baci a tutti, Sarah_lilith

 

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Capitolo 7
*** Sesto capitolo ***


Volare su una spada: no grazie!

 

 

Spostando il peso da un piede all’altro, tutt’ad un tratto intimidita, sollevai lo sguardo verso Lan XiChen. Facendomi forza, uscii dal mio nascondiglio improvvisato e mi avvicinai alla sua figura.

-Mi dispiace per la tua perdita- sussurrai inchinandomi “alla giapponese”, piegando semplicemente il busto senza portare le braccia in avanti a formare un cerchio -Ho letto la storia e…- per la prima volta non trovai le parole per esprimere il mio dispiacere.

Non ero ferita dalla morte di Jin GuangYao, perché d’altra parte un pochino se l’era meritata, ma mi faceva soffrire che tutti i suoi amici avessero dovuto assistere a questo suo teatrino. Li aveva traditi ed era morto, lasciandoli soli a pensare a quanto aveva fatto.

Pessima combinazione, odio e mancanza si mescolano formando un insieme davvero devastante, avevo pensato quando l’avevo letto per la prima volta.

Sentii una mano sulla spalla e tornai dritta. Lan XiChen non sorrideva più, però mi guardava con sincera curiosità e affetto, cosa strana, dato che non ci conoscevamo. Lasciandomi le braccia libere, si allontanò di nuovo di un passo.

-Voi siete la prima che mi rivolge queste parole senza avere un pregiudizio sulla mia persona per via dei miei sentimenti. Molti mi biasimano perché provo ancora affetto per un traditore, ma forse sono io che sbaglio- affermò con voce morbida anche se piena di dolore -Sembrate davvero molto premurosa, grazie- aggiunse, e si inchinò un’altra volta, congiungendo le mani davanti al busto e piegando la testa in avanti. I capelli scuri gli scivolarono sulle spalle come seta, producendo un suono vellutato che mi rimase impresso in mente. 

Cercai qualcosa di profondo da dire, magari per confortarlo, ma le uniche parole che mi vennero in mente furono quelle che ci aveva rivolto il nostro professore di filosofia non appena un nostro compagno aveva affermato di non essere assolutamente d’accordo con le sue ragioni.

-Aristotele diceva che solo una mente educata può capire un pensiero diverso dal suo senza la necessità di accettarlo- snocciolai, sperando di non suonare saccente. 

Lo vidi socchiudere le labbra e sbattere le palpebre con stupore. Con la coda dell’occhio, scorsi perfino gli altri ragazzi che sussurravano tra loro, forse commentando la mia citazione.

-Siete anche molto intelligente ed istruita, a quanto posso vedere- continuò ad elogiarmi Lan XiChen, facendomi sentire molto a disagio sotto lo suo sguardo castano.

Mi agitai su me stessa, cercando qualcosa da dire per cambiare argomento. Subito mi resi conto che, nonostante intravedessi la montagna in lontananza, non eravamo ancora arrivati a destinazione. 

-Ma… come facevi a sapere che saremmo venuti qui?- chiesi alla Prima Giada, sperando proprio che non rispondesse in modo criptico. Le analogie vaghe non mi piacevano, quindi interagire con i personaggi di un romanzo ambientato secoli prima della mia nascita non sarebbe stato facile.

Ah, gli orientali e la loro cortesia.

-Il Gran Maestro di Yunmeng ha pensato fosse appropriato mandare un suo sottoposto per avvertire del vostro imminente arrivo, non appena ha saputo la notizia- spiegò in modo conciliante, accompagnando le sue parole con un largo gesto della mano, indicando Jiang Cheng -Naturalmente sono stato ragguagliato anche su chi vi stava scortando- e con questo fece cenno a Lan Zhan, che rispose chinando il capo.

Certo che senza cellulari è davvero dura, pensai affranta.

-Ma non è questo il tempo di perdersi in convenevoli- continuò rivolgendomi l’ennesimo sorriso -Entrate, presto sarà servita la cena- spiegò a tutti.

A queste parole, i tre giovani discepoli si illuminarono di gioia e, forse davvero troppo affamati per pensare alle buone maniere, mi trascinarono sul carretto e si sistemarono insieme a me sulla paglia, preparandosi a percorrere gli ultimi chilometri che li separavano da un pasto caldo.

-Ragazzi, ma Gusu non si trova su una montagna?- chiesi guardandomi intorno e cercando con lo sguardo qualche collina un pò più alta delle altre, magari rocciosa e con delle strutture urbane sulla cima.

Ridacchiando, Lan SiZhui mi indicò un punto alle mie spalle, rivolgendo il braccio quasi verso il cielo. Piegando il collo all’indietro, mi trovai a fissare la parete di roccia calcarea che avevo ignorato fino a quel momento, sperando in cuor mio non fosse proprio quella, la nostra meta.

-Stai scherzando, vero?- domandai esterrefatta, alternando lo sguardo tra lui e il compagno candidamente abbigliato, mentre entrambi mi sorridevano sereni -E come ci arriviamo lassù?- esclamai con un principio di attacco isterico che mi risaliva per il petto, pronto a manifestarsi e far alzare la mia voce di parecchi decibel. 

Lan YingYi si sporse un pò verso di me e mi rassicurò con gentilezza, o almeno ci provò.

-Dobbiamo solo aggirare la montagna con il carretto e poi percorreremo il sentiero a piedi- vedendo il mio viso farsi cinereo, aggiunse in fretta -La strada è ben fatta e il sentiero è sicuro, non sarà così difficile. Poi si arriverà ai mille scalini…- la sua voce sfumò sotto il mio sguardo di ghiaccio.

Frustrata, mi misi a gambe incrociate sulla paglia morbida e seppellii il viso tra le mani, facendo dei respiri profondi per mantenere la calma. Al decimo, la mia rabbia verso quel maledetto monaco che aveva avuto la brillante idea di stanziarsi, per i suoi studi, sull’equivalente dell’Everest Orientale non era ancora scemata.

-Se lasciate il carro a noi potete proseguire sulle spade- intervenne Lan Zhan, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, come da copione. Alla sua affermazione, mi voltai verso di lui e lo guardai con crescente paura.

I ragazzini che mi sedevano di fianco scesero con un balzo dal carretto e mi trascinarono giù con delicatezza, anche se con abbastanza forza da non farmi riuscire a ribellare. Wei WuXian si sdraiò nel posto che fino ad un attimo prima era stato mio e mi salutò con la mano, mentre Piccolo Melo veniva condotto da Lan WangJi per la strada che conduceva al sentiero opposto.

Senza avere il tempo di replicare, ero stata infilata a forza in una situazione che volevo assolutamente evitare.

-Ehm no guarda, ripensandoci…- fui interrotta da Jiang Cheng che, con la poca grazia che lo contraddistingueva, mi afferrò per la vita e mi sollevò di peso. Prima che potessi aprire bocca per protestare, mi spiegò con tono sgarbato le sue motivazioni.

-Le scarpe che ti sei messa non farebbero altro che farti rischiare l’osso del collo ad ogni scalino, e ci metteremmo una vita intera se ti dovessimo aspettare, meglio andare in volo- al suo monologo aggiunse un’eloquente sguardo verso la ripida montagna, che io osservai con un misto di desiderio e timore.

Come se te le avessi chiesto, emerito stronzo.

Preferivo trascinarmi per più di mille scalini a piedi o volare su di un instabile pezzo di metallo controllato da quella che non era in alcun modo affidabile scienza? La risposta mi sembrava molto semplice. 

Il Capo Setta di viola vestito, ignorando le mie proteste, si sollevò in aria su Sandu, e ad un tratto mi trovai a dieci metri da terra. Com’era ovvio, mi aggrappai a lui con tutta la forza che avevo nelle braccia e seppellii il viso nella sua spalla.

Soffocando le urla di panico che mi risalivano in gola, sentii la voce di Wei WuXian dire a suo fratello di prendersi cura della sua ospite e che loro si dirigevano da qualche parte per il viaggio di nozze. 

Jiang Cheng replicò con un insulto poco signorile.

-Beh, abbiamo scoperto qualcosa che ti fa abbassare la cresta- ridacchiò poi quando mi sentii tremare e stringermi a qualunque sua parte del corpo raggiungessi. Probabilmente non avevo mai tenuto così forte qualcosa come il pezzo della manica della sua pregiata veste.

Per vendetta ai suoi sbeffeggi, impossibilitata a fare altro che sopprimere le urla, gli piantai i denti nel braccio.

 

 

Appena arrivati sulla cima, Lan XiChen ci fece accomodare in un salotto esagonale ampio e arioso, circondato da un giardino attraversato da un ruscello limpido che riempiva l’aria col tipico odore di acqua fresca. 

Non mi avevano nemmeno dato il tempo di ammirare il panorama che erano già tutti entrati nella struttura dove si sarebbe tenuto il comizio. Lan SiZhui e Lan YingYi, invece, mi salutarono con affetto e si dissero dispiaciuti di dover tornare ai loro studi.

Che bello, ritornare a casa e vedersi assegnare dei compiti, pensai ironicamente. Salutandoli con la mano, seguii Jin Ling e gli altri all’interno.

Nella stanza c’erano tre grandi finestre, alternate tra una parete e l’altra, che mi permettevano di vedere l’esterno attraverso delle tende bianche ricamate con nuvole azzurre. Due delle pareti libere erano decorate da graziosi dipinti riguardanti scene rilassanti, come un’uomo che leggeva o delle donne che suonavano riunite attorno ad un albero maestoso, mentre la terza fungeva da entrata, ospitando la porta a cui avevamo appena dato le spalle.

Al centro della stanza era stato sistemando un tavolo circondato da quattro cuscini in tinta con le pareti chiare, che dovevano fungere da posti a sedere per l’incontro, dedussi.

-Scusa, stiamo aspettando qualcuno?- domandai allora, visto che eravamo in quattro e probabilmente niente di quello che si organizzava su quella montagna era fatto senza cognizione di causa.

La Prima Giada mi fece cenno di accomodarmi e aspettò che mi fossi seduta prima di sistemarsi sul cuscino di fronte a me. Aveva assunto una posa che spesso avevo visto ritratta nei disegni classici dell’antica Cina, con le gambe raccolte sotto il busto e le mani poggiate delicatamente sopra le cosce.

Anche Jin Ling, seppure con molta meno grazia, si era sistemato in una posizione simile, togliendosi dalla schiena l’ingombrate arco e sistemandosi al mio fianco destro. Jiang Cheng si mise capotavola, invece, le braccia conserte e la fronte aggrottata.

Io, d’altra parte, mi ero messa a gambe incrociate con i gomiti sul tavolo e la testa sorretta dai palmi. 

Com’è che sono sempre quella meno appropriata? mi interrogai.

-Huaisang dovrebbe arrivare a momenti- spiegò con semplicità, piegando la testa di lato e sorridendomi mentre Jiang Cheng sbuffava al nome dell’altro cultore. Io invece, avvertii un brivido di entusiasmo percorrermi la schiena, costringendomi a sedermi composta e fissare il mio interlocutore con gli occhi spalancati.

-Nie Huaisang sta venendo qui?- urlai alzandomi in piedi, coprendomi la bocca poco dopo e facendo un cenno di scuse verso Lan XiChen, che mi sorrise paziente. Con un tono di voce più basso, domandai nuovamente -Il Capo del Clan Qinghe parteciperà alla riunione?- riformulai a basso volume.

Fu lo stesso Lan Huan a rispondermi, richiamando con un gesto un servitore per dirgli di preparare del tè per gli imminenti ospiti. Tornando a guardarmi, si espresse con voce calma.

-Certamente- ammise con un sorriso mite sul viso sereno -La vostra sistemazione è una questione importante di cui discutere, quindi tutte le Sette di Cultori hanno mandato un ambasciatore a parlare in propria vece- ed indicò con evidenza Jiang Cheng, Jin Ling e se stesso, in un unico ampio gesto con il braccio che invidiai molto.

Col cavolo che io riuscirò mai ad essere così signorile, mi dissi.

Senza dare ulteriori spiegazioni, mi alzai in piedi e raggiunsi lo specchio situato dall’altro lato del salone, di fianco alla finestra più piccola, tentando di dare una parvenza di ordine alla mia coda di cavallo improvvisata e controllando di essere presentabile. 

Fortunatamente, essermi lavata il viso nel ruscello appena arrivata a Gusu mi aveva ripulito dalla sporcizia che avevo accumulato durante il viaggio, ma per la maglia macchiata di terra e sudore non potevo fare altro che chiudere la veste di Mei Te e sperare di sembrare decente.

Mentre mi specchiavo e decidevo cosa fare per i capelli, vidi le figure dei miei tre accompagnatori sollevarsi dalle sedute e raggiungermi.

A quanto pare, per loro una donna non può neppure sistemarsi senza avere i cani da guardia alle costole, mugolai tra me e me, giustificando comunque Lan XiChen per il suo comportamento. Lui aveva delle regole da seguire, gli altri due no.

-Perché tutt’ad un tratto sei interessata a come appari?- mi domandò Jin Ling senza filtro alcuno, probabilmente anticipando lo stesso quesito che mi avrebbe posto suo zio, anche se in modo meno delicato.

Io, senza voltarmi e continuando a passarmi le dita tra le ciocche annodate, risposi con un’alzata di spalle.

-Vi ho detto che nel mio mondo voi siete un libro, e tranquilli, vi spiegherò meglio quando saremo tutti riuniti- bloccai le loro proteste sul nascere e continuai -Il fatto è che Huaisang è sempre stato uno dei miei personaggi preferiti, quindi vorrei fare una bella impressione- detto questo, schioccai la lingua e deputai il mio lavoro concluso, anche se mi sarebbe piaciuto poter mettere del correttore sulle occhiaie ormai troppo evidenti.

Beh, non sprechiamoci troppo, eh.

Sentii un suono strozzato alle mie spalle, come di qualcuno che cerca di ingoiare un commento acido e si ritrova costretto a coprirne il rumore con un colpo di tosse.

Girandomi verso di loro, lanciai un’occhiata a Lan XiChen, che se ne stava zitto e sorridente ad assistere al mio monologo. Per qualche motivo mi pareva troppo tranquillo, per uno che era stato trascinato fuori dall’isolamento per occuparsi di una persona che non conosceva venuta da un’altra dimensione.

Comunque, non era stato lui a tossire in segno di disprezzo. Ovviamente, si trattava di Jiang WangYin.

-E adesso cosa diamine hai?- gli chiesi mettendomi le mani sui fianchi e preparandomi alla battaglia. Jin Ling, nel vedermi così agitata, guaì come un cucciolo che vede i propri genitori litigare.

Per rassicurarlo gli riservai un piccolo sorriso a bocca chiusa e feci cenno a Lan XiChen di portarlo da qualche altra parte, sperando che capisse il mio sguardo. La Prima Giada annuì nella mia direzione e incaricò con gentilezza il giovane cultore di andare ad accogliere il Capo Setta Nie, che ormai doveva essere prossimo all’arrivo.

-Hai trattato con condiscendenza il più alto esponente del Clan Lan ma sembri smaniare di conoscere un codardo che non sa dire altro che “non lo so, davvero non lo so”- imitò in modo decisamente fastidioso quella che per lui doveva essere la voce di Nie Huaisang, alzando il tono e quasi spaccandomi i timpani -Sembra che tu debba rivedere le tue preferenze- aggiunse dandomi le spalle e facendo per andarsene.

Inferocita come non mai, gli afferrai una ciocca di capelli e lo tirai verso di me con tutta la forza che avevo in corpo. Forse troppo sorpreso per reagire, lo vidi cascare all’indietro senza darmi il tempo di spostarmi, così mi finì addosso e cademmo entrambi sul duro pavimento di legno.

Non fu affatto come nei film, dove la ragazza si trova romanticamente distesa sotto al suo spasimante che sorregge il proprio peso con le braccia per non gravarle addosso. Jiang Cheng mi finì praticamente in braccio con i suoi ottanta kili di muscoli e io dovetti sforzarmi per non imprecare.

Siamo in una montagna sacra, Cristina, non è proprio il momento di bestemmiare.

Facendo pressione sulle sue spalle, lo feci rotolare di lato, riuscendo finalmente a respirare. Ancora scossa dall’accaduto, mi misi in ginocchio al suo fianco e lo tempestai di pugni sul petto.

-Ma che cazzo ti prende?- mi urlò contro, cercando di evitare i miei colpi ma non reagendo alle mie provocazioni. Se aveva paura di farmi male, era decisamente nel torto.

Fino a quel momento, quello messo peggio era lui.

-Sei un emerito coglione- gli sibilai di rimando, mantenendo la voce bassa ma scandendo ogni parola come se volessi imprimergliela nel cervello a suon di pugni -Solo perché una persona si rifiuta di ricorrere alla violenza e preferisce la pace agli inutili spargimenti di sangue non significa che sia meno uomo. Anzi, fino a prova contraria preferisco mille volte qualcuno come Huaisang, perché nonostante la sua famiglia fosse completamente contro di lui, ha abbandonato l’arte del conflitto e ha preferito quelli che tu ritieni passatempi inutili- finii, senza più fiato per dire altro.

Forse in procinto di giustificarsi in qualche modo, Jiang Cheng venne interrotto da una voce delicata che proveniva dalle mie spalle. Timidamente, sentii lo sconosciuto esporrei il su pensiero con evidente sgomento.

-Er Ge XiChen, mi hai chiamato per assistere ad un’omicidio?-

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Cosa c’è…? I finali ad effetto mi piacciono un casino, non si discute. Nie Huaisang è adorabile e Jiang Cheng le prende di nuovo. Tutto nella norma. :3
Ho dovuto sfoltire i personaggi, non ce la facevo più a gestirli tutti. Si vedeva che faticavo e che le storie corali non mi vengono bene, quindi ho deciso di “eliminare” qualcuno per evitare problemi di comprensione. (Deb, grazie per i consigli, sei sempre la migliore)
Aggiorno presto di questi tempi, siete fortunati… non sperate che sia sempre così. Oggi in particolare sono rimasta a casa malata (già, i dolori da ciclo sono considerabili malattia grave) e nonostante io sia moribonda vi sto regalando questo. Veneratemi.
Niente da aggiungere, se non che spero vi stia continuando a piacere. (Se ci sono errori, sapete cosa fare)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 8
*** Settimo capitolo ***


Vengo adottata da mio figlio, ma non era previsto

 

 

Voltandomi di scatto, finii seduta sul petto di Jiang Cheng, mentre questi continuava a lamentarsi. Borbottando qualcosa sul fatto che non fossi leggera come sembravo, fu ammutolito da un mio pugno sulla gamba.

-Zitto o ti castro- gli dissi senza nemmeno guardarlo. Sorprendentemente, mi diede retta e si limitò a sospirare forte, sollevandomi di qualche centimetro mentre si riempiva i polmoni con l’aria profumata del salone.

Rendendomi conto di essere ancora su di lui, mi alzai facendo leva sul suo sterno e fissando con meraviglia l’uomo appena entrato. Al suo fianco, Jin Ling soppresse una risata vedendo lo zio steso nuovamente al suolo dopo avermi provocata.

Nie Huaisang era alto come il ragazzo che lo accompagnava, nonostante l’età fosse decisamente diversa. Due generazioni a confronto, e io non sapevo quale fosse quella che preferivo.

Il giovane esponente del Casato dei Jin mi trotterellò incontro, imbronciandosi quando non gli prestai attenzione per continuare ad osservare il nuovo arrivato. Si aggrappò al mio braccio, tirando la manica colorata della mia veste e chiamandomi con voce lamentosa.

-Cristina, sai che sarò il rappresentante della Setta di LanLing in questa riunione?- mi domandò con gli occhi ambrati che gli brillavano di orgoglio. Doveva essere un onore ricevere una responsabilità tale alla sua età, perciò gli carezzai il capo con un sorriso, felice del suo entusiasmo.

Dio, mi fa troppa tenerezza.

Mentre lo coccolavo, tornai a prestare attenzione all’altro uomo, che era rimasto sulla soglia a guardarmi sbalordito. Probabilmente non aveva mai visto nessuno scontrarsi con Jiang Cheng, uscirne vivo e poi essere così affettuoso con Jin Rulan.

Osservandolo con attenzione, fui colta da un’attacco di euforia. Era esattamente come me lo ero immaginata. 

I capelli scuri, lievemente mossi sulle punte, si muovevano sciolti e leggeri sulla sua schiena, scossi dalla brezza. Gli occhi castani erano in realtà un miscuglio di mille tonalità di ocra, verde e marrone, perfettamente in tinta con la divisa che, su qualunque altra persona, sarebbe parsa cupa, ma su di lui slanciava la sua figura e gli esaltava il volto chiaro.

Le mani delicate stringevano il ventaglio verde e nero che agitava aperto davanti alle bocca, in un discreto tentativo di non lasciare in mostra le labbra piene e il tremolio che le scuoteva.

-Ciao, è davvero un piacere conoscerti- lo salutai con un sorriso da orecchio ad orecchio, non trovando nulla di meglio da dire per presentarmi. Emozionata com’ero, se parlavo troppo rischiavo di sommergerlo di domande e attaccarmi a lui come un koala.

Rendendosi finalmente conto che lo stavo fissando, arrossì di tre tonalità sopra il vermiglio e nascose l’intero viso dietro al proprio ventaglio, imbarazzato dalle attenzioni ricevute.

Mangiucchiandomi l’unghia del pollice, mi scostai da un deluso Jin Rulan e mi avvicinai a Nie Huaisang con passo leggero. Arrivatagli davanti, afferrai con entrambe le mani i suoi polsi e gli scoprii la faccia, sorridendogli con più calma per rassicurarlo.

Sorpreso dal mio comportamento, non ebbe il tempo di dire nulla, perché un colpo secco alle mie spalle lo costrinse a portare lo sguardo oltre la mia testa, fissando il tavolo e colui che lo aveva colpito.

Seguendo la traiettoria dei suoi occhi, vidi Jiang Cheng seduto nuovamente capotavola, con il pugno contratto poggiato sulla struttura di legno scuro e le nocche che mandavano luminose scintille viola generate da Zidian, che sfrigolava al ritmo del palpito del cuore del proprietario.

-Questa è una riunione diplomatica, non un convegno di sartoria- sbottò con l’aria di chi ha dovuto sorbire le peggiori torture della sua vita e non è neppure a metà dell’opera -Avete intenzione di raggiungerci o volete una stanza?- finì per sputare con odio.

Non credevo ci fosse tanta rivalità con la Setta Nie, soprattuto considerata la bassa opinione che ha di Huaisang, pensai sconcertata e con la furia che mi invadeva le vene.

-In realtà si, dato che qui sembra di soffocare- gli risposi con ironia, irritata per l’insulto che mi aveva rivolto, considerato eccessivo all’epoca in cui mi trovavo -Il tuo ego riempie tutta la stanza, non c’è più aria- lo sfottei, sventolandomi una mano davanti al naso.

In procinto di alzarsi e fronteggiarmi faccia a faccia, venne fermato da Jin Ling, che mi si parò davanti e mi prese per mano, costringendomi ad allontanarmi da Nie Huaisang. Trascinandomi di peso, mi fece accomodare su uno dei cuscini più lontani dallo zio, sedendosi poi al mio fianco.

Il Capo Setta proveniente da Quinghe si sistemò composto tra Lan Huan e Jin Rulan, e con un gesto impacciato chiuse il ventaglio. Le spalline decorate con ricami d’oro lo facevano sembrare più massiccio alla prima occhiata, ma la struttura esile del suo corpo si notava soprattuto nel momento in cui si sedeva.

Poverino, pensai, circondato da personalità forti come le nostre deve sentirsi davvero a disagio.

-Stupido insolente- gridò intanto Jiang Chen rivolto al nipote, anche quando pensai che la discussione fosse finita -Non osare ignorarmi…- si interruppe quando lo fulminai con lo sguardo, sfidandolo ad aggiungere altro sul ragazzo vicino a me.

Fortunatamente, Lan XiChen sollevò le braccia coi palmi rivolti verso di noi, le mani aperte e bianche che, ferme nell’aria carica di tensione, ci fecero calmare e abbassare i toni.

-Ora che ci siamo accomodati- asserì con un sorriso mite sul viso, nella sua più calma espressione di cortesia -possiamo parlare mentre attendiamo le pietanze che tra poco saranno servite, spero che vi piacciano- aggiunse rivolgendosi a me e diffondendo la serenità oltre le labbra, anche se non gli si illuminarono gli occhi come a Jin Ling.

Il dolore è ancora fresco, vero? pensai tristemente. Chissà perché si sforza tanto di apparire felice, se non lo è affatto?

Sbuffando, gli rivolsi un cenno di assenso e mi sistemai più comoda per cominciare a raccontare. Feci un breve riassunto di quello che Jin Ling aveva già sentito durante il viaggio, poi presi a spiegare la mia situazione.

-Io sono capitata qui per caso- dissi, rigirandomi tra le mani la piccola tazza bianca in cui mi era stato servito del the verde, caldo e fragrante -Non c’è un motivo preciso per cui sono finita dentro questo novel… ah, è più difficile di quanto pensassi- mi rammaricai per non riuscire ad esprimermi come avrei voluto. 

Sollevando lo sguardo, venni incitata a continuare il racconto dalle occhiate interessate dei miei ospiti, che ormai pendevano dalle mie labbra. Lan XiChen si premurò persino di annuire con un sorriso.

-Beh, nel mio mondo voi siete i personaggi di un’opera letteraria fantastica, insomma, qualcosa di lontano nel tempo e nelle tradizioni… una favola… non crediamo che voi siate esistiti e abbiate fatto queste cose… non siete reali, ecco- gli raccontai mio malgrado -Io ho visto e letto tutte le versioni della vostra storia perché sono una grande appassionata, poi ho convinto le mie amiche e… beh, siamo vostre fan- risi alle loro espressioni sconvolte.

Jin Ling mi guardava come se mi fosse spuntata una seconda testa, Jiang Cheng si stava grattando la nuca con un cipiglio confuso e Lan Haun aveva intrecciato le mani e si era messo a fissare il vuoto oltre le mie spalle.

L’unico ancora cosciente sembrava Nie Huaisang, che si rigirò un paio di volte il ventaglio chiuso tra le mani, aprendolo per ammirarne la filigrana per poi tornare a prestarmi attenzione. 

-Mi state dicendo che… conoscete il nostro futuro?- mi domandò esitante, scostandosi una ciocca dal viso e osservando anche gli altri, che ora mi guardavano entusiasti.

-No, no- mi affrettai a specificare -Mi spiace, ma la narrazione è dal punto di vista di Wei WuXian e parla della sua storia, in particolare della sua relazione con Lan Zhan. A quanto ho potuto vedere, sono arrivata qui verso la fine del romanzo- spiegai sollevando le spalle e facendogli un sorriso di scuse. Scoprirli così delusi mi intristì un poco.

-Beh… qualche cosa la so, ma non c’era nel libro, sono solo cose che l’autrice ha detto durante delle interviste- li informai -Per esempio, Lan XiChen si sposerà e avrà un erede, anche se non so se maschio o femmina- gli rivelai, sperando di non infrangere una qualche legge mistica dei viaggi interdimensionali.

Lo vidi sgranare gli occhi, ora che aveva gli sguardi di tutti puntati addosso. Si toccò la fascia che aveva in fronte come se non l’avesse mai portata prima e mi lanciò uno sguardo strano, a metà tra l’intimorito e il felice.

Quando lo vidi alzarsi e dirigersi alla finestra, pensai di aver esagerato. Mentre respirava aria fresca, forse per riprendere un certo contegno, noi tornammo a guardarci l’un l’altro, donandogli un pò di privacy.

-E io?- mi domandò con speranza Jin Ling, sporgendosi verso di me -Sai qualcosa sul mio futuro?- insistette con gli occhi lucidi di entusiasmo. 

Ero sinceramente tentata di dirgli che, per il fandom, lui si sarebbe sposato con Lan SiZhui, ma non volevo fargli venire un infarto seduta stante, quindi mi limitai a riferirgli che avrebbe comandato egregiamente le due Sette di Yunmeng e di LanLing. Fui ricompensata da un’enorme sorriso, anche se cercò di nasconderlo voltando il viso dall’altra parte.

Che. Cosa. Tenera. Non finirò mai di ripeterlo.

-Hai detto di lavorare- mi disse a quel punto Jiang Cheng, quando finalmente Lan XiChen si sentì abbastanza in se da tornare a sedersi, anche se con un sorriso un pò più largo e tremolante di prima -E che cosa faresti?- mi chiese con scherno.

Se si aspetta che gli dica una cosa come “casalinga” o “filatrice”, rimarrà molto deluso.

-Sono un ingegnere- dissi orgogliosamente, spostandomi una ciocca che mi era sfuggita dalla coda dietro l’orecchio e sorridendo ai presenti come se gli avessi appena svelato i misteri dell’universo.

-Un che?- mi chiese con evidente confusione l’uomo vestito in viola, mentre gli altri apparivano altrettanto disorientati. La Prima Giada aveva persino aggrottato le sopraccigli in un cipiglio che non gli avevo mai visto in volto.

-Un ingegnere- ripetei -Una persona che fa lavori di ingegno di alta precisione basati su dati inaffidabili forniti da gente di discutibile sapienza- spiegai allora con un ghigno saputo sulle labbra.

Dopo parecchi secondi di silenzio, nessuno sembrava intenzionato a parlare, quindi io finii il mio the e invitai con gli occhi Jin Ling a fare altrettanto, vedendolo seguire le mie direttive alla lettera.

-Non abbiamo capito- disse finalmente il Capo Clan di Yunmeng, sospirando come se l’ammissione gli fosse costata caro. 

Eh, brutta bestia l’orgoglio, vero?

-In pratica- gli dissi sollevando davanti ai loro visi la tazza di the ormai finita -se davanti ad un bicchiere riempito a metà un ottimista ti direbbe che é mezzo pieno e un pessimista che é mezzo vuoto, un ingegnere direbbe che il bicchiere è due volte più grande di quel che dovrebbe essere. In sostanza, risolvo problemi che non sapevi di avere in modi che non puoi comprendere- riappoggiai la tazzina di ceramica sul tavolo e continuai a sorridere.

Mi fissarono tutti e quatto con uno sguardo vacuo, perciò mi misi a ridere così tanto che il servitore che stava entrando per servire finalmente il pranzo si spaventò e rischiò di far cadere tutto il contenuto dei vassoi. 

-In genere possiamo partire dal fatto che ho sempre ragione e non si discute- aggiunsi mente mi alzavo per aiutarlo, subito raggiunta da Jin Ling, che ormai avevo capito essere un pulcino che segue la mamma chioccia ovunque vada. Anche se con uno sguardo che mi faceva intuire cosa ne pensasse di aiutare la servitù, mi tolse di mano i piatti che avevo salvato e li portò in tavola.

Riso, verdure al vapore e involtini, immagino vegetariani… no, Gusu non fa per me.

Inchinandomi, ringraziai il giovane che ci aveva serviti, o almeno che ci aveva provato, e lo invitai a mangiare con noi, se lo desiderava. Lui, forse intimidito dalle furenti occhiate che gli stava rivolgendo Jin Rulan, arrossì e si nascose nella divisa candida, congedandosi con mille ossequi.

Alzai gli occhi al cielo e, sedendomi nuovamente al fianco di Jin Ling, gli tirai la coda di cavallo per rimprovero. Lui mi guardò con un dispiacere e una confusione tali da spingermi a spiegarmi.

-Lo sai quanto poco durerebbero le case di voi nobili viziati se non ci fosse chi lava le vostre vesti e prepara i vostri pasti?- gli diedi un buffetto sul naso e lo guardai con severità -Non sottovalutare mai il potere che hanno le persone che ritieni mediocri, perché finiresti molto male, tesoro di mamma- l’ultima parola mi era uscita spontanea, un modo di dire su cui non avevo nemmeno riflettuto, ma vedendo i suoi occhi farsi lucidi, mi scontrai con la realtà.

Che cazzo di cretina che sono stata, mi maledissi.

Stavo per ritirare tutto e chiedergli scusa anche in ginocchio, se fosse stato necessario, quando lo vidi raddrizzare le spalle e ingoiare le proprie lacrime. Assumendo tutt’ad un tratto una posizione regale, degna di un principe pronto a ricevere la corona ed ereditare il regno, si rivolse agli altri uomini presenti con uno sguardo determinato. 

Mettendomi una mano sulla spalla e portandosi l’altra al cuore, pronunciò una frase che mai avrei creduto di sentire in tutta la mia vita, anche ora che ero stata trascinata in un romanzo fantasy.

-Riconosco Cristina Nobili come parte della famiglia Jin, assumendo la piena responsabilità delle sue azioni e promettendo di mantenere la sua sicurezza con ogni mezzo che la mia Setta ha a disposizione- affermò guardandomi con un sorriso serio.

Come scusa?

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ok, so che può sembrare che io abbia reso Jin Ling un bambino piagnucolone, ma sottolineiamo due cose: prima di tutto si è affezionato a Cristina, dato che lei gli si è praticamente offerta come figura materna, e in secondo luogo ha comunque quindici anni o giù di li, secondo il novel. (So che quasi tutti credevate circa 20, anche io ci sono rimasta di abbastanza di merda)
Questo… è troppo? So che per voi è sconvolgente, ma nella mia testa Jin Rulan è tipo stra attaccato a Cristina, prendetelo per un dato certo su cui non cambio idea. Voglio fargli da mamma, è inutile.
É un capitolo strano, non succede nulla e sembra che siamo qui a perdere tempo. Mi spiace, nel prossimo succederà qualcosa di bello, giuro. Ok, detto questo, spero vi sia piaciuto nonostante tutto.
Deb, Cry, so che siete arrivate fin qui: scrivetemi e datemi un parere, perché io sono molto combattuta su questo aggiornamento.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 9
*** Ottavo capitolo ***


Creare conflitti è più facile che sedarli

 

 

Lo guardai imbambolata, certa di aver sentito male. Le orecchie mi fischiavano per lo shock e se mi fossi alzata probabilmente sarei finita subito a terra, tanto mi tremavano le gambe.

Questo stupido moccioso non può davvero avermi appena preso in custodia come una di famiglia, mi ritrovai a pensare. 

Dopo qualche secondo in cui riuscii ad elaborare la situazione, sotto lo sguardo stupito di tutti, afferrai Jin Ling e lo abbracciai forte, affondandogli il viso nell’incavo del collo e stringendomelo addosso. Stupito dalla mia reazione, inizialmente vacillò sotto il mio peso, poi si ricompose e ricambiò l’affetto che gli stavo dimostrando appoggiandomi le mani sulla schiena.

-Grazie, non sai che cosa vuole dire per me- gli sussurrai sopprimendo un singhiozzo, mentre cercavo di non scoppiare in lacrime per l’euforia che mi stava riscaldando il petto.

Tentativo vano, sono troppo felice per preoccuparmi delle regole, mi dissi, e tanto non le seguirei comunque. Sono una Jin ora, porca di quella puttana!

Oramai con l’autocontrollo sotto i piedi, mi staccai dal suo abbraccio e mi misi a correre per la sala, saltellando come una pazza e alzando le braccia al cielo per la gioia. Quando mi lasciai cadere a terra al fianco di Jiang Cheng, tutti mi stavano osservando con gli occhi fuori dalle orbite, ma evitarono di commentare la mia spropositata reazione.

-Fino a prova contraria, il territorio di LanLing ora è sotto la mia supervisione, quindi non prendere decisioni che non ti spettano, ragazzino- interruppe il silenzio lo zio del mio nuovo parente acquisito -Se sapessi che responsabilità ti…- venne interrotto da Lan XiChen che, prima che potessi farlo io con molta meno dolcezza, alzò una mano e gli bloccò le parole in gola senza usare nessuna tecnica magica.

Ah, quante cose può fare una persona che mantiene sempre la calma.

-A mio parere- disse con un cenno verso Rulan -Il giovane Jin non intendeva chiedere di assumersi il comando dei territori che gli spettano o del titolo di suo padre, ma voleva ospitare la cara Cristina perché la ritiene… importante- tentennò un pochino sull’ultima parola, ma il suo sorriso cortese non vacillò neanche per un attimo.

Dopo la sua argomentazione però, Lan Huan fu costretto ad ascoltare le lamentele del Capo Setta di Yunmeng su quanto fosse inopportuno che un bambino, parole sue, pretendesse di partecipare ad un comizio così importante e chiedesse perfino la custodia dell’interessata. 

Da qui nacque una discussione accesa in cui entrambi i cultori si sforzavano di far cambiare idea all’altro, senza però muovere un passo per modificare la propria opinione.

Scocciata da tutte quelle pompose dimostrazioni di dominanza maschile, cosa che da Lan XiChen proprio non mi aspettavo, mi concentrai sui piatti che erano stati serviti.

Non c’era granché che mi attraesse, dato che a Gusu la carne veniva cucinata di rado per via della regola che vietava l’uccisione degli animali dentro ai confini, ma in compenso vidi che il riso sembrava squisito e che gli involtini non parevano poi così malaccio.

Presi la ciotola più vicina e con una specie di mestolo di ceramica la riempii di riso bollito che aveva la consistenza quasi liquida della minestra di riso che preparava mia nonna, anche se mancavano patate e formaggio, ovviamente. All’interno di questa pietanza che assomigliava spaventosamente al porridge erano stati mischiati pezzetti di verdure e di erba cipollina, a quanto riuscivo a capire dalla prima occhiata. 

Facendomi coraggio, afferrai le bacchette che erano state poste sul vassoio e provai ad assaggiare un involtino dall’aspetto succulento, prima di testare gli altri piatti. 

Devono essere simili agli involtini primavera, no? 

Avevo sempre preferito la cucina giapponese a quella cinese, quindi non me ne intendevo granché, ma magari non sarebbe stato così diverso. Infondo, gli ingredienti erano pressoché gli stessi.

Addentando il primo involtino, scoprii che si trattava di un impasto croccante che sembrava contenere un ripieno di lattuga e… qualche altra verdura che non sapevo identificare. Nel complesso, mi piacque abbastanza. 

Fiduciosa, presi la ciotola di congee 1 e me la portai alle labbra, dato che di cucchiai non se ne parlava e con le bacchette sarebbe stato impossibile bere della minestra.

Cazzo, questo è delizioso, ma mi sono appena ustionata la lingua.

Inghiottendo il primo boccone, mi sventolai la mano libera davanti alla bocca per raffreddarne l’interno. Jin Ling, al mio fianco, mi guardò imbarazzato e soffiò sopra la propria ciotola prima di berne un sorso, facendo una smorfia di delusione quando constatò che sarebbe stato un pasto insapore come si aspettava. 

Volendo compiacermi a tutti i costi, finì per trovarsi costretto a mangiare il piatto che tanto odiava per la sua poca sapidità. 

Sforzo apprezzabile, niente da dire.

A quel punto, l’unico che non si era ancora mosso era Nie Huaisang, che ci fissava da dietro il ventaglio, tenendo un orecchio alla conversazione tra i due “maschi alpha” che ancora cianciavano di responsabilità e regole millenarie delle Sette. Sporgendomi verso di lui, gli offrii una pagnotta bianca cotta al vapore che doveva essere dolce, a giudicare dall’occhiata avida che Jin Rulan lanciò al piatto che la conteneva. Se non ricordavo male, questi si chiamavano mántóu.

-Oh, grazie- mi disse con una nota sorpresa nella voce, abbassando il ventaglio e accettando il cibo che gli tendevo -É un pò tardi per la colazione, ma le “teste di barbaro” 2 non si rifiutano mai- lo morse con un sorriso grato sul volto, ansimando anche lui non appena si accorse della temperatura assurda a cui erano stati serviti.

Quando i nostri sguardi si incrociarono scoppiammo entrambi a ridere, consci di avere lo stesso problema di pazienza davanti a qualcosa che ci piaceva. 

Sorpresi dalle nostre improvvisa ilarità, i due Capi Setta interruppero il loro litigio e ci guardarono stupiti. Accorgendosi che avevamo iniziato a mangiare mentre loro erano presi dai loro discorsi, si servirono in fretta e si unirono al pasto in rigoroso silenzio. 

Lan XiChen si limitò ad unire le mani prima di affondare le bacchette nelle verdure che aveva difronte a se, mentre Jiang Cheng sottolineò con lo sguardo quanto disapprovasse la mancanza di carne.

Almeno si è trattenuto dal commentare, pensai sollevata. Quando poi però lo vidi aprire bocca, mi sbattei una mano sulla fronte. Ho parlato troppo presto.

-Ma riuscite davvero a vivere felici con questo, al posto del vero cibo?- domandò scortesemente, rigirando l’insalata di fagiolini e erbe mediche che si trovava nel piatto -Capisco perché siate vestiti sempre da lutto- aggiunse con un sospiro. Poi alzò gli occhi al cielo, prese un mántóu intero e se lo mise in bocca. 

Proprio un principe cazzo, che maniere eleganti.

Comparato al modo elegante e composto con il quale si stava nutrendo Lan XiChen, l’uomo vestito in viola sembrava un prigioniero che non mangiava da mesi. L’appetito che dimostrava faceva quasi ridere, tanto era esagerato.

Alla sua affermazione però, quasi mi strozzai con il boccone. Cercando in ogni modo di reprimere una risata, finii per tossire come se stessi morendo di polmonite.

-Scusate- dissi davanti alle loro richieste di spiegazioni -É che da dove vengo io, il bianco non è il colore del funerale, quello è il nero. Il bianco è usato per i matrimoni… dalle spose- e tornai a ridere davanti ai loro sguardi eloquenti verso la divisa del Capo Setta Lan. 

Jin Rulan soppresse un sorriso con la mano, Nie Huaisang provò a consolare Lan XiChen, che d’un tratto sembrava piuttosto in imbarazzo, e Jiang Cheng si infilò un’altro panino in bocca, sorridendo derisorio.

Divertita e forse un pochino schifata, mi voltai nuovamente verso Nie Huaisang e gli domandai come procedesse il suo lavoro per la ricostruzione delle torri di avvistamento che erano state distrutte durante quei mesi di conflitto. Sorpreso, mi rispose con gentilezza, lasciandosi scivolare via un poco dell’imbarazzo che aveva dimostrato fino a quel momento.

Dio mio, sto davvero discorrendo di tattiche militari e di politica con il vero Comandante del Clan Nie… non posso crederci, pensai sorridendo entusiasta e ascoltando le sue descrizioni, rapita dalla facilità con la quale si era aperto con me.

Quando però la narrazione delle vicende entrò nel vivo, mi sentii tirare per la manica da Jin Ling, che mi guardava con occhi lacrimevoli e un broncio irritato sul viso. Preoccupata, gli presi le guance tra le mani e gli chiesi cosa lo stesse turbando tanto. 

-Voglio tornare a casa- miagolò con un tono che lo faceva sembrare molto più infantile di come era parso nel novel, anche se da lui non me lo sarei mai aspettata -Devo riprendere gli allenamenti, e poi voglio farti vedere come funziona la caccia notturna- disse con sguardo fiero e determinato, lanciando un’occhiata all’arco d’oro che stava vicino ai suoi piedi.

Ero tentata di spiegargli che probabilmente non avrei potuto partecipare alla caccia, essendo io sprovvista di poteri spirituali, ma non me la sentivo proprio di deluderlo, quindi mi limitai ad annuire e rivolgermi agli altri. 

Nie Huaisang, per nulla infastidito dell’interruzione, ridacchiava da dietro il ventaglio che nuovamente gli copriva il viso.

Al mio sguardo interrogativo, scosse la testa e arrossì un poco, tentando di trovare le parole giuste. 

-A quanto pare, anche se a vostro dire sono uno dei personaggi che preferite- balbettò infine, aprendo e chiudendo il prezioso oggetto tra le mani tremanti -se vogliamo convincervi a fare qualcosa basta che ve lo facciamo chiedere da Jin Ling- affermò, facendo diventare rosso scarlatto il volto del ragazzino e facendomi ridacchiare divertita.

-Che posso dire?- gli risposi pettinando i capelli di Rulan con le dita, mentre lui cercava senza troppa convinzione di scacciarmi -Adoro i cuccioli- risi nel vederlo arrossire ancora di più e girare il viso per non farmi notare il suo imbarazzo. 

Il nostro teatrino comico venne interrotto però da Jing Cheng che, con la sua solita delicatezza, si alzò con un cipiglio rabbioso e prese suo nipote per la collottola, costringendolo a sollevarsi e trascinandoselo dietro mentre si avviava verso l’uscita. 

Io, sconvolta, mi affrettai a seguirli urlando al cultore più vecchio di fermarsi e spiegare cosa diamine gli fosse preso.

-Me lo stai rammollendo, ecco cosa!- mi urlò contro quando fummo arrivati nei giardini fuori dalla sala delle riunioni. Aveva uno sguardo furioso che non mi aspettavo di dover affrontare di nuovo, almeno per quel giorno.

Dietro di noi sentii giungere Nie Huaisang e Lan XiChen, che però ebbero la decenza di stare in silenzio e osservare il nostro litigio da lontano, mantenendosi a distanza con il timore di finire trascinati nella rissa.

Ed ecco che ci risiamo, pensai portandomi le mani ai fianchi. Fui compiaciuta di scorgere un lampo di paura nei suoi occhi quando mi vide assumere la posizione da battaglia. 

-Ma porco di un cane, non hai ancora capito una sega, vero? Sei così tanto convinto di avere sempre ragione che non vedi oltre il tuo naso. Tuo nipote è un ragazzo fantastico, anche se un pò viziatello, ma solo perché dovrà ereditare il dominio di due Sette non significa che debba essere trattato come un adulto anche quando non ce n’è bisogno- gridai presa dall’impeto della mamma chioccia che protegge i suoi pulcini, afferrando il braccio di Jin Ling e strappandolo dalla presa dello zio -Potrebbe ancora avere una bella adolescenza, se tu la smettessi di comportarti come se avessi un palo nel culo e cominciassi a pensare alla sua felicità, prima del suo addestramento- aggiunsi col tono deformato dalla rabbia.

Prima però che potessi continuare con il mio sproloquio, venni interrotta da una voce profonda ed estremamente irritata che, nonostante non avesse un volume alto, mi fece venire i brividi per la sua severità.

-Non si urla nei Meandri della Nuvola- disse la figura che era apparsa alla nostra destra, dal sentiero ghiaioso che costeggiava il torrente, mentre con la mano destra si lisciava il pizzetto nero che gli copriva il mento.

Oh no, lui proprio no!

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. congee: è una zuppa di riso tipica della cucina cinese, che varia di città in città e può contenere più o meno acqua a seconda della una in cui la mangiate. Ho voluto aggiungerci erba cipollina e il resto perché davvero a Gusu non sanno cosa sono i sapori, Cristina mi faceva pena. Cioè, immaginate un italiano abituato alla pasta o alle lasagne che deve mangiare OGNI GIORNO riso scondito… amo la cucina orientale ma mettiamo dei paletti.
2. teste di barbaro: (si mangiano a colazione, ma qui facciamo uno strappo alla regola) Zhuge Liang era un famoso generale che avrebbe dovuto, dopo una battaglia, tornare in patria con suo esercito; tuttavia trovò sul suo cammino un fiume troppo impetuoso per essere attraversato. Un suo soldato, un barbaro per l’esattezza, lo informò che l’usanza dei barbari prevedeva di sacrificare 49 uomini e gettare le loro teste nel fiume, per “pagare” lo spirito delle acque che avrebbe loro permesso l'attraversamento. Il generale, tuttavia, non voleva causare ulteriori spargimenti di sangue, quindi uccise delle mucche ed dei cavalli e riempì con la loro carne dei panini a forma di teste umane, dopodiché gettò questi ultimi nel fiume. Dato che l'attraversamento riuscì, egli diede a questi panini il nome di "testa di barbaro" (mántóu, 蠻頭), che poi col tempo diventò il mántóu (饅頭).


Salve gente, altro aggiornamento, altro capitolo, altre vicende un pò senza una vera storia… imploro perdono. Il finale però era bello, no? E poi c’è Lan QiRen, mi dovete un bonus per la sua apparizione (lui è come un Saiyan, lo si vede ogni 1000 anni)
Che poi Yunmeng e Lanling non sono nemmeno vicine, ma a voi non frega nulla, vero? Vi prego ditemi di no, perché se no c’è un problema. Odio scrivere cose sbagliate, ma mi serviva per il contesto… fate finta siano due territori confinanti (come sono) ma non così lontani.
Ho reso Jin Ling un pò OOC, però diciamo che ho potuto prendermi delle liberà stilistiche perché non è un personaggio molto approfondito, nel novel. Già, sono una pigna su queste cose.
Comunque, spero vi sia piaciuto, perché io ci sto mettendo l’anima, anche se non ho molto tempo. Correggetemi se trovate errori e soprattuto ditemi se la trama non fila. Nella mia mente è tutto ok, ma sono pazza, quindi non conta.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 10
*** Nono capitolo ***


Se potessi ucciderti senza farmi scoprire, saresti fregato

 

 

Con le lacrime agli occhi per la frustrazione, diressi lo sguardo verso Lan QiRen, immobile e bianco come un airone. Illuminato solo per metà dalla luce delle lanterne, appariva simile alla luna crescente che si stagliava nel cielo scuro.

Non è possibile che di tutti gli abitanti di questa maledettissima montagna, quello che incontro mentre sto gridando sia proprio lui, pensai esasperata. Tocca davvero a me affrontare l’essere più severo e bacchettone del mondo?

La sfortuna, a quanto pareva, non aveva limiti.

-Mi scuso per il disagio causato, non intendevo disturbare il sonno di bellezza di nessuno- intervenni prima che chiunque altro aprisse bocca e iniziasse una lotta verbale che avrebbe solo complicato la già difficile situazione -Noi ce ne stavamo andando- rivolgendogli un inchino, afferrai Jin Ling per la mano e Jiang Cheng per il colletto della veste, trascinandoli verso il sentiero.

A quanto pare sono stata affidata a loro, quindi la riunione è sciolta, direi.

-Ma che cosa…?- Lan QiRen non fece in tempo a fermarmi che gli avevo già dato le spalle, rivolgendo i miei omaggi con un cenno ed un sorriso ai due uomini che, ancora sconvolti dagli avvenimenti, ci guardavano dalla soglia dell’edificio.

Voltandomi poco prima di sparire oltre il limitare della scalinata, vidi Lan XiChen e Nie Huaisang salutarmi a loro volta, il primo con un inchino elegante, il secondo agitando gioiosamente il ventaglio nella mia direzione. Mi dispiacque un pò cogliere le loro espressioni congelarsi quando guardai di nuovo verso lo zio dei fratelli Lan per esprimergli un mio pensiero che mai avrei creduto di riuscire a dirgli.

-Lei è una delle persone che stimavo di più, perché applicava la razionalità anche nelle situazioni che altri avrebbero sottovalutato. Eravate giusto e controllato, rispettavate le regole e non facevate preferenze…- presi fiato e lo guardai dritto nelle iridi, raffreddando la mia espressione per congelarlo sul posto -…poi però questa intelligenza ha ceduto il posto alla rabbia. Non tolleravate che vostro nipote si fosse innamorato di qualcuno che non approvavate, ma sapete cosa penso? Non siate stato così furioso con lui per il suo amore, ma perché a differenza vostra, lui aveva il coraggio di accettarlo- finii per dire, non riuscendo comunque a esprimere a parole tutta la rabbia che mi aveva causato il suo atteggiamento nel novel.

Alleggerita dall’essermi sfogata, tornai a prestare attenzione agli scalini che stavo percorrendo. Il silenzio sgomento che mi lasciai alle spalle non fu così strano, dopo tutto.

Mi aspettavo che mi mandasse a copiare le regole facendo la verticale, pensai ridendo, beh, meglio così: lo avrei ignorato comunque.

-Ora puoi anche lasciarci andare eh- sbraitò ad un certo punto Jiang Cheng, cercando di scrollarsi di dosso la mia morsa ferrea contorcendosi come un’anguilla. Lo lasciai, domandandomi come potesse un uomo adulto come lui comportarsi peggio del nipote adolescente.

Jin Rulan, infatti, subiva passivamente la mia prigionia, lasciandosi trascinare lungo la scalinata e seguendomi senza protestare. Quando mollai la presa sul suo braccio si limitò a lisciarsi la manica stropicciata e continuò a seguirmi ubbidiente.

-Ti sembra il caso di cominciare un litigio nel bel mezzo di Gusu?- mi inviperii tornando a guardare suo zio, che intanto ci aveva preceduti di qualche passo -Ci hai studiato su quel monte, come fai a non ricordarti che non si deve urlare?- insistetti quando fece orecchie da mercante e continuò la discesa.

Non ricevendo ancora nessuna risposta, affrettai l’andatura e, con un balzo, gli presi tra le mani la veste violacea, tirandolo indietro per il colletto e gioendo nel sentirlo tossire senza fiato. Voltandosi verso di me, si trovò faccia a faccia con la mia miglior espressione di rimprovero.

Sembrava furioso, ma non indietreggiai. Dato che mi trovavo due scalini sopra di lui, potevo guardarlo negli occhi senza dover piegare il capo all’indietro. 

Mi sentii per un attimo molto orgogliosa del lampo di panico che gli attraversò le iridi chiare, vedendomi così calma.

-Ora che sei sotto la mia responsabilità, evita di saltellare in giro senza il minimo ritegno e fare amicizia con chiunque incontri- mi ordinò voltando il viso verso destra e sfuggendo al mio sguardo, mentre continuava ad ignorare le mie parole -Quando arriveremo a Yunmeng…- si interruppe gemendo di sorpresa e dolore.

Non ero riuscita a trattenermi. La rabbia che mi serpeggiava in corpo era talmente tanta che avevo dovuto prenderlo a calci per non cedere al desiderio di buttarlo giù dalle scale. Quando il mio piede aveva impattato con il suo polpaccio, mi ero sentita subito meglio.

Certo che è proprio una testa di cazzo, senza se e senza ma.

-Sentimi bene, perché non lo ripeto più- esordii mettendomi una mano sul fianco puntandogli l’altra sul petto, col dito indice che gli toccava lo sterno da sopra la veste -D’ora in poi, ogni volta che dirai qualcosa che mi farà sentire insultata, poco rispettata o anche solo lievemente offesa ti lancerò addosso la prima cosa che mi capiterà a tiro, che sia un cuscino o un vaso- finii la mia arringa e non lo degnai di un’occhiata, superandolo e continuando la discesa.

Poco dietro di me, Jin Ling tentennò un attimo fissando l’espressione sconvolta dello zio, poi gli fece una linguaccia e mi corse incontro ignorando lo sbuffo irritato in risposta al suo gesto.

Quando, dopo dieci scalini, sentii un colpo di tosse che cercava di richiamare la mia attenzione, volsi a mala pena il viso verso Jiang Cheng che, alzando gli occhi al cielo, borbottò che mi avrebbe trattato meglio, dato che “comunque ero una donna”.

Non avevo mai riso tanto come quando lo vidi cadere all’indietro mentre riceveva la mia borsa in faccia.

 

 

Dopo il lungo viaggio notturno che avevamo affrontato un pò sulle spade ed un pò a piedi percorrendo i sentieri boschivi, giungemmo finalmente ad una città che si poteva definire tale. Il sole non era ancora sorto, ma il cielo ad est era già più chiaro di poche ore prima, quindi non doveva mancare molto all’alba.

Fra i tre, Jin Ling stranamente non era quello più stanco. L’affaticamento dovuto al volo, disciplina in cui era ovvio non eccellesse, si stava facendo sentire, ma perlomeno non traballava.

Io, al contrario, non riuscivo a tenere gli occhi aperti.

-Ci fermeremo per la notte, non c’è bisogno di dormire in piedi- mi sussurrò Jiang Cheng posandomi una mano sulla spalla per scuotermi dal torpore che mi aveva colta quando mi ero arresa ad appoggiarmi a lui. 

Durante il volo non avevo lasciato un attimo la presa sul suo corpo, troppo spaventata dalla possibilità di cadere per imbarazzarmi. Ora che avevo trovato una sistemazione comoda contro la sua schiena, al riparo dal vento freddo, non mi sarei mossa per nulla al mondo.

Mi era parso persino di aver sentito qualcuno carezzarmi i capelli durante il tragitto, coccolandomi nel mio dormiveglia. Forse era il suo potere spirituale che gli vorticava intorno per riscaldarci.

-Mh- grugnii in risposta al suo tentativo di farmi riprendere. Gli morsi un dito quando provò a stuzzicarmi il viso per infastidirmi e costringermi ad aprire gli occhi.

Con uno sbadiglio e uno sbuffo, poggiai i piedi a terra e mi stiracchiai, stringendomi poi la veste leggera addosso per non rabbrividire. Cazzo se fa freddo, di notte.

Ancora mezza addormentata, seguii i miei accompagnatori verso l’entrata di una locanda illuminata dalla luce tremolante delle lanterne. L’insegna all’esterno non l’avrei saputa leggere, dato che non capivo gli ideogrammi cinesi, ma Jin Rulan mi spiegò che c’erano già stati, in quel posto, e che avrei dormito benissimo fino all’indomani.

-La Júhuā 1 è davvero rinomata, puoi stare tranquilla- mi disse con un ghigno orgoglioso, osservando i proprietari correrci incontro e prodigarsi in inchini profondi.

Erano marito e moglie, a giudicare dall’età comune e dal comportamento reciproco. Lei minuta e graziosa, con una morbida crocchia che teneva i capelli scuri raccolti sulla nuca grazie ad una bacchetta di legno, lui alto e massiccio, il viso aperto in un sorriso cordiale.

-Siete il benvenuto, Maestro Jiang- si inchinò verso il cultore e al nipote, accogliendolo con cordialità, poi si rivolse a me -Anche voi siete una gradita ospite, Giovane Signora- fece un gesto alla moglie che mi salutò con un cenno e mi sorrise timidamente. Io le risposi a mia volta con un’espressione gentile.

-Di quante stanze avete bisogno, miei Signori?- si informò subito battendo le mani e richiamando un impiegato. 

Al suono che si propagò per l’ambiente profumato, venne noi incontro un bambinetto di dodici anni circa, tutto addobbato nella sua uniforme blu e viola. Inchinandosi profondamente, ci porse le braccia paffute senza alzare il capo, i capelli neri che gli coprivano il viso. 

All’inizio non capii cosa si aspettasse, ma quando vidi Jiang Cheng slacciarsi la cintura esterna e cedergli Sandu, mentre Jin Ling gli lasciava arco, faretra e spada, capii che le armi non erano permesse, in un locale simile.

Strano, sembrano così attaccati ai loro gingilli, pensai divertita.

-Siamo in una zona di confine tra due Clan, è meglio che i cultori che si fermano per riposare non abbiano qualche altra opportunità di uccidersi tra loro- mi spiegò Jiang Cheng con un mezzo sorriso sul volto pallido, fissandomi di sbieco con gli occhi grigi velati di divertimento.

Ma allora è capace di assumere un’espressione normale!

Pagò le tre stanze di cui necessitavamo e parlò a lungo con il proprietario e sua moglie, indicandomi con un cenno e mettendogli in mano una cospicua somma di denaro, a quanto potevo intuire dal luccichio dei loro occhi. 

Quando infine si congedò per la notte insieme al nipote, salendo le scale che conducevano alle stanze, mi sentii afferrare da una mano prima che potessi seguirli.

Voltandomi, vidi che la proprietaria, che si presentò con il nome di TiánMěi 2, mi aveva fermato e mi stava rivolgendo un’altro sorriso cortese, che ricambiai confusa. Mi parlò con voce sottile, quasi troppo esile per essere udita senza concentrarsi sul movimento delle sue labbra.

-Il Maestro Jiang mi ha chiesto di procurarvi degli abiti adatti, venite con me, prego- mi fece cenno indicando un’altra ala della struttura, dalla parte opposta rispetto alle scale che si trovavano vicino all’entrata -Una Giovane Signora graziosa come voi dovrebbe indossare un corredo ricco e colorato, provvederò io a sistemarvi- continuò, anche se non ero sicura stesse parlando a me. Probabilmente le piace riflettere ad alta voce, pensai divertita.

Non mi offesi per il suo commento; d’altro canto, per quell’epoca sicuramente il mio abbigliamento non era consono. Seppur non mi fidassi, provai ad essere di mente aperta, una volta tanto. 

Quando però giungemmo in una stanza stracolma di stoffe e specchi, le pareti scarlatte che la facevano apparire ancora più soffocante insieme all’odore di incenso e fiori, iniziai a preoccuparmi. 

Il mobilio era decorato da motivi complessi e ben realizzati, con intagli che formavano dei piccoli crisantemi attraversati dalle venature chiare del legno e pomelli di giada antichi. Sopra un tavolo che a mala pena potevo scorgere, c’era un insormontabile mucchio di vesti colorate.

-Non mi metterò una di quelle camicie di forza- esclamai indignata quando TiánMěi mi porse entusiasta un lungo abito azzurro ricoperto da perline e ricami. Lei si imbronciò come una bambina e mi guardò dubbiosa, gli occhi neri tristi come quelli di un cucciolo.

-Ma si intonerebbe così bene con le vostre iridi- si lagnò, mettendo comunque a posto il pesante vestito e frugando tra gli altri mille che si trovavano lì -Questa è la mia collezione personale… dovrà pur esserci qualcosa che vi piace! Il Maestro Jiang mi ha ordinato…- la interruppi con uno sbuffo sconcertato.

-No- esclamai con le mani sui fianchi -Niente gonne, non le potrei sopportare: se proprio dovete darmi qualcosa, che sia comodo e che mi permetta di correre- mi unii a lei nella ricerca, anche se dubitavo che tra quell’ammasso di stoffe e veli potesse esserci qualcosa di simile.

Scartando a priori tutto quello che era rosa, giallo o verde, mi rimasero comunque una spropositata possibilità di scelte tra cui districarmi. TiánMěi insistette perché provassi un’abito a vita alta con la gonna svasata, come decretava la moda, ma io le lanciai un’occhiataccia e lei si limitò a brontolare mentre cercava qualcos’altro.

-E comunque- dissi ad un certo punto quando, per l’ennesima volta, le feci cenno di no ad una sua proposta, questa volta un vestito blu e giallo che imitava il cielo stellato. Sinceramente mi sarebbe piaciuto, se non fosse stato impossibile da gestire una volta indossato -Come mai Jiang Cheng avrebbe chiesto di vestirmi in modo adeguato?- domandai fingendo indifferenza. 

Se viene fuori con qualche altra cazzata giorno che lo strozzo con una di queste fasce colorate, mi dissi ghignando.

-Beh, abbiamo supposto che voi siate la sua promessa sposa dato che…- iniziò la donna con un sorriso emozionato sul viso, e prima che io potessi metterle un freno negando tutto, iniziò ad elencare una serie di motivazioni così smielate che mi fecero girare la testa. 

Per avere il doppio dei miei anni si comporta come un adolescente, pensai sconcertata, registrando le sue parole che mi fecero venire un tic all’occhio. Oh, questa me la paghi, stronzo.

-JIANG CHENG!- urlai infuriata, facendo sussultare TiánMěi al mio fianco e correndo a spalancare la porta che dava sull’entrata, alla sala principale.

Sentendo il rumore di qualcuno che dal piano di sopra si gettava di corsa per le scale e inciampava nella fretta, non potei reprimere un sorriso esasperato.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Júhuā: dal cinese “crisantemo” (菊花), è una parola femminile, quindi ci ho messo l’articolo la davanti… ma non conosco bene la grammatica cinese, quindi mi sono affidata alle ricerche sul web. Potrei benissimo aver sbagliato :)
2. TiánMěi: dal cinese “dolce/dolcezza” (甜美)… niente, volevo solo metterlo perché mi piace -.-


Ok, innanzitutto scusate per il ritardo. So che avete dovuto attendere, ma avevo da fare e non trovavo attimi liberi. (Vi sto aggiornando tra una sessione di studio e una di pulizie, giuro) Poi ho comprato un nuovo libro che non ho tempo di leggere ma che mi ha preso un casino, La Corte di Rose e Spine… aiuto, voglio solo leggere e morire -_-
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, io ho amato scriverlo, come al solito. Avvertite se trovate errori… personalmente non ero sicura sugli occhi di JC, ditemi voi.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 11
*** Decimo capitolo ***


Colazione con delitto, c’ero vicina

 

 

Come potevo ignorare il fatto che, per raggiungermi in fretta e salvarmi dalla minaccia che si era immaginato sentendo il mio grido, Jiang Cheng si era praticamente scorticato il palmo spaccando il corrimano tra le dita?

Ah, quanto patetismo, pensai divertita nel vederlo arrivare trafelato con del sangue rosso che gli colava lungo il braccio e nell’altra mano Zidian che sfrigolava saette. Quindi non ha lasciato davvero tutte le armi!

-Che succede?- chiese ansimando e guardandosi intorno con le ginocchia leggermente piegate e il collo rigido, pronto a combattere contro chiunque fosse l’avversario.

Scuotendo la testa e appoggiandomi la fronte su un palmo, iniziai a ridacchiare della sua espressione sconvolta, un misto tra la sua solita aria corrucciata e un nuovo tipo di ansia che non avrei saputo catalogare. Quando finii di deriderlo, vidi che aveva abbassato l’arma e si teneva la mano ferita contro lo stomaco, macchiandosi di rosso la fascia violetta.

Mi stava fissando stupito, come se non capisse il perché della mia ilarità, ma allo stesso tempo ne fosse… lusingato? Non riuscivo ad interpretare la piega sottile delle sue labbra.

Cazzo, mi deve davvero fare tenerezza un uomo grande e grosso come lui? mi domandai mentre mi avvicinavo e gli afferravo con malagrazia il polso. Essere incazzata con me stessa non aiutava di certo a rendere più soffice il mio carattere.

-Mi spieghi come fai a farti male solo quando ci sono io in circolazione?- gli sibilai contro, fasciandogli la mano con uno dei colorati pezzi di stoffa che TiánMěi mi aveva mostrato prima. 

Ignorai il mugolio di disapprovazione della donna a quel gesto, sapendo che Jiang Cheng avrebbe ripagato profumatamente anche quello spolverino. Almeno che usi tutti quei soldi che si ritrova!

-Perché diamine ti sei messa a gridare come una pazza?- mi inveì contro al posto di ringraziarmi, riassumendo l’aria costipata di sempre non appena ebbi finito di sistemargli la medicazione provvisoria, che serviva solo per tenere pulita la ferita mentre gli guardava a vista d’occhio -Se quel moccioso di Jin Ling non avesse il sonno pesante come quello di un gatto, a quest’ora ti ritroveresti chiusa in una stanza con lui che sorveglia la porta- mi informò incrociando le braccia davanti al petto e gonfiando i muscoli per incutermi una qualche autorità che decisamente non ero intenzionata a riconoscergli.

-Deve solo provarci- gli risposi a tono, lasciandomi sfuggire un ghigno saputo e voltandogli le spalle per continuare la ricerca di qualcosa di maledettamente normale -Comunque, la Signora TiánMěi crede che…- fui interrotta dalla stessa donna che, agitandosi le mani davanti alla faccia, prese ad arrossire.

-Non c’è bisogno che mi chiamate così formalmente- esclamò lusingata per una cortesia che non mi ero neppure accorta di averle rivolto -Basta TiánMěi, non serve “Signora”, non sono una Capofamiglia Cultrice- spiegò quando mi fermai con le braccia immerse nelle stoffe e la guardai confusa.

Oh, quindi non possiamo avere nemmeno un titolo in sto mondo se non abbiamo poteri spirituali? La cortesia regna sovrana, eh, pensai con una smorfia.

-Beh, se mi trovi qualcosa che non sia appena uscito da una sfilata di alta moda e se mi procuri dei pantaloni, ti chiamerò come vorrai- le dissi facendole un’occhiolino ammiccante. 

Capì cosa intendevo anche senza doverle spiegare cos’era una sfilata, perciò si mise subito alla ricerca di ciò che le avevo chiesto. Non appena le capitò sotto mano un’abito rosa, lo lanciò lontano senza pensarci.

Mh, sono orgogliosa.

Sentii un fruscio di stoffe alla mia desta, e mi voltai in tempo per fermare la mano di Jiang Cheng che si stava avvicinando ai vestiti sparsi sul tavolo. Gli schiaffeggiai le dita con delicatezza, ma lo vidi mettere il broncio e fissarmi astioso.

-Lavati via il sangue, almeno- lo rimproverai blandamente, rendendomi conto solo in quel momento che anche io ero chiazzata di rosso, e non me ne ero accorta prima.

Le maniche cangianti della veste che mi aveva regalato Mei Te, la ragazza quasi annegata del villaggio vicino Gusu, erano macchiate del sangue del Cultore di Yunmeng. I bellissimi decori ondulati che si distinguevano sulla stoffa erano rovinati da delle dense gocce di liquido cremisi.

-Ah, ora dovete cambiarvi per forza- mi disse TiánMěi da dietro una specie di paravento decorato con aironi e fiori bianchi, facendomi un gesto eloquente e invitandomi a seguirla.

Lanciando un occhiata esasperata al mio accompagnatore, mi avvicinai al separè di legno e vi passai sopra le dita, sorridendo al contatto con la carta che lo decorava. Ne avevo sempre voluto uno, dalla prima volta che lo avevo visto utilizzato nel film dei Pirati dei Caraibi, eppure mia madre aveva sempre detto che era un oggetto inutilmente ingombrante.

Anche le mille scarpe che si ritrova nell’armadio sono inutili, ma mica la critico per questo, pensai.

Guardando oltre il paravento, feci per ritrarmi e scappare, ma fui acchiappata per il colletto e trascinata contro la mia volontà verso la tortura più crudele della mia vita. Passati venti minuti, tra strilli e imprecazioni che fecero ridere di gusto Jiang Cheng oltre il separè, finalmente la proprietaria si disse soddisfatta del suo operato.

Mi ha perfino acconciato i capelli, la strega!

Senza aspettare il suo permesso, corsi fuori dall’angolo nascosto della stanza e mi diressi verso lo specchio sull’altra parete, rimirandomi e girando su me stessa come una pazza. Fai che sia decente, fai che sia decente…

L’effetto finale mi soddisfò più di quanto avessi immaginato. 

Indossavo una tunica lunga fino a mezza coscia, certo, ma almeno i pantaloni erano di pelle aderente, resistenti e comodi, mentre la parte superiore della veste aveva uno scollo a V, come tipico della tradizione cinese, non troppo pronunciato, ma comunque non stretto come quello dei Lan. 

La sottoveste, che si intravedeva sul collo e sulle maniche, era viola acceso, mentre la cintura spessa variava dai toni del violetto a quelli del blu, decorata con una fibbia metallica e una cordicella a cui era possibile appendere pendagli o borselli. 

I miei scarponcini erano stati rimpiazzati da degli stivali che mi arrivavano quasi al ginocchio, facendomi perdere quei cinque centimetri che di solito guadagnavo con le mie scarpe col tacco. La treccia alta che mi aveva fatto TiánMěi però mi slanciava e faceva apparire il mio collo più lungo, quindi il dislivello non si notava troppo.

Nel complesso, mi piacqui molto.

Mi voltai per ringraziarla di avermi risparmiato una vera e propria gonna, sorridendole felice. Incontrai però prima gli occhi chiari del cultore di Yunmeng, che mi fissavano stralunati. Il suo viso e l suo collo si erano fatti rossi come delle ciliegie mature. 

-Cosa c’è?- domandai mettendomi le mani sui fianchi. Se avesse avuto qualcosa da ridire, lo avrei preso a calci con i miei nuovi stivali di pelle.

-Hai un aspetto… migliore di prima 1- snocciolò quasi con fatica, contraendo il viso  in fiamme nella smorfia sofferente di un prigioniero costretto ad ammettere qualcosa sotto tortura.

Mi caddero le braccia, inermi lungo il corpo, e mi si spalancò la bocca.

E questo lo considera un complimento? mi ritrovai a pensare. Dio dammi la pazienza, che se mi dai la forza lo uccido.

Con passo marziale, mi avvicinai alla sua figura rigida, fermandomi a pochi centimetri dal suo volto e picchiettandogli l’indice sulla fronte aggrottata. Sussultò come se lo avessi schiaffeggiato.

-Ci sai proprio fare con le donne, eh?- risi, superandolo e dirigendomi verso le scale. 

Evitando di appoggiarmi al corrimano distrutto mentre salivo gli scalini, feci un cenno si saluto alla proprietaria, che si inchinò sorridendo, e rivolsi a Jiang Cheng un ghigno da orecchio a orecchio. Quando lo vidi arrossire ancora di più e voltarsi verso alcuni servi per urlargli contro qualcosa, gli rivolsi un dito medio e una linguaccia molto maturi.

Anche per oggi, il coglione è sistemato.

 

 

La mattina dopo mi svegliai a fatica, riportata alla realtà da un costante bussare alla porta. Mugolando infastidita, mi rigirai nel letto e tirai le coperte fin sopra la testa, sperando di non dover ancora lasciare quel calore confortante.

Chiunque abbia inventato gli orari lavorativi dovrebbe essere ucciso… un momento! Chi sta bussando? La mia sveglia non fa questo suono, pensai nel dormiveglia, non ancora intenzionata ad abbandonare le soffici lenzuola.

-Cristina, sei presentabile?- mi chiamò una voce familiare dall’altra parte della porta -É pronta la colazione, io e lo Zio siamo venuti a prendere per mangiare- continuò quello che avevo ormai capito fosse Jin Ling.

Scattai in piedi come se mi avessero gettato una schiatta di acqua gelida, correndo verso la porta e spalancandola con il fiato mozzato in gola. Non è stato un fortuitissimo sogno!

Emozionata, gettai le braccia al collo di Jin Rulan, che se ne stava fermo impalato sulla soglia, e me lo strinsi forte contro il petto. Lo sentii ricambiare l’abbraccio senza esitazione, anche se vidi Jiang Cheng spalancare gli occhi e precipitarsi verso di noi.

-CHE CAZZO TI PASSA PER LA TESTA? PRESENTABILE UN PAIO DI PALLE!- mi gridò contro, spingendomi nella camera e chiudendomi dentro. Stupita, battei il palmo contro la superficie di legno, intimandogli di aprirmi.

-Prima vestiti, scellerata! Ti ho perso degli abiti appositi- mi rispose con isteria, borbottando improperi verso una qualche divinità cinese -Non è consono che tu esca così, se non vuoi… ah, lasciamo perdere- continuò, costringendo con un ordine secco il nipote a seguirlo e dirigendosi verso le scale.

Mi domandai cosa gli fosse preso così all’improvviso, incredula per la sua reazione spropositata. Poi, abbassando lo sguardo e vendendo che il mio pigiama consisteva in una canottiera e un paio di slip, capii che forse dovevo ringraziare il cielo non gli fosse venuto un ictus lì sulle scale.

Ok, siamo in un’altro secolo, devo decisamente regolarmi, mi dissi, divertita e shoccata allo stesso tempo.

Dieci minuti dopo, quando finalmente fui pronta e scesi le scale per raggiungerli, entrambi evitarono di guardarmi in faccia, il più giovane ingozzandosi di panini dolci e l’altro aggiustando la postura e le piaghe della sua veste in maniera maniacale.

La sala in cui era allestita la colazione era ampia e soleggiata, le finestre aperte che facevano entrare molta luce e una lieve brezza fresca. C’erano altri clienti, ma il nostro tavolo era il più vicino al terrazzo esterno ed era controllato da ben due cameriere.

Quando hai i soldi li spendi per le peggio cose, eh?

Alzando gli occhi al cielo, mi sedetti al fianco di Jin Ling e gli rubai un mántóu dalle mani, gelandolo con lo sguardo quando provò a protestare. Saggiamente, tenne le sue lamentele per se.

-Allora- finsi che non fosse successo nulla, sperando che i miei accompagnatori capissero di dover fare lo stesso -quali sono i programmi della giornata?- domandai bevendo un sorso di latte dalla tazza che la cameriera mi aveva prontamente riempito non appena avevo accennato uno sguardo alla brocca.

Fu Jiang Cheng a rispondermi, alzando gli occhi per incrociare i miei, per poi tornare a contemplare le proprie mani con un accenno di rossore sul collo. 

-Finisci di mangiare, poi partiamo- quasi ringhiò con umore nero, sorseggiando il suo latte freddo con una smorfia di superiorità in completo contrasto con l’imbarazzo che sapevo stava provando.

Sospirai, facendo cenno ad una delle cameriere di avvicinarsi. Jin Ling, intanto, mi riempì il piatto di dolcetti simili a piccole pagnotte bianche, spiegandomi che erano bun 2 ripieni di pasta di loto. 

-Grazie, Rulan- gli sorrisi, addentandone uno e stupendomi della consistenza soffice e dell’aroma profumato che emanavano qui piccoli bocconcini. 

Davanti al suo nome proprio, che sapevo non amasse particolarmente, fece una specie di smorfia disgustata, ma arrossì fino alla radice dei capelli, diventando viola come la tunica dello zio. Oh, un piccolo criceto a disagio…

La cameriera che avevo convocato mi apparve di fianco un attimo dopo il mio segnale, anche se attese in silenzio che finissi la mia conversazione, prima di domandarmi se mi serviva qualcosa.

-Se non disturbo, potrei avere del latte caldo e del miele?- chiesi gentilmente, sentendo lo sguardo stupito di Jiang Cheng concentrato su di me. 

Voltandomi verso di lui, lo vidi assumere un’aria interrogativa davanti al mio comportamento cordiale e signorile, quasi non mi credesse capace di essere civile. Per tutta risposta, gli feci una linguaccia di nascosto sillabando sottovoce “Fanculo”.

Sono scortese solo con gli stronzi, pezzo di idiota.

Quando la cameriera tornò con quello che le avevo chiesto, mi limitai a versare un pò di miele nel latte fumante e mescolare con gioia la mia abituale colazione di quand’ero più piccola, anche se dentro di me mi chiedevo come avrei fatto a sopravvivere senza caffè.

Compirò una strage, me lo sento.

Bevvi un sorso, sospirai di piacere. Percepii uno sguardo fisso su di me e mi girai nella direzione di Jin Ling, che sembrava allungare il collo verso la mia tazza. Nascondendo un sorriso, presi il suo bicchiere e lo riempii di latte, aggiunsi il miele e mescolai con calma, porgendogli il tutto a lavoro completato.

-Assaggia- lo incoraggiai quando lo vidi occhieggiare lo zio in cerca di un cenno di assenso -Fa bene alla salute- aggiunsi guardando Jiang WanYin e sfidandolo a ribattere.

Fortunatamente non si azzardò.

Completammo la colazione in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri e poco incline a condividerli con gli altri. Presto, mi dissi, presto vedrò Yunmeng.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Hai… prima: citazione del libro “La Corte di Rose e Spine” di Sarah J. Mass. E aggiungerei che nella battuta originale, il tizio dice anche “E i tuoi capelli sono… puliti”. Tu si che sai sedurre una donna, mi sto sciogliendo. Vi prego, date una botta in testa a quell’uomo.

2. Bun: dolcetto cotto al vapore molto popolare che può contenere farcitura di fagioli rossi, crema di zucca, pasta di loto, purea di taro (una specie di tubero orientale), creme all’uovo o al latte, semi di sesamo o zucchero. É ora un piatto tipico dello street food


Ok, sono in elegante ritardo. Mi perdonate?
Avevo molto da fare, non riuscivo a trovare tempo di scrivere e, quando invece ci riuscivo, non avevo ispirazione. Ora ho un computer nuovo, posso aggiornare da ogni angolo del mondo e sono felice, quindi ho deciso di sforzarmi.
Vabbè, non ve ne frega nulla :)
Diciamo che il capitolo è fatto per far ridere e un pò intenerire, ma infondo non è così male… aspettate il tredicesimo, poi ne parliamo. Sarò il male fatto persona.
Deb, mi manchi, davvero davvero ...
Grazie per aver letto, mi fa piacere che la storia stia piacendo, mi sento apprezzata :3

Baci a tutti, Sarah_lilith

 

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Capitolo 12
*** Undicesimo capitolo ***


Sii una brava persona ma non perdere tempo a dimostrarlo

 

 

Uscendo dalla locanda, Jiang Cheng e Jin Ling non mi diedero quasi il tempo di salutare come si deve i proprietari. Sembravano impazienti di partire e, per qualche motivo, al posto di usare le spade proseguimmo per una parte del percorso a piedi.

Non che mi lamentassi, data la paura che mi provocava il sollevarmi dal suolo su Sandu.

Quella maledetta spada traballante, pensai con una smorfia, mi viene il voltastomaco solo a pensare di salirci di nuovo.

Dopo qualche ora di cammino notai che il giovane cultore rivolgeva sempre più spesso occhiate significative allo zio, cercando in modo evidente di nascondere un sorriso entusiasta. Jiang Cheng era invero impassibile, ma anche lui pareva agitato, dalla postura rigida delle spalle e dai nervi del collo tesi.

-Mi dite che sta succedendo? Quanto ci metteremo per arrivare a Yunmeng?- chiesi ad un certo punto, quando non ce la feci più a trattenere la curiosità. 

Ricevetti una risposta vaga e altri sguardi pieni di sottintesi, ma non ricavai nulla di utile. Riflettendoci però, dovetti ammettere a me stessa che, anche se mi avessero detto il nome della nostra prossima meta, probabilmente non avrei saputo dire dove si trovasse.

La strada che stavamo percorrendo era un lungo sentiero in salita contornato da alberi alti e da una boscaglia fitta che ci proteggeva dalla luce del sole. Le uniche zone non ombrose erano fasci luminosi che formavano a terra delle chiazze giallo accesso, sottili raggi solari che riuscivano a penetrare tra rami e foglie, illuminando il terreno sotto i miei piedi.

Proseguire diventava sempre più faticoso, ma rifiutai più volte l’aiuto che mi venne offerto prima da Jin Rulan e poi da Jiang Cheng, che protese una delle sue grandi mani pallide verso di me senza guardarmi, invitandomi ad appoggiarmi a lui.

Per tutta risposta, ricevette uno schiaffo sul palmo aperto e un insulto irripetibile mentre lo superavo aumentando il passo.

Spero che finisca presto, mi dissi senza fiato, o tirerò le cuoia.

Appena formulato questo pensiero, vidi che la boscaglia iniziava a diradarsi e che il nostro percorso stava per incontrare una radura libera da alberi. Procedendo in avanti, raggiunsi lo spiazzo erboso che terminava dopo alcuni metri con uno strapiombo.

Eravamo in cima ad una montagna. Mi avevano fatto scalare tutto il monte solo per permettermi di ammirare l’intero territorio dall’alto.

Nonostante la stanchezza, non ebbi nulla da ridire. La vista era così mozzafiato che le proteste mi morirono in gola, fermandosi sulla mia lingua intorpidita dallo stupore. Porca di quella…

La valle sottostante si estendeva a perdita d’occhio oltre l’orizzonte. Fiumi e laghi dividevano città brulicanti di vita, da mercati all’aperto pieni di luci e stendardi colorati. Templi, case, edifici amministrativi e palazzi ricoprivano l’intera distesa del territorio, circondati da boschi e montagne rocciose.

Non ho mai visto nulla di simile in vita mia, pensai portandomi le mani a coprirmi la bocca spalancata. Sentii vagamente qualcuno appoggiarmi una mano sulla spalla, forse per impedire che crollassi in ginocchio per lo shock. 

Non so quanto tempo fosse passato quando la voce di Jin Ling mi riscosse dal mio torpore, gli occhi che faticavano a staccarsi da quella vista spettacolare. Girarmi verso di lui fu più difficile di quanto pensassi. 

-Cristina, dobbiamo proseguire. Presto saremo arrivati- mi spiegò con allegria, osservando il panorama che avevo appena abbandonato e indicandomi la Porta del Loto, l’entrata ufficiale della provincia.

Da qui non vedo molto, ma date le proporzioni del resto degli edifici, quella cosa deve essere enorme, pensai tra me e me.

Venni improvvisamente afferrata per la vita e sollevata di peso da terra. Con un urlo che avrebbe spaventato il più coraggioso dei soldati, mi aggrappai alle braccia di Jiang Cheng e mi tenni forte.

Avrei dovuto fargli passare l’abitudine di trattarmi come una bambolina da rigirarsi in mano senza problemi, anche se fargli cambiare idea sarebbe stato come cercare di smuovere un muro.

-Che succede, ci siamo arresi, alla fine?- urlò il cultore per superare il rumore del vento che gli scompigliava le ciocche libere davanti al viso -Pensavo sarebbe stato più difficile farti stare zitta… maledetta donna!- gridò interrompendosi per gemere di dolore, cercando di staccarmi di dosso.

Gli fu difficile: non avevo mai morso così forte la spalla di qualcuno.

 

 

Arrivammo a destinazione in meno di un’ora, sorvolando le colline fino a pochi passi dal grande portone di legno all’entrata della città. 

L’imponente struttura era formata da due colonne e una trave più scura che le collegava a formare una specie di ingresso rudimentale, decorato da incisioni grezze ma piacevoli alla vista. I finti rampicanti e fiori di loto che abbellivano la cima della porta e circondavano gli ideogrammi di Yunmeng erano stati intagliati con maestria, seguendo le venature del legno ed esaltandone i colori naturali.

Incantata da quella vista, fui colta di sorpresa dal frastuono che mi giunse alle orecchie proveniente dalla folla alla mia destra. Mi incuriosii e, scivolando fuori dalla presa di un contrariato Jiang Cheng, che ancora si massaggiava la parte lesa, mi inoltrati tra la gente.

-Non allontanati, ti perderai- mi disse Jin Ling correndomi dietro e stringendomi uno dei nastri legati alla mia cintura -Resta vicino a noi- aggiunse tirandomi un pò indietro.

-Voglio solo vedere cosa sta succedendo- lo rassicurai avanzando ancora e costringendolo a seguirmi. 

Alternando imprecazioni a scuse e richieste di passare, mi feci largo tra la folla e raggiunsi il recinto che delimitava uno spazio erboso contenete una tettoia spartana. Al disotto di questa, due energumeni cercavano di calmare uno stallone imbizzarrito.

Stupendo perfino me stessa, riconobbi il cavallo come un Frisone, uno dei pochi tipi di cui mi ricordassi il nome, che avevo visto su un libro illustrato quando ero più piccola.

Il manto nero era lucido alla vista, la criniera folta e ondulata, la coda lunga fino a terra. Come tipico della sua razza, era alto e massiccio, superandomi di più di due teste. Gli zoccoli erano enormi e calpestavano il terreno con furia, cercando di liberarsi dalle corde che li stringevano.

Cosa ci fa qui un animale originario dei Paesi Bassi? Mi domandai mentre guardavo i due uomini lottare per tenerlo fermo.

Osservando bene la scena, però, notai che c’erano dei segni rossi sul collo e sulle zampe dell’animale, dove le funi avevano stretto talmente tanto da scavare nella carne tagliando la pelle. Nonostante la naturale corporatura massiccia, sembrava non mangiare da molto, le costole evidenti sotto il pelo folto.

Senza rendermene conto, scavalcai la recinzione di legno e corsi incontro allo stallone.

-Ma che cazzo…? Non riesci proprio a tenerla ferma eh, stupido incapace!- sentii inveire Jiang Cheng in direzione del nipote che aveva invano tentato di impedirmi di lanciarmi nella mischia.

Comunque, al momento ero impegnata a pensare ad altro.

Affiancando i due uomini, mi posizionai sul lato destro dell’animale imbizzarrito e gli appoggiai una mano sul costato. Anche se scalciò e si impennò, continuai a tenere il palmo sul suo manto carbone e intimai ai due stallieri di lasciare le corde.

Inizialmente non mi diedero retta, magari perché non mi conoscevano e si chiedevano chi diavolo fossi per dargli degli ordini, o forse perché a parlare era stata una donna. Quando però il cavallo gli nitrì conto con furia malcelata e strattonò nuovamente le funi che gli legavano il collo, la coppia si arrese e fece cinque passi indietro.

Cuor di leone, pensai con ironia, lasciare una ragazza da sola a tenere a bada una bestia selvaggia… la cavalleria è davvero morta.

Scuotendo il capo, mi concentrai sull’animale. 

Libero dalla tensione delle corde, il poverino cercava invano di sfilarsi il morso rudimentale fatto di spago che gli serrava il muso, stringendolo impietosamente. Intanto, con gli occhi ambrati mi guardava fisso, aspettandosi una una mia mossa e preparandosi a reagire.

Come mi era stato insegnato al maneggio che avevo frequento per un pò con la mia amica Elisa, mi sedetti al suolo con le gambe incrociate, fingendo di perdere interessi per lui e volgendo lo sguardo altrove.

Prima di tutto bisogna guadagnarsi la sua fiducia, poi il rispetto verrà da se.

La mia strategia funzionò. L’animale, ora meno teso, si avvicinò curioso a me, la nuova ospite che aveva invaso il suo spazio, e mi annusò con diffidenza. Per qualche minuto anche la folla si quietò, osservandoci con stupore.

Però, proprio mentre sembrava pronto a lasciarsi approcciare abbastanza da permettermi di togliergli le corde che ancora lo stringevano, una voce proveniente da dietro le mie spalle lo fece sobbalzare e ritrarsi.

-Che sta succedendo qui?- urlò un’uomo sconosciuto che mi stava venendo incontro con passi lunghi e furiosi -Che ci fai nel mio recinto, stupida puttana?!- mi disse sputando a terra e alzando una mano per colpirmi.

Alle sue spalle vidi una macchia viola che scavalcava il recinto, seguito da qualcuno vestito di giallo, entrambi troppo veloci perché li potessi vedere con chiarezza.

Oh, mi sa che finisce male…

Nella frazione di secondo che impiegò il proprietario dell’animale a sollevare il braccio e preparare il colpo, i due gli erano alle spalle. Ma, sorprendentemente, non furono loro a impedire all’uomo di tirarmi un ceffone che sicuramente avrei ricordato per un pò.

Con un nitrito furente, il Frisone si impennò sulle zampe posteriori e colpì il padrone alla spalla, lanciandolo indietro di qualche metro. Poi, con uno sbuffo di vittoria, mi si avvicinò per farsi togliere le funi.

É più intelligente di quanto avrei pensato, mi dissi mentre lo liberavo e gli massaggiavo le parti lese.

Dietro le mie spalle, Jiang Cheng e Jin Ling alternavano la loro attenzione tra me e l’uomo a terra. Io, ancora concentrata sull’animale, rivolsi al proprietario della bestia un’occhiata di fuoco, anche se mi rivolsi al cultore vicino a me.

-So che siamo ancora fuori dai confini, ma a Yunmeng è permesso trattare così gli animali e le persone?- domandai retoricamente con veleno nella voce. Sentivo in gola il sapore amaro della rabbia.

Che non si azzardi a rispondere. Ho rischiato di prendermi un ceffone, santo cielo.

Jiang Cheng non mi riservò che un veloce sguardo, prestando poi attenzione all’uomo ancora inginocchiato nella sabbia. Zidian sfrigolava emettendo scintille viola e bianche che gli danzava tra le dita.

Stette in silenzio mordendosi la lingua per calmare la furia.

-La signora ha fatto una domanda- sibilò poco lontano Jin Ling, che teneva la mano sulla guardia dorata di Suihua. Le nocche sbiancarono quando strinse ancora la presa sul metallo in risposta al silenzio terrorizzato del proprietario dello stallone.

Riconosciute le uniformi indosso ai miei accompagnatori, l’uomo si era calmato e aveva capito con chi aveva a che fare, sia per fama che per status sociale. Il luccichio di rancore nei suoi occhi non accennò a diminuire, però.

-Giovane Signora, ero preoccupato per la vostra incolumità e ho perso la pazienza- disse tentando di alzarsi e stando attento a non avvicinarsi troppo, indeciso se il pericolo maggiore provenisse dai due cultori o dal cavallo che ancora lo occhieggiava con odio -Una bestia selvaggia come questa potrebbe farvi male, nessuno dei miei uomini riesce a domarlo, verrà abbattuto se continua così e io perderò un mucchio di soldi- aggiunse scioccando la lingua sul palato e inclinando il capo.

Carezzandolo ancora sul possente collo, rivolsi lo sguardo verso l’animale, che sbuffò fiato caldo dalle narici. No, non si arrenderà a loro, ma forse…

-Ti propongo un’accordo- parlai con voce sicura ed arrogante, impersonando il ruolo della nobile meglio di quanto mi aspettassi -Se riuscirò a salirgli in groppa senza farmi disarcionare, poi sarà mio- proposi con il tono di chi non accetta un no come risposta.

Il mercante mi parve stupito e allo stesso tempo oltraggiato di ricevere tale offerta dalla donna che lo aveva appena fatto sfigurare davanti a tutti quei potenziali clienti, ma con la spada di Jin Ling a così poca distanza dalla gola, preferì la diplomazia alla morte.

-Come compiace alla Giovane Signora- sibilò inchinandosi per nascondere la smorfia di disappunto che gli aveva sfigurato il viso in una maschera di odio e veleno.

Probabilmente spera che io mi spacchi l’osso del collo cadendo, pensai.

Diedi le spalle al trio e lasciai la presa sul collo dell’animale, posandogli una mano sul muso nero e guardandolo negli occhi. Le iridi dorate mi fissarono con curiosità mentre lo aggiravo e gli mettevo una mano sulla schiena, vicino alla fine della criniera.

Dopo un paio di pacche delicate su quel punto, il cavallo volse il muso nella mia direzione e sembrò assumere un’espressione accigliata. Se fosse stato umano, avrebbe arcuato le sopracciglia e piegato la bocca in un ghigno di complicità.

Si vede che siamo in un romanzo fantasy, mi dissi, quanto stalloni sarebbero così intuitivi, in natura?

Senza che gli dovessi dare altre indicazioni, il destriero si sedette con le zampe piegate sotto il corpo, abbassandosi ad un livello tale che mi permise di salirgli in groppa quasi senza sforzo. Quando mi fui posizionata comodamente, per quanto la mancanza di sella me lo permettesse, diedi un’altra carezza al collo dell’animale.

Questi si sollevò in piedi con grazia e prese a trottare con fare derisorio davanti all’ormai ex proprietario, scuotendo la chioma folta al vento e schiaffeggiandolo in viso con la coda scura.

L’espressione di stupore e di puro odio che ci rivolse l’uomo mi fece capire che mi ero fatta un nemico, in quella terra.

Mah, deve solo provare ad avvicinarsi, pensai mentre le mani mi prudevano dalla voglia di schiaffeggiarlo.

Con un’andatura più morbida raggiunsi Jiang Cheng, che mi guardava con un ghigno malcelato e le braccia conserte, e lo spronai a seguirmi verso l’entrata di Yunmeng.

Voltandomi per un’ultima volta prima di attraversare quelle porte massicce, vidi che Jin Rulan aveva esitato a raggiungerci, ancora impegnato a tenere d’occhio il proprietario del recinto che si era alzato e diretto verso il carretto posizionato vicino alla staccionata.

Con un ultimo sguardo al patetico mercante, gli diede le spalle e si avvicinò al mio fianco destro, evitando però di toccare il Frisone che lo avvertì di stare alla larga con un nitrito secco.

Le nostre risate furono interrotte dal sibilare di una freccia nell’aria, la punta affilata diretta verso la mia schiena.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
… mi odiate? Per il ritardo o per questo finale, quale di più?
Lo so, lo so, avevo detto che avrei scritto di più in queste vacanze, ma dovete capire che mi hanno regalato libri, e io non potevo lasciarli sulle mensole senza dargli almeno una sbirciatina (traducasi: LEGGERLI E OSSESSIONARMI).
Giuro che sarò più costante, d’ora in poi, o perlomeno ci proverò.
Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto, perché questa cosa del cavallo la volevo inserire da secoli. Questo è l’animale di cui sto parlando: Frisone 
Vi avverto, il prossimo sarà intenso, come aggiornamento. Vi voglio bene e imploro il vostro perdono.
Ok, ORA mi odiate :)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 13
*** Dodicesimo capitolo ***


Nota:  ho pubblicato questo capitolo presto, ad un giorno di distanza dall’ultimo aggiornamento.
Il motivo è che alcune persone (per fare un esempio: CRY) mi stavano morendo di ansia, volendo ovviamente sapere come proseguisse la vicenda.
La Cristina Originale si è molto impersonata nella sua controparte nella storia, sapete? Si da addirittura del “noi”. “NOI NON VOGLIAMO MORIRE PER QUELLA MALEDETTA FRECCIA!”… 
Dovevo fermare quell’inferno, quindi completato presto il capitolo :)
Non ha influito minimamente sulla trama, tranquilli, ho solo dovuto scrivere un pò più in fretta (DUE CA**O DI GIORNI) 
Buona lettura.

 

 

 

Sono viva per miracolo, e quel miracolo mi chiama mamma

 

 

Quando la freccia mi sibilò alle spalle, il mio sguardo era rivolto verso Jiang Cheng.

Non stava ridendo, non davvero, ma mi osservava con un sorriso a malapena accennato mentre sogghignavo guardando Jin Ling che tentava di non farsi calpestare dallo stallone. Suo zio era tre metri davanti a noi, fermo sotto l’arcata che delimitava l’inizio del territorio di Yunmeng.

Oltre al fischio dell’aria, ciò che mi preannunciò la catastrofe furono i suoi occhi spalancati. Le sue iridi grigie-violette inghiottirono la pupilla, resa in pochi attimi minuscola dallo stupore. 

Non riuscì neppure a gridare o ad aprire la bocca per avvertirci, facendo appena in tempo a sollevare la mano in cui c’era Zidian per tentare di aiutarci, prima che io fossi sbalzata in avanti.

Nonostante quello che avevo letto sui cultori e la loro velocità, non puoi parare un attacco che non ti aspetti, soprattutto se non è per te. 

Anche se la freccia era indubbiamente diretta a me non fui colpita, grazie al mio destriero che, sentita la corda schioccare, aveva mosso un passo di lato che mi aveva sbilanciata, facendomi piegare per reggermi. Purtroppo, Jin Ling si era lanciato nella mia direzione per impedirmi di cadere da cavallo e non si era accorto della freccia che ci arrivava contro.

Non avevo mai sentito il rumore del metallo che perforava la carne, ma non ebbi alcun dubbio su cosa fosse successo nel momento in cui quel suono mi arrivò alle orecchie. Il cuore mi finì in gola.

Cosa…? perfino i miei pensieri si spensero quando vidi Jin Rulan tenersi il fianco con una mano e cadere in ginocchio sul terreno.

I secondi successivi furono troppo veloci e troppo lenti allo stesso tempo. Scesi da cavallo quasi rischiando di slogarmi una caviglia, la gamba che mi lanciò una fitta quando appoggiai male il piede al suolo. Incurante di ciò, raggiunsi Jin Ling con le mani protese in avanti mentre anche lui mi veniva incontro, cadendo.

Dietro di me sentii lo schioccare di una frusta e un’urlo agghiacciante, ma non me ne preoccupai più di tanto. Sapevo che voltandomi avrei trovato un cadavere, ma non provai nulla se non la preoccupazione morbosa che mi pervase le ossa fino a congelarmi il corpo.

Quel bastardo, solo perché l’ho umiliato ha deciso di condannarsi a morte.

Il giovane cultore, singhiozzando tra le mie braccia, guardava fisso il cielo e con le mani bianche si aggrappava alla mia veste, stringendo convulsamente la stoffa tra le dita lunghe.

-La… la freccia è…- tentò di dire, portandosi il palmo destro a contatto con la ferita e sussultando mentre tastava l’asta di legno che gli fuoriusciva dallo stomaco -Non riesco a… non è normale- mormorò aggrottando le sopracciglia in preda alla confusione e lasciandosi sfuggire una lacrima. Io gliela asciugai con la manica e gli scostai i capelli dal viso, sussurrandogli di calmarsi.

Non sapevo cosa fare. Non avevo mai assistito qualcuno colpito da una freccia e leggendo queste scene nel novel mi parevano molto meno tragiche. Jin Ling sembrava sopraffatto dal dolore, quasi non avesse mai…

-È stato avvelenato- al suono della voce di Jing Cheng sussultai. Era roca e ansiosa, mentre l’uomo si inginocchiava al mio fianco ed esaminava la ferita con occhi attenti.

Gli tremavano leggermente le dita e, quando incrociò il mio sguardo, in fondo a quelle iridi tormentate dalla preoccupazione, potei scorgere ancora qualche scintilla di furia nei confronti del morto alle nostre spalle. 

-Ferro di sepoltura! Che possiate marcire in una tomba infestata, cani schifosi- esclamò balzando in piedi e ringhiando alla piccola folla che ci aveva circondati pur tenendosi a debita distanza. In un secondo, tutti sparirono, allontanandosi per la strada oppure oltrepassando la Porta per infilarsi in una delle vie laterali della città.

Stringendomi ancora di più il sofferente Jin Ling contro, alzai il viso e gli domandai cosa stesse dicendo, di spiegarsi meglio perché potessi capire. Si volse verso di me e mi fissò per un attimo smarrito, chiedendosi forse cosa non mi fosse chiaro. Poi comprese.

-Ferro di sepoltura- ripetè indicandomi l’asta che spuntava dal fianco del nipote -La punta di quella freccia è stata forgiata con una particolare lega che viene raccolta dai residui metallici dei corredi dei morti… ah, non sono un Maestro dei Lan, non ho studiato bene la teoria- si passò le mani sui capelli e si coprì il viso con le dita. Non lo avevo mai visto così sconvolto, ma dato che a rischio c’era la vita del suo erede, probabilmente potevo permettergli di perdere la calma.

-Non mi interessa la storia, voglio sapere cosa fa e come si cura- insistetti con determinazione, anche se cercai di risultare più gentile, dato il suo stato d’animo.

In silenzio, tornò ad inginocchiarsi vicino a me e al nipote, toccandogli con le punte delle dita la fronte bollente. Con il corpo tremante di Jin Ling tra di noi, ci guardammo negli occhi, io in attesa di una risposta e lui alla disperata ricerca della stessa.

-Respinge l’energia spirituale in quel punto, quindi la ferita non può guarire e lo porterà a morire dissanguato, oltre che tra atroci sofferenze. C’è un motivo se la creazione di armi con quel metallo è illegale in tutti i Clan- anticipò con un cenno di diniego la mia domanda successiva -Non la si può estrarre: se la si tocca, la punta si frantumerà diventando polvere ed entrando nel sangue, non chiedermi perché, non lo so- continuò, sgretolando le mie speranze.

Un mugolio sofferente da parte di Jin Rulan ci fece votare verso di lui, trovandolo semi incosciente con le palpebre che gli si chiudevano e le labbra esangui distese in un sorriso. 

-So che è una domanda un pò…- si interruppe per prendere fiato, immettendo aria nei polmoni a singhiozzi, squassato dal dolore che gli pervadeva la ferita non appena sollevava il busto per respirare -…impudente, ma potrei chiamarti… Zia?- mi chiese rafforzando la presa sulla manica della mia veste.

Impudente. Che vocabolo ricercato, pensai con una smorfia che sarebbe doveva essere un sorriso, se non fosse stato così macchiato di lacrime.

-Per quanto mi riguarda, Rulan, so resisti fino a che non troviamo una soluzione puoi chiamarmi anche Mamma- gli sussurrai dandogli un bacio sulla fronte cosparsa di gocciole di sudore. Gli stava salendo velocemente la febbre.

Distolsi lo sguardo dalle sue iridi limpide che mi fissavano colme di gioia anche se deturpate dalla sofferenza, e mi ritrovai a osservare il corpo senza vita del mercante che ci aveva attaccato. 

Mi salì la bile in gola, e questa volta non per l’odio. Il cadavere era sdraiato prono, la faccia grassoccia per metà schiacciata sulla sabbia, gli occhi neri spalancati che fissavano il vuoto. Gli usciva un rivolo di sangue dal naso ed il collo era piegato in una posizione innaturale, ma, a parte questo, fu solo la consapevolezza che era davvero morto a sconvolgermi.

Ok, è la prima volta che vedo un cadavere, ma non lo conoscevo… non era una brava persona, calma, mi ripetei aggrappandomi a Jin Ling con la stessa forza con la quale lui si stringeva a me.

Poi, i miei occhi offuscati dalle lacrime si soffermarono sull’arco massiccio che gli era scivolato di mano mentre lasciava questa vita, sulla faretra caduta vicino ai suoi piedi, piena di frecce. 

Respingono l’energia spirituale, quasi fossero due calamite di carica opposta, quindi… 

-Jiang Cheng- sussurrai talmente piano che nemmeno il suo udito da cultore potè sentirmi -JIANG CHENG- ripetei gridando e puntando il dito verso il corpo senza distogliere lo sguardo dalla faretra ancora piena.

-Cosa stai…?- si interruppe vedendo dove stavo indicando -Se non vuoi vedere cadaveri, mi sa che questo non è proprio il tuo mondo- sospirò avvicinandosi al corpo e sputandogli vicino con disprezzo.

-Ma chi cazzo se ne frega di quello- gli inveii contro, la pazienza ormai esaurita -Le frecce, le FRECCE! Portamele e posso curarlo, pezzo di cretino- aggiunsi gesticolando nella sua direzione ed esortandolo a muoversi.

Sulle prime non reagì alle mie parole, sconvolto come la madre di Mei Te nel momento in cui le avevo assicurato di poter salvare la figlia. Gli ci vollero cinque secondi abbondanti per assorbire il significato della frase.

-Le tue doti mediche…- iniziò, senza accennare a raccogliere quello che gli stavo ancora indicando e rischiando quindi di beccarsi un ceffone non appena Jin Ling si fosse ripreso.

-Ma che doti mediche e doti mediche!- gli urlai, furiosa come non mai -Semplice logica spiccia, mi stupisco che nessuno di voi ci sia arrivato prima, ma dato a quante poche donne permettete di studiare, ve lo meritate di essere così indietro con la logica- dissi, un insulto gratuito che non servì a nulla, ma che mi alleggerì la coscienza, almeno di un pò.

Ripresosi dallo shock che lo aveva immobilizzato, il Capo Setta di Yunmeng si prodigò a raccogliere la faretra e a corrermi accanto, porgendomela con sguardo speranzoso e carico di aspettativa. 

Prendendogli il viso tra le mani e facendo poggiare il capo di Jin Ling sulle mie gambe, gli feci cenno di respirare con calma per riprendere il controllo. Seguendo le mie istruzioni regolarizzò il fiato e tornò cosciente di sé.

-Ora tu andrai al Pontile del Loto e ordinerai di prepararmi una camera pulita, con un letto e tutti gli strumenti per medicare, poi fai chiamare un curatore che saturi la ferita dopo che avrò estratto la freccia, sono stata chiara?- gli dissi con determinazione, annuendo quando mi guardava confuso.

Gi spiegai che io avrei proseguito a cavallo con Jin Ling, perché ci serviva che la stanza fosse pronta all’arrivo del ragazzino, e io non potevo presentarmi da sola mentre lui portava Jin Ling sulla spada, visto che non mi avrebbero ascoltato, non essendo io nessuno.

-Potrei trasportarvi con Sandu- mi propose, anche se poi scosse la testa capendo il suo errore.

La spada, per quanto resistente, non era Bichen, e non sarebbe riuscita a sopportare il peso di tre persone, una delle quali per di più incosciente.

-Muovi il culo, non perdere tempo- lo spronai, spingendolo in avanti mentre salivo a cavallo. Prima di andare, Jiang Cheng mi aiutò a posizionarmi il corpo privo di sensi di Jin Rulan tra le braccia perché non cadesse, e successivamente si mise davanti al mio destriero, fissandolo negli occhi.

Il Frisone sbuffò, muovendo le zampe come se volesse calciarlo via, ma Jiang Cheng gli afferrò la criniera con una mano e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, annuendo insieme all’animale. Poi gli assestò una pacca sulla coscia.

Il cavallo partì al galoppo senza emettere alcun rumore, gli zoccoli massicci che battevano al suolo con forza sembravano paradossalmente leggeri, nonostante la mole dell’animale. Eravamo veloci come il vento, quindi sperai che Jiang Cheng arrivasse a palazzo prima di noi, seguendo un percorso in linea d’aria.

Cavalcare senza sella e dopo così tanto tempo senza allenarsi fu una vera tortura. Le cosce mi dolevano terribilmente e le braccia mi lanciavano fitte appuntite come stiletti, impegnate a tenersi alla criniera dell’animale e insieme a sorreggere il peso del corpo di Jin Ling.

Non mi arresi e continuai a spronare la mia cavalcatura, che orami sembrava non toccare più il terreno con gli zoccoli tanto correva. 

Senza che io gli dicessi dove svoltare o che vicoli scegliere, il cavallo sembrava consapevole della strada da prendere. Evitava la gente, che si scansava al nostro passaggio, e percorreva le vie di Yunmeng come se sapesse perfettamente come raggiungere la sua meta.

Se Jin Ling ha un cane spirituale, perché io non posso avere un cavallo con gli stessi benefici? Una destriero spirituale… non male

Furono i minuti più lunghi della mia vita. La frenesia che mi pervadeva le vene si era arrestata, quindi rimanevano solo l’ansia e la preoccupazione a raffreddarmi le dita fino a farmi pensare di star per congelare.

Chiusi gli occhi e strinsi a me il ragazzo, sperando che la sua ferita non peggiorasse mentre raggiungevamo la nostra destinazione. Se dovesse morire… non riuscii nemmeno a finire il pensiero.

 

 

Lo stallone si arrestò con un nitrito, stupendomi a tal punto che spalancai gli occhi per capire cosa fosse successo. 

Mi trovai davanti ad una struttura di legno che si affacciava su di un’enorme lago, con due lunghi pontili che portavano ad una coppia di chiostri che affioravano dall’acqua limpida. La residenza del Clan Jiang era enorme, elegante e sofisticata. Si capiva che era una costruzione quasi nuova, allestita dopo l’incendio della guerra dei Wen, ma il potere antico che aleggiava in quel posto era così denso da renderlo storico.

Non prestai molta attenzione alle decorazioni del colonnato o alle finestre drappeggiate da tende di seta viola, ma scesi dal mio cavallo, che intanto si era abbassato per permettermi di compiere il movimento più agevolmente, e cercai qualcuno che mi aiutasse a portare Jin Ling dentro.

Senza bisogno che chiamassi nessuno, due uomini disarmati e vestiti di grigio scuro, probabilmente due servitori, mi raggiunsero correndo, portando con loro una specie di barella simile a quella che si usava per trasportare fuori campo i calciatori infortunati: due lunghe sbarre di legno e della stoffa resistente che le collegava.

Mi aiutarono a posizionarlo sulla struttura e corsero all’interno della residenza con me alle calcagna. Il cavallo si mise a brucare l’erba vicino alla magione e io, preoccupata com’ero per Jin Ling, non pensai neppure di portarlo in una stalla.

Svoltando per i corridoi dell’enorme villa, giungemmo davanti ad una porta di legno che fu fatta scorrere dal primo servo, aprendola. Entrammo, adagiando Jin Rulan su di un lettino rialzato e coperto di stoffa bianca.

Jiang Cheng era nell’angolo destro della sala, vicino alla finestra chiusa, che guardava i movimenti lenti dell’acqua con la faretra ancora stretta tra le mani. Al nostro arrivo si diresse verso di me e fece cenno ai servi di uscire, restando pronti se avesse chiamato.

-Cosa puoi fare?- mi domandò non appena la porta fu chiusa, porgendomi le frecce e osservandomi in attesa. Decisi che potevo spiegargli tutto mentre lavoravo.

-Hai detto che questo ferro impedisce all’energia spirituale di rimarginare la ferita e fermare il sanguinamento, giusto? E che se si prova ad estrarlo si sbriciola?- domandai retoricamente afferrando i cinque dardi e spezzandone la punta, dividendo la cuspide dal fusto -Questi- dissi gettando a terra le aste di legno e mostrandogli i pezzi di metallo che avevo in mano -probabilmente a contatto col sangue ne assorbono abbastanza da raggiungere una carta pressione interna e, se rimossi una volta “gonfi”, di sgretolano perché perdono stabilità, avvelenando il corpo- spiegai con calma, prendendo dello spago dal tavolo pieno di ogni oggetto potesse servirmi e legandoli insieme in un mucchio compatto.

-Ok, credo di seguirti, ma…- lasciò in sospeso la domanda, invitandomi a continuare.

-Non possiamo toccarla o rimuovere le schegge se si frantumasse, ma se dovesse uscire spontaneamente, anche se ridotta a pezzetti più piccoli?- gli domandai mentre giravo Jin Ling su un fianco e gli tagliavo la veste all’altezza dello stomaco, dove la freccia sembrava essere affondata di circa cinque centimetri -Se questi pezzi di ferro creano un’aura per respingere l’energia spirituale, allora basterà creare una forza più intensa che rimandi l’energia verso la punta della freccia, e si sfilerà- gli spiegai, mettendo in atto ciò che avevo appena detto.

Quanto amo la fisica, è così logica, pensai fiduciosa. Speriamo valga anche in un regno con magie e spade volanti.

Il cultore mi fu a fianco mentre avvicinavo le punte alla schiena del nipote, tenendolo fermo e stabile quando appoggiai il metallo sulla pelle, dal lato opposto in cui si era conficcata la freccia.

Non feci nemmeno in tempo a preoccuparmi della possibilità che potesse non funzionare, che un bagliore tenue di luce gialla si sprigionò dalla ferita di Jin Rulan, simile ad una bolla che si gonfiava sotto la pelle e che spingeva fuori dal corpo l’oggetto indesiderato.

Quando però la freccia sembrava essere quasi del tutto uscita, il corpo del ragazzo sussultò, scosso da un fremito mentre si svegliava. 

Naturalmente, tra il dolore derivato dal pezzo di metallo che gli aveva perforato la pancia e il panico del non sapere che stesse succedendo, il giovane cultore si fece prendere dall’ansia e provò a liberarsi dalla presa dello zio.

Io, carezzandogli la tempia con la mano libera, gli feci capire che ero dietro la sua schiena, dove poteva vedermi solo con la coda dell’occhio, e gli dissi di calmarsi, che sarebbe finito tutto molto presto. Lui mi rispose con un singhiozzo lamentoso che mi fece incominciare a parlare di cose futili, sperando di distrarre dalla paura che stava provando.

-Sai, penso che chiamerò il mio cavallo Nocturne. Il nome l’ho scelto basandomi sulla mia composizione preferita di Chopin, il Notturno, opera 55 no 1- dissi con finta allegria, ridacchiando quando Jiang Cheng alzò un sopracciglio con fare scettico nella mia direzione -E anche perché è nero come la notte, in effetti- aggiunsi riservando al più piccolo un occhiolino che lo fece sorridere, per quanto il suo stato di dormiveglia sofferente gli permettesse.

Dopo alcuni secondi e con un sonoro tintinnio, la punta cadde sul pavimento, sbriciolandosi fino a diventare un mucchietto di polvere grigia. La ferita smise di sanguinare quasi subito, facendomi sospirare di sollievo. 

Buttai a terra le cuspidi che avevo in mano e, lasciando un’ultima carezza a Jin Ling, permisi al medico, arrivato pochi secondi prima e restato in silenzio fino ad allora, di dargli un sedativo.

Non ebbi nemmeno la forza di chiedergli perché non glielo avevano somministrato prima, anche se sentii vagamente il curatore affermare che per alleviare il dolore, le pozioni tenendevano a rendere instabili i poteri spirituali e che quindi sarebbe staro rischioso farlo durante l’operazione.

Le palpebre di Jin Rulan che si chiudevano furono l’ultima cosa che vidi prima di uscire fuori dalla stanza e camminare fino alla fine del corridoio che si affacciava su un lato alle acque del lago, appoggiandomi alla ringhiera in legno per riprendere fiato.

Sistemandomi con il busto che premeva contro le assi , respirai profondamente per un pò, cercando di placare il senso di vertigine. Ero ad un passo dallo svenire, me lo sentivo, ma non volevo permettermi id farlo.

Inspira ed espira, è tutto a posto ora.

Non mi accorsi di Jing Cheng che mi arrivava alle spalle con passo silenzioso fino a che non mi circondò il busto con le braccia, tirandomi a se e staccandomi dalla balaustra. Mi strinse al proprio petto fino a farmi male, poi mollò la presa e mi fece voltare nella sua direzione. Senza guardarmi in volto, fece scivolare il palmo calloso sulla mia nuca, avvicinandomi delicatamente a se e affondando il viso nei miei capelli. 

Giurai di averlo sentito sospirare e baciami lievemente il capo, anche se non sarebbe stato per nulla da lui.

-Grazie, Cristina- sussurrò con voce strozzata, lasciando scorrere lentamente la mano tra le mie ciocche scure e dandomi le spalle per incamminarsi nuovamente lungo il corridoio, verso la camera del nipote.

Fu la prima volta che lo sentii chiamarmi per nome.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Capitolo più lungo del solito, ve lo meritate. So che vi ho fatto penare molto nell’ultimo aggiornamento, perciò questo è per farmi perdonare. Non siete contenti? Se lo spezzavo a metà qualcuno mi uccideva, me lo sento.
Finale romantico, mi sto sciogliendo. Il Capo Setta in viola vestito che fa cose del genere mi fa volare. Cioè, ma quanto è tenero? Voglio coccolarlo.
Mi spiace per Jin Ling, ma questa era una mia idea fin da subito, della serie che sta scena era già in lista quando ho battuto la prima lettera della storia, vedete voi ;)
Io ferro di sepoltura non esiste nel novel, è una mia invenzione puramente a scopo narrativo. Nulla di tutto ciò viene mai nominato, quindi se vi mancava non era colpa vostra (anche se nell'antichità venivano usate frecce simili fatte di altri materiali per infettare i feriti con della polvere tossica).
Detto ciò, se a qualcuno fosse venuto il dubbio: “cuspide” è un modo per dire punta di freccia, anche se spesso con quel termine si indicano quelle di pietra, e non di ferro.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 14
*** Tredicesimo capitolo ***


L’amore a prima vista fa risparmiare un sacco di tempo 

 

 

La mattina dopo mi svegliai rannicchiata scomodamente su di una panca, avvolta in un mantello viola che non era lì quando mi ero addormentata. Il pomeriggio precedente era stato speso in attacchi di panico e visite al capezzale di Jin Ling da parte mia, mentre il ragazzino si lasciava coccolare con gioia e suo zio ci guardava scuotendo il capo. 

Dopo aver mandato un messaggero a Gusu per avvertire Lan XiChen che avevo trovato una cura per il Ferro di sepoltura, aveva passato tutta la giornata con noi, appoggiato con il fianco alla finestra, le braccia incrociate davanti al busto ed un ghigno soddisfatto sulle labbra.

Non aveva accennato al momento in cui mi aveva praticamente stretto a se per la disperazione, ma, dato il suo carattere, avrebbe evitato l’argomento come la peste, se glie ne avessi parlato.

Tanto meglio, ora non sono proprio in vena, pensai, sostituendo la pezza ormai asciutta sulla fronte di Jin Rulan con una più fresca e umida. 

La febbre stava diminuendo e si sentiva quasi del tutto in forze, la ferita già quasi rimarginata, ma quando aveva tentato di alzarsi lo avevo spinto a letto con un’espressione così furibonda che non si era più azzardato a muovere un muscolo.

Non che gli dispiacesse farsi viziare, anzi. Quando ero sparita per a mala pena cinque minuti per cercare un bagno, un servitore mi era venuto a recuperare con un’espressione accigliata che lo aveva reso molto buffo.

-Il vostro venerabile figlio vi cerca- aveva detto, probabilmente troppo scioccato dal fatto che ora Jin Ling, il suo Giovane Signore, mi chiamasse Mamma.

Ero corsa da lui così velocemente che avevo quasi urtato delle serve che trasportavano delle ceste cariche di fagotti di carne appena fatti, caldi e profumati. Glie ne avevo rubato uno continuando a correre, ringraziandole con un urlo a bocca piena e sentendo le loro risate che sfumavano nel lungo corridoio.

Quando ero arrivata nella camera del ragazzo, suo zio gli stava tirando un orecchio con aria di rimprovero, mentre Jin Ling piagnucolava con un broncio esagerato. Non appena mi avevano visto sulla soglia della porta, i loro movimenti si erano congelati, i visi in un attimo trasfigurati in espressioni di puro terrore.

-Cosa diamine state facendo voi due?- avevo domandato avanzando di qualche passo e portandomi le mani ai fianchi -Non ti avevo detto riposare?- avevo chiesto retoricamente al più giovane, che si era steso all’istante e mi aveva guardato innocentemente.

Jiang Cheng gli aveva rivolto un ghigno arrogante, divertito dal fatto che il nipote si stesse beccando una ramanzina mentre lui pensava di poterne uscire indenne. Ah, povero illuso.

-E tu- avevo infatti continuato, puntando il mio sguardo sul Capo Setta, che aveva spalancato gli occhi, colto in flagrante -Non hai dei compiti da svolgere? Intendi mantenere vivo il tuo Clan restando a poltrire tutto il giorno?- gli avevo fatto cenno di sloggiare, indicando la porta e mimando uno sgozzamento, nel caso non mi avesse dato retta.

-E togliti quel cerotto dalla guancia- gli avevo urlato dietro mentre fuggiva con tutta la dignità che è concessa ad un uomo con poteri magici che scappa da una donna disarmata e alta la metà di lui -Non può farti ancora male, dato quanto guarisce in fretta tuo nipote- avevo aggiunto lasciandomi cadere sulla panca sulla quale mi ero addormentata poco dopo, sfinita come non mai. Avevo vagato in un sonno senza sogni fino al tardo mattino successivo.

Ora sveglia e vigile, stesi le gambe davanti a me e mi piegai all’indietro appoggiando le mani dietro la schiena per non cadere. Fissai il soffitto per un paio di minuti, assaporando il silenzio fino a che Jin Ling non prese abbastanza coraggio per parlare.

Probabilmente sta valutando se mi è passato il momento di furia di ieri sera, pensai divertita.

-Come sta Nocturne?- mi domandò con occhi luminosi e lucidi, sperando di intenerirmi con domande personali ed espressioni tenere per poi sganciare la bomba.

-Bene- risposi diffidente, cecando di capire quale fosse il pensiero che voleva espormi e che lo terrorizzava tanto -Gli ho fatto portare da mangiare e questo pomeriggio andrò a lavarlo per bene- spiegai, sognando già di pettinargli quella bellissima criniera per renderla ancora più fluente.

Vidi Jin Rulan torturarsi le dita per nervosamente, giocando con particolare impegno con il bordo dorato della manica della sua veste. Era stato pulito e cambiato subito dopo essersi ripreso abbastanza da ordinare alle domestiche di portargli qualcosa di maledettamente elegante e scomodo da indossare.

A quanto pare, per fare belle figura con me si vuole mettere in tiro, avevo pensato, osservando con espressione accigliata la tunica bianca e d’oro con ricami sfarzosi che si era messo. Una delle cose più pompose che avessi mai visto.

-Lo zio mi ha detto di non dirtelo, ma è successa una cosa- sospirò e si mosse a disagio, tentando di mettersi a sedere per conversare meglio, ma arrendendosi quando il fianco gli lanciò una fitta di dolore.

Lo aiutati a sistemarsi i cuscini dietro la schiena e controllai che non sanguinasse, poi lo invitai a proseguire.

-Beh, a quanto pare c’è arrivata una lettera anonima che conteneva una minaccia ai tuoi danni- sputò infine, dopo aver tentennato per un pò sotto il mio sguardo ansioso -Ma non c’è da preoccuparsi, ora che se ne sta occupando…- si interruppe davanti al mio sguardo.

All’inizio ero rimasta scioccata da quella notizia. Chi può volermi fare del male? avevo pensato. Ma la preoccupazione era passata in secondo piano davanti alla furia che mi aveva annebbiato la mente.

Oh, questa non dovevi proprio farla.

 

 

Spalancai la porta degli appartamenti privati di Jiang Cheng con un calcio che spaventò le guardie all’ingresso.

I due poveri soldati, vestiti con le divise viola del Clan e con la spada al fianco, si lanciarono un’occhiata nervosa, senza però osare dirmi nulla. Il loro Capo Setta aveva dato espressivo ordine che io potessi girare liberamente in ogni stanza della loro residenza e che fossi autorizzata a fare ciò che più mi pareva.

-Può anche picchiare a sangue qualcuno di voi, se la infastidite- aveva detto mentre organizzava il mio soggiorno nel loro territorio -E ne è capacissima, fidatevi- aveva aggiunto con un ghigno indicandosi la guancia livida ormai in via di guarigione, e sconvolgendo i suoi sottoposti.

Dopo quell’avvertimento, nessuno aveva mai tentato di cacciarmi da una stanza o mi si era rivolto in modo scortese.

Quando entrai nella stanza principale dei suoi alloggi, Jiang Cheng non c’era. Il salottino di cortesia in cui mi trovavo era semplice e ben arredato, probabilmente seguendo lo stile del vecchio studio del padre, dato che WanYin non sembrava il tipo da dedicarsi alla scelta dei mobili.

C’erano due porte, sulla parete difronte a me. Una presupposi portasse alla stanza della vasca, quello che loro si rifiutavano per oscuri motivi di chiamare bagno. L’altra doveva essere quella per la sua camera da letto.

Pensandoci, arrivai alla conclusione che potevo attenderlo in grande stile, magari seduta davanti a quella bella scrivania con la fatidica lettera in mano, pronta a saltargli alla gola non appena fosse entrato.

Ne sentirà tante, ma così tante, che non scorderà questo giorno per i prossimi dieci secoli.

Frugando tra i cassetti e gli inutili fogli che ricoprivano il tavolo di legno, trovai una pergamena che spiccava tra tutte, l’inchiostro rosso e il sigillo rotto che originariamente la manteneva chiusa bianco come le divise dei Lan.

Ovviamente, non ci capii nulla. Non avevo studiato il cinese, e qui pochi ideogrammi che conoscevano erano irriconoscibili tra i mille segni scarlatti che ricoprivano il foglio.

Cosa dovrei fare ora? Mi trovo in un mondo in cui qualcuno mi vuole presumibilmente morta e non so nemmeno leggere le sue minacce. Mi massaggiai le tempie, un mal di testa imminente.

In quel momento, dietro di me, sentii le porte aprirsi e la voce di Jiang Cheng che diceva qualcosa alle guardie, mentre loro tentavano di avvertirlo che non era solo nella stanza. Se ne accorse da solo, però, quando gli lanciai addosso un vaso decorativo di metallo che si trovava sulla sua scrivania.

Come promesso, mi ha fatto incazzare e gli ho lanciato contro la prima cosa che ho trovato, mi dissi fiera di me stessa.

