And We All Fall Down

di Rumaan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutti Gli Occhi Su Di Me ***
Capitolo 2: *** Problemi ***
Capitolo 3: *** Un Passato di Violenza ***
Capitolo 4: *** Le Droghe Non Funzionano ***
Capitolo 5: *** Vuoto Dentro ***
Capitolo 6: *** Segreti e Bugie ***
Capitolo 7: *** Solo Contro il Mondo ***
Capitolo 8: *** Sinfonia Dolceamara ***
Capitolo 9: *** Un Cambiamento In Arrivo ***
Capitolo 10: *** Cancella e Riscrivi ***
Capitolo 11: *** L'Accordo ***
Capitolo 12: *** Storie Mai Raccontate ***
Capitolo 13: *** Sigarette e Caffè ***
Capitolo 14: *** Stordito e Confuso ***
Capitolo 15: *** Un Ragazzo Poco Adatto ***
Capitolo 16: *** Quelli Che Ci Lasciamo Alle Spalle ***
Capitolo 17: *** Ricordi Senza Raoncore ***
Capitolo 18: *** La Verità Fa Male ***
Capitolo 19: *** Il Pericolo Di Frequentare I Grifondoro ***
Capitolo 20: *** Balbettii ***
Capitolo 21: *** Discussioni ***
Capitolo 22: *** Compleanni E Sorprese ***
Capitolo 23: *** Alla Fine ***
Capitolo 24: *** Mancati Per Un Soffio ***
Capitolo 25: *** In Memoria ***
Capitolo 26: *** Rivelazioni ***
Capitolo 27: *** Confronti ***
Capitolo 28: *** La Disfatta ***
Capitolo 29: *** Migliori Amici E Fidanzati ***
Capitolo 30: *** Riconciliazione ***



Capitolo 1
*** Tutti Gli Occhi Su Di Me ***


Cap 1

Attenzione! Questa storia è una traduzione. L'originale la potete trovare al seguente link: https://www.fanfiction.net/s/7676352/1/And-We-All-Fall-Down


Tutti gli occhi su di me

Gennaio 1999

Hogwarts ricominciò a gennaio con il botto. Il primo semestre era passato tranquillo, quasi un periodo di riflessione e cordoglio per coloro che erano morti durante la battaglia finale dello scorso maggio. Il secondo, invece, si stava già dimostrando parecchio diverso.

Tutto iniziò al binario 9 e ¾ quando una raffica di mormorii scandalizzati iniziò a circondare una figura alta e bionda appena mise piede in stazione.

Ovvio, tutti sapevano che Draco Malfoy era stato rilasciato da Azkaban all’inizio di dicembre. Grazie alla Gazzetta del Profeta, erano anche tutti a conoscenza del fatto che sarebbe tornato ad Hogwarts per completare la sua istruzione. Faceva parte della libertà vigilata. La McGranitt aveva insistito perché tornasse a scuola, nonostante gli fosse stato concesso di studiare in prigione, così che non rimanesse indietro. Qualche commento era volato a riguardo, quando la Preside aveva menzionato la cosa durante il discorso di inizio anno. Il fatto che l’erede dei Malfoy fosse rimasto lontano da occhi e menti di tutti, al sicuro dietro le sbarre, significava che le speculazioni che circondavano il suo destino non sarebbero durate a lungo.

Ora però sarebbe tornato ad Hogwarts. Il corpo studentesco non sapeva come reagire. I più giovani erano francamente pietrificati. I racconti riguardanti il noto Draco Malfoy ed i suoi misfatti non ispiravano molta tranquillità sul fatto che non avrebbe ucciso ogni primino che si fosse trovato davanti. La sua partecipazione alla squadra di Inquisitori era diventata praticamente leggenda. Si era divertito ad elargire le punizioni più orrende possibili e poi bisognava considerare anche come avesse permesso ai Mangiamorte di entrare, con la conseguente morte di Albus Silente. Aveva passato gran parte del suo settimo anno al fianco di Voldemort. La sua frequenza scolastica era stata sporadica e non gli era mai stato chiesto di aiutare i Carrow a terrorizzare il resto della scuola come agli altri Serpeverde. Le malelingue dicevano che Voldemort lo stesse preparando a diventare il suo erede. Quelli del primo anno, che vedevano il biondo Serpeverde per la prima volta, tremavano dalla punta dei piedi quando lui li sorpassava con il mantello svolazzante.

Sarebbe stato impossibile per Draco non notare gli sguardi fissi ed i mormorii che lo seguivano mentre camminava sul binario per salire sull’espresso per Hogwarts. Fece delle smorfie a tutti quelli abbastanza coraggiosi da incontrare il suo sguardo, anche se non erano molti. Un paio di vecchi partecipanti dell’Esercito di Silente gli lanciarono delle occhiate trove ma lui non i fece caso. Non gli interessava. Si lasciò cadere in un sedile di uno scompartimento vuoto, spaventando con il suo atteggiamento iroso chiunque avesse osato entrare per curiosità. Astoria Greengrass iniziò a salutarlo allegramente ma scappò via appena lui iniziò a guardarla dall’alto in basso senza fare alcun tentativo per nascondere il proprio disprezzo. Rimase seduto lì a fissare fuori dal finestrino, osservando tutti quei felici e patetici ragazzini che scorrazzavano in giro finché non arrivò il momento di partire.

“Ecco dove ti eri cacciato, amico”, disse Blasie Zabini, infilandosi nello scompartimento assieme a Pansy Parkinson.

“Che cosa vuoi, Zabini? Il permesso per scoparti la Parkinson? Mi dicono che già lo fate”, ringhiò Drago.

Blasie stava per dire qualcosa quando Pansy scosse la testa. Guardò triste il biondo che, arrabbiato, sorseggiava del Firewhiskey direttamente dalla bottiglia. Prese la mano di Blasie e lo spinse fuori dallo scomparto.

“Lascialo stare, Blasie. So che quando fa così diventa impossibile. Continuerà a lanciare insulti finché uno di noi non si arrabbierà, ed è esattamente ciò che vuole”, lo mise in guardia Pansy.

“Ecco perché di norma gli sto distante”, mormorò Blasie alla sua ragazza.

“Per favore, Blasie, fallo per me. Io sono tutto quello che gli rimane ed ho bisogno che mi aiuti. Greg è andato a Durmstrang e Vincent è morto. Non che quei due idioti siano mai riusciti a tenergli testa, comunque”.

Blasie guardò la sua implorante strega. Riusciva sempre a toccargli il cuore e, se non fosse stato per lei, sarebbe stato più che felice di dare a Malfoy una bella ripassata. Draco Malfoy significava guai, il più delle volte, e quel periodo sarebbe sicuramente stato il peggiore della sua vita.

“Ok, ok. Ma capisci che ci farà diventare degli estranei nella nostra stessa casa. Nessun Serpeverde vorrà avere niente a che fare con lui. Già facciamo fatica così”, disse Blasie.

Pansy annuì. Il suo ultimo anno ad Hogwarts si stava già dimostrando abbastanza difficile senza che dovesse aggiungerci la complicazione di Draco Malfoy. Le altre tre case avevano messo in chiaro che, per quando li riguardava, i Serpeverde non sarebbero più stati i benvenuti ad Hogwarts. Persino i rapporti con i Corvonero erano tirati. I Serpeverde si facevano gli affari propri e tenevano d’occhio quelli del primo anno, che erano stati bullizzati sin dalle prime settimane, anche se negli ultimi tempi tendevano tutti a rimanere nei sotterranei. Raramente se ne vedeva qualcuno andare a studiare in biblioteca. Di solito preferivano andarci ad orari stravaganti, quando potevano trovarci solo Hermione Granger, anche se quell’anno nemmeno lei si faceva vedere spesso dato che le era stata data una stanza privata. La McGranitt era stata entusiasta di riaccoglierla assieme a Potter e Weasley e ne aveva approfittato per renderla Caposcuola assieme ad Anthony Goldstein di Corvonero.

Pansy sospirò quando lei e Blasie si unirono a Theo Nott e Daphne Greengrass in un altro scompartimento.

“Vedo che avete rinunciato con Malfoy”, disse Theo.

Pansy si accigliò. “Sai, Theo, dovresti tenere a mente che l’anno scorso eri geloso del ruolo di Draco. Hai pregato tuo padre che di lasciasse ricevere il Marchio Nero quindi per favore, dacci un taglio”.

Theo la guardò minaccioso. Non aveva bisogno gli fosse ricordata la propria stupidità.

“Andiamo ragazzi, non litigate. È già abbastanza difficile senza che iniziamo ad arrabbiarci tra di noi”, li pregò Daphne, l’eterna pacificatrice.

“Quando Theo imparerà a tenere la bocca chiusa”, replicò Pansy.

“Oh, ed io che pensavo fossi follemente innamorata di Blasie. Vedo che basta il ritorno in scena di Malfoy per farti di nuovo corrergli dietro”, disse poco carinamente Theo.

“Occhio a quello che dici, Theo”, lo avvertì Blasie.

“E tu sai meglio di tutti che io e Draco non siamo sempre stati amici. È stato il mio primo amico e gli rimarrò leale, soprattutto ora che ha bisogno di più amici possibile”, disse acutamente Pansy.

“Vedo che ti ha ovviamente accolta a braccia aperte, ecco perché ora sei seduta qui con me e Daphne”, rispose Theo.

“Vaffanculo, Theo. Sei un tale idiota”, fu tutto ciò che disse Pansy in risposta.


Draco era ormai piuttosto malfermo sulle gambe quando l’espresso per Hogwarts raggiunse la stazione di Hogsmeade. Era riuscito a non sbronzarsi completamente solo perché si era costretto a portarsi in treno una sola bottiglia di Firewhiskey. Non voleva svenire di fronte a tutti ma aveva bisogno della nebulosità che essere un po’ brillo gli avrebbe regalato. Sbandò leggermente quando riuscì a salire in una delle carrozze e ghignò maligno a quelli del terzo anno che stavano per salire con lui, così da farli allontanare allarmati. Nessuno voleva condividere il mezzo fino al castello nella completa oscurità con un potenziale assassino.

La Sala Grande era rumorosa, luminosa e troppo chiassosa. Per fortuna Draco l’aveva previsto e si era portato una fiaschetta di Firewhiskey in tasca. Lo avrebbe aiutato in quel casino. Sei mesi di isolamento ad Azkaban, seguiti da un piacevole dicembre a Malfoy Manor, non erano stati una buona preparazione all’entrata in quell’enorme sala piena di ragazzini. Tutti si zittivano quando lui passava loro accanto ed era irritante irritanti ma almeno ciò gli dava qualche momento di benedetto silenzio.

Draco notò che Pansy, ottimista, gli aveva tenuto il posto accanto a lei. Se pensava avrebbe fatto il cordiale e si sarebbe seduto come se gli ultimi tre anni non fossero esistiti, si sbagliava di grosso. Ignorò deliberatamente il suo sguardo supplicante e prese posto alla fine del tavolo, di fianco ad un paio di primini terrorizzati. Per Salazar, i nuovi Serpeverde erano patetici. Diede loro un’occhiata trova quando si spostarono lontani, come se fosse stato contagioso. Beh, fanculo loro, Hogwarts ed anche il Ministero per averlo fatto tornare in quell’inferno.

Il silenzio scese di nuovo nella Sala Grande quando entrò il Trio delle Meraviglie. Draco ghignò quando decine di occhi iniziarono a scattare tra lui ed i tre, aspettandosi un confronto. Potter gli avrebbe fatto un favore se lo avesse affatturato a vista. La McGranitt era andata a trovarlo durante le ultime settimane ad Azkaban per parlargli del suo ritorno ad Hogwarts.

“Signor Malfoy, tornerà ad Hogwarts all’inizio del nuovo semestre. Mi aspetto salga sull’Espresso come tutti gli altri il 4 gennaio”.

Draco aveva annuito, sapendo di non dover dare altra risposta. La McGranitt si era già espressa sui propri pensieri nei suoi confronti, che erano stati molto chiaramente di disprezzo. Aveva dovuto essere costretta dal Ministero persino per concedergli di tornare.

“Ora, potrebbe non saperlo ma molti di quelli del suo anno hanno deciso di tornare e completare i M.A.G.O., inclusi i Signori Potter e Weasley e la Signorina Granger. Non tollerererò alcun comportamento scorretto da parte sua nei loro confronti. Faccia un passo falso, Signor Malfoy, e svuoterà il suo letto ancora prima di dire Quidditch”.

Draco aveva ribollito di rabbia ma non le avrebbe dato la soddisfazione di lasciarle constatare quanto le sue parole lo avessero ferito. Non voleva trovarsi neanche vicino alla sua preziosa scuola od ai suoi preziosi eroi Grifondoro. Avrebbe preferito rimanere a casa e continuare a studiare lontano da Hogwarts.

Gli occhi di Potter si fermarono su di lui per qualche secondo. Draco sollevò la sua fiaschetta a mo’ di finto saluto al salvatore del mondo magico. Gli occhi di Potter tornarono a posarsi al centro della sala, evitando di rispondere al gesto. Probabilmente stava eseguendo l’ordine della McGranitt di non attaccare. Fottuto idiota. Oh beh, avrebbe comunque potuto provare a far surriscaldare la donnola. Era sempre stato quello non in grado di controllarsi. Draco avrebbe solo dovuto pensare ad un modo subdolo per farlo incazzare. Rimase sorpreso di non vederlo seduto di fianco alla Sanguesporco. Li aveva notati tenersi per mano subito dopo la battaglia finale e si sarebbe aspettato che la Granger ormai portasse un finto diamante al dito. La piccola Weasley invece sventolava allegramente la mano sinistra sotto il naso di chiunque rimanesse fermo per un nanosecondo, mettendo in mostra il suo scintillante anello. Quella stupida stronza di certo non aveva mai messo prima di allora le povere e sudicie mani su qualcosa di tanto prezioso.

Draco fece una smorfia in direzione dei Grifondoro. Odiava trovarsi nuovamente lì. Era come se il Ministero gli avesse letto la mente ed avesse scelto la peggiore punizione possibile. Se non fosse stato così abile con l’Occlumanzia, ci avrebbe scommesso Malfoy Manor che sarebbe successo. Prese un altro sorso di Firewhiskey. Fanculo, l’alcool di certo gli avrebbe fatto passare in un soffio i mesi seguenti e poi avrebbe potuto abbandonare quel posto per sempre.

Evitò di mangiare qualsiasi cosa, spingendo lontano il piatto e continuando a sorseggiare dalla fiaschetta. Pansy lo tenne d’occhio, preoccupata, per tutta la cena. Tutti i Serpeverde camminavano sul filo del rasoio e Draco in cima a tutti. Un piccolo errore e sarebbe stato felicemente espulso.


“Blasie, aiutami a riportare Draco in sala comune quando abbiamo finito”, lo pregò Pansy.

Blasie si voltò verso il biondo e lo vide sempre più ubriaco. Il fisico ed il suo autocontrollo non lo avrebbero riportato nei sotterranei senza l’aiuto di qualcuno. Non aveva sicuramente bisogno di quel casino all’ultimo anno ma Pansy gli stava facendo gli occhi da cucciolo che lo facevano sempre sciogliere.

“Va bene! Tu lo distrarrai mentre io gli metterò un braccio attorno alle spalle. Deve rimanere in piedi. Mettiti anche del pane in tasca. Deve asciugare tutto quell’alcool”.

Pansy si allungò verso di lui e gli diede un bacio sulle labbra. “Sei il miglior ragazzo di sempre”. Poi rimase a guardare la tavolata per il resto della cena. Notò la McGranitt fissare Draco. Gli occhi vispi della Preside non si perdevano nulla ed era pronta a buttarlo fuori a calci al minimo errore. Anche Lumacorno lanciava qualche sguardo al suo più grande problema. Pansy capiva fin troppo bene che il vecchio Professore sperava di non essersi lasciato nuovamente convincere a tornare come direttore di Serpeverde.

Per la sorpresa di Pansy, però, c’erano anche due occhi dorati che osservavano Draco dal tavolo dei Grifondoro. Hermione Granger aveva tenuto d’occhio il Giovane Malfoy per gran parte della cena. Non riusciva a leggere la sua espressione. Per il bene di Draco, sperava solo che la Caposcuola non volesse vendicarsi per tutti gli anni di insulti.

La cena finalmente volse al termine e Pansy afferrò il braccio di Draco quando lo vide barcollare per un momento.

“Draco, devi sapere la parola d’ordine per entrare in sala comune”, disse.

“Bene, dammela e poi togliti dalle palle”.

Draco percepì un altro braccio, più forte, posarsi sulle sue spalle. “Non è il modo di parlare ad una signora, Draco”, lo rimproverò Blasie.

Draco lo guardò trovo. “Chiami Pansy una signora?”.

Blasie lanciò uno sguardo alla ragazza mentre guidava il biondo ubriaco fuori dalla Sala Grande e verso i sotterranei. Aveva il sentore che avrebbe dovuto sopportare gli insulti per tutto il resto dell’anno.

Draco ormai era andato e non si era nemmeno reso conto di essere tornato al dormitorio. Blasie lo spinse sul letto, gli mise un pezzo di mane in mano e fuggì più in fretta che poté. I costanti commenti crudeli contro Pansy per l’intero tragitto avevano messo a dura prova il suo autocontrollo, ma lei si sarebbe arrabbiata se gli avesse fatto un occhio nero.

“Pansy, quel ragazzo mi farà uscire dai gangheri”, si lamentò Blasie quando raggiunse la sala comune.

“Ha solo bisogno di tempo per riaggiustare le cose, Blasie, e gli serve il nostro aiuto”, replicò Pansy.

“Perché, tra tutti, doveva avere te come migliore amica?”, chiese Blasie.

Pansy non si diede la pena di rispondere. Sapeva di chiedere molto a Blasie, dato che Draco al momento era parecchio fuori di testa.

“Hai notato qualcosa di strano nella Granger?”, chiese al ragazzo.

“No, ma non posso dire di passare molto tempo a guardare i Grifondoro, figuriamoci il Trio delle Meraviglie”.

“Ha notato Draco”, replicò Pansy.

Blasie scrollò le spalle. “Che c’è di strano? Oggi tutti hanno notato Draco”.

“No, intendo che lo ha davvero notato. Continuava a fissarlo e non riesco a capire le sue intenzioni”, disse Pansy, frustrata.

Blasie sapeva fosse una cosa seria. Pansy riusciva a capire praticamente chiunque. Aveva un radar naturale per carpire lo stato d’animo delle persone. “Non significa necessariamente qualcosa di brutto, Pans”, disse lui, cercando di confortarla.

“No, ma se fossi Hermione Granger cercherei vendetta. Le abbiamo reso la vita un inferno e adesso è Caposcuola. Potrebbe farlo espellere facilmente. È la pupilla della McGranitt ed in posizione di potere. Per quanto Draco non ci creda, ha bisogno della normalità della scuola, anche se tutti lo guardano pietrificati”.

“La terremo d’occhio e non le daremo nessuna scusa per liberarsi di lui”, le promise Blasie prendendola tra le braccia.

Ottimo, quell’anno stava andando sempre meglio, pensarono entrambi.

 

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Capitolo 2
*** Problemi ***


Cap 2

Problemi


Hermione non era sicura del perché stesse seguendo il rumore che aveva sentito nei sotterranei. Stava giusto finendo la ronda quando aveva udito un suono di raschiatura. Sembrava come se qualcuno stesse incespicando. Non vedeva l’ora di tornare nella sua stanza e bersi una tazza di tè prima di andare a letto e invece si trovava lì, a girovagare nel buio. Sospirò. Era un peccato avesse sperimentato troppe cose per ignorare un simile suono. Ci avrebbe scommetto il suo ultimo galeone che Anthony Goldstein avrebbe liquidato la cosa come un topo e sarebbe tornato nella sua stanza, se fosse stato il suo turno quella sera. I sussurrii pacati che la raggiunsero le resero più semplice la decisione. C’era sicuramente qualcosa che non andava ed era suo dovere controllare ed assicurarsi che tutti gli studenti stessero bene. Pensò se mandare o meno il suo Patronus alla McGranitt ma decise di assicurarsi prima che non si trattasse di qualche stupido del terzo anno in giro per una scommessa.

Non si era mai sentita a suo agio nei sotterranei. Era la tana dei Serpeverde ed una Sanguesporco non poteva mai essere abbastanza al sicuro. Girò l’angolo senza fare rumore ed osservò chi si trovasse di fronte. Zabini e la Parkinson stavano facendo del loro meglio per tenere dritto Malfoy, che si divincolava in mezzo a loro.

 “Draco, per favore, sai che c’è la Granger di pattuglia questa sera. Se ti vedesse qui fuori saresti fregato”, lo pregò Pansy.

“Vaffanculo, Pansy, e portati appreso quell’insolente del tuo ragazzo”, replicò Malfoy.

 Hermione alzò un sopracciglio. Credeva che la Parkinson fosse devota a Malfoy. Aveva passato tutto il tempo a seguirlo ovunque in adorazione. L’aveva notata avvicinarsi a Zabini ma aveva creduto fosse perché Malfoy si trovava ad Azkaban, Tiger era morto e Goyle aveva scelto di non tornare.

 “Malfoy, dai retta a Pansy. Non so perché, ma ha a cuore il tuo interesse. Smettila di fare l’idiota e fa come dice”.

“Zabini, perchè sei ancora qui? Non ho alcun interesse in ciò che dici, non me ne frega niente di ciò che Pansy pensa sia meglio e preferirei che entrambi mi lasciaste fottutamente da solo. Mi tenete al guinzaglio da settimane”, sbottò Malfoy.

Hermione lo aveva notato. Lei, come il resto dei Grifondoro, avevano creduto che la Parkinson e Zabini fossero i nuovi tirapiedi di Malfoy. Magari un passio indietro rispetto a quei due farabutti di Tiger e Goyle, ma almeno avevano un cervello. A quanto pareva, le cose non andavano molto bene nella tana delle serpi. Malfoy era ovviamente ubriaco, come spesso accadeva da quando era tornato ad Hogwarts. Hermione aveva cercato di farlo notare ad Harry e Ron ma nessuno dei due era interessato a lui.

“Ha scelto da che parte stare, Hermione. È meritatamente finite in prigione e se non riesce ad apprezzare il fatto di essere tornato qui allora è un suo problema”, aveva detto Harry.

Fortunatamente per il Serpeverde, i professori si comportavano come sempre e facevano del loro meglio per ignorarlo. Lei invece si era ritrovata a notarlo sempre più spesso. Poteva non lanciarle più insulti maligni ma aveva ancora qualche effetto sulla sua vita. Si trascinava noncurante per I corridoi con le maniche di camicia arrotolate, apparentemente incurante dei mormorii che accompagnavano la vista del suo Marchio Nero. Mangiava a malapena e stava tornando ad apparire l’ombra che era stato al sesto anno. Per lo più, continuava a bere senza sosta da quella dannata fiaschetta. Se Hermione fosse stata paranoica, avrebbe creduto non si trattasse affatto di lui ma di qualcuno che lo stava impersonando con la Polisucco. Gli ricordava troppo l’attaccamento che Barty Crouch Junior aveva per la sua, di fiaschetta, al quarto anno.

“Bene, Draco, non ti importa di cosa pensi la Granger, ma dovresti sapere che Lumacorno viene spesso qui per andare alle cucine. Sarebbe più che felice di trascinarti di fronte alla McGranitt e cacciarti. Ti ha già dato l’ultimo avvertimento e non è nemmeno febbraio”, lo pregò ancora Pansy.

“Mi farebbe un favore”, fu la risposta di Malfoy.

“Puoi non volerlo sentire, Draco, ma Pansy ha ragione. Credi sia una punizione essere tornato qui mentre in realtà ti è stata data l’opportunità di voltare pagina”, aggiunse Zabini.

“Fanculo Pansy, come diavolo hai fatto a stare con questo cazzone?”, chiese cattivo Malfoy, rovinando l’effetto scegliendo quel momento per inciampare e cadere.

Zabini fece fatica a rialzarlo dal pavimento. Hermione pensò fosse tempo di rendere nota la sua presenza ed uscì dall’ombra. “Che sta succedendo qui?”, chiese.

Sia la Parkinson che Zabini si voltarono. Malfoy si appoggiò al muro, non prestandole attenzione.

“Ehm.. Draco si è sentito un po’ male. Stavamo giusto cercando di convincerlo a vedere Madama Chips”, improvvisò Pansy.

Hermione la guardò incredula. “Intendi dire che è ubriaco”, rispose.

La Parkinson guardò Zabini, che stava fissando disinteressato il muro. “Stavamo cercando di riportarlo in dormitorio, Granger. Se potessi ignorarci, ce ne andiamo subito”, disse la Parkinson.

Hermione si morse un labbro. Li aveva sentiti implorare Malfoy di tornare alla sala comune. Sarebbe stato sbagliato togliere loro dei punti e metterli in punizione per aver tenuto d’occhio l’amico. Lei avrebbe fatto lo stesso per Harry o Ron, se si fossero trovati nella stessa situazione. Però erano Serpeverde, precisamente Malfoy e la Parkinson. Nessuno dei due le aveva mai reso facile l’esistenza ad Hogwarts.

Prima che potesse decidere cosa fare, il rumore sordo del passo di Lumacorno che si trascinava dietro il suo consistente peso raggiunse le sue orecchie.

“Fanculo”, imprecò Pansy. “È Lumacorno”.

Afferrò Malfoy per un braccio e gesticolò a Zabini di prendere l’altro. Lo trascinarono appena lungo il corridoio ed aprirono l’armadio delle scope. Hermione li seguì, iniziando ad obiettare ma, prima che riuscisse a parlare, Zabini la spinse all’interno assieme a Malfoy.

Hermione boccheggiò quando il peso di lui le atterrò addosso, facendola sbattere contro il muro ed ondeggiare. Lui iniziò a scivolare, troppo ubriaco per reggersi in piedi e la prese per i capelli, facendole lacrimare gli occhi. Le mise poi un braccio attorno alle spalle ma, con la mano ancora tra i capelli, le teneva la testa alzata, così affondò il viso nel suo collo.  

“Mmm… hai un buon profumo”, mormorò. “Ti ho detto che mi piacerebbe scoparti? Scusa, ma sono troppo ubriaco e non riesco a stare in piedi. Magari domani”.

Hermione chiuse gli occhi per la frustrazione ed i pugni sui fianchi. Come aveva fatto a permettere a Zabini di spingerla in quell’armadio con Malfoy? Riusciva a sentirlo, di fuori, inventare delle scuse con Lumacorno per giustificare la sua presenza dopo il coprifuoco.

“Mi dispiace, Professore, abbiamo perso la cognizione del tempo”, disse la Parkinson.

Hermione la immaginò sbattere le ciglia al Professore sovrappeso e fece una smorfia.

“Pansy, cara, che non succeda più. I Serpeverde sono sotto osservazione già abbastanza senza che qualche mio studente sia beccato fuori dalla sala comune dopo l’orario previsto. Malfoy è con voi?”, chiese velenoso.

“No, Professore”, rispose la voce baritonale di Zabini. “È rimasto in sala comune a lavorare al suo tema di pozioni”.  

“Mmm”, rispose Lumacorno. “Quel ragazzo porta più problemi di quanto valga”.

Hermione concordò, anche se non credeva un Professore dovesse esprimere certe opinioni, soprattutto se in qualità di direttore.

Una scia di baci umidi catturò l’attenzione di Hermione. Rabbrividì appena per la sua presenza.

“Malfoy!” sibilò. “Smettila!”.

Lui alzò la testa e la fissò. “Sanguesporco, sei tu?”.

Ottimo, pensò Hermione. Era bloccata in un armadio delle scope per cercare di evitare l’espulsione di Malfoy e lui iniziava ad insultarla e molestarla.

“Sì Malfoy sono io, la Granger”, enfatizzò Hermione. “Smettila di baciarmi il collo, è disgustoso”.

“Hai un buon sapore per essere una Sanguesporco”, disse, riprendendo a baciarle il collo.

Hermione sospirò di sollievo quando la porta dell’armadio venne aperta.

“Toglimelo subito di dosso”, ordinò a Zabini.

Zabini non riuscì a fare un sorriso alla vista della Grifondoro oltraggiata per i baci che Malfoy continuava a darle sul collo.

“Non è divertente, stupido. È ubriaco e mi sta molestando”, sputò.

“Malfoy, lascia stare la Caposcuola”, disse Zabini.

“Ha un buon sapore”, farfugliò Malfoy.

La Parkinson si stava praticamente strappando i capelli. “Draco”, piagnucolò. “Mi farai morire. Lascia stare la Granger ed esci di lì”.

“Non riesco a muovermi”, replicò il biondo.

Cercò di dare uno strattone alla mano, ancora impigliata nei capelli di Hermione, causandole una marea di lacrime.

“Malfoy, togli le mani dai miei capelli. Fa dannatamente male”, gli sibilò.

“Non ci riesco, è bloccata. I tuoi capelli hanno vita propria”.

Hermione lanciò uno sguardo a Zabini, che rideva apertamente, e la Parkinson, sempre più sconvolta.

“Blasie, se non la smetti di ridere in questo istante e mi aiuti inizio a picchiarti”, quasi urlò la Parkinson al suo ragazzo.

Lui la osservò. “Mi spiace amore, ma devi ammettere che è la cosa più divertente del mondo. Malfoy e la Granger spiccicati dentro un armadio”.

“Sei stato tu a spingermi qui dentro”, ringhiò Hermione. “Non ho scelto io di farlo”.

“Quando rinsavirà e gli farò ricordare ciò che è successo ne sarà valsa la pena per tutti i problemi che mi ha causato stanotte”, disse ridendo Zabini.

Malfoy le stava ancora baciando il collo, chiaramente troppo ubriaco perché gli importasse qualcosa di chi lei fosse.

“Mi sta facendo dei succhiotti. Toglimelo subito di dosso prima che ti affatturi fino alla prossima settimana”, lo minacciò Hermione.

Zabini si addossò il peso di Malfoy, liberando le mani di Hermione così che potesse districarsi i capelli.

“Ora riportalo al dormitorio prima che Lumacorno ritorni. E sii grato che io voglia dimenticarmi tutto questo, invece che togliervi un migliaio di punti e mettervi in punizione per tutto il mese prossimo”, lo avvertì Hermione.

Zabini le tolse Malfoy di dosso, il che fu un sollievo. Riusciva ancora a percepire la saliva dei baci asciugarsi sul suo collo e sapeva che avrebbe dovuto fare molta fatica per nascondere i succhiotti, l’indomani mattina. Si sistemò i capelli arruffati e l’uniforme che si era spiegazzata a causa del peso di Malfoy. Poteva sentire un minimo di dignità tornare in lei.

“Prova a tenerli fuori dai guai e dalla mia strada fino alla fine dell’anno”, disse alla Parkinson.

“Grazie, Granger, per non averlo consegnato a Lumacorno. È stato ehm… molto arino da parte tua sai, considerati gli ultimi anni”, disse la Parkinson, guardando il pavimento.

Hermione rimase sorpresa dalle sue parole. “Non dirlo neanche, e intendo sul serio. Voglio dimenticarmi sia mai successo”.

Malfoy scelse quel momento per tornare lucido qualche secondo e si voltò verso la Granger.

“Ciao, Principessa”, la chiamò.

“Principessa?”, si allarmò Hermione.

La Parkinson arrossì. “A Draco piace chiamarti così”.

“Perché?”, chiese Hermione.

“Per tutte le arie che ti dai”, disse la Parkinson.

Hermione fece una smorfia. “Divertente detto da lui, il ragazzo purosangue da copertina”.

La Parkinson non rispose, iniziando a spostare il peso da un piede all’altro. “Beh, come ho detto, grazie per non aver detto nulla. Farò del mio meglio per tenerlo in sala comune”.

Hermione non credeva la ragazza ci sarebbe riuscita ma lei voleva solo andare a letto e lavarsi le mani dell’intera questione. Avere a che fare con dei Serpeverde ubriachi non era il suo campo e neanche voleva lo diventasse. Quando i tre scomparvero, si avviò verso la propria stanza singola. Ringraziò il suo status di Caposcuola che le aveva permesso un tale privilegio, soprattutto in notti come quella in cui aveva bisogno di pace e tranquillità. Aveva anche una piccola sala comune ed un bagno di cui usufruire. Si era eccitata quando la McGranitt glie l’aveva mostrata ad inizio anno ed era stata da subito invidiata dagli amici.

In quel momento aveva bisogno di stare sola. Non aveva programmato una serata così movimentata, soprattutto con Draco Malfoy, qualcuno da cui era volentieri rimasta lontana sin dal suo ritorno. Entrò nel bagno per osservare i danni al collo. Da un lato spiccavano diversi succhiotti. “Ottimo”, mormorò Hermione. L’indomani mattina ci avrebbe messo un secolo a coprirli. Decise di saltare la tazza di tè ed andare dritta a letto. Riusciva ancora a percepire un leggero profumo di bergamotto sotto il tanfo di alcool che le si era appiccicato al maglione e voleva cambiarsi immediatamente. Lo lanciò dentro la cesta di vestiti sporchi, non avendo bisogno qualcosa che le facesse ricordare i suoi baci.


Il mattino seguente, Hermione si diresse verso la Sala Grande per fare colazione. Aveva passato trenta frustranti minuti a cercare di coprire i succhiotti. Aveva usato un mix di magia e correttore ma il risultato non era degno dei suoi soliti standard. Avrebbe dovuto ricordarsi di controllarsi il collo allo specchio varie volte per assicurarsi che rimanessero nascosti il più possibile.

Quando raggiunse la Sala Grande, si sedette di fianco a degli entusiasti Harry e Ginny. Hermione non credeva di aver mai visto due persone più innamorate. Era estremamente felice per loro, soprattutto perché in passato avevano dovuto mettere in pausa la loro relazione. Ginny aveva sofferto molto quando Harry era stato portato fuori dalla Foresta Proibita da Hagrid, apparentemente morto. Però non riusciva a non provare una leggera fitta. La sua storia con Ron, che aveva passato così tanto tempo a cercare di costruire, si era rivelata nient’altro che un’illusione. Dopo il loro bacio appassionato durante la battaglia, quelli seguenti erano stati a dir poco deludenti. Si erano resi conto che nessuno dei due provava le farfalle allo stomaco. Avevano cercato di farla funzionare per circa un mese, soprattutto incoraggiati da Harry e la famiglia Weasley, ma non era destino. Al momento Ron stava felicemente frequentando Hannah Abbott mentre Hermione sembrava non essere interessata a nessuno dei ragazzi di Hogwarts. Harry e Ron erano gli unici due che parevano non trovarla troppo impositiva e per lei erano come fratelli. Era tenuta da molti in grande considerazione, perchè apprezzavano il suo ruolo nella guerra. Gli unici altri ragazzi che non cercavano di metterla sul piedistallo ed adorarla erano i Serpeverde, ma solo perché la odiavano per il suo “sangue sporco”. Hermione sospirò. A quanto pareva, i baci di Malfoy sarebbero stati l’unica cosa che sarebbe riuscita ad ottenere. Che delusione.


Draco si svegliò a pezzi. La testa gli pulsava dolorosamente e non sapeva come fosse finito a letto vestito e con ancora indosso le scarpe. Dannazione, doveva essersi distrutto la notte precedente. Non aveva idea di come fosse tornato al dormitorio, i ricordi erano tutti sfocati. L’ultima cosa che ricordava era di essersi seduto in sala comune, continuando a bere dalla bottiglia di Firewhiskey.

Cercò di stare in piedi, afferrando uno dei pomelli del letto per mantenere l’equilibrio quando vacillò e si costrinse a non vomitare sulle lenzuola. Quando si sentì stabile, afferrò un asciugamano, dell’intimo pulito e si avviò verso le docce. Aprì il rubinetto girandolo finché non uscì acqua ghiacciata e ci si gettò sotto.

“Fanculo”, disse rabbrividendo.

Dopo essersi schiarito la mente in quel modo brutale, Draco aprì l’acqua calda e chiuse gli occhi, provando a pensare a cosa avesse fatto la sera prima. Aveva un vago ricordo di un corpo caldo premuto contro il suo e di capelli che profumavano di cannella. Aveva avuto un colpo di fortuna? Non aveva memoria dell’ultima volta che era stato con una ragazza, ultimamente non gli sembrava più una prospettiva allettante. Fresco di Azkaban, odiato da molti e con il Marchio Nero sul braccio sinistro, non era certamente qualcuno per cui le ragazze sbavavano. Ormai neanche i suoi soldi erano più attraenti. L’unica che gli rimaneva accanto era Pansy, quasi una sorella. Oh, ed anche quella Greengrass di due anni più piccola, ma Draco sapeva di non dover fare casini con la sorella di Daphne o con qualsiasi altra ragazza minorenne, se era per quello. Chiuse l’acqua e barcollò nuovamente verso il dormitorio, dove trovò Zabini che lo guardava divertito.

“Ti fa molto male la testa, Draco?”, gli chiese con finta simpatica.

Draco gli mostrò il dito medio.

“Sii grato che Pansy sia così compassionevole, altrimenti ti saresti ritrovato con il tuo culo ingrato sull’espresso di Hogwarts, questa mattina”, continuò Zabini.

“Di che diavolo parli, Zabini?”, chiese Draco.

“Dico solo che faresti meglio a riprenderti prima che le tue attività notturne ti facciano rispedire ad Azkaban”.

Draco si accigliò nel tentativo di ricordare cosa avesse potuto portare ad un tale avvertimento. L’immagine sfocata di una ragazza gli tornò alla mente. Merda, non aveva molestano nessuna, vero? Poteva anche essere un bastardo, ma non così tanto.

“Mi hai riportato tu in dormitorio, ieri?”, chiese Draco a Zabini.

“Sì. Pansy ha insistito ti trascinassi qui prima che potessi essere espulso”, disse Zabini.

Draco non voleva chiederlo, ma immaginò di doverlo fare se avesse voluto scoprire cosa fosse successo. Odiava sentirsi accudito, soprattutto da Zabini, che sarebbe andato in giro a vantarsi per quello.

“Ehm… ad un certo punto c’era anche una ragazza?”, chiese casualmente Draco.

Ecco! Sapeva avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa. Zabini aveva già sfoggiato quell’espressione di boria. Fottuto coglione.

“Se chiami la Granger una ragazza”, rispose Zabini.

“Che cosa?”, esclamò Draco.

“Già, ti ho infilato in un armadio per le scope per evitare Lumacorno ed era arrivata anche quell’infernale Caposcuola, così l’ho spinta dentro con te. Quando ho aperto la porta per recuperarti, avevi le mani ovunque e le stavi facendo dei succhiotti”.

Che diavolo? “Mi prendi per il culo, vero?”, rispose Draco.

“No, hai avuto un assaggio della Ragazza d’Oro ok? E sembravi anche molto felice di essere lì”, replicò Zabini.

Draco iniziò ad avere dei flashback su di lei e del suo profumo di cannella. Ricordava di aver alzato lo sguardo ed aver incontrato gli occhi della Granger che lo fissavano sconvolti. Fanculo, aveva toccato la Sanguesporco. Che schifo, le aveva anche baciato il collo. Draco corse di nuovo in bagno e Zabini lo seguì, godendosi lo spettacolo della sua rivelazione. Draco afferrò la bottiglia di collutorio e la inghiottì praticamente intera, cercando di lavarsi la bocca.


Draco si teneva la testa tra le mani, nel tentativo di non vomitare sul tavolo durante la colazione. Lanciò uno sguardo a Zabini, che continuava a ghignare ogni cinque minuti. Fottuto idiota. Alzò la testa e vide la Granger guardarlo. Non riusciva a notare nessun succhiotto, quindi si era almeno presa il disturbo di nasconderli piuttosto che sventolarli sotto il naso di tutti per dimostrare di essere anche lei in grado di avere un ragazzo. Ignorò il ricordo di quanto gli fosse piaciuto baciarla il collo e del suo delizioso sapore. Disgustoso. Inghiottì un po’ di caffè nero e sperò che i postumi svanissero. Almeno non avrebbe dovuto incontrare la Granger fino a fine giornata, quando avrebbero condiviso l’aula di pozioni.


Quando arrivò l’ora dell’ultima lezione del giorno, Hermione era ormai esausta. Le bruciavano gli occhi e la schiena le doleva a causa dell’enorme quantità di libri che portava in borsa. Per il momento era riuscita ad evitare la vista e la voce di Malfoy, della Parkinson e di Zabini, il che era perfetto. Per sua sfortuna, però, avrebbe dovuto incontrare i due ragazzi alla lezione di pozioni avanzate.

Si appoggiò al muro con gli occhi chiusi, in attesa dell’arrivo di Lumacorno, cercando di bloccare tutti i mormorii intorno a lei, quando ad un certo punto qualcuno le tirò un braccio.

“Hermione”, la chiamò Harry.

“Mmm?”, rispose assonnata Hermione.

“Che diavolo hai sul collo?”, le chiese.

Gli occhi di Hermione si aprirono di scatto. Si era dimenticata di andarsi a controllare in bagno prima di arrivare nei sotterranei.

“Ehm… niente, io… ho provato un nuovo incantesimo”, rispose piatta.

“Un nuovo incantesimo? Che ti crea dei succhiotti?”, replicò sbuffando Ron.

Dannazione, dannazione, dannazione! Si ripeté Hermione. I suoi amici non avrebbero creduto alla sua stupida scusa ma per la prima volta il suo cervello si rifiutava di cooperare.

Draco udì il patetico tentativo della Granger di mentire. Era ovvio che Sfregiato e da Donnola non le credessero. La sua mente contorta, comunque, stava già ideando il modo migliore per ripagare Zabini per avergli rivelato in quel modo sublime cosa fosse successo con la Granger la sera prima.

“Non mentire”, biascicò Draco, attirando istantaneamente l’attenzione del duo.

La Granger lo fissò, quasi cercando di forzarlo con lo sguardo a stare zitto.

“Che vuoi dire, Malfoy?”, sputò Weasley.

“Ho beccato lei e Zabini che si sbaciucchiavano nei sotterranei, la notte scorsa”, disse furbo.

“Cosa?”, urlarono sia lui che la Granger.

“Già, sospetto vada avanti da un po’. Di certo se la stavano spassando”, continuò, adorando sempre di più il momento.

Potter e Weasley guardarono increduli la Granger, che sembrava stesse andando in auto-combustione per la rabbia.

“Non ditemi che credete al furetto. Sta mentendo”, disse accalorata la Granger.

“Sono ovviamente dei succhiotti, Hermione. Se Malfoy stesse mentendo su di te e Zabini allora chi le ti ha fatti?”, chiese Potter.

“Non riesco a credere che vi fidiate della sua parola invece che della mia. È Malfoy”, urlò lei.

Nel frattempo, Weasley aveva iniziato a fissare Zabini come se volesse ucciderlo e lui, di rimando, fissava allo stesso modo Malfoy. Draco invece guardava felice ciò che le sue bugie stavano causando. All’improvviso, Weasley si lanciò contro Zabini, tirandogli un gancio destro sulla mascella. Zabini volò all’indietro contro il muro, prima di rialzarsi e colpirlo a sua volta.

“Smettetela!”, urlò la Granger. “Smettetela subito!”.

Cercò di separare i due ragazzi, ma finì per ricevere il secondo gancio di Weasley, che cercò subito di afferrarla mentre cadeva e diventò bianco come un cencio.

“Che diavolo sta succedendo qui?”, tuonò la voce di Lumacorno. “In tutti i miei anni di insegnamento non ho mai visto nulla di così disdicevole, soprattutto visto il coinvolgimento di due Prefetti e della Caposcuola. Potter, porti la Signorina Granger in infermeria. Zabini e Weasley, verrete subito con me nell’ufficio della Preside. Il resto di voi, tornate in classe ed iniziate a leggere il capitolo sulla Felix Felicis. Se non avrete ricopiato almeno una pagina di appunti quando sarò tornato, finirete in punizione”.

Draco si trascinò in classe, più che soddisfatto della sua abilità nel causare problemi. Pansy gli avrebbe urlato contro più tardi ma ne era valsa la bena. Zabini non avrebbe mai dovuto compiacersi così tanto nel raccontargli le sue attività notturne. E la Granger, beh, avrebbe imparato a rimanere fuori dagli affari che non la riguardavano. E smetterà di avere un profumo così buono, gli disse una vocina nella tua testa, che Draco silenziò rudemente. Per la barba di Merlino, era una Sanguesporco.

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Capitolo 3
*** Un Passato di Violenza ***


Cap 3

Un passato di violenza

Hermione grugnì quando riprese conoscenza. Aveva un mal di testa incredibile e le pungevano gli occhi. Li aprì ma dovette sbattere le palpebre per la luce. Un occhio era gonfio. Voltò la testa di lato, lontano dalla forte luce che filtrava dalla finestra e notò la presenza del suo migliore amico Harry.

“Ciao”, gracchiò. “Mi daresti un bicchiere d’acqua?”.

Harry le sorrise e le passò il bicchiere. Dovette tenerlo in mano mentre lei beveva, dato che le sue tremavano ancora.

“Che è successo? Mi sento come se mi avesse calpestato una mandria di Ippogrifi”.

“Qualcosa di simile. Ti sei messa tra Ron e Zabini e ti sei presa il pugno di Ron. È stato un incidente, ovviamente”, la informò lui.

Hermione corrugò la fronte cercando di ricordare gli avvenimenti che l’avevano fatta finire lì. Per il momento, però, era tutto buio.

“Perché non ci hai detto ti te e Zabini?”, le chiese pacato.

“Che cosa?”, rispose lei, molto confusa.

“Perché non ci hai detto che frequenti Zabini?”, chiese ancora Harry.

Gli eventi le vennero in mente all’improvviso. Hermione grugnì e strinse i pugni al pensiero dei problemi che Draco Malfoy aveva causato a lei ed ai suoi amici, le uniche due persone cui sembrava importasse qualcosa di lui.

“Non mi vedo con Zabini”, replicò. “Per la barba di Merlino, Harry, pensavo sapessi di non dover credere a Malfoy”, esclamò quando vide il sopracciglio inarcato di Harry.

Il ragazzo sembrò in qualche modo sollevato. “Grazie a Merlino, credevo avrei dovuto iniziare ad essere civile con lui per il tuo bene”.

Hermione sorrise. “Lo faresti per me?”.

“Ma certo. Sei come una sorella e l’unica persona che è rimasta sempre al mio fianco da quando sono arrivato ad Hogwarts”, disse semplicemente.

Hermione rimase toccata. Non sarebbe stato semplice per Harry diventare amico di un qualsiasi Serpeverde, considerando che la maggior parte delle loro famiglie aveva cercato di ucciderlo prima o poi.

“Allora da dove vengono quei succhiotti?”, le chiese curioso.

Hermione si morse un labbro. Il discorsetto di Harry le suggeriva che avrebbe anche potuto perdonarle qualsiasi cosa, ma in quel caso si trattava di Malfoy. Di certo non avrebbe capito perché lei non lo avesse denunciato per ubriachezza dopo il coprifuoco e per averla molestata, che ne fosse stato cosciente o meno. Probabilmente sarebbe corso dalla McGranitt per farlo espellere. Hermione non era sicura del perché, ma non voleva che accadesse.

“È complicato, Harry, e non è come pensi”, replicò semplicemente.

Harry rimase perplesso ma avrebbe rispettato la privacy di Hermione, anche se non capiva perché non potesse raccontargli di avere un ragazzo, Serpeverde o meno.

“Come sta Ron?”, chiese lei, cercando di cambiare argomento.

“È stato portato nell’ufficio della McGranitt. Ancora non l’ho visto”.

Hermione si sentì ancora più in colpa. Se non avesse permesso alla Parkinson di farla sentire dispiaciuta per Malfoy, Ron non si sarebbe trovato nella posizione di dover rimanere in punizione per settimane.

Madama Chips arrivò di corsa quando li sentì parlare.

“Cara, ti sei presa un bel pugno. Come ti senti?”, chiese ad Hermione.

“Mi pulsa la testa e la luce mi fa male agli occhi”, replicò lei.

Madama Chips annuì. C’era da aspettarselo quando si veniva mandati al tappeto. “Ho una pozione per il mal di testa e, grazie al vostro amico George Weasley, anche un buonissimo unguento per far sgonfiare quell’occhio nero”.

Hermione alzò la mano e si toccò lo zigomo paffuto.

“Hai un gran bell’occhio nero”.

“È bello sapere che Ron riesca ad infliggere così tanti danni a chi fa del male ai suoi amici”, commentò lei.

“Ha le mani da portiere”, replicò Harry.  


Draco sedeva da solo, come al solito, in sala comune. La stanza era piena ma le sedie intorno a lui erano vuote come sempre. La porta della sala si aprì di colpo e Pansy marciò all’interno guardandosi attorno e notando Draco.

“Dannatissimo coglione!”, gli urlò contro.

La sala comune diventò silenziosa. Tutti stavano guardando i due amici litigare.

“Immagino tu abbia visto Zabini”, biascicò Draco.

“Perché diavolo gli hai fatto una cosa del genere?”, chiese.

“Cosa c’è che non va, Pansy? Preoccupata di perderlo in favore di una biblioteca ambulante?”, la prese in giro.

“Sei un grandissimo idiota. Blasie non ha fatto altro che tenerti fuori dai guai da quando sei tornato ad Hogwarts e tu lo ripaghi così?”, urlò.

Draco si alzò. “Non ho chiesto a nessuno di voi due di immischiarvi nei miei affari. Che vi sia di lezione e dì a Zabini di non fare tanto il gradasso la prossima volta”.

Uscì dalla sala comune ed andò nella sua stanza. Era abbastanza compiaciuto di sé stesso. Aveva detto a Pansy e Zabini di stargli lontano diverse volte ma non gli avevano dato ascolto. Magari questa volta avrebbero recepito il messaggio.

Pansy grugnì quando vide l’amico sparire su per le scale. Quell’anno stava diventando un vero casino. Draco stava cadendo a pezzi, che volesse ammetterlo o meno e lei sembrava essere l’unica a cui importasse qualcosa. Sapeva che Blasie lo stava aiutando solo perché era stata lei ad implorarlo. Ora sarebbe stato così arrabbiato che non credeva l’avrebbe più ascoltata.

In quel momento, Blasie sbattè la porta e si guardò attorno, come se volesse trovare Draco. Doveva pareggiare i conti con quel viscido biondo.

“Dov’è?”, biascicò.

Pansy si strinse le mani. Non voleva che Blasie lo rincorresse e desse adito a qualche incontro di boxe che sembrava voler iniziare.

“Al dormitorio”, rispose Theo prima che lei riuscisse a fare qualsiasi cosa.

Blasie marciò verso l’uscita e lei si piazzò davanti a Theo. “Perché l’hai fatto?”, sbottò.

“Malfoy se l’è cercata”, replicò Theo.

“Sei un bastardo”, gli disse Pansy. “Non credere io abbia dimenticato come seguivi Draco come un cagnolino ogni volta che tornava ad Hogwarts l’anno scorso, nel disperato tentativo di fartelo amico, ed ora lo tratti come se fosse un emarginato”.

Theo le ringhiò. Quelle parole lo colpirono proprio perché erano vere. L’anno precedente avrebbe voluto essere considerato uno dei buoni amici di Malfoy, attirato dalla sua aura di giovane mangiamorte, mentre ora era solo felice che suo padre fosse riuscito a proteggerlo da un tale destino. Nessuno voleva passare sei mesi ad Azkaban. Il padre di Theo non aveva fatto molto di buono nella sua vita ma aveva avuto ragione nel fermarlo quando lui invece avrebbe voluto prendere il Marchio Nero.

“Ragazzi, per favore. Dobbiamo rimanere uniti e non litigare di continuo. Riceviamo già abbastanza ostilità dal resto della scuola, non possiamo bisticciare tra noi”, disse Daphne.

“Prova a dirlo a Malfoy”, mormorò Theo.

Pansy gli lanciò un’occhiata, trovando il suo comportamento estremamente irritante. Era sempre stato geloso di Draco.

“Invece che fare il coglione, Theo, perché non vieni ad aiutarmi ed evitare il litigio che sta per scoppiare?”, chiese.

Theo pensò ad un milione di altre cose che avrebbe preferito fare, incluso quell’orribile tema di trasfigurazione, ma Daphne gli strinse la mano così decise di andare dietro a Pansy. Sospirò. Immaginava di doverle almeno qualcosa.


Quando Theo e Pansy raggiunsero il dormitorio, Blasie teneva Draco per la gola appeso al muro. Draco rideva così forte che stava rischiando di soffocarsi.

“Fottuto idiota. Guarda in che condizioni è la mia mascella. Madama Chips non vuole nemmeno darmi qualcosa per far sparire l’ematoma”, ruggì Blasie.

“Che cosa vuoi? Delle scuse? Mi conosci”, lo prese in giro Draco.

“Perché l’hai fatto?”, chiese Blasie.

“Perché questa mattina sei stato un bastardo borioso. Hai trovato la situazione più che divertente, così ho deciso di divertirmi anche io a tue spese”.

“Facendo in modo che Weasley mi prendesse a pugni?”, urlò Blasie.

Draco scrollò le spalle. Ad essere onesti, ormai la cosa lo stava annoiando e gli mancava il Firewhiskey.  

“Come ti pare, Blasie”, disse prima di appellare la bottiglia mettendo in mostra la sua capacità di fare magie senza bacchetta. “Hai intenzione di lasciarmi andare? Non posso bere con la tua mano sulla gola”.

Blasie grugnì ma lo lasciò. La rabbia aveva iniziato a svanire e se la cosa fosse successa a qualcun altro invece che a lui l’avrebbe trovata molto divertente.


Le settimane seguenti Draco le passò in uno stato inebriato dall’alcool. Non era particolarmente conscio di ciò che succedeva dato che beveva di continuo. Non gli piaceva rimanere sobrio anche se, ad essere onesti, non accadeva spesso. Aveva notato che, mentre Pansy continuava a cercare di farlo smettere di bere e concentrare sulle lezioni, il suo ragazzo non si univa più a lei. Almeno uno di loro aveva recepito il messaggio.

Non sapeva che l’unico motivo per cui i professori non l’avessero ancora beccato fosse che Pansy aveva passato la maggior parte delle notti a corrergli dietro per lanciarli incantesimi di disillusione e silenziarlo quando faceva troppo casino. Cercava anche di fargli i compiti, perché lui si era rifiutato, così aveva dovuto dare fondo alle sue conoscenze degli anni precedenti. Draco non aveva passato molto tempo ad Hogwarts durante il regno di Voldemort, soprattutto dopo Natale. Veniva costantemente richiamato al Manor dal Signore Oscuro ed alla fine aveva smesso di presentarsi a scuola. Pansy era una normale studentessa, che non possedeva il cervello di Draco. Blasie all’inizio l’aveva aiutata ma ora si stava rifiutando di avere nulla a che fare con il biondo. I voti di Draco stavano quindi iniziando a calare ed i professori glie lo facevano notare ma, visto che non prestava nemmeno attenzione in classe, davano la colpa a quello.

Pansy stava cercando di scrivere un secondo tema di incantesimi, quella volta per Draco, provando a farlo sembrare diverso da quello che aveva appena finito per sé. Era esausta ed aveva bevuto un sacco di caffè nero per rimanere sveglia.

“Tesoro, vieni a letto. Sei troppo stanca per continuare”, le disse dolce Blasie.

Lei si voltò. “Non farlo, Blasie. Tu potrai anche essertene lavato le mani ma io non posso”.

“È una causa persa. Ti stai ammalando e quell’idiota non ti è nemmeno riconoscente”, le disse asciutto.

“Solo perché al momento non apprezza nulla. Ma io mi rifiuto di arrendermi solo perché lo hanno fatto tutti”, borbottò fiera.

“Ti trascinerò a letto se non ci verrai da sola. Non permetterò che ti ammali per colpa sua”.

Pansy sentì le lacrime scorrerle sulle guance. “Non lo lascerò da solo, lo farò uscire da questo casino. So che pensate tutti io sia mazza, ma è Draco. È stato il mio primo amico e mi ha protetta per tutta la mia vita. Ha bisogno del nostro aiuto, Blasie. So che non lo vuole, ma gli serve. Come pensi staresti tu, se fossi stato ad Azkaban per sei mesi?”.  

“Senti tesoro, so che lui in passato c’è sempre stato per te, ma davvero non credo tu possa aiutarlo. È apatico”.

Pansy guardò il suo ragazzo. Aveva appena espresso ciò che lei temeva. Odiava vedere Draco finire in una spirale di auto-distruzione. Certo, era sempre stato un bullo ma non meritava comunque un simile futuro.

“Non mi arrenderò con lui”, disse ancora una volta.

“Lo so, ecco perché ti amo. Smetterò di ignorarlo e ti aiuterò, ma solo se mi prometti che la finirai di seguirlo in giro e ti riposerai un po’”, disse Blasie.

“Davvero? Mi aiuterai ancora?”, chiese.

Lui annuì e venne ricompensato quando lei gli si lanciò tra le braccia e gli fece uno dei più bei sorrisi che gli mancavano da molto tempo.

“Ma se ti aiuto, devi capire che non possiamo farcela da soli”, disse Blasie.

“Che intendi?”.

“Intendo che abbiamo bisogno di altre braccia”.

“Credo Daphne sarebbe d’accordo, almeno per i compiti. Magari potresti miniare Theo perché si renda utile”, suggerì Pansy.

Blasie annuì. “Sono delle buone idee ma voglio dire che ci serve qualcuno di un po’ più in alto”.

Pansy sembrava scettica. “Dubito altamente che Lumacorno possa essere d’aiuto. Odia Draco, l’ha sempre fatto, e non vede l’ora di lavarsene le mani”.

“Non pensavo a Lumy, è inutile, non ha mai capito come parlare a Malfoy. Pensavo a qualcuno come la Caposcuola”, le fece notare Blasie.

“La Granger? Perché dovrebbe alzare un dito per aiutarci?”, chiese incredula.

“Ci ha già aiutato una volta e, se non mi sbaglio, è il tipo da impicciarsi. Può non piacerle Draco ma non l’ha ancora fatto espellere anche se avrebbe potuto accusarlo di molestie”, commentò.

Pansy ci pensò su. Sarebbe stato sicuramente utile avere a bordo qualcuno con un po’ di autorità. La Caposcuola era spesso di ronda e, cosa più importante, era un’eroina di guerra di cui la Professoressa McGranitt si fidava.

“E per cosa potrebbe aiutarci?”.

“Non molto. Non credo si darebbe tanta pena per lui, ma forse potrebbe darci una mano con le sue passeggiate notturne. Fa la ronda più spesso dei Prefetti e potrebbe darci informazioni su dove vanno più spesso a controllare i professori. Niente di eccezionale”, replicò lui.

Pansy non ne era certa. La Granger non avrebbe avuto motivo di aiutarli. Nessun Serpeverde lo avrebbe fatto se i ruoli fossero stati invertiti. “Immagino di poterglielo chiedere”, disse.

“Non c’è nulla di male a chiedere, mal che vada dirà di no. Anche se non mi sembra il tipo che corre dalla McGranitt”.

“Ok, ci andrò domani durante l’orario d’ufficio”.

Blasie rise. “Mi piacerebbe essere una mosca per godermi la conversazione”.

Pansy si unì a lui. Draco avrebbe fatto meglio ad apprezzare i suoi sforzi quando fosse tornato in sé. Si sarebbe meritata il regalo più grande che le avesse mai fatto.


Una parte dei dovrei di Hermione come Caposcuola che non le piaceva era dover rimanere in ufficio per qualche ora ogni settimana. Lei ed Anthony ne condividevano uno appena fuori dalla Sala Grande, dovendo essere disponibili per gli studenti che ne avrebbero avuto bisogno. Di norma Anthony sfruttava quelle ore per recuperare i compiti in cui era rimasto indietro. Sfortunatamente per Hermione, lei era sempre bombardata da ragazzini che volevano conoscere i dettagli della sua fuga con Harry. In pochi andavano a trovarla perché davvero bisognosi di aiuto. Quelli del primo anno avevano paura ad avvicinarla perché pensavano fosse una specie di eroina inarrivabile mentre gli altri non ne sentivano il bisogno, preferendo rivolgersi ai direttori della Casa. Così rimanevano solo quelli in cerca di gloria, irritanti individui che le si attaccavano perché ormai era diventata una celebrità ed era la migliore amica di Harry Potter, il ragazzo che aveva sconfitto Voldemort due volte.

Qualcuno bussò alla porta ed Hermione sospirò, preparandosi ancora una volta ad invitare gentilmente l’avventore ad andarsene perché no, non voleva rivivere le sue avventure con lui e no, la guerra non era divertente né si era sentita nobile quando era stata torturata da Bellatrix Lestrange. Rimasse quindi sorpresa quando Pansy Parkinson fece capolino.  

“Posso entrare?”, chiese Pansy.

“Certo. Almeno non mi farai domande orrendamente personali su come sia dividere una tenda con Harry”, disse.

Pansy sorrise debolmente. “Ad essere onesta, non potrebbe importarmene di meno. Odio il campeggio e soprattutto da sola con due ragazzi, in fuga dai Ghermidori. Sarebbe il mio peggiore incubo”.

“Non è stata la migliore esperienza mai vissuta e dovevo anche cucinare”, commentò Hermione.

“Tipico dei ragazzi!”.

“Allora, come posso aiutarti?”, chiese Hermione.

Pansy si strinse le mani e lanciò uno sguardo al piccolo ufficio per trovare ispirazione. Hermione aveva l’orribile presentimento che si sarebbe trattato di Draco Malfoy.

“Senti, Granger, sono davvero a disagio a farti questa richiesta quindi andrò dritta al punto”, iniziò Pansy. “Mi serve aiuto con Draco”.

“E perché vieni da me?”, chiese Hermione.

“Perché ho bisogno di te”.

“Che posso fare?”.

“Sono sicura non ti sia sfuggito che Draco è ehm… un po’ intrattabile ultimamente”, disse Pansy.

Hermione aveva fatto del suo meglio per non prestargli alcuna attenzione dopo l’esperienza dell’armadio delle scope, ma non aveva potuto non accorgersi di quanto fosse messo male. In classe non faceva attenzione, sospettava fosse sempre ubriaco e non capiva come facesse a non avere i professori alle calcagna. Forse la Parkinson aveva a che fare con l’ultima cosa. Ad uno sguardo ravvicinato, sembrava un po’ al limite. I suoi capelli, di solito immacolati, erano sempre arruffati ed aveva le borse sotto agli occhi.

“Sì, l’ho notato”, replicò Hermione senza incoraggiamento.

“Beh, continua a vagare per Hogwarts durante la notte quando è ubriaco. L’unico motivo per cui non l’hanno ancora beccato è che io gli corro dietro e gli lancio qualche incantesimo di disillusione e silenziamento”.

“Ti rendi conto che potrei toglierti dei punti e metterti in punizione per avermelo detto?”, disse Hermione.

“Sì, ma non lo farai”, rispose Pansy.

“Perché lo pensi? Non amo i Serpeverde”.

“Sì, ma tu sei Hermione Granger, la ragazza da copertina per la giustizia. Andrebbe contro i tuoi valori morali punire qualcuno che viene da te per chiedere aiuto, che sia Serpeverde o meno”, commentò Pansy.

Hermione voleva obiettare, soprattutto perché si trattava di Pansy Parkinson, una ragazza che era stata una vera stronza con lei per tutto il tempo che si erano trovate ad Hogwarts assieme. Se i ruoli fossero stati inversi, sapeva che lei le avrebbe riso in faccia, messa in punizione per il resto dell’anno e tolto così tanti punti a Grifondoro che non sarebbero nemmeno riusciti a tornare in pari entro la fine dell’anno. I suoi pensieri le si leggevano chiaramente in faccia.

“So che non hai motivo di aiutarmi. Ti ho bullizzata con Draco senza pietà, ma la guerra cambia le persone, Granger, persino quelle come me. Noi Serpeverde abbiamo fatto un casino ed ora ne paghiamo le conseguenze”.

“Quindi mi stai chiedendo aiuto, praticamente dandomi tutti i motivi per non farlo, ma sei ancora qui a sperarci”.

“Sostanzialmente, sì”, rispose semplicemente Pansy.

“Allora dimmi perché dovrei”, rispose Hermione.

“Perché sei Caposcuola e prendi seriamente la tua responsabilità. Sei pronta a piegare qualche regola in tuo favore se fosse la cosa giusta da fare, solo perché non porti alcun rancore. Non è quello il motivo per cui hai vinto la guerra?”.

Hermione sorrise e la Parkinson pensò di averla in pugno. Invece Hermione, anche se era d’accordo con lei per tutte le cose che aveva elencato, non capiva come aiutare Malfoy potesse essere giusto. Non voleva trovarsi ad Hogwarts, la McGranitt di certo non lo voleva lì e nemmeno lei. Molti avevano avuto bisogno di una Pozione Calmante da Madama Chips dopo averlo incontrato con il Marchio Nero in bella vista, anche se in realtà non aveva fatto nulla a quelli del primo anno per cui la McGranitt non poteva espellerlo. Usava però gli sguardi minacciosi ed il braccio per intimidire.

“Mi spiace, Parkinson, ma non sono interessata. Non voglio avere niente a che fare con Draco Malfoy e ti suggerisco di smetterla di proteggerlo e fargli affrontare le conseguenze delle sue azioni”.

Le spalle di Pansy si afflosciarono. Era sicura che la Grifondoro l’avrebbe aiutata. Sembrava avere una dipendenza per le cause perse e Draco Malfoy era di certo la peggiore ad Hogwarts.

“Stai sbagliando a giudicarlo come stai facendo”, le fece notare Pansy.

“E come lo starei giudicando?”, chiese Hermione.

“Come fanno tutti gli altri. Guardi solo il suo comportamento e non oltre, cosa molto facile. Diavolo, persino i Serpeverde si sono disinteressati mentre una volta lo idolatravano. Draco è bravo a portare una maschera. Il difficile è arrivare a fondo e trovare il suo vero io. Pochi di noi lo conoscono davvero”, la informò Pansy.

Hermione alzò gli occhi al cielo. “Non dirmi che dietro a quella facciata di supremazia c’è un povero, piccolo ed incompreso ragazzino che non vede l’ora di uscire”.

“Prendi in giro quanto vuoi, Granger, ma è la verità. Draco si è perso ed è ferito. Ha visto cose che nessuno dovrebbe”, iniziò Pansy.

Hermione sbuffò, interrompendola. “Davvero? Penso di aver visto anche io cose orribili ma non vado in giro cercando di dimenticare tutto con una bottiglia di Firewhiskey”.

“No, ma tu sei dal lato dei vincitori e non hai passato sei mesi ad Azkaban, cosa che possiamo dire non è una passeggiata”, si difese Pansy.

“No, ma se non fossi stata dalla parte dei vincitori sarei morta e dubito che Malfoy si sarebbe messo a piangere sulla mia tomba”, disse dura Hermione.

A quelle Parole l’irritazione di Pansy scemò. La Granger aveva ragione, si sarebbe trovata sotto terra se Voldemort avesse vinto. Pansy ci aveva sperato a lungo, ma ora non ne era orgogliosa.

“Non sto cercando di dire che non avresti avuto la peggio sotto Voldemort, solo un idiota potrebbe farlo, ma non significa che ora Draco non stia soffrendo. Se avesse davvero voluto che Voldemort vincesse avrebbe felicemente ucciso Silente e consegnato te, Potter e Weasley a Voldemort su un piatto d’argento a Malfoy Manor. Invece non l’ha fatto perché ormai odiava la sua vita”, le spiegò Pansy.

Hermione aggrottò incredula la fronte.

“Non dico che non dovresti odiarlo, Granger, ma per favore non dubitare di ciò che ti dico. Draco era un ragazzino che giocava a fare l’uomo e questo lo ha distrutto”.

“Ok, questo te lo concedo ma non capisco cosa dovrei fare per aiutarti”.

“Solo qualcosina dopo il coprifuoco. Ti sarei grata se potessi farmi sapere dove fanno di solito la ronda i professori ed i Prefetti”.

“Stai scherzando, vero?”, chiese Hermione.

“No”, replicò Pansy.

“Non posso farlo. La McGranitt mi ucciderebbe se lo scoprisse”.

“Forse. Ma perché dovrebbe scoprirlo?”.

“Perchè Malfoy è instabile e non importa quanto cercherai di coprirlo, non durerà a lungo. E quando lo scoprirà, sarà ovvio chi ti ha aiutata”, rispose Hermione.

Le spalle di Pansy si afflosciarono nuovamente ed Hermione si prese un attimo per guardarla. Rispettava ciò che la Parkinson stava cercando di fare per il suo amico, sul serio. Lei avrebbe fatto la stessa cosa per Ron ed Harry, ma non poteva rimanerne invischiata. Era una strategia rischiosa dettata dalla disperazione di proteggere qualcuno che non voleva esserlo.

“Senti, mi dispiace sul serio ma non c’è motivo di aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato”, disse gentile Hermione.

La Parkinson la guardò fiera. “Credi di essere l’unica ad avermelo detto? Lo pensano tutti ma ti dico ciò che ho detto a loro: non abbandonerò Draco. Merita di avere almeno una persona che creda in lui”.

La Parkinson si alzò. “Grazie per il tuo tempo, Granger, e per non averci messo nei casini l’altra volta”.

Hermione la guardò uscire dall’ufficio. Si sentiva male per lei. Era toccante la sua lealtà ma Hermione temeva fosse sprecata per qualcuno così incurante ed egoista come Draco Malfoy.

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Capitolo 4
*** Le Droghe Non Funzionano ***


Cap 4

Le Droghe Non Funzionano

Hermione passò i giorni seguenti a maledire la propria coscienza. Non riusciva a credere di sentirsi in colpa nell’aver rifiutato la richiesta della Parkinson. Non voleva rimanere invischiata in qualsiasi tela Malfoy stesse tessendo, non ne aveva assolutamente bisogno in quel momento.

Non riuscì a non prestargli attenzione quando lo vide trascinarsi alla lezione di incantesimi venti minuti più tardi. Si comportava come al solito, con le maniche della camicia arrotolate per mettere in mostra il Marchio nero, come se ne fosse stato orgoglioso. Aveva anche la cravatta slacciata e nessuna borsa appresso.

“Carino che lei si unisca a noi, Signor Malfoy”, disse sarcastico Vitious. “Ha i suoi compiti?”, chiese, guardando apertamente le sue mani vuote.

“No”, replicò Malfoy.

“Oh, Draco, l’ho messo in borsa io”, si intromise la Parkinson. “L’hai lasciato sul tavolo della sala comune”.

Malfoy la guardò interrogativo ma non espose la sua bugia. “Congratulazioni, Pansy”, replicò disinteressato quando lei lo consegnò a Vitious.

Hermione capì subito la situazione. La Parkinson stava svolgendo i compiti di Malfoy, ecco perché i suoi voti stavano calando. Nonostante le sue colpe, era comunque intelligente. Sono una persona brillante sarebbe riuscita a sistemare l’armadio svanitore al sesto anno ma, da quanto era tornato ad Hogwarts, sembrava disinteressato a qualsiasi cosa. Non faceva alcuno sforzo in classe, passava solo il tempo, e adesso sembrava che non si desse nemmeno la briga di fare i compiti. Hermione si morse un labbro. Non riusciva a credere di essersi interessata a ciò che Draco Malfoy stesse facendo o meno, non erano affari suoi. Harry e Ron avevano avuto la giusta idea di ignorarne l’esistenza, ma non era nella sua natura farlo, soprattutto quando le era stato direttamente chiesto aiuto.

Una delle cose che le aveva detto la Parkinson aveva perseguitato Hermione. Ci aveva fatto più attenzione del solito da quando glie lo aveva riferito ed aveva capito fosse la verità. Malfoy non aveva nessun altro che si curasse di lui a parte la ragazza. Gli insegnanti non erano entusiasti fosse tornato a scuola e lo ignoravano volentieri. Se fossero stati i suoi voti, a calare drammaticamente come quelli di lui, sarebbe stata chiamata dalla McGranitt e da molti altri professori, volenterosi di capire cosa ci fosse che non andava e l’avrebbero aiutata a trovare una soluzione. In quel caso invece la Parkinson riusciva a fare i compiti di Malfoy e nessuno lo notava o, più semplicemente, se ne interessava. La cosa la rese parecchio triste. Non avere nessuno a cui importasse era un destino terribile.

Alla fine della lezione, Hermione aveva cambiato idea e chiamò la Parkinson. “Parkinson, hai un minuto?”.

Pansy alzò lo sguardo sorpresa e le si avvicinò. “Va tutto bene, Granger?”, le chiese.

“Sì, ci ho pensato ed ho deciso di aiutarti. Avevi ragione, la cosa non può continuare”, disse, sperando di non pentirsene.

La Parkinson la osservò stupita. “Ottimo. Grazie mille, Granger. Allora, quando credi potremmo parlarne?”.

Hermione fu grata che almeno non fosse così stupida da chiederle informazioni in classe.

“Vieni nel mio ufficio dopodomani, sarò lì tra le 7 e le 8 di sera”, informò la ragazza.

“Ok, ci vediamo presto allora”, replicò la Parkinson prima di tornare al fianco di Blasie.

“Che cosa vi siete dette?”, chiese Harry. Lui e Ron l’avevano aspettata fuori dalla classe, completamente ignari del perché le due si fossero parlate.

“Oh, la Parkinson è venuta nel mio ufficio la settimana scorsa e mi ha chiesto di aiutarla con un piccolo problema”, rispose Hermione, presa in contropiede.

“Da quando la Parkinson, la Regina dei Serpeverde, chiede aiuto ad Hermione Granger?”, chiese sospettoso Harry.

“Da quando ha problemi con quelli del primo anno che vengono bullizzati. Vuole il mio aiuto per fermare la cosa. Ho detto che ci avrei pensato ed avrei trovato una strategia”, inventò su due piedi.

Harry e Ron non poterono controbattere. Nessuno poteva condannare quelli del primo anno, dato che non erano nemmeno entrati ad Hogwarts l’anno prima. Questo le dava anche la scusa per incontrare la Parkinson in altre occasioni.

“Ehm.. beh, stai attenta, Hermione. Non puoi fidarti delle serpi”, la mise in guardia Harry.

Lei sorrise e lo prese a braccetto. Entrambi i suoi amici sarebbero diventati isterici se avessero saputo di cosa avesse davvero discusso con Pansy. Non c’era nulla di innocente in Draco Malfoy.


Quella sera a cena, Draco fissava imbronciato il proprio piatto. L’effetto di intorpidimento dato dall’alcool stava iniziando a vanire. Aveva scoperto che passare la giornata completamente ubriaco non lo aiutava più a combattere i suoi demoni. Aveva anche iniziato ad avere qualche problema di salute grazie alla sua nuova abitudine. Gli sembrava che il fegato fosse stato smangiucchiato da un Thestral e lo stomaco gli si ribellava a causa della dieta liquida che stava seguendo. Era una cosa triste che il Firewhiskey avesse smesso di funzionare e, a rendere la cosa peggiore, stava anche diminuendo il tempo che passava ad essere sobrio. Le mani avevano iniziato a tremargli ed aveva un mal di testa costante. Ormai sapeva di essere un alcolizzato. Probabilmente avrebbe dovuto preoccuparsi più di quanto non facesse. Quella sera era salito a cena per cercare di mangiare qualcosa prima che il suo corpo lo abbandonasse. Di certo non voleva finire in infermeria, sotto le cure di Madama Chips. Da lei non avrebbe ottenuto del Firewhiskey e si sarebbe accorta dei suoi incubi. In quel caso, sarebbe stato costretto a risolvere i suoi problemi, piuttosto che annegarli in qualsiasi alcolico fosse riuscito a mettere le mani. Magari poteva iniziare ad usare qualche droga leggera. Le lezioni di Babbanologia a cui doveva partecipare avevano trattato l’argomento la settimana precedente. Draco aveva stretto i denti alla vista delle immagini di Babbani che si facevano. Dopotutto, non facevano altro che confermare gli stereotipi che gli avevano insegnato su quanto fossero inferiori i Babbani. Draco lasciò perdere l’idea, una cosa del genere sarebbe stata disgustosa e comunque non avrebbe potuto procurarsele. Dubitava di trovare qualcosa di simile ad Hogsmeade. No, avrebbe dovuto continuare con l’alcool.

Draco alzò la testa dal suo piatto di zuppa che stava contemplando senza entusiasmo e vide la Granger osservarlo di nuovo. Lo faceva ormai da un paio di giorni e lo stava irritando. I suoi occhi marroni erano troppo vigili e sembravano penetrargli l’anima. Scommetteva sarebbe stata un’ottima Legilimens, se qualcuno glie lo avesse insegnato. Per fortuna Piton era morto ed odiava i Grifondoro, altrimenti ci avrebbe sicuramente provato. Le rivolse un ghigno che sembrò funzionare e le fece riportare l’attenzione su qualsiasi cosa stesse dicendo lo Sfregiato. Draco avrebbe voluto farla uscire dai propri pensieri altrettanto facilmente. Continuava a pensare a lei ed alla notte nell’armadio delle scope. A rendere la cosa peggiore, gli tornava in mente il suo profumo ogni volta che gli Elfi preparavano qualcosa con la cannella tra gli ingredienti. Era come se quell’odore gli avesse invaso i sensi e non gli piaceva neanche un po’. Di certo era perché erano passati secoli dall’ultima volta che si era trovato in intimità con una ragazza e non poteva sperare di liberarsi dei propri pensieri sulla Sanguesporco con qualcun’altra perché si tenevano tutte a distanza. Tutte le cazzate di suo padre riguardo alle ragazze che si gettavano ai piedi dei Mangiamorte non erano poi così vere, ora che Voldemort era morto. Non che ci avesse creduto, comunque. Bastava guardare Piton. Probabilmente era ancora vergine.

Fanculo, la sua vita faceva schifo. Se avesse creduto nel karma si sarebbe detto che si trattava di rivalsa per ciò che aveva fatto. Lui pensava però che la fortuna la si potesse guadagnare ed in quel caso lui non ne avrebbe avuta neanche un po’ per uscire da quel casino. Era piuttosto ironico che i Weasley, quei poveracci purosangue, ora fossero più in altro dei Malfoy nella scala sociale. Suo nonno si sarebbe rivoltato nella tomba. Fu in quel momento che Draco decise di rinunciare a preoccuparsi del proprio stomaco, spinse via il piatto ed iniziò ancora una volta a bere dalla fiaschetta. Non si rese conto che due paia di occhi femminili lo guardavano con immensa tristezza.


La Parkinson, quel giovedì, aspettò puntuale fuori dall’ufficio di Hermione. Hermione era un po’ in ritardo e all’ultimo minuto si era chiesta se dovesse davvero presentarsi quando aveva visto la Parkinson aspettarla pazientemente dietro l’angolo. Prese un respiro profondo. Ormai non poteva rimangiarsi la parola e l’atteggiamento di Malfoy della sera prima aveva rafforzato la sua opinione. Era una Grifondoro e, una volta accettato, non si tirava indietro.

La Parkinson sospirò di sollievo quando la vide arrivare ed aprire la porta con un gesto della bacchetta.

“Pensavi avessi cambiato idea?”, chiese con un sorriso Hermione.

“Non ti avrei incolpato, probabilmente io l’avrei fatto se fossi stata in te”, replicò la Parkinson.

Hermione non menzionò di essersi quasi voltata per andarsene. Non voleva darle nessun indizio sull’agonia che quella decisione le stava provocando.

“Prego, siediti”, le disse.

La Parkinson si accomodò con la schiena dritta sul bordo della sedia di fronte alla scrivania.

“Allora, dimmi di nuovo in cosa potrei aiutarti”, le disse.

“Come ho già detto, non ti chiedo di esserne coinvolta di persona, so quando sarebbe disdicevole per te. Però potrebbe servirmi una mano per tenermi informata sulle ronde di Professori e Prefetti, le loro abitudini e qualche altra informazione dall’interno che potresti avere perché io possa tenere segrete le passeggiate notturne di Draco”, replicò la Parkinson.

Hermione sapeva che la cosa non le avrebbe richiesto molto tempo. Aveva già pronte in testa le informazioni. Il suo dilemma era più che altro morale nell’aiutare una Serpeverde ad infrangere le regole perché la sua nemesi non venisse espulsa. Sapeva di aver già deciso nel momento in cui, sulla base delle parole della Parkinson, aveva osservato la vita apatica di Draco Malfoy.

“Ok, dovrebbe essere abbastanza semplice. Dopo la nostra conversazione dell’altro giorno, mi sono presa la libertà di ricopiare le ronde per il resto del mese”, le disse allungandole qualche foglio.

La Parkinson le sorrise. “So che non hai motivo di credermi, ma ti sono davvero grata”.

“Chi altro ti sta aiutando? Perché, ad essere onesta, non puoi continuare a seguire Malfoy ogni notte, facendogli anche i compiti, e rimanere sana di mente. Qualcuno ci rimetterà e sarai di certo tu”, la avvertì.

La Parkinson boccheggiò. “Come sai che gli faccio io i compiti?”.

“Non ci vuole un genio. L’unico motivo per cui la scampi è perché agli insegnanti non importa un fico secco di Draco Malfoy”, disse Hermione alzando gli occhi al cielo.

La Parkinson arrossì ma rispose alla sua precedente domanda. “Blasie e Daphne mi aiutano con i compiti ed io, Blasie e Theo ci dividiamo gli inseguimenti”.

Hermione annuì. “Ha senso. Non puoi fare tutto da sola”.

La Parkinson si alzò e fece per uscire dall’ufficio. “Un’ultima cosa, Parkinson. Se qualcuno ti chiedesse perché vieni nel mio ufficio, io ho detto ad Harry e Ron che stiamo cercando di mettere un freno ai bulli che terrorizzano i Serpeverde del primo anno”.

Pansy era rimasta sorpresa, glie lo poteva leggere in faccia. “Non esserne stupita. Io, Harry e Ron non riamo riusciti a sconfiggere i piani malvagi di Voldemort ed i suoi Mangiamorte per pura fortuna. Siamo bravi a pensare velocemente ed abili a raccontare una cosa mentre ne facciamo un’altra completamente diversa”, le disse con un sorriso.

“Perché non ne sono sconvolta?”, replicò la Parkinson. “Sareste stati dei Serpeverde decenti, tutti e tre”.

Hermione sbuffò all’idea.


Pansy tornò alla sala comune dei Serpeverde che ancora sorrideva. Adesso capiva perché la Granger si era guadagnata il titolo di strega più brillante della sua età.

“Com’è andata?”, chiese Blasie quando lo raggiunse.

Pansy controllò che nessuno stesse ascoltando. Il coinvolgimento della Caposcuola doveva rimanere tra lei e Blasie. Avevano deciso di nasconderlo anche a Daphne e Theo, anche perché lui era ancora troppo acido nei confronti di Draco per non usare l’informazione per gabbare sia lui che il Trio delle Meraviglie in un colpo solo. Sarebbe stata una cosa assolutamente da Serpeverde.

“Bene. Aveva già preparato le informazioni che ci servono ed ha inventato una copertura sul perché mi trovassi nel suo ufficio”, gli disse, raccontandogli poi anche il resto.

Lui fece un fischio. “Può non piacermi ma devi darle credito. Fa un lavoro eccezionale”.

“Siamo fortunati che voglia aiutarci”, disse.

Lui sembrò poco impressionato. “Parli della Granger, Pansy. Quella ragazza si immischia in qualsiasi cosa, è tipico dei Grifondoro”.

“Beh, in questo momento sono piuttosto felice di questa loro caratteristica. Come hai detto tu, abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile e non so perché ma mi fido di lei”, replicò Pansy.

“È solo perché praticamente risplende di nobiltà Grifondoro. Se ti ha dato la sua parola, non ti remerebbe mai contro”.

“Grazie a Merlino. Non credo potrei sopportare un altro Serpeverde in questa situazione. È bello avere a che fare con qualcuno di risoluto”.


Hermione stava camminando per il corridoio piuttosto compiaciuta di sé stessa. La Professoressa Vector le aveva appena dato un Eccellente in Artimanzia. Era così assorta nei propri pensieri che non notò una pallida mano spuntare dal nulla finché questa non le afferrò il braccio. Rabbrividì quando venne trascinata in una nicchia dietro un arazzo. Qualcuno la stava trattenendo mentre le copriva la bocca con una mano così che non potesse urlare.

“Starai o no in silenzio?”, biascicò una voce aristocratica che conosceva troppo bene.

Annuì e la mano venne ritirata. Lei si scansò e si voltò. “Malfoy, come osi trattarmi così?”, sibilò.

“Cosa? Avresti preferito mi fossi avvicinato quando eri con Potty e la Donnola?”, la prese in giro.

“Preferirei non ti avvicinassi proprio a me”, rispose.

“Come se non ti sognassi ancora i miei baci”, continuò lui a sbeffeggiarla.

“Per carità, Malfoy. Se ci pensassi, sarebbero incubi piuttosto che sogni”.

Malfoy la guardò dall’alto in basso, come per farla a pezzi mentalmente.

“Che cosa vuoi, Malfoy?”, chiese Hermione, già stanca di quel giochetto.

“Voglio sapere che cosa combini con Pansy”, le disse.

“Che intendi?”.

“Non fare la finta tonta con me, Granger. So esattamente di cosa parlo”, ringhiò.

“È venuta da me chiedendomi aiuto per fermare i bulli di quelli del primo anno”, rispose lei.

“Baggianate”, ringhiò ancora Malfoy. “Dimmi cosa sta succedendo davvero”.

Hermione chiuse gli occhi e contò fino a dieti. Non voleva davvero parlarne con lui ma non poteva conoscere le dinamiche esistenti con la Parkinson quindi non poteva mentire.

“La Parkinson mi ha chiesto aiuto per avere informazioni sulle ronde”, disse sperando che il minimo indispensabile fosse bastato.

“Fammi indovinare, le voleva per corrermi dietro ed evitare che mi becchino in giro oltre il coprifuoco così da potermi mandare via a calci”, grugnì lui.

Hermione annuì semplicemente.

“Sai, piccola Principessa Grifondoro, non c’è posto per te tra i piani dei Serpeverde. Se fossi in te, rimarrei fuori dai miei affari”, la avvertì.

In quel momento Hermione concordava appieno. Non voleva neanche avvicinarsi ai suoi problemi. Maledì la Parkinson per averla coinvolta.

“Credimi, Malfoy, non vorrei entrare nei tuoi problemi neanche con un bastone. Se vuoi andare ad ammazzarti con l’alcool, sentiti pure libero di farlo”, lo rimbeccò Hermione.

“Allora perché aiuti Pansy? Non ha senso, Granger”, le disse confuso.

Malfoy aveva una strana espressione. Di solito lo vedeva ghignare, quindi averlo di fronte scombussolato le fece pensare alle parole della Parkinson.

“Perché si sta distruggendo cercando di tenerti lontano dai guai”, sbottò lei.

Malfoy fece una smorfia. “Granger, sei davvero compassionevole”.

“Le importa di te, Malfoy. Probabilmente è l’unica persona a cui interessa e tu la ringrazi facendole venire il mal di testa”.

“Non ho bisogno della predica di una so tutto io come te, Granger”, ringhiò Malfoy.

“E invece magari sì, perché tratti da schifo la tua unica amica e sei fortunato lei stia ancora cercando di salvarti il culo”, le disse accalorata.

“Puoi ficcarti la tua morale su per le chiappe, Granger. Non ho bisogno di te e Pansy di incoraggiamento. Dovete solamente lasciarmi tutti quanti in pace”, ruggì lui prima di spostare l’arazzo e sparire lungo il corridoio.

Hermione si appoggiò al muro e chiuse gli occhi. Avrebbe dovuto andare in cerca della Parkinson per metterla al corrente dell’accaduto.

 

 

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Capitolo 5
*** Vuoto Dentro ***


Cap 5

Vuoto Dentro

Draco aveva rinunciato ad andare a letto. Gli incubi avevano continuato a peggiorare ed erano ormai al livello di quando si trovava ad Azkaban. Scelse quindi di sedersi di fronte al camino della sala grande, sorseggiando del vino elfico mentre ascoltava Theo Nott russare. Aveva smesso un po' di vagare per la scuola da ubriaco, forse perchè non era divertente avere qualcuno sempre alle calcagna. Tra l'altro, il metodo preferito di Zabini per fermarlo era pietrificarlo e Draco odiava sentirsi inerme. Gli ricordava troppo come si era sentito durante il "servizio" svolto per il Signore Oscuro. Essere un Mangiamorte non si era rivelato molto divertente. In effetti, aveva finalmente capito quale fosse la dolorosa realtà nonostante le parole di suo padre. La morte di Voldemort era stata un sollievo, anche se lo aveva portato ad essere dal lato dei perdenti, ma lo preferiva ad una vita ai comandi di un omicida psicopatico. Una volta che si fosse liberato di tutti i Sanguesporco, chissà contro chi si sarebbe lanciato. Non aveva neanche mai mostrato alcuna esitazione nell'uccidere i Purosangue ed i Malfoy erano sprofondati piuttosto in basso dopo il fiasco all'Ufficio Misteri. Draco non si sarebbe sorpreso se fossero stati loro i primi ad essere tolti di messo tra i suoi seguaci. 

Iniziò a spostarsi a disagio sulla sedia. Si stava intorpidendo, doveva muovere le gambe e prendere aria. Quello era uno degli effetti collaterali nel rimanere chiuso tra quattro mura. Da quando era stato spedito ad Azkaban e confinato in quella minuscola cella, sentiva sempre il bisogno di camminare. Ecco perché continuava ad andare in giro dopo il coprifuoco. Sapeva che Zabini e Nott credevano si trattasse di una trovata sconsiderata ma per lui era invece un modo per sentirsi libero. Odiava sentirsi legato, gli ricordava troppo l'imprigionamento. Alzò lo sguardo verso Nott. Almeno lui dormiva. Gli avrebbe dato l'occasione per vagare senza che nessun Serpeverde lo seguisse. Poteva veramente sentirsi libero. 

Strisciò fuori dalla sala comune e raggiunse il piano terra. Poteva farsi una passeggiata intorno al Lago Nero. Riusciva già quasi a percepire il bruciore dell'aria fredda di gennaio sul viso. Rimase così assorto da ciò che stava facendo che non prestò attenzione ad altro. All'improvviso, notò il gatto di Gazza svoltare l'angolo. Fanculo, di sicuro stava andando a svegliare quell'essere puzzolente. Draco già si immaginava il respiro pesante ed asmatico di quel pazzo. Corse verso le scale più vicine, cercando di seminare quel gatto persistente ed il suo sinistro padrone. 

Arrivò in cima al castello prima di finalmente perdere le tracce di Miss Purr. Gazza era rimasto un paio di piani indietro, ansimante e chinato con le mani sulle ginocchia, ormai dieci minuti prima. Draco si stava giusto per appoggiare al muro, congratulandosi con sé stesso, quando udì delle voci. 

