And We All Fall Down di Rumaan (/viewuser.php?uid=193024)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutti Gli Occhi Su Di Me ***
Capitolo 2: *** Problemi ***
Capitolo 3: *** Un Passato di Violenza ***
Capitolo 4: *** Le Droghe Non Funzionano ***
Capitolo 5: *** Vuoto Dentro ***
Capitolo 6: *** Segreti e Bugie ***
Capitolo 7: *** Solo Contro il Mondo ***
Capitolo 8: *** Sinfonia Dolceamara ***
Capitolo 9: *** Un Cambiamento In Arrivo ***
Capitolo 10: *** Cancella e Riscrivi ***
Capitolo 11: *** L'Accordo ***
Capitolo 12: *** Storie Mai Raccontate ***
Capitolo 13: *** Sigarette e Caffè ***
Capitolo 14: *** Stordito e Confuso ***
Capitolo 15: *** Un Ragazzo Poco Adatto ***
Capitolo 16: *** Quelli Che Ci Lasciamo Alle Spalle ***
Capitolo 17: *** Ricordi Senza Raoncore ***
Capitolo 18: *** La Verità Fa Male ***
Capitolo 19: *** Il Pericolo Di Frequentare I Grifondoro ***
Capitolo 20: *** Balbettii ***
Capitolo 21: *** Discussioni ***
Capitolo 22: *** Compleanni E Sorprese ***
Capitolo 23: *** Alla Fine ***
Capitolo 24: *** Mancati Per Un Soffio ***
Capitolo 25: *** In Memoria ***
Capitolo 26: *** Rivelazioni ***
Capitolo 27: *** Confronti ***
Capitolo 28: *** La Disfatta ***
Capitolo 29: *** Migliori Amici E Fidanzati ***
Capitolo 30: *** Riconciliazione ***
Capitolo 1 *** Tutti Gli Occhi Su Di Me ***
Cap 1
Attenzione! Questa storia è una traduzione. L'originale la potete trovare al
seguente link: https://www.fanfiction.net/s/7676352/1/And-We-All-Fall-Down
Tutti gli occhi su di me
Gennaio 1999
Hogwarts ricominciò
a gennaio con il botto. Il primo semestre era passato tranquillo, quasi un
periodo di riflessione e cordoglio per coloro che erano morti durante la
battaglia finale dello scorso maggio. Il secondo, invece, si stava già
dimostrando parecchio diverso.
Tutto iniziò
al binario 9 e ¾ quando una raffica di mormorii scandalizzati iniziò a
circondare una figura alta e bionda appena mise piede in stazione.
Ovvio, tutti
sapevano che Draco Malfoy era stato rilasciato da Azkaban all’inizio di dicembre.
Grazie alla Gazzetta del Profeta, erano anche tutti a conoscenza del fatto che
sarebbe tornato ad Hogwarts per completare la sua istruzione. Faceva parte
della libertà vigilata. La McGranitt aveva insistito perché tornasse a scuola,
nonostante gli fosse stato concesso di studiare in prigione, così che non
rimanesse indietro. Qualche commento era volato a riguardo, quando la Preside
aveva menzionato la cosa durante il discorso di inizio anno. Il fatto che l’erede
dei Malfoy fosse rimasto lontano da occhi e menti di tutti, al sicuro dietro le
sbarre, significava che le speculazioni che circondavano il suo destino non
sarebbero durate a lungo.
Ora però
sarebbe tornato ad Hogwarts. Il corpo studentesco non sapeva come reagire. I più
giovani erano francamente pietrificati. I racconti riguardanti il noto Draco
Malfoy ed i suoi misfatti non ispiravano molta tranquillità sul fatto che non
avrebbe ucciso ogni primino che si fosse trovato davanti. La sua partecipazione
alla squadra di Inquisitori era diventata praticamente leggenda. Si era
divertito ad elargire le punizioni più orrende possibili e poi bisognava considerare
anche come avesse permesso ai Mangiamorte di entrare, con la conseguente morte
di Albus Silente. Aveva passato gran parte del suo settimo anno al fianco di
Voldemort. La sua frequenza scolastica era stata sporadica e non gli era mai
stato chiesto di aiutare i Carrow a terrorizzare il resto della scuola come agli
altri Serpeverde. Le malelingue dicevano che Voldemort lo stesse preparando a
diventare il suo erede. Quelli del primo anno, che vedevano il biondo Serpeverde
per la prima volta, tremavano dalla punta dei piedi quando lui li sorpassava
con il mantello svolazzante.
Sarebbe stato
impossibile per Draco non notare gli sguardi fissi ed i mormorii che lo
seguivano mentre camminava sul binario per salire sull’espresso per Hogwarts. Fece
delle smorfie a tutti quelli abbastanza coraggiosi da incontrare il suo sguardo,
anche se non erano molti. Un paio di vecchi partecipanti dell’Esercito di
Silente gli lanciarono delle occhiate trove ma lui non i fece caso. Non gli
interessava. Si lasciò cadere in un sedile di uno scompartimento vuoto,
spaventando con il suo atteggiamento iroso chiunque avesse osato entrare per
curiosità. Astoria Greengrass iniziò a salutarlo allegramente ma scappò via
appena lui iniziò a guardarla dall’alto in basso senza fare alcun tentativo per
nascondere il proprio disprezzo. Rimase seduto lì a fissare fuori dal
finestrino, osservando tutti quei felici e patetici ragazzini che scorrazzavano
in giro finché non arrivò il momento di partire.
“Ecco dove
ti eri cacciato, amico”, disse Blasie Zabini, infilandosi nello scompartimento assieme
a Pansy Parkinson.
“Che cosa
vuoi, Zabini? Il permesso per scoparti la Parkinson? Mi dicono che già lo fate”,
ringhiò Drago.
Blasie stava
per dire qualcosa quando Pansy scosse la testa. Guardò triste il biondo che,
arrabbiato, sorseggiava del Firewhiskey direttamente dalla bottiglia. Prese la
mano di Blasie e lo spinse fuori dallo scomparto.
“Lascialo
stare, Blasie. So che quando fa così diventa impossibile. Continuerà a lanciare
insulti finché uno di noi non si arrabbierà, ed è esattamente ciò che vuole”,
lo mise in guardia Pansy.
“Ecco perché
di norma gli sto distante”, mormorò Blasie alla sua ragazza.
“Per favore,
Blasie, fallo per me. Io sono tutto quello che gli rimane ed ho bisogno che mi
aiuti. Greg è andato a Durmstrang e Vincent è morto. Non che quei due idioti siano
mai riusciti a tenergli testa, comunque”.
Blasie guardò
la sua implorante strega. Riusciva sempre a toccargli il cuore e, se non fosse
stato per lei, sarebbe stato più che felice di dare a Malfoy una bella
ripassata. Draco Malfoy significava guai, il più delle volte, e quel periodo
sarebbe sicuramente stato il peggiore della sua vita.
“Ok, ok. Ma
capisci che ci farà diventare degli estranei nella nostra stessa casa. Nessun Serpeverde
vorrà avere niente a che fare con lui. Già facciamo fatica così”, disse Blasie.
Pansy annuì.
Il suo ultimo anno ad Hogwarts si stava già dimostrando abbastanza difficile
senza che dovesse aggiungerci la complicazione di Draco Malfoy. Le altre tre
case avevano messo in chiaro che, per quando li riguardava, i Serpeverde non
sarebbero più stati i benvenuti ad Hogwarts. Persino i rapporti con i Corvonero
erano tirati. I Serpeverde si facevano gli affari propri e tenevano d’occhio
quelli del primo anno, che erano stati bullizzati sin dalle prime settimane,
anche se negli ultimi tempi tendevano tutti a rimanere nei sotterranei. Raramente
se ne vedeva qualcuno andare a studiare in biblioteca. Di solito preferivano
andarci ad orari stravaganti, quando potevano trovarci solo Hermione Granger,
anche se quell’anno nemmeno lei si faceva vedere spesso dato che le era stata
data una stanza privata. La McGranitt era stata entusiasta di riaccoglierla
assieme a Potter e Weasley e ne aveva approfittato per renderla Caposcuola
assieme ad Anthony Goldstein di Corvonero.
Pansy sospirò
quando lei e Blasie si unirono a Theo Nott e Daphne Greengrass in un altro
scompartimento.
“Vedo che
avete rinunciato con Malfoy”, disse Theo.
Pansy si accigliò. “Sai, Theo,
dovresti tenere a mente che l’anno scorso eri geloso del ruolo di Draco. Hai pregato
tuo padre che di lasciasse ricevere il Marchio Nero quindi per favore, dacci un
taglio”.
Theo la
guardò minaccioso. Non aveva bisogno gli fosse ricordata la propria stupidità.
“Andiamo
ragazzi, non litigate. È già abbastanza difficile senza che iniziamo ad
arrabbiarci tra di noi”, li pregò Daphne, l’eterna pacificatrice.
“Quando Theo
imparerà a tenere la bocca chiusa”, replicò Pansy.
“Oh, ed io
che pensavo fossi follemente innamorata di Blasie. Vedo che basta il ritorno in
scena di Malfoy per farti di nuovo corrergli dietro”, disse poco carinamente
Theo.
“Occhio a
quello che dici, Theo”, lo avvertì Blasie.
“E tu sai
meglio di tutti che io e Draco non siamo sempre stati amici. È stato il mio
primo amico e gli rimarrò leale, soprattutto ora che ha bisogno di più amici
possibile”, disse acutamente Pansy.
“Vedo che ti
ha ovviamente accolta a braccia aperte, ecco perché ora sei seduta qui con me e
Daphne”, rispose Theo.
“Vaffanculo,
Theo. Sei un tale idiota”, fu tutto ciò che disse Pansy in risposta.
Draco era
ormai piuttosto malfermo sulle gambe quando l’espresso per Hogwarts raggiunse
la stazione di Hogsmeade. Era riuscito a non sbronzarsi completamente solo perché
si era costretto a portarsi in treno una sola bottiglia di Firewhiskey. Non voleva
svenire di fronte a tutti ma aveva bisogno della nebulosità che essere un po’ brillo
gli avrebbe regalato. Sbandò leggermente quando riuscì a salire in una delle
carrozze e ghignò maligno a quelli del terzo anno che stavano per salire con
lui, così da farli allontanare allarmati. Nessuno voleva condividere il mezzo
fino al castello nella completa oscurità con un potenziale assassino.
La Sala Grande
era rumorosa, luminosa e troppo chiassosa. Per fortuna Draco l’aveva previsto e
si era portato una fiaschetta di Firewhiskey in tasca. Lo avrebbe aiutato in
quel casino. Sei mesi di isolamento ad Azkaban, seguiti da un piacevole dicembre
a Malfoy Manor, non erano stati una buona preparazione all’entrata in quell’enorme
sala piena di ragazzini. Tutti si zittivano quando lui passava loro accanto ed
era irritante irritanti ma almeno ciò gli dava qualche momento di benedetto
silenzio.
Draco notò
che Pansy, ottimista, gli aveva tenuto il posto accanto a lei. Se pensava
avrebbe fatto il cordiale e si sarebbe seduto come se gli ultimi tre anni non
fossero esistiti, si sbagliava di grosso. Ignorò deliberatamente il suo sguardo
supplicante e prese posto alla fine del tavolo, di fianco ad un paio di primini
terrorizzati. Per Salazar, i nuovi Serpeverde erano patetici. Diede loro un’occhiata
trova quando si spostarono lontani, come se fosse stato contagioso. Beh,
fanculo loro, Hogwarts ed anche il Ministero per averlo fatto tornare in quell’inferno.
Il silenzio
scese di nuovo nella Sala Grande quando entrò il Trio delle Meraviglie. Draco
ghignò quando decine di occhi iniziarono a scattare tra lui ed i tre,
aspettandosi un confronto. Potter gli avrebbe fatto un favore se lo avesse
affatturato a vista. La McGranitt era andata a trovarlo durante le ultime
settimane ad Azkaban per parlargli del suo ritorno ad Hogwarts.
“Signor
Malfoy, tornerà ad Hogwarts all’inizio del nuovo semestre. Mi aspetto salga
sull’Espresso come tutti gli altri il 4 gennaio”.
Draco aveva
annuito, sapendo di non dover dare altra risposta. La McGranitt si era già
espressa sui propri pensieri nei suoi confronti, che erano stati molto
chiaramente di disprezzo. Aveva dovuto essere costretta dal Ministero persino
per concedergli di tornare.
“Ora,
potrebbe non saperlo ma molti di quelli del suo anno hanno deciso di tornare e
completare i M.A.G.O., inclusi i Signori Potter e Weasley e la Signorina
Granger. Non tollerererò alcun comportamento scorretto da parte sua nei loro
confronti. Faccia un passo falso, Signor Malfoy, e svuoterà il suo letto ancora
prima di dire Quidditch”.
Draco aveva
ribollito di rabbia ma non le avrebbe dato la soddisfazione di lasciarle
constatare quanto le sue parole lo avessero ferito. Non voleva trovarsi neanche
vicino alla sua preziosa scuola od ai suoi preziosi eroi Grifondoro. Avrebbe preferito
rimanere a casa e continuare a studiare lontano da Hogwarts.
Gli occhi di
Potter si fermarono su di lui per qualche secondo. Draco sollevò la sua
fiaschetta a mo’ di finto saluto al salvatore del mondo magico. Gli occhi di
Potter tornarono a posarsi al centro della sala, evitando di rispondere al
gesto. Probabilmente stava eseguendo l’ordine della McGranitt di non attaccare.
Fottuto idiota. Oh beh, avrebbe comunque potuto provare a far surriscaldare la
donnola. Era sempre stato quello non in grado di controllarsi. Draco avrebbe
solo dovuto pensare ad un modo subdolo per farlo incazzare. Rimase sorpreso di
non vederlo seduto di fianco alla Sanguesporco. Li aveva notati tenersi per
mano subito dopo la battaglia finale e si sarebbe aspettato che la Granger
ormai portasse un finto diamante al dito. La piccola Weasley invece sventolava
allegramente la mano sinistra sotto il naso di chiunque rimanesse fermo per un
nanosecondo, mettendo in mostra il suo scintillante anello. Quella stupida stronza
di certo non aveva mai messo prima di allora le povere e sudicie mani su
qualcosa di tanto prezioso.
Draco fece
una smorfia in direzione dei Grifondoro. Odiava trovarsi nuovamente lì. Era come
se il Ministero gli avesse letto la mente ed avesse scelto la peggiore
punizione possibile. Se non fosse stato così abile con l’Occlumanzia, ci
avrebbe scommesso Malfoy Manor che sarebbe successo. Prese un altro sorso di
Firewhiskey. Fanculo, l’alcool di certo gli avrebbe fatto passare in un soffio i
mesi seguenti e poi avrebbe potuto abbandonare quel posto per sempre.
Evitò di mangiare
qualsiasi cosa, spingendo lontano il piatto e continuando a sorseggiare dalla
fiaschetta. Pansy lo tenne d’occhio, preoccupata, per tutta la cena. Tutti i
Serpeverde camminavano sul filo del rasoio e Draco in cima a tutti. Un piccolo
errore e sarebbe stato felicemente espulso.
“Blasie, aiutami
a riportare Draco in sala comune quando abbiamo finito”, lo pregò Pansy.
Blasie si
voltò verso il biondo e lo vide sempre più ubriaco. Il fisico ed il suo
autocontrollo non lo avrebbero riportato nei sotterranei senza l’aiuto di
qualcuno. Non aveva sicuramente bisogno di quel casino all’ultimo anno ma Pansy
gli stava facendo gli occhi da cucciolo che lo facevano sempre sciogliere.
“Va bene! Tu
lo distrarrai mentre io gli metterò un braccio attorno alle spalle. Deve rimanere
in piedi. Mettiti anche del pane in tasca. Deve asciugare tutto quell’alcool”.
Pansy si
allungò verso di lui e gli diede un bacio sulle labbra. “Sei il miglior ragazzo
di sempre”. Poi rimase a guardare la tavolata per il resto della cena. Notò la
McGranitt fissare Draco. Gli occhi vispi della Preside non si perdevano nulla ed
era pronta a buttarlo fuori a calci al minimo errore. Anche Lumacorno lanciava
qualche sguardo al suo più grande problema. Pansy capiva fin troppo bene che il
vecchio Professore sperava di non essersi lasciato nuovamente convincere a
tornare come direttore di Serpeverde.
Per la
sorpresa di Pansy, però, c’erano anche due occhi dorati che osservavano Draco
dal tavolo dei Grifondoro. Hermione Granger aveva tenuto d’occhio il Giovane Malfoy
per gran parte della cena. Non riusciva a leggere la sua espressione. Per il
bene di Draco, sperava solo che la Caposcuola non volesse vendicarsi per tutti
gli anni di insulti.
La cena
finalmente volse al termine e Pansy afferrò il braccio di Draco quando lo vide
barcollare per un momento.
“Draco, devi
sapere la parola d’ordine per entrare in sala comune”, disse.
“Bene,
dammela e poi togliti dalle palle”.
Draco percepì
un altro braccio, più forte, posarsi sulle sue spalle. “Non è il modo di
parlare ad una signora, Draco”, lo rimproverò Blasie.
Draco lo
guardò trovo. “Chiami Pansy una signora?”.
Blasie lanciò
uno sguardo alla ragazza mentre guidava il biondo ubriaco fuori dalla Sala Grande
e verso i sotterranei. Aveva il sentore che avrebbe dovuto sopportare gli
insulti per tutto il resto dell’anno.
Draco ormai
era andato e non si era nemmeno reso conto di essere tornato al dormitorio.
Blasie lo spinse sul letto, gli mise un pezzo di mane in mano e fuggì più in
fretta che poté. I costanti commenti crudeli contro Pansy per l’intero tragitto
avevano messo a dura prova il suo autocontrollo, ma lei si sarebbe arrabbiata
se gli avesse fatto un occhio nero.
“Pansy, quel
ragazzo mi farà uscire dai gangheri”, si lamentò Blasie quando raggiunse la
sala comune.
“Ha solo
bisogno di tempo per riaggiustare le cose, Blasie, e gli serve il nostro aiuto”,
replicò Pansy.
“Perché, tra
tutti, doveva avere te come migliore amica?”, chiese Blasie.
Pansy non si
diede la pena di rispondere. Sapeva di chiedere molto a Blasie, dato che Draco
al momento era parecchio fuori di testa.
“Hai notato
qualcosa di strano nella Granger?”, chiese al ragazzo.
“No, ma non
posso dire di passare molto tempo a guardare i Grifondoro, figuriamoci il Trio
delle Meraviglie”.
“Ha notato
Draco”, replicò Pansy.
Blasie
scrollò le spalle. “Che c’è di strano? Oggi tutti hanno notato Draco”.
“No, intendo
che lo ha davvero notato. Continuava a fissarlo e non riesco a capire le sue
intenzioni”, disse Pansy, frustrata.
Blasie
sapeva fosse una cosa seria. Pansy riusciva a capire praticamente chiunque. Aveva
un radar naturale per carpire lo stato d’animo delle persone. “Non significa
necessariamente qualcosa di brutto, Pans”, disse lui, cercando di confortarla.
“No, ma se
fossi Hermione Granger cercherei vendetta. Le abbiamo reso la vita un inferno e
adesso è Caposcuola. Potrebbe farlo espellere facilmente. È la pupilla della
McGranitt ed in posizione di potere. Per quanto Draco non ci creda, ha bisogno
della normalità della scuola, anche se tutti lo guardano pietrificati”.
“La terremo
d’occhio e non le daremo nessuna scusa per liberarsi di lui”, le promise Blasie
prendendola tra le braccia.
Ottimo,
quell’anno stava andando sempre meglio, pensarono entrambi.
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Capitolo 2 *** Problemi ***
Cap 2
Problemi
Hermione non era sicura del perché stesse seguendo il rumore che aveva sentito
nei sotterranei. Stava giusto finendo la ronda quando aveva udito un suono di raschiatura.
Sembrava come se qualcuno stesse incespicando. Non vedeva l’ora di tornare
nella sua stanza e bersi una tazza di tè prima di andare a letto e invece si
trovava lì, a girovagare nel buio. Sospirò. Era un peccato avesse sperimentato
troppe cose per ignorare un simile suono. Ci avrebbe scommetto il suo ultimo
galeone che Anthony Goldstein avrebbe liquidato la cosa come un topo e sarebbe
tornato nella sua stanza, se fosse stato il suo turno quella sera. I sussurrii
pacati che la raggiunsero le resero più semplice la decisione. C’era
sicuramente qualcosa che non andava ed era suo dovere controllare ed
assicurarsi che tutti gli studenti stessero bene. Pensò se mandare o meno il
suo Patronus alla McGranitt ma decise di assicurarsi prima che non si trattasse
di qualche stupido del terzo anno in giro per una scommessa.
Non si era
mai sentita a suo agio nei sotterranei. Era la tana dei Serpeverde ed una
Sanguesporco non poteva mai essere abbastanza al sicuro. Girò l’angolo senza
fare rumore ed osservò chi si trovasse di fronte. Zabini e la Parkinson stavano
facendo del loro meglio per tenere dritto Malfoy, che si divincolava in mezzo a
loro.
“Draco,
per favore, sai che c’è la Granger di pattuglia questa sera. Se ti vedesse qui
fuori saresti fregato”, lo pregò Pansy.
“Vaffanculo,
Pansy, e portati appreso quell’insolente del tuo ragazzo”, replicò Malfoy.
Hermione
alzò un sopracciglio. Credeva che la Parkinson fosse devota a Malfoy. Aveva
passato tutto il tempo a seguirlo ovunque in adorazione. L’aveva notata
avvicinarsi a Zabini ma aveva creduto fosse perché Malfoy si trovava ad
Azkaban, Tiger era morto e Goyle aveva scelto di non tornare.
“Malfoy,
dai retta a Pansy. Non so perché, ma ha a cuore il tuo interesse. Smettila di
fare l’idiota e fa come dice”.
“Zabini,
perchè sei ancora qui? Non ho alcun interesse in ciò che dici, non me ne frega
niente di ciò che Pansy pensa sia meglio e preferirei che entrambi mi lasciaste
fottutamente da solo. Mi tenete al guinzaglio da settimane”, sbottò Malfoy.
Hermione lo
aveva notato. Lei, come il resto dei Grifondoro, avevano creduto che la
Parkinson e Zabini fossero i nuovi tirapiedi di Malfoy. Magari un passio
indietro rispetto a quei due farabutti di Tiger e Goyle, ma almeno avevano un
cervello. A quanto pareva, le cose non andavano molto bene nella tana delle
serpi. Malfoy era ovviamente ubriaco, come spesso accadeva da quando era
tornato ad Hogwarts. Hermione aveva cercato di farlo notare ad Harry e Ron ma
nessuno dei due era interessato a lui.
“Ha scelto da
che parte stare, Hermione. È meritatamente finite in prigione e se non riesce
ad apprezzare il fatto di essere tornato qui allora è un suo problema”, aveva
detto Harry.
Fortunatamente
per il Serpeverde, i professori si comportavano come sempre e facevano del loro
meglio per ignorarlo. Lei invece si era ritrovata a notarlo sempre più spesso.
Poteva non lanciarle più insulti maligni ma aveva ancora qualche effetto sulla
sua vita. Si trascinava noncurante per I corridoi con le maniche di camicia
arrotolate, apparentemente incurante dei mormorii che accompagnavano la vista
del suo Marchio Nero. Mangiava a malapena e stava tornando ad apparire l’ombra
che era stato al sesto anno. Per lo più, continuava a bere senza sosta da
quella dannata fiaschetta. Se Hermione fosse stata paranoica, avrebbe creduto
non si trattasse affatto di lui ma di qualcuno che lo stava impersonando con la
Polisucco. Gli ricordava troppo l’attaccamento che Barty Crouch Junior aveva
per la sua, di fiaschetta, al quarto anno.
“Bene, Draco,
non ti importa di cosa pensi la Granger, ma dovresti sapere che Lumacorno viene
spesso qui per andare alle cucine. Sarebbe più che felice di trascinarti di
fronte alla McGranitt e cacciarti. Ti ha già dato l’ultimo avvertimento e non è
nemmeno febbraio”, lo pregò ancora Pansy.
“Mi farebbe
un favore”, fu la risposta di Malfoy.
“Puoi non
volerlo sentire, Draco, ma Pansy ha ragione. Credi sia una punizione essere
tornato qui mentre in realtà ti è stata data l’opportunità di voltare pagina”,
aggiunse Zabini.
“Fanculo
Pansy, come diavolo hai fatto a stare con questo cazzone?”, chiese cattivo
Malfoy, rovinando l’effetto scegliendo quel momento per inciampare e cadere.
Zabini fece
fatica a rialzarlo dal pavimento. Hermione pensò fosse tempo di rendere nota la
sua presenza ed uscì dall’ombra. “Che sta succedendo qui?”, chiese.
Sia la
Parkinson che Zabini si voltarono. Malfoy si appoggiò al muro, non prestandole
attenzione.
“Ehm.. Draco
si è sentito un po’ male. Stavamo giusto cercando di convincerlo a vedere Madama
Chips”, improvvisò Pansy.
Hermione la
guardò incredula. “Intendi dire che è ubriaco”, rispose.
La Parkinson
guardò Zabini, che stava fissando disinteressato il muro. “Stavamo cercando di
riportarlo in dormitorio, Granger. Se potessi ignorarci, ce ne andiamo subito”,
disse la Parkinson.
Hermione si
morse un labbro. Li aveva sentiti implorare Malfoy di tornare alla sala comune.
Sarebbe stato sbagliato togliere loro dei punti e metterli in punizione per
aver tenuto d’occhio l’amico. Lei avrebbe fatto lo stesso per Harry o Ron, se
si fossero trovati nella stessa situazione. Però erano Serpeverde, precisamente
Malfoy e la Parkinson. Nessuno dei due le aveva mai reso facile l’esistenza ad
Hogwarts.
Prima che potesse
decidere cosa fare, il rumore sordo del passo di Lumacorno che si trascinava
dietro il suo consistente peso raggiunse le sue orecchie.
“Fanculo”,
imprecò Pansy. “È Lumacorno”.
Afferrò
Malfoy per un braccio e gesticolò a Zabini di prendere l’altro. Lo trascinarono
appena lungo il corridoio ed aprirono l’armadio delle scope. Hermione li seguì,
iniziando ad obiettare ma, prima che riuscisse a parlare, Zabini la spinse
all’interno assieme a Malfoy.
Hermione
boccheggiò quando il peso di lui le atterrò addosso, facendola sbattere contro
il muro ed ondeggiare. Lui iniziò a scivolare, troppo ubriaco per reggersi in
piedi e la prese per i capelli, facendole lacrimare gli occhi. Le mise poi un
braccio attorno alle spalle ma, con la mano ancora tra i capelli, le teneva la
testa alzata, così affondò il viso nel suo collo.
“Mmm… hai un
buon profumo”, mormorò. “Ti ho detto che mi piacerebbe scoparti? Scusa, ma sono
troppo ubriaco e non riesco a stare in piedi. Magari domani”.
Hermione
chiuse gli occhi per la frustrazione ed i pugni sui fianchi. Come aveva fatto a
permettere a Zabini di spingerla in quell’armadio con Malfoy? Riusciva a
sentirlo, di fuori, inventare delle scuse con Lumacorno per giustificare la sua
presenza dopo il coprifuoco.
“Mi
dispiace, Professore, abbiamo perso la cognizione del tempo”, disse la
Parkinson.
Hermione la
immaginò sbattere le ciglia al Professore sovrappeso e fece una smorfia.
“Pansy,
cara, che non succeda più. I Serpeverde sono sotto osservazione già abbastanza
senza che qualche mio studente sia beccato fuori dalla sala comune dopo
l’orario previsto. Malfoy è con voi?”, chiese velenoso.
“No,
Professore”, rispose la voce baritonale di Zabini. “È rimasto in sala comune a
lavorare al suo tema di pozioni”.
“Mmm”,
rispose Lumacorno. “Quel ragazzo porta più problemi di quanto valga”.
Hermione
concordò, anche se non credeva un Professore dovesse esprimere certe opinioni,
soprattutto se in qualità di direttore.
Una scia di
baci umidi catturò l’attenzione di Hermione. Rabbrividì appena per la sua
presenza.
“Malfoy!”
sibilò. “Smettila!”.
Lui alzò la
testa e la fissò. “Sanguesporco, sei tu?”.
Ottimo, pensò Hermione. Era bloccata in un
armadio delle scope per cercare di evitare l’espulsione di Malfoy e lui
iniziava ad insultarla e molestarla.
“Sì Malfoy
sono io, la Granger”, enfatizzò Hermione. “Smettila di baciarmi il collo, è
disgustoso”.
“Hai un buon
sapore per essere una Sanguesporco”, disse, riprendendo a baciarle il collo.
Hermione
sospirò di sollievo quando la porta dell’armadio venne aperta.
“Toglimelo
subito di dosso”, ordinò a Zabini.
Zabini non
riuscì a fare un sorriso alla vista della Grifondoro oltraggiata per i baci che
Malfoy continuava a darle sul collo.
“Non è
divertente, stupido. È ubriaco e mi sta molestando”, sputò.
“Malfoy,
lascia stare la Caposcuola”, disse Zabini.
“Ha un buon
sapore”, farfugliò Malfoy.
La Parkinson
si stava praticamente strappando i capelli. “Draco”, piagnucolò. “Mi farai
morire. Lascia stare la Granger ed esci di lì”.
“Non riesco
a muovermi”, replicò il biondo.
Cercò di
dare uno strattone alla mano, ancora impigliata nei capelli di Hermione,
causandole una marea di lacrime.
“Malfoy,
togli le mani dai miei capelli. Fa dannatamente male”, gli sibilò.
“Non ci riesco,
è bloccata. I tuoi capelli hanno vita propria”.
Hermione
lanciò uno sguardo a Zabini, che rideva apertamente, e la Parkinson, sempre più
sconvolta.
“Blasie, se
non la smetti di ridere in questo istante e mi aiuti inizio a picchiarti”,
quasi urlò la Parkinson al suo ragazzo.
Lui la
osservò. “Mi spiace amore, ma devi ammettere che è la cosa più divertente del
mondo. Malfoy e la Granger spiccicati dentro un armadio”.
“Sei stato
tu a spingermi qui dentro”, ringhiò Hermione. “Non ho scelto io di farlo”.
“Quando
rinsavirà e gli farò ricordare ciò che è successo ne sarà valsa la pena per
tutti i problemi che mi ha causato stanotte”, disse ridendo Zabini.
Malfoy le
stava ancora baciando il collo, chiaramente troppo ubriaco perché gli
importasse qualcosa di chi lei fosse.
“Mi sta
facendo dei succhiotti. Toglimelo subito di dosso prima che ti affatturi fino
alla prossima settimana”, lo minacciò Hermione.
Zabini si
addossò il peso di Malfoy, liberando le mani di Hermione così che potesse
districarsi i capelli.
“Ora
riportalo al dormitorio prima che Lumacorno ritorni. E sii grato che io voglia
dimenticarmi tutto questo, invece che togliervi un migliaio di punti e mettervi
in punizione per tutto il mese prossimo”, lo avvertì Hermione.
Zabini le
tolse Malfoy di dosso, il che fu un sollievo. Riusciva ancora a percepire la
saliva dei baci asciugarsi sul suo collo e sapeva che avrebbe dovuto fare molta
fatica per nascondere i succhiotti, l’indomani mattina. Si sistemò i capelli
arruffati e l’uniforme che si era spiegazzata a causa del peso di Malfoy. Poteva
sentire un minimo di dignità tornare in lei.
“Prova a
tenerli fuori dai guai e dalla mia strada fino alla fine dell’anno”, disse alla
Parkinson.
“Grazie,
Granger, per non averlo consegnato a Lumacorno. È stato ehm… molto arino da
parte tua sai, considerati gli ultimi anni”, disse la Parkinson, guardando il
pavimento.
Hermione
rimase sorpresa dalle sue parole. “Non dirlo neanche, e intendo sul serio.
Voglio dimenticarmi sia mai successo”.
Malfoy
scelse quel momento per tornare lucido qualche secondo e si voltò verso la
Granger.
“Ciao,
Principessa”, la chiamò.
“Principessa?”,
si allarmò Hermione.
La Parkinson
arrossì. “A Draco piace chiamarti così”.
“Perché?”,
chiese Hermione.
“Per tutte
le arie che ti dai”, disse la Parkinson.
Hermione
fece una smorfia. “Divertente detto da lui, il ragazzo purosangue da
copertina”.
La Parkinson
non rispose, iniziando a spostare il peso da un piede all’altro. “Beh, come ho
detto, grazie per non aver detto nulla. Farò del mio meglio per tenerlo in sala
comune”.
Hermione non
credeva la ragazza ci sarebbe riuscita ma lei voleva solo andare a letto e
lavarsi le mani dell’intera questione. Avere a che fare con dei Serpeverde
ubriachi non era il suo campo e neanche voleva lo diventasse. Quando i tre
scomparvero, si avviò verso la propria stanza singola. Ringraziò il suo status
di Caposcuola che le aveva permesso un tale privilegio, soprattutto in notti
come quella in cui aveva bisogno di pace e tranquillità. Aveva anche una piccola
sala comune ed un bagno di cui usufruire. Si era eccitata quando la McGranitt
glie l’aveva mostrata ad inizio anno ed era stata da subito invidiata dagli
amici.
In quel
momento aveva bisogno di stare sola. Non aveva programmato una serata così
movimentata, soprattutto con Draco Malfoy, qualcuno da cui era volentieri
rimasta lontana sin dal suo ritorno. Entrò nel bagno per osservare i danni al
collo. Da un lato spiccavano diversi succhiotti. “Ottimo”, mormorò Hermione. L’indomani
mattina ci avrebbe messo un secolo a coprirli. Decise di saltare la tazza di tè
ed andare dritta a letto. Riusciva ancora a percepire un leggero profumo di bergamotto
sotto il tanfo di alcool che le si era appiccicato al maglione e voleva cambiarsi
immediatamente. Lo lanciò dentro la cesta di vestiti sporchi, non avendo bisogno
qualcosa che le facesse ricordare i suoi baci.
Il mattino
seguente, Hermione si diresse verso la Sala Grande per fare colazione. Aveva passato
trenta frustranti minuti a cercare di coprire i succhiotti. Aveva usato un mix
di magia e correttore ma il risultato non era degno dei suoi soliti standard. Avrebbe
dovuto ricordarsi di controllarsi il collo allo specchio varie volte per
assicurarsi che rimanessero nascosti il più possibile.
Quando raggiunse
la Sala Grande, si sedette di fianco a degli entusiasti Harry e Ginny. Hermione
non credeva di aver mai visto due persone più innamorate. Era estremamente
felice per loro, soprattutto perché in passato avevano dovuto mettere in pausa
la loro relazione. Ginny aveva sofferto molto quando Harry era stato portato fuori
dalla Foresta Proibita da Hagrid, apparentemente morto. Però non riusciva a non
provare una leggera fitta. La sua storia con Ron, che aveva passato così tanto
tempo a cercare di costruire, si era rivelata nient’altro che un’illusione. Dopo
il loro bacio appassionato durante la battaglia, quelli seguenti erano stati a
dir poco deludenti. Si erano resi conto che nessuno dei due provava le farfalle
allo stomaco. Avevano cercato di farla funzionare per circa un mese, soprattutto
incoraggiati da Harry e la famiglia Weasley, ma non era destino. Al momento Ron
stava felicemente frequentando Hannah Abbott mentre Hermione sembrava non
essere interessata a nessuno dei ragazzi di Hogwarts. Harry e Ron erano gli
unici due che parevano non trovarla troppo impositiva e per lei erano come
fratelli. Era tenuta da molti in grande considerazione, perchè apprezzavano il suo
ruolo nella guerra. Gli unici altri ragazzi che non cercavano di metterla sul
piedistallo ed adorarla erano i Serpeverde, ma solo perché la odiavano per il
suo “sangue sporco”. Hermione sospirò. A quanto pareva, i baci di Malfoy sarebbero
stati l’unica cosa che sarebbe riuscita ad ottenere. Che delusione.
Draco si
svegliò a pezzi. La testa gli pulsava dolorosamente e non sapeva come fosse
finito a letto vestito e con ancora indosso le scarpe. Dannazione, doveva essersi
distrutto la notte precedente. Non aveva idea di come fosse tornato al
dormitorio, i ricordi erano tutti sfocati. L’ultima cosa che ricordava era di
essersi seduto in sala comune, continuando a bere dalla bottiglia di Firewhiskey.
Cercò di
stare in piedi, afferrando uno dei pomelli del letto per mantenere l’equilibrio
quando vacillò e si costrinse a non vomitare sulle lenzuola. Quando si sentì
stabile, afferrò un asciugamano, dell’intimo pulito e si avviò verso le docce. Aprì
il rubinetto girandolo finché non uscì acqua ghiacciata e ci si gettò sotto.
“Fanculo”,
disse rabbrividendo.
Dopo essersi
schiarito la mente in quel modo brutale, Draco aprì l’acqua calda e chiuse gli
occhi, provando a pensare a cosa avesse fatto la sera prima. Aveva un vago ricordo
di un corpo caldo premuto contro il suo e di capelli che profumavano di
cannella. Aveva avuto un colpo di fortuna? Non aveva memoria dell’ultima volta
che era stato con una ragazza, ultimamente non gli sembrava più una prospettiva
allettante. Fresco di Azkaban, odiato da molti e con il Marchio Nero sul
braccio sinistro, non era certamente qualcuno per cui le ragazze sbavavano. Ormai
neanche i suoi soldi erano più attraenti. L’unica che gli rimaneva accanto era
Pansy, quasi una sorella. Oh, ed anche quella Greengrass di due anni più
piccola, ma Draco sapeva di non dover fare casini con la sorella di Daphne o
con qualsiasi altra ragazza minorenne, se era per quello. Chiuse l’acqua e
barcollò nuovamente verso il dormitorio, dove trovò Zabini che lo guardava
divertito.
“Ti fa molto
male la testa, Draco?”, gli chiese con finta simpatica.
Draco gli
mostrò il dito medio.
“Sii grato
che Pansy sia così compassionevole, altrimenti ti saresti ritrovato con il tuo
culo ingrato sull’espresso di Hogwarts, questa mattina”, continuò Zabini.
“Di che
diavolo parli, Zabini?”, chiese Draco.
“Dico solo
che faresti meglio a riprenderti prima che le tue attività notturne ti facciano
rispedire ad Azkaban”.
Draco si
accigliò nel tentativo di ricordare cosa avesse potuto portare ad un tale
avvertimento. L’immagine sfocata di una ragazza gli tornò alla mente. Merda,
non aveva molestano nessuna, vero? Poteva anche essere un bastardo, ma non così
tanto.
“Mi hai
riportato tu in dormitorio, ieri?”, chiese Draco a Zabini.
“Sì. Pansy
ha insistito ti trascinassi qui prima che potessi essere espulso”, disse Zabini.
Draco non
voleva chiederlo, ma immaginò di doverlo fare se avesse voluto scoprire cosa
fosse successo. Odiava sentirsi accudito, soprattutto da Zabini, che sarebbe andato
in giro a vantarsi per quello.
“Ehm… ad un
certo punto c’era anche una ragazza?”, chiese casualmente Draco.
Ecco! Sapeva
avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa. Zabini aveva già sfoggiato quell’espressione
di boria. Fottuto coglione.
“Se chiami
la Granger una ragazza”, rispose Zabini.
“Che cosa?”,
esclamò Draco.
“Già, ti ho
infilato in un armadio per le scope per evitare Lumacorno ed era arrivata anche
quell’infernale Caposcuola, così l’ho spinta dentro con te. Quando ho aperto la
porta per recuperarti, avevi le mani ovunque e le stavi facendo dei succhiotti”.
Che diavolo?
“Mi prendi per il culo, vero?”, rispose Draco.
“No, hai
avuto un assaggio della Ragazza d’Oro ok? E sembravi anche molto felice di
essere lì”, replicò Zabini.
Draco iniziò
ad avere dei flashback su di lei e del suo profumo di cannella. Ricordava di
aver alzato lo sguardo ed aver incontrato gli occhi della Granger che lo
fissavano sconvolti. Fanculo, aveva toccato la Sanguesporco. Che schifo, le
aveva anche baciato il collo. Draco corse di nuovo in bagno e Zabini lo seguì,
godendosi lo spettacolo della sua rivelazione. Draco afferrò la bottiglia di collutorio
e la inghiottì praticamente intera, cercando di lavarsi la bocca.
Draco si
teneva la testa tra le mani, nel tentativo di non vomitare sul tavolo durante
la colazione. Lanciò uno sguardo a Zabini, che continuava a ghignare ogni
cinque minuti. Fottuto idiota. Alzò la testa e vide la Granger guardarlo. Non riusciva
a notare nessun succhiotto, quindi si era almeno presa il disturbo di nasconderli
piuttosto che sventolarli sotto il naso di tutti per dimostrare di essere anche
lei in grado di avere un ragazzo. Ignorò il ricordo di quanto gli fosse
piaciuto baciarla il collo e del suo delizioso sapore. Disgustoso. Inghiottì un po’ di caffè nero e
sperò che i postumi svanissero. Almeno non avrebbe dovuto incontrare la Granger
fino a fine giornata, quando avrebbero condiviso l’aula di pozioni.
Quando arrivò
l’ora dell’ultima lezione del giorno, Hermione era ormai esausta. Le bruciavano
gli occhi e la schiena le doleva a causa dell’enorme quantità di libri che
portava in borsa. Per il momento era riuscita ad evitare la vista e la voce di
Malfoy, della Parkinson e di Zabini, il che era perfetto. Per sua sfortuna,
però, avrebbe dovuto incontrare i due ragazzi alla lezione di pozioni avanzate.
Si appoggiò
al muro con gli occhi chiusi, in attesa dell’arrivo di Lumacorno, cercando di
bloccare tutti i mormorii intorno a lei, quando ad un certo punto qualcuno le
tirò un braccio.
“Hermione”,
la chiamò Harry.
“Mmm?”,
rispose assonnata Hermione.
“Che diavolo
hai sul collo?”, le chiese.
Gli occhi di
Hermione si aprirono di scatto. Si era dimenticata di andarsi a controllare in
bagno prima di arrivare nei sotterranei.
“Ehm… niente,
io… ho provato un nuovo incantesimo”, rispose piatta.
“Un nuovo
incantesimo? Che ti crea dei succhiotti?”, replicò sbuffando Ron.
Dannazione,
dannazione, dannazione! Si ripeté Hermione. I suoi amici non avrebbero creduto alla sua stupida
scusa ma per la prima volta il suo cervello si rifiutava di cooperare.
Draco udì il
patetico tentativo della Granger di mentire. Era ovvio che Sfregiato e da
Donnola non le credessero. La sua mente contorta, comunque, stava già ideando
il modo migliore per ripagare Zabini per avergli rivelato in quel modo sublime
cosa fosse successo con la Granger la sera prima.
“Non mentire”,
biascicò Draco, attirando istantaneamente l’attenzione del duo.
La Granger
lo fissò, quasi cercando di forzarlo con lo sguardo a stare zitto.
“Che vuoi
dire, Malfoy?”, sputò Weasley.
“Ho beccato lei
e Zabini che si sbaciucchiavano nei sotterranei, la notte scorsa”, disse furbo.
“Cosa?”,
urlarono sia lui che la Granger.
“Già,
sospetto vada avanti da un po’. Di certo se la stavano spassando”, continuò,
adorando sempre di più il momento.
Potter e
Weasley guardarono increduli la Granger, che sembrava stesse andando in auto-combustione
per la rabbia.
“Non ditemi
che credete al furetto. Sta mentendo”, disse accalorata la Granger.
“Sono
ovviamente dei succhiotti, Hermione. Se Malfoy stesse mentendo su di te e
Zabini allora chi le ti ha fatti?”, chiese Potter.
“Non riesco
a credere che vi fidiate della sua parola invece che della mia. È Malfoy”, urlò
lei.
Nel frattempo,
Weasley aveva iniziato a fissare Zabini come se volesse ucciderlo e lui, di
rimando, fissava allo stesso modo Malfoy. Draco invece guardava felice ciò che le
sue bugie stavano causando. All’improvviso, Weasley si lanciò contro Zabini, tirandogli
un gancio destro sulla mascella. Zabini volò all’indietro contro il muro, prima
di rialzarsi e colpirlo a sua volta.
“Smettetela!”,
urlò la Granger. “Smettetela subito!”.
Cercò di
separare i due ragazzi, ma finì per ricevere il secondo gancio di Weasley, che
cercò subito di afferrarla mentre cadeva e diventò bianco come un cencio.
“Che diavolo
sta succedendo qui?”, tuonò la voce di Lumacorno. “In tutti i miei anni di
insegnamento non ho mai visto nulla di così disdicevole, soprattutto visto il
coinvolgimento di due Prefetti e della Caposcuola. Potter, porti la Signorina
Granger in infermeria. Zabini e Weasley, verrete subito con me nell’ufficio
della Preside. Il resto di voi, tornate in classe ed iniziate a leggere il
capitolo sulla Felix Felicis. Se non avrete ricopiato almeno una pagina di appunti
quando sarò tornato, finirete in punizione”.
Draco si
trascinò in classe, più che soddisfatto della sua abilità nel causare problemi.
Pansy gli avrebbe urlato contro più tardi ma ne era valsa la bena. Zabini non
avrebbe mai dovuto compiacersi così tanto nel raccontargli le sue attività
notturne. E la Granger, beh, avrebbe imparato a rimanere fuori dagli affari che
non la riguardavano. E smetterà di avere un profumo così buono, gli
disse una vocina nella tua testa, che Draco silenziò rudemente. Per la barba di
Merlino, era una Sanguesporco.
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Capitolo 3 *** Un Passato di Violenza ***
Cap 3
Un passato
di violenza
Hermione grugnì
quando riprese conoscenza. Aveva un mal di testa incredibile e le pungevano gli
occhi. Li aprì ma dovette sbattere le palpebre per la luce. Un occhio era gonfio.
Voltò la testa di lato, lontano dalla forte luce che filtrava dalla finestra e
notò la presenza del suo migliore amico Harry.
“Ciao”,
gracchiò. “Mi daresti un bicchiere d’acqua?”.
Harry le
sorrise e le passò il bicchiere. Dovette tenerlo in mano mentre lei beveva,
dato che le sue tremavano ancora.
“Che è successo?
Mi sento come se mi avesse calpestato una mandria di Ippogrifi”.
“Qualcosa di
simile. Ti sei messa tra Ron e Zabini e ti sei presa il pugno di Ron. È stato
un incidente, ovviamente”, la informò lui.
Hermione
corrugò la fronte cercando di ricordare gli avvenimenti che l’avevano fatta finire
lì. Per il momento, però, era tutto buio.
“Perché non ci
hai detto ti te e Zabini?”, le chiese pacato.
“Che cosa?”,
rispose lei, molto confusa.
“Perché non
ci hai detto che frequenti Zabini?”, chiese ancora Harry.
Gli eventi
le vennero in mente all’improvviso. Hermione grugnì e strinse i pugni al
pensiero dei problemi che Draco Malfoy aveva causato a lei ed ai suoi amici, le
uniche due persone cui sembrava importasse qualcosa di lui.
“Non mi vedo
con Zabini”, replicò. “Per la barba di Merlino, Harry, pensavo sapessi di non dover
credere a Malfoy”, esclamò quando vide il sopracciglio inarcato di Harry.
Il ragazzo
sembrò in qualche modo sollevato. “Grazie a Merlino, credevo avrei dovuto
iniziare ad essere civile con lui per il tuo bene”.
Hermione
sorrise. “Lo faresti per me?”.
“Ma certo. Sei
come una sorella e l’unica persona che è rimasta sempre al mio fianco da quando
sono arrivato ad Hogwarts”, disse semplicemente.
Hermione
rimase toccata. Non sarebbe stato semplice per Harry diventare amico di un
qualsiasi Serpeverde, considerando che la maggior parte delle loro famiglie
aveva cercato di ucciderlo prima o poi.
“Allora da
dove vengono quei succhiotti?”, le chiese curioso.
Hermione si
morse un labbro. Il discorsetto di Harry le suggeriva che avrebbe anche potuto
perdonarle qualsiasi cosa, ma in quel caso si trattava di Malfoy. Di certo non
avrebbe capito perché lei non lo avesse denunciato per ubriachezza dopo il
coprifuoco e per averla molestata, che ne fosse stato cosciente o meno. Probabilmente
sarebbe corso dalla McGranitt per farlo espellere. Hermione non era sicura del perché,
ma non voleva che accadesse.
“È
complicato, Harry, e non è come pensi”, replicò semplicemente.
Harry rimase
perplesso ma avrebbe rispettato la privacy di Hermione, anche se non capiva perché
non potesse raccontargli di avere un ragazzo, Serpeverde o meno.
“Come sta Ron?”,
chiese lei, cercando di cambiare argomento.
“È stato
portato nell’ufficio della McGranitt. Ancora non l’ho visto”.
Hermione si
sentì ancora più in colpa. Se non avesse permesso alla Parkinson di farla
sentire dispiaciuta per Malfoy, Ron non si sarebbe trovato nella posizione di dover
rimanere in punizione per settimane.
Madama Chips
arrivò di corsa quando li sentì parlare.
“Cara, ti
sei presa un bel pugno. Come ti senti?”, chiese ad Hermione.
“Mi pulsa la
testa e la luce mi fa male agli occhi”, replicò lei.
Madama Chips
annuì. C’era da aspettarselo quando si veniva mandati al tappeto. “Ho una
pozione per il mal di testa e, grazie al vostro amico George Weasley, anche un
buonissimo unguento per far sgonfiare quell’occhio nero”.
Hermione
alzò la mano e si toccò lo zigomo paffuto.
“Hai un gran
bell’occhio nero”.
“È bello
sapere che Ron riesca ad infliggere così tanti danni a chi fa del male ai suoi
amici”, commentò lei.
“Ha le mani da
portiere”, replicò Harry.
Draco sedeva
da solo, come al solito, in sala comune. La stanza era piena ma le sedie
intorno a lui erano vuote come sempre. La porta della sala si aprì di colpo e
Pansy marciò all’interno guardandosi attorno e notando Draco.
“Dannatissimo
coglione!”, gli urlò contro.
La sala
comune diventò silenziosa. Tutti stavano guardando i due amici litigare.
“Immagino tu
abbia visto Zabini”, biascicò Draco.
“Perché diavolo
gli hai fatto una cosa del genere?”, chiese.
“Cosa c’è
che non va, Pansy? Preoccupata di perderlo in favore di una biblioteca
ambulante?”, la prese in giro.
“Sei un
grandissimo idiota. Blasie non ha fatto altro che tenerti fuori dai guai da
quando sei tornato ad Hogwarts e tu lo ripaghi così?”, urlò.
Draco si
alzò. “Non ho chiesto a nessuno di voi due di immischiarvi nei miei affari. Che
vi sia di lezione e dì a Zabini di non fare tanto il gradasso la prossima volta”.
