Sfumature

di CatherineC94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1#Petrichor ***
Capitolo 2: *** 2#Psiturism ***
Capitolo 3: *** 3#Agastopia ***
Capitolo 4: *** 4#Mamihlapinatapei ***
Capitolo 5: *** 5# Toropýga ***
Capitolo 6: *** 6#Douleur exquise ***
Capitolo 7: *** 7#Schnapsidee ***
Capitolo 8: *** 8#Turadh ***
Capitolo 9: *** 9#Mepak ***
Capitolo 10: *** 11# Ishin-denshin ***
Capitolo 11: *** 10#Sillage ***
Capitolo 12: *** 12#Nunchi ***
Capitolo 13: *** 14#Nankurunaisa ***
Capitolo 14: *** 13# Hai shi shan meng ***
Capitolo 15: *** 16#Kawaakari ***
Capitolo 16: *** 15#Fensterln ***
Capitolo 17: *** 17#Wenjimpat ***
Capitolo 18: *** 18#Ya'aburnee ***
Capitolo 19: *** 19#Qarrtsiluni ***
Capitolo 20: *** 20# Habseligkeiten ***
Capitolo 21: *** 21#Iktsuarpok ***
Capitolo 22: *** 22#Aiaigasa ***
Capitolo 23: *** 23#Cwtch ***
Capitolo 24: *** 24#Shu ***
Capitolo 26: *** 25# Lebenslangerschicksalsschatz ***



Capitolo 1
*** 1#Petrichor ***


Petrichor: il profumo della pioggia sulla terra calda e asciutta.
Sfumature


Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.
 
1#Petrichor
 
L’estate si era dimostrata più torrida del previsto, poteva quasi avvertire il respiro della terra stessa che priva della freschezza tipica dell’inverno bramava un attimo di pace, un momento di ristoro. La veranda era libera da quella calura che nelle ore mattutine la colpiva in pieno; le piaceva pensare che forse era quella la vita, momenti asfissianti che si contraccambiavano con quelli saturi di aria e freschezza.
Un cubetto di ghiaccio fece un rumore sordo mentre quasi si disperdeva in un mare ambrato di succo di zucca, mentre sul piccolo vassoio dove era posato il calice cadevano gocce di condensa provocate dall’escursione termica.
Seduta su una piccola sedia di legno Ginny non aveva occhi che per il giardino che ormai secco aveva assunto un colore spento, di lato suo marito la guardava rapito da chissà quale pensiero recondito ed impossibile da articolare a voce alta.
«Un tempo amavo l’estate, ora non ne sono più sicura» sbuffò arricciando le labbra in una smorfia incerta. Harry trattenne a stento un sorriso e bevendo un sorso dal suo calice pensò che quell’estate fosse una delle migliori della sua vita; lei parve intuire quel pensiero e stiracchiando le pieghe del suo largo prendisole giallo accarezzò il ventre lievemente pronunciato.
«Odi l’estate perché si secca il giardino?» convenne Harry guardandola amorevole.
Ginny parve pensarci un po’ su e poco dopo rispose:« Può essere».
Harry finì di bere e allungando il braccio la strinse dolce sentendo il cuore sciogliersi di rimando; da quando si erano sposati ed avevano scoperto di aspettare il loro primo figlio nulla sembrava reggere il confronto con la loro felicità.
Lei socchiuse gli occhi beandosi dell’abbraccio mentre una cicala cantava in lontananza; forse si trovava nell’albero vicino al piccolo cancello di legno. Chissà; sospirò mentre il caldo si appiccicava alla pelle crudele ed Harry giocava distrattamente con una ciocca rossiccia dei suoi capelli.
«Dovrei tagliarli » borbottò incapace di trovare un risvolto positivo a quella giornata.
«Sono così belli» le dice con voce calda e sommessa mentre con l’altra mano le accarezzava il ventre.
La terra era calda, secca e in certi casi arida finché una singola goccia d’acqua irruppe nel silenzio afoso seguita da una miriade di gocce gemelle; in quella superficie asciutta fu  come una benedizione inaspettata ma proficua.
«Harry lo senti?» le chiede.
Il marito la guardò sospettoso senza sapere a cosa si riferisse.
«L’odore della pioggia sulla terra asciutta, non lo senti? Io si, ed è meraviglioso» affermò lei sognate, odorando l’aria intorno e cambiando repentinamente il suo umore.
Harry la guardò ancora immerso nei suoi occhi gioiosi e con il cuore ricolmo la baciò pensando che il miglior odore al mondo fosse il suo.
«Quindi perché odi l’estate?» le chiese con voce fioca.
Ginny lo guardò con le gote arrossate ed avvicinandosi per baciarlo mugugnò:« Non lo ricordo più il perché».

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Capitolo 2
*** 2#Psiturism ***


Psithurism: il fruscio delle foglie mosse dal vento.
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Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.

 
2#Psiturism                         
 
Il piccolo portico nella parte ovest del viadotto era stranamente silenzioso quel pomeriggio; Ginny adorava fin da bambina i placidi ed assolati pomeriggi di maggio. In quei momenti seduta su qualche piccolo cumulo di terra in giardino restava ferma ad osservare tutto ciò che la circondava. Sua madre diceva sempre che in quei momenti aveva un cipiglio molto serio e a volte determinato, invece lei ricordava solo il lieve fruscio delle foglie  che provenivano dai pioppi vicino al ripostiglio.
Facendo un rapido balzo si sedette sul piccolo incavo del portico; incrociò le gambe, poggiò le mani sul grembo in attesa. Di fronte il lago si stagliava immutabile ed eterno come le sue memorie; troppe vicende riaffioravano nella sua mente e credeva che fosse impossibile che già avesse visto e provato così tante emozioni contrastanti. In quel momento esatto si ricordò il perché dell’attesa e si voltò di scatto vedendo avvicinare una sagoma scura; attesa, una parola che negli anni si era dapprima tramutata in pena e poi in conquista e vittoria. Sorrise mentre Harry la osservava interessato; fra le mani stringeva una vecchia pergamena usurata dal tempo.
«Ce ne hai messo di tempo» disse punzecchiandolo un po’ mentre dentro il cuore si scaldava felice.
Harry fece una smorfia, si aggiustò di riflesso i capelli e ribatté:« Non è stato facile trovarti».
Ginny scese dal lembo di pietra e si avvicinò sicura verso il ragazzo con un espressione soddisfatta sussurrando:« Non è bello farsi trovare?». Harry rise con gli occhi che trasudavano felicità e di riflesso fu ripiena di una sorta di fierezza che non aveva mai provato in vita sua; lo aveva visto sofferente, solo, dolorante. Lei l’avrebbe fatto felice, in ogni istante della sua vita non avrebbe permesso che il dolore lo schiacciasse in alcun modo.
«Ron?» chiese circondandolo dolcemente con le braccia.
Lui la guardò furbo e rispose:« L’ho seminato, anche se penso l’abbia capito che ti stavo cercando».
Ginny ridacchiò mentre una folata di vento li avvolse producendo un fruscio calmo delle foglie degli alberi che circondavano il viadotto.
Harry la strinse all’improvviso facendo mancare un battito al suo cuore.
«Certe volte non mi sembra vero»  si lasciò sfuggire Harry con voce mesta.
Ginny lo strinse con tenerezza infinita e bisbigliò:« Harry...».
Lui non  la lasciò finire avvincendo le sue labbra a quelle della ragazza baciandola con dolcezza; quella, proprio quella era la felicità che mai in vita sua lui avrebbe mai pensato di provare o meritare.
« Come mai avevi quell’espressione prima che io arrivassi?» le chiese di punto in bianco.
Ginny si voltò determinata rispondendo: « Era solo l’orizzonte che sembrava infinito. Adesso è  a portata di mano»; strinse di rimando la mano di Harry
Un altro fruscio provenne dall’albero vicino assieme ad una folata di vento, Harry sorrise e Ginny determinata pensò che quello sarebbe stato un buon motivo per combattere contro.
Harry la guardò interessato; aveva un cipiglio così sicuro che non la discostò dai suoi pensieri.
Il vento mosse le foglie, ancora fruscio.

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Capitolo 3
*** 3#Agastopia ***



Agastopia: osservare e apprezzare una particolare zona del corpo dell’altro.
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Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.

3#Agastopia
 
Il sorriso di Ginny andò perso in un tumulto di sospiri e risate; un cumulo di stoffa li avvolgeva, mentre le prime luci dell’alba affioravano dalla piccola finestra della cucina. Non erano riusciti nemmeno ad arrivare al secondo piano, dove un enorme letto bianco li stava ancora aspettando imperioso; inutilmente avevano quasi imboccato la via delle scale scoprendosi poi troppo stanchi. Oppure troppo svogliati.
Harry in quel momento aveva lasciato perdere i capelli di lei, con le labbra socchiuse la invogliava a baciarlo; ma lei sorrise di sbieco ed allungò la mano destra verso il suo viso.
Quando da bambina aveva visto per la prima volta Harry aveva pensato che non ci fosse niente di più bello dei suoi grandi occhi verdi o dei suoi capelli scompigliati; eppure adesso che lo guardava con più attenzione c’era forse qualcosa che interiormente adorava più di ogni altra cosa. Allungò l’indice e con fare mesto e dolce seguì la linea della sua mascella; era un tocco leggero e fine, come un colibrì che si posava su un fiore, come un bacio appena accennato.
Harry chiuse gli occhi.
«Ogni volta è come se fosse la prima» sussurrò leggera, mentre tratteneva il tipico rossore che voleva venire a galla; il cuore ormai galoppava ritmico.
Harry aprì gli occhi di scatto e rispose tenero:« Perché questa non è la prima? La prima da marito e moglie intendo».
Ginny alzò gli occhi con finta aria boriosa incrociando le braccia e per inciso sbuffò anche fintamente contrariata; fece leva sul braccio e si sedette rimirandolo dall’alto.
Erano sposati da un paio d’ore, scappati in modo repentino da una festa che si sarebbe protratta almeno per un altro giorno intero e felici; immensamente ed egoisticamente felici come non lo erano stati mai. La dolcezza  che era subentrata in quei momenti sarebbe per sempre rimasta impressa nei loro ricordi, mentre la successiva passione sarebbe stata solo la cornice a quell’amore così potente e duraturo che nemmeno il dolore intriso nella guerra era riuscito a distruggere.
Harry sollevò a sua volta un dito e con fare rapito percorse le labbra di sua moglie, che  trattenne per un attimo il respiro emozionata; lo guardò negli occhi mentre alla base dello stomaco una sorta di stretta la cosparse di emozione. Come avrebbe mai potuto avere abbastanza di lui?
Mai, si disse mentre si stendeva ancora una volta alla sua destra.
Lui era dentro di lei, in ogni attimo, in ogni momento, in ogni istante; imbarazzata decise di non dire nulla. Forse il suo sguardo diceva molto di più, forse si sarebbe reso conto dell’immensa luce e felicità che l’avvolgeva da quando avevano pronunciato quel “Si, lo voglio”.
Alzò ancora una volta l’indice, questa volta tremava. Harry la osservava rapito, mentre percorreva ancora una volta la linea diritta della mascella più volte fino a fermarsi all’imboccatura delle sue labbra.
«Ti adoro» le confessò lui con voce emozionata.
Ginny si avvicinò ancora verso la sua mascella, questa volta però erano le sue labbra che la percorrevano.

