L'oro della magia

di DjFranky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hogwarts Express ***
Capitolo 2: *** Costrizione ***



Capitolo 1
*** Hogwarts Express ***


Hogwarts Express

 

Salve a tutti! Mi chiamo Nora Campbell, ho 11 anni, e questa è la mia storia.”

 

I miei genitori mi accompagnarono fino all’incrocio dei binari nove e dieci.

Non avevano la più pallida idea di come avrei dovuto accedere al binario nove e tre quarti, e in realtà non ce l’avevo neanche io.

Fu una vera illuminazione quando vedemmo qualche strano tipetto riuscire a passare attraverso il grande pilastro che separava le insegne dei binari nove e dieci.

Allora mi affrettai ad abbracciare i miei, preoccupatissimi per tutto quello che stava succedendo, perché in fondo stavano solo abbandonando la loro figlioletta ad un mondo assurdo, sconosciuto e pieno di pericoli, dove non avrebbero potuto fare assolutamente niente per aiutarla, guidarla, darle supporto oltre quello emotivo, perché non ne sapevano assolutamente nulla.

Guardando i loro volti sconsolati, gli feci un sorriso e mi decisi a passare la barriera con il mio carrellino super appesantito dal baule con tutto l’occorrente per iniziare al meglio questa nuova avventura.

Dall’altra parte sbucai vicino ad un meraviglioso treno molto all’antica, colorato di un rosso lucente con dettagli neri e dorati, già acceso e impaziente di partire, visto il fumo; rimasi a bocca aperta.

Mi decisi subito ad entrare per prendere posto, temendo di non trovarne se avessi aspettato troppo. Sono una tipa molto ansiosa.

Scelsi il vagone con meno gente possibile avanti all’ingresso, e con molta fatica riuscii a far salire il baule su quei gradini alti e stretti. Appena salita, tirai un sospiro di sollievo e mi guardai intorno in cerca di un posto dove sistemarmi.

Vidi alla mia sinistra uno scompartimento, e mi avviai per andare a controllare se era libero, ma dopo appena un paio di passi… *SBAM*.

Mi ritrovai scaraventata a terra, col sedere dolorante, e il mio baule rovesciato a mezzo metro da me.

Ed eccoci di nuovo… La rabbia iniziò a salire. Odio quando succede, perché di solito faccio cose che non riesco a controllare.

Ci misi qualche secondo per riaprire gli occhi. Un ragazzo alto, biondo, con gli occhi azzurri, mi stava fissando con aria altezzosa e di sfida, visibilmente soddisfatto per avermi colpito con una spallata così violentemente da farmi fare un bel volo.

Il sorrisetto compiaciuto che aveva si trasformò subito in una espressione di stupore, scommetto perché aveva visto i miei occhi.

Non ho mai capito per quale motivo, ma praticamente da quando sono nata quando mi arrabbio i miei occhi diventano di un color oro lucente, e poi succedono cose strane che solitamente mi fanno tornare il buonumore.

Solo recentemente, quando il professor Silente venne a far visita ai miei genitori per spiegargli che sono una strega e che sarei dovuta andare ad una scuola di magia per imparare a controllare i miei poteri, capii che in realtà ero io a far accadere quelle cose strane.

Tornando al treno, quelli che a questo punto credo di poter definire “i miei poteri” fecero fluttuare nell’aria il mio baule per rimetterlo a posto sul carrellino. Il ragazzo biondo continuava a guardarmi con quella espressione di stupore che man mano si trasformava in paura.

Mi alzai frettolosamente, e i miei occhi si spensero gradualmente, come succede ai fiammiferi quando ci soffi sopra. Afferrai il carrellino e mi incamminai verso lo scompartimento che avevo adocchiato poco prima, impegnandomi ad ignorare il ragazzo che ancora mi fissava.

Per fortuna c’era un posto libero; chiesi ai ragazzi che occupavano gli altri posti se potevo sedermi, e loro, molto cortesemente mi dissero che potevo occupare il posto libero. Avevo lasciato il biondino alle mie spalle chiudendo la porta dello scompartimento. Mi sedetti.

Avanti a me c’erano due ragazzi praticamente identici, che dopo la loro presentazione capii che erano gemelli: si chiamavano Fred e George Weasley, erano molto alti e magri, capelli rossi e un sacco di lentiggini sul naso.

Di fianco a me sedeva un ragazzino molto più basso di loro, si chiamava Lee Jordan, aveva la pelle scura e i capelli rasta.

Erano tutti e tre molto gentili e simpatici, e quando gli dissi che era la prima volta per me ad Hogwarts, cominciarono a raccontarmi un sacco di cose. Ad esempio, mi dissero che c’erano quattro case, che la loro era Grifondoro e che quella di Serpeverde era la peggiore. Mi raccontarono dei loro scherzi agli altri studenti, e mi raccomandarono di stare attenta perché prima o poi ne avrebbero fatto qualcuno anche a me.

Passammo tutto il tempo del viaggio a ridere e scherzare.