Uscì dalla
sala comune ed andò nella sua stanza. Era abbastanza compiaciuto di sé stesso.
Aveva detto a Pansy e Zabini di stargli lontano diverse volte ma non gli
avevano dato ascolto. Magari questa volta avrebbero recepito il messaggio.
Pansy grugnì
quando vide l’amico sparire su per le scale. Quell’anno stava diventando un vero
casino. Draco stava cadendo a pezzi, che volesse ammetterlo o meno e lei
sembrava essere l’unica a cui importasse qualcosa. Sapeva che Blasie lo stava
aiutando solo perché era stata lei ad implorarlo. Ora sarebbe stato così
arrabbiato che non credeva l’avrebbe più ascoltata.
In quel
momento, Blasie sbattè la porta e si guardò attorno, come se volesse trovare
Draco. Doveva pareggiare i conti con quel viscido biondo.
“Dov’è?”,
biascicò.
Pansy si strinse
le mani. Non voleva che Blasie lo rincorresse e desse adito a qualche incontro
di boxe che sembrava voler iniziare.
“Al dormitorio”,
rispose Theo prima che lei riuscisse a fare qualsiasi cosa.
Blasie
marciò verso l’uscita e lei si piazzò davanti a Theo. “Perché l’hai fatto?”,
sbottò.
“Malfoy se l’è
cercata”, replicò Theo.
“Sei un bastardo”,
gli disse Pansy. “Non credere io abbia dimenticato come seguivi Draco come un
cagnolino ogni volta che tornava ad Hogwarts l’anno scorso, nel disperato tentativo
di fartelo amico, ed ora lo tratti come se fosse un emarginato”.
Theo le
ringhiò. Quelle parole lo colpirono proprio perché erano vere. L’anno
precedente avrebbe voluto essere considerato uno dei buoni amici di Malfoy,
attirato dalla sua aura di giovane mangiamorte, mentre ora era solo felice che
suo padre fosse riuscito a proteggerlo da un tale destino. Nessuno voleva
passare sei mesi ad Azkaban. Il padre di Theo non aveva fatto molto di buono
nella sua vita ma aveva avuto ragione nel fermarlo quando lui invece avrebbe
voluto prendere il Marchio Nero.
“Ragazzi,
per favore. Dobbiamo rimanere uniti e non litigare di continuo. Riceviamo già
abbastanza ostilità dal resto della scuola, non possiamo bisticciare tra noi”,
disse Daphne.
“Prova a dirlo
a Malfoy”, mormorò Theo.
Pansy gli
lanciò un’occhiata, trovando il suo comportamento estremamente irritante. Era sempre
stato geloso di Draco.
“Invece che
fare il coglione, Theo, perché non vieni ad aiutarmi ed evitare il litigio che
sta per scoppiare?”, chiese.
Theo pensò
ad un milione di altre cose che avrebbe preferito fare, incluso quell’orribile
tema di trasfigurazione, ma Daphne gli strinse la mano così decise di andare
dietro a Pansy. Sospirò. Immaginava di doverle almeno qualcosa.
Quando Theo
e Pansy raggiunsero il dormitorio, Blasie teneva Draco per la gola appeso al
muro. Draco rideva così forte che stava rischiando di soffocarsi.
“Fottuto
idiota. Guarda in che condizioni è la mia mascella. Madama Chips non vuole
nemmeno darmi qualcosa per far sparire l’ematoma”, ruggì Blasie.
“Che cosa vuoi?
Delle scuse? Mi conosci”, lo prese in giro Draco.
“Perché l’hai
fatto?”, chiese Blasie.
“Perché questa
mattina sei stato un bastardo borioso. Hai trovato la situazione più che
divertente, così ho deciso di divertirmi anche io a tue spese”.
“Facendo in
modo che Weasley mi prendesse a pugni?”, urlò Blasie.
Draco scrollò
le spalle. Ad essere onesti, ormai la cosa lo stava annoiando e gli mancava il
Firewhiskey.
“Come ti pare,
Blasie”, disse prima di appellare la bottiglia mettendo in mostra la sua
capacità di fare magie senza bacchetta. “Hai intenzione di lasciarmi andare? Non
posso bere con la tua mano sulla gola”.
Blasie
grugnì ma lo lasciò. La rabbia aveva iniziato a svanire e se la cosa fosse
successa a qualcun altro invece che a lui l’avrebbe trovata molto divertente.
Le settimane
seguenti Draco le passò in uno stato inebriato dall’alcool. Non era
particolarmente conscio di ciò che succedeva dato che beveva di continuo. Non gli
piaceva rimanere sobrio anche se, ad essere onesti, non accadeva spesso. Aveva notato
che, mentre Pansy continuava a cercare di farlo smettere di bere e concentrare
sulle lezioni, il suo ragazzo non si univa più a lei. Almeno uno di loro aveva
recepito il messaggio.
Non sapeva che
l’unico motivo per cui i professori non l’avessero ancora beccato fosse che
Pansy aveva passato la maggior parte delle notti a corrergli dietro per
lanciarli incantesimi di disillusione e silenziarlo quando faceva troppo
casino. Cercava anche di fargli i compiti, perché lui si era rifiutato, così
aveva dovuto dare fondo alle sue conoscenze degli anni precedenti. Draco non
aveva passato molto tempo ad Hogwarts durante il regno di Voldemort,
soprattutto dopo Natale. Veniva costantemente richiamato al Manor dal Signore
Oscuro ed alla fine aveva smesso di presentarsi a scuola. Pansy era una normale
studentessa, che non possedeva il cervello di Draco. Blasie all’inizio l’aveva
aiutata ma ora si stava rifiutando di avere nulla a che fare con il biondo. I voti
di Draco stavano quindi iniziando a calare ed i professori glie lo facevano
notare ma, visto che non prestava nemmeno attenzione in classe, davano la colpa
a quello.
Pansy stava
cercando di scrivere un secondo tema di incantesimi, quella volta per Draco, provando
a farlo sembrare diverso da quello che aveva appena finito per sé. Era esausta
ed aveva bevuto un sacco di caffè nero per rimanere sveglia.
“Tesoro,
vieni a letto. Sei troppo stanca per continuare”, le disse dolce Blasie.
Lei si voltò.
“Non farlo, Blasie. Tu potrai anche essertene lavato le mani ma io non posso”.
“È una causa
persa. Ti stai ammalando e quell’idiota non ti è nemmeno riconoscente”, le disse
asciutto.
“Solo perché
al momento non apprezza nulla. Ma io mi rifiuto di arrendermi solo perché lo
hanno fatto tutti”, borbottò fiera.
“Ti
trascinerò a letto se non ci verrai da sola. Non permetterò che ti ammali per
colpa sua”.
Pansy sentì
le lacrime scorrerle sulle guance. “Non lo lascerò da solo, lo farò uscire da
questo casino. So che pensate tutti io sia mazza, ma è Draco. È stato il mio
primo amico e mi ha protetta per tutta la mia vita. Ha bisogno del nostro
aiuto, Blasie. So che non lo vuole, ma gli serve. Come pensi staresti tu, se
fossi stato ad Azkaban per sei mesi?”.
“Senti tesoro,
so che lui in passato c’è sempre stato per te, ma davvero non credo tu possa
aiutarlo. È apatico”.
Pansy guardò
il suo ragazzo. Aveva appena espresso ciò che lei temeva. Odiava vedere Draco finire
in una spirale di auto-distruzione. Certo, era sempre stato un bullo ma non meritava
comunque un simile futuro.
“Non mi
arrenderò con lui”, disse ancora una volta.
“Lo so, ecco
perché ti amo. Smetterò di ignorarlo e ti aiuterò, ma solo se mi prometti che
la finirai di seguirlo in giro e ti riposerai un po’”, disse Blasie.
“Davvero? Mi
aiuterai ancora?”, chiese.
Lui annuì e
venne ricompensato quando lei gli si lanciò tra le braccia e gli fece uno dei
più bei sorrisi che gli mancavano da molto tempo.
“Ma se ti
aiuto, devi capire che non possiamo farcela da soli”, disse Blasie.
“Che
intendi?”.
“Intendo che
abbiamo bisogno di altre braccia”.
“Credo
Daphne sarebbe d’accordo, almeno per i compiti. Magari potresti miniare Theo perché
si renda utile”, suggerì Pansy.
Blasie annuì.
“Sono delle buone idee ma voglio dire che ci serve qualcuno di un po’ più in
alto”.
Pansy
sembrava scettica. “Dubito altamente che Lumacorno possa essere d’aiuto. Odia Draco,
l’ha sempre fatto, e non vede l’ora di lavarsene le mani”.
“Non pensavo
a Lumy, è inutile, non ha mai capito come parlare a Malfoy. Pensavo a qualcuno
come la Caposcuola”, le fece notare Blasie.
“La Granger?
Perché dovrebbe alzare un dito per aiutarci?”, chiese incredula.
“Ci ha già
aiutato una volta e, se non mi sbaglio, è il tipo da impicciarsi. Può non
piacerle Draco ma non l’ha ancora fatto espellere anche se avrebbe potuto
accusarlo di molestie”, commentò.
Pansy ci
pensò su. Sarebbe stato sicuramente utile avere a bordo qualcuno con un po’ di
autorità. La Caposcuola era spesso di ronda e, cosa più importante, era un’eroina
di guerra di cui la Professoressa McGranitt si fidava.
“E per cosa
potrebbe aiutarci?”.
“Non molto.
Non credo si darebbe tanta pena per lui, ma forse potrebbe darci una mano con le
sue passeggiate notturne. Fa la ronda più spesso dei Prefetti e potrebbe darci
informazioni su dove vanno più spesso a controllare i professori. Niente di
eccezionale”, replicò lui.
Pansy non ne
era certa. La Granger non avrebbe avuto motivo di aiutarli. Nessun Serpeverde
lo avrebbe fatto se i ruoli fossero stati invertiti. “Immagino di poterglielo
chiedere”, disse.
“Non c’è
nulla di male a chiedere, mal che vada dirà di no. Anche se non mi sembra il
tipo che corre dalla McGranitt”.
“Ok, ci
andrò domani durante l’orario d’ufficio”.
Blasie rise.
“Mi piacerebbe essere una mosca per godermi la conversazione”.
Pansy si unì
a lui. Draco avrebbe fatto meglio ad apprezzare i suoi sforzi quando fosse
tornato in sé. Si sarebbe meritata il regalo più grande che le avesse mai
fatto.
Una parte dei
dovrei di Hermione come Caposcuola che non le piaceva era dover rimanere in
ufficio per qualche ora ogni settimana. Lei ed Anthony ne condividevano uno
appena fuori dalla Sala Grande, dovendo essere disponibili per gli studenti che
ne avrebbero avuto bisogno. Di norma Anthony sfruttava quelle ore per
recuperare i compiti in cui era rimasto indietro. Sfortunatamente per Hermione,
lei era sempre bombardata da ragazzini che volevano conoscere i dettagli della
sua fuga con Harry. In pochi andavano a trovarla perché davvero bisognosi di
aiuto. Quelli del primo anno avevano paura ad avvicinarla perché pensavano
fosse una specie di eroina inarrivabile mentre gli altri non ne sentivano il
bisogno, preferendo rivolgersi ai direttori della Casa. Così rimanevano solo
quelli in cerca di gloria, irritanti individui che le si attaccavano perché ormai
era diventata una celebrità ed era la migliore amica di Harry Potter, il
ragazzo che aveva sconfitto Voldemort due volte.
Qualcuno
bussò alla porta ed Hermione sospirò, preparandosi ancora una volta ad invitare
gentilmente l’avventore ad andarsene perché no, non voleva rivivere le sue avventure
con lui e no, la guerra non era divertente né si era sentita nobile quando era
stata torturata da Bellatrix Lestrange. Rimasse quindi sorpresa quando Pansy Parkinson
fece capolino.
“Posso entrare?”,
chiese Pansy.
“Certo. Almeno
non mi farai domande orrendamente personali su come sia dividere una tenda con
Harry”, disse.
Pansy
sorrise debolmente. “Ad essere onesta, non potrebbe importarmene di meno. Odio il
campeggio e soprattutto da sola con due ragazzi, in fuga dai Ghermidori. Sarebbe
il mio peggiore incubo”.
“Non è stata
la migliore esperienza mai vissuta e dovevo anche cucinare”, commentò Hermione.
“Tipico dei
ragazzi!”.
“Allora,
come posso aiutarti?”, chiese Hermione.
Pansy si strinse
le mani e lanciò uno sguardo al piccolo ufficio per trovare ispirazione. Hermione
aveva l’orribile presentimento che si sarebbe trattato di Draco Malfoy.
“Senti, Granger,
sono davvero a disagio a farti questa richiesta quindi andrò dritta al punto”, iniziò
Pansy. “Mi serve aiuto con Draco”.
“E perché vieni
da me?”, chiese Hermione.
“Perché ho
bisogno di te”.
“Che posso
fare?”.
“Sono sicura
non ti sia sfuggito che Draco è ehm… un po’ intrattabile ultimamente”, disse
Pansy.
Hermione
aveva fatto del suo meglio per non prestargli alcuna attenzione dopo l’esperienza
dell’armadio delle scope, ma non aveva potuto non accorgersi di quanto fosse
messo male. In classe non faceva attenzione, sospettava fosse sempre ubriaco e
non capiva come facesse a non avere i professori alle calcagna. Forse la
Parkinson aveva a che fare con l’ultima cosa. Ad uno sguardo ravvicinato,
sembrava un po’ al limite. I suoi capelli, di solito immacolati, erano sempre
arruffati ed aveva le borse sotto agli occhi.
“Sì, l’ho
notato”, replicò Hermione senza incoraggiamento.
“Beh,
continua a vagare per Hogwarts durante la notte quando è ubriaco. L’unico
motivo per cui non l’hanno ancora beccato è che io gli corro dietro e gli
lancio qualche incantesimo di disillusione e silenziamento”.
“Ti rendi
conto che potrei toglierti dei punti e metterti in punizione per avermelo
detto?”, disse Hermione.
“Sì, ma non
lo farai”, rispose Pansy.
“Perché lo
pensi? Non amo i Serpeverde”.
“Sì, ma tu
sei Hermione Granger, la ragazza da copertina per la giustizia. Andrebbe contro
i tuoi valori morali punire qualcuno che viene da te per chiedere aiuto, che sia
Serpeverde o meno”, commentò Pansy.
Hermione
voleva obiettare, soprattutto perché si trattava di Pansy Parkinson, una
ragazza che era stata una vera stronza con lei per tutto il tempo che si erano
trovate ad Hogwarts assieme. Se i ruoli fossero stati inversi, sapeva che lei
le avrebbe riso in faccia, messa in punizione per il resto dell’anno e tolto
così tanti punti a Grifondoro che non sarebbero nemmeno riusciti a tornare in
pari entro la fine dell’anno. I suoi pensieri le si leggevano chiaramente in
faccia.
“So che non
hai motivo di aiutarmi. Ti ho bullizzata con Draco senza pietà, ma la guerra
cambia le persone, Granger, persino quelle come me. Noi Serpeverde abbiamo
fatto un casino ed ora ne paghiamo le conseguenze”.
“Quindi mi
stai chiedendo aiuto, praticamente dandomi tutti i motivi per non farlo, ma sei
ancora qui a sperarci”.
“Sostanzialmente,
sì”, rispose semplicemente Pansy.
“Allora
dimmi perché dovrei”, rispose Hermione.
“Perché sei
Caposcuola e prendi seriamente la tua responsabilità. Sei pronta a piegare
qualche regola in tuo favore se fosse la cosa giusta da fare, solo perché non
porti alcun rancore. Non è quello il motivo per cui hai vinto la guerra?”.
Hermione
sorrise e la Parkinson pensò di averla in pugno. Invece Hermione, anche se era
d’accordo con lei per tutte le cose che aveva elencato, non capiva come aiutare
Malfoy potesse essere giusto. Non voleva trovarsi ad Hogwarts, la McGranitt di
certo non lo voleva lì e nemmeno lei. Molti avevano avuto bisogno di una
Pozione Calmante da Madama Chips dopo averlo incontrato con il Marchio Nero in
bella vista, anche se in realtà non aveva fatto nulla a quelli del primo anno
per cui la McGranitt non poteva espellerlo. Usava però gli sguardi minacciosi
ed il braccio per intimidire.
“Mi spiace,
Parkinson, ma non sono interessata. Non voglio avere niente a che fare con
Draco Malfoy e ti suggerisco di smetterla di proteggerlo e fargli affrontare le
conseguenze delle sue azioni”.
Le spalle di
Pansy si afflosciarono. Era sicura che la Grifondoro l’avrebbe aiutata.
Sembrava avere una dipendenza per le cause perse e Draco Malfoy era di certo la
peggiore ad Hogwarts.
“Stai sbagliando
a giudicarlo come stai facendo”, le fece notare Pansy.
“E come lo
starei giudicando?”, chiese Hermione.
“Come fanno
tutti gli altri. Guardi solo il suo comportamento e non oltre, cosa molto
facile. Diavolo, persino i Serpeverde si sono disinteressati mentre una volta
lo idolatravano. Draco è bravo a portare una maschera. Il difficile è arrivare
a fondo e trovare il suo vero io. Pochi di noi lo conoscono davvero”, la informò
Pansy.
Hermione alzò
gli occhi al cielo. “Non dirmi che dietro a quella facciata di supremazia c’è
un povero, piccolo ed incompreso ragazzino che non vede l’ora di uscire”.
“Prendi in
giro quanto vuoi, Granger, ma è la verità. Draco si è perso ed è ferito. Ha
visto cose che nessuno dovrebbe”, iniziò Pansy.
Hermione
sbuffò, interrompendola. “Davvero? Penso di aver visto anche io cose orribili
ma non vado in giro cercando di dimenticare tutto con una bottiglia di Firewhiskey”.
“No, ma tu
sei dal lato dei vincitori e non hai passato sei mesi ad Azkaban, cosa che
possiamo dire non è una passeggiata”, si difese Pansy.
“No, ma se
non fossi stata dalla parte dei vincitori sarei morta e dubito che Malfoy si
sarebbe messo a piangere sulla mia tomba”, disse dura Hermione.
A quelle
Parole l’irritazione di Pansy scemò. La Granger aveva ragione, si sarebbe
trovata sotto terra se Voldemort avesse vinto. Pansy ci aveva sperato a lungo,
ma ora non ne era orgogliosa.
“Non sto
cercando di dire che non avresti avuto la peggio sotto Voldemort, solo un
idiota potrebbe farlo, ma non significa che ora Draco non stia soffrendo. Se avesse
davvero voluto che Voldemort vincesse avrebbe felicemente ucciso Silente e consegnato
te, Potter e Weasley a Voldemort su un piatto d’argento a Malfoy Manor. Invece non
l’ha fatto perché ormai odiava la sua vita”, le spiegò Pansy.
Hermione aggrottò
incredula la fronte.
“Non dico
che non dovresti odiarlo, Granger, ma per favore non dubitare di ciò che ti
dico. Draco era un ragazzino che giocava a fare l’uomo e questo lo ha distrutto”.
“Ok, questo
te lo concedo ma non capisco cosa dovrei fare per aiutarti”.
“Solo
qualcosina dopo il coprifuoco. Ti sarei grata se potessi farmi sapere dove fanno
di solito la ronda i professori ed i Prefetti”.
“Stai scherzando,
vero?”, chiese Hermione.
“No”,
replicò Pansy.
“Non posso
farlo. La McGranitt mi ucciderebbe se lo scoprisse”.
“Forse. Ma perché dovrebbe scoprirlo?”.
“Perchè Malfoy
è instabile e non importa quanto cercherai di coprirlo, non durerà a lungo. E quando
lo scoprirà, sarà ovvio chi ti ha aiutata”, rispose Hermione.
Le spalle di
Pansy si afflosciarono nuovamente ed Hermione si prese un attimo per guardarla.
Rispettava ciò che la Parkinson stava cercando di fare per il suo amico, sul
serio. Lei avrebbe fatto la stessa cosa per Ron ed Harry, ma non poteva
rimanerne invischiata. Era una strategia rischiosa dettata dalla disperazione
di proteggere qualcuno che non voleva esserlo.
“Senti, mi
dispiace sul serio ma non c’è motivo di aiutare qualcuno che non vuole essere
aiutato”, disse gentile Hermione.
La Parkinson
la guardò fiera. “Credi di essere l’unica ad avermelo detto? Lo pensano tutti
ma ti dico ciò che ho detto a loro: non abbandonerò Draco. Merita di avere almeno
una persona che creda in lui”.
La Parkinson
si alzò. “Grazie per il tuo tempo, Granger, e per non averci messo nei casini l’altra
volta”.
Hermione la
guardò uscire dall’ufficio. Si sentiva male per lei. Era toccante la sua lealtà
ma Hermione temeva fosse sprecata per qualcuno così incurante ed egoista come
Draco Malfoy.
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Capitolo 4 *** Le Droghe Non Funzionano ***
Cap 4
Le Droghe Non Funzionano
Hermione passò
i giorni seguenti a maledire la propria coscienza. Non riusciva a credere di
sentirsi in colpa nell’aver rifiutato la richiesta della Parkinson. Non voleva
rimanere invischiata in qualsiasi tela Malfoy stesse tessendo, non ne aveva
assolutamente bisogno in quel momento.
Non riuscì a
non prestargli attenzione quando lo vide trascinarsi alla lezione di
incantesimi venti minuti più tardi. Si comportava come al solito, con le
maniche della camicia arrotolate per mettere in mostra il Marchio nero, come se
ne fosse stato orgoglioso. Aveva anche la cravatta slacciata e nessuna borsa
appresso.
“Carino che
lei si unisca a noi, Signor Malfoy”, disse sarcastico Vitious. “Ha i suoi compiti?”,
chiese, guardando apertamente le sue mani vuote.
“No”,
replicò Malfoy.
“Oh, Draco,
l’ho messo in borsa io”, si intromise la Parkinson. “L’hai lasciato sul tavolo
della sala comune”.
Malfoy la
guardò interrogativo ma non espose la sua bugia. “Congratulazioni, Pansy”,
replicò disinteressato quando lei lo consegnò a Vitious.
Hermione
capì subito la situazione. La Parkinson stava svolgendo i compiti di Malfoy,
ecco perché i suoi voti stavano calando. Nonostante le sue colpe, era comunque
intelligente. Sono una persona brillante sarebbe riuscita a sistemare l’armadio
svanitore al sesto anno ma, da quanto era tornato ad Hogwarts, sembrava
disinteressato a qualsiasi cosa. Non faceva alcuno sforzo in classe, passava
solo il tempo, e adesso sembrava che non si desse nemmeno la briga di fare i
compiti. Hermione si morse un labbro. Non riusciva a credere di essersi
interessata a ciò che Draco Malfoy stesse facendo o meno, non erano affari
suoi. Harry e Ron avevano avuto la giusta idea di ignorarne l’esistenza, ma non
era nella sua natura farlo, soprattutto quando le era stato direttamente
chiesto aiuto.
Una delle
cose che le aveva detto la Parkinson aveva perseguitato Hermione. Ci aveva
fatto più attenzione del solito da quando glie lo aveva riferito ed aveva
capito fosse la verità. Malfoy non aveva nessun altro che si curasse di lui a
parte la ragazza. Gli insegnanti non erano entusiasti fosse tornato a scuola e
lo ignoravano volentieri. Se fossero stati i suoi voti, a calare drammaticamente
come quelli di lui, sarebbe stata chiamata dalla McGranitt e da molti altri
professori, volenterosi di capire cosa ci fosse che non andava e l’avrebbero
aiutata a trovare una soluzione. In quel caso invece la Parkinson riusciva a
fare i compiti di Malfoy e nessuno lo notava o, più semplicemente, se ne
interessava. La cosa la rese parecchio triste. Non avere nessuno a cui
importasse era un destino terribile.
Alla fine
della lezione, Hermione aveva cambiato idea e chiamò la Parkinson. “Parkinson,
hai un minuto?”.
Pansy alzò
lo sguardo sorpresa e le si avvicinò. “Va tutto bene, Granger?”, le chiese.
“Sì, ci ho
pensato ed ho deciso di aiutarti. Avevi ragione, la cosa non può continuare”,
disse, sperando di non pentirsene.
La Parkinson
la osservò stupita. “Ottimo. Grazie mille, Granger. Allora, quando credi
potremmo parlarne?”.
Hermione fu
grata che almeno non fosse così stupida da chiederle informazioni in classe.
“Vieni nel
mio ufficio dopodomani, sarò lì tra le 7 e le 8 di sera”, informò la ragazza.
“Ok, ci
vediamo presto allora”, replicò la Parkinson prima di tornare al fianco di
Blasie.
“Che cosa vi
siete dette?”, chiese Harry. Lui e Ron l’avevano aspettata fuori dalla classe,
completamente ignari del perché le due si fossero parlate.
“Oh, la
Parkinson è venuta nel mio ufficio la settimana scorsa e mi ha chiesto di
aiutarla con un piccolo problema”, rispose Hermione, presa in contropiede.
“Da quando
la Parkinson, la Regina dei Serpeverde, chiede aiuto ad Hermione Granger?”,
chiese sospettoso Harry.
“Da quando
ha problemi con quelli del primo anno che vengono bullizzati. Vuole il mio
aiuto per fermare la cosa. Ho detto che ci avrei pensato ed avrei trovato una
strategia”, inventò su due piedi.
Harry e Ron
non poterono controbattere. Nessuno poteva condannare quelli del primo anno,
dato che non erano nemmeno entrati ad Hogwarts l’anno prima. Questo le dava
anche la scusa per incontrare la Parkinson in altre occasioni.
“Ehm.. beh,
stai attenta, Hermione. Non puoi fidarti delle serpi”, la mise in guardia
Harry.
Lei sorrise
e lo prese a braccetto. Entrambi i suoi amici sarebbero diventati isterici se
avessero saputo di cosa avesse davvero discusso con Pansy. Non c’era nulla di
innocente in Draco Malfoy.
Quella sera
a cena, Draco fissava imbronciato il proprio piatto. L’effetto di intorpidimento
dato dall’alcool stava iniziando a vanire. Aveva scoperto che passare la
giornata completamente ubriaco non lo aiutava più a combattere i suoi demoni. Aveva
anche iniziato ad avere qualche problema di salute grazie alla sua nuova
abitudine. Gli sembrava che il fegato fosse stato smangiucchiato da un Thestral
e lo stomaco gli si ribellava a causa della dieta liquida che stava seguendo. Era
una cosa triste che il Firewhiskey avesse smesso di funzionare e, a rendere la
cosa peggiore, stava anche diminuendo il tempo che passava ad essere sobrio. Le
mani avevano iniziato a tremargli ed aveva un mal di testa costante. Ormai sapeva
di essere un alcolizzato. Probabilmente avrebbe dovuto preoccuparsi più di
quanto non facesse. Quella sera era salito a cena per cercare di mangiare
qualcosa prima che il suo corpo lo abbandonasse. Di certo non voleva finire in
infermeria, sotto le cure di Madama Chips. Da lei non avrebbe ottenuto del
Firewhiskey e si sarebbe accorta dei suoi incubi. In quel caso, sarebbe stato
costretto a risolvere i suoi problemi, piuttosto che annegarli in qualsiasi
alcolico fosse riuscito a mettere le mani. Magari poteva iniziare ad usare
qualche droga leggera. Le lezioni di Babbanologia a cui doveva partecipare avevano
trattato l’argomento la settimana precedente. Draco aveva stretto i denti alla
vista delle immagini di Babbani che si facevano. Dopotutto, non facevano altro
che confermare gli stereotipi che gli avevano insegnato su quanto fossero
inferiori i Babbani. Draco lasciò perdere l’idea, una cosa del genere sarebbe
stata disgustosa e comunque non avrebbe potuto procurarsele. Dubitava di
trovare qualcosa di simile ad Hogsmeade. No, avrebbe dovuto continuare con l’alcool.
Draco alzò
la testa dal suo piatto di zuppa che stava contemplando senza entusiasmo e vide
la Granger osservarlo di nuovo. Lo faceva ormai da un paio di giorni e lo stava
irritando. I suoi occhi marroni erano troppo vigili e sembravano penetrargli l’anima.
Scommetteva sarebbe stata un’ottima Legilimens, se qualcuno glie lo avesse
insegnato. Per fortuna Piton era morto ed odiava i Grifondoro, altrimenti ci
avrebbe sicuramente provato. Le rivolse un ghigno che sembrò funzionare e le
fece riportare l’attenzione su qualsiasi cosa stesse dicendo lo Sfregiato. Draco
avrebbe voluto farla uscire dai propri pensieri altrettanto facilmente. Continuava
a pensare a lei ed alla notte nell’armadio delle scope. A rendere la cosa
peggiore, gli tornava in mente il suo profumo ogni volta che gli Elfi
preparavano qualcosa con la cannella tra gli ingredienti. Era come se quell’odore
gli avesse invaso i sensi e non gli piaceva neanche un po’. Di certo era perché
erano passati secoli dall’ultima volta che si era trovato in intimità con una
ragazza e non poteva sperare di liberarsi dei propri pensieri sulla
Sanguesporco con qualcun’altra perché si tenevano tutte a distanza. Tutte le
cazzate di suo padre riguardo alle ragazze che si gettavano ai piedi dei
Mangiamorte non erano poi così vere, ora che Voldemort era morto. Non che ci
avesse creduto, comunque. Bastava guardare Piton. Probabilmente era ancora
vergine.
Fanculo, la
sua vita faceva schifo. Se avesse creduto nel karma si sarebbe detto che si
trattava di rivalsa per ciò che aveva fatto. Lui pensava però che la fortuna la
si potesse guadagnare ed in quel caso lui non ne avrebbe avuta neanche un po’
per uscire da quel casino. Era piuttosto ironico che i Weasley, quei poveracci
purosangue, ora fossero più in altro dei Malfoy nella scala sociale. Suo nonno si
sarebbe rivoltato nella tomba. Fu in quel momento che Draco decise di
rinunciare a preoccuparsi del proprio stomaco, spinse via il piatto ed iniziò
ancora una volta a bere dalla fiaschetta. Non si rese conto che due paia di occhi
femminili lo guardavano con immensa tristezza.
La Parkinson,
quel giovedì, aspettò puntuale fuori dall’ufficio di Hermione. Hermione era un
po’ in ritardo e all’ultimo minuto si era chiesta se dovesse davvero
presentarsi quando aveva visto la Parkinson aspettarla pazientemente dietro l’angolo.
Prese un respiro profondo. Ormai non poteva rimangiarsi la parola e l’atteggiamento
di Malfoy della sera prima aveva rafforzato la sua opinione. Era una Grifondoro
e, una volta accettato, non si tirava indietro.
La Parkinson
sospirò di sollievo quando la vide arrivare ed aprire la porta con un gesto
della bacchetta.
“Pensavi
avessi cambiato idea?”, chiese con un sorriso Hermione.
“Non ti
avrei incolpato, probabilmente io l’avrei fatto se fossi stata in te”, replicò
la Parkinson.
Hermione non
menzionò di essersi quasi voltata per andarsene. Non voleva darle nessun indizio
sull’agonia che quella decisione le stava provocando.
“Prego,
siediti”, le disse.
La Parkinson
si accomodò con la schiena dritta sul bordo della sedia di fronte alla
scrivania.
“Allora,
dimmi di nuovo in cosa potrei aiutarti”, le disse.
“Come ho già
detto, non ti chiedo di esserne coinvolta di persona, so quando sarebbe
disdicevole per te. Però potrebbe servirmi una mano per tenermi informata sulle
ronde di Professori e Prefetti, le loro abitudini e qualche altra informazione
dall’interno che potresti avere perché io possa tenere segrete le passeggiate
notturne di Draco”, replicò la Parkinson.
Hermione
sapeva che la cosa non le avrebbe richiesto molto tempo. Aveva già pronte in testa le informazioni. Il suo dilemma era più che altro morale nell’aiutare una
Serpeverde ad infrangere le regole perché la sua nemesi non venisse espulsa. Sapeva
di aver già deciso nel momento in cui, sulla base delle parole della Parkinson,
aveva osservato la vita apatica di Draco Malfoy.
“Ok,
dovrebbe essere abbastanza semplice. Dopo la nostra conversazione dell’altro
giorno, mi sono presa la libertà di ricopiare le ronde per il resto del mese”,
le disse allungandole qualche foglio.
La Parkinson
le sorrise. “So che non hai motivo di credermi, ma ti sono davvero grata”.
“Chi altro
ti sta aiutando? Perché, ad essere onesta, non puoi continuare a seguire Malfoy
ogni notte, facendogli anche i compiti, e rimanere sana di mente. Qualcuno ci
rimetterà e sarai di certo tu”, la avvertì.
La Parkinson
boccheggiò. “Come sai che gli faccio io i compiti?”.
“Non ci
vuole un genio. L’unico motivo per cui la scampi è perché agli insegnanti non importa
un fico secco di Draco Malfoy”, disse Hermione alzando gli occhi al cielo.
La Parkinson
arrossì ma rispose alla sua precedente domanda. “Blasie e Daphne mi aiutano con
i compiti ed io, Blasie e Theo ci dividiamo gli inseguimenti”.
Hermione
annuì. “Ha senso. Non puoi fare tutto da sola”.
La Parkinson
si alzò e fece per uscire dall’ufficio. “Un’ultima cosa, Parkinson. Se qualcuno
ti chiedesse perché vieni nel mio ufficio, io ho detto ad Harry e Ron che
stiamo cercando di mettere un freno ai bulli che terrorizzano i Serpeverde del
primo anno”.
Pansy era
rimasta sorpresa, glie lo poteva leggere in faccia. “Non esserne stupita. Io,
Harry e Ron non riamo riusciti a sconfiggere i piani malvagi di Voldemort ed i
suoi Mangiamorte per pura fortuna. Siamo bravi a pensare velocemente ed abili a
raccontare una cosa mentre ne facciamo un’altra completamente diversa”, le disse
con un sorriso.
“Perché non
ne sono sconvolta?”, replicò la Parkinson. “Sareste stati dei Serpeverde
decenti, tutti e tre”.
Hermione
sbuffò all’idea.
Pansy tornò alla
sala comune dei Serpeverde che ancora sorrideva. Adesso capiva perché la
Granger si era guadagnata il titolo di strega più brillante della sua età.
“Com’è
andata?”, chiese Blasie quando lo raggiunse.
Pansy controllò
che nessuno stesse ascoltando. Il coinvolgimento della Caposcuola doveva
rimanere tra lei e Blasie. Avevano deciso di nasconderlo anche a Daphne e Theo,
anche perché lui era ancora troppo acido nei confronti di Draco per non usare l’informazione
per gabbare sia lui che il Trio delle Meraviglie in un colpo solo. Sarebbe
stata una cosa assolutamente da Serpeverde.
“Bene. Aveva
già preparato le informazioni che ci servono ed ha inventato una copertura sul perché
mi trovassi nel suo ufficio”, gli disse, raccontandogli poi anche il resto.
Lui fece un
fischio. “Può non piacermi ma devi darle credito. Fa un lavoro eccezionale”.
“Siamo
fortunati che voglia aiutarci”, disse.
Lui sembrò
poco impressionato. “Parli della Granger, Pansy. Quella ragazza si immischia in
qualsiasi cosa, è tipico dei Grifondoro”.
“Beh, in
questo momento sono piuttosto felice di questa loro caratteristica. Come hai
detto tu, abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile e non so perché ma mi fido
di lei”, replicò Pansy.
“È solo perché
praticamente risplende di nobiltà Grifondoro. Se ti ha dato la sua parola, non ti
remerebbe mai contro”.
“Grazie a
Merlino. Non credo potrei sopportare un altro Serpeverde in questa situazione. È
bello avere a che fare con qualcuno di risoluto”.
Hermione stava
camminando per il corridoio piuttosto compiaciuta di sé stessa. La
Professoressa Vector le aveva appena dato un Eccellente in Artimanzia. Era così
assorta nei propri pensieri che non notò una pallida mano spuntare dal nulla
finché questa non le afferrò il braccio. Rabbrividì quando venne trascinata in
una nicchia dietro un arazzo. Qualcuno la stava trattenendo mentre le copriva
la bocca con una mano così che non potesse urlare.
“Starai o no
in silenzio?”, biascicò una voce aristocratica che conosceva troppo bene.
Annuì e la mano
venne ritirata. Lei si scansò e si voltò. “Malfoy, come osi trattarmi così?”,
sibilò.
“Cosa?
Avresti preferito mi fossi avvicinato quando eri con Potty e la Donnola?”, la prese
in giro.
“Preferirei
non ti avvicinassi proprio a me”, rispose.
“Come se non
ti sognassi ancora i miei baci”, continuò lui a sbeffeggiarla.
“Per carità,
Malfoy. Se ci pensassi, sarebbero incubi piuttosto che sogni”.
Malfoy la
guardò dall’alto in basso, come per farla a pezzi mentalmente.
“Che cosa
vuoi, Malfoy?”, chiese Hermione, già stanca di quel giochetto.
“Voglio
sapere che cosa combini con Pansy”, le disse.
“Che
intendi?”.
“Non fare la
finta tonta con me, Granger. So esattamente di cosa parlo”, ringhiò.
“È venuta da
me chiedendomi aiuto per fermare i bulli di quelli del primo anno”, rispose
lei.
“Baggianate”,
ringhiò ancora Malfoy. “Dimmi cosa sta succedendo davvero”.
Hermione chiuse
gli occhi e contò fino a dieti. Non voleva davvero parlarne con lui ma non poteva
conoscere le dinamiche esistenti con la Parkinson quindi non poteva mentire.
“La
Parkinson mi ha chiesto aiuto per avere informazioni sulle ronde”, disse
sperando che il minimo indispensabile fosse bastato.
“Fammi
indovinare, le voleva per corrermi dietro ed evitare che mi becchino in giro
oltre il coprifuoco così da potermi mandare via a calci”, grugnì lui.
Hermione
annuì semplicemente.
“Sai, piccola
Principessa Grifondoro, non c’è posto per te tra i piani dei Serpeverde. Se
fossi in te, rimarrei fuori dai miei affari”, la avvertì.
In quel
momento Hermione concordava appieno. Non voleva neanche avvicinarsi ai suoi
problemi. Maledì la Parkinson per averla coinvolta.
“Credimi,
Malfoy, non vorrei entrare nei tuoi problemi neanche con un bastone. Se vuoi
andare ad ammazzarti con l’alcool, sentiti pure libero di farlo”, lo rimbeccò
Hermione.
“Allora perché
aiuti Pansy? Non ha senso, Granger”, le disse confuso.
Malfoy aveva
una strana espressione. Di solito lo vedeva ghignare, quindi averlo di fronte scombussolato
le fece pensare alle parole della Parkinson.
“Perché si
sta distruggendo cercando di tenerti lontano dai guai”, sbottò lei.
Malfoy fece
una smorfia. “Granger, sei davvero compassionevole”.
“Le importa
di te, Malfoy. Probabilmente è l’unica persona a cui interessa e tu la ringrazi
facendole venire il mal di testa”.
“Non ho bisogno
della predica di una so tutto io come te, Granger”, ringhiò Malfoy.
“E invece
magari sì, perché tratti da schifo la tua unica amica e sei fortunato lei stia
ancora cercando di salvarti il culo”, le disse accalorata.
“Puoi
ficcarti la tua morale su per le chiappe, Granger. Non ho bisogno di te e Pansy
di incoraggiamento. Dovete solamente lasciarmi tutti quanti in pace”, ruggì lui
prima di spostare l’arazzo e sparire lungo il corridoio.
Hermione si
appoggiò al muro e chiuse gli occhi. Avrebbe dovuto andare in cerca della
Parkinson per metterla al corrente dell’accaduto.
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Capitolo 5 *** Vuoto Dentro ***
Cap 5
Vuoto Dentro
Draco aveva
rinunciato ad andare a letto. Gli incubi avevano continuato a peggiorare ed
erano ormai al livello di quando si trovava ad Azkaban. Scelse quindi di
sedersi di fronte al camino della sala grande, sorseggiando del vino elfico
mentre ascoltava Theo Nott russare. Aveva smesso un po' di vagare per la
scuola da ubriaco, forse perchè non era divertente avere qualcuno sempre alle
calcagna. Tra l'altro, il metodo preferito di Zabini per fermarlo era
pietrificarlo e Draco odiava sentirsi inerme. Gli ricordava troppo come si era
sentito durante il "servizio" svolto per il Signore Oscuro. Essere un
Mangiamorte non si era rivelato molto divertente. In effetti, aveva finalmente
capito quale fosse la dolorosa realtà nonostante le parole di suo padre. La
morte di Voldemort era stata un sollievo, anche se lo aveva portato ad essere
dal lato dei perdenti, ma lo preferiva ad una vita ai comandi di un omicida psicopatico.
Una volta che si fosse liberato di tutti i Sanguesporco, chissà contro chi si
sarebbe lanciato. Non aveva neanche mai mostrato alcuna esitazione
nell'uccidere i Purosangue ed i Malfoy erano sprofondati piuttosto in basso
dopo il fiasco all'Ufficio Misteri. Draco non si sarebbe sorpreso se fossero
stati loro i primi ad essere tolti di messo tra i suoi seguaci.
Iniziò a
spostarsi a disagio sulla sedia. Si stava intorpidendo, doveva muovere le gambe
e prendere aria. Quello era uno degli effetti collaterali nel rimanere chiuso
tra quattro mura. Da quando era stato spedito ad Azkaban e confinato in quella
minuscola cella, sentiva sempre il bisogno di camminare. Ecco perché continuava
ad andare in giro dopo il coprifuoco. Sapeva che Zabini e Nott credevano si
trattasse di una trovata sconsiderata ma per lui era invece un modo per
sentirsi libero. Odiava sentirsi legato, gli ricordava troppo l'imprigionamento.
Alzò lo sguardo verso Nott. Almeno lui dormiva. Gli avrebbe dato l'occasione
per vagare senza che nessun Serpeverde lo seguisse. Poteva veramente sentirsi
libero.
Strisciò
fuori dalla sala comune e raggiunse il piano terra. Poteva farsi una
passeggiata intorno al Lago Nero. Riusciva già quasi a percepire il bruciore
dell'aria fredda di gennaio sul viso. Rimase così assorto da ciò che stava
facendo che non prestò attenzione ad altro. All'improvviso, notò il gatto di
Gazza svoltare l'angolo. Fanculo, di sicuro stava andando a svegliare
quell'essere puzzolente. Draco già si immaginava il respiro pesante ed asmatico
di quel pazzo. Corse verso le scale più vicine, cercando di seminare quel gatto
persistente ed il suo sinistro padrone.
Arrivò in
cima al castello prima di finalmente perdere le tracce di Miss Purr. Gazza era
rimasto un paio di piani indietro, ansimante e chinato con le mani sulle
ginocchia, ormai dieci minuti prima. Draco si stava giusto per appoggiare
al muro, congratulandosi con sé stesso, quando udì delle voci.
"Argus
dice che era diretto qui, Filius", disse la McGranitt.
"Ha
detto di chi si trattava?", chiese Vitious.
"No,
solo che era un Serpeverde. Ho chiesto ad Horace di fare il palo nei
sotterranei, quindi dovremmo averlo messo in trappola", replicò la McGranitt.
Draco
imprecò sottovoce. Si era appoggiato contro il muro di fianco ad un quadro di
una signora obesa e vestita di rosa. Per fortuna stava russando, altrimenti
avrebbe di certo richiamato la McGranitt. Rimase lì, cercando di far lavorare
il cervello. Non aveva molto tempo per trovare il modo di svignarsela da quel
casino e non c'era altra via rispetto a quella di provenienza della McGranitt e
di Vitious. Proprio mentre i due Professori stavano per girare l'angolo, un
braccio apparve al suo fianco e qualcuno lo trascinò oltre una porta. Una
piccola mano gli premeva sulla bocca, nel tentativo di sopprimere il suo
urlo.
"Beh,
non è qui", riuscì a sentire la voce soffocate di Vitious. "Argus è
sicuro che non fosse un Tassorosso?".
"Ha
detto di aver visto una cravatta verde ed argento, ma parliamo di Gazza.
Andiamo da Horace e vediamo se ha beccato qualcuno tornare di sotto",
rispose la McGranitt.
Draco sentì
la ragazza dietro di lui emettere un sospiro di sollievo e la mano gli venne
tolta dalla bocca. Si voltò e vide Hermione Granger in piedi in mezzo a quella
che doveva essere una piccola sala comune della stanza da Caposcuola. Si
fissarono per qualche minuto, entrambi sotto shock.
"Che
cosa ti ho detto, Sanguesporco? Non devi immischiarti nei miei affari",
ringhiò Draco, all'improvviso infuriato.
La Granger
non si mosse. Rimase lì, a fissarlo con gli occhi da cerbiatto. Poi notò che
aveva le mani strette a pugno e cercava chiaramente di calmare il respiro.
Hermione prese la bacchetta e Draco sussultò impercettibilmente, pensando
volesse affatturarlo. Invece lei lo spinse al muro e gli lanciò un incantesimo
silenziante.
"Chiamami
Sanguesporco ancora una volta, Malfoy, e ti rimanderò ad Azkaban", gli
sibilò.
"Allora
stai fottutamente lontano da me e smettila di interferire in cose che non ti
riguardano", grugnì lui.
"Un
grazie sarebbe sufficiente", disse lei, disgustosamente tronfia.
Lui non
riusciva a capire da dove arrivasse tutta quella boria. Il suo cervello non era
ancora tornato a ragionare velocemente, visto il vino di poco prima.
"Perchè dovrei esserti riconoscente?", le chiese.
La Granger
gli si avvicinò con gli occhi luccicanti per la rabbia. "Perché, se non
l'hai notato, ti ho appena salvato quel culo ingrato che ti
ritrovi".
"Non
avevo bisogno del tuo aiuto, me la sarei cavata da solo", mentì con gli
occhi a fessura.
Lei gli rise
in faccia. "Oh, certo, scusa. Sicuramente il grande Draco Malfoy aveva un
piano. Probabilmente questo avrebbe previsto affascinare la McGranitt, ma
lascia che ti dica una cosa: nessuno dei professori ti vuole qui e sarebbero
tutti più che felici di cacciarti a calci da Hogwarts e lontano dalle loro
vite".
Per qualche
motivo, quelle parole lo ferirono. Lo sapeva già, sin da quando la McGranitt
era andata a trovarlo ad Azkaban per fargli conoscere tutti i dettagli del suo
ritorno ed Hogwarts e spiegargli la prigione scolastica che gli stava
preparando. La Preside non si era nemmeno preoccupata di nascondere il disgusto
che provava. Per quanto la riguardava, era lui il motivo per cui Albus Silente
era morto.
"Vaffanculo,
Granger".
"Wow,
Malfoy, che ritorno in pompa magna. Cosa c'è, la verità fa male?", gli
disse maligna.
"Pensavo
fossi tu la Grifondoro compassionevole, invece per quanto vedo sei solo una
stronza di prima categoria", la colpì Draco.
"Scusami
se non mi inchino ed accetto i tuoi insulti e la tua ingratitudine. Non sono un
tappetino".
"Con
quei capelli selvaggi potresti esserlo", la prese in giro.
"Cresci,
Malfoy", gli rispose asciutta.
Hermione si
sedette su una poltrona e fissò il fuoco. Draco rimase lì, insicuro su cosa
fare. Sapeva che Lumacorno non avrebbe lasciato la sua postazione e Gazza di
certo era ancora in giro alla sua ricerca.
"Invece
che girarmi intorno come una nuvola nera, siediti", disse la
Granger.
Draco si
mosse verso il divano e, in mancanza di qualcosa di meglio da fare, si sedette.
Non era sicuro di come comportarsi. Non aveva mai passato prima del tempo da
solo con la Granger.
"Immagino
dovremmo solo aspettare", gli disse lei e fu esattamente ciò che fecero. Rimasero
seduti in quella posizione per solo Merlino sapeva quanto tempo.
Hermione
aveva iniziato una battaglia interna. La parte più dura della sua personalità
la sgridava per essersi lasciata coinvolgere, dicendole ciò che già sapeva: era
stata una scellerata a cercare la fonte di quel rumore qualche settimana prima.
Avrebbe dovuto rimanere totalmente all'oscuro di qualsiasi problematica in cui
si fosse infilato Malfoy. Il lato più compassionevole, invece, le ricordava
come non avessero vinto la guerra per continuare con i vecchi litigi.
L'Hermione Granger che aveva già pianificato di cambiare il mondo magico appena
presi i M.A.G.O. non avrebbe potuto voltarsi dall'altra parte di fronte ad uno
studente in difficoltà, che fosse Malfoy o meno. Non sapeva perchè le
importasse del dolore che lui stava sopportando, ma così era. Aveva seguito con
attenzione il suo processo, curiosa di sapere cosa gli fosse successo dopo
quella notte sulla torre di astronomia. Il fatto che avesse cercato di
dissimulare l'aver riconosciuto lei, Ron ed Harry quando i Ghermidori li
avevano catturati la intrigava ed avrebbe sempre ricordato la sua pena quando
l'aveva vista torturare ed era stato costretto a guardarla. Ciò che aveva letto
e sentito nei suoi riguardi l'aveva incredibilmente rattristata. Era
chiaramente stato costretto a fare ciò che non avrebbe voluto ma, visto che si
trattava di un Malfoy, non aveva guadagnato alcuna simpatia del Wizengamot. In
tutta onestà, non conosceva molte persone che si sarebbero dispiaciute per le
sue pene. Lei invece non poteva farne a meno. Nonostante fosse arrogante, di
vedute ristrette e gli piacesse fare il bullo, era anche intelligente e sarebbe
stato un peccato se non fosse riuscito ad esprimere tutto il suo potenziale a
causa di ciò che suo padre ed un sociopatico l'avevano spinto a fare.
Un forte
russare da parte di Malfoy disturbò il monologo interno di Hermione e lei non
poté evitare di ridacchiare. Quell'arrogante ed orgoglioso ragazzo, che la
guardava sempre dall'alto in basso a causa delle sue origini Babbane, si era
addormentato sul suo divano e ronfava in modo poco elegante. Hermione si alzò e
cercò di svegliarlo, ma lui sembrava collassato. Dopo dieci minuti di strilli
nelle orecchie, che non avevano fatto altro che farle guadagnare grugniti e
patetici gesti della mano da parte del biondo, Hermione rinunciò. Appellò una
coperta ed un cuscino e lo sistemò meglio. Nemmeno in un milione di anni si
sarebbe immaginata avrebbe fatto qualcosa del genere per quel subdolo
Serpeverde. Si stropicciò stancamente gli occhi, felice che fosse venerdì ed il
giorno seguente avrebbe potuto rimanere a letto. Dubitava altamente che persino
una sirena avrebbe potuto svegliarla alle sette di mattina.
Quando il
mattino dopo arrivò, Hermione si accoccolò tra le coperte e continuò a dormire.