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Capitolo 4
*** 4#Mamihlapinatapei ***




Mamihlapinatapei: gioco di sguardi tra due persone che si piacciono, guardarsi reciprocamente negli occhi sperando che l’altra persona faccia qualcosa che entrambi desiderano ardentemente ma che nessuno dei due vuole fare per primo. 
 
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Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.

4#
Mamihlapinatapei
Storse un attimo il muso e mulinando i suoi lunghi capelli tentò di mantenere la calma, anche se ribolliva dall’interno. Poggiò entrambe le mani sulla parte superiore del suo manico di scopa e gettò un’occhiata torva a suo fratello; mai come in quel momento avrebbe desiderato prenderlo a calci. Respirò, incanalò un po’ di aria fresca e con fare sbrigativo esclamò: « Vinceremo solo se Ron non  confonderà i compagni di squadra con gli avversari!».
Fu un attimo di silenzio e poi uno scoppio improvviso di risate e la faccia impagabile di suo fratello che si chiazzava di rosso; Ginny fece spallucce fintamente dispiaciuta ed alzò lo sguardo. La schiena fu attraversata da un brivido quando si rese conto che gli occhi, i suoi la stavano osservando con una strana intensità. Erano intensi, mentre il suo sorriso era la cosa più bella che aveva incrociato quel dannato pomeriggio di fine primavera; niente aveva lasciato presagire quella situazione, era tutto così nuovo e strano per lei. Continuò a prendere in giro suo fratello mentre ancora quello sguardo lo sentiva perforante sulla sua pelle e chissà per quale recondito e bizzarro motivo all’improvviso avvertì caldo.
Così non si curò di nulla e ricambiò decisa; lui parve tentennare però dopo un attimo ricambiò ancora. Ginny si stupì di quell’atteggiamento non comprendendolo a fondo, però non si tirò indietro ed andò avanti fino alla fine degli allenamenti.
Con un nodo alla gola decise di aspettare per ultima declinando anche Dean che ignaro e beato le disse: «Sei stata forte, non sono riuscito a perderti di vista». Lei lo perforò con uno sguardo duro e con un cenno fece intendere il suo apprezzamento; in realtà l’altro sguardo che non l’aveva abbandonata l’aveva marchiata quel giorno e senza alcun dubbio l’aveva apprezzato molto più di quello di Dean.
«Non pensavo ci fosse ancora qualcuno qui» disse la sua voce facendola sobbalzare.
Harry la fissava accigliato e con un sorriso sulle labbra  posò la grande cassa contenente i bolidi e le mazze.
« Mi nascondo da Ron, credo che voglia picchiarmi» ribatté ironica.
Harry rise di gusto mentre ancora una volta le rivolse lo stesso sguardo di prima; sospirò rassegnato da chissà quale pensiero e mormorò:« Non glielo lascerei fare, perderei la migliore giocatrice della squadra!».
Lo stomaco di Ginny fece un balzo all’indietro mentre Harry si avvicinava creando una strana tensione che lei non seppe definire.
«Pensavo che ci tenessi a me al di là del Quidditch!» tentò lei. Gli occhi di Harry dardeggiarono come folgorati mentre sussurrava:« Non si vede?».
In quel preciso istante Ginny seppe che dietro ai suoi sguardi si nascondeva forse qualcosa di più e sorridente si permise di lasciar battere il cuore frenetico. Harry si fece sempre più vicino, inchiodando gli occhi nei suoi.
«Eccovi qua! Muovetevi che sto morendo di fame!» urlò Ron facendoli sobbalzare.
 Si diressero silenziosamente verso il castello e poco importavano le lamentele soporifere di Ron, i loro sguardi da quel momento in poi si fusero complici.

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Capitolo 5
*** 5# Toropýga ***


Toropýga: una persona che è continuamente di fretta
 
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Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea
 
5#Toropýga
Le ultime tracce erano quelle lasciate sotto la poltrona del salotto, quella in tweed con dei strani e rocamboleschi ricami. Per parecchio tempo si era chiesta il perché della sua presenza fin dai primi giorni dopo il matrimonio, alla fine però si era arresa di fronte ai continui balbettii e stupide scuse. Se avrebbe voluto saperlo in realtà i modi per estorcerla la verità erano tanti; sospirò in parte rassegnata sentendo i suoi passi veloci dal piano di sopra.
Molte volte li aveva confusi con quelli dei loro figli, ma in quel momento erano lontani anni luce al castello e quindi non poteva che essere suo marito che, in preda a chissà quale frenesia saltellava di qua e di là.
Si diresse verso la cucina, versò un po’ di latte al gatto e controllò una delle due grandi buste posizionate al centro dell’immenso tavolo di ulivo nella parte remota stanza. Uova, pancetta, pomodori, una quantità enorme di dolci provenienti da Mielandia e si fermò. Una sorta di vampata rabbiosa partì dalla base dello stomaco quando si rese conto che l’unica cosa che davvero necessitava, l’unica su tutte mancava. Fece un respirò profondo sperando nella seconda busta; la rivoltò completamente ma niente.
Un piccolo istinto omicida si innescò repentino, mentre suo marito correva di qua e di là per la cucina; lo osservò con gli occhi ridotti a fessure. La cravatta era  sfatta, la camicia non era abbottonata bene e i capelli per un attimo sembravano avere vita propria; credette infatti che se ne sarebbero andati via zampettando.
«Siamo di fretta oggi» mormorò con voce incrinata. Harry si fermò come fulminato e si voltò indietreggiando spaventato; poteva immaginare anche il perché. Le dicevano tutti che somigliava molto a sua madre quando si arrabbiava, e forse Harry stava pensando proprio questo pregando Merlino che il pavimento l’inghiottisse.
«Ecco oggi ho una riunione molto importante, sai per la promozione» balbettò speranzoso.
Lei si fece avanti ancor più minacciosa dicendo:« Questo ti autorizza a dimenticarti le cose, Harry?».
L’uomo parve rifletterci seriamente e sapendo che le conseguenze sarebbero state assai gravi bisbigliò cauto:« Sai tesoro è stata la fretta…».
Proprio in quel momento un gufo planò nella stanza facendoli sobbalzare; era il ministro della magia che richiedeva urgentemente la presenza di Harry. Così, rapido l’uomo baciò la donna, afferrò il primo mantello  disponibile e tentò di aggiustare gli occhiali ancora storti; con un balzo scomparve nel camino mentre la moglie lo guardava furente.
Ginny storse il muso, si avvicinò al grande tavolo per sistemare , quando si rese conto che il marito aveva scordato qualcosa; scosse la testa esasperata.
«Amore, me la passeresti la bacchetta?» chiese all’improvviso comparendo dal camino.
Gliela porse, torva.
Ginny sorrise furba  dicendo:« Stasera dovrai arrangiarti, visto che hai dimenticato la melassa per la torta che volevo prepararti».
Lui parve riscuotersi e borbottò: «Mi sembrava di aver scordato qualcosa, accidenti!».
« La fretta! Però non dimenticare di tornare qua stasera» esclamò maliziosa uscendo dalla stanza decisa a comprarla davvero la  melassa.
 

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Capitolo 6
*** 6#Douleur exquise ***




Douleur exquise: questa parola indica il forte stato di malessere che accompagna il desiderio inappagato di amare/volere qualcuno che non si potrà avere.

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Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.
 
6#Douleur exquise

Quel giorno tutto sembrava essere dolce e dorato, la luce accarezzava ogni  cosa in modo tenue; nell’aria il sentore dell’addio, lo sconforto della perdita dell’anziano preside. Eppure lei aveva sentito seduta in quelle sedie di lato ad Harry una sorta di potere; una forza sovrumana che la immergeva in un turbinio di immensa felicità. Avrebbero lottato insieme, lei l’avrebbe appoggiato in tutti i modi.
Ma niente poteva racchiudere quell’immane presagio  che forse, un piccolo angolo remoto del suo cervello, annebbiato dalla felicità, dalla splendida fortuna di averlo avuto al suo fianco, aveva percepito.
I suoi  occhi dardeggiavano insicuri ed irruenti; era come se pregasse il mondo di poter sostenere il suo dolore. Lei era lì, avrebbe potuto prenderne almeno metà, ma Harry aveva deciso di affrontare tutto da solo. Aveva deciso di lasciarla, per proteggerla. Parole che in un primo momento sembrarono frasi semplici, una sfilza di parole messe una dopo l’altra, come quando lui le augurava il buongiorno oppure le dava consigli in volo. Era sempre il suo Harry, con la solita camicia a quadretti la barba un po’ incolta ai lati della mascella e gli occhi verdi immersi in un profondo stato di dolore; era come se un tunnel si diramasse verso mete ignote. E poi le capì le sue parole, forti e chiare. L’attimo successivo fu come un forte suono sordo; nell’immediato non percepibile, ma nei momenti seguenti originò una vera e propria onda d’urto.
Fece un respiro profondo, trattenne un conato di vomito di fronte alla possibilità di perderlo in tutti i modi possibili e si mostrò forte, pronta a riaccoglierlo e fargli capire di dover tornare. Vivo, e con quei capelli impresentabili, quegli occhi così profondi e quel sorriso che la faceva sentire  a casa; trattenne a stento le lacrime dentro di sé. Non avrebbe mai rinunciato a lui, anche se il destino era sempre stato avverso; per anni lo aveva amato in segreto e poi quando tutto finalmente sembrava reale, scompariva.
Una morsa alla base dello stomaco la fece quasi barcollare, mentre con passo mal fermo si allontanava dalla folla e lo seguiva con lo sguardo scomparire su, verso il castello.
Lo sapeva bene che avrebbe finito per fare la cosa giusta, avrebbe anche sacrificato se stesso e si chiese in un attimo di dolore travolgente se tutto ciò fosse giusto; se doveva perderlo così. Che senso aveva avuto il suo amore per Harry? E l’amore di Harry per lei? Cadde a terra quasi tremante, mentre lottava contro se stessa per non piangere, per non far riaffiorare la debolezza che aveva da sempre messo a tacere. Poggiò la testa fra le mani, chiuse gli occhi mentre le immagini di loro due le invasero i pensieri; un eco sordo, proveniente da chissà quale meandro del suo cuore la travolse. Lo strazio di amare così tanto e di non poterlo fare nella sua interezza la sconvolse. Trattenne un singhiozzo, finché le lacrime rigarono le sue guance prepotenti ed un urlo rimase bloccato fra le sue labbra.

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Capitolo 7
*** 7#Schnapsidee ***


Schnapsidee: quel piano astruso e ridicolo che ti viene in mente quando sei ubriaco e che ti porta a combinare disastri irreparabili.
 