"Argus dice che era diretto qui, Filius", disse la McGranitt. 

"Ha detto di chi si trattava?", chiese Vitious. 

"No, solo che era un Serpeverde. Ho chiesto ad Horace di fare il palo nei sotterranei, quindi dovremmo averlo messo in trappola", replicò la McGranitt. 

Draco imprecò sottovoce. Si era appoggiato contro il muro di fianco ad un quadro di una signora obesa e vestita di rosa. Per fortuna stava russando, altrimenti avrebbe di certo richiamato la McGranitt. Rimase lì, cercando di far lavorare il cervello. Non aveva molto tempo per trovare il modo di svignarsela da quel casino e non c'era altra via rispetto a quella di provenienza della McGranitt e di Vitious. Proprio mentre i due Professori stavano per girare l'angolo, un braccio apparve al suo fianco e qualcuno lo trascinò oltre una porta. Una piccola mano gli premeva sulla bocca, nel tentativo di sopprimere il suo urlo. 

"Beh, non è qui", riuscì a sentire la voce soffocate di Vitious. "Argus è sicuro che non fosse un Tassorosso?". 

"Ha detto di aver visto una cravatta verde ed argento, ma parliamo di Gazza. Andiamo da Horace e vediamo se ha beccato qualcuno tornare di sotto", rispose la McGranitt. 

Draco sentì la ragazza dietro di lui emettere un sospiro di sollievo e la mano gli venne tolta dalla bocca. Si voltò e vide Hermione Granger in piedi in mezzo a quella che doveva essere una piccola sala comune della stanza da Caposcuola. Si fissarono per qualche minuto, entrambi sotto shock. 

"Che cosa ti ho detto, Sanguesporco? Non devi immischiarti nei miei affari", ringhiò Draco, all'improvviso infuriato. 

La Granger non si mosse. Rimase lì, a fissarlo con gli occhi da cerbiatto. Poi notò che aveva le mani strette a pugno e cercava chiaramente di calmare il respiro. Hermione prese la bacchetta e Draco sussultò impercettibilmente, pensando volesse affatturarlo. Invece lei lo spinse al muro e gli lanciò un incantesimo silenziante. 

"Chiamami Sanguesporco ancora una volta, Malfoy, e ti rimanderò ad Azkaban", gli sibilò. 

"Allora stai fottutamente lontano da me e smettila di interferire in cose che non ti riguardano", grugnì lui. 

"Un grazie sarebbe sufficiente", disse lei, disgustosamente tronfia. 

Lui non riusciva a capire da dove arrivasse tutta quella boria. Il suo cervello non era ancora tornato a ragionare velocemente, visto il vino di poco prima. "Perchè dovrei esserti riconoscente?", le chiese. 

La Granger gli si avvicinò con gli occhi luccicanti per la rabbia. "Perché, se non l'hai notato, ti ho appena salvato quel culo ingrato che ti ritrovi". 

"Non avevo bisogno del tuo aiuto, me la sarei cavata da solo", mentì con gli occhi a fessura. 

Lei gli rise in faccia. "Oh, certo, scusa. Sicuramente il grande Draco Malfoy aveva un piano. Probabilmente questo avrebbe previsto affascinare la McGranitt, ma lascia che ti dica una cosa: nessuno dei professori ti vuole qui e sarebbero tutti più che felici di cacciarti a calci da Hogwarts e lontano dalle loro vite". 

Per qualche motivo, quelle parole lo ferirono. Lo sapeva già, sin da quando la McGranitt era andata a trovarlo ad Azkaban per fargli conoscere tutti i dettagli del suo ritorno ed Hogwarts e spiegargli la prigione scolastica che gli stava preparando. La Preside non si era nemmeno preoccupata di nascondere il disgusto che provava. Per quanto la riguardava, era lui il motivo per cui Albus Silente era morto. 

"Vaffanculo, Granger". 

"Wow, Malfoy, che ritorno in pompa magna. Cosa c'è, la verità fa male?", gli disse maligna. 

"Pensavo fossi tu la Grifondoro compassionevole, invece per quanto vedo sei solo una stronza di prima categoria", la colpì Draco. 

"Scusami se non mi inchino ed accetto i tuoi insulti e la tua ingratitudine. Non sono un tappetino". 

"Con quei capelli selvaggi potresti esserlo", la prese in giro. 

"Cresci, Malfoy", gli rispose asciutta. 

Hermione si sedette su una poltrona e fissò il fuoco. Draco rimase lì, insicuro su cosa fare. Sapeva che Lumacorno non avrebbe lasciato la sua postazione e Gazza di certo era ancora in giro alla sua ricerca. 

"Invece che girarmi intorno come una nuvola nera, siediti", disse la Granger. 

Draco si mosse verso il divano e, in mancanza di qualcosa di meglio da fare, si sedette. Non era sicuro di come comportarsi. Non aveva mai passato prima del tempo da solo con la Granger. 

"Immagino dovremmo solo aspettare", gli disse lei e fu esattamente ciò che fecero. Rimasero seduti in quella posizione per solo Merlino sapeva quanto tempo.


Hermione aveva iniziato una battaglia interna. La parte più dura della sua personalità la sgridava per essersi lasciata coinvolgere, dicendole ciò che già sapeva: era stata una scellerata a cercare la fonte di quel rumore qualche settimana prima. Avrebbe dovuto rimanere totalmente all'oscuro di qualsiasi problematica in cui si fosse infilato Malfoy. Il lato più compassionevole, invece, le ricordava come non avessero vinto la guerra per continuare con i vecchi litigi. L'Hermione Granger che aveva già pianificato di cambiare il mondo magico appena presi i M.A.G.O. non avrebbe potuto voltarsi dall'altra parte di fronte ad uno studente in difficoltà, che fosse Malfoy o meno. Non sapeva perchè le importasse del dolore che lui stava sopportando, ma così era. Aveva seguito con attenzione il suo processo, curiosa di sapere cosa gli fosse successo dopo quella notte sulla torre di astronomia. Il fatto che avesse cercato di dissimulare l'aver riconosciuto lei, Ron ed Harry quando i Ghermidori li avevano catturati la intrigava ed avrebbe sempre ricordato la sua pena quando l'aveva vista torturare ed era stato costretto a guardarla. Ciò che aveva letto e sentito nei suoi riguardi l'aveva incredibilmente rattristata. Era chiaramente stato costretto a fare ciò che non avrebbe voluto ma, visto che si trattava di un Malfoy, non aveva guadagnato alcuna simpatia del Wizengamot. In tutta onestà, non conosceva molte persone che si sarebbero dispiaciute per le sue pene. Lei invece non poteva farne a meno. Nonostante fosse arrogante, di vedute ristrette e gli piacesse fare il bullo, era anche intelligente e sarebbe stato un peccato se non fosse riuscito ad esprimere tutto il suo potenziale a causa di ciò che suo padre ed un sociopatico l'avevano spinto a fare. 

Un forte russare da parte di Malfoy disturbò il monologo interno di Hermione e lei non poté evitare di ridacchiare. Quell'arrogante ed orgoglioso ragazzo, che la guardava sempre dall'alto in basso a causa delle sue origini Babbane, si era addormentato sul suo divano e ronfava in modo poco elegante. Hermione si alzò e cercò di svegliarlo, ma lui sembrava collassato. Dopo dieci minuti di strilli nelle orecchie, che non avevano fatto altro che farle guadagnare grugniti e patetici gesti della mano da parte del biondo, Hermione rinunciò. Appellò una coperta ed un cuscino e lo sistemò meglio. Nemmeno in un milione di anni si sarebbe immaginata avrebbe fatto qualcosa del genere per quel subdolo Serpeverde. Si stropicciò stancamente gli occhi, felice che fosse venerdì ed il giorno seguente avrebbe potuto rimanere a letto. Dubitava altamente che persino una sirena avrebbe potuto svegliarla alle sette di mattina.


Quando il mattino dopo arrivò, Hermione si accoccolò tra le coperte e continuò a dormire. Il lavoro in più datole dal suo ruolo di Caposcuola, assieme alle intense lezioni per i M.A.G.O. erano già abbastanza impegnative e le cose sarebbero solo peggiorate man mano che gli esami si avvicinavano. Un tonfo proveniente dalla sua sala comune la fece riscuotere dallo stato di dormiveglia. Si mise addosso la vestaglia e cercò le ciabatte prima di scendere dal letto e dirigersi verso quel rumore infernale che stava creando il furetto. 

Lo trovò a spiare la sua libreria. "Che stai facendo, Malfoy?". 

"Controllo quali siano i libri preferiti di una Sanguesporco", rispose lui. 

Hermione ruggì. "Se mi chiami ancora in quel modo, Malfoy, vado dalla McGranitt immediatamente a dirle che mi hai assalita. Veglierò personalmente che ti facciano condannare ad almeno vent'anni ad Azkaban". 

"Siamo sensibili, Granger?", biascicò Malfoy. 

Eccola che tornava, l'arroganza di un bamboccio che lei odiava spassionatamente. "Mettimi alla prova, Malfoy. Nel caso non ti fosse entrato in quel cervello che ti ritrovi, quell'ideologia ti ha fatto perdere la guerra. I Nati Babbani come me hanno prevalso e tu faresti meglio a conviverci". 

Malfoy iniziò a fissarla impassibile prima di recuperare la fiaschetta dalla tasca del mantello e portarsela alle labbra. 

Hermione si affrettò verso di lui. "Oh no, non lo farai. Non ti sbronzerai nella mia sala comune. Ormai è ora che inizi ad affrontare i tuoi problemi e la smetti di bere fino alla morte". 

"E come fai a sapere che problemi ho?", chiese Malfoy. 

"Che tu ci creda o no, io ne so qualcosa delle conseguenze della guerra. Nel caso non l'avessi notato sono stata torturata in casa tua, da tua zia, di fronte a te. Però non mi vedi trascinarmi in giro cercando di annegare le mie pene", gli disse dura Hermione. 

"Perchè sei la Signorina Grifondoro, onorata eroina", ringhiò Malfoy. 

"Oooh, Malfoy, mi fai piangere. Nessuno di darà una possibilità finché non sarai tu stesso a dartene una ed al momento non fai altro che condannarti a vivere nel passato", rispose lei asciutta. 

Prima che Malfoy potesse iniziare ad insultarla come al solito, qualcuno iniziò a bussare al ritratto della sua entrata. "Hermione, sei già sveglia? Ti va di venire a fare colazione con noi?", la chiamò Ginny. 

Hermione riusciva a sentire i lamenti del ritratto della prima Caposcuola di guardia alle sue stanze. I suoi amici ignoravano sempre Rhiannon, che li sgridava per la loro poca gentilezza. 

"Perchè bussiamo? Hermione ci ha dato la parola d'ordine, entra e basta", sentì dire la voce di Ron. 

"Perché è da maleducati, Ronald", replicò Ginny. Hermione riusciva ad immaginarsela alzare gli occhi al cielo. 

"Beh, le abbiamo dato un preavviso quindi sbrigati e dì la parola d'ordine", rispose Ron. 

Hermione si congelò per un minuto, prima di chiudere Malfoy nella sua stanza. Si mise un dito sulle labbra, avvisandolo di fare silenzio. Sentì la porta aprirsi e lanciò un ultimo sguardo a Malfoy prima di tornare in sala comune. 

"Oh, ti abbiamo svegliata?", chiese contrita Ginny. 

"Sì", disse lei, fingendo uno sbadiglio. "Mi spiace, sono rimasta a leggere fino a tardi". 

"O quello o hai bevuto", disse divertito Harry, sollevando la fiaschetta che Malfoy aveva dimenticato sul tavolino da caffè. "Hermione, che diavolo ti bevi? Questa roba è potente", disse storcendo il naso. 

Hermione gli prese la fiaschetta di mano. "Harry, mi conosci, non è mia. L'ho trovata durante la ronda di ieri sera. E di certo non mi ubriaco tanto da svenire. La notte scorsa non riuscivo a dormire così mi sono messa a leggere sul divano". 

Ron si allungò per dare un'occhiata. "Non è quella del furetto? Sono piuttosto sicuro sia proprio lei", disse prima di mettersela in tasca. 

"Ronald Weasley, che stai facendo?", chiese oltraggiata Hermione. 

Ron sorrise. "Me la frego. Prima la disinfetto e poi la tiro fuori di fronte a lui. Lo farà uscire di testa vedere la sua preziosa fiaschetta nelle mie mani, così glie la faccio pagare per quella scenata dell'altro giorno fuori dalla classe di pozioni". 

"Potrebbe essere un cimelio o qualcosa del genere", disse Hermione scandalizzata. 

"Beh, allora me la prendo sicuramente", sghignazzò Ron. 

Hermione alzò le braccia in aria, sconfitta. Ron non avrebbe ricominciato a ragionare e lei non aveva la forza per litigare con lui per il possesso di quello stupido affare. Tra l'altro, se fosse rimasta nelle mani di Ron, Malfoy sarebbe stato costretto a bere di meno. 

"Bene, abbiamo fame. Muovi il culo e ci vediamo di sotto", disse Ginny. 

Hermione sorrise, di nuovo di buon umore di fronte all'appetito insaziabile dei Weasley. Come facessero ad essere così magri non l'avrebbe mai capito. Tornò nella sua stanza, pronta per cacciare via Malfoy ed iniziare la giornata. Era ovvio che l'avrebbe trovato a rovistare tra le sue cose. Il suo diario era aperto sul comodino e lui lo stava sfogliando. Quando entrò, i loro occhi si incatenarono. 

"Faresti meglio a recuperare la mia fiaschetta dalle mani di quell'ignorante", disse Malfoy prima di marciare fuori e sbattere la porta della sua sala comune. 

"Idiota”, mormorò Hermione mentre si apriva l'acqua della doccia. Non si era nemmeno preoccupato di chiederle se fosse sicuro uscire di lì. Chiunque dei Grifondoro avrebbe potuto vederlo uscire dalle sue stanze. Era proprio il tipo di problema di cui non aveva bisogno.


Draco era incazzato. Si era svegliato con un dopo sbornia allucinante, dannato vino, ed un torcicollo atroce a causa di quello schifo di divano della Grifondoro. Poi aveva anche dovuto ascoltare una delle solite ramanzine di quel topo da biblioteca, per poi rimanere senza i suoi averi che gli avrebbero permesso di bere durante il giorno grazie alla Donnola. Era solo un gingillo senza valore che aveva preso a Diagon Alley ma non era quello il punto, bensì che in quel momento si trovava tra le mani di quella sottospecie di mago. Sapeva quanto vendicativo potesse diventare Weasley. Quel rosso gli avrebbe fatto saltare i nervi. 

"Dove sei stato?", furono le prime parole che Draco udì quando entrò nella sala comune dei Serpeverde. 

Non era davvero dell'umore per una crisi isterica di Pansy. La ignorò ed andò verso il dormitorio, ma lei lo seguì. Dannato Hogwarts, anche i dormitori dei ragazzi dovevano avere un incantesimo repellente. 

"Draco, ti ho fatto una domanda", insistette Pansy. 

"Ed io ho scelto di non rispondere". Aprì la porta del dormitorio. Nott era ancora addormentato mentre Zabini stava finendo di vestirsi. 

"Oh che gioca, guarda cosa ci ha portato il gatto", biascicò lui. 

"Mi spiace deluderti, Zabini, ma non sono ancora morto", replicò Draco. 

"Io continuo a sperarci", rispose Zabini. 

"Smettetela! Smettetela subito!", urlò Pansy. 

Nott si alzò a sedere di scatto, svegliato di colpo, mentre Draco e Zabini si voltarono scioccati verso di lei. Pansy era immobile, con le lacrime che le scendevano sulle guance. 

"Sono stanca di tutto questo, delle litigate tra di noi. Dovremmo rimanere uniti, ne abbiamo bisogno. Nel caso non l'abbiate notato, non siamo esattamente in buoni rapporti con il resto della scuola e la maggior parte degli insegnanti ci guarda con costernazione. E noi che facciamo? Ti punzecchiamo e ci azzuffiamo!", urlò con passione Pansy. 

Zabini si avvicinò alla sua ragazza e la fece sedere sul suo letto, prima di darle un fazzoletto ed accarezzarle piano la schiena. 

"Pansy, non fare così. Faremo uno sforzo, te lo prometto", disse alla ragazza disperata. 

"Fallo tu, Zabini. Io non riesco a sopportare la vista della tua fottuta faccia", grugnì Draco. 

Zabini, mantenendo la promessa appena fatta, non fece nulla a parte guardarlo con disprezzo. Theo si alzò dal letto. "Devo farmi una doccia, è troppo presto per questi isterismi". 

"Oh no, Theo. Che diavolo è successo la notte scorsa? Dovevi fermare Draco se fosse andato in giro per il castello e invece è rientrato ora. Solo Salazar sa in che guaio avrebbe potuto cacciarsi!", urlò Pansy. 

Theo guardò Blasie come per dirgli di controllare la sua ragazza. "Non è colpa mia. Ero stanco e Malfoy si stava autocommiserando come gli piace fare ultimamente ed è lì seduto a piangersi addosso per ore. Mi annoiavo". 

Draco lo guardò impassibile. "Non curatevi di me. Prego, continuate a parlare come se non ci fossi". 

"Potresti anche non esserci, visto come ti sei comportato", disse Theo. 

"Oh, mi spiace, Nott. Quest'anno non ti ho coccolato abbastanza^ Non avevo capito mi stessi cercando per tenerti la mano, fottuto idiota", ringhiò Draco. 

Pansy alzò le braccia al cielo. "Siete incredibili. Che è successo al rimanere uniti e smetterla di litigare?". 

"Scoprirai che solo Blasie ha accettato", le fece notare Theo. 

"E solo perchè è uno sfigato piagnucolone", aggiunse Draco. 

Blasie lanciò ad entrambi un'occhiataccia nel momento in cui Pansy emise un lamento di disperazione. "Ignorali, Pansy. Ci riusciremo, anche se dovessi prenderli per le orecchie e sbatacchiarli testa contro testa per ottenere qualche risultato". 

Draco alzò gli occhi al cielo e si afflosciò sul suo letto. Magari poteva dormire un altro paio d'ore.

 

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Capitolo 6
*** Segreti e Bugie ***


Cap 6

Segreti e Bugie

Hermione notò contenta che nessuno dei suoi compagni Grifondoro la stava guardando in modo strano durante la colazione. Emise un mentale sospirò di sollievo. Significava che la melodrammatica uscita di Malfoy dalla sua sala comune non fosse stata notata. Era riuscita a schivarla per quella volta, anche se era sicura che la Parkinson avrebbe strapazzato chiunque avrebbe dovuto tenerlo d'occhio la sera precedente. Ormai aveva capito che Pansy diventava come una leonessa che difende il suo cucciolo. 

Aspettò la fine della colazione prima di correre dietro alla Serpeverde. Non voleva andare a parlarle di fronte a tutta la scuola, dato che avrebbe destato pettegolezzi. Tutti sapevano non ci fosse nessun amore tra loro due. Hermione la seguì a debita distanza prima di vederla infilarsi in uno dei corridoi usati raramente. 

"Parkinson!", la chiamò, e la Serpeverde si voltò verso di lei.

"Granger", la riconobbe. "Va tutto bene?".

"Volevo solo raccontarti della scorsa notte", disse Hermione.

Pansy chiuse gli occhi ed Hermione provò un po' di pietà. Anche lei sarebbe stata disperatamente preoccupata se si fosse trovata nei suoi panni.

"Non preoccuparti, nessuno a parte me sa che se ne andava a zonzo. È riuscito a sfuggire a Gazza e Miss Purr ed è rimasto sul divano della mia sala comune. Ho dovuto acciuffarlo prima che lo beccassero Vitious e la McGranitt e si è addormentato prima che passasse abbastanza tempo perché rientrasse senza problemi nei sotterranei”.

La Parkinson emise un sospiro profondo e guardò Hermione sconvolta ma anche stupita. “Grazie, Granger. So che deve essere stato difficile per te aiutarlo e dubito che Draco ti sia stato molto riconoscente”.

Hermione sbuffò. “Mi ha chiamata Sanguesporco un paio di volte, ma credo di avergli fatto comprendere che lo avrei affatturato se lo avesse rifatto quindi spero abbia afferrato il concetto”.

La mora la guardò piuttosto imbarazzata. “Sì, beh, mi dispiace. Non avresti dovuto preoccupartene tu”, mormorò.

Hermione rimase impressionata nel notare quando la Parkinson sembrasse cambiata da quando erano tornate a scuola. Durante il sesto anno, sarebbe sicuramente andata dietro a Malfoy, divertendosi ed unendosi a lui per insultarla, invece che rimanere a guardarla imbarazzata e scusarsi. Di certo lei preferiva quella versione nuova e migliorata.

“Comunque, volevo solo lo sapessi. Immagino che Malfoy non te lo avrebbe raccontato e se si fosse trattato di Harry o Ron io mi sarei preoccupata a morte”, disse Hermione.

La Parkinson le sorrise con gratitudine. “Già, Draco è mai stato il tipo da condividere più informazioni di quanto voglia”.

Lei annuì. “Va tutto bene? Intendo, è passato un po’ da quando è andato in giro in quel modo l’ultima volta”.

“Quello stupido di Theo si è addormentato. Si annoiava perché negli ultimi tempi siamo risusciti a tenere Draco al guinzaglio. Io e Blasie lo terremo d’occhio per i prossimi giorni, quindi dovrebbe andare tutto bene”.

“Sembra un buon piano. Se conosco la McGranitt, avrà messo di ronda anche i professori per qualche giorno, nel caso dovesse risuccedere”, disse prima di allontanarsi.

Quello che Hermione non notò, fu Neville Paciock fissare preoccupato sia lei che la Parkinson.


Hermione raggiunse il campo da Quidditch, dove Harry stava allenando la squadra di Grifondoro. Era quasi a metà strada quando qualcuno la chiamò alle sue spalle. “Hermione, aspetta”.

Si voltò e vide Neville correre verso di lei. “Ciano, Neville”, disse allegra, ma si rese conto che lui non ricambiò il sorriso. Sembrava piuttosto preoccupato. “Cosa succede?”, chiese.

Neville si guardò i piedi e fese un respiro profondo. “Senti, Hermione, non voglio tu pensi che mi stia impicciando nei tuoi affari ma sono un po’ preoccupato per te”.

Hermione si accigliò, confusa. “Cosa? Perché?”.

Lui iniziò a dondolarsi a disagio. “Beh, io … ehm… ho visto qualcosa di insolito questa mattina”.

“Va tutto bene? Si tratta di qualcosa che posso risolvere come Caposcuola? Non preoccuparti, se è qualcosa di brutto non dirò che sei stato tu a raccontarmelo”, disse Hermione.

Neville la guardò. “No, non si tratta di questo, Hermione, ma ho visto Malfoy uscire dalla tua stanza e poi te e la Parkinson parlare assieme. Va tutto come dovrebbe andare?”.

Hermione arrossì ed imprecò. Aveva creduto di essersela cavata. “Qualcun altro lo ha visto uscire?”, gli chiese.

“No”, replicò Neville. “Solo io”.

“Non è niente di brutto, Neville. Si è solo addormentato sul mio divano”, disse Hermione.

“E cosa ci faceva lì, invece?”, chiese Neville.

Aveva davvero sperato che la sua succinta spiegazione sarebbe bastata ma Neville era cresciuto e non era più così semplice da calmare come in precedenza. L’anno passato a gestire l’Esercito di Silente contro i Carrow lo aveva fatto maturare.

“Te lo dirò, ma per favore, Neville, deve rimanere tra noi due. Ti prego, non fare la spia con Ron ed Harry”, iniziò a spiegargli.

Lui annuì, sapendo che non avrebbe continuato altrimenti.

“Ok. Beh, non so se l’hai notato ma da quando è tornato ad Hogwarts, Malfoy ha qualche problema. Poco dopo l’inizio del semestre ho beccato Zabini e la Parkinson che cercavano di farlo tornare in sala comune. Era ubriaco. La Parkinson era preoccupata che andassi a dirlo a Lumacorno o alla McGranitt ma io non volevo rimanerne coinvolta quindi sono stata zitta. L’altra notte ho trovato Malfoy che si aggirava fuori dalla torre ed era di nuovo ubriaco. L’ho fatto entrare nella mia sala comune per cercare di farlo tornare sobrio ma lui si è addormentato. Alla Parkinson stavo solo raccontando cosa fosse successo questa notte perché era preoccupata per lui”, lo informò tenendo per sé qualche dettaglio.

Neville la fissò duramente. “Perché credo tu non mi stia dicendo tutta la verità? Per cominciare, credo che Malfoy centri qualcosa con i succhiotti che avevi e la cosa combacia perfettamente con le tempistiche”.

Hermione grugnì. Che quella sua nuova sicurezza fosse dannata. In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per riavere il Neville del primo anno. Almeno avrebbe accettato la sua spiegazione e se ne sarebbe andato, invece avrebbe dovuto raccontargli tutto dopo aver giurato di mantenere il segreto.

“E poi perché ti stai immischiando? Se Harry e Ron lo scoprissero diventerebbero furiosi”, osservò ancora lui.

“Lo so, e non so dirti il perché. È solo che la Parkinson sta facendo tutto quello che farei io se uno dei miei amici fosse nella stessa situazione. Sta cercando di tenere Malfoy lontano dai guai ed aveva davvero ragione su alcune cose che mi ha detto. Nessuno lo vuole qui, nemmeno i professori. Credo solo sia un peccato non stiano nemmeno prestando attenzione al fatto che la sua vita stia andando in fumo”, rispose lei.

“Sì, ma ancora non spiega perché ti stai impicciando. Parliamo di Malfoy, non ha mai mostrato altro che disprezzo nei tuoi confronti”, fece notare Neville.

Hermione si prese i capelli per la frustrazione. “Credi che non mi sia detta le stesse cose? Ma l’anno scorso non ho passato le pene dell’infermo perché qualcuno chiudesse gli occhi di fronte a chi sta soffrendo e non importa quando sia insopportabile, Malfoy è davvero disperato”.

Neville le sorrise amorevolmente. “Lo capisco, davvero. Non saresti l’Hermione Granger che tutti adoriamo se riuscissi a voltarti dall’altra parte. Ma per favore, stai attenta e vieni a parlarmi se ne avessi bisogno. Manterrò il tuo segreto e sarò il tuo confidente se ti può servire”.

Hermione abbracciò forte il suo amico. “Non potrei chiedere un amico migliore, Neville. Grazie davvero. Voglio bene ad Harry e Ron ma loro non capirebbero perché ho bisogno di aiutarlo”.

“Lo so, ecco perché sono pronto a tenerglielo nascosto. Ma se andrai troppo a fondo io sarò pronto a farti uscire da tutta questa situazione, anche se significherà andarlo a raccontare ad Harry e Ron”, la mise in guardia.

Lei gli sorrise. “Sarei più che felice se lo facessi. L’altra notte è stata un’eccezione e non ho alcun desiderio di rimanerne invischiata più del dovuto. Dopo tutto, è davvero Malfoy”.

Neville le batté una pacca sulla schiena e si avviarono verso il campo per osservare i progressi della squadra di Grifondoro. Hermione si sentiva molto più felice nell’avere almeno un amico che sapesse ciò che stava succedendo e con cui avrebbe potuto parlare.


Pansy riuscì finalmente a trovare Draco in un’area più riservata nei giardini di Hogwarts, dall’altro lato del lago. Quel posto era stato il suo preferito sin dal terzo anno, quando aveva bisogno di pensare, ed aveva iniziato ad andarci molto più spesso da quando le cose erano andate male al sesto anno. Solo Pansy ne era a conoscenza.

“Che cosa vuoi, Pansy?”, chiese Draco senza nemmeno voltarsi.

“Questa mattina ho parlato con la Granger”, replicò.

“Che diavolo ha detto adesso quella so-tutto-io?”.

“Mi ha raccontato della scorsa notte”, disse lei.

“Sapevo sarebbe stata totalmente incapace di tenere la bocca chiusa”, ruggì lui.

“Perché non me lo hai detto?”, chiese Pansy.

“Perché non ti riguarda. Quando riuscirai a capirlo?”.

“Sai, Draco, questo comportamento ormai è stato già visto e sentito. Continua pure a cercare di allontanarmi, ma io non ti abbandonerò”.

Lui si voltò a guardarla, prima di prendersi la testa tra le mani e chiudere gli occhi. “Se capissi ciò che è meglio per te, ti dimenticheresti di avermi mai conosciuto”.

“Non posso farlo. Ci siamo sempre guardati le spalle a vicenda e non ti lascerò andare adesso che hai raggiunto il fondo”.

Draco rimase seduto per cinque minuti. Se Pansy non lo avesse compreso così bene avrebbe pensato che non l’avesse ascoltata.

“È un casino, Pansy”, sussurrò finalmente e fu proprio ciò che Pansy stava aspettando. Gli corse incontro e si abbassò, abbracciandolo.

“Lo so, ma possiamo lavorarci. Non deve essere sempre così”, disse.

“Facile da dire, per te. Te ne andrai da Hogwarts, sposerai qualche ricco purosangue ed in qualche anno tutti si dimenticheranno delle porcherie che hai combinato a scuola. Ma di me no. Io avrò sempre questo fottuto Marchio nero a ricordare a tutti che stupido sono stato da ragazzino”.

“Quindi non credi più in tutta quella faccenda del sangue?”, chiese sorpresa Pansy.

Lui le lanciò uno sguardo ma sospirò. “Non lo so. Cioè, farlo è nelle mie vene. Ho vissuto, sognato e respirato quella credenza per così tanto tempo che non riesco a ricordare quando sia cominciata ma gli ultimi due anni e mezzo della mia vita sono stati un dannato incubo”.

Lei annuì. “Credo tutti ci sentiamo un po’ così”.

“Appena mi è stato detto di prendere il Marchio e di portare a termine la missione ho capito che Voldemort era uno psicopatico, ma sapevo che se avessi iniziato a farmi domande sarei diventato pazzo. Era più facile vantarmi di quale onore fosse”.

Pansy guardò il suo migliore amico con gli occhi tristi. Il sesto anno aveva loro dimostrato quanto pericoloso fosse il mondo e quali sarebbero stati i loro ruoli. Non importava cosa pensassero Tiger e Goyle, Pansy non si era divertita durante il settimo. Era stato buio e tenebroso ed aveva presto capito di non essere tagliata per lanciare le maledizioni senza perdono agli studenti, persino sui Grifondoro. Chi poteva sapere gli orrori cui Draco aveva dovuto assistere, visto che si rifiutava di parlarne?

“Se Voldemort avesse davvero creduto alla supremazia del sangue puro non si sarebbe divertito in quel modo a mettere l’uno contro l’altro i suoi Mangiamorte. Non erano altro che pedine nel suo gioco e le nostre vite non sarebbero valse più nulla nel momento in cui non ci avrebbe più ritenuto utili. L’unica cosa che ci ha tenuto in vita è stata il fatto che aveva bisogno dei soldi della mia famiglia e del Manor”, continuò Draco. “E adesso mi ritrovo a pensare che non me ne importa niente. Chi se ne frega se i Sanguesporco stanno aumentando e diventano più potenti? È destino che accada e dire che hanno rubato la magia è un po’ troppo. Non riesco davvero più a far sì che mi importi”.

Pansy lo guardò confusa. “Allora perché chiami ancora Sanguesporco la Granger?”.

Draco ghignò. “Perché è ancora un’irritante so-tutto-io che adora sventolare sotto il naso di chiunque il suo cervello sopraffino. Mi fa dannatamente infuriare. E comunque, è ciò che tutti si aspettano da me. Nella loro mente, non sono altro che un Mangiamorte”.

“Perché non dai la possibilità alle persone di giudicarti davvero, piuttosto che assecondare le loro aspettative?”, chiese Pansy.

“Già, perché per il resto dei Serpeverde funziona a meraviglia”, disse sarcastico. “A nessuno importa cosa pensiamo o se siamo cambiati. Ci odiano e vogliono farcela pagare per gli ultimi sette anni. Potremmo mettere su un club “Io adoro Harry Potter” ma continuerebbero a disprezzarci”.

Pansy non poteva dire molto riguardo a quello, perché aveva ragione. Nessuno voleva avere a che fare con loro ma nel suo cuore non poteva davvero fargliene una colpa. Avevano detto e fatto troppe cose perché quella fosse una sorpresa. Se fosse appartenuta ad un’altra casa, nemmeno lei avrebbe teso la mano.

“Comunque ti sbagli sulla Granger”, disse Pansy, dopo averci pensato.

“Che intendi?”.

“È il tipo da dare ai Serpeverde una possibilità. Mi sta aiutando e ancora non capisco perché”.

“Probabilmente le piace fare queste cose. È il tipo”, disse Draco con una smorfia.

Lei scosse la testa. “No, non lo è. Blasie ha detto la stessa cosa ma nessuno dei due guarda oltre il fatto che lei sia la migliore amica di Potter e Weasley ed una Grifondoro. Io penso invece che voglia davvero dare la differenza e mettere fine alla rivalità con questa casa”.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Riusciresti a farmi piangere maggiormente il cuore?”.

“Ha fatto per te una cosa molto carina, ieri”.

Draco sbuffò ma non rispose perché non poteva. Pansy aveva ragione. La notte precedente si era giocata la testa e lui non riusciva a capire perché.

“Se è così davvero terribile ed irritante, allora perché ti ha salvato?”, continuò Pansy.

Lui si alzò ed iniziò a camminare avanti e indietro. “Che diavolo ne so? Probabilmente adora avere il potere di potermi fregare e farmi espellere da Hogwarts per sempre”.

Pansy ci pensò su. “No, non credo. Se avesse solo voluto questo avrebbe tentato di ricattarci per l’intera faccenda dell’armadio delle scope. Il fatto è che non voleva pensarci e se l’è tenuto per sé. Si è immischiata solo perché glie l’ho chiesto io e tra l’altro all’inizio si era rifiutata”.

Draco la guardò incredulo. “Che diavolo hai che non va, Pansy? Hai dovuto implorare una Grifondoro, e proprio la Granger? I Serpeverde tengono per sé i propri problemi, lo sai”.

“Non mi interessa, Draco. Io farò ciò che è necessario, non mi tirerò indietro per fare il minimo indispensabile. Se avessi dovuto andare da Potter, lo avrei fatto”.

“Almeno lui non ti avrebbe accontentata. Di certo non avrebbe alzato un dito per me”, disse sbuffando Draco.

“Sì, beh, ringrazia che la Granger non la pensi così. Adesso per te la cosa peggiore sarebbe essere cacciato da Hogwarts. Il nome dei Malfoy non ha davvero bisogno di altra pubblicità negativa”, lo punzecchiò Pansy.

Draco si passò una mano tra i capelli, agitato. “Come diavolo ha fatto la mia vita a complicarsi così?”.

Pansy sbuffò. “Perché abbiamo seguito i nostri genitori, che hanno stupidamente adorato un pazzo. Questo ha portato loro ad Azkaban e noi a delle vite miserabili ancora prima di aver finito la scuola”.

Lui tirò un calcio ad un sasso in risposta. Dannato stupido Lucius e fottuto di un pazzo di Voldemort. Ma tra tutti, fanculo anche a quell’idiota della Granger ed ai suoi occhi marroni che lo guardavano con pietà. Aveva capito quanto la sua vita facesse schifo nel momento in cui era diventato il suo nuovo caso umano.

Pansy si alzò. “Dai alla Granger un po’ di credito, Draco. Non doveva per forza aiutarmi ma l’ha fatto e davvero non credo meriti di ricevere altri insulti da te. E comunque, credo davvero potrebbe affatturarti se dovessi continuare. Quella ragazza è troppo brava a fare incantesimi perché non riesca a farti male”.

“Come ti pare”, replicò lui.

Lei allungò una mano per farlo fermare. “Per favore, Draco, fallo per me. Lasciala in pace”.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Per la barba di Merlino, Pansy, adesso sei la sua guardia del corpo? Starò lontano da quella stronza e non la tedierò con la mia presenza. Non che sia difficile, non è che io voglia esattamente trovarmi nelle sue vicinanze. Contenta?”.

“Sarò felice quando tornerai ad essere te stesso, Draco”, rispose Pansy.

Draco le fece una specie di sorriso per prenderla in giro. “Questo è il nuovo me, Pansy. Faresti meglio ad abituarti”.

Pansy lo osservò allontanarsi e sospirò. Almeno era riuscita a smuoverlo un po’ e farlo parlare di certe cose, ma sapeva quanto il pozzo fosse profondo e c’era molto di più da far affiorare. Stava soffrendo tantissimo e non era per niente in grado di farcela da solo.


“Allenamento fruttuoso?”, chiese Hermione quando si avvicinò ad Harry, Ron e Ginny, che parlavano fitto fitto delle loro tattiche.

“Sì, non male, ma dovremmo essere in forma migliore rispetto alla partita contro i Serpeverde, per battere i Corvonero”, disse Harry.

Hermione fece una smorfia al pensiero di quel disastro. La prima partita della stagione era stata, come tradizione, Grifondoro contro Serpeverde, ed il trionfante ritorno di Harry Potter e Ron Weasley aveva attirato l’attenzione di tutti verso il gioco. Corvonero e Tassorosso avevano persino abbracciato i colori rosso ed oro come presa di posizione contro i Serpeverde, che avevano invece fatto molta fatica a mettere insieme una squadra. Harper era stato fatto capitano in assenza di Malfoy ed aveva dovuto rivolgersi a quelli del primo anno per trovare qualcuno che giocasse. I più vecchi sapevano che le altre squadre avrebbero usato gli incontri per ottenere vendetta, così l’istinto di auto-conservazione aveva preso il sopravvento sul desiderio di rappresentare la propria casa. Ad essere onesti, Harry aveva tenuto i suoi compagni al guinzaglio corto ed era stato imitato da molti ad eccezione di qualche ricaduta di Jimmy Peake, che aveva lanciato diverse volte un bolide contro la testa di Harper senza motivo. La squadra di Serpeverde invece, composta principalmente da ragazzi del secondo anno, era rimasta impressionata dalla guida di Harry, il giocatore più esperto ed osannato da tre quarti della scuola. Hermione sapeva che aveva avuto senso giocare quella partita prima del ritorno di Malfoy, ma le era sembrato un po’ crudele soprattutto perché lui non aveva nemmeno tentato di rientrare in squadra.

“Calmati, Harry. I Corvonero non hanno niente contro di noi”, disse Ron guadagnandosi un’occhiata irritata di Harry, che non prendeva mai il Quidditch alla leggera.

“Sei riuscita a trovare Neville?”, chiese Ginny, volendo evitare un’altra discussione accalorata tra il suo fidanzato e suo fratello.

“Sì”, rispose Hermione.

“Va tutto bene? Sembrava davvero preoccupato questa mattina, prima che arrivassi per colazione”, disse Harry.

“Oh sì, niente di serio”, disse leggera.

“Sicura? L’ho sentito mormorare qualcosa su Malfoy”, insistette Harry.

“Davvero? Non mi ha detto nulla a riguardo. Aveva a che fare con le serre di Erbologia”, mentì.

“Ottimo”, replicò Ron. “Sto morendo di fame, andiamo a pranzo”.

Hermione sospirò di sollievo. Nessuno aveva pensato di approfondire la questione. L’appetito famelico di Ron era arrivato ancora una volta a salvare la situazione. Non si sarebbe mai più lamentata dei pezzi di cibo che gli volavano dalla bocca ogni volta.

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Capitolo 7
*** Solo Contro il Mondo ***


Cap 7

Solo contro il mondo

Draco aveva preso l’abitudine di recarsi sulle sponde del lago. Non importava che la temperatura fosse calata parecchio, dato che di solito era deserto e li riusciva a sfuggire alle occhiate penetranti di quelli che prestavano attenzione ad ogni sua mossa. Era come se la popolazione di Hogwarts stesse aspettando facesse qualcosa di sbagliato. Magari doveva attentare la vita di Potter o trasformarsi in Voldemort o qualcosa del genere. Più realisticamente, Draco voleva solo finire l’anno e chiudere la questione. Voleva andare avanti con la sua vita, tornare a Malfoy Manor ed evitare tutti coloro che lo odiavano e non si preoccupavano di nascondere il proprio disgusto. Sospirò, quando si rese conto che ormai il pranzo era finito ed era ormai ora di partecipare alla lezione di Artimanzia avanzata.

Il problema con le classi meno numerose era che non poteva sfuggire ai compagni. Nonostante partecipasse ancora alle lezioni più popolari come trasfigurazione ed incantesimi solo con i Serpeverde, le altre erano composte da studenti misti e ad Artimanzia c’erano troppi Grifondoro per i suoi gusti. Anche la Granger ovviamente vi partecipava, ma così anche Finnegan e Thomas. Draco sarebbe stato molto più che felice di ignorarli entrambi se loro avessero fatto lo stesso ma sembrava serbassero troppa rabbia nei suoi confronti. Thomas poteva capirlo, perché aveva passato un po’ di tempo nei suoi sotterranei del Manor, ma sul perché anche Finnegan sentisse il bisogno di sfidarlo ogni volta si incontrassero rimaneva un mistero. Non credeva di avergli mai rivolto la parola, nemmeno quanto era lui stato lui a tormentare gli altri.

Draco si alzò dalla rocca su cui si era appoggiato e si incamminò verso il castello. Arrivò qualche minuto in anticipo solo per pura fortuna. Si appoggiò al muro e chiuse gli occhi. Nell’oscurità, poteva fare a finta di non trovarsi lì. Purtroppo, un rumore di passi fece svanire quel piacevole sogno.

“Oh guarda, non è quel piccolo Mangiamorte?”, disse una voce ringhiante.

Draco sospirò, riconoscendola. Aprì gli occhi e vide Thomas stargli di fronte in modo aggressivo. Di fianco a lui si trovava il suo compare Finnegan. Li guardò come per dire loro Già, e quindi? ma non si diede la pena di rispondere.

“Cosa? Non dici niente, Malfoy? Non vuoi chiamarmi Sanguesporco o dirmi che la mia presenza infetta l’aria che respiri?”, continuò Thomas.

Draco raddrizzò la schiena. Avrebbe dovuto sopportarli. Sapeva che non si sarebbero ritirati finché non avessero ottenuto quella lite che stavano cercando. Thomas voleva combattere con Draco Malfoy, il seguace di Voldemort, quindi avrebbe anche potuto soccombere e dargli ciò che voleva.

“Che cosa vuoi, Sanguesporco?”, biascicò annoiato, guardandosi le unghie.

Non notò il lampo di rabbia che passò sul viso di Thomas ed il cenno del capo che lanciò a Finnegan. Quando se ne accorse, gli aveva già tirato un pugno in faccia.

“Non cambi mai, vero Malfoy? Ancora lo stesso fottuto e disgustoso piccolo verme che sei sempre stato”, disse irato Thomas.

Draco cercò di restituirgli il favore ma non aveva tenuto conto di Finnegan, che si mosse alle sue spalle e gli tenne ferme le braccia.

“Ora non fai il gradasso, vero Malfoy? Papino è in prigione e non ci sono più i tuoi gorilla a salvarti”.

Draco si dimenò dalla presa di Finnegan, che era però molto più forte di lui nonostante la sua costituzione suggerisse il contrario. Aveva una presa ferrea e più lui si contorceva più la posizione diventava scomoda.

“Sei solo un epitoma del coraggio dei Grifondoro, Thomas. Cosa? Hai troppa paura di affrontarmi da solo e tornare nella mia cella?”, disse crudele Draco.

Quelle parole lo fecero scattare. Thomas si irrigidì prima di posizionarsi di fronte a lui. “Vaffanculo, Malfoy. Spero ti lasciarti la cicatrice”, ringhiò prima di lanciarglisi addosso.


Hermione rise quando Ron le disse “Lady Hermione, sarei onorato di trasportare la sua pesante borsa fino alla lezione di Astronomia”.

“La cavalleria non è ancora morta, ma immagino sia più rivolta ai miei appunti di pozioni piuttosto che a me”, rispose sorridendo prima di allungargliela.

Ron la raccolse e si appoggiò contro il muro. “Per la barba di Merlino, Hermione, ci hai infilato la libreria intera? Devi essere forte come un bue per trasportare una cosa del genere”.

Hermione gli arruffò i capelli. “Non è così pesante, Ronald. Ho solo qualche libro in più. Ultimamente sono rimasta indietro con Antiche Rune e voglio assicurarmi di essere pronta per i M.A.G.O.”.

“Hermione, non potrebbero bocciarti neanche se ci provassi. Potresti anche non studiare per tutto l’anno e prendere comunque un Oltre Ogni Previsione all’esame finale. L’anno scorso praticamente è stato tutto una lezione di Antiche Rune”, la prese in giro Ron.

“Ronald, solo perché ho tradotto le Fiabe di Beda il Bardo non significa che quest’anno mi promuoveranno”.

Ron riuscì ad evitare la discussione con Hermione sulla sua eccessiva abitudine allo studio solo grazie all’arrivo di Harry e Neville. “Ron, dove vai? MacMillan ci ha sfidato ad una partita a Scacchi Magici. Dobbiamo fargli le penne”, disse Harry.

Ron fece per restituire la borsa ad Hermione e correre verso qualsiasi sfida a scacchi stesse progredendo. “Dove vai?”, chiese Hermione. “Se vuoi che ti dia i miei appunti, dovrai venire con me, perché sono proprio in fondo. E no, non tirerò fuori tutto qui per poi dover rimettere a posto da sola e risparmiarti qualche minuto. Arriverò in ritardo invece tu hai l’ora buca”.

“Ma Hermione…”, si lamentò Ron.

“Faresti meglio a brigarti. Non vorrai che quei Tassorosso pensino tu abbia paura”, lo prese in giro Hermione, assicurandosi di lasciarlo indietro con la borsa. Dopotutto, era davvero pesante.

Hermione sorrise maliziosa sentendo Ron mormorare dietro di lei. Harry e Neville lo avevano abbandonato e stavano discutendo di tattiche del gioco. Era un’ottima cosa che i Grifondoro avessero Ron, perchè Harry era solo appena più bravo di lei con gli scacchi.

Hermione voltò l’angolo della classe di Artimanzia e si fermò, sconvolta per ciò che si trovò davanti. Malfoy era mezzo svenuto tra le braccia di Seamus, grondante di sangue, mentre Dean gli stava addosso.

“Smettetela, smettetela!”, urlò Hermione, affrettandosi verso di loro, ma nessuno dei due reagì.

Malfoy sembrava troppo messo male per poter fare altro che voltare la testa nella sua direzione. Hermione guardò Harry, Ron e Neville, fermi all’angolo con espressioni stupite.

“Harry, Ron, separateli”, ordinò Hermione.

Harry e Ron si guardarono, prima di parlare. “Hermione, non sappiamo ciò che ha detto Malfoy a Dean. Cioè, non ho mai visto Dean reagire così”, disse Harry.

“Non importa ciò che potrebbero essersi detti, ma il fatto che Dean stia per ucciderlo. Non possiamo permettere che accada”.

Harry e Ron sembravano ancora indecisi se immischiarsi o meno. Hermione guardò Neville implorante. Lui mormorò qualcosa come “dannato Malfoy”, prima di avanzare per fermare Dean.

“Dean! Dean!”, lo chiamò Neville. “Andiamo amico, basta così”.

Dean scosse la testa e sembrò uscire dalla trance. Guardò Malfoy e poi le sue mani con un sorriso storto. Neville mise un braccio attorno le spalle di Seamus, che lasciò andare Malfoy. Il biondo inciampò e scivolò a terra, appoggiandosi al muro.

“Che diavolo pensavi, Dean?”, chiese Hermione.

“È Malfoy, Hermione. È un piccolo disgustoso bastardo. Se lo meritava”, rispose Seamus al suo posto perché Dean stava ancora respirando in affanno.

“Gli avete bloccato le mani dietro la schiena per assicurarvi che non reagisse e poi avete iniziato a picchiarlo a morte”, disse Hermione con la fronte aggrottata.

“Non capisco perchè ti importi, Hermione. È Malfoy e ci chiama Sanguesporco”, replicò Dean.

“Sì, ha un’idea orribile e stupida riguardo la purezza del sangue ma ciò non significa io pensi dovrebbe essere tenuto fermo e picchiato a sangue. Questo ci porterebbe sullo stesso piano di quelli che torturano i Babbani per sport!”, urlò Hermione.

I Grifondoro iniziarono a muoversi a disagio. A nessuno di loro dispiaceva particolarmente per Malfoy. La sua carriera ad Hogwarts aveva loro già riservato dei momenti come quello ed Harry di certo non avrebbe dimenticato quando Malfoy lo aveva pietrificato e rotto il naso.

Hermione li guardò tutti arrabbiata. Cercò di far alzare Malfoy ma era troppo pesante e non la stava aiutando. Non voleva farlo levitare perché non ci aveva mai provato prima con un essere umano ed era preoccupata avrebbe battuto la testa contro un muro o qualcosa del genere come colpo finale. Alzò gli occhi verso Neville, che sembrava aver accettato il suo ruolo in tutto quello. Lui riuscì ad alzarlo e gli mise un braccio intorno alle spalle, mentre Hermione si posizionò dall’altro lato. “Sono caposcuola e non posso mentire per voi”, disse a Dean e Seamus.

Loro non risposero ma la guardarono come se avesse deliberatamente scelto Malfoy invece che loro. Non poteva davvero coprirli. Malfoy avrebbe dovuto raccontarlo a Madama Chips e lei sarebbe finita ancora più nei guai per aver mentito. In quel momento, non era nemmeno sicura avrebbe voluto proteggerli. Non avrebbero dovuto picchiarlo, soprattutto rendendolo indifeso.

Hermione e Neville portarono Malfoy in infermeria in silenzio. Ogni tanto Neville la guardava con un’espressione significativa e lei non pensava di volergli chiedere il motivo. La sua vita era già abbastanza complicata senza le sue opinioni. Appoggiarono Malfoy al letto più vicino. Madama Chips uscì di corsa e balbettò alla vista del ragazzo ma non fece alcuna domanda. Era una delle sue qualità migliori curarti senza chiedere troppo. La Chips era ben conscia del fatto che, se avesse fatto la spia, gli studenti non sarebbero più andati da lei, il che poteva rivelarsi pericoloso. Ciò che Hermione e Neville non sapevano, invece, era che la Chips informava la Preside di ogni cosa vedesse, nel caso ci fosse qualche problema. L’incidente avrebbe sicuramente dovuto essere riferito.

Neville rimase ancora qualche momento, poi lanciò un ultimo sguardo ad Hermione e sparì oltre la porta.

“Si riprenderà?”, chiese Hermione.

“Dovrebbe stare bene”, replicò la Chips. “Non hai una lezione a cui partecipare?”.

“Sì, dovrei essere ad Artimanzia”, rispose Hermione.

“Rimani qui finché lo sistemo un po’, poi ti darò un appunto per la Professoressa Vector”.

Hermione sorrise riconoscente e si sedette sulla sedia di fianco a Malfoy, osservando Madama Chips con interesse. In passato aveva considerato una carriera come Guaritrice ma la quantità di feriti e morti che aveva visto durante l’anno passato in fuga le aveva fatto cambiare idea. Non credeva sarebbe riuscita a sopportare una carriera del genere.

Quando l’infermiera finì, sparì nel suo ufficio a scriverle la giustificazione. Malfoy non aveva detto nulla alla donna e non aveva nemmeno guardato nella direzione di Hermione.

“Vuoi che ti prenda qualcosa, Malfoy?”, chiese Hermione.

Lui voltò lentamente la testa e la scosse, tornando poi a contemplare qualsiasi cosa lo affascinasse così tanto sul muro. Quando Madama Chips ritornò, le consegnò l’appunto e la spedì ad Artimanzia.

Appena prima che uscisse dall’infermeria, la voce di Malfoy la fermò. “Pansy”, disse prima di aggiungere un “per favore”. Hermione annuì e corse alla torre dei Grifondoro.

Anche se Harry non c’era, sapeva dove tenesse la Mappa del Malandrino e lei doveva trovare la Parkinson. La sala comune era vuota, così corse su per le scale del dormitorio dei ragazzi. Trafficò con il baule di Harry finché la trovò sul fondo. La aprì e sorrise contenta quando si accorse che anche la Parkinson si trovava in sala comune. Ripiegò la mappa e ricominciò a correre verso i sotterranei.

Dire che tutti rimasero sconvolti quando videro Hermione Granger, la migliore amica di Harry Potter e Nata Babbana entrare nella sala comune dei Serpeverde era un eufemismo. Hermione decise di ignorare i commenti ed i mormorii, lanciando un unico sguardo di ghiaccio ad un ragazzo del sesto anno che cercò di chiamarla Sanguesporco, come a sfidarlo a continuare. La Parkinson era seduta di fronte al camino con Zabini e la Greengrass. Hermione ignorò gli altri due e le si avvicinò.

“Granger”, la riconobbe lei. “C’è qualcosa che non va?”.

“Malfoy è in infermeria e chiede di te”, replicò Hermione.

La Parkinson si alzò di scatto. “Che è successo?”.

Hermione lanciò un breve sguardo a Zabini e la Greengrass prima di concentrarsi di nuovo su di lei, sperando avrebbe recepito il messaggio. Di certo non si sentiva a suo agio a parlare di fronte a tutti gli altri Serpeverde.

“Ti accompagno fuori”, rispose la Parkinson, capendo il suo disagio.

La Greengrass la stava fissando un po’ velenosa mentre Zabini la guardava con quell’espressione strana che la faceva sentire sempre incredibilmente insignificante e piccola. Le due ragazze ripercorsero la sala comune, dirette alla porta, e nessuno osò emettere un suono mentre passavano.

“Avrai qualche problema per colpa mia con il resto delle serpi?”, chiese Hermione quando raggiunsero il corridoio esterno.

La Parkinson la guardò incredula. “Come se qualcuno osasse sfidarmi, soprattutto quelli più giovani”.

Hermione annuì. Non voleva fosse ammutinata a causa sua.

“Allora, perché Draco è in infermeria?”, chiese la Parkinson.

“È stato picchiato da Dean Thomas e Seamus Finnegan. Non so ciò che sia successo o sia stato detto, ma quando sono arrivata ad Artimanzia, Seamus lo teneva fermo mentre Dean lo prendeva a pugni”, la informò.

Gli occhi della Parkinson si riempirono di rabbia. “Ha chiesto di te”, aggiunse Hermione, insicura se fosse importante menzionare o meno la cosa.

La Parkinson le sorrise appena ed Hermione capì fosse importante. “Grazie, Granger”, fu tutto ciò che le disse quando si separarono.  

Hermione raggiunse la classe di Artimanzia giusto venti minuti prima del termine, in tempo perché riuscisse a segnarsi i compiti e controllasse ciò che avrebbero studiato durante la lezione seguente. Aveva notato che Dean aveva tenuto le mani sotto il tavolo per tutto il tempo. Non ci sarebbe voluto un genio a capire che aveva fatto a botte se qualcuno le avesse notate e, dato che la giustificazione della Chips conteneva qualche informazione su Malfoy, di certo la Professoressa Vector non ci avrebbe messo più di due secondi a collegare le due cose.


Quando Pansy entrò in infermeria, la Chips la guardò con sguardo indagatore, come per capire se avesse dovuto trovarsi o meno in classe. Appurato di no, le indicò il letto alla fine della stanza con le tende tirate. Pansy annuì. Aperte le tende, sussultò alla vista delle botte gialle che ricoprivano il viso di Draco. La Chips le aveva chiaramente guarite ma sarebbero rimaste così ancora per qualche ora.

“Vedo che la Granger ti ha trovata”, disse Draco.

“Sì, ha causato un po’ di caos quando è entrata nella nostra sala comune”, replicò lei.

Draco alzò un sopracciglio e tornò a fissare il muro.

“Draco, cosa è successo?”, chiese Pansy.

“Sono caduto dalle scale”, mentì.

Pansy sospirò. Ecco che ricominciava. Aveva sperato volesse essere onesto dopo la loro conversazione al lago.

“Ho parlato con la Granger”, gli disse semplicemente.

Draco strinse i denti. “Non riesce a smettere di impicciarsi, ovvio ti abbia detto tutto. Sarebbe impossibile riuscisse a tenere la bocca chiusa”.

Pansy scosse la testa. “Perché devi sempre essere così cattivo con lei? È la seconda volta che ti salva in meno di una settimana”.

Lui la guardò. “Cosa c’è tra te e la Granger? Blasie dovrebbe preoccuparsi? Sembra tu abbia una cotta per lei sempre più forte. Mi ricordo ancora quando invece non eri contenta se non l’avessi tormentata almeno un po’”.

“Sono cresciuta, Draco, ed apprezzo che la Granger ci stia aiutando. Non è costretta. Potrebbe tenerci ad un milione di chilometri di distanza come tutti gli altri ma non riesce a voltarci le spalle ed io lo rispetto, quindi rispetto lei”.

“È davvero l’alba di una nuova era”, disse sarcasticamente lui.

“Mi dirai cos’è successo allora?”, chiese di nuovo Pansy.

“E tu la smetterai di parlare della Granger, se lo faccio?”, contrattò Draco.

Lei alzò gli occhi al cielo. “Non la menzionerò più per il resto della giornata”.

“Thomas e Finnegan cercavano rissa, così ho dato loro un motivo per farla”, spiegò brevemente.

“Tutto qui?”, disse Pansy.  

“Circa. Thomas è incazzato da quando sono tornato. Non posso dire di biasimarlo. Il suo prolungato soggiorno nei sotterranei dei Malfoy non deve essere stato piacevole. Finnegan sembra essersi unito a lui. Volevano litigare ed erano determinati a punzecchiarmi finché non ci fossero riusciti. Io ho solo deciso di tagliare corto”.

Pansy lo guardò con gli occhi tristi e lo fece sospirate. “Non cominciare, Pansy. Smettila di avere pietà. La situazione è questa ed io l’ho accettata”.

“Non dovresti”, replicò lei.

Draco rise amaramente. “Non dovrei? Nessuno mi accoglierebbe a braccia aperte anche se dovessi scusarmi per tutto lo schifo di Malfoy Manor. Cosa dovrei fare? Passeggiare mano nella mano con la Granger e proclamare il mio neonato amore per i Nati Babbani? La cosa più carina che potrebbero dire è che mi sto comportando con il classico opportunismo dei Malfoy”.

Pansy riconobbe che aveva ragione. Draco aveva sempre dichiarato con veemenza i suoi sentimenti verso Voldemort ed i Nati Babbani. Anche lei lo aveva fatto, ma riuscivano ad ignorarla se teneva la testa bassa, mentre lui non era così fortunato. Inconsapevolmente, era diventato la rappresentazione di Voldemort per la loro generazione. Mentre lei poteva ancora sperare in un cambio di opinione, il cambiamento di lui sarebbe stato visto solo con scetticismo. Era troppo ricco, bello e troppo volenteroso di passare inosservato.


Hermione tornò in sala comune alla fine delle lezioni e venne accolta da un comitato di benvenuto formato da Harry, Ron, e Ginny, mentre Seamus e Dean rimasero in disparte. Sospirò. “Dobbiamo davvero parlarne adesso?”, chiese.

“Sì”, dissero all’unisono Harry e Ron.

Hermione afflosciò le spalle e posò a terra la sua borsa. “Ok, allora facciamolo e finiamola qui”.

“Che diavolo è successo oggi, Hermione?”, iniziò Ron.

Hermione lo guardò senza espressione. “Ti aspettavi davvero che scavalcassi Malfoy ed entrassi in classe?”.

“Sì, è quello che avrebbe fatto lui se la situazione fosse stata capovolta”, replicò Ron.

Hermione sbuffò. “In realtà, probabilmente mi avrebbe tirato un calcio nello stomaco, ma io non mi abbasserò a questo livello. Sono Caposcuola e prendo il mio ruolo molto seriamente. Quindi non significa rappresentare solo Grifondoro, ma anche i Serpeverde e, se notassi qualcosa del genere dovrei per forza esserne coinvolta”.

“Senti, Hermione, lo capiamo davvero questo. Ma lo hai difeso a spada tratta”, disse Harry.

Hermione stava per perdere le staffe. Sapeva che Malfoy era un idiota che aveva fatto un sacco di cose spregevoli ma ciò non significava che lei avrebbe dimenticato la sua morale per questo. Il fatto che Harry e Ron non lo capissero la faceva davvero irritare. “Non capisco perché siate così sorpresi. Sapete quando io odi le ingiustizie e ciò che Dean e Seamus stavano facendo era sbagliato. Malfoy ha fatto cose orribili ma io non approvo la vendetta”.

“Non sai cosa mi ha detto”, disse Dean.

“Hai ragione, non lo so. Ma credo di essere proprio io, tra tutti quanti, a poterne avere un’idea. Ho ricevuto un sacco di insulti cattivi da parte sua e scommetto abbia borbottato qualcosa sui Sanguesporco”, replicò Hermione.

“E ha detto che Dean sarebbe tornato nei sotterranei di Malfoy Manor”, si intromise furibondo Ron.

Hermione chiuse per un attimo gli occhi e maledisse Malfoy per essere stato un tale idiota insensibile. “E tu non potevi semplicemente insultarlo a tua volta o tiragli un pugno senza che Seamus lo trattenesse?”, chiese Hermione a Dean.

“È questo tutto quello che hai da dire?”, boccheggiò Ron.

Hermione li osservò senza speranza. L’unica persona che non sembrava volerla aggredire e guardava dalle retrovie era Ginny. Incontrò per un attimo i suoi occhi e lei scrollo le spalle, come ad intendere ragazzi. Era un minuscolo segno di supporto ma Hermione ci si aggrappò e lo usò per controllare la rabbia. “Che cosa vuoi che ti dica, Ron? Non ne sono sorpresa. Malfoy è sempre stato bravo a dare aria alla bocca”.  

“Stai minimizzando la questione, forse perché non hai mai visto i suoi sotterranei”, disse amaro Dean.

“No”, lo riprese Hermione. “Perché io ero di sopra a prendermi le Cruciatus da Bellatrix. Qualcuno di voi è mai stato torturato durante la guerra? No, io non credo. Ma ciò non significa io vada in giro a prendere a botte i Serpeverde”.

Tre dei quattro ragazzi di fronte a lei ebbero il buon senso di vergognarsi. Hermione non aveva ancora incluso Harry nella litigata e lui sembrò rendersene conto. Ron pestò i piedi. “Hermione, io..”, iniziò a dire.

Hermione alzò una mano. “No, non voglio sentire altro. Sono stanca di litigare, della guerra e più di tutto sono stanca che mi venga detto di dover essere nemica di qualche persona. Voglio andare avanti e vivere la mia vita, non mi interessa se questo non rientra nei vostri piani. Ora, se non vi dispiace, avrei dei compiti da fare”.

Si mossero tutti verso la porta. “Aspettate, che cosa ha detto la McGranitt?”, chiese a Dean e Seamus.

Entrambi sembrarono smarriti. “Non è venuta a cercarci, quindi Malfoy non deve aver detto niente”.

Hermione non ne rimase sorpresa. Aveva notato che, da quando era uscito da Azkaban, non era più interessato a rivolgersi ai professori e fare rapporto su qualche Grifondoro che infrangeva le regole. “Allora ha mentito per voi. Magari questo vi darà motivo di lasciarlo in pace. Il vecchio Malfoy non avrebbe perso tempo a cercare di farvi espellere da Hogwarts”.

Dean iniziò a pensarci su ed annuì quasi impercettibilmente. Lei lo prese come un segnale che non avrebbe più cercato rogne e sapeva che avrebbe tenuto a freno anche Seamus.

Quando se ne andarono, Hermione collassò sul divano e si strofinò gli occhi. Avrebbe dovuto andare a parlare con Malfoy e scoprire perché non avesse detto nulla. Qualcosa non andava in lui e non si trattava della sua recente esperienza ad Azkaban. E poi beveva troppo. Il modo in cui Pansy si dava da fare per salvarlo era già abbastanza sospetto ma adesso si era anche fatto sfuggire l’occasione di mettere nei guai Dean e Seamus. Malfoy di norma non avrebbe esitato in quella situazione, invece sembrava volesse tenere la bocca chiusa e lei voleva sapere perché.


Più tardi, quella sera, Hermione andò in infermeria. Aveva avuto bisogni di un po’ di tempo per rilassarsi dopo l’imboscata dei suoi amici e non voleva affrontare Malfoy con i nervi già a fior di pelle. Aprì la porta e rimase impalata per qualche minuto. L’infermeria era deserta. Dannazione, avrebbe dovuto rintracciarlo in un’altra maniera.

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Capitolo 8
*** Sinfonia Dolceamara ***


Cap 8

Sinfonia Dolceamara

Hermione sapeva che Malfoy la stava evitando. Non aveva motivo di farlo, dato che non sapeva nemmeno lei volesse parlargli di quanto era accaduto fuori dalla classe di Artimanzia, ma comunque non si faceva vedere in giro. Quando invece ogni tanto spuntava, lo faceva sempre in luoghi poco opportuni, circondato da troppe persone che sarebbero state interessate al perché dovesse parlare con lui. Hermione pensò quasi di chiedere a Pansy di organizzare un incontro.

Stava camminando su e giù per il suo ufficio da ore, deliberando sui pro e contro di una tale azione, ma alla fine rinunciò. Alzò lo sguardo verso l’orologio a muro e sospirò di sollievo quando si rese conto di potersene andare. Odiava essere indecisa, le cose continuavano a frullarle per la testa e le facevano consumare un sacco di energia, impedendole di concentrarsi sullo studio. Chiuse l’ufficio con la bacchetta e si voltò per tornare nella sua sala comune, dove avrebbe potuto provare nuovamente a decidere cosa fare, ma la fortuna sembrò non girare dalla sua parte. Nell’atrio di accesso, Malfoy stava risalendo le scale dai sotterranei con indosso il mantello, probabilmente diretto in giardino. Hermione si mise addosso il proprio e lo seguì cercando di fare il minor rumore possibile.

“Come diavolo tu abbia fatto a passare inosservata per tutta la Gran Bretagna e distruggere gli Horcrux per me è un mistero”, commentò Malfoy quando finalmente raggiunsero la sua destinazione, un’area nascosta sulle sponde del lago.

Hermione gonfiò le guance. Ok, non era mai stata brava a muoversi senza fare rumore ma non credeva nemmeno di essere così incapace. Lui la osservò un momento e sembrò comprendere la sua irritazione. “Sì, ho capito che mi stavi seguendo appena siamo usciti. Le tue scarpe squittiscono”.

Hermione osservò le proprie scarpe indignata, come se lo avessero fatto apposta.

“Rimani lì a piagnucolare oppure mi hai seguita per un motivo, Principessa?”, le chiese lui.

Lei si rifiutò di lasciarsi istigare. Malfoy sembrava voler iniziare a litigare e lei non era dell’umore adatto. “Volevo parlarti dell’altro giorno”, gli disse alla fine.

“Quale altro giorno?”.

“Non fare lo stupido, Malfoy. Sai esattamente a cosa mi riferisco. Perché non hai raccontato a Madama Chips il vero motivo per cui sei finito in infermeria?”, chiese andando dritta al punto.

“Ecco che il tatto dei Grifondoro è di nuovo all’opera. Se te lo dico, smetterai di impicciarti nei miei affari?”, le chiese.

Hermione marciò sull’erba finché non gli si trovò di fronte. “Perché non hai denunciato Dean e Seamus?”.

“Che cosa ne avrei ottenuto? Ormai Thomas ha ottenuto la sua rissa e possiamo tornare reciprocamente a fare finta di non esistere”, disse Malfoy.

Lei ci pensò un momento. “È quello che vuoi? Che tutti ti lascino da solo?”.

“Wow, Granger, adesso capisco perché hai sempre degli ottimi voti, con un cervello come il tuo”, disse sarcastico lui.

“Non tanto tempo fa avresti cercato di farli espellere più velocemente possibile”.

“Beh, le cose cambiano”, mormorò Malfoy.

Hermione non si sarebbe aspettata di sentire una cosa del genere, anche se poteva spiegare alcune cose cui aveva pensato. Non aveva certo creduto che fosse uscito da Azkaban senza qualche cambiamento. “Se vuoi che le persone la smettano di prestarti attenzione, allora perché vai in giro per la scuola mettendo in mostra il Marchio nero come se ne fossi orgoglioso?”.

Malfoy sbuffò. “È quello che tutti si aspettano. Sono il Mangiamorte personale di Hogwarts, un mostriciattolo da mettere in esposizione perché le persone lo guardino”.

“Perché non gli dimostri di non essere così”, gli chiese.

Lui alzò gli occhi al cielo. “Non sono un Grifondoro, Granger, che cerca di farsi adorare da tutti ed alla disperata ricerca di approvazione”.

“Ma non significa nemmeno tu debba dare loro ciò che vogliono. Perché hai parlato dei sotterranei di Malfoy Manor con Dean?”.

Hermione poteva giurare di aver visto le guance di Malfoy tingersi di un leggerissimo rosa quando evitò di guardarla negli occhi, preferendo adocchiare il lago. “È da quando sono tornato che voleva affrontarmi. Invece di aspettare che trovasse il coraggio di prendermi a pugni, gli ho dato il motivo che cercava per farlo esplodere”.

“È stato crudele”, rispose lei.

“Sì, beh, sono un Malfoy”.

“Quindi anche tua mamma era una Malfoy quando ha scelto di mentire a Voldemort e dirgli che Harry era morto? Un cognome non definisce chi siamo, Malfoy, lo fanno le nostre azioni”.  

Malfoy alzò la testa verso il cielo. “Non ti stanchi mai di essere così nobile e fare tanto la superiore, Granger?”.

“Mi vedi davvero così?”, rispose contrariata lei.

“Non credo tu voglia sapere come ti reputo”, commentò lui.

“Sei così dannatamente prevedibile, Malfoy. Posso fare un educato tentativo di immaginarlo. Probabilmente contiene qualche frase con un sacco di Sanguesporco e Grifondoro”.

Malfoy ghignò ma in un modo diverso dal solito, come se fosse davvero divertito. “Se lo dici tu, Principessa”.

“Allora, la smetterai di dimostrare a tutti che hanno ragione su di te?”, insistette Hermione.

“Qualcuno ti ha mai detto che sei troppo ottimista?”.

“Spesso”.

“Forse, principessa, forse”, le disse prima di farle un altro ghigno e sparire.

Hermione non riusciva proprio a capirlo. Alle volte le faceva pensare di non essere cambiato per niente ed essere rimasto lo stesso bamboccio che credeva alla superiorità del sangue pure, mentre altre riusciva a cogliere un barlume di una persona completamente diversa, una persona cresciuta. Era quello, il Malfoy per cui probabilmente Pansy stava lottando.


La seconda gita ad Hogsmeade si stava avvicinando ed Hermione si sentiva molto più rilassata, quella volta.

La prima era stata effettuata ad ottobre e l’aveva fatta sprofondare nell’ansia. Lei ed Anthony Goldstein dovevano rimanere di guardia nel caso fosse successo qualcosa al villaggio ed erano successi parecchi problemi. Tra l’altro, si era irritata parecchio quando nessuno era più riuscito a rintracciare Anthony e lei era rimasta bloccata con dei ragazzini del terzo anno che avevano mangiato troppe caramelle di Mielandia e stavano vomitando all’esterno del negozio. Non si era poi stupita di trovarlo ai Tre manici di scopa, assieme ad un sacco di Corvonero, che raccontava storie di quando aveva fatto parte dell’Esercito di Silente e di che grande Caposcuola lui fosse. In realtà, non combinava assolutamente nulla ed Hermione si ritrovava sempre a rimediare ai suoi errori, ma era bravo a svendere la propria immagine e questo la faceva irritare ancora di più. Sapeva che Harry non avrebbe sicuramente voluto quel ruolo ma magari Neville sarebbe stato un candidato eccezionale. Aveva capeggiato la resistenza contro il regno di terrore dei Carrow ed era diventato un punto di riferimento in assenza di Harry. Immaginava però che la McGranitt non volesse dare l’apparenza di favorire troppo la propria casa nel suo primo anno da Preside ed Hermione era sempre stata perfetta per quella posizione.  

Per quella gita però Hermione era sicura di non dover fare lei tutto il lavoro. Andromeda avrebbe portato Teddy con lei. Harry e Ron erano dispiaciuti di doversi perdere l’incontro ma dovevano scontare la punizione per essere stati beccati a spiare le tattiche della squadra di Quidditch di Corvonero per cui Madama Bumb aveva loro assegnato il compito di istruire quelli del primo anno per così tanto tempo che ormai credeva avrebbero passato così tutti i pomeriggi. Teddy invece era un’esplosione di vita per lei e soprattutto per Harry che Andromeda era quasi diventata una seconda mamma. Avrebbe sempre adorato Molly, ma si era avvicinata parecchio a lei durante l’estate, dopo aver deciso di rimanere in casa sua mentre i suoi genitori venivano rintracciati in Australia. Andromeda aveva perso tutto, moglie, figlia e genero, rimanendo sola con il nipote, ed Hermione, che si sentiva altrettanto isolata, le si era appiccicata. Harry era sicuramente una presenza costante nella vita di Teddy come padrino ma non avrebbe mai perso il proprio attaccamento per la famiglia Weasley ed aveva cercato di recuperare il tempo perduto con Ginny mentre lei, visto la rottura con Ron, si sarebbe sentita in imbarazzo.

Molly non aveva di certo nascosto il fatto che avrebbe voluto Hermione come nuora ed aveva provato a farli rimettere insieme anche se era palese non provassero alcun sentimento romantico reciproco. Erano ottimi amici, ma facevano davvero schifo negli appuntamenti. Hermione si era ritrovata ad irritarsi per il comportamento rilassato di Ron mentre lui le rinfacciava di tenere le redini e prendere tutte le decisioni. Non era una cosa sana e per questo non aveva funzionato.

Hermione avrebbe incontrato Andromeda alla Testa di Porco, meno frequentata. Sospettava lei non volesse avere molto a che fare con la confusione dei Tre Manici di Scopa e la comprensione esasperata che Madama Rosmerta le avrebbe rivolto. Quasi per magia, Hermione la incontrò per strada, poco lontano dal pub. Le venne spontaneo fare un enorme sorriso, la abbracciò e prese in braccio Teddy.

“Teddy, diventi sempre più grande ogni volta che ti vedo”.

Ricevette un sorriso sdentato in risposta. Non aveva ancora compiuto un anno, ma sapeva già cambiare colore dei capelli, che in quel momento si trasformarono in ricci castani come quelli di Hermione. “Non sono dei bei capelli, Teddy. I miei ricci sono la maledizione della mia vita! Però mi piacciono i due dentini che ti sono spuntati, ora sono proprio come quelli che avevi già”.

“Io invece non li adoro tanto. Mi morte sempre e sono affilati come rasoi”, si lamentò Andromeda.

“Sei un briccone come tuo padre, Teddy”, rise Hermione.

Mentre entravano alla Testa di Porco, Andromeda iniziò a raccontarle dei tentativi di Teddy. Sembrava che ormai il piccolo combinaguai riuscisse ad arrivare in salone e si aggrappasse qualsiasi cosa per stare in piedi. Scoppiò a ridere quando le disse della volta in cui era quasi riuscito a mettere le manine su un prodotto dei Tiri Vispi Weasley dopo una visita di George. Sicuramente quelle cose non erano adatte ai neonati. Andromeda si zittì di colpo ed Hermione alzò lo sguardo da Teddy, che in quel momento le stava tirando una ciocca facendole male.

Di fronte a loro, altrettanto a disagio, si trovavano Narcissa e Draco Malfoy. Sicuramente anche loro avevano avuto la stessa idea per evitare la folla, anche se in realtà probabilmente Malfoy non sarebbe stato benaccetto ai Tre Manici dopo aver usato la Maledizione Imperio su Madama Rosmerta.

“Non è poi così imbarazzante”, udì mormorare sarcasticamente Malfoy.

Hermione guardò Andromeda, che fissava la sorella. La donna le mise una mano sulla spalla, prima di uscire di tutta fretta dal pub. Hermione la osservò con occhi incredibilmente tristi. Sapeva quando le mancasse una famiglia di sangue, nonostante il supporto datole dai Weasley.

Un urlo disperato catturò l’attenzione di Hermione di nuovo alla porta. “Andromeda!”, chiamò Narcissa, che uscì di corsa andando dietro alla sorella. Hermione e Malfoy rimasero quindi da soli a guardarsi in imbarazzo. Teddy lasciò cadere i suoi ricci gorgogliando e fece diventare i propri capelli biondi come quelli di Malfoy, che lo guardava incuriosito.

“È un Metamorphomagus”, spiegò Hermione. “Anche tua cugina Tonks lo era”.

Malfoy annuì, distogliendo lo sguardo e vergognandosi di essere stato beccato a fissare. Aberforth Silente scelse quel momento per fare la sua apparizione. Li adocchiò entrambi, prima di chiedere a lei cosa volesse.

“Ehm… aspetto che torni Andromeda”, rispose, insicura di cosa dire.

Aberforth si voltò verso Malfoy, che invece ordinò un Firewhiskey. Hermione mormorò in disapprovazione e lui ghignò prima di estrarre una fiaschetta nuova di zecca dalla tasca. “Immagino di non aver bisogno che tu recuperi quella vecchia dalla Donnola, dopotutto”.

Hermione strinse le labbra e spostò Teddy sull’altro braccio. Il bambino aveva iniziato a piangere per essere messo a terra ma lei non lo avrebbe di certo lasciato vagare su quel pavimento sozzo, almeno finché non avesse potuto pulirlo con la magia. Rimase un attimo spiazzata quando Teddy si allungò verso Malfoy all’improvviso. Non riuscì ad afferrargli prontamente le gambe ma, per fortuna, Malfoy aveva i riflessi da Cercatore e lo prese prima che cadesse a terra.

“E mia zia ti ha lasciato con suo nipote. Solo perché non è un libro, Granger, non significa con debba essere trattato con le dovute attenzioni”.

Hermione gli lanciò un’occhiataccia ma non riuscì a non ridere quando lui fece una smorfia perché Teddy gli si era attaccato ai capelli. Si diresse verso uno dei tavoli all’angolo e sussultò quando Malfoy spostò una sedia di fronte a lei.

“Cosa?”, chiese quando notò la sua sorpresa e si sedette. “Non posso andarmene con questo prepotente attaccato ai miei capelli. Probabilmente mi accuserebbero di rapimento e tentato omicidio”.

Hermione non poteva contraddirlo. Gli fregò il bicchiere da sotto il naso appena lo vide alzare la mano per afferrarlo.

“Se ne vuoi uno, devi solo chiedere”, commentò.

Lei arrossì. “Non berrai nulla mentre reggi Teddy”.

“Credo di riuscire a bere un sorso e tenere il piccolo contemporaneamente”, disse Malfoy.

“Quanti bambini hai preso in braccio prima di oggi?”, gli chiese.

“Beh… nessuno”, confessò lui.

“Allora non berrai mentre è con te”.

Malfoy le fece una linguaccia, somigliando molto a Teddy quando il suo latte non veniva preparato in tempo. Cercò di riconsegnare il bambino ad Hermione ma lui gli si aggrappò. Sembrava gli piacesse il cugino. Rimase un po’ sorpresa da quel comportamento. Di solito gli piaceva sedersi sulle sue ginocchia e giocare con lei ma quel giorno preferiva stare con quel biondo ghignante, che aveva un’espressione disgustata per i suoi sorrisi sdentati ed i gorgoglii felici.

I due rimasero seduti in silenzio per quella che parve un’eternità. Hermione si era divertita un po’ a giocare a nascondino con Teddy finché non aveva notato Malfoy intendo a fissarla. Aveva quindi iniziato a bere dal bicchiere che gli aveva sottratto solo per avere qualcos’altro da fare con le mani, stando attenta a tenere gli occhi ben lontani dal suo viso.

Alla fine, Hermione udì due donne rientrare ed all’improvviso le venne in mente la lingua tagliente di Malfoy. Non avrebbe sopportato si fosse comportato in modo orribile con Andromeda. Quella donna ne aveva già passate abbastanza e non aveva bisogno che anche suo nipote le facesse passare una giornata difficile. Si allungò verso di lui e gli afferrò la mano. “Non osare dire nulla di oltraggioso ad Andromeda”, gli sibilò. “Se farai qualche commento tagliente su Tonks, Lupin o simili te ne pentirai. Hai capito?”.

“Principessa, non sapevo avessi così tanta stima di me”, replicò lui.

“Mi ha mai dato motivo di pensare ci sia quantomeno un barlume di decenza in te?”.

Non riuscirono a terminare la discussione perché le due sorelle erano ormai praticamente arrivate. Hermione scostò la mano da quella di Malfoy prima che le donne lo notassero, sorrise e si voltò verso Andromeda. Contenta, si rese conto non dovesse essere successo nulla di tragico in loro assenza perché entrambe sembravano sollevate ed avevano chiaramente pianto.

“Draco? Quello è Teddy?”, chiese la signora Malfoy, sorpresa di vedere suo figlio reggere un neonato.

“Immagino di sì. Non ho chiesto alla Granger il suo nome, ma l’ho supposto. Ho dovuto toglierglielo dalle braccia, l’ha praticamente lasciato cadere”, replicò.

Hermione gli lanciò uno sguardo avvelenato prima di guardare Andromeda. “Non l’ho quasi fatto cadere, Andromeda. Teddy ha solo deciso di voler andare a fare conoscenza con Malfoy e ci si è lanciato contro. Non chiedermi perché volesse conoscere questo orribile furetto”, mormorò Hermione alla fine. Il fatto che anche Malfoy le lanciasse un’occhiata storta le fece comprendere di aver detto l’ultima parte ad alta voce.

Andromeda sorrise. “Hermione, non preoccupati, sai che mi fido di te e so che non lo lasceresti mai cadere”.

Le due sorelle si sedettero al tavolo, Andromeda di fianco ad Hermione e Narcissa vicino a Malfoy. Un silenzio imbarazzante calò su di loro, prima che Teddy iniziasse a gorgogliare giocosamente e si protendesse verso gli orecchini di Narcissa.

“Oh, ma che bellissimo bambino”, cinguettò Narcissa, facendogli il solletico sul mento. “Posso prenderlo in braccio, Andromeda?”.

Andromeda annuì e comunque sarebbe stato ridicolo rifiutare, pensò Hermione, visto che al momento era in braccio a Malfoy. “Ma ha i miei capelli!”, esclamò Narcissa, quasi elettrizzata alla prospettiva.

Andromeda si scusò sorridendo. “In realtà non sappiamo di che colore sia. È un Metamorphomagus come lo era la mia Nimphadora. Gli piace averli uguali a chi lo sta tenendo in braccio”.

“Non lo sapevo. Devi esserne stata molto orgogliosa”, commentò Narcissa.

Andromeda iniziò a versare qualche lacrima. “Lo ero molto. Riusciva a farmi infuriare ma era una ragazza appassionata ed intelligente”.

Narcissa si allungò sul tavolo e le prese la mano. “Mi dispiace, non volevo riportare a galla certi ricordi. Ora però hai Teddy ed è proprio un amore”.

Hermione si sentiva orrendamente fuori posto. Nonostante fosse contenta della ritrovata complicità tra le due e di quando amichevole fosse Narcissa Malfoy, era a disagio, come se si fosse intromessa in un momento intimo. Si consolò leggermente alla vista di Malfoy che sembrava non sentirsi meglio di lei seppure appartenesse alla famiglia.

Hermione osservò Narcissa dare una gomitata a Malfoy, che si voltò verso di lei come per leggerne l’espressione. “Vorresti qualcosa da bere, zia Andromeda?”, chiese gentile.

“Un bicchiere di vino, grazie Draco”, rispose Andromeda.

Malfoy si alzò e si avviò al bancone. Hermione si sentì ancora più a disagio. Che si aspettava dai Malfoy? Che cambiassero idea sui Nati Babbani? Cercò di afferrare le sue cose. “Vado a controllare che sia tutto a posto da Anthony”, mormorò ad Andromeda.

“Oh, Hermione, non andartene, ti prego”, le disse Andromeda. “Significa molto per me che tu sia qui”.

Hermione si ritrovò intrappolata. Non poteva andarsene se lei voleva che rimanesse, così si risedette ad ascoltare ma senza contribuire alla conversazione tra le due sorelle, riguardante soprattutto Teddy. Malfoy ritornò con un vassoio. Mise il bicchiere di vino di fronte a sua madre e sua zia ed uno di Firewhiskey di fronte a lei. Hermione lo guardò confusa.

“Non sapevo bevessi liquore, Hermione”, commentò Andromeda.

“Infatti non lo faccio, non reggo molto bene l’alcool”.

“Perché hai preso del Firewhiskey per la Signorina Granger, Draco?”, chiese Narcissa.

“È stata brava a scolarsi il mio “, replicò Malfoy.

Le due donne fissarono Hermione, che arrossì. “Non intendevo berlo, mi stavo solo assicurando non lo bevesse lui mentre reggeva Teddy”, rispose.

“Se lo dici tu, Granger”, ribatté lui.


Draco sorseggiò il suo drink in contemplazione. Sua madre sembrava felice di parlare con la sorella dopo tutti quegli anni. Sapeva che le era mancata parecchio ma non le aveva mai suggerito di rimettersi in contatto, Lucius non l’avrebbe permesso. Andromeda aveva tradito la società purosangue sposando Ted Tonks e sua figlia aveva prolungato la faida sposando quel lupo mannaro, Remus Lupin. Draco avrebbe dato almeno metà della sua fortuna perché suo padre vedesse la moglie seduta a fare la chioccia con un bambino mezzo licantropo. Lucius si sarebbe infuriato invece lui era contento che sua madre si stesse divertendo. Non molte persone le avrebbero spalancato le porte, negli ultimi tempi. Le famiglie purosangue che erano sfuggire ad un legame troppo stretto con il Signore Oscuro ora di certo non volevano avere nulla a che fare con i Malfoy.

Anche sua zia Andromeda sembrava piuttosto compiaciuta per come la situazione si fosse sviluppata. Non sapeva molto di lei. In casa non era mai stata menzionata, sapeva solo della sua esistenza. Non aveva nemmeno saputo avesse avuto una figlia sposata con un licantropo, finché Voldemort non aveva iniziato a prendere in giro suo padre per questo. Era rimasto sorpreso anche del fatto che sua zia fosse in rapporti stretti con Hermione Granger. Credeva che la ragazza fosse immersa fino al collo con i Weasley ed avrebbe passato ogni secondo libero con loro invece, da quanto aveva carpito dalla conversazione tra le tre streghe, aveva passato molto tempo con lei.

Draco trovò divertente vedere la Caposcuola diventare sempre più allegra ad ogni sorso di Firewhiskey. Non reggeva davvero l’alcool. Non ne rimase sorpreso. Probabilmente non aveva mai bevuto prima qualcosa di più forte di una Burrobirra.

Dopo circa quaranta minuti, Andromeda ed Hermione si alzarono. Narcissa aveva tenuto in braccio Teddy per tutto il tempo e sembrava delusa dal vederle andare via. Draco non aveva mai capito perché sua madre non avesse avuto un altro figlio. L’unica volta in cui l’aveva chiesto, lei aveva mormorato qualcosa riguardo suo padre e la tradizione dei Malfoy.

“Non passare il bambino alla Granger”, le mormorò Draco all’orecchio.

Sua madre si voltò. “Perché no?”, chiese.

“Si regge a malapena in piedi. Non regge l’alcool”, replicò lui.

Narcissa seguì il suo consiglio e riconsegnò Teddy ad Andromeda. Le sue si abbracciarono e si promisero di rimanere in contatto. Draco invece guardò Hermione, che adocchiava la situazione con gli occhi lucidi. Dannato cuore tenero. “Allora ci vediamo in giro, Granger”, le disse.

“Immagini di sì”, rispose neutra lei.

“Non essere tropo entusiasta alla prospettiva”.

La bruna lo guardò confusa. Gli piaceva quello sguardo selvaggio. Di solito era sempre troppo tesa, sempre al controllo della situazione.

“Ok, come ti pare, Malfoy”, rispose senza eloquenza.

Draco ghignò prima di voltarsi verso la zia, che li osservava con un’espressione interrogativa. Ottimo, aveva destato la sua curiosità. Decise di salutarla senza più guardare la Granger. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che la gente pensasse fosse interessato a quella ragazza, quando invece gli piaceva solo farla infuriare.


Hermione sghignazzò ancora una volta quando sbattè contro lo stipite della porta mentre usciva.

“Minerva vorrà la mia testa per aver fatto ubriacare la sua Caposcuola”, commentò Andromeda, divertita per la sua incapacità di tollerare il Firewhiskey.

“Puoi dare la colpa a Malfoy. Sarebbe felice di liberarsi finalmente di lui”, rispose Hermione.

Andromeda rifletté. Non aveva mai considerato molto suo nipote prima di allora. “Ha qualche problema a trovare il suo posto ad Hogwarts?”, le chiese.

“È Malfoy, certo che ha problemi. Ha perso la capacità di aggirarsi per il castello e bullizzare quelli più piccoli e deboli di lui”.

 Andromeda fece una smorfia. Tale padre, tale figlio. Non le era mai andato giù che Narcissa avesse sposato Lucius Malfoy, aveva incoraggiato troppo il lato snob di sua sorella. Invece Narcissa era innamorata persa. “Allora che cosa fa?”.

“Beve. Cerca di affogare il suo dolore”, replicò Hermione.

Andromeda ripensò alla conversazione tra lei e suo nipote di qualche minuto prima. “Ti causa molti grattacapi?”, chiese interessata.

“Non proprio. Cioè, un pochino ma non deliberatamente. L’ho beccato in giro dopo il coprifuoco qualche volta e beh, c’è stato un incidente nell’armadio delle scope”, disse Hermione arrossendo. L’alcool le faceva perdere i freni alla lingua.

“Che tipo di incidente?”.

“Oh, niente di che”, disse vaga Hermione ma Andromeda la guardò scettica. Riusciva a leggerle in faccia il conflitto interiore. Era ovvio che qualcosa la turbasse e, vista la sua indecisione, era sicuramente importante.

“Beh, ci hanno chiuso in un armadio quando lui era davvero ubriaco perso e … ehm… mi ha baciato ehm… il collo… un sacco”, disse Hermione, ormai viola.

Andromeda alzò un sopracciglio. Forse tra quei due c’era più chimica di quanto avesse pensato all’inizio. “Ti ha baciata?”, ripeté.

“Era davvero molto ubriaco e non sapeva cosa stesse facendo. Credeva ci fossimo incontrati lì apposta invece erano stati la Parkinson e Zabini che si avevano spinti dentro perché Lumacorno non si accorgesse di quanto aveva bevuto”, spiegò Hermione. “Ma mi ha confusa. Cioè, lui non capiva niente ma sembrava sapere chi fossi alla fine e non ha iniziato a blaterare né di germi di Sanguesporco né altro”.