Il lavoro in più datole dal suo ruolo di Caposcuola, assieme alle intense
lezioni per i M.A.G.O. erano già abbastanza impegnative e le cose sarebbero
solo peggiorate man mano che gli esami si avvicinavano. Un tonfo proveniente
dalla sua sala comune la fece riscuotere dallo stato di dormiveglia. Si mise
addosso la vestaglia e cercò le ciabatte prima di scendere dal letto e
dirigersi verso quel rumore infernale che stava creando il furetto.
Lo trovò a
spiare la sua libreria. "Che stai facendo, Malfoy?".
"Controllo
quali siano i libri preferiti di una Sanguesporco", rispose lui.
Hermione
ruggì. "Se mi chiami ancora in quel modo, Malfoy, vado dalla McGranitt
immediatamente a dirle che mi hai assalita. Veglierò personalmente che ti
facciano condannare ad almeno vent'anni ad Azkaban".
"Siamo
sensibili, Granger?", biascicò Malfoy.
Eccola che
tornava, l'arroganza di un bamboccio che lei odiava spassionatamente.
"Mettimi alla prova, Malfoy. Nel caso non ti fosse entrato in quel
cervello che ti ritrovi, quell'ideologia ti ha fatto perdere la guerra. I Nati
Babbani come me hanno prevalso e tu faresti meglio a conviverci".
Malfoy
iniziò a fissarla impassibile prima di recuperare la fiaschetta dalla tasca del
mantello e portarsela alle labbra.
Hermione si
affrettò verso di lui. "Oh no, non lo farai. Non ti sbronzerai nella mia
sala comune. Ormai è ora che inizi ad affrontare i tuoi problemi e la smetti di
bere fino alla morte".
"E come
fai a sapere che problemi ho?", chiese Malfoy.
"Che tu
ci creda o no, io ne so qualcosa delle conseguenze della guerra. Nel caso non
l'avessi notato sono stata torturata in casa tua, da tua zia, di fronte a te.
Però non mi vedi trascinarmi in giro cercando di annegare le mie pene",
gli disse dura Hermione.
"Perchè
sei la Signorina Grifondoro, onorata eroina", ringhiò Malfoy.
"Oooh,
Malfoy, mi fai piangere. Nessuno di darà una possibilità finché non sarai tu
stesso a dartene una ed al momento non fai altro che condannarti a vivere nel
passato", rispose lei asciutta.
Prima che
Malfoy potesse iniziare ad insultarla come al solito, qualcuno iniziò a bussare
al ritratto della sua entrata. "Hermione, sei già sveglia? Ti va di venire
a fare colazione con noi?", la chiamò Ginny.
Hermione
riusciva a sentire i lamenti del ritratto della prima Caposcuola di guardia
alle sue stanze. I suoi amici ignoravano sempre Rhiannon, che li sgridava per
la loro poca gentilezza.
"Perchè
bussiamo? Hermione ci ha dato la parola d'ordine, entra e basta", sentì
dire la voce di Ron.
"Perché
è da maleducati, Ronald", replicò Ginny. Hermione riusciva ad immaginarsela
alzare gli occhi al cielo.
"Beh,
le abbiamo dato un preavviso quindi sbrigati e dì la parola d'ordine",
rispose Ron.
Hermione si
congelò per un minuto, prima di chiudere Malfoy nella sua stanza. Si mise un dito
sulle labbra, avvisandolo di fare silenzio. Sentì la porta aprirsi e lanciò un
ultimo sguardo a Malfoy prima di tornare in sala comune.
"Oh, ti
abbiamo svegliata?", chiese contrita Ginny.
"Sì",
disse lei, fingendo uno sbadiglio. "Mi spiace, sono rimasta a leggere fino
a tardi".
"O quello
o hai bevuto", disse divertito Harry, sollevando la fiaschetta che Malfoy
aveva dimenticato sul tavolino da caffè. "Hermione, che diavolo ti bevi?
Questa roba è potente", disse storcendo il naso.
Hermione gli
prese la fiaschetta di mano. "Harry, mi conosci, non è mia. L'ho trovata
durante la ronda di ieri sera. E di certo non mi ubriaco tanto da svenire. La
notte scorsa non riuscivo a dormire così mi sono messa a leggere sul
divano".
Ron si
allungò per dare un'occhiata. "Non è quella del furetto? Sono piuttosto
sicuro sia proprio lei", disse prima di mettersela in tasca.
"Ronald
Weasley, che stai facendo?", chiese oltraggiata Hermione.
Ron sorrise.
"Me la frego. Prima la disinfetto e poi la tiro fuori di fronte a lui. Lo
farà uscire di testa vedere la sua preziosa fiaschetta nelle mie mani, così
glie la faccio pagare per quella scenata dell'altro giorno fuori dalla classe
di pozioni".
"Potrebbe
essere un cimelio o qualcosa del genere", disse Hermione scandalizzata.
"Beh,
allora me la prendo sicuramente", sghignazzò Ron.
Hermione
alzò le braccia in aria, sconfitta. Ron non avrebbe ricominciato a ragionare e
lei non aveva la forza per litigare con lui per il possesso di quello stupido
affare. Tra l'altro, se fosse rimasta nelle mani di Ron, Malfoy sarebbe stato
costretto a bere di meno.
"Bene,
abbiamo fame. Muovi il culo e ci vediamo di sotto", disse Ginny.
Hermione
sorrise, di nuovo di buon umore di fronte all'appetito insaziabile dei Weasley.
Come facessero ad essere così magri non l'avrebbe mai capito. Tornò nella sua
stanza, pronta per cacciare via Malfoy ed iniziare la giornata. Era ovvio che
l'avrebbe trovato a rovistare tra le sue cose. Il suo diario era aperto sul
comodino e lui lo stava sfogliando. Quando entrò, i loro occhi si
incatenarono.
"Faresti
meglio a recuperare la mia fiaschetta dalle mani di quell'ignorante",
disse Malfoy prima di marciare fuori e sbattere la porta della sua sala
comune.
"Idiota”,
mormorò Hermione mentre si apriva l'acqua della doccia. Non si era nemmeno
preoccupato di chiederle se fosse sicuro uscire di lì. Chiunque dei Grifondoro
avrebbe potuto vederlo uscire dalle sue stanze. Era proprio il tipo di problema
di cui non aveva bisogno.
Draco era
incazzato. Si era svegliato con un dopo sbornia allucinante, dannato vino, ed
un torcicollo atroce a causa di quello schifo di divano della Grifondoro. Poi
aveva anche dovuto ascoltare una delle solite ramanzine di quel topo da
biblioteca, per poi rimanere senza i suoi averi che gli avrebbero permesso di
bere durante il giorno grazie alla Donnola. Era solo un gingillo senza valore
che aveva preso a Diagon Alley ma non era quello il punto, bensì che in quel
momento si trovava tra le mani di quella sottospecie di mago. Sapeva quanto
vendicativo potesse diventare Weasley. Quel rosso gli avrebbe fatto saltare i
nervi.
"Dove
sei stato?", furono le prime parole che Draco udì quando entrò nella sala
comune dei Serpeverde.
Non era
davvero dell'umore per una crisi isterica di Pansy. La ignorò ed andò verso il
dormitorio, ma lei lo seguì. Dannato Hogwarts, anche i dormitori dei ragazzi
dovevano avere un incantesimo repellente.
"Draco,
ti ho fatto una domanda", insistette Pansy.
"Ed io
ho scelto di non rispondere". Aprì la porta del dormitorio. Nott era ancora
addormentato mentre Zabini stava finendo di vestirsi.
"Oh che
gioca, guarda cosa ci ha portato il gatto", biascicò lui.
"Mi
spiace deluderti, Zabini, ma non sono ancora morto", replicò Draco.
"Io
continuo a sperarci", rispose Zabini.
"Smettetela!
Smettetela subito!", urlò Pansy.
Nott si alzò
a sedere di scatto, svegliato di colpo, mentre Draco e Zabini si voltarono
scioccati verso di lei. Pansy era immobile, con le lacrime che le scendevano
sulle guance.
"Sono
stanca di tutto questo, delle litigate tra di noi. Dovremmo rimanere uniti, ne
abbiamo bisogno. Nel caso non l'abbiate notato, non siamo esattamente in buoni
rapporti con il resto della scuola e la maggior parte degli insegnanti ci
guarda con costernazione. E noi che facciamo? Ti punzecchiamo e ci
azzuffiamo!", urlò con passione Pansy.
Zabini si
avvicinò alla sua ragazza e la fece sedere sul suo letto, prima di darle un
fazzoletto ed accarezzarle piano la schiena.
"Pansy,
non fare così. Faremo uno sforzo, te lo prometto", disse alla ragazza
disperata.
"Fallo
tu, Zabini. Io non riesco a sopportare la vista della tua fottuta faccia",
grugnì Draco.
Zabini,
mantenendo la promessa appena fatta, non fece nulla a parte guardarlo con
disprezzo. Theo si alzò dal letto. "Devo farmi una doccia, è troppo presto
per questi isterismi".
"Oh no,
Theo. Che diavolo è successo la notte scorsa? Dovevi fermare Draco se fosse
andato in giro per il castello e invece è rientrato ora. Solo Salazar sa in che
guaio avrebbe potuto cacciarsi!", urlò Pansy.
Theo guardò
Blasie come per dirgli di controllare la sua ragazza. "Non è colpa mia.
Ero stanco e Malfoy si stava autocommiserando come gli piace fare ultimamente
ed è lì seduto a piangersi addosso per ore. Mi annoiavo".
Draco lo
guardò impassibile. "Non curatevi di me. Prego, continuate a parlare come
se non ci fossi".
"Potresti
anche non esserci, visto come ti sei comportato", disse Theo.
"Oh, mi
spiace, Nott. Quest'anno non ti ho coccolato abbastanza^ Non avevo capito mi
stessi cercando per tenerti la mano, fottuto idiota", ringhiò Draco.
Pansy alzò
le braccia al cielo. "Siete incredibili. Che è successo al rimanere uniti
e smetterla di litigare?".
"Scoprirai
che solo Blasie ha accettato", le fece notare Theo.
"E solo
perchè è uno sfigato piagnucolone", aggiunse Draco.
Blasie lanciò
ad entrambi un'occhiataccia nel momento in cui Pansy emise un lamento di
disperazione. "Ignorali, Pansy. Ci riusciremo, anche se dovessi prenderli
per le orecchie e sbatacchiarli testa contro testa per ottenere qualche
risultato".
Draco alzò
gli occhi al cielo e si afflosciò sul suo letto. Magari poteva dormire un altro
paio d'ore.
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Capitolo 6 *** Segreti e Bugie ***
Cap 6
Segreti e Bugie
Hermione
notò contenta che nessuno dei suoi compagni Grifondoro la stava guardando in
modo strano durante la colazione. Emise un mentale sospirò di sollievo. Significava
che la melodrammatica uscita di Malfoy dalla sua sala comune non fosse stata
notata. Era riuscita a schivarla per quella volta, anche se era sicura che la
Parkinson avrebbe strapazzato chiunque avrebbe dovuto tenerlo d'occhio la
sera precedente. Ormai aveva capito che Pansy diventava come una leonessa che
difende il suo cucciolo.
Aspettò la
fine della colazione prima di correre dietro alla Serpeverde. Non voleva andare
a parlarle di fronte a tutta la scuola, dato che avrebbe destato pettegolezzi.
Tutti sapevano non ci fosse nessun amore tra loro due. Hermione la seguì a
debita distanza prima di vederla infilarsi in uno dei corridoi usati
raramente.
"Parkinson!", la chiamò, e
la Serpeverde si voltò verso di lei.
"Granger", la riconobbe. "Va tutto bene?".
"Volevo solo raccontarti della scorsa notte", disse Hermione.
Pansy chiuse gli occhi ed Hermione provò un po' di pietà. Anche lei sarebbe
stata disperatamente preoccupata se si fosse trovata nei suoi panni.
"Non preoccuparti, nessuno a parte me sa che se ne andava a zonzo. È riuscito
a sfuggire a Gazza e Miss Purr ed è rimasto sul divano della mia sala comune.
Ho dovuto acciuffarlo prima che lo beccassero Vitious e la McGranitt e si è addormentato
prima che passasse abbastanza tempo perché rientrasse senza problemi nei
sotterranei”.
La Parkinson emise un sospiro profondo
e guardò Hermione sconvolta ma anche stupita. “Grazie, Granger. So che deve
essere stato difficile per te aiutarlo e dubito che Draco ti sia stato molto
riconoscente”.
Hermione sbuffò. “Mi ha chiamata
Sanguesporco un paio di volte, ma credo di avergli fatto comprendere che lo
avrei affatturato se lo avesse rifatto quindi spero abbia afferrato il concetto”.
La mora la guardò piuttosto
imbarazzata. “Sì, beh, mi dispiace. Non avresti dovuto preoccupartene tu”,
mormorò.
Hermione rimase impressionata nel notare
quando la Parkinson sembrasse cambiata da quando erano tornate a scuola. Durante
il sesto anno, sarebbe sicuramente andata dietro a Malfoy, divertendosi ed unendosi
a lui per insultarla, invece che rimanere a guardarla imbarazzata e scusarsi.
Di certo lei preferiva quella versione nuova e migliorata.
“Comunque, volevo solo lo sapessi.
Immagino che Malfoy non te lo avrebbe raccontato e se si fosse trattato di
Harry o Ron io mi sarei preoccupata a morte”, disse Hermione.
La Parkinson le sorrise con gratitudine.
“Già, Draco è mai stato il tipo da condividere più informazioni di quanto voglia”.
Lei annuì. “Va tutto bene? Intendo,
è passato un po’ da quando è andato in giro in quel modo l’ultima volta”.
“Quello stupido di Theo si è
addormentato. Si annoiava perché negli ultimi tempi siamo risusciti a tenere
Draco al guinzaglio. Io e Blasie lo terremo d’occhio per i prossimi giorni,
quindi dovrebbe andare tutto bene”.
“Sembra un buon piano. Se conosco la
McGranitt, avrà messo di ronda anche i professori per qualche giorno, nel caso
dovesse risuccedere”, disse prima di allontanarsi.
Quello che Hermione non notò, fu
Neville Paciock fissare preoccupato sia lei che la Parkinson.
Hermione raggiunse
il campo da Quidditch, dove Harry stava allenando la squadra di Grifondoro. Era
quasi a metà strada quando qualcuno la chiamò alle sue spalle. “Hermione, aspetta”.
Si voltò e
vide Neville correre verso di lei. “Ciano, Neville”, disse allegra, ma si rese
conto che lui non ricambiò il sorriso. Sembrava piuttosto preoccupato. “Cosa succede?”,
chiese.
Neville si
guardò i piedi e fese un respiro profondo. “Senti, Hermione, non voglio tu
pensi che mi stia impicciando nei tuoi affari ma sono un po’ preoccupato per te”.
Hermione si
accigliò, confusa. “Cosa? Perché?”.
Lui iniziò a
dondolarsi a disagio. “Beh, io … ehm… ho visto qualcosa di insolito questa
mattina”.
“Va tutto
bene? Si tratta di qualcosa che posso risolvere come Caposcuola? Non preoccuparti,
se è qualcosa di brutto non dirò che sei stato tu a raccontarmelo”, disse Hermione.
Neville la
guardò. “No, non si tratta di questo, Hermione, ma ho visto Malfoy uscire dalla
tua stanza e poi te e la Parkinson parlare assieme. Va tutto come dovrebbe
andare?”.
Hermione
arrossì ed imprecò. Aveva creduto di essersela cavata. “Qualcun altro lo ha visto
uscire?”, gli chiese.
“No”,
replicò Neville. “Solo io”.
“Non è niente
di brutto, Neville. Si è solo addormentato sul mio divano”, disse Hermione.
“E cosa ci
faceva lì, invece?”, chiese Neville.
Aveva
davvero sperato che la sua succinta spiegazione sarebbe bastata ma Neville era
cresciuto e non era più così semplice da calmare come in precedenza. L’anno
passato a gestire l’Esercito di Silente contro i Carrow lo aveva fatto
maturare.
“Te lo dirò,
ma per favore, Neville, deve rimanere tra noi due. Ti prego, non fare la spia
con Ron ed Harry”, iniziò a spiegargli.
Lui annuì,
sapendo che non avrebbe continuato altrimenti.
“Ok. Beh,
non so se l’hai notato ma da quando è tornato ad Hogwarts, Malfoy ha qualche
problema. Poco dopo l’inizio del semestre ho beccato Zabini e la Parkinson che
cercavano di farlo tornare in sala comune. Era ubriaco. La Parkinson era
preoccupata che andassi a dirlo a Lumacorno o alla McGranitt ma io non volevo
rimanerne coinvolta quindi sono stata zitta. L’altra notte ho trovato Malfoy
che si aggirava fuori dalla torre ed era di nuovo ubriaco. L’ho fatto entrare
nella mia sala comune per cercare di farlo tornare sobrio ma lui si è addormentato.
Alla Parkinson stavo solo raccontando cosa fosse successo questa notte perché era
preoccupata per lui”, lo informò tenendo per sé qualche dettaglio.
Neville la fissò
duramente. “Perché credo tu non mi stia dicendo tutta la verità? Per
cominciare, credo che Malfoy centri qualcosa con i succhiotti che avevi e la
cosa combacia perfettamente con le tempistiche”.
Hermione
grugnì. Che quella sua nuova sicurezza fosse dannata. In quel momento avrebbe
dato qualsiasi cosa per riavere il Neville del primo anno. Almeno avrebbe accettato
la sua spiegazione e se ne sarebbe andato, invece avrebbe dovuto raccontargli
tutto dopo aver giurato di mantenere il segreto.
“E poi perché
ti stai immischiando? Se Harry e Ron lo scoprissero diventerebbero furiosi”,
osservò ancora lui.
“Lo so, e
non so dirti il perché. È solo che la Parkinson sta facendo tutto quello che
farei io se uno dei miei amici fosse nella stessa situazione. Sta cercando di
tenere Malfoy lontano dai guai ed aveva davvero ragione su alcune cose che mi
ha detto. Nessuno lo vuole qui, nemmeno i professori. Credo solo sia un peccato
non stiano nemmeno prestando attenzione al fatto che la sua vita stia andando
in fumo”, rispose lei.
“Sì, ma
ancora non spiega perché ti stai impicciando. Parliamo di Malfoy, non ha mai
mostrato altro che disprezzo nei tuoi confronti”, fece notare Neville.
Hermione si
prese i capelli per la frustrazione. “Credi che non mi sia detta le stesse
cose? Ma l’anno scorso non ho passato le pene dell’infermo perché qualcuno
chiudesse gli occhi di fronte a chi sta soffrendo e non importa quando sia insopportabile,
Malfoy è davvero disperato”.
Neville le
sorrise amorevolmente. “Lo capisco, davvero. Non saresti l’Hermione Granger che
tutti adoriamo se riuscissi a voltarti dall’altra parte. Ma per favore, stai attenta
e vieni a parlarmi se ne avessi bisogno. Manterrò il tuo segreto e sarò il tuo
confidente se ti può servire”.
Hermione
abbracciò forte il suo amico. “Non potrei chiedere un amico migliore, Neville.
Grazie davvero. Voglio bene ad Harry e Ron ma loro non capirebbero perché ho
bisogno di aiutarlo”.
“Lo so, ecco
perché sono pronto a tenerglielo nascosto. Ma se andrai troppo a fondo io sarò
pronto a farti uscire da tutta questa situazione, anche se significherà andarlo
a raccontare ad Harry e Ron”, la mise in guardia.
Lei gli sorrise.
“Sarei più che felice se lo facessi. L’altra notte è stata un’eccezione e non
ho alcun desiderio di rimanerne invischiata più del dovuto. Dopo tutto, è
davvero Malfoy”.
Neville le
batté una pacca sulla schiena e si avviarono verso il campo per osservare i
progressi della squadra di Grifondoro. Hermione si sentiva molto più felice
nell’avere almeno un amico che sapesse ciò che stava succedendo e con cui
avrebbe potuto parlare.
Pansy riuscì
finalmente a trovare Draco in un’area più riservata nei giardini di Hogwarts,
dall’altro lato del lago. Quel posto era stato il suo preferito sin dal terzo
anno, quando aveva bisogno di pensare, ed aveva iniziato ad andarci molto più
spesso da quando le cose erano andate male al sesto anno. Solo Pansy ne era a
conoscenza.
“Che cosa vuoi,
Pansy?”, chiese Draco senza nemmeno voltarsi.
“Questa
mattina ho parlato con la Granger”, replicò.
“Che diavolo
ha detto adesso quella so-tutto-io?”.
“Mi ha raccontato
della scorsa notte”, disse lei.
“Sapevo
sarebbe stata totalmente incapace di tenere la bocca chiusa”, ruggì lui.
“Perché non me
lo hai detto?”, chiese Pansy.
“Perché non
ti riguarda. Quando riuscirai a capirlo?”.
“Sai, Draco,
questo comportamento ormai è stato già visto e sentito. Continua pure a cercare
di allontanarmi, ma io non ti abbandonerò”.
Lui si voltò
a guardarla, prima di prendersi la testa tra le mani e chiudere gli occhi. “Se
capissi ciò che è meglio per te, ti dimenticheresti di avermi mai conosciuto”.
“Non posso
farlo. Ci siamo sempre guardati le spalle a vicenda e non ti lascerò andare
adesso che hai raggiunto il fondo”.
Draco rimase
seduto per cinque minuti. Se Pansy non lo avesse compreso così bene avrebbe
pensato che non l’avesse ascoltata.
“È un
casino, Pansy”, sussurrò finalmente e fu proprio ciò che Pansy stava
aspettando. Gli corse incontro e si abbassò, abbracciandolo.
“Lo so, ma
possiamo lavorarci. Non deve essere sempre così”, disse.
“Facile da
dire, per te. Te ne andrai da Hogwarts, sposerai qualche ricco purosangue ed in
qualche anno tutti si dimenticheranno delle porcherie che hai combinato a
scuola. Ma di me no. Io avrò sempre questo fottuto Marchio nero a ricordare a
tutti che stupido sono stato da ragazzino”.
“Quindi non
credi più in tutta quella faccenda del sangue?”, chiese sorpresa Pansy.
Lui le
lanciò uno sguardo ma sospirò. “Non lo so. Cioè, farlo è nelle mie vene. Ho
vissuto, sognato e respirato quella credenza per così tanto tempo che non
riesco a ricordare quando sia cominciata ma gli ultimi due anni e mezzo della
mia vita sono stati un dannato incubo”.
Lei annuì. “Credo
tutti ci sentiamo un po’ così”.
“Appena mi è
stato detto di prendere il Marchio e di portare a termine la missione ho capito
che Voldemort era uno psicopatico, ma sapevo che se avessi iniziato a farmi
domande sarei diventato pazzo. Era più facile vantarmi di quale onore fosse”.
Pansy guardò
il suo migliore amico con gli occhi tristi. Il sesto anno aveva loro dimostrato
quanto pericoloso fosse il mondo e quali sarebbero stati i loro ruoli. Non importava
cosa pensassero Tiger e Goyle, Pansy non si era divertita durante il settimo.
Era stato buio e tenebroso ed aveva presto capito di non essere tagliata per
lanciare le maledizioni senza perdono agli studenti, persino sui Grifondoro. Chi
poteva sapere gli orrori cui Draco aveva dovuto assistere, visto che si
rifiutava di parlarne?
“Se Voldemort
avesse davvero creduto alla supremazia del sangue puro non si sarebbe divertito
in quel modo a mettere l’uno contro l’altro i suoi Mangiamorte. Non erano altro
che pedine nel suo gioco e le nostre vite non sarebbero valse più nulla nel
momento in cui non ci avrebbe più ritenuto utili. L’unica cosa che ci ha tenuto
in vita è stata il fatto che aveva bisogno dei soldi della mia famiglia e del
Manor”, continuò Draco. “E adesso mi ritrovo a pensare che non me ne importa
niente. Chi se ne frega se i Sanguesporco stanno aumentando e diventano più
potenti? È destino che accada e dire che hanno rubato la magia è un po’ troppo.
Non riesco davvero più a far sì che mi importi”.
Pansy lo
guardò confusa. “Allora perché chiami ancora Sanguesporco la Granger?”.
Draco ghignò.
“Perché è ancora un’irritante so-tutto-io che adora sventolare sotto il naso di
chiunque il suo cervello sopraffino. Mi fa dannatamente infuriare. E comunque,
è ciò che tutti si aspettano da me. Nella loro mente, non sono altro che un Mangiamorte”.
“Perché non
dai la possibilità alle persone di giudicarti davvero, piuttosto che assecondare
le loro aspettative?”, chiese Pansy.
“Già, perché
per il resto dei Serpeverde funziona a meraviglia”, disse sarcastico. “A
nessuno importa cosa pensiamo o se siamo cambiati. Ci odiano e vogliono farcela
pagare per gli ultimi sette anni. Potremmo mettere su un club “Io adoro Harry
Potter” ma continuerebbero a disprezzarci”.
Pansy non
poteva dire molto riguardo a quello, perché aveva ragione. Nessuno voleva avere
a che fare con loro ma nel suo cuore non poteva davvero fargliene una colpa. Avevano
detto e fatto troppe cose perché quella fosse una sorpresa. Se fosse
appartenuta ad un’altra casa, nemmeno lei avrebbe teso la mano.
“Comunque ti
sbagli sulla Granger”, disse Pansy, dopo averci pensato.
“Che
intendi?”.
“È il tipo
da dare ai Serpeverde una possibilità. Mi sta aiutando e ancora non capisco perché”.
“Probabilmente
le piace fare queste cose. È il tipo”, disse Draco con una smorfia.
Lei scosse
la testa. “No, non lo è. Blasie ha detto la stessa cosa ma nessuno dei due
guarda oltre il fatto che lei sia la migliore amica di Potter e Weasley ed una
Grifondoro. Io penso invece che voglia davvero dare la differenza e mettere fine
alla rivalità con questa casa”.
Draco alzò
gli occhi al cielo. “Riusciresti a farmi piangere maggiormente il cuore?”.
“Ha fatto per
te una cosa molto carina, ieri”.
Draco sbuffò
ma non rispose perché non poteva. Pansy aveva ragione. La notte precedente si
era giocata la testa e lui non riusciva a capire perché.
“Se è così
davvero terribile ed irritante, allora perché ti ha salvato?”, continuò Pansy.
Lui si alzò
ed iniziò a camminare avanti e indietro. “Che diavolo ne so? Probabilmente adora
avere il potere di potermi fregare e farmi espellere da Hogwarts per sempre”.
Pansy ci
pensò su. “No, non credo. Se avesse solo voluto questo avrebbe tentato di ricattarci
per l’intera faccenda dell’armadio delle scope. Il fatto è che non voleva
pensarci e se l’è tenuto per sé. Si è immischiata solo perché glie l’ho chiesto
io e tra l’altro all’inizio si era rifiutata”.
Draco la
guardò incredulo. “Che diavolo hai che non va, Pansy? Hai dovuto implorare una
Grifondoro, e proprio la Granger? I Serpeverde tengono per sé i propri
problemi, lo sai”.
“Non mi
interessa, Draco. Io farò ciò che è necessario, non mi tirerò indietro per fare
il minimo indispensabile. Se avessi dovuto andare da Potter, lo avrei fatto”.
“Almeno lui non
ti avrebbe accontentata. Di certo non avrebbe alzato un dito per me”, disse
sbuffando Draco.
“Sì, beh,
ringrazia che la Granger non la pensi così. Adesso per te la cosa peggiore
sarebbe essere cacciato da Hogwarts. Il nome dei Malfoy non ha davvero bisogno
di altra pubblicità negativa”, lo punzecchiò Pansy.
Draco si
passò una mano tra i capelli, agitato. “Come diavolo ha fatto la mia vita a
complicarsi così?”.
Pansy sbuffò.
“Perché abbiamo seguito i nostri genitori, che hanno stupidamente adorato un
pazzo. Questo ha portato loro ad Azkaban e noi a delle vite miserabili ancora
prima di aver finito la scuola”.
Lui tirò un
calcio ad un sasso in risposta. Dannato stupido Lucius e fottuto di un pazzo di
Voldemort. Ma tra tutti, fanculo anche a quell’idiota della Granger ed ai suoi
occhi marroni che lo guardavano con pietà. Aveva capito quanto la sua vita
facesse schifo nel momento in cui era diventato il suo nuovo caso umano.
Pansy si
alzò. “Dai alla Granger un po’ di credito, Draco. Non doveva per forza aiutarmi
ma l’ha fatto e davvero non credo meriti di ricevere altri insulti da te. E
comunque, credo davvero potrebbe affatturarti se dovessi continuare. Quella ragazza
è troppo brava a fare incantesimi perché non riesca a farti male”.
“Come ti
pare”, replicò lui.
Lei allungò una
mano per farlo fermare. “Per favore, Draco, fallo per me. Lasciala in pace”.
Draco alzò
gli occhi al cielo. “Per la barba di Merlino, Pansy, adesso sei la sua guardia
del corpo? Starò lontano da quella stronza e non la tedierò con la mia presenza.
Non che sia difficile, non è che io voglia esattamente trovarmi nelle sue vicinanze.
Contenta?”.
“Sarò felice
quando tornerai ad essere te stesso, Draco”, rispose Pansy.
Draco le
fece una specie di sorriso per prenderla in giro. “Questo è il nuovo me, Pansy.
Faresti meglio ad abituarti”.
Pansy lo
osservò allontanarsi e sospirò. Almeno era riuscita a smuoverlo un po’ e farlo
parlare di certe cose, ma sapeva quanto il pozzo fosse profondo e c’era molto
di più da far affiorare. Stava soffrendo tantissimo e non era per niente in grado
di farcela da solo.
“Allenamento
fruttuoso?”, chiese Hermione quando si avvicinò ad Harry, Ron e Ginny, che
parlavano fitto fitto delle loro tattiche.
“Sì, non
male, ma dovremmo essere in forma migliore rispetto alla partita contro i
Serpeverde, per battere i Corvonero”, disse Harry.
Hermione
fece una smorfia al pensiero di quel disastro. La prima partita della stagione
era stata, come tradizione, Grifondoro contro Serpeverde, ed il trionfante ritorno
di Harry Potter e Ron Weasley aveva attirato l’attenzione di tutti verso il
gioco. Corvonero e Tassorosso avevano persino abbracciato i colori rosso ed oro
come presa di posizione contro i Serpeverde, che avevano invece fatto molta
fatica a mettere insieme una squadra. Harper era stato fatto capitano in assenza
di Malfoy ed aveva dovuto rivolgersi a quelli del primo anno per trovare
qualcuno che giocasse. I più vecchi sapevano che le altre squadre avrebbero
usato gli incontri per ottenere vendetta, così l’istinto di auto-conservazione
aveva preso il sopravvento sul desiderio di rappresentare la propria casa. Ad
essere onesti, Harry aveva tenuto i suoi compagni al guinzaglio corto ed era
stato imitato da molti ad eccezione di qualche ricaduta di Jimmy Peake, che
aveva lanciato diverse volte un bolide contro la testa di Harper senza motivo. La
squadra di Serpeverde invece, composta principalmente da ragazzi del secondo
anno, era rimasta impressionata dalla guida di Harry, il giocatore più esperto
ed osannato da tre quarti della scuola. Hermione sapeva che aveva avuto senso
giocare quella partita prima del ritorno di Malfoy, ma le era sembrato un po’
crudele soprattutto perché lui non aveva nemmeno tentato di rientrare in squadra.
“Calmati, Harry.
I Corvonero non hanno niente contro di noi”, disse Ron guadagnandosi un’occhiata
irritata di Harry, che non prendeva mai il Quidditch alla leggera.
“Sei riuscita
a trovare Neville?”, chiese Ginny, volendo evitare un’altra discussione
accalorata tra il suo fidanzato e suo fratello.
“Sì”,
rispose Hermione.
“Va tutto
bene? Sembrava davvero preoccupato questa mattina, prima che arrivassi per
colazione”, disse Harry.
“Oh sì, niente
di serio”, disse leggera.
“Sicura? L’ho
sentito mormorare qualcosa su Malfoy”, insistette Harry.
“Davvero?
Non mi ha detto nulla a riguardo. Aveva a che fare con le serre di Erbologia”, mentì.
“Ottimo”, replicò
Ron. “Sto morendo di fame, andiamo a pranzo”.
Hermione
sospirò di sollievo. Nessuno aveva pensato di approfondire la questione. L’appetito
famelico di Ron era arrivato ancora una volta a salvare la situazione. Non si
sarebbe mai più lamentata dei pezzi di cibo che gli volavano dalla bocca ogni volta.
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Capitolo 7 *** Solo Contro il Mondo ***
Cap 7
Solo contro
il mondo
Draco aveva
preso l’abitudine di recarsi sulle sponde del lago. Non importava che la temperatura
fosse calata parecchio, dato che di solito era deserto e li riusciva a sfuggire
alle occhiate penetranti di quelli che prestavano attenzione ad ogni sua mossa.
Era come se la popolazione di Hogwarts stesse aspettando facesse qualcosa di
sbagliato. Magari doveva attentare la vita di Potter o trasformarsi in
Voldemort o qualcosa del genere. Più realisticamente, Draco voleva solo finire l’anno
e chiudere la questione. Voleva andare avanti con la sua vita, tornare a Malfoy
Manor ed evitare tutti coloro che lo odiavano e non si preoccupavano di
nascondere il proprio disgusto. Sospirò, quando si rese conto che ormai il
pranzo era finito ed era ormai ora di partecipare alla lezione di Artimanzia avanzata.
Il problema
con le classi meno numerose era che non poteva sfuggire ai compagni. Nonostante
partecipasse ancora alle lezioni più popolari come trasfigurazione ed
incantesimi solo con i Serpeverde, le altre erano composte da studenti misti e
ad Artimanzia c’erano troppi Grifondoro per i suoi gusti. Anche la Granger ovviamente
vi partecipava, ma così anche Finnegan e Thomas. Draco sarebbe stato molto più
che felice di ignorarli entrambi se loro avessero fatto lo stesso ma sembrava serbassero
troppa rabbia nei suoi confronti. Thomas poteva capirlo, perché aveva passato
un po’ di tempo nei suoi sotterranei del Manor, ma sul perché anche Finnegan
sentisse il bisogno di sfidarlo ogni volta si incontrassero rimaneva un
mistero. Non credeva di avergli mai rivolto la parola, nemmeno quanto era lui
stato lui a tormentare gli altri.
Draco si
alzò dalla rocca su cui si era appoggiato e si incamminò verso il castello. Arrivò
qualche minuto in anticipo solo per pura fortuna. Si appoggiò al muro e chiuse
gli occhi. Nell’oscurità, poteva fare a finta di non trovarsi lì. Purtroppo, un rumore di passi fece
svanire quel piacevole sogno.
“Oh guarda, non
è quel piccolo Mangiamorte?”, disse una voce ringhiante.
Draco sospirò,
riconoscendola. Aprì gli occhi e vide Thomas stargli di fronte in modo aggressivo.
Di fianco a lui si trovava il suo compare Finnegan. Li guardò come per dire
loro Già, e quindi? ma non si diede la pena di rispondere.
“Cosa? Non dici
niente, Malfoy? Non vuoi chiamarmi Sanguesporco o dirmi che la mia presenza
infetta l’aria che respiri?”, continuò Thomas.
Draco raddrizzò la schiena. Avrebbe dovuto sopportarli. Sapeva che non si
sarebbero ritirati finché non avessero ottenuto quella lite che stavano cercando.
Thomas voleva combattere con Draco Malfoy, il seguace di Voldemort, quindi
avrebbe anche potuto soccombere e dargli ciò che voleva.
“Che cosa
vuoi, Sanguesporco?”, biascicò annoiato, guardandosi le unghie.
Non notò il
lampo di rabbia che passò sul viso di Thomas ed il cenno del capo che lanciò a
Finnegan. Quando se ne accorse, gli aveva già tirato un pugno in faccia.
“Non cambi
mai, vero Malfoy? Ancora lo stesso fottuto e disgustoso piccolo verme che sei
sempre stato”, disse irato Thomas.
Draco cercò
di restituirgli il favore ma non aveva tenuto conto di Finnegan, che si mosse
alle sue spalle e gli tenne ferme le braccia.
“Ora non fai
il gradasso, vero Malfoy? Papino è in prigione e non ci sono più i tuoi gorilla
a salvarti”.
Draco si
dimenò dalla presa di Finnegan, che era però molto più forte di lui nonostante
la sua costituzione suggerisse il contrario. Aveva una presa ferrea e più lui si
contorceva più la posizione diventava scomoda.
“Sei solo un
epitoma del coraggio dei Grifondoro, Thomas. Cosa? Hai troppa paura di affrontarmi
da solo e tornare nella mia cella?”, disse crudele Draco.
Quelle
parole lo fecero scattare. Thomas si irrigidì prima di posizionarsi di fronte a
lui. “Vaffanculo, Malfoy. Spero ti
lasciarti la cicatrice”, ringhiò prima di lanciarglisi addosso.
Hermione
rise quando Ron le disse “Lady Hermione, sarei onorato di trasportare la sua
pesante borsa fino alla lezione di Astronomia”.
“La cavalleria
non è ancora morta, ma immagino sia più rivolta ai miei appunti di pozioni piuttosto
che a me”, rispose sorridendo prima di allungargliela.
Ron la
raccolse e si appoggiò contro il muro. “Per la barba di Merlino, Hermione, ci
hai infilato la libreria intera? Devi essere forte come un bue per trasportare
una cosa del genere”.
Hermione gli
arruffò i capelli. “Non è così pesante, Ronald. Ho solo qualche libro in più.
Ultimamente sono rimasta indietro con Antiche Rune e voglio assicurarmi di
essere pronta per i M.A.G.O.”.
“Hermione,
non potrebbero bocciarti neanche se ci provassi. Potresti anche non studiare
per tutto l’anno e prendere comunque un Oltre Ogni Previsione all’esame finale.
L’anno scorso praticamente è stato tutto una lezione di Antiche Rune”, la prese
in giro Ron.
“Ronald,
solo perché ho tradotto le Fiabe di Beda il Bardo non significa che quest’anno
mi promuoveranno”.
Ron riuscì
ad evitare la discussione con Hermione sulla sua eccessiva abitudine allo
studio solo grazie all’arrivo di Harry e Neville. “Ron, dove vai? MacMillan ci
ha sfidato ad una partita a Scacchi Magici. Dobbiamo fargli le penne”, disse Harry.
Ron fece per
restituire la borsa ad Hermione e correre verso qualsiasi sfida a scacchi
stesse progredendo. “Dove vai?”, chiese Hermione. “Se vuoi che ti dia i miei appunti,
dovrai venire con me, perché sono proprio in fondo. E no, non tirerò fuori
tutto qui per poi dover rimettere a posto da sola e risparmiarti qualche minuto.
Arriverò in ritardo invece tu hai l’ora buca”.
“Ma Hermione…”,
si lamentò Ron.
“Faresti
meglio a brigarti. Non vorrai che quei Tassorosso pensino tu abbia paura”, lo prese
in giro Hermione, assicurandosi di lasciarlo indietro con la borsa. Dopotutto,
era davvero pesante.
Hermione
sorrise maliziosa sentendo Ron mormorare dietro di lei. Harry e Neville lo
avevano abbandonato e stavano discutendo di tattiche del gioco. Era un’ottima
cosa che i Grifondoro avessero Ron, perchè Harry era solo appena più bravo di lei
con gli scacchi.
Hermione
voltò l’angolo della classe di Artimanzia e si fermò, sconvolta per ciò che si
trovò davanti. Malfoy era mezzo svenuto tra le braccia di Seamus, grondante di
sangue, mentre Dean gli stava addosso.
“Smettetela,
smettetela!”, urlò Hermione, affrettandosi verso di loro, ma nessuno dei due
reagì.
Malfoy
sembrava troppo messo male per poter fare altro che voltare la testa nella sua
direzione. Hermione guardò Harry, Ron e Neville, fermi all’angolo con
espressioni stupite.
“Harry, Ron, separateli”, ordinò Hermione.
Harry e Ron
si guardarono, prima di parlare. “Hermione, non sappiamo ciò che ha detto
Malfoy a Dean. Cioè, non ho mai visto Dean reagire così”, disse Harry.
“Non importa
ciò che potrebbero essersi detti, ma il fatto che Dean stia per ucciderlo. Non
possiamo permettere che accada”.
Harry e Ron
sembravano ancora indecisi se immischiarsi o meno. Hermione guardò Neville implorante.
Lui mormorò qualcosa come “dannato Malfoy”, prima di avanzare per fermare Dean.
“Dean! Dean!”,
lo chiamò Neville. “Andiamo amico, basta così”.
Dean scosse
la testa e sembrò uscire dalla trance. Guardò Malfoy e poi le sue mani con un
sorriso storto. Neville mise un braccio attorno le spalle di Seamus, che lasciò
andare Malfoy. Il biondo inciampò e scivolò a terra, appoggiandosi al muro.
“Che diavolo
pensavi, Dean?”, chiese Hermione.
“È Malfoy,
Hermione. È un piccolo disgustoso bastardo. Se lo meritava”, rispose Seamus al
suo posto perché Dean stava ancora respirando in affanno.
“Gli avete
bloccato le mani dietro la schiena per assicurarvi che non reagisse e poi avete
iniziato a picchiarlo a morte”, disse Hermione con la fronte aggrottata.
“Non capisco
perchè ti importi, Hermione. È Malfoy e ci chiama Sanguesporco”, replicò Dean.
“Sì, ha un’idea
orribile e stupida riguardo la purezza del sangue ma ciò non significa io pensi
dovrebbe essere tenuto fermo e picchiato a sangue. Questo ci porterebbe sullo
stesso piano di quelli che torturano i Babbani per sport!”, urlò Hermione.
I Grifondoro
iniziarono a muoversi a disagio. A nessuno di loro dispiaceva particolarmente
per Malfoy. La sua carriera ad Hogwarts aveva loro già riservato dei momenti come
quello ed Harry di certo non avrebbe dimenticato quando Malfoy lo aveva
pietrificato e rotto il naso.
Hermione li
guardò tutti arrabbiata. Cercò di far alzare Malfoy ma era troppo pesante e non
la stava aiutando. Non voleva farlo levitare perché non ci aveva mai provato
prima con un essere umano ed era preoccupata avrebbe battuto la testa contro un
muro o qualcosa del genere come colpo finale. Alzò gli occhi verso Neville, che
sembrava aver accettato il suo ruolo in tutto quello. Lui riuscì ad alzarlo e
gli mise un braccio intorno alle spalle, mentre Hermione si posizionò dall’altro
lato. “Sono caposcuola e non posso mentire per voi”, disse a Dean e Seamus.
Loro non
risposero ma la guardarono come se avesse deliberatamente scelto Malfoy invece
che loro. Non poteva davvero coprirli. Malfoy avrebbe dovuto raccontarlo a Madama
Chips e lei sarebbe finita ancora più nei guai per aver mentito. In quel
momento, non era nemmeno sicura avrebbe voluto proteggerli. Non avrebbero dovuto
picchiarlo, soprattutto rendendolo indifeso.
Hermione e
Neville portarono Malfoy in infermeria in silenzio. Ogni tanto Neville la
guardava con un’espressione significativa e lei non pensava di volergli
chiedere il motivo. La sua vita era già abbastanza complicata senza le sue opinioni.
Appoggiarono Malfoy al letto più vicino. Madama Chips uscì di corsa e balbettò
alla vista del ragazzo ma non fece alcuna domanda. Era una delle sue qualità
migliori curarti senza chiedere troppo. La Chips era ben conscia del fatto che,
se avesse fatto la spia, gli studenti non sarebbero più andati da lei, il che
poteva rivelarsi pericoloso. Ciò che Hermione e Neville non sapevano, invece,
era che la Chips informava la Preside di ogni cosa vedesse, nel caso ci fosse
qualche problema. L’incidente avrebbe sicuramente dovuto essere riferito.
Neville
rimase ancora qualche momento, poi lanciò un ultimo sguardo ad Hermione e sparì
oltre la porta.
“Si
riprenderà?”, chiese Hermione.
“Dovrebbe
stare bene”, replicò la Chips. “Non hai una lezione a cui partecipare?”.
“Sì, dovrei
essere ad Artimanzia”, rispose Hermione.
“Rimani qui
finché lo sistemo un po’, poi ti darò un appunto per la Professoressa Vector”.
Hermione
sorrise riconoscente e si sedette sulla sedia di fianco a Malfoy, osservando
Madama Chips con interesse. In passato aveva considerato una carriera come
Guaritrice ma la quantità di feriti e morti che aveva visto durante l’anno passato
in fuga le aveva fatto cambiare idea. Non credeva sarebbe riuscita a sopportare
una carriera del genere.
Quando l’infermiera
finì, sparì nel suo ufficio a scriverle la giustificazione. Malfoy non aveva
detto nulla alla donna e non aveva nemmeno guardato nella direzione di
Hermione.
“Vuoi che ti
prenda qualcosa, Malfoy?”, chiese Hermione.
Lui voltò lentamente
la testa e la scosse, tornando poi a contemplare qualsiasi cosa lo affascinasse
così tanto sul muro. Quando Madama Chips ritornò, le consegnò l’appunto e la
spedì ad Artimanzia.
Appena prima
che uscisse dall’infermeria, la voce di Malfoy la fermò. “Pansy”, disse prima
di aggiungere un “per favore”. Hermione annuì e corse alla torre dei Grifondoro.
Anche se
Harry non c’era, sapeva dove tenesse la Mappa del Malandrino e lei doveva
trovare la Parkinson. La sala comune era vuota, così corse su per le scale del
dormitorio dei ragazzi. Trafficò con il baule di Harry finché la trovò sul
fondo. La aprì e sorrise contenta quando si accorse che anche la Parkinson si
trovava in sala comune. Ripiegò la mappa e ricominciò a correre verso i
sotterranei.
Dire che tutti
rimasero sconvolti quando videro Hermione Granger, la migliore amica di Harry Potter
e Nata Babbana entrare nella sala comune dei Serpeverde era un eufemismo.
Hermione decise di ignorare i commenti ed i mormorii, lanciando un unico
sguardo di ghiaccio ad un ragazzo del sesto anno che cercò di chiamarla
Sanguesporco, come a sfidarlo a continuare. La Parkinson era seduta di fronte
al camino con Zabini e la Greengrass. Hermione ignorò gli altri due e le si
avvicinò.
“Granger”,
la riconobbe lei. “C’è qualcosa che non va?”.
“Malfoy è in
infermeria e chiede di te”, replicò Hermione.
La Parkinson
si alzò di scatto. “Che è successo?”.
Hermione
lanciò un breve sguardo a Zabini e la Greengrass prima di concentrarsi di nuovo
su di lei, sperando avrebbe recepito il messaggio. Di certo non si sentiva a
suo agio a parlare di fronte a tutti gli altri Serpeverde.
“Ti
accompagno fuori”, rispose la Parkinson, capendo il suo disagio.
La Greengrass
la stava fissando un po’ velenosa mentre Zabini la guardava con quell’espressione
strana che la faceva sentire sempre incredibilmente insignificante e piccola.
Le due ragazze ripercorsero la sala comune, dirette alla porta, e nessuno osò
emettere un suono mentre passavano.
“Avrai
qualche problema per colpa mia con il resto delle serpi?”, chiese Hermione quando
raggiunsero il corridoio esterno.
La Parkinson
la guardò incredula. “Come se qualcuno osasse sfidarmi, soprattutto quelli più
giovani”.
Hermione annuì.
Non voleva fosse ammutinata a causa sua.
“Allora, perché
Draco è in infermeria?”, chiese la Parkinson.
“È stato
picchiato da Dean Thomas e Seamus Finnegan. Non so ciò che sia successo o sia
stato detto, ma quando sono arrivata ad Artimanzia, Seamus lo teneva fermo
mentre Dean lo prendeva a pugni”, la informò.
Gli occhi
della Parkinson si riempirono di rabbia. “Ha chiesto di te”, aggiunse Hermione,
insicura se fosse importante menzionare o meno la cosa.
La Parkinson
le sorrise appena ed Hermione capì fosse importante. “Grazie, Granger”, fu
tutto ciò che le disse quando si separarono.
Hermione
raggiunse la classe di Artimanzia giusto venti minuti prima del termine, in
tempo perché riuscisse a segnarsi i compiti e controllasse ciò che avrebbero
studiato durante la lezione seguente. Aveva notato che Dean aveva tenuto le
mani sotto il tavolo per tutto il tempo. Non ci sarebbe voluto un genio a
capire che aveva fatto a botte se qualcuno le avesse notate e, dato che la
giustificazione della Chips conteneva qualche informazione su Malfoy, di certo
la Professoressa Vector non ci avrebbe messo più di due secondi a collegare le
due cose.
Quando Pansy
entrò in infermeria, la Chips la guardò con sguardo indagatore, come per capire
se avesse dovuto trovarsi o meno in classe. Appurato di no, le indicò il letto
alla fine della stanza con le tende tirate. Pansy annuì. Aperte le tende,
sussultò alla vista delle botte gialle che ricoprivano il viso di Draco. La
Chips le aveva chiaramente guarite ma sarebbero rimaste così ancora per qualche
ora.
“Vedo che la
Granger ti ha trovata”, disse Draco.
“Sì, ha
causato un po’ di caos quando è entrata nella nostra sala comune”, replicò lei.
Draco alzò
un sopracciglio e tornò a fissare il muro.
“Draco, cosa
è successo?”, chiese Pansy.
“Sono caduto
dalle scale”, mentì.
Pansy sospirò.
Ecco che ricominciava. Aveva sperato volesse essere onesto dopo la loro
conversazione al lago.
“Ho parlato con
la Granger”, gli disse semplicemente.
Draco strinse
i denti. “Non riesce a smettere di impicciarsi, ovvio ti abbia detto tutto. Sarebbe
impossibile riuscisse a tenere la bocca chiusa”.
Pansy scosse
la testa. “Perché devi sempre essere così cattivo con lei? È la seconda volta
che ti salva in meno di una settimana”.
Lui la
guardò. “Cosa c’è tra te e la Granger? Blasie dovrebbe preoccuparsi? Sembra tu
abbia una cotta per lei sempre più forte. Mi ricordo ancora quando invece non
eri contenta se non l’avessi tormentata almeno un po’”.
“Sono
cresciuta, Draco, ed apprezzo che la Granger ci stia aiutando. Non è costretta.
Potrebbe tenerci ad un milione di chilometri di distanza come tutti gli altri
ma non riesce a voltarci le spalle ed io lo rispetto, quindi rispetto lei”.
“È davvero l’alba
di una nuova era”, disse sarcasticamente lui.
“Mi dirai
cos’è successo allora?”, chiese di nuovo Pansy.
“E tu la
smetterai di parlare della Granger, se lo faccio?”, contrattò Draco.
Lei alzò gli
occhi al cielo. “Non la menzionerò più per il resto della giornata”.
“Thomas e
Finnegan cercavano rissa, così ho dato loro un motivo per farla”, spiegò brevemente.