Fortunatamente per lui, l’oggetto si schiantò contro la colonna vicino al suo viso, spaccandosi in due metà, dov’era stato saldato, che caddero al suolo con un tonfo. L’espressione di sconcerto sul suo volto quasi mi consolò abbastanza per soddisfare la mia rabbia. Quasi.

-GRANDISSIMA TESTA DI… ah, non trovo neppure un insulto abbastanza offensivo per descriverti- gli gridai contro, ignara che dietro di lui, un’ospite inatteso stava attendendo che mi calmassi per fare la sua comparsa oltre lo stipite della porta -Nascondermi una cosa del genere, ma dico io, ti pare sensato? Si tratta della MIA vita che viene minacciata, non puoi tenermi all’oscuro e farmi da padre e padrone, pezzo di merda!- strepitai schiaffandogli la lettera sul petto e fissandolo.

Impallidito di dieci tonalità, il Capo Setta diede un’occhiata alle sue spalle e sussurrò a mezza voce un’implorazione.

Lan XiChen fece capolino da dietro la porta solo quando fu sicuro che non volassero più oggetti contundenti e che io mi fossi sfogata abbastanza da permettere un dialogo. Mi sorrise cordiale e si inchinò rispettosamente.

-Perché non ne parliamo fuori?- domandò fingendo che non fosse successo nulla e porgendomi il braccio da vero gentiluomo, anche se compresi che mi sarei dovuta accontentare di appoggiare semplicemente la mano sull’intento del suo gomito, come tradizione voleva -Magari davanti ad una tazza di tè si potrà trovare una spiegazione a tale comportamento, che dite?- e senza aspettare risposta mi condusse verso il corridoio.

Che contegno, pensai divertita, scoccando a Jiang Cheng un’ultima occhiata fiammeggiante e seguendo il cultore di Gusu. I lievi passi dietro di noi mi fecero intuire che WanYin ci stava a qualche metro di distanza, forse per paura di un mio altro scatto rabbioso. 

-Ero venuto qui per darvi un’oggetto che mi è stato recapitato da una donna per voi, ma aspetterò che si svolgano i chiarimenti, prima- spiegò, ignorando la mia occhiata curiosa.

Giunti vicino ad uno dei cortili, Lan XiChen salutò i discepoli che stavano finendo i loro allenamenti e gli chiese se avremmo potuto usare quella zona per parlare, mentre loro mangiavano e si prendevano una pausa.

I ragazzi annuirono sorridenti, osservandomi con curiosità e raccogliendo in fretta le loro cose per spostarsi all’interno, lasciandoci soli. Uno di loro, alto e belloccio, posandomi vicino mi occhieggiò ammiccando. In risposta, mossi la gamba su cui era allacciato il regalo che mi aveva fatto Jin Ling quella mattina, mettendolo in mostra.

Il fodero dorato del mio nuovo pugnale brillò alla luce del sole alto, riflettendosi sulla faccia ora intimorita del giovane. Con un ghigno, lo superai ancheggiando.

Quanto mi sento potente, risi dentro di me, sfiorando delicatamente l’arma con le dita.

Era un tipico stiletto occidentale, importato da chissà dove e comprato ad un pezzo altissimo al mercato nero. Aveva la forma di una croce d’oro con una pietra violetta sul pomolo arrotondato. La lama era lunga poco più del mio palmo e l’impugnatura era torchiata come un tronco di quercia, la guardia decorata da foglie intarsiate.

Jin Rulan mi aveva detto che era troppo vistoso per essere usato davvero nei combattimenti, e che quindi per lunghi anni aveva fatto la polvere in armeria. Preferiva darlo a me perché mi difendessi, piuttosto che lasciarlo inutilizzato.

Ci sedemmo sotto il lussuoso gazebo che si trovava nel bel mezzo del cortile, il tavolo già apparecchiato e il tè fumante pronto per essere versato. L’efficenza dei domestici non era neppure da mettere in discussione.

Quando tutti e tre fummo accomodati e serviti, passò qualche minuto di silenzio, prima che Jiang Cheng tentasse di parlare.

-Non te l’ho detto perché posso occuparmene io, devi capire…- non fui io a interromperlo, anche se avrei voluto, ma la voce di Jin Ling, che si avvicinava a noi zoppicando velocemente.

-Zio, peggiori la situazione così- gli gridò correndoci incontro e appoggiandosi a me quando ci raggiunse -Lei è arrabbiata proprio perché glie lo hai nascosto- aggiunse con un sospiro, scuotendo ill capo.

Io feci per rimproverarli entrambi, perché nessuno dei due aveva veramente pensato a cosa volessi io, ma Lan XiChen mi precedette, perdendo parola con un lieve fruscio di vesti. Appoggiò la tazza sul tavolo e mi guardò.

-Non è arrabbiata- si fermò e ridacchiò piano -Forse solo un pò, in effetti. Prima di tutto, però, è spaventata- disse con un sorriso calmo sul volto pallido, senza smettere di tenermi legata con lo sguardo alle sue iridi castane.

Provai ad aprire bocca per ribattere che no, non avevo affatto paura, ma le parole mi morirono in gola. Era vero, ero terrorizzata dal fatto che qualcuno mi volesse morta, ma come potevo dirglielo senza apparire debole? 

No, non lo avrei fatto, se solo il cultore di Gusu non lo avesse spiegato da se. Troppo orgoglio, come diceva mia madre.

-È che non sono fatta per questo cose, è tutto così difficile! Vorrei tanto che Elisa fosse qui con me- sussurrai a nessuno in particolare, sospirando esausta -Lei saprebbe risolvere questo…- venni interrotta da un rumore strano, qualcosa che non avevo mai sentito.

Sembrava a metà tra un fischio acuto e uno scoppio di cannone, se i due suoni fossero capaci di mischiarsi senza sovrastarsi a vicenda. Il fastidio che provocava alle mie orecchie me le fece tappare con le mani, i timpani pronti ad esplodere.

-Che cazzo è?- domandò con un ringhio Jiang Cheng, avvicinandosi a me e mettendomi una mano sulla schiena senza toccare davvero, tenendo l’altra sull’impugnatura della spada. Invano tentava di sopportare il rumore assordante senza troppe smorfie. Jin Ling mi aveva imitato, riparandosi le orecchie con le mani e guardandosi intorno per capire da dove provenisse quel lamento lugubre.

Lan XiChen sembrava il più scosso di tutti, un’espressione sofferente sul viso. Abituato com’era ai suoni melodiosi e armonici, doveva essere una vera tortura per lui.

-Io non so cosa…- nuovamente, non riuscii a completare la frase, questa volta fermata da Jin Rulan, che mi tirava per la manica e mi indicava il cielo.

Nel limpido azzurro sopra le nostre teste, a circa dieci mentre d’altezza, si era aperta una crepa nera, come se la volta celeste fosse un dipinto e qualcuno ci avesse aperto uno squarcio con un paio di forbici, infrangendo la superficie liscia che tenga tesa la tela. Attorno al taglio, infatti, la zona celeste era rattrappita, quasi spiegazzata.

Mentre il suono si fermava, l’unica cosa che potei fare fu rimanere a bocca aperta. Ma che diamine è? Siamo finiti in Doctor Who? Supernatural? Non mi pare che il Mo Dao Zu Shi abbiano mai nominato squarci interdimensionali.

Proprio quando pensai che non potesse esserci nulla di più strano, dalla crepa fuoriuscì una figura, precipitando verso di noi a gran velocità. Prima che potessi avvertire tutti di spostarsi, Lan XiChen, da bravo discepolo di Gusu, si era già alzato per spostarsi pochi passi a destra, quel che bastava per trovarsi nel punto esatto di atterraggio.

Con un tonfo e un gridolino di stupore, la donna precipitata dal cielo, perché si trattava proprio di questo, finì tra le braccia del cultore in bianco vestito, smuovendolo solo di poco, nonostante l’evidente velocità con cui era caduta.

Capelli tinti di azzurro acceso, occhi grandi e color grigio chiaro, neo sulla narice destra, labbra a cuore spalancate in un urlo smorzato dall’atterraggio… 

-Elisa?!- dissi sorpresa, incapace di alzarmi per via dello shock. Se solo il mio desiderio di averla lì l’aveva trasportata da un’altro mondo, avrei potuto fare grandi cose, in futuro. 

Ci guardammo entrambe con stupore e confusione.

Prima che potesse aprire bocca per parlare, mentre ancora mi fissava senza sapere cosa dire, la sua attenzione fu richiamata da colui che ancora la teneva tra le sue braccia.

-Perdonate se cedo alla curiosità, ma siete una dea celeste?- domandò con un sussurro Lan XiChen, che la stava fissando così intensamente da sembrare pronto a mangiarsela. Se fossimo stati in un cartone animato, non avrebbe sbattuto le palpebre per non distogliere lo sguardo da lei.

Tale padre…

-No, ma se non le togli le mani di dosso ti faccio vedere le stelle- ringhiai assottigliando gli occhi.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Prima di tutto, la citazione. L’amore a prima vista fa risparmiare un sacco di tempo è una frase che ho letto su un cartellone pubblicitario a Bologna, se non sbaglio (probabilmente era in un’altra città… già). Mi è rimasta impressa, ho riso molto leggendola.
Secondariamente, parliamo del mantello di Jiang Cheng: nel novel e nel donghua non viene nominato ne fatto vedere, ma nel live action c’è sta cosa fighissima, quindi ve la brincate pure qui. Mantello tipo Superman, ma viola… oh si!
È arrivata Elisa, finalmente. Ora i personaggi sono al completo e posso procedere con la storia senza intoppi :)
Piaciuto il colpo di fulmine? E la gelosia tra amiche del cuore? Ragazzi, a me capita di voler pestare a sangue qualcuno che si avvicina troppo a Preciosa: logico.
Comunque non mi voglio dilungare, quindi grazie per aver letto e buona serata.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 15
*** Quattordicesimo capitolo ***


I disastri giungono sempre in coppia

 

 

Non ci fu bisogno che ammazzassi nessuno, anche se la mia minaccia arrivò forte e chiara alle orecchie del cultore di Gusu. Avanzando con passo marziale, mi fermai davanti alla coppia, tenendo le mani in avanti e aspettando che Elisa si sporgesse verso di me per afferrarle.

Lan XiChen esitò per qualche lungo secondo, tentennando nel distogliere lo sguardo dal viso sconvolto della mia migliore amica, quasi gli fosse difficile staccarle gli occhi di dosso. Sembrava provare sofferenza fisica al solo pensiero di lasciarla andare.

Oh ma dai, non ti sembra di esagerare?

Quando però la ragazza tra le sue braccia prese a dimenarsi per raggiungermi, la rilasciò lentamente, facendo scorrere con delicatezza le dita candide sui suoi fianchi mentre la posava a terra. Ritrovandosi all’improvviso con le mani vuote, le intrecciò all’altezza del grembo per evitare di sporgersi di nuovo per premersela addosso. 

Strinsi a me Elisa, che si era fiondata senza indugi su di me per abbracciarmi forte. Cercò invano di nascondersi dietro il mio corpo, tentativo ridicolo, dato che mi superava di parecchi centimetri. 

Però, anche se era la ragazza più alta che avessi mai conosciuto, con il suo metro e settantatre veniva comunque sovrastata da Lan XiChen di più di mezza testa. Io, in quel gruppo, mi sentivo un bonsai.

Maledetti alti, pensai rammaricata, stringendo la mia amica e cercando di calmarla. Dopo il volo che aveva fatto, precipitando nel vuoto senza sapere dove fosse finita, aveva i capelli celesti spettinati e gli occhi ancora sgranati dallo shock. 

-Cry, che cos’è successo?- mi chiese esitante, osservando stupita l’ambiente che la circondava e scuotendo il mio braccio, a cui si era aggrappate come un koala -Sei sparita all’improvviso dalla mia vista e poi sono stata risucchiata da quella strana crepa che…- la interruppi, conducendola a sedere e osservandola. Indossava gli stessi abiti del giorno in cui ci eravamo viste l’ultima volta, prima che mi risvegliassi nel bel mezzo di un bosco con Wen Ning che incombeva su di me. 

Il maglioncino bianco le cadeva morbidamente sui fianchi stretti e sui polsi, lo scollo a V poco pronunciato e decorato da perline in tinta coi capelli le metteva in mostra le clavicole. I pantaloncini corti erano i suoi jeans preferiti, che indossava ogni volta che il clima le permetteva di non gelarsi le gambe, quasi del tutto scoperte.

Per la fortuna dei miei salvatori, a cui sarebbe venuto un attacco di cuore nel vederla con degli shorts a mezza coscia, aveva indossato delle calze leggere al di sotto dei pantaloni, semitrasparenti ma con delle decorazioni composte da stelline candide che coprivano la pelle. Le calzature erano delle semplici scarpe da tennis blu, ma per renderle più “nel suo stile”, ci aveva fatto disegnare sopra da una nostra amica artista la Notte stellata di Van Gogh.

Appoggiando lo zainetto color cachi sul tavolo, mi seguì a sedere, mentre le domandavo cosa intendesse con la frase “Sai sparita all’improvviso”. Non avevo mai pensato potesse essere passato meno tempo nella mia realtà, ma questo avrebbe consolato la mia preoccupazione rispetto ai miei genitori, che credevo già disperatamente afflitti dalla mia scomparsa.

-Eri davanti a me, fuori dalla libreria, e ad un certo punto hai fatto… puff- disse, mimando con le mani una specie di piccola esplosione, aprendo e chiudendo le dita -Non capivo cosa fosse successo, ma dopo tipo cinque secondi sotto i miei piedi si è spaccato il pavimento con questa crepa enorme e sono caduta fino a…- si interruppe e indicò Lan XiChen, che la fissava non perdendosi nemmeno un movimento della mia amica.

Altro che colpo di fulmine, pensai distrattamente, qui mi sa che lo abbiamo perso.

-Ma dove diamine siamo?- domandò infine Elisa, spaesata e con quello sguardo supplichevole che le avevo visto troppe volte in viso, quando doveva convincermi a fare qualcosa che sapeva avrei voluto evitare -Cry…- mi implorò ancora.

Io presi fiato per spiegarle tutto, magari con calma e con la giusta dose di pause per farle metabolizzare il fatto di essere finita con me in un romanzo che a conti fatti non era reale. Purtroppo, non ero mai stata una persona con troppo tatto.

-Siamo finite in Mo Dao Zu Shi- le dissi senza mezzi termini, ammutolendola del tutto. Quando, passati un paio di minuti di silenzio, provò a parlare, la anticipai -Non sto scherzando, te lo giuro, credimi- supplicai chiudendo gli occhi e abbassano la testa.

Gli attimi che seguirono la mia dichiarazione furono lunghi e immobili, il vento tiepido primaverile che calmo si infiltrava sotto il gazebo e ci sfiorava i vestiti. Rabbrividii senza provare davvero freddo.

-Ok- sentii sussurrare dalla voce sottile di Elisa, resa ancora più fioca dallo stupore. Alzando lo sguardo, ritrovai la mia amica china su di me, le mani in procinto di afferrarmi le spalle -Ok- ripetè con maggiore sicurezza, gli occhi ancora spalancati e un sorriso che le nasceva pian piano sulle labbra.

Non seppi chi fosse stata la prima a muoversi, ma in un attimo ci trovammo abbracciate, i visi seppelliti l’una nel collo dell’altra e i vestiti che si spiegazzavano sotto l’indelicatezza delle mani che li stringevano con una punta di disperazione. Elisa pianse, io singhiozzai a vuoto.

Dio, mi è mancata più di quanto pensassi

-Dopo dovrai spiegarmi tutto per filo e per segno- mi sussurrò mentre ci separavamo -E non osare tralasciare nulla- ridacchiò mentre si asciugava il viso, fortunatamente senza trucco, con le maniche del maglione.

Jin Ling e Jiang Cheng ci stavano attorno in religioso silenzio, fingendo di non vederci e di essere concentrati nel fissare le varie porte delle stanze che circondavano il cortile. Lan XiChen occhieggiava la mia migliore amica con interesse ed esitazione, cercando comunque di apparire discreto mentre valutava se farsi avanti per porgerle un fazzoletto.

Quando finalmente ci staccammo, tutti e tre si presentarono all’ancora sconvolta Elisa, che nonostante tutto gli sorrise raggiante. Ci furono una sequela infinita di inchini, da parte dei ragazzi, e di risatine imbarazzate, da parte della mia amica, emozionata come mai l’avevo vista.

-Scusa- domandò Jin Rulan, che aveva già capito che poteva essere informale allo stesso modo con lei che con me -Sei sua sorella?- inclinò il capo e ci guardò vicine, le nostre mille differenze fisiche contro il nostro affetto reciproco.

Elisa mi prese a braccetto e si illuminò con un gran sorriso, il secondo da quando era arrivata. Io alzai lo sguardo per incontrare i suoi occhi chiari e mi lasciai scappare un ghigno divertito.

-Certo che si- dissi con sicurezza, tornado a volgermi verso i cultori -Come Wei WuXian è il fratello di Jiang Cheng- aggiunse Elisa per me, sollevando un sopracciglio davanti alla smorfia sul volto dell’uomo vestito di viola.

Quando fece per dire qualcosa, magari insultandola o tentando di intimidirla, io gli rifilai un’occhiata di avvertimento, distraendo al contempo Elisa con l’arrivo di una Fata scodinzolante che correva incontro al suo padrone.

-Oh mio Dio- gridò girando intorno a Lan XiChen, che sembrò vagamente deluso dell’essere ignorato per un cane, e raggiunse l’animale con le braccia aperte -Ma chi è il più bel cucciolo del mondo? Chi è?- disse mentre la coccolava e le accarezzava il muso. Inizialmente l’animale sembrò stupito delle attenzioni ricevute, guardando diffidente la mia amica che gli si approcciava, ma poi il desiderio di affetto ebbe la meglio e si appoggiò tranquillo alla ragazza.

-Ma sta bene?- mi sussurrò sotto voce Jin Ling, indeciso se intervenire per salvare il suo fedele compagno o lasciare che "la matta" se lo spupazzasse a suo piacimento.

Io risi silenziosamente ed annuii, dirigendomi verso Elisa e sollevandola praticamente di peso per staccarla dal cane. Piagnucolò come se la stessi torturando, ma si lasciò riportare a sedere senza troppe lamentele.

-Senti, che ne dici se ti spiego tutto sta notte e intanto pensiamo a mangiare, dato che io sto morendo di fame- le proposi, sapendo bene che non avrebbe rifiutato. 

Con gli occhi che le si spalancavano, si alzò con un balzo e si voltò verso i tre uomini, domandando se fosse possibile pranzare. Jiang Cheng richiamò un domestico e gli ordinò di portare del cibo per tutti e cinque, e che le cuoche avrebbero dovuto preparare qualcosa di speciale per le ospiti affamate.

-Mia Signora, vi prego, sarete esausta- fece cortese Lan XiChen, facendo cenno ad Elisa di sedersi di fianco a lui, che si era appena accomodato su una sedia -Sarebbe un vero dispiacere per me… per noi, se voi vi sentiste male per via della stanchezza- aggiunse eccedendo un pò con la gentilezza, ai miei occhi. Se voleva fare colpo su una donna in quel modo, si sarebbe ricreduto capendo di apparire più come un padre apprensivo che come un corteggiatore.

Non posso sopportare questo teatrino a lungo, pensai sbuffando, sedendomi tra Jiang Cheng ed Elisa con malagrazia e afferrando uno dei panini dolci che i servitori stavano portando su dei vassoi di legno.

Quando la tavola fu imbandita, io e la mia amica ci guardammo sorridenti, pronte per gustarci un pasto tipico cinese in santa pace. Lei decise di cominciare con la carne di manzo, mentre io mi presi due cosce di pollo arrosto e una buona porzione di riso.

Sorridendo e mescolando la zuppa di funghi neri che stavo per servire a Jin Ling, impaziente e con la ciotola tesa verso di me, lanciai una frecciatina alla mia compagna.

-Mi sa che, anche se il tuo desiderio più grande è di visitare Gusu, cosa che sono certa renderebbe entusiasta ZeWu-Jun 1- feci cenno a Lan XiChen, che arrossì a partire dalle orecchie, nascondendosi dietro la tazza di ceramica mentre beveva un sorso si tè -non potrai proprio andarci, sulla tua cara montagna- finii, porgendo a Jin Rulan anche una manciata di stracetti affumicati di maiale.

-E perché scusa?- si indignò Elisa, afferrando un pezzo di tofu e immergendolo nella salsa agrodolce che le porgeva Lan Huan. Il poverino era stato ignorato fino a quel momento, ma sapevo che presto si sarebbe pentito di aver desiderato le attenzioni complete della mia amica. 

Una volta ambientata un pò, mi sa che gli si appiccicherà addosso come una cozza, pensai tra me e me, goditi il momento

-Beh, lo sai, lassù sono quasi tutti…- lasciai passare una pausa enfatica, rigirandomi nel piatto una fetta di zucca bollita che avevo avanzato -…vegetariani- completai con un sussurro indignato, osservando le reazioni della ragazza all’altro capo del tavolo circolare.

Il rumore delle bacchette di legno che cadevano sul suo piatto e la sua espressione di sconforto totale mi soddisfaranno più del dovuto. Quando la vidi posare lo sguardo sulle ciotole piene di maiale, anatra e manzo che le stavano difronte, pensai sarebbe scoppiata in lacrime.

-Ma io ho bisogno della carne- disse con voce lamentosa, girandosi verso Lan XiChen, che le stava vicino, e tirandogli una manica -Perché il tuo Clan non si da una svegliata? Proprio le verdure dovevate scegliere?- gli domandò schiettamente, forse più come battuta di spirito che come critica vera e propria.

Lui, comunque, non ebbe la concentrazione adeguata per offendersi. Quando Elisa gli si era appoggiata addosso, aveva smesso di respirare ed aveva stretto le labbra in una line sottile. 

Vedendolo assumere una tonalità di viola che avrei definito preoccupante, gli domandai ridendo se non potesse spiegare alla mia amica da dov’era nata la loro reticenza verso l’uccisione di animali. Per fortuna, questo gli fece riprendere fiato con un’ansito e iniziare a raccontare, non distogliendo mai gli occhi da lei, che non so come sembrava non essersi accorta di nulla.

Approfittai della loro distrazione per voltarmi verso Jiang Cheng, che li osservava con in viso la smorfia di qualcuno che sta decidendo se vomitare o alzarsi e andarsene. Attirando la sua attenzione, gli rivolsi un sorriso velenoso.

-Non credere che mi sia dimenticata della lettera- sussurrai servendomi un’altra porzione di riso e abbondando con la carne, questa volta di pollo -Dopo facciamo i conti, e non sarà una bella esperienza per te- lasciai una carezza sulla guancia di Jin Ling, che fedelmente mi aveva riferito quello che suo zio mi aveva tentato di nascondere, e continuai a mangiare.

I minuti passarono in fretta, tra chiacchiere e cibo, ma l’atmosfera non si era ancora del tutto calmata, pur essendo molto meno tesa che all’inizio. Spezzammo le differenze sociali poco a poco, con risate e battute sparse per alleviare la tensione.

-Ma per voi che lingua parliamo?- domandò ad un certo punto Elisa, fissando per la prima volta anche gli altri due ospiti con vero interesse -Perché io e Cristina non sappiamo il cinese, e voi di certo non capite l’italiano- aggiunse gesticolando e frugando nel suo zaino per estrarne il telefono.

-Che stai dicendo?- brontolò Jiang Cheng, che da solo si era finito due interi fagiani e tre porzioni di congee salato -Ovvio che parlate la nostra lingua, e anche abbastanza bene, direi- continuò con una specie di inchino del capo nella mia direzione, quasi a volersi complimentare.

Sorrise nervosamente osservando la mia reazione, e solo allora capii che stava cercando di complimentarsi con me per ottenere il mio perdono e sfuggire alla ramanzina per la lettera.

Ah si, è questo il gioco ora? riflettei irritata e oltraggiata per quel pessimo tentativo di corruzione.

-Pensi che le lusinghe ti terranno in vita? 2- sibilai, infilzando le bacchette in verticale nel riso, gesto che si doveva evitare in qualunque occasione perché considerato di malaugurio, dato che era un’usanza funebre.

Al tavolo sussultarono tutti e tre gli uomini. Jiang Cheng fece persino un movimento nervoso sulla sedia, quasi non trovasse una posizione abbastanza comoda.

Jin Ling ci tirò fuori dalla lite con un gesto seccato, afferrando le bacchette con le mani e riponendole vicino alla ciotola. Scosse la testa nella direzione dello zio e si rivolse a me per domandarmi altro riso. Non voleva che litigassimo oltre, quindi lo accontentai, standomene zitta.

-Beh… dicevamo?- riprese Elisa per smuoverci da quella tensione che aveva ammutolito il pranzo -Ah si, la lingua. Sono sicura che si tratti di una specie di traduzione automatica, ma vorrei vedere fino a dove si spinge- completò la frase sventolando in aria il suo cellulare e guardandomi negli occhi. Sorrise quando capì che avevo compreso le sue intenzioni.

Ah, questa non l’avevo pensata, mi dissi, chiedendomi come fosse possibile che non mi fossi chiesta una cosa così basilare.

-Ora vi farò sentire delle canzoni su questa… scatola magica- ridacchiò non sapendo come altro descrivere il suo telefono senza confonderli ulteriormente -voi mi dovete dire se capite le parole o no, ci siete?- domandò, precipitandosi a scegliere una canzone non appena i tre uomini annuirono.

Certo, se una qualche magia traduce la nostra lingua se la pronunciamo, le canzoni inglesi loro non le potrebbero capire… e magari il cinese gli è totalmente incomprensibile, se sentito attraverso una registrazione, riflettei. 

-E se poi noi dicessimo una frase in cinese, loro sentirebbero la nostra pronuncia o verrebbe tradotta in italiano e poi nuovamente in cinese perché la possano capire?- domandò ancora tra se e se, mentre i cultori la guardavano straniti. Lan XiChen era l’unico che appariva affascinato, mentre Jin Ling e Jiang Cheng la fissavano con le sopracciglia sollevate in un’espressione di puro sconcerto.

-C’era proprio bisogno di te- le dissi con un sorriso, sinceramente sollevata dall’avere lì con me qualcuno che mi capiva così bene. Comprendersi al volo era una delle nostre migliori qualità.

-Lo so, senza di me sei persa, tesorino- rispose facendomi l’occhiolino e mettendosi in bocca un fagotto caldo ripieno di miele e noci, il sorriso ancora presente sul volto.

 

 

Passammo tutto il pomeriggio seduti sotto quel gazebo, testando teorie che ci venivano in mente sul momento e divertendoci a prenderci in giro. Era venuto fuori che se tenevamo di parlare la loro lingua volontariamente, non solo non veniva tradotta, ma eravamo anche costrette a ripetere all’infinito perché interpretassero le nostre parole.

A quanto pare, in cinese facciamo schifo, mi ritrovai a pensare mentre ridevo di Elisa, arrossita all’inverosimile e nascosta dietro di me per l’imbarazzo.

-Ora basta, mi sa che noi ce ne andiamo in stanza a parlare- dissi quando il sole fu quasi calato oltre l’orizzonte e l’intera baia del Pontile del Loto si tinse di quel rosso fuoco che avevo sempre ammirato in foto -Ci siamo conosciuti meglio, ma è il momento delle spiegazioni per Elisa, quindi buonanotte- continuai, salutando i due adulti con un lieve inchino e Jin Rulan con un abbraccio impetuoso ma delicato, dato che era ancora ferito. 

Mia "sorella" si inchinò profondamente, ringraziando più volte il Capo Setta in viola vestito per l’ospitalità e Lan XiChen per averla afferrata al volo mentre cadeva.

-Non è stato un gran problema, sono molto forte- le rispose impacciato, cercando di sorridere disinvolto ma riuscendo solo a peggiorare la situazione -E con questo ovviamente non voglio dire che voi pesiate troppo perché qualcuno possa sollevarvi… intendo che non è stato un gesto così faticoso. Vi auguro un buon riposo, in ogni caso- finì per mormorare, conscio di star sproloquiando e di non essersi distinto per intelligenza, in quel momento. 

Elisa, per qualche motivo, lo trovò tenero, e ridacchiò lusingata, arrossendo e riservandogli un dolce sorriso.

Mentre percorrevamo il corridoio verso la mia stanza, comunque, vidi Jiang Cheng che dava un colpo sulla spalla del cultore dei Lan con un sorrisetto derisorio, congedandosi anche lui con leggera ironia.

-Spero che riposiate bene anche voi, Signore- lo sbeffeggiò imitando il tono acuto di un’oca giuliva e ridendo di gusto nel vederlo stringere le labbra in imbarazzo -Certo che voi di Gusu avete dei gusti discutibili, eh?- disse prima di allontanarsi con Jin Rulan al seguito, che intanto chiamava Fata per farsi raggiungere.

Quando io ed Elisa arrivammo in camera, calò il silenzio.

Entrammo con calma, ci sedemmo sul letto l’una di fianco all’altra e guardammo la parete di fronte a noi per un tempo che mi parve infinito. Il buio avvolgeva la stanza come un mantello, dato che all’esterno c’erano solo le luci fioche delle lampade sul limitare dei pontili ad illuminare la notte.

Avevo molte cose da dirle, ma allo stesso tempo nessuna. Ero lì da pochi giorni più di lei e non avevo fatto nulla di concreto per capire cosa mi fosse realmente successo. Cosa dovrei dirti, per davvero?

-Senti…- iniziai, venendo però interrotta da un suo gridolino e dal suo abbraccio che mi tolse il fiato dai polmoni.

-SIAMO DAVVERO IN MO DAO ZU SHI, TE NE RENDI CONTO?- urlò balzando in piedi, iniziando a saltare per tutta la stanza agitando le braccia in aria e incitandomi con gesti eloquenti a raggiungerla nel suo atipico modo di festeggiare -Non fare quella faccia, so che stai pensando alle questioni pratiche eccetera, ma io in questo momento non posso fare altro che essere stra super iper mega felice- continuò sorridendo a trentadue denti.

Ci pensai un pò, guardandola frugare per tutti gli angoli della stanza ed esaltarsi per ogni minima cosa che trovava, compresi i cuscini e le lenzuola del letto. In effetti, anche se fosse stato per una qualche maledizione, un fenomeno così quando mai ci sarebbe ricapitato, nella vita?

Godersi il momento, perché per essere felici bisogna rischiare, giusto?

-Ok- la assecondai, facendomi trascinare in piedi e seguendola nella sua danza della gioia con un sorriso sulle labbra -Ma prima devi chiarirmi una cosa- le dissi, fermandola un attimo con le mani lungo i fianchi. Le tenni fermi i polsi per evitare che mi lanciasse addosso qualcosa, quando l’avrei provocata.

Annuì silenziosa, capendo di dovermi accontentare per potersi godere la "gita nel mondo fantasy" che si era già immaginata di compiere, visitando tutte le Sette e conoscendo i suoi personaggi preferiti resi realtà da quella strana situazione.

Al suo assenso, mi sporsi verso di lei facendole cenno di abbassarsi per poterle sussurrare il segreto all’orecchio. Curiosa, si chinò verso di me con le sopracciglia aggrottate.

-Ti sei resa conto che Lan XiChen voleva saltarti addosso, vero? Perché dovresti assecondarlo per pietà, quel povero cultore represso- dissi ghignato e tappandomi le orecchie per ripararmi i timpani dal suo grido indignato.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. ZeWu-Jun: nome alternativo (chiamato anche Hao) per Lan XiChen. Ok, nel novel lo useranno tipo una, due volte, ma mi piace troppo :)
2. Pensi… vita?: citazione del Lo Hobbit, direttamente dal drago Smaug, perché lo amo troppo


Allora, specifico che tutti i cibi che ho nominato sono tipici della cucina di Yunmeng, dato che questa è ispirata alla tipica cultura culinaria della zona di Hunan. Essendo anche confinante con i territori dei Jin, ho aggiunto alcuni piatti della tradizione Anhui, cioè Lanling.
Beh, detto questo, spero che come al solito il capitolo vi sia piaciuto e che la storia vi stia prendendo, perché nel prossimo aggiornamento ci sarà… un colpo di scena: finalmente comincia l’azione, non vedo l’ora!!
Grazie a tutti per aver letto fino a qui *si inchina con rispetto* 

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 16
*** Quindicesimo capitolo ***


Fidarsi e bene, non fidarsi è meglio

 

 

Dormimmo poco e parlammo molto, quella notte. Quando il sole sorse illuminando le acque della baia con i raggi tiepidi dell’alba, eravamo ancora intente a rigirarci nel letto senza prendere sonno, vicine tanto che le nostre spalle si sfioravano. 

-Hai voglia di alzarti?- le domandai ancor prima che le luci dell’alba svegliassero la magione, i servitori ancora addormentati nelle sale a loro adibite -Perché se facciamo un giro ora, gli unici che ci possono disturbare sono le guardie- le spiegai, ricordandomi della notte precedente, quando mi ero svegliata per bere qualcosa e fuori dalla mia stanza aver trovato due uomini in piedi a controllo del corridoio.

Non mi ero stranita più di tanto, ma mi domandavo se solo a Yunmeng ci fossero guardie sparse per le abitazioni dei nobili, o anche gli altri Clan avessero adottato questa pratica dopo la guerra che tredici anni prima li aveva colti impreparati.

-Cosa facciamo, quindi?- mi rispose alzandosi e sistemandosi i vestiti come poteva, anche se il magione aveva preso tutte le piaghe delle lenzuola e sembrava un cartoncino stropicciato.

-Intanto, cerchiamoti dei vestiti adatti- le dissi ridacchiando, dirigendomi verso l’armadio e aprendo le ante a scorrimento che nascondevano i vestiti che Jiang Cheng mi aveva garantito avrei trovato, in caso volessi cambiarmi.

Restai a bocca aperta, osservando quell’enorme ammasso di stoffe e ricami che lui aveva definito "i pochi abiti che sono riuscito a recuperare con così poco preavviso". Se avesse avuto più tempo, pensai sconvolta, mi spaventa cos’avrebbe potuto fare.

-Mi sa che il Demente-in-viola ti ha messo in una delle stanze per le cortigiane, o qualcosa di simile- commentò Elisa dietro di me, tossicchiando per nascondere un attacco di risa. Scuotendo il capo, mi superò per cercare qualcosa della sua taglia.

A quanto pareva, il Capo Clan non aveva idea di quali fossero le mie misure, quindi aveva raggruppato tutto ciò che aveva trovato di adatto al vestiario femminile e lo aveva buttato dentro il mio armadio. Grazie al cielo si era premurato di aggiungerci dei pantaloni di pelle comodi e delle casacche maschili che mi sarebbero potute stare.

Forse ha capito che con la gonna non ci andrò mai in giro, anche se infondo infondo ci spera ancora.

-Questo come ti pare?- mi domandò sollevando un’abito bianco e azzurro, decorato da ricami sulle maniche semitrasparenti e sui bordi inferiori che ricordavano dei motivi floreali e delle foglie di bambù rigoglioso.

Si ispirava molto allo stile degli abitanti di Gusu, le maniche lunghe e le strisce di stoffa bicolore che le coprivano i fianchi. La fascia verde acqua che sarebbe stata posizionata sotto il seno era anch’essa ricamata finemente da fiorellini bianchi che formavano un disegno complesso.

La lasciai provare il vestito in santa pace, stiracchiandomi e andandomi a lavare il viso nella bacinella metallica che ci era stata portata la sera prima per poterci ripulire. La vasca di legno della stanza di fianco non era ancora stata usata, ma quella mattina, tornate dalla passeggiata, mi sarei fatta sicuramente un bel bagno per lavarmi via la stanchezza di quei giorni.

-Oh per le mutande di Merlino- esclamò Elisa facendomi girare verso di lei, divertita dalla citazione e pronta a vederla incastrata nell’abito o ch’esso io. Invece, la trovai davanti allo specchio, intenta a rimirarsi mentre volteggiava su se stessa.

L’abito le stava bene e la taglia era adatta, con lo strascico che sfiorava il pavimento e le maniche che le coprivano i palmi facendo sputare solo le punte delle dita. Girando come una trottola, creò una nuvola di soffice stoffa chiara che la circondava come i petali di un fiore.

Se esce così, tra i capelli e tutto il resto, davvero potrebbero scambiarla per una strana divinità, mi ritrovai a pensare con un sorriso scettico sul volto.

Infatti le ciocche, sciolte sulle spalle e mosse come le acque di lago, le arrivavano fino ai fianchi in una cascata di morbide onde celesti. Lan XiChen aveva avuto ragione a paragonarla ad una dea del cielo.

-Bene, possiamo andare- mi avvertì infilando il cellulare e alcuni altri oggetti nella mia borsa e dirigendosi verso l’uscita della stanza. 

Ci incamminammo per il corridoio con tranquillità, aggirandoci per la residenza e salutando i soldati che si inchinavano al nostro passaggio con evidente sorpresa davanti alla mia amica. Alcuni sussurravano preghiere quando ci allontanavamo, e un giovane ragazzo si mise perfino in ginocchio e le baciò l’orlo dell’abito, imbarazzandola moltissimo.

Questa cosa dei capelli azzurri potrebbe esserci utile, mi dissi, sempre che al tinta regga per l’eternità.

Quando finalmente raggiungemmo il portone d’ingresso, quasi tutta la servitù si era svegliata e le nostre braccia erano ricolme di cibarie che le domestiche ci avevano offerto mentre gli passavamo vicino. 

Recuperato un cesto dalle cucine per agevolarci il trasporto, ci incamminammo lungo il pontile che portava ad una piccola struttura sopraelevata, sorretta da palafitte. Non ci accomodammo sotto al chiostro, ma ci fermammo poco prima, sistemandoci sul brodo della passerella per goderci la brezza fresca che profumava di buono. Osservando il lago intorno a noi, potemmo ammirare le piantagioni di fiori di loto che stavano sboccando, ancora coperti dalla rugiada mattutina.

Elisa, vicino a me, si sollevò gli strati di seta che componevano la gonna, raccogliendoli sopra le ginocchia, e si sedette sul pontile per sfilarsi le calzature. 

A quella vista, non potei fare a meno di scoppiare a ridere: sotto il vestito aveva continuato ad indossare le sue scarpe sportive, creando uno strano connubio di comodità ed eleganza.

-Cosa c’è?- mi chiese sorridendo e facendo penzolare i piedi nudi vicino all’acqua della baia, sfiorando con le punte delle dita la fresca corrente del lago -Mica potevo risparmiarmi qualche stranezza- aggiunse con un’occhiolino, dando alcuni colpetti al legno vicino a lei per invitarmi ad accomodarmi.

Sedute con le gambe che dondolavano oltre il limite del pontile, sgranocchiamo qualcosa e parlammo della fantastica vista, e di quanto le acque silenziose di quel lago paressero limpide e incontaminate. Le poche barche che solcavano lo specchio azzurro si muovevano placidamente, dando la parvenza di non creare movimenti nell’acqua al loro passaggio.

-Giovani Signore- ci chiamò una voce femminile proveniente da una delle imbarcazioni che sostavano poco lontano da noi -Volete assaggiare dei semi di loto appena colti?- disse la donna, salutandoci con una mano.

Era seduta sulla poppa della piccola barchetta, teneva un remo in mano e davanti a se alcuni sacchi pieni di semi e fiori, probabilmente raccolti quella stessa mattina e pronti per essere venduti al mercato poco dopo. 

Sembrava la tipica donna di campagna che avrei potuto immaginare nella Cina di quell’epoca. I capelli scuri erano raccolti in una crocchia scomposta sulla nuca, alcuni ciuffi scivolati fuori dalla pettinatura le danzavano intorno al viso, smossi dalla brezza leggera. Doveva avere circa quarant’anni o poco più, eppure gli occhi castani erano stanchi e un pò infossati, come se qualcosa la turbasse profondamente da tempo. Magra e longilinea, sembrava un giunco che si poteva facilmente piegare al vento.

Era vestita in modo semplice, le maniche arrotolate attorno ai gomiti per garantirsi maggiore praticità e un grembiule macchiato che le copriva il busto per evitare di sporcarsi troppo gli abiti. Tutto sommato, mi parve una semplice raccoglitrice di semi di loto.

-Ci piacerebbe molto- rispose Elisa, che evitava di allungare una mano per afferrare il sacchetto che la donna gli porgeva, aiutandola invece a stabilizzarsi mentre approdava più vicino al puntile per poterci parlare -Grazie, ma non abbiamo denaro con noi- spiegò allo sguardo interrogativo che le venne rivolto.

-Oh, ma non è un problema- esclamò la sconosciuta, scuotendo il capo e sorridendo pacata -Sono solo una manciata di semi, e voi siete ospiti del nostro illustre Capo Setta- aggiunse aggrottando le sopracciglia e posando lo sguardo prima su di me, poi sulla mia amica, indicandone i capelli azzurri -Giusto?- domandò.

-Si, siamo le straniere, se non si fosse capito dai tratti del viso e dalle maniere, i pettegolezzi girano in fretta- rise Elisa, agitando le mani davanti alla sua faccia e ringraziando la donna mentre assaggiava i semi croccanti. Spalancò gli occhi e si affrettò a mettersene in bocca altri, porgendomi il sacchetto solo dopo essersi abbuffata a dovere.

Sono più buoni di quello che mi aspettassi, pensai mentre ne provavo un paio, anche se sono un pochino insipidi.

-Ho ancora un pò di tempo prima di dover rientrare, sapete, i miei figli… ah, non saprebbero cucinarsi nulla senza di me- spiegò la raccoglitrice con un sorrisetto malinconico sul viso, guardandosi le mani rovinate dal lavoro e scostandosi le ciocche più ingombranti dal viso -Vorreste fare un giro del lago in barca?- chiese, risollevando lo sguardo.

Io ed Elisa ci guardammo sorprese. Sarebbe stato bello fare una visita guidata, per così dire, attraverso quell’enorme distesa d’acqua e di fiori, ma era sicuro fidarsi? Allo sguardo interrogativo della mia amica, annuii abbastanza tranquilla. 

È una donna sola e sembra non avere brutte intenzioni, mi dissi, per di più è così magra che non potrebbe sopraffarci in alcun modo, in mezzo ad un lago con altri raccoglitori intorno pronti ad accorrere.

-Certo, perché no?- risposi saltando senza esitare sulla barca, che oscillò sotto il mio peso, e porgendo le mani ad Elisa perché si appoggiasse a me nello scendere.

Dall’angolazione in cui mi trovavo, davo le spalle all’acqua e alla nostra nuova amica, rivolgendo lo sguardo verso l’enorme magione del Clan di Yunmeng. Sul pontile che avevamo appena lasciato, scorsi una coppia di guardie, vestite di viola e pesantemente armate, che camminavano tranquille, svolgendo il giro mattutino di pattuglia.

Mi videro e, riconoscendomi, inchinarono il capo a mo' di saluto. Io gli feci cenno con la testa, comunicandogli silenziosamente che non c’era bisogno di intervenire e che ci volevamo solo godere una traghettata lungo il lago. 

Quando anche Elisa si fu accomodata sull’imbarcazione, operazione che durò parecchi minuti, data la poca praticità della gonna lunga che le limitava i movimenti, finalmente ci allontanammo dalla passerella in legno. Ondeggiando al ritmo delle remate della donna, prendemmo il largo tra gli steli verdi del loto. 

-Quindi… da quanto tempo lavorate qui?- chiese la mia amica dopo un momento di lungo silenzio, nel quale la raccoglitrice aveva sempre mantenuto lo sguardo basso e le labbra serrate in una linea sottile. 

Le spalle della signora di fronte a noi presero a sobbalzare, mentre lei si lasciava squassare dai singhiozzi e permetteva alle lacrime di solcarle il viso. Grosse gocce salate le scivolarono lungo il viso magro, cadendo a vuoto sul suo grembiule. 

-Mi dispiace- disse prima che potessimo domandarle cosa le stesse prendendo -Mi dispiace così tanto, ma dovevo farlo… ha i miei figli- continuò alzando gli occhi, ora rossi dal pianto e dalla disperazione. 

Tirò fuori dalla tasca della veste tre talismani gialli, lanciandocene due addosso e mormorando qualcosa. Prima del disastro, sentii l’urlo delle guardie, ancora sul pontile, che cercavano di avvertirci o chiamare rinforzi.

Cosa diamine…? Non finii il pensiero, presa alla sprovvista dalla piega inaspettata che aveva preso la nostra tranquilla uscita.

Mentre venivamo innondate da un’abbagliante luce blu, pensai a quanto fossi stata stupida a scordarmi che, in questo mondo, la forza fisica e le armi non erano le uniche cose pericolose. 

C’era anche la magia.

 

 

Fummo solo trasportate da qualche altra parte, fortunatamente. Era un talismano di trasporto, quello che avevamo usato. Innocuo, infondo, anche se fastidiosamente potente. 

Quando il lampo azzurro si affievolì, però, Elisa incominciò a gridare.

Ancora accecata dalla luce che avevamo attraversato, sbattei più volte le palpebre per schiarirmi la vista. Cercai freneticamente con lo sguardo la mia amica, che scoprii al mio fianco, le mani a coprirsi la bocca e l’orrore dipinto in viso.

Seguendo il suo sguardo, mi trovai a fissare le iridi vacue della donna che ci aveva rapite. Se ne stava distesa su un fianco, i pugni strette al petto e una smorfia sofferente sul viso. Un rivolo di sangue le usciva dal naso, colando sul pavimento e gocciolando in una pozza che si era creata sotto la sua testa.

É morta, pensai, è davvero morta portandoci qui. Ha consumato tutta la sua energia spirituale per trasportarci con quei talismani.

Non riuscii a pormi delle domanda che sarebbero state ovvie, a quel punto, ma la mia mente si schiarì abbastanza, allontanato il panico, per potermi suggerire di ispezionare i dintorni.

Stringendo la mano di Elisa, tentai di alzarmi, ma scivolai sul pavimento lurido, bagnato di qualcosa che era un misto di fango e sporcizia. La stanza intera in cui ci trovavamo era un ammasso di robaccia accumulata negli angoli, mucchi di oggetti di ogni tipo incombevano su di noi rendendo l’atmosfera ancora più opprimente, come se le dimensioni ridotte del posto e il buio fitto non fossero già sufficienti.

Cercai di individuare un’uscita, una finestrella o anche una fessura che ci permettesse di guardare fuori e scorgere qualcosa che ci facesse capire dove fossimo state portate. Individuai una porta poco davanti a noi, ma dall’uscio socchiuso proveniva una lieve luce fioca, probabilmente generata da una candela.

Feci per alzarmi e controllare cosa ci fosse dall’altra parte, ma fui preceduta da due uomini che, aprendo la porta cigolante, entrarono con passi pesanti. Elisa sussultò e si lasciò scappare un gridolino.

Ah, pensai disperata, quindi i banditi brutti e cattivi dei film esistono davvero.

Uno dei due non era così male, infondo, vestito in modo semplice e con i capelli scuri legati in una treccia ordinata, mediamente alto e piacevole alla vista. Il suo compagno, invece, aveva tutto l’aspetto di un’orco delle favole per bambini.

Era talmente grande che dovette piegarsi per passare sotto la trave della porta, per di più era muscoloso come un lottatore e con un grugno ferale sul volto. Il collo taurino era stretto da una catena spessa di metallo la cui estremità era tenuta dall’altro uomo, fermo alle sue spalle.

Gli occhi bianchi, le venature pronunciante attorio alle labbra livide, i vestiti laceri e sporchi di sangue secco… e il buco nel petto da cui si intravedeva il costato e le interiora armai secche. È un cadavere ambulante, mi ritrovai a pensare con ovvietà.

-Bene, la merce è arrivata, quindi- l’accento dell’uomo vivo era anonimo come il suo viso, ma lo capii comunque a mala pena, distratta dal suo "animaletto domestico", che cercava inutilmente di avanzare verso di noi, trattenuto solo dalla catena. 

Elisa, ancora scalza, si alzò, raggiungendomi per starmi a fianco nonostante il terrore che le si leggeva in viso. Mi prese per mano, un modo silenzioso per infonderci coraggio a vicenda.

Ci servirà ben altro che la buona volontà e la sfrontatezza.

-Sentite- iniziò l’uomo, raccogliendo uno sgabello mezzo rotto da terra e accomodandosi con le gambe a accavallate -Sono stato pagato per recuperavi e vendervi al mercato nero. So che non è esattamente un sogno, ma se vi comportate bene e non tentate colpi di testa, potrei farmi ricambiare un vecchio favore, magari mandarvi a lavorare in un bordello decente, al posto dei bassifondi- chiarì con tranquillità, senza nemmeno guardarci mentre fissava la catena dello zombie ad un gancio appeso alla parete.

-Cosa cazzo stai dicendo?- mi lasciai scappare, accecata dalla rabbia e, nel profondo, davvero molto spaventata da quello che ci sarebbe potuto succedere. 

-Ah- esclamò piegando il capo di lato e appoggiando il viso al palmo, il gomito in bilico sul ginocchio e un ghigno saputo sulle labbra -Quindi la divisa da guerriera non era solo scena! Parli come un vero uomo, ragazza- sorrise senza allegria e si alzò. Io ed Elisa indietreggiammo, ma lui non si diresse verso di noi.

Con un gesto veloce che non potei anticipare, sfoderò la spada che portava allacciata alla cintura e scagliò un fendente contro la catena del cadavere, liberandolo dalla sua prigionia. Si fece indietro e parlò con serietà.

-Vediamo quanto durerai prima di implorare aiuto- disse mentre il mostro avanzava verso di noi e ringhiava feroce.

Cazzo.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Sto aggiornando dalla lezione di chimica molecolare più noiosa della storia, non so che dire, quindi mi limito a sperare che voi non mi uccidiate per questo finale. Sono contenta di aver potuto inserire un pò di azione, la storia procede esattamente come volevo.
Detto ciò, il talismano ha consumato tutta l’energia della donna, quindi lei è morta per la stanchezza, se così si può dire. Anche nel novel dicono che i talismani di trasporto consumano un sacco di energia, quindi siamo a posto.
Grazie a Deb, per avermi aiutato nella risoluzione di alcuni problemi di trama. I tuoi suggerimenti sono sempre preziosissimi. :3 Spero ti sia piaciuto, come spero sia piaciuto a tutti.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 17
*** Sedicesimo capitolo ***


Siamo le discendenti delle streghe che non sono riusciti a bruciare

 

 

Non so cos’accadde esattamente. 

Forse fu il panico a guidarmi, dandomi una scarica di adrenalina che attraversò il mio sangue come fuoco liquido. Forse fu la rabbia di essermi fatta intrappolare in una stanza che non aveva uscite, imprigionata con un pericolo troppo vicino. Forse fu la paura per me, per Elisa e per ciò che avrebbe comportato la resa.

O forse semplicemente fu un misto di tutte queste cose insieme a darmi il coraggio di fare ciò che feci. In ogni caso, reagii prima di pensare davvero.

Con una spinta, feci indietreggiare la mia amica fino al muro e mi lanciai addosso al cadavere che avanzava, piantandogli le mani sul torace e imprimendoci tutta la mia forza per allontanarlo da noi. Ricordavo che nel novel veniva spiegato che gli zombi come lui, semplici e diversi dall’anomalo Wen Ning, erano rigidi e faticavano a rialzarsi, se buttati a terra.

Funzionò, anche se non come avevo immaginato. Dalle mie mani si sprigionò un’onda azzurrognola che si espanse nella stanza, andando a collidere con gli oggetti senza danneggiarli, ma cozzando contro il torace vuoto del cadavere.

Il mio colpo fu potente come una scarica elettrica, veloce e poderoso, tanto che il non morto fu sbalzato contro la parete opposta e la sfondò con un rumore assordante e una pioggia di schegge.

Il legno spesso si sgretolò come se fosse stata carta bagnata e il corpo ambulante finì nell’altra stanza, ricoperto da macerie che gli impedivano i movimenti. Con un grugnito di sconfitta, si arrese al peso dei pezzi di legno che lo ricoprivano e smise di muoversi, fissando il soffitto.

L’uomo con la spada aveva intanto lasciato cadere l’arma per la sorpresa, indietreggiando verso la porta per sfuggire da un mio possibile attacco. Ma io non mi mossi più.

Come diamine l’ho fatto? pensai guardandomi le mani e credendo ingenuamente di poterci trovare qualcosa di diverso da prima. E sopratutto cosa ho fatto? Da quando ho poteri? Da quando sono così forte? Cosa…?

-Cristina- sentii sussurrare alle mie spalle da una voce conosciuta, che schiarì la mia mente confusa. Mi voltai con uno scatto nervoso, intimorita dall’espressione che avrei potuto trovare sul viso di Elisa, intenta a guardarmi.

Ma lei mi stava invitando ad avvicinarmi per sottrarmi dal pericolo, allargando le braccia e porgendomi le mani chiazzate di rosso, sporche del sangue che aveva toccato nella pozza al fianco della donna. Il sollievo fu così forte da farmi vacillare, e neanche sapevo il perché di quella reazione.

Zoppicai verso di lei, ignorando la fitta di sofferenza che mi attraversò il corpo a partire dalle mani, nella zona in cui avevo sentito il potere trasmettersi da me allo zombie. Posso ignorarlo e andare avanti, mi dissi, stringendo i denti, raggiungere Elisa e portarla a casa. Posso riuscirci.

Mentre mi avvicinavo, però, vidi i suoi occhi spalancarsi e le sue labbra aprirsi per dirmi qualcosa. Il dolore arrivò prima delle sue parole.

-Lurida puttana- gridò il nostro rapitore alle mie spalle, dando uno strattone alla catena che mi si era attorcigliata al collo e costringendomi ad indietreggiare per non venir trascinata -Avevano detto che eri innocua, ma a quanto pare hai tenuto i tuoi poteri spirituali ben nascosti- ad ogni parola dovevo fare un passo indietro, seguendo la tensione che mi tirava fino a lui.

-Puoi anche andarti a fottere quella stronza di tua madre, codardo foglio di…- gli risposi con un ringhio, anche se dubitai di apparire minacciosa mentre mugolavo come una cane al guinzaglio, immersa nel più totale terrore per quello che stava accadendo. 

Fui interrotta  sul più bello da un’altro strattone che mi strozzò le parole in gola, troncandomi il fiato. Presa dal panico, afferrai la catena con le mani ancora doloranti e tentai di tirarla via, di strapparla dal mio collo in qualche modo. 

Fui troppo debole e troppo lenta, però.

All’ennesimo strattone, finii a terra davanti all’uomo che ci aveva rapite, i suoi piedi a pochi passi dal mio viso. Trascinandomi ancora più vicino, mi fece strisciare il lato sinistro del viso sul pavimento, graffiandomi la guancia e il collo fino a farmi urlare di dolore.

La carne grattugiata dall’attrito mi bruciò a contatto con il suolo lurido, infiammandomi il viso. Anche in quelle circostanze, una delle mie prime preoccupazioni fu quello di tenere il volto sollevato da terra si per evitare ulteriori danni, ma anche per ridurre le possibilità di infezione.

Serrai le palpebre per impedire che sporcizia e frammenti affilati mi ferissero gli occhi, ma fui costretta a spalancarle non appena un calcio del mio aguzzino mi colpì alla tempia, facendomi rotolare lontano. Sbattei la schiena contro un mucchio di legno marcio, e l’ultimo residuo di fiato che avevo nei polmoni mi fu tolto.

Non ero mai stata colpita da qualcuno che usasse il potere spirituale nei suoi attacchi, ma notai subito la differenza tra quello e un calcio tradizionale, nonostante non ne avessi subiti molti, in vita mia. Credo che morirò qui, fu il mio unico pensiero.

-Smettila, smettila ti prego- sentì implorare dalla voce di Elisa, anche se il suono mi arrivò ovattato, come se stessi ascoltando da sotto dell’acqua -Se la tocchi ancora giuro che ti uccido- aggiunse con un ringhio, muovendosi verso di me. I miei occhi videro la sua figura sfuocata che si avvicinava e afferrava la catena. 

Mi toccò la gamba, piantandomi le unghie nella carne vicino al fodero del pugnale che mi aveva regalato Jin Ling, esitando solo un attimo prima di afferrarlo. Se sei pronta tu, parve dirmi con le dita che mi sfioravano la coscia, io ci sono.

Sono così poco abituata alle armi che mi sono dimenticata di averne una addosso, pensai delusa da me stessa, ma con una rinnovata speranza nel cuore. Al buio della stanza il bastardo non deve essersene accorto.

-E come pensi di farlo?- la derise lo stronzo, dando l’ennesimo strattone al mio collo, questa volta più piano, quasi per gioco -Hai anche tu degli straordinari poteri nascosti, Ragazza del cielo?- si mise a ridere, inginocchiandosi per raccogliere la sua spada da terra senza staccarci gli occhi di dosso.

Fu in quel momento che, coordinate senza doverci accordare a parole, io ed Elisa agimmo insieme come una vera coppia di guerriere. Sembrò un pò la scena di un film, a pensarci bene, ma noi purtroppo non eravamo a prova di proiettile come Schwarzenegger. O, in questo caso, a prova di spada.

Tirandomi indietro con un movimento secco e preciso, feci perdere la stabilità all’uomo, ancora in precario equilibro sui talloni, pronto per afferrare la sua arma. Nello stesso istante, la mia amica si lanciò verso di lui con tutta la forza che aveva, buttando al suolo e piantando il coltello alla cieca, disperata e inesperta.

Lui gridò, presso alla sprovvista, ma non riuscì a rialzarsi nemmeno quando Elisa lo lasciò libero dal suo peso e tornò verso di me per liberarmi, il pugnale insanguinato ancora stretto in mano. La lama aveva perforato il fianco dell’uomo, da cui ora zampillava sangue come nelle scene splatter dei migliori horror, le sue mani che cercavano di fermarne il flusso.

La mia amica a quel punto non gli diede più credito, quasi il nostro rapitore fosse sparito dalla stanza, e provò a slegarmi la catena che ancora mi teneva stretto il collo in una morsa d’acciaio. Io invece lo tenni d’occhio mentre barcollava per la stanza, ancora insicura delle sue intenzioni.

Se fa anche solo un passo nella nostra direzione, mi disse una voce nella mia testa, fredda come il ghiaccio che mi gelava il sangue per la tensione, colpiscilo fino a che non rimane a terra

Fu un bene mantenere la guardia alta, perché l’uomo si diresse inciampando verso Elisa, le mani tese per afferrarla e darla in pasto al suo animaletto domestico ancora incastrato tra le macerie. Anche questa volta, fui più veloce di quanto mi aspettassi.

Strappai l’arma dalle mani della mia amica e mi buttai in avanti proprio nel momento in cui la catena che mi strozzava finiva a terra. Colpii il punto più alto che riuscii a raggiungere in quella posizione, conficcandogli l’intera lama a fondo nella coscia, vicino all’inguine.

L’arteria femorale, continuò la voce, se la colpisci morirà in meno di tre minuti. Ma per farlo bisognava essere precisi, e non lo ero stata. Per fermarlo definitivamente avrei dovuto fare qualcos’altro.

Non ci stetti troppo a pensare, dato il modo pericoloso in cui cercava di staccarmi dalla sua gamba, urlando come un ossesso e riuscendo a graffiarmi una spalla con le unghie. Al posto di estrarre semplicemente il pugnale, lo mossi di lato con forza, aprendo uno squarcio orizzontale lungo tutta la sua coscia.

Quel rumore era il metallo che raschiava l’osso, pensai con sgomento, lasciando cadere inorridita il coltello.

Data la mia vicinanza, gran parte del sangue mi schizzò in viso, inondandomi la faccia di rosso e sporcando la veste di Elisa poco dietro di me. L’urlo del rapitore si spense mentre si accasciava al suolo, finalmente arreso all’evidenza che non ci saremmo fatte toccare da nessuno, o forse semplicemente svenuto.

Io caddi a terra sbattendo i gomiti sul pavimento, la forte premuta al suolo e il fiato corto. La mia amica si aggrappò alla mia schiena rilassando i muscoli del corpo e piagnucolando per il sollievo.

Non è il momento di fermarsi, pensai insieme alla voce, orami abituata al suo modo di ragionare, devo alzarmi e uscire di qui.

Se avessimo aspettato ancora, altri avrebbero potuto sopraggiungere, dato il rumore che avevamo causato, magari qualcuno di peggiore. Lo zombie era fermo, per ora, ma avrebbe potuto liberarsi da un momento all’altro. 

Devo alzarmi, devo alzarmi, devo alzarmi…

Un’altro schianto ci prese alla sprovvista, costringendomi a rimettermi in allerta, cercando a tastoni il pugnale che scivolava nella mia prese per via il sangue e il sudore. Sfinita com’ero, non avrei potuto difendermi neppure da un topolino.

-Cristina?- urlò una voce familiare, quella di Jiang Cheng, agitata e velatamente nel panico -Cristina, sei qui?- provò ancora, i suoi passi che si avvicinavano alla porta. 

-Siamo qui- rispose Elisa per me, lasciando la protezione del mio corpo per correre verso il buco nella parete, zoppicando sui piedi nudi feriti -Attento, c’è un cadavere ambulante sotto le macerie- aggiunse indicando i pezzi di legno frantumato. Udii una spada che veniva sfoderata, poi il gorgoglio basso che aveva prodotto fino a quel momento il non morto cessò, interrotto da un colpo vibrato con forza.

-Ci ho pensato io qui, Capo Setta Jiang, voi andate- sentii mormorare da Lan XiChen, i sui passi silenziosi che non producevano rumore nemmeno mentre pestava cocci di ceramica e ferro. 

Non mi ero accorta che fosse entrato nella stanza. Doveva essere arrivato con il cultore di Yunmeng, anche se non capivo come avessero fatto a rintracciarci dopo che eravamo sparite.

Ancora rannicchiata su me stessa, mi lasciai voltare mansueta quando un paio di mani gentili mi fecero rotolare su un fianco, immobile e con le labbra serrate per impedirmi di crollare. Poi incontrai lo sguardo preoccupato di Jiang Cheng, e qualcosa dentro di me si ruppe, come una diga che cede alla pressione e si lascia distrugge dalla corrente che le colpisce.

Quando mi sorrise esitante, toccandomi con delicatezza la guancia ferita e sporca di sangue, mi permisi di scoppiare in lacrime.

 

 

Il viaggio di ritorno fu breve, scaldato dal sole tiepido che illuminava la catapecchia in cui ci avevano rinchiuse, ora ridotta ad un mucchio di macerie fumanti. Gli uomini di Jiang Cheng si erano premurati di dare fuoco alla struttura con dei talismani non appena ne eravamo usciti, eliminando ogni memoria dei nostri rapitori.

Sanno che traccia seguire, ora che hanno esaminato il cadavere, pensai, siamo salve, lo siamo davvero.

Mentre volavamo sopra la città, però, piansi per tutto il tempo. Poco prima, nella baracca, avevo urlando e singhiozzando come una bambina e, dopo essermi sfogata tra le braccia del Capo Clan, mi ero lasciata sollevare di peso dal pavimento senza protestare. 

Ora lasciavo che le lacrime mi scorressero silenziosamente sul viso senza emettere un suono.

I due cultori ci erano venuti a salvare accompagnati da una scorta esigua, il necessario per combattere e allo stesso tempo per non dare troppo nell’occhio, mentre Jin Ling aveva seguito, insieme a Fata ed altri dieci discepoli di Yunmeng, delle tracce spirituali a Nord, verso Qinghe.

Volammo in religioso silenzio, io protetta nella stretta ferrea di Jing Cheng ed Elisa aggrappata ai fianchi di Lan XiChen, mentre occhieggiava con timore la distanza che la separava dal suolo.

Lei fu la prima ad arrivare, trasportata a bordo della veloce Shouyue. Al posto di adagiarla al suolo, però, il cultore di Gusu la scortò all’interno della magione portandola in braccio, affermando che con i piedi feriti non avrebbe dovuto azzardarsi a camminare per un pò.

Elisa si fece scappare una risata flebile asciugandosi le lacrime e spalmandosi il sangue ancora di più sulle guance, dove gli schizzi si erano coagulati ma non seccati del tutto. L’uomo assottigliò lo sguardo e le chiese se stesse davvero bene.

-Dovrei?- rispose lei scuotendo il capo e abbassando lo sguardo, poi continuò a parlare troppo piano perché io la potessi capire. Si allontanò insieme all’uomo tra mormorii e sospiri, dandomi un’ultima occhiata colma di preoccupazione.

Quasi in stato di incoscienza, lasciai sprofondare il mio viso nella veste morbida di Jiang Cheng, respirandone il profumo che sapeva di pulito. Mugolai di dolore quando, per sistemarmi più comodamente tra le sue braccia, mi toccò la spalla graffiata.

Ad occhi chiusi, sentii solo il sussulto del suo petto, a contatto con la mia guancia, e il suo sussurro al mio orecchio.

-Dormi, sei al sicuro adesso- disse con una dolcezza che non mi sarei aspettata, camminando piano in un dondolio ipnotico che mi fece sprofondare nel sonno -Li ucciderò tutti, non devi preoccuparti di nulla- aggiunse in un ringhio furioso ma trattenuto, continuando a procedere verso la mia stanza.

Per quella volta, decisi di fidarmi di lui.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Salve, come va la vita? Io sto bene, Cristina meno ;)
No ok, sono stata cattiva, ne ha prese più di quanto mi aspettavo di scriverne, quindi mi dispiace un sacco di averla fatta soffrire così tanto. Spero di non avervi sconvolto, perché non voglio dover cambiare il bollino della ff… anche se mi sa che dovrò, almeno per quanto riguarda le scene di violenza. Per il sesso si vedrà.
Ciò detto (waa, che preambolo impegnativo), posso assicurarvi che da qui in poi sarà il delirio: le pedine iniziano a muoversi sul serio, i personaggi sono coinvolti loro malgrado *sospira felice* ah, amo il dramma!

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 18
*** Diciassettesimo capitolo ***


Note: il POV (punto di vista) è cambiato, per l’inizio di questo capitolo. Elisa ha deciso di esprimersi, dovrete sopportarla ;)
Buona lettura.

 

 

 

Amor, ch’a nullo amato amar perdona

 

 

Elisa

 

Aggrappata a Lan XiChen, non potei fare a meno di chiedimi se si fosse accorto che usavo la scusa di appoggiarmi a lui per palpargli i muscoli delle spalle. Discretamente, infatti, avevo fatto scorrere una delle mie mani sulle sue braccia che ancora mi reggevano e avevo impudentemente toccato tutto quello che potevo toccare senza apparire molesta.

Benedetta Gusu e i suoi allenamenti, pensai estasiata quando le mie dita arrivarono alla clavicola coperta solo dalla veste sottile, se tutti gli uomini sono così in questo mondo mi sa che potrei abituarmici.

Affascinata, seguii con i polpastrelli il ricamo azzurro della stoffa pregiata che nascondeva la spalla del cultore, finendo per errore a sfiorargli il collo candido con le unghie. Non lo graffiai, ma fui ben consapevole che doveva essersene accorto.

Infatti, in quel momento, Lan XiChen girò il viso verso di me per parlarmi e incrociò il mio sguardo colpevole, anche se soddisfatto, sorridendomi però sereno e continuando a camminare. 

Con il cuore che mi batteva a mille, dovetti dirgli di ripetersi, dato che mi ero persa nei pensieri e non lo avevo ascoltato.

-Vi ho domandato se state bene, a parte i piedi feriti- chiese ancora senza dimostrarsi spazientito, nonostante la mia soglia di attenzione rasentasse il nulla cosmico -Non siete state a lungo in quella casa, ma potreste aver riportato altre contusioni e non esservene accorta per lo shock- mi spiegò seriamente, aprendo una delle porte con il gomito ed entrandovi.

La stanza in cui mi aveva condotta era probabilmente comunicante con quella di Cristina, dato l’uscio in legno che si trovava sulla parete sinistra, che era decorata da specchi e mobili in legno di alta fattura. L’unica finestra presente dava sul lago e, dietro un paravento finemente dipinto di viola, intravedevo una vasca da bagno piena d’acqua che avevo intenzione di usare all’istante.

-No, no, sono a posto, davvero- gli risposi con un sorriso mentre mi portava fino al letto ricoperto di soffici coperte e mi ci adagiava sopra con delicatezza -Grazie, ma per ora sono solo preoccupata per Cristina… starà bene?- gli chiesi stropicciando la stoffa dell’abito che mi copriva le ginocchia con gesti nervosi.

Ripensandoci, cedetti presto al panico e mi lasciai andare ad una serie di gridolini ansiosi.

-Perché sai, la catena le ha stretto davvero tanto il collo ed è stata trascinata per terra… oh, le verrà un’infezione di sicuro con tutto lo schifo che c’era in quella baracca. E poi penso che abbia altre ferite, forse una alla spalla dove l’ha colpita quello…- Lan XiChen interruppe il mio straparlare inginocchiandosi davanti a me con un gesto fluido che fece adagiare elegantemente intorno a se lo strascico bianco.

Si abbassò per potermi guardare negli occhi, dato che tenevo la testa bassa per fissarmi le nocche, e mi riservò uno sguardo di comprensione, gentile e amorevole. Lo vidi tentennare con le mani alzate vicino alle mie, indeciso se toccarmi o no per darmi conforto. 

-Starà bene, è una donna forte- mi disse con sicurezza, lasciandosi scivolare quelle parole dolci come miele dalle labbra -E poi sono certo che il Capo Setta Jiang non la lascerà sola un minuto, fino a che non si sarà ripresa- rise lievemente e cercando di tirarmi sù di morale.

Io, a metà tra il divertito per la battuta e il traumatizzato per l’esperienza che avevo vissuto, mi buttai tra le sue braccia e scoppiai in singhiozzi disperati, troppo sconvolta per fare altro se non piangere.

Reagì come mi aspettavo: si irrigidì per l’imbarazzo e poi, quando capì che stavo elaborando il trauma grazie a quel gesto d’affetto, prese a carezzarmi gentilmente la schiena con le sue mani forti. Mi mormorò che andava tutto bene per parecchi minuti, fino a che il mio pianto non si fu calmato e le mie spalle ebbero smesso di sobbalzare.

Quando mi ritrassi tornando seduta composta sul letto parve reticente a lasciarmi andare, ma restò fermo nella sua posizione, stringendo comunque la mia mano destra tra le sue. Non sembrava starmi trasmettendo alcuna energia spirituale, eppure i suoi palmi erano così caldi e soffici sotto le mie dita che per un attimo non mi sembrarono veri.

-Scusa, non sono abituata a questo genere di cose- gli dissi per spiegare il mio sfogo, asciugandomi il viso con la manica sinistra e cercando di sorridergli -Dal posto da cui provengo non abbiamo… cioè, i rapimenti ci sono, ma non mi era mai capitato, ecco- esalai lasciandomi scappare una risata leggera, sdrammatizzando. 

-Vorrei dirvi che anche nel mio mondo non succede spesso, ma mentirei- si rammaricò alzandosi in piedi e lasciandomi il polso con lentezza, facendosi scivolare la mia mano lungo le dita fino all’ultimo secondo -La violenza e le lotte sono all’ordine del giorno, purtroppo- concluse scuotendo il capo e dirigendosi verso il tavolo su cui erano appoggiati alcuni strumenti medici e qualche benda.

Armeggiò confuso con le boccette contenenti unguenti curativi ed erbe mediche, evidentemente spaesato, dato che i cultori si curavano principalmente con i loro poteri. Quando lo vidi srotolare totalmente il bendaggio, alzandolo davanti a se e osservarlo quasi fosse una mappa che non riusciva a leggere, fui mossa a compassione.

-Come mai avete tutti i capelli così lunghi?- domandai prima di potermelo impedire, cercando di rimediare subito dopo -Scusa, non voglio essere invadente, ma nella mia epoca i maschi li portano cortissimi, e anche le donne di solito non arrivano alla lunghezza che voi sembrate… prediligere- conclusi, sperando di essermi spiegata a dovere per non creargli disagio.

-Non siete invadente, al contrario: la curiosità è un bene, se accompagnata dalla prudenza- mi rispose tenendomi d’occhio con il viso leggermente voltato verso di me mentre ancora armeggiava con gli oggetti sul tavolo, dato che non poteva parlarmi senza guardarmi, secondo le regole del suo Clan -Per rispondervi, posso solo dirvi che secondo le nostre tradizioni, i capelli curati e molto lunghi sono una forma di rispetto verso i propri familiari. Per di più, solitamente chi li porta corti o appartiene ad un ordine religioso, oppure ha commesso un’atroce crimine ed è stato rasato prima della prigionia per questo- concluse con un sorriso di circostanza che non gli arrivò agli occhi, attendendo la mia risposta. Aveva abbandonato le medicazioni per stringersi le mani davanti al busto, intrecciando le dita e ascoltandomi con attenzione.

-Beh, i tuoi capelli meritano davvero di essere tenuti così, dato quanto sono belli- lo lodai sorridendo impacciata ma mantenendo il contatto visivo, nonostante il rossore che mi infiammava le guance fosse evidente.

Lan XiChen parve sorpreso dal mio complimento, anche se mantenne un’aria solenne perfino nel momento in cui le sue sopracciglia si sollevarono fino a sfiorare il nastro frontale e le sue labbra si socchiusero.

-Oh, andiamo, non prendermi in giro- borbottai passandomi le mani sui ricami del vestito e giocherellando con i fiorellini cuciti sul bordo delle maniche -non dirmi che non ti sei mai guardato allo specchio: saprai o no di essere assolutamente un figo astronomico o a Gusu siete tutti ciechi?- enfatizzai il concetto gesticolando animatamente mentre lo indicavo da capo a piedi, sospirando sconfitta.

A questo punto la sua bocca non era solo spalancata in modo decisamente poco elegante, ma aveva il collo e le gote così rosse che pensai stesse per svenire da un momento all’altro.

Oh, pensai divertita, mi sa che l’ho rotto.

-Penso che… voglio dire, grazie- tentò di dirmi quando riprese le capacità base per costruire una frase di senso compiuto -Ma ora pensiamo a medicarvi i piedi, se permettete…- tentò di distrarmi, dandomi le spalle e afferrando alcuni unguenti in modo confuso. Voltandosi nuovamente verso di me però, venne interrotto dal mio capo che gli faceva cenno di no e indicava la tinozza dietro il paravento. 

-Ho bisogno di un bel bagno caldo, prima di poterli fasciare- lo avvertii nascondendo un sorriso intenerito, sfilandomi la fascia che mi avvolgeva il busto per cominciare a togliermi i numerosi strati di stoffa che indossavo -Anche se ormai l’acqua si sarà raffreddata- aggiunsi con un’occhiata alla vasca che non fumava più tanto come quando ero entrata.

-A questo- disse, dirigendosi con calma verso il paravento che copriva la zona adibita a bagno e avvicinarsi alla bacinella di legno -posso rimediare io- appoggiò una mano sull’acqua limpida e, sfiorandone la superficie coperta di petali colorati con le dita, usò una qualche tecnica segreta per infonderci potere spirituale, scaldandola.

Chino com’era sulla tinozza, pareva una statua di una qualche divinità. Il bianco dei suoi abiti era in netto contrasto con la lunga cascata nera che gli copriva la schiena come un velo, ondeggiando sinuosa ad ogni suo movimento. 

Un altro elemento che spiccava per la sua semplicità era il nastro frontale finemente decorato che si mescolava alle ciocche scure, creando un’effetto quasi troppo bello per essere reale.

Ma quanto è sexy? Pensai divertita osservandogli il fondoschiena e vedendo allo stesso tempo la vasca tornare ad emanare vapore. Lo sa che con questo aplomb potrebbe conquistare l’intero continente, vero?

-Figo, molto comodo come trucchetto- lo lodai raggiungendolo con passo zoppicante e reggendomi alla testiera del letto per non scaricare tutto il peso sui piedi feriti -Ora mi aiuti a slacciare il vestito?- gli domandai innocentemente.

Un pensierino a lasciarmi andare ad un flirt aveva sfiorato la mia mente, ma in quella situazione volevo davvero farmi un bel bagno, e la mia incapacità di stare in piedi in autonomia limitava le mie possibilità di spogliarmi agevolmente.

Se poi riesco anche a farmi togliere i vestiti da uno come Lan XiChen, pensai entusiasta, questa passerà da essere la peggiore giornata del mondo alla migliore!

-Scusatemi?- si volse verso di me con le sopracciglia corrucciate e le mani intrecciate in grembo, che lasciò cadere dalla sorpresa non appena vide com’ero conciata -Non potete spogliarvi mentre sono qui!- esalò agitato, dandomi le spalle e prendendo profondi respiri.

La parte superiore del mio vestito era completamente sfilata e mi copriva i fianchi con un’ulteriore strato di stoffa. La fascia colorata che usavo come cintura era allentata, la veste ormai scivolata oltre le costole, ma il mio busto era comunque coperto dalla canottiera che avevo sotto di essa.

É andato in iperventilazione perché mi ha visto le spalle? Mi dissi ridacchiando, coprendomi la bocca con le mani. Se venisse nel nostro mondo morirebbe di crepacuore, mi sa.

-Lan XiChen, ti prego, non sono nuda- lo tentai di persuadere, procedendo verso la vasca e aggrappandomi al bordo di legno non appena la raggiunsi -Davvero, tesorino, sono andata in giro più svestita di così, non c’è nulla di sconveniente, puoi credermi- continuai, sibilando di dolore mentre i miei piedi erano impegnati a reggere tutto il mio peso, riaprendo i numerosi tagli sulla pianta.

Scosso dalle sue meditazioni, probabilmente composte da una qualche preghiera che insegnavano a Gusu in caso di pensieri illeciti, mi venne incontro con le guance arrossate.

-Perdonatemi- disse, e continuò a ripeterlo anche mentre mi sollevava di peso e mi immergeva nella vasca ancora completamente vestita, ignorando le mie proteste -Non potete chiedermelo- esclamò stringendomi le braccia e guardandomi fisso negli occhi.

Il mio vestito si era appesantito, zuppo d’acqua e impossibile da sollevare, quindi dovetti stare seduta dove mi aveva lasciata, immersa fino a metà busto nel liquido caldo. Osservandolo da dove mi trovavo, ancora più in basso rispetto al solito, notai che aveva gli occhi leggermente arrossati e le guance in fiamme.

A differenza del fratello, a quanto pareva, arrossiva normalmente a partire dal collo fino a raggiungere gli zigomi. Magari non ha problemi di perversioni durate tredici anni o simili…

-Manderò una curatrice per le vostre ferite- si affrettò a dire, ammorbidendo la presa sui miei polsi e liberandomi dalla sua stretta lentamente -Vi prego, perdonatemi ancora- ripetè inchinandosi profondamente, quasi immergendo i capelli nell’acqua profumata della vasca.

Prima che potessi fermarlo, scappò dalla stanza come se fosse piena di zombie affamati.

 

 

Cristina

 

Quando mi svegliai, ero stata sistemata nel letto di camera mia, coperta solo da un lenzuolo viola scuro che mi teneva al caldo, dato che qualcuno mi aveva tolto gli abiti che Jiang Cheng mi aveva regalato. 

Quando tentai di alzarmi fui ricompensata da una contrazione fastidiosa al collo e alla guancia che si diffuse in tutto il corpo, irradiando le fitte di dolore lungo i miei muscoli. Boccheggiando per la sofferenza, decisi che era meglio stare ferma.

-Jiang…- tentai di chiamare, ma il suono gracchiante che mi uscì dalla gola era tutto furchè quello che speravo di ottenere. In ogni caso, ottenni ciò che volevo.

Dall’altro lato della stanza, dove non potevo arrivare con lo sguardo per via della mia condizione di immobilità, si udì una veste frusciare, e dei passi leggeri che si avvicinavano in fretta.

-Nessuno ti farà del male- sentii sussurrare freddamente dalla voce del Capo Clan, frase seguita da un sospiro e da un addolcimento di tono, quando parlò ancora -Sei a casa, ora. Riposa- ed i miei occhi tornarono a chiudersi, mentre una mano delicata si posava sulla mia fronte.

Mormorando una cantilena che non avevo mai sentito, fui riaccompagnata nel mondo dei sogni grazie al palmo caldo di Jiang Cheng, che restò al mio fianco fino a che non mi addormentai di nuovo.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Scusate per il capitolo così diverso e "inutile", senza troppa trama (per chi segue anche l’Omegaverse che sto scrivendo, chiedo scusa per l’enorme ritardo che sto accumulando), ma davvero in questo periodo sto rimandando LA VITA per tutto quello che ho da fare. Mi dispiace un sacco per il disagio… però c’era molta dolcezza, contenti? :)
Quindi… quanto è stato strano cambiare punto di vista? Mi piaceva l’idea di rendere Elisa un pochino più protagonista, dato che anche lei ha un ruolo importante… e poi Lan Xichen è così caruccio da imbarazzato.
Ah, sono persa per lui :)
Comunque, tornando alla realtà (beh, circa) nel donghua, dopo essere stato aggredito dalla testuggine, Wei Ying viene ricoverato a casa Jiang (ovviamente) e nella scena ha delle coperte viola addosso… mi era rimasta in testa sta scena, perché ho pensato che avessero solo quel colore, a Yunmeng :)
Il finale mi ha commosso, anche mentre lo scrivevo avevo il cuore in un brodo di giuggiole, giuro ;3 sono troppo pucci, che dire?

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 19
*** Diciottesimo capitolo ***


Di come si può passare da un rapitore all’altro

 

 

Dormii per parecchie ore, prima di ritrovare le forze e la voglia di ritornare alla realtà. Aprii gli occhi lentamente e sbattei le palpebre per schiarirmi la vista, accorgendomi che la luce era cambiata. Doveva essere passato mezzogiorno.

Me la sono presa comoda, pensai ironicamente rendendomi conto che avevo perso i sensi per più di un’intera giornata.

-Mamma, come ti senti?- fui riscossa dai miei pensieri dalla voce di Jin Ling, che trovai al mio fianco quando voltai il capo verso destra. La faccia non mi faceva più male e la gola aveva smesso di bruciarmi, fortunatamente.

-Acqua- mormorai tossendo, mettendomi seduta con la schiena appoggiata alla testiera mentre il ragazzino andava a recuperare una giara dall’altro lato della stanza -Mh- gli risposi per ringraziarlo mentre me ne scolavo la metà tutta d’un fiato, assetata come mai mi era capitato.

Dato il lungo periodo della mia convalescenza, non mangiavo da più di un giorno, quindi Jin Rulan chiamò una domestica e le ordinò di portarmi del congee e del brodo vegetale, ignorando le mie proteste. Improvvisamente pieno di coraggio, mi vietò di mangiare carne fino a piena ripresa.

Ah, da quando è così sfrontato da non obbedirmi? Mi domandai con un gemito sconfitto, dovrò rimetterlo in riga non appena mi potrò reggere di nuovo in piedi.

-Dov’è Ely?- chiesi quando fui sicura di poter parlare senza attacchi di tosse improvvisa. 

-Ha passato tutta la giornata in camera sua, dopo essere stata in compagnia di Zewu-Jun 1- mi rispose sedendosi sullo sgabello che si trovava vicino al letto -Ha chiesto di te spesso, ma si è addormentata poche ore fa, vuoi che la svegli?- mi domandò piegando la testa di lato e facendosi scivolare le due lunghe ciocche sciolte sulle spalle.

Scossi il capo e cambiai discorso, sollevata del fatto che la mia amica si fosse calmata abbastanza da dormire. Parlai per un pò con Jin Rulan e gli chiesi se si fosse occupato di dare da mangiare a Nocturne, mentre ero convalescente.

La sua risposta fu però anticipata da un tonfo.

Ci voltammo verso la porta, credendo che la cameriera fosse arrivata con il mio pranzo, ma ci trovammo davanti a Jiang Cheng, la veste viola stropicciata e i capelli allacciati alla rinfusa.

-Sei sveglia- disse, fermo sulla soglia con le mani lungo i fianchi e gli occhi grigi spalancati.

Sembrava reduce da una nottata insonne che gli aveva segnato il viso con delle macchie livide sotto gli occhi. Il solito chignon che gli teneva i capelli lontani dal viso era sul punto di cedere da un momento all’altro, gli abiti allacciati tanto morbidamente che le clavicole erano completamente esposte.

Prima che potessi aprire bocca, si precipitò al mio fianco, stringendo i pugni e facendo sfrigolare Zidian in accordo con l’espressione di pura furia del suo viso. Gravando su di me come se dovesse incutermi un qualche timore, socchiuse gli occhi e prese a gridarmi infervorato come mai lo avevo visto, se non nella serie animata quando si sfogava con Wei WuXian.

-Come diamine ti è saltato in mente di salire su una barca senza conoscere il proprietario?! E poi mi spieghi perché eravate fuori a quell’ora senza aver avvertito nessuno, tu e la tua amica? Come per quando hai deciso di salvare quello stupido cavallo… Devo spaccarti le gambe perché tu non ti butti in imprese suicide ogni volta che distolgo lo sguardo?- disse agitando le mani in aria e riprendendo fiato solo per massaggiarsi la radice del naso chiudendo gli occhi, forse per calmare la rabbia -Potevi morire e io non avrei mai saputo dove avevano gettato il tuo corpo!- urlò con le guance rosse per lo sforzo e gli occhi iniettati di sangue.

Io, presa alla sprovvista da quelle parole, non seppi bene come reagire.

Capivo che si era preoccupato per me, ma da una persona come lui non mi sarei mai aspettata un ragionamento così infantile e diretto. Stava implicitamente dicendo che ci teneva a me e, nonostante fossi consapevole che le mie emozioni non erano esattamente appropriate in quel momento, provai un lieve calore al petto.

Non è che io abbia deciso di farmi rapire, eh, pensai indignata, ma lo lasciai sfogare.

Lo guardai muta, esponendo un’espressione di neutra sopportazione mentre continuava a dirmi cos’avrei dovuto fare e quanto avevo sbagliato nel comportarmi in quel modo.

Ad un certo punto però, quando scosse nuovamente il capo durante il suo monologo, la pettinatura cedette davvero e le ciocche scure gli ricaddero lungo il collo e il viso. Ammutolita, notai che erano molto più corti di quanto mi aspettassi.

Gli arrivavano poco sotto le spalle ed erano chiaramente stati tagliati alla rinfusa, con tutta probabilità da una spada o da un coltello affilato. Non gli stavano male, e anzi, lo consideravo estremamente attraente con quella pettinatura, ma capii subito che non era una moda dettata dal gusto personale.

Lo intuii soprattuto dagli occhi lucidi di Jin Ling, che distolse lo sguardo e uscì dalla stanza in silenzio, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo sordo. Sola con il Capo Clan, lo fissai in attesa.

Lui, invece di parlare, restò fermo al centro della stanza per un pò, incredulo e sconvolto.

Con un’espressione di puro sconforto, si toccò le punte dei capelli con le dita e sembrò per un’attimo cadere in una trans mentre guardava fisso davanti a se, le labbra serrate e gli occhi umidi.

-Jiang Cheng- lo chiamai per riportarlo alla realtà, tentando di sedermi meglio e magari provare ad alzarmi per raggiungerlo. Riuscii solo a imprecare per il dolore che mi si diffuse lungo la spalla ferita.

A quel suono, si riscosse prima che potessi fare davvero qualcosa, comunque, affrettandosi a riallacciarsi i capelli in uno chignon stretto e raggiungermi, risistemandomi le coperte attorno ai fianchi in silenzio. 

Meglio che stia zitta, mi domandai mentre si posizionava in ginocchio al fianco del mio letto, oppure che gli chieda cosa è successo?

Non ci fu bisogno che parlassi, fortunatamente. Dopo essersi sistemato vicino a me prese ad arrotolarsi il bordo del lenzuolo tra le mani e cominciò a parlare sottovoce, guardando fisso il materasso ed evitando il mio sguardo.

-Li taglio regolarmente ogni anno, per l’anniversario della morte di mia sorella- disse con voce roca, quasi fosse sull’orlo delle lacrime ma cercasse in tutti i modi di trattenerle -Sai, per i cultori nobili è un privilegio, avere i capelli più lunghi. Facciamo praticamente a gara. Ma a cosa diamine mi serve l’onore, se la mia famiglia è morta perché non ho saputo difenderla?- aggiunse sbuffando una risata sarcastica e mordendosi il labbro.

-Se hai letto la nostra storia, la mia storia, sai che ci sono dei giorni…- iniziò, interrompendosi per riprendere fiato con lentezza -Ci sono dei giorni in cui penso a quanto odio Wei WuXian, e gli addosso la colpa, ma so che non è stato lui ad iniziare questa guerra, anzi, l’ha conclusa, in un modo o nell’altro. Cazzo, era più bravo di me anche da morto- rise davvero questa volta. Dalla gola gli scaturì una di quelle risate scontente e un pò folli che possono nascere solo da un’emozione: il rimpianto.

-Non è una competizione quella con tuo fratello. La guerra… beh, è una merda, per essere davvero riassuntivi- dissi guardando quelle iridi chiare, ora oscurate da ricordi orribili e con una patina di lacrime non versate che li rendevano splendenti come gemme -Muoiono delle persone, vengono distrutte case, ricordi e speranze, si soffre per tutto quello che si ha perso, ma non bisognerebbe addossarsi la colpa per tutto il dolore che la guerra ha portato. Hai cresciuto un bambino splendido, anche se viziatello, e da solo e gestito un intero Clan che doveva ricostruirsi dalle fondamenta, barcamenandoti tra affari politici e lezioni di scherma con tuo nipote… non riesco nemmeno a concepire come hai fatto, a volte- ammisi senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi.

Fece per parlare, forse rispondermi, ma io alzai una mano per bloccare le sue parole. Sistemandomi meglio sul letto, gli feci cenno di avvicinarsi e, quando si sporse verso di me piegando il busto, gli afferrai il viso tra le mani.

-Hai fatto il possibile per salvare la tua famiglia e, anche se non ci sei riuscito, hai reso loro giustizia con la vendetta sui loro assassini e ridando vita alla vostra Setta- gli dissi premendo la mia fronte sulla sua e assumendo un tono più sicuro -Sarebbero davvero fieri di te, ne sono sicura. Scommetto che, da dove sono ora, tuo padre e tua sorella stanno sorridendo orgogliosi, mentre tua madre sta commentando su qualche cosa che sicuramente lei avrebbe organizzato meglio- completai ridacchiando con voce sottile, contagiandolo con il mio sorriso malinconico che gli arrivò alle labbra ma non agli occhi.

Poi, semplicemente, lo vidi lasciarsi andare. Aprì la bocca per parlare, ma ne fuoriuscì solo un gemito che presto si trasformò in un grido amaro. Nascondendo il viso nel lenzuolo a poca distanza dalle mie mani contratte per lo shock, soffocò le sue urla nella stoffa.

A questo punto della conversazione non può essere imbarazzato di farsi vedere i lacrime, pensai agitata, non sapendo bene cosa fare. Per tentare di consolarlo, presi a carezzargli delicatamente i capelli sulla nuca.

Passarono densi minuti di silenzio, interrotti solo dai suoi gemiti sofferenti e dal suono delle mie mani che gli stropicciavano la veste mentre lo abbracciavo. Non parlammo per un pò, entrambi immersi nei nostri pensieri.

-Non posso perdere anche te- sussurrò quando i suoi singhiozzi si furono calmati, facendomi immobilizzare per la sorpresa. Credetti di aver sentito male, all’inizio. Poi realizzai cosa implicava quella frase.

Ecco, l’ultima cosa che mi aspettavo era una confessione malinconica.

 

 

Dopo quello sfogo, non ne parlammo più. Come se l’argomento non fosse mai stato affrontato, tornammo a litigare e ad insultarci al nostro solito modo.

In compenso, Jiang Cheng non mi permise di uscire dalla stanza per quattro giorni, apparendo magicamente sulla soglia della mia camera ogni volta che anche solo pensavo di mettere un piede fuori dalla mia nova prigione.

Non fui autorizzata nemmeno ad alzarmi dal letto, se non per andare in bagno e lavarmi sporadicamente, nonostante continuassi a ripetere che stavo perfettamente bene e che i dolori erano quasi del tutto scomparsi.

Sono paziente solo perché in realtà fa ancora un male cane dappertutto, mi ripetevo nella mente, anche se la situazione iniziava a stancarmi.

Per fortuna Elisa passava spesso a trovarmi, e quindi la maggior parte del tempo la passavo in sua compagnia. Le nostre chiacchiere venivano interrotte solo dalle visite di Jin Ling, che mi aggiornava su tutto quello che gli capitava e su quanto fosse ingestibile Noc senza di me.  

Jiang Cheng, invece, faceva un salto quasi ogni ora per spiccicare qualche parola e poi starsene in un’angolo, seduto ad ascoltarci con un broncio da bambino viziato in viso. Aveva dovuto schivare solo qualche oggetto che gli avevo lanciato quando mi aveva vietato di uscire, quindi probabilmente pensava che lo stessi perdonando.

-Hai deciso come fuggire da qui?- mi sussurrò ridacchiando Elisa mentre mi pettinava i capelli, risciacquandomi il sapone alla cannella dalle ciocche bagnate -Perché "Occhio di falco" mi sembra un pochino esasperante- disse riferendosi a Jiang Cheng con il nomignolo che gli avevamo assegnato poco dopo aver finito la lettura del novel.

Notare le cose non è esattamente il suo forte, avevamo concordato dopo la scena della confessione del cambio di nucleo al Pontile del Loto, proprio come il fratello… una cosa dei ragazzi di Yunmeng, insomma.

Immersa nella vasca piena di acqua profumata, mossi le mani sulla superficie per spostare le varie spezie che ci galleggiavano sopra. Più che un bagno, pensai divertita guardando le bacche di ginepro e di anice muoversi sul pelo dell’acqua, sembra vogliano fare un’arrosto.

-Di quello che lo fa irritare non me ne potrebbe fregare di meno- spiegai alzando abbastanza il volume della voce perché mi sentisse.

Non era voluto uscire nemmeno mentre facevo il bagno, preoccupato che la mia amica mi facesse fuggire dalla finestra, probabilmente. Si era appoggiato alla parete dicendo che potevo benissimo lavarmi dietro il paravento, se proprio dovevo farlo.

Si aspettava che rinunciassi. Per tutta risposta, mi ero spogliata e gli avevo rivolto un elegantissimo dito medio.

-Potrei dirti che sono d’accordo, ma so che infondo gli vuoi bene- mi prese in giro Elisa passandomi un asciugamano e ridendo mentre mi alzavo. La guardai male e sorrisi con malizia.

-Ah si? E come va con il tuo Principe Azzurro?- insinuai, ghignando nel notare il suo viso prendere un colorito rossastro -Aspetto l’invito al matrimonio- continuai, divertita dal vederla iperventilare.

-Stronza- sibilò oltrepassando il separè con passo marziale e lasciandomi sola perché mi vestissi -Mi vendicherò- gridò dall’altra parte della stanza, lasciandosi cadere a peso morto sul letto.

Una volta indossati i pantaloni e la parte superiore della veste, uscii dal mio angolo nascosto e raggiunsi il comodino dove potei legarmi i capelli ancora umidi in una coda morbida sulla nuca. Scalza, raggiunsi la mia amica e mi sedetti al suo fianco.

-Dovremmo trovarti una cameriera per questo- esordì Jin Ling, che era entrato da poco per discutere con lo zio di alcuni discepoli che volevano partecipare a delle lezioni avanzate -Non può continuare a servirti lei- spiegò indicando Elisa e alzando le spalle quando gli dissi che non volevo servitori.

-Appartieni al Clan Jin ora, non puoi non avere qualcuno che si occupi delle faccende da…- si fermò al mio sguardo di avvertimento, lanciò un’occhiata allo zio e tentò ancora -…domestici?- provò, cercando di correggersi all’ultimo secondo.

Come se non fossi in grado di lavarmi da sola, quando mi sarò ripresa, pensai esasperata dalla loro voglia di non far nulla, stupidi nobili viziati.

-Se proprio ne sentite la necessità- mi arresi alla fine, quando Jin Rulan continuò ad insistere sbattendo i piedi a terra e assumendo un cipiglio irritato -può essere Feng 2?- domandai nominando uno dei pochi domestici di cui ricordavo il nome, anche perché era l’unico ad essersi presentato di sua spontanea volontà.

L’avevamo incontrato io ed Elisa quando avevamo tentato invano di sgattaiolare nelle cucine per rubare qualche seme di loto e magari farci una passeggiata. Eravamo state beccate subito da Jiang Cheng, purtroppo, che ci aveva rispedite urlando in stanza.

Però Feng ci aveva intravisto nelle cucine e ci aveva fatto portare in gran segreto un sacchetto di semi e del succo di litchi 3, rallegrandoci la giornata. Non avevamo chiacchierato molto, ma sembrava un bravo ragazzo.

Aveva dei lunghi capelli castani che teneva acconciati in una coda bassa con un fiocchetto verde della stessa tonalità dei suoi occhi. Le labbra sottili erano spesso piegate in un sorriso cortese e la sua divisa semplice era perennemente sporca di farina di riso e macchie di salsa di soia.

Dovunque passasse, lasciava dietro di se’ una scia che profumava di the verde. Da quanto avevamo sentito dalle cameriere che spettegolavano su di lui, era il cuoco più carino della residenza del Capo Clan di Yunmeng.

-Un maschio come servitore non penso sia adatto- disse polemico Jiang Cheng, che per tutta la discussione aveva mantenuto una posizione irritata, le braccia incrociate davanti al petto e le gambe accavallate.

-Perché, le mani gli funzionano diversamente da una femmina?- ribattei alzando gli occhi al cielo e preparandomi ad un’altra litigata.

-Non credo sia delle mani che si preoccupa- intervenne Jin Ling sottovoce, probabilmente borbottando tra se e se. Purtroppo per lui, lo sentimmo entrambi.

Suo zio reagì aggrottando la fronte e tirandogli uno scappellotto sulla nuca che lo fece quasi cadere in avanti, mentre io inarcavo le sopracciglia e tossivo per dissimulare l’imbarazzo.

Elisa invece, senza pudore alcuno, scoppiò a ridere tenendosi lo stomaco con le mani. Come richiamata dal suono della sua risata, sulla soglia comparve una figura  ammantata di bianco.

Lan XiChen fece la sua entrata con l’eleganza di un airone che si libra in aria, i passi silenziosi che esprimevano compostezza anche con quel semplice movimento. Se avessi dovuto descrivere con una persona la Grazia, avrei scelto lui.

-É accaduto qualcosa di così ilare, Mia Signora?- esordì mentre si inchinava cordialmente per salutarci, rivolgendo le sue parole ad Elisa, come ormai era solito fare quasi sempre.

In tutta risposta al suo modo di esprimersi così formale da non sembrare vero, io e la mia amica ci guardammo sgomente per un attimo, prima di partire a ridere in coro, reggendoci l’una all’altra per non cadere.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Zewu-Jun: secondo le mie Dee (Deb e Athe, siete voi), Jin Ling presumibilmente potrebbe rivolgersi in questo modo allo… zio del suo ragazzo ;)
2. Feng: Feng () sta per "vento", e lo so solo grazie a SVSSS… è un personaggio completamente inventato e decisamente inutile, mi serviva un nome :)
3. Litchi: chiamati anche Lychee o ciliegie della Cina sono dei frutti bianchi dalla scorza rossa… sono famosi anche qui in Italia e sono deliziosi, ,a specifico per chi non li avesse mai sentiti


Waaaa, una confessione semi-sentimentale da Jiang Cheng, sono commossa. Ero davvero titubante su sto dialogo, perché sapete quanto sia emotivamente stitico (Cry, ormai sai che vuol dire) il Capo Setta, quindi non sapevo se fosse troppo OOC… dai, poveretto, proverà qualcosa anche lui, ogni tanto?
Dalla regia mi danno conferma che si, è umano, quindi ecco qui.
Yuzar, hai visto? Le ho fatte rubare dei semi di loto dalle cucine ;) Mentre lo scrivevo pensavo a te <3
Mando un bacio a Deb, che mi aiuta con le correzioni. Senza di lei probabilmente avrei dei buchi di trama allucinanti. Santa donna, cosa farei senza te?
Ringrazio anche Michelino perché è un amore e mi consiglia senza capirci una sega di Mo Dao Zu Shi (della serie che io gli vomito addosso informazioni e lui ascolta sconvolto i miei scleri), oltre a sopportarmi durante i miei momenti peggiori :3 

Baci a tutti, Sarah_lilith

 

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Capitolo 20
*** Diciannovesimo capitolo ***


Altri litigi… finiranno mai?

 

 

Quella notte fece un caldo infernale. Mi rigirai affannosamente tra le lenzuola per ore, prima di arrendermi e scivolare fuori dal letto.

Afferrai la mia borsa e e mi legai il pugnale alla coscia, sotto la veste nera che Elisa mi aveva infine convinto ad indossare. Se è solo per la notte, le avevo risposto quando avevo capito di dovermi arrendere, posso sopportarla, se non è piena di fronzoli.

Lasciai il mantello che mi aveva consegnato Lan XiChen sul letto, troppo accaldata per indossare un’ulteriore strato di stoffa. Era quello l’oggetto che mi doveva recapitare, quando era giunto a Yunmeng prima dell’apparizione di Elisa e del nostro rapimento. 

Si trattava di un dono da parte della famiglia di Mei Te, la ragazza che avevo salvato. Da quando si era ripresa completamente, recitava il biglietto che mi ero fatta tradurre da Lan Huan, tutte le donne del villaggio si erano messe d’impegno per aiutarla a cucirmi un mantello di migliore fattura della veste che mi aveva precedentemente regalato.

Mi arrivava fino alle caviglie, avvolgendomi totalmente nella morbida stoffa nera, ricamata con fili argentati che componevano un disegno che raffigurava un drago cinese attorcigliato lungo tutta la mia schiena.

Lan XiChen mi aveva spiegato che il nonno della giovane, capo del villaggio e cultore minore che ormai non partecipava più alle cacce notturne, era stato così riconoscente che aveva "incantato" la veste, rendendola simile a quella dei discepoli del Clan Lan.

E ora in tutta Gusu mi hanno soprannominato "Dama del dragone", pensai lusingata e anche un pochino divertita, ci mancava solo questa per farmi pubblicità.

Cercando di fare più piano possibile, aprii la porta di camera mia e controllai che il corridoio fosse vuoto. 

Purtroppo, incrociai lo sguardo nocciola di un soldato messo a guardia della mia stanza, in piedi a pochi passi da me. Gli sorrisi innocentemente, e lui per tutta risposta alzò un sopracciglio, scuotendo il capo per farmi capire che no, non mi avrebbe permesso di uscire da sola. 

Esasperata, gli feci una radiografia per capire se potevo superarlo in velocità e fuggire, ma del fisico asciutto e longilineo intuii che non ce l’avrei mai fatta.

Aveva un viso piacevole, anche se metà della guancia destra era attraversata da una vistosa cicatrice bianca. Dovevo arrivargli al mento, eppure i suoi capelli lunghi fino alle ginocchia erano così mossi e scompigliati da farlo apparire più basso, così nascosto dalle ciocche castane. Li aveva tentati di raccogliere in una stretta coda di cavallo, anche se non era servito a molto.

Aveva circa la mia stessa età, ma i suoi occhi scuri erano stranamente seri, facendo assumere a tutto il suo viso un’aria molto virtuosa e diligente. Andrebbe d’accordo con Lan Zhan, pensai divertita. 

-Puoi accompagnarmi a fare una passeggiata, se proprio ci tieni a farmi da cane da guardia- sussurrai a basso volume per non svegliare i cultori, che notoriamente avevano un udito più sottile -Devo uscire da qui prima di soffocare- spiegai quando lo vidi aprire bocca per chiedermi, con tutta probabilità, se era davvero necessario che mi facessi un giro a quell’ora.

Sospirando, si guardò attorno, forse per controllare che fossimo davvero soli, e poi si incamminò lungo il corridoio deserto. Lo seguii quasi saltellando per la felicità, sollevandomi la veste leggera sopra le ginocchia per far prendere aria anche alle caviglie.

Maledetto il momento in cui ho detto si, pensai guardandomi le maniche lunghe e ingombranti che ondeggiavano al ritmo dei miei passi. 

Quando ci eravamo preparate per dormire, quella sera, Elisa mi aveva fato gli occhi dolci fino a che non le avevo permesso di scegliermi una veste da notte, al posto che la mia solita canottiera. Almeno che sia nera, le avevo intimato.

-Potrete camminare a non più di dieci passi da me, Giovane Signora- mi spiegò come se potesse davvero impormi qualcosa -Devo poter garantire la vostra incolumità, altrimenti subirò delle conseguenze poco piacevoli- continuò. 

-Ma che guinzaglio lungo che mi concedi- dissi con sarcasmo, superandolo per sorridergli ironica -Mi chiamo Cristina, comunque- spiegai proseguendo lungo i corridoi illuminati solo dalle lanterne dei cortili.

-Io sono Bao 1- si presentò con un inchino, seguendomi con movimenti silenziosi e tenendo una mano appoggiata all’elsa della spada, quasi si aspettasse un attacco da un momento all’altro.

Quando raggiungemmo l’esterno dell’edificio, gli chiesi di condurmi alle stalle. Confuso, prese la direzione che portava alla struttura, procedendo in silenzio nella notte.

Arrivati, controllai uno ad uno i cancelli della scuderia, trovando Nocturne intento a ruminare qualche ciuffo di fieno dal mucchio di pagliericcio nel suo box. Appena mi vide aprirgli il portone, si precipitò verso di me con un trotto elegante, esibendosi in una specie di sfilata per impressionare la guardia.

Ridacchiando, gli accarezzai il collo e lo presentai a Bao, felice che il mio cavallo si stesse comportando bene.

-Questo è Nocturne, Noc per gli amici- dissi facendogli una carezza sul muso, proprio sul pelo morbido tra gli occhi ambrati rivolti verso di me -Non gli piacciono molto le persone, però- aggiunsi mentre scalpitava per allontanarsi dal soldato, che aveva allungato una mano per accarezzarlo.

Liberando l’animale perché si sgranchisse le zampe, mi sedetti sull’erba morbida e umida di rugiada, raccogliendomi la gonna attorno ai fianchi per coprire l’inguine, le gambe nude incrociate sul suolo fresco. Bao seguì i miei movimenti con occhi vigili, non distogliendo lo sguardo neppure quando assunsi quella posizione, per i loro standard, indecente.

Ah, pensai divertita, vedi che gente normale c’è, qua in giro. Non potevano essere tutti dei monaci come Lan XiChen.

-Allora- presi la parola guardando il cielo, cercando disperatamente un argomento di conversazione -Da quanto vivi a Yunmeng?- chiesi disinvolta facendogli cenno di avvicinarsi.

-Sono originario di qui, in realtà. Dopo la guerra coi Wen, pochi erano sopravvissuti al massacro, quindi sono tornato- spiegò inginocchiandosi a gambe unite a qualche metro da me -Io ero in addestramento con i discepoli nei territori dei Nie, quando è successo. É così che sono sfuggito al destino della mia gente… la mia famiglia non è stata così fortunata- si incupì stringendo i pugni e abbassando lo sguardo.

Indecisa su cosa fare, stetti in silenzio. Non sapevo cosa dirgli. Mi dispiace sarebbe una frase inutile, non è vero?

-Voi, invece, avete una famiglia che vi aspetta?- cambiò discorso sistemandosi la veste che si era spostata dopo una folata di vento caldo, attorcigliandosi attorno alle sue gambe.

-Coi miei genitori ho un bel rapporto, ma non ci sentiamo spesso- spiegai vaga, certa che se gli avessi perlato di università e lavoro ingegneristico di tirocinio mi avrebbe capito poco, per non dire nulla -Mio fratello invece… con lui ho molta più affinità- aggiunsi, sorridendo al pensiero di Riccardo che entrava nella mia stanza per rubarmi uno dei libri che ormai ci scambiavamo di continuo.

Ci capivamo, se si trattava di matematica o fisica. Eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, due menti che pensavano in un certo modo e riuscivano a comprendersi. Ognuno ha i suoi spiriti affini, pensavo.

Il silenzio che calò dopo la mia ultima frase non fu spiacevole, interrotto solo dalle fronde degli alberi che si scuotevano ritmicamente. Lo sguardo mi cadde senza volere sulla sua spada, elegantemente agganciata alla cintura sul suo fianco sinistro.

-Potresti addestrarmi nel combattimento?- mi scappò di bocca, prima che la mia mente potesse fermare le mie parole -Intendo, magari le basi della scherma e quelle del corpo a corpo, sai, per non essere dipendente solo dai pugni da rissa in caso di doversi difendere- spiegai, ridacchiando nel vederlo sgranare gli occhi sorpreso del mio modo molto schietto di parlare.

Sembrò titubare, per un attimo. Pareva indeciso su come rispondermi, forse temendo di risultare scortese se avesse rifiutato. O forse Jiang Cheng aveva vietato a chiunque nella sua Setta di mettermi un’arma in mano e rendermi così più pericolosa.

Se mi addestrassi sarei un pericolo pubblico, probabilmente, pensai obbiettiva.

-Sono onorato che mi consideriate degno di questo compito, ma dovreste chiedere a qualcuno di esperto come il Capo Clan. É il migliore nell’arte del combattimento, anche se spesso usa Zidian- provò a spiegarsi, gesticolando in aria come per dimostrare la sua goffaggine al confronto. 

Ci riuscì abbastanza bene, in effetti. I capelli, mossi dal vento, gli erano finiti davanti alle spalle e, quando lui alzò le mani per muoversi, gli si aggrovigliarono attorno ai polsi e alle dita, costringendolo a fermare i gesti per liberarsi.

Da serio e diligente a simpatico e impacciato… non male come rivelazione.

-É un idiota, il vostro Capo Clan- dissi fingendo di non aver rischiato di ridere davanti a quel siparietto comico -Ci siamo minacciati di morte già un paio di volte, e per ora le ha prese solo lui- a quel punto non ce la feci più. Cedetti al desiderio di lasciarmi scappare una risata e balbettai delle scuse davanti al suo sguardo stupito, asciugandomi le lacrime con le maniche.

-Scontrarsi con un cultore del suo calibro…- tentò di avvertirmi ingenuamente, suscitando ancora la mia ilarità e un’altro scoppio di risa incontrollate.

-È pur sempre un uomo, se gli tiro un calcio nelle palle gli fa male uguale- borbottai, mordendomi la lingua per non cadere nel volgare più di quanto non stessi già facendo, per i suoi standard.

Ho detto "palle" ed è sbiancato come se si fosse trovato davanti ad un cadavere ambulante, che dolcezza.

-Non arrabbiatevi troppo con lui- provò di nuovo, in un estremo tentativo di difendere la morale del suo Leader -Ci ha fatto cercare in lungo e in largo colui che ha osato mandarvi quella lettera di minaccia, ma stiamo ancora…- si interruppe davanti alla mia occhiata di fuoco.

Quello che mi ha minacciata di morte è ancora in giro perché NON era il tizio che ci aveva rapite, pensai con mille emozioni che mi vorticavano nello stomaco, e lui me lo ha tenuto nascosto

Prima che potessi aprire bocca per interrogare Bao, e probabilmente estorcergli con la forza ogni informazione utile prima di andare a litigare con il suo Capo Clan, un richiamo mi fece votare verso Noc.

-Cristina- mi salutò Jiang Cheng con un cipiglio severo, intento ad aggirare il mio cavallo e non farsi calciare nel passargli vicino -Chi ti ha dato il permesso di uscire senza di me?- osò domandare, ignaro dell’umore nero da cui ero stata pervasa nel momento in cui avevo visto la sua faccia imbronciata.

Camminando nella nostra direzione, diede un’occhiata poco discreta alle mie gambe nude e alla gonna raccolta attorno alle mie cosce, contorcendo il viso in una smorfia di disappunto, anche se gli si tinsero le guance un lieve rossore. 

Con un gesto che di galante aveva solo l’intenzione, si spogliò del mantello e me lo gettò addosso, invitandomi con un cenno di coprirmi e rivolgendosi a Bao. L’espressione di vanesia superiorità che gli si appiccicò in faccia mentre parlava col suo subordinato non mi piacque per nulla.

-Ti avevo espressamente ordinato di non lasciarla vagare senza mio esplicito volere, sopratutto se sola- gli ringhiò contro incrociando le braccia al petto -Rischi la testa per portarti una donna in giro a quest’ora?- continuò alzando il tono e facendo sfrigolare Zidian, che mandò lampi viola, illuminando il buio che ci circondava.

Il modo in cui stava insinuando quello che solo un fidanzato geloso e oppressivo avrebbe pensato mi infastidì più dell’accusa stessa. Che si fottessero le sue regole, se volevo scoparmi qualcuno, non avrei né chiesto il permesso, né mi sarei fatta rimproverare come un’undicenne beccata a fumare.

E si ricomincia, pensai alzandomi in piedi e lasciando a terra il mantello, reprimendo l’istinto di pestarlo. Risposi per entrambi, dato che Bao si stava limitando a guardare fisso davanti a se con le mani che gli tremavano sull’elsa della spada.

-Sentimi bene, brutto pallone gonfiato- esordii attirando l’attenzione di Jiang Cheng, che si volse verso di me con uno scatto -Non me ne frega un cazzo se hai le mestruazioni o ti sei semplicemente alzato dalla parte sbagliata del letto, ma prova ancora a prendere decisioni al posto mio e giuro che non rivedrai la luce del sole mai più!- urlai avvicinandomi a lui e guardandolo negli occhi, una sfida a ribattere.

-Io ho deciso che tu…- fu fermato da un mio pugno che non vide arrivare, troppo concentrato a tenere il broncio, che lo colpì allo stomaco. Non era troppo forte, ma almeno gli tolse il fiato per parlare.

-Punto primo: non sei mio padre. E in ogni caso nemmeno lui può dirmi con chi posso o non posso uscire e parlare. Punto secondo: se adesso decidessi che ho un’estrema voglia di andare in un quartiere a luci rosse e fottermi ogni singolo essere vivente che trovo tu non potresti neppure pensare di alzare un dito per fermarmi, perché non vedo con quale autorità TU potresti imporre qualcosa a ME- gridai, ansimando per il monologo che mi aveva lasciato senza ossigeno ma riprendendo poco dopo -Ringrazio molto te e tuo nipote per aver ospitato me ed Elisa, ma non allargarti troppo, soprattutto con accuse senza fondamento. Cazzo, ci stavo PARLANDO! Se dovessi abbracciare qualcuno cosa faresti? Mi rinchiuderesti in un convento a vita natural durante? Fottiti, Jiang Cheng, fottiti- finii di dire, la gola che mi bruciava e i pugni che mi dolevano da tanto che erano stretti.

Non picchiarlo, non picchiarlo… mi ripetevo nella mente, raccogliendo il mantello da terra per porgerlo a Bao, che intanto mi guardava con la bocca spalancata e gli occhi vitrei. Con la testa alta e le spalle dritte, mi incamminai verso la residenza, decisa a tornare nelle mie stanze.

La guardia pensò che era meglio defilarsi adesso che ancora aveva le gambe attaccate al busto, e prese a camminare nella direzione opposta, verso il maneggio. Forse avrebbe provato a rimettere Nocturne nel suo box.

-Ti ho già detto che mi sto solo preoccupando per la tua sorte- sentii sussurrare dal cultore dietro di me. Ci davamo le spalle a vicenda, soli nella notte illuminata dalle stelle e dalle lanterne fioche al limitare del bosco -Non puoi biasimarmi se prendo precauzioni… dopo quello che è successo- mormorò così a bassa voce che a stento lo sentii.

Ancora girata nell’altra direzione, sospirai per calmarmi, anche se non funzionò per nulla. Non puoi fare la vittima in un momento come questo!

-Senti, chiudiamola qui. Anche perché con te me la vedrò davvero domani- esordii con stizza, proseguendo verso l’ingresso per rientrare nella reggia -Non credo tu voglia affrontare ora la mia furia per quanto riguarda l’ennesima cosa che mi hai tenuta nascosta- gli dissi, allontanandomi ancora.

Ricevetti il silenzio, come risposta.

Quando raggiunsi l’entrata e mi voltai per vedere se mi stesse seguendo, lo trovai ancora dove l’avevo lasciato, però girato nella mia direzione. Mi guardò rincasare in un mutismo quasi surreale, rigirandosi un campanello argentato che non avevo mai visto tra le mani.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Bao: bao () vuole dire "pietra preziosa/tesoro", e, nonostante il significato un po’ frivolo, è un nome tipicamente maschile


Ho sentimenti contrastanti. Un pò sono dalla parte di Cristina, perché cazzo calmati, ma un pochino capisco anche il punto di vista di quel poveretto… si confesserà mai? Non c’è ancora dato saperlo.
Ho finito ora ora di correggere, ma sono stanca e potrei aver lasciato qualche errore qua e là, ditemi se ne trovate. Come sempre vi sono grata per aver letto, ma che ve lo dico a fare, sapete che vi adoro.
Il campanello… piccolo spoiler: era un regalo, ma Cristina è troppo emotiva per non causare un litigio quindi rimandiamo ancora sta dichiarazione, evviva.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 21
*** Ventesimo capitolo ***


L’alcool non risolve i problemi, ma nemmeno l’acqua

 

 

Elisa

 

A svegliarmi quella mattina, non fu il lieve bussare di Lan XiChen che mi incitava a prepararmi per la colazione, ma le urla familiari di Cristina. Era stata troppo calma in quei giorni, in effetti mi aspettavo una qualche conseguenza.

Con il sonno ancora non lavato via dal viso e con la vestaglia celeste mezza slacciata, uscii dalla mia stanza per dirigermi sbadigliando verso la sala da pranzo, dove si stava svolgendo il litigio più rumoroso della storia.

Mi era stato spiegato dalle domestiche che, anche se parecchio informale, la vestaglia da notte sopra la sottoveste con cui dormivo sarebbe stato un’abbigliamento consono, la mattina presto. Il fatto che per me "presto" stesse ad indicare circa le dieci non era affar loro, in ogni caso.

Deambulai in stato di semi incoscienza fino alla porta della sala e la spalancai con una mano, stropicciandomi gli occhi con il pugno chiuso. Qualcuno mi dia del caffè, per carità!

-Che vuol dire che non pensavi fossero affari miei?!- stava gridando la mia amica, in piedi nel bel mezzo della stanza con la sua aria da "ti sto per cazziare così tanto che non ti riprenderai mai", mani sui fianchi e gambe divaricate -E di chi sarebbero allora, di quelle teste di cazzo? La minaccia di morte riguardava me e tu hai deciso di mentirmi di nuovo… non trovo nemmeno le parole per dirti quanto vorrei prenderti a sberle in questo momento, idiota!- continuò a strillare, stringendo i pugni per non colpirlo davvero.

Si era vestita come suo solito, quella mattina. I pantaloni di pelle scura erano coperti fino alle cosce dalla tunica viola e nera, perfettamente in tinta con il suo umore. Al posto degli stivali, però, aveva ai piedi delle specie di ballerine della stessa tonalità dei calzoni, forse per praticità.

Non si era messa il mantello con il dragone, ma solo perché l’afa della sera prima non si era ancora dispersa, rendendo quella mattinata una specie di sauna. Scommetto che ieri notte ha dormito poco e niente, pensai, conoscendo l’intolleranza che aveva Cristina verso l’estate, forse è nervosa per questo.

Ignorando i borbottii di Jiang Cheng, che invano tentava di difendersi dalle accuse ai suoi danni, mi diressi verso uno dei tavoli allineati alle due pareti più lunghe e mi lasciai cadere di peso su uno dei cuscini.

Mugolando come un gatto assonnato, incrociai le braccia sopra il legno lucido del tavolino di fronte a me e vi ci seppellii il viso, sperando di riaddormentarmi. Se solo quei due la smettessero di urlare!

Sobbalzai quando percepii una mano tiepida che mi scaldava la schiena.

Girandomi verso destra, mi accorsi che vicino a me si era sistemato composto Lan XiChen, la testa piegata lievemente di lato per potermi guardare in volto. I capelli, sciolti sulle spalle e mantenuti lontani dagli occhi grazie al morbido chignon sulla sua nuca, gli si aprirono come un ventaglio seguendo il movimento del collo, sfiorando le mie braccia.

Ma a lui è davvero permesso passare tutto questo tempo lontano da Gusu? pensai distrattamente ammirando quello spettacolo, avrà scaricato tutti i doveri su suo zio.

Lasciandomi una carezza appena accennata tra le scapole, mi rivolse uno sguardo preoccupato, aggrottando le sopracciglia. Mi resi conto, a quel punto, che il suo palmo mi stava trasferendo energia spirituale attraverso i vestiti, dato che probabilmente pensava che mi sentissi male o simili.

-Sto bene. Ho solo sonno, è sempre così la mattina, prima del caffè- biascicai coprendo l’ennesimo sbadiglio con la manica della vestaglia azzurra -Le coccole sono ben accette, in ogni caso- aggiunsi sorridendo con gli occhi semichiusi.

Esitò per un attimo, le guance candide colorate da una lieve sfumatura rosata. Poi si staccò dal mio fianco, tossicchiando, e recuperò una ciotola grigia dai vassoi che i domestici avevano provveduto a portarci.

Me ne porse il contenuto e, quando sbirciai, capii all’istante che si trattava di loto ricoperto di miele. Con l’acquolina in bocca, lo ringraziai con un sorriso sgargiante e, molto più sveglia di poco prima, mi impegniai a divorare la mia colazione.

Assetata, afferrai la tazza che aveva lasciata incustodita Cristina al suo posto, alla mia destra, e la bevvi tutta d’un fiato senza controllarne il contenuto. Me ne pentii subito.

Tossendo disperatamente, mi sventolai una mano davanti al viso per asciugare le lacrime prima che mi sgorgassero dagli occhi. Mi sentivo le guance bollenti e l’esofago in fiamme, ma cercai di non attirare troppo l’attenzione mentre morivo dentro.

-Mia Signora, state bene?- domandò allarmato Lan XiChen, il sorriso che gli sfioriva sul volto. 

Mi sfilò dalle mani la tazzina e la annusò, forse pensando di trovavi del veleno. Quando capì cosa mi aveva turbata, però, sorrise lievemente e mi porse del the caldo alle erbe per sciacquarmi la bocca.

-Cristina!- esclamai interrompendo il suo litigio, che stava proseguendo da così tanto che probabilmente Jiang Cheng sperava solo di impiccarsi, a quel punto -Bevi alcool alle nove di mattina?- le domandai con una nota di rimprovero nella voce.

Lei si limitò a rivolgermi un’alzata di spalle ed un borbottio che sembrava dire "non è mai troppo presto per una buona dose di vino" e poi si girò nuovamente con sguardo pieno di aspro risentimento verso il Capo Clan di Yunmeng. Senza staccargli le iridi furiose di dosso, la mia amica mi informò di un fatto sconvolgente. 

-Ely, tu lo sapevi che domani ci sarà una riunione con i rappresentanti di tutte le Sette Minori che rivendicano il loro dominio su di noi- calcò quelle parole quasi sputandole a terra -perché siamo passate nei loro territori ed io, in particolare, sono apparsa in una delle loro terre?- finì di domandare con tono che tutto poteva sottintendere fuorché la possibilità di Jiang Cheng di essere perdonato presto.

Dominio su di noi? Cosa siamo, delle mucche? pensai atterrita.

-E quando avevi intenzione di dircelo?- chiesi con un’espressione di rimprovero rivolta all’uomo in viola vestito. Non mi voltai subito verso Lan XiChen, ma intuii da un suo sussulto che non si aspettava un tono così impertinente da parte mia.

Quando però girai il capo nella sua direzione, non trovai né rabbia né delusione sul suo viso, ma solo sorpresa e un certo… compiacimento? Possibile?

-L’ho già detto poco fa- ci interruppe l’altro cultore, richiamando l’attenzione di entrambi -Non dovete preoccuparvi del Concilio, perché sistemerò tutto in modo che…- si fermò da solo, prima di essere interrotto da un colpo di Cristina, già in procinto di prenderlo a pugni. Alzò le mani come a dire che non aveva voce in capitolo, allontanandosi di un passo da lei.

-Le donne non hanno il permesso di partecipare, in ogni caso- aggiunse l’uomo provenente da Gusu, beccandosi un’occhiata di fastidio da parte mia, che feci tremolare il labbro con un’espressione ferita.

Lo sguardo da cucciolo maltrattato funziona sempre.

-Pensi che siamo così stupide da non poter capire quello di cui voi discuterete?- mormorai implorate, la voce che si spezzava nel perfetto esempio di quanto fossi brava a recitare, mentre ignoravo le risate mal trattenute della mia migliore amica, che aveva capito tutto.

-Non è così- tentò di spiegarmi, mantenendo il suo sorriso tenue e scuotendo il capo con delicatezza -Il fatto è che i Leader dei Clan sono tutti uomini, e pretendono che le azioni militari e politiche siano gestite solo da coloro che sono di sesso maschile, capite?- provò a giustificarli, in qualche modo, anche se la sua faccia esprimeva solo sopportazione verso quelli che io, nella mia testa, avevo appena rinominato come "Schifosissimi bastardi". 

Una vera Lady, ecco cosa sono, pensai divertita.

-Mi rifiuto di sottostare a questa sottospecie di tradizione in cui un gruppo di maschilisti stronzi tratta le donne come soprammobili e intanto gioca a chi ce l’ha più lungo- ribatté Cristina, piantando un pugno sul tavolo e fulminando Jiang Cheng con lo sguardo per l’ennesima volta.

Io annuii in assenso, guardando fisso Lan XiChen negli occhi fino a che non sospirò sconfitto, rivolgendosi all’altro cultore. Con voce tenue ma convinta, domandò se lui avesse qualche idea per farci assistere all’incontro.

Seguì un lungo silenzio di riflessione da parte di entrambi, interrotto solo dal rumore prodotto da me e Cristina, che intanto eravamo tornate a mangiare senza curarci più di loro, aspettando un verdetto.

-Molto bene. Potete partecipare- si arrese infine Jiang WanYin, massaggiandosi la radice del naso ad occhi chiusi, quasi fosse in procinto di un’emicrania -Ma alle mie condizioni, signorina- aggiunse, alzando un dito e puntandolo verso la mia amica, che sorrise dolcemente.

-Ai tuoi ordini- rispose con un inchino. Ah, sicuramente non finirà bene.

 

 

 

Cristina

 

Ci erano state date precise istruzioni su come vestirci, comportarci e parlare. 