Andromeda cercò di non sorridere. Ovvio che Hermione fosse confusa, era una situazione piuttosto divertente. L’erede purosangue dei Malfoy e la sua intelligente ma un po’ inarrivabile ragazza. Sarebbero sicuramente stati una coppia piuttosto interessante ed esplosiva.

“Che ne pensi?”, chiese Hermione.

“Credo Draco possa avere qualche sentimento più profondo nei tuoi confronti di quanto lui creda”, replicò Andromeda.

Hermione si premette le mani contro le guance. “Sono sicura tu abbia torto. È sempre stato orribile con me e non si abbasserebbe mai a frequentare una Sanguesporco”.

Andromeda sapeva di non dover spingere troppo, l’avrebbe solo confusa maggiormente. “Che ne pensi di lui?”.

“Mi fa infuriare ed irritare come al solito ma nel mio cuore non riesco ad odiarlo come fanno Ron ed Harry. Da quello che si è lasciato sfuggire, prova più dolore di quanto lui stesso capisca e credo abbia solo bisogno di aiuto”.

Andromeda soppresse di nuovo un sorriso. Forse Draco non era l’unico a nascondere dei sentimenti. Era più che probabile che Hermione fosse solo compassionevole, perché non riusciva a sopportare d vedere qualcuno soffrire senza motivo ed era nella sua natura dare una mano, ma c’era qualcosa tra quei due che, se se lo fossero concessi, avrebbe potuto sbocciare. Non riuscì a non pensare si trattasse sicuramente di quello di cui il mondo magico aveva bisogno in quel momento, qualcosa di inaspettato che lo unisse. Hermione e Draco potevano rispecchiare quelle caratteristiche ed avrebbero persino potuto unire persone che altrimenti sarebbero rimaste testardamente in disparte.

Oh, ma non sarebbe stato facile. Per cominciare, i due migliori amici di Hermione e Lucius avrebbero fatto fuoco e fiamme, anche se la ragazza era più che in grado di gestire quei due e, se Draco avesse sviluppato appieno il suo potenziale, sarebbe stato altrettanto capace di rimettere a posto suo padre. Si trattava solo di se e ma, al momento, ma secondo Andromeda, con qualche aiutino e spintarella, avrebbero potuto provarci. Doveva chiedere a Narcissa cosa ne pensasse e se avesse anche lei captato qualcosa tra suo figlio ed Hermione.

Per fortuna, Hermione non aveva idea dei pensieri che le passavano per la testa, né dei problemi che questi avrebbero causato.  

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Capitolo 9
*** Un Cambiamento In Arrivo ***


Cap 9

Un cambiamento in arrivo

Pansy quasi si strozzò con il toast quando lesse la lettera da parte di Narcissa Malfoy che aveva ricevuto quella mattina. Si era assicurata che Draco non fosse nei paraggi, prima di aprirla. Al momento poteva anche essersi rinchiuso in sé stesso ma era piuttosto sicura si sarebbe interessato se avesse notato posta da parte di sua madre. La missiva fu una lettura interessante e Pansy comprese che avrebbe dovuto tenere gli occhi aperti. A quanto sembrava, Andromeda e Narcissa avevano ripreso in contatti durante la loro recente visita ad Hogsmeade ed avevano captato qualcosa che lei non aveva notato in tutte quelle sei settimane ad Hogwarts. A volte poteva aiutare avere due paia di occhi in più, immaginò, ma era comunque irritata di non aver capito prima dell’esistenza dei possibili sentimenti tra Draco e la Granger.

“Cosa c’è che non va?”, le chiese Blasie massaggiandole la schiena per evitare che si uccidesse con il pezzo di toast bloccato in gola.

Pansy rifletté un momento se raccontare o meno la cosa anche a lui, ma decise fosse meglio di no. Non perché non si fidasse, ma piuttosto perché sarebbe sicuramente rimasto scioccato ed avrebbe rovinato tutto per sbaglio. Aveva un rapporto piuttosto burrascoso con Draco.

“Niente”, disse rimettendo la lettera in borsa. “Ho ricevuto posta da Pippa. È incinta”. Non era esattamente una bugia. Sua sorella maggiore aspettava davvero un bambino ma si era dimenticata di dirlo a Blasie quando la notizia le era giunta la settimana precedente.

Blasie si congratulò e lei sorrise. Dopotutto ormai era già il secondo, non era più così eccitante.

Pansy lanciò uno sguardo alla Granger in sala grande e ripensò alla missiva. Era un’idea interessante, la Granger e Draco assieme, ed avrebbe potuto lavorarci. Di certo avrebbe colto Hogwarts di sorpresa ed alcuni ne sarebbero rimasti scandalizzati. Adocchiò i due migliori amici della riccia. Potter e Weasley avrebbero fatto del loro meglio per evitare una simile relazione. Tra di loro non c’era alcuna adorazione. Ma si stava spingendo troppo oltre. Ancora non aveva nulla di concreto in mano e, se anche Draco avesse serbato qualche sentimento nei suoi confronti, non se ne era ancora reso conto. Al contrario, quelli della Granger erano molto vari. Decise fosse arrivato il momento di diventare davvero amica della ragazza. Dubitava ci sarebbe riuscita, ma valeva la pena provarci.

Si assicurò di starle a fianco mentre di dirigevano ad Antiche Rune ed iniziò una conversazione sull’ultimo argomento affrontato. Quando quello fu esaurito, Pansy cercò di pilotarla verso ciò che voleva davvero sapere: la gita ad Hogsmeade. Si chiese se sarebbe riuscita a farla parlare, anche sei di certo non stava trattenendo il respiro per questo.

“Ti sei divertita ad Hogsmeade l’altra settimana? Non ti ho vista. Ho trovato Goldstein, che era parecchio arrabbiato per doversi occupare di qualche idiota del quarto anno”.

La Granger sorrise compiaciuta. “Mi sono assicurata di ripagargli il favore. Durante la prima gita è sparito, così ho messo in atto la mia fuga”.

Pansy rise. “Che gli sia di lezione. Giuro, se dovessi sentirlo ancora una volta dire quanto sia il migliore Caposcuola di sempre, potrei vomitare”.

La Granger sospirò. “È piuttosto stancante, sì. Vorrei passasse lo stesso tempo a fare il suo dovere invece che vantarsi di come lo svolga bene, soprattutto visto che alla fine tocca a me sistemare metà delle cose che fa”. Sembrò rendersi però conto di aver parlato male del suo collega, così aggiunse “Non badare a me, sono solo un po’ acida”.

“Non preoccuparti, non lo dirò a nessuno. E comunque ai Serpeverde non interessa”.

La Granger sorrise. “Come pensavo”.

“No invece, e non ti biasimo. Tre anni fa avrei messo in giro qualche voce maligna se ti avessi sentita dire una cosa del genere”.

“Avresti dato lo scoop a Rita Skeeter?”, la prese in giro la Granger.

Pansy assunse un’espressione colpevole. “Beh, sì, forse. Mi scuso per quello, Granger”.

Hermione le batté una mano sulla spalla. “Non importa. Sono successe cose molto più brutte da allora e sarebbe ridicolo se non ti perdonassi. Credo anche tu possa chiamarmi Hermione”.

“Mi piacerebbe, ma solo se mi chiami Pansy”, replicò lei. Forse non sarebbe stato così difficile diventare amiche, dopotutto. “Allora dove sei scomparsa? Non ti ho vista in giro”.

Ho incontrato Andromeda Tonks. Sono rimasta con lei quest’estate, mentre il Ministero cercava di rintracciare i miei genitori. È diventata quasi una seconda mamma per me”, disse Hermione.

“Oh, pensavo lo sarebbe stata la Weasley”, disse Pansy.

“Tengo davvero a Molly ma immagino che fosse più semplice rimanere da Andromeda. Non ha più nessuno, come me”.

“Non è la zia di Draco?”, chiese Pansy.

“Sì, anche se è stata cancellata dall’albero genealogico perché ha sposato un Nato Babbano”, spiegò Hermione. 

Pansy aspettò invano che aggiungesse qualcosa. Ovviamente lei già sapeva che aveva incontrato Draco e sua madre, ma la Granger non glie lo avrebbe riferito. Questo le fece piacere la ragazza ancora di più. Di certo non era una da andare a sbandierare i suoi segreti ai quattro venti e Pansy la rispettava per questo.



Hermione stava vivendo una giornata strana. Dean e Seamus erano tornati a parlarle, cosa che le faceva davvero piacere, ma questo aveva portato gli altri a fare commenti spiacevoli sul mettere al primo posto le serpi invece che gli amici. Ron, in particolare, si era unito entusiasta a questi. Era rimasto piuttosto deluso quando il suo piano di far arrabbiare Malfoy con la sua fiaschetta era andato in fumo. A quanto pareva, al biondo non importava affatto e, come ormai lei sapeva, aveva già rimpiazzato l’oggetto. Poi Pansy era stata super amichevole nei suoi confronti, anche se immaginava di non dover essere troppo sospettosa. Era ovvio che i Serpeverde fossero cambiati radicalmente, anche se lei non riusciva a non essere cauta, forse anche a causa dei pensieri che le erano scaturiti dopo la sua conversazione con Andromeda la settimana precedente.

Il fatto che una strega più anziana avesse suggerito che Malfoy potesse provare qualcosa per lei oltre alla repulsione l’aveva un attimo destabilizzata. Non riusciva nemmeno a credere potesse essere vero. Insomma, si trattava di Malfoy, che l’aveva sempre fatta sentire come la donna più brutta dell’intero universo ed aveva passato anni a deriderla per il suo aspetto. Già era confusa per l’intera situazione ed ora si sentiva ancora più insicura. Non lo odiava più come prima. In effetti, le dispiaceva per lui. Aveva iniziato anche a notare delle piccole cose, tipo quanto fosse attraente quando non passava il tempo a ghignare. Aveva un bel sorriso, che gli usciva nei momenti più sorprendenti. Hermione si era inoltre ritrovata a volergli cancellare il dolore che a volte gli leggeva negli occhi. Ovviamente, voleva anche dargli una scrollata e che smettesse di bere, ma più di tutto non capiva perché le importasse così tanto di cosa gli sarebbe accaduto.

Al momento, comunque, si godeva la tranquillità della ronda. Aveva bisogno di tempo per dare un senso ai propri pensieri disordinati. Sfortunatamente, dovette ricredersi quando, cinque minuti dopo, si imbatté nel medesimo ragazzo, svenuto nel bel mezzo del corridoio. Come fosse riuscito a non essere scovato da qualche professore non lo capiva. Ormai era la terza volta che lo beccava in quel modo e non mancò di notare dove si trovasse quella volta: all’esterno della Stanza delle Necessità. Immaginò avesse iniziato a pensare agli eventi del sesto e settimo anno. Diede un calcio alla bottiglia vuota di Firewhiskey, prima di rendersi conto che probabilmente avrebbe dovuto portarla via con lei per nascondere le prove.

Hermione si abbassò e lo scrollò per le spalle. “Malfoy, svegliati”, mormorò. “Andiamo, Malfoy, sei in mezzo al corridoio. Alzati”.

Non c’era nulla da fare, ormai era andato. Se ci fosse stato un cartellone pubblicitario per avvertire di non bere, lui sarebbe stato il soggetto principale. E se qualcuno, vedendolo, avesse cercato di fargli del male? Avrebbero potuto fargli di tutto e lui non se ne sarebbe nemmeno reso conto. Ripensò all’incidente con Dean e pensò che, se lui l’avesse trovato in quello stato, di certo lo avrebbe spedito al reparto di lunga degenza del San Mungo.

Da sola non sarebbe mai riuscita a portarlo a peso morto. Avrebbe dovuto farlo levitare, il che significava riportarlo alla sua sala comune perché avrebbe di certo incontrato Gazza, Miss Purr o persino Pix se avesse cercato di spedirlo nei sotterranei. Tra l’altro, sarebbe anche stata la prima volta in cui avrebbe fatto levitare una persona.

Hermione fece discendere Malfoy sul suo divano e sospirò di sollievo. Entrando, gli aveva quasi fatto sbattere la testa contro la porta, ma era riuscita a riportarlo nella sua stanza privata senza problemi. Lui si voltò e si accoccolò sui cuscini.

Alzò gli occhi al cielo ed appellò la sua coperta di scorta, lasciando poi una bottiglia di acqua sul tavolino da caffè di fronte a lui. Sarebbe stato carino avesse almeno apprezzato il suo gesto la mattina dopo, ma non ci avrebbe sperato troppo. Probabilmente avrebbe ricevuto solo insulti, anche se non usava più la parola con la “S” da un po’, cosa tra l’altro molto gradita. Hermione si voltò ed andò a letto.  


Era ancora buio quando un forte tonfo la fece svegliare. Si sedette, disorientata, ed afferrò la bacchetta che teneva sempre a portata di mano. Le ci volle qualche secondo per rendersi conto di essere nella sua stanza ad Hogwarts. Riusciva a sentire qualche mormorio provenire dalla sua sala comune ed il cuore iniziò a batterle per la paura. I Mangiamorte erano riusciti ad infiltrarsi di nuovo nel castello? Scivolò fuori dal letto e si avviò in punta di piedi. Aprì la porta lentamente e si sfregò gli occhi quando vide Malfoy seduto sul pavimento, attorcigliato in una matassa di coperte. Il suo cervello, ancora addormentato, le fece allora ricordare che la guerra era finita e che aveva riportato lì Malfoy perché lo aveva trovato svenuto in corridoio.

Hermione non riuscì a trattenere una risata di fronte a quella scena.

“Granger? Che diavolo? Dove sono?”, grugnì Malfoy mentre, ancora confuso, cercava di rimettersi in piedi.

“Nella mia sala comune. Di nuovo, vorrei aggiungere”, replicò lei.

“Che diavolo ci faccio qui?”, chiese.

“Sei svenuto e ti ho trovato in mezzo al corridoio”.

Malfoy si passò una mano tra i capelli. “Merda”, disse. “Non ricordo nemmeno di essere uscito dalla mia, di sala comune”.

Lei strinse le labbra e si mise le mani sui fianchi. “Non puoi continuare a comportarti così, Malfoy. Potevi finire in un sacco di guai o persino ferito. Non avevi idea di dove fossi e io non riuscivo nemmeno ad alzarti”, gli urlò contro.

“Sembri Pansy. Non penso di poter sopportare due maniache del controllo che mi tengono al guinzaglio contemporaneamente”.

“Se io non dovessi continuare a trascinare le tue chiappe ingrate lontano dai pasticci, tu non dovresti ascoltarmi per nulla”, sbuffò lei, stanca che si lamentasse sempre per il suo aiuto.

“Come ti pare, Granger”, replicò lui.

“No, non è accettabile come risposta”, urlò ancora. “Devi smetterla di bere, Malfoy. Sta iniziando a distruggerti. Non ricordi cosa stessi facendo e stai sprecando il tuo ultimo anno ad Hogwarts. Come puoi pensare di trovarti un lavoro senza almeno qualche M.A.G.O.?”.

“Odio essere io a dirtelo, Granger, ma io non ho bisogno di lavorare”, disse tronfio.

“E quindi? Non farai nient’altro che stare in casa ed infilarti in pessime situazioni come tuo padre?”.

Hermione vide la sua mascella serrarsi. Ok, forse non avrebbe dovuto dirlo. Non aveva idea di come fosse il rapporto tra Malfoy e suo padre e, a giudicare dallo sguardo omicida che le stava lanciando, probabilmente non avrebbe dovuto tirare fuori l’argomento.

“Solo perché hai passato un minimo di tempo con me e mia madre non significa tu sappia qualcosa della mia vita”.

“Non presumo di saperne qualcosa”.

“A me sembra di sì”, la interruppe.

“Ma tutti sanno che tuo padre ha speso tempo e soldi a raggiungere obiettivi nefandi”, disse arrabbiata Hermione.

“Se fossi in te lascerei perdere, Granger”.

Lei sospirò per la frustrazione. Non aveva davvero idea di come parlare a Malfoy. Era sempre così irritato ma lei non poteva fare a finta di niente ed evitare di dirgli quanto in rovina stesse andando la sua vita. Non aveva nemmeno diciannove anni, ma sembrava determinato a distruggersi.

“Senti, dico solo che devi pensare al tuo futuro invece che rivangare il passato”.

“Facile a dirsi per te, hai un futuro di gloria già mappato di fronte a te. La ragazza brillante di Hogwarts, l’eroina di guerra che illuminerà il mondo magico con la sua immensa intelligenza e la sua costanza a migliorare la società”, disse amaramente lui.

Se Malfoy non le avesse sputato addosso le parole, avrebbe quasi creduto la stesse elogiando. Ovviamente però, lui non le vedeva come complimenti.

“Mettila di piagnucolarti addosso. Questo atteggiamento di pietà che hai non ti porterà da nessuna parte. Hai l’opportunità di reinventare te stesso. Invece che fare il fantasma in giro, perché non la cogli? Sei sempre stato così orgoglioso del tuo cognome. Perché non fai davvero qualcosa per cui esserlo?”, gli disse con passione. Non riusciva davvero a sopportare il suo comportamento svogliato. Era da deboli e stava sprecando il suo talento.

Lui la fissò sconvolto. “Grazie a Merlino, facevi piuttosto schifo come Mangiamorte, ma hai dimostrato di essere intelligente quando hai riparato l’armadio svanitore e, per quanto mi dolga ammetterlo, sei sempre stato bravo a scuola. Eri sempre appena dietro di me con i voti”, continuò.

Hermione si sentiva scossa. Malfoy invece fissava intensamente il camino, così che lei non potesse capire se aveva fatto attenzione o meno alle sue parole. Pensò quindi di continuare a parlare, finché si fosse tolta quel peso dal petto. “Ricomincia ad applicarti, Malfoy. Non lasciare che vincano quelli che sperano tu fallisca. Al momento stai dando loro ragione. Non vuoi fargli vedere che si sbagliano? Non vuoi tenere la testa alta e dimostrare al mondo che non sei solo un ragazzino con idee stupide che adorava Voldemort?”.

Lui la guardò e così riuscì a leggerli il conflitto interiore negli occhi. Almeno sembrava aver fatto breccia nel muro che si era costruito così bene attorno. Forse l’aveva davvero ascoltata.

“Nessuno di ha mai detto che predichi un po’ troppo, principessa? Risparmiati i sermoni per i tuoi amici, io non sono interessato”, replicò con una smorfia.

Hermione rimase a fissarlo triste mentre lui usciva dalla sua sala comune e si avviava nel castello ancora buio. Si lasciò cadere sul divano sui cui lui aveva dormito e si prese la testa tra le mani. Voleva dargli una scrollata e urlargli addosso. Come riusciva a rimanere così indifferente, dopo quello che gli aveva detto? Come faceva ad essere felice nel buttare via la sua vita? La faceva infuriare. Non sapeva nemmeno perché stesse sprecando fiato per cercare di fargli capire che casino stesse combinando. Aveva ragione lui, non erano affari suoi ma, per qualche motivo, non poteva rimanere in disparte senza fare nulla.

Se invece avesse capito quando fosse riuscita a penetrargli nella mente, mentre tornava alla sala comune dei Serpeverde, sarebbe stata meno sconsolata. Probabilmente sarebbe stata contenta e soddisfatta di aver fatto colpo con le sue parole.


Draco sapeva di star gettando via la sua vita al momento, semplicemente non voleva smettere. Era rimasto più che sconvolto dalle parole della Granger. Lei aveva parlato con passione del suo futuro ed aveva persino messo in luce i talenti che possedeva. Hermione Granger, la ragazza che aveva passato gli ultimi sette anni a guardare dall’altro in basso e disprezzare alla luce del sole. Era rimasto sorpreso che le importasse così tanto di lui. L’unico motivo per cui tutti sapevano quanto lei fosse così intelligente era perché li spaventava tutti a morte con il suo intelletto sopraffino.

Era rimasto ancora più sorpreso che le stesse a cuore ciò che lui stava combinando. Le uniche persone che gli avrebbero fatto un discorso così accalorato erano Pansy e sua madre. Eppure, lei era rimasta lì, praticamente ad implorarlo di cambiare la sua vita. Questo lo aveva fatto guardare oltre la sua reputazione. Se ci fossero stati Potter o Weasley, al posto di lei, di certo avrebbero preparato i popcorn, felici di vederlo andare a pezzi, probabilmente in prima fila a godersi lo spettacolo.

Forse Pansy aveva ragione nel dire di darle una tregua. Aveva presunto si fosse lasciata coinvolgere perché era un’impicciona che non riusciva a tenere il naso lontano da ogni piccola cosa, ma di solito persone del genere non facevano discorsi su come tornare sulla retta via. Piuttosto, rimanevano in disparte, sentendosi superiori. Aveva davvero fatto uno sforzo nel non chiamarla più Sanguesporco ma non per non ferirla, bensì perché sapeva quanto la sua minaccia dell’ultima volta fosse seria. Al momento, invece, pensò di dover smettere perché non era carino e lei non lo meritava.

Draco si trascinò attraverso il ritratto della sala comune, finendo dritto tra le braccia di un comitato di accoglienza. Pansy era chiaramente andata su e giù per la stanza per tutto il tempo, perché il pavimento sembrava più rovinato del solito. Blasie invece era ancora sveglio perché odiava vedere la sua ragazza così preoccupata per il suo amico.

“Dove diavolo sei stato, Draco?”, ringhiò Pansy.

“Non farlo, Pansy. Non sono dell’umore per un’altra litigata”, disse malvolentieri Draco.

“Non parlarmi così. Blasie è venuto a cercarti nel dormitorio e tu non c’eri. E adesso rientri, ore dopo, come se fossi stato il biblioteca”, si infervorò lei.

“Ad essere onesto, non ricordo nemmeno di essere uscito, ok? Quindi lascia perdere e smettila di comportarti come se lo facessi solo per darti fastidio”, biascicò Draco prima di avviarsi verso la sua stanza.

Pansy piantò i piedi per la frustrazione e grugnì. Blasie lo avrebbe trovato simpatico in qualche altra occasione, ma sapeva che la ragazza avrebbe presto degenerato. Se non voleva ritrovarsela piangente, avrebbe dovuto occuparsene lui.

“Lascia che gli parli io, va bene tesoro?”, le disse. “Vai a letto, ok?”.

Sapeva quanto fosse combattuta. Era ovvio volesse urlare addosso a Draco, ma sapeva che far radunare tutti i Serpeverde in sala comune per godersi lo spettacolo non sarebbe stata una buona idea. Annuì, si alzò sulle punte e gli diede un bacio veloce prima di dirigersi al dormitorio delle ragazze. Blasie prese un respiro profondo e sperò che la sua pazienza durasse. Non aveva un rapporto dei migliori con Draco ed avrebbe dovuto usare tutte le sue tattiche per ottenere informazioni da quel testardo.

Entrò nella stanza mentre Draco estraeva un pigiama prima di infilarsi sotto le coperte.

“Mi vuoi dire dove sei stato?”, chiese Blasie.

“Che diavolo ti interessa?”, biascicò Draco.

“Pansy era preoccupata a morte. Non voleva andare a dormire finché non ti avesse visto rientrare. Non le devi qualcosa? Almeno dirle dove sei stato?”.

“Senza offesa Blasie, capisco tu le voglia bene, ma davvero non sono dell’umore per una chiacchierata a cuore aperto”, replicò Draco.

“Bene, perché ad essere onesto non voglio sapere cosa ti passa per la testa. Però non mi piace nemmeno che la mia ragazza di disperi più del necessario. Voleva venire qui e fare una scenata ma le ho detto che sarei venuto io a parlarti, quindi taglia corto e dimmi dove sei stato”, disse calmo Blasie.

Draco lanciò un’occhiata a Theo per assicurarsi che dormisse. Quel ragazzo aveva la lingua lunga e non avrebbe perso occasione di raccontare per tutta Hogwarts i suoi fatti personali. Si avvicinò a Blasie. “Sono svenuto nel corridoio. La Granger mi ha trovato ed ho passato qualche ora addormentato sul suo divano. Si felice adesso?”.

Blasie sembrò preso alla sprovvista e Draco ghignò. Non ci voleva poi molto a sconvolgere quelle sue chiappe pompose. “Ora mi lasci dormire?”, chiese.

Blasie annuì e Draco si mise a letto. Tirò le tende con un gesto della bacchetta e cominciò a fissare il soffitto buio. Doveva pensare a cosa fare della sua vita. La Granger aveva ragione su una cosa: non poteva continuare così. Si stava distruggendo.


La mattina dopo, Pansy si ritrovò ad aspettare Blasie. Lo afferrò appena uscì dal dormitorio. “Che ha detto Draco?”, chiese.

Blasie alzò un sopracciglio. “Buongiorno a te. Sì, ho dormito bene, grazie per avermelo chiesto”.

Pansy sbuffò e lui rise. “Ha detto che è svento e lo ha trovato la Granger. Ha passato qualche ora sul suo divano”.

Invece che rimanere scioccata, Pansy lo guardò saccente, come se quell’informazione si incastrasse perfettamente nel quadro più grande che si stava costruendo in testa. Blasie diventò sospettoso nel medesimo istante. “Cosa? Non sei sorpresa?”, chiese.

Pansy alzò lo sguardo. “Beh, doveva per forza aver trovato qualcuno di amichevole che non lo facesse scoprire, quindi immagino che la sala comune della Granger non sia così strana”.

“Sai qualcosa? Che succede tra quei due?”.

Pansy zittì il suo ragazzo, guardandosi attorno per vedere se qualcuno lo avesse sentito. Poi lo spinse di nuovo nel dormitorio, per fortuna vuoto. Bloccò la porta con un incantesimo e silenziò la stanza.

“Devi giurare che non dirai una parola a nessuno e non prenderai in giro Draco per questo”, disse Pansy.

Blasie annuì. Era troppo curioso.

“La lettera che ho ricevuto ieri non era di mia sorella ma di Narcissa Malfoy. Sai che ha incontrato Draco la settimana scorsa ad Hogsmeade, no?”, iniziò Pansy.

“Sì, da qualche parte che non fosse troppo affollato”, replicò Blasie.

“Esattamente. Beh, hanno incontrato Andromeda Tonks sai, la sorella di Narcissa, quella che ha sposato un Nato Babbano, e per puro caso con lei c’era Hermione”, continuò Pansy.

“E quindi?”, chiese Blasie.

“Sia Narcissa che Andromeda hanno notato una curiosa chimica tra Draco ed Hermione. Questa settimana Narcissa è andata a trovare la sorella e ne hanno parlato. Sembra entrambe pensino che possano provare qualcosa l’uno per l’altra”, finì Pansy.

Blasie non ne fu impressionato. “Sicura non siano solo due sorelle che chiacchierano? Cioè, parliamo di Draco e la Granger. Non è che siano esattamente due anime gemelle”.

“Per prima cosa, è Narcissa. Non metterebbe in giro pettegolezzi su Draco ed una Nata Babbana se non pensasse sul serio ci sia qualcosa. E poi conosce Draco meglio di chiunque altro. Secondo, non credi che Hermione sia esattamente ciò di cui lui ha bisogno?”.

Blasie fece una smorfia. “In realtà, no. Anche se provassero qualcosa, e devi ancora convincermi a riguardo, riuscire a passare oltre le sue due guardie del corpo, che odiano Draco, e l’intera faccenda della purezza del sangue che i Malfoy amano tanto, sembra immensamente difficile”.

“Ma è esattamente ciò di cui il mondo magico ha bisogno. Andrebbero contro tutte le aspettative ed unirebbero le persone in un modo che sarebbe impossibile fare per una legge”, ribatté Pansy.

“Oppure potrebbero dividere ancora di più la comunità. Sicura non siate solo tre donne che si impicciano? Non state andando un po’ troppo oltre il fatto che la Granger odi Draco? E per quanto riguarda lui, al momento non gli importa nemmeno di sé stesso. Come puoi aspettarti gli interessi di qualcun altro?”.

Pansy si mise le mani sui fianchi. “Non mi sto impicciando”.

Blasie le lanciò uno sguardo poco convinto. Ok, magari lo stava facendo solo un pochino ma esclusivamente perché voleva che il suo migliore amico fosse felice.

“E comunque non significa non possa interessargli di qualcun altro”, disse Pansy.

“Parliamo di Draco, una delle persone più egoiste che abbia mai incontrato. Gli interessa solo di sé stesso”.

“Non è vero. Draco mi ha sempre protetta, soprattutto in passato. E non ho dimenticato l’incidente nell’armadio delle scope. È ovvio provi attrazione nei confronti di Hermione, visto il modo in cui si è attaccato al suo collo”.

Blasie alzò gli occhi al cielo. “Ora stai cercando di darci una svolta romantica. Era ubriaco, con una ragazza tra le braccia. Gli eventi hanno seguito il loro corso naturale”.

“Ti dimostrerò che ti sbagli. Scommetto che entro la fine dell’anno Draco ed Hermione staranno insieme”, promise Pansy.

“Come dici tu, Pansy. Io credo siano solo sogni”, replicò Blasie.

“Preparati a perdere”, disse tronfia Pansy.

Blasie non rispose ma le sorrise. Oh, glie l’avrebbe fatta vedere ed avrebbe rimesso in piedi draco. Hermione Granger era esattamente ciò che gli serviva. Avrebbe tenuto il riga il biondo, non dandogli nemmeno il tempo di piagnucolare.

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Capitolo 10
*** Cancella e Riscrivi ***


Cap 10

Cancella e Riscrivi

Pansy stava iniziando a preoccuparsi sul serio per Draco. Ogni orno passava ore al lago, completamente ritirato. Stava iniziando a chiedersi se stesse pensando di suicidarsi. Interagiva a malapena con le persone e sembrava totalmente perso nei propri pensieri. Era presente fisicamente ad Hogwarts ma la testa vagava chissà dove. Lei aveva continuato a frequentare Hermione ma la ragazza non le aveva ancora detto nulla riguardo quella notte in cui Draco era rimasto di nuovo nella sua sala comune. Le aveva dato solo qualche scarno dettaglio e non aveva aggiunto altro. Per questo motivo, credeva fosse successo qualcosa che nessuno dei due voleva raccontare. Cominciò a chiedersi se non avessero litigato ancora, cosa di certo non inusuale dato che gran parte della loro conoscenza era stata scandita da quello.

Una settimana dopo, Pansy finalmente si stancò di essere evitata da Draco, così lo cercò al lago ma non lo trovò. Iniziò allora a perlustrare il castello, finché non lo rintracciò in cima alla torre di astronomia.

“Che ci fai qui?”, chiese preoccupata Pansy.

Draco, appoggiato al parapetto, si voltò. “Non mi butterò giù, quindi non preoccuparti. Non importa quanto le cose facciano schifo, non farei mai una cosa del genere a mia madre, non dopo ciò che ha fatto per me”.

“Allora perché sei quassù?”.

“Qui è dove un sacco di cose della mia vita sono andate storte”, replicò lui.

“Pensavo fossi stato fottuto nel momento in cui Voldemort è risorto e tuo padre ti ha trascinato dentro i suoi piani”, commentò Pansy.

“Vero, ma qui è l’epitoma di quanto tutto sia andato da schifo”.

Pansy si appoggiò al parapetto di fianco a Draco ed iniziò ad osservare la Foresta Proibita. “È strano pensare che uno degli eventi più famosi della guerra sia accaduto qui. Adesso è così tranquillo”, gli fece notare.  

“Mi ha offerto protezione per me e mia madre. Te l’avevo mai detto?”.

“Chi?”, chiese confusa Pansy.

“Silente”, replicò Draco.

“Non mi hai mai detto nulla di quella notte”, rispose lei.

“Era indifeso con la mia bacchetta puntata contro ma non aveva paura. Sapeva non sarei riuscito ad ucciderlo. Ha continuato a parlarmi ed aspettava arrivasse Severus”.

Pansy non seppe cosa dire. Draco si era sempre rifiutato di parlare di quell’episodio. Sapeva che qualcosa era di certo andato male perchè Silente era morto, ucciso da Severus Piton invece che da Draco come ordinato.

Draco era stato severamente punito per il suo fallimento. Il Signore Oscuro era diventato furioso e così sua zia Bellatrix. Era stata orgogliosa nel momento in cui al nipote era stato scelto per un tale compito ma, visto che l’aveva delusa, lei lo aveva usato per settimane come bersaglio per fare pratica e gli altri Mangiamorte lo avevano preso in giro senza pietà perché non possedeva alcun istinto omicida. Lo avevano etichettato come “patetico”.

“Credevo sarebbe stato facile, che sarebbe bastato un incantesimo e sarebbe stata finita. Non avevo capito quanto sarebbe stato diverso nel momento in cui avrei avuto qualcuno alla mia mercé che mi fissava negli occhi. Silente non aveva per niente paura di me ed aveva ragione, ero io quello spaventato e che chiedeva pietà”.

“Pietà? Ma avevi la sua bacchetta, che avrebbe potuto farti?”, chiese ancora più confusa Pansy.

“Mi ha offerto un modo per uscirne. Per un breve momento, ho visto la luce alla fine del tunnel e sono stato molto vicino ad accettare. Ma poi sono arrivati i Carrow, Rawle e Greyback e così è svanito tutto. È stato in quell’unico momento che ha avuto paura, sai?”.

“Silente?”.

“Sì, quando ha visto Greyback. Per un attimo mi ha guardato con uno sguardo carico di disapprovazione. Prima di allora non ero ancora riuscito a deluderlo, nonostante stessi cercando di ucciderlo. Quando lui è entrato, invece, mi ha guardato per la prima volta come se non mi avesse conosciuto”, disse Draco. “E io volevo rassicurarlo, dirgli che non mi aveva giudicato male e che, nonostante i miei difetti, non avrei mati fatto entrare Greyback ad Hogwarts”.

Pansy rabbrividì pensando al lupo. Lo aveva incontrato una volta, piuttosto per caso. Dopo, suo padre le aveva urlato addosso per essere scesa quando le aveva detto espressamente di non farlo. Poi le aveva spiegato ciò che a Greyback piaceva fare alle ragazzine e niente di tutto quello poteva essere definito piacevole. In seguito, era riuscito ad uccidere Lavanda Brown ed a lacerarla così tanto che, nonostante avesse aiutato anche Hermione, lei non si era ripresa. Quando si trattava di qualcuno che conosci, diventa tutto più reale.

“Sono sicura lo sapesse, Draco”, lo rassicurò.  

“Però l’ho lasciato davvero entrare, no? Potevo non aver capito ci sarebbe stato anche lui, ma ho lasciato che entrassero delle persone che volevano distruggere Hogwarts. E se Greyback si fosse trasformato? Sarebbe stata colpa mia”.

“Non avevi scelta. Dovevi fare quello che ti era stato detto od avresti fatto uccidere la tua famiglia”.

Lui si voltò per guardarla in volto e Pansy notò la disperazione nei suoi occhi. “Continuo a dirmelo, come se potesse essere una scusa. Abbiamo sempre una scelta. Avrei potuto rifiutare, essere coraggioso per una volta nella mia vita invece che fare qualcosa che sapevo essere sbagliato. Potter lo avrebbe fatto, nonostante le conseguenze”.  

Pansy gli afferrò la mano. “Draco, tu hai sei stato cresciuto in modo completamente diverso. Per tutta la vita ti è stato detto che il Signore Oscuro avrebbe protetto il mondo magico. Non puoi metterti a confronto con Potter, diventerai matto”.

“La Granger mi ha detto che ho una possibilità di cambiare le cose e che sto sprecando l’opportunità di ripulire il nome dei Malfoy e fare qualcosa di cui essere orgoglioso. Ha detto che potrei dimostrare al mondo di non essere solo un ragazzino che seguiva Lord Voldemort”.

Pansy finalmente comprese perché Draco si era ritirato in solitudine. Hermione era riuscita a fare ciò che lei non aveva potuto, penetrare tra le sue difese dietro alle quali si stava nascondendo, e le sue parole avevano colpito un nervo scoperto.

“E se quello fosse tutto ciò che sono? E se non riuscissi ad essere nulla di diverso?”, rispose con la voce rotta.

“Oh Draco, puoi essere molto di più”, disse Pansy abbracciandolo. “Hai delle qualità che perfino la Granger riconosce. Perché credi io mi sia impuntata in questo modo? Ti conosco e so anche ciò che vuoi nascondere al mondo. Non hai ucciso Silente perché non sei una persona del genere, non importa quanto ti ci impegni”.

Draco affossò il viso nel collo di Pansy. “Non voglio fare casino, Pansy. Non voglio che Voldemort continui a controllarmi”, mormorò.

“E non succederà, Draco, te lo prometto”.

Lui alzò la testa e le diede un bacio sulla guancia. “Ti voglio bene, Pansy. Senza di te sarei più un fallimento di quanto già non sia”.

“Shhh, non possiamo permettere che tutti sappiano quanto tu sia dolce”, lo prese in giro Pansy.

Draco la abbracciò. Le doveva più di quanto avrebbe mai potuto restituirle. Se si fosse arresa, lui non sarebbe mai uscito da quella situazione. Rimasero in silenzio per un po’, continuando ad abbracciarsi. Fu il momento più tranquillo degli ultimi anni.


Hermione rise quando lei, Ron ed Harry si infilarono nel passaggio che portava alle cucine.

“Silenzio, Hermione, ci farai scoprire e la tua reputazione immacolata da Caposcuola sarà rovinata per sempre”, la avvertì Ron.

“Non riesco a trattenermi. Mi sembra di essere tornata al primo anno quando ci stringevamo tutti sotto al mantello”, mormorò lei.

“È un peccato che sia immune all’incantesimo estensivo”, sospirò Harry quando Ron gli pestò accidentalmente il piede per l’ennesima volta.

“Siamo arrivati”, disse Hermione. Alzò il mantello e fece il solletico alla pera del quadro.

Quando la porta delle cucine si aprì, Ron inciampò sui piedi di Harry, che cadde e finì addosso ad Hermione. Il peso dei due ragazzi la fece quindi finire a terra. Harry le finì sulla schiena e Ron sopra di lui, trascinato giù dal mantello intrappolato nei piedi di Hermione. Il tonfo della loro caduta fece immobilizzare gli elfi domestici, che iniziarono a fissare Hermione. Harry e Ron si sfilarono il mantello e lo fecero finire a terra

“Toglietevi di dosso, idioti”, urlò lei, schiacciata.

Invece di risponderle, Harry si irrigidì. “Andiamo ragazzi, sono seria. Faccio fatica a respirare”.

Harry continuò a stare zitto, poi udì una voce biascicante che conosceva ormai troppo bene. “Avete sentito la ragazza. Dovreste togliervi di dosso prima di soffocarla”.

Hermione imprecò e maledì il fatto di trovarsi con la faccia schiacciata a terra ed i capelli sugli occhi, che non le permettevano di vedere nulla. Riusciva solo ad intravedere due scarpe nere e lucide.

“Che ci fai quaggiù, Malfoy?”, ringhiò Ron.

“Siamo in un paese libero, no?”, ringhiò di rimando Malfoy.

“Sfortunatamente per noi, sei libero”, grugnì Ron.

Hermione si divincolò come un’ossessa cercando di spostare i suoi due pesanti migliori amici. Alla fine, Harry sembrò notarla e spinse via Ron, alzandosi. Hermione ricominciò a respirare a fondo e si tolse i capelli dagli occhi. L’ambiente ostile non la incoraggiava. Malfoy era di fronte a loro con la mascella tesa. Ron diventava sempre più rosso ad ogni secondo che passava ed aveva le mani strette a pugno. Harry sembrava più calmo ma Hermione riusciva a leggergli negli occhi che in realtà quella era solo una facciata. Sospirò. Voleva davvero smetterla di trovarsi in certe situazioni, iniziavano a darle sui nervi.

“Esci, Malfoy”, disse freddo Harry.

Malfoy alzò un sopracciglio. “Perché dovrei?”.

“Perché non vogliamo vedere la tua brutta faccia da furetto”, replicò Ron.

Malfoy si avvicinò alla replica dei tavoli della Sala Grande e si sedette. “Non credo lo farò”.

Ron fece un passo in avanti e disse aggressivo “Lo farai, oppure ti costringerò”.

“Ragazzi, andiamo, ecco Kreacher. Prendiamo la roba e andiamo”, si intromise Hermione prima che la situazione degenerasse in rissa.

Il vecchio elfo domestico li raggiunse. “Come può Kreacher aiutare Harry Potter?”.

Harry però era troppo occupato a fissare Malfoy e non gli prestò attenzione. Hermione gli diede una gomitata nelle costole.

“Oh, ciao, Kreacher. Volevamo solo qualche zuccotto e un po’ di succo di zucca”, disse Harry.

“E qualche tramezzino”, aggiunse Ron.

“Per favore, Kreacher”, disse Hermione, guardando male i ragazzi, dimentichi delle buone maniere. Kreacher fece un inchino profondo e sorrise.

I due continuarono a tenere d’occhio Malfoy e lei si sentì come di troppo, ma grata che nessuno cercasse ancora di parlare.

Un piccolo elfo domestico arrivò di corsa ai piedi di Malfoy, reggendo una borsa. “Mi dispiace, Padrone, Noktok non voleva arrivare in ritardo”.

“Non c’è problema, Noktot. Ci vediamo la settimana prossima”, replicò Malfoy.

L’elfo domestico annuì e sparì con uno schiocco di dita. Malfoy si alzò, pronto ad andarsene.

“Non così in fretta, Malfoy”, disse Harry. “Cosa c’è nella borsa?”.

“Non credo siano affari tuoi, Potter”, replicò Malfoy aggirandolo.

Harry allungò un braccio ed afferrò quello di Malfoy. “Dammi la borsa. Voglio sapere cosa contiene”.

“Toglimi le mani di dosso immediatamente”, grugnì Malfoy.

“Prima aprila”, insistette Harry.

Malfoy fece per scansarlo via ma Ron estrasse la bacchetta e glie la puntò contro. “Mostragli il contenuto”.

Malfoy tossì. “Che cosa vuoi farmi, Weasley? Sputare lumache così che l’incantesimo ti si ritorca contro? Oh, aspetta, è già successo”.

Hermione alzò le mani. “Oh, per la barba di Merlino, è ridicolo. Harry, togligli le mani di dosso. Ron, abbassa la bacchetta e smettila di fare l’idiota. Malfoy, dammi la borsa. Controllerò io, dato che sono Caposcuola”.

Malfoy strinse la presa sulla borsa. “Non vedo come siano affari tuoi. Perché voi tre non ficcate il naso nella vostra torre?”.

“Non mi fido di te, Malfoy, ed in passato hai già cercato di far entrare cose pericolose nel castello”, spiegò Harry.

“Vaffanculo, Potter”.

Hermione lo guardò negli occhi ed allungò una mano. “Dalla a me e basta, Malfoy. Tutto questo finirà prima ed in modo indolore”.

Malfoy ringhiò ma le diede la borsa. Lei la aprì e sbuffò quando vide le bottiglie di alcool. Allora è così che Malfoy riusciva a procurarselo. Tutto aveva più senso, ora.

“Felice, Granger? Adesso ridammela”, disse Malfoy.

“No, mi dispiace, non posso. Come Caposcuola, non posso girarmi dall’altra parte quando le regole vengono infrante”, rispose Hermione.

Malfoy la guardò arrabbiato. In effetti, era stata proprio lei a permettergli di in frangerle più volte, in passato. Vide la scintilla nei suoi occhi e lo pregò silenziosamente di non dire nulla che potesse farla litigare con Harry e Ron.

“Come ti pare, Principessa”, disse maliziosamente Malfoy, prima di uscire dalla cucina e lasciare Harry e Ron a fissarlo sconvolti.

“Come ti ha chiamata?”, chiese Ron.

Hermione percepì il rossore salirle alle guance e maledì Malfoy. Almeno non aveva detto nulla sul come lo stava aiutando, ma chiamarla in quel modo di fronte ad Harry e Ron era stato inopportuno.

“Niente. Si comporta solo da Malfoy”, disse Hermione.

“Non mi sembra niente, e perché non si è arrabbiato con te quando gli hai detto di dargli la borsa?”, chiese sospettoso Harry.

“Forse perché Ron gli puntava la bacchetta e tu gli tenevi il braccio. Cercava un modo di salvarsi la faccia”, rispose Hermione.

“Non lo so, Hermione. Prima ti impicci con Dean e adesso lui ti ha dato un soprannome”, disse Ron.

“Mi stai davvero accusando di avere una qualche specie di relazione segreta con Malfoy?”, chiese lei.

“Non essere stupida, Hermione. Però di certo qualcosa non va”, replicò Ron.

“Senti, non so quante volte io l’abbia già detto ormai, ma non potevo permettere che Dean lo picchiasse ancora. Sono Caposcuola, il che significa che devo fermare cose del genere quando le vedo, altrimenti perderei il mio titolo”, fece notare Hermione, esasperata dal doverlo spiegare ancora una volta.

Per sua fortuna, Kreacher arrivò in quel momento. “Mi dispiace, Padrone, ma vuole qualcos’altro?”, chiese.

Ron gli si avvicinò in un lampo, prendendogli la borsa dalle mani e guardandovi all’interno. “Kreacher, sei il migliore”, disse con un ghigno.

Kreacher, dopo aver vissuto assieme a loro per qualche tempo, aveva capito quali fossero i cibi preferiti di Ron e quanto fosse radicato il suo appetito. Aveva quindi incluso qualcosa per lui senza che glie lo chiedessero, sapendo perfettamente che il ragazzo sarebbe stato più che felice di infilarsi tutti in pancia.

Harry ci mise qualche attimo in più a distogliere lo sguardo da lei. Rifletteva molto più di Ron ed Hermione sospirò di sollievo quando lui iniziò a prestare attenzione all’elfo. Sapeva che non sarebbe stata l’ultima volta, ma almeno avrebbe avuto un po’ di tempo per pensare a qualche altra scusa più convincente prima di essere nuovamente interrogata. Sarebbe sicuramente diventato un ottimo Auror, dopo il diploma.

I tre fecero per andarsene ma Kreacher la richiamò indietro. “Signorina Hermione, Winky ha fatto qualcosa per lei”.

Hermione sorrise contenta. Winky era rifiorita sotto la guida di Kreacher. Nonostante anche Dobby avesse cercato di aiutarla affettuosamente e di coprire il suo abuso di alcool, Kreacher l’aveva invece trattata con brutale onestà. Essendo stato in passato fieramente leale a qualche mago oscuro in prima persona, l’elfo aveva saputo esattamente come affrontarla. Hermione l’aveva a stento riconosciuta quando era andata per la prima volta nelle cucine all’inizio dell’anno, trovandola sobria e molto più allegra. A volte diventava ancora depressa, ma non si dava più la colpa per la disfatta di Barty Crouch Junior. Aveva anche imbastito una specie di amicizia con Hermione e le due andavano piuttosto d’accordo. Tra l’altro, era proprio lei a mettere in ordine la sua stanza da Caposcuola.

Ron alzò gli occhi al cielo e fissò affamato il cibo. “Andate avanti”, disse Hermione con un sorriso, sapendo che lo stomaco di Ron non avrebbe sopportato una lunga conversazione di Kreacher.

Ron ai affrettò fuori ed Harry la guardò in un modo che le fece capire che la conversazione su Malfoy sarebbe stata ripresa. Lei annuì e si voltò nuovamente verso Kreacher. “Allora dov’è Winky?”.

“Ha il turno di mattina, adesso sta dormendo ma voleva mettere questo nella sala comune domani e Kreacher sa che non le dispiacerà se Kreacher lo fa avere prima”, disse Kreacher.

Hermione spiò all’interno della confezione e si leccò i baffi alla vista della sua torta al limone preferita. L’elfa le preparava spesso quelle leccornie. “Winky mi vizia troppo. Dille grazie da parte mia”.

“Ancora una cosa, Hermione, Signorina”, disse Kreacher, un po’ insicuro. “Riguarda Padron Draco”.

Hermione grugnì. Era già abbastanza brutto avere Harry con li fiato sul collo. “Parla, Kreacher”.

“Non è un mago cattivo, Signorina. Beve molto, me lo dice Noktok. È triste. È come Padrona Narcissa. È più sensibile di un Malfoy normale”.

“Perché mi dici queste cose?”.

“Perché a voi ascolta. Non ascolta nessun altro quest’anno”, disse Kreacher.

Dannazione, pensò Hermione. Se persino l’elfo lo aveva capito, avrebbe dovuto trovare una scusa brillante da rifilare ad Harry. Anche se Kreacher aveva molta più familiarità con la famiglia Black, quindi poteva solo essere più accorto a causa di tutti quegli anni al loro servizio.

“Grazie, Kreacher”, gli disse.

“Per favore, Signorina Hermione”, continuò lui. “Kreacher vuole bene a Padron Harry ma lui non capisce. Voi capite. Signorina, aiutatelo”.

Hermione lo guardò rassicurante e sorrise, prima di uscire dalla cucina. Si sentiva molto meno confortata quando tornò verso la torre di Grifondoro. L’intera situazione con Malfoy stava diventando molto più complicata e caotica. Tra lei ed i suoi amici una litigata colossale era molto vicina e non era felice di dover loro mentire. Lei, Harry e Ron ne avevano passate tante assieme. Non erano solo amici, ma una famiglia. non voleva litigare per Malfoy, ma sapeva anche di non potersi confidare su ciò che stava succedendo, non avrebbero mai capito. Quasi sicuramente le avrebbero proibito di avere qualsiasi contatto con lui ed Hermione di solito non reagiva molto bene quando qualcuno le comandava qualcosa, anche se con buone intenzioni.

Le tornò quindi in mente una domanda che la tormentava da un po’. Perché si stava immischiando con Malfoy? Quel ragazzo non era poi che le piacesse così tanto. Ok, doveva ammettere fosse cambiato da quando si comportava come un piccolo viziato che faceva a finta di possedere Hogwarts, ma non significava non avesse più un lato malvagio. Non sapeva nemmeno perché provasse quel desiderio di aiutarlo. All’inizio aveva creduto fosse perché aveva letto nei suoi occhi una specie di disperata richiesta quando la guardava e sapeva anche fosse ormai fuori controllo. Poi aveva pensato anche fosse perché non poteva fare a meno di dare una mano a chi le sembrava una causa persa, e Draco Malfoy di certo lo era, abbandonato e perso come chiunque altro.

Però forse le mancava un pezzo. Prima Pansy che la implorava di aiutarla, poi Andromeda che le suggeriva che forse Malfoy poteva provare qualcos’altro oltre al disprezzo nei suoi confronti, e adesso Kreacher, cosa piuttosto insolita, che le chiedeva di sostenerlo. Da quando gli elfi domestici si impicciavano in quelle cose?

Hermione si strofinò la fronte esasperata, prima di pronunciare la parola d’ordine alla Signora Grassa. Malfoy non le faceva bene. La costringeva a porsi delle domande senza risposta, mentre lei voleva solo passare un anno tranquillo ed ottenere Oltre Ogni Previsione ad ogni M.A.G.O. possibile.

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Capitolo 11
*** L'Accordo ***


Cap 11

L’accordo

Draco faceva fatica. Voleva davvero farla finita col bere ma aveva pianificato un approccio lento e graduale piuttosto che una rottura definitiva. Però, dal giorno in cui si era imbattuto nello Sfregiato e nella sua scimmia rossa ammaestrata, e da quando la Granger gli aveva confiscato le scorte, si era trovato a vivere un incubo. Parlando di incubi, senza l’effetto anestetico dell’alcool, questi erano tornati e si stavano vendicando di lui. Doveva lanciare un incantesimo silenziante ogni notte, perché non voleva che né Blasie né Theo lo udissero. Mentre si trovava ad Azkaban, sognava sempre di trovarsi sotto lo stesso tetto di Voldemort ed il terrore che ciò implicava, ad iniziare dalla morte della Professoressa di Babbanologia, mangiata da Nagini ed a quella di Goblin puniti per aver permesso che la Coppa di Tassorosso fosse rubata dalla Gringott. In quei giorni, invece, sognava la Granger torturata da sua zia. Non era sicuro del perché, anche se la incontrava praticamente ogni giorno.

Il giorno in cui aveva visto lei, Potter e Weasley trascinati in casa sua dai Ghermidori era stato terribile. Suo padre voleva lui li identificasse per riguadagnare i punti persi agli occhi del Signore Oscuro, ma non ne era stato in grado. Nonostante quanto detestasse Potter, non voleva vederlo catturato da Lord Voldemort, né all’ora né dopo aver assistito a ciò che il Signore Oscuro poteva fare. Sapeva che, se li avesse riconosciuti, non sarebbero stati uccisi velocemente ma piuttosto sarebbero stati messi in mostra come dei cagnolini ed usati per ricattare l’Ordine della Fenice.

No, Draco aveva sperato che riuscissero a fuggire in qualche modo ed era effettivamente successo, ma non prima che dovesse presenziare alla tortura della Granger. Aveva rilegato quel giorno nei recessi della sua memoria, non volendo rivivere le emozioni che gli causava, ed era comunque presto stato sostituito da altre giornate terribili. Ora però il ricordo era riaffiorato e non poteva sopportare di passare ogni notte a sognare le urla della Granger. A dire la verità, non voleva fare alcun incubo ed avrebbe preferito dormire come un bambino ma non gli era concesso, così aveva iniziato a bere finché non fosse svenuto. Il più grande problema in quel momento era che Noktok sarebbe tornato con i rifornimenti solo tra tre giorni.

Ecco perché Draco, quel giorno, si trovava a vagare senza meta per la scuola alle tre del mattino. Non lo preoccupava essere beccato. Dormivano tutti ed i professori avevano finito la ronda un’ora prima. No, si sentiva perso e non riusciva a dormire. Non poteva sopportare di rivedere gli occhi della Granger implorarlo di fare qualcosa. Era già consapevole di non aver fatto nulla quella notte al Manor e di certo non gli sarebbe servito riviverlo.

A quanto sembrava, però, non stava per nulla vagando senza menta, perché si rese conto di essere arrivato di fronte alla sala comune della Granger. Era davvero così disperato da svegliarla e pregarla di ridarle il suo Firewhiskey? Non gli ci volle molto per scoprirlo perché sì, lo era. Non dormiva da un po’ d il suo cervello aveva smesso di funzionare bene quel pomeriggio. La deprivazione del sonno non era mai una bella cosa, lo aveva sperimentato di persona durante il sesto anno e conosceva i propri limiti.

Tra l’altro, non aveva nemmeno più il senso di orgoglio a bloccarlo. Era la Granger, e già sapeva quanto patetico lui fosse, dato che lo aveva beccato più volte messo in condizioni peggiori. Bussò al ritratto, ignorando la guardiana che lo adocchiava male. Udì un tonfo sommesso, come se qualcosa fosse letteralmente caduto dal letto, e si ritrovò a fissare la Granger con le guance rosse.

“Malfoy”, disse sbattendo le palpebre. “Che ci fai qui?”.

Draco sussultò quando gli arrivò il suo fiato addosso. “Ti sei bevuta il mio Firewhiskey?”, le chiese sconvolto.

“Forse”, replicò la Granger con un ghigno di cui ogni Serpeverde sarebbe stato orgoglioso.

Ottimo, fu tutto ciò che Draco pensò. Quella perfettina di Caposcuola era ubriaca a causa della sua scorta di alcool ed in quel momento gli sventolava una bottiglia vuota sotto al naso. “Capisco perché tu lo faccia, Malfoy. Anestetizza tutto”.

“Che sordidi segreti nascondi?”, le chiese Draco, confuso.

Hermione smise appena di sorridere, prima di allargare le braccia ed invitarlo ad entrare. “Vuoi unirti a me?”, gli chiese. “Ti darò un po’ del tuo Firewhiskey”.

Draco provò un’irresistibile tentazione di fregarsi una bottiglia e fuggire. Con così poche inibizioni, Hermione Granger faceva paura. Poteva però essere la sua possibilità di giocare la carta in suo favore. Lei già aveva qualche asso nella manica su di lui, forse poteva avere qualcosa anche su di lei. Non sarebbe stato un Serpeverde, se si fosse lasciato sfuggire l’occasione. Non riusciva a capire come potesse stare appresso a quei due idioti dei suoi amici. Almeno Tiger e Goyle seguivano i suoi ordini senza fare domande, almeno fino all’ultimo anno.

Entrò cauto nella sala comune, ormai troppo familiare, e si spaparanzò sul divano. Doveva smetterla di andarci. “Allora, qual è l’occasione, Principessa?”, le chiese.

Il sorriso sparì dal viso della Granger e lei si mise a fissare il camino. Lo stava per caso imitando? Gli sembrava di rivivere le sue stesse mosse dell’ultima volta.

“Ron si è fidanzato”, gli disse con tono neutro.

“Davvero qualcuno vuole sposare quell’ameba?”, esclamò sorpreso Draco.

“Hannah Abbott”.

Draco ghignò. “Solo la Donnola potrebbe vantarsi di mettersi con una Tassorosso”.

“Anche tua cugina lo era”.

“Cosa?”.

“Tonks. Era una Tassorosso”.

“Sì, beh, ha sposato un licantropo”, disse sottovoce.

La Granger si alzò con gli occhi lampeggianti. “Non osare dire nulla di male su Tonks”.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Ok, Granger. Lascerò in pace la tua preziosa Tassorosso”.

Hermione rimase in piedi a fissarlo come un’arpia vendicativa. “Non provi nulla per lei? Non puoi rimanere lì a prenderla in giro dopo aver tenuto in braccio suo figlio per ore. Non è passato nemmeno un anno da quando è morta ed era la tua unica cugina”.

Ecco ciò che odiava di più di Hermione Granger. Aveva l’orribile abitudine di farlo sentire in colpa per essere sé stesso. Era come se si aspettasse fosse migliore e ciò lo irritava. “Sono un Malfoy, Granger. Non sono sentimentale”.

“Non è vero. Hai parlato un sacco di te con Mirtilla Malcontenta e lei continua a dire quanto tu sia sensibile”.

Lui ruggì arrabbiato. Poteva esistere qualcuno di più irritante e ficcanaso di quella Caposcuola?

“Cosa c’è che non va, Malfoy, il gatto ti ha mangiato la lingua? Nessun commento sarcastico questa volta?”, disse ghignando Hermione.

“Allora, persino la Donnola ha trovato una da sposare. Che mi dici di te, Granger?”, disse crudele Draco.

Hermione si rattristò di nuovo. Quindi quello era il motivo per cui si era ubriacata. Piangeva perché i suoi due amici avevano una seria e stabile relazione. Non che a Draco sarebbe piaciuto fidanzarsi a diciotto anni. “Non preoccuparti, Granger. Sono sicuro che Paciock sia disponibile”.

“No, non lo è. Frequenta Calì Patil”, mormorò la Granger.

Draco non riuscì a trattenersi. “Paciock ha la ragazza? Wow, non me lo aspettavo”.

Hermione si accigliò e fissò il tappeto. “Devi sempre fare il cretino, Malfoy?”.

“Se avessi voluto tè e simpatia, non avresti dovuto parlare con quella rossa che Potter vuole sposare?”.

“Quanto sarebbe da egoisti? Ginny è così eccitata. È giovane, innamorata e fidanzata e poi arrivo io a buttarle tutte le mie ansie addosso?”.

“Ottimo, allora è questo che sono. Una persona patetica, che ti permette di sentirti meglio riguardo la tua situazione amorosa”.

“Circa”, disse sorridendo la Granger.

“Mi hai promesso un po’ del mio alcool. Allungami la bottiglia. Penso di averne bisogno, se intendi rallegrarti a mie spese”.

“Ho imparato dal migliore”, disse lei guardandolo in modo penetrante.

Ok, non era di certo stato carino con lei e sì, l’aveva presa in giro per rendersi più bello agli occhi degli altri, ma non doveva essere la Granger ad avere il cuore a pezzi? “Allora, è per questo che stanotte stai bevendo? Perché quella scimmia rossa ha trovato qualcuno di abbastanza stupido con cui legare le sue inutili chiappe?”.

“Non capiresti”.

“Mettimi alla prova”, la incoraggiò Draco. Non era ancora sicuro del motivo per cui le stesse permettendo di sfogarsi. Non era nemmeno uno a cui piaceva ascoltare, le persone lo annoiavano.

Lei lo guardò poco fiduciosa, ma scrollò le spalle ed iniziò a parlare. “Non è che io voglia Ron, ma volevo ciò che rappresenta”.

“E sarebbe?”, chiese lui, un po’ sconvolto che la cosa gli importasse.

“Un futuro stabile e dei figli”.

“Noioso”, disse Draco, cercando di enfatizzare quanto stupida trovasse la cosa.

La Granger gonfiò le guance. “Che cosa c’è di noioso?”.

“Non vuoi farne qualcosa delle tue capacità? Se sposassi Weasley saresti legata alla sua mediocrità. Qualsiasi cosa facessi, ti sentiresti in colpa per aver minato la sua mascolinità. La Donnola è un eterno compare, senza alcuna autostima. I Serpeverde lo hanno capito al secondo anno e ci abbiamo giocato su da allora. Quelle spille con scritto “Potter Puzza” del quarto anno le abbiamo fatte perché tu sei stata l’unica a rimanergli accanto. Sfortunatamente, il suo ego non era così delicato come quello di quel povero idiota, così non si è lasciato sconfortare. Al contrario, ha funzionato benissimo con la Donnola al quinto anno”, disse Draco, ricordando i bei tempi.

Lei ci pensò su, quasi come se il pensiero non l’avesse mai sfiorata. “Credi davvero io sia una specie di minaccia per lui?”, gli chiese.

“Per la barba di Merlino, Granger, dovresti essere la strega più brillante della nostra generazione. Perché credi abbia fatto la proposta ad una Tassorosso? La Abbott ha la capacità mentale adatta perché lui si senta superiore. Tu lo lasceresti a prendersi le briciole. Va bene come amico, ma come moglie? No. Ti guarderebbero sempre con compassione e metterebbero le tue capacità alle sue”, le spiegò.

“Lo pensi anche tu?”.

Draco ghignò. “No, sono un Malfoy. Una ragazza dovrebbe sentirsi fortunata nell’accalappiarmi”.

Hermione rise. “Malfoy, non montarti la testa. Di recente non ho notato nessuna ragazza correrti dietro”.

Aveva ragione. “Sono un po’ giù ultimamente, ma i Malfoy si rialzano sempre”.

Lei fece una smorfia. “Certo, e correranno dietro a qualsiasi mago oscuro emerga la prossima volta tra i Serpeverde”. Si pentì di quelle parole appena le uscirono di bocca. Malfoy perse il suo ghigno arrogante che non vedeva ormai da molto tempo e tornò ad incupirsi.

Rimasero in silenzio per un po’ ed Hermione non gli richiese il Firewhiskey. Lo aveva aperto solo perché si era sentita ridicolamente giù di morale e, sorprendentemente, Malfoy aveva fatto un ottimo lavoro nel risollevarglielo. Ora era curiosa di sapere la sua opinione in altre cose. Aveva brutalmente assassinato la personalità di Ron ma non si aspettava di certo che lui apprezzasse le qualità che lei ammirava ed amava platonicamente. A parte tutto, aveva comunque ragione su certe cose. Ron aveva una bassa autostima, non che la sua fosse meglio, ma certamente portava rancore se i suoi amici compivano imprese gloriose. Era stato a lungo invidioso della fama di Harry ed aveva capito quanto fosse pesante solo nel momento in cui se ne era andato quando erano tutti e tre in fuga. Anche se involontariamente, a lei aveva detto molte cose che l’avevano ferita. Il fatto che la vedesse come un ragazzo l’aveva sempre fatta deprimere. Inoltre, aveva sempre preso in giro la sua propensione allo studio ed il suo desiderio di conoscenza. Per un po’ aveva pensato che, se si fossero messi assieme, le loro differenti personalità sarebbero giunte ad un compromesso ma in realtà si irritavano entrambi a vicenda. A quanto sembrava non si trattava di tensione sessuale inespressa ma di una vera e propria incompatibilità.

Hermione guardò Malfoy, che al momento continuava a bere dalla bottiglia. Allungò una mano e lo fermò. “Mi dispiace, Malfoy. Sono stata inopportuna”.

Lui alzò sorpresa lo sguardo. Solo perché non si era mai scusato quelle volte in cui aveva torto, non significava che nessun altro l’avrebbe fatto, così annuì.

“Non hai mai risposto alla mia domanda”, disse lei, allungando la mano per prendere il Firewhiskey. Non voleva più bere e non voleva che neanche lui lo facesse.

“Che domanda?”, chiese Draco, arrendendosi.

“Anche tu ti senti così? Una ragazza come me di intimidirebbe troppo?”, chiese ancora. Per qualche motivo, il cuore le stava battendo forte, come se la risposta le importasse sul serio. Ma certo che no, si disse. Sarebbe stato strano se le fosse interessato ciò che pensava Malfoy, no?

Malfoy la guardò, pensando alla domanda. “No”, constatò semplicemente.

“Perché no?”.

“Perché sarei orgoglioso se una ragazza così scegliesse di sposarmi. E comunque, non sono così stupido come Weasley quindi potrei mentalmente starle dietro”.

Hermione alzò gli occhi al cielo. Ad essere onesti, Malfoy era davvero piuttosto intelligente.

“Quindi hai pensato a ciò che ti ho detto la settimana scorsa?”, gli chiese, non aspettandosi sul serio che le rispondesse.

“Sì”.

“Tutto qui?”.

Draco sospirò. “Non sei felice finché non ti viene detto tutto, vero?”.

“Che ti aspettavi, Malfoy? Se mi arrendessi così facilmente non sarei stata di nessun aiuto ad Harry in tutti questi anni”.

“Sì, ci ho pensato e sì, avevi ragione su certe cose”.

Hermione cercò di non fare un’espressione stupita. Non credeva avesse ascoltato e quella sottospecie di ammissione sarebbe stata tutto ciò che avrebbe ottenuto. “Quindi smetterai di bere?”, insistette.

“Ci proverò”, le disse, allungando poi la mano per recuperare la bottiglia che lei reggeva.

“Allora puoi cominciare adesso”, gli rispose, spostandola fuori dalla sua portata. Si alzò, andò in bagno e ne versò il contenuto rimasto nel lavandino.

“Ehi!”, protestò Malfoy. “Era un Ogden invecchiato”.

“Come fai a stare lì dicendomi che proverai a smettere e poi cercare di fregarmi la bottiglia, tutto nel giro di un minuto?”.

“Perché sono un groviglio di pensieri contrastanti”, disse fissando la bottiglia vuota nelle mani di Hermione.

Lei rise. Malfoy poteva anche essere un idiota irritante ma almeno era divertente. Sapeva anche che avrebbe fatto molta fatica a smettere di bere senza un incentivo adatto. Aveva pensato a molte cose per convincerlo, dopo avergli confiscato le scorte la settimana prima. Anche se era riuscita a prendere una delle borse in consegna, non era così stupida da pensare che non sarebbe tornato in cucina a recuperare il carico seguente. Però aveva un’idea.

“Sai cosa ti dico, Malfoy? Voglio fare un accordo”.

“Di che tipo?”, le chiese sospettoso.

“Ti permetterò di continuare ad avere un po’ di alcool da Noktok, ma solo se sarò io a ritirarlo e rimarrà qui nella mia sala comune”.

“Perché dovrei acconsentire?”.

“Perchè non inizierai mai a moderarti se terrai la tentazione in camera. Durante la settimana dovrai metterci tutto te stesso e partecipare alle lezioni e, nel fine settimana, ti concederò di bere qualcosa”, gli spiegò.

“Quindi dovrei venire qui. Non verrebbe meno il suo scopo?”.

Hermione si accigliò. “Che scopo?”.

“Io bevo per dormire e dimenticare. perché credi sia venuto a bussare alla tua porta alle tre del mattino?”.

Hermione non aveva considerato quell’aspetto. Aveva creduto che Malfoy cercasse solo di annegare i propri dispiaceri, non aveva capito che ne avesse bisogno per dormire. “Non è salutare. Non puoi continuare a bere perché devi dormire”.

“Dillo ai miei incubi”.

Hermione sapeva che anche Harry aveva avuto incubi terribili dopo la battaglia finale, ma aveva anche iniziato ad andare al San Mungo per avere aiuto. Aveva anche usato la Pozione Senza Sogni per un po’. Malfoy avrebbe potuto fare allo stesso modo.

“Non puoi cercare aiuto per questa cosa? Conosco un Guaritore al San Mungo che si è specializzato proprio in questo”.

Malfoy le lanciò uno sguardo. “Vuoi che vada a raccontare le mie cose ad un estraneo? Molto Grifondoro da parte tua, Granger”.

Aveva ragione, non era uno che si sarebbe affidato ai terapisti. Avrebbe di certo passato il tempo sulla difensiva. “Ok, beh, ammetto sia troppo ambizioso. Che ne dici della pozione Senza Sogni?”.

Lui alzò gli occhi al cielo. “Certo, perché Madama Chips mi adora moltissimo e sono sicuro mi darebbe le sue scorte”.

Hermione sospirò. “Beh, se vuoi fare il difficile capisco perché non ti vorrebbe aiutare. Smettila di bocciare tutti i miei suggerimenti”.

“E tu smettila di tirare fuori idee stupide”.

“Non sono stupide”, si arrabbiò lei. “Sto cercando di trovare un modo perché tu possa smetterla di essere dipendente dal Firewhiskey. Non credi che diventare un ubriacone sia un po’ umiliante per un Malfoy?”.

“Questo è un colpo basso”, commentò.

“Però è vero. Ora, accetterai la mia proposta o no?”.

“Per quanto sia divertente vederti scervellare nel tentativo di aiutarmi, credo continuerò con il mio piano, Principessa”.

Immaginava già non avrebbe accettato ma, se credeva ci avrebbe rinunciato così facilmente, lo avrebbe riscosso molto presto. “Accetta o mi assicurerò che Noktok non riesca più a consegnarti nessun tipo di alcool”.

“E come faresti, Granger? Prende ordini da me, non da te”.

“Non ho bisogno che lui mi obbedisca. È Kreacher a dettare le regole in cucina e conosce anche qualsiasi tipo di lacuna della magia degli elfi. Parlerò con lui e troveremo un modo”.

“Ti hanno mai detto che sei una stronza?”.

Hermione sorrise. Quella battuta era rivelatrice. Se aveva ricominciato ad insultarla significava fosse riuscita a metterlo all’angolo. “Stronza o no, Malfoy, queste sono le mie richieste”.

Lui distolse lo sguardo ed iniziò a fissare il camino. “Immagino di dover acconsentire”.

“Ottimo. Allora hai capito che non dovrai bere durante la settimana?”.

“Sei stata piuttosto esplicita sul punto”.

“E che dovrai ricominciare a partecipare alle lezioni e fare i compiti? Non dovrai più fare affidamento su Pansy”.

“Ti comporti come se le avessi chiesto io di farli al mio posto. A me andava bene anche che i professori sapessero non me ne fregasse nulla”.

“Malfoy!”, grugnì frustrata lei. “Accetti o no?”.

Draco si passò una mano tra i capelli. “Immagino tu non mi dia altra scelta”.

“Il tuo entusiasmo mi riempie di gioia”, replicò sarcastica Hermione.

“Non tentare la sorte, Principessa. Farò ciò che vuoi quindi smettila finché sei in vantaggio”.

Hermione sorrise angelica. “Se credi io lasci perdere, Malfoy, hai sbagliato persona. Non mi arrenderò né permetterò tu continui in questo modo”.

“Non capisco perché ti importi”, mormorò lui.

Lei gli accarezzò una guancia. “Perché sono una Grifondoro compassionevole, ovvio”.

Malfoy fece a finta di vomitare, il che la fece ridere. “Ora porta il tuo culo Serpeverde fuori dalla mia stanza. Voglio dormire”.

“Un ultimo sorso per alleggerirmi la strada?”, chiese speranzoso Malfoy.

“Te lo sogni, Malfoy. Per oggi hai già bevuto abbastanza Firewhiskey”.

“Capra avara”, mormorò lui mentre usciva dalla sala comune.

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Capitolo 12
*** Storie Mai Raccontate ***


Cap 12

Storie mai raccontate

 

 

Hermione rimase sorpresa nel notare che il suo accordo con Malfoy stesse funzionando. Era tornato in classe il lunedì con atteggiamento diverso. Non si teneva più in disparte nelle retrovie non facendo nulla ed era persino arrivato a pozioni con la borsa, i libri, un po’ di pergamena e la piuma. Aveva preso appunti alla spiegazione di Lumacorno ed aveva poi iniziato a preparare la pozione del giorno. Pansy e Blasie, di fianco a lui, erano rimasti a bocca aperta. Pansy le aveva lanciato uno sguardo e lei non era riuscita a non sorriderle. Lumacorno era rimasto stupito quando Malfoy, alla fine della lezione, gli aveva consegnato una pozione perfetta ed Hermione aveva gioito per lui. Di certo il professore sapeva già quanto Malfoy fosse bravo in pozioni, no? Dopotutto, aveva preso un Oltre Ogni Previsione ai G.U.F.O. e per di più con Piton che, anche se favoriva platealmente i Serpeverde, di certo non era solito elargire voti alti.

 

Pansy la raggiunse quando uscì per dirigersi ad Erbologia. “Hermione, aspetta!”, la chiamò.

 

“Ciao Pansy”, le disse fermandosi.

 

“Che cos’hai fatto a Draco?”, chiese Pansy, ed Hermione ghignò.

 

“Smettila”, la pregò lei. “Tu di te è troppo strano e troppo da Serpeverde”.

 

Hermione rise. “Beh, mi sento un po’ una serpe. L’ho manipolato e costretto ad accettare un accordo”.

 

“Come?”, chiese scioccata Pansy.

“Malfoy ti ha detto che l’ho beccato in cucina con Harry e Ron?”.

Pansy scosse la testa ed Hermione alzò gli occhi al cielo. “Quel ragazzo! Non riuscirà mai a condividere le informazioni importanti”.

“Raccontami”, disse Pansy con gli occhi a fessura.

“Allora, l’ho beccato circa una settimana fa con Harry e Ron alle calcagna. Dubito io debba spiegarti la litigata che è scaturita tra quei tre”.

“No, risparmiamela pure. Posso immaginare, dato che succede regolarmente anche a Serpeverde tra Draco, Blasie e Theo”.

“Sì, beh, Malfoy stava aspettando che uno dei suoi elfi gli portasse una borsa di alcool ed io, ovviamente come Caposcuola ho dovuto confiscarla”.

“Mi chiedevo dove riuscisse a procurarselo. Ho dato di matto con un paio di quelli del sesto anno perché credevo li avesse costretti a portargliene un po’ da Hogsmeade”.

Hermione annuì e continuò. “Poi l’altra sera si è presentato alla mia porta alle tre del mattino. Sembrava non dormisse da parecchio e mi ha fatto un po’ pena. Era ovvio che la mancanza di alcool gli stesse dando qualche problema. Comunque, ho fatto un accordo. Se avesse smesso di bere durante la settimana ed avesse iniziato a partecipare alle lezioni, gli avrei concesso di continuare a bere nel fine settimana. Ma sono preoccupata di una cosa. Fa continuamente incubi orribili e mi ha detto di aver iniziato a bere proprio per sopprimerli, così da riuscire a dormire”.

Pansy si accigliò. “Blasie non mi ha detto nulla”.

“Credo abbia l’abitudine di lanciare un incantesimo silenziante, così che i suoi compagni non lo sentano”. Hermione si morse un labbro, indecisa se fare o meno una domanda, ma alla fine decise di provarci. Malfoy nascondeva troppe cose a Pansy. “Credi di poterlo convincere a vedere un Guaritore del San Mungo?”.

Pansy inclinò la testa, curiosa. “È solo che Harry lo ha fatto dopo la fine della guerra. Aveva degli incubi tremendi ed il Guaritore lo ha aiutato a farli sparire”, spiegò Hermione.

“Ne dubito”, disse triste Pansy. “Draco non è uno che racconta i propri segreti a degli sconosciuti. Ha delle remore anche con le persone che conosce bene. Cioè, io non sapevo nemmeno di questa cosa e che usasse l’alcool per dimenticarli”.

Le spalle di Hermione si afflosciarono. “Come pensavo. Valeva la pena provarci, comunque”.

Fu in quel momento che Harry le urlò dal corridoio. “Hermione, arrivi o no? Arriveremo in ritardo se non ci sbrighiamo”.

Lei si aggiustò la borsa in spalla e fece un veloce cenno a Pansy prima di allontanarsi.


“Perchè ultimamente si ferma così tanto a parlare con quel carlino?”, chiese Ron ad Harry.

Harry scrollò le spalle. “Non lo so, ma sta diventando tremendamente a suo agio con i Serpeverde”.

“Immagino debba parlarci se vengono da lei ad esporle i loro problemi”, disse Ron, allontanando le preoccupazioni di Harry. “Comunque, ho il permesso della McGranitt per andare ad Hogsmeade a scegliere l’anello per Hannah questo fine settimana. Vieni con me?”.

“Sì”, disse Harry, ma i pensieri riguardo ad Hermione gli rimasero in testa. Non aveva dimenticato che Malfoy l’aveva chiamata Principessa in cucina. Da quanto usava parole carine, anche se in tono derisorio, verso Hermione? Sarebbe stato molto più contento se avesse continuato a riferirsi a lei come Sanguesporco Granger e prenderla in giro. Anche se l’ostilità tra lui e Ron continuava, sembrava quasi divertente con Hermione e di certo la sua amicizia con Pansy Parkinson era strana. Non importava quante volte lei gli avesse spiegato che fossero diventate socievoli perché dovevano fermare chi bullizzava quelli del primo anno, qualcosa in quella storia non quadrava. Harry non sapeva ancora contro chi puntare il dito ma aveva un presentimento e, in tutti quegli anni, aveva imparato a fidarsi. Non voleva comunque litigare con lei. Già era andata sulla difensiva le altre volte, quindi non voleva darle l’impressione di non fidarsi, però era comunque preoccupato. Non ci si poteva fidare delle Serpi, come dimostrato parecchie volte negli anni precedenti.


Pansy si batté una mano sulla fronte, rendendosi conto di essersi dimenticata di chiedere ad Hermione una cosa importante. Blasie la guardo con espressione dubbiosa. “Va tutto bene, Pansy?”, mormorò.

Lei annuì, non volendo portare l’attenzione su di loro, dato che avrebbero dovuto concentrarsi nel prendere appunti dalla lavagna. Hermione le aveva chiesto se Draco avrebbe parlato con un Guaritore dei suoi problemi. Non avrebbe certamente mai accettato, però ne stava già parlando con qualcuno: Hermione Granger.

Ormai la cosa andava avanti da qualche settimana e lui non le aveva nemmeno detto nulla. Aveva ascoltato le parole di Hermione riguardo a ciò che stava combinando nella sua vita, mentre a lei aveva a malapena dato la possibilità di aprire bocca. Era piuttosto ovvio che la ragazza stesse diventando la chiave per fargli affrontare i suoi problemi. La teoria di Andromeda stava diventando sempre più reale ed Hermione, nonostante andasse contro il parere degli amici, si stava invischiando sempre di più. Pansy aveva già in mente cosa avrebbe dovuto fare più tardi. Avrebbe scritto una lettera a Narcissa ed Andromeda. Non le importava ciò che le avesse detto Blasie, tra i due c’era sicuramente una scintilla.


Hermione entrò felice in biblioteca. Lì si sentiva in pace. Tutti gli orrori e le pene che erano accaduti in precedenza venivano spazzati via ogni volta che si immergeva nell’atmosfera ed iniziava a studiare. Non doveva completare nessun compito ma aveva comunque molto da fare. Malfoy non avrebbe mai chiesto a Madama Chips la pozione Senza Sogni, così avrebbe dovuto fare qualche ricerca sui metodi per aiutare il sonno. Aveva scoperto che la pozione veniva solitamente prescritta sotto controllo medico perché poteva creare dipendenza e lei era piuttosto certa che, vista la sua già esistente dipendenza dall’alcool, Malfoy l’avrebbe utilizzata come rimpiazzo invece che cercare di sradicare il problema. N, doveva trovare qualcosa che lo avrebbe aiutato ad andare avanti.

Hermione era assorta nella lettura di “Malattie magiche al San Mungo”, quando sentì qualcuno darle un buffetto sulla spalla. Si voltò e trovò Harry.

“Hai un momento, Hermione?”, le chiese.

“Certo, che succede?”.

Lui le si sedette di fianco e la osservò. “Sono preoccupato per te”.

Hermione si accigliò. Aveva lasciato intendere quanto depressa fosse ad essere l’unica diversa tra il suo gruppo di amici? Non aveva pensato nemmeno per un minuto che Hannah Abbott avrebbe rifiutato la proposta di Ron e non voleva rovinare il loro entusiasmo. Non era colpa loro se lei ancora non aveva trovato una persona che la rendesse così felice anche se, nel profondo, temeva non l’avrebbe mai incontrata.

“Perché?”, chiese cercando di non mostrare la paura che l’attanagliava.

Harry si grattò la testa. Non voleva lei pensasse che non si fidasse perché non sarebbe stato vero, le avrebbe affidato la sua vita e l’aveva già fatto parecchie volte. Però Hermione poteva essere anche infantile a volte e voleva sempre trovare il buono in tutti. “Per favore, non prenderla male. Te lo dico solo perché ti voglio bene e non voglio tu rimanga ferita”, iniziò.

Hermione rimase un attimo confusa ma poi capì. Aveva sperato che Harry avesse dimenticato il suo desiderio di parlare di Malfoy e di ciò che lui le aveva detto in cucina. Dannato furetto e le sue stupidissime parole, pensò irritata.

“È solo che ultimamente ti sei avvicinata parecchio a qualche Serpeverde e sono preoccupato ti stiano usando”, disse velocizzando il discorso, come se fosse preoccupato lei potesse esplodere.

“Me lo dici perché prima mi hai visto parlare con Pansy?”.

“Sì e no. Cioè, è strano come all’improvviso tu e la Parkinson siate diventate amiche. Ha passato sei anni a prenderti in giro e invece adesso fa la carina”.

Hermione sorrise appena. Harry, nonostante fosse maturato a causa di Voldemort, non riusciva ancora troppo bene a capire le persone. “Harry, non credi che il fatto che si sia trovata dal lato sbagliato della guerra significhi che abbia avuto l’opportunità di riflettere su ciò che ha fatto e sia cambiata?”.

“Immagino di sì ma… è solo che… parliamo della Parkinson”, rispose esitante.

“Sì, quindi capisco lo scetticismo ma non è così male se inizi a conoscerla. Potrebbe scioccarti, ma si è scusata per essersi comportata in modo così orribile con me”.

“Non capisco come tu possa dimenticare e perdonare così facilmente.

“Io sono stanca dei conflitti. Non lo sei anche tu?”.

Harry annuì con fervore. “Ma non significa diventerò amico dei Serpeverde”.

“Ma nessuno te lo sta chiedendo”.   

“Come fai a fidarti di lei?”, le chiese.

“Non ha mai fatto nulla per impedirmelo”, disse semplicemente Hermione.

Harry sembrò frustrato alla sua logica, mentre a lei quasi dispiacque. Era irritante quando i suoi amici facevano cose che lui riteneva sconsiderate. Hermione ne aveva sofferto per anni, sin da quando lui e Ron si erano imbattuti in Fuffy, il cane a tre teste, però non avrebbe sicuramente abbandonato Pansy solo perché lui e Ron si sarebbero sentiti meglio e lei non si sarebbe aspettata loro lo facessero se i ruoli fossero stati invertiti.

“Senti, so che ti preoccupi per me, ma potresti solo fidarti? Se Pansy dovesse darmi anche solo un motivo di rompere l’amicizia, sarai il primo a saperlo e la farò pentire più velocemente di quanto riesca a dire Marietta Edgecombe”, gli disse, facendogli ricordare ciò che aspettava chi tradiva lei od i suoi amici.

Harry sorrise al ricordo della migliore amica di Cho Chang e ciò che le era successo. “Ok, ho capito. Non sei una con cui vale la pena immischiarsi e probabilmente troveresti un modo di vendicarti che io nemmeno mi sognerei”.

“Sono felice che tu l’abbia capito. Ti voglio bene, Harry, ma non voglio tu faccia il fratello maggiore. E comunque sono un anno più vecchia di te ed i fratelli non vengono mai ascoltati, i migliori amici invece sì”.

“Ok, la smetterò di essere irritante e fare il fratellino, fidandomi di te sulla questione Pansy. Ma Hermione, come migliore amico, mi sento in dovere di chiederti, che diavolo succede tra te e Malfoy?”.

Hermione decise di usare la tattica da innocente. “Che intendi?”.

“Quella cosa della cucina. Che è successo?”, chiese.

“Te l’ho detto, solo Malfoy che si comportava da Malfoy”.

“No, non è la spiegazione giusta. Di certo si è comportato come al solito con me e Ron, spiacevole e tutto il resto, ma con te era diverso e non mi quadra. Cioè, da quando ha iniziato a chiamarti Principessa invece che Sanguesporco?”.

Hermione avrebbe davvero ucciso Malfoy per quella bravata. “Probabilmente aveva paura che chiamarmi Sanguesporco lo avrebbe fatto espellere da Hogwarts. In ogni caso, quell’epiteto ha perso ogni effetto molto tempo fa mentre, a quanto sembra, darmi della Principessa ti ha fatto arruffare parecchio le penne. Malfoy ne sarebbe contento, se sapesse di aver centrato il nervo scoperto”.

“Non lo so, Hermione. Ti ha dato la borsa perché la ispezionassi piuttosto velocemente, quando glie l’hai chiesta”, le fece notare.

“Sì, ma che altra scelta aveva? Ron lo avrebbe affatturato”.

Harry non sembrò convinto. “Immagino di sì, ma è comunque strano. Non posso fare a meno di pensare tu sia molto più coinvolta di quanto sembri. E non credere abbia dimenticato di quella volta in cui Neville aveva iniziato a mormorare qualcosa su di lui il mese scorso”.

Hermione imprecò mentalmente. Dannato Harry e la sua irritante memoria da elefante per i dettagli che nessuno voleva ricordasse. “Ma mi ha parlato di Erbologia e delle serre”.

“Puoi ripetermelo cento volte ma non significa inizierò a crederti più della prima. Neville non ha detto una parola, ma io continuerò a tenere d’occhio il furetto. Se farà un passo falso, finirà di nuovo ad Azkaban in un secondo”, minacciò Harry.

Lei gli prese una mano: “Malfoy non farà nulla, ma ti voglio bene quando ti preoccupi per me”.

Harry alzò gli occhi al cielo, le accarezzò una guancia e la lasciò ai suoi studi. Hermione aveva sfiorato un proiettile. Si era tolta Harry dalle scatole per quanto riguardava sia Pansy che Malfoy senza dovergli davvero rivelare qualche informazione rilevante ed era piuttosto contenta delle sue abilità menzognere. Ora doveva solo trovare un modo per aiutare Malfoy con i suoi incubi e per quel giorno avrebbe raggiunto tutti i suoi scopi.

“Quella piccola Weasley farebbe meglio a guardarsi le spalle. Sembra che tu stia accalappiando il suo uomo”, biascicò una voce alle sue spalle.

Hermione sussultò e si voltò, notando Malfoy appoggiato ad una delle librerie vicino al suo tavolo.

“Malfoy! Pensavo che origliare non fosse nel tuo stile”.

“Hai pensato male. Sono un Serpeverde, nel caso tu l’abbia dimenticato”, replicò.

Lei alzò gli occhi al cielo. “Che ci fai in biblioteca?”.

“Mantengo fede al patto, ricordi? Se lavoro durante la settimana, ottengo del Firewhiskey nel weekend”.

“Speravo capissi molto più di questo, in tutto il mio discorso”, gli rispose.

Malfoy scrollò le spalle. “Allora, qualche problema in paradiso, Principessa?”.

“Grazie a te”, mormorò.

Lui alzò un sopracciglio. “Mi hai chiamata Principessa in cucina ed Harry è diventato sospettoso”.

Malfoy ghignò. “Potter è pronto a fare a pugni nel caso tu stia passando il tempo a sbaciucchiarmi?”.

Hermione fece a finta di ridere. “Grazie per quest’immagine, Malfoy. Rimarrò traumatizzata a vita”.

Lui si avvicinò, così che le loro labbra quasi si toccarono ed il suo respiro le arrivasse sul collo. “Oh, andiamo, Principessa, so che sveniresti se le mie labbra ti toccassero”, le disse facendole l’occhiolino.

Hermione alzò nuovamente gli occhi al cielo e gli diede un buffetto sulla nuca. “Ahia, donna, che male”, le disse lui, massaggiandosi la testa.

“Che ti serva da lezione per quando farai di nuovo il maiale”.

“Non hai alcun senso dell’umorismo”, si lamentò.

Lei sorrise asciutta. “Disse il ragazzo che non sopporta le battute”.

“Sì che posso”, mormorò Malfoy. “Solo che non trovo divertenti quelle dei Grifondoro”.

“Sì, beh, posso concordare perché trovo i tuoi tentativi altrettanto poco divertenti. Chiamami di nuovo Principessa di fronte ad Harry e ti farò mangiare la lingua. In effetti, smettila di chiamarmi così, punto”.

Lui ghignò. “Ti costerà qualcosa”, le disse.

“Basta accordi”, replicò lei decisa.

“Allora il soprannome rimane”, rispose testardo lui.

Hermione strinse le labbra. “Smettila di irritarmi, Malfoy”.

“Quindi Potter ti ha davvero accusata di fuggire di nascosto per incontrare me?”, le chiese, divertito dal suo rivale.

“Circa”, disse sospirando Hermione. “È preoccupato io possa sentirmi, e cito, “troppo a mio agio con i Serpeverde”. Non si fida di voi”.

“Non posso fargliene una colpa. Tu e Pansy state diventando troppo amiche. Devo avvisare Blasie di stare attento a non perdere la ragazza per colpa tua”.

Hermione gli lanciò uno sguardo ammonitore. Non lo avrebbe incoraggiato a continuare sul quella linea. Sembrava divertirsi troppo nel prenderla in giro.

Malfoy buttò la sua borsa sul tavolo. “Allora, che tema stai facendo? Io pensavo di fare quello per Lumacorno e rovinare il suo misero tentativo di affibbiarci qualcosa di difficile”.

Hermione all’improvviso si rese conto che non sarebbe stata una buona idea fargli sapere di star cercando una soluzione ai suoi incubi notturni. Non credeva avrebbe apprezzato si stesse immischiando nei suoi affari più di quanto già non stesse facendo. “Oh, io l’ho finito l’altro giorno. Non era così difficile”.  

Malfoy le lanciò uno sguardo divertito. “Certo che l’hai già finito. Immagino io sia rimasto indietro di un buon numero di temi”.

“Probabilmente”, disse leggera Hermione.

“Santarellina”, mormorò lui.

“Lo prendo come un complimento e ti lascio sudare sul tuo”, gli disse alzandosi.