“Tutto qui?”,
disse Pansy.
“Circa. Thomas è
incazzato da quando sono tornato. Non posso dire di biasimarlo. Il suo prolungato
soggiorno nei sotterranei dei Malfoy non deve essere stato piacevole. Finnegan
sembra essersi unito a lui. Volevano litigare ed erano determinati a punzecchiarmi
finché non ci fossero riusciti. Io ho solo deciso di tagliare corto”.
Pansy lo
guardò con gli occhi tristi e lo fece sospirate. “Non cominciare, Pansy. Smettila
di avere pietà. La situazione è questa ed io l’ho accettata”.
“Non dovresti”,
replicò lei.
Draco rise
amaramente. “Non dovrei? Nessuno mi accoglierebbe a braccia aperte anche se
dovessi scusarmi per tutto lo schifo di Malfoy Manor. Cosa dovrei fare? Passeggiare
mano nella mano con la Granger e proclamare il mio neonato amore per i Nati
Babbani? La cosa più carina che potrebbero dire è che mi sto comportando con il
classico opportunismo dei Malfoy”.
Pansy
riconobbe che aveva ragione. Draco aveva sempre dichiarato con veemenza i suoi
sentimenti verso Voldemort ed i Nati Babbani. Anche lei lo aveva fatto, ma
riuscivano ad ignorarla se teneva la testa bassa, mentre lui non era così
fortunato. Inconsapevolmente, era diventato la rappresentazione di Voldemort
per la loro generazione. Mentre lei poteva ancora sperare in un cambio di
opinione, il cambiamento di lui sarebbe stato visto solo con scetticismo. Era troppo
ricco, bello e troppo volenteroso di passare inosservato.
Hermione tornò
in sala comune alla fine delle lezioni e venne accolta da un comitato di
benvenuto formato da Harry, Ron, e Ginny, mentre Seamus e Dean rimasero in
disparte. Sospirò. “Dobbiamo davvero parlarne adesso?”, chiese.
“Sì”,
dissero all’unisono Harry e Ron.
Hermione
afflosciò le spalle e posò a terra la sua borsa. “Ok, allora facciamolo e finiamola
qui”.
“Che diavolo
è successo oggi, Hermione?”, iniziò Ron.
Hermione lo
guardò senza espressione. “Ti aspettavi davvero che scavalcassi Malfoy ed
entrassi in classe?”.
“Sì, è quello
che avrebbe fatto lui se la situazione fosse stata capovolta”, replicò Ron.
Hermione sbuffò. “In realtà,
probabilmente mi avrebbe tirato un calcio nello stomaco, ma io non mi abbasserò
a questo livello. Sono Caposcuola e prendo il mio ruolo molto seriamente. Quindi
non significa rappresentare solo Grifondoro, ma anche i Serpeverde e, se notassi
qualcosa del genere dovrei per forza esserne coinvolta”.
“Senti,
Hermione, lo capiamo davvero questo. Ma lo hai difeso a spada tratta”, disse
Harry.
Hermione
stava per perdere le staffe. Sapeva che Malfoy era un idiota che aveva fatto un
sacco di cose spregevoli ma ciò non significava che lei avrebbe dimenticato la
sua morale per questo. Il fatto che Harry e Ron non lo capissero la faceva
davvero irritare. “Non capisco perché siate così sorpresi. Sapete quando io odi
le ingiustizie e ciò che Dean e Seamus stavano facendo era sbagliato. Malfoy ha
fatto cose orribili ma io non approvo la vendetta”.
“Non sai
cosa mi ha detto”, disse Dean.
“Hai
ragione, non lo so. Ma credo di essere proprio io, tra tutti quanti, a poterne
avere un’idea. Ho ricevuto un sacco di insulti cattivi da parte sua e scommetto
abbia borbottato qualcosa sui Sanguesporco”, replicò Hermione.
“E ha detto
che Dean sarebbe tornato nei sotterranei di Malfoy Manor”, si intromise
furibondo Ron.
Hermione chiuse
per un attimo gli occhi e maledisse Malfoy per essere stato un tale idiota
insensibile. “E tu non potevi semplicemente insultarlo a tua volta o tiragli un
pugno senza che Seamus lo trattenesse?”, chiese Hermione a Dean.
“È questo
tutto quello che hai da dire?”, boccheggiò Ron.
Hermione li
osservò senza speranza. L’unica persona che non sembrava volerla aggredire e
guardava dalle retrovie era Ginny. Incontrò per un attimo i suoi occhi e lei
scrollo le spalle, come ad intendere ragazzi. Era un minuscolo segno di
supporto ma Hermione ci si aggrappò e lo usò per controllare la rabbia. “Che
cosa vuoi che ti dica, Ron? Non ne sono sorpresa. Malfoy è sempre stato bravo a
dare aria alla bocca”.
“Stai
minimizzando la questione, forse perché non hai mai visto i suoi sotterranei”,
disse amaro Dean.
“No”, lo
riprese Hermione. “Perché io ero di sopra a prendermi le Cruciatus da
Bellatrix. Qualcuno di voi è mai stato torturato durante la guerra? No, io non
credo. Ma ciò non significa io vada in giro a prendere a botte i Serpeverde”.
Tre dei
quattro ragazzi di fronte a lei ebbero il buon senso di vergognarsi. Hermione
non aveva ancora incluso Harry nella litigata e lui sembrò rendersene conto.
Ron pestò i piedi. “Hermione, io..”, iniziò a dire.
Hermione alzò
una mano. “No, non voglio sentire altro. Sono stanca di litigare, della guerra
e più di tutto sono stanca che mi venga detto di dover essere nemica di qualche
persona. Voglio andare avanti e vivere la mia vita, non mi interessa se questo
non rientra nei vostri piani. Ora, se non vi dispiace, avrei dei compiti da
fare”.
Si mossero
tutti verso la porta. “Aspettate, che cosa ha detto la McGranitt?”, chiese a
Dean e Seamus.
Entrambi
sembrarono smarriti. “Non è venuta a cercarci, quindi Malfoy non deve aver
detto niente”.
Hermione non
ne rimase sorpresa. Aveva notato che, da quando era uscito da Azkaban, non era
più interessato a rivolgersi ai professori e fare rapporto su qualche Grifondoro
che infrangeva le regole. “Allora ha mentito per voi. Magari questo vi darà
motivo di lasciarlo in pace. Il vecchio Malfoy non avrebbe perso tempo a
cercare di farvi espellere da Hogwarts”.
Dean iniziò
a pensarci su ed annuì quasi impercettibilmente. Lei lo prese come un segnale
che non avrebbe più cercato rogne e sapeva che avrebbe tenuto a freno anche Seamus.
Quando se ne
andarono, Hermione collassò sul divano e si strofinò gli occhi. Avrebbe dovuto
andare a parlare con Malfoy e scoprire perché non avesse detto nulla. Qualcosa
non andava in lui e non si trattava della sua recente esperienza ad Azkaban. E poi
beveva troppo. Il modo in cui Pansy si dava da fare per salvarlo era già
abbastanza sospetto ma adesso si era anche fatto sfuggire l’occasione di
mettere nei guai Dean e Seamus. Malfoy di norma non avrebbe esitato in quella
situazione, invece sembrava volesse tenere la bocca chiusa e lei voleva sapere perché.
Più tardi, quella sera, Hermione andò in infermeria. Aveva avuto bisogni
di un po’ di tempo per rilassarsi dopo l’imboscata dei suoi amici e non voleva
affrontare Malfoy con i nervi già a fior di pelle. Aprì la porta e rimase
impalata per qualche minuto. L’infermeria era deserta. Dannazione, avrebbe dovuto rintracciarlo in un’altra
maniera.
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Capitolo 8 *** Sinfonia Dolceamara ***
Cap 8
Sinfonia
Dolceamara
Hermione
sapeva che Malfoy la stava evitando. Non aveva motivo di farlo, dato che non
sapeva nemmeno lei volesse parlargli di quanto era accaduto fuori dalla classe
di Artimanzia, ma comunque non si faceva vedere in giro. Quando invece ogni
tanto spuntava, lo faceva sempre in luoghi poco opportuni, circondato da troppe
persone che sarebbero state interessate al perché dovesse parlare con lui.
Hermione pensò quasi di chiedere a Pansy di organizzare un incontro.
Stava
camminando su e giù per il suo ufficio da ore, deliberando sui pro e contro di
una tale azione, ma alla fine rinunciò. Alzò lo sguardo verso l’orologio a muro
e sospirò di sollievo quando si rese conto di potersene andare. Odiava essere
indecisa, le cose continuavano a frullarle per la testa e le facevano consumare
un sacco di energia, impedendole di concentrarsi sullo studio. Chiuse l’ufficio
con la bacchetta e si voltò per tornare nella sua sala comune, dove avrebbe
potuto provare nuovamente a decidere cosa fare, ma la fortuna sembrò non girare
dalla sua parte. Nell’atrio di accesso, Malfoy stava risalendo le scale dai sotterranei
con indosso il mantello, probabilmente diretto in giardino. Hermione si mise
addosso il proprio e lo seguì cercando di fare il minor rumore possibile.
“Come
diavolo tu abbia fatto a passare inosservata per tutta la Gran Bretagna e
distruggere gli Horcrux per me è un mistero”, commentò Malfoy quando finalmente
raggiunsero la sua destinazione, un’area nascosta sulle sponde del lago.
Hermione gonfiò
le guance. Ok, non era mai stata brava a muoversi senza fare rumore ma non
credeva nemmeno di essere così incapace. Lui la osservò un momento e sembrò
comprendere la sua irritazione. “Sì, ho capito che mi stavi seguendo appena
siamo usciti. Le tue scarpe squittiscono”.
Hermione osservò
le proprie scarpe indignata, come se lo avessero fatto apposta.
“Rimani lì a
piagnucolare oppure mi hai seguita per un motivo, Principessa?”, le chiese lui.
Lei si
rifiutò di lasciarsi istigare. Malfoy sembrava voler iniziare a litigare e lei
non era dell’umore adatto. “Volevo parlarti dell’altro giorno”, gli disse alla
fine.
“Quale altro
giorno?”.
“Non fare lo
stupido, Malfoy. Sai esattamente a cosa mi riferisco. Perché non hai raccontato
a Madama Chips il vero motivo per cui sei finito in infermeria?”, chiese
andando dritta al punto.
“Ecco che il
tatto dei Grifondoro è di nuovo all’opera. Se te lo dico, smetterai di
impicciarti nei miei affari?”, le chiese.
Hermione
marciò sull’erba finché non gli si trovò di fronte. “Perché non hai denunciato
Dean e Seamus?”.
“Che cosa ne
avrei ottenuto? Ormai Thomas ha ottenuto la sua rissa e possiamo tornare reciprocamente
a fare finta di non esistere”, disse Malfoy.
Lei ci pensò
un momento. “È quello che vuoi? Che tutti ti lascino da solo?”.
“Wow, Granger,
adesso capisco perché hai sempre degli ottimi voti, con un cervello come il tuo”,
disse sarcastico lui.
“Non tanto
tempo fa avresti cercato di farli espellere più velocemente possibile”.
“Beh, le
cose cambiano”, mormorò Malfoy.
Hermione non
si sarebbe aspettata di sentire una cosa del genere, anche se poteva spiegare
alcune cose cui aveva pensato. Non aveva certo creduto che fosse uscito da
Azkaban senza qualche cambiamento. “Se vuoi che le persone la smettano di
prestarti attenzione, allora perché vai in giro per la scuola mettendo in
mostra il Marchio nero come se ne fossi orgoglioso?”.
Malfoy
sbuffò. “È quello che tutti si aspettano. Sono il Mangiamorte personale di
Hogwarts, un mostriciattolo da mettere in esposizione perché le persone lo
guardino”.
“Perché non
gli dimostri di non essere così”, gli chiese.
Lui alzò gli
occhi al cielo. “Non sono un Grifondoro, Granger, che cerca di farsi adorare da
tutti ed alla disperata ricerca di approvazione”.
“Ma non
significa nemmeno tu debba dare loro ciò che vogliono. Perché hai parlato dei sotterranei
di Malfoy Manor con Dean?”.
Hermione
poteva giurare di aver visto le guance di Malfoy tingersi di un leggerissimo
rosa quando evitò di guardarla negli occhi, preferendo adocchiare il lago. “È da
quando sono tornato che voleva affrontarmi. Invece di aspettare che trovasse il
coraggio di prendermi a pugni, gli ho dato il motivo che cercava per farlo
esplodere”.
“È stato
crudele”, rispose lei.
“Sì, beh,
sono un Malfoy”.
“Quindi
anche tua mamma era una Malfoy quando ha scelto di mentire a Voldemort e dirgli
che Harry era morto? Un cognome non definisce chi siamo, Malfoy, lo fanno le
nostre azioni”.
Malfoy alzò
la testa verso il cielo. “Non ti stanchi mai di essere così nobile e fare tanto
la superiore, Granger?”.
“Mi vedi
davvero così?”, rispose contrariata lei.
“Non credo tu
voglia sapere come ti reputo”, commentò lui.
“Sei così
dannatamente prevedibile, Malfoy. Posso fare un educato tentativo di immaginarlo.
Probabilmente contiene qualche frase con un sacco di Sanguesporco e Grifondoro”.
Malfoy
ghignò ma in un modo diverso dal solito, come se fosse davvero divertito. “Se
lo dici tu, Principessa”.
“Allora, la
smetterai di dimostrare a tutti che hanno ragione su di te?”, insistette
Hermione.
“Qualcuno ti
ha mai detto che sei troppo ottimista?”.
“Spesso”.
“Forse,
principessa, forse”, le disse prima di farle un altro ghigno e sparire.
Hermione non
riusciva proprio a capirlo. Alle volte le faceva pensare di non essere cambiato
per niente ed essere rimasto lo stesso bamboccio che credeva alla superiorità
del sangue pure, mentre altre riusciva a cogliere un barlume di una persona
completamente diversa, una persona cresciuta. Era quello, il Malfoy per cui probabilmente
Pansy stava lottando.
La seconda
gita ad Hogsmeade si stava avvicinando ed Hermione si sentiva molto più rilassata,
quella volta.
La prima era
stata effettuata ad ottobre e l’aveva fatta sprofondare nell’ansia. Lei ed
Anthony Goldstein dovevano rimanere di guardia nel caso fosse successo qualcosa
al villaggio ed erano successi parecchi problemi. Tra l’altro, si era irritata
parecchio quando nessuno era più riuscito a rintracciare Anthony e lei era
rimasta bloccata con dei ragazzini del terzo anno che avevano mangiato troppe
caramelle di Mielandia e stavano vomitando all’esterno del negozio. Non si era
poi stupita di trovarlo ai Tre manici di scopa, assieme ad un sacco di
Corvonero, che raccontava storie di quando aveva fatto parte dell’Esercito di
Silente e di che grande Caposcuola lui fosse. In realtà, non combinava
assolutamente nulla ed Hermione si ritrovava sempre a rimediare ai suoi errori,
ma era bravo a svendere la propria immagine e questo la faceva irritare ancora
di più. Sapeva che Harry non avrebbe sicuramente voluto quel ruolo ma magari
Neville sarebbe stato un candidato eccezionale. Aveva capeggiato la resistenza
contro il regno di terrore dei Carrow ed era diventato un punto di riferimento
in assenza di Harry. Immaginava però che la McGranitt non volesse dare l’apparenza
di favorire troppo la propria casa nel suo primo anno da Preside ed Hermione
era sempre stata perfetta per quella posizione.
Per quella
gita però Hermione era sicura di non dover fare lei tutto il lavoro. Andromeda
avrebbe portato Teddy con lei. Harry e Ron erano dispiaciuti di doversi perdere
l’incontro ma dovevano scontare la punizione per essere stati beccati a spiare le
tattiche della squadra di Quidditch di Corvonero per cui Madama Bumb aveva loro
assegnato il compito di istruire quelli del primo anno per così tanto tempo che
ormai credeva avrebbero passato così tutti i pomeriggi. Teddy invece era un’esplosione
di vita per lei e soprattutto per Harry che Andromeda era quasi diventata una
seconda mamma. Avrebbe sempre adorato Molly, ma si era avvicinata parecchio a
lei durante l’estate, dopo aver deciso di rimanere in casa sua mentre i suoi
genitori venivano rintracciati in Australia. Andromeda aveva perso tutto,
moglie, figlia e genero, rimanendo sola con il nipote, ed Hermione, che si sentiva
altrettanto isolata, le si era appiccicata. Harry era sicuramente una presenza
costante nella vita di Teddy come padrino ma non avrebbe mai perso il proprio
attaccamento per la famiglia Weasley ed aveva cercato di recuperare il tempo
perduto con Ginny mentre lei, visto la rottura con Ron, si sarebbe sentita in
imbarazzo.
Molly non
aveva di certo nascosto il fatto che avrebbe voluto Hermione come nuora ed aveva
provato a farli rimettere insieme anche se era palese non provassero alcun
sentimento romantico reciproco. Erano ottimi amici, ma facevano davvero schifo negli
appuntamenti. Hermione si era ritrovata ad irritarsi per il comportamento rilassato
di Ron mentre lui le rinfacciava di tenere le redini e prendere tutte le
decisioni. Non era una cosa sana e per questo non aveva funzionato.
Hermione
avrebbe incontrato Andromeda alla Testa di Porco, meno frequentata. Sospettava
lei non volesse avere molto a che fare con la confusione dei Tre Manici di
Scopa e la comprensione esasperata che Madama Rosmerta le avrebbe rivolto.
Quasi per magia, Hermione la incontrò per strada, poco lontano dal pub. Le
venne spontaneo fare un enorme sorriso, la abbracciò e prese in braccio Teddy.
“Teddy,
diventi sempre più grande ogni volta che ti vedo”.
Ricevette un
sorriso sdentato in risposta. Non aveva ancora compiuto un anno, ma sapeva già
cambiare colore dei capelli, che in quel momento si trasformarono in ricci
castani come quelli di Hermione. “Non sono dei bei capelli, Teddy. I miei ricci
sono la maledizione della mia vita! Però mi piacciono i due dentini che ti sono
spuntati, ora sono proprio come quelli che avevi già”.
“Io invece
non li adoro tanto. Mi morte sempre e sono affilati come rasoi”, si lamentò
Andromeda.
“Sei un
briccone come tuo padre, Teddy”, rise Hermione.
Mentre
entravano alla Testa di Porco, Andromeda iniziò a raccontarle dei tentativi di
Teddy. Sembrava che ormai il piccolo combinaguai riuscisse ad arrivare in
salone e si aggrappasse qualsiasi cosa per stare in piedi. Scoppiò a ridere
quando le disse della volta in cui era quasi riuscito a mettere le manine su un
prodotto dei Tiri Vispi Weasley dopo una visita di George. Sicuramente quelle
cose non erano adatte ai neonati. Andromeda si zittì di colpo ed Hermione alzò
lo sguardo da Teddy, che in quel momento le stava tirando una ciocca facendole
male.
Di fronte a
loro, altrettanto a disagio, si trovavano Narcissa e Draco Malfoy. Sicuramente anche
loro avevano avuto la stessa idea per evitare la folla, anche se in realtà probabilmente
Malfoy non sarebbe stato benaccetto ai Tre Manici dopo aver usato la Maledizione
Imperio su Madama Rosmerta.
“Non è poi
così imbarazzante”, udì mormorare sarcasticamente Malfoy.
Hermione
guardò Andromeda, che fissava la sorella. La donna le mise una mano sulla spalla,
prima di uscire di tutta fretta dal pub. Hermione la osservò con occhi
incredibilmente tristi. Sapeva quando le mancasse una famiglia di sangue,
nonostante il supporto datole dai Weasley.
Un urlo disperato
catturò l’attenzione di Hermione di nuovo alla porta. “Andromeda!”, chiamò
Narcissa, che uscì di corsa andando dietro alla sorella. Hermione e Malfoy
rimasero quindi da soli a guardarsi in imbarazzo. Teddy lasciò cadere i suoi
ricci gorgogliando e fece diventare i propri capelli biondi come quelli di Malfoy,
che lo guardava incuriosito.
“È un
Metamorphomagus”, spiegò Hermione. “Anche tua cugina Tonks lo era”.
Malfoy annuì,
distogliendo lo sguardo e vergognandosi di essere stato beccato a fissare. Aberforth
Silente scelse quel momento per fare la sua apparizione. Li adocchiò entrambi,
prima di chiedere a lei cosa volesse.
“Ehm…
aspetto che torni Andromeda”, rispose, insicura di cosa dire.
Aberforth si
voltò verso Malfoy, che invece ordinò un Firewhiskey. Hermione mormorò in
disapprovazione e lui ghignò prima di estrarre una fiaschetta nuova di zecca
dalla tasca. “Immagino di non aver bisogno che tu recuperi quella vecchia dalla
Donnola, dopotutto”.
Hermione
strinse le labbra e spostò Teddy sull’altro braccio. Il bambino aveva iniziato
a piangere per essere messo a terra ma lei non lo avrebbe di certo lasciato
vagare su quel pavimento sozzo, almeno finché non avesse potuto pulirlo con la
magia. Rimase un attimo spiazzata quando Teddy si allungò verso Malfoy all’improvviso.
Non riuscì ad afferrargli prontamente le gambe ma, per fortuna, Malfoy aveva i
riflessi da Cercatore e lo prese prima che cadesse a terra.
“E mia zia
ti ha lasciato con suo nipote. Solo perché non è un libro, Granger, non
significa con debba essere trattato con le dovute attenzioni”.
Hermione gli
lanciò un’occhiataccia ma non riuscì a non ridere quando lui fece una smorfia perché
Teddy gli si era attaccato ai capelli. Si diresse verso uno dei tavoli all’angolo
e sussultò quando Malfoy spostò una sedia di fronte a lei.
“Cosa?”,
chiese quando notò la sua sorpresa e si sedette. “Non posso andarmene con
questo prepotente attaccato ai miei capelli. Probabilmente
mi accuserebbero di rapimento e tentato omicidio”.
Hermione non
poteva contraddirlo. Gli fregò il bicchiere da sotto il naso appena lo vide
alzare la mano per afferrarlo.
“Se ne vuoi
uno, devi solo chiedere”, commentò.
Lei arrossì.
“Non berrai nulla mentre reggi Teddy”.
“Credo di
riuscire a bere un sorso e tenere il piccolo contemporaneamente”, disse Malfoy.
“Quanti
bambini hai preso in braccio prima di oggi?”, gli chiese.
“Beh…
nessuno”, confessò lui.
“Allora non berrai
mentre è con te”.
Malfoy le
fece una linguaccia, somigliando molto a Teddy quando il suo latte non veniva
preparato in tempo. Cercò di riconsegnare il bambino ad Hermione ma lui gli si
aggrappò. Sembrava gli piacesse il cugino. Rimase un po’ sorpresa da quel
comportamento. Di solito gli piaceva sedersi sulle sue ginocchia e giocare con
lei ma quel giorno preferiva stare con quel biondo ghignante, che aveva un’espressione
disgustata per i suoi sorrisi sdentati ed i gorgoglii felici.
I due
rimasero seduti in silenzio per quella che parve un’eternità. Hermione si era
divertita un po’ a giocare a nascondino con Teddy finché non aveva notato
Malfoy intendo a fissarla. Aveva quindi iniziato a bere dal bicchiere che gli aveva
sottratto solo per avere qualcos’altro da fare con le mani, stando attenta a
tenere gli occhi ben lontani dal suo viso.
Alla fine,
Hermione udì due donne rientrare ed all’improvviso le venne in mente la lingua
tagliente di Malfoy. Non avrebbe sopportato si fosse comportato in modo
orribile con Andromeda. Quella donna ne aveva già passate abbastanza e non
aveva bisogno che anche suo nipote le facesse passare una giornata difficile.
Si allungò verso di lui e gli afferrò la mano. “Non osare dire nulla di oltraggioso
ad Andromeda”, gli sibilò. “Se farai qualche commento tagliente su Tonks, Lupin
o simili te ne pentirai. Hai capito?”.
“Principessa,
non sapevo avessi così tanta stima di me”, replicò lui.
“Mi ha mai
dato motivo di pensare ci sia quantomeno un barlume di decenza in te?”.
Non riuscirono
a terminare la discussione perché le due sorelle erano ormai praticamente
arrivate. Hermione scostò la mano da quella di Malfoy prima che le donne lo
notassero, sorrise e si voltò verso Andromeda. Contenta, si rese conto non
dovesse essere successo nulla di tragico in loro assenza perché entrambe sembravano
sollevate ed avevano chiaramente pianto.
“Draco? Quello
è Teddy?”, chiese la signora Malfoy, sorpresa di vedere suo figlio reggere un
neonato.
“Immagino di
sì. Non ho chiesto alla Granger il suo nome, ma l’ho supposto. Ho dovuto
toglierglielo dalle braccia, l’ha praticamente lasciato cadere”, replicò.
Hermione gli
lanciò uno sguardo avvelenato prima di guardare Andromeda. “Non l’ho quasi fatto
cadere, Andromeda. Teddy ha solo deciso di voler andare a fare conoscenza con
Malfoy e ci si è lanciato contro. Non chiedermi perché volesse conoscere questo
orribile furetto”, mormorò Hermione alla fine. Il fatto che anche Malfoy le
lanciasse un’occhiata storta le fece comprendere di aver detto l’ultima parte
ad alta voce.
Andromeda
sorrise. “Hermione, non preoccupati, sai che mi fido di te e so che non lo
lasceresti mai cadere”.
Le due
sorelle si sedettero al tavolo, Andromeda di fianco ad Hermione e Narcissa
vicino a Malfoy. Un silenzio imbarazzante calò su di loro, prima che Teddy
iniziasse a gorgogliare giocosamente e si protendesse verso gli orecchini di Narcissa.
“Oh, ma che bellissimo
bambino”, cinguettò Narcissa, facendogli il solletico sul mento. “Posso prenderlo
in braccio, Andromeda?”.
Andromeda
annuì e comunque sarebbe stato ridicolo rifiutare, pensò Hermione, visto che al
momento era in braccio a Malfoy. “Ma ha i miei capelli!”, esclamò Narcissa, quasi
elettrizzata alla prospettiva.
Andromeda si
scusò sorridendo. “In realtà non sappiamo di che colore sia. È un
Metamorphomagus come lo era la mia Nimphadora. Gli piace averli uguali a chi lo
sta tenendo in braccio”.
“Non lo sapevo.
Devi esserne stata molto orgogliosa”, commentò Narcissa.
Andromeda
iniziò a versare qualche lacrima. “Lo ero molto. Riusciva a farmi infuriare ma
era una ragazza appassionata ed intelligente”.
Narcissa si
allungò sul tavolo e le prese la mano. “Mi dispiace, non volevo riportare a
galla certi ricordi. Ora però hai Teddy ed è proprio un amore”.
Hermione si
sentiva orrendamente fuori posto. Nonostante fosse contenta della ritrovata complicità
tra le due e di quando amichevole fosse Narcissa Malfoy, era a disagio, come se
si fosse intromessa in un momento intimo. Si consolò leggermente alla vista di Malfoy
che sembrava non sentirsi meglio di lei seppure appartenesse alla famiglia.
Hermione
osservò Narcissa dare una gomitata a Malfoy, che si voltò verso di lei come per
leggerne l’espressione. “Vorresti qualcosa da bere, zia Andromeda?”, chiese
gentile.
“Un bicchiere
di vino, grazie Draco”, rispose Andromeda.
Malfoy si
alzò e si avviò al bancone. Hermione si sentì ancora più a disagio. Che si
aspettava dai Malfoy? Che cambiassero idea sui Nati Babbani? Cercò di afferrare
le sue cose. “Vado a controllare che sia tutto a posto da Anthony”, mormorò ad
Andromeda.
“Oh,
Hermione, non andartene, ti prego”, le disse Andromeda. “Significa molto per me
che tu sia qui”.
Hermione si
ritrovò intrappolata. Non poteva andarsene se lei voleva che rimanesse, così si
risedette ad ascoltare ma senza contribuire alla conversazione tra le due sorelle,
riguardante soprattutto Teddy. Malfoy ritornò con un vassoio. Mise il bicchiere
di vino di fronte a sua madre e sua zia ed uno di Firewhiskey di fronte a lei. Hermione
lo guardò confusa.
“Non sapevo
bevessi liquore, Hermione”, commentò Andromeda.
“Infatti non
lo faccio, non reggo molto bene l’alcool”.
“Perché hai
preso del Firewhiskey per la Signorina Granger, Draco?”, chiese Narcissa.
“È stata
brava a scolarsi il mio “, replicò Malfoy.
Le due donne
fissarono Hermione, che arrossì. “Non intendevo berlo, mi stavo solo
assicurando non lo bevesse lui mentre reggeva Teddy”, rispose.
“Se lo dici
tu, Granger”, ribatté lui.
Draco sorseggiò
il suo drink in contemplazione. Sua madre sembrava felice di parlare con la
sorella dopo tutti quegli anni. Sapeva che le era mancata parecchio ma non le
aveva mai suggerito di rimettersi in contatto, Lucius non l’avrebbe permesso. Andromeda
aveva tradito la società purosangue sposando Ted Tonks e sua figlia aveva
prolungato la faida sposando quel lupo mannaro, Remus Lupin. Draco avrebbe dato
almeno metà della sua fortuna perché suo padre vedesse la moglie seduta a fare
la chioccia con un bambino mezzo licantropo. Lucius si sarebbe infuriato invece
lui era contento che sua madre si stesse divertendo. Non molte persone le
avrebbero spalancato le porte, negli ultimi tempi. Le famiglie purosangue che
erano sfuggire ad un legame troppo stretto con il Signore Oscuro ora di certo
non volevano avere nulla a che fare con i Malfoy.
Anche sua
zia Andromeda sembrava piuttosto compiaciuta per come la situazione si fosse
sviluppata. Non sapeva molto di lei. In casa non era mai stata menzionata,
sapeva solo della sua esistenza. Non aveva nemmeno saputo avesse avuto una
figlia sposata con un licantropo, finché Voldemort non aveva iniziato a
prendere in giro suo padre per questo. Era rimasto sorpreso anche del fatto che
sua zia fosse in rapporti stretti con Hermione Granger. Credeva che la ragazza fosse
immersa fino al collo con i Weasley ed avrebbe passato ogni secondo libero con
loro invece, da quanto aveva carpito dalla conversazione tra le tre streghe,
aveva passato molto tempo con lei.
Draco trovò
divertente vedere la Caposcuola diventare sempre più allegra ad ogni sorso di
Firewhiskey. Non reggeva davvero l’alcool. Non ne rimase sorpreso.
Probabilmente non aveva mai bevuto prima qualcosa di più forte di una
Burrobirra.
Dopo circa
quaranta minuti, Andromeda ed Hermione si alzarono. Narcissa aveva tenuto in
braccio Teddy per tutto il tempo e sembrava delusa dal vederle andare via.
Draco non aveva mai capito perché sua madre non avesse avuto un altro figlio. L’unica
volta in cui l’aveva chiesto, lei aveva mormorato qualcosa riguardo suo padre e
la tradizione dei Malfoy.
“Non passare
il bambino alla Granger”, le mormorò Draco all’orecchio.
Sua madre si
voltò. “Perché no?”, chiese.
“Si regge a malapena
in piedi. Non regge l’alcool”, replicò lui.
Narcissa seguì
il suo consiglio e riconsegnò Teddy ad Andromeda. Le sue si abbracciarono e si
promisero di rimanere in contatto. Draco invece guardò Hermione, che adocchiava
la situazione con gli occhi lucidi. Dannato cuore tenero. “Allora ci vediamo in
giro, Granger”, le disse.
“Immagini di
sì”, rispose neutra lei.
“Non essere
tropo entusiasta alla prospettiva”.
La bruna lo
guardò confusa. Gli piaceva quello sguardo selvaggio. Di solito era sempre
troppo tesa, sempre al controllo della situazione.
“Ok, come ti
pare, Malfoy”, rispose senza eloquenza.
Draco ghignò
prima di voltarsi verso la zia, che li osservava con un’espressione
interrogativa. Ottimo, aveva destato la sua curiosità. Decise di salutarla
senza più guardare la Granger. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che la
gente pensasse fosse interessato a quella ragazza, quando invece gli piaceva
solo farla infuriare.
Hermione sghignazzò
ancora una volta quando sbattè contro lo stipite della porta mentre usciva.
“Minerva
vorrà la mia testa per aver fatto ubriacare la sua Caposcuola”, commentò
Andromeda, divertita per la sua incapacità di tollerare il Firewhiskey.
“Puoi dare
la colpa a Malfoy. Sarebbe felice di liberarsi finalmente di lui”, rispose
Hermione.
Andromeda rifletté.
Non aveva mai considerato molto suo nipote prima di allora. “Ha qualche
problema a trovare il suo posto ad Hogwarts?”, le chiese.
“È Malfoy,
certo che ha problemi. Ha perso la capacità di aggirarsi per il castello e
bullizzare quelli più piccoli e deboli di lui”.
Andromeda fece una smorfia. Tale padre, tale
figlio. Non le era mai andato giù che Narcissa avesse sposato Lucius Malfoy,
aveva incoraggiato troppo il lato snob di sua sorella. Invece Narcissa era innamorata
persa. “Allora che cosa fa?”.
“Beve. Cerca
di affogare il suo dolore”, replicò Hermione.
Andromeda
ripensò alla conversazione tra lei e suo nipote di qualche minuto prima. “Ti
causa molti grattacapi?”, chiese interessata.
“Non proprio.
Cioè, un pochino ma non deliberatamente. L’ho beccato in giro dopo il
coprifuoco qualche volta e beh, c’è stato un incidente nell’armadio delle scope”,
disse Hermione arrossendo. L’alcool le faceva perdere i freni alla lingua.
“Che tipo di
incidente?”.
“Oh, niente
di che”, disse vaga Hermione ma Andromeda la guardò scettica. Riusciva a leggerle
in faccia il conflitto interiore. Era ovvio che qualcosa la turbasse e, vista
la sua indecisione, era sicuramente importante.
“Beh, ci hanno
chiuso in un armadio quando lui era davvero ubriaco perso e … ehm… mi ha baciato
ehm… il collo… un sacco”, disse Hermione, ormai viola.
Andromeda
alzò un sopracciglio. Forse tra quei due c’era più chimica di quanto avesse
pensato all’inizio. “Ti ha baciata?”, ripeté.
“Era davvero
molto ubriaco e non sapeva cosa stesse facendo. Credeva ci fossimo incontrati
lì apposta invece erano stati la Parkinson e Zabini che si avevano spinti
dentro perché Lumacorno non si accorgesse di quanto aveva bevuto”, spiegò
Hermione. “Ma mi ha confusa. Cioè, lui non capiva niente ma sembrava sapere chi
fossi alla fine e non ha iniziato a blaterare né di germi di Sanguesporco né altro”.
Andromeda
cercò di non sorridere. Ovvio che Hermione fosse confusa, era una situazione
piuttosto divertente. L’erede purosangue dei Malfoy e la sua intelligente ma un
po’ inarrivabile ragazza. Sarebbero sicuramente stati una coppia piuttosto
interessante ed esplosiva.
“Che ne
pensi?”, chiese Hermione.
“Credo Draco
possa avere qualche sentimento più profondo nei tuoi confronti di quanto lui
creda”, replicò Andromeda.
Hermione si
premette le mani contro le guance. “Sono sicura tu abbia torto. È sempre stato
orribile con me e non si abbasserebbe mai a frequentare una Sanguesporco”.
Andromeda
sapeva di non dover spingere troppo, l’avrebbe solo confusa maggiormente. “Che ne pensi di lui?”.
“Mi fa
infuriare ed irritare come al solito ma nel mio cuore non riesco ad odiarlo
come fanno Ron ed Harry. Da quello che si è lasciato sfuggire, prova più dolore
di quanto lui stesso capisca e credo abbia solo bisogno di aiuto”.
Andromeda soppresse
di nuovo un sorriso. Forse Draco non era l’unico a nascondere dei sentimenti. Era
più che probabile che Hermione fosse solo compassionevole, perché non riusciva
a sopportare d vedere qualcuno soffrire senza motivo ed era nella sua natura
dare una mano, ma c’era qualcosa tra quei due che, se se lo fossero concessi,
avrebbe potuto sbocciare. Non riuscì a non pensare si trattasse sicuramente di
quello di cui il mondo magico aveva bisogno in quel momento, qualcosa di
inaspettato che lo unisse. Hermione e Draco potevano rispecchiare quelle
caratteristiche ed avrebbero persino potuto unire persone che altrimenti
sarebbero rimaste testardamente in disparte.
Oh, ma non
sarebbe stato facile. Per cominciare, i due migliori amici di Hermione e Lucius
avrebbero fatto fuoco e fiamme, anche se la ragazza era più che in grado di gestire
quei due e, se Draco avesse sviluppato appieno il suo potenziale, sarebbe stato
altrettanto capace di rimettere a posto suo padre. Si trattava solo di se e ma,
al momento, ma secondo Andromeda, con qualche aiutino e spintarella, avrebbero
potuto provarci. Doveva chiedere a Narcissa cosa ne pensasse e se avesse anche
lei captato qualcosa tra suo figlio ed Hermione.
Per fortuna,
Hermione non aveva idea dei pensieri che le passavano per la testa, né dei
problemi che questi avrebbero causato.
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Capitolo 9 *** Un Cambiamento In Arrivo ***
Cap 9
Un cambiamento in arrivo
Pansy quasi
si strozzò con il toast quando lesse la lettera da parte di Narcissa Malfoy che
aveva ricevuto quella mattina. Si era assicurata che Draco non fosse nei
paraggi, prima di aprirla. Al momento poteva anche essersi rinchiuso in sé stesso
ma era piuttosto sicura si sarebbe interessato se avesse notato posta da parte
di sua madre. La missiva fu una lettura interessante e Pansy comprese che avrebbe
dovuto tenere gli occhi aperti. A quanto sembrava, Andromeda e Narcissa avevano
ripreso in contatti durante la loro recente visita ad Hogsmeade ed avevano
captato qualcosa che lei non aveva notato in tutte quelle sei settimane ad
Hogwarts. A volte poteva aiutare avere due paia di occhi in più, immaginò, ma era
comunque irritata di non aver capito prima dell’esistenza dei possibili sentimenti
tra Draco e la Granger.
“Cosa c’è
che non va?”, le chiese Blasie massaggiandole la schiena per evitare che si uccidesse
con il pezzo di toast bloccato in gola.
Pansy rifletté
un momento se raccontare o meno la cosa anche a lui, ma decise fosse meglio di
no. Non perché non si fidasse, ma piuttosto perché sarebbe sicuramente rimasto
scioccato ed avrebbe rovinato tutto per sbaglio. Aveva un rapporto piuttosto
burrascoso con Draco.
“Niente”, disse
rimettendo la lettera in borsa. “Ho ricevuto posta da Pippa. È incinta”. Non
era esattamente una bugia. Sua sorella maggiore aspettava davvero un bambino ma
si era dimenticata di dirlo a Blasie quando la notizia le era giunta la
settimana precedente.
Blasie si
congratulò e lei sorrise. Dopotutto ormai era già il secondo, non era più così
eccitante.
Pansy lanciò
uno sguardo alla Granger in sala grande e ripensò alla missiva. Era un’idea
interessante, la Granger e Draco assieme, ed avrebbe potuto lavorarci. Di certo
avrebbe colto Hogwarts di sorpresa ed alcuni ne sarebbero rimasti scandalizzati.
Adocchiò i due migliori amici della riccia. Potter e Weasley avrebbero fatto
del loro meglio per evitare una simile relazione. Tra di loro non c’era alcuna
adorazione. Ma si stava spingendo troppo oltre. Ancora non aveva nulla di concreto
in mano e, se anche Draco avesse serbato qualche sentimento nei suoi confronti,
non se ne era ancora reso conto. Al contrario, quelli della Granger erano molto
vari. Decise fosse arrivato il momento di diventare davvero amica della
ragazza. Dubitava ci sarebbe riuscita, ma valeva la pena provarci.
Si assicurò
di starle a fianco mentre di dirigevano ad Antiche Rune ed iniziò una
conversazione sull’ultimo argomento affrontato. Quando quello fu esaurito,
Pansy cercò di pilotarla verso ciò che voleva davvero sapere: la gita ad
Hogsmeade. Si chiese se sarebbe riuscita a farla parlare, anche sei di certo
non stava trattenendo il respiro per questo.
“Ti sei
divertita ad Hogsmeade l’altra settimana? Non ti ho vista. Ho trovato Goldstein,
che era parecchio arrabbiato per doversi occupare di qualche idiota del quarto
anno”.
La Granger
sorrise compiaciuta. “Mi sono assicurata di ripagargli il favore. Durante la
prima gita è sparito, così ho messo in atto la mia fuga”.
Pansy rise. “Che
gli sia di lezione. Giuro, se dovessi sentirlo ancora una volta dire quanto sia
il migliore Caposcuola di sempre, potrei vomitare”.
La Granger
sospirò. “È piuttosto stancante, sì. Vorrei passasse lo stesso tempo a fare il
suo dovere invece che vantarsi di come lo svolga bene, soprattutto visto che
alla fine tocca a me sistemare metà delle cose che fa”. Sembrò rendersi però conto
di aver parlato male del suo collega, così aggiunse “Non badare a me, sono solo
un po’ acida”.
“Non
preoccuparti, non lo dirò a nessuno. E comunque ai Serpeverde non interessa”.
La Granger sorrise.
“Come pensavo”.
“No invece,
e non ti biasimo. Tre anni fa avrei messo in giro qualche voce maligna se ti
avessi sentita dire una cosa del genere”.
“Avresti
dato lo scoop a Rita Skeeter?”, la prese in giro la Granger.
Pansy assunse un’espressione colpevole. “Beh, sì, forse. Mi scuso per quello, Granger”.
Hermione le batté
una mano sulla spalla. “Non importa. Sono successe cose molto più brutte da
allora e sarebbe ridicolo se non ti perdonassi. Credo anche tu possa chiamarmi
Hermione”.
“Mi
piacerebbe, ma solo se mi chiami Pansy”, replicò lei. Forse non sarebbe stato
così difficile diventare amiche, dopotutto. “Allora dove sei scomparsa? Non ti ho
vista in giro”.
Ho
incontrato Andromeda Tonks. Sono rimasta con lei quest’estate, mentre il
Ministero cercava di rintracciare i miei genitori. È diventata quasi una
seconda mamma per me”, disse Hermione.
“Oh, pensavo
lo sarebbe stata la Weasley”, disse Pansy.
“Tengo
davvero a Molly ma immagino che fosse più semplice rimanere da Andromeda. Non ha
più nessuno, come me”.
“Non è la
zia di Draco?”, chiese Pansy.
“Sì, anche
se è stata cancellata dall’albero genealogico perché ha sposato un Nato Babbano”,
spiegò Hermione.
Pansy aspettò
invano che aggiungesse qualcosa. Ovviamente lei già sapeva che aveva incontrato
Draco e sua madre, ma la Granger non glie lo avrebbe riferito. Questo le fece
piacere la ragazza ancora di più. Di certo non era una da andare a sbandierare
i suoi segreti ai quattro venti e Pansy la rispettava per questo.
Hermione stava
vivendo una giornata strana. Dean e Seamus erano tornati a parlarle, cosa che
le faceva davvero piacere, ma questo aveva portato gli altri a fare commenti
spiacevoli sul mettere al primo posto le serpi invece che gli amici. Ron, in
particolare, si era unito entusiasta a questi. Era rimasto piuttosto deluso
quando il suo piano di far arrabbiare Malfoy con la sua fiaschetta era andato
in fumo. A quanto pareva, al biondo non importava affatto e, come ormai lei sapeva,
aveva già rimpiazzato l’oggetto. Poi Pansy era stata super amichevole nei suoi
confronti, anche se immaginava di non dover essere troppo sospettosa. Era ovvio
che i Serpeverde fossero cambiati radicalmente, anche se lei non riusciva a non
essere cauta, forse anche a causa dei pensieri che le erano scaturiti dopo la sua
conversazione con Andromeda la settimana precedente.
Il fatto che
una strega più anziana avesse suggerito che Malfoy potesse provare qualcosa per
lei oltre alla repulsione l’aveva un attimo destabilizzata. Non riusciva nemmeno
a credere potesse essere vero. Insomma, si trattava di Malfoy, che l’aveva
sempre fatta sentire come la donna più brutta dell’intero universo ed aveva
passato anni a deriderla per il suo aspetto. Già era confusa per l’intera
situazione ed ora si sentiva ancora più insicura. Non lo odiava più come prima.
In effetti, le dispiaceva per lui. Aveva iniziato anche a notare delle piccole
cose, tipo quanto fosse attraente quando non passava il tempo a ghignare. Aveva
un bel sorriso, che gli usciva nei momenti più sorprendenti. Hermione si era inoltre
ritrovata a volergli cancellare il dolore che a volte gli leggeva negli occhi. Ovviamente,
voleva anche dargli una scrollata e che smettesse di bere, ma più di tutto non
capiva perché le importasse così tanto di cosa gli sarebbe accaduto.
Al momento,
comunque, si godeva la tranquillità della ronda. Aveva bisogno di tempo per
dare un senso ai propri pensieri disordinati. Sfortunatamente, dovette
ricredersi quando, cinque minuti dopo, si imbatté nel medesimo ragazzo, svenuto
nel bel mezzo del corridoio. Come fosse riuscito a non essere scovato da
qualche professore non lo capiva. Ormai era la terza volta che lo beccava in
quel modo e non mancò di notare dove si trovasse quella volta: all’esterno
della Stanza delle Necessità. Immaginò avesse iniziato a pensare agli eventi
del sesto e settimo anno. Diede un calcio alla bottiglia vuota di Firewhiskey,
prima di rendersi conto che probabilmente avrebbe dovuto portarla via con lei
per nascondere le prove.
Hermione si
abbassò e lo scrollò per le spalle. “Malfoy, svegliati”, mormorò. “Andiamo, Malfoy, sei in mezzo al corridoio. Alzati”.
Non c’era
nulla da fare, ormai era andato. Se ci fosse stato un cartellone pubblicitario per
avvertire di non bere, lui sarebbe stato il soggetto principale. E se qualcuno,
vedendolo, avesse cercato di fargli del male? Avrebbero potuto fargli di tutto
e lui non se ne sarebbe nemmeno reso conto. Ripensò all’incidente con Dean e pensò
che, se lui l’avesse trovato in quello stato, di certo lo avrebbe spedito al
reparto di lunga degenza del San Mungo.
Da sola non
sarebbe mai riuscita a portarlo a peso morto. Avrebbe dovuto farlo levitare, il
che significava riportarlo alla sua sala comune perché avrebbe di certo
incontrato Gazza, Miss Purr o persino Pix se avesse cercato di spedirlo nei
sotterranei. Tra l’altro, sarebbe anche stata la prima volta in cui avrebbe
fatto levitare una persona.
Hermione fece
discendere Malfoy sul suo divano e sospirò di sollievo. Entrando, gli aveva
quasi fatto sbattere la testa contro la porta, ma era riuscita a riportarlo nella
sua stanza privata senza problemi. Lui si voltò e si accoccolò sui cuscini.
Alzò gli
occhi al cielo ed appellò la sua coperta di scorta, lasciando poi una bottiglia
di acqua sul tavolino da caffè di fronte a lui. Sarebbe stato carino avesse
almeno apprezzato il suo gesto la mattina dopo, ma non ci avrebbe sperato
troppo. Probabilmente avrebbe ricevuto solo insulti, anche se non usava più la
parola con la “S” da un po’, cosa tra l’altro molto gradita. Hermione si voltò
ed andò a letto.
Era ancora
buio quando un forte tonfo la fece svegliare. Si sedette, disorientata, ed
afferrò la bacchetta che teneva sempre a portata di mano. Le ci volle qualche
secondo per rendersi conto di essere nella sua stanza ad Hogwarts. Riusciva a
sentire qualche mormorio provenire dalla sua sala comune ed il cuore iniziò a
batterle per la paura. I Mangiamorte erano riusciti ad infiltrarsi di nuovo nel
castello? Scivolò fuori dal letto e si avviò in punta di piedi. Aprì la porta
lentamente e si sfregò gli occhi quando vide Malfoy seduto sul pavimento, attorcigliato
in una matassa di coperte. Il suo cervello, ancora addormentato, le fece allora
ricordare che la guerra era finita e che aveva riportato lì Malfoy perché lo
aveva trovato svenuto in corridoio.
Hermione non
riuscì a trattenere una risata di fronte a quella scena.
“Granger? Che
diavolo? Dove sono?”, grugnì Malfoy mentre, ancora confuso, cercava di
rimettersi in piedi.
“Nella mia
sala comune. Di nuovo, vorrei aggiungere”, replicò lei.
“Che diavolo
ci faccio qui?”, chiese.
“Sei svenuto
e ti ho trovato in mezzo al corridoio”.
Malfoy si
passò una mano tra i capelli. “Merda”, disse. “Non ricordo nemmeno di essere
uscito dalla mia, di sala comune”.
Lei strinse
le labbra e si mise le mani sui fianchi. “Non puoi continuare a comportarti così,
Malfoy. Potevi finire in un sacco di guai o persino ferito. Non avevi idea di
dove fossi e io non riuscivo nemmeno ad alzarti”, gli urlò contro.
“Sembri Pansy.
Non penso di poter sopportare due maniache del controllo che mi tengono al
guinzaglio contemporaneamente”.
“Se io non
dovessi continuare a trascinare le tue chiappe ingrate lontano dai pasticci, tu
non dovresti ascoltarmi per nulla”, sbuffò lei, stanca che si lamentasse sempre
per il suo aiuto.
“Come ti
pare, Granger”, replicò lui.
“No, non è
accettabile come risposta”, urlò ancora. “Devi smetterla di bere, Malfoy. Sta iniziando
a distruggerti. Non ricordi cosa stessi facendo e stai sprecando il tuo ultimo
anno ad Hogwarts. Come puoi pensare di trovarti un lavoro senza almeno qualche
M.A.G.O.?”.
“Odio essere
io a dirtelo, Granger, ma io non ho bisogno di lavorare”, disse tronfio.
“E quindi? Non
farai nient’altro che stare in casa ed infilarti in pessime situazioni come tuo
padre?”.
Hermione vide
la sua mascella serrarsi. Ok, forse non avrebbe dovuto dirlo. Non aveva idea di
come fosse il rapporto tra Malfoy e suo padre e, a giudicare dallo sguardo
omicida che le stava lanciando, probabilmente non avrebbe dovuto tirare fuori l’argomento.
“Solo perché
hai passato un minimo di tempo con me e mia madre non significa tu sappia
qualcosa della mia vita”.
“Non presumo
di saperne qualcosa”.
“A me sembra
di sì”, la interruppe.
“Ma tutti sanno
che tuo padre ha speso tempo e soldi a raggiungere obiettivi nefandi”, disse
arrabbiata Hermione.
“Se fossi in
te lascerei perdere, Granger”.
