La Disfatta di Severus Piton

di Rumaan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Scommessa ***
Capitolo 2: *** Regali ed Enigmi ***
Capitolo 3: *** Duelli ***
Capitolo 4: *** Appuntamenti ***
Capitolo 5: *** Incomprensioni ***
Capitolo 6: *** La Disfatta di Piton ***



Capitolo 1
*** La Scommessa ***


Capitolo 1

Disclaimer: i personaggi appartengono a J.K. Rowling. 

La storia si svolge durante un settimo anno alternativo e segue le vicende fino alla fine del quarto/inizio del quinto libro. Le avventure mancanti non vengono raccontate ma sono brevemente descritti i fatti accaduti tra quinto e settimo anno.

Attenzione! Questa storia è una traduzione. L'originale la potete trovare al seguente link: https://www.fanfiction.net/s/8638926/1/The-Demise-of-Severus-Snape


La scommessa

Severus Piton era al limite. Osservò la sua aula parzialmente distrutta ed ebbe l’istinto di strapparsi i capelli. Hermione Granger si trovava al centro, come Didone tra le rovine di Cartagine. Il suo nemico della giornata – e di tutte le altre, in realtà – Draco Malfoy, giaceva immobile ai suoi piedi.

Come al solito, avevano iniziato a litigare dal nulla. Quella mattina era iniziato tutto bene, gli studenti concentrati sulle proprie pozioni, quando Draco e la Granger avevano all’improvviso cominciato a bisticciare nella dispensa. Avevano poi continuato in classe, dove Piton aveva dovuto sopportare l’indegna vista dei due Caposcuola che lottavano per una fialetta, urlandosi addosso finché non erano caduti sul banco della Granger. Non era sicuro di come ma, un minuto dopo, il calderone di lei era esploso, creando un buco enorme nella parete vicina.

Per un momento era caduto il silenzio, prima che tutti iniziassero inevitabilmente a ciarlare. Severus li lasciò fare per dieci secondi, prima che la sua voce sovrastasse quelle degli studenti del settimo anno.

“Silenzio!”, abbaiò.

Si mosse da dietro la cattedra ed andò a constare i danni. Doveva davvero ricordarsi di avere a che fare con degli imbecilli, prima di assegnare loro pozioni complicate e pericolose come quella esplodente di quel giorno, si disse. Strisciò i piedi fino al corpo immobile del Caposcuola e lanciò un paio di incantesimi diagnostici. Sarebbe stato bene, era solo stato colpito da un calcinaccio staccatosi dal muro. Per fortuna Draco aveva la testa dura, altrimenti si sarebbe dovuto mettere a scrivere una lettera molto spiacevole a Narcissa.

“Signorina Parkinson”, sbottò. “Porti Draco in infermeria”.

I Serpeverde sapevano di non dover discutere un suo ordine e, anche se riusciva a leggere le domande negli occhi blu di Pansy, lei eseguì alla lettera. La osservò con occhio critico mentre faceva levitare il biondo incosciente e lo seguiva fuori dalla porta. Il resto dei suoi compagni rimase un attimo in silenzio, prima di voltarsi arrabbiati e lanciare sguardi infuocati ai Grifondoro.

Severus spostò la sua attenzione sulla strega riccia, che non aveva mosso un muscolo dal momento dell’esplosione. Sembrava essere in stato di shock, cosa estremamente inusuale per lei. Alle sue spalle, Potter sbatteva le palpebre verso la scena del crimine mentre Weasley, con la bocca spalancata, muoveva gli occhi da un lato all’altro della stanza. Un paio di complicati movimenti di bacchetta dopo, l’aula venne riportata al suo stato originale. I sotterranei potevano anche essere bui e tetri, ma Severus manteneva l’aula più pulita che Hogwarts avesse mai visto.

Osservò uno ad uno gli studenti di Pozioni Avanzate. Non molti di loro riuscivano a guardarlo negli occhi, vista la rabbia repressa che si irradiava da lui. “Voglio un tema di novantacinque centimetri sul perchè seguire le istruzioni passo passo durante la preparazione di una pozione sia essenziale per ogni competente pozionista. Mi aspetto di trovarlo sulla mia scrivania per la prossima lezione”, biascicò.

I mormorii si accesero. “Non accetterò alcuna scusa. Se il tema non verrà consegnato, non avrete alcun voto. Ora tutti fuori, tranne la Signorina Granger”.

La Granger sembrò risvegliarsi dal suo stato catatonico a quelle parole. Alzò gli occhi verso di lui. Riusciva a percepire quanto fosse preoccupata, il che lo fece sorridere internamente. Adorava constatare la paura che incuteva ai suoi studenti, specialmente tra i Grifondoro.

“Malfoy starà bene?”, chiese con la voce appena tremolante.

Severus si accigliò. Allora non era in ansia per la punizione che avrebbe ricevuto. “Starà bene e non grazie a lei, Signorina Granger”, disse tagliente. “Ad ogni modo, trovo che il suo comportamento non rispecchi le caratteristiche minime richieste per un Caposcuola di Hogwarts. La cosa deve essere portata all’attenzione del Preside. Raccomanderò che le sia tolto l’incarico”.

La Granger arrossì e si morse un labbro. Almeno riusciva a controllare le sue emozioni, cosa che non poteva dirsi per i suoi due stupidi amici.

“Cosa?”, esclamò Potte. “Non può farlo! La colpa è stata tanto di Hermione quando di Malfoy, se non di più”.

Severus puntò gli occhi sul suo studente peggiore con disgusto. “Signor Potter”, biascicò. “Trovo incomprensibile come ancora non sia riuscito a capire che non tutto la riguarda. Non credo di aver chiesto a lei od al Signor Weasley di rimanere indietro, né di aver richiesto la vostra opinione”.

Rimanendo immobile alla sua natura irritante, Potter lo ignorò. “È ingiusto, è colpa di Malfoy se la pozione è esplosa”, continuò noncurante.  

“Ci ha messo lui gli aculei di porcospino in più”, aggiunse Weasley.

Ronald Weasley, l’altra spina nel fianco di Piton. Il rosso era più tonto di un tordo. Se non fosse stato per quell’anno in cui lui aveva insegnato Difesa Contro le Arti Oscure, quei due non sarebbero stati mai ammessi al suo corso di Pozioni Avanzate. Tristemente, gli standard di Lumacorno non avevano mai combaciato con i suoi.

“È abbastanza!”, abbaiò Severus. “Potter e Weasley, in punizione con me questa sera alle otto”.

“Che abbiamo fatto?”, si lamentarono entrambi all’unisono.  

Esistete, fu il pensiero che gli attraversò la mente, ma non lo espresse. “Non solo siete rimasti quando avevo richiesto la presenza della sola Signorina Granger, ma avete anche fallito nel dimostrare il rispetto che di seve ad un professore”.

La Granger diede una gomitata ad entrambi, il che gli fece riportare l’attenzione su di lei. Sarebbe stata una soddisfazione incrinare quell’aura di sicurezza che portava. Era troppo composta e rigida, anche se molto intelligente. E soprattutto le piaceva comandare, troppo per i suoi gusti. Si sarebbe divertito a demotivarla. L’avrebbe rimpiazzata con Daphne Greengrass e Minerva McGranitt sarebbe andata su tutte le furie. La sua pupilla, rimossa dalla propria posizione per comportamento scorretto e rimpiazzata da una Serpeverde.

Era così preso dal suo sogno ad occhi aperti del trionfo sui Grifondoro che gli ci volle un colpo di tosse della Granger per riportarlo con i piedi per terra. Dannata strega. Aveva riacquistato quello sguardo freddo che sfoggiava di solito. In effetti, l’unica volta in cui scompariva era quando litigava con Draco. Diventava una sottospecie di virago urlante, completa di viso rosso e capelli elettrici.

“Signorina Granger, venga con me”, sbottò.

Mentre sorpassava quell’orribile trio, vide la ragazza lanciare agli amici uno sguardo d’avvertimento. Si lisciò il mantello, sapendo di essere seguito. Era finalmente arrivato il momento di rimettere i Grifondoro al loro posto.


Quando raggiunsero l’ufficio del Preside, parecchi piani più in alto, Severus mormorò la parola d’ordine e salì le scale in silenzio assieme alla Granger, osservando soddisfatto la sua espressione ansiosa, proprio quella che avrebbe dovuto avere. Bussò alla porta.

“Avanti”, rispose il tono calmo di Albus Silente.

Spalancò la porta, spingendo la Granger di fronte a lui.

“Professor Piton, c’è qualche problema?”

“Sfortunatamente”, disse serio. “La Signorina Granger qui presente ha trovato appropriato far esplodere la mia classe e mandare il Caposcuola in Infermeria. La sua Condotta non si addice ad una Caposcuola e chiedo che sia rimossa dalla sua posizione. È solo per pura fortuna che il Signor Malfoy non sia rimasto ucciso”.

Entrambi i professori la guardarono. “È vero, Hermione?”, chiese Albus, osservandola fissa dall’alto dei suoi occhiali a mezzaluna.  

“Beh… sì, ma è stato un incidente”, disse nervosa.

“Così spero”, rispose il Preside.

“La pozione che stava cuocendo pende e non sarebbe esplosa ma io e Malfoy stavamo litigando per chi dovesse prendere l’ultima fiala di veleno di serpente. La sua era stata rotta da Goyle e voleva quella rimasta nella dispensa, solo che l’ho presa prima io. Durante la ehm… diatriba che ne è seguita una spina di porcospino in più è finita nel mio calderone e ne ha causato l’esplosione”.

La porta si aprì con un colpo e Minerva si affrettò ad entrare concitata. Severus imprecò sottovoce. Forse avrebbe dovuto farsi seguire anche da quegli altri due impiccioni, dato che si erano ovviamente diretti dalla loro direttrice. Ecco che Potter riusciva ancora una volta ad avere la meglio sul Preside. Albus gli era affezionato in modo rivoltante.

“Sia come sia, Preside, non credo che lottare per una fiala di veleno di serpente sia un comportamento edificante per una Caposcuola. È davvero stata fortuna che il calcinaccio che ha colpito il Signor Malfoy non sia stato più grande. Non penso debba continuare a ricoprire la sua attuale posizione, significherebbe mandare il messaggio che tentare di uccidere un Caposcuola sia accettabile”.

“Come se fossi l’unica a volerlo morto”, mormorò la Granger.

Severus la guardò disgustato. Certo, i suoi Serpeverde non erano molto benvoluti ma stavano lavorando contro i pregiudizi del resto della scuola, che non riusciva ad apprezzarne i significativi talenti e distintivi caratteri.

“Davvero, Severus, stai esagerando! Dubito che la Signorina Granger stesse cercando di uccidere un Caposcuola. Mi dispiace impicciarmi, Preside, ma il Signor Potter ed il Signor Weasley mi hanno raccontato ciò che è successo e temo sarebbe estremamente ingiusto togliere alla Signorina Granger il suo titolo a causa di un ovvio incidente”, si intromise Minerva.

Il Preside unì le dita delle mani e guardò i tre occupanti del suo ufficio. Severus poteva giurare di aver visto un sorriso spuntargli sulle labbra. Fu allora che capì che non si sarebbe pronunciato in suo favore. Dannazione, pensò. Albus aveva la mania per le punizioni soft, soprattutto se si trattava di Potter ed i suoi irritanti amici. Valeva la pena tentare, comunque.

“Anche se capisco la tua rabbia, Severus, non vedo come possa essere stato un atto deliberato da parte della Signorina Granger sabotare la tua lezione od uccidere Draco. Perciò, non c’è motivo che il suo titolo le venga tolto a causa di ciò che è stato un incidente”.

La riccia emise un profondo sospiro di sollievo. “Mi dispiace davvero per l’incidente, Preside”, disse con un tono vomitevolmente zuccheroso.

Severus fece una smorfia ed Albus lo guardò divertito. “Scusati con il Professor Piton e potrai andare”.

La Granger si voltò verso di lui. “Mi dispiace di aver distrutto la sua classe, Professore”, disse convinta.

Severus annuì brevemente e la lasciò uscire dall’ufficio, seguita dalla sua direttrice, che gli lanciò un ultimo sguardo prima di sparire. Se non avesse saputo quanto Minerva ci tenesse alla correttezza, si sarebbe preoccupato dei punti che avrebbe potuto togliere ai Serpeverde.

Anche se lui in realtà aveva una lezione in programma con i Grifondoro del quinto anno e di sicuro non si sarebbe lasciato fermare da dei noiosi valori morali. Avrebbe tolto loro parecchi punti, assieme al primo posto per la Coppa delle Case. Il pensiero lo rallegrò particolarmente.

“Severus, ammiro i tuoi tentativi, davvero”, disse divertito il Preside.

“Non sono sicuro di capire cosa intendi, Albus”.

“Certo che no, ma non cercare nuovamente di portare via il suo titolo alla Signorina Granger. Lei ed il Signor Malfoy mi garantiscono un divertimento senza fine”.

“Devo mettere in dubbio la tua saggezza nell’aver affidato il compito a quei due, Albus. Stanno dando il cattivo esempio alla scuola. Povero Draco, non lo incolpo per essere così frustrato. È di sicuro una ragazza che fa infuriare”.

Quell’ique

Quell’irritante sorrisetto compiaciuto rifece capolino sulle labbra di Albus, mentre gli faceva l’occhiolino. “Devo dissentire. I loro battibecchi sono ancora più interessanti vista l’ovvia chimica tra i due”.

“Chimica?”, biascicò Severus.

“Sì, è davvero palese a coloro che riescono a vedere oltre l’ovvio”.

Severus si stizzì all’implicazione riguardo la sua cecità. “Credo tu stia interpretando la loro ostilità un po’ troppo sopra le righe. Dopotutto, lei è una Nata Babbana e Draco un Malfoy”.

“Trovo siano sempre le persone meno indicate a stare insieme che ispirano l’amore più forte. Pensavo che proprio tu lo avresti capito, Severus”.

Lui arrossì. Lili era completamente diversa dalla Granger, unica e speciale. Non le piaceva comandare né era un’irritante So-tutto-io. Ok, forse un po’ lo era stata, ma in lei quelle caratteristiche ispiravano tenerezza, non come con la Granger. “Penso concorderai che questa situazione sia molto diversa”.

Albus annuì. “Ma certo, l’attrazione è diversa perché lo sono le persone”.

“Obietto all’idea ci sia dell’attrazione tra quei due”.

Il Preside rise. “Mi sorprendo di te, Severus. Di solito sei tu quello che osserva. Mi stai dicendo che non hai notato gli sguardi furtivi che si lanciano di continuo?”.

“Gli unici sguardi che noto sono quelli pieni di odio appena prima inizino ad urlarsi addosso”.

“Ti va di rendere la cosa ancora più interessante?”, chiese Albus.

Severus si avvicinò al Preside. Aveva quella scintilla negli occhi che di solito significava “Io so qualcosa che tu non sai”. Era sconcertante. “Interessante in che modo?”.

“Che ne dici di fare una scommessina sui due Capiscuola?”.

Severus strinse le labbra. Non si fidava di Albus Silente quando si comportava in modo così subdolo. “Che tipo di scommessa?”.

“Scommetto che Draco Malfoy ed Hermione Granger finiranno per frequentarsi entro la fine dell’anno”.

Che cosa? Pensò. Albus deve aver perso la testa. “Che cosa mi farebbe guadagnare, tutto ciò?”.

“Se avrò mal interpretato la situazione e loro continuassero ad odiarsi, perderei ed il prossimo anno nominerò entrambi i Capiscuola di Serpeverde”.

A Severus piaceva parecchio. Il suo sogno di spodestare Minerva stava riaffiorando. Lo avrebbe odiato. Entrambi i Capiscuola Serpeverde! Non succedeva da cinquecento anni. “E se perdessi io e Draco perdesse completamente la testa dichiarando il suo amore per la Granger?”.

“Dovrai indossare i colori di Grifondoro per un giorno intero”.

Severus rabbrividì. Rosso ed oro? Esisteva qualcosa di più vergognoso? L’idea di doversi travestire come il ritratto di Fanni appena nata di sicuro non lo allettava, ma il desiderio del dominio dei Serpeverde era altrettanto forte. Tra l’altro, non c’era possibilità che il Preside avesse ragione, era assurdo persino pensarci. “Credo sia piuttosto improbabile tu abbia ragione ma sarò più che felice di avere due Capiscuola Serpeverde il prossimo anno”.

“Eccellente”, rispose Albus, tendendogli la mano. Mormorarono entrambi l’incantesimo per rendere la scommessa vincolante, come se ce ne fosse bisogno. Somigliava molto ad un Voto Infrangibile, ma aveva il vantaggio di regalarti delle terribili pustole in caso di rottura del patto, invece che la morte.


Albus rise tra sé quando Severus uscì dal suo ufficio. “Non posso dire di approvare la tua scandalosa scommessa su uno dei miei discendenti”, biascicò Phineas Nigellus Black.

“Oh, zitto, Phineas!”, lo rimproverò Dilys Derwent. “È innocua e quello stupido ragazzo, Severus, se lo merita dopo aver cercato di rimuovere dalla sua posizione quell’adorabile Granger”.

“Di certo non è innocua, visto che si parla di una Sanguesp…”. Si bloccò prima di finire la frase vedendo lo sguardo feroce di Albus e di metà degli altri ex Presidi. “Nata Babbana”, si corresse con astio.

“Ormai è ora che quelle ridicole idee sul sangue siano messe a tacere”, tuonò Dexter Fortescue. “Non hanno più posto nella nostra società”.

“Lo dici solo perché sei un Nato Babbano”, sbottò Phineas.