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7#Schnapsidee
La porta d’ingresso sarebbe stato un atto troppo convulso e pretenzioso, Harry annuì fra sé non conoscendo esattamente il significato dei due termini, avvertendone però il sentore di pericolo; chissà se Hermione li conosceva?
«Già, chissà se Hermione li conosce?» gracchiò all’improvviso mentre Ron strabuzzava gli occhi interrogativo.
Lo vide pensarci su, lo strano golfino a quadretti messo alla rinfusa, la camicia sbottonata e il mantello usato a mo’ di sciarpa come un’anziana strega che aveva incrociato al Paiolo Magico il giorno prima.
Poi l’illuminazione; batté le mani mentre Harry lo intimava di fare silenzio. L’ultima cosa che voleva fare era svegliare sua moglie e il piccolo James.
«Certo che li conosce!» esclamò l’amico convinto mentre Harry annuiva di rimando; poco dopo si rabbuiò e tuonò:« Aspetta ma chi sono questi due?».
«Sssh zitto Ron, non vorrai svegliare tua sorella. Aiutami a trovare un modo per entrare senza farmi scoprire!» balbettò Harry provando a ricomporsi.
Era tutto inutile, lo sapeva bene  e nella sua mente confusa immaginava Ginny furiosa con gli occhi fuori dalle orbite e con le mani lunghe come artigli pronta ad infliggergli una fattura; deglutì preoccupato, forse non era proprio quella la fisionomia di sua moglie.
«Dovremmo fare un buco, qua si, proprio qua nel muro» propose Ron serio. Harry lo osservò attonito e conscio che l’idea di festeggiare con i nuovi colleghi la promozione nel corso Auror era stata una terribile, avventata idea.
Però si era divertito quindi osservò  Ron in tralice per poi scoppiare a ridere.
«SSSHHH» sghignazzò Ron.
Harry guardò verso sopra sospetto e con sollievo si accorse che tutto ancora taceva; chissà se James aveva preso sono facilmente oppure aveva avuto bisogno della storia che gli raccontava sempre? Il suo cuore si strinse emozionato e per poco non pianse; li amava con tutto se stesso.
« Avere una famiglia è il dono più bello che io abbia mai ricevuto. Sai che James è identico a mio padre?» buttò lì.
Nessuna riposta.
«Ron?» chiese preoccupato.
«Ti ricordi quando abbiamo volato con Fanny? Ecco io mi sento proprio così amico, leggero!» urlò Ron. Con estremo orrore Harry si rese conto che il suo migliore amico chissà come o quando era riuscito ad arrampicarsi sull’edera che sua moglie aveva curato con tanta solerzia per tutta l’estate.
«Questo Tranello del Diavolo mi piace Harry! Non tenta di ucciderti!» esclamò giulivo.
Malfermo, Harry tentò di avvicinarsi travolgendo tutte ciò che incontrava; una piccola parte della sua mente pensò a come avrebbe rimediato.
«Non andremo mai più da Alberforth» ammise più a se stesso che a Ron.
«Ci siamo! Bombarda!» urlò l’amico.
In quel preciso istante, un boato irruppe nel silenzio della casa mentre una voce stizzita dietro di loro esclamò:« Avete tante cose da spiegare questa sera».
Harry con un nodo in gola si voltò, trovando sua moglie tremante dalla rabbia con James fra le braccia.
«E-ecco n-noi..» iniziò debolmente Harry.
«STUPEFICIUM! IMBECILLI!» urlò, mentre Ron cadeva a terra frastornato e Harry scoppiava a ridere.

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Note: Con estremo piacere mi presento! Direte lo fa tardi e di questo mi scuso enormemente. Sono Caterina e ci tenevo davvero a ringraziare tutti voi che leggete e recensite questa umile raccolta; ad essere sincera non credevo di scrivere così tanto eppure questa challenge mi ispira un sacco quindi se vi va ancora mi leggerete. Questo capitolo è diverso dagli altri, ho volutamente staccato un po’ l’area angst e drammatica per portare una ventata di risate e spero di esserci riuscita; questa parola mi ha subito creato in testa la scena e ho dovuto per forza descriverla in questo modo. Dalla prossima  ritorneremo in un modo onirico molto più complesso, come piace a me. Se vi va, lasciate un parere per capire se la direzione che sto intraprendendo vi piace. Vi saluto e grazie ancora per essere passati!!

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Capitolo 8
*** 8#Turadh ***


Turadh: un raggio di sole che filtra tra le nuvole.
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8#Turadh
Quando era molto piccola sentì la paura del vuoto sotto i piedi; Fred e George avevano deciso di farle uno scherzo terribile che ricordava ancora con estrema ansia. Aveva appena compiuto cinque anni e ingenuamente si era fidata di loro seguendoli nella piccola radura dietro casa; le avevano fatto montare un manico di scopa e per poco non era caduta a terra. Nella testa poteva ancora sentire le urla di sua madre e le risate sghignazzanti dei gemelli; non aveva pianto, solo spalancato gli occhi impressionata da quell’altezza che non si apprestava a diminuire.
In quel preciso istante aveva avvertito lo stesso brivido, la stessa impotenza; di anni erano passati quasi sei, e seduta malferma sul quel freddo pavimento di pietra, in quella cupa e spaventosa camera il vuoto sembrava più vicino che mai. Barcollante e a disagio guardava senza ritegno gli occhi verdi di Harry che solcati dal sudore e dal dolore provavano ad infonderle forza; trattenne un singhiozzo impaurito e forse colpevole quando si rese conto di aver creato tutto quel disastro.
«H-ho rischiato di uccidere tutti» ripeté con voce intrisa di lacrime senza riuscire a mantenere lo sguardo del ragazzo. Harry si alzò, raccolse il capello parlante e una lunga spada tempestata di rubini; la osservò come rapito da chissà quale pensiero e si voltò verso di lei dicendo:« Non piangere, nessuno è morto e tu sei salva. Adesso recuperiamo Ron e il Professor Allock e ritorniamo a casa».
Ginny non riuscì a muoversi, incapace di arginare tutti i dubbi, pensieri e frustrazioni  che rischiavano d’inghiottirla in un sol boccone se solo avesse compiuto un passo falso; e lui se ne rese quasi conto, mentre preoccupato la osservava senza battere ciglio.
Ormai sarebbe stato tutto chiaro, la sua stupida cotta verso Harry Potter, la sua smania di conquistare una meta troppo grande ed ambita, il tranello che l’aveva quasi uccisa; lacrime rigarono le sue guance finché qualcuno  l’abbracciò gentile. In un primo istante nemmeno riuscì a collegare chi fosse, ma poi ricordò il buon odore che per mesi aveva ricorso per tutto il castello e il cuore si permise di lasciar fuoriuscire il dolore, la paura, scacciando così il vuoto che l’aveva minacciata poco fa.La voce minacciosa di Tom Riddle era un ricordo orribile che Harry aveva annientato col suo coraggio e bontà. «Stai tranquilla è tutto finito» le disse tutto contento mentre la trascinava fuori da quel posto oscuro con sicurezza.
Lui non seppe mai che quel gesto in quel luogo fu la sua unica ancora di salvezza che non la fece mai affondare in preda ai sensi di colpa per la sua ingenuità. Si ripromise di essere più forte, per aiutarlo in futuro e ringraziarlo per averla salvata. Attaccata al suo piede, mentre assieme a suo fratello ed un confuso professor Allock presero volo, non ebbe paura del vuoto e nemmeno delle nuvole minacciose che affollavano il suo cielo; Harry sarebbe stato sempre l’unico motivo, il raggio di sole, che avrebbe scacciato il dolore dal suo cuore.

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Capitolo 9
*** 9#Mepak ***


 
Mepak: il piacere delle piccole cose. La felicità? Non dipende dai grandi avvenimenti della vita ma dalle piccole esperienze

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9#Mepak
I muscoli della schiena tiravano incredibilmente e come se non fosse abbastanza, sentiva che la testa sarebbe esplosa da lì a poco. La spalla destra aveva qualcosa che non andava ne era assolutamente certo; la mosse nella vana speranza di rilassare la nervatura, ma il dolore arrivò spietato e pungente. Alzò gli occhi, stringendosi ancor di più nel mantello mentre il vento gli sferzava i capelli rendendoli più disordinati del solito. A quel pensiero sorrise fra sé rimuginando; sua moglie l’avrebbe strapazzato per quei capelli indomabili che a volte sembravano avere vita propria. Tirò fuori l’orologio appartenuto a Fabian Prewett e controllò l’ora; erano le tre di notte passate, sua moglie senza alcun dubbio dormiva ma lui non vedeva l’ora di arrivare a casa, dopo un’estenuante giornata lavorativa.
Svoltò l’angolo guardando circospetto sia a destra che a sinistra.
Tutto taceva, fece un giro su stesso e la loro bella casa a Godric’s Hollow si palesò per la sua gioia; ancora era tutto troppo strano per lui, vivere in quella casa, trovare Ginny ogni mattina al suo fianco. Eppure quei primi mesi da sposati erano stati meravigliosi, in tutta la sua vita non aveva mai assaporato una felicità così grande. Non aveva mai pensato di sopravvivere a Lord Voldemort, ma forse dopo tutto quello che aveva patito la sua nuova vita era un sogno meraviglioso.
Aprì la porta in modo cauto entrando nel piccolo atrio; puntando la bacchetta accese le luci della cucina e fece attenzione a non uccidere il grosso gatto che avevano comprato qualche mese prima. Harry sorrise alla sua vista,  mentre quest’ultimo gli rivolse un’occhiata algida; non sapeva perché ma gli ricordava la sua vecchia professoressa di Trasfigurazione. Soffocò una risata che interruppe quando si ritrovò di fronte al lungo tavolo di ulivo; Ginny gli aveva lasciato la cena con a lato un piccolo dolcetto che dal profumo sembrava fatto con la melassa.
Il suo cuore si riempì di calore e forse commozione, mentre si lasciava cadere sulla sedia dimenticando il mantello chissà dove e trangugiando il cibo. Finì velocemente, mise a posto e si diresse verso il piano di sopra; la porta della loro camera era spalancata, si fece avanti osservando Ginny appoggiato dallo stipite.
Era coricata di lato come amava e divertito si rese conto che aveva trafugato tutte le coperte dal suo lato; i lunghi capelli incorniciavano il suo volto rendendola eterea nella sua inerme purezza.
Harry non aveva mai pensato di poter meritare tanto in vita sua e mentre quasi correva per abbracciarla, ancora una volta si disse che quella semplice normalità, era la fortuna più grande che avesse potuto ricevere.
Le baciò i capelli abbracciandola da dietro, assaporandone il profumo.
«Harry, sei tornato?» gli chiese assonnata.
«Si tesoro, torna a dormire è tardi» le sussurrò stringendola più forte.
La sua esistenza era sempre stata travagliata, complessa ed intrisa di dolore, una notte oscura; ma  in quel letto, mentre fra le braccia stringeva sua moglie si sentì integro.
Trattenne le lacrime di felicità a stento.

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Capitolo 10
*** 11# Ishin-denshin ***


Ishin-denshin: una comunicazione intima, personale tra due individui che si capiscono a vicenda senza bisogno di parlare.
Sfumature
Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.