Poco prima dell’arrivo, mi suggerirono di andare ad indossare la divisa; rimasero tutti e tre a bocca aperta quando i miei occhi iniziarono di nuovo ad illuminarsi d’oro e come per magia i miei vestiti erano diventati la divisa.

I gemelli in coro mi chiesero come avessi fatto, ed io gli spiegai che non ne avevo idea, sapevo farlo praticamente da sempre. Lee cominciò a parlare come una macchinetta, e mi spiegò che non era normale

(certo, come se tutto il resto di quello che stava accadendo lo fosse), e che la stragrande maggioranza dei maghi ha bisogno di studiare anni e anni per imparare a fare quello che faccio io semplicemente desiderandolo.

Non ne rimasi molto stupita, ma semplicemente perché oramai ero pronta a tutto, non mi meravigliava più niente.

E adesso erano loro a riempirmi di domande, volevano sapere di tutte le mie disavventure passate a causa di questi poteri particolari, ed io li accontentai raccontandogli di quante volte i bulli a scuola si erano ritrovati appesi da qualche parte a testa in giù, o di quella volta che mia zia si ritrovò pelata dopo aver cercato di farmi mangiare le verdure. Insomma, ne avevo di storie da raccontare, e loro ne furono così compiaciuti che mi chiesero di entrare a far parte del loro gruppo di combina-guai. Ovviamente accettai, per me era un onore.

Quando il treno si fermò era buio, e fui costretta a malincuore a separarmi dai miei nuovi amici, per seguire il signor Hagrid insieme agli altri ragazzi del primo anno.

Ci portò per un lungo sentiero nei boschi, e ci fece salire su delle barche che ci portarono alla scuola. Era uno spettacolo a dir poco meraviglioso vedere il castello di Hogwarts con tutte le finestre illuminate fino alla punta delle torri.

Dopo aver varcato il grande portone che portava all’ingresso, la professoressa McGonagall, una strega dall’aspetto molto severo, ma che ispirava fiducia, ci spiegò alcune regole e poi ci invitò a seguirla in sala grande per essere smistati nelle varie case dal cappello parlante.

Vidi molti ragazzi essere assegnati a Grifondoro, Serpeverde, Tassofrasso e Corvonero.

Quando arrivò il mio turno, mi tornarono alla mente i consigli di Fred, George e Lee, ma non ne ebbi bisogno perché quando la professoressa poggiò il cappello sulla mia testa, i miei occhi ripresero ad illuminarsi, ma questa volta senza motivo perché non desideravo accadesse niente.

Anche il cappello si stava illuminando, era diventato un lanternino dorato. La sua voce disse ad alta voce che mi stavo sbagliando, che in realtà ero io a volerlo, e lo stavo costringendo a inserirmi in una determinata casa. Ah beh, se lo dice lui probabilmente è così. Ovviamente fui inserita nei Grifondoro.

Sembrò quasi sollevato quando la professoressa McGonagall lo rimosse dalla mia testa per metterlo su quella di qualcun altro, e io trotterellai allegra a sedermi al tavolo dei Grifondoro proprio in mezzo a Fred e George, che erano contenti quasi quanto me.

Ripresero subito le chiacchere sugli scherzi, quando incrociai avanti a me, a due tavoli di distanza, lo sguardo del ragazzo biondo del treno. Mi fissava insistentemente.

Non so perché, ma sentii un brivido lungo la schiena, e non riuscivo a smettere di fissarlo.

Sussurrai a Fred chiedendogli chi fosse, indicandolo con un gesto del capo, e lui si fece subito serio.

Mi rispose che si chiamava Draco Malfoy, era un Serpeverde, e soprattutto che era meglio non avere niente a che fare con lui.

Fissai negli occhi Fred, che mi stava ancora guardando preoccupato, gli feci un piccolo sorriso e arrossii. Allora mi sorrise anche lui e riprendemmo a chiacchierare di altro.

Insomma, avevo bisogno di sapere tutto su quella scuola e di come avrei dovuto comportarmi nei giorni successivi, e avevo trovato le guide perfette.

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Capitolo 2
*** Costrizione ***


Costrizione

 

“Quello sguardo mi piaceva...”

 

Il giorno seguente iniziavano le lezioni, e alla prima ora noi Grifondoro, insieme ai Corvonero, avevamo “Incantesimi” con il professor Flitwick.

Questa scuola è un vero labirinto, e il mio senso dell’orientamento fa davvero schifo. Beh, tutto sommato sono una schiappa in molte cose, forse è per questo che il destino ha compensato dandomi questi poteri.

Per fortuna i miei compagni di classe sono stati più svegli di me, e con loro ho raggiunto l’aula perfettamente in orario.

Il professor Flitwick era un uomo bassino a dir poco, capelli e barba bianchi e lunghi, e degli occhialini piccoli sulla punta del naso. Però dava una gran bella impressione come insegnante.

Dopo la presentazione del corso, iniziò a spiegarci il nostro primo incantesimo: “Lumos”. Disse che era semplice, ma che non avremmo dovuto scoraggiarci se fosse risultato più complicato del previsto.