Lei sospirò
per la frustrazione. Non aveva davvero idea di come parlare a Malfoy. Era sempre
così irritato ma lei non poteva fare a finta di niente ed evitare di dirgli quanto
in rovina stesse andando la sua vita. Non aveva nemmeno diciannove anni, ma
sembrava determinato a distruggersi.
“Senti, dico
solo che devi pensare al tuo futuro invece che rivangare il passato”.
“Facile a
dirsi per te, hai un futuro di gloria già mappato di fronte a te. La ragazza
brillante di Hogwarts, l’eroina di guerra che illuminerà il mondo magico con la
sua immensa intelligenza e la sua costanza a migliorare la società”, disse amaramente
lui.
Se Malfoy
non le avesse sputato addosso le parole, avrebbe quasi creduto la stesse
elogiando. Ovviamente però, lui non le vedeva come complimenti.
“Mettila di
piagnucolarti addosso. Questo atteggiamento di pietà che hai non ti porterà da
nessuna parte. Hai l’opportunità di reinventare te stesso. Invece che fare il
fantasma in giro, perché non la cogli? Sei sempre stato così orgoglioso del tuo
cognome. Perché non fai davvero qualcosa per cui esserlo?”, gli disse con
passione. Non riusciva davvero a sopportare il suo comportamento svogliato. Era
da deboli e stava sprecando il suo talento.
Lui la fissò
sconvolto. “Grazie a Merlino, facevi piuttosto schifo come Mangiamorte, ma hai
dimostrato di essere intelligente quando hai riparato l’armadio svanitore e,
per quanto mi dolga ammetterlo, sei sempre stato bravo a scuola. Eri sempre
appena dietro di me con i voti”, continuò.
Hermione si
sentiva scossa. Malfoy invece fissava intensamente il camino, così che lei non
potesse capire se aveva fatto attenzione o meno alle sue parole. Pensò quindi
di continuare a parlare, finché si fosse tolta quel peso dal petto. “Ricomincia
ad applicarti, Malfoy. Non lasciare che vincano quelli che sperano tu fallisca.
Al momento stai dando loro ragione. Non vuoi fargli vedere che si sbagliano? Non
vuoi tenere la testa alta e dimostrare al mondo che non sei solo un ragazzino con
idee stupide che adorava Voldemort?”.
Lui la guardò
e così riuscì a leggerli il conflitto interiore negli occhi. Almeno sembrava
aver fatto breccia nel muro che si era costruito così bene attorno. Forse l’aveva
davvero ascoltata.
“Nessuno di
ha mai detto che predichi un po’ troppo, principessa? Risparmiati i sermoni per
i tuoi amici, io non sono interessato”, replicò con una smorfia.
Hermione rimase
a fissarlo triste mentre lui usciva dalla sua sala comune e si avviava nel
castello ancora buio. Si lasciò cadere sul divano sui cui lui aveva dormito e
si prese la testa tra le mani. Voleva dargli una scrollata e urlargli addosso. Come
riusciva a rimanere così indifferente, dopo quello che gli aveva detto? Come
faceva ad essere felice nel buttare via la sua vita? La faceva infuriare. Non sapeva
nemmeno perché stesse sprecando fiato per cercare di fargli capire che casino
stesse combinando. Aveva ragione lui, non erano affari suoi ma, per qualche
motivo, non poteva rimanere in disparte senza fare nulla.
Se invece
avesse capito quando fosse riuscita a penetrargli nella mente, mentre tornava
alla sala comune dei Serpeverde, sarebbe stata meno sconsolata. Probabilmente
sarebbe stata contenta e soddisfatta di aver fatto colpo con le sue parole.
Draco sapeva
di star gettando via la sua vita al momento, semplicemente non voleva smettere.
Era rimasto più che sconvolto dalle parole della Granger. Lei aveva parlato con
passione del suo futuro ed aveva persino messo in luce i talenti che possedeva.
Hermione Granger, la ragazza che aveva passato gli ultimi sette anni a guardare
dall’altro in basso e disprezzare alla luce del sole. Era rimasto sorpreso che
le importasse così tanto di lui. L’unico motivo per cui tutti sapevano quanto
lei fosse così intelligente era perché li spaventava tutti a morte con il suo
intelletto sopraffino.
Era rimasto
ancora più sorpreso che le stesse a cuore ciò che lui stava combinando. Le uniche
persone che gli avrebbero fatto un discorso così accalorato erano Pansy e sua
madre. Eppure, lei era rimasta lì, praticamente ad implorarlo di cambiare la
sua vita. Questo lo aveva fatto guardare oltre la sua reputazione. Se ci
fossero stati Potter o Weasley, al posto di lei, di certo avrebbero preparato i
popcorn, felici di vederlo andare a pezzi, probabilmente in prima fila a
godersi lo spettacolo.
Forse Pansy
aveva ragione nel dire di darle una tregua. Aveva presunto si fosse lasciata
coinvolgere perché era un’impicciona che non riusciva a tenere il naso lontano
da ogni piccola cosa, ma di solito persone del genere non facevano discorsi su
come tornare sulla retta via. Piuttosto, rimanevano in disparte, sentendosi
superiori. Aveva davvero fatto uno sforzo nel non chiamarla più Sanguesporco ma
non per non ferirla, bensì perché sapeva quanto la sua minaccia dell’ultima
volta fosse seria. Al momento, invece, pensò di dover smettere perché non era
carino e lei non lo meritava.
Draco si
trascinò attraverso il ritratto della sala comune, finendo dritto tra le
braccia di un comitato di accoglienza. Pansy era chiaramente andata su e giù
per la stanza per tutto il tempo, perché il pavimento sembrava più rovinato del
solito. Blasie invece era ancora sveglio perché odiava vedere la sua ragazza così
preoccupata per il suo amico.
“Dove
diavolo sei stato, Draco?”, ringhiò Pansy.
“Non farlo,
Pansy. Non sono dell’umore per un’altra litigata”, disse malvolentieri Draco.
“Non parlarmi
così. Blasie è venuto a cercarti nel dormitorio e tu non c’eri. E adesso
rientri, ore dopo, come se fossi stato il biblioteca”, si infervorò lei.
“Ad essere
onesto, non ricordo nemmeno di essere uscito, ok? Quindi lascia perdere e
smettila di comportarti come se lo facessi solo per darti fastidio”, biascicò
Draco prima di avviarsi verso la sua stanza.
Pansy piantò
i piedi per la frustrazione e grugnì. Blasie lo avrebbe trovato simpatico in
qualche altra occasione, ma sapeva che la ragazza avrebbe presto degenerato. Se
non voleva ritrovarsela piangente, avrebbe dovuto occuparsene lui.
“Lascia che
gli parli io, va bene tesoro?”, le disse. “Vai a letto, ok?”.
Sapeva quanto
fosse combattuta. Era ovvio volesse urlare addosso a Draco, ma sapeva che far radunare
tutti i Serpeverde in sala comune per godersi lo spettacolo non sarebbe stata
una buona idea. Annuì, si alzò sulle punte e gli diede un bacio veloce prima di
dirigersi al dormitorio delle ragazze. Blasie prese un respiro profondo e sperò
che la sua pazienza durasse. Non aveva un rapporto dei migliori con Draco ed avrebbe
dovuto usare tutte le sue tattiche per ottenere informazioni da quel testardo.
Entrò nella
stanza mentre Draco estraeva un pigiama prima di infilarsi sotto le coperte.
“Mi vuoi
dire dove sei stato?”, chiese Blasie.
“Che diavolo
ti interessa?”, biascicò Draco.
“Pansy era
preoccupata a morte. Non voleva andare a dormire finché non ti avesse visto
rientrare. Non le devi qualcosa? Almeno dirle dove sei stato?”.
“Senza
offesa Blasie, capisco tu le voglia bene, ma davvero non sono dell’umore per
una chiacchierata a cuore aperto”, replicò Draco.
“Bene, perché
ad essere onesto non voglio sapere cosa ti passa per la testa. Però non mi piace
nemmeno che la mia ragazza di disperi più del necessario. Voleva venire qui e
fare una scenata ma le ho detto che sarei venuto io a parlarti, quindi taglia
corto e dimmi dove sei stato”, disse calmo Blasie.
Draco lanciò
un’occhiata a Theo per assicurarsi che dormisse. Quel ragazzo aveva la lingua
lunga e non avrebbe perso occasione di raccontare per tutta Hogwarts i suoi fatti
personali. Si avvicinò a Blasie. “Sono svenuto nel corridoio. La Granger mi ha
trovato ed ho passato qualche ora addormentato sul suo divano. Si felice
adesso?”.
Blasie
sembrò preso alla sprovvista e Draco ghignò. Non ci voleva poi molto a
sconvolgere quelle sue chiappe pompose. “Ora mi lasci dormire?”, chiese.
Blasie annuì
e Draco si mise a letto. Tirò le tende con un gesto della bacchetta e cominciò
a fissare il soffitto buio. Doveva pensare a cosa fare della sua vita. La Granger
aveva ragione su una cosa: non poteva continuare così. Si stava distruggendo.
La mattina
dopo, Pansy si ritrovò ad aspettare Blasie. Lo afferrò appena uscì dal
dormitorio. “Che ha detto Draco?”, chiese.
Blasie alzò
un sopracciglio. “Buongiorno a te. Sì, ho dormito bene, grazie per avermelo
chiesto”.
Pansy sbuffò
e lui rise. “Ha detto che è svento e lo ha trovato la Granger. Ha passato qualche
ora sul suo divano”.
Invece che rimanere
scioccata, Pansy lo guardò saccente, come se quell’informazione si incastrasse
perfettamente nel quadro più grande che si stava costruendo in testa. Blasie diventò
sospettoso nel medesimo istante. “Cosa? Non sei sorpresa?”, chiese.
Pansy alzò
lo sguardo. “Beh, doveva per forza aver trovato qualcuno di amichevole che non
lo facesse scoprire, quindi immagino che la sala comune della Granger non sia
così strana”.
“Sai
qualcosa? Che succede tra quei due?”.
Pansy zittì
il suo ragazzo, guardandosi attorno per vedere se qualcuno lo avesse sentito. Poi
lo spinse di nuovo nel dormitorio, per fortuna vuoto. Bloccò la porta con un
incantesimo e silenziò la stanza.
“Devi
giurare che non dirai una parola a nessuno e non prenderai in giro Draco per
questo”, disse Pansy.
Blasie annuì.
Era troppo curioso.
“La lettera
che ho ricevuto ieri non era di mia sorella ma di Narcissa Malfoy. Sai che ha incontrato
Draco la settimana scorsa ad Hogsmeade, no?”, iniziò Pansy.
“Sì, da
qualche parte che non fosse troppo affollato”, replicò Blasie.
“Esattamente.
Beh, hanno incontrato Andromeda Tonks sai, la sorella di Narcissa, quella che
ha sposato un Nato Babbano, e per puro caso con lei c’era Hermione”, continuò
Pansy.
“E quindi?”, chiese Blasie.
“Sia
Narcissa che Andromeda hanno notato una curiosa chimica tra Draco ed Hermione. Questa
settimana Narcissa è andata a trovare la sorella e ne hanno parlato. Sembra entrambe
pensino che possano provare qualcosa l’uno per l’altra”, finì Pansy.
Blasie non ne
fu impressionato. “Sicura non siano solo due sorelle che chiacchierano? Cioè,
parliamo di Draco e la Granger. Non è che siano esattamente due anime gemelle”.
“Per prima
cosa, è Narcissa. Non metterebbe in giro pettegolezzi su Draco ed una Nata
Babbana se non pensasse sul serio ci sia qualcosa. E poi conosce Draco meglio di
chiunque altro. Secondo, non credi che Hermione sia esattamente ciò di cui lui
ha bisogno?”.
Blasie fece
una smorfia. “In realtà, no. Anche se provassero qualcosa, e devi ancora
convincermi a riguardo, riuscire a passare oltre le sue due guardie del corpo,
che odiano Draco, e l’intera faccenda della purezza del sangue che i Malfoy
amano tanto, sembra immensamente difficile”.
“Ma è esattamente
ciò di cui il mondo magico ha bisogno. Andrebbero contro tutte le aspettative
ed unirebbero le persone in un modo che sarebbe impossibile fare per una legge”,
ribatté Pansy.
“Oppure
potrebbero dividere ancora di più la comunità. Sicura non siate solo tre donne
che si impicciano? Non state andando un po’ troppo oltre il fatto che la Granger
odi Draco? E per quanto riguarda lui, al momento non gli importa nemmeno di sé stesso.
Come puoi aspettarti gli interessi di qualcun altro?”.
Pansy si
mise le mani sui fianchi. “Non mi sto impicciando”.
Blasie le lanciò
uno sguardo poco convinto. Ok, magari lo stava facendo solo un pochino ma
esclusivamente perché voleva che il suo migliore amico fosse felice.
“E comunque
non significa non possa interessargli di qualcun altro”, disse Pansy.
“Parliamo di
Draco, una delle persone più egoiste che abbia mai incontrato. Gli interessa
solo di sé stesso”.
“Non è vero.
Draco mi ha sempre protetta, soprattutto in passato. E non ho dimenticato l’incidente
nell’armadio delle scope. È ovvio provi attrazione nei confronti di Hermione,
visto il modo in cui si è attaccato al suo collo”.
Blasie alzò
gli occhi al cielo. “Ora stai cercando di darci una svolta romantica. Era ubriaco,
con una ragazza tra le braccia. Gli eventi hanno seguito il loro corso naturale”.
“Ti
dimostrerò che ti sbagli. Scommetto che entro la fine dell’anno Draco ed
Hermione staranno insieme”, promise Pansy.
“Come dici
tu, Pansy. Io credo siano solo sogni”, replicò Blasie.
“Preparati a
perdere”, disse tronfia Pansy.
Blasie non
rispose ma le sorrise. Oh, glie l’avrebbe fatta vedere ed avrebbe rimesso in
piedi draco. Hermione Granger era esattamente ciò che gli serviva. Avrebbe
tenuto il riga il biondo, non dandogli nemmeno il tempo di piagnucolare.
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Capitolo 10 *** Cancella e Riscrivi ***
Cap 10
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Pansy stava
iniziando a preoccuparsi sul serio per Draco. Ogni orno passava ore al lago,
completamente ritirato. Stava iniziando a chiedersi se stesse pensando di
suicidarsi. Interagiva a malapena con le persone e sembrava totalmente perso
nei propri pensieri. Era presente fisicamente ad Hogwarts ma la testa vagava
chissà dove. Lei aveva continuato a frequentare Hermione ma la ragazza non le
aveva ancora detto nulla riguardo quella notte in cui Draco era rimasto di
nuovo nella sua sala comune. Le aveva dato solo qualche scarno dettaglio e non
aveva aggiunto altro. Per questo motivo, credeva fosse successo qualcosa che
nessuno dei due voleva raccontare. Cominciò a chiedersi se non avessero
litigato ancora, cosa di certo non inusuale dato che gran parte della loro
conoscenza era stata scandita da quello.
Una
settimana dopo, Pansy finalmente si stancò di essere evitata da Draco, così lo
cercò al lago ma non lo trovò. Iniziò allora a perlustrare il castello, finché
non lo rintracciò in cima alla torre di astronomia.
“Che ci fai
qui?”, chiese preoccupata Pansy.
Draco,
appoggiato al parapetto, si voltò. “Non mi butterò giù, quindi non
preoccuparti. Non importa quanto le cose facciano schifo, non farei mai una
cosa del genere a mia madre, non dopo ciò che ha fatto per me”.
“Allora
perché sei quassù?”.
“Qui è dove
un sacco di cose della mia vita sono andate storte”, replicò lui.
“Pensavo
fossi stato fottuto nel momento in cui Voldemort è risorto e tuo padre ti ha
trascinato dentro i suoi piani”, commentò Pansy.
“Vero, ma
qui è l’epitoma di quanto tutto sia andato da schifo”.
Pansy si
appoggiò al parapetto di fianco a Draco ed iniziò ad osservare la Foresta Proibita.
“È strano pensare che uno degli eventi più famosi della guerra sia accaduto qui.
Adesso è così tranquillo”, gli fece notare.
“Mi ha
offerto protezione per me e mia madre. Te l’avevo mai detto?”.
“Chi?”,
chiese confusa Pansy.
“Silente”,
replicò Draco.
“Non mi hai
mai detto nulla di quella notte”, rispose lei.
“Era
indifeso con la mia bacchetta puntata contro ma non aveva paura. Sapeva non
sarei riuscito ad ucciderlo. Ha continuato a parlarmi ed aspettava arrivasse
Severus”.
Pansy non
seppe cosa dire. Draco si era sempre rifiutato di parlare di quell’episodio.
Sapeva che qualcosa era di certo andato male perchè Silente era morto, ucciso
da Severus Piton invece che da Draco come ordinato.
Draco era
stato severamente punito per il suo fallimento. Il Signore Oscuro era diventato
furioso e così sua zia Bellatrix. Era stata orgogliosa nel momento in cui al
nipote era stato scelto per un tale compito ma, visto che l’aveva delusa, lei
lo aveva usato per settimane come bersaglio per fare pratica e gli altri
Mangiamorte lo avevano preso in giro senza pietà perché non possedeva alcun
istinto omicida. Lo avevano etichettato come “patetico”.
“Credevo
sarebbe stato facile, che sarebbe bastato un incantesimo e sarebbe stata
finita. Non avevo capito quanto sarebbe stato diverso nel momento in cui avrei
avuto qualcuno alla mia mercé che mi fissava negli occhi. Silente non aveva per
niente paura di me ed aveva ragione, ero io quello spaventato e che chiedeva
pietà”.
“Pietà? Ma
avevi la sua bacchetta, che avrebbe potuto farti?”, chiese ancora più confusa
Pansy.
“Mi ha
offerto un modo per uscirne. Per un breve momento, ho visto la luce alla fine
del tunnel e sono stato molto vicino ad accettare. Ma poi sono arrivati i
Carrow, Rawle e Greyback e così è svanito tutto. È stato in quell’unico momento
che ha avuto paura, sai?”.
“Silente?”.
“Sì, quando
ha visto Greyback. Per un attimo mi ha guardato con uno sguardo carico di
disapprovazione. Prima di allora non ero ancora riuscito a deluderlo,
nonostante stessi cercando di ucciderlo. Quando lui è entrato, invece, mi ha
guardato per la prima volta come se non mi avesse conosciuto”, disse Draco. “E
io volevo rassicurarlo, dirgli che non mi aveva giudicato male e che,
nonostante i miei difetti, non avrei mati fatto entrare Greyback ad Hogwarts”.
Pansy
rabbrividì pensando al lupo. Lo aveva incontrato una volta, piuttosto per caso.
Dopo, suo padre le aveva urlato addosso per essere scesa quando le aveva detto
espressamente di non farlo. Poi le aveva spiegato ciò che a Greyback piaceva
fare alle ragazzine e niente di tutto quello poteva essere definito piacevole. In
seguito, era riuscito ad uccidere Lavanda Brown ed a lacerarla così tanto che,
nonostante avesse aiutato anche Hermione, lei non si era ripresa. Quando si
trattava di qualcuno che conosci, diventa tutto più reale.
“Sono sicura
lo sapesse, Draco”, lo rassicurò.
“Però l’ho
lasciato davvero entrare, no? Potevo non aver capito ci sarebbe stato anche
lui, ma ho lasciato che entrassero delle persone che volevano distruggere
Hogwarts. E se Greyback si fosse trasformato? Sarebbe stata colpa mia”.
“Non avevi
scelta. Dovevi fare quello che ti era stato detto od avresti fatto uccidere la
tua famiglia”.
Lui si voltò
per guardarla in volto e Pansy notò la disperazione nei suoi occhi. “Continuo a
dirmelo, come se potesse essere una scusa. Abbiamo sempre una scelta. Avrei
potuto rifiutare, essere coraggioso per una volta nella mia vita invece che
fare qualcosa che sapevo essere sbagliato. Potter lo avrebbe fatto, nonostante
le conseguenze”.
Pansy gli
afferrò la mano. “Draco, tu hai sei stato cresciuto in modo completamente
diverso. Per tutta la vita ti è stato detto che il Signore Oscuro avrebbe
protetto il mondo magico. Non puoi metterti a confronto con Potter, diventerai
matto”.
“La Granger
mi ha detto che ho una possibilità di cambiare le cose e che sto sprecando l’opportunità
di ripulire il nome dei Malfoy e fare qualcosa di cui essere orgoglioso. Ha detto
che potrei dimostrare al mondo di non essere solo un ragazzino che seguiva Lord
Voldemort”.
Pansy finalmente
comprese perché Draco si era ritirato in solitudine. Hermione era riuscita a
fare ciò che lei non aveva potuto, penetrare tra le sue difese dietro alle
quali si stava nascondendo, e le sue parole avevano colpito un nervo scoperto.
“E se quello
fosse tutto ciò che sono? E se non riuscissi ad essere nulla di diverso?”,
rispose con la voce rotta.
“Oh Draco,
puoi essere molto di più”, disse Pansy abbracciandolo. “Hai delle qualità che perfino
la Granger riconosce. Perché credi io mi sia impuntata in questo modo? Ti conosco
e so anche ciò che vuoi nascondere al mondo. Non hai ucciso Silente perché non
sei una persona del genere, non importa quanto ti ci impegni”.
Draco affossò
il viso nel collo di Pansy. “Non voglio fare casino, Pansy. Non voglio che Voldemort
continui a controllarmi”, mormorò.
“E non
succederà, Draco, te lo prometto”.
Lui alzò la
testa e le diede un bacio sulla guancia. “Ti voglio bene, Pansy. Senza di te sarei
più un fallimento di quanto già non sia”.
“Shhh, non
possiamo permettere che tutti sappiano quanto tu sia dolce”, lo prese in giro Pansy.
Draco la
abbracciò. Le doveva più di quanto avrebbe mai potuto restituirle. Se si fosse
arresa, lui non sarebbe mai uscito da quella situazione. Rimasero in silenzio
per un po’, continuando ad abbracciarsi. Fu il momento più tranquillo degli
ultimi anni.
Hermione rise
quando lei, Ron ed Harry si infilarono nel passaggio che portava alle cucine.
“Silenzio, Hermione,
ci farai scoprire e la tua reputazione immacolata da Caposcuola sarà rovinata
per sempre”, la avvertì Ron.
“Non riesco
a trattenermi. Mi sembra di essere tornata al primo anno quando ci stringevamo
tutti sotto al mantello”, mormorò lei.
“È un
peccato che sia immune all’incantesimo estensivo”, sospirò Harry quando Ron gli
pestò accidentalmente il piede per l’ennesima volta.
“Siamo
arrivati”, disse Hermione. Alzò il mantello e fece il solletico alla pera del
quadro.
Quando la
porta delle cucine si aprì, Ron inciampò sui piedi di Harry, che cadde e finì
addosso ad Hermione. Il peso dei due ragazzi la fece quindi finire a terra. Harry
le finì sulla schiena e Ron sopra di lui, trascinato giù dal mantello
intrappolato nei piedi di Hermione. Il tonfo della loro caduta fece immobilizzare
gli elfi domestici, che iniziarono a fissare Hermione. Harry e Ron si sfilarono
il mantello e lo fecero finire a terra
“Toglietevi
di dosso, idioti”, urlò lei, schiacciata.
Invece di
risponderle, Harry si irrigidì. “Andiamo ragazzi, sono seria. Faccio fatica a
respirare”.
Harry continuò
a stare zitto, poi udì una voce biascicante che conosceva ormai troppo bene. “Avete
sentito la ragazza. Dovreste togliervi di dosso prima di soffocarla”.
Hermione imprecò
e maledì il fatto di trovarsi con la faccia schiacciata a terra ed i capelli
sugli occhi, che non le permettevano di vedere nulla. Riusciva solo ad
intravedere due scarpe nere e lucide.
“Che ci fai
quaggiù, Malfoy?”, ringhiò Ron.
“Siamo in un
paese libero, no?”, ringhiò di rimando Malfoy.
“Sfortunatamente
per noi, sei libero”, grugnì Ron.
Hermione si
divincolò come un’ossessa cercando di spostare i suoi due pesanti migliori amici.
Alla fine, Harry sembrò notarla e spinse via Ron, alzandosi. Hermione ricominciò
a respirare a fondo e si tolse i capelli dagli occhi. L’ambiente ostile non la
incoraggiava. Malfoy era di fronte a loro con la mascella tesa. Ron diventava sempre
più rosso ad ogni secondo che passava ed aveva le mani strette a pugno. Harry sembrava
più calmo ma Hermione riusciva a leggergli negli occhi che in realtà quella era
solo una facciata. Sospirò. Voleva davvero smetterla di trovarsi in certe
situazioni, iniziavano a darle sui nervi.
“Esci,
Malfoy”, disse freddo Harry.
Malfoy alzò
un sopracciglio. “Perché dovrei?”.
“Perché non
vogliamo vedere la tua brutta faccia da furetto”, replicò Ron.
Malfoy si
avvicinò alla replica dei tavoli della Sala Grande e si sedette. “Non credo lo
farò”.
Ron fece un
passo in avanti e disse aggressivo “Lo farai, oppure ti costringerò”.
“Ragazzi,
andiamo, ecco Kreacher. Prendiamo la roba e andiamo”, si intromise Hermione prima
che la situazione degenerasse in rissa.
Il vecchio
elfo domestico li raggiunse. “Come può Kreacher aiutare Harry Potter?”.
Harry però
era troppo occupato a fissare Malfoy e non gli prestò attenzione. Hermione gli
diede una gomitata nelle costole.
“Oh, ciao,
Kreacher. Volevamo solo qualche zuccotto e un po’ di succo di zucca”, disse Harry.
“E qualche
tramezzino”, aggiunse Ron.
“Per favore,
Kreacher”, disse Hermione, guardando male i ragazzi, dimentichi delle buone
maniere. Kreacher fece un inchino profondo e sorrise.
I due continuarono
a tenere d’occhio Malfoy e lei si sentì come di troppo, ma grata che nessuno
cercasse ancora di parlare.
Un piccolo
elfo domestico arrivò di corsa ai piedi di Malfoy, reggendo una borsa. “Mi dispiace,
Padrone, Noktok non voleva arrivare in ritardo”.
“Non c’è
problema, Noktot. Ci vediamo la settimana prossima”, replicò Malfoy.
L’elfo
domestico annuì e sparì con uno schiocco di dita. Malfoy si alzò, pronto ad
andarsene.
“Non così in
fretta, Malfoy”, disse Harry. “Cosa c’è nella borsa?”.
“Non credo
siano affari tuoi, Potter”, replicò Malfoy aggirandolo.
Harry allungò
un braccio ed afferrò quello di Malfoy. “Dammi la borsa. Voglio sapere cosa
contiene”.
“Toglimi le
mani di dosso immediatamente”, grugnì Malfoy.
“Prima
aprila”, insistette Harry.
Malfoy fece
per scansarlo via ma Ron estrasse la bacchetta e glie la puntò contro. “Mostragli
il contenuto”.
Malfoy
tossì. “Che cosa vuoi farmi, Weasley? Sputare lumache così che l’incantesimo ti
si ritorca contro? Oh, aspetta, è già successo”.
Hermione alzò
le mani. “Oh, per la barba di Merlino, è ridicolo. Harry, togligli le mani di dosso.
Ron, abbassa la bacchetta e smettila di fare l’idiota. Malfoy, dammi la borsa. Controllerò
io, dato che sono Caposcuola”.
Malfoy strinse
la presa sulla borsa. “Non vedo come siano affari tuoi. Perché voi tre non
ficcate il naso nella vostra torre?”.
“Non mi fido
di te, Malfoy, ed in passato hai già cercato di far entrare cose pericolose nel
castello”, spiegò Harry.
“Vaffanculo,
Potter”.
Hermione lo
guardò negli occhi ed allungò una mano. “Dalla a me e basta, Malfoy. Tutto
questo finirà prima ed in modo indolore”.
Malfoy ringhiò
ma le diede la borsa. Lei la aprì e sbuffò quando vide le bottiglie di alcool. Allora
è così che Malfoy riusciva a procurarselo. Tutto aveva più senso, ora.
“Felice,
Granger? Adesso ridammela”, disse Malfoy.
“No, mi
dispiace, non posso. Come Caposcuola, non posso girarmi dall’altra parte quando
le regole vengono infrante”, rispose Hermione.
Malfoy la guardò arrabbiato. In effetti, era stata proprio lei a permettergli di in
frangerle più volte, in passato. Vide la scintilla nei suoi occhi e lo pregò
silenziosamente di non dire nulla che potesse farla litigare con Harry e Ron.
“Come ti
pare, Principessa”, disse maliziosamente Malfoy, prima di uscire dalla cucina e
lasciare Harry e Ron a fissarlo sconvolti.
“Come ti ha
chiamata?”, chiese Ron.
Hermione percepì
il rossore salirle alle guance e maledì Malfoy. Almeno non aveva detto nulla
sul come lo stava aiutando, ma chiamarla in quel modo di fronte ad Harry e Ron era
stato inopportuno.
“Niente. Si comporta
solo da Malfoy”, disse Hermione.
“Non mi
sembra niente, e perché non si è arrabbiato con te quando gli hai detto di
dargli la borsa?”, chiese sospettoso Harry.
“Forse perché
Ron gli puntava la bacchetta e tu gli tenevi il braccio. Cercava un modo di
salvarsi la faccia”, rispose Hermione.
“Non lo so, Hermione.
Prima ti impicci con Dean e adesso lui ti ha dato un soprannome”, disse Ron.
“Mi stai
davvero accusando di avere una qualche specie di relazione segreta con Malfoy?”,
chiese lei.
“Non essere
stupida, Hermione. Però di certo qualcosa non va”, replicò Ron.
“Senti, non
so quante volte io l’abbia già detto ormai, ma non potevo permettere che Dean lo
picchiasse ancora. Sono Caposcuola, il che significa che devo fermare cose del
genere quando le vedo, altrimenti perderei il mio titolo”, fece notare Hermione,
esasperata dal doverlo spiegare ancora una volta.
Per sua
fortuna, Kreacher arrivò in quel momento. “Mi dispiace, Padrone, ma vuole
qualcos’altro?”, chiese.
Ron gli si avvicinò
in un lampo, prendendogli la borsa dalle mani e guardandovi all’interno. “Kreacher,
sei il migliore”, disse con un ghigno.
Kreacher, dopo
aver vissuto assieme a loro per qualche tempo, aveva capito quali fossero i cibi
preferiti di Ron e quanto fosse radicato il suo appetito. Aveva quindi incluso
qualcosa per lui senza che glie lo chiedessero, sapendo perfettamente che il
ragazzo sarebbe stato più che felice di infilarsi tutti in pancia.
Harry ci
mise qualche attimo in più a distogliere lo sguardo da lei. Rifletteva molto
più di Ron ed Hermione sospirò di sollievo quando lui iniziò a prestare
attenzione all’elfo. Sapeva che non sarebbe stata l’ultima volta, ma almeno avrebbe
avuto un po’ di tempo per pensare a qualche altra scusa più convincente prima
di essere nuovamente interrogata. Sarebbe sicuramente diventato un ottimo Auror,
dopo il diploma.
I tre fecero
per andarsene ma Kreacher la richiamò indietro. “Signorina Hermione, Winky ha fatto
qualcosa per lei”.
Hermione sorrise
contenta. Winky era rifiorita sotto la guida di Kreacher. Nonostante anche Dobby
avesse cercato di aiutarla affettuosamente e di coprire il suo abuso di alcool,
Kreacher l’aveva invece trattata con brutale onestà. Essendo stato in passato
fieramente leale a qualche mago oscuro in prima persona, l’elfo aveva saputo esattamente
come affrontarla. Hermione l’aveva a stento riconosciuta quando era andata per
la prima volta nelle cucine all’inizio dell’anno, trovandola sobria e molto più
allegra. A volte diventava ancora depressa, ma non si dava più la colpa per la
disfatta di Barty Crouch Junior. Aveva anche imbastito una specie di amicizia
con Hermione e le due andavano piuttosto d’accordo. Tra l’altro, era proprio lei
a mettere in ordine la sua stanza da Caposcuola.
Ron alzò gli
occhi al cielo e fissò affamato il cibo. “Andate avanti”, disse Hermione con un
sorriso, sapendo che lo stomaco di Ron non avrebbe sopportato una lunga
conversazione di Kreacher.
Ron ai
affrettò fuori ed Harry la guardò in un modo che le fece capire che la conversazione
su Malfoy sarebbe stata ripresa. Lei annuì e si voltò nuovamente verso
Kreacher. “Allora dov’è Winky?”.
“Ha il turno
di mattina, adesso sta dormendo ma voleva mettere questo nella sala comune
domani e Kreacher sa che non le dispiacerà se Kreacher lo fa avere prima”, disse
Kreacher.
Hermione spiò
all’interno della confezione e si leccò i baffi alla vista della sua torta al limone
preferita. L’elfa le preparava spesso quelle leccornie. “Winky mi vizia troppo.
Dille grazie da parte mia”.
“Ancora una
cosa, Hermione, Signorina”, disse Kreacher, un po’ insicuro. “Riguarda Padron Draco”.
Hermione grugnì.
Era già abbastanza brutto avere Harry con li fiato sul collo. “Parla, Kreacher”.
“Non è un
mago cattivo, Signorina. Beve molto, me lo dice Noktok. È triste. È come
Padrona Narcissa. È più sensibile di un Malfoy normale”.
“Perché mi dici
queste cose?”.
“Perché a
voi ascolta. Non ascolta nessun altro quest’anno”, disse Kreacher.
Dannazione,
pensò Hermione. Se persino l’elfo lo aveva capito, avrebbe dovuto trovare una
scusa brillante da rifilare ad Harry. Anche se Kreacher aveva molta più
familiarità con la famiglia Black, quindi poteva solo essere più accorto a
causa di tutti quegli anni al loro servizio.
“Grazie,
Kreacher”, gli disse.
“Per favore,
Signorina Hermione”, continuò lui. “Kreacher vuole bene a Padron Harry ma lui
non capisce. Voi capite. Signorina, aiutatelo”.
Hermione lo
guardò rassicurante e sorrise, prima di uscire dalla cucina. Si sentiva molto
meno confortata quando tornò verso la torre di Grifondoro. L’intera situazione
con Malfoy stava diventando molto più complicata e caotica. Tra lei ed i suoi
amici una litigata colossale era molto vicina e non era felice di dover loro mentire.
Lei, Harry e Ron ne avevano passate tante assieme. Non erano solo amici, ma una
famiglia. non voleva litigare per Malfoy, ma sapeva anche di non potersi
confidare su ciò che stava succedendo, non avrebbero mai capito. Quasi sicuramente
le avrebbero proibito di avere qualsiasi contatto con lui ed Hermione di solito
non reagiva molto bene quando qualcuno le comandava qualcosa, anche se con buone
intenzioni.
Le tornò quindi
in mente una domanda che la tormentava da un po’. Perché si stava immischiando
con Malfoy? Quel ragazzo non era poi che le piacesse così tanto. Ok, doveva
ammettere fosse cambiato da quando si comportava come un piccolo viziato che faceva
a finta di possedere Hogwarts, ma non significava non avesse più un lato
malvagio. Non sapeva nemmeno perché provasse quel desiderio di aiutarlo. All’inizio
aveva creduto fosse perché aveva letto nei suoi occhi una specie di disperata
richiesta quando la guardava e sapeva anche fosse ormai fuori controllo. Poi aveva
pensato anche fosse perché non poteva fare a meno di dare una mano a chi le
sembrava una causa persa, e Draco Malfoy di certo lo era, abbandonato e perso
come chiunque altro.
Però forse
le mancava un pezzo. Prima Pansy che la implorava di aiutarla, poi Andromeda
che le suggeriva che forse Malfoy poteva provare qualcos’altro oltre al
disprezzo nei suoi confronti, e adesso Kreacher, cosa piuttosto insolita, che
le chiedeva di sostenerlo. Da quando gli elfi domestici si impicciavano in
quelle cose?
Hermione si strofinò
la fronte esasperata, prima di pronunciare la parola d’ordine alla Signora
Grassa. Malfoy non le faceva bene. La costringeva a porsi delle domande senza
risposta, mentre lei voleva solo passare un anno tranquillo ed ottenere Oltre
Ogni Previsione ad ogni M.A.G.O. possibile.
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Capitolo 11 *** L'Accordo ***
Cap 11
L’accordo
Draco faceva
fatica. Voleva davvero farla finita col bere ma aveva pianificato un approccio lento
e graduale piuttosto che una rottura definitiva. Però, dal giorno in cui si era
imbattuto nello Sfregiato e nella sua scimmia rossa ammaestrata, e da quando la
Granger gli aveva confiscato le scorte, si era trovato a vivere un incubo. Parlando
di incubi, senza l’effetto anestetico dell’alcool, questi erano tornati e si
stavano vendicando di lui. Doveva lanciare un incantesimo silenziante ogni
notte, perché non voleva che né Blasie né Theo lo udissero. Mentre si trovava
ad Azkaban, sognava sempre di trovarsi sotto lo stesso tetto di Voldemort ed il
terrore che ciò implicava, ad iniziare dalla morte della Professoressa di
Babbanologia, mangiata da Nagini ed a quella di Goblin puniti per aver permesso
che la Coppa di Tassorosso fosse rubata dalla Gringott. In quei giorni, invece,
sognava la Granger torturata da sua zia. Non era sicuro del perché, anche se la
incontrava praticamente ogni giorno.
Il giorno in
cui aveva visto lei, Potter e Weasley trascinati in casa sua dai Ghermidori era
stato terribile. Suo padre voleva lui li identificasse per riguadagnare i punti
persi agli occhi del Signore Oscuro, ma non ne era stato in grado. Nonostante
quanto detestasse Potter, non voleva vederlo catturato da Lord Voldemort, né all’ora
né dopo aver assistito a ciò che il Signore Oscuro poteva fare. Sapeva che, se
li avesse riconosciuti, non sarebbero stati uccisi velocemente ma piuttosto
sarebbero stati messi in mostra come dei cagnolini ed usati per ricattare l’Ordine
della Fenice.
No, Draco aveva
sperato che riuscissero a fuggire in qualche modo ed era effettivamente
successo, ma non prima che dovesse presenziare alla tortura della Granger. Aveva
rilegato quel giorno nei recessi della sua memoria, non volendo rivivere le emozioni
che gli causava, ed era comunque presto stato sostituito da altre giornate
terribili. Ora però il ricordo era riaffiorato e non poteva sopportare di
passare ogni notte a sognare le urla della Granger. A dire la verità, non
voleva fare alcun incubo ed avrebbe preferito dormire come un bambino ma non
gli era concesso, così aveva iniziato a bere finché non fosse svenuto. Il più
grande problema in quel momento era che Noktok sarebbe tornato con i rifornimenti
solo tra tre giorni.
Ecco perché Draco,
quel giorno, si trovava a vagare senza meta per la scuola alle tre del mattino.
Non lo preoccupava essere beccato. Dormivano tutti ed i professori avevano
finito la ronda un’ora prima. No, si sentiva perso e non riusciva a dormire. Non
poteva sopportare di rivedere gli occhi della Granger implorarlo di fare
qualcosa. Era già consapevole di non aver fatto nulla quella notte al Manor e
di certo non gli sarebbe servito riviverlo.
A quanto
sembrava, però, non stava per nulla vagando senza menta, perché si rese conto
di essere arrivato di fronte alla sala comune della Granger. Era davvero così disperato
da svegliarla e pregarla di ridarle il suo Firewhiskey? Non gli ci volle molto
per scoprirlo perché sì, lo era. Non dormiva da un po’ d il suo cervello aveva
smesso di funzionare bene quel pomeriggio. La deprivazione del sonno non era
mai una bella cosa, lo aveva sperimentato di persona durante il sesto anno e conosceva
i propri limiti.
Tra l’altro,
non aveva nemmeno più il senso di orgoglio a bloccarlo. Era la Granger, e già
sapeva quanto patetico lui fosse, dato che lo aveva beccato più volte messo in
condizioni peggiori. Bussò al ritratto, ignorando la guardiana che lo adocchiava
male. Udì un tonfo sommesso, come se qualcosa fosse letteralmente caduto dal
letto, e si ritrovò a fissare la Granger con le guance rosse.
“Malfoy”,
disse sbattendo le palpebre. “Che ci fai qui?”.
Draco sussultò
quando gli arrivò il suo fiato addosso. “Ti sei bevuta il mio Firewhiskey?”, le
chiese sconvolto.
“Forse”,
replicò la Granger con un ghigno di cui ogni Serpeverde sarebbe stato orgoglioso.
Ottimo, fu
tutto ciò che Draco pensò. Quella perfettina di Caposcuola era ubriaca a causa
della sua scorta di alcool ed in quel momento gli sventolava una bottiglia
vuota sotto al naso. “Capisco perché tu lo faccia, Malfoy. Anestetizza tutto”.
“Che sordidi
segreti nascondi?”, le chiese Draco, confuso.
Hermione smise
appena di sorridere, prima di allargare le braccia ed invitarlo ad entrare. “Vuoi
unirti a me?”, gli chiese. “Ti darò un po’ del tuo Firewhiskey”.
Draco provò
un’irresistibile tentazione di fregarsi una bottiglia e fuggire. Con così poche
inibizioni, Hermione Granger faceva paura. Poteva però essere la sua possibilità
di giocare la carta in suo favore. Lei già aveva qualche asso nella manica su
di lui, forse poteva avere qualcosa anche su di lei. Non sarebbe stato un
Serpeverde, se si fosse lasciato sfuggire l’occasione. Non riusciva a capire
come potesse stare appresso a quei due idioti dei suoi amici. Almeno Tiger e
Goyle seguivano i suoi ordini senza fare domande, almeno fino all’ultimo anno.
Entrò cauto
nella sala comune, ormai troppo familiare, e si spaparanzò sul divano. Doveva smetterla
di andarci. “Allora, qual è l’occasione, Principessa?”, le chiese.
Il sorriso
sparì dal viso della Granger e lei si mise a fissare il camino. Lo stava per
caso imitando? Gli sembrava di rivivere le sue stesse mosse dell’ultima volta.
“Ron si è
fidanzato”, gli disse con tono neutro.
“Davvero qualcuno
vuole sposare quell’ameba?”, esclamò sorpreso Draco.
“Hannah Abbott”.
Draco ghignò.
“Solo la Donnola potrebbe vantarsi di mettersi con una Tassorosso”.
“Anche tua
cugina lo era”.
“Cosa?”.
“Tonks. Era
una Tassorosso”.
“Sì, beh, ha
sposato un licantropo”, disse sottovoce.
La Granger
si alzò con gli occhi lampeggianti. “Non osare dire nulla di male su Tonks”.
Draco alzò
gli occhi al cielo. “Ok, Granger. Lascerò in pace la tua preziosa Tassorosso”.
Hermione rimase
in piedi a fissarlo come un’arpia vendicativa. “Non provi nulla per lei? Non puoi
rimanere lì a prenderla in giro dopo aver tenuto in braccio suo figlio per ore.
Non è passato nemmeno un anno da quando è morta ed era la tua unica cugina”.
Ecco ciò che
odiava di più di Hermione Granger. Aveva l’orribile abitudine di farlo sentire
in colpa per essere sé stesso. Era come se si aspettasse fosse migliore e ciò
lo irritava. “Sono un Malfoy, Granger. Non sono sentimentale”.
“Non è vero.
Hai parlato un sacco di te con Mirtilla Malcontenta e lei continua a dire quanto
tu sia sensibile”.
Lui ruggì
arrabbiato. Poteva esistere qualcuno di più irritante e ficcanaso di quella
Caposcuola?
“Cosa c’è
che non va, Malfoy, il gatto ti ha mangiato la lingua? Nessun commento
sarcastico questa volta?”, disse ghignando Hermione.
“Allora,
persino la Donnola ha trovato una da sposare. Che mi dici di te, Granger?”,
disse crudele Draco.
Hermione si
rattristò di nuovo. Quindi quello era il motivo per cui si era ubriacata. Piangeva
perché i suoi due amici avevano una seria e stabile relazione. Non che a Draco sarebbe
piaciuto fidanzarsi a diciotto anni. “Non preoccuparti, Granger. Sono sicuro
che Paciock sia disponibile”.
“No, non lo
è. Frequenta Calì Patil”, mormorò la Granger.
Draco non
riuscì a trattenersi. “Paciock ha la ragazza? Wow, non me lo aspettavo”.
Hermione si
accigliò e fissò il tappeto. “Devi sempre fare il cretino, Malfoy?”.
“Se avessi
voluto tè e simpatia, non avresti dovuto parlare con quella rossa che Potter
vuole sposare?”.
“Quanto sarebbe
da egoisti? Ginny è così eccitata. È giovane, innamorata e fidanzata e poi
arrivo io a buttarle tutte le mie ansie addosso?”.
“Ottimo,
allora è questo che sono. Una persona patetica, che ti permette di sentirti
meglio riguardo la tua situazione amorosa”.
“Circa”,
disse sorridendo la Granger.
“Mi hai
promesso un po’ del mio alcool. Allungami la bottiglia. Penso di averne
bisogno, se intendi rallegrarti a mie spese”.
“Ho imparato
dal migliore”, disse lei guardandolo in modo penetrante.
Ok, non era
di certo stato carino con lei e sì, l’aveva presa in giro per rendersi più bello
agli occhi degli altri, ma non doveva essere la Granger ad avere il cuore a pezzi?
“Allora, è per questo che stanotte stai bevendo? Perché quella scimmia rossa ha
trovato qualcuno di abbastanza stupido con cui legare le sue inutili chiappe?”.
“Non
capiresti”.
“Mettimi
alla prova”, la incoraggiò Draco. Non era ancora sicuro del motivo per cui le
stesse permettendo di sfogarsi. Non era nemmeno uno a cui piaceva ascoltare, le
persone lo annoiavano.
Lei lo
guardò poco fiduciosa, ma scrollò le spalle ed iniziò a parlare. “Non è che io
voglia Ron, ma volevo ciò che rappresenta”.
“E sarebbe?”,
chiese lui, un po’ sconvolto che la cosa gli importasse.
“Un futuro
stabile e dei figli”.
“Noioso”, disse
Draco, cercando di enfatizzare quanto stupida trovasse la cosa.
La Granger
gonfiò le guance. “Che cosa c’è di noioso?”.
“Non vuoi
farne qualcosa delle tue capacità? Se sposassi Weasley saresti legata alla sua
mediocrità. Qualsiasi cosa facessi, ti sentiresti in colpa per aver minato la
sua mascolinità. La Donnola è un eterno compare, senza alcuna autostima. I Serpeverde
lo hanno capito al secondo anno e ci abbiamo giocato su da allora. Quelle spille
con scritto “Potter Puzza” del quarto anno le abbiamo fatte perché tu sei stata
l’unica a rimanergli accanto. Sfortunatamente, il suo ego non era così delicato
come quello di quel povero idiota, così non si è lasciato sconfortare. Al
contrario, ha funzionato benissimo con la Donnola al quinto anno”, disse Draco,
ricordando i bei tempi.
Lei ci pensò
su, quasi come se il pensiero non l’avesse mai sfiorata. “Credi davvero io sia
una specie di minaccia per lui?”, gli chiese.
“Per la barba
di Merlino, Granger, dovresti essere la strega più brillante della nostra
generazione. Perché credi abbia fatto la proposta ad una Tassorosso? La Abbott
ha la capacità mentale adatta perché lui si senta superiore. Tu lo lasceresti a
prendersi le briciole. Va bene come amico, ma come moglie? No. Ti guarderebbero
sempre con compassione e metterebbero le tue capacità alle sue”, le spiegò.
“Lo pensi anche
tu?”.
Draco ghignò.
“No, sono un Malfoy. Una ragazza dovrebbe sentirsi fortunata nell’accalappiarmi”.
Hermione rise.
“Malfoy, non montarti la testa. Di recente non ho notato nessuna ragazza
correrti dietro”.
Aveva
ragione. “Sono un po’ giù ultimamente, ma i Malfoy si rialzano sempre”.
Lei fece una
smorfia. “Certo, e correranno dietro a qualsiasi mago oscuro emerga la prossima
volta tra i Serpeverde”. Si pentì di quelle parole appena le uscirono di bocca.
Malfoy perse il suo ghigno arrogante che non vedeva ormai da molto tempo e
tornò ad incupirsi.
Rimasero in
silenzio per un po’ ed Hermione non gli richiese il Firewhiskey. Lo aveva
aperto solo perché si era sentita ridicolamente giù di morale e,
sorprendentemente, Malfoy aveva fatto un ottimo lavoro nel risollevarglielo. Ora
era curiosa di sapere la sua opinione in altre cose. Aveva brutalmente
assassinato la personalità di Ron ma non si aspettava di certo che lui
apprezzasse le qualità che lei ammirava ed amava platonicamente. A parte tutto,
aveva comunque ragione su certe cose. Ron aveva una bassa autostima, non che la
sua fosse meglio, ma certamente portava rancore se i suoi amici compivano
imprese gloriose. Era stato a lungo invidioso della fama di Harry ed aveva
capito quanto fosse pesante solo nel momento in cui se ne era andato quando
erano tutti e tre in fuga. Anche se involontariamente, a lei aveva detto molte
cose che l’avevano ferita. Il fatto che la vedesse come un ragazzo l’aveva sempre
fatta deprimere. Inoltre, aveva sempre preso in giro la sua propensione allo studio
ed il suo desiderio di conoscenza. Per un po’ aveva pensato che, se si fossero
messi assieme, le loro differenti personalità sarebbero giunte ad un
compromesso ma in realtà si irritavano entrambi a vicenda. A quanto sembrava
non si trattava di tensione sessuale inespressa ma di una vera e propria incompatibilità.
Hermione guardò
Malfoy, che al momento continuava a bere dalla bottiglia. Allungò una mano e lo
fermò. “Mi dispiace, Malfoy. Sono stata inopportuna”.
Lui alzò sorpresa
lo sguardo. Solo perché non si era mai scusato quelle volte in cui aveva torto,
non significava che nessun altro l’avrebbe fatto, così annuì.
“Non hai mai
risposto alla mia domanda”, disse lei, allungando la mano per prendere il
Firewhiskey. Non voleva più bere e non voleva che neanche lui lo facesse.
“Che
domanda?”, chiese Draco, arrendendosi.
“Anche tu ti
senti così? Una ragazza come me di intimidirebbe troppo?”, chiese ancora. Per qualche
motivo, il cuore le stava battendo forte, come se la risposta le importasse sul
serio. Ma certo che no, si disse. Sarebbe stato strano se le fosse interessato
ciò che pensava Malfoy, no?
Malfoy la
guardò, pensando alla domanda. “No”, constatò semplicemente.
“Perché no?”.
“Perché sarei
orgoglioso se una ragazza così scegliesse di sposarmi. E comunque, non sono
così stupido come Weasley quindi potrei mentalmente starle dietro”.
Hermione alzò
gli occhi al cielo. Ad essere onesti, Malfoy era davvero piuttosto
intelligente.