11# Ishin-denshin
La piccola cucina della Tana gli procurò un sorriso sincero e ricolmo di affetto.
Quel luogo, sin dai primi tempi si era convertito in sinonimo di casa e di famiglia; quella famiglia che non aveva mai avuto.
Procedette spedito per il viottolo affollato tirando qualche fendente amichevole ai nani da giardino che infestavano ogni anfratto disponibile nel raggio di pochi metri; si avvicinò mesto fino alla piccola porta incorniciata da  tendine a quadri e si arrestò, udendo la Signora Weasley discutere con Ginny.
«Oh suvvia, non vorrai mica farmi bere che non hai un ragazzo perché io sono tua madre, e ricorda ragazza che non puoi nascondere niente a tua madre!» gracchiò Molly Weasley mentre Harry intravide il volte di Ginny teso per lo sforzo di reprimere una risata.
Harry sorrise conscio  della verità, lui e Ginny stavamo insieme da un bel po’. Avevano però deciso di comune accordo, di mantenere la cosa segreta per il momento, così da non essere vincolati da niente e da nessuno.
Ginny si accorse della sua chioma ribelle e gli lanciò uno sguardo malizioso, Harry la guardò trasognato e deciso a salvarla da quella situazione spinosa.
 Entrò in casa.
«Signora Weasley!» fece con tono amabile. Molly si voltò sorridente e lo abbracciò con calore, come solo una madre poteva; per un istante si chiese se anche l’abbraccio di Lily Potter sarebbe stato così. Una fitta di malinconia lo colpì, ma decise di relegare quella tristezza in un cassetto remoto della sua mente da aprire più tardi.
«Harry caro, come stai? Non ti staranno strapazzando troppo in quel Ministero vero?» chiese ansiosa mentre lui salutava Ginny con finto distacco mentre con gli occhi la osservava intenso.
«Ciao Ginny, tutto bene con gli esami?» chiese con educazione; lei parve pure pensarci un po’, mentre Harry faceva mente locale ripensando alle ultime lettere prima di Natale  che gli aveva spedito. Ricordava con divertimento i suoi racconti un po’ coloriti delle lezioni con Lumacorno che la tartassava per avere notizie di Harry, oppure delle lezioni soporifere di Rüf; il cuore si riempì di nostalgia mentre la mente ritornava ad Hogwarts, la sua prima vera casa.
«Chiedevo a  Ginny il nome del suo spasimante. Magari se glielo chiedi tu ci dirà qualcosa!» borbottò la Signora Weasley afferrando un mestolo con aria vagamente minacciosa.
Harry lanciò uno sguardo carico di significato a Ginny, per ricordarle che l’unico suo ragazzo al mondo era lì, seduto di fronte a lei; la giovane donna parve capire, arrossendo di botto e sorridendo complice.
«Ragazzo?» farfugliò Harry, mentre Molly Weasley si dirigeva sbuffando verso i fornelli.
Ginny lo guardò  con occhi ricolmi di divertimento ed Harry dovette trattenersi dal percorrere la stanza ed abbracciarla di slancio; così si limitò a comunicarle ancora una volta con gli occhi, ciò ch’era scritto nel cuore.
«Dovreste dirlo ad Arthur quando torna, sapete?» cinguettò la Signora Weasley di scatto, mentre commossa si voltò nello stesso momento nel quale la stanza si riempì di risate felici per troppo tempo trattenute.

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Capitolo 11
*** 10#Sillage ***


 
Sillage: la scia lasciata in cielo da un aereo o nell’acqua da una barca, la traccia di profumo lasciata nell’aria da una cosa o da una persona che ci ha preceduti in un determinato luogo.
Sfumature
Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.
 
 
10#Sillage

«Verresti al ballo con me? Come amici intendo».
Ginny annuì sorridente mentre Neville sospirò sollevato; non avere una dama per il Ballo del Ceppo sarebbe stato per l’amico un baratro da dove non sarebbe più uscito e lei ne era consapevole. Neville era un grande amico, disponibile  e coraggioso. Sospirò rassegnata e il suo sguardo vagò verso le poltrone della Sala Comune dove suo fratello Ron discuteva in modo concitato con Hermione ed Harry; avevano una sorta di aria fuori dal contesto, come se vivessero in un mondo tutto loro. Storse il muso voltandosi di scatto; avrebbe fatto davvero di tutto per farne parte di quel mondo inaccessibile e segreto.
«Ciao Ginny!» esclamò Hermione mentre usciva assieme ai due amici; lei alzò la mano con nonchalance, mantenendo una posizione rigida. Un forte odore di menta, mista a la fragranza più buona che avesse mai odorato la colpì in pieno lasciandola mezza stordita; si guardò attorno intontita finché non si rese conto che quel meraviglioso aroma proveniva da Harry. Lo stomaco si strinse di rimando e in fretta e furia raccolse le sue cose scomparendo nel dormitorio.
Di fronte allo specchio quella sera vide una Ginny diversa dal solito e per qualche istante fece fatica a riconoscersi; non si era resa conto dei capelli troppo lunghi, o del profilo dolce del viso. In quell’istante si scoprì nuova e  si concesse una speranza; non era sciocca o sprovveduta, Harry a parte qualche parola in croce non aveva fatto un passo verso di lei, nemmeno dopo gli eventi della Camera. Malgrado ciò,  manteneva celata quella speranza remota, che le annebbiava la ragione e la faceva sognare quando ad esempio non voleva studiare Pozioni, oppure quando Storia della Magia era più pesante del pasticcio di carne della  domenica che preparava sua madre.
Scese quasi danzando verso il buco del ritratto intenta a recuperare Neville, che tutto emozionato l’attendeva diritto e fiero come non mai.
«Mi sono esercitato per settimane, non ti pesterò i piedi» le promise solenne.
Ginny sorrise e rispose saggia:« Non te lo lascerei fare Neville».
L’amico rise felice come non mai guidandola verso la sala mentre Ginny con il cuore ripieno di emozione e speranza si guardava attorno rapita; tantissimi studenti esibivano i loro completi migliori, mentre le loro dame sembravano essere uscite da una fiaba.
«Entriamo?» le chiese Neville.
Annuì tranquilla fino a quando una ventata di quell’aroma strabiliante la investì di nuovo facendola bloccare di scatto; Harry era passato da lì, era certa di questo. Lo cercò con gli occhi, mentre la sua figura  si avvicinava verso la porta. Lui si voltò, nemmeno diede segno si averla vista mentre trafiggeva con gli occhi altro; Ginny seguì il suo sguardo interessata.
Era Cho Chang.
I lati degli occhi pizzicarono, lo stomaco si strinse e lei fece scorta del suo profumo nell’aria.
«Neville, entriamo. Troviamo del punch» esclamò con veemenza facendo spaventare l’amico.
Neville preoccupato sospirò:« Non voglio finire come il prozio Algie!».
Ginny rise malferma, mentre Harry guardava avanti.

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Capitolo 12
*** 12#Nunchi ***


Nunchi: la capacità di ascoltare e comprendere l'umore altrui
Sfumature
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12#Nunchi

«Cioccolato in biblioteca!» strillò. «Fuori…fuori…FUORI!»*
 
I loro passi stridevano con il silenzio del corridoi; i respiri, affannati ed infuocati dallo sforzo improvviso erano  l’eco dei battiti furiosi dei loro cuori. Dopo  quattro lunghi corridoi si fermarono per racimolare un po’ d’aria; Ginny poggiò le mani sulle ginocchia e fece un largo sorriso ad Harry scuoteva la testa divertito.
Una vocina in testa le ricordò l'appuntamento con Michael.
Aspetterà.
«Prima o poi me la farà pagare ne sono sicuro» sibilò col fiato corto Harry, mentre le immagini di Madama Pince che urlava in preda alla rabbia folle ancora infestavano la sua mente; lo vide tastarsi la testa dolorante. Di riflesso provò anche lei a contare i danni e sentì un piccolo bernoccolo crescere; la bibliotecaria avrebbe lanciato contro di loro tutti i libri che aveva per vendetta, ne era assolutamente certa.
Ginny rise genuina lasciando cadere la borsa ricolma di libri a terra; fece due passi indietro e si sedette su una piccola sporgenza del muro, esausta.
Ripensò alle parole di Harry con attenzione, nei suoi occhi si leggeva un profondo tormento e lei poteva capire molto bene il perché; da mesi veniva vessato dalla Umbridge e dal Ministero della Magia, per non parlare del ritorno di Voldemort. Quando, poco prima gli aveva confessato il desiderio di poter parlare con Sirius, il suo cuore si strinse ulteriormente al pensiero dei dissidi che stava patendo.
« Allora appena saprò qualcosa ti farò sapere io» promise lei serena, mentre Harry si sedette a terra per riposarsi dalla lunga corsa.
«Grazie Ginny» disse con voce ricolma di gratitudine.
Lei rimase sorpresa dal suo tono, intuendo che c’era forse molto di più sotto sotto; a giudicare dal suo sguardo tormentato nemmeno Ron o Hermione erano a conoscenza della cosa.
«Sono sicura che Sirius sarà felice di vederti, si sentirà molto solo rinchiuso là» mormorò Ginny, notando che Harry teneva lo sguardo perso in chissà quale pensiero. Lei lo trovò molto simile al suo padrino, logorato e rinchiuso in una casa e in una situazione opprimente e frustrante; decise di non chiedere di più, ma di alleggerire il macigno che poteva intravedere sulle sue spalle. Guardò nella borsa, ritrovando parti delle uova di cioccolata che sua madre le aveva inviato; staccò un pezzo e con fare pratico lanciò anche al ragazzo una parte.
Con la rapidità tipica del cercatore lo afferrò, sorridendo sghembo.
«Stai tranquillo Harry, ogni cosa andrà a suo posto» assicurò lei mordendone una parte e sentendo la dolcezza sprigionarsi nella bocca.
Harry morse il cioccolato e alzandosi disse: «Devo andare, grazie ancora Ginny. Mi dispiace per i libri in testa e per la mia poca partecipazione».
Lei sorrise comprensiva.
Michael, ricordò ancora a se stessa.
«Ciao Harry!» gli disse mentre scompariva verso il piano superiore.
Lei rimase ad osservarlo, mentre nelle labbra ancora il dolce aroma del cioccolato inebetiva il suo gusto, il suo sorriso irretiva la sua mente  e la sua presenza il suo cuore.
Avrebbe fatto di tutto per aiutarlo, sebbene il suo grido fosse silenzioso.
 
 

*Harry Potter e L’Ordine della Fenice.

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Capitolo 13
*** 14#Nankurunaisa ***


 
Nankurunaisa: con il tempo si sistema tutto.
Sfumature
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14# Nankurunaisa
 
