La Disfatta di Severus Piton di Rumaan (/viewuser.php?uid=193024)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Scommessa ***
Capitolo 2: *** Regali ed Enigmi ***
Capitolo 3: *** Duelli ***
Capitolo 4: *** Appuntamenti ***
Capitolo 5: *** Incomprensioni ***
Capitolo 6: *** La Disfatta di Piton ***
Capitolo 1 *** La Scommessa ***
Capitolo 1
Disclaimer:
i personaggi appartengono a J.K. Rowling.
La storia si svolge
durante un settimo anno alternativo e segue le vicende fino alla fine
del quarto/inizio del quinto libro. Le avventure mancanti non vengono
raccontate ma sono brevemente descritti i fatti accaduti tra quinto e
settimo anno.
Attenzione!
Questa storia è una traduzione. L'originale la potete trovare al seguente link:
https://www.fanfiction.net/s/8638926/1/The-Demise-of-Severus-Snape
La scommessa
Severus
Piton era al limite. Osservò la sua aula parzialmente distrutta ed ebbe
l’istinto di strapparsi i capelli. Hermione Granger si trovava al centro, come
Didone tra le rovine di Cartagine. Il suo nemico della giornata – e di tutte le
altre, in realtà – Draco Malfoy, giaceva immobile ai suoi piedi.
Come al
solito, avevano iniziato a litigare dal nulla. Quella mattina era iniziato
tutto bene, gli studenti concentrati sulle proprie pozioni, quando Draco e la
Granger avevano all’improvviso cominciato a bisticciare nella dispensa. Avevano
poi continuato in classe, dove Piton aveva dovuto sopportare l’indegna vista
dei due Caposcuola che lottavano per una fialetta, urlandosi addosso finché non
erano caduti sul banco della Granger. Non era sicuro di come ma, un minuto
dopo, il calderone di lei era esploso, creando un buco enorme nella parete
vicina.
Per un momento
era caduto il silenzio, prima che tutti iniziassero inevitabilmente a ciarlare.
Severus li lasciò fare per dieci secondi, prima che la sua voce sovrastasse
quelle degli studenti del settimo anno.
“Silenzio!”,
abbaiò.
Si mosse da
dietro la cattedra ed andò a constare i danni. Doveva davvero ricordarsi di
avere a che fare con degli imbecilli, prima di assegnare loro pozioni
complicate e pericolose come quella esplodente di quel giorno, si disse.
Strisciò i piedi fino al corpo immobile del Caposcuola e lanciò un paio di
incantesimi diagnostici. Sarebbe stato bene, era solo stato colpito da un
calcinaccio staccatosi dal muro. Per fortuna Draco aveva la testa dura,
altrimenti si sarebbe dovuto mettere a scrivere una lettera molto spiacevole a
Narcissa.
“Signorina
Parkinson”, sbottò. “Porti Draco in infermeria”.
I Serpeverde
sapevano di non dover discutere un suo ordine e, anche se riusciva a leggere le
domande negli occhi blu di Pansy, lei eseguì alla lettera. La osservò con
occhio critico mentre faceva levitare il biondo incosciente e lo seguiva fuori
dalla porta. Il resto dei suoi compagni rimase un attimo in silenzio, prima di
voltarsi arrabbiati e lanciare sguardi infuocati ai Grifondoro.
Severus
spostò la sua attenzione sulla strega riccia, che non aveva mosso un muscolo
dal momento dell’esplosione. Sembrava essere in stato di shock, cosa
estremamente inusuale per lei. Alle sue spalle, Potter sbatteva le palpebre
verso la scena del crimine mentre Weasley, con la bocca spalancata, muoveva gli
occhi da un lato all’altro della stanza. Un paio di complicati movimenti di
bacchetta dopo, l’aula venne riportata al suo stato originale. I sotterranei
potevano anche essere bui e tetri, ma Severus manteneva l’aula più pulita che
Hogwarts avesse mai visto.
Osservò uno
ad uno gli studenti di Pozioni Avanzate. Non molti di loro riuscivano a
guardarlo negli occhi, vista la rabbia repressa che si irradiava da lui.
“Voglio un tema di novantacinque centimetri sul perchè seguire le istruzioni
passo passo durante la preparazione di una pozione sia essenziale per ogni
competente pozionista. Mi aspetto di trovarlo sulla mia scrivania per la
prossima lezione”, biascicò.
I mormorii
si accesero. “Non accetterò alcuna scusa. Se il tema non verrà consegnato, non
avrete alcun voto. Ora tutti fuori, tranne la Signorina Granger”.
La Granger
sembrò risvegliarsi dal suo stato catatonico a quelle parole. Alzò gli occhi
verso di lui. Riusciva a percepire quanto fosse preoccupata, il che lo fece
sorridere internamente. Adorava constatare la paura che incuteva ai suoi studenti,
specialmente tra i Grifondoro.
“Malfoy
starà bene?”, chiese con la voce appena tremolante.
Severus si
accigliò. Allora non era in ansia per la punizione che avrebbe ricevuto. “Starà
bene e non grazie a lei, Signorina Granger”, disse tagliente. “Ad ogni modo,
trovo che il suo comportamento non rispecchi le caratteristiche minime
richieste per un Caposcuola di Hogwarts. La cosa deve essere portata
all’attenzione del Preside. Raccomanderò che le sia tolto l’incarico”.
La Granger
arrossì e si morse un labbro. Almeno riusciva a controllare le sue emozioni,
cosa che non poteva dirsi per i suoi due stupidi amici.
“Cosa?”,
esclamò Potte. “Non può farlo! La colpa è stata tanto di Hermione quando di
Malfoy, se non di più”.
Severus
puntò gli occhi sul suo studente peggiore con disgusto. “Signor Potter”,
biascicò. “Trovo incomprensibile come ancora non sia riuscito a capire che non
tutto la riguarda. Non credo di aver chiesto a lei od al Signor Weasley di
rimanere indietro, né di aver richiesto la vostra opinione”.
Rimanendo
immobile alla sua natura irritante, Potter lo ignorò. “È ingiusto, è colpa di
Malfoy se la pozione è esplosa”, continuò noncurante.
“Ci ha messo
lui gli aculei di porcospino in più”, aggiunse Weasley.
Ronald
Weasley, l’altra spina nel fianco di Piton. Il rosso era più tonto di un tordo.
Se non fosse stato per quell’anno in cui lui aveva insegnato Difesa Contro le
Arti Oscure, quei due non sarebbero stati mai ammessi al suo corso di Pozioni
Avanzate. Tristemente, gli standard di Lumacorno non avevano mai combaciato con
i suoi.
“È
abbastanza!”, abbaiò Severus. “Potter e Weasley, in punizione con me questa
sera alle otto”.
“Che abbiamo
fatto?”, si lamentarono entrambi all’unisono.
Esistete,
fu il
pensiero che gli attraversò la mente, ma non lo espresse. “Non solo siete
rimasti quando avevo richiesto la presenza della sola Signorina Granger, ma
avete anche fallito nel dimostrare il rispetto che di seve ad un professore”.
La Granger
diede una gomitata ad entrambi, il che gli fece riportare l’attenzione su di
lei. Sarebbe stata una soddisfazione incrinare quell’aura di sicurezza che
portava. Era troppo composta e rigida, anche se molto intelligente. E
soprattutto le piaceva comandare, troppo per i suoi gusti. Si sarebbe divertito
a demotivarla. L’avrebbe rimpiazzata con Daphne Greengrass e Minerva McGranitt
sarebbe andata su tutte le furie. La sua pupilla, rimossa dalla propria
posizione per comportamento scorretto e rimpiazzata da una Serpeverde.
Era così
preso dal suo sogno ad occhi aperti del trionfo sui Grifondoro che gli ci volle
un colpo di tosse della Granger per riportarlo con i piedi per terra. Dannata
strega. Aveva riacquistato quello sguardo freddo che sfoggiava di solito. In
effetti, l’unica volta in cui scompariva era quando litigava con Draco.
Diventava una sottospecie di virago urlante, completa di viso rosso e capelli
elettrici.
“Signorina
Granger, venga con me”, sbottò.
Mentre
sorpassava quell’orribile trio, vide la ragazza lanciare agli amici uno sguardo
d’avvertimento. Si lisciò il mantello, sapendo di essere seguito. Era
finalmente arrivato il momento di rimettere i Grifondoro al loro posto.
Quando
raggiunsero l’ufficio del Preside, parecchi piani più in alto, Severus mormorò
la parola d’ordine e salì le scale in silenzio assieme alla Granger, osservando
soddisfatto la sua espressione ansiosa, proprio quella che avrebbe dovuto
avere. Bussò alla porta.
“Avanti”,
rispose il tono calmo di Albus Silente.
Spalancò la
porta, spingendo la Granger di fronte a lui.
“Professor
Piton, c’è qualche problema?”
“Sfortunatamente”,
disse serio. “La Signorina Granger qui presente ha trovato appropriato far
esplodere la mia classe e mandare il Caposcuola in Infermeria. La sua Condotta
non si addice ad una Caposcuola e chiedo che sia rimossa dalla sua posizione. È
solo per pura fortuna che il Signor Malfoy non sia rimasto ucciso”.
Entrambi i
professori la guardarono. “È vero, Hermione?”, chiese Albus, osservandola fissa
dall’alto dei suoi occhiali a mezzaluna.
“Beh… sì, ma
è stato un incidente”, disse nervosa.
“Così
spero”, rispose il Preside.
“La pozione
che stava cuocendo pende e non sarebbe esplosa ma io e Malfoy stavamo litigando
per chi dovesse prendere l’ultima fiala di veleno di serpente. La sua era stata
rotta da Goyle e voleva quella rimasta nella dispensa, solo che l’ho presa
prima io. Durante la ehm… diatriba che ne è seguita una spina di porcospino in
più è finita nel mio calderone e ne ha causato l’esplosione”.
La porta si
aprì con un colpo e Minerva si affrettò ad entrare concitata. Severus imprecò sottovoce.
Forse avrebbe dovuto farsi seguire anche da quegli altri due impiccioni, dato
che si erano ovviamente diretti dalla loro direttrice. Ecco che Potter riusciva
ancora una volta ad avere la meglio sul Preside. Albus gli era affezionato in
modo rivoltante.
“Sia come
sia, Preside, non credo che lottare per una fiala di veleno di serpente sia un
comportamento edificante per una Caposcuola. È davvero stata fortuna che il
calcinaccio che ha colpito il Signor Malfoy non sia stato più grande. Non penso
debba continuare a ricoprire la sua attuale posizione, significherebbe mandare
il messaggio che tentare di uccidere un Caposcuola sia accettabile”.
“Come se
fossi l’unica a volerlo morto”, mormorò la Granger.
Severus la
guardò disgustato. Certo, i suoi Serpeverde non erano molto benvoluti ma
stavano lavorando contro i pregiudizi del resto della scuola, che non riusciva
ad apprezzarne i significativi talenti e distintivi caratteri.
“Davvero,
Severus, stai esagerando! Dubito che la Signorina Granger stesse cercando di
uccidere un Caposcuola. Mi dispiace impicciarmi, Preside, ma il Signor Potter
ed il Signor Weasley mi hanno raccontato ciò che è successo e temo sarebbe
estremamente ingiusto togliere alla Signorina Granger il suo titolo a causa di
un ovvio incidente”, si intromise Minerva.
Il Preside
unì le dita delle mani e guardò i tre occupanti del suo ufficio. Severus poteva
giurare di aver visto un sorriso spuntargli sulle labbra. Fu allora che capì
che non si sarebbe pronunciato in suo favore. Dannazione, pensò. Albus
aveva la mania per le punizioni soft, soprattutto se si trattava di Potter ed i
suoi irritanti amici. Valeva la pena tentare, comunque.
“Anche se
capisco la tua rabbia, Severus, non vedo come possa essere stato un atto
deliberato da parte della Signorina Granger sabotare la tua lezione od uccidere
Draco. Perciò, non c’è motivo che il suo titolo le venga tolto a causa di ciò
che è stato un incidente”.
La riccia
emise un profondo sospiro di sollievo. “Mi dispiace davvero per l’incidente,
Preside”, disse con un tono vomitevolmente zuccheroso.
Severus fece
una smorfia ed Albus lo guardò divertito. “Scusati con il Professor Piton e potrai
andare”.
La Granger
si voltò verso di lui. “Mi dispiace di aver distrutto la sua classe,
Professore”, disse convinta.
Severus
annuì brevemente e la lasciò uscire dall’ufficio, seguita dalla sua direttrice,
che gli lanciò un ultimo sguardo prima di sparire. Se non avesse saputo quanto
Minerva ci tenesse alla correttezza, si sarebbe preoccupato dei punti che
avrebbe potuto togliere ai Serpeverde.
Anche se lui
in realtà aveva una lezione in programma con i Grifondoro del quinto anno e di
sicuro non si sarebbe lasciato fermare da dei noiosi valori morali. Avrebbe
tolto loro parecchi punti, assieme al primo posto per la Coppa delle Case. Il
pensiero lo rallegrò particolarmente.
“Severus,
ammiro i tuoi tentativi, davvero”, disse divertito il Preside.
“Non sono
sicuro di capire cosa intendi, Albus”.
“Certo che
no, ma non cercare nuovamente di portare via il suo titolo alla Signorina
Granger. Lei ed il Signor Malfoy mi garantiscono un divertimento senza fine”.
“Devo
mettere in dubbio la tua saggezza nell’aver affidato il compito a quei due,
Albus. Stanno dando il cattivo esempio alla scuola. Povero Draco, non lo
incolpo per essere così frustrato. È di sicuro una ragazza che fa
infuriare”.
Quell’ique
Quell’irritante
sorrisetto compiaciuto rifece capolino sulle labbra di Albus, mentre gli faceva
l’occhiolino. “Devo dissentire. I loro battibecchi sono ancora più interessanti
vista l’ovvia chimica tra i due”.
“Chimica?”, biascicò
Severus.
“Sì, è davvero
palese a coloro che riescono a vedere oltre l’ovvio”.
Severus si
stizzì all’implicazione riguardo la sua cecità. “Credo tu stia interpretando la
loro ostilità un po’ troppo sopra le righe. Dopotutto, lei è una Nata Babbana e
Draco un Malfoy”.
“Trovo siano
sempre le persone meno indicate a stare insieme che ispirano l’amore più forte.
Pensavo che proprio tu lo avresti capito, Severus”.
Lui arrossì.
Lili era completamente diversa dalla Granger, unica e speciale. Non le piaceva
comandare né era un’irritante So-tutto-io. Ok, forse un po’ lo era stata, ma in
lei quelle caratteristiche ispiravano tenerezza, non come con la Granger. “Penso
concorderai che questa situazione sia molto diversa”.
Albus annuì.
“Ma certo, l’attrazione è diversa perché lo sono le persone”.
“Obietto all’idea
ci sia dell’attrazione tra quei due”.
Il Preside
rise. “Mi sorprendo di te, Severus. Di solito sei tu quello che osserva. Mi stai
dicendo che non hai notato gli sguardi furtivi che si lanciano di continuo?”.
“Gli unici
sguardi che noto sono quelli pieni di odio appena prima inizino ad urlarsi
addosso”.
“Ti va di
rendere la cosa ancora più interessante?”, chiese Albus.
Severus si
avvicinò al Preside. Aveva quella scintilla negli occhi che di solito significava
“Io so qualcosa che tu non sai”. Era sconcertante. “Interessante in che modo?”.
“Che ne dici
di fare una scommessina sui due Capiscuola?”.
Severus
strinse le labbra. Non si fidava di Albus Silente quando si comportava in modo
così subdolo. “Che tipo di scommessa?”.
“Scommetto
che Draco Malfoy ed Hermione Granger finiranno per frequentarsi entro la fine
dell’anno”.
Che cosa? Pensò. Albus deve aver perso la
testa. “Che cosa mi farebbe guadagnare, tutto ciò?”.
“Se avrò mal
interpretato la situazione e loro continuassero ad odiarsi, perderei ed il
prossimo anno nominerò entrambi i Capiscuola di Serpeverde”.
A Severus
piaceva parecchio. Il suo sogno di spodestare Minerva stava riaffiorando. Lo avrebbe
odiato. Entrambi i Capiscuola Serpeverde! Non succedeva da cinquecento anni. “E
se perdessi io e Draco perdesse completamente la testa dichiarando il suo amore
per la Granger?”.
“Dovrai indossare
i colori di Grifondoro per un giorno intero”.
Severus
rabbrividì. Rosso ed oro? Esisteva qualcosa di più vergognoso? L’idea di
doversi travestire come il ritratto di Fanni appena nata di sicuro non lo allettava,
ma il desiderio del dominio dei Serpeverde era altrettanto forte. Tra l’altro,
non c’era possibilità che il Preside avesse ragione, era assurdo persino
pensarci. “Credo sia piuttosto improbabile tu abbia ragione ma sarò più che
felice di avere due Capiscuola Serpeverde il prossimo anno”.
“Eccellente”,
rispose Albus, tendendogli la mano. Mormorarono entrambi l’incantesimo per
rendere la scommessa vincolante, come se ce ne fosse bisogno. Somigliava molto
ad un Voto Infrangibile, ma aveva il vantaggio di regalarti delle terribili
pustole in caso di rottura del patto, invece che la morte.
Albus rise
tra sé quando Severus uscì dal suo ufficio. “Non posso dire di approvare la tua
scandalosa scommessa su uno dei miei discendenti”, biascicò Phineas Nigellus
Black.
“Oh, zitto,
Phineas!”, lo rimproverò Dilys Derwent. “È innocua e quello stupido ragazzo,
Severus, se lo merita dopo aver cercato di rimuovere dalla sua posizione quell’adorabile
Granger”.
“Di certo
non è innocua, visto che si parla di una Sanguesp…”. Si bloccò prima di finire
la frase vedendo lo sguardo feroce di Albus e di metà degli altri ex Presidi. “Nata Babbana”, si corresse con astio.
“Ormai è ora
che quelle ridicole idee sul sangue siano messe a tacere”, tuonò Dexter
Fortescue. “Non hanno più posto nella nostra società”.
“Lo dici solo
perché sei un Nato Babbano”, sbottò Phineas.