“Quindi hai
pensato a ciò che ti ho detto la settimana scorsa?”, gli chiese, non
aspettandosi sul serio che le rispondesse.
“Sì”.
“Tutto qui?”.
Draco sospirò.
“Non sei felice finché non ti viene detto tutto, vero?”.
“Che ti
aspettavi, Malfoy? Se mi arrendessi così facilmente non sarei stata di nessun
aiuto ad Harry in tutti questi anni”.
“Sì, ci ho
pensato e sì, avevi ragione su certe cose”.
Hermione cercò
di non fare un’espressione stupita. Non credeva avesse ascoltato e quella
sottospecie di ammissione sarebbe stata tutto ciò che avrebbe ottenuto. “Quindi
smetterai di bere?”, insistette.
“Ci proverò”,
le disse, allungando poi la mano per recuperare la bottiglia che lei reggeva.
“Allora puoi
cominciare adesso”, gli rispose, spostandola fuori dalla sua portata. Si alzò,
andò in bagno e ne versò il contenuto rimasto nel lavandino.
“Ehi!”,
protestò Malfoy. “Era un Ogden invecchiato”.
“Come fai a
stare lì dicendomi che proverai a smettere e poi cercare di fregarmi la
bottiglia, tutto nel giro di un minuto?”.
“Perché sono
un groviglio di pensieri contrastanti”, disse fissando la bottiglia vuota nelle
mani di Hermione.
Lei rise. Malfoy
poteva anche essere un idiota irritante ma almeno era divertente. Sapeva anche
che avrebbe fatto molta fatica a smettere di bere senza un incentivo adatto. Aveva
pensato a molte cose per convincerlo, dopo avergli confiscato le scorte la
settimana prima. Anche se era riuscita a prendere una delle borse in consegna,
non era così stupida da pensare che non sarebbe tornato in cucina a recuperare
il carico seguente. Però aveva un’idea.
“Sai cosa ti
dico, Malfoy? Voglio fare un accordo”.
“Di che
tipo?”, le chiese sospettoso.
“Ti
permetterò di continuare ad avere un po’ di alcool da Noktok, ma solo se sarò
io a ritirarlo e rimarrà qui nella mia sala comune”.
“Perché dovrei acconsentire?”.
“Perchè non
inizierai mai a moderarti se terrai la tentazione in camera. Durante la
settimana dovrai metterci tutto te stesso e partecipare alle lezioni e, nel
fine settimana, ti concederò di bere qualcosa”, gli spiegò.
“Quindi dovrei
venire qui. Non verrebbe meno il suo scopo?”.
Hermione si
accigliò. “Che scopo?”.
“Io bevo per
dormire e dimenticare. perché credi sia venuto a bussare alla tua porta alle
tre del mattino?”.
Hermione non
aveva considerato quell’aspetto. Aveva creduto che Malfoy cercasse solo di
annegare i propri dispiaceri, non aveva capito che ne avesse bisogno per
dormire. “Non è salutare. Non puoi continuare a bere perché devi dormire”.
“Dillo ai miei
incubi”.
Hermione sapeva
che anche Harry aveva avuto incubi terribili dopo la battaglia finale, ma aveva
anche iniziato ad andare al San Mungo per avere aiuto. Aveva anche usato la
Pozione Senza Sogni per un po’. Malfoy avrebbe potuto fare allo stesso modo.
“Non puoi cercare
aiuto per questa cosa? Conosco un Guaritore al San Mungo che si è specializzato
proprio in questo”.
Malfoy le
lanciò uno sguardo. “Vuoi che vada a raccontare le mie cose ad un estraneo? Molto
Grifondoro da parte tua, Granger”.
Aveva
ragione, non era uno che si sarebbe affidato ai terapisti. Avrebbe di certo
passato il tempo sulla difensiva. “Ok, beh, ammetto sia troppo ambizioso. Che ne
dici della pozione Senza Sogni?”.
Lui alzò gli
occhi al cielo. “Certo, perché Madama Chips mi adora moltissimo e sono sicuro
mi darebbe le sue scorte”.
Hermione sospirò.
“Beh, se vuoi fare il difficile capisco perché non ti vorrebbe aiutare. Smettila
di bocciare tutti i miei suggerimenti”.
“E tu
smettila di tirare fuori idee stupide”.
“Non sono
stupide”, si arrabbiò lei. “Sto cercando di trovare un modo perché tu possa
smetterla di essere dipendente dal Firewhiskey. Non credi che diventare un
ubriacone sia un po’ umiliante per un Malfoy?”.
“Questo è un
colpo basso”, commentò.
“Però è
vero. Ora, accetterai la mia proposta o no?”.
“Per quanto
sia divertente vederti scervellare nel tentativo di aiutarmi, credo continuerò con
il mio piano, Principessa”.
Immaginava già
non avrebbe accettato ma, se credeva ci avrebbe rinunciato così facilmente, lo
avrebbe riscosso molto presto. “Accetta o mi assicurerò che Noktok non riesca
più a consegnarti nessun tipo di alcool”.
“E come
faresti, Granger? Prende ordini da me, non da te”.
“Non ho bisogno
che lui mi obbedisca. È Kreacher a dettare le regole in cucina e conosce anche
qualsiasi tipo di lacuna della magia degli elfi. Parlerò con lui e troveremo un
modo”.
“Ti hanno
mai detto che sei una stronza?”.
Hermione sorrise.
Quella battuta era rivelatrice. Se aveva ricominciato ad insultarla significava
fosse riuscita a metterlo all’angolo. “Stronza o no, Malfoy, queste sono le mie
richieste”.
Lui distolse
lo sguardo ed iniziò a fissare il camino. “Immagino di dover acconsentire”.
“Ottimo.
Allora hai capito che non dovrai bere durante la settimana?”.
“Sei stata piuttosto
esplicita sul punto”.
“E che
dovrai ricominciare a partecipare alle lezioni e fare i compiti? Non dovrai più
fare affidamento su Pansy”.
“Ti comporti
come se le avessi chiesto io di farli al mio posto. A me andava bene anche che
i professori sapessero non me ne fregasse nulla”.
“Malfoy!”,
grugnì frustrata lei. “Accetti o no?”.
Draco si
passò una mano tra i capelli. “Immagino tu non mi dia altra scelta”.
“Il tuo
entusiasmo mi riempie di gioia”, replicò sarcastica Hermione.
“Non tentare
la sorte, Principessa. Farò ciò che vuoi quindi smettila finché sei in
vantaggio”.
Hermione sorrise
angelica. “Se credi io lasci perdere, Malfoy, hai sbagliato persona. Non mi
arrenderò né permetterò tu continui in questo modo”.
“Non capisco
perché ti importi”, mormorò lui.
Lei gli
accarezzò una guancia. “Perché sono una Grifondoro compassionevole,
ovvio”.
Malfoy fece
a finta di vomitare, il che la fece ridere. “Ora porta il tuo culo Serpeverde
fuori dalla mia stanza. Voglio dormire”.
“Un ultimo
sorso per alleggerirmi la strada?”, chiese speranzoso Malfoy.
“Te lo
sogni, Malfoy. Per oggi hai già bevuto abbastanza Firewhiskey”.
“Capra avara”,
mormorò lui mentre usciva dalla sala comune.
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Capitolo 12 *** Storie Mai Raccontate ***
Cap 12
Storie mai
raccontate
Hermione rimase sorpresa nel notare
che il suo accordo con Malfoy stesse funzionando. Era tornato in classe il
lunedì con atteggiamento diverso. Non si teneva più in disparte nelle retrovie
non facendo nulla ed era persino arrivato a pozioni con la borsa, i libri, un
po’ di pergamena e la piuma. Aveva preso appunti alla spiegazione di Lumacorno
ed aveva poi iniziato a preparare la pozione del giorno. Pansy e Blasie, di
fianco a lui, erano rimasti a bocca aperta. Pansy le aveva lanciato uno sguardo
e lei non era riuscita a non sorriderle. Lumacorno era rimasto stupito quando
Malfoy, alla fine della lezione, gli aveva consegnato una pozione perfetta ed Hermione
aveva gioito per lui. Di certo il professore sapeva già quanto Malfoy fosse bravo
in pozioni, no? Dopotutto, aveva preso un Oltre Ogni Previsione ai G.U.F.O. e
per di più con Piton che, anche se favoriva platealmente i Serpeverde, di certo
non era solito elargire voti alti.
Pansy la raggiunse quando uscì per
dirigersi ad Erbologia. “Hermione, aspetta!”, la chiamò.
“Ciao Pansy”, le disse fermandosi.
“Che cos’hai fatto a Draco?”, chiese
Pansy, ed Hermione ghignò.
“Smettila”, la pregò lei. “Tu di te
è troppo strano e troppo da Serpeverde”.
Hermione rise. “Beh, mi sento un po’
una serpe. L’ho manipolato e costretto ad accettare un accordo”.
“Come?”, chiese scioccata Pansy.
“Malfoy ti
ha detto che l’ho beccato in cucina con Harry e Ron?”.
Pansy scosse
la testa ed Hermione alzò gli occhi al cielo. “Quel
ragazzo! Non riuscirà mai a condividere le informazioni importanti”.
“Raccontami”,
disse Pansy con gli occhi a fessura.
“Allora, l’ho
beccato circa una settimana fa con Harry e Ron alle calcagna. Dubito io debba
spiegarti la litigata che è scaturita tra quei tre”.
“No, risparmiamela
pure. Posso immaginare, dato che succede regolarmente anche a Serpeverde tra Draco,
Blasie e Theo”.
“Sì, beh, Malfoy
stava aspettando che uno dei suoi elfi gli portasse una borsa di alcool ed io,
ovviamente come Caposcuola ho dovuto confiscarla”.
“Mi chiedevo
dove riuscisse a procurarselo. Ho dato di matto con un paio di quelli del sesto
anno perché credevo li avesse costretti a portargliene un po’ da Hogsmeade”.
Hermione annuì
e continuò. “Poi l’altra sera si è presentato alla mia porta alle tre del
mattino. Sembrava non dormisse da parecchio e mi ha fatto un po’ pena. Era ovvio
che la mancanza di alcool gli stesse dando qualche problema. Comunque, ho fatto
un accordo. Se avesse smesso di bere durante la settimana ed avesse iniziato a
partecipare alle lezioni, gli avrei concesso di continuare a bere nel fine
settimana. Ma sono preoccupata di una cosa. Fa continuamente incubi orribili e
mi ha detto di aver iniziato a bere proprio per sopprimerli, così da riuscire a
dormire”.
Pansy si
accigliò. “Blasie non mi ha detto nulla”.
“Credo abbia
l’abitudine di lanciare un incantesimo silenziante, così che i suoi compagni
non lo sentano”. Hermione si morse un labbro, indecisa se fare o meno una
domanda, ma alla fine decise di provarci. Malfoy nascondeva troppe cose a Pansy.
“Credi di poterlo convincere a vedere un Guaritore del San Mungo?”.
Pansy inclinò
la testa, curiosa. “È solo che Harry lo ha fatto dopo la fine della guerra. Aveva
degli incubi tremendi ed il Guaritore lo ha aiutato a farli sparire”, spiegò Hermione.
“Ne dubito”,
disse triste Pansy. “Draco non è uno che racconta i propri segreti a degli
sconosciuti. Ha delle remore anche con le persone che conosce bene. Cioè, io
non sapevo nemmeno di questa cosa e che usasse l’alcool per dimenticarli”.
Le spalle di
Hermione si afflosciarono. “Come pensavo. Valeva la pena provarci, comunque”.
Fu in quel
momento che Harry le urlò dal corridoio. “Hermione, arrivi o no? Arriveremo in
ritardo se non ci sbrighiamo”.
Lei si aggiustò
la borsa in spalla e fece un veloce cenno a Pansy prima di allontanarsi.
“Perchè
ultimamente si ferma così tanto a parlare con quel carlino?”, chiese Ron ad Harry.
Harry scrollò
le spalle. “Non lo so, ma sta diventando tremendamente a suo agio con i
Serpeverde”.
“Immagino
debba parlarci se vengono da lei ad esporle i loro problemi”, disse Ron,
allontanando le preoccupazioni di Harry. “Comunque, ho il permesso della McGranitt
per andare ad Hogsmeade a scegliere l’anello per Hannah questo fine settimana. Vieni
con me?”.
“Sì”, disse Harry,
ma i pensieri riguardo ad Hermione gli rimasero in testa. Non aveva dimenticato
che Malfoy l’aveva chiamata Principessa in cucina. Da quanto usava parole
carine, anche se in tono derisorio, verso Hermione? Sarebbe stato molto più
contento se avesse continuato a riferirsi a lei come Sanguesporco Granger e
prenderla in giro. Anche se l’ostilità tra lui e Ron continuava, sembrava quasi
divertente con Hermione e di certo la sua amicizia con Pansy Parkinson era
strana. Non importava quante volte lei gli avesse spiegato che fossero
diventate socievoli perché dovevano fermare chi bullizzava quelli del primo
anno, qualcosa in quella storia non quadrava. Harry non sapeva ancora contro
chi puntare il dito ma aveva un presentimento e, in tutti quegli anni, aveva
imparato a fidarsi. Non voleva comunque litigare con lei. Già era andata sulla
difensiva le altre volte, quindi non voleva darle l’impressione di non fidarsi,
però era comunque preoccupato. Non ci si poteva fidare delle Serpi, come
dimostrato parecchie volte negli anni precedenti.
Pansy si batté
una mano sulla fronte, rendendosi conto di essersi dimenticata di chiedere ad Hermione
una cosa importante. Blasie la guardo con espressione dubbiosa. “Va tutto bene,
Pansy?”, mormorò.
Lei annuì,
non volendo portare l’attenzione su di loro, dato che avrebbero dovuto
concentrarsi nel prendere appunti dalla lavagna. Hermione le aveva chiesto se Draco
avrebbe parlato con un Guaritore dei suoi problemi. Non avrebbe certamente mai
accettato, però ne stava già parlando con qualcuno: Hermione Granger.
Ormai la
cosa andava avanti da qualche settimana e lui non le aveva nemmeno detto nulla.
Aveva ascoltato le parole di Hermione riguardo a ciò che stava combinando nella
sua vita, mentre a lei aveva a malapena dato la possibilità di aprire bocca. Era
piuttosto ovvio che la ragazza stesse diventando la chiave per fargli
affrontare i suoi problemi. La teoria di Andromeda stava diventando sempre più
reale ed Hermione, nonostante andasse contro il parere degli amici, si stava invischiando
sempre di più. Pansy aveva già in mente cosa avrebbe dovuto fare più tardi. Avrebbe
scritto una lettera a Narcissa ed Andromeda. Non le importava ciò che le avesse
detto Blasie, tra i due c’era sicuramente una scintilla.
Hermione
entrò felice in biblioteca. Lì si sentiva in pace. Tutti gli orrori e le pene
che erano accaduti in precedenza venivano spazzati via ogni volta che si
immergeva nell’atmosfera ed iniziava a studiare. Non doveva completare nessun
compito ma aveva comunque molto da fare. Malfoy non avrebbe mai chiesto a
Madama Chips la pozione Senza Sogni, così avrebbe dovuto fare qualche ricerca
sui metodi per aiutare il sonno. Aveva scoperto che la pozione veniva solitamente
prescritta sotto controllo medico perché poteva creare dipendenza e lei era
piuttosto certa che, vista la sua già esistente dipendenza dall’alcool, Malfoy l’avrebbe
utilizzata come rimpiazzo invece che cercare di sradicare il problema. N,
doveva trovare qualcosa che lo avrebbe aiutato ad andare avanti.
Hermione era
assorta nella lettura di “Malattie magiche al San Mungo”, quando sentì qualcuno
darle un buffetto sulla spalla. Si voltò e trovò Harry.
“Hai un
momento, Hermione?”, le chiese.
“Certo, che
succede?”.
Lui le si sedette
di fianco e la osservò. “Sono preoccupato per te”.
Hermione si
accigliò. Aveva lasciato intendere quanto depressa fosse ad essere l’unica
diversa tra il suo gruppo di amici? Non aveva pensato nemmeno per un minuto che
Hannah Abbott avrebbe rifiutato la proposta di Ron e non voleva rovinare il
loro entusiasmo. Non era colpa loro se lei ancora non aveva trovato una persona
che la rendesse così felice anche se, nel profondo, temeva non l’avrebbe mai
incontrata.
“Perché?”,
chiese cercando di non mostrare la paura che l’attanagliava.
Harry si
grattò la testa. Non voleva lei pensasse che non si fidasse perché non sarebbe
stato vero, le avrebbe affidato la sua vita e l’aveva già fatto parecchie volte.
Però Hermione poteva essere anche infantile a volte e voleva sempre trovare il
buono in tutti. “Per favore, non prenderla male. Te lo dico solo perché ti voglio
bene e non voglio tu rimanga ferita”, iniziò.
Hermione
rimase un attimo confusa ma poi capì. Aveva sperato che Harry avesse
dimenticato il suo desiderio di parlare di Malfoy e di ciò che lui le aveva
detto in cucina. Dannato furetto e le sue stupidissime parole, pensò irritata.
“È solo che
ultimamente ti sei avvicinata parecchio a qualche Serpeverde e sono preoccupato
ti stiano usando”, disse velocizzando il discorso, come se fosse preoccupato
lei potesse esplodere.
“Me lo dici perché
prima mi hai visto parlare con Pansy?”.
“Sì e no. Cioè,
è strano come all’improvviso tu e la Parkinson siate diventate amiche. Ha passato
sei anni a prenderti in giro e invece adesso fa la carina”.
Hermione sorrise
appena. Harry, nonostante fosse maturato a causa di Voldemort, non riusciva
ancora troppo bene a capire le persone. “Harry, non credi che il fatto che si
sia trovata dal lato sbagliato della guerra significhi che abbia avuto l’opportunità
di riflettere su ciò che ha fatto e sia cambiata?”.
“Immagino di
sì ma… è solo che… parliamo della Parkinson”, rispose esitante.
“Sì, quindi
capisco lo scetticismo ma non è così male se inizi a conoscerla. Potrebbe scioccarti,
ma si è scusata per essersi comportata in modo così orribile con me”.
“Non capisco
come tu possa dimenticare e perdonare così facilmente.
“Io sono
stanca dei conflitti. Non lo sei anche tu?”.
Harry annuì
con fervore. “Ma non significa diventerò amico dei Serpeverde”.
“Ma nessuno
te lo sta chiedendo”.
“Come fai a
fidarti di lei?”, le chiese.
“Non ha mai
fatto nulla per impedirmelo”, disse semplicemente Hermione.
Harry sembrò
frustrato alla sua logica, mentre a lei quasi dispiacque. Era irritante quando
i suoi amici facevano cose che lui riteneva sconsiderate. Hermione ne aveva
sofferto per anni, sin da quando lui e Ron si erano imbattuti in Fuffy, il cane
a tre teste, però non avrebbe sicuramente abbandonato Pansy solo perché lui e Ron
si sarebbero sentiti meglio e lei non si sarebbe aspettata loro lo facessero se
i ruoli fossero stati invertiti.
“Senti, so
che ti preoccupi per me, ma potresti solo fidarti? Se Pansy dovesse darmi anche
solo un motivo di rompere l’amicizia, sarai il primo a saperlo e la farò pentire
più velocemente di quanto riesca a dire Marietta Edgecombe”, gli disse, facendogli
ricordare ciò che aspettava chi tradiva lei od i suoi amici.
Harry sorrise
al ricordo della migliore amica di Cho Chang e ciò che le era successo. “Ok, ho
capito. Non sei una con cui vale la pena immischiarsi e probabilmente troveresti
un modo di vendicarti che io nemmeno mi sognerei”.
“Sono felice
che tu l’abbia capito. Ti voglio bene, Harry, ma non voglio tu faccia il
fratello maggiore. E comunque sono un anno più vecchia di te ed i fratelli non
vengono mai ascoltati, i migliori amici invece sì”.
“Ok, la
smetterò di essere irritante e fare il fratellino, fidandomi di te sulla
questione Pansy. Ma Hermione, come migliore amico, mi sento in dovere di
chiederti, che diavolo succede tra te e Malfoy?”.
Hermione decise
di usare la tattica da innocente. “Che intendi?”.
“Quella cosa
della cucina. Che è successo?”, chiese.
“Te l’ho
detto, solo Malfoy che si comportava da Malfoy”.
“No, non è
la spiegazione giusta. Di certo si è comportato come al solito con me e Ron,
spiacevole e tutto il resto, ma con te era diverso e non mi quadra. Cioè, da
quando ha iniziato a chiamarti Principessa invece che Sanguesporco?”.
Hermione avrebbe
davvero ucciso Malfoy per quella bravata. “Probabilmente aveva paura che
chiamarmi Sanguesporco lo avrebbe fatto espellere da Hogwarts. In ogni caso, quell’epiteto
ha perso ogni effetto molto tempo fa mentre, a quanto sembra, darmi della
Principessa ti ha fatto arruffare parecchio le penne. Malfoy ne sarebbe
contento, se sapesse di aver centrato il nervo scoperto”.
“Non lo so, Hermione.
Ti ha dato la borsa perché la ispezionassi piuttosto velocemente, quando glie l’hai
chiesta”, le fece notare.
“Sì, ma che
altra scelta aveva? Ron lo avrebbe affatturato”.
Harry non
sembrò convinto. “Immagino di sì, ma è comunque strano. Non posso fare a meno
di pensare tu sia molto più coinvolta di quanto sembri. E non credere abbia
dimenticato di quella volta in cui Neville aveva iniziato a mormorare qualcosa
su di lui il mese scorso”.
Hermione imprecò
mentalmente. Dannato Harry e la sua irritante memoria da elefante per i
dettagli che nessuno voleva ricordasse. “Ma mi ha parlato di Erbologia e delle
serre”.
“Puoi ripetermelo
cento volte ma non significa inizierò a crederti più della prima. Neville non
ha detto una parola, ma io continuerò a tenere d’occhio il furetto. Se farà un passo
falso, finirà di nuovo ad Azkaban in un secondo”, minacciò Harry.
Lei gli
prese una mano: “Malfoy non farà nulla, ma ti voglio bene quando ti preoccupi per
me”.
Harry alzò
gli occhi al cielo, le accarezzò una guancia e la lasciò ai suoi studi. Hermione
aveva sfiorato un proiettile. Si era tolta Harry dalle scatole per quanto
riguardava sia Pansy che Malfoy senza dovergli davvero rivelare qualche
informazione rilevante ed era piuttosto contenta delle sue abilità menzognere. Ora
doveva solo trovare un modo per aiutare Malfoy con i suoi incubi e per quel
giorno avrebbe raggiunto tutti i suoi scopi.
“Quella
piccola Weasley farebbe meglio a guardarsi le spalle. Sembra che tu stia accalappiando
il suo uomo”, biascicò una voce alle sue spalle.
Hermione sussultò
e si voltò, notando Malfoy appoggiato ad una delle librerie vicino al suo
tavolo.
“Malfoy! Pensavo
che origliare non fosse nel tuo stile”.
“Hai pensato
male. Sono un Serpeverde, nel caso tu l’abbia dimenticato”, replicò.
Lei alzò gli
occhi al cielo. “Che ci fai in biblioteca?”.
“Mantengo
fede al patto, ricordi? Se lavoro durante la settimana, ottengo del Firewhiskey
nel weekend”.
“Speravo
capissi molto più di questo, in tutto il mio discorso”, gli rispose.
Malfoy
scrollò le spalle. “Allora, qualche problema in paradiso, Principessa?”.
“Grazie a te”,
mormorò.
Lui alzò un
sopracciglio. “Mi hai chiamata Principessa in cucina ed Harry è diventato
sospettoso”.
Malfoy
ghignò. “Potter è pronto a fare a pugni nel caso tu stia passando il tempo a
sbaciucchiarmi?”.
Hermione fece
a finta di ridere. “Grazie per quest’immagine, Malfoy. Rimarrò traumatizzata a
vita”.
Lui si
avvicinò, così che le loro labbra quasi si toccarono ed il suo respiro le
arrivasse sul collo. “Oh, andiamo, Principessa, so che sveniresti se le mie
labbra ti toccassero”, le disse facendole l’occhiolino.
Hermione alzò
nuovamente gli occhi al cielo e gli diede un buffetto sulla nuca. “Ahia, donna,
che male”, le disse lui, massaggiandosi la testa.
“Che ti
serva da lezione per quando farai di nuovo il maiale”.
“Non hai
alcun senso dell’umorismo”, si lamentò.
Lei sorrise
asciutta. “Disse il ragazzo che non sopporta le battute”.
“Sì che
posso”, mormorò Malfoy. “Solo che non trovo divertenti quelle dei Grifondoro”.
“Sì, beh,
posso concordare perché trovo i tuoi tentativi altrettanto poco divertenti. Chiamami
di nuovo Principessa di fronte ad Harry e ti farò mangiare la lingua. In effetti,
smettila di chiamarmi così, punto”.
Lui ghignò. “Ti
costerà qualcosa”, le disse.
“Basta
accordi”, replicò lei decisa.
“Allora il
soprannome rimane”, rispose testardo lui.
Hermione strinse
le labbra. “Smettila di irritarmi, Malfoy”.
“Quindi Potter
ti ha davvero accusata di fuggire di nascosto per incontrare me?”, le chiese,
divertito dal suo rivale.
“Circa”,
disse sospirando Hermione. “È preoccupato io possa sentirmi, e cito, “troppo a
mio agio con i Serpeverde”. Non si fida di voi”.
“Non posso fargliene
una colpa. Tu e Pansy state diventando troppo amiche. Devo avvisare Blasie di
stare attento a non perdere la ragazza per colpa tua”.
Hermione gli
lanciò uno sguardo ammonitore. Non lo avrebbe incoraggiato a continuare sul
quella linea. Sembrava divertirsi troppo nel prenderla in giro.
Malfoy buttò
la sua borsa sul tavolo. “Allora, che tema stai facendo? Io pensavo di fare
quello per Lumacorno e rovinare il suo misero tentativo di affibbiarci qualcosa
di difficile”.
Hermione all’improvviso
si rese conto che non sarebbe stata una buona idea fargli sapere di star cercando
una soluzione ai suoi incubi notturni. Non credeva avrebbe apprezzato si stesse
immischiando nei suoi affari più di quanto già non stesse facendo. “Oh, io l’ho
finito l’altro giorno. Non era così difficile”.
Malfoy le
lanciò uno sguardo divertito. “Certo che l’hai già finito. Immagino io sia
rimasto indietro di un buon numero di temi”.
“Probabilmente”,
disse leggera Hermione.
“Santarellina”,
mormorò lui.
“Lo prendo
come un complimento e ti lascio sudare sul tuo”, gli disse alzandosi.
“Ha!”,
esclamò Malfoy. “Parliamo di Lumacorno. Dopo Piton, lui è una passeggiata”.
Hermione annuì
concorde. Era vero che pozioni fosse diventata più semplice da quando Lumacorno
aveva preso il posto di Piton. Non che lo fossero diventate anche le pozioni,
solo che diventava tutto più facile quando non si aveva più un professore con
gli occhi puntati addosso, pronto al minimo errore. Anche i compiti erano
diventati meno sadici, anche se a lei un po’ mancava il senso di sfida che Piton
imprimeva. Ogni volta che aveva ricevuto un Oltre Ogni Previsione, si era
sentita come se avesse avuto la meglio sull’acume del Professore, il che la
rendeva molto soddisfatta. Con Lumacorno non avrebbe potuto ottenere nulla del
genere. Lui adorava la sua intelligenza e lei lo trovava di pessimo gusto. Non
che lei gli piacesse come persona, solo adorava il suo titolo di Strega più brillante
della generazione. Per di più, Hermione non approvava il suo comportamento nei
confronti di Malfoy. Era poco professionale dimostrare così poco riguardo verso
uno studente.
“Ci vediamo
in giro, Malfoy”, gli disse raccattando le sue cose ed alzandosi dal tavolo.
“Non se ti
vedo prima io, Principessa”, le rispose immaturo.
Hermione alzò
gli occhi al cielo ma non replicò. Non aveva certo bisogno di incoraggiarlo.
Quando arrivò
giovedì, Draco ormai si sentiva come se un branco di ippogrifi gli fosse passato
sopra. Era riuscito a dormire pochissime ore e gli incubi continuavano a
tormentarlo. Faceva così fatica che aveva problemi anche a finire i compiti da
presentare entro la fine della settimana.
“Draco, è
ridicolo. Devi andare da Hermione”, gli disse Pansy notandolo in difficoltà con
il tema di incantesimi. “Sei troppo stanco per finirlo senza prima dormire una notte
filata”.
“Non andrò
dalla Granger. Abbiamo un accordo e non le darò alcun motivo per rinnegarlo”,
rispose testardo.
“Quante
volte devo dirti che lei non è così? Capirà perfettamente che non dormire per
cinque giorni consecutivi è un problema più grande della scuola e troverà un
modo per aiutarti a dormire”.
“No”, disse
deciso. “Starò bene. Non andrò da lei ad implorarla”.
“Sei ridicolo,
Draco. Ti stai sforzando troppo e troppo in fretta”.
“Pansy, smettila”, grugnì.
Pansy alzò
le mani. “Il tuo orgoglio sarà la tua fine”.
“Solo se le
tue prediche non mi uccideranno prima”, mormorò irritato lui.
Pansy iniziò
a camminare avanti e indietro nel dormitorio maschile dei Serpeverde. Aveva
lasciato Draco in sala comune a cercare di combattere il suo desiderio di
dormire per rintracciare Blasie. “Fa lo stupido”, disse arrabbiata. “Si sta
distruggendo”.
“Ripetimelo,
perché ci interessa?”, chiese Theo.
Pansy si
fermò e gli lanciò un’occhiata. “Sai cosa, Theo? Sono stanca della tua gelosia,
per quando riguarda Draco. Pensavo ti sarebbe passata l’incazzatura per non
esse diventato Mangiamorte, soprattutto dopo aver visto come si è ridotto lui. Avresti
preferito ritrovarti ad Azkaban al suo posto?”.
“Pansy,
quante volte devo dirtelo? Non sono geloso di Draco. Perché dovrei esserlo di
un diciottenne perdente ed alcolizzato?”, ribatté lui.
“Forse perché
saresti molto più interessante del vecchio e noioso diciannovenne perdente che
sei già”, ringhiò Pansy.
“Per quanto
mi diverta, dovremmo tornare a parlare di qualcosa di utile”, li interruppe Blasie,
prima che Theo decidesse di litigare con la sua ragazza. Dato il suo rossore in
viso, era già abbastanza arrabbiato.
“Tieni sotto
controllo la tua ragazza, Blasie, altrimenti potrebbe farsi male”, minacciò Theo.
“Oh, certo,
e sarai tu a provarci, Nott? Ci vuole un mago migliore di te per farmi fuori”,
sputò lei.
Theo si
mosse minaccioso contro di lei ma, prima che potesse farsi troppo vicino, Blasie
allungò un braccio. “Attento, Theo. Non tollero tu le faccia del male”.
Theo lanciò
un’occhiata furiosa alla strega prima di uscire dalla stanza e sbattere la
porta.
“Insofferente
piccola merda!”, gli urlò dietro Pansy.
“Hai finito?”,
le chiese calmo Blasie.
Lei ruggì. “Non
so come comportarmi con lui. È orribile”:
“La sua vita
non è stata semplice, lo sai, Pansy. Non ha mai superato l’aver assistito all’omicidio
di sua madre da parte di quei babbani”.
Pansy prese
diversi respiri profondi per liberarsi dalla rabbia. “Lo capisco, ma pensavo
avesse superato la sua ridicola ossessione ed invidia per Draco, ormai”.
“Anche io,
ma è Theo. Invidia ancora il fatto che Narcissa abbia mentito al Signore Oscuro
solo per salvare la vita a Draco. Anche lui avrebbe voluto una madre che lo
amasse così tanto”, le spiegò.
Pansy si
passò una mano tra i capelli. “Mi fa saltare i nervi”.
Blasie la abbracciò.
“Lo so, ma prova ad ignorarlo. Io lo faccio e così anche Draco, e lui non ce l’ha
con Theo. Sa da dove arriva tutta la sua rabbia”.
“Che cosa
faremo con Draco?”, chiese Pansy. “Si farà sul serio del male cercando di stare
sveglio. Non capisco perché non voglia andare da Hermione e chiederle aiuto”.
“Perché è Draco
ed odia ammettere di avere una debolezza. È una cosa da Malfoy, a quanto sembra”.
Pansy rise. Era
vero che l’orgoglio dei Malfoy fosse maggiore di quello di qualsiasi altra
famiglia purosangue. “Andrò io stessa da Hermione”, disse Pansy.
“Se credi
sia una buona idea…”.
“Sono a corto
di altre”, ammise.
Hermione
iniziò un’altra delle sue sessioni di ricevimento in ufficio. Per fortuna, si
era portata dei libri su cui fare ricerche. Ancora non aveva trovato niente di
utile. Aveva scorto un incantesimo temporaneo per permettere alla persona di
dormire cinque ore filate, ma doveva essere lanciato prima di andare a dormire
e non avrebbe risolto per sempre il problema, anche se avrebbe potuto essere
utile. Non aveva mancato di notare l’ovvia deprivazione del sonno di Draco. Le sembrava
non avesse dormito per più di una manciata di ore in tutta la settimana, quindi
l’incantesimo avrebbe potuto aiutarlo.
Iniziò a
provare i movimenti per effettuarlo ma venne interrotta da qualcuno che bussava
alla porta. “Avanti”, disse.
Pansy entrò
e si sedette di fronte a lei. “Va tutto bene?”, le chiese.
“Si tratta
di Draco”, disse sospirando. “Non vuole venire da te, non importa quante volte
io glie lo dica. Sta male”.
“Non dorme,
vero?”.
Pansy scosse
la testa. “Ma è determinato ad arrivare a tentoni alla fine della settimana. Puoi
fare qualcosa per aiutarlo?”.
“Penso di
aver trovato qualcosa. Non è la soluzione ideale e non può essere usata nel
lungo periodo, ma potrebbe essere utile per permettergli qualche ora di sonno
in più”, rispose Hermione.
Pansy la
guardò curiosa.
“È un
incantesimo che deve essere lanciato appena prima di dormire e gli permetterà
di non fare sogni per un breve periodo. È piuttosto nuovo, quindi non ci sono
molte ricerche in merito. Chi lo ha usato di solito è riuscito a dormire tra le
cinque e le sei ore a notte”.
“Sembra
perfetto, Hermione”.
“Sì, ma non
si conoscono gli effetti a lungo termine e non credo gli debba essere
presentato come tale”, la avvisò.
Pansy annuì.
“Sembra accettabile. Puoi insegnarmelo? E anche a Blasie?”.
Hermione annuì.
Almeno sarebbe stato meglio che continuare a farlo dormire a malapena.
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Capitolo 13 *** Sigarette e Caffè ***
Cap 13
Sigarette e caffè
Il giorno
della partita Grifondoro-Corvonero iniziò con una bellissima mattinata,
classica della primavera. Hermione aveva a malapena intravisto Harry, Ron e Ginny,
perché Harry aveva fatto allenare la squadra in ogni ora libera. Quell’anno aveva
preso il Quidditch molto seriamente. Se non avesse saputo quando voleva diventare
un Auror, avrebbe creduto cercasse di impressionare qualche cacciatore di teste
perché lo scegliesse come giocatore professionista. In effetti, stava facendo
un lavoro così egregio che l’arrivo di un paio di loro era davvero previsto per
quel giorno. Goldstein, Cacciatore per i Corvonero, aveva cercato di convincere
tutti fossero lì per lui ma era stato molto difficile da credere, soprattutto perché
uno di loro proveniva dalle Holyhead Harpies, squadra notoriamente tutta
femminile.
Hermione era
sicura si sarebbero presentati per cercare di convincere Harry a divergere
dalla sua preventivata carriera, anche se anche Ginny stava ricevendo un sacco
di attenzioni. Aveva tanto talento quanto lui nel volare e sapeva giocare in due
ruoli, il che l’avrebbe resa perfetta per qualsiasi squadra. Doveva completare
ancora un ultimo anno ad Hogwarts ma, dopotutto, anche Oliver Baston era stato
scritturato durante l’estate precedente il settimo, solo che la cosa era stata
tenuta nascosta per evitare che qualche squadra avversaria lo mettesse fuori
gioco.
Harry si
alzò e condusse la squadra fuori dalla sala grande alle dieci in punto ed Hermione
non riuscì a non sorridere. Sembrava si fosse trasformato in Baston, perchè
ormai riusciva a dedicare loro la sua più completa attenzione. Adorava giocare
e non era mai riuscito prima ad applicarsi a causa dei piani di Voldemort.
Hermione si
avviò verso il campo da Quidditch dieci minuti prima che la partita iniziasse,
assieme al resto della scuola. Notò che la maggioranza dei Serpeverde sembrava
invece dirigersi verso la biblioteca o la sala comune. Vide Pansy camminare con
Blasie, così li raggiunse. “Non venite ad assistere?”, chiese.
Pansy la
guardò come se pensasse fosse pazza. “No, abbiamo ricevuto il messaggio durante
la prima partita della stagione: non siete i benvenuti”.
“Oh”, disse
triste. “Che peccato. Molti di voi vanno matti per questo gioco”.
Blasie le
lanciò uno sguardo annoiato ma quasi divertito. “Granger, ti sembriamo tipi a
cui piace essere insultati per sport?”.
“Ok, ho
capito. Vi lascerò fare qualsiasi cosa abbiate in mente”, disse Hermione sorridendo
a Pansy, prima di voltarsi e dirigersi verso gli altri Grifondoro.
Blasie scosse
leggermente la testa. “A volte è davvero fuori di testa”, commentò.
“È solo che
non capisce l’istinto di sopravvivenza”, replicò Pansy.
“Sì, l’ho
capito quando al sesto anno ha affrontato un Mangiamorte adulto mentre lei
aveva solo sedici anni”.
“Grifondoro!”,
rece notare Pansy. “Allora, che vogliamo fare? Traiamo vantaggio dal fatto che
tutta la scuola sia alla partita e passeggiamo romanticamente attorno al lago?”.
Blasie assunse
un’espressione colpevole. “In realtà ho in programma di vedere i ragazzi. Guarderemo
la partita con il telescopio dalla torre di astronomia”. Alla sua faccia delusa
aggiunse: “Ma se vuoi posso rimanere con te”.
Pansy alzò gli
occhi al cielo. Blasie andava matto per il Quidditch. Il fatto che si fosse
offerto di fare qualcosa con lei era abbastanza. Gli accarezzò una guancia e
gli diede un bacio. “Non preoccuparti, vai a vedere la partita. Io finirò il
tema di trasfigurazione”.
“Sei la
migliore, Pansy”, replicò lui e la baciò entusiasta a sua volta, prima di
scomparire per le scale.
Grazie ai
duri allenamenti imposti da Harry, i Grifondoro stracciarono i Corvonero ed Hermione
non riuscì a non gonfiarsi di orgoglio. Goldstein aveva ciarlato a riguardo
tutta la settimana, continuando a ripetere che quell’anno avrebbe fatto vincere
la Coppa alla sua squadra perché era Caposcuola ed altre irritanti cose simili.
Hermione era rimasta al suo posto, completamente disinteressata dalla
questione, anche se aveva sperato che Harry e la sua talentuosa squadra riuscissero
a mettere in luce quale buono a nulla fosse in realtà il ragazzo. In quel
momento, regalando a Ginny un enorme abbraccio, non poté trattenere il ghigno
quando lo vide passare. Forse Harry aveva ragione nel dirle che passava troppo
tempo con i Serpeverde.
“Prima che
tutti vi iniziate a godere il sabato pomeriggio, credo che Ron Weasley,
Portiere dei Grifondoro, abbia qualcosa da dire. Sarà meglio sia importante,
Weasley, alcuni di noi hanno cose da fare”, trillò la voce irritata di
Zacharias Smith.
“Spero che i
Gorgosprizzi stiano alla larga”, risuonò la voce trasognata di Luna Lovegood, la
seconda commentatrice.
Hermione alzò
lo sguardo confusa e vide sorridere sia Ginny che Harry mentre Ron aveva
assunto un’espressione terrorizzata. Capì in quel momento che Ron aveva pianificato
di fare la proposta ad Hannah subito dopo la partita e non riuscì a non fare
una smorfia. Secondo lei, era il posto meno adatto e meno romantico possibile. Era
anche vero, però, che non si poteva definire un’amante del Quidditch. Ron ed
Hannah, invece, si erano avvicinati proprio grazie alla loro passione per i Cannoni
di Chuddley. Hermione notò la faccia confusa e sorpresa della McGranitt. Anche lei
non l’avrebbe trovata una cosa per nulla romantica.
Ron diventò di
un colore rosso brillante e lanciò il Sonorus prima di inginocchiarsi di fronte
ad Hannah, che sembrò capire solo in quel momento ciò che stava accadendo e
diventò rossa come il suo ragazzo. Ron trafficò con la divisa ed estrasse una
piccola scatolina di velluto.
Si schiarì la
voce. “Hannah, non ci frequentiamo da molto ma ti amo e non riesco ad
immaginare nessun’altra che possa completarmi come fai tu. Mi sentirei
incredibilmente privilegiato se mi facessi l’onore di diventare mia moglie”, le
disse prima di mostrarle l’anello di fidanzamento.
Hermione rimase
stupida dalla sua eloquenza. Se avesse saputo prima delle sue intenzioni, se lo
sarebbe immaginato balbettante. Aveva sentito Ginny mormorare le sue stesse
parole e si rese conto quanto non fossero farina del sacco di Ron. Lo aveva
aiutato a non perdere il filo del discorso ed a renderlo il più dolce possibile
senza farlo intoppare.
Hannah rimase
un po’ scombussolata e continuò a fissare l’anello sconvolta. Ron si schiarì di
nuovo la voce, ormai insicuro. Una cosa era pianificare di farle la proposta in
pubblico, un’altra essere rifiutati praticamente di fronte a tutti i compagni
di scuola. Tra l’altro, la comunità magica della Gran Bretagna non era poi così
vasta ed avrebbe dovuto incontrare le medesime persone per tutta la vita. Se lo
avesse rifiutato, ne avrebbero parlato tutti. Alzò lo sguardo verso di lei con
espressione implorante. Hannah sembrò uscire dallo stato di shock, scosse la
testa e vide che tutti li stavano fissando. “Sì”, mormorò tremante, così che
solo Ron potesse sentirla.
Lui si alzò
e la strinse tra le braccia. Attorno a loro iniziarono i fischi e le
acclamazioni e le persone iniziarono ad avvicinarsi per le congratulazioni.
Hermione rimase
in disparte, aspettando che la folla scemasse. Alzò lo sguardo e vide la McGranitt
compiaciuta per i due ma anche irritata per aver scelto una situazione così
inadatta. Poteva quasi sentirla ripetersi in testa che la partita ed il campo
da Quidditch non fossero né il momento né il luogo per una proposta di
matrimonio.
“Bene, ora
che Hannah ha umiliato i nostri Tassorosso accettando l’inetta proposta di Ron Weasley,
possiamo tutti continuare la nostra giornata”, sputò in tono amaro Zacharias
Smith.
Hermione udì
contenta delle acclamazioni sdegnate per la dichiarazione.
“Oh! È stato
così romantico”, mormorò Luna, non prima di aver tirato una gomitata nelle
costole di Smith. “Congratulazioni a Ron ed Hannah”.
Gli studenti
applaudirono quando i due vennero trasportati fuori dal campo in spalla ai
giocatori della squadra. Hermione rimase indietro. Ancora non era riuscita ad
avvicinarsi per porre loro le sue felicitazioni.
La festa continuò
nella torre per tutta la notte. C’erano anche Hannah ed un paio di Tassorosso. Hermione
era finalmente riuscita ad avvicinarsi alla coppia e congratularsi dando a Ron un
enorme abbraccio e chiocciando con Hannah, come tutti si aspettavano, per il
suo anello. Era davvero contenta per loro, ma non riusciva a non sentirsi un po’
lasciata in disparte. Ora i suoi due amici erano felicemente fidanzati e lei
non si sentiva più a suo agio. Ginny ed Hannah continuavano a ciarlare di
vestiti da sposa, mentre Ron ed Harry erano seduti assieme e sembravano voler
evitare tale discorso. Hermione rimase in disparte, sorseggiando Burrobirra e
cercando di sembrare interessata. Non lo era davvero anzi, si sentiva un po’ ferita
di non essere stata nemmeno messa al corrente dell’intenzione di Ron di fare la
proposta quel giorno.
Hermione sgattaiolò
fuori dalla sala comune appena ci riuscì. Non era davvero dell’umore per
rimanere seduta assieme alle coppiette felici che sembravano sbatterle sotto al
naso il suo status di single. Non era colpa loro, ma la cosa non ne andava giù.
Era anche arrabbiata con sé stessa perché si sentiva in quel modo.
Ora il suo più
grande problema era che, essendo lei la guardiana dell’alcool di Malfoy, quando
si sentiva triste aveva la grande tentazione di stappare una bottiglia. Tornò in
sala comune ed aprì il Firewhiskey. Ne avrebbe bevuto solo un bicchiere per
scacciare quell’orribile sensazione.
Draco aspettò
finché la sala comune fu deserta, prima di uscire e dirigersi verso la tana della
Granger. Il fatto che si fosse ormai abituato a girovagare per il castello dopo
il coprifuoco era un’ottima cosa, dato che ogni fine settimana doveva andare da
lei per recuperare una bottiglia. Era così avara nelle razioni che per quella
settimana aveva persino mandato via Noktok senza dover rifornire le scorte. Sosteneva
Draco ne avesse più che abbastanza perché durassero per un’altra settimana e,
dato che lui non sapeva dove le tenesse, non poteva controllare di persona. Tra
l’altro, non era nemmeno così stupida da metterlo al corrente della parola d’ordine
delle sue stanze.
Draco era sottoposto
a quel regime da ormai qualche settimana ed ancora non riusciva a dormire
abbastanza. Sembrava che l’incantesimo della Granger non funzionasse così bene
su di lui come invece era accaduto alle persone di cui aveva letto. Riusciva a
guadagnare appena quattro ore, prima che gli incubi tornassero ed anche l’alcool
non si era dimostrato efficace come una volta. Aveva sperato che, più tempo
fosse passato da Azkaban, più sarebbero spariti, invece sembrava diventassero
sempre peggio. Ormai riguardavano quasi solo la Granger e la maggior parte gli
ricordavano il momento in cui veniva torturata da sua zia Bellatrix, solo che ad
un certo punti era lui stesso a prenderne il posto come carnefice.
Nonostante Blasie
ormai fosse a conoscenza della situazione, aveva comunque continuato a lanciare
un incantesimo silenziante sul suo letto perché Theo Nott ne era ancora all’oscuro
e Draco voleva continuasse a rimanerlo. Non aveva alcun desiderio di dare al
Serpeverde un motivo di ricatto.
Draco quel
giorno era anche più volenteroso del solito ad andare dalla Granger, perché aveva
il presentimento avesse bisogno di compagnia. Non aveva pensato neanche per un
minuto che lei avesse pianificato di confidarsi con lui ma, se aveva capito una
cosa durante gli ultimi mesi, era che alla Granger non piacesse sentirsi un
fardello per i suoi amici. Lui era rimasto a guardare la partita assieme a
qualche altro Serpeverde in cima alla torre di astronomia e, alla vista di ciò
che era successo alla fine, gli erano saliti i conati. Per molti di loro,
volersi sposare così giovani era impensabile ma la cosa più rivoltante sarebbe
stata convolare a nozze con una Tassorosso! Ma ovviamente, Weasley era un altro
discorso.
Bussò leggero
alla porta ed aspettò che la Granger venisse ad aprire. Sapeva sarebbe arrivato
quindi non doveva preoccuparsi si fosse addormentata e non lo udisse.
“Oggi dubito
che voglia vederti”, disse con una smorfia il ritratto.
“Sparisci”,
replicò lui.
“È piuttosto
sconvolta”.
“Ti sembra voglia
fare conversazione con te?”.
“Serpeverde! Siete tutti uguali”.
Non riuscì a
risponderle a tono perché udì la Granger ciabattare verso la porta.
“Malfoy”,
disse con voce soffice. “Vuoi entrare?”.
Di solito,
arrivava con la bottiglia in mano e glie la allungava senza troppe cerimonie, felice
di liberarsi di lui il prima possibile. Quella sera invece, lo capiva dai suoi
occhi e dal fatto che tenesse in mano lei stessa un bicchiere colmo, voleva
compagnia.
“Vuoi che
vada a svegliare Pansy?”, le chiese, pensando che la ragazza sarebbe stata
molto più brava a consolarla. Era ovvio che ne avesse bisogno, ricordando la loro
precedente conversazione di qualche settimana prima quando gli aveva raccontato
delle proprie insicurezze.
“No, non
serve” gli disse, senza nemmeno chiedergli perché l’avesse proposto. Non era
molto da lei.
Si spostò
dall’entrata, lasciando aperta la porta, così lui entrò e la richiuse alle sue
spalle. Non era sicuro del perché lo stesse facendo. Come mai non le comandava
di allungargli la bottiglia? Avrebbe potuto tornare nei sotterranei e devastarsi
da solo, invece era stato di nuovo invitato ad un’altra festicciola di commiserazione.
“Allora, immagino
tu ti sia crogiolando nella disperazione dopo gli eventi di questo pomeriggio”,
commentò.
La Granger
lo guardò un po’ sorpresa. “Lo sai?”.
Lui ghignò. “Per
Salazar, Granger, so che al momento sei impegnata a piagnucolare ma sarebbe
strano se io non sapessi qualcosa. Ne parla tutto il castello”.
“È stato
molto romantico”.
Draco fece
una smorfia. “Non sembrava, dalla torre di astronomia. In effetti, è stato piuttosto
un circo”.
“Magari dovevi
essere presente di persona”.
“Forse devi
essere immune alla natura abrasiva e senza immaginazione di Weasley, per
apprezzarlo”, la punzecchiò.
Fu il turno
di Hermione di fare una smorfia. Draco si lasciò cadere sul divano, afferrò la
bottiglia di Firewhiskey e prese un bicchiere pulito. “Vedi, Granger, sapevo l’avresti
ritenuta una proposta romantica”.
“Beh, non
importa ciò che penso. Hannah crede sia stato perfetto”, si difese lei.
“Quell’orango
tango ha trovato la moglie perfetta, se è così”.
La Granger
gli tirò un buffetto sulla nuca. “Smettila di essere così tagliente, Malfoy. Non
è carino”.
“Chi ha mai
detto io lo sia? Dovresti conoscermi un po’”.
La Granger
sfoggiò uno sguardo saccente. “Non mi incanti, Malfoy”.
Lui soffiò. “Che
cosa dovrebbe significare?”.
“Sai
esattamente cosa intendo. Se fossi una persona così orribile come vorresti far
credere, non saresti seduto qui a cercare di farmi sentire meglio”.