Camminare dopo un po’ era diventato quasi impossibile; i passi risuonavano nel corridoio come fendenti micidiali che irrompevano nella quiete innaturale del castello.
L'aria era satura di dolore profondo.
Nel petto sentiva come una profonda piaga lancinante, mentre malferma provava a trascinarsi in qualche luogo solitario, lontana dai pianti, dalle urla.
Niente suggeriva che quel luogo fosse stato un tempo una roccaforte di felicità; fra quelle mura aveva vissuto momenti così gioiosi e spensierati che per un attimo si chiese se in realtà quell’esistenza fosse mai stata sua.
Suo fratello, Fred.
Suo fratello giaceva morto nella grande sala dove spesso si erano riuniti per consumare i pasti insieme, dove avevano per anni preso in giro Ron; chiuse gli occhi e per un attimo li rivide i due gemelli che con i loro sorrisi sghembi l’attendevano pronti a dare il via a qualche marachella.
Continuò a camminare malferma, finché qualcosa che si muoveva indaffarato catturò la sua attenzione.
Sussultò vedendo Kreacher scendere verso la rampa che aveva salito poco fa; subito collegò che lui forse sapeva dove il suo padrone si trovasse in quel preciso istante.
«Kreacher!» urlò con voce stridula.
L’elfo si voltò con aria guardinga riconoscendola.
«Dove si trova Harry?» gli chiese lei.
«La dannata traditrice del suo sangue chiede al povero Kreacher dove si trova il padrone, che ha distrutto il Signore Oscuro! Oh Kreacher non dirà nulla, no! Il padrone vuole dei panini e lui glieli porterà ma non dirà niente a nessuno!» confabulò il piccolo elfo.
«Ti prego! Ti scongiuro! Dove si trova Harry?» biascicò Ginny disperata.
Kreacher la osservò interessato e mentre si voltava per raggiungere le cucine gracchiò:« Nella Torre dei Grifondoro».
Un fuoco si accese nel suo petto, mentre velocemente si dirigeva verso la sua vecchia Sala Comune; non si rese conto nemmeno della strada, o delle persone che incontrava durante la sua corsa. L’unica certezza, l’unico bisogno era quello di trovare Harry; con il fiato corto, le lacrime agli occhi si ritrovò di fronte al ritratto danneggiato.
Entrò intimorita e si fermò di fronte alla scala a chiocciola che l’avrebbe portata nel dormitorio maschile; si chiese se Harry stesse dormendo e se avesse in realtà bisogno di un attimo di riposo.
Così senza motivo si accasciò su due scalini, poggiando la testa sulla parete.
Alzò gli occhi e si ritrovò di fronte le poltrone, il fuoco, il calore; chiuse gli occhi e le parve che in attimo fosse un pigro pomeriggio di molti anni fa, quando i suoi fratelli le raccontavano la buona riuscita delle loro Merendine Marinare. Lacrime silenziose le rigarono il volto mentre un rumore di passi provenne dalle sue spalle.
Si alzò  barcollante ritrovandosi Harry di fronte.
Ammaccato, con il volto pieno di graffi e gli occhi pieni di lacrime.
Ginny si avvicinò accarezzandogli il volto tremante; non avrebbe sopportato anche la sua di morte.
Harry la strinse addolorato; sentì che il cuore in pezzi lentamente si ricomponeva.
«Andrà tutto bene Ginny, vedrai. Te lo prometto, andrà tutto bene» le sussurrò.

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Capitolo 14
*** 13# Hai shi shan meng ***


 
Hai shi shan meng: la promessa di amore eterno.
Sfumature
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13# Hai shi shan meng
I suoi passi erano malfermi mentre Harry la trascinava verso la grande pista da ballo color oro; attorno le ultime luci del crepuscolo tinteggiavano il panorama. Gli alberi, scossi da una leggera brezza muovevano l’universo che li circondava, e le piccole luci disposte nel giardino creavano un’atmosfera quasi magica.
Di lato alcuni invitati ancora impegnati a brindare o narrare le vicende imbarazzanti dello sposo ridevano sguaiati; suo fratello Ron, rosso come non mai stringeva a sé Hermione, avvolta da una carezza morbida di seta color latte. Ginny sorrise nel vederli così felici, maldicendoli in parte per l’obbligo della mise elegante; in effetti sentì una piccola fitta al piede destro a causa delle scarpe col tacco alto. Lanciò uno sguardo torvo a suo marito, che sorridente e in preda a chissà quale istinto irrazionale dettato dall’Idromele Barricato di suo padre, forse non si era reso conto delle sue intenzioni.
Tuttavia era lì, avvolto in quel completo verde bottiglia che amava tanto tutto sorridente; la stringeva e con fare sapiente la conduceva senza alcuno sforzo. Il suo lungo abito beige volteggiava come scosso dalla stessa brezza gentile che stava creando un leggero fruscio al bosco dietro la Tana; osservò felice sua madre che piangeva commossa sulla spalla di suo padre.
Guardò Harry con la bocca ricolma di parole importanti, dolci e intrise d’ amore; eppure per quanto volesse urlare al mondo la sua immensa felicità non ci riuscì. Si ricordò di qualche frase che un tempo aveva letto chissà dove:” Quando si ama molto è davvero difficile esprimerlo”.
« Siamo migliorati dal Ballo del Ceppo, mi sembra» lo scherzò lei; i suoi occhi dardeggiarono divertiti. I ricordi la invasero per attimo; si rivide adolescente, nella Sala Grande osservarlo danzare nervoso di fronte ad una moltitudine di persone.
Rise.
«Tu credi?» le chiese con finto tono canzonatorio facendola volteggiare.
Ginny rise ancora, gli occhi immersi nei suoi, il cuore traboccante di lui.
«Sei davvero bellissima stasera, Signora Potter» le disse, mentre la mano sinistra strinse amorevolmente il suo bacino.
Ginny sorrise imbarazzata e si premurò di trovare una risposta sagace, per non sembrare una ragazzina stupida che di fronte ad un binario s’innamorava senza un perché.
«Per un attimo ho pensato che una delle damigelle ti saltasse addosso!» le rispose pacata scatenando una risata allegra a suo marito; c’era mai stato un suono più bello di quello?
Ne dubitava fortemente.
Volteggiarono ancora veloci, mentre la sera prendeva il suo posto e le piccole luci fatate li circondarono silenziose; videro gli sposi ballare rapiti dal momento, mentre qualche piccolo nipotino Weasley correva di qua e di là gioioso, nel momento in cui Hagrid commosso soffiava il naso in un enorme fazzoletto a pois.
«Il fatto che io balli così bene è un motivo in più per restare con me» sussurrò Harry dolce.
« Per restare con te non serve un motivo» gli rispose.
I suoi occhi luccicarono per un attimo mentre stringendola ancor di più volteggiarono sulla pista, immersi in un mondo completamente loro.

 
 

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Capitolo 15
*** 16#Kawaakari ***


 
Kawaakari: l’ultimo bagliore di luce sulla superficie di un fiume al tramonto.
 
Sfumature
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16#Kawaakari
Il leggero fruscio dell’erba spazzava in parte la terribile umidità, i suoi occhi si persero lontani dove l’orizzonte terminava; i pensieri andavano oltre quel prato, oltre quel ruscello che gorgogliava pigro.
L'erba  color senape e i raggi del sole quasi morente le parsero come un mare  arancione che in un momento avrebbe inondato il tutto, ammaliandoli.
« Questa è la prima volta che ne parlo» irruppe  Harry.
Ginny lo osservò con occhio attento come  durante quei lunghi mesi del dopo avvertendo una sorta di morsa allo stomaco; le aveva raccontato tutto ciò che era avvenuto prima della battaglia finale con solerzia, adesso di fronte a quella sorta di rivelazione ebbe paura che il peggio fosse rimasto celato.
Gli strinse la mano, incoraggiante.
«Arrivato nella foresta, dopo aver capito che sacrificare me stesso sarebbe stato l’unico modo ho girato tre volte la Pietra della Resurrezione» sussurrò con gli occhi vacui; Ginny quasi lo immaginò procedere con passo barcollante tra gli alberi secolari, in quella oscurità opprimente.
«L’ho girata tre volte e di fronte…davanti c’erano i miei genitori, Sirius e Remus» biascicò con la voce incrinata.
Ginny  con un tonfo al cuore e sbalordita sentì che le lacrime prepotenti provavano ad uscire; così lo strinse, provando a trasmettergli tutto l’amore che provava in ogni fibra del suo corpo.
«Oh Harry» tentò di dire.
Lui sorrise incerto, mentre con un gesto rapido si asciugò le lacrime con la camicia a quadretti blu che Ginny tanto amava.
«Mi hanno incoraggiato sai?» affermò fiero.
«Avresti dovuto vederli Ginny… non ho ricordi significativi di loro tranne le foto che Hagrid mi ha donato. Avrei tanto voluto abbracciare mia madre, avrei tanto voluto abbracciarli tutti» riprese triste.
« Harry..» mormorò lei  con il cuore insito di tenerezza e dolore.
« I loro sguardi trasudavano amore ed orgoglio, avrei voluto chiedere tante cose ma il tempo concesso è stato fin troppo breve» affermò Harry con voce amara.
Ginny ricacciò il groppo di tristezza che si era formato in gola e guardò avanti, mentre il sole calava dietro le montagne investendo il tutto con la sua luce color ambra; Harry seguì il suo sguardo chiudendo gli occhi in parte sereno.
«Hanno  detto che sarebbero rimasti con me fino alla fine» aggiunse.
Il sole era ormai scomparso del tutto dietro quel grande manto roccioso che imperituro osservava il mondo in silenzio; un ultimo bagliore di luce si infranse sul fiume, cospargendolo quasi di magia e risvegliando delle lucciole che assopite aspettavano le tenebre per apparire.
Ginny pensava che la morte non fosse altro che un passaggio, in certi casi crudele ed improvviso; tuttavia tutti coloro che varcavano quella soglia non dimenticavano le persone care lasciate.
Il loro amore avrebbe superato qualsiasi soglia o confine, rimanendo immanente nei cuori di coloro che avevano amato, per sempre.
Alzò lo sguardo mentre la prima stella della sera svettava immortale.
« Saranno per sempre  con noi, ne sono certa Harry» convenne.
Una lucciola pigra si posò sulla superfice del fiume, mentre l’ultimo bagliore scompariva.

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Capitolo 16
*** 15#Fensterln ***


Fensterln: fare una visita alla persona amata di notte arrampicandosi fino alla finestra della sua camera da letto.
Sfumature
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15#Fensterln
 
Harry aveva previsto che la serata sarebbe andata a finire così; di riflesso strinse il tessuto argenteo nascosto nella tasca destra della sua felpa. Il quadretto che si trovava davanti lasciava spazio a poche speranze di concludere la serata placidamente nel suo letto; sentiva tutti i muscoli indolenziti e la ferita al braccio sinistro bruciava ancora.
“Festa tra uomini prima del grande passo” aveva detto solenne Ron senza nemmeno dargli un attimo per contestare. Il “Grande Passo”… da come ne parlavano era peggio di un  soggiorno ad Azkaban, tuttavia l’idea di passare la vita con Ginny sembrava tutt’altro che terribile.
Un urlo belluino lo fece sussultare all’improvviso; scosse la testa sfiduciato quando si rese conto che era soltanto  Neville che rincorreva un alticcio George per la stanza, mentre Ron ascoltava rapito Percy immerso in chissà quale strano discorso.
Con i sensi all’erta si rese conto che quello poteva essere il momento adatto per sgattaiolare via; così quando Charlie gli chiese con voce impastata dall’alcol e lui grugnì una parola simile a «Bagno», si ritrovò nell’affollata strada babbana sotto il suo appartamento.
Con passi rapidi svoltò in un vicolo deserto, girò su se stesso e si ritrovò nell’unico posto dove davvero voleva essere.
«Cavolo!» imprecò, quando il piede sinistro affondò in una piccola pozza d’acqua paludosa; si strinse nel suo mantello e si fece avanti nell’immensa oscurità della notte.
In cima ad un edificio sbilenco una sola luce era accesa.
Sorrise fra sé e sé pensando all’inquilina della stanza che probabilmente stava inserendo le ultime cose nei grandi scatoloni del trasloco che da lì a poco avrebbero occupato casa loro a Godric’s Hollow. Si fece in avanti veloce, contemplando l’idea di entrare attraverso la porta ma l’ora era tarda e sarebbe stato alquanto sospetto per il suo futuro suocero averlo nella stanza della figlia in quel contesto; pensò a molte varianti, una meno probabile dell’altra.
L’unica soluzione sembrava quella di arrampicarsi sul muro della casa; al pensiero quasi rise sommessamente immaginando i sogghigni di Ginny quando l’avrebbe visto, forse erano stati quei bicchierini di Idromele in più che lo rendevano audace.
Non ci fece caso.
Posizionò le mani sulle mattonelle rosse del muro provando a non cadere e si fece strada, fin quando non si ritrovò alla sua finestra; si voltò e con una morsa allo stomaco si rese conto di essere davvero in altro.
La luce tiepida della luna era quasi uno spiraglio che seguì, finché non lo condusse verso lei.
Si fermò per attimo deciso a contemplarla nella sua  disarmante bellezza; i lunghi capelli tenuti fermi da una vecchia matita, la t-shirt della sua squadra di Quidditch e l’espressione imbronciata.
«Serve aiuto?» le chiese facendola scattare sorpresa.
Lo guardò sconcertata e un attimo dopo scoppiò in una fragorosa risata; Harry si unì  a lei trattenendo dentro lo scampanellio della sua voce ricolmato di felicità.
«Propongo di scappare via » disse Ginny compiaciuta.
Harry sorrise interessato, mentre lei allungava il braccio e rapidamente tolse dalla sua tasca il Mantello dell'invisibilità.