Vindictus Verdian fece una smorfia. “Non definiresti dolce la Granger, se solo vedessi certe cose che combina, Dilys. Ha un lato vendicativo che io approvo appieno”.

“Suvvia, Veridian, sono sicuro tu stia sbagliando. È sempre così deliziosa”, obiettò Dilys.

“Forse perché non hai mai cercato di fermarla dal violare una regola della scuola. Ha una determinazione fortissima, incredibile per una con quei valori morali. Lei ed il ragazzo Malfoy di certo sarebbero una coppia interessante”, replicò Vindictus.

“Come se un discendente della nobile Casa dei Black si abbassasse a tanto”, sbottò Phineas.

“Andromeda Tonks”, disse Heliotrope Wilkins con un colpo di tosse. Phineas sputacchiò.

Albus, non prestandi attenzione ai ritratti che battibeccavano, si rilassò sulla sedia ed iniziò a pensare alla prossima mossa. Se conosceva bene Severus come pensava, di sicuro non si sarebbe riuscito a trattenere dall’interferire. Adorava davvero immischiarsi in situazioni che non gli appartenevano, bastava pensare ai Malandrini. Certo, loro lo prendevano in giro senza pietà, cosa di cui Albus avrebbe dovuto accorgersi, ma di certo non c’era bisogno li seguisse di nascosto come invece aveva fatto. Tra l’altro, ci aveva quasi rimesso le penne.

Dopotutto però, se voleva che il suo piano funzionasse, Severus doveva per forza immischiarsi. Tristemente, la sua idea di nominare Hermione e Draco Capiscuola, così che potessero avere del tempo in più da passare insieme ed innamorarsi, era fallito miseramente. Li aveva portati solo a discutere sempre di più e causare molti più incidenti che spedivano l’uno o l’altra in infermeria. Di solito toccava a Draco. Hermione riusciva sempre a scansare le fatture, mentre lui aveva sempre preferito parlare rispetto all’agire.

Quell’ultimo incidente, comunque, di fronte ad un esasperato Severus, rimetteva di nuovo tutte le carte in gioco. Non c’era dubbio che il Professore avrebbe iniziato a remargli contro più ferocemente del solito. Albus avrebbe dovuto scegliersi con cura i propri alleati. Passò mentalmente in rassegna i nomi degli studenti già reclutati e si soffermò a due ragazzi del sesto anno. Sorrise apertamente. Sono perfetti, pensò.


Nel frattempo, Severus marciava verso il suo ufficio nei sotterranei. Per fortuna era ora di pranzo, così avrebbe avuto la possibilità di iniziare a pianificare la sua prossima mossa. Non era così stupido da non immaginare che Albus non avrebbe esortato i due Capiscuola a stare assieme, se avesse potuto. Nonostante fosse così impegnato, quel vecchio pazzo impiccione adorava immischiarsi nella vita giornaliera dei suoi studenti.

Nel caso di Draco e la Granger, Severus riusciva ad immaginarsi il Preside pensare id poter rendere felici due giovanotti e cambiare il mondo. Se un Malfoy avesse iniziato a frequentare una Nata Babbana sarebbe stato uno schiaffo in pieno viso per quelli ancora ancorati alle vecchie idee di supremazia del sangue. Albus avrebbe adorato esserne il messaggero.

Era stata una grande sorpresa quando Draco era diventato Caposcuola. Molti studenti si aspettavano sarebbe stato Harry Potter mentre lui credeva sarebbe toccato ad un membro dell’Esercito di Silente. Invece era stato Draco a ricevere la spilla, per la costernazione delle altre tre Casate e la maggioranza dei Professori. Severus invece ne era entusiasta. Non molti ritenevano ammirevoli le sue qualità, ma lui apprezzava il modo piuttosto sottile con cui aveva reso la vita di Potter un inferno. Tristemente, a Draco mancava il carattere più duro e malvagio del padre, dunque eccelleva solo nel fare il bullo. Severus sospirò. Chissà come sarebbe stato umiliato Potter, e potenzialmente ferito a morte, se Draco avesse avuto un po’ più della personalità di Lucius ed un po’ meno di quella di Narcissa.

Beh, non c’era motivo di pensare al passato. Doveva concentrarsi sul mettere nel sacco Albus. Adorava una vera lotta tra intelligenze sopraffine e, nonostante la sua eccentricità, non esisteva nessuno più astuto e sveglio di Albus Silente.

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Capitolo 2
*** Regali ed Enigmi ***


Capitolo 2

Regali ed Enigmi 

Hermione rimase ferma ed incerta di fronte all’entrata dell’infermeria. Non era sicura del perché fosse lì e si era chiesta se andarci o meno per tutta la serata.

Alla fine, aveva deciso di non presentarsi ed andare a letto, cercando di dormire, ma all’una di notte aveva finalmente rinunciato. Lavanda e Calì continuavano a russare mentre lei era rimasta tutto il tempo a pensare all’incidente durante pozioni. Aveva poi gettato di lato le coperte ed era sgattaiolata giù per le scale verso il dormitorio dei ragazzi, infilandosi nella stanza di Harry e Ron e sfrazzando nel baule di Harry fino a trovare il mantello dell’invisibilità. Quel giorno non avrebbe rischiato altre punizioni. Se Piton l’avesse beccata fuori dal dormitorio, di sicuro avrebbe provato di nuovo a soffiarle il titolo.

Ora fissava una figura immobile raggomitolata sotto le coperte. Durante la lezione, era andata nel panico quando aveva visto il pezzo di cemento colpirlo in testa. Per un terribile momento aveva pensato di averlo ucciso. Per fortuna non era successo. Poteva essere anche un’enorme spina nel fianco, ma non meritava di morire.

Entrò nella stanza e ad arrivò al suo fianco. Il comodino era pieno di dolciumi. Tutta Hogwarts sapeva quanto fosse goloso ed i pacchetti che riceveva da sua madre causavano invidia a molti. Hermione, figlia di dentisti, non era tra quelli. Non riuscì a trattenere un basso suono di disapprovazione alla vista della pila accatastata. Si raggelò quando lui si mosse tra le coperte, respirando più leggero quando si fu sistemato. Aveva la testa voltata dall’altra parte, così lei si sedette di fianco al letto.

Non riusciva a capire come mai quell’anno provasse così tanta rabbia verso Malfoy. L’anno precedente era stato molto più calmo. In effetti, il sesto era passato in tregua. La guerra era finita appena prima di settembre, grazie all’Ordine della Fenice che già si trovava sulle tracce degli Horcrux prima della lotta al Reparto Misteri. In seguito, avevano distrutto la Coppa di Tassorosso con l’aiuto dei contatti di Bill Weasley tra i Goblin. Erano rimasti solo Nagini ed Harry stesso. Silente aveva preso Harry da parte per spiegargli la situazione prima che l’Ordine pianificasse un attacco a Malfoy Manor e, nonostante i tentativi di Molly Weasley, lei e Ron si erano uniti alla battaglia.

Avevano preso i Mangiamorte di sorpresa, deboli grazie anche alla mancanza dei loro compari rinchiusi ad Azkaban, così era finita meglio di quanto ci fossero aspettati, anche se non senza perdite. L’Ordine aveva detto addio a Ted Tonks, Hestia Jones e Malocchio, assieme ad altri quattro Auror. Ma la svolta era stata che Harry si era deliberatamente preso un Avada Kedavra da Voldemort in persona. La battaglia si era così fermata qualche minuto, per dargli tempo di riprendersi dalla perdita dell’ultimo Horcrux dentro di lui e cogliere Voldemort completamente impreparato. Una volta svanito il Signore Oscuro, i Mangiamorte avevano perso coraggio ed erano stati facilmente abbattuti.

La vita era dunque ripresa in modo sorprendentemente veloce. Erano tornati ad Hogwarts come se niente fosse successo. L’unica differenza era stata una diminuzione della tensione tra Grifondoro e Serpeverde. Nessuno si lanciava più insulti sul sangue e, nonostante non fossero esattamente in rapporti di amicizia, le due Case riuscivano perfettamente a coesistere. Era stato un sollievo per Harry, Ron ed Hermione. Per la prima volta non dovevano superare gli esami mentre cercavano di spodestare Voldemort nello stesso momento.

Poi però quell’anno, per lei, si era rivelato tempestoso. Era rimasta piacevolmente stupida dall’essere stata nominata Caposcuola, ma l’eccitazione era scemata quando era salita sull’Espresso ed aveva visto Malfoy portare lo stesso gioiello. Si era fermata in silenzio a fissarlo sconvolta, dopodiché il sorriso tronfio che lui aveva sfoggiato aveva dato inizio al primo dei tanti litigi che si erano susseguiti nei giorni a venire. Di certo non stavano dando il buon esempio al resto della scuola, ma non riusciva a farne a meno. C’era qualcosa in lui che la faceva scattare. Quell’arroganza ostentata ed il sorriso sarcastico la facevano uscire di testa. Harry e Ron osservavano il tutto divertiti, mentre il resto di Hogwarts trovava i loro continui battibecchi estremamente esilaranti. L’unica persona che sembrava infuriata per la situazione, come lei e Malfoy, era Piton.

Hermione era anche disagevolmente a conoscenza che i suoi ormoni avessero un’idea diversa rispetto al suo cervello. Il cuore le batteva in modo strano in presenza di Malfoy e le venivano le farfalle allo stomaco. Il che di certo non faceva migliorare la situazione quando si trovavano vicini.

Ripensando alla giornata, l’incidente era sicuramente stato colpa di Malfoy. La sua richiesta di dargli l’ultima fiala rimasta di veleno di serpente era stata ridicola e le aveva deliberatamente sabotato la pozione lanciandoci dentro la spina di porcospino. Però la paura che aveva provato quando lo aveva visto immobile ai suoi piedi non l’avrebbe mai dimenticata. Aveva davvero creduto fosse morto.

Sospirò mentre lo osservava dormire. La mano si mosse verso la tasca e ne estrasse una piccola figurina di Quidditch che aveva creato per il senso di colpa che sentiva. Ispirandosi alle figure vendute durante la Coppa del Mondo, Hermione ne aveva trasfigurata una a sembianza di Malfoy, corredata da Firebot e divisa da Quidditch Serpeverde. Usando poi una serie di incantesimi, l’aveva portata in vita.

Ora, mentre la guardava muoversi sul suo palmo e tirarsi i capelli all’indietro, si sentiva orgogliosa del risultato e riluttante a lasciarla andare. Non riusciva a trattenere una risata quando lui alzava la testa, faceva l’occhiolino e le soffiava un bacio. Il vero Malfoy non ne sarebbe mai stato contento se lo avesse visto. Ridendo pacatamente, la posizionò sul comodino e continuò ad osservarla montare sulla scopa e svolazzare attorno agli anelli. Sapeva gli sarebbe piaciuta, era troppo vanesio.

Prima di andarsene, lanciò un ultimo sguardo al biondo, che dormiva ancora profondamente.


Non c’era niente che Ginny amasse di più, ad Hogwarts, dell’arrivo della posta mattutina. Era uno spettacolo giornaliero che le piaceva immensamente, nonostante fosse anche molto insidioso per i suoi vestiti se avesse ricevuto una lettera da casa. Il beneamato gufo di famiglia, Erroll, non era molto bravo nell’atterraggio ed ogni volta schizzava chiunque si trovasse al tavolo dei Grifondoro con dei pezzi di cibo o succo di zucca. Ad ogni modo, quel giorno non doveva ricevere nulla perché aveva spedito la sua posta giusto la sera prima, così rimase molto sorpresa nel vedere uno dei gufi della scuola arrivarle di fronte ed allungare una zampa perché ritirasse la missiva attaccata.

Prese curiosa la lettera e scoprì arrivava dal Professor Silente, che chiedeva la sua presenza nell’ufficio dopo la fine delle lezioni di quel giorno. Alzò lo sguardo verso Hermione.  

“Hermione, ti è arrivato un messaggio dal Professor Silente?”.

Hermione alzò il viso dall’omelette che stava mangiando. “No, perché?”.

“Oh! È solo che vuole vedermi questo pomeriggio”.

La Caposcuola sembrava intrigata. “Spero sia tutto a posto”.

Ginny scrollò le spalle. “Immagino lo scopriremo”.

Non riuscì comunque a non adocchiare il tavolo dei Professori. Albus Silente la stava guardando. Il suo radar per i guai, sviluppato in anni di convivenza con i gemelli, fece capolino. Di sicuro stava succedendo qualcosa!


Ne fu sicura quando, più tardi, raggiunse l’ufficio del Preside ed incontrò Luna Lovegood sulle scale.

“Ciao!”, disse Ginny. “Anche tu sei stata chiamata dal Professor Silente?”.

“Sì”; rispose la bionda con la testa tra le nuvole.

“Hai idea di cosa si tratti?”.

“Pensavo potesse trattarsi della presenza dei Gorgosprizzi intorno al Professor Piton questa mattina. Il Professor Silente potrebbe aver bisogno del mio aiuto per sbarazzarsene, ma non sono sicura del perché ci sia anche tu”.

Ginny scosse la testa divertita e le due ragazze finirono di salire le scale assieme. Ginny recitò la parola d’ordine contenuta nella lettera ed entrambe salirono sulla spirale semovente. Luna bussò alla porta e sentirono il Professor Silente invitarle ad entrare.

“Grazie per essere venute, Luna e Ginevra”, le accolse.

Il Preside era l’unica persona, a parte sua madre quando era arrabbiata, che chiamava Ginny con il suo nome completo. Sperava non lo facesse. Lo odiava.

“Professor Silente”, mormorarono assieme le ragazze.

“Prego, sedetevi”, disse lui, prima di far apparire un vaso di Api Frizzole. “Gradite un dolciume?”.

Ginny rifiutò invece Luna ne accettò contenta una. “Oh, Api Frizzole, le mie preferite”.

“Bene, sono sicuro siate entrambe curiose sul perché vi abbia chiamate qui”, iniziò il Professor Silente. Ginny guardò Luna, che non sembrava per niente curiosa. “Ho una proposta da farvi”.

Il Preside aveva sicuramente catturato l’attenzione di Ginny. Si ritrovò ad allungarsi verso il ciglio della sedia. Aveva un piano in mente, se lo sentiva.

“Sono certo siate entrambe a conoscenza dell’incidente accaduto ieri durante la lezione di Pozioni Avanzate del settimo anno. Il Professor Piton era comprensibilmente arrabbiato per l’intera faccenda”.

“Sì, ha cercato di mettere nel sacco Hermione”, disse amaramente Ginny.

Il Professor Silente sorrise. “Sì beh, come ho detto era molto arrabbiato. Ad ogni modo, io ed il Professor Piton abbiamo discusso della mia scelta riguardo la nomina dei Capiscuola e siamo giunti ad un leggero dissenso riguardo la loro compatibilità. Perciò, al momento io e Severus abbiamo una sfida in corso che li riguarda e vi ho chiamate per chiedere il vostro aiuto”.

Ginny era intrigata. Il Professor Silente di certo non le aveva portate lì per far loro ascoltare qualche rimprovero a Piton. “Che tipo di sfida?”.

Gli occhi di Silente scintillarono. “Una sorta di ricerca dell’anima gemella. Ho scommesso con il Professor Piton che i nostri Capiscuola diventeranno una coppia entro la fine dell’anno”.

Lei lo guardò, presa in contropiede. “Cosa? Vuole mettere assieme Hermione e Malfoy?”. Non credeva fosse stata un’idea di Piton, dato che non sembrava di certo un tipo da mettersi a fare il cupido. Tra l’altro, disprezzava Hermione e non aveva paura a dimostrarlo.

“Sapevo si trattava dei Gorgosprizzi che giravano attorno al Professor Piton questa mattina”, disse Luna, come se quelle parole spiegassero tutto.

Ginny le lanciò uno sguardo irritato ma il Professor Silente prese la palla al balzo. “I Gorgosprizzi non hanno quasi mai torto”, concordò con un sorriso. “E riguardo la tua domanda, Ginevra, ho sempre pensato che la tensione tra i nostri due esimi Capiscuola fosse divertente, persino durante gli anni passati”.

“Suppongo si possa chiamare tensione, anche se io preferisco definirla odio”.

“Ho paura di dover rispondere con una frase fatta: c’è una linea sottile tra amore ed odio. La trovo molto adatta”.

“A Natale si sarebbero baciati ma i Nargigli continuavano a mettersi in mezzo e spostare il vischio”, constatò Luna come se fosse stato un dato di fatto.

Ginny la adorava ma a volte la sua credenza nelle creature immaginare era un po’ irritante.

“Se solo avessi del vischio incantato”, disse saggiamente il Professor Silente, facendo dell’umorismo.

Luna annuì entusiasta. “Sarebbe un’ottima idea, Professore. Potrebbe intrappolare gli studenti finché non si baciano”.

“Ci penserò, Luna. Di certo movimenterebbe il prossimo Natale”.

Ginny, ignorando Luna che stava partendo per la tangente, cercò di continuare la conversazione originale. “Non sono sicura lei abbia ben capito la situazione, signore, con tutto il rispetto”.

Silente sorrise. “Perché non mi aiutate? Così vedremo se l’ho fatto o meno”.

Ginny strinse le labbra. Il pensiero della reazione di Hermione se avesse saputo che aveva attivamente partecipato al piano era terrificante. Non rimaneva di certo calma e composta quando si trattava di quel subdolo biondo.

“Non preoccupatevi, Hermione non lo scoprirà”, disse incoraggiante il Professore.

Ginny non riuscì a non sorridere vedendo lo sguardo di Silente. Lasciava davvero trasparire un senso di onniscienza. Ma voleva davvero lasciarci coinvolgere in quel piano assurdo?