Vindictus Verdian
fece una smorfia. “Non definiresti dolce la Granger, se solo vedessi certe cose
che combina, Dilys. Ha un lato vendicativo che io approvo appieno”.
“Suvvia,
Veridian, sono sicuro tu stia sbagliando. È sempre così deliziosa”, obiettò
Dilys.
“Forse perché
non hai mai cercato di fermarla dal violare una regola della scuola. Ha una
determinazione fortissima, incredibile per una con quei valori morali. Lei ed
il ragazzo Malfoy di certo sarebbero una coppia interessante”, replicò
Vindictus.
“Come se un
discendente della nobile Casa dei Black si abbassasse a tanto”, sbottò Phineas.
“Andromeda Tonks”,
disse Heliotrope Wilkins con un colpo di tosse. Phineas sputacchiò.
Albus, non prestandi
attenzione ai ritratti che battibeccavano, si rilassò sulla sedia ed iniziò a
pensare alla prossima mossa. Se conosceva bene Severus come pensava, di sicuro
non si sarebbe riuscito a trattenere dall’interferire. Adorava davvero
immischiarsi in situazioni che non gli appartenevano, bastava pensare ai
Malandrini. Certo, loro lo prendevano in giro senza pietà, cosa di cui Albus
avrebbe dovuto accorgersi, ma di certo non c’era bisogno li seguisse di
nascosto come invece aveva fatto. Tra l’altro, ci aveva quasi
rimesso le penne.
Dopotutto però,
se voleva che il suo piano funzionasse, Severus doveva per forza immischiarsi. Tristemente,
la sua idea di nominare Hermione e Draco Capiscuola, così che potessero avere
del tempo in più da passare insieme ed innamorarsi, era fallito miseramente. Li
aveva portati solo a discutere sempre di più e causare molti più incidenti che
spedivano l’uno o l’altra in infermeria. Di solito toccava a Draco. Hermione
riusciva sempre a scansare le fatture, mentre lui aveva sempre preferito
parlare rispetto all’agire.
Quell’ultimo
incidente, comunque, di fronte ad un esasperato Severus, rimetteva di nuovo tutte
le carte in gioco. Non c’era dubbio che il Professore avrebbe iniziato a
remargli contro più ferocemente del solito. Albus avrebbe dovuto scegliersi con
cura i propri alleati. Passò mentalmente in rassegna i nomi degli studenti già
reclutati e si soffermò a due ragazzi del sesto anno. Sorrise apertamente.
Sono perfetti, pensò.
Nel
frattempo, Severus marciava verso il suo ufficio nei sotterranei. Per fortuna
era ora di pranzo, così avrebbe avuto la possibilità di iniziare a pianificare
la sua prossima mossa. Non era così stupido da non immaginare che Albus non avrebbe
esortato i due Capiscuola a stare assieme, se avesse potuto. Nonostante fosse
così impegnato, quel vecchio pazzo impiccione adorava immischiarsi nella vita
giornaliera dei suoi studenti.
Nel caso di
Draco e la Granger, Severus riusciva ad immaginarsi il Preside pensare id poter
rendere felici due giovanotti e cambiare il mondo. Se un Malfoy avesse iniziato
a frequentare una Nata Babbana sarebbe stato uno schiaffo in pieno viso per
quelli ancora ancorati alle vecchie idee di supremazia del sangue. Albus avrebbe
adorato esserne il messaggero.
Era stata
una grande sorpresa quando Draco era diventato Caposcuola. Molti studenti si aspettavano
sarebbe stato Harry Potter mentre lui credeva sarebbe toccato ad un membro dell’Esercito
di Silente. Invece era stato Draco a ricevere la spilla, per la costernazione
delle altre tre Casate e la maggioranza dei Professori. Severus invece ne era
entusiasta. Non molti ritenevano ammirevoli le sue qualità, ma lui apprezzava
il modo piuttosto sottile con cui aveva reso la vita di Potter un inferno. Tristemente,
a Draco mancava il carattere più duro e malvagio del padre, dunque eccelleva
solo nel fare il bullo. Severus sospirò. Chissà come sarebbe stato umiliato
Potter, e potenzialmente ferito a morte, se Draco avesse avuto un po’ più della
personalità di Lucius ed un po’ meno di quella di Narcissa.
Beh, non c’era
motivo di pensare al passato. Doveva concentrarsi sul mettere nel sacco Albus.
Adorava una vera lotta tra intelligenze sopraffine e, nonostante la sua
eccentricità, non esisteva nessuno più astuto e sveglio di Albus Silente.
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Capitolo 2 *** Regali ed Enigmi ***
Capitolo 2
Regali ed Enigmi
Hermione
rimase ferma ed incerta di fronte all’entrata dell’infermeria. Non era sicura
del perché fosse lì e si era chiesta se andarci o meno per tutta la serata.
Alla fine, aveva
deciso di non presentarsi ed andare a letto, cercando di dormire, ma all’una di
notte aveva finalmente rinunciato. Lavanda e Calì continuavano a russare mentre
lei era rimasta tutto il tempo a pensare all’incidente durante pozioni. Aveva
poi gettato di lato le coperte ed era sgattaiolata giù per le scale verso il
dormitorio dei ragazzi, infilandosi nella stanza di Harry e Ron e sfrazzando
nel baule di Harry fino a trovare il mantello dell’invisibilità. Quel giorno
non avrebbe rischiato altre punizioni. Se Piton l’avesse beccata fuori dal
dormitorio, di sicuro avrebbe provato di nuovo a soffiarle il titolo.
Ora fissava
una figura immobile raggomitolata sotto le coperte. Durante la lezione, era
andata nel panico quando aveva visto il pezzo di cemento colpirlo in testa. Per
un terribile momento aveva pensato di averlo ucciso. Per fortuna non era
successo. Poteva essere anche un’enorme spina nel fianco, ma non meritava di
morire.
Entrò nella
stanza e ad arrivò al suo fianco. Il comodino era pieno di dolciumi. Tutta
Hogwarts sapeva quanto fosse goloso ed i pacchetti che riceveva da sua madre
causavano invidia a molti. Hermione, figlia di dentisti, non era tra quelli.
Non riuscì a trattenere un basso suono di disapprovazione alla vista della pila
accatastata. Si raggelò quando lui si mosse tra le coperte, respirando più
leggero quando si fu sistemato. Aveva la testa voltata dall’altra parte, così
lei si sedette di fianco al letto.
Non riusciva
a capire come mai quell’anno provasse così tanta rabbia verso Malfoy. L’anno
precedente era stato molto più calmo. In effetti, il sesto era passato in
tregua. La guerra era finita appena prima di settembre, grazie all’Ordine della
Fenice che già si trovava sulle tracce degli Horcrux prima della lotta al
Reparto Misteri. In seguito, avevano distrutto la Coppa di Tassorosso con
l’aiuto dei contatti di Bill Weasley tra i Goblin. Erano rimasti solo Nagini ed
Harry stesso. Silente aveva preso Harry da parte per spiegargli la situazione
prima che l’Ordine pianificasse un attacco a Malfoy Manor e, nonostante i
tentativi di Molly Weasley, lei e Ron si erano uniti alla battaglia.
Avevano
preso i Mangiamorte di sorpresa, deboli grazie anche alla mancanza dei loro
compari rinchiusi ad Azkaban, così era finita meglio di quanto ci fossero
aspettati, anche se non senza perdite. L’Ordine aveva detto addio a Ted Tonks,
Hestia Jones e Malocchio, assieme ad altri quattro Auror. Ma la svolta era
stata che Harry si era deliberatamente preso un Avada Kedavra da Voldemort in
persona. La battaglia si era così fermata qualche minuto, per dargli tempo di
riprendersi dalla perdita dell’ultimo Horcrux dentro di lui e cogliere
Voldemort completamente impreparato. Una volta svanito il Signore Oscuro, i
Mangiamorte avevano perso coraggio ed erano stati facilmente abbattuti.
La vita era
dunque ripresa in modo sorprendentemente veloce. Erano tornati ad Hogwarts come
se niente fosse successo. L’unica differenza era stata una diminuzione della
tensione tra Grifondoro e Serpeverde. Nessuno si lanciava più insulti sul
sangue e, nonostante non fossero esattamente in rapporti di amicizia, le due
Case riuscivano perfettamente a coesistere. Era stato un sollievo per Harry,
Ron ed Hermione. Per la prima volta non dovevano superare gli esami mentre
cercavano di spodestare Voldemort nello stesso momento.
Poi però
quell’anno, per lei, si era rivelato tempestoso. Era rimasta piacevolmente
stupida dall’essere stata nominata Caposcuola, ma l’eccitazione era scemata
quando era salita sull’Espresso ed aveva visto Malfoy portare lo stesso
gioiello. Si era fermata in silenzio a fissarlo sconvolta, dopodiché il sorriso
tronfio che lui aveva sfoggiato aveva dato inizio al primo dei tanti litigi che
si erano susseguiti nei giorni a venire. Di certo non stavano dando il buon esempio
al resto della scuola, ma non riusciva a farne a meno. C’era qualcosa in lui
che la faceva scattare. Quell’arroganza ostentata ed il sorriso sarcastico la
facevano uscire di testa. Harry e Ron osservavano il tutto divertiti, mentre il
resto di Hogwarts trovava i loro continui battibecchi estremamente esilaranti.
L’unica persona che sembrava infuriata per la situazione, come lei e Malfoy,
era Piton.
Hermione era
anche disagevolmente a conoscenza che i suoi ormoni avessero un’idea diversa
rispetto al suo cervello. Il cuore le batteva in modo strano in presenza di
Malfoy e le venivano le farfalle allo stomaco. Il che di certo non faceva
migliorare la situazione quando si trovavano vicini.
Ripensando
alla giornata, l’incidente era sicuramente stato colpa di Malfoy. La sua
richiesta di dargli l’ultima fiala rimasta di veleno di serpente era stata
ridicola e le aveva deliberatamente sabotato la pozione lanciandoci dentro la
spina di porcospino. Però la paura che aveva provato quando lo aveva visto
immobile ai suoi piedi non l’avrebbe mai dimenticata. Aveva davvero creduto
fosse morto.
Sospirò
mentre lo osservava dormire. La mano si mosse verso la tasca e ne estrasse una
piccola figurina di Quidditch che aveva creato per il senso di colpa che
sentiva. Ispirandosi alle figure vendute durante la Coppa del Mondo, Hermione
ne aveva trasfigurata una a sembianza di Malfoy, corredata da Firebot e divisa
da Quidditch Serpeverde. Usando poi una serie di incantesimi, l’aveva portata
in vita.
Ora, mentre
la guardava muoversi sul suo palmo e tirarsi i capelli all’indietro, si sentiva
orgogliosa del risultato e riluttante a lasciarla andare. Non riusciva a
trattenere una risata quando lui alzava la testa, faceva l’occhiolino e le
soffiava un bacio. Il vero Malfoy non ne sarebbe mai stato contento se lo
avesse visto. Ridendo pacatamente, la posizionò sul comodino e continuò ad
osservarla montare sulla scopa e svolazzare attorno agli anelli. Sapeva gli
sarebbe piaciuta, era troppo vanesio.
Prima di
andarsene, lanciò un ultimo sguardo al biondo, che dormiva ancora
profondamente.
Non c’era
niente che Ginny amasse di più, ad Hogwarts, dell’arrivo della posta mattutina.
Era uno spettacolo giornaliero che le piaceva immensamente, nonostante fosse
anche molto insidioso per i suoi vestiti se avesse ricevuto una lettera da
casa. Il beneamato gufo di famiglia, Erroll, non era molto bravo
nell’atterraggio ed ogni volta schizzava chiunque si trovasse al tavolo dei
Grifondoro con dei pezzi di cibo o succo di zucca. Ad ogni modo, quel giorno
non doveva ricevere nulla perché aveva spedito la sua posta giusto la sera prima,
così rimase molto sorpresa nel vedere uno dei gufi della scuola arrivarle di
fronte ed allungare una zampa perché ritirasse la missiva attaccata.
Prese
curiosa la lettera e scoprì arrivava dal Professor Silente, che chiedeva la sua
presenza nell’ufficio dopo la fine delle lezioni di quel giorno. Alzò lo
sguardo verso Hermione.
“Hermione,
ti è arrivato un messaggio dal Professor Silente?”.
Hermione
alzò il viso dall’omelette che stava mangiando. “No, perché?”.
“Oh! È solo
che vuole vedermi questo pomeriggio”.
La
Caposcuola sembrava intrigata. “Spero sia tutto a posto”.
Ginny
scrollò le spalle. “Immagino lo scopriremo”.
Non riuscì
comunque a non adocchiare il tavolo dei Professori. Albus Silente la stava
guardando. Il suo radar per i guai, sviluppato in anni di convivenza con i
gemelli, fece capolino. Di sicuro stava succedendo qualcosa!
Ne fu sicura
quando, più tardi, raggiunse l’ufficio del Preside ed incontrò Luna Lovegood
sulle scale.
“Ciao!”,
disse Ginny. “Anche tu sei stata chiamata dal Professor Silente?”.
“Sì”;
rispose la bionda con la testa tra le nuvole.
“Hai idea di
cosa si tratti?”.
“Pensavo potesse
trattarsi della presenza dei Gorgosprizzi intorno al Professor Piton questa
mattina. Il Professor Silente potrebbe aver bisogno del mio aiuto per
sbarazzarsene, ma non sono sicura del perché ci sia anche tu”.
Ginny scosse
la testa divertita e le due ragazze finirono di salire le scale assieme. Ginny
recitò la parola d’ordine contenuta nella lettera ed entrambe salirono sulla
spirale semovente. Luna bussò alla porta e sentirono il Professor Silente
invitarle ad entrare.
“Grazie per
essere venute, Luna e Ginevra”, le accolse.
Il Preside
era l’unica persona, a parte sua madre quando era arrabbiata, che chiamava
Ginny con il suo nome completo. Sperava non lo facesse. Lo odiava.
“Professor
Silente”, mormorarono assieme le ragazze.
“Prego,
sedetevi”, disse lui, prima di far apparire un vaso di Api Frizzole. “Gradite
un dolciume?”.
Ginny
rifiutò invece Luna ne accettò contenta una. “Oh, Api Frizzole, le mie
preferite”.
“Bene, sono
sicuro siate entrambe curiose sul perché vi abbia chiamate qui”, iniziò il
Professor Silente. Ginny guardò Luna, che non sembrava per niente curiosa. “Ho
una proposta da farvi”.
Il Preside
aveva sicuramente catturato l’attenzione di Ginny. Si ritrovò ad allungarsi
verso il ciglio della sedia. Aveva un piano in mente, se lo sentiva.
“Sono certo
siate entrambe a conoscenza dell’incidente accaduto ieri durante la lezione di
Pozioni Avanzate del settimo anno. Il Professor Piton era comprensibilmente
arrabbiato per l’intera faccenda”.
“Sì, ha
cercato di mettere nel sacco Hermione”, disse amaramente Ginny.
Il Professor
Silente sorrise. “Sì beh, come ho detto era molto arrabbiato. Ad ogni modo, io
ed il Professor Piton abbiamo discusso della mia scelta riguardo la nomina dei
Capiscuola e siamo giunti ad un leggero dissenso riguardo la loro
compatibilità. Perciò, al momento io e Severus abbiamo una sfida in corso che
li riguarda e vi ho chiamate per chiedere il vostro aiuto”.
Ginny era
intrigata. Il Professor Silente di certo non le aveva portate lì per far loro
ascoltare qualche rimprovero a Piton. “Che tipo di sfida?”.
Gli occhi di
Silente scintillarono. “Una sorta di ricerca dell’anima gemella. Ho scommesso
con il Professor Piton che i nostri Capiscuola diventeranno una coppia entro la
fine dell’anno”.
Lei lo
guardò, presa in contropiede. “Cosa? Vuole mettere assieme Hermione e Malfoy?”.
Non credeva fosse stata un’idea di Piton, dato che non sembrava di certo un
tipo da mettersi a fare il cupido. Tra l’altro, disprezzava Hermione e non
aveva paura a dimostrarlo.
“Sapevo si
trattava dei Gorgosprizzi che giravano attorno al Professor Piton questa
mattina”, disse Luna, come se quelle parole spiegassero tutto.
Ginny le
lanciò uno sguardo irritato ma il Professor Silente prese la palla al balzo. “I
Gorgosprizzi non hanno quasi mai torto”, concordò con un sorriso. “E riguardo
la tua domanda, Ginevra, ho sempre pensato che la tensione tra i nostri due
esimi Capiscuola fosse divertente, persino durante gli anni passati”.
“Suppongo si
possa chiamare tensione, anche se io preferisco definirla odio”.
“Ho paura di
dover rispondere con una frase fatta: c’è una linea sottile tra amore ed odio.
La trovo molto adatta”.
“A Natale si
sarebbero baciati ma i Nargigli continuavano a mettersi in mezzo e spostare il
vischio”, constatò Luna come se fosse stato un dato di fatto.
Ginny la
adorava ma a volte la sua credenza nelle creature immaginare era un po’
irritante.
“Se solo
avessi del vischio incantato”, disse saggiamente il Professor Silente, facendo
dell’umorismo.
Luna annuì
entusiasta. “Sarebbe un’ottima idea, Professore. Potrebbe intrappolare gli
studenti finché non si baciano”.
“Ci penserò,
Luna. Di certo movimenterebbe il prossimo Natale”.
Ginny,
ignorando Luna che stava partendo per la tangente, cercò di continuare la
conversazione originale. “Non sono sicura lei abbia ben capito la situazione,
signore, con tutto il rispetto”.
Silente
sorrise. “Perché non mi aiutate? Così vedremo se l’ho fatto o meno”.
Ginny strinse
le labbra. Il pensiero della reazione di Hermione se avesse saputo che aveva
attivamente partecipato al piano era terrificante. Non rimaneva di certo calma
e composta quando si trattava di quel subdolo biondo.
“Non
preoccupatevi, Hermione non lo scoprirà”, disse incoraggiante il Professore.
Ginny non
riuscì a non sorridere vedendo lo sguardo di Silente. Lasciava davvero
trasparire un senso di onniscienza. Ma voleva davvero lasciarci coinvolgere in
quel piano assurdo?