“Ha!”, esclamò Malfoy. “Parliamo di Lumacorno. Dopo Piton, lui è una passeggiata”.

Hermione annuì concorde. Era vero che pozioni fosse diventata più semplice da quando Lumacorno aveva preso il posto di Piton. Non che lo fossero diventate anche le pozioni, solo che diventava tutto più facile quando non si aveva più un professore con gli occhi puntati addosso, pronto al minimo errore. Anche i compiti erano diventati meno sadici, anche se a lei un po’ mancava il senso di sfida che Piton imprimeva. Ogni volta che aveva ricevuto un Oltre Ogni Previsione, si era sentita come se avesse avuto la meglio sull’acume del Professore, il che la rendeva molto soddisfatta. Con Lumacorno non avrebbe potuto ottenere nulla del genere. Lui adorava la sua intelligenza e lei lo trovava di pessimo gusto. Non che lei gli piacesse come persona, solo adorava il suo titolo di Strega più brillante della generazione. Per di più, Hermione non approvava il suo comportamento nei confronti di Malfoy. Era poco professionale dimostrare così poco riguardo verso uno studente.

“Ci vediamo in giro, Malfoy”, gli disse raccattando le sue cose ed alzandosi dal tavolo.

“Non se ti vedo prima io, Principessa”, le rispose immaturo.

Hermione alzò gli occhi al cielo ma non replicò. Non aveva certo bisogno di incoraggiarlo.


Quando arrivò giovedì, Draco ormai si sentiva come se un branco di ippogrifi gli fosse passato sopra. Era riuscito a dormire pochissime ore e gli incubi continuavano a tormentarlo. Faceva così fatica che aveva problemi anche a finire i compiti da presentare entro la fine della settimana.

“Draco, è ridicolo. Devi andare da Hermione”, gli disse Pansy notandolo in difficoltà con il tema di incantesimi. “Sei troppo stanco per finirlo senza prima dormire una notte filata”.

“Non andrò dalla Granger. Abbiamo un accordo e non le darò alcun motivo per rinnegarlo”, rispose testardo.

“Quante volte devo dirti che lei non è così? Capirà perfettamente che non dormire per cinque giorni consecutivi è un problema più grande della scuola e troverà un modo per aiutarti a dormire”.

“No”, disse deciso. “Starò bene. Non andrò da lei ad implorarla”.

“Sei ridicolo, Draco. Ti stai sforzando troppo e troppo in fretta”.

“Pansy, smettila”, grugnì.

Pansy alzò le mani. “Il tuo orgoglio sarà la tua fine”.

“Solo se le tue prediche non mi uccideranno prima”, mormorò irritato lui.


Pansy iniziò a camminare avanti e indietro nel dormitorio maschile dei Serpeverde. Aveva lasciato Draco in sala comune a cercare di combattere il suo desiderio di dormire per rintracciare Blasie. “Fa lo stupido”, disse arrabbiata. “Si sta distruggendo”.

“Ripetimelo, perché ci interessa?”, chiese Theo.

Pansy si fermò e gli lanciò un’occhiata. “Sai cosa, Theo? Sono stanca della tua gelosia, per quando riguarda Draco. Pensavo ti sarebbe passata l’incazzatura per non esse diventato Mangiamorte, soprattutto dopo aver visto come si è ridotto lui. Avresti preferito ritrovarti ad Azkaban al suo posto?”.

“Pansy, quante volte devo dirtelo? Non sono geloso di Draco. Perché dovrei esserlo di un diciottenne perdente ed alcolizzato?”, ribatté lui.

“Forse perché saresti molto più interessante del vecchio e noioso diciannovenne perdente che sei già”, ringhiò Pansy.

“Per quanto mi diverta, dovremmo tornare a parlare di qualcosa di utile”, li interruppe Blasie, prima che Theo decidesse di litigare con la sua ragazza. Dato il suo rossore in viso, era già abbastanza arrabbiato.

“Tieni sotto controllo la tua ragazza, Blasie, altrimenti potrebbe farsi male”, minacciò Theo.

“Oh, certo, e sarai tu a provarci, Nott? Ci vuole un mago migliore di te per farmi fuori”, sputò lei.

Theo si mosse minaccioso contro di lei ma, prima che potesse farsi troppo vicino, Blasie allungò un braccio. “Attento, Theo. Non tollero tu le faccia del male”.

Theo lanciò un’occhiata furiosa alla strega prima di uscire dalla stanza e sbattere la porta.

“Insofferente piccola merda!”, gli urlò dietro Pansy.

“Hai finito?”, le chiese calmo Blasie.

Lei ruggì. “Non so come comportarmi con lui. È orribile”:

“La sua vita non è stata semplice, lo sai, Pansy. Non ha mai superato l’aver assistito all’omicidio di sua madre da parte di quei babbani”.

Pansy prese diversi respiri profondi per liberarsi dalla rabbia. “Lo capisco, ma pensavo avesse superato la sua ridicola ossessione ed invidia per Draco, ormai”.

“Anche io, ma è Theo. Invidia ancora il fatto che Narcissa abbia mentito al Signore Oscuro solo per salvare la vita a Draco. Anche lui avrebbe voluto una madre che lo amasse così tanto”, le spiegò.

Pansy si passò una mano tra i capelli. “Mi fa saltare i nervi”.

Blasie la abbracciò. “Lo so, ma prova ad ignorarlo. Io lo faccio e così anche Draco, e lui non ce l’ha con Theo. Sa da dove arriva tutta la sua rabbia”.

“Che cosa faremo con Draco?”, chiese Pansy. “Si farà sul serio del male cercando di stare sveglio. Non capisco perché non voglia andare da Hermione e chiederle aiuto”.

“Perché è Draco ed odia ammettere di avere una debolezza. È una cosa da Malfoy, a quanto sembra”.

Pansy rise. Era vero che l’orgoglio dei Malfoy fosse maggiore di quello di qualsiasi altra famiglia purosangue. “Andrò io stessa da Hermione”, disse Pansy.

“Se credi sia una buona idea…”.

“Sono a corto di altre”, ammise.


Hermione iniziò un’altra delle sue sessioni di ricevimento in ufficio. Per fortuna, si era portata dei libri su cui fare ricerche. Ancora non aveva trovato niente di utile. Aveva scorto un incantesimo temporaneo per permettere alla persona di dormire cinque ore filate, ma doveva essere lanciato prima di andare a dormire e non avrebbe risolto per sempre il problema, anche se avrebbe potuto essere utile. Non aveva mancato di notare l’ovvia deprivazione del sonno di Draco. Le sembrava non avesse dormito per più di una manciata di ore in tutta la settimana, quindi l’incantesimo avrebbe potuto aiutarlo.

Iniziò a provare i movimenti per effettuarlo ma venne interrotta da qualcuno che bussava alla porta. “Avanti”, disse.

Pansy entrò e si sedette di fronte a lei. “Va tutto bene?”, le chiese.

“Si tratta di Draco”, disse sospirando. “Non vuole venire da te, non importa quante volte io glie lo dica. Sta male”.

“Non dorme, vero?”.

Pansy scosse la testa. “Ma è determinato ad arrivare a tentoni alla fine della settimana. Puoi fare qualcosa per aiutarlo?”.

“Penso di aver trovato qualcosa. Non è la soluzione ideale e non può essere usata nel lungo periodo, ma potrebbe essere utile per permettergli qualche ora di sonno in più”, rispose Hermione.

Pansy la guardò curiosa.

“È un incantesimo che deve essere lanciato appena prima di dormire e gli permetterà di non fare sogni per un breve periodo. È piuttosto nuovo, quindi non ci sono molte ricerche in merito. Chi lo ha usato di solito è riuscito a dormire tra le cinque e le sei ore a notte”.

“Sembra perfetto, Hermione”.

“Sì, ma non si conoscono gli effetti a lungo termine e non credo gli debba essere presentato come tale”, la avvisò.

Pansy annuì. “Sembra accettabile. Puoi insegnarmelo? E anche a Blasie?”.

Hermione annuì. Almeno sarebbe stato meglio che continuare a farlo dormire a malapena.

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Capitolo 13
*** Sigarette e Caffè ***


Cap 13

Sigarette e caffè

Il giorno della partita Grifondoro-Corvonero iniziò con una bellissima mattinata, classica della primavera. Hermione aveva a malapena intravisto Harry, Ron e Ginny, perché Harry aveva fatto allenare la squadra in ogni ora libera. Quell’anno aveva preso il Quidditch molto seriamente. Se non avesse saputo quando voleva diventare un Auror, avrebbe creduto cercasse di impressionare qualche cacciatore di teste perché lo scegliesse come giocatore professionista. In effetti, stava facendo un lavoro così egregio che l’arrivo di un paio di loro era davvero previsto per quel giorno. Goldstein, Cacciatore per i Corvonero, aveva cercato di convincere tutti fossero lì per lui ma era stato molto difficile da credere, soprattutto perché uno di loro proveniva dalle Holyhead Harpies, squadra notoriamente tutta femminile.

Hermione era sicura si sarebbero presentati per cercare di convincere Harry a divergere dalla sua preventivata carriera, anche se anche Ginny stava ricevendo un sacco di attenzioni. Aveva tanto talento quanto lui nel volare e sapeva giocare in due ruoli, il che l’avrebbe resa perfetta per qualsiasi squadra. Doveva completare ancora un ultimo anno ad Hogwarts ma, dopotutto, anche Oliver Baston era stato scritturato durante l’estate precedente il settimo, solo che la cosa era stata tenuta nascosta per evitare che qualche squadra avversaria lo mettesse fuori gioco.

Harry si alzò e condusse la squadra fuori dalla sala grande alle dieci in punto ed Hermione non riuscì a non sorridere. Sembrava si fosse trasformato in Baston, perchè ormai riusciva a dedicare loro la sua più completa attenzione. Adorava giocare e non era mai riuscito prima ad applicarsi a causa dei piani di Voldemort.

Hermione si avviò verso il campo da Quidditch dieci minuti prima che la partita iniziasse, assieme al resto della scuola. Notò che la maggioranza dei Serpeverde sembrava invece dirigersi verso la biblioteca o la sala comune. Vide Pansy camminare con Blasie, così li raggiunse. “Non venite ad assistere?”, chiese.

Pansy la guardò come se pensasse fosse pazza. “No, abbiamo ricevuto il messaggio durante la prima partita della stagione: non siete i benvenuti”.

“Oh”, disse triste. “Che peccato. Molti di voi vanno matti per questo gioco”.

Blasie le lanciò uno sguardo annoiato ma quasi divertito. “Granger, ti sembriamo tipi a cui piace essere insultati per sport?”.

“Ok, ho capito. Vi lascerò fare qualsiasi cosa abbiate in mente”, disse Hermione sorridendo a Pansy, prima di voltarsi e dirigersi verso gli altri Grifondoro.

Blasie scosse leggermente la testa. “A volte è davvero fuori di testa”, commentò.

“È solo che non capisce l’istinto di sopravvivenza”, replicò Pansy.

“Sì, l’ho capito quando al sesto anno ha affrontato un Mangiamorte adulto mentre lei aveva solo sedici anni”.

“Grifondoro!”, rece notare Pansy. “Allora, che vogliamo fare? Traiamo vantaggio dal fatto che tutta la scuola sia alla partita e passeggiamo romanticamente attorno al lago?”.

Blasie assunse un’espressione colpevole. “In realtà ho in programma di vedere i ragazzi. Guarderemo la partita con il telescopio dalla torre di astronomia”. Alla sua faccia delusa aggiunse: “Ma se vuoi posso rimanere con te”.

Pansy alzò gli occhi al cielo. Blasie andava matto per il Quidditch. Il fatto che si fosse offerto di fare qualcosa con lei era abbastanza. Gli accarezzò una guancia e gli diede un bacio. “Non preoccuparti, vai a vedere la partita. Io finirò il tema di trasfigurazione”.

“Sei la migliore, Pansy”, replicò lui e la baciò entusiasta a sua volta, prima di scomparire per le scale.  


Grazie ai duri allenamenti imposti da Harry, i Grifondoro stracciarono i Corvonero ed Hermione non riuscì a non gonfiarsi di orgoglio. Goldstein aveva ciarlato a riguardo tutta la settimana, continuando a ripetere che quell’anno avrebbe fatto vincere la Coppa alla sua squadra perché era Caposcuola ed altre irritanti cose simili. Hermione era rimasta al suo posto, completamente disinteressata dalla questione, anche se aveva sperato che Harry e la sua talentuosa squadra riuscissero a mettere in luce quale buono a nulla fosse in realtà il ragazzo. In quel momento, regalando a Ginny un enorme abbraccio, non poté trattenere il ghigno quando lo vide passare. Forse Harry aveva ragione nel dirle che passava troppo tempo con i Serpeverde.

“Prima che tutti vi iniziate a godere il sabato pomeriggio, credo che Ron Weasley, Portiere dei Grifondoro, abbia qualcosa da dire. Sarà meglio sia importante, Weasley, alcuni di noi hanno cose da fare”, trillò la voce irritata di Zacharias Smith.

“Spero che i Gorgosprizzi stiano alla larga”, risuonò la voce trasognata di Luna Lovegood, la seconda commentatrice.

Hermione alzò lo sguardo confusa e vide sorridere sia Ginny che Harry mentre Ron aveva assunto un’espressione terrorizzata. Capì in quel momento che Ron aveva pianificato di fare la proposta ad Hannah subito dopo la partita e non riuscì a non fare una smorfia. Secondo lei, era il posto meno adatto e meno romantico possibile. Era anche vero, però, che non si poteva definire un’amante del Quidditch. Ron ed Hannah, invece, si erano avvicinati proprio grazie alla loro passione per i Cannoni di Chuddley. Hermione notò la faccia confusa e sorpresa della McGranitt. Anche lei non l’avrebbe trovata una cosa per nulla romantica.

Ron diventò di un colore rosso brillante e lanciò il Sonorus prima di inginocchiarsi di fronte ad Hannah, che sembrò capire solo in quel momento ciò che stava accadendo e diventò rossa come il suo ragazzo. Ron trafficò con la divisa ed estrasse una piccola scatolina di velluto.

Si schiarì la voce. “Hannah, non ci frequentiamo da molto ma ti amo e non riesco ad immaginare nessun’altra che possa completarmi come fai tu. Mi sentirei incredibilmente privilegiato se mi facessi l’onore di diventare mia moglie”, le disse prima di mostrarle l’anello di fidanzamento.

Hermione rimase stupida dalla sua eloquenza. Se avesse saputo prima delle sue intenzioni, se lo sarebbe immaginato balbettante. Aveva sentito Ginny mormorare le sue stesse parole e si rese conto quanto non fossero farina del sacco di Ron. Lo aveva aiutato a non perdere il filo del discorso ed a renderlo il più dolce possibile senza farlo intoppare.

Hannah rimase un po’ scombussolata e continuò a fissare l’anello sconvolta. Ron si schiarì di nuovo la voce, ormai insicuro. Una cosa era pianificare di farle la proposta in pubblico, un’altra essere rifiutati praticamente di fronte a tutti i compagni di scuola. Tra l’altro, la comunità magica della Gran Bretagna non era poi così vasta ed avrebbe dovuto incontrare le medesime persone per tutta la vita. Se lo avesse rifiutato, ne avrebbero parlato tutti. Alzò lo sguardo verso di lei con espressione implorante. Hannah sembrò uscire dallo stato di shock, scosse la testa e vide che tutti li stavano fissando. “Sì”, mormorò tremante, così che solo Ron potesse sentirla.

Lui si alzò e la strinse tra le braccia. Attorno a loro iniziarono i fischi e le acclamazioni e le persone iniziarono ad avvicinarsi per le congratulazioni.

Hermione rimase in disparte, aspettando che la folla scemasse. Alzò lo sguardo e vide la McGranitt compiaciuta per i due ma anche irritata per aver scelto una situazione così inadatta. Poteva quasi sentirla ripetersi in testa che la partita ed il campo da Quidditch non fossero né il momento né il luogo per una proposta di matrimonio.

“Bene, ora che Hannah ha umiliato i nostri Tassorosso accettando l’inetta proposta di Ron Weasley, possiamo tutti continuare la nostra giornata”, sputò in tono amaro Zacharias Smith.

Hermione udì contenta delle acclamazioni sdegnate per la dichiarazione.

“Oh! È stato così romantico”, mormorò Luna, non prima di aver tirato una gomitata nelle costole di Smith. “Congratulazioni a Ron ed Hannah”.

Gli studenti applaudirono quando i due vennero trasportati fuori dal campo in spalla ai giocatori della squadra. Hermione rimase indietro. Ancora non era riuscita ad avvicinarsi per porre loro le sue felicitazioni.


La festa continuò nella torre per tutta la notte. C’erano anche Hannah ed un paio di Tassorosso. Hermione era finalmente riuscita ad avvicinarsi alla coppia e congratularsi dando a Ron un enorme abbraccio e chiocciando con Hannah, come tutti si aspettavano, per il suo anello. Era davvero contenta per loro, ma non riusciva a non sentirsi un po’ lasciata in disparte. Ora i suoi due amici erano felicemente fidanzati e lei non si sentiva più a suo agio. Ginny ed Hannah continuavano a ciarlare di vestiti da sposa, mentre Ron ed Harry erano seduti assieme e sembravano voler evitare tale discorso. Hermione rimase in disparte, sorseggiando Burrobirra e cercando di sembrare interessata. Non lo era davvero anzi, si sentiva un po’ ferita di non essere stata nemmeno messa al corrente dell’intenzione di Ron di fare la proposta quel giorno.

Hermione sgattaiolò fuori dalla sala comune appena ci riuscì. Non era davvero dell’umore per rimanere seduta assieme alle coppiette felici che sembravano sbatterle sotto al naso il suo status di single. Non era colpa loro, ma la cosa non ne andava giù. Era anche arrabbiata con sé stessa perché si sentiva in quel modo.

Ora il suo più grande problema era che, essendo lei la guardiana dell’alcool di Malfoy, quando si sentiva triste aveva la grande tentazione di stappare una bottiglia. Tornò in sala comune ed aprì il Firewhiskey. Ne avrebbe bevuto solo un bicchiere per scacciare quell’orribile sensazione.


Draco aspettò finché la sala comune fu deserta, prima di uscire e dirigersi verso la tana della Granger. Il fatto che si fosse ormai abituato a girovagare per il castello dopo il coprifuoco era un’ottima cosa, dato che ogni fine settimana doveva andare da lei per recuperare una bottiglia. Era così avara nelle razioni che per quella settimana aveva persino mandato via Noktok senza dover rifornire le scorte. Sosteneva Draco ne avesse più che abbastanza perché durassero per un’altra settimana e, dato che lui non sapeva dove le tenesse, non poteva controllare di persona. Tra l’altro, non era nemmeno così stupida da metterlo al corrente della parola d’ordine delle sue stanze.

Draco era sottoposto a quel regime da ormai qualche settimana ed ancora non riusciva a dormire abbastanza. Sembrava che l’incantesimo della Granger non funzionasse così bene su di lui come invece era accaduto alle persone di cui aveva letto. Riusciva a guadagnare appena quattro ore, prima che gli incubi tornassero ed anche l’alcool non si era dimostrato efficace come una volta. Aveva sperato che, più tempo fosse passato da Azkaban, più sarebbero spariti, invece sembrava diventassero sempre peggio. Ormai riguardavano quasi solo la Granger e la maggior parte gli ricordavano il momento in cui veniva torturata da sua zia Bellatrix, solo che ad un certo punti era lui stesso a prenderne il posto come carnefice.

Nonostante Blasie ormai fosse a conoscenza della situazione, aveva comunque continuato a lanciare un incantesimo silenziante sul suo letto perché Theo Nott ne era ancora all’oscuro e Draco voleva continuasse a rimanerlo. Non aveva alcun desiderio di dare al Serpeverde un motivo di ricatto.

Draco quel giorno era anche più volenteroso del solito ad andare dalla Granger, perché aveva il presentimento avesse bisogno di compagnia. Non aveva pensato neanche per un minuto che lei avesse pianificato di confidarsi con lui ma, se aveva capito una cosa durante gli ultimi mesi, era che alla Granger non piacesse sentirsi un fardello per i suoi amici. Lui era rimasto a guardare la partita assieme a qualche altro Serpeverde in cima alla torre di astronomia e, alla vista di ciò che era successo alla fine, gli erano saliti i conati. Per molti di loro, volersi sposare così giovani era impensabile ma la cosa più rivoltante sarebbe stata convolare a nozze con una Tassorosso! Ma ovviamente, Weasley era un altro discorso.

Bussò leggero alla porta ed aspettò che la Granger venisse ad aprire. Sapeva sarebbe arrivato quindi non doveva preoccuparsi si fosse addormentata e non lo udisse.

“Oggi dubito che voglia vederti”, disse con una smorfia il ritratto.

“Sparisci”, replicò lui.

“È piuttosto sconvolta”.

“Ti sembra voglia fare conversazione con te?”.  

“Serpeverde! Siete tutti uguali”.

Non riuscì a risponderle a tono perché udì la Granger ciabattare verso la porta.

“Malfoy”, disse con voce soffice. “Vuoi entrare?”.

Di solito, arrivava con la bottiglia in mano e glie la allungava senza troppe cerimonie, felice di liberarsi di lui il prima possibile. Quella sera invece, lo capiva dai suoi occhi e dal fatto che tenesse in mano lei stessa un bicchiere colmo, voleva compagnia.

“Vuoi che vada a svegliare Pansy?”, le chiese, pensando che la ragazza sarebbe stata molto più brava a consolarla. Era ovvio che ne avesse bisogno, ricordando la loro precedente conversazione di qualche settimana prima quando gli aveva raccontato delle proprie insicurezze.

“No, non serve” gli disse, senza nemmeno chiedergli perché l’avesse proposto. Non era molto da lei.

Si spostò dall’entrata, lasciando aperta la porta, così lui entrò e la richiuse alle sue spalle. Non era sicuro del perché lo stesse facendo. Come mai non le comandava di allungargli la bottiglia? Avrebbe potuto tornare nei sotterranei e devastarsi da solo, invece era stato di nuovo invitato ad un’altra festicciola di commiserazione.

“Allora, immagino tu ti sia crogiolando nella disperazione dopo gli eventi di questo pomeriggio”, commentò.

La Granger lo guardò un po’ sorpresa. “Lo sai?”.

Lui ghignò. “Per Salazar, Granger, so che al momento sei impegnata a piagnucolare ma sarebbe strano se io non sapessi qualcosa. Ne parla tutto il castello”.

“È stato molto romantico”.

Draco fece una smorfia. “Non sembrava, dalla torre di astronomia. In effetti, è stato piuttosto un circo”.

“Magari dovevi essere presente di persona”.

“Forse devi essere immune alla natura abrasiva e senza immaginazione di Weasley, per apprezzarlo”, la punzecchiò.  

Fu il turno di Hermione di fare una smorfia. Draco si lasciò cadere sul divano, afferrò la bottiglia di Firewhiskey e prese un bicchiere pulito. “Vedi, Granger, sapevo l’avresti ritenuta una proposta romantica”.

“Beh, non importa ciò che penso. Hannah crede sia stato perfetto”, si difese lei.

“Quell’orango tango ha trovato la moglie perfetta, se è così”.

La Granger gli tirò un buffetto sulla nuca. “Smettila di essere così tagliente, Malfoy. Non è carino”.

“Chi ha mai detto io lo sia? Dovresti conoscermi un po’”.

La Granger sfoggiò uno sguardo saccente. “Non mi incanti, Malfoy”.

Lui soffiò. “Che cosa dovrebbe significare?”.

“Sai esattamente cosa intendo. Se fossi una persona così orribile come vorresti far credere, non saresti seduto qui a cercare di farmi sentire meglio”.

“Sono qui solo per il Firewhiskey. Non credere me ne importi qualcosa della tua vita sentimentale”.

Lei si voltò per guardarlo in viso. “E immagino che anche i commenti su Ron ed Hannah siano mirati ad ottenere l’alcool, giusto?”.

“Oh, no”, disse lui. “Quello è solo il mio disgusto per la Donnola che fa capolino. Come ho già detto: te la sei cavata”.

“Non avrei mai pensato di dirlo, ma sei meglio di quanto tu voglia far credere”, insistette la Granger.

“Se continuerai su questa linea, me ne vado da qui. Perché non mi dici il motivo per cui questa sera sei così sdolcinata?”.

Hermione sospirò e fissò il camino. Parte di lei sapeva quanto fosse strano essere lì con Malfoy a parlare del perché fosse così sconvolta e pensare di potersi fidare a raccontargli i suoi pensieri più reconditi, aspettandosi che mantenesse il riserbo. Però era cambiato qualcosa tra di loro, si era formato un legame inspiegabile. Lui non faceva più il sarcastico né l’idiota depresso e si comportava come una sorta di amico. Era il tipo di persona da non indorarle la pillola e che le avrebbe detto la sua opinione sincera, che l’avesse ferita o meno. Ecco perché lo apprezzava. Era rude ma poteva anche farle capire cose che nessun altro avrebbe potuto.

“Non lo so. Mi sento come se navigassi troppo lontano da Harry e Ron. Non sapevo nemmeno Ron volesse fare oggi la proposta ad Hannah”, disse sconsolata.

“Pensavo voi tre foste legati dal cordone ombelicale”.

“Anche io. Ron non mi ha nemmeno chiesto cosa avrebbe dovuto dirle. Lui ed Harry di solito sono sempre venuti da me per questo genere di cose”.

Malfoy non rispose, perché non c’era molto da dire. Rimasero seduti per un po’ a sorseggiare in silenzio il Firewhiskey. Hermione si abbassò e riempì ridendo il proprio bicchiere.

“Cosa”, le chiese.

“Mi hai corrotta! Sono diventata una Caposcuola che beve Firewhiskey il sabato notte nella propria sala comune”.

“Hai dimenticato una cosa importante”.

“Cosa?”.

“Che bevi Firewhiskey assieme ad un ex Mangiamorte”, rispose dal nulla.

Hermione non riuscì a trattenere una risata. Non c’era nulla di divertente nella sua constatazione ma rise ancora più forte per quanto fosse ridicolo. Malfoy la guardò e si unì agli schiamazzi. Sembrava che entrambi avessero bisogno di una serata spensierata.

Fu solo molto tempo, varie discussioni e bicchieri dopo, che Malfoy si alzò. “Dovrei andare”, disse.

“Non ritirarti con la coda tra le gambe solo perché ho vinto riguardo a Fierobecco”, lo prese in giro.

Malfoy alzò gli occhi al cielo. “Non hai vinto. Credo ancora che quell’ippogrifo fosse una minaccia per la società e dovesse essere abbattuto”.

Hermione gli fece una linguaccia. “Ti meritavi ciò che ti è accaduto e Fierobecco ti ha appena graffiato”.

“Non torneremo sullo stesso discorso. Credo sia il momento di concordare che non siamo d’accordo per quanto riguarda ippogrifi e quell’idiota di Hagrid”.

“È proprio quello che si dice di solito quando si sta per perdere”, insistette lei.

“No, è ciò che si dice quando si è stanchi di litigare sempre sullo stesso punto con una strega estremamente testarda.

“Non serve che te ne vada”, gli suggerì quando lui si mosse verso la porta.

Malfoy inarcò un sopracciglio e lei arrossì. “Non intendevo quello. Volevo solo dirti che potresti rimanere sul divano, se vuoi. Non mi va di rimanere sola”.

Lui si risedette e sospirò. “Pensavo di averti rallegrata”.

“Sì, beh, come hai detto prima, sono molto testarda”.

Malfoy la guardò dritta negli occhi. “Smettila di credere di non essere attraente solo perché non sei fidanzata a diciotto anni”.

“Diciannove”, gli fece notare.

“Cosa?”, chiese confuso Malfoy.

“Ho diciannove anni. Penso di essere la più vecchia ad Hogwarts. Li compio a metà settembre”.

“Oh”, disse lui. “Beh, non è importante. Devi comunque smetterla di pensare di non essere attraente solo perché non ti sei fidanzata come i tuoi amici. Tra l’altro, vorresti esserlo?”.

Hermione scosse la testa. “No, ma non voglio fare la parte dell’amica single che rimane in coda al suo gruppo, quella che fa la ruota di scorta del quintetto. Perché è sempre difficile per me, in queste cose? Non ho neanche mai davvero avuto un vero ragazzo”.

Malfoy si accigliò. “Credevo ci fosse stato Krum e poi il Re delle Donnole”.

“Krum mi ha portata al Ballo del Giglio e mi ha guardata studiare per un po’. Io non ero davvero interessata a lui, eravamo più che altro amici. Credo gli piacesse il fatto che io non fossi una delle galline che lo seguivano. E comunque, all’epoca mi piaceva Ron”.

“Quindi non vi siete neanche baciati?”.

“Beh, qualcosa di simile è successa prima che se ne andasse ma, ad essere onesta, è stato un po’ strano e nessuno dei due voleva la cosa continuasse”.

“Ma poi per un po’ hai frequentato Weasley”, le fece notare.

“Immagino di poterlo chiamare ragazzo, ma è stato per un mese e poi era più che altro per compiacere sua madre. Sai quanto sia stato imbarazzante baciare Ron?”.

Malfoy fece un’espressione disgustata. “Grazie, Granger, mi mancava davvero un’immagine del genere. Quel buffone rosso non rientra nei miei gusti”.

Hermione fece a finta di prenderlo a sberle, prima di tornare in sé e ricominciare a lamentarsi. “Entrambe le volte non è stato quello che mi sarei immaginata. Non penso nemmeno di poterle definire relazioni e di certo non somigliano per nulla a ciò che c’è tra Harry e Ginny o tra Ron ed Hannah”.

Lui emise un mormorio frustrato. “Non capisci il nocciolo, Granger. Non è la fine del mondo e, comunque, non è che tu abbia passato gli ultimi anni senza fare nulla. Sei stata piuttosto occupata a sconfiggere uno psicopatico che ti voleva morta”.

Hermione tirò su col naso. “So che non lo è ma sono una ragazza e voglio sentirmi attraente, invece vedono tutti solo il mio cervello”.

“Hai un cervello che fa paura, Granger”.

“Vedi? Intendo proprio questo. È come se, solo perché sono intelligente, sia solo questo che conti. Sai che Calì ha persino avuto il coraggio di dirmi che non devo preoccuparmi dei ragazzi perché sono il tipo di ragazza da avere una carriera? Io voglio anche un compagno, una famiglia e dei figli”, disse.

“Prima di tutto, perché ascolti Calì Patil? Per la barba di Merlino, quella adora la Cooman. Secondo, hai un sacco di tempo per avere entrambe le cose. Non ha nemmeno vent’anni, quindi calmati”.

Hermione si passò una mano tra i capelli. “Merlino, sono un disastro. Se sei tu a fare la voce della ragione, allora penso di aver toccato il fondo”.

Malfoy fece una smorfia. “Principessa, io sono sempre la ragione. Semplicemente la voce non si è ancora sparsa”.

“Oppure io sono diventata matta ed è solo un’impressione”, lo prese in giro lei ma le si spense il sorriso quando lo guardò. “Quindi non credi sia un troll orrendo e per niente attraente che non troverà mai un ragazzo?”.

Malfoy grugnì. “La smetterai mai? Dichiaro i tuoi amici più che inutili, se ti fanno avere un’autostima così bassa”.

Hermione distolse lo sguardo e fissò il fuoco.

“Cosa? Che ho detto?”, le chiese.

“Non vuoi saperlo”, replicò lei.

“Dillo e basta”, le ordinò.

“Sei tu il motivo per cui non ho autostima. Tu ed i tuoi amici mi dicevate sempre quanto fossi brutta. Ormai ho interiorizzato la cosa”, rispose con un sussurro.

Rimasero a disagio ed in silenzio per qualche minuto. Hermione non voleva guardarlo, ma non poteva nemmeno sopportare di non sapere cosa stesse pensando. Sbirciò nella sua direzione e lo vide fissarla in silenzio.

“È la verità?”, le chiese.

Hermione annuì.

“Merda”, imprecò lui. “Pensavo sapessi di non dover credere a nulla di quello che esce dalla mia bocca”.

Hermione lo guardò in silenzio.

“Senti, Granger, all’epoca ero un idiota geloso e con un ego smisurato. Pensavo fosse figo andare in giro a rendere a tutti la vita un inferno. Credevo di essere così fottutamente superiore e, ironia della sorte, adesso sono quello la cui vita è più incasinata di quella di chiunque altro ad Hogwarts”.  Le prese la mano ed iniziò a giocare con le sue dita. “Non passare il tempo a preoccuparti di ciò che ti ho detto negli anni. Sei intelligente, acuta e bellissima”.

Hermione boccheggiò e lanciò uno sguardo alle loro mani, poi gli sorrise timida.

Lui la fissò per un altro momento, prima di sussurrare “Al diavolo”.

Prima che Hermione riuscisse ad accorgersene, le labbra di Malfoy furono sulle sue, che la baciavano nel modo più dolce possibile. Chiuse di scatto gli occhi e gli si appoggiò contro, mettendogli una mano sul collo ed intrecciando le dita tra i suoi capelli soffici quando lui la strinse maggiormente ed approfondì il bacio. Nient’altro le era mai sembrato così. La cosa le aveva sempre causato un po’ di disgusto e, quando era successo con Krum, aveva riso. In quel momento, invece, non l’avrebbe fatto di certo. Si interruppero così come avevano cominciato e lei aprì irritata gli occhi. Lui la guardava con le pupille dilatate, cosa che gli faceva sembrare gli occhi neri invece che grigi.

“A cosa lo devo?”, mormorò.

Malfoy scrollò le spalle. “Volevo farlo”, replicò semplicemente.

Hermione si ritrasse e spostò le braccia, ritirandosi sul divano. Si sentiva un po’ accaldata. Malfoy si schiarì la voce e si alzò nuovamente. “Dovrei davvero andarmene, adesso”.

Lei gli mise una mano sul braccio. “Per favore, non farlo, Malfoy. Rimani qui”.

Lui abbassò lo sguardo verso i suoi occhi vagamente imploranti ed annuì. Hermione versò ad entrambi un altro bicchiere di Firewhiskey e rimasero seduti a contemplare il silenzio.


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Capitolo 14
*** Stordito e Confuso ***


Cap 14

Stordito e confuso

Ginny non aveva mancato di notare la fuga di Hermione la notte precedente. Un minuto prima era seduta assieme a tutti loro a sorseggiare Burrobirra e festeggiare il fidanzamento di Ron e quello dopo era sparita. La preoccupava che se ne fosse andata senza dire nulla a nessuno. Significava ci fosse qualcosa che non andava.

Il pensiero che avessero fatto qualcosa per renderla triste aveva disturbato i suoi sogni. Anche se Hermione era molto più vicina ad Harry e Ron, per lei era come una sorella maggiore. Era stata lei a consigliarle di lasciar perdere Harry al quarto anno il che, ironia della sorte, l’aveva portata proprio ad accalappiarlo qualche anno più tardi, ed erano diventate molto amiche durante gli ultimi due anni. Quindi, la mattina dopo la festa, Ginny si alzò ridicolosamente presto per andare a trovarla e capire cosa stesse succedendo.

Aveva notato che Hermione era rimasta in disparte, l’altra notte. Aveva anche capito che nessuno l’aveva messa al corrente dell’intenzione di Ron di fare la proposta dopo la partita. Non era stata lasciata all’oscuro di proposito, semplicemente Harry li aveva fatti allenare così tanto che il piano era stato ideato sul campo da Quidditch ed aveva dovuto aiutare Ron con il discorso durante l’allenamento vero e proprio. Nessuno di loro aveva poi pensato a raccontarlo ad Hermione. Ginny era stata lasciata in disparte l’anno precedente per cui sapeva come avrebbe potuto sentirsi la sua mica. Le dispiacque tantissimo.

Solo un paio di ragazzi del primo e del secondo anno stavano già occupando la sala comune ma Ginny non prestò loro attenzione. Uscì e si diresse verso il dormitorio di Hermione. Pronunciò la parola d’ordine ed entrò, ma si bloccò immediatamente quando si rese conto di ciò che si trovava davanti.

Prima di tutto, sembrava che Hermione avesse portato la festicciola dei Grifondoro nella sua stanza. C’era una bottiglia di Firewhiskey abbandonata sul tavolino da caffè e carte di dolciumi tutto intorno. Ma ciò che catturò la sua attenzione fu qualcos’altro. Lì, addormentati sul divano e stretti sotto le coperte, c’erano Hermione e Draco Malfoy. Quando riuscì di nuovo a respirare, sbattere gli occhi e pensare razionalmente, avanzò nella stanza e sbirciò i due. Hermione era accoccolata al fianco di Malfoy, con la testa sulla sua spalla. Sembravano incredibilmente in pace e, se si fosse trattato di qualcun altro, avrebbe silenziosamente gioito. Non aveva mancato di notare quanto la sua amica fosse sola. Ma lì c’era Draco Malfoy, l’unico e solo, il suprematista purosangue che l’aveva tormentata e bullizzata senza pietà e che aveva apertamente sperato fosse morta. Per di più, era anche diventato un Mangiamorte. Tutta la questione non quadrava, per dire poco.

Ginny aveva passato le ultime settimane ad ascoltare le teorie di Harry sul fatto che Hermione nascondesse qualcosa e che avesse tutto a che fare con quel ragazzo, ma non gli aveva prestato molta attenzione. Aveva detto ad Harry di fidarsi della sua amica, che tra l’altro si chiamava Hermione e non sarebbe stata così stupida da invischiarsi con qualche ex Mangiamorte. Però sembrava che Harry avesse avuto ragione. Ginny era molto ormai convinta di volergli svegliare, quando si rese conto che sarebbe stato meglio parlare con Hermione quando non si fosse trovata in compagnia di quella subdola serpe. Di certo avrebbero iniziato a litigare e lei sarebbe entrata sulla difensiva. Ginny sospirò ed uscì dalla stanza. Avrebbe dovuto sicuramente fare una bella colazione e pensarci attentamente.


Il rumore di una porta che si chiudeva svegliò Draco, anche se non se ne rese conto. Per un breve momento rimase confuso sul dove si trovasse e del perché ci fosse un corpo caldo sopra di lui. Abbassò lo sguardo e vide la Granger ancora addormentata. Ricordò la notte precedente e si accigliò. Che diavolo aveva pensato? Perché l’aveva baciata ed era rimasto lì quando glie lo aveva chiesto? In effetti, perché era rimasto e basta? Perché non l’aveva semplicemente chiesto di avere la sua bottiglia di Firewhiskey rimanendo sulla porta e poi tornato al proprio dormitorio? Con quelle domande che gli frullavano in testa, Draco si sciolse dall’abbraccio della Granger. Per fortuna non fece troppo rumore e non la svegliò. Doveva ricominciare a pensare lucidamente per cercare di capire cosa avesse fatto quella notte. Si fermò un momento a fissare la ragazza e non riuscì a non sorridere vedendola per la prima volta completamente rilassata. Poteva quasi sentirle russare il cervello, quando invece di solito lavorava troppo. Le sistemò addosso la coperta e le sfiorò la fronte con le labbra, ma si alzò velocemente e scosse la testa. Che cos’aveva la Granger per farlo comportare in modo così abnorme?

Draco notò contento che fosse ancora presto. I corridoi erano silenziosi e solo un paio di persone si erano già spinte a gironzolare per il castello. Stava per dirigersi dritto ai sotterranei per fare una doccia e cambiarsi, quando l’aroma del caffè fresco e dei croissant lo chiamò dalla sala grande. Dato che si trovava già lì, poteva sicuramente prendere qualcosa per fare colazione. Entrò nella sala e vide Blasie già sveglio che mangiava. Fanculo, pensò. Significava che era al corrente lui non fosse rientrato la notte precedente. Era l’unico Serpeverde con più di tredici anni sveglio in quel momento e sarebbe sembrato strano se Draco non si fosse seduto di fronte a lui, il più lontano possibile.

Alla fine, decise di sedersi di fianco a lui e si versò un bicchiere di succo di zucca. Lo avrebbe aiutato a sbarazzarsi di quel gusto orribile che si sentiva in bocca e tra l’altro era anche un ottimo metodo per schiarirsi la mente prima di darle la botta finale con una bella dose di caffeina.

Blasie voltò la testa e lo guardò con un sopracciglio alzato. “Buongiorno, Draco. O dovrei dire buonanotte?”.

Draco imprecò silenziosamente. Ecco perché lui e Blasie non sarebbero mai diventati buoni amici: era troppo irritante. Annuì, sperando che avesse capito e stesse zitto.

“Allora, chi è la ragazza fortunata? O sei svenuto in qualche atrio oscuro?”.

“Tu che pensi?”, biascicò Draco, non volendo svelare dove fosse stato.

Blasie lo guardò dall’alto in basso. “Beh, anche se sembri un po’ in disordine e dolorante, non credo lo saresti allo stesso modo se avessi dormito sul cemento duro e freddo. Quindi penso che qualche ragazza abbia avuto pietà di te e ti abbia offerto il proprio letto per la notte”.

Draco non confermò né negò. Gli lanciò un unico sguardo disinteressato, sperando che la smettesse.

Blasie gli si avvicinò e gli annusò una spalla. “Mmm… a giudicare dal leggero profumo, sicuramente femminile, che ti è rimasto sul maglione, direi che lei ha dormito con te. Cannella… buono”.

Draco ormai era diventato piuttosto teso e si era già pentito di aver deciso di entrare in sala grande. Blasie era troppo ricettivo per i suoi gusti. “E se anche avessi passato la notte con una ragazza? Che ti importa?”.

“Non c’è bisogno di andare sulla difensiva. Sono solo sorpreso ci sia una ragazza che voglia dormire con quel tuo ossuto culo che ti ritrovi. È per questo che se qui così presto? Ha capito chi fossi e ti ha cacciato per averla svegliata con i tuoi incubi?”, insistette crudele Blasie.

“Vaffanculo”, ringhiò Draco e si alzò. Cercò di ricordare come avesse dormito e si rese conto di non averne alcuna memoria. Ricordava che la Granger gli si era addossata, aveva sbadigliato e si era addormentata. Sapeva anche di aver pensato di doversene andare, ma si sentiva troppo comodo lì, così aveva appellato una coperta e si era coperto, sistemandosi meglio così che potessero dormire comodi entrambi. E poi… nulla. Si era svegliato venti minuti prima, ben riposato ed estremamente rilassato con la Granger. Non aveva avuto alcun incubo che lo avesse svegliato, non aveva sudato ed il cuore non gli batteva forte. Per la prima volta da che ricordasse, aveva dormito senza svegliarsi terrorizzato.

“Allora, non è nessuna di Serpeverde perché si saresti fatto una doccia e cambiato prima di venire qui. Dubito sia una Tassorosso, perché saresti rimasto di sotto e poi saresti tornato al dormitorio. Mi viene da pensare quindi si tratti di una Corvonero o di una Grifondoro. Non penso che le Grifondoro vorrebbero toccarti, dunque resta solo una Corvonero”, dedusse Blasie. “Vuoi dirmi chi è o dovrò passare in rassegna tutte le più vecchie e stupide che possano voler fare sesso con te?”.

Draco lo ignorò. Non era dell’umore per certe cazzate. Aveva appena passato le dodici ore più strane della sua vita, durante le quali aveva consolato e baciato la Granger e si era addormentato con lei sul suo divano, dormendo pacificamente. E, nonostante si sentisse confuso a riguardo, non se ne pentiva minimamente.

Una profonda risata di Blasie lo riscosse dai propri pensieri. “Oh, forse era davvero una Grifondoro. Hai fregato da fidanzatina a Potter? Dal modo in cui ti guarda da quanto sei entrato, potrebbe essere lei”.

Draco alzò lo sguardo verso il tavolo dei Grifondoro e vide Ginny Weasley fissarlo ma senza quella solita espressione che riservava solo ai Serpeverde. Era quasi in contemplazione. Quando si rese conto che entrambi la stavano guardando, distolse gli occhi e tornò a puntarli sul suo libro.

“Se ricordo bene, Blasie, sei sempre stato tu ad avere una cotta per la piccola Weasley”.

Blasie si voltò e ruggì. “Una volta ho detto a Pansy che non era così brutta per essere una Grifondoro ed una Weasley e voi due ci avete ricamato sopra da allora. E comunque, i rifiuti di Potter non sono nel mio stile”.

Draco colse al volo l’opportunità per puntare l’attenzione su qualcosa che non fosse la notte precedente. “E se sapessi ciò che è meglio per te, continuerai in questo modo, perché se farai del male a Pansy, giuro su Salazar, te lo farò rimpiangere per il resto della vita”, lo minacciò.

Blasie sbuffo, finì il proprio caffè e si alzo. “Non mi fai paura, Draco”, gli disse prima di trascinarsi fuori dalla Sala Grande.

Draco fu felice di liberarsi di lui e riuscì finalmente a rilassarsi e sorseggiare dalla sua tazza. Tenne d’occhio la Weasley ma lei, a parte qualche veloce sguardo dalla sua parte, continuò a tenere gli occhi sul libro che stava leggendo.


Hermione riaffiorò dai meandri del proprio sonno ed aprì gli occhi. Sussultò appena quando incontrò gli occhi marroni di Ginny.

“Ginny!” esclamò. “Mi hai fatto prendere un colpo”.

Ginny non disse nulla e le allungò una tazza di caffè. Hermione prese un sorso prima di mettere la tazza sul tavolino basso e grugnire alla vista della bottiglia vuota di Firewhiskey dell’altra notte.

“Nottata pesante?”, chiese Ginny.

“Non ne hai idea”, mormorò.

Rimase un po’ spiazzata dallo sguardo della sua amica. Perlomeno non era entrata e si era imbattuta in Malfoy. Non credeva che la rossa se ne sarebbe rimasta lì così tranquilla se fosse successo.

“Allora, che hai fatto la notte scorsa? Sei sparita”.

Hermione abbassò gli occhi verso la tazza di caffè. Doveva togliersi quel peso con Ginny? Davvero non voleva riscuoterla da quel sogno ad occhi aperti che stava vivendo. “Oh, niente. Ero stanca, sai”.

“Quindi non ha nulla a che fare con il fatto che ti abbia trovata addosso a Draco Malfoy su questo divano, sta mattina?”, chiese Ginny con nonchalance, indicando il punto in cui Hermione ancora si trovava.

Per una volta nella sua vita, il cervello di Hermione non riuscì a pensare a nulla. Rimase lì con la bocca aperta a fissare Ginny. La rossa le restituì lo sguardo ed incrociò le braccia. “Faresti meglio a parlare, Hermione”.

“Non è come pensi”.

“Non so nemmeno cosa pensare, in questo momento. Ho così tante idee che mi frullano per la testa. Stai segretamente frequentando Malfoy?”.

“No!”, urlò Hermione. “Non è niente del genere”.

“Raccontami. Hai iniziato ad essere così distante”.

Hermione si passò una mano tra i capelli prima di spiegare la situazione alla sua amica. Almeno non avrebbe dovuto preoccuparsi che sarebbe corsa a spiattellare tutto con Harry e Ron, come invece avrebbe voluto fare Neville quando aveva visto Malfoy uscire dalla sua stanza. Lei avrebbe mantenuto il segreto, ma Hermione non le avrebbe di certo raccontato del bacio.

Alla fine della storia, Ginny aveva gli occhi fuori dalle orbite. “Non riesco a credere che Harry avesse di nuovo ragione. Il suo istinto non manca un colpo”.

“Ragione riguardo a cosa?”.

“Ha detto che eri coinvolta in qualcosa che riguardava Malfoy. Non ha mai creduto che tu e la Parkinson parlaste di quelli del primo anno che vengono bullizzati”.

Hermione arrossì. “Mi dispiace. Non volevo mentire ad Harry e Ron. Non si sono nemmeno preoccupati di intervenire quando Dean stava picchiando a morte Malfoy”.

“Capisco perché tu lo abbia fatto, solo vorrei non fosse successo”, le disse triste Ginny.

Le due ragazze rimasero sedute a sorseggiare il caffè. Hermione sentiva di essersi tolta un peso dalle spalle, ora che almeno una dei suoi amici era a conoscenza della situazione con Malfoy. Non le avrebbe raccontato del bacio perché si era trattato di una sciocchezza.

“Allora Malfoy è davvero fottuto”, disse Ginny.

Hermione annuì. “È un disastro. Io e Pansy siamo riuscite a tenere sotto controllo la sua dipendenza ma ha ancora un sacco di problemi. Ho provato a convincerlo a parlare con il Guaritore da cui è andato Harry al San Mungo, ma si è rifiutato”.

“E non ti chiama più Sanguesporco?”, chiese Ginny, un po’ divertita.

“All’inizio lo ha fatto, ma poi ha smesso quando ho minacciato di affatturarlo così tanto da farlo finire in ospedale”.

“E allora cos’è quella cosa della principessa? Fa uscire di testa Harry”.

Hermione alzò gli occhi al cielo. “Ignoralo. Malfoy cerca di irritarmi”.

“Sicura non si tratti di qualcos’altro?”, chiese sospettosa Ginny.

Hermione ripensò ad Hogsmeade ed alla conversazione avuta con Andromeda. Non le aveva raccontato nemmeno quello. Non sentiva il bisogno di vuotare il sacco su tutti i dettagli. Dopo ciò a cui aveva assistito Ginny quella mattina, sapeva che ci avrebbe ricamato sopra.

“Ginny! Sul serio? Riesci ad immaginarti Malfoy che prova qualche tenero sentimento nei miei confronti? Sarebbe stranissimo”.

Aveva ragione e Ginny rise. Hermione rimase a guardare la sua amica tornare a rilassarsi sulla poltrona ed emise un sospiro di sollievo. Sembrava che l’interrogatorio fosse finito. Poi però Ginny tornò ad irrigidirsi. “Senti, Hermione, l’altra notte mi sono resa conto che ti abbiamo lasciato fuori da molte cose”.

Il dolore che il giorno prima l’aveva consumata e le aveva fatto vivere l’accaduto come un tradimento da parte dei suoi amici riaffiorò, ma lei lo ignorò. “Non preoccuparti”.

“No, invece lo faccio. Significhi molto per noi, Hermione, e non è che Ron non te lo abbia voluto dire di proposito. È successo solo perché ci siamo allenati molto”.

Hermione all’improvviso si sentì molto più leggera. Allora i suoi amici non la stavano allontanando! “In realtà è colpa mia”, aggiunse Ginny. “So quanto Ron diventi assorto quando inizia a tramare qualcosa ed Harry… beh, Harry sta solo cercando di passare un anno normale. Io invece avrei dovuto cercarti e dirtelo”.

Lei sorrise alla sua ansiosa amica. “Non essere dura con te stessa, queste cose capitano. Mi ha ferita ma non porterò rancore, soprattutto perché so più di tutti quanto tendano a dimenticare le cose quei due”.

Ginny emise un profondo respiro di sollievo. “Non volevamo, e parlo sul serio, spingerti tra le braccia di Draco Malfoy”.

Hermione diventò di un rosso accesso. Ginny rimase a chiacchierare con lei per un’altra ora, prima di andare ad incontrare Harry e Ron al campo da Quidditch. Sembrava che Harry non avesse intenzione di dare alla sua squadra neanche un giorno di riposo.

Quando Ginny se ne andò, lei riuscì finalmente a pensare a ciò che era successo la notte prima.

Per una volta, il suo cervello sembrava non essere in grado di disporre gli eventi in ordine logico. Era tutto confuso e quel bacio la confondeva ancora di più. Non era nemmeno più sicura di cosa pensare su Malfoy. Di certo non lo odiava più come una volta. Aveva guardato oltre le bravate di cui aveva parlato Pansy in gennaio ed aveva visto il vero Malfoy che si celava al di sotto, che le piaceva parecchio. Poteva essere anche gentile e si preoccupava delle persone. Il fatto che fosse rimasto con lei, quella notte, e non avesse riso delle sue insicurezze, ne era la prova.  

Sospirò ripensando al bacio. Forse era stato solo per confortarla, sarebbe stato più semplice da comprendere. Gli era dispiaciuto per lei e si era vergognato per fatto di essere il responsabile delle sue insicurezze. Sì, doveva essere sicuramente così. Era stato solo un bacio per farla sentire meglio. Ignorò la fitta che le arrivò a quel pensiero. Se si fosse trattato di qualcosa di più, le cose si sarebbero complicate troppo ed Hermione non voleva altri problemi quell’anno. Aveva bisogno di pace e serenità. Aveva già dovuto affrontare troppo situazioni difficili in passato.

Comunque, non voleva nemmeno che Malfoy provasse qualcosa per lei, no? No, certo che no, si disse. Era Malfoy. Tra l’altro, lei era una Nata Babbana e lui il Purosangue per eccellenza. Come avrebbe potuto funzionare? E poi c’erano Harry e Ron a cui pensare, ed i genitori di Malfoy. No, sarebbe stato meglio se si fosse trattato di un semplice bacio di conforto.

Hermione scacciò tutti i pensieri ed iniziò la giornata, felice di avere un complicato progetto di Artimanzia a cui dedicarsi.


Hermione passò il resto della giornata in biblioteca, finendo i compiti. Aveva anche deciso di revisionare la tabella di ripasso per i M.A.G.O., perché ormai erano a marzo e non ci sarebbe voluto molto prima che gli esami iniziassero ad incombere., e di sistemare anche quelle di Harry e Ron. Quei due non si sarebbero mai decisi a farne una e poi la cosa l’aveva aiutata a non pensare a quel combinaguai di Serpeverde ed ai suoi baci intossicanti. Scosse la testa. No, non avrebbe ricominciato a rifletterci.


Hermione uscì solo all’ora di cena, contenta che il castello fosse entrato in letargo quella domenica. La biblioteca era rimasta tranquilla, proprio come voleva. Non aveva visto nessuno ed era esattamente ciò di cui aveva bisogno. Ultimamente le piaceva la solitudine, forse perché l’anno precedente era stato claustrofobico in quella tenda. Loro tre avevano dovuto vivere ammassati lì dentro delle situazioni incredibilmente stressanti. Non la sorprendeva che avesse iniziato a preferire delle giornate così, in cui non avrebbe incontrato i suoi amici prima di sera.

Harry, Ron e Ginny sembravano distrutti dopo l’ennesimo allenamento di Quidditch.

“Per la barba di Merlino, Harry, potresti darci un attimo di riposo”, si lamentò Ron. “Abbiamo giocato ieri ed oggi ci hai rispediti in campo per un’altra estenuante sessione di allenamento invece che per farci una semplice volata”.

Ginny fece una smorfia quando Ron le piantò accidentalmente il gomito nelle costole. “Attento, Ron, quel bolide ti ha fatto più danni di quanti pensassi”.

Harry guardò preoccupato Ginny. “Non vuoi andare in infermeria dopo cena?”.

Ginny gli sorrise. “Non preoccuparti, ho un po’ di pomata che ha inventato George. Ho pensato che quest’anno mi sarebbe servita”.

Hermione prese posto e cercò di non ghignare. Ron sembrava ancora sbronzo mentre Harry e Ginny due morti che camminavano. “Buona sera. Allenamento andato bene?”, chiese innocente.

Ron ricominciò a mormorare sottovoce, mentre Harry le sorrise. “Ehi, dove sei finita l’altra sera? Un minuto prima eri lì e quello dopo non c’eri più”.

Hermione non riuscì a non lanciare uno sguardo a Ginny, che stava fissando il proprio piatto. Provò un moto di gratitudine nei suoi confronti. Non aveva detto una parola. Non credeva comunque che l’avrebbe fatto ma non si poteva mai esserne sicuri in una relazione così profonda come la sua con Harry.

“Oh, ero solo stanca. È stata una giornata lunga”, disse con nonchalance Hermione, prima di iniziare a sfrazzare nella borsa. “Comunque, questo pomeriggio ho rivisto la mia tabella di ripasso per i M.A.G.O. e ne ho fatta una anche a voi”.

Ron grugnì. “Hermione, mancano ancora mesi agli esami. Non è nemmeno Pasqua”.

“Ronald, ormai siamo a marzo. Gli esami saranno alle porte ancora prima che tu te ne accorga. Vuoi arrivarci impreparato?”.

Ron sbuffò ed osservò la tabella che Hermione gli aveva passato. “Non posso studiare così tanto, mi esploderà il cervello”, esclamò.

“Quale cervello?” mormorò Ginny.

Ron la guardò male prima di scagliare via un pisello dal proprio piatto nella sua direzione. “Ron, sei disgustoso!”, urlò Ginny.

“Grazie, Hermione”, disse Harry, dandole un bacio sulla guancia prima che quei due stupidi potessero iniziare a litigare.

Hermione sorrise al suo amico ed iniziò ad impilarsi del cibo nel piatto. Mentre si versava qualche cucchiaio di riso, notò Malfoy. Lui sostenne lo sguardo per qualche minuto, prima che Hermione distogliesse gli occhi e tornasse a concentrarsi sul riso. Sperò di non arrossire ma poteva già sentire il sangue affluirle alle guance. Si sciolse i capelli e cercò di mettere una tenda tra lei ed Harry. Per fortuna, la conversazione era tornata al Quidditch e Ron li stava intrattenendo tutti raccontando le sue parate del giorno prima. Hermione non riuscì quindi ad evitare di adocchiare nuovamente il tavolo dei Serpeverde e Malfoy, che al momento chiacchierava con Pansy. Si prese un momento per assorbirne la figura. C’erano delle cose di lui che non aveva mai notato prima e che ora la affascinavano. Il modo in cui gesticolava quando parlava ad esempio, credeva fosse per arroganza, invece era passione, si rese conto. Le era sempre sembrato piuttosto freddo e senza sentimenti, mentre in realtà si controllava parecchio, una cosa probabilmente imparata da Lucius Malfoy. Quando lo si osservava con gli amici, era molto più rilassato. Invece delle smorfie, faceva spesso dei sorrisi calorosi, che gli facevano venire delle rughe attorno agli occhi. Aveva sfoggiato quel sorriso anche con lei, un paio di volte, durante la loro chiacchierata ed aveva sentito l’ostilità dissolversi.

Gli occhi grigi di Malfoy saettarono nella sua direzione con un sopracciglio alzato. Mortificata per essere stata beccata a fissarlo così attentamente, gli sorrise timida prima di riprestare attenzione a ciò che stava dicendo Harry.


Quando tornarono verso la torre di Grifondoro, Ginny afferrò Hermione per un braccio e la fece allontanare da Ron ed Harry. “Che cosa è successo al tavolo?”, le chiese.

“Che cosa?”, replicò confusa.

“Hai continuato per secoli a guardare verso il tavolo dei Serpeverde”.

Hermione arrossì. “Non lo so. Stavo solo pensando”.

Ginny si voltò a guardarla, bloccandole il passaggio. “Hermione, stai attenta. Non immischiarti troppo con Malfoy. In base a ciò che mi hai detto, al momento è davvero incasinato”.

“Non ho intenzione di esserne coinvolta maggiormente”, protestò lei.

“Ti piace? Intendo romanticamente parlando”, le chiese senza peli sulla lingua.

“No”, rispose un po’ esitante Hermione e Ginny la guardò scettica. “Non credo, ok? È difficile da spiegare. È diverso se riesci a conoscerlo”.

“Lo immaginavo. Mi sarei preoccupata se fosse rimasto lo stesso idiota e tu fossi confusa a riguardo”.

“So che è difficile da credere ma a volte è davvero gentile e gli importa di me”, le confidò.

Ginny sembrava non crederle. “Ad essere onesta, lo trovo molto strano. È Malfoy, quelle due parole non gli si addicono. Lo definirei piuttosto cattivo e disonesto”.

Hermione annuì. “Lo so, ma è vero”.

Ginny la fissò seria. “Se dovessi superare il limite, pensaci. Harry e Ron non capiranno. Penseranno tu abbia perso la testa”.

Lei arrossì. “Ginny, fai tanto rumore per nulla. Malfoy non mi piace nemmeno in quel senso e, se anche fosse, non ho idea di cosa provi per me né se volessi che facesse un passo del genere”.

“Prima di fare qualsiasi cosa, parlami per favore”.

Hermione si sentì un po’ in colpa. L’aveva già tenuta all’oscuro di alcune cose ma, finché non fosse riuscita ad analizzare ciò che era successo la notte precedente, non sarebbe riuscita a mettere insieme un discorso sensato. Ginny invece era già saltata alle conclusioni e raccontarle del bacio le avrebbe solamente dato coraggio.

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Capitolo 15
*** Un Ragazzo Poco Adatto ***


Cap 15

Un Ragazzo Poco Adatto

Blaise si ritrovò ad essere stranamente divorato dalla curiosità da quanto il giorno prima Draco era arrivato in Sala Grande per la colazione un po’ arruffato e con un profumo da donna addosso. Di norma non gli sarebbe interessato nulla di ciò che succedeva agli altri ma, in questo caso, gli sembrava proprio strano perché persino le ragazze di Serpeverde si erano tenute alla larga dal ragazzo quell’anno. Beh, a meno che non si tenesse in conto Astoria Greengrass, ma Daphne lo avrebbe fatto a pezzi se avesse osato toccare sua sorella. E poi Draco non era interessato a lei, troppo piccola e romantica da persino vederlo come un eroe caduto in disgrazia e per di più troppo interessata alla sua ricchezza ed alla voglia di giocare alla “dama del maniero”. Draco lo sapeva bene e non le prestava mai attenzione. Blasie era irritato con sé stesso per il fatto di essere così interessato a chi il ragazzo stesse frequentando. Il mistero lo intrigava.

Draco, ovviamente, si comportava come al solito e non diceva una parola. Pansy non aveva ottenuto alcuna informazione su dove fosse rimasto, quando Blasie le aveva riferito tutto. Piuttosto, gli aveva lanciato uno sguardo come per dirgli “io ho ragione e tu hai torto”, ma di certo lui non avrebbe mai creduto alla sua malsana idea che Draco e la Caposcuola Granger sarebbero stati una bellissima coppia o che persino fossero interessati l’uno all’altra. Era una convinzione assurda. Draco odiava la Granger solo per il suo sangue. Aveva reso la sua vita un inferno per anni e, occasionalmente, sperato nella sua morte. Quindi lui avrebbe all’improvviso dovuto pensare che Draco avesse nascosto dei sentimenti per lei per tutto quel tempo? O che si fosse reso conto che la Granger fosse tutto ciò che aveva sempre voluto? Assolutamente no. Poteva anche non chiamarla più Sanguesporco, ma era anche vero che le cose stavano cambiando da quando la guerra era finita ed il tempo passato ad Azkaban aveva avuto su di lui un impatto profondo.

E poi c’era la Granger. Blasie non era per nulla incline a credere che sarebbe stata attratta da Draco. Era troppo sensibile ed intelligente e, anche se fosse riuscita a buttarsi alle spalle i momenti in cui lui l’aveva bullizzata solo per aiutarlo, non significava che volesse una relazione con lui. In ogni caso, una cosa del genere avrebbe significato litigare con i suoi amici e lui non avrebbe mai creduto che sarebbe riuscita a mettere in primo piano Draco, visto che era sempre pronta a combattere e persino morire per loro. No, non avrebbe assolutamente creduto all’idea di Pansy. Non aveva per nulla senso.

Parlando del diavolo, vide la Granger affrettarsi lungo il corridoio per non arrivare in ritardo a lezione. Blasie lanciò uno sguardo a Draco, che non le stava affatto prestando attenzione. Ha! Lo sapeva, era solo Pansy che si immaginava tutto. Quei due non si erano nemmeno guardati né si erano scambiati qualche sguardo segreto.

All’improvviso, Blasie si rese conto che tutti si stavano dirigendo in classe, così si affettò anche lui prima di perdere punti. Era così occupato a sistemarsi la borsa che non notò la Granger correre verso di lui e lei gli si schiantò addosso.

“Oooh”, disse la Granger, quando la borsa di Blasie le arrivò contro lo stomaco.

“Oh, mi dispiace, Granger”, si scusò Blasie. “Non ti avevo vista”.

La Granger alzò gli occhi al cielo. “Sì, sono sicura sia molto difficile notare qualcuno dalla tua altezza olimpionica”, gli disse sarcastica prima di rimettersi dritta e togliersi i capelli dalla faccia.

Blasie stava per risponderle a tono, quando un profumo di cannella lo bloccò. Si irrigidì, mentre la sua mente ne processava il significato. No! Era impossibile. Di certo si trattava di qualche prodotto nuovo e di mota per i capelli che le ragazze di Hogwarts usavano. Non era sicuramente lei la ragazza con cui Draco era rimasto sabato notte.

“A suo comodo, Signor Zabini”, disse sarcastica la Professoressa Vector sulla porta dell’aula, con un tono che faceva quasi paura come quello del Professor Piton.

Blasie arrossì appena quando si rese conto che tutti lo stavano guardando, aspettando che si muovesse. Anche Draco lo fissava con uno sguardo irritante e divertito, quello che di solito riservava ai Tassorosso ed a Paciock.

“Mi dispiace”, rispose Blasie e prese posto di fianco a Draco.

Draco si voltò verso di lui ed alzò un sopracciglio. “Stai bene, Blasie? Sembri sconvolto. La Granger ti ha punzecchiato con uno dei suoi soliti commenti affilati?”.

Blasie si rifiutò di dare adito ad una litigata. Era troppo occupato a pensare che Pansy potesse avere ragione. Grugnì internamente, immaginandosi quanto la sua ragazza avrebbe sogghignato se così fosse stato.

Durante la lezione, Blasie tenne d’occhio sia il biondo che la Granger. Se erano davvero rimasti assieme, erano bravi a nasconderlo visto che si ignoravano. Poi però pensò che entrambi sarebbero stati bravi a tenere segreta qualsiasi tipo di interazione romantica. Gli amici di lei avrebbero fatto una scenata e Draco aveva un nome da mantenere all’interno della cerchia dei Purosangue. Dopotutto, poteva non essere nulla. Di certo la Granger non era l’unica a profumare di cannella, nonostante la maggior parte delle ragazze preferisse shampoo e profumi più floreali.

Quasi al termine della lezione, Blasie notò un breve sguardo tra i due e fu in quel momento che capì che Pansy aveva ragione. Si piacevano, anche se non forse ancora non lo sapevano. Aveva creduto che Draco stesse fissando il muro ma, quando la Granger aveva voltato la testa nella sua direzione, lo aveva sentito irrigidirsi. Non volendo a sua volta guardarlo direttamente, nel caso avesse attirato troppo l’attenzione verso ciò che stava accadendo tra i due, si limitò a spiarlo con la coda dell’occhio. Draco osservava la Granger con uno sguardo che avrebbe fatto andare a fuoco Hogwarts. La Granger si accorse di lui, si morse un labbro e si mosse sulla sedia, lanciandosi indietro i capelli come se avesse avuto caldo. Blasie udì il fiato di Draco bloccarsi in gola, non lasciandogli alcun dubbio su ciò che stesse pensando in quel momento. Alla fine, la Professoressa Vector ricominciò a parlare e la tensione tra i due si interruppe. Blasie rimase sconvolto. Grazie a Salazar non aveva accettato la scommessa di Pansy. L’avrebbe sicuramente persa.


Hermione aveva creduto che una notte di sonno ristoratore le avrebbe schiarito le idee, invece non era successo. Era ancora confusa su tutti gli avvenimenti di quella notte e non aveva aiutato il fatto che quel giorno avesse dovuto condividere la classe con Malfoy che la fissava. Non riuscì a trattenersi da lanciargli a sua volta qualche occhiata. All’improvviso si era sentita attratta dalla sua bocca ed aveva notando quanto il labbro inferiore fosse più pieno di quello superiore. Ormai sapeva quanto soffici fossero le sue labbra e ne era affascinata. Durante il pranzo, dovette poi riscuotersi parecchie volte dai sogni ad occhi aperti. Vederlo mangiare l’uva l’aveva mandata fuori di testa. Non era giusto, ed era tutta colpa di Ginny. Se non le avesse detto quanto pericolosa sarebbe stata una relazione con Draco Malfoy, probabilmente si sarebbe dimenticata di quel bacio ormai.

Hermione aveva anche creduto di essere al di sopra della classica banalità dell’innamorarsi del "cattivo ragazzo". Certo, non che Malfoy lo fosse sul serio. Era più che altro arrogante e viziato ma, dopo aver conosciuto la sua personalità oltre la facciata che portava, poteva dire che avesse qualche qualità nascosta che la attirava.

doveva davvero smetterla di pensare a quelle sciocchezze. Malfoy probabilmente sulla sarebbe fatta sotto dalle risate se avesse saputo quanto il loro bacetto avesse sconvolto le emozioni di Hermione. Merlino, si stava trasformando in una di quelle patetiche ragazze che dà un minimo di attenzione ricevuta poi creavano castelli campati in aria. Avrebbe dovuto focalizzarsi sui M.A.G.O. piuttosto che fantasticare sul ragazzo che probabilmente si era già pentito di aver poggiato le proprie labbra su quelle di una inferiore Sanguesporco.

Così, Hermione riporta la propria attenzione alla lettera che aveva ricevuto quella mattina da Andromeda. Las citata che la McGranitt avrebbe permesso a lei e Teddy di andare a trovarla quel fine settimana, sarebbe anche stato molto vicino al il primo anniversario della morte di Ted Tonks dovuta ai Ghermidori.

In circostanze normali, non sarebbe stata permessa alcuna visita a metà semestre ma la McGranitt sapeva quanto lei ed Andromeda si fossero avvicinate e Teddy era il figlioccio di Harry. Hermione sapeva benissimo si sarebbe trattato di un favoritismo da parte della McGranitt ma era comunque felice sarebbe successo. Le avrebbe dato anche l'opportunità di parlare con Andromeda riguardo al bacio, se avesse voluto. Inizio quindi a riflettere se farlo o meno.


Blaise afferrò il braccio di Pansy mentre usciva dalla sala grande. La spinse dentro una classe vuota lì vicino e sigillo alla porta contro eventuali intrusioni. Pansy lo guardo confusa. "Credo di sapere con chi sia stato Draco sabato, ma prima devo farti una domanda ", di Blasie.

"Allora parla. Arriverò tardi a divinazione ".

"Per caso tra voi ragazze c'è una nuova ossessione per uno shampoo che sa da cannella?".

Pansy sembrò divertita. "Ehm… non che io sappia".

Blasie grugnì. "Adesso diventerai insopportabile. Draco deve essere stato con la Granger allora. Domenica mattina aveva addosso un profumo da cannella ed io oggi mi sono imbattuto nella Granger, che aveva lo stesso identico odore".

Pansy sorrise apertamente. "Te l'avevo detto. Quindi, se avevano entrambi lo stesso profumo, Draco deve aver dormito nel letto con lei".

Blasie scrollò le spalle. "sul serio, non voglio pensare a ciò che potrebbero aver fatto quei due. Mi disturba".

Pansy si accigliò punto "No, sono carini. Sono così dolci assieme".

"Stiamo parlando di Draco, non è mai dolce e sarebbe strano se dovesse mettersi con la Granger. Lei non dovrebbe sposare un Weasley mentre lui preservare la purezza del lignaggio della famiglia Malfoy? ".

Pansy sbuffò. "sai così poco romantico punto non so nemmeno perché io stia a perdere tempo con te".

Blasie si avvicinò malizioso alla strega e se la tiro più vicina. "Perché nessun altro ti bacia bene come ", e sussurrò in un orecchio prima di dargliene una dimostrazione.

Pansy dovette ammettere che aveva ragione.


Draco si trascinò alla lezione di pozioni. Era esattamente il modo in cui avrebbe voluto che quel lunedì terminasse: due ore con Lumacorno, Penso sarcasticamente. Il direttore di Serpeverde non si preoccupava nemmeno di nascondere il fatto che lui non gli piacesse per niente. Draco invece se ne fregava. Voleva smesso di voler essere invitato al Lumaclub perché tutti lo credevano un onore. Non aveva bisogno di qualche vecchio impiccione che gli desse un po' di credibilità.

Sono appena anche stata un'altra lezione divisa con la Grange e quello sarebbe stato il vero problema. Aveva passato tutta la domenica a pensare a lei ed a quel bacio ed aveva spiegato la cosa dicendo sì che fosse successo perché non aveva più ha avuto alcun contatto con il genere femminile da più tempo di quanto non ricordasse. Le missioni per il Signore Oscuro ti prestavano di certo sottrarre il sesso opposto, nei l'avere uno psicopatico che ti vive in casa e che tortura ed uccide le persone sul tuo tavolo da pranzo. L'ultima ragazza che ricordava di aver baciato, per non parlare di qualcos'altro, era stata una ragazza del settimo anno di Corvonero proprio all'inizio del suo sesto anno, prima che il fardello del dover uccidere silente diventasse troppo grande.

Entro nella classe di pozioni e si sedette dietro Blasie. Il Professor Lumacorno arrivo mentre lui stava sistemando i libri sul banco.

"Oggi ho preparato per voi una lezione chiuse ", tuonò il Professore.

Diversi studenti raddrizzarlo la schiena, pronti curiosi. Draco ghigno leggermente notando che la Granger fosse una di loro. sembrava così intrigata che pensò sarebbe caduta dalla sedia per l'eccitazione.

"Oggi prepareremo qualcosa di molto difficile ma anche difficile: l'Amorentia", annunciò Lumacorno.

Draco grugnì. Quel giorno stava andando di meglio in meglio.

"Ho deciso di improvvisare una gara e, poiché si tratta di una pozione d'amore, vi dividerete in ragazzi e ragazze. La squadra vincitrice otterrà il beneficio di farsi pulire i calderoni dalla perdente per tutto il mese. Ora, se i ragazzi potessero spostarsi dal lato sinistro… Grazie".

Draco constatò felice che nessuno di chiese di muoversi ma di certo qualcuno avrebbe dovuto sedersi di fianco a lui. Non gli importava di chi si sarebbe trattato così abbassò la testa ed inizio a leggere le istruzioni per la pozione. Poco dopo, venne distratto da una zuffa. Guardò in quella direzione e vide Potter e Weasley litigare su chi dei due avrebbe dovuto aggiudicarsi il posto libero di fianco ad un Tassorosso e chi quello alla sua sinistra. Ma certo, gli sarebbe toccato uno di quei due cerca guai, ne aveva proprio bisogno. Si focalizzò nuovamente sul libro e non so curò di alzare gli occhi quando la sedia venne spostata e stridette come se avesse protestato per essere stata mossa.

"Malfoy", sputò la familiare voce del Bambino che si è Rifiutato di Morire.

"Potter", sibilò lui.

"Manometri la mia pozione e sarà l'ultima cosa che farai", lo minacciò Potter.

"Potrebbe sorprenderti, Ragazzo delle Meraviglie, ma non potrebbe fregarmene di meno della tua pozione" biascicò Draco.

"Scusami se non ti credi viste tutte le volte in cui hai cercato di sabotare le pozioni dei Grifondoro in questi anni".

Draco non rispose e gli lanciò uno dei suoi soliti sguardi accusatori. Sprecare parole con lo Sfregiato non valevano il suo tempo né lo sforzo. Iniziarono a lavorare in silenzio, rifiutandosi di riconoscere la reciproca esistenza.

Alla fine, Draco dovette aspettare che la pozione sobbollisse, così iniziò a guardarsi le unghie nel tentativo di non fissare la Granger. Non voleva che i suoi occhi vagassero nella sua direzione, come invece avevano fatta durante Artimanzia, e non voleva nemmeno che San Potter lo notasse. Probabilmente, lo Sfregiato avrebbe iniziato a prenderlo a pugni e, visto che Lumacorno lo riteneva la sua gemma più preziosa, non si sarebbe sorpreso se la colpa fosse stata addossata a lui così da cacciarlo da Hogwarts e rimandarlo di fronte al Ministero per non aver rispettato la condizionale.

"Malfoy", iniziò a parlare Potter con tono meno ostile.

"Cosa?", chiese irritato Draco.

"Perché hai chiamato Hermione principessa nelle cucine?".

Draco ghignò e guardò il volto preoccupato di Harry Potter. La Granger era rimasta ansia che lui si lasciasse sfuggire il suo recente ruolo nella sua vita, quando gli aveva confiscato l’alcool, mentre in realtà non aveva pianificato di lasciarsi sfuggire il come l’avesse aiutato e le aveva allungato la borsa perché aveva capito quanto sarebbe stato inutile litigare con tutti e tre assieme. Tra l’altro, l’idea della Granger era anche stata la più accettabile ed avrebbe comunque preferito accondiscendere piuttosto che essere costretto a farlo dalle tattiche violente di Potter o della sua scimmia da compagnia. Dubitava comunque che si sarebbe ritrovato nella medesima situazione con quei tre Grifondoro in particolare ed avrebbe potuto uscirne con la dignità intatta. Non ci era mai riuscito, tiravano fuori il peggio di lui.

“Che cosa ti importa, Potter?”, biascicò.

“Non cominciare, furetto, dimmi cosa intendevi”, disse arrabbiato il Grifondoro.

Draco sbadigliò. A Potter mancava sicuramente un po’ di sottigliezza, era solo minacce ed insulti con lui. “Non capisco davvero perché siano affari tuoi”, lo punzecchiò.

Il mago gli puntò un dito contro. “Ti avverto, Malfoy, lascia stare Hermione. Non voglio vederti vicino a lei”.

“E se fosse lei a non volere che la lasci in pace?”, gli chiese facendogli l’occhiolino.

Potter diventò rosso ciliegia e farfugliò incoerente per un minuto. Se gli fosse importato, Draco si sarebbe preoccupato gli stesse venendo un aneurisma. “Che cosa intendi?”.

“La Granger è grande. Sono sicuro sappia badare a se stessa”.

“Lei è infantile e compassionevole. Non ha bisogno tu te ne approfitti”.

Draco si sentì insultato al posto della Granger. Era la strega più talentuosa e con il cervello più fine che avesse mai conosciuto. Sì, si preoccupava per gli altri ma non per questo era stupida. Il modo in cui la descriveva Potter, invece, la faceva somigliare ad un fiorellino indifeso che non sarebbe riuscito ad affatturare nessuno in un milione di modi diversi, cosa che lui sapeva benissimo fosse in grado di fare. “Sono sicuro che la Granger sarebbe entusiasta di sentire che alta opinione tu abbia di lei”.

Gli occhi del Grifondoro lampeggiarono. “Hermione sa che rispetto lei e la sua magia, non parlo di questo. Ha un istinto più sviluppato degli altri nel dare seconde possibilità a tutti. Ti ha difeso ed io non voglio tu pensi di poterla usare a tuo vantaggio”.

“Smettila di farti scoppiare il cervello. La Granger mi fa più paura di quanta tu potrai mai farmene”.

Potter strinse gli occhi. Draco poteva quasi sentigli muovere gli ingranaggi nel cervello. Era un’ottima cosa che fosse coraggioso ed abile con la bacchetta perché se avesse dovuto affidarsi unicamente alla sua intelligenza sarebbe morto molto tempo prima.

“Promettimi che le starai lontano”.

“Non ti prometto proprio un fico secco. Perché dovrei? Non me ne frega nulla di ciò che vuoi tu”.

“Potrei renderti la vita davvero difficile, Malfoy. Non è un segreto di stato io sia praticamente già assunto all’ufficio Auror, dopo aver finito Hogwarts. Potrei usare la mia posizione per darti la caccia anche fuori dal paese e far vedere a tutti che razza di imbroglione tu sia”, lo minacciò Potter.

Draco non reagiva mai bene alle minacce. In effetti, a meno che non fosse a rischio la sua vita o quella di sua madre, di solito faceva esattamente l’esatto opposto per puro piacere di contraddire. “Potter, sei troppo legato a quei tuoi noiosi valori morali per fare qualcosa di così ignobile”.

“Non tirare la corda, Malfoy. Se riguardasse Hermione, farei qualsiasi cosa per proteggerla”.

“Sei un tale eroe”.

“Non mi stai prendendo sul serio. Renderò la tua vita un inferno”.

“E come credi reagirebbe la Granger se sapesse che stai facendo qualcosa di così immorale? Non credo ne sarebbe contenta”, lo mise in guardia lui.

“Non riguarda Hermione, è una cosa tra me e te”.

Draco sbuffò. “Sei pieno di contraddizioni, Potter. Lo fai per proteggere la Granger ma tutto questo non la riguarda per nulla. Sono sicuro sarebbe felicissima di sapere quanto tu la ritenga incapace”.

Potter grugnì ma tornò al suo posto, il che fece ghignare Draco ancora di più. La sua tattica per farlo impaurire non avrebbe funzionato. Doveva solo andare dalla Granger per ripetere qualche stralcio della conversazione appena avuta con lo Sfregiato e lei gli avrebbe rimesso il guinzaglio ancora prima che fosse riuscito a dire “Quidditch”.


Hermione osservò la conversazione tra Harry e Malfoy con la coda dell’occhio. Si era preoccupata quando aveva notato che Harry aveva perso la scommessa ed aveva dovuto sedersi con lui. Nonostante il fatto che probabilmente Ron avrebbe iniziato una rissa con Malfoy, avrebbe preferito ci fosse stato lui. Harry era ancora troppo sospettoso riguardo a ciò che stava succedendo tra lei ed il biondo dopo l’accaduto nelle cucine. Si masticò preoccupata un labbro. Non credeva Malfoy avrebbe rivelato nulla ma non poteva giurare non avrebbe perso il controllo e sputato qualcosa di compromettente. Sarebbe stato un disastro. Harry sarebbe uscito di testa e lei non aveva abbastanza lucidità mentale per calmare le acque.

Sospirò. Di solito le piacevano le sfide come quella che aveva fatto iniziate poco prima Lumacorno ed anche la competizione ma, in quel momento, era troppo in ansia per ciò che si stavano dicendo quei due. Sarebbe riuscita solo a creare una pozione decente. Emise un sospiro di sollievo quando vide che la conversazione era finita ed erano entrambi tornati a lavorare in silenzio. Non si era persa la rabbia soffusa nel viso di Harry né lo sguardo malizioso che le aveva lanciato Malfoy.

Il resto della lezione trascorse senza altri potenziali attacchi di cuore. Si allungò al di sopra delle spirali di vapore che la sua pozione completa emanava e cercò di rintracciare i familiari profumi di pergamena, erba appena tagliata e quello dei capelli di Ron, che però mancava, per cui si rese conto di non provare più nulla per il ragazzo. Più incuriosita di prima, rintracciò nuovamente i primi due profumi al secondo tentativo e, alla fine, percepì qualcos’altro. Sembrava un odore più muschiato, con qualche traccia di bergamotto intrisa di Firewhiskey legnoso. Ricordò immediatamente di aver sentito lo stesso odore quella notte nella sua sala comune, quando si era trovata raggomitolata contro un altro corpo caldo ed aveva dormito pacificamente. Si guardò attorno e guardò sconsolata Malfoy.

Merlino, aveva fatto l’impossibile ed aveva sviluppato dei sentimenti per il ragazzo meno adatto di Hogwarts. Le venne quasi da sbattere la testa sul banco per la sconfitta. Perché riusciva sempre a complicarsi la vita?


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Capitolo 16
*** Quelli Che Ci Lasciamo Alle Spalle ***


Cap 16

Quelli che ci lasciamo alle spalle

Quel sabato, iniziò come una delle classiche giornate primaverili che facevano venire voglia di ridere a tutto. Piuttosto ironico, pensò Hermione strofinandosi gli occhi assonnati, considerato che quel giorno sarebbe stato pieno di ricordi amari. Si stiracchiò e sussultò quando il collo scricchiolò. Si era addormentata sul divano, aspettando che Malfoy arrivasse a recuperare la sua dose settimanale di alcool, ma non si era presentato. Avrebbe dovuto esserne felice, significava che la dipendenza stava svanendo, ma non era riuscita a non pensare fosse piuttosto perché la voleva evitare. Erano rimasti lontani tutta la settimana. Ogni tanto si erano scambiati qualche sguardo strano, ma non come quando lo scorso lunedì non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. La sera, si era poi fatta un bel discorsetto ed il martedì Ginny non si era insospettita nemmeno una volta. Sembrava che Malfoy avesse fatto lo stesso perché nemmeno lui la fissava più. Le mancava la sensazione dei suoi occhi che la trapassavano, ma si era resa conto che si stava anche invaghendo troppo di quel Serpeverde.

Sospirò e si sedette. Dormire sul divano non le aveva fatto per niente bene. Ti è mancato il calore di Malfoy, le sussurrò una vocina nella sua mente. Hermione scosse la testa. Non avrebbe ricominciato a pensarci! Si avviò verso la doccia, inciampando un po’ per la stanchezza, e sorrise quando si ricordò che quel giorno avrebbe incontrato Andromeda. Aveva proprio bisogno di qualcuno che le potesse dire di smetterla di fare la stupida e l’aiutasse ad interpretare i propri sentimenti. Era stanca di sentirsi confusa. Tornò però seria quando si rese conto che anche Andromeda avrebbe avuto bisogno di lei, quel giorno. Era appena passato un anno dalla morte di Ted e la strega avrebbe vissuto due mesi pesanti tra l’anniversario, il compleanno di Teddy e la commemorazione della Battaglia Finale durante la quale aveva perso figlia e genero. In prospettiva, le sue preoccupazioni nei riguardi di Draco Malfoy sarebbero passate in secondo piano.

Hermione stava giusto finendo di pettinarsi quando sentì la porta del ritratto sbattere.

“Hermione!”, urlò Ron. “Noi siamo pronti”.

“Arrivo”, urlò lei.

Infilò I piedi nelle scarpe ed afferrò la bacchetta, affrettandosi per uscire. Ginny, Harry e Ron erano sparpagliati per la sua sala comune, così alzò un sopracciglio. “Vogliamo rimanere qui tutto il giorno o andiamo a fare colazione?”.

Ron si alzò di scatto. “Sicuramente colazione. Sto morendo di fame”.

Ginny alzò gli occhi al cielo. “Quand’è che non sei affamato?”.

“Mi serve del caffè se voi due iniziate già a litigare”, disse Harry. “Vanno avanti da tutta la mattina”, disse sottovoce ad Hermione.

Hermione rise. Adorava i fratelli Weasley. I battibecchi tra loro erano sempre divertenti e si capiva quanto si volessero bene. Essendo figlia unica, le sarebbe piaciuto poter sperimentare la stessa cosa. 

La colazione finì troppo in fretta ed Hermione riuscì a non guardare mai verso il tavolo dei Serpeverde. In effetti, aveva deciso di dare loro le spalle. Aveva adocchiato i caratteristici capelli biondi di Malfoy quando era entrata, ma quello fu tutto ciò che si concesse. Quando terminarono tutti, si avviarono verso l’ufficio della McGranitt.

Hermione pronunciò la parola d’ordine ed il gargoyle li fece entrare. L’ufficio era cambiato molto dai tempi di Silente, ormai non c’erano più tutti quegli affascinanti oggetti magici che lui sembrava collezionare. La McGranitt era molto più organizzata. Aveva tenuto il trespolo di Fanny ma ora la stanza sembrava vuota senza la presenza della fenice.

 

Andromeda si trovava già lì con Teddy, che diventava sempre più grande. La strega ed il piccolo vennero soffocati di baci ed abbracci. Quando Harry prese in braccio il suo figlioccio, Teddy cambiò colore dei capelli per renderli come i suoi, riuscendo persino a farsi venire una cicatrice in fronte quasi uguale.

“Ti dispiace se lo portiamo in giardino? Abbiamo un appuntamento con Hannah tra cinque minuti”, chiese Harry.

“No, portalo pure. Gli sei mancato molto”, replicò Andromeda.

“Ti va una tazza di tè?”, le chiese la McGranitt.

La strega si voltò verso Hermione, che capì perfettamente la sua espressione. “In realtà volevo portare Andromeda nella mia sala comune”.

“Molto bene. Beh, allora vieni da me quando deciderai di tornare a casa”, rispose la McGranitt.

Ron e Ginny, seguiti da Harry con Teddy in braccio, si avviarono giù per le scale mentre Andromeda seguì Hermione verso le sue stanze. Si guardò attorno. “Allora questa è la torre dei Grifondoro”, notò.

Hermione rise. “Sì, è un po’ più carina dei tuoi sotterranei di Serpeverde”.

Andromeda sorrise. “Ted e Remus ne hanno sempre parlato ma io non ero mai stata qui”.

Hermione si rese conto di non averle mai chiesto di come avesse incontrato Ted. Aveva semplicemente dedotto fosse accaduto ad Hogwarts, come per la maggior parte delle coppie magiche. Pronunciò la parola d’ordine della sua sala comune e si sedettero entrambe sul divano. “È molto carina”, commentò Andromeda. 

"Si, quest'anno mi piace molto avere i miei spazi. Fa la differenza". Certo, così puoi invitare Draco Malfoy a dormire da te, le rispose la vocina traditrice nella sua mente.

"Si, stare in un dormitorio non era la mia parte preferita di Hogwarts".

"Ci vuole un po' per abituarsi. Essendo figlia unica, all'inizio ho fatto fatica ad accettare la mancanza di riservatezza".

Andromeda annui e sorseggiò sovrappensiero il suo tè. Sembrava così triste che il cuore di Hermione si spezzò. "Come ti senti?".

"Sto bene" disse sospirando Andromeda. "Ok, è una bugia. Sto male, Hermione. Non capisco perché i loro cari mi siano stati portati via".

Hermione scattò in piedi ed abbracciò forte la vecchia strega. "Non lo so, è ingiusto".

"Mi manda moltissimo Ted. Quando lui e Nymphadora erano ancora con me, non importava che tutto resto andasse male. Anche se la mia famiglia mi ha fatto soffrire, loro ne sono valsi la pena".

"Come vi siete incontrati tu e Ted?".

Andromeda rise. "L'ho salvato da un gruppo di Purosangue a Nocturn Alley. Avevo appena finito Hogwarts, lui era un po' più vecchio ma non lo ricordavo. Camminava per la strada senza rendersi che noto di quanto pericoloso fosse ed è stato messo all'angolo da Avery, Yaxley e Mulciber. Era ancora il periodo in cui Voldemort aveva appena iniziato a raccogliere Mangiamo e non era ancora al massimo del suo potere. Io sapevo tutto di loro a causa di Bellatrix e Rodolphus. Comunque, quei tre volevano fare pratica con qualche maledizione su di lui così mi sono avvicinata e quando hanno sentita il mio cognome hanno capito di dovermi obbedire. Tutti nella cerchia di Voldemort avevano paura di Bellatrix, aveva già una reputazione di persona estremamente crudele. Nessuno avrebbe voluto contraddire sua sorella, anche se stava loro rovinando il gioco con in Nato Babbano. Ted, Grifondoro come era, non ne è rimasto molto contento. Ha insistito dicendo di aver avuto la situazione sotto controllo e che non avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di una Serpeverde. Io ovviamente mi sono scandalizzata ed abbiamo iniziato a litigare in mezzo alla strada ".