“Se non è troppo chiedere, signore, perché vuole farli diventare una coppia?”.

“Chiamala follia di un vecchio. Tra l’altro, trovo che nonostante la guerra sia finita, ci siano ancora persone che credono nel valore del sangue e certi comportamenti sarebbero di certo debellati se un appartenente di una famiglia purosangue come i Malfoy sposasse una Nata babbana”.

“Mi scusi se metto in dubbio le sue motivazioni, Professore, ma non è una ragione un po’ superflua per volersi immischiare nella vita di due studenti?”.

“Ma certo, se fosse l’unica ragione. I sentimenti di Hermione e Draco sono un pochino ingarbugliati ed io voglio dare loro una spintarella”.

Ginny era ancora meno convinta. Capiva il Preside, ma non era sicura di volersi immischiare.

“Se il Professor Piton perdesse, dovrebbe portare la veste di Grifondoro per una giornata intera”, disse il Professor Silente, sapendo che avrebbe convinto Ginny.

Beh, quello di certo non se lo sarebbe perso. “Va bene”, disse. “Cosa vuole che facciamo?”.

“Mi serve una spia tra i ranghi”.

Ginny si intrigò. “Per fare cosa?”.

“Scoprire cosa pensa Hermione. Potrebbe essere solo una mia idea ma credo che le liti tra i due siano il risultato di emozioni represse”.

“Cosa intende?”.

“Beh, l’anno scorso riuscivano ad andare perfettamente d’accordo, per quanto potessero due studenti con il loro passato, ed ho notato un paio di sguardi curiosi che si sono lanciati. Così ho deciso di renderli Capiscuola quest’anno. Hermione è sempre stata in lista, ma di certo non sono io a dovervi dire che Draco è stato una scelta fuori dagli schemi”.

Ginny annuì. Erano rimasti tutti sconvolti quando Malfoy era tornato sull’espresso di Hogwarts con la spilla nuova di zecca.

“Nonostante tutto, si sono dimostrati molto divertenti, ma sto ancora aspettando che i miei sospetti siano confermati. Chiamatela vanità di un vecchio, ma mi piace avere ragione”.

“E la scommessa con Piton?”.

“Il Professor Piton”, la riprese gentile il Preside.

“Sì, il Professor Piton”.

“Diciamo solo che mi ha servito su un piatto d’argento la situazione che mi serviva e sarebbe carino vederlo smettere quelle vesti nere per un qualcosa di un po’ più festivo”.

“E Luna cosa centra?”, chiese Ginny, genuinamente curiosa. Se Hermione si fosse confidata con qualcuno l’avrebbe di certo fatto con lei, non con la Lovegood.

Il Professor Silente sorrise alla bionda, che sedeva composta e canticchiava tra sé. “Trovo interessante il suo spirito di osservazione. Spesso nota cose che gli altri non vedono”:

Ginny non poteva che concordare. Nonostante fosse sicuramente strana, spesso riusciva a centrare il nocciolo della questione meglio di chiunque altro.

“Tra le altre cose, Luna è stata uno dei fattori decisivi per cui ho deciso di dare una spintarella ai due Capiscuola”.

“Davvero?”, chiese sorpresa la Corvonero.

“Moltissimo. Sul finire dell’anno passato, mentre ci avviavamo verso il campo da Quidditch per la partita Corvonero-Serpeverde, hai fatto notare che peccato fosse che Hermione stesse ripassando piuttosto che partecipare, dato che la sua presenza faceva sempre giocare peggio Draco”.

“Oh, sì! Ad ogni partita dello scorso anno cercava di impressionarla più che concentrarsi sul gioco. Anche quest’anno lo fa”.

“Sul serio?”, chiese confusa Ginny.

“Non l’hai mai notato?”, la interrogò Luna.

“Non posso dire di averlo fatto”.

“Beh, lo fa eccome, il che lo rende un Cercatore terribile. Vorrei davvero riuscissimo a far partecipare Hermione ad ogni partita dei Serpeverde, piuttosto che solo a quelle cui non può esimersi”.

“Adesso capisci perché voglio reclutare Luna”, le fece notare il Preside.


Severus sedeva nel suo ufficio, contento che la lezione della giornata fosse finita. Doveva davvero disperarsi per il futuro dei pozionisti, visto il calibro degli studenti cui insegnava ogni anno, ma almeno ormai ci aveva preso gusto per la materia. L’anno precedente gli era stata data la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure, perché Albus faticava a trovare qualcuno che accettasse il posto. Così il Preside aveva ceduto e gli aveva dato la possibilità di fare propria quella posizione.

Come succedeva spesso nell’ottenere ciò che si desiderava, però, il lavoro non aveva raggiunto le sue aspettative. Si era reso conto di amare di più l’arte subdola delle pozioni e gli mancava insegnarle. Albus si era sorpreso quando gli aveva dato il preavviso appena l’anno accademico era terminato, chiedendo di riottenere il vecchio posto. Ad ogni modo, anche al Preside era convenuto accettare, dato che il Professor Lumacorno non aveva per niente adorato ritornare al lavoro ed aveva espresso il desiderio di tornare alla sua vecchia pensione.

Secondo Horace, i nuovi studenti non erano bravi come i vecchi, ma Severus credeva fosse semplicemente irritato perché non lo aveva adorato. In effetti, dopo aver sperimentato il regime di Severus e l’atmosfera tetra lasciata dopo la sconfitta di Voldemort, gli studenti si erano dimostrati piuttosto inquieti durante le lezioni di Horace. Severus non aveva nascosto il proprio divertimento. Nelle sue ore di Difesa non era successo nulla del genere.

Albus aveva così reintegrato Severus come insegnante di Pozioni ed aveva richiamato Remus Lupin ad insegnare per l’ennesima volta. Vista la grande ammirazione per il Preside, pochi si erano permessi di lamentarsi del ritorno di un Licantropo, anche perché ormai Remus era felicemente sposato e con un figlio in arrivo, per cui molti genitori si dichiaravano fiduciosi della decisione del Professor Silente. Severus invece non era stato molto contento di dover tornare a preparare la pozione Antilupo,, soprattutto perché avrebbe significato il ritorno a scuola di una sua vecchia nemesi.

In quel momento, seduto nell’ufficio, cercava di inventarsi un piano per far sì che il divario tra i due Capiscuola si ampliasse. Si sarebbe divertito immensamente perché, oltre alla vittoria su Albus, si prospettava anche un glorioso trionfo dei Serpeverde nel loro imminente dominio su Hogwarts l’anno successivo. Si permise di fare uno dei suoi rari sorrisi.


Draco aveva passato tutto il giorno in infermeria, frustrato. Nonostante le sue preghiere, Madama Chips si era rifiutata di dimetterlo, costringendolo a stare a letto. Era una cosa che odiava, soprattutto nei giorni normali. Almeno però gli era rimasta un’enorme pila di dolciumi con cui andare avanti, anche se erano iniziati a diminuire dopo un po’.

Si era chiesto, confuso, chi avesse lasciato sul comodino quella piccola statuina a sua immagine. Gli era stato fatto un regalo molto gradito. Non poteva essere stato nessuno dei suoi amici, se ne sarebbero di certo vantati. Tra l’altro, le uniche persone abbastanza intelligenti che conoscesse da poter praticare una magia simile erano Theo e Blasie ma proprio non riusciva ad immaginarseli fare una cosa simile. Non era di certo una cosa da regalare ad un altro amico maschio. Se Pansy avesse avuto tempo di ordinarne uno l’avrebbe fatto, ma si trovava in infermeria solo dal giorno prima e sicuramente non poteva aver avuto abbastanza tempo per comprarlo.

Iniziò a scervellassi sul chi avesse potuto passare del tempo per creargli il regalo, mentre osservava il suo mini-Malfoy passeggiare sulle lenzuola.

“Beh, quello è di certo un pensiero molto significativo”, disse il Professor Silente.

Draco sussultò ed alzò lo sguardo verso i piedi del letto, dove si trovava il Preside, con le mani appoggiate al parapetto. Decise di non fare alcun commento compromettente.

“Ti dispiace se gli do un’occhiata un po’ più da vicino?”.

Scosse la testa, raccolse la statuina e la allungò al Professor Silente. Il vecchio mago mormorò tra sé qualche parola di estasi, rigirandolo da ogni angolo, persino girandolo sotto sopra, tra il disgusto di Draco.

“È una magia molto difficile. Deve avertelo regalato qualcuno di estremamente intelligente e che ti conosce bene, ovvio”.  

Non gli piaceva il tono divertito che il Preside aveva usato. Non era vanesio, semplicemente apprezzava il proprio valore. “L’ho trovato questa mattina. Dubito siano stati Blasie o Theo”.

“Sì, non è il regalo che la maggior parte dei maghi farebbe ad un compare. È un gesto amorevole, comunque”, disse il Professor Silente, guardandolo con quell’irritante sguardo saccente come se sapesse da chi provenisse ma non volesse rivelarglielo. Era una sua abitudine snervante, rivelare le cose solo quando credeva fosse arrivato il momento.

“Sono sicuro che chiunque l’abbia creato si farà avanti”, disse Draco in tono casuale.

“Forse”, disse il Preside. “Ad ogni modo, come ti senti?”.

“Perfettamente bene, ma Madama Chips non vuole dimettermi”.

“Le mie scuse, è colpa mia. Volevo assicurarmi che il mio Caposcuola stesse bene, prima di farti dimettere”.

Draco alzò mentalmente gli occhi al cielo. Poteva essersi comportato in modo più gentile con il Preside, di recente, ma di certo non gli servivano anche le carinerie che riservava a Potter. “Mi annoio, ma a parte quello sono in forma smagliante”.

“Bene, bene. Nessun problema a lungo termine, quindi?”.

Draco soppresse un sospiro impaziente. “No, Madama Chips dice che non mostro segni di traumi e sono come nuovo”.

“Volevo solo ripercorrere l’accaduto con te. Ho parlato con la Signorina Granger, che mi ha assicurato si sia trattato solo di un incidente”.

Draco imprecò all’udire il nome della compagna, la sua spina perenne nel fianco. “Si è rifiutata di darmi l’ultima fiale di veleno di serpente ma sì, l’esplosione è stata un incidente”.

Ovviamente, se si poteva contare come tale l’aver deliberatamente sabotato la sua pozione. Le sarebbe servito da lezione se si fosse rifiutata ancora di passargli gli ingredienti che le avesse ordinato. I Malfoy ottenevano sempre ciò che volevano.

Il Professor Silente strinse gli occhi verso Draco, come se stesse valutando la sua abilità nel dire la verità. Il Serpeverde mantenne un’espressione neutra e protesse la propria mente, nel caso il Preside avesse cercato di entrare. Era stato il Professor Piton di persona a vegliare sul suo addestramento in Occlumanzia al quinto anno, come se si aspettasse che ne avrebbe avuto bisogno contro il Signore Oscuro prima o poi. Non era mai stato così grado al suo Direttore quando aveva scoperto della decisione di Voldemort di rendere Malfoy Manor il proprio quartier generale come punizione per il padre per aver mandato a monte il lavoretto all’Ufficio Misteri. Si rifiutò di ripensare alla missione impossibile che gli era stata affidata, vista la presenza del Preside in fondo al letto che lo fissava. Non sarebbe in alcun modo riuscito ad ucciderlo.

“La Signorina Granger si è scusata con il Professor Piton. Sarebbe una buona cosa se lo facessi anche tu”.

Draco ghignò. Sarebbe stato semplice, il Professor Piton non considerava mai colpevoli delle proprie azioni i Serpeverde. “Ma certo, Professore”.

“Dato che mi sembri stare bene, non vedo perché non potresti alzarti e tornare al tuo dormitorio. Ed alle tue lezioni”.

“Grazie, signore”.

Il Professor Silente si voltò per andarsene ma si ricordò di avere ancora in mano la statuina di Quidditch di Draco, così glie la ridiede. “È davvero una magia ammirevole. Deve essere stata una strega eccezionale”.

“Perché dice strega? Potrebbe essere stato un mago, anche se non Theo né Blasie”.

“Andiamo, Draco. Credo entrambi sappiamo sia stata una ragazza a creare questo meraviglioso oggetto”.  

Draco concordò mentalmente, ma non riuscì a pensare a nessuna strega che possedesse una tale abilità. La sua mente si rifiutò di continuare su quella strada. Negli ultimi tempi finiva per pensarci un po’ troppo spesso ed era determinato a far allontanare da lui quei sentimenti. Non poteva permettere di riconoscere ciò che il suo cuore cercava di dirgli. Lei era irritante ed insopportabile oltre ogni limite e quello era tutto ciò che doveva sapere.

 

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Capitolo 3
*** Duelli ***


Capitolo 3

Duelli

Severus bussò appena alla porta dell’ufficio di Difesa Contro le Arti Oscure, prima di aprirla e marciarvi all’interno. Fece una smorfia alla vista dei cambiamenti che erano stati fatti da quando aveva lasciato la cattedra l’anno prima. Ancora una volta, era tornato ad essere un luogo luminoso ed allegro, con affascinanti creature che spuntavano qui e lì dai barattoli. Che deprimente! Non c’era nulla di allegro nelle Arti Oscure e lui era l’unico a comprendere la cosa ed apprezzarla.

“Severus, come posso aiutarti?”, chiese Remus Lupin, alzando lo sguardo dal tema che stava correggendo.

“Sono qui per una proposta”.

Il licantropo sembrava interessato, il che era proprio ciò che Severus sperava. Di norma non avrebbe voluto averci niente a che fare ma, per vincere la sfida con il preside, aveva bisogno che la competizione tra i Capiscuola esplodesse con qualche spiacevole conseguenza, se tutto fosse andato per il verso giusto si intende.

“Voglio ripristinare il Club dei Duellanti e mi serve un altro Professore che mi aiuti a dirigerlo. Ho pensato saresti stato la persona perfetta”.

“Davvero? Non è stato un fiasco l’ultima volta?”.

“Per colpa di quel pazzo di Gilderoy Allock e le imprevedibili circostanze avvenute con la riapertura della Camera dei Segreti. Con due insegnanti competenti al comando, penso gli studenti ne trarrebbero vantaggio”, disse mandando giù un rospo per aver fatto un complimento rivolto al Professore di Difesa.

“Mmm… potresti aver ragione e sarebbe piuttosto divertente, nonché un’eccellente preparazione per i miei studenti. I più grandi sono abili duellanti e sanno respingere le maledizioni piuttosto bene, in parte anche grazie all’Esercito di Silente. È stato una specie di Club di Duellanti anche quello”, rifletté Lupin.

Severus alzò mentalmente gli occhi al cielo. “Sì, sì”, disse impaziente. “Lo prendo come un consenso al tuo supporto, quando ne parlerò con Albus?”.

“Ma certo”.

“Con il permesso del Preside, pensavo potremmo iniziare entro fine settimana. Siamo già in febbraio e sarebbe un peccato sprecare altro tempo”.

“Concordo e credo che venerdì sera sarebbe perfetto”.

Severus annuì appena prima di sparire. La prima parte del suo piano era stata messa in modo. Sapeva già che Albus avrebbe acconsentito al Club. L’avrebbe vista come una sorta di rivendica per aver riportato Lupin ad insegnare ad Hogwarts e gli studenti avrebbero beneficiato di un’associazione ben gestita. Sapeva anche che il Preside avrebbe capito si sarebbe trattato di un tentativo per far aumentare la rivalità tra i Capiscuola, ma non poteva farci nulla a riguardo.


Hermione, quella sera a cena, si mise ad osservare la Sala Grande e sorrise alla vista di Malfoy mostrare la statuetta di Quidditch ai suoi amici. Era stata davvero una magia impressionante, anche se era solo lei a dirselo. Sembrava contento proprio come si aspettava sarebbe stato. Non era sicura del perché, ma l’incidente durante la lezione di Pozioni aveva calmato la sua rabbia nei confronti del biondo. Forse era stato a causa della prospettiva fin troppo reale di averlo ucciso. Il fatto che la litigata le fosse sfuggita di mano e fosse finita con lui a terra, incosciente ai suoi piedi, l’aveva intimorita. La vista del suo corpo immobile e rigido le aveva causato dei brividi lungo tutta la spina dorsale ed in quel momento, guardandolo, non riusciva a scacciare quell’immagine, il che le fece capire di essere vulnerabile come chiunque altra nei confronti di quella serpe. Osservando lo scintillio nei suoi occhi per il regalo che gli aveva dato, si sentiva ancora più compiaciuta di quanto avrebbe dovuto. Anche se lui non sapeva provenisse da lei.

Distolse la propria attenzione da Malfoy e la riportò verso il podio, dove il Professor Silente aveva iniziato a parlare.

“Ho un’eccitante notizia per tutti voi. Il Professor Piton ed il Professor Lupin hanno deciso di collaborare per ripristinare il Club dei Duellanti. Ricomincerà questo venerdì in Sala Grande e tutti gli studenti sono i benvenuti”.

Dei mormorii eccitati iniziarono a sollevarsi. Il tentativo di Allock era diventato leggendario tra gli studenti, soprattutto per il modo disastroso in cui era finito. Ora anche i più piccoli avrebbero avuto occasione di capire di cosa di trattasse, anche se Hermione dubitava seriamente sarebbe disceso nello squallore come era successo in precedenza. Per cominciare, Lupin era un duellante abilissimo e secondo, tutti sapevano come e perché Harry parlasse il Serpentese.

“Allora, ci andiamo anche noi?”, chiese Ron.

Hermione sospirò. “Immagino di sì. Io non ho scelta. Come Caposcuola, ho il compito di partecipare ad eventi come questo”.