Jiang Cheng aveva detto che si stava occupando di trovarmi qualcosa da mettere, dato che non mi sarebbe stato permesso di vestirmi da uomo, se non sotto determinate regole. Non potevamo nemmeno alzare gli occhi dalle nostre ginocchia per incrociare lo sguardo degli ospiti. Inoltre, non dovevamo per nessun motivo intervenire, se non interpellate direttamente dai due uomini che conoscevamo.

Ovviamente, ignorammo del tutto quello che ci dissero.

Con repulsione e disgusto rifiutai tutti gli abiti che il Capo Clan mi suggerì di provare, lanciandogli contro il mio pugnale quando disse che ero più incontentabile di Jin Ling. Lo mancai di qualche spanna, ma almeno si levò di torno.

Suo nipote, invece, mi portò una scatola piena di fermagli da mettere nei capelli che io ed Elisa avremmo potuto usare a nostro piacere. Ne trovai uno carino e relativamente semplice, tra mille forcine e pendenti multicolore.

Era di legno scuro fino alla punta acuminata, su cui era stato incastrato un fiore di pesco dorato, al quale petalo inferiore era attaccato un filo d’oro decorato con delle pietre preziose viola. Nel complesso, era il meno vistoso e comunque quello che preferivo.

Elisa individuò invece un fermaglio a forma di giglio ragno rosso che sembrava rubato da una composizione floreale. Quelle piante erano considerate simboli di rinascita, nella cultura Cinese, perché fiorivano spesso dopo grandi temporali o piogge improvvise e violente, ci disse Jin Ling.

Scambiandoci un solo sguardo, io e la mia amica ci facemmo contagiare dal medesimo sorriso malizioso, illuminate dalla stessa idea. Con espressioni che il giovane cultore definì "folli", lo mandammo via, richiamando una domestica perché ci aiutasse.

All’alba del giorno dopo venimmo svegliate dalle cameriere, che ci fecero lavare in oli profumati e ci ricoprirono i capelli con una specie di mistura pastosa che sapeva di mandarino. Una volta risciacquata, fu come un balsamo che li rese lucidi e setosi, oltre che più facili da acconciare. 

Quelli di Elisa, in particolare, sembravano morbide onde modellate dal mare, prima di essere raccolti sulla nuca in uno chignon stretto che non ne lasciava scappare nemmeno una ciocca. Avevamo un idea precisa in mente, non potevamo farci trasportare.

Io me li feci allacciare in una coda di cavallo alta a cui aggiunsi il fermaglio viola in diagonale. Le due serve dissero che quello era un pò vecchio stile per le dame, ma molto in voga tra i soldati. 

Questo è ancora meglio, pensai sistemandomi la veste che mi aveva fatto portare Jiang Cheng quella mattina. Mi era saltato un battito, quando l’avevo vista. 

Era così simile alla sua da apparire la stessa, se non fosse stato per le misure decisamente più ridotte e per lo scollo leggermente più pronunciato. Le maniche, strette sugli avambracci da delle strisce di cuoio, erano le uniche parti chiare, il resto era diviso in stoffa nera e viola, alternata per formare un contrasto piacevole alla vista.

Mi aveva comprato persino dei nuovi stivali, più resistenti dei precedenti, e un sacchetto ricoperto di talismani in cui infilai dentro tutto il contenuto della mia borsa, dato che a quanto pareva era più grande all’interno. 

Fui la prima a finire di prepararmi, allacciandomi la robusta cintura al fianco e legandoci il fagotto che mi aveva regalato Jiang Cheng, quindi precedetti Elisa, facendole l’occhiolino mentre uscivo dalla stanza.

Sarà una scena da non perdersi, pensai saltellando allegramente verso la Sala della Prova della Spada, dove il Capo Clan mi aveva detto di dirigermi quando fossero arrivati tutti gli ospiti.

Arrivata in prossimità del corridoio, vidi la figura di Jiang Cheng che mi aspettava sull’uscio di una porta, di spalle qualche metro più in fondo. Accelerai il passo per coglierlo di sorpresa e magari spaventarlo, ma ovviamente mi sentì arrivare e si voltò quando fui a qualche passo da lui.

Fece per parlare, all’inizio, ma poi si bloccò mordendosi la lingua e trattenendo un sorriso nel vedermi giocherellare con lo strascico della tunica. Accennò un saluto chinando il capo e nascondendo la sua espressione compiaciuta, ma io la vidi comunque.

Ghignai tutto il tempo.

-Elisa sta arrivando, vuole…- mi picchiettai un dito sul mento e sorrisi innocentemente, fingendo di trovare le parole giuste -… fare un’entrata scenica, ecco. Lan XiChen è già dentro?- domandai poi, cercando di sbirciare attraverso la fessura che creavano le due ante della porta. Non si vedeva nulla, purtroppo.

-Si- rispose con voce tesa, attirando la mia attenzione su di lui per capire cosa lo turbasse. 

Non pensai nemmeno per un attimo che si sentisse a disagio a dover incontrare quegli uomini, ma c’era qualcosa nel modo in cui spostava il peso da un piede all’altro e si guardava attorno che mi fece preoccupare.

-Senti- esordì prima che avessi il tempo di domandare cos’avesse, porgendomi il pugno chiuso senza guardarmi -Prendilo e basta- esclamò, costringendomi ad allungare il braccio per accontentarlo.

Qualcosa di tiepido mi cadde sulla mano, rotolandomi sul palmo e facendomi sussultare per l’emozione.

Era il campanello della lucidità dei Jiang, quello che gli avevo visto in mano il giorno prima, quando lo avevo lasciato fuori al buio perché troppo infuriata per cercare un dialogo. Era per me, dunque.

Si trattava di una sfera metallica grande quanto una pallina da ping-pong, intagliata finemente in modo da essere semi vuota e permettere di vedere, attraverso le fessure che creavano dei disegni di fiori e foglie, il piccolo frammento d’argento che si muoveva all’interno, suonando il caratteristico scampanellio.

Vedendo che ero troppo sorpresa per reagire in alcun modo, me lo tolse di mano, sfiorandomi il palmo con le punte delle dita gelide, forse per la tensione, e si inginocchiò di fronte a me.

Emozionata, lo lasciai fare, capendo che voleva allacciarmi il pendaglio alla veste perché fosse visibile durante la riunione.

Armeggiò con i lacci della mia cintura per agganciarci l’oggetto, impacciato e senza osare sollevare gli occhi ed incrociare i miei, che seguivano ogni suo movimento con attenzione maniacale.

Quand’ebbe finito si rialzò e, come se nulla fosse successo, prese a borbottare quanto fossi negligente nel modo di abbigliarmi, sistemandomi nel frattempo le maniche della tunica. Arrivato alle spalline, finalmente decise che aveva trovato il coraggio per guardarmi in faccia.

Quando lo fece, gli rivolsi uno sguardo serio e alzai un sopracciglio, prima di sorridere con malizia. Poi, gli afferrai il viso e lo attirai a me per baciarlo.

Non se lo aspettava di certo. Barcollò in avanti e quasi mi fece cadere, appoggiandosi di peso con le mani ancorate alle mie spalle, riuscendo per un pelo a riprendere l’equilibrio.

Tenni gli occhi socchiusi per tutto il tempo, pur di godermi la sua espressione di pura confusione, gli occhi violetti spalancati e la faccia chiazzata di rosso. 

Non fu un vero e proprio bacio, se devo essere sincera. Fu più uno scontrarsi di bocche, dato che né le mie né le sue labbra si aprirono più di qualche millimetro, più per comodità che per passione.

Fu bello, però. Inaspettato, perché avevo seguito l’estasi del momento, e un pò impacciato, ma piacevole. Sapeva vagamente di cannella, forse per quel the che gli avevo visto bere quella mattina, quando si era voluto concedere qualcosa per calmarsi i nervi.

Quando mi staccai da lui, non trattenni una risata fioca. Mi nacque da dentro il petto, facendomi prima vibrare la cassa toracica e poi farmi ridere a bocca aperta, in modo libero e leggero.

Senza dargli spiegazioni, mentre era ancora in visibile stato di shock, lo spinsi contro la porta, aprendone un’anta, e lo costrinsi ad attraversarla, spiando dall’uscio la sua entrata in scena.

Gli dovetti dar credito, perché barcollò solo per i primi passi. Circondato da cultori che non riuscivo a vedere, da quel piccolo spiraglio, incespicò nei propri piedi per tre volte, ma solo per un attimo.

Poi la sua espressione si stabilizzò, anche se il rossore non svanì del tutto. Procedette orgogliosamente in avanti, dandomi le spalle e camminato più sicuro man mano che procedeva verso il trono che si trovava alla fine della passerella ricoperta da tappeti viola, dello stesso colore dei tendaggi che coprivano la parete in fondo alla sala.

Quando raggiunse gli scalini, si voltò per la prima volta verso di me, guardando la porta come se potesse trasmettermi un qualche pensiero. Sapendo che mi poteva vedere, gli inviai un bacio con la mano, compiacendomi di scorgerlo mentre proseguiva la salita imbarazzato come non mai.

Vedremo se ci definirete ancora il sesso debole, alla fine.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ho esagerato? Cristina, so che sei felice di esserti finalmente baciata Jiang Cheng, ma calma gli ormoni prima di scrivermi, o mi spacchi il cellulare ;) Sta cosa di Lan XiChen che si eccita a vedere Elisa seria mi fa morire…
Detto ciò… beh, per questo capitolo ho riflettuto su varie cose: il maschilismo, le posizioni sociali, la coltivazione ecc. Insomma, è stata dura ma ce l’ho fatta.
Come al solito, ringrazio Deb, perché mi ha aiutato a riordinare le idee e mi ha supportato (Buon San Valentino, amore) e anche le ragazze del gruppo di Yiling Girls, perché mi hanno risposto con parole di supporto fondamentali ("CAZZI, SESSO, VOGLIO SCOPARE JC cit.) 

Baci a tutti e buon San Valentino (appunto: è morto decapitato. Auguri :3 ), Sarah_lilith

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Capitolo 22
*** Ventunesimo capitolo ***


Se attraversi l’Inferno, fallo a testa alta

 

 

Entrai in sala con passo marziale, guardandomi attorno per capire chi avrei dovuto affrontare, quel giorno. Non c’è nemmeno una donna, come previsto, fu il mio primo pensiero, mentre mi mordevo la lingua per evitare pessimi commenti.

Gli ospiti erano tutti già seduti ai loro posti, accomodati a gambe incrociate dietro i tavolini e sporadicamente affiancati da consiglieri o guardie.

La disposizione dei tavoli era semplice: ai due lati della passerella che permetteva l’accesso al palchetto sopraelevato su cui era posizionato Jiang Cheng, erano disposte quattro file di posti, due su ogni sponda. La prima, quella più vicina al corridoio, era riservata ai Capi Clan, mentre la fila anteriore era stata aggiunta per i loro possibili accompagnatori.

Come concordato con Jiang WanYin, percorsi tutto il tragitto fino ai due posti d’onore, ai piedi del suo, dove erano stati allestiti due tavoli, per me e per Jin Ling. Elisa si sarebbe seduta al fianco di Lan XiChen, senza un tavolino vero e proprio davanti a se per non attirare l’attenzione, dato che la riunione non la riguardava  in particolare.

Per lei sono solo preoccupati relativamente, dato che è apparsa qui a Yunmeng e non possono dire nulla, riflettei procedendo a passi spediti, io invece sarò oggetto di dibattito. Così mi aveva detto Jiang Cheng.

Mentre camminavo, il silenzio sgomento derivato dalla mia apparizione fu rotto dai sussurri degli ospiti che, una volta superata la sorpresa iniziale, presero a borbottare commenti a mezza voce.

Ignorandoli, mi lasciai cadere sul mio cuscino, sorridendo a Jin Ling e facendo un cenno di saluto con la mano a suo zio, dandogli le spalle. Lo guardai solo con la coda dell’occhio. 

Questo mio atteggiamento fu accolto con un brusio di protesta, zittito all’istante dall’occhiata gelida del Capo Clan di Yunmeng.

Jin Rulan, furioso, appoggiò rumorosamente la spada al suolo, sbattendo il fodero sul pavimento di legno il più forte possibile per interrompere il dialogo a mezza voce di due Capi Setta poco lontani. Lui poteva sentire ciò che si dicevano, a differenza mia, e probabilmente non era stato lusinghiero.

Poco importa, ridacchiai tra me e me incrociando le gambe, se mi interessasse l’opinione degli idioti

-Rulan- chiamai con voce seria, nonostante avessi mantenuto un’espressione sorridente sul viso -Non si trattano così le armi, rischi di rovinarle- lo rimproverai blandamente, dandogli un buffetto sul naso e ridendo divertita quando sbatté le palpebre confuso.

-Scusa, mamma- disse arrossendo e sistemandosi più composto sul cuscino, provocando un’altra ondata di mormorii, questa volta aggravati da gesti nella mia direzione e occhiate molto poco gentili.

Non fui io quella che diede più scalpore, in ogni caso.

I bisbigli che aveva creato la mia entrata così scenografica furono ammutoliti dallo shock più puro quando, pochi minuti dopo il mio arrivo, nel salone fece il suo ingresso Elisa. 

Le porte della sala si aprirono silenziosamente, permettendo l’ingresso della mia amica, che avanzò con passo indolente ma sicuro. Così appesantita dall’ingombrante veste, dovette camminare con più lentezza del solito.

Questo rese l’intera scena ancora più epica, a mio parere.

Un silenzio tombale le fece da colonna sonora mentre camminava lentamente fino a raggiungere il suo posto, al fianco di un Lan XiChen decisamente sconvolto. Nemmeno lui sembrava pienamente convinto di star assistendo davvero a quello che i suoi occhi vedevano.

La mia amica era vestita come avevamo concordato, e l’effetto che suscitò quella scelta ci fece scambiare uno sguardo di maliziosa intesa. Andava tutto come previsto.

Delle sue ciocche azzurre non ne rimanevano esposte nemmeno una minuscola parte, nascoste completamente dal copricapo che avevamo passato la notte a studiare e perfezionare. Era composto da innumerevoli fermagli di vetro colorato come quello che ci aveva mostrato Jin Ling. 

Le coprivano il cuoio capelluto e avevano un che di mistico, nel modo in cui i petali le si arricciavano attorno al viso. Si era truccata in modo leggero, ma la bocca era di certo stato il punto chiave, una volta scelto il rossetto scarlatto che le colorava le labbra.

La veste era tutto sommato semplice, composta da vari strati di stoffa sottile che le si muovevano intorno ad ogni movimento, seguendo la scia dei suoi gesti con leggerezza. La totalità dell’insieme di veli creava un’abito lungo ed elegante che ricordava molto lo stile delle vesti di tutti i presenti, soprattuto quelle più sofisticate e ingombranti come quelle dei Lan.

La cosa che diede scalpore, d’altro canto, non fu la scollatura modesta, che lasciava esposte le clavicole e copriva le spalle, ne l’impegnativo strascico che si trascinava dietro ad ogni passo.

Fu il colore. Rosso fuoco.

Tra tutte le tonalità della tavolozza di gradazioni cromatiche che poteva scegliere, avevamo deciso di comune accordo che il cremisi sarebbe stato ideale per l’occasione.

Nel silenzio attonito della sala, percepii lo sguardo insistente di Jiang Cheng su di me. Dato che tutti erano impegnati a raccogliere i bulbi oculari che gli erano rotolarti fuori dalle orbite, mi girai all’indietro senza curarmi dell’etichetta.

-Per tutti i cadaveri di Yiling, Cristina!- esclamò, le dita che gli tremavano dallo sforzo di non rompere ciò che stavano toccando, strette attorno al bordo del tavolo -É una tua idea?- chiese respirando a fondo, lanciando occhiate ansiose a tutti i suoi ospiti, ancora in stato catatonico.

-No, è solo il suo modo elegante di mandarvi a farvi fottere- spiegai alzando le spalle e sorridendogli con innocenza. 

Vidi il conflitto sul suo viso, e la lotta tra il dovere e l’ilarità che gli si stava agitando nella mente. Per mia fortuna, vinse il secondo sentimento.

Con uno sbuffo esasperato, appoggiò un gomito al tavolo e si appoggiò con il viso alla mano, sorreggendosi la fronte con le dita. Nascose il sorriso che gli arcuò le labbra all’insù dietro al polso, cercando di non darmi a vedere quanto la situazione, per quanto fastidiosa, lo stesse divertendo.

Io, invece, non celai il mio entusiasmo.

Al suono della mia risata, il Capo Clan alzò il viso, scoprendosi la faccia senza più paura di far notare il suo compiacimento, e mi guardò fisso mentre sghignazzavo. Poi, quando si accorse che il mio sguardo si stava soffermando sempre più a lungo sulle sue labbra, si schiarì la voce e prese parola.

Certo che potevo scegliermene uno con meno problemi eh, pensai vedendolo sfregarsi le guance con le maniche in un infantile tentativo di cancellare il rossore che le aveva riscaldate.

-Se siamo tutti presenti, possiamo smetterla di perdere tempo- disse senza urlare, ma riuscendo a farsi sentire da tutti, dato il silenzio che avvolgeva la sala -É arrivata ora di spiegarmi perché avete voluto convocare un Concilio così in fretta, e soprattutto senza consultare le altre Sette Maggiori, ne invitarle- insinuò mellifluo, corrugando le sopracciglia per fulminare tutti i Capi Clan.

-In ogni caso sembra che, anche senza essere convocato, qualcuno sia venuto comunque- intervenne uno degli ospiti, alzandosi in piedi e inchinandosi in un segno di saluto collettivo. Indicò con un cenno Lan XiChen, che intanto non sembrava essersi ancora accorto di quanto intensamente stesse fissando la mia amica.

Lei, seduta composta con le dita intrecciate sulle cosce, nascondeva il proprio sorriso compiaciuto abbassando il capo, fingendo timidezza davanti agli sguardi insistenti dei presenti. 

Questa reazione del più vecchio dei fratelli Lan la compiace un sacco, mi sa.

L’uomo che aveva parlato doveva essere molto più vecchio di me, gli occhi incavati e la pelle grinzosa, ma il suo sguardo esprimeva un’acuta attenzione ai dettagli e un’intuitività spiccata, nonostante l’età.

Uno come Jin GuangYao avrebbe avuto quell’espressione, per me, pensai con un sapore amaro in gola, ricordando a me stessa di prestare attenzione a quell’individuo.

-E cosa vorresti dire con questo?- ringhiò Jiang Cheng, che capii non essere in grado di gestire pacificamente una riunione del genere. Mi mossi leggermente verso di lui, appoggiandomi all’indietro con le braccia e lanciandogli un’occhiata oltre la spalla.

Si calmò un poco sotto il mio sguardo severo, ma mantenne un cipiglio irritato.

-Stavo solo elogiando l’efficenza e l’attenzione dimostrata dal venerabile Zewu-Jun, non cercavo di sollevare alcuna discussione- spiegò inchinandosi rispettosamente e rivolgendo alla sala un sorriso falso ma abbastanza credibile -Non penserete che stessi insinuando nulla, vero?- domandò simulando preoccupazione.

Oh, certo che vuoi insinuare qualcosa, ma sei troppo furbo per dirlo.

-Di che Setta fai parte?- chiesi guardandolo fisso negli occhi, incrociando il suo sguardo stupito quando vide che non mi ero fatta problemi a parlargli così informalmente.

-Sono l’Anziano della Scuola di BalingOuyang, il mio nome è Ouyang Sheng 1- si presentò con l’ennesimo inchino, modesto ma più profondo del necessario, quasi volesse sovrastare tutti con la sua finta umiltà. 

Quel nome non mi suonava nuovo, infatti ero sicura di aver già sentito parlare di quella Setta, anche se non ricordavo dove. Probabilmente l’aveva nominata Jiang Cheng in una delle sue raccomandazioni.

-Conoscete un certo Ouyang Zizhen, allora?- intervenne a quel punto Elisa, alzando il capo e appoggiando la mano destra sul bordo del tavolino di Lan XiChen per sollevarsi, rallentata dalla veste ingombrante.

Fui sul punto di aiutarla, ma non ce ne fu bisogno. 

Non appena il suo polso si piegò sotto il peso del suo corpo, aggravato dell’abito, il cultore al suo fianco si mosse per sorreggerla. Afferrandola con una mano sul suo gomito e una sul fianco sinistro, la rimise in piedi con la massima delicatezza che potè.

La lasciò andare all’istante, quando si rese conto di quanta gente stesse assistendo a quel teatrino, ma Elisa, ignorando tutto e tutti, lo ringraziò con un sorriso impacciato e una carezza sul braccio.

-Avete bisogno di essere… scortata fin là?- chiese la Prima Giada di Gusu, scendendo in ogni caso dallo scalino che portava al corridoio centrale e porgendole le mani perché si appoggiasse a lui. Da quella posizione la poteva guardare negli occhi senza doversi abbassare.

Lei negò con il capo, ma stranamente accettò il suo sostegno e facendosi sorreggere mentre camminava fino a raggiungere l’altro lato della sala, fermandosi davanti a Ouyang Sheng con Lan XiChen un passo più indietro.

-Per rispondere alla vostra domanda, si, è uno dei miei discepoli- le rispose l’anziano, osservando con disappunto la mano che il cultore dei Lan ancora teneva poco lontano dalla veste di Elisa -Per caso voi lo conoscete?- domandò scoccandole un’occhiata dubbiosa.

-No, ma ho saputo che è molto creativo e romantico, un poeta nato. Concorderete con me che sia una dote ammirevole, in un così giovane ragazzo- sorrise la mia amica, piegando la testa di lato e fingendo innocenza -Non credete anche voi che i geni come lui siano assolutamente straordinari, quando si tratta di fantasia?- continuò giocando al suo stesso gioco.

Conoscevo quella tecnica, dato che lei la usava spesso in mia presenza, mentre io me la ridevo in un’angolo.

Dato che l’aggressività non era il suo forte, così come la violenza fisica, a differenza mia Elisa aveva sviluppato una tattica di autodifesa tutta sua: insistere verbalmente fino a mettere a disagio l’avversario talmente tanto da farlo ritirare con l’autostima sotto i piedi.

-Ne sono di certo convinto- dovette convenire il vecchio, anche se si vedeva lontano un miglio che aveva dovuto inghiottire un boccone amaro, per non esprimere al sua vera opinione -E posso chiedere dove avreste sentito tutte queste cose su un mio discepolo?- curioso, cercò di deviare la conversazione, visto che l’argomento "libertà di pensiero" non sembrava piacergli molto.

Con lei caschi male, mi sa, pensai sorridendo, alzandomi in piedi per indietreggiare e salire i tre scalini che mi separavano da Jiang Cheng. 

Inginocchiandomi al suo fianco, mi sporsi verso di lui per mormorargli all’orecchio che doveva ricordarsi di toglierla dai patteggiamenti, perché non volevo problemi per lei. Vedi di tenerla fuori da questo casino, chiaro? gli sussurrai con tono minaccioso.

-Beh, le notizie hanno le ali, lo sapete di certo. Una donna deve tenersi aggiornata per passare il tempo, quindi leggere e chiacchierare sono miei personali diletti, a differenza di molti uomini- continuò intanto Elisa, dimostrando da quanto tempo desiderasse potersi esprimere con termini così forbiti per insultare l’intelligenza di qualcuno -E so anche che ha aiutato Wei WuXian durante lo scontro con quel traditore, Xue Yang. Che giovane coraggioso!- si coprì la bocca con una manica scarlatta, lasciando trapelare il suo entusiasmo solo per un attimo, simulando alla perfezione il coronamento di una vera dama dell’epoca.

Ouyang Sheng contrasse le labbra, stringendole in una linea dura che gli attraversava il viso come uno squarcio rosso, talmente sottile da essere quasi invisibile. Non ribatté, ridotto al silenzio per evitare di criticare il nuovo "eroe" del loro tempo davanti al fratellastro, a cui lanciò un’occhiata da sotto le ciglia.

Il Capo Setta di Yunmeng si limitò ad alzare un sopracciglio, derisorio, e volgersi verso di me con un sorriso arrogante sul volto, contagiandomi.

Nessuno degli ospiti osò dire nulla contro l’intervento della mia amica, nemmeno per difendere l’onore del loro collega, visto che Lan Huan le sta facendo da cane da guardia.

L’unico che parlò fu un giovane uomo vestito di blu, posizionato difronte al tavolo più vicino all’uscita. I capelli scuri, sciolti sulle spalle, gli scivolarono davanti al viso mentre si inchinava prima di parlare.

-Dato che apprezzate così tanto i libri, potreste essere ospitata dal mio Clan- tentò di domandare con umiltà, anche se non sembrava per nulla felice che Elisa amasse la lettura e anzi, avesse sputato con evidente disprezzo quella frase -La biblioteca della Setta di YueYangCheng 2 è molto…- si interruppe davanti al disinteresse della mia amica, che lo ignorò e riprese posto dove inizialmente si era seduta, al principio della riunione. 

Scortata dalla Prima Giada, si sedette al suo fianco senza badare minimamente alle parole dell’uomo. Solo io, che la conoscevo da tempo, notai il luccichio dei suoi occhi in risposta alla parola "biblioteca".

Ah, così tanti libri e così poco tempo. Era la sua frase preferita.

-Per la Signorina Elisa non è necessario accordarsi- intervenne Lan XiChen con calma, rivolgendosi al cultore con tono gentile ma fermo -É sotto la mia protezione, mi è stata affidata dai Cieli- spiegò, dando inizio ad una serie di mormorii stupiti.

Lo scetticismo creato da quell’affermazione fu però ammutolito da un ringhio di Jiang Cheng, che si alzò, trascinandomi con se, e parlò a tutta la sala con voce tonante.

-Se qualcuno vuole discuterne, può benissimo andare in un tempio e aspettare che gli Dei gli rispondano- gridò, silenziando i cultori con tono duro. Poi mi indicò con un cenno -Questa riunione è incentrata su di un’altra questione: a chi affidare la protezione di Cri… di Madam Cristina, anche se ancora non capisco perché dovrebbero essere fatti vostri. Lei vuole stare qui, quindi potete benissimo scordarvi che io permetta che venga trascinata dove non le va di andare- finì di spiegare, facendo scricchiolare le nocche stringendo le dita.

Io gli afferrai il bordo della manica tra l’indice e il medio, tirandolo leggermente perché si calmasse. Dopo due profondi respiri e un cenno nella mia direzione, fece per riaprire bocca, almeno un poco più calmo di prima, ma fu fermato dal rumore della porta principale che si spalancava.

-Non riesci proprio a tenere un comizio che non finisca nel disastro eh, fratello?- esordì una voce scherzosa, facendo calare il gelo nella sala.

Ah, questa non me l’aspettavo.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. BalingOuyang… Sheng: allora, la Scuola di BalingOuyang esiste davvero nel novel, ma il nome del suo Caposetta l’ho inventato, dato che non ci viene detto nulla di questi Clan Minori. Libertà poetica, ricordate? :)

2. YueYangCheng: è una Scuola che ha sede a YueYang, il cui unico membro che conosciamo era Chang Ping


Ehm, quindi eccoci qui, ad un nuovo aggiornamento, più presto del previsto.
Sarete felici dell’apparizione finale, perché spero voi abbiate capito di chi si tratta… dai ragazzi, è palese. In ogni caso, mi sono divertita a scrivere questo capitolo, perché mettere Elisa sotto questa luce un pò più, come dire, "malvagia", mi piace un sacco.
Il vestito rosso poi… *Lan XiChen ha un infarto in lontananza*
Ora vado, Preciosa mi sta fulminando perché scrivo al posto di studiare. Come darle torto? Sono un disastro. Se ci sono errori, vi prego avvertite, me ne scappano un sacco.
Grazie per aver letto questa storia e di aver continuato a farlo ;3

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 23
*** Ventiduesimo capitolo ***


Mi propongono una sfida potenzialmente mortale, perché no?

 

 

Si voltarono tutti in direzione della porta, ammutolendo nel vedere chi stava mettendo piede nella sala. La tensione arrivò alle stelle e nessuno osò muovere un muscolo al cospetto del Patriarca di Yiling.

Seguito dal marito, sempre perfettamente gelido ed elegante, si fece strada a passi svogliati lungo il corridoio centrale, lanciando occhiate pigre ai poveri cultori, ormai prossimi a cedere al timore che gli si leggeva in viso.

Fortunatamente, decise di ignorarli per rivolgersi a me, evitando di scatenare il panico.

-Cristina, da quanto tempo!- esordì mettendosi a braccia spalancate nel mezzo della stanza, a pochi metri da Jiang Cheng, che ancora si impuntava a starmi davanti per "proteggermi", in uno strano tentativo di dimostrare galanteria -Spero tu ti trovi bene a Yunmeng, so che mio fratello a volte può essere…- esitò, grattandosi la tempia con l’indice e ridendo di se stesso mentre cercava un termine adatto.

-Un perfetto stronzo?- conclusi al posto suo, inclinando il capo per far finta di averci dovuto riflettere sul serio -Si, sto alla grande. Approdo del Loto è un posto stupendo, meglio di quanto immaginassi- affermai con allegria, lanciando uno sguardo ad Elisa, che annuì.

-Ah, con queste parole mi hai appena conquistato- disse con un sorriso genuino avvicinandosi a me e fingendo di volermi parlare all’orecchio, pur sapendo di poter essere sentito da tutti -Ti prego, dimmi che gli stai rendendo la vita impossibile- domandò ad alto volume, mettendosi comunque una mano davanti alla bocca per continuare il teatrino.

-Beh, non è così difficile- risposi alzando le spalle e ghignando -Infondo sto cercando di far passare per cretino uno che c’è già portato, quindi…- lasciai la frase in sospeso, aggregandomi alla risata di Wei Ying e sorreggendomi a lui per non cadere.

Sentii uno sbuffo leggero provenire da Elisa, che nascondeva la sua ilarità dietro la manica, e un grugnito esasperato da parte di Jiang Cheng, che ci fissava infastidito. Questo non fece altro che aumentare il nostro divertimento.

Il dialogo fu però interrotto da uno dei Capi Clan, che si alzò dal suo posto strillando, puntandoci contro l’indice inanellato d’oro con fare accusatorio. La sua faccia rotonda era contornata da due lunghe ciocche castane che sfuggivano dalla coda allacciata grazie ad un fermaglio dorato.

Ecco un’altro pretenzioso ricco snob, fu l’unico pensiero che mi passò per la testa mentre alzavo gli occhi al cielo, ora che vuole sto qui?

-Adesso le due straniere sono anche amiche di Wei WuXian?! A me pare che abbiate già deciso tutto senza che noi abbiamo approvato nulla, anche se la riunione non è conclusa- gridò infuriandosi sempre più man mano che proseguiva, diventando paonazzo in viso -Voi Capi Setta delle Scuole Maggiori credete di essere superiori a noi solo perché avete più potere, ma non avete il diritto di decidere dove quelle due sgualdrine…- non scoprimmo mai cosa stava per dire, perché d’un tratto l’uomo si portò le mani alla bocca ed emise un gemito soffocato, ammutolito di colpo.

Fu una reazione istintiva, ma mi girai verso Lan Zhan, l’unico che avevo mai visto usare l’incantesimo silenziatore su qualcuno, nel novel. Stranamente però, anche lui appariva stupito, seppur in modo controllato, dell’avvenimento.

Ha le sopracciglia contratte, più che altro, valutai, ma per lui è già tanto.

-Lan Huan, sei stato tu?- sentii domandare dalla voce sconvolta di Elisa, che gli era ancora a fianco, nonostante si fosse sporta in avanti all’entrata del fratello minore dei Lan, entusiasta più che mai.

Le era sempre piaciuto Lan Zhan, e mi stupivo sinceramente dell’autocontrollo che stava dimostrando per non essergli saltata addosso dal minuto uno in cui aveva fatto il suo ingresso in sala. 

In compenso, si era appiccicata alla Prima Giada con tutte le sue forze, ancorandosi al suo braccio. Lui, in risposta a quel gesto, le aveva posato con delicatezza il palmo sulla mano che gli avvolgeva il bicipite. 

Con un cenno d’assenso, liberò il cultore dal vincolo e si degnò di parere vagamente imbarazzato.

-Mi scuso per questo- disse inchinando il capo nella sua direzione per chiedere perdono -A mia difesa, credo dovreste esprimervi in modo meno scurrile e scortese- spiegò con cortesia, ritornando ad assumere il suo solito comportamento educato.

Uno scivolone dovuto alla rabbia? mi domandai. Beh, è sempre stato più emotivamente aperto di suo fratello.

-Xiong-zhang 1…- mormorò Lan Zhan, piegando il capo di lato mentre guardava fisso il consanguineo. Sembrò inizialmente confuso, ma in pochi secondi i suoi occhi si illuminarono di consapevolezza.

Il suo sguardo scivolò dal punto in cui la mia amica stringeva la veste candida del cultore fino al viso di lei, poi nuovamente al fratello maggiore e ancora una volta su Elisa.

Sorrise lievemente, quasi in modo impercettibile, e chinò il capo in direzione della ragazza, porgendole un saluto cortese. Wei WuXian, invece, fu meno discreto del marito.

-Vedo che avete scelto un abbigliamento particolare per una riunione… come vi chiamate, gentile signorina che tanto vi siete affezionata al mio caro cognato?- domandò, ghignando nel vederla arrossire fino a diventare della tonalità del suo abito -Abbiamo sentito che siete caduta dal cielo. Siete per caso una Dea celeste che è scesa dai Cieli per cercare marito?- aggiunse continuando a ridacchiare, anche se lanciò un’occhiata interrogativa nella mia direzione.

-Smettila di stuzzicare mia sorella. Si chiama Elisa, non ti serve sapere altro- dissi sorridendo e avanzando decisa, mettendomi al fianco di Lan XiChen per nascondere Elisa dietro di me. Sentii alle mie spalle i passi di Jiang Cheng, che mi raggiunse in fretta seguito dal nipote -Che ci fai qui, piuttosto?- chiesi con curiosità, domandandomi come avesse fatto a sapere che ci sarebbe stata una riunione.

-Ah, le notizie girano in fretta- spiegò scrollando le spalle e facendo un giro su se stesso per osservare negli occhi ogni cultore presente in sala -Quando ho sentito che ci sarebbe stato un Concilio a Yunmeng non ho saputo trattenermi, volevo tanto rivedere mio nipote, sai?- sghignazzò divertito nel sentire lo sbuffo seccato di suo fratello, che aveva assunto un cipiglio furioso, incrociando le braccia al petto.

-A-Ling, come vanno i tuoi allenamenti?- continuò, ignorando le occhiatacce che tutti gli riservavano.

-Mh, non sono affari tuoi- mugolò il ragazzino mentre mi raggiungeva. Avvolgendomi le braccia attorno al busto, posizionò il mento sopra la mia testa, guardando male lo zio più esuberante -Mia madre ti ha chiesto che sei venuto a fare qui, comunque. Rispondile- aggiunse borbottando, mettendomi in serio imbarazzo.

Come fa a non provare il minimo disagio nel comportarsi così affettuosamente in pubblico… non che mi dispiacciano le coccole, ma i ragazzi qui non dovrebbero essere educati in un certo modo?

L’epiteto che mi riservò ammutolì il Patriarca di Yiling, che spalancò gli occhi argentati e fissò lo sguardo acquoso sul fratello, che ricambiò con altrettanta intensità. Per un attimo, pensai che stesse per piangere, vedendo il suo labbro inferiore tremolare, ma quando scoppiò a ridere, capii che stava solo trattenendo l’ilarità.

É passata un’ombra di nostalgia, nelle sue iridi, ma è stato solo un’attimo, pensai guardandolo mentre si piegava in due, squassato dalle risate.

-Oh- esclamò, lasciandosi sbocciare sul volto un sorriso malizioso -Quindi hai deciso di sposarti, Jiang Cheng! Non ci speravo più, ormai, dato quanto poco ci sai fare con le donne- batté le mani e saltellò verso il marito, che scosse la testa esasperato.

-WEI WUXIAN, RITIRA SUBITO QUELLO CHE HAI DETTO O TI SPEZZO LE GAMBE!- sbraitò il Capo Clan di Yunmeng, srotolando Zidian e facendola schioccare in aria, producendo uno sfrigolio inquietante -E non scappare, codardo!- aggiunse nel vederlo correre a nascondersi dietro Lan Zhan, che lo lasciò aggrapparsi al suo braccio, subendo passivamente il litigio tra i due fratelli.

Decisi di intervenire per calmare la situazione prima che degenerasse ulteriormente, e afferrai Jiang Cheng per una delle ciocche scure e tirandolo in basso, verso di me.

-Cretino, smettila di fare scenate e metti giù quella frusta, o te ne farò pentire- gli sibilai all’orecchio, mollandolo quando finalmente rilassò il braccio armato e fece calmare Zidian.

Nel mezzo della sala, ora tutti in piedi e vicini, ci trovavamo nel mirino di una moltitudine di sguardi. I cultori invitati all’incontro, ancora seduti ai loro posti, ci fissavano con curiosità e sgomento, sorpresi dalla nostra pantomima.

-Se potessimo riprendere la riunione…- tentò di intervenire uno dei Capi Clan, zittito dalle occhiate di fuoco che gli riservammo io e Jiang Cheng -Fa niente- sussurrò tornando a guardare la sua tazza di vino.

 

 

Inevitabilmente, dovemmo mettere a tacere i nostri bisticci personali per continuare a contrattare coi nostri ospiti per la mia libertà. Per un qualche motivo che ancora non capivo, volevano tutti che andassi sotto la protezione della loro Setta.

-É una dimostrazione di potere- mi sussurrò all’orecchio il cultore vestito di viola, trascinandomi al mio posto e tornando sul suo trono -Serve per affermarsi allo stesso livello delle Scuole Maggiori, dato che non hanno il potere di sfidarci davvero. Se fosse stato un cane o un carretto a essere staro trasportato dall’altro mondo, sarebbe stato lo stesso per loro- proseguì mormorando in tono così basso che lo potei sentire solo io, che gli ero appiccicata.

Poi chiamò un servitore e gli mormorò di portargli qualcosa, anche se non capii bene le parole esatte. Quando gli chiesi spiegazioni, mi sorrise con aria di superiorità e rispose con tono derisorio.

-Volevi sconvolgerli per rimetterli al loro posto, no?- disse sprezzante, facendomi cenno di tornare a prestare attenzione alla sala, dove Lan XiChen stava portando avanti la conversazione con i Capi Setta -Bene! Facciamo vedere a quei vermi che siamo superiori per un motivo- concluse, appoggiando il gomito al tavolo e sostenendosi il capo con la mano, distendendo le labbra in un ghigno pigro.

Mh, interessante, pensai, guardandolo con occhi diversi ora che stava dando filo da torcere a quei maschilisti retrogradi, così si che è attraente.

-Poteri spirituali, ah!- esclamò in quel momento Ouyang Sheng, alzandosi in piedi e perdendo la sua aria controllata mentre gridava contro il cultore di Gusu più vecchio -Che prove ci sono che questa donna abbia dei poteri che le permettano di essere accolta in un Clan come un vero e proprio membro?- domandò indicandomi con un dito, quasi ad accusarmi di aver mentito.

Il suo quesito scatenò un’ondata di proteste che fecero sprofondare la sala nel caos, dove tutti i presenti si urlavano vecchie leggi o regole ormai in disuso e cecavano di far valere la loro tesi. 

Wei WuXian alzò gli occhi al cielo quando uno di loro ricordò i "poteri malefici" che lui aveva usato durante la guerra, asserendo che i miei doni potevano essere stati appresi con le stesse tecniche demoniache.

Io, intanto, mi volsi nella direzione della mia amica e le sillabai una domanda silenziosa, e quando la vidi arrossire, capii cos’era successo.

Nessuno avrebbe dovuto sapere dei miei poteri, manifestati solo in presenza di Elisa, se non Jiang Cheng, a cui l’avevo confessato io stessa, e Jin Ling, a cui non avevo proprio saputo negare questo segreto.

Conoscendo la mia amica, però, poteva esserselo lasciato scappare con una delle domestiche, magari anche involontariamente, e questo aveva innescato una catena di dicerie che era arrivata fino alle altre Sette, a quanto pareva.

Se si tratta di pettegolezzi, questa gente ha più orecchie che buon senso.

Dato che la discussione tra i Capi Clan stava sfociando in una specie di rissa, decisi che dovevo intervenire per fermare quella baraonda. Sfruttai la mia vicinanza con Elisa per attuare il mio piano.

La feci allontanare di qualche passo dal fianco di Lan XiChen e la posizionai nel mezzo della sala, rubandole uno dei fermagli che le adornavano i capelli e permettendo che un boccolo celeste le scivolasse sulla spalla destra. 

Sospirando avvilita, lo lasciai cadere a terra, producendo un rumore di vetro infranto che rimbombò per tutta la stanza, cogliendo i presenti di sorpresa e ammutolendoli. Quando fui sicura che tutti mi stessero guardando, mi misi le mani sui fianchi e alzai il mento, prima di parlare.

-Non mi interessa minimamente della vostra opinione sull’argomento, perché non avete alcun diritto su di me né lo avrete mai, quindi potete rassegnarvi. Questa è la fine che farete se mi romperete troppo le palle- spiegai indicando i frammenti scarlatti e distendendo le labbra in un sorriso cordiale -Per quanto riguarda i miei poteri, se dovessero riapparire mi addestrerò qui, a Yunmeng, dato che mi pare ci siano cultori un pò ovunque. Non serve che mi trasciniate di qua e di la come un carro di buoi, posso allenarmi dove più mi piace- conclusi rivolgendo i palmi verso l’alto e sospirando drammaticamente.

-Non abbiamo chiesto il tuo intervento, donna- mi riprese un cultore alto e muscoloso, dall’aspetto di uno che non le aveva mai prese in vita sua. Ci avrei pensato io a rimediare.

-Senti coso…- iniziai, ma fui interrotta da Elisa, che mi si parò davanti afferrandomi la mano, già stretta in un pugno pronto a caricare un colpo. Senza abbandonare il suo sorriso controllato, mi spinse dietro di se e si volse verso il mio interlocutore.

-Sapreste dirmi cosa vi è successo?- chiese sinceramente preoccupata, lasciandomi per afferrare i polsi dell’uomo con delicatezza e tenendogli le mani tra le sue.

-Come prego?- domandò sconvolto, alternando lo sguardo tra lei e la stretta delicata che gli imprigionava le dita, confuso più che infastidito. Un tale atto di compianto non se lo aspettava, soprattutto accompagnato da uno sguardo pietoso che non aveva alcuna spiegazione, per lui.

-Beh, posso capire che siate nato con quella faccia, anche se mi dispiace sinceramente per vostra madre, ma così stupido dovete esserlo diventato per forza… avete battuto la testa quand’eravate piccolo?- non sorrise, nonostante lo stesse evidentemente prendendo in giro, ma si limitò a volgere le spalle alla sua faccia resa scarlatta dall’indignazione e spingere tutti ai propri posti. Wei WuXian dovette essere trascinato di peso da suo marito, tanto era impegnato a ridere.

Lasciammo il cultore lì, nel mezzo della sala, con i pugni chiusi e il viso chiazzato di rosso. Naturalmente, l’uomo non si arrese e, con un cipiglio arrogante, si rivolse alla platea che lo osservava, aspettando ansiosamente la sua prossima mossa.

-Allora perché non ci dimostri quanto sei potenti, straniera?- domandò allargano le braccia e sorridendo maligno -Io mi appello alla legge della Prova degli Elementi- disse, ammutolendo la sala.

E adesso cosa diamine è sta cosa?

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Xiong-zhang: significa "fratello maggiore", anche se è un modo di appellarsi molto formale ed educato 


Arggggh, sto capitolo non mi piace, è inutile. É completamente sconclusionato e soprattutto è introduttivo ad un argomento importante, quindi praticamente non succede nulla… non lo so, ma non sono contenta.
Ho davvero lavorato molto per correggere ciò che mi sembrava non andasse, ma comunque c’è qualcosa che non mi convince. Deb mi ha aiutato un sacco, e pure Cristina l’Originale, ma sono troppo autocritica, sarà sempre un parto.
In ogni caso, sono qui e vi devo spiegare che cazzo è sta Prova: me la sono inventata, tranquilli, non esiste in MDZS. Ho visto cose simili in altri manghua cinesi, quindi è tipo una cosa ricorrente, ma mi piace un sacco e volevo metterla a tutti i costi.
Si capirà tutto nel prossimo, siate pazienti, vi prego. So che è un’agonia, ma potete farcela :)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 24
*** Ventreesimo capitolo ***


Note: ho aggiornato presto, lo so, ma ero molto presa e quindi… godetevelo :)

 

 

 

Sarà pericoloso? Beh, sarei delusa se non lo fosse

 

 

Elisa

 

Non ebbi nemmeno il tempo di rendermi conto di quello che stava per succedere, prima di essere trascinata a terra da qualcuno.

Per un attimo vidi tutto bianco e una parte di me si chiese se non avessi sbattuto la testa sul pavimento, perdendo la vista. Poi mi resi conto che stavo fissando della stoffa candida che mi si era adagiata sul capo per proteggermi da quello che stava succedendo a pochi passi da me.

Riprendendo la calma, capii che Lan XiChen mi aveva fatto accucciare al suolo, coprendomi il viso con il suo mantello per evitare che le schegge del pavimento mi arrivassero addosso.

Quando il cultore di cui non conoscevo il nome aveva infatti enunciato di volersi appellare a quella sottospecie di Prova, Jiang Cheng aveva reagito prima che chiunque, compreso suo fratello, avesse il tempo di fermarlo.

Sfoderando la sua spada, Sandu, aveva tirato un fendente pieno di energia spirituale verso il povero idiota che aveva parlato, spedendolo con violenza contro il muro dall’altro lato della stanza. Il pavimento di legno si era frantumato sotto quel colpo, distruggendosi quasi all’istante.

-Ti rendi conto delle conseguenze di questa frase, cane schifoso?- urlò il cultore di Yunmeng furibondo, la mano sinistra impegnata ancora ad impugnare la spada e la destra ricoperta dalle scintille violette di Zidian.

Pronto per finire quello che aveva iniziato, si diresse a passi svelti verso l’uomo, che si era rialzato con fatica dall’angolo in cui era stato scagliato. Fortunatamente, non lo raggiunse.

Intervenne Cristina a sedare il conflitto, afferrando la lama di Sandu con una mano e fissando Jiang Cheng negli occhi mentre gli si parava davanti. Lui si immobilizzò, forse temendo di ferirla se avesse mosso la spada, ma continuò a ringhiare in direzione del Capo Setta.

Io uscii dal mio nascondiglio, ringraziando Lan XiChen con voce tremante e cercando di dirigermi verso la mia amica, ancora in piedi di fronte al gran Maestro del Clan autoctono. Fui però fermata dalla Prima Giada, che mi trattenne e mi fece cenno di non parlare.

Confusa, seguii il consiglio e osservai la scena senza intervenire.

-Spostati, gli devo tagliare la lingua- sibilò con furia l'uomo vestito di viola, spaventando a morte il suo bersaglio, che zoppicò fin dietro i suoi colleghi.

-Calmati, non è necessario- lo tentò di calmare Cristina senza voltarsi e guardandolo fisso negli occhi -Per ora- aggiunse facendo rabbrividire l’uomo, che aveva sospirato di sollievo poco dopo il suo intervento, sperando di essersi salvato da un destino assai tragico.

A quel punto Jiang Cheng divenne scarlatto in viso e prese un lungo respiro prima di parlare. Tremava così tanto che vidi la lama della spada ondeggiare, ancora chiusa nella stretta della mia amica, senza però ferirla.

Dato quanto era affilata, l’uomo stava davvero trattenendo la sua forza, per non averle provocato nemmeno un misero graffio.

-Certo che lo è!- disse con occhi fiammeggianti, facendo un cenno in direzione delle persone che li fissavano -Ora che è stata ascoltata da tutti noi, la richiesta non può essere respinta- spiegò con una punta di rammarico.

Prima che all’uomo venisse in testa di uccidere tutti i presenti solo per evitare che la notizia della sfida si diffondesse, Cristina mollò la spada e gli piantò l’indice nel petto, seria in viso come poche volte l’avevo vista.

-E allora faremo quella fottuta prova- esclamò sicura di se, afferrando il polso di Jiang Cheng e incamminandosi verso il trono con passo svelto -Ucciderli non servirà a nulla, se non per toglierti la soddisfazione- aggiunse, scuotendo la mano con un gesto casuale, come a voler scacciare una mosca.

In quel momento sulla soglia dalla porta di servizio, situata nell’angolo a destra, apparve il servitore che poco prima era stato inviato a cercare qualcosa per il Capo Setta. In mano aveva il mantello nero di Cristina, perfettamente piegato e pulito.

Il ragazzo lo porse a Jiang Cheng con un inchino, ritirandosi in silenzio dopo aver notato quali emozioni oscuravano gli occhi del suo padrone.

Il cultore sospirò profondamente, chiudendo gli occhi per riprendere la calma, poi si volse di nuovo verso la mia amica, adagiandole il pezzo di stoffa sulle spalle con un gesto delicato.

-Sia maledetto il momento in cui ho permesso che questi bastardi venissero in casa mia a dettare legge- lo sentii mormorare con rammarico, mentre sistemava il mantello e glielo allacciava per bene.

Fatto ciò, si lasciò cadere con aria stanca al suo posto e ci fece cenno di tornare a sederci, così da continuare il dibattito.

La riunione si chiuse in fretta, dopo che gli altri ebbero concordato di farle affrontare questa specie di prova magica. Gli unici riluttanti sembrarono Jiang Cheng e suo fratello, che si lanciarono sguardi pieni di significato da un lato all’altro della stanza.

Quando tutti se ne furono andati, chi prima volontariamente e chi dopo scacciato a calci da Jin Ling e Fata, che spaventò a morte Wei WuXian, gli unici nel salone rimanemmo io, i due sposini, Lan XiChen, Jiang Cheng e Cristina.

-Cosa sarebbe questa Prova degli Elementi?- domandò lei, camminando per la sala con aria nervosa e sorseggiando del the, nonostante avesse dichiarato di volere qualcosa di più forte.

-Hai acconsentito senza avere la minima idea di cosa ti stavano proponendo? Ah, sei davvero fantastica- esclamò Wei Ying, lasciando un bacio sulla guancia del marito per dimostrargli che non doveva essere geloso -Si tratta di una tradizione antica, ormai non la pratica più nessuno dato che è parecchio pericolosa e sostanzialmente inutile- disse tornando serio, sedendosi su uno dei tavolini e afferrando una caraffa di vino, scolandosi in pochi sorsi metà del contenuto.

Lo guardammo tutti, in attesa che continuasse, magari dandoci più dettagli. Lui si strinse nelle spalle e inghiottì altri due fiati prima di proseguire.

-Dovrai andare alla Montagna Sacra e superare una specie di test al cospetto di un’Immortale che ti dirà se hai dei poteri spirituali nascosti e in cosa sono indirizzati. Non ne so molto, è una leggenda più che una vera descrizione, ma ho letto che dovrai toccare una sfera intrisa di potere spirituale e, dalla reazione dell’oggetto, capire in che elemento ti puoi specializzare- provò a spiegare, 

-Elemento?- domandai confusa, non ricordandomi che nulla di tutto ciò venisse nominato nel novel -Cioè, tipo se può controllare l’acqua, o il fuoco e simili?- cercai di capire, rivolgendo lo sguardo verso Lan XiChen e suo fratello, quando Wei Ying scosse la testa per dire che non lo sapeva.

-Gli elementi di base del mondo sono cinque- disse Lan Zhan, alzando una mano per numerarli mentre li elencava -Acqua, Terra, Metallo, Legno e Fuoco- sospirò piano e pulì con la propria manica il mento di Wei WuXian, che si era macchiato di vino e non sembrava curarsene.

-Cioè mi stai dicendo che una sottospecie di sfera di cristallo dovrebbe dirmi il mio ramo di competenza?- domandò scettica Cristina, incrociando le braccia al petto, ignorando i due che tubavano come colombe.

Il Patriarca rivolse un’occhiata amorevole al marito, sussurrandogli un ringraziamento, ma il loro idillio fu interrotto dal tonfo secco della porta che veniva spalancata, aperta da un servitore nel momento in cui Jiang Cheng si era alzato per uscire.

-La partenza è fissata tra due settimane da ora, quindi dobbiamo organizzare il viaggio fino al Monte e cosa fare una vota arrivati lì- disse meditabondo, e prese ad incamminarsi verso l’uscita -Tu, portami la mappa della zona vicino al Monte dell’Espiazione!- sbraitò indicando un servitore che passava di lì, spaventandolo a morte.

Borbottando qualcosa con i pugni serrati, sparì per il corridoio senza guardarsi indietro.

-Mio fratello ha appena minacciato di uccidere chiunque abbia approvato questo verdetto, se tu non dovessi uscire indenne- sussurrò Wei Ying all’orecchio della mia amica, che mi aveva raggiunto per uscire dalla sala -Quindi vedi di non morire, o saremo a corto di Capi Setta- aggiunse facendole un’occhiolino complice.

 

 

Cristina 

 

I giorni scivolarono via dalle mie dita più in fretta di quanto mi aspettassi, anche perché ero perlopiù impegnata per tutte le ore del giorno e della notte, divisa tra addestramento e "discussioni", per così dire. Non avevo voluto rimandare il mio chiarimento con il Gran Maestro di Yunmeng, anche se la situazione era critica.

Era infatti chiaro ormai che io e Jiang Cheng non potevamo più definirci né conoscenti né tanto meno amici.

Superato l’imbarazzo iniziale, ora ogni momento libero lo impiegavamo a baciarci, spendendo il nostro tempo più a divorarci a vicenda che a parlare. Non ne sarei dovuta andare fiera, ma mi piaceva un sacco come si era evoluta la nostra relazione dopo il primo bacio.

Il tempo era l’unico fattore che ci era contro, in effetti.

Tra i suoi impegni di Capo Setta e i miei allenamenti, potevamo concederci poche ore libere ciascuno, e farle combaciare era una vera impresa. Quando dormivo lui non osava svegliarmi per paura di una mia rappresaglia, mentre quando era lui a riposare, io non mi facevo problemi a tirarlo giù dal letto per passare qualche momento insieme.

Non che se ne lamentasse.

Il passo iniziale lo avevo fatto io, questo era vero, ma era stato Jiang Cheng a bussare alla mia porta, un pomeriggio, per trascinarmi nel suo studio ordinando perentorio alle guardie di non voler essere disturbato.

-Cos’hai intenzione di fare, dopo aver scoperto quel’è il tuo "ramo di competenza"?- mi aveva domandato parafrasando le mie parole, appoggiandosi con i fianchi alla scrivania e incrociando le braccia -Allenamenti?- aveva ipotizzato senza staccarmi gli occhi di dosso.

-Credo di si- avevo risposto io, stupita dai suoi modi bruschi -Magari potrei cominciare ad addestrarmi qui e poi seguire Elisa a Gusu per…- mi ero interrotta sussultando quando la sua ombra aveva gravato su di me.

Non lo avevo né visto né sentito arrivare, tanto era stato veloce e silenzioso. 

-Resterai qui- mi aveva soffiato sulle labbra, per poi baciarmele con delicatezza in uno sfioramento così leggero da parere quello delle ali di una libellula -Non serve che vai da quei monaci per allenarti- aveva aggiunto.

Dopo quell’incontro non si era fatto più problemi a cercare contatto fisico, e io non lo avevo di certo respinto. Anzi, ero più che felice di condividere con lui baci e carezze, se non fosse stato che a volte esagerava leggermente con l’entusiasmo.

Una mattina, mentre camminavo tranquillamente per raggiungere la camera di Elisa, mi ero sentita tirare in un’angolo buio del corridoio. Per la sorpresa avevo fatto cadere a terra il cestino pieno di nespole che avevo preso dalle cucine. Mentre queste rotolavano ancora sul pavimento, un’ombra scura era calata su di me e mi aveva spinta contro il muro, baciandomi appassionatamente mentre tentavo invano di ribellarmi.

Quando avevo preso fiato per urlare e la mia mano si era già stretta attorno all’impugnatura del pugnale, l’odore penetrante di cannella e loto mi era entrato nelle narici, facendomi riconoscere il mio assalitore.

Il mio battito cardiaco era rallentato e io mi ero rilassata contro il muro, sollevata e sfinita per lo spavento preso, ma Jiang Cheng non aveva fatto altro che ridacchiare sommessamente ed afferrarmi la mano che ancora stringeva il pugnale.

-Se mi complimento con te mi minacci e se cerco di baciarti mi vuoi ridurre ad uno spiedo… cosa devo fare perché tu abbassi le difese, una volta tanto?- aveva domandato canzonatorio, riponendo con attenzione la lama nel suo fodero e scorrendo con le dita lungo la mia coscia per afferrarmi i fianchi.

Ah, il ragazzo è diventato audace, avevo pensato, vediamo di rimetterlo in riga, eh

-Intanto potresti non farmi venire un infarto inscenando un rapimento, cretino- avevo protestato, zittita un’istante prima di ricoprirlo di insulti dalle sue labbra, che si erano riappropriate delle mie.

Lo avevo morso per ripicca, ferendogli superficialmente il labbro e facendolo sanguinare, ghignando del suo stupore genuino.

-Ci vediamo dopo- gli avevo mormorato l’attimo successivo, depositandogli un leggero bacio sulla guancia e incamminandomi per il corridoio, ridendo.

Quando poi quella stessa sera avevo sentito bussare alla porta ed ero andata ad aprire, credendo di trovarlo ad aspettarmi per delle scuse, avevo trovato l’uscio vuoto. A terra, in compenso, era stata lasciata un’ingombrante scatola di legno dalla forma allungata, decorata con un grosso spago violetto.

Confusa, l’avevo sollevata, notando che era più leggera di come sembrava, quasi fosse piena solo in parte, e l’avevo portata dentro la stanza, adagiandola sul letto per aprirla.

Al suo interno, con mia grande sorpresa, ci avevo trovato un’arco. Ero rimasta senza fiato e le dita mi avevano tremato mentre sfioravo la corda tesa che brillava alla luce delle candele.

Non avevo mai visto nulla di così bello, né di così pregiato. 

L’intero oggetto era composto da quello che sembrava argento, ad eccezion fatta della corda e dell’impugnatura, quest’ultima ricoperta da della stoffa scura e robusta che avrebbe impedito alla mia presa di scivolare mentre lo impugnavo.

Anche dopo essermelo rigirato ammirata tra le mani e aver provato a tendere la corda sottile, constatando che sia la misura che il peso erano state basate sulla mia fisicità, avevo faticato a credere che fosse un regalo per me.

La prossima volta che mi farà arrabbiare cosa farà, mi regalerà la faretra o le frecce? mi ero domandata divertita. Un dono a pezzi, in pratica.

La mattina dopo ero corsa in salone con le ballerine infilate a metà e la vestaglia che mi si slacciava ad ogni falcata, ma mi ero gettata su Jiang Cheng senza curarmi del ghigno malizioso di Wei WuXian, che aveva contagiato in un lampo Elisa, e il tossicchiare imbarazzato dei due Lan.

Mi ero parata davanti all’uomo con il pugno destro sul fianco e lo avevo fissato così a lungo da poterlo mettere a disagio, poi avevo stretto la presa che la mano sinistra aveva sull’impugnatura di pelle.

-Dove diavolo l’hai preso, questo?- avevo domandato, rompendo il silenzio e non riuscendo a reprimere un sorriso genuino -Dev’esseri costato una fortuna, pezzo di idiota- avevo affermato, arrossendo un poco sotto il suo sguardo entusiasta, ma mantenendo comunque un contegno dignitoso.

-Ci sono voluti tre giorni perché il fabbro lo finisse- mi aveva spiegato, gonfiando il petto, gongolando per il successo che aveva avuto il suo dono -Quindi?- mi aveva poi chiesto arrogantemente, aspettandosi delle scuse per come lo avevo trattato in corridoio il giorno prima.

Oh, te lo scordi cocco.

-Beh, è molto bello, grazie- gli avevo detto cordiale ed educata, rivolgendo lo sguardo su Jin Ling, che era appena entrato nella sala -Ehi, vuoi aiutarmi a testarlo?- gli avevo domandato, vedendolo sorridere e annuire contento, mentre schizzava fuori dalla porta.

Non mi ero persa l’espressione di pura indignazione di Jiang Cheng, che lasciai in mezzo alla stanza con le braccia incrociate e un ghigno mezzo sfiorito sul viso.

Com’era quella frase? avevo pensato divertita, riflettendo mentre camminavo imperterrita verso il cortile. "E restò lì come un coglione"

 

 

Jin Ling aveva passato quelle due ultime settimane dopo la riunione coi Capi Clan ad insegnarmi le basi del combattimento, anche se con scarsi risultati in quasi tutte le discipline. Il suo intento era quello di darmi un’infarinatura sui minimi indispensabili per sopravvivere al viaggio, ma si stava rivelando un’impresa.

Con la scherma riuscivo a mala pena a tenere la spada in mano e assumere la posizione di difesa corretta, mentre con l’arco la mia mira era decisamente da migliorare.

Wei WuXian, che insieme al marito si era fermato per un pò a Yunmeng, spesso assisteva alle nostre esercitazioni per darmi dei consigli o dimostrarmi le sue capacità. Inutile dire che la cosa mi deprimeva ancor di più.

Come se io potessi lanciare tre freccia da bendata senza uccidermi! Pensavo mentre lo guardavo tirare, invidiosa.

Quella giornata in particolare era trascorsa allo stesso modo delle altre, anche se gli allenamenti erano stati più intensi del solito, in preparazione alla partenza, fissata due giorni dopo.

Era tardo pomeriggio ed io, sfinita, mi stavo godendo un meritato bagno caldo, quando qualcuno bussò alla porta. Sentii la voce di Jiang Cheng che chiamava il mio nome. 

Gridandogli di rimando di aspettare, mi asciugai in fretta e mi vestii con altrettanta premura, andandogli ad aprire con i capelli che ancora mi gocciolavano sulle spalle.

-É mai possibile che io non riesca a passare due minuti in pace? Avevo domandato un solo e misero attimo di tranquillità- gli dissi esasperata, facendolo entrare in camera e buttandomi a peso morto sul letto -Sei uno stronzo, un’immane stronzo, un grandissimo, enorme e fottuto stronzo- mormorai come una cantilena chiudendo gli occhi e sperando di addormentarmi nonostante la sua presenza. Li dovetti riaprire quando mi pizzicò il fianco.

-Non mi hanno mai insultato così tanto in una sola frase- borbottò simulando risentimento, ma sedendosi comunque al mio fianco e lasciandomi cadere un telo in faccia perché mi asciugassi i capelli.

-Non mi ascolti spesso quando ti parlo, allora- gli grugnii come risposta, fingendomi morta e ignorando il pezzo di stoffa che mi oscurava la vista. Era bianco e quindi permetteva alla luce di filtrare, ma, a parte delle sagome colorate, non distinguevo nulla di specifico.

-Dovrei offendermi?- chiese Jiang Cheng sollevando finalmente il velo che mi copriva e sovrastandomi per guardarmi negli occhi. Piegando il busto su di me, si sporse fin quasi a sfiorarmi con il naso la fronte.

-No, dovresti capire che voglio silenzio- gli sbadigliai in faccia senza preoccuparmi di coprirmi con la mano, girandomi nel letto per dargli le spalle -Dio, ho male in posti in cui non sapevo neppure si potesse provare dolore. Tuo nipote picchia duro- dissi, massaggiandomi una costola con un gemito di dolore.

-Sta cercando di aiutarti- spiegò il cultore, appoggiando la mano sopra la mia in corrispondenza del livido e trasmettendomi abbastanza energia spirituale da farmi rilassare.

-Sta cercando di uccidermi- lo corressi, cedendo ai suoi tentativi di farsi spazio al mio fianco nel letto, rotolando un pò più in là.

Ci ritrovammo faccia a faccia, io con gli occhi socchiusi e lui con l’ombra di un sorriso sulle labbra per via della mia affermazione. In pochi attimi, non saprei dire come, ci trovammo l’uno tra le braccia dell’altro.

Ci baciammo per un pò senza impegno, pigri nella nostra routine ormai consolidata. Jiang Cheng pensò bene di morsicarmi il labbro inferiore come avevo fatto io giorni prima, ma fu ricompensato da un morso altrettanto forte che mi fece ridacchiare compiaciuta nel bacio.

Quando però le mie mani gli scivolarono dal collo alle spalle, accarezzandogli la pelle sotto la veste viola, si staccò ansimante, stringendomi la vita con i polpastrelli. 

Mi aveva riempito le braccia e i fianchi di segni scuri, in quei giorni, anche se erano talmente leggeri che sparivano nel giro di poche ore. Le impronte delle sue dita sulla pelle mi facevano piacere, infondo, e fortunatamente si confondevano alla perfezione con le mille botte che mi creavo allenandomi.

Reprimere la passione non è il suo forte, pensavo sempre mentre mi facevo il bagno, osservando i segni sfumati delle sue mani su di me. 

Quel pomeriggio, in ogni caso, decise che era il momento dei chiarimenti.

-Stiamo facendo una cosa non esattamente consona per due nubili, lo sai vero?- mi domandò affondando il viso nell’incavo della mia gola e sospirando per calmarsi. Con un gesto tremante mi strinse ancora di più a se, soffocando le sue parole nella mia veste.

-E pensi che me ne freghi qualcosa?- chiesi con ironia, scorrendo con le mani lungo la sua nuca fino a raggiungergli i capelli, sciogliergli l’acconciatura e scompigliandogli le ciocche sul cuscino.

-Gli altri potrebbero parlare… la tua reputazione…- tentò ancora, scatenando una mia risata sarcastica.

Reputazione? Dio mio, dove diamine sono finita?

-Ripeto: pensi che mi interessi?- dissi esasperata, alzando gli occhi al cielo davanti a tutte quelle paturnie mentali. 

In totale tranquillità, gli salii a cavalcioni, facendolo stendere sotto di me con una spinta. Stampandogli un rumoroso bacio sulle labbra gli sorrisi serena, sedendomi più comodamente sul suo busto e riservandogli un’occhiata piena di sottintesi.

-Questa mentalità così aperta è un qualcosa che non penso riuscirò mai a comprendere- mormorò stringendo tra le dita il lenzuolo e distogliendo lo sguardo, imbarazzato.

-Come se ti dispiacesse che per me non ci sia alcun problema- lo canzonai ridendo della sua reazione. Al suono della mia risata volse il capo nuovamente verso di me, incrociando il mio sguardo.

-Non ho detto questo- ribatté con le iridi violette che sparivano, inghiottite dalla pupilla scura -Andrebbe contro i miei interessi, per quanto sia vergognoso ammetterlo- spiegò ricalcando il mio sorriso malizioso, ribaltando le posizioni e avvolgendoci nelle coperte.

-Dormi, domani dobbiamo prepararci per la partenza- mi sussurrò all’orecchio, abbracciandomi per farmi sistemare meglio la schiena a contatto col suo corpo. Grugnendo davanti ai miei tentativi di liberarmi, mi schiacciò contro il suo petto fin quasi a farmi male, mormorandomi di arrendermi, almeno per quella sera.

Mi addormentai con il suono ritmico del suo battito nelle orecchie.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ok, ci vuole una spiegazione.
Jiang Cheng potrebbe sembrare OOC, è vero, ma contate che nel novel non lo si è mai visto innamorato e soprattutto che questo è innanzi tutto il suo primo amore, la sua prima cotta, potremmo dire. Le infatuazioni, soprattutto le prime, sono sempre le più intense e le più… passionali, ecco.
Ho deciso quindi di farlo rilassare un pò per potergli far godere meglio di questo sentimento, e poi ho anche riportato il suo carattere a quando la sua famiglia era viva, sapendo che quello era stato il suo "periodo felice".
Contate che non sarà sempre così, perché dopo un pò l’impatto iniziale sfuma e la passione ovviamente diventa più controllabile. Dicamo solo che vederlo innamorato è una cosa nuova anche per me, quindi sto cercando di arrabattare dove posso.
Spero di essermi spiegata. (Il cambio di tempo verbale è voluto, ovviamente)
In ogni caso, questo capitolo è più lungo degli altri, ma penso non sia un problema ;)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 25
*** Ventiquattresimo capitolo ***


Sono la tua migliore amica, quindi non ti libererai di me

 

 

La mattina della partenza mi svegliai più presto del solito. Prima che il sole sorgesse mi ero già vestita e mi ero iniziata a dirigere verso la camera di Lan XiChen in silenzio, torturandomi le mani. 

Il discorso che mi ero preparata non faceva altro che ronzarmi in testa come una cantilena, infastidendo i miei pensieri e corrodendomi d’ansia, nell’eventualità di non essere ascoltata.

Arrivata a destinazione, presi un respiro profondo prima di bussare piano alla porta. Sentii dei passi lievi e non dovetti aspettare molto prima che il Gran Maestro del Clan Lan apparisse sorridendo sull’uscio.

-Se credevi fossi Elisa, mi spiace deluderti, ma devo parlarti- dissi nel vedere la felicità genuina scivolargli via dal viso, sostituita da un’espressione confusa.

Indossava la divisa classica che gli avevo sempre visto portare, in un tripudio di bianco e azzurro. Aveva un libro in mano, ma si affrettò subito ad appoggiarlo sullo scrittoio prima di parlare.

Probabilmente l’ho interrotto mentre leggeva, pensai, ma visto che quelli di Gusu si alzano alle cinque, deve essere sveglio da poco.

-No, certo che non credevo… non avrei osato. In ogni circostanza sarebbe stato strano: mi è parso di capire che vostra sorella ha delle abitudini non esattamente mattiniere- affermò sorridendo mite, anche se dall’incespicare delle sue prime parole dedussi che forse un pochino ci aveva sperato.

In ogni caso, che aspettasse me o meno, non m’importava. Il mio obbiettivo era un’altro, e avrei dovuto sbrigarmi. Mancavano meno di due ore alla partenza.

Quando l’uomo si spostò di lato per lasciarmi entrare, negai col capo e gli spiegai che non ce n’era bisogno. Sarei stata breve.

-Devi portare Elisa a Gusu con te, oggi- affermai guardandolo fisso in viso e vedendolo spalancare gli occhi per la sorpresa -Non voglio che partecipi inutilmente a questo viaggio, se è pericoloso come dice Wei Ying. Lei non è sotto minaccia, e preferirei tenerla lontana da questo… casino- spiegai distogliendo lo sguardo, sperando che capisse quello che intendevo.

Aspettai che le mie parole gli arrivassero chiare e dirette, ma mi resi presto conto che non sembrava intenzionato a rispondere. Alzando gli occhi, lo vidi con le mani sul viso a coprirsi le palpebre, le labbra scoperte contratte in una linea sottile.

-Non potete chiedermi questo- sussurrò così piano che pensai di essermelo immaginato, poi aggiunse a voce più alta -Perché lo chiedete a me? La Signorina Elisa non è al corrente di questa vostra decisione?- domandò con un sospiro, riportando le braccia lungo i fianchi e guardandomi sconsolato.

Mh, è più intelligente di quanto pensassi.

-Ovviamente non lo sa- dissi sventolando una mano in aria davanti al mio viso, come se la sola idea di dirle cosa progettavo fosse assurda -Si arrabbierà un sacco quando saprà che sono andata via senza di lei, perciò ti sto chiedendo di convincerla a partire con te. Dille quanto è fornita la biblioteca a Gusu, o di com’è bello bere del the e leggere tutto il giorno… non lo so, inventa quello che vuoi. Provaci almeno- lo incitai concreta.

-Porterà rancore verso di voi e verso di me, se scoprirà che ci siamo accordati- mi rispose lapidario, sussultando quando si rese conto di aver usato un tono troppo duro. Fece per scusarsi, ma guardandomi in viso capì che non ce n’era bisogno.

La mia espressione gelida si incrinò mente mi torcevo le dita per la tensione.

-A me basta che la tieni al sicuro- spiegai poi scrollando le spalle, fissando un punto lontano, nel corridoio fiocamente illuminato dalle luci del primo sole che spuntava dalle nubi -E so che lo farai- aggiunsi fissandolo seria negli occhi, la voce piena di sottintesi che solo lui poteva capire, in quel frangente.

Ricambiò l’occhiata con fervore, accendendo gli occhi castani con una scintilla di qualcosa che non seppi definire. Gli ci volle un pò, ma alla fine acconsentì con un cenno del capo.

Sospirai, sollevata.

-Bene- dissi, dandogli le spalle e dirigendomi verso la stanza di Jiang Cheng.

 

 

Questa volta non bussai, spalancando semplicemente la porta e individuando subito il cultore, dato il vapore che fuoriusciva dalla stanza da bagno. 

Probabilmente è a mollo in quella specie di bacinella che chiama vasca, ma io chi sono per non verificare, mi dissi ghignando e mettendo un passo dietro l’altro imperterrita, devo controllare che stia bene, ovviamente, magari è annegato.

-Cristina, so che sei tu- mi accusò a voce alta, probabilmente perché aveva sentito la mia presenza, oppure perché avevo sbattuto la porta come se dovessi demolirla.

-Sei l’unica abbastanza impertinente da entrare qui senza bussare- spiegò prima che io potessi chiedergli se avesse capito chi fossi dalla mia energia vitale o altre cazzate magiche.

-Potevo essere un’assassino- ribattei mentre superavo il paravento che divideva la stanza da bagno in due zone e mi chinavo dietro di lui, inginocchiandomi alle sue spalle.

Giocai pigramente con una ciocca che gli sfuggiva dallo chignon morbido che si era fatto per tenersi i capelli bagnati lontani dal corpo, arrotolandola sull’indice e fissando le gocce che gli scorrevano sulla pelle umida.

Alcuni di quei sentirei d’acqua gli percorsero i graffi rossastri che gli contornavano il collo, segnando con evidenza fino a dove le mie unghie riuscissero a infilarsi oltre la sua veste ogni sera. 

Non sembrava provare dolore né ora, né mentre glieli procuravo, quindi non dovevano esserci problemi.

-Un assassino sarebbe stato silenzioso- mi canzonò con gli occhi chiusi e un sorriso flebile sulle labbra, piegando il collo all’indietro per appoggiare la testa sulla mia clavicola.

Dopo le varie intrusioni che in quelle due settimane aveva dovuto subire da parte mia, si era abituato alla presenza di qualcun altro nella sua stanza.

La prima volta che avevo fatto la mia entrata nei suoi appartamenti mentre si faceva il bagno era quasi diventato viola come la sua veste, abbandonata sul materasso e pronta per essere reindossata una volta lavato, e mi aveva sbraitato di uscire. Mi aveva persino apostrofata come una "senza pudore", ma credo determinasse più dallo shock che dal fatto stesso.

Piano piano si era dovuto adattare, visto che per me ogni scusa era buona per poterlo vedere mezzo nudo, dopo un certo episodio.

Giorni prima infatti Wei Ying era riuscito a convincerlo a fare una specie di uscita di gruppo al Pontile del Loto, dicendosi nostalgico per quanto riguardava le nuotate nei laghi della zona. 

Ovviamente, io ed Elisa ne eravamo state estasiate. Gli unici riluttanti erano i due cultori single.

Lan XiChen aveva provato ad esporre le sue preoccupazioni e Jiang Cheng mi aveva vietato categoricamente di muovermi dalla mia stanza, ma nonostante la loro apprensione, dovuta al precedente rapimento, noi li avevamo ignorati senza problemi.

-D’altro canto, siete i cultori più forti in circolazione, con voi nei paraggi siamo al sicuro- aveva detto la mia amica congiungendo le mani davanti al viso in una muta preghiera -Per favore, per favore, per favore- aveva ripetuto all’infinito.

Alla fine, avevano ceduto. E durante quella gita, avevo capito che in effetti i miei standard sulla bellezza potevano essere buttati ai rovi.

Nonostante trovassi Jiang Cheng molto carino e concordassi con Elisa sul fatto che fossimo circondate da degli uomini decisamente attraenti, non mi ero ancora del tutto decisa ad apprezzare i suoi tratti del viso. La conformazione del volto tipica del continente asiatico non era la mia preferita, insomma.

Per poter nuotare più agilmente, però, l’uomo di Yunmeng aveva seguito i movimenti del fratello, slacciandosi la parte superiore della tunica e arrotolandosela sui fianchi stretti. Con le braccia ed il ventre completamente nudi, si era tuffato nel lago con un movimento fluido e aggraziato.

Riemergendo, si era aggrappato al bordo della barca su cui sedevo, bagnandone il legno scuro.

Quando avevo visto la pelle candida del suo petto brillare sotto la luce del sole, ricoperta da uno strato di goccioline d’acqua che ne riflettevano i raggi, avevo capito che, infondo, ai tratti così particolari del suo viso ci potevo fare l’abitudine.

Ma anche volentieri.

Dallo sguardo compiaciuto che aveva rivolto nella mia direzione, quella volta doveva essersi accorto dei miei occhi su di lui, ed il suo ego ne era stato fortemente rinvigorito.

Perciò, in quel momento, mentre lo stuzzicavo tirandogli una ciocca scura mentre si faceva il bagno, non protestò più di tanto e si lasciò tormentare, fingendosi infastidito in modo decisamente poco credibile.

Così non è divertente, pensai corrucciata.

Con uno sbuffo mi alzai, scoccandogli un bacio sulla guancia che lo lasciò a bocca asciutta e ridendo del suo sguardo indignato nel vedermi allontanare. Uscii con il sorriso ancora in viso, incamminandomi per raggiungere la Porta Principale, dove gli altri sarebbero arrivati presto, pronti a partire.

Lungo la via, incrociai Jin Ling.

Mi corse incontro con Fata al seguito, il campanello appeso al collare del cane che tintinnava ad ogni sua falcata. Felice di vedermi e orgoglioso di se stesso, gonfiò il petto mentre mi parlava, ricordandomi il soprannome vagamente derisorio che Wei WuXian aveva dato al padre.

Pavone.

-Mi sono svegliato presto oggi, così posso accompagnarti- mi disse entusiasta, saltellandomi intorno e trascinandomi con se.

Perdemmo tempo nelle cucine, dove i domestici mi fecero mille ossequi, nonostante lo sguardo di fuoco che Jin Ling posava su ciascuno di loro ogni volta che mi chiamavano per nome, come gli avevo chiesto di fare in precedenza.

In cambio della nostra visita, però, ottenni una tazza di latte alla cannella e un sacchetto pieno di dolcetti alle mandorle.

Io ed il piccoletto chiacchierammo per un pò, e presto capii che con la frase "così posso accompagnarti", non intendeva il tragitto fino all’uscita, ma che pensava che l’avrei portato con me sulla Montagna Sacra.

-Rulan, non credo che…- mi interruppe sbirciando nel sacchetto di biscotti e rubandomene uno per infilarselo intero in bocca, masticando frettoloso. Si ripulì le briciole con la manica e tossicchiò piano prima di parlare.

-Seguimi, lo zio odia i ritardi- disse ignorando il mio tentativo di parlare, prendendomi per mano e sorridendo felicemente.

Prima che potessi anticipare le sue mosse, mi trascinò fino alla porta mentre il suo cane continuava a scodinzolarci intorno.

-Tu non verrai- sentii affermare da Jiang Cheng, che stava già aspettando sulla soglia, le braccia incrociate e il fianco appoggiato allo stipite. 

Se ne stava in disparte da così tanto che probabilmente aveva sentito tutta la nostra conversazione, eppure non era intervenuto mai, se non ora per dare ordini, come sua abitudine.

Fui però così stupita dal suo abbigliamento che non dissi nulla in proposito.

La veste era la stessa di sempre, ma lui non sembrava voler far nulla per nascondere i segni rossi che gli avevo procurato. Anzi, pareva andarne fiero, per quanto fosse imbarazzante ammetterlo.

Teneva la tunica viola leggermente più larga del solito sulle spalle, in modo da esporre maggior porzione di pelle candida alla luce e soprattuto rendere ben distinguibili i graffi che aveva sulle clavicole.

Dio mio, quanti anni ha, dodici? 

Come avevo previsto, in ogni caso, non appena vide il nipote, gli ammonì di non seguirci.

-Perché no?- si lamentò con tono petulante il ragazzino, rivolgendomi un’occhiata pietosa per cercare di convincere me, al posto dello zio -Mamma…- piagnucolò implorante.

-É…- mi bloccai. Stavo per dire che era troppo pericoloso, ma questo sarebbe stato controproducente.

Innanzi tutto io ero meno preparata di lui, per un viaggio simile, e in secondo luogo, quella frase lo avrebbe solo intestardito di più. Decisi quindi di agire d’ingegno.

-Deve restare qualcuno di fidato a comando della Setta- gli spiegai carezzandogli i capelli con affetto -Se dovesse succedere qualcosa mentre non ci siamo, il Clan non può restare senza un leader- enfatizzai l’ultima parola per convincerlo, e fortunatamente lo vidi tentennare e rivolgersi allo zio, che annuì reggendomi il gioco.

Mugolando imbronciato, Jin Ling acconsentì, capendo che era la soluzione migliore.

Prima che rientrasse per tornare agli allenamenti gli baciai la fronte e gli dissi di prendersi cura di Noc senza farsi uccidere. Lui rise e corse verso le stalle continuando a guardarsi indietro per rivolgermi un ultimo saluto.

A cancellarmi lo stupido sorriso intenerito che avevo sulle labbra ci pensò un grido che proveniva dalla direzione opposta, diretto decisamente nella mia direzione.

-Grandissima stronza che non sei altro- sbraitò la mia amica, venendomi incontro con un cipiglio furioso che poco si addiceva alla sua solita espressione socievole.

Ahia, sta volta l’ho fatta incazzare.

Indossava una divisa maschile composta da dei pantaloni chiari di lino che le fasciavano le gambe fino alle caviglie, dov’erano infilati all’interno di un paio di stivali di pelle robusta, e una tunica verde acqua stretta in vita da una cintura sottile.

I capelli, legati in una coda di cavallo che ondeggiava al ritmo dei suoi passi, apparivano ancora più luminosi alla luce del sole.

-Ma tu cosa ci fai qui a quest’ora?- domandai sconvolta, ignorando Lan XiChen, che stava intanto camminando pacato nella nostra direzione, stupito quanto me di vedere Elisa lì e non a letto.

Nello stesso istante, anche Wei WuXian e Lan Zhan spuntarono dal corridoio, facendomi alzare gli occhi al cielo per la casualità del momento.

-Lo sapevo che avresti tentato di fare una cosa simile, perciò mi ero messa la sveglia. Partire all’alba, che idea stupida!- disse imperterrita Elisa, portandosi la mano destra al fianco e sventolando con la sinistra il cellulare davanti al mio naso.

Non spendo cosa dire per farla ragionare, lanciai un’occhiata urgente al cultore di Gusu, incitandolo ad attenersi al piano. Lui prese un profondo respiro prima di parlare.

-Signorina Elisa- la chiamò, porgendole il palmo candido per poterle stringere la mano, confondendola con tutta quella gentilezza, più esagerata del solito -Venite a Gusu con me- disse senza mezzi termini.

Reagimmo tutti in maniera poco controllata.

Jiang Cheng spalancò gli occhi fino al limite del ridicolo, distogliendo lo sguardo dalla coppia e fissando intensamente il muro. Wei Ying si rivolse al marito con un sorriso stupito sul viso e gli sussurrò qualcosa a proposito dell’educazione dei Lan, mentre le orecchie del marito assumevano la tonalità delle ciliegie mature. Io mi limitai a sopprimere un gridolino serrando le labbra e piantando le unghie nel polso di Jiang Cheng.

Elisa, invece, restò immobile per dieci secondi buoni, prima di coprirsi il viso con le mani e mugolare indegnamente.

-Signorina…- fece per domandare Lan XiChen, prima che lei gli desse una spinta con il viso in fiamme. Non l’avevo mai vista così lusingata in vita sua.

-É scorretto se mi fai gli occhi da cucciolo, però- gli disse con le lacrime in bilico sulle ciglia, mettendo un broncio decisamente adorabile -Io andrò con Cristina, ok? VOGLIO fare questa prova, punto- aggiunse con determinazione, sventolandosi per rinfrescarsi la faccia.

Noi quattro cercammo di non guardarli per donargli almeno una parvenza di privacy, ma purtroppo era una scena davvero troppo bella per non godersela, quindi mi rassegnai a sembrare una pervertita spiona.

Beh, niente di diverso dal solito, pensai.

-Io devo ritornare ai miei doveri, non potrò seguirvi sulla Montagna Sacra- spiegò Lan XiChen, stringendosi la manica della veste tra le dita pallide e apparendo rammaricato.

Era la prima volta che la gentilezza sul suo viso veniva completamente dimenticata, messa in ombra da un sincero sconforto che mi fece commuovere, tanto sembrava sincero. Perfino i suoi occhi castani parevano più scuri, resi lucidi dal dolore di dove partire. 

Dondolò incerto sui suoi piedi per un pò, prima di sporgersi in avanti e sfiorare con le nocche la guancia della mia amica. Lei sussultò sorpresa e lui fece per ritrarsi.

-Allora vai- rispose Elisa, trattenendogli il polso e sorridendo timidamente -Tornerò presto, è una promessa- aggiunse con le guance sempre più scarlatte.

Certo che si, mica rinuncia a vedere la vostra biblioteca.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Quindi, eccoci qui, di novo su questa fan fiction che sarà eterna, per come si stanno svolgendo le cose.
Elisa si è beccata una specie di dichiarazione e Cristina ha gli ormoni a palla quando vede Jiang Cheng mezzo nudo… tutto normale insomma. Chi di noi non vorrebbe una delle due cose, ammetiamolo?
Ora scusate, vado a decidere come combinare la mia vita con i film mentali che mi corrodono l’anima, ciao ;)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 26
*** Venticinquesimo capitolo ***


Amammo in cento l’identica donna, partimmo in mille per la stessa guerra

 

 

Volare sulle spade non fu piacevole, come al solito.

Per quanto mi sforzassi, il senso di nausea che mi attanagliava lo stomaco non si placò mai del tutto, anche se Jiang Cheng cercò di mantenere Sandu stabile e di stringermi a se per non farmi vedere il paesaggio che si muoveva sotto di noi.

Elisa, invece, come previsto, si divertì un sacco.

Lei era stata invitata a seguirci su Bichen insieme a Wei WuXian e Lan Zhan, che ci avrebbero accompagnato fino alle pendici della Montagna Sacra, ma aveva rifiutato imbarazzata. 

Fortunatamente uno dei tre cultori che ci avrebbero scortato per tutto il tragitto era Bao, la guardia che Jiang Cheng aveva preso a detestare di più in tutta la magione. Il ragazzo però, nonostante la riluttanza del Capo Clan, era uno dei pochi ad avere abbastanza potere spirituale e controllo da reggere due persone sulla sua spada, Huashui 1.

Si era quindi offerto di trasportare lui la mia amica, con grande entusiasmo della stessa, che passò metà del tempo ad acconciargli i cappelli soffici in vari modi.

L’unico vero problema era stato il rancore di Jiang Cheng, attenuato prima dalle mie occhiate di fuoco ogni qual volta tentava di guardare male il ragazzo, e poi dallo stesso Bao, che gli aveva chiesto scusa anche senza avere colpe.

-Capo Clan, non volevo contrariarvi- aveva implorato poco prima di partire -Questo discepolo domanda il vostro perdono per non aver seguito alla lettera i vostri ordini- aveva detto, prostrandosi fino a toccare con la fronte il terreno.

Dio, mi ha accompagnato a fare una passeggiata, non ha attentato alla mia vita, avevo pensato nel vederlo così umilmente inchinato.

In ogni caso, ci serviva il suo potere, e questo lo capì anche Jiang Cheng.

Partimmo in fretta, ignorando le lamentele di Wei Ying che continuava a sonnecchiare pigro sulla spalla del marito. Per lui doveva essere stato davvero un trauma svegliarsi all’alba, ma in qualche modo Lan Zhan era riuscito a convincerlo.

Ci fermavamo solo per pochi minuti, alternando ore di volo con brevi soste in cui, mentre gli altri bevano e riposavano, io mi chiudevo a riccio in un’angolo sotto l’attenta supervisione del mio preoccupato accompagnatore.

-Ma esattamente cosa ti spaventa tanto?- mi chiese quando ci accampammo per la notte in uno spiazzo sicuro che avevamo intravisto dall’alto. 

Avevamo preferito riposare, quella notte, dato che Bao e gli altri cultori parevano molto stanchi, il sudore derivato da così tanta concentrazione che gli inzuppava le vesti. Lan WangJi e Jiang Cheng, invece, sembravano freschi come due rose.

Maledetti loro e il loro livello oltre la media.

-Non ho il minimo controllo della situazione- gli risposi bevendo un fiato di acqua dalla sua borraccia e appoggiando il mento alle ginocchia -Se tu stessi male o decidessi di lasciarmi cadere, io non potrei impedirmi di schiantarmi al suolo come una frittella- spiegai chiudendo gli occhi per ignorare meglio la nausea.

Lui si riprese la bottiglia e ne bevve un sorso, volgendo lo sguardo chiaro nella direzione di Wei WuXian, che stava mangiucchiando una frittella al fianco del marito, ridendo tranquillo.

I due ci avevano spiegato che il vero motivo per cui erano passati per Yunmeng era perché avevano ricevuto notizie che i cadaveri ambulanti nelle vicinanze erano improvvisamente diminuiti, e che ogni presenza maligna, che fosse potente o no, era stata attirata lontano dai luoghi abitati, verso sud.

Non era mai successo nulla di simile, a memoria d’uomo, e Wei Ying era convinto che solo due cose potevano aver provocato uno spostamento così massiccio di zombie: un’ammasso di energia risentita che attirava il male come una candela le falene, o qualcuno che usava la coltivazione demoniaca per controllarli.

In ogni caso, la questione è preoccupante.

-Non sono più così debole come allora- mormorò Jiang Cheng a bassa voce, in risposta alla mia spiegazione sul perché odiassi volare, continuando a fissare il fratello -Non perderò più nessuno- aggiunse dandomi le spalle e stringendo le nocche tanto da farle scricchiolare, lasciandomi sola.

 

 

Quando calò la notte, Lan Zhan si ritirò in un angolo ben nascosto tra gli alberi, trascinandosi dietro un Wei Ying decisamente scontento di dover andare a dormire a quell’ora.

Sempre che di dormir si parli, pensai scambiandomi uno sguardo complice con Elisa, che ridacchiò in risposta.

Bao, sfinito, si era addormentato profondamente non appena era riuscito a trovare un posto abbastanza comodo per rannicchiarsi e prendere sonno, mentre io e la mia amica ci eravamo sistemate vicine per poterci scaldare, coperte dal mio mantello e da quello che Jiang Cheng mi aveva ceduto.

Furono proprio lui e gli altri due cultori che non conoscevo a pattugliare il perimetro mentre noi riposavamo, svolgendo il primo turno di guardia. Erano fratelli gemelli esperti nell’arte curativa e difensiva, e da quanto avevo capito si chiamavano Jiang Yin e Jiang Yang 2.

Li vidi ricoprire di talismani gialli gli alberi attorno alla radura, formando una specie di cerchio protettivo intorno al nostro accampamento. Poi uno dei due mormorò all’altro di essere stanco, e quello si rivolse a Jiang Cheng per avvertire che il loro lavoro era finito, e che si ritiravano per la notte.

-Andate, non tocca a voi pattugliare- li congedò il cultore di viola vestito, dirigendosi verso di noi e scuotendo con un piede Bao, che era immerso in un sonno profondo e sereno -Alzati, il perimetro non si controlla da solo- gli sibilò minaccioso quando il ragazzo si girò dall’altro lato per ignorarlo.

Forse non ha capito chi lo sta svegliando, pensai divertita, alzandomi in piedi e cercando di non disturbare Elisa, che intanto sonnecchiava tranquilla.

-Ha trasportato due persone sulla sua spada per tutto il giorno, lascialo in pace- gli dissi afferrandolo per un braccio e trascinandolo lontano -Copro io il suo turno, ok?- lo rabbonii continuando a camminare fino a raggiungere il limite della zona protetta.

Il bosco oscuro che mi trovai ad osservare non aveva un’aria rassicurante, ma i talismani brillavano di una luce fioca, ad alcuni passi da noi, illuminando quel poco che bastava per non rendere l’atmosfera troppo strana.

Feci per sedermi, poi mi resi conto che non avevo idea di come si doveva svolgere una perlustrazione, quindi mi voltai verso Jiang Cheng. Non chiesi nulla, ma seguii i suoi movimenti.

Lui prese a torturare con le dita il suo anello, rigirandoselo più volte attorno all’indice, segno che era nervoso. Era un gesto abituale che gli avevo visto fare spesso, quasi cercasse di non dimenticare cos’aveva tra le mani.

Camminò con passo marziale per un pò, completando almeno tre giri del perimetro e ritenendosi soddisfatto. Si fidava abbastanza dei suoi uomini da non doversi sentire in obbligo di controllare com’erano stati posizionati i sigilli magici, quindi mi parlò con voce bassa.

-Puoi anche andare a riposare, basto io per gestire la situazione- spiegò vantandosi un poco, l’arroganza che gli sgorgava da ogni poro.

E il pavone era tuo cognato?

-E allora perché prima ti serviva Bao?- chiesi con una punta di ironia, sedendomi a terra e tirando fuori il cellulare dal sacchetto spirituale che mi aveva regalato.

Arrossì, tergiversando nel rispondere come un bambino colto sul fatto con le mani dentro il vaso della marmellata. Lo osservai crogiolarsi nell’imbarazzo per un pò, poi gli feci cenno di venire più vicino.

-Ah, lascia perdere. Piuttosto, ti va di sentire musica?- gli domandai agganciando gli auricolari al telefono e infilandomene uno all’orecchio. Anche se con un’espressione confusa, imitò il mio gesto e si sistemò al mio fianco, incrociando le gambe.

Quando scelsi una canzone, facendola partire, sussultò spaventato, facendo per strapparsi la cuffietta dall’orecchio con un movimento veloce, ma io gli bloccai la mano e scossi la testa. 

Aspetta, gli comunicai con lo sguardo, è tutto a posto.

Si calmò abbastanza da non decidere di lanciare il mio cellulare nel bosco al grido di "stregoneria!", quindi lo premiai facendogli ascoltare qualcosa di abbastanza normale, niente Metal o Hard Rock, per non terrorizzarlo del tutto.

-Che cos’è?- mi chiese dopo un pò, un sorriso appena accennato sul viso e gli occhi viola che luccicavano -Sono queste le melodie che componete nel vostro mondo?- domandò ancora, curioso. 

-Si chiama Renegate, è una delle mie canzoni preferite- spiegai mettendola in pausa e cercando qualcos’altro da fargli sentire per capire quale fosse il suo stile musicale -Allora, ti piace?- domandai felice.

La sua risposta fu preceduta da un grido disumano che squarciò il silenzio.

L’urlo proveniva dalla fitta boscaglia davanti a noi e, nonostante non avessi così tanta esperienza con i cadaveri ambulanti, il brivido che mi percorse la schiena mi confermò che quella cosa non era viva.

Io e Jiang Cheng balzammo in piedi in contemporanea, vigili come tutti al campo dietro di noi, che si svegliarono sussultando. Mi si intorpidirono le punte delle dita per lo shock e un rivolo di sudore freddo prese a scorrermi lungo la spina dorsale, facendomi sopprimere un tremito.

Che cazzo è stato? Wei Ying non aveva detto che i cadaveri stanno emigrando a sud… merda, noi stiamo andando a sud! Nessuno ci ha pensato? 

Il cultore al mio fianco, in ogni caso, reagì come mi sarei aspettata, se non ancor più velocemente.

Afferrandomi il polso con la mano libera e sfoderando Sandu con l’altra mi spinse all’indietro talmente forte che sarei caduta, se alle mie spalle non fosse comparso Bao. Anche lui decise che voleva trattarmi come un pacco postale e mi trascinò fino a dove si trovava Elisa, rannicchiata ancora sotto i due mantelli.

Nonostante fossi infastidita, non ebbi abbastanza riflessi in quel momento per scrollarmelo di dosso, quindi fui sistemata insieme alla mia amica.

-Lan Zhan, tu pensa a loro due, noi ci occupiamo del resto- gridò Wei Ying, sorpassandomi di corsa e impugnando Chenquing, pronto a suonare. Esitò solo un’attimo, fissando il marito negli occhi con il sorriso congelato sul volto, ma si riscosse al richiamo del fratello.

-Wei WuXian, se non ti muovi ti spezzo le gambe!- gli gridò Jiang Cheng, che intanto si stava addentrando di corsa tra gli alberi, lasciando dietro di sé solo delle scintille viola -Voi tre, dividetevi- aggiunse rivolto alle guardie, che si erano incamminate dietro di lui.

Seguendo i suoi ordini, si lanciarono nelle tre direzioni opposte per controllare che non ci fossero altri nemici. Al campo restammo solo io, Elisa e Lan WangJi.

-Se vi rapissero di nuovo o vi succedesse qualcosa non credo che il Gran Maestro di Yunmeng reagirebbe in modo controllato, questa volta- mormorò calmo il cultore di Gusu, anticipandomi prima che mi alzassi -Quindi restate qui, per favore- aggiunse con un cenno che mi invitava a sedermi di nuovo.

Ah, perché dare fuoco all’edificio in cui ci avevano rinchiuse è "essere controllato"?

Non appena obbedii anche lui si accucciò a terra, posizionando il suo guqin sulle ginocchia e pizzicando piano le corde. Non produsse una vera e propria melodia, ma percepii distintamente delle ondate di potere che si diffondevano per tutta l’area, purificandola da eventuali attacchi.

Me ne stetti tranquilla per un pò, afferrando la mano di Elisa, che me la strinse di rimando. Nella quasi totalità del silenzio, riuscii finalmente a calmarmi.

Quando però un’altro ringhio furioso si diffuse nell’aria, non contenni la mia impazienza, scalciando come un puledro imbizzarrito. 

E se fossero in pericolo? domandai silenziosamente ad Elisa, mordendomi le labbra, in ansia.

Non so come potresti essergli utile tu, in quel caso, sembrò rispondermi, alzando le sopracciglia per evidenziare la mia sconsideratezza.

Devo andare a vedere che succede, le comunicai, preparandomi allo scatto e tenendo d’occhio Lan Zhan, che non si era accorto delle mie intenzioni, coprimi, ok?

Sei pazza, mi ammonì con un sospiro tremulo, capendo di dovermi assecondare, se muori ti uccido!

-Lan WangJi, cos’è quello?- urlò poi all’improvviso fingendosi spaventata, buttandosi addosso a lui per stringergli il braccio e puntando il dito verso la parte opposta della radura.

L’uomo seguì con lo sguardo la direzione che gli veniva indicata, aguzzando la vista per cercare di scorgere quello che aveva spaventato la ragazza. Con grande calma, sopportò anche le sue urla isteriche e i suoi pugni stretti sulla veste chiara.

Approfittai del rumoroso diversivo che stava creando la mia amica e sgattaiolai velocemente nella foresta, seguendo l’ipotetico percorso che avevano preso Wei WuXian e Jiang Cheng.

Inciampai più volte nelle radici e scivolai sulle foglie umide che ricoprivano il terreno, impossibilitata a vedere dove mettevo i piedi per via del buio fitto. Non caddi mai, anche se lo rischiai spesso, ma ero troppo spaventata da quello che avrei potuto attirare se avessi acceso la torcia del cellulare.

Per un pò, il tempo sembrò dilatarsi, e quelli che alla fine dovevano essere stati solo pochi minuti mi sembrarono ore. 

Non fermarti, segui i rumori, i segni del loro passaggio, le orme… se solo vedessi qualcosa, porca di quella…!

Furono i gemiti grotteschi del mostro ad attirarmi verso il punto giusto, alla fine. Affidandomi quasi completamente all’udito, raggiunsi una biforcazione creata da un albero caduto che divideva in due la vegetazione.

Sopra questo tronco enorme e ruvido, vidi Wei Ying, in piedi con le mani alzate e un’espressione sofferente in viso. Al suo fianco, Jiang Cheng si teneva il braccio destro stretto al corpo, il sangue scarlatto che gocciolava sulla corteccia.

Non sembrava nulla di grave, ma erano entrambi in evidente difficoltà.

Inizialmente non capii davvero quale fosse il loro avversario, perché non c’erano altro che alberi, davanti a loro. Poi, uno dei grandi faggi si mosse, alzando un braccio verso i due uomini.

Un braccio? Adesso ho pure le allucinazioni?

Strinsi le palpebre per guardare meglio e, ora che finalmente i miei occhi si stavano abituando al buio, capii cosa stavano combattendo. Stupita, feci un passo indietro.

Era un vero e proprio albero, seppur molto imponente, dalla forma vagamente umanoide. Aveva due rami principali a formare le braccia, delle possenti radici che si muovevano come serpenti permettendogli di "camminare" e un grosso nodo al centro del fusto che brillava di una luce rossastra.

La cosa che mi terrorizzò davvero non fu però il vedere una specie di Ent uscito direttamente da un romanzo di Tolkien, ma cosa quell’essere trasportava appesi ai rami minori.

Su ognuna di queste propaggini era legata una corda, più o meno consumata, che a sua volta reggeva un corpo che penzolava inanimato al vento. Alcune di queste salme erano appassite e secche come fiori morti da troppo tempo, altre erano gonfie, rancide e putrescenti, segno che erano più recenti delle altre.

Non era un semplice albero vivente: era un albero di impiccati.

Chissà quanta energia risentita ha per mettere in difficoltà qualcuno come il Patriarca di Yinling, pensai spaventata, trattenendo un gemito di sconforto. Tentai di calmarmi subito dopo, però, affondando le unghie nei palmi e stingendo i denti.

Fai qualcosa, mi ripetei nella mente, osservando il paesaggio e sperando di trovare una soluzione. Fortunatamente, il mio sguardo si posò su una lunga corda che si era staccata da uno dei rami, cadendo a terra a pochi metri da me.

Mi venne un’idea, ma era giusto intervenire? La risposta arrivò nel sentire Zidian che colpiva a vuoto, non potendo nulla contro del legno, e vedendo Wei Ying sempre più stanco di respingere l’energia maligna del mostro.

Ero partita con l’intento sincero di guardare e basta, nascosta in un angolo ad ammirare le loro azioni e il loro stile di lotta. Vista però l’enorme fatica che stavano facendo i due cultori per abbattere quella cosa, decisi di intervenire.

Ovviamente, non essendo ancora capace di scoccare una freccia senza rischiare di farmi male, non mi ero portata appresso l’arco, in quel viaggio. Ma non ero certo disarmata.

Sfoderai il mio pugnale e cercai di riflettere in fretta. 

Come si può fermare una cosa del genere? É troppo grande per colpirlo al nucleo senza avvicinarsi troppo alla portata delle braccia, quindi… oh, posso fare come nel Signore degli Anelli, visto che siamo in tema. Sempre che funzioni.

Pregando tutte le divinità che conoscevo, mi lanciai in avanti, sperando non mi notasse. Afferrai la corda che non aveva retto e che si era staccata dal corpo centrale, assicurandomi che reggesse la tensione con un gesto veloce. Ne tagliai le estremità consumate e me la rigirai in mano.

Facendo un profondo respiro per prendere coraggio, presi a correre verso le gambe dell’albero maledetto. Dovevo arrotolare la corda intorno alle sue radici e farlo cadere senza farmi uccidere, se possibile.

-CRISTINA!- mi chiamò qualcuno, prima che mi rendessi conto che era la voce di Jiang Cheng, che continuò, urlandomi qualcosa. Mi ritrassi per un attimo, voltando il capo verso di lui e tornando alla mia missione subito dopo, ma bastò.

Impietrita, vidi un ramo enorme arrivarmi addosso.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Huashui: composto da Hua () "scivolare" Shui () "acqua", vuole dire che i suoi colpi sono fluidi come la corrente di un fiume. La traduzione più pessima è "che scorre come l’acqua", ecco
2. Jiang Yin e Jiang Yang: il primo significa () Argento, mentre il secondo (黃金) vuole dire Oro. Mi piaceva un sacco sta cosa e non ho resistito :) 


Il titolo ha una motivazione, per quanto strana: è uno dei versi della canzone di De Andrè "Il testamento" (che ho già richiamato in Bludgeoning) ed è un riferimento ad un fumetto che ho letto e che ho amato alla follia di nome Orfani, di Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari, che citano questa canzone. La fanno canticchiare ad uno dei protagonisti mentre si trova davanti ad un albero pieno di impiccati, quindi era in tema.
Bella sta cosa dell’albero? Io l’ho adorata.
Rivedendo il donghua di Mo Dao Zu Shi mi sono resa conto che si parla anche di PIANTE che possono accumulare energia risentita, ma non se ne vedono, a parte l’Abisso Acquatico, ma sono alghe no? Comunque, mi sono divertita un sacco.
Spero vi sia piaciuto, perché a me si ;)
Come sempre, ringrazio Deb, perché mi da una marea di consigli e se devo cerca are qualche informazione so che è meglio di internet, lei SA TUTTO! Amore, cosa farei senza di te? :3

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 27
*** Ventiseiesimo capitolo ***


Note: aggiorno presto, ma dai? Ormai è la norma.

Buona lettura :3

 

 

"Ho un piano, ma prevede un incendio" 

"Assolutamente no!"

 

 

Mi abbassai appena in tempo per schivare il colpo, ma lo spostamento d’aria sopra la mia testa mi fece ruzzolare a terra, spingendomi ad indietreggiare. Agitai le braccia per mantenermi stabile, incespicando per qualche passo prima di ritrovare l’equilibrio.

Quando finalmente fui ferma, in piedi sulle mie gambe e con la corda sporca di sangue ancora in mano, alzai lo sguardo sulla creatura che mi trovavo ad affrontare.

Lo strano essere però sembrava aver rinunciato ad attaccarmi, dopo il primo fallimento, tornando a prestare attenzione ai due uomini. Mi chiesi distrattamente come mai, preparandomi intanto ad attuare il piano che avevo dovuto interrompere.

La risposta arrivò presto.

Dalla boscaglia alle mie spalle emersero due cadaveri ambulanti che ciondolarono verso di me con le braccia tese per afferrarmi. Avevano entrambi uno strano elmo protettivo che gli copriva capo e orecchie, in aggiunta ad una specie di veste sporca ma funzionale che si alternava tra cuoio e placche metalliche.

Inutile dire che se anche avessi avuto una spada, gli unici punti in cui avrei potuto colpire sarebbero stati le mani e il viso, parzialmente scoperto.

Adesso sono anche ben attrezzati, cazzo!

Ne respinsi uno con un calcio allo stomaco che fece sicuramente più male a me che a lui, ma fui presa alla sprovvista dalla velocità dell’altro, che mi afferrò prima che potessi indietreggiare.

Non mi attaccò davvero, piuttosto si limitò a imprigionarmi tra le sue braccia con una stretta di ferro e impedirmi anche il minimo movimento del busto. Nonostante ciò, scalciai come un toro inferocito e gli pugnalai ripetutamente il collo e le braccia, mirando alla cieca.

Perforai quella particolare armatura con facilità, grazie al pugnale che mi aveva donato Rulan, ma comunque non fu sufficiente. Stanca, ansimai stringendo i denti, non potendo comunque far altro che rallentare il ritmo delle coltellate.

Colpii come potevo, affidandomi all’istinto più che a ciò che mi aveva insegnato Jin Ling, presa dal panico per non riuscire a liberarmi. 

Quando poi sentii l’altro zombie, quello che prima avevo spinto a terra, bloccarmi le gambe con una presa gelida, sollevandomele da terra per trasportarmi via, mi scappò un grido frustrato. Le sue dita fredde mi strinsero le caviglie così forte da farmi lacrimare, ma nemmeno lui accennò a fare altro.

Non dovrebbero sbranarmi o simili?

-Inutili pezzi di merda- sbraitai con furia, tirando un fendente orizzontale e maciullandogli gran parte della faccia -Toglietemi le mani di dosso- aggiunsi, sibilando improperi verso i due cadaveri e le loro famiglie.

Non ci fu lo schizzo di sangue che mi aspettavo da una ferita così grande, ma forse dipendeva dal fatto che non avevano circolazione, essendo morti. In ogni caso, l’occhio che gli penzolò fuori dall’orbita per poi schiantarsi al suolo con un sonoro ploff mi disgustò abbastanza.

Con tutta l’energia che mi era rimasta appoggiai le piante dei piedi sul petto del non-morto davanti a me e mi detti una spinta, sperando di farci crollare a terra. Purtroppo, quei cosi erano più stabili di quanto credevo, quindi il tutto risultò inutile.

Scoraggiata, pugnalai un’altra volta lo zombie che mi teneva bloccato il busto, tanto per dare un ultimo segno di ribellione prima della mia inevitabile resa.

Non posso niente contro queste cose, pensai con le lacrime agli occhi, sono praticamente immortali. Merda.

Quando però fui sul punto di arrendermi, sfinita per i miei inutili sforzi, il non-morto che mi teneva strette le caviglie mollò la presa. Le mie gambe, che erano state sollevate in aria ed erano ora improvvisamente senza sostegno, caddero per la forza di gravità, sbattendo violentemente contro le ginocchia del cadavere dietro di me.

Il suo compagno si ritrasse all’ombra dell’albero degli impiccati, che intanto era stato finalmente soggiogato da Wei WuXian e si stava sgretolando pian piano, emettendo versi striduli e inquietanti.

Nonostante mi avesse lasciato, però, la sua stretta era stata così forte che la sensazione delle sue dita che mi stringevano la carne sembrava permanere ancora. Abbassando lo sguardo, mi resi contò invece che le sue braccia erano state tagliate di netto, e la rigidità tipica degli zombie non aveva permesso alle sue mani di staccarsi da me.

Oh cielo, mi sa che avrò gli incubi sta notte, pensai agitando le gambe per scrollarmi di dosso quello schifo, sempre che ci arrivi viva.

A seguito di un’altro colpo inferto dal mio misterioso salvatore, mi trovai senza sostegno e caddi al suolo, sbattendo con il sedere a terra talmente forte che persi il respiro per qualche secondo.

Alzando lo sguardo, vidi Jiang Cheng, in piedi di fronte a me, che brandiva Sandu con entrambe le mani. Sputò a terra un grumo di saliva mista a sangue e si rimise in posizione.

Jin Ling mi ha davvero spiegato bene come riconoscere le ferite, per poi sfruttarle durante un combattimento, pensai stupita, capendo all’istante dalla sua postura che il cultore si era incrinato qualche costola.

-Ti avevo detto di stare al campo- disse furioso, scandendo ogni parola con un fendente carico di energia spirituale, che ben presto ridusse in un mucchio di carne marcescente i due cadaveri -Devi imparare ad obbedire, stupida- ringhiò riservandomi uno sguardo veloce, ispezionandomi per controllare che non fossi ferita.

Mi tese la mano e, nonostante stesse usando il braccio ferito, riuscì senza problemi a tirarmi su. Si aspettava un insulto e magari un discorso che gli spiegasse quanto fossi capace di badare a me stessa, ma in quel momento ero di tutt’altra opinione.

Mi gettai su di lui, sorprendendolo. Lo strinsi tanto forte da strappargli un gemito, ma non mi ritrassi nemmeno a quel suono.

-Scusa- mi lasciai sfuggire, reprimendo un singhiozzo e farfugliando -Devo addestrarmi davvero tanto, non voglio più essere così impreparata- dissi sconvolta di esserne uscita viva.

Jiang Cheng ricambiò la mia stretta dopo essersi assicurato con uno sguardo che non ci fossero altri nemici nei paraggi, appoggiandomi la mano libera tra le scapole, calda e rassicurante.

-E comunque non mi avevi detto esplicitamente di restare là- mormorai respirando attraverso la stoffa della sua veste, che sapeva di sangue e sudore -Avevi solo dato per scontato che restassi fuori dai guai- ridacchiai fioca, troppo spaventata per concedermi del vero umorismo.

Lui sospirò profondamente per un paio di volte, affondando il viso nei miei capelli e stringendomi con delicatezza, evitando le zone dove mi avevano afferrato gli zombie.

-Che errore da principiante, eh?- disse poi, sibilando di dolore quando gli sfiorai con le mani la ferita aperta che gli stava inzuppando la manica destra di rosso. 

Mi affrettai a togliere le dita dallo squarcio, ammirando basita con quanta velocità il flusso di sangue stava rallentando, bloccato dall’energia spirituale dell’uomo. 

-Già- sussurrai chiudendo gli occhi.

 

 

Elisa e Lan Zhan ci raggiunsero pochi minuti dopo la fine dello scontro, lei nel più totale panico e lui apatico come al solito.

Mi dovetti sorbire le grida e le isterie della mia amica, ma quello che mi preoccupò di più fu lo sguardo di rimprovero che mi riservò il cultore di bianco vestito, corrugando le sopracciglia in un’espressione contrariata.

-Avete corso un pericolo inutile- mi ammonì, piegando le dita sottili attorno ai capelli del marito, che si era rifugiato tra le sue braccia non appena lo aveva visto attraversare gli alberi.

Io non seppi cosa rispondere, quindi affondai ancor di più il viso nel petto di Jiang Cheng, imbarazzata.

Un pochino ha ragione, però, mi dissi.

-Si, Lan Zhan, è stata sconsiderata- intervenne Wei Ying in mia difesa, trascinando il compagno per una manica fino a farlo staccare dal gruppo -Ma ora pensiamo a purificare la zona, Hanguang-Jun? Questo essere era davvero molto potente, sai? Mi ha ricordato la Xuanwu della Carneficina- divagò, tentando di coinvolgerlo in una conversazione che lo distraesse dal suo disappunto.

Elisa tentennò. Indecisa se seguirli o meno, ma quando incrociò lo sguardo di Jiang Cheng, qualcosa la spinse a zampettare dietro ai due sposini, alzando gli occhi al cielo con uno sbuffo.

Cercò di non guardare i cadaveri che ancora penzolavano dalle fronde dell’albero, immobili ma orripilanti, eppure vidi il suo viso diventare verdognolo quando si avvicinò troppo ad uno di loro.

Io ignorai la cosa, felice che non mi avesse presa a sberle per lo spavento che le avevo fatto provare.

-Quel coso ti ha ferito. Era molto forte?- chiesi per rompere il silenzio, 

-Più che altro difficile da uccidere, dargli fuoco era una delle mie ultime opzioni, ma le… doti di Wei WuXian aiutano, in certi casi- ammise con riluttanza, mordendosi la lingua prima di pronunciare un qualche complimento riferito al fratello adottivo.

Continuò a cullarmi tra le sue braccia per un pò e, anche quando provai a scostarmi, mi trattenne deciso senza accennare a lasciarmi andare. Troppo stanca, non mi ribellai, assecondandolo.

-Probabilmente quell’albero era stato usato per impiccare i ladri o gli assassini in uno dei villaggi vicini, e deve aver accumulato molta energia risentita con il passare degli anni- ci avvertì Wei Ying, che intanto aveva finito di esaminare la carcassa e si stava dirigendo verso di noi.

Serio, scoccò un’occhiata critica anche ai cadaveri che aveva sconfitto Jiang WanYin, punzecchiandone uno con la punta dello stivale.

-Da quello che rimane di questi- iniziò lanciando al fratello un occhiata divertita -Possiamo supporre che chi li ha creati fosse preparato all’eventualità di un avversario in grado di usare la coltivazione demoniaca, e volesse specificatamente attaccare un gruppo di cultori, date le protezioni- continuò sollevando lo sguardo su di noi, che lo guardavamo colpiti.

Io ed Elisa, in particolare, fummo stupite di quanto fosse bello assistere a una delle sue deduzioni dal vivo, e non più leggerlo su uno schermo. Nonostante questo, la mia amica si sentì in dovere di esprimere la sua opinione.

-Non erano fatti apposta per i cultori demoniaci, ma per te- davanti allo sguardo interrogativo di tutti, si affrettò a spiegarsi meglio -Cioè, guardagli le orecchie! Sono completamente tappate da quella specie di elmo, mentre per il resto le protezioni sono scarse, quindi… chi li ha creati sapeva che il nemico che avrebbero dovuto affrontare sarebbe stato qualcuno che usa i suoni per comandare gli zombie. Insomma, tu- concluse allargando le braccia.

Io annuii in risposta, anticipando chiunque per aggiungere il mio pensiero.

-Non sono attacchi casuali- affermai sicura, stringendo le dita sul braccio sano di Jiang Cheng -Ci vogliono uccidere, e probabilmente sono gli stessi che hanno organizzato il rapimento- ipotizzai, ragionando meglio ora che la paura stava scemando via dal mio corpo.

Calò il silenzio, nel gruppo. Per qualche minuto nessuno disse nulla.

Poi, dei rumori provenienti dalla boscaglia ci fecero scattare verso il punto in cui uno dei cespugli si stava muovendo, mettendoci sull’attenti. Fortunatamente, riconobbi la figura di Bao prima di mettermi a tirargli tutto ciò che trovavo.

Seguito dagli altri due ragazzi, si fece strada fino a noi, scoccando occhiate stupite all’enorme essere che avevamo abbattuto.

Il possessore di Huashui aveva un graffio sulla fronte che perdeva ancora sangue, ma per il resto sembrava relativamente integro. Le altre due guardie, invece, ero illese ma ansimanti, quasi avessero corso fino a quel momento.

-Gran Maestro, non vi trovavamo più- dissero in coro i due gemelli, sfiniti per la battaglia -Abbiamo incontrato cinque cadaveri, venendo qui- aggiunse uno dei due, che reggeva l’altro tenendogli stretta la mano, preoccupato del suo pallore.

-Io tre, Gran Maestro- affermò Bao, inchinandosi in fretta e continuando a pulirsi la fronte, dato il sangue che gli scorreva davanti agli occhi.

Elisa gli porse un fazzoletto recuperato dalle sue tasche nelle maniche, che aveva preso ad adorare e riempire di mille oggetti da quando Lan XiChen gliene aveva spiegato il funzionamento. Lui le rivolse un cenno grato e si pulì alla bene e meglio.

-Quindi ci dobbiamo separare, a quanto pare- disse a quel punto Lan Zhan, ricordandomi della sua presenza solo in quell’attimo, visto il rigoroso silenzio che aveva mantenuto fino a lì.

-Perché?- domandai confusa, sperando non fosse davvero così arrabbiato con me.

-Beh, dobbiamo assolutamente andare a fondo su questa faccenda, quindi noi cercheremo di capire chi sta creando questi esseri, prima che facciano del male a qualcuno- spiegò Wei Ying per lui, salutandoci con un cenno e incamminandosi dietro al marito, che si era inchinato e aveva già preso ad andarsene -Voi potete riprendere subito la scalata per il monte, buona fortuna!- ci gridò dietro, sparendo nel buio del bosco.

Certo che sono una coppia strana, pensai accigliata, sospirando.

 

 

Passammo tutta la notte e gran parte della mattinata in volo, per la mia estrema gioia. Non vomitai, ma ne fui più vicina che mai, soprattutto data la mancanza di sonno nonostante la mia stanchezza.

Sia io che Elisa avevamo tentato di sonnecchiare un pò durante il viaggio, ma non eravamo riuscite a restare addormentate per più di qualche minuto. 

Quindi, quando posammo i piedi sullo spiazzo erboso che precedeva la grande porta di ferro che sembrava incastrata nella montagna, nessuna delle due aveva voglia di ammirare il panorama. Spettacolare, si, ma non riposante.

Elisa trattenne la sua irritabilità al meglio, io invece me ne fregai. Nervosa, mi diressi a grandi passi verso l’entrata, seguita da uno stranamente silenzioso Jiang Cheng.

Forse ha capito che non è aria, oggi.

Bussai forte con il pugno chiuso, facendomi anche piuttosto male data l’energia che ci stavo mettendo. Ripetei l’operazione quando anche forzare la serratura non diede risultati. 

La risposta non arrivò, e la mia pazienza già al limite si esaurì del tutto.

-Senti, chiariamo una cosa- gridai rivolta all’Immortale che se ne stava barricato lì dentro, in attesa di non so quale segno che gli desse il via libera per farci entrare -Mi sono fatta un viaggio che mi ha quasi ucciso per venire su sta montagna e vedere la tua stupida faccia, quindi o apri questa cazzo di porta o la butto giù a calci- urlai, battendo con il piede contro lo stipite e attendendo.

La risposta fu il silenzio.

Dietro di me, sentii Jiang Cheng sospirare e le tre guardie farsi da parte, forse già pronte ad una mia sfuriata, ma invece di prendermela con chiunque mi stesse intorno, decisi di attuare la mia minaccia.

-Molto bene- dissi rimboccandomi le maniche e preparandomi.

Se vuoi che la sfondi con i calci, non c’è alcun problema, mi dissi. Oggi non è proprio giornata, carissimo.

-Aspetta, provo io- mi fermò Elisa, sporgendosi in avanti e bussando con sicurezza -É permesso?- chiese ad alta voce, gentile, il nervosismo mascherato bene dalla cordialità.

Con un cigolio, sta volta la porta si aprì piano, invitandoci ad entrare.

Quindi questo Immortale preferisce i metodi gentili? Pensai. Bene, sarò il suo tipo, allora.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Salve gente. Ad un giorno dallo scorso aggiornamento ci risiamo, eccomi qui, a pubblicare a orari indecenti. Il solito.
Non volevo davvero sprecare più di due capitoli per il viaggio, quindi fatevelo andar bene: il punto è la destinazione, di che né dicano le pubblicità :) Quindi eccoci davanti alla grande sfida… che più che altro sarà uno smistamento alla Harry Potter, ma ok, sarà per la prossima volta.
Grazie per aver letto e mi scuso per gli eventuali errori, ma sono sfasata e il mio correttore non aiuta per nulla. Ciao Deb, so che sarai tipo la prima ;3

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 28
*** Ventisettesimo capitolo ***


Faccio esplodere accidentalmente la casa dell’Immortale

 

 

Elisa

 

Quella che ci trovammo ad esplorare non fu una vera e propria stanza, nonostante avesse una forma semplice e pressoché proporzionata. Si trattava invece di una specie di grotta schiarita solo dalla luce delle torce, posizionate sporadicamente sulle pareti di roccia.

La zona era ampia e circolare, compensando la poca illuminazione con il color bianco tenue della pietra calcarea che componeva la struttura. Noi ci trovavamo nei pressi dell’entrata, in piedi sul bordo di una grande pozza d’acqua limpida al cui centro si ergeva un isolotto di dimensioni ridotte.

Socchiudendo gli occhi, potei scorgere nella penombra una figura seduta sullo scoglio, le gambe incrociate nella posizione del loto e una lieve aura luminosa che gli aleggiava intorno.

Cristina fece qualche passo avanti, imitata da tutti noi, per poter osservare meglio l’uomo che continuava imperterrito a meditare, ignorandoci. 

Aveva esattamente l’aspetto che mi ero immaginata da un qualcuno che era asceso ai Cieli e aveva raggiunto la vita eterna grazie alla preghiera e all’addestramento spiritico. I lunghi capelli candidi erano lisci e lunghi a tal punto che gli scendevano morbidamente sulle spalle e sulla schiena dritta fino ad immergersi nel lago e galleggiare immobili sul pelo dell’acqua.

Due lunghe ciocche chiare erano acconciate in modo semplice, allacciate sul retro del capo per tenere i capelli lontani dal viso virile, dalla mascella squadrata e dagli zigomi appuntiti. Le ciglia lunghe e candide erano dello stesso colore della pelle bianca come il latte, il che non faceva altro che mettere ancora di più in evidenza la sua figura, in quella caverna semi buia.

Indossava una veste dorata la cui fattura non riuscivo proprio a identificare, troppo liscia per essere cotone, troppo sottile e leggera per essere seta. In ogni caso, era lussuosa e raffinata, elegante come il proprietario.

Ma esiste un cultore che sia anche solo vagamente brutto? pensai sbuffando esasperata, per lo meno non bello da star male, è chiedere troppo?

Non servì che ci avvicinassimo ulteriormente perché l’Immortale ci prestasse attenzione, non accennando ad aprire gli occhi, quasi annoiato dalla situazione. Dietro di noi, la porta si chiuse con un tonfo, oscurando ancor di più la grotta.

-Pochi si spingono fino a qui per conoscere il loro potere- mormorò con tono di voce basso e scandendo ogni parola, che grazie all’eco creato dalla caverna rimbombò fino a noi con forza -Siete dei figli ripudiati per la vostra scarsa energia spirituale che cercano di riottenere il loro onore?- continuò inespressivo, storcendo le belle labbra in una smorfia appena accennata che scomparve un’attimo dopo.

Non siamo neanche entrati che già ci fa la paternale? Pensai stupita. Cristina la prenderà bene di certo.

-Sono il Gran Maestro del Clan di Yunmeng, Jiang Cheng, il Sandu ShengShou 1 e portatore di Zidian- intervenne il cultore di viola vestito, facendo un passo avanti prima che a Cristina venisse in mente di aggredire lo sconosciuto -Non siamo dei bastardi venuti a implorare per il potere. Siamo qui per la Prova degli Elementi- asserì serio, inchinando il capo lievemente davanti all’Immortale, ma non distogliendo mai lo sguardo da lui.

Sembrava aspettarsi un attacco da un momento all’altro.

Quest’ultima frase parve smuovere qualcosa sul viso dell’albino, le cui ciglia tremolarono mentre stringeva le labbra. Improvvisamente vigile, l’aria annoiata sfumò via in un’istante dal suo volto.

Con un gesto fluido, continuando a tenere gli occhi ostinatamente chiusi, l’uomo di alzò, calmo. Una volta in piedi, si piegò, scostandosi gli ingombrati capelli oltre la spalla, per sfiorare con le unghie la superficie del lago davanti a lui, le dita sottili che creavano onde nell’acqua limpida.

Al suo tocco, il fondo della pozza prese a ribollire, facendo emergere pian piano dei pezzi di roccia abbastanza grandi da permettere a qualcuno di camminarci sopra. Un sentiero di scogli era appena apparso davanti a noi, permettendo all’Immortale di raggiungerci con facilità.

Ok, forse Jiang Cheng fa bene a non fidarsi di uno che ha tutto questo potere.

Camminò lento sotto i nostri sguardi stupiti, godendosi con evidente orgoglio l’ammirazione che gli stavamo dimostrando. Nonostante infatti il suo viso non esprimesse altro che noia e, a tratti, disgusto nel guardarci, la postura fiera con cui avanzava era dettata di certo dalla sua sicurezza di aver fatto un’entrata d'effetto.