Hermione rise. Non sembrava un inizio molto promettente. " Quindi come avete iniziato a frequentarvi?".

"Continuavo ad incontrarlo. Sembrava che il destino avesse già deciso dovessimo stare insieme, lo incontravo ovunque. Le scintille tra di noi non ci permettevano di ignorarci ma preso i litigi sono finiti ed abbiamo iniziato a conoscerci. È arrivato l'amore ed all'improvviso io riuscivo a pensare solo a lui e viceversa. Non avevo in programma di deludere la mia famiglia ma di convolare a nozze con un Purosangue, come si aspettavano da me. Però era Ted che volevo, così siamo fuggiti e non ho più rivisto i miei genitori".

"Te ne sei mai pentita?".

"No, mai. Per Ted valeva la pena andare tutti. Non sarei mai stata felice in un matrimonio diverso come quello delle mie sorelle. Lui ha tirato fuori il meglio di me e la nostra casa è sempre stata piena di risate. Ecco perché sono stata così comprensiva quando Nymphadora è venuta da me a parlarmi dei suoi sentimenti per Remus. Un'altra relazione che non avrebbe dovuto funzionare ed invece lo ha fatto. Sono andati contro l'intera società per stare assieme e si sarebbero meritati più tempo per stare assieme".

Hermione provò l'ennesima fitta di dolore che le arrivava sempre quando pensava a Remus e Tonks. Remus aveva aspettato così a lungo prima di incontrarla e la loro vita era stata spezzata troppo prestazioni. Andromeda vide la sua espressione in pena. "All'inizio ero arrabbiata che qualcuno come Voldemort potesse distruggere la mia bellissima famiglia con un tale odio ed ero piena di rabbia per Bellatrix. Come aveva potuto la mia stessa sorella uccidere mia figlia con una tale gioia? Però non baratterei ciò che ho avuto per niente al mondo della so che non lo farebbe nemmeno Nymphadora. Lei e Remus sono morti per un mondo in cui la loro relazione sarebbe stata accettata ed incoraggiata".

Hermione rimase di nuovo sconvolta al pensiero del disastro che la guerra aveva causato. Troppe brave persone erano morte giovani e per cosa? Qualche vecchia idea di superiorità dei Purosangue che comunque si sarebbero estinti presto. " È un tale spreco. Molti sarebbero sopravvissuti se avessimo semplicemente accettato che è la magia a scegliere la persona e non viceversa", mormorò triste.  

La strega le baciò una guancia e le strinse le spalle. "Basta rimuginare. Ormai io lo faccio da giorni e sono stanza di essere triste. Il mio Ted mi rimproverebbe se mi vedesse adesso, mi direbbe di smetterla di buttare via la mia vita pensando a ciò che avrebbe potuto essere ed andare avanti pensando a ciò che sarà".

Hermione le sorrise. "Sei davvero la strega più forte che abbia mai conosciuto. Non molte persone potrebbero sopportare ciò che tu hai passato e rimanere positive".

Andromeda ridacchiò. "Va e viene. È più semplice guardare il lato positivo qui ad Hogwarts. Questo osto è il futuro e di che la tua generazione sarà più intelligente della mia".

Hermione scosse la testa. "Non ne sono sicura. I vecchi limiti adesso si vedono molto di più".

"Davvero? Credevo vi sareste tutti avvicinati. La tua generazione ha affrontato cose cui nessun giovane adulto avrebbe dovuto assistere".

"Alcuni di noi sono più forti. Grifondoro, Tassorosso e Corvonero sono uniti nel voler andare avanti, però c'è ancora un sacco di animosità tra Serpeverde ed il resto della scuola. Quest'anno loro non sono i benvenuti".

Andromeda strinse le labbra. "Lo capisco, davvero. I Mangiamorte provenivano gran parte da lì, però spero che i muri prima o poi cadranno".

"Forse. Io penso ci sia ancora molta strada da fare".

"Parlando di problemi spinosi, come sta mio nipote?".

Hermione non riuscì ad evitare di arrossire ed Andromeda lo notò. "Sta bene".

Andromeda la guardo divertita. "Tutto qui? Sta bene? Allora perché hai un'espressione così colpevole?".

Ecco, era arrivato il momento in cui o le raccontava delle loro conversazioni, del bacio e di quanto confusa si sentisse, oppure si teneva tutto per sé. Si sentiva divisa a metà. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno ma non voleva nemmeno dirlo ad alta voce perché farlo avrebbe reso tutto più reale e di certo non le sarebbe servito incoraggiare la parte di lei che si sentiva sempre più attratta da quel ragazzo. E poi c'era anche il fatto che si stavano evitando. Era davvero troppo per i suoi poveri nervi.

"Avanti, parla. Lo vedo che sei alla disperata ricerca di qualcuno con cui parlare. Che è successo? Ti ha baciata?", si impuntò Andromeda.

Hermione diventò ancora più rossa e l'ex Serpeverde rise. "L'ha fatto, non è vero? Oh, aspetta che lo racconti a Narcissa".

"No, non puoi dirle a nessuno, soprattutto a sua madre!", protestò Hermione.

"Allora me ne parli o no?".

Hermione si prese la testa tra le mani, nuovamente imbarazzato e confusa. "Non so che sta succedendo", disse con voce appena udibile.

"Quindi ti ha baciata?".

Hermione annuì, prese un paio di respiri profondi e si ricompose. Ormai era troppo tardi per non vuotare il sacco. "Ci siamo visti varie volte dall'ultima volta che io e te ci siamo incontrate".

Andromeda inclinò la testa, in attesa.

"Ha passato qui qualche notte e poi l'ho incontrato nelle cucine con Harry e Ron. Lui aspettava che uno dei suoi elfi domestici gli portasse la scorta settimanale di alcool".

"Mmm… devo parlarne con Narcissa di questo".

"Non serve, ho già sistemato io la cosa", rispose lei.

Andromeda alzò un sopracciglio.

"Ho fatto un accordo. Se avesse iniziato a tornare in classe e fare i compiti senza bere durante la settimana, gli avrei permesso di averne una bottiglia nel weekend. Sono io a tenere tutto qui. Per adesso ha sempre mantenuto il patto".

"Narcissa vorrà conoscere le tue tecniche. In dicembre era un incubo da gestire e lei si preoccupa a morte della sua salute mentale e del fatto che beva così tanto".

"Gli ho detto che mi sarei assicurata che non ne avesse più potuto ricevere dagli elfi. È Kreacher a governare le cucine qui e ha detto sarebbe riuscito a bloccare l'accesso agli elfi di Malfoy se ce ne fosse stato bisogno".

"Però, Hermione! Sicura di non essere una Serpeverde nel profondo? Sei stata molto ingegnosa e lo hai manipolato".

Hermione sorrise apertamente. "Sono una Grifondoro fatta e finita con forse qualche spruzzo di Corvonero".

"Allora adesso Draco si comporta bene?".

"Sta meglio. Io problema più grande che abbiamo io e Pansy è che fa sempre incubi. Ho trovato un incantesimo che avrebbe potuto dargli sollievo temporaneo ma ancora non dorme abbastanza. Credi che Narcissa riuscirebbe a portarlo da un Guaritore?".

"Assolutamente no. Quel ragazzo è testardo come suo padre. Narcissa gli aveva già preso appuntamento quando è uscito da Azkaban ma si è categoricamente rifiutato di andarci. Lei ormai di strappa di capelli dalla disperazione".

"Quindi le cose tra voi due vanno bene? Ero preoccupa, dopo l'incontro alla Testa di Porco".

"Stiamo ricucendo il rapporto. A volte è burrascoso ma abbiamo entrambe perso molto quindi funzionerà".

"E l'hai perdonata per come ti ha trattato in tutti questi anni?".

"Non ti mentirò. A volte prova ancora del rancore ma piano piano sta svanendo. Abbiamo parlato a cuore aperto e ho capito che è una persona diversa dopo questa guerra. Le ci è voluta la possibilità di perdere Draco per capire quanto fosse sbagliata l'ideologia di Voldemort".

"Sono felice per te. Sarebbe terribile avere una sorella con cui non puoi parlare".

"Facciamo progressi. Abbiamo anche trovato un piccolo progetto su cui lavorare assieme", disse maliziosa Andromeda.

"Oh, davvero? Che progetto?", chiese curiosa Hermione.

"Non importa, te ne parlerò un giorno. Allora, tornando a mio nipote… non mi hai ancora raccontato del bacio".

Hermione grugnì. "Speravo te ne fossi dimenticata".

"No. Ora dammi i dettagli".

Così Hermione le raccontò della proposta di matrimonio di Ron, di come lei si fosse sentita e della chiacchierata notturna con Malfoy. Poi le disse del bacio e di come fosse ormai una settimana che si evitavano.

"Quindi avevo ragione quando ho detto che prova qualcosa di più per te", disse Andromeda quando Hermione finì la sua spiegazione.

Hermione scosse la testa con veemenza. "Ovviamente è stato un bacio di pietà. Cioè, io ero lì che mi piangevo addosso e lui ha provato a farmi stare meglio".

La donna la guardò incredula. Se non lo avesse saputo, sarebbe comunque stata in grado di riconoscere la sua parentela con Malfoy in quel momento. Aveva il suo stesso sguardo. "Parliamo di Draco Malfoy. Non penso faccia mai nulla per consolare qualcuno, soprattutto se si tratta di ragazze che ha tormentato per gran parte della sua vita".

"Io non credo. Si sentiva solo male per me", insistette lei.

Andromeda lasciò perdere il discorso, capendo che la ragazza non avrebbe desistito.

"E tu come ti senti a riguardo?".

"Sono confusa", mormorò Hermione. "Non so come mi sento. Non so se continuo a pensarci perché sono sola mentre tutti i miei amici hanno una relazione oppure se è perché davvero sono genuinamente attratta da Malfoy".

Andromeda fece un piccolo sorriso. Le ricordava se stessa con Ted. Era stata confusa proprio come Hermione e, anche se la ragazza non avrebbe perso la sua famiglia di certo sarebbe comunque stato un problema per lei. "Non credo di debba metterti fretta nel comprendere i tuoi sentimenti", la confortò. "Lascia che la situazione di sbrogli da sé".

Hermione annuì. "Grazie per avermi ascoltata, mi è servito togliermi questo peso dal petto. Non potevo parlarne con Ginny, già crede sia pazza per essermi lasciata coinvolgere ad aiutarlo con Pansy".

"Per gli altri non è facile capire, soprattutto se stai andando contro tutto ciò che sembra essere logico".

"Non voglio che Harry e Ron lo scoprano. Scoppierebbe il finimondo e non comprenderebbero".

Andromeda le batté una mano sul ginocchio. "Non sentirti in dovere di parlarne con nessuno che non ti faccia sentire a tuo agio. Rispetta i tuoi tempi. Sono emozioni tue e nessun altro ha il diritto di giudicarti per questo. Ora, che ne dici di andare a salvare Harry dal suo figlioccio?".

Hermione sorrise. "Intendi salvare Teddy da Harry e Ron!".

Le due streghe uscirono ridendo dalla sala comune, sentendosi molto più leggere dopo quella chiacchierata.

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"Draco, vorrei mi dicessi cosa ti passi per la testa”, insistette Pansy, seguendolo attorno al lago.

"Pansy, non è niente".

"Certo che sì, invece. È tutta la settimana che te ne stai così".

Draco si irritò per la natura recettiva di Pansy. Era in giornate come quella che sperava di avere solo Tiger e Goyle al suo fianco. Non gli avrebbero fatto domando imbarazzanti, seguendo con lealtà qualsiasi piano lui avesse ingegnato per allietare la giornata. Sospirò, ripensando ai suoi primi anni ad Hogwarts. La vita era stata molto più semplice allora, prima che il Signore Oscuro ritornasse e rovinasse tutto. Lui era un Malfoy, superiore a tutti gli altri. Guardava con disprezzo i Traditori del proprio Sangue ed i Sanguesporco e si era divertito tantissimo con la sua cerchia di amici Purosangue.

Ora tutto era più complicato. Non credeva nemmeno più alla propria superiorità. Suo padre era rinchiuso a vita ad Azkaban ed il nome dei Malfoy era finito nel fango. I Purosangue li evitavano e lui aveva perso la testa baciando la Nata Babbana Granger. Peggio, glie era pure piaciuto e adesso aveva la coda di paglia.

Era così disperato nell'evitare lei ed i sentimenti che lei gli faceva scaturire che la notte prima non era nemmeno andato a recuperare la scorta di alcool. Aveva preferito affrontare una notte insonne o piena di incubi piuttosto che dover affrontare lei, con quegli occhi marroni e quelle labbra invitanti. A rendere peggiori le cose, Pansy continuava ad insistere nel voler conoscere i suoi sentimenti. Non voleva parlarne con nessuno. Aveva bisogno di seppellirli nel profondo dell'anima, dove avrebbe potuto nascondere nasconderli assieme alla vergogna. Draco sapeva che Blasie sospettava qualcosa ed era stato stupido a pensare che sarebbe riuscito a tenere la cosa per sé. Di certo era andato filato dalla sua ragazza e le aveva messo la pulce all'orecchio. Ecco spiegato il motivo per cui lui adesso doveva sgattaiolare lontano da Pansy. Ormai lo stava mandando fuori di testa con le sue domande incessanti.

"Draco!", lo chiamò lei. "Sai che c'è un bambino che ti gattona appresso?".

Draco si bloccò e, voltandosi, vide Teddy Lupin gattonare determinato verso di lui con i capelli già diventati biondi come i suoi. "Teddy, che fai? Dov'è tua nonna?", chiese al piccolo prima di prenderlo in braccio.

Teddy gli sorrise felice. "Ba ba ba".

Pansy lo raggiunse e lo fissò curiosa. "Chi è?", chiese.

"Il figlio di mia cugina Nymphadora ed il nostro vecchio Professor Lupin".

"Che ci fa qui?".

"Zia Andromeda deve essere venuta a trovare qualcuno. È tutta pappa e ciccia con la Granger ed i suoi stupidi amici", disse guardandosi attorno per cercarla.

"C'è Potter sotto quell'albero", disse indicandolo Pansy.

"Perché mia zia lasci suo nipote in mano a quell'idiota non lo capisco. Non si è nemmeno accorto che Teddy è sparito. Lo terrò io finché non la troverò".

"Ma Potter non si preoccuperà quando capirai che non c'è più?".

"E allora? Non è un mio problema. Che gli serva da lezione. Ora, Teddy, che ne dici se ti mostro il campo da Quidditch?".

Pansy si morse un labbro mentre Draco si allontanava con il bambino. Potter sarebbe uscito di testa. Scrollò le spalle. Oh, beh, che gli servisse da lezione per non aver vegliato su di lui come si deve. Erano in quattro e nessuno di loro lo aveva tenuto d'occhio. Sicuramente sarebbe stato più al sicuro con Draco, visto il modo in cui il biondo stava chiacchierando con lui. Comunque, avrebbe dovuto seguirlo. Non che pensasse avrebbe potuto fargli qualcosa ma forse gli sarebbe servito un po' di rinforzo se i Grifondoro si fossero accorti che Teddy si trovava la tra le braccia di Draco.

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Ginny distolse lo sguardo da Ron, che ok stava intrattenendo con una barzelletta. Abbassò la testa verso il punto in cui Teddy stava dormendo ed andò immediatamente nel panico quando notò che di lui non c'era traccia sulla copertina né nei dintorni. "Harry, dovrò Teddy?, gli chiese nervosa.

"Calmati, Ginny, è proprio…", iniziò a dire Harry, prima di iniziare ad agitarsi quando non lo trovò dove lo aveva lasciato. "Oh, Merlino! Andromeda mi ucciderà. Dividiamoci! Non ha neanche un anno, non può essere andato lontano".

Harry, Ginny, Ron ed Hannah saltarono in piedi e di separarono. Harry si diresse verso il castello e grugnì quando vide Hermione ed Andromeda camminare verso di lui.

Come diavolo avrebbe fatto a spiegarglielo? Avrebbe dovuto togliere togliersi il pensiero in fretta. Andrò di corda loro incontro. "Andromeda, mi dispiace. Stava dormendo e non pensavamo fosse così veloce…".

Andromeda alzò una mano per farlo calmare. "Rallenta, Harry. Cos'è successo?".

"Teddy è sparito. Ci siamo divisi per cercarlo".

Hermione imprecò quando Andromeda sbiancò di colpo. Non avrebbe mai dovuto fidarsi di quei ragazzi.

"Ci siamo già divisi per trovarlo", ripeté velocemente Harry.

Hermione mise un braccio sulle spalle di Andromeda. "Non preoccuparti, lo troveranno". Si voltò poi verso Harry. "Da che parte sono andati Ginny e Ron?".

"Ginny verso la Foresta e la capanna di Hagrid, Hannah al lago e Ron al campo da Quidditch".

Appena Harry terminò, una cascata di scintille rosse si alzò dal campo e lui sospirò di sollievo. "È il segnale che uno di noi l'ha trovato", spiegò.

Andromeda smise di tremare e corse verso le scintille. Hermione ed Harry la seguirono.

Hermione chiuse gli occhi quando raggiunse la destinazione. Malfoy teneva in braccio Teddy, che gli sorrideva contento. Ron aveva la bacchetta puntata contro di lui, mentre Pansy teneva la sua contro Ron. Proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento. "Il furetto ha Teddy", ringhiò Ron quando Harry scattò di fronte a lei ed Andromeda.

"Ridammi il mio figlioccio, Malfoy", urlò Harry.

Hermione rimase a guardo mentre Malfoy assumeva un'espressione maliziosa e li ignorava bellamente. "Ciao, zia", la salutò prima di allungarle Teddy.

Andromeda se lo strinse al petto. "Grazie, Draco, ma perché te ne andavi a spasso con lui?".

Draco le lanciò il classico sguardo malizioso dei Black. "Volevo dargli una prospettiva Serpeverde sul Quidditch prima che venisse indottrinato da tutti quei Grifondoro che lo circondano".

"Cosa? Intendi come perdere a Quidditch nonostante i bari?", sbottò Harry.

Draco non si diede nemmeno la pena di voltarsi. Andromeda sospirò e guardò Hermione. Quella povera ragazza stava facendo del suo meglio per non fissare Draco. Harry gli si addossò e gli puntò la bacchetta alla gola. "Non avvicinarti a Teddy. Non ha bisogno di te nella sua vita".

Draco ghignò ed Andromeda si ritrovò profondamente irritata con Harry. Gli voleva bene e sapeva che suo nipote lo vedeva come un membro della famiglia ma non spettava a lui prendere certe decisioni.

"Harry, abbassa la bacchetta e smettila di aumentare la tensione!", ordinò Andromeda. "E cerca di ricordarti che anche Draco è mio nipote".

Harry arrossì, imbarazzato per essere stato sgridato. "Divertente come lui e sua madre siano interessati a te, adesso che hanno perso la guerra", sbottò.

Draco ringhiò ed Andromeda si accigliò. "Harry!", esclamò scioccata Hermione.

"Non sono io quello che è stato troppo impegnato a parlare per prendersi cura di un bambino, Potter", gli fece notare Draco. "Teddy si è fatto mezza Hogwarts a gattoni per venire da me".

"Adesso basta, siete ridicoli. Draco, tu avresti dovuto riportare Teddy da Harry, così che non si preoccupasse, mentre tu, Harry, devi capire che la guerra è finita e che Draco è la mia famiglia. Non decidi tu chi può avere un ruolo nella vita di Teddy, questo spetta a me".

I due ragazzi assunsero un'espressione irritato per essere stati rimproverati. Andromeda notò la confusione di Hermione. Se avesse sviluppato qualche sentimento per Draco, sarebbe stata molto difficile accettarlo per Harry e Ron.

"Devo tornare a casa", disse Andromeda abbracciando tutti. "Hermione, accompagnami all'ufficio di Minerva, per favore. Tendo sempre a perdermi, qui dentro".

Hermione sorrise e si avviò verso il castello ma Andromeda non aveva ancora finito. "Oh, Draco, ho un messaggio da parte di tua madre".

Andromeda scosse internamente la testa guardando come Hermione e Draco cercavano di evitare di guardarsi mentre in realtà continuavano a spiarsi a vicenda con la coda dell'occhio. Adocchiò velocemente Pansy e la ragazza annuì. Allora non era l'unica ad aver notato quelle imbarazzanti scintille tra i due. Per fortuna Ron ed Harry erano troppo occupati ad odiare Draco per notare quanto a disagio si sentisse Hermione in sua presenza. Se ne sarebbe accorto chiunque, prestando una minima attenzione.

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Capitolo 17
*** Ricordi Senza Raoncore ***


Cap 17

Ricordi senza rancore


Hermione ritornò lentamente alla sua sala comune. Quella sera aveva dovuto fare la ronda ma lo aveva scelto deliberatamente, perché stava cercando di tenersi occupata e non voleva rimanere sul divano a pensare cosa fosse successo nello stesso periodo l'anno prima. Lei, Harry e Ron si erano chiusi in sé stessi per tutto il giorno. Ron, in particolare, si era comportato in modo molto protettivo con Hermione. Per fortuna le vacanze pasquali erano arrivate, perché non si sentiva davvero dell'umore di partecipare alle lezioni durante quell'anniversario. Sospirò tristemente. Avrebbe preferito che quel momento non arrivasse mai.

Non voleva ripensare alla sua esperienza a Malfoy Manor. Nonostante tutto quello che era successo in seguito, l'immenso dolore causatole dalle Cruciatus di Bellatrix era rimasto con lei. A volte le sembrava quasi che fosse passato un secolo dal periodo in cui si era trovata in fuga alla ricerca degli Horcrux mentre quel giorno sembrava fosse successo ieri. Hermione non sapeva come ci fosse riuscita ma si era tenuta ben lontana dalla scorta di alcool di Malfoy, anche se la tentazione di annegare il dolore era stata forte.

Rabbrividì e strinse forte la tazza di cioccolata calda che si era portata in camera. Aveva le dita fredde come il ghiaccio. Il meteo sembrava riflettere il suo umore, perché durante il pomeriggio erano arrivati il freddo ed il vento. Quando raggiunse la torre dei Grifondoro, ormai aveva iniziato ad anelare il caminetto acceso. Si fermò quando vide una figura slanciata di fianco all'entrata. All'inizio pensò si trattasse di Ron, perché non sopportava ciò che le era successo e, per qualche motivo, si sentiva in colpa che Bellatrix avesse torturato lei invece che lui. Hermione aveva provato tante volte a dirgli di non sentirsi così perché non importava a chi fosse capitato, sarebbe comunque stato terribile. Invece Ron continuava a pensare che avrebbe dovuto fare qualcosa per proteggerla. Però lui era a conoscenza della parola d’ordine, quindi, non sarebbe rimasto ad aspettarla sulla porta.

La figura alzò la testa ed Hermione notò i capelli biondi. "Malfoy? Che ci fai qui?".

Il Serpeverde si raddrizzare e lei lo vide in volto per la prima volta. Sembrava distrutto. Hermione andò nel panico, chiedendosi che diavolo fosse successo. Pronunciò la parola d'ordine ed aprì la porta prima di spingerlo all'interno verso il divano e prendere una coperta da mettergli sulle spalle.

"Cos'è successo?", gli chiese diretta.

Hermione era sorpresa che fosse lì. Avevano continuato ad evitarsi sin dall'ultima visita di Andromeda di quel sabato. Avevano avuto qualche momento imbarazzante ma, a parte qualche parola, non avevano più parlato da quando si erano baciati.

Malfoy finalmente sembrò riuscire a riscuotersi abbastanza da risponderle. "So che giorno è oggi", disse criptico.

Hermione si accigliò. Di che diavolo parlava? Poi capì e boccheggiò. "Non pensavo lo ricordassi".

"Come potrei dimenticare? È stata una giornata brutale e terribile sottoscritto molti punti di vista".

"Perché sei qui?".

Malfoy alzò la testa dalle mani per guardarla. "Pensavo di dover venire a vedere come te la cavi".

Hermione ne fu toccata. Non pensava de lo sarebbe ricordato o che persino gli importasse. Eppure, eccolo lì. L'aveva aspettata fuori dalla porta per controllare stesse bene.

"Sto bene", disse dolce.

Lui le lanciò uno sguardo penetrante. "Dov'è sono i tuoi amici?".

"Li ho mandati Gian dovevo fare la ronda e, ad essere onesta, Ron stava iniziando a darmi un po' sui nervi".

"Non potevi fare cambio con Goldstein?".

Hermione sorrise. "Volevo farla io, sempre meglio che rimanere qui a pensare a cose che non posso cambiare".

Malfoy sussultò e lei immaginò fosse esattamente ciò che faceva da quando era tornato ad Hogwarts, forse un sintomo di ciò che aveva passato dopo essere rimasto sei mesi in una delle celle di Azkaban. Anche se le faceva piacere che pensasse a quelle cose doveva comunque smetterla di rimuginare e ricominciare a vivere. Doveva imparare dai suoi errori e diventare una persona migliore.

Hermione raccolse la sua cioccolata calda e ne prese un sorso. "Vuoi qualcosa da bere?".

"Del Firewhiskey?".

Lei alzò gli occhi al cielo. "No! Però posso darti qualcosa di non alcolico".

Malfoy sospirò. "Immaginò di dover accettare. Prenderò quello che stai bevendo tu".

Hermione richiamò Kreacher. "Potresti portare a Malfoy della cioccolata calda, per favore?".

Kreacher si inchinò e scomparve, mentre Malfoy inarcò un sopracciglio. "Pensavo fossi preoccupata per i diritti degli elfi domestici".

"Lo sono, ma non infrangerò il coprifuoco per tornare nelle cucine. E comunque, non ti avrei lasciato qui da solo così che potessi curiosare".

"Paura che possa trovare il nascondiglio dove tieni l'alcool?".

Hermione rise. "Francamente sì! Torneresti sulla vecchia strada e ricominceresti ad esser tutto il tempo ubriaco".

Kreacher si smaterializzò e gli allungò una tazza fumante. Hermione osservo Malfoy finché lui non capì. "Grazie, Kreacher", disse all'elfo.

Kreacher fece un piccolo sorriso. "Non c'è di che, Padrone. Se a Padrone nel j dispiace, può dire a Kreacher come sta Padrona Narcissa?".

"Sta bene".

"Kreacher è contento", rispose l'elfo prima di scomparire nuovamente.

Hermione scoppiò a ridere. "Hai una faccia che è tutto un programma".

Malfoy sorrise e prese un sorso dalla tazza. Poteva anche lamentarsi ma di certo il suo fegato glie ne sarebbe stato grato. "Beh, è strano. L'ultima volta che ho avuto a che fare con quell'elfo domestico stava piagnucolando di fronte a Bellatrix, felice di tradire Sirius Black".

Hermione si ricompose in un attimo. Le sembrava passato un sacco di tempo dal quinto anno. Se qualcuno le avesse detto che, tre anni dopo, si sarebbe ritrovata nella propria sala comune a bere cioccolata calda con Draco Malfoy, avrebbe pensato quella persona fosse pazza.

"Come hai fatto a piacere a Kreacher? Non ha mai avuto parole carine nei tuoi confronti".

"Gentilezza", rispose semplicemente con un sorriso.

Lui la guardò incredulo. "Sul serio. Voleva solo essere trattato bene. Dopotutto, non è così che Bellatrix è riuscita a farsi dire tutto?".

"Beh, sì, ma era una Black. Lui è cresciuto imparando ad adorare la Casata ed odiare i Nati Babbani. Non pensavo sarebbe stato così semplice conquistarlo".

"È sorprendente quanto potere qualcosa di così piccolo possa serbare. Silente aveva avvisato Sirius di trattarlo con rispetto ma lui l'ha ignorato. Quindi quando ne ha avuto occasione è corso da Bellatrix ed ha aiutato a fare sì che Sirius fosse ucciso. Quando siamo tornati a Grimmauld Place l'anno scorso, abbiamo trattato Kreacher con rispetto e lui ha gradito".

Rimasero in silenzio ed il pensiero di Hermione volò a Dobby. Harry gli aveva mostrato un minimo di gentilezza dopo una vita passata a soffrire nelle mani dei Malfoy e lui era riuscito a salvare loro la vita. "Come Dobby", mormorò.

"Dobby?".

Hermione arrossì, imbarazzata di averlo detto ad alta voce. "Pensavo a Dobby. Se non fosse stato per lui, io oggi non sarei qui".

Malfoy sembrò nuovamente colpito e si strofinò gli occhi con le mani. "Non mi perdonerò mai per essere rimasto a guardare", mormorò.

Hermione lo guardò scioccata. Lo aveva detto sul serio? "Non c'era molto che potessi fare".

"Avrei dovuto intervenire. Avrei dovuto fermarla".

"E come avresti potuto? Bellatrix non ti avrebbe ascoltato e tu non saresti comunque riuscito a combattere nessuno in quella stanza".

"Non lo so ma avrei dovuto fare qualcosa".

Hermione si inginocchiò e gli fece allontanare le mani che gli coprivano il viso. "Non c'era nulla che potessi fare, Malfoy, e in realtà hai provato ad aiutarci non ricevere non riconoscendoci. Era ovvio chi fossimo io e Ron ma tu comunque non ha confermato".

"Non è abbastanza", disse piano lui.

Hermione lo guardò negli occhi pieni di rimorso e si sentì incredibilmente triste per tutto il dolore che riusciva a leggergli in viso. "Draco, non ti incollo e non ti odio".

"Dovresti".

"E che cosa otterrei?".

"Dovresti odiarmi per come ti ho trattata, per ciò che credevo e per il fatto che sono rimasto a guardare ed ho permesso a mia zia di torturarti!", urlò arrabbiato.

Si stava rodendo il fegato. Si sarebbe sentito meglio se lei lo avesse insultato, ma non poteva farlo. Non lo odiava. Una volta avrebbe potuto, ma quello era prima che sapesse ciò che l'odio aveva causato al mondo. Era proprio quello che Silente aveva cercato loro di insegnare. Se fossero riusciti ad essere guidati dall'amore invece che dalla rabbia, avrebbero vissuto molto più felici. Voldemort non era stato in grado di capirlo, motivo per cui aveva già perso in partenza.

"No, non è da me. Non porterò rancore. Non sprecherò la mia vita in cose inutili. Se li facessi farei vincere Bellatrix e Voldemort. Mi renderebbero una persona peggiore. Mi rifiuto di essere definita dalle loro azioni", disse calma.

Lui la guardò in silenzio per un momento, quasi stesse assorbendo le sue parole. Poi finalmente parlò ed Hermione rimase meravigliata. "Ti ammiro, sai? Credo di aver iniziato quel giorno o forse anche prima, quando ho capito quanto facesse schifo essere un Mangiamorte. Ricordo quanto sei stata incredibilmente forte in quel momento".

Hermione lo fissò. Nemmeno in un milione di anni avrebbe pensato Malfoy le avrebbe detto delle parole così carine. Le dimostravano che nonostante i momenti difficili che lei ed i suoi amici avevano passato e quello che avevano perso, la guerra era riuscita a cambiare qualcuno e, a meno che non avesse completamente travisato Malfoy, lui le stava dicendo di non credere più alla supremazia dei Purosangue. Quello, per lei, era importantissimo.

Una lacrima le scivolò lungo la guancia e Malfoy la asciugò. "Perché piangi?".

Hermione scosse la testa, allontanando le lacrime che volevano scendere ancora e schiarendosi la gola. "Non avrei mai immaginato avresti potuto a dirmi qualcosa di così dolce".

Malfoy arrossì leggermente e distolse lo sguardo ma lei gli prese il viso tra le mani. "Non farlo. Significa molto per me. È ovvio tu abbia cambiato idea sui Purosangue".

"Non rimanerne così sorpresa, Granger. Non è stato intenzionale. Non sono nemmeno sicuro di essere tornato ad Hogwarts cambiato. Non sono una specie di errore. Sono certo di essere rimasto un idiota. Lasciò sia Potter ad avere certi complessi di grandezza".

Hermione sorrise. Ormai le sembrava di conoscerlo e riusciva a capirlo. In quel momento era imbarazzato ed insicuro sull'argomento di cui stavano discutendo, quindi cercava di ritornare in zona franca facendo commenti maligni sui suoi amici. Sembrava quasi avesse paura che lei capisse che aveva un lato molto più profondo e volesse nascondersi dietro ad un muro. In realtà Hermione aveva già scorto la sua personalità più sensibile ed era proprio il motivo per cui era così ossessionata da lui. Era il Malfoy che aveva visto in sala grande con gli occhi affamati e che l'aveva aspettata fuori dalla sua sala comune per controllare che stesse bene.

Hermione si lasciò cadere sul divano e gli batté una mano sulla sua. "Non preoccuparti, non permetterò a nessuno di scoprire il tuo lato più bello".


Draco imprecò. Sapeva che andare lì si sarebbe dimostrato un errore ma non era riuscito a resistere. Nonostante l'avesse ignorata nei giorni passati, non avrebbe potuto farlo anche quella sera. L'aveva vista per tutto il giorno affiancata da Potter e Weasley e, durante il pranzo, l'aveva notata punzecchiare il cibo senza fame, con uno sguardo più ombroso del solito. Ormai era abituato alla sua sicurezza mentre camminava tra le mura di Hogwarts, non a quella specie di fiorellino tremante. Non gli piaceva insicura e silenziosa.

Dopo cena, era tornato nei sotterranei e si era preparato per andare a dormire presto. Non sarebbe riuscito a combinare altro con la testa piena di pensieri su ciò che era successo l'anno prima al Manor in quell'esatto giorno. Era rimasto sdraiato a fissare il soffitto e si era addormentato ma incubi orrendi l'avevano fattura risvegliare. Aveva sognato di essere sesto lui a torturare la Granger e di averla uccisa alla fine. Si era ritrovato con il cuore che batteva all'impazzata e coperto di sudore, con le gambe attorcigliate nelle lenzuola. Aveva poi provato l'irresistibile desiderio di cercarla, cosa che lo aveva quindi portato ad aspettarla fuori dalla porta, rivivendo l'incubo.

Draco lanciò uno sguardo a quella strega riccioluta. Avrebbe dovuto essere lui a confortarla, invece fino a quel momento era stato l'opposto. Non capiva come potesse perdonarlo e la sua compassione lo metteva a disagio. Era cresciuto circondato da persone che portavano rancore e non perdonavano né dimenticavano nulla, invece la Granger era l’esatto opposto. Potter e Weasley li comprendeva meglio, perché perseguivano la vendetta e la ottenevano quando potevano. Lei però era diversa. Quell’anno, le sue azioni con lui e gli altri Serpeverde glie l’avevano fatta vedere come se fosse stata la prima volta. Era difficile credere che una persona così minuta possedesse così tanto potere ed invece lei avrebbe potuto sconfiggere qualsiasi mago. Non c’entravano altezza o forza, ma solo l’abilità con la magia. Draco rise, ricordando l’idiozia per cui i Babbani avrebbero rubato le loro capacità. Se fosse stato vero, la Granger avrebbe dovuto viaggiare nel tempo e rubare la magia a Merlino in persona. Era davvero potente.

“Smettila. Non sono un vetrino da mettere sotto al microscopio”, obiettò la Granger.

“Allora non dovresti essere così interessante”.

Hermione sbuffò. “Sono noiosa, ricordi? Il solito topo da biblioteca di Grifondoro”.

“Dubito tu sia mai stata noiosa in tutta la tua vita”, replicò Draco. Ripensò all’Amorentia che aveva preparato qualche giorno prima, che sapeva da cannella, pioggia caduta sull’erba appena tagliata che gli ricordava il campo da Quidditch e da biblioteca di Malfoy Manor. La cosa lo aveva fatto uscire di testa per qualche momento. Si era aspettato due dei soliti profumi, ma non credeva vi avrebbe trovato anche il profumo della Granger.

La strega alzò gli occhi al cielo. “Tutta Hogwarts pensa io passi tutto il mio tempo libero in biblioteca. In effetti, penso sia stato tu a farlo credere”.

Fu il turno di Malfoy di fare una smorfia. “Hogwarts non ha buon gusto e ti ho già detto di essere stato un idiota incredibilmente geloso del tuo cervello. Comunque, penso tu abbia guadagnato punti dopo le avventure dello scorso anno”.

Hermione piegò le labbra. Avrebbe preferito essere considerata noiosa piuttosto che rivivere l’anno precedente.

“Quindi stai bene?”, chiese Malfoy.

Le ci volle un minuto per capire a che cosa si riferisse. Era riuscito a distrarla molto bene e la cosa era strana, perché di solito erano Harry e Ron ad essere bravi in quello. “Sì, credo di sì”, rispose sorpresa.

Lui le sorrise, facendole un vero sorriso, uno di quelli che le facevano stringere lo stomaco. “Ottimo, sono contento”.

“Allora, sei davvero venuto fin qui per vedere come stessi?”.

“Sorprendentemente, sì”.

“Non credevo fossì così”.

“Beh, non parlarne troppo in giro. Devo mantenere la mia reputazione da Mangiamorte senza cuore”.

“Passeranno, lo sai?”, commento Hermione.

“Che cosa?”.

“I problemi che stai affrontando adesso. Il tempo scorrerà e le persone dimenticheranno”.

“Forse, o forse no. Non credo che il nome dei Malfoy avrà di nuovo lo stesso potere che aveva una volta”.

“Magari è una cosa buona”.

Malfoy scrollò le spalle. “Forse, ma non me ne preoccupo. Mi interessa di più sapere cosa fare della mia vita”.

“Che cosa vorresti fare?”.

“Non lo so. Però ho pensato a quello che mi hai detto”.

“E cosa ti ho detto?”, gli chiese confusa.

“Di non fare come mio padre ed impegnarmi nel trovare un lavoro perché sono intelligente”.

“Ah, sì?”, disse scioccata Hermione. “Non pensavo mi avessi ascoltata quella sera”.

Draco ghignò. “Beh, non potevo farti sapere quanto in realtà ci avessi pensato”.

Lei gli diede un buffetto sul braccio. “Idiota”.

“Come ho detto, ho una reputazione da difendere”.

Hermione scosse la testa. “Quindi che vuoi fare?”.

“Mi piacerebbe diventare Guaritore”.

“Davvero?”, rispose lei, non riuscendo a nascondere il tono sorpreso.

“Sì. Metterei a frutto la mia abilità in pozioni e potrei riscattarmi”.

“Pagando il tuo debito con la società?”.

“Qualcosa del genere”.

“Wow, questa sera sta davvero venendo fuori il tuo lato più tenero”.

“Non importa, succede solo con te. Prima di tutto, tu non andrai a dirlo in giro di tua spontanea volontà e, secondo, chi ti crederebbe mai?”.

Lei annuì. Aveva ragione. Non che si vergognasse di lui ma in quel momento non sarebbe stata in grado di gestire il caos che avrebbero generato i suoi amici e nessuno comunque ci avrebbe creduto. Avrebbero accettato la sua versione se avesse detto che era andato a vedere come stesse, ma che si fosse scusato per non averla aiutata l’anno prima ed avesse ammesso di non credere più alla supremazia dei Purosangue, raccontandole poi delle sue ambizioni? certo che no. “Buon per te, Malfoy. Credo saresti un ottimo Guaritore, anche se dovresti lavorare un po’ sulle buone maniere”.

Malfoy rise. “Io invece pensò andrei bene anche così ma comunque è solo un sogno”.

“Perchè?”.

“Perchè il San Mungo non accetterebbe mai nemmeno per un praticantato. Riesci ad immaginarti qualcuno che vorrebbe essere curato dal famoso Draco Malfoy? Dovrei rimanere a casa o lavorare da qualche parte tipo Magie Sinister, dove il mio passato non verrebbe calcolato”.

Hermione abbassò depressa lo sguardo. Era vero anche quello, la società non era pronta per accettare che Malfoy fosse cambiato. Bastava guardare i professori di Hogwarts che lo ignoravano, nonostante fosse ovvio avesse dei problemi, perché ancora accecati dall’odio per il ragazzo che era stato solo uno strumento per uccidere Silente. Sospirò.

“Non deprimerti, Granger. È la vita. Ho voluto la bicicletta, adesso devo pedalare”.

“Immagino di sì, ma la tua strada era stata già scritta praticamente”.

“Che intendi?”.

“Beh, chi di noi non sarebbe diventato come te se fosse cresciuto allo stesso modo? Dubito che saremmo stati diversi e non è che ti venissero date molte opzioni quando si trattava di diventare Mangiamorte”.

Malfoy scrollò le spalle e distolse lo sguardo. Hermione lo riconobbe come il segnale del “sono imbarazzato e mi piacerebbe cambiare discorso”.

La McGranitt le aveva parlato all’inizio dell’anno di come diventare Guaritrice. Si poteva entrare solo tramite lettera di raccomandazione da parte del Preside della propria scuola, assieme a dei voti stellari. Malfoy non sarebbe mai andato a parlarle ed Hermione pensò che la McGranitt gli avrebbe comunque riso in faccia. Beh, magari non riso perché non era nel suo stile, ma probabilmente avrebbe liquidato le sue ambizioni. Avrebbe potuto andarci lei. Malfoy l’avrebbe uccisa per essersi intromessa ma, adesso che si era aperto, voleva che avesse l’opportunità che desiderava. E poi, pensò, gli farebbe bene avere qualcosa su cui concentrarsi.

Malfoy si alzò per andarsene. “Farei meglio ad andare. È tardi e Gazza continua a fare il palo nei sotterranei”.

Hermione annuì. “Grazie per essere passato, Malfoy. Non ti dirò che è stato carino da parte tua, perché lo odieresti, ma lo penserò comunque”.

Lui grugnì. “Togliti dalla testa che io sia carino, Granger. Pensieri del genere ti causeranno solo problemi”.

Hermione pensò di esserci già in mezzo da un pezzo. “Sì, sì, lo so. Sei un Malfoy, il che significa tu sia obbligato da contratto ad essere malvagio e crudele”.

Malfoy ghignò. “Ricordatelo”.

Hermione lo guardò uscire dalla sua sala comune e si sedette per qualche secondo ad osservare il fuoco. La stanza sembrava fredda e vuota senza di lui e le tornarono in mente tutti i pensieri relativi all’anno precedente che lui era stato così bravo a cancellare. Non voleva rimanere sola e pensò di poter andare a chiedere a Ginny di rimanere con lei, ma in realtà non voleva. Le erano piaciute le domande brevi che le aveva posto Malfoy. Sembrava sapesse quanto amasse avere qualcuno al suo fianco che non pretendesse racconti dettagliati. Ragionò brevemente se andare o meno a chiamarlo, prima di alzarsi di scatto e corrergli dietro.

Malfoy era ormai arrivato a metà strada. Hermione, conscia del fatto che Gazza e Miss Purr avrebbero potuto essere nei dintorni, gli arrivò alle spalle il più silenziosamente possibile. Malfoy si voltò quando gli era ormai giunta a qualche passo di distanza, con la bacchetta alzata. “Granger?”, le chiese sorpreso.

Hermione riprese fiato. Non era una persona atletica, nonostante fosse rimasta in fuga per un anno intero. “Malfoy, io… ehm… io…”, iniziò a dire, prima di bloccarsi. Non era nemmeno sicura di come chiedergli una cosa del genere e diventò rossa.

“Parla e basta, Granger”.

“Rimarresti con me questa notte?”, mormorò guardandosi i piedi.

Lui rimase in silenzio così fu costretta ad alzare lo sguardo. Malfoy la fissava con un cipiglio. “Per favore”, continuò, “Non credo davvero di riuscire a stare sola”.

Malfoy annuì e non le chiese perché non si fosse rivolta ad uno dei suoi amici. Il legame che si stava creando tra loro non richiedeva tali domande. Tornò indietro e la affiancò fino alla sala comune in silenzio. Hermione ebbe l’istinto di prendergli la mano, ma si rese conto avrebbe tentato troppo la sorte. Dopotutto, si trattava pur sempre di Draco Malfoy.

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Capitolo 18
*** La Verità Fa Male ***


Cap 18

La verità fa male

 

Ad Hermione ci volle qualche minuto per rendersi conto di non trovarsi a Malfoy Manor, alla mercé di Bellatrix, quando si svegliò. Fuori era buio pesto e si sedette sul letto, cercando di calmare i battiti furiosi del suo cuore. Si guardò attorno, cercando la familiare e calda presenza di Grattastinchi che di solito le dormiva sui piedi, ma non lo trovò. La porta leggermente aperta le fece capire se ne fosse andato dopo che lei si era ritirata in camera.

 Afferrò il bicchiere d’acqua che aveva posizionato sul comodino e bevve qualche sorso per liberarsi del rospo alla gola che le era salito, prima di ciabattare verso la sala comune. Ormai non sarebbe più riuscita a dormire dato che aveva sognato Bellatrix con la bacchetta alzata e l’avrebbe sicuramente rivista appena dopo aver richiuso gli occhi. Avrebbe potuto andare a vedere se Malfoy fosse ancora sveglio.

Uscì dalla camera e lo trovò seduto di fronte alla finestra, che osservava il mondo addormentato. Grattastinchi gli si era acciambellato di fianco ed il biondo gli stava distrattamente accarezzando la schiena. Poteva udire solo le sue fusa. Si avvicinò a loro e Malfoy alzò lo sguardo.

“Non riesci a dormire?”, gli chiese.

Lui scosse la testa e la guardò interrogative.

“Nemmeno io. Ho fatto un incubo”, spiegò.

“Vuoi che ti lanci l’incantesimo che hai trovato per me?”.

“Non serve, ho solo bisogni di scacciare quelle immagini dalla mia mente”.

“Ne vuoi parlare?”.

“Non proprio. Ho sognato di essere al Manor con Bellatrix”.

“Immagino sia comprensibile che il tuo subconscio ti riporti a quella notte, oggi”.

Hermione rabbrividì. “Sì, ma vorrei non fosse così”.

Lui le sorrise appena. Hermione guardò fuori dalla finestra e rabbrividì nuovamente quando notò il meteo. Tirava vento e la pioggia cadeva a dirotto. “Beh, il tempo sembra rispecchi il mio umore”, mormorò.

Rimasero in silenzio per un po’ prima che Hermione si rendesse conto di avere freddo e la pelle d’oca, così si sfregò le braccia nel tentativo di riscaldarsi. “Dovresti tornare a letto”, le fece notare Malfoy.

Hermione non voleva tornarci da sola. Non sapeva perché ma la presenza di Malfoy la confortava e si morse un labbro quando un pensiero le passò per la testa. Quella sera stava davvero minando le sue difese personali, ma non riusciva a farne a meno. “Vorresti…” iniziò a dire, bloccandosi poi incapace di continuare.

Malfoy la guardò. “Vorrei cosa?”.

Hermione prese un respiro profondo. “Vorresti rimanere con me?”.

Lui la guardò incredulo. “Vuoi che venga nel letto con te?”.

Beh, messa in quel modo suonava peggio che nella sua mente. Arrossì un po’. “Non importa, era un’idea stupida”.

“Non andare sulla difensiva. Ero solo sorpreso mi avresti permesso di starti così vicino mentre dormi”.

Lei sbuffò, sentendosi ridicola. Come poteva dimenticarsi sempre di star parlando con Malfoy? Quella sera era stato così carino che non le era neanche venuto in mente quanto potesse diventare sarcastico. Si voltò per tornare nella sua stanza, sentendosi stupida, quando lo sentì alzarsi.

“Fammi strada, Granger, a meno che non mi stessi prendendo in giro facendomi anelare un letto comodo invece che un divano sformato”.

Hermione si bloccò e lui dovette prenderla per mano per farla tornare in camera. Molto più che in imbarazzo, Hermione si sistemò sotto le coperte, lasciandogli abbastanza spazio perché si sistemasse di fianco a lei. Che cosa aveva pensato? Era pazza. Poi però le tornò in mente la disperazione che aveva provato durante l’incubo e ricacciò indietro il pensiero di quanto stupida fosse stata la sua idea. Aveva bisogno di un po’ di calore umano che scacciasse la sua paura.

Lui si tolse la maglietta e rimase con i pantaloni del pigiama che lei gli aveva appositamente trasfigurato quella sera. Ora Hermione si sentiva molto più sveglia, ma per un motivo diverso. Con solo quello addosso, Malfoy era davvero molto sexy.

Il biondo si sistemò più volte il cuscino, prima di infilarsi sotto le coperte. “Smettila di pensare, Granger. Posso anche essere stato un Mangiamorte ma non approfitterò di te”.

Hermione rise e si sentì ancora più stupida. “Lo so, altrimenti non saresti qui”.

“Allora dormi”. Hermione, sorprendentemente, lo fece.


Draco osservò quella strana ragazza dormire. Ancora non aveva capito cosa stesse succedendo tra di loro e si sentiva sempre più affascinato da quell’intelligente Grifondoro, nonostante facesse del suo meglio per non esserlo. Abbassò lo sguardo verso il Marchio Nero. Era stata un’ottima cosa che la Granger non lo avesse visto prima di addormentarsi, altrimenti avrebbe avuto incubi ancora peggiori di quello che l’aveva portata a risvegliarsi.

Alzò gli occhi al soffitto. Perché tutto lo confondeva? Perché non riusciva a stare lontano dalla Granger? Si era ritrovato a fare cose per lei che non avrebbe fatto per nessun altro. Il modo in cui lei lo aveva guardato con quegli enormi occhi marroni, come se lo stesse pregando, gli aveva fatto stringere il cuore. Aveva scoperto quanto gli importasse che lei non riuscisse a dormire ed avrebbe fatto qualsiasi cosa per confortarla ed assicurarsi non facesse incubi.

Con la mente ritornò alla volta precedente in cui avevano dormito assieme. Quella notte sarebbe stata un’ottima occasione per verificare se lei potesse essere la cura per i suoi, di incubi. Piegò la bocca in un sorriso amaro. Sarebbe stato un disastro, se così fosse stato. Non avrebbe potuto di certo rimanere lì ogni sera. Magari avrebbe potuto però rubare qualcosa di suo e stringerlo durante la notte.

Draco sbuffò. Un buon sonno doveva davvero mancargli, viso le ridicole idee che gli passavano per la testa. In ogni caso, era il momento giusto per testare la sua teoria. Prima di rendersene conto, si avvicinò alla Granger e se la strinse addosso, respirandone il profumo familiare.


Hermione si risvegliò con la pioggia che batteva forte contro gli scuri della sua camera. Adorava raggomitolarsi sotto le coperte mentre all’esterno il meteo peggiorava. Era cresciuta a sud est dell’Inghilterra, dove i temporali di rado si trasformavano in burrasca. La Scozia, al contrario, le aveva dato l’opportunità di rilassarsi ed indugiare nel suo letto molto più spesso. Iniziò a stringere il cuscino ma si rese conto che questo non si afflosciava. E poi era caldo e si muoveva leggero.

Aprì un occhio a metà e vide un pezzo di pelle pallida, così spostò la testa ed alzò lo sguardo, trovandosi di fronte il viso addormentato di Draco Malfoy. Era ancora perso nel sonno ed i capelli gli cadevano sulla fronte. Chi avrebbe mai immaginato che avrebbe avuto un’espressione così angelica mentre dormiva?

Probabilmente avrebbe dovuto sentirsi in imbarazzo nel ritrovarsi nello stesso letto con lui, però riusciva solamente a pensare a quanto incredibilmente incoraggiante fosse stato con lei la notte precedente e non solo quando gli era corsa dietro per chiedergli di rimanere con lei ma anche quando non le aveva riso in faccia all’idea di dormire nel suo letto. Hermione sapeva di aver già sperimentato il suo lato più tenero ma ora le aveva dimostrato di avere anche un cuore, ed anche uno piuttosto grande, a dire la verità. Aveva voluto persino assicurarsi che lei lo volesse davvero a letto al suo fianco.

In ogni caso, la cosa la preoccupava, visto che i suoi sentimenti erano già abbastanza ingarbugliati ed al momento aveva le farfalle allo stomaco. Aveva un profumo buonissimo ed il petto nudo la invitava a riempirlo di baci. Hermione rise immaginandosi lo shock di Malfoy se avesse assecondato quell’impulso. Quel ragazzo le stava rivoltando la vita. Magari era stato quella stessa strana sensazione che aveva spinto Harry e Ron a fare la proposta di matrimonio alle loro fidanzate prima di aver completato i M.A.G.O. Hermione sospirò. L’unica differenza era che i suoi amici erano innamorati. Significava che anche lei fosse innamorata del Serpeverde? Oppure era solo lussuria? E poi l’intera faccenda era complicata. Almeno lui provava le sue stesse emozioni? E lei lo voleva? Avrebbe voluto sbattere la testa contro qualcosa, ma la cosa più vicina era il petto di Draco, così decise di non farlo. Di certo lo avrebbe svegliato e lui avrebbe pensato fosse ancora più strana di quanto già non credesse. Piuttosto, decise di stringersi maggiormente a lui. Non poteva sapere cosa il futuro le avrebbe riservato, ma nel frattempo avrebbe almeno potuto divertirsi.


Draco si risvegliò un paio d’ore più tardi. Gli sembrava di non essersi mosso per ore e, a giudicare dalla luce che penetrava dalla finestra, era ormai mattino inoltrato. Voltò la testa dall’altro lato del letto per cercare la Granger, ma trovò solo un pezzo di pergamena.

Malfoy,

sono andata a fare colazione. Ti porterò qualcosa da mangiare.

Hermione.

Draco scoprì che l’esperimento aveva funzionato. Non era sicuro che il risultato fosse ciò che voleva o persino desiderava ma di certo la Granger sembrava essere la cura per i suoi incubi. Magari era solo per via della sensazione di avere un corpo caldo di fianco a lui, ma molto più probabilmente centrava qualcosa la sua personalità avvolgente. Lei lo accettava sul serio, come non molte altre persone avrebbero fatto. Aveva visto oltre la maschera che gli piaceva portare e, invece che lasciarlo perdere considerandolo senza speranza, si era intestardita per aiutarlo ad uscire dal casino che era la sua vita. Gli ci era voluta una persona esterna al suo cerchio di amici per farlo e, parlando di amici, Pansy sarebbe stata insopportabile. Sicuramente non sarebbe riuscito nuovamente ad evitare di spiegarle la sua assenza di quella notte.

La porta si aprì e la Granger apparve. “Sei sveglio”, disse. “Vieni in sala comune, ho portato un po’ di cibo”.

Sparì ancora prima che Draco riuscisse a dire qualcosa. Non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima volta in cui aveva dormito così tanto. Si sentì deliziosamente affamato. Si stiracchiò i muscoli e scese dal letto in cerca della sua maglietta. La trovò sopra una sedia e la indossò prima di entrare nella sala comune, dove un piatto con del cibo impilato e del caffè lo attendevano. Di fianco c’era anche la tazza della Granger, ma di lei nessuna traccia. Si guardò attorno e la vide rannicchiata sulla poltrona vicino alla finestra ed un’altra tazza in mano.

“Grazie, Granger”, disse Draco prima di prendere un sorso di caffè e schiarirsi la voce.

Stava morendo di fame e non vedeva l’ora di ingurgitare quell’abbondante colazione che lei gli aveva portato. Hermione sembrò comprendere il suo umore e la sua fame, per cui rimase in silenzio a contemplare dalla finestra.

“Pansy mi ha chiesto se ti avessi visto”, commentò quando vide che aveva quasi terminato.

“Che le hai detto?”.

“Niente, perché è arrivata Ginny, ma probabilmente più tardi lo chiederà a te”.

“Lo fa sempre”.

“Che cosa le dirai?”.

Draco sospirò e si passò una mano tra i capelli. Non era sicuro che mentire avrebbe soddisfatto la sua petulante amica. “Se non ti dispiace, la verità. Sa perfettamente che non potrei essere stato in molti posti”.

“Va bene, ma non penserà sia strano che tu… sai… abbia dormito nel mio letto?”. La voce le si abbassò a metà frase, tanto che alla fine sembrò sussurrare ed arrossì.

Draco capiva il suo imbarazzo. Se si fosse trovato nella medesima situazione, non avrebbe voluto che nessuno pensasse avessero fatto chissà cosa, però sarebbe sicuramente stata la conclusione a cui sarebbero giunti tutti, anche se non era vero. “Non le darò i dettagli, solo che ho dormito di nuovo sul to divano. Sa che è già successo”.

La Granger emise un sospiro di sollievo. “Scusa, è solo che non voglio qualcuno pensi che…”, e si interruppe, troppo in imbarazzo per continuare.

Draco le fece un sorriso rassicurante. “Non preoccuparti, capisco. La gente pensa sempre male e non capiscono che a volte si può anche dormire a letto”.

La Granger si allontanò dalla finestra e si sedette al suo fianco, mettendogli una mano sul braccio. “Non mi vergogno della nostra amicizia, o qualsiasi cosa sia, Draco”, lo rassicurò.

Lui ghignò. “Vorrei ben vedere, Principessa. Non molti possono dire di essere amici del grande Draco Malfoy”.

Hermione alzò gli occhi al cielo vedendo tornare la sua arroganza. “Quindi siamo amici?”.

Draco le sorrise. “Immagino di sì, anche se sembra un po’ melenso”.

“Beh, sono felice sia così e non voglio tu pensi io cerchi di nasconderti o qualcosa del genere”, insistette con un’espressione esasperata.

Draco non era bravo con i sentimenti, invece la Granger continuava a portarlo lì. Ormai lo irritava volerla sempre rassicurare. In passato gli piaceva far sentire più a disagio ed in imbarazzo possibile le ragazza, invece ora si ritrovava sempre a tranquillizzarla. “Quindi intendi dirlo a Sfregiato e la Donnola?”.

“Che ti ho detto riguardo al chiamarli con i loro nomi, di fronte a me?”.

“Non succederà, facci l’abitudine”.

“Sei impossibile!”, dichiarò lei.

“E la cosa ti sorprende?”.

“Immagino di no e che ci siano cose in cui non puoi cambiare. E no, non ho pensato di dirlo ad Harry e Ron. Forse prima dovremmo abituarci noi a questo cambiamento. Tu vuoi che glie lo racconti?”, gli chiese preoccupata.

“In realtà mi piacerebbe vivere almeno fino ai miei diciannove anni e non credo che andare a dirlo al Ragazzo delle Meraviglie e Pel di Carota mi aiuterebbe in questo”, disse.

“Draco!”, protestò la Granger. “È così difficile chiamarli Potter e Weasley?”.

“Vuoi davvero che ti risponda?”, le disse Draco e le baciò una guancia ancora prima di rendersene conto. La Granger arrossì nuovamente. Avrebbe dovuto andarsene immediatamente, prima di dare qualcosa di stupido come baciarla ancora. “Comunque, grazie per il letto e la dormita senza incubi. Mi lancio un incantesimo di disillusione e mi tolgo dai piedi”.  

Hermione lo guardò divertita mentre schizzava via oltre la porta e si portò una mano alla guancia. Le sue azioni la confondevano e non le piaceva sentirsi così. Per la barba di Merlino, era Hermione Granger! Avrebbe dovuto sempre sapere cosa stesse succedendo anche se, nonostante la sua disperazione per l’incapacità di Harry e Ron di comprendere le emozioni complesse, nemmeno lei era molto brava a decifrare i ragazzi. Il che era ridicolo, davvero, considerando che i suoi due migliori amici facevano parte di quella categoria, anche se non erano mai stati molto complicati come persone e non avevano nemmeno quei mille strati che sembravano invece caratterizzare Draco Malfoy. Proprio quando lei credeva di averlo compreso, lui faceva qualcosa come andarla a trovare per assicurarsi non fosse nel mezzo di un crollo emotivo e da sola, per poi dormire abbracciato a lei tutta la notte. Di certo non si sarebbe mai immaginata che Malfoy potesse fare cose del genere né le sembrava molto il tipo da coccole, visto che sembrava sempre così freddo.

Pensare alle abitudini di Malfoy, Hermione iniziò a riflettere sulle parole che le aveva detto prima di darsela a gambe. Aveva davvero dormito senza fare incubi? Pensandoci, entrambi le volte che avevano dormito assieme lei non era stata disturbata né da urli né da scatti improvvisi e, parlando con Pansy e Blasie, sapeva che Malfoy faceva entrambe le cose perché un giorno si era dimenticato di silenziare il letto nel dormitorio ed aveva svegliato Blasie.

Hermione non voleva che la sua mente prendesse quei sentieri che invece stava seguendo e di certo non voleva pensare che dormire di fianco a lei in qualche modo scacciasse i demoni di Malfoy.  


Quando Draco tornò nella propria stanza, ringraziò chiunque avesse creato l’incantesimo di Disillusione. Nella sua fretta di fuggire dalle stanze della Granger prima di fare qualcosa di enormemente stupido, tipo baciarla fino a farle perdere i sensi, si era dimenticato di ritrasfigurarsi i vestiti nello stato in cui si trovavano prima di andare a dormire e qualcuno si sarebbe fatto qualche domanda se lo avesse visto girovagare per Hogwarts in pigiama.

Mise fine all’incantesimo e si lanciò sul letto. Probabilmente avrebbe dovuto farsi una doccia e cercare di combinare qualcosa, ma si sentiva troppo pigro e la sua mente stava già iniziando a vagare. Non sapeva se avrebbe dovuto andare nel panico oppure innamorarsi della Granger. Niente di buono sarebbe accaduto se fosse successo, sarebbe stato un disastro.

Sospirò quando la porta si aprì di scatto e grugnì quando vide Blasie entrare marciando con Pansy alle calcagna.

“Eccoti qui”, disse Pansy. “Per favore la smetti di sparire la notte? Mi preoccupo tu sia stato portato davanti alla McGranitt e cacciato a casa”.

“Penso che Blasie lo noterebbe se mancassero le mie cose”.

“In ogni caso passo le notti insonni”.

“Sì, signora. Ti piacerebbe lanciarmi un incantesimo tracciante? Così potresti sapere sempre dove sono.

Pansy alzò gli occhi al cielo e si sedette ai piedi del suo letto. “Quindi mi vuoi dire dove sei stato?”.

“Continuerai a perseguitarmi finché non lo farò?”.

“Ovvio, ora vuota il sacco”.

“Ok, ma solo se ti levi di torno. Ero dalla Granger”.

Pansy sorrise trionfante a Blasie. “Oh, davvero? Per tutta la notte?”.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Puoi anche fermare i tuoi pensieri. Ho dormito sul divano”.

Pansy fece una piccola smorfia. “Oh”, disse delusa.

“Perchè sei andato lì?”, chiese Blasie.

Draco gli lanciò uno sguardo irritato. Aveva risposto alla domanda di Pansy solo perché era cresciuto con lei ed erano amici da molto tempo. Non voleva che anche Blasie fosse coinvolto, però Pansy piegò la testa con interesse così decise di dare a quei due ciò che volevano. “Sono andato a vedere se stava bene”.

“Perchè?”, chiese confusa Pansy.

“Ieri era l’anniversario del suo soggiorno a Malfoy Manor”.

Pansy impallidì. “Oh! Non avevo capito”.

“Ed ha voluto vedere la tua faccia?”, commentò Blasie.

Draco trattenne il commento sarcastico che gli stava per uscire di bocca. Non avrebbe aiutato che lui e Blasie si fossero messi a litigare e Pansy si sarebbe messa a piangere. “Beh, non mi ha cacciato”.

“Stava bene?”, chiese preoccupata Pansy.

“Stranamente sì, ma non voleva rimanere da sola e mi ha chiesto se potessi dormire sul divano”.

“Sono sicuro sia stato tremendo”, si intromise sarcastico Blasie.

Draco lo ignorò. Aveva risposto già a troppe domande. “Comunque, ora che sapete dove sono stato, potete lasciarmi in pace. Se non vi dispiace, andrei a fare una doccia”.

Pansy rimase ad osservare il suo amico che spariva il più in fretta possibile nel bagno adiacente.

“Delusa, amore?”.

Pansy guardò il suo ragazzo. “Forse un po’. Ma hai notato quanto Draco sia più felice, di recente?”.

Blasie constatò che aveva ragione. “Litiga di meno, te lo concedo”.

“Mi piacerebbe però che ci fosse qualcos’altro tra quei due. Starebbero così bene insieme”.

“Non ricominciare. Pensavo avessimo già parlato nel tuo bisogno ossessivo di impicciarti in affari che non ti riguardano. Comunque, vorresti davvero partecipare al disastro se quei due si mettessero insieme?”.

Pansy sospirò. “Immagino di no. Non sarebbe semplice nemmeno per loro”.

“Né per Hogwarts. Le litigate che quei due farebbero scoppiare sarebbero troppo dolorose solo da pensare”.

“Sì, forse. Dovrei smetterla di covare qualche speranza, se voglio vivere semplicemente”.

Blasie si sedette al suo fianco e le mise un braccio attorno alle spalle. “So che vuoi che Draco abbia qualcosa di positivo nella sua vita, ma credi davvero che quello sarebbe un bene per lui?”.

“Lei ha fatto miracoli. Non l’ho mai visto così rilassato”.

“Ok, quindi gli fa bene, ma non pensi che nessuno potrebbe pensare lui sia adatto a lei? Pansy, rifletti. Lei dovrebbe andare contro tutti i suoi amici, la gente inizierebbe a spettegolare e ne otterrebbe in cambio la reputazione rovinata”.

Pansy si massaggiò il collo. “Hai ragione. So che ce l’hai, però è ingiusto. È ovvio si piacciano, sono settimane che li osservo e li uccide stare separati. E poi l’hai sentito, ieri è andato a trovarla per vedere come stesse ed assicurarsi andasse tutto bene. Da quando Draco fa cose del genere per qualcun altro?”.

“Oltre a te e per sua madre, sì, non lo farebbe mai ma la sta condannando a combattere un’altra battaglia. Davvero non penso che il mondo sia pronto per una simile coppia”.

Pansy appoggiò la testa sulle sue spalle e si asciugò una lacrima. “Però dovrebbe”.


Draco diede le spalle alla porta del bagno e ci si appoggiò contro con la testa rivolta verso il soffitto. Pansy e Blasie non avevano niente di diverso da ciò che lui già pensava, ma sentirlo ad alta voce faceva un altro effetto. Per quando gli sarebbe piaciuto scoprire dove lui e la Granger avrebbero potuto arrivare, sarebbe stata davvero una pessima idea ed avrebbe causato un sacco di astio tra gli studenti di Hogwarts. Conoscendo un po’ la Granger, a lei non sarebbe importato perché non credeva fossero affari di nessuno oltre che suoi e magari avrebbe dato un po’ di peso all’opinione dei suoi amici ma, alla fine, si sarebbe aspettata si fidassero di lei.

Lui, invece, si trovò a pensare di non volere che la Granger litigasse con gli amici per lui o che iniziasse ad essere seguita dalle malelingue. Lui ormai ci era abituato, sin da quando qualcuno aveva scoperto fosse diventato un Mangiamorte, ma sapeva quanto fosse difficile quando la gente ti guardava con rabbia e non si fidava di te. Ovviamente le cose erano peggiorate da quando Voldemort era stato sconfitto. Ora veniva disprezzato apertamente e nessuno avrebbe capito il desiderio della Granger di aiutare un ex Mangiamorte.

Draco sorrise amaro quando si rese conto che la bolla che lo aveva avvolto da quando si era alzato quella mattina ormai era scoppiata. Era pazzo a credere di poter avere qualcosa in comune con gli eroi e lei era sicuramente troppo in alto per lui e l’avrebbe fatta colare a picco. Non voleva che iniziassero a sparlare né la pubblicassero in prima pagina sulla Gazzetta del Profeta, dove probabilmente sarebbe stata etichettata come sgualdrina. Chi non la conosceva avrebbe giudicato le sue decisioni, dimenticando le sue azioni ed i suoi valori.

Sapeva che la Granger stava iniziando a provare qualcosa per lui, non aveva mai avuto problemi a capire le ragazze. Poteva anche non essere stato esattamente un Casanova ma ne aveva avute abbastanza da comprendere quando una di loro aveva una cotta e la Granger presentava i classici sintomi, essendo anche abbastanza testarda da perseverare nel suo intento nonostante le opinioni altrui. Sarebbe toccato a lui mettere un freno alla cosa ma sentì il cuore farsi pesante al pensiero del doverla ferire. Non sapeva quando lei gli fosse entrata dentro, però lo aveva fatto. La sua personalità accogliente e la sua natura compassionevole erano state come un balsamo per la sua anima ferita e, se gli importava qualcosa di lei, avrebbe dovuto ignorarla e voltare le spalle ai propri sentimenti.

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Capitolo 19
*** Il Pericolo Di Frequentare I Grifondoro ***


Cap 19

Il Pericolo di Frequentare I Grifondoro

 

Hermione si ritrovò a passeggiare nervosa di fronte all’ufficio della Professoressa McGranitt. Era davvero indecisa su cosa fare. Quattro giorni prima, quando lei e Malfoy si erano confidati a vicenda nella sua sala comune, aveva deciso di andare a riferire alla Preside l’ambizione di Draco di diventare Guaritore. Dopo, però, lui aveva iniziato a comportarsi freddamente e lei aveva iniziato a chiedersi se avesse fatto qualcosa di sbagliato. Nelle sue stanze sembrava fosse andato tutto bene. Ok, magari era praticamente fuggito alla fine, ma di certo era successo per via di quel bacio sulla guancia che le aveva dato. Non riusciva proprio ad immaginarselo a scambiare gesti affettuosi, nemmeno con la propria madre. Ora comunque la stava evitando, in un modo persino diverso che in precedenza. Era tornato ad essere il ghiacciolo degli anni precedenti. Non faceva più commenti o battutine cattive, ma si comportava come se lei non esistesse e questo la feriva. Aveva persino versato un paio di lacrime per questo.

Ad ogni modo, Hermione non aveva però dimenticato la loro conversazione durante la quale lui l’aveva messa a parte dei suoi desideri e lei voleva aiutarlo a realizzarli. Non avrebbe permesso diventasse come suo padre, una sottospecie di guscio d’uomo. Era solo una persona un po’ introversa, che aveva bisogno di essere coccolata. Sospirò ancora una volta. Voleva davvero essere lei a sostenerlo, ma ormai non era più sicura che lui l’avrebbe accettato, data la distanza che aveva iniziato a mettere tra loro.

Per lo meno, non aveva ricominciato a bere. In effetti, era ancora lei ad avere il controllo della scorta di Firewhiskey. Non era ancora tornato a chiederle la bottiglia e Noktok non glie ne consegnava nemmeno più di nuove dalla cucina. Malfoy aveva ritrovato l’autocontrollo, anche se Hermione quasi sperava non fosse successo. Il vecchio Draco aveva bisogno di e lei e l’aveva anche aiutata.

Non sapeva davvero cosa fare. Ci aveva pensato tutta la settimana e si era ritrovata a camminare avanti e indietro diverse volte davanti all’ufficio della McGranitt. Quel giorno era tornata.

Sussultò, quando il gargoyle si spostò di lato e la Professoressa apparve. “Hermione, è la terza volta in due giorni che vieni qui. Qualcosa non va?”.

Hermione non si era resa conto che la Preside avrebbe saputo se qualcuno avesse cercato di entrare nel suo ufficio, anche se immaginava avesse senso. Sembrava inoltre che la sua indecisione sul fatto di parlarle o meno di Draco fosse stata risolta. Raddrizzò le spalle e prese un respiro profondo. Si stava per impicciare, anche se con buone intenzioni, il che doveva pur fare la differenza. “Potrei parlarle di una cosa?”.

La McGranitt annuì e le fece cenno di seguirla all’interno dell’ufficio. Una volta dentro, Hermione sorrise al ritratto di Silente che le faceva l’occhiolino. Ancora non si era abituata a non vederlo dietro la solita scrivania. Adocchiò brevemente anche il quadro di Severus Piton di fianco a lui, ma il suo vecchio Professore la ignorò.

“Allora, va tutto bene?”, chiese la Preside.

“Volevo parlarle di Draco Malfoy”.

La McGranitt sbattè le carte sulla scrivania. “Sapevo che permettergli di tornare era sbagliato ma il Ministero mi ha costretta”, mormorò tra sé.

“No, ha capito male, Professoressa. Non ha fatto nulla”.

La McGranitt alzò curiosa lo sguardo. “Se non ti sta dando problemi, allora di che si tratta?”.

Hermione si morse nervosamente il labbro. Non sapeva davvero come spiegarglielo, soprattutto perché non voleva mettere nei guai né lui né Pansy. Non poteva rivelarle nulla riguardo alla sua dipendenza dall’alcool né riguardo le gite notturne, tantomeno dei piani di Pansy per aiutarlo. Magari avrebbe dovuto rimanere sul vago e dirle solo che avevano iniziato a parlare. “Abbiamo chiacchierato qualche volta”.

La Preside la guardò confusa. “Draco Malfoy ti parla?”.

Hermione cercò di fare del suo meglio per non arrossire. Suonava proprio strano dirlo ad alta voce. “Sì, per quanto sia difficile da credere”.

“E di cosa?”.

“Molte cose, in realtà. Ha molti sentimenti repressi”.

La McGranitt sbattè le palpebre sorpresa ed Hermione le sorrise. Era vero: a vederlo da distante, non sembrava per niente una persona profonda. Se qualcuno fosse andato da lei a gennaio, in simili circostanze, non ci avrebbe creduto. In effetti, aveva fatto proprio questo con Pansy.

“Quindi …. ehm… il Signor Malfoy si è aperto con te?”.

“Sì, ma volevo parlarle di una cosa in particolare”.

“Vai avanti”.

“Riguarda una sua ambizione in relazione alla carriera”.

“Vuole fare carriera?”.

Hermione annuì. “Sì, vorrebbe mettere a frutto usare le sue capacità piuttosto che fare la bella vita a casa a contare i soldi”.

“E che tipo di carriera gli piacerebbe?”.

“Vorrebbe diventare Guaritore”.

La McGranitt sembrò presa in contropiede. Hermione immaginò si aspettasse che Draco volesse diventare un personaggio più popolare, qualcosa come un giocatore di Quidditch professionista o simili e lei non poteva di certo biasimarla per questo. Se le avessero chiesto la stessa cosa prima della loro conversazione, avrebbe pensato lo stesso. A Draco piaceva essere al centro dell’attenzione e diventare un Guaritore era molto meno popolare e richiedeva un duro impegno.

“Guaritore?”.

“Sì, Professoressa”.

La McGranitt si appoggiò allo schienale della poltrona. “Non me lo sarei aspettato da lui”.

Hermione sorrise. “No, non credo sia una carriera che qualcuno si sarebbe immaginato. Per cominciare, richiede del tatto ed è di Draco che stiamo parlando”

La McGranitt la fissò e lei arrossì quando si rese conto di averle appena rivelato quanto intimi fossero diventati. Poi scrollò le spalle. L’intera conversazione avrebbe dimostrato quanto si fossero avvicinati, ma era comunque necessaria per aiutarlo a raggiungere il suo sogno. “Ma, come sa, ha bisogno di una lettera di raccomandazione da lei, perché lo accettino al programma di addestramento al San Mungo”.

“È per questo che ti ha mandato a parlare con me?”.

“Oh no, Draco non sa che sono qui. Sono venuta perché sapevo lui non lo avrebbe mai fatto”.

“Perché non dovrebbe venire a parlarmi?”.

Hermione si accigliò, capendo di dover usare tutta la diplomazia di cui era capace. La metteva in imbarazzo doverlo far notare alla Preside, qualcuno che rispettava sin da quando aveva messo per la prima volta piede ad Hogwarts. “Credo pensi non sarebbe il benvenuto in questo ufficio”.  

La McGranitt sospirò e si massaggiò le tempie. “Immagino abbia ragione. Ho difficoltà nel lasciarmi alle spalle le sue azioni da studente in questa scuola, ma non significa che non farei il mio dovere come Preside. Se questo è veramente ciò che vuole, allor ovviamente lo aiuterò”.

Hermione sorrise nuovamente. Sapeva quanto la Professoressa, nonostante fosse severa, fosse molto giusta nelle sue decisioni. Prendeva il ruolo da Preside molto seriamente ed avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutare i propri studenti. “Dovrà migliorare notevolmente i suoi voti. Non ho mancato di notare quanto siano calati”.

Hermione annuì. “Lo sa già e credo che, se gli verrà data speranza, si metterà d’impegno e studierà molto. Al momento non gli importa perché non crede gli sarà permesso di sfruttare la sua educazione”.

“Beh, puoi dire al Signor Malfoy che può venire da me”.

Hermione si morse ancora una volta il labbro. “Ehm.. davvero non sa che sono qui. Ovviamente, quando verrà a parlarle, sarà ovvio chi abbia fatto la spia, ma se potesse chiedergli lei stessa di presentarsi qui, penso sarebbe meglio”.

La McGranitt le sorrise. “Va bene, vedrò di chiamarlo. Grazie per essere venuta a parlarmene. Sono sicura non sia stato facile”.

“Grazie a lei, Professoressa”, disse Hermione prima di guadagnare la porta.

Fuori dall’ufficio, si appoggiò al muro. Era felice di aver procurato a Draco l’aiuto di cui aveva bisogno ma si sentiva anche un po’ in colpa perché aveva tradito la sua fiducia. Non le piaceva impicciarsi e lo faceva solo se strettamente necessario, anche se la propria coscienza la faceva sentire comunque a disagio. Malfoy non ne sarebbe di certo stato concento, appena avesse capito ciò che aveva combinato.


Draco sedeva nella sala comune dei Serpeverde circondato da libri di Incantesimi, nel tentativo di concentrarsi sul tema piuttosto che sul dolore che traspariva dagli occhi della Granger ogni volta che lo vedeva. Sapeva che ignorarla sarebbe stato difficile ma era anche consapevole sarebbe stata la scelta migliore. Aver origliato la conversazione tra Pansy e Blasie aveva rinforzato la sua idea di che fardello sarebbe stato per lei se avesse incoraggiato quella amicizia. Che avesse voluto essergli solo amica o avesse voluto qualcosa di più, lui non andava bene per lei. Era troppo amaro, problematico ed incasinato, per non parlare di ciò che la comunità magica pensava di lui.

Sospirò e lanciò lo sguardo quando Harper, il Capitano di Quidditch del sesto anno, lo chiamò. Doveva smetterla di pensarla ossessivamente.

“Amico, la McGranitt mi ha chiesto di darti questo”, gli disse Harper, lasciandogli cadere in mano un foglio piegato in due.

Draco annuì in ringraziamento e lo lasciò cadere senza interesse sulla pila di libri. Non era mai una buona idea dare l’impressione di essere molto interessati ad un avviso di qualche professore, attorno agli altri Serpeverde. Raccolse la piuma e si preparò a cercare di finire quel dannato tema.

“Senti, hai più pensato a ciò che ti ho detto?”, gli chiese a disagio Harper.

Draco si accigliò, provando a ricordare l’ultima volta in cui si erano parlati. Poi si illuminò. Harper lo aveva avvicinato durante le prime settimane in cui era tornato ad Hogwarts e gli aveva chiesto se gli sarebbe piaciuto tornare in squadra. Ad essere onesti, lo aveva praticamente implorato e, quando aveva finalmente potuto assistere alla partita contro i Tassorosso, aveva capito perché. La squadra faceva schifo ed era formata da giocatori troppo giovani.

“Mi dispiace, non credo porterei alcun vantaggio alla squadra se tornassi”.

Harper scosse frustrato la testa. “Pensaci, Draco. Dobbiamo battere i Corvonero, se non vogliamo finire ultimi. È da duecento anni che Serpeverde non arriva così in basso e non voglio esserne io il Capitano responsabile”.

“Hai provato con Blasie e Theo?”.

“Sì, nessuno dei due è interessato. Se riuscissi a convincerli, lo appresserei. Dobbiamo davvero vincere la prossima partita”.

Draco annuì. Gli dispiaceva per lui. Quell’anno non era di certo stato semplice mettere assieme una squadra, visto anche ciò che pensava di loro il resto della scuola.

Aspettò che Harper tornasse dagli amici, prima di aprire il foglio della McGranitt.

Caro Signor Malfoy,

gradirei passasse nel mio ufficio domani alle tre. Vorrei discutere con lei di una cosa importante.

La parola d’ordine è Api Frizzole.

Professoressa McGranitt.

Draco si accigliò. Essere convocato dalla McGranitt non presagiva nulla di buono ed era anche sospettoso sul motivo. Da quando la Granger e Pansy gli stavano dietro, si era abbastanza calmato. Era riuscito a liberarsi del problema dell’alcool ed al momento si stava anche impegnando in classe e portava i compiti. Aveva inoltre smesso di vagare per il castello la notte, anche se a volte iniziava a pensare che sarebbe diventato matto rinchiuso nei sotterranei. Probabilmente era colpa della Granger.


Draco si ritrovò a dirigersi in trepidante attesa verso l’ufficio della McGranitt, il pomeriggio seguente. Non era sicuro di cosa aspettarsi, dato che lei non aveva mai nascosto il disagio che provava nei suoi confronti. Era una vera Grifondoro ed adorava Potter, Weasley e la Granger. Lui, invece, era il classico Serpeverde e, come tale, non le sarebbe mai piaciuto particolarmente. Pronunciò la parola d’ordine e salì le scale a spirale. Prese un paio di respiri profondi prima di irrigidire il viso, per non mostrare l’ansia che provava, e bussare alla porta.

“Avanti”, rispose la voce severa della McGranitt.

Aprì la porta ed entrò nell’ufficio.

“Ah, Signor Malfoy, prego, si sieda”, disse la Preside.

Draco si sedette, ignorando lo sguardo del vecchio Preside appeso al muro. Non aveva davvero voglia divedere quegli occhi azzurri che lo fissavano con comprensione.

“Signor Malfoy, probabilmente è un po’ confuso sul perché io l’abbia fatta venire qui”.

Lui annuì. Da vero Serpeverde, non voleva dimostrare troppo interesse né fare domande. La McGranitt sembrò comprenderlo e continuò. “È stato portato alla mia attenzione che lei necessiti del mio aiuto per poter proseguire gli studi dopo Hogwarts”.  

Draco imprecò mentalmente, rendendosi conto del perché si trovasse lì. Avrebbe dovuto sapere che quella dannata Grifondoro non sarebbe riuscita a rimanere fuori dai suoi affari. Perché aveva pensato di confidarsi con lei, non l’avrebbe mai capito. Era di certo il tipo che agiva, lei, che lui lo volesse o meno.

“Non sono sicuro di capire a cosa si riferisca, Professoressa”, disse contrariato.

La McGranitt sospirò nella sua direzione. Quell’espressione insolente non gli spariva mai dal viso di fronte a qualsiasi insegnante, tranne che con Severus Piton. “Signor Malfoy, possiamo giocare oppure accordarci così che io possa scrivere la lettera di raccomandazione che le serve. A certe condizioni”.

“Non posso dire essere contento che la Caposcuola sia venuta a parlarle, ma si tratta della Granger quindi avrei dovuto aspettarmelo. Sentiamo cosa propone”.

La McGranitt decise di ignorare il suo tono scortese. Se lo avesse ripreso avrebbero iniziato a litigare e Malfoy avrebbe lasciato il castello per sempre, il che lo avrebbe fatto tornare ad Azkaban. Anche se lei aveva fatto del suo meglio per non prestargli alcuna attenzione da quando era tornato, voleva comunque che i suoi studenti avessero il meglio, Serpeverde o meno.

“Voglio mi assicuri che migliorerà i suoi voti. Al momento, non verrebbe accettato al San Mungo. So che può migliorare e che è sempre stato uno dei più bravi della classe ma, se spedirò quella lettera per lei ed i suoi voti non si alzeranno, la mia reputazione come Preside sarà macchiata ed il San Mungo ci penserà due volte prima di accettare qualsiasi mia altra lettera di raccomandazione per qualche altro studente”.

Draco non era stupido. La Granger era riuscita a convincere la McGranitt a fare una cosa che non avrebbe mai voluto e lui avrebbe preferito tagliarsi il naso piuttosto che rifiutare quell’opportunità. Essere raccomandato dalla McGranitt, un’eroina di guerra ed uno dei membri originali dell’Ordine della Fenice, gli avrebbe dato qualche possibilità in più ed anche un po’ di credibilità.

Annuì. “Ho già iniziato a studiare di più e non la deluderò, se farà questo per me”.

La McGranitt strinse le labbra. “Sarà meglio, Signor Malfoy. È già riuscito a deludere parecchie persone nel corso degli anni. Sarebbe carino, per una volta, se riuscisse a sorprendermi”.

Draco contrasse la mascella. Odiava essere messo sotto esame dai Grifondoro. Mandò giù la rabbia ed uscì dall’ufficio prima di esplodere, grazie anche all’aiuto dello sguardo che Severus Piton gli aveva lanciato dal ritratto. Durante gli anni, anche lui aveva dovuto sopportare molti commenti cattivi e, se Piton ci era riuscito, lo avrebbe fatto anche lui, ma non significava avrebbe perdonato la Granger per essersi messa in mezzo. Non sarebbe stato difficile trovarla, dato che aveva passato gran parte delle vacanze di Pasqua in biblioteca. Ci si avviò senza nemmeno pensarci.


“Hermione, cosa c’è che non va in te?”, le chiese esasperato Ron. “Continui a giocare con le dita e guardi di continuo l’orologio”.

Harry sorrise. “Di solito siamo ti comporti così a causa nostra”, disse, indicando sé stesso e Ron.

Gli occhi di Ron si illuminarono. “Perché non ci prendiamo il resto del pomeriggio libero?”.

Hermione strinse le labbra e guardò il suo amico con disapprovazione. “Andiamo, Hermione”, si lamentò lui. “Siamo qui a ore e guarda, ho finito due temi interi”.

Hermione notò con la coda dell’occhio dei capelli biondi oltre la spalla di Ron ed il viso incavolato di Draco Malfoy apparve. Sapeva si sarebbe arrabbiato ma non credeva sarebbe andato diretto da lei dopo l’incontro. Il giorno prima, la McGranitt le aveva mandato un appunto per informarla di aver preso appuntamento con lui e che lo avrebbe visto alle tre. Probabilmente aveva creduto un avvertimento avrebbe potuto servirle.

“Sai cosa? Hai ragione, Ron. Abbiamo studiato molto. Credo possiamo sul serio prenderci il pomeriggio libero. Perché non andiamo da Hagrid?”, suggerì.

I due ragazzi iniziarono a guardarla in silenzio per qualche secondo per poi scattare in piedi e raccogliere le borse prima che lei cambiasse idea e gli facesse iniziare anche il tema di Incantesimi. Hermione si assicurò di rimanere in mezzo a loro quando uscirono dalla biblioteca. Con la coda dell’occhio notò lo sguardo arrabbiato che Draco le lanciò. Sì, si stava comportando da codarda e stava scappando, nella speranza che non fosse più così irritato quando finalmente sarebbe riuscito ad acciuffarla. Prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo.


Hermione sospirò di sollievo quando mise il naso fuori dalla torre di Grifondoro e non vide traccia del biondo. Aveva passato il resto del pomeriggio alla capanna di Hagrid prima di correre a cena in Sala Granger con Harry e Ron, dove si era seduta dando le spalle al tavolo di Serpeverde, non volendo incrociare lo sguardo di Draco. Sapeva quanto fosse ancora irritato e non voleva incoraggiarlo a cercarla più tardi. Era poi andata alla torre ma, dato che si stava facendo tardi, voleva tornare nelle proprie stanze.

Pronunciò la parola d’ordine ed oltrepassò la porta, prima di sentire qualcuno spingerla all’interno. Estrasse la bacchetta e si voltò, trovandosi davanti Draco che interrompeva l’incantesimo di disillusione. Imprecò silenziosamente. Era stata un’idiota. Era ovvio che l’avrebbe aspettata, si era solo disilluso. Tutti i Serpeverde lo facevano.

Draco rimase a guardarla minaccioso, prima di strapparle di mano la bacchetta e lanciarla per la stanza. La fissò per qualche secondo e lei percepì un brivido scorrerle lungo la schiena. Sembrava fosse pericolosamente fuori controllo e le era mancato quello sguardo. Negli ultimi giorni aveva solo visto il ghiaccio prorompere da lui.

“Che cosa ti dà il diritto di impicciarti nei miei affari?”, sibilò.

“Qualcuno doveva farlo. Non saresti mai andato a parlare con la McGranitt”.

“Non spettava a te farlo!”, sputò lui.

Hermione sbuffò e si mise le mani sui fianchi. “Senti, Draco Malfoy. Prima mi ignori per giorni e poi, quando faccio qualcosa di carino per te, vieni ad abbaiare nella mia sala comune ed urlarmi addosso”.

“No, ascolta tu, irritante e cespugliosa Grifondoro. Non devi andare dalla Preside alle mie spalle e parlarle di me”.

“Tu non l’avresti mai fatto, quindi non capisco la rabbia nei miei confronti!”, urlò Hermione.

“Perché spettava a me la decisione, non a te!”, urlò di rimando Draco.

Hermione si morse un labbro e si guardò i piedi. La rabbia sciamò di colpo, quando si rese conto che aveva ragione. Non aveva il diritto di intromettersi e forzargli la mano anche se, nel profondo, sapeva che lo avrebbe fatto comunque.

“Hai ragione, ho sbagliato. Non dovevo essere io ad andare a parlare con la McGranitt”.

Draco la guardò sorpreso. Hermione immaginò si aspettasse di litigare ancora. Annuì brevemente e si voltò per uscire dalla stanza.

“Draco, aspetta!”, lo richiamò lei quando ormai aveva raggiunto la porta.

Lui si voltò, ma piantò lo sguardo alle sue spalle mentre lei gli si avvicinò. “Perché ti comporti così?”, gli chiese.

“Così come?”.

Hermione gesticolò impaziente. “Sai che intendo. Sei venuto a controllare che stessi bene, ci siamo confidati, abbiamo dormito nello stesso letto e adesso ti comporti come se non mi conoscessi”.

Draco si spostò e la guardò. “È stata una serata casuale, in cui ci siamo confortati, Granger, ecco tutto”, ringhiò.

Hermione lo fissò in silenzio. Le sue parole l’avevano ferita più di quanto volesse ammettere, ma avrebbe insistito. “E come mi spieghi le altre notti che hai passato in questa stanza?”.

“Non è stato nulla di importante, Granger, passaci sopra. Avevi le mie scorte di alcool, ero annoiato e tu eri divertente con quella tua patetica auto-commiserazione”, le disse crudele.

Hermione fece un passo in dietro, come se l’avesse schiaffeggiata. Le sembrava di essere tornata indietro nel tempo e di trovarsi di fronte al Malfoy che la bullizzava. Si strinse nelle spalle e si voltò, mentre una lacrima le sfuggiva.  Le sarebbe servito da lezione per aver pensato di poter significare qualcosa per lui. Il dolore le stava aprendo un buco nel petto ma l’orgoglio non le permetteva di perdere la dignità.

“Fuori!”, gli urlò.

Sentì i suoi piedi raggiungere la porta e la maniglia abbassarsi e non riuscì a controllare il singhiozzo che le sfuggì dalla gola. Quando se ne accorse, era circondata dalle sue braccia con il viso premuto al petto. “Non volevo”, le mormorò lui.