Ron si accigliò. “Però non vai al Club di Gobbiglie o cose del genere, no?”.

“No, ma quello esiste sin da quando c’erano i Fondatori. Questo è nuovo e dovrei davvero partecipare”.

“Scommetto ci sarà anche Malfoy, comunque. Harry, credi avrai la possibilità di duellare di nuovo con lui?”.

Harry scrollò le spalle. “Chi lo sa? Piton cercherà di sicuro di far sì che accada, ma io stavolta ho un sacco di incantesimi nella manica”.

Ron rise. “Dopo aver combattuto e sconfitto Voldemort, Malfoy sarà una passeggiata!”.

“Credo sia Hermione ad avere più possibilità di duellare con Malfoy. È quello che fanno praticamente da tutto l’anno”, tagliò corto Ginny.

Lei arrossì imbarazzata. “Ne dubito. Sono sicura che il Professor Piton ed il Professor Lupin preferiranno scegliere studenti più giovani”.

Ron fece una smorfia. “Come no! Muoiono tutti dalla voglia di veder duellare Harry”.

Harry grugnì. Odiava essere etichettato come Salvatore del Mondo Magico e tutta l’attenzione che ne derivava. Avrebbe voluto semplicemente rimanere nelle retrovie e continuare la sua vita finalmente libera da Voldemort.

Lo irritavano anche quelli che cercavano di portare avanti l’ostilità tra lui e Malfoy. Dopo che Narcissa Malfoy era diventata una spia per l’Ordine della Fenice, per evitare che il figlio ricevesse il Marchio Nero, la rivalità tra i due si era dissipata. Malfoy non provava più il bruciante desiderio di essere meglio di lui in qualsiasi cosa, così si godevano una specie di civile convivenza, se non addirittura amichevole. Si salutavano annuendo nei corridoi e competevano ancora ferocemente sul campo da Quidditch, dove Malfoy ancora non era riuscito a sconfiggerlo, con sua somma gioia, ma era tutto molto più sano.

Ron continuava invece a fare piccoli commenti su Malfoy ma comunque mai di fronte al permaloso Serpeverde. Ironia della sorte, adesso era Hermione a non sopportarlo. Da ragazzini, era sempre stata lei quella che lo aveva sempre ignorato e, se decideva di rispondere, lo faceva sempre verbalmente e mai con le fatture, a parte l’incidente dello Schiaffo, come lo chiamavano tra loro. Da quando erano tornati ad Hogwarts come Capiscuola, però, bisticciavano come cane e fatto, con risultati disastrosi come quello della lezione di Pozioni, a causa del quale Malfoy era quasi morto.

Almeno la loro rivalità si era un po’ calmata. Negli ultimi giorni si erano entrambi evitati.


L’eccitazione per il Club dei Duellanti non si spense nei pochi giorni che mancavano a venerdì. Ne parlavano tutti, durante le lezioni e dopo i compiti, o almeno lo facevano i più piccoli. Draco si era così stancato dell’incessante mormorio su come sarebbe stato che aveva vietato di parlarne nella sala comune dei Serpeverde. I più giovani lo avevano guardato con risentimento, ma non gli importava.

“Allora, credi che il Professor Piton ti chiamerà a duellare?”, chiese Blasie.

“Probabilmente”.

“Sei il suo preferito ed il migliore duellante di Serpeverde”.

“Il che non vuol dire molto, considerando quando il Professor Piton odi tutti gli studenti e quando poco i Serpeverde abbiano duellato”.

Draco non sopportava che le altre case fossero molto più brave a duellare, o almeno per quanto riguardava i più vecchi, grazie alla loro partecipazione all’Esercito di Silente ed al ruolo che alcuni di loro avevano svolto nella battaglia finale. I Serpeverde non erano nulla a confronto, dato che lanciare qualche fattura ogni tanto nei corridoi non bastava per raddrizzare il tiro.

Draco aveva considerato di combattere per liberare casa propria da Voldemort ma, quando l’aveva casualmente suggerito, l’Ordine non era stato d’accordo. Si erano fatti domande sulla sua lealtà, preoccupati che se gli avessero permesso di farne parte avrebbe in qualche modo cambiato schieramento e distrutto i loro piani. Tale ragionamento lo aveva lasciato molto arrabbiato anche perché, se fosse stato così stupido da fare una cosa del genere, avrebbe firmato la condanna a morte di sua madre.

Ma chi aveva davvero osteggiato il suo piano era stata proprio lei, sua madre, che aveva una volontà di ferro. Era andata contro la sua famiglia per tenere il figlio al sicuro, rivolgendosi all’uomo che il Signore Oscuro aveva ordinato a Draco di uccidere e tradendo senza vergogna tutti i segreti che i Mangiamorte le avevano confidato. Era stato grazie alle sue informazioni che l’Ordine era riuscito ad uccidere Voldemort in fretta e con facilità e di certo lei non avrebbe messo tutto a rischio lasciando combattere il figlio. Quando lui aveva provato a ribellarsi lei si era rifiutata di ascoltarlo, così era dovuto rimanere a guardare l’Ordine lasciare Grimmauld Place senza di lui. Il suo orgoglio ne era rimasto ferito.

Era poi rimasto con sua madre quando suo padre, rilasciato da Azkaban grazie all’accordo con il Professor Silente, le aveva urlato contro per aver supportato un branco di “Sanguesporco e Traditori del proprio Sangue” piuttosto che rimanere leale a visioni ed ambizioni del Signore Oscuro. Lei aveva sopportato con calma gli insulti prima di iniziare a sua volta a snocciolare tutte le mancanze di Lucius. Draco aveva avuto paura che il padre l’avrebbe uccisa, vista la bacchetta pronta, ma aveva ancora una volta sottostimato la personalità di sua madre. Narcissa gli aveva lanciato un potente Pietrificus che lo aveva messo fuori gioco per dodici ore filate, quando aveva provato a colpirla. Si erano poi entrambi chiusi in camera per un giorno intero e l’incantesimo silenziante alle pareti. Il giorno dopo, quando Draco l’aveva visto, suo padre era un uomo cambiato, o meglio sottomesso. Non venne più pronunciata alcuna parola sulla purezza del sangue. Cosa più sorprendente, quando erano andati a Diagon Alley per rifornire le scorte di Draco ed avevano incontrato i Weasley, Lucius era rimasto in silenzio mentre sua madre scambiava amichevoli convenevoli con la Signora Weasley.

Draco aveva in seguito affrontato sua madre, chiedendole se avesse usato l’Imperius. Narcissa aveva riso forte ed a lungo, mettendogli poi una mano sulla guancia ed assicurandogli di non aver usato altro che il vecchio e buon metodo del “sputare fuori dal verità”. Ovviamente, adesso era sua madre a comandare e doveva ammettere che le cose andavano molto meglio. Draco era ancora viziato ma non gli serviva più cercare sempre di superare Harry Potter ed i suoi amici anzi, Narcissa gli aveva fatto promettere di comportarsi in modo più civile con il Ragazzo che è Sopravvissuto. Lui quindi l’aveva ascoltata, perché aveva sperimentato la realtà voluta da Voldemort e non gli era piaciuta, ma soprattutto anche perché aveva paura di ciò che lei avrebbe potuto fargli.

Draco strisciò i piedi verso la Sala Grande con Blasie ed alzò un sopracciglio alla vista di tutta la scuola in attesa.

“Non so perché sono così sorpreso, ma non immaginavo che ci sarebbero stati tutti”, fece notare Blasie.

“È una cosa nuova ed eccitante”.  

Scese il silenzio quando il Professor Piton ed il Professor Lupin salirono sulla pedana rialzata, eretta appositamente per permettere una visuale perfetta di ciò che sarebbe accaduto.

“Buona sera”, disse cordiale il Professor Lupin. “Sono felice siate tutti eccitati alla prospettiva del Club”.

Draco ghignò quando vide il Professor Piton tutt’altro che felice. Sembrava piuttosto disgustato e contrariato. Non capiva perchè il suo direttore volesse esserne coinvolto. Comprendeva il perché lo avesse volute al secondo anno, ovvero umiliare Allock, ma questa volta era proprio confuso.

I due professori introdussero brevemente il corretto galateo e le regole di condotta, il che fece passare a Draco la voglia di ascoltare. La sua attenzione venne risvegliata da una risata isterica ed un tonfo sul pavimento, assieme al brusio della folla. Sembrava che il Professor Lupin avesse colpito il direttore di Serpeverde con un Rictusempra e l’insolita vista del Professore di Pozioni che rideva isterico era sicuramente divertente. Il licantropo terminò l’incantesimo e Severus faticò a reggersi dritto, i piedi intrappolati nel mantello ed i capelli appiccicati in faccia. Lo sguardo omicida che lanciò al Professor Lupin, assieme alle risate degli studenti, prometteva vendetta.

Il Professore di Difesa, immune agli sguardi omicidi, si rivolse di nuovo alla folla di studenti. “Un incantesimo semplice ed innocuo spesso è il più efficace. Ora, che ne dite di far salire qui due di voi?”.

Tutti ricominciarono a chiacchierare ed il Professor Lupin stava per scegliere due studenti quando il Professor Piton lo interruppe.

“Penso sarebbe una Buona idea farci dare una dimostrazione dai nostri Capiscuola. Dopotutto, sappiamo quanto siano efficienti nel duellare”, disse vellutato.

Draco grugnì e Blasie gli tirò una gomitata nelle costole, sogghignando. “Te l’avevo detto”.

“Non per questo mi sei più simpatico”.

“Cosa? Quest’anno ci hai già intrattenuto abbastanza con la Granger, cosa vuoi che sia un’altra esibizione in circostanze controllate?”.

Draco lanciò al suo amico uno sguardo penetrante prima di trascinarsi svogliato sulla pedana. Il Professor Piton gli si avvicinò.

“Ottimo, non giocare pulito, Draco. Lei non lo farà”.

Alzò lo sguardo verso la Granger, sicura di sé a fianco del Professor Lupin, che non si diede la briga di darle istruzioni.

“Vai, Hermione! Rispediscilo nei sotterranei!”, urlò qualcuno tra la folla.

Ottimo!, pensò. Finirò di nuovo in infermeria. Le fatture della ragazza erano insidiose, lo sapeva bene dato che ne aveva ricevute a bizzeffe quell’anno.

“Vedi? Fai del tuo meglio”, lo incoraggiò il suo direttore.

Draco si sarebbe sentito meglio se non fosse stato lì lì per affrontare una delle streghe più abili ancora in vita. Il modo in cui aveva abbattuto diversi Mangiamorte durante la battaglia a Malfoy Manor era diventato leggendario.

Si mossero l’uno verso l’altra, si inchinarono e fecero i consueti passi indietro, le bacchette alzate. Il Professor Lupin iniziò a contare fino a tre ma, quando raggiunse il due, Draco si ritrovò a volare all’indietro prima di atterrò con un tonfo preoccupante sul podio. Rimase a terra per un breve momento, il fiato corto, prima di tornare in piedi e sferzare l’aria con gli occhi.

“Oh, mi dispiace!”, mormorò la Granger dall’altro lato, come se non avesse appena imbrogliato e lo avesse mandato gambe all’aria con un Flipendo ancora prima che fosse pronto.

“Credevo di essere io il Serpeverde, Granger”, sbottò Draco.

“Hermione, devo contare fino a tre”, la riprese il Professor Lupin.

“Lo so, ma credevo che Malfoy avrebbe iniziato prima, come ha fatto con Harry al secondo anno”.

Draco la guardò un attimo e tornò a voltarsi verso il Professor Piton, i cui occhi scintillavano per l’eccitazione. Almeno qualcuno si stava divertendo.

“Prova con Levicorpus”, gli disse Severus, mostrandogli il movimento corretto della bacchetta.

“Che cos’è? Non l’ho mai sentito”.

“Un incantesimo di mia invenzione che le darà una lezione”.

Draco era un po’ preoccupato. Non voleva ferire la Granger ed il Professor Piton a volte poteva essere molto più che vendicativo. Poi vide il sorriso tronfio di lei rivolto ai suoi amici e strinse gli occhi. Allora aveva giocato sporco deliberatamente. Bene, glie l’avrebbe fatta pagare.

Appena furono di nuovo in posizione, Draco non le diede il tempo di iniziare ed urlò “Levicorpus!”.

La Granger si ritrovò sospesa in aria a penzoloni, con la gonna ed il mantello attorcigliati attorno alla testa. Tutti iniziarono a sussurrare e prenderla in giro alla vista delle sue mutande.

Draco rimase sotto shock per qualche secondo. Credeva che l’incantesimo l’avrebbe fatta volare contro il muro o qualcosa di simile, non appesa a testa in giù. Sarebbe stata una cosa innocua, se non avesse indossato una gonna e messo in mostra le gambe nude. Delle belle e lunghe gambe, pensò.

Il brusio della Sala Grande lo fece rinsavire. Si tolse il mantello, correndo a coprirla mentre chiedeva al Professor Piton. “Veloce, qual è il contro incantesimo?”.

Il Professore di Pozioni sembrava divertirsi per lo spettacolo della Caposcuola umiliata di fronte a tutti ma, alle parole di Draco, alzò la bacchetta e mormorò “Liberacorpus”.

Quando la Granger atterrò in un ammasso confuso di gambe e vestiti le si affrettò accanto, allungandole una mano e rimettendola in piedi. Poi le sistemò la divisa, mentre lei si allisciava la gonna arrossendo furiosamente ai continui richiami degli altri ragazzi.

“Perché lo hai fatto?”, ruggì arrabbiata.

“Non avevo capito cosa facesse”.

“Oh, perfetto, ancora meglio! Hai usato un incantesimo che non avevi idea a cosa servisse! E se fosse stato pericoloso invece che imbarazzante? Avresti potuto ferirmi seriamente”.

Lui imprecò. Aveva ragione ma di certo il Professor Piton non gli avrebbe suggerito qualcosa di realmente pericoloso, nonostante odiasse la Granger ed i suoi amici.

Lei cercò di scendere dalla pedana ma Draco la prese per un braccio. “Mi dispiace davvero. Non volevo umiliarti”.

Lei gli lanciò un ultimo sguardo prima di buttarsi indietro i capelli. “Mi avevi quasi fregata”.

Draco la guardò colpevole ritornare fagli amici, molti dei quali non nascondevano affatto la disapprovazione per lui. Era stato sincero, nel dirle che non voleva accadesse.


Severus notò con disgusto il viso dispiaciuto del Caposcuola. Non avrebbe dovuto accorrere in aiuto della Granger ma piuttosto reagire alla sua domanda andando sulla difensiva ed iniziare così un’altra litigata. Ecco cosa sarebbe dovuto succedere esattamente. Invece, in quel momento Draco stava cercando di zittire tutti, togliendo punti a chiunque cercasse di fare un commento sulle mutande della Granger. La Granger invece era sparita dalla Sala Grande.

Lupin non aveva trovato motivo di continuare l’incontro ed aveva così rispedito a dormire gli studenti, con la promessa di far sopravvivere il Club ma senza altri scontri tra Capiscuola.

“Non sia troppo duro con se stesso, Professore. Dubito qualcuno potesse prevedere la situazione o beh, comunque non molti avrebbero potuto”, disse una voce sognante al suo fianco.

Abbassò lo sguardo ed incontrò gli occhi blu di Luna Lovegood. Alzò un sopracciglio, irritato per la sua temerarietà di andare a parlargli in quel modo. Nessun altro studente avrebbe volontariamente iniziato una conversazione con lui, nemmeno i Serpeverde.

“Senza dubbio lei invece l’aveva previsto, Signorina Lovegood”, rispose acido.

“Sì”, replicò semplicemente lei.

“Se fosse così gentile da illuminarmi, allora”, chiede ancora più acido.

“Sono così consapevoli della reciproca presenza e Draco è stato così protettivo. Che cosa interessante”.

“Davvero? Non capisco”.

Luna riportò il suo sguardo sognante su di lui. “Molti non lo fanno”, disse prima di avviarsi in direzione della Weasley, che sorrideva con boria.

Severus strinse gli occhi. Stava succedendo qualcosa e ne ebbe la conferma quando vide Albus passeggiare elargendoli un enorme sorriso.

“Ah, è già finito? Speravo di assistere a qualche duello”, disse il Preside quando raggiunse i due Professori che cercavano di allontanare i rimasti.

“Sì, Severus ha pensato sarebbe stata un’ottima idea permettere ai Capiscuola di dare una dimostrazione”.

“Oh, e come è finita?”, chiese quel mago infernale.

“Con Hermione appesa in aria e l’intimo in mostra”, replicò Lupin.

Albus lanciò a Severus uno sguardo divertito. “Levicorpus?”.

“Pensavo Draco avesse bisogno di un aiutino”, rispose sulla difensiva.

Il Preside cercò, senza successo, di reprimere una risata.

“Almeno Draco ha avuto il buon senso di proteggere Hermione”, disse Lupin.

“L’ha fatto, non è vero?”.

“Sì, sembrava sconvolto per essere stato la causa del suo imbarazzo”.

Albus si lisciò la barba con gli occhi scintillanti, mentre Severus strinse le labbra con disgusto. Non era andata come avrebbe voluto. Draco si era affrettato ad aiutare la Granger invece che rimanere impalato a ridere e godere del suo spettacolo. Era snervante, soprattutto perché riusciva già a vedere Albus trionfare. Doveva fare qualcosa. Non avrebbe perso la scommessa.

“Sì, beh, diciamo che sceglierò io gli sfidanti la prossima volta”, continuò Lupin, all’oscuro dei piani occulti del Preside e del collega.


“Hermione! Aspetta!”.

Hermione si voltò e venne raggiunta da Ginny con un balzo.