“Se non è
troppo chiedere, signore, perché vuole farli diventare una coppia?”.
“Chiamala
follia di un vecchio. Tra l’altro, trovo che nonostante la guerra sia finita,
ci siano ancora persone che credono nel valore del sangue e certi comportamenti
sarebbero di certo debellati se un appartenente di una famiglia purosangue come
i Malfoy sposasse una Nata babbana”.
“Mi scusi se
metto in dubbio le sue motivazioni, Professore, ma non è una ragione un po’
superflua per volersi immischiare nella vita di due studenti?”.
“Ma certo,
se fosse l’unica ragione. I sentimenti di Hermione e Draco sono un pochino
ingarbugliati ed io voglio dare loro una spintarella”.
Ginny era
ancora meno convinta. Capiva il Preside, ma non era sicura di volersi
immischiare.
“Se il
Professor Piton perdesse, dovrebbe portare la veste di Grifondoro per una
giornata intera”, disse il Professor Silente, sapendo che avrebbe convinto
Ginny.
Beh, quello
di certo non se lo sarebbe perso. “Va bene”, disse. “Cosa vuole che facciamo?”.
“Mi serve
una spia tra i ranghi”.
Ginny si
intrigò. “Per fare cosa?”.
“Scoprire
cosa pensa Hermione. Potrebbe essere solo una mia idea ma credo che le liti tra
i due siano il risultato di emozioni represse”.
“Cosa
intende?”.
“Beh, l’anno
scorso riuscivano ad andare perfettamente d’accordo, per quanto potessero due
studenti con il loro passato, ed ho notato un paio di sguardi curiosi che si
sono lanciati. Così ho deciso di renderli Capiscuola quest’anno. Hermione è
sempre stata in lista, ma di certo non sono io a dovervi dire che Draco è stato
una scelta fuori dagli schemi”.
Ginny annuì.
Erano rimasti tutti sconvolti quando Malfoy era tornato sull’espresso di
Hogwarts con la spilla nuova di zecca.
“Nonostante
tutto, si sono dimostrati molto divertenti, ma sto ancora aspettando che i miei
sospetti siano confermati. Chiamatela vanità di un vecchio, ma mi piace avere
ragione”.
“E la
scommessa con Piton?”.
“Il
Professor Piton”, la riprese gentile il Preside.
“Sì, il
Professor Piton”.
“Diciamo
solo che mi ha servito su un piatto d’argento la situazione che mi serviva e
sarebbe carino vederlo smettere quelle vesti nere per un qualcosa di un po’ più
festivo”.
“E Luna cosa
centra?”, chiese Ginny, genuinamente curiosa. Se Hermione si fosse confidata
con qualcuno l’avrebbe di certo fatto con lei, non con la Lovegood.
Il Professor
Silente sorrise alla bionda, che sedeva composta e canticchiava tra sé. “Trovo
interessante il suo spirito di osservazione. Spesso nota cose che gli altri non
vedono”:
Ginny non
poteva che concordare. Nonostante fosse sicuramente strana, spesso riusciva a
centrare il nocciolo della questione meglio di chiunque altro.
“Tra le
altre cose, Luna è stata uno dei fattori decisivi per cui ho deciso di dare una
spintarella ai due Capiscuola”.
“Davvero?”,
chiese sorpresa la Corvonero.
“Moltissimo.
Sul finire dell’anno passato, mentre ci avviavamo verso il campo da Quidditch
per la partita Corvonero-Serpeverde, hai fatto notare che peccato fosse che
Hermione stesse ripassando piuttosto che partecipare, dato che la sua presenza faceva
sempre giocare peggio Draco”.
“Oh, sì! Ad
ogni partita dello scorso anno cercava di impressionarla più che concentrarsi
sul gioco. Anche quest’anno lo fa”.
“Sul serio?”,
chiese confusa Ginny.
“Non l’hai
mai notato?”, la interrogò Luna.
“Non posso
dire di averlo fatto”.
“Beh, lo fa
eccome, il che lo rende un Cercatore terribile. Vorrei davvero riuscissimo a far
partecipare Hermione ad ogni partita dei Serpeverde, piuttosto che solo a
quelle cui non può esimersi”.
“Adesso
capisci perché voglio reclutare Luna”, le fece notare il Preside.
Severus sedeva
nel suo ufficio, contento che la lezione della giornata fosse finita. Doveva davvero
disperarsi per il futuro dei pozionisti, visto il calibro degli studenti cui
insegnava ogni anno, ma almeno ormai ci aveva preso gusto per la materia. L’anno
precedente gli era stata data la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure, perché
Albus faticava a trovare qualcuno che accettasse il posto. Così il Preside aveva
ceduto e gli aveva dato la possibilità di fare propria quella posizione.
Come succedeva
spesso nell’ottenere ciò che si desiderava, però, il lavoro non aveva raggiunto
le sue aspettative. Si era reso conto di amare di più l’arte subdola delle
pozioni e gli mancava insegnarle. Albus si era sorpreso quando gli aveva dato
il preavviso appena l’anno accademico era terminato, chiedendo di riottenere il
vecchio posto. Ad ogni modo, anche al Preside era convenuto accettare, dato che
il Professor Lumacorno non aveva per niente adorato ritornare al lavoro ed
aveva espresso il desiderio di tornare alla sua vecchia pensione.
Secondo
Horace, i nuovi studenti non erano bravi come i vecchi, ma Severus credeva
fosse semplicemente irritato perché non lo aveva adorato. In effetti, dopo aver
sperimentato il regime di Severus e l’atmosfera tetra lasciata dopo la
sconfitta di Voldemort, gli studenti si erano dimostrati piuttosto inquieti
durante le lezioni di Horace. Severus non aveva nascosto il proprio divertimento.
Nelle sue ore di Difesa non era successo nulla del genere.
Albus aveva
così reintegrato Severus come insegnante di Pozioni ed aveva richiamato Remus
Lupin ad insegnare per l’ennesima volta. Vista la grande ammirazione per il
Preside, pochi si erano permessi di lamentarsi del ritorno di un Licantropo, anche
perché ormai Remus era felicemente sposato e con un figlio in arrivo, per cui
molti genitori si dichiaravano fiduciosi della decisione del Professor Silente.
Severus invece non era stato molto contento di dover tornare a preparare la
pozione Antilupo,, soprattutto perché avrebbe significato il ritorno a scuola di
una sua vecchia nemesi.
In quel
momento, seduto nell’ufficio, cercava di inventarsi un piano per far sì che il
divario tra i due Capiscuola si ampliasse. Si sarebbe divertito immensamente perché,
oltre alla vittoria su Albus, si prospettava anche un glorioso trionfo dei
Serpeverde nel loro imminente dominio su Hogwarts l’anno successivo. Si permise
di fare uno dei suoi rari sorrisi.
Draco aveva
passato tutto il giorno in infermeria, frustrato. Nonostante le sue preghiere, Madama
Chips si era rifiutata di dimetterlo, costringendolo a stare a letto. Era una
cosa che odiava, soprattutto nei giorni normali. Almeno però gli era rimasta un’enorme
pila di dolciumi con cui andare avanti, anche se erano iniziati a diminuire
dopo un po’.
Si era
chiesto, confuso, chi avesse lasciato sul comodino quella piccola statuina a
sua immagine. Gli era stato fatto un regalo molto gradito. Non poteva essere
stato nessuno dei suoi amici, se ne sarebbero di certo vantati. Tra l’altro, le
uniche persone abbastanza intelligenti che conoscesse da poter praticare una
magia simile erano Theo e Blasie ma proprio non riusciva ad immaginarseli fare
una cosa simile. Non era di certo una cosa da regalare ad un altro amico
maschio. Se Pansy avesse avuto tempo di ordinarne uno l’avrebbe fatto, ma si
trovava in infermeria solo dal giorno prima e sicuramente non poteva aver avuto
abbastanza tempo per comprarlo.
Iniziò a
scervellassi sul chi avesse potuto passare del tempo per creargli il regalo,
mentre osservava il suo mini-Malfoy passeggiare sulle lenzuola.
“Beh, quello
è di certo un pensiero molto significativo”, disse il Professor Silente.
Draco
sussultò ed alzò lo sguardo verso i piedi del letto, dove si trovava il Preside,
con le mani appoggiate al parapetto. Decise di non fare alcun commento
compromettente.
“Ti dispiace
se gli do un’occhiata un po’ più da vicino?”.
Scosse la
testa, raccolse la statuina e la allungò al Professor Silente. Il vecchio mago mormorò
tra sé qualche parola di estasi, rigirandolo da ogni angolo, persino girandolo
sotto sopra, tra il disgusto di Draco.
“È una magia
molto difficile. Deve avertelo regalato qualcuno di estremamente intelligente e
che ti conosce bene, ovvio”.
Non gli
piaceva il tono divertito che il Preside aveva usato. Non era vanesio,
semplicemente apprezzava il proprio valore. “L’ho trovato questa mattina. Dubito
siano stati Blasie o Theo”.
“Sì, non è
il regalo che la maggior parte dei maghi farebbe ad un compare. È un gesto
amorevole, comunque”, disse il Professor Silente, guardandolo con quell’irritante
sguardo saccente come se sapesse da chi provenisse ma non volesse rivelarglielo.
Era una sua abitudine snervante, rivelare le cose solo quando credeva fosse
arrivato il momento.
“Sono sicuro
che chiunque l’abbia creato si farà avanti”, disse Draco in tono casuale.
“Forse”,
disse il Preside. “Ad ogni modo, come ti senti?”.
“Perfettamente
bene, ma Madama Chips non vuole dimettermi”.
“Le mie
scuse, è colpa mia. Volevo assicurarmi che il mio Caposcuola stesse bene, prima
di farti dimettere”.
Draco alzò
mentalmente gli occhi al cielo. Poteva essersi comportato in modo più gentile
con il Preside, di recente, ma di certo non gli servivano anche le carinerie
che riservava a Potter. “Mi annoio, ma a parte quello sono in forma smagliante”.
“Bene, bene.
Nessun problema a lungo termine, quindi?”.
Draco
soppresse un sospiro impaziente. “No, Madama Chips dice che non mostro segni di
traumi e sono come nuovo”.
“Volevo solo
ripercorrere l’accaduto con te. Ho parlato con la Signorina Granger, che mi ha
assicurato si sia trattato solo di un incidente”.
Draco
imprecò all’udire il nome della compagna, la sua spina perenne nel fianco. “Si
è rifiutata di darmi l’ultima fiale di veleno di serpente ma sì, l’esplosione è
stata un incidente”.
Ovviamente,
se si poteva contare come tale l’aver deliberatamente sabotato la sua pozione. Le
sarebbe servito da lezione se si fosse rifiutata ancora di passargli gli ingredienti
che le avesse ordinato. I Malfoy ottenevano sempre ciò che volevano.
Il Professor
Silente strinse gli occhi verso Draco, come se stesse valutando la sua abilità nel
dire la verità. Il Serpeverde mantenne un’espressione neutra e protesse la
propria mente, nel caso il Preside avesse cercato di entrare. Era stato il
Professor Piton di persona a vegliare sul suo addestramento in Occlumanzia al
quinto anno, come se si aspettasse che ne avrebbe avuto bisogno contro il
Signore Oscuro prima o poi. Non era mai stato così grado al suo Direttore quando
aveva scoperto della decisione di Voldemort di rendere Malfoy Manor il proprio
quartier generale come punizione per il padre per aver mandato a monte il lavoretto
all’Ufficio Misteri. Si rifiutò di ripensare alla missione impossibile che gli
era stata affidata, vista la presenza del Preside in fondo al letto che lo
fissava. Non sarebbe in alcun modo riuscito ad ucciderlo.
“La
Signorina Granger si è scusata con il Professor Piton. Sarebbe una buona cosa
se lo facessi anche tu”.
Draco
ghignò. Sarebbe stato semplice, il Professor Piton non considerava mai colpevoli
delle proprie azioni i Serpeverde. “Ma certo, Professore”.
“Dato che mi
sembri stare bene, non vedo perché non potresti alzarti e tornare al tuo
dormitorio. Ed alle tue lezioni”.
“Grazie,
signore”.
Il Professor
Silente si voltò per andarsene ma si ricordò di avere ancora in mano la statuina
di Quidditch di Draco, così glie la ridiede. “È davvero una magia ammirevole. Deve
essere stata una strega eccezionale”.
“Perché dice
strega? Potrebbe essere stato un mago, anche se non Theo né Blasie”.
“Andiamo, Draco.
Credo entrambi sappiamo sia stata una ragazza a creare questo meraviglioso
oggetto”.
Draco concordò
mentalmente, ma non riuscì a pensare a nessuna strega che possedesse una tale
abilità. La sua mente si rifiutò di continuare su quella strada. Negli ultimi
tempi finiva per pensarci un po’ troppo spesso ed era determinato a far allontanare
da lui quei sentimenti. Non poteva permettere di riconoscere ciò che il suo
cuore cercava di dirgli. Lei era irritante ed insopportabile oltre ogni limite
e quello era tutto ciò che doveva sapere.
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Capitolo 3 *** Duelli ***
Capitolo 3
Duelli
Severus
bussò appena alla porta dell’ufficio di Difesa Contro le Arti Oscure, prima di
aprirla e marciarvi all’interno. Fece una smorfia alla vista dei cambiamenti
che erano stati fatti da quando aveva lasciato la cattedra l’anno prima. Ancora
una volta, era tornato ad essere un luogo luminoso ed allegro, con affascinanti
creature che spuntavano qui e lì dai barattoli. Che deprimente!
Non c’era
nulla di allegro nelle Arti Oscure e lui era l’unico a comprendere la cosa ed
apprezzarla.
“Severus,
come posso aiutarti?”, chiese Remus Lupin, alzando lo sguardo dal tema che
stava correggendo.
“Sono qui
per una proposta”.
Il licantropo
sembrava interessato, il che era proprio ciò che Severus sperava. Di norma non
avrebbe voluto averci niente a che fare ma, per vincere la sfida con il preside,
aveva bisogno che la competizione tra i Capiscuola esplodesse con qualche
spiacevole conseguenza, se tutto fosse andato per il verso giusto si intende.
“Voglio
ripristinare il Club dei Duellanti e mi serve un altro Professore che mi aiuti
a dirigerlo. Ho pensato saresti stato la persona perfetta”.
“Davvero? Non
è stato un fiasco l’ultima volta?”.
“Per colpa
di quel pazzo di Gilderoy Allock e le imprevedibili circostanze avvenute con la
riapertura della Camera dei Segreti. Con due insegnanti competenti al comando,
penso gli studenti ne trarrebbero vantaggio”, disse mandando giù un rospo per
aver fatto un complimento rivolto al Professore di Difesa.
“Mmm… potresti
aver ragione e sarebbe piuttosto divertente, nonché un’eccellente preparazione
per i miei studenti. I più grandi sono abili duellanti e sanno respingere le maledizioni
piuttosto bene, in parte anche grazie all’Esercito di Silente. È stato una
specie di Club di Duellanti anche quello”, rifletté Lupin.
Severus alzò
mentalmente gli occhi al cielo. “Sì, sì”, disse impaziente. “Lo prendo come un consenso
al tuo supporto, quando ne parlerò con Albus?”.
“Ma certo”.
“Con il permesso
del Preside, pensavo potremmo iniziare entro fine settimana. Siamo già in
febbraio e sarebbe un peccato sprecare altro tempo”.
“Concordo e
credo che venerdì sera sarebbe perfetto”.
Severus
annuì appena prima di sparire. La prima parte del suo piano era stata messa in
modo. Sapeva già che Albus avrebbe acconsentito al Club. L’avrebbe vista come
una sorta di rivendica per aver riportato Lupin ad insegnare ad Hogwarts e gli
studenti avrebbero beneficiato di un’associazione ben gestita. Sapeva anche che
il Preside avrebbe capito si sarebbe trattato di un tentativo per far aumentare
la rivalità tra i Capiscuola, ma non poteva farci nulla a riguardo.
Hermione, quella
sera a cena, si mise ad osservare la Sala Grande e sorrise alla vista di Malfoy
mostrare la statuetta di Quidditch ai suoi amici. Era stata davvero una magia
impressionante, anche se era solo lei a dirselo. Sembrava contento proprio come
si aspettava sarebbe stato. Non era sicura del perché, ma l’incidente durante
la lezione di Pozioni aveva calmato la sua rabbia nei confronti del biondo. Forse
era stato a causa della prospettiva fin troppo reale di averlo ucciso. Il fatto
che la litigata le fosse sfuggita di mano e fosse finita con lui a terra,
incosciente ai suoi piedi, l’aveva intimorita. La vista del suo corpo immobile
e rigido le aveva causato dei brividi lungo tutta la spina dorsale ed in quel
momento, guardandolo, non riusciva a scacciare quell’immagine, il che le fece
capire di essere vulnerabile come chiunque altra nei confronti di quella serpe.
Osservando lo scintillio nei suoi occhi per il regalo che gli aveva dato, si sentiva
ancora più compiaciuta di quanto avrebbe dovuto. Anche se lui non sapeva provenisse
da lei.
Distolse la
propria attenzione da Malfoy e la riportò verso il podio, dove il Professor
Silente aveva iniziato a parlare.
“Ho un’eccitante
notizia per tutti voi. Il Professor Piton ed il Professor Lupin hanno deciso di
collaborare per ripristinare il Club dei Duellanti. Ricomincerà questo venerdì in
Sala Grande e tutti gli studenti sono i benvenuti”.
Dei mormorii
eccitati iniziarono a sollevarsi. Il tentativo di Allock era diventato leggendario
tra gli studenti, soprattutto per il modo disastroso in cui era finito. Ora anche
i più piccoli avrebbero avuto occasione di capire di cosa di trattasse, anche
se Hermione dubitava seriamente sarebbe disceso nello squallore come era
successo in precedenza. Per cominciare, Lupin era un duellante abilissimo e
secondo, tutti sapevano come e perché Harry parlasse il Serpentese.
“Allora, ci
andiamo anche noi?”, chiese Ron.
Hermione
sospirò. “Immagino di sì. Io non ho scelta. Come Caposcuola, ho il compito di
partecipare ad eventi come questo”.