“Ma l’hai detto”.

“Sono un idiota, lo sai”.

“Perché fai così? Non riesco a gestire questi cambi d’umore. Se non mi vuoi nella tua vita, vai e basta. Per favore, Draco”.

Draco sospirò ed Hermione ne percepì il fiato sui capelli. “Non voglio rovinarti la vita”, le disse alla fine.

“Perché dovresti rovinarmela?”.

Draco la lasciò andare a si passò una mano tra i capelli, mentre Hermione cercò un fazzoletto nelle tasche.

“”Senti, non so che sta succedendo tra di noi e mi confonde. Quando sono con te provo delle cose che non ho mai provato prima. Ti parlo di cose che non sa nemmeno Pansy. Cioè, ti ho persino raccontato di ciò che voglio fare nella vita e nessuno lo sa. Ciliegina sulla torta, tu sei così aperta e gentile, mi hai perdonato e la cosa mi destabilizza. Dovresti odiarmi e lanciarmi sguardi assassini come i tuoi amici, ma non lo fai. Mi inviti nelle tue stanze e mi aiuti ed io non so come mi sento a riguardo”.

Hermione gli fece un piccolo sorriso. Praticamente stava descrivendo come si sentiva anche lei ed era contenta di non essere l’unica ad essere confusa.

“Perché sorridi? Dovresti cacciarmi e dirmi di andare a quel paese”, urlò frustrato Draco.

“Ma non voglio cacciarti, mi piace stare con te”.

“Non dovresti”, la avvertì. “Non vado bene per te. Sono un mostriciattolo incasinato con una reputazione pessima ed un passato ancora peggiore”.

Hermione alzò gli occhi al cielo. “Sono grande, Draco. Penso di poter decidere da sola chi siano i miei amici”.

“Non ci hai pensato bene. La gente parlerà e non saranno cose carine. Inizieranno a dire che ti sto usando per il tuo status”.

“E cosa ci sarebbe di nuovo? Ci sono già passata. In effetti, se ricordo bene, sei stato tu ad aizzare quella piccola biscia, Rita Skeeter, perché spargesse bugie sul mio conto”.

“È proprio questo di cui parlo, Granger. Non è normale. Questa amicizia, o qualsiasi cosa sia, tra di noi non è giusta”.

“Cosa c’è di sbagliato?”.

“Io sono un ex Mangiamorte e tu una Nata Babbana. Non ti pare strano?”.

Hermione scrollò le spalle. “E quindi? Eri un bambino, ti hanno allevato a pensarla così. Poi sei cresciuto ed hai capito che le cose non erano proprio come te le avevano raccontate”.

“Sei deliberatamente ottusa”.  

“Che cosa vuoi che ti dica, Draco? Sì, riconosco la verità in tutto ciò che dici ma non me ne preoccupo. Ho passato tutta la mia vita nel mondo magico ad essere poco convenzionale e additata perché diversa, ma non mi interessa ciò che gli altri possono pensare se siamo amici. Non li riguarda”.

“E che mi dici dei tuoi, di amici? Non è nemmeno affar loro?”.

Hermione si accigliò. Harry e Ron sarebbero stati un problema. Sarebbero stati iper protettivi e non si fidavano per niente di Draco, il che significava che non avrebbero accettato la sua amicizia con il Serpeverde. Avrebbero creduto che l’avesse in qualche modo plagiata, ma era anche sicura di poterli gestire. Avrebbero potuto abbaiare un po’, ma alla fine avrebbero capito.

“Non preoccuparti per Harry e Ron. Gli parlerò quando sarà il momento”.

“Se potessi farlo una volta che avremmo finito Hogwarts, lo apprezzerei. Già una volta sono quasi stato ucciso da Potter, non mi va di dargli la possibilità di finirmi”.

“Ok, facciamo un patto. Non dirò loro nulla finché non ti sentirai a tuo agio, ma la smetterai di ignorarmi solo perché sei troppo preoccupato di ciò che le persone potrebbero dire”.

“Non ho smesso perché sono preoccupato. L’ho fatto perché non ti trovassi al centro di commenti ed occhiate cattive”.

Hermione scoppiò a ridere. “Oh Merlino, cerchi di fare il cavaliere proprio quando non dovresti”.

Draco ringhiò. “Non faccio il cavaliere, troppo da Grifondoro”, soffiò.

Lei gli batté una mano sulla spalla e sorrise. “Certo che no”.

“E smettila di prendermi in giro”.

Hermione lo ignorò. “Allora, accetti?”.

“Cos’avete voi Grifondoro con i patti?”, mormorò, ma alzò la mano e glie la strinse comunque.

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Capitolo 20
*** Balbettii ***


Cap 20

Balbettii

Hermione sorrise e si sedette di fronte a Draco, iniziando a sistemare i libri sul tavolo. Sospirò di sollievo per essersi liberata di quel peso. La maggior parte dei tomi della biblioteca di Hogwarts erano enormi e pesantissimi.

“Non stai rischiando un po’ troppo a sederti qui?”, le chiese Draco, alzando la testa dalla pergamena sulla quale stava scrivendo.

“I Grifondoro sono ad allenarsi per il Quidditch e chi altro ci potrebbe trovare, qui dietro?”.

Lui annuì e tornò a sfogliare il suo libro. Rimasero in silenzio per una decina di minuti prima che Draco lo chiudesse di scatto e si rilassasse sulla sedia, interrompendolo.

Hermione lo guardò curiosa. “Che cosa c’è?”, gli chiese notando la sua smorfia.

“Questa stupida Babbanologia. Devo frequentare il corso speciale per dimostrare di interagire con la cultura babbana, fa parte dell’accordo per il mio rilascio”.

Hermione rise. “Sono contento tu lo trovi divertente”, le rispose amaro.

“Beh, devi ammettere che ha il suo lato simpatico”.

“Draco si accigliò prima di sorridere di rimando ed a lei mancò il respiro. Si sarebbe mai abituata a quegli abbaglianti sorrisi che era in grado di farle? Abbassò la testa e si schiarì la gola. Non c’era alcun bisogno di fargli sapere quanto stesse peggiorando la sua cotta. “Allora, che cosa ti blocca?”, gli chiese.

“Il capitolo su Internet. Devo fare un tema su che impatto abbia avuto sulla vita dei Babbani, ma non sono nemmeno sicuro di aver capito che cosa sia”.

Hermione rise nuovamente. “Ad essere onesta, non so se posso aiutarti. Negli ultimi anni non ho passato molto tempo a casa quindi la rivoluzione di internet me la sono un po’ persa. Quando alla fine ho contattato qualche amico che avevo alle elementari tutti mi chiedevano l’e-mail e mi invitavano ad unirmi a qualcosa che si chiamava Chat”.

Draco grugnì. “Speravo saresti riuscita a farmici capire qualcosa”.

Hermione alzò una mano. “Dammi il libro e la traccia del tema. Gli darò un’occhiata e vedrò se posso fare qualcosa”.

“Grazie, Principessa. Mi salveresti la vita”.

“Non ricominciare. Pensavo avessi deciso di smetterla con quello stupido soprannome”.

Lui ghignò e lei alzò gli occhi al cielo prima di seppellire il viso nel libro di Babbanologia.

“Wow, è davvero interessante”, disse Hermione un’ora dopo.

Draco aveva ormai già iniziato a fare i compiti di Antiche Rune. “Cosa?”.

“Internet. È affascinante”.

“Se lo dici tu”.

“Devo mettere le mani su un computer. Mi chiedo se sia possibile installare un modem in un edificio magico. Mmm… no, ricordo distintamente che in Storia di Hogwarts spiegano il perché la tecnologia babbana non può funzionare nel castello”, mormorò distrattamente.

“Granger, se hai finto di sproloquiare riguardo cose assurde, ti dispiacerebbe spiegarmi lo scopo di internet? Così potrei finire quel dannato tema”.

Lei sorrise ed iniziò a spiegargli ciò che aveva capito. Presto, grazie al suo aiuto, il compito venne completato.

“Beh, non era così difficile, no?”, gli chiese.

“Per te. Odio dover fare compiti in più. Tra l’altro, mi fa odiare ancora di più i Babbani”.

Qualche mese prima, Hermione avrebbe preso quel commento sul personale mentre in quel momento lo comprese per ciò che era: Draco cercava solo di mettere a parole la propria irritazione nel dover essere costretto a fare qualcosa per cui non era molto bravo.

“Non era così male, mi hai persino fatto domande sui Babbani che non centravano nulla”, gli fece notare.

Lui la guardò un po’ imbarazzato. “Solo perché mi hai aiutato, immagino. Almeno hai reso la cosa interessante”.

“Draco!”, chiamò Pansy, spuntando da dietro l’angolo. “Allora è qui che anche tu ti nascondi”.

“Cia, Pansy”, disse Hermione. “Comunque, farei meglio ad andare. L’allenamento di Quidditch finirà presto ed Harry e Ron vorranno annoiarmi con tutte le tattiche che hanno preparato”.

Pansy rise. “In bocca al lupo. Fortunatamente per me, non devo più averci nulla a che fare”.

Hermione grugnì. “Ti invidio. Ancora qualche mese e poi finalmente sarà finita, anche se continueranno a giocare. Fammi sapere se c’è qualcos’altro per cui hai bisogno, Draco”, gli disse prima di afferrare la borsa e sparire.

Gli occhi di Draco la seguirono involontariamente finché non svanì dietro gli scaffali. Alzò poi la testa verso la sua amica, che era rimasta stranamente in silenzio. Pansy stava sorridendo sfavillante.

“Allora tu ed Hermione siete di nuovo amici, eh?”, gli disse, inarcando le sopracciglia.

Lui grugnì. “Mi ha aiutato con un tema sui Babbani”.

“Ti ha chiamato Draco”, gli disse con voce cantilenante.

“È la Granger. Se le parli per più di tre secondi inizia già a pensare siate migliori amici”.

Pansy si lasciò cadere sulla sedia che la Granger aveva lasciato libera. “Non mi freghi neanche un po’, Draco Malfoy. Hai persino sorriso. Hai rinunciato a starle distante?”.

“Credo inizierò a stare lontano da te, nel prossimo futuro”, mormorò lui.

“Sì, sì, Draco. Smettila e racconta tutto a zia Pansy”.  

Draco alzò gli occhi al cielo. Pansy diventava insopportabile a volte. Lo avrebbe tormentato e preso in giro finché non avesse ottenuto ciò che voleva. “Ok, abbiamo deciso di smettere di evitarci”.

“Più che altro sei tu che hai deciso di smetterla di sbatterci il naso per salvarti la faccia”, mormorò lei.

“Vuoi sentire il resto o no?”.

“Ok, ok. Non diventare isterico”.

“Allora smettila di interrompermi”.

Pansy fece il gesto di cucirsi la bocca e lanciare via la chiave.

“È andata dalla McGranitt a parlarle di una cosa che le ho raccontato in confidenza. L’ho rintracciata, ci siamo urlati contro e l’ho fatta piangere. Poi ho capito che dovevo smetterla di fare l’idiota”, riassunse Draco.

“Wow, Hermione fa miracoli. Ti ha persino fatto ammettere di essere un idiota!”.

“Molto divertente, Pansy”.  

“Allora, ora voi due siete amici?”.

“Immagino di sì. Di certo non inizieremo ad andare a braccetto per la Sala Grande o qualcosa del genere. Cioè, ho ancora voglia di vivere e quei due stupidi dei suoi amici probabilmente penserebbero io abbia usato l’Imperio. Mi ucciderebbero, se lo scoprissero”.

Pansy sorrise. “Sono felice per te. Mi piace Hermione, è una brava ragazza”.

Draco strinse gli occhi. “Perché sei felice per me? Non è che io stia per sposarla”.

“Non mi freghi, Dracuccio. Lei ti piace”.

“Chiamami di nuovo così e rischierò di passare la vita ad Azkaban. Oh, e a me non piace la Granger”.

Pansy si allungò sul tavolo e gli accarezzò una guancia. “Certo che no”, gli disse con accondiscendenza.

Draco borbottò. Odiava quando diventava così. Certo che gli piaceva Hermione, ma non avrebbe fatto nulla, anche perché lei meritava di meglio. “Studiamo assieme e basta”.

“Con Blasie è iniziata così”.

“No, non è vero”, obiettò lui. “Se ricordo bene, hai messo gli occhi su di lui al sesto anno. In effetti, se ricordo bene, hai detto una cosa come “Blasie va bene, credo che per me possa andare”. Sei stata molto eloquente”.

“Beh, ma ho iniziato a studiare con lui ed una cosa ha tirato l’altra”, si difese.

“Povero ragazzo”.

Pansy si lanciò i capelli alle spalle. “Concorderai che è lui quello fortunato”.

Draco le sorrise. Blasie era più fortunato di quanto immaginasse. Di ragazze come lei ce n’erano una su un milione.

“Comunque, credo tu abbia festeggiato un po’ troppo presto per il Quidditch”, le disse.

Lei si accigliò. “Che intendi?”.

“Ieri Blasie e Theo hanno parlato con Harper riguardo ad un possibile loro aiuto per l’ultima partita dei Serpeverde della stagione”.

Pansy grugnì e sbattè la testa sul tavolo. “No! Pensavo di aver bandito il Quidditch dalla mia vita per sempre”.

“Andiamo, Pansy. Non vuoi farci finire ultimi, no?”.

“Harper ha persuaso anche te alla fine?”.

“No. Dubito potrei aiutare ad ottenere qualcosa, a parte dare carica in più agli avversari”.

Pansy fece una smorfia. La infastidiva che Draco fosse odiato in quel modo dal resto di Hogwarts, era ingiusto. Era stato solo un bambino un po’ problematico, trascinato dalla sua famiglia ad avere a che fare con il Signore Oscuro. Quanti di loro si sarebbero rifiutati, se si fossero trovati di fronte a Voldemort che gli diceva che i genitori sarebbero stati uccisi se non avessero portato a termine la missione? Tra l’altro, molti degli stessi studenti erano stati più che felici di prendere in giro anche Potter, soprattutto durante il quinto anno quando il Ministero aveva portato avanti quella campagna denigratoria contro di lui. L’ipocrisia che mostravano ora per Draco ed i Serpeverde la faceva infuriare. Sospirò. Non importa quanto potesse lamentarsi per ciò che era successo negli ultimi anni, non sarebbe cambiato nulla. Poteva solo sperare che il futuro fosse clemente.


Più tardi quella sera, Hermione sedeva contenta in sala comune dei Grifondoro, sorridendo al pensiero del suo incontro con Draco. Si sentiva molto più leggera, ora che erano tornati ad essere amici. Non che lo fossero mai stati prima, avevano solo iniziato a parlarsi invece che ignorarsi, ma dalla conversazione nelle sue stanze ormai sentiva un legame d’amicizia. Era una cosa che avevano voluto ed accettavano entrambi, anche se non l’avrebbero detto troppo in giro.

La mente le tornò a ricordare i suoi amici. Avrebbero mai capito una cosa del genere? Sperò di sì. Prima o poi avrebbe dovuto dirglielo. Non voleva avere dei segreti con loro, non ne era nemmeno da lei, e non aveva combattuto una guerra perché non lo facessero. Tra l’altro, era lei a dover combattere anche secoli di vecchi pregiudizi e non avrebbe accettato che quelli dei suoi amici nei confronti di Draco. Non voleva iniziassero a frequentarsi o qualcosa di simile, ma si aspettava che almeno la capissero e non cercassero di farla desistere.

“Terra chiama Hermione”, le disse Ron, sventolandole una mano di fronte al viso.

“Scusa, mi sono persa via”, replicò lei.

“Ma va? Sono secoli che cerco di attirare la tua attenzione”.

“Beh, se iniziate a parlare di Quidditch io mi dissocio”.

“Abbiamo smesso da ore”, obiettò Ron.

“Ma se fino a cinque minuti da stavate chiacchierando di qualcosa tipo la Formazione di non so che”.

“Noioso? Noioso?”, esclamò scandalizzato Ron.

Hermione sorrise a mo’ di scuse. “Mi dispiace, per me lo è. Non mi interessa niente della Finta Wonky o della Formazione Zampe di Corvo”.

“La Finta Wonky! Harry, come ha fatto ad essere nostra amica per otto anni?”, si disperò Ron.

“È la Finta Wronski, Hermione”, la corresse Harry.

Hermione sorrise malevola. “Lo so. Viktor ne parla in ogni lettera”.

“Oh, allora quanto Viktor ti parla di Quidditch te lo ricordi ma quando il piccolo Harry oppure io lo facciamo non è così importante”, sbuffò Ron.

“Ce l’hai ancora su con Viktor? Pensavo ti fosse bassata dopo il matrimonio di Bill e Fleur”, gli disse lei.

“Penso sia inquietante. Cioè, quando mai un diciottenne chiede di uscire ad una di quattordici anni? È da schifo”.

Hermione sospirò e Ginny alzò gli occhi al cielo. Ron era ancora incredibilmente geloso di Viktor. Non capiva perché si sentisse ancora così minacciato da lui. Non provava alcun sentimento recondito per lei, anche perché ci avevano provato e non era andata bene e, comunque, ormai era troppo innamorato di Hannah.

“Ron, avevo quindici anni. Non erano poi così tanti anni di differenza e non abbiamo nemmeno fatto nulla a parte darci un unico bacio”.

Ron si coprì le orecchie con le mani. “La la la! Non voglio sapere niente”.

Harry rise. “Ron, davvero, sei un po’ ridicolo. E poi perché la stai snervando con questa storia?”.

Il rosso grugnì. “È solo che non capisco perché sia ancora in contatto con quello”.

“Siamo amici, è normale. E non è inquietante, è un bravo ragazzo”.

“È stato a Durmstrang”.

Hermione alzò le mani. “Sei impossibile. E allora, anche se ha frequentato Durmstrang?”.

“Non mi fido di loro. Sono tutti fissati con le arti oscure e cose del genere”.

Hermione lo guardò seria. “Devi smetterla con questi pregiudizi. È solo un pettegolezzo che Viktor nemmeno si merita. Ha molto più che dimostrato di non averci nulla a che fare”:

“Sì, andiamo, Ron. Non parliamo mica di Malfoy”, gli fece notare Harry.

Lo stomaco di Hermione si contrasse e lei lanciò un’occhiata involontaria a Ginny, che la guardava fissa. Arrossì leggermente. In che casino si stava cacciando? Harry e Ron non avrebbero mai rinunciato alla loro ostilità e non avrebbero mai accettato la sua amicizia con Draco. Ron non riusciva nemmeno a dire qualcosa di carino su Viktor e non si vedevano da anni.

“Non capisco perché Hermione non riesca ad interessarsi ad un ragazzo di Grifondoro”, si lamentò Ron, facendole riportare l’attenzione sulla conversazione. “Cos’hanno che non va Dean o Seamus?”.

Hermione iniziò a battere il piede per terra, irritata. “Sono ancora qui, non parlare di me come se non ci fossi”.

Ron le si avvicinò. “Perché non chiedi a Seamus di uscire? È un bel ragazzo”.

Hermione si surriscaldò. Odiava quando Ron iniziava a fare così, non aveva tatto e la mandava fuori di testa. Aveva la sensibilità di un bulldozer e sembrava sempre pestare i suoi sentimenti. “Perché non mi piace Seamus. Perché non mi lasci prendere da sola le mie decisioni?”.

“Le tue decisioni fanno schifo. Guarda con Viktor”.

“Concordo con te su una cosa: le mie scelte hanno fatto schifo quando ho deciso di provarci con te!”, gli urlò prima di uscire dalla sala comune come una furia.

Ron guardò sconvolto sua sorella ed il suo migliore amico. “Che ho detto?”.

Harry grugnì e Ginny si diede una mano in fronte. “Non hai mai capito come parlare ad Hermione”, gli fece notare.

“Non è colpa mia se se la prende per qualsiasi cosa”.

“Ron, praticamente l’hai attaccata per la sua amicizia con Viktor che, voglio aggiungere, è un ragazzo davvero carino. Poi ti sei comportato come se lei avesse una passione per i maghi oscuri”, gli disse Harry.

Il rosso continuò a mantenere un’espressione confusa. “Spiegaglielo tu!”, ordinò Ginny al suo fidanzato. “Io vado a controllare che Hermione non stia pianificando la sua vendetta”.


Hermione sbattè la porta della sua sala comune ed anche quella della camera, per poi lanciare per la stanza il cuscino. Ron la faceva infuriare, a volte. Non la capiva, ecco perché la loro relazione non aveva funzionato. Lui era una persona semplice, così come lo era la sua vita, per cui non aveva mai capito che non tutti potevano essere come lui. Era irritante. Si lanciò sul letto, grugnì per la frustrazione e pestò i piedi sul materasso. Dopo qualche minuto, si sentì meglio.

Quando la rabbia le passò, diventò triste. Quando Ron aveva menzionato Seamus come possibile fidanzato, le era apparsa alla mente l’immagine del Serpeverde torturato. Si prese il viso tra le mani. Aveva sperato che l’attrazione che provava per Draco avesse iniziato a scomparire, mentre in realtà diventava solo più forte. Le si prospettavano nient’altro che problemi, ma era l’unico che le interessava sul serio.

Qualcuno bussò alla porta. “Avanti”, disse Hermione, pregando che non fosse Ron, altrimenti avrebbe perso completamente il controllo. Una familiare testa rossa si infilò dalla porta, ma riconobbe sollevata che si trattava di Ginny.

“Non so proprio come faccia ad essere mio fratello”, iniziò a dire lei.

“Mi fa uscire di testa. Gli piace troppo giudicare”.

“Secondo me è colpa di mamma, che lo ha chiamato Bilius come secondo nome. Tutti gli altri hanno il nome di qualche zio, tranne Bill che ha quello di papà. Quando è nato Ron, era rimasto solo zio Bilius e, sfortunatamente, ha ereditato qualche sua caratteristica, come l’incapacità di chiudere la bocca od avere un po’ di tatto”.

Hermione le sorrise debolmente. Sapeva che Ginny stava cercando di farla sentire meglio. “Dopo otto anni, crederesti che almeno abbia capito come parlarmi”.

Ginny fece una smorfia. “Conosce me da diciassette ed ancora non ci è riuscito. Che Merlino lo benedica, non imparerà mai”.

“Non so perché gli permetto di farmi arrabbiare così”.

“Perché a volte può essere una pigna”.

Hermione rise e si sedette. Ginny aveva un sacco di pregi, tra cui farla rallegrare quando Ron le faceva invece perdere le staffe.


Rimasero a chiacchierare sotto la coperta e passarono un paio d’ore prima che Ginny riportasse a galla l’argomento che Hermione temeva. “Allora, che succede tra te e Malfoy?”.

Hermione la fissò, sentendo il bisogno di parlare con almeno una dei suoi amici. Ci pensava da un po’ e le era venuta l’ansia. Voleva esplorare la sua amicizia con Draco ma era anche preoccupata dei potenziali problemi che sarebbero scaturiti con gli altri. Odiava sentirsi divisa a metà. Voleva solo passare un ultimo anno tranquillo ad Hogwarts, non litigare di continuo. Ginny le pizzicò un braccio e lei si voltò, notando l’amica poggiare la testa sulla mano, in attesa.

“Allora?”, le chiese ancora Ginny.

Hermione sospirò. “Non so cosa dire”.

“Gli parli ancora? Di recente non vi ho visti scambiarvi sguardi e sì, vi ho guardati”.

Hermione prese un respiro profondo e decise di raccontarle tutto. Quale sarebbe stata la cosa peggiore che Ginny avrebbe potuto fare? Andare a spifferare la cosa ad Harry e Ron, le disse la vocina nella mente, ma la ignorò. Doveva iniziare da qualcuno, se aveva davvero intenzione di portare avanti un’amicizia con Draco e Ginny era la meno propensa a lasciarsi andare all’ira.

“Per un po’ mi ha ignorata”, le disse alla fine.

Ginny grugnì. “Che intendi dire? Non dovrebbe essere il contrario?”.

“Ginny, per favore, non rendermela ancora più difficile”.

La rossa rimase in silenzio ed Hermione lo prese come un segnale di incoraggiamento per continuare. “È venuto da me la note dell’anniversario di Malfoy Manor”, le disse.

Ginny sembrava voler intervenire, ma lei alzò una mano. “Per favore, fammi finire prima di dire qualcosa. Voleva controllare che stessi bene ed abbiamo passato la notte a parlare”.

“La notte? È rimasto qui?”, squittì sconvolta Ginny.

“Non subito. Se n’è andato dopo un po’, gli sono corsa dietro io e gli ho chiesto di tornare e rimanere”.

Ginny imprecò e si premette il viso contro il cuscino. “Hermione, non ti riconosco più. Che cosa stavi pensando? Non avresti dovuto mandarlo via a calci appena si è presentato? Cioè, è rimasto li a guardarti torturare”.

Hermione si infiammò. “È venuto a scusarsi e vedere se stessi bene. e comunque, che cosa avrebbe dovuto fare quel giorno al Manor? Non era nella posizione di aiutarmi”.  

Ginny la guardò scioccata. “Perché lo difendi così veementemente?”.

“Perché sei ingiusta. Perché dovrei condannarlo senza nemmeno ascoltarlo? È venuto a dirmi che gli dispiaceva ed io lo rispetto per questo. Non deve essere stato facile per lui”.

“Povero piccolo Malfoy, la vittima di tutto questo”, disse sarcastica Ginny.

Hermione si sedette e le lanciò un’occhiataccia. “Perché mi prendo la briga di raccontartelo? Mi stai giudicando”.

“Hermione, stai perdendo la testa. È Malfoy, di certo non è un innocente che è rimasto invischiato in questa storia”.

Hermione saltò giù dal letto ed iniziò a camminare furiosamente avanti ed indietro per la stanza. “Ecco dove sbagli. In un certo senso è innocente. Non voleva diventare Mangiamorte. Beh, almeno non quando ha capito ciò che avrebbe significato, ma non si trovava in una posizione semplice. Che cosa avresti fatto tu, se Voldemort avesse minacciato di uccidere la tua famiglia se non avessi fatto ciò che voleva?”.

“Avrei combattuto. Mi sarei rifiutata di inchinarmi ai voleri di una persona malvagia”.

Lei guardò scettica la sua amica. “Ne sei sicura? Anche se fossi stata cresciuta credendo che i Nati Babbani fossero inferiori e che Voldemort fosse nel giusto?”.

“Sì!”.

“Ti stai illudendo. Se ti fossi trovata al posto di Draco, scommetto che avresti fatto la stessa cosa”, sbuffò.

Il volto di Ginny diventò rosso come quello di Ron quando si arrabbiava. “Penso tu sia diventata matta. Lo so che credi di dover dare una seconda possibilità alle persone, ma stai sbagliando questa volta. Stai lasciando che i tuoi sentimenti per lui offuschino il tuo giudizio”, le disse Ginny prima di uscire dalla stanza.

Hermione seguì l’amica nella sala comune. Ormai era arrabbiata anche con lei e la cosa si stava trasformando in una brutta litigata. “Oh, ma per favore, solo perché non vedo le cose come te credi sia diventata irrazionale. Sono la persona più logica che tu conosca!”, le urlò dietro.

“Sei anche sensibile e ti garantisco che Malfoy lo sa, motivo per cui ti sta usando a suo vantaggio”.

Hermione urlò per la frustrazione. “Parli tanto di Ron ma sei come lui. Hai la mente ristretta e non sei capace di guardare oltre e capire che il mondo non è solo bianco e nero!”.

“Perché non vai a piangere sulla spalla dei tuoi nuovi amici Serpeverde? Così vedrai quanto benevoli sono appena non avranno più bisogno della tua reputazione!”, le urlò di rimando Ginny.

La porta si aprì con un click e le due ragazze si bloccarono. Hermione si sentiva il petto pesante per tutta la rabbia accumulata e chiuse gli occhi alla vista della figura di Draco Malfoy che entrava con in mano la borsa dei libri. Il ragazzo si fermò quando le notò in sala comune ed alzò un sopracciglio.

Quello fu tutto ciò di cui Ginny aveva bisogno per ricominciare. “Oh, guarda, ecco che arriva il tuo Mangiamorte a salvarti!”.

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Capitolo 21
*** Discussioni ***


Cap 21

Discussioni

 

Draco fece una smorfia alla strega più giovane. “Ti ha morso qualche tarantola, piccola Weasley?”.

“Vaffanculo, Malfoy. Perché non te ne torni sotto il sasso da cui sei strisciato fuori e lasci in pace Hermione?”.

“Vedo che frequentare San Potter ti ha passato la mania di grandezza. Chi sei tu per darmi ordini? Non sei altro che una Weasley presuntuosa”.

“E tu nient’altro che un Mangiamorte fallito, troppo codardo per esserlo come si deve”.

Draco diventò rigido per la rabbia e strinse la mascella. Odiava quando le persone lo chiamavano codardo. Come se qualcuno dei Grifondoro avrebbe potuto capire ciò che aveva passato negli ultimi due anni. No, erano troppo occupati a giudicare dal loro piedistallo.

Allungò le dita sulla bacchetta, pronto a lanciarle la fattura che aveva sulla punta della lingua, ma poi catturò lo sguardo della Granger. Era pallida come un lenzuolo e sembrava stesse per svenire per lo stress. La cosa lo fece riflettere e la rabbia svanì leggermente. Non meritava di dover assistere ad un litigio tra lui e la sua migliore amica nella sua sala comune. Fu solo quello, il pensiero che lo trattenne.

Piuttosto, arricciò le labbra e si avvicinò di un passo a quella stronza dai capelli rossi. “Io so cose che tu nemmeno riusciresti a comprendere, ragazzina. Ti suggerisco di tornare dal Ragazzo delle Meraviglie e continuare a fare a finta che il mondo sia bianco e nero”.

La giovane Grifondoro si infiammò di rabbia. “Credi che ti lascerò qui da solo con Hermione? Credi male! Stai lontano da lei!”.

Draco allontanò la bacchetta che la Weasley gli sventolava sotto al naso. Tremava così forte che riusciva a malapena a tenerla in mano.

La Granger decise in quel momento che ne aveva abbastanza. Si mise tra i due e mise loro una mano sul petto. “Smettetela, per favore! Basta! Non lo sopporto più!”.

Draco incrociò le braccia e continuò a lanciare occhiate alla più giovane dei Weasley. Lei distolse gli occhi da lui e li puntò sulla Granger. “Digli di andarsene, così possiamo parlarne. Ti farò capire che non è una persona per bene”.

La Granger assunse l’espressione testarda che le veniva sempre quando le dicevano cosa fare. “Non capisci, Ginny. Non spetta a te decidere chi può essere mio amico e chi no. Se non volessi Draco qui non saprebbe la parola d’ordine per entrare”.

La Weasley la fissò incredula. Non si era nemmeno resa conto che era entrato da solo.

“Che cos’hai che non va, Hermione? Lui porta sfortuna, perché non lo capisci?”.

“Spetta a me decidere. Non tocca a te dirmi cosa fare o meno”.

Draco ghignò. “Penso sia il tuo turno di sparire, Weasley. Devo parlare con la Granger ed i tuoi germi da Weasley mi avvelenano l’atmosfera”.

“È così affascinante, Hermione. Capisco perché tu lo metta prima dei tuoi veri amici. Sai, quelli che sono rimasti al tuo fianco mentre lui ti augurava la morte”.

La Granger sussultò, come se la Weasley l’avesse colpita. La rossa la guardò seria un’ultima volta prima di girare i tacchi e marciare fuori con le spalle rigide.  

Appena la porta sbattè, la Granger ondeggiò come se stesse svenendo. Draco le si avvicinò e la fece arrivare al divano. Si sedette al suo fianco e lei nascose il viso contro il suo petto, con le spalle che tremavano per il pianto. Lui le accarezzò i capelli mentre continuava a singhiozzare senza freno. Dopo cinque minuti, la camicia gli si stava inzuppando troppo così decise di farla finita. “Andiamo, Granger. Non si merita le tue lacrime”.

“Non cominciare”, mormorò la Granger contro il suo petto. “Vorrei che le persone la smettessero di dirmi con chi dovrei fare amicizia”.

“Non sono così stupido da dirti di rompere con lei, hai sempre avuto una passione per le cause perse. Fare amicizia con gli elfi domestici, i Weasley, l’eterno martire di quel Potter ed un ex Mangiamorte seriamente incasinato. Solo tu ci riesci”.

Questo riuscì a farla ridere. Alla fine, alzò la testa e si asciugò le lacrime con la mano. Draco alzò gli occhi al cielo, prima di allungarsi e prendere un fazzoletto dalla scatola sopra il tavolino da caffè. Glie lo passò, così che potesse pulirsi il viso.

“Se mi hai lasciato qualche caccola addosso, Granger, ti affatturo”, le disse, controllandosi la camicia bagnata tirandola con tue dita.

“Ti starebbe bene”, gli disse lei.

“Sei fortunata. Anche se mi sembra di avere qualche strisciata di trucco. Fantastico”, la prese in giro.

Hermione si alzò. “Dove vai?”, le chiese.

“Torno tra un attimo. Devo lavarmi la faccia e ti porto qualcosa di asciutto da mettere”.

Draco rimase sul divano per qualche minuto, chiedendosi che Merlino stesse facendo la ragazza. Creare problemi tra lei e la sua amica non era nei suoi piani. Poteva anche odiare quegli stupidi Grifondoro ma non gli piaceva vederla così sconvolta a causa loro. Quella stronza della Weasley era un’altra storia. Non la riguarda ciò che facciamo io e la Granger, pensò indignato, dimenticandosi completamente di aver passato parte delle vacanze di Pasqua ad ignorare Hermione proprio perché non voleva essere il motivo per cui dovesse litigare con i suoi amici.


Hermione cercò di riguadagnare un po’ di sanità mentale. Si era guardata con orrore allo specchio ed aveva constatato in che stato fosse. Non solo si era messa in imbarazzo piangendo sul petto di Draco ma aveva anche il viso a chiazze rosse. L’acqua fredda non aveva migliorato la situazione così si lanciò un incantesimo calmante, che almeno le fece sparire il rossore ma gli occhi gonfi rimasero. Si legò i capelli in una coda veloce e respirò profondamente, poi iniziò a cercare nell’armadio qualcosa di decente da dare a Draco. Trovò solamente una delle vecchie magliette da Quidditch appartenente ad Harry, che glie l’aveva prestata quell’inverno quando si era completamente inzuppata durante una battaglia a balle di neve. Se la mise sulla spalla e corse di nuovo alla sala comune. Draco era ancora seduto lì e fissava fuori dalla finestra.

“Te la sei presa comoda”, commentò quando riapparve.

“Scusa. Tieni”, gli disse, lanciandogli la maglietta. “È l’unica cosa che ho trovato”.

Draco la raccolse ma la lanciò subito sdegnato sul tavolino da caffè. “Hai perso la testa, Granger?”.

“Cosa? È asciutta e della taglia giusta”.

“Preferirei andare in giro con i tuoi vestiti addosso piuttosto che con qualcosa con scritto Potter sulla schiena”.  

“È l’unica cosa che ho che ti può entrare”.

“Allora passo, grazie”.

“Che stai facendo?”, squittì Hermione quando Draco si alzò ed iniziò a sbottonarsi la camicia.

“Mi tolgo la camicia bagnata”.

“Ma non ha nient’altro da mettere”.

“Non me la terrò addosso. Non posso certo ammalarmi quando manca così poco ai M.A.G.O.”.

“Ti ammalerai se rimarrai senza vestiti”, rispose iperventilando Hermione.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Non sono mica nudo! E comunque, c’è il camino. Possiamo accenderlo, così la camicia si asciugherà velocemente”.  

Hermione distolse lo sguardo mentre lui rimase a petto nudo. Ovviamente non indossa nulla sotto, pensò amaramente Hermione, sarebbe stato troppo semplice. Non sarebbe mai riuscita a controllarsi di fronte al suo petto. L’ultima volta si era trattenuta a stento. Udì appena il fischio del caminetto che si accendeva e le fiamme resero immediatamente un po’ più calda la sala comune. Percepì poi Draco che si sedeva sul divano di fianco a lei e sperò fortemente che Ginny non sentisse il bisogno di tornare a controllare che stesse bene, perché la scena di un Serpeverde mezzo nudo lì con lei non l’avrebbe vista di buon occhio.

Iniziò a pensare a qualcosa da dire, prima che una cosa importante le tornasse alla mente. “Come hai fatto a scoprire la mia parola d’ordine?”.

“L’ho origliata quando ti ho aspettata l’altro giorno”.

“Ed hai pensato di iniziare ad usarla senza il mio permesso?”.

Draco rise. “Non posso continuare a gironzolare di fronte alla tua porta. Prima o poi un Grifondoro mi beccherebbe, la cosa potrebbe sembrare troppo strana e finirei di nuovo in infermeria”.

“Certo, ma sarebbe stato carino se me lo avessi chiesto prima di entrare da solo e causare il disastro con la tua presenza”.

“Scusa, Principessa”, disse Draco, senza la minima traccia di dispiacere.

Hermione ci rinunciò. “Che cosa volevi?”.

Draco si piegò, afferrò la borsa dei libri e la posò sul tavolino. “Ripassare l’ultimo progetto di Artimanzia con te”.

“E non potevi aspettare fino a domani?”.

“Granger, sono scioccato! Pensavo saresti stata pronta per studiare a qualsiasi ora”.

Hermione alzò gli occhi. Come si aspettava, il ghigno arrogante era tornato, anche se non la faceva più infuriare, forse perché ormai aveva capito cosa celasse. Precedentemente, quando lo sfoggiava nei suoi confronti, era maligno e cattivo. Ora invece arrivava assieme ad una scintilla divertita negli occhi ed un leggerissimo sorriso.

“Idiota”, disse Hermione, sorridendogli e dandogli un buffetto sul petto. La sua mano entrò in contatto con un rilievo innaturale così abbassò lo sguardo e boccheggiò quando vide una cicatrice frastagliata. Non capì come aveva fatto a non accorgersene la settimana prima, a letto. “Draco, da dove viene quella?”, gli chiese con gli occhi ancora incollati nello stesso punto.

Il silenzio che ne seguì le fece alzare il viso. Lui fissava il fuoco, con la mascella contratta, così fece due più due. “Harry”, constatò. “Quando ha usato il Sectumsempra su di te?”.

Draco ancora non la guardò ma annuì e le dita di Hermione la accarezzarono. “Si è sentito davvero in colpa per quello”, gli disse.

Draco si scansò ma la fissò negli occhi. “Oh, povero Potter! Scommetto che ha singhiozzato per il rimorso dopo avermi aperto in due”, sibilò.

Hermione abbassò la testa verso le mani, ormai posate in grembo. Harry era un punto dolente per Draco e sospettava lo sarebbe stato per sempre. “Draco...” iniziò.

“No, Granger. Non sono interessato. Non me ne frega niente dei pensieri di Potter. Non è il piccolo innocente e santo che lo dipingi. Ha lanciato quella maledizione per farmi male”.

Hermione percepì per l’ennesima volta la rabbia tornare in superficie. “E tu lo avresti colpito con una delle Senza Perdono, quindi non scaldarti per quello che ti ha fatto lui”.

“Sì, beh, ti ho già detto che non devi scambiarmi per una brava persona, no?”. Come per voler dimostrare la verità delle sue parole, allungò il braccio per afferrare la camicia ed Hermione notò con il Marchio con la coda dell’occhio. Non l’aveva ancora mai visto da così vicino e rabbrividì appena.

Draco se ne accorse e si rimise rapidamente la camicia. “Non confondermi con qualcuno di dolce e carino, Granger. C’è un lato di me che non capirai mai”, ruggì prima di afferrare la borsa ed andarsene.

Hermione rimase sul divano, con la mente bloccata su quel repentino cambio di personalità. Un minuto prima la prendeva in giro per le sue abitudini di studio e quello dopo si arrabbiava e le ringhiava. Nonostante avesse voluto ricordarle di come fosse cresciuto in modo diverso da lei ed i suoi amici ed avesse voluto farle capire l’avvertimento, non era servito. Per quanto ci provasse a riferirsi al ragazzo che era stato prima della guerra, lei sapeva che era cambiato, lo dimostrava il suo desiderio di continuare a volerla cercare. Il vecchio Draco avrebbe preferito morire piuttosto che rimanere in compagnia di una Sanguesporco. Abbassò gli occhi ed intravide un lampo di verde sul pavimento. Si abbassò e raccolse la cravatta che aveva dimenticato, iniziando a stringerla tra le mani pensando all’uomo che era diventato.


Ginny fissava seria il punto del tavolo dove Hermione stava smangiucchiando un toast. Aveva notato l’aspetto dell’amica e sembrava che nessuna di loro avesse dormito molto la notte precedente. Si chiese se fosse stato, ancora una volta, a causa di Malfoy. Percepì un moto di rabbia al pensiero, prima di rendersi conto che Hermione era triste. Lanciò uno sguardo verso il tavolo dei Serpeverde. Non aveva mancato di osservare che Hermione si era seduta dando loro le spalle né lo sguardo tetro di Malfoy, che ogni tanto lanciava un’occhiata alla sua amica. Stava anche ignorando la Parkinson, che invece gli chiacchierava nelle orecchie e cercava di ficcargli in bocca del cibo. Arrossì e distolse l’attenzione non appena lui se ne accorse e le ghignò.

Riportò gli occhi su Hermione quando lei rimise sul piatto il toast ed afferrò la borsa per andarsene. Ovviamente aveva fatto a finta di mangiare. Ginny guardò nuovamente in direzione di Malfoy, che fissava la sua amica con espressione dilaniata.

Pizzicò velocemente la guancia di Harry. “Devo scappare, amore. Mi sono dimenticata il libro di pozioni in camera”.

Si affrettò ad uscire dalla Sala Grange e corse per raggiungere Hermione. La afferrò per un braccio proprio sulle scale ed Hermione sussultò. Ginny non riuscì a reprimere l’irritazione notando la sua espressione delusa quando si era resa conto di chi si trattasse. Di certo sperava fosse Malfoy.

Hermione alzò un sopracciglio, copiando inconsciamente quello che il ragazzo aveva fatto quando era entrato nella sua sala comune ed aveva dato inizio al litigio, e Ginny represse il commento amaro che stava per fare. “Volevo scusarmi per ieri sera”, le disse.

Le dispiaceva sul serio. Era ritornata nella sala comune dei Grifondoro così arrabbiata che era arrivata ormai a metà scalinata verso il dormitorio di Harry e Ron, prima di fermarsi a pensare. Voleva svegliare i due e fargli cacciare a calci il furetto dalla stanza di Hermione, ma si era resa conto che sarebbe stato il colpo di grazia alla sua amicizia con la ragazza ed avrebbe generato un litigio ancora più grande. Probabilmente non si sarebbero nemmeno più parlate e, nonostante la sera precedente, teneva di gran conto la loro amicizia.

“Perchè?”, chiese gelida Hermione.

Ginny si morse un labbro. Non poteva incolparla se voleva renderle la cosa più difficile. “Ho sbagliato ad esplodere in quel modo e non sta a me dirti cosa fare”.

Hermione sospirò a fondo e la abbracciò, iniziando poi a piangere sulla sua spalla. “Hermione, per favore, non piangere”.

“Mi dispiace. Sono così confusa al momento”.

“Hai litigato con Malfoy, vero?”.

Hermione la guardò sconvolta. “Come lo sai?”.

“Perché sembra tu abbia dormito tanto quanto me, ovvero niente, e lui è circondato da una nuvola nera”.

La Caposcuola annuì. “Ne vuoi parlare? Prometto di controllarmi e di non dare voce alle mie opinioni su Malfoy”, le disse Ginny.

Hermione le sorrise. “Vieni da me a pranzo? Ci farò portare dei panini dalle cucine. Ho davvero bisogno di parlare con qualcuno, sono stanca di sopportare tutto da sola”.

Ginny la strinse forte. “Ma certo. Nonostante ieri sera non sia sembrato, ti voglio bene”.

Hermione la strinse ancora di più e scoppiò a ridere, asciugandosi un’altra lacrima. “Sto diventando un annaffiatoio!”.

“Sfortunatamente, hai ragione”.

Con un ultimo sorriso, le due amiche si voltarono e si avviarono alle rispettive classi.


Per ora di pranzo Hermione era finalmente riuscita a mettere sotto controllo le proprie emozioni, o quantomeno le lacrime. Si sentiva ancora un po’ vulnerabile, ma due liti in una sola notte avrebbero steso chiunque. Quantomeno, aveva smesso di piangere prima della lezione di Antiche Rune, il che era stata un’ottima cosa considerato che Malfoy si sarebbe trovato nella stessa aula. Si era seduta in prima fila ed aveva tenuto la testa bassa. Forse per la prima volta, non aveva nemmeno cercato di rispondere alle domande dell’insegnante.

Finite le lezioni, si era quindi diretta alle cucine a prendere dei panini, della frutta e del succo, facendoli poi levitare di fronte a lei fino alla sua stanza. Finì di sistemare il tutto proprio quando qualcuno bussò alla porta. La aprì e si trovò di fronte a Ginny.

“Perché non sei entrata? Conosci la parola d’ordine”, le chiese.

“Non credevo fosse il momento per farlo”.

“Sarai sempre la benvenuta”.

Ginny si sedette sul divano ed Hermione la guardò. Era rimasta sorpresa che fosse stata così veloce a scusarsi quella mattina, dato che le aveva dimostrato con veemenza il suo disappunto. Era da lei, comunque: si arrabbiava facilmente ma altrettanto perdonava, anche se lei non si era ancora mai trovata ad avere a che fare con il suo caratterino.

“Che imbarazzante”, disse ridendo Ginny.

“Non so davvero da dove iniziare”, le disse.

“Perché non dal principio? Prometto che non mi arrabbierò”.

“Potresti”, la avvertì Hermione, prima di iniziare a raccontarle tutto ciò che era successo, inclusi gli eventi che aveva tralasciato la volta precedente in cui avevano parlato di Draco.

Alla fine del discorso, Ginny rimase seduta con la bocca aperta. “Non riesco a credere che ti abbia davvero baciata”.

“Perché tutti si fissano su quel punto?”.

“Forse perché è Malfoy e ha volontariamente messo le sue labbra su quelle di una Nata Babbana e non una volta, ma due”.

“Non posso contare la prima. Mi ha praticamente assalito il collo ed era completamente andato”.

“E che intendevi nel dire che tutti ci si sono fissati? Chi altro sa?”.

“Solo Andromeda, anche lei sembra piuttosto ossessionata dal bacio. Oh, e probabilmente Pansy, ma io non glie l’ho mai detto e lei non me ne ha parlato”.

“Non riesco a credere tu non me l’abbia raccontato la volta scorsa”.

Hermione arrossì. “Mi serviva tempo per digerire tutto ed averti seduta di fronte a me quando mi sono svegliata non mi ha aiutata ad analizzare quello che era successo come volevo, incluso il bacio”.

“Immagino tu abbia ragione. Non sono nemmeno stata di conforto”.

“No, per niente, ma forse serviva la litigata di ieri per arrivare a questo punto”.

“È solo che si tratta di Malfoy. È strano pensare sia cambiato”.

“Credo che Azkaban abbia avuto un grande impatto su di lui”.  

“E anche tu che lo hai minacciato di affatturare se ti avesse chiamata ancora Sanguesporco”, disse contenta Ginny.

Hermione le sorrise. Era buffo pensare ai loro primi incontri e confrontarli a quei momenti. Ormai era portata a credere che, anche a febbraio quando ancora la chiamava Sanguesporco, Draco lo facesse più per abitudine che perché ci credesse veramente.

“Hermione, quando lo dirai ad Harry e Ron?”.

Hermione si prese il viso tra le mani. “Non lo so. Cioè, la tua reazione è già stata abbastanza brutta e non lo odi nemmeno tanto quanto loro”.

“Non puoi nasconderglielo per sempre, soprattutto se tu e Malfoy andrete oltre”.

Lei sorrise. “Non pensò inizieremo a frequentarci romanticamente. Ti immagini che strano sarebbe?”.

“Di certo sarebbe uno sviluppo insolito”, disse Ginny ed Hermione la guardò incredula, cosa che la fece ridere. “Ok, sarebbe assolutamente spaventoso”.

“Dubito smetteremo mai di litigare abbastanza da arrivare fino a quel punto”.

“Per che cosa avete litigato?”.

“Harry”.

Ginny annuì ed Hermione non rimase sorpresa dalla mancanza di ulteriori domande. Harry era sempre stato la spina nel fianco di Draco. Quando erano più piccoli era stato geloso ed arrabbiato che non fossero diventati amici. Per qualcuno cresciuto credendo di essere il migliore, ricevere un rifiuto ad una stretta di mano in favore di un Weasley non poteva essere nemmeno pensabile. Quando poi erano cresciuti si erano trovati su fronti diversi. Harry si era direttamente posto contro suo padre e l’aveva mandato in carcere, cosa che aveva messo Draco nella linea di fuoco di Voldemort. Le circostanze li avevano resi rivali da sempre e le intense emozioni che ne erano scaturite non sarebbero scomparse in una sola notte.

“È davvero un peccato, hanno molto più in comune di quanto si rendano conto”, fece notare Hermione.  

Ginny alzò un sopracciglio.

“Cosa? È vero! Entrambi hanno dovuto sopportare le aspettative di tutti sin da quando erano piccoli ed hanno capito tardi come va il mondo. Ok, Malfoy era un ragazzino viziato, ma tu avresti mai voluto avere un padre come il suo?”.

“Immagino di no, è solo strano pensarla in questo modo. Hanno anche avuto madri che avrebbero fatto qualsiasi cosa per loro”.

“Già, grazie a Merlino Narcissa ama Draco tanto quanto Lily amava Harry, altrimenti l’intera faccenda nella Foresta Proibita avrebbe potuto andare male”, commentò Hermione ed entrambe le ragazze rimasero in silenzio a ragionare.

La tranquillità venne interrotta dal suono della campana che segnava la fine del pranzo.

“Grazie per avermi ascoltata e non aver urlato”, le disse Hermione.

“Grazie per avermi perdonata per essere stata una pessima amica la scorsa notte”.

“Non sei stata pessima”, ammise Hermione. “Avrei reagito così anche io se fossi stata in te. Comunque, è bello non avere più questo fardello sulle spalle. Stava diventando troppo pesante”.

Ginny le mise un braccio sulle spalle. “amiche per sempre?”.

Hermione fece una smorfia ironica ma annuì. Ne avevano passate troppe assieme perché finisse così.

 

 

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Capitolo 22
*** Compleanni E Sorprese ***


Cap 22

Compleanni e Sorprese

Dopo cena, Draco tornò nei sotterranei. Era rimasto sorpreso che la Granger e la piccola Weasley si comportassero normalmente, dopo la litigata che avevano avuto il giorno prima. Aveva notato che entrambe non erano scese a pranzo ed aveva pensato, per qualche minuto, di andare a cercare la Granger, prima di ricordarsi che di certo non avrebbe voluto parlare con lui dopo la loro discussione. Però sembrava che le due Grifondoro avessero fatto pace, piuttosto che litigare ancora. Si erano sorrise ed avevano parlato per tutta la cena, uscendo poi a braccetto, cosa che lo aveva reso ansioso. Magari la Weasley l’aveva convinta che fosse lui non valesse le sue attenzioni né meritasse il suo tempo. Iniziò a sentire la rabbia montare al pensiero capendo che, se fosse stato vero, non avrebbe più potuto andare da lei a chiacchierare la notte. Ormai si era abituato e la cosa gli piaceva, anche se finiva sempre per andarsene infuriato.

Sospirò ed abbassò la testa per entrare in sala comune. Non era preparto alle due piccole mani che sbucarono dal nulla e lo trascinarono in una classe in disuso. La porta venne sbattuta alle sue spalle e chiusa con un incantesimo. Draco si voltò sconvolto ed incontrò gli occhi marroni di Ginny Weasley.

“Potter sa che di aggiri di notte nei sotterranei per rapire degli ignari Serpeverde? Anzi aspetta, non mi sorprende. Lo Sfregiato probabilmente non è in grado di soddisfarti”.

La Weasley lo guardò confusa per qualche minuto, prima di sfoggiare un’espressione disgustata ed avvicinarsi a lui di qualche passo. “Per favore, Malfoy..”, iniziò a dire sdegnata.

Draco allungò le braccia come per metterla in guardia e si godette il rossore che le si diffuse sul viso. “Puoi pregarmi quanto di pare, ma non mi abbasserò a toccarti”.

Poteva esserci qualcosa di più divertente che far arrabbiare la Weasley? Non credeva fosse possibile. Aspettò l’inevitabile sfogo ma lei sembrò riprendere il controllo ed alzò gli occhi al cielo, cosa alquanto deludente.

“Forse perché preferisci baciare una Grifondoro diversa”, gli disse con un sorrisetto tronfio.

Rimase sorpreso che la Granger le avesse raccontato dell’episodio, soprattutto dato che il giorno prima avevano litigato proprio per la sua presenza nella sua vita.

Sospettoso come ogni buon Serpeverde, decise di fare il finto tonto. “Non ho idea di cosa tu intenda”.

“Hermione mi ha detto tutto. So che l’hai baciata nella sua sala comune e poi l’hai evitata per giorni”.

Draco si ispezionò le unghie con nonchalance. “E cosa vorresti insinuare?”.  

“So che avete litigato la notte scorsa”.

“Quindi praticamente mi trascini qui e mi elenchi la lunga lista di litigi che abbiamo avuto io e la Granger? Notizia bomba: lo abbiamo sempre fatto”.

“No, l’hai sempre presa in giro perché sei un piccolo idiota malvagio”.

“Oh, piccola Weasley, anche io ti voglio bene”, biascicò sarcastico.

“Non so perché hai deciso di esserle amico, ma Hermione si fida di te. Voglio solo dirti che se le farai del male in qualche modo, ti ucciderò”, sibilò Ginny

Draco sbadigliò. “Capisco perché tu e Potter stiate così bene insieme. Fate tutti e due le stesse noiose minacce”.

Ginny strinse minacciosamente gli occhi. “Credo di ricordarmi bene qualche fattura e sai che io mantengo sempre le promesse”.

Draco smise di fare il finto tonto e permise alla tensione che percepiva di affiorare, notando con piacere come la piccola Weasley si ritrasse leggermente. “Te l’ho detto la scorsa notte e tu sei ancora più stupida di quanto pensassi se hai deciso di ignorarmi, ma io non sono un ragazzino che puoi impaurire con le tue fatture da poppante”.

Lei fece una smorfia. “Malfoy, sei sempre stato bravo a dare fiato alla bocca piuttosto che agire”.

Draco rise ironicamente. “Vivere nella stessa casa del Signore Oscuro e dei suoi stretti seguaci ti cambia. Dovresti dimenticare ciò che sono stato al quinto anno e capire che sono diventato infinitamente più pericoloso”.

Vide un bravissimo lampo di paura passarle negli occhi, ma la sua natura Grifondoro le venne in aiuto perché la ragazza raddrizzò le spalle e tenne la testa alta. “Non mi fai paura. Ho combattuto tuo padre e tua zia a quattordici anni”.

“Certo che no, ecco perché respiri velocemente e stai rigida con la bacchetta così stretta tra le mani che rischia di spezzarsi. Prima o poi questa tua stupidissima fortuna si esaurirà e chi lo sa quale magia oscura può avermi insegnato mia zia Bella”, la minacciò.

“Forse dovrei dire ad Hermione che mi hai minacciata. Dubito ne sarebbe felice. In effetti, sono piuttosto sicura capirebbe che non vali il suo tempo”.

Draco non riuscì a non stringere la mascella e far trasparire quanto quella frase l’avesse colpito. Fu il turno della piccola Weasley di ghignare. “Oh, questo ti dà fastidio, vero?”.

Lui non disse nulla ma iniziò ad osservare la classe polverosa, mentre la Weasley fece un respiro profondo.

“Senti, che tu ci creda o meno, non sono venuta qui per litigare. Volevo dirti di smetterla di fare l’idiota. Per qualche strano motivo, ad Hermione piaci ed è davvero sconvolta per la vostra litigata di ieri. Se ti piace anche lei, vai a fare pace. Personalmente, spero tu non lo faccia visto che vorrei stessi un milione di chilometri lontano da lei”.

“Allora perché mi stai dicendo questo?”.

“Perché a lei importa di te ed a me di lei”.

“Non mi è sembrato, la notte scorsa”.

“Se proprio vogliamo, nemmeno tu ti sei esattamente coperto di gloria. Sembra importarti più di Harry che di Hermione ma, come sappiamo entrambi, l’apparenza inganna”.

Draco non ebbe nulla da ridire e la rossa gli lanciò un’occhiata saccente.

“Non so davvero perché te lo stia dicendo, ma Hermione potrebbe essere l’unica cosa buona della tua vita quindi non buttarla via, Malfoy. Smettila di fare il codardo ed affronta i tuoi sentimenti”. Con quelle parole, la Weasley uscì dalla stanza.

Draco rimase in quella classe fredda e vuota per una ventina di minuti, ripensando a ciò che la ragazza gli aveva detto.


Quel sabato sarebbe stato il primo compleanno di Teddy. In realtà, il giorno esatto era stato la settimana prima ma Andromeda aveva voluto festeggiarlo la settimana successiva così che potessero partecipare tutti i Weasley, Harry ed Hermione. Si radunarono tutti nell’ufficio della McGranitt, in attesa di poter usare la Metropolvere per arrivare in casa di Andromeda. Erano tutti contenti e felici, finché a porta non si aprì ed entrò Draco Malfoy. La tensione divenne immediatamente palpabile. Harry lanciò uno sguardo al Serpeverde mentre Hermione si morse un labbro e guardò il camino. Quella situazione era appena diventata troppo stressante.

“Che ci fa lui qui?”, sibilò Ron a lei ed Harry.

Harry scrollò le spalle. “Fa il carino con Andromeda. Magari ha capito che lei è l’unico membro decente della sua famiglia”.

“Harry!”, obiettò Hermione. “Non hai dimenticato che Narcissa ti ha salvato la vita? Di certo questo la rende molto più che decente”.

Harry sembrò vergognarsi un po’. “Non ho dimenticato, Hermione, ma crede ancora fermamente in quella schifezza della supremazia dei Purosangue. Non dimenticare tu, come ci ha parlato da Madama McClan appena prima dell’inizio del sesto anno”.

“Suo marito era stato mandato ad Azkaban per colpa nostra. Non credo ci avrebbe steso il tappeto rosso”, protestò Hermione.

“Mi fai preoccupare, Hermione. Prima difendi Malfoy e adesso anche la sua mammina”, disse Ron guardandola come se fosse pazza. “E comunque è Malfoy! Probabilmente ha capito che Andromeda potrebbe essergli utile per dare l’idea che si sia ravveduto”.

“Vi sento, sapete? Per essere tre ragazzi che sono andati in giro a caccia di Horcrux, siete pessimi a bisbigliare”, biascicò Draco.

Hermione arrossì mentre Ron iniziò a fumare. “Chi ti ha detto che stessimo cercando di non farci sentire? Devi capire che solo perché hai convinto Andromeda di essere una povera anima incompresa non significa tu possa fare lo stesso con noi”.

A Draco ci volle tutto il proprio autocontrollo per non saltare addosso a Ron ed attaccarlo fisicamente. Il vecchio sé stesso lo avrebbe fatto di certo. Alla fine, comunque, apparve anche la McGranitt.

“Bene, siete tutti qui. Iniziamo, Signor Weasley. Prenda un po’ di Polvere Volante, prego”.

Harry spinse Hermione verso il caminetto, non volendo lasciarla da sola nella stanza con Draco nemmeno alla presenza della McGranitt. “Signor Potter, se potesse andare per primo, dovrei parlare un minuto con la Signorina Granger”, disse la McGranitt.

Lui le lanciò uno sguardo sfiduciato ma annuì. Imprecò contro Draco, prima di voltarsi e prendere una manciata di polvere, infilandosi nel camino e pronunciando l’indirizzo di Andromeda.

La McGranitt si voltò verso i due studenti rimasti. “Allora, mi ci è voluto l’aiuto di Andromeda per ottenere il permesso dal Ministero per il Signor Malfoy di lasciare Hogwarts in questa occasione. Andromeda sarà incredibilmente occupata quindi lei, Signorina Granger, come Caposcuola, sarà responsabile del Signor Malfoy per tutto il tempo che starete via”.

Draco si accigliò. “Non sono un bambino, so badare a me stesso”.

“Avrei da ridire, Signor Malfoy”.

Hermione notò la tensione di Draco. Aveva la mascella contratta e la mano sinistra chiusa a pugno, così intervenne prima che potesse dire qualcosa che lo avrebbe fatto rispedire nei sotterranei. Sapeva quando trovasse irritante sentirsi rinchiuso e che sollievo sarebbe stato per lui potersi sentire libero a casa della zia. “Non si preoccupi, Professoressa. Credo di potercela fare”.

“Certo che puoi, sei la Granger, la Super Caposcuola”, mormorò amaro Draco.

“Basta così, Signor Malfoy. Chiederò alla Signorina Granger un resoconto, quindi spero voglia comportarsi bene”.

Draco alzò gli occhi al cielo ma rimase in silenzio. Hermione si avvicinò al camino e lanciò un po’ di polvere nella grata, scandendo l’indirizzo di Andromeda. Come aveva sospettato, Harry era ancora lì in sua attesa.

“Che cosa è successo?”, le chiese.

“La McGranitt voleva assegnarmi un compito come Caposcuola”.

“Ed ha scelto di farlo con Malfoy presente?”.

Hermione scrollò le spalle. Di certo non avrebbe raccontato ad Harry di dover fare la babysitter a Draco. Non solo avrebbe totalmente umiliato il biondo, ma Harry lo avrebbe di certo detto a Ron e lui avrebbe così fatto del suo meglio per iniziare a litigare per far sì che Draco finisse nei guai con il Ministero.

Le fiamme ruggirono nuovamente e ne uscì Draco, che si spazzolò via la cenere. Hermione non riuscì a non guardarlo con la coda dell’occhio. Era ingiusto quanto lui sembrasse attraente anche con addosso un semplice vestito nero. Lui ricambiò l’occhiata e guardò Harry prima di uscire dalla stanza che Andromeda aveva adibito a connessione alla Metropolvere. Sospirò. Perché doveva essere sempre tutto così difficile con lui? Odiava litigarci. Era diventato importante in così poco tempo.

Lei ed Harry si diressero al soggiorno ed Hermione sorrise, contenta di essere tornata in quella casa. Anche se le faceva ricordare un periodo difficile della sua vita, le faceva tornare alla mente anche le serate in cui lei ed Andromeda erano rimaste a parlare di qualsiasi cosa. Avevano pianto ed erano guarite assieme e si erano divise le cure di Teddy in orari assurdi. Non si era nemmeno resa conto di quanto quei giorni le mancassero. Strinse Andromeda in un forte abbraccio.

“Mi è mancato questo posto”, le sussurrò.

“E tu sei mancata qui. È bello tu sia tornata, anche se solo per un pomeriggio”, le rispose Andromeda.

Hermione finalmente si guardò attorno e notò gli altri presenti, cercando di non scoppiare a ridere. I Weasley si trovavano da un lato della stanza mentre Narcissa e Draco dall’altra. Draco si era ritirato nuovamente dietro alla maschera di freddezza e stava facendo delle smorfie mentre Narcissa sorrideva, poco a suo agio, ma almeno ci provava. Hermione, Andromeda ed Harry si trovavano in mezzo, mentre Harry baciava Andromeda e reggeva Teddy.

Andromeda li condusse verso i Malfoy. “Hermione, ricordi mia sorella, Cissy”.

Hermione non riuscì a non sorridere, come se qualcuno avesse potuto dimenticare Narcissa Malfoy anche senza averla incontrata in episodi poco piacevoli come era successo a lei. “Sì, buongiorno Signor Malfoy, è bello rivederla”, le disse con grazia.

Il sorriso di Narcissa si allargò. “Spero stia bene, Signorina Granger, e che mio figlio non le stia dando troppi problemi come Caposcuola”.

Hermione arrossì e cercò di posare lo sguardo da un’altra parte. Adocchiò brevemente Harry, confuso, prima di spostare gli occhi su Draco, che fissava sua madre. Andromeda si intromise. “Cissy, non ti chiedo nemmeno se ricordi Harry”.

Narcissa allungò la mano verso di lui, che arrossì e sembrò incerto se stringerla o meno. Hermione gli tirò una gomitata e così la strinse velocemente. “Signora Malfoy”, disse tra i denti.

“Signor Potter, è un piacere rivederla”.

Harry mormorò qualcosa di indistinto prima di attraversare la stanza verso i Weasley. Hermione invece pensò sarebbe stato troppo scortese fare la stessa cosa, così salutò da lontano e rimase ferma. Andromeda le fece l’occhiolino e le sorrise felice.

“Allora, Signorina Granger, è pronta per i M.A.G.O.?”, le chiese Narcissa.

“Oh, mi chiami Hermione, per favore. E sì, sto studiando molto”.

“Mamma, è la Granger. Vive in biblioteca praticamente”.

“Draco!”, obiettò Narcissa. “Non essere scortese”.

“Non lo trova scortese, vero, Granger? Lo vede come un orgoglio”.

“Alcuni di noi dovrebbero frequentare la biblioteca un po’ più spesso”, disse piccata Hermione.

“I miei voti vanno bene, grazie”.

“Come te la sei cavata con quel tema su internet?”, gli chiese ironica.

Lui strinse gli occhi. “L’ho superato”.

“Per fortuna che quel giorno mi trovavo in biblioteca”.

“Se ricordo bene sei stata tu ad invadere il mio spazio personale, non il contrario”.

“Ma avevi comunque bisogno del mio aiuto perché te lo spiegassi”, ribatté Hermione prima di fargli una linguaccia. Arrossì poi violentemente, notando l’espressione divertita di Narcissa. Draco osservò sua madre e spostò il peso sui piedi, ricordandosi all’improvviso della sua presenza.

“Allora, Hermione, cosa ti piacerebbe fare dopo Hogwarts?”, chiese Narcissa.

“Ho fatto domanda per una posizione nel Dipartimento per il Controllo e la Regolazione delle Creature Magiche”, le disse entusiasta.

“Oh”, rispose insicura Narcissa.

“La Granger ama gli elfi domestici, mamma. Come si chiamava quell’associazione che avevi creato? C.R.E.P.A.?”.

“Eh, cos’è C.R.E.P.A.?”, chiese Narcissa. Sembrava confusa persino di dover fare quella domanda.

Hermione guardò Draco. “Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti, C.R.E.P.A. è l’acronimo. L’ho fondato al quarto anno ad Hogwarts per far valere i diritti degli elfi domestici”.

Draco le fece una smorfia.

“Draco, smettila di prendere in giro Hermione”, ordinò Narcissa. “Credo sia bello che abbia una passione così forte. Almeno sa ciò che le piacerebbe fare dopo la scuola, il che è molto più di quanto si possa dire di te”.

Hermione stava per aprire la bocca quando adocchiò l’espressione di ammonimento di Draco. Perché non voleva raccontare alla madre del suo sogno di diventare Guaritore? All’improvviso si rese conto che potrebbe non essere stata una grande carriera per un Malfoy, anche se fosse comunque rispettabile. O forse era proprio quello il problema.

Prima che Narcissa potesse cambiare nuovamente argomento di discussione, Andromeda la richiamò, lasciando Hermione a fianco a Draco. “Perché non hai detto a tua mamma di voler diventare Guaritore?”, gli chiese.

“Perché non ti fai gli affari tuoi?”.

“Andiamo, Draco, rispondi alla domanda”.

“Perché non ce n’è motivo. Si ecciterebbe e poi si rattristerebbe quando non verrò accettato al programma di addestramento”.

“Oh, allora non è perché non è una buona professione?”.

Lui la guardò prima di sospirare. “No, andrebbe bene e comunque mia madre non ha gli stessi pregiudizi di mio padre. Di certo non sarebbe rimasta invischiata con il Signore Oscuro se non fosse stato per lui”.

“Sembra molto diversa dalle altre volte che l’ho incontrata”, commentò timidamente lei. Sapeva quanto fosse incredibilmente protettivo Draco con sua madre.

Lui le lanciò uno sguardo indagatore, come per saggiare le sue intenzioni, ma sembrò concludere lei non volesse ficcare troppo il naso. “È molto più felice senza mio padre. Lo amava e lo ama ancora, ma riconosce i danni che ha fatto a questa famiglia”.

Hermione non osò chiedere se intendesse alla reputazione od alla loro salute mentale. Non pensava si sarebbe sbilanciato così tanto, soprattutto vista la presenza dei Weasley che li fissavano. Con il peggior tempismo possibile, Harry la richiamò dall’altra parte della stanza. Non riuscì a non ripensare al litigio che aveva avuto con Draco proprio riguardo il suo migliore amico.

“Vai, non vorrai far aspettare il tuo prezioso Potter”.

“Non fare così, Draco. Smettila di allontanarmi”.

Lui si voltò ed andò in cucina, raggiungendo sua mamma e sua zia. Hermione sospirò e si unì ai Weasley. Odiava sentirsi così divisa a metà.

“Che hai fatto lì per tutto quel tempo?”, le chiese Ron.

“Ero gentile, Ronald”.

“Ma parlavi con i Malfoy”.

“Grazie per aver sottolineato l’ovvio”.

“Ma è strano. Perché dovresti parlargli?”.

“Perché anche loro sono ospiti di questa festa”.

“Però a loro tu non piaci”.

“La Signor Malfoy è stata assolutamente gentile. Mi stava chiedendo di cosa volessi fare dopo la scuola. Non sarò io quella scortese”.

“Ma…”, iniziò lui.

“Lascia in pace Hermione, Ron. Può parlare con chiunque voglia”, lo interruppe Molly.

“Ma mamma, è Malfoy”.

“Sì, ma Andromeda è chiaro li voglia qui”.

“In ogni caso, ho ricevuto una lettera dalle Holyhead Harpies”, disse Ginny introducendo un discorso che avrebbe sicuramente distratto Ron. Hermione le lanciò uno sguardo grato.

“Cosa?”, esclamò Harry. “Quando?”.

“Questa mattina. Volevano invitarmi al loro addestramento estivo. Sanno che tornerò ad Hogwarts il prossimo anno ma sembra possano essere interessati a mettermi sotto contratto appena finiti i M.A.G.O.”.

“È super eccitante!”, squittì Ron.

Molly invece sembrò molto meno entusiasta. Aveva sempre cercato, senza successo, di tenere i propri figli lontano dal pericolo e diventare giocatrice professionista di Quidditch non poteva di certo essere annoverata tra le professioni più sicure.  


Draco trascinò i piedi in cucina. Di certo non sarebbe rimasto da solo in quella stanza come una specie di mostriciattolo che dava spettacolo per i Weasley. Percepì la propria irritazione per Potter affiorare ancora una volta. Era sempre Harry dannato Potter a mettersi in mezzo.

Trovò sua madre e sua zia che ridevano e finivano di decorare la torta di compleanno di Teddy. Non aveva nemmeno capito sua madre sapesse a che cosa serviva una cucina, figuriamoci saper glassare una torta.

“Draco caro, che ci fai qui?”, gli chiese.

“Beh, mi hai lasciato solo e non sarei di certo rimasto lì come un palo”.

“Ti ho lasciato con Hermione”.

“Beh, Potter l’ha richiamata”, le disse strisciando i piedi per terra e facendo la figura inconscia di un bambino di cinque anni. Narcissa adocchiò la sorella ed entrambe soppressero un sorriso.  

“Metto questa sul tavolo”, disse Andromeda portando fuori la torta finita.

“Cosa c’è che non va, caro?”, chiese Narcissa.

“Niente. Perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?”.

“Perché te ne stai qui in cucina ad imprecare”.

“Odio fare la figura del pagliaccio di fronte ai Weasley. Perché abbiamo dovuto partecipare a questa cosa stupida?”.

“La lingua, Draco! Tua zia ci ha invitati, significa molto per lei averci qui”.

“Non capisco perchè. È ovvio che abbia già abbastanza persone che possano sopperire”, obiettò lui.

“Ma nessuno di loro è sua sorella o suo nipote. Smettila di piagnucolare e non rovinare la giornata, fallo per me”.

Draco la guardò e vide l’espressione preoccupata di sua madre, così cercò di mettere sotto controllo la rabbia. Narcissa stava disperatamente cercando di restaurare una relazione con la sorella e lui non voleva mettersi in mezzo. Le mise un braccio sulle spalle. “Scusa, mamma. È che non mi piace essere fissato. È difficile andare avanti”.

Lei gli diede un bacio sulla guancia. “Lo so, ma stai facendo un lavoro egregio. Hai un aspetto decisamente migliore dell’ultima volta che ti ho visto”.

“Mamma, quando mi hai visto l’ultima volta ero appena uscito da Azkaban. Dubito che qualcuno riuscirebbe ad apparire in forma dopo sei mesi lì dentro”.

“Non intendevo allora, tesoro. Intendevo quando ti ho visto ad Hogsmeade. Non ho mancato di notare che avevi iniziato a bere prima di tornare ad Hogwarts e, da come ti ho trovato, stavi continuando a farlo anche a scuola. Ora, invece, vedo che hai smesso e sembra tu abbia ricominciato a mangiare meglio”.

Draco provò una fitta allo stomaco. Aveva sperato che sua madre non avesse notato il casino che aveva combinato. Avrebbe dovuto darle maggior credito, visto che non era affatto stupida.

Quando aprì la bocca, sua madre lo fermò. “Non devi dire niente. Vedo che hai trovato qualcosa di buono, ormai”.

Lui si accigliò. “Che intendi?”.

“Hermione Granger”.

“Cosa?”, sputò lui.

Narcissa gli lanciò uno sguardo perspicace. “Draco, sei mio figlio e ti ho visto crescere. Non importa quanto tu sia bravo in Occlumanzia, ci sono cose che non sei mai stato capace di nascondermi. È ovvio che tu ed Hermione abbiate un qualche tipo di relazione. Siete amici?”.

“Circa”, mormorò Draco.

“Lo immaginavo. La prendi in giro ma in modo buono e di solito lo fai con quelli che ti piacciono. Presumo che i suoi amici non lo sappiano?”.

“Dubito altamente che sarei vito, se lo sapessero”.

Lei sorrise triste. “Mi dispiace”.

“Perché?”.

“Perché sono stata un fallimento come genitore. Ho permesso che tuo padre ti riempisse il cuore di odio ed era sbagliato. Ti ho incoraggiato a pensare di essere migliore degli altri per via del tuo sangue e del tuo nome ed ho ottenuto solo di farti quasi ammazzare e spedirti in prigione”.

Draco le strinse le spalle. “Mamma, non…”.

“Non posso farne a meno. Quando ripenso a che disastro ho combinato, mi arrabbio con me stessa, ma non so spiegarti quanto io sia felice di vederti cambiare. Stai diventando un uomo di cui sono fiera e, se Hermione Granger ha qualcosa a che fare con questo, sono contenta faccia parte della tua vita”, gli disse asciugandosi una lacrima. “Ho fatto un’unica cosa buona nella mia, fingere che Harry Potter fosse morto, e l’ho fatto per te, Draco. Non avrei mai potuto convivere con me stessa se fossi morto in quella battaglia”.

“Beh, non lo sono e non vado da nessuna parte”.

“Bene. Promettimi una cosa”.

“Quello che vuoi”.

“Fai ciò che ti rende felice. Non preoccuparti di ciò che le persone potrebbero pensare o a ciò che il tuo cognome potrebbe comportare. La guerra mi ha insegnato che il sangue e la reputazione non significano nulla a lungo termine. Non lasciare che questo ti trattenga”.

Draco ormai aveva capito a cosa si riferisse, ma volle assicurarsene. “Che intendi?”.

“Se provi qualcosa di più per Hermione Granger, non sopprimere i tuoi sentimenti. Sii felice, Draco”.

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Capitolo 23
*** Alla Fine ***


Cap 23

Alla fine

Hermione sospirò quando si lasciò cadere sul divano ed alzò le gambe. Era contenta che la festa per il compleanno di Teddy fosse finita, non credeva di aver mai partecipato a nient’altro di così teso. Non aveva più avuto occasione di parlare con Draco o sua madre, dato che Harry e Ron le si erano appiccicati, quasi come se avessero capito che voleva andare a parlare con loro, isolati dall’altra parte della stanza. Si sentiva piuttosto intrigata da Narcissa Malfoy, visto anche che la donna sembrava soffrire di un miracoloso cambiamento di opinioni per quanto riguardava i Nati Babbani. Era stata molto cortese con lei, quando avevano parlato e, per quando riguardava il figlio, chi avrebbe mai pensato che avrebbe iniziato un’amicizia con Hermione Granger?

Grugnì quando qualcuno bussò alla sua porta. Tutti i suoi amici sapevano la parola d’ordine, il che significava si trattasse di qualcuno che la cercava come Caposcuola. Si trascinò verso la porta e mise fuori la testa, ma non vide nessuno. Grugnì. Qualche stupido del secondo anno stava giocando di nuovo a bussare e scappare. Continuavano a farlo da inizio anno, pensando fosse divertente.

Poi notò Demelza Robins camminare verso la sala comune dei Grifondoro. “Demelza!”, le chiamò. “Dì a quelli del secondo anno di smetterla di bussare alla mia porta”.

“Certo, Hermione”, le rispose Demelza.

Vi voltò per tornare dentro quando sentì qualcuno spingerla appena, cosa che la fece emettere un singulto. “Hermione?”, la richiamò Demelza.

Hermione sentì qualcuno passarle oltre e percepì il familiare profumo di bergamotto. Draco. tipico, pensò, un altro incantesimo di disillusione per farmi uscire di testa. Alzò lo sguardo verso il corridoio. “Non preoccuparti, Demelza. Ho sbattuto il piede contro la porta”.

Ignorò il sorriso di Demelza, chiuse la porta e tornò in sala comune. Draco era già lì, con le mani nelle tasche.

“Che diavolo stai cercando di fare?”, sbottò.

“Volevo vederti e non potevo esattamente venire a bussare senza che i Grifondoro che passavano mi vedessero ed andassero a raccontarlo ai tuoi amici”.

“Conosci la parola d’ordine, perché non la usi?”, disse trascinando i piedi oltre il ragazzo e tornando ad accasciarsi sul divano.

“Non ero sicuro di essere il benvenuto”, le disse, continuando ad avvicinarsi alla porta.

“Beh, ti siedi o cosa?”.

“Wow, che graziosa offerta, Granger”.

“Prendere o lasciare”, gli rispose scrollando le spalle. Alzò la testa e vide Draco sorriderle.

“Quindi lo devo prendere come un invito a restare?”.

“Non ti sto cacciando, no?”.

“Sei proprio allegra oggi”, commentò sarcastico.

“Sono stanca. Oggi è stato..”, iniziò Hermione.

“Imbarazzante”, finì Draco per lei.

“Assolutamente. Chi poteva immaginare che una festa di compleanno fosse così impegnativa?”.

“Con la presenza dei Weasley e dei Malfoy di sicuro”.

“Sono solo felice sia finita”.

“Anche io”, disse lui. “Mio padre avrebbe preso un colpo se avesse dovuto passare il pomeriggio nella stessa stanza dei Weasley”.

Hermione rise e presto si ritrovò raggomitolata sul divano a ridere così forte da non riuscire quasi più a respirare. Draco la guardò come se fosse pazza. “Mi dispiace. Mi sto immaginando Lucius seduto di fianco ai Weasley a cantare il buon compleanno a Teddy ed aiutarlo a spegnere le candeline”.

“La torta è per i Sanguesporco ed i Traditori del proprio Sangue”, sibilò Draco in una perfetta imitazione. “Noi Malfoy non ci abbassiamo a tali volgarità”.

“Smettila”, gli disse lei, asciugandosi le lacrime.

“Mi rifiuto di festeggiare il compleanno di un ibrido”.

Hermione si accasciò contro lo schienale. “Per favore, Draco, mi fa male lo stomaco”.

“Che cosa? La Granger non respira e sta male? Delizioso”.

Hermione gli piantò le unghie nel braccio e Draco rise. Le ci vollero dieci minuti per riuscire a respirare normalmente, anche se continuava ad avere qualche ricaduta. “Sei cattivo”, lo accusò.

“Sarebbe stata una fine ignobile per un’eroina così famosa: morte per le troppe risate”.

“Sarei tornata a perseguitarti”.

“Proprio ciò di cui il mondo ha bisogno, un’altra Mirtilla Malcontenta”.

“Io mi dissocio!”, esclamò lei, iniziando a tirargli dei buffetti con la mano.

Lui la afferrò e la strinse, accarezzandola con il pollice. “Grazie per essere stata così gentile con mia madre”.

Draco quella sera era di luna buona, quindi avrebbe parlato, pensò. Magari avrebbe finalmente potuto capire cosa ne pensasse di lei. “Non c’è di che”.

“No, è significato molto per entrambi”.

Hermione gli strinse la mano. “Non ho fatto troppa fatica. È stata carina anche lei”.

“Le piaci”.

“Davvero?”, chiese scettica.

“Sì. Mia madre è grata a Potter perché ha ucciso Voldemort, ma non le piace. Con te ha cercato di fare conversazione. Significa che le piaci”.

Hermione percepì un moto di felicità, anche se non sapeva perché. Non avrebbe dovuto farle alcuna differenza che la gelida matriarca Malfoy fosse interessata a lei.

“Sono contenta stia cercando di riallacciare i rapporti con sua sorella. I Weasley hanno accolto Andromeda tra loro ma non è la stessa cosa che avere una sorella con la quale sei cresciuta”.

“Sì, è un bene anche per mia madre. Anche lei non ha davvero più nessuno”.

“Ha te”.

“Ma io sono qui, non è la stessa cosa”.

“Mi ricordi lei”.

“Dicono tutti che sono l’immagine sputata di mio padre”, disse amaro Draco.

“Puoi somigliare a tuo padre ma ha il carattere di tua madre”.

Lui fece una smorfia. “Sul serio!”, insistette Hermione. “Porti sempre una maschera con chi non ti conosce ma, una volta abbassata, esce il vero te”.

Hermione sorrise vedendogli le guance che si arrossavano. Le piaceva poterlo mettere in imbarazzo con la sua capacità di leggere le persone.

“Pansy me lo ha detto quando è venuta a cercarmi la prima volta, anche se ovviamente non le ho creduto”, aggiunse.

“Non dovresti credere a ciò che Pansy ti racconta di me. Quella ragazza diventa cieca quando si tratta dei suoi amici”.

“Mi ha detto di guardare oltre il tuo comportamento ed aveva ragione. Sei una persona molto diversa”.

“Se non la smetti di parlare di questo, me ne vado”.

“Ok, la smetto. Ma sono contenta di aver guardato oltre Malfoy ed aver trovato Draco. Lui mi piace molto”, gli disse prima di allungarsi e dargli un bacio sulla guancia.

Si ritrasse ma si bloccò quando vide la scintilla nei suoi occhi, che le fece battere forte il cuore. Lui alzò una mano e le accarezzò la guancia con le notte, facendola arrossire. Il respiro le si spezzò e non riuscì a non avvicinarsi nuovamente.

Gli occhi di lui continuarono a scenderle sul viso e si bloccarono sulle labbra, dove si fermò anche la sua mano. Alzò nuovamente la testa per guardarla negli occhi ed alzò un sopracciglio, come a domandarle il permesso. Il cuore di Hermione si fermò per un secondo, quando capì cosa le stava chiedendo. Lo voleva? Sarebbe stato diverso dalla prima volta che l’aveva baciata, non più per impulso e di certo avrebbe significato qualcosa. Sarebbe stato premeditato ed avrebbe portato un cambiamento nella loro relazione. Esitò per qualche secondo, combattuta, prima di decidere ed annuire.

Lui abbassò la testa e lei sospirò quando le labbra calarono sulle sue. Alzò le mani fino a posarle sulle sue spalle e morse scherzosamente un labbro, facendo sì che lei ancorasse le dita ai suoi capelli. Draco ruggì ed il bacio dolce sparì per trasformarsi in qualcosa di estremamente più passionale.


Dopo parecchi minuti, Draco alzò la testa e poggiò la fronte sulla sua. Ad Hermione sembrò di affiorare da un sogno incredibilmente piacevole, uno di quelli che faceva venire la pelle d’oca. “Perché ti sei fermato?”, sussurrò, come se dirlo ad alta voce avesse potuto spezzare l’atmosfera.

“Sicura sia questo ciò che vuoi?”.

“Draco!”, si lamentò lei. “La smetti di mettere tutto in dubbio? Se non volessi voluto che mi baciassi avrei detto di no, ti avrei spinto via e cacciato fuori. Il fatto che ti abbia afferrato, risposto al bacio ed ora mi stia lamentando dell’interruzione ti dimostra chiaramente che voglio tu continui”.

Lui le prese il volto tra le mani e le accarezzò le guance con i pollici. Hermione rabbrividì. “Vuoi solo stuzzicarmi?”, gli chiese.

Draco sembrò confuso per un momento, prima di ghignare. “Quindi ne vuoi ancora?”.

“Sta zitto e baciami”, gli ringhiò Hermione, sorridendo poi quando lui la accontentò.


Molto tempo dopo, Hermione si accoccolò al fianco di Draco, il braccio di lui attorno alle sue spalle e la mano appoggiata al petto. “Che cosa ti ha spinto a farlo?”.

“Cosa?”, le chiese.

“Che cosa ti ha fatto abbandonare la reticenza e baciarmi?”.

Lui rise. “Ginny Weasley e mia madre”.

Hermione alzò lo sguardo verso il suo viso. “Come?”, boccheggiò.

“Beh, mia madre è comprensibile. Ha immaginato provassi qualcosa di più di quello che lasciavo intendere nei tuoi confronti e mi ha detto di provarci”.

Hermione arrossì. “Provi qualcosa per me?”.

Draco alzò gli occhi al cielo. “No, ma sei l’unica che mi sbaciucchierebbe quindi mi sono buttato”.

“Beh è vero, circa”.

“Pensavo ci fossimo ormai liberati della carenza di autostima, Granger”.

“Ma non capisco perché potrei piacerti”.

Draco grugnì per la frustrazione e le prese il viso tra le mani. “Smettila di fare l’idiota”, le disse, dandole un bacio ad ogni parola. “Sei fantastica, sai che lo penso”.

Hermione si alzò e cercò di stringersi maggiormente, ma lui fece resistenza. “Niente baci finché non accetterai sia io il fortunato ad averti”, le disse.

Lei iniziò allora a dargli dei baci sul collo, cercando di tentarlo.

“No, strega testarda, voglio sentirtelo dire. Tu, Hermione Granger, sei fantastica ed io, Draco Malfoy, sono fortunato tu ti sia degnata anche solo di guardarmi”.

Hermione mise il broncio, non volendo arrendersi, ma lui le passò una mano lungo il fianco e dovette inarcare la schiena. “Io, Hermione Granger, sono fantastica e tu, Draco Malfoy, sei una terribile tentazione e morirei per i tuoi baci”.

Draco ghignò. “Quasi, ma non mi arrendo”, le disse prima di abbassarsi e reclamare nuovamente le sue labbra.


Solo più tardi Hermione si ricordò del ruolo che Ginny sembrava aver avuto nello spingerlo a baciarla. Si erano accoccolati sul divano, lei sopra di lui, con le mani sotto la maglietta che le faceva scorrere le dita lungo la spina dorsale in un modo ipnotizzante. Ora capiva perché a Grattastinchi piacesse tanto. Se avesse potuto, anche lei si sarebbe messa a fare le fusa. Alzò la testa e guardò Draco, che aveva gli occhi chiusi ed un’espressione pacifica come mai prima di allora.

“Draco?”, gli chiese.

“Mmm?”, replicò lui, aprendo appena gli occhi.

“Hai detto che Ginny ha avuto qualcosa a che fare con il tuo ravvedimento”.

“Mi piace il risultato che ha portato questa mia decisione. Che cosa fermava te dal baciarmi?”.

“Smettila di divagare e dimmi cos’ha avuto Ginny a che fare”.

“Mi ha rapito”.

“Che cosa?”, squittì Hermione.

“Mi ha trascinato in una vecchia classe nei sotterranei e, dopo avermi riempito di insulti, mi ha rimproverato per essere un codardo”.

“Davvero?”.

“Sì”.

“Ma non approva nemmeno tutto questo”.

“Lo so, me lo ha detto, ma ha anche aggiunto che vuole vederti felice”.

Draco la osservò sfoggiare subito un sorriso melenso. Alzò mentalmente gli occhi al cielo ma rimase in silenzio, non volendo rovinare il momento. Lei era felice ed era contento di esserne la causa. Ora chi è il melenso?, si disse.

“L’ha fatto per me?”.

“Già, ben fatto, Granger. Hai trovato un’amica che guarda oltre ed a cui importa ciò che vuoi tu. A differenza di quegli inutili sacchi di pul..”.

La Granger si ritrasse e gli mise una mano sulla bocca, soffocandogli le parole. “Non dirlo! Non voglio litigare questa sera ma succederà se continuerai così”.

Quando non diede segno di voler togliere la mano, Draco glie la morse piano. “Ahia!”, urlò lei. “Stai attento!”.

“Non è una buona idea soffocare il tuo ragazzo la prima sera dopo averlo ottenuto”, la prese in giro.

Hermione diventò seria ed il suo sorriso svanì. “Cosa?”, le chiese.

“Che cosa faremo?”.

“Riguardo a cosa?”.

“A questo”, gli disse, indicando prima sé stessa e poi lui.

Draco si confuse. “E che cosa centra?”.

“Beh, domani non è che possiamo iniziare ad andare in giro tenendoci per mano. Scoppierebbe la rivoluzione”.

Draco percepì la delusione cocente schiacciarlo. Gli stava dicendo che non potevano stare insieme a causa di ciò che gli altri avrebbero pensato? Proprio adesso che lui era riuscito ad abituarsi ai propri sentimenti e fare qualcosa a riguardo, lei avrebbe stroncato ogni possibilità. La spinse via e si sedette.

Anche Hermione si sedette e lo guardò divertita. “Perché lo hai fatto?”.

“Se vuoi lasciarmi andare solo a causa di ciò che gli altri pensano allora preferirei non lo facessi standomi addosso”, le rispose freddo.

“Chi ha detto che voglio lasciarti?”.

“Oh, non lo so, il fatto che tu sia diventata tutta seria ed abbia iniziato a farti domande su di noi”.

“Ma non lo stavo facendo!”, obiettò lei. “Mi chiedevo come potremmo gestire la cosa in pubblico”.

“Granger, io mi sono appena abituato all’idea ci sia un noi. Credi davvero abbia già pensato a cosa fare fuori da questa stanza?”.

“Lo so che non l’hai fatto e nemmeno io. Ecco perché ti ho fatto questa domanda”.