“Ciao, Ginny”, disse calma.

“Come ti senti?”.

“Oh, non lo so. Forse umiliata? Ho appena affrontato uno del terzo anno che faceva commenti sulle mie mutante. Del terzo anno!”.

“Ops! In difesa di Malfoy, credo davvero non volesse che accadesse quello”.

“Ma che grande notizia. Da quando Malfoy ha buttato al vento la possibilità di mettermi in imbarazzo?”.

“È dal quarto anno che non ci prova, da quando sono usciti quegli articoli di Rita Skeeter”.

Hermione ci pensò su e si rese conto che forse Ginny poteva avere ragione. Ok, quindi l’odio reciproco di quell’anno si era focalizzato sulla loro divergenza riguardo ai compiti da Caposcuola e la competitività in classe.

Scrollò le spalle. “Immagino tu abbia ragione. Non si lamenta più del mio aspetto, ma scommetto comunque che si è divertito per il mio spettacolo, oggi”.

“In realtà hai torto. Sembrava sotto shock e dispiaciuto. Hai visto come ti è venuto incontro con il suo mantello? È stato da vero cavaliere”.

Hermione fece una smorfia. “Parliamo di Malfoy, lui non fa il cavaliere”.

“È stato strano ma ha davvero difeso il tuo onore, laggiù. Continuava a togliere punti a chiunque facesse qualche commento su di te”.

“Davvero?”, chiese lei sconvolta.

Ginny sorrise per l’incredulità della sua amica. “Sì, per adesso ha tolto ai Serpeverde più punti in cinque minuti che in tutto l’anno”.

“Oh”, rispose. Non riusciva a pensare a nient’altro da dire. Se fosse stato vero, sarebbe stato un risvolto inaspettato. Malfoy non le era mai sembrato incline a fare una cosa del genere, in passato.

“Beh, dovrebbe! È colpa sua se ricevo tutti quei commenti”, sbottò poi, insicura su cosa pensare di quello strano comportamento.

“Forse dovresti dargli tregua. È ovviamente stato Piton a suggerirgli quale incantesimo usare ed a lui dispiace”, disse Ginny, prendendola a braccetto.

Hermione iniziò a salire le scale pensierosa. La sua mente vagava riflettendo alle diverse implicazioni del comportamento di Malfoy che la difendeva. Sembrava avere anche lui un lato leggermente umano, dopo tutto. Come se già non lo sapessi, le disse una vocina nella sua testa.


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Capitolo 4
*** Appuntamenti ***


Capitolo 4

Appuntamenti

Severus adocchiò il Serpeverde di fronte alla sua scrivania. 

"Voleva vedermi, Professore?". 

"Siediti, Zabini". 

Il ragazzo lo fece, incrociando elegantemente le gambe sulla sedia di fronte. Severus lo guardò con occhio critico. Poteva anche non essere il direttore più colloquiale (no, quella era quella ridicola della Sprite), ma conosceva ogni risvolto della propria Casa e la reputazione di sciupafemmine di Zabini era esattamente ciò che gli occorreva. Di norma trovava nauseabondi gli sguardi adoranti ed i sospiri che seguivano ovunque il Serpeverde ma quel giorno pianificava di metterli a frutto. 

"Che cosa sai di Ginny Weasley e Luna Lovegood?", chiese senza giri di parole. 

"Ehm, che sono amiche. La Weasley ha un dono per le fatture Orcovolanti e la Lovegood crede in animali inesistenti". 

"Tutto qui?". 

"Circa. C'è un motivo per questa conversazione, signore?". 

Severus lo incollò al proprio posto con uno sguardo, internamente contento di vederlo rabbrividire. Nonostante i recenti avvenimenti, Severus adorava assicurarsi di non aver perso la propria abilità nel mettere a disagio gli studenti. 

"Ho bisogno ti avvicini a loro, o ad una delle due, e cerchi di capire che cosa stanno macchinando". 

Blasie si accigliò. "Vicino quanto?". 

"Più che puoi. Più vicino è, meglio è". 

"Quindi signore, se ho capito bene, mi sta chiedendo di sedurre una di loro?". 

"Sedurre è una parola grossa, diciamo che mi piacerebbe mettessi a frutto quelle guance paffute". 

Blasie lo fissò sotto shock per qualche momento. Severus diventò impaziente. Era una richiesta così difficile?

"C'è qualche problema, Zabini? Pensavo sarebbe stato semplice, considerando quante ragazze ti vengono dietro con la bava alla bocca". 

Il suo studente arrossì. "No, è solo una richiesta insolita, signore". 

"Sei un Serpeverde o no?". 

"Ma certo, Professore". 

"Bene, allora lascia perdere la morale e fai ciò che ti chiedo". 

"Sì, signore. Posso sapere perchè?". 

"Te lo dirò se e quando lo riterrò opportuno". 

Invece che continuare a fare domande, Blasie preferì annuire. Severus era poco incline a dare spiegazioni, persino con la sua Casa. A differenza di quell’idiota di Potter, i Serpeverde sapevano quando chiudere la bocca ed eseguire gli ordini.

“Questo fine settimana ci sarà la gita ad Hogsmeade per San Valentino. Ti suggerisco di cogliere al volo l’opportunità e far innamorare di te una di quelle ragazze”.

Il Serpeverde annuì nuovamente ed uscì dall’ufficio di Severus.

Soddisfatto dell’incontro, Severus estrasse dal cassetto un bigliettino rosa che aveva nascosto poco prima ed iniziò a scrivere una vomitevole poesia d’amore. Gli ci volle un po’ per perfezionarla, ma alla fine raggiunse il risultato sperato. Dopotutto, le lettere sdolcinate non erano il suo forte. Lo mise nel mantello e si diresse alla guferia. Era arrivato il momento di mettere in modo il suo ennesimo piano.


Hermione arrossì leggermente quando un gufo le atterrò di fronte reggendo tra le zampe una busta rosa, non facendo nulla per nascondere ciò che stava recapitando in quella giornata. La staccò dal laccio e diede al gufo qualche pezzo di toast da beccare, fissando la lettera.

Era passata una settimana dall’incidente con il Levicorpus ed i commenti si erano placati. Doveva riconoscere che Malfoy ne era stato la causa principale. Aveva punito chiunque l’avesse presa in giro e lei ne era molto riconoscente. Ciò aveva permesso alla sua rabbia residua di svanire completamente ed avevano persino scambiato qualche parola amichevole durante gli incontri per organizzare i turni dei Prefetti. Aveva deciso che le piaceva parlarci ed era sempre meglio che discutere. Anche se doveva ancora abituarsi ad Harry e Ron che la punzecchiavano per questo.

“Oooh, guarda Harry, Hermione ha ricevuto un biglietto di San Valentino”, urlò Ron.

Lei sbattè la missiva sul tavolo, coprendola con la mano.

“Non devi nascondercela. La apri o no?”, chiese Harry, adocchiandola curioso.

Lei lanciò uno sguardo irritato ai suoi due migliori amici. Era in quei momenti che le sarebbe piaciuto avere amiche femmine. Loro almeno avrebbero sghignazzato eccitate invece che prenderla in giro.

“Scommetto che è da parte del furetto. L’ho visto guardarle le gambe la settimana scorsa”.

Ginny diede al fratello una sberla sulla nuca. “Lascia in pace Hermione! Allora, la apri?”, chiese.

Hermione osservò la pila di buste di fronte alla sua amica. “Appena tu inizierai ad aprire le tue”.

“Affare fatto”, disse ghignando Ginny. “Scommetto che è da parte di Malfoy, comunque. Sembra sia molto più che interessato alla lettera”.

Hermione si voltò verso il tavolo dei Serpeverde ma sentì Ginny ridere. Malfoy non la stava affatto guardando, preso in una conversazione con Goyle e Zabini.

“Capra”, le rispose immatura.

Ginny le fece l’occhiolino. “Sì, ma hai risposto alla domanda implicita sul da chi volevi provenisse”.

Hermione si rimangiò il desiderio di avere altre amiche femmine. Portavano problemi tanto quanto i maschi. “Devo assolutamente negare quello che hai detto. Ero solo curiosa di sapere se stesse davvero guardando”.

“Certo, come no, io ti credo”.

“Vuole davvero che Malfoy le invii un biglietto di San Valentino?”, chiese Ron ad Harry, credendo di sussurrare.

Lei iniziò a fissarli entrambi ma nessuno dei due le prestava attenzione.

“Non lo so, amico. Ho smesso di cercare di interpretare la volontà di Hermione quando si tratta di Malfoy. Un minuto prima lo odia e quello dopo passa la lezione di Pozioni ad osservarlo”.

“Non è vero!”, protestò lei.

“L’hai fatto anche durante la lezione scorsa. Ti ho cronometrata. Hai passato 12 minuti e 35 secondi a fissarlo”.

Hermione venne presa in contropiede. L’aveva fatto davvero? Ricordava di essere rimasta assorta nei suoi pensieri, ma non di aver osservato Malfoy. Era imbarazzante che Harry l’avesse colta in flagrante. Sperava non se ne fosse accorto anche il Serpeverde.

Per trovare qualcos’altro da fare, prese in mano il biglietto e lo aprì.

Cara Hermione,

le rose sono rosse,

le violette sono blu,

penso tu sia bellissima, incontriamoci alle due.  

Sabato pomeriggio da Madama Piediburro.

Sii il mio appuntamento di San Valentino.

Con amore,

il tuo ammiratore.

P.S. Ti porterò una rosa rossa.

Hermione sbattè le palpebre diverse volte. Aveva un ammiratore? Perché non si era firmato? Nessuno faceva più quelle cose per rimanere anonimo, no?

“Allora, di chi è?”, chiese Ginny.

Hermione alzò lo sguardo. “Non lo so. Vuole ci incontriamo sabato da Madama Piediburro”, replicò lei, allungandole la lettera.

“Oooh, che eccitante”, squittì Ginny mentre la leggeva.

“Tu hai qualche ammiratore segreto tra tutte quelle?”.

La sua amica fece un sorriso triste. “No, ma ho un sacco di ridicoli ammiratori del primo e secondo anno”.

Ron fece una smorfia ed inghiottì male il suo succo di zucca, che gli andò di traverso.

“Non è divertente, Ronald”, disse battagliera Ginny.

“Certo che lo è”.

“Almeno io ho ricevuto qualche biglietto. Non vedo gufi che ti si aggirano intorno”.

Ron adocchiò la sorella.

“Allora, qualche idea su chi sia il tuo ammiratore?”, chiese Harry ad Hermione per cercare di evitare un altro litigio tra i fratelli Weasley.

“No, ma la scrittura mi è familiare. Sono sicura di averla già vista”.

“Durante le ronde?”, chiese Ginny per prenderla in giro.

“Ah Ah! Non è di Malfoy”, rispose, non volendo dare voce alla crepa creatasi nel suo cuore quando si era resa conto che non fosse la sua scrittura.

“Ci andrai?” chiese Harry, indicando il biglietto.

Lei scrollò le spalle. “Non lo so”.

“Oh, dovresti”, disse Ginny.

“Credi?”.

“Sì, perché no? E comunque, non sei curiosa di sapere di chi si tratta?”.

“Potrei sempre usare il mantello di Harry e spiare”.

“Hermione! Non è giusto!”, obiettò Ginny. “Qualcuno ha avuto il coraggio di scriverti quindi almeno dovresti presentarti”.

“Ma e se non mi piace?”.

“Allora troverai una scusa per scappare”.

“Sì, puoi usare la scusa di Harry e dire che ci devi incontrare ai Tre Manici di Scopa”, disse Ron.

“Quella non era una scusa! Dovevo davvero vedere Hermione per l’intervista sul Quidditch”.

“Non è quello che credeva Cho!”.

“Ma comunque ti ha fatto fuggire da un appuntamento orribile”, aggiunse Ginny.

Harry scrollò le spalle, non potendo ribattere.

“Allora è deciso. Ci andrai e poi ci troveremo alle 3 ai Tre Manici, così potrai andartene”, disse Ginny.

Hermione grugnì. Gli appuntamento al buio erano sempre terribili.

Da qualche parte nella Sala Grande, un ragazzo apriva un’altra missiva rosa ed arrossiva. Mentre la leggeva, si chiese se la Professoressa Sprite avesse qualche rosa rossa.


"Credevo Avresti chiesto ad Astoria di andare ad Hogsmeade”, fece notare Blasie al suo amico.

Il biondo sospirò drammaticamente. “È stata lei a far girare il pettegolezzo, non le ho nemmeno chiesto di uscire. Da quanto la Cooman le ha predetto un matrimonio con un tizio biondo e ricco ha iniziato a starmi dietro senza tregua”.

Blasie sghignazzò. “Deve essere proprio terribile essere inseguito da una ragazza bellissima”.

Draco gli lanciò uno sguardo. “Pensavo avresti simpatizzato per me. Quante ragazze hai cercato di allontanare quando non eri interessato?”.

Lui sospirò. Era vero, le attenzioni indesiderate non erano piacevoli. Voleva una ragazza che sapesse guardare oltre l’aspetto fisico ma sembrava fossero tutte troppo frivole, il che di solito significava le avrebbe volute strozzare alla fine del primo appuntamento.

“Comunque, come mai sei ad Hogsmeade senza una ragazza?”, chiese Draco.

“Ho in mente qualcos’altro”.

“Ti piace qualcuna!”.

Blasie grugnì mentalmente. Da quanto il Professor Piton gli aveva fatto quella stupida richiesta aveva passato le giornate ad osservare sia la Weasley che la Lovegood. Aveva presto capito che Potter era innamorato della sorella del suo migliore amico ma ancora incapace di racimolare il coraggio per dirglielo. Per quanto riguardava le ragazze, il Ragazzo che è Sopravvissuto faceva schifo ma era anche piuttosto ovvio sarebbe finito per sposare la Weasley e Blasie non aveva alcun desiderio di interferire. Di solito piaceva farlo a Draco.

Gli era quindi rimasta solo Lunatica Lovegood ed aveva quasi perso la pazienza finché non si era reso conto che qualsiasi punizione si fosse inventato il Professor Piton sarebbe stata peggio che passare del tempo con quella strana ragazza.

“Tieniti i tuoi segreti, ma alla fine lo scoprirò”, disse Draco.

“Non ho dubbi”, replicò lui, rassegnato al suo fato ed alle risate che ne sarebbero seguire.

Si aspettò di ricevere qualche commento maligno ma quando guardò il suo amico lo scoprì a camminare da solo. Si voltò e lo vide rimanere fermo a fissare l’interno di Madama Piediburro. Sembrava sotto shock. Blasie gli si avvicinò e cercò di capire cosa stesse guardando, poi scoppiò a ridere.

“È la Granger con Paciock?”.

“Sembra di sì”, rispose il biondo con tono strozzato.

Strinse gli occhi e guardò il suo amico con preoccupazione. Per caso aveva una cotta per la Caposcuola? Vista la situazione, sembrava di sì. Aveva un’espressione tormentata.  

Blasie ripensò agli ultimi due anni, soprattutto a dopo che la guerra era finita. Aveva notato un piccolo cambiamento in Draco, che ormai non supportava più la superiorità dei Purosangue. Le azioni di Narcissa avevano giocato un ruolo decisivo nel suo cambiamento e quando era tornato a scuola per il sesto anno, non aveva più mormorato la parola “Sanguesporco”. Aveva anche smesso di tormentare Harry Potter ed i suoi amici. Blasie aveva pensato fosse perché era finalmente cresciuto ma poi quell’anno aveva iniziato a litigare con la Granger, il che era davvero strano. Forse ci poteva essere un’altra motivazione sotto.

“Hai una cotta per la Granger, non è vero?”.

Draco scosse la testa sconvolto. “No! La odio”.

“Come no. Ecco perché hai l’espressione di uno a cui è appena stato ucciso il gufo”.

Il suo amico lo zittì prima di trascinarlo nel retro del locale, dove si accasciò contro il muro accanto ai bidoni e si prese la testa tra le mani. “Non so cosa ci sia di sbagliato in me, non riesco a smettere di pensarla”.

“Allora perché non le hai chiesto di venire ad Hogsmeade con te?”.

“Sei pazzo? Mi odia”.

Draco aveva ragione. La Granger era gentile e compassionevole con tutti tranne che con lui. Diventava sempre un’arpia incazzata quando incontrava il Serpeverde. Certo, Draco diventava ancora più arrogante ed insolente nelle sue vicinanze, quindi poteva significare che anche a lei piacesse lui.

“Non si sa mai, potresti piacerle. Dopotutto, sei stato bravo a nascondere i tuoi sentimenti dietro una facciata di odio”.

Il biondo lo guardò. “Non è che abbia tenuto segreta una cotta pazzesca per anni. Non sono nemmeno sicuro di quando ho iniziato a pensare a lei in quel modo. E comunque non importa, non avrei mai fatto nulla e lei adesso si vede con Paciock. Andiamo a bere qualcosa.

Blasie rimase a guardare il suo amico tornare alla strada principale con le spalle flosce. Lo seguì, sentendosi inutile quando lui lanciò un ultimo sguardo all’enorme vetrata di Madama Piediburro prima di raddrizzare la schiena e dirigersi verso i Tre Manici di Scopa. Forse avrebbe potuto ottenere due piccioni con una fava se fosse riuscito ad avvicinarsi alla Lovegood per qualsiasi motivo desiderasse Piton. Magari avrebbe potuto scoprire cosa ne pensasse esattamente la Caposcuola di Draco.


Hermione non si era mai sentita così in imbarazzo in vita sua. Quando aveva deciso di incontrare il suo ammiratore segreto, non avrebbe mai immaginato si sarebbe trattato su uno dei suoi amici, il che rendeva ancora più difficile rifiutarlo. Le era sembrato così contento quando era entrato dalla porta.