Ron si
accigliò. “Però non vai al Club di Gobbiglie o cose del genere, no?”.
“No, ma
quello esiste sin da quando c’erano i Fondatori. Questo è nuovo e dovrei
davvero partecipare”.
“Scommetto
ci sarà anche Malfoy, comunque. Harry, credi avrai la possibilità di duellare
di nuovo con lui?”.
Harry
scrollò le spalle. “Chi lo sa? Piton cercherà di sicuro di far sì che accada, ma
io stavolta ho un sacco di incantesimi nella manica”.
Ron rise. “Dopo aver
combattuto e sconfitto Voldemort, Malfoy sarà una passeggiata!”.
“Credo sia Hermione
ad avere più possibilità di duellare con Malfoy. È quello che fanno
praticamente da tutto l’anno”, tagliò corto Ginny.
Lei arrossì imbarazzata.
“Ne dubito. Sono sicura che il Professor Piton ed il Professor Lupin
preferiranno scegliere studenti più giovani”.
Ron fece una
smorfia. “Come no! Muoiono tutti dalla voglia di veder duellare Harry”.
Harry
grugnì. Odiava essere etichettato come Salvatore del Mondo Magico e tutta l’attenzione
che ne derivava. Avrebbe voluto semplicemente rimanere nelle retrovie e continuare
la sua vita finalmente libera da Voldemort.
Lo irritavano
anche quelli che cercavano di portare avanti l’ostilità tra lui e Malfoy. Dopo
che Narcissa Malfoy era diventata una spia per l’Ordine della Fenice, per
evitare che il figlio ricevesse il Marchio Nero, la rivalità tra i due si era
dissipata. Malfoy non provava più il bruciante desiderio di essere meglio di
lui in qualsiasi cosa, così si godevano una specie di civile convivenza, se non
addirittura amichevole. Si salutavano annuendo nei corridoi e competevano
ancora ferocemente sul campo da Quidditch, dove Malfoy ancora non era riuscito
a sconfiggerlo, con sua somma gioia, ma era tutto molto più sano.
Ron
continuava invece a fare piccoli commenti su Malfoy ma comunque mai di fronte
al permaloso Serpeverde. Ironia della sorte, adesso era Hermione a non
sopportarlo. Da ragazzini, era sempre stata lei quella che lo aveva sempre
ignorato e, se decideva di rispondere, lo faceva sempre verbalmente e mai con
le fatture, a parte l’incidente dello Schiaffo, come lo chiamavano tra loro. Da
quando erano tornati ad Hogwarts come Capiscuola, però, bisticciavano come cane
e fatto, con risultati disastrosi come quello della lezione di Pozioni, a causa
del quale Malfoy era quasi morto.
Almeno la loro
rivalità si era un po’ calmata. Negli ultimi giorni si erano entrambi evitati.
L’eccitazione
per il Club dei Duellanti non si spense nei pochi giorni che mancavano a
venerdì. Ne parlavano tutti, durante le lezioni e dopo i compiti, o almeno lo
facevano i più piccoli. Draco si era così stancato dell’incessante mormorio su
come sarebbe stato che aveva vietato di parlarne nella sala comune dei Serpeverde.
I più giovani lo avevano guardato con risentimento, ma non gli importava.
“Allora,
credi che il Professor Piton ti chiamerà a duellare?”, chiese Blasie.
“Probabilmente”.
“Sei il suo
preferito ed il migliore duellante di Serpeverde”.
“Il che non
vuol dire molto, considerando quando il Professor Piton odi tutti gli studenti
e quando poco i Serpeverde abbiano duellato”.
Draco non sopportava
che le altre case fossero molto più brave a duellare, o almeno per quanto
riguardava i più vecchi, grazie alla loro partecipazione all’Esercito di
Silente ed al ruolo che alcuni di loro avevano svolto nella battaglia finale. I
Serpeverde non erano nulla a confronto, dato che lanciare qualche fattura ogni
tanto nei corridoi non bastava per raddrizzare il tiro.
Draco aveva
considerato di combattere per liberare casa propria da Voldemort ma, quando l’aveva
casualmente suggerito, l’Ordine non era stato d’accordo. Si erano fatti domande
sulla sua lealtà, preoccupati che se gli avessero permesso di farne parte
avrebbe in qualche modo cambiato schieramento e distrutto i loro piani. Tale ragionamento
lo aveva lasciato molto arrabbiato anche perché, se fosse stato così stupido da
fare una cosa del genere, avrebbe firmato la condanna a morte di sua madre.
Ma chi aveva
davvero osteggiato il suo piano era stata proprio lei, sua madre, che aveva una
volontà di ferro. Era andata contro la sua famiglia per tenere il figlio al
sicuro, rivolgendosi all’uomo che il Signore Oscuro aveva ordinato a Draco di uccidere
e tradendo senza vergogna tutti i segreti che i Mangiamorte le avevano confidato.
Era stato grazie alle sue informazioni che l’Ordine era riuscito ad uccidere Voldemort
in fretta e con facilità e di certo lei non avrebbe messo tutto a rischio
lasciando combattere il figlio. Quando lui aveva provato a ribellarsi lei si
era rifiutata di ascoltarlo, così era dovuto rimanere a guardare l’Ordine
lasciare Grimmauld Place senza di lui. Il suo orgoglio ne era rimasto ferito.
Era poi rimasto
con sua madre quando suo padre, rilasciato da Azkaban grazie all’accordo con il
Professor Silente, le aveva urlato contro per aver supportato un branco di “Sanguesporco
e Traditori del proprio Sangue” piuttosto che rimanere leale a visioni ed
ambizioni del Signore Oscuro. Lei aveva sopportato con calma gli insulti prima
di iniziare a sua volta a snocciolare tutte le mancanze di Lucius. Draco aveva
avuto paura che il padre l’avrebbe uccisa, vista la bacchetta pronta, ma aveva
ancora una volta sottostimato la personalità di sua madre. Narcissa gli aveva
lanciato un potente Pietrificus che lo aveva messo fuori gioco per dodici ore
filate, quando aveva provato a colpirla. Si erano poi entrambi chiusi in camera
per un giorno intero e l’incantesimo silenziante alle pareti. Il giorno dopo,
quando Draco l’aveva visto, suo padre era un uomo cambiato, o meglio sottomesso.
Non venne più pronunciata alcuna parola sulla purezza del sangue. Cosa più
sorprendente, quando erano andati a Diagon Alley per rifornire le scorte di
Draco ed avevano incontrato i Weasley, Lucius era rimasto in silenzio mentre sua
madre scambiava amichevoli convenevoli con la Signora Weasley.
Draco aveva
in seguito affrontato sua madre, chiedendole se avesse usato l’Imperius.
Narcissa aveva riso forte ed a lungo, mettendogli poi una mano sulla guancia ed
assicurandogli di non aver usato altro che il vecchio e buon metodo del “sputare
fuori dal verità”. Ovviamente, adesso era sua madre a comandare e doveva
ammettere che le cose andavano molto meglio. Draco era ancora viziato ma non gli
serviva più cercare sempre di superare Harry Potter ed i suoi amici anzi,
Narcissa gli aveva fatto promettere di comportarsi in modo più civile con il
Ragazzo che è Sopravvissuto. Lui quindi l’aveva ascoltata, perché aveva sperimentato
la realtà voluta da Voldemort e non gli era piaciuta, ma soprattutto anche perché
aveva paura di ciò che lei avrebbe potuto fargli.
Draco strisciò
i piedi verso la Sala Grande con Blasie ed alzò un sopracciglio alla vista di
tutta la scuola in attesa.
“Non so perché
sono così sorpreso, ma non immaginavo che ci sarebbero stati tutti”, fece notare
Blasie.
“È una cosa
nuova ed eccitante”.
Scese il
silenzio quando il Professor Piton ed il Professor Lupin salirono sulla pedana
rialzata, eretta appositamente per permettere una visuale perfetta di ciò che sarebbe
accaduto.
“Buona sera”,
disse cordiale il Professor Lupin. “Sono felice siate tutti eccitati alla
prospettiva del Club”.
Draco ghignò
quando vide il Professor Piton tutt’altro che felice. Sembrava piuttosto
disgustato e contrariato. Non capiva perchè il suo direttore volesse esserne coinvolto. Comprendeva
il perché lo avesse volute al secondo anno, ovvero umiliare Allock, ma questa
volta era proprio confuso.
I due
professori introdussero brevemente il corretto galateo e le regole di condotta,
il che fece passare a Draco la voglia di ascoltare. La sua attenzione venne
risvegliata da una risata isterica ed un tonfo sul pavimento, assieme al brusio
della folla. Sembrava che il Professor Lupin avesse colpito il direttore di
Serpeverde con un Rictusempra e l’insolita vista del Professore di Pozioni che rideva
isterico era sicuramente divertente. Il licantropo terminò l’incantesimo e Severus
faticò a reggersi dritto, i piedi intrappolati nel mantello ed i capelli
appiccicati in faccia. Lo sguardo omicida che lanciò al Professor Lupin,
assieme alle risate degli studenti, prometteva vendetta.
Il Professore
di Difesa, immune agli sguardi omicidi, si rivolse di nuovo alla folla di
studenti. “Un incantesimo semplice ed innocuo spesso è il più efficace. Ora,
che ne dite di far salire qui due di voi?”.
Tutti
ricominciarono a chiacchierare ed il Professor Lupin stava per scegliere due
studenti quando il Professor Piton lo interruppe.
“Penso
sarebbe una Buona idea farci dare una dimostrazione dai nostri Capiscuola. Dopotutto, sappiamo quanto siano efficienti nel duellare”, disse vellutato.
Draco grugnì
e Blasie gli tirò una gomitata nelle costole, sogghignando. “Te l’avevo detto”.
“Non per
questo mi sei più simpatico”.
“Cosa? Quest’anno
ci hai già intrattenuto abbastanza con la Granger, cosa vuoi che sia un’altra
esibizione in circostanze controllate?”.
Draco lanciò
al suo amico uno sguardo penetrante prima di trascinarsi svogliato sulla pedana.
Il Professor Piton gli si avvicinò.
“Ottimo, non
giocare pulito, Draco. Lei non lo farà”.
Alzò lo
sguardo verso la Granger, sicura di sé a fianco del Professor Lupin, che non si
diede la briga di darle istruzioni.
“Vai,
Hermione! Rispediscilo nei sotterranei!”, urlò qualcuno tra la folla.
Ottimo!, pensò. Finirò di nuovo in infermeria.
Le fatture della ragazza erano insidiose, lo sapeva bene dato che ne aveva ricevute
a bizzeffe quell’anno.
“Vedi? Fai
del tuo meglio”, lo incoraggiò il suo direttore.
Draco si
sarebbe sentito meglio se non fosse stato lì lì per affrontare una delle
streghe più abili ancora in vita. Il modo in cui aveva abbattuto diversi Mangiamorte
durante la battaglia a Malfoy Manor era diventato leggendario.
Si mossero l’uno
verso l’altra, si inchinarono e fecero i consueti passi indietro, le bacchette
alzate. Il Professor Lupin iniziò a contare fino a tre ma, quando raggiunse il
due, Draco si ritrovò a volare all’indietro prima di atterrò con un tonfo
preoccupante sul podio. Rimase a terra per un breve momento, il fiato corto,
prima di tornare in piedi e sferzare l’aria con gli occhi.
“Oh, mi
dispiace!”, mormorò la Granger dall’altro lato, come se non avesse appena
imbrogliato e lo avesse mandato gambe all’aria con un Flipendo ancora prima che
fosse pronto.
“Credevo di
essere io il Serpeverde, Granger”, sbottò Draco.
“Hermione,
devo contare fino a tre”, la riprese il Professor Lupin.
“Lo so, ma
credevo che Malfoy avrebbe iniziato prima, come ha fatto con Harry al secondo
anno”.
Draco la
guardò un attimo e tornò a voltarsi verso il Professor Piton, i cui occhi
scintillavano per l’eccitazione. Almeno qualcuno si stava divertendo.
“Prova con
Levicorpus”, gli disse Severus, mostrandogli il movimento corretto della
bacchetta.
“Che cos’è? Non
l’ho mai sentito”.
“Un
incantesimo di mia invenzione che le darà una lezione”.
Draco era un
po’ preoccupato. Non voleva ferire la Granger ed il Professor Piton a volte
poteva essere molto più che vendicativo. Poi vide il sorriso tronfio di lei
rivolto ai suoi amici e strinse gli occhi. Allora aveva giocato sporco deliberatamente.
Bene, glie l’avrebbe fatta pagare.
Appena furono
di nuovo in posizione, Draco non le diede il tempo di iniziare ed urlò “Levicorpus!”.
La Granger
si ritrovò sospesa in aria a penzoloni, con la gonna ed il mantello attorcigliati
attorno alla testa. Tutti iniziarono a sussurrare e prenderla in giro alla
vista delle sue mutande.
Draco rimase
sotto shock per qualche secondo. Credeva che l’incantesimo l’avrebbe fatta
volare contro il muro o qualcosa di simile, non appesa a testa in giù. Sarebbe stata
una cosa innocua, se non avesse indossato una gonna e messo in mostra le gambe
nude. Delle belle e lunghe gambe, pensò.
Il brusio
della Sala Grande lo fece rinsavire. Si tolse il mantello, correndo a coprirla
mentre chiedeva al Professor Piton. “Veloce, qual è il contro incantesimo?”.
Il
Professore di Pozioni sembrava divertirsi per lo spettacolo della Caposcuola
umiliata di fronte a tutti ma, alle parole di Draco, alzò la bacchetta e mormorò
“Liberacorpus”.
Quando la Granger
atterrò in un ammasso confuso di gambe e vestiti le si affrettò accanto,
allungandole una mano e rimettendola in piedi. Poi le sistemò la divisa, mentre
lei si allisciava la gonna arrossendo furiosamente ai continui richiami degli
altri ragazzi.
“Perché lo
hai fatto?”, ruggì arrabbiata.
“Non avevo
capito cosa facesse”.
“Oh,
perfetto, ancora meglio! Hai usato un incantesimo che non avevi idea a cosa
servisse! E se fosse stato pericoloso invece che imbarazzante? Avresti potuto
ferirmi seriamente”.
Lui imprecò.
Aveva ragione ma di certo il Professor Piton non gli avrebbe suggerito qualcosa
di realmente pericoloso, nonostante odiasse la Granger ed i suoi amici.
Lei cercò di
scendere dalla pedana ma Draco la prese per un braccio. “Mi dispiace davvero. Non
volevo umiliarti”.
Lei gli
lanciò un ultimo sguardo prima di buttarsi indietro i capelli. “Mi avevi quasi
fregata”.
Draco la
guardò colpevole ritornare fagli amici, molti dei quali non nascondevano
affatto la disapprovazione per lui. Era stato sincero, nel dirle che non voleva
accadesse.
Severus notò
con disgusto il viso dispiaciuto del Caposcuola. Non avrebbe dovuto accorrere
in aiuto della Granger ma piuttosto reagire alla sua domanda andando sulla difensiva
ed iniziare così un’altra litigata. Ecco cosa sarebbe dovuto succedere
esattamente. Invece, in quel momento Draco stava cercando di zittire tutti, togliendo
punti a chiunque cercasse di fare un commento sulle mutande della Granger. La Granger
invece era sparita dalla Sala Grande.
Lupin non
aveva trovato motivo di continuare l’incontro ed aveva così rispedito a dormire
gli studenti, con la promessa di far sopravvivere il Club ma senza altri
scontri tra Capiscuola.
“Non sia
troppo duro con se stesso, Professore. Dubito qualcuno potesse prevedere la
situazione o beh, comunque non molti avrebbero potuto”, disse una voce sognante
al suo fianco.
Abbassò lo
sguardo ed incontrò gli occhi blu di Luna Lovegood. Alzò un sopracciglio,
irritato per la sua temerarietà di andare a parlargli in quel modo. Nessun altro
studente avrebbe volontariamente iniziato una conversazione con lui, nemmeno i
Serpeverde.
“Senza
dubbio lei invece l’aveva previsto, Signorina Lovegood”, rispose acido.
“Sì”,
replicò semplicemente lei.
“Se fosse
così gentile da illuminarmi, allora”, chiede ancora più acido.
“Sono così
consapevoli della reciproca presenza e Draco è stato così protettivo. Che cosa
interessante”.
“Davvero? Non
capisco”.
Luna riportò
il suo sguardo sognante su di lui. “Molti non lo fanno”, disse prima di
avviarsi in direzione della Weasley, che sorrideva con boria.
Severus
strinse gli occhi. Stava succedendo qualcosa e ne ebbe la conferma quando vide
Albus passeggiare elargendoli un enorme sorriso.
“Ah, è già
finito? Speravo di assistere a qualche duello”, disse il Preside quando
raggiunse i due Professori che cercavano di allontanare i rimasti.
“Sì, Severus
ha pensato sarebbe stata un’ottima idea permettere ai Capiscuola di dare una
dimostrazione”.
“Oh, e come
è finita?”, chiese quel mago infernale.
“Con
Hermione appesa in aria e l’intimo in mostra”, replicò Lupin.
Albus lanciò
a Severus uno sguardo divertito. “Levicorpus?”.
“Pensavo
Draco avesse bisogno di un aiutino”, rispose sulla difensiva.
Il Preside
cercò, senza successo, di reprimere una risata.
“Almeno Draco
ha avuto il buon senso di proteggere Hermione”, disse Lupin.
“L’ha fatto,
non è vero?”.
“Sì,
sembrava sconvolto per essere stato la causa del suo imbarazzo”.
Albus si
lisciò la barba con gli occhi scintillanti, mentre Severus strinse le labbra
con disgusto. Non era andata come avrebbe voluto. Draco si era affrettato ad
aiutare la Granger invece che rimanere impalato a ridere e godere del suo
spettacolo. Era snervante, soprattutto perché riusciva già a vedere Albus trionfare.
Doveva fare qualcosa. Non avrebbe perso la scommessa.
“Sì, beh, diciamo
che sceglierò io gli sfidanti la prossima volta”, continuò Lupin, all’oscuro
dei piani occulti del Preside e del collega.
“Hermione! Aspetta!”.
Hermione si
voltò e venne raggiunta da Ginny con un balzo.