“Sono qui
solo per il Firewhiskey. Non credere me ne importi qualcosa della tua vita
sentimentale”.
Lei si voltò
per guardarlo in viso. “E immagino che anche i commenti su Ron ed Hannah siano
mirati ad ottenere l’alcool, giusto?”.
“Oh, no”,
disse lui. “Quello è solo il mio disgusto per la Donnola che fa capolino. Come ho
già detto: te la sei cavata”.
“Non avrei
mai pensato di dirlo, ma sei meglio di quanto tu voglia far credere”, insistette
la Granger.
“Se continuerai
su questa linea, me ne vado da qui. Perché non mi dici il motivo per cui questa
sera sei così sdolcinata?”.
Hermione sospirò
e fissò il camino. Parte di lei sapeva quanto fosse strano essere lì con Malfoy
a parlare del perché fosse così sconvolta e pensare di potersi fidare a
raccontargli i suoi pensieri più reconditi, aspettandosi che mantenesse il
riserbo. Però era cambiato qualcosa tra di loro, si era formato un legame
inspiegabile. Lui non faceva più il sarcastico né l’idiota depresso e si
comportava come una sorta di amico. Era il tipo di persona da non indorarle la
pillola e che le avrebbe detto la sua opinione sincera, che l’avesse ferita o
meno. Ecco perché lo apprezzava. Era rude ma poteva anche farle capire cose che
nessun altro avrebbe potuto.
“Non lo so. Mi
sento come se navigassi troppo lontano da Harry e Ron. Non sapevo nemmeno Ron volesse
fare oggi la proposta ad Hannah”, disse sconsolata.
“Pensavo voi
tre foste legati dal cordone ombelicale”.
“Anche io. Ron
non mi ha nemmeno chiesto cosa avrebbe dovuto dirle. Lui ed Harry di solito
sono sempre venuti da me per questo genere di cose”.
Malfoy non
rispose, perché non c’era molto da dire. Rimasero seduti per un po’ a sorseggiare
in silenzio il Firewhiskey. Hermione si abbassò e riempì ridendo il proprio
bicchiere.
“Cosa”, le chiese.
“Mi hai
corrotta! Sono diventata una Caposcuola che beve Firewhiskey il sabato notte
nella propria sala comune”.
“Hai
dimenticato una cosa importante”.
“Cosa?”.
“Che bevi Firewhiskey
assieme ad un ex Mangiamorte”, rispose dal nulla.
Hermione non
riuscì a trattenere una risata. Non c’era nulla di divertente nella sua
constatazione ma rise ancora più forte per quanto fosse ridicolo. Malfoy la
guardò e si unì agli schiamazzi. Sembrava che entrambi avessero bisogno di una
serata spensierata.
Fu solo
molto tempo, varie discussioni e bicchieri dopo, che Malfoy si alzò. “Dovrei
andare”, disse.
“Non ritirarti
con la coda tra le gambe solo perché ho vinto riguardo a Fierobecco”, lo prese
in giro.
Malfoy alzò
gli occhi al cielo. “Non hai vinto. Credo ancora che quell’ippogrifo fosse una
minaccia per la società e dovesse essere abbattuto”.
Hermione gli
fece una linguaccia. “Ti meritavi ciò che ti è accaduto e Fierobecco ti ha
appena graffiato”.
“Non torneremo
sullo stesso discorso. Credo sia il momento di concordare che non siamo d’accordo
per quanto riguarda ippogrifi e quell’idiota di Hagrid”.
“È proprio
quello che si dice di solito quando si sta per perdere”, insistette lei.
“No, è ciò
che si dice quando si è stanchi di litigare sempre sullo stesso punto con una
strega estremamente testarda.
“Non serve che
te ne vada”, gli suggerì quando lui si mosse verso la porta.
Malfoy
inarcò un sopracciglio e lei arrossì. “Non intendevo quello. Volevo solo dirti
che potresti rimanere sul divano, se vuoi. Non mi va di rimanere sola”.
Lui si risedette
e sospirò. “Pensavo di averti rallegrata”.
“Sì, beh,
come hai detto prima, sono molto testarda”.
Malfoy la
guardò dritta negli occhi. “Smettila di credere di non essere attraente solo perché
non sei fidanzata a diciotto anni”.
“Diciannove”,
gli fece notare.
“Cosa?”,
chiese confuso Malfoy.
“Ho
diciannove anni. Penso di essere la più vecchia ad Hogwarts. Li compio a metà
settembre”.
“Oh”, disse
lui. “Beh, non è importante. Devi comunque smetterla di pensare di non essere
attraente solo perché non ti sei fidanzata come i tuoi amici. Tra l’altro,
vorresti esserlo?”.
Hermione scosse
la testa. “No, ma non voglio fare la parte dell’amica single che rimane in coda
al suo gruppo, quella che fa la ruota di scorta del quintetto. Perché è sempre
difficile per me, in queste cose? Non ho neanche mai davvero avuto un vero ragazzo”.
Malfoy si
accigliò. “Credevo ci fosse stato Krum e poi il Re delle Donnole”.
“Krum mi ha
portata al Ballo del Giglio e mi ha guardata studiare per un po’. Io non ero
davvero interessata a lui, eravamo più che altro amici. Credo gli piacesse il
fatto che io non fossi una delle galline che lo seguivano. E comunque, all’epoca
mi piaceva Ron”.
“Quindi non vi
siete neanche baciati?”.
“Beh,
qualcosa di simile è successa prima che se ne andasse ma, ad essere onesta, è
stato un po’ strano e nessuno dei due voleva la cosa continuasse”.
“Ma poi per
un po’ hai frequentato Weasley”, le fece notare.
“Immagino di
poterlo chiamare ragazzo, ma è stato per un mese e poi era più che altro per compiacere
sua madre. Sai quanto sia stato imbarazzante baciare Ron?”.
Malfoy fece
un’espressione disgustata. “Grazie, Granger, mi mancava davvero un’immagine del
genere. Quel buffone rosso non rientra nei miei gusti”.
Hermione fece
a finta di prenderlo a sberle, prima di tornare in sé e ricominciare a lamentarsi.
“Entrambe le volte non è stato quello che mi sarei immaginata. Non penso nemmeno
di poterle definire relazioni e di certo non somigliano per nulla a ciò che c’è
tra Harry e Ginny o tra Ron ed Hannah”.
Lui emise un
mormorio frustrato. “Non capisci il nocciolo, Granger. Non è la fine del mondo
e, comunque, non è che tu abbia passato gli ultimi anni senza fare nulla. Sei stata
piuttosto occupata a sconfiggere uno psicopatico che ti voleva morta”.
Hermione tirò
su col naso. “So che non lo è ma sono una ragazza e voglio sentirmi attraente,
invece vedono tutti solo il mio cervello”.
“Hai un
cervello che fa paura, Granger”.
“Vedi? Intendo
proprio questo. È come se, solo perché sono intelligente, sia solo questo che
conti. Sai che Calì ha persino avuto il coraggio di dirmi che non devo
preoccuparmi dei ragazzi perché sono il tipo di ragazza da avere una carriera? Io
voglio anche un compagno, una famiglia e dei figli”, disse.
“Prima di
tutto, perché ascolti Calì Patil? Per la barba di Merlino, quella adora la
Cooman. Secondo, hai un sacco di tempo per avere entrambe le cose. Non ha
nemmeno vent’anni, quindi calmati”.
Hermione si
passò una mano tra i capelli. “Merlino, sono un disastro. Se sei tu a fare la
voce della ragione, allora penso di aver toccato il fondo”.
Malfoy fece
una smorfia. “Principessa, io sono sempre la ragione. Semplicemente la voce non
si è ancora sparsa”.
“Oppure io
sono diventata matta ed è solo un’impressione”, lo prese in giro lei ma le si
spense il sorriso quando lo guardò. “Quindi non credi sia un troll orrendo e per
niente attraente che non troverà mai un ragazzo?”.
Malfoy grugnì.
“La smetterai mai? Dichiaro i tuoi amici più che inutili, se ti fanno avere un’autostima
così bassa”.
Hermione distolse
lo sguardo e fissò il fuoco.
“Cosa? Che ho
detto?”, le chiese.
“Non vuoi
saperlo”, replicò lei.
“Dillo e
basta”, le ordinò.
“Sei tu il
motivo per cui non ho autostima. Tu ed i tuoi amici mi dicevate sempre quanto
fossi brutta. Ormai ho interiorizzato la cosa”, rispose con un sussurro.
Rimasero a
disagio ed in silenzio per qualche minuto. Hermione non voleva guardarlo, ma
non poteva nemmeno sopportare di non sapere cosa stesse pensando. Sbirciò nella
sua direzione e lo vide fissarla in silenzio.
“È la
verità?”, le chiese.
Hermione annuì.
“Merda”,
imprecò lui. “Pensavo sapessi di non dover credere a nulla di quello che esce
dalla mia bocca”.
Hermione lo guardò
in silenzio.
“Senti, Granger,
all’epoca ero un idiota geloso e con un ego smisurato. Pensavo fosse figo
andare in giro a rendere a tutti la vita un inferno. Credevo di essere così
fottutamente superiore e, ironia della sorte, adesso sono quello la cui vita è
più incasinata di quella di chiunque altro ad Hogwarts”. Le prese la mano ed iniziò a giocare con le
sue dita. “Non passare il tempo a preoccuparti di ciò che ti ho detto negli
anni. Sei intelligente, acuta e bellissima”.
Hermione boccheggiò
e lanciò uno sguardo alle loro mani, poi gli sorrise timida.
Lui la fissò
per un altro momento, prima di sussurrare “Al diavolo”.
Prima che Hermione
riuscisse ad accorgersene, le labbra di Malfoy furono sulle sue, che la
baciavano nel modo più dolce possibile. Chiuse di scatto gli occhi e gli si appoggiò
contro, mettendogli una mano sul collo ed intrecciando le dita tra i suoi capelli
soffici quando lui la strinse maggiormente ed approfondì il bacio. Nient’altro
le era mai sembrato così. La cosa le aveva sempre causato un po’ di disgusto e,
quando era successo con Krum, aveva riso. In quel momento, invece, non l’avrebbe
fatto di certo. Si interruppero così come avevano cominciato e lei aprì
irritata gli occhi. Lui la guardava con le pupille dilatate, cosa che gli
faceva sembrare gli occhi neri invece che grigi.
“A cosa lo
devo?”, mormorò.
Malfoy
scrollò le spalle. “Volevo farlo”, replicò semplicemente.
Hermione si
ritrasse e spostò le braccia, ritirandosi sul divano. Si sentiva un po’
accaldata. Malfoy si schiarì la voce e si alzò nuovamente. “Dovrei davvero
andarmene, adesso”.
Lei gli mise
una mano sul braccio. “Per favore, non farlo, Malfoy. Rimani qui”.
Lui abbassò
lo sguardo verso i suoi occhi vagamente imploranti ed annuì. Hermione versò ad
entrambi un altro bicchiere di Firewhiskey e rimasero seduti a contemplare il
silenzio.
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Capitolo 14 *** Stordito e Confuso ***
Cap 14
Stordito e confuso
Ginny non aveva
mancato di notare la fuga di Hermione la notte precedente. Un minuto prima era
seduta assieme a tutti loro a sorseggiare Burrobirra e festeggiare il
fidanzamento di Ron e quello dopo era sparita. La preoccupava che se ne fosse
andata senza dire nulla a nessuno. Significava ci fosse qualcosa che non
andava.
Il pensiero che
avessero fatto qualcosa per renderla triste aveva disturbato i suoi sogni. Anche
se Hermione era molto più vicina ad Harry e Ron, per lei era come una sorella
maggiore. Era stata lei a consigliarle di lasciar perdere Harry al quarto anno
il che, ironia della sorte, l’aveva portata proprio ad accalappiarlo qualche
anno più tardi, ed erano diventate molto amiche durante gli ultimi due anni. Quindi,
la mattina dopo la festa, Ginny si alzò ridicolosamente presto per andare a
trovarla e capire cosa stesse succedendo.
Aveva notato
che Hermione era rimasta in disparte, l’altra notte. Aveva anche capito che
nessuno l’aveva messa al corrente dell’intenzione di Ron di fare la proposta
dopo la partita. Non era stata lasciata all’oscuro di proposito, semplicemente Harry
li aveva fatti allenare così tanto che il piano era stato ideato sul campo da
Quidditch ed aveva dovuto aiutare Ron con il discorso durante l’allenamento
vero e proprio. Nessuno di loro aveva poi pensato a raccontarlo ad Hermione. Ginny
era stata lasciata in disparte l’anno precedente per cui sapeva come avrebbe
potuto sentirsi la sua mica. Le dispiacque tantissimo.
Solo un paio
di ragazzi del primo e del secondo anno stavano già occupando la sala comune ma
Ginny non prestò loro attenzione. Uscì e si diresse verso il dormitorio di Hermione.
Pronunciò la parola d’ordine ed entrò, ma si bloccò immediatamente quando si
rese conto di ciò che si trovava davanti.
Prima di
tutto, sembrava che Hermione avesse portato la festicciola dei Grifondoro nella
sua stanza. C’era una bottiglia di Firewhiskey abbandonata sul tavolino da caffè
e carte di dolciumi tutto intorno. Ma ciò che catturò la sua attenzione fu qualcos’altro.
Lì, addormentati sul divano e stretti sotto le coperte, c’erano Hermione e Draco
Malfoy. Quando riuscì di nuovo a respirare, sbattere gli occhi e pensare
razionalmente, avanzò nella stanza e sbirciò i due. Hermione era accoccolata al
fianco di Malfoy, con la testa sulla sua spalla. Sembravano incredibilmente in
pace e, se si fosse trattato di qualcun altro, avrebbe silenziosamente gioito. Non
aveva mancato di notare quanto la sua amica fosse sola. Ma lì c’era Draco Malfoy,
l’unico e solo, il suprematista purosangue che l’aveva tormentata e bullizzata
senza pietà e che aveva apertamente sperato fosse morta. Per di più, era anche
diventato un Mangiamorte. Tutta la questione non quadrava, per dire poco.
Ginny aveva
passato le ultime settimane ad ascoltare le teorie di Harry sul fatto che Hermione
nascondesse qualcosa e che avesse tutto a che fare con quel ragazzo, ma non gli
aveva prestato molta attenzione. Aveva detto ad Harry di fidarsi della sua amica,
che tra l’altro si chiamava Hermione e non sarebbe stata così stupida da invischiarsi
con qualche ex Mangiamorte. Però sembrava che Harry avesse avuto ragione. Ginny
era molto ormai convinta di volergli svegliare, quando si rese conto che
sarebbe stato meglio parlare con Hermione quando non si fosse trovata in
compagnia di quella subdola serpe. Di certo avrebbero iniziato a litigare e lei
sarebbe entrata sulla difensiva. Ginny sospirò ed uscì dalla stanza. Avrebbe dovuto
sicuramente fare una bella colazione e pensarci attentamente.
Il rumore di
una porta che si chiudeva svegliò Draco, anche se non se ne rese conto. Per un
breve momento rimase confuso sul dove si trovasse e del perché ci fosse un corpo
caldo sopra di lui. Abbassò lo sguardo e vide la Granger ancora addormentata. Ricordò
la notte precedente e si accigliò. Che diavolo aveva pensato? Perché l’aveva
baciata ed era rimasto lì quando glie lo aveva chiesto? In effetti, perché era
rimasto e basta? Perché non l’aveva semplicemente chiesto di avere la sua
bottiglia di Firewhiskey rimanendo sulla porta e poi tornato al proprio
dormitorio? Con quelle domande che gli frullavano in testa, Draco si sciolse
dall’abbraccio della Granger. Per fortuna non fece troppo rumore e non la
svegliò. Doveva ricominciare a pensare lucidamente per cercare di capire cosa
avesse fatto quella notte. Si fermò un momento a fissare la ragazza e non
riuscì a non sorridere vedendola per la prima volta completamente rilassata. Poteva
quasi sentirle russare il cervello, quando invece di solito lavorava troppo. Le
sistemò addosso la coperta e le sfiorò la fronte con le labbra, ma si alzò
velocemente e scosse la testa. Che cos’aveva la Granger per farlo comportare in
modo così abnorme?
Draco notò
contento che fosse ancora presto. I corridoi erano silenziosi e solo un paio di
persone si erano già spinte a gironzolare per il castello. Stava per dirigersi
dritto ai sotterranei per fare una doccia e cambiarsi, quando l’aroma del caffè
fresco e dei croissant lo chiamò dalla sala grande. Dato che si trovava già lì,
poteva sicuramente prendere qualcosa per fare colazione. Entrò nella sala e
vide Blasie già sveglio che mangiava. Fanculo, pensò. Significava che era al
corrente lui non fosse rientrato la notte precedente. Era l’unico Serpeverde
con più di tredici anni sveglio in quel momento e sarebbe sembrato strano se Draco
non si fosse seduto di fronte a lui, il più lontano possibile.
Alla fine,
decise di sedersi di fianco a lui e si versò un bicchiere di succo di zucca. Lo
avrebbe aiutato a sbarazzarsi di quel gusto orribile che si sentiva in bocca e
tra l’altro era anche un ottimo metodo per schiarirsi la mente prima di darle
la botta finale con una bella dose di caffeina.
Blasie voltò
la testa e lo guardò con un sopracciglio alzato. “Buongiorno, Draco. O dovrei
dire buonanotte?”.
Draco imprecò
silenziosamente. Ecco perché lui e Blasie non sarebbero mai diventati buoni
amici: era troppo irritante. Annuì, sperando che avesse capito e stesse zitto.
“Allora, chi
è la ragazza fortunata? O sei svenuto in qualche atrio oscuro?”.
“Tu che pensi?”,
biascicò Draco, non volendo svelare dove fosse stato.
Blasie lo
guardò dall’alto in basso. “Beh, anche se sembri un po’ in disordine e
dolorante, non credo lo saresti allo stesso modo se avessi dormito sul cemento duro
e freddo. Quindi penso che qualche ragazza abbia avuto pietà di te e ti abbia
offerto il proprio letto per la notte”.
Draco non
confermò né negò. Gli lanciò un unico sguardo disinteressato, sperando che la
smettesse.
Blasie gli
si avvicinò e gli annusò una spalla. “Mmm… a giudicare dal leggero profumo,
sicuramente femminile, che ti è rimasto sul maglione, direi che lei ha dormito
con te. Cannella… buono”.
Draco ormai
era diventato piuttosto teso e si era già pentito di aver deciso di entrare in
sala grande. Blasie era troppo ricettivo per i suoi gusti. “E se anche avessi passato
la notte con una ragazza? Che ti importa?”.
“Non c’è
bisogno di andare sulla difensiva. Sono solo sorpreso ci sia una ragazza che
voglia dormire con quel tuo ossuto culo che ti ritrovi. È per questo che se qui
così presto? Ha capito chi fossi e ti ha cacciato per averla svegliata con i
tuoi incubi?”, insistette crudele Blasie.
“Vaffanculo”,
ringhiò Draco e si alzò. Cercò di ricordare come avesse dormito e si rese conto
di non averne alcuna memoria. Ricordava che la Granger gli si era addossata,
aveva sbadigliato e si era addormentata. Sapeva anche di aver pensato di
doversene andare, ma si sentiva troppo comodo lì, così aveva appellato una
coperta e si era coperto, sistemandosi meglio così che potessero dormire comodi
entrambi. E poi… nulla. Si era svegliato venti minuti prima, ben riposato ed
estremamente rilassato con la Granger. Non aveva avuto alcun incubo che lo
avesse svegliato, non aveva sudato ed il cuore non gli batteva forte. Per la
prima volta da che ricordasse, aveva dormito senza svegliarsi terrorizzato.
“Allora, non
è nessuna di Serpeverde perché si saresti fatto una doccia e cambiato prima di
venire qui. Dubito sia una Tassorosso, perché saresti rimasto di sotto e poi
saresti tornato al dormitorio. Mi viene da pensare quindi si tratti di una Corvonero
o di una Grifondoro. Non penso che le Grifondoro vorrebbero toccarti, dunque
resta solo una Corvonero”, dedusse Blasie. “Vuoi dirmi chi è o dovrò passare in
rassegna tutte le più vecchie e stupide che possano voler fare sesso con te?”.
Draco lo
ignorò. Non era dell’umore per certe cazzate. Aveva appena passato le dodici
ore più strane della sua vita, durante le quali aveva consolato e baciato la
Granger e si era addormentato con lei sul suo divano, dormendo pacificamente. E,
nonostante si sentisse confuso a riguardo, non se ne pentiva minimamente.
Una profonda
risata di Blasie lo riscosse dai propri pensieri. “Oh, forse era davvero una
Grifondoro. Hai fregato da fidanzatina a Potter? Dal modo in cui ti guarda da
quanto sei entrato, potrebbe essere lei”.
Draco alzò
lo sguardo verso il tavolo dei Grifondoro e vide Ginny Weasley fissarlo ma
senza quella solita espressione che riservava solo ai Serpeverde. Era quasi in
contemplazione. Quando si rese conto che entrambi la stavano guardando,
distolse gli occhi e tornò a puntarli sul suo libro.
“Se ricordo
bene, Blasie, sei sempre stato tu ad avere una cotta per la piccola Weasley”.
Blasie si
voltò e ruggì. “Una volta ho detto a Pansy che non era così brutta per essere
una Grifondoro ed una Weasley e voi due ci avete ricamato sopra da allora. E comunque,
i rifiuti di Potter non sono nel mio stile”.
Draco colse
al volo l’opportunità per puntare l’attenzione su qualcosa che non fosse la
notte precedente. “E se sapessi ciò che è meglio per te, continuerai in questo
modo, perché se farai del male a Pansy, giuro su Salazar, te lo farò
rimpiangere per il resto della vita”, lo minacciò.
Blasie sbuffo,
finì il proprio caffè e si alzo. “Non mi fai paura, Draco”, gli disse prima di
trascinarsi fuori dalla Sala Grande.
Draco fu
felice di liberarsi di lui e riuscì finalmente a rilassarsi e sorseggiare dalla
sua tazza. Tenne d’occhio la Weasley ma lei, a parte qualche veloce sguardo
dalla sua parte, continuò a tenere gli occhi sul libro che stava leggendo.
Hermione riaffiorò
dai meandri del proprio sonno ed aprì gli occhi. Sussultò appena quando
incontrò gli occhi marroni di Ginny.
“Ginny!” esclamò.
“Mi hai fatto prendere un colpo”.
Ginny non
disse nulla e le allungò una tazza di caffè. Hermione prese un sorso prima di
mettere la tazza sul tavolino basso e grugnire alla vista della bottiglia vuota
di Firewhiskey dell’altra notte.
“Nottata
pesante?”, chiese Ginny.
“Non ne hai
idea”, mormorò.
Rimase un po’
spiazzata dallo sguardo della sua amica. Perlomeno non era entrata e si era imbattuta
in Malfoy. Non credeva che la rossa se ne sarebbe rimasta lì così tranquilla se
fosse successo.
“Allora, che
hai fatto la notte scorsa? Sei sparita”.
Hermione abbassò
gli occhi verso la tazza di caffè. Doveva togliersi quel peso con Ginny? Davvero
non voleva riscuoterla da quel sogno ad occhi aperti che stava vivendo. “Oh,
niente. Ero stanca, sai”.
“Quindi non
ha nulla a che fare con il fatto che ti abbia trovata addosso a Draco Malfoy su
questo divano, sta mattina?”, chiese Ginny con nonchalance, indicando il punto
in cui Hermione ancora si trovava.
Per una
volta nella sua vita, il cervello di Hermione non riuscì a pensare a nulla. Rimase
lì con la bocca aperta a fissare Ginny. La rossa le restituì lo sguardo ed
incrociò le braccia. “Faresti meglio a parlare, Hermione”.
“Non è come pensi”.
“Non so
nemmeno cosa pensare, in questo momento. Ho così tante idee che mi frullano per
la testa. Stai segretamente frequentando Malfoy?”.
“No!”, urlò Hermione.
“Non è niente del genere”.
“Raccontami.
Hai iniziato ad essere così distante”.
Hermione si
passò una mano tra i capelli prima di spiegare la situazione alla sua amica. Almeno
non avrebbe dovuto preoccuparsi che sarebbe corsa a spiattellare tutto con Harry
e Ron, come invece avrebbe voluto fare Neville quando aveva visto Malfoy uscire
dalla sua stanza. Lei avrebbe mantenuto il segreto, ma Hermione non le avrebbe
di certo raccontato del bacio.
Alla fine
della storia, Ginny aveva gli occhi fuori dalle orbite. “Non riesco a credere
che Harry avesse di nuovo ragione. Il suo istinto non manca un colpo”.
“Ragione
riguardo a cosa?”.
“Ha detto
che eri coinvolta in qualcosa che riguardava Malfoy. Non ha mai creduto che tu
e la Parkinson parlaste di quelli del primo anno che vengono bullizzati”.
Hermione arrossì.
“Mi dispiace. Non volevo mentire ad Harry e Ron. Non si sono nemmeno preoccupati
di intervenire quando Dean stava picchiando a morte Malfoy”.
“Capisco perché
tu lo abbia fatto, solo vorrei non fosse successo”, le disse triste Ginny.
Le due ragazze
rimasero sedute a sorseggiare il caffè. Hermione sentiva di essersi tolta un
peso dalle spalle, ora che almeno una dei suoi amici era a conoscenza della
situazione con Malfoy. Non le avrebbe raccontato del bacio perché si era
trattato di una sciocchezza.
“Allora
Malfoy è davvero fottuto”, disse Ginny.
Hermione annuì.
“È un disastro. Io e Pansy siamo riuscite a tenere sotto controllo la sua
dipendenza ma ha ancora un sacco di problemi. Ho provato a convincerlo a
parlare con il Guaritore da cui è andato Harry al San Mungo, ma si è rifiutato”.
“E non ti
chiama più Sanguesporco?”, chiese Ginny, un po’ divertita.
“All’inizio
lo ha fatto, ma poi ha smesso quando ho minacciato di affatturarlo così tanto
da farlo finire in ospedale”.
“E allora
cos’è quella cosa della principessa? Fa uscire di testa Harry”.
Hermione alzò
gli occhi al cielo. “Ignoralo. Malfoy cerca di irritarmi”.
“Sicura non
si tratti di qualcos’altro?”, chiese sospettosa Ginny.
Hermione ripensò
ad Hogsmeade ed alla conversazione avuta con Andromeda. Non le aveva raccontato
nemmeno quello. Non sentiva il bisogno di vuotare il sacco su tutti i dettagli.
Dopo ciò a cui aveva assistito Ginny quella mattina, sapeva che ci avrebbe ricamato
sopra.
“Ginny! Sul
serio? Riesci ad immaginarti Malfoy che prova qualche tenero sentimento nei
miei confronti? Sarebbe stranissimo”.
Aveva ragione
e Ginny rise. Hermione rimase a guardare la sua amica tornare a rilassarsi
sulla poltrona ed emise un sospiro di sollievo. Sembrava che l’interrogatorio
fosse finito. Poi però Ginny tornò ad irrigidirsi. “Senti, Hermione, l’altra
notte mi sono resa conto che ti abbiamo lasciato fuori da molte cose”.
Il dolore
che il giorno prima l’aveva consumata e le aveva fatto vivere l’accaduto come
un tradimento da parte dei suoi amici riaffiorò, ma lei lo ignorò. “Non
preoccuparti”.
“No, invece
lo faccio. Significhi molto per noi, Hermione, e non è che Ron non te lo abbia
voluto dire di proposito. È successo solo perché ci siamo allenati molto”.
Hermione all’improvviso
si sentì molto più leggera. Allora i suoi amici non la stavano allontanando! “In
realtà è colpa mia”, aggiunse Ginny. “So quanto Ron diventi assorto quando
inizia a tramare qualcosa ed Harry… beh, Harry sta solo cercando di passare un
anno normale. Io invece avrei dovuto cercarti e dirtelo”.
Lei sorrise alla
sua ansiosa amica. “Non essere dura con te stessa, queste cose capitano. Mi ha
ferita ma non porterò rancore, soprattutto perché so più di tutti quanto
tendano a dimenticare le cose quei due”.
Ginny emise
un profondo respiro di sollievo. “Non volevamo, e parlo sul serio, spingerti
tra le braccia di Draco Malfoy”.
Hermione diventò
di un rosso accesso. Ginny rimase a chiacchierare con lei per un’altra ora,
prima di andare ad incontrare Harry e Ron al campo da Quidditch. Sembrava che Harry
non avesse intenzione di dare alla sua squadra neanche un giorno di riposo.
Quando Ginny
se ne andò, lei riuscì finalmente a pensare a ciò che era successo la notte
prima.
Per una
volta, il suo cervello sembrava non essere in grado di disporre gli eventi in
ordine logico. Era tutto confuso e quel bacio la confondeva ancora di più. Non era
nemmeno più sicura di cosa pensare su Malfoy. Di certo non lo odiava più come
una volta. Aveva guardato oltre le bravate di cui aveva parlato Pansy in
gennaio ed aveva visto il vero Malfoy che si celava al di sotto, che le piaceva
parecchio. Poteva essere anche gentile e si preoccupava delle persone. Il fatto
che fosse rimasto con lei, quella notte, e non avesse riso delle sue insicurezze,
ne era la prova.
Sospirò
ripensando al bacio. Forse era stato solo per confortarla, sarebbe stato più semplice
da comprendere. Gli era dispiaciuto per lei e si era vergognato per fatto di
essere il responsabile delle sue insicurezze. Sì, doveva essere sicuramente
così. Era stato solo un bacio per farla sentire meglio. Ignorò la fitta che le
arrivò a quel pensiero. Se si fosse trattato di qualcosa di più, le cose si
sarebbero complicate troppo ed Hermione non voleva altri problemi quell’anno. Aveva
bisogno di pace e serenità. Aveva già dovuto affrontare troppo situazioni
difficili in passato.
Comunque,
non voleva nemmeno che Malfoy provasse qualcosa per lei, no? No, certo che no,
si disse. Era Malfoy. Tra l’altro, lei era una Nata Babbana e lui il Purosangue
per eccellenza. Come avrebbe potuto funzionare? E poi c’erano Harry e Ron a cui
pensare, ed i genitori di Malfoy. No, sarebbe stato meglio se si fosse trattato
di un semplice bacio di conforto.
Hermione scacciò
tutti i pensieri ed iniziò la giornata, felice di avere un complicato progetto
di Artimanzia a cui dedicarsi.
Hermione passò
il resto della giornata in biblioteca, finendo i compiti. Aveva anche deciso di
revisionare la tabella di ripasso per i M.A.G.O., perché ormai erano a marzo e
non ci sarebbe voluto molto prima che gli esami iniziassero ad incombere., e di
sistemare anche quelle di Harry e Ron. Quei due non si sarebbero mai decisi a
farne una e poi la cosa l’aveva aiutata a non pensare a quel combinaguai di
Serpeverde ed ai suoi baci intossicanti. Scosse la testa. No, non avrebbe
ricominciato a rifletterci.
Hermione uscì
solo all’ora di cena, contenta che il castello fosse entrato in letargo quella
domenica. La biblioteca era rimasta tranquilla, proprio come voleva. Non aveva visto
nessuno ed era esattamente ciò di cui aveva bisogno. Ultimamente le piaceva la
solitudine, forse perché l’anno precedente era stato claustrofobico in quella
tenda. Loro tre avevano dovuto vivere ammassati lì dentro delle situazioni
incredibilmente stressanti. Non la sorprendeva che avesse iniziato a preferire delle
giornate così, in cui non avrebbe incontrato i suoi amici prima di sera.
Harry, Ron e
Ginny sembravano distrutti dopo l’ennesimo allenamento di Quidditch.
“Per la barba
di Merlino, Harry, potresti darci un attimo di riposo”, si lamentò Ron. “Abbiamo
giocato ieri ed oggi ci hai rispediti in campo per un’altra estenuante sessione
di allenamento invece che per farci una semplice volata”.
Ginny fece
una smorfia quando Ron le piantò accidentalmente il gomito nelle costole. “Attento,
Ron, quel bolide ti ha fatto più danni di quanti pensassi”.
Harry guardò
preoccupato Ginny. “Non vuoi andare in infermeria dopo cena?”.
Ginny gli
sorrise. “Non preoccuparti, ho un po’ di pomata che ha inventato George. Ho pensato
che quest’anno mi sarebbe servita”.
Hermione prese
posto e cercò di non ghignare. Ron sembrava ancora sbronzo mentre Harry e Ginny
due morti che camminavano. “Buona sera. Allenamento andato bene?”, chiese
innocente.
Ron ricominciò
a mormorare sottovoce, mentre Harry le sorrise. “Ehi, dove sei finita l’altra
sera? Un minuto prima eri lì e quello dopo non c’eri più”.
Hermione non
riuscì a non lanciare uno sguardo a Ginny, che stava fissando il proprio
piatto. Provò un moto di gratitudine nei suoi confronti. Non aveva detto una
parola. Non credeva comunque che l’avrebbe fatto ma non si poteva mai esserne
sicuri in una relazione così profonda come la sua con Harry.
“Oh, ero
solo stanca. È stata una giornata lunga”, disse con nonchalance Hermione, prima
di iniziare a sfrazzare nella borsa. “Comunque, questo pomeriggio ho rivisto la
mia tabella di ripasso per i M.A.G.O. e ne ho fatta una anche a voi”.
Ron grugnì. “Hermione,
mancano ancora mesi agli esami. Non è nemmeno Pasqua”.
“Ronald,
ormai siamo a marzo. Gli esami saranno alle porte ancora prima che tu te ne
accorga. Vuoi arrivarci impreparato?”.
Ron sbuffò ed
osservò la tabella che Hermione gli aveva passato. “Non posso studiare così
tanto, mi esploderà il cervello”, esclamò.
“Quale
cervello?” mormorò Ginny.
Ron la
guardò male prima di scagliare via un pisello dal proprio piatto nella sua
direzione. “Ron, sei disgustoso!”, urlò Ginny.
“Grazie, Hermione”,
disse Harry, dandole un bacio sulla guancia prima che quei due stupidi potessero
iniziare a litigare.
Hermione sorrise
al suo amico ed iniziò ad impilarsi del cibo nel piatto. Mentre si versava
qualche cucchiaio di riso, notò Malfoy. Lui sostenne lo sguardo per qualche
minuto, prima che Hermione distogliesse gli occhi e tornasse a concentrarsi sul
riso. Sperò di non arrossire ma poteva già sentire il sangue affluirle alle
guance. Si sciolse i capelli e cercò di mettere una tenda tra lei ed Harry. Per
fortuna, la conversazione era tornata al Quidditch e Ron li stava intrattenendo
tutti raccontando le sue parate del giorno prima. Hermione non riuscì quindi ad
evitare di adocchiare nuovamente il tavolo dei Serpeverde e Malfoy, che al
momento chiacchierava con Pansy. Si prese un momento per assorbirne la figura. C’erano
delle cose di lui che non aveva mai notato prima e che ora la affascinavano. Il
modo in cui gesticolava quando parlava ad esempio, credeva fosse per arroganza,
invece era passione, si rese conto. Le era sempre sembrato piuttosto freddo e
senza sentimenti, mentre in realtà si controllava parecchio, una cosa probabilmente
imparata da Lucius Malfoy. Quando lo si osservava con gli amici, era molto più
rilassato. Invece delle smorfie, faceva spesso dei sorrisi calorosi, che gli
facevano venire delle rughe attorno agli occhi. Aveva sfoggiato quel sorriso
anche con lei, un paio di volte, durante la loro chiacchierata ed aveva sentito
l’ostilità dissolversi.
Gli occhi
grigi di Malfoy saettarono nella sua direzione con un sopracciglio alzato. Mortificata
per essere stata beccata a fissarlo così attentamente, gli sorrise timida prima
di riprestare attenzione a ciò che stava dicendo Harry.
Quando tornarono
verso la torre di Grifondoro, Ginny afferrò Hermione per un braccio e la fece
allontanare da Ron ed Harry. “Che cosa è successo al tavolo?”, le chiese.
“Che cosa?”,
replicò confusa.
“Hai continuato
per secoli a guardare verso il tavolo dei Serpeverde”.
Hermione arrossì.
“Non lo so. Stavo solo pensando”.
Ginny si
voltò a guardarla, bloccandole il passaggio. “Hermione, stai attenta. Non immischiarti
troppo con Malfoy. In base a ciò che mi hai detto, al momento è davvero
incasinato”.
“Non ho
intenzione di esserne coinvolta maggiormente”, protestò lei.
“Ti piace? Intendo
romanticamente parlando”, le chiese senza peli sulla lingua.
“No”,
rispose un po’ esitante Hermione e Ginny la guardò scettica. “Non credo, ok? È difficile
da spiegare. È diverso se riesci a conoscerlo”.
“Lo immaginavo.
Mi sarei preoccupata se fosse rimasto lo stesso idiota e tu fossi confusa a
riguardo”.
“So che è
difficile da credere ma a volte è davvero gentile e gli importa di me”, le
confidò.
Ginny sembrava
non crederle. “Ad essere onesta, lo trovo molto strano. È Malfoy, quelle due
parole non gli si addicono. Lo definirei piuttosto cattivo e disonesto”.
Hermione annuì.
“Lo so, ma è vero”.
Ginny la
fissò seria. “Se dovessi superare il limite, pensaci. Harry e Ron non capiranno.
Penseranno tu abbia perso la testa”.
Lei arrossì.
“Ginny, fai tanto rumore per nulla. Malfoy non mi piace nemmeno in quel senso e,
se anche fosse, non ho idea di cosa provi per me né se volessi che facesse un
passo del genere”.
“Prima di
fare qualsiasi cosa, parlami per favore”.
Hermione si
sentì un po’ in colpa. L’aveva già tenuta all’oscuro di alcune cose ma, finché non
fosse riuscita ad analizzare ciò che era successo la notte precedente, non
sarebbe riuscita a mettere insieme un discorso sensato. Ginny invece era già
saltata alle conclusioni e raccontarle del bacio le avrebbe solamente dato
coraggio.
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Capitolo 15 *** Un Ragazzo Poco Adatto ***
Cap 15
Un Ragazzo Poco Adatto
Blaise si ritrovò ad essere stranamente divorato
dalla curiosità da quanto il giorno prima Draco era arrivato in Sala Grande per
la colazione un po’ arruffato e con un profumo da donna addosso. Di norma non
gli sarebbe interessato nulla di ciò che succedeva agli altri ma, in questo
caso, gli sembrava proprio strano perché persino le ragazze di Serpeverde si
erano tenute alla larga dal ragazzo quell’anno. Beh, a meno che non si tenesse
in conto Astoria Greengrass, ma Daphne lo avrebbe fatto a pezzi se avesse osato
toccare sua sorella. E poi Draco non era interessato a lei, troppo piccola e
romantica da persino vederlo come un eroe caduto in disgrazia e per di più
troppo interessata alla sua ricchezza ed alla voglia di giocare alla “dama del
maniero”. Draco lo sapeva bene e non le prestava mai attenzione. Blasie era
irritato con sé stesso per il fatto di essere così interessato a chi il ragazzo
stesse frequentando. Il mistero lo intrigava.
Draco, ovviamente, si comportava come al solito e non
diceva una parola. Pansy non aveva ottenuto alcuna informazione su dove fosse
rimasto, quando Blasie le aveva riferito tutto. Piuttosto, gli aveva lanciato
uno sguardo come per dirgli “io ho ragione e tu hai torto”, ma di certo lui non
avrebbe mai creduto alla sua malsana idea che Draco e la Caposcuola Granger
sarebbero stati una bellissima coppia o che persino fossero interessati l’uno
all’altra. Era una convinzione assurda. Draco odiava la Granger solo per il suo
sangue. Aveva reso la sua vita un inferno per anni e, occasionalmente, sperato
nella sua morte. Quindi lui avrebbe all’improvviso dovuto pensare che Draco
avesse nascosto dei sentimenti per lei per tutto quel tempo? O che si fosse
reso conto che la Granger fosse tutto ciò che aveva sempre voluto?
Assolutamente no. Poteva anche non chiamarla più Sanguesporco, ma era anche
vero che le cose stavano cambiando da quando la guerra era finita ed il tempo
passato ad Azkaban aveva avuto su di lui un impatto profondo.
E poi c’era la Granger. Blasie non era per nulla incline
a credere che sarebbe stata attratta da Draco. Era troppo sensibile ed
intelligente e, anche se fosse riuscita a buttarsi alle spalle i momenti in cui
lui l’aveva bullizzata solo per aiutarlo, non significava che volesse una
relazione con lui. In ogni caso, una cosa del genere avrebbe significato
litigare con i suoi amici e lui non avrebbe mai creduto che sarebbe riuscita a
mettere in primo piano Draco, visto che era sempre pronta a combattere e
persino morire per loro. No, non avrebbe assolutamente creduto all’idea di
Pansy. Non aveva per nulla senso.
Parlando del diavolo, vide la Granger affrettarsi lungo
il corridoio per non arrivare in ritardo a lezione. Blasie lanciò uno sguardo a
Draco, che non le stava affatto prestando attenzione. Ha! Lo sapeva, era solo
Pansy che si immaginava tutto. Quei due non si erano nemmeno guardati né si
erano scambiati qualche sguardo segreto.
All’improvviso, Blasie si rese conto che tutti si stavano
dirigendo in classe, così si affettò anche lui prima di perdere punti. Era così
occupato a sistemarsi la borsa che non notò la Granger correre verso di lui e
lei gli si schiantò addosso.
“Oooh”, disse la Granger, quando la borsa di Blasie le
arrivò contro lo stomaco.
“Oh, mi dispiace, Granger”, si scusò Blasie. “Non ti
avevo vista”.
La Granger alzò gli occhi al cielo. “Sì, sono sicura sia
molto difficile notare qualcuno dalla tua altezza olimpionica”, gli disse
sarcastica prima di rimettersi dritta e togliersi i capelli dalla faccia.
Blasie stava per risponderle a tono, quando un profumo di
cannella lo bloccò. Si irrigidì, mentre la sua mente ne processava il
significato. No! Era impossibile. Di certo si trattava di qualche prodotto
nuovo e di mota per i capelli che le ragazze di Hogwarts usavano. Non era
sicuramente lei la ragazza con cui Draco era rimasto sabato notte.
“A suo comodo, Signor Zabini”, disse sarcastica la
Professoressa Vector sulla porta dell’aula, con un tono che faceva quasi paura
come quello del Professor Piton.
Blasie arrossì appena quando si rese conto che tutti lo
stavano guardando, aspettando che si muovesse. Anche Draco lo fissava con uno
sguardo irritante e divertito, quello che di solito riservava ai Tassorosso ed
a Paciock.
“Mi dispiace”, rispose Blasie e prese posto di fianco a
Draco.
Draco si voltò verso di lui ed alzò un sopracciglio.
“Stai bene, Blasie? Sembri sconvolto. La Granger ti ha punzecchiato con uno dei
suoi soliti commenti affilati?”.
Blasie si rifiutò di dare adito ad una litigata. Era
troppo occupato a pensare che Pansy potesse avere ragione. Grugnì internamente,
immaginandosi quanto la sua ragazza avrebbe sogghignato se così fosse stato.
Durante la lezione, Blasie tenne d’occhio sia il biondo
che la Granger. Se erano davvero rimasti assieme, erano bravi a nasconderlo
visto che si ignoravano. Poi però pensò che entrambi sarebbero stati bravi a
tenere segreta qualsiasi tipo di interazione romantica. Gli amici di lei
avrebbero fatto una scenata e Draco aveva un nome da mantenere all’interno
della cerchia dei Purosangue. Dopotutto, poteva non essere nulla. Di certo la
Granger non era l’unica a profumare di cannella, nonostante la maggior parte
delle ragazze preferisse shampoo e profumi più floreali.
Quasi al termine della lezione, Blasie notò un breve
sguardo tra i due e fu in quel momento che capì che Pansy aveva ragione. Si
piacevano, anche se non forse ancora non lo sapevano. Aveva creduto che Draco
stesse fissando il muro ma, quando la Granger aveva voltato la testa nella sua
direzione, lo aveva sentito irrigidirsi. Non volendo a sua volta guardarlo
direttamente, nel caso avesse attirato troppo l’attenzione verso ciò che stava
accadendo tra i due, si limitò a spiarlo con la coda dell’occhio. Draco
osservava la Granger con uno sguardo che avrebbe fatto andare a fuoco Hogwarts.
La Granger si accorse di lui, si morse un labbro e si mosse sulla sedia,
lanciandosi indietro i capelli come se avesse avuto caldo. Blasie udì il fiato
di Draco bloccarsi in gola, non lasciandogli alcun dubbio su ciò che stesse
pensando in quel momento. Alla fine, la Professoressa Vector ricominciò a
parlare e la tensione tra i due si interruppe. Blasie rimase sconvolto. Grazie
a Salazar non aveva accettato la scommessa di Pansy. L’avrebbe sicuramente persa.
Hermione aveva creduto che una notte di sonno ristoratore
le avrebbe schiarito le idee, invece non era successo. Era ancora confusa su
tutti gli avvenimenti di quella notte e non aveva aiutato il fatto che quel
giorno avesse dovuto condividere la classe con Malfoy che la fissava. Non
riuscì a trattenersi da lanciargli a sua volta qualche occhiata. All’improvviso
si era sentita attratta dalla sua bocca ed aveva notando quanto il labbro
inferiore fosse più pieno di quello superiore. Ormai sapeva quanto soffici
fossero le sue labbra e ne era affascinata. Durante il pranzo, dovette poi
riscuotersi parecchie volte dai sogni ad occhi aperti. Vederlo mangiare l’uva
l’aveva mandata fuori di testa. Non era giusto, ed era tutta colpa di Ginny. Se
non le avesse detto quanto pericolosa sarebbe stata una relazione con Draco
Malfoy, probabilmente si sarebbe dimenticata di quel bacio ormai.
Hermione aveva anche creduto di essere al di sopra della
classica banalità dell’innamorarsi del "cattivo ragazzo". Certo, non
che Malfoy lo fosse sul serio. Era più che altro arrogante e viziato ma, dopo
aver conosciuto la sua personalità oltre la facciata che portava, poteva dire
che avesse qualche qualità nascosta che la attirava.
doveva davvero smetterla di pensare a quelle sciocchezze.
Malfoy probabilmente sulla sarebbe fatta sotto dalle risate se avesse saputo
quanto il loro bacetto avesse sconvolto le emozioni di Hermione. Merlino, si
stava trasformando in una di quelle patetiche ragazze che dà un minimo di
attenzione ricevuta poi creavano castelli campati in aria. Avrebbe dovuto focalizzarsi
sui M.A.G.O. piuttosto che fantasticare sul ragazzo che probabilmente si era
già pentito di aver poggiato le proprie labbra su quelle di una inferiore
Sanguesporco.
Così, Hermione riporta la propria attenzione alla lettera
che aveva ricevuto quella mattina da Andromeda. Las citata che la McGranitt
avrebbe permesso a lei e Teddy di andare a trovarla quel fine settimana,
sarebbe anche stato molto vicino al il primo anniversario della morte di Ted
Tonks dovuta ai Ghermidori.
In circostanze normali, non sarebbe stata permessa alcuna
visita a metà semestre ma la McGranitt sapeva quanto lei ed Andromeda si
fossero avvicinate e Teddy era il figlioccio di Harry. Hermione sapeva
benissimo si sarebbe trattato di un favoritismo da parte della McGranitt ma era
comunque felice sarebbe successo. Le avrebbe dato anche l'opportunità di
parlare con Andromeda riguardo al bacio, se avesse voluto. Inizio quindi a
riflettere se farlo o meno.
Blaise afferrò il braccio di Pansy mentre usciva dalla
sala grande. La spinse dentro una classe vuota lì vicino e sigillo alla porta
contro eventuali intrusioni. Pansy lo guardo confusa. "Credo di sapere con
chi sia stato Draco sabato, ma prima devo farti una domanda ", di Blasie.
"Allora parla. Arriverò tardi a divinazione ".
"Per caso tra voi ragazze c'è una nuova ossessione
per uno shampoo che sa da cannella?".
Pansy sembrò divertita. "Ehm… non che io
sappia".
Blasie grugnì. "Adesso diventerai insopportabile.
Draco deve essere stato con la Granger allora. Domenica mattina aveva addosso
un profumo da cannella ed io oggi mi sono imbattuto nella Granger, che aveva lo
stesso identico odore".
Pansy sorrise apertamente. "Te l'avevo detto.
Quindi, se avevano entrambi lo stesso profumo, Draco deve aver dormito nel
letto con lei".
Blasie scrollò le spalle. "sul serio, non voglio
pensare a ciò che potrebbero aver fatto quei due. Mi disturba".
Pansy si accigliò punto "No, sono carini. Sono così
dolci assieme".
"Stiamo parlando di Draco, non è mai dolce e sarebbe
strano se dovesse mettersi con la Granger. Lei non dovrebbe sposare un Weasley
mentre lui preservare la purezza del lignaggio della famiglia Malfoy? ".
Pansy sbuffò. "sai così poco romantico punto non so
nemmeno perché io stia a perdere tempo con te".
Blasie si avvicinò malizioso alla strega e se la tiro più
vicina. "Perché nessun altro ti bacia bene come ", e sussurrò in un
orecchio prima di dargliene una dimostrazione.
Pansy dovette ammettere che aveva ragione.
Draco si trascinò alla lezione di pozioni. Era
esattamente il modo in cui avrebbe voluto che quel lunedì terminasse: due ore
con Lumacorno, Penso sarcasticamente. Il direttore di Serpeverde non si
preoccupava nemmeno di nascondere il fatto che lui non gli piacesse per niente.
Draco invece se ne fregava. Voleva smesso di voler essere invitato al Lumaclub
perché tutti lo credevano un onore. Non aveva bisogno di qualche vecchio
impiccione che gli desse un po' di credibilità.
Sono appena anche stata un'altra lezione divisa con la
Grange e quello sarebbe stato il vero problema. Aveva passato tutta la domenica
a pensare a lei ed a quel bacio ed aveva spiegato la cosa dicendo sì che fosse
successo perché non aveva più ha avuto alcun contatto con il genere femminile
da più tempo di quanto non ricordasse. Le missioni per il Signore Oscuro ti
prestavano di certo sottrarre il sesso opposto, nei l'avere uno psicopatico che
ti vive in casa e che tortura ed uccide le persone sul tuo tavolo da pranzo.
L'ultima ragazza che ricordava di aver baciato, per non parlare di
qualcos'altro, era stata una ragazza del settimo anno di Corvonero proprio
all'inizio del suo sesto anno, prima che il fardello del dover uccidere silente
diventasse troppo grande.
Entro nella classe di pozioni e si sedette dietro Blasie.
Il Professor Lumacorno arrivo mentre lui stava sistemando i libri sul banco.
"Oggi ho preparato per voi una lezione chiuse
", tuonò il Professore.
Diversi studenti raddrizzarlo la schiena, pronti curiosi.
Draco ghigno leggermente notando che la Granger fosse una di loro. sembrava
così intrigata che pensò sarebbe caduta dalla sedia per l'eccitazione.