Ad ogni suo passo, i capelli e lo strascico della veste, lunghi ben oltre i suoi piedi, si intingevano nell’acqua, galleggiando sinuosi dietro di lui. Dalle sue impronte, poi, si creavano istantaneamente dei bellissimi fiori, candidi e delicati, che appassivano non appena lui proseguiva oltre. 

Arrivato sulla nostra sponda si erse in tutta la sua altezza, che superava forse perfino Jiang Cheng, e si rivolse a noi, aprendo finalmente le palpebre.

Incredibilmente, le sue iridi erano nere come la pece. Su di un individuo così chiaro, un colore del genere risaltava molto e dava sicuramente nell’occhio, ma non me ne preoccupai molto.

-Il mio nome è Qing Fū 2- si presentò, incitandoci con un gesto del braccio a seguirlo -Vi porterò al cospetto della Sfera del mio venerabile Maestro 3, dove affronterete la prova- detto ciò, ci diede le spalle e si incamminò nuovamente verso l’acqua.

Esitando, lanciai uno sguardo dubbioso alla mia amica, che scrollò le spalle e seguì Qing Fū a passo svelto, poco prima che anche io mi facessi avanti. Il resto del gruppo ci venne dietro in silenzio.

Quello che nessuno di noi aveva notato era che, oltre l’isolotto, dall’altra parte della grotta, c’era una cavità. Prima nascosto dalla figura dell’Immortale, il buco nella roccia era abbastanza ampio da permettere a tutti loro di passare agevolmente, anche se gli uomini dovettero abbassare il capo.

Ci spostammo in una stanza piccola e molto più angusta della precedente, le pareti che si univano in una cupola simile ad una corolla di petali chiusi sulle nostre teste, il soffitto basso e curvo.

Al centro della stanzetta si ergeva un altare in pietra scavato direttamente nella roccia chiara della grotta. Su di esso era posizionato un panno scuro che serviva da cuscino per la sfera di vetro più strana che avessi mai visto.

La superficie liscia era iridescente, e il suo colore cambiava a seconda di come si inclinava il capo nel guardarla, sotto la luce fioca dell’unica fiaccola presente. A tratti, pareva perfino di potervi vedere attraverso, anche se al centro della palla sembrava esserci un nucleo color pece.

-Appoggiate il vostro palmo sulla Sfera Sacra e potrete procedere con la verifica dei poteri spirituali- disse Qing Fū, che appena entrato si era rispettosamente inchinato davanti all’oggetto e ora era in ginocchio al cospetto dell’altare.

-Quindi la prova è una specie di seduta di chiromanzia?- domandò impertinentemente Cristina, a cui diedi una gomitata per farla tacere, avanzando di un passo nello spazio angusto che ci stava stretto.

-Vado per prima, se non vi dispiace- dissi, chinando il capo anche io in segno di rispetto, meritandomi un lieve cenno di approvazione dall’Immortale.

E io che mi preoccupavo, pensai divertita, alla fine è solo un’enorme gatto assonnato che vuole che si seguano le sue regole.

 

 

Cristina

 

Non era possibile che stessimo tutti comodamente nella stanza, quindi, per agevolare la mia amica, suggerii a Bao e ai due gemelli di stare fuori, poco prima dell’entrata. Jiang Cheng annuì e loro obbedirono senza protestare.

-Che mano devo usare?- domandò intanto la mia amica, ammirando affascinata la sfera che si trovava davanti. 

-È irrilevante- le rispose Qing Fū con il tono di uno che sta per alzarsi e fare da solo, spazientito ed annoiato -Procedi- la esortò, socchiudendo gli occhi in un’espressione non concentrata ma sonnolenta.

Ah beh, alla faccia dell’Immortale ligio e rigoroso, mi dissi incrociando le braccia al petto, sto qui pensa solo a tornare alla "meditazione", tradotto: vuole dormire.

Elisa gli scoccò un’occhiata stizzita che fortunatamente lui non colse, dato che aveva richiuso gli occhi scuri e sembrava star cantilenando una preghiera a bassa voce. Lei lo ignorò e sfiorò la sfera con le dita, sgranando gli occhi per lo stupore.

-Me l’aspettavo fredda, o al massimo molto calda, invece…- iniziò a spiegare, appoggiando l’intera mano sull’oggetto, che prese a sfrigolare e illuminarsi -…non ha calore, è come toccare aria solida. Ok, è la cosa più strana del mondo- rise nervosamente.

Mentre parlava, all’interno della sfera comparve una specie di fumo biancastro che vorticava furiosamente, tingendo di grigio le pareti cangianti del suo contenitore. In quell’ammasso di nebbia, apparve un minuscolo simbolo nero, che si fece man mano più grande fino a essere perfettamente visibile.

-E questo cosa sarebbe?- domandò sconcertata Elisa, che ritrasse la mano con un gridolino subito dopo aver posto la domanda, soffiandosi velocemente il palmo -Mi ha bruciato!- esclamò poi, mettendo in mostra l’ideogramma che le si era impresso a fuoco nella carne.

-Scomparirà entro pochi giorni- le spiegò atono Qing Fū, che intanto non aveva né aperto gli occhi, né era intervenuto mentre la mia amica veniva sfregiata -Dovresti esserne onorata, sei una portatrice del marchio dell’acqua- spiegò, senza sprecarsi nell’aggiungere dettagli utili.

Al che uno non dovrebbe incazzarsi?

-Ma a cosa serve sapere in che elemento si è indirizzati?- chiesi spazientita, avvicinandomi ad Elisa e controllando che stesse bene. Al suo cenno di assenso, la spedii vicino all’entrata perché i due gemelli le bendassero la mano.

-Necessiti di conoscere la via da seguire durante la meditazione, se non ti è chiara come lo è per gli altri cultori, che sono nati con questo potere- rispose con una smorfia di disappunto l’Immortale quando lo guardai alzando un sopracciglio -Quindi, quando entrerai nello stato riflessivo per sviluppare il tuo nucleo d’oro, ragionando sulla tua interiorità, saprai che l’elemento, o più di uno, che più ti descrive ha le caratteristiche del tuo potere- continuò, tornando in posizione meditativa ma non distogliendo lo sguardo profondo da me, che mi stavo trattenendo dall'afferrare la spada di Jiang Cheng e tirargli un fendente in faccia.

Sei l’essere più fastidioso che io abbia mai incontrato.

-Bastava rispondere "a nulla"- ribattei altrettanto acidamente, avanzando di un passo e preparandomi a posare la mano sulla sfera -Si capiva lo stesso- aggiunsi con un sorriso, guadagnandomi uno sguardo di rimprovero da parte dell’Immortale.

Ah, non capisce neppure il sarcasmo, mi dissi ridacchiando, pensa che triste vita eterna che si dovrà sorbire.

Non appena misi il palmo sull’oggetto, una specie di tremolio flebile percorse il mio braccio, e due ideogrammi scuri vorticano nella nebbia della sfera, prima che l’intera stanza esplodesse con un’ondata di energia.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Sandu ShengShou: (三毒圣手) vuole dire letteralmente "portatore qualificato di Sandu", il che fa un pochino ridere, ma vabbè. La parola è composta da sandu (三毒), che è un detto buddhista il cui significato consiste nel "la radice di tutti i tumulti e le avidità", e da shengshou (圣手), che vuol dire "portatore ufficiale"
2. Qing Fū: (清夫) è il nome di cortesia di Han Xiang Zi (韓湘子), uno dei Bāxiān (八仙), gli Otto Immortali della mitologia cinese. Incarna la giovinezza ed era un vagabondo che amava stare in mezzo alla natura, incantando gli uccelli e perfino gli animali selvatici per mezzo del suo flauto. Aveva il potere di far crescere istantaneamente piante con il solo tocco delle mani, non aveva però la minima idea del valore del denaro, e quindi lo disperdeva, vivendo in povertà. Si dice che cadde da un albero e divenne Immortale.
3. Maestro: era Lü Dongbin, secondo degli Otto Immortali, patrono dei fabbricanti di inchiostro, dei malati e dei barbieri.


Ok, quindi altro finale sospeso… non mi odiate, vero?
Ehm, non ho molto da dire, ma prometto che nel prossimo capitolo si spiegherà perché la sfera è esplosa come un petardo. Povera Cristina, finisce sempre in ste situazioni del cazzo :)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 29
*** Ventottesimo capitolo ***


Benvenuta nel Paese delle Meraviglie 

 

 

Jiang Cheng, come al solito, reagì più in fretta di tutti.

Non fu in grado di evitare l’esplosione della sfera, che avvenne per un motivo a me ignoto, ma mi trasse a sé prima che l’onda d’urto mi raggiungesse e mi riparò dietro il suo corpo.

All’inizio pensai che l’energia rilasciata fosse una semplice ondata di potere proveniente dalla fantomatica sfera sacra, ma poi l’oggetto prese a produrre scintille e fiamme, incendiando l’aria attorno a sé con del fuoco rosso brillante. Subito dopo, sotto lo sguardo stupito di tutti, sulla sua superficie iniziarono a vorticare scariche elettriche sempre più forti.

Presto, la stanza si riempì di fulmini bianchi che si schiantavano contro le pareti e si infrangevano sullo scudo di energia spirituale che Qing Fū aveva eretto intorno a sé. 

Grazie per aver aiutato anche noi eh, fu il mio fugace pensiero.

Con la testa affondata nel petto di Jiang Cheng, potevo solo intravedere parte della stanza, illuminata a giorno dalle scariche elettriche. Il mio salvatore era stato colpito, dato che potevo sentire contro la guancia la consistenza calda e ruvida della stoffa bruciata, ma non sembrava grave.

Presto, per fortuna, calò il silenzio. 

In una frazione di secondo tutto cessò, e l’unico suono che fui capace di sentire fu il respiro affannoso di Jiang Cheng e il battito veloce del suo cuore. Feci per dirgli di spostarsi, perché volevo vedere cosa stava succedendo, ma un forte bruciore al palmo mi distrasse.

Gemetti stupita, contraendo il braccio e stringendomi la mano al petto.

Il cultore, che ancora mi stava addosso, barcollò indietro, preso alla sprovvista, finendo seduto di fronte a me. Io, accovacciata tra le sue gambe, lo guardai stupita.

L’esplosione gli aveva lacerato completamente la parte superiore della veste, scoprendogli il petto e la spalla destra. Un’enorme sfregio gli deturpava lo sterno e il costato, non sanguinando, ma facendosi pian piano sempre più scuro. 

Deve aver preso una botta niente male per pararmi il culo.

-Tutto okay?- chiesi con voce sottile, resa roca dallo spavento, corrugando le sopracciglia quando ignorò la mia domanda per fiondarsi su di me.

Mi afferrò il viso tra le mani e lo girò prima da un lato e poi dall’altro, assicurandosi che fossi integra e vigile, poi mi costrinse ad aprire lentamente le dita e controllò il marchio. Ansiosamente, prese a soffiarmi sul palmo rendendosi piuttosto ridicolo, anche se mi intenerii un poco.

-Che sarebbe, quindi?- domandai rivolta a chiunque sapesse spiegarmi cosa fosse successo, non ricevendo risposta -Ely, tu stai bene?- alzai la voce per farmi sentire dalla mia amica, che era rimasta fuori ed aveva evitato l’onda di energia.

-QUINDI QUALE SAREBBE IL TUO ELEMENTO, LA DINAMITE?!?- mi gridò correndomi incontro e spintonando Jiang Cheng finché lui non si tolse di mezzo, abbracciandomi fino a togliermi il fiato -Devi smetterla di farmi prendere sti spaventi, chiaro?- mi rimproverò scuotendo il capo, mentre io ridacchiavo.

-I due ideogrammi che hai sulla mano sono quelli del fuoco e del metallo- intervenne il cultore in viola, rialzandosi da terra con una smorfia di dolore e voltandosi verso l’Immortale -Una combinazione pericolosa o sbaglio?- domandò retoricamente, lanciandogli un’occhiata poco amichevole.

Qing Fū abbassò gli scudi, imperterrito davanti alla furia dell’uomo, e si alzò in piedi, fissandoci con le iridi nere piene di curiosità. 

-É indubbio che l’esplosione di potere spirituale sia stata causata dalla ragazza, ma sono certo che si tratti di un rilascio dell’accumulo di energia che non ha usato in tutto questo tempo- spiegò con aria saccente, alzando il mento e accarezzando con le punte delle dita la sfera, che tornò calma al suo tocco -Deve addestrarsi, altrimenti sarà un pericolo. L’altra è più controllata, come avete visto. Può ignorare il suo potere, se lo desidera- aggiunse, parlando come se noi non fossimo nella stanza.

-Potevi dircelo prima che rischiassimo la vita qui dentro!- gli urlò contro il Capo Setta, avanzando e facendo sfrigolare Zidian, senza però provare ad attaccare, sapendo bene che farlo avrebbe comportato gravi conseguenze.

-Non potevo prevederlo- rispose con una smorfia stanca l’Immortale, quasi si sentisse obbligato a dover parlare con degli idioti e non ne avesse voglia.

Io, esasperata da tutta quella situazione, feci qualche passo avanti e lo afferrai per la veste, tirandogli il colletto fino a che non si dovette piegare per guardarmi. Jiang Cheng sussultò, mentre le guardie alla porta si gelarono sul posto, ma non ci prestai attenzione.

-Senti, non me ne frega un cazzo se sei un dio immortale che può creare fiorellini da sotto le piante dei piedi. Ora tu ci dici se abbiamo superato la prova e ci lasci andare, perché non ho alcuna voglia di proseguire questa conversazione- gli intimai a pochi centimetri dal viso.

Ci fissammo per un pò, io inviperita, lui annoiato. Alla fine, decise che valeva la pena provare a dissuadermi dall’andarmene così presto. 

-Avete dei poteri spirituali di certo, anche se latenti- iniziò, dandomi un colpetto sul polso perché lo lasciassi andare -Posso cercare di valutare ulteriormente le vostre capacità se…- lo interruppi alzando la mano in un gesto impertinente che gli infiammò le gote candide per la rabbia. Strinse le labbra in una linea sottile mentre lo sorpassavo, seguita dai miei esitanti compagni.

-Grazie e arrivederci- gli urlai dandogli le spalle e camminando imperterrita fino all’uscita.

Non ho ascoltato la predica di Lan Qiren, figurati la tua.

Quando fummo finalmente tutti all’esterno mi permisi di controllare le ferite di Jiang Cheng.  

Sotto la chiara luce del sole, che ormai era alto nel cielo, constatai che era davvero più grave di quanto avevo pensato. La parte destra del suo corpo, dalla clavicola a all’ombelico, stava assumendo una preoccupante tonalità bluastra mentre l’emorragia si trasformava in un livido, forse grazie alla velocità di guarigione dei cultori.

Prima avevo pensato che non si fosse ferito ulteriormente, invece il braccio scoperto era scorticato dal gomito al polso, i graffi verticali che dovevano essere stati provocati dalla collisione con la parete rocciosa. Nonostante sembrassero superficiali e non sanguinassero, nel complesso il suo stato attuale era pessimo.

-Sicuro di poter volare?- gli domandai tamponandogli i tagli con la manica della mia veste e controllando con la coda dell’occhio che gli altri stessero bene.

Fortunatamente, Bao e i gemelli non avevano nemmeno un graffio ed Elisa aveva smesso di agitare all’aria la mano ferita, segno che le faceva meno male. Beh, almeno quello.

-Sto bene, non sono un bambino- affermò l’uomo alzando un sopracciglio quando gli rivolsi uno sguardo scettico -Ho sopportato di peggio- si vantò, dimostrandomi di essere in forze con un movimento della spalla.

-E allora andiamo a casa- gli dissi permettendogli di circondami il fianco con il braccio sano e di issarmi su Sandu -Ti rattopperò quando saremo là, ma ti avverto: se svieni durante il volo ti faccio il culo- mormorai chiudendo gli occhi.

Percepii lo strappo allo stomaco tipico di quando ci sollevavamo da terra sulla spanda e gemetti esasperata. Con le palpebre serrate, sentii solo il vento che ululava nelle mie orecchie e il borbottio divertito del cultore.

-Vorrei proprio che ci provassi- ribatté ghignando.

 

 

Nonostante Jiang Cheng fosse ferito, per degli standard umani, in modo abbastanza grave, tornammo a Yunmneg senza fermarci per la notte, riposando solo lo stretto necessario. Riuscii perfino a limitare la mia nausea, apprezzando gli sforzi che faceva il mio accompagnatore per mantenere un’andatura stabile.

Quando arrivammo all’entrata della magione, il sole stava calando oltre l’orizzonte. Due servitori vestiti di viola ci accolsero al portone principale, precipitandosi ansiosamente verso di noi quando videro in che condizioni versava il loro Capo Clan.

-Gran Maestro, siete stati attaccati?- chiese uno dei due, allontanato da un gesto poco cortese di Jiang WanYin non appena tentò di farsi avanti per sorreggerlo.

-Portate la cena nelle nostre stanze- ordinò con voce ferma, camminando sicuro verso la sua zona della tenuta -Preparate degli unguenti curativi nel mio studio. Voi potete ritirarvi- aggiunse, facendomi cenno a me di seguirlo e congedando tutti gli altri.

Io salutai frettolosamente Bao, i due gemelli ed Elisa, che sorrideva allusiva, zampettando dietro al cultore prima che sparisse oltre l’uscio dei suoi appartamenti. Una volta dentro, strappò di mano al cameriere il vassoio con i materiali medici e gli chiuse la porta in faccia, quasi lanciando gli oggetti sul tavolo.

Io, in piedi vicino alla sua scrivania, feci per chiedergli che gli prendesse, ma le parole mi morirono in gola quando lo vidi accasciarsi sul letto, mentre si lasciava sfuggire un gemito sfinito.

-Oh merda, non avrei intenzione di morire, vero?- gli domandai ansiosa, correndo al suo fianco e constando che era ancora cosciente, nonostante si ostinasse a voler restare disteso, il viso nascosto nelle lenzuola.

-Ti dispiacerebbe almeno un pò?- chiese sarcastico, rotolando di lato e afferrandomi con un braccio. Mi premette sul materasso, incastrandomi tra le coperte profumate e il suo corpo, che invece sapeva di cenere e carne bruciata.

Non tentai neppure di respingerlo, sapendo quanto infantile fosse quando non voleva collaborare. 

Un bambino capriccioso, pensai alzando gli occhi al cielo, ecco cos’è.

-Certo- risposi con enfasi, prendendogli il viso tra le mani e trattenendo un sorriso -Sarebbe troppo difficile sbarazzarmi del tuo cadavere- spiegai, vedendolo imbronciarsi e non potendo impedirmi di scoppiare a ridere.

Per vendetta, Jiang Cheng mi solleticò i fianchi con le dita, facendomi contorcere per il solletico. Agitandomi convulsamente, finii a singhiozzare senza fiato a cavalcioni sulle sue cosce.

-Non muoverti, mi fa male la ferita- gemette con un mezzo sorriso, intrecciando le mani con le mie per evitare che lo schiaffeggiassi nel goffo tentativo di ribellione che stavo attuando. Io, sopra di lui, mi sporsi in avanti per stampargli un bacio rumoroso sulla guancia destra.

-Non avevi detto che potevi sopportare di peggio?- lo canzonai derisoria.

Mugolò una lieve protesta per nulla convincente e mi liberò dalla stretta che mi imprigionava le mani, facendole scivolare lentamente dai miei fianchi fino alle cosce. Smisi di ridere e lo guardai, fingendomi seria.

-Se ti fa davvero così male dovrei lasciarti riposare- dissi convinta, vedendolo sgranare gli occhi -Ti abbandono al tuo triste destino e vado a cenare, dato che ho dannatamente fame- feci, tragica. Mi portai perfino una mano al petto in corrispondenza del cuore, storcendo le labbra in un’espressione sofferente.

-Non osare alzarti ora, donna- mi intimò con una smorfia sdegnata, mentre io riprendevo a ridere di gusto.

Aumentò la presa sulle mie cosce e, con una capriola laterale che non mi aspettavo, ribaltò le posizioni, sistemandosi comodamente tra le mie gambe aperte con un sorriso felino. Io gli passai le dita sulle spalle, evitando di premere su quella ferita, e lo guardai, in attesa della sua mossa successiva.

-Come vedi, sto bene- affermò facendo un cenno con il mento verso il suo costato, il cui colorito violaceo stava già sfumando verso il giallo tipico dei lividi che sono in via di guarigione.

Certo che i poteri spirituali sono davvero fighi.

-Potremmo impegnare in modo decisamente più utile la nottata, allora- mormorai ghignando soddisfatta nel vedere i suoi occhi che si illuminavano di una luce intensa.

Non eravamo mai arrivati oltre i baci, anche se certe sere le sue mani si erano spinte ben oltre le semplici carezze. Non che avesse fatto grandi cose, dato che ogni volta che provavo a spogliarlo venivano interrotti o lui stesso mi fermava. 

Se questa volta prova a rifilarmi uno di quei discorsi sul mio onore lo prendo a sberle, giurai a me stessa mentre gli sfilavo i brandelli della parte superiore della tunica.

Fortunatamente non mi disse nulla, restando passivamente fermo mentre lo liberavo degli abiti distrutti e scorrevo con le mani fino alla sua cintura, che slacciai con altrettanta facilità.

Quando raggiunsi però il laccio dei suoi pantaloni, una sua mano mi impedì di proseguire, bloccandomi il polso nella sua stretta gentile ma ferma.

-Non ti sembra di essere leggermente avvantaggiata in questo campo?- mi domandò quando lo guardai confusa, sollevando un sopracciglio -Hai di certo molta esperienza… non è un’accusa- aggiunse vedendomi sgranare gli occhi, confondendo lo stupore per vergogna.

-Ma che idea ti sei fatto, esattamente? Sono stata con un paio di ragazzi, si… e ho anche palpato qualche ragazza, ma quella è un’altra storia- feci un gesto vago mentre lui sgranava gli occhi e diventava bordeaux -Ma non è che io sia una dea del sesso. Con calma, okay?- gli spiegai.

Avevo le sopracciglia corrucciate e le mani strette attorno alle lenzuola, in una posa strana, data la situazione. Jiang Cheng, ancora seduto con le mani sulle mie ginocchia, restò muto per un pò.

Infine, quando l’imbarazzo fu troppo perché restassi ferma ad aspettare una risposta, la sua voce ruppe il silenzio.

-Anche io ho, come dire, avuto un’esperienza- disse tranquillo, anche se non completamente a suo agio, guardandomi negli occhi e sorridendo lievemente -Quindi… è okay, come dici tu- scrollò le spalle e si sporse in avanti per baciarmi.

Mentre lasciavo che assaporasse le mie labbra con la lingua, lo sentii afferrare l’orlo del colletto della mia tunica e allentarlo il più possibile senza romperla, sfilandomi una manica alla volta. Soppressi un ghigno divertito quando lo vidi lavorare con espressione concentrata al nodo della fascia che mi copriva il ventre.

Smisi però di ridere quando mi morse la carne delicata del collo fin a lasciarmi il segno dei suoi denti.

-Che sei, un lupo?- sibilai chiudendo gli occhi, lasciandolo comunque fare ciò che voleva, per il momento.

-Mh mh- confermò con un mormorio gutturale. Sentii le sue mani consumate dagli allenamenti con la spada scorrermi sulla pelle sensibile delle braccia, le dita che giocherellavano con le spalline sottili della canottiera che ancora mi ostinavo a portare al posto della sottoveste.

I calli ruvidi dei suoi palmi mi solleticarono le spalle mentre mi sfilava anche quell’indumento senza smettere di baciarmi. Rallentò quando giunse con le falangi all’orlo dei pantaloni, e io gli morsi il labbro inferiore per vendetta.

Beh, ora è meglio che faccia io, pensai ridacchiando.

Con un gesto che potè prevedere di certo, ma che non bloccò, lo spinsi di lato per farlo rotolare nuovamente alle posizioni iniziali, io sopra e lui disteso di schiena sul materasso.

-Meglio, non credi?- mormorai con un ghigno.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ehmmmmmm, ok. Siete con me? Vi ho persi? Quanti sono schiattati di infarto? No perché vedere Jiang Cheng fare ste cose mi fa morire… non riesco proprio a non sciogliermi quando fa l’innamorato di sta ceppa.
Comunque, per quanto riguarda il dialogo finale: nel prossimo capitolo approfondirò la storia della prima esperienza di Jiang Cheng, dovrete capire che sto dicendo, con pazienza.
Grazie per aver letto, come al solito siete davvero i migliori, dato che mi avete sopportata fin qui.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 30
*** Ventinovesimo capitolo ***


Se proprio deve incasinarti la vita, che almeno scopi bene

 

 

Quando aprii gli occhi era ormai mattina inoltrata. I raggi tiepidi del sole filtravano a mala pena tra le tende chiuse, quindi la stanza era avvolta in una penombra artificiale che mi rendeva difficile guardarmi attorno. 

Non provai subito ad alzarmi, sia per pigrizia che per godermi il tepore che proveniva dal corpo alle mie spalle.

Un braccio robusto di Jiang Cheng si trovava sotto la mia testa mentre l’altro mi avvolgeva il fianco, la sua mano calda appoggiata poco sotto lo sterno. Mi si era stretto addosso poco prima dell’alba, quando aveva deciso che per la nostra prima notte insieme mi aveva tenuta sveglia abbastanza.

Era stato bello, questo potevo giurarlo. Alcuni momenti erano stati impacciati, certo, ed altri si erano invece interrotti tra risate nervose, ma nel complesso era stato semplice intuire con che ritmo procedere per metterci a nostro agio.

Ci eravamo adattati l’uno all’altro. Io avevo imparato che gli piaceva se gli passavo le mani tra i capelli mentre mi baciava, e lui aveva capito che la parte più sensibile del mio collo era poco dietro l’orecchio, perciò la mia pelle tenera era stata morsa e martoriata spesso, quella notte.

Mi aveva detto, tra un bacio e l’altro, che la sua prima volta era stata spesa con una prostituta, cosa che ritenni squallida, ma che non commentai. Non capivo perché avesse deciso di provare la sua prima esperienza con una sconosciuta, e, quando glielo avevo domandato, mi aveva provato a spiegare come funzionava per i cultori nobili.

Raggiunta un’età ragionevole per i loro standard, quindi sedici o diciassette anni, tutti i genitori assumevano una "donna di strada" tra le più discrete e la pagavano fior di quattrini perché togliesse da quell’impiccio che era la verginità il loro erede. Certo, tutti tranne i Lan.

Avevo sentito storie simili, durante le lezioni sul medioevo a cui avevo assistito, ma sentirlo in prima persona era stato scioccante a dir poco.

-I tuoi genitori hanno davvero…?- avevo lasciato la domanda in sospeso, non capendo se fosse offensivo chiedere o no. Lui comunque, aveva scosso la testa con un sospiro.

Mi si era appoggiato addosso, sistemandomi la testa sul petto e abbracciandomi stretta. Mi aveva spiegato che, dopo lo scoppio della guerra contro i Wen, la sua adolescenza non era stata più tanto serena da potersi permettere "stronzate del genere", citandolo.

Anni dopo la morte della sua famiglia, aveva semplicemente deciso di togliersi lo sfizio, mentre passeggiava tra le vie della città. Un bordello tra i tanti, una donna tra mille, una candela consumata e un sacchetto di monete tintinnanti, mi aveva detto con voce atona.

Avevo passato i successivi minuti a stringerlo forte, carezzandogli piano la testa per consolarlo, anche se probabilmente quello era l’ultimo dei suoi rimpianti, contando tutto il resto.

In ogni caso, quella notte non era stata spesa solo in tristi ricordi. Ora che era mattina, avevo compreso quanto fosse stata importante, quella confessione. Quanto intima, soprattutto.

Fiducia

Rabbrividii quando il suo fiato bollente mi sfiorò il collo, attraversando i miei capelli fino a riscaldarmi la nuca. Sospirando, tentai di spostare il suo braccio per alzarmi e darmi una sciacquata, visto che nessuno dei due si era fatto il bagno dopo essere rientrati.

Fui trascinata all’indietro ancor prima di potermi mettere a sedere, seppellita sotto un mucchio di lenzuola ed un corpo caldo. Jiang Cheng non mi permise nemmeno di protestare, zittendomi con un bacio.

Aprendo gli occhi, incrociai il suo sguardo assonnato, anche se vigile, mentre il suo viso si apriva in un mezzo sorriso che non era solo compiaciuto, ma virava verso la soddisfazione maschile più abbietta.

No, non va bene per niente.

-Fuggire di soppiatto come una ladra non è proprio quello che mi aspettavo da te- disse con voce roca, stringendomi con una mano il fianco perché non sgusciassi via dalla sua presa.

-Voglio lavarmi- gli spiegai piegando il collo all’indietro tra i cuscini e permettendogli di passarmi le labbra sulla giugulare -E non pensavo di doverti avvertire prima di alzarmi. In fondo, non sei una damigella deflorata alla sua "prima notte di nozze" che ha bisogno di coccole, sbaglio?- lo presi in giro, sfruttando il suo sgomento per alzarmi.

Camminai tranquilla fino al bagno, dove una vasca piena di acqua ormai fredda mi attendeva, riempita il giorno prima dai domestici e non ancora utilizzata.

Provai a immergerci un piede nudo, rabbrividendo e rinunciando subito. Soprattutto a quell’ora del mattino, fare un bagno gelato sarebbe stata una pessima idea.

Sentii dei passi dietro di me e poco dopo una vestaglia leggera mi scaldò le spalle. Dando un’occhiata oltre la stoffa violetta, scorsi Jiang Cheng, in piedi dietro di me con solo i pantaloni scuri addosso. Sospirai con disappunto.

Ora non posso stare nuda neanche in camera nostra, pensai, prima di diventare una statua di sale. Cazzo, ho detto nostra… mi sto rammollendo.

-Se proprio vuoi fare qualcosa, renditi utile e scaldami l’acqua- sbottai burbera, cercando di nascondere il mio imbarazzo.

Mi legai i capelli in fretta, acconciandoli in una coda di cavallo disordinata ma che mi tenne le mani impegnate per un pò. Concentrai poi lo sguardo sul suo petto, dove il livido ormai era quasi del tutto scomparso, e sulle sue braccia, immacolate e prive di tagli.

Beh, almeno non mi dovrò mai preoccupare che qualcuno scopra che gli tiro oggetti contundenti.

-Ci riusciresti da sola, se ti impegnassi- ribatté Jiang Cheng alzando un sopracciglio e invitandomi di avvicinarmi alla superficie liquida -Prova a concentrarti sul tuo potere come se fosse una parte del tuo corpo, un braccio, una gamba. Tu puoi controllarlo, sai cos’è, come usarlo- mi spiegò paziente.

Tentai di seguire le sue istruzioni, immaginando dentro al mio petto una sfera simile a quelle che avevo visto nel donghua originale. Una specie di biglia dorata apparve nella mia mente e io mi concentrai per renderla vera.

-Mh, e ora?- chiesi serrando le palpebre e decidendo di fidarmi di lui, su quell’argomento. 

Di sicuro di poteri spirituali doveva saperne più di me, quindi qualche consiglio su come gestirli avrei dovuto accettarlo. Soprattutto per evitare di far esplodere altre sfere mistiche, in futuro.

-Ora incanala tutta l’energia che hai in quel punto e poi liberala dalle dita- continuò, immergendo le mie mani nell’acqua fino ai polsi. Mi lasciò andare per non interferire con i "flussi spirituali", a suo dire, e aspettò.

Passarono i minuti, ma il liquido nella vasca non si intiepidì nemmeno. Sconsolata e anche un pò stufa, aprii gli occhi e mi alzai in piedi.

-Non sembra funzionare- dissi asciugandomi con un telo e guardandolo svolgere gli stessi miei movimenti. A differenza mia, però, dopo il suo tocco la superficie iniziò a fumare, calda al punto giusto.

-Non ti concentri abbastanza- mi accusò quando lo fissai con astio, invidiosa della semplicità con cui riusciva a fare cose simili. Con un cipiglio infastidito, mi misi le mani sui fianchi e lo fronteggiai, coperta solo dalla leggera stoffa viola che mi aveva fatto indossare poco prima.

-Oppure tu non sai insegnare- ribattei indicandolo con fare accusatorio, alzando un sopracciglio -Cosa molto più probabile. L’incompetenza ti si addice, infondo- aggiunsi, vedendolo stringere le labbra, irritato.

-Non mi sembrava fossi di quest’opinione ieri- mi punzecchiò derisorio, lasciandosi scappare un ghigno che avrebbe formato una coppia perfetta con quello del fratello quando infrangeva una regola a Gusu.

-Non pavoneggiarti troppo- lo avvertii -Sei passabile, certo, ma non sei il più dotato in circolazione. Ricordati che ho letto la storia della vostra vita- insinuai, godendomi la sua espressione indignata. 

-Dotato… ?! Te lo faccio vedere io il "passabile"!- urlò, sollevandomi di peso e ignorando le mie grida indignate mentre mi lasciava cadere nella vasca insieme alla vestaglia.

Scoppiò a ridere come mai lo avevo visto fare, vedendomi zuppa e incazzata.

Prima che potessi alzarmi e ucciderlo a mani nude, si unì a me con un sorriso divertito. Non potei far altro che spruzzargli dell’acqua in faccia e assecondarlo.

Se si diverte con così poco, mi dissi.

Facemmo il bagno insieme, anche se risultò problematico esattamente come l’avevo immaginato. 

La bacinella era troppo piccola per entrambi e, nonostante fossi seduta sul suo grembo per diminuire la probabilità di romperla, molta acqua fuoriuscì dai bordi, facendomi sentire lievemente in colpa per i domestici che avrebbero dovuto pulire il casino che avevamo fatto.

Tornammo in stanza puliti, certo, ma la stanchezza della sera prima non si era ancora dissipata, quindi Jiang Cheng decise di farci di restare in camera, quel giorno. Io gli risposi che immaginavo una proposta del genere, ma lui cercò di convincermi invano che non aveva doppi fini.

Certo caro, sono nata ieri.

In ogni caso, quel programma non dispiaceva neppure a me. Non protestai.

Dopo un’altra ora passata a rotolarci tra le lenzuola sfatte non mi sentivo più le punte delle dita. Se avessimo continuato a questo ritmo, non ne saremmo usciti vivi.

In ogni caso, non potevo certo dargli la soddisfazione di vedermi stanca. Si monterebbe la testa, no?

-Tutto qui quello che sai fare?- domandai quindi senza fiato, distogliendo lo sguardo dal soffitto per voltarmi verso di lui. Aveva gli occhi chiusi e un braccio sotto il capo, i capelli neri sciolti che gli si arruffavano sul cuscino.

Mi lanciò un’occhiata piena d’orgoglio e si sollevò su un gomito.

-Vedremo- rispose, prima di trascinarmi di nuovo a sé.

 

 

Ad un certo punto del pomeriggio, bussarono alla porta.

Mi resi effettivamente conto di quanto fosse tardi solo quando sentii la voce di Elisa che domandava a Jiang Cheng se sapesse dove fossi, visto che mi aveva cercato ovunque e non mi aveva trovato.

Ridacchiando, il cultore fece per rispondere, prima che io gli tirassi una gomitata per zittirlo. Con un gemito di dolore, soffocò le sue risate sul cuscino.

-Thranduil !- le gridai, accogliendo il suo silenzio sgomento con un sospiro tremulo, in attesa che capisse.

Era un nostro codice, una parola d’ordine che avevamo deciso dopo aver visto il film di Lo Hobbit. Davanti alla sfavillante figura del padre di Legolas e Re degli Elfi Silvani, avevamo deciso di comune accordo che, se una di noi si fosse trovata a frequentare un ragazzo abbastanza bello, l’avrebbe fatto sapere all’altra in questo modo.

Era di certo una cosa stupida, ma praticamente tutto ciò che ci riguardava sembrava un’enorme cretinata, quindi non c’erano problemi.

-Oh… OH!- la sentii mormorare -Mi sa che andrò a… fare una passeggiata. Prima però, mi devi almeno una valutazione generale- aggiunse, la curiosità che le trapelava anche dal tono di voce.

-Ma di che parla?- domandò a quel punto Jiang Cheng con un sussurro, sollevando il viso dal cuscino e guardandomi confuso.

Alzai un sopracciglio con fare allusivo. Per qualche secondo sembrò esitare, poi una scintilla di comprensione gli attraversò lo sguardo, seguita da un mugolio disgustato.

-Seriamente?- gemette alzando gli occhi al cielo -Cos’hanno le donne del vostro mondo?- domandò alzando le braccia verso il soffitto e facendole ricadere a peso morto sul materasso.

Scossi la testa e lo lasciai borbottare, alzando la voce per rispondere ad Elisa.

-È come una bacchetta di incenso- dissi con un ghigno che affiorava malizioso sulle mie labbra. 

Se è sconvolto per le domande, figuriamoci quando sentirà questa battuta.

-Profumato?- domandò esitate la mia amica, che immaginavo con un’espressione smarrita identica a quella sul viso di Jiang Cheng.

-No, dura solo cinque o sei minuti- ribattei, cogliendo l’attimo esatto in cui l’uomo capì di essere stato pesantemente insultato e godendomelo a pieno.

La forte risatina di Elisa rimbombò fino a me, attraversando la porta di legno e facendomi sghignazzare di rimando, anche se tentai di trattenermi per non irritare ulteriormente il cultore, che aveva già iniziato a incupirsi.

-Ok, inviterò Jin Ling a fare una luuuunga passeggiata, dato che era venuto a cercarti- mi avvisò quando si fu calmata, allontanandosi con passi leggeri.

Io dovetti passare i successivi minuti calmando la furia di Jiang Cheng, offeso a morte per il mio commento sulle sue prestazioni. Fu difficile, ma alla fine riuscii a convincerlo che scherzavo, e che nella nostra epoca era normale parlare di certi argomenti.

Dopo ciò, conversammo del più e del meno per qualche tempo, fino a che non fummo nuovamente interrotti dal bussare alla porta. Questa volta si trattò di colpi frenetici ed agitati, quindi scattammo a sedere in fretta.

-Gran Maestro, mi rincresce disturbarvi, ma porto comunicazioni urgenti- sentii dire dalla voce di Bao, resa roca dall’ansia -Il Capo Setta del Clan Lan è qui e vuole vedervi il prima possibile- spiegò.

Ancor prima che finisse la frase, Jiang Cheng si era già alzato in piedi e aveva preso a rivestirsi con una divisa pulita presa dall’armadio. Mi lanciò in fretta un abito da uno dei cassetti e si avviò verso la porta, esitando un’attimo sull’uscio.

Si voltò verso la mia direzione e fece per dire qualcosa, e magari tornare indietro per baciarmi o simili, ma io sollevai una mano per fermarlo.

-Le smancerie riservale per quando sono necessarie. Vai, non perdere tempo- dissi sicura, alzandomi e iniziando a vestirmi il più velocemente possibile, constatando che quello che mi aveva dato era una divisa simile a quelle che portavo di solito.

Chissà da quanto tempo la tiene lì nel caso mi fermassi a dormire nella sua stanza? mi chiesi, infilandomi il mio mantello nero, il drago dorato che ruggiva sulla mia schiena.

Uscii dalla stanza per seguirlo, scoprendo che con i suoi passi veloci era quasi giunto alla fine del corridoio, ma che si era fermato per aspettarmi. Quando lo raggiunsi, camminando a passo svelto, gli lanciai un’occhiataccia.

-Ti avevo detto di andare- sibilai indignata perché non mi aveva dato retta, anche se un poco sollevata di non dover entrare nella sala dei Ricevimenti da sola, con gli occhi di tutti fissi addosso.

-Un crampo alla gamba- spiegò con un’alzata di spalle, porgendomi il braccio perché vi posassi sopra il mio, il mento alto e la schiena dritta. Non sembrò interessato ad articolare una bugia più credibile, quindi lasciai correre.

Appoggiando la mano sopra la sua, feci un sospiro per prepararmi all’ennesimo bisticcio politico che avremmo dovuto affrontare di lì a poco. Dopo essermi calmata, gonfiai il petto, dimostrandomi orgogliosa di ciò che stavo per fare.

Quando infine lo guardai, mi fece un sorriso appena accennato, quasi impercettibile, ma fu solo per me.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Questo capitolo è un pochino… inutile, ai fini della trama, ma l’ho ADORATO, quindi fregacazzi la storia è mia e decido io. Dal prossimo partono altre complicazioni, e ci avvicineremo ancor di più al misterioso "nemico" che aveva rotto le palle capitoli fa.
Quindi… Lan XiChen non sa più star buono a Gusu, ormai lo abbiamo perso. Tenero lui, amoruccio mio.
Spero che vi sia piaciuto, perché io mi diverto un sacco a scrivere sta storia. Deb, Athe, mi state aiutando un sacco, grazie mille :)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 31
*** Trentesimo capitolo ***


Il gatto che si lecca i baffi ha combinato qualcosa

 

 

Elisa

 

Mi aspettavo molte cose, da quella giornata, ma nessuno dei miei programmi mi preparò a ciò che vidi durante la conferenza.

Dopo essermi rannicchiata in un angolo del corridoio poco fuori dalla camera di Jiang Cheng a ridere come un’ossessa per l’incredulità nata da ciò che avevo scoperto, pensai a come trovare Jin Ling. Non fu difficile; sapevo dove si era diretto per cercare la sua "mamma".

Lo trovai nelle cucine, come previsto.

-La vuoi attirare con del cibo?- dissi, vedendolo impilare su di un piattino di ceramica una serie di dolcetti di ogni forma e colore -In realtà è un’ottimo piano, se non fosse che non credo ne sentirà l’odore, da dove si trova- spiegai rubandone uno dal mucchio.

Il ragazzino si agitò sul posto, spingendomi tra le mani il piatto e facendo ondeggiare la lunga coda di cavallo mentre mi parlava. I suoi occhi limpidi mi fissarono con innocenza, mentre le sue sopracciglia si sollevavano sorprese.

-Sai dov’è?- domandò sorridendo, già pronto a schizzare verso la porta non appena glielo avessi detto.

-In una delle stanze dell’ala est- biascicai con le bocca piena di pasta di loto, mugolando allarmata quando lo vidi dirigersi in quella direzione -Sotto tuo zio, presumibilmente… o sopra, dipende da cosa la diverte- aggiunsi con un sorrisetto.

Si fermò e mi guardò con un’espressione così genuinamente sconvolta che provai quasi pena per lui. Quasi.

Quando vidi però che il suo colorito stava peggiorando e le sue labbra avevano assunto una sfumatura livida, iniziai a scuoterlo per le spalle, sperando che non morisse di infarto. 

Almeno respirava ancora.

-Quindi…- iniziò a balbettare, al punto che pensai mi stesse per fare un infinito discorso sulla purezza delle donne o simili -… si sposeranno?- mormorò invece, stupendomi.

Gli riservai un’occhiata dubbiosa e alzai le spalle.

-Cristina accasata non me la riesco ad immaginare- dissi superandolo, camminando tranquilla per il corridoio e tentando di ignorare le guardie che bisbigliavano al mio passaggio -Jiang Cheng, invece, è tipo da matrimonio?- chiesi morsicando un’altro dolcetto, questa volta ripieno di una specie di marmellata di the verde.

Pensano ancora che io sia una dea, chissà che diranno quando spunterà la ricrescita e i miei capelli non saranno più blu… sarò una divinità caduta?

Jin Ling sorrise e incrociò le braccia al petto, seguendomi.

-E chi mai lo vorrebbe?- domandò ridendo, lanciando un’occhiata strana ad una delle porte e scuotendo la testa subito dopo -Mi è sembrato di sentire…ah, non importa- sussurrò talmente piano che a mala pena lo sentii. 

-Beh, qualcuno ha voluto Wei Ying, quindi c’è una chance per tutti- ironizzai, vedendolo annuire distrattamente, gli occhi fissi sulla porta della sala dei Ricevimenti -Cosa c’è?- chiesi quindi, capendo che ormai la sua mente era impegnata in altri pensieri.

L’udito dei cultori era notoriamente più fine di quello di chiunque, quindi se diceva di aver sentito qualcosa c’era un’alta probabilità che avesse ragione. 

Senza rispondermi, raggiunse a passi svelti la porta, facendo per aprirla prima che lo fermassi. Gli afferrai il polso con una stretta leggera, rivolgendogli uno sguardo di rimprovero quando mi guardò confuso.

-Sei per caso stato invitato?- domandai retoricamente, alzando un sopracciglio quando arrossì per l’indignazione, scrollandosi di dosso la mia mano -Potrebbe essere una riunione privata- aggiunsi.

-É casa mia, non devo essere invitato- spiegò gonfiando il petto e spalancando la porta principale con determinazione.

La stanza era stata sistemata per la cena dai servitori, che avevano allestito una lunga tavolata che occupava gran parte della sala, ancora spoglia anche se per poco, dato l’orario. Presto sarebbe stata ora di cenare.

Fummo accolti da due persone ammantate di bianco che si inchinarono rispettosamente non appena ci videro. Io, con la mia veste arancione sgargiante, mi affrettai a ricambiare il saluto, rischiando anche di inciampare sulle lunghe maniche decorate con fili dorati.

Solo quando alzai la testa riconobbi chi avevo di fronte.

-Signorina Elisa, sono felice di trovarvi in salute- mi disse Lan XiChen con un tenue sorriso, riservato ma sincero. Fece per aggiungere qualcosa, ma lo anticipai coinvolgendolo in uno stretto abbraccio che lo immobilizzò.

Ignorando il suo gelo, gli circondai i fianchi con le braccia e appoggiai il mento sul suo sterno, guardandolo sorridente.

-Non hai la minima idea di quello che è successo, ti devo dire delle cose assurde. Non ci crederai mai!- gli mostrai il palmo su cui il marchio rossastro stava svanendo velocemente, rispetto alle normali ferite -A quanto pare il mio elemento è l’acqua e l’Immortale, che è un vero stronzo, ti avverto, ha detto che…- continuai a raccontargli cos’era successo, staccandomi da lui quel che bastava per continuare la conversazione senza stringermelo addosso.

Lan XiChen non batté ciglio, eppure notai il suo collo candido assumere una sfumatura rosata in prossimità del colletto, e le sue guance scaldarsi leggermente. In ogni caso, seguì il mio discorso con attenzione.

Il discepolo che era con lui, invece, ripreso dallo shock di avermi vista abbracciare il suo Capo Clan, si rivolse a Jin Ling. Aveva i capelli lunghi e lisci, di un nero lucidissimo. Gli sorrise teneramente, avvicinandosi di qualche passo.

-Jin Gongzi, è bello rivederti- salutò il ragazzo con i profondi occhi grigi, arcuando le labbra il un sorriso ancor più gentile di quello precedente, mentre l’altro rispondeva con un cenno del capo e una pacca sulla spalla del giovane di Gusu.

-Anche per me, Lan SiZhui- lo sentii dire sottovoce, abbastanza piano da non essere definito altro che un borbottio.

Oh…

Nonostante fossi entusiasta di ciò che stava accadendo sotto i miei occhi, non resistetti all’impulso di lasciarmi scappare un gridolino entusiasta che fece scattare tutti sull’attenti. Lan XiChen mi fissò allarmato, ma io lo tranquillizzai con un cenno vago.

-Tu sei Wen Yuan?- domandai andando incontro al ragazzino e prendendogli il viso tra le mani per guardarlo meglio -Sei ancora più tenero di come ti immaginavo!- aggiunsi quando lui annuì.

Non sentii la porta alle mie spalle aprirsi, ma la voce di Cristina mi arrivò forte e chiara alle orecchie.

-Stai raggiungendo gli ultrasuoni, così lo spaventi- scherzò, avanzando a passi lenti e misurati, facendo ondeggiare la parte anteriore della veste viola ad ogni movimento.

Aveva un sorriso compiaciuto in viso e i capelli allacciati in una coda alta, indossava la tunica del Clan di Yunmeng e teneva la mano appoggiata sulle nocche di Jiang Cheng, in piedi al suo fianco. Fiera come non mai.

Da com’era conciata e da come si stava comportando, sembrava in tutto e per tutto una cultrice di Approdo del Loto. Cazzo, il matrimonio ci sarà davvero mi sa.

-Mi aspettavo che fossero presenti i Capi Setta Minori, oppure sono rintananti a Qishan come topi?- intervenne a quel punto Jiang WanYin, rivolgendosi a Lan Xichen con un sopracciglio sollevato, indicando i due cultori di Gusu come a volergli ricordare che erano soli.

-Che vorrebbe dire con Qishan?- chiese Cristina, confusa -Non era… si, era territorio dei Wen- spiegò dopo averci pensato un pò, sedendosi su uno dei tavoli e accavallando le gambe.

Jiang Cheng le si accostò, restando in piedi vicino a lei come un perfetto maritino obbediente, cosa che mi fece quasi ridere.

-Si, ma alla loro caduta, dopo la Campagna dell’Eclissi, i territori furono spartiti tra i vari Clan Maggiori- spiegò la Prima Giada, allargando le braccia con i palmi candidi rivolti al soffitto -Ma ci sono state alcune lamentele da parte delle Sette Minori che avevano contribuito alla Guerra, però, quindi abbiamo lasciato che alcuni terreni fossero di loro dominio- disse, facendo un sorriso diplomatico e lanciando un’occhiata guardinga all’altro Gran Maestro, che rispose facendo schioccare la lingua sul palato.

Allo stesso tempo, i due giovani presenti si irrigidirono, fissando con stupore i loro Maestri, facendomi intuire che anche loro non sapevano nulla di questa storia.

-Non abbiamo rispettato i patti, non del tutto almeno- ammise Jiang Cheng incrociando le braccia al petto e alzando le spalle, sospirando -Avevamo promesso che tutto il territorio dei Wen sarebbe stato loro, ma alla fine abbiamo deciso di spartirlo in base a quanti soldati avesse messo a disposizione ogni Setta per la battaglia. E dato che i Clan Minori avevano meno uomini…- non concluse la frase, ma non ce ne fu bisogno.

Sia io che Cristina avevamo capito che si era trattato di una macchinazione politica, uno stratagemma per manipolare i Gran Maestri delle Sette Minori per poterli coinvolgere nella guerra, pagandoli poco alla fine della stessa.

-In pratica, li avete presi per il culo- riassunse Cristina, appoggiando un gomito al ginocchio e sostenendosi il capo con la mano, picchiettandosi il mento con le dita -Che grandissimi stronzi- disse con un sorriso privo di allegria.

Uhm, in effetti…

Non commentai solo perché mi morsi il labbro inferiore con forza, evitando di aprire bocca. Se avessi parlato, le mie parole non sarebbero state lusinghiere.

Riuscivo a capire che ci fosse una motivazione dietro a questa decisione, perché ovviamente i Clan Maggiori non volevano in alcun modo che quelli Minori arrivassero a competere con le loro forze, ma ritrattare su un’accordo dopo averlo patteggiato mi sembrava una cattiveria inutile.

Nella guerra erano morti molti soldati, mandati in battaglia con la promessa di nuove ricchezze e terreni alla fine del conflitto. Le loro famiglie, invece, non avevano ricevuto nulla.

Ora capivo con più facilità perché la riunione che avevamo indetto era stata così dura da affrontare, e perché i Gran Maestri ci avevano osteggiati così tanto: odiavano i Capi Clan più potenti per le loro menzogne.

Quindi anche tra gli onorevoli cultori il potere è la peggior piaga esistente.

 

 

Cristina

 

Il silenzio che avvolgeva la sala come un pesante mantello fu interrotto da Lan XiChen che, schiarendosi la voce, attirò l’attenzione di tutti.

-Siamo qui per discutere di una faccenda urgente, anche se all’appello manca il Gran Maestro di Qinghe- disse, assumendo improvvisamente un’espressione seria nel vano tentativo di mascherare il disagio che aveva creato il repentino cambio di argomento.

Nie Huaishang viene ignorato spesso e volentieri, a quanto pare.

-Procedi- gli ordinò Jiang Cheng, camminando verso il posto capo tavola che era stato allestito per la cena -Per valutare una decisione non abbiamo bisogno di qualcuno che sappia dire solo non lo so, non lo so- aggiunse con voce acida, prendendo posto sulla seduta e facendomi cenno di imitarlo.

Scoccai uno sguardo scettico alle sopracciglia contratte dell’uomo e alzai gli occhi al cielo, sedendomi alla sua destra lungo la tavolata e invitando Jin Ling a posizionarmisi di fronte. Elisa restò in piedi al fianco di Lan SiZhui, pochi passi più avanti rispetto a Lan XiChen, che manteneva una rispettosa distanza da tutti gli altri.

-Dopo gli avvenimenti della foresta, sapete bene che mio fratello e Wei Gongzi si sono diretti a sud per scoprire cosa attirasse tutta l’energia risentita in quel luogo- prese a spiegare, intrecciando le mani davanti al busto -Alcuni Anziani di Gusu, intanto, mi hanno accompagnato in dei pattugliamenti notturni- continuò.

-Avete scoperto qualcosa di rilevante?- domandò Jin Ling, interrompendolo e arrossendo un’attimo dopo, conscio che non avrebbe dovuto farlo.

-Certo, altrimenti non sarebbero qui- risposi al posto della Prima Giada, facendo distrattamente cenno all’uomo di continuare. Avevo silenziosamente detto di passare oltre quella maleducata interruzione, perdonando il ragazzo.

Lan XiChen si inchinò in approvazione e trasse un profondo respiro prima di riprendere parola.

-I territori di caccia si stanno svuotando, i cadaveri ambulanti di ogni genere sono quasi introvabili, ormai- descrisse un movimento ampio in aria con la manica candida, mentre enfatizzava le sue parole con uno sguardo preoccupato -Gli unici rimasti sono i ghoul, nei laghi, ma solo perché non hanno la possibilità di allontanarsi dalle fonti d’acqua. Presto però proveranno a risalire i fiumi, ho il timore- completò.

Come se la sua arringa non fosse già abbastanza angosciante, volle aggiungere anche la prova finale.

-Ancor più grave, siamo certi che chiunque si celi dietro tutto questo stia sperimentando nuove… idee, mentre crea il suo esercito di non-morti. Alcuni villaggi nelle periferie sono stati attaccati da strane creature, di recente; fatto strano, dati i pochi pericoli presenti attualmente- fece un cenno a Lan SiZhui, che avanzò e sistemò sul tavolo un sacchetto spirituale bianco e azzurro -Abbiamo trovato questo, durante i nostri controlli- spiegò.

Quando il giovane sciolse parzialmente il nodo che lo teneva legato, dal suo interno fuoriuscì un rumore spettrale, simile a quello di un mucchio di foglie secche schiacciate sotto le suole. Poi, dal bordo di tessuto fecero capolino delle dita, seguite dall’intera mano e poi da un braccio dal colorito cadaverico. Quando anche la spalla fu in vista, l’avanzata della creatura si fermò.

I sigilli la tenevano all’interno del sacchetto, ma si vedeva che la cosa non la rendeva felice. Da come si agitava, capii che il rumore che avevo sentito prima era proprio quello delle ossa che si rompevano perforando la carne dello zombie mentre questo si dibatteva per liberarsi.

Non capivo cosa ci fosse di così straordinario, per gente come loro, abituati a vedere cadaveri ambulanti ogni giorno, fino a che dal contenitore di stoffa non sbucarono altre due mani, che tentavano invano di farsi abbastanza spazio per uscire.

-Quanti ce ne sono là dentro?- domandò Elisa facendo un passo indietro, avvicinandosi forse inconsapevolmente a Lan XiChen, che fece invece l’opposto, andandole incontro. Con una mano ferma le afferrò il gomito, facendola indietreggiare ulteriormente perché si allontanasse dal tavolo quanto più possibile.

-Solo uno- rispose lui con voce grave, lanciandoci un’occhiata preoccupata -Hanno cucito insieme dei cadaveri- aggiunse, facendo calare un silenzio atterrito nella sala.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ragazzi, che le scrivo a fare le note se poi i veri scleri non posso farveli perché se no mi prendete per matta? Beh, oggi ve lo sorbite, sorry ;)
NESSUNO CI AVEVA MAI PENSATO AI CADAVERI MARIONETTA?!?!!? Intendo, zombie patchwork con più braccia, otto gambe, due teste ecc… sono malata io? É una cosa fighissima e utilissima: ve lo immaginate uno con quattro spade, ad esempio? Come cazzo la fermi una macchina da guerra così, per di più che non prova dolore o paura?
Geniale, sono contenta di questa trovata. Per una volta ho un’idea intelligente, lasciatemela godere :3
Oggi sono un pochino più macabra del solito perché Athe mi ha fatto vedere un cortometraggio fighissimo, Hazbin Hotel (link) di cui mi sono innamorata. Molto dark ma anche molto colorato, un pò strano e molto molto pazzo.
Detto ciò, se avete perplessità chiedete, io sono qui per questo. Sorvolate sulla grammatica, a volte faccio schifo perfino a me stessa ;)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 32
*** Trentunesimo capitolo ***


Il trasloco della Dea celeste

 

 

-Mi stai dicendo che qualcuno ha creato volontariamente quell’abominio?- domandai esterrefatta, slittando con lo sguardo da Lan XiChen a Jiang Cheng, aspettando che uno dei due mi desse una risposta.

-É piuttosto probabile, si- disse il cultore di Gusu, rassicurando la mia amica con delle carezze lievi sulle spalle -Effettivamente basterebbe cucire insieme i corpi di più esseri umani per far nascere qualcosa di così… contorto- spiegò con riluttanza, dando merito, seppur con scetticismo, a qualunque pazzo avesse ideato un piano simile.

Beh, ingegnoso lo è di certo.

Curiosa, anche se schifata, mi alzai in piedi per avvicinarmi al sacchetto spirituale, schivando con un gesto di stizza la mano di Jiang Cheng che tentava di fermarmi. Feci qualche passo in avanti, mantenendo comunque una distanza di sicurezza.

Prudentemente, Jin Ling mi si affiancò con la spada sguainata, pronto ad intervenire in caso che la situazione fosse precipitata. Gli rivolsi un sorriso leggero e osservai più da vicino le tre braccia che si agitavano frenetiche in aria.

Uno degli arti era più scuro e abbronzato, ricoperto da una patina di sangue vermiglio, denso, in parte rappreso. Le ferite che si formavano ogni qual volta le ossa spezzate martoriavano la carne erano però asciutte, quasi prive di flusso sanguigno. 

I muscoli strappati e le articolazioni in vista erano ancor più impressionanti di una ferita aperta.

-Tanto vale provare, no?- mormorai tra me e me, impugnando il coltello dorato che mi era stato regalato dal ragazzino al mio fianco.

Immaginai un flusso costante di energia nella mia mano, una sfera vorticante e calda come una fiamma accesa da poco. Mi concentrai su quel potere come mi aveva suggerito il cultore di Yunmeng quella mattina, poi caricai il colpo.

Con un fendente violento, calai la lama affilata su una delle mani, infilzandone il palmo sul tavolo e bloccando i suoi movimenti. Senza lasciare andare l’elsa, sprigionai l’energia spirituale che avevo accumulato.

Incredibilmente, funzionò.

Un’aura bluastra si sprigionò dalla lama, concentrandosi sulla punta che era ancora conficcata tra le nocche della creatura. Con mia sorpresa, il cadavere dentro il sacchetto lanciò un grido prima che il suo intero braccio venisse bruciato dalle fiamme blu del mio potere spirituale, che lo consumarono fino a ridurlo in cenere.

Gli altri due arti, più chiari e sottili, si dimenarono selvaggiamente e si ritrassero all’interno del contenitore di stoffa, impedendomi di fargli alcunché.

Oh. Che. Cazzo.

-Mio Dio, Cristina, é stato fighissimo!- gridò Elisa battendo le mani e sorridendo entusiasta -Mi puoi insegnare a fare una cosa simile?- domandò lanciando uno sguardo speranzoso a Lan XiChen, che la fissò sorpreso.

Forse si aspettava che una ragazza come lei, all’apparenza dolce, ripudiasse qualunque azione violenta, ma Elisa era particolare. Era una donna sicuramente gentile, ma estremamente volubile ed esagitata, adorava le storie quanto le armi ed amava i combattimenti.

Te ne sei scelto una pazza, ragazzo mio.

-Posso insegnarvi a suonare per difendervi, se lo desiderate- propose piegando il capo e sorridendo serenamente, riacquistando la sua solita aria tranquilla in un baleno -Il flauto è un’arma elegante e maneggevole, adatta ad una donna raffinata come voi- la lodò, rischiando di farmi scoppiare a ridere.

Anche la mia amica soppresse un sorrisetto e agitò una mano in aria per negare. Con un salto misurato si diede la spinta per sedersi sull’orlo della tavolata, stringendo con le mani il bordo di legno scuro per mantenere l’equilibrio.

-Di certo non mi riuscirei a trasportare dietro quella specie di asse di legno che usa Lan Zhan- ironizzò, riferendosi al guqin dell’uomo -Chi è il genio che ha pensato fosse portatile?- domandò retoricamente.

Per fortuna, quando Lan XiChen fece per risponderle anche questa volta, suo nipote intervenne con un colpo di tosse, richiamando l’attenzione di tutti. Con un gesto veloce, si riallacciò alla cintura il sacchetto spirituale, ora sigillato.

-Tornando a concentrarci sulle questioni urgenti, gli Anziani di Gusu hanno mobilitato delle squadre di pattuglia ulteriori, per rafforzare le difese in caso di attacco- spiegò spostando lo sguardo tra i due abitanti di Yunmeng -Vi suggeriamo di fare lo stesso- concluse con un inchino, rivolgendo un saluto formale a Jiang Cheng. 

Lui ricambiò l’avvertimento con un cenno di assenso e richiamò una delle guardie che silenziosamente pattugliavano i corridoio, ordinandogli di raggiungerci per decidere come aumentare la sicurezza.

-In caso che uno qualunque dei Clan venga preso di mira da questa nuova calamità, noi della Setta Lan offriremo il nostro aiuto per respingere gli invasori- intervenne Lan XiChen, prendendo posto per unirsi alla discussione.

Jin Ling approfittò del momento per afferrare la manica dell’amico di Gusu e trascinarlo fuori dalla stanza, probabilmente per dirigersi ad allenarsi o a bighellonare in giro per il palazzo. Quando mi passò a fianco gli arruffai i capelli ridendo, raccomandandogli di non infastidire il nostro ospite.

-Oh no, Jin Gongzi è divertente, sarà un piacere visitare Yunmeng con lui come guida- mi rassicurò cordiale Lan SiZhui con un sorriso, seguendo l’altro ragazzo con passi eleganti -Arrivederci- si congedò.

A quel punto, feci per sedermi nuovamente vicino a Jiang Cheng, ma quando lo vidi così impegnato a decidere un piano di difesa con la guardia e l’altro cultore, pensai fosse meglio lasciarli soli.

Sarò anche testarda come un mulo, ma preferisco decisamente un problema di fisica che uno militare, pensai alzando gli occhi al cielo.

Ad ogni modo, fu Elisa a trascinarmi fuori dalla stanza, afferrandomi per un braccio e strattonandomi fino all’uscita.

Si era bloccata subito dopo la spiegazione delle nuove misure di sicurezza attuate dai Lan e aveva passato tutto il tempo con lo sguardo spalancato fisso a terra. Dalla sua immobilità e dal suo pallore, mi era parsa una statua di cera colorata.

-Devo parlarti- bisbigliò in preda al panico, zittendomi quando tentai di aprire bocca -Ora!- disse perentoria, stringendosi una mano sul ventre come se le dolesse.

Ah, non è che…?

 

 

-Che succede?- le chiesi quando finalmente ci fummo allontanate abbastanza, ora ferme in mezzo al corridoio a qualche metro dalla sala dei Ricevimenti.

-Ho il ciclo- affermò gelida, sollevandosi l’abito per scoprire parte dei polpacci, dove vidi due striature rosse che le bagnavano le caviglie. 

Senza assorbenti, in effetti, la faccenda si fa complicata.

-Eh- borbottai passandomi le mani tra i capelli allacciati alla rinfusa e arricciandomi le ciocche scure sulle dita. Tentennai, spostando il peso da un piede all’altro.

-Ti ho detto che ho il…- ripetè sibilando tra i denti, lanciando un’occhiata contrariata al sangue che le scorreva lungo le gambe.

-Si si, ho capito- la interruppi scuotendo le mani in aria -Ma perché sembri così stupita? É sempre meglio averlo che il contrario- ironizzai.

Lei ignorò il mio commento e mi fissò con intensità, quasi a volermi avvertire telepaticamente che non era in vena di scherzi. Borbottò scocciata e riprese a parlare.

-Con tutto quello che ci è successo, tra il viaggio dimensionale, il rapimento, i poteri spirituali eccetera, non ho proprio tenuto a mente quel piccolo particolare- spiegò con un sospiro, cercando di riprendere la calma -Tu come hai fatto?- mi domandò.

Compresi il suo smarrimento. Anche io per le prime settimane non avevo avuto idea di come gestire tutto quello che mi stava capitando, ma ormai mi ero abituata alla follia più pura della mia nuova vita.

-Ho chiesto alle domestiche, mi hanno dato una mano loro a togliere le lenzuola e portarle a lavare prima che Jin Ling vedesse il sangue e mi trascinasse da un medico- risposi con una risatina fioca -Sai che ha la tendenza ad intrufolarsi in camera mia a degli orari improponibili? É tenero ed inquietante allo stesso tempo- dissi, ricordandomi di come una mattina avevo dovuto buttarlo fuori a calci perché si annoiava e voleva passare del tempo con me.

Ne sarei stata felicissima, se non mi avesse interrotto durante il mio bagno abituale, facendomi saltare i nervi. Lo avevo perdonato solo perché mi aveva finalmente insegnato ad usare il mio arco, a cui, sotto suo suggerimento, presto avrei dovuto affidare un nome.

Oramai i miei allenamenti sarebbero dovuti precedere spediti, se mi avessero lasciata tranquilla senza prove al cospetto di Immortali o combattimenti con mostri-albero.

-Potresti…- cercò di chiedermi Elisa, poi si fermò e si lasciò sfuggire un’imprecazione ed una smorfia. Un crampo la fece piegare in due dal dolore, mentre la sorreggevo per una spalla.

-Parla con una delle cuoche, ci penseranno loro- la rassicurai, indicandole la via per le cucine e carezzandole la schiena.

Se le avessi presentato la capocuoca, sarebbero andate subito d’accordo. Era una delle sopravvissute alla guerra, formosa e sicura di se. Aveva perso il marito durante l’invasione di Approdo del Loto, ma i due figli erano ancora con lei, e questo immagino lenisse il dolore.

Quando mi ero precipitata nelle cucine, una mattina, le era bastata un’occhiata per capite di cosa avessi bisogno. Mi aveva portato in una stanza riparata per spiegarmi come si comportavano le donne lì per certe necessità e aveva mandato immediatamente una serva a pulire camera mia. 

Recuperandomi un cambio d’abito da non so dove, mi aveva fornito il necessario per quella giornata, dicendomi di tornare quando più mi faceva comodo per rifornirmi. Il medico ufficiale del Clan era anch’esso donna, quindi se volevo potevo rivolgermi direttamente a lei, mi aveva informato.

Poi, mi aveva dato due sacchetti.

-Quello rosso contiene un the lenitivo per i crampi- mi aveva spiegato mentre me ne preparava una tazza abbondante, sotto il mio sguardo grato -In quello giallo invece ci sono delle pasticche molto amare, ma mangiane una alla settimana, mi raccomando. Servono ad evitare che tu rimanga incinta- mi aveva detto schietta con un sorriso complice, il ghigno vissuto di chi sa perfettamente di che sta parlando.

Aveva intuito la mia relazione con Jiang Cheng ancor prima che ne avessi una.

Dopo quella volta, ogni volta che avevo un problema, sapevo a chi rivolgermi. In questo caso sarebbe stato lo stesso; anche la mia amica avrebbe ricevuto della gentilezza materna un pò forzata.

Stavo per incamminarmi con lei verso le cucine quando una voce ci fermò, facendoci voltare in direzione della sala dei Ricevimenti. Dalla porta aperta fuoriuscì Lan XiChen, che ci venne incontro con la sua tipica, elegante postura.

-Signorina Elisa, state bene?- si premurò di chiedere, gli occhi castani che brillavano gentili -Siete uscita così in fretta… quello è sangue! Vi siete ferita?- fece un passo avanti con una mano protesa verso la mia amica, che arrossì fino alla radice dei capelli e si ritrasse come scottata. Lasciò andare all’istate i bordi della veste, nascondendo in fretta le macchie scarlatte alla vista dell’uomo.

Presa dall’imbarazzo, si coprì il viso in fiamme con le braccia e mormorò una serie di improperi verso il suo corpo e verso gli uomini. Con un gemito esasperato, schiaffò stizzita la mano di Lan XiChen e lo guardò male.

Un pochino la capivo, perché trovarsi in una situazione simile in pubblico poteva essere umiliante, ma l’espressione ferita dell’uomo a quel rifiuto fu più di quanto riuscissi a sopportare.

Il modo palese in cui manifestò il suo turbamento mi fece male al cuore.

-Sto una favola, torna ai tuoi piani di guerra- gli ordinò Elisa esortandolo verso la porta, nonostante Lan Huan non sembrasse intenzionato a rinunciare, puntando i piedi sul pavimento fino a bloccarsi.

Anche se lei lo spingeva via con tutte le sue forze, la figura bianca del cultore non si smosse di un millimetro, mentre le afferrava affettuosamente le mani e cercava di parlare.

-Sentite, so che la situazione può mettervi a disagio, ma anche mia madre… cioè, so di che si tratta- iniziò, parlandone come se si riferisse a una qualche malattia. Almeno cercava di essere delicato -Non vorrei sembrare indiscreto, ma per ridurre i vostri crampi potrei usare il mio potere spirituale- propose, sorridendo incoraggiante.

Purtroppo, Elisa era già abbastanza impacciata in quel momento e, in risposta alla gentilezza del cultore, finì per cedere al nervosismo. Nel panico, si lasciò sfuggire un mugolio imbarazzato e gli occhi le divennero lucidi.

Anche questa volta Lan Huan provò a intervenire per rassicurarla, solo per essere allontanato in malo modo dalla mia amica, che urlò esasperata.

-NON TI HO CHIESTO DI FARMI DA BALIA!- gli gridò contro con le guance rosse ed il respiro affannoso, correndo in direzione delle cucine senza guardarsi indietro.

-Ma io…- tentò ancora, facendo un passo avanti per seguirla. Io gli bloccai il passaggio puntandogli un dito nel petto.

-Sei ricco, no?- domandai retoricamente, sorridendo ironica quando lo vidi annuire confuso -Vai a comprare del cacao e dello zucchero 1, allora, al resto penso io- gli spiegai, pensando a quanto Elisa sarebbe stata incline a perdonarlo se lui le avesse fornito ogni strumento necessario per fare il cioccolato.

-Io volevo chiederle di venire a Gusu con me- insistette.

Gli rivolsi un’occhiata stupita, sorpresa dalla sua improvvisa determinazione. Vedendolo così convinto di quello che diceva, decisi che mi potevo arrogare il diritto di stuzzicarlo almeno un po’.

-Mi pare non sia andata bene la scorsa volta- dissi acidamente, pensando di scoraggiarlo dal suo intento, dato il suo carattere diplomatico. Effettivamente, non avevo detto il falso.

-Provate a convincerla voi- propose allora, allargando le braccia e facendo ondeggiare le maniche candide -Sarebbe più al sicuro, dato dove si stanno dirigendo le orde di cadaveri- spiegò per convincermi.

Ok, questa volta ho confuso la tua diplomazia con l’ingenuità, punto per te.

-In effetti dovreste andare entrambe- intervenne a quel punto Jiang Cheng, facendo capolino da oltre la porta e appoggiandosi allo stipite con le braccia incrociate -Io e Jin Ling ci dirigeremo a Liyang 2 per controllare la situazione, e voi non potrete certo venire con noi. Se vi lasciassimo qui, sareste troppo esposte- spiegò scuotendo il capo.

Con un cenno, invitò la guardia ad andare a recuperare il nipote, perché lo informasse della sua decisione.

Se sono qui entrambi vuol dire che la riunione strategica è finita.

Riflettei a lungo sulle sue parole, poi, alzai il capo e mi rivolsi al cultore di Gusu.

-Domani partirai- gli dissi, fermando la sua possibile protesta alzando una mano, anche se ero sicura non mi avrebbe interrotto, data la sua educazione -Ed Elisa verrà con te, la convincerò. Io invece andrò con Jiang Cheng e Rulan- decretai.

Lan XiChen mi rivolse un inchino pieno di gratitudine, facendosi da parte quando il Capo Setta di Yunmeng gli passò a fianco per raggiungermi. Sembrava irritato, ma anche arreso sull’evidenza che avrebbe dovuto rinunciare alla discussione. Forse aveva già capito che tentare di dissuadermi sarebbe stata una perdita di tempo.

-Cristina…- mormorò con diplomazia, interrompendosi quando gli diedi le spalle e alzai una mano per salutare.

-Non una parola- lo avvertii, lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla -Vado ad allenarmi- dissi.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. zucchero: allora, da recenti ricerche che ho svolto ho potuto evincere che in Cina lo zucchero c’era, fortunatamente. Avevo paura di dover ricorrere al miele, invece la canna da zucchero era conosciuta e utilizzata per estrarne questo cibo.

2. Liyang: città che viene nominata tipo una volta nel novel, ma che so per certo si trovi all’interno dei territori dei Wen. Dovrebbe essere una piccola città-stato nei dintorni, insomma


Quindi, eccoci qui, al capitolo 31. La storia sta procedendo come volevo e sono un sacco felice. Nulla da dire, se non che il farsi trovare in pubblico sporche di sangue credo sia l’incubo di ogni donna.
Confermo, è orribile.
Lan XiChen ed Elisa avranno presto il loro momento, sono entusiasta della cosa e mi spiace di averli fatti "litigare", ma necessitavo. Sorry ;)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 33
*** Trentaduesimo capitolo ***


La tempesta perfetta nel momento sbagliato

 

 

Mi allenai fino a sera. Le dita arrivarono a farmi male a metà pomeriggio, ma smisi di scoccare frecce solo quando esaurii le forze per tender la corda dell’arco. 

Il sole era ormai calato oltre l’orizzonte, eppure tentennai nel cortile degli allenamenti, sedendomi sui gradini del gazebo e appoggiando la testa alla balaustra di legno.

Avevo mandato via Jin Ling perché cenasse, dicendogli che avrei continuato per un pò senza di lui e poi sarei andata a dormire. Non avevo voglia di perdere tempo, però, ed ero rimasta nel cortile più a lungo del previsto.

Nel silenzioso padiglione, c’eravamo solo io ed il bersaglio martoriato, la paglia sfilacciata in molti punti.

Fu quando finalmente mi sedetti che notai Jiang Cheng venirmi incontro con uno sguardo esasperato, le braccia incrociate e la veste viola illuminati dalla luce della luna. Non disse nulla, ma mi si sedette a fianco e respirò piano l’aria fresca della notte.

Passammo diversi minuti a fissare il paesaggio scuro che ci trovavamo di fronte, ognuno perso nei propri pensieri.

-Sei davvero sicura di voler venire con noi?- mi chiese dopo un pò, girandosi verso di me con le iridi violette che apparivano più luminose del solito, sotto la fioca luce delle torce.

Mi stiracchiai sollevando le braccia e sbadigliando per la stanchezza, distendendomi all’indietro sugli scalini e battendo il palmo sul legno per suggerirgli di fare lo stesso. Quando si fu sistemato, gli afferrai una mano e la strinsi, intrecciando le dita con le sue.

Guardai per un pò il cielo scuro, poi parlai.

-Dimmi dove andremo- dissi senza tener conto della sua domanda, già pienamente convinta di volerli seguire. Lui sbuffò una mezza risata e rivolse lo sguardo alle stelle.

-Liyang è una delle città sotto il dominio dei Clan Minori… sinceramente non ricordo quale e non mi interessa particolarmente- spiegò con il tono di qualcuno che sta alzando gli occhi al cielo per l’esasperazione -Sarà dura entrare, sicuramente ci faranno dei problemi dato chi siamo, ma l’energia residua che sta spostando le orde di cadaveri proviene da li, ha detto Wei WuXian, quindi dovremmo provare- spiegò.

Ci riflettei sù per un pò, poi mi massaggiai la radice del naso con la mano libera e aggrottai le sopracciglia.

-Ma i territori dei Wen non si trovavano… a nord di qui? Nord-ovest, se non ricordo male- domandai confusa, riportando alla memoria la vaga immagine della cartina geografica che avevo visto alla riunione.

-É così, ma quell’idiota dice che c’è uno strano movimento di forze oscure in quella zona, perciò crediamo che il nemico stia cercando di sviarci muovendo i suoi eserciti lontano- mi disse serio, carezzandomi le nocche con il pollice.

Calò nuovamente il silenzio, e io trassi un respiro profondo carico di parole non dette.

Durante gli allenamenti avevo pensato a lungo alla situazione in cui mi trovavo. Io ed Elisa eravamo state trasportate in un universo alternativo, per così dire, e fortunatamente eravamo state accolte in maniera pacifica. 

Ma perché siamo qui? Saremo costrette a passare il resto della nostra vita in questo mondo?

Elisa credeva di si, dopo essersi accorta che, da quando aveva ricevuto il marchio dalla sfera, anche le sue sopracciglia si erano colorate di azzurro e che la sua ricrescita non accennava ad essere castana, come lecito che fosse. Inizialmente era andata nel panico, correndomi incontro mentre tiravo una freccia al bersaglio ormai semi-distrutto.

-Se questo non è un segno divino non so cos’altro possa esserlo- mi aveva detto con le lacrime agli occhi -Resteremo qui per sempre, altrimenti non mi starei trasformando in un personaggio di Avatar… intendo il film, non la Leggenda di Aang- aveva preso a borbottare, passandosi ripetutamente le dita tra i capelli celesti.

Io l’avevo guardata con un misto di sconcerto ed esasperazione e l’avevo rassicurata che non le sarebbe spuntata una coda, ridacchiando. Nonostante ciò, l’angoscia mi era rimasta attaccata alla pelle tutto il pomeriggio.

E se davvero non potessimo più tornare a casa? mi ero chiesta, osservando i discepoli del Clan di Yunmeng allenarsi e parlottare tra loro. C’erano fratelli che si prendevano in giro a vicenda e amici che raccontavano di quanto fossero stressanti i loro genitori. Io, invece, cosa ci faccio qui?

-Mi manca… il mio mondo- mormorai al cielo, non osando voltarmi verso Jiang Cheng.

Inaspettatamente, lo sentii ridacchiare di gusto. Quando incrociai il suo sguardo, lo vidi più serio che mai, nonostante dalle sue labbra dovesse ancora scivolare via il sorriso.

-Non ti mentirò dicendoti che spero tu trovi presto un modo per tornare a casa, perché non è così- disse schioccando la lingua sul palato -Puoi stare qui per tutto il tempo che vuoi, non ti mancheranno né il denaro né qualunque altra cosa tu possa volere, te lo garantisco. Consideralo come… un trasferimento, più che pensare di essere finita in un mondo estraneo- mi suggerì stringendomi le dita.

Gli risposi con un lieve sorriso, in silenzio, alzandomi in piedi e trascinarono con me. 

-Che ne dici di dormire, mh?- domandai innocentemente, accarezzandogli il polso con un tocco delicato -Camera tua o camera mia… ah, dimenticavo, questo posto appartiene a te, quindi una vale l’altra, no?- ridacchiai continuando a camminare.

Allegra, mi buttai alle spalle tutti i pensieri cupi. Per quella sera, potevo anche concentrarmi su altro.

L’amore rende davvero così egoisti, WanYin?

 

 

La mattina dopo ero sveglia prima che il sole sorgesse, ma non mi alzai dal letto fino a che il tepore notturno non abbandonò anche Jiang Cheng.

Sentii le sue dita muoversi con lentezza sul mio ventre, le sue spalle stiracchiarsi piano mentre riprendeva conoscenza. Con un brontolio assonnato, il cultore mi spinse di più verso il suo petto e non accennò a voler aprire gli occhi.

-Sei mattiniera- mi accusò con voce roca, come ormai era solito fare ogni volta che tentavo di alzarmi dal letto all’alba. Nonostante fosse abituato a svegliarsi presto, il mio regime era troppo anche per lui.

-Oggi partiamo, sono agitata- gli spiegai, carezzandogli distrattamente il braccio con cui mi avvolgeva -Mi sa che andrò a fare un giro, per rilassarmi- dissi, sciogliendo la sua stretta per mettermi seduta.

Con mia sorpresa, mentre indossavo i pantaloni, lo sentii sbuffare e seguire il mio esempio. Voltandomi, lo trovai in piedi intento a vestirsi.

-Che fai?- gli domandai vedendolo infilarsi la tunica indaco sopra la sottoveste nera -Torna a dormire, su, non fare il viziato- gli suggerii quando mi ignorò per allacciarsi la fascia e gli stivali.

Solo a lavoro compiuto si girò nella mia direzione, gli occhi vigili nonostante l’alone di sonno che ancora lo circondava. Prese a raccogliersi i capelli nel suo tipico chignon; intanto mi parlò con il nastro viola fra le labbra.

-Ormai mi hai svegliato, no? Non riuscirei a riprendere sonno in ogni caso- spiegò facendomi cenno di muovermi -Altrimenti potremmo sempre ricominciare la… come l’avevi chiamata… "sessione" di ieri- alluse alzando un sopracciglio davanti al mio outfit.

Avevo indossato solo i pantaloni, mentre la parte superiore del mio corpo era ancora in bella vista e, date le occhiate che mi stava lanciando, capii subito a cosa si riferisse.

-Buongiorno a te- risi, tirandogli addosso un cuscino e finendo di vestirmi -Andiamo?- chiesi retoricamente.

Mi aprì la porta con un gesto teatrale e mi lasciò uscire per prima. Feci come mi suggeriva alzando gli occhi al cielo, bisticciando con lui per tutto il tragitto che ci separava dalla nostra meta.

Jin Ling ed Elisa ci aspettavano vicino alle scuderie, affiancati da una Fata scodinzolante e ansiosa di ricevere la sua colazione. Mentre ci avvicinavamo, vidi la mia amica dare di nascosto al cane un fagotto ripieno di carne recuperato chissà come dalle cucine.

Non capii come avesse fatto Elisa a essere sveglia così presto, dato che i nostri cellulari avevano esaurito la carica da un pò, eppure sembrava pimpante e pronta all’avventura nonostante fosse mattina.

Prima che potessi domandarle chi era stato il prode eroe che aveva rischiato al sua vita buttandola giù dal letto a quell’ora, la vidi arrossire furiosamente, lo sguardo che saettava lontano dall’entrata alle nostre spalle. Voltandomi, vidi le candide figure di Lan XiChen e di Lan SiZhui venirci incontro.

A quanto pare non hanno ancora risolto, pensai preoccupata per la reazione della mia amica.

Alla fine ero riuscita a convincerla che la miglior cosa per lei sarebbe stata seguire i due cultori a Gusu. Nonostante ci avessi messo non poca fatica, lo sforzo titanico aveva dato i suoi frutti. 

Riluttante, mi aveva detto che se volevo così, mi avrebbe accontentato. Sotto la patina amara, però, ero riuscita comunque ad intravedere il luccichio di trepidazione nei suoi occhi.

Gusu ti aspetta, tesoro.

Dopo i soliti convenevoli, ci avviammo tutti con lentezza verso il cancello principale. Nocturne mi trottò dietro scuotendo la criniera elegantemente ad ogni passo, mentre Lan XiChen tentava invano di avvicinarsi ad Elisa per parlarle.

Lei, in compenso, evitava il suo sguardo come se si trovasse di fronte a Medusa.

-Quindi ci salutiamo qui- esordì Lan SiZhui per rompere il silenzio imbarazzato che coinvolgeva tutto il gruppo -É stato un piacere rivedervi, ci prenderemo cura di vostra sorella- mi disse, inchinandosi e ignorando tutti i miei precedenti avvisi sul darmi del voi.

Ringraziai suo zio con un cenno e abbracciai stretto il ragazzo in bianco vestito, lasciandolo per un paio di secondi completamente basito. Gli mormorai di stare attento e di salutarmi i suoi genitori, se li avesse visti prima di me.

Lui almeno ha una famiglia e una casa a cui tornare.

Solo dopo averli congedati per bene, mi rivolsi ad Elisa, che mi stava aspettando a qualche passo di distanza con gli occhi lucidi e le labbra che le tremavano. La strinsi forte a me, sentendola soffocare i singhiozzi nella mia spalla.

-Ti giuro che se muori ti resuscito e ti uccido personalmente, chiaro?- mi disse con voce roca, aggrappandosi alle mie spalle con le unghie che mi si impiantavano nella pelle. L’abbracciai ancora più stretta di rimando -Se incontri altri zombie, fatti valere anche per me! Io ti aspetterò leggendo e bevendo tutto il the disponibile a Gusu- ironizzò, nonostante fosse chiaro che non le piaceva dover restare fuori dall’azione. 

-Evita di far impazzire quei poveri cultori, abbi pietà- l’avvertii, ridendo della sua espressione fintamente indignata -Ti porterò un souvenir- le promisi, giocherellando con il campanello che mi aveva donato Jiang Cheng, appeso alla mia cintura.

Prendendo coraggio, le diedi le spalle e salii a cavallo, facendo cenno a Jin Ling di montare dietro di me, se voleva. Lui diede una carezza scettica a Noc prima di avvicinarsi troppo e, venendo ricompensato da uno sbuffo e non da un calcio, decise di tentare.

-Che sia qualcosa di utile, tipo un’arma- mi urlò Elisa quando prendemmo ad allontanarci, agitando una mano in aria per salutarmi con sorriso sincero che le illuminava il viso.

L’ultima immagine che ebbi dei suoi accompagnatori prima di partire fu lo sguardo grato di Lan XiChen e il suo inchino profondo, mentre Yunmeng alle sue spalle veniva illuminata dal sole mattutino. 

 

 

La strada sterrata che stavamo percorrendo era perfetta per le nostre cavalcature, regolare sotto i loro zoccoli e leggermente in salita. Principessa, la cavalla pezzata che stava trasportando Jiang Cheng sul suo dorso, ci precedeva di qualche metro, mentre il suo fantino controllava ad ogni bivio la direzione da prendere.

Certo che coi nomi è proprio un bambino… santo cielo, Principessa? Riuscivo solo a ridere di più ogni volta che ci pensavo.

Per le prime ore non ci annoiammo, intenti a chiacchierare del più e del meno.

Io raccontai di quanto fosse divertente assistere ad una lezione di fisica applicata, anche se molti miei amici non condividevano il mio entusiasmo, e Jin Ling mi spiegò come funzionava la tradizione di dare un nome ai propri oggetti di battaglia.

-Dopo la prima caccia notturna, se si ha eliminato almeno un cadavere ambulante o un’essere posseduto, si sceglie un nome per l’arma… potresti seguirmi nella prossima caccia e vedere come va- mi disse picchiettando l’indice sull’arco che avevo in spalle, reggendosi alla mia vita con l’altra mano.

Accettai la proposta con un assenso e continuai ad ascoltarlo.

Era curioso di sapere perché tenessi la faretra allacciate alla cintura in modo che mi penzolasse a contatto con la gamba sinistra, al contrario di lui che era abituato ad allacciarla sulla schiena. 

In realtà, era tutta una questione di praticità. 

Data la mia inesperienza con l’uso dell’arco, nonostante ora fossi migliorata molto, tendevo ancora ad essere lenta nell’incoccare le frecce. Perciò, avendole a così poca distanza dalle mani, almeno risparmiavo il tempo che avrei impiegato a cercarne una alla cieca nella faretra alle mie spalle.

-Sta per scatenarsi un brutto temporale- ci interruppe Jiang Cheng dando un’occhiata torva al cielo nuvoloso, spronando la sua cavalcatura ad aumentare il passo. Noi lo seguimmo al galoppo, sperando si sbagliasse. 

Purtroppo, scoprimmo presto che aveva ragione, e che nemmeno il cavallo più veloce del continente avrebbe potuto farci raggiungere il villaggio più vicino in tempo. Evitare di bagnarci sarebbe stato impossibile.

-Se ci muoviamo magari…- iniziò a dire Jin Ling, venendo però interrotto da un rombo clamoroso.

Il cielo sopra di noi si spalancò con un tuono assordante, rovesciandoci addosso la tempesta del secolo. Non feci in tempo a scostarmi i capelli dagli occhi che mi trovai già strafonta fino alle caviglie. L’acqua mi bagnò fin nelle ossa con grosse gocce fredde.

Nocturne nitrì quando lo incitai a galoppare più in fretta, concordando con il mio bisogno di un posto asciutto in cui riposare.

Cavalcammo sotto quella pioggia gelida per quella che mi sembrò un’eternità, ma date le nuvole scure che persistevano sopra di noi, non potevo vedere il sole e capire a che punto del giorno fossimo. 

Non che potessi vedere molto, in ogni caso. Il cappuccio del mantello mi era scivolato via dal capo mentre correvamo, quindi anche il mio viso era in balia del temporale. Tenere gli occhi aperti era una vera impresa.

In compenso, fui felice della presenza di Jin Ling dietro di me.

-Rulan, non è che potresti condividere? Sto per congelare- gli gridai affannata, sperando mi sentisse sopra il rombo dei tuoni e il rumore assordante degli zoccoli che battevano sul terreno.

Sembrò capire ciò che intendessi, e poco dopo percepii un lieve tepore diffondermisi lungo la spina dorsale e i fianchi, dove il ragazzo stava appoggiando le mani. Lui, almeno, sapeva come tenersi caldo con i poteri spirituali.

Raggiungemmo il villaggio con il morale sotto i piedi, infreddoliti e stanchi di stare sotto il diluvio. Per fortuna, trovammo presto l’unica locanda del paesino e legammo i cavalli nel loro fienile, al sicuro dalle intemperie e circondati da fieno fresco.

Quando finalmente entrammo nel locale, ci accolsero il calore di un fuoco scoppiettante e l’odore confortevole dello stufato artigianale che la proprietaria era intenta a mescolare vicino alla fiamma. L’anziana donna, accortasi della nostra presenza, ci venne incontro con le mani sul viso e un’espressione di pura sorpresa che lo attraversava.

La stanza a cui avevamo avuto accesso era piccola e spoglia, ma la vecchia scala che portava al piano superiore mi fece presupporre che le camere da letto si trovassero lassù. A quello inferiore c’erano solo un bancone di legno logoro, uno spazio per il fuoco per cucinare piccole dosi di pasti e un paio di cassettiere nascoste nell’angolo cieco dietro la porta.

-Oh cielo, cosa ci facevate là fuori con questo tempo?- ci domandò la donna. Senza aspettare una risposta, ci porse alcune coperte da un armadio dietro il bancone -Di quante stanze occorrete? Una o due? Vostro figlio è abbastanza grande per dormire da solo, mi pare- borbottò tra sé mentre ci osservava.

Impedii a Jiang Cheng di correggerla rifilandogli una gomitata nel fianco e prendendo parola. Se voleva mettersi a discutere sul nostro rapporto familiare, l’avrebbe fatto solo dopo che mi fossi concessa un lungo bagno caldo.

-Due andranno benissimo, grazie- risposi gentile, inchinandomi per salutare.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Questa volta devo ringraziare un sacco Deb ( :3 ), perché mi ha ricordato lei l’assurdo infantilismo di Jiang Cheng nello scegliere i nomi per i suoi poveri animali… se avete riso, ringraziatela.
La mia donna è un genio *scodinzola come Koga davanti a Kagome*
Detto ciò, ho preso una decisione drastica. Il prossimo aggiornamento sarà ancora "normale", ma dal 34 in poi alternerò un’intero capitolo dal punto di vista di Elisa ad uno con Cristina che urla e sta urla a Jiang Cheng. Dato che le due si sono divise, mi sembra più logico.
Bene, bimbi miei. É sempre bello scrivere, anche se non sono molto convinta. Ci ho messo parecchio a finirlo, perché davvero non avevo ispirazione, ma alla fine ce l’ho fatta. Speriamo *incrocia le dita*

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 34
*** Trentatreesimo capitolo ***


"Che cos’hai?" 
"La sicurezza che non sia una buona idea"

 

 

Quello che la vecchia locandiera stava preparando era il pranzo, quindi capimmo di aver viaggiato per circa quattro ore. Secondo i calcoli di Jiang Cheng, eravamo solo ad un terzo del percorso.

Fuori la pioggia non accennava a diminuire, ma noi avremmo dovuto procedere comunque verso la città di Liyang, quindi l’unica cosa che potevamo fare era riempirci lo stomaco con qualcosa di caldo e asciugarci come potevamo aspettando che i cavalli si riposassero un poco.

Afflitta dalla prospettiva di dover continuare il nostro viaggio sotto il temporale, mi misi a chiacchierare con la proprietaria della locanda, attendendo che Jin Ling e Jiang Cheng portassero alle stanze superiori l’acqua per il bagno. 

Almeno quello me lo posso concedere.

-Se vi attende un viaggio così lungo potreste provare a parlare con mio nipote, lui ha una carovana che vuole vendere- propose la donna, asciugandosi le mani con uno straccio e prendendo ad impastare la farina di riso che aveva sul bancone -Sapete, gliel’ha lasciata quel viaggiatore sconsiderato di suo padre, mio genero, ma il mio Jú 1 non è tipo da girovagare. É un buon lavoratore… ed è anche molto carino- mi sussurrò facendomi l’occhiolino, mentre io tossicchiavo imbarazzata.

Per dissipare il disagio di poco prima, quando aveva scambiato me e Jiang Cheng per marito e moglie, le avevo mentito, affermando che si trattava in realtà di mio fratello e che Jin Ling era mio figlio, avuto dal mio defunto compagno.

Secondo la versione che le avevamo fornito, ero infatti solo una ricca vedova che voleva rifugiarsi in una città isolata e lontano dai cultori dei Clan Maggiori, dato che il mio presunto ex-marito proveniva da uno di essi.

E ora mi cerca di rifilare il nipote, favoloso! pensai esasperata. Sarebbe stato meglio se le avessi detto che eravamo sposati.

-La carovana ci potrebbe tornare utile, in effetti. Abbiamo due cavalli che potrebbero tranquillamente trainarla- dissi cordialmente, evitando l’argomento "nipote" più che potevo -Però in questo modo arriveremo a Liyang a notte inoltrata- mormorai tra me e me, massaggiandomi la radice del naso con le dita gelate.

-Siete diretti a Liyang?- mi domandò d’un tratto stupita, fermandosi e fissandomi sconvolta -Perdonate la mia curiosità, ma vostro fratello… non è un cultore?- mi chiese abbassando il volume e avvicinandosi come se mi stesse rivelando un segreto.

Ci misi qualche secondo a capire che stava parlando di Jiang Cheng, che intanto aveva finito di trasportare l’acqua al secondo piano e mi aveva raggiunto al bancone, mettendomi una mano sulla spalla.

Confusa, annuii. Al mio assenso l’anziana sembrò esitare, poi la vidi immergere le mani nodose nel secchio lì vicino per sciacquarsele e tornare a parlarci mentre se le asciugava sul grembiule. 

-La città è chiusa per i cultori stranieri- ci spiegò, lasciandomi basita -Possono entrare solo coloro che espongono il sigillo del Clan YingchuanWang 2, quei bastardi approfittatori- sputò con risentimento, lanciando occhiate ostili alla pentola che bolliva.

Aspettai che continuasse senza domandare nulla. Pareva persa nei suoi pensieri, e non sembravano di certo piacevoli, data la sua espressione corrucciata.

Dopo qualche secondo, riottenni la sua attenzione.

-Da quanto ne so, dopo la guerra i Grandi Clan avevano assicurato dei territori anche alle Sette Minori che avevano contribuito con soldati e aiuti, ma sai come vanno queste cose… non sono stati proprio di parola. Qualcosa ci è stato dato, ma erano briciole in confronto a quanto promesso- disse amareggiata, mescolando lo stufato che bolliva sul fuoco -I discepoli di YingchuanWang hanno quindi preso d’assedio Liyang e il Capo Setta che si occupava delle trattative, Nie Huaisang, ha dovuto concedergli almeno quella città, come pagamento. Ora hanno troppa paura di perdere tutto ciò che possiedono per rivaleggiare con dei cultori di Clan più potenti- completò guardandomi con aria accondiscendente, quasi non capisse perché non sapessi qualcosa di così ovvio.

Annuii, persa nelle mie riflessioni.

Mentre osservavo il nostro pranzo cuocere, iniziai a pensare a come avremmo potuto infiltrarci senza essere scoperti, dato che immaginavo che un viso come quello di Jiang Cheng sarebbe stato riconosciuto da molti. 

Stavo ancora ragionando in silenzio quando Jin Ling scese dal piano superiore per parlarmi. Il giovane zampettò per gli scalini di legno e mi arrivò a fianco con aria curiosa, rivolgendomi un sorriso e occhieggiando il contenuto della pentola. 

-La vasca è piena, ma dovresti sbrigarti, altrimenti lo zio ti ruberà il posto- mi disse ridacchiando e scoccando un’occhiata divertita al parente.

Vedendolo poi sporgersi il più possibile per respirare il profumo della carne speziata, mi giunse l’illuminazione. I suoi vestiti dorati erano troppo appariscenti, per non parlare dell’arco e della spada d’oro luminoso, ma c’era un modo, in effetti.

-Mi scusi, dov’è ora suo nipote?- domandai facendo storcere il naso a Jiang Cheng. Lo guardai male per intimargli di tacere.

La donna invece lasciò a metà la preparazione della tavola e batté le mani entusiasta. Correndo verso la porta sul retro, per quanto l’età glielo permettesse, l’aprì e si sporse oltre l’uscio per richiamare qualcuno dall’altra stanza.

-Jú, c’è una bella ragazza che chiede di te!- urlò.

Ah bene, una presentazione migliore di così è rara.

Il nipote della proprietaria era così felice di potermi essere d’aiuto che non sembrò notare le occhiate di fuoco che gli lanciava Jiang Cheng. Fortunatamente, il cultore sembrava abbastanza controllato da non fare nulla di più che ucciderlo con lo sguardo.

Il "potenziale partito" era più giovane di me di qualche anno, eppure mi superava di mezza testa. Aveva i capelli e gli occhi neri, un viso armonioso e un sorriso socievole.

Sembrava il tipico bravo ragazzo di campagna, eppure aveva qualcosa di affilato nello sguardo, quasi una furbizia nascosta, che si rivelò solo quando chiesi a sua nonna di poter comprare tre dei vestiti più modesti che possedesse. 

-Ma avete una così bella divisa… sono sicura che se la mettete davanti al fuoco, per quando avrete finito il bagno sarà asciutta- tentò di dissuadermi lei, facendo un cenno a Jú perché dicesse qualcosa.

Lui scrollò le spalle e mi squadrò con interesse. Quando però Jiang Cheng fece per aprire bocca, il ragazzo sorrise alla nonna.

-I nostri ospiti vogliono introdursi a Liyang senza farsi scoprire e quelle divise sono troppo vistose- le spiegò recuperando degli indumenti dall’armadio mentre la donna ci guardava con rinnovato stupore.

Il ragazzo me li porse, e io li distribuii ai miei compagni, osservandone intanto la fattura. Erano semplici e anonimi, tutti e tre di un color grigio scuro che pareva quasi nero, ma su cui le macchie si sarebbero viste molto meno.

Il tessuto era ruvido e compatto, più spesso e sicuramente più caldo di quello che indossavo. Insieme alla veste scura, Jú ci procurò anche dei mantelli plumbei che, a detta sua, erano impermeabili. 

Strano, dato che la consistenza ricordava quella della lana.

-Sei molto gentile- gli mormorai grata, inchinandomi e prendendo la strada delle scale -Io vado a farmi un bagno- annunciai salutandoli.

Feci le scale di corsa, stando attenta a non inumidire i nuovi abiti e il mantello che avrebbe sostituito il mio, troppo decorato e riconoscibile per l’occasione. Solo quando mi fui tolta la stoffa bagnata e mi fui immersa fino al mento nell’acqua calda mi concessi un sospiro di sollievo.

Contai per tre volte fino a cento prima di sentire il cigolio della porta alle mie spalle, a quel punto aprii gli occhi e scorsi Jiang Cheng sulla soglia, intento ad armeggiare con i lacci della su veste per raggiungermi nella vasca.

-Con quale scusa sei venuto qui?- gli domandai scherzosa, appoggiando il collo sull’orlo di legno e osservandolo mentre si spogliava -Alla nonnina verrà un’infarto se ti scopre- lo punzecchiai.

Il pelo dell’acqua ondeggiò quando si immerse, ma il liquido non colò sul pavimento, fortunatamente.

-Io non sono obbligato a dare spiegazioni- mi rispose alzando un sopracciglio con aria di superiorità -E poi sono impegnati ad accordarsi con Jin Ling per la carovana. Ora spiegami cosa ti passa per la testa- aggiunse accarezzandomi le braccia e stringendomi al suo petto.

Appoggiandogli la testa sulla spalla, passai le dita sopra la minuscola increspatura che gli attraversava la pelle candida del petto, in corrispondenza a dove, mi aveva raccontato, era stato colpito da una freccia durante una caccia notturna. Guardandone la posizione, invece, avevo notato che si trovava esattamente dove, secondo quello che avevo letto, ci sarebbe dovuto essere il nucleo d’oro di ogni cultore. Non avevo espresso i miei dubbi, però.

Se davvero ha provato a toglierselo o simili, un giorno me lo dirà, avevo pensato.

-Ho un piano- gli risposi con un sospiro, incrociando il suo sguardo e ghignando saccente.

 

 

Partimmo un’ora dopo, quando anche Jin Ling si fu lavato e cambiato come da programma. Jiang Cheng insistette per pagare la cifra piena per le camere, nonostante non ci avessimo dormito per la notte.

Sta praticamente comprando il loro silenzio, mi dissi con disapprovazione, nonostante capissi che fosse necessario, a quel punto.

Pioveva ancora, ma la tempesta improvvisa si era trasformata in un temporale coi fiocchi, con tanto di fulmini e tuoni. Le gocce di pioggia cadevano tanto fitte da impedirmi di scorgere a più di tre metri davanti a me e, nonostante fosse solo l’una di pomeriggio, le nubi oscuravano il cielo rendendo tetro tutto il panorama.

Salutai con un inchino la vecchia locandiera e suo nipote, che si era gentilmente offerto di accompagnarci lui stesso alla città. L’avevo fatto desistere per evitare che il cultore di Yunmeng ne facesse un dramma.

Prima di salire sul retro della carovana, Jiang Cheng mi fece cenno di avvicinarmi a lui. Quando gli fui davanti si piegò su di me e mi lasciò una lieve carezza sulla fronte, appoggiandovici le labbra mentre mi sfiorava morbidamente con le dita il cappuccio che mi copriva i capelli.

Sorpresa, lo guardai interrogativa, sbattendo le ciglia sotto l’acqua. Lui si limitò a scuotere il capo e balzare sul carretto, prendendo posto nella nicchia nascosta che avevamo preparato perché al confine, in caso di controlli, non lo vedessero.

-Fai attenzione e stai dietro a Jin Ling, se succede qualcosa- mi avvertì, affondando il viso nel mantello quando tentai di aprire bocca per replicare -Non fare stronzate coraggiose, per carità- mormorò con un sorriso a mezza bocca.

E adesso che gli prende? pensai alzando gli occhi al cielo.

Mi sedetti al fianco del cultore più giovane, affidandogli le redini e sperando che il viaggio finisse presto, anche se sapevo che fino a quella sera non avremmo visto l’ombra di una città, lungo il tragitto. 

Mi misi comoda e sopportai la pioggia battente sulle gambe, in silenzio. Rulan, vicino a me, spronò i cavalli a partire con uno schiocco secco della lingua. 

Procedemmo spediti in quel modo per tutto il pomeriggio, dandoci il cambio due volte e facendo una sola sosta per poter abbeverare i cavalli, che parevano stanchi, ad un certo punto. 

Quando calò la notte, anche quel poco di luce che filtrava tra le coltri scure sparì, rendendoci davvero difficile seguire il sentiero.

Circa a metà del tragitto bussai sul retro della panca su cui eravamo seduti io e Jin Ling, domandando a gran voce a Jiang Cheng se andasse tutto bene. Mi rispose con un grugnito che mi fece sbuffare esasperata.

Almeno lui è all’asciutto, pensai.

Fortunatamente, dopo altre tre ore di viaggio, io e Jin Ling scorgemmo delle fioche luci in lontananza, probabilmente appartenenti a delle lanterne alla frontiera del confine di Liyang.

-Era ora- mi ritrovai a sospirare sfinita, sgranchendomi le gambe che ormai mi si erano completamente congelate sotto la fredda pioggia.

I mantelli che ci aveva fornito Jú erano stati molto utili, e grazie a loro avevo le spalle e la testa asciutti, per lo meno. Il vero problema era il vento che, scompigliandomi i vestiti, permetteva all’acqua di infiltrarsi tra le pieghe del tessuto, bagnandomi fin nelle ossa.

Diedi un leggero strattone alle redini quando ci trovammo a pochi metri dalle lanterne, fermando i cavalli vicino ad una piccola baracca di legno che si trovava in prossimità delle mura, vicino al portone. Secondo quello che ci aveva detto Jú, stavamo accedendo da un’entrata cittadina secondaria, non dalla porta principale.

Da lì avremmo dato meno nell’occhio.

La grande parete di pietra davanti a noi era grigia e spoglia, intervallata alle estremità da alte torri angolari di base quadrata, molto diverse per forma e dimensione da quelle occidentali. 

Le mura non avevano la cima merlata, ma ogni pochi passi potevo scorgere, con grande difficoltà vista la pioggia, una guardia appostata sul bordo esterno che reggeva una lanterna giallastra.

Stupita, passai ben cinque minuti con il naso rivolto all’insù, rapita dall’imponenza della costruzione che circondava la città. Fui riportata alla realtà da una voce roca che ci urlava contro.

-Ehi voi laggiù, che pensate di fare?- sentii gridare alla mia destra. Mi voltai verso il suono, stringendo gli occhi per vedere anche oltre le gocce fitte che mi impedivano la visuale. 

Fuori dalla casupola dal tetto spiovente si trovava una figura alta e magra, appartenente ad un soldato di circa quarant’anni che, a passi svelti, ci raggiunse sotto la pioggia.

-Ci fingeremo madre e figlio che scappano da un padre autoritario, io e te- avevo detto prima di partire, indicando Jin Ling e affidandogli il suo ruolo -Tu ti nasconderai sul retro del carretto, invece, sei troppo riconoscibile. In caso ti scoprissero dirò che sei mio fratello e che sei infortunato ad una gamba o che so io, e quindi dobbiamo entrare in città per un medico- avevo poi spiegato a Jiang Cheng, facendogli cenno di tacere quando aveva provato a protestare.

Il piano aveva fatto alzare gli occhi al cielo al Capo Setta, ma aveva fatto sorridere me e Rulan con complicità. Avrebbe funzionato, ma avremmo dovuto attenerci al copione.

-Io e mio figlio stiamo solo cercando di raggiungere una locanda prima che in strada si faccia pericoloso, sapete, con tutti i cadaveri che…- iniziai, calandomi perfettamente nel ruolo della timida donna indifesa che avevo concordato con i miei due compagni.

-Quante chiacchiere, donna- brontolò esasperato lo sconosciuto avvicinandosi ancora e squadrandoci da capo a piedi.

-Vorremmo solo passare…- tentai ancora, sperando che la pioggia battente lo dissuadesse dal suo obbiettivo. Per mia sfortuna non fu così.

L’uomo mi interruppe di nuovo con un gesto rude, facendo ondeggiare la lanterna appesa al bastone che aveva in mano e facendomi cenno di scendere. Pestando con sgarbo il piede a terra, attese impaziente che lo raggiungessi e mi scoprì il capo con malagrazia, avvicinandomi pericolosamente la lampada al viso, tanto che l’estremità di legno mi sbatté sullo zigomo.

La sua espressione scortese si trasformò in un’istante, sostituendo la smorfia indispettita con un sorriso di finta benevolenza. Jin Ling, che mi aveva raggiunto, mi strinse la manica con rabbia, impedendosi di intervenire, come gli avevo ordinato.

-Entrate- mi disse d’un tratto cordiale, indicando la baracca alle sue spalle -Devo controllare che sia tutto in regola. Non vi preoccupate, sono semplici domande di confine per assicurarci che entri solo brava gente- spiegò, incitandomi a precederlo lungo la strada per la casetta, che doveva essere la dogana dell’entrata che dovevamo oltrepassare.

Esitai un’attimo, ricambiando la stretta di Rulan con forza, attraversata per un attimo da una brutta sensazione. Sperai davvero di sbrigarla in fretta: quell’uomo non mi piaceva.

-Vostro figlio può restare a sorvegliare il carro- suggerì il soldato quando provai a trascinarmi dietro il ragazzino, anche se sembrò più un’ordine che un consiglio. 

Diplomatica, nascosi la mia ansia dietro ad un sorriso storto e mi scostai le ciocche bagnate dalla fronte, girandomi verso Jin Ling e prendendogli il viso tra le mani. 

Accarezzandogli le guance con i pollici, lo guardai negli occhi e cercai di sembrare credibile. 

-Resta con i cavalli, torno subito- gli mormorai rassicurante, stringendolo un pò più forte quando il suo labbro prese a tremolare, più per frustrazione che per vero pianto -Ti prego- sussurrai.

Sapevo che non voleva lasciarmi da sola con quello sconosciuto, e sinceramente condividevo a pieno il sentimento, ma dovevamo passare senza controlli perché non scoprissero Jiang Cheng, quindi avrebbe dovuto comportarsi bene.

Lo lasciai andare solo quando annuì, accompagnato da uno sbuffo seccato dell’uomo alle mie spalle, che mi attendeva impaziente alla porta. Superandolo, oltrepassai la soglia a testa alta, sperando che ne sarei uscita allo stesso modo.

Sempre che ne esca illesa, pensai con un brivido.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Jú: () si pronuncia "giuu" e vuol dire crisantemo, ma è un nome neutro (era usato sia per i maschi che per le femmine)
2. Clan YingchuanWang: è una Scuola associata a quella di QishanWen, per via del legame tra Wen Chao e Wang LingJiao… è una setta minore che nessuno caga ;)


Questo capitolo è stato strano, perché ho diviso una scena in due e non la riprenderò nel prossimo, dato che ci sarò il punto di vista di Elisa. Nel capitolo trentacinque avrete il finale di questo momento, tranquilli.
Il punto è che devo gestirmela bene sta cosa, altrimenti viene fuori un macello. Speriamo di riuscire a farvi capire tutto senza creare confusione.
Piaciuto il capitolo? Spero di si, perché io adoro scriverli. Deb, trova gli errori che io mai vederi, tesoro mio.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 35
*** Trentaquattresimo capitolo ***


Spiegare te stessa ad un babbano
(Elisa)

 

 

Quando le figure di Cristina e dei due cultori che l’accompagnavano furono sparite all’orizzonte, abbassai la mano e continuai a guardare la strada, quasi mi aspettassi che la mia amica riapparisse all’improvviso.

Dopo alcuni minuti, mi arresi all’evidenza che da quel momento ero sola, e avrei dovuto sbrigarmela a modo mio per un pò.

Sospirando piano, aggiustai le maniche della mia veste elaborata e mi voltai verso Lan XiChen e Lan SiZhui. Sorrisi al più giovane mentre lo prendevo sottobraccio, incamminandomi lungo la strada che mi aveva indicato e domandandogli come procedevano i suoi studi.

Ignora lo sguardo che ti preme sulle spalle, per carità, mi dissi agitata, sentendo sulla schiena il dardeggiare delle iridi castane dell’altro uomo, che ora mi seguivano in ogni movimento.

Quando non ce la feci più, stizzita, mi fermai di botto e lo fronteggiai girandomi con le braccia incrociate. Wen Yuan quasi inciampò nei suoi piedi per la sorpresa.

Trovandomi però faccia a faccia col cultore, posizionato a pochi centimetri da me, persi tutta la rabbia che avevo accumulato per il suo comportamento, a mio avviso, insistente.

Questo è il motivo per cui non lo voglio guardare, pensai con un gemito sconfortato. Non posso tenergli il broncio se ha un’espressione così… limpida.

-Allora?- sbottai, mordendomi la lingua subito dopo. Ora avrebbe avuto tutti i motivi per mandarmi a quel paese, dato come lo stavo trattando. 

L’imbarazzo era troppo, però, e il nervosismo lo accompagnava di buon grado.

-Quel colore vi dona, Signorina Elisa- si complimentò con voce dolce, svicolando sull’argomento e tentando forse di rabbonirmi. O magari esprimendo un commento sincero.

L’abito di quel giorno lo avevo trovato tra i mille che Jiang Cheng aveva fornito a Cristina e che lei si era rifiutata senza pensarci di indossare. Preferiva andare in giro con la divisa del Clan di Yunmeng e sbandierare ai quattro venti la sua tresca con il Capo Setta, cosa che sembrava compiacere un sacco il suddetto cultore.

Ah, vallo a capire, mi ero detta alzando gli occhi al cielo nel vederlo bazzicare per i corridoi al fianco di Cristina come un pavone pronto a fare la ruota, tanto era soddisfatto.

Il vestito che avevo sottratto al guardaroba della mia amica le sarebbe stato inutile, in ogni caso. Dato che virava dai toni del rosa a quelli del lilla, era più probabile che lei gli desse fuoco piuttosto che ne indossasse anche solo una manica.

A costo di andare in giro nuda, quell’obbrobrio non lo metto, sarebbero state le sue parole.

-E questo che c’entra?- sbraitai arrossendo, mordendomi subito dopo la lingua -Scusa, non volevo alzare la voce- mormorai poi abbassando gli occhi sulle sue mani, che si erano contratte leggermente quando le mie guance avevano preso colore.

-Sono io che devo chiedervi perdono per la mia scortesia di ieri, voi non avete nulla di che incolparvi- mi rispose gentile, alzando di poco il braccio ed esitando nel toccarmi -Ma dovete credermi se vi dico che il mio intento non era quello di mettervi a disagio, ma di aiutarvi- aggiunse con le dita a pochi millimetri dalla mia spalla, ferme nonostante l’emozione che lo scuoteva.

Voleva davvero che capissi il suo punto di vista, quindi mi sforzai di seppellire il disagio sotto tutti gli strati di benevolenza che riuscivo a trovare dentro di me. Con un sospiro, gli presi la mano e intrecciai il mignolo con il suo, sospirando.

Lui assunse un’aria confusa ma ricambiò la mia stretta, piegando il dito affusolato attorno al mio.

-Ti perdono, a patto che tu la smetta da subito di darmi del voi, sta diventando imbarazzante- tentai di spiegargli, indicando con un cenno le nostre falangi e arricciando le labbra -Attento, se prometti ora non potrai più infrangere la parola data- lo avvertii con sguardo ammonitore, vedendolo esitare nel ribattere.

Attesi a lungo che si decidesse ad annuire, anche se lo fece con una certa riluttanza. Il suo disagio si intensificò quando dovette parlarmi.

-In che modo… vuoi arrivare a Gusu?- si sforzò di apparire naturale, sorridendo cordiale con il capo inclinato. Io gli risposi con un sorriso smagliante che lo destabilizzò.

-Possiamo andarci volando?- chiesi, saltellando dalla gioia quando annuì, mansueto -E allora muoviamoci, su! Non voglio far notte- esclamai felice, frugando nelle maniche per cercare un’elastico.

Non avrei certo volato con i capelli sciolti fino alla cima della montagna, dato il forte vento che me li scompigliava già a terra. Mi era bastato il viaggio con Bao su di Huashui.

Mi affrettai ad allacciarli in una treccia morbida, intrecciandoli con maestria, agevolata da anni di pratica. Le uniche ciocche fuori posto erano quelle più corte che mi circondavano il viso in onde disordinate, ma non potevo fare altro che assecondarne la ribellione in silenzio.

Ora avevo solo un dubbio da dissipare.

Con passi decisi mi avvicinai al giovane discepolo dei Lan e lo guardai negli occhi. Lui ricambiò lo sguardo con tranquillità, aspettando che ponessi la domanda che era evidente mi premesse sulla lingua.

-Se lo chiedo a lui mi dovrà rispondere in modo diplomatico, ma io voglio sincerità, non rassicurazioni- iniziai, indicando con un cenno del capo Lan XiChen, che ci osservava confuso -Quindi lo domanderò a te: quanto dovrò attenermi alle vostre regole? Perché sinceramente non le so tutte, non le voglio sapere e sarà impossibile per me comportarmi correttamente sempre sempre sempre- spiegai per nulla dispiaciuta, alzando leggermente le spalle come per dire che non era colpa mia, se loro erano maniaci del controllo.

Lan SiZhui, preso alla sprovvista dalla mia schiettezza, dovette coprirsi la bocca con la manica per nascondere la sua risata stupita. Ripresosi abbastanza da parlare, scosse la testa e abbassò la mano.

-Non dovete preoccuparvi. Siete un’ospite che proviene da un’altro mondo, e siete stata invitata dal Capo Clan in persona. Possiamo dire che avete un permesso speciale- mi sussurrò con voce divertita -Qualche infrazione non sarà un grosso problema… ma non dite al Maestro Lan che ve l’ho detto io - aggiunse scherzoso, anche se un tantino preoccupato.

Annuii per fargli capire che eravamo d’accordo e mi voltai nuovamente verso Lan XiChen, che intanto mi fissava in attesa.

-Allora, si parte?- esclamai.

 

 

Viaggiammo in silenzio per un’ora circa prima che mi annoiassi a tal punto da iniziare a fischiettare una melodia improvvisata pur di distrarmi dal monotono paesaggio che sorvolavamo.

I boschi e le colline ombreggiate dalle nuvole erano belle, certo, ma ci muovevamo così velocemente che era impossibile per me osservare abbastanza a lungo uno scorcio di panorama e godermelo.

Lan XiChen, davanti a me, era concentrato sul dirigere la spada lungo la traiettoria giusta. Al contempo, tentava di mantenere una posizione tale che, nonostante gli fossi di schiena, potesse guardarmi con la coda dell’occhio senza schiaffarmi i capelli in faccia ad ogni raffica di vento.

Non resistette alla curiosità, dopo altri venti minuti di nulla.

-Cosa state… stai cantando?- si corresse all’ultimo secondo, lasciandosi sfuggire una specie di sbuffo divertito per giustificare il suo errore. Io ignorai la cosa e gli risposi come se nulla fosse.

-Cantare è una parola grossa- feci, ironizzando sulla mia voce che sapevo non essere quella di un usignolo -In ogni caso è la colonna sonora di un film, Harry Potter- spiegai, sperando vivamente che non mi chiedesse cosa fosse un film, perché sarebbe stato difficile da spiegare.

Contro ogni mia aspettativa, capì da solo all’incirca di cosa si trattasse. Lo vidi annuire e sentii il fruscio dei suoi capelli sul colletto della tunica quando mosse la testa.

-É una storia del tuo mondo?- si interessò.

-Assolutamente si- non esitai a rispondere, stringendo un pò di più i pugni sulla stoffa chiara della sua schiena -Una delle mie preferite- mormorai affondandogli il viso nelle ciocche scure e profumate, sperando non notasse che lo stavo praticamente molestando.

É possibile che qualcuno sappia di incenso e libri consumati a forza di leggerli?

-E di cosa parla?- chiese ancora dopo aver preso un profondo respiro. Pregai che non si fosse accordo che avevo la faccia ancora immersa nei suoi morbidi capelli.

Tentai di pensare a qualcosa che potesse riassumere i libri preferiti della mia infanzia in poche frasi, ma non ci riuscii. Quindi, scelsi di usare proprio le parole, come Albus Silente mi aveva insegnato.

-Magia, avventura,  amicizia, amore e sacrificio. É… tutto, davvero- sussurrai chiudendo gli occhi, lasciandomi cullare dal tepore della sua schiena che mi scaldava la guancia e dal rumore rassicurante del suo cuore -Ed è anche un’ottima scusa per smistare le persone nelle Case solo per potersi schierare. Io, per esempio, sono un’orgogliosa Serpeverde- risi infine.

Ad ogni suo respiro potevo percepire il movimento dei suoi muscoli sotto la pelle che si contraevano e rilassavano a ritmo del suo fiato. Contai tre inspirazione prima che mi parlasse ancora.

-Sono felice per te, ne sembri entusiasta- constatò con voce roca, forse per il divertimento, forse per qualcos’altro.

-Oh si, siamo i più scaltri e i più ambiziosi, anche se spesso la nostra furbizia viene scambiata per cattiveria o indifferenza- gli spiegai vaga, senza approfondire il perché.

-Io cosa sarei, allora?- mi chiese con un tono strano, esitante ma sicuro, se possibile. Sembrava davvero interessato al mio parere.

O al mio giudizio? mi sussurrò una vocina deliziata.

-Mh…- ci pensai su per qualche secondo, analizzando ad alta voce le possibilità -Sei gentile e particolarmente attento agli altri come un Tassorosso, ma anche dedito allo studio, cosa molto più da Corvonero, e coraggioso quando serve, perfetta caratteristica per un Grifondoro… però direi Corvonero, si. Sei più intelligente che impulsivo o sentimentale- decretai infine.

-Non potrei essere Serpeverde come te?- domandò curioso, inclinandosi indietro quanto bastava per indirizzare la punta della spada verso la lenta discesa che ci avrebbe riportato a terra.

A quanto pare, eravamo prossimi all’arrivo.

Poco davanti a noi c’erano delle nuvole candide che contornavano come una cornice eterea un’alta montagna di roccia chiara, sulla cui sommità intravidi una cascata e delle strutture artificiali dai tetti spioventi. Per raggiungere il picco più alto, dove era situato quello che sembrava a tutti gli effetti un tempio, poi, bisognava percorrere un’imponente scalinata che era il doppio in confronto a quelle sottostanti.

Quindi questa è la famosa Gusu, pensai esultante, abbracciando la vita del mio accompagnatore e intrecciando le dita davanti al suo busto. 

-Per nulla- risposi alla sua domanda con una risata spensierata, sporgendomi un poco per osservare meglio la città -Quelli come noi sono fin troppo permalosi, volubili e poco inclini a rispettare le regole che ci vengono imposte, se non ci aggradano- decretai con una punta di malizia nella voce.

Avevo appena ammesso di non essere in grado di sottostare a degli obblighi, se questi non mi piacevano, nonostante fossi a pochi passi dalla Scuola più rigida del continente.

Cominciamo bene.

Atterrammo con grazia sull’erba rigogliosa del giardino poco fuori da una casupola elegante e raffinata, il cui pannello d’entrata non ero in grado di leggere. Immaginai fosse la biblioteca, o per lo meno ci sperai.

Quando però vidi un uomo elegante e composto fuoriuscire dalla porta scorrevole in bambù e carta semitrasparente, tutti i miei pensieri si sbriciolarono. 

In preda alla più totale confusione, osservai l’anziano fare qualche passo verso di noi. 

Aveva un’espressione severa, le sopracciglia scure corrugate in una linea sottile e austera. Con la mano destra si massaggiava il pizzetto che gli nasceva dal mento, un gesto che gli dava un’aria pensierosa.

Ero stata portata direttamente al cospetto di Lan QiRen.

I miei accompagnatori si prodigarono in un rispettoso inchino che imitai, sentendomi al contempo impacciata e inadeguata alla situazione. Poi i due mi fissarono con espressioni completamente differenti. 

Lan SiZhui parve compatirmi, forse leggendo nel mio sguardo il panico che quella presentazione aveva creato, mentre Lan XiChen si limitò a lanciarmi un’occhiata impaziente, forse felice che incontrassi suo zio.

Ah, ho capito come passerò le prime ore a Gusu, pensai lanciando un’occhiata di fuoco a Lan XiChen, che mi sorrise incoraggiante. Sarò in punizione per aver castrato uno dei loro miglior cultori.

Il vecchio maestro non ci salutò con particolare enfasi, limitandosi a piegare il capo verso di noi con pacatezza. Lentamente, alzò l’altra mano e ci indicò l’interno, invitandoci silenziosamente ad entrare.

Io, nonostante il nodo in gola, mi feci avanti per prima.

Notai il suo sguardo scettico, forse quasi infastidito, quando sollevai di poco l’orlo del mio abito rosa per salire i quattro scalini che conducevano alla passerella che circondava l’edificio.

Come risposta, scoprii anche le caviglie e buona parte dei polpacci, mostrando la pelle chiara fino a che non distolse lo sguardo e un lieve spasmo gli contrasse il viso.

So ancora irritare la gente, quando voglio, risi tra me e me, orgogliosa.

La mia baldanza ebbe vita breve, però, una volta oltrepassata la soglia.

La stanza era ampia e fresca. I tendaggi candidi la facevano apparire più grande e il mobilio semplice ne esaltava l’eleganza, mentre l’odore di pulito mi mise subito allegria, nonostante il nervosismo.

Quando tutti e quattro fummo entrati, Lan QiRen si accomodò dietro la sua scrivania, guardandoci fisso per qualche secondo.

-Quindi siete voi la famosa Dea celeste caduta dal cielo, approdata qui addirittura da un altro mondo e accompagnata da vostra sorella- esordì diplomatico -Ero impaziente di conoscere colei che ha impedito a mio nipote di adempiere ai suoi compiti qui a Gusu, facendogli abbandonare più volte il suo ruolo di Capo Setta. Prego, accomodatevi- continuò cortese, nonostante le sue parole fossero evidentemente più fredde e poco divertite del parente.

Lo assecondai, sedendomi educatamente davanti allo scrittoio e poggiandomi le mani sulle ginocchia per nascondere il tremito che le scuoteva. Se prima ero nervosa, ora era vero terrore quello che mi serpeggiava nelle viscere.