“Ciao, Ginny”,
disse calma.
“Come ti
senti?”.
“Oh, non lo
so. Forse umiliata? Ho appena affrontato uno del terzo anno che faceva commenti
sulle mie mutante. Del terzo anno!”.
“Ops! In
difesa di Malfoy, credo davvero non volesse che accadesse quello”.
“Ma che grande
notizia. Da quando Malfoy ha buttato al vento la possibilità di mettermi in
imbarazzo?”.
“È dal
quarto anno che non ci prova, da quando sono usciti quegli articoli di Rita
Skeeter”.
Hermione ci
pensò su e si rese conto che forse Ginny poteva avere ragione. Ok, quindi l’odio
reciproco di quell’anno si era focalizzato sulla loro divergenza riguardo ai
compiti da Caposcuola e la competitività in classe.
Scrollò le
spalle. “Immagino tu abbia ragione. Non si lamenta più del mio aspetto, ma
scommetto comunque che si è divertito per il mio spettacolo, oggi”.
“In realtà
hai torto. Sembrava sotto shock e dispiaciuto. Hai visto come ti è venuto
incontro con il suo mantello? È stato da vero cavaliere”.
Hermione
fece una smorfia. “Parliamo di Malfoy, lui non fa il cavaliere”.
“È stato
strano ma ha davvero difeso il tuo onore, laggiù. Continuava a togliere punti a
chiunque facesse qualche commento su di te”.
“Davvero?”,
chiese lei sconvolta.
Ginny
sorrise per l’incredulità della sua amica. “Sì, per adesso ha tolto ai Serpeverde
più punti in cinque minuti che in tutto l’anno”.
“Oh”, rispose.
Non riusciva a pensare a nient’altro da dire. Se fosse stato vero, sarebbe
stato un risvolto inaspettato. Malfoy non le era mai sembrato incline a fare una
cosa del genere, in passato.
“Beh,
dovrebbe! È colpa sua se ricevo tutti quei commenti”, sbottò poi, insicura su
cosa pensare di quello strano comportamento.
“Forse dovresti
dargli tregua. È ovviamente stato Piton a suggerirgli quale incantesimo usare ed
a lui dispiace”, disse Ginny, prendendola a braccetto.
Hermione
iniziò a salire le scale pensierosa. La sua mente vagava riflettendo alle diverse
implicazioni del comportamento di Malfoy che la difendeva. Sembrava avere anche
lui un lato leggermente umano, dopo tutto. Come se già non lo sapessi,
le disse una vocina nella sua testa.
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Capitolo 4 *** Appuntamenti ***
Capitolo 4
Appuntamenti
Severus adocchiò
il Serpeverde di fronte alla sua scrivania.
"Voleva
vedermi, Professore?".
"Siediti,
Zabini".
Il ragazzo
lo fece, incrociando elegantemente le gambe sulla sedia di fronte. Severus lo
guardò con occhio critico. Poteva anche non essere il direttore più colloquiale
(no, quella era quella ridicola della Sprite), ma conosceva ogni risvolto della
propria Casa e la reputazione di sciupafemmine di Zabini era esattamente ciò
che gli occorreva. Di norma trovava nauseabondi gli sguardi adoranti ed i
sospiri che seguivano ovunque il Serpeverde ma quel giorno pianificava di
metterli a frutto.
"Che
cosa sai di Ginny Weasley e Luna Lovegood?", chiese senza giri di
parole.
"Ehm,
che sono amiche. La Weasley ha un dono per le fatture Orcovolanti e la Lovegood
crede in animali inesistenti".
"Tutto
qui?".
"Circa.
C'è un motivo per questa conversazione, signore?".
Severus lo
incollò al proprio posto con uno sguardo, internamente contento di vederlo
rabbrividire. Nonostante i recenti avvenimenti, Severus adorava assicurarsi di
non aver perso la propria abilità nel mettere a disagio gli studenti.
"Ho
bisogno ti avvicini a loro, o ad una delle due, e cerchi di capire che cosa
stanno macchinando".
Blasie si
accigliò. "Vicino quanto?".
"Più
che puoi. Più vicino è, meglio è".
"Quindi
signore, se ho capito bene, mi sta chiedendo di sedurre una di
loro?".
"Sedurre
è una parola grossa, diciamo che mi piacerebbe mettessi a frutto quelle guance
paffute".
Blasie lo
fissò sotto shock per qualche momento. Severus diventò impaziente. Era una
richiesta così difficile?
"C'è
qualche problema, Zabini? Pensavo sarebbe stato semplice, considerando quante
ragazze ti vengono dietro con la bava alla bocca".
Il suo
studente arrossì. "No, è solo una richiesta insolita, signore".
"Sei un
Serpeverde o no?".
"Ma
certo, Professore".
"Bene,
allora lascia perdere la morale e fai ciò che ti chiedo".
"Sì,
signore. Posso sapere perchè?".
"Te lo
dirò se e quando lo riterrò opportuno".
Invece che
continuare a fare domande, Blasie preferì annuire. Severus era poco incline a
dare spiegazioni, persino con la sua Casa. A differenza di quell’idiota di
Potter, i Serpeverde sapevano quando chiudere la bocca ed eseguire gli ordini.
“Questo fine
settimana ci sarà la gita ad Hogsmeade per San Valentino. Ti suggerisco di
cogliere al volo l’opportunità e far innamorare di te una di quelle ragazze”.
Il
Serpeverde annuì nuovamente ed uscì dall’ufficio di Severus.
Soddisfatto
dell’incontro, Severus estrasse dal cassetto un bigliettino rosa che aveva
nascosto poco prima ed iniziò a scrivere una vomitevole poesia d’amore. Gli ci
volle un po’ per perfezionarla, ma alla fine raggiunse il risultato sperato. Dopotutto,
le lettere sdolcinate non erano il suo forte. Lo mise nel mantello e si diresse
alla guferia. Era arrivato il momento di mettere in modo il suo ennesimo piano.
Hermione arrossì
leggermente quando un gufo le atterrò di fronte reggendo tra le zampe una busta
rosa, non facendo nulla per nascondere ciò che stava recapitando in quella
giornata. La staccò dal laccio e diede al gufo qualche pezzo di toast da
beccare, fissando la lettera.
Era passata
una settimana dall’incidente con il Levicorpus ed i commenti si erano placati. Doveva
riconoscere che Malfoy ne era stato la causa principale. Aveva punito chiunque
l’avesse presa in giro e lei ne era molto riconoscente. Ciò aveva permesso alla
sua rabbia residua di svanire completamente ed avevano persino scambiato qualche
parola amichevole durante gli incontri per organizzare i turni dei Prefetti. Aveva
deciso che le piaceva parlarci ed era sempre meglio che discutere. Anche se doveva
ancora abituarsi ad Harry e Ron che la punzecchiavano per questo.
“Oooh,
guarda Harry, Hermione ha ricevuto un biglietto di San Valentino”, urlò Ron.
Lei sbattè
la missiva sul tavolo, coprendola con la mano.
“Non devi
nascondercela. La apri o no?”, chiese Harry, adocchiandola curioso.
Lei lanciò
uno sguardo irritato ai suoi due migliori amici. Era in quei momenti che le
sarebbe piaciuto avere amiche femmine. Loro almeno avrebbero sghignazzato eccitate
invece che prenderla in giro.
“Scommetto
che è da parte del furetto. L’ho visto guardarle le gambe la settimana scorsa”.
Ginny diede
al fratello una sberla sulla nuca. “Lascia in pace Hermione! Allora, la apri?”,
chiese.
Hermione
osservò la pila di buste di fronte alla sua amica. “Appena tu inizierai ad aprire
le tue”.
“Affare
fatto”, disse ghignando Ginny. “Scommetto che è da parte di Malfoy, comunque.
Sembra sia molto più che interessato alla lettera”.
Hermione si
voltò verso il tavolo dei Serpeverde ma sentì Ginny ridere. Malfoy non la stava
affatto guardando, preso in una conversazione con Goyle e Zabini.
“Capra”, le
rispose immatura.
Ginny le
fece l’occhiolino. “Sì, ma hai risposto alla domanda implicita sul da chi volevi
provenisse”.
Hermione si
rimangiò il desiderio di avere altre amiche femmine. Portavano problemi tanto
quanto i maschi. “Devo assolutamente negare quello che hai detto. Ero solo
curiosa di sapere se stesse davvero guardando”.
“Certo, come
no, io ti credo”.
“Vuole
davvero che Malfoy le invii un biglietto di San Valentino?”, chiese Ron ad
Harry, credendo di sussurrare.
Lei iniziò a
fissarli entrambi ma nessuno dei due le prestava attenzione.
“Non lo so,
amico. Ho smesso di cercare di interpretare la volontà di Hermione quando si
tratta di Malfoy. Un minuto prima lo odia e quello dopo passa la lezione di
Pozioni ad osservarlo”.
“Non è vero!”,
protestò lei.
“L’hai fatto
anche durante la lezione scorsa. Ti ho cronometrata. Hai passato 12 minuti e 35
secondi a fissarlo”.
Hermione
venne presa in contropiede. L’aveva fatto davvero? Ricordava di essere rimasta
assorta nei suoi pensieri, ma non di aver osservato Malfoy. Era imbarazzante
che Harry l’avesse colta in flagrante. Sperava non se ne fosse accorto anche il
Serpeverde.
Per trovare
qualcos’altro da fare, prese in mano il biglietto e lo aprì.
Cara
Hermione,
le rose sono
rosse,
le violette
sono blu,
penso tu sia
bellissima, incontriamoci alle due.
Sabato
pomeriggio da Madama Piediburro.
Sii il mio
appuntamento di San Valentino.
Con amore,
il tuo
ammiratore.
P.S. Ti
porterò una rosa rossa.
Hermione sbattè
le palpebre diverse volte. Aveva un ammiratore? Perché non si era firmato? Nessuno
faceva più quelle cose per rimanere anonimo, no?
“Allora, di
chi è?”, chiese Ginny.
Hermione
alzò lo sguardo. “Non lo so. Vuole ci incontriamo sabato da Madama Piediburro”,
replicò lei, allungandole la lettera.
“Oooh, che eccitante”,
squittì Ginny mentre la leggeva.
“Tu hai
qualche ammiratore segreto tra tutte quelle?”.
La sua amica
fece un sorriso triste. “No, ma ho un sacco di ridicoli ammiratori del primo e
secondo anno”.
Ron fece una
smorfia ed inghiottì male il suo succo di zucca, che gli andò di traverso.
“Non è
divertente, Ronald”, disse battagliera Ginny.
“Certo che
lo è”.
“Almeno io
ho ricevuto qualche biglietto. Non vedo gufi che ti si aggirano intorno”.
Ron adocchiò
la sorella.
“Allora, qualche
idea su chi sia il tuo ammiratore?”, chiese Harry ad Hermione per cercare di evitare
un altro litigio tra i fratelli Weasley.
“No, ma la
scrittura mi è familiare. Sono sicura di averla già vista”.
“Durante le
ronde?”, chiese Ginny per prenderla in giro.
“Ah Ah! Non
è di Malfoy”, rispose, non volendo dare voce alla crepa creatasi nel suo cuore
quando si era resa conto che non fosse la sua scrittura.
“Ci andrai?”
chiese Harry, indicando il biglietto.
Lei scrollò
le spalle. “Non lo so”.
“Oh,
dovresti”, disse Ginny.
“Credi?”.
“Sì, perché no?
E comunque, non sei curiosa di sapere di chi si tratta?”.
“Potrei
sempre usare il mantello di Harry e spiare”.
“Hermione!
Non è giusto!”, obiettò Ginny. “Qualcuno ha avuto il coraggio di scriverti
quindi almeno dovresti presentarti”.
“Ma e se non
mi piace?”.
“Allora
troverai una scusa per scappare”.
“Sì, puoi usare
la scusa di Harry e dire che ci devi incontrare ai Tre Manici di Scopa”, disse
Ron.
“Quella non
era una scusa! Dovevo davvero vedere Hermione per l’intervista sul Quidditch”.
“Non è quello
che credeva Cho!”.
“Ma comunque
ti ha fatto fuggire da un appuntamento orribile”, aggiunse Ginny.
Harry
scrollò le spalle, non potendo ribattere.
“Allora è deciso.
Ci andrai e poi ci troveremo alle 3 ai Tre Manici, così potrai andartene”,
disse Ginny.
Hermione grugnì.
Gli appuntamento al buio erano sempre terribili.
Da qualche
parte nella Sala Grande, un ragazzo apriva un’altra missiva rosa ed arrossiva.
Mentre la leggeva, si chiese se la Professoressa Sprite avesse qualche rosa
rossa.
"Credevo
Avresti chiesto ad Astoria di andare ad Hogsmeade”, fece notare Blasie al suo
amico.
Il biondo
sospirò drammaticamente. “È stata lei a far girare il pettegolezzo, non le ho
nemmeno chiesto di uscire. Da quanto la Cooman le ha predetto un matrimonio con
un tizio biondo e ricco ha iniziato a starmi dietro senza tregua”.
Blasie
sghignazzò. “Deve essere proprio terribile essere inseguito da una ragazza bellissima”.
Draco gli
lanciò uno sguardo. “Pensavo avresti simpatizzato per me. Quante ragazze hai
cercato di allontanare quando non eri interessato?”.
Lui sospirò.
Era vero, le attenzioni indesiderate non erano piacevoli. Voleva una ragazza
che sapesse guardare oltre l’aspetto fisico ma sembrava fossero tutte troppo
frivole, il che di solito significava le avrebbe volute strozzare alla fine del
primo appuntamento.
“Comunque,
come mai sei ad Hogsmeade senza una ragazza?”, chiese Draco.
“Ho in mente
qualcos’altro”.
“Ti piace
qualcuna!”.
Blasie
grugnì mentalmente. Da quanto il Professor Piton gli aveva fatto quella stupida
richiesta aveva passato le giornate ad osservare sia la Weasley che la
Lovegood. Aveva presto capito che Potter era innamorato della sorella del suo
migliore amico ma ancora incapace di racimolare il coraggio per dirglielo. Per quanto
riguardava le ragazze, il Ragazzo che è Sopravvissuto faceva schifo ma era
anche piuttosto ovvio sarebbe finito per sposare la Weasley e Blasie non aveva alcun
desiderio di interferire. Di solito piaceva farlo a Draco.
Gli era
quindi rimasta solo Lunatica Lovegood ed aveva quasi perso la pazienza finché
non si era reso conto che qualsiasi punizione si fosse inventato il Professor
Piton sarebbe stata peggio che passare del tempo con quella strana ragazza.
“Tieniti i
tuoi segreti, ma alla fine lo scoprirò”, disse Draco.
“Non ho
dubbi”, replicò lui, rassegnato al suo fato ed alle risate che ne sarebbero
seguire.
Si aspettò
di ricevere qualche commento maligno ma quando guardò il suo amico lo scoprì a
camminare da solo. Si voltò e lo vide rimanere fermo a fissare l’interno di
Madama Piediburro. Sembrava sotto shock. Blasie gli si avvicinò e cercò di
capire cosa stesse guardando, poi scoppiò a ridere.
“È la
Granger con Paciock?”.
“Sembra di
sì”, rispose il biondo con tono strozzato.
Strinse gli
occhi e guardò il suo amico con preoccupazione. Per caso aveva una cotta per la
Caposcuola? Vista la situazione, sembrava di sì. Aveva un’espressione tormentata.
Blasie ripensò
agli ultimi due anni, soprattutto a dopo che la guerra era finita. Aveva notato
un piccolo cambiamento in Draco, che ormai non supportava più la superiorità
dei Purosangue. Le azioni di Narcissa avevano giocato un ruolo decisivo nel suo
cambiamento e quando era tornato a scuola per il sesto anno, non aveva più
mormorato la parola “Sanguesporco”. Aveva anche smesso di tormentare Harry
Potter ed i suoi amici. Blasie aveva pensato fosse perché era finalmente
cresciuto ma poi quell’anno aveva iniziato a litigare con la Granger, il che
era davvero strano. Forse ci poteva essere un’altra motivazione sotto.
“Hai una
cotta per la Granger, non è vero?”.
Draco scosse
la testa sconvolto. “No! La odio”.
“Come no. Ecco
perché hai l’espressione di uno a cui è appena stato ucciso il gufo”.
Il suo amico
lo zittì prima di trascinarlo nel retro del locale, dove si accasciò contro il
muro accanto ai bidoni e si prese la testa tra le mani. “Non so cosa ci sia di
sbagliato in me, non riesco a smettere di pensarla”.
“Allora perché
non le hai chiesto di venire ad Hogsmeade con te?”.
“Sei pazzo? Mi odia”.
Draco aveva
ragione. La Granger era gentile e compassionevole con tutti tranne che con lui.
Diventava sempre un’arpia incazzata quando incontrava il Serpeverde. Certo,
Draco diventava ancora più arrogante ed insolente nelle sue vicinanze, quindi poteva
significare che anche a lei piacesse lui.
“Non si sa
mai, potresti piacerle. Dopotutto, sei stato bravo a nascondere i tuoi
sentimenti dietro una facciata di odio”.
Il biondo lo guardò. “Non è che abbia
tenuto segreta una cotta pazzesca per anni. Non sono nemmeno sicuro di quando
ho iniziato a pensare a lei in quel modo. E comunque non importa, non avrei mai
fatto nulla e lei adesso si vede con Paciock. Andiamo a bere qualcosa.
Blasie
rimase a guardare il suo amico tornare alla strada principale con le spalle flosce.
Lo seguì, sentendosi inutile quando lui lanciò un ultimo sguardo all’enorme
vetrata di Madama Piediburro prima di raddrizzare la schiena e dirigersi verso
i Tre Manici di Scopa. Forse avrebbe potuto ottenere due piccioni con una fava
se fosse riuscito ad avvicinarsi alla Lovegood per qualsiasi motivo desiderasse
Piton. Magari avrebbe potuto scoprire cosa ne pensasse esattamente la
Caposcuola di Draco.
Hermione non
si era mai sentita così in imbarazzo in vita sua. Quando aveva deciso di
incontrare il suo ammiratore segreto, non avrebbe mai immaginato si sarebbe
trattato su uno dei suoi amici, il che rendeva ancora più difficile rifiutarlo.