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Capitolo 17
*** 17#Wenjimpat ***


Wenjimpat: dormire nudi. 
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17#Wenjimpat
 
Al di là della finestra il mondo era taciturno, solo uno spicchio della luna creava un vago sentore di luce. Le tende bianche si muovevano appena, mentre l’anta destra della finestra si muoveva di qua e di là, barcamenandosi in balia di un vento fresco estivo.
La stanza era piccola, un grande letto troneggiava al centro ricoperto da qualche cuscino lasciato alla rinfusa; sul muro tante foto, come tanti momenti e persone vissute e lontane.
« Ho temuto di dover scappare via ad un certo punto» affermò Ginny entrando nella stanza , il corpo era fasciato da un lungo vestito color smeraldo.
«Perché?» chiese Harry quasi urlando dal bagno alla fine del corridoio.
«Perché queste feste non fanno per me» convenne lei.
Le immagini della serata le apparvero nitide nella sua mente e sbuffando si coricò di peso sul letto calpestando qualche cuscino.
Una festa organizzata dalla squadra di Quidditch prima della pausa estiva, un grande salone illuminato, risate, occhi puntanti e tante foto. In realtà tutto era stato meno complesso di come aveva sospettato all’inizio, anche se gli sguardi addosso li avevano avuti.
«Anche io le odio, faccio di tutto per evitarle ma eccomi qua!» disse Harry entrando nella stanza.
Ginny lo osservò trattenendo a stento un sorriso; era meraviglioso vederlo aggirarsi per il piccolo appartamento dove viveva. Adorava seguirlo interessata nella sua routine, ma soprattutto il cuore quasi esplodeva dalla felicità quando la sera dormivano abbracciati consci che tutto ciò fosse solo un inizio.
Lei si alzò con uno scatto rapido, spalancò la finestra e si poggiò guardando il cielo meditabonda.
Di fronte svettavano diverse grandi case illuminate e non, mentre un agglomerato di stelle occupava il posto superiore del cielo, mentre nel lato sottostante un cumulo di case suggeriva la presenza di una piccola cittadina. Harry la osservò sorridente, si avvicinò e cingendo le sue spalle mormorò:« Che succede?».
«Mi chiedo se sarà sempre così, ritrovarti a casa quando la sera ritorno» chiese lei con voce intrisa dall’emozione.
Harry mantenendo lo sguardo in avanti per tradirsi a causa delle turbolente emozioni provate in quel preciso istante disse:« Spero di no, chi sopporterebbe tutte queste feste mondane? Poi devo a stare attento a tutti i tuoi ammiratori!».
Ginny rise di gusto ripensando a tutti i tifosi che l’avevano braccata per ricevere un autografo oppure per scattare qualche foto insieme.
«Non accetteresti un po’ di sana rivalità?» lo provocò maliziosa.
Harry assottigliò lo sguardo verso le sue spalle, con precisione verso l’attaccatura del vestito; con mani decise fece scendere la zip.
«No» affermò Harry.
Il cuore di Ginny si fermò.
Harry chiuse di scatto la finestra conducendola a letto,  lasciando cadere l’abito a terra senza badare molto; Ginny con fare rapido tolse la sua maglietta  e gli altri indumenti incrociando gli occhi ai suoi.
La mano destra accarezzò il suo petto, mentre avvinti i loro cuori turbinavano potenti.
«Sarà sempre così, e non chiedo di meglio» mormorò Harry mentre i loro corpi nudi si allacciavano chiudendo il resto del mondo fuori.

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Capitolo 18
*** 18#Ya'aburnee ***


Ya'aburnee: la speranza che la persona che ami viva più a lungo di te, così da risparmiarti il dolore di vivere senza di lei
Sfumature
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18#Ya’aburnee
Il pensiero che lei potesse avere una vita felice assieme ad un altro uomo ricordò che l’aveva appena sfiorato in quel lontano giorno di sole, quando riuniti sotto ad un grande tendone Bill e Fleur si erano giurati amore eterno.
In quell’istante, ogni particella del suo corpo aveva protestato contro quel possibile scenario, dopotutto che cosa le avrebbe mai potuto garantire? Già da piccolo il destino l’aveva segnato in mondo profondo.
Mentre gli altri erano impegnati ad escogitare chissà quale piano per combattere Voldemort lui usciva dallo studio del preside scosso; da parecchio sapeva già come sarebbe dovuta andare a finire.
Rivide in un attimo immagini che l’avrebbero tormentato per sempre: il corpo di Sirius scomparire dietro al velo, le voci dei suoi genitori durante quella notte tremenda al cimitero e Cedric Diggory che lo fissava con occhi vacui a terra, privo di vita.
Non aveva mai potuto calcolare quanto sarebbe durata la sua esistenza, però era grato che almeno l’avesse incontrata; quando la vide uscire dal ritratto posto nella Stanza delle Necessità poco prima tutto aveva ripreso senso e forma.
Quella paura che aveva avvertito per un attimo era scomparsa, aggiungendo un valido motivo alla sua voglia di combattere e distruggerlo, così da poterla salvare. La osservò bene, come se non l’avesse mai fatto davvero; era splendida.
Irradiava luce da ogni gesto o sguardo che gli lanciò spiegandogli tutto quello che doveva sapere senza parlare o compiere alcunché.  Avrebbe dato la vita, solo per salvare la sua.
In un istante si rivide steso  a terra, mentre la grande quercia del parco li proteggeva dal sole cocente di maggio e le sue mani accarezzavano lievi il suo viso.
Harry era immerso nei suoi occhi, pozze infinite di vita e dolcezza; sospirò sorridente mentre il cuore palpitava veloce grato di quei momenti così rari, così estranei che quasi per un attimo si scordò della cicatrice, di Voldemort  e del suo stesso nome.
« Davvero non vuoi fare nulla? Vuoi rimanere qua a fissarmi in eterno?» disse Ginny in tono lamentoso.
Harry ridacchiò, sollevò la mano ed accarezzò la sua guancia sussurrando:« Non puoi immaginare quanto sia bello non far nulla con te».
Ginny sorrise con il viso arrossato provando a distogliere lo sguardo e lui si sentì vivo.
Sbatté le palpebre ritornando al presente e decise in un solo attimo che avrebbe dovuto metterla in salvo, così la pregò di farlo. Il pensiero di Ginny ferita o peggio morta gli fece mozzare il respiro; lei doveva salvarsi, lei aveva il diritto di vivere felice, di crearsi un futuro splendido.
Anche se lui non ci sarebbe stato, lei ce l’avrebbe fatta.
La guardò per un ultima volta mentre si dirigeva verso la foresta nascosto dal Mantello dell’Invisibilità imprimendo il suo volto nei ricordi, come un talismano.
Vivi Ginny, pensò, sii felice.
Le sue gambe tremarono impercettibilmente mentre arrivò al limitare della foresta dove il destino l'attendeva finalmente per concludere l'ultimo atto.
Non si voltò con il cuore gonfio d'amore per lei.

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Capitolo 19
*** 19#Qarrtsiluni ***


Qarrtsiluni: sedersi al buio con qualcuno aspettando che accada qualcosa di grosso
 
Sfumature
Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.


19#Qarrtsiluni
 
Un ramo del grande faggio con un gesto secco e violento colpì l’angolo destro della finestra sferzato dal vento imperioso. Sul vetro, appannato a causa delle temperature rigide, goccioline di pioggia si sovrapponevano smaniose ed effimere; l’una prevaricava sull’altra, mentre una scia cadeva verso il basso. Erano immersi nella placida oscurità della stanza mentre fuori un’impervia tempesta scuoteva il silenzio della notte.
Quell’immagine le ricordò l’alone che si creava in estate sulle bottiglie di Burrobirra e deglutendo si chiese se potesse almeno assaggiarne un po’; guardò suo marito intento a giocarellare con le sue mani, esausto dopo una lunga giornata di lavoro.
James dormiva già da qualche ora nella sua piccola culla, alzò lo sguardò mentre un fremito di preoccupazione la investì; con un sospiro lo vide dormire sereno, con le braccia fuori dalla piccola coperta, i capelli arruffati e un sorriso appagato.
Volse ancora una volta lo sguardo verso le goccioline di condensa alla finestra e chiuse gli occhi spazientita riuscendo quasi a sentire il sapore della tanto agognata bevanda nelle papille gustative; automaticamente accarezzò il ventre ricolmo e provò a calmarsi conscia che la sua attuale condizione le provocasse quell’insensata voglia.
«Harry, manca ancora tanto secondo te?» borbottò sconcertata dalla voglia che ancora non era riuscita a placare.
« Non credo tesoro, ci siamo quasi e nascerà Albus» rispose emozionato.
Ginny sbuffò contrariata girandosi di lato all’improvviso facendolo sobbalzare.
«Ginny ti senti male? Cosa succede?» chiese preoccupato.
«N-nulla! Lascia stare!» rispose lei piccata mentre copiose lacrime  le ricoprirono le guance.
Harry sorrise comprensivo cingendola in un caldo abbraccio e poggiando le labbra alla base del collo chiese:« Di che cosa hai voglia?».
Ginny non rispose.
Così Harry capì che necessitava delle maniere forti e sistematicamente iniziò a lasciare baci leggeri sul suo collo partendo dalla base; ricolmo d’amore si riscoprì adorante e perso in quel turbinio morbido dall’odore simile alle pesche.
«Oh e va bene te lo dirò. Ho voglia di una Burrobirra, di quelle ghiacciate, anzi una pinta intera di quelle servite da Madama Rosmerta!» biascicò.
Harry interruppe la sua attività ridendo di gusto e lei divenne tutta rossa borbottando frasi sconnesse.
«Perché sei imbarazzata? Andrei adesso ai Tre Manici di Scopa ma sai bene che non puoi» le sussurrò tenero accarezzando il ventre e stringendola ancora di più.
La tempesta infuriava sempre di più al di fuori, tuoni feroci irruppero il silenzio creando un rimbombo che in men che non si dica fecero svegliare James.
Harry rapido lo adagiò al centro del loro letto. Ginny spostò i lunghi capelli da un lato e si voltò verso il piccolo con gli occhi vispi  che osservandola si placò;  lo cinse con un braccio dolce.
«Ti sei unito anche tu piccola peste? Stiamo aspettando tuo fratello e nel frattempo la mamma vorrebbe un  goccetto di Burrobirra, ho la sensazione che tuo fratello sarà più pericoloso di te!» convenne Ginny allegra; James rise contagiato facendo mostra dei suoi primi quattro dentini.
«Siete meravigliosi» mormorò Harry emozionato abbracciandoli di slancio.