“Mi piaci dal secondo anno”, confessò Neville. “Non avrei fatto nulla perché non pensavo avresti detto di sì”.

Beh, ecco che si scopriva il mistero del biglietto. Sembrava fosse l’unico modo in cui Neville sarebbe riuscito a racimolare il coraggio per chiederle di uscire. Come avrebbe fatto a rifiutare senza ferirlo? Non era brava in quel genere di cose.

Sorrise appena mentre Neville si allungava sul tavolo e le prendeva la mano. Non che fosse una cosa spiacevole, a dire la verità, ma la verità era che lei sperava fosse il gesto di qualcun altro. Precisamente, di qualcuno un po’ più alto, con i capelli biondi e gli occhi grigi.

Smettila! Si sgridò da sola. Invece che fantasticare sull’impossibile, doveva concentrarsi sul come dire di no a Neville senza rovinare la loro amicizia.

“Senti, Neville, per oggi…”.

“Sono stato bene. Magari potremmo fare una passeggiata al lago, domani?”.

“Ehm… è solo che…”.

“Lo so, vorrai studiare un po’ ma pensavo che potrei farti vedere alcune nuove piante che ha ricevuto la Professoressa Sprite. È riuscita ad ottenere la Fiamma del Drago”.

“Vedi, è che io non.. Cosa? La Fiamma del Draco? Una vera?”.

Neville le sorrise. “Sì, e mi permetterà di aiutarla a prendersene cura”.

“Ma sono così rare. Dove l’ha trovata?”.

“Uno dei suoi vecchi studenti lavora come ricercatore di piante magiche ed è andato alle isole Kermadec proprio per studiare la Fiamma. È riuscito a raccogliere e portarsi via un paio di semi da mandare alla Professoressa”.

Hermione era impressionata. “Wow!”, sospirò. “Mi piacerebbe vederne una”.

“Sono sicuro che alla Professoressa Sprite non dispiacerà se te la mostro”.

Hermione cercò di sopprimere il senso di colpa che provava ad illudere Neville. Gli avrebbe spiegato il fraintendimento il giorno seguente. Sapeva che si era messo molto in imbarazzo nel confessarle i suoi sentimenti e poi lei voleva davvero vedere la Fiamma.

Erano delle piccole piantine che crescevano sui versanti dei vulcani ed assorbivano cenere, gas tossici ed a volte anche la lava, che raccoglievano nel cuore e poi rilasciavano se attaccate dai predatori. Da questa caratteristica ne derivava il nome ed il motivo per cui erano così rare. Se fossero state un animale, Hagrid le avrebbe sicuramente allevate.

Ad ogni modo, Hermione non voleva passare altro tempo nella sala da tè di Madama Piediburro. Era un locale di cattivo gusto ed alcune coppie avevano già iniziato a mangiarsi la faccia invece della torta, per cui aveva paura che Neville avrebbe cercato di baciarla. Non pensava di poter portare la farsa tanto oltre.

“Ho detto a Ginny che ci saremmo viste ai Tre Manici un quarto d’ora fa”.

“Oh!”, replicò lui. “Vengo con te”.

Hermione chiuse gli occhi. Non voleva assolutamente la seguisse, ma era Neville. Non poteva diventare cattiva e dirgli di andare a fare qualcos’altro. Mentre uscivano dal locale, lui le afferrò la mano e le sorrise. Il suo cuore perse un colpo. Si sentiva una persona orribile, senza alcun valore morale. Doveva dirglielo in quel momento che si era trattato di un fraintendimento. Ma è la Fiamma del Drago, le ricordò il diavoletto nella sua mente.

Sospirò. Non poteva illudersi. Era diventata una di quelle persone orribili che usavano i sentimenti degli altri per ottenere ciò che volevano. Serpeverde, le sibilò con disapprovazione la sua coscienza.


Ginny adocchiò la situazione di fronte a lei con interesse. Blasie Zabini aveva chiesto di potersi unire a loro dieci minuti prima ed aveva immediatamente iniziato ad affascinare Luna, lasciando lei ed il Caposcuola a guardare.

“Allora, vuoi andare in Svezia alla ricerca del Ricciocorno Schiattoso quest’estate?”.

“Oh sì, mio padre ha iniziato a risparmiare proprio per questo. Sarà un articolo esclusivo e da prima pagina del Cavillo quando lo troveremo”.

Malfoy fece una smorfia ed era ovvio stesse per fare uno dei suoi classici commenti maligni quando Zabini gli lanciò uno sguardo di avvertimento. Il biondo prese un sorso del suo drink e mormorò qualcosa sottovoce. Ginny era affascinata dagli avvenimenti.

“Che peccato, mi sarebbe piaciuto passare un po’ più di tempo con te”, replicò Zabini, abbassandosi appena.

Ginny inarcò un sopracciglio. Che cosa stava macchinando il Serpeverde? Non aveva mai mostrato alcun interesse in Luna prima di quel momento ed ora le stava praticamente chiedendo di uscire. Di certo non era lei l’unica confusa, vista l’espressione sul viso di Malfoy.

“Sono sicura potresti venire con noi, se volessi. Sono alla ricerca di una piuma del medesimo colore di un piccolo Eliopata. Riflettono i colori del tramonto”.

“Hai mai visto un… ehm… Eliopata?”, chiese Zabini, chiaramente insicuro su cosa intendesse Luna.

“Oh no, ma papà l’anno scorso ha intervistato dei battitori che l’hanno visto ed ha realizzato un bellissimo disegno che abbiamo pubblicato”.

Il Caposcuola continuò a mormorare, cercando di trattenersi per il suo amico.

“Sai, Luna, potresti andare a cercarla con Zabini”, suggerì Ginny, non volendo sprecare quell’occasione di renderli una coppia.

“Non ti dispiace?”, chiese la Corvonero.

“No, e poi sto aspettando Hermione”.

Zabini sorrise apertamente a Ginny per ringraziarla, prima di offrire il braccio a Luna. “Che ne dici di andare?”.

“Sì, dopotutto nessuno vuole tu fallisca”, disse Luna lasciando tutti confusi.

“E io che faccio, Blasie?”, chiese Malfoy, ma venne liquidato con uno sguardo ed un gesto della mano ad indicare l’altro lato del locale. “Te la caverai. Astoria è laggiù, perché non vai da lei?”.

“Bell’amico che sei”, gli urlò dietro, ricevendo nient’altro che un gesto della mano in risposta.

Ginny ghignò quando Malfoy si sedette sulla panca, di fianco a lei. “Non vai dai tuoi amici?”.

Lui guardò tenebroso le ragazze del quinto anno. “No, preferisco stare qui”.

Anche Ginny guardò le ragazze, che in quel momento la stavano indicando. Scrollò le spalle. Gli affari di Serpeverde non la riguardavano e non poteva costringere Malfoy a spostarsi, anche se non capiva perché volesse stare seduto con lei.

La porta si aprì ed entrarono Harry e Ron, entrambi sfregandosi le mani nel tentativo di riscaldarle. Raggiunsero il bancone ed ordinarono due Burrobirre. A quanto sembrava non l’avevano ancora vista.

“Non si sa mai, magari vederti seduta qui con me potrebbe svegliare Potter”.

“Che intendi?”.

Malfoy la guardò con un’espressione saccente. “Potter è follemente innamorato di te”.

“Che cosa?”, gracchiò lei, guadagnandosi l’attenzione dell’intero locale, compresi suo fratello ed il suo migliore amico.

Il Serpeverde rise. “Oh, lo vedrai in circa trenta secondi”.

I due Grifondoro arrivarono lesti. “Che ci fai con Malfoy?”, chiese Ron.

“Abbiamo un appuntamento”, disse maligno Malfoy, facendo scivolare un braccio attorno alle spalle di Ginny.

Lei rimase rigida per lo shock ma l’espressione di Harry la fece riflettere. Gli piaceva? I suoi sentimenti verso il ragazzo non erano mai cambiati ma Hermione al terzo anno le aveva detto di smetterla di stare ad aspettare che lui la notasse. Al quarto, lui aveva chiesto a Cho Chang di uscire, per cui lei era stata costretta a dimenticarlo e continuare la sua vita. Aveva accettato di frequentare Michael Corner poco più tardi.

“Frequenti Malfoy?”, chiese una voce femminile dietro a Ron ed Harry.

I due ragazzi si scansarono e rivelarono Hermione, mano nella mano con Neville.

“Che ti importa, Granger?”, biascicò Malfoy. “Tu non frequenti Paciock?”.

“Ehm… beh…”.

“Era Neville il tuo ammiratore segreto?”, si intromise Ron.

“Sì, ma..”.

“Almeno se vi sposate c’è la possibilità che i vostri figli non siano delle piovre”, disse crudele Malfoy.

Hermione iniziò a scaldarsi mentre Neville arrossì. “Attento a ciò che dici, Malfoy”, sbottò.

“Oooh, ti nascondi già dietro le sottante della tua ragazza, Paciock?”, sibilò il Serpeverde.

Ginny provò l’istinto di nascondersi la testa tra le mani. Harry non aveva ancora smesso di fissarla e sembrava deluso. Per di più, Malfoy ed Hermione stavano già per iniziare un’altra guerra.

“Smettetela, tutti e due!”, ordinò. “Malfoy, Goyle ti sta chiamando dalla porta”.

Per fortuna era vero. Malfoy le tolse il braccio dalle spalle, guardò un’ultima volta i Grifondoro di fronte a lui e le diede un bacio sulla guancia. “Grazie per la Burrobirra, piccola Weasley. Ci vediamo in giro”.

“Non riesco a credere tu stia vedendo quell’idiota. Papà non ti perdonerà mai”, disse Ron.

“È così maleducato”, soffiò Hermione, non riuscendo a guardare Ginny negli occhi.

Harry rimase in silenzio ma continuò a fissarla.

“Io non frequento Malfoy. Ero seduta qui con Luna quando lui e Zabini si sono uniti a noi. Credo che a Zabini lei piaccia e sono andati a cercare una piuma giusto tre minuti prima che arrivaste voi. Quando sei saltato alle conclusioni, Ron, Malfoy ha colto l’occasione per prendervi tutti per il naso”.

“Oh!”, mormorarono tutti in coro.

“Esattamente”, replicò lei.

Si accorse della leggera contentezza di Harry alle sue parole ed Hermione riuscì finalmente ad alzare gli occhi.

“A Zabini piace Luna?”, chiese Ron, iniziando a ridere.

Ginny sospirò ma annuì. Beh, gli ultimi avvenimenti le avevano dato molto a cui pensare, soprattutto riguardo ad Harry. Anche se prima doveva parlare con Hermione. Che diavolo stava pensando di fare mano nella mano con Neville Paciock, fingendo di essere la sua ragazza? Doveva assolutamente intervenire prima che le cose diventassero più complicate. Non poteva perdersi l’occasione di vedere Piton vestito con la divisa di Grifondoro.

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Capitolo 5
*** Incomprensioni ***


Capitolo 5

Incomprensioni

Severus notò l’espressione depressa dei suoi studenti con gioia. Una nuvola nera aveva sicuramente inghiottito la classe e lui non poteva esserne più felice. A rendere le cose ancora migliori, i Capiscuola si lanciavano sguardi velenosi ad ogni occasione. Dopo circa una settimana di fragile amicizia, che lui aveva osservato in trepidazione, erano finalmente tornati alle vecchie abitudini. Ora doveva solo farli litigare violentemente e far sì che si affatturassero. Riusciva già ad immaginarsi la costernazione sul viso di Albus.

Aprì di scatto la porta, pronto a far uscire gli studenti, constatando come niente fosse ancora esploso quel giorno, ma rabbrividì quando all’esterno vide in attesa i peggiore incubo della sua carriera. Neville Paciock.

Severus non aveva mai avuto uno studente più maldestro di lui, inclusi Tiger e Goyle.

“Che ci fai qui, Paciock? Pensavo di essermi finalmente liberato della tua incompetenza”.

Come al solito, il ragazzo arrossì ed iniziò a balbettare. “Ehm… aspetto Hermione”.

Severus si voltò verso la Caposcuola, le cui guance rosse potevano significare una sola cosa. “Sia grata che la lezione è finita, Signorina Granger. Non tollero che problemi personali interferiscano nella mia classe”.

“Sì, signore”, replicò lei e raccolse le sue cose. Rimase delusa quando Draco le passò di fianco e mandò all’aria la sua borsa, facendone rotolare tutto il contenuto per la stanza.

“Guarda dove vai, Granger! Non credevo che la goffaggine di Paciock fosse contagiosa. Se fossi in te starei attendo a baciarlo, potrebbe contagiarti anche con la stupidità”.

Severus rimase a guardare divertito, mentre le mani di lei si chiudevano a pugno. Andiamo, andiamo, Granger, pensò, così potrò toglierti una marea di punti.

“Va all’inferno, Malfoy”.

“Con piacere”, biascicò il Caposcuola, guardandola dall’alto in basso con disgusto prima di uscire dalla classe.

Il resto degli studenti si affrettò a seguirlo e la Caposcuola fu l’ultima ad andarsene dopo aver raccattato le sue cose in giro e con l’espressione un po’ riluttante. Severus era particolarmente compiaciuto del suo ultimo piano, ma la scommessa era ancora tutt’altro che vinta.

Anni prima, annoiato, aveva passato una lezione a scandagliare le menti di quelli troppo stupidi per accorgersi di essere sotto attacco da parte di un Legilimens. Tiger e Goyle non gli avevano fornito molte informazioni, pensavano solo al cibo. Al contrario, Paciock gli aveva regalato una piacevole mezz’ora di distrazione. La sua patetica cotta per la Granger era davvero esilarante. Di tanto in tanto, aveva quindi continuato a sbirciare nella usa mente, ma il ragazzo sembrava aver capito che la Grifondoro fosse ben al di là della sua portata, così l’aveva osservata da lontano. Fino a quel momento, almeno.

Il suo ingegnoso piano gli era venuto in mente quando aveva confiscato due biglietti di San Valentino particolarmente vomitevoli ad un Tassorosso del secondo anno. Si era subito reso conto che il modo migliore per assicurarsi che l’idea di Albus non si realizzasse sarebbe stata improvvisarsi lui stesso cupido e, a quando pareva, la cosa stava funzionando alla grande. Ora la Granger usciva con Paciock e Draco era tornato a tormentarla ed insultarla.

Il suo sogno di vedere due Serpeverde dominare l’anno seguente era tornato reale. Sorrise apertamente, ignorando un gruppetto di Tassorosso e Corvonero del primo anno in attesa che la lezione cominciasse. Si ritrassero, più che terrorizzati per la sua espressioni. Il Professore li avrebbe davvero avvelenati come aveva promesso la settimana prima?


“Cosa c’è di sbagliato in te?”, sbuffò Blasie quando raggiunse Draco.

“Che intendi?”.

“Che diavolo è successo a Pozioni?”.

“Andiamo, non c’è niente di più patetico che vedere la Granger con Paciock”.

Si guadagnò così uno sguardo saccente del suo amico. “Non mi prendi in giro, Draco. Hai una cotta per la Granger e ti stai scavando la fossa da solo”.

“E allora? Non importa. Lei frequenta Paciock ed alla fine dell’anno non dovrò rivederla mai più”.

“Sei un idiota. L’ho sempre sospettato ma ora ne ho la prova e comunque la incontrerai ancora. La comunità magica inglese non è così vasta, quindi la troverai da qualche parte prima o poi”.

“Non necessariamente. E poi perché questa ne sarebbe la prova?”.

“Perché Luna dice che Hermione non sapeva ci sarebbe stato Paciock al locale. Aveva ricevuto una misteriosa lettera per San Valentino e la Weasley l’ha convinta ad andare a vedere chi fosse. Non sapeva nemmeno che Paciock avesse una cotta per lei e se tu non fossi così concentrato al bruciarti tutte le possibilità le faresti capire cosa si perde”.

“E perché dovrebbe cambiare qualcosa? Lo frequenta comunque”.

“Solo perché non sa come rifiutarlo senza ferirlo”.

Draco smise di camminare verso il lago. “Lo frequenta perché non sa come dirgli di no?”.

“Sì”.

“Beh, se è così dannatamente stupida allora se lo merita”.

Blasie sospirò. “Sei mai contento di qualcosa? Sul serio, io ti dico che la ragazza dei tuoi sogni non vuole davvero frequentare un altro e tu, invece che esserne felice, ti irriti perché non è così senza cuore da dire al suo amico di andare a quel paese”.

“Oh, andiamo! È la cosa più stupida che abbia mai sentito. Come posso rispettare una scusa così patetica? E comunque, questo come mi aiuterebbe? In ogni caso lo frequenta!”.

“Ma lo lascerà presto. Probabilmente deve solo trovare il libro Come rompere con un buon amico senza ferirlo”.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Buona fortuna, allora. Mi importerà quando ci sarà riuscita”.

“Almeno smettila prima di arrivare al punto in cui ti renderai conto che non ci sarà più spazio per te”.

Lui diede un colpo di tosse ma decise segretamente di continuare con gli insulti. Vederla in quella sala da tè con Paciock era stato davvero uno shock. In realtà non aveva mai pianificato di dare sfogo ai suoi sentimenti, ma quando l’aveva notata di fronte ad un altro ragazzo si era reso conto di cosa davvero provasse. In qualche modo, tra le litigate ed i viaggetti in infermeria, la Grifondoro si era fata strada nel suo cuore in un modo davvero spiacevole.

“Comunque, che succede con Lunatica?”.