Le era sembrato così contento quando era entrato dalla porta.
“Mi piaci
dal secondo anno”, confessò Neville. “Non avrei fatto nulla perché non pensavo
avresti detto di sì”.
Beh, ecco che
si scopriva il mistero del biglietto. Sembrava fosse l’unico modo in cui
Neville sarebbe riuscito a racimolare il coraggio per chiederle di uscire. Come
avrebbe fatto a rifiutare senza ferirlo? Non era brava in quel genere di cose.
Sorrise appena
mentre Neville si allungava sul tavolo e le prendeva la mano. Non che fosse una
cosa spiacevole, a dire la verità, ma la verità era che lei sperava fosse il
gesto di qualcun altro. Precisamente, di qualcuno un po’ più alto, con i
capelli biondi e gli occhi grigi.
Smettila! Si sgridò da sola. Invece che
fantasticare sull’impossibile, doveva concentrarsi sul come dire di no a
Neville senza rovinare la loro amicizia.
“Senti, Neville, per oggi…”.
“Sono stato
bene. Magari potremmo fare una passeggiata al lago, domani?”.
“Ehm… è solo
che…”.
“Lo so,
vorrai studiare un po’ ma pensavo che potrei farti vedere alcune nuove piante
che ha ricevuto la Professoressa Sprite. È riuscita ad ottenere la Fiamma del
Drago”.
“Vedi, è che
io non.. Cosa? La Fiamma del Draco? Una vera?”.
Neville le
sorrise. “Sì, e mi permetterà di aiutarla a prendersene cura”.
“Ma sono così
rare. Dove l’ha trovata?”.
“Uno dei
suoi vecchi studenti lavora come ricercatore di piante magiche ed è andato alle
isole Kermadec proprio per studiare la Fiamma. È riuscito a raccogliere e
portarsi via un paio di semi da mandare alla Professoressa”.
Hermione era
impressionata. “Wow!”, sospirò. “Mi piacerebbe vederne una”.
“Sono sicuro
che alla Professoressa Sprite non dispiacerà se te la mostro”.
Hermione
cercò di sopprimere il senso di colpa che provava ad illudere Neville. Gli avrebbe
spiegato il fraintendimento il giorno seguente. Sapeva che si era messo molto
in imbarazzo nel confessarle i suoi sentimenti e poi lei voleva davvero vedere la
Fiamma.
Erano delle
piccole piantine che crescevano sui versanti dei vulcani ed assorbivano cenere,
gas tossici ed a volte anche la lava, che raccoglievano nel cuore e poi
rilasciavano se attaccate dai predatori. Da questa caratteristica ne derivava
il nome ed il motivo per cui erano così rare. Se fossero state un animale,
Hagrid le avrebbe sicuramente allevate.
Ad ogni
modo, Hermione non voleva passare altro tempo nella sala da tè di Madama
Piediburro. Era un locale di cattivo gusto ed alcune coppie avevano già
iniziato a mangiarsi la faccia invece della torta, per cui aveva paura che
Neville avrebbe cercato di baciarla. Non pensava di poter portare la farsa
tanto oltre.
“Ho detto a
Ginny che ci saremmo viste ai Tre Manici un quarto d’ora fa”.
“Oh!”, replicò
lui. “Vengo con te”.
Hermione chiuse
gli occhi. Non voleva assolutamente la seguisse, ma era Neville. Non poteva
diventare cattiva e dirgli di andare a fare qualcos’altro. Mentre uscivano dal
locale, lui le afferrò la mano e le sorrise. Il suo cuore perse un colpo. Si sentiva
una persona orribile, senza alcun valore morale. Doveva dirglielo in quel
momento che si era trattato di un fraintendimento. Ma è la Fiamma del Drago,
le ricordò il diavoletto nella sua mente.
Sospirò. Non
poteva illudersi. Era diventata una di quelle persone orribili che usavano i
sentimenti degli altri per ottenere ciò che volevano. Serpeverde, le
sibilò con disapprovazione la sua coscienza.
Ginny adocchiò
la situazione di fronte a lei con interesse. Blasie Zabini aveva chiesto di
potersi unire a loro dieci minuti prima ed aveva immediatamente iniziato ad
affascinare Luna, lasciando lei ed il Caposcuola a guardare.
“Allora,
vuoi andare in Svezia alla ricerca del Ricciocorno Schiattoso quest’estate?”.
“Oh sì, mio
padre ha iniziato a risparmiare proprio per questo. Sarà un articolo esclusivo
e da prima pagina del Cavillo quando lo troveremo”.
Malfoy fece
una smorfia ed era ovvio stesse per fare uno dei suoi classici commenti maligni
quando Zabini gli lanciò uno sguardo di avvertimento. Il biondo prese un sorso
del suo drink e mormorò qualcosa sottovoce. Ginny era affascinata dagli avvenimenti.
“Che peccato,
mi sarebbe piaciuto passare un po’ più di tempo con te”, replicò Zabini,
abbassandosi appena.
Ginny inarcò
un sopracciglio. Che cosa stava macchinando il Serpeverde? Non aveva mai
mostrato alcun interesse in Luna prima di quel momento ed ora le stava
praticamente chiedendo di uscire. Di certo non era lei l’unica confusa, vista l’espressione
sul viso di Malfoy.
“Sono sicura
potresti venire con noi, se volessi. Sono alla ricerca di una piuma del medesimo
colore di un piccolo Eliopata. Riflettono i colori del tramonto”.
“Hai mai
visto un… ehm… Eliopata?”, chiese Zabini, chiaramente insicuro su cosa
intendesse Luna.
“Oh no, ma
papà l’anno scorso ha intervistato dei battitori che l’hanno visto ed ha realizzato
un bellissimo disegno che abbiamo pubblicato”.
Il
Caposcuola continuò a mormorare, cercando di trattenersi per il suo amico.
“Sai, Luna,
potresti andare a cercarla con Zabini”, suggerì Ginny, non volendo sprecare
quell’occasione di renderli una coppia.
“Non ti
dispiace?”, chiese la Corvonero.
“No, e poi
sto aspettando Hermione”.
Zabini
sorrise apertamente a Ginny per ringraziarla, prima di offrire il braccio a
Luna. “Che ne dici di andare?”.
“Sì,
dopotutto nessuno vuole tu fallisca”, disse Luna lasciando tutti confusi.
“E io che
faccio, Blasie?”, chiese Malfoy, ma venne liquidato con uno sguardo ed un gesto
della mano ad indicare l’altro lato del locale. “Te la caverai. Astoria è
laggiù, perché non vai da lei?”.
“Bell’amico
che sei”, gli urlò dietro, ricevendo nient’altro che un gesto della mano in
risposta.
Ginny ghignò
quando Malfoy si sedette sulla panca, di fianco a lei. “Non vai dai tuoi amici?”.
Lui guardò tenebroso
le ragazze del quinto anno. “No, preferisco stare qui”.
Anche Ginny
guardò le ragazze, che in quel momento la stavano indicando. Scrollò le spalle.
Gli affari di Serpeverde non la riguardavano e non poteva costringere Malfoy a
spostarsi, anche se non capiva perché volesse stare seduto con lei.
La porta si
aprì ed entrarono Harry e Ron, entrambi sfregandosi le mani nel tentativo di
riscaldarle. Raggiunsero il bancone ed ordinarono due Burrobirre. A quanto
sembrava non l’avevano ancora vista.
“Non si sa
mai, magari vederti seduta qui con me potrebbe svegliare Potter”.
“Che
intendi?”.
Malfoy la
guardò con un’espressione saccente. “Potter è follemente innamorato di te”.
“Che cosa?”,
gracchiò lei, guadagnandosi l’attenzione dell’intero locale, compresi suo
fratello ed il suo migliore amico.
Il
Serpeverde rise. “Oh, lo vedrai in circa trenta secondi”.
I due
Grifondoro arrivarono lesti. “Che ci fai con Malfoy?”, chiese Ron.
“Abbiamo un
appuntamento”, disse maligno Malfoy, facendo scivolare un braccio attorno alle
spalle di Ginny.
Lei rimase rigida
per lo shock ma l’espressione di Harry la fece riflettere. Gli piaceva? I suoi
sentimenti verso il ragazzo non erano mai cambiati ma Hermione al terzo anno le
aveva detto di smetterla di stare ad aspettare che lui la notasse. Al quarto,
lui aveva chiesto a Cho Chang di uscire, per cui lei era stata costretta a
dimenticarlo e continuare la sua vita. Aveva accettato di frequentare Michael
Corner poco più tardi.
“Frequenti
Malfoy?”, chiese una voce femminile dietro a Ron ed Harry.
I due
ragazzi si scansarono e rivelarono Hermione, mano nella mano con Neville.
“Che ti
importa, Granger?”, biascicò Malfoy. “Tu non frequenti Paciock?”.
“Ehm… beh…”.
“Era Neville
il tuo ammiratore segreto?”, si intromise Ron.
“Sì, ma..”.
“Almeno se
vi sposate c’è la possibilità che i vostri figli non siano delle piovre”, disse
crudele Malfoy.
Hermione
iniziò a scaldarsi mentre Neville arrossì. “Attento a ciò che dici, Malfoy”,
sbottò.
“Oooh, ti
nascondi già dietro le sottante della tua ragazza, Paciock?”, sibilò il
Serpeverde.
Ginny provò
l’istinto di nascondersi la testa tra le mani. Harry non aveva ancora smesso di
fissarla e sembrava deluso. Per di più, Malfoy ed Hermione stavano già per
iniziare un’altra guerra.
“Smettetela,
tutti e due!”, ordinò. “Malfoy, Goyle ti sta chiamando dalla porta”.
Per fortuna
era vero. Malfoy le tolse il braccio dalle spalle, guardò un’ultima volta i
Grifondoro di fronte a lui e le diede un bacio sulla guancia. “Grazie per la
Burrobirra, piccola Weasley. Ci vediamo in giro”.
“Non riesco
a credere tu stia vedendo quell’idiota. Papà non ti perdonerà mai”, disse Ron.
“È così
maleducato”, soffiò Hermione, non riuscendo a guardare Ginny negli occhi.
Harry rimase
in silenzio ma continuò a fissarla.
“Io non
frequento Malfoy. Ero seduta qui con Luna quando lui e Zabini si sono uniti a
noi. Credo che a Zabini lei piaccia e sono andati a cercare una piuma giusto
tre minuti prima che arrivaste voi. Quando sei saltato alle conclusioni, Ron,
Malfoy ha colto l’occasione per prendervi tutti per il naso”.
“Oh!”,
mormorarono tutti in coro.
“Esattamente”,
replicò lei.
Si accorse
della leggera contentezza di Harry alle sue parole ed Hermione riuscì
finalmente ad alzare gli occhi.
“A Zabini
piace Luna?”, chiese Ron, iniziando a ridere.
Ginny sospirò
ma annuì. Beh, gli ultimi avvenimenti le avevano dato molto a cui pensare,
soprattutto riguardo ad Harry. Anche se prima doveva parlare con Hermione. Che diavolo
stava pensando di fare mano nella mano con Neville Paciock, fingendo di essere
la sua ragazza? Doveva assolutamente intervenire prima che le cose diventassero
più complicate. Non poteva perdersi l’occasione di vedere Piton vestito con la
divisa di Grifondoro.
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Capitolo 5 *** Incomprensioni ***
Capitolo 5
Incomprensioni
Severus notò
l’espressione depressa dei suoi studenti con gioia. Una nuvola nera aveva
sicuramente inghiottito la classe e lui non poteva esserne più felice. A rendere
le cose ancora migliori, i Capiscuola si lanciavano sguardi velenosi ad ogni occasione.
Dopo circa una settimana di fragile amicizia, che lui aveva osservato in trepidazione,
erano finalmente tornati alle vecchie abitudini. Ora doveva solo farli litigare
violentemente e far sì che si affatturassero. Riusciva già ad immaginarsi la costernazione
sul viso di Albus.
Aprì di
scatto la porta, pronto a far uscire gli studenti, constatando come niente fosse
ancora esploso quel giorno, ma rabbrividì quando all’esterno vide in attesa i
peggiore incubo della sua carriera. Neville Paciock.
Severus non
aveva mai avuto uno studente più maldestro di lui, inclusi Tiger e Goyle.
“Che ci fai
qui, Paciock? Pensavo di essermi finalmente liberato della tua incompetenza”.
Come al
solito, il ragazzo arrossì ed iniziò a balbettare. “Ehm… aspetto Hermione”.
Severus si
voltò verso la Caposcuola, le cui guance rosse potevano significare una sola
cosa. “Sia grata che la lezione è finita, Signorina Granger. Non tollero che
problemi personali interferiscano nella mia classe”.
“Sì, signore”,
replicò lei e raccolse le sue cose. Rimase delusa quando Draco le passò di
fianco e mandò all’aria la sua borsa, facendone rotolare tutto il contenuto per
la stanza.
“Guarda dove
vai, Granger! Non credevo che la goffaggine di Paciock fosse contagiosa. Se
fossi in te starei attendo a baciarlo, potrebbe contagiarti anche con la
stupidità”.
Severus
rimase a guardare divertito, mentre le mani di lei si chiudevano a pugno. Andiamo,
andiamo, Granger, pensò, così potrò toglierti una marea di punti.
“Va all’inferno,
Malfoy”.
“Con piacere”,
biascicò il Caposcuola, guardandola dall’alto in basso con disgusto prima di
uscire dalla classe.
Il resto
degli studenti si affrettò a seguirlo e la Caposcuola fu l’ultima ad andarsene
dopo aver raccattato le sue cose in giro e con l’espressione un po’ riluttante.
Severus era particolarmente compiaciuto del suo ultimo piano, ma la scommessa
era ancora tutt’altro che vinta.
Anni prima,
annoiato, aveva passato una lezione a scandagliare le menti di quelli troppo
stupidi per accorgersi di essere sotto attacco da parte di un Legilimens. Tiger
e Goyle non gli avevano fornito molte informazioni, pensavano solo al cibo. Al contrario,
Paciock gli aveva regalato una piacevole mezz’ora di distrazione. La sua
patetica cotta per la Granger era davvero esilarante. Di tanto in tanto, aveva
quindi continuato a sbirciare nella usa mente, ma il ragazzo sembrava aver
capito che la Grifondoro fosse ben al di là della sua portata, così l’aveva
osservata da lontano. Fino a quel momento, almeno.
Il suo ingegnoso
piano gli era venuto in mente quando aveva confiscato due biglietti di San
Valentino particolarmente vomitevoli ad un Tassorosso del secondo anno. Si era
subito reso conto che il modo migliore per assicurarsi che l’idea di Albus non
si realizzasse sarebbe stata improvvisarsi lui stesso cupido e, a quando
pareva, la cosa stava funzionando alla grande. Ora la Granger usciva con
Paciock e Draco era tornato a tormentarla ed insultarla.
Il suo sogno
di vedere due Serpeverde dominare l’anno seguente era tornato reale. Sorrise
apertamente, ignorando un gruppetto di Tassorosso e Corvonero del primo anno in
attesa che la lezione cominciasse. Si ritrassero, più che terrorizzati per la
sua espressioni. Il Professore li avrebbe davvero avvelenati come aveva promesso
la settimana prima?
“Cosa c’è di
sbagliato in te?”, sbuffò Blasie quando raggiunse Draco.
“Che
intendi?”.
“Che diavolo
è successo a Pozioni?”.
“Andiamo, non
c’è niente di più patetico che vedere la Granger con Paciock”.
Si guadagnò
così uno sguardo saccente del suo amico. “Non mi prendi in giro, Draco. Hai una
cotta per la Granger e ti stai scavando la fossa da solo”.
“E allora?
Non importa. Lei frequenta Paciock ed alla fine dell’anno non dovrò rivederla
mai più”.
“Sei un
idiota. L’ho sempre sospettato ma ora ne ho la prova e comunque la incontrerai
ancora. La comunità magica inglese non è così vasta, quindi la troverai da qualche
parte prima o poi”.
“Non
necessariamente. E poi perché questa ne sarebbe la prova?”.
“Perché Luna
dice che Hermione non sapeva ci sarebbe stato Paciock al locale. Aveva ricevuto
una misteriosa lettera per San Valentino e la Weasley l’ha convinta ad andare a
vedere chi fosse. Non sapeva nemmeno che Paciock avesse una cotta per lei e se
tu non fossi così concentrato al bruciarti tutte le possibilità le faresti
capire cosa si perde”.
“E perché dovrebbe
cambiare qualcosa? Lo frequenta comunque”.
“Solo perché
non sa come rifiutarlo senza ferirlo”.
Draco smise
di camminare verso il lago. “Lo frequenta perché non sa come dirgli di no?”.
“Sì”.
“Beh, se è
così dannatamente stupida allora se lo merita”.
Blasie
sospirò. “Sei mai contento di qualcosa? Sul serio, io ti dico che la ragazza
dei tuoi sogni non vuole davvero frequentare un altro e tu, invece che esserne
felice, ti irriti perché non è così senza cuore da dire al suo amico di andare
a quel paese”.
“Oh, andiamo!
È la cosa più stupida che abbia mai sentito. Come posso rispettare una scusa
così patetica? E comunque, questo come mi aiuterebbe? In ogni caso lo
frequenta!”.
“Ma lo
lascerà presto. Probabilmente deve solo trovare il libro Come rompere con un
buon amico senza ferirlo”.
Draco alzò
gli occhi al cielo. “Buona fortuna, allora. Mi importerà quando ci sarà riuscita”.
“Almeno
smettila prima di arrivare al punto in cui ti renderai conto che non ci sarà
più spazio per te”.
Lui diede un
colpo di tosse ma decise segretamente di continuare con gli insulti. Vederla in
quella sala da tè con Paciock era stato davvero uno shock. In realtà non aveva
mai pianificato di dare sfogo ai suoi sentimenti, ma quando l’aveva notata di
fronte ad un altro ragazzo si era reso conto di cosa davvero provasse. In qualche
modo, tra le litigate ed i viaggetti in infermeria, la Grifondoro si era fata
strada nel suo cuore in un modo davvero spiacevole.
“Comunque,
che succede con Lunatica?”.