“Beh, l’unica persona a cui so importerebbe nella maniera sbagliata rimarrà ad Azkaban per tutta la vita, quindi di lui non dobbiamo preoccuparci. A Serpeverde io non sono ben visto, quindi dubito di ricevere maggiore ostilità e mia madre, mia zia e la mia migliore amica decantano le tue lodi da settimane”.

La Granger si guardò le mani. “I miei amici non capiranno”, disse triste.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Lo so. Mi hanno già fatto il discorsetto di starti lontano, soprattutto il tuo cane da guardia”.

La Granger si raddrizzò. “Chi?”, gli chiese irritata.

“Chi credi? Potter Perfetto, ovviamente”.

Rimase soddisfatto nel vedere la rabbia passarle negli occhi. “Quando?”.

“A Pozioni, quando continuavi a lanciarmi quegli sguardi ansiosi”.

“Avete parlato di questo? Che gli hai detto?”, gli chiese nervosa.

“Niente. Non rispondo di nulla a San Potter, non l’ho mai fatto e mai lo farò”.

“Oh”, le rispose lei, un po’ presa in contropiede.

“Non so perché tu sia sorpresa. È lo Sfregiato, è perso se non si mette a proteggere qualcuno dal male”.

La Granger non si scaldò nemmeno a quel brutto appellativo, per cui significava non lo stesse ascoltando e non era sicuro la cosa gli piacesse. Era un Malfoy e si aspettava di essere sempre al centro dell’attenzione, per cui la pizzicò.

“Ehi, e questo perché?”, gli chiese lei.

“Non mi piace essere ignorato”.

La Granger alzò gli occhi al cielo. “Ovviamente”.

“A che pensi?”.

“Mi chiedevo cosa uscirà all’esame di incantesimi…. Davvero, a che cosa credi stia pensando?”.

“Il sarcasmo non ti dona. Troppo da Serpeverde”.

Hermione gli lanciò un cuscino e lui ghignò. Era adorabile quando si distraeva da ciò che voleva fare, anche se non voleva tirare troppo la corda. Le sue fatture facevano male. Appoggiò la schiena contro lo schienale del divano e la guardò mentre si mordeva un labbro. Ormai era rosso a causa dei suoi baci ed aveva i capelli più aggrovigliati del solito grazie alle sue mani, la camicia sgualcita ed un succhiotto sul collo. Il tutto la rendeva ancora più attraente. Ormai la Granger tutta d’un pezzo era sparita. Sorrise al pensiero dei mesi precedenti ed ai guai che aveva causato quando le aveva lasciato i primi succhiotti. Se lo avesse saputo prima, la sua vita non era più stata la stessa dal giorno dell’armadio delle scope.

Venne riscosso dai ricordi quando la Granger si voltò verso di lui e gli prese una mano. “Ok, ho pensato ad una soluzione ma non voglio che rimani deluso”.

“Non sono un bambino, Granger. Dubito di mettermi a piangere”.

“È opinabile. Basta vedere cosa è successo l’ultima volta che sei stato qui”.

“Beh, a meno che non inizi ad inventare scuse per i tuoi amici patetici, dovrebbe andare”.

“Non li stavo scusando, ti spiegavo”.  

“Vuoi davvero continuare il discorso oppure mi dirai cos’hai pensato durante gli ultimi venti minuti?”.

La Granger lo guardò. “Non voglio che ti arrabbi né pensi di essere una specie di segreto sporco, ma credo che al momento non dovremmo mostrarci in pubblico. In questo modo potrei preparare Harry e Ron per dire loro la verità”.

Draco se lo era già immaginato. Non si aspettava certo che la Granger svolazzasse di fronte agli amici e lo baciasse.  In effetti, non era nemmeno sicuro di voler lui stesso avere a che fare con il disastro che si sarebbe scatenato a causa della loro relazione. Hogwarts era come una vasca dei pesci e sarebbero stati sempre tenuti d’occhio. Sapeva in ogni caso che lei si sentiva in colpa. Probabilmente aveva pensato che si sarebbe arrabbiato ed avesse pensato lo volesse nascondere, mentre in realtà lui non era mai stato il tipo da voler mettere in piazza i dettagli della sua vita. Una cosa era vantarsi dei possedimenti materiali, un’altra sbandierare i propri sentimenti.

Quando puntò nuovamente gli occhi su di lei, trovò Hermione a fissarlo in ansia, così la rispinse contro di lui. “Non preoccuparti, Principessa. Mi piace fare la parte del tuo segreto oscuro, ha i suoi vantaggi”.

Hermione inclinò la testa, così da poterlo baciare. “Sei sicuro?”.

“Granger, ti pare io abbia mai sbandierato ai quattro venti i miei affari? Ciò che accade tra noi due non riguarda nessun altro”.

La ragazza sembrava ancora preoccupata lui potesse arrabbiarsi, così decise di agire invece che parlare. Le prese la testa tra le mani ed iniziò a baciarla, finché Hermione non riuscì più nemmeno a pensare.


Draco iniziò ad accarezzarle i capelli mentre lei sonnecchiava sul suo petto. Sembrava distrutta. Quella giornata era stata emotivamente stressante e la festa di compleanno era stata la peggiore a cui lui avesse mai dovuto partecipare, a parte gli incontri con i Mangiamorte, ovviamente. Almeno quel giorno nessuno era stato torturato od ucciso di fronte ai suoi occhi.

Abbassò lo sguardo verso la strega e decise fosse arrivato il momento di portarla a letto.

“Principessa?”, le disse, scuotendola gentilmente.

Hermione squittì e tornò ed immerse maggiormente il viso nel suo maglione. “Granger, devi svegliarti. È ora di andare a letto”.

La ragazza continuò a mormorare irritata e lui sorrise. Si sedette, tenendole una mano dietro la schiena per assicurarsi che non cadesse, ed iniziò a baciarla. Hermione rispose ma non si decise a svegliarsi, così Draco ci rinunciò e decise di portarla in camera. Per fortuna si era già messa il pigiama appena tornata da casa di Andromeda, così non dovette nemmeno chiedersi se avesse dovuto cercare di spogliarla o meno. Sarebbe stato troppo imbarazzante. Le staccò le mani dal collo e la sistemò sotto le coperte.

“Draco”, mormorò assonnata Hermione quando ormai lui aveva raggiunto la porta. “Dove vai?”.

“È tardi, torno al dormitorio”.

Hermione sbattè le palpebre. “Non andare, rimani qui”.

Draco sapeva che probabilmente non avrebbe dovuto cedere ma ciò che gli stava offrendo era irrifiutabile se comparato ad una notte passata tra incubi orribili e Theo Nott che russava. Molto meglio accoccolarsi a lei e svegliarsi con qualche bacio. Non fu una decisione difficile. Si tolse i pantaloni ed il maglione e si infilò a letto, prendendo la Granger tra le braccia. Hermione emise un suono soddisfatto e gli strofinò la guancia contro la spalla.

“Buona notte, Principessa”, le mormorò lui tra i capelli.  

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Capitolo 24
*** Mancati Per Un Soffio ***


Cap 24

Mancati per un soffio

Pansy non si diede nemmeno la pena di bussare alla porta del dormitorio dei ragazzi del settimo anno. La spalancò semplicemente e vi entrò, facendo urlare Theo che si infilò velocemente i boxer che stava cambiando. “Per la barba di Merlino, Pansy. Perchè non bussi?”.

“Perchè dovrei? Non hai nulla che io vogli vedere”, ribatté Pansy, guardandolo dall’alto in basso con disprezzo.

Blasie uscì dal bagno adiacente con un asciugamano legato in vita. Le si avvicinò e le diede un bacio. “Buongiorno, tesoro”.

Pansy lanciò uno sguardo significativo al letto vuoto di Draco e Blasie scosse la testa impercettibilmente.

Sfortunatamente Theo, che si stava abbottonando la camicia, non si perse quei movimenti. “Allora, Pansy, sei venuta a rintracciare il tuo amico vagabondo?”, le chiese indicando saccentemente il letto.

“Sono venuta a trovare il mio ragazzo”, sottolineò.

“Certo, certo, ti credo. Come se non avessi passato gli ultimi otto anni a correre dietro a Draco”.

Pansy gli lanciò un’occhiataccia e tornò a voltarsi verso Blasie. “Sai dov’è?”.

“No, dev’essersi alzato presto ed essere già andato a fare colazione”, le disse Blasie, segnalandole invece una cosa diversa con lo sguardo, che Pansy decifrò come segnale che Draco non aveva dormito nel suo letto.

Theo fece una smorfia dietro di loro. “Non è tornato per tutto il fine settimana e potete anche smetterla di parlare in codice. Non sono stupido, ha già dormito fuori altre notti. Immagino abbia convinto qualche poteva ragazza ad avere pietà di lui e soddisfare i suoi bisogni. Speriamo non abbia usato l’Imperio su di lei. Ha già trascinato abbastanza nel fango il nome della casa di Serpeverde”.

Pansy si piazzò arrabbiata di fronte a lui. “Sta zitto, Theo! Inizia a mettere in giro la voce che Draco abbia usato l’Imperio su qualcuno e ti affatturerò le palle flaccide che ti ritrovi”.

Theo rise. “Ti prego, dimmi che la tua reazione di rabbia non significhi ciò che ho detto sia vero”.

“Certo che no”, sbottò sulla difensiva Pansy.

Theo la guardò divertito. “Non riesco a credere sia riuscito a trovarsi una ragazza. Probabilmente è una povera Tassorosso che ha terrorizzato per scoparsi”.

Pansy strinse minacciosamente gli occhi. “Vattene, Theo, dico sul serio. Se sento qualcosa riguardo le notti passate fuori di Draco mi assicurerò che la famiglia Nott termini con te”.

Theo guardò Blasie. “Mettile il guinzaglio, Blasie. È una dannata minaccia per la società”.

Blasie si ispezionò le unghie con nonchalance. “Se senti il bisogno di nasconderti dietro di me, Theo, chiederò a Pansy di fare la brava e lasciarti in pace”.

Theo arrossì. “Non ho paura di lei”; biascicò.

“Certo che no”, replicò Blasie, chiaramente divertito.

“Non ho paura. Sono solo stanco di provare ad aprire la porta della mia stanza e trovarla chiusa perché tu vuoi scopartela. Per Salazar, se anche Draco inizierà a fare così mi rivolgerò a Lumacorno e gli racconterò tutto di voi due”.

“Smettila di essere acido solo perché non riesci a trovarti una ragazza”, gli disse Pansy, “E ora smamma, Theo. Gli adulti devono parlare”.

Theo le lanciò un’occhiata cattiva ma uscì dalla stanza sbattendo la porta. “È sempre un piacere, Theo!”, gli urlò dietro Pansy con tono fintamente dolce. Il mormorio dall’esterno le fece capire di essere stata sentita.

“Quindi non è tornato per tutto il fine settimana?”, chiese Pansy, riportando l’attenzione su Blasie.

Lui si mise i pantaloni. “No”, le rispose, afferrando poi la camicia e facendosela scivolare addosso. “Nemmeno per cambiarsi i vestiti”.

“Non hai visto la Granger, vero? Nemmeno ai pasti?”.  

“No e l’ho anche cercata”.

Pansy sorrise. Blasie di solito si rifiutava di guardare i Grifondoro, dichiarando non valessero abbastanza per il suo tempo. “Mi chiedo se si siano finalmente confessati i sentimenti che provano”; mormorò.

Blasie alzò gli occhi al cielo. “Immagino lo scopriremo presto. Se sono così idioti da uscire allo scoperto, il caos che ne uscirà sarà così enorme da arrivare persino in Australia”.

Pansy scrollò le spalle. “Potter e Weasley non mi sono sembrati molto sconvolti. Di certo Hermione non gli darebbe questa notizia senza prima prepararli”.

“Allora credo siano ancora alla fase “mi piaci ma ho troppa paura di fare qualcosa a riguardo” oppure si stiano frequentando segretamente. Comunque sia, sono noiosi”.

Lei gli fece una linguaccia. “Non sono noiosi. Se fosse vero che si stanno frequentando sarei felicissima per Draco”.

Blasie grugnì, si controllò allo specchio un’ultima volta, afferrò la borsa e la mano di Pansy e la trascinò fuori dalla stanza. “Andiamo a soddisfare la tua enorme curiosità”.


Hermione venne svegliata da qualcuno che bussava fortissimo alla sua porta. “Hermione!”, urlò Ron.

Imprecò quando il braccio che le circondava la vita si strinse maggiormente in risposta a quel rumore. Si sedette cercando di svegliare Draco ma il biondo grugnì e seppellì il viso sotto il cuscino. Hermione controllò l’orologio ed imprecò nuovamente, rendendosi conto di aver dormito troppo. Aveva un vago ricordo della sveglia che suonava e di Draco che la spegneva prima di baciarla ancora pieno di sonno. Sicuramente non era una persona mattiniera.

In ogni caso, l’ultima cosa che voleva era che qualcuno entrasse nella stanza. Scese dal letto, si mise addosso i primi vestiti che trovò a portata di mano ed uscì di corsa dalla camera strofinandosi gli occhi, stando attenda a chiudere bene la porta dietro di sé. Si bloccò in sala comune, trovando Harry e Ron accomodati sul divano.

“Wow, Hermione, non pensavo ti avrei mai trovata impreparata per il primo giorno di scuola dopo le vacanze”, disse ridacchiando Ron.

“Veloce Hermione, potresti perderti qualche minuto vitale di ripasso”, la prese in giro Harry.

“Bel maglione. A chi appartiene? È di Hagrid?”, continuò ridendo Ron. Hermione abbassò lo sguardo e si rese conto di aver indossato per sbaglio il maglione di Draco, che le stava enorme.

“Oh, smettetela. La sveglia non ha suonato”, mentì, evitando di menzionare di essersi riaddormentata grazie al biondo Serpeverde che ancora dormiva nel suo letto.

“Perché non lasciamo che Hermione si faccia una doccia mentre voi andate a mangiare?”, suggerì Ginny.

Hermione non l’aveva nemmeno notata, seduta tranquilla nella poltrona, e le lanciò un sorriso grato.

“Visto che ci metterà un secolo a diventare presentabile in pubblico, credo sia un’ottima idea. Sto morendo di fame”, disse Ron.

Sia lui che Harry si alzarono e si avviarono verso la porta. “Vieni, Ginny?”, la chiamò Harry quando si accorse che era rimasta seduta.

“No, aspetto Hermione”, rispose lei.

Hermione la guardò con un’espressione strana ma la sua amica aspettò che i ragazzi se ne andassero. “Non ti vedo dal giorno della festa di Teddy”, commentò Ginny.

“Sì, ho ripassato molto”, rispose vaga Hermione.

“Mmm… con Malfoy, a quanto pare”, disse Ginny, alzandosi e rivelando sotto di lei il mantello del biondo. “Per fortuna sono arrivata prima di quei due. Se rimane con te o cambi la parola d’ordine così che non possano coglierti di sorpresa oppure assicurati di non lasciare niente di suo in giro”.

Hermione arrossì imbarazzata ma diventò di un rosso brillante quando Draco aprì la porta della camera e ne uscì con solo i pantaloni addosso. “Granger, se mi vuoi rubare i vestiti almeno abbi la cortesia di avvisarmi prima”.

Alzò lo sguardo pieno di vergogna verso Ginny, che fissava incredula il biondo. “Ehm… scura, è la prima cosa che ho trovato”.

“Riesci a trasfigurarmi una camicia di Serpeverde? Non ho l’uniforme qui e non ho tempo di passare in dormitorio prima dell’inizio delle lezioni”.

“Certo”, squittì Hermione, conscia dello sguardo indagatore dell’amica.

Il biondo sparì nel bagno e preso il suono della doccia riempì la stanza.

“Dormi con lui?”, chiese con disapprovazione Ginny.

“No!”, squittì ancora lei. “Beh, sì, ci dormo assieme, ma non facciamo sesso”.

Ginny si passò una mano sulla fronte in segno di sollievo ed Hermione tornò in sé. “Non riesco a credere tu me l’abbia chiesto!”.

“È uscito dalla tua camera mezzo nudo, come potevo non farlo?”.

“Beh, è comunque imbarazzante parlarne”.

“Che amica sarei se non lo chiedessi?”.

“Una meno impicciona!”.

“Mi impiccio perché ci tengo. Anche se non riesco a credere di aver appena visto Draco Malfoy senza camicia”.

Hermione rise. “È attraente, vero?”.

Ginny provò ad assumere un’espressione disgustata ma non ci riuscì. “Va contro tutto ciò che credo ma sì, è un Malfoy attraente”.

“Molla l’osso, piccola Weasley. Te l’ho già detto l’altro giorno, non c’è niente che io possa fare che il Prescelto non ti soddisfa”.

Ginny grugnì e si rifiutò di arrossire per essere stata beccata a fargli un complimento. Hermione, d’altro canto, avrebbe preferito che il pavimento si aprisse e la inghiottisse. Non era pronta al suo intervento in quella conversazione.

“Principessa, se vuoi arrivare in orario a Pozioni devi muovere le chiappe”.

Hermione guardò nuovamente l’orologio sopra il camino e squittì. Era davvero in ritardo ed avrebbe saltato la colazione. Non sarebbe mai riuscita a prepararsi e mangiare, anche perché doveva ancora svegliarsi completamente.

Trasfigurò un’uniforme Serpeverde per Draco, che si lamentò di come il serpente sulla camicia non fosse abbastanza dritto ma lo zittì dicendogli che avrebbe dovuto provarci lui, se fosse stato più bravo.

Alla fine sorrise quando la baciò profondamente di fronte a Ginny, prima di lanciarsi l’incantesimo di Disillusione e sparire dalla stanza.

“Adora farmi stare male, vero?”.

Hermione guardò indagatrice Ginny. “Sai, il fatto che ti abbia conquistata e se ne vanti. Ti ha appena baciato esageratamente proprio di fronte a me”.

“Per noi è ancora una cosa nuova”.

Ginny la guardò divertita. “E poi parliamo di Draco Malfoy. L’hai mai visto evitare di vantarsi?”.

“Dovremmo andare”, disse Hermione guardando ancora l’orologio e volenterosa di terminare la conversazione.


Draco ghignò osservando la sua ragazza, ancora scompigliata, entrare di corsa dalla porta della classe e sbattere la borsa sul banco di fianco ai suoi amici imbecilli.

“Pansy è arrabbiata con te”, disse la voce piatta di Blasie di fianco a lui.

Draco distolse gli occhi dalla Granger e si voltò verso il compagno. “Perché?”.

“Forse perché sei sparito per tutto il fine settimana e sai quanto odia perderti di vista”.

“Puoi assicurarle che non sono finito a faccia in giù dento qualche voragine della Foresta Proibita”.

“Oh, non è stato difficile immaginare dove fossi”.

Lui strinse gli occhi. “Allora perché non mi dici dove sono stato, se lo sai già?”.

Blasie tossì. “Per favore, Draco, è praticamente ovvio a chiunque abbia un cervello che tu sia stato messo nel sacco dalla nostra stimata Caposcuola. Il fatto che entrambi abbiate saltato i pasti e lo sfoggio di quei due occhi da cucciolo che hai appena fatto verso di lei non rendono per nulla difficile immaginarlo”.

Draco grugnì. “Se sono così prevedibile allora perché Pansy è arrabbiata?”.

“È Pansy. Odia non sapere per prima i pettegolezzi”.

“Le permetterò di interrogarmi a pranzo”.

“Oh, permettimi un avvertimento. Anche Theo ha notato la tua assenza ed ha immaginato fosse per una ragazza. Ha anche un’affascinante teoria su come tu le abbia lanciato un Imperio, ma guardando la ragazza in questione è certamente possibile”.

“Vaffanculo!”.

Blasie ghignò. “Devi ammettere che siete una coppia piuttosto improbabile”.

Draco si limitò a fissare il compagno.

“Credo Theo pensi tu stia con una Tassorosso”, continuò lui.

“Come se potessi posare un dito su una di loro”, biascicò Draco.

“Ricordo quando hai detto la stessa cosa sulle Nate Babbane, non tanto tempo fa”.

Draco non era mai stato così contento per l’inizio della lezione di Lumacorno. Non voleva affatto ricordare tutto ciò che aveva detto nei confronti della Granger in passato, non lo faceva sentire bene con sé stesso. Sembrava che il proposito di Blasie, per quell’anno, fosse elencargli tutti i motivi per cui avrebbe dovuto starle molto lontano. Voltò la testa ancora una volta per guardarla e non riuscì a smettere. Al momento lei era l’unica cosa positiva della sua vita. Le cose avevano iniziato ad andare meglio quando lei aveva iniziato a ficcare il naso nei suoi affari e lui era stato troppo egoista per volerla allontanare.

Sorrise vedendola scribacchiare furiosamente sulla pergamena. I capelli le stavano iniziando a sfuggire dalla coda a formarle una nuvola intorno al viso, come facevano sempre durante Pozioni.

Venne distratto dai propri pensieri dal rumore di sedie che graffiavano il pavimento. Alzò lo sguardo verso la lavagna e notò che quel giorno avrebbero dovuto preparare il Distillato della Morte Vivente, cosa ottima visto che erano ormai passati due anni dall’ultima volta.

Si alzò lentamente e si avvicinò alla dispensa, ghignando apertamente quando si rese conto di chi si trovava davanti a lui. Le si avvicinò e rise quando iniziò a passarle le dita lungo la spina dorsale e lei si irrigidì. Draco approfittò della spinta che gli arrivò da dietro per premersi contro di lei e metterle le mani sui fianchi. Hermione iniziò a respirare velocemente e lui decise di farla surriscaldare maggiormente. Fece a finta di cadere ed abbassò la testa, riuscendo così a baciarle il collo e mordicchiarla leggermente prima di leccarle il succhiotto che le aveva lasciato. Le così rigida che ormai pensò si sarebbe spezzata.

“Draco! Smettila”, gli sibilò.

Draco strinse maggiormente le mani sui suoi fianchi e provò un moto di orgoglio quando la sentì rabbrividire. “Sai benissimo che non è quello che vuoi”, le sussurrò all’orecchio.

“Qualcuno potrebbe vederci!”.

Prima che lui riuscisse a rispondere, una voce ostile si intromise. “Allontanati da lei, pervertito!”.

Draco alzò lo sguardo oltre i capelli della Granger e vide Weasley con la bacchetta in mano, puntata contro di lui.

“Geloso, Donnola?”.

“Toglile subito di dosso le tue disgustose mani da Mangiamorte”, urlò Weasley.

Draco sapeva non fosse il momento per una lunga discussione ed anche che la Granger si sarebbe arrabbiata se avesse fatto infuriare ancora di più il suo amico. Tolse molto lentamente le mani sai suoi fianchi, facendo in modo di metterci più tempo del dovuto. Quando finalmente si staccò dalla ragazza, il viso del Re delle Donnole era ormai diventato violaceo.

Si spazzolò la veste prima di abbassarsi maliziosamente verso la strega. “Fammi sapere quando deciderai di giocare con gli adulti, Principessa”, le disse facendole l’occhiolino.

Si avvicinò poi alle mensole e raccolse gli ingredienti di cui aveva bisogno. Weasley e la Granger non si mossero, rimanendo a fissarlo. Le fece nuovamente l’occhiolino e le soffiò un bacio, prima di trascinare i piedi verso il proprio banco.


Hermione rimase scioccata. Non riusciva a credere che Draco avesse fatto una cosa del genere di fronte a Ron. Gli piaceva troppo rischiare. E se Ron l’avesse visto baciarle il collo? Di certo non avrebbe creduto che non stesse succedendo nulla tra di loro. Si morse un labbro. Era arrivato il momento di raccontare al suo amico del suo ragazzo? Aveva pianificato di farlo nel modo più calmo possibile, magari nelle sue stanze un giorno di quelli, non nel bel mezzo di una lezione di Pozioni, durante la quale tutti avrebbero ascoltato.

“Ucciderò quel tizio”, mormorò Ron.

Hermione alzò la testa verso di lui, rosso di rabbia. “Non è niente, Ron”.

“Sì, invece. Come ha osato molestarti?”.

Hermione doveva pensare velocemente a qualcosa per limitare i danni. Prima o poi avrebbe dovuto vuotare il sacco e non avrebbe di certo aiutato se i suoi amici avessero pensato che Draco fosse una specie di pervertito che la molestava sessualmente. “Voleva farti arrabbiare. Lo hanno spinto da dietro e mi è caduto addosso. Sarei caduta anche io se non mi avesse presa”.

Ron si fermò e ci pensò un attimo, mentre Hermione si compiaceva per la risposta plausibile che le era venuta in mente su due piedi. Tra l’altro, non si trattava nemmeno di una bugia completa.

“Non c’era bisogno che ti toccasse così intimamente”.

“È Malfoy. Appena hai iniziato ad urlare ha dovuto fare qualcosa di oltraggioso”.

Ron si accigliò. “Immagino di sì”.

“Per favore, non farne una questione di stato. Non voglio litigare ancora quest’anno”.

Ron annuì e si spostarono dalla dispensa. Non sembrava felice però ed imprecò contro Draco mentre tornavano ai propri posti.  

“Che è successo? Siete rimasti via un sacco di tempo”, disse Harry.

“Malfoy ha fatto l’idiota”, grugnì Ron.

“Come?”.

“Aveva le braccia attorno ad Hermione e faceva il viscido”.

Hermione alzò gli occhi al cielo. “Harry, ignoralo, è solo melodrammatico. Malfoy mi ha afferrata per non farmi cadere”.

Harry strinse gli occhi e lei grugnì mentalmente. Allora era ancora sospettoso riguardo ai fini di Draco. Anche se aveva ragione, sperava però che si fidasse di lei. Se non avesse voluto che il Serpeverde la toccasse, sarebbe stata lei stessa a non permetterglielo. Lo avrebbe di certo affatturato, altrimenti. Harry era sempre troppo iper protettivo e spesso dimenticava che anche lei era stata al suo fianco per tutta la guerra e sarebbe stata facilmente in grado di fronteggiare un Mangiamorte fallito.

“Smettila, Harry. Sia tu che Ron dovete ricordare che sono più che in grado di cavarmela. Non mi servono due guardie del corpo”.

Il suo migliore amico ebbe la decenza di arrossire. “Lo so. Mi preoccupo solo che qualcuno possa approfittare di te. Potrebbe facilmente sopraffarti”.

“Nel bel mezzo di una lezione di Pozioni?”.

“Stai attenta durante le ronde, ok?”.

“Sempre, Harry”.

“L’ha anche chiamata principessa”, si intromise Ron, proprio quando Hermione aveva iniziato a pensare di poter chiudere la discussione.

Harry lanciò uno sguardo prima a Draco e poi di nuovo a Ron. “Credo gli piaccia Hermione”.

Lei si irrigidì leggermente. A volte Harry aveva un dannato sesto senso.

Per fortuna, non era il caso di Ron. “Ha!”, rise. “Bella questa, Harry. È Malfoy! Come se potesse mai provare qualcosa per una Nata Babbana”.

Hermione si unì alla risata di Ron ma si accorse che Harry non sembrava per nulla convinto.


Qualche ora dopo, Hermione mise Draco all’angolo. Non le era piaciuto per niente il suo comportamento.

“Che diavolo volevi fare prima?”.

Lui ghignò. “Qualcosa non va, Principessa?”.

Lei gli prese il braccio. “Ron ti ha quasi beccato a baciarmi il collo. Dolevi davvero dare scandalo di fronte all’intera classe di Pozioni?”.

Hermione notò compiaciuta che il ghignò era svanito, così decise di enfatizzare la cosa. “Harry è già abbastanza sospettoso riguardo le tue intenzioni e di certo non aiuta che Ron torni al banco straparlando di come mi hai molestata”.

Draco grugnì. “Come se io ne vessi bisogno! È solo perché quello è l’unico modo in cui la Donnola potrebbe riuscire a trovarsi una ragazza”.

Hermione sbuffò e si mise le mani sui fianchi. “È solo questo che hai capito del mio discorso?”.

Lui alzò gli occhi al cielo. “Ok, ok, ho capito. Terrò lontano le mani in pubblico, così al cervellino atrofizzato di Potter l’idiota non verrà l’ansia”.

Hermione grugnì. “Voi tre mi farete morire. È troppo chiederti di provare ad essere civile con i miei amici?”.

“Come chiedere se Merlino fosse un mago”.

Hermione sospirò. Ecco cosa si otteneva a decidere di frequentare Draco Malfoy.

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Capitolo 25
*** In Memoria ***


Cap 25
In Memoria

 

Hermione notò entrare in Sala Grange i Malfoy oltre la spalla di Harry. Andromeda li aveva invitati alla cerimonia di commemorazione ed aveva chiesto consiglio a lei se farlo o meno. Hermione le aveva quindi risposto che pochi avevano perso quanto tanto la sua famiglia e, se avesse voluto invitare la sorella ed il nipote, nessuno avrebbe dovuto metterci il becco.

Sorrise contenta rendendosi conto che avrebbero partecipato. Draco non le aveva detto nulla a riguardo e lei non aveva voluto indagare troppo. Doveva essere stato molto difficile decidere di presentarsi, sapendo che la maggior parte degli altri spettatori li avrebbe considerati nemici. Tra l’altro, la cosa era stata abbastanza spiacevole anche al compleanno di Teddy, cui avevano partecipato solo i Weasley.

“Che ci fanno qui loro?”, sibilò Ron, notando Draco e sua madre.

“Andromeda li ha invitati per avere un po’ di sostegno morale”, replicò lei.

Ron aprì la bocca un paio di volte, somigliando ad un pesce fuor d’acqua. “Beh, non sono i benvenuti. Non dovrebbero essere qui”.

“Perché no?”, chiese calma.

“Perché sono dei dannati Mangiamorte, ecco perché”, sputò lui.

“Sono anche la famiglia di Andromeda”, gli fece notare.

“Dovrebbe sapere che non dovrebbe invitarli dove non sono benaccetti”.

“Chi sei tu per decidere chi può partecipare o meno?”, chiese freddamente Hermione.

“Mio fratello è morto! Dovrei poter dire la mia a riguardo! Dirò ad Andromeda di dire loro di andarsene”.

Hermione lo prese per un braccio appena cercò di allontanarsi. “Andromeda ha perso praticamente tutta la sua famiglia, Ronald. Non osare andare da lei e renderle questa giornata ancora più difficile”.

Ron guardò esasperato Harry. “Parlale tu, amico. È pazza”.

Hermione percepì la rabbia montare alle parole di Ron così prese qualche respiro profondo, determinata a non trasformare la giornata in una lotta a chi urlava più forte con il suo amico rosso. Era strano pensare che, l’anno precedente, aveva pensato di poter essere innamorata di lui.

Harry sembrò indeciso. Odiava i Malfoy ed avrebbe preferito non fossero presenti ma ricordava le parole di Andromeda riguardo al dover accettare che la sua famiglia facesse nuovamente parte della sua vita. Alla fine, scrollò le spalle e distolse lo sguardo, non volendo rimanere invischiato in un altro litigio tra i due amici.

Ron balbettò un paio di volte prima di sedersi e lanciare occhiate in direzione dei Malfoy. Il cuore di Hermione perse qualche battito. Non aveva idea di come avrebbe detto ad Harry e Ron che Draco era, a tutti gli effetti, il suo ragazzo. Non riuscivano nemmeno ad accettare facesse parte della vita di Andromeda e quello doveva essere molto più accettabile.

Notò la strega mora in mezzo alla stanza, così batté una mano sulla spalla di Harry. “Vado a parlare con Andromeda”.

Lui annuì ma Ron si rifiutò di guardarla. Ottimo! Se voleva mettere il muso solo perché non era d’accordo con lei, che lo facesse pure. Non le sarebbe importato.

Si rallegrò non appena si avvicinò ad Andromeda.

“Ciao!”, la salutò la strega. “Mi stavo giusto chiedendo quando avresti lasciato da soli i tuoi amici e saresti venuta da me”.

Hermione la strinse forte. “Dov’è Teddy?”.

“Ho assunto una babysitter. Una delle amiche di Nymphadora è stata più che felice di tenerlo per la notte”.

“Immagino sia troppo piccolo per queste cose, ma mi manca”.

“Gli manchi anche tu. Continua a trasformarsi i capelli ed a farli diventare ricci e biondi”, le disse allegra Andromeda.

Hermione arrossì e lei la strinse per un altro abbraccio. “Sono davvero felice per te e mio nipote”, le sussurrò all’orecchio.

Anche se era stata lei stessa a scriverle e raccontarle la notizia, sentirselo dire faccia a faccia era molto più imbarazzante. “Grazie”, mormorò, ignorando la sua espressione divertita.

Si guardò attorno per la Sala Grange, ancora incapace di credere si trattasse dello stesso posto dell’anno precedente. “Sembra così diversa”, disse sospirando.

Il sorriso di Andromeda si spense, quando anche lei iniziò a guardarsi attorno. “Una parte di me ancora si incolpa per non aver preso il posto di Nymphadora. So che era un Auror ed era stata preparata per questo, ma non credo che Bella sarebbe stata capace di uccidere me”.

“Sbagli. Non di vedeva più come una sorella e si sarebbe divertita molto ad ucciderti”, rispose una voce fredda da dietro di loro.

Entrambe le donne si voltarono e videro Narcissa di fronte a loro.

“Cissy!”, esclamò Andromeda. “Sei venuta!”.

“Solo una toccata e fuga. C’è anche Draco, da qualche parte. Senza dubbio starà piagnucolando dietro l’angolo”.

“Grazie. Significa molto per me avervi qui”.

Narcissa sorrise appena. “Penso di doverti qualcosa, dopo tutti questi anni”.

Andromeda le mise un braccio attorno alle spalle ed Hermione notò gli sguardi che i partecipanti continuavano a lanciare a Narcissa. Pensò a Draco, che avrebbe di certo ricevuto un trattamento peggiore, ma non riuscì a trovarlo scandagliando la folla.

“Mi fa piacere avere accanto la mia unica sorella. Ancora non riesco a credere che Bella abbia ucciso Nymphadora”.

Narcissa fece una smorfia. “Avrebbe ucciso entrambe se avesse significato compiacere Voldemort, figurati una nipote”.

Andromeda si accigliò ed abbassò lo sguardo. “Nel profondo lo sapevo, ma ancora non riesco a non pensare a Bella come a quella ragazzina di dodici anni che ci spruzzava l’acqua addosso in spiaggia”.

“Non era più quella persona da molto tempo, Meda. Era davvero troppo diversa. I nostri figli non significavano nulla per lei”.

“Ma sicuramente andava d’accordo con Draco, no?”, chiese Andromeda.

“Era terribile con lui. Lo ha incoraggiato a prendere il Marchio e lo ha punito orribilmente quando non riusciva a soddisfare le aspettative”.

Hermione rimase in silenzio. Era l’occasione più unica che rara di avere qualche notizia sulla vita di Draco. Sembrava quasi che le due sorelle si fossero dimenticate della sua presenza.

“Ma non lo avrebbe ucciso, vero?”.

“Ha detto al Signore Oscuro di farlo”.

“No!”, disse boccheggiando Andromeda.

“Quando è tornato la notte della morte di Silente, era disgustata da lui. È stato solo grazie a Severus che Draco si è salvato”.

Hermione rimase sconvolta al pensiero di come dovesse essersi sentito pietrificato ad aver sentito la zia chiedere la sua morte.

“Pensavo Draco fosse il suo punto debole”, commentò Andromeda.

Narcissa diede un colpo di tosse. “Aveva un debole solo per il Signore Oscuro, se si può chiamare persona”.

Andromeda scosse tristemente la testa. “Viene da chiedersi quando tutto abbia iniziato ad andare a scatafascio”.

“Abbiamo seguito i nostri genitori, permesso che i pregiudizi oscurassero le nostre opinioni ed incoraggiato i nostri figli a fare lo stesso. Per fortuna, alcuni di noi sono stati abbastanza intelligenti da guardare oltre ed uscirne in tempo”, disse Narcissa, stringendo la mano della sorella.

Gli occhi di Andromeda si riempirono di lacrime. “Non hai idea di quanto felice mi renda sentirtelo dire, Cissy”.

“Mi ci è voluto un po’. Ho dovuto quasi perdere mio figlio per capire quanto io abbia sbagliato”.

“La cosa importante è che l’hai fatto e lui c’è ancora”.

“L’ho praticamente rovinato”, disse triste Narcissa.

“Ma non l’hai fatto. Ora è cambiato”.

“Non grazie a me”, disse la bionda, voltandosi verso Hermione e sorridendole leggermente. “Non posso prendermi il merito per la salute mentale di Draco”.

Hermione arrossì e Narcissa le mise una mano sul braccio. “Voglio ringraziarti per aver guardato oltre la maschera che Draco indossa ed aver cercato la sua vera personalità”.

Hermione non seppe cosa dire, soprattutto trovandosi di fronte il viso emozionato di Narcissa Malfoy. Quella donna era sempre apparsa molto controllata in pubblico ed aveva sempre disdegnato lei e le sue origini Babbane, in passato. Ora, invece, si compiaceva che lei frequentasse suo figlio. Dopo aver ascoltato quella conversazione tra le due sorelle, era molto a cui pensare. Andromeda intervenne in suo soccorso.

“Andiamo, Cissy, stai sopraffacendo la povera Hermione. Si è appena abituata al fatto che anche i Malfoy provino emozioni”.

Narcissa rise. “Mi dispiace, Hermione. Mi sono trovata io stessa a subire diversi cambiamenti tanto da dimenticare quanto strano debba tutto ciò sembrare agli estranei”.

“Mi ricorda così tanto Draco che la cosa non mi stupisce poi molto”, rispose Hermione, un po’ intimidita.

“Davvero?”, esclamò Narcissa. “La maggior parte delle persone crede Draco sia l’immagine sputata di suo padre”.

“Solo perché guardano solo l’aspetto fisico. Io credo invece abbia preso molto da lei”.

Narcissa le sorrise caldamente. “Grazie. È l’ennesima prova di che buona influenza sei nella vita di mio figlio, se già non l’avessi saputo”.


Ginny affiancò Harry, che stava attentamente fissando un punto in mezzo alla stanza. “Cosa guardi così serio?”, gli chiese.

“Hermione”, rispose sospirando lui.

Ginny osservò la Sala Grande finché notò la loro amica. “Oh!”, disse, rendendosi conto che Hermione stava parlando con la signora Malfoy.

“È tutto quello che hai da dire?”.

“Beh, che vuoi che dica?”.

“Tra tutte le persone, sta chiacchierando, sorridendo e ridendo con Narcissa Malfoy. Di certo sarà uno shock per te”.

Ginny scrollò le spalle. Non poteva dire molto senza tradire la fiducia che Hermione aveva riposto in lei. “Probabilmente sta facendo un favore ad Andromeda. Cioè, qui non ci sono molte altre persone che vogliano parlarle”.  

“Non lo so”, rispose lui. “Qualcosa mi puzza. Perché dovrebbe toccare sempre a lei?”.

“Perché è amica di Andromeda”, gli rispose piatta. Oh, e frequenta Draco Malfoy.

“Forse”, replicò stanco Harry.

Ginny gli prese il volto tra le mani e lo fece voltare verso di lei. “A che cosa pensi?”.

“Sta succedendo qualcosa con Hermione e non riesco a non pensare Malfoy sia in qualche modo coinvolto. Continua a spuntare su e, nonostante le deboli spiegazioni di Hermione riguardo al soprannome e le dubbie azioni di lui nei suoi confronti, sono sicuro ci sia sotto qualcosa. Mi sta nascondendo delle informazioni e vorrei non lo facesse”.

Ginny sospirò mentalmente. A volte Harry era troppo perspicace per il suo stesso bene. Molti venivano tratti in inganno vedendolo generalmente un po’ troppo sulle nuvole, ma riusciva a sniffare il problema a chilometri di distanza, forse perché aveva dovuto passare gli ultimi anni a leggere tra le righe. Era stato al centro dell’intera lotta contro Voldemort ma non aveva mai saputo come stessero davvero le cose. Sperò davvero che Hermione gli raccontasse presto di Malfoy, perché sarebbe andata solo peggio se lo avesse scoperto da solo.

“Devi fidarti di lei”.

“Lo faccio!”, protestò Harry. “Le affiderei la vita”.

“Sì, ti fidi se dovesse affiancarti e combattere con te, ma adesso non lo stai facendo abbastanza”.

“Non posso farne a meno. Sento che mi sta mentendo e non lo fa mai con noi”:

“Beh, se così fosse, sono sicura abbia i suoi motivi. Non ti mentirebbe per divertimento”, disse diplomatica Ginny.

Harry si passò una mano tra i capelli già spettinati. “Immagino tu abbia ragione”.

“Immagini e basta?”, lo prese in giro, riuscendo a strappargli un sorriso.

“Ok, so che hai ragione ma comunque non posso farne a meno. Hermione, nonostante il cervello che si ritrova, si fida delle persone e qualcuno senza scrupoli potrebbe approfittarne”.

“Non è così infantile come tu e Ron la fate passare”.

“Non ha molta esperienza con i ragazzi”, continuò testardo lui.

Ginny fece una smorfia. “Perché tu invece ne hai molta con le ragazze. Senti, io sono la più giovane tra di noi ma ho avuto molta più esperienza con le persone”. Dovette interrompersi perché Harry le fece una linguaccia. “Andiamo, sai che è vero. Tu, Hermione e Ron eravate sempre di corsa per cercare di salvare il mondo. Non avevate di certo molto tempo per socializzare”.

“Me la cavo bene!”, soffiò lui.

“Sì, con le persone con cui condividi la sala comune ma, eccetto Luna, hai davvero passato del tempo con quelli di altre case?”.

“Con Ernie, Justin, Hannah, Michael…”, iniziò ad elencare Harry.

“Sì, e li hai allenati in Difesa Contro le Arti Oscure, ma non ti sei mai seduto con loro a chiacchierare ad eccezione dei momenti assieme a causa dell’Esercito di Silente”.

Harry rimase in silenzio e lei lo interpretò come un segnale per continuare. “Comunque, come dicevo, Hermione è grande e se la caverà e, anche se così non fosse, deve sbagliare da sola per poter imparare”.

“No, con Malfoy non deve”, disse testardo lui.

Ginny ci rinunciò, gli stava già mentendo abbastanza ed Harry sarebbe stato estremamente arrabbiato con lei quando l’avrebbe finalmente scoperto. Gli mise una mano sul braccio e lo condusse verso le gemelle Patil. “Fidati di lei, Harry”.


Hermione rimase a parlare con Andromeda e Narcissa finché la breve cerimonia non cominciò. Durante la commemorazione il Ministero della Magia volle donare anche alcune medaglie. Diversi Auror e Membri dell’Ordine vennero insigniti dell’Ordine di Merlino, assieme a lei, Harry e Ron, nonché Severus Piton. Secondo lei il tutto era stato assolutamente non necessario, ma immaginò dovesse far parte del processo di guarigione.

Sul palco, stringendo forte il premio, scandagliò la Sala alla ricerca di Draco. Non lo vedeva da quando l’aveva notato entrare di sfuggita assieme a Narcissa. Alla fine, lo trovò appoggiato alla porta. Non riuscì a vedere che espressione avesse ma sorrise comunque nella sua direzione.

Finalmente la cerimonia finì ed Hermione riuscì a sfuggire agli occhi che la fissavano. Si diresse alle porte, dove Draco la stava aspettando. Appena lui la vide arrivare, scivolò via. Lei lo seguì su per un paio di rampe di scale, dove non ci sarebbe stato sicuramente nessuno a guardarli. Tra l’altro, era anche orario di coprifuoco per cui gli studenti sarebbero stati molto distanti.

Quando lo raggiunse, Draco era già appoggiato al muro con un’espressione seria. Gli si mise di fronte e con una mano gli accarezzò una guancia. “Ehi”, sussurrò.

Lui le sorrise ma con il dolore e la rabbia negli occhi. “Cosa c’è che non va?”, gli chiese.  

Draco scosse la testa. “Draco, non fare così. Se vogliamo che questa relazione funzioni dobbiamo essere onesti l’uno con l’altra”.

Lui tossì. “Siamo pazzi a credere che possa durare per più di qualche settimana. Questa sera mi ha ricordato perché non possiamo stare assieme”.

Hermione percepì la rabbia affiorare e lo colpì al petto. “Non osare fare il pessimista! Nessuno mi ordinerà chi io debba frequentare!”.

“Granger, almeno hai notato le occhiate che hanno lanciato a me e mia madre?”.

“Le ho viste!”, sbottò lei. “Non capisco perché siano importanti”.

Lui le prese il polso. “Tu sei la piccola Miss Perfezione, la ragazza che è rimasta accanto ad Harry Potter e lo ha aiutato a sconfiggere il Signore Oscuro. Io sono l’opposto. Ho preso il Marchio Nero a sedici anni, per la barba di Merlino!”.

“Non capisco perché dobbiamo parlarne di nuovo”, rispose soffiando Hermione.

“Perché è importante. Fuori, nel mondo reale, lontano dalla sicurezza della tua sala comune, importa chi sei”.

Hermione si divincolò dalla presa e si mise le mani sui fianchi. “Non mi importa! Non mi è mai importato ciò che pensa la gente. Ciò che mi interessa è che ti amo, Draco”.

Lui si bloccò e rimase di sasso, così come lei. Non aveva neanche mai ripetuto quelle parole nella mente, ma non si pentiva di averle pronunciate. Appena avevano lasciato le sue labbra, aveva capito fossero la verità. Lo amava davvero. Si era fatto strada verso il suo affetto ed il suo cuore. Era un idiota impossibile, burbero e che entrava sempre sulla difensiva ma poteva anche diventare sensibile e dolce e, per di più, stava male. Le aveva permesso di capirlo e lei si era innamorata di quella persona, mentre ora cercava di portargliela via. Beh, lei non ci sarebbe stata.

Draco si voltò. “Non puoi amarmi”, grugnì.

“Beh, invece lo faccio”, insistette testarda lei.

Lui la prese per le spalle. “Hermione, tu non hai sentito le cose che stavano dicendo quando parlavi con mia madre, le parole denigratorie che si riferivano a te ed a lei. Immagina cosa potrebbero dire quando scopriranno di noi”.

Hermione lo guardò candidamente. “Mi confondi con una persona a cui importa qualcosa di ciò che dicono gli idioti. Loro non ti conoscono e non permetterò che degli insulsi pettegolezzi definiscano ciò che abbiamo”.

La tensione arrivò alle stelle. Draco si abbassò ed appoggiò la fronte contro la sua. “Sono egoista. Dovrei andare via invece che farti passare tutto questo, ma non posso”.

Lei gli sorrise teneramente. “E credi che accetterei di fare la parte della piccola e debole martire che ti permetterebbe di fare così? Io combatterei. Non sono un fiorellino, Draco”.

“No, sei una fiera leonessa Grifondoro”, la prese in giro.

Hermione gli tirò giocosamente un pugno. “E allora non dimenticarlo!”.

Draco si avvicinò ancora di quei pochi centimetri per poterla baciare. Ci mise tutte le sue emozioni ed Hermione le percepì una ad una. Probabilmente non lo avrebbe mai ammesso ma anche lui provava le stesse cose per lei.

Sciogliendosi nel suo abbraccio, Hermione mancò di notare il rumore di una scarpa che sbatteva contro il muro.  


Neville si tolse il Mantello dell’Invisibilità appena tornato in dormitorio e si sedette sul letto ripensando alla scena a cui aveva appena assistito. Avrebbe dovuto rimanere in Sala Grange ma non ne aveva avuto il coraggio. Aveva presenziato per qualche minuto ma si era dileguato appena prima della cerimonia delle medaglie grazie al mantello di Harry, che aveva preso in prestito per poter requisire un libro dalla sezione proibita della biblioteca, e di certo non sarebbe tornato ora. Si sentiva troppo a disagio.

Passandosi le mani sul viso, cercò di digerire ciò che aveva visto. Si era già sentito in colpa per aver permesso che Hermione entrasse in confidenza con i Serpeverde ed ora, dopo averla beccata con Malfoy, si colpevolizzava ancora di più per non essere intervenuto. Harry aveva già qualche sospetto su una loro possibile relazione e ne aveva parlato molto. Sembrava che, alla fine, avesse ragione.

Ora doveva decidere cosa fare. Quando Hermione gli aveva confessato il proprio coinvolgimento con il biondo le aveva detto che, se si fosse spinta troppo oltre con Malfoy, l’avrebbe aiutata. Nonostante le sue rassicurazioni che non sarebbe stato necessario, ormai era successo ed ora era in dubbio. Raccontarlo ad Harry avrebbe di certo causato una lite, ma non credeva fosse un bene che Hermione stesse nascondendo la cosa. Se fosse andato tutto bene tra quei due di certo l’avrebbe già raccontato ad i suoi amici.

Neville appallottolò il mantello e lo rimise nel baule del compagno. Non c’era motivo di aspettarlo lassù. Non voleva che anche Dean e Seamus sentissero e non era nemmeno sicuro di dovergli parlare di fronte a Ron. Il temperamento del rosso era così volubile che avrebbe fatto più danni che altro, ma sarebbe stato difficile separarlo da Harry. Avrebbe dovuto solo sperare che lui lo tenesse sotto controllo. Si avviò nuovamente verso la sala comune, praticamente vuota, e scelse una comoda poltrona all’angolo su cui sedersi, aprendo il libro di Erbologia in attesa dell’amico.

Harry entrò in sala comune un paio d’ore dopo, un po’ sciupato, cosa che fece desistere Neville per qualche secondo. Sarebbe stata una buona idea aggiungere preoccupazioni a quelle che sembrava avere già? Però era sicuro avrebbe voluto saperlo, piuttosto che rimanere nell’ignoranza.

“Harry!”, lo chiamò Neville. “Posso parlarti un attimo?”.

Harry si voltò e lo notò seduto nell’ombra. “Sì, certo”. Poi vide la sua espressione. “Va tutto bene?”.

Il ragazzo sorrise appena. “Non proprio, ma non so come dirtelo”.

L’istinto di Harry si risvegliò. Neville non era uno che si preoccupava se non fosse stato davvero necessario e di certo non gli avrebbe parlato se non fosse stato importante, così aspetto. Sapeva che sarebbe arrivato al punto.

Neville si passò una mano tra i capelli. “Davvero non so come iniziare, ma riguarda Hermione. L’ho vista con Malfoy questa sera e … ehm… si stavano baciando”.

Ci volle qualche secondo perché Harry digerisse l’informazione. Il primo istinto fu quello di ridere e dire al compagno di raccontarne un’altra. L’espressione seria di Neville, però, la diceva lunga e non lo avrebbe mai preso in giro con una cosa del genere.

Si lasciò cadere pesantemente sulla sedia. “Che cosa?”, rispose debolmente.

“Ho visto Hermione con Malfoy. Penso si frequentino”.

“No!”, mormorò Harry.


Draco camminava su e giù per la piccola sala comune della Caposcuola di Grifondoro. Era tornato velocemente in Sala Grande per accompagnare la madre alla connessione Metropolvere, che era stata preparata specificamente per permettere il passaggio degli ospiti dentro e fuori Hogwarts, ed aveva notato la Granger assieme alla famiglia Weasley, dove sembrava felice e contenta.

Lui, d’altro canto, si sentiva confuso. Non riusciva a credere gli avesse detto di amarlo e non era sicuro di cosa fare. Si era appena abituato all’idea di pensare a loro due come una coppia ed ora lei aveva tirato in ballo la parola con la A. Da una parte si era sentito voluto ed eccitato al pensiero che una strega così brillante fosse innamorata, mentre l’altra gli urlava che stava succedendo tutto troppo in fretta. Anche lui provava delle emozioni profonde nei confronti della Grifondoro e non aveva mai pensato di poter provare così tanto attaccamento verso qualcuno ma, in ogni caso, non si sentiva ancora pronto ad ammettere qualcosa di così drastico.

La porta si aprì ed entrò la Granger, che si bloccò e gli sorrise. “Non ero sicura saresti stato qui”.

Lui scrollò le spalle. “Non c’è altro posto nel castello dove vorrei essere”.

Lei sorrise apertamente e gli si avvicinò. “Nemmeno io”.

Gli si fiondò tra le braccia e sospirò, affondando la testa nel suo collo. “Volevo farlo anche in Sala Grande”.

“Cosa? E dare inizio ad una rivoluzione?”.

Draco la sentì ridere contro la sua clavicola. “Magari dovremmo fuggire?”, suggerì speranzosa.

“Ottimo”, disse sarcastico. “Così potranno incolparmi di rapimento ed omicidio”.

“Odio tutto questo nascondersi e dileguarsi”, mormorò. “Magari potresti salvarmi da una situazione pericolosa, così tutti ti adorerebbero”.

Draco fece una smorfia. “E adesso mi suggerirai di usare la Polisucco per trasformarmi in Potter e sbaciucchiarmi nei corridoi”.

Hermione alzò la testa e gli fece una linguaccia. “Non la stai prendendo seriamente”.

Lui ghignò divertito. “Perché tu sì”?.

La ragazza rise leggermente. “Ok, ammetto di star facendo la stupida”.

“Hermione Granger ci riesce? Veloce, devo avvisare la McGranitt e Madama Pince!”.

Hermione lo guardò. “Non è divertente”.

“Sai che ti saresti trasformata in una di quelle vecchie acide, se non fosse stato per me?”.

Hermione si spostò e si mise le mani sui fianchi. “Certo che no!”, rispose sorridendo malignamente, per poi inclinare la testa e guardarlo dall’alto in basso. “E comunque, la McGranitt ha avuto una storia d’amore alla nostra età”.

“Qualcuno si è innamorato di quella?”, chiese incredulo lui.

“Draco!”, obiettò Hermione. “La McGranitt è una strega potente, intelligente, gentile e dolce. Perché qualcuno non vorrebbe innamorarsi di lei?”.

“Forse perché ha una faccia che potrebbe far cagliare il latte”.

“Sei così insulso! Per te tutto ruota attorno all’aspetto fisico”.

“No, invece. Ha anche un carattere identico alla faccia”.

La Granger sbuffò, chiaramente poco divertita, così lui decise di rallegrarla. “Allora, chi era questo amante maledetto?”.

“Un fattore babbano”.

“Ti pareva”, mormorò Draco.

Hermione lo ignorò e lo guardò seria, continuando a parlare. “Ma la mamma della McGranitt aveva dovuto rinunciare alla magia per sposare suo padre, mentre lei non avrebbe mai potuto nascondere quel suo lato ed aveva visto il dolore che ciò aveva causato a sua madre”.

“Come fai a saperlo?”, le chiese affascinato.

“Me lo ha detto lei”.

“Pensavo avesse la bocca cucita come Piton”.

“Le piaccio. Sono la sua preferita”, disse la Granger con un enorme sorriso.

Lui le mise un braccio attorno alle spalle e la condusse in camera. “Non lo farebbe, se scoprisse che mi frequenti. Penserebbe tu sia pazza”.

“O quello oppure che hai usato un Imperio su di me”.

Draco rise cupo e la Granger lo guardò sorpresa. “Cosa?”, gli chiese.

“Mi hai appena ricordato il modo in cui Theo crede io sia riuscito a trovare una ragazza. O quello, o che abbia terrorizzato una Tassorosso per scoparla”.

“Nott sa che hai una ragazza?”.

“Credo sia un po’ difficile spiegare altrimenti le mie continue assenze”.

“Gli hai detto che sono io?”.

“Per caso lo sa tutta Hogwarts?”.

“Lo prendo come un no”.

“Intelligente”, le disse congratulandosi.

Di norma quella frase gli avrebbe fatto guadagnare una sberla dalla Granger ma in quel momento lei non gli stava prestando molta attenzione. Piuttosto, fissava il letto. Draco iniziò a battere il piede a terra, impaziente perché tornasse a concentrarsi su di lui. Le ci vollero circa trenta secondi, cosa che non gli piacque. Finalmente tornò ad alzare la testa e lui si bloccò alla vista della scintilla che aveva negli occhi. La Granger diventava sempre pericolosa, in quei casi. L’aveva notata per la prima volta quando gli aveva tirato quel pugno al terzo anno e di nuovo al quinto quando aveva mentito alla Umbridge, nonché durante la battaglia finale. Di solito significava stesse macchinando qualcosa o che fosse troppo concentrata. Non osò pensare cosa potesse volere in quel momento.

Non dovette comunque aspettare molto, perché lei gli saltò letteralmente addosso, prendendolo alla sprovvista con il suo peso e facendolo cadere sul letto. Finirono aggrovigliati, ma la Granger non si allontanò e presto lo bloccò con la schiena sul materasso. Gli sorrise tronfia e si abbassò per baciarlo. Di norma era lui che prendeva l’iniziativa, ma questo gli piaceva. La ragazza sembrava determinata ad assumere il controllo, quella sera, così si rilassò contento e le permise di fare ciò che voleva.

Fu solo quando la sentì togliergli la camicia e la vide iniziare a svestirsi che decide di provare a farla rallentare. La situazione stava diventando troppo bollente e non era sicuro sarebbe riuscito a fermarsi se avesse continuato. Non pensava nemmeno fosse pronta per quel passo.

“Credo dovremmo fermarci, ora”, la pregò.

Hermione non rispose nemmeno ed iniziò a baciargli il petto. “Ehm… Hermione, devi fermarti”, insistette lui.

“Perché?”, gli chiese, finalmente prestando attenzione alle sue parole.

“Perché fra un minuto perderò il controllo”.

Lei gli sorrise maliziosa. “Era questo l’intento”.  

“Non hai capito, Principessa. Se continui il mio corpo si aspetta di arrivare fino in fondo”.

“E allora? Se fosse questo ciò che voglio?”.

Draco la fissò. “Cosa?”.

Hermione alzò gli occhi al cielo. “E se volessi che arrivassimo fino in fondo?”.

Draco non riusciva a capire ciò che stava dicendo e si sentiva un po’ confuso, come se non se lo fosse aspettato. Non avrebbe mentito dicendo che non ci aveva pensato, perché non era vero. Trovava incredibilmente attraente la Granger ed il suo corpo lo tradiva ogni volta che le si avvicinava. In ogni caso, non gli piaceva il ghigno divertito che le era rimasto impresso sulle labbra mentre lui continuava a fissarla. Hermione si tolse da sopra di lui.

“Beh, se non vuoi fare sesso, Draco, devi solo dirlo”.

Lui la prese per i fianchi e la fermò. “Non è questo. Certo che voglio, ma non credo tu l’abbia mai fatto prima”.

“Infatti”, replicò lei.

“E sei sicura di volerlo fare adesso?”.

Hermione ringhiò. “Draco, perché devi sempre mettere tutto in discussione?”.

“Perché, di solito, perdere la verginità è una cosa importante”.

“Non è che io abbia scelto un estraneo a caso in qualche discoteca ed abbia deciso di buttarmi. Sei il mio ragazzo, penso dovremmo farlo prima o poi”.

“Ma non ci vediamo da molto”, le fece notare.

“No, ma ti amo e ti conosco da molto tempo”.

Draco fece una smorfia. “Non sono mai stato carino con te”.

Hermione gli pizzicò la fronte. “Perché lo rendi così difficile? La maggior parte dei ragazzi a quest’ora mi starebbero togliendo le mutande e, comunque, abbiamo passato gli ultimi mesi a conoscerci piuttosto bene”.

“Non voglio tu poi te ne penta”.

“Dammi un po’ di fiducia. Non sono una stupida ragazzina che prende delle decisioni troppo grandi per lei. Ho diciannove anni”.

“E vuoi davvero farlo?”.

“Sì!”, esclamò esasperata lei.

Draco la guardò negli occhi e notò la sua determinazione. Per qualche motivo, questo gli fece cambiare idea. La scintilla era tornata e significava che, ance se magari stava per fare qualcosa di irrazionale, lo voleva davvero. Ci provò un’ultima volta.

“Sicura non sia perché ti ho detto che Theo pensa io mi stia facendo una Tassorosso?”.

Hermione imprecò. “Potrei aver preso l’idea da l’, ma non sono così mentalmente malleabile da sentirmi minacciata e, comunque, avresti difficoltà a trovare una Tassorosso che voglia dormire con te”.

Lui sbuffò, sentendosi insultato. “E questo cosa dovrebbe significare?”.

“Che non sei esattamente un grande acchiappo tra di loro”, gli rispose con un sorriso.

“Dovrebbero sentirsi fortunate a baciare un Malfoy”, biascicò Draco.

Hermione rise. “Dobbiamo davvero litigare su questo quando potremmo invece fare qualcosa di molto più piacevole?”.

Draco le fece una linguaccia e lei rise. “Sei adorabile quando ti lamenti”, lo prese in giro prima di abbassarsi e baciarlo di nuovo.

Draco la spinse via leggermente. “Io non mi lamento!”, obiettò.

“Certo che no”, lo rassicurò Hermione. “Ora sta zitto e baciami”.

 

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Capitolo 26
*** Rivelazioni ***


Cap 26

Rivelazioni

 

Harry si prese il viso tra le mani e si fissò i piedi. C’era qualcosa che non andava in Hermione da ormai qualche mese e gli sarebbe piaciuto ignorare il tutto ma aveva avuto la sensazione che le sue deboli spiegazioni non fossero vere ed ora sapeva perché. Hermione e Malfoy! Non sembrava possibile. “Come? Quando?”, chiese a Neville.

Neville lo guardò comprensivo. “Non lo so”, replicò onestamente. “Li ho visti questa sera mentre tornavo dalla biblioteca”.

Harry chiuse gli occhi. Non voleva sul serio dare voce alla seguente frase ma non riuscì a trattenersi. “Raccontami esattamente ciò che stavano facendo”.

Neville non lo guardò con l’espressione di compassione che si sarebbe meritato. “All’inizio sembrava stessero litigando. Hermione penso lo stesse pregando di fare qualcosa, poi si è arrabbiata e Malfoy si è girato. Alla fine, comunque, per qualsiasi cosa stessero discutendo devono averla risolta. Si sono abbracciati e poi baciati”, gli spiegò.

Harry provò un conato di vomito alla descrizione dell’immagine che le parole di Neville gli avevano marchiato nel cervello. Riusciva a malapena a digerire il pensiero di Hermione in intimità con qualcuno ma Malfoy? Era troppo da sopportare, anche se spiegava alcune cose che erano successe nei mesi precedenti e che lo avevano fatto sentire a disagio. Per prima cosa, perché Malfoy era stato ben felice di allungarle la borsa di alcool quando invece avrebbe voluto affatturare lì e Ron? E poi c’era anche il fatto che la chiamava Principessa con tono scherzoso, oltre che l’intero incidente durante la lezione di Pozioni della settimana prima. Ron aveva insistito che Malfoy stesse molestando Hermione, ma lei aveva velocemente chiuso la questione.

Neville interruppe il suo fiume di pensieri. “Non è tutto, Harry”.

“Aspetta, c’è altro?”.

Il compagno annuì. “All’inizio di marzo, ho beccato Malfoy che usciva dalla stanza di Hermione. Lei mi ha giurato che non fosse niente, che lo aveva trovato a vagare per i corridoi e lo aveva portato in camera sua perché era ubriaco”.

Harry ripensò a quel giorno e grugnì. Ricordava quella mattina di marzo, quando erano andati a prendere Hermione per fare colazione. C’erano delle coperte sul divano e la fiaschetta di Malfoy sul tavolino da caffè.

“È successo prima o dopo che siamo andati a fare colazione?”, gli chiese.

Neville si accigliò. “È passato molto tempo, Harry, come faccio a ricordarmelo?”.

“Provaci”.

Il mago ci pensò qualche minuto, mentre Harry aspettava impaziente.

“Penso foste già andati giù. La sala comune era deserta ed io mi ero svegliato tardi mentre il dormitorio era vuoto”.   

Harry annuì, avendo la conferma dei suoi sospetti. Malfoy era lì quando loro erano entrati. Hermione doveva averlo nascosto nella sua camera. Gli era anche sembrata un po’ sfuggente, quel giorno, ed ora sapeva il motivo.

“Perché non me lo hai detto prima?”.

Neville assunse un’espressione colpevole. “Ne ho parlato con Hermione, mi ha assicurato che non ne sarebbe rimasta troppo coinvolta”.

Harry sbuffò. “Non riesco a credere tu le abbia permesso di rassicurarti. Avresti dovuto venire dritto da me”.

“Dammi tregua, amico. È adulta ed ho scelto di credere che non avrebbe voluto avvicinarsi così tanto a Malfoy. E comunque può anche provare molta compassione ma non è così debole”.

Harry emise un suono di frustrazione. “Beh, certo che lo è se ha permesso che Malfoy le facesse quattro moine e la intrappolasse in una relazione”.

Prima che Neville potesse replicare, il ritratto si aprì ed entrò Ginny, che parlava concentrata con Demelza Robbins. Vide Harry e Neville e li salutò con la mano.

“Ehi”, iniziò a dire, ma si rese conto della tensione sul viso di Harry. “Che c’è che non va?”.

Harry continuò a fissare il vuoto della sala. Stava facendo fatica a digerire il tutto e, anche se aveva sentito la domanda di Ginny, non aveva né le parole né la forza di risponderle in quel momento.

Neville si intromise prima che il silenzio si prolungasse e Ginny si arrabbiasse per essere stata ignorata.

“Ho visto Hermione con Malfoy questa sera”, disse Neville.

Se lui od Harry le avessero prestato attenzione, avrebbero notato la brevissima espressione colpevole che Ginny si affrettò a nascondere, mascherandola dietro alla preoccupazione. “Che intendi?”, gli chiese.

Neville sembrò incerto se continuare o meno ma Harry gli fece cenno di proseguire. Non avrebbe potuto nascondere la cosa a Ginny e probabilmente gli sarebbe servita la sua opinione. Sarebbe stato difficile dirlo a Ron, però, e quel pensiero lo stressò parecchio. Ron era il tipo di persona che agiva prima di pensare e non era mai riuscito a controllarsi quando si era trattato della vita amorosa di Hermione. La nausea tornò a farsi vita, al pensiero di Hermione, Malfoy e vita amorosa nella stessa frase.

“Ehm.. ho visto Hermione baciare Malfoy”.

Ginny boccheggiò. “Cosa? Quando? Come?”, improvvisò.

“Al terzo piano. Stavo tornando dalla biblioteca e li ho visti in un corridoio”.

“Hai capito quello che stavano dicendo?”, gli chiese.

Neville arrossì. “Non sono una spia! E comune di certo mi avrebbero sentito se avessi cercato di avvicinarmi”.

Harry non prestò attenzione al discorso. Stava giusto cercando di superare lo shock per la rivelazione di Neville e si stava arrabbiando. Non aveva mai pesato di poter provare così tanta rabbia nei suoi confronti, eppure stava accadendo. Era infuriato che lei glie lo avesse nascosto ed irritato che si fosse messa in quella situazione con Malfoy. Che cosa aveva pensato? Era un bigotto Purosangue. Una persona orribile che le aveva reso la vita un inferno. Quante volte l’aveva insultata crudelmente per il suo aspetto ed il suo sangue? Eppure, eccola lì a baciarlo, e non aveva nemmeno tenuto in considerazione che Malfoy fosse un Mangiamorte appena uscito da Azkaban.

All’improvviso si alzò, allarmando sia Neville che Ginny. “Vado da lei”, decise.

Neville annuì concorde, come se se lo fosse aspettato. Ginny, invece, gli si mise davanti. “Credi davvero sia una buona idea, adesso?”.

“Devo sapere che diavolo pensa”.

“Harry, è molto tardi e non credo che arrivare abbaiando in camera sua, al momento, ti farà ottenere risposte”.

“Non mi interessa. Devo sapere ciò che sta succedendo”, rispose testardo.

Tentò di girarle attorno, ma Ginny lo prese per un braccio. “Non penso sia un’idea saggia. Sei sconvolto, arrabbiato e finirai per urlarle addosso, il che metterà la vostra amicizia in pericolo”.

“Ginny, toglimi le mani di dosso e lasciami andare”.

“No”, replicò la sua fidanzata. “Adesso non vai da nessuna parte. Aspetterai e le parlerai domani mattina”.

“NON VOGLIO ASPETTARE FINO A DOMANI!”, urlò lui, perdendo la pazienza.

Ginny lo guardò come faceva Molly Weasley e lanciò un Muffliato attorno a loro. “Harry, non serve svegliare l’intera torre e, tra l’altro, hai appena dimostrato ciò che stavo dicendo”, constatò.

Harry si passò irritato una mano tra i capelli. “Che intendi?”.

“Andrai ad urlare e gridarle addosso. Che cosa credi di poter ottenere, così”.

“Mi sentirò meglio per tutta questa fottuta situazione”, grugnì lui.

“Precisamente. Ti toglierai la soddisfazione di distruggerla, ma non otterrai risposte e creerai una voragine tra te e lei. È questo ciò che vuoi?”.

Harry iniziò a camminare avanti e indietro. “No! Voglio solo metterle un po’ di sale in zucca!”.

Ginny gli sorrise. “Per farlo, dovrei esserle molto amico, molto più di quanto potresti essere se andrai da lei adesso”.

“Ginny ha ragione, Harry”, si intromise Neville. “Hermione è testarda come te. Se qualcuno venisse da te nel bel mezzo della notte ad urlarti addosso, come reagiresti?”.

Harry sbuffò e si accasciò sul divano, prendendosi la testa tra le mani. “Ok, ho capito. Aspetterò che mi passi la rabbia e poi le parlerò, prima di rendere la situazione peggiore”.

“E non vuoi nemmeno correre il rischio che ti affatturi”, aggiunse Neville. “Non ho ancora dimenticato il Pietrificus che mi ha lanciato al primo anno”.

Harry non riuscì a non sorridere ricordando quei momenti più semplici. Almeno, semplici nel senso che non c’era pericolo di beccare Hermione e Malfoy sbaciucchiarsi. All’epoca i buoni erano tali ed i cattivi idem, ed Hermione lo detestava nel profondo.

La frustrazione, però, rimase. Non era mai stato una persona paziente e preferiva agire piuttosto che stare seduto a pensarci. Era sempre stata Hermione l’addetta ai piani ed alle ricerche. Non era semplice, per lui, rimanere senza fare nulla nell’attesa.

Neville sembrò capire che avrebbe passato la notte sul divano. “Buona notte”, mormorò ad Harry e Ginny.

Harry annuì in risposta, ancora irritato che il ragazzo non si fosse rivolto a lui mesi prima. Avrebbe potuto sniffare il coinvolgimento di Hermione già all’epoca, prima che le ne rimanesse invischiata.


“Abbiamo fatto qualcosa di sbagliato?”, chiese a Ginny. Erano rimasti seduti in silenzio per almeno quaranta minuto.

“Mmm?”, rispose assonnata lei.

“Abbiamo fatto qualcosa per spingere Hermione tra le braccia di Malfoy?”, ripeté Harry.

Ginny si sedette. “No!”, esclamò. “Non credo Hermione si sentisse isolata e poco amata”.

“Sicura? Cioè, noi abbiamo passato la maggior parte del tempo a giocare a Quidditch quest’anno, una cosa per cui lei non prova alcun interesse”.

Ginny ripensò alla sera in cui Ron aveva fatto la proposta di matrimonio ad Hannah ed a ciò cui aveva presenziato la mattina dopo. La prima risposta che le venne in mente fu che non avessero dimenticato la loro amica, ma poi ricordò quella notte. Hermione non sapeva nemmeno cosa volesse fare Ron. “Immagino di sì, un po’. Cioè, non sapeva nemmeno che Ron volesse fare quella proposta ad Hannah”.

Harry sospirò. “Non ho nemmeno pensato di dirglielo. Non mi è neanche passato per la mente che lei non lo sapesse”.

“Ma poi io le ho parlato. Credo fosse ferita ma non provava rancore”.

“Però forse è il motivo per cui ha iniziato ad avere dei segreti”.

Ginny era piuttosto sicura avesse invece iniziato perché sapeva quanto male sarebbe stata presa la sua decisione di aiutare Malfoy in qualsiasi forma o modo, da parte dei suoi amici. Dopotutto, la sua stessa reazione non era stata egregia.

Ecco perché aveva fatto del suo meglio per fermare Harry. Niente di tutto ciò che lei le aveva detto nella foga del momento sarebbe stato comparabile a quanto ferita si sarebbe sentita se fosse stato Harry a fare la stessa cosa. Se si fossero irrimediabilmente separati, ne sarebbero rimasti distrutti. Erano amici da troppi anni ed erano rimasti l’uno al fianco dell’altra a combattere.

Ginny comunque non poteva rivelargli tutto questo, almeno non senza raccontargli che lei già sapeva della relazione. Quella sera, di certo, non aveva bisogno di saperlo. Lo avrebbe solo fatto infuriare di più e reso ancora più incline ad andare direttamente dalla Caposcuola.

“Non puoi decidere chi ti piace”, replicò semplicemente.

“Ma è Malfoy. Perché dovrebbe anche solo piacere ad Hermione?”.

“Non lo so, Harry. Dovrai chiederglielo”.

“Penso abbia perso la testa”.

“Ti suggerisco di non dirle questo. La farai solo arrabbiare di più”.

“Non sono Ron! Io ho un po’ di tatto”, esclamò Harry.

Oh, Merlino! Ron! “Dov’è Ron?”.

“Con Hannah”.

“Dove?”, chiese confusa Ginny.

“La Stanza delle Necessità, ovviamente”.

Ginny scosse la testa. Lo stress di dover trattenere Harry dal presentarsi come una furia da Hermione e probabilmente anche da Malfoy la faceva pensare più lentamente! Nonostante la Stanza delle Necessità fosse stata distrutta dall’Ardemonio di Tiger, era comunque rimasta intatta, continuando ad essere frequentata dalle coppiette soprattutto se appartenenti a case diverse. Ron ed Hannah di solito ci andavano durante i fine settimana.

“Grazie a Merlino”, mormorò.

“Sì, immagino siamo fortunati non sia qui. Puoi anche riuscire a calmare me, ma dubito Ron ti ascolterebbe”, le disse lui, rimettendole a posto una ciocca di capelli.

Ginny sospirò di sollievo al tentativo di Harry di prenderla in giro, significava stesse sbollendo. Non pensò nemmeno per un secondo che stessa iniziando ad accettare la relazione di Hermione con Malfoy ma, perlomeno, non le avrebbe urlato in faccia appena l’avesse vista.


“Che cazzo???”.

Hermione si svegliò di soprassalto ed aprì gli occhi, trovandosi di fronte Harry infuriato. Essendo andata a dormire molto tardi, le ci volle un attimo per far funzionare il cervello ma presto la realtà della situazione le piombò addosso quando si rese conto di un corpo caldo addossato a lei. Oh, Merino, il suo segreto era stato scoperto nel peggior modo possibile.

Il braccio le venne afferrato con forza e venne trascinata lontano da Draco. Hermione squittì ed afferrò di scatto il lenzuolo, non volendo traumatizzare uno dei suoi migliori amici. Sfortunatamente, quel gesto fece scivolare via il tessuto anche da Draco, che rimase sdraiato a letto con indosso solo le mutande. L’aria fredda e la mancanza di Hermione lo svegliarono e lui si sedette sull’attenti.

Comprese la situazione piuttosto velocemente. “Vai a quel paese, Potter”, biascicò.

Harry osservò il biondo mezzo nudo sul letto mentre Hermione non sapeva dove posare lo sguardo. Non voleva incontrare gli occhi di Harry, troppo imbarazzata per essere stata beccata in quella situazione.

La porta si spalancò ed entrò anche Ginny. La rossa rabbrividì alla vista di Draco e si mise una mano sugli occhi.

“Oh!”, esclamò. “Scusa, Hermione, ho provato a fermarlo”.

Harry si voltò verso la sua fidanzata. “Tu lo sapevi?”.

“Se intendi il fatto che Hermione abbia perso completamente la testa e stia frequentando Malfoy, allora sì”.

“Come hai potuto tenermelo nascosto? Siamo rimasti in sala comune tutta la notte a parlarne e non hai pensato di dirmelo?”.

“Non spettava a me farlo, sono affari di Hermione”.

“Credi che questo”, urlò lui, indicando Malfoy, “sia qualcosa che non mi riguarda?”.

“Come potevo sapere che li avresti trovati a letto? E se te lo avessi detto, saresti sicuramente arrivato qui come una furia, cosa che non avrebbe di certo aiutato”, si difese Ginny.

“Non riesco a credere tu me l’abbia nascosto!”.

Ginny arrossì di rabbia. “Perché urli addosso a me? Non dovresti farlo con Hermione?”.

Hermione alzò lo sguardo dal pavimento. “Grazie, Ginny”, le disse asciutta.

“Scusa, Hermione. Posso anche aver taciuto per te, ma non significa sia contenta di prendermi le sgridate”.

Harry guardò deluso entrambe le ragazze. “Tu sei la mia fidanzata e tu la mia migliore amica… non posso credere che entrambe abbiate tenuto nascosto lui”.

Hermione strinse i denti quando Draco decise fosse arrivato il momento più opportuno per parlare.

“Odio interrompere la vostra lite, Potter, ma apprezzerei se te ne andassi a fanculo e portassi la Weasley con te. Alcuni di noi non pensano sia un privilegio vedere come prima cosa appena svegli la tua faccia”, biascicò ancora a letto, seduto con la schiena contro il poggiatesta e le braccia incrociate, completamente a suo agio nonostante fosse ancora in mutande.

Harry gli lanciò un’occhiata prima di riprendere il controllo. “Hermione, vestiti. Ti aspetto in sala comune”. Guardò un’ultima volta Draco ed uscì.

Hermione si afflosciò sul letto e si prese la testa tra le mani. “Oh, che devo fare?”.

“Dovresti accettare il consiglio di San Potter e vestirti”.

“Non posso credere ci abbia trovati così”.

“È normale per lui entrare in quel modo nelle camere delle ragazze?”.

Hermione non era dell’umore per farsi distrarre. “Per favore, Draco, non è il momento”.

Draco le si avvicinò e la strinse. “Hermione, per quando io detesti Potter e la Donnola, non voglio mettermi tra te ed i tuoi amici”.  

Hermione tirò su col naso e gli diede un buffetto sulla spalla. “Dopo questa notte, dovresti combattere per me”.

“Affronterei un migliaio di Potter per te, ma non voglio tu ne sia ferita”, le disse melodrammatico, prima di rendersi conto di ciò che aveva appena pronunciato. “Fanculo! Mi sto trasformando in un Tassorosso sdolcinato. Sicura di non avermi lanciato un Imperio?”.

Quella frase ebbe l’effetto desiderato. Hermione si rilassò leggermente e rise. “Non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrei sentito Draco Malfoy affermare che combatterebbe per me”.

Lui le sorrise. “Non abituarti. È una dichiarazione unica, solo perché i tuoi amici hanno scoperto tutto”.

Hermione si accigliò nuovamente. “Che devo fare?”.   

“Vuoi che venga con te?”.

“Ti ho chiesto un consiglio, non di rendere la cosa cento volte peggiore”.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Ricorda solo che sono stato di supporto e mi sono offerto di tenerti la mano”.

“Sì, ottimo. Grazie mille”, sbottò lei.

“Non diventare acida con me, Granger. Risparmialo per San Potter”.

Hermione grugnì. “Perché a me? E perché adesso?”.

“Io ho cercato di avvisarti che Potter è un idiota, ma tu hai insistito per diventargli amica”.

Hermione lo guardò confusa. “Quando?”.

“Ho chiaramente espresso i miei sentimenti per il Ragazzo che è Sopravvissuto sin da quando abbiamo iniziato la scuola. Non è colpa mia se a nessuno è fregato qualcosa di ascoltarmi”.

Lei gli lanciò un’occhiataccia. “Non mi sei di aiuto”, lo rimproverò.

Hermione si alzò e si mosse per la stanza per radunare i propri indumenti. Probabilmente avrebbe dovuto sentirsi imbarazzata a camminare nuda di fronte a Draco ma in quel momento la sua mente era occupata da altri problemi, ad esempio come riconciliare i suoi migliori amici con il suo ragazzo.

Grugnì guardandosi allo specchio. “Ottimo! Ho i capelli che sono un disastro”. Poi vide il riflesso di Draco. “Perché sei così divertito?”.

“Per i tuoi capelli, Principessa. Sembrano sempre un nido di Doxi”.

Hermione gli lanciò la spazzola. “Sei il peggior ragazzo di sempre! Adesso dovresti ricordarmi perché dovrei litigare con i miei amici per te”.

Draco si alzò languidamente dal letto e ciabattò verso di lei, accarezzandole poi le braccia finché non la vide rabbrividire e la baciò. Hermione si alzò sulle punte ed approfondì il bacio, premendosi contro di lui. Quello era di certo il miglior motivo che avesse potuto darle.

Permise a sé stessa di baciarlo ancora per qualche minuto, prima di ritrarsi riluttante. “Non credo che ripetere la scorsa notte sia saggio, adesso”.

Draco ghignò. “Potremmo insegnare qualcosa a Potter e la Weasley”.

Hermione alzò gli occhi al cielo, ma quel bacio le aveva appena fatto guadagnare risolutezza. Draco poteva anche non essere una persona semplice, ma era lui che voleva ed i suoi amici avrebbero dovuto accettarlo.

 

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Capitolo 27
*** Confronti ***


Cap 27

Confronti

 

Hermione chiuse silenziosamente la porta della camera dietro di sé, non facendosi illusioni sul fatto che Draco avrebbe comunque premuto le orecchie contro il legno, ascoltando ogni parola. Tra l’altro, dato il carattere di Harry ed il tono della sua voce, probabilmente non avrebbe neanche dovuto spiarli per sentire ciò che si sarebbero detti.

Si voltò e vide il suo amico seduto sul divano, che la fissava attonito. Ginny si trovava di fianco a lui ma, cosa strana, Harry non la guardava e cercava di starle il più lontano possibile. Hermione prese un respiro profondo. Sarebbe stato terribile.

Rimasero in silenzio per qualche imbarazzante minuto e, alla fine, Hermione, cedette. Si mise le mani in tasca e disse. “Ehi”.

Harry imprecò. “È tutto qui quello che hai da dire?”.

“Che cosa vuoi che ti dica?”.

“Per cominciare dimmi perché mi hai mentito”.

“Non ti ho esattamente mentito, ho solo omesso”, rispose secca. Si pentì di ciò che aveva detto appena aprì la bocca. Sapeva che il suo amico si sarebbe infuriato ancora di più.

Gli occhi di Harry lampeggiarono per la rabbia. “Omesso? Hai avuto la faccia tosta di mentirmi in faccia per tutto questo tempo ed ora cerchi di scherzarci sopra?”.  

“Non intendevo questo. È solo …. Complicato”, finì in tono lamentoso.

Harry imprecò ancora. “Giusto! Complicato! Ora sì che va meglio!”.

“Che cosa vuoi che dica, Harry?”.

“Voglio sapere perché non ci hai detto niente! Perché ci hai continuato a mentire riguardo al ruolo di Malfoy nella tua vita?”.

“Ti comporti come se andasse avanti da secoli”.

“Ho parlato con Neville. So che questa… questa cosa va avanti da un po’”.

Hermione si accigliò. Harry aveva scoperto tutto per caso?

“Come lo hai saputo?”, gli chiese.

“Neville ha visto te e Malfoy ieri sera. Mi ha riferito tutto, anche di come ha mentito per te”.

Merda!, pensò lei. Neville aveva messo in atto la sua promessa di intervenire quando si fosse reso conto che lei si fosse immischiata troppo con Malfoy. Non le piaceva come Harry la stava facendo sentire, manco fosse stata una ragazzina che giocava con il proibito.

Si mise le mani sui fianchi. “Se hai parlato con Neville allora sai che non è esattamente così. Stai rivoltando la cosa e fai sembrare io abbia frequentato Draco pre tutto questo tempo e non è vero”.

“Ma lo hai aiutato”.

Hermione allargò le braccia, ammettendo drammaticamente la sua colpa. “Sì. In gennaio mi sono imbattuta in Pansy e Zabini che cercavano di riportarlo in sala comune. Era ubriaco. Pansy è venuta da me e mi ha chiesto aiuto”.

“Lo sapevo!”, mormorò Harry tra sé. “Sapevo ci fosse qualcosa di strano tra te e la Parkinson”.

“Non è un crimine, Harry!”.

“È Malfoy!”.

“E allora?”, chiese lei.

“Che intendi con “e allora”? TI ha reso la vita un inferno. È diventato Mangiamorte, ha permesso che gli altri entrassero nel castello ed ha cercato di uccidere Silente!”.  

“Lo so, Harry. C’ero anche io”.

“Allora come fai a stare lì e comportarti come se dormire con lui fosse normale?”.

Hermione arrossì. Odiava che li avessero scoperti proprio quella mattina. Si stava appena abituando lei stessa a quel cambiamento nel loro rapporto e non si pentiva della notte passata, ma sentir dire da Harry quanto fosse sordida la cosa la faceva stare male.

“Tu non capisci”, mormorò.

“ALLORA SPIEGAMI!”, ruggì lui.

“Non posso, non finché fai così”, mormorò lei, con le lacrime agli occhi. Non voleva sembrare debole o poco decisa, ma quello non era il modo che aveva immaginato per raccontare al suo migliore amico del suo ragazzo. Non aveva nemmeno pensato a cosa gli avrebbe detto, ma credeva sarebbe stata in grado di spiegare tutto mentre lui e Ron si trovavano in stato di shock. Purtroppo, però di fronte a lei c’era Harry, arrabbiato, che sembrava voler far apparire la sua relazione con Draco oscura e sporca.

“Bene, immagino che non abbiamo nulla da dirci fino ad allora”, rispose freddo Harry.

“Harry, smettila. Dalle l’opportunità di spiegarti”, si intromise Ginny.

 Lui si voltò verso la fidanzata, sventolando una mano verso Hermione. “Lo sto facendo, ma sembra incapace di dire qualcosa”.

“No, stai giudicando e sei rude, ecco perché non ti dice niente. Non ti ha tradito, quindi smettila di comportarti come se lo avesse fatto”, disse Ginny.

“No! Non osare! Mi avete mentito! Tu ti sei rimasta con me tutta la notte mentre io mi chiedevo cosa avessi fatto perché Hermione si comportasse così ed hai fatto a finta di non sapere nulla. Per quanto mi riguarda, mi avete tradito entrambe. E per cosa, poi? Un bigotto purosangue buono a nulla!”.

Harry uscì dalla stanza, rifiutando di guardarle. Le lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi di Hermione e le scivolarono lungo le guance. Ginny sembrava invece incredula della situazione.

“Mi dispiace molto”, singhiozzò Hermione. “Non volevo se la prendesse anche con te”.

Ginny cercò di sorridere, ma fu uno sforzo immane. “Parliamo di Harry, sai com’è fatto. Si arrabbia, abbaia e poi si calma”.

Nessuna delle due volle ammettere che però non si era mai rivolto a loro in quel modo, in passato. La sua rabbia era sempre stata rivolta verso avvenimenti che non aveva potuto controllare, come la porte di Sirius od il fatto di essere sempre tenuto all’oscuro della reale situazione.

La porta dietro di Hermione si aprì e le streghe si voltarono mentre Draco, ormai vestito, la attraversò. “Immagino tu abbia sentito”, disse pacata Hermione.

“Credo sarebbe stato impossibile non farlo”.

Le si avvicinò e le alzò il viso, asciugandole le lacrime con le dita e dandole un bacio sulla fronte. La preoccupazione che Hermione notò nei suoi occhi fu il balsamo che le serviva. Gli mise le mani attorno alla vita e lo strinse forte.


Harry arrivò nell’atrio della scuola prima che la rabbia si placasse e si rendesse conto di dove si trovava. Non sapeva cosa fare e doveva trovare Ron. Il profumo della colazione che proveniva dalla Sala Grande gli riempì il naso. Per beccare il suo amico, avrebbe solo dovuto seguire la scia del cibo.

Entrò e trovò Ron lì, seduto al tavolo dei Grifondoro, che si rimpinzava. Almeno lui non era mai cambiato. Non rimase contento di vederlo assieme a Neville, Seamus e Dean. Doveva parlargli da solo.

Si sedette di fianco a lui, indossando una maschera di perfetta calma, ed iniziò a mangiare una ciotola di cereali ed un paio di toast con il miele, bevendo un po’ di caffè. Aspettò finché Seamus e Dean se ne andarono, indifferente alla presenza di Neville visto che già sapeva di Hermione e Malfoy.

“Ok, amico, sputa il rospo”, gli disse Ron appena gli altri due furono abbastanza lontani.

Neville lo guardò. “Immagino non sia andata molto bene”, disse.

Harry scosse la testa. “È stato orribile. Penso abbia perso la testa”.

“Ok, qualcuno mi dice di che diavolo state parlando?”, chiese Ron.  

“Hermione va a letto con Malfoy”, disse Harry senza tentare di addolcire la pillola.

“Che cosa?”, urlò Ron, facendo calare il silenzio in Sala Grande.

Dozzine di occhi si voltarono verso di loro, aspettandosi qualche dramma. Dal modo in cui Ron schiumava dalla bocca, sicuramente avrebbero passato una domenica mattina molto divertente.

Harry e Neville zittirono Ron e lasciarono che i compagni ricominciassero a chiacchierare prima che Neville si intromettesse. “Si stavano solo baciando, Harry”.

“Quello era ieri. Questa mattina ho trovato Malfoy nel suo letto”.

Neville si accigliò mentre Ron sembrò confuso. “Che diavolo? Qualcuno me lo spiega?”, chiese.

Harry gli delineò brevemente la situazione e Ron, nonostante fosse diventato rosso come l’Espresso per Hogwarts, riuscì a mantenere un contegno. Il fatto che la maggior parte degli studenti presenti in Sala Grande continuasse a tenere d’occhio loro tre aveva aiutato.

“Non riesco a credere mi abbia mentito così spudoratamente l’altro giorno a Pozioni. Lui le aveva messo le mani addosso e lei l’ha fatto passare per un tentativo di irritarmi. Ora capisco perché volesse che quelle viscide mani la toccassero. Ugh… era così tronfio, quell’idiota! Penso mi venga da vomitare”, blaterò Ron.

“Almeno non li hai visti questa mattina. Che diavolo stava pensando?”.

“Non credo lo abbia fatto”, grugnì Ron.

“Magari in lui vede qualcosa che noi non possiamo”, disse franco Neville.

“Ma è Malfoy! Non dirmi che in realtà nasconde una personalità sensibile e carina dietro quella facciata da coglione”, lo prese in giro Ron.

“Ma Hermione non è stupida”, insistette Neville.

“Non credo stia pensando con la sua testa”, disse secco Harry. “Almeno, non dopo ciò che ho visto questa mattina”.

Ron rabbrividì per il disgusto prima di irrigidirsi. Strinse i pugni ed Harry lo guardò preoccupato. “Cosa?”, gli chiese.

“Quel bastardo è appena entrato come se niente fosse”, replicò Ron con una smorfia.  