Inutile dirlo, a me bastò fissare per un secondo la punta della bacchetta, e subito questa si illuminò.

Tutti i miei compagni, Grifondoro e non, mi fissarono a bocca aperta, e con mia grande meraviglia lo stava facendo anche il professore.

Poi quest’ultimo con un saltello scese dal piedistallo di libri che si era creato per poter stare dietro alla cattedra, e si diresse verso di me.

Mi sussurrò che avrei dovuto seguirlo immediatamente, ma lo disse con voce calma e pacata.

Anche se piccoletto, era molto svelto e feci quasi fatica a tenere il passo. Il professore mi portò dritto dritto nell’ufficio del professor Silente, il preside della scuola.

Iniziai a preoccuparmi, cosa avevo mai fatto di così grave?

Il professor Flitwick spiegò l’accaduto al professor Silente, che rimase in silenzio per qualche secondo, poi mi fissò dritto negli occhi e cominciò a parlarmi con un tono talmente tranquillo che fece tranquillizzare anche me.

Mi disse che ad Hogwarts si impara ad usare la magia, vero, ma anche a superare i propri limiti. E sì, è vero che io non ho bisogno di imparare incantesimi per usare la magia, ma se dovesse capitarmi di trovarmi in un caso estremo?

Inizialmente non capii, poi però tutto mi fu più chiaro quando il preside mi porse un collare e mi chiese di indossarlo. Fu la richiesta più strana che mi avessero mai fatto in tutta la mia vita.

Guardai l’oggetto con ostilità, ma Silente mi guardò con uno sguardo talmente affettuoso che mi spinse ad indossarlo.

Poi mi chiese di fare una magia, una qualsiasi, la prima che mi venisse in mente.

Ed io non ci riuscii.

In un primo momento mi spaventai. Quel coso stava trattenendo i miei poteri? La cosa non mi piaceva per niente.

Il professor Silente mi spiegò che i miei poteri non erano spariti, ma erano stati imbrigliati dal collare, e che sarebbero tornati ogni qualvolta avessi deciso di toglierlo.

Ovviamente la prima cosa che feci fu provare a toglierlo e a fare una magia, facendo illuminare la punta della mia bacchetta per la seconda volta, così mi tranquillizzai.

Il professor Flitwick ne rimase nuovamente impressionato, credo sia impossibile per lui farci l’abitudine.

Il professor Silente mi raccomandò di indossarlo ad ogni lezione, e di cercare di non perderlo o distruggerlo. Lo ringraziai, e tornai in classe scortata da Flitwick.

La terza volta che la punta della mia bacchetta si illuminò, fu dopo che ebbi fatto pratica con l’incantesimo Lumos, ma per fortuna riuscii a impararlo quasi immediatamente.

I miei compagni continuavano a guardarmi strano, non credo che dimenticheranno facilmente quello che avevano visto poco prima.

 

È assurdo quanto in fretta si spargano le voci ad Hogwarts.

Dopo mangiato, prima della lezione di pozioni, decisi di fare due passi in cortile. Credetemi, non c’era mago o strega che vedendomi passare non bisbigliasse nell’orecchio di chi gli stava accanto.

Non era per niente una bella sensazione, ma non potevo farci assolutamente nulla. Mi sentivo così in colpa che continuavo ad indossare il collare nonostante non fosse ancora ora di lezione.

E probabilmente si era sparsa voce anche su questo.

Durante la mia passeggiata, svoltai un angolo nella parte interna del cortile, e mi ritrovai scaraventata di spalle contro un muro.

L’urto mi fece stringere forte gli occhi, e quando li riaprii l’unica cosa che potevo vedere erano due bellissimi occhi color ghiaccio che fissavano i miei, ma sembravano molto arrabbiati.

Ci misi un po' per rendermi conto che Draco mi stava tenendo ferma spingendomi le sue mani sulle spalle.

Non sapevo cosa dire, rimasi immobile, e ovviamente i miei poteri non funzionavano, nonostante i miei occhi brillassero con piccoli sprizzi dorati.

Quando provai ad abbassare lo sguardo per distoglierlo dal suo, mi afferrò il mento con pollice e indice, riportandolo dov’era. Arrossii bruscamente.

E lui se ne rese conto, perché iniziò a guardare nel complesso il mio viso.

In quel momento, chissà per quale motivo, il mio unico desiderio era che mi baciasse. Un bacio lento, dolce, oppure violento, non mi importava, volevo solo un bacio.

E invece no, niente bacio. Lui voleva solo guardare i miei occhi che continuavano ad emettere riflessi dorati, che si muovevano come lo specchio del mare leggermente mosso.

In quel momento passò di lì il professor Piton, un professore alto, magro, con capelli neri lunghi e un naso grande e ricurvo. Era il nostro professore di pozioni, quello che di lì a poco avremmo incontrato in aula.

Appena Draco udì i suoi passi, mi scaraventò violentemente a terra e con passo svelto si diresse nella direzione opposta a quella del professore.

Molto gentile da parte sua, almeno un bacio avrebbe potuto darmelo prima.

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