Spero che Cristina se la stia passando meglio di me.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Sono in ritardo, lo so. Non odiatemi :)
Questa volta è stata dura, perché rendere Lan XiChen credibile è un’impresa ardua e mi sta sfibrando, ma ce la posso e devo fare! Per il bene di Elisa, ci riuscirò.
Lo Smistamento improvvisato mi è piaciuta come gag da inserire, e credo che anche chi non segue Harry Potter abbia capito… insomma, non era difficile. E poi ammettiamolo, Ely è una fangirl fatta e finita, quindi ci stava un sacco, vero tesoro?
Questa cosa delle caviglie mi fa morire, anche se so che in Cina il vero problema erano le spalle, che non dovevano MAI essere in vista, per non essere volgari. Qui in Europa invece (soprattuto in Francia) all’epoca le donne avevano dei décolleté da far paura, ma le caviglie in mostra ASSOLUTAMENTE NO, É VOLGARE!!
Valli a capire.
Beh, detto ciò, basta convenevoli, vi aspetto al prossimo capitolo.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 36
*** Trentacinquesimo capitolo ***


Se solo i veri pericoli fossero mostri o divinità…

 

 

Il pavimento di legno scricchiolò sotto le suole dei miei stivali mentre entravo nella baracca. Dovetti abbassare la testa per scrollarmi di dosso le gocce che mi bagnavano le ciglia.

Mi guardai intorno alla ricerca di un qualche spazio in cui sistemarmi per sentirmi un po’ più protetta, ma la casupola era così piccola che mi sentii fortunata nel trovarci due sgabelli. Almeno mi sarei potuta sedere.

L’ambiente era spoglio e mal illuminato, dato che le uniche fonti di luce erano due candele consumate e una lanterna appesa alla parete. 

C’era una scrivania piena di fogli accartocciati e libri malridotti, oltre che un armadio dalle ante bucherellate dai tarli. Nell’angolo buio intravidi un paravento che nascondeva per metà una branda coperta da un lenzuolo giallognolo, ma non mi sforzai di osservare per bene la zona.

Il doganiere, perché infondo di questo si trattava, mi spinse in avanti premendomi il palmo sulla spina dorsale, anche se le punte delle sue dita mi sfiorarono il fondoschiena. 

Ah, dovevo aspettarmelo.

Avanzai un passo e così facendo raggiunsi il centro della stanza, ma perlomeno mi allontanai dalla figura inquietante che mi stava alle spalle. Lo sentii sospirare deliziato della mia non-reazione.

Il cigolio dei suoi passi lo accompagnò finché non si sedette sullo sgabello della scrivania, le mani appoggiate al tavolo e la lanterna abbandonata vicino ai piedi.

Il suo sorriso si distese mentre si crollava dal capo il cappuccio gocciolante e rivelava un naso aquilino, degli occhi neri e sottili, una fronte spaziosa e dei capelli scuri raccolti in un codino approssimativo. 

Nel complesso sembrava un’uomo qualunque, ma il suo sguardo insistente mi fece venire i brividi.

Sembrava scandagliarmi dalla testa ai piedi, valutando non la fattura dei miei vestiti o il mio portamento, ma zone intime del mio corpo su cui avrei voluto non posasse né lo sguardo né la mente.

Con tutta probabilità un’altra donna avrebbe tramato di paura, o magari si sarebbe indignata dal tocco appena subito, ma io ero di sale. Terrorizzata sì, ma non abbastanza da permettermi di crollare davanti al doganiere, dandogli quella soddisfazione.

Le conoscevo, le carogne come lui. Soddisfavano le loro fantasie non tanto con le molestie fisiche, ma con la paura che suscitavano negli altri, soprattuto sui più deboli.

Mi si strinse lo stomaco in un nodo di rabbia, e concentrai lì tutte le mie energie, sperando che quel sentimento sopraffacesse il timore.

A quante altre donne ha rifilato queste attenzioni? mi domandai disgustata.

-Vostro figlio è molto bello, deve aver preso dalla madre- iniziò a lodarmi. Le sue dolci parole erano però in contrasto con il tono viscido della sua voce.

Chinai la testa simulando imbarazzo, mentre dentro di me facevo di tutto per non ringhiare. Nascosi la mia smorfia abbassandomi per ringraziare.

-Siete molto lusinghiero, ve ne sono riconoscente. Dal luogo da cui provengo non ricevevo questi complimenti- affermai, imitando quello che avevo sentito dalle donne alla tenuta di Approdo del Loto.

Molte di loro si indignavano o arrossivano se venivano elogiate in pubblico, quindi pensai fosse un atteggiamento tipico dell’epoca, caratterizzata da modestia e pudicizia. 

Attesi che mi domandasse qualcosa o che mi ponesse altri quesiti, ma l’uomo non si interessò alla mia provenienza, quindi non mi diede spunti per intavolare la conversazione che avevo ideato insieme agli altri. 

-Una così bella e giovane donna avrebbe bisogno di un’accompagnatore migliore di un bambino imberbe, sbaglio?- domandò alludendo a Jin Ling, continuando poi a parlare senza darmi il tempo di rispondere -Se avete così paura delle creature che si aggirano la notte, potreste fermarvi per un po’ qui. Sono un ottimo combattente- spiegò, indicando la spada che teneva appesa alla cintura.

Un gesto intimidatorio, pensai. É come se cercasse di dire: io sono armato, tu no, ricordatelo.

-Non ce n’è bisogno, non vorrei arrecarvi disturbo- cercai di dissuaderlo, stringendomi i polsi con le dita che pian piano si facevano sempre più fredde. Le unghie mi graffiarono la pelle, ma fu un dolore rinfrancante, in una situazione come quella.

Il doganiere non mi ascoltò neppure, alzandosi con uno scricchiolio dello sgabello e girando attorno al tavolo. Tenne la punta delle falangi a contatto con la superficie liscia mentre camminava, scorrendo con la mano lungo il bordo della scrivania.

Ogni passo che compiva era un singulto intimorito che soffocavo nella mia gola.

-Oh, nessun disturbo, amo la compagnia- mi assicurò -Soprattutto se così… piacevole- si lasciò sfuggire, fermandosi difronte a me e sorridendomi dal suo metro e ottanta. 

Ah, ci sentiamo superiori? Fottuto bastardo.

-Vorremmo proseguire- affermai ancora, questa volta con più rabbia e paura in corpo, anche se continuai a tenere la testa chinata -Mio figlio è stanco per il lungo viaggio e vogliamo arrivare subito in città per riposarci- continuai, percependo il suo disappunto quando nominai Jin Ling.

Sbuffò e aggrottò le sopracciglia scure. Esasperato dalla mia insistenza, cominciò a girarmi intorno come uno squalo che accerchia la sua preda in acqua. 

Silenzioso, mi sfiorò i capelli mentre mi passava di fianco, stingendo i denti infastidito quando non reagii. 

-E allora ditemi- prese a dire con tono più riluttante di prima, mentre mi stava alle spalle -Perché siete venuta proprio qui, tra tutte le destinazioni?- concluse al mio orecchio.

Quasi sussultai quando percepii le sue dita gelide sul braccio, ma cercai comunque di rimanere immobile. La bile mi risalì in gola e dovetti ricacciarla giù deglutendo muta, le lacrime che mi premevano ai bordi degli occhi per uscire.

Pensa, mi dissi in preda al panico, inventa qualcosa, qualunque cosa, ma in fretta!

-Sono dovuta andarmene dopo che mio marito mi ha cacciata per non aver saputo dargli altri figli oltre al mio Ru…hen- mi si arrotolò la lingua nel tentativo di creare sul momento un nome che sostituisse Rulan, che mi era quasi scappato di bocca -Bao non è mai stato un’uomo violento, ma dato che è un cultore molto forte non ho potuto far altro che venire in questa città, che so essere protetta da quelli come lui- improvvisai in fretta, sentendo il suo fiato sul collo.

Riuscii a non piangere mentre parlavo, anche se il nodo che avevo in gola mi premeva a tal punto che quasi mi strozzai.

Alle mie ultime parole lo percepii sussultare, e la sua figura imponente smise di gravarmi addosso mentre l’uomo si rifugiava dietro alla sua scrivania. Fu come se mi avessero tolto un peso dalle spalle, ma non mi rilassai ancora.

Ritornò a sedere con un’espressione contrariata sul volto, buttandosi di peso sullo sgabello.

-Siete la moglie di un cultore, Signora?- domandò, d’improvviso più incerto e in qualche modo vigile.

Quando annuii, si passò una mano sul viso e si sporse sulla sua scrivania per afferrare un foglio, poi intinse un pennello nella ciotola di inchiostro lì vicino e scrisse qualcosa in fretta. Senza guardarmi negli occhi, mi porse il pezzo di carta.

Esitai, non capendo cosa gli fosse preso tutt’ad un tratto.

-Prendete questo dannato lasciapassare e andatemi fuori dagli occhi, per carità- si infervorò davanti al mio tentennamento. Furioso, mi schiaffò tra le mani il foglio e si alzò per trascinarmi fino alla porta.

La pioggia non aveva ancora finito di cadere, quindi non appena misi un piede fuori dalla capanna non fui più in grado di vedere l’ambiente circostante. Sbattei le palpebre velocemente per liberare le ciglia dalle gocce, rabbrividendo per il freddo che mi scivolò lungo la schiena.

Era diverso dal disagio di prima, fortunatamente. Di sicuro preferivo il diluvio che mi trovavo davanti ora.

-Non voglio problemi coi cultori e con le loro stronzate territoriali- mi disse ancora l’uomo, spingendomi sotto la pioggia e chiudendomi la porta in faccia.

Mi trovai sola, tremante e sconvolta nel bel mezzo di un temporale, eppure il senso di sollievo che  mi pervase non fu paragonabile a nulla che avessi mai provato. Il nodo nella mia gola si sciolse così velocemente che mi scappò un singhiozzo, e le lacrime fecero capolino mischiandosi con l’acqua che cadeva dal cielo.

É finita, mi dissi, è finita sul serio.

 

 

Non ricordo come arrivai alla carovana, ma in qualche modo barcollai fin lì senza bagnare il foglio, nascondendolo sotto il mantello. Mi accorsi solo dopo che non avevo tirato su il cappuccio e che i capelli mi si stavano appiccicando al viso e al collo.

Jin Ling mi attendeva fremente vicino al carretto, proprio dove lo avevo lasciato.

Era molto agitato e mi controllò freneticamente come se si aspettasse di trovarmi ferita o altro, ma io lo trascinai alla svelta al suo posto e afferrai le redini mentre il cancello si apriva.

-Mamma, stai…- si interruppe quando vide che mi tramavano le labbra, capendo che non avrei parlato, per il momento. Tenevo la bocca serrata a tal punto che dovevo sembrare livida in volto.

Superammo il portone a gran velocità, con Noc che nitriva felice mentre si slanciava in avanti e Principessa che, sbuffando, gli stava dietro a fatica. Dovevano essere entrambi stanchi di stare sotto quel diluvio gelato.

Io invece riuscivo solo a pensare a quanto mi facesse piacere il rumore scrosciante della pioggia che nascondeva i miei singhiozzi.

Feci svoltare i cavalli in una stradina secondaria subito dopo le mura, obbligandoli a rallentare il passo. Ci fermammo dopo un centinaio di metri, accostando la carovana ad un muro di una viuzza spoglia e fangosa.

Era un vicolo cieco, un’insenatura tra due case che si chiudeva in un cortile privo di erba. Il pietrisco granuloso che ricopriva il terreno produsse un suono familiare sotto i miei piedi quando mi precipitai giù dal carretto per vomitare in un’angolo.

Piansi per il dolore che mi grattò la gola e per la tensione accumulata che andava scemando, costringendo i miei muscoli a rilassarsi.

Sentii Jin Ling urlare e avvertii qualcuno agitarmisi attorno, ma non osai alzare la testa. Un altro conato mi squassò l’addome e mi costrinse a reggermi al muro davanti a me per non crollare in ginocchio.

Tra le lacrime, pensai a quant’ero stata imprudente a pronunciare il nome di Bao davanti a uno sconosciuto che non doveva sapere chi eravamo, ma mi giustificai accusando il panico che mi aveva assalito nell’attimo in cui avevo capito le intenzioni del doganiere.

Il suo nome non è così raro, né tanto riconoscibile come Jin Ling o quello di suo zio.

Poi una mano fresca mi raggiunse la fronte, sistemandomi i capelli lontano dal viso, e un braccio mi circondò la schiena, trasmettendomi dell’energia spirituale come avevo imparato a riconoscere.

Non ci misi più di qualche secondo a rendermi conto che si trattava di Jiang Cheng, accorso in risposta alle grida del nipote e uscito impudentemente dal suo nascondiglio.

-Scusa, scusa, mi dispiace- dissi tra le lacrime, ancora piegata in due dal dolore al diaframma. Farfugliai come potei e sputai a terra per cercare di levarmi il saporaccio di bocca. 

-Dimmi che è successo- ordinò lui, la voce inflessibile in netta contrapposizione con i suoi gesti gentili. Non risposi subito, ma lui attese paziente.

Con delicatezza, mi fece rialzare, accostando uno dei palmi al mio stomaco e trasmettendo altro potere all’interno del mio corpo, che lo ringraziò mettendo fine agli spasmi lancinanti che ancora mi facevano lacrimare.

Poi prese la borraccia che Rulan gli porgeva, saltellando ansiosamente attorno a noi come un cagnolino preoccupato, e me la diede.

Io la accettai con dita tremanti e ne scolai due sorsi pieni, prima di ricordarmi che era meglio non esagerare con l’acqua, se si ha appena rigurgitato anche il proprio intestino.

Cazzo, non vomitavo così dal compleanno di Elisa, pensai con un risolino isterico.

-Mi si è avvicinato e ho avuto così tanta paura che… non lo so. Ho inventato una storiella… non sapevo che dire- ammisi con il fiato corto mentre ancora singhiozzavo. Dopo un pianto del genere era difficile ritornare al proprio tono di voce abituale, ma in qualche modo riuscii a non apparire troppo sconvolta -Non è successo niente, non so perché sono così una lagna oggi- risi ironica.

Alzai la testa per incrociare il suo sguardo e vi lessi un mucchio di emozioni complesse, che si agitavano nelle sue iridi inscurendone la tonalità violacea. Feci per aggiungere che non avevo intenzione di creare quel casino, ma che era stato necessario per ottenere il permesso d’entrata, quando Jiang Cheng mi posò una mano sulla guancia come aveva fatto il giorno prima.

I miei capelli bagnati si appiccicarono alle sue dita mentre mi sfiorava il viso con un’espressione indecifrabile, le labbra strette in una linea sottile.

-Sembra che tu stia per piangere- mormorai per togliergli quella strana tristezza dal viso, sorridendo incerta quando piegò le dita sul mio zigomo per accarezzarmi con le nocche.

Silenzioso, continuò a giocare coi miei capelli, scostandomeli da davanti agli occhi fino a che non me li ebbe sistemati tutti oltre le spalle. Sembrò ponderare a lungo le sue parole, prima di parlare.

-Non mi viene da piangere. Sono arrabbiato, anzi, furioso- disse con voce dura, sollevando gli angoli della bocca a fatica -Un po’ con te, ma molto di più con quel cane bastardo che ti ha ridotto in questo stato- mi spiegò, vedendomi confusa.

Era la prima volta che ammetteva con tanta facilità di essere emotivamente scocciato da qualcosa, senza alzare la voce o altro. Questo fatto mi preoccupò un poco, ma prima di poterlo rabbonire fui soffocata in un abbraccio che mi zittì.

-Lo sapevo che non dovevo lasciarti andare da sola con quel… quel…- mugolò Jin Ling stringendomi al suo petto e affondando il viso nei miei capelli bagnati, senza completare la frase per via della mancanza di vocaboli adatti.

Mi lasciai coccolare per un po’, godendomi il calore del suo petto e il conforto delle sue parole. Passarono lunghi minuti in cui, incuranti della pioggia battente che ci cadeva addosso, ci stringemmo l’un l’altro per calmare i nostri animi, aspettando che la tempesta dentro di noi passasse.

Avere una famiglia non è così male, dopo tutto.

Quando mi separai dai due cultori e mi asciugai il viso come meglio potevo, mi accorsi che aveva smesso di piovere. Era spuntato il sole.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ah, finale poetico, lo so.
Scusate il ritardo, mi dispiace un sacco ma non è facile gestire una storia di questo calibro, lunga e complessa. Sto cercando di riordinare le idee, ma è più difficile del previsto.
Beh, detto ciò… piaciuto? So che è molto ansiogeno come capitolo, tra tentativi di stupro e paure varie, ma penso che ci volesse ed è una scena che avevo già in mente fin dall’inizio. Ora: come reagirà Jiang Cheng, lui che è così famoso per PERDONARE la gente che ferisce la sua famiglia?
Vi lascio immaginare.
Ci sentiamo al prossimo aggiornamento, grazie per aver letto. Elisa time! :)

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 37
*** Trentaseiesimo capitolo ***


L’età conta, ma non in quest’epoca 
(Elisa)

 

 

Da come mi stava fissando Lan QiRen, dedussi che l’assenza prolungata del nipote non gli aveva fatto piacere, soprattutto visto che la causa era una donna.

Nervosa per la tensione che si stava accumulando nella stanza, mi lisciai delle pieghe inesistenti dalla parte inferiore della mia veste, accarezzando la stoffa rosa con le dita. Non alzai gli occhi dalle mie mani fino a che la porta non si aprì nuovamente, ed un cameriere servì il the.

Ringraziandolo, afferrai la tazzina che avevo davanti e ne bevvi un fiato, sorridendo per l’aroma dolce che mi si diffuse in bocca. Presi un respiro e, sollevando lo sguardo, fissai attentamente Lan QiRen.

-Siete arrabbiato con me o con lui?- domandai quando mi stancai di sfidarlo con gli occhi -Perché io non l’ho costretto ad andare a Yunmeng e lui non c’è venuto solo per farsi una vacanza- aggiunsi con tono duro, sorseggiando il mio the con gesti misurati.

Il vecchio Maestro di Gusu mi guardò, stupito dalla mia reazione. Non si aspettava che rimbeccassi, a quanto pareva, o per lo meno non con così tanta vivacità.

-Non sto dicendo che mio nipote non abbia ottenuto risultati encomiabili, alleandosi con il Capo Setta del Clan Jiang in questa situazione così pericolosa, ma sicuramente avrebbe potuto svolgere tutto questo senza perdere tanto tempo, sbaglio?- insinuò, bevendo un sorso di the con un’espressione severa in viso.

Sotto sotto sembrava soddisfatto di avermi ammutolito per un attimo, ma io ero ben contenta di togliergli quel luccichio di superiorità dagli occhi.

-In effetti sì, vi sbagliate- asserii, appoggiando la tazza sul tavolo e incrociando le dita sotto il mento. Piegai il capo come una bambina innocente e proseguii -Eravate voi a condurre le ricerche ed i pattugliamenti? Mi pare di no. Quindi la prossima volta che volete giudicare qualcuno per il suo operato e per il tempo che ha "sprecato" là fuori, a combattere per voi e per la vostra gente, vi prego, mettetevi nei suoi panni- sorrisi.

Il colorito roseo che gli invase il collo e le orecchie mi fece presupporre che nessuno gli avesse mai parlato così in tutta la sua vita. Non mi urlò contro, però, né tentò di ribattere, perché fu anticipato dal nipote.

Lan XiChen prese parola prima che potesse farlo il parente, rivolgendosi cortese a Lan QiRen senza dimostrare alcun rancore per le parole in sua accusa.

-Zio, non avrei dovuto assentarmi per così tanto- ammise mesto, abbassando il capo per scusarsi -Ho lasciato i miei doveri sulle tue spalle per troppo tempo, lo so, ma le notizie che ho riportato erano urgenti e dovevo essere io a darle- spiegò.

Non lo disse per giustificarsi, ma perché credeva fermamente che ciò che aveva fatto era giusto. Capii che si sarebbe lasciato volentieri punire, purché il suo intento fosse riuscito.

Ha ragione, serviva che fosse un Capo Setta a dare la notizia, altrimenti non si sarebbe sparsa la voce così in fretta, pensai.

Lan QiRen, comunque, era di tutt’altra opinione.

-Qualche spostamento nelle zone di aggregazione dell’energia maligna non è così insolito, lo sai bene- minimizzò, alzando la mano destra per lisciarsi la barba, improvvisamente incupito -Alla tua età dovresti aver già capito cos’è urgente e cosa non lo è affatto- aggiunse.

Come rimprovero non era granché, ma compresi che per un cultore, essere definito immaturo era il peggiore degli insulti. A quanto pareva, Lan Huan si stava beccando una lavata di capo coi fiocchi.

-Se Lan XiChen l’ha ritenuto urgente, allora sarà stato urgente. Riuscite a non polemizzare su tutto, santo cielo? E poi non gli parlate come se fosse un vecchio- interruppi il loro dialogo sbattendo una mano sul tavolo -Insomma, conosco persone che hanno il doppio dei suoi anni e non hanno ancora capito come va il mondo… a proposito, quanti anni hai tu di preciso?- chiesi infine, ignorando lo sguardo furioso di Lan QiRen che mi bruciava sulla pelle.

Bevvi un sorso della bevanda calda che avevo tra le mani per dissimulare l’imbarazzo, mentre fissavo Lan Huan ignorando suo zio.

-Trentanove- mi rispose con un lieve sorriso.

Il the mi andò di traverso e dovetti stringere i denti per non sputarlo. Inghiottii, facendomi parecchio male alla gola mentre mi trattenevo dal tossire, e mi coprii le labbra con una manica.

Lan XiChen si allungò per aiutarmi, ma allo sguardo severo di Lan QiRen mi sfilò semplicemente la tazza dalle dita, evitando il contatto diretto con la mia pelle. Poi attese con sguardo ansioso che mi riprendessi.

Io sventolai la mano libera nella sua direzione per dirgli di rilassarsi, mentre riprendevo fiato. 

-Sei davvero così vecchio? Io e te abbiamo dodici anni di differenza, santo cielo! Non dico che potresti essere mio padre ma… davvero, non pensavo avessi quasi quarant’anni- esclamai con voce roca, tossendo ancora una volta.

Lan Huan mi rivolse un’occhiata strana, a metà tra il divertito e il confuso. Scuotendo il capo a destra e a sinistra con un movimento ritmico, fece oscillare i lucidi capelli scuri che gli incorniciavano il viso. Le due ciocche che teneva fuori dall’ordinata acconciatura gli sfiorarono le cosce mentre si sporgeva un poco verso di me.

-Sono ancora troppo giovane per essere associabile ad un parente- asserì serio, guardandomi dritta negli occhi per qualche secondo. 

Solo quando annuii, immobilizzata sotto quello sguardo castano, tornò a sedersi composto. Afferrò la sua tazza con le dita sottili e ne sorseggiò gran parte del contenuto, facendo di tutto per non incontrare i miei occhi.

Da quel momento in poi bevve in silenzio, fissando il fondo della tazza con particolare attenzione.

Bene, ora l’ho offeso, mi dissi amareggiata. Fantastico.

 

 

Non ci trattenemmo a lungo in quel padiglione, preferendo spostarci all’esterno per continuare la nostra discussione in un ambiente più arieggiato. Magari il vento fresco avrebbe aiutato a raffreddare gli animi.

I miei mecenati, ora uno più silenzioso dell’altro, mi condussero lungo un sentiero ciottolato che si srotolava per tutti i Meandri della Nuvola, costeggiando le strutture più importanti e i punti di preghiera preferiti dagli studenti.

Lan QiRen mi indicò un agglomerato di casupole in lontananza, isolate dal resto delle residenze.

-Quelli sono gli appartamenti femminili- mi spiegò -Mi pare appropriato che voi risiediate lì durante il vostro soggiorno- e detto ciò prese ad illustrarmi la millenaria storia che stava dietro alla regola della separazione in base al sesso.

In origine infatti, i dormitori maschili e femminili erano sì due ale separate, ma non distanti. Tutto era nato dalla promiscuità di certi individui che, nonostante i divieti, spesso avevano fatto visita alle compagne durante i periodi di addestramento, violando non pochi tabù, mi spiegò con palese disgusto.

Naturalmente, a quel punto non potei evitare di punzecchiarlo.

-Dato che il vostro miglior discepolo è sposato con un uomo non mi pare che la regola abbia molto senso, se volete solo evitare che la gente si diverta la notte- gli suggerii ridacchiando, meritandomi uno sguardo scandalizzato in risposta.

Lan QiRen parve per un attimo a corto di parole, quasi la mia sfrontatezza lo avesse prosciugato da tutti i rimproveri che poteva vomitarmi addosso. Boccheggiò per qualche momento, arrossendo per l’indignazione.

Vicino a noi, Lan XiChen nascose un sorriso dietro la manica candida, scoccandomi un’occhiata di rimprovero. Perlomeno ci provò, anche se l’espressione divertita non lo aiutò a sembrare credibile.

Un secondo prima che l’anziano prendesse finalmente fiato per dirmi qualcosa, fummo interrotti da un gridolino gioioso.

Mi girai di scatto verso quel suono, facendo un passo indietro e quasi inciampando sui piedi di Lan Huan, che si era fatto avanti quando io ero saltata come una molla. Riprendendo stabilità, capii chi aveva urlato.

Si trattava di un bambino piuttosto piccolo intento a correre a perdifiato lungo la stradina di sassi. Ci stava venendo incontro senza nemmeno accorgersene.

Doveva avere circa cinque o sei anni e mi arrivava all’ombelico, nonostante la coda di cavallo che gli teneva i capelli neri lontani dagli occhi lo facesse sembrare più alto.

Quando ci passò di fianco, saltellando allegro e tenendosi la veste candida arrotolata sopra le ginocchia, la sua risata si spanse nell’aria attorno a noi. Mentre scuoteva la testa al ritmo dei suoi passi veloci, il nastro frontale gli si attorcigliò tra le ciocche.

Notai che aveva la pelle troppo abbronzata per essere originario di Gusu, e dal suo comportamento sfrontato dedussi che non era cresciuto lì, ma che si era trasferito di recente.

Un orfano adottato? mi domandai.

-Lan Tao 1, correre è proibito. Smettila immediatamente- lo rimproverò con severità Lan QiRen, gelandolo con lo sguardo e facendolo fermare. Non avevo fatto in tempo a domandare chi fosse, che il piccolo si era già meritato un ammonimento.

Il bimbo ci fissò spaventato, rendendosi conto di avere spettatori non graditi. Lasciò che il tessuto bianco gli ricadesse sulle gambe, coprendole, poi ciondolò un poco con le braccia e si inchinò. 

Mi lanciò uno sguardo curioso da sotto le ciglia scure, impacciato. Riconosceva i suoi due maestri, ma non me.

-Sei ancora indisciplinato, nonostante pochi giorni fa io ti abbia punito per lo stesso motivo- continuò a sgridarlo l’anziano -Vedo che non hai imparato nulla- aggiunse. Poi si accarezzò la barba scura e scosse il capo, deluso.

Vidi chiaramente gli occhi del bambino farsi lucidi e il suo intero corpo, ancora in posizione di riverenza, prendere a tremare. Mi sorpresi che qualcuno di così giovane riuscisse ad apparire tanto servizievole, e mi fece un pò pena.

-Non ti dice questo perché è cattivo, ma perché ti vuole bene, lo sai?- intervenni allora, spostando i due uomini e inginocchiandomi vicino al bambino. Lui mi osservò incredulo i capelli, ma mi ascoltò attentamente -Se ti facessi male perché corri troppo in giro tutti sarebbero tristi, quindi devi andare piano per te e per gli altri, va bene?- spiegai con un sorriso.

Era un’argomentazione spicciola e sinceramente ingenua, ma su un bimbo così piccolo dovette funzionare, perché il pargolo annuì con fervore. Poi si morse la manica bianca dell’abito e mi indicò le ciocche.

-Perché sono di quel colore? Siete malata, shijie?- domandò, tormentando ancora le cuciture della veste coi denti, evidentemente nervoso.

Era tipico dei bambini mettersi qualunque cosa in bocca per passare il tempo, quando si annoiavano, ma dallo sbuffo di Lan QiRen dedussi che non fosse decoroso, nonostante la giovane età.

Prima però che il bambino venisse nuovamente rimproverato, afferrai la sua figura minuta e me la sistemai in braccio, facendolo appoggiare al mio fianco mentre per istinto il piccolo mi allacciava le gambe alla vita. Per fortuna la veste era abbastanza larga e morbida da permettergli quel movimento.

Con delicatezza gli tolsi la manica di bocca e gli asciugai il mento, lasciandogli un leggero buffetto sul naso che lo fece spalancare gli occhi mentre scoppiava a ridere.

-Ti rivelo un segreto, ma non dirlo a nessuno, ok?- aspettai che annuisse facendosi segno sulle labbra di non parlare e continuai -Quando sono nata, piangevo tantissimo. Mia madre era preoccupata che continuassi a farlo per sempre, quindi mi cullò a lungo, dicendomi che se avessi smesso di urlare e mi fossi comportata bene, il cielo mi avrebbe ringraziato. E funzionò!- improvvisai quella storiella sul momento, cercando di renderla carina.

Per un attimo credetti di aver esagerato, ma la vivacità di Lan Tao mi stupì.

-Il cielo vi ha colorato i capelli perché siete stata brava?- sussurrò sorpreso, schiacciandosi le guance con i palmi e fissandomi con due grandi occhi marroni spalancati.

-Certo che sì- esclami con enfasi, sistemandogli le ciocche disordinate stando attenta a non toccare il nastro frontale -E sono sicura che se anche tu rispetterai tutte tutte le regole di Gusu, il cielo ti regalerà il colore migliore di tutti- aggiunsi con un grande sorriso.

-Mi comporterò bene, lo giuro- esclamò allora ad alto volume e coprendosi la bocca con le mani un attimo dopo, rendendosi conto di non dover urlare -Voglio i capelli rossi come il tramonto!- sussurrò entusiasta. 

Io annuii come se fossi d’accordo e me lo sistemai meglio addosso, timorosa di farlo cadere mentre si agitava felice. Scoccai un’occhiata curiosa verso i due uomini che ci fissavano e intuii che era meglio cambiare argomento.

-Non dovresti essere a scuola, in ogni caso?- chiesi al bambino, che arrossì di botto e riprese a mordersi la manica bianca.

-Mh mh- mormorò in assenso, facendo con la testa. Percepimmo entrambi lo sguardo di Lan QiRen farsi fiammeggiante a quell’ammissione, ma io bloccai sul nascere qualunque protesta.

Prevedere il disastro, ecco che mi tocca fare.

-E allora che ci fai ancora qui?- domandai appoggiandolo a terra, inginocchiandomi per sistemargli i vestiti e i capelli.

Una volta lisciata la veste e aggiustato il colletto gli sciolsi la coda di cavallo per farne una migliore, dato che la sua, oltre ad essere storta, resisteva per chissà quale bontà divina. 

In pochi secondi mi tolsi l’elastico che avevo al polso per abitudine e gli rifeci l’acconciatura, pettinandogli le ciocche con le dita. Lasciai però a lui il delicato compito di raddrizzarsi la fascia.

-Ora va’- lo esortai con una spintarella, sorridendo nel vederlo correre per qualche metro prima di ricordarsi l’obbiettivo che si era posto per colorarsi i capelli. Rallentò l’andatura e procedette spedito verso l’edificio dietro l’angolo.

A quel punto mi permisi di dare attenzione ai due Lan, crogiolandomi lusingata sotto lo sguardo ammirato di Lan XiChen. Suo zio, invece, mi riservò un’occhiata scettica, anche se per la prima volta parve interessato.

Mi fissò per alcuni secondi, poi ricongiunse le mani davanti allo stomaco e parlò con voce chiara.

-Così crescerà nella sregolatezza- mi disse solo, osservando con la coda dell’occhio il bambino che si allontanava a passo svelto. Io sorrisi, sbuffando divertita.

-Avrà tutta la vita per essere un ragazzo ligio al dovere- risposi con un cenno della mano -Ora lasciatelo essere un bambino- conclusi, incamminandomi verso il dormitorio femminile.

La faccia stupita di Lan QiRen mi soddisfò più di qualunque altra cosa.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Lan Tao: nelle filosofie orientali il simbolo del tao (detto anche dello “yin e yang”) rappresenta il cammino, il divenire di tutte le cose e significa "via"


Ci ho messo un pò, ma contate che sto andando avanti con una marea di roba e non ho tempo di far nulla. Per di più Dark Souls mi ha proprio preso e devo andare avanti almeno un pò ogni giorno.
Comunque… piaciuto?
Elisa è un pò meno manesca di Cristina, ma sa difendersi, ammettiamolo. Io la adoro: sfotte Lan QiRen così bene :)

Grazie per aver letto fino a qui, baci a tutti.

Sarah_lilith

 

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Capitolo 38
*** Trentasettesimo capitolo ***


Non possiamo semplicemente arrenderci?

 

 

Quella notte prenotammo due stanze nella prima locanda disponibile, troppo stanchi e infreddoliti per trovarci una sistemazione migliore.

Jin Ling mi tenne stretta tutto il tempo, mentre suo zio pagava l’oste e salivamo le scale per raggiungere le camere. Mi lasciò sulla soglia con un ultimo abbraccio, strofinandomi la guancia paffuta sui capelli ancora bagnati.

-Sono nella camera vicino- disse guardandomi negli occhi prima di proseguire per il corridoio, il mantello zuppo che strisciava sul pavimento di legno. I capelli gli si erano bagnati con la pioggia, e ora aderivano al collo e al viso come delle alghe scure.

Se ti serve conforto, era la frase sottintesa che aleggiava ancora nell’aria, non detta solo perché troppo ovvia. Forse non si fidava delle doti rassicuranti dello zio, e non gli davo torto.

Oltrepassai l’uscio della mia stanza con la stanchezza che ormai mi appesantiva il passo e, non appena vidi il letto, l’unico mio pensiero fu quello di buttarmici dentro e dormire per un’intera settimana.

Quando fummo soli, Jiang Cheng si liberò della spada con calma, spogliandosi del mantello e della cintura per poi dirigersi verso il paravento nell’angolo destro della stanza. Ci diede una veloce occhiata dietro e poi si voltò verso di me.

-Vuoi che ti prepari un bagno?- mi domandò co voce pacata, in una tonalità premurosa che rare volte gli avevo sentito usare -Sarebbe meglio che tu ti lavassi prima di andare a letto- spiegò razionale, come se volesse placare un animale messo alle strette.

Almeno si sta impegnando, mi dissi con sincero divertimento.

-No, voglio solo dormire- gli risposi liberandomi del mantello e dalla veste fradici. Si ammucchiarono ai miei piedi in un informe ammasso bagnato.

Per asciugarmi presi un telo da sopra una delle cassettiere in legno che dovevano fungere anche da comodini e da armadi, dato che erano gli unici mobili presenti. Mi tamponai i capelli e la pelle come potevo, tremando di stanchezza e di freddo. 

Quand’ebbi finito, rivolsi a Jiang Cheng un sorriso stanco.

-Non guardarmi così, è inquietante- lo avvertii, agitando una mano in aria come a voler cancellare l’espressione premurosa dal suo viso -Sto bene… va molto meglio ora- mi corressi quando lo vidi sollevare un sopracciglio, scettico.

Il cultore mi si avvicinò con cautela e fece per carezzarmi la guancia, ma all’ultimo secondo si ritrasse, sfiorandomi lo zigomo con le punte delle dita. Sussultai per il tepore che mi avevano procurato, e lui si allontanò ancora, temendo di avermi spaventata.

Sembrava che mi considerasse d’un tratto di vetro, come se il mio sfogo di poche ore prima mi avesse svuotato di ogni forza. Forse era vero, ma non volevo in ogni caso che mi considerasse una bambolina da coccolare.

Se continua in questo modo crollerò davvero, pensai ansiosa.

Gli rivolsi un’occhiata amara, arrabbiata con me stessa per il modo in cui la mia reazione lo aveva costretto a trattarmi. Distolsi lo sguardo dalle sue iridi lillà e mi sfilai gli stivali e i calzoni.

-Andiamo a dormire, domani abbiamo degli impegni- gli intimai, ricordandomi della nostra missione solo mentre pronunciavo quelle parole. Con tutto quello che era successo, lo scopo del nostro viaggio mi era sfuggito di mente.

Il suo sguardo si indurì all’improvviso, come se all’interno di quelle pozze viola fosse passata un’ombra poco rassicurante. Ma durò un attimo, perché il secondo dopo tornò in sé.

Forse cedette alla stanchezza anche lui, o forse capì qualcosa dai miei occhi che nemmeno io sapevo esprimere a parole, ma d’un tratto scrollò le spalle e si diede da fare per prepararsi per la notte.

Tirò le tende per far calare la camera in un buio confortevole adatto al mio desiderio di riposo, dato che il sole era ormai sorto oltre le mura della città e illuminava le strade. Poi si spogliò del tutto, pronto per andare a letto, ma un momento prima di coricarsi esitò con un ginocchio appoggiato al materasso.

Spostò il peso prima in avanti, stropicciando le coperte di cotone e sporgendosi come a volersi sdraiare, poi ci ripensò e mi diede le spalle, recuperando la sottoveste bianca dal comodino. 

Se la rinfilò e tornò verso di me.

Io, seduta al centro del letto, scivolai in silenzio sotto le lenzuola fresche e mi avvolsi nelle coperte, anche se tenni la testa sollevata dal guanciale per non cedere subito al sonno.

-Lo sai che potevi anche rimanere nudo, vero?- gli domandai fingendomi indifferente, anche se dentro di me repressi un brivido che non centrava nulla col freddo.

Jiang Cheng si appoggiò al materasso con una coscia sola, per metà seduto e per metà no. Mi venne un po’ più vicino e si morse il labbro inferiore, trattenendo una smorfia.

-Non volevo… spaventarti- tentennò sull’ultima parola, impossibilitato a scegliere altri termini che descrivessero a pieno quello che per lui dovevo provare in quel momento. 

Sapeva che non prendevo bene le accuse di codardia.

Fui sul punto di dire che non ero spaventata, ma mi fermai. Le proteste mi morirono sulle labbra mentre la voce di Elisa mi rimbombava nella mente.

Sai, ci tiene tanto a te, aveva detto una notte, rannicchiata nel mio letto dopo avermi costretto a condividerlo, e ne è terrorizzato. Era convinta al cento per cento che Jiang Cheng tenesse più a me che alla maggior parte delle persone che conosceva.

Non potevo darle tutti i torti.

-Vieni qui- gli ordinai, allungando le mani verso di lui e lasciandomi abbracciare, anche se sbuffai esasperata quando lo sentii trattenersi dallo stringermi sul serio.

Per tutta risposta, lo spinsi disteso sulle coperte candide e mi accoccolai al suo fianco.

-Sicura di riuscire a dormire?- chiese, ancora indeciso su come doveva trattarmi. In compenso, prese ad accarezzarmi la schiena con le dita, disegnando figure immaginarie tra le mie scapole.

Invece che parlare, sbuffai di nuovo, chiudendo gli occhi e respirando il suo profumo. 

Vediamo chi cede per primo allora, romanticone.

Jiang Cheng si mosse un po’ per trovare una posizione che gli permettesse allo stesso tempo di stringermi e di stare comodo. Dopo qualche avvitamento si fermò, affondando il viso nei miei capelli e sussurrandomi che avrebbe aspettato finché non avessi preso sonno.

Per sua fortuna, crollai addormentata quasi subito.

 

 

Mi svegliai al tramonto, anche se per capire che ora fosse dovetti strisciare fuori dalla stretta ferrea di Jiang Cheng, che mi aveva intrappolato fra le sue braccia nel sonno.

Saggiai il pavimento freddo con le piante dei piedi e rabbrividii mentre scostavo la tenda quel tanto che bastava da intravedere l’esterno. La luce rossa del sole morente era così fioca che non mi disturbò, nonostante mi fossi appena alzata.

Dietro di me, il cultore emise un lamento gutturale mentre, ancora nel dormiveglia, tastava il mio posto vuoto. Mi affrettai a ritornare da lui prima che si accorgesse che me n’ero andata.

Lasciarmi riavvolgere dal suo calore fu bello, ma mi resi conto che sarebbe stato meglio se avessimo sfruttato la notte incombente per cercare indizi. Dovevo svegliarlo.

-Ehi, è ora di alzarsi- sussurrai dandogli un buffetto sul naso e ridendo nel vederlo fare una smorfia infastidita.

Ignorando il suo evidente desiderio di continuare a dormire, presi ad accarezzargli i capelli e a baciargli il viso con scocchi rumorosi, mentre l’uomo serrava le palpebre e si cercava di rigirare. Ridacchiando, lo spinsi di lato facendolo cadere dal letto.

-Che cazzo…?- grugnì balzando in piedi, la veste stropicciata e i capelli scompigliati sulle spalle -CRISTINA!!- gridò irritato quando capì cos’era capitato.

Io alzai le spalle e soppressi una risata mordendomi le labbra, conscia che non avrebbe aiutato a calmarlo ridergli in faccia, in quel momento.

-Non ti svegliavi, che altro dovevo fare?- scherzai rivolgendo i palmi verso l’alto, innocente fino a prova contraria.

Jiang Cheng gemette esasperato e mi indicò la porta, lanciandomi la veste perché la indossassi. Io ridacchiai mentre me la infilavo, insieme ai pantaloni e agli stivali, che ormai si erano asciugati.

-Vai a chiamare Jin Ling, abbiamo del lavoro da fare- mi ordinò l’uomo, passandosi una mano sul viso per riprendere la calma.

-Agli ordini, principessina- lo salutai, scivolando leggera oltre la porta e allacciandomi la tunica, mentre gli facevo un cenno divertito.

Prima di uscire, lo sentii brontolare qualcosa che suonava come "Se mai trovassi il coraggio di insultare una donna, lei sarebbe la prima".

Mi ci vollero almeno dieci minuti per convincere Rulan ad alzarsi, anche se dal suo sguardo assonnato dedussi che sveglio sveglio non era. Si trascinò dietro di me per le scale come se avesse tutta l’intenzione di addormentarsi su di uno scalino.

Quando raggiungemmo Jiang Cheng al piano inferiore, lui ci stava attendendo con le braccia incrociate ed un cipiglio irritato. Ci guardò di sfuggita e fece un cenno verso la porta, invitandoci ad uscire.

Una volta all’esterno, il cultore di Yunmeng prese a spiegarci ciò che aveva scoperto nei minuti di chiacchierata con il locandiere.

-A quanto pare girano delle voci sullo spostamento dell’energia maligna verso sud, ma non ci crede quasi nessuno… eppure la sorveglianza è aumentata: ci sono più guardie in giro- mormorò, incrociando le braccia e facendosi pensieroso. Rifletté in silenzio per un attimo e poi guardò suo nipote -Voglio che raccogliate informazioni dai soldati che pattugliano la zona, anche se dubito risponderanno a domande dirette- gli disse, facendogli un cenno con il mento come a dire "portati dietro lei", cosa per cui lo ricompensai pestandogli un piede.

A quel gesto, mi scoccò un’occhiata truce e si avvicinò a me con aria minacciosa. Nonostante il brivido che mi serpeggiò lungo la spina dorsale, mantenni gli occhi fissi sui suoi, il mento alto e un’espressione fiera in viso. 

Al posto di ricambiare il calcio punzecchiandomi i fianchi o caricandomi in spalle come aveva già fatto in altre occasioni, questa volta si limitò a sistemarmi la cintura e sfiorare il campanello che mi aveva donato con le dita, nascondendolo tra le pieghe del mantello.

-Non fatevi riconoscere- aggiunse, sapendo bene che eravamo a conoscenza dei rischi che correvamo.

-Tu invece cosa farai, zio?- domandò curioso Rulan, esprimendo una perplessità che mi ero posta anche io quando aveva accennato al fatto che dovevamo separarci.

-Ho i miei affari da sbrigare- gli rispose Jiang Cheng criptico, procedendo a piedi e lasciando un buffetto sul muso di Principessa. Sparì tra la gente che si affrettava verso casa prima che calasse la notte, facendoci un saluto di spalle.

Io e Jin Ling ci scambiammo un’occhiata confusa e decidemmo di ignorare quella sua stranezza. Seguendo la strada dalla parte opposta rispetto alla direzione presa dal Gran Maestro di Yunmeng, ci avviammo in cerca di informazioni.

Il ragazzino trovò quasi all’instante uno dei locali in cui si riunivano i soldati e le guardie del luogo, quindi ci accomodammo ad uno sei tavoli più in disparte. Non volevamo attirare troppe attenzioni.

A quell’ora tarda c’erano abbastanza clienti, eppure il posto era tranquillo e le voci si distinguevano bene. Mi ero immaginata una baraonda insopportabile, invece quell’osteria era molto rilassante.

Scoprii però presto che lo spionaggio non faceva per me.

Mi annoiai a morte stando zitta e ferma nello stesso punto per ore, senza la possibilità di chiacchierare con Rulan. Se ci avessero scoperto, sarebbe saltato tutto.

Quando fui sul punto di scattare in piedi e mandare il piano alle ortiche, da uno dei tavoli si alzarono due guardie, armate e pronte a riprendere le loro posizioni. Io e Jin Ling allungammo le orecchie per capire di che stavano parlando.

Poi dovemmo fingere di concentrarci sulle tazze che avevamo di fronte per non essere notati.

Da dov’eravamo appostati, io e Rulan potemmo vedere senza sforzo i due soldati camminare verso l’uscita, fermarsi e pagare ciò che avevano bevuto. Intanto, si misero a chiacchierare.

-Ho sentito che a sud si stanno radunando un sacco di cadaveri- sentii dire da quello più alto, che teneva il polso sinistro mollemente appoggiato all’elsa della spada -Mio cugino è stato spedito in ricognizione e ha detto che l’energia maligna dei boschi in quelle terre è quasi soffocante- continuò, agitando una specie di tavoletta di legno davanti all’oste, che prese un registro e ci segnò sopra qualcosa.

Doveva essere una tessera di riconoscimento. Così come avevo visto fare nei piccoli negozi di paese del mio tempo, l’addebito del conto sarebbe stato pagato alla fine del mese, un modo per non doversi portare sempre i soldi in tasca.

-Ah, tutte stronzate!- gli rispose il compagno, sistemandosi le maniche della veste scura con attenzione -Se davvero fosse così grave ci avrebbero avvertito di sicuro… o come minimo avrebbero mandato i cultori Maggiori a vedere come va, no?- domandò retorico, tormentando il nastro scuro che gli teneva i capelli legati.

Lo osservai mentre si allungava in direzione dell’amico e gli aggiustava il colletto della divisa, che nei movimenti si era spiegazzato da un lato. L’uomo più alto scacciò quelle attenzioni come se fossero una mosca fastidiosa.

Il suono della collisione delle mani dei due soldati mi giuste forte all’orecchio, facendomi sussultare. Sperai che non mi stesse cambiando l’udito grazie ai miei poteri spirituali o cose simili, altrimenti sarebbe stato un altro casino da sistemare.

Non ora, ok? pregai tra me e me.

-Ah, toglimi le mani di dosso, sembri mia moglie- gli grugnì in faccia, facendo qualche passo verso l’uscita -E comunque, se quei ricconi non fossero impegnati a organizzare banchetti e gare di caccia, forse avrebbero tempo per proteggerci. Ma lo sai come sono i nobili- commentò con voce amara.

-Mh, vada come vada, speriamo di uscire vivi- gli rispose l’amico. Si era ritratto dopo il rifiuto, ma ora sembrò intenzionato a ritentare, allungando le dita sottili verso la stoffa stropicciata che copriva il collo dell’altro. 

A questo tentativo, il soldato scorbutico non provò a sottrarsi. Anzi, si fermò sulla soglia della locanda per agevolargli il compito, anche se guardava lontano.

-Avremmo qualche possibilità, se solo tutto questo non mi sembrasse opera della Sacerdotessa Nera- disse mentre il più basso gli sistemava la veste -Mi vengono i brividi al solo pensiero- aggiunse facendosi sfuggire una smorfia. 

Rivolsi a Jin Ling uno sguardo interrogativo, che lui ricambiò con altrettanta sorpresa negli occhi.

Sacerdotessa Nera?

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ah, sono tornata… so che sono ritardataria in questi ultimi tempi, ma questa quarantena mi tiene molto impegnata, per non parlare delle altre mille fan fiction che mi sto impegnando a scrivere. Mi dispiace, cercherò di essere più presente.
Devo ciò: come vi sembra? So che le parti di Cry stanno diventando un pochino pensati, senza molto umorismo o altro, ma serve per la trama. I neeeeeeed this.
Grazie per aver letto fino a qui, ci si risente.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 39
*** Trentottesimo capitolo ***


Non so come si scala una montagna, ma per te lo farei
(Elisa)

 

 

Il dormitorio femminile era composto da due strutture. Una a forma di ferro di cavallo con un cortile centrale sul quale si affacciavano le stanze, e l’altra composta da un complesso che comprendeva cucina, biblioteca e sala meditativa.

Lan QiRen e Lan XiChen dovettero lasciarmi sola all’inizio del sentiero che conduceva all’interno della zona, salutandomi con un inchino e attendendo che proseguissi. Non potevano procedere oltre, evidentemente.

Quando mi voltai, raggiunta l’entrata, il cultore più anziano mi stava dando le spalle mentre si incamminava per tornare alla sua residenza. Il Gran Maestro di Gusu, invece, attese fino a che non oltrepassai la soglia del cortile sassoso, sorridendomi per tutto il tempo che fui nel suo campo visivo.

Rossa in viso per quella premura, quasi non notai la giovane donna che mi veniva incontro, i passi leggeri che non facevano rumore sulla ghiaia grigia.

-Siete la benvenuta nel Padiglione delle Orchidee, Giovane Signora- mi salutò, inchinandosi cordialmente e facendosi scivolare sulle spalle i lunghi capelli -Mi chiamo Lan Lu 1- si presentò con un sorriso.

Ricambiai la riverenza e la scrutai a fondo mentre piegavo le mie labbra all’insù. Notai innanzitutto la conformazione sottile del viso e del collo, delicati e pallidi come dei petali di un fiore, poi mi concentrai sugli abiti, eleganti ma semplici. 

Doveva avere circa quarant’anni, nonostante la completa assenza di rughe o imperfezioni la facevano sembrare più giovane. Gli occhi profondi mi osservavano con curiosità, anche se la donna non chiese nulla, intenta a risistemarsi le ciocche scure sulla schiena.

Com’era tradizione dei Meandri della Nuvola, portava vestiti bianchi da lutto e il nastro frontale perfettamente dritto e pulito. La stoffa chiara le abbracciava le tempie in un cerchio morbido che le esaltava le sopracciglia sottili e la fronte ampia.

Un’altra bellezza fuori dal comune, come da copione, pensai divertita. Benedetta Gusu.

-Puoi chiamarmi Elisa- dissi candidamente, sperando di fare una buona impressione -É un piacere fare la tua conoscenza. Dammi del tu, è molto strano sentirsi appellare così gentilmente- aggiunsi, piegando il capo di lato e sistemandomi i capelli dietro le orecchie.

Dal modo in cui il suo sorriso si ampliò, dedussi che il mio atteggiamento timido e cortese aveva suscitato l’effetto che desideravo.

-Seguimi, allora- mi incitò, girandosi per metà verso la passerella esterna alle stanze che si affacciava sul cortile -Ti mostrerò la tua camera e ti presenterò alle altre, se non sei troppo stanca. Dovrebbero essere in biblioteca, a quest’ora- indicò con un gesto elegante i due scalini che mi separavano dal corridoio di legno e mi diede le spalle, incamminandosi.

Io le trottai dietro con la gioia che mi invadeva le vene.

-Non si è mai abbastanza stanchi per rinunciare a visitare una biblioteca- commentai d’impulso. Seppi di aver guadagnato punti, vedendola compiacersi delle mie parole.

Proseguimmo lungo la passerella per metà della struttura, fino a che Lan Lu non si fermò davanti ad una porta di legno e carta. 

Era la tipica copertura usata per alternare i pannelli legnosi con qualcosa di più leggero e facilmente sostituibile nelle pagode giapponesi, ma dedussi si utilizzassero anche in Cina, a quanto potevo vedere.

Aprendo la porta a scorrimento di quel tanto che bastava per mostrarmi l’interno della camera, la donna mi indicò il mio letto e l’armadio con delle vesti di ricambio che avevano preparato per me le altre ragazze. Erano state entusiaste di scoprire che la loro nuova e temporanea compagna veniva da un’altro mondo, secondo Lan Lu.

Questo soggiorno sarà entusiasmante, mi dissi divertita.

Ci dirigemmo subito alla biblioteca, attraversando il prato e passando di fianco alle cucine. Nell’aria aleggiava un denso odore di zuppa, quindi dedussi fosse quasi ora di pranzo.

La stanza delle letture antecedeva la vera e propria libreria, composta da massicci scaffali in legno scuro, posizionati in modo da poter accogliere più libri possibili sulle loro mensole. Accedendo dalla porta sul muro che dava sull’esterno, ci si trovava davanti ad una serie di scrittoi che venivano presumibilmente utilizzati per studio e copiatura, mentre sulle altre pareti c’erano delle aperture usate per accedere alla biblioteca che circondava su tre lati la stanza.

Ad accoglierci nella sala studio trovammo una dozzina di ragazze, sedute composte agli scrittoi e intente a copiare dei manoscritti. Concentrate com’erano, non notarono subito il nostro arrivo.

Da quello che mi aveva raccontato Lan Lu, era loro compito creare una o più copie di ogni libro presente a Gusu per evitare che un incendio come quello della Grande Guerra li distruggesse per sempre.

-Ragazze, la nostra ospite è arrivata- mi annunciò la donna, battendo una volta le mani per attirare l’attenzione su di noi.

All’istante, dodici paia di occhi si fissarono sulla mia figura, scandagliandomi con attenzione e curiosità. Avide di dettagli, le iridi variopinte delle discepole dei Meandri della Nuvola mi percorsero il viso, le spalle e i capelli, cogliendo dettagli e facendo congetture.

-É un vero piacere conoscervi- esordii, inchinandomi velocemente e sorridendo a tutte loro con cortesia.

Una delle più giovani si fece avanti e si presentò, seguita ordinatamente dalle sue compagne, che mi fecero la riverenza una ad una. Quando ebbero finito, io mi lasciai scappare una risatina e mi morsi il labbro inferiore.

-Siete un pò tante… mi sa che ci metterò qualche tempo a ricordami i nomi- ammisi, contagiandole con il mio sorriso.

Alcune di loro risero, nascondendo i loro visi dietro alle maniche ingombranti per non farsi rimproverare dalla loro Maestra, mentre altre si limitarono ad un risolino contenuto che fu tollerato senza problemi. Tutte, comunque, si dimostrarono pronte ad accogliermi con gioia.

-Che ne dite se vi lascio finire ciò che avete interrotto mentre io sbircio in quella favolosa biblioteca?- continuai, battendo le mani entusiasta quando le vidi annuire e tornare ai loro posti.

Soltanto due di loro esitarono, incerte mentre mi osservavano insistentemente. Lan Lu fece un passo avanti e le invitò ad esprimere i loro pensieri, dato che sembravano ammutolite.

-Beh- disse quella che portava i capelli allacciati in un’alta coda di cavallo così simile a quella di Wei WuXian da farmi preoccupare -Io e mia sorella ci chiedevamo se potesse raccontarci del suo mondo, così potremmo annotarlo… noi siamo storiche, dopo tutto- aggiunse, supportata dalla compagna, che dietro di lei annuiva.

Mi ritrovai nuovamente al centro dell’attenzione. Tutte le presenti, ora sedute ai loro posti, si volarono simultaneamente verso di me e si sistemarono comode, pronte ad ascoltare la mia storia.

Diedi un’occhiata alla mia guida, che annuì e si sedette di fianco ad una delle sue discepole. Con un grande desiderio di descrivere cos’avevo vissuto, mi inginocchiai davanti al mio pubblico e cominciai.

-Da dove vengo io, innanzi tutto, le donne hanno capito che si erano stufate di stare nell’ombra…- presi a narrare.

 

 

Quella notte il mio sonno fu agitato e interrotto. Nonostante tutte le volte che ci provai, non riuscii davvero ad addormentarmi profondamente, quindi non appena sorse il sole decisi che mi sarei alzata, nella speranza di fare una colazione nutriente che mi riportasse almeno parzialmente in questo mondo.

Il pomeriggio precedente, dopo aver messo in pausa la mia narrazione per pranzato tutte assieme, io e le ragazze eravamo tornate in biblioteca, loro per completare i rispettivi compiti, io per osservare meglio l’ambiente. 

Era bello osservare tutti quei libri, ma mi doleva il cuore al pensiero di non poterli leggere, dato che gli ideogrammi cinesi mi erano totalmente sconosciuti e il "potere di traduzione automatica" sembrava funzionare solo verbalmente. Il mio sconforto doveva essere stato ben visibile, dato che una delle discepole si era offerta di insegnarmi a leggere.

Si chiamava Lan Xing 2 e mi era parsa la più graziosa tra le ragazze presenti, anche se la sua timidezza le arrossava il viso ogni qualvolta qualcuno le rivolgeva la parola. 

Erano state le sue compagne a spronarla perché mi chiedesse se volevo imparare la loro lingua, fiduciose che quest’esperienza avrebbe aiutato entrambe. Lei mi era inciampata davanti e si era inchinata tre volte prima di proferir verbo, balbettando con voce sottile qualcosa di indecifrabile.

Io, intenerita, le avevo rivolto un sorriso rassicurante e l’avevo fatta sedere, domandandole di parlare più chiaramente.

Quando finalmente aveva trovato il coraggio di alzare lo sguardo, si era sorpresa nel vedermi attendere con pazienza i suoi tempi, senza forzarla o apparire infastidita da quanto ci stesse mettendo. Forse era stato proprio quello che le aveva dato la sicurezza di ripetersi.

Con tono timido ma più sicuro, mi aveva domandato se avessi bisogno di un tutore che mi insegnasse le basi del cinese. Io le avevo risposto con un assenso, ridendo nel vederla fuggire nuovamente verso la sua postazione e cercare freneticamente dei tomi che potessero essermi utili.

Era giunta sera senza che me ne accorgessi, attenta com’ero alla spiegazione che mi stava fornendo Lan Xing. Quando ci avevano chiamato per cena, eravamo saltate in piedi e avevamo preso a correre verso le cucine come se fossimo inseguite da un’orda di cadaveri ambulanti.

Affamate lo eravamo di certo.

Le avevo promesso di non dire a nessuno di questa sua infrazione, facendole l’occhiolino e vedendola ridere per la prima volta da quando avevamo iniziato a parlarci.

Ci eravamo poi date appuntamento alla giornata successiva, dopo le preghiere mattutine che gli abitanti di Gusu erano abituati a compiere all’alba. Mentre attendevo che le ragazze uscissero dalla stanza delle preghiere, mi diressi verso il giardino e arrivai fino all’orlo della montagna, mettendomi coi piedi a penzoloni sul precipizio.

Guardai il cielo schiarirsi pian piano, sostituendo il giallo rosato del sole appena sorto con l’azzurro intenso di una serena mattina.

Se mai tornerò nel mio mondo, mi dissi con un sospiro triste, questo mi mancherà di certo.

-Cosa ti porta qui?- sentii dire da una voce ormai familiare alle mie spalle, scuotendomi dai miei pensieri. Lan XiChen era apparso dietro di me senza che me ne accorgessi, facendomi sussultare.

-Perdonami- aggiunse vedendomi con gli occhi spalancati dallo spavento -Non era mia intenzione sorprenderti- spiegò con un sorriso, allargando le braccia come a dire che non lo aveva fatto con cognizione di causa.

-Sei troppo silenzioso per i miei sensi… in realtà lo siete tutti- dissi, scusandolo con un gesto e tornando a guardare il panorama -Per risponderti, comunque, sono qui perché mi piace la vista- spiegai, indicando il cielo che si tingeva di blu davanti ai nostri occhi.

Non lo convinsi, a quanto pare.

-Sembri stanca- affermò preoccupato, e quando restai zitta proseguì -Non hai riposato bene? Qualcosa non va? Ti assilla un pensiero che t’impedisce il sonno?- si premurò di chiedermi, accovacciandosi vicino a me e sfiorandomi i capelli con le dita.

Io mi strinsi nelle spalle e mi afferrai i gomiti, arricciando le dita attorno alla stoffa leggera della tunica bianca che portavo. 

Quella mattina avevo deciso di mimetizzarmi con le altre discepole, per quanto riuscisse a farlo una come me, indossando una delle divise che mi avevano gentilmente imprestato. Nonostante la consistenza soffice e spessa degli abiti, evidentemente di ottima fattura, la brezza fresca che soffiava mi aveva fatto rabbrividire spesso, nei minuti in cui avevo osservato il cielo.

-Sono solo in ansia per tutto quello che sta succedendo… Cristina è lontana ed in un luogo pericoloso, io sono qui a non fare nulla e nessuna delle due sa se potremo mai tornare a casa- spiegai con sconforto -É tutto così strano- aggiunsi con un risolino, coprendomi il viso con le mani per non fargli notare che ero sull’orlo delle lacrime.

Ci fu un lungo momento di silenzio nel quale l’unico suono tra di noi fu l’ululare del vento tra le montagne che ci circondavano. Poi, Lan Huan deglutì rumorosamente.

-Verresti con me in un posto?- disse con un sussurro, la voce che tremava nell’aria fredda.

Io, che di tutte le proposte possibili non avevo considerato questa tra quelle che avrebbe potuto farmi, alzai il viso dai palmi in cui era nascosto e lo fissai stupita.

-Certo- asserii scioccata, sbattendo le palpebre per la confusione.

Mi porse una mano pallida perché mi alzassi. Accettai il suoi aiuto e mi lasciai trascinare in piedi, sistemandomi la veste candida con attenzione.

Il bianco è così facile da sporcare… spero di non avere macchie di erba o terra.

Lo seguii fiduciosa, apprezzando la sua andatura pacata che mi permetteva di stargli dietro senza dover correre o rallentare troppo i miei passi. Camminammo a lungo, sempre in salita e in sentieri maggiormente ripidi man mano che procedevamo. 

Io sopportai tutto, ansiosa di capire cosa volesse mostrarmi. Anche vedendolo imboccare un sentiero impervio che conduceva ancor più in alto nella montagna, non mi lamentai.

Quando però il mio piede scivolò su di uno scalino consumato e la pietra sotto le mie scarpe si sgretolò, facendomi quasi cadere, cedetti al chiedergli spiegazioni.

-Siamo quasi arrivati- mi rassicurò -Posso giurarti che ne vale la pena- aggiunse per incitarmi, la voce deformata da un’emozione che non riuscii ad identificare. Ansimando, gli rivolsi uno sguardo scettico mentre continuavo ad assecondarlo.

Di questo passo mi ucciderà, pensai.

Raggiunta la cima del picco che avevamo scalato grazie a quella stradina che si arrotolava sulla parete rocciosa, mi servii una mano per posizionarmi nel punto che Lan XiChen voleva raggiungessi. Mi aiutò sollevandomi praticamente di peso come fossi una bambina e appoggiandomi al suo fianco senza sforzo.

Inebriata dal suo profumo, ci misi qualche secondo a rendermi conto che, sorridendo perché forse consapevole dell’effetto che mi faceva, il cultore mi stava indicando un punto lontano davanti a noi. Seguendo la direzione del suo dito indice, rimasi a bocca aperta.

Ci trovavamo in alto, questo lo avevo intuito già da un pò, ma quando il mio sguardo si spostò dal suo petto coperto dalla veste candida all’oggetto che mi voleva mostrare, i miei occhi dovettero necessariamente soffermarsi sulle nuvole che circondavano l’aspra roccia su cui eravamo posizionati.

Circondati com’eravamo da una distesa di nuvole bianche, riuscivo a malapena a intravedere la valle sottostante. Gusu era poco sotto di noi, perché infondo non avevamo scalato così tanto, ma sotto i Meandri della Nuvola c’erano metri e metri di vuoto che mi ricordarono incredibilmente quel quadro di Caspar David Friedrich che mi pareva si chiamasse Il viandante davanti al mare di nebbia.

Senza fiato per le vertigini che mi avevano colto, mi aggrappai a Lan XiChen e spostai lo sguardo più in alto, dove le nuvole si diradavano e la roccia della montagna vicina era visibile chiaramente.

Ci misi qualche attimo a rendermi conto di trovarmi di fronte alla più grande statua che avessi mai visto, scolpita nella pietra in un enorme altorilievo che occupava l’intera parete del monte. La figura che vidi si fece più chiara pian piano, mentre la osservavo ammirata, facendomi illuminare di comprensione. 

Rappresentava un Buddha paffuto e sorridente, intento a pregare con gli occhi chiusi e una mano alzata a reggere un fiore di loto. Era così ricco di dettagli, dai decori della stoffa della veste alle venature dei petali della pianta, che mi parve un vero gigante pietrificato.

-Benvenuta sul Picco della Meditazione- mi sussurrò Lan Huan all’orecchio, il tono compiaciuto di chi sa di aver fatto colpo.

 

 

 

 

ANGOLINO D'AUTRICE
1. Lu: () è l’ideogramma per "airone" e il suo suono mi piace un sacco… Lan Lu!
2. Xing: () vuole dire "stella", ed è un nome neutro, in teoria


Eccomi qui con il capitolo per Elisa, molto più pacifico di quello di Cristina, OVVIAMENTE. Hanno due personalità così diverse che potrei farci un libro, ma comunque non è quello il punto.
Sono felice di poter aggiornare, anche se mi piacerebbe farlo spesso come prima. Impegni… li odio.
La statua è di mia totale invenzione, non c’era nel novel ma mi è stata ispirata dall’alto (Xie Lan, sei tu?) e spero che qualcuno abbia colto il riferimento. Deb, confido in te.

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 40
*** Trentanovesimo capitolo ***


Sull’orlo di una crisi di nervi

 

 

La mia confusione durò poco, perché quando vidi Jin Ling scattare in piedi per raggiungere i due soldati che avevano appena oltrepassato la porta d’uscita, anche io mi ritrovai a seguire il suo esempio. Fu un bene che Rulan avesse pagato il conto di ciò che avevamo ordinato appena arrivati, altrimenti sarebbe stato problematico.

Scendemmo in strada e impiegammo qualche secondo a osservare la zona da sopra i tre scalini della locanda che ci permettevano di avere una visuale dall’alto rispetto alla piazza. Purtroppo i due soldati che avevamo puntato erano già a metà della strada, pronti a girare l’angolo per percorrere una via laterale.

Il giovane cultore al mio fianco si coprì il capo con il cappuccio del mantello e sospirò infastidito.

-Sono questi i momenti in cui mi manca Fata- borbottò scocciato, addentrandosi tra la ressa e scusandosi coi passanti che frenetici lo sorpassavano. Una folla del genere a quell’ora tarda era tipica delle città così popolose, ed io ne ero abituata.

Infatti fui meno discreta di Rulan nel farmi strada tra la gente.

-Spostatevi- dissi in tono abbastanza alto perché un gran numero di persone mi sentisse -Devo passare- aggiunsi prendendo a camminare con passo spedito.

La mia andatura sicura dovette convincere la folla che non mi sarei limitata alle parole, se mi avessero rallentata, perciò presto si formò uno stretto corridoio che mi permise di attraversare velocemente la piazza. Superandolo, agguantai Jin Ling per il mantello e me lo tirai vicino perché proseguisse nella mia scia.

-Voi due, scusate, avrei bisogno di un’informazione- gridai alla coppia, che intanto proseguiva imperterrita verso una strada laterale.

Al suono della mia voce, il più alto dei due si voltò verso di me con un sopracciglio sollevato, abbassando lo sguardo di venti centimetri per potermi parlare faccia a faccia. Il suo amico si sporse di un po’ da dietro di lui, nascosto nella sua ombra, e mise una mano sull’elsa della spada.

Forse crede che vogliamo rapinarli, ipotizzai. É sera e ci troviamo nel tipico vicolo buio da film horror, in effetti.

-Vi abbiamo sentito parlare della Sacerdotessa Nera e… mio figlio era curioso di saperne qualcosa in più- improvvisai, spingendo in avanti Rulan perché gli paresse più piccolo di quel che era -É in quell’età in cui la curiosità supera l’educazione, sapete?- aggiunsi ridacchiando.

Li vidi rilassarsi gradualmente, man mano che parlavo. Quello più vicino rilassò quasi subito le spalle e smise di fare da copertura all’altro, che si spostò da dietro il suo compagno e mi fece un sorrisetto.

Quand’ebbi finito di spiegarmi, avevano abbassato la guardia del tutto, uno con le mani dietro la testa e l’altro con le braccia incrociate e un ghigno sempre più evidente in viso. Il Signor Non-toccare-il-mio-colletto diede un’occhiata benevola al giovane cultore al mio fianco prima di parlare.

-É normale che i bambini siano così curiosi riguardo ai pericoli- affermò battendosi il palmo sul petto all’altezza del cuore -Io da ragazzo ero un vero scapestrato, ma guarda quanta strada ho fatto e cosa sono ora- si vantò.

Il suo compagno gli riservò uno sguardo scettico e gli tirò scherzosamente una ciocca di capelli. 

-Un borioso idiota, intendi?- lo prese in giro, guadagnandosi un brontolio offeso dall’amico. Ridendo per la sua faccia, il più basso dei due mi tornò a guardare con il divertimento che gli brillava negli occhi nocciola -Cosa possiamo dirvi, Giovane Signora?- mi domandò cortese.

-Qualcosa di vero, ovviamente, ma che lo spaventi abbastanza da non farlo uscire di casa la notte per cercare questa fantomatica Sacerdotessa, se possibile- ammiccai nella sua direzione, accarezzando con le punte delle dita la tempia di Jin Ling proprio come avrebbe fatto una madre affettuosa.

Speriamo ci caschino, mi dissi, preoccupata delle mie doti recitative. Parve però funzionare, dato lo sguardo affettuoso che ci riservarono.

-Beh, ragazzo, ti conviene non cercare quella megera- inizio a dire il soldato burbero, scuotendo la testa mentre il sorriso gli sfumava dalle labbra -É perfino peggio del Patriarca di Yiling- mormorò, sussurrando il soprannome di Wei Ying come se fosse una bestemmia.

-E perché?- domandò curioso Jin Ling, aggrottando le sopracciglia nella sua tipica espressione concentrata che lo faceva apparire ancora più giovane di quanto non fosse.

Quello premuroso tra i due alzò gli occhi castani al cielo e tirò una gomitata al fianco del compagno, che per risposta gli schiaffeggiò il braccio e sbuffò più divertito che davvero scocciato. Poi quest’ultimo fece un gesto vago con la mano davanti a se’ e scrollò le spalle.

-Perché la leggenda dice sia una donna tradita, quindi la peggiore delle furie- disse con fare ovvio, come se nel mondo ci fossero solo donne assetate di vendetta e poveri uomini indifesi che tentano di non farsi ammazzare.

Beh, se le hanno messo le corna o simili di sicuro non deve aver reagito bene, pensai sollevando un sopracciglio, scettica.

-Tradita da chi?- chiesi io, interessata alla vicenda e incuriosita dal possibile collegamento che l’aveva portata a noi.

-Stando alle storie, da suo fratello- davanti al mio sguardo interrogativo, la sentinella più bassa proseguì -Lui era un Generale molto abile e ricco, ma uccise la più cara amica della sorella perché lei aveva rifiutato di sposarlo. Per questo la Sacerdotessa Nera si è accanita su di lui e sulle sue truppe, usando l’energia rancorosa dei cadaveri da loro uccisi in battaglia per perseguitarli- spiegò serio in viso, l’allegria improvvisamente sparita.

-Mi state dicendo che è una cultrice demoniaca?- insistetti, già certa della risposta e in procinto di rabbrividire.

Quando i due annuirono, le mie budella si contorsero fino a farmi male, dandomi la strana sensazione che quella faccenda non solo fosse collegata al mio rapimento, ma anche a ciò che stava succedendo. 

-Tutto questo movimenti potrebbero non essere casuali, lo sapete?- mormorai tra me e me, ormai indifferente ai tre ragazzi che mi fissavano attenti -É possibile si tratti di questa Sacerdotessa che non solo sta radunando un esercito per invadere Dio solo sa cosa e quando, ma che lo farà con un’orda di cadaveri così grande da farvi rimpiangere sul serio le abilità di Wei WuXian- conclusi, massaggiandomi la radice del naso con l’indice e il pollice.

Quando fui certa che il principio di emicrania che avevo fosse sparito, alzai lo sguardo verso i miei sgomenti spettatori. Jin Ling aveva l’aria pensierosa e allo stesso tempo preoccupata, mentre i due soldati si scambiavano occhiate significative da sotto le ciglia.

-Oh andiamo- esordii mettendomi le mani sui fianchi, il mal di testa imminente che si ripresentava ad ogni parola pronunciata -Non ditemi che non avevate pensato all’eventualità di un attacco! Credevate stesse radunando cadaveri ambulanti per sport?- chiesi retorica con una smorfia di disappunto.

Non ci fu bisogno che rispondessero, dato che le loro espressioni colpevoli spiegavano già tutto. Imbarazzati, ci salutarono con un inchino e proseguirono velocemente per la loro strada, borbottando qualcosa a che fare col loro turno di guardia.

Con la testa che mi scoppiava, arrischiai un’occhiata nella direzione di Rulan, che mi guardava serio. 

-Cosa ne pensi?- lo interrogai dando le spalle al vicolo e riprendendo la strada per la piazza, che intanto si era svuotata dalla gente e che ora era pattugliata solo da soldati e qualche ritardatario.

Il giovane cultore mi seguì in silenzio, la bocca sigillata e le sopracciglia scure arricciate per la concentrazione. Dopo qualche metro, scoccò la lingua sul palato e mi si fece più vicino.

-Penso dovremmo parlarne con lo zio- liquidò la faccenda, forse non volendo discuterne all’aperto -Ma è peggio di quanto credessi- aggiunse a tono più basso, stringendosi tra le dita la manica della mia veste.

 

 

L’emicrania non si era ancora attenuata quando raggiungemmo la locanda, anche se il silenzio di Rulan aveva aiutato a non peggiorarla.

Non ci eravamo accordati con Jiang Cheng ne’ sull’orario, ne’ sul luogo in cui incontrarci una volta raccolte le informazioni necessarie, quindi tornammo alla "base" nella speranza di trovarlo lì ad aspettarci. Per nostra sfortuna non c’era, ma non dovemmo attendere molto prima del suo arrivo.

-Trovato nulla?- ci chiese scendendo da cavallo e dando un buffetto al naso dell’animale, mentre io e suo nipote gli correvamo incontro. Accolse il mio abbraccio con gioia, sistemandosi meglio il cappuccio perché nessuno lo vedesse in faccia.

Anche se a quell’ora la gente era rintanata in casa a dormire, le guardie pattugliavano ancora le strade, e sarebbe stato stupido rischiare di essere scoperti ora.

Jin Ling si avvicinò alle nostre figure con finta naturalezza e prese a controllare i finimenti del cavallo, sbirciando da sotto la frangia se ci fossero possibili ascoltatori. Quand’ebbe constatato di essere al sicuro dalle orecchie indiscrete, si piegò in avanti e sussurrò allo zio il suo resoconto.

Si era detto restio al discutere all’interno della locanda di ciò che avevamo saputo, dove le stanze erano troppo vicine e le pareti estremamente sottili.

-A quanto pare lo spostamento dei cadaveri verso sud potrebbe essere influenzato da una certa Sacerdotessa Nera- riassunse con tono ansioso, enfatizzando le parole con dei gesti secchi mentre sistemava la sella di Principessa -Pare sia una che trama vendetta a lungo, e l’aver ucciso i suoi traditori non le sia bastato- disse con un sospiro che non si addiceva affatto ad un ragazzo della sua età.

-Finiranno mai di esserci problemi?- domandò retorico il Gran Maestro di Yunmeng, appoggiando il mento tra i miei capelli e fingendo anche lui di starsene lì a chiacchierare amabilmente con sua sorella e suo nipote, invece che complottare come dei ladri.

Io, avvolta nel suo abbraccio, strinsi tra le dita la stoffa del suo mantello all’altezza delle scapole e presi un profondo respiro per attirare la sua attenzione.

-Certo- gli risposi con allegria -Quando saremo tutti morti- affermai, tentando di alleggerire l’atmosfera e riuscendo per lo meno a farlo sorridere.

Con la guancia a contatto col suo petto, sentii il brontolio della sua risata trattenuta rombarmi nelle orecchie. Vedendoci così affiatati, Jin Ling intuì che il quadretto che si stava formando era troppo stretto per lui, in quel momento, quindi batté in ritirata dopo averci dato la buonanotte.

Senza possibilità di muovere la testa, potei solo sentire i suoi passi leggeri allontanarsi e la porta della locanda scricchiolare alla sua entrata.

-Non so se lo hai notato, ma qui il problema non è uccidere la gente: è farla restare morta- mi rispose Jiang Cheng, ignorando i miei tentativi di liberarmi dalla sua stretta e lasciando perfino la presa con un braccio mentre salutava il nipote.

Quasi a volermi dimostrare la sua forza, mi tenne ferma con una sola mano appoggiata al mio fianco e senza l’uso di alcun potere spirituale, nonostante fosse difficile immaginare che una persona normale avesse così tanta resistenza. Ridacchiò nel vedere l’occhiata di puro veleno che gli riservai. 

-Ah ah, molto divertente- brontolai scontrosa, assestandogli un calcio allo stinco che gli fece abbastanza male da fargli sfuggire una smorfia, ma non tanto da liberarmi -Noi il nostro lavoro di ricerca lo abbiamo fatto, tu invece dove sei stato?- gli chiesi senza arrendermi, dimenandomi come un’ossessa.

-Ho risolto una questione spinosa- mi rispose lasciando finalmente la presa e picchiettandomi la fronte con un dito.

Solo allora mi resi conto che l’emicrania era sparita, e che forse dovevo quel sollievo all’uomo che mi aveva "torturata" nel suo abbraccio per tutto quel tempo. Dato però che non aveva sollevato la questione, preferii non ringraziarlo, accettando quell’aiuto silenzioso.

-Se continui a fare il vago penserò sia peggio di quel che è- affermai scherzando fino ad un certo punto, confusa da questo suo sviare la faccenda.

-Niente di cui preoccuparsi- mormorò ancora, sorridendo in quel modo strano che le persone usano quando vogliono chiudere una questione, la mascella serrata in una posa dura e gli occhi socchiusi.

Poi mi diede le spalle e si diresse verso la locanda mentre io accarezzavo Principessa, che docile si godeva le mie attenzioni. 

Feci un passo verso le scale che stava salendo per raggiungere la porta d’entrata e aprii bocca per dirgli che se lo desiderava c’era la possibilità di mangiare della zuppa dolce appena fatta dal cuoco, ma le parole mi si bloccarono in gola.

Sotto la luce fioca delle lampade appese all’ingresso la sua figura riluceva di rosso e giallo, facendomi notare quanto esangui fossero le sue labbra e quanto pallido fosse il suo viso. Grazie a quell’illuminazione fievole potei constatare che sembrava stanco, seppur completamente tranquillo.

Pare sempre uscito da una pubblicità per modelli, in ogni caso, mi dissi, invidiando la sua compostezza.

Fu solo grazie alle lanterne, però, che notai la macchia di sangue che spiccava scarlatta sull’orlo del suo mantello.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Capitolo un po’ più corto del solito, non odiatemi. Succedono parecchie cose, dovete assimilare e io ve ne do il tempo, siatene felici.
Ok, sto mentendo. É che DS mi ha preso un sacco e non riesco a staccarmi nemmeno per scrivere, però… tranquilli, mi passerà presto.
Allora, torniamo alla trama: Jiang Cheng che torna macchiato di sangue dopo essere stato via per tutta la notte, cosa mai sarà successo? Nel prossimo (prossimo) episodio lo scopriremo, cari telespettatori ;) Lui è criptico e non dice nulla, ma si dimentica i dettagli fondamentali e si fa beccare subito.

Grazie per aver letto, un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 41
*** Quarantesimo capitolo ***


L'Inferno esiste solo per chi ne ha paura
(Elisa)

 

 

Mi ci volle qualche minuto per riacquistare il controllo della lingua, che sembrava essersi appiccicata al palato per lo shock. Sperai che la mia voce suonasse meno impastata di come mi sentivo le gengive, quando parlai.

-Mi stai dicendo che…- mi interruppi, lasciandomi sfuggire un singhiozzo sorpreso nel sentire la stretta di Lan XiChen farsi quasi dolorosa sui miei fianchi in risposta ad una folata di vento che mi scompigliò i capelli e mi portò a traballare -… questo per voi è un posto per meditare?! Ma un bel tempietto in mezzo alle colline vi faceva tanto schifo?- mormorai senza fiato sul suo sterno, soffocando un’imprecazione sulla stoffa della sua veste.

Percepii il suo petto vibrare, mentre si lasciava scappare una risata leggera. Mi arrivò troppo flebile alle orecchie, però, perché potesse essere sincera.

Alzando lo sguardo, notai che era totalmente concentrato nell’osservare l’imponente statua. La nebbia che, grazie al vento, si spostava e vorticava sotto di noi ad una velocità incredibile si stava diradando, e la luce del mattino finalmente aveva la possibilità di colpire coi suoi tiepidi raggi il volto sorridente del Buddha. 

Fu in quell’istante che mi accorsi del dettaglio più importante del monumento che, fino ad un attimo prima, credevo rappresentasse la spensieratezza e la felicità dell’uomo ritratto in posizione meditativa.

-Sta piangendo, sì- mi sussurrò Lan Huan contro i capelli, chiudendo a pugno le mani che mi riscaldavano il ventre -É un monumento funebre, dopo tutto- spiegò tristemente, le braccia che si facevano rigide intorno a me e il fiato che tremolava un poco prima di riscaldarmi la guancia.

-Per chi?- domandai, a metà tra l’affascino e il curioso. La singola lacrima, scolpita nella pietra con maestrale morbidezza, sembrava scorrere lenta lungo la guancia paffuta dell’uomo che imperterrito continuava a sorridere.

-Non lo sappiamo davvero- mi rispose il cultore, il tono deformato da un nodo in gola che gli impediva di far altro che mormorare -Era qui molto prima di Gusu- aggiunse.

-Perché mi hai portato quassù?- chiesi nel silenzio che non era davvero tale, dato che ci trovavamo troppo in alto perché anche l’aria non facesse rumore. Curiosa, non riuscii a trattenere i miei dubbi.

Cosa c’entra un monumento funebre con me?

Gli ci volle un pò per trovare le parole giuste, ma quando lo fece la sua voce suonò più ferma di un attimo prima. Io attesi paziente che racimolasse la forza per aprire bocca.

-Meng Yao non ha una tomba- disse senza dare spiegazioni, anche se ipotizzai ci fosse un filo logico che lo aveva portato a quell’uscita infelice -Immagino tu sappia tutto della "nostra storia", se così vogliamo chiamarla. Quindi conosci anche la sua, considerando quant’è intrecciata con le nostre vite?- mi interrogò, non aspettando la mia risposta prima di continuare.

-Mh- mi limitai a mugolare, osservando il suo profilo stagliarsi alla luce dell’alba imminente.

Il giallo acceso dei raggi solari gli rese gli occhi più chiari del solito, quasi identici a quelli dorati del fratello minore. Le sfumature scure delle sue iridi castane si assottigliarono attorno alla pupilla, ormai ridotta ad una punta di spillo nera.

Davvero, davvero bello, mi dissi. E soprattutto triste.

Riportando lo sguardo su di me e smettendo di ammirare l’orizzonte azzurro, tese le labbra in un tentativo di sorriso che non gli riuscì. Vidi le lacrime brillargli agli angoli delle palpebre, e non potei far altro che assistere alla loro lenta caduta.

-Nella mia mente non posso che giustificarlo, capisci?- mormorò con quel tono disperato che hanno tutti i familiari degli assassini, quando viene detto loro che cos’ha fatto qualcuno a cui tengono -Mi dispiace, mi dispiace tantissimo per tutti quelli che ha fatto soffrire, per tutti quelli che ha ucciso e usato… ma io non lo vedo così. Per me resterà sempre quello che mi ha insegnato a lavare i vestiti senza stracciarli, ridendo per la mia incapacità. Non posso davvero ricordarmelo come colui che ha ammazzato MingJue. Come faccio a conciliare queste due persone, nella mia testa?- si lasciò scappare, spalancando gli occhi e permettendo ad altre lacrime di scorrergli sul viso.

Non c’era più nessun tentativo di lotta, nei suoi gesti e nelle sue parole. Si era arreso all’evidenza di aver voluto bene ad un pazzo, e di continuare a farlo anche dopo la sua dipartita.

Il disagio che quella situazione gli causava lo faceva soffrire perché, per una volta, la razionalità non poteva nulla contro i sentimenti che gli scuotevano l’animo.

Mi domandai se fosse giusto, che provasse affetto per qualcuno come Jin GuangYao. Poi mi dissi che non poteva fare altrimenti, e che non era colpa sua se si era trovato davanti ad un doppiogiochista così abile.

-Beh…- esordii, rompendo il silenzio sceso tra noi dopo il suo sfogo -Così fai sembrare le mie preoccupazioni davvero delle cazzate- ammisi con un sorriso scherzoso, cercando di alleggerire l’atmosfera.

Non rise, però almeno permise alle sue labbra di piegarsi all’insù in una specie di smorfia divertita che di allegro non aveva nulla. Cavalcai l’onda di questo suo momento di ripresa e gli afferrai il viso tra le mani, asciugandogli le guance con i pollici. 

-Non ti faccio una colpa se in cuor tuo l’hai giustificato- gli spiegai fissandolo dritto negli occhi -Era tuo amico e ti ha ingannato, mostrandoti solo parte di ciò che era davvero. É impossibile superare una cosa del genere subito, ti serve tempo… e magari anche una tomba su cui piangerlo, perché no? Scendiamo da qui, me ne occupo io- gli ordinai, indicando i Meandri della Nuvola sotto di noi con l’indice.

Per superare una perdita bisogna sfogarsi, diceva sempre mia madre, e lui non lo ha ancora mai fatto. Altro che meditazione, qui ci vuole un bel pianto liberatorio.

Lan XiChen esitò un’istante, poi mi afferrò per la vita e, sguainando la spada con un movimento fluido, ci riportò a terra in pochi istanti.

-Perché prima abbiamo scalato la parete, allora?- gli domandai quand’eravamo ancora in volo, stretta alla sua schiena e al riparo dal vento. Ottenni la mia risposta solo quando poggiammo i piedi sul porticato di Gusu.

-É una tradizione- disse criptico, facendomi cenno di fargli strada. Questa volta sorrise sul serio, allargando le labbra in un’espressione furba che non gli avevo mai visto e che sembrava appartenere più a suo genero che a lui.

Non capii per lungo tempo cosa intendesse con quella frase.

 

 

Impiegai un’intera ora per completare la mia opera, ma quando fu finita mi ritenni più che soddisfatta del risultato.

Non avrei potuto in alcun modo imitare una delle tombe che era tradizione allestire per i funerali cinesi, così come spiegare a Lan XiChen cos’era una croce sarebbe stato impossibile. Avevo trovato una via di mezzo tra le due culture, quindi.

Il finto sepolcro che avevo allestito consisteva in una specie di cerchio fatto da numerose pietre lisce e bianche che avevo trovato vicino al sentiero. Ne avevo raccolte circa trenta e le avevo sistemate all’ombra di una grande peonia rigogliosa perché, a detta di Lan Huan, Jin GuangYao amava quella pianta. 

Al centro della creazione, grazie all’aiuto delle forti braccia del cultore, avevamo posizionato una grossa roccia ovale su cui avevo inciso l’ideogramma illustratomi dall’uomo. 

Non era stato facile, certo, ma la punta affilata di Shuoyue aveva di sicuro fatto la sua parte.

Nel complesso non era una struttura elegante, ma il grosso mazzo di fiori colorati che avevo appoggiato vicino al nome Yao era comunque grazioso. Pareva nostalgica ma rassicurante, quasi come una tomba di famiglia.

-É molto bella- furono le prime parole che pronunciò Lan XiChen quando ci sedemmo ad ammirare l’opera, il sole ormai alto nel cielo che filtrava attraverso le fogli della grande pianta sopra di noi -Grazie- disse semplicemente, permettendomi di accarezzargli la spalla con un gesto delicato. 

Io annuii senza che mi vedesse davvero e continuai a confortarlo come potevo.

Inginocchiato davanti alla tomba, l’uomo si allungò in avanti per sfiorare con le punte delle dita il primo cerchio di pietre. Ne disegnò i contorni e le pulì una ad una dai fili d’erba che spuntavano tra di esse, sradicandoli e gettandoli di lato.

-Non c’è di che- risposi sottovoce, alzandomi il più silenziosamente possibile e dandogli un’ultima stratta alla spalla prima di allontanarmi.

Meglio lasciarlo solo, pensai.

Era ora che superasse il suo biasimo, questo sì, ma il lutto per la morte di una persona cara era molto più difficile da dimenticare di un senso di colpa. Gli permisi di piangere in pace e di sfogare il dolore in qualunque modo volesse.

La rabbia l’avrebbe portato a distruggere pezzo per pezzo la nuova tomba, furioso per il tradimento subito. Il rammarico l’avrebbe fatto singhiozzare fino alle convulsioni, rubandogli il respiro. La confusione l’avrebbe condotto verso le grida, facendolo urlare domande inascoltate contro un nome sulla pietra.

Ma io avevo già fatto abbastanza. 

Che scegliesse da solo come esorcizzare quella sofferenza. Sapevo sarebbe perdurata a lungo nel suo cuore, quindi avrebbe dovuto venirci a patti il più presto possibile.

Mi girai a guardare all’indietro solo una volta, giunta ad un bivio che mi avrebbe portato o agli alloggi maschili o a quelli femminili. Ferma sul ciottolato, mi voltai verso il luogo da cui ero venuta e osservai per un attimo quello che ormai potevo definire un mio amico.

Dovrei tornare ad aiutarlo, ma farei di peggio, no? Sbirciai la sua situazione con questo pensiero nella mente.

E lì, seduto sulle proprie ginocchia a contemplare una tomba senza cadavere, c’era l’uomo più distrutto che avessi mai visto.

 

 

Quando raggiunsi l’ingresso della biblioteca, venni accolta da un’atmosfera caotica. Se me l’avessero solo raccontato non ci avrei neppure creduto.

Le scrivanie di studio erano vuote, i libri abbandonati a loro stessi sul pavimento. Il gruppo che avevo conosciuto il giorno prima si era stretto in un accorato cerchio attorno a Lan Xing che, singhiozzante e disperata, non la smetteva di piangere.

-Che succede?- domandai ansiosa infilandomi tra le figure candide e arrivando a carponi davanti alla poverina -Ehi, ehi, calmati- le mormorai gentile afferrandole le mani e stringendole per confortarla.

Una delle sue compagnie, che intanto continuava ad accarezzarle le spalle con gesti rassicuranti e le pettinava i capelli con le dita, prese parola per lei. Mi osservò da sotto le lunghe ciglia scure con degli occhi caramello che parevano gemme preziose.

-Non vuole dircelo- disse preoccupata -Continua così da quasi tutta la mattina- aggiunse sporgendosi verso di me, sussurrando al mio orecchio e lanciandomi un’occhiata piena di paura.

Un gemito più acuto e disperato da parte di Lan Xing ci fece tornare a prestare attenzione alla giovane, mentre questa si sfregava il viso con una manica e tentava in tutti i modi di fermare i singulti che le squassavano il petto. Aveva gli occhi rossi di chi piange da ore e le labbra umide della saliva che non riusciva ad inghiottire, visto quando singhiozzava.

Qualcuno dalla folla le porse un fazzoletto candido che presto fu pieno di lacrime e muco. Era ridotta emotivamente troppo male perché la cosa mi facesse schifo, però.

-Ok, intanto riprendi a respirare, che ne dici?- le consigliai stingendola in un abbraccio che le nascose la testa nell’incavo della mia spalla -Qualcuno mi porti un bicchiere d’acqua, per favore- chiesi intanto senza smettere di cullarla.

All’istante mi ritrovai in mano una tazzina di ceramica bianca fresca e piena di un liquido chiaro che pareva the, ma che odorava di rosmarino. Ipotizzai si trattasse di una tisana calmante, quindi ringraziai con un cenno la donna che me l’aveva portata e la feci sorseggiare piano a Lan Xing.

Nonostante stesse ancora piangendo a dirotto non ne sputò nemmeno una goccia, chiudendo gli occhi e appoggiandosi su di me con tutto il suo peso. Fortunatamente era leggera come una piuma, altrimenti sarei finita a terra.

-Le tue compagne sono preoccupate per te. E pure io- le dissi con tono dolce ma fermo -Dicci cos’hai. Possiamo aiutarti, ok?- feci, scostandomi da lei per farla sedere composta e sorridendole rassicurante.

Dovette prender fiato per qualche minuto ma, dopo ben cinque tentativi finiti nell’ennesimo pianto isterico, finalmente riuscì a calmarsi abbastanza da articolare qualche frase di senso compiuto.

-Mio… mio fratello, il mio adorato fratello… oh- mormorò disperata, portandosi le mani tremanti davanti al viso e scuotendo il capo con frenesia -Come farò senza di lui?- pianse ancora.

Cielo, pensai per un attimo sconvolta, non sarà mica morto, vero?

I miei timori furono spazzati via dal suo incessante borbottio. La frase successiva, infatti, chiarì la situazione a tutte le presenti e scatenò un’ovazione di comprensione. Fui l’unica a rimanere interdetta.

-Sarà… cacciato da Gusu per Obiezione- spiegò guardandoci con gli occhi lucidi e il labbro inferiore che tremava -Cosa devo fare? Cosa…?- domandò a nessuno in particolare, singhiozzando come una bambina.

-E perché mai lo caccerebbero, scusa?- chiesi confusa, non capendo perché d’un tratto tutte avessero afferrato la situazione con quella semplice frase -Cos’è questa Obiezione?- aggiunsi, certa di non averla mai sentita nominare.

Tra le ragazze accucciate al nostro fianco, una delle più grandi si fece avanti ancora in ginocchio e attirò la mia attenzione schiarendosi la gola. Assomigliava terribilmente a Lan Lu, quindi presupposi fosse sua sorella minore.

-Qualcuno viene soprannominato Obiettore quando si rifiuta di andare a caccia- mi spiegò, alzando le sopracciglia fin quasi a sfiorarsi il nastro frontale quando mi vide ancora più spaesata -Coloro che non vogliono usare la coltivazione per uccidere cadaveri ambulanti o creature simili, insomma- specificò.

Io battei le palpebre, sorpresa. 

Nel novel non avevo mai sentito parlare di cose simili, ma in fondo era quasi logico che qualcuno si rifiutasse di andare in giro per la Cina a decapitare zombie. Non sarebbe stata una sorpresa aspirare a qualcosa di meno pericoloso, in effetti.

-Lan Xing e Lan YiJun 1 sono stati adottati- continuò a dire la donna, indicando la ragazza e riferendosi probabilmente al fratello obiettore -Quindi se viene cacciato non potrà restare qui come domestico o addetto alla biblioteca… sarà lasciato per la strada- disse mordendosi il labbro inferiore, rammaricata.

Lan Xing, a quelle parole, scoppiò di nuovo in lacrime.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. YiJun: allora, questa è una cosa carina. Una ragazza cinese che conosco mi ha detto che, nel dialetto della sua regione (circa la zona in cui ci sarebbe Yiling, se esistesse, per chiarirci) vuole dire "nube che porta del bene", tipo una nuvola positiva, ecco :)


Scusate davvero per il ritardo, ero impegnata a scrivere alto e sì, lo so che non è una buona scusa ma è l’unica che ho. Se vi chiedo tanto tanto perdono?
Mh, credo che questo capitolo sia abbastanza triste, in fondo, ma ci serve un pò di malinconia dopo tutto il miele che assimiliamo con Cristina e Jiang Cheng che tubano come colombe. Presto ci si metteranno pure Ely e il timorato in bianco, quindi SERVE!
Troppo corto come capitolo? Cercherò di rimediare nel prossimo ;3

Grazie per aver letto, baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 42
*** Quarantunesimo capitolo ***


Passi lunghi e ben distesi

 

 

-Sei ferito?- domandai con voce acuta, raggiungendolo a grandi passi e cercando di scostargli il mantello di dosso per controllare personalmente in che stato si trovava -Smettila di… stai sanguinando Jiang Cheng!- lo sgridai, infastidita dal suo continuo ribellarsi.

-Non è niente- mi interruppe, afferrandomi i polsi con le mani per bloccarmi i movimenti e spingendomi nell’angolo buio della strada. Si guardò attorno per controllare che non ci fosse nessuno e si abbassò il cappuccio -Vedi? Non è mio- spiegò aprendo quel poco che bastava la stoffa del mantello perché sbirciassi la sua tunica zuppa di sangue, ma intatta.

-E allora che cos’hai fatto per essere ridotto in questo stato?- sibilai isterica, non riuscendo a capire perché d’un tratto si comportasse come un pazzo e non si fidasse abbastanza da dirmi dov’era stato -Sei andato a caccia?- insistetti.

Lui sbuffò e arricciò le labbra in una smorfia che non seppi interpretare, a metà tra l’infastidito e l’allarmato. Forse non si aspettava tutta questa curiosità, o per lo meno non questa scenata.

-Mi sono diretto al confine per liberare la zona- masticò le parole così tanto che feci fatica a capire subito ciò che volesse dire. Dopo qualche secondo di confusione, la frase che mi voleva comunicare mi attraversò la mente.

-Liberare da…- feci per domandare, poi un’illuminazione mi colse e il mio tono di voce si abbassò -…dalle guardie?- suggerii sconcertata, non riuscendo a credere alle mie stesse parole.

Jiang Cheng mi passò le mani calde sulle braccia e prese a carezzarmi le spalle come per confortarmi, il tocco che si faceva pian piano più delicato.

-Ovviamente- mi rispose con voce pacata, quasi stesse calmando un’animale selvaggio pronto a saltargli alla gola.

La strada intorno a me prese a girare come se stessi roteando sul posto, le poche figure che ancora si aggiravano per le vie che sbiadivano davanti ai miei occhi spalancati. Mi mancò il respiro per qualche secondo e dovetti concentrarmi per riuscire ad articolare una frase di senso compiuto.

-Hai eliminato i soldati a guardie del cancello secondario, quello da cui siamo entrati- la mia non era una domanda, ma lui annuì comunque in assenso.

-Attaccare quello principale avrebbe comportato troppa attenzione su di noi e sarebbe stato più difficoltoso- mi spiegò, come se fosse quello il motivo della mia confusione -In più avevamo degli affari in sospeso lì, no?- aggiunse sottovoce, stringendo le labbra in una linea sottile e lanciandosi un’occhiata alle spalle per controllare che nessuno ci stesse prestando attenzione.

Vedendo però che un gruppo di uomini sembrava voler accedere alla locanda e che, per farlo, sarebbero di sicuro passati al nostro fianco, mi prese quasi di peso e mi spinse nel vicolo tra l’albergo e la casa poco più in là. 

All’ombra prodotta dai due muri che ci circondavano persi per un attimo i contorni del suo viso. La luce tremolante delle lanterne in strada era debole, ma presto mi abituai all’oscurità e riuscii di nuovo a vedere con chiarezza.

Mi sembra di essere finita in un film, e questa volta non in senso positivo.

Jiang Cheng mi stava rivolgendo uno sguardo strano, a metà tra il comprensivo e l’esasperato. Nonostante quell’espressione dimostrasse sicurezza, però, notai un luccichio di panico nelle sue iridi indaco.

-Io non so nemmeno di cosa stai parlando- gli dissi, ignorando la sensazione di sollievo che provai a sapere che la guardia con cui avevo avuto quello spiacevole incontro era sparita dalla circolazione, probabilmente. Mi sentii orribile per quel pensiero e lo attaccai dandogli una spinta -C’è un motivo dietro tutto questo?- sputai rabbiosa.

Il cultore ballò da un piede all’altro come se gli pizzicassero le scarpe e si lanciò l’ennesima occhiata alle spalle. Subito prima che lo spintonassi di nuovo, schioccò la lingua sul palato e si passò una mano sul viso.

-Se vogliamo occupare la città…- prese a spiegare, incrociando le braccia come se stesse parlando con suo nipote e lo stesse sgridando.

-OCCUPARE LA CITTÀ?! Ma ti ascolti? Cosa cazzo stai dicendo?- gridai furiosa, indietreggiando quando provò a farsi avanti e dirmi di abbassare il volume -Perché mai dovremmo conquistare questo posto?- chiesi stringendomi il busto con le braccia, l’aria attorno a me che improvvisamente diventava fredda.

-Liyang è l’unico grande centro fuori dalla nostra influenza, per non parlare del fatto che è indipendente e ricca- provò a dire come scusante per ciò di cui la mia espressione disgustata lo stava accusando. Vedendo che non mi calmavo e che anzi, le mie labbra tremavano sempre di più, cambiò approccio -Ora che sospettiamo che sia associata ad un qualche tipo di minaccia per i nostri Clan, possiamo conquistarla senza scatenare una guerra- ammise storcendo il naso davanti alla mia espressione sgomenta.

Dal canto mio, mi impiantai le unghie nella carne e mi costrinsi a riprendere il controllo. Respirai profondamente e contrassi un paio di volte le dita fino a cancellare l’intorpidimento che le faceva formicolare a causa dello shock.

Calma, mi ripetei nella mente fino a convincermene, va tutto bene.

-Stai usando un cavillo legale per poter mettere a ferro e fuoco un paese…- dissi quando ripresi abbastanza lucidità da non saltargli addosso per colpirlo. Lui mi interruppe parlando con voce velata d’ansia.

-Noi non massacreremo questa gente. Semplicemente si arrenderanno quando capiranno la loro inferiorità numerica e avremo spiegato ai loro Gran Maestri perché è nostro diritto farlo- prese ad illustrare, le braccia che si erano allungate verso di me per essere respinte di nuovo rigide lungo i fianchi, lo sguardo frenetico di chi sente il bisogno di doversi spiegare -Non stiamo…- continuò, anche se le sue parole si spensero dopo la mia successiva affermazione.

-…proprio come avete fatto con Yiling- finii di dire, ignorando le sue interruzioni e fissandolo dritto negli occhi. Restò così stupito che non ribatté per un pò.

I secondi divennero minuti e il silenzio si protrasse pesante tra noi. Le nuvolette di vapore congelato che si arricciavano attorno alle labbra di Jiang Cheng mi fecero capire che il freddo che mi circondava derivava dall’alba imminente. 

Non era solo nelle mie ossa, quindi.

-Avete solo aspettato che facessero un passo falso per poterli accusare di "attaccare il vostro potere", lo stesso metodo che avete usato con Wei Ying quand’era Patriarca- aggiunsi dopo un po’, convinta che ormai le parole gli fossero sfuggite e che lo stupore fosse troppo perché aprisse ancora bocca.

A quel punto parve riprendere coscienza di se’ e di dove si trovava. Si diede un’occhiata smarrita intorno e poi mi rivolse quell’occhiata confusa e rabbiosa tipica della sua famiglia.

Ci mise qualche altro attimo, ma alla fine riuscì a ribattere. Forse dovette abituarsi alla sensazione pastosa della lingua appiccicata al palato per lo sgomento come io avevo dovuto fare poco prima, o più semplicemente dovette sopprimere tutte le vocine nella sua testa che gli dicevano di prendermi a pugni.

-Sapevo che non avresti capito- sospirò con tono sconfitto, appoggiandosi di peso al muro con la spalla e lasciando ciondolare la testa fino a che non impattò con le assi di legno della parete. 

Il dolore dovette schiarirgli le idee, perché il suo sguardo si fece determinato e ancor più battagliero.

Oh, ora fa anche l’offeso? pensai derisoria.

-Oh no, capisco benissimo- sputai con rabbia, sentendo l’acre sapore della bile risalirmi in gola e i bordi degli occhi pizzicare -Trovo sia una strategia bellica ammirevole e molto ben studiata. Non è questo il motivo per cui mi fa venire da vomitare anche solo guardarti- pensai di averlo messo a tacere con quest’ultimo insulto, ma mi sbagliavo. Volle insistere ancora.

-E allora dimmi cosa c’è!- strillò, senza più curarsi delle persone che avrebbero potuto sentirci e spiare la conversazione. 

Forse lo avevo davvero turbato, con quelle parole. Meglio così.

-Hai pensato…- esitai per non lasciare che le lacrime mi sfuggissero dagli occhi, mordendomi a sangue l’interno della guancia -… ti è passato per la mente anche solo per un secondo che avrei voluto saperlo, se entrando in questa città automaticamente le mie mani si sarebbero sporcate di sangue?- domandai.

Dovetti distogliere lo sguardo dal suo viso per non riprendere ad urlare. 

L’espressione di puro sconcerto che gli attraversò la faccia mi fece prudere le mani dalla voglia di colpirlo, perciò fissai la mia attenzione su una delle lanterne che ondeggiava lenta sul suo supporto, dall’altra parte della strada.

Era decorata in modo delicato, con un semplice disegno di qualche fiore di pesco e alcune foglie verdi. La fiamma al suo interno si muoveva seguendo la direzione della brezza mattutina, illuminando di giallo la carta che la circondava.

Mi chiesi per un attimo come facesse a non prendere fuoco, poi scacciai quel pensiero frivolo scuotendo la testa.

Mi mossi senza distogliere lo sguardo dalla lanterna ondeggiante, superando Jiang Cheng senza farmi toccare e rifiutando di posare gli occhi su di lui. Il silenzio che accompagnò i miei passi mi diede la risposta che cercavo, anche se era piuttosto ovvia.

-Immagino sia un no- dissi, e con quello mi ritirai.

 

 

Decisi di attendere l’alba nella stanza di Jin Ling. Non avrei retto un’altro scontro con suo zio, se avessimo dovuto condividere il letto.

Il giovane discepolo fu felice di darmi rifugio, anche se supposi non si stupì della mia presenza solo perché era troppo assonnato per pensare lucidamente. Quando gli dissi che avremmo dovuto restare svegli per tutto il giorno in modo da riprendere la quotidianità degli orari mugolò scoraggiato e mi si appoggiò addosso con un gemito sofferente.

Sbadigliò platealmente e strofinò il viso sulla mia spalla, infelice ma deciso ad accontentarmi.

-Lo zio cos’ha scoperto?- grugnì sbattendo le palpebre per ritornare lucido, sollevandosi e allungando le braccia sopra la testa per stiracchiarsi come un gatto -Mamma, è successo qualcosa?- mi domandò quando non risposi al suo quesito.

Aggrottò le sopracciglia davanti alla mia espressione ferita e si raddrizzò con uno scatto, la mano che correva all’elsa della spada e gli occhi che si infiammavano di furia. Il punto rosso nel mezzo della sua fronte si sollevò insieme alle sue sopracciglia mentre assumeva un’espressione così supponente e orgogliosa da farmi quasi ridere.

-Se ti ha offeso, anche se sono suo nipote gli spezzerò le gambe, dimmi solo quanto è stato stupido- affermò gonfiando il petto e battendosi due volte il palmo aperto sullo sterno -Oppure posso tenerlo fermo mentre lo sistemi tu- aggiunse con espressione seria.

Attento a non farti sentire da lui, eh, pensai ancor più divertita, lasciandomi scappare un sorriso fiacco e accarezzandogli la testa con gentilezza.

-Grazie per il pensiero, ma credo che questo non risolverà le cose- gli assicurai, e mentre lo dicevo mi resi conto di quanto fosse vera la mia affermazione. Nonostante ciò, picchiare il coglione fino a sfinirmi mi avrebbe fatto sfogare la rabbia, per lo meno.

Rivolgendo l’attenzione alla finestra aperta che dava sulla strada, osservai il cielo farsi sempre più chiaro man mano che sorgeva il sole, ammirando l’azzurro che rubava posto all’arancione e al rosa dell’alba. Abbassando la direzione del mio sguardo, potei anche scorgere Jiang Cheng, in piedi di fronte all’entrata della locanda.

Pareva incapace di stare fermo mentre percorreva su e giù i gradini che separavano la porta dalla strada. Era così buffo che perfino Principessa, ancora legata alla staccionata esterna in attesa di essere portata nella scuderia sul retro, lo guardava confusa.

La sensazione di freddo tornò, ed anche questa volta strinsi i pugni per non cedere alla furia. Regolarizzai il respiro e mi costrinsi a rilassarmi per far tornare normale il mio battito cardiaco, che intanto aveva preso a rombarmi nelle orecchie frenetico.

Con la coda dell’occhio vidi Jin Ling seguire il mio sguardo e avvistare lo zio. Capendo il mio disappunto, sospirò sconfitto e si sedette sul letto alle sue spalle buttandovisi di peso.

-Cos’ha fatto?- domandò incrociando le braccia al petto e arricciando le labbra in una smorfia che mi ricordò terribilmente l’altro suo zio, quello matto. Tenni quel pensiero per me, comunque.

Se Jin Ling avesse saputo che lo avevo paragonato a Wei WuXian, probabilmente si sarebbe ritirato per sempre in isolamento per il disonore.

-Ha deciso di attaccare la città. Stanotte è andato a "liberare la zona" delle guardie, in qualche modo… non lo so, le avrà ammazzate, presumo- straparlai, appoggiandomi con i gomiti alla cornice della finestra e sorreggendomi il mento con i pugni chiusi -Dalla tua espressione deduco che non lo sapevi nemmeno tu- affermai con un mezzo sorriso vedendolo sbattere le palpebre confuso.

Aprì bocca e prese fiato a vuoto un paio di volte prima di parlare, tirandosi a sedere sul letto in una posa più composta e incrociando le gambe sul materasso. Non sembrò importargli di avere ancora indosso gli stivali o di star spiegazzando lo strascico dorato della pregiata veste.

-Non mi informa di queste cose- spiegò mentre con le dita tormentava un ricamo scarlatto sull’orlo dei pantaloni -Mi ritiene ancora un bambino- aggiunse, mordendosi la lingua per non farsi sfuggire un’imprecazione.

Non potei trattenermi dal sogghignare, davanti al suo tono offeso.

-Lo sei, in un certo senso- dissi, guadagnandomi un broncio irritato in risposta -Ora non fare quella faccia! Non cerco di umiliarti, ma nel mio mondo un quindicenne non dovrebbe nemmeno pensare di dover combattere- gli spiegai tornando a guardare fuori dalla finestra.

Jiang Cheng ora stava sciogliendo il nodo che teneva strette le briglie di Principessa, pronto a riportarla nelle stalle. Le mani gli si muovevano veloci sul laccio di pelle, srotolandolo in un attimo con una maestria che invidiai. 

Dovetti distogliere lo sguardo quando lui alzò la testa e rischiò di beccarmi a fissarlo.

-Vuole conquistare la città, quindi- sentii dire da Rulan. Non lo guardai, ma seppi dal suo tono che era preoccupato almeno quanto me dalla piega degli eventi.

-A quanto pare, da domani Liyang sarà sotto il dominio di Yunmeng- constatai rivolta a Jin Ling nonostante continuassi a guardare fuori. Mi voltai solo per vederlo intento a riordinare le frecce dentro la sua faretra, che era stata diligentemente sistemata sul tavolo -Non è un bene, per voi?- azzardai, picchiettando le dita sul legno del serramento.

Lui scrollò le spalle e tese la corda dell’arco per testarne la tenuta come mi aveva insegnato a fare durante gli addestramenti, poi mi lanciò un’occhiata divertita.

-Non lo so… e se fosse la stupida mossa che vuole farci fare questa Sacerdotessa?- propose con un sorriso -Magari è tutto parte del suo malvagio piano- scherzò il ragazzo, anche se in parte pareva serio.

Ridacchiai con lui e mi avvicinai al letto per buttarmici sopra ed accorgermi che era più scomodo del mio, e perfino più stretto. Gli era capitata la stanza peggiore, poverino.

-Certo, come se…- iniziai a ribattere, prima che il sorriso mi si congelasse sulle labbra. La consapevolezza di aver sbagliato totalmente mi serpeggiò lungo la schiena come un serpente gelido, facendomi rabbrividire per il terrore.

Oh, ci ha proprio fregati.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ah, i loro litigi mi mancavano, anche se questo è stato meno divertente per voi e più per me… amo il dramma. E poi vedere Jiang Cheng che si contorce nell’ansia del "Cristina ora mi odia?" mi rende felice.
Sono cattiva, che ci volete fare?
Il finale aperto con questo cliffhanger crudele e consapevole come vi è parso? Dovrete aspettare due capitoli per sapere cos’ha capito la nostra cara genietta incompresa, poveri voi. Ricordatevi che vi voglio bene e che sono felice che siate giunti fin qui ;)
Deb, Cry, Ely, saluti. Vi amo, lo sapete. Non uccidetemi, mi avreste solo inutilmente sulla coscienza -.-

Baci a tutti, Sarah_lilith

P.S. Se trovate errori è perché sono le due di notte, abbiate pietà di me ;3

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Capitolo 43
*** Quarantaduesimo capitolo ***


Evitare un disastro con la propria cultura otaku
(Elisa)

 

 

-Dov’è tuo fratello ora?- domandai alzandomi in piedi e spolverandomi la stoffa bianca della veste. Con delicatezza, sistemai la fascia rigida che mi copriva lo stomaco e mi sistemai le maniche perché cadessero morbidamente sulle mie braccia.

-É appena stato…- si interruppe per sopprimere un singhiozzo che la scosse da capo a piedi -… ricevuto dal Maestro Lan. Perché me lo chiedi?- sospirò afflitta asciugandosi le guance.

-Perché ora andremo a fargli un bel discorsetto- le risposi con determinazione, afferrandole un braccio e sollevandola da terra. Lei barcollò un poco e mi si appoggiò addosso per recuperare l’equilibrio necessario a stare in piedi da sola.

Poi mi lanciò uno sguardo supplichevole.

-Aiuterai mio fratello… davvero?- mi chiese, il labbro inferiore che tremava e le palpebre bagnate da nuove lacrime, questa volta di gratitudine. Annuii cercando di apparire più sicura di quanto non fossi in realtà.

Speriamo di farcela, pensai tra me e me, Lan QiRen non mi pare un tipo ragionevole.

La processione che avevo al seguito quando uscii era composta da un gruppo di ragazze molto intime con Lan Xing che avevano voluto a tutti i costi accompagnarci fino alle stanze del precedente Gran Maestro. Io ero la prima della fila, seguita a poca distanza dalla timida Lan, ancora stravolta dal pianto.

Non ci volle molto perché raggiungessimo l’ingresso delle sale principali di Gusu, eteree ed eleganti come tutto il resto, in quella montagna. Fu a pochi metri dalla porta che incrociammo il cammino con Lan XiChen, che come noi si stava dirigendo all’interno del complesso.

-Sei.. siete qui anche voi, Gran Maestro?- domandai sorpresa, ricordandomi all’ultimo momento che davanti alle discepole avevamo concordato di mantenere una certa formalità. Suo zio ne era stato contento, lui un po’ meno.

Oltre all’onorificenza, gli riservai anche un’inchino educato ed un sorriso a mezza bocca, distogliendo lo sguardo quando lo vidi ricambiare. Era così bello che mi risultava difficile sopportare la sua vista, a volte.

Supposi si fosse ripreso abbastanza dal momento di lutto e pianto da poter svolgere le sue funzioni da Capo Clan, anche se dal tremolio leggero che notai nelle sue labbra compresi fosse ancora scosso.

-Mia Signora- ricambiò educatamente la mia riverenza e mi salutò con quel titolo pomposo che aveva fatto scoppiare a ridere me e Cristina poche settimane prima -Esiliare un nostro discepolo non è cosa da poco conto, parteciperò di certo. Queste decisioni spettano a me, in fondo- rispose cortese.

Rassicurata dalla sua conferma, lo affiancai e gli appoggiai la mano sul braccio che mi porgeva per sorreggermi. Era pienamente consapevole della difficoltà che trovavo nel muovermi con tutta quella stoffa addosso, perciò cercò in tutti i modi di aiutarmi senza prendermi in braccio o umiliarmi con domande inutili.

Impari dai tuoi errori, bravo ragazzo.

Sorrisi di nuovo e gli carezzai l’interno del polso con il pollice. Volevo confortarlo ancora un poco, questo era certo, ma toccare la sua pelle morbida non era un gran sacrificio, dopo tutto.

Quando si voltò verso di me, le sopracciglia contratte e il collo che andava ad arrossarsi, gli sillabai un "grazie" mormorato tanto sottovoce che nessun altro potè sentirlo.

-Durante il processo dovrò rivolgermi a voi come "Zewu-Jun"?- gli domandai poi con tono servizievole, fingendomi una discepola timida e tentando di farlo ridere con un broncio infantile. 

Scherzare mi riesce meglio quando sono rilassata, a differenza di Cry.

Il suo sguardo nocciola a quelle parole si fece però così intenso che dovetti nuovamente cambiare soggetto, rivolgendo un’occhiata scettica agli scalini che ci separavano dall’ingresso delle stanze di Lan QiRen. Non credevo avrebbe preso quello scherzo in modo tanto privato.

-Ehm… entriamo?- chiesi, girandomi verso le discepole dietro di me e scoprendole interessatissime al nostro dialogo. Quando interruppi il teatrino mi occhieggiarono deluse e risposero con un cenno affermativo, tornando a consolare l’amica tremante.

 

 

Facemmo il nostro ingresso senza attendere che qualcuno ci desse il permesso di entrare.

Essendo la prima della fila, bussai tre volte sul legno della struttura con le nocche e poi spalancai la porta, facendo un passo avanti. Mi seguirono poi Lan XiChen e le ragazze, esitanti ma determinate.

Ci si presentò davanti agli occhi una visione preoccupante.

Un giovane uomo che assomigliava terribilmente a Lan Xing era inginocchiato composto davanti alla scrivania dietro la quale, rigido e freddo come un pezzo di granito, stava seduto Lan QiRen. Dietro il ragazzo messo a processo si erano posizionati a semicerchio i suoi accompagnatori, quelli che probabilmente spalleggiavano questo suo boicottaggio.

In totale erano cinque quelli che condividevano la sua opinione sulla caccia, a quanto potevo vedere.

-A-Jun!- gridò dietro di me la sorella del giovane, ribellandosi fino a che le sue amiche non mollarono la presa sulla sua veste e lanciandosi verso il fratello. Sul momento pensai che lo stesse per abbracciare, invece gli crollò in ginocchio vicino e gli appoggiò la fronte sulla spalla producendo un singhiozzo rumoroso.

Vidi l’uomo che evidentemente era Lan YiJun allungare una mano e accarezzarle i capelli con gesti delicati, baciandole il capo come se fosse una bambina. Sobbalzò stupito quando la sorella si voltò di scatto per supplicare l’anziano Maestro.

-Vi imploro, non cacciate mio fratello- pregò con un tono talmente pietoso che mi fece male al cuore -Può lavorare nelle cucine… o in biblioteca. Non mandatelo via per le sue idee… gli passerà- balbettò speranzosa, appoggiando la fronte a terra in una posa umile quanto degradante.

Lan QiRen non le prestò subito attenzione, preferendo rivolgersi a me e lasciando che la sua discepola restasse inginocchiata mentre il fratello tentava di tirarla sù perché sedesse composta.

-Vedo che avete nuovamente coinvolto mio nipote in uno dei vostri "spostamenti"- mi rimproverò accarezzandosi la barba e soppesando con lo sguardo la mia vicinanza con il nipote -Da dove provenite è buona cosa irrompere nelle stanze private di un Anziano mentre si sta svolgendo una riunione che non vi riguarda?- insinuò, seguendomi i miei movimenti mentre mi facevo avanti per permettere a tutti di entrare.

-No, ma ho bussato- risposi sorridendo e trascinando a sedere il gruppetto che mi seguiva. Non mi detti pena nel giustificare la presenza di Lan XiChen, ma gli lanciai un’occhiata per assicurarmi che il commento del parente non lo avesse imbarazzato -Lei è qui in qualità di sua sorella, come… supporto emotivo- precisai subito dopo indicando Lan Xing, notando intanto che il cultore sorrideva sereno e mi aveva fatto spazio vicino a lui perché mi accomodassi anche io.

Preferii restare però in piedi per fronteggiare il mio avversario dalla giusta altezza, dato che il suo tavolo da scrittura si trovava su di una piattaforma rialzata di qualche centimetro da terra.

-Voi, invece?- insistette lui indicando me, Lan XiChen e le ragazze con un cenno del mento. Sembrava seccato dal mio non apparire turbata alla luce dei suoi rimproveri.

-Anche- sorrisi candidamente e gesticolai come a dire di passare oltre alla faccenda -Siamo il supporto emotivo del supporto emotivo, in pratica- conclusi alzando le spalle.

-Avete intenzione di perseverare con questa condotta?- disse allora, sospirando amareggiato quando capì che non me ne sarei andata davanti alle sue proteste. Probabilmente gli ricordavo i bei tempi con Wei Ying, per sua sfortuna.

-Oh, posso continuare così per quanto volete- decretai con una punta di malizia nella voce che fece arrossire tre dei discepoli alle spalle di Lan YiJun. Gli rivolsi un’occhiata curiosa sollevando un sopracciglio e loro si affrettarono a tornare a fissare il pavimento, imbarazzati dall’essere stati scoperti.

Riportai la mia attenzione sull’anziano Maestro e gli indicai con gli occhi di rivolgersi ai due davanti a lui, piuttosto che battibeccare con me come una vecchia comare lamentosa. 

Fu il ragazzo messo sotto accusa a parlare per primo, però.

-Non abbandonerò le mie convinzioni così facilmente come crede mia sorella… non ritengo sia giusto andare a caccia di quelli che una volta erano umani- spiegò con voce melodiosa, incantandomi per un attimo e facendomi quasi perdere il filo del discorso -Se camminano ancora in questo mondo significa che c’è un disegno divino dietro alla loro resurrezione- predicò aprendo le braccia e rivolgendo i palmi al cielo.

Ah bene, pensai stupita, è un pazzo fanatico.

La sua affermazione scatenò alcuni mormorii stupiti dal gruppo di discepoli che ci osservava. Vennero subito zittiti dallo sguardo gelido di Lan QiRen, ma ormai il danno era fatto.

Il suo discorso era ora considerato una minaccia alle regole e alle tradizioni non solo di Gusu, ma di tutte le scuole di coltivazione. 

Vidi Lan Xing, che intanto era tornata seduta e aveva il capo semi-nascosto dai capelli, piantarsi le unghie nella carne per non intervenire in difesa del fratello. Forse fu un bene, dato che dall’espressione desolata sul suo viso sembrava aver intenzione di scoppiare a piangere e implorare di nuovo in ginocchio il perdono del Clan.

Se apre ancora bocca peggiorerà solo la sua situazione, pensai mordendomi l’interno della guancia e ragionando in fretta. 

Con passo degno di un nobile dignitario fiero delle proprie scelte, mi decisi ad avanzare in direzione del ragazzo. Quando infine gli fui di fronte mi accucciai alla sua altezza e gli colpii la guancia destra con uno schiaffo tanto forte da voltargli il viso dall’altro lato.

Il suono del ceffone rimbombò per tutta la stanza e mozzò il respiro dei presenti. La mano mi prese a far male quasi subito, ma ignorai il dolore e cavalcai l’onda dello stupore generale per prendere parola.

Con un tono così severo da far fatica a riconoscermi mi rivolsi a Lan YiJun, che intanto si era coperto lo zigomo offeso con una mano e mi fissava a dir poco sconvolto.

-Come ti viene in mente di far preoccupare così tua sorella solo perché "non ritieni giusto" fare il tuo lavoro? Non lo ritieni giusto? NON LO RITIENI GIUSTO?!- alzai il volume senza nemmeno rendermene conto, facendo sobbalzare il mio interlocutore e spalancare gli occhi a tutti coloro che assistevano -Sai cos’altro non è giusto? Che il tuo Gran Maestro abbia dovuto vedere il suo migliore amico morto da anni tramutato in uno zombie assassino che ora resterà chiuso in eterno in una bara coperta da sigilli anti energia rancorosa. Per non parlare di tutti quelli che sono stati costretti a vedere amici e familiari uscire della proprie tombe per tormentare innocenti- mi si mozzò il fiato e dovetti fermarmi per riprendere a respirare. 

Stravolta, rivolsi a Lan Xing un’occhiata veloce. La vidi fissarmi stupita e un poco spaventata dalla mia rabbia, eppure notai una scintilla di gratitudine nel suo sguardo velato di lacrime.

Successivamente mi concessi di osservare di nuovo il mio interlocutore, compiacendomi nel vederlo tremare come un topolino davanti ad un gatto. Ebbe però il coraggio di aprire bocca per provare a ribattere.

Interruppi la sua possibile replica con un gesto seccato che lo fece sigillare le labbra all’istante, forse timoroso di ricevere un altro ceffone.

-Una volta erano umani, hai detto. Beh, ora non lo sono più. Esiteresti forse a mettere del carbone nel fuoco perché ti dispiace che siano morti degli alberi tempo prima? Quella gente non potrà mai tornare in vita. Usa la logica, non i sentimenti, per stabilire cos’è umano 1- conclusi la mia arringa e, senza guardare più in faccia nessuno, tornai al fianco di Lan XiChen, sedendomi comodamente alla sua destra.

Mi presi il mio tempo per sistemare la stoffa candida della mia gonna attorno alle mie gambe, poi mi adagiai con eleganza le mani sul grembo in modo che le larghe maniche non si stropicciassero. Conclusi la preparazione muovendo il capo per portarmi i capelli oltre le spalle e posizionandomi dritta, il mento alto e il petto in fuori.

Quando finalmente mi decisi a tornare a guardare la stanza, tutti mi fissavano, chi più sfacciatamente e chi meno. Molti erano gli sguardi di gratitudine o semplice stupore. Perfino Lan QiRen mi parve meno ostile di prima.

Il migliore di tutti me lo trovai di fianco, però.

Lan XiChen mi stava osservando con un tale orgoglio da farmi arrossire, le guance che mi prendevano fuoco sotto quelle iridi piene di calore e dolcezza. Non mi aveva sorriso o simili, eppure l’espressione ammirata che gli lessi in viso era più che abbastanza, per me.

Non guardarlo, non guardarlo, mi ripetei per darmi la forza di non cedere, non guardarlo assolutamente!

 

 

Intanto…

 

Una coppia di giovani cultori dalle candide divise si districò tra le fronde degli alberi e dei cespugli, camminando sicuri su di un sentiero poco calpestato. Sbuffando per la stanchezza, uno dei due afferrò la mano del compagno e intrecciò le dita tra le sue. Gli strattonò un poco il braccio e richiamò la sua attenzione.

-Quanto manca, Da-Feng 2? Sono stanco, mi sono allenato tutto il giorno con la verticale- sbottò mettendo il broncio.