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Capitolo 20
*** 20# Habseligkeiten ***


Habseligkeiten: oggetti personali che hanno un basso valore materiale ma un forte valore affettivo.
Sfumature
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20# Habseligkeiten
 
Un raggio di sole lo investì ridestandolo dal sonno profondo e riposante; si voltò di scatto imprecando e tastò la parte sinistra del letto. Era fredda e vuota; spalancò gli occhi preoccupato. Subentrò la memoria e quel primo stato di stasi mentale fu superato facendo sì che la consapevolezza prendesse le redini della ragione; Ginny, era partita molto presto in trasferta con la squadra per disputare un incontro determinante di fine stagione.
Si mise a sedere sul grande letto che sembrava così vuoto senza di lei e stiracchiò la schiena ancora intorpidita, puntando lo sguardo sulla piccola valigia che aveva preparato; sospirò mesto e teso ricordando la missione da intraprendere. Perso nelle sue elucubrazioni mentali ci mise un po’ per capire che in realtà mancava meno di un’ora per il ritrovo assieme agli altri membri della squadra Auror; in preda al panico saltellò per la stanza afferrando qualsiasi cosa incontrasse sul suo cammino.
Spalancò l’armadio cercando una felpa pesante; da tempo erano sulle tracce di un gruppo di maghi  oscuri ed avevano pianificato una missione in incognito. Di fronte alla moltitudine di abiti di sua moglie desolato decise di non proseguire in quella missione suicida e chiuse l’anta dell’armadio con un sibilo; si accovacciò sotto il letto, ma di quella felpa non c’era traccia.
Si alzò repentinamente e una foto di sua moglie lo investì in pieno, facendogli perdere le facoltà mentali. La morsa della nostalgia lo colpì, mentre l’immagine di Ginny che passeggiava per la stanza gli parve reale più che mai. Aveva preso la strana abitudine di trafugare le sue magliette; spesso la sera quando ritornava la ritrovava con una indosso mentre parlottando girava per casa. Un’altra abitudine era quella di accaparrarsi tutte le coperte durante la notte; al di là della sua forza e tenacia Ginny era  freddolosa e solitamente Harry si ritrovava con una gamba scoperta, rischiando l’ipotermia.
Sospirando si fece coraggio e conscio che anche nel nord del paese avrebbe sfiorato la morte a causa dell’assideramento si diresse in bagno per fare un bagno rilassante. Ancora una volta quella stanza le ricordò Ginny,  il  suo dolce  e floreale profumo impregnava l’aria dominante; si vestì e velocemente aprì il piccolo mobile del bagno. Sorpreso e con un largo sorriso in volto vi trovò un biglietto verde poggiato su una crema al mirtillo; rise sommessamente.
«La tua felpa è davanti al camino, dovresti prestare molta più attenzione alle tue cose. Se non la trovi, arrangiati» pronunciò ilare, scoppiando a ridere quando lesse la parte finale.
Pronto per uscire sull’uscio di casa gettò un’ultima occhiata con la voglia di ritornare al più presto; mise il mantello, inviò il bagaglio al Quartier Generale e mettendo la mano in tasca strinse il bigliettino che Ginny gli aveva scritto. Da quel momento in poi sarebbe stato il suo porta fortuna per ogni missione; ricordò ancora la parte finale del biglietto e con un impeto di emozione decise che avrebbe avverato ogni suo desiderio: «Ritorna tutto intero sennò verrò io a prenderti».

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Capitolo 21
*** 21#Iktsuarpok ***


Iktsuarpok: l’attesa provata per qualcuno che spinge a controllare continuamente se la persona sia finalmente arrivata; la frustrazione che si prova quando si aspetta qualcuno che è in ritardo
Sfumature
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21#Iktsuarpok
 
«Oggi i maghi minorenni non entrano! E chiudi questa dannata porta!» sibilò con voce graffiante una delle testoline rinsecchite all’entrata del pub; Ginny ridacchiò mesta provando a nascondersi dietro al boccale di Burrobirra. Sospirò quando si rese conto che Harry ancora non era arrivato; quel fine settimana ad Hogsmeade gli studenti si affaccendavano per le compere, lei invece era in procinto di partire per una trasferta nella parte orientale del paese prima del grande incontro di martedì.
 Dalla piccola finestra del pub di Rosmerta si perse in un vortice di malinconia, le uscite al villaggio, il castello. Tutto era pura, profonda nostalgia e se poteva evitava di passare da quel luogo che un tempo era stato felice; triste provò a scacciare l’immagine di Fred senza vita e di rimpiazzarla con il suo sorriso. Le parve per un attimo di ritrovarselo là, seduto con qualche strano piano annidato nella mente; invece davanti c’era un mago molto buffo con una lunga barba.
Lanciò un’occhiata rapida all’orologio, notando con un tonfo al cuore che fra due ore sarebbe dovuta partire; così sperò che Harry arrivasse. Era di missione da quelle parti e per facilitargli un po’ la cosa aveva acconsentito, ma di lui nessuna traccia.
Vide una sagoma che avanzava veloce e una zazzera di capelli neri; speranzosa si alzò per fargli segno, ma con profondo orrore si rese conto che non si trattava di lui. Si sedette sbuffando e bevendo un sorso della bevanda calda sentì una strana sensazione che iniziava a risalire dal profondo; quella trasferta sarebbe durata per più di due giorni e  al pensiero di non poterlo rivedere per così tanto un’ondata di irritazione mista a tristezza l’invase.
Era passata intanto un’altra mezz’ora  e di lui nessuna traccia; così bevve ancora, notando che la bevanda stava quasi per esaurirsi.
«Mai dare un secondo appuntamento a un uomo che ti lascia finire la Burrobirra, ragazza!» gracchiò Madama Rosmerta facendola sobbalzare. Ginny notò che in viso era molto rossa e sbatacchiava saliva dappertutto; tentò di trattenere a stento una risata.
«Anche se si chiama Harry Potter! Ricordo suo padre e quello sconsiderato di Black, sempre seguiti da un corteo di ragazze civettuole» proseguì la donna con fare confidenziale.
Ginny assottigliò lo sguardo gelida al pensiero di tutto ciò, anche se escludeva la possibilità. Probabilmente Harry era oberato di lavoro e stava facendo ritardo; ma anche se questo doveva in un certo senso sollevarla sentì un moto di tristezza che l’assaliva. Controllò ancora una volta l’ora, con dispiacere si alzò, pronta ad intraprendere il viaggio.
«Ginny! » la chiamò qualcuno.
Si voltò di scatto riconoscendo Harry che correndo la raggiunse quasi all’uscita del pub.
«Scusami per il ritardo non sono riuscito a liberarmi prima…» tentò Harry.
Ginny sorrise mesta sussurrando:« Tranquillo non fa niente. Scusami ma ora devo proprio andare, mi aspettano».
Harry la guardò stranito provando a trattenerla:« Aspetta! Credimi c’è stata un emergenza, abbiamo fermato un gruppo sospetto…».
«C’è sempre qualcos’altro prima» mormorò fredda, lasciandolo dispiaciuto e disorientato sulla porta.
 
 
 
Note
Grazie a tutti voi che leggete, recensite, seguite la raccolta. Questa piccola flash mi ha divertita, non sono sadica ma vi spiego il perché. Credo fermamente che sti due ragazzi non abbiamo mai fatto scenate per quanto riguarda la gelosia, a parte Harry credo ma prima di chiedere la mano a Ginny (si scriverò di questo, molto presto ) ma a causa della voglia matta di Harry di lavorare sempre e comunque. Io li vedo un po’ così; naturalmente ci sarà la parola successiva, vale a dire li farò litigare davvero bene e riconciliare (non nella prossima ma in quella successiva). Vi ringrazio davvero e spero di ritrovarvi presto. Grazie di cuore.

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Capitolo 22
*** 22#Aiaigasa ***


Aiaigasa: ombrello condiviso. A volte la pioggia può essere una buona scusa per “farsi dare un passaggio” sotto l’ombrello dalla persona del cuore

Sfumature
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22#Aiaigasa

Nel castello l’eco del temporale irruppe violento facendo tremare le mura; Harry quasi imprecò osservando Ron tutto impegnato a mescolare la sua pozione. Sorrise sardonico osservando la sua e scuotendo la testa; da quando aveva nascosto il libro del Principe nella Stanza delle Necessità la sua media in pozioni era notevolmente calata.
«Harry caro, si vede che sei innamorato!» tubò il professor Lumacorno osservando  il risultato  mentre Ron diventava rosso in volto ed Hermione rideva; Harry fece spallucce.
Finita la lezione si diressero rapidi su per la scala a chiocciola pronti ad intraprendere le ultime due ore di lezione del pomeriggio; purtroppo la pioggia non dava segno di cedimento e si ritrovarono tutti e tre sotto un cornicione meditabondi.
«Facciamo un corsa » propose Harry.
« Aspettiamo» fece Hermione.
«Sapete che vi dico? Non andiamo» mugugnò Ron ancora di cattivo umore.
«Harry!» urlò qualcuno alle loro spalle.
Si voltarono velocemente e con grande gioia di Harry, Ginny comparse velocemente munita di un ombrello; si avvicinò sorridendogli radiosa. La guardò per un attimo intontito come se dovesse assicurarsi che la sua presenza fosse reale; a volte faticava a credere che lei davvero lo amasse come un ragazzo normale.
«Ti va se ti do un passaggio? » propose; Harry annuì felice prendendo la sua mano.
«Ehi! E a tuo fratello non ci pensi?» sbottò Ron guardandoli male.
Ginny ridusse gli occhi a due fessure aprendo la borsa e lanciandogli un altro ombrello.
« Tieni, dai un passaggio ad Hermione magari» gli disse sgarbata trascinando Harry lontano da lì.
Il ragazzo rise sommessamente incatenando gli occhi sul volto di Ginny; era così bella , sicura di sé e determinata.
« A Ron verrà un colpo» affermò Harry ripensando all’espressione dell’amico poco prima; Ginny sbuffò contrariata e divertita allo stesso tempo.
«Speriamo si svegli una buona volta con Hermione» convenne Ginny  rassegnata; suo fratello e l’amica erano  un caso disperato.
Harry annuì a suo malgrado mentre la serra s’intravedeva all’orizzonte; desolato pensò che il tempo a disposizione era sempre troppo poco da passare insieme. Un'idea affiorò nella testa e racimolando tutto il coraggio che possedeva in corpo le chiese:« Stasera cosa fai?».
Lei parve pensarci un po’ su, dopodiché rispose:« Dovrei concludere un tema per Rüf».
Harry la guardò divertito anche lei non sopportava di buon grado Storia della Magia.
La pioggia aumentò vorticosamente, ormai erano fermi di fronte all’entrata dell’edificio; poteva sentire il ticchettio delle gocce sulla superficie color pesca dell’ombrello.
«Magari dopo che finisci potremmo, ecco fare una chiacchierata» propose lui un po’ teso. Ginny annuì luminosa baciandolo di slancio e correndo via; ancora mezzo intontito Harry prese posto tra Ron ed Hermione.
«Una bella giornata non è vero?» chiese con il cuore ricolmo di felicità.
«Voi due dietro state zitti! Bene, oggi riempiremo queste cassette di sterco di Drago utilissimo per concimare le piante!» urlò la professoressa Sprite.
«Non ti dico» grugnì Ron.
Ma Harry non ci fece caso, se chiudeva gli occhi si trovava  ancora sotto un  ombrello color pesca.