Gli occhi di Harry scattarono alla porta dove si trovava Malfoy, che si comportava in modo indifferente sotto le occhiate omicide che Ron gli stava lanciando. Harry notò che si era cambiato, cosa che lo fece arrabbiare ancora di più. Non avrebbe dovuto essere così calmo da riuscire a fare una cosa del genere. Non si era nemmeno preoccupato di guardare nella loro direzione prima di dirigersi al tavolo Serpeverde. Harry mise una mano sulla spalla di Ron, che si era alzato come se avesse voluto andare a prenderlo a pugni.

“Siediti! Non qui!”, gli ordinò. “Non c’è bisogno che tutta Hogwarts sappia dell’errore di Hermione”.

“E gli permetti di starsene lì seduto senza fare niente?”, chiese oltraggiato Ron.

“Per adesso”, grugnì Harry.

Neville rimase lì indeciso, domandandosi se avesse fatto bene a parlare con Harry prima che lo facesse Hermione.


Draco lasciò Hermione e la Weasley in stato di shock ed ordinò a Kreacher di portare loro del tè e la colazione, sapendo che altrimenti si sarebbero dimenticate di mangiare. Voleva trovare Potter e prenderlo a pugni per come aveva ferito la sua ragazza, ma sapeva che la cosa l’avrebbe fatta solo soffrire di più. Si diresse allora nei sotterranei. Gli sarebbe servita una doccia e doveva cambiarsi, nonché palare con Pansy.

Sfortunatamente, la prima persona che incontrò fu Theo, che aveva passato gli ultimi giorni a tampinarlo per sapere chi fosse la sua misteriosa ragazza.

“Allora, sei ancora vivo?”, chiese sarcastico Theo.

“Per ora”, mormorò Draco, ripensando a quanto arrabbiato era ancora Potter.

“E quindi chi è la ragazza?”.

“Non ti riguarda”.

“Dimmi che non è una Tassorosso che hai terrorizzato per scoparti”.

Draco non si diede nemmeno la pena di rispondere. Gli lanciò solo uno sguardo irritato prima di notare l’assenza di Blasie. Probabilmente si trovava già con Pansy a fare colazione.

Notò con piacere di aver avuto ragione, fermandosi un attimo all’entrata della Sala Grange. Il posto davanti a loro era vuoto e ci si sedette contento.

“Ciao”, disse.

Pansy alzò lo guardo dal toast che stava smangiucchiando e lo fissò. “Eccoti qui!”, esclamò.

“Ancora non mi hanno cacciato”, replicò sarcastico.

Lei lo ignorò. “Come è andata la cerimonia?”, gli chiese preoccupata.

“Uno schifo, ma che ti aspettavi? Che mi accogliessero a braccia aperte?”.

“Andromeda deve averlo apprezzato”.

“Infatti, anche mia madre”.

Pansy stava per fare altre domande, quando Blasie la interruppe. “Che hai fatto perché Potter e Weasley ti guardino come se volessero lanciarti un Avada Kedavra seduta stante?”, gli chiese.

Draco non si voltò nemmeno per capire cosa intendesse Blasie. Dopo aver sentito Potter urlare contro la Granger quella mattina, non gli sembrava più una brutta idea lanciare una delle maledizioni proibite contro il Ragazzo che è Sopravvissuto. “È proprio quello di cui volevo parlarvi”, rispose.

“Lo sanno!”, boccheggiò Pansy.

Una delle qualità di Pansy era che non c’era mai bisogno di spiegarle le cose per filo e per segno. Il suo carattere curiosamente infernale le permetteva di capire al volo la situazione.

“Potter ci ha beccati questa mattina”.

Lei lo guardò sconvolta per qualche minuto, prima di sbattere le palpebre. “Hermione sta bene?”.

“Si è comportato malissimo. Hermione è di sopra che piange con Ginny Weasley che la assiste”.

“Posso fare qualcosa?”, gli chiese.   

“Procurale un po’ di sostegno morale. Ha paura di perdere gli amici”.

Pansy annuì. “Posso farlo. Dov’è la sua sala comune?”.

Draco le diede l’indicazione e la parola d’ordine, nel caso Hermione non avesse aperto. La Serpeverde si alzò, lanciò un breve sguardo al tavolo dei Grifondoro, ed uscì dalla Sala Grande.

Blasie alzò un sopracciglio. “Sai, non ci ho creduto quando Pansy me lo ha detto”.

“Detto cosa?”, chiese impaziente Draco.

“Che la Granger sarebbe stata perfetta per te”.

“E cosa intendi dire?”.

“Che, come al solito, Pansy aveva ragione. Non ti stai comportando come il solito stronzo egoista”.

“Sarei un coglione se non me importasse nulla mentre la Granger mi difende con quei due deficienti”.

Blasie ghignò. “Ma è esattamente ciò che eri”.

Draco fece per ribattere ma si rese conto che non sarebbe servito perché Blasie aveva ragione. Solo qualche mese prima non glie ne sarebbe fregato nulla, bastava pensare al dramma che aveva causato con l’incidente nell’armadio delle scope. In ogni caso, lo sguardo tronfio del Serpeverde non gli piacque, così scrollò le spalle ed iniziò a fissare il bicchiere di succo di zucca.

“Allora, non vai a spaccare la faccia a Potter”, lo punzecchiò Blasie.

“Sono ancora lì?”.

“Sì, ti pugnalano con gli occhi”.

“Alla Granger non piacerebbe. Ha sempre voluto cavarsela da sola e lo rispetto”.

“Probabilmente farebbe loro più male di quanto potresti fargliene tu”.

Draco si offese ma non rispose. La Granger era davvero più potente di lui. In effetti, lo era più di chiunque altro in quella scuola, inclusi i professori.

Ghignò al pensiero di cosa avrebbe potuto fare a Potter. “Oh, spero davvero che lo Sfregiato la faccia abbastanza incazzare da farsi maledire”.

I due Serpeverde ghignarono malignamente all’idea.


Pansy si guardò attorno nella torre dei Grifondoro. Era strano pensare di aver passato otto anni ad Hogwarts e che quella sarebbe stata la prima volta in cui sarebbe entrata nella tana dei rivali. Forse, se andare a trovare i compagni di case diverse fosse stato incoraggiato, non sarebbero stati tutti così ostili.

Bussò al ritratto che Draco le aveva spiegato essere l’entrata della stanza di Hermione ed aspettò con ansia per qualche minuto, ma nessuno rispose.

“Chi sei?”, chiese il ritratto dal naso adunco.

“Un’amica di Hermione”, replicò Pansy.

Il ritratto strinse gli occhi. “Non ti ho mai vista prima”.

Pansy alzò gli occhi al cielo ed indicò il proprio stemma Serpeverde della camicia. “Non sono Grifondoro”.

“Mmm.. immagino tu sia amica di quell’altro, il ragazzo che arriva sempre ad ore strane. La Caposcuola si diverte”.

Le venne risparmiato di dover continuare quella conversazione dalla porta che si aprì. Pansy si trovò a fissare gli occhi marroni di Ginny Weasley.

“Che cosa vuoi?”, chiese la Grifondoro.

“C’è Hermione?”.

“Sì”, rispose laconica la Weasley.

“Draco mi ha detto cos’è successo. Vorrei entrare”, disse con calma Pansy. Ad Hermione non sarebbe servito se le sue due amiche, venute per aiutarla, avessero iniziato a litigare.

“Hermione!”, urlò la Weasley. “La Parkinson può entrare?”.

Ci fu un rumore soffuso ed Hermione apparve. Aveva gli occhi gonfi e rossi ed i capelli sembrava non fossero mai stati pettinati.

“Pansy?”, gracchiò Hermione.

Pansy le sorrise. “Ciao. Come ti senti?”.

“Uno schifo”, replicò lei. “Entra”.

La Weasley si spostò per farla entrare e richiuse la porta. Pansy invece abbracciò Hermione. “Stai bene?”.

La Grifondoro la tenne stretta. “Per niente”, mormorò piano.

“Vieni, siediti”, disse Pansy guidandola versoi il divano. Sorrise appena alla vista della montagna di fazzoletti sparpagliati, prima di spazzarli via con un incantesimo evanescente e sedersi. Hermione non la seguì, rimanendo in mezzo alla stanza con lo sguardo perso. “Voi Grifondoro davvero private delle emozioni forti”.

Hermione rise piano prima di gracchiare. “Mi dispiace”, replicò. “Al momento sono un po’ messa male”.

“Credo sia il motivo per cui Draco mi ha mandata su. So com’è quando si trova intorno delle ragazze che piangono, non hai idea di cosa fare”.

Invece che ridere con lei, Hermione guardò il pavimento. “Ho paura voglia rompere con me”, mormorò.

“Perché pensi una cosa del genere?”.

“Perché l’altra sera ci ha provato. Non voleva litigare con i miei amici per me e adesso che è successo lo farà”.

Pansy si rialzò, le si avvicinò e le prese le mani. “Non devi preoccuparti, è troppo egoista. E comunque, stravede per te”.

“Ma e se decidesse che non valgo tutto questo caos? Al momento non è esattamente questo che gli serve”.

Pansy si scambiò uno sguardo con la Weasley, prima di trascinare Hermione sul divano di fianco a lei. “Credimi Hermione, per Draco vali molto di più. Sei tu il motivo per cui ha smesso di bere. Non rinuncerebbe mai a te”.

Pansy passò l’ora seguente cercando di spazzare via le paure della Caposcuola. Alla fine, Hermione si addormentò con la testa sulle sue gambe. “Crede davvero che Draco la lascerà?”, chiese Pansy alla rossa che, da quando lei era arrivata, non aveva più parlato.

“Sì”, rispose la Weasley. “Hermione non ha molta autostima quando si parla di ragazzi”.

“Credi che lo farà?”.

La Weasley scrollò le spalle. “Non posso dire niente perché non lo conosco abbastanza, ma diciamo che non mi è mai sembrato uno dei maghi più coraggiosi”.

Pansy si prese un momento per calmare la rabbia che spuntava sempre quando qualcuno parlava male di Draco. Non le sarebbe servito a niente iniziare ad urlare con la Grifondoro. La Weasley non poteva sapere quanto il ragazzo fosse leale con quelli che amava e di certo amava Hermione.

“Non lo farà”, replicò assolutamente sicura.

La Weasley la guardò fredda. “Sarà meglio. Hermione ne rimarrebbe distrutta. Ha messo in pericolo l’amicizia per lui e, se dovesse lasciarla, dovrà vedersela con me”.

“Non lo farà”, ripeté ancora Pansy.

La Weasley annuì ed entrambe rimasero in silenzio, perse nei propri pensieri su come aiutare la ragazza che le univa.


Ginny non ritornò in sala comune dei Grifondoro che dopo cena. Kreacher e Winky avevano portato il cibo da Hermione, così che non dovessero andare in Sala Grange e la ragazza si era svegliata dopo un paio d’ore. Non piangeva più ma era ancora emotivamente fragile e la Parkinson se n’era andata appena prima di lei. Ginny si era offerta di rimanere ma Hermione aveva messo in chiaro che avrebbe dovuto andare a cercare Harry e sistemare le cose con lui. Non se ne sarebbe mai andata, se non avesse saputo che, di lì a poco, sarebbe arrivato Draco.

Adocchiò la sala comune alla ricerca di Harry, ma trovò solo Ron che discuteva furiosamente con Neville. Non aveva bisogno di saper leggere il labiale per sapere di cosa stessero parlando, ma Harry non era lì ed il suo cuore perse un battito. La stava evitando? Si era così focalizzata sui problemi di Hermione che non aveva nemmeno pensato a cosa sarebbe successo se Harry si fosse sentito talmente tradito da volerla lasciare.

Una pacca sulla spalla la fece voltare e si trovò di fronte Harry con lo sguardo serio. “Vieni nel mio dormitorio. I ragazzi non ci saranno per un po’”.

Ginny annuì. Dovevano sicuramente parlare. Non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima volta in cui si era sentita così nervosa e seguì Harry di sopra con il cuore che batteva all’impazzata. Non era sicura di cosa avrebbe fatto se avessero rotto. Harry si fermò alla porta per farla entrare e la chiuse dietro di loro, silenziando la stanza. Ginny perse un po’ di sicurezza.

Si sedette esitante sul bordo del letto di Ron, mentre Harry rimase fermo sulla porta.

“Perché?”, le chiese alla fine.

Non le sembrò il caso di fare a finta di non capire. “Non spettava a me dirtelo”.

“Sei la mia fidanzata”, constatò lui.

“Ed Hermione una mia amica”.

“Avresti comunque dovuto venire da me”.

“Che cosa sarebbe successo se lo avessi fatto?”.

“Avrei potuto darci un taglio. Non avrei permesso che questa ridicola relazione iniziasse”.

“Credi che io non ci abbia provato? Credi che lo abbia scoperto ed immediatamente accettato?”.

“Adesso lo accetti?”.

Ginny ci pensò un attimo. All’inizio era rimasta sconvolta quando era andata da Hermione ed aveva trovato Malfoy addormentato sul divano, tutte quelle settimane prima. Poi si era arrabbiata quando la ragazza le aveva finalmente raccontato ciò che era successo tra lei ed il Serpeverde ed alla fine aveva capito quanto fosse ormai troppo innamorata per ascoltarli.

“Sì, è così”.

La sua risposta sembrò dare ad Harry un motivo per muoversi ed iniziò ad andare su e giù per il dormitorio. “Sei pazza? È Malfoy”.

“Senti, ci sono passata anche io. Ho litigato ed urlato con Hermione e non ho ottenuto nulla. Lei lo ama, Harry, e non ci puoi fare niente”.

“Non lo ama, prova solo lussuria”, la contraddisse lui.

“Se davvero pensi questo allora non conosci affatto Hermione”.

Harry si passò una mano tra i capelli. “Non può amarlo”, rispose calmo, come se stesse cercando di convincersi.

“Non avrebbe passato tutto questo né lo farebbe passare a noi se così non fosse”.

“E quindi? credi dovrei semplicemente accettarlo e fare a finta che gli ultimi otto anni non siano esistiti?”.

Ginny scrollò le spalle. “Non vedo cos’altro tu possa fare. Non lo lascerà solo perché le dirai di farlo, ma non significa tu debba diventare suo amico”.

Harry si afflosciò sul letto, guardando il pavimento e stringendosi nelle spalle. “Non penso di poterlo sopportare”.

Ginny lo guardò comprensiva. “Non hai molta scelta”.

“E se non ci riuscissi?”, mormorò Harry.

Lei non osò rispondere. Harry avrebbe perso Hermione se non avesse accettato le sue scelte. Così rimasero lì, a digerire ciò che si erano appena detti. Non avevano nemmeno ancora parlato dei propri problemi, anche se sembrava non essere più arrabbiato con lei.

Finalmente Harry smise di pensare e si sedette di fianco a lei. Le prese la mano sinistra ed iniziò a giocare con l’anello di fidanzamento che le aveva dato. “Non posso credere tu mi abbia mentito”.

“Non volevo, ma pensa al mio punto di vista. Sarebbe stato un’enorme tradimento della fiducia di Hermione se te lo avessi raccontato”.

“Ma avresti comunque dovuto”.

“No, non è vero. Ti amo ma non significa possa ignorare ciò che Hermione si aspetta dalla nostra amicizia. Anche io le ho raccontato fatti personali in passato e lei non è mai andata a spifferare tutto a Ron”.

“Ma lei non è la mia fidanzata”.

“No, è praticamente tua sorella. È rimasta con te anche in quelle volte in cui non mi volevi vicina”.

“Solo perché cercavo di proteggerti”.

“E lo apprezzo. Non sono arrabbiata con te, ma non hai mai sentito il bisogno di proteggere Hermione ed ha potuto rimanerti accanto quando invece avrei voluto farlo io”.

Harry si passò una mano tra i capelli. “Non è così. Non avrei potuto sopportare ti succedesse qualcosa”.

Ginny gli sorrise. “Lo so, ecco perché non sono arrabbiata, ma hai comunque rischiato con Hermione e Ron”.

“Non mi hanno dato molta scelta”.

“Avresti potuto andartene senza di loro ma ne avevi bisogno e va bene così. Sappiamo entrambi che non ci saresti riuscito, altrimenti. Non credi che l’amicizia significhi più del tuo odio per Malfoy?”.

Harry sembrò combattuto e Ginny decide di spingere ancora un po’. “Hai messo a rischio la tua amicizia con Ron per me. Sapevi che non sopportava vedermi con un ragazzo ma non ci hai pensato quando mi hai baciata, hai pensato solo ai tuoi sentimenti per me. Non credi che dovrebbe essere lo stesso per Hermione?”.

“Ma è Malfoy”, insistette testardo lui.

Ginny sospirò. Sapeva che in realtà aveva capito quanto lei avesse ragione, ma non lo avrebbe mai ammesso. La rabbia per le bugie di Hermione gli bruciava troppo, così decise di lasciar perdere. Alla fine si sarebbe calmato ed avrebbe pensato alle sue parole. In quel momento avrebbe solo potuto continuare a sussurrargli le cose all’orecchio.

“Sei ancora arrabbiato con me?”.

Lui la guardò. “Sono irritato che tu non me l’abbia detto quanto l’hai scoperto, ma non posso tenerti il muso a lungo”.

Ginny sorrise e gli diede un bacio. “Mi dispiace di aver mentito, soprattutto la scorsa notte”.

Un lampo di dolore gli passò negli occhi. “Non sono sicuro comprenderò il perché, ma capisco la tua lealtà verso Hermione. Anche se avrei preferito non lo avessi fatto”.

Ginny sorrise appena. “Credimi, sarebbe piaciuto anche a me. Non amo nasconderti delle cose”.

Lui la strinse e seppellì il viso tra i suoi capelli, respirando a fondo. Rimasero in quella posizione finché Ron non andò a cercarli.

 

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Capitolo 28
*** La Disfatta ***


Cap 29

La Disfatta

 

Ron osservò Malfoy in Sala Grande. Era lunedì mattina e stava facendo colazione. I Serpeverde sedevano lì come se non fosse successo nulla e la cosa lo faceva infuriare, soprattutto perché Hermione non era uscita dalle sue stanze per tutta la domenica e, quando aveva provato ad entrare, si era accorto che aveva cambiato la parola d’ordine.

“Quando facciamo qualcosa con quel coglione?”, chiese ad Harry.

Harry lo guardò indeciso “Non lo so”.

“Beh, io non rimarrò qui a fare a finta che non sia successo. Voglio far sapere la mia opinione a quel bastardo e dirgli che Hermione è off-limits per lui”.

Ron alzò la testa e vide Malfoy prendere la borsa e mettersela in spalla. Il biondo salutò la Parkinson e Zabini ed uscì dalla Sala.

“Guarda, è la nostra occasione, andiamo”.

Si alzò e controllò che Harry lo seguisse, sentendo l’adrenalina scorrere. Fino a quel momento si era sentito inutile ma litigare con Malfoy lo avrebbe sicuramente fatto stare meglio.

“Malfoy!”, gli urlò.

Vide il biondo tendere le spalle, riconoscendo la sua voce ancora prima di voltarsi.

“Weasley”, rispose guardandolo.

Ron gli si avvicinò aggressivo. “Stai lontano da Hermione”, biascicò puntandogli contro la bacchetta.

“Oppure? Mi affatturerai?”.

“Sì”.

“Odio dovertelo dire, Donnola, ma non mi hai mai fatto paura”.

Harry si intromise ed i due Grifondoro lo spinsero al muro.

“Penso riusciremo a farti qualcosa”, disse Harry.

“Sei davvero l’epitoma del coraggio, vero, Potter?”.

“Sempre meglio che un codardo come te”.

Ron sentì una mano sulla spalla spingerlo via. Si voltò arrabbiato e trovò Zabini e la Parkinson dietro di lui.

“Potter, Weasley, crescete”, disse Zabini.

La Parkinson gli riservò uno sguardo sdegnato prima di tirare su con il naso. “Sono sicura Hermione sarà entusiasta di sapere come vi comportate”.

“Rimani fuori, non ti riguarda”, sbottò Harry.

“È anche mia amica e voi siete due idioti”, disse la mora.

“Le sei amica quando ti fa comodo”, ruggì Ron.

“E cosa dovrebbe significare?”, chiese la Parkinson.

“Sai esattamente cosa intendo. Ora ti fa comodo esserle amica perché è un’eroina mentre voi nient’altro che un branco di patetici sostenitori di Voldemort”.

La Parkinson lo guardò dall’alto in basso. “Se credi che Hermione sia così stupida allora ti meriti di perderla e credimi, succederà se continuerete così”.

Il suo sguardo dardeggiò tra i due Grifondoro, poi afferrò la mano di Draco e lo trascinò verso di lei e Zabini. “Lasciate in pace Hermione e Draco. Se vogliono stare assieme sicuramente non hanno bisogno del vostro permesso”.  

Ron strinse gli occhi guardando i tre Serpeverde allontanarsi lungo il corridoio. “Odio davvero quel coglione”.

Harry annuì. “Concordo pienamente. Sono sicuro che Hermione capirà presto chi è”.

“Sarà meglio!”.


Draco non era una persona molto empatica. Non gli importava nulla se qualcuno intorno a lui fosse sconvolto. In effetti, spesso aveva cercato di sfruttare tali occasioni, vedendo certe emozioni come una debolezza. Gli sarebbe importato solo se fossero state sua madre o Pansy ad avere problemi e forse suo padre, in certe situazioni. Ora invece poteva sicuramente aggiungere anche la Granger alla lista.

Quando si sedette nella classe di Pozioni e vide l’espressione distrutta della sua ragazza, non riuscì a non provare anche lui il medesimo dolore. Era così sola. Sarebbe stato il primo giorno in cui sarebbero tornati a lezione dopo che i suoi stupidi amici avevano scoperto la loro relazione e, nonostante lei si trovasse allo stesso banco di Potter e Weasley, era ovvio ci fosse una barriera invisibile a dividerli. I due Grifondoro la ignoravano completamente e lei stava male. Draco sospirò, non sapendo come aiutarla.  

“Non fai qualcosa?”, chiese Blasie.

Draco si voltò verso l’amico, che gesticolava in direzione della Granger.

“Che posso fare?”.

“Rendi pubblica la vostra relazione!”.

Un lampo di irritazione gli passò in volto. “Se fosse per me andrei lì adesso, ma è la Granger che vuole tenere la cosa segreta”.

“Oh!”, disse Blasie. “Allora non sei tu?”.

Lui alzò gli occhi al cielo. “Come se avessi un briciolo di reputazione rimasta perché mi importi”.

Il Serpeverde ghignò. “Vero”.

“Non serve fare quella faccia tronfia”.

“Ha il suo lato divertente”.

Draco mormorò sottovoce. Nonostante andasse più d’accordo con Blasie da quando aveva smesso di bere, il ragazzo di Pansy riusciva comunque ad irritarlo parecchie volte al giorno. Sembrava fosse un orgoglio per lui e così era sempre stato.

Non si diede la pena di rispondere e riportò l’attenzione sulla Granger. Sembrava così infelice che la cosa stava iniziando a rodergli. Si alzò. “Fanculo”; disse, prima di marciare verso di lei.

“Era ora”, sentì borbottare Blasie mentre si allontanava.


Hermione non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui si era sentita così male. No, certo che ci riusciva. Era stato al terzo anno, quando Ron ed Harry avevano deciso di smettere di parlarle e, come all’ora, non averli sempre lì a chiacchierarle nelle orecchie era come perdere un braccio. Il silenzio ed il rifiuto di guardarla erano troppo da sopportare e non riusciva a concentrarsi su ciò che Lumacorno stava spiegando. Era un’ottima cosa che quel giorno non dovessero preparare nessuna pozione, perché avrebbe sicuramente fallito per la prima volta.

Fu il mormorio sconvolto che catturò la sua attenzione. Persino Lumacorno si era bloccato. Alzò lo sguardo dagli appunti lo puntò verso il Professore, che stava balbettando verso qualcosa alle sue spalle. Si voltò e vide Draco dietro di lei.

“Granger”, la salutò.

“Draco!”, sibilò lei. “Che stai facendo?”.

“Ti sposto”, le disse, abbassandosi per prenderle la borsa e raccogliendo i suoi libri con una mano.

“Che diavolo credi di fare, Malfoy?”, chiese aggressivo Ron.

“Non credo sia nulla che ti riguardi”, biascicò il biondo.

“Ridai ad Hermione le sue cose”, ringhiò Ron.

“Perché? Così che possiate continuare ad ignorarla? Credo starà meglio al mio banco”, disse Draco, allungandole una mano.

Hermione lo guardò confusa. Se avesse accettato la sua offerta sarebbe stata una dichiarazione pubblica della loro relazione e non era sicura di sentirsi pronta. Guardò Harry e Ron ma, come per tutte le altre lezioni, si rifiutavano di guardarla. Sarebbe bastato che uno dei due la guardasse e le chiedesse di non farlo, perché rimanesse. I due però non lo fecero.

Prese la mano di Draco e lui la rassicurò stringendogliela. Inciampò nei propri piedi a causa del nervosismo e lui la strinse maggiormente, conducendola al banco che divideva con Zabini. Il ragazzo si era già spostato per farle spazio di fianco a Draco. Si infilò nel posto vuoto e fissò vacua il legno, prima che i suoi libri ed appunti le venissero posizionati di fronte. Alzò la testa ed incatenò gli occhi con quello del suo ragazzo. Ne lesse la preoccupazione ed annuì impercettibilmente. Si ricompose, impilò i libri come al solito ed estrasse la pergamena, la piuma stretta in una mano per prendere appunti. Era stretta tra due Serpeverde e, per qualche motivo, la cosa la confortava. Si sentì nuovamente supportata, proprio come Harry e Ron l’avevano fatta sentire in passato.

La classe divenne silenziosa. Lumacorno continuò a fissare lei e Draco con la mascella tesa. Non ebbe il coraggio di osservare le espressioni dei compagni e si rifiutò di voltare la testa verso il banco dove si era trovata fino a poco prima. Non avrebbe abbassato lo sguardo verso la pergamena, come se avesse fatto qualcosa si sbagliato, così si voltò verso Zabini.

“Zabini”, lo salutò.

“Granger”, replicò lui con un piccolo ghigno. “È bello tu ti sia unita a noi”.

Hermione sorrise notando il tono d’approvazione. Almeno qualcuno era pronto ad accettare lei e Draco.

Lumacorno sembrò riacquistare il controllo. “Sì… bene… ehm… se siamo tutti a nostro agio, io continuerei”.

La lezione continuò come se nulla fosse successo. Hermione appariva calma e rilassata a chiunque la guardasse mentre in realtà, sotto al banco, aveva continuato a stringere la mano di Draco come se fosse stata un salvagente.  


La giornata continuò in quel modo. Era come se il pettegolezzo avesse avuto vita propria e fosse riuscito a spargersi ancora prima che la lezione di pozioni finisse. Alla fine, Hermione era uscita, mano nella mano con Draco, e si era buttata nella bolgia infernale di Hogwarts.

Sfortunatamente per lei, pozioni sarebbe stata l’unica lezione condivisa con Draco, quel giorno. Lui la accompagnò a trasfigurazione, mentre gli studenti continuavano a fissarli, e si fermò proprio davanti la porta, dove i Grifondoro erano in fila in attesa della McGranitt.

“Starai bene?”, le chiese.

Hermione sorrise. “Penso di poter sopravvivere”.

Lui si passò ansioso una mano tra i capelli. “E ti sta bene che siamo usciti allo scoperto? Non riuscivo più a guardarti rimanere lì così a pozioni”.

Hermione gli mise una mano sulla guancia. “È stato un po’ uno shock, ma sono felice tu l’abbia fatto. Non mi vergogno di te, Draco”.

Draco si abbassò e le diede un bacio sulle labbra.

“Per quando la cosa sia affettuosa, Signor Malfoy, sono sicura lei abbia delle lezioni a cui partecipare”, disse aspra la McGranitt da dietro di lui.

“Signorina Granger, penso voglia darsi una mossa. Se non sarà dietro di me oltre quella porta, le toglierò dei punti per il ritardo”.  

“Ci vediamo dopo”, disse frettolosamente a Draco. Si voltò ma lui la trattenne e la ritrascinò verso di lui. “Ti aspetto in biblioteca”, le sussurrò all’orecchio prima di darle un ultimo bacio veloce.

La fece rivoltare verso la classe e la spinse in avanti. Hermione lo guardò accigliata. Dagli sguardi che stava ricevendo da qualche Grifondoro, non era stata una grande idea. Raddrizzò la schiena e si affrettò ad entrare in classe, prima che la McGranitt tenesse fede alla sua promessa.


Draco arrivò ad Incantesimi in ritardo di dieci minuti. “Grazie per essersi unito a noi, Signor Malfoy”, disse irritato il Professor Vitious. “Cinque punti in meno a Serpeverde”.

Lui scrollò le spalle e si sedette nell’unico posto libero, tra Pansy e Blasie. Alzò gli occhi verso il ragazzo, capendo perché lo spazio era rimasto vuoto: Pansy voleva sapere tutti i dettagli di cosa fosse successo a pozioni. Rise quando la vide battere le dita sul banco in attesa che il Professore finisse di leggere. Era ovvio non avrebbe aspettato ancora molto prima di interrogarlo.

Vitious concluse la lettura e Pansy emise un sospiro di sollievo. “Finalmente”, mormorò prima di voltarsi verso Draco. “Sei davvero andato a reclamare Hermione di fronte a tutta la classe?”.

“Non è una cioccorana, Pansy”.

Pansy scosse la testa irritata. “Sai cosa intendo!”.

“Se intendi che sono andato a salvarla da Sfregiato e Lenticchia che la stavano ignorando ed insultando, allora sì”.

“È così romantico”, rispose sognante lei.

Draco si voltò disgustato verso Blasie. “Ti ho detto di disdirle l’abbonamento al Settimanale Strega. La fa diventare stupida”.

“Giuro che lo riceve di nascosto”, si difese Blasie.

Pansy tirò uno scappellotto ad entrambi.  “Smettetela di fare i guastafeste, non riesco a trattenermi. Non pensavo fossi così anche tu”.

“Data la sorpresa della Granger, non penso lo sapesse neanche lei”, fece notare Blasie.

“Immagino tu l’abbia accompagnata alla lezione successiva, no?”, chiese Pansy.

“Sì”, rispose sofferente Draco.

“E gli altri Grifondoro?”.

“Non lo so. Non mi interessava guardare cosa stessero facendo”.

“Spero non di daranno problemi”, disse preoccupata Pansy.

Draco non rispose. Non voleva davvero preoccuparsi per altre cose che non avrebbe potuto cambiare.


Hermione si affrettò a sedersi con la testa bassa, cercando di evitare le occhiate accusatore che i compagni le stavano lanciando. Si sistemò al solito posto, felice di non avere nessuno a fianco.

Ron si voltò dal banco di fronte. “Che diavolo era quello?”, le sibilò.

“Oh, allora adesso mi parli di nuovo?”.

“Rispondi alla mia dannata domanda”.

Hermione iniziò a surriscaldarsi. Non era più una bambina a cui potevano essere dati ordini. “Sai cosa, Ronald? Non credo lo farò”, rispose piccata, alzando il naso per aria.

“Irritante strega testarda”, lo sentì mormorare e, prima che potesse farle altre domande, la McGranitt richiamò l’ordine.

Ad Hermione erano sempre piaciute le sue lezioni ed era contenta che non avesse rinunciato alla cattedra, dovendo anche sopperire ai doveri di Preside. Voleva avere il meglio per l’ultimo anno ad Hogwarts e la Direttrice lo era sicuramente. Ciò significava anche che il silenzio da lei richiesto in classe sarebbe stato totale, una manna dal cielo per gli studenti studiosi ed in quel momento molto apprezzato. Almeno non sarebbe stata snervata dai mormorii che era sicura l’avrebbero altrimenti circondata. Quel giorno, la Preside li fece lavorare ancora più duramente, avendo preso molto seriamente il ripasso per i M.A.G.O.

“Bene, per oggi è tutto. Consegnare in ritardo i compiti quest’anno non è accettabile e non ammetterò scuse, nemmeno per chi gioca a Quidditch”, disse la McGranitt ed Harry e Ron grugnirono. “Raccogliete le vostre cose e dirigetevi alla prossima lezione. Signorina Granger, le dispiacerebbe rimanere un momento? Vorrei scambiare due parole”.

Il cuore di Hermione iniziò a battere forte. Aveva già capito di cosa voleva parlarle e non era sicura di che tattica avrebbe usato la preside. Raccolse i libri e si sedette al banco della prima fila, aspettando che la classe si svuotasse. Come al solito, alcuni cercarono di rimanere indietro curiosi, nel tentativo di origliare qualcosa. Sia Harry che Ron la guardarono dalla porta e pensò quasi di averli visti preoccupati.

Quando tutti se ne andarono, la McGranitt le si avvicinò, sedendosi di fianco a lei. “Non voglio farti la predica, Hermione, solo sapere se va tutto bene. La tensione tra te e gli altri Grifondoro non mi è sfuggita e posso immaginare che la scena alla quale ho assistito prima qui fuori centri qualcosa”.

Hermione arrossì ed abbassò lo sguardo verso le sue mani.

“Da quanto ho capito, tu e Malfoy vi frequentate”.

Lei annuì. “Sì, ed oggi siamo usciti allo scoperto. Credo che i ragazzi siano sconvolti”.

“È dire poco. Non spetta a me commentare la tua relazione o dirti chi dovresti frequentare. Però ti dirò che gli amici sono importanti ed a volte questo si dimentica all’inizio di una storia”.

Hermione osservò la lavagna dove la Professoressa aveva incantato il gesso perché scrivesse le istruzioni per quelli del terzo anno. Non riusciva davvero a guardarla in volto.

“Non voglio perdere i miei amici”.

Con la coda dell’occhio, vide la McGranitt annuire. “Come hanno preso la notizia il Signor Potter ed il Signor Weasley?”.

Hermione fece una smorfia. “Come c’era da aspettarsi. Non sono felici”.

“Dagli tempo. Sono testardi ma ti vogliono bene”.

Hermione tornò a guardare il banco, non volendole far notare le lacrime. “Spero sia così”, rispose.

La Professoressa le batté una mano sulla spalla. “Non credo che il cambiamento del Signor Malfoy sia sfuggito a qualcuno. Ho scritto la lettera di raccomandazione per il San Mungo ieri e la spedirò questa sera”.

Hermione non riuscì a sorridere. “Posso dirglielo?”.

“Certo. Ora, immagino farei meglio a lasciarti andare alla prossima lezione”.

“Grazie, Professoressa”.

“Quando vuoi”, rispose la McGranitt.

Hermione si alzò ed andò alla porta.

“Stai attenta, Hermione. La strada che hai scelto non sarà facile e non avrai molti sostenitori. Ti suggerisco di sistemare le cose con Harry e Ron più presto che puoi”.

“Potrebbe essere più facile a dirsi che a farsi”.

“Ho fiducia in te”, fu l’unica risposta della Preside.


Theo beccò Draco mentre usciva dalla lezione di Incantesimi e guardò il biondo dall’alto in basso. “Non credevo fossi così”.

“E adesso di che parli?”, chiese irritato Draco.

“Della Granger. È stata davvero una sorpresa”.

“Solo perché eri sicuro fosse una Tassorosso”.

Theo sbuffò. “Ero certo si trattasse di Alathea Winslow”.

Draco fece una smorfia a sentire quel nome. “Non sono così disperato!”.

“No, a quanto pare no. Anche se, considerato si tratta della Granger, non ho escluso l’uso dell’Imperio”.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Sorprendentemente, non sono caduto così in basso”.

“Ma spiega tutte quelle notti in cui non c’eri. Ha delle stanze private quest’anno, no?”.

Lui annuì, poco incline ad incoraggiarlo.

“Allora, com’è a letto?”, chiese Theo con fare cospiratorio.

Draco si voltò a guardarlo ed estrasse la bacchetta, puntandola contro il compagno. “Continua così e mi assicurerò tu sostenga i M.A.G.O. dall’infermeria”.

Theo alzò le mani in segno di resa. “Calma, amico! Stavo solo chiedendo. Non avevo capito fossi così preso. Per quello che sapevo io, la stavi usando per il sesso e la reputazione. Cioè, è una Sanguesporco”.

Il biondo spinse Theo contro il muro, una mano sulla gola e la bacchetta premuta sulla guancia. “Attento a quello che dici, Nott!”.

Pansy si fece largo nel gruppo di Serpeverde che si era radunato attorno ai due. “Draco! Mettilo giù prima di infilarti nei pasticci”.

Draco continuò ad osservare Theo, come a sfidarlo ad aprire la bocca. Quando il ragazzo rimase in silenzio, rendendosi conto che sarebbe stato poco saggio farlo arrabbiare ancora di più, abbassò la bacchetta e gli lasciò il braccio, permettendogli di spostarsi dal muro.

Pansy lo afferrò e lo spostò da lì. “Che diavolo stavi facendo?”, lo rimproverò.

Draco imprecò alla vista degli altri Serpeverde e si voltò verso di lei. “È andato troppo oltre”.

“Quindi l’hai messo al muro? Vuoi sostenere i M.A.G.O. oppure ritrovarti ad Azkaban?”.

“Ha chiamato Sanguesporco la Granger”.

Pansy boccheggiò ed adocchiò Theo, che adesso era affiancato da Blasie.

“Che diavolo hai detto, adesso?”, chiese Blasie.

“Ho solo fatto una battuta sui suoi programmi notturni. Come potevo sapere che fa sul serio con quella ragazza?”, si lamentò Theo.

Blasie grugnì. “Non impari mai, vero?”.

“Andiamo! Hai mai sentito nulla di più ridicolo di Draco e la Granger?”.

Blasie riconobbe che aveva ragione ma lo mise in guardia. “Stai attento a ciò che dici su di lei quando c’è Draco”.

“Adesso lo so!”, disse Theo prima di ridere. “La Granger! Ancora non riesco a crederci”.

Blasie rise con lui. “Solo Pansy l’aveva capito”.


Quando giunse l’ora di pranzo, Hermione era ormai esausta. Le stava venendo un feroce mal di testa e non vedeva l’ora di andare da Draco in biblioteca. Stava giusto attraversando il terzo piano quando un braccio le bloccò la strada e si trovò di fronte la faccia sconvolta di Dean Thomas.

“Hai perso la testa?”, le chiese.

Hermione si massaggiò le tempie. “Dean, non sono davvero dell’umore”.

“Hai dimenticato tutto? Tutti i nomignoli che ti ha dato in tutti questi anni?”.

“No”, rispose secca.

“Allora come fai a frequentarlo?”.

“Perché è cambiato”.

Dean tossì. “Non fare l’idiota, Hermione. A quanto pare non riesci a vedere ad un palmo dal naso. Ti sta usando”.

“Ma certo. Vuoi aggiungere altro?”, chiese sarcastica.

Lui strinse le labbra per l’irritazione. “Attenta alle mie parole, appena non gli servirai più ti butterà via”.

“Allora immagino potrai dirmi che mi avevi avvisata. Nel frattempo, preferirei ti impicciassi degli affari tuoi”, sbottò sarcastica prima di aggirarlo.

“Non ne vale la pena”.

Hermione si voltò nuovamente e gli premette un dito sul petto. “Non spetta a te dirmi ciò che è o meno. Non lo conosci quindi sparisci, Dean. La cosa non ti riguarda”.

Hermione continuò lungo il corridoio, la rabbia ancora in circolo. Perché la gente non riusciva a darle il beneficio del dubbio? Non era stupida e ci aveva pensato a lungo. Alla fine, raggiunse la biblioteca ed aprì la porta. Trovò subito Draco, appoggiato contro uno scaffale che fissava la porta. Gli si affrettò incontro e gli si lanciò tra le braccia.

“Cos’è successo?”, le chiese, allarmato dalla sua espressione.

“Sono stanca che tutti mi dicano cosa io debba o non debba fare”, mormorò sulla sua camicia.

“Lo prendo come un lamento per la lezione”.

Hermione annuì. “Dean mi ha appena bloccata in corridoio per rimproverarmi”.

“Cos’ha fatto Thomas? Lo ucciderò”.

“Smettila, ti prego, non farlo, Draco. Non penso di poter sopportare altri litigi, oggi”.

Lui la guardò e gli occhi gli si addolcirono quando comprese il suo stato d’animo. “Andiamo a pranzo”, le disse, trascinandola fuori.

“Non ce la posso fare. Prenderò qualcosa dalle cucine”.

“Non ti servirà nasconderti”.

“Lo so”, sbottò irritata Hermione. “Ma sarà terribile stare in Sala Grande”.

“Lo affronteremo insieme”.

“Non pensare possa sedermi al tavolo dei Serpeverde. Non riesco ad immaginare niente di peggio”.

Lui ghignò. “Non lo volevo suggerire”.

“E allora cosa? Verrai con me a quello dei Grifondoro? Finirai trippa per gatti”.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Non intendevo nemmeno questo, ma ho chiamato rinforzi”, le disse indicando il fondo delle scale.

Ginny la stava aspettando.

“Sbrigati, Hermione, ho fame”, si lamentò Ginny.

“Non vorrai far aspettare la piccola Weasley. Probabilmente a casa non le danno da mangiare”.

Ginny gli lanciò uno sguardo irritato ma Hermione rise. “Ovviamente non sai nulla di Molly. Nessuno si affama a casa sua, nutrirebbe persino te se ti presentassi”.

“Potrebbe essere tutto avvelenato, però”, aggiunse maligna Ginny.

Draco strinse le labbra ma non rispose. Ormai avevano raggiunto l’entrata della Sala Grande. “Sei pronta?”, le chiese.

Hermione annuì e gli strinse la mano. “Andiamo e facciamola finita”.

L’insolito trio oltrepassò la porta e nella Sala calò il silenzio. La maggior parte degli studenti li guardò allibiti, chiedendosi se si trattasse di uno scherzo. Draco, con la sua solita arroganza, ignorò tutti, le diede un bacio sulla guancia e le lasciò la mano per dirigersi al proprio tavolo.

Hermione volle quasi raggiungerlo ma sapeva che, se lo avesse fatto, i pettegolezzi avrebbero raggiunto livelli mai visti. Così, seguì Ginny tra i Grifondoro non proprio amichevoli.

“Ignorali”, le sussurrò Ginny.

Hermione guardò la sua amica e notò toccata la sua espressione fiera che sfidava tutti a dire qualcosa. Si sedettero in fondo al tavolo, vicino alle porte.

“Sei riuscita a fare pace con Harry?”, le chiese Hermione.

“Sì, ma non è esattamente contento di me”, replicò Ginny, osservando il fidanzato.

“Mi dispiace”.

“Non è colpa tua se è un asino”.

Hermione sorrise. “Ma è colpa mia se avete litigato”.

“Senti, mi piacerebbe non fossi innamorata di Malfoy ma lo sei e non te ne farò una colpa. È un idiota ma se ti fidi di lui io mi fido del tuo giudizio”.

“Ma?”.

Ginny sorrise maligna. “Se ti facesse del male, solo in caso, mi sono già messa in contatto con George. Ho qualche idea apposta per lui”.

Hermione rise. “Se dovesse ferirmi mi aggiungerei al gruppo”.

“Credimi, saremmo molto più pericolose di qualsiasi cosa Harry e Ron potrebbero inventarsi e scommetto che Malfoy lo sa”.

Hermione ripensò all’inizio del semestre quando Malfoy l’aveva chiamata Sanguesporco finché lei non lo aveva minacciato ed aveva smesso quasi subito. “Scommetto di sì”.

Ginny rimase allegra per il resto del pranzo ed Hermione glie ne fu grata perché il resto della giornata non le portò alcuna gioia. Harry e Ron continuarono a trattarla come se non fosse esistita e gli altri Grifondoro non si trattennero dal dare voce al proprio dispiacere. Quando le lezioni finirono, Hermione era ormai prossima alle lacrime.


Draco stava aspettando Hermione nella sua sala comune quando lei entrò malinconica a fine giornata. Lasciò cadere la borsa dei libri sul divano e ci si afflosciò assieme a lui.

“Ehi”, disse pacata.

Lui le mise un braccio attorno alle spalle e se la portò più vicino. “Come ti senti?”.

“Bene”, rispose prima che la voce le si spezzasse ed iniziasse a piangere.

Draco la fece sedere sulle sue gambe. “Ti prego, Hermione, non farti questo”.

“Non riesco a farne a meno”, singhiozzò. “Sono i miei migliori amici. Ne abbiamo passate così tante assieme, eppure loro fanno i testoni”.

“Dagli tempo. Lo accetteranno”.

Hermione scosse la testa. “Non credo. Si comportano come se li avessi traditi”.

Draco cercò di sorriderle prima di appoggiarsi a lei. Odiava vederla così distrutta a causa dei litigi che stava affrontando e non aveva pensato a ciò che avrebbero fatto quando i suoi amici l’avessero scoperto. Non aveva nemmeno creduto sarebbero durati così tanto, insicuro se si fosse trattato di una cotta passeggera. In quel momento, invece, reggeva la sua ragazza che piangeva sulla sua spalla e non sapeva che fare, così decise di rimanere semplicemente lì e darle un po’ di conforto. Tra l’altro, non era nemmeno bravo con le parole e non era certo di potersi trattenere dall’insultare quei due, ben sapendo che lei non lo avrebbe apprezzato.

Alla fine, la Granger si calmò abbastanza da smettere di piangere. Osservò il suo petto, prima di ridere. “Cos’ho che non va? Ti bagno sempre la camicia”.

“Almeno questa volta non dovrai offrirmi nessun vecchio vestito di Potter”.

Hermione gli sorrise. “No, ormai ti stai facendo un armadio consistente qui”.

“Ti rendi conto che non torno in dormitorio da un sacco di tempo oltre che per cambiarmi?”.

Lei lo spinse via. “Questa notte vuoi tornare? Non devi rimanere qui con me se non ti va”.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Quante volte devo dirti che sei incredibilmente più appetibile di Theo e Blasie?”.

“Sarà meglio”, lo prese in giro lei.

Lui le prese il mento e la baciò. “Certo. L’unico posto in cui voglio essere è con te”.

“Fammi dimenticare i litigi, Draco”, gli mormorò contro le labbra.

Draco fece esattamente ciò che gli era stato chiesto.


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Capitolo 29
*** Migliori Amici E Fidanzati ***


Cap 29

Migliori Amici e Fidanzati

 

Hermione vide Harry e Ron dall’entrata della Sala Grande e si affrettò ad uscire. Non se la sentiva di affrontarli in quel momento e negli ultimi giorni li aveva evitati, cosa che li aveva fatti arrabbiare sempre di più. Sfortunatamente, quel giorno la sua sorte non volle sorriderle perché riuscì a malapena ad attraversare il giardino che qualcuno la afferrò e la fece voltare.

“Non puoi continuare a scappare, Hermione. Alla fine, dovrai parlarci”, disse Ron.

“Non sapevo di essere io quella che vi ignora”.

“Dobbiamo parlarle”.

“Volete parlarmi oppure urlarmi addosso?”.

“Vogliamo capire”.

Hermione guardò Harry. Non sembrava volesse capirle nulla.

“Sicuro? Forse tu sì, Ron, ma non credo sia lo stesso per Harry”.

“Non penso di poter capire”, replicò lui. “Ma voglio sapere perché”.

“I sentimenti non sono semplici da spiegare. Non è che io mi sia svegliata una mattina ed abbia pensato “sai che c’è? Penso oggi mi innamorerò di Draco Malfoy, così agiterò un po’ le acque”. È semplicemente successo”.

“Come è potuto accadere con uno come lui?”, chiese frustrato.

“Perché non è la persona che credi. Ho passato del tempo con lui, l’ho conosciuto ed è diverso dal borioso che è sempre stato”.

Harry fece una smorfia. “Per favore, Hermione, davvero vuoi rifilarci la solita storia smielata?”.

“Ma è vero! Come puoi all’improvviso pensarla diversamente su Piton ma non riuscire a fare la stessa cosa con Draco?”.

“Le azioni di Piton ci hanno dimostrato la sua vera personalità”.

“E così anche Draco! Noi sappiamo a che tipo di pressione è stato sottoposto. L’hai detto tu steso che non è riuscito ad uccidere Silente, ha abbassato la bacchetta, e non ha detto a Bellatrix chi fossimo a Malfoy Manor. La sua riluttanza ad eseguire qualsiasi ordine gli fosse stato dato come Mangiamorte dimostra che non era in grado di diventare una persona simile!”, urlò con passione.

“Stai davvero cercando di far passare la codardia di Malfoy per una specie di caratteristica che possa redimerlo?”, chiese incredulo Harry.

“Sì, è così. Era un codardo nel senso che, nel profondo, sapeva quanto fosse sbagliato ciò che stava facendo. Gli mancava la convinzione per diventare un vero Mangiamorte. È davvero codardia, questa? O forse voleva fare la cosa giusta ma non aveva idea di come?”.

“Merlino, Hermione. Ti ha davvero rigirata se sei capace di dire tante sciocchezze”, sbottò Ron.

“Oh, certo, dev’essere questo il motivo! Stupia Hermione, è troppo infantile per capire la differenza da sola. O magari è perché le piacciono i maghi oscuri. Non è così, Ron?”, urlò lei.

“Sei sempre stata troppo compassionevole per il tuo stesso bene. Malfoy ti ha venduto una storiella strappalacrime su quanto sia stato mal cresciuto e tu ti sei abbassata le mutande”, rispose crudele Ron.

Hermione sussultò come se l’avesse presa a schiaffi, ferita che avesse potuto dirle una cosa del genere. “Pensi davvero una cosa simile di me?”, gli chiese con calma.

“Crediamo tu non abbia esperienza con i ragazzi e sia sempre troppo incline a vedere il meglio delle persone”, si intromise Harry.

“Non sono un’idiota. Quando lo capirete?”.

“Quando inizierai a prendere decisioni migliori”.

“Sono rimasta al tuo fianco qualsiasi decisione tu abbia preso, Harry, anche se non l’approvavo. Quando invece sono io a fare qualcosa, un’unica cosa, che a te non piace sei molto veloce a giudicare”.

“Questo non è un piccolo errore”, continuò lui.

“E non lo è stato nemmeno il Reparto Misteri”.

Harry si ritrasse, bianco come un lenzuolo, ed alzò un dito contro di lei. “Conosci le circostanze”, sibilò. “Non è per niente comparabile con questo”.

Hermione si morse un labbro. Si sentiva male per avergli detto una cosa simile ma era stanca di essere sempre lei quella responsabile. “Senti, non te l’ho detto per incolparti. Ti stavo solo facendo capire che non è sempre tutto bianco e nero come credi”.

“Infatti è più nero che bianco”, grugnì Ron.

Hermione si strofinò gli occhi. “Sapete cosa? Voi potete anche continuare a vivere felicemente in un mondo dove potete tenervi gli stessi pregiudizi che c’erano prima della sconfitta di Voldemort, ma io non rimarrò lì con voi. Non mi farò fermare da qualche lamentela meschina”.

“Ciò che proviamo per Malfoy non è per niente meschino”, la interruppe Harry.

“No, ma se gli dessi una possibilità capiresti che non c’è bisogno di lamentarsi”.

“Che cosa? Mi dirà che gli dispiace per tutte le porcherie che ha combinato in questi anni?”.

“Sì”, replicò semplicemente lei.

“Ti prego, Hermione! Alza la testa dalla sabbia”, sbottò Harry.

“Si è scusato con me”.

“Sì, perché sa riconoscere i punti deboli quando li vede”, la prese in giro Ron.

“Oh, certo! Perché questo ha molto più senso rispetto al fatto che gli possa dispiacere sul serio”.

“È Malfoy! È un coglione!”.

“Questa è la tua risposta a tutto?”.

“Che altra risposta ci potrebbe essere?”, insistette testardo Ron.

Hermione scosse la testa triste e guardò i suoi amici. “Sapete, mi dispiace per voi. Avete la vista ristretta e non riuscite a capire il lato buono delle persone”.

“Non di quelle come Malfoy”.

“Non andartene, Hermione!”, urlò Ron.

“Perché no? Ascoltereste davvero ciò che ho da dire o mi chiederete solo di lasciarlo?”.

Harry e Ron la fissarono. Gli diede il tempo di rispondere, ma rimasero in silenzio. “Come pensavo”, disse prima di andarsene.

Aspettò di allontanarsi abbastanza prima di appoggiarsi al muro più vicino. I litigi con Harry e Ron l’avevano sempre scombussolata e fatta sentire vulnerabile e, quel giorno, non avrebbe fatto eccezione. Cosa peggiore, tutta quella diatriba la stava rallentando con il ripasso per i M.A.G.O.


Ginny li guardò litigare dalle scale di Hogwarts. Il divario tra Harry, Ron ed Hermione si stava allargando. Aveva pensato che Harry avrebbe iniziato a calmarsi dopo la loro conversazione ma ormai erano passati giorni ed era ancora infuriato per quella situazione. Ron sarebbe stato più semplice da calmare, se Harry non fosse stato così certo che Hermione avesse perso la testa.

Ginny si era ritrovata in mezzo, bloccata. Faceva del suo meglio per perorare la causa di Hermione ma i ragazzi si rifiutavano di ascoltare, gran parte perché erano stati feriti nell’orgoglio. Per qualche motivo, Harry si era convinto che Hermione non si sarebbe messa con Malfoy se lui fosse intervenuto prima. In ogni caso, lei ne dubitava. Hermione non avrebbe smesso di aiutarlo sulla base della sua sola richiesta, proprio come adesso si rifiutava di smettere di frequentarlo solo perché Harry glie lo ordinava.

Ginny sospirò e scese lentamente le scale.

“Quando inizierete ad accettarlo?”, chiese dietro di loro.

“Come facciamo?”, chiese belligerante Ron.

“È ciò che vuole. L’avresti ascoltata se ti avesse detto che non potevi stare con Hannah?”.  

“È diverso. Hannah non è un serpente strisciante che ci ha reso la vita un inferno”.

“Immagina fosse la Parkinson, allora. Se ti fossi innamorato di lei come con Hannah, ci avresti rinunciato se Hermione te lo avesse chiesto?”.

“Ginny! Hai perso la testa? Preferirei immaginarmi con Fierobecco!”.

Ginny alzò gli occhi al cielo e si voltò verso Harry. “Non stai facendo altro che spingerla ancora di più tra le braccia di Malfoy. Non credevo saresti stato così testardo”.

Harry sembrò insicuro. “Non so perché non ci riesco, ma è così”.

“Provaci!”, gli ordinò. “Prima di perderla per sempre. Se non cambierete idea, succederà”.

Harry la guardò e lei notò il conflitto nei suoi occhi. Era ovvio che le mancasse l’amica ma la sua testarda incapacità di ascoltare ciò che Hermione gli voleva dire ed il desiderio, giustificato o meno, di perpetrare l’odio verso Malfoy stavano distruggendo qualsiasi possibilità di farlo ragionare. Almeno, però, non avrebbe completamente dimenticato le sue parole.

“Ci proverò”, disse annuendo.

Ron fece una smorfia ma Ginny lo ignorò. Suo fratello era pieno di rabbia ma, se Harry avesse abbassato la testa ed accettato a malincuore la situazione, l’avrebbe fatto anche lui.

Ginny, contenta di essere riuscita a far ragionare, Harry, tornò nel castello.


Hermione rimase in giardino, nascosta dietro un muro, per il resto del pranzo. Non aveva nemmeno fame e lo stomaco le si era stretto in un fascio di nervi. Si sedette ed iniziò a pensare cosa avrebbe potuto fare se Harry e Ron non l’avessero perdonata. Non avrebbe mai lasciato Draco solo perché glie lo ordinavano e, comunque, permettere loro di avere un potere così grande su di lei non sarebbe stata una grande idea. Avrebbero pensato di poter interferire con la sua vita privata ogni qualvolta avessero voluto. Però non voleva nemmeno rinunciare alla loro amicizia. Sì, erano testardi e la facevano infuriare e, francamente, spesso degli idioti, ma sapeva anche che le volevano bene ed erano preoccupati per lei. Ciò non scusava il loro comportamento ma non poteva odiarli per questo, non avrebbe mai potuto.

Udì la campanella suonare l’inizio delle lezioni pomeridiane e si alzò lentamente, asciugandosi le mani sporche sulla veste. Avrebbe dovuto recarsi ad Artimanzia e sarebbe almeno riuscita ad evitarli, manche se ci sarebbero comunque stati Dean e Seamus. Non che quel giorno avesse intenzione di prestare loro attenzione. Non avrebbe ascoltato né Harry, né Ron, né tantomeno quei due.

Quando svoltò l’angolo della classe, trovò Draco ad aspettarla alla porta. La vide e perse l’espressione tesa. “Eccoti!”, esclamò.

“Scusa, ho passato il pranzo di fuori”.

Lui la raggiunse e le strofinò le mani sulle braccia. “Ero preoccupato”.

“Ho incontrato Harry e Ron e non me la sono sentita di rientrare a mangiare”.

Il volto gli si oscurò. “Adesso che hanno detto?”.

“Niente di nuovo. Penso stiano ancora sperando che mi liberi di te”.

Draco imprecò. “Ehi”, gli disse. “Non succederà”.

“Vorrei che Potter tirasse fuori la testa dalle chiappe”.

Hermione sorrise. “Ti comporteresti diversamente se Pansy frequentasse Harry?”, gli chiese, inconsciamente suonando come Ginny.

Lui strinse la mascella. “Pansy non scollegherebbe mai il cervello”.

Hermione alzò un sopracciglio. “E perché tra noi sarebbe diverso?”.

“Non sono un idiota come Potter”.

“Questo è discutibile”.

Draco si passò una mano tra i capelli. “Ok, capisco che intendi”, le concesse malvolentieri.

“Vedi? Non era troppo difficile”.

“Lo pensi tu”, mormorò.

“Vorrei sapere quando lo accetterà”.

Draco le mise un braccio attorno alle spalle e la fece entrare in classe. “Lo capirà. Probabilmente quando vorrà passarti un tema da correggere”, le disse baciandole la tempia.

Hermione voleva sperare fosse così semplice ma sapeva che non sarebbe successo. Almeno Draco stava cercando di farla sentire meglio, piuttosto che arrabbiarsi ed aggiungerle preoccupazioni.

Probabilmente avrebbe cambiato idea se avesse saputo ciò che gli stava passando per la testa. Aveva notato quanto il problema con i suoi amici si fosse acuito e non era così stupido da non capire che, se le cose non si fossero risolte con Potter e Weasley, non sarebbero durati a lungo. La testardaggine ed il desiderio di non voler essere comandati non li avrebbe portati lontano e la Granger non sarebbe stata felice se non fosse riuscita a fare pace con quei due. La loro relazione ne avrebbe risentito e presto si sarebbero lasciati.

Poteva anche essergli voluto un po’ a capire quanto fosse innamorato di lei ma, appena accettata la cosa, aveva capito di volere una cosa seria. Non avrebbe rinunciato a lei senza combattere e, se avesse significato fare quello che aveva in mente, lo avrebbe fatto. La sua felicità poteva valere un pezzo del suo orgoglio.

I mormorii e le occhiate degli altri non avrebbero significato nulla per la Granger se avesse avuto al suo fianco gli amici ma, se fossero rimasti arrabbiati con lei, avrebbero iniziato ad abbatterla. Percepì la sua tensione quando entrarono nella classe di Artimanzia, dove Finnegan e Thomas iniziarono a fissarla crudeli e con il disgusto dipinto in faccia. Hermione sembrava a pezzi e sapeva quanto avesse pianto durante la notte, visto che si era svegliato più di una vola con lei che cercava di singhiozzare nel cuscino.

Non aveva saputo cosa fare ma, fermo di una nuova convinzione, stava diventando più positivo. Non avrebbe permesso a degli estranei di separarli. Aveva passato la vita a seguire gli ordini degli altri e non lo avrebbe più accettato. Percepiva ancora le occhiate di Thomas, così gli ghignò. Fanculo loro e qualsiasi altro bastardo lì fuori.


Quella sera, Draco aspettò finché Potter non tornò dall’allenamento di Quidditch. Si posizionò di fronte alla porta ed intercettò il Ragazzo che è Sopravvissuto quando entrò nell’atrio.

“Potter, possiamo scambiare due parole?”. Non gli avrebbe mai chiesto per favore.

Il gruppetto attorno a Potter si bloccò e tutti lo fissarono. Weasley aveva la bocca aperta per lo stupore, non avrebbe mai capito come la Granger avesse potuto trovarlo attraente, mentre gli altri si accigliarono.

“Con comodo, Potter”, biascicò.

Il Capitano dei Grifondoro fece cenno alla squadra di andare e preso Draco rimase solo con lui e Weasley. “Speravo di poter parlare da soli”.

“Non andrò da nessuna parte con te, Malfoy. L’ultima volta mi hai lanciato un Pietrificus e mi hai picchiato”.

“Questa volta è un invito e non stai andando in giro con il Mantello dell’invisibilità ad origliare conversazioni che non ti riguardano”.

“Il tuo ruolo di Mangiamorte mi riguardava, e dovrebbe riguardarmi anche Hermione”.

“Rimaniamo qui a rispolverare il passato oppure vuoi sapere cosa ho da dirti?”.

“Non sono sicuro di voler ascoltare”.

“Ottimo! Beh, sarò più che contento di dire alla Granger che ci ho provato ma non hai avuto alcun interesse”.

Il Prescelto si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi. “Ok, spara allora”.

“Prima liberati del compare”.

“Ehi”, protestò Weasley.

“È tra te e me, Potter, lo è sempre stato. Weasley è superfluo in questa conversazione”.

“Fanculo, Malfoy. Ho lo stesso diritto di stare qui di Harry”.

Draco non lo guardò nemmeno e tenne gli occhi puntanti su Potter, constatandone l’accettazione.

“Ron, lasciami da solo con Malfoy”.

“Cosa? No! Dovrei rimanere anche io!”.

Potter si voltò verso di lui. “Lasciami ascoltare ciò che deve dire”.

“Non è giusto! È anche mia amica!”.

“Lo so, ma vuole parlare con me. Dubito mi dirà qualcosa di illuminante, ma forse dovrei ascoltare”.  

Draco ghignò mentre Weasley sembrava prossimo a fare i capricci. Alla fine, li guardò entrambi e se ne andò.

“Donnola poppante”, gli urlò dietro Draco.

“Fanculo, Malfoy”, grugnì Weasley..

“Mi stai già facendo pentire di averti voluto ascoltare”, disse Potter.

“Nessuno dei due sarebbe qui se non fosse per la Granger quindi risparmiati le cazzate da martire per qualcuno che ci crederà”.

“Che cosa ci veda, in te, è un mistero”.

“Potrei dire esattamente la stessa cosa”.

“Allora inizia”.

Draco si prese un minuto per ricomporsi. Il ragazzo riusciva sempre a farlo surriscaldare ma, per il bene della Granger, avrebbe ricacciato indietro l’istinto di prenderlo a pugni.

“Che cosa stai combinando con la Granger?”.

“Che intendi?”.

“Non fare il finto tondo, non ti si addice”.

“Vuoi solo insultarmi o hai sul serio qualcosa da dire?”.

Draco si passò una mano tra i capelli. “Senti, per me non è facile. Non mi piaci, non mi sei mai piaciuto. Tiri fuori il peggio di me ma sei il migliore amico di Hermione e per lei significhi molto”.

“Grazie per questo riassunto sconvolgente, Malfoy. Sono così felice di essermi fermato”, rispose sarcastico Potter.

“Chiudi quella cazzo di bocca e lasciami finire”, sbottò lui. Aspettò un attimo per avere conferma di non essere più interrotto ed il Grifondoro annuì.

“È a pezzi. Questo divario tra di voi la sta distruggendo. Non vuole la tua benedizione, sa già che non glie la darai mai, vuole solo che provi a capirla e la smetti di metterle addosso tutta questa pressione”.

“Perché non è venuta a dirmelo lei stessa?”.

“Credi mi abbia mandato a parlare lei? Metti in moto quel cervello che penso tu possieda. Pensi davvero che non ci sia qualcuno di meglio da mandare per perorare la sua causa?”.

“Allora perché sei qui?”.

“Perché non stai ascoltando. Non ho idea di ciò che la rossa bisbetica che chiamerai moglie ti dica ma, qualsiasi cosa sia, ti rifiuti di capire”.

“E tu pensi di avere qualche possibilità in più?”.

“Il fatto che io sia qui dovrebbe dirti qualcosa”.

“E sarebbe?”, chiese testardo Potter, non volendo rendergli la cosa più facile.

“Sei davvero un mulo”, disse divertito Draco. Di norma si sarebbe irritato con il Prescelto ma la Granger doveva averlo rammollito.

“Io posso anche essere testardo ma non sono quello che ha passato anni a renderle la vita un inferno”.

“Non ti racconterò ciò che ho detto a lei, perché non ti riguarda, ma Hermione sa che mi pento del mio precedente comportamento”.

“Lo spero proprio, altrimenti sarei preoccupato per la sua salute mentale. Che poi sia vero o meno, è un altro discorso”.

Draco percepì la rabbia montare e lottò contro il desiderio di dire a quell’idiota di andare a fanculo.

“Sono qui perché mi importa di lei”.

“Ti importa? Wow, che profondità”.

Gli ci volle tutta la sua forza per ricacciare indietro la risposta che avrebbe voluto dargli. Per il bene della sua ragazza, lasciò perdere il commento sarcastico. “Questa relazione non è ciò che pensi”.

“E che cosa penso?”.

“Che io la stia frequentando perché mi fa comodo”.

“E dovrei prendere per buona la tua parola?”.

“NO, ma dovresti fidarti di lei. Ha deciso di volerci dare una possibilità. Dovresti fidarti del suo giudizio”.

“E se il suo giudizio fosse offuscato?”.

“Da cosa?”.

“Dopo la scena a cui ho assistito, dalla lussuria?”.

Draco imprecò. “Se pensi una cosa del genere, non la conosci affatto. Pondera sempre tutto e non avrebbe mai messo in pericolo la vostra amicizia per una cosa così banale”.

“Come faccio a sapere che non la stai usando?”.

“Non puoi, io posso solo dirti che non è così e che la amo. Ciò che vorrai fare con questa informazione sta a te deciderlo”.

“La ami?”.

“Perché credi sia qui ad ignorare il mio orgoglio e parlarti? Se non me ne importasse niente me ne fregherei se non volessi più parlarle”.

Potter iniziò a battere le dita sul manico della scopa, passandolo da una mano all’altra. “E cosa dovrei fare con questa informazione?”, chiese confuso.

“Smettila di fare l’idiota e fai pace con lei”.

“E poi cosa?”.

“Accetta il mio ruolo nella sua vita come io faccio con te. Dubito diventeremo mai amici ma lei non è felice senza di te. Magari dovresti capirlo”.

“Quando sei diventato così maturo?”.

Draco sorrise tetro. “Azkaban ha un modo tutto suo per questo”.

Il Grifondoro lo fissò serio. “E se dovessi renderla infelice?”:

“Non riesco a credere a ciò che sto per dire ma, se dovessi fare cazzate ti do il permesso di picchiarmi. Me lo meriterei”.

Potter grugnì prima di allungargli la mano. Draco esitò per un momento, ma alla fine glie la strinse. Nessuno dei due mancò di notare il significato di quella stretta, dopo tutto ciò che era successo.

“Rispetto il fatto che tu sia venuto a parlarmi”, disse Potter accondiscendente.

Draco annuì, rifiutandosi di essere grato per quelle parole del Prescelto. “Dì ai tuoi compari Grifondoro di smetterla. Non voglio più sentire commenti né vedere occhiatine, ed assicurati che Thomas non la affronti più”.

Potter si accigliò. “Dean le ha parlato?”.

“Le ha urlato addosso e le ha fatto passare dei brutti cinque minuti. Non apprezzo arrivi da me sconvolta ed in lacrime”.

“Mi assicurerò non ricapiti. Non se lo merita”.

“Non merita nemmeno che i suoi due migliori amici la trattino da esclusa”, commentò Draco, notando con soddisfazione il lampo di colpevolezza che passò negli occhi di Potter.

“Le parlerò”, mormorò il Grifondoro.

“No, farai di più. Ti scuserai e farai pace con lei”.

Potter sembrò volersi ribellare per un momento, ma preso assunse un’espressione rassegnata ed annuì prima di dirigersi verso la torre dei Grifondoro.

Draco rilassò le spalle, rilasciando la tensione che si era accumulata da quando aveva deciso di dover parlare con l’amico della Granger, qualche ora prima. Non voleva nient’altro che accoccolarsi con lei ma, conoscendo Potter, sapeva che sarebbe andato subito dalla Grifondoro e dubitava avrebbero finito tanto presto. Riluttante, si diresse nei sotterranei. Non ci dormiva da settimane.

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Capitolo 30
*** Riconciliazione ***


Cap 30

Riconciliazione

 

“Sicuro di volerlo fare?”, chiese per la quinta volta Ron.

“No”, rispose Harry. “Odio ammetterlo ma Malfoy ha ragione. Abbiamo trattato malissimo Hermione e dovremmo scusarci e fare pace con lei”:

“Dannazione, Harry, ti ha lanciato un Imperio mentre eravate soli?”.

Harry fece una smorfia. “Sto iniziando a chiedermelo anche io. Non riesco a credere di doverlo fare”.

“Non sono sicuro di dovertelo permettere”.

Harry si fermò ed afferrò Ron per un braccio. “Sei d’accordo che questa sia la cosa giusta, no?”.

Ron sembrò indeciso. “Non lo so. Cioè, le stiamo per dare la nostra benedizione e non mi va giù ma non possiamo neanche continuare così”.

“Lo so e anche io sono indeciso. Parliamo di Malfoy, dopotutto”.

“Sì, ma anche di Hermione e non mi piace non esserle amico quindi facciamolo prima di perdere la pazienza”.

I due ragazzi si fermarono di fronte alla porta di Hermione, presero un respiro profondo e bussarono.

Hermione era sola. La stanza sembrava stana senza la presenza di Draco e, mentre una volta l’avrebbe trovata piacevole e rilassante, adesso l’avvertiva silenziosa e fredda. Era così abituata a coccolarsi con Draco a fine giornata. Di solito ripassavano assieme prima che lui riuscisse a distrarla e la trascinasse a letto riempiendola di baci. In quel momento, invece, era con la sola compagnia dei libri e la cosa non le piaceva.

Sospirò, conscia di essere ridicola. Non potevano passare assieme tutto il tempo. Anche lui aveva degli amici e lei, beh, li aveva una volta. Ricacciò sul tavolo il libro di Antiche Rune e si accasciò sui cuscini del divano. Ora che Draco non era lì a tentarla, erano tornate anche tutte le sue paure riguardo alla sua amicizia con Harry e Ron.

Ginny le aveva assicurati di starci lavorando con Harry, ma ci stava mettendo troppo. E se quei due non l’avessero mai perdonata e non le avessero più rivolto la parola? Non credeva di poterlo sopportare e chi poteva essere sicuro che Draco ci sarebbe sempre stato? Quante relazioni duravano per sempre? Si strofinò gli occhi. Ecco perchè non avrebbe dovuto lasciarla sola, diventava pazza, però non avrebbe potuto di certo andare a cercarlo e pretendere che lasciasse qualsiasi cosa stesse facendo con Blasie per rimanere con lei, anche se era davvero tentata.

Il rumore di qualcuno che bussava la fece sussultare, dato che non aspettava nessuno. Se fosse stata Ginny, sarebbe stata già dentro. Forse volevano qualcosa da lei come Caposcuola. Al momento le sarebbe andata bene qualsiasi distrazione.

Scattò in piedi e raggiunse la porta, aprendola di scatto. Si bloccò quando vide gli occhi verdi e quelli blu dei suoi due amici.

 

Draco si trascinò alla sala comune dei Serpeverde, ignorando le occhiate che lo seguirono. Dopo la sua scenata con Theo, qualche giorno prima, nessuno aveva più osato dire nulla sulla Granger né provato a mormorare Sanguesporco vicino a lui. Avevano troppa paura della sua possibile reazione. Poteva anche non essersi ricoperto di gloria come Mangiamorte ma aveva dimostrato di essere imprevedibile se punzecchiato.

Aprì la porta del dormitorio e grugnì quando lo trovò pieno. Sia Theo che Blasie erano lì, assieme a Pansy.

“Draco!”, esclamò Pansy. “Che ci fai qui?”.

“Finalmente la Granger ha visto la luce ed ha scaricato le tue patetiche chiappe?”, chiese Theo.

Draco gli lanciò un’occhiataccia ma lo ignorò e si lasciò cadere sul letto.

“È il mio dormitorio, Pansy. Non ho il permesso di stare qui?”.

“Certo che s’, pensavo solo saresti rimasto con Hermione”.

“Ogni tanto possiamo anche separarci”.  

“Sì, lo ha sicuramente scaricato”, commentò Theo.

“Sta zitto, Theo!”, urlò Pansy.

“Non lasciare che ti faccia arrabbiare, Pansy. Le sue idee non contano nulla e, comunque, non l’ho mai visto con una ragazza. Quanto tempo hai passato attaccato alla gonna di Daphne? Ah già, ma lei ha gusti migliori”.

Theo lo fissò e rimase in silenzio.

“Allora, dov’è Hermione?”, chiese Pansy.

“Probabilmente a fare pace con Potter e Weasley”.

“Cosa? Come è successo?”.

“Potrei aver fatto l’impensabile ed essere andato a parlare con il Prescelto Idiota”.

“Davvero?”, chiese sorpreso Blasie.

“Ormai la cosa era ridicola. A vedere il comportamento di Potter sembrava gli avesse annunciato di aspettare un figlio da Voldemort”.

Blasie rise. “Beh, sarebbe sicuramente uno scandalo”.

Pansy lo ignorò. “Che ha detto lui?”.

“All’inizio era aggressivo ma penso di avergli fatto capire qualcosa. Gli ho dato il permesso di picchiarmi se mai dovessi spezzarle il cuore”.

Pansy si sedette e gli si lanciò addosso, strangolandolo in un abbraccio. “Sono così fiera di te”, risse singhiozzando.

“Pansy, non riesco a respirare!”.

La ragazza allentò la stretta ma continuò ad abbracciarlo. “Non è poi chissà che”, si lamentò.

“Sì, invece. Hai fatto qualcosa di incredibilmente altruista per Hermione”.

“Per Salazar, siete diventati tutti troppo melensi”, si lamentò Theo dal suo letto.

Gli altri tre iniziarono a fissarlo. Theo sbuffò e si mise un cuscino in faccia. “Chiederò a Lumacorno di cambiare stanza. Gli ormoni qui dentro mi soffocano”.

 

“Ciao”, disse esitante Hermione.

“Ciao”, dispose incerto Harry. “Possiamo entrare?”.

“Certo”, rispose Hermione, facendosi da parte.

I tre si guardarono nervosamente e la tensione riempì la stanza.

“Lo dirò subito e basta”, iniziò Harry. “Abbiamo sbagliato a trattarti così negli ultimi giorni. Può anche non piacerci Malfoy ma questo non scusa il modo in cui ci siamo comportati”.

Hermione li fissò con gli occhi spalancati. “Dici sul serio?”, chiese scioccata.

“Sì”, replicò Ron.

“Che cosa vi ha fatto cambiare idea?”.

Harry e Ron si scambiarono un’occhiata prima di tornare a guardarla. “Malfoy è venuto da me”, ammise Harry.

“Cosa?”.

“Malfoy è venuto a cercarmi per parlare di questo”.

Hermione indietreggiò fino a trovare il divano e si sedette lentamente, cercando di assimilare il tutto. “Davvero?”.

“Per quando mi dolga ammetterlo, sì”.

“Non prima di mandarmi via come un bambino”, disse lamentandosi Ron.

Hermione rise isterica. “Non sarebbe Draco se non provasse ad irritare almeno uno di voi”.

“Ci è voluto un po’ rima che riuscissimo a decidere se mantenere un tono civile oppure affatturarci a vicenda”, disse Harry.

“Come al solito”.

“Senti”, continuò lui. “Non sono sicuro sia la cosa giusta o meno, e neppure se ti interesserà, ma hai la nostra benedizione”:

Hermione iniziò a spostare lo sguardo tra i due. Ne avevano passate così tante insieme e la distanza che si era creata nell’ultima settimana l’aveva distrutta, ma non era certa le piacesse l’idea di ricevere la loro approvazione.

“E dovrei esservi grata? Non ne ho certo bisogno”.

Il suo amico con gli occhi verdi strisciò nervoso i piedi. “Lo capisco e so che siamo stati pessimi a riguardo”.

Hermione incrociò le braccia, poco impressionata. Non li avrebbe certo perdonati con quelle scuse inconsistenti. Voleva sapessero quanto l’avevano ferita con la loro reazione.

“Non mi aspettavo sareste stati felici e lo avrei accettato ma mi avete trattata come se all’improvviso fossi diventata un’emarginata sociale”.

Harry si passò una mano sul colletto della camicia, come se avesse voluto allentarlo. “È stato uno shock”, si difese.

“Non è una scusa valida”.

“Lo so. Penso di averlo saputo da un pezzo ma avevo bisogno di tempo per accettarlo. Però ora l’ho fatto, capisco che è una tua decisione e che non posso controllare i tuoi sentimenti o che non puoi sopprimerli per far felici i tuoi amici”.  

“Mmmm…”, mormorò lei, stringendo le labbra e guardandolo seria prima di voltarsi verso Ron. “E tu che dici? Sembra sia solo Harry a scusarsi, qui”.

“Non posso dire che mi piaccia il fatto tu stia frequentando il furetto ma immagino sia una decisione tua, alla fin dei conti”.

Non furono le scuse più belle del mondo ma Hermione comprese, dalle loro espressioni insicure, che erano costate molto. Probabilmente tanto quanto era costato a Draco avvicinarsi ad Harry.

Si alzò di scatto e attraversò la stanza per abbracciarli.

“Grazie”, disse in lacrime.

Loro la strinsero forte, prima di lasciarla andare. “Solo perché tu lo sappia, se farà qualcosa per ferirti mi riservo il diritto di maledirlo”, la avvisò Harry.

Hermione rise. “Dovrai aspettare il tuo turno”.

Ron le scompigliò i capelli. “Ecco la mia ragazza. Non permettere a Malfoy di farti del male”.

“Adesso quasi mi dispiace per quel perdente”, aggiunse Harry.

Si strinsero tutti e tre sul divano, con Hermione al centro. Sembrava che, adesso che avevano fatto pace, fossero determinati a non permettere a nulla di mettersi tra loro, nemmeno un cuscino.

“Non riesco a credere che Draco sia venuto a parlarti”, disse incredula.

“Nemmeno io. È stato strano quando mi si è avvicinato chiedendomi di fare due parole”.

“È andato tutto bene, almeno?”, chiese preoccupata.

“Non ti mentirò dicendoti che non ci siamo insultati o che adesso siamo amiconi o qualcosa del genere, ma siamo riusciti a discutere senza violenza”.

“E ti sta bene che stiamo insieme?”.

Ron fece una smorfia. “Ad essere onesto, anche se vederlo toccarti mi fa venire da vomitare e cercare la bacchetta, se è questo ciò che vuoi io mi adatto”.

“Almeno non li hai beccati praticamente nudi”, disse Harry scrollando le spalle.

Hermione arrossì. Quell’incidente l’aveva mortificata.

Lui la guardò serio. “Non mentirci ancora, però”.

“Sì, papà”.  

“Sono serio, Hermione. Non sto dicendo che non avrei provato a tenerti lontana da Malfoy, quindi capisco perché lo hai fatto, ma penso abbiamo tutti imparato qualcosa da questo litigio”.

“Di uccidere Malfoy alla prima possibilità?”, chiese speranzoso Ron.

Harry ed Hermione alzarono gli occhi al cielo. “No, che dovremmo fidarci del giudizio reciproco”, continuò Harry.

“Che noioso. Mi piaceva di più l’opzione di ucciderlo”, li prese in giro Ron.

Hermione sorrise. “Sono così felice che siamo di nuovo amici”.

Entrambi i ragazzi le misero un braccio sulle spalle. “Ci sei mancata anche tu”, disse Harry.

“Comunque, le occhiate della McGranitt avevano iniziato a spaventarmi”, disse Ron.

Hermione lo osservò. “Vi guardava male?”.

“Sì, e mormorava sottovoce quanto delusa fosse ogni volta che ci incontrava”.

Lei rise. “Almeno non avete dovuto sopportare un’imbarazzante conversazione con lei riguardo alla relazione con Malfoy”.

“Ti ha trattenuta per farti domande?”, chiese Harry.

“Sì, è stato mortificante”.

Ron sghignazzò. “Ancora non riesco a credere che ti sbaciucchi il furetto”.

Hermione si premette una mano contro le guance accaldate. “Almeno io non sono fidanzata!”.

Ron sbiancò. “Non credi ti farà una proposta, vero?”.

Lei si allarmò. “Spero di no! Sono troppo giovane per sposarmi”.

“Ma sei più vecchia di noi”, protestò Harry.

“Sì, ma voi siete pazzi!”.

“Ehi, io avrei da ridire”, disse Ginny dalla porta. Si mise le mani sui fianchi e guardò seria il fidanzato. “Era ora”.

Harry arrossì ed Hermione soppresse un sorriso. Già si immaginava Ginny governare casa Potter.

La rossa sorrise e si avvicinò. “Sapevo che i miei continui discorsi alla fine avrebbero funzionato”.

“Non sei stata tu! Malfoy ci ha teso un’imboscata nell’atrio ed ha parlato con Harry”, gracchiò Ron.

“Cosa?”, chiese Ginny, gli occhi spalancati ed ancora più irritata di quanto sarebbe stata se avesse dovuto scontare una punizione e saltare l’allenamento di Quidditch.

“Sì, si nascondeva nell’ombra come l’inquietante Serpeverde che è”.

“Non riesco a credere che Harry abbia ascoltato lui e non me”, disse indignata.

Harry ed Hermione si scambiarono uno sguardo divertito mentre i fratelli continuavano a bisticciare. Si rilassarono contro i cuscini del divano e rimasero ad ascoltarli.

 

Draco si rigirò nel letto per quella che sembrava essere la centesima volta. Non stava bene. Il letto non era comodo come quello della Granger, oppure non riusciva più a dormire senza di lei. No, di certo si trattava del letto. Ci avrebbe scommesso che Silente non li avrebbe mai arredati con dei suppellettili comodi come quelli dei Grifondoro. Era sempre stato chiaro come fosse di parte.

“Per la barba di Merlino, Draco, vai dalla tua strega se devi continuare così”, mormorò Theo dall’altra parte della stanza.

“Per quanto non mi piaccia concordare con l’arroganza di Theo, il tuo continuo rigirarti mi sta dando sui nervi”, aggiunse assonnato Blasie.

“Ci manca solo uno dei tuoi dannati incubi”, continuò Theo.

Draco si sedette, si tolse le coperte e scese dal letto. “Bene!”, rispose oltraggiato. Ecco perché non gli piaceva dormire con qualcuno oltre alla sua ragazza: diventavano tutti umorali.

Ciabattò per la stanza e raccattò i propri indumenti, prima di sbattersi dietro la porta.

“È proprio delizioso”, disse sarcastico Theo.

Draco si diresse veloce alla torre dei Grifondoro. L’unica volta che le dava un po’ di tempo per fare pace con gli amici finiva per dover litigare con Theo.

Imprecò immobile davanti alla porta quando udì delle risate, abbastanza forti da essere sentite anche con il ritratto chiuso. Ottimo! Lui era lì che non riusciva a dormire senza di lei e la Granger si stava divertendo con quegli stupidi. Se non avesse dovuto riaffrontare Theo, sarebbe di certo ritornato nei sotterranei, ma quella poteva essere l’opportunità per cacciare via quegli irritanti Grifondoro. Un sorriso malvagio gli si formò in volto. Pronunciò la parola d’ordine ed entrò.

All’interno, trovò tutto sistemato in comodità. Zuccotti di zucca e Burrobirra circondavano i quattro Grifondoro ed aleggiava un’atmosfera di festa. Il mostro verde tornò in superficie quando vide Hermione rilassata contro Ron ma il suo sorriso enorme quando lo vide preso lo scacciò via.

Si alzò e gli corse incontro, saltandogli tra le braccia. Lui inciampò quando dovette afferrarla. “Ciao”, gli disse dolce.

“Ciao a te. Vedo che tutto va a meraviglia”, le disse indicando con un cenno i Grifondoro che li fissavano.

Lei gli diede un bacio veloce sulle labbra. “Sì, grazie a te, mio impiccione Serpeverde”.

Weasley tossì, chiaramente a disagio per il benvenuto amorevole che gli stava dando. Draco ghignò nella sua direzione e strinse maggiormente la presa sui suoi fianchi. Per aumentare l’effetto, si abbassò e la baciò come si deve.

“Ok, ne ho abbastanza. Smettetela. Solo perché ho detto che puoi frequentarlo non significa io voglia vederti baciarlo”, grugnì Ron dal divano.

Hermione si voltò tra le sue braccia e si accigliò. “Ron, dovrai abituarti a vedermi con Draco”.

“Non puoi fare quelle cose quando non ci sono?”.

“Tu abbracci e baci sempre Hannah!”.

“Penso intendessi che la inala”, commentò maligno Draco.

La Granger gli tirò una gomitata nelle costole, che fece sorridere la piccola Weasley. “Malfoy ha ragione, Ron. Sembra davvero tu voglia mangiarla. Fa un po’ schifo, in realtà”.

“Almeno tu non trovi tua sorella che si fa il tuo migliore amico nel dormitorio. Sei fortunata che non abbia detto nulla a mamma”, la rimproverò lui.

“E almeno voi non avete visto Malfoy in mutande nel letto di Hermione. Mi ha traumatizzato”, commentò Potter con Weasley, che sghignazzò.

Draco osservò la strega ancora tra le sue braccia. Era arrossita come previsto ma non aveva pensato di cambiare la parola d’ordine dopo quel disastro.

“Potrei anche aver traumatizzato te, Potter, ma alla piccola Weasley piace vedermi mezzo nudo”, disse facendo l’occhiolino alla rossa.

“Beh, se hai intenzione di andare in giro per le stanze di Hermione in quel modo, potrei godermi lo spettacolo”, replicò noncurante Ginny.

Draco rise mentre Potter e Weasley sembravano disturbati dal tono che stava prendendo la conversazione. “Quante volte hai visto Malfoy mezzo nudo?”, chiese Potter.

“Solo due”, disse tristemente lei, divertendosi a prenderlo in giro.

“E non dimenticare di raccontargli quella volta che mi hai rapito nei sotterranei”, aggiunse Draco, ghignando verso Potter.

“Devi per caso dirmi qualcosa?”, chiese Potter incrociando le braccia e guadando la fidanzata.

La Weasley lanciò a Draco uno sguardo divertito. “Adesso che non ti metti più ad urlare ogni volta che pronuncio il nome di Malfoy, immagino di poterti dire tutti i dettagli”.

“Sembra un’ottima idea”, disse Draco prima di avvicinarsi alla porta e spalancarla. “Che ne dici di raccontarglielo nella sala comune dei Grifondoro?”.

“Non puoi cacciarci!”, protestò Weasley.

“Beh, a meno che tu non voglia unirti al club di chi mi ha visto senza vestiti, ti suggerisco di andare adesso”.

“Eww.. adesso mi sento davvero male”.

“Fai a finta che leggano assieme Storia di Hogwarts. Io faccio così”.

“Grazie per il suggerimento, Potter. Mi piace quando la Granger fa la secchiona”.

La Granger ringhiò. “Draco!” obiettò, diventando tutta rossa.

Per tutta risposta, arrossirono anche i suoi amici. L’unica persona che sembrava non soffrirne era la piccola Weasley, semplicemente divertita.

“I tuoi amici hanno già ricevuto abbastanza attenzioni. Ora è il mio turno”.

“Vai a fidarti di Hermione e del suo viziato ragazzo”, borbottò Potter.

“Su, su, Potter, devi imparare a condividere”.

“Ed io non sono un oggetto per cui dovete litigare”, disse Hermione.

La Weasley si alzò e si trascinò dietro il fidanzato. “Andiamo, Ron!”, ordinò. “È il momento di lasciare un po’ di intimità ai due piccioncini”.

I tre Grifondoro uscirono dalla stanza, mentre i ragazzi fissarono Draco per tutto il tragitto. Lui ghignò, sapendo quanto gli sarebbe piaciuto rimanere e fare ad Hermione da balia ma quanto fossero anche troppo impauriti per suggerire una cosa del genere.  

“Finalmente”, mormorò lui. Afferrò Hermione, se la strinse addosso e la fece indietreggiare fino alla camera.

“Non puoi cacciare i miei amici”, iniziò a dire lei.

“Sì che posso. Erano di troppo”, le disse prima di baciarla e farla stare zitta.

Hermione sospirò accoccolandosi al suo fianco, la testa poggiata sulla sua spalla. I momenti di tranquillità che condividevano a letto valevano tutti i problemi che avevano dovuto superare per arrivarci.

“Pensi mai a cosa sarebbe successo se avessi ignorato quel rumore nei sotterranei a gennaio e non avessi trovato te, Blasie e Pansy?”.

Draco iniziò a giocare con uno dei suoi ricci. “Avresti trovato un altro modo per impicciarti. Non riesci a farne a meno”.

“Io non mi impiccio”, obiettò lei.

“Hermione, sei la donna più caparbia che io abbia mai incontrato, inclusa la McGranitt. Non sei contenta finché non dici a qualcuno cosa deve fare”.

Hermione si appoggiò su un gomito e lo osservò. “Non è vero”.

“Non mi sto lamentando. Trovo che questa tua caratteristica abbia i suoi vantaggi”.

“Sei un maiale”.

“Ma tu lo adori”, le disse facendole l’occhiolino.

Hermione sbuffò ma sorrise e lo baciò. “Non ti ho ringraziato per oggi”.

“Pensavo l’avessi appena fatto”.

Lei gli tirò un buffetto sul petto. “Draco, perché rendi tutto così difficile?”.

Lui scrollò le spalle. “Fa parte del mio fascino”.

“Fascino? Quale fascino?”, disse ridendo. “Ma grazie per essere andato da Harry”.

Draco scrollò nuovamente le spalle, come se non fosse stato un problema ma Hermione non ci cascò. Non sarebbe andato da lui per una cosa qualsiasi. L’aveva fatto per lei ed era una dichiarazione di cosa provasse davvero. Quando ripensava alle prime settimane di inizio semestre, non avrebbe mai immaginato che l’anno sarebbe terminato tra le sue braccia. Questo dimostrava quanto potesse essere appagante dare una seconda possibilità a qualcuno, anche contro il parere degli altri.

“Ti amo”, gli disse abbassandosi per baciarlo.

“Anche io, Principessa”, mormorò lui sulle sue labbra.

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