-Allora non dovrebbero farti male le gambe- gli rispose l’altro trascinandolo quasi di peso verso la loro meta -Comunque, siamo arrivati- evidenziò la sua affermazione scostando un folto cespuglio dalla visuale per mostrare un laghetto limpido tra le rocce chiare della montagna.

-Che bello- gridò contento il più giovane avanzando fino a lasciarsi alle spalle la vegetazione -Mi farò un bagno fresco, finalmente- disse gioioso, prendendo a spogliarsi della veste superiore, imitato dal compagno.

Si liberarono dei pesanti abiti in religioso silenzio, regalandosi dei sorrisetti di complicità ogni volta che uno dei due incrociava gli occhi dell’altro.

-Strano, c’è un silenzio agghiacciante, non trovi?- disse ad un tratto il più giovane osservando la foresta, incuriosito dall’improvvisa tranquillità che era calata sul bosco. Non c’era nessun cinguettare di uccelli, nessun zampettare di animali. Perfino il vento parevano immobile.

Rivolse poi uno sguardo all’amico e risero insieme per quel pensiero frivolo, procedendo verso il laghetto spintonandosi l’un l’altro. Con passi veloci si allontanarono dal limitare della foresta.

Nell’ombra degli alberi, intanto, qualcuno piegò le labbra in un sorriso.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Esiteresti… umano: questa è una citazione quasi pari pari di Envy, uno dei miei personaggi preferiti di Full Metal Alchemist (Brotherhood) Mi piaceva da impazzire e poi Elisa è una fan quindi…
2. De-Feng: l’onorifico De si usa per dire "fratello" se si parla a qualcuno di più grande. Loro non sono parenti di sangue, ma sapete come funziona no?


Il titolo deriva da quella sua affermazione, principalmente. Mi è salita l’ansia perché non sapevo come Caspio chiamare questo capitolo, ma ho combinato all’ultimo.
Ho due giorni di ritardo sulla tabella degli aggiornamenti, scusatemi. Sono pessima, spero mi sopportiate perché NON HO IL CONTROLLO DELLA MIA VITA E IL MIO PULCINO É VOLATO VIA… sono triste :(
Comunque, piaciuto? Lo so, lo so, è un capitolo strano ed il cliffhanger finale è un’agonia per gli occhi, ma siate clementi, mi serve andare avanti con la TEREAMA (non è un errore, io SO perché l’ho scritto così). 

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 44
*** Quarantatreesimo capitolo ***


L’amore è una specie di magia da quattro soldi

 

 

Mi fiondai fuori dalla porta e corsi giù per le scale alla velocità della luce, l’arco e la faretra recuperati in fretta che mi battevano sulla schiena al ritmo dei miei passi veloci.

-Mamma, cosa c’è?- i richiami di Jin Ling mi seguirono mentre il ragazzo mi correva dietro, confuso -Mamma?- gridò ancora, afferrandomi per un braccio e facendomi voltare.

Ero talmente sconvolta da ciò che avevo scoperto che il giovane mi dovette scuotere per farmi tornare cosciente. Ancora inebetita dallo shock, gli piantai addosso le mie iridi celesti e lo fissai senza vederlo davvero.

Deglutii a corto di saliva, la gola secca che mi bruciava.

-É stata geniale…- gemetti in preda al panico, affondandomi le mani nei capelli e stringendoli alla radice -Ci ha fregati- mormorai tra me e me mentre ancora fissavo Rulan negli occhi.

Il giovane si zittì davanti alla mia sicurezza, probabilmente spaventato dal mio sguardo febbricitante. Annuì come se avesse capito quello che gli avevo detto, anche se probabilmente mi credeva pazza, e chiamò a gran voce lo zio, spingendomi fuori dalla porta.

Il locandiere al bancone ci fissò stralunato, aprendo bocca per dire qualcosa. Jin Ling lo convinse con un’occhiata di fuoco a non approfondire i suoi dubbi. L’uomo tornò subito a farsi gli affari suoi senza disturbarci.

All’esterno l’aria fresca del mattino mi agitò i capelli sciolti in mille vortici castani, costringendomi a sistemarmeli all’interno del cappuccio che indossai prontamente. Riuscii a liberarmi la visuale solo per trovarmi nuovamente impossibilitata a vedere, questa volta accecata dal sole nascente.

Indispettita, socchiusi le palpebre e mi coprii la fronte con una mano, riparandomi dai raggi troppo luminosi.

Mi ci volle qualche secondo per abituarmici, ma quando finalmente lo feci vidi di fronte a me Jiang Cheng, il viso di pietra e gli occhi che brillavano di determinazione.

Mi si parò davanti con le braccia incrociate e un cipiglio scontroso in volto, nonostante potessi constatare con ovvietà che stesse cercando di reprimerlo per apparire neutrale. Forse non voleva scatenare un nuovo litigio.

-Cristina!- mi incalzò senza permettermi di aprire bocca -Ascoltami, so che sei arrabbiata ma…- disse con un tono conciliante che mi diede sui nervi. Lo fermai prima che continuasse l’inutile filippica.

Mi misi nella medesima posa e lo fronteggiai a mento alto, socchiudendo gli occhi per la luminosità del cielo dietro la sua figura. Sembrò notarlo, perché si spostò di lato per non essere più in controluce.

-Sono oltre l’arrabbiatura già da un po’, ma non è questo il punto- lo interruppi scuotendo il capo e massaggiandomi le tempie, esasperata -Credo di aver capito cosa vuole fare la Sacerdotessa Nera- dissi poi con voce bassa, il vento che portava via le mie parole e le copriva con il suo ululare.

Le sopracciglia di Jiang Cheng si contrassero ed il suo viso assunse un’espressione allucinata per una frazione di secondo, prima che la confusione mutasse in preoccupazione. Irrigidì i muscoli della mascella e, stringendo i denti, prese a rigirarsi Zidian sul dito.

-Ovvero?- domandò con interesse, senza nemmeno pensare di mettere in dubbio le mie parole o insistere con il discorso precedente.

Quella era una delle qualità che più apprezzavo nel Gran Maestro di Yunmeng: sapeva accantonare da parte i propri sentimenti personali quando si trattava di affrontare minacce urgenti. 

Forse gli anni di pratica con il fratellastro lo avevano temprato.

-É molto più intelligente di quanto pensassi. Sapeva che saremmo venuti qui a controllare cosa stava succedendo e ci ha presi per il culo- spiegai con ironia, cercando di sdrammatizzare nonostante la paura che mi stringeva la gola -Vuole attaccare uno dei Clan, ne sono certa- affermai poi, mordendomi il labbro inferiore fino a sanguinare.

Quella giornata, o per meglio dire nottata, era stata così stressante e confusa che mi ero dimenticata di bere. Avevo la bocca e la gola così secchi che mi bruciavano. 

O forse è solo la tensione, pensai mentre il nodo allo stomaco si stringeva sempre più. Fai che Elisa stia bene, fai che Elisa stia bene per favore, pregai.

Jiang Cheng sospirò stanco e si passò una mano sul viso, appoggiandosi con le cosce sulla staccionata a cui erano legati i cavalli e fissando intensamente il fieno che copriva il suolo. Restò zitto per un po’, forse indeciso se credermi o meno.

Intanto, intervenne per lui il nipote.

-Ma non avrebbe senso, le sue truppe sono qui- disse il giovane scuotendo la testa e facendo ondeggiare la lunga coda di cavallo a destra e sinistra. Come lo zio, anche lui sembrava scettico davanti alle mie teorie.

-Vedi cadaveri ambulanti in giro? Spiriti maligni o fantasmi?- ribattei con pazienza, conscia di star proponendo un idea assurda o quantomeno scoraggiante per i loro piani -Probabilmente li ha radunati e diretti a sud per un po’, poi li ha sparpagliati per le foreste e li ha riportati dove voleva- affermai agitando le mani in aria.

Il silenzio calò di nuovo sul nostro trio, interrotto solo dal soffio del vento che agitava le lanterne ai bordi della strada. Il mio mantello frusciò quando si attorcigliò a quello di Jin Ling al mio fianco, anche lui zitto e intento a ragionare.

-Cosa proponi di fare?- domandò di punto in bianco Jiang Cheng, alzando gli occhi violetti su di me e fissandomi con intensità.

Forse era il suo modo di scusarsi, ma darmi ragione non avrebbe aiutato né la nostra relazione, né i nostri alleati in caso di assedio.

Se solo ci avessi pensato prima invece che perdermi in fantasie romantiche, mi dissi rammaricata.

-Ah, adesso la mia opinione ti interessa?- sbottai acida, pentendomene subito dopo. Prima che ribattesse, gli feci un gesto come a dire di non badare alle mie parole e continuai -Dobbiamo tornare a Yunmeng e avvertire gli altri Gran Maestri dell’attacco imminente- proposi, anche se suonò più come un comando che come una richiesta.

Il mio tono di voce si era indurito tanto che perfino Jin Ling mi lanciò un’occhiata preoccupata, ma decise di restare zitto e non intervenire in merito. Ero sicura pensasse che l’unico a poter sistemare la questione fosse lo zio.

Aveva ragione, ma non era proprio il momento. Mi sarei dovuta tenere la rabbia dentro fino alla conclusione di quella faccenda.

-Ma non sappiamo nemmeno quanto sia vasto il suo esercito!- obbiettò il ragazzino, spalancando le braccia e arcuando le sopracciglia. Evidentemente sperava che io gli dessi una risposta che non avevo.

-Non ho una sfera magica che mi mostra il futuro, Rulan. Più di questo non so che dirti- sbuffai, amareggiata dalle poche informazioni che avevamo a disposizione -Ci arrangeremo in qualche modo- pregai ad alta voce.

Jiang Cheng annuì, concorde. Poi si rialzò e ci diede le spalle, puntando lo sguardo verso il sole nascente e fissandolo concentrato. Mi chiesi ingenuamente come facesse a non bruciarsi le retine.

-Si potrebbe sempre eliminare la fonte- sussurrò a tonalità così bassa che feci fatica a sentirlo, anche se il nipote non ebbe problemi, con tutta probabilità. 

Maledetti cultori.

-Perché, tu sai dov’è?- chiesi esasperata dal suo continuo rimandare e consapevole della delusione che stava provando nel non poter assediare la città. Mi dovetti mordere la lingua per non commentare ulteriormente.

Ritirare le sue truppe non era ciò che preferiva, in quella situazione, glielo leggevo negli occhi. Non che avessimo scelta, comunque.

Il cultore attese un po’ prima di ribattere, forse intento a trovare altre obiezioni alla mia analisi. Sembrò non trovare nulla di originale, però, quindi si limitò a rimarcare l’ovvio.

-Resta il fatto che i Clan sono ben difesi e sanno della possibile minaccia, quindi…- sospirò tornando a guardarmi, il viso fiero avvolto da un’aura di quella che sembrava vera pena.

Le guance pallide avevano perso ancor di più colore e le occhiaie scure erano ora evidenti sotto i suoi occhi stanchi. Teneva le labbra rosse serrate in una linea sottile che gli attraversava il volto glaciale come uno strappo sanguigno su di una tela bianca.

Il vento gli scompigliava le ciocche libere dallo chignon e il nero dei suoi capelli non faceva altro che evidenziare ancor di più il suo incarnato candido. Alle sue spalle, il sole era finalmente sorto e illuminava il cielo dietro di lui di un azzurro così intenso da far male alla vista.

Sembrava un fantasma tormentato dal senso di colpa, eppure non era mai stato più bello di così.

-Quindi niente, dato che con tutta probabilità sanno che vuoi attaccare questa città e quindi penseranno che il nemico sia qui- ribattei, infastidita dall’essermi imbambolata a fissarlo come una cretina -Non dico che abbasseranno le protezioni o altro, ma per creare scompiglio non serve così tanto e la stronza avrà dalla sua l’effetto sorpresa- provai a spiegare, respingendo la stretta al cuore che mi diede la sua espressione delusa quando distolsi lo sguardo da lui.

Probabilmente pensava non riuscissi a guardarlo in faccia per quello che era successo poche ore prima.

Essere innamorati è una vera merda, pensai stringendo i denti, non può essere tutto così complesso, altrimenti la prendo come una fregatura. O forse è lui il problema…

-Resta da capire chi verrà assediato per primo- rifletté ad alta voce Jin Ling, alternando lo sguardo ansioso tra me e lo zio. Entrambi sbuffammo mentre ci pensavamo.

Da lì in poi cominciò un confronto che non avrei mai pensato di poter reggere, dato che io e le strategie militari non procedevamo sugli stessi binari. Domandare che tutto si risolvesse con un problema matematico era chiedere troppo?

-Yunmeng e LanLing sono le migliori opzioni, essendo sprovviste di Gran Maestri, al momento- buttai lì come teoria improvvisata, riflettendo solo poi sulla sua effettiva veridicità -Ma non ne posso essere sicura- aggiunse subito.

Jiang Cheng annuì e mi fece capire con lo sguardo che non era necessario mi correggessi di continuo. Si fidava della mia opinione a prescindere dal fatto che fosse quello che stava per accadere o no.

Compresi solo in quell’attimo che, anche in caso di fallimento, non mi avrebbe rimproverata se lo avessi consigliato male.

-Io attaccherei il Clan Nie, data la fama del loro Capo- controbatté però con un cipiglio arrogante, scuotendo la testa quando privai a difendere Huaisang, indispettita -Non prendertela con me, ma non ha la reputazione di un grande combattente. Dico solo che tatticamente sarebbe sensato- spiegò girando i palmi verso l’alto.

Accettai quell’obiezione alzando gli occhi al cielo e fissando per un po’ la volta celeste attraversata dalle nuvole candide. Mi tornarono all’improvviso in mente i Lan. 

-Gusu è isolata… sarà difficile avvertirli in tempo- dissi con una punta di panico nella voce. L’ultima parola mi uscì strozzata come se la mia gola si fosse stretta prima di pronunciarla, tanto che i due cultori mi osservarono preoccupati.

-É ben protetta, per ora- mi rassicurò Jiang Cheng, fiducioso, anche se dallo sguardo che gli lanciò Jin Ling mi parve anche lui molto in ansia e per nulla più tranquillo.

Spero davvero sia così.

 

 

Partimmo nel giro di pochi minuti, scusandoci con il proprietario della locanda per non esserci fermati abbastanza da assaggiare la sua famosa zuppa. Lo pagammo profumatamente perché non dicesse a nessuno che eravamo già andati via. 

Il Capo Clan di Yunmeng disse che sarebbe servito per depistare chiunque volesse trovarci, ma io non capii in che modo tenere prenotate delle stanze come se le stessimo usando potesse aiutarci.

Non domandai nulla, però. Decisi di sistemarmi in sella a Noc ed attendere che l’uomo convincesse l’oste ad assecondarlo e che Rulan recuperasse un cavallo dalle stalle.

Quando fummo tutti e tre pronti per partire, Jiang Cheng preferì precederci sulla strada verso il portone d’uscita. Forse temeva che, vedendolo discutere con le sue spie al confine per terminare il piano d’assedio, mi sarei arrabbiata di più, ma in quel momento la cosa non mi importava più di tanto.

Le priorità erano altre.

Quando fu sparito tra le case con Principessa, potemmo incamminarci anche io e Jin Ling. Sempre sotto ordine di suo zio, dovemmo procedere a velocità di crociera lungo le vie della città, trottando come se stessimo andando a fare una scampagnata e non stessimo cercando di impedire una guerra. 

Mentre percorrevamo la strada principale, il ragazzino spronò il suo cavallo color ruggine perché mi si accostasse al fianco. Sporgendosi verso destra sulla sella, mi richiamò con voce bassa e velata di ansia.

-Potrebbero davvero attaccare Gusu?- sussurrò preoccupato, lanciandosi continue occhiate attorno per assicurarsi di non essere sentito. Non si rilassò nemmeno quando vide che le persone in strada non gli prestavano alcuna attenzione, se si escludeva qualche languido sguardo proveniente da alcune ragazze sorridenti.

-I tuoi amici sono al sicuro, stai tranquillo. Lan SiZhui è in una fortezza su di una montagna sacra, non succederà nulla- mi assicurai di usare un tono rassicurante, mentre gli rispondevo. Anche se io stessa avevo un brutto presentimento, era meglio non preoccuparlo inutilmente.

Non potei impedirmi di lanciargli una frecciatina sul caro amico che aveva tra i Lan, però.

-Non era… non intendevo!- balbettò agitato, raddrizzandosi in sella al destriero e tornando a guardare davanti a sé, tutte le precauzioni sul non farsi sentire già dimenticate -È che c’è una, una… biblioteca bellissima, sì! Sarebbe un peccato se andassero perduti tutti quei libri, vero?- tentò di svicolare.

La sua patetica scusa mi fece sorridere così ampiamente che dovetti coprirmi la bocca con una mano prima che notasse che stavo ridendo di lui. Divertita, gli pizzicai scherzosamente un fianco.

-Anche io sono preoccupata- confessai tornando seria quando mi guardò di nuovo -Elisa è lì e io non so se starà bene- gli confidai. Confessare questa preoccupazione me la fece percepire più vera sulla pelle, tanto che rabbrividii e un crampo allo stomaco mi colse alla sprovvista, facendomi contrarre il viso in una smorfia sofferente.

-Ma certo che starà bene!- mi rassicurò a quel punto Jin Ling, che ormai sembrava essersi dimenticato chi doveva consolare chi -Dopo tutto, c’è un Gran Maestro con lei, no?- mi domandò innocentemente, rasserenandomi almeno un poco.

Già, dovrebbe essere tutto ok.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Scusate il ritardo, chiedo umilmente perdono per la mia mancata presenza ma davvero non avevo tempo… è così strano, data la situazione, vero? Grazie per aver atteso con pazienza, non vi merito.
In ogni caso, piaciuto? La storia si sta evolvendo e tra un po’ andrà così di fretta che vi verranno le vertigini, ma spero capiate dove voglio arrivare. É un pò complesso ma sono fiduciosa; credo in voi, ragazzi <.<
Deb, so che ci sei. Momento ZhuiLing mancato? Forse, ma lo scopriremo nelle puntate successive ;3

Baci a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 45
*** Quarantaquattresimo capitolo ***


A volte i titoli sono sopravvalutati
(Elisa)

 

 

Evitare per tutta la riunione lo sguardo castano di Lan XiChen, seduto al mio fianco, non fu facile, ma di certo necessario. Se avessi incontrato di nuovo le sue iridi sarei andata a fuoco.

Le mie guance già scottavano nonostante la brezza fresca che, entrando dalla finestra e smuovendo leggermente le tende, mi solleticava il viso. L’imbarazzo che mi creava il suo fissarmi in modo così spudoratamente intenso mi faceva vibrare il cuore.

Le espressioni stupite e a tratti ammirate degli altri le avevo apprezzate, certo, ma con la Prima Giada si trattava di una cosa del tutto differente. Era un calore di lusinga, quello che mi scorreva nelle vene.

Ci sarà un motivo se sono cotta di lui da quando ho letto le prime due righe della sua storia, no? mi domandai con ironia.

-Credo spetti a… Zewu-Jun l’ultima parola- mormorai, sollevando finalmente lo sguardo su Lan QiRen e scoccandogli un’occhiata ammonitrice. Doveva solo azzardarsi a ribattere.

L’anziano Maestro mi scrutava con scetticismo, le labbra strette in una linea sottile. La nostra lotta silenziosa si fece più agguerrita man mano che passavano i secondi, fino a che la tensione nell’aria divenne tanta da impedire a chiunque di respirare. 

-Dovremmo discutere a fondo sulla faccenda, zio- ci interruppe Lan Huan. Io distolsi lo sguardo da suo zio, anche se continuai a non rivolgermi a lui per paura di arrossire di nuovo -Privatamente- aggiunse con tono serio. Dal modo in cui si espresse, non mi parve stesse chiedendo il permesso a nessuno.

Ma d’altro canto, era o non era il Gran Maestro in carica? 

L’occhiata di fuoco che mi sentii addosso mi fece capire però che Lan QiRen non era abituato a queste prese di potere da parte del nipote, e che associava a me questo suo improvviso cambiamento.

Peggio per lui, io non avevo fatto altro che spronare Lan XiChen verso i suoi doveri, ricordandogli in modo velato chi aveva il comando.

-Ovviamente- sibilò con un cenno affermativo del capo, indicando la porta d’ingresso con un dito nodoso. La lunga manica bianca gli penzolò immobile sul braccio teso, sfiorando terra solo con l’estremità celeste -I nostri spettatori possono quindi accomodarsi fuori- ci invitò ad andarcene in modo nemmeno troppo gentile.

Fui la prima ad alzarmi, seguita subito dalle ragazze e dai ragazzi presenti e solo dopo qualche secondo anche da Lan Xing. Parve molto riluttante nel lasciare solo il fratello, ma il suo scetticismo fu spazzato via dall’occhiata gelida che le riservò Lan QiRen. 

La ragazza mi si affiancò con la testa bassa e le mani giunte sul grembo. Notai solo allora che le unghie gli si stavano impiantando nella carne tenera delle nocche mentre avanzava mogia.

Forse non è così docile come sembra, in fondo, pensai sorpresa. E anche un tantino fiera, c’era da ammetterlo.

-Noi torniamo ai nostri incarichi, Gran Maestro- si congedarono in coro i discepoli, inchinandosi con rispetto e uscendo alla svelta dalla stanza. Perfino Lan Xing salutò tutti timidamente e fuggì più veloce che poteva, lanciando solo un’ultima occhiata al fratello.

Nello studio rimanemmo solo io, Lan QiRen, Lan XiChen e Lan YiJun. All’istante, tre paia di occhi si concentrarono su di me, che mi trovavo ancora con un solo piede oltre la soglia. Il più giovane mi osservò massaggiandosi la guancia lesa con la mano, ancora scosso dal mio ceffone. 

Il cultore dagli occhi castani, invece, fece per alzarsi e raggiungermi. Probabilmente voleva accompagnarmi fuori come un vero gentiluomo. Nonostante i buoni propositi, glielo impedii scuotendo il capo mestamente. 

-Vi aspetterò fuori- lo salutai con una riverenza degna di una principessa e con un sorriso tranquillo in viso -Voi decidete con saggezza, Zewu-Jun- sussurrai incrociando finalmente il suo sguardo.

Avevo fatto bene ad evitarlo fino a quel momento, perché le emozioni che vi lessi dentro mi resero difficile la mia ritirata verso il cortile. Ci riuscii soltanto perché, se fossi rimasta, gli sarei corsa tra le braccia.

 

 

Attesi per ore che la riunione si concludesse. 

Dato che ormai aveva superato da un po’ l’apice della sua traiettoria nel cielo, il sole picchiava forte, quindi dovetti spostarmi sotto un grosso albero di nespole lì vicino. La sua imponete ombra mi protesse dai raggi scottanti fino a metà pomeriggio, quando dovetti nuovamente cambiare posizione.

A quel punto la luce si era fatta rossiccia, ma comunque mi riscaldava abbastanza da non permettermi di rimanere ferma nello stesso punto troppo a lungo. Mi misi a fare avanti ed indietro per il viale di ciottolato davanti all’edificio, rinfrescata dal venticello leggero.

Poi, verso quelle che presupposi fossero le sette di sera, la porta finalmente si aprì.

Bloccai il mio incessante camminare per dare un’occhiata ai tre individui che varcavano la soglia, bianchi come la luna ed eterei come le nubi soffici in cielo.

Lan YiJun pareva scosso ma tranquillo, quindi dedussi che le sue trattative erano andate a buon fine e che, nonostante non volesse più cacciare, non lo avrebbero allontanato da Gusu e dalla cara sorella.

Lan XiChen aveva un candido sorriso sul volto grazioso, gli occhi limpidi di chi sa di aver fatto la scelta giusta.

Lan QiRen, come al solito invece, era indecifrabile nel suo grugno infastidito.

Mi avvicinai al trio nonostante l’occhiata ammonitrice del più vecchio, ignorando il suo continuo contrarre le sopracciglia come se fossi una mosca fastidiosa. Probabilmente avevo bruciato tutti i punti a mio favore guadagnati con la ramanzina al ragazzo, grazie al mio suggerimento.

Indifferente, salutai Lan Huan con un broncio infantile ed un sospiro stanco.

-Mi avete fatto aspettare per ore… è un eternità, lo sapete?- lo rimproverai, dandogli ancora del voi perché a portata d’orecchio dello zio. Lui scosse la testa con veemenza e chinò il capo per scusarsi.

-Mi rammarico di avervi costretta ad attendere così a lungo, ma avevate ragione. La decisione era importante ed andava esaminata con attenzione direttamente da me- disse, il sorriso che si faceva più ampio e le guance che gli si imporporavano di rosa sotto il mio sguardo.

Io risi e gli diedi una pacca sulla testa ancora china, nonostante dovetti sporgermi sulle punte per riuscire a raggiungerla. Normalmente ero io quella alta, dato il mio metro e settantadue, ma lui mi batteva alla grande.

Ma che gli danno da mangiare qui? pensai, prolungando la risata oltre il necessario mentre osservavo i suoi occhi stralunati.

Si era stupito di ricevere quel gesto d’affetto spontaneo, ed aveva deciso di esprimere la sua sorpresa con un luccichio dorato nelle iridi che le fecero assomigliare terribilmente a quelle del fratello minore.

Quello che mi stupì, invece, fu la sua successiva frase. 

Piegandosi su di me ed incombendo con la sua figura a pochi centimetri dalla mia tanto che ne potei percepire il calore attraverso la stoffa della divisa, sbatté le palpebre perplesso. La mia risata si spense ed il mio fiato si mescolò con il suo.

-I vostri occhi hanno una sfumatura azzurrina che non avevo mai notato prima- mormorò con genuina incredulità, quasi non credesse alle parole che stava pronunciando o al suo comportamento inappropriato davanti a suo zio ed un semi sconosciuto -Pensavo fossero solo grigi- aggiunse a mo’ di spiegazione.

Parve però rendersi conto quasi all’istante dell’intimità dimostrata dal suo complimento e si ritrasse di scatto, vacillando per riprendere l’equilibrio dopo tre veloci passi indietro.

Dal canto mio, non capii davvero cosa ci trovasse di bello nelle mie iridi plumbee. Presupposi fosse una cosa di famiglia.

I Lan hanno proprio una strana fissa per le persone con gli occhi grigi.

Fiera di aver fatto breccia nell’imperturbabile maschera di fierezza e di buone maniere del cultore, sorrisi rassicurante e feci finta di nulla. Magari avrebbe diminuito il suo nervosismo.

Intravidi con la coda dell’occhio l’espressione sconvolta di Lan YiJun e perfino il fastidio controllato sul viso dell’anziano Maestro. 

Se il primo mi osservava come se non avesse mai visto una donna in vita sua, il secondo aveva le sopracciglia così arcuate da farle sparire sotto il nastro frontale le cui estremità ondeggiavano al vento. Mi commossero entrambi, uno con la bocca spalancata e l’altro con le labbra sigillate dall’incredulità.

-Quindi…- provai ad interrompere il silenzio imbarazzante che era sceso su di noi con un colpo di tosse, ma fortunatamente in mio aiuto arrivò un discepolo mai visto che ci raggiunse con passo svelto.

Naturalmente non può correre nemmeno se ha notizie urgenti da riferire, borbottai tra me e me, lanciando un’occhiata piena di risentimento alla montagna coperta di regole dietro di noi.

-Gran Maestro, mi è stato riferito di un caso che potrebbe essere di nostra competenza- esordì -Dall’ultima luna, a Moling sono spariti ventitré uomini dallo stesso luogo circa alla stessa ora da quanto dicono i parenti- illustrò con tono attento, la voce assente di chi ne ha sentite di peggio.

Forse vivere in un mondo popolato da zombie e da divinità carnivore ti temprava davvero a tutto, anestetizzandoti alle notizie come se le catastrofi fossero all’ordine del giorno.

-Perché non siamo stati avvertiti prima? Ventitré sparizioni in meno di trenta giorni sono un numero allarmante- lo rimproverò severo Lan QiRen, prendendosela con lui nonostante fosse solo il portatore dell’ambasciata.

Evidentemente in difficoltà, il giovane si stropicciò l’orlo delle maniche con le dita sottili e balbettò qualcosa di incomprensibile. Gli fu chiesto di ripeterlo, al che il ragazzo alzò lo sguardo dai propri piedi e sussurrò come se stesse parlando in una chiesa vuota. 

-Il luogo da cui sono scomparse è molto… promiscuo, Maestro- spiegò criptico con le guance in fiamme, non specificando per un’esagerata pudicizia.

Alzai gli occhi al cielo quando vidi tutti e quattro i Lan presenti aggrottare le sopracciglia come se il solo pensiero gli facesse venire la pelle d’oca. Con le mani sui fianchi, sospirai afflitta e attirai l’attenzione del messaggero.

-Si tratta di un bordello?- domandai senza scrupoli, trattenendo un sorriso davanti all’espressione quasi sofferente del poverino, che mi guardava tremante.

Il giovane annuì frenetico e si tamponò la fronte sudata con un fazzoletto estratto dalla fascia interna della cintura celeste. Questa volta dovetti mordermi il labbro per non cedere al divertimento, concentrandomi sulle sue successive parole.

-Un gruppo di cultori solitari ha già provato ad indagare, ma la gente dice che anche loro sono spariti- aggiunse questo dettaglio con un velo di preoccupazione nella voce che cancellò il disagio creatosi davanti all’argomento "bordello". 

Mi guardai attorno per cogliere il più possibile le emozioni sui visi di coloro che mi circondavano, riuscendo solo in parte a capire cosa stessero pensando.

Lan QiRen aveva un cipiglio concentrato che lo faceva apparire più vecchio, più stanco e quasi consumato dalle continue preoccupazioni che la vita gli aveva dato. Le rughe d’espressione attorno ai suoi occhi si ispessirono, mentre le dita gli correvano alla barba scura e la carezzavano con meticolosità.

I due ragazzi più giovani avevano il mio stesso interesse rispetto ai loro Senior, anche se la esprimevano con molta più discrezione.

Lan XiChen, imperturbabile come una statua di ghiaccio, congiunse le mani davanti al grembo e si rivolse al discepolo che aveva recapitato la notizia con tono autoritario. Le sue iridi castane guizzarono su di me solo per un attimo, tornando poi frenetiche a ispezionare il viso del suo sottoposto.

-Manda un messaggio al governatore della città- gli ordinò -Avvertilo che lo raggiungerò personalmente per risolvere questo mistero. Potremmo trovarci davanti ad uno spirito vendicativo molto potente- detto questo lo congedò con un cenno rispettoso anche se sbrigativo e si rivolse allo zio per un saluto.

Quando ebbe svolto i convenevoli necessari, diede le spalle al gruppo e si incamminò verso il sentiero che conduceva giù dalla montagna. Io gli zampettai dietro dopo aver salutato gli altri con un sorriso ed una riverenza.

-Ehm- richiamai la sua attenzione con un mormorio impacciato, certa che se avessi cominciato a parlare senza preavviso si sarebbe sorpreso di trovarmi dietro di lui -Posso venire?- chiesi una volta che si fu fermato e si fu girato nella mia direzione.

Sotto la luce morente del sole, la sua veste candida assunse una tonalità cremisi che stonava con tutto quello a cui ero abituata a vedergli addosso, ma che nonostante questo gli donava molto. Non che esistesse qualcosa che potesse stargli male, con quel fisico e quella faccia.

-Perdonami?- domandò confuso, non capendo realmente cosa gli stessi chiedendo. Ora che eravamo soli aveva perfino ripreso a darmi del tu, mantenendo la sua promessa.

-Vorrei partecipare alla caccia- tentai di spiegarmi meglio, anche se non credevo ci fosse bisogno di un contesto, in quella situazione. C’era da dire però che, con tutta probabilità, nessuna donna si era mai offerta con tanta spudoratezza di accompagnarlo a caccia.

Capendo cosa intendessi, Lan XiChen iniziò a scuotere la testa ancor prima che potessi aggiungere altro. I suoi lunghi capelli scintillarono alla luce della luna appena sorta, brillando di riflessi chiari come fili di seta neri.

-Non mi pare il caso che…- obiettò con condiscendenza, assecondando il mio capriccio con il sorriso che gli moriva sulle labbra rosse. 

A quanto pare anche il mio ascendente su di lui aveva dei limiti. C’era solo da capire quanto avrei dovuto insistere per convincerlo.

-É da quando ho letto il romanzo che sogno di poter cacciare un fantasma o uno spirito, non mi farò sfuggire un’occasione che è piovuta così fortuitamente dal cielo- lo avvertii con le mani che mi prudevano dal desiderio di seguirlo in quell’avventura -E poi ci sarai tu con me tutto il tempo, cosa mai mi potrebbe capitare? Ti prego, per favore!- implorai congiungendo le mani sotto il mento e rivolgendogli la mia miglior espressione da cucciolo ferito.

Attesi per quella che mi parve un’eternità sotto il suo sguardo castano, pregando con tutto il cuore che acconsentisse. Non mi scoraggiai nemmeno quando lo vidi rivolgere le sue attenzioni a destra, dove le fronde degli alberi si scuotevano al vento.

Poi, finalmente, parve decidersi. Non ci fu bisogno che si esprimesse a parole: la sua espressione esasperata fu eloquente.

Il suo sospiro sconfitto mi fece sorridere euforica e un poco divertita. Credevo sarebbe stato più difficile da smuovere, soprattuto considerata la sua tendenza a proteggere le persone che gli stavano care.

Ci ho impiegato davvero, davvero poco, pensai impressionata da me stessa. Forse non mi vuole troppo fuori dalla sua portata in caso di emergenza, ipotizzai.

-Dovrai starmi vicino e non prendere alcuna iniziativa in modo assoluto- spiegò con tono severo, sottolineando le ultime parole come se dovesse impiantarmele in testa -Non sappiamo neppure con cos’abbiamo a che fare. Sarà pericoloso- mi ammonì.

Il mio improvviso abbraccio non lo smosse di un millimetro, anche se sentii le sue spalle irrigidirsi sotto la mia stretta. Il mio ringraziamento durò poco, comunque, e lo compiacque più del dovuto, a giudicare dalla sua espressione.

-Oh, lo spero proprio- mormorai sognante, staccandomi da lui e saltellando per il sentiero come se fosse Natale.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Zalveee belle persone, mi siete mancate.
Prima di tutto spiego che non ho messo il numeretto con allegata spiegazione sul nome Moling perché è solo una città nominata a casissimo, non c’è alcun bisogno che ve la ricordiate: basta sapere che quei due vanno a caccia insieme, dove non è rilevante.
Per quanto riguarda il titolo… chiedo perdono ma oggi ero a corto di idee. Dopo quarantaquattro capitoli mi si è scaricato il cervello, ma rimedierò la prossima volta, spero.

Ora passiamo alle cose serie.
Quanto sono smielati sti due? Ho il diabete, sappiatelo, ma sono contenta della loro bellissima relazione perché Lan XiChen si merita qualcuno da amare (e anche una sana scopata, ma di questo ne riparleremo)
Grazie per aver letto. Deb, so che sei qui e ti ringrazio per ogni commento che mi scalda il cuore agli orari più impensabili (ovvero quando mi decido a pubblicare) Ci si sente al prossimo aggiornamento, bye bye.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 46
*** Quarantacinquesimo capitolo ***


I nostri piani vanno in fumo 

 

 

Avevo ingenuamente pensato che, data la facilità con cui eravamo entrati all’interno della città, sarebbe stato altrettanto semplice uscirne. Purtroppo, mi sbagliavo.

Un gruppo di guardie al confine fece storie, quando tentammo di attraversare senza documenti. Ovviamente non ne avevamo di falsi con noi, quindi Jin Ling dovette fingere un malore improvviso per spianarci la strada.

Accasciandosi sulla mia spalla, corrugò le sopracciglia in un’espressione sofferente e serrò gli occhi come se davvero provasse un intenso dolore. Lamentò un forte mal di testa, piagnucolando come un bambino.

Io feci finta di dover reggere al suo posto anche le redini del destriero che cavalcava mentre allo stesso tempo lo sostenevo e gli accarezzavo la fronte. Avevamo messo in piedi una scenetta niente male, anche se forse era un pò eccessiva.

Funzionò, in ogni caso.

Impietositi, i soldati ci permisero di passare il cancello senza fare più storie. Uno di loro mi infilò in mano perfino un paio di cartoncini gialli pieni di strani simboli e mi sussurrò di comprare delle medicine a mio figlio, prima che peggiorasse. 

Io gli sorrisi grata e nascosi quelle che capii essere dei fogli cartamoneta all’interno della manica scolorita dell’abito. Magari la divisa modesta che avevamo indossato per passare inosservati appariva così misera che aveva voluto aiutarmi.

Uhm, pensai sconfortata dal patetismo che avevo dimostrato, è stato quasi carino, in fondo.

Attendemmo fino ad essere molto lontano da possibili sguardi indiscreti prima di concludere il nostro teatrino.

Jin Ling tornò a sedere composto e riprese in mano le redini del suo destriero sorridendo allegro. Mi lanciò uno sguardo da sotto le ciglia mentre sistemava più comodamente le bisacce che contenevano i nostri averi. 

Avevamo dovuto liberarci della carovana, essendo così di fretta. Dopo averla abbandonata in un vicolo isolato avevamo recuperato dal retro tutto ciò che ci poteva servire, nascondendo i nostri averi in delle sporte capienti appese ai lati delle nostre selle.

La spada, l’arco e la faretra di Rulan occupavano gran parte dello spazio, ma in qualche modo ero riuscita a sistemarci dentro anche delle provviste ed i mantelli impermeabili che ci avevano regalato Jú e sua nonna. Non me ne sarei separata, nonostante possedessi l’elegante cappa decorata che mi aveva attribuito il soprannome di "Dama del dragone" e che tenevo arrotolata sul fondo della borsa.

Erano davvero comodi per le missioni in incognito, c’era da dirlo.

Fortunatamente Jiang Cheng non ci aspettava troppo lontano, anche se si era posizionato all’ombra di un’albero poco distante dal bordo della strada e mi fu impossibile vederlo fino a che non lo oltrepassammo. Principessa era sparita, presumibilmente portata via dai suoi uomini che erano stati rimossi dai loro incarichi di appostamento lì vicino.

Io e Jin Ling fermammo i nostri cavalli davanti al cultore e lo fissammo in attesa di sentire cos’aveva da dire.

Il Gran Maestro di Yunmeng aveva le braccia incrociate davanti al petto e lo sguardo piantato all’orizzonte, gli occhi chiari assottigliati dalla concentrazione. Sembrava così immerso nei suoi pensieri che per un attimo credetti non ci avesse notato, ma poi parlò ad alta voce, nonostante si rifiutasse di guardarci in viso.

-Ho rimandato ad Approdo del Loto i soldati che erano venuti qui- disse con tono incolore -Uno di loro è andato a sistemare un’affare qui vicino però, quindi tornerà presto per recuperare i vostri cavalli. Scendete, procederemo sulle spade- ordinò voltando finalmente il viso nella nostra direzione e incrociando il mio sguardo.

Rulan non fece una piega davanti alle istruzioni dello zio, balzando giù dal proprio destriero con agilità e recuperando le proprie armi dalle sacche rivolgendoci la schiena. Jiang Cheng, intanto, si avvicinò a Noc con passi ampi.

Alzai un sopracciglio in segno di sfida quando mi porse la mano per aiutarmi a scendere e, ignorandola, saltai giù dalla sella senza bisogno del suo aiuto. Lo sentii sospirare esausto alle mie spalle, ma preferii estrarre i miei averi dalle sporte piuttosto che affrontarlo in quel momento.

Il mio arco d’argento luccicò alla luce del sole e la sua corda mi sfregò sul collo mentre me lo sistemavo sulla schiena. La faretra che mi allacciai sulla coscia mi appesantì il passo e mi diede l’impressione di non essere molto comoda in caso di corsa, anche se mi avrebbe facilitato qualora avessi dovuto incoccare una freccia.

-Fai il bravo e torna a casa, ok?- domandai rivolta Nocturne mentre l’animale sbuffava e batteva uno zoccolo a terra in segno di assenso. 

Io gli sorrisi e feci per affiancarmi a Jin Ling prima che una mano mi afferrasse il polso e mi costringesse a voltarmi. 

Jiang Cheng mi strinse le dita sulla carne morbida del braccio con forza, anche se non mi fece male, per poi strattonarmi lievemente perché lo guardassi negli occhi. Io per tutta risposta mi ribellai con un ruggito indignato e lo fissai seria. 

-Andremo con Sandu- disse col tono di qualcuno che non accetta un "no" come risposta. Compresi quindi a pieno quanto fosse delicato quel momento e presi una decisione ponderata, una volta tanto.

Mandai tutto al diavolo.

-No- risposi fissandolo dritto negli occhi. Dovetti impedirmi di abbassare la testa per la scomodità di quella posa, dato che ero troppo vicina e lui era dannatamente alto, ma non mi sarei tirata indietro ora.

Il vento si quietò all’improvviso e il silenzio che ci circondava si fece più pesante. Rulan trattenne il respiro e perfino i cavalli parvero aspettare col fiato sospeso.

-Non era una richiesta- sbottò sull’orlo di uno scoppio d’ira, le vene del collo in rilievo e lo sguardo fiammeggiante che faceva scintille dalla rabbia.

-Nemmeno la mia- ringhiai irritata, ora anche io al limite della mia già flebile pazienza. Lo sfidai ancora, incrociando arrogantemente le braccia sotto il seno e sorridendo maligna quando il suo sguardo vi si appoggiò sopra per un attimo.

Si accorse subito però di essersi fatto fregare da me, perciò strinse con stizza i pugni e prese un profondo respiro prima di aprire bocca di nuovo. Vidi che gli tremavano le palpebre quando le chiuse per calmarsi.

-Jin Ling non può reggere il peso di tutti e due, a mala pena è capace di portare se stesso- spiegò accondiscendente, puntando un dito verso il nipote che ci guardava ansioso.

Si trovava a pochi metri da noi e stava contorcendo nervosamente le dita attorno all’elsa della spada, un gesto ripetitivo che mostrava quanto fosse agitato.

-Ha ragione lo zio- mi disse con una punta di rammarico nella voce, anche se pareva più umiliato dal fatto di non riuscirci che infastidito dall’affermazione dell’altro cultore -Mi dispiace- aggiunse con un’alzata di spalle. 

Davanti all’evidenza dei fatti mi dovetti arrendere all’idea di essere obbligata a sorbirmi un altro volo non programmato, nonostante la prospettiva di poter stuzzicare Jiang Cheng durante il viaggio mi allettasse abbastanza.

-Anche se preferirei camminare che volare di nuovo…- borbottai sarcastica, lasciando in sospeso la frase e accettando la mano che mi porgeva il Gran Maestro.

Salita sulla spada, mantenni una distanza di sicurezza con il cultore, nonostante la difficoltà con cui stetti in equilibrio per la prima parte del percorso. Ogni volta che tentava di avvicinarsi, io arretravo di un poco.

-Ho già detto che non ti farò cadere- mi ricordò per permettermi di farlo avvicinare, dato che ormai ero arrivata sulla punta della lama e se fossi retrocessa ancora sarei caduta  -Non è cambiato quello che… non è cambiato nulla- spiegò emozionato.

Mi afferrò la mano e io lo lasciai fare, spaventata al pensiero di poter precipitare davvero. 

Come fa a restare concentrato così facilmente? Mi domandai confusa, vedendo con quanta maestria stava parlando con me mentre controllava la direzione e l’inclinazione della spada.

-Smettila con questi capricci- mi rimproverò quando tentai ancora di mollare la presa -Non essere infantile, altrimenti ti farai male- disse con tono ammonitore, riportandomi vicino a se’ e circondandomi con le braccia.

-Se tu fossi…- gridai mentre provavo a ribellarmi piantandogli le mani sul petto e facendo pressione perché si allontanasse. 

Questo mio comportamento parve infastidirlo parecchio, dato che sbandò per bene con la spada fino a farmi venire la nausea. Dal suo sguardo determinato compresi che aveva esagerato apposta. 

-Basta- mi ammonì severamente, stringendomi le spalle con le mani e costringendomi a guardarlo negli occhi -Basta davvero- ripetè, questa volta con tono quasi disperato.

Sospirai profondamente e scossi la testa con forza per controllarmi, ma alla fine cedetti e nascosi il viso sul suo petto mentre lasciavo che mi accarezzasse la schiena ed i capelli. Le sue mani, appoggiate una a palmo aperto tra le mie scapole e l’altra intrecciata fra le mie ciocche, tremarono un po’ prima che il loro proprietario decidesse di contrarre le dita e stringermi ancor di più.

Nonostante fossi a corto di respiro, ricambiai l’abbraccio con disperazione. Mi sei mancato, pensai, senza però avere il coraggio aprir bocca, non te ne sei mai andato ma… mi sei mancato sul serio.

Jiang Cheng parve leggermi nella mente, perché la sua stretta si intensificò e sentii il suo petto alzarsi per espirare un lungo fiato liberatorio.

 

 

Lungo il percorso sorvolammo foreste e laghi che non avevo mai visto, eppure in qualche modo mi parvero familiari, ora che avevo passato così tanto tempo in viaggio. Questo doveva essere un tragitto veloce e sicuro, a detta di Jiang Cheng. 

Certo, per quanto potessi ritenere "sicuro" cavalcare una spada a solo Dio sapeva quanti metri da terra, ovviamente.

Ad un tratto, vagando con lo sguardo lungo la distesa verde che stavamo oltrepassando, notai un villaggio di palafitte sulla parte destra della valle. Doveva essere composto da cinque o sei casupole sopraelevate dal suolo grazie a degli alti pali che permettevano l’accesso solo a chi sapeva salire una scala.

Non c’era nessun fiume abbastanza vicino da costringere gli abitanti del posto a costruire delle case a quell’altezza per evitare inondazioni, quindi mi domandai per una frazione di secondo perché fossero così in alto. Poi capii che si trattava di un altro tipo di sicurezza.

Socchiudendo gli occhi, aguzzai abbastanza la vista da notare che, sotto ai massicci pali di legno che reggevano le strutture, c’erano delle persone. O meglio, dei cadaveri ambulanti.

Potei presupporlo grazie ai loro movimenti rigidi e al loro avanzare senza meta. Alcuni restavano semplicemente fermi a guardare in alto, dove i vivi abitavano, mentre altri sbattevano ripetutamente contro le spalle e tentavano di salirvici sopra con scarso successo.

-Jiang Cheng- dissi per richiamare l’attenzione del mio pilota prima di indicare col braccio il villaggio circondato da zombie -Dobbiamo aiutarli!- esclamai decisa.

Lui scosse la testa con vigore e mi diede un’occhiata da sopra le spalle prima di rispondermi.

-Non abbiamo tempo per questo… e poi non sono in immediato pericolo- spiegò davanti al mio sguardo furioso. Vedendo però che il mio viso era ancora scuro, sospirò sconfitto e fece un cenno secco a Jin Ling, che parve capire.

Entrambi planarono a gran velocità verso il suolo e si arrestarono poco prima di toccare terra, permettendomi di scendere e riponendo poi le spade nei foderi. Irrequieta, voltai la testa verso la fila di alberi che ci nascondeva dalla vista dei cadaveri raggruppati poco più avanti.

Mi bastò lanciare un’occhiata all’espressione scettica di Jiang Cheng per capire che non avrei potuto partecipare all’azione, ma ciò non mi impedì di tentare di dissuaderlo dall’escludermi in quel modo.

-Userò l’arco da qui, così sarò distante ed al sicuro- affermai posizionandomi dietro ad un cespuglio fiorito e inginocchiandomi per prepararmi al combattimento -So di non essere addestrata abbastanza per uno scontro diretto e di non avere nemmeno una spada, ma Rulan mi ha insegnato perlomeno a rendermi utile da lontano- spiegai quando vidi che l’uomo stava per aprire bocca per ribattere.

Il cultore non parve entusiasta delle mie contestazioni. Corrugò le sopracciglia e si rigirò l’anello sul dito fino a fargli sprizzare scintille violette che gli illuminarono la mano.

Per mia fortuna intervenne Jin Ling a mio favore. 

Avanzò fino al limitare della radura e rassicurò suo zio sulla mia protezione, così nascosta nel fogliame e sempre a portata di un loro eventuale intervento. Poi si rivolse a me con un gran sorriso.

-Sarà anche l’occasione per battezzarlo- esclamò contento, facendo ondeggiare a destra e sinistra la lunga coda di cavallo castana -Dovrai decidere il nome subito dopo aver abbattuto il primo nemico, chiaro?- mi istruì con una mano sul fianco e l’altra con l’indice alzato.

-Mh mh- annuii alzando gli occhi al cielo ed esortandoli entrambi perché agissero in fretta -Ora andate a salvare quei poverini- li incitai per levarmeli dai piedi.

Mi oltrepassarono con passi silenziosi e mi salutandomi con un cenno che era un "arrivederci", sicuri di uscirne incolumi data la debolezza del nemico. Io, in cuor mio, sperai avessero ragione.

-Non muoverti da qui- bisbigliò nella mia direzione Jiang Cheng prima di avanzare ancora e sparire oltre il cespuglio -Questa volta non ammetto colpi di testa. Sii una Lan, per oggi- aggiunse, facendomi quasi sorridere per la battuta.

Non gli risposi, ma annuii sincera.

Rincuorato dal pensiero di sapermi al sicuro, si lanciò con furia contro il cadavere più vicino, dilaniandolo con Sandu senza che questi potesse accorgessi di cosa l’aveva colpito. Il sorriso crudele che gli scorsi sulle labbra quando afferrò un altro zombie per trafiggerlo mi fece sentire le ginocchia molli per l’eccitazione.

Jin Ling non era da meno, in battaglia.

Pur essendo più cauto dello zio, le sue movenze erano aggraziate e scelte con cura, quasi stesse danzando e non combattendo. Riusciva in qualche modo ad alternare l’uso dell’arco e della spada con fluidità senza apparire impacciato.

Io, nascosta dietro i rami morbidi della pianta fiorita, passai il primo minuto ad ammirare affascinata i due cultori fare a pezzi, uno dopo l’altro, ogni nemico gli si parasse difronte. Mi resi conto presto, però, che se non mi fossi sbrigata non avrei avuto niente da colpire.

Estrassi una freccia dalla faretra con le dita che tremavano per la tensione, incoccandola correttamente al primo tentativo con un sospiro soddisfatto. Scelsi il mio bersaglio, proprio come mi aveva insegnato Rulan, e tesi la corda fino a che le piume non mi sfiorarono le labbra.

Ora tocca al respiro, mi dissi concentrata.

Presi fiato una, due, tre volte prima di avere il coraggio di darmi un ultimatum. Sapevo che più a lungo tenevo la corda così, meno preciso sarebbe stato il colpo, dato il tremore che mi si diffondeva fino alla spalla per lo sforzo.

Espirai profondamente e lasciai allo stesso tempo la presa che avevo sulla freccia, permettendo che centrasse il bersaglio designato. Ebbi successo senza vederlo davvero, la punta troppo veloce per i miei occhi che si dirigeva verso il cadavere macilente e lo colpiva.

Vidi però lo zombie cadere a terra con una freccia che gli spuntava dalla fronte, il cranio completamente perforato dal mio colpo pieno di energia spirituale incontrollata.

Sorridendo senza rendermene conto, ne incoccai alla cieca un’altra con le dita che mi formicolavano. Pervasa da un’emozione nuova, quasi mi dimenticai di sbattere le palpebre.

Il nome, è ora del nome, pensai in preda alla confusione più totale. Scelsi in fretta e senza pensarci troppo, preferendo andare ad istinto che rifletterci.

-Thanatos- mormorai decisa contro la corda tesa, il respiro regolare ed il battito a mille. 

Poi, scoccai un’altra freccia.

 

 

Lo scontro si concluse in fretta, eppure mi consumò comunque tutte le energie che avevo in corpo. 

Ammazzai da sola tre zombie e rallentai abbastanza il quarto da permettere a Jin Ling di finirlo con un fendente vibrato con la sua dorata Suihua. Jiang Cheng invece se la cavò benissimo anche senza il mio aiuto, nonostante uno dei suoi nemici fosse stato abbattuto dalle mie frecce.

Potei emergere dalla boscaglia solo quando entrambi i cultori furono sicuri di aver liberato la zona.

Barcollando come un’ubriaca, raggiunsi la coppia e sorrisi ad entrambi con le dita che mi tremavano intorno all’impugnatura di Thanatos. Scossa dall’adrenalina che ancora avevo in corpo, afferrai la mano del Gran Maestro e intrecciai le mie dita fra le sue.

Il suo viso rimase impassibile, ma il luccichio emozionato nei suoi occhi mi fece capire che aveva apprezzato quella riconciliazione affrettata.

-Cosa ci facevano qui così tanti cadaveri, comunque?- sbottò di colpo, stringendomi la mano con forza perché non la lasciassi andare -Non erano stati tutti attirati altrove?- continuò impensierito, parlando più a se stesso che a noi.

Rulan, che si era seduto per asciugarsi il sudore che gli inzuppava il collo con una manica, si fece torvo per qualche attimo per poi balzare in piedi di scatto e fissarci quasi sbalordito dai sui pensieri.

-No, no, no! Ci siamo sbagliati fin dall’inizio- gridò con enfasi, spalancando le braccia e agitandosi come un matto -La Sacerdotessa sta giocando a xiangqi con noi- esclamò a sorpresa.

-Cosa?- gli domandai io, confusa quanto suo zio dalla sua affermazione.

Jin Ling ci guardò spaesato per un attimo come se si fosse appena reso conto di cosa aveva detto e comprese che non avevamo ovviamente potuto seguire il suo ragionamento. Decise di ritentare con un approccio più esplicativo.

-Parlo di un gioco da tavolo che… non è questo il punto- scosse la testa e riprovò ancora -Affrontando alcuni avversari a xiangqi mi è capitato che alcuni di loro fossero molto bravi a nascondere le loro mosse perché, in effetti, non le nascondevano- disse cercando di esser più chiaro.

Io continuai a non capire cosa centrasse questa sua metafora con i piani della Sacerdotessa Nera, ma Jiang Cheng parve avere la stessa illuminazione del nipote, nonostante apparisse ancora scettico. L’irrigidimento della sua mascella e la contrazione dei nervi del collo mi fecero capire che non era un buon pensiero, quello che gli passava per la mente.

-Cosa stai cercando di dire?- indagò, stringendomi ancora di più la mano e trasmettendomi involontariamente una scarica di energia spirituale che mi riscaldò da capo a piedi, ridandomi energia.

-Un buon giocatore prova ad attaccarti su più fronti o ad escogitare tattiche ingegnose che spesso funzionano- continuò ad illustrare Jin Ling, orami così attaccato al suo esempio da non poterlo più abbandonare -Ma i giocatori davvero molto, molto bravi hanno una strategia più sottile: ti fanno credere fino all’ultimo di averli messi in trappola e di aver colto i loro piani, quando invece quella era tutta una facciata e tu stavi solo nuotando sulla superficie del lago, mentre sul fondo c’era il vero mostro pronto per tirarti giù- concluse la sua arringa allargando le braccia e rivolgendo i palmi al cielo, sconfitto.

Solo a quel punto, capii finalmente cosa stesse cercando di dire.

L’ipotesi che la Sacerdotessa ci stesse ingannando per poter, nel frattempo, architettare ciò che voleva alle nostre spalle era terrificante quanto plausibile. Per come si era mossa fino a quel momento, sembrava proprio il tipo di persona che orchestra le miglior recite per ingannare l’avversario.

-Sta attaccando i villaggi per distrarre i cultori- mormorai a corto di parole, sconvolta dalla genialità del suo piano. Se era davvero così, eravamo nella merda fino al collo.

-Basterà dire a tutti di ritirarsi- propose Jiang Cheng con tono agitato, cercando comunque di essere obbiettivo -Cazzo!- esclamò poi frustrato mentre rifletteva su come agire.

Era difficile mantenere lucidità quando i propri piani andavano in pezzi, ma in qualche modo avremmo dovuto capire che fare ora che i cultori erano richiesti altrove. Impacciata, mi domandai ancora perché fosse così complicato scegliere come comportarsi.

-No, perché perderemmo comunque- negò Jin Ling, anticipando le parole che stava per pronunciare suo zio, resosi conto dell’assurdità di ciò che aveva proposto -Non possiamo lasciare che la gente muoia mentre noi ci barrichiamo nelle nostre Sette- disse, ed aveva ragione.

Il silenzio ci circondò come un mantello, facendomi rabbrividire per lo sconforto di non avere alcuna idea. Il vento aveva smesso di soffiare e perfino il bosco era immobile, quasi fosse in attesa di una nostra decisione.

-Quindi… che facciamo?- domandai frastornata, il cuore che mi batteva nel petto ancor più forte di quando avevo combattuto.

Un altro lungo silenzio teso fu la mia risposta.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Non so se serve realmente dirlo, ma Thanatos è un personaggio della mitologia greca che letteralmente più essere descritto come "colui che governa la morte".
Per essere chiari, era il fratello gemello di Hypnos ed era uno dei pochi ad avere accesso all’Averno… forse lo ricorderete per la sua comparsa nell’Iliade, quando, sotto FORTI pressioni di Apollo, recuperò Sarpedonte durante la guerra di Troia per portarlo in Licia e svolgere i funerali. Apriamo una parentesi: non mi dispiace per Sarpedonte, dato che odiavo sia lui che quel pezzettino di s*ronzo di Apollo.
Uhm, comunque Thanatos è conosciuto anche come Tanato (ma mi fa schifo questa traduzione quindi nulla)

Lo xiangqi, poi, è la versione cinese degli scacchi (così come lo shogi è la sua variante giapponese), ma era un poco più complesso… si basano entrambi sulla strategia, comunque. E poi anche lì esiste lo scacco matto, quindi è abbastanza simile.

 

Allora, tornado a noi: piaciuto questo capitolo? É un pò più lungo del solito, ma mi aveva preso molto e mi pareva orribile lasciarvelo a metà, quindi sono stata generosa ;)
Ci sono molte rivelazioni, c’è la riconciliazione di Jiang Cheng e Cry, il ritorno alle spade ed ai poteri spirituali… insomma, tanta roba. Serviva, comunque, siatene certi.
Deb, un abbraccio perché SO che sarai la prima a leggere, con tutta probabilità. Mi vizi troppo, ammetiamolo ;3

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 47
*** Quarantaseiesimo capitolo ***


Come far ubriacare un cultore astemio, parte uno
(Elisa)

 

 

La fretta con cui partimmo mi fece intuire quanto grave fosse la situazione.

Lan XiChen mi fece montare sulla sua spada appena imboccato il sentiero che si diramava fino a valle una volta superato l’ingresso di Gusu, stringendomi il fianco con il braccio destro senza però realmente toccarmi. Non so come ci riuscì, ma mi tenne in equilibrio mantenendo comunque una cavalleresca distanza.

Il vento mi scompigliò i capelli quando prendemmo quota, perciò mi riparai dietro l’ampia schiena del cultore per la maggior parte del volo. 

L’afa nell’aria stava diminuendo man mano che calava la notte, ma era ancora troppo caldo per dirsi sopportabile. La brezza che mi arricciava le vesti attorno alle caviglie e alle braccia era perciò un piacevole miglioramento.

-É difficile da manovrare?- chiesi di punto in bianco per spezzare il silenzio, ammirando intanto il cielo scurirsi attorno a noi e i tiepidi raggi solari farsi sempre più fiochi oltre l’orizzonte.

Lan Huan voltò il capo abbastanza da guardarmi in viso e aggrottò le sopracciglia confuso. 

-Parli di Shuoyue?- domandò con quel suo tipico tono cortese che sembrava ricoprire le parole di miele -É quasi impossibile descriverlo a qualcuno che non l’ha mai provato. Non direi che è difficile, ma necessita di una certa attenzione, ecco tutto- provò a spiegarmi, battendosi l’indice sul labbro inferiore mentre rifletteva.

Annuii senza capire davvero cosa stesse dicendo, felice di vederlo sorridere con quell’aria serena che lo contraddistingueva. 

-Cosa significa il suo nome?- insistetti ancora, impedendo al silenzio di tornare a insinuarsi nel nostro percorso, dato l’imbarazzo che mi creava.

Essere beccata a fissare imbambolata i suoi capelli per tutto il viaggio sarebbe stato un grave colpo per la mia già misera dignità. Non l’avrei permesso, almeno per il momento.

-"Di fronte al mio letto la luna rischiara la terra come riflessi di brina. Alzo lo sguardo alla fulgente luna, poi chino il capo: la mia terra è lontana"- vedendomi spalancare gli occhi stupita, Lan XiChen si lasciò scappare una risata e socchiuse gli occhi castani, osservandomi per qualche secondo prima di continuare -É una vecchia poesia, la preferita di mia madre. Ho chiamato la mia spada Nuova Luna per questo- spiegò con voce un po’ più amara di prima.

Interdetta, ci misi qualche secondo a rendermi conto di ciò che aveva appena confessato. 

-É… molto bella- riuscii a mormorare dopo aver preso fiato per un paio di volte, balbettando come se stessi per scoppiare in lacrime e mordendomi le labbra affranta. In effetti, mi bruciavano gli occhi.

Il nodo che mi stringeva la gola mi impediva di deglutire senza provare un intenso dolore, ma non era un problema, dato che la mia salivazione si era ridotta a zero e avevo la bocca arida come il deserto.

Ci sono cose che non so perché questo non è più solo un libro, mi dissi con la mente in preda alla confusione. Sono persone reali che hanno pensieri e sentimenti veri, non estranei su carta.

La consapevolezza di aver considerato fino a quel momento tutti coloro che avevo incontrato come dei personaggi inventati mi assalì e mi fece sentire uno schifo. Il cuore mi parve più pesante nel petto e le mani dovettero correre ad aggrapparsi alla leggera stoffa della veste del cultore per non lasciarmi cadere in preda alle vertigini che provai all’improvviso.

-Mi dispiace tanto- bisbigliai affondando il viso nella sua schiena e lasciandomi sfuggire qualche lacrima. Fortunatamente riuscii a mascherare i singhiozzi con qualche colpo di tosse, anche se con tutta probabilità Lan XiChen non ci cascò.

Ebbe però la delicatezza di non infierire, evitando di domandarmi perché fossi scoppiata a piangere come una bambina. Mantenne lo sguardo fisso sull’orizzonte ormai scuro e mi strinse il fianco con le dita sottili, trasmettendomi del potere spirituale fresco lungo tutto il corpo.

Non parlò e io non gli chiesi di farlo. Da silenzioso accordo, procedemmo spediti verso Moling, ognuno perso nei propri pensieri.

 

 

La città era deserta quando facemmo il nostro ingresso.

Le case avevano le finestre chiuse e le lanterne all’entrata ancora calde per l’uso. Gli stoppini appena spenti diffondevano nell’aria un forte odore di fumo, ma il vento tiepido lo disperdeva prima che diventasse soffocante.

Lan Huan mi fece scendere da Shuoyue afferrandomi per i fianchi e sollevandomi come se pesassi poco più di uno zaino, il viso tranquillo di qualcuno che non si sta impegnando per nulla. Quasi mi tornò l’allegria, vedendolo così indifferente davanti a quello sforzo.

Il mio mezzo sorriso parve rassicurarlo, anche se non spazzò via l’espressione preoccupata che gli aveva acceso lo sguardo quando aveva visto le mie guance umide.

Evitai i suoi occhi ansiosi e mi guardai attorno, individuando all’istante la nostra meta.

Si trattava dell’unica parte illuminata del vicolo che avevamo imboccato. L’ingresso dell’imponente struttura di legno a due piani era decorato da lanterne rotonde che coloravano la breve scalinata di giallo e verde 2. Le porte spalancate permettevano ad un forte profumo di incenso e vino di uscire e diffondersi per i dintorni, sovrastando quello del vento e del fumo.

Udii delle risate di uomo e il parlottare acuto di qualche donna provenire dall’intento, segno che non solo il bordello era aperto, ma che c’erano già clienti.

-Andiamo allora?- spronai Lan XiChen, facendo per dirigermi verso la struttura prima di venir bloccata dalla sua mano che mi afferrò il polso e mi strattonò con delicatezza all’indietro.

Gli lanciai un’occhiata stupita per quel gesto così poco da lui e poi feci scorrere lo sguardo sul suo corpo fino a dove le sue dita candide mi premevano sulla pelle chiara del braccio. Il suo pollice, fermo sopra la vena principale, si spostò poco più insù per accarezzarmi il palmo prima che il proprietario allentasse la stretta.

Si ritrasse come scottato quando si rese conto di quanto forte le sue dita stessero pressando la mia carne.

Con un gesto veloce nascose la mano incriminata dietro la schiena e con l’altra mi fece cenno di allontanarmi dal bordello. Gli occhi castani evitarono la mia figura e si guardarono attorno frenetici mentre il cultore reprimeva l’imbarazzo.

-Credo dovremmo aspettare domani mattina, prima di procedere con le ricerche- spiegò con un colpo di tosse. 

Ma quanto è innocente?

Probabilmente si sorprese di vedermi ridere, ma non potei davvero trattenermi in quell’occasione. Mi facevano male i muscoli delle guance e dello stomaco quando finii, ma il mio morale era stato risollevato del tutto dopo quell’uscita.

-Lo sai che i bordelli aprono la notte, si?- gli domandai con il sorriso ancora in viso e le mani che andavano a sistemarmi i capelli che si erano scompigliati col vento. Senza farmi notare, mi asciugai anche le lacrime che le risate mi avevano provocato.

Lan XiChen corrugò le sopracciglia e, continuando a guardarmi, iniziò ad arrotolarsi tra le dita uno dei nastri azzurri della sua cintura, scorrendo con le unghie lungo i ricami a forma di nuvola. 

-A differenza di quello che credi, non sono così sprovveduto come posso sembrare- affermò piegando la testa leggermente a sinistra con un sorriso strano che gli nasceva sulla labbra -Sono a conoscenza del fatto che le Case fiorite 3 siano aperte per lo più la notte, ma saranno anche piene di clienti, a quest’ora- mi spiegò indicando con la mano che aveva tenuto per tutto il tempo dietro la schiena un uomo che si avvicinava all’entrata dell’edificio.

-Meglio così: passeremo inosservati- esclamai afferrandogli il braccio e trascinandomelo dietro mentre avanzavo verso il bordello.

 

 

All’ingresso ci accolsero due donne sorridenti e vestite con abiti sgargianti. 

Io le considerai più che decentemente coperte, ma a giudicare dal disagio di Lan XiChen e dal modo in cui il suo sguardo nocciola si concentrò all’istante sullo stipite della porta, dedussi che per i loro canoni erano anche troppo nude. Completamente a mio agio, sorrisi alle sconosciute e mi inchiavi brevemente.

Una delle due, quella che pareva più giovane, ricambiò la riverenza ridacchiando civettuola. 

Doveva avere circa vent’anni e portava i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle lasciate scoperte dallo scollo provocante della tunica viola. La gamba destra era nuda, esposta alla vista grazie allo spacco vertiginoso che divideva la gonna ampia del vestito.

Ad occhio avrei detto che era scalza, ma ogni suo minimo movimento era comunque reso rumoroso dalle decine di sottili bracciali ricoperti di campanelli che le abbellivano le caviglie e le braccia candide. Perfino alcune ciocche erano acconciate in piccole trecce da cui pendevano sonagli dorati o perline.

Sarà una ballerina o qualcosa di simile, pensai, osservando rapita le lunghe maniche semi trasparenti del suo abito che sfioravano il pavimento di legno dell’ingresso.

L’altra donna, il viso segnato da alcune rughe e lo sguardo di chi fa quel lavoro da tempo, mi rivolse solo un breve cenno col capo, mantenendo le labbra serrate ed un’espressione seria.

La sua veste verde acqua non era eccessivamente scollata o disdicevole, ma i seni prosperosi erano messi in evidenza da una stretta fascia lombare che le stringeva i fianchi sottili e le modellava la vita, esaltandole al contempo le cosce.

-Benvenuti alla Sala della Peonia- ci salutò cortesemente la più vecchia delle due, lanciando un’occhiata indagatrice ai nostri vestiti -Accomodatevi- aggiunse facendosi da parte quando notò l’ottima fattura degli abiti e dal portamento nobile che aveva Lan XiChen.

Dalle occhiate stupite che mi lanciarono alcuni clienti all’entrata, quel luogo non era frequentato spesso da donne che non fossero lì per lavorare. 

In un certo senso fui contenta che fin dal primo istante il mio aspetto dimostrasse quanto lontana fossi da quell’ambiente, anche se non c’era nulla di male in quel tipo di mestiere.

Ignorai il loro insistente sguardo e mi concentrai sull’analizzare l’ambiente circostante.

Il primo piano era occupato principalmente da piccoli tavoli usati per bere e scambiarsi quattro chiacchiere in compagnia di belle donne, a giudicare da come si stavano comportando gli uomini presenti.

Le ampie scale che portavano al piano superiore erano bloccate da tre ragazze sedute sul primo e sul secondo gradino, intente a chiacchierare mentre attendevano che un cliente prestasse loro abbastanza attenzioni da potersi concedere di ricambiare l’interesse. Si divertivano e mangiucchiavano more selvatiche, in quel momento di quiete.

Non c’erano tavoli liberi, alcuni completamente pieni, altri occupati da solo una o due persone. Mi sentii per un’attimo scoraggiata, ma sperai che al piano di sopra ci fosse qualche stanza vuota.

Uno come Lan XiChen non dovrebbe avere difficoltà a pagare per una camera, dato quanto è ricco, no?

Sussultai sorpresa quando la ragazza più giovane tra le due che ci avevano accolto immerse una mano tra le mie ciocche colorate e cominciò a giocarci con entusiasmo. 

-Non ho mai visto dei capelli azzurri come il cielo- mi disse con evidente stupore, le iridi che le brillavano di curiosità -Sono davvero bellissimi, ve li invidio molto- aggiunse con un ghigno malizioso.

-Grazie- le risposi ricambiando il sorriso e squadrandola nuovamente -Ma non avete nulla da invidiarmi, siete una delle donne più belle che io abbia mai visto- spiegai sorridendo. 

Ero stata sincera. Ora che era alla luce, potei notare quanto splendidi fossero i suoi tratti.

Il suo viso a cuore e gli occhi di un profondo castano scuro erano graziosi come quelli di una bambola di porcellana. La pelle liscia e candida si faceva rossa solo in corrispondenza della bocca carnosa, dove le labbra naturalmente carminie spiccavano come boccioli di rosa.

Nel complesso, pareva una dea celeste molto più di me, che per qualche motivo avevo ottenuto quel titolo.

-Oh, ma quanto siete gentile- esclamò lusingata prendendomi sottobraccio e trascinandomi con lei verso i gradini che portavano al piano superiore scansando le ragazze con un gesto. Raggiunta la sommità delle scale, mi indicò una delle porte di carta e legno -Offrirò a voi ed il vostro amico la stanza migliore che abbiamo. Vi piacciono le terrazze? Da quassù abbiamo una splendida vista su tutta la città- spiegò mentre saltellava verso di essa e vi si inginocchiava vicino.

Aprì l’anta con delicatezza e mi fece cenno di entrare chinandosi a terra con una riverenza anche troppo servizievole, non accennando ad alzarsi fino a che io e Lan XiChen non fummo entrati. 

Il cultore, che mi aveva seguito silenzioso per tutto il tempo, mi si sedette a fianco su uno dei morbidi cuscini sistemati davanti al tavolino posto nel mezzo della sala. Si posizionò la veste candida in modo da lasciare via le pieghe e adagiò le mani sulle ginocchia in attesa che anche la ragazza ci seguisse.

Lei si rialzò, mettendo in mostra la pelle bianca della coscia per via dello spacco del vestito e ridacchiando stupita quando le feci l’occhiolino per quell’ammiccante movimento che Lan Haun non notò. Il cultore era troppo impegnato a controllare che la sua spada ed il suo nastro frontale fossero al loro posto.

Quando la giovane prostituta fece il suo ingresso nella stanza, al suo seguito c’era l’altra donna che avevamo visto all’entrata. Tra le mani aveva un vassoio contenente un servizio da the completo e qualche dolcetto al miele.

-Spero che i nostri ospiti gradiscano una tisana al gelsomino- spiegò inginocchiandosi davanti al tavolino e sistemando le tazze sulla superficie di legno levigato -É la migliore miscela della città, posso garantirvelo- lo vantò mentre ce ne versava un po’.

-Ne prenderemo volentieri un assaggio- la ringraziò Lan XiChen prendendo all’istante un sorso della bevanda che, da come fumava, doveva essere bollente. 

Io feci per imitare il suo gesto, ma la sua mano mi fermò e, quando lo guardai in viso, mi fece segno di soffiare sopra prima di bere. Convinta, aspettai qualche minuto prima di decidermi ad assaggiarlo.

Le due donne, che intanto si erano accomodate dall’altro lato del tavolo e ci stavano fissando, attesero alcuni attimi prima di parlare.

-Allora, Mio Signore- prese parola la più vecchia, stringendosi il vassoio al petto e permettendo ad un sorriso cordiale di stamparlesi in faccia -Che tipo di compagnia è venuto a cercare nella nostra struttura?- domandò con professionalità.

Lan Huan finì di sorseggiare il suo the con calma, per nulla impressionato dalla proposta della donna. Posata nuovamente la tazzina sul tavolo, congiunse le mani sul grembo e parlò con voce determinata.

-Non siamo qui per i vostri… soliti servizi- disse, esitando solo per un attimo in mancanza di termini adatti -Vorremmo che ci diceste cosa sapete sulle recenti sparizioni avvenute nell’ultimo mese- confessò tranquillo.

Le due prostitute si scambiarono un’occhiata significativa e si mossero a disagio. 

La più giovane si sistemò le lunghe ciocche oltre la spalle con un gesto sfrontato e incrociò le braccia ingioiellate sotto il seno, arricciando le labbra. Il suo viso assunse un cipiglio infastidito prima che schioccasse la lingua sul palato e ci rimproverasse aspramente.

-Dare informazioni non è il nostro lavoro- sibilò arrabbiata, indicandoci con l’indice la porta, la simpatia d’un tratto sostituita dalla diffidenza -Se non avete intenzione di…- iniziò alzando le sopracciglia e massaggiandosi la fronte.

-Le pagheremo la tariffa di un’intera nottata, ma dovrà rispondere a qualche nostra domanda, e non vendere il proprio corpo- dissi di getto, lanciando poi un’occhiata a Lan Huan quando mi resi conto che sarebbe stato lui a dover sborsare il denaro.

Dato che non reagì in nessun modo, presupposi andasse bene così.

La donna più anziana interruppe la possibile replica della sua compagna e le tirò una manica per richiamare la sua attenzione. Afferrandole poi una mano tra le sue, le disse di calmarsi con un lieve sorriso sulle labbra.

-Bambina, digli quello che vogliono sapere- le sussurrò con infinita dolcezza, tanto che all’improvviso mi parve che le due si fossero scambiate le personalità -Possono aiutarci- aggiunse per convincerla.

La ragazza si lasciò scappare un sospiro esasperato e rilassò la postura, appoggiando i gomiti sul tavolo e intrecciando le dita sotto il mento. Ci fissò dritto negli occhi, poi sospirò ancora.

-Noi non centriamo nulla con questa storia e nessuna delle ragazze qui ha visto niente- ci avvisò subito con tono guardingo, annuendo compiaciuta quando ci vide sorridere -Gli uomini scomparsi erano dei clienti, sì, ma sono spariti tutti dopo essere stati qui… è la strada il problema. Qualunque cosa sia, li prende quando tornano alle loro case- ammise con sincerità.

Mi domandai per un attimo se fosse sincera, ma subito dopo mi diedi della stupida. A quel punto non avrebbe avuto senso mentire, per lei.

-Perché non avete chiesto aiuto?- fu l’unica cosa che domandai alla giovane, curiosa del ragionamento che le aveva portate ad accettare gli strani avvenimenti senza farle preoccupare abbastanza da chiamare qualcuno. 

A rispondermi fu la donna al suo fianco, anticipando le sue parole graffianti con una risata roca che aveva un retrogusto amaro.

-Dopo che il nostro Gran Maestro Su She è stato ucciso abbiamo attraversato un periodo di disordini che non si è ancora concluso- spiegò lanciando un’occhiata agli abiti bianchi di Lan XiChen, che ci ascoltava muto e inespressivo -Quando compare una creatura non sappiamo a chi rivolgerci, dato che la Scuola di MolingSu è al collasso e gli altri Clan hanno delle richieste irragionevoli- disse con rabbia, la voce che saliva di qualche ottava man mano che proseguiva nelle accuse.

Vedendo il mio sguardo spaesato davanti alla sua ultima frase, la giovane compagna della donna mi fece un mezzo sorriso e si arricciò i capelli scuri attorno all’indice prima di parlare.

-Abbiamo poco denaro e non possiamo assoldare cultori abili- riassunse in parole povere perché capissi dove stava il problema.

Scusa, che denaro? Fu il mio primo pensiero, un secondo prima che mi girassi stupefatta in direzione del Gran Maestro al mio fianco.

-Vi fate pagare?- esclamai allucinata, l’incredulità che permeava anche i miei gesti quando appoggiai la tazza vuota sul tavolo e lo guardavo con gli occhi spalancati.

Lui iniziò a scuotere la testa ancora prima che finissi la frase, ma attese che completassi la domanda prima di incrociare il mio sguardo e sorridermi rammaricato. Le sue iridi castane si velarono di una patina scura mentre mi fissava turbato dalla mia reazione.

Quando aprì bocca per rispondere, la sua replica fu anticipata da una risatina civettuola che riconobbi appartenere alla più giovane delle due prostitute davanti a noi. 

Ancora scossa da ciò che avevo sentito, mi girai verso di lei per trovarla intenta a ridere sguaiatamente con le mani che le coprivano lo stomaco, la bocca spalancata in un enorme sorriso e gli occhi socchiusi. 

-Non le Grandi Scuole di coltivazione, ma le nostre faccende sono troppo insignificanti per loro, quindi siamo in ogni caso indifesi- singhiozzò ilare nonostante la triste ammissione -Siete vissuta in un bel posto per avere questi bei propositi, vero? La gente non fa mai nulla per nulla: i cultori minori lavorano per soldi, quelli maggiori per la fama, ed il nostro caso non porterebbe niente a nessuno- con quest’affermazione smaltì gli ultimi scoppi di risa che le deformavano la voce, tranquillizzandosi con l’ombra di un sorriso sulle labbra carnose.

A corto di parole, lanciai uno sguardo a Lan Huan perché intervenisse, magari alleggerendo la pesante atmosfera che aveva addensato l’aria come fumo. Per fortuna l’uomo capì al volo cosa intendessi dire e mi sorrise comprensivo.

E io che avevo pensato sarebbe stato divertente… santo cielo.

-Potete dirci altro?- domandò il cultore con voce cristallina, facendo sobbalzare le due donne che parevano essersi dimenticate della sua presenza, se possibile -I soggetti scomparsi avevano magari delle cose in comune? Preferivano la stessa prostituta, se ne andavano ad orari simili, provenivano dalla stessa via… cose così?- domandò attento.

Si vedeva lontano un miglio che era molto scrupoloso nel suo lavoro, ma sapevo che quella caccia per lui non sarebbe stata facile come le altre. Fra il disagio del posto in cui si trovava e la costante attenzione che doveva rivolgermi per paura che mi facessi male per un qualunque motivo, aveva la mente più distratta del solito.

Le due donne rifletterono tra loro su ciò che gli era stato chiesto, parlottando a bassa voce mentre noi le fissavamo in attesa. Quando ebbero finito di confrontarsi, la più vecchia ci rivolse una smorfia dispiaciuta e si sistemò la fascia lombare sgualcita dalla posizione inginocchiata in cui si trovava.

-Non direi- disse, poi esitò un attimo prima di aggiungere a malincuore -Posso solo assicurarle che sceglievano di venire qui non solo per il bere, ecco- confessò con tono più basso, lanciando un’occhiata alla porta per assicurarsi che nessuno stesse passando lì vicino.

Chissà perché non vuole che si senta che i clienti morti erano quelli che venivano qui per scopare? pensai confusa. Non vuole spaventare la clientela?

-Grazie mille, ci siete state molto utili- le congedò cortese Lan XiChen quando ebbe concluso le sue domande, inchinarsi rispettosamente senza alzarsi e sorridendo alle due che si avviavano verso l’uscita, lasciandoci soli.

La più giovane, già in procinto di varcare la soglia, si voltò un’ultima volta verso di noi e ci sorrise a mo’ di saluto prima di domandarci se ci servisse qualcosa.

-Desiderate qualcos’altro?- chiese innocentemente, anche se notai fin troppo bene lo sguardo malizioso che riservò al viso e al corpo dell’uomo al mio fianco. Appena mi vide osservarla complice, distolse lo sguardo ridacchiando e richiamò un cameriere perché ci raggiungesse e soddisfasse le nostre richieste.

-Ci piacerebbe bere- le aveva risposto intanto Lan Huan, che si rivolse gentile al domestico quando questo gli chiese cosa volesse di preciso -Del vino, grazie- azzardò il cultore di Gusu, lanciandomi un’occhiata strana che non seppi ben interpretare.

Io, dal canto mio, tossicchiai stupita e lo richiamai con voce strozzata.

-Berrai con me?- chiesi completamente sconvolta. Davanti al suo annuire, una strana euforia mi riscaldò il sangue nelle vene e mi fece accelerare i battiti -Alcool?- gridai ancora entusiasta, schiaffeggiandogli il braccio con gioia. Le guance presero a farmi male per il gran sorriso che mi si stava aprendo in viso.

Lan XiChen sospirò allegro e accettò con un cenno il vassoio che il cameriere si era affrettato a portare, osservandolo in silenzio ed evitando di rispondermi fino a che la stanza non fu liberata e non fummo rimasti soli. 

Con un ultimo rapido sguardo alla porta chiusa, tornò a concentrarsi su di me e mi sorrise senza impegno, piegando le labbra all’insù con innata naturalezza.

-A Gusu è vietato, ma ciò non significa che i Lan non bevano mai- confessò con tono neutro, anche se dalle sue parole strozzate capii che stava tentando di soffocare una risata. Mi stupii che non mi avesse fatto anche l’occhiolino, tanto la situazione stava degenerando.

Lo fissai incredula e mi lasciai sfuggire un singhiozzo divertito davanti a quel suo modo strano ma tenero di flirtare. Era tanto dolce da sembrare melassa, ma io lo trovavo adorabile.

-Tuo fratello ha una resistenza alcolica che ha dell’imbarazzante- scherzai stando al suo gioco, afferrando la giara di vino e aprendola per riempire due tazze fino all’orlo.

Il cultore afferrò quella più vicino a se’ e la osservò indeciso per qualche attimo, poi prese un profondo respiro e se la portò alle labbra. 

Il primo sorso parve infastidirlo, dato che chiuse gli occhi e represse una smorfia strana, ma perseverò con determinazione fino a svuotare tutto il contenuto nella propria gola e deglutirlo per intero. Non doveva essergli piaciuto troppo, ma era riuscito comunque a finirlo.

E non si era ancora addormentato, per fortuna.

-Non sono mio fratello. Posso bere tranquillamente un bicchiere o due senza gravi conseguenze- mi spiegò con un sorriso più tremolante del precedente, ma ancora sobrio -Voi siete abituata a bere come Madam Cristina?- domandò subito dopo, preoccupato.

Io risi di gusto e tracannai a mo’ di shottino la mia porzione senza dimostrare il minimo fastidio. 

Sotto il suo sguardo stupito, riempii nuovamente le nostre tazzine tanto da far fuoriuscire qualche goccia dall’orlo di ceramica. Quando prese in mano la ciotolina e se la avvicinò al viso dovette fare attenzione a non spandere il contenuto sul tavolo.

-Per i vostri standard si, ma in realtà lei regge meglio di me… ci sbronziamo insieme di solito, comunque- spiegai vaga, incitando a bere e facendo lo stesso. 

Una volta che l’ebbe svuoato tutto, rifornii entrambi di vino e lo bloccai prima che facesse qualsiasi cosa appoggiandoli la mano sulla spalla e costringendolo a guardare negli occhi.

-Ora ti insegno una cosa, fai come me- gli ordinai, intrecciando il braccio con il suo in modo che la parte interna dei nostri gomiti si toccasse e che nella mani corrispondenti avessimo le tazze piene -Questa è una cosa che si fa nel mio mondo- gli sorrisi e iniziai il conto alla rovescia.

Senza bisogno che gli spiegassi nulla, quando arrivai allo zero imitò il mio gesto e si rovesciò il vino in gola, deglutendo a fatica con una risata un po’ brilla.

Aveva detto di poter bere più del fratello rimanendo sobrio, e fino a quel momento c’era riuscito, ma a quanto pareva avevo superato la soglia della sua sopportazione alcolica con il secondo bicchiere. Era un gran miglioramento rispetto a Lan Zhan, in ogni caso.

Sorridendo un poco preoccupata, slacciai l’intreccio delle nostre braccia e gli afferrai le guance tra le dita per sollevargli il viso che teneva chinato e guardarlo negli occhi. La pelle fredda del suo volto era liscia e morbida come sembrava, anche se mi dovetti affrettare a pulirgli le labbra sporche di vino con la manica dell’abito prima che alcune gocce iniziassero a rotolargli lungo il mento.

A quel gesto, Lan XiChen sbatté le palpebre che si erano chiuse a coprirgli le iridi annebbiate dall’alcool e mi fissò stralunato. Ci mise qualche attimo a mettermi a fuoco, ma dopo alcuni secondi parve riconoscermi, facendomi sospirare di sollievo.

Non ho mandato in coma etilico il miglior cultore di Gusu, per lo meno. É ancora in se’.

Dovetti ricredermi quando mi rivolse un ringhio arrabbiato.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. "Di… lontana": è una quartina (la tipica composizione poetica cinese) scritta da Li Bai, della dinastia Tang, vissuto nell’ottavo secolo a.C. Si intitola Pensieri notturni
2. Giallo e verde: i due colori associati alla prostituzione. Ho scelto il giallo per via della suo odierno simbolismo legato alla pornografia nelle pubblicazioni. Il verde, invece, perché, a partire dalla dinastia Yuan (1279-1368), i membri delle famiglie di ogni prostituta furono obbligati a indossare cappelli verdi.
3. Case fiorite: è la versione cinese del nostro modo di dire "case di piacere"


Capitolo lunghetto vero? Lo so, mi sono fatta prendere la mano, ma volevo finirlo con Lan XiChen brillo e quindi non potevo fare altrimenti :)
Sono sicura ci saranno errori, ma perdonatemi, sono fusa… come al solito. Siete già fin troppo buoni per essere arrivati fin qui, già che ci siete non badate alla grammatica pessima ;3 Vi voglio bene.
Un bacio a Deb e a tutti voi che siete ancora qui dopo mesi e mesi di questa storia, sono contenta che vi piaccia tanto da continuare a leggerla. Vi ringrazio molto *si inchina*

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 48
*** Quarantasettesimo capitolo ***


Mi faresti l’onore di diventare mio… ah, lascia stare!

 

 

Giungemmo concordi alla conclusione di dover avvertire tutti i Capi Clan in circolazione, prima di decidere come agire.

Yunmeng e LanLing erano indifese, senza i loro Gran Maestri, mentre Gusu era troppo isolata per ricevere aiuti immediati se presa di mira. Qinghe, invece, aveva un territorio vasto e un esercito sparpagliato lungo tutti i suoi confini, per via della caotica guida del suo Capo Clan.

Nessuna delle Scuole sarebbe uscita illesa, in caso di attacco, ma avrebbero resistito abbastanza a lungo da poter essere soccorse, speravamo. Non che avessimo altre opzioni oltre alla preghiera, al momento.

Un’alleanza sarebbe stata ottima, in quella situazione. Proprio come per la guerra contro i Wen, se i Clan si fossero uniti sotto un’ideale comune per sconfiggere questa imminente calamità, la Sacerdotessa Nera e i suoi scagnozzi non avrebbero avuto scampo.

C’era solo da capire come spiegarlo ai Gran Maestri.

Nonostante il suo evidente malcontento, riuscii a convincere Jiang Cheng che anche Nie Huaisang avrebbe potuto risultarci utile, data l’alta competenza dei suoi soldati più anziani.

-Quelli che lo servono hanno militato sotto Nie MingJue prima di lui, quindi saranno di sicuro i migliori- avevo insistito davanti alle sue rimostranze, sbuffando alla sua smorfia di disappunto -Devi ammetterlo, non possiamo essere schizzinosi in questa battaglia- continuai accomodante, girandomi quando notai una figura avvicinarsi.

Ringraziai con un sorriso la giovane ragazza che ci si approcciò con in mano alcune giare piene d’acqua. Timida, la giovane si ritirò non appena ce le ebbe consegnate, tornando al lavoro.

Io e i due cultori ci eravamo fermati a discutere al limitare della radura, subito dopo la battaglia, accettando i ringraziamenti della gente che, scesa dalle lunghe scale delle palafitte, era giunta ad aiutarci a seppellire i cadaveri. Noi tre eravamo stati esonerati dal lavoro, data la gentilezza che avevamo dimostrato nell’interrompere il nostro viaggio per soccorrere gli abitanti.

Non che mi fossi lamentata, se me lo avessero chiesto, ma maneggiare i corpi morti di chi avevo aiutato a "uccidere" non era nella lista delle mie attività da provare.

Mi bastava il peso confortevole di Thanatos sulle mie spalle per ricordarmi che avevo contribuito io, a quella carneficina che aveva ripristinato la pace. In un modo davvero contorto e inspiegabile, mi sentivo fiera di me.

Abbiamo salvato tutte queste persone, mi dissi con un motto d’orgoglio che mi risaliva lungo la gola. Ora capisco perché i cultori fanno quello che fanno: ho ancora l’adrenalina che mi scorre nelle vene.

La voce di Jiang Cheng, resa roca dalla sete ma ammorbidita dopo il primo sorso dalla borraccia, mi scosse dai miei pensieri e mi costrinse a tornare a prestargli attenzione.

-Non possiamo ancora dire dove e quando voglia attaccare- mi ricordò, incrociando le braccia davanti al petto e smettendo alla buon ora di brontolare per il coinvolgimento di Nie Huaisang -O se voglia farlo- aggiunse poi con una smorfia che gli arricciò le labbra ridicolmente.

Io gli lanciai un’occhiata scettica, non sapendo bene come rispondere. 

Mi rivolsi invece a Jin Ling, che silenzioso finiva tutto d’un fiato la sua giara. Sconsolato, se la rovesciò in gola tirando il capo all’indietro e assaporò le poche gocce che gli caddero sulla lingua, mugolando per il disappunto.

Ridacchiai senza farmi vedere e gli porsi la mia borraccia, scuotendo il capo quando fece per protestare. 

-E cos’altro dovrebbe fare con tutti quei cadaveri?- domandai mentre Rulan mi sfilava dalle mani il contenitori e ne beveva un sorso, sorridente. Sembrava più grande dei suoi quindici anni, in quel momento, i capelli spettinati e le guance rosse per lo sforzo.

Eppure è così giovane, mi dissi rammaricata. E ha visto così tante cose, perdendone altrettante. Il bruciore alla bocca dello stomaco si fece intenso pensando a quante ne aveva dovute passare quel ragazzino.

Ritornando intristita a guardare Jiang Cheng, notai che aveva gli occhi piantati sul mucchio di corpi pronti per la sepoltura. Le sue iridi grigio-violette si schiarirono quando si voltò verso di me per rispondermi, ancora pensieroso.

-Potrebbe essere l’ennesima distrazione dal suo vero piano- ipotizzò scettico, alzando le spalle come per giustificare la sua vaghezza -Per quanto ne sappiamo potrebbe avere tutt’altro in mente- proseguì poco convinto.

Nessuno di noi sapeva dove sbattere la testa, dopo le recenti rivelazioni. Se la fantomatica Sacerdotessa era riuscita ad ingannarci così a lungo, cosa le avrebbe impedito di rifarlo?

-Pensi che la lettera di minaccia e il rapimento centrino con tutto questo?- domandai allora, esponendo un dubbio che mi affliggeva da giorni.

Non avevo dimenticato la spinosa faccenda che ci aveva portato a litigare furiosamente settimane prima. O meglio, che aveva portato me a lanciargli addosso qualunque oggetto contundente avessi la forza di sollevare e lui a schivarli per non morire vergine, o quasi.

Nonostante non avessi scordato che qualcuno aveva tentato prima di spaventarmi e poi di rapirmi, coinvolgendo nei suoi piani anche Elisa ed una donna innocente che ci aveva rimesso la vita, la cosa era passata in secondo piano. Con tutto quello che avevamo dovuto affrontare di recente, un’anonima minaccia a mio nome non era stata la prima delle mie preoccupazioni.

Ora che la Sacerdotessa Nera aveva dimostrato il suo acume, però, i sospetti si addensarono nella mia mente come fumo scuro. I punti si stavano ricollegando, ed io sperai ingenuamente che ad unirli non fosse la corda che mi avrebbero legato al collo per impiccarmi.

Jiang Cheng mi rivolse una delle sue occhiate più incoraggianti e si avvicinò abbastanza al mio corpo da sfiorarmi la fronte con le labbra. Mi posò le mani sulle guance e, facendomi piegare il capo in modo da costringermi a guardarlo negli occhi, posò un bacio lieve sulla pelle chiara, sussurrandomi la sua risposta.

-Non lo escludo- mormorò a contatto con la mia fronte. 

Nelle sue parole lessi un implicito avvertimento, quasi mi stesse cercando di dire silenziosamente di non tentare uno dei miei tipici colpi di testa che mi avrebbero messo in pericolo.

La sua stretta attorno al mio viso si fece così apprensiva che le sue unghie mi graffiarono la carne tenera sotto gli zigomi. Mi impedii di sussultare e gli artigliai i gomiti con altrettanta veemenza.

Passai alcuni secondi a crogiolarmi in quel calore confortante, prima di ritornare in me scuotendo la testa per concentrarmi.

-Torniamo a casa- sussurrai staccandomi dal suo abbraccio e raggiungendo suo nipote per lasciargli una carezza sulle testa, risistemandogli al contempo le ciocche scompigliate. Volevo alleggerire la tensione creata, ma l’angoscia non si dissipò nemmeno allora.

Perché sembra sempre un addio, quando fa così?

Uno stretto nodo alla gola mi impedì di deglutire per tutto il viaggio di ritorno.

 

 

Giungemmo a Yunmeng molto più in fretta di quanto mi aspettassi. 

Viaggiare sulle spade velocizzò il nostro viaggio, certo, ma portò anche un’enorme stanchezza sulle spalle di Jin Ling, che a malapena si reggeva in piedi. Sbadigliando, lo vidi cercare di tenere gli occhi aperti mentre suo zio ordinava alle guardie di aumentare la sorveglianza ai confini.

-Va a riposare- gli sussurrai sfiorandogli premurosa il viso e dando un buffetto affettuoso a Fata perché conducesse il proprio padrone in camera. Il cane abbaiò in assenso sotto al mio sguardo e fece qualche giro su se stesso, impaziente di svolgere il proprio incarico.

Rulan tentò di protestare debolmente, infastidito dall’essere stato relegato nelle sue stanze e quindi esonerato dall’azione, tuttavia la stanchezza ebbe la meglio.

Il suo potere spirituale deve essersi esaurito volando, mi dissi vedendolo deambulare come un ubriaco lungo il corridoio.

Una volta che mi fui assicurata avesse raggiunto la sua stanza, seguii Jiang Cheng fino alla sala principale, dove alcuni dei suoi più fidati sottoposti lo attendevano sulle spine. 

La passerella che conduceva al trono era costeggiata da due file di sedute, comodi posti dove chi faceva parte della sua corte interna poteva accomodarsi per ascoltare i suoi ordini.

C’erano circa quindici persone presenti quando facemmo il nostro ingresso. Al nostro arrivo, tutti loro si alzarono per salutarci, inchinandosi rispettosamente al nostro passaggio.

Le loro tuniche violette erano pulite e ben stirate, a differenza dei nostri abiti anonimi e stracciati. Non ci eravamo nemmeno tolti i vestiti che avevamo usato sotto copertura, prima di ricevere i nostri ospiti. L’emergenza aveva la priorità.

Il Gran Maestro si sedette composto sulla sedia rialzata grazie ad un palchetto accessibile da alcuni scalini e mi fece cenno di seguirlo. Io rifiutai stoicamente di far altro che accostarmi alla sua figura, rimanendo in piedi al suo fianco mentre lui cominciava a parlare.

-Ci stiamo preparando ad un attacco- esordì senza mezzi termini, il gomito destro in bilico sul bracciolo di legno e le nocche del pugno chiuso che reggevano il mento.

Un brusio stupito riempì la sala, quando i presenti ebbero elaborato l’affermazione del loro Capo Clan. Nessuno si azzardò a dire nulla, in ogni caso. Sapevano troppo bene quanto poco fosse paziente il loro Gran Maestro.

Davanti ai suoi sgomenti soldati, Jiang Cheng assunse un’espressione corrucciata, quasi densa, che gli accartocciò il viso in una smorfia rancorosa. La rabbia che gli lessi in volto non era giustificata, ma seppi dalle reazioni degli uomini che era così che abitualmente gli appariva dinnanzi.

Incazzato senza motivo, insomma

Forse era una sua prerogativa caratteriale, eppure mi domandai se la mia apparizione non l’avesse ammorbidito troppo. In mia presenza, raramente assumeva tale atteggiamento. 

Essendo conscio di rischiare la vita ogni qualvolta provava a contraddirmi, si era abituato a trattarmi da pari e a non esagerare con la violenza, che fosse verbale o fisica. 

Ma coi suoi soldati la faccenda era diversa. Con loro avrebbe sempre mantenuto la sua maschera d’orgoglio e d’odio.

-Calmatevi, signori- ordinai perentoria quando il brontolio generale divenne troppo chiassoso, bloccando ogni chiacchiera sul nascere. Straordinariamente parve funzionare, perché i cultori presenti si zittirono all’istante e attesero una qualche spiegazione, impazienti.

Se prima mi avevano sempre trattato con gentilezza nella speranza di compiacere il proprio Lord o per semplice simpatia, ora mi trattavano come se fossi la loro Gran Maestra. Da dove viene tutto questo immotivato rispetto? La notizia del mio contributo in battaglia si è già sparsa?

La voce profonda di Jiang Cheng cancellò i miei timori, così come il suo sorriso sarcastico che non prometteva nulla di buono spazzò via la mia tranquillità. 

-La mia consorte vi spiegherà le nostre preoccupazioni- disse mellifluo, il viso disteso nell’espressione tipica del gatto che si è mangiato il canarino. Un altro suo usuale comportamento che nel libro non ero proprio riuscita a sopportare, trovandolo odioso e irritante.

Non era certo quello il momento di controbattere, ma la sua totale assenza di tatto mi costrinse a lanciarli un’occhiata ammonitrice che stava a significare qualcosa come "Di questa faccenda della consorte ne parleremo dopo". Per il momento mi limitai ad ammonirlo con gli occhi e prendere parola.

-Sappiamo solo che colei che si fa chiamare la Sacerdotessa Nera ha radunato un esercito ed ha intenzione di conquistare i Clan… ma non siamo certi dei suoi effettivi piani- dissi, ignorando gli sguardi avidi che mi divoravano da quando Jiang Cheng aveva iniziato a parlare al plurale come se fossimo sposati.

Ah beh, per i loro canoni lo siamo, pensai isterica, rendendomi conto solo in quell’attimo di ciò in cui mi stavo imbarcando. Scossi la testa e incrociai le braccia al petto, socchiudendo gli occhi mentre sospiravo pesantemente. 

-Il punto è che non siamo pronti ad un assedio, quindi questo sarebbe il momento perfetto per tirare fuori delle splendide idee, grazie- borbottai con una specie di smorfia preoccupata in volto, più simile ad un ghigno sarcastico che ad un sorriso. 

Questa mia affermazione scatenò un’altra ondata di sussurri, questa volta incentrati su possibili strategie militari e alleanze improvvise. Molti si dissero concordi al nostro piano, ovvero quello di attendere e reagire di conseguenza in caso di attacco, altri erano invece di diversa opinione.

-Dovremmo estirpare questo male alla radice- gridò uno degli ospiti nel tentativo di sovrastare il brusio dei colleghi -Se l’avessimo fatto anche per quel cane del Patriarca di Yiling, a quest’ora non sarebbe ancora in circolazione- aggiunse con rammarico, alzandosi in piedi e osservando chi lo circondava in attesa di sostegno.

Vidi alcuni annuire convinti in accordo, ma la maggior parte dei presenti preferì attendere che parlassi prima di esprimere il proprio giudizio in merito. Dalle occhiate che mi lanciavano, sembrava aspettassero solo che gli dicessi cosa pensare.

-É di mio cognato che stai parlando- mi limitai a ribattere scrollando le spalle -Ti consiglio di cucirti la bocca- ringhiai minacciosa. L’improvviso desiderio di difendere il personaggio che mi aveva accompagnato durante la lettura mi fece ribollire il sangue nelle vene.

Questa mia presa di posizione fu accolta con alcuni versi indignati accompagnati da un lungo silenzio incredulo. 

Sapevo che quasi tutti i presenti avevano un motivo o due per detestare Wei Ying, ma questi erano affari loro, non miei. Io ero sempre stata convinta che Wei WuXian non avesse avuto torto nella maggior parte delle sue scelte.

Certo, aveva fatto i suoi errori, ma condannarlo a vita per questo mi pareva un tantino esagerato.

Per nulla stupita da quella reazione scontata mi arrischiai a lanciare uno sguardo al cultore al mio fianco che, forse per la prima volta da quando ci conoscevamo, dovete piegare la testa all’indietro per guardarmi. Essere in piedi vicino a qualcuno di seduto aveva i suoi vantaggi.

Jiang Cheng non sembrava infastidito dal mio voler prendere le difese di suo fratello, eppure un lampo di sorpresa gli attraversò gli occhi chiari. Lo vidi ghignare apertamente davanti alla mia ammissione e capii che ormai tornare sui propri passi e ritirare la parola "cognato" era impossibile.

Quando incrociò le mie iridi, si limitò a sollevare le spalle con leggerezza, quasi volesse dire che non gli dispiaceva e che non aveva nulla da aggiungere. "Occupatene tu" pareva dire.

É fin troppo compiaciuto dalla cosa, però, pensai, sconsolata dal suo infantilismo.

-Mia Signora- mi richiamò una voce dalla sala, portando il mio sguardo sull’uomo che tastava di attirare la mia attenzione sollevando un braccio. Un po’ mi venne da ridere, ma non osai confessargli che assomigliava davvero tanto ad un bimbo che alza la mano per chiamare la maestra.

-Parla- lo esortai facendogli cenno di continuare. 

Lui si alzò con calma e si portò il pugno chiuso davanti alla bocca e tossicchiò, assicurandosi così che tutti lo stessero ascoltando. Se poco prima la sala era già per una buona metà attenta, ora tutti pendevano dalle sue labbra, ansiosi di sentire che aveva da dire.

-Essendo in così buoni rapporti con il… l’altro erede di Yunmeng- si corresse all’ultimo secondo, riservandomi un sorriso di scuse incerto ma sincero -Potreste chiedere il suo sostegno durante questa battaglia. Dopo tutto, anche lui pratica le arti demoniache, potrebbero risultarci quantomeno utili- suggerì guardando non solo me ed il suo Capo Clan, ma allargando le braccia davanti alla sala e aspettando i parerei dei sui colleghi.

Combattere un negromante con un altro negromante in uno scontro diretto? mi domandai riflettendoci. Non è una brutta idea, avrei dovuto pensarci.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ok, è un po’ corto rispetto agli altri e la chiusura di sto capitolo non mi sconquiffera per nulla, ma accontentatevi, presto ci sarà la guerra! (perché questo dovrebbe rassicurarvi non lo so ma vabbè)
So che state avendo fin troppa pazienza, ma se siete arrivati fino qui vi meritate un abbraccio e del cioccolato, davvero. Non so come ringraziarvi :)
Jiang Cheng è fin troppo simile al pavone, ma so che dentro di se sta facendo la ruota perché Cristina l’ha praticamente definito suo marito. Non è ufficiale, ma anche Wei Ying e Lan Zhan hanno aspettato prima di sposarsi con tanto di cerimonia ecc. no?
Comunque non vedo l’ora di pubblicare il prossimo, dato che … ah, niente spoiler. Grazie di avermi sopportata, vi mando un abbraccio. Ah, ora che mi ricordo: ignorate gli errori please, capita anche alle migliori ;)

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 49
*** Quarantottesimo capitolo ***


Non va sempre tutto come previsto 

(Elisa)

 

 

Ancora in ginocchio davanti a Lan XiChen, sobbalzai sorpresa quando lo sentii ringhiarmi contro, arretrando per quanto fosse possibile. 

Facendomi velocemente indietro e lasciando all’improvviso la presa sulle guance dell’uomo dovetti appoggiare i palmi a terra per evitare di perdere l’equilibrio, affondando le dita nella stoffa morbida della gonna che mi si attorcigliava sulle gambe. Per mia fortuna non caddi in avanti, ma nel mio goffo tentativo di rimettermi dritta persi completamente di vista Lan Huan e il suo viso arrossato dall’alcool.

Fu un errore.

Mi sentii afferrare le braccia e venni trascinata in avanti fino a sbattere la faccia sul petto del cultore, rilasciando tutto il fiato che avevo nei polmoni contro la sua veste bianca. Provare a ritrarsi servì solo a rendere più ferreo il suo abbraccio.

Davanti al mio blando tentativo di ribellione, Lan XiChen fece scorrere le dita lungo le mie braccia fino ai polsi, dove la sua stretta si rilassò. A quel punto portò nuovamente i miei palmo sulle sue guance e mi guardò serio.

-Ti volevi allontanare- affermò corrugando le sopracciglia scure in un’espressione severa che mal si abbinava al rossore intenso del suo viso solitamente candido. Sotto le mie mani la sua pelle scottava come se andasse a fuoco.

Per un attimo fui tentata di scoppiare a ridere, ma il suo sguardo castano era così intenso che presto mi dimenticai cosa ci trovassi di divertente in quella scena.

-No- mi affrettai a rispondere scuotendo la testa -Non era quello che…- tentai di giustificarmi balbettando come un’idiota.

Lan Huan mi interruppe avvicinandomisi ancor di più, tanto che potei sentire il suo fiato caldo sulle labbra mentre mi parlava. Le pagliuzze dorate nelle sue iridi brillarono alla luce fioca delle candele.

-Bene!!!- esclamò con fin troppo entusiasmo, balzando in piedi e trascinandomi con lui.

Mi fece fare una giravolta per condurmi verso la parte della camera a cui non avevo prestato attenzione, quando eravamo entrati. 

Si trattava di una saletta la cui entrata restava nascosta dietro il paravento di carta decorato con disegni di peonie e fiori di pesco. L’ingresso, coperto da un tendaggio dorato, era posto sulla parete destra della stanza, a pochi passi dalla finestra che dava sul terrazzo. 

Passandovici vicino, potei ammirare l’intera strada e le case sottostanti. Proprio come aveva promesso la giovane prostituta, era una vista mozzafiato.

Se quella che avevamo appena lasciato era una sala da the in cui si poteva mangiare e bere in compagnia di belle donne, la camera in cui mi portò il cultore assomigliava di più all’immagine di bordello che mi ero fatta prima di entrare. Di sicuro in quella stanza le cortigiane facevano ben altro che servire da mangiare per intrattenere.

Questo si che è un luogo di alto bordo, pensai guardandomi attorno con stupore, qui si trattano davvero bene!

La camera era piccola ed intima. Il grande letto a baldacchino occupava quasi l’intero spazio, lasciando a mala pena un metro fra le sponde laterali e le pareti. 

La struttura di legno era semplice e robusta a prima vista, ma per com’era nascosta da tutte quelle coperte e cuscini era difficile esserne certi.

I tendaggi semitrasparenti avevano le tonalità dell’oro e del giallo, mentre le lenzuola arancioni erano decorate con dei delicati ricami bianchi a forma di fiori di ogni tipo e dimensione. Tra gli spiragli delle stoffe appese, riuscii ad intravedere una montagna di cuscini all’apparenza molto soffici.

Non sapevo che in Cina esistessero i baldacchini, o almeno non così esageratamente sontuosi, mi dissi esterrefatta.

Feci a malapena in tempo di formulare questo pensiero che venni trascinata fino a raggiungere il bordo del materasso. Lan XiChen scostò con la mano libera le eteree tende gialle e mi strinse le dita con l’altra, facendomi cenno col capo di sedermi.

Obbedii meccanicamente.

Una volta che mi fui sistemata, raccogliendo le gonne attorno alle cosce e lasciando i piedi a penzolare avanti e indietro sfiorando il pavimento, fissai interessata il cultore. Ero così incuriosita da quale potesse essere la sua prossima mossa da dimenticarmi di quanto fosse imprevedibile un Lan ubriaco.

Assicuratosi che fossi comoda e composta, l’uomo in bianco vestito si inginocchiò davanti a me e appoggiò la testa sul mio grembo, sistemandosi con le braccia incrociate sulle mie cosce. Non sembrò turbato da quell’improvvisa vicinanza fisica che prima aveva fatto di tutto per mantenere discreta e anzi, sorrise apertamente chiudendo gli occhi quando trovò la posizione più comoda.

Senza parole, restai bloccata per un po’ con le mani strette al petto.

Quando cominciò a strofinare la guancia contro la soffice stoffa della mia veste, però, iniziai a preoccuparmi. Mi lasciai sfuggire l’ennesima risata incredula e appoggiai i palmi sulla sua testa, giocherellando con le ciocche scure ma stando ben attenta a non toccare il nastro candido.

Mi resi conto di cosa effettivamente stessi facendo solo quando Lan XiChen produsse una specie di brontolio dalla gola che non era per nulla simile al ringhio di poco prima.

Sta… facendo le fusa?

Ancor più stupita di prima, mi azzardai a scostargli i lunghi capelli dalle tempie, prendendo a vezzeggiargli il viso con le dita. Cercai di essere il più delicata possibile, carezzandogli gli zigomi e la fronte con leggerezza.

-Da ubriaco riservi le stesse sorprese di tuo fratello- sussurrai sollevando le sopracciglia e lasciando che le labbra mi si arcuassero in un sorriso incredulo.

A quell’affermazione, Lan XiChen riaprì gli occhi che aveva precedentemente chiuso mentre si godeva le carezze e mi fissò spesato senza proferire verbo per qualche secondo. Dato quanto appariva confuso il suo sguardo, decisi di specificare di chi stessi parlando.

Magari l’alcool lo ha intontito un po’ troppo, pensai, a metà fra lo stupore ed il divertimento.

-Lan Zhan- spiegai con un sorriso. Non poteva davvero non ricordarsi di suo fratello minore, o almeno così speravo.

Lui aggrottò le sopracciglia e si sollevò dalla posizione accucciata che aveva continuato a mantenere mentre mi parlava, rimettendosi composto, in ginocchio di fronte a me. Poi mi fece appoggiare una mano sul suo petto, trascinandomi in avanti e costringendomi a premere le dita sulla stoffa leggera che gli copriva lo sterno.

Sentii il suo cuore battere attraverso la gabbia toracica e sussultai quando notai il ritmo furioso che gli pompava il sangue nelle vene.

-Lan XiChen- mi corresse determinato, il bel volto contratto in una smorfia di disappunto. 

Risi perplessa davanti a quella scena, lasciando che continuasse a stringere il mio polso con abbastanza forza da farmi quasi male. Non mi ritirai solo per non scatenare le sue ire.

Era incredibile che fosse convinto lo avessi scambiato per Lan WangJi. L’assurdità più grande restava però comunque il suo comportamento così autoritario e, in un certo senso, davvero uguale al fratello.

-Certo, lo so- lo rassicurai, ricevendo un sorriso rilassato come ricompensa -E io chi sono?- domandai con il tono di voce canzonatorio che si usa coi bambini più piccoli, puntandomi l’indice della mano libera verso la faccia e sorridendo.

Il viso del cultore si illuminò fino a diventare quasi doloroso alla vista e la sua bocca si piegò all’insù in un’espressione di gioia pura.

-Elisa!!!- esclamò con un tono alto ed entusiasta che non gli avevo mai sentito usare, ma che stranamente non stonava con il suo aspetto in quel momento -Devo suonare- aggiunse poi distogliendo lo sguardo da me e oscurandosi d’improvviso.

Assumendo un’espressione concentrata che avevo solo potuto intravedergli sul volto quando pensava di non essere osservato, si alzò in piedi e iniziò a frugarsi febbrilmente nelle maniche alla ricerca di qualcosa che, a quanto pareva, faceva difficoltà a trovare.

Dopo qualche attimo trovò finalmente ciò che stava cercando, estraendo dalla manica destra il suo fidato flauto di giada. Liebing venne sventolato in aria come una bandiera mentre il suo proprietario esultava, entusiasta di averlo recuperato con successo. 

Mi sentii in dovere di intervenire prima che la situazione diventasse tragica.

-No no, non si usa così- lo corressi, alzando le mani per bloccarlo quando lo vidi camminare per la stanza col braccio innalzato al cielo -Dai, torna qui e fa il bravo, per favore- lo supplicai con tono paziente.

-Ma c’è la luna piena!!!- mi rispose come se fosse di vitale importanza, indicando la piccola finestra chiusa che si affacciava sulla strada buia -E noi siamo… a caccia- sussurrò, abbassando drasticamente il tono della voce come se fosse un segreto e non dovesse farsi sentire.

-Si, ma ora è tardi e dobbiamo dormire, no?- ribattei con una risata che non riuscii a trattenere oltre -Non siamo più a Gusu ma devi comunque seguire gli orari del sonno. Li hai già sforati alla grande, sarà mezzanotte ormai- aggiunsi battendo incoraggiante il palmo sul materasso al mio fianco.

Speravo di convincerlo a sedersi, così da riuscire a farlo calmare e magari metterlo a letto, ma a quanto pareva lui aveva altri piani. Ignorando le mie richieste, ripose lo xiao nella manica e mise mano all’impugnatura della spada, sguainandola senza la minima attenzione. 

La lama luccicò alla luce delle lanterne appese agli angoli della stanza, affilata e pericolosa.

-Elisa, andiamo a cacciare!!!- urlò con un sorriso ignaro sulle labbra, roteando l’arma con una maestria che mi spaventò, data l’imprevedibilità della sua versione ubriaca.

-Oh mio Dio, mettila via immediatamente!- gridai senza osare muovermi, le mani ancorate alle lenzuola e le unghie conficcate nel materasso -Vieni qui subito. É un ordine!- sbraitai fingendomi infuriata, visto e dimostrato che implorare non era servito a nulla.

Funzionò meglio che con le suppliche, data la facilità con cui rifonderò Shuoyue e mi si inginocchiò di fronte.

La voce di Cristina mi rimbombò in testa, strappandomi una risata. Immaginavo cos’avrebbe potuto dirmi se avesse assistito alla scena: “gli piace ricevere ordini eh?” Avrebbe insinuato ghignando. 

Fortunatamente non era lì.

-Cos’avevi intenzione di fare?- domandai a Lan XiChen, alzando gli occhi al cielo e passandomi una mano sul viso per nascondere il divertimento. 

Ridevo ancora perché, per lo meno, nessuno di noi due si era accidentalmente tagliato una mano con la spada. Per fortuna Lan Huan sembrava serbare un minimo di buon senso, dato che ora se ne stava a testa china con le dita intrecciate sul grembo.

Ma mi sbagliavo. 

Con estrema ingenuità avevo creduto che il suo comportamento derivasse dalla consapevolezza di aver fatto una gran stupidaggine nello sfoderare Shuoyue, mentre la realtà era diversa. Mi resi conto solo dopo che nella fantasia del cultore, in quel momento, c’era ben altro che senso di colpa.

Mi fu abbastanza chiaro però quando mi si lanciò addosso con uno scatto che mi fece spalancare gli occhi dallo shock. Appoggiando i palmi sulle mie guance, mi trasse a se’ con violenza prima che potessi capacitarmi di ciò che accadeva.

C’era qualcosa di sbagliato in quell’angolazione, per questo fu doloroso quando le nostre bocche si trovarono. Fu più simile ad uno scontro che ad un bacio, in effetti. I nostri denti cozzarono fra loro e la sensazione di fastidio che mi si propagò per tutto il corpo mi portò a tentare di ritrarmi.

Non ebbi successo, però.

Le mani di Lan XiChen mi trattennero il viso quando provai ad indietreggiare. Le sue dita mi affondarono nei capelli alla base della nuca e le sue labbra si premettero nuovamente sulle mie.

Io, gli occhi spalancati per lo stupore e i palmi premuti sul suo petto nonostante non stessi esercitando alcuna pressione, sbattei le palpebre un paio di volte. Il cultore ricambiò lo sguardo con un lampo di supplica che gli attraversava le iridi castane.

Forse fu quello a farmi cedere, o più probabilmente il fatto che lo desiderassi davvero tanto, ma non ci volle molto prima che mi lasciassi andare e gli circondassi le spalle con le braccia. Avuto il mio lasciapassare, nulla gli impedì di premere la lingua sulle mie labbra perché le aprissi, baciandomi finalmente come si deve.

É ubriaco e quindi incapace di intendere e volere, ricordai a me stessa per non cedere del tutto alle sue lusinghe. Devo fermarlo prima che la situazione degeneri.

Il tempo di formulare quel pensiero e già mi trovai distesa sul letto con Lan XiChen sopra di me che approfondiva il contatto fra i nostri corpi. Come una bestiolina appena adottata, mi iniziò a mordicchiare l’angolo della bocca ed emise piccoli versi soddisfatti davanti alla mia arrendevolezza.

Ancora un po’ e gli dico di smettere, pensai con la mente annebbiata dai baci. L’ultimo e poi basta.

Continuai a rimandare a lungo il momento che ci avrebbe separati, giustificandomi ripetendomi che in fondo erano solo carezze leggere e qualche bacio rubato, quindi nulla di davvero compromettente. Di sicuro non sarebbe andato oltre, ne io glielo avrei permesso.

Quando però sentii la manica della mia veste esterna strapparsi sotto la mani dell’uomo, compresi che era decisamente ora di fermarsi.

 

 

Non chiusi occhio tutta la notte, spaventata da cosa sarebbe potuto succedere. 

Se Lan XiChen si fosse svegliato mentre io ero addormentata e se ne fosse andato in giro avrebbe potuto fare male a se stesso e ad altri. Se invece si fosse ridestato e avesse deciso di rimanere... anche in quel caso la situazione sarebbe potuta finire male.

Ero riuscita a farlo addormentare quasi all’istante, dopo averlo preso sberle per avermi rovinato il vestito. Non ero stata troppo violenta, anche se visti i segni che le sue dita mi avevano lasciato sui fianchi avrei potuto vendicarmi con molto di più che un semplice scappellotto sulla testa.

Sconsolata ed esausta, mi ero tolta i rimasugli stracciati della mia tunica e mi ero distesa di fianco alla sua figura addormentata e lo avevo osservato per un po’. Quando mi ero resa conto di risultare patetica mi ero girata dall’altro lato e avevo fissato le tende gialle che ci isolavano dalla stanza.

Fortunatamente il suo rigido addestramento a Gusu gli aveva lasciato la straordinaria abitudine di non muoversi durante il sonno, quindi non lasciò mai la sua metà del letto. Io, per sicurezza, mi rannicchiai sull’orlo più lontano da lui, avvolgendoli nelle coperte per coprire la pelle nuda. 

Visto che ero rimasta solo in canottiera, sentivo freddo anche in una camera chiusa come quella.

Il mattino fu lungo da attendere, ma per mia fortuna i Lan si svegliavano all’alba. Quando il sole sorse ad illuminare la città, percepii il materasso muoversi alle mie spalle, scosso dal peso del suo occupante che si spostava.

Feci finta di nulla e stetti immobile, in attesa di una qualche reazione da parte di Lan XiChen. Il silenzio però fu troppo da sopportare, ora che avevo la piena consapevolezza del fatto che fosse sveglio.

Aprii gli occhi con tutta l’intenzione di girarmi verso il lato opposto e chiarire con l’uomo cosa si ricordasse o meno della notte appena passata, ma non servì. Lan Huan si trovava già davanti a me, in piedi con le mani lungo i fianchi.

Il suo viso già pallido divenne livido quando notò che ero sveglia, le labbra che si stringevano in una linea sottile. Gli occhi scuri gli si inumidirono leggermente, anche se non ebbi il tempo di sincerarmene prima che crollasse a terra, i palmi sul pavimento e la fronte che sfiorava le nocche.

Nessuno si era mai prostrato in quel modo per chiedermi scusa, quindi più che lusingarmi la cosa mi imbarazzò.

Ad essere sincera mi aspettavo una reazione simile da parte del cultore, anche se magari meno plateale. Immaginavo mi avrebbe supplicato di perdonarlo per quella che per la sua epoca era una “condotta indecente”. Il suo metodo però mi parve esageratamente sottomesso.

-Dai, tirati sù- gli ordinai gentilmente, sollevandomi a sedere e guardandolo dall’alto -Davvero, non è successo nulla. Sono ancora intera- specificai gesticolando frenetica mentre tentavo di calmarlo, nonostante non mi stesse guardando per vedere quanto in realtà non fossi arrabbiata. 

Lan XiChen, comunque, finse di non sentire le mie rassicurazioni e continuò a balbettare. Non lo avevo mai visto così sconvolto prima di allora. 

-Non so nemmeno cosa dirvi- mi disse scuotendo la testa senza sollevarla da terra, facendosi scivolare le ciocche scure su lato del viso fino a creare un tappeto di capelli neri attorno al capo chino -Vi supplico di condonare la mia persona per quello che vi ho fatto... non ero in me, Mia Signora- proseguì con voce rotta dal rimpianto.

Ha ricominciato a darmi del voi: pessimo segno.

Prima che potessi dirgli che non c’era bisogno di tutto questo e che nella mia epoca baciare qualcuno e passare oltre era la norma, però, riprese a parlare. Questa volta il suo era il tono di qualcuno che è pronto ad andare al patibolo verso morte certa.

-Vi ho forzato a baciarmi... io... mi assumerò tutte le colpe e dichiarerò a mio zio ciò che ho commesso. Nessuna malalingua infangherà il vostro nome, ve lo prometto- dichiarò inflessibile, tentennando solo davanti alla parola “baciarmi”, quasi si trattasse di un’imprecazione.

A quel punto non potei più frenare la mia lingua e mi lasciai scappare uno sbuffo seccato ed incredulo. Incrociai le braccia al petto e lo fissai con rimprovero.

-Ti ripeto che non mi hai fatto nulla. Mica mi hai costretto!- strillai scioccata dal suo senso di colpa spropositato -Tirati su, mi fa strano parlarti mentre fissi il pavimento- aggiunsi, ricordandogli implicitamente che stava infrangendo una regola del suo Clan non guardandomi negli occhi.

Davanti a quell’affermazione, Lan XiChen sembrò riscuotersi e si drizzò a sedere composto con uno scatto fulmineo, le mani intrecciate sulle cosce che si torcevano per il nervosismo.

Mi lanciò un’occhiata colpevole da sotto le ciglia, dato che in quella posizione ero ancora più alta di lui, poi distolse all’istante lo sguardo. La vergogna che gli infiammò le gote mi continuò a stupire per la sua insensatezza.

-Siete troppo indulgente e... ingenua- mi accusò senza usare un tono di voce aggressivo, ma parlandone come se fosse un’affermazione logica dopo quello che era successo -Se qualcuno scoprisse la mia condotta nei vostri confronti non trovereste più marito!- spiegò con calma nonostante fosse ancora visibilmente turbato.

A quelle parole mi ritenni stufa di tergiversare. 

Presa da non so quale coraggio, mi alzai dal letto e gli sedetti di fronte senza preoccuparmi di essere praticamente nuda, per la loro etichetta. Incrociai le gambe in posizione meditativa e sollevai un sopracciglio quando, alla vista delle mie cosce spoglie, il cultore sussultò come punto da un’ape.

-Bene allora- affermai determinata, piegando il busto in avanti e sfiorandogli la fronte con la punta delle dita. 

Lan XiChen restò così stupito dalla mia iniziativa che si lasciò accarezzare senza muoversi. Mi guardò finalmente negli occhi senza sfuggire al mio sguardo e corrugò le sopracciglia quando incominciai a sorridere.

Evitai di lasciargli tempo per reagire e afferrai il suo nastro frontale, tirandolo quel tanto che bastava per sciogliere il nodo e sfilarglielo.

-Ecco fatto- esordii rigirandomi la candida stoffa fra le mani -Questo risolve la questione- aggiunsi legandomelo in fronte nel modo più ordinato possibile. Fu difficile allacciarlo senza guardare, ma riuscii a fare un nodo resistente sul retro della mia testa e sistemarmelo davanti perché fosse dritto.

Completata l’opera, tornai a concentrarmi sull’uomo in ginocchio vicino a me, che intanto era rimasto interdetto. Sbattendo le palpebre a vuoto, aprì bocca per dire qualcosa ma fallì, emettendo un respiro roco che mi fece ridere. 

Quando riprese le sue capacità oratorie, il suo tono agitato mi giunse alle orecchie accompagnato da un colpo di tosse che tentava di dissimulare l’imbarazzo.

-Vi rendete conto che...- tentò di avvertirmi, ignaro del fatto che sapessi esattamente cosa significasse il nastro frontale della Scuola Lan.

-Si- lo precedetti pettinandomi i capelli con le dita, d’improvviso imbarazzata. 

Ora ero io quella che non voleva incontrare i suoi occhi nocciola, perciò mi misi a fissare con particolare interesse l’estremità della fascia bianca che mi pendeva dal capo, troppo lunga per non toccare terra ora che ero seduta sul pavimento. Se mi fossi messa in piedi, probabilmente mi sarebbe arrivato a metà coscia.

Il mio evidente disagio non scoraggiò Lan Huan, che insistette nel parlarmi.

-Ma voi siete innam...?- incominciò prima che lo fermassi con un’occhiata di fuoco. Le mie guance rosse per l’imbarazzo dovevano avergli dato la risposta che cercava.

-Ho detto che so cosa sto facendo- ribadii mordendomi il labbro e cercando una scusa per concludere il discorso in fretta -Che dici di andare giù e comprarmi un vestito, invece di stare qui a sottolineare l’ovvio? Sono nuda- tentai di distrarlo.