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Capitolo 23
*** 23#Cwtch ***


 
Cwtch: non un semplice abbraccio, non un abbraccio qualsiasi, ma un abbraccio affettuoso che diventa un luogo sicuro, quel luogo in cui ci sentiamo veramente a casa, tra le braccia della persona amata.

 
Sfumature
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23#Cwtch
Ingoiare un altro boccone sembrava un’impresa impossibile, titanica. Teso lanciò l’ennesima occhiata furtiva a Ginny, che lo ignorava con tutte le sue forze. Ripensò al disastroso appuntamento ai Tre Manici di Scopa quando l’aveva fatta aspettare per ore il suo arrivo; alla fine era andata via cosparsa da una furia gelida che non le aveva mai scorto sul viso.
Da quel giorno non l’aveva più degnato di una parola, di una risposta alle sue lettere. Il silenzio totale in assoluto, rifiutando di rimanere persino nella stanza assieme ad eccezione di quel giorno; era il due maggio e riuniti festeggiavano Victorie, la piccola di casa ricordando con il cuore ricolmo di tristezza gli affetti venuti a mancare durante la battaglia.
«Harry, non hai toccato cibo. Non ti senti bene? » chiese apprensiva la Signora Weasley; fece un segno di diniego notando con una morsa al cuore che i suoi occhi erano arrossati. Come poteva dirle che aveva lo stomaco chiuso per via di Ginny?
La cercò di nuovo, notando che aveva preso posto fuori in giardino; si guardò intorno per constatare se il campo fosse libero. Si alzò e titubante si diresse verso  di lei, doveva rimediare in qualche modo, non avrebbe sopportato di perderla.
«Ginny…» iniziò mesto.
Lei non si voltò, il suo sguardo era duro e fisso verso l’orizzonte i lunghi capelli rossi che tanto amava Harry si mossero sospinti da una leggere brezza fresca tipica di maggio. Si sentì uno stupido, nella fretta di fare del suo meglio per la comunità magica aveva scordato l’immensa fortuna di averla nella sua vita; rapido prese posto di lato.
«Se sei venuto qua con delle stupide scuse è inutile, Harry» mormorò con voce tagliente.
Harry sospirò, costringendosi a non voltarsi per non perdere la concentrazione; il suo volto, i suoi occhi erano così belli che non riusciva nemmeno a descriverli.
«Proudfoot ci aveva convocati perché una frangia di Mangiamorte ancora in libertà era stata individuata. Non volevo farti aspettare, mi sono torturato per giorni» sussurrò desolato.
Ginny scosse la testa.
Un’ondata di frustrazione lo colse quando percepì il muro, sembrava che lei non lo capisse e di questo se ne dispiaceva; di scatto si alzò, Ginny non fece una piega.
«Mi tormento notte e giorno, devo prenderli tutti! Sennò ricominceranno daccapo, e le morti…si le morti saranno state tutte inutili» disse senza voce.
« Davanti a me c’è sempre qualcos’altro di più importante da fare» scoppiò lei« Da brava Ginny, fatti da parte sù! Tu non sei abbastanza forte da potermi sostenere, devi metterti da parte, devo salvarti. Qua ti sbagli, io non ho bisogno  di essere salvata, io potrei combattere con te!» concluse irata.
Harry rimase sbigottito.
«Se vuoi che io faccia parte del tuo mondo, devo farlo appieno. Non avrebbe senso il contrario» sussurrò lei rauca trattenendo le lacrime.
Non se lo fece ripetere due volte, disperato la strinse.
«Non devi affrontare tutto da solo, non più» ammise.
Mentre la stringeva più forte Harry finalmente si sentì più leggero.

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Capitolo 24
*** 24#Shu ***


 
Shu: mettere l'altro nel proprio cuore.
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24#Shu
Il cielo era uno spettacolo muto quella notte.
Niente presagiva  qualcosa che potesse interrompere la quiete notturna; nel silenzio sereno, solo si avvertiva qualche fruscio creato dalla leggera brezza.
Le loro mani erano intrecciate, mentre i loro occhi si rimiravano senza sosta e voraci.
Seduti su quella vecchia panchina di pietra, ogni tanto gettavano uno sguardo verso il panorama che si stagliava di fronte. Era una zona concava quella sottostante e le luci agglomerate della piccola cittadina rilucevano  sempre eterne.
Ginny non parlava, anche se le parole erano così tante che faticava a trattenerle dentro; fasciata nell’ampio abito color avorio, non si era mai sentita così in pace con il mondo che la circondava.
Harry dal canto suo non si era ancora reso conto della bellezza di quel giorno; di tanto in tanto le baciava la mano, in una lieve carezza con le labbra infuocate che bramavano quelle di lei.
Ma di momenti come quelli ce ne sarebbero stati in futuro, in quell’istante sentivano che starsene lì seduti, lontani dal mondo era necessità profonda.
«Pensi che se ne siano accorti che siamo fuggiti via?» sussurra Ginny melodiosa.
Harry rise storcendo il muso.
« Forse siamo stati maleducati» aggiunse leggermente in colpa.
Harry non rispose subito, si allentò la cravatta e aprì i bottoni del panciotto che stringevano fastidiosi; poi decise che la vera luce da osservare era seduta al suo fianco, così si voltò desideroso di perdersi per sempre in quell’attimo.
«Ti sono grato per non esserti arresa con me» le disse imbarazzato. Gli occhi di Ginny si tinsero di dolcezza infinita, mentre una lacrima solitaria solcò la sua guancia morbida e rosata. Harry pensò che il mondo finalmente avesse acquisito senso; nei suoi grandi occhi riusciva a rimirare l’unico motivo per esistere. Non aveva molto da offrirle, una vita difficile, con la morte sempre sul collo ma lì nella parte sinistra del suo petto il cuore batteva solo per lei.
«Signora Potter quindi» esclamò Ginny con la voce incrinata dalla commozione.
Harry  mormorò:« Suona bene».
Ginny si alzò, avvicinandosi alla balconata ricoperta di edera di fronte al panorama; l' abito che portava addosso la feceva sembrare una creatura  fatata . La rimirò rapito e poi con uno slancio le fu accanto stringendola amorevolmente.
« Quindi, me lo concede un altro ballo Signora Potter?» chiese Harry ilare.
Ginny alzò gli occhi fintamente scioccata da quella proposta, ma con un gesto fluido allungò la mano fasciata dal  guanto di seta color avorio.
Non c’era musica nell’aria, solo un profondo silenzio interrotto dal battere furioso dei loro cuori e dalle risate felici che sprigionavano. Dopo qualche piroetta si ritrovarono senza fiato, abbracciati mentre un’ondata di calore li travolgeva.
L’elegante crocchia di Ginny si sciolse e diversi ciuffi ribelli incorniciavano il suo volto, morbidamente.
«Penso sia arrivato il momento di andare a casa» suggerì Harry emozionato.
Le guance di Ginny si tinsero di rosa al pensiero del grande letto bianco che li  aspettava al piano di sopra.
«Casa Potter suona davvero bene» concluse lei.

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Capitolo 26
*** 25# Lebenslangerschicksalsschatz ***


Lebenslangerschicksalsschatz: dono del destino di tutta una vita.
Sfumature
Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.

25# Lebenslangerschicksalsschatz
 Casa era un vero e proprio tumulto quella mattina; lei stava seduta nell’angolo lanciando occhiate torve a tutti quanti. Per tutta l’estate, aveva declinato l’arrivo di quella fatidica data che li avrebbe portati via tutti; sospirò affranta, mentre una lacrima di rabbia solcò il suo viso tondo.
«Suvvia Ginny, il prossimo anno andrai anche tu e poi a dicembre andremo da Charlie in Romania!» tentò sua madre senza successo. Tenne il broncio per tutto il viaggio e di tanto in tanto guardava Ron, i gemelli e Percy; loro poteva andare e lei no.
Singhiozzò ancora una volta mentre sua madre la trascinava sul binario, già stava pensando a quella casa che sarebbe stata troppo vuota senza i suoi disastrosi fratelli; le sarebbe mancato prendere in giro Percy, ma soprattutto giocare con Ron e i gemelli. Trattenne ancora una volta le lacrime per poi rendersi conto che Ron stava parlando con uno  ragazzino sconosciuto. Sembrava spaesato e notò che nessuno lo stava accompagnando; era molto magro e nella fronte aveva una strana cicatrice.
Avvampò, quel ragazzino era Harry Potter!
La rabbia la invase e  pregò ancora una volta sua madre di lasciarla partire con quel treno, per poterlo seguire ed abbracciare era sicura che ne avesse così tanto bisogno.
«Mamma» qualcuno mormorò.
Si voltò dall’altra parte del letto senza badare ulteriormente.
«Mamma! Sono le otto, ti ricordo che alle undici dobbiamo essere al binario!» urlò Lily svegliandola.
Ginny aprì gli occhi controvoglia e sbuffando, di fronte sua figlia con addosso la divisa di Hogwarts la osservava impaziente.
«Va bene ho capito mi alzo, vai in cucina» borbottò lei.
Sentì suo marito ridacchiare a bassa voce e cingerle la vita con un braccio; naturalmente aveva fatto finta di non sentire Lily per poter rimanere tranquillo e beato.
«Ho sognato ancora il primo settembre, quando ti ho visto per la prima volta» sussurrò lei beandosi del sua abbraccio.
«Ma anche se sono le otto le prepari le frittelle, vero?» le chiese con finta innocenza.
Ginny rise esasperata, gli tirò il cuscino in faccia  e indossando la veste da camera scese in cucina.
Il binario era come sempre affollato, studenti, genitori animali e il vapore invasero il campo visivo di Ginny che con un pizzico di nostalgia osservò la locomotiva rossa.
«Mi raccomando James, non voglio ricevere lettere quest’anno!» urlò, quando James sorridendo malandrino scappò.
«Rende onore ai nomi che porta» esclamò Harry.
«Ciao Al! Ci rivediamo a Natale» disse Ginny abbracciando anche il loro secondogenito, lui rise felice.
Abbracciarono anche Lily che emozionata era sull’orlo delle lacrime; la seguirono con lo sguardo e con il cuore ricolmo di malinconia, la casa sarebbe stata troppo vuota senza di loro.
Harry si avvicinò con qualche lacrima ai lati degli occhi, abbracciandola quando il trenò partì.
«Che ne dici di rimanere un attimo qua?» le chiese, forse sperando di rivedere le  persone care che mancavano all’appello.
Ginny annuì, poggiò la testa sul suo petto pensando che quel posto racchiudesse il significato di tutto, il loro destino.
 
 
Note.
Siamo giunti purtroppo alla fine di questa raccolta, spero davvero che vi sia piaciuta. Vi vorrei davvero ringraziare, tutti voi che avete sempre puntualmente recensito/ seguito/preferito la storia; se non ho abbandonato il progetto è stato unicamente per voi. Vi ringrazio davvero di cuore, ho scritto queste flash davvero con tutta me stessa, mi avete ritrovata un po’ qua e là, ecco mi sono emozionata! Comunque sia con questa, si chiude un cerchio.

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