Osservò affascinato le guance del suo amico diventare più scure. “Niente”, replicò Blasie, preso alla sprovvista.

Draco alzò un sopracciglio. Aveva già immaginato che Blasie stesse macchinando qualcosa quando aveva iniziato a parlare con Luna, considerato anche che non ne aveva mai notata prima l’esistenza. Da quel sabato ad Hogsmeade, però, era diventato il suo più ostinato difensore, non curandosi dei commenti irrisori che lo seguivano quando si trovava in sua compagnia o si comportava come un idiota. “Avrei quasi potuto crederci, se non fossi tutto rosso”.

“È diversa”.  

“Di sicuro. Qualcuno direbbe che è pazza”.

Blasie aggrottò la fronte. “Non è matta, solo un po’ sopra le righe”.

“Sopra le righe? Sono sorpreso che lei e suo padre non siano ancora stati confinati al reparto dei fuori di testa del San Mungo”.

Il suo amico lo fissò. “Non è pazza. E comunque non puoi sceglierti i genitori ed è facile credere a quelle cose quando te le dicono da quando sei piccolo. Cioè, guardati! Credevi a tutto ciò che ti raccontava tuo padre, senza nemmeno farti domande”.

Fu il turno di Draco di sbottare. “Ma è diverso! Sfortunatamente, Voldemort è esistito davvero”.

“Sul serio? Scommetto che se tuo padre ti avesse raccontato di Ricciocorni Schiattosi o Rane Lunari invece che di Sanguesporco e Babbani, ci avresti creduto pure tu”.

“Certo che no!”.

Blasie lo guardò incredulo, il che lo fece andare ancora di più sulla difensiva. Lui non era un idiota o tocco come Lunatica.

“Continua a raccontartela. In ogni caso, lei è davvero interessante se smetti di pensare a quelle cose ed è anche bravissima nelle fatture. Un paio del quinto anno hanno pensato sarebbe stato divertente prenderci in giro ma quando me ne sono accorto stavano già scappando a gambe levate con uno stormo di canarini alle calcagna. Mi ha detto che glie lo ha insegnato la Granger”.

“Cos’abbiamo che non va, noi due?”.

“Che intendi?”.

“Perché diavolo siamo cotti di due streghe violente? Proviamo istinti di morte?”.

Blasie rise. “Probabile”.


“Hermione!”, sibilò Ginny facendo sospirare la sua amica, che posò il libro.

“Cosa, Ginny?”.

“Quando diavolo dirai a Neville che si tratta di un malinteso?”.

Il cuore di Hermione si strinse. Voleva lasciarlo già il giorno dopo Hogsmeade, dopo aver visto la Fiamma del Drago. Quello però era successo un paio di giorni prima ed ogni volta che provava a parlargli lui la guardava con quegli occhi enormi e felici. Si sarebbe sentita come se avesse preso a calci un cucciolo.

“Non ci riesco! Mi sento troppo in colpa!”.

Ginny grugnì. “Hermione! Ti stai comportando molto peggio a continuare questa farsa. Lui crede davvero tu sia la sua ragazza. Che cosa farai quando troverà davvero il coraggio di baciarti?”.

Hermione appoggiò la testa sulla scrivania, sopra le braccia incrociate. “Che cosa farò?”, mormorò con voce smorta.

“Smettila e fallo! La prossima volta che ci vediamo voglio sentirti dire che gli hai confessato tutto ed hai smesso di assecondarlo!”.

Con quelle parole dure, Ginny sbattè il libro e si alzò.

“Sono seria, Hermione. Sei crudele e ingiusta con Neville. Sì, sarà triste all’inizio ma non quanto potrebbe esserlo tra qualche settimana quando capirà si è trattato di un’illusione”.

La rossa scomparve verso l’uscita. Hermione sapeva che la sua amica aveva ragione. Si stava comportando in modo orribile con Neville, che al contrario diventava sempre più felice, apparentemente convinto non si trattasse di un sogno. Sfortunatamente, a lei sembrava un incubo.

A rendere le cose peggiori, Malfoy era tornato a comportarsi come una bestia. Ormai i sorrisi amichevoli e le chiacchierate erano svaniti, soppiantate da insulti e parole taglienti. Era di nuovo come ai vecchi tempi e lei odiava che la cosa la ferisse. Il suo cuore piangeva e, nonostante non volesse sentirsi in quel modo, era la realtà. Quando aveva iniziato a provare qualcosa per lui?

Scacciò quei pensieri dalla sua mente e si concentrò per finire il tema di astronomia. Ci sarebbe stato un sacco di tempo per pensarci più tardi, ora doveva studiare, soprattutto perché avrebbe dovuto vedere Neville in un paio d’ore. L’avrebbe portata finalmente a vedere la Fiamma del Drago. Seppellì la propria colpa. Gli avrebbe confessato la verità.


Neville le allungò un paio di guanti in pelle di drago, mentre si preparavano per il compito che li aspettava. Non sarebbe stato semplice spostare quella pericolosa pianta in un caso più grande. La Professoressa Sprite avrebbe dovuto essere con loro a supervisionare il tutto ma un incidente con il Tranello del Diavolo durante la sua precedente lezione l’aveva fatta finire in infermeria e la pianta doveva essere spostata quel giorno stesso o sarebbe morta.

“Sicuro che dovremmo farlo noi?”, chiese ancora una volta Hermione.

“La Professoressa Sprite mi ha dato il permesso, dobbiamo”.

“Ok”, rispose lei, guardando insicura la pianta.

“Non preoccuparti, ho aiutato la Professoressa il mese scorso e so quello che faccio”.

Hermione si rallegrò, visto che di solito odiava fare qualcosa senza prima aver fatto ricerche approfondite. Non le piaceva essere all’oscuro e, nonostante qualche lettura extra sulla Fiamma del Drago, non aveva avuto tempo di dare un occhio ai metodi di trapianto.

La serra numero 5 era stata convertita ad esclusivo uso di quell’esemplare, dato che aveva bisogno di particolari cure per crescere e fiorire. La Professoressa aveva ricreato l’atmosfera di un cratere per l’occasione. Il calore era insopportabile e se non vi fossero stati degli incantesimi raffreddanti lanciati automaticamente a chiunque entrasse, nel caso qualche briccone più piccolo avesse tentato di infilarcisi, si sarebbero cotti a puntino ed il sangue avrebbe iniziato a bollire. Nonostante tutto, però, era un ambiente affasciante e ad Hermione piaceva.

“Allora, che facciamo?”, chiese.

“Per prima cosa, prepariamo il nuovo vaso. Dobbiamo metterci parti uguali di terriccio, sterco di drago e cenere”.

Lavorarono veloci ed in silenzio. L’avevano già fatto così tante volte in passato che era semplice tornare alle vecchie abitudini. Harry e Ron facevano sempre coppia a tutte le lezioni, lasciandola quasi sempre con Neville.

Quando finirono, Hermione si voltò verso Neville. “E adesso?”.

“Questa è la parte difficile. Come sai, la Fiamma diventa pericolosa se si sente attaccata e, sfortunatamente per noi, rinvasarla per lei è una minaccia”.

Hermione grugnì. “Ottimo!”.

“Già! Quindi, io la sollevo più velocemente possibile ma ho bisogno che tu ti assicuri di circondarla con un Incantesimo Scudo, così che se qualcosa schizza fuori venga trattenuto”.

Hermione scrollò le spalle. Sembrava abbastanza semplice. “Pensavo fosse qualcosa di peggio”.

“Ma la pianta farà di tutto per respingerci ed ha anche qualche asso nella manica”.

“Tipo cosa?”.

“Ha dei tentacoli che sbucheranno fuori e cercheranno di rompere lo Scudo, e ci riusciranno appena lo toccheranno. Quindi la velocità è essenziale”.

“Ok, so che possiamo farcela”.

Neville le sorrise. “Entusiasmo, ecco ciò che voglio vedere”.

Lei sorrise di rimando. Erano Grifondoro, dopotutto.


Draco fece una smorfia quando vide Luna trotterellare verso di lui e Blasie, che camminavano attorno al lago.

“Ciao, Draco”, li disse dopo aver dato a Blasie un bacio sulla guancia.

“Lunati… Luna”, la salutò lui, ricordandosi di chiamarla con il suo nome giusto in tempo grazie alla gomitata nelle costole ricevuta dall’amico.

Non gli piacevano gli sguardi che lei continuava a lanciarli quando si incontravano. Sembravano impietositi ma anche divertiti allo stesso tempo, come se sapesse qualcosa di cui lui era ancora all’oscuro. Era irritante.

“Se iniziate a fare i piccioncini io me la squaglio”, disse scontroso.

“Non andartene per colpa mia, ti prego”, replicò Luna.

“Le dimostrazioni di affetto sdolcinate non fanno per me”.

“Non preoccuparti, Luna. È solo acido perché la ragazza che gli piace frequenta qualcun altro”.

Luna sorrise. “Non c’è problema, Hermione non frequenta sul serio Neville”.

Draco si voltò verso Blasie e gli tirò un calcio alle caviglie.  

“Ahia, perché?”, si lamentò Blasie, saltellando su un piede solo.

“Glie lo hai detto?”.

“No, giuro di no!”.

“E allora come fa a saperlo?”.

“Ti piace Hermione da almeno metà dell’anno scorso. È così ovvio”, disse Luna.

“Come?”, rispose lui.

“Beh, almeno è quando l’hai ammesso a te stesso. Per quanto ne so poteva già piacerti da un sacco di tempo”.

“Come fa a sapere queste cose?”, chiese Draco a Blasie, confuso da quelle rivelazioni.

Il suo amico scrollò le spalle e ghignò. “Non chiederlo a me!”.

“Non è magia, Draco. Io osservo ciò che gli altri non vedono. Credete tutti sia pazza ma solo perché non sono limitata dalle aspettative che vi rendono ciechi. Ecco perché noto le cose e tu no”.

“Quindi ehm… che mi dici della Granger? Le piaccio?”.

Luna rise e scosse la testa. “Oh, no, Draco! Non sarò io a dirtelo. Dovrai scoprirlo da solo”.

Lui imprecò e lanciò un sassolino nel lago con la scarpa. “In ogni caso, probabilmente mi odia”, mormorò.

La Corvonero gli mise una mano sul braccio. “Perché non hai un po’ di fiducia in te stesso ed ammetti i tuoi sentimenti, invece che continuare a scappare?”.

“È facile da dire per te”.

“Certo, ma non sono io a rendermi pietosa. Prova ad affrontarla. Mal che vada, che può succedere? Ti dirà di no, ma almeno non ti porrai più queste domande”.

“Beh, se quello è il peggio, per me sarebbe piuttosto brutto”.

Lei sorrise gentile. “Manda giù l’orgoglio e vai a cercarla. È alla serra numero 5”.

Draco si trattenne, per niente sicuro di voler seguire il consiglio di Luna. Lei gli diede un buffetto sulle spalle. “Vai”, lo incoraggiò.

“Per la barba di Merlino, Draco. Smettila di fare il codardo e chiedile di uscire”, sbottò Blasie.

Lui guardò il suo amico prima di sospirare, raddrizzare le spalle e marciare verso le serre.

“Allora, lo rifiuterà e riderà di lui?”, chiese Blasie alla sua ragazza mentre guardava il biondo raggiungere il castello.

“Certo che no! Le piace da altrettanto tempo. Chi credi che gli abbia regalato la statuina?”.

“La Granger? Ha senso!”.

“Sì, ma per tua sfortuna significa che avrai fallito nel compito che ti ha assegnato il Professor Piton”.

“Cosa?”, chiese lui a disagio.

“Intendo di avvicinarti a me, così che potessi vanificare i miei sforzi per far mettere assieme quei due”.

“Ecco di cosa si trattava!”, esclamò lui, prima di rendersi conto di aver confessato. Non capiva come mai lei non lo avesse già schiaffeggiato e se ne fosse andata. “Non ti ho baciata a causa sua, comunque. Cioè, mi sono avvicinato ai Tre Manici perché me lo aveva chiesto, ma poi ho scoperto che mi piaci sul serio”.

Luna lo abbracciò. “Lo so, stupido. Se lo avessi fatto solo per il Professor Piton ti avrei affatturato e scacciato. Sei adorabilmente insicuro di te stesso quanto di piace una ragazza”.

“Ma perché Piton sta cercando di mettere i bastoni tra le ruote a Draco ed alla Granger?”.

“Intendi a parte per il fatto che non vuole qualcuno sia felice? Ha fatto una scommessa con il Professor Silente, che credeva avrebbero iniziato a frequentarsi entro la fine dell’anno. Se dovesse perdere, dovrebbe indossare la divisa di Grifondoro per un giorno intero”.

Blasie scoppiò a ridere. “Oh, anche se quei due non si piacessero sul serio li avrei fatti mettere insieme solo per vedere la scena!”.


Draco rallentò il passo quando si avvicinò alla serra numero 5. Sarebbe davvero andato fino in fondo? Non era il tipo da rischiare quando ci fosse stata la possibilità di perdere. Quel comportamento era riservato agli stupidi ed ai Grifondoro. Però si trovava lì, a chiedersi se dovesse domandare alla Granger un appuntamento, nonostante lei stesse tecnicamente frequentando qualcun altro.

Se Blasie e Luna si fossero sbagliati e lei avesse davvero voluto essere la ragazza di Paciock li avrebbe rincorsi a suon di Cruciatus. Poteva accettare di essere rifiutato ma non in favore di quella sottospecie di piovra idiota. Sarebbe stato troppo umiliante e lo avrebbe traumatizzato a vita.

Cercò di sbirciare attraverso la finestra coperta di vapore e vide la Granger assieme a Paciock. Perfetto. Non poteva chiederle di uscire in presenza del suo attuale ragazzo. Era sicuro avrebbe infranto qualche regola non scritta e, se di norma non gli sarebbe importato, quella volta sarebbe successo se lo avesse rifiutato perché Paciock ne sarebbe stato testimone.

Stava per voltarsi e tornare alla sala comune di Serpeverde a rodersi il fegato quando all’improvviso Neville si abbassò, come se volesse baciare la Granger. Il suo lato geloso si risvegliò. Poteva anche lasciar perdere il fatto che si tenessero per ma non gli avrebbe permesso di baciare la ragazza che piaceva a lui.


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Capitolo 6
*** La Disfatta di Piton ***


Capitolo 6 - Epilogo

La Disfatta di Piton

Rinvasare la Fiamma del Drago era stato più semplice di quanto Hermione si fosse immaginata, probabilmente perché lei e Neville avevano lavorato assieme così tante volte negli anni che si erano abituati alla reciproca magia. Riuscirono presto a risistemare la pianta nella sua nuova e più grande dimora ed a rimetterla a distanza di sicurezza, rilasciando poi l’incantesimo scudo.

“Dammi il cinque!”, disse Hermione alzando una mano.

Fu solo quando Neville la guardò come se fosse pazza che si rese conto di come alcune cose non potessero essere comprese nel mondo magico ed il cinque era una di quelle.

“Ehm.. niente, non importa. È una cosa babbana”, mormorò un po’ imbarazzata.

Diede uno sguardo alla serra e cercò di trovare il coraggio. Doveva davvero dire a Neville la verità riguardo la loro “relazione”, ma era più semplice a dirsi che a farsi. Ad ogni modo, Ginny aveva ragione, più avesse tirato la corda più probabilmente avrebbe ferito Neville e distrutto la loro amicizia. Prese un respiro profondo e stava per parlare quando percepì delle dita tra i suoi capelli. Fece un salto e guardò il ragazzo, concentrato mentre le toglieva qualcosa dalla chioma.

“Ecco”, disse tenendo in mano una foglia. “Era intrappolata”.

“Oh, grazie”, disse lei ma si bloccò quando lo vide rimetterle a posto una ciocca dietro l’orecchio.

“Ehm… Neville, riguardo noi due…”.

Dovette fermarsi di nuovo, perché lui si stava ovviamente abbassando per baciarla. Avrebbe dovuto sapere che quel momento sarebbe arrivato e prepararsi all’eventualità. Dopotutto, si frequentavano ormai da quattro giorni ed era sempre riuscita a scamparla. Non riuscì a non andare un po’ nel panico, muovendosi all’indietro ed andando a sbattere contro il tavolo dietro di loro. Lui la seguì e cercò nuovamente di baciarla quando la porta della serra si aprì con un tonfo.

Neville fece un salto indietro ed Hermione alzò lo sguardo, vedendo un infuriato Caposcuola sull’uscio con la bacchetta sguainata.

“Malfoy, che cosa credi di fare?”, chiese lei.

“Allontanati da lei”, ordinò il Serpeverde, ignorando la domanda.

Neville sembrò confuso ma continuò a starle vicino. A quanto sembrava, quello fu troppo per Malfoy.

“Ho detto di allontanarti da lei!”.

“Hai perso la testa? È la mia ragazza! Perché dovrei starle lontano?”.

Il Caposcuola iniziò ad avvicinarsi, la bacchetta sempre alzata, fino a raggiungerli ed afferrarla per un polso, tirandola poi verso di sé. “Diglielo, Hermione!”.

“Dirmi cosa?”, chiese Neville mentre le prendeva l’altro polso per cercare di riconquistarla.

“Ok, potreste smetterla di tirarmi? Hai perso il cervello, Malfoy? Che cosa dovrei dire esattamente a Neville?”.

“Chiedi a me se sono pazzo quando tu hai iniziato a frequentarlo per errore?”.

Neville iniziò a tossire. “Hai mangiato qualcosa di andato a male, Malfoy? Cosa ne sai della nostra relazione? Giusto, Hermione?”.