Funzionò anche meglio di come mi aspettassi, dato che nel tempo di un respiro si era già alzato e aveva raggiunto la porta. Quello che mi permise di vederlo uscire fu il suo esitare sulla soglia.

Incerto, si girò verso di me e si inchinò di nuovo prima di uscire, sussurrando qualcosa che suonava molto come “mio zio sarà entusiasta”.

Ne dubito, Lan XiChen, pensai coprendomi il viso con le mani. Ne dubito fortemente.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
E rieccoci con gli aggiornamenti ad orari assurdi. Mi dispiace, ho appena finito di lavorare e volevo assolutamente postare, ora che l’ho corretto.
Allora: piaciuto? Spero di si, perché io mi sono divertita un sacco a scriverlo e sinceramente più lo leggo più mi piace. Sono un’inguaribile romantica, che ci volete fare :3
Mi ha soddisfatto poter gestire un Lan XiChen ubriaco, anche se oltre al fatto che è iperattivo e mette un sacco di enfasi in ciò che fa (ecco spiegati i "!!!"), l’autrice non ci ha fornito molto sulla sua versione sbronza. Simile al fratello? Completamente diversa? Non ci è dato saperlo, però io l’ho immaginato così.
Sono contenta di poter pubblicare anche per te, Deb, così ti sentirai meno triste per la partenza della tua amica. Un bacio a entrambe, e naturalmente a tutti quelli che hanno letto (Ely, Cry, sto parlando anche di voi)

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 50
*** Quarantanovesimo capitolo ***


Vorrei poter litigare con te senza immaginare di ucciderti

 

 

La riunione si concluse dopo ore di inutili discussioni e litigi.

Com’era prevedibile, non tutti i presenti avevano apprezzato l’idea di usare il potere del Patriarca come soluzione ai nostri problemi. La maggior parte dei consiglieri si era opposta fermamente, lamentandosi con strilli e strepiti.

Verso la fine, le argomentazioni erano perfino diventate monotone.

-Richiedere l’aiuto di quel cane… preferisco perire in battaglia con onore che abbassarmi a tanto!- sbraitò per l’ennesima volta uno degli uomini in prima fila, mettendo mano alla spada come se fosse pronto a difendere le sue idee con la lama sguainata.

-Abbassarci a tanto? Stiamo parlando di riprendere semplicemente le decisioni che abbiamo già preso durante la Campagna dell’Eclissi- lo zittì il giovane cultore che aveva proposto l’idea, ancora in piedi e con uno sguardo agguerrito in viso.

Avevo scoperto dal Gran Maestro al mio fianco che si chiamava Jiang Shen 1. Il suo nome era saltato fuori per il semplice fatto che, a quanto pareva, era il nipote di uno dei numerosi parenti del Capo Clan. La sua opinione era di grande importanza, dati gli insegnamenti e la posizione privilegiata dello zio.

Secondo ciò che mi aveva sussurrato Jiang Cheng all’orecchio mentre la sala si perdeva in futili discussioni, il ragazzo era intelligente e dotato di grande acume, oltre che di un’ottima capacità oratoria. 

Ora che aveva ricevuto la mia approvazione, per di più, pareva che nulla potesse dissuaderlo da ciò che stava progettando.

-Vogliamo ricordare com’è finita?- aveva ribattuto in risposta un altro consigliere, restando però seduto al suo posto d’onore sotto al trono di Jiang Cheng e muovendo pigramente la mano libera, quella che non sorreggeva la testa ciondolante. 

Ecco, lui invece potremmo cacciarlo, avevo pensato arricciando le labbra in una smorfia dubbiosa e lanciando un’occhiata significativa al Capo Clan seduto vicino a me. Il cultore aveva sospirato in risposta e aveva annuito, conscio di dover riconsiderare l’affidabilità di ognuno dei membri del suo consiglio ora che anche io potevo dire la mia.

Questa volta non ci fu bisogno del nostro intervento, però.

L’uomo che aveva protestato così svogliatamente venne sminuito dal suo avversario con ancora più determinazione di prima, tanto che si sentì in dovere di alzarsi in piedi per fronteggiarlo meglio.

-Abbiamo vinto- gli ricordò infatti Jiang Shen con uno sguardo così infuocato che molti sarebbero indietreggiati, davanti a quella furia. Io risi per la somiglianza dei tratti del suo viso furioso con quelli del cultore con cui dividevo il letto nell’ultimo periodo.

Quel ragazzo pareva la sua versione più giovane e controllata.

-Si, ma poi ci siamo ritrovati con un problema già grande fra i piedi- si era intestardito lo Stronzo, come l’avevo rinominato -Non vorrei dover abbattere un’altra volta quel mostro- sputò con disprezzo palese, non tentando nemmeno di fingersi moderato.

Ora scatta la rissa del secolo, pensai divertita.

Decisi di intervenire prima che la situazione degenerasse ulteriormente. Non avrei voluto assistere ad un omicidio proprio ora che ci serviva tutto l’aiuto possibile, nonostante l’aspettativa di un pestaggio tra cultori mi allettasse.

-Mi pare che abbiate detto abbastanza, signori. Prederemo la nostra decisione da soli, grazie per i vostri suggerimenti- dissi con tutta la diplomazia che potevo, piegando il capo di lato com’era solita fare Elisa quando voleva intenerire qualcuno, nonostante il sorriso sul mio viso fosse freddo come il ghiaccio -Potete ritirarvi- li liquidai.

-Ma voi…- provò a pretestare uno dei presenti che finora non aveva parlato, finendo per essere interrotto da una mia occhiata minacciosa.

-Ho detto che potete andare- ordinai perentoria continuando a sorridere. Allo stesso tempo appoggiai una mano sulla spalla di Jiang Cheng e gli strinsi la clavicola fra le dita, applicando tutto il mio nervosismo per quella situazione in quel gesto.

Non si lamentò ne si mosse, anche se, considerato quanto forte stavo premendo le falangi sulla sua carne, dovevo causargli parecchio dolore. Si limitò invece ad appoggiare il capo sul mio braccio, sfiorandomi il polso con la guancia.

In completo silenzio, attese che tutti si alzassero prima di sollevarsi dalla sedia e farmi accomodare sul modesto trono sotto gli sguardi sbigottiti dei consiglieri che si stavano affrettando ad uscire. Ignorando le loro facce sbalordite, fece cenno ad un servitore di portargli da bere.

Inghiottì un sorso di vino senza assaporarlo, rivolgendo le spalle alle porte principali che si chiudevano dietro ai membri del suo Consiglio. Attese qualche minuto, riflettendo su quello che aveva sentito.

Era così assorto nei suoi pensieri che dovetti schiarirmi la gola con un colpo di tosse per attirare la sua attenzione.

-Tu cosa ne pensi?- gli domandai senza mezzi termini, accavallando le gambe e incrociando le braccia al petto.

Jiang Cheng bevve un altro generoso sorso di vino e si diresse a passi lenti verso la finestra che dava sul lago, appoggiandosi con una spalla alla cornice. Osservò il panorama a lungo prima di rispondere.

-É un buon piano- mi lodò scuotendo il capo per scacciare i brutti pensieri -Non avendo molte informazioni sul nemico, sembra l’unica soluzione. Ci avevo già pensato- ammise di malavoglia, schioccando la lingua infastidito.

-Riusciremo a convincere Wei Ying a partecipare?- domandai dubbiosa, tamburellando con gli indici sulle braccia -Non so se voglia, come dire… ritornare nel giro?- cercai di spiegarmi.

Jiang Cheng buttò la testa all’indietro e si lasciò andare ad una risata roca e profonda che faceva quasi paura, stupendomi a tal punto che un brivido freddo mi percorse la schiena dalla nuca al coccige. Sembrava il suono prodotto da qualcuno che non ride da secoli, e la cosa mi rattristò.

La sua ilarità si spense tanto in fretta quanto era cominciata, comunque, lasciando solo l’eco della sua risata nella stanza.

-Se dovesse protestare lo prenderò a pugni in faccia- sogghignò, voltandosi verso di me e appoggiandosi con la schiena alla parete di legno, una mano sul serramento della finestra e l’altra che porgeva la tazza vuota al servo che gli corse incontro non appena ebbe finito di bere -Il sapore del sangue lo farà ragionare- affermò arrogantemente.

Alzai gli occhi al cielo per nascondere lo stupore nel disappunto.

-Oh, tu si che sai come mantenere un rapporto fraterno solido- lo accusai sarcastica, alzandomi in piedi e facendo due passi verso di lui. Mi fermai solo quando mi resi conto che presto gli sarei finita di nuovo fra le braccia.

-Wei WuXian non è davvero mio…- provò a negare, sfuggendo dal mio sguardo e arricciando le labbra in una smorfia disgustata. 

Di nuovo con questa storia? Dovresti toglierti quel palo che hai infilato su per il culo, ragazzo.

-Smettila, lo sappiamo entrambi che mentire è inutile- lo fermai prima che proseguisse, agitando una mano in aria come se stessi scacciando un moscerino fastidioso -Ci siamo solo io e te qui, non c’è bisogno di fare il duro- mi ritrovai a rimproverarlo, delusa.

Davanti alle mie parole, Jiang Cheng si rabbuiò e mi lanciò un’occhiata così dolorosamente consapevole che mi affrettai a guardare altrove, concentrandomi sulla sala che ci circondava. Mi morsi il labbro nel tentativo di non aggiungere altro.

Stette in silenzio per così tanto che credetti se ne fosse andato, ma quando girai il capo nella sua direzione lo vidi in piedi a pochi passi dalla finestra, le braccia incrociate e i muscoli del viso contratti. Teneva la mascella serrata e le labbra chiuse con tale forza da renderle bianche per lo sforzo.

-Io non "faccio il duro"- si lagnò con un ringhio, evitando i miei occhi ancora una volta. 

Il suo atteggiamento mi stava stancando, ma non potevo mettermi ad urlare per farlo aprire sentimentalmente. Non avrebbe di sicuro funzionato, anche se con uno come lui avrei anche potuto avere successo.

Decisi di rischiare.

-Lo so che gli vuoi bene ma che il tuo orgoglio ti impedisce di dirlo, quindi puoi continuare a morderti la lingua e a portare avanti quest’inutile pagliacciata per un’altra ventina d’anni oppure crescere, per una buona volta, che dici?- gli dissi con ironia pungente. Le ultime parole le gridai quasi, i pugni serrati e la stoffa delle maniche stretta fra le dita.

Mi morsi la lingua subito dopo, conscia di aver sfogato la mia frustrazione per ciò che stava accadendo su qualcuno che non centrava nulla. Se avessi voluto sbraitare, avrei dovuto farlo in faccia alla Sacerdotessa Nera.

Jiang Cheng non parve prendersela a cuore, e anzi si passò una mano sul viso per nascondere un sorriso storto che gli nasceva spontaneo, impossibile da trattenere.

-Sei davvero…- iniziò, bloccandosi subito dopo per reprimere una risata che gli risaliva in gola. Scosse la testa per tornare in se’ e lasciò appassire il sorriso che gli aveva rischiarato il volto.

Trascinata dal suo divertimento, mi misi le mani sui fianchi e lo esortai a continuare.

-Favolosa? Adorabile? Dolce come il miele?- tentai sarcasticamente. Il cultore mi si avvicinò di qualche passo e mi strinse il mento fra le dita, costringendomi a sollevare la testa per guardarlo dritto negli occhi. Io lo fissai con tutta la fierezza che riuscivo a darmi in una posizione così svantaggiosa.

-Una stronza- mi rispose senza più sorridere, il viso mortalmente serio e lo sguardo luminoso di chi ha fatto una battuta e aspetta il momento buono per scoppiare a ridere.

Trovai carino che riuscisse a controllare così bene i suoi muscoli facciali da non lasciare che le labbra gli tremolassero mentre si mordeva la lingua, divertito come non mai.

Urgh, adesso lo trovo "carino"? pensai sull’orlo di un’emicrania. Spero mi uccidano prima che arrivi ad "adorabile".

-Avendo allevato un bambino non avresti dovuto imparare a moderare il linguaggio?- domandai per dissimulare l’imbarazzo che mi stava colorando le guance di un patetico rosa -Non sia mai che ti prendano per un adulto con le palle- continuai ironica, alzando gli occhi al cielo e sfuggendo dalla sua presa per indietreggiare.

Mettere spazio fra noi era la mia priorità, dato che volevo mantenermi concentrata e lucida.

Jiang Cheng si accorse delle mie intenzioni e ne parve infastidito, data la smorfia di disappunto che gli attraversò il viso. Non si lamentò, in ogni caso. Preferì aggiornarmi sui piani che aveva messo appunto.

-Wei WuXian arriverà tra due giorni circa- affermò incrociando nuovamente le braccia al petto -Gli ho fatto mandare un messaggio con i fuochi di segnalazione quando siamo arrivati… sapevo ci sarebbe stato utile- confessò arricciando il naso, per nulla contento di aver bisogno del fratello.

-Sicuro che li abbia visti?- gli chiesi scettica mentre lo osservavo dirigersi nuovamente verso il palco che ospitava il suo posto d’onore -É solo un segnale di fumo, dopotutto- continuai alzando le spalle. 

In risposta lui sbuffò e si lasciò cadere seduto sul trono, le gambe distese davanti a se’, i gomiti in bilico sui braccioli e le dita intrecciate sotto il mento. Inclinando la testa a sinistra, mi guardò dall’alto come se avessi appena detto un’insensatezza assurda.

-Il simbolo del fuoco d’artificio è visibile anche a mille Li 2 di distanza ed il suono dello scoppio arriva anche più lontano, per le orecchie dei cultori più esperti- mi spiegò quando si rese conto che io certe cose non le potevo sapere, non essendo nata lì.

-Stai implicitamente ammettendo che Wei Ying è un’ottimo cultore?- lo stuzzicai allora. Continuare a rigirare il coltello nella piaga sembrava farlo parlare più apertamente davvero, se ero io a farlo. 

Non invidiavo per niente chi ci aveva provato prima di me, o chi avrebbe tentato dopo.

-Si porterà Hanguang-Jun dietro per qualcosa, o no?- mi domandò con evidente sarcasmo, in attesa che abboccassi alla frecciatina e incominciassi a discutere. Gli piaceva proprio litigare, per qualche motivo.

In quel momento però preferivo perdere tempo concedendomi un bagno caldo piuttosto che stare in piedi a bisticciare con un bambino troppo cresciuto munito di frusta.

-E io che pensavo fosse per la simpatia- ribattei dandogli le spalle e facendogli un cenno di saluto con la mano, costringendomi a non voltarmi per osservare la sua reazione.

La risata roca del Capo Clan mi accompagnò per tutto il tragitto verso la porta.

 

 

Uno scoppio rumoroso nelle mie orecchie mi fece sobbalzare, svegliandomi di soprassalto. Stretto a me, Jiang Cheng si tirò a sedere di scatto, artigliandomi il fianco con la mano che mi teneva vicino a lui e premendomi le dita nella carne cedevole dello stomaco.

Mi rigirai nel suo abbraccio e gli piantai le unghie nella spalla per attirare la sua attenzione su di me, dato che il suo sguardo violetto stava vagando per la stanza in cerca di pericoli. Lo vidi abbandonare la sua febbrile ricerca di una minaccia mentre la mano libera scivolava via da sotto il cuscino, dove teneva un pugnale per ogni evenienza.

Non capii subito cosa ci avesse ridestato, ma quando aprii bocca per domandare che diavolo fosse stato, il rumore assordante tornò a farsi sentire, rimbombando per la stanza come un tuono. Jiang Cheng mi tirò a se’ con ancora più forza e mi nascose fra il suo petto e le coperte chiare.

Gli occhi di entrambi si diressero verso la finestra che dava sul lago, dove una luce azzurra iniziò ad illuminare l’immobile acquitrino facendolo risplendere come una pietra preziosa.

Ancora nuda, scivolai fuori dal letto senza curarmi di coprire il mio corpo con le lenzuola che si erano ammucchiate in fondo al materasso durante la notte. Il cultore fu al mio fianco in un attimo, seguendomi fino alla finestra per capire cosa fossero il suono e la luce che parevano provenire da lì.

Ha visto già tutto quello che c’è da vedere, mi dissi quando mi appoggiò sulle spalle una delle sue vestaglie. Da dove viene tutto questo pudore? Li educano davvero male qui, non oso immaginare come se la stai passando Elisa nei Meandri della Nuvola.

Sporgendomi dallo stipite, lanciai una veloce occhiata all’acqua prima di constatare che quello che stavo guardando era solo un riflesso. La luce che ci aveva spaventati era sopra di noi, in realtà.

Quelli che scoprii essere dei fuochi d’artificio scoppiarono ancora, frastornandomi col loro rumore e riempiendo il cielo di disegni stilizzati raffiguranti nuvole azzurre. Nonostante fossero piccoli, probabilmente per la non indifferente distanza, erano chiaramente leggibili nella volta celeste scura e priva di nuvole.

-Quelli sono i segnali dei Lan… ce ne sono parecchi, che significa?- domandai con voce tremula, la risposta più logica che già andava a formarsi nella mia mente non più annebbiata dal sonno.

-Gusu è sotto attacco- fu la drammatica risposta.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Shen: () in caso di dubbi, utilizzando questo ideogramma: , il significato è "terrorizzante, che fa paura fino a paralizzare" (grazie Deb, sei un mito), mentre se lo schiviamo così , vuol dire "Dio"… ma hanno pressappoco lo stesso suono.
2. Li: erano un’antica unità di misura cinese che servivano per calcolare le distanze. Un Li consisteva in circa 500 m, quindi due Li erano l’equivalente di un chilometro odierno.


Buona sera ragazzi, eccoci con il nuovo capitolo. Lo so che è un po’ così così, ma il colpo di scena finale mi piace da impazzire e l’aver potuto descrivere una quasi routine quotidiana fra Cristina e Jiang Cheng mi fa impazzire, davvero.
Sono molto contenta di essere arrivato fino a qui, e ringrazio tutti coloro che hanno letto finora per essere rimasti. Spero vi stia piacendo, perché io l’adoro.
Piccolo appunto: l’arco narrativo di Elisa è leggermente indietro (come avevo ideato) rispetto a quello di Cristina. Non preoccupatevi, c’è un motivo e presto vi sarà chiaro. Verso la fine dovrò riallinearli e soprattuto riunire i punti di vista, dato che le due torneranno insieme… mini spoiler.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

 

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Capitolo 51
*** Cinquantesimo capitolo ***


Indago come Sherlock Holmes, ma flirto meglio 

(Elisa)

 

 

Non dovetti attendere a lungo il ritorno di Lan XiChen. Il cultore fece il suo ingresso nella stanza subito dopo che ebbi finito di sciacquarmi il viso e pettinarmi i capelli in una morbida treccia laterale.

Il nastro frontale che avevo sottratto al Capo Clan mi scivolò sulle spalle leggero, rischiando di finire a terra se non l’avessi afferrato in tempo. Rigirandomelo fra le dita, me lo riallacciai in fronte.

Avvolta nel lenzuolo arancione che avevo recuperato al letto, voltai la testa nella sua direzione e distolsi lo sguardo dal panorama che stavo ammirando. La finestra che dava sulla strada era abbastanza alta da permettermi di affacciarmi senza che qualcuno da fuori badasse a me.

Avevo notato un grosso numero di persone raggruppate attorno alle bancarelle, ma non ci avevo prestato troppa attenzione, preferendo godermi la vista sulla città.

Spero che Lan XiChen mi permetta di perdere un po’ di tempo al mercato, pensai osservando i banchi di vendita allestiti ai lati della strada. Se gli dico che andarci potrebbe servire a raccogliere informazioni magari non si lamenterà.

Lan Huan si fece avanti con passo leggero e mi appoggiò la veste ordinatamente piegata sulle ginocchia. Poi si inginocchiò difronte a me e strinse fra le dita un’estremità del nastro candido che mi pendeva dal capo.

Non manifestò nessun interesse nel riprendersi l’oggetto che gli avevo rubato, però.

-Vi ho portato gli abiti che avevate richiesto, Mia Signora- sussurrò in un soffio appena udibile. 

E rieccoci alle formalità, mi dissi esasperata.

Gli rivolsi un’occhiata pensierosa e mi alzai lentamente dalla sedia sulla quale ero appollaiata, lasciandogli il tempo necessario per potersi scostare. Lui si fece indietro stupito e scattò in piedi porgendomi nuovamente il vestito.

Accettai la sua gentilezza con un sorriso forzato e permisi al lenzuolo di cadere a terra per poter afferrare le morbide stoffe colorate, ignorando la sua esclamazione imbarazzata a quel gesto. Sempre senza parlare, mi incamminai verso il paravento la stanza da letto che avevo abbandonato quella mattina e mi ci infilai dentro per cambiarmi senza essere vista.

-Non avevamo superato già da un po’ la parte del "voi"?- gli dissi senza sprecarmi ad alzare il tono di voce, conscia che coi suoi poteri spirituali era capace di sentirmi anche dall’altra camera -Ora che siamo praticamente fidanzati sei obbligato a darmi del "tu", se non vuoi finire in bianco- lo ammonii lasciandomi scappare un sorriso.

L’avevo già perdonato per la freddezza dimostrata poco prima. Ero un’irrecuperabile romantica da ricovero, ormai.

Sentii sussultare Lan XiChen oltre il muro e mi affacciai per capire cosa della mia frase lo avesse scosso. Pensai di trovarlo rosso di imbarazzo per aver nominato un nostro ipotetico rapporto intimo, invece il suo viso era pallido e le sue sopracciglia contratte per la confusione.

-Mi ucciderete… mi ucciderai se mi rivolgo a te con riverenza?- si corresse subito scuotendo una mano davanti al viso come per cancellare il proprio errore. 

La sua domanda mi arrivò così inaspettata che per un attimo non seppi cosa dire, le parole incastrate in gola e la veste mezza infilata che mi pendeva lungo i fianchi. 

-Ucciderti? Chi ha parlato di… oh santo cielo- chiesi interdetta prima di capire a cosa alludeva, dato il significato che per loro aveva il colore che avevo nominato nella mi analogia -Ho detto che ti mando in bianco, scemo! Vuole dire che non entrerai nel mio letto se mi darai del "voi", non ti stavo augurando di morire- gli spiegai senza trattenere una risata esterrefatta.

Tornai a concentrarmi sui complicati nastri che decoravano la parte superiore dell’abito mentre lo rassicuravo sulla sua futura incolumità. Gli intrecci della stoffa sul corpetto erano così complessi che ci misi qualche secondo a capire come infilare le braccia nella veste. 

Intanto la reazione che avevo atteso dall’uomo non tardò ad arrivare.

-Entrare nel tuo letto? Come puoi pensarlo?!- mi interrogò con voce più alta di qualche ottava e leggermente tremolante -Siamo fidanzati- aggiunse poi come se questo spiegasse tutto.

Alzai gli occhi al cielo pregando Dio di darmi la pazienza necessaria ad affrontare l’argomento. Mi preparai a quel dialogo sistemandomi il colletto stretto della veste e lisciando le maniche larghe che sfioravano l’ampia gonna ad ogni movimento.

Per qualche motivo aveva scelto un abito azzurro con un taglio classico e semplice molto simile ad una divisa da cultore, anche se non potevo sapere se fosse stata un’associazione inconscia o no.

-Non pretenderai che io aspetti il matrimonio vero? Jiang Cheng non ha fatto così tanto il puritano con Cry… so che sei stato cresciuto a Gusu, ma per dio, sei una persona, non un monaco- affermai incredula con un pizzico di pungente sarcasmo appreso dalla mia amica -E poi anche tuo fratello ha fatto sesso con Wei WuXian prima di essere ufficialmente sposati- lo avvertii prima che potesse protestare ricordandomi che Cristina proveniva dal mio stesso mondo e quindi non contava.

Lan XiChen rimase zitto per così tanto che fui tentata di sporgermi di nuovo dalla soglia per controllare non fosse svenuto o simili. Poi lo sentii gemere imbarazzato.

Almeno e vivo.

Sospirò profondamente un paio di volte ed io, ancora nell’altra stanza, me lo immaginai intento a massaggiarsi le tempie per cercare di cancellare l’idea che il suo consanguineo avesse fatto qualcosa di così disdicevole. 

Risi di quella fantasia e aspettai che parlasse.

-Il Gran Maestro di Yunmeng ha infranto molteplici regole sull’etichetta giacendo con tua sorella prima dei riti nuziali, ma sono affari unicamente suoi. WangJi invece… lo convocherò quando torneremo ai Meandri della Nuvola- chiarì con voce seria. Un’altro sospiro esasperato gli uscì di bocca prima che continuasse -Io comunque non ti disonorerò in questo modo. Concedimi di eseguire tutto secondo le tradizioni- ribadì sicuro di se’.

Aveva una tale determinazione nella voce che non ebbi cuore di dirgli ciò che realmente pensavo. Mi morsi le labbra quasi fino alle lacrime, trattenendomi.

Se vuoi farmi aspettare fino al matrimonio è meglio che la organizzi per domani, la tua maledettissima cerimonia.

-Ne riparleremo- mi limitai a dire, accantonando l’argomento per fare il mio ingresso nella camera adiacente, ora quasi completamente vestita. Mi appoggiai sullo stomaco una cintura di seta blu, l’ultimo indumento da indossare, e gli diedi le spalle -Ora allacciami questo ed andiamo a vedere cosa sta succedendo là sotto. Vediamo se troviamo qualche informazione giù al mercato- gli ordinai.

 

 

La strada era affollata, la gente rumorosa ed il baccano assordante. 

Da dietro le piccole bancarelle di legno i mercanti attiravano la folla con le grida, gesticolando animatamente con dei sorrisi smaglianti in viso. Alcuni di loro vendevano cibo o gioielli, stoffe e talismani, altri invece possedevano merce che non avevo mai visto prima.

-Fermo, fermo- urlai a Lan XiChen prendendolo per mano e trascinarlo vicino ad uno dei banchi allestiti -Cosa sarebbe questo?- gli domandai intrecciando le dita nelle sue, facendo finta di non notare il suo rossore.

Davanti a noi si trovava il banco che avevo adocchiato non appena avevo messo piede in strada, affascinata dagli oggetti particolari che il proprietario aveva messo in esposizione. Dagli incensieri più strani ai talismani con eleganti simboli rossi, tutto ciò che era in vendita aveva un fascino irresistibile per me. 

-Hm?- mi domandò fissandomi con intensità, ignorando che gli stavo indicando l’oggetto di forma rotonda appoggiato sulla superficie ruvida della bancarella. Sembrò completamente fra le nuvole, quindi lo scossi aumentando la stretta e richiamando la sua attenzione. Divertita, vidi il suo collo e le sue orecchie diventare quasi viola mentre sbatteva le palpebre imbarazzato.

-Ti ho chiesto cos’è questa cosa- scacciai la sua confusione ripetendo la mia domanda. Questa volta però il sorriso che avevo sulle labbra era più ampio e canzonatorio del precedente.

-Ah, si, naturalmente- disse schiarendosi la voce per riacquistare un tono normale -Sono dei pendenti scaccia spiriti. Si dice tengano lontani gli spettri maligni- mi rispose prendendone uno e facendolo dondolare dal cordino che permetteva di appenderlo alla cintura.

La forma mi ricordava molto i campanelli di Yunmeng, anche se questi erano in ferro e non d’argento, oltre che essere muti anche se scossi, a differenza dei loro gemelli più pregiati e rumorosi. Il pendaglio di pietre colorate e piume era carino, però.

-Funzionano davvero, caro cliente- ci assicurò il mercante che dirigeva la bancarella, sporgendosi verso di noi e sorridendo cordiale -Sono riempiti di terra sepolcrale e fiori di fuoco, perfetti per allontanare qualunque fantasma nelle vicinanze- spiegò con precisione, afferrandone un altro dal tavolo e aprendolo per mostrarci ciò che conteneva. Potei scorgervi all’interno un mucchietto di terriccio e alcuni petali rossi come il sangue.

Doveva aver capito che eravamo dei possibili compratori con ottime finanze se si spingeva a tanto per dimostrare il valore dei suoi prodotti. 

-Beh, da dove vengo un tempo di usavano i fiori di assenzio come segnale per capire se alcuni cadaveri uscivano dalle loro tombe in cerca di vendetta- dissi annuendo convinta quando vidi il sopracciglio di Lan XiChen alzarsi con scetticismo, nonostante il suo viso fosse rimasto cordiale ed angelico -Era detta "la pianta dei morti che non riposano" perché fioriva solo sulle tombe vuote- aggiunsi in direzione dello sconosciuto.

Il mercante mi osservò affascinato e batté le mani entusiasta davanti a quella spiegazione. Il giovane viso si aprì in un sorriso estatico mentre richiudeva il campanello.

-Se è come dite voi, dovrò procurarmi alcune di queste erbe magiche- esclamò convinto prima di porgermi l’oggetto che teneva fra le mani, ora nuovamente sigillato -Per la vostra gentilezza, tenete. É un regalo- mi disse lasciando cadere sui miei palmi aperti la pesante sfera di ferro.

Una parte di me sapeva che il suo gesto era dettato dal semplice fatto che, ora che era stato aperto, l’amuleto non poteva più essere venduto ad un cliente qualsiasi, ma trovai comunque che fosse stato fin troppo gentile. 

Accettai con un sorriso il suo dono e mi inchinai rispettosamente, ricevendo una risata lusingata come ricompensa. Doveva essere raro ricevere una riverenza, per un venditore di strada, perché molti passanti lì vicino si sporsero per osservarci.

-Grazie mille, non dovevate- lo ringraziai ancora, questa volta chinando semplicemente il capo con rispetto. All’improvviso, sentendo la folla che mormorava alle nostre spalle, mi tornò in mente il motivo della nostra gita -Permettetemi di farvi una domanda: siete a conoscenza delle sparizioni al bordello qui vicino?- domandai con voce gentile.

Al tono smielato che usai per rabbonirlo associai anche uno sguardo supplichevole, congiungendo le mani al petto e implorandolo di rispondermi. 

Se avesse avuto dubbi o rimostranze riguardo all’argomento, ora non avrebbe potuto tirarsi indietro senza scatenare le ire della folla che ci osservava con la coda dell’occhio, incuriosita dalla scena e pronta a chiacchierare aggrappandosi a qualunque cosa le dessimo in pasto.

Non fu necessario nessun trucco per far parlare l’uomo, però. La sua gentilezza superava le mie aspettative, dato che mi rispose senza smettere di sorridere.

-Certo che si, in città non si parla d’altro- ammise con un sospiro, abbassando il volume e sporgendosi per non farsi sentire da estranei -Le guardie dicono sia una cosa normale e che gli uomini siano semplicemente scappati dalle famiglie, ma per me si tratta di un fantasma- ci confidò sussurrando.

Lan XiChen, improvvisamente tornato in se’, a quelle parole si raddrizzò, portando la mano libera dalla mia stretta sulla schiena nella sua tipica posa che gli avevo visto assumere spesso anche nel donghua. Il suo viso serio fu attraversato da un lampo di interesse.

-Cosa ve lo fa pensare?- investigò avvicinandosi ancora di più e prestando attenzione alle parole del mercante.

-Conoscevo due degli scomparsi e so che non avrebbero mai lasciato tutto da un giorno all’altro- ci disse scuotendo le spalle -Non si sono portati via nulla, perché ventitré persone dovrebbero andarsene solo con i vestiti che hanno addosso, vagando senza soldi per chissà dove?- domandò retorico e lasciando una veloce occhiata a destra e a sinistra per essere sicuro nessuna guardia lo stesse ascoltando.

-Avete detto che li conoscevate. Com’erano?- insistetti quando vidi quanto disponibile si stava dimostrando -Vi sono parsi strani gli ultimi giorni prima di sparire? Hanno fatto cose insolite?- cercai di indagare. Non sapevo davvero quali fossero le domande di prassi in questi casi, ma improvvisai come meglio potei.

Ho visto un sacco di polizieschi, sarà lo stesso, no? Mi dissi divertita. 

-Beh, li conoscevo, ma non così bene da vederli ogni giorno- confessò battendosi l’indice sul mento mentre cercava di pensarci sù. Non ricordando granché, piegò le labbra in una smorfia e ci accontentò con un pettegolezzo -Se volete il mio parere poi, non erano chissà che come persone- mormorò sdegnato.

A quell’affermazione, io e Lan Huan ci scambiammo uno sguardo confuso e ci trovammo concordi nel voler approfondire quel commento così sospetto.

-Cosa volete dire?- domandò il cultore, curioso di scoprire il motivo di tanta animosità verso quelli che a detta dell’uomo erano pressoché degli sconosciuti.

-Non dico fossero cattiva gente, ma era più facile trovarli al bordello a bere o cercare compagnia che a casa con le loro famiglie- spiegò il venditore grattandosi la nuca con imbarazzo. Poi sospirò e assunse un’espressione addolorata -Uno di loro era perfino sposato da poco… poverina, quella giovane ora è tutta sola ed è anche incinta- aggiunse lanciato un’occhiata alla bancarella alla sua destra e incrociando lo sguardo con la proprietaria, che annuì mesta davanti a quella sfortuna.

Evidentemente aveva assistito a tutta la conversazione, e il suo assenso mi fu di grande aiuto, dato che confermò le parole del mercante.

Un improvviso dubbio mi colse alla sprovvista, portandomi a domandare all’altra venditrice se avesse anche lei delle informazioni sul caso. Davanti alla sua disponibilità, espressi la domanda che mi tormentava.

-Erano tutti sposati, quelli che sono spariti?- chiesi fingendo stupore, dato che chi era stato rapito era di ritorno dal bordello più grande della cittadina. Non ero davvero sorpresa, ma in fondo loro non potevano sapere che dagli uomini di quell’epoca un po’ me lo aspettavo, data la loro educazione maschilista.

La donna ci rifletté per qualche secondo prima di rispondermi.

-Beh, suppongo di sì… no, aspettate. Uno di loro era molto giovane, doveva essere ancora fidanzato, per quello che ne so- si corresse, confermando comunque i miei timori.

Mi sa che ho una vaga idea di cosa li abbia presi, riflettei in silenzio. Una vendetta, si tratta di questo.

-Può dirci dove vivevano i suoi due conoscenti?- intervenne Lan XiChen con un sorriso smagliante, stringendomi la mano per farmi capire che anche lui aveva avuto la stessa intuizione. 

Dopo che ci ebbe dato le indicazioni richieste, la venditrice venne richiamata da dei clienti che esigevano i suoi servigi, quindi ci salutò e tornò a lavoro. Noi la ringraziammo per il suo tempo e ci rivolgemmo al mercante che ci aveva aiutati. 

-Non sapete quanto ci siete stato d’aiuto, grazie mille- gli dissi con sincera gratitudine. Subito dopo mi venne all’improvviso in mente che c’era, in effetti, qualcosa che poteva sdebitarci: sarebbe bastato frugare nel mio borsello -Ecco… tenete, questo è per ringraziarvi del regalo e delle informazioni- lo esortai ad afferrare il ciondolo che avevo recuperato dai miei effetti personali.

Si trattava di un cordino di cuoio a cui era legato un dente di squalo grande circa come due falangi, bianco come l’avorio e ben lucidato. Non l’avevo pagato molto, ma per loro doveva essere una vera rarità.

-Da che bestia proviene?- mi domandò infatti l’uomo, ammirando da vicino il mio dono con gli occhi scuri che brillavano di interesse.

-É un dente di squalo- gli risposi ovvia, per poi sorridere davanti al suo sguardo a metà fra il confuso e il sorpreso -Si tratta di una creatura marina molto pericolosa- spiegai sentendomi addosso le iridi castane di Lan XiChen.

Il mercante si lasciò scappare un verso di stupore e ripose l’oggetto in un sacchetto di pelle per tenerlo al sicuro e lontano dalla vista dei curiosi che passavano di lì.

-Ne ho sentito parlare! Non credevo si potessero uccidere… siete formidabile, cara cliente- mi lodò mettendosi una mano sul cuore in segno di rispetto -É un tesoro inestimabile, vi ringrazio infinitamente- aggiunse inchinandosi a mezzo busto per porgermi i suoi omaggi.

Ed ora ho un altro amico sparso per il continente, pensai gioiosa, saltellando per la strada.

Ci allontanammo dal mercato, ormai al corrente di ciò che ci serviva per risolvere il caso. Io seguii il cultore che, al corrente di dove si trovavano le abitazioni dei dispersi, si diresse a passo svelto verso la nostra meta.

Lan Huan rimase in silenzio a lungo, ma non me ne preoccupai. D’altro canto, mi stava ancora tenendo la mano nel momento in cui parlò di nuovo.

-Come hai fatto ad uccidere una bestia tanto rara e feroce?- mi interrogò con una punta di ammirazione nella voce. Mi piantò addosso lo sguardo nocciola e si rifiutò di cedere al mio sguardo spaesato.

Quando finalmente capii a cosa si stava riferendo, scoppiai a ridere senza controllo. Tenendomi lo stomaco con la mano libera, gli appoggiai la testa sulla spalla, o per meglio dire sul braccio, dato quanto era alto, e mi lasciai andare all’ilarità.

Alcuni minuti dopo potei finalmente riprendere abbastanza fiato da rispondergli senza singhiozzare.

-Ti svelo un segreto: gli squali perdono periodicamente i denti, dato che ne hanno più file. Non serve ucciderli per averli- gli spiegai con le guance che mi facevano male e le labbra stirate in un ghigno -Quella era una collana che avevo comprato in spiaggia tanto tempo fa, quando c’ero andata con un mio amico- aggiunsi.

La spalla di Lan XiChen sussultò sotto il mio tocco e potei percepire il suo intero corpo irrigidirsi davanti a quella confessione. Con voce d’improvviso grave, si rivolse a me senza pretendere, per una volta, di guardarmi negli occhi.

-Era un ricordo prezioso allora- affermò senza essere attraversato da alcun dubbio -Perché lo hai regalato?- chiese curioso e un po’ amareggiato.

Probabilmente pensava lo avessi fatto a malincuore, magari convinto di non potergli chiedere del denaro con cui ricompensare il mercante. Tenero da parte sua esserne certo, ma inutilmente drammatico.

-Non credo nell’importanza degli oggetti- lo rassicurai aggrappandomi al suo braccio con entrambe le mani e lasciandomi trascinare dal suo passo regolare -Penso che i ricordi di qualcuno vadano conservati nella propria memoria, non solo grazie a delle collane o degli amuleti… capisci ciò che sto cercando di spiegarti o mi sto esprimendo davvero troppo male?- ridacchiai nervosamente.

Forse la mia era stata una spiegazione un po’ sconclusionata, ma non sapevo come altro dire quello che pensavo in quel momento.

Per mia fortuna eravamo giunti a destinazione, dato che la casa che stavamo superando aveva degli addobbi funebri sulle finestre e dei teli bianchi appesi attorno al perimetro esterno. Le abitazioni vicine, poi, avevano degli strani cartoncini rossi su ogni uscio o stipite.

-Eccoci arrivati- esclamai lasciando la presa sul cultore ed avvicinandomi alla struttura per osservarla meglio, in cerca di indizi. 

Alle mie spalle, intanto, l’uomo rispose al mio quesito con tono così basso che non lo sentii. Eppure lo fece lo stesso, forse più per se’ che per me, in effetti.

-Ti capisco invece- mormorò Lan XiChen con un sorriso malinconico, anche se io ero troppo lontana per capire.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Non so cosa dire, oramai è difficile inventarsi qualcosa da mettere nelle note ad ogni capitolo. La mia vita non è così interessante, non so cosa raccontavi :)
Lo so, lo so, è un finale triste per un aggiornamento che doveva essere romantico e basta, ma mi piace la malinconia, lo sapete meglio di tutti. Deb, non scioglierti per Lan Huan ed il suo rifermento a Jin GuangYao… ti vedo sorridere!
Ricordo a tutti che la time line di Elisa è indietro di un giorno rispetto a Cry, quindi qui Gusu è ancora salva (anche se per poco meno di 24 ore) ._.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 52
*** Cinquantunesimo capitolo ***


C’era una volta l’amore ma ho dovuto ammazzarlo

 

 

Non mi resi nemmeno conto di essermi diretta verso l’armadio. In preda ad un batticuore che mi pompava violentemente il sangue nelle vene, raccolsi una divisa viola con annessa sottoveste nella mia parte dell’armadio e lasciai che la vestaglia scivolasse via dalle mie spalle.

-Dobbiamo muoverci- mormorai infilandomi la biancheria e incominciando a indossare la veste interna, i movimenti ormai sicuri nonostante il buio che era nuovamente calato nella stanza. 

Era stato facile imparare la mia routine mattutina, ormai. Dato che erano passati poco meno di due mesi da quando ero arrivata a Yunmeng per la prima volta, mie era diventato familiare lo stile di vita semplice che mi ero imposta.

Mi svegliavo quasi all’alba, mi lavavo il viso nella ciotola fresca che si trovava sempre sul comodino, quindi mi coprivo coi vari strati di seta e lino pregiato che variavano dal viola al nero. Di solito a quel punto venivo raggiunta da Jiang Cheng che, sempre leggermente assonnato e fin troppo nudo, appoggiava il viso sulla mia spalla e mormorava degli improperi verso il mio stile di vita mattiniero.

Ridevo, il più delle volte. Poi lo costringevo ad indossare qualcosa e lo trascinavo a fare colazione.

Mi sto abituando a tutto questo, mi dissi mentre mi allacciavo la sottoveste, attraversata da quella preoccupazione come spesso accadeva, negli ultimi tempi. Non sembra neppure che io voglia tornare a casa. 

Le mie riflessioni vennero interrotte dalla voce del cultore che intanto era rimasto immobile alle mie spalle, il viso rivolto verso la finestra.

-Cosa stai facendo?- mi domandò con un sospiro stanco. Io gli lanciai un breve sguardo con la coda dell’occhio e mi infilai i pantaloni di pelle scura che mi aveva regalato Jin Ling per proteggermi le gambe durante gli allenamenti.

Erano i più comodi che avevo, nonché i più sicuri e resistenti.

-Mi sto vestendo, dovresti farlo anche tu- risposi afferrando alla cieca una delle sue divise e lanciandogliela, spingendo verso di lui il suo paio di stivali con un calcio. Quando mi accorsi della calma con cui si accingeva a indossarli, però, mi spazientii -Jiang Cheng, datti una mossa!- gridai esasperata.

Non sprecai nemmeno del tempo per mettermi le mani sui fianchi ed elargirgli un rimprovero coi fiocchi. Preferii invece inginocchiarmi a terra per allacciare i miei, di stivali, assicurandomi che fossero ben stretti.

Sentii i suoi passi avvicinarsi e vidi le sue gambe coperte dalla stoffa scura dei calzoni entrare nel mio campo visivo. Alzai di poco il viso per incrociare i suoi occhi, accorgendomi che aveva indossato solo parzialmente la divisa e che il suo petto era scoperto.

Sbuffai esasperata e ripresi il mio lavoro.

-Tu non verrai- asserì piegandosi al mio livello, in bilico sulle piante dei piedi e con i gomiti appoggiati sulle cosce. La sua espressione seria non variò nemmeno quando lo guardai sbattendo le palpebre confusa.

-É la tua frase preferita o cosa? La usi fin troppo- scherzai rialzandomi, seguita subito dal Capo Clan -Certo che vengo, a Gusu c’è Elisa- spiegai alzando le spalle.

In fondo era ovvio che mi sarei infilata in quella spedizione, quindi perché provava a fermarmi? Avrebbe dovuto sapere che non c’era verso di impedirtelo, se non quello di chiudermi a chiave nella stanza.

-Sarà diverso dall’ultima volta- mi avvertì con tono accondiscendente, incrociando le braccia al petto e mettendo in mostra i bicipiti, gonfi per via di quella posa -Non porto ragazzine in un combattimento aperto- specificò con un mezzo sorriso che fece sparire in fretta quando si rese conto di quanto male presi quell’insinuazione.

Ok, finora ho provato ad essere diplomatica, ma sta volta mi ha stancato.

Mi misi dritta e sollevai il mento, per nulla intimidita dalla differenza di altezza e potere che ci separava. Con i pugni chiusi sui fianchi, presi fiato per prepararmi alla lotta.

-Mi pare di averti già dimostrato che so cavarmela con l’arco- gli ricordai scuotendo il capo per spostarmi i capelli dietro la schiena. Poi sventolai una mano davanti al suo viso per farlo stare zitto ancora un po’ -Se mi verranno vicino, agiterò la spada finché i nemici non moriranno, ok?- detto ciò gli diedi le spalle e recuperai dalla mia borsa, ormai abbandonata sul mobile vicino all’armadio, un elastico ancora utilizzabile.

-No- fu la secca risposta che ricevetti davanti all’evidente diplomazia che stavo dimostrano nonostante le sue irragionevoli richieste. Spazientita, persi lil controllo per abbastanza da lanciargli un’occhiata furiosa da oltre la spalla.

-Jiang Cheng, non ho chiesto la tua opinione- sospirai scocciata mentre mi legavo le ciocche castane in una coda bassa e la stringevo più possibile, rendendola difficile da sciogliere.

-Già, perché la risposta rimarrebbe no- chiarì ancora una volta, questa volta con tono definitivo.

Questa sua idea secondo la quale poteva darmi ordini che avrei dovuto eseguire come un cane mi fece uscire del tutto dai gangheri. Lo fronteggiai, amareggiata dal suo comportamento.

-É della mia migliore amica che stiamo parlando! Non permetterò…- venni interrotta dalla sua mano che, artigliandomi il braccio con forza, mi portò più vicino a lui con uno strattone violento.

A pochi centimetri dal suo viso distorto dalla rabbia, trattenni il respiro mentre i suoi occhi violetti mi trafiggevano.

-Tu non sai nulla di com’è un vero scontro! Questa è guerra, Cristina, non si tratta di tirare qualche freccia al cielo sperando di colpire il bersaglio- ringhiò adirato scuotendomi quando provai a interromperlo -Abbiamo solo una vaga idea di chi abbiamo davanti, quindi non correrò rischi inutili. Non farò venire nemmeno Jin Ling, se ti fa sentire meglio- aggiunse, come se questo sistemasse tutto.

Io mi scrollai di dosso la sua mano e feci un passo indietro con gli occhi socchiusi, un sentimento oscuro che mi nasceva dentro e si gonfiava come una tempesta nel mio petto.

-Scherzi?! Pensi che paragonandomi ad un quindicenne tu mi abbia in qualche modo lusingato?- sbraitai incontrollata.

Normalmente non avrei rivolto alla leggera un insulto simile in direzione del ragazzino, ma la rabbia mi scuciva sempre la bocca più di quanto fosse lecito. Quando ero presa da un litigio troppo animato, solitamente la cosa finiva a pugni, però.

Non sarebbe stato questo il caso.

-Quel quindicenne almeno sa come non farsi ammazzare!- ribatté l’uomo davanti a me alzando gli occhi al cielo come se il paragone non andasse nemmeno preso in considerazione, talmente era assurdo.

-Non usare quel tono con me, ti avverto- lo ammonii al limite della pazienza, ormai praticamente urlando ad un volume tale che chiunque nella magione ci avrebbe potuto sentire -Verrò e basta, non hai nessun diritto di impedirmi qualcosa- spiegai poi con un’alzata di spalle.

Prova anche solo a tirare fuori la faccenda della consorte ed io giuro che… non completai il pensiero che Jiang Cheng aveva già preso fiato per parlare.

-Sei la mia consorte- dichiarò infatti gonfiando il petto e assumendo quella sua fastidiosissima posa da padre-padrone che detestavo con tutta me stessa. Se voleva buttarla sul maschilismo, aveva sbagliato persona.

-Vuoi che chieda il divorzio subito o quando torniamo?- sibilai inviperita con lo sguardo che lanciava lampi, a differenza dell’anello che l’uomo portava al dito, che per qualche motivo era rimasto di freddo acciaio e non brillava di fulmini -Non sono la tua schiava ne’ una tua prigioniera- dissi ancora.

Sperai di aver risolto la questione quando lo vidi coprirsi il viso con i palmi e lo sentii sospirare sconfitto. Purtroppo invece sembrava ancora molto determinato nel ribadire ciò che aveva ripetuto fino ad ora, nel momento in cui incrociò nuovamente il mio sguardo.

Se avesse continuato così avrei spanto il suo sangue sul pavimento nel giro di poco.

-Smettila di lamentarti, non cambierò idea- mi assicurò serio e anche un pochino scocciato, quasi fosse lui la vittima della situazione, quello che aveva ragione e invece veniva contradetto.

-Nemmeno io- asserii battagliera.

Jiang Cheng mi riservò un’occhiata rabbiosa e si massaggiò la radice del naso con le dita. Sembrava sull’orlo di una forte emicrania, e io sperai con tutto il cuore che la testa gli stesse scoppiando.

-Già- ammise ad evidente malincuore. Lasciò che le ciocche ancora scelte gli sfiorassero le spalle mentre scuoteva il capo amareggiato -Forse hai ragione- aggiunse facendo un passo avanti e venendomi incontro.

-Che cosa…?- tentai di domandare anticipando le sue mosse.

Non feci nemmeno in tempo a completare la frase che lo vidi alzare un braccio per coprirmi gli occhi con la mano, una smorfia quasi malinconica che gli piegava le labbra all’ingiù. Percepii un’ondata di potere spirituale investirmi e d’improvviso non fui più capace di tenere gli occhi aperti. 

Gli artigliai la carne del petto alla cieca cercando di ribellarmi stringendo le dita sulla sua spalla nuda e graffiandoli la pelle con le unghie. Non servì a molto, comunque, anche se il gemito di dolore che gli strappai mi soddisfò almeno un poco mentre perdevo conoscenza.

Sentii le sue braccia sorreggermi, impedendomi così di cadere a terra mentre il cultore mi sollevava come se fossi poco più pesante di una piuma.

Maledetto stronzo! fu il mio unico pensiero prima di svenire, gonfio di furia e risentimento. 

 

 

Aprii gli occhi con la rabbia che mi rendeva amara la saliva, la bocca impastata e la testa dolorante.

Mi ritrovai ad osservare il soffitto di legno della camera in cui mi ero abituata a dormire prima di trasferirmi negli appartamenti di Jiang Cheng. Non vedevo quella stanza da settimane, quindi impiegai qualche secondo a riconoscere le venature scure delle assi che mi sovrastavano.

Restai a fissare la struttura per lunghi minuti, cercando nel frattempo di sciogliere il nodo che mi stringeva la gola. Mi veniva da piangere a tal punto che mi morsi il labbro per non lasciar uscire i singhiozzi, ma non ero davvero triste.

Più che altro furiosa.

All’improvviso sentii un colpo di tosse al mio fianco e voltai la testa quel tanto che bastava per osservare Jin Ling, inginocchiato composto al mio capezzale. Chiusi gli occhi per qualche attimo e respirai profondamente prima di parlare.

-Ha chiuso qui anche te o sei il mio cane da guardia?- mormorai senza una particolare intonazione, pronta a qualunque cosa mi stesse per dire.

Nel primo caso l’avrei compatito, ma se, d’altra parte, avesse complottato con lo zio per tenermi prigioniera il suo destino sarebbe stato segnato. Per una cosa simile avrei potuto reagire in modo piuttosto violento.

C’era una finestra davanti al letto: sarebbe stato facile lanciarlo da lì direttamente dentro il lago, per vendetta.

-Mi ha ordinato di non andare con lui. Io ho obbedito- rispose il giovane, salvandosi dalla possibile defenestrazione -Ho saputo che eri qui e sono venuto a farti compagnia- aggiunse incrociando i gomiti sul materasso nello spazio libero vicino al mio busto e appoggiandovici sopra il mento.

Come premio per essermi stato fedele, alzai un braccio dalle lenzuola che mi circondavano e incominciai ad accarezzargli la testa dolcemente. Ritornai a fissare il soffitto della camera con sguardo vuoto.

-Quando torna lo ammazzo- promisi passando le dita sopra il segno rosso sulla fronte di Rulan, stando attenta a non premere troppo e cancellarlo.

Lui mi afferrò il polso e mi strinse la mano tra le sue per attirare la mia attenzione e prese a sproloquiare in difesa dello zio, gli occhi luminosi che brillavano disperati. Evidentemente non voleva assistere all’ennesimo litigio fra noi.

Ah, il migliore te lo sei perso.

-L’ha fatto per il tuo bene, per proteggerti da…- iniziò a giustificarlo, prima che io lo interrompessi con un ringhio rabbioso che mai gli avevo rivolto, non a lui.

-Tu avresti imprigionato tua madre qui dentro per salvarla?- sibilai scattando a sedere e fissandolo con astio. Mi pentii all’istante di ciò che mi era uscito di bocca, e l’espressione sofferente di Jin Ling non attenuò il senso di colpa.

A quelle parole infatti il ragazzo sussultò come se lo avessi schiaffeggiato e si tornò a sedere composto, le gambe piegate sotto di se’ e le mani chiuse a pugno sulle cosce. Abbassò lo sguardo sul pavimento difronte a lui reprimendo un singulto stringendo i denti.

-Scusa, è stato cattivo da parte mia- ammisi mordendomi le labbra a disagio -Sono arrabbiata, ma tu non centri- spiegai massaggiandomi la fronte e maledicendomi per essere stata così scortese.

Rulan scosse la testa davanti alle mie scuse, forse pensando che, essendo un’adulta, avessi tutto il diritto di rimproverarlo come più mi piaceva. Crescere con un carattere forte come Jiang Cheng non doveva essere stato facile.

Rialzò subito il capo con le labbra stirate in una linea sottile, le guance gonfie e rosse per le lacrime e i singhiozzi trattenuti. Quando provò a parlare gli scappò un versetto tremulo, ma non si arrese e ritentò un attimo dopo.

-Non importa- gemette con voce roca per il pianto imminente -Credo che la rabbia in realtà faccia essere più sincera la gente, comunque- aggiunse strofinandosi le maniche gialle sotto gli occhi per asciugare le lacrime che scappavano al suo controllo. 

Davanti a quell’immagine straziante mi sentii così male che scesi dal letto a gattoni, mettendomi in ginocchio davanti a lui per consolarlo con un sorriso forzato. Gli afferrai una mano e la strinsi forte per farlo calmare, sussurrandogli che mi dispiaceva un’infinità di volte.

-Non volevo dirti quelle cose- mi scusai ancora con il cuore pesante nel petto. 

Mi ci volle un po’ per calmarlo, ma quando ci riuscii gli presi il viso fra i palmi e gli asciugai le guance bagnate coi pollici. Non sapevo come, ma quel ragazzo ispirava un senso di premura e di protezione che mai avevo pensato di sperimentare.

Dato che solitamente mal sopportavo i ragazzini, questo smisurato affetto verso il giovane cultore mi era del tutto nuovo.

Per un poi restò a guardarmi in silenzio, lasciandosi coccolare come un cucciolo di cane ed emettendo anche delle lievi fusa che sicuramente avrebbe negato di aver prodotto, una volta passata l’instabilità emotiva del momento.

-L’avrei fatto, l’avrei rinchiusa se lei avesse voluto andare incontro al pericolo senza essere preparata- parlò ad un cero punto, per qualche motivo convinto di dover risponde alla mia inopportuna domanda.

Sospirando mesta, gli scostai le ciocche castane dalla fronte chiara con le punte delle dita mentre decidevo cosa dire.

-Ma io lo sono- mi lamentai con voce leggermente alterata, forse gelosa delle loro doti in combattimento che io non possedevo ancora e che probabilmente non avrei mai raggiunto.

-No, non lo sei- disse sorridendo tristemente ed annuendo con compassione -Ma capisco perché ti sei arrabbiata. Lo sono anche io- mi diede corda, adirato con lo zio per averlo estromesso.

-La rabbia non mi ha aiutato con Jiang Cheng- esclamai con voce esasperata, buttando indietro la testa per respirare profondamente -Ne’ con te- aggiunsi amara.

Lo sentii sospirare all’unisono con me e, curiosa, incrociai il suo sguardo per sapere cosa lo avesse spinto a perdonare con facilità la cattiveria che gli avevo detto.

Dopo un attimo di esitazione, prese ad arrotolarsi uno dei nastri rossi della sua tunica fra le dita e parlò chiaramente.

-Una volta litigai con Lan Sizhui perché mi parve troppo calmo davanti a… sai, non ricordo nemmeno cosa- ridacchiò facendosi aria con le mani e scuotendo la testa -Quando gli chiesi perdono dicendo che avevo esagerato per via della rabbia, lui mi disse una cosa importante… disse che magari siamo davvero sinceri solo quando perdiamo il controllo, anche se ci lasciamo scappare la verità più crudele e che solitamente teniamo per noi. Ma è questo il punto! Quando vuoi bene ad una persona le menti, nascondi le cose brutte che pensi di lei, i giudizi con cui criticheresti gli altri ma che con questa persona non puoi, perché le vuoi bene- mi spiegò con voce decisa.

Aveva messo così tanta passione nel suo monologo da essersi dimenticato di respirare, quindi arrivò a fine discorso senza fiato. Costretto ad ansimare per recuperare l’ossigeno necessario, divenne rosso come un pomodoro maturo e le lacrime tornarono ad illuminargli gli occhi chiari.

-Jin Ling…- provai a fermarlo con dolcezza, venendo però bloccata da un suo gesto che mi chiedeva di aspettare.

A quanto pareva, non aveva ancora finito.

-É questo che ti fa capire se ami o no qualcuno- mormorò una volta che ebbe ripreso fiato -Probabilmente lo ferisci di più, quando ti arrabbi e sei sincero, perché tieni così tanto a lui da non dirgli mai le cattiverie che riserveresti a tutti gli altri- sorrise, contento di essersi fatto ascoltare.

-Rulan- lo chiamai ancora, questa volta riuscendo a fargli alzare lo sguardo dalle proprie mani -Vieni qui- lo esortai spalancando le braccia e accogliendolo quando mi si lanciò addosso.

Lo strinsi forte a me e gli accarezzai i lunghi capelli con le mani che tremavano, facendo finta di non sentire i suoi singhiozzi e le sue lacrime che mi bagnavano la spalla in cui aveva affondato il viso.

-Non resterò qui a far nulla mentre Elisa è in pericolo- gli sussurrai baciandogli la testa -Mi dispiace, ma devo andarmene da questo posto e arrivare a Gusu il prima possibile- spiegai.

Non posso perdere altro tempo, mi dissi con il macigno dell’ansia che mi appesantiva il cuore a tal punto da far male. Non posso proprio.

Questa volta, la reazione di Jin Ling fu quella che avrei voluto ricevere per ben due volte, quel giorno. Piantò gli occhi su di me e sorrise con arrendevolezza, sapendo di non potermi dissuadere.

-Va bene- acconsentì abbandonando il mio abbraccio ed alzandosi in piedi con un leggero saltello -Ti accompagno- aggiunse porgendomi la mano per aiutarmi a tirarmi su’.

-Vieni con me perché non ti fidi?- ribattei sollevando gli occhi al cielo divertita, accettando la sua gentilezza e aggrappandomi a lui per alzarmi da terra. Una volta in piedi mi spolverai gli abiti e risistemai la coda che mi si era storta durante le ore che ero rimasta addormentata.

Jin Rulan scosse la testa con veemenza e si infilò l’arco in spalle, recuperandolo dall’angolo in cui l’aveva appoggiato. Controllò che la sua spada fosse ben fissata alla cintura e mi guardò divertito.

Mi stupii del fatto che suo zio gli avesse lasciato tenere le armi, ma subito mi resi conto che sarebbe stato difficile per lui immaginare che suo nipote mi avrebbe aiutato in un eventuale evasione.

-Vengo con te perché se ti capitasse qualcosa mio zio farebbe ben di peggio che spezzarmi le gambe- spiegò ironico il ragazzo, anche se potei leggere una punta di panico nella sua voce scherzosa.

Poi mi indicò la porta e mi fece cenno di avanzare, aprendola galantemente poco prima che lo facessi io. La finestra spalancata dietro di noi permise all’acqua di riflettere la luce esterna dentro la camera, illuminandoci la via.

Uscimmo dalla stanza insieme, lasciandoci il sole che sorgeva oltre l’orizzonte alle spalle.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Prima di tutto il titolo del capitolo: si tratta di un libro di Efraim Medina Reyes che sinceramente non ho letto, ma che mi ha colpito molto… ho riso leggendo questo titolo in libreria. Cristina apprezza sempre, quindi eccoci qui.
Lo so, lo so, ho aggiornato presto, ma ringraziate mia madre: ci ho litigato tipo poco fa e mi ha ispirato un sacco sto dialogo che non sapevo come scrivere ;) Ora abbiamo risolto, tranquilli -.-
Triste? Si, e mi piace così. A parte che adoro rendere Jin Ling un piccolo criceto che ha bisogno d’amore… ho avuto la possibilità di inserire un piccolo accenno della sua amicizia (seeee certo) con Lan SiZhui e ne sono entusiasta.
Credo di aver detto tutto: grazie per essere passati, alla prossima.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 53
*** Cinquantaduesimo capitolo ***


Quello che distingue i Lan è di sicuro il tatto
(Elisa)

 

 

La casa davanti a noi era piccola come quelle che la affiancavano, costruita con legno grezzo e terracotta. Aveva due finestre con gli scuretti schiusi, in quel frangente sigillati dai foglietti bianchi che ricoprivano tutta la facciata, e una porta rovinata ma ancora solida che permetteva l’accesso alla struttura.

Bussai piano, eppure i tre colpi delle mie nocche produssero un rumore cupo che mi fece sobbalzare. Sembrò un eco macabro, quasi l’interno della casa fosse vuoto ed il suono rimbombasse fra le pareti.

-É permesso?- urlai appoggiando un orecchio sulla superficie ruvida della porta per sentire l’eventuale risposta -Scusate, c’è qualcuno in casa?- chiesi ancora. 

Attesi qualche minuto prima di riprovare, bussando più forte e qualche volta in più. Dietro di me, Lan XiChen osservava la scena senza dire una parola.

Non ricevendo alcuna reazione dall’interno, mi girai verso di lui e alzai le spalle insoddisfatta. Se lì non c’era nessuno, avremmo dovuto provare l’altro indirizzo che ci aveva fornito il mercante.

Questa sarebbe stata più facile, pensai disperata. L’altra sarà problematica, dato quanto è delicata la situazione: interrogare una donna incinta è l’ultima cosa che voglio fare.

Quando però feci un passo indietro per raggiungere il cultore e dirgli di dirigerci alla successiva destinazione, lo vidi voltare il capo e fermarmi con un gesto delicato della mano. 

Sollevando lo sguardo sul suo viso notai che ora i suoi occhi castani erano concentrati sull’uscio silenzioso, socchiusi per la concentrazione. Sembrava sentire qualcosa, aldilà dell’anta di legno, che io non riuscivo a percepire.

-Aspetta- ordinò facendosi avanti e spostandosi leggermente a destra per coprire in parte il mio corpo con la sua schiena, nascondendomi dietro di lui -Sta arrivando qualcuno- mi avvertì.

Dopo qualche secondo, infatti, la porta si aprì con uno scricchiolio.

Il buio all’interno della casa mi fece strizzare gli occhi per poter intravedere lo sconosciuto. Impiegai perciò qualche attimo per capire che chi ci stava inviando ad entrare era un bimbo di a mala pena cinque anni, appeso allo stipite della porta come se gli servisse per restare in piedi. 

Sul visino pallido spiccavano due occhi lucidi, grandi e scuri come gemme preziose. I capelli erano neri, in perfetta sintonia con le ombre alle sue spalle, mentre la magrezza dei suoi tratti non sminuiva la bellezza innata che perfino un’adulta come me poteva apprezzare in un bimbo così grazioso.

-Siete qui per curare la mamma?- ci domandò con voce sottile, resa tremula ed acuta dalla giovane età e dalla paura. 

Mi piegai all’ingiù appoggiando le mani sulle ginocchia e gli rivolsi un’occhiata confusa, le sopracciglia che mi si arricciavano sulla fronte. Spiegargli perché eravamo lì sarebbe stato troppo complesso, quindi evitai di rispondere direttamente.

-Perché, sta male?- chiesi con il tono dolce che si usa quando si parla coi bambini più piccoli, melenso e quasi ridicolo. Magari lo avrebbe calmato e convinto delle nostre buone intenzioni.

Mi pentii della mia scelta vedendolo sull’orlo del pianto con il labbro inferiore che gli tremolava mentre cercava di trattenere le lacrime.

-É così triste… non mangia niente e sta tutto il giorno a letto- mormorò tirando su col naso e strofinandosi la guancia destra con la manica logora della veste leggera che indossava -Forse è malata- ipotizzò con fare interrogativo, stringendosi allo stipite per non cadere.

-E da quando è così?- insistetti vedendo che non sembrava voler aggiungere altro. Poi mi venne in mente che con tutta probabilità il bambino non aveva le conoscenze per rispondermi, quindi cercai di sorridere e aggiunsi -Vorremmo farle alcune domande, possiamo entrare?- il tono gentile che utilizzai non sortì gli effetti desiderati, però.

Il bambino si ritrasse diffidente dietro l’uscio, allontanandosi di un passo da noi per nascondersi nel buio della casa. Le dita sottili gli si arricciarono attorno allo stipite mentre lo stringeva come fosse uno scudo.

-Ma siete qui per lei, vero?- chiese ancora, socchiudendo la porta e sbirciandoci con un solo occhio dalla fessura. Le mie domande dovevano averlo spaventato più del previsto.

-Certo, lui è un cultore della Scuola di Gusu- mi affrettai ad indicare Lan XiChen annuendo con enfasi, sperando che la sua fama lo precedesse anche fra i più piccoli -Ti puoi fidare, è davvero bravo- sorrisi rassicurante ancora una volta e attesi con ansia il responso.

A quelle parole, il bimbo spalancò la bocca in una O di stupore, fissando lo sguardo sulla divisa candida del mio compagno e sulla fascia che avevo ancora in fronte. Collegò le due cose alle dicerie che aveva sentito per le strade e capì al volo.

Spalancò la porta senza attendere oltre, balzando fuori a piedi nudi per afferrarmi la manica della veste e trascinarmi dentro casa. Il cultore al mio fianco ci seguì silenzioso e osservò la casa coi profondi occhi castani pieni di disagio.

L’ambiente era così angusto e buio che mi ci volle un po’ per abituarmi all’atmosfera tetra che lo avvolgeva. 

La stanza principale era una specie di corridoio largo quel tanto che bastava per permettere il passaggio di una sola persona per volta, seppur con qualche difficoltà per i più alti. Lan XiChen dovette infatti abbassare il capo per non colpire il soffitto con la testa.

Davanti a noi, appena entrati, si stagliarono tre porte chiuse grazie a delle assi marcescenti di legno tarlato. Due si trovavano rispettivamente a destra e a sinistra, mentre l’ultima era a pochi palmi dal mio naso.

E io che pensavo la mia famiglia non fosse esattamente benestante… questo tipo di povertà è quello che ti porta a morire di fame, durante l’inverno.

Senza dire una parola, il ragazzino ci condusse per il breve corridoio che separava le due stanze fino a raggiungere la terza ed ultima camera. Lasciò la presa sulla mia veste per aprire con delicatezza l’uscio, emettendo un leggero colpo di tosse per avvertire il suo arrivo.

-Mamma, ci sono dei cultori che sono qui per aiutarti- bisbigliò aggrappandosi ansiosamente all’anta umida che gli si sbriciolava fra le dita al minimo tocco.

Non ricevette alcuna risposta, ma potei vedere coi mie stessi occhi il suo labbro inferiore tremare ed il suo sguardo, ancora fisso sull’interno della stanza, farsi triste e lucido. Con non poca fatica, il bambino si girò verso di noi e annuì esitante.

-Entrate- ci invitò spalancando la porta cigolante.

 

 

La camera da letto della madre era piccola e umida, però allo stesso tempo sembrava più pulita e calda del resto della casa. Il mobilio era semplice e le coperte essenziali, senza decori o stravaganze, eppure il figlio doveva impegnarsi molto per tenere tutto in ordine, a giudicare dalla mia prima impressione.

C’erano due finestre, una poco sopra il letto, chiusa per non far arrivare alla donna distesa l’aria fredda direttamente sul collo, e l’altra sulla parete opposta. Questa, aperta per permettere all’aria di circolare, fungeva da intrattenimento per la figura distesa che, raggomitolata sotto le coperte come un bruco in un bozzolo, fissava con fare assente il panorama.

La presenza di due persone sconosciute non sembrò turbarla, dato che non diede nemmeno segno di averci notati. Io, stretta nell’angusto spazio che rimaneva fra il letto e la parete, mi appoggiai al fianco di Lan XiChen per permettere al bambino di entrare a sua volta.

-La mamma passa tutto il giorno a guardare fuori, non mangia nemmeno- sussurrò il piccolo torcendosi le mani e fissando il pavimento, come se si sentisse colpevole per la sua incapacità di aiutare la madre -L’ho spostata qui perché c’è la vista più bella, ma non ha detto nulla- aggiunse con una smorfia triste, avvicinandosi di un passo al letto e afferrando le coperte.

Con gesti gentili, risistemò i lenzuoli stropicciati attorno al corpo semi rannicchiato della genitrice. Poi le accarezzò i capelli come se fosse lui l’adulto, quello che doveva prendersi cura della malata.

La madre non si mosse. Rimase ferma come una statua, sbattendo le palpebre a vuoto mentre osservava l’esterno dall’apertura sul muro.

-Sta bene, signora?- tentai di attirare la sua attenzione, impossibilitata a sopportare quella scena straziante che si stava svolgendo davanti ai miei occhi.

Lei non rispose ne’ sembrò cosciente del fatto che le avessi domandato qualcosa. Immobile, fissò gli occhi su una foglia che si staccava da un ramo e la ammirò cadere a terra senza mostrare alcuna espressione. Le sue iridi scure cambiarono subito obbiettivo e si spostarono su un uccellino che si posava su di un tetto, guardandolo con particolare interesse.

-Giovane signora, perdonate la nostra scortesia- intervenne il cultore vicino a me con tono professionale -Siamo qui per farvi alcune domande su vostro marito- spiegò.

Attendemmo qualche attimo per dare alla donna la possibilità di rispondere, ma quando non accennò a far altro che fissare con fare assente il panorama feci per insistere.

Non appena aprii bocca venni però preceduta dalle sue flebili parole.

-Mi ha lasciata sola- affermò con un’infinita stanchezza che le pesava sulla voce, rannicchiandosi ancor di più su se stessa e continuando a osservare la finestra. Il bambino al suo capezzale sussultò nel sentire la madre parlare e scattò in piedi con un sorriso gioioso in viso.

Ci guardò con gratitudine, felice di vedere una qualche reazione dopo giorni di silenzio totale, e poi tornò a stringere la mano della donna con ancora più ardore.

-Presumiamo sia morto- continuò a spiegare Lan XiChen senza cambiare l’inflessione della sua severa voce impostata, quella che usava quando doveva risultare autoritario e dare ordini -Non vi ha lasciata: è stato ucciso, probabilmente- la corresse, come se ce ne fosse bisogno.

Oh, tu si che sai come consolare una donna, pensai alzando gli occhi al cielo e trattenendomi da schiaffarmi una mano in faccia per il disappunto. Lo spinsi da parte per quanto lo spazio ridotto me lo permettesse e rassicurai il bambino con lo sguardo. 

Era rimasto così turbato da quelle parole che aveva iniziato a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua. Eppure non pareva triste o addolorato per la sparizione del padre, solo molto stupito.

Ancora una volta, la donna mi precedette e parlò prima che potessi aggiungere qualcosa per sistemare il casino fatto dall’uomo.

-Mi ha lasciata sola- ripetè atona senza dar segno di averlo sentito, la testa che le ondeggiava di qua e di là mentre la spostava per seguire con lo sguardo l’uccellino che aveva spiccato il volo -E tutto per andare in un bordello ad ubriacarsi e comprare delle donne- disse con voce pietosa.

Capii solo allora che quello che stava subendo non era lo shock per la sparizione del marito, ma la scoperta che, quand’era scomparso, il suo amato era intento a tornare a casa dopo essersi sollazzato in un bordello. 

Non era spaventata: era delusa.

Presi un respiro profondo e cercai di immaginarmi come mi sarei sentita se la persona che amavo fosse andata a puttane per un tempo indefinito mentre ancora stavamo insieme. Dato il fuoco che mi scaldò le vene al pensiero, arrivai alla conclusione che non mi sarei depressa in quel modo.

O per lo meno non subito. Prima delle lacrime ci sarebbe stato altro da sfogare.

-Lo può anche aver fatto, ma lei ora sta abbandonando suo figlio- dichiarai incrociando le braccia al petto, usando quelle parole per scuoterla e ottenere una qualche reazione su cui potessi costruire poi un dialogo -Non può stare qui a deprimersi per colpa di un uomo- continuai con più zelo vedendo che non funzionava.

La donna si limitò a sospirare e non accennò a guardarmi, incominciando a scorrere con le dita lungo la trama del tessuto che la copriva mentre continuava a fissare la finestra.

Scocciata, mi morsi la lingua e feci un passo avanti, afferrando con violenza la stoffa del lenzuolo per strapparglielo di dosso. Fortuna volle che sotto fosse completamente vestita, anche se i piedi nudi spiccavano magri e pallidi dall’orlo della tunica scura.

-Sa cosa dovrebbe fare? Dovrebbe arrabbiarsi, urlare al vento che lo odia e che è uno stronzo per averla mollata per qualche puttana, bruciare tutti i suoi vestiti e prendere a pugni un cuscino fingendo sia la sua faccia… faccia quello che le pare, ma non si lasci andare: non è colpa sua se lui ha deciso di tradirla- le gridai contro con voce rotta dall’emozione. 

Senza fiato, lasciai la presa sulla coperta e osservai immobile il tessuto mentre si adagiava al suolo, spandendosi come acqua sul pavimento di legno consumato. 

La vedova restò zitta a lungo, dopo il mio monologo, guardando la finestra aperta con le guance che le si tendevano sugli zigomi in un accenno di sorriso. Poi si voltò verso di me con sguardo lucido di amarezza e si lasciò scappare un singhiozzo disperato.

Il figlio si affrettò a porgerle un pezzo di stoffa con cui nascondere la discesa delle lacrime, dato che era considerato disdicevole che una signora per bene piangesse in pubblico. Io però mi misi sulla sua traiettoria e lo afferrai prima che arrivasse fra le mani della donna.

Sedendomi con leggerezza al suo fianco, la feci sistemare meglio fra i cuscini e le pulii il viso tamponando il fazzoletto sotto i suoi occhi ricolmi di lacrime.

-Su, si metta seduta per bene- la incitai aiutandola a rimettersi dritta e appoggiare la schiena sulla testiera del letto, ovvero un’asse di legno in prossimità del muro -Beva- le ordinai subito dopo porgendole un bicchiere che era stato portato lì dal bambino prima che arrivassimo insieme ad una brocca scheggiata. 

Poi ebbi un’idea e le sfilai di mano la tazzina per mettermi a frugare frenetica nel borsello bianco che avevo allacciato alla cintura. Quando trovai ciò che cercavo, versai la busta di multi-vitaminico nella caraffa e mescolai, sorridendo alla donna per convincerla a bere la mistura.

Per fortuna ne avevo uno in borsa quando sono arrivata qui, pensai senza rammaricarmi per averlo usato in quel frangente. Non era uno spreco, dato quanto aveva digiunato quella poverina.

-Ora deve mangiare qualcosa- avvertii il bambino, che intanto se ne stava vicino al letto spostando con ansia il peso da un piede all’altro come se non riuscisse a stare fermo.

-Posso aiutare?- chiese subito vedendo che mi alzavo e facevo cenno a Lan XiChen di tenere d’occhio la giovane madre perché finisse di bere ciò che le avevo dato. Il cultore mi sorrise e annuì candidamente, versando servizievole un’altra dose di bevanda alla donna.

-Sai accendere il fuoco per preparare da mangiare?- domandai prima di vederlo annuire con enfasi -Bene, allora andiamo di là e prepariamo qualcosa- dissi spingendolo verso il corridoio e aspettando che si dirigesse verso la cucina. Non sapevo quale delle due porte conducesse alla stanza che cercavo, quindi doveva guidarmi lui.

Aprendo quella a sinistra, mi fece cenno di entrare con un gesto gentile della mano magra. Evitai di chiedergli da quanto non mangiasse qualcosa di decente per il semplice fatto di non voler sentire realmente la risposta che mi avrebbe di certo sconvolta.

-Tu metti a bollire dell’acqua, io preparo le verdure per il brodo- gli ordinai non appena varcai la soglia della minuscola cucina, dotata solo di un basso tavolino su cui consumare i pasti e dei fornelli antiquati che avevo visto solo nei film -Non può ancora magiare cibo solido, ma se hai della farina di riso potrei mettere a cuocere dei panini per i prossimi giorni- pensai ad alta voce.

Il bambino, imbarazzato, aprì un’anta della dispensa più piccola che avessi mai avuto la sfortuna di trovarmi davanti e ne indicò l’interno. La sua aria mogia mi convinse a non commentare la misera collezione di rape, cavoli e funghi che avevano a disposizione.

-C’è solo questo- mi avvertì recuperando un mazzo di lattuga dai bordi violacei un po’ appassita. 

Sospirai tristemente e gliela strappai di mano, piegandomi per raccogliere dallo scomparto anche alcuni funghi ed una rapa bianca fra le meno rinsecchite. Mi rialzai poi con un altro respiro profondo e le appoggiai al piccolo ripiano su cui le avrei tagliate.

Estrassi dalla manica una di quelle che avevo soprannominato "barchette dorate", dato che non ricordavo il nome della valuta, e la appoggiai con disinvoltura sul legno levigato. Forse si chiamano Wen… o qualcosa di simile.

Feci finta di non avere idea di quanto valesse quell’ammontare di denaro e mi schiarii la voce afferrando un coltello per affettare i funghi.

-Domani vai al mercato e compra della carne rossa e tanta frutta… servono ferro e vitamine- dissi rivolta al giovane che mi osservava stupefatto, evitando il suo sguardo e finendo di essere concentrata sul mio compito -Prendi anche del riso, delle uova e del miele, se ci riesci- continuai con un’alzata di spalle, recuperando la pentola piena di acqua preparata dal ragazzino e riempiendola con le verdure triturate.

-No, no, non posso, non posso davvero- si affrettò a rifiutare agitando le braccia e arrossendo per la mortificazione -Siete davvero molto gentile ma non è giusto che io accetti- affermò con sicurezza continuando a scuotere il capo.

Io inghiottii a fatica il nodo che avevo in gola e sorrisi distrattamente per mascherare la smorfia addolorata che mi si stava formando in viso. Anche se pativa la fame, la sua educazione gli stava impedendo di accettare dell’aiuto così gentilmente offerto.

Santo cielo, non farmi insistere o scoppierò a piangere, pensai disperata. Poi scrollai nuovamente le spalle e sorrisi ancora più ampiamente.

-Dai, mi offendo se non li prendi. E poi sono del mio…- esitai mentre un’evidente rossore mi risaliva lungo il collo e le guance -…fidanzato, non devi preoccuparti: è ricchissimo. Dovrò pur aiutarlo a spendere i soldi in qualche modo, no?- ammiccai con un risolino troppo acuto per risultare credibile davanti ad un adulto.

Fortunatamente quello che avevo davanti era un bambino che ancora non capiva quanto si sforzassero i grandi per apparire sicuri di se stessi. Infatti il ragazzo confuse la mia scioltezza con un sentimento sincero che lo convinse ad accettare ciò che gli veniva regalato.

-Siamo in debito con voi- mi ringraziò mentre con la coda dell’occhio lo vedevo inchinarsi fino piegarsi a guardare praticamente il pavimento, infinitamente grato -Se avrete mai bisogno, potrete chiedermi qualunque cosa- promise con un sorriso luminoso e spontaneo.

Mentre finivo di tagliare le verdure, mi venne in mente che potevo davvero sfruttare la situazione, anche se mi sentii un po’ in colpa per quello che stavo per fare. Non troppo, però, dato che si era offerto volentieri di farmi un favore.

Ah, corrompere un bambino con del denaro, mi dissi con un sospiro. Cosa mi sono ridotta a fare?

-Beh, potresti darmi delle informazioni sul caso delle sparizioni, per esempio- suggerii appoggiando il coltello sul ripiano e mettendo l’acqua con le verdure a cuocere sul fuoco appena acceso -Raccontami tutto quello che sai sulla notte in cui tuo padre è scomparso- lo esortai.

Lui fu felice di accontentarmi.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Bene, siamo tornati con la tristezza, che ve ne pare? Lo so, lo so, voi volete solo sapere cosa sta rapendo i tizi e magari vedere Lan XiChen ed Elisa sposarsi per bene… attendete il prossimo capitolo, potrei accontentarvi :)
Non aggiungo altro, dato che ho sprecato fin troppe parole per questo capitolo che è decisamente più lungo del previsto.
Ricordate solo che, dato che Elisa è leggermente indietro nella linea temporale, nel momento della narrazione attuale Cristina non ha ancora scoperto dell’attacco a Gusu. Per intenderci: non appena calerà la notte QUI, in questa giornata appena descritta, a Yunmeng Cristina andrà a dormire (seee certo, facesse solo quello -.-) e si risveglierà circa alle cinque di mattina per via dei segnali di allarme.
Detto ciò, grazie per aver letto. Alla prossima.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 54
*** Cinquantatreesimo capitolo ***


Fuga da Yunmeng grazie ad improbabili aiuti 

 

 

Ancor prima di mettere il piedi fuori dalla camera, un suono di passi veloci che ci venivano incontro ci fece esitare. 

Jin Ling si sporse oltre lo spiraglio della porta socchiusa e sbirciò l’esterno per controllare di persona se qualcuno si stesse aggirando lì vicino. Io dietro di lui gli sussurrai che era una pessima idea e che avremmo dovuto aspettare che ci fosse silenzio, ma non mi diede retta.

Fu quasi comico vedere i suoi occhi spalancarsi quando dovette alzare lo sguardo per guardare in faccia colui che, evidentemente in piedi davanti alla soglia, lo squadrava dall’alto.

Ecco, mi dissi esasperata, come volevasi dimostrare.

Dato che ormai ci avevano scoperti, spalancai la porta e diedi un’occhiata a chi aveva impedito la nostra fuga clandestina, scoprendo che non era altri che Bao. Vestito con la divisa scura delle guardie, a cui il viola era consentito solo nei finimenti della cintura e del colletto, piegò la testa di lato, riconoscendomi.

-Ehi- lo salutai con indifferenza, facendo finta di non avere niente da nascondere. 

L’uomo sollevò un sopracciglio davanti a quel mio comportamento informale, lasciandosi sfuggire una smorfia imbarazzata. Nonostante tutte le volte che gli avevo parlato con estrema confidenza, era ancora a disagio col mio essere così alla mano.

Sopportò in silenzio, però, rilassando le spalle dalla tensione che manteneva i muscoli del suo collo e delle sue braccia contratti. Allo stesso tempo fece scivolare lentamente le dita lontano dall’elsa della spada, ormai certo di non dover affrontare dei nemici. 

Ci aveva messo un po’ a tornare in se’, per qualche ragione. Per i miei gusti fin troppo, se devo dirlo. Ha rischiato di sguainare l’arma davanti a me.

-Dovreste essere nella vostra stanza, Giovane Signora- ricambiò il saluto con un rigido inchino e non mi permise di avanzare oltre la soglia, bloccando l’uscita a me e Jin Ling col suo corpo.

-Già, dovrei- lo assecondai mentre provavo a scivolare verso destra senza darlo troppo a vedere, tentando di infilarmi fra lui e lo stipite. Il suo braccio fasciato da lacci scuri mi fermò prima che potessi superarlo, però.

-Allora perché mi sembra state tentando di uscire?- mi domandò piantandomi addosso le iridi castane, coperte da una patina gelida che esprimeva un freddo rimprovero.

-Stiamo andando a fare una passeggiata- mentii incrociando le mani dietro alla schiena, facendo un passo avanti -Non serve che ci accompagni- aggiunsi con una risatina, afferrando il giovane cultore al mio fianco e prendendolo a braccetto.

L’espressione severa del viso di Bao non mutò, facendo traballare il mio sorriso per l’incertezza. 

Probabilmente non mi crede, pensai amareggiata, e come dargli torto.

-Vi accompagnerò, invece- obbiettò annuendo quando io iniziai a scuotere il capo -Non voglio imporvi la mia presenza, ma necessitate di una scorta- spiegò davanti alla mia evidente riluttanza, determinato sulla sua decisione. 

Lanciai un’occhiata a Jin Ling, che in risposta mi strinse il braccio fino a piantarmi le dita nella carne. Insisti, sembrava dire.

Notai distrattamente che si era allacciato qualcosa sulla schiena, mentre ero impegnata a parlare con il soldato. Ma non mi parve il momento adatto per chiedergli cosa nascondesse sotto quella stoffa rossa.

-C’è già Rulan con me, basta e avanza per fare un giro- continuai invece a negare, facendo ancora un passo avanti e costringendo la guardia ad indietreggiare per non finirmi addosso.

Non poteva farmi del male ne’ toccarmi, se questi erano gli ordini del suo Capo Clan.

Quando però feci per superarlo ed incamminarmi lungo il corridoio con il ragazzo al fianco, fui fermata da un suo sospiro. Il soldato mi richiamò con voce stanca, le mani che andavano a massaggiarsi le tempie.

-Gusu è abbastanza lontana, Giovane Signora- mi informò sollevando lo sguardo -Siete diretti là. Sbaglio?- proseguì, prendendo il mio silenzio come una confessione di colpevolezza.

Indecisa su come comportarmi, mi voltai verso di lui, dando le spalle a Rulan. Lo osservai per un po’ senza dire nulla, muta nel mio riflettere su quale sarebbe stata la decisione migliore.

Aveva già capito cosa stessimo andando a fare, quindi negare sarebbe servito a poco. L’unica opzione era convincerlo che la mia era la scelta giusta.

-Non provare a fermarmi- lo avvertii con un sorriso triste, alzando solo l’angolo destro della bocca in una smorfia che sapeva di scuse.

Bao mi guardò con le sopracciglia aggrottate, probabilmente riflettendo sulla possibilità di acciuffarmi e rinchiudermi nuovamente in camera, questa volta sigillando l’uscita.

Valutò attentamente le due opzioni che si trovava davanti: lasciarmi andare o svolgere il suo lavoro da guardia. 

Arrivò però ad una conclusione che mai avrei immaginato. 

-Verrò con voi- annunciò facendo un passo avanti e raggiungendoci -Sono stato lasciato qui perché serviva qualcuno che pattugliasse il corridoio davanti a camera vostra, evitando a chiunque di entrare o uscire, ma se voi non ci sarete più…- spiegò lasciando la frase in sospeso.

Un sorriso iniziò a farsi largo sul mio volto, capendo finalmente a cosa stava alludendo la guardia.

-…non avrebbe senso controllare una stanza vuota- completai al suo posto. 

Dietro di me, Jin Ling artigliò i bordi della mia manica e mi incitò a proseguire, ricordandomi che avevamo poche ore a disposizione, se non meno. A quel richiamo, distolsi lo sguardo da Bao, facendogli cenno di seguirci.

Lui scosse la testa e ci superò, i piedi che non producevano rumore mentre camminava sul pavimento dei legno. 

-Se vogliamo evitare che i miei compagni vi scoprano dovrete seguirmi- ci avvertì fermandoci con un gesto prima che avanzassimo oltre -Per di qua- disse indicando il corridoio a destra.

Se anche fosse la strada più lunga, pensai, mi basta arrivare prima che la battaglia finisca.

 

 

La nostra fuga fu accompagnata dai tiepidi raggi del sole appena sorto. 

Appena usciti dai cancelli di Approdo del Loto, Bao e Rulan sfoderarono le spade e, aiutandomi a salire su quella del più grande, partirono in direzione dei Meandri della Nuvola. 

Il vento che mi scompigliò i capelli durante il volo era freddo, ma l’aria intorno a noi stava già iniziando a scaldarsi, nonostante fossero solo le sei del mattino, con tutta probabilità.

Impaziente, mi sporsi in avanti per attirare l’attenzione del cultore a cui mi stavo aggrappando per non cadere. Lui si abbassò leggermente per facilitarmi, anche se dovetti comunque mettermi sulle punte per raggiungere il suo orecchio.

-Quanto ci vorrà?- gridai per sovrastare il rumore del vento.

Bao scosse la testa come a dire che non lo sapeva, concentrandosi sul percorso e aumentando la velocità con cui governava la spada.

Davanti a quella vaga risposta non potei far altro che sospirare, chiudendo gli occhi per pensare. Non avrei voluto farlo, perché riflettere su quello che stavo vivendo mi avrebbe reso le cose più difficili da gestire, ma in quel silenzio innaturale movimentato solo dall’aria che mi si arricciava fra i capelli non avevo altra scelta.

Pensai a come avrei fatto a recuperare Elisa, alle grida che mi avrebbe rivolto Jiang Cheng quando mi avrebbe visto in battaglia e ai pugni che gli avrei tirato per avermi rinchiuso in una stanza come un cane aggressivo e ribelle. 

Pensai a quanto mi mancava casa, in fondo al cuore. Alla modernità in cui ero cresciuta, alle regole diverse a cui mi aggrappavo per non crollare, in un mondo estraneo.

Pensai a quello che avrei dovuto combattere, zombie o umani che fossero. L’idea di uccidere non mi era indifferente, nonostante avessi rimuginato spesso sull’argomento.

Avevo avuto modo di trovarmi nella situazione in cui era necessario decidere se salvare me stessa o il mio avversario, ed ora il contrabbandiere ed il suo cadavere-schiavo erano ridotti in cenere. 

Ero perciò un’assassina? E se lo ero, questo voleva dire che avrei potuto uccidere indistintamente chiunque si mettesse fra me e la mia sopravvivenza, o quella dei miei amici?

Forse la risposta era sì, ma non fu quello il motivo del mio turbamento.

Lo fu piuttosto il fatto che, pur avendo praticamente ammesso a me stessa che l’omicidio non mi sconvolgeva, non fossi per nulla tormentata dalla cosa. Come una valanga, i miei pensieri continuarono ad ammassarsi senza che il turbamento li frenasse almeno un poco.

-Ecco Gusu- la voce melodiosa di Jin Ling interruppe i miei lugubri pensieri, facendomi spalancare gli occhi davanti alla luce accecante di mezzogiorno -Siamo vicini- mi disse vedendo che avevo ripreso contatto con la realtà.

Io gli rivolsi un’occhiata fra le palpebre socchiuse per la troppa luminosità e, attraverso le ciglia, diedi un veloce sguardo alla sede della Scuola di Coltivazione che si trovava davanti a noi.

Anche da così lontano riuscii ad intravedere gli edifici candidi che sovrastavano la montagna. 

Non potevo esserne sicura, ma da due di essi mi sembrò di scorgere due colonne di fumo che salivano lente verso il cielo, seppur da quella distanza non potessi vedere le fiamme che li avvolgevano.

Un brivido mi attraversò la schiena, costringendomi ad aggrapparmi con più forza al mio compagno per non rischiare di scivolare dalla lama che ci sorreggeva. Bao decise propio in quel momento di iniziare la discesa, planando verso terra con velocità e precisione.

Ed è ora che iniziano i problemi.

 

 

Ad accoglierci sul campo di battaglia, perché di questo si trattava, fu un mezzogiorno di fuoco.

Appena atterrati, sentii il bisogno di alzare lo sguardo al cielo per controllare a che punto del tragitto fosse il sole. Dato che si trovava esattamente sopra di noi, scottandoci la pelle per l’intensità dei suoi raggi diretti, dedussi fosse circa ora di pranzo.

L’afa che inumidiva l’aria mi fece sudare quasi all’istante, ora che non c’era più il vento a rinfrescarmi. Mi legai alla svelta i capelli per evitare di svenire per il caldo.

Non mi ero ancora guardata attorno, ma dai rumori che sentivo potevo dire che lo scontro diretto era a parecchi metri da noi, dietro le alte rocce che formavano il perimetro di Gusu.

-Mamma!- gridò d’improvviso Jin Ling prima di tirarmi indietro in fretta per evitare un fendente di energia spirituale che mi passò a un soffio dal viso.

Solo a quel punto mi resi conto di quanto potesse essere pericoloso un combattimento fra cultori, anche a distanza non propriamente ravvicinata.

Sussurrai un ringraziamento e strinsi fra le dita Thanatos, sfilando una freccia dalla faretra per essere pronta in caso di nemici vicini. Fortunatamente quella che mi aveva mancato di poco pareva essere stata una spada lanciata a gran velocità da qualcuno che l’aveva richiamata subito dopo.

Non volevo certo fare la fine di YanLi. Per quanto mi dispiacesse per lei l’avevo sempre trovato stupido, quel modo di morire.

-Stammi vicino- mi ordinò il giovane ragazzo, facendo cenno a Bao di precederci e controllare come procedesse la battaglia -Non buttarti nella mischia come farebbe quello stupido di Lan YingJi, voglio averti sempre a portata d’orecchio, e magari anche di più- continuò ad ammonirmi, immergendosi totalmente nel ruolo di figlio iperprotettivo.

-Cercherò nel frattempo anche di colpire qualcosa, magari- gli risposi alzando gli occhi al cielo terso, privo di nuvole e fin troppo azzurro.

C’era qualcosa di sbagliato, nel andare a combattere con quel tempo così limpido. Come se l’assenza di perturbazioni determinasse anche l’andamento della giornata.

Nei film piove sempre, quando sta per morire qualcuno, mi dissi.

Pensiero romantico, ma erroneo, dato che spesso le guerre erano svolte in pieno giorno. Probabilmente il sole mi stava cuocendo il cervello.

Scrollando il capo per tornare alla realtà, seguii Jin Ling verso il sentiero impervio che ci avrebbe condotti nel vivo dello scontro. 

Seguimmo la voce di Bao, per trovare la strada, e quando arrivammo in cima alla scalinata scolpita nella pietra della montagna lo trovammo appostato dietro un cespuglio di mirto, in attesa del nostro arrivo.

Lo raggiungemmo, accucciandoci silenziosi al suo fianco e dando un’occhiata sommaria alla situazione.

A Gusu regnava il caos.

Oltre le fronde verdi della pianta vidi almeno una decina di cultori vestiti di bianco che, con spade e strumenti musicali, respingevano a forza un gran numero di cadaveri ambulanti.

Alle loro spalle uno dei maestri più anziani, accompagnato da tre giovani discepole armate di archi, si stava staccando dal gruppo principale per dirigersi in aiuto di altri allievi che, in evidente difficoltà, stavano soccombendo all’avanzata dei non morti.

Poco distante uno degli edifici principali, forse la biblioteca, bruciava innalzando verso il cielo il fumo grigio che avevamo visto arrivando. 

Non avevo mai visto un’orda di zombie così grande e ben organizzata. Ogni fronte era occupato da almeno trenta cadaveri che, inarrestabili, si facevano avanti senza paura di essere colpiti. 

Quando uno di loro cadeva, un altro prendeva subito il suo posto. Sembravano non finire mai.

Come se questo non bastasse, intravidi per ben due volte degli altri cultori, al comando delle armate di quei non morti. Vestiti di nero e con dei cappucci calati sul viso per non essere riconosciuti, si muovevano come ombre nelle retrovie, usando talismani e fendenti di spada per direzionare le truppe a loro volere.

Scossa, voltai il capo prima in direzione di Jin Ling, che pareva altrettanto turbato, e poi verso Bao, che invece manteneva una fredda espressione concentrata, le sopracciglia contratte e gli occhi che scattavano di qua e di là.

Ci fissammo per qualche attimo in silenzio, l’adrenalina che dentro di noi si mischiava alla paura dello scontro e alla sensazione di intorpidimento che precedeva ogni battaglia, a dire di Rulan. Poi, ci buttammo senza esitare nella mischia.

Combattei sotto il sole con tutte le mie energie, non risparmiandomi mai nemmeno un singolo colpo. 

L’energia spirituale che ormai mi scorreva impetuosa nelle vene sembrava essersi adattata all’afflusso dei non morti. Non si fermava mai, infiammandomi il sangue. 

Sentivo caldo e freddo allo stesso tempo. La schiena mi bruciava sotto i raggi aggressivi che scaldavano la terra ai miei piedi, illuminando sangue e cadaveri.

Fino a quel momento avevo contato fra i caduti solo tre allievi di Gusu, le divise bianche macchiate di rosso e i visi candidi sporchi di terriccio. Mi ero piegata ogni volta a controllare se avessero ancora battito, se respirassero ancora o dessero il minimo segno di vita, ma ero rimasta sempre delusa.

Rulan non aveva lasciato il mio fianco nemmeno per un secondo, uccidendo la maggior parte dei nemici che ci si avvicinavano e lasciandomi quindi il compito di colpire solo ciò che ci stava a più di dieci metri.

-Ma quanti sono, si può sapere?- gridai ad un certo punto, stiracchiandomi le braccia indolenzite -Ho finito le frecce, cazzo- imprecai quando afferrai il vuoto infilando le mani nella faretra.

A quelle parole, Jin Ling mi comparve davanti con un’elegante giravolta dorata, la veste che gli si arricciava fra le gambe e i capelli scuri che ondeggiavano trattenuti dalla stretta coda di cavallo.

-Tieni, me ne sono rimaste alcune- disse porgendomi le sue frecce dal piumaggio d’oro, poi si fermò e si guardò intorno pulendosi il viso con una manica -Quando le avrai esaurite, usa questa- aggiunse agganciandomi alla cintura una spada che non avevo mai visto.

Il lungo fodero violetto mi batté sulla gamba quando feci un passo indietro per sfoderarla, ammirando la lama lucida che risplendeva sotto il sole.

Sembrava più una sciabola che una vera e propria spada, anche se era sottile, dato che la punta era asimmetrica. Non aveva scanalature ed il metallo era uniforme, di un acceso color argentato privo di venature.

L’impugnatura era evidentemente troppo corta per essere afferrata a due mani, quindi esclusi definitivamente l’idea di una sciabola. La stoffa viola che la ricopriva sembrava morbida, la guardia ovale semplice e arrotondata. 

Il pendaglio di giada rossa che oscillava all’estremità aveva la forma di un loto stilizzato, evidentemente scolpita a mano da qualcuno di inesperto e non commissionata ad un artigiano. Sembrava l’unica parte della lama che non era stata fatta per la battaglia.

-E cosa dovrei farci?- domandai scettica -Non ho finito l’addestramento- gli rammentai con un sospiro, accarezzando la spada con le dita che mi tremavano.

Jin Ling prese un respiro profondo, poi mi rubò una freccia dalla faretra che aveva riempito e la scoccò verso uno zombie che si stava avvicinando. I suoi movimenti furono così veloci che ebbi difficoltà a seguirli.

Si voltò nuovamente verso di me solo quando si fu assicurato che nessuno ci stesse puntando.

-É un regalo. L’ho commissionata al nostro armaiolo quando hai iniziato ad allenarti con me. Ha la punta come quella di una sciabola, però è leggera e va impugnata ad una mano, per facilitarti il compito… il pendaglio l’ho fatto io- arrossì come un bambino confessandomi quel dettaglio, portando lo sguardo alla battaglia per evitare i miei occhi -No, non è il momento- mi anticipò quando apri bocca per ringraziarlo, agitando le mani perché mi fermassi. 

Imbarazzata, mi bloccai. Non potevo abbracciarlo proprio lì, nel pieno dello scontro, eppure avevo così tanta gratitudine in corpo che abbi difficoltà a respirare.

Decisi di incanalare tutte le emozioni che mi scuotevano nella furia che necessitavo per continuare a combattere, non scordandomi però di dirigerne un po’ verso Rulan.

D’altro canto, ha comunque rifiutato una delle mie rare dimostrazioni d’affetto, pensai reprimendo un sorriso.

-E me la dai solo ora? Dove te la sei tenuta fino ad adesso?- lo rimproverai divertita allora, ricordandomi però solo mentre parlavo che per tutto il tragitto aveva avuto qualcosa agganciato alla schiena.

-Speravo non ti servisse, va bene?- si giustificò con un alzata di spalle. Poi aggirò l’argomento ricordandomi che eravamo nell’occhio del ciclone al momento -Restami vicino e cerca di non colpire gli allievi di Gusu per errore. Non stai andando male, per ora- mi lodò con un mezzo sorriso.

Quel ghigno baldanzoso lo aveva ereditato tutto dagli zii, ne ero certa.

Gli risposi con una penetrante occhiata di disappunto e non reagii alla battuta, limitandomi a rifoderare la spada e riprendere in mano l’arco, pronta a colpire. Non avevamo molti nemici vicino, ma se ci fossimo spostati di qualche metro saremmo tornati nel pieno della battaglia.

Avevamo però il nostro bel da fare anche così, a dire il vero.

-Hai visto SiZhui da qualche parte?- mi gridò Jin Ling colpendo con un montante il primo non morto che gli si avventò contro con un ringhio aggressivo.

La sua lama percorse la traiettoria prefissata da colui che la maneggiava con un movimento fluido, squarciando con la sua energia spirituale il petto del cadavere fino in fondo, trapassandolo senza sforzo.

Io ammirai le sue movenze con la coda dell’occhio, concentrata com’era a cercare un bersaglio per le mie frecce. Non potei fare a meno di notare la preoccupazione nella sua voce, però. 

-Sinceramente ho altro da fare che cercare il tuo fidanzato fra la folla- scherzai con leggerezza, cercando di rassicurarlo e allo stesso tempo di sdrammatizzare.

-Mamma!- fu l’immediato grido di risposta, più acuto di qualche ottava e indignato fin nel profondo.

Risi, guardando il suo viso prendere fuoco e le sue labbra imbronciarsi davanti al mio divertimento. Poi scossi la testa e incoccai l’ultima freccia che avevo, puntandola verso un nemico poco lontano.

La mia preda fu però abbattuta prima che potessi scoccare. 

Venne sbalzata via da un lampo viola che attraverso l’aria e sgretolò la terra intorno allo zombie, colpendolo in pieno petto con un’esplosione di energia spirituale. Le mille scintille che piovvero sul corpo senza vita insieme alla polvere erano impossibili da confondere. 

Con un brivido che mi percorreva le ossa, abbassai l’arco e mi guardai intorno frenetica. La freccia mi cadde ai piedi, silenziosa.

Cercai fra la folla un viso familiare, una divisa scura o una spada dalla forma nota che mandava lampi porpora. Mi sforzai di veder anche attraverso il fumo, la folla e la terra secca che si sollevava ad ogni passo dei cultori.

E fu allora che intravidi una figura ammantata di viola destreggiarsi fra i nemici, abbattendone anche più di due per ogni fendente diretto verso gli invasori. 

Muovendosi veloce e preciso, abbatteva qualunque cosa gli si parasse davanti e proseguiva come una furia, non fermandosi nemmeno per riprendere fiato. Anche da così lontano, potei giurare che non avesse neppure il respiro affannato.

Sarei potuta rimanere a guardarlo per ore, se non si fosse voltato nella mia direzione, bloccandosi con Sandu ancora affondata nel cranio di un cadavere ambulante.

Incrociai lo sguardo di Jiang Cheng per un solo secondo, incantando entrambi fermi nel mezzo del caos, prima che un nemico si mettesse fra noi e mi costringesse ad indietreggiare.

Feci tre passi indietro e portai la mano alla faretra, mentre la sensazione di vuoto allo stomaco mi faceva gelare il sangue nelle vene. Era vuota, ovviamente.

L’ultima mia freccia giaceva abbandonata ai piedi del non morto, troppo lontana perché la incoccassi prima di essere uccisa. 

Buttai a terra l’arco e sfoderai d’impulso la spada, cercando anche nel panico di ricordarmi tutto ciò che Jin Ling mi aveva insegnato nelle settimane precedenti. Avevo qualche secondo prima di dover contrattaccare, e dovevo sfruttarlo al meglio.

Piantai i piedi a terra e strinsi le dita attorno all’impugnatura, sollevando l’arma davanti a me all’altezza dello stomaco e puntandola verso l’avversario. Rilassai le spalle, irrigidii il busto e abbassai lievemente le ginocchia, spostando i piedi come rammentavo.

Quando lo zombie mi si lanciò addosso, mi mossi di lato per sfruttare la poca destrezza dei loro corpi e lo colpii al collo mentre mi caricava, troncandogli la testa di netto con un suono raccapricciante.

Rotolò lontano da me nella sabbia, lasciando indietro il resto del corpo che sanguinò poco, a dispetto di quanto mi fossi immaginata.

Anche così, uno schizzo di sangue rappreso e scuro, denso come crema data la condizione dei mio nemico, mi macchiò la guancia, facendomi socchiudere le palpebre per un attimo. Una volta riaperte, avevo già deciso dove dirigere l’attenzione.

Fissai gli occhi su Jiang Cheng, mentre abbassavo la spada con lentezza, restando immobile sotto il suo sguardo spiritato.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Lo so, lo so, sono in ritardo. Vi ricompenso con un capitolo un po’ più lungo ed un sacco di combattimenti. Vi basta come risarcimento?
Spero di non aver usato un linguaccia troppo "tecnico" per quanto riguarda i colpi o le spade, perché orami è un’abitudine. Ho fatto scherma per troppo per non avere la testa piena di ste cose. (Per chiarire l’unica cosa che credo sia difficile da intuire da soli: il montante è come il fendente, ma dal basso verso l’alto e non viceversa)
Prego che vi sia piaciuto, perché lo scontro non è ancora finito e nel prossimo su Cristina ne vedrete delle belle. Sono emozionata.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 55
*** Cinquantaquattresimo capitolo ***


"Adoro i matrimoni: da bere per tutti!" 
(Elisa)

 

 

Scoprii molte cose, conversando col piccolo Huāban 1

Si presentò solo quando gli chiesi come si chiamasse il padre, dicendomi che i suoi genitori, alla sua nascita, avevano voluto attribuirgli lo stesso nome del capofamiglia. Portava fortuna, mi disse.

Non ne ero esattamente sicura, ma feci finta di nulla e lo incitai a continuare.

Da quanto dedussi dalle sue parole, il padre non solo era un traditore compulsivo, ma aveva anche il brutto vizio di picchiare la moglie. Ora che suo figlio era "grande", poi, non risparmiava qualche calcio neppure a lui.

La rabbia che provavo verso quello stronzo che Huāban definiva genitore fu però messa da parte quando la mia mente si concentrò sulle parole del bambino.

-Hai detto che andava a putt… ehm, andava spesso nei bordelli- gli dissi mescolando il brodo che fumava sui fornelli, correggendomi all’ultimo con un sorriso sbadato -Sai in quali, per caso?- domandai poi assaggiando la mistura e storcendo il naso.

Era insipida e amara, ma non avevo molto altro a disposizione. Al momento, era il meglio che potevo offrire alla donna. 

Non mangiava da giorni, comunque, quindi con tutta probabilità qualunque cosa gli avessi offerto sarebbe apparso straordinariamente buono.

Huāban si avvicinò con una ciotola sbeccata e me la porse, appoggiandola quando fu piena su di un vassoio di legno intagliato a mano da una tavola scura. Ci aggiunse vicino un sacchetto pieno di bacche e lo sollevò, pronto a portarlo alla madre.

Io scossi la testa e lo feci sedere davanti al tavolo, servendogli una dose di brodo perché mangiasse.

Non sarà buono, ma è meglio di niente.

-Lo sono andato a riprendere molte volte, la mattina, quando veniva cacciato perché non aveva più di che pagare e non si reggeva in piedi- mi spiegò quando capì che avrebbe avuto tutto il tempo di parlare, mentre beveva la sua dose di zuppa -La casa fiorita era sempre la stessa, la sua preferita: la Sala della Peonia- mi assicurò annuendo.

Poi afferrò la scodella fumante che aveva davanti e se la portò alle labbra, chiudendo le mani piccole e sottili attorno al coccio levigato. Inghiottì il primo sorso, proseguendo a mangiare come se il sapore non gli importasse.

A quell’affermazione mi bloccai, fissando gli occhi su di lui e guardandolo con intensità.

-So che è una domanda difficile, ma sai se ci sono state morti violente, in quel posto?- provai a chiedere, sicura che non avrebbe saputo rispondermi -Non so, cose come omicidi che hanno fatto scalpore o cose simili?- provai a specificare, mentre una fiammella di speranza mi si accendeva nel petto mentre lo vedevo riflettere.

-Non credo…- borbottò con tono flebile, finendo la sua porzione e pulendosi la bocca con la manica della veste. 

Le mie spalle si abbassarono sotto quell’ammissione scoraggiante, ma cercai di non far trapelare la mia delusione per non rattristare Huāban. Ne aveva già sopportate troppe, per quel giorno.

-Non importa, sei stato molto utile- lo lodai con una lieve carezza sulla testa, passandogli le dita sui lunghi capelli scuri.

A quanto pare, però, non aveva ancora finito, perché quando mi girai la sua voce tornò a farsi sentire, incerta ma chiara.

-Può essere che…- proseguì infatti richiamando la mia attenzione -Beh, non so se sia vero, ma alcuni miei amici hanno detto che una donna si è impiccata davanti a quel posto, qualche tempo addietro- mi spiegò guardandomi coi grandi occhi a mandorla, lucidi e profondi.

Interessata, mi accovacciai al suo fianco con qualche difficoltà, scostando la gonna perché mi permettesse di piegare le ginocchia senza strapparsi. Imprecai mentalmente contro i vestiti di quell’epoca, maledettamente belli e altrettanto scomodi.

La praticità non fa per loro, insomma.

-Sai precisamente quando?- domandai paziente, le mani appoggiate sul bordo del tavolo per mantenere l’equilibrio.

-Un mese fa, forse un po’ di più- rispose dopo essersi picchiettato il mento con un dito, cercando di ricordare bene e darmi informazioni più precise possibili. 

-Oh si, sei stato molto, molto utile- ripetei dandogli un buffetto sul naso e premiandolo con una caramella che trovai sul fondo della mia sacca da viaggio nascosta ancora fra le pieghe della mia veste.

Parve stupito di ricevere un premio per il semplice compito che aveva svolto, ed il suo viso si illuminò di gioia nel vedere che ciò che stava per ricevere era una pralina di zucchero ricoperta di miele. Probabilmente era la prima volta che ne mangiava una.

Non diventare uno psicopatico pure tu, però, pensai con un nodo in gola, scartando il dolcetto e porgendoglielo perché lo prendesse.

 

 

-Ora sappiamo chi è il nostro nemico- mi informò Lan XiChen dopo che lo ebbi messo al corrente di tutto, mentre ci avviavamo lungo la strada principale semi vuota, ormai. 

Il sole caldo di mezzogiorno intiepidiva l’aria attorno a noi e la brezza leggera che soffiava lieve portava con se’ il profumo di cibo proveniente dalle case attorno a noi. Decisi che avremmo dovuto discutere di cosa stavamo per affrontare davanti ad un piatto sostanzioso privo di qualsivoglia erbe o radici.

Era decisamente da troppo che non mangiavo carne. Tu sia maledetta, Gusu.

-A sì?- domandai per incitarlo a continuare, afferrandogli allo stesso tempo la mano per trascinarlo in un vicolo da cui sentivo provenire un buon odore di maiale arrosto.

Il cultore mi seguì arrendevole, ricambiando la stretta con delicatezza, quasi avesse paura di farmi male. 

-La creatura che stiamo cercando attacca solo coloro che tradiscono le proprie mogli o che le picchiano, esce solo di notte e li rapisce senza lasciare traccia, probabilmente uccidendoli e nutrendosi della loro energia per mantenersi in forze- riassunse con voce profonda, guardandosi intorno per capire dove lo stessi portando.

Imperterrita, proseguii fino a che non giungemmo davanti ad una bancarella che dava sulla strada, i tavoli attorno pieni di gente seduta che chiacchierava e mangiava. La fila non era molta, ma coloro che attendevano erano persone di ogni età, dagli anziani ai bambini, ansiosi di comprare ciò che i venditori stavano cucinando.

I clienti già serviti si sistemavano poco lontano, invece, chi sulle panche e chi in piedi. In mano avevano fagotti ripieni di carne e verdure oppure spiedini di funghi caramellati.

-Quindi?- lo esortai, mettendomi in fila e guardandomi attorno per capire cosa ordinare.

Quella specie di panino con gli sfilacci di maiale sempre buono, mi sa che ne prenderò due. 

-Quindi si tratta di una Dama bianca 2- mi rispose fissando gli occhi castani nei miei -Una donna che è morta e che ora è tornata sotto forma di spettro assetato di vendetta- spiegò vedendomi arricciare le labbra, in evidente difficoltà.

-E come facciamo a catturarla?- chiesi stringendo la presa sulla sua mano, mentre con la coda dell’occhio notavo un gruppo di ragazze che lo stava osservando con bramosia -Dovremmo… eliminarla?- sussurrai allora sporgendomi verso Lan XiChen.

Intanto mi arricciai fra le dita della mano libera il nastro frontale che avevo allacciato in fronte, evidenziando la somiglianza dei ricami del pezzettino di stoffa con quelli presenti sugli abiti dell’uomo al mio fianco.

Avevo abbassato i toni, avvicinandomi al suo orecchio per parlare perché la gente intorno non sentisse, ma anche un po’ per far capire alle ragazze che quel cultore bello e giovane era occupato. 

Decisamente occupato.

-Beh, di norma le Dame bianche sono aggressive solo per quanto riguarda quel tipo di uomo che tradisce ed  abusa della propria forza sulle donne, quindi non è un’effettiva minaccia per la gente comune- continuò a parlare come se non si fosse accorto di nulla, incitandomi con lo sguardo a fare un passo avanti ora che la fila era avanzata -Ma ha ucciso fin troppo, non possiamo lasciarla continuare- decise.

Anche se davanti a me c’era solo una persona ed ero quindi ormai in prossimità della bancarella, mi voltai verso di lui per guardarlo stupita. Il mio primo pensiero passò dal decidere che cosa ordinare a voler accertarmi di ciò che aveva detto Lan XiChen.

-Ma ha ucciso solo dei traditori e dei violenti!- mormorai isterica, rendendomi conto in tempo che stavo per strillare nel bel mezzo della folla.

La stretta sulla mia mano si intensificò fino quasi a far male, ma lo sguardo dell’uomo non tremò nemmeno per un attimo, così come la sua voce inflessibile. Mi rivolse un’occhiata pensierosa prima di parlare.

-Se qualcuno tradisce merita molte cose, ma non la morte- asserì scuotendo il capo davanti al mio sgomento.

Ci riflettei un po’ su, prima di aggredirlo per ribadire ciò che mi turbava. Anche pensandoci bene, però, non vidi quel fosse il problema davanti a quegli omicidi.

Se fosse sparita brava gente mi sarebbe interessato, così invece il mio cervello riusciva solo a pensare a quanto fosse fortunata questa città ad avere una Dama bianca che ammazzava quegli stronzi.

-Mh, non saprei… guarda com’era ridotta quella povera donna- tentai di convincerlo diplomaticamente, approcciandomi alla bancarella ora che era il mio turno -Chissà come la trattava il marito- aggiunsi sollevando le sopracciglia, sfidandolo a ribattere.

Volsi il capo in direzione del proprietario del banchetto e ordinai un panino al maiale per me, un involtino di riso con verdure per Lan XiChen ed uno spiedino ai funghi e bambù da dividere.

-Concordo con te, ma non spetta a noi decidere- mi sussurrò intanto il cultore all’orecchio, sporgendosi oltre la mia spalla per pagare.

-Invece si, spetta proprio a noi. A te- specificai afferrando il nostro ordine, ringraziando con un cenno il cuoco e sorridendo solo nella sua direzione -Poi scegliere se ignorare la cosa o no, ma immagino tu abbia già deciso- sibilai invece ritornando a guardare il cultore in bianco vestito.

-Va’ contro i miei insegnamenti lasciare quello spirito in libertà- insistette sfilandomi cavallerescamente il cibo di mano e indicandomi una panchina che si era appena liberata.

Mi sedetti goffamente, lasciandomi cadere a peso morto con le braccia incrociate e le sopracciglia aggrottate per la rabbia. Rifiutai di guardare negli occhi il mio compagno e fissai lo sguardo sulla strada.

Quando però mi mise sotto il naso il panino fumante, profumando l’aria attorno al mio viso di carne e spezie, gli scoccai un’occhiata risentita e glielo strappai di mano. 

Lo morsi senza distogliere lo sguardo da Lan XiChen, assaporando con calma il pranzo che avevo ordinato. 

Ah, benedetta la carne, pensai con la commozione che mi inumidiva gli occhi, d’improvviso rabbonita. Questo è il paradiso. Tutto ciò mi convinse a fare spazio al cultore sulla panca, spostandomi in là con un sospiro.

Mentre masticavo, ripensai a ciò che aveva detto l’uomo seduto al mio fianco. Ci riflettei talmente tanto che mi venne in mente un esempio perfetto per convincerlo che avevo ragione, o per lo meno per insinuare un dubbio nella sua ferrea disciplina.

Tanto valeva provare.

-Sai, in Germania… è una zona del mio mondo che è stata il centro di molti conflitti- interruppi la spiegazione per renderlo partecipe di quell’informazione, sapendo che non poteva capirmi, altrimenti -Comunque, in Germania, per un periodo, si è creduto erroneamente che gli ebrei, ovvero una certa parte della società, fossero responsabili della crisi che il paese stava attraversando. Si insegnava ai propri figli a disprezzarli per vari motivi, e quando gli ebrei vennero tutti chiusi in dei …campi di lavoro e costretti a morire di fame, malattie e botte, nessuno fece niente per un bel po’. Perché reagire "andava contro i loro insegnamenti"- dissi.

Seguì un lungo silenzio che nessuno dei due volle interrompere.

Finii il mio panino in silenzio, pulendomi le dita sporche di salsa agrodolce sul fazzoletto fornito all’acquisto. Mi concentrai con particolare attenzione sul mio compito, evitando di incrociare le iridi nocciola dell’uomo.

Quando mi decisi ad alzare lo sguardo, lo trovai intento a rimirare con interesse esagerato il suo pranzo.

-Mi ricorda qualcosa- mormorò dopo un po’ sentendosi osservato, fissando l’involtino di riso ancora integro che aveva fra le mani.

Non l’aveva nemmeno assaggiato, troppo preso nell’osservarmi mangiare e nell’ascoltare il mio monologo. Probabilmente non aveva neppure fame, poi, dato che era un cultore con enormi poteri spirituali.

Magari mi aveva solo assecondato, accettando di pranzare con me.

-Sì, non tutti i Wen si meritavano quella fine- acconsentii, annuendo decisa -Così come non tutti quegli uomini si meritano di morire. Eppure sono dei traditori, come fai a sapere che non sono anche delle brutte persone?- gli domandai seria in viso.

-Non lo so- rispose all’istante, alzando il tono di voce come se ci tenesse a farmi sapere che era angosciato da quella situazione e dal nostro litigio, se così lo si poteva chiamare -Non posso in ogni caso correre il rischio che degli innocenti periscano perché non ho voluto agire- spiegò riprendendo la calma.

Con una mano gli scostai una ciocca che, ora libera dall’impedimento del nastro frontale, gli era scivolata sul viso, impedendomi di osservare il suo profilo da quell’angolazione.

Sorrisi mentre gliela pettinavo all’indietro, accarezzandogli la guancia e la nuca.

-Bella risposta- lo lodai con un risolino amaro -Sei proprio un sognatore- dissi, più come accusa che come complimento, questa volta. Poi mi sollevai in piedi e mi incamminai lungo la strada, voltandomi per incitarlo con un gesto a seguirmi.

Lui si alzò all’istante e mi venne dietro come un cagnolino, le mani occupate dal cibo, i capelli pettinati alla rinfusa dalle mie dita e lo sguardo smarrito che gli faceva luccicare le iridi castane. 

-Cosa vorrebbe dire?- chiese raggiungendomi con poche falcate.

Con quelle gambe lunghe che si ritrova, ovvio che possa stare al mio passo con facilità.

Gli rivolsi uno sguardo divertito e, in silenzio, gli sfilai lo spiedino dalle mani, sfiorandogli delicatamente le nocche con le falangi. Poi continuai a camminare facendo finta di nulla, gustandomi i funghi arrostiti.

-Credi che il bene trionfi sempre, alla fine, e che ci siano delle regole nell’universo che impediscano ai cattivi, in un modo o nell’altro, di vincere in maniera definitiva- spiegai con compassione, addentando nuovamente lo spiedino.

Questa volta mi capitò un boccone ricco di bambù, ma non me ne lamentai.

Quello che mi stupì invece fu la risata che scaturì dalla gola del mio compagno, evento che mi costrinse a tossire per non soffocarmi con il cibo per la sorpresa. Senza respiro, osservai il viso di Lan XiChen tendersi in un sorriso esageratamente allegro e le sue labbra aprirsi per lasciar uscire un suono più che divertito.

Da lui non mi sarei aspettata quel tipo di risata grassa che viene dallo stomaco e che contagia chi la sente, eppure fu quella che ottenni.

-Oh, Elisa- mormorò a corto di fiato, sfruttando il mio sgomento per accarezzarmi la testa con leggerezza -Nessuno prima d’ora mi aveva dato dell’ingenuo- spiegò per motivare il suo stato di ilarità.

Mentre la sua risata andava spegnendosi nell’aria, il mio cervello riuscì finalmente a riconnettersi e a formulare un pensiero logico. 

-C’è una prima volta per tutto- lo avvertii, coprendo il tremolio della mia voce con l’ennesimo colpo di tosse -E a proposito di prime volte- mi illuminai, ricordando la nostra conversazione precedente.

Questa frase richiamò la sua attenzione, anche se, distratta com’ero, ci misi un po’ a capire cosa nel mio discorso avesse fatto arrossire le sue guance.

-Sì?- mi incitò a proseguire con imbarazzo malcelato, corrugando le sopracciglia e fissandomi con sguardo deciso nonostante il rossore che gli colorava il collo ed il viso.

Per non ridergli in faccia, distolsi lo sguardo e mi guardai attorno, accorgendomi che il paesaggio intorno a noi era cambiato. Ora a circondarci era un sentiero fra i campi, non più il centro cittadino che avevamo superato poco prima.

Le piantagioni di riso si estendevano davanti a noi a perdita d’occhio, mentre alle nostre spalle la città andava disperdendosi in piccole abitazioni di periferia.

-Abbiamo una sola possibilità per catturare la Dama bianca, vero?- domandai battendomi l’indice sul mento e facendogli cenno di fermarsi e mettere via il fagotto di riso intonso.

-Esattamente, non possiamo permetterci errori- rispose accontentandomi, riponendo il cibo avanzato in un sacchetto che si allacciò alla cintura. 

Poi tornò a guardarmi in attesa che continuassi a parlare, abbassando il capo sotto il sole che proseguiva nella sua corsa nel cielo per ripararmi almeno in parte dai raggi caldi.

-Hai detto che attacca solo i mariti che tradiscono le mogli, vero?- chiesi ancora, afferrandogli entrambe le mani e trascinandolo in ginocchio sul terriccio secco del sentiero battuto che stavamo percorrendo.

-Si, ma cosa…- mormorò seguendomi a terra, sistemandosi seduto sulle ginocchia e protestando debolmente davanti a questo mio comportamento bizzarro. 

Non si lamentò però quando mi feci più vicina e intrecciai le dita nelle sue, sorridendogli con innocenza e candore. Lo sgomento sul suo bel viso fu comico, ma evitai di infierire.

-Cosa stiamo facendo, di grazia?- mi interrogò infine quando non accennai a dare spiegazioni.

Io alzai gli occhi al cielo e appoggiai la fronte sulla sua, scoccandogli un bacio a stampo veloce sulle labbra. Sospirai, esasperata dalla sua ingenuità.

-Ci stiamo sposando, ovviamente- dissi spazientita, alzando le sopracciglia davanti ai suoi occhi spalancati -Così poi mi tradirai e potremo catturarla- illustrai scrollando le spalle.

Logico, no?

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Huāban: huābàn (花瓣) la traduzione esatta è "petalo", anche se suona femminile veniva usato anche per gli uomini… ricordate che in cinese, come in giapponese, non c’è genere
2. Dama bianca: questo figura non è presente solo nella tradizione cinese, ma quasi in tutte le mitologie. Si riferisce alle donne morte in giovane età che tramano vendetta verso i propri mariti, perché tradite o abbandonate (posso essere in bianco, in rosso o in grigio… un esempio lo trovate in Irlanda, con le banshee)


Il titolo l’ho preso da I Pirati dei Caraibi… Capitan Jack Sparrow, ti sono fedele, sempre.
Capitolo corto, non ho nulla con cui giustificarmi, se non che lo studio mi sta occupando la vita, i sogni e gli incubi. Non ho tempo per respirare, figuratevi per scrivere.
Felici del progredire della relazione? C’è un escalation niente male, vero? :D Elisa chiav… ehm, si sposa! Evviva, festa per tutti.
No, ok, in realtà era pure ora che si decidessero, anche se qui è più per necessità che per altro. Non che lei non se lo voglia legare a vita natural durante al polso, ecco. Lo so, non è chissà che romantico, ammetto che non mi sarei mai immaginata che sarebbe stata Cristina quella con la relazione amorosa più dolce, ma ci siamo quasi.
Grazie a tutti per aver letto, sono felice che siate arrivati fin qui :3

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 56
*** Cinquantacinquesimo capitolo ***


Il principe che salva la principessa… ah no, è il contrario 

 

 

Come prevedibile, il viso di Jiang Cheng espresse tutto il disappunto che la mia presenza gli suscitava.

La sorpresa del vedermi sul campo di battaglia fu subito eclissata da uno sguardo torvo che sapeva di tempesta. Gli arrossirono le guance per l’ira, ma sue le labbra sbiancarono sotto la pressione con cui le premette l’una sull’altra.

Restò immobile per qualche secondo, anche se nella frenesia che mi aveva colto combattendo mi parve molto di più. Poi si decise a farsi avanti, aggraziato e indifferente a ciò che lo circondava.

Prima di muoversi verso di me, però, dovette estrarre Sandu dal cadavere ambulante ai suoi piedi, disincagliando la lama ancora affondata nel cranio dello zombie che aveva abbattuto.

Fece un passo in avanti e poi un altro, prendendo a camminare e subito dopo a correre, raggiungendomi in così poco che quasi non potei indietreggiare.

Mi fu difronte in un lampo, la spada sguainata nella mano sinistra e Zidian che sfrigolava nella destra. Aprì bocca per parlare, forse per urlarmi contro o magari dirmi di andarmene, ma io lo precedetti lanciandomi su di lui.