Osservò
affascinato le guance del suo amico diventare più scure. “Niente”, replicò
Blasie, preso alla sprovvista.
Draco alzò
un sopracciglio. Aveva già immaginato che Blasie stesse macchinando qualcosa quando
aveva iniziato a parlare con Luna, considerato anche che non ne aveva mai
notata prima l’esistenza. Da quel sabato ad Hogsmeade, però, era diventato il
suo più ostinato difensore, non curandosi dei commenti irrisori che lo
seguivano quando si trovava in sua compagnia o si comportava come un idiota. “Avrei
quasi potuto crederci, se non fossi tutto rosso”.
“È diversa”.
“Di sicuro.
Qualcuno direbbe che è pazza”.
Blasie aggrottò
la fronte. “Non è matta, solo un po’ sopra le righe”.
“Sopra le righe?
Sono sorpreso che lei e suo padre non siano ancora stati confinati al reparto
dei fuori di testa del San Mungo”.
Il suo amico
lo fissò. “Non è pazza. E comunque non puoi sceglierti i genitori ed è facile
credere a quelle cose quando te le dicono da quando sei piccolo. Cioè,
guardati! Credevi a tutto ciò che ti raccontava tuo padre, senza nemmeno farti
domande”.
Fu il turno
di Draco di sbottare. “Ma è diverso! Sfortunatamente, Voldemort è esistito
davvero”.
“Sul serio?
Scommetto che se tuo padre ti avesse raccontato di Ricciocorni Schiattosi o
Rane Lunari invece che di Sanguesporco e Babbani, ci avresti creduto pure tu”.
“Certo che
no!”.
Blasie lo
guardò incredulo, il che lo fece andare ancora di più sulla difensiva. Lui non
era un idiota o tocco come Lunatica.
“Continua a
raccontartela. In ogni caso, lei è davvero interessante se smetti di pensare a
quelle cose ed è anche bravissima nelle fatture. Un paio del quinto anno hanno
pensato sarebbe stato divertente prenderci in giro ma quando me ne sono accorto
stavano già scappando a gambe levate con uno stormo di canarini alle calcagna. Mi
ha detto che glie lo ha insegnato la Granger”.
“Cos’abbiamo
che non va, noi due?”.
“Che intendi?”.
“Perché diavolo
siamo cotti di due streghe violente? Proviamo istinti di morte?”.
Blasie rise. “Probabile”.
“Hermione!”,
sibilò Ginny facendo sospirare la sua amica, che posò il libro.
“Cosa, Ginny?”.
“Quando
diavolo dirai a Neville che si tratta di un malinteso?”.
Il cuore di
Hermione si strinse. Voleva lasciarlo già il giorno dopo Hogsmeade, dopo aver
visto la Fiamma del Drago. Quello però era successo un paio di giorni prima ed ogni
volta che provava a parlargli lui la guardava con quegli occhi enormi e felici.
Si sarebbe sentita come se avesse preso a calci un cucciolo.
“Non ci
riesco! Mi sento troppo in colpa!”.
Ginny grugnì. “Hermione! Ti
stai comportando molto peggio a continuare questa farsa. Lui crede davvero tu
sia la sua ragazza. Che cosa farai quando troverà davvero il coraggio di
baciarti?”.
Hermione
appoggiò la testa sulla scrivania, sopra le braccia incrociate. “Che cosa farò?”,
mormorò con voce smorta.
“Smettila e fallo!
La prossima volta che ci vediamo voglio sentirti dire che gli hai confessato
tutto ed hai smesso di assecondarlo!”.
Con quelle
parole dure, Ginny sbattè il libro e si alzò.
“Sono seria,
Hermione. Sei crudele e ingiusta con Neville. Sì, sarà triste all’inizio ma non
quanto potrebbe esserlo tra qualche settimana quando capirà si è trattato di un’illusione”.
La rossa scomparve
verso l’uscita. Hermione sapeva che la sua amica aveva ragione. Si stava
comportando in modo orribile con Neville, che al contrario diventava sempre più
felice, apparentemente convinto non si trattasse di un sogno. Sfortunatamente, a lei sembrava un incubo.
A rendere le
cose peggiori, Malfoy era tornato a comportarsi come una bestia. Ormai i
sorrisi amichevoli e le chiacchierate erano svaniti, soppiantate da insulti e
parole taglienti. Era di nuovo come ai vecchi tempi e lei odiava che la cosa la
ferisse. Il suo cuore piangeva e, nonostante non volesse sentirsi in quel modo,
era la realtà. Quando aveva iniziato a provare qualcosa per lui?
Scacciò quei
pensieri dalla sua mente e si concentrò per finire il tema di astronomia. Ci sarebbe
stato un sacco di tempo per pensarci più tardi, ora doveva studiare,
soprattutto perché avrebbe dovuto vedere Neville in un paio d’ore. L’avrebbe
portata finalmente a vedere la Fiamma del Drago. Seppellì la propria colpa. Gli
avrebbe confessato la verità.
Neville le
allungò un paio di guanti in pelle di drago, mentre si preparavano per il
compito che li aspettava. Non sarebbe stato semplice spostare quella pericolosa
pianta in un caso più grande. La Professoressa Sprite avrebbe dovuto essere con
loro a supervisionare il tutto ma un incidente con il Tranello del Diavolo
durante la sua precedente lezione l’aveva fatta finire in infermeria e la
pianta doveva essere spostata quel giorno stesso o sarebbe morta.
“Sicuro che
dovremmo farlo noi?”, chiese ancora una volta Hermione.
“La Professoressa
Sprite mi ha dato il permesso, dobbiamo”.
“Ok”,
rispose lei, guardando insicura la pianta.
“Non preoccuparti,
ho aiutato la Professoressa il mese scorso e so quello che faccio”.
Hermione si
rallegrò, visto che di solito odiava fare qualcosa senza prima aver fatto
ricerche approfondite. Non le piaceva essere all’oscuro e, nonostante qualche
lettura extra sulla Fiamma del Drago, non aveva avuto tempo di dare un occhio
ai metodi di trapianto.
La serra
numero 5 era stata convertita ad esclusivo uso di quell’esemplare, dato che
aveva bisogno di particolari cure per crescere e fiorire. La Professoressa
aveva ricreato l’atmosfera di un cratere per l’occasione. Il calore era
insopportabile e se non vi fossero stati degli incantesimi raffreddanti lanciati
automaticamente a chiunque entrasse, nel caso qualche briccone più piccolo
avesse tentato di infilarcisi, si sarebbero cotti a puntino ed il sangue
avrebbe iniziato a bollire. Nonostante tutto, però, era un ambiente affasciante
e ad Hermione piaceva.
“Allora, che
facciamo?”, chiese.
“Per prima
cosa, prepariamo il nuovo vaso. Dobbiamo metterci parti uguali di terriccio,
sterco di drago e cenere”.
Lavorarono
veloci ed in silenzio. L’avevano già fatto così tante volte in passato che era semplice
tornare alle vecchie abitudini. Harry e Ron facevano sempre coppia a tutte le
lezioni, lasciandola quasi sempre con Neville.
Quando finirono, Hermione si voltò verso Neville. “E adesso?”.
“Questa è la parte difficile. Come sai, la Fiamma diventa pericolosa se si
sente attaccata e, sfortunatamente per noi, rinvasarla per lei è una minaccia”.
Hermione grugnì. “Ottimo!”.
“Già! Quindi, io la sollevo più velocemente possibile ma ho bisogno che tu ti
assicuri di circondarla con un Incantesimo Scudo, così che se qualcosa schizza
fuori venga trattenuto”.
Hermione scrollò le spalle. Sembrava abbastanza semplice. “Pensavo fosse
qualcosa di peggio”.
“Ma la pianta farà di tutto per respingerci ed ha anche qualche asso nella
manica”.
“Tipo cosa?”.
“Ha dei tentacoli che sbucheranno fuori e cercheranno di rompere lo Scudo,
e ci riusciranno appena lo toccheranno. Quindi la velocità è essenziale”.
“Ok, so che possiamo farcela”.
Neville le sorrise. “Entusiasmo, ecco ciò che voglio vedere”.
Lei sorrise di rimando. Erano Grifondoro, dopotutto.
Draco fece
una smorfia quando vide Luna trotterellare verso di lui e Blasie, che
camminavano attorno al lago.
“Ciao, Draco”,
li disse dopo aver dato a Blasie un bacio sulla guancia.
“Lunati…
Luna”, la salutò lui, ricordandosi di chiamarla con il suo nome giusto in tempo
grazie alla gomitata nelle costole ricevuta dall’amico.
Non gli
piacevano gli sguardi che lei continuava a lanciarli quando si incontravano. Sembravano
impietositi ma anche divertiti allo stesso tempo, come se sapesse qualcosa di
cui lui era ancora all’oscuro. Era irritante.
“Se iniziate
a fare i piccioncini io me la squaglio”, disse scontroso.
“Non
andartene per colpa mia, ti prego”, replicò Luna.
“Le dimostrazioni
di affetto sdolcinate non fanno per me”.
“Non
preoccuparti, Luna. È solo acido perché la ragazza che gli piace frequenta
qualcun altro”.
Luna sorrise.
“Non c’è problema, Hermione non frequenta sul serio Neville”.
Draco si
voltò verso Blasie e gli tirò un calcio alle caviglie.
“Ahia, perché?”,
si lamentò Blasie, saltellando su un piede solo.
“Glie lo hai
detto?”.
“No, giuro
di no!”.
“E allora
come fa a saperlo?”.
“Ti piace
Hermione da almeno metà dell’anno scorso. È così ovvio”, disse Luna.
“Come?”,
rispose lui.
“Beh, almeno
è quando l’hai ammesso a te stesso. Per quanto ne so poteva già piacerti da un
sacco di tempo”.
“Come fa a
sapere queste cose?”, chiese Draco a Blasie, confuso da quelle rivelazioni.
Il suo amico
scrollò le spalle e ghignò. “Non chiederlo a me!”.
“Non è
magia, Draco. Io osservo ciò che gli altri non vedono. Credete tutti sia pazza
ma solo perché non sono limitata dalle aspettative che vi rendono ciechi. Ecco perché
noto le cose e tu no”.
“Quindi ehm…
che mi dici della Granger? Le piaccio?”.
Luna rise e
scosse la testa. “Oh, no, Draco! Non sarò io a dirtelo. Dovrai scoprirlo da
solo”.
Lui imprecò
e lanciò un sassolino nel lago con la scarpa. “In ogni caso, probabilmente mi
odia”, mormorò.
La Corvonero
gli mise una mano sul braccio. “Perché non hai un po’ di fiducia in te stesso ed
ammetti i tuoi sentimenti, invece che continuare a scappare?”.
“È facile da
dire per te”.
“Certo, ma
non sono io a rendermi pietosa. Prova ad affrontarla. Mal che vada, che può succedere?
Ti dirà di no, ma almeno non ti porrai più queste domande”.
“Beh, se
quello è il peggio, per me sarebbe piuttosto brutto”.
Lei sorrise
gentile. “Manda giù l’orgoglio e vai a cercarla. È alla serra numero 5”.
Draco si trattenne,
per niente sicuro di voler seguire il consiglio di Luna. Lei gli diede un buffetto
sulle spalle. “Vai”, lo incoraggiò.
“Per la
barba di Merlino, Draco. Smettila di fare il codardo e chiedile di uscire”,
sbottò Blasie.
Lui guardò il
suo amico prima di sospirare, raddrizzare le spalle e marciare verso le serre.
“Allora, lo
rifiuterà e riderà di lui?”, chiese Blasie alla sua ragazza mentre guardava il
biondo raggiungere il castello.
“Certo che
no! Le piace da altrettanto tempo. Chi credi che gli abbia regalato la
statuina?”.
“La Granger?
Ha senso!”.
“Sì, ma per tua
sfortuna significa che avrai fallito nel compito che ti ha assegnato il
Professor Piton”.
“Cosa?”, chiese
lui a disagio.
“Intendo di
avvicinarti a me, così che potessi vanificare i miei sforzi per far mettere
assieme quei due”.
“Ecco di
cosa si trattava!”, esclamò lui, prima di rendersi conto di aver confessato. Non
capiva come mai lei non lo avesse già schiaffeggiato e se ne fosse andata. “Non
ti ho baciata a causa sua, comunque. Cioè, mi sono avvicinato ai Tre Manici perché
me lo aveva chiesto, ma poi ho scoperto che mi piaci sul serio”.
Luna lo abbracciò.
“Lo so, stupido. Se lo avessi fatto solo per il Professor Piton ti avrei
affatturato e scacciato. Sei adorabilmente insicuro di te stesso quanto di
piace una ragazza”.
“Ma perché Piton
sta cercando di mettere i bastoni tra le ruote a Draco ed alla Granger?”.
“Intendi a parte
per il fatto che non vuole qualcuno sia felice? Ha fatto una scommessa con il
Professor Silente, che credeva avrebbero iniziato a frequentarsi entro la fine
dell’anno. Se dovesse perdere, dovrebbe indossare la divisa di Grifondoro per
un giorno intero”.
Blasie
scoppiò a ridere. “Oh, anche se quei due non si piacessero sul serio li avrei
fatti mettere insieme solo per vedere la scena!”.
Draco rallentò
il passo quando si avvicinò alla serra numero 5. Sarebbe davvero andato fino in
fondo? Non era il tipo da rischiare quando ci fosse stata la possibilità di
perdere. Quel comportamento era riservato agli stupidi ed ai Grifondoro. Però si
trovava lì, a chiedersi se dovesse domandare alla Granger un appuntamento,
nonostante lei stesse tecnicamente frequentando qualcun altro.
Se Blasie e
Luna si fossero sbagliati e lei avesse davvero voluto essere la ragazza di Paciock
li avrebbe rincorsi a suon di Cruciatus. Poteva accettare di essere rifiutato
ma non in favore di quella sottospecie di piovra idiota. Sarebbe stato troppo
umiliante e lo avrebbe traumatizzato a vita.
Cercò di
sbirciare attraverso la finestra coperta di vapore e vide la Granger assieme a
Paciock. Perfetto. Non poteva chiederle di uscire in presenza del suo attuale
ragazzo. Era sicuro avrebbe infranto qualche regola non scritta e, se di norma
non gli sarebbe importato, quella volta sarebbe successo se lo avesse rifiutato
perché Paciock ne sarebbe stato testimone.
Stava per
voltarsi e tornare alla sala comune di Serpeverde a rodersi il fegato quando
all’improvviso Neville si abbassò, come se volesse baciare la Granger. Il suo
lato geloso si risvegliò. Poteva anche lasciar perdere il fatto che si
tenessero per ma non gli avrebbe permesso di baciare la ragazza che piaceva a
lui.
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Capitolo 6 *** La Disfatta di Piton ***
Capitolo 6 - Epilogo
La Disfatta
di Piton
Rinvasare la
Fiamma del Drago era stato più semplice di quanto Hermione si fosse immaginata,
probabilmente perché lei e Neville avevano lavorato assieme così tante volte
negli anni che si erano abituati alla reciproca magia. Riuscirono presto a
risistemare la pianta nella sua nuova e più grande dimora ed a rimetterla a
distanza di sicurezza, rilasciando poi l’incantesimo scudo.
“Dammi il
cinque!”, disse Hermione alzando una mano.
Fu solo
quando Neville la guardò come se fosse pazza che si rese conto di come alcune
cose non potessero essere comprese nel mondo magico ed il cinque era una di
quelle.
“Ehm.. niente,
non importa. È una cosa babbana”, mormorò un po’ imbarazzata.
Diede uno
sguardo alla serra e cercò di trovare il coraggio. Doveva davvero dire a
Neville la verità riguardo la loro “relazione”, ma era più semplice a dirsi che
a farsi. Ad ogni modo, Ginny aveva ragione, più avesse tirato la corda più probabilmente
avrebbe ferito Neville e distrutto la loro amicizia. Prese un respiro profondo
e stava per parlare quando percepì delle dita tra i suoi capelli. Fece un salto
e guardò il ragazzo, concentrato mentre le toglieva qualcosa dalla chioma.
“Ecco”,
disse tenendo in mano una foglia. “Era intrappolata”.
“Oh, grazie”,
disse lei ma si bloccò quando lo vide rimetterle a posto una ciocca dietro l’orecchio.
“Ehm…
Neville, riguardo noi due…”.
Dovette fermarsi
di nuovo, perché lui si stava ovviamente abbassando per baciarla. Avrebbe dovuto
sapere che quel momento sarebbe arrivato e prepararsi all’eventualità.
Dopotutto, si frequentavano ormai da quattro giorni ed era sempre riuscita a
scamparla. Non riuscì a non andare un po’ nel panico, muovendosi all’indietro
ed andando a sbattere contro il tavolo dietro di loro. Lui la seguì e cercò nuovamente
di baciarla quando la porta della serra si aprì con un tonfo.
Neville fece
un salto indietro ed Hermione alzò lo sguardo, vedendo un infuriato Caposcuola
sull’uscio con la bacchetta sguainata.
“Malfoy, che
cosa credi di fare?”, chiese lei.
“Allontanati
da lei”, ordinò il Serpeverde, ignorando la domanda.
Neville
sembrò confuso ma continuò a starle vicino. A quanto sembrava, quello fu troppo
per Malfoy.
“Ho detto di
allontanarti da lei!”.
“Hai perso
la testa? È la mia ragazza! Perché dovrei starle lontano?”.
Il
Caposcuola iniziò ad avvicinarsi, la bacchetta sempre alzata, fino a
raggiungerli ed afferrarla per un polso, tirandola poi verso di sé. “Diglielo, Hermione!”.
“Dirmi cosa?”,
chiese Neville mentre le prendeva l’altro polso per cercare di riconquistarla.
“Ok, potreste
smetterla di tirarmi? Hai perso il cervello, Malfoy? Che cosa dovrei dire esattamente
a Neville?”.
“Chiedi a me
se sono pazzo quando tu hai iniziato a frequentarlo per errore?”.
Neville iniziò
a tossire. “Hai mangiato qualcosa di andato a male, Malfoy? Cosa ne sai della
nostra relazione? Giusto, Hermione?”.