Lui la guardò e strinse gli occhi quando la vide arrossire. Sapeva di avere un’espressione colpevole ma non poteva farne a meno. Tra l’altro, non capiva neanche come facesse Malfoy ad essere a conoscenza della situazione ma il fatto che avesse detto la verità non poteva essere negato.

“Davvero mi frequenti per sbaglio?”.

“No, non è proprio così, Neville”, disse debolmente.

“Che intendi? Com’è allora?”, le chiese lasciandole il polso.

Sfortunatamente, dato che lui e Malfoy stavano ancora cercando di tirarla ognuno dalla propria parte, quando un lato venne liberato lei cadde addosso a Draco. Il Caposcuola perse quindi l’equilibrio e volò all’indietro, dritto dritto sopra l’appena rinvasata Fiamma del Drago.

La pianta, che non sarebbe mai stata docile nemmeno nei suoi momenti migliori, reagì come se si fosse trovata sotto attacco e con un sonoro schiocco rilasciò i tentacoli sputando una pericolosa combinazione di ceneri incandescenti, gas e lava. Neville le si gettò addosso, così che potessero entrambi allontanarsi dalle fiamme.

A causa della reazione tra l’aria umida e la mistura nociva, ci fu una potente esplosione. L’ultima cosa che Hermione vide furono milioni di schegge di vetro vorticarle intorno.


Riacquistò coscienza in infermeria e sbattè più volte le palpebre per la luce troppo forte.

“Grazie a Merlino stai bene”, disse una voce al suo fianco.

Si voltò e riconobbe i capelli di Ginny Weasley, affiancata da Ron ed Harry.

“Quanto sono rimasta svenuta?”, gracchiò.

Accettò grata il bicchiere di acqua che Harry le aveva allungato e prese qualche sorso, lavando via il sapore amaro della cenere.

“Almeno un paio d’ore”.

“Che è successo? L’ultima cosa che ricordo è Neville che mi spingeva a terra”.

“La serra vi è crollata addosso. Ci sono voluti quattro professori per tirarvi fuori”.

“E Malfoy? Sta bene?”, chiese nel panico, ricordando l’immagine di lui immobile sul pavimento a causa dell’incidente durante la lezione di Pozioni.

“Sta bene”, dice una voce. “È ancora incosciente perché ha avuto la peggio ma Madama Chips dice che si riprenderà”.

Hermione girò la testa e vide Neville seduto sul letto vicino, con il volto fasciato e qualche graffio ancora visibile. Si sentì in colpa ancora una volta. Si era così preoccupata per Malfoy che non aveva nemmeno pensato di chiedere di Neville, il ragazzo che l’aveva protetta.

Ginny, molto più sensibile all’atmosfera tesa rispetto agli altri amici di Hermione, si abbassò e le accarezzò una guancia. “Comunque, ora che sei sveglia, noi ce ne andiamo. È quasi l’ora del coprifuoco e siamo già rimasti abbastanza”.

Harry e Ron la seguirono, non prima di averla stretta in un abbraccio, ed Hermione si ritrovò presto sola con Neville e Malfoy.

“Dobbiamo parlare”, disse Neville.

Lei sospirò. Non voleva davvero riprendere la conversazione, consapevole di essersi comportata in modo atroce nei suoi confronti, cosa che davvero non meritava

“Lo so”, disse pacata, sistemandosi le coperte.

“Perchè?”, chiese semplicemente lui.

Hermione non cercò di indorare la pillola. “Non sapevo come dirti che non provo le stesse cose. Eri così felice da Madama Piediburro che non volevo far scoppiare la tua bolla”.

“Ma ad un certo punto avresti dovuto dirmelo”.

“Lo so, ma non avevo ancora scoperto come. E volevo davvero vedere la Fiamma del Draco”, confessò piena di vergogna.

Lui rise appena e cadde il silenzio.

“Che succede tra te e Malfoy?”, le chiese dieci minuti dopo.

“Niente!”, replicò sulla difensiva.

“Ma ti piace?”.

Parlare di certe cose con il suo ex da appena cinque minuti le pareva davvero sbagliato ma doveva sapere la verità.

“Sì”, mormorò.

Lui sorrise amaramente. “Grazie per non aver mentito. Non ti avrei creduto se lo avessi fatto. È stato lui la prima persona di cui hai chiesto notizie”.

Hermione arrossì. “Lo so e mi dispiace. Sei stato tu a mettermi al sicuro e ti sei ferito per questo”.

Non poté continuare a parlare perché Madama Chips entrò dalla porta. “Ah, Signorina Granger, si è svegliata. Bene”.

L’infermiera iniziò a compiere qualche incantesimo di diagnosi ed alla fine la dichiarò sana. “È davvero stupefacente”, commentò.

“Grazie a Neville che mi ha protetta”.

Madama Chips sorrise al ragazzo, uno dei suoi preferiti. “Il Signor Paciock è stato fortunato a cavarsela con qualche graffio. Adesso può andare”, disse guardandolo.

“Io invece?”, chiese Hermione.

“Mi dispiace, dovrai rimanere per la notte. Hai preso un brutto colpo in testa”, le rispose posizionando un pigiama pulito ai piedi del letto.  

Neville esitò. Era ovvio volesse dire qualcos’altro ma non di fronte all’infermiera, che comprese al volo e lanciò loro un’occhiata divertita. “Si assicuri di tornare alla Torre prima del coprifuoco, Signor Paciock”.

Lui annuì e la Chips se ne tornò in ufficio, chiudendo la porta.

Hermione guardò imbarazzata Neville. “Mi dispiace davvero, non volevo ferirti”.

“Lo so”, disse lui, avvicinandosi e prendendole la mano.

“Potrai perdonarmi?”.

Neville sorrise. “Ma certo. Siamo amici e, ad essere onesto, non ho mai avuto una speranza. Questi ultimi giorni sembravano troppo belli per essere veri. Non posso essere arrabbiato”.

“Sei una persona migliore di me”, rispose Hermione.

“Forse”, disse lui. Esitò ancora una volta prima di guardare il biondo addormentato. “Allora, che farai con Malfoy?”.

Lei si morse un labbro. “Non ci ho ancora pensato”.

“Ti consiglio di buttarti. Fatti dire che è meraviglioso quando ottieni ciò che hai desiderato e speravi di non avere mai. Nel tuo caso, non credo si rivelerà essere un’illusione”.

Hermione non riuscì a trattenere le lacrime e lo abbracciò forte. “Sei il migliore Neville e so che troverai una ragazza migliaia di volte migliore di me che ti renderà felice”.

Lui le diede un bacio sulla fronte. “Non preoccuparti, sono più forte di quanto sembri”.

“Lo so ma odio averti reso triste”.

Il silenzio che ne seguì le fece capire di avere ragione e le si spezzò il cuore per il dolore causatogli. Ginny aveva ragione, era stata crudele. Lui le strinse la mano prima di lasciare l’infermeria.


Hermione stava leggendo a letto quando udì un cambiamento nel respiro di Malfoy. Invece che calmo e profondo come nelle ultime ore, era diventato affannato, come se stesse lottando con qualcosa. Il rumore dei lenzuola stropicciate significava anche che si stesse muovendo parecchio.

Infilò i piedi nelle ciabatte, per proteggerli dal pavimento freddo, e zampettò verso il letto di Malfoy. Come sospettava, stava dormendo male, come se stessa facendo degli incubi che lo disturbavano. Non sarebbe stata una sorpresa, considerando ciò che era successo quel giorno.

Gli si avvicinò e gli lisciò la ruga che si era formata tra gli occhi. In qualche modo questo lo calmò, così si sedette di fianco al letto, appellando il libro e tenendogli la mano con quella libera. Qualcosa di quell’atmosfera la calmava, forse la notte od il silenzio che la circondava.

Fu il suono di una scatola di cioccolatini che cadeva dal letto che le fece distogliere lo sguardo dal libro. Alzò la testa verso il comodino e notò che la statuina di Quidditch era stata lasciata lì assieme alle solite confezioni di dolciumi. Il piccolo Draco sembrava essersi appena svegliato e, visto lo stato della divisa, la scatola caduta probabilmente lo aveva schiacciato. Si abbassò per raccoglierla ed allontanarla dalla figura. Il mini Malfoy si accorse della sua presenza e saltò subito sulla scopa per atterrare poi sulla pagina aperta del suo libro. Sembrava molto contento di vederla così lei aprì la mano per farlo salire.

“Non ti ho ancora ringraziato per quella”, disse Draco.

Hermione sussultò ed alzò il viso. La statuina aveva svegliato la versione originale. Se non lo avesse conosciuto, avrebbe detto che stava bene a parte le bende sulla testa. Le fiamme della pianta invece gli avevano bruciato mezzi capelli e lasciato delle bruciature terribili che Madama Chips aveva detto avrebbero richiesto almeno 12 ore per guarire.

“Come fai a sapere che sono stata io?”.

Lui le diede uno sguardo di sufficienza. “Andiamo, Granger, chi altri potrebbe fare una magia del genere? C’è qualcun altro ad Hogwarts? E comunque, guarda quanto ti adora. Di solito succede nei confronti di chi ti crea”.

Lei arrossì ma scrollò le spalle. “Ok, l’ho fatto io. Mi sentivo in colpa per averti quasi ucciso”.

“Avresti dovuto ma ammettiamolo, mi sono quasi ucciso da solo con quella bravata della spina di porcospino”.

Hermione rimase così sconvolta dalla sua ammissione che rimase a fissarlo.

“Cosa?”, soffiò lui.

“Non credo di averti mai sentito ammettere qualcosa prima d’ora”.

Draco imprecò. “Non farci l’abitudine”.

Lei sorrise. “Certo che no”.

“Allora, cos’è successo?”.

Hermione esitò. Non ricordava nulla? Aveva dimenticato anche di averla costretta a rompere con Neville?

“Ehm… sei entrato nella serra mentre io e Neville…”.

“Non ho perso la memoria, Granger”, sbottò lui.

“Come facevo a saperlo? Non hai esattamente posto una domanda chiara”.

“Intendo perché sono qui”.

“Oh beh, sei andato addosso alla Fiamma del Drago, che ci ha attaccati e beh… hai avuto la peggio e sei tutto bruciacchiato”.

Lui si passò una mano in testa e fece una smorfia. Faceva male a toccare anche sopra le bende. Sospirò. “Quando a lungo dovrò rimanerci?”.

“In realtà non ti è andata così male. Mancano sei ore perché l’unguento di Madama Chips finisca di fare effetto”.

Malfoy non ne rimase così sorpreso come lo era stata lei, forse perché era cresciuto nel mondo magico e non aveva esperienza di metodi curativi molto più lenti come quelli dei Babbani.

“Perché tu sei ancora qui? Il tuo ragazzo non c’è”.

Hermione arrossì al modo in cui aveva definito Neville. “Sono sotto osservazione perché ho sbattuto forte la testa. Neville invece è stato dimesso perché aveva solo qualche graffio per via dei vetri”.

Lui annuì e distolse lo sguardo.

“E non è il mio ragazzo”, mormorò lei guardando il libro ancora posizionato sul letto.

“Cosa?”.

“Noi… ehm…. Abbiamo rotto”.

Il Caposcuola strinse gli occhi. “Davvero?”.

Lei scrollò le spalle. “Sì, era un po’ stupido continuare. Ha capito si è trattato solo di un malinteso”.

Per un breve momento, Malfoy non fece nulla. Poi però si alzò di scatto e la colse di sorpresa. Hermione squittì quando lui la trascinò nel letto al suo fianco e la baciò. Rimase in stato di shock per qualche secondo, prima di ricambiare.

Draco alzò la testa e ghignò. Sembrava felice di rimanere a fissarla ed accarezzarle un fianco. Non glie lo avrebbe permesso, voleva una dichiarazione come si deve.

“E questo a cosa lo devo?”.

Il Serpeverde alzò gli occhi al cielo. “Pensavo fosse ovvio”.

“Non proprio, se consideri che abbiamo passato tutto l’anno a cercare di ucciderci”.

“Sentimenti repressi”, mormorò vago.

“Non te la caverai tanto facilmente”.

“In che senso?”.

“Così”, disse Hermione indicando sé stessa. “Visto che io sono finita per frequentare una persona per quattro giorni a causa della mia incapacità di confessargli i miei sentimenti, tu dovrai fare di meglio”.

“Sapevo mi avresti reso le cose difficili”.

Lei sorrise dolcemente. “Quando mai te le ho rese facili?”.

“Hai ragione”, grugnì lui prima di fare un respiro profondo. “Ok, Granger. Mi piaci, voglio frequentarti ed essere il tuo ragazzo”.

Lei gli diede un buffetto sulla guancia. “Vedi? Non era così difficile”.

“Parla per te, non sei tu quella che poteva essere rifiutata”.

“Beh, sei fortunato Malfoy, perché anche tu mi piaci”, gli disse prima di abbassarsi e baciarlo una seconda volta.


Draco aprì gli occhi quando qualcuno iniziò a schiarirsi la gola. Aveva il braccio sinistro completamente intorpidito, che ritornò funzionante solo quando il peso che lo schiacciava venne spostato. Gli faceva male ovunque, era come se avesse avuto migliaia di aghi in ogni parte del corpo.

“Ahia”, mormorò. “Questa è l’ultima volta che divido un letto di ospedale con te, Granger”. Lei si limitò a fissarlo.

“Ben svegliati, ragazzi”, disse una voce ai piedi del letto.

Si voltarono entrambi, colpevoli, verso il Preside che sorrideva.

“Ehm…. Professore, non è come sembra”, mentì la Granger.

“Devo ammetterlo, sono contento che voi due andiate molto più d’accorto dell’ultima volta in cui siete finiti in infermeria”.

“Che posso dire? La Granger ha capito i suoi errori”.

“Malfoy!”, gracchiò lei, colpendolo al braccio sinistro ancora dolorante.

“Attenta”, sbottò lui, massaggiandoselo.

“Idiota”, gli rispose. Lui sorrise e la baciò.

Una risata del Professore li fece fermare. “Vedo che certe cose non cambiano mai. Almeno allieterete Hogwarts in un modo meno esplosivo”.

La Granger arrossì adorabilmente e Draco decise che baciarla di fronte a qualche professore sarebbe stata una cosa molto divertente. Non vedeva l’ora di provarci di fronte al Professor Piton. Non riusciva a decidere di chi avrebbe avuto più paura tra lui e la sua ragazza.

“Ad ogni modo, volevo assicurarmi che i miei Capiscuola stessero bene dopo essere fini qui per l’ennesima volta”, disse Silente con gli occhi scintillanti.

La porta si aprì di colpo e Madama Chips entrò di corsa con una sbracciata di pozioni, unguenti e bende che le fluttuavano dietro.

“Ah, è arrivata Madama Chips. Vi lascio alle sue cure. Sono sciuro ci vedremo più tardi”, disse il Professor Silente.


I mormorii incessanti ed i commenti fecero capire a Severus che qualcosa di scandaloso stesse succedendo ad Hogwarts. Alzò lo sguardo dal suo pranzo e vide i due Capiscuola entrare in Sala Grande mano nella mano.

Gli si rivoltò lo stomaco, all’improvviso nauseato dall’implicazione della scenetta. Strinse gli occhi e si voltò verso Albus, seduto di fianco con gli occhi sbrilluccicosi.

“Beh Severus, hai perso”.

“Si tengono solo per mano, non prova niente. Possono essersi fatti male seriamente od essere legati da un incantesimo andato male”, cercò disperatamente di congetturare.

Il coro di “Bacio, bacio” degli studenti gli fece nuovamente voltare la testa verso i ragazzi.

Draco, quel maledetto, aveva deciso di dare sfogo alla sua natura melodrammatica e, per la gioia di tutti tranne Severus, aveva sollevato la Granger da terra, coinvolgendola in un bacio appassionato.

Il suo sogno di dominio dei Serpeverde si sciolse come neve al sole di fronte a quella disgustosa dimostrazione.

Si alzò in piedi. “Signor Malfoy, Signorina Granger!”, urlò. “Smettetela subito. In punizione, con me stasera alle sette”.

I mormorii contrariati si sollevarono in Sala Grande e Severus imprecò mentre i due piccioncini si separavano per sedersi ai rispettivi tavoli.

“Credo sia stato tu stesso il motivo per cui hanno iniziato a frequentarsi, Severus”, disse Albus con un sorriso tronfio che lo faceva infuriare.

“Cosa? E Come?”.

“Sei stato tu ad organizzare quel piano piuttosto ingegnoso affinché Hermione e Neville Paciock si incontrassero a San Valentino. Non ti chiederò come facessi a sapere della sua cotta ma ti invito a non usare mai più certi metodi in futuro”.

“Non so di cosa tu stia parlando”.

“Ma certo che no, Severus”, disse divertito il Preside. “Comunque, è stato grazie a quella breve relazione tra Hermione e Neville che Draco finalmente ha trovato il coraggio di affrontare i suoi sentimenti per lei.

Dannazione! Come era potuto succedere?

“E devo complimentarmi con te per aver incoraggiato le relazioni tra case. Credo che Blasie Zabini stia frequentando Luna Lovegood. È bello vedere gli studenti andare così d’accordo da buttarsi il passato alle spalle”.

Gli occhi di Severus cercarono Blasie, che al momento stava dando delle pacche a Draco e soffiava baci al tavolo di Corvonero verso Luna Lovegood. Non esistevano più i sottoposti di una volta.

“Immagino domani ti presenterai con delle vesti più colorate. Mi sono preso la libertà di farti consegnare qualcosa direttamente nella tua stanza. Dovresti trovare tutto sul letto”.

Severus strinse le labbra alla vista dello scintillio negli occhi di Albus. Sarebbe rimasto traumatizzato a vita.

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