La mia prima intenzione era quella di colpirlo, ma quando gli fui abbastanza vicino ci ripensai lo attirai a me per un bacio. 

Preso alla sprovvista, spalancò gli occhi e mi afferrò il viso con la mano libera, rilasciando il potere del suo anello perché si disperdesse nell’aria. Arricciò le dita fra i miei capelli in un gesto istintivo, ancora stupito da quel saluto.

Dal canto mio, non sbattei le palpebre per non perdermi nemmeno una delle sue espressione. Lo fissai negli occhi anche quando la mia lingua lo costrinse ad aprire le labbra, approfondendo il bacio e aggrappandomi alle sue spalle per non cadere.

Attorno a noi la battaglia infuriava, visto che Gusu era ancora nel vivo dello scontro. Decisi che non era quello il momento di perdersi in effusioni, perciò mi ritrassi appena possibile.

Mi staccai comunque di malavoglia, separandomi da lui con un ghigno pericoloso in viso. Poi chiusi gli occhi per un attimo, sussurrando un nome.

-Ecate?- ripetè confuso Jiang Cheng, arricciando le labbra come se non sapesse bene che dire, davanti alle mie parole. Intanto mi lasciò il viso, sfiorandomi la guancia con una carezza leggera quando sfilò la mano dalle mie ciocche scure.

-L’ho battezzata- spiegai facendo oscillare la lama vicino alle nostre gambe, osservando la luce del sole che si rifletteva sulle striature che la coloravano di rosso. 

Grazie a quel movimento, la mia nuova arma cozzò con la sua Sandu, producendo un rumore metallico e vibrante che mi fece tremare la mano. Le due spade si scontrarono di nuovo subito dopo, quasi l’attrazione iniziale non si fosse affievolita nemmeno dopo la prima collisione.

-Capisco, Jin Ling te l’ha data- comprese annuendo, lanciando un’occhiata all’oggetto e lasciandosi sfuggire quello che per lui era un sorriso, ossia una smorfia compiaciuta.

Sotto il suo sguardo attento, rifoderai la lama e incrociai le braccia al petto, spostando il peso sul piede destro. Gli riservai la mia miglior espressione di rimprovero, arricciando le labbra e stampandomi in viso un freddo e gelido saluto.

Jiang Cheng temporeggiò, muovendosi irrequieto sulle proprie gambe e guardandosi intorno fingendo distrazione.

In questo momento sta sperando con tutto il cuore che ci attacchi un orda di cadaveri solo per sfuggire da questa conversazione, pensai alzando gli occhi al cielo.

Richiamai la sua attenzione con un colpo di tosse, la voce che mi usciva graffiante per lo sforzo che stavo compiendo pur di non scoppiare.

-Quindi?- lo incalzai alzando un sopracciglio quando lo vidi sbattere le palpebre come se non si aspettasse tutta quella comprensione. In effetti, era insolitamente non da me essere così calma.

-Per cos’era il bacio?- domandò ignorando il mio quesito -Non sei arrabbiata?- insistette testardo facendo un passo avanti per torreggiare su di me e coprirmi con la sua ombra.

Io gli appoggiai le mani sulle spalle, lisciandogli la stoffa violetta con le dita e sistemandoli i ricami spiegazzati della veste superiore.

-Ti ho baciato perché sono felice che tu sia vivo- spiegai stringendo gli orli della scollatura fra le falangi e tirandolo leggermente a me mentre gli facevo scorrere il palmo destro sul collo e sullo sterno.

Raggiunto il petto, gli piantai le unghie della mano sinistra nella nuca e sorrisi malefica. Poi gli tirai un pugno in pieno stomaco.

-Questo è perché sono ancora arrabbiata- sussurrai al suo orecchio. Non ebbi bisogno di alzarmi sulle punte per parlargli direttamente nel lobo, dato che lui stesso, dopo il colpo, si piegò in avanti ansimando.

Tossì tre volte prima di riuscire a riprendere fiato, producendo un lamento pietoso, boccheggiando alla ricerca di aria che gli riempisse i polmoni vuoti.

Mi si appoggiò addosso con tutto il suo peso, sbilanciandomi e facendomi indietreggiare di qualche passo per non cadere. Lo sorressi nonostante tutto, sospettando si stesse lasciando andare solo per darmi fastidio.

Si riprese in molto meno di quanto mi sarei aspettata, comunque.

-Ah, già, mi sembravi troppo accondiscendente- sbottò ancora scosso, rimettendosi però dritto e scoccandomi un’occhiata altezzosa da sotto le ciglia.

Maledetti cultori e i loro trucchetti, mi dissi stringendo le labbra, invidiosa della sua capacità di sopportazione del dolore.

-Prova ancora a rinchiudermi e giuro che ti faccio fuori- lo minacciai puntandogli un dito sul viso e facendolo ondeggiare davanti al suo naso.

Jiang Cheng ridacchiò a bocca chiusa e si guardò intorno per individuare il suo prossimo bersaglio. I suoi occhi luccicarono quando trovarono una nuova preda su cui sfogare la rabbia repressa.

-Non eri felice di vedermi vivo fino ad un attimo fa?- urlò dirigendosi a passi ampi verso un gruppo di cadaveri ambulanti che si stava avvicinando troppo al confine delle difese che le nostre truppe avevano innalzato. 

Schierandosi in un fronte unito per respingere gli invasori, i cultori di Yunmeng arrivavano in aiuto con le loro spade dove la musica e i talismani degli abitanti di Gusu fallivano. In qualche modo ce la stavamo cavando, anche se a quel ritmo ci saremmo stancati presto.

-Si, ma questo implica semplicemente che posso ucciderti con le mie mani se lo rifai- gli gridai dietro sfoderando nuovamente Ecate con un gesto fluido.

La sua risata roca trasportata dal vento accompagnò la mia carica verso il nemico.

 

 

Avevo perso Jin Ling.

Nel mezzo del combattimento, non mi ero accorta che si era allontanato seguendo alcuni non-morti che si stavano dirigendo verso i complessi residenziali degli allievi di Gusu. In un battito di ciglia si era volatilizzato, sparendo da sotto il mio naso.

Perciò l’avevo perso. Fantastico.

All’inizio il mio panico fu controllato, quasi fossi consapevole della sua sicurezza. Ero a conoscenza dell’esperienza bellica di Rulan e sapevo che poteva difendersi molto meglio di me, che avrei invece dovuto preoccuparmi davvero di non farmi ammazzare se non ci fosse stato Jiang Cheng ad eliminare la maggior parte dei nemici.

Insomma, i primi minuti di lontananza non furono così traumatici. Quando però sentii un’esplosione alle mie spalle e, voltandomi, vidi un’immensa fiammata alzarsi da uno degli edifici, iniziai a preoccuparmi.

Lo scoppio proveniva da un capanno imponente che si trovava proprio nella zona in cui Jin Ling si era diretto per aiutare dei giovani Lan in difficoltà. Il fuoco si innalzava al cielo e si diffondeva lungo le pareti di legno semi distrutte dall’onda d’urto del botto, lambendole con le sue lingue rosse e gialle.

La battaglia si fermò per qualche attimo mentre tutti, che fossero cultori o non-morti, puntavano gli occhi sul grande edificio in cui infuriava l’incendio.

-Hanno dato fuoco alle scorte di farina di riso- sentii gridare da una voce sconosciuta e provata dalla fatica, probabilmente uno dei discepoli che vedeva la sua casa bruciare e non poteva fare nulla per impedirlo. 

Deve essere stata la farina a produrre quell’esplosione, pensai mentre correvo verso la zona incendiata, lasciandomi alle spalle Jiang Cheng, troppo presa nella disperata ricerca di Jin Ling per accorgermi dei suoi richiami. Proprio come la polvere di legno, la polvere di riso è infiammabile se sospesa in aria.

Nel mio tragitto sbaragliai un gruppo di zombie che si stavano accanendo su di una giovane e mi fermai ad assicurarmi che stesse bene prima di proseguire.

-Tutto apposto?- urlai per sovrastare il rumore del legno che scricchiolava e bruciava, gemendo stridulo prima di spezzarsi come fosse un tizzone carbonizzato.

La ragazza si scostò i lunghi capelli scuri dal viso e mi sorrise illuminando il bel viso con un’espressione affettuosa, come se mi conoscesse.

-Voi siete Madame Cristina, sbaglio?- domandò ancora in ginocchio sul terreno umido di sangue, coprendo i fili d’erba con l’ingombrante veste bianca che formava un cerchio candido attorno alla sua figura delicata.

-Come fai a conoscermi?- chiesi stupita, la spada che pendeva inutilizzata dalla mia mano destra, pronta a colpire qualunque nemico ci si avvicinasse -É per il mantello?- ipotizzai indicando con un cenno del mento il lungo pezzo di stoffa nera che mi copriva le spalle.

Il drago dorato era piuttosto riconoscibile, in effetti, e con il mio correre di qua e di là a uccidere non-morti, qualcuno lo doveva pur aver notato.

La giovane scosse la testa però, negando le mie parole con un sorriso timido che le piegava le labbra all’insù.

-La vostra amica mi ha parlato molto di voi- spiegò chinando il capo in un inchino e raccogliendo il flauto di giada che le era caduto durante lo scontro -É un onore conoscervi, mi chiamo Lan Xing- si presentò rivolgendomi una sofisticata riverenza anche da seduta.

Scossi la testa davanti a quelle formalità perfino in una situazione simile. Ah, Gusu e le sue regole.

-Cosa ci fai qui se non hai una spada?- esclamai inginocchiandomi al suo fianco per aiutarla a rimettersi in piedi. Le porsi le mie braccia perché vi si aggrappasse e si tirasse sù senza sforzo.

Lei barcollò per un attimo, incerta sulle sue gambe. Poi si raddrizzò e strinse il flauto sporco di sangue fra le dita.

-Aiuto come posso- rispose con voce flebile, asciugandosi con la manica bianca il sudore e gli schizzi rossi che le imbrattavano la faccia -Non sono mai stata brava nel combattimento come le altre, ma riesco a respingere l’energia rancorosa grazie al mio xiao- asserì annuendo, posizionando l’oggetto vicino alla bocca e preparandosi.

La pacatezza con la quale suonava quel pezzo così angosciante era stupefacente, eppure fui l’unica a sussultare quando la sentii riprodurre quella canzone.

Lentamente, attorno a noi i non-morti a portata d’orecchio presero a cadere preda di una confusione che li condusse alla ritirata, mentre altri crollavano in ginocchio, all’improvviso inanimati come bambole di pezza.  

Eppure la melodia fioca ma armoniosa che produsse mi fece venire i brividi. 

Non era per nulla simile alle note che aveva intonato Wei WuXian quando avevamo affrontato l’albero degli impiccati, ma nonostante ciò me le ricordò molto. La sensazione di vuoto allo stomaco era la stessa.

-Te la cavi da sola?- domandai mentre caricavo contro uno degli unici zombie rimasti in piedi nel raggio di dieci metri, colpendolo al petto con un colpo pieno di energia spirituale incontrollata che lo fece quasi volare all’indietro.

-Certo, non disturbatevi a restare, andate pure a combattere- mi congedò la ragazza, staccando le labbra dal suo xiao giusto il tempo per rispondermi con un gentile sorriso -Mi dispiace di avervi intralciato- si scusò inchinandosi ancora.

Io le feci cenno di non preoccuparsi e la incitai a tornare alla sua musica, riprendendo la corsa verso il granaio in fiamme.

-Stai solo attenta a non farti ammazzare- le gridai allontanandomi veloce per riprendere la mia strada. Corsi a perdifiato fino all’edificio, fermandomi appena prima della zona in fiamme.

Il calore prevenente dalle macerie che ancora bruciavano mi fece rimanere lontana, ma non mi impedì di guardarmi intorno.

Finalmente a pochi passi dalla mia meta, i miei occhi si soffermarono su di una figura in bianco che si trascinava zoppicante per allontanarsi dal fuoco. Aguzzando la vista per vedere attraverso il fumo scuro, riconobbi un viso familiare.

-Lan SiZhui- esclamai andandogli incontro per aiutarlo, facendolo appoggiare a me perché riuscisse a percorrere gli ultimi metri senza peggiorare la ferita che gli deturpava la gamba.

Da una veloce occhiata potei solo appurare che qualcuno gli avesse dilaniato la pelle con qualcosa di molto caldo, squarciandogli e bruciandogli la carne dalla coscia al polpaccio. L’odore di stoffa arsa che emanavano i suoi vestiti mi fece venir voglia di vomitare, ma mi trattenni.

-Lan SiZhui, che ti è successo?- era una domanda stupida, lo sapevo, ma la ritenni migliore di un banale "stai bene". 

Eravamo su un campo di battaglia e più di un edificio stava bruciando per colpa degli invasori, ovviamente la sua ferita era ricollegabile a questo. Chiedergli come se la fosse procurata mi avrebbe solo aiutato a stabilire se fosse capace di rispondere o no.

-Una trave… ho cercato di entrare…-  si interruppe per tossire, coprendosi la bocca con il polso avvolto dalla manica sporca di cenere, educato anche mentre rischiava la vita -C’erano dei… dei miei compagni là dentro- spiegò appoggiandosi alla mia spalla, privo di forze.

Era più alto di me di molti centimetri, anche se mi pareva fosse poco più basso di Jin Ling, ed il suo peso non indifferente mi gravò addosso quando si accasciò su di me in preda alla stanchezza.

Questa volta non barcollai però, preparata alla sua caduta.

Al contrario, gli feci appoggiare il capo sulla mia spalla e lo trascinai in una zona riparata fra due alberi di nespole in prossimità di uno dei pochi edifici intatti. Facendolo sedere a terra, presi il suo viso fra le mani e controllai che fosse cosciente.

Doveva aver battuto la testa, perché la confusione che rendeva vaghe le sue parole non derivava dal dolore, ma da un trauma cranico che doveva avergli intorpidito i sensi.

Il rivolo rosso e la macchia di sangue rappreso che gli macchiava il nastro candido sulla tempia mi tolse ogni dubbio.

Volevo assicurarmi di tenerlo sveglio e controllare che le sue funzioni fossero stabili, magari controllando la dilatazione delle pupille e la reattività dei movimenti, ma venni preceduta da una voce alle mie spalle che chiamò il nome del ragazzo.

-Lan SiZhui, Lan SiZhui!- sbraitò Jin Ling correndoci incontro, agitando al vento la lunga coda di cavallo e i lembi dorati della tunica. 

Mi fu a fianco in un lampo, stringendomi la spalla con una mano e premendo il fianco destro contro il mio mentre si inginocchiava vicino a me per avvicinarsi all’amico. 

L’occhiata che mi riservò era carica di sollievo nel vedermi sana e salva, ma il suo sorriso rincuorato venne presto sostituito da un’espressione preoccupata, davanti alle condizioni del giovane di Gusu. I suoi occhi si velarono di sofferenza, vedendolo così mal ridotto.

Quando poi lo sguardo gli cadde sulla gamba coperta solo da stracci zuppi di sangue, il colore defluì via dal suo viso, facendolo impallidire come un fantasma.

-Sto bene, ho solo bisogno di qualche medicazione- sussurrò a quel punto Lan SiZhui, spostando la nostra attenzione sul suo viso mentre ci sorrideva flebilmente -Non credo di riuscire a combattere, però, Giovane Maestro Jin- lo informò con sincero rammarico nella voce.

Rulan emise un verso strozzato che era a metà fra un ringhio ed una risata soppressa sul nascere, scuotendo il capo con incredulità. Almeno non ero l’unica a trovare assurda tutto quello zelo.

Il giovane cultore dorato si slacciò i nastri laterali che decoravano come fiocchi scarlatti la sua divisa e li legò stretti sulla gamba del ragazzo ferito, arrossendo come uno scolaretto quando le sue dita sfiorarono la pelle candida della coscia dell’amico.

In una situazione simile, davvero? pensai lasciandomi quasi sfuggire una sbuffo. Sei sicuro di non essere un Lan, sotto sotto?

L’audacia non gli mancava, però. Una volta concluso il bendaggio improvvisato che avrebbe fermato la maggior parte dell’emorragia, già limitata grazie ai poteri spirituali del giovane, gli passò un braccio sotto le gambe e l’altro dietro la schiena per sollevarlo di peso.

-Giovane Maestro Jin!- fu l’esclamazione sorpresa di Lan SiZhui, che comunque si aggrappò al suo collo per reggersi mentre veniva trasportato come una sposina.

Ignorando i mugolii imbarazzati del discepolo di Gusu, le cui guance avevano preso fuoco, Rulan si rivolse a me con voce concisa. Controllò con un occhiata che la ferita alla testa dell’amico non avesse ripreso a sanguinare e mi parlò sottovoce.

-Dobbiamo portarlo da un medico- mormorò vedendolo appisolarsi sulla sua spalla con fin troppa facilità e risvegliandolo scuotendolo piano -Qui siamo allo sbaraglio e Yunmeng è troppo lontana… dove andiamo?- mi chiese come se potessi dargli una risposta.

Avrei voluto davvero aiutare, in quella situazione, ma non conoscevo abbastanza il territorio per potergli dire dove fosse il posto più vicino. Il panico sembrava avergli fato dimenticare che non ero di lì, e che quindi ne sapevo meno di lui.

Proprio quando stavo per offrirmi per tentare di curare il ragazzo alla buona, piuttosto che non fare nulla, una voce gutturale proveniente dalle ombre dietro di noi ci fece voltare.

-Posso aiutare, se me lo permettete- propose la figura.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Capitolo lungo, pieno di avvenimenti e molto ansiogeno. Non vogliatemi male, Lan SiZhui starà bene. Certo, gli rimarrà la cicatrice, ma non morirà, contenti? Siete più rilassati? Non potevo farlo morire, altrimenti qualcuno mi avrebbe ucciso di certo.
Cristina sta diventando sempre più cazzuta e io mi sto innamorando, davvero. Deb, vedi che ho combinato un momento ZhuiLing? E tu che dubitavi :D (non uccidermi ti prego)
Beh, cari lettori, grazie per essere passati. Ci si vede al prossimo aggiornamento.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 57
*** Cinquantaseiesimo capitolo ***


Galeotta fu la Dama bianca…
(Elisa)

 

 

Avevo avuto occasione di leggere della rabbia in Lan XiChen, quando avevo sfogliato il romanzo che raccontava la storia di Wei Wuxian.

Ero rimasta stupita di come un personaggio calmo come lui potesse perdere la pazienza, se si trattava del bene di chi amava. Averlo davanti così agitato, sconvolto dalle emozioni che lo squassavano, mi aveva fatto divertire.

Vederlo gridare contro di me non fu altrettanto piacevole.

-Cosa volete dire?!- esclamò dopo il lungo silenzio che aveva seguito le mie parole.

Fece per tirarsi in piedi, confuso e sopratutto indignato, ma io gli strinsi le mani e lo trattenni, costringendolo ad inginocchiarsi di nuovo. Mi accontentò con una smorfia sconcertata, le sopracciglia inarcate e le labbra socchiuse.

-Calma, non intendo mandarti in un bordello a cercare della compagnia serale- lo rassicurai scuotendo il capo con veemenza -Sto dicendo che dovrai fingere di esserci andato per poter essere preso di mira dalla Dama bianca- spiegai per chiarirgli le idee.

Si rilassò leggermente sotto il mio tocco gentile, godendosi le carezze che le mie dita gli facevano mentre gli massaggiavo i polsi per calmarlo. Le sue spalle restarono comunque tese, i muscoli contratti come se fosse pronto a scattare al minimo cenno.

Mi rivolse uno sguardo implorante e si piegò leggermente verso di me chiudendo gli occhi.

-Come puoi chiedermi di…?- iniziò prima di interrompersi per prendere un profondo respiro, il petto che si alzava e abbassava frenetico come se non avesse fiato.

Io gli premetti il palmo aperto sul petto e aumentai la stretta che avevo sulla sua mano, intrecciando le dita fra le sue.

-Rilassati, stai iperventilando- lo avvertii mentre ridacchiavo, divertita dal panico che il mio suggerimento gli aveva scatenato -Non è niente di che. Basterà che tu entri nel bordello e che ci resti per un’oretta, poi uscirai e ti incamminerai in un vicolo buio ed isolato. A quel punto lei apparirà e tu farai il tuo lavoro- conclusi con un’alzata di spalle.

L’occhiata non del tutto convinta che mi lanciò mi fece tornare seria, nonostante provassi ancora del sincero divertimento vedendolo così scosso. Non volevo però infierire ulteriormente, quindi mi limitai a mordermi le labbra dubbiosa.

Ridere o non ridere, questo è il problema.

Lan XiChen, in ogni caso, non sembrava concorde col mio piano nemmeno ora che glielo avevo spiegato per bene, nonostante gli avessi confermato che non avrebbe dovuto fare nulla di disdicevole con altre donne.

-Dove starai tu per tutto il tempo mentre caccio? Non ho intenzione di lasciarti sola mentre faccio da esca, potrebbe essere pericoloso- obbiettò scuotendo il capo e sospirando mesto -E poi un matrimonio con questa fretta…- aggiunse lasciando la frase a metà.

Mi guardò da sotto le ciglia scure, il capo piegato in avanti e il viso a pochi centimetri dal mio. 

Il sole che dietro di lui andava avvicinandosi all’orizzonte nel suo calare tinse il cielo alle sue spalle di rosso, arancione e blu. L’aura di luce che illuminò i contorni del suo volto come un’aureola mi fece perdere un battito, ma grazie alle sue parole riuscii a restare lucida.

Le rimostranze che mi propose erano infatti così deboli che non potei far altro che ridacchiare.

-La cerimonia formale la faremo quando torneremo a Gusu, una volta finita questa faccenda- suggerii con le labbra piegate all’insù in un ghigno saputo -Inviteremo tuo fratello, Wei Ying, Cristina e gli altri, faremo una cosa in grande con tutti gli onori del caso, ma per ora basta questo- gli promisi scoccandogli un bacio sulla fronte nuda, privata del suo solito nastro che ora mi avvolgeva le tempie.

Se questo non fosse bastato, non avrei saputo in che altro modo convincerlo.

Per mia fortuna sembrò approvare, anche se l’espressione confusa faticò a lasciare il suo bel viso. Per qualche motivo non credeva che potessi desiderare un matrimonio così sbrigativo.

-Ma non vuoi qualcosa di più?- insistette per l’ultima volta, i lunghi capelli che gli scivolavano oltre le spalle fino a sfiorarmi il busto.

Io ci riflettei un po’ e gli rivolsi un’occhiata pensierosa, squadrandolo da capo a piedi per capire se fosse una domanda che necessitava davvero di una risposta. Se fosse stato retorico, il suo tono me lo avrebbe dovuto suggerire, invece pareva serio.

Distolsi lo sguardo dalla sua figura e fissai il ciottolato sotto di noi.

-In realtà avevo sempre voluto che il vero rito fosse privato, solo io e… beh, in questo caso te, senza le formalità del caso- spiegai con un velo di rossore che mi colorava le guance -Questa situazione è solo una "fortunata" coincidenza- aggiunsi comprendimi la faccia con le mani mentre ridevo imbarazzata.

Sentii Lan XiChen prendere un profondo respiro e afferrarmi le mani, scostandomele da davanti al viso per potermi guardare negli occhi.

-Se è quello che desideri sarò felice di accontentarti- dichiarò con un sorriso gentile così da lui che mi venne da piangere. Mi limitai ad appoggiare la fronte sulla sua spalla, nascondendomi in quell’abbraccio per non fargli notare i miei zigomi in fiamme.

-Grazie, è esattamente ciò che voglio- risposi soffocando le parole nella stoffa chiara della sua veste morbida.

Il cultore non sembrò infastidito dal mio abbraccio e anzi mi strinse a se’ con maggior vigore, appoggiando il mento sulla mia testa.

-Nel tuo mondo deve essere diverso. Sai come funziona il rito matrimoniale qui?- mi chiese cambiando argomento con maestria per non alimentare ancor di più il mio imbarazzo.

Io mi scostai dalla sua figura e iniziai a giocherellare con i nastri celesti della mia fascia lombare, osservandolo con un sorriso. Annuii per confermare.

-L’ho letto: bisogna inginocchiarsi davanti al cielo e alla terra, davanti ai genitori e poi l’uno all’altro- elencai per dimostrargli che davvero sapevo di cosa stava parlando -Beh, per la prima ci siamo- sussurrai poi indicando il cielo.

Il sole non era ancora tramontato altre le montagne, mentre la luna era visibile, seppure sfuocata, già da un po’. Lui seguì il mio sguardo e fissò con gli occhi nocciola socchiusi la volta celeste che andava imporporandosi.

-I tuoi genitori sarebbero d’accordo con la nostra unione?- domandò ad un tratto senza alcun preavviso, tornando a rivolgersi a me.

Io fui colta alla sprovvista da quel quesito, ma quando capii ciò che mi aveva chiesto scoppiai a ridere senza controllo. Gli appoggiai una mano sulla spalla, reggendomi a lui per non scivolare a terra per il divertimento.

Ripresi fiato giusto quel po’ che bastava per rispondergli, le guance che mi dolevano per il troppo sorridere.

-No, di certo no, ma non importa- mugolai fra i singhiozzi, anche se dovetti spiegargli ciò che intendevo quando mi guardò confuso -Sono dei cattolici molto osservanti, e tu appartieni ad un’altra religione… per non parlare del tuo aspetto e del tuo lavoro- indicai con un unico gesto i suoi capelli, la sua veste e la sua spada.

Gli accarezzai dolcemente una ciocca castana mentre si osservava stranito, le braccia allargate e le sopracciglia contratte dalla concentrazione. Altalenò lo sguardo fra se stesso e me, cercando febbrilmente di cogliere ciò che i miei genitori avrebbero trovato strano. 

Dato che non sembrò giungere a nessuna conclusione, mi affrettai a consolarlo con una smorfia divertita ed un’occhiata di scuse.

-Non sono mai stata praticante, quindi non è un mio problema- lo rassicurai con un’alzata di spalle. Poi rabbrividii sotto al suo intenso sguardo, le iridi scure che mi scandagliavano il volto alla ricerca di una qualche esitazione.

Non trovando traccia di un mio ripensamento, si rilassò e mi sorrise mite, stringendomi le mani fra le sue e portandosele al viso per sfiorarmi con il respiro le nocche. Quell’imitazione così intima di un baciamano mi avrebbe fatto arrossire, se non fosse stato per il suo sguardo serio.

-I miei genitori approverebbero, anche se per due motivi diversi- mormorò piegando leggermente il capo di lato -Mia madre ha sempre desiderato solo la felicità per me, mentre mio padre non potrebbe biasimarmi, dopo quello che ha fatto- considerò arricciando il naso.

Adorabile, fu il mio primo pensiero. In che contesto famigliare mi sto cacciando? fu il successivo. 

-Ci siamo già inchinati l’uno davanti all’altro- gli ricordai indicandoci con un cenno del mento -Direi che il matrimonio è concluso. Evviva!- esultai con un gridolino entusiasta che si perse nel vento.

Dopo quella mia affermazione, Lan XiChen si lasciò scappare uno sbuffo divertito che si trasformò presto in una risata sommessa.

Non lo avevo mai visto lasciarsi andare così tanto all’euforia, ne’ credevo fosse capace di ridere in modo tanto spensierato. Forse il matrimonio era come l’alcool, per i Lan, e quindi li rendeva fin troppo sensibili alle emozioni.

-É stata la cerimonia più breve di cui abbia mai sentito- mi confessò depositandomi un rumoroso bacio sul capo in corrispondenza del candido nastro frontale.

Ridacchiando insieme a lui, lasciai che mi coccolasse per un po’. Poi mi mossi infastidita su me stessa, le gambe che mi si indolenzivano per la posizione inginocchiata non del tutto comoda che avevo assunto.

-Che si fa ora, caro marito?- chiesi alzandomi in piedi e porgendogli la mia mano, invitandolo ad alzarsi.

Il suo ampio sorriso lo accompagnò mentre si risollevava da terra, intrecciando le dita con le mie in una stretta affettuosa.

 

 

Con mia grande delusione, e sono certa sotto sotto anche sua, dovemmo rimandare la prima notte di nozze. Lan XiChen si era detto d’accordo con me nel posticipare il tutto, dicendosi determinato a catturare per prima la Dama bianca perché non facesse altre vittime.

Quindi alla fine ho davvero aspettato il matrimonio per portarmelo a letto, dissi a me stessa con sconcerto.

Più che deprimermi delusa davanti all’evidenza dei fatti, ovvero ai mie piani per la nottata che andavano in fumo, mi ritrovai a pregare con tutto il cuore che il fantomatico spettro si presentasse davanti a me, piuttosto che al cospetto del cultore. Avrei avuto parecchie cose da dirle, a quella guastafeste.

Prima dovrei ringraziarla per avermi dato l’occasione di sposarlo, pensai, e poi la massacrerei per il suo tempismo nelle apparizioni.

Lan XiChen mi aveva lasciata alle cure dei genitori di una delle prostitute, che si erano gentilmente offerti di ospitarmi mentre il mio compagno risolveva il caso che riguardava il bordello dove lavorava la loro "bambina".

Erano due amabili vecchietti molto simpatici che accettavano completamente la vita della figlia. Avevano perfino raccomandato al mio neo-marito di salutarla da parte loro, se l’avesse incontrata nella casa fiorita.

Io avevo trovato il loro affetto fin troppo dolce, ma ero rimasta in silenzio e mi ero limitata a ringraziarli per la loro gentilezza.

Poi mi ero voltata verso Lan Huan e l’avevo abbracciato stretto, allacciandogli le braccia al collo e permettendogli di sollevarmi da terra di qualche centimetro mentre mi stringeva. Prima che uscisse per dirigersi al bordello, gli baciai le labbra e le guance.

Lui mi sorrise, appoggiandomi a terra ed incamminandosi in direzione della porta.

-Non farti uccidere- gli avevo gridato dietro quando ormai aveva superato la soglia della casa -Mi devi la mia prima notte di nozze, chiaro?- gli ricordai.

Incespicò nei suoi passi come se fosse all’improvviso inciampato, ma proseguì lungo la strada senza voltarsi, forse imbarazzato a tal punto da non volermi mostrare il suo rossore.

Lo sguardo compiaciuto della vecchia donna che mi invitò a sedermi con lei e suo marito per cena mi rese molto orgogliosa di me, in ogni caso.

 

 

Lan XiChen

 

Mi allontanai a passo svelto dalla residenza, ansioso di poter concludere il mio compito.

Avrei mentito se avessi affermato di desiderare di riuscire a catturare presto la Dama bianca solo per il bene che quest’azione avrebbe portato alla città di Moling. Il mio intento era sì quello di purificare la zona dal suo spettro maligno, ma nei miei pensieri c’era anche l’allettante attrattiva di tornare al fianco di Elisa.

Sono sposato, mormorai incredulo a me stesso mentre percorrevo la strada e salivo gli scalini della Sala della Peonia. Mio fratello sarà deluso dal non aver potuto partecipare alla cerimonia… ma non credo si arrabbierà davvero.

Anche WangJi, dopo tutto, aveva sposato suo marito in gran segreto, senza gli esagerati festeggiamenti che di solito quegli eventi comportavano.

Immerso nei miei pensieri, mi ci volle un po’ per rendermi conto che l’ora prestabilita era passata da quasi venti minuti e che potevo andarmene.

Mi alzai dal tavolino che mi era stato riservato e salutai le due donne che avevano accolto me ed Elisa la prima volta, indicandogli con un cenno del capo il sacchetto di denaro che avevo lasciato sul tavolo per la loro disponibilità.

Quando mi ero presentato al cospetto della proprietaria con la richiesta di usare il loro locale come copertura mentre preparavo la trappola per l’essere maligno, non solo le due si erano dette pronte a collaborare, ma avevano perfino trovato un alloggio sicuro per la mia novella moglie.

Ora non mi restava che adempiere ai miei doveri.

Come concordato con Elisa poco prima, mi diressi lungo la strada principale senza allontanarmi troppo dalla casa fiorita. Trovai presto un vicolo laterale che si immetteva nella via che stavo percorrendo e mi ci infilai con passo veloce.

A questo punto rallentai la camminata e misi mano alla spada con un movimento casuale, nascondendone l’elsa con la lunga manica.

Non dovevo far altro che aspettare con pazienza, nonostante la mia mente continuasse a ricordarmi mille immagini di cosa mi aspettava una volta tornato. Il viso sorridente di Elisa mi balenò davanti, i miei pensieri che riportavano le sue parole ed i suoi baci alla luce e mi facevano distrarre.

Scossi il capo per tornare concentrato. A quel movimento, alcune ciocche sciolte mi scivolarono davanti al viso, costringendomi a pettinarle indietro con un gesto frettoloso.

Da quando la ragazza venuta dall’altro mondo aveva preso il mio nastro per legarselo in fronte mi era difficile abituarmi ai lunghi capelli che si spostavano davanti alla mia visuale. Non avevo nessuna intenzione di dirglielo, però.

Vederla con indosso qualcosa di così intimo, per me, un oggetto privato e dal significato profondo, mi rendeva febbricitante.

Con il volto libero dalle ciocche scure, potei guardarmi attorno e perlustrare il vicolo buio. Rallentai ancora il passo, arrivando quasi a fermarmi in prossimità di un pertugio che conduceva ad un’altra stradina laterale.

Attesi qualche minuto in silenzio, fingendo di sistemarmi gli abiti e di dovermi appoggiare al muro per il troppo alcool che in teoria avrei dovuto bere al bordello.

Non successe nulla. Attorno a me regnava il silenzio.

Pronto a tornare indietro a controllare che lo spettro non avesse seguito qualcun altro, fui fermato da un rumore sinistro che mi giunste dalle spalle. Mi voltai con lentezza, spostando lo sguardo dalla parete alla creatura che si stagliava nel bel mezzo della strada.

A pochi metri da me era apparsa la figura di una donna bassa e minuta, le delicate forme che si intravedevano sotto alla leggera stoffa della tunica bianca che indossava. La veste non le copriva ne’ i piedi scalzi ne’ le caviglie sottili, le corte maniche che le arrivavano a mala pena ali avambracci.

Un sibilo sofferente le uscì dalla bocca violacea e gonfia, riempiendo l’aria con quell’acuto ululato di dolore che solo una donna piangente poteva produrre.

Teneva il capo piegato in avanti, nascondendo gli occhi dietro ad una folta capigliatura scura. Il viso pallido era quasi dello stesso colore della veste candida, eppure aveva una sfumatura blu che poteva derivare solo dal soffocamento.

La donna tradita che si era impiccata davanti al bordello, dissi a me stesso mentre lanciavo un’occhiata al suo collo martoriato da lividi scuri.

Senza muovermi per evitare di farla scattare, spostai di poco la mano nascosta dalla manica e strinsi le dita attorno all’elsa di Shuoyue, pronto a colpire. All’improvviso però mi tornarono in mente le parole di Elisa.

Magari aveva ragione, a non volerla eliminare completamente, mi ritrovai a pensare guardando lo spettro che singhiozzava e si lamentava.

Sembrava addolorata, più che furiosa, eppure sapevo che aveva ucciso gli uomini che aveva scoperto a tradire le proprie mogli e perfino i cultori minori che erano giunti in città per eliminarla.

-Come hai potuto… come hai potuto farmi questo?- il suo pianto disperato interruppe le mie riflessioni, mettendomi sull’attenti -Ti amavo così tanto, come hai potuto!?- urlò con voce rotta, riconoscendo in me il marito traditore.

Abbassai la mano che avevo appoggiato sulla spada ed estrassi dal mio sacchetto spirituale un talismano di blocco che l’avrebbe tenuta ferma mentre svolgevo il rito di purificazione. 

Feci per lanciarlo, ma le sue grida mi ricordarono quelle di Elisa quando era stata rapita, quindi tentennai un secondo di troppo.

Quell’esitazione mi costò cara, perché l’essere maligno alzò il capo fissandomi con gli occhi gonfi e marcescenti, ghignando nella mia direzione con le labbra gonfie e spaccate.

Poi la Dama bianca mi si scagliò contro gridando vendetta fra le lacrime.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Ma salve, come va la vita? La mia da schifo, fra scuola e scuola e… beh, scuola :)
Questa di Lan XiChen è stata una sorpresa, lo so, ma desideravo così tanto fare un pezzettino sul suo punto di vista che mi stavano prudendo le dita, davvero. Per di più trovo esageratamente ingiusto che voi possiate leggere riga dopo riga ogni minimo pensiero di Elisa e Cristina senza però potervi godere i nostri cari cultori rincretinirsi per amore.
(Si, sto considerando un paragrafo anche per Jiang Cheng, anche se è di gran lunga meno calmo e posato di Lan Huan)
C’è da dire che sto capitolo è lungo e frastagliato, non odiatemi però. Io vi voglio bene… il più delle volte. Per tutti quelli che sono arrivati fino a qui grazie, avete una pazienza immensa (Deb in primis).

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 58
*** Cinquantasettesimo capitolo ***


Dove c’è caos, il Patriarca non può mancare

 

 

Mi voltai nella direzione da cui il sussurro tenebroso era provenuto, un grido che mi si incastrava in gola, pronto ad uscire.

Con tutta l’intenzione di sfoderare la spada e colpire l’intruso, mi fermai appena in tempo prima di ferire, per quanto possibile, Wen Ning. La mano mi tremò sull’elsa, le dita intorpidite per la tensione che scivolavano perdendo la presa sulla pelle dell’impugnatura.

Il cadavere senziente non si mosse, guardandomi con le iridi vacue senza paura o altre emozioni che infiammassero quegli occhi spenti. Non temeva la morte, questo era certo.

Lan SiZhui, ancora in braccio al compagno, fece ciondolare la testa nella direzione del parente. La dovette appoggiare alla spalla di Jin Ling quasi subito, però, sofferente per le ferite subite.

-La biblioteca sta…- mormorò in stato di semi incoscienza, le palpebre che vibravano mentre tentava invano di tenerle aperte -Hanguang-Jun non vorrebbe che… bruciasse- biascicò prima di svenire definitivamente.

Wen Ning si fece in avanti con le braccia protese, richiedendo in silenzio al cultore vestito di oro di lasciargli prendere in braccio l’unico membro ancora in vita del suo Clan. 

Considerate le competenze mediche della sorella e gli studi che lui stesso aveva intrapreso, doveva ricordarsi abbastanza su come curare la gente, dato che si offriva di salvare il giovane.

Se c’era qualcuno che poteva aiutarlo, in quel momento, era proprio il Generale Fantasma.

Jin Ling non sembrò dello stesso parere, però.

-Stai lontano, tu…- sputò con voce furiosa, le labbra che si stringevano in una linea sottile e l’espressione che si distorceva in una maschera rabbiosa -Ce la faccio- precisò con un ringhio.

Sapevo che tra di loro non scorreva buon sangue, dato il dolore passato che condividevano. Wen Ning aveva ucciso il padre del giovane ragazzo, eppure Jin Ling l’aveva perdonato a tal punto da parlargli in modo quasi civile, il più delle volte.

Proprio come per Wei WuXian e Jiang Cheng, serviva tempo per guarire vecchie ferite come quella.

-Rulan, sta cercando di aiutarti- borbottai mentre mi massaggiavo la forte con le dita -Non è il momento per le ostilità- lo rimproverai poi severa lanciandogli un’occhiata d’ammonimento.

Lui si mosse a disagio, spostando i peso da un piede all’altro e rafforzando la presa che aveva sul corpo svenuto fra le braccia. 

Spostò lo sguardo sul viso candido dell’amico, coperto da una patina di sudore freddo e contorto in un’espressione sofferente. Scosse la testa e si rivolse a me, evitando di incrociare gli occhi dello zombie mentre parlava di lui.

-Non mi sto comportando così per… quello che è o che ha fatto- si giustificò con il tono lamentoso di un ragazzino viziato -Lan SiZhui è ferito, non possiamo muoverlo di qua e di là senza cura- aggiunse, stringendo le dita sulla stoffa bianca della divisa dell’altro.

Non seppi cosa rispondergli, perciò gli feci cenno con la testa di ubbidire e gli indicai il non-morto che era rimasto zitto davanti al nostro breve litigio.

Con evidente riluttanza, il ragazzino si decise ad avanzare, portando l’amico ferito dove gli era stato detto fin dall’inizio della sua sceneggiata. Girò al largo del cadavere ambulante, ma per lo meno non insistette con le proteste o altro.

-Portatelo qui, Giovane maestro Jin- lo guidò Wen Ning vedendolo spostarsi.

Gli indicò una zona sicura che era circondata ai lati da due edifici ancora intatti e si piegò verso terra per sistemare il suo mantello sul terreno erboso, preparando un giaciglio di fortuna. Schiacciò la stoffa sul terreno con le mani pallide e annuì quando fu pronta per distenderci Lan SiZhui.

-Puoi curarlo?- domandò Rulan senza guardarlo, concentrando tutte le sue attenzioni nel sistemare il compagno il più comodamente possibile. 

Il ragazzo non reagì quando venne appoggiato sul mantello, quasi il suo stato di incoscienza lo privasse anche del dolore alla testa e alla gamba. Eppure, non appena Wen Ning scostò con le dita la parte di tunica zuppa di sangue che gli copriva la coscia, l’intero corpo del giovane sussultò come se fosse stato percorso da una scossa.

Gemette ad occhi chiusi, portandosi un pungo chiuso al petto e stringendo l’altra mano sul manto erboso che lo circondava al di fuori del perimetro di stoffa su cui era disteso.

Jin Ling si fece avanti con uno scatto che faticai a vedere, ma si fermò alle parole del "medico".

-Credo di sì- dichiarò lo zombie con voce profonda, sfiorando i nastri rossi che tenevano a bada il flusso sanguigno e guardando la tunica gialla da cui provenivano -Non è una ferita mortale- ci rassicurò.

L’occhiata che aveva lanciato al ragazzo di LanLing non sfuggì al diretto interessato, che si sentì in dovere di nascondere la mancanza dei suoi lacci scarlatti con le mani mentre arrossiva dalla testa ai piedi.

-Allora perché continua a sanguinare?- domandò per dissimulare l’imbarazzo, scuotendo il capo e stringendo i pugni sulla stoffa dorata del suo abito.

Wen Ning ritorno a guardare con le iridi biancastre il suo paziente, affrettandosi a misurargli il battito del polso con un’espressione concentrata.

-Dobbiamo farli riprendere conoscenza: non sta usando i sui poteri spirituali per tenere a banda la perdita di sangue- spiegò posando nuovamente gli occhi opachi su di noi -Oppure…- iniziò.

Si interruppe per concentrare lo sguardo sul giovane cultore al mio fianco, le labbra socchiuse e la frase incastrata in gola.

-…potrei donargli un po’ della mia- finì Jin Ling per lui, precipitandosi al capezzale dell’amico senza nemmeno attendere la conferma del Wen.

Si sporse sul compagno e gli piazzò una mano sulla fronte, mentre con l’altra, appoggiata sull’erba dal lato opposto a quello in cui si era seduto, si reggeva in equilibrio per non distendersi a peso morto sul corpo di Lan SiZhui.  

Iniziò a trasmettergli il suo potere spirituale dopo aver preso un respiro profondo, le spalle che si tendevano come se d’un tratto dovesse reggere una straordinaria pressione.

-Vi stancherete presto- mormorò il non-morto nella sua direzione, alzandosi però in piedi per lasciare spazio di manovra al giovane.

-Invece no- lo contraddisse Rulan arido, la voce poco più alta di un sussurro e fredda come una stiletta di ghiaccio. Gli concesse uno sguardo con la coda dell’occhio, le iridi chiare che brillavano di arroganza.

Lo zombie si piegò un poco verso i due e posizionò una mano sul collo candido del ragazzo svenuto, controllando i suoi segni vitali. 

-Per ora è stabile- disse allontanandosi nuovamente, le lunghe gambe che si muovevano veloci sotto lo strascico stracciato della tunica.

Mi si accostò senza distogliere lo sguardo dai due ragazzi, affiancandomi a debita distanza quando mi vide così emotivamente scossa. La mia espressione corrucciata doveva essergli parsa ostile, anche se non era rivolta a lui.

Lan SiZhui è ridotto così male, pensai preoccupata, non oso immaginare cosa ne è dei cultori meno esperti.

-Senti, hai visto Elisa da qualche parte? É con Lan XiChen?- domandai a bruciapelo, spostando lo sguardo sul cielo terso mentre cercavo di calcolare tramite il sole l’ora esatta.

Sentii dell’esitazione nella voce cavernosa del Generale Fantasma, quando mi rispose. Mi voltai per sincerarmi della sua espressione, ma su quel viso pallido non intravidi nemmeno l’ombra di un’emozione.

-Non è qui- affermò rivolgendosi a me senza guardarmi, gli occhi fissi sulla scena che gli si parava davanti. 

Che cazzo… come sarebbe a dire non è qui? fu il mio primo pensiero, ricco di panico e confusione. Quando però aprii bocca per esplicarlo, fui anticipata da un grido che proveniva dalle mie spalle.

-Cristina, dove diavolo eri finita?- mi richiamò una voce familiare.

Mi voltai in tempo per vedere la figura di Jiang Cheng, ammantata di viola e con la spada fra le mani, che mi correva incontro fino a raggiungermi. L’uomo lanciò un’occhiata a Wen Ning vicino a me, poi si mise fra noi con discrezione fingendo un movimento casuale e dando le spalle al non-morto.

Il suo sguardo si posò preoccupato sulla figura accovacciata del nipote, ma vedendo che non era lui quello ferito le sue spalle si rilassarono visibilmente.

-Cercavo Jin Ling, ora sta zitto- gli risposi io col panico che mi stringeva la gola, aggirandolo come se fosse un mobile e tornando a rivolgermi allo zombie -Cosa intendi con "non è qui"?- domandai piegando il capo all’indietro per poterlo guardare negli occhi. 

Il Generale Fantasma si fece piccolo piccolo sotto il mio sguardo penetrante, accartocciandosi su se stesso come un bimbo che veniva sgridato dalla madre. 

Non per questo abbassai il tono o rilassai l’espressione tesa sul mio volto, ed anzi incrociai le braccia al petto in attesa di una risposta.

-Mi è stato riferito che prima dell’attacco si era diretta a Moling per una caccia insieme al Gran Maestro di Gusu- spiegò nascondendosi dietro ai capelli sciolti che gli ricadevano scompigliati sulle guance pallide.

A quel punto avrei voluto voltarmi e correre verso qualunque fosse la direzione in cui si erano allontanati quei due, ma venni fermata da due importanti motivazioni.

La prima fu il pensiero rassicurante che, se davvero Elisa si era diretta a caccia con Lan XiChen oltre i confini dei Meandri della Nuvola, probabilmente in questo momento era quella più al sicuro di tutti, fra noi. 

La seconda, ancora più attuale, fu l’impellente urgenza di sedare gli animi che si stavano scaldando.

Alle parole pronunciate da Wen Ning, infatti, il cultore al mio fianco non era stato capace di trattenere una smorfia di disappunto. Se prima ignorarlo gli era sembrata l’opzione migliore, ora per qualche motivo trovò intelligente aggredire il non-morto con un’espressione rabbiosa.

-E tu invece che ci fai qui?- gli ringhiò contro facendo tre passi nella sua direzione con Zidian che gli sfrigolava fra le dita. 

Quasi petto contro petto, i due uomini si fronteggiarono in silenzio, uno furioso e pronto allo scontro, l’altro con la testa bassa e le mani congiunte in segno di sottomissione.

Alzando gli occhi al cielo, afferrai la stoffa della tunica di Jiang Cheng in corrispondenza del gomito e lo strattonai violentemente per farlo tornare in se’. 

Non riuscendo a muoverlo di un millimetro, però, caricai il calcio che gli avrei assestato alle caviglie pur di rimetterlo in riga, essendo impossibilitata a prenderlo a sciabolate. Ci serviva in battaglia, d’altro canto.

Per sua fortuna, un’altra voce proveniente da poco lontano mi fermò prima che gli provassi a fratturare la tibia con il piede.

-L’ho mandato io qui perché ci anticipasse- disse il nuovo arrivato con tono spavaldo.

Voltandomi nella direzione da cui proveniva la voce, vidi il Patriarca di Yiling che si faceva strada a passo lento sul campo di battaglia, fermando con la sua sola presenza ogni cadavere ostile nelle immediate vicinanze.

Cambiò le sorti dello scontro solo passeggiando svogliatamente vicino ai combattenti, la posa tranquilla e lo sguardo annoiato di chi crede non sia chissà che come risultato, quello appena ottenuto.

Il sorriso felino con cui ci si approcciò prometteva però guai, guai grossi.

 

 

-Sei in ritardo- furono le parole che Jiang Cheng pronunciò vedendo il fratellastro venirci incontro -Che pensi di fare?- gli chiese senza vero interesse, dando intanto le spalle a Wen Ning e rivolgendosi al parente con gli occhi socchiusi e le braccia incrociate.

Il cultore demoniaco rise di una risata profonda che mi fece tremare le dita, per la prima volta da quando lo conoscevo veramente spaventata da Wei Ying.

-Il mio lavoro, al contrario di ciò che stai facendo tu- rispose sarcastico, lo sguardo acceso da una competizione che non gli avevo mai visto negli occhi. Poi le sue iridi si spostarono sulle due figure dietro di noi e persero ogni insolenza -Lan SiZhui, in che guaio ti sei cacciato?- mormorò preoccupato correndo al fianco del figlio.

Si inginocchiò sull’erba illuminata dal sole calante e posò una mano sul capo del ragazzo, scostando con un gesto quella di Jin Ling che ancora gli stava passando energia spirituale. Sospirò e prese a mormorare qualcosa, il volume troppo basso per essere udito.

Il ragazzo dorato fece per protestare, ma vedendo che il Patriarca estraeva dalle maniche strette della tunica una serie di talismani preferì tacere, osservando in silenzio la procedura che lo zio stava adottando.

-Ora il suo potere spirituale è libero di circolare- spiegò infatti il genitore adottivo del ferito dopo avergli applicato alcuni degli amuleti attorno allo squarcio -Riprenderà i sensi fra poco, quindi sarà capace di curarsi da solo- rassicurò il nipote.

Quasi all’istante, infatti, le palpebre di Lan SiZhui tremolarono ed il ragazzo riaprì gli occhi, rivolgendo attorno a se’ uno sguardo offuscato dalla confusione. Jin Ling gli fu subito a fianco, sorridente come poche volte l’avevo visto. 

Prese subito a sussurrargli cosa si era perso da quando era svenuto, spiegandogli che lo zio ed il Generale Fantasma, ma sopratutto lui e la sua energia spirituale, gli avrebbero permesso di guarire presto.

Sfruttando la distrazione dei due giovani che si prendevano il loro attimo privato, Jiang Cheng fece un passo avanti e fronteggiò il fratello con il mento alto e le sopracciglia corrucciate.

-Dov’è tuo marito?- gli domandò come se intendesse cacciare Lan Zhan dal campo di battaglia, dato che si era portato appresso Wei WuXian nella sua missione di soccorso.

Io fui tentata di ricordagli che lui stesso aveva pensato di domandare aiuto al negromante, per quella guerra, ma preferii se la risolvessero tra loro.

Guardarli bisticciare era un vero spettacolo, per di più.

-Si sta occupando della biblioteca- dichiarò in risposta con arroganza il Patriarca, scostandosi i capelli dalle spalle e fissando l’altro con le iridi grigi che promettevano guai -Alcuni discepoli avevano bisogno di aiuto a spegnere le fiamme- aggiunse incrociando le braccia ad imitare la posa ostile del fratello.

Jiang Cheng sbuffò alzando gli occhi al cielo e si rigirò nervosamente Zidian sul dito, probabilmente valutando se colpire o no l’uomo davanti a lui.

-E tu hai intenzione di aiutare o preferisci stare qui a discutere?- lo anticipai prima che davvero aggredisse Wei WuXian, scoccandogli poi un’occhiata di rimprovero quando ridacchiò per la rispostaccia che avevo dato all’altro -Lo stesso vale per te- gli ricordai.

I due mi fissarono oltraggiati, il primo piacevolmente sconvolto e l’altro imbarazzato dal ricevere una strigliata in presenza del fratellastro.

Potevi pensarci prima di dire cagate, tesoro mio.

-Ah, sei perfetta per mio fratello!- si complimentò Wei Ying battendo le mani e rivolgendo un gesto veloce a Wen Ning perché si allontanasse per aiutare nei combattimenti, accontentandomi -Sono così felice che finalmente una donna lo tenga in riga… sai, non è molto popolare- mi confidò intanto.

Il tono frivolo ed esageratemente alto che usò servì solo a stuzzicare il fratello, come era ovvio intendesse fare. E ci riuscì più che bene, dato che Jiang Cheng esplose come un scorta di polvere da sparo vicino ad una scintilla.

-Tu pensa ai fatti tuoi- gli urlò infatti contro il cultore di Yunmeng, sbraitando e sfoderando Sandu pronto alla lotta. 

-Chi fra noi si è sposato per primo?- rise l’altro indietreggiando di un passo e preparandosi a combattere con un sorriso sulle labbra -La nostra povera amica deve aver battuto la testa quando è caduta dall’altro mondo, per poter sopportare qualcuno col tuo caratteraccio- insinuò canzonatorio.

Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso.

-Schifosissimo cane che non sei altro! Prova a ripeterlo e ti spezzo le gambe- gridò il cultore in viola vestito prima di attaccare.

Gli si lanciò contro con una violenza che aveva dell’irreale, facendosi avanti con la spada sguainata e lo sguardo infervorato di un guerriero. Nonostante tutto mancò il bersaglio, però.

Wei WuXian si spostò agilmente a destra poco prima di venir colpito, per fortuna, danzando leggiadro e facendo ondeggiare la coda di cavallo che raccoglieva i suoi capelli in un folto fiume carbone sulle sue spalle.

Alzai gli occhi al cielo e gli lasciai qualche minuto perché si sfogassero, dimostrandosi affetto nell’unica maniera in cui erano capaci, ovvero litigando.

Dopo però parecchi minuti di scontro, i due sembravano essere ancora ai ferri corti ed io, spazientita, feci per intervenire per fermare quell’inutile teatrino. É tutto molto divertente, ma abbiamo un Clan da salvare.

Il mio avanzare fu però bloccato da un intervento esterno che arrivò fulmineo ed inaspettato. All’inizio non capii cosa fosse, ma quando il pesante respiro di uno sconosciuto mi scaldò il lobo dell’orecchio, una terribile sensazione mi invase lo stomaco, raggelandomi.

Senza alcun preavviso oltre a quel fiato, sentii l’estranea sensazione di una lama fredda sfiorarmi il collo, rendendomi all’istante impossibile muovermi. 

Trattenni il fiato per non premere la gola sul metallo, troppo sconvolta per capire cos’altro fare.

La mia mente ritornò a quando ero stata rapita e, anche se qui non c’erano catene che mi stringevano la carotide, il respiro mi rimase incastrato fra i polmoni e la trachea.

Mi lasciai sfuggire un respiro smorzato solo quando l’estraneo dietro di me premette il busto sulla mia schiena, facendomi rabbrividire per l’orrore.

Quel suono anomalo e quasi impercettibile allarmò le orecchie sensibili dei due cultori che stavano litigando, facendoli interrompere il loro scontro. Si voltarono simultaneamente nella mia direzione, i visi che impallidivano vedendomi in quella situazione.

Jiang Cheng ebbe la reazione più eclatante fra i due, a mio parere.

Mentre Wei Ying si faceva serio in viso e irrigidiva ogni muscolo del corpo, allerta, suo fratello si bloccò per qualche istante.

Il colore defluì dal suo viso come se gli avessero cancellato ogni rossore. Le labbra presero una sfumatura quasi bluastra, stringendosi in una linea sottile.

La sua espressione si scurì, piena di rabbia e furore incontrollato mentre i suoi occhi riconoscevano chi mi aveva aggredita. Le sue mani si strinsero a pugno, una emettendo scintille violette e l’altra rafforzando la presa sull’elsa della spada a tal punto da tremare. 

Poi, aprì bocca per parlare con voce profonda e vibrante.

-Tu…- mormorò facendo un passo avanti, le braccia protese nella mia direzione e lo sguardo animato da una luce pericolosa.

Sussultai a quel gesto, più sorpresa che dolorante.

Quando il cultore avanzò, infatti, venni percorsa da un brivido mentre il filo della spada mi graffiava la carne per l’improvviso indietreggiare della lama. Una goccia di sangue colò lungo il metallo fino a cadere a terra fra i miei piedi.

Ne sentii l’odore ferroso, ed il fastidio inaspettato che mi invase il collo mi fece capire che un taglio non molto profondo era ora presente sulla mia giugulare, fin troppo vicino ad una zona vitale per poter essere ignorato dal cultore.

Jiang Cheng si fermò infatti all’istante, gli occhi violetti che si socchiudevano minacciosi. Si morse le labbra preoccupato ma non fece altro, spaventato da cosa sarebbe potuto succedere se fosse avanzato oltre.

Alle mie spalle, intanto, sentii il petto dell’aggressore premermi sulla schiena mentre prendeva fiato per parlare.

-Immagino che a questo punto sia giunto il momento di agire, non credete?- mormorò una voce maschile e familiare al mio orecchio.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Allora… buonasera gente. O dovrei dire buona mattina? Ah, aggiornare a ste ore mi devasta, ma sono sicura sconvolga più voi, vero? (Deb perdonami)
Sarò breve, dato che ho sprecato fin troppe parole per questo aggiornamento: sono una stronza e mi piace vedervi soffrire, perciò eccovi un finale che non è un finale, degno delle migliori telenovelas messicane.
Chi sarà il misterioso sconosciuto? Lo scopriremo nella prossima puntata de "Jiang Cheng ha sfiga pure in amore";D
No davvero, quanto lo sto massacrando poverino? Già con la famiglia è messo male, figurati se gli ammazzo pure la quasi-moglie!

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 59
*** Cinquantottesimo capitolo ***


Questa faccenda dei rapimenti sta diventando un vizio
(Elisa)

 

 

Attesi quasi due ore prima di spazientirmi ed iniziare a scalpitare, timorosa di cosa potesse essere capitato a Lan XiChen per farlo tardare tanto.

I due anziani genitori della prostituta mi convinsero ad attendere ancora un po’, ma il loro temporeggiare per distrarmi non avrebbe retto a lungo. Mi volevano al sicuro per mantenere la parola data al cultore di Gusu, certo, eppure non avevano il cuore di impedirmi di andarmene, soprattutto considerato il mio stato di agitazione.

-Se solo avessi avuto anche tu questa smania di vedermi, la prima notte del nostro matrimonio- esclamò il vecchio uomo indicandomi, riservando alla moglie un sorriso sardonico.

Lei lo guardò e scosse la testa sospirando. Si portò le mani al viso e gemette esasperata, gli occhi che roteavano nelle orbite per rivolgersi al cielo.

-Povera me, mi mancava sentirti blaterare sulla nostra gioventù- si lamentò con tono disperato, rivolgendomi allo stesso tempo una smorfia che mi diceva di non badare alle sciocchezze che suo marito diceva -Non avrei mai accettato di sposarti se mio padre mi avesse avvertito di quanto eri pigro- aggiunse.

-Adesso mi ami, però- fu l’immediata risposta dell’uomo, punto sul vivo da quell’affermazione.

-Beh, ti sopporto- la moglie demolì le sue speranze con una smorfia esasperata, sedendosi al tavolo con una teiera fumante in mano, pronta a servire il the -Ringrazia che ho pazienza- lo schernì ancora.

Io assistetti divertita alla scena, rilassandomi per qualche attimo.

Gli avevo parlato del mio improvviso matrimonio mentre attendevo il ritorno di Lan XiChen, chiacchierando allegramente con loro. Questo per le prime ore, almeno. 

Ormai però l’ansia mi stava corrodendo dall’interno, bruciandomi all’altezza della bocca dello stomaco come se la bile cercasse di risalirmi dalla gola. Le estremità delle mie dita si erano raffreddate a tal punto che rabbrividii, quando le strinsi fra loro per sfregarle e riscaldarle. 

È strano che tardi così tanto, pensai timorosa di sapere cosa gli fosse accaduto.

-Non posso più aspettare- esclamai alla fine cedendo alla preoccupazione, balzando in piedi senza toccare la tazza che la padrona di casa mi aveva offerto -Io vado a cercarlo- dichiarai.

Il vecchio padre della prostituta mi lanciò un’occhiata sorpresa, incredulo davanti alla mia determinazione. Poi rivolse gli occhi scuri alla donna al suo fianco e gesticolò verso di lei come a dirle di intervenire.

L’anziana sollevò un sopracciglio scettica e fissò l’uomo di rimando, interdetta. Infine si voltò nella mia direzione e alzò un braccio per richiamarmi più vicino.

-Bambina, è pericoloso là fuori- mi disse stringendo con le dita ossute e consumate dal lavoro la mano che le avevo allungato davanti al suo gesto silenzioso.

Sembrava sinceramente preoccupata, e io non potei far altro che sorridere, intenerita da quelle premure.

Probabilmente era per questo che la figlia, quando ci aveva portato dai suoi genitori, aveva ricevuto un sacco di raccomandazioni e altrettanti avvertimenti su come comportarsi. "Non uscire troppo tardi, il buio è pericoloso" era stata una delle frasi che mi aveva più colpito.

Pur conoscendo l’occupazione della ragazza e sapendo quindi che lavorava la notte, avevano comunque mille preoccupazioni per la mente, quando si trattava della loro piccola.

Il fatto che quella vecchia donna traslasse il suo affetto anche su di me era strano, ma allo stesso tempo mi commosse.

-Tranquilli, ho questo- li calmai indicando con un dito il candido nastro che mi fasciava la fronte -Mi porterà fortuna- ironizzai sperando che ci credessero, dato quanto erano rimasti colpiti dal sapere che mio marito era un Lan.

Probabilmente la sua fama lo precede, avevo pensato divertita quando avevano spalancato occhi e bocca nel sentire il cognome dell’uomo. Che per inciso ora era anche il mio, ovviamente.

-Lo spero- ribatté l’anziana lasciandomi andare e sospirando afflitta. 

Le sorrisi gentilmente, avvicinandomi alla porta e sistemandomi sulle spalle il mantello bianco che Lan XiChen mi aveva imprestato, chiudendolo per coprirmi dal freddo vento notturno.

Era decisamente troppo grande per me, ed i ricami azzurri a forma di nuvole che ne decoravano l’estremità rischiavano di strisciare a terra ad ogni mio movimento, eppure il mio novello sposo non aveva voluto sentir ragioni. Quando se n’era andato, allontanandosi per cercare la Dama bianca, mi aveva avvolto in quella candida e morbida stoffa, sorridendo con leggerezza e non dandomi spiegazioni.

Forse voleva sfruttare la protezione di sigilli nascosti della veste per sapermi al sicuro, anche se la mia mente non potè fare a meno di pensare che fosse una caratteristica molto simile a quella del fratello, quella di essere iperprotettivo e possessivo.

Beh, non che mi dispiaccia.

Sbuffando e sopprimendo un ghigno divertito, aprii la porta e mi voltai per salutare le due figure che mi avevano ospitato, omaggiandoli con un inchino.

Venni ricompensata da due sinceri ma preoccupati sorrisi.

 

 

Arrivai al bordello con i polmoni che bruciavano chiedendo disperatamente ossigeno. Ripresi fiato dopo la mia lunga corsa, appoggiando le mani sulle ginocchia e respirando a fondo.

Avevo percorso l’intero tragitto correndo a perdifiato per le strade deserte, affrettandomi a raggiungere la meta che avevo predefinito il prima possibile.

Le lanterne avevano illuminato fioche il mio tragitto, ondeggiando al soffio del vento leggero che scuoteva l’aria notturna. C’era silenzio attorno a me, eppure la lieve melodia di una musica distante sembrava provenire dalle porte chiuse della Casa fiorita.

Era l’unico edificio che, nonostante l’oscurità avvolgente della sera, manteneva la sua vivacità. La folla non mancava di certo, all’interno.

Avanzai fra le ombre degli edifici e mi avviai lungo la strada secondaria che mi avrebbe condotto alle viuzze che si diramavano nella zona meno visitata della città. Come avevo concordato con Lan XiChen, presi la prima uscita una volta superato il bordello.

-Dove diavolo si è cacciato quel cretino?- mi lasciai sfuggire frustrata, raccogliendomi la veste sulle cosce per camminare più agevolmente.

Il vicolo in cui mi infilai era stretto e ancor meno illuminato della strada principale, perciò l’ansia che già mi scorreva nelle vene divenne fuoco liquido non appena respirai l’aria stantia di quel cunicolo.

Camminando piano, mi azzardai ad aprire bocca guardandomi attorno con frenesia.

-Lan XiChen- mormorai mantenendo un tono basso per non attirare possibili attenzione non gradite -Lan XiChen!- provai ancora a chiamare senza ottenere risposta.

Nessun suono proveniva dalla direzione in cui mi dirigevo, eppure non fermai la mia avanzata, stringendomi nel mantello per non rabbrividire di paura.

Se si è inoltrato ancora, inseguendo il fantasma, ragionai reprimendo un sospiro, come farò a trovarlo?

Proseguii nonostante quei pensieri, ignorando la crescente sensazione di malessere che mi stava attorcigliando lo stomaco fino a farmi male. Mi fermai solo quando notai qualcosa che si dirigeva verso di me.

Una figura emerse infatti dalle ombre, avanzando nella mia direzione con la veste chiara che si muoveva sinuosamente attorno alle sue gambe. Sospirai sollevata correndogli incorno, sorridendo felice vedendo dei lunghi capelli neri che si scuotevano al vento.

Quando alzò il viso nella mia direzione, però, fermai i miei passi ed il sangue mi si gelò nelle vene.

Gli occhi che mi fissarono attraverso le ciglia scure non erano quelli gentili e pieni di premure di Lan XiChen, ma appartenevano a qualcun altro. Uno sconosciuto che mi veniva incontro senza fermarsi, per la precisione, anticipando il mio arretrare ed allungando un braccio verso di me.

Un grido spaventato mi risalì in gola un attimo prima che mi girassi per fuggire. Con le mani che stringevano febbrilmente la stoffa leggera della mia gonna per sollevarla e permettermi di scappare più velocemente, mi precipitai verso la strada principale senza voltarmi indietro.

Se prima avevo pensato di essere troppo stanca per correre ancora, mi ero sbagliata.

Ora che alle mie spalle c’era un inseguitore di cui non conoscevo le intenzioni, sembrò che la forza mi fosse ritornata tutta d’un tratto, mettendomi le ali ai piedi. Rischiai di scivolare sul selciato due volte, inciampando nei miei passi mentre fuggivo alla cieca.

Purtroppo però, non fui abbastanza veloce.

 

 

Un sapore amaro mi invase la bocca quando ripresi i sensi, le orecchie che mi fischiavano come se avessi battuto la testa troppo forte da qualche parte. 

Il dolore non era localizzato in una zona precisa, ma le tempie mi dolevano ed i muscoli non rispondevano ai miei comandi, quindi mi presi qualche momento per analizzare la situazione.

Faticai ad aprire le palpebre, forse appesantite dalla stanchezza che mi rendeva impossibile muovermi, ma in qualche modo riuscii a socchiudere gli occhi abbastanza da mettere a fuoco il soffitto di una stanza.

Devo essere svenuta, mi dissi sbattendo con frenesia le ciglia, confusa da ciò che vedevo. Quel tizio di sicuro mi ha colpito di spalle.

Osservandolo bene, capii che quello che mi sovrastava non era il soffitto di una casa, ma quello di un’edificio più grande, probabilmente un tempio o una sala di ricevimenti come quella che avevo visto a Yunmeng. 

Le assi di legno erano infatti troppo in alto, lontane dalla mia vista di almeno sei metri, perché si trattasse di un’abitazione comune. 

Oppure il proprietario era un esibizionista. Il che, considerato ciò che vidi guardandomi intorno, non era da escludere.

Riuscendo con sforzo titanico a voltare il capo a destra, i miei occhi si soffermarono sul mobilio della stanza in cui mi trovavo distesa, incapace di alzarmi dal pavimento di legno. 

Mi trovavo al centro di un grande salone rettangolare, le alte pareti coperte da soffici tendaggi scuri che partivano dal soffitto e scendevano fino a terra come una cascata nera ed uniforme. Le numerose lanterne di carta che pendevano dal soffitto emanavano abbastanza luce da compensare la mancanza di finestre.

L’illuminazione era essenziale ma più che sufficiente, dato che riuscivo senza difficoltà ad intravedere un altare dorato, all’estremità della camera.

Anche se da quella distanza non potevo capire precisamente cosa rappresentasse, le bacchette d’incenso che bruciavano lentamente davanti alla statua d’oro sulla piattaforma mi fecero pensare ad una divinità o qualcosa di simile.

Era più piccola di quello che mi immaginavo, dato che doveva arrivarmi a mala pena alla cintola, eppure era posizionata su di un rialzo in legno pregiato così riccamente inciso da far sembrare quella l’attrazione principale della stanza, nonostante le dimensioni ridotte.

Sotto al piedistallo, due serie da tre scalini ciascuno permettevano di accedere al padiglione dove la statua era riposta. O meglio, lo avrebbero permesso se solo attorno alla struttura non ci fosse stato un nastro bianco da cui pendevano un’indefinita quantità di talismani.

Cosa diavolo ci faccio in un tempio? mi chiesi a quel punto corrugando le sopracciglia e stringendo le dita per testarne la reattività. Anche se devo ammettere che sembra più una camera sepolcrale, per quanto inquietante possa essere.

La voce sconosciuta di una donna mi strappò dai miei pensieri, facendomi rabbrividire per il gelo che sembrò permearmi nelle ossa a quelle parole. Sobbalzai spaventata, ma mi trattenni dallo strillare.

-Finalmente la nostra ospite si è svegliata- sentii mormorare con tono sottile. Poi percepii il fruscio di una gonna di seta che strisciava sul pavimento di legno su cui ero sdraiata.

Alzai gli occhi sulla figura che mi si era avvicinata, percorrendo la veste bianca che le copriva le gambe lunghe, i fianchi stretti e i seni floridi. Il corpetto dell’abito che indossava aveva una linea semplice così come l’intera veste, liscia e priva di decori eccezion fatta per un leggero fronzolo all’altezza del cuore, dove il ricamo di un giglio spiccava rosso come il sangue.

Infine, salendo ancora con lo sguardo, riuscii a vedere in viso colei che aveva parlato. Un attimo dopo, mi ritrovai a gridare con tutto il fiato che avevo in gola.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Corto? Può essere, ma ho scritto più che abbastanza per quanto riguarda la trama. In ritardo? Come sempre, orami dovreste esserci abituati.
Allora, arriviamo subito al dunque: siamo in dirittura d’arrivo, ragazzi miei. Le trame si stanno stringendo, presto saremo al capolinea. Mi duole ammetterlo, ma siamo alle battute finali.
Ah, ringraziate che ho pazienza (ok, io dovrei ringraziare voi ma sono dettagli). Questa storia è la più lunga che io abbia mai scritto, mi viene da piangere.
Siete dei veri eroi ad essere arrivati fin qui XD

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 60
*** Cinquantanovesimo capitolo ***


The Fool and the Temperance (0 & XIV)

 

 

Riconobbi la persona che mi teneva una lama premuta contro la gola grazie a due particolari che si sarebbero potuti definire bizzarri.

Il primo fu la sensazione di familiarità che provai nel respirare il suo profumo, che grazie alla sua estrema vicinanza mi arrivò alle narici con una zaffata all’aroma di fiori di loto. Arricciai il naso e il dubbio di conoscere quella fragranza germogliò nel mio cervello annebbiato dal panico.

Il secondo motivo fu meno rilevante, ma fu principalmente grazie a quello che arrivai alla conclusione senza dovermi voltare verso l’aggressore. Poche persone che conoscevo avevano infatti dei capelli così lunghi e scompigliati, oltre che morbidi.

Repressi un ringhio rabbioso mentre le mie labbra si socchiudevano, pronte ad invocare colui che aveva infine assunto un’identità, ai miei occhi.

-Bao- mormorai delusa ed amareggiata.

La spada affilata che mi graffiava la gola si allontanò di un centimetro o due, permettendomi di respirare agevolmente per qualche secondo. Non mi rilassai, tuttavia.

Ero stata così stupida a non riconoscere la sua voce, quando mi aveva parlato all’orecchio.

Ero stata così stupida a non accorgermi che era molto, troppo facile convincerlo a condurci lì, a Gusu e alla sua battaglia.

Ero stata così stupida a non accorgermi che la guardia di Yunmeng, grazie alla sua posizione strategica nel consiglio, conosceva ogni nostro movimento e ci aveva seguito in più di una missione.

Ero stata così stupida a non accorgermi che era lui, il traditore che non sapevamo di avere fra le nostre fila.

Razionalmente ci avevo pensato a lungo, all’eventualità di una talpa tra le nostre fila. In fondo la Sacerdotessa Nera sapeva troppo, per essere una che se ne stava ai confini del regno con il suo esercito di non-morti. Doveva esserci un suo ricognitore che la informasse di ciò che accadeva nei territori che voleva conquistare.

Semplicemente, non mi aspettavo si trattasse di Bao.

Fra le guardie che pattugliavano giornalmente la residenza del Capo Clan di Yunmeng, lui era quello a cui ero già legata, oltre a quello con cui avevo più confidenza, come ovvio che fosse. Essendo uno dei più alti in comando fra i soldati di pattuglia, era anche colui che più spesso veniva chiamato al cospetto di Jiang Cheng e quindi al mio.

Maledetto traditore, mi sono fidata a tal punto da non dubitare di te nemmeno per un attimo, pensai mentre la sorpresa e la delusione si trasformavano in rabbia, bruciandomi come lava nelle vene.

-Sapete cosa fare, se non volete che questo segno sulla sua candida pelle diventi più profondo- continuò la guardia senza dare cenno di avermi sentito, premendo la lama sulla mia giugulare fino a costringermi ad inclinare il capo per evitare di tagliarmi.

La frase era rivolta all’uomo in viola che ci stava guardando pallido, immobile come una statua di sale.

Dietro di lui Wei WuXian guardava alternativamente me ed il fratello come se volesse aiutarci ma non sapesse come, stringendo le mani a pugno e nascondendole dietro la schiena forse per impedirsi di intervenire. 

Socchiudendo gli occhi, vidi però le sue iridi brillare di rosso.

Un gioco di luci niente male, fu il mio primo pensiero, sostituito subito dal secondo, più stupefacente e allo stesso tempo ovvio. Sta usando i suoi poteri… e non quelli spirituali.

Ad alcuni metri da lui, ancora nascosto dall’ombra degli edifici, Jin Ling si era sollevato in ginocchio con il compagno semi cosciente fra le braccia. Da quanto potei capire da quella distanza, lo zio gli stava facendo cenno di scappare finché era in tempo.

Wei Ying non voleva che il nipote ed il figlio si trovassero in mezzo a quella situazione, eppure mi stupii la facilità con cui Rulan ubbidì all’ordine.

La veste bianca del giovane Lan gocciolò sangue sul terreno, mentre il discepolo di LanLing si allontanava il più velocemente possibile, anche se di malavoglia e guardandosi più volte indietro.

-Ah si, lo so?- rispose intanto Jiang Cheng rabbioso, lo sguardo fisso sulla spada che mi minacciava -Rinfrescami la memoria e dimmi perché dovrei sapere quello che vuole un cane bastardo come te- continuò alzando il mento e sfregando con il pollice il bordo di Zidian, che brillava di scintille sfrigolanti.

L’inclinazione che il capo di Jiang WanYin assunse, quando piegò il viso per lanciare un’occhiata alla sua mano destra avvolta da fulmini violetti, fece risaltare la smorfia rabbiosa che gli deformava l’espressione. Guardandoci da sotto le ciglia scure, soppresse un ringhio fra i denti.

-Oh, Gran Maestro- rise il suo ex subordinato, facendo vibrare anche me come conseguenza ai suoi singulti divertiti che premevano la mia schiena sul suo petto -Non vi sembra rischioso farmi arrabbiare quando ho qualcosa di così importante fra le mani, soprattuto considerato quanto è delicato questo collo- sibilò mellifluo.

Mi sfuggì un singhiozzo sofferente quando le sue dita premettero contro la mia trachea, mozzandomi per un attimo il respiro. Rilasciò la presa quasi subito, per fortuna, ed a me sfuggì un colpo di tosse involontario che non riuscii a reprimere.

A quel suo gesto seguì un silenzio teso che pareva essere ancora più pesante del precedente. 

Introno a noi la battaglia si stava calmando, le truppe nemiche che si dirigevano più distanti. Lo scontro si spostava insieme ai soldati, e quindi lo facevano anche i possibili aiuti che sarebbero potuti giungere.

-Tranquillizzate i vostri animi- si affrettò a rassicurare Bao abbassando finalmente la lama -Non sono così suscettibile. Ho degli ordini da seguire- ammise diplomatico, nonostante la sua mano stesse ancora stringendo il mio collo abbastanza da impedirmi di fare anche un solo passo in avanti.

Il fatto che avesse dimostrato quanto per lui sarebbe stato facile rompermi le vertebre, però, fece desistere i due uomini difronte a me dal tentare un attacco.

Jiang Cheng alzò i palmi verso l’alto come a dimostrarsi disposto a contrattare e fece un passo avanti con lentezza, evitando così di allarmare il mio aggressore. Poi piegò le labbra in una smorfia e parlò con voce forzata.

-Cosa devo fare?- sputò fra i denti, l’orgoglio dentro di lui che faceva a pugni con il resto dei suoi sentimenti. 

-Sigillate i vostri poteri spirituali- fu la risposta che gli diede la guardia, frase che mi fece sussultare per la sorpresa.

Wei WuXian, al fianco del fratello, si lasciò sfuggire uno sbuffo di fiato che sembrò una risata incredula, ma che si spense quando capì che l’altro faceva sul serio. A quel punto il cultore demoniaco si arrischiò a lanciare uno sguardo in direzione di Jiang Cheng, che intanto aveva spalancato gli occhi in maniera quasi comica.

-Stai scherzando?!- gridò quest’ultimo mentre Zidian cominciava ad emanare tanti fulmini da coprirgli l’intero braccio, risalendogli fino alla spalla con uno sfrigolio inquietante -Come osi chiedermi qualcosa come…- incominciò a chieder prima di interrompersi, la lingua intrappolata fra i denti per impedirsi di proseguire.

Aveva colto qualcosa, negli occhi dell’uomo dietro di me, che lo aveva fatto esitare. Forse una freddezza che non si aspettava, o una determinazione che aveva sottovalutato.

Eppure, qualunque cosa avesse visto, lo aveva zittito.

Indietreggiò di un passo, poi ne fece uno avanti e un’altro di nuovo indietro. Si mosse incerto sulle gambe, spostando il peso dal piede destro a quello sinistro prima di stringere i pugni ed abbassare lo sguardo a terra.

Poi, dopo lunghi secondi di riflessione, rialzò il viso e si portò una mano al petto, l’indice ed il medio tesi per premere sul costato.

Mi rifiutai di guardare, chiudendo gli occhi con il respiro che mi si bloccava in gola per il senso di colpa. Avrei voluto davvero che avesse provato a reagire, ma sapevo che non aveva avuto alternative. 

Furono le parole che pronunciò Bao, ancora troppo vicino al mio orecchio perché ogni suo respiro non mi facesse rabbrividire di disgusto, che mi fecero riaprire le palpebre.

-Ora liberatevi di Zidian- disse infatti il soldato con lieto divertimento nella voce.

A quel punto perfino io mi indignai ed emisi un gemito di disapprovazione che risuonò chiaro nel silenzio che aveva lasciato la battaglia ormai lontana. 

-Perfido bastardo- ringhiai agitandomi quanto potevo nella presa ferrea che mi stringeva, finalmente sicura che non mi avrebbe ucciso anche se mi fossi ribellata un poco -Spero tu bruci all’Inferno, maledetto stronzo- lo apostrofai.

In quel mondo, i miei insulti probabilmente avrebbero fatto arrossire perfino un bandito che andava regolarmente nei bordelli e nelle locande, ma questo non mi impedì di pronunciare una serie di improperi degni di uno scaricatore di porto.

Ad un certo punto venni interrotta da Bao stesso che, piantandomi le unghie più a fondo nella carne tenera della gola, mi intimò di tacere.

-Una donna dovrebbe stare zitta, quando non è interpellata- minacciò mentre io mi mordevo le labbra per non gridare -Gran Maestro, Zidian. Ora- si spazientì.

A quell’ordine, finalmente Jiang Cheng si fece avanti, sfilandosi l’anello dall’indice e porgendomelo nonostante fossimo a qualche metro di distanza. 

Io reagii scuotendo il capo e guardandolo confusa attraverso le lacrime di dolore che mi appannavano la vista, dato che stavo impedendo con tutte le mie forze che mi sgorgassero dagli occhi.

-Cristina, lo terrai tu- insistette davanti alla mia reticenza, avanzando ancora prima che la guardia negasse quel gesto.

-Non se ne parla- affermò infatti Bao, scuotendo anch’egli il capo e facendo sì che i suoi capelli mi sfiorassero le tempie mentre muoveva la testa. 

Mi fecero il solletico, perciò piegai il capo di lato per evitare quel contatto. La guardia però mi strattonò nuovamente perché stessi ferma, stringendomi il collo con risentimento per quella mia piccola ribellione. 

Evitai di protestare ancora, inghiottendo l’amaro che mi invadeva la bocca.

-Lei non lo può usare, quindi cosa ti impedisce di permettermelo?- domandò allora Jiang Cheng, freddo e provocatorio, il braccio ancora teso e lo sguardo grigio determinato.

Il cultore dietro di me esitò per qualche attimo, valutando le parole del suo Capo Clan con attenzione. 

Sapevano tutti che Zidian si faceva attivare solo da chi aveva sangue Jiang nelle vene o, in rari casi, da altri portatori che l’anello stesso decideva. Io non avevo mai toccato quell’arma, ma c’erano poche probabilità che rispondesse al mio potere.

Sembrò pensarlo anche Bao, dato che sospirò stanco, sconfitto da tutto quel sentimentalismo. 

-Non vi farò avvicinare, non sono uno sprovveduto- dichiarò facendo un passo indietro e trascinandomi con se’ -Lanciateglielo, se proprio ci tenete- concesse infine, parlando con voce divertita e piena d’arroganza.

Il Gran Maestro di Yunmeng strinse i denti ma obbedì senza fiatare.

Quando tesi la mano per ricevere l’oggetto, questo mi atterrò sul palmo con un peso considerevole, ancor di più di quanto mi ero immaginata. All’indice mi stava troppo largo, perciò lo indossai sul dito medio, facendomi confortare dal calore costante che il metallo argentato emanava.

A quel punto, la presa che fino a quel momento aveva stretto il mio collo sparì. 

La mano di Bao si spostò sul mio braccio, mentre il soldato mi tirava più vicina a lui ed estraeva dalla tasca un talismano che non faticai a riconoscere. Ne avevo visto uno simile prima del mio rapimento, anche se per pochi istanti.

-Ora è tempo di andare- dichiarò sventolando davanti al mio viso il foglio di carta che avrebbe funto da teletrasporto -Siamo attesi altrove, e la mia Signora non accetta ritardi- disse come per scusarsi della fretta che mi stava mettendo.

Incredula per la follia che l’aveva corroso, mi agitai nella sua presa per liberarmi, ricevendo come risposta uno schiaffo inaspettato che mi fece voltare la faccia dall’altra parte. 

L’orecchio destro, quello colpito, prese a fischiarmi tanto da farmi chiudere gli occhi. Sentii il mio naso prendere a sanguinare poco dopo l’impatto del suo ceffone, mentre un sapore ferroso e salato mi penetrava fra le labbra socchiuse fino a gocciolarmi sulla lingua.

La guancia offesa mi pulsava abbastanza da farmi pensare che tutto il sangue del mio corpo si fosse concentrato lì. Questo non mi impedì però di sollevare il mio sguardo furioso su Bao, l’ostilità che si trasformava in odio. 

Sputai ai suoi piedi senza distogliere gli occhi dai suoi, mancando di poco la punta del suo stivale sinistro con la saliva sporca di sangue che mi uscì di bocca.

-Oh, questo…- iniziò a dire prima di essere interrotto da Jiang Cheng, che attirò la sua attenzione con le iridi che brillavano furiose.

-Non la porterai da nessuna parte- disse con voce ferma, la spada impugnata a due mani nonostante ora fosse solo una fredda lama senza poteri. Sandu brillò sotto la luce della luna sorta da ormai qualche ora, la lama pulita pronta a sporcarsi di nuovo per il padrone.

-E cosa farai per impedirmelo, Gran Maestro?- lo apostrofò sarcastico il mio rapitore, cedendo all’irritazione che gli aveva provocato il mio gesto -Il tuo nucleo d’oro è bloccato dal tuo stesso sigillo, le tue armi sono inutili ed il tuo amato fratello non può richiamare i suoi cadaveri se non vuole che cadano sotto il controllo della mia Signora… come pensi di fermarmi, quindi?- domandò beffardo.

Il suo errore fu quello: perse tempo.

La rabbia che tutti quelle inezie avevano provocato in lui lo accecarono, rendendolo inefficace e distratto. Per questo, impiegò troppo tempo per accorgersi che dietro di lui stava giungendo una minaccia.

In ogni caso, all’ultimo secondo riuscì a schivare Bichen, cavandosela con una ferita superficiale al braccio che comunque l’avrebbe debilitato molto in caso di scontro diretto.

Digrignando i denti per il dolore, il soldato mi trascinò con se’ mentre si faceva indietro, allontanandosi dal nuovo arrivato e cercando insieme di non correre incontro a Wei WuXian e Jiang Cheng. 

Ci riuscì quasi dislocandomi una spalla nel tentativo di farmi muovere.

-Questo avrei voluto evitarlo- mormorò mentre frugava fra le pieghe della propria veste ed estraeva altri talismani, un sorriso maligno sul viso che smentiva le sue parole.

Mentre i tre cultori miei alleati si facevano avanti per impedire un possibile attacco da parte di Bao, questi alzò al cielo i fogli che teneva fra le dita concentrandovi all’interno tutto il suo potere spirituale. 

Un lampo azzurro mi accecò. Persi il contatto con il suolo e la terra sparì da sotto i miei piedi facendomi mancare un battito, poi il silenzio mi avvolse.

Quando tornai alla realtà e potei guardare intorno senza che gli occhi mi lacrimassero, mi ritrovai in una stanza che sapeva di incenso e brillava illuminata delle lanterne cinesi appese al soffitto. 

 

 

Confusa, barcollai in avanti per riprendere l’equilibrio, le pupille che si abituavano alla luce soffusa delle candele coperte di carta.

Cercando di capire cosa fosse successo, posai lo sguardo su Wei Ying e Lan Zhan che, non appena era stato concesso loro respiro, si erano corsi incontro come se non potessero sopportare la lontananza che li divideva.

Appena li vidi vicini, l’uno fra le braccia dell’altro e con lo sguardo perso ad ammirare amorevolmente il viso del compagno, pensai che al mondo non poteva esistere coppia più strana, ma allo stesso tempo equilibrata.

Come il Matto e la Temperanza, uno crea il caos e l’altro professa l’ordine.

Ecco perché, capii, Wei WuXian aveva usato i suoi poteri sul campo di battaglia: con un talismano aveva attirato l’attenzione del marito per farlo correre in nostro soccorso. 

Mi dissi che ero fortunata, ad avere almeno un parente intelligente.

Poi il mio sguardo incrociò quello disperato della figura rannicchiata nell’angolo del padiglione, che fino a pochi secondi prima non avevo notato, ed ogni altro pensiero passò in secondo piano.

-Elisa!- gridai correndole incontro e gettandomi fra le sue braccia, quando si sollevò in ginocchio per accogliermi nel suo abbraccio -Dio, ero così preoccupata- gemetti stringendola come se potesse scomparire da un momento all’altro.

Lei ricambiò il mio entusiasmo soffocando un singhiozzo sulla mia spalla, gli occhi rossi per il pianto che si chiudevano mentre il viso si distendeva in un’espressione sollevata. 

Non si curò del mio naso sanguinante ne’ del taglio sulla mia gola, così come io non prestai attenzione al suo colorito pallido e al tremore incontrollato che la scuoteva.

Eravamo così felici di vederci salve, anche se non sane, che per un attimo dimenticammo in che situazione ci trovavamo. Per un secondo, non importò nulla se non il nostro abbraccio.

Ci pensò però la voce roca di Jiang Cheng a farci tornare alla realtà.

-Ora cos’hai intenzione di fare, traditore?- il suo urlo furioso rimbombò nella stanza con un eco graffiante, le pareti coperte di stoffa che attutivano solo in parte la potenza delle sue grida.

Mi voltai in tempo per vedere il Capo Clan di Yunmeng lanciarsi contro il suo ex subordinato, la spada sguainata e l’espressione deformata dalla rabbia. La lama vibrò veloce in aria, ma perfino io che non ero così esperta nell’arte del combattimento potei capire che mancava qualcosa nei suoi colpi, ora che aveva sigillato i suoi poteri spirituali.

Bao schivò infatti i fendenti con facilità, ridendo della debolezza di quello che era stato il suo Gran Maestro, ora a corto di forza e controllo. Era veloce nonostante tutto il potere che aveva usato per teletrasportarci.

Continuò a beffarsi di lui per poco, però, dato che in quello scontro intervenì presto Lan Wangji, desideroso di mettere fine alla questione e forse anche di aiutare il cognato. Wei Ying preferì invece venere incontro a me ed Elisa, assicurandosi con uno sguardo che le nostre ferite non fossero gravi.

-Non deve fare niente, ormai non serve più- udii pronunciare da una voce femminile distante, eppure chiara come uno specchio d’acqua -Siete tutti qui, al mio cospetto, proprio come desideravo- continuò.

Diressi gli occhi verso la porta appena aperta e intravidi una figura sottile, poco oltre la soglia. Non capii di chi si trattasse, dato che non potevo ancora vederla in viso, eppure un senso di fastidio mi attorcigliò le budella.

Potrebbe essere la donna dell’altare, riflettei ripensando alla statua che avevo intravisto poco dietro di noi che raffigurava una bellissima fanciulla che danzava leggiadra fra mille veli impalpabili. 

Alla vista della nuova arrivata Bao si fece definitivamente indietro, allontanandosi dai due cultori con cui stava combattendo, e si inchinò profondamente al cospetto della donna appena apparsa.

-Mia Signora- salutò con una nota sottomessa nella voce, il tono ovattato per via della posizione servizievole che aveva assunto.

Senza badare all’uomo, la donna vestita di bianco fece il suo ingresso nella stanza con passo fiero, portando con se’ il silenzio che solo un viso come il suo poteva suscitare nella gente. 

Terrificante, riuscii solo a pensare.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Quindi il traditore era Bao… mi dispiace, avevo quest’idea fin dall’inizio e non l’avrei cambiata per nulla al mondo. Se vi eravate un minimo affezionati mi dispiace, è uno stronzo psicopatico al pari di Xue Yang.
Il grande nemico è apparso, finalmente! E lo ha fatto in una serie di scene che richiamano al novel originale, se notate. Tutto calcolato signori, mi piacciono le citazioni incomprensibili e inutilmente drammatiche.
E niente, avrei molto da dirvi ma preferisco lasciarvi riflettere senza rischiare anticipazioni. Godetevi i pochi capitoli che rimangono, perché saranno intensi :)

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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Capitolo 61
*** Sessantesimo capitolo ***


La Sacerdotessa Nera e la Dama Bianca

 

 

Elisa

 

L’orrore che la vista del viso della sconosciuta provocò nel nostro gruppo ci scosse violento come la marea che si infrange sugli scogli. 

Jiang Cheng e Lan Zhan, che fino ad un attimo prima erano intenti a combattere con Bao, ora inginocchiato ed immobile, si fecero indietro per avvicinarsi nuovamente a noi. Wei WuXian si rialzò dalla sua posizione accucciata e si mise al fianco del marito, gli occhi fisso sull’orribile spettacolo.

Io deglutii e abbassai lo sguardo, stringendo il braccio di Cristina fra le dita della mano destra con cui mi ero aggrappata a lei appena mi era corsa incontro. La sentii rabbrividire, i muscoli rigidi per lo shock.

Nonostante nel mio mondo natio avessi visto molti film in cui i protagonisti, per un motivo o per l’altro, avevano delle cicatrici sul volto, l’aspetto deturpato che la pelle della donna aveva in corrispondenza delle labbra, degli occhi e del naso era qualcosa di indescrivibile.

Sembrava che qualcuno le avesse tagliuzzato il viso con un coltello affilato, continuando ad infierire sulla carne morbida fino a non lasciarne nemmeno un lembo intatto.

Le guance erano un ammasso confuso di pelle mal cicatrizzata. Gli occhi sembravano socchiusi, anche se presupposi fosse la massima apertura che potessero mantenere le sue palpebre rovinate. 

L’epidermide tirata e corrosa vicino alla bocca le permetteva di parlare, certo, ma la sua pronuncia era deformata dalla strana consistenza delle labbra.

-Il mio viso vi ripugna?- ci chiese con in volto quello che doveva essere un sorriso, ma che parve più una smorfia sofferente -Non sono sorpresa, anche la vostra compagna mi ha dimostrato la sua sorpresa nel vedermi. Urlava tanto che mi sono trovata costretta ad andarmene, lasciandola qui sola e senza una degna spiegazione- i suoi occhi scuri si mossero veloci, guardandoci uno ad uno e scandagliandoci da cima a fondo.

Non c’era tristezza, in quello che diceva, solo constatazione.

Era consapevole del suo aspetto e non se ne vergognava, anzi, metteva le proprie cicatrici ancora più in mostra grazie alla pettinatura raccolta che le allontanava i capelli castani dal viso in modo da rendere ben visibili i suoi tratti deturpati.

Quello che diceva era vero: non appena mi aveva mostrato il suo viso sfregiato ero rimasta così sconvolta da non volerla ascoltare, rannicchiandomi in un angolo per la paura di cosa potesse farmi.

Avevo creduto fosse uno spirito defunto, ma ora il dubbio che in realtà fosse una semplice umana mi corrose dall’interno.

-Sei tu la Dama bianca- trovai il coraggio di urlarle contro, le unghie che si piantavano nella stoffa leggera della manica di Cristina -Che ne hai fatto di Lan XiChen?- le domandai con tono d’accusa.

Lei scoppiò a ridere e scosse il capo, scontenta di quella mia irrazionalità.

-Non sono il fantasma di cui vai dicendo- dichiarò iniziando a procedere per raggiungere l’altare posto in fondo alla sala -Ti posso garantire che, nonostante la mia condizione, sono viva e vegeta- disse dandoci le spalle.

Senza più curarsi di noi, prese a sistemare con accortezza i fiori che decoravano la base della statua, freghi e profumati come se fossero appena stati raccolti. Poi sfilò le bacchette di incenso consumate per sostituirle con quelle nuove.

-Non mentire- le ordinai con poca convinzione.

Ora che me lo faceva notare, il suo corpo mi sembrava davvero troppo corporeo per essere quello di uno spirito. Questo non mi impedì di preoccuparmi per il destino di mio marito, in ogni caso.

Se lei non è la Dama bianca, chi è? mi chiesi confusa. E che fine ha fatto Lan XiChen?

-Io non mento- mi rispose furiosa, girandosi verso di noi con le mani che stringevano la veste candida che le copriva il corpo -Non l’ho mai fatto- aggiunse calmandosi all’improvviso come si era alterata.

La sfidai con gli occhi, il mento sollevato in alto ed un ringhio rabbioso che mi risaliva lungo la gola.

Intanto mi accorsi degli sguardi confusi che gli altri mi stavano lanciando, ovviamente non al corrente della situazione che io e Lan XiChen stavamo affrontando prima di essere catturati. 

L’occhiata curiosa che mi riservò Lan WangJi quando pronunciai il nome del fratello mi mise in soggezione, ma mai quanto la reazione di tutti alla vista del nastro che avevo in fronte. Come se all’improvviso si fossero accorti della cosa, iniziarono a parlare tutti in una volta.

Fra le varie chiacchiere, la cui maggior parte erano prodotte da Wei WuXian ed il suo eccessivo entusiasmo, distinsi il borbottio confuso di Jiang Cheng e le domande insistenti di Cristina. 

Lan Zhan, invece, scandì con voce chiara una sola affermazione. Le sue parole zittirono i presenti, riecheggiando nella stanza come una proclamazione.

-É quello di mio fratello- dichiarò inflessibile indicando con un cenno il nastro bianco sulla mia fronte, lo sguardo dorato che mi scandagliava fin nel profondo.

-Si- ammisi, non tentando nemmeno per un attimo di negare qualcosa di così ovvio -Ci siamo sposati- aggiunsi con la gola che mi si seccava.

Per un qualche motivo che non riuscivo a capire mi sentivo nervosa, nell’affrontare a viso aperto il fratello del mio novello marito. 

Forse la sua possibile disapprovazione mi spaventa, pensai prima di accorgermi che sotto la maschera di indifferenza che lo contraddistingueva stava sbocciando un sorriso flebile.

-Spiega perché ti abbia portata sul Picco della Meditazione- ammise il cultore vestito di bianco piegando la testa di lato e frenando con un gesto della mano il brontolio del compagno.

Wei WuXian, che fino a quel momento aveva continuato a parlare, si interruppe mordendosi il labbro inferiore. Alternò lo sguardo fra me ed il suo amato, gli occhi grigi che brillavano di interesse.

-Scusa? Era una specie di proposta di matrimonio?- rantolai io a quel punto, la mente che si alienava dalla situazione di pericolo che stavamo vivendo per concentrarsi sulle parole di mio cognato.

Lui mi rispose con un cenno di assenso, i lunghi capelli neri che gli scivolavano morbidi sulle spalle mentre annuiva. 

-Un modo per purificare le proprie anime insieme- spiegò quando il mio sguardo si fece insistente -I Lan hanno l’abitudine di recarvisi col proprio futuro compagno di coltivazione, se lo ritengono necessario- disse.

All’oscuro di tutto ciò fino a quel momento, la convinzione di aver in un certo senso forzato Lan XiChen a sposarmi iniziò a sgretolarsi dentro di me. Quella specie di nodo che era formato da senso di colpa, sempre messo a tacere dal mio egoismo e dalla mia euforia nell’aver sposato qualcuno come la Prima Giada del Clan Lan, si sciolse.

Sospirai sollevata mentre il peso di tutti quei pensieri svaniva.

-Ah- mormorai a corto di parole appoggiandomi di peso alla spalla di Cristina, improvvisamente molto più calma nonostante tutto.

 

 

Cristina

 

Mentre gli altri discutevano, il mio mal di testa peggiorò notevolmente.

Il sangue che mi imbrattava le narici ed il labbro superiore si stava seccando, costringendomi a prendere fiato con la bocca per non annusare ancora quell’odore metallico che mi infastidiva tanto. La guancia che Bao mi aveva colpito, invece, aveva smesso di pulsare e ora bruciava di un calore costante dovuto al livido che andava formandosi sul mio zigomo.

Le grida di Wei Wuxian, il brontolio scontento di Jiang Cheng e la voce sconcertata di Elisa mi stavano facendo impazzire. Perfino il sommesso ghignare della sconosciuta, che assisteva in silenzio alla scena guardandoci con la coda dell’occhio, mi rendeva più suscettibile.

Li interruppi prima che peggiorassero, alzandomi da terra e continuando a stringere con una mano le dita della mia amica, rannicchiata ai miei piedi.

-Ma vi pare questo il momento?- ringhiai con fermezza portandomi l’indice ed il medio alla tempia sinistra per premere ed alleviare il dolore -Avete la mania di cominciare discussioni nei momenti meno opportuni- li accusai fissandoli con uno sguardo di fuoco.

Il cultore vestito di viola sembrò essere il primo a riprendersi da quell’euforia insensata che li aveva colti tutti, girandosi verso di me e porgendomi una mano come per invitarmi ad andargli incontro.

Quando feci per avvicinarmi, però, la spada di Bao si frappose fra noi.

-Abbiamo temporeggiato abbastanza- ci avvertì con voce tesa, la lama che luccicava sotto la lice delle candele sparpagliate per la stanza -La mia Signora non è così paziente- spiegò costringendo Jiang Cheng ad allontanarsi da me.

Con un cenno secco del capo ordinò anche agli altri due cultori di allontanarsi, separandoli da me ed Elisa per isolarli in un angolo della sala che li avrebbe resi innocui. Sotto la sua stretta sorveglianza, non avrebbero potuto fare nulla.

Appurato che non gli avrebbe fatto del male fino a che fossero rimasti buoni, rivolsi la mia attenzione alla donna. 

Dopo che avevo interrotto le inutili chiacchiere dei miei compagni col mio intervento, aveva smesso di ridere e si era tornata a concentrare sull’altare davanti al quale si era inginocchiata. Composta e con il capo chino come quello di una devota, aveva congiunto le mani davanti al viso ed aveva cominciato a pregare.

Non sembrava affrettata come il suo sottoposto, che invece pareva in attesa di qualcosa che lei doveva fare o dire.

Decisi di prendere parola prima che lo facesse chiunque altro, avanzando di qualche passo per non insospettire Bao e allo stesso tempo continuando a coprire Elisa con la mia figura.

-Se non sei questa fantomatica Dama- incominciai a dire mentre mi rigiravo Zidian attorno al dito -Chi sei?- domandai contemplando il metallo che mi premeva freddo sulla pelle. 

La sconosciuta vestita di bianco si prese tutto il tempo per rispondere, recitando prima un’ultima preghiera che si perse in un mormorio senza senso. Poi si alzò in piedi lentamente e si voltò con altrettanta calma verso di me, le mani intrecciate sul grembo e gli occhi tristi di chi è sinceramente dispiaciuto.

-Il mio nome è Chang Sho. Significa "lunga vita"- si presentò con un sorriso distorto che spiegazzò la sua pelle consumata come pergamena vecchia -Ma voi mi conoscete come Sacerdotessa Nera- aggiunse arricciando le labbra in un ghigno spaventoso.

Mi mostrò i denti come un animale, trasformando un’espressione che fino a pochi attimi prima era apparsa pietosa in una smorfia crudele senza sentimento.

Quel cambiamento improvviso mi spaventò ancor di più che l’aspetto del suo viso, provocandomi un brivido spontaneo che mi risalì lungo la spina dorsale. Indietreggiai di un passo, ma mi bloccai per non darle troppe soddisfazioni.

-Mh… fantastico- mormorai indifferente prima di interiorizzare ciò che aveva appena annunciato -Che vuoi da noi?- le chiesi a quel punto avanzando di nuovo.

Mi trovavo al centro della sala, a quel punto.

Dietro di me, Elisa si era avvicinata al muro e vi si era seduta contro. Dall’altro lato della stanza, Bao teneva a bada i tre uomini che, in silenzio, valutavano la situazione e le possibili tattiche che ci avrebbero potuto salvare.

Chang Sho, invece, mi stava davanti con una tranquillità sconfinata.

-Bao è uno dei miei più fedeli sostenitori- prese a spiegare pacata, camminandomi lentamente intorno come un predatore che valuta il suo futuro pasto -Sai, quando Yunmeng è stata bruciata per quell’inutile guerra la sua intera famiglia è morta fra le fiamme, mentre lui era ad addestrarsi presso il Clan Nie. Ci siamo conosciuti quando aveva disperatamente bisogno di una guida per non crollare- narrò.

Io, spazientita da tutte quelle chiacchiere e dal mal di testa crescente, le inveii contro con tono tutt’altro che conciliatorio.

-Ho chiesto: che cazzo vuoi da noi?- insistetti stringendo i pugni e concentrando tutta l’energia spirituale che potevo su Zidian, che però rimase inerme fra le mie dita.

La donna, d’un tratto furiosa per questa mia insubordinazione, mi arrivò alle spalle e mi premette una mano sul cranio, infilando le dita sottili a fondo nei mie capelli.

-Stupida bambina viziata- sibilò stringendo delle ciocche tra le falangi e tirandoli per costringermi ad inginocchiarmi -Quando vorrò risponderti lo farò, ti conviene stare zitta ed ascoltare. Sono stata molto… buona, fino ad ora. Non vorrei dover cambiare approccio- mi sussurrò all’orecchio con voce roca.

Il tonfo che le mie ginocchia avevano prodotto quando ero stata spinta sul pavimento di legno mi aveva rimbombato per tutto il corpo, indolenzendomi. 

Un sussulto da parte di Jiang Cheng alle mie spalle e la negazione secca che gli riservò Bao mi fecero capire che il cultore aveva tentati di avanzare, ma che il soldato lo aveva respinto.

Mi morsi la lingua per non ribattere contro la Sacerdotessa. Strinsi i denti a tal punto che gli occhi mi lacrimarono, ma impedii a me stessa di versare anche la più piccola lacrima, preferendo fulminarla con lo sguardo.

A quel punto lei mi lasciò libera, permettendomi di riportare il collo in una posizione tale che non mi facesse male.

Di nuovo calma e posata, la donna si sistemò le pieghe dell’abito candido e si diresse a passo lento verso l’altare, sedendosi sullo scalino più alto con le gambe distese davanti a se’.

-Molto bene. Dov’ero rimasta?- domandò senza aspettare una risposta, picchiettandosi un dito sulla guancia sfigurata e fingendo di riflettere -Oh, certo. Stavo per parlare di voi- annunciò indicando me ed Elisa.

Poi schioccò le dita, sorridendo maligna.

A quel suono, un mormorio gemente si diffuse nell’aria, bloccando tutti noi sul posto come se d’un tratto ci fossimo congelati. Ero diventata abbastanza pratica di quel mondo da sapere che quello era il suono prodotto da dei cadaveri rianimati, anche se non riuscivo a capire da dove provenisse.

Non pareva giungere da nessun posto in particolare, perciò ci guardammo intorno alla ricerca frenetica di un nemico. 

Ci volle qualche secondo perché Wei Ying, l’unico davvero esperto in materia, realizzasse ciò che stava per succedere. Il suo urlo di avvertimento venne però sovrastato da un altro rumore, ancor più preoccupante e presente.

Quando le pareti iniziarono a rompersi, infatti, l’unica cosa che riuscii davvero a sentire furono le grida di Elisa.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Bene bene, eccoci qui.
Ho presentato la Sacerdotessa Nera, ho iniziato a spiegare i suoi piani (beh, se Cristina la smettesse di interrompere <.<) e ho perfino finito con un cliffhanger. Sono ON FIRE oggi, vero?
Ammetto che la scelta di far gestire tutto a Bao, dal lato cultori, è rischiosa, ma fidatevi, non durerà a lungo. Riuscire a controllare qualcuno come Jiang Cheng, seppur senza poteri spirituali, è già difficile, figurarsi se con lui ci sono pure il fratello ed il cognato -.- Prego per i poverini che ci provano.
Che dire? Grazie ere essere passati, vi auguro una buona domenica.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

 

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Capitolo 62
*** Sessantunesimo capitolo ***


Morir contento ed innamorato, ma non proprio 

 

 

Elisa

 

Quando mi sentii afferrare alle spalle capii che ormai era troppo tardi per reagire. Questo non mi impedì però di scalciare e gridare come un’ossessa.

La parete dietro di me si sgretolò con un boato assordante provocato dal legno che si spaccava e dalla stoffa appesa che veniva lacerata dalle molteplici mani che la perforavano. 

Alcune mi afferrarono i capelli nel loro disperato tentativo di fuoriuscire dal muro, costringendomi a piegare la testa all’indietro per non farmeli strappare. Le dita gelide dei cadaveri mi si attorcigliarono fra le ciocche, stringendo il nastro candido nella loro presa e facendomi gemere per il dolore. 

-Cristi…- iniziai a chiamare prima che un palmo freddo mi coprisse la bocca, togliendomi il fiato per lo spavento.

-Elisa!- gridò la mia amica quando vide che venivo trascinata all’indietro. La sua voce era carica di tensione, ma il suo urlo venne sovrastato da un ringhio frustrato.

Non potei capire da dove proveniva grazie alla vista, appannata per via della fatica che stavo compiendo per mantenermi lucida e non scoppiare in lacrime per la frustrazione. Con l’udito che però neppure Cristina e le sue grida erano mai riuscite a danneggiarmi, compresi che l’urlo levatosi in aria proveniva da Wei WuXian.

Il negromante si era lanciato in avanti non appena i cadaveri avevano preso a fuoriuscire dalle pareti, sollevando le mani e fermandone la maggior parte con la sola imposizione della voce. Quando però vide che alcuni di loro, nello specifico quelli che mi avevano afferrato, opponevano resistenza al suo potere, si scostò definitivamente dal marito ed estrasse l’amato flauto dalla cintura della veste rossa e nera.

Impugnandolo con mani ferme e sicure si portò lo strumento alle labbra, soffiando le prime note con forza tale da arrestare l’avanzata nemica e destabilizzare perfino la loro padrona. 

La donna barcollò all’indietro, colpita dall’onda d’urto dell’energia demoniaca. Non cadde solo grazie all’ex guardia di Yunmeng che corse a sorreggerla non appena ella diede segni di cedimento.

Cristina pensò fosse l’occasione giusta per corrermi incontro e liberarmi dalla presa che mi bloccava al muro. Spaventata, incrociai il suo sguardo e scambiai con lei un’occhiata confusa, mentre tendeva le mani verso di me per aiutarmi.

Purtroppo, la Sacerdotessa Nera non sembrò d’accordo con il nostro piano.

Richiamando l’attenzione di Bao con una secca schioccata di dita mi indicò e fece cenno di allontanare la mia amica da me, piegando l’indice per esortarmi a venire avanti.

Grazie ai racconti di Cristina sapevo quanto la guardia si fosse meritato il suo posto come capo guarnigione degli eserciti del Clan Jiang, ma vedere il suo potere spirituale all’opera fu qualcosa di stupefacente.

Neppure Lan XiChen aveva mai dimostrato di sapersi muovere a velocità tanto elevata. 

Certo, c’era da dire che l’unica missione che avevamo compiuto insieme ci aveva costretto a separarci prima del combattimento e che quindi non l’avevo mai visto all’opera, ma credevo per lo meno di essermi fatta un’idea generale di come sarebbe dovuto essere.

Mi sbagliavo, invece.

Quando Bao si mosse, faticai perfino a seguire i suoi spostamenti. Il tempo di un battito di ciglia e ci fu davanti, sollevando Cristina per un braccio e lanciandola lontano con una forza inaudita.

La mia amica rotolò sul pavimento di legno fino ad arrivare ai piedi di Jiang Cheng, che la raggiunse in fretta per sincerarsi delle sue condizioni. Lei se lo scrollò di dosso con un ringhio cupo che le raschiava la gola, gli occhi fissi sul cultore nemico che mi sovrastava.

Con la stessa malagrazia che lo aveva contraddistinto poco prima, la guardia mi afferrò i capelli alla radice e mi fece rimettere in piedi. Io, per tutta risposta, gli piantai nel petto il pugnale che avevo tenuto nascosto fino a quel momento nelle pieghe della veste.

Me lo aveva regalato, per così dire, Lan XiChen. 

Prima che se ne andasse alla ricerca della Dama Bianca gli avevo ricordato che ero disarmata e, da bravo gentiluomo qual’era, aveva estratto dalla manica una corta lama d’acciaio, semplice e letale.

Non avevo nemmeno provato a domandargli perché si portasse dietro un pugnale del genere se aveva una spada ed i suoi poteri spirituali. Ero sicura che la risposta non mi sarebbe piaciuta.

La mia intenzione non era quella di uccidere Bao, in ogni caso, ma sfortunatamente la posizione di svantaggio in cui mi trovavo mi diede pochissima libertà di movimento. C’era anche da dire che non avevo mai pugnalato qualcuno prima.

Per questi motivi, uniti alla fretta e al panico che mi assalirono quando il cultore mi artigliò i capelli con le dita, al posto del costato gli colpii la gola.

La lama affilata affondò con facilità nell’incavo fra il collo e lo sterno, perforando la carne con un suono ovattato ed una facilità impressionante. Non ci fu nessuna resistenza che rallentasse il mio colpo, mentre piantavo il pezzo di ferro nella giugulare dell’uomo.

Mi ritrassi quasi all’istante, spaventata da ciò che avevo fatto, ma ormai la ferita era troppo profonda per non essere mortale. Il suono gorgogliante del sangue che sgorgava dallo squarcio mi arrivò alle orecchie e mi fece rabbrividire.

Il pugnale mi sfuggì di mano e tintinnò colpendo il pavimento, rimbalzando due volte prima di fermarsi ai piedi di Bao.

-Tu…- mormorò prima che un colpo di tosse gli soffocasse ogni protesta. Uno schizzo rosso gli macchiò le labbra ed il mento quando tentò di parlare ancora.

Indietreggiai quando cadde in avanti, strisciando all’indietro sulle ginocchia per evitare che il suo corpo mi cadesse addosso. La gonna della mia veste si impigliò ad una delle assi di legno che componevano il parquet, lacerandosi con uno strappo che si estese fino a metà coscia.

La mia tunica interna era visibile a tutti ora e, anche se sapevo che per loro sarebbe stato uno scandalo, non me ne importò molto. Per lo meno avrei potuto correre agilmente ora.

Il soldato dalla gola squarciata finì carponi davanti a me, le dita della mano destra che andavano a tamponare la ferita e quelle della sinistra che tastavano il terreno nel tentativo di aggrapparsi a qualcosa.

Trovarono la mia veste, come primo appiglio. Ne stropicciarono la stoffa chiara e ne rovinarono la piega, ma non ebbi il coraggio di sottrarmi a quella stretta, anche se ne avrei avuto il modo.

Bao rantolò un’ultima volta prima di crollare a terra, la guancia sinistra premuta sul pavimento e gli occhi che fissavano un punto imprecisato fra Cristina e gli altri tre cultori presenti.

Immobile, sussurrò qualcosa di indefinito prima di fermarsi del tutto, le dita pallide ancora stretta alla mia gonna che si distendevano pian piano.

Per un attimo credetti fosse morto, ma il silenzio tombale che era piombato nella sala fu interrotto dal suo respiro spezzato che gracchiava e rimbombava fra le pareti sfondate.

-Hai fermato i miei cadaveri, complimenti- la voce della Sacerdotessa  spazzò via i miei pensieri costringendomi a voltarmi nella sua direzione. Era rivolta in direzione di Wei Ying e lo fissava ammirata, nonostante si stesse dirigendo verso di me.

Non rivolse nemmeno uno sguardo al suo sottoposto mentre avanzava con passi lenti e misurati fino a raggiungermi. Lo aggirò come se facesse parte dell’arredo della stanza e continuò a parlare, gli occhi luminosi fissi sul Patriarca di Yiling. 

-Dicevano che eri il miglior negromante mai apparso, ma non avrei mai pensato tu fossi così eccezionale. Sono davvero stupita- continuò a congratularsi quando nessuno rispose al suo commento.

Wei WuXian sorrise con evidente sarcasmo e simulò un inchino fin troppo esagerato.

Suo marito lo osservò in silenzio, Jiang Cheng alzò gli occhi al cielo e porse a Cristina una mano perché si alzasse dal pavimento. Le lo rifiutò ancora e rimase accovacciata tenendosi un fianco con la mano che non usava come appoggio per restare in equilibrio.

Doveva essersi fatta male mentre rotolava, ma non lo avrebbe dimostrato in alcun modo, ne ero sicura. Maledetto orgoglio.

-Sono lusingato dalle tue parole, ma vorrei sapere chi mi trovo davanti, prima di affrontarlo in uno scontro- intervenne il negromante facendo un passo avanti ed allargando le braccia con il suo solito ghigno canzonatorio sulle labbra -Perché ci hai portato qui?- domandò poi.

La donna soppesò il suo quesito per qualche secondo, prima di decidere se rispondere o meno. 

Si batté l’indice sulla guancia sfregiata e mi girò attorno come uno squalo, imitando le movenze con cui aveva accerchiato Cristina pochi minuti prima. Alla fine allargò le labbra in un ghigno storto che sembrava più una smorfia che un sorriso.

-Non ho nulla contro di voi- ammise sincera, ed i suoi occhi si incupirono -Voglio solo riavere ciò che mi è stato portato via- la voce le divenne più grave, mentre pronunciava quelle parole.

Poi rivolse nuovamente la sua attenzione verso di me e mi sollevò il viso con la punta delle falangi che premevano sulla gola poco sotto il mento. Le unghie affilate mi graffiarono la pelle, ma non fu per quello che l’istinto mi urlò di recuperare l’arma che era caduta a terra.

Il gelido vuoto nei suoi occhi fu molto peggio.

Con le dita che tremavano sull’impugnatura del pugnale, alzai gli occhi sulla figura candida di Chang Sho. Osservai il suo viso sfigurato tendersi in un’accenno di sorriso mentre mi guardava beffarda.

Non sembrava arrabbiata per quello che avevo fatto al suo servitore, eppure in quelle iridi scure lessi una minaccia sottintesa che non servì a far altro che spaventarmi di più.

Il mio gesto non l’aveva infastidita per l’accoltellamento in se’, che aveva quindi messo fuori gioco la sua guardia, ma per la sfida al suo potere che lo stesso aveva comportato.

-Pensavo fosse lei quella ribelle delle due- sospirò mesta indicando Cristina con un cenno del mento, la voce annoiata di una maestra che deve sgridare per l’ennesima volta l’alunno disubbidiente -Questo renderà tutto molto più interessante- aggiunse.

Quando il suo ghigno si allargò, le cicatrici sul suo viso assunsero l’aria di una maschera macabra che preannunciava sventura.

 

 

Cristina

 

Annaspando alla ricerca d’aria per il dolore che l’impatto con il pavimento mi aveva causato, mi sollevai sui gomiti e rivolsi alla Sacerdotessa un’occhiata truce.

Il corpo di Bao disteso a terra attirò la mia attenzione quando uno spasmo gli fece muovere la gamba ed il braccio destro. Con un mugolio sofferente dimostrò di essere ancora vivo, nonostante l’importante perdita di sangue.

Sotto a lui la macchia scarlatta non faceva altro che allargarsi man mano che il ragazzo perdeva il controllo dei suoi poteri spirituali per via del dolore e della grave ferita. I suoi lunghi capelli castani erano zuppi di liquido rosso, appiccicati al pavimento nella pozza vischiosa che si ingrandiva ancora ed ancora.

Come in un circolo vizioso, più tempo passava e meno riusciva a limitare il flusso del proprio sangue.

Provai pena per lui, in un attimo di lucidità che mi ricordò che si trattava di una persona, nonostante tutto. Anche se ci aveva traditi, una parte di me si diceva che non meritava di morire in modo così doloroso.

L’altra parte lo voleva veder soffrire ancora per un po’, invece.

-Il tuo uomo sta morendo- feci notare alla Sacerdotessa con voce roca, indicando con un cenno il giovane riverso a terra.

Chang Sho mi concesse un’occhiata frettolosa per poi continuava ad ammirare il volto spaventato di Elisa. Le girò il viso da ogni lato per osservarne i lineamenti e solo dopo parecchi secondi sembrò soddisfatta.

Sorrise distrattamente, mentre mi rispondeva senza degnarmi di uno sguardo.

-Il mio uomo?- domandò come se quelle parole fossero pura follia -Ha compito il suo scopo, può anche morire se lo desidera. Non mi è più di alcuna utilità, ora mi servite tu e la tua amica- spiegò scrollando le spalle.

-Perché?- insistetti sperando di essere ascoltata. 

Se precedentemente le mie domande l’avevano infastidita, ora che sembrava così ben disposta nel rispondere non volevo perdere l’occasione di capire il suo piano. Magari avremmo potuto venirne fuori a parole, anche se ci contavo poco.

La Sacerdotessa scosse il capo con rammarico, le labbra screpolate premute fra loro in una linea sottile.

-Mi hanno portato via una persona cara, tanti anni fa, e io la voglio riavere- dichiarò con un sospiro pesante che coprì l’ennesimo gemito sofferente di Bao, questa volte più debole dei precedenti. 

Stava perdendo troppo sangue per restare cosciente, e al di sotto delle palpebre socchiuse che sfarfallavano potei intravedere i suoi occhi muoversi freneticamente come se l’uomo fosse in preda ad un incubo.

Le parole della donna mi lasciarono però perplessa, perché per un attimo pensai di aver interpretato male la frase che aveva appena pronunciato, tanto il suo senso non coincideva con ciò che stava accadendo.

-Sei una negromante, dovresti sapere come riportare i morti in vita- le ricordai con una punta di ironia nella voce che neppure il dolore al fianco potè togliermi.

Starà parlando dell’amica che suo fratello ha ucciso? Quello che i soldati dicevano era vero, quindi? mi chiesi confusa.

Chang Sho sbuffò seccata davanti a quell’affermazione e fece cenno ad Elisa di alzarsi, mentre attorno alla cultrice demoniaca un’aura scura si muoveva come un turbinio di ombre scure.

Per la seconda volta, restai senza fiato davanti alle sue straordinarie capacità.

Al richiamo dell’energia maligna, uno dei molti cadaveri ancora intrappolati nelle pareti, non fuoriusciti solo grazie all’intervento di Wei Ying e dei suoi poteri, si rianimò all’improvviso e strisciò lentamente verso la padrona. 

Lo zombie recuperò con le dita rigide il pugnale abbandonato a terra e lo porse alla Sacerdotessa, i movimenti secchi ed affaticati dalla carne marcescente.

-L’anima che voglio rianimare è danneggiata, nemmeno io posso fare molto per un caso simile- spiegò intanto la donna, accettando la lama fra le mani e guardandoci con le iridi rosse che brillavano -Ho bisogno di voi- annunciò grave.

A quelle parole, Elisa si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito dalle labbra.

Nervosa, si passò le mani sul viso e si risistemò alla cieca la fascia bianca che le aveva donato il marito, riprendendo fiato prima di parlare con voce atona. Piantò i grandi occhi azzurri su Chang Sho e le rivolse un sorriso mesto.

-Nessuna di noi due sa come si resuscita qualcuno, hai sbagliato obbiettivo- le spiegò, certa che ora tutti i piani della donna sarebbero andati in fumo.

Effettivamente, se davvero cercava qualcuno in grado di riportare in vita questa fantomatica persona, con me ed Elisa aveva di sicuro preso le ragazze sbagliate.

La donna in bianco però parve stizzita da questa nostra convinzione ed espresse il suo disappunto con un ringhio cupo.

-Non mi serve che facciate nulla, necessito solo dei vostri corpi e dei vostri poteri- sputò a denti stretti con un’espressione truce sul viso sfigurato -Attendevo da così tanto l’arrivo di stranieri da un altro mondo che avevo quasi perso le speranze… ma i libri non mentivano. Alla fine siete giunte come predetto- esclamò cambiando d’improvviso umore e tornando serena, quasi sollevata.

Non sapevo di cosa stava parlando, ma per mia fortuna non ero l’unica confusa da ciò che stava accadendo.

-Quali libri?- chiese infatti Wei WuXian con una nota di urgenza nella voce che non gli avevo mai sentito usare. L’avrei descritto come ansioso, se non quasi spaventato.

Prima che la cultrice demoniaca potesse rispondere, un tonfo sordo proveniente dalla porta d’ingresso annunciò l’arrivo di qualcuno. 

Un uomo dalla bianca veste da lutto fece il suo ingresso con la spada sguainata e i capelli sciolti sulle spalle, mossi dei suoi movimenti concitati. Il taglio obliquo che gli attraversava la manica del braccio destro gocciolava abbastanza sangue da sporcare la candida stoffa dell’abito, facendo apparire la ferita superficiale più grave di quanto non fosse.

-Lan XiChen!- gridò Elisa slanciandosi in avanti, subito fermata dalla Sacerdotessa che la afferrò per un braccio e le impedì di avvicinarsi.

Chang Sho parve per un attimo valutare attentamente la situazione, soppesando la successiva mossa che le avrebbe dato il maggior vantaggio. Il cultore appena arrivato ne approfittò per scandagliare la stanza con occhiate veloci e frenetiche.

Riconobbe il fratello, il cognato, me e Jiang Cheng. Infine le sue iridi castane si posarono stralunate sulla moglie, accennando un sorriso nel vederci tutti illesi o quasi.

Il suo giubilo durò poco, però.

-Abbandona la spada e sigilla i tuoi poteri, Gran Maestro- ordinò con voce chiara la Sacerdotessa Nera ricordando chi aveva in mano la situazione -O lei ne pagherà le conseguenze- minacciò premendo il coltello sullo stomaco di Elisa, tenendola ferma per un braccio per non farla arretrare.

Lan XiChen esitò per un secondo o due, prima di lasciar cadere Shuoyue ed abbassare la testa per premersi le dita sul costato. Come Jiang Cheng prima di lui, inghiottì le proteste e fece ciò che gli era stato ordinato pur di salvare la sua compagna.

Per un attimo mi passò per la mente l’insana idea che, dato il suo carattere era meno aggressivo e più dedito alla collaborazione, sarebbe stato un boccone meno amaro da inghiottire che per l’uomo di Yunmeng. Il Lan non aveva un gran orgoglio da sopprimere, insomma.

Quando però il cultore rialzò il viso vi lessi sopra una tale rabbia che sussultai. Il dolore al fianco mi tornò a perseguitare, ma ricacciai indietro le lacrime e mi rialzai barcollando.

Quello sguardo è tutto fuorché remissivo, pensai vedendo i suoi occhi castani pieni di furia.

-Molto bene- si complimentò intanto Chang Sho, il sorriso che tornava sereno ad illuminarle il viso deforme. Si rivolse alla ragazza al suo fianco e quella gioia immotivata si spense, sostituita da un’angoscia nuova -Mi spiace dover danneggiare il contenitore che tanto mi serve, ma sono sicura che potrò ripararlo con facilità, una volta ottenuto ciò che voglio- mormorò tristemente accarezzando la guancia di Elisa con sincero dispiacere.

Poi le infilzò il fianco con la lama.

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
Mi scuso infinitamente se ho rimandato la pubblicazione, ma in questo periodo gli impegni mi tolgono tutto il tempo libero e, quando trovo un attimo per scrivere, la mia mente non vuole collaborare.
É stata dura scrivere questo capitolo, lo ammetto. Non so se è il "blocco dello scrittore" o simili ma ho faticato per ogni frase, ve lo garantisco.
Spero comunque che vi sia piaciuto e vi mando un forte abbraccio per essere rimasti. Grazie davvero.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith

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