Lui la
guardò e strinse gli occhi quando la vide arrossire. Sapeva di avere un’espressione
colpevole ma non poteva farne a meno. Tra l’altro, non capiva neanche come
facesse Malfoy ad essere a conoscenza della situazione ma il fatto che avesse
detto la verità non poteva essere negato.
“Davvero mi
frequenti per sbaglio?”.
“No, non è
proprio così, Neville”, disse debolmente.
“Che
intendi? Com’è allora?”, le chiese lasciandole il polso.
Sfortunatamente,
dato che lui e Malfoy stavano ancora cercando di tirarla ognuno dalla propria
parte, quando un lato venne liberato lei cadde addosso a Draco. Il Caposcuola
perse quindi l’equilibrio e volò all’indietro, dritto dritto sopra l’appena
rinvasata Fiamma del Drago.
La pianta,
che non sarebbe mai stata docile nemmeno nei suoi momenti migliori, reagì come
se si fosse trovata sotto attacco e con un sonoro schiocco rilasciò i tentacoli
sputando una pericolosa combinazione di ceneri incandescenti, gas e lava.
Neville le si gettò addosso, così che potessero entrambi allontanarsi dalle
fiamme.
A causa
della reazione tra l’aria umida e la mistura nociva, ci fu una potente
esplosione. L’ultima cosa che Hermione vide furono milioni di schegge di vetro
vorticarle intorno.
Riacquistò
coscienza in infermeria e sbattè più volte le palpebre per la luce troppo
forte.
“Grazie a
Merlino stai bene”, disse una voce al suo fianco.
Si voltò e
riconobbe i capelli di Ginny Weasley, affiancata da Ron ed Harry.
“Quanto sono
rimasta svenuta?”, gracchiò.
Accettò
grata il bicchiere di acqua che Harry le aveva allungato e prese qualche sorso,
lavando via il sapore amaro della cenere.
“Almeno un
paio d’ore”.
“Che è
successo? L’ultima cosa che ricordo è Neville che mi spingeva a terra”.
“La serra vi
è crollata addosso. Ci sono voluti quattro professori per tirarvi fuori”.
“E Malfoy?
Sta bene?”, chiese nel panico, ricordando l’immagine di lui immobile sul
pavimento a causa dell’incidente durante la lezione di Pozioni.
“Sta bene”,
dice una voce. “È ancora incosciente perché ha avuto la peggio ma Madama Chips
dice che si riprenderà”.
Hermione girò
la testa e vide Neville seduto sul letto vicino, con il volto fasciato e
qualche graffio ancora visibile. Si sentì in colpa ancora una volta. Si era
così preoccupata per Malfoy che non aveva nemmeno pensato di chiedere di
Neville, il ragazzo che l’aveva protetta.
Ginny, molto
più sensibile all’atmosfera tesa rispetto agli altri amici di Hermione, si
abbassò e le accarezzò una guancia. “Comunque, ora che sei sveglia, noi ce ne
andiamo. È quasi l’ora del coprifuoco e siamo già rimasti abbastanza”.
Harry e Ron
la seguirono, non prima di averla stretta in un abbraccio, ed Hermione si ritrovò
presto sola con Neville e Malfoy.
“Dobbiamo
parlare”, disse Neville.
Lei sospirò.
Non voleva davvero riprendere la conversazione, consapevole di essersi
comportata in modo atroce nei suoi confronti, cosa che davvero non meritava
“Lo so”,
disse pacata, sistemandosi le coperte.
“Perchè?”, chiese semplicemente lui.
Hermione non
cercò di indorare la pillola. “Non sapevo come dirti che non provo le stesse
cose. Eri così felice da Madama Piediburro che non volevo far scoppiare la tua
bolla”.
“Ma ad un
certo punto avresti dovuto dirmelo”.
“Lo so, ma
non avevo ancora scoperto come. E volevo davvero vedere la Fiamma del Draco”,
confessò piena di vergogna.
Lui rise
appena e cadde il silenzio.
“Che succede
tra te e Malfoy?”, le chiese dieci minuti dopo.
“Niente!”,
replicò sulla difensiva.
“Ma ti piace?”.
Parlare di
certe cose con il suo ex da appena cinque minuti le pareva davvero sbagliato ma
doveva sapere la verità.
“Sì”,
mormorò.
Lui sorrise
amaramente. “Grazie per non aver mentito. Non ti avrei creduto se lo avessi fatto.
È stato lui la prima persona di cui hai chiesto notizie”.
Hermione
arrossì. “Lo so e mi dispiace. Sei stato tu a mettermi al sicuro e ti sei
ferito per questo”.
Non poté continuare
a parlare perché Madama Chips entrò dalla porta. “Ah, Signorina Granger, si è
svegliata. Bene”.
L’infermiera
iniziò a compiere qualche incantesimo di diagnosi ed alla fine la dichiarò
sana. “È davvero stupefacente”, commentò.
“Grazie a
Neville che mi ha protetta”.
Madama Chips
sorrise al ragazzo, uno dei suoi preferiti. “Il Signor Paciock è stato
fortunato a cavarsela con qualche graffio. Adesso può andare”, disse
guardandolo.
“Io invece?”,
chiese Hermione.
“Mi
dispiace, dovrai rimanere per la notte. Hai preso un brutto colpo in testa”, le
rispose posizionando un pigiama pulito ai piedi del letto.
Neville esitò.
Era ovvio volesse dire qualcos’altro ma non di fronte all’infermiera, che
comprese al volo e lanciò loro un’occhiata divertita. “Si assicuri di tornare
alla Torre prima del coprifuoco, Signor Paciock”.
Lui annuì e
la Chips se ne tornò in ufficio, chiudendo la porta.
Hermione
guardò imbarazzata Neville. “Mi dispiace davvero, non volevo ferirti”.
“Lo so”,
disse lui, avvicinandosi e prendendole la mano.
“Potrai
perdonarmi?”.
Neville
sorrise. “Ma certo. Siamo amici e, ad essere onesto, non ho mai avuto una
speranza. Questi ultimi giorni sembravano troppo belli per essere veri. Non posso
essere arrabbiato”.
“Sei una
persona migliore di me”, rispose Hermione.
“Forse”, disse
lui. Esitò ancora una volta prima di guardare il biondo addormentato. “Allora,
che farai con Malfoy?”.
Lei si morse
un labbro. “Non ci ho ancora pensato”.
“Ti
consiglio di buttarti. Fatti dire che è meraviglioso quando ottieni ciò che hai
desiderato e speravi di non avere mai. Nel tuo
caso, non credo si rivelerà essere un’illusione”.
Hermione non
riuscì a trattenere le lacrime e lo abbracciò forte. “Sei il migliore Neville e
so che troverai una ragazza migliaia di volte migliore di me che ti renderà
felice”.
Lui le diede
un bacio sulla fronte. “Non preoccuparti, sono più forte di quanto sembri”.
“Lo so ma
odio averti reso triste”.
Il silenzio
che ne seguì le fece capire di avere ragione e le si spezzò il cuore per il
dolore causatogli. Ginny aveva ragione, era stata crudele. Lui le strinse la
mano prima di lasciare l’infermeria.
Hermione stava
leggendo a letto quando udì un cambiamento nel respiro di Malfoy. Invece che
calmo e profondo come nelle ultime ore, era diventato affannato, come se stesse
lottando con qualcosa. Il rumore dei lenzuola stropicciate significava anche che
si stesse muovendo parecchio.
Infilò i
piedi nelle ciabatte, per proteggerli dal pavimento freddo, e zampettò verso il
letto di Malfoy. Come sospettava, stava dormendo male, come se stessa facendo
degli incubi che lo disturbavano. Non sarebbe stata una sorpresa, considerando
ciò che era successo quel giorno.
Gli si
avvicinò e gli lisciò la ruga che si era formata tra gli occhi. In qualche modo
questo lo calmò, così si sedette di fianco al letto, appellando il libro e
tenendogli la mano con quella libera. Qualcosa di quell’atmosfera la calmava,
forse la notte od il silenzio che la circondava.
Fu il suono
di una scatola di cioccolatini che cadeva dal letto che le fece distogliere lo
sguardo dal libro. Alzò la testa verso il comodino e notò che la statuina di
Quidditch era stata lasciata lì assieme alle solite confezioni di dolciumi. Il
piccolo Draco sembrava essersi appena svegliato e, visto lo stato della divisa,
la scatola caduta probabilmente lo aveva schiacciato. Si abbassò per
raccoglierla ed allontanarla dalla figura. Il mini Malfoy si accorse della sua
presenza e saltò subito sulla scopa per atterrare poi sulla pagina aperta del
suo libro. Sembrava molto contento di vederla così lei aprì la mano per farlo
salire.
“Non ti ho
ancora ringraziato per quella”, disse Draco.
Hermione
sussultò ed alzò il viso. La statuina aveva svegliato la versione originale. Se
non lo avesse conosciuto, avrebbe detto che stava bene a parte le bende sulla
testa. Le fiamme della pianta invece gli avevano bruciato mezzi capelli e lasciato
delle bruciature terribili che Madama Chips aveva detto avrebbero richiesto
almeno 12 ore per guarire.
“Come fai a
sapere che sono stata io?”.
Lui le diede
uno sguardo di sufficienza. “Andiamo, Granger, chi altri potrebbe fare una
magia del genere? C’è qualcun altro ad Hogwarts? E comunque, guarda quanto ti
adora. Di solito succede nei confronti di chi ti crea”.
Lei arrossì ma
scrollò le spalle. “Ok, l’ho fatto io. Mi sentivo in colpa per averti quasi ucciso”.
“Avresti
dovuto ma ammettiamolo, mi sono quasi ucciso da solo con quella bravata della
spina di porcospino”.
Hermione
rimase così sconvolta dalla sua ammissione che rimase a fissarlo.
“Cosa?”,
soffiò lui.
“Non credo
di averti mai sentito ammettere qualcosa prima d’ora”.
Draco
imprecò. “Non farci l’abitudine”.
Lei sorrise.
“Certo che no”.
“Allora, cos’è
successo?”.
Hermione
esitò. Non ricordava nulla? Aveva dimenticato anche di averla costretta a
rompere con Neville?
“Ehm… sei
entrato nella serra mentre io e Neville…”.
“Non ho
perso la memoria, Granger”, sbottò lui.
“Come facevo
a saperlo? Non hai esattamente posto una domanda chiara”.
“Intendo perché
sono qui”.
“Oh beh, sei
andato addosso alla Fiamma del Drago, che ci ha attaccati e beh… hai avuto la
peggio e sei tutto bruciacchiato”.
Lui si passò
una mano in testa e fece una smorfia. Faceva male a toccare anche sopra le
bende. Sospirò. “Quando a lungo dovrò rimanerci?”.
“In realtà
non ti è andata così male. Mancano sei ore perché l’unguento di Madama Chips
finisca di fare effetto”.
Malfoy non ne
rimase così sorpreso come lo era stata lei, forse perché era cresciuto nel
mondo magico e non aveva esperienza di metodi curativi molto più lenti come
quelli dei Babbani.
“Perché tu
sei ancora qui? Il tuo ragazzo non c’è”.
Hermione
arrossì al modo in cui aveva definito Neville. “Sono sotto osservazione perché ho
sbattuto forte la testa. Neville invece è stato dimesso perché aveva solo
qualche graffio per via dei vetri”.
Lui annuì e
distolse lo sguardo.
“E non è il
mio ragazzo”, mormorò lei guardando il libro ancora posizionato sul letto.
“Cosa?”.
“Noi… ehm…. Abbiamo
rotto”.
Il
Caposcuola strinse gli occhi. “Davvero?”.
Lei scrollò
le spalle. “Sì, era un po’ stupido continuare. Ha capito si è trattato solo di
un malinteso”.
Per un breve
momento, Malfoy non fece nulla. Poi però si alzò di scatto e la colse di
sorpresa. Hermione squittì quando lui la trascinò nel letto al suo fianco e la
baciò. Rimase in stato di shock per qualche secondo, prima di ricambiare.
Draco alzò
la testa e ghignò. Sembrava felice di rimanere a fissarla ed accarezzarle un
fianco. Non glie lo avrebbe permesso, voleva una dichiarazione come si deve.
“E questo a
cosa lo devo?”.
Il
Serpeverde alzò gli occhi al cielo. “Pensavo fosse ovvio”.
“Non
proprio, se consideri che abbiamo passato tutto l’anno a cercare di ucciderci”.
“Sentimenti
repressi”, mormorò vago.
“Non te la
caverai tanto facilmente”.
“In che
senso?”.
“Così”,
disse Hermione indicando sé stessa. “Visto che io sono finita per frequentare
una persona per quattro giorni a causa della mia incapacità di confessargli i
miei sentimenti, tu dovrai fare di meglio”.
“Sapevo mi
avresti reso le cose difficili”.
Lei sorrise
dolcemente. “Quando mai te le ho rese facili?”.
“Hai ragione”,
grugnì lui prima di fare un respiro profondo. “Ok, Granger. Mi piaci, voglio
frequentarti ed essere il tuo ragazzo”.
Lei gli
diede un buffetto sulla guancia. “Vedi? Non era così difficile”.
“Parla per
te, non sei tu quella che poteva essere rifiutata”.
“Beh, sei
fortunato Malfoy, perché anche tu mi piaci”, gli disse prima di abbassarsi e
baciarlo una seconda volta.
Draco aprì
gli occhi quando qualcuno iniziò a schiarirsi la gola. Aveva il braccio
sinistro completamente intorpidito, che ritornò funzionante solo quando il peso
che lo schiacciava venne spostato. Gli faceva male ovunque, era come se avesse avuto
migliaia di aghi in ogni parte del corpo.
“Ahia”,
mormorò. “Questa è l’ultima volta che divido un letto di ospedale con te,
Granger”. Lei si limitò a fissarlo.
“Ben svegliati,
ragazzi”, disse una voce ai piedi del letto.
Si voltarono
entrambi, colpevoli, verso il Preside che sorrideva.
“Ehm….
Professore, non è come sembra”, mentì la Granger.
“Devo
ammetterlo, sono contento che voi due andiate molto più d’accorto dell’ultima volta
in cui siete finiti in infermeria”.
“Che posso
dire? La Granger ha capito i suoi errori”.
“Malfoy!”,
gracchiò lei, colpendolo al braccio sinistro ancora dolorante.
“Attenta”,
sbottò lui, massaggiandoselo.
“Idiota”, gli
rispose. Lui sorrise e la baciò.
Una risata
del Professore li fece fermare. “Vedo che certe cose non cambiano mai. Almeno
allieterete Hogwarts in un modo meno esplosivo”.
La Granger
arrossì adorabilmente e Draco decise che baciarla di fronte a qualche professore
sarebbe stata una cosa molto divertente. Non vedeva l’ora di provarci di fronte
al Professor Piton. Non riusciva a decidere di chi avrebbe avuto più paura tra
lui e la sua ragazza.
“Ad ogni
modo, volevo assicurarmi che i miei Capiscuola stessero bene dopo essere fini
qui per l’ennesima volta”, disse Silente con gli occhi scintillanti.
La porta si
aprì di colpo e Madama Chips entrò di corsa con una sbracciata di pozioni,
unguenti e bende che le fluttuavano dietro.
“Ah, è
arrivata Madama Chips. Vi lascio alle sue cure. Sono sciuro ci vedremo più
tardi”, disse il Professor Silente.
I mormorii incessanti
ed i commenti fecero capire a Severus che qualcosa di scandaloso stesse
succedendo ad Hogwarts. Alzò lo sguardo dal suo pranzo e vide i due Capiscuola
entrare in Sala Grande mano nella mano.
Gli si
rivoltò lo stomaco, all’improvviso nauseato dall’implicazione della scenetta. Strinse
gli occhi e si voltò verso Albus, seduto di fianco con gli occhi
sbrilluccicosi.
“Beh
Severus, hai perso”.
“Si tengono
solo per mano, non prova niente. Possono essersi fatti male seriamente od
essere legati da un incantesimo andato male”, cercò disperatamente di congetturare.
Il coro di “Bacio,
bacio” degli studenti gli fece nuovamente voltare la testa verso i ragazzi.
Draco, quel
maledetto, aveva deciso di dare sfogo alla sua natura melodrammatica e, per la
gioia di tutti tranne Severus, aveva sollevato la Granger da terra,
coinvolgendola in un bacio appassionato.
Il suo sogno
di dominio dei Serpeverde si sciolse come neve al sole di fronte a quella disgustosa
dimostrazione.
Si alzò in
piedi. “Signor Malfoy, Signorina Granger!”, urlò. “Smettetela subito. In
punizione, con me stasera alle sette”.
I mormorii
contrariati si sollevarono in Sala Grande e Severus imprecò mentre i due
piccioncini si separavano per sedersi ai rispettivi tavoli.
“Credo sia
stato tu stesso il motivo per cui hanno iniziato a frequentarsi, Severus”, disse
Albus con un sorriso tronfio che lo faceva infuriare.
“Cosa? E Come?”.
“Sei stato tu
ad organizzare quel piano piuttosto ingegnoso affinché Hermione e Neville
Paciock si incontrassero a San Valentino. Non ti chiederò come facessi a sapere
della sua cotta ma ti invito a non usare mai più certi metodi in futuro”.
“Non so di
cosa tu stia parlando”.
“Ma certo
che no, Severus”, disse divertito il Preside. “Comunque, è stato grazie a quella
breve relazione tra Hermione e Neville che Draco finalmente ha trovato il
coraggio di affrontare i suoi sentimenti per lei.
Dannazione!
Come era potuto succedere?
“E devo complimentarmi
con te per aver incoraggiato le relazioni tra case. Credo che Blasie Zabini stia
frequentando Luna Lovegood. È bello vedere gli studenti andare così d’accordo
da buttarsi il passato alle spalle”.
Gli occhi di
Severus cercarono Blasie, che al momento stava dando delle pacche a Draco e
soffiava baci al tavolo di Corvonero verso Luna Lovegood. Non esistevano più i sottoposti
di una volta.
“Immagino
domani ti presenterai con delle vesti più colorate. Mi sono preso la libertà di
farti consegnare qualcosa direttamente nella tua stanza. Dovresti trovare tutto
sul letto”.
Severus
strinse le labbra alla vista dello scintillio negli occhi di Albus. Sarebbe rimasto
traumatizzato a vita. |
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