"Oggi prepareremo qualcosa di molto difficile ma
anche difficile: l'Amorentia", annunciò Lumacorno.
Draco grugnì. Quel giorno stava andando di meglio in
meglio.
"Ho deciso di improvvisare una gara e, poiché si
tratta di una pozione d'amore, vi dividerete in ragazzi e ragazze. La squadra
vincitrice otterrà il beneficio di farsi pulire i calderoni dalla perdente per
tutto il mese. Ora, se i ragazzi potessero spostarsi dal lato sinistro…
Grazie".
Draco constatò felice che nessuno di chiese di muoversi
ma di certo qualcuno avrebbe dovuto sedersi di fianco a lui. Non gli importava
di chi si sarebbe trattato così abbassò la testa ed inizio a leggere le
istruzioni per la pozione. Poco dopo, venne distratto da una zuffa. Guardò in
quella direzione e vide Potter e Weasley litigare su chi dei due avrebbe dovuto
aggiudicarsi il posto libero di fianco ad un Tassorosso e chi quello alla sua
sinistra. Ma certo, gli sarebbe toccato uno di quei due cerca guai, ne aveva
proprio bisogno. Si focalizzò nuovamente sul libro e non so curò di alzare gli
occhi quando la sedia venne spostata e stridette come se avesse protestato per
essere stata mossa.
"Malfoy", sputò la familiare voce del Bambino
che si è Rifiutato di Morire.
"Potter", sibilò lui.
"Manometri la mia pozione e sarà l'ultima cosa che
farai", lo minacciò Potter.
"Potrebbe sorprenderti, Ragazzo delle Meraviglie, ma
non potrebbe fregarmene di meno della tua pozione" biascicò Draco.
"Scusami se non ti credi viste tutte le volte in cui
hai cercato di sabotare le pozioni dei Grifondoro in questi anni".
Draco non rispose e gli lanciò uno dei suoi soliti
sguardi accusatori. Sprecare parole con lo Sfregiato non valevano il suo tempo
né lo sforzo. Iniziarono a lavorare in silenzio, rifiutandosi di riconoscere la
reciproca esistenza.
Alla fine, Draco dovette aspettare che la pozione
sobbollisse, così iniziò a guardarsi le unghie nel tentativo di non fissare la
Granger. Non voleva che i suoi occhi vagassero nella sua direzione, come invece
avevano fatta durante Artimanzia, e non voleva nemmeno che San Potter lo
notasse. Probabilmente, lo Sfregiato avrebbe iniziato a prenderlo a pugni e,
visto che Lumacorno lo riteneva la sua gemma più preziosa, non si sarebbe
sorpreso se la colpa fosse stata addossata a lui così da cacciarlo da Hogwarts
e rimandarlo di fronte al Ministero per non aver rispettato la condizionale.
"Malfoy", iniziò a parlare Potter con tono meno
ostile.
"Cosa?", chiese irritato Draco.
"Perché hai chiamato Hermione principessa nelle
cucine?".
Draco ghignò e guardò il volto preoccupato di Harry Potter.
La Granger era rimasta ansia che lui si lasciasse sfuggire il suo recente ruolo
nella sua vita, quando gli aveva confiscato l’alcool, mentre in realtà non
aveva pianificato di lasciarsi sfuggire il come l’avesse aiutato e le aveva
allungato la borsa perché aveva capito quanto sarebbe stato inutile litigare
con tutti e tre assieme. Tra l’altro, l’idea della Granger era anche stata la
più accettabile ed avrebbe comunque preferito accondiscendere piuttosto che
essere costretto a farlo dalle tattiche violente di Potter o della sua scimmia
da compagnia. Dubitava comunque che si sarebbe ritrovato nella medesima
situazione con quei tre Grifondoro in particolare ed avrebbe potuto uscirne con
la dignità intatta. Non ci era mai riuscito, tiravano fuori il peggio di lui.
“Che cosa ti importa, Potter?”, biascicò.
“Non cominciare, furetto, dimmi cosa intendevi”, disse
arrabbiato il Grifondoro.
Draco
sbadigliò. A Potter
mancava sicuramente un po’ di sottigliezza, era solo minacce ed insulti con
lui. “Non capisco davvero perché siano affari tuoi”, lo punzecchiò.
Il mago gli puntò un dito contro. “Ti avverto, Malfoy,
lascia stare Hermione. Non voglio vederti vicino a lei”.
“E se fosse lei a non volere che la lasci in pace?”, gli
chiese facendogli l’occhiolino.
Potter diventò rosso ciliegia e farfugliò incoerente per
un minuto. Se gli fosse importato, Draco si sarebbe preoccupato gli stesse
venendo un aneurisma. “Che cosa intendi?”.
“La Granger è grande. Sono sicuro sappia badare a se
stessa”.
“Lei è infantile e compassionevole. Non ha bisogno tu te
ne approfitti”.
Draco si sentì insultato al posto della Granger. Era la
strega più talentuosa e con il cervello più fine che avesse mai conosciuto. Sì,
si preoccupava per gli altri ma non per questo era stupida. Il modo in cui la descriveva
Potter, invece, la faceva somigliare ad un fiorellino indifeso che non sarebbe
riuscito ad affatturare nessuno in un milione di modi diversi, cosa che lui sapeva
benissimo fosse in grado di fare. “Sono sicuro che la Granger sarebbe
entusiasta di sentire che alta opinione tu abbia di lei”.
Gli occhi del Grifondoro lampeggiarono. “Hermione sa che
rispetto lei e la sua magia, non parlo di questo. Ha un istinto più sviluppato
degli altri nel dare seconde possibilità a tutti. Ti ha difeso ed io non voglio
tu pensi di poterla usare a tuo vantaggio”.
“Smettila di farti scoppiare il cervello. La Granger mi
fa più paura di quanta tu potrai mai farmene”.
Potter strinse gli occhi. Draco poteva quasi sentigli
muovere gli ingranaggi nel cervello. Era un’ottima cosa che fosse coraggioso ed
abile con la bacchetta perché se avesse dovuto affidarsi unicamente alla sua
intelligenza sarebbe morto molto tempo prima.
“Promettimi che le starai lontano”.
“Non ti prometto proprio un fico secco. Perché dovrei? Non
me ne frega nulla di ciò che vuoi tu”.
“Potrei renderti la vita davvero difficile, Malfoy. Non è
un segreto di stato io sia praticamente già assunto all’ufficio Auror, dopo
aver finito Hogwarts. Potrei usare la mia posizione per darti la caccia anche
fuori dal paese e far vedere a tutti che razza di imbroglione tu sia”, lo
minacciò Potter.
Draco non reagiva mai bene alle minacce. In effetti, a
meno che non fosse a rischio la sua vita o quella di sua madre, di solito
faceva esattamente l’esatto opposto per puro piacere di contraddire. “Potter,
sei troppo legato a quei tuoi noiosi valori morali per fare qualcosa di così
ignobile”.
“Non tirare la corda, Malfoy. Se riguardasse Hermione,
farei qualsiasi cosa per proteggerla”.
“Sei un tale eroe”.
“Non mi stai prendendo sul serio. Renderò la tua vita un
inferno”.
“E come credi reagirebbe la Granger se sapesse che stai
facendo qualcosa di così immorale? Non credo ne sarebbe contenta”, lo mise in
guardia lui.
“Non riguarda Hermione, è una cosa tra me e te”.
Draco sbuffò. “Sei pieno di contraddizioni, Potter. Lo fai
per proteggere la Granger ma tutto questo non la riguarda per nulla. Sono sicuro
sarebbe felicissima di sapere quanto tu la ritenga incapace”.
Potter grugnì ma tornò al suo posto, il che fece ghignare
Draco ancora di più. La sua tattica per farlo impaurire non avrebbe funzionato.
Doveva solo andare dalla Granger per ripetere qualche stralcio della conversazione
appena avuta con lo Sfregiato e lei gli avrebbe rimesso il guinzaglio ancora
prima che fosse riuscito a dire “Quidditch”.
Hermione osservò la conversazione tra Harry e Malfoy con
la coda dell’occhio. Si era preoccupata quando aveva notato che Harry aveva
perso la scommessa ed aveva dovuto sedersi con lui. Nonostante il fatto che probabilmente
Ron avrebbe iniziato una rissa con Malfoy, avrebbe preferito ci fosse stato
lui. Harry era ancora troppo sospettoso riguardo a ciò che stava succedendo tra
lei ed il biondo dopo l’accaduto nelle cucine. Si masticò preoccupata un
labbro. Non credeva Malfoy avrebbe rivelato nulla ma non poteva giurare non
avrebbe perso il controllo e sputato qualcosa di compromettente. Sarebbe stato
un disastro. Harry sarebbe uscito di testa e lei non aveva abbastanza lucidità mentale
per calmare le acque.
Sospirò. Di solito le piacevano le sfide come quella che
aveva fatto iniziate poco prima Lumacorno ed anche la competizione ma, in quel
momento, era troppo in ansia per ciò che si stavano dicendo quei due. Sarebbe riuscita
solo a creare una pozione decente. Emise un sospiro di sollievo quando vide che
la conversazione era finita ed erano entrambi tornati a lavorare in silenzio. Non
si era persa la rabbia soffusa nel viso di Harry né lo sguardo malizioso che le
aveva lanciato Malfoy.
Il resto della lezione trascorse senza altri potenziali
attacchi di cuore. Si allungò al di sopra delle spirali di vapore che la sua
pozione completa emanava e cercò di rintracciare i familiari profumi di
pergamena, erba appena tagliata e quello dei capelli di Ron, che però mancava,
per cui si rese conto di non provare più nulla per il ragazzo. Più incuriosita
di prima, rintracciò nuovamente i primi due profumi al secondo tentativo e,
alla fine, percepì qualcos’altro. Sembrava un odore più muschiato, con qualche
traccia di bergamotto intrisa di Firewhiskey legnoso. Ricordò immediatamente di
aver sentito lo stesso odore quella notte nella sua sala comune, quando si era
trovata raggomitolata contro un altro corpo caldo ed aveva dormito
pacificamente. Si guardò attorno e guardò sconsolata Malfoy.
Merlino, aveva fatto l’impossibile ed aveva sviluppato
dei sentimenti per il ragazzo meno adatto di Hogwarts. Le venne quasi da
sbattere la testa sul banco per la sconfitta. Perché riusciva sempre a
complicarsi la vita?
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Capitolo 16 *** Quelli Che Ci Lasciamo Alle Spalle ***
Cap 16
Quelli che ci lasciamo alle spalle
Quel sabato, iniziò come
una delle classiche giornate primaverili che facevano venire voglia di ridere a
tutto. Piuttosto ironico, pensò Hermione strofinandosi gli occhi assonnati,
considerato che quel giorno sarebbe stato pieno di ricordi amari. Si stiracchiò
e sussultò quando il collo scricchiolò. Si era addormentata sul divano,
aspettando che Malfoy arrivasse a recuperare la sua dose settimanale di alcool,
ma non si era presentato. Avrebbe dovuto esserne felice, significava che la
dipendenza stava svanendo, ma non era riuscita a non pensare fosse piuttosto
perché la voleva evitare. Erano rimasti lontani tutta la settimana. Ogni tanto
si erano scambiati qualche sguardo strano, ma non come quando lo scorso lunedì
non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. La sera, si era poi fatta un bel
discorsetto ed il martedì Ginny non si era insospettita nemmeno una volta.
Sembrava che Malfoy avesse fatto lo stesso perché nemmeno lui la fissava più.
Le mancava la sensazione dei suoi occhi che la trapassavano, ma si era resa
conto che si stava anche invaghendo troppo di quel Serpeverde.
Sospirò e si sedette.
Dormire sul divano non le aveva fatto per niente bene. Ti è mancato il calore
di Malfoy, le sussurrò una vocina nella sua mente. Hermione scosse la testa.
Non avrebbe ricominciato a pensarci! Si avviò verso la doccia, inciampando un
po’ per la stanchezza, e sorrise quando si ricordò che quel giorno avrebbe
incontrato Andromeda. Aveva proprio bisogno di qualcuno che le potesse dire di
smetterla di fare la stupida e l’aiutasse ad interpretare i propri sentimenti.
Era stanca di sentirsi confusa. Tornò però seria quando si rese conto che anche
Andromeda avrebbe avuto bisogno di lei, quel giorno. Era appena passato un anno
dalla morte di Ted e la strega avrebbe vissuto due mesi pesanti tra
l’anniversario, il compleanno di Teddy e la commemorazione della Battaglia
Finale durante la quale aveva perso figlia e genero. In prospettiva, le sue
preoccupazioni nei riguardi di Draco Malfoy sarebbero passate in secondo piano.
Hermione stava giusto
finendo di pettinarsi quando sentì la porta del ritratto sbattere.
“Hermione!”, urlò Ron.
“Noi siamo pronti”.
“Arrivo”, urlò lei.
Infilò I piedi nelle
scarpe ed afferrò la bacchetta, affrettandosi per uscire. Ginny, Harry e Ron
erano sparpagliati per la sua sala comune, così alzò un sopracciglio. “Vogliamo
rimanere qui tutto il giorno o andiamo a fare colazione?”.
Ron si alzò di scatto.
“Sicuramente colazione. Sto morendo di fame”.
Ginny alzò gli occhi al
cielo. “Quand’è che non sei affamato?”.
“Mi serve del caffè se
voi due iniziate già a litigare”, disse Harry. “Vanno avanti da tutta la
mattina”, disse sottovoce ad Hermione.
Hermione rise. Adorava i
fratelli Weasley. I battibecchi tra loro erano sempre divertenti e si capiva
quanto si volessero bene. Essendo figlia unica, le sarebbe piaciuto poter
sperimentare la stessa cosa.
La colazione finì troppo
in fretta ed Hermione riuscì a non guardare mai verso il tavolo dei Serpeverde.
In effetti, aveva deciso di dare loro le spalle. Aveva adocchiato i
caratteristici capelli biondi di Malfoy quando era entrata, ma quello fu tutto
ciò che si concesse. Quando terminarono tutti, si avviarono verso l’ufficio
della McGranitt.
Hermione pronunciò la
parola d’ordine ed il gargoyle li fece entrare. L’ufficio era cambiato molto
dai tempi di Silente, ormai non c’erano più tutti quegli affascinanti oggetti
magici che lui sembrava collezionare. La McGranitt era molto più organizzata.
Aveva tenuto il trespolo di Fanny ma ora la stanza sembrava vuota senza la
presenza della fenice.
Andromeda si trovava già
lì con Teddy, che diventava sempre più grande. La strega ed il piccolo vennero
soffocati di baci ed abbracci. Quando Harry prese in braccio il suo figlioccio,
Teddy cambiò colore dei capelli per renderli come i suoi, riuscendo persino a
farsi venire una cicatrice in fronte quasi uguale.
“Ti dispiace se lo
portiamo in giardino? Abbiamo un appuntamento con Hannah tra cinque minuti”,
chiese Harry.
“No, portalo pure. Gli
sei mancato molto”, replicò Andromeda.
“Ti va una tazza di tè?”,
le chiese la McGranitt.
La strega si voltò verso
Hermione, che capì perfettamente la sua espressione. “In realtà volevo portare
Andromeda nella mia sala comune”.
“Molto bene. Beh, allora
vieni da me quando deciderai di tornare a casa”, rispose la McGranitt.
Ron e Ginny, seguiti da
Harry con Teddy in braccio, si avviarono giù per le scale mentre Andromeda
seguì Hermione verso le sue stanze. Si guardò attorno. “Allora questa è la
torre dei Grifondoro”, notò.
Hermione rise. “Sì, è un
po’ più carina dei tuoi sotterranei di Serpeverde”.
Andromeda sorrise. “Ted e
Remus ne hanno sempre parlato ma io non ero mai stata qui”.
Hermione si rese conto di
non averle mai chiesto di come avesse incontrato Ted. Aveva semplicemente
dedotto fosse accaduto ad Hogwarts, come per la maggior parte delle coppie
magiche. Pronunciò la parola d’ordine della sua sala comune e si sedettero
entrambe sul divano. “È molto carina”, commentò Andromeda.
"Si, quest'anno mi
piace molto avere i miei spazi. Fa la differenza". Certo, così puoi
invitare Draco Malfoy a dormire da te, le rispose la vocina traditrice nella
sua mente.
"Si, stare in un
dormitorio non era la mia parte preferita di Hogwarts".
"Ci vuole un po' per
abituarsi. Essendo figlia unica, all'inizio ho fatto fatica ad accettare la
mancanza di riservatezza".
Andromeda annui e
sorseggiò sovrappensiero il suo tè. Sembrava così triste che il cuore di
Hermione si spezzò. "Come ti senti?".
"Sto bene"
disse sospirando Andromeda. "Ok, è una bugia. Sto male, Hermione. Non
capisco perché i loro cari mi siano stati portati via".
Hermione scattò in piedi
ed abbracciò forte la vecchia strega. "Non lo so, è ingiusto".
"Mi manda moltissimo
Ted. Quando lui e Nymphadora erano ancora con me, non importava che tutto resto
andasse male. Anche se la mia famiglia mi ha fatto soffrire, loro ne sono valsi
la pena".
"Come vi siete
incontrati tu e Ted?".
Andromeda rise.
"L'ho salvato da un gruppo di Purosangue a Nocturn Alley. Avevo appena
finito Hogwarts, lui era un po' più vecchio ma non lo ricordavo. Camminava per
la strada senza rendersi che noto di quanto pericoloso fosse ed è stato messo
all'angolo da Avery, Yaxley e Mulciber. Era ancora il periodo in cui Voldemort
aveva appena iniziato a raccogliere Mangiamo e non era ancora al massimo del
suo potere. Io sapevo tutto di loro a causa di Bellatrix e Rodolphus. Comunque,
quei tre volevano fare pratica con qualche maledizione su di lui così mi sono
avvicinata e quando hanno sentita il mio cognome hanno capito di dovermi
obbedire. Tutti nella cerchia di Voldemort avevano paura di Bellatrix, aveva
già una reputazione di persona estremamente crudele. Nessuno avrebbe voluto
contraddire sua sorella, anche se stava loro rovinando il gioco con in Nato
Babbano. Ted, Grifondoro come era, non ne è rimasto molto contento. Ha
insistito dicendo di aver avuto la situazione sotto controllo e che non avrebbe
avuto bisogno dell'aiuto di una Serpeverde. Io ovviamente mi sono scandalizzata
ed abbiamo iniziato a litigare in mezzo alla strada ".
Hermione rise. Non
sembrava un inizio molto promettente. " Quindi come avete iniziato a
frequentarvi?".
"Continuavo ad
incontrarlo. Sembrava che il destino avesse già deciso dovessimo stare insieme,
lo incontravo ovunque. Le scintille tra di noi non ci permettevano di ignorarci
ma preso i litigi sono finiti ed abbiamo iniziato a conoscerci. È arrivato
l'amore ed all'improvviso io riuscivo a pensare solo a lui e viceversa. Non
avevo in programma di deludere la mia famiglia ma di convolare a nozze con un
Purosangue, come si aspettavano da me. Però era Ted che volevo, così siamo
fuggiti e non ho più rivisto i miei genitori".
"Te ne sei mai
pentita?".
"No, mai. Per Ted
valeva la pena andare tutti. Non sarei mai stata felice in un matrimonio
diverso come quello delle mie sorelle. Lui ha tirato fuori il meglio di me e la
nostra casa è sempre stata piena di risate. Ecco perché sono stata così
comprensiva quando Nymphadora è venuta da me a parlarmi dei suoi sentimenti per
Remus. Un'altra relazione che non avrebbe dovuto funzionare ed invece lo ha
fatto. Sono andati contro l'intera società per stare assieme e si sarebbero
meritati più tempo per stare assieme".
Hermione provò l'ennesima
fitta di dolore che le arrivava sempre quando pensava a Remus e Tonks. Remus
aveva aspettato così a lungo prima di incontrarla e la loro vita era stata
spezzata troppo prestazioni. Andromeda vide la sua espressione in pena. "All'inizio
ero arrabbiata che qualcuno come Voldemort potesse distruggere la mia
bellissima famiglia con un tale odio ed ero piena di rabbia per Bellatrix. Come
aveva potuto la mia stessa sorella uccidere mia figlia con una tale gioia? Però
non baratterei ciò che ho avuto per niente al mondo della so che non lo farebbe
nemmeno Nymphadora. Lei e Remus sono morti per un mondo in cui la loro
relazione sarebbe stata accettata ed incoraggiata".
Hermione rimase di nuovo
sconvolta al pensiero del disastro che la guerra aveva causato. Troppe brave
persone erano morte giovani e per cosa? Qualche vecchia idea di superiorità dei
Purosangue che comunque si sarebbero estinti presto. " È un tale spreco.
Molti sarebbero sopravvissuti se avessimo semplicemente accettato che è la
magia a scegliere la persona e non viceversa", mormorò triste.
La strega le baciò una
guancia e le strinse le spalle. "Basta rimuginare. Ormai io lo faccio da
giorni e sono stanza di essere triste. Il mio Ted mi rimproverebbe se mi
vedesse adesso, mi direbbe di smetterla di buttare via la mia vita pensando a
ciò che avrebbe potuto essere ed andare avanti pensando a ciò che sarà".
Hermione le sorrise.
"Sei davvero la strega più forte che abbia mai conosciuto. Non molte
persone potrebbero sopportare ciò che tu hai passato e rimanere positive".
Andromeda ridacchiò.
"Va e viene. È più semplice guardare il lato positivo qui ad Hogwarts.
Questo osto è il futuro e di che la tua generazione sarà più intelligente della
mia".
Hermione scosse la testa.
"Non ne sono sicura. I vecchi limiti adesso si vedono molto di più".
"Davvero? Credevo vi
sareste tutti avvicinati. La tua generazione ha affrontato cose cui nessun
giovane adulto avrebbe dovuto assistere".
"Alcuni di noi sono
più forti. Grifondoro, Tassorosso e Corvonero sono uniti nel voler andare
avanti, però c'è ancora un sacco di animosità tra Serpeverde ed il resto della
scuola. Quest'anno loro non sono i benvenuti".
Andromeda strinse le
labbra. "Lo capisco, davvero. I Mangiamorte provenivano gran parte da lì,
però spero che i muri prima o poi cadranno".
"Forse. Io penso ci
sia ancora molta strada da fare".
"Parlando di
problemi spinosi, come sta mio nipote?".
Hermione non riuscì ad
evitare di arrossire ed Andromeda lo notò. "Sta bene".
Andromeda la guardo divertita.
"Tutto qui? Sta bene? Allora perché hai un'espressione così
colpevole?".
Ecco, era arrivato il
momento in cui o le raccontava delle loro conversazioni, del bacio e di quanto
confusa si sentisse, oppure si teneva tutto per sé. Si sentiva divisa a metà.
Aveva bisogno di parlarne con qualcuno ma non voleva nemmeno dirlo ad alta voce
perché farlo avrebbe reso tutto più reale e di certo non le sarebbe servito
incoraggiare la parte di lei che si sentiva sempre più attratta da quel
ragazzo. E poi c'era anche il fatto che si stavano evitando. Era davvero troppo
per i suoi poveri nervi.
"Avanti, parla. Lo
vedo che sei alla disperata ricerca di qualcuno con cui parlare. Che è
successo? Ti ha baciata?", si impuntò Andromeda.
Hermione diventò ancora
più rossa e l'ex Serpeverde rise. "L'ha fatto, non è vero? Oh, aspetta che
lo racconti a Narcissa".
"No, non puoi dirle
a nessuno, soprattutto a sua madre!", protestò Hermione.
"Allora me ne parli
o no?".
Hermione si prese la
testa tra le mani, nuovamente imbarazzato e confusa. "Non so che sta
succedendo", disse con voce appena udibile.
"Quindi ti ha
baciata?".
Hermione annuì, prese un
paio di respiri profondi e si ricompose. Ormai era troppo tardi per non vuotare
il sacco. "Ci siamo visti varie volte dall'ultima volta che io e te ci
siamo incontrate".
Andromeda inclinò la
testa, in attesa.
"Ha passato qui
qualche notte e poi l'ho incontrato nelle cucine con Harry e Ron. Lui aspettava
che uno dei suoi elfi domestici gli portasse la scorta settimanale di
alcool".
"Mmm… devo parlarne
con Narcissa di questo".
"Non serve, ho già
sistemato io la cosa", rispose lei.
Andromeda alzò un
sopracciglio.
"Ho fatto un
accordo. Se avesse iniziato a tornare in classe e fare i compiti senza bere
durante la settimana, gli avrei permesso di averne una bottiglia nel weekend.
Sono io a tenere tutto qui. Per adesso ha sempre mantenuto il patto".
"Narcissa vorrà
conoscere le tue tecniche. In dicembre era un incubo da gestire e lei si
preoccupa a morte della sua salute mentale e del fatto che beva così
tanto".
"Gli ho detto che mi
sarei assicurata che non ne avesse più potuto ricevere dagli elfi. È Kreacher a
governare le cucine qui e ha detto sarebbe riuscito a bloccare l'accesso agli
elfi di Malfoy se ce ne fosse stato bisogno".
"Però, Hermione!
Sicura di non essere una Serpeverde nel profondo? Sei stata molto ingegnosa e
lo hai manipolato".
Hermione sorrise
apertamente. "Sono una Grifondoro fatta e finita con forse qualche spruzzo
di Corvonero".
"Allora adesso Draco
si comporta bene?".
"Sta meglio. Io
problema più grande che abbiamo io e Pansy è che fa sempre incubi. Ho trovato
un incantesimo che avrebbe potuto dargli sollievo temporaneo ma ancora non
dorme abbastanza. Credi che Narcissa riuscirebbe a portarlo da un Guaritore?".
"Assolutamente no.
Quel ragazzo è testardo come suo padre. Narcissa gli aveva già preso
appuntamento quando è uscito da Azkaban ma si è categoricamente rifiutato di
andarci. Lei ormai di strappa di capelli dalla disperazione".
"Quindi le cose tra
voi due vanno bene? Ero preoccupa, dopo l'incontro alla Testa di Porco".
"Stiamo ricucendo il
rapporto. A volte è burrascoso ma abbiamo entrambe perso molto quindi
funzionerà".
"E l'hai perdonata
per come ti ha trattato in tutti questi anni?".
"Non ti mentirò. A volte
prova ancora del rancore ma piano piano sta svanendo. Abbiamo parlato a cuore
aperto e ho capito che è una persona diversa dopo questa guerra. Le ci è voluta
la possibilità di perdere Draco per capire quanto fosse sbagliata l'ideologia
di Voldemort".
"Sono felice per te.
Sarebbe terribile avere una sorella con cui non puoi parlare".
"Facciamo progressi.
Abbiamo anche trovato un piccolo progetto su cui lavorare assieme", disse
maliziosa Andromeda.
"Oh, davvero? Che
progetto?", chiese curiosa Hermione.
"Non importa, te ne
parlerò un giorno. Allora, tornando a mio nipote… non mi hai ancora raccontato
del bacio".
Hermione grugnì.
"Speravo te ne fossi dimenticata".
"No. Ora dammi i
dettagli".
Così Hermione le raccontò
della proposta di matrimonio di Ron, di come lei si fosse sentita e della chiacchierata
notturna con Malfoy. Poi le disse del bacio e di come fosse ormai una settimana
che si evitavano.
"Quindi avevo
ragione quando ho detto che prova qualcosa di più per te", disse Andromeda
quando Hermione finì la sua spiegazione.
Hermione scosse la testa
con veemenza. "Ovviamente è stato un bacio di pietà. Cioè, io ero lì che
mi piangevo addosso e lui ha provato a farmi stare meglio".
La donna la guardò
incredula. Se non lo avesse saputo, sarebbe comunque stata in grado di
riconoscere la sua parentela con Malfoy in quel momento. Aveva il suo stesso
sguardo. "Parliamo di Draco Malfoy. Non penso faccia mai nulla per
consolare qualcuno, soprattutto se si tratta di ragazze che ha tormentato per
gran parte della sua vita".
"Io non credo. Si
sentiva solo male per me", insistette lei.
Andromeda lasciò perdere
il discorso, capendo che la ragazza non avrebbe desistito.
"E tu come ti senti
a riguardo?".
"Sono confusa",
mormorò Hermione. "Non so come mi sento. Non so se continuo a pensarci
perché sono sola mentre tutti i miei amici hanno una relazione oppure se è
perché davvero sono genuinamente attratta da Malfoy".
Andromeda fece un piccolo
sorriso. Le ricordava se stessa con Ted. Era stata confusa proprio come Hermione
e, anche se la ragazza non avrebbe perso la sua famiglia di certo sarebbe
comunque stato un problema per lei. "Non credo di debba metterti fretta
nel comprendere i tuoi sentimenti", la confortò. "Lascia che la
situazione di sbrogli da sé".
Hermione annuì.
"Grazie per avermi ascoltata, mi è servito togliermi questo peso dal
petto. Non potevo parlarne con Ginny, già crede sia pazza per essermi lasciata
coinvolgere ad aiutarlo con Pansy".
"Per gli altri non è
facile capire, soprattutto se stai andando contro tutto ciò che sembra essere
logico".
"Non voglio che
Harry e Ron lo scoprano. Scoppierebbe il finimondo e non
comprenderebbero".
Andromeda le batté una
mano sul ginocchio. "Non sentirti in dovere di parlarne con nessuno che
non ti faccia sentire a tuo agio. Rispetta i tuoi tempi. Sono emozioni tue e
nessun altro ha il diritto di giudicarti per questo. Ora, che ne dici di andare
a salvare Harry dal suo figlioccio?".
Hermione sorrise.
"Intendi salvare Teddy da Harry e Ron!".
Le due streghe uscirono
ridendo dalla sala comune, sentendosi molto più leggere dopo quella
chiacchierata.
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"Draco, vorrei mi
dicessi cosa ti passi per la testa”, insistette Pansy, seguendolo attorno al
lago.
"Pansy, non è
niente".
"Certo che sì,
invece. È tutta la settimana che te ne stai così".
Draco si irritò per la
natura recettiva di Pansy. Era in giornate come quella che sperava di avere
solo Tiger e Goyle al suo fianco. Non gli avrebbero fatto domando imbarazzanti,
seguendo con lealtà qualsiasi piano lui avesse ingegnato per allietare la giornata.
Sospirò, ripensando ai suoi primi anni ad Hogwarts. La vita era stata molto più
semplice allora, prima che il Signore Oscuro ritornasse e rovinasse tutto. Lui
era un Malfoy, superiore a tutti gli altri. Guardava con disprezzo i Traditori
del proprio Sangue ed i Sanguesporco e si era divertito tantissimo con la sua
cerchia di amici Purosangue.
Ora tutto era più
complicato. Non credeva nemmeno più alla propria superiorità. Suo padre era
rinchiuso a vita ad Azkaban ed il nome dei Malfoy era finito nel fango. I
Purosangue li evitavano e lui aveva perso la testa baciando la Nata Babbana
Granger. Peggio, glie era pure piaciuto e adesso aveva la coda di paglia.
Era così disperato
nell'evitare lei ed i sentimenti che lei gli faceva scaturire che la notte prima
non era nemmeno andato a recuperare la scorta di alcool. Aveva preferito affrontare
una notte insonne o piena di incubi piuttosto che dover affrontare lei, con
quegli occhi marroni e quelle labbra invitanti. A rendere peggiori le cose,
Pansy continuava ad insistere nel voler conoscere i suoi sentimenti. Non voleva
parlarne con nessuno. Aveva bisogno di seppellirli nel profondo dell'anima,
dove avrebbe potuto nascondere nasconderli assieme alla vergogna. Draco sapeva
che Blasie sospettava qualcosa ed era stato stupido a pensare che sarebbe
riuscito a tenere la cosa per sé. Di certo era andato filato dalla sua ragazza
e le aveva messo la pulce all'orecchio. Ecco spiegato il motivo per cui lui
adesso doveva sgattaiolare lontano da Pansy. Ormai lo stava mandando fuori di
testa con le sue domande incessanti.
"Draco!", lo
chiamò lei. "Sai che c'è un bambino che ti gattona appresso?".
Draco si bloccò e,
voltandosi, vide Teddy Lupin gattonare determinato verso di lui con i capelli
già diventati biondi come i suoi. "Teddy, che fai? Dov'è tua nonna?",
chiese al piccolo prima di prenderlo in braccio.
Teddy gli sorrise felice.
"Ba ba ba".
Pansy lo raggiunse e lo
fissò curiosa. "Chi è?", chiese.
"Il figlio di mia
cugina Nymphadora ed il nostro vecchio Professor Lupin".
"Che ci fa
qui?".
"Zia Andromeda deve
essere venuta a trovare qualcuno. È tutta pappa e ciccia con la Granger ed i
suoi stupidi amici", disse guardandosi attorno per cercarla.
"C'è Potter sotto
quell'albero", disse indicandolo Pansy.
"Perché mia zia
lasci suo nipote in mano a quell'idiota non lo capisco. Non si è nemmeno
accorto che Teddy è sparito. Lo terrò io finché non la troverò".
"Ma Potter non si
preoccuperà quando capirai che non c'è più?".
"E allora? Non è un
mio problema. Che gli serva da lezione. Ora, Teddy, che ne dici se ti mostro il
campo da Quidditch?".
Pansy si morse un labbro
mentre Draco si allontanava con il bambino. Potter sarebbe uscito di testa.
Scrollò le spalle. Oh, beh, che gli servisse da lezione per non aver vegliato
su di lui come si deve. Erano in quattro e nessuno di loro lo aveva tenuto
d'occhio. Sicuramente sarebbe stato più al sicuro con Draco, visto il modo in
cui il biondo stava chiacchierando con lui. Comunque, avrebbe dovuto seguirlo.
Non che pensasse avrebbe potuto fargli qualcosa ma forse gli sarebbe servito un
po' di rinforzo se i Grifondoro si fossero accorti che Teddy si trovava la tra
le braccia di Draco.
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Ginny distolse lo sguardo
da Ron, che ok stava intrattenendo con una barzelletta. Abbassò la testa verso
il punto in cui Teddy stava dormendo ed andò immediatamente nel panico quando
notò che di lui non c'era traccia sulla copertina né nei dintorni. "Harry,
dovrò Teddy?, gli chiese nervosa.
"Calmati, Ginny, è
proprio…", iniziò a dire Harry, prima di iniziare ad agitarsi quando non
lo trovò dove lo aveva lasciato. "Oh, Merlino! Andromeda mi ucciderà.
Dividiamoci! Non ha neanche un anno, non può essere andato lontano".
Harry, Ginny, Ron ed Hannah
saltarono in piedi e di separarono. Harry si diresse verso il castello e grugnì
quando vide Hermione ed Andromeda camminare verso di lui.
Come diavolo avrebbe
fatto a spiegarglielo? Avrebbe dovuto togliere togliersi il pensiero in fretta.
Andrò di corda loro incontro. "Andromeda, mi dispiace. Stava dormendo e
non pensavamo fosse così veloce…".
Andromeda alzò una mano
per farlo calmare. "Rallenta, Harry. Cos'è successo?".
"Teddy è sparito. Ci
siamo divisi per cercarlo".
Hermione imprecò quando
Andromeda sbiancò di colpo. Non avrebbe mai dovuto fidarsi di quei ragazzi.
"Ci siamo già divisi
per trovarlo", ripeté velocemente Harry.
Hermione mise un braccio
sulle spalle di Andromeda. "Non preoccuparti, lo troveranno". Si
voltò poi verso Harry. "Da che parte sono andati Ginny e Ron?".
"Ginny verso la
Foresta e la capanna di Hagrid, Hannah al lago e Ron al campo da
Quidditch".
Appena Harry terminò, una
cascata di scintille rosse si alzò dal campo e lui sospirò di sollievo. "È
il segnale che uno di noi l'ha trovato", spiegò.
Andromeda smise di
tremare e corse verso le scintille. Hermione ed Harry la seguirono.
Hermione chiuse gli occhi
quando raggiunse la destinazione. Malfoy teneva in braccio Teddy, che gli
sorrideva contento. Ron aveva la bacchetta puntata contro di lui, mentre Pansy
teneva la sua contro Ron. Proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
"Il furetto ha Teddy", ringhiò Ron quando Harry scattò di fronte a
lei ed Andromeda.
"Ridammi il mio
figlioccio, Malfoy", urlò Harry.
Hermione rimase a guardo
mentre Malfoy assumeva un'espressione maliziosa e li ignorava bellamente.
"Ciao, zia", la salutò prima di allungarle Teddy.
Andromeda se lo strinse
al petto. "Grazie, Draco, ma perché te ne andavi a spasso con lui?".
Draco le lanciò il
classico sguardo malizioso dei Black. "Volevo dargli una prospettiva
Serpeverde sul Quidditch prima che venisse indottrinato da tutti quei Grifondoro
che lo circondano".
"Cosa? Intendi come
perdere a Quidditch nonostante i bari?", sbottò Harry.
Draco non si diede
nemmeno la pena di voltarsi. Andromeda sospirò e guardò Hermione. Quella povera
ragazza stava facendo del suo meglio per non fissare Draco. Harry gli si
addossò e gli puntò la bacchetta alla gola. "Non avvicinarti a Teddy. Non
ha bisogno di te nella sua vita".
Draco ghignò ed Andromeda
si ritrovò profondamente irritata con Harry. Gli voleva bene e sapeva che suo
nipote lo vedeva come un membro della famiglia ma non spettava a lui prendere
certe decisioni.
"Harry, abbassa la
bacchetta e smettila di aumentare la tensione!", ordinò Andromeda. "E
cerca di ricordarti che anche Draco è mio nipote".
Harry arrossì,
imbarazzato per essere stato sgridato. "Divertente come lui e sua madre
siano interessati a te, adesso che hanno perso la guerra", sbottò.
Draco ringhiò ed
Andromeda si accigliò. "Harry!", esclamò scioccata Hermione.
"Non sono io quello
che è stato troppo impegnato a parlare per prendersi cura di un bambino,
Potter", gli fece notare Draco. "Teddy si è fatto mezza Hogwarts a
gattoni per venire da me".
"Adesso basta, siete
ridicoli. Draco, tu avresti dovuto riportare Teddy da Harry, così che non si
preoccupasse, mentre tu, Harry, devi capire che la guerra è finita e che Draco
è la mia famiglia. Non decidi tu chi può avere un ruolo nella vita di Teddy,
questo spetta a me".
I due ragazzi assunsero
un'espressione irritato per essere stati rimproverati. Andromeda notò la
confusione di Hermione. Se avesse sviluppato qualche sentimento per Draco,
sarebbe stata molto difficile accettarlo per Harry e Ron.
"Devo tornare a
casa", disse Andromeda abbracciando tutti. "Hermione, accompagnami
all'ufficio di Minerva, per favore. Tendo sempre a perdermi, qui dentro".
Hermione sorrise e si
avviò verso il castello ma Andromeda non aveva ancora finito. "Oh, Draco,
ho un messaggio da parte di tua madre".
Andromeda scosse
internamente la testa guardando come Hermione e Draco cercavano di evitare di
guardarsi mentre in realtà continuavano a spiarsi a vicenda con la coda
dell'occhio. Adocchiò velocemente Pansy e la ragazza annuì. Allora non era
l'unica ad aver notato quelle imbarazzanti scintille tra i due. Per fortuna Ron
ed Harry erano troppo occupati ad odiare Draco per notare quanto a disagio si
sentisse Hermione in sua presenza. Se ne sarebbe accorto chiunque, prestando
una minima attenzione.
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Capitolo 17 *** Ricordi Senza Raoncore ***
Cap 17
Ricordi senza rancore
Hermione ritornò lentamente alla sua sala comune. Quella sera aveva dovuto fare
la ronda ma lo aveva scelto deliberatamente, perché stava cercando di tenersi
occupata e non voleva rimanere sul divano a pensare cosa fosse successo nello
stesso periodo l'anno prima. Lei, Harry e Ron si erano chiusi in sé stessi per
tutto il giorno. Ron, in particolare, si era comportato in modo molto
protettivo con Hermione. Per fortuna le vacanze pasquali erano arrivate, perché
non si sentiva davvero dell'umore di partecipare alle lezioni durante
quell'anniversario. Sospirò tristemente. Avrebbe preferito che quel momento non
arrivasse mai.
Non
voleva ripensare alla sua esperienza a Malfoy Manor. Nonostante tutto quello
che era successo in seguito, l'immenso dolore causatole dalle Cruciatus di
Bellatrix era rimasto con lei. A volte le sembrava quasi che fosse passato un
secolo dal periodo in cui si era trovata in fuga alla ricerca degli Horcrux
mentre quel giorno sembrava fosse successo ieri. Hermione non sapeva come ci
fosse riuscita ma si era tenuta ben lontana dalla scorta di alcool di Malfoy,
anche se la tentazione di annegare il dolore era stata forte.
Rabbrividì
e strinse forte la tazza di cioccolata calda che si era portata in camera.
Aveva le dita fredde come il ghiaccio. Il meteo sembrava riflettere il suo
umore, perché durante il pomeriggio erano arrivati il freddo ed il vento.
Quando raggiunse la torre dei Grifondoro, ormai aveva iniziato ad anelare il
caminetto acceso. Si fermò quando vide una figura slanciata di fianco
all'entrata. All'inizio pensò si trattasse di Ron, perché non sopportava ciò
che le era successo e, per qualche motivo, si sentiva in colpa che Bellatrix
avesse torturato lei invece che lui. Hermione aveva provato tante volte a
dirgli di non sentirsi così perché non importava a chi fosse capitato, sarebbe
comunque stato terribile. Invece Ron continuava a pensare che avrebbe dovuto
fare qualcosa per proteggerla. Però lui era a conoscenza della parola d’ordine,
quindi, non sarebbe rimasto ad aspettarla sulla porta.
La
figura alzò la testa ed Hermione notò i capelli biondi. "Malfoy? Che ci
fai qui?".
Il
Serpeverde si raddrizzare e lei lo vide in volto per la prima volta. Sembrava
distrutto. Hermione andò nel panico, chiedendosi che diavolo fosse successo. Pronunciò
la parola d'ordine ed aprì la porta prima di spingerlo all'interno verso il
divano e prendere una coperta da mettergli sulle spalle.
"Cos'è
successo?", gli chiese diretta.
Hermione
era sorpresa che fosse lì. Avevano continuato ad evitarsi sin dall'ultima
visita di Andromeda di quel sabato. Avevano avuto qualche momento imbarazzante
ma, a parte qualche parola, non avevano più parlato da quando si erano baciati.
Malfoy
finalmente sembrò riuscire a riscuotersi abbastanza da risponderle. "So
che giorno è oggi", disse criptico.
Hermione
si accigliò. Di che diavolo parlava? Poi capì e boccheggiò. "Non pensavo
lo ricordassi".
"Come
potrei dimenticare? È stata una giornata brutale e terribile sottoscritto molti
punti di vista".
"Perché
sei qui?".
Malfoy
alzò la testa dalle mani per guardarla. "Pensavo di dover venire a vedere
come te la cavi".
Hermione
ne fu toccata. Non pensava de lo sarebbe ricordato o che persino gli
importasse. Eppure, eccolo lì. L'aveva aspettata fuori dalla porta per
controllare stesse bene.
"Sto
bene", disse dolce.
Lui
le lanciò uno sguardo penetrante. "Dov'è sono i tuoi amici?".
"Li
ho mandati Gian dovevo fare la ronda e, ad essere onesta, Ron stava iniziando a
darmi un po' sui nervi".
"Non
potevi fare cambio con Goldstein?".
Hermione
sorrise. "Volevo farla io, sempre meglio che rimanere qui a pensare a cose
che non posso cambiare".
Malfoy
sussultò e lei immaginò fosse esattamente ciò che faceva da quando era tornato
ad Hogwarts, forse un sintomo di ciò che aveva passato dopo essere rimasto sei
mesi in una delle celle di Azkaban. Anche se le faceva piacere che pensasse a
quelle cose doveva comunque smetterla di rimuginare e ricominciare a vivere.
Doveva imparare dai suoi errori e diventare una persona migliore.
Hermione
raccolse la sua cioccolata calda e ne prese un sorso. "Vuoi qualcosa da
bere?".
"Del
Firewhiskey?".
Lei
alzò gli occhi al cielo. "No! Però posso darti qualcosa di non
alcolico".
Malfoy
sospirò. "Immaginò di dover accettare. Prenderò quello che stai bevendo
tu".
Hermione
richiamò Kreacher. "Potresti portare a Malfoy della cioccolata calda, per
favore?".
Kreacher
si inchinò e scomparve, mentre Malfoy inarcò un sopracciglio. "Pensavo
fossi preoccupata per i diritti degli elfi domestici".
"Lo
sono, ma non infrangerò il coprifuoco per tornare nelle cucine. E comunque, non
ti avrei lasciato qui da solo così che potessi curiosare".
"Paura
che possa trovare il nascondiglio dove tieni l'alcool?".
Hermione
rise. "Francamente sì! Torneresti sulla vecchia strada e ricominceresti ad
esser tutto il tempo ubriaco".
Kreacher
si smaterializzò e gli allungò una tazza fumante. Hermione osservo Malfoy
finché lui non capì. "Grazie, Kreacher", disse all'elfo.
Kreacher
fece un piccolo sorriso. "Non c'è di che, Padrone. Se a Padrone nel j
dispiace, può dire a Kreacher come sta Padrona Narcissa?".
"Sta
bene".
"Kreacher
è contento", rispose l'elfo prima di scomparire nuovamente.
Hermione
scoppiò a ridere. "Hai una faccia che è tutto un programma".
Malfoy
sorrise e prese un sorso dalla tazza. Poteva anche lamentarsi ma di certo il
suo fegato glie ne sarebbe stato grato. "Beh, è strano. L'ultima volta che
ho avuto a che fare con quell'elfo domestico stava piagnucolando di fronte a
Bellatrix, felice di tradire Sirius Black".
Hermione
si ricompose in un attimo. Le sembrava passato un sacco di tempo dal quinto
anno. Se qualcuno le avesse detto che, tre anni dopo, si sarebbe ritrovata
nella propria sala comune a bere cioccolata calda con Draco Malfoy, avrebbe
pensato quella persona fosse pazza.
"Come
hai fatto a piacere a Kreacher? Non ha mai avuto parole carine nei tuoi
confronti".
"Gentilezza",
rispose semplicemente con un sorriso.
Lui
la guardò incredulo. "Sul serio. Voleva solo essere trattato bene.
Dopotutto, non è così che Bellatrix è riuscita a farsi dire tutto?".
"Beh,
sì, ma era una Black. Lui è cresciuto imparando ad adorare la Casata ed odiare
i Nati Babbani. Non pensavo sarebbe stato così semplice conquistarlo".
"È
sorprendente quanto potere qualcosa di così piccolo possa serbare. Silente
aveva avvisato Sirius di trattarlo con rispetto ma lui l'ha ignorato. Quindi
quando ne ha avuto occasione è corso da Bellatrix ed ha aiutato a fare sì che
Sirius fosse ucciso. Quando siamo tornati a Grimmauld Place l'anno scorso,
abbiamo trattato Kreacher con rispetto e lui ha gradito".
Rimasero
in silenzio ed il pensiero di Hermione volò a Dobby. Harry gli aveva mostrato
un minimo di gentilezza dopo una vita passata a soffrire nelle mani dei Malfoy
e lui era riuscito a salvare loro la vita. "Come Dobby", mormorò.
"Dobby?".
Hermione
arrossì, imbarazzata di averlo detto ad alta voce. "Pensavo a Dobby. Se
non fosse stato per lui, io oggi non sarei qui".
Malfoy
sembrò nuovamente colpito e si strofinò gli occhi con le mani. "Non mi
perdonerò mai per essere rimasto a guardare", mormorò.
Hermione
lo guardò scioccata. Lo aveva detto sul serio? "Non c'era molto che
potessi fare".
"Avrei
dovuto intervenire. Avrei dovuto fermarla".
"E
come avresti potuto? Bellatrix non ti avrebbe ascoltato e tu non saresti
comunque riuscito a combattere nessuno in quella stanza".
"Non
lo so ma avrei dovuto fare qualcosa".
Hermione
si inginocchiò e gli fece allontanare le mani che gli coprivano il viso.
"Non c'era nulla che potessi fare, Malfoy, e in realtà hai provato ad
aiutarci non ricevere non riconoscendoci. Era ovvio chi fossimo io e Ron ma tu
comunque non ha confermato".
"Non
è abbastanza", disse piano lui.
Hermione
lo guardò negli occhi pieni di rimorso e si sentì incredibilmente triste per
tutto il dolore che riusciva a leggergli in viso. "Draco, non ti incollo e
non ti odio".
"Dovresti".
"E
che cosa otterrei?".
"Dovresti
odiarmi per come ti ho trattata, per ciò che credevo e per il fatto che sono
rimasto a guardare ed ho permesso a mia zia di torturarti!", urlò
arrabbiato.
Si
stava rodendo il fegato. Si sarebbe sentito meglio se lei lo avesse insultato,
ma non poteva farlo. Non lo odiava. Una volta avrebbe potuto, ma quello era
prima che sapesse ciò che l'odio aveva causato al mondo. Era proprio quello che
Silente aveva cercato loro di insegnare. Se fossero riusciti ad essere guidati
dall'amore invece che dalla rabbia, avrebbero vissuto molto più felici.
Voldemort non era stato in grado di capirlo, motivo per cui aveva già perso in
partenza.
"No,
non è da me. Non porterò rancore. Non sprecherò la mia vita in cose inutili. Se
li facessi farei vincere Bellatrix e Voldemort. Mi renderebbero una persona
peggiore. Mi rifiuto di essere definita dalle loro azioni", disse calma.
Lui
la guardò in silenzio per un momento, quasi stesse assorbendo le sue parole.
Poi finalmente parlò ed Hermione rimase meravigliata. "Ti ammiro, sai?
Credo di aver iniziato quel giorno o forse anche prima, quando ho capito quanto
facesse schifo essere un Mangiamorte. Ricordo quanto sei stata incredibilmente
forte in quel momento".
Hermione
lo fissò. Nemmeno in un milione di anni avrebbe pensato Malfoy le avrebbe detto
delle parole così carine. Le dimostravano che nonostante i momenti difficili
che lei ed i suoi amici avevano passato e quello che avevano perso, la guerra
era riuscita a cambiare qualcuno e, a meno che non avesse completamente travisato
Malfoy, lui le stava dicendo di non credere più alla supremazia dei Purosangue.
Quello, per lei, era importantissimo.
Una
lacrima le scivolò lungo la guancia e Malfoy la asciugò. "Perché
piangi?".
Hermione
scosse la testa, allontanando le lacrime che volevano scendere ancora e
schiarendosi la gola. "Non avrei mai immaginato avresti potuto a dirmi
qualcosa di così dolce".
Malfoy
arrossì leggermente e distolse lo sguardo ma lei gli prese il viso tra le mani.
"Non farlo. Significa molto per me. È ovvio tu abbia cambiato idea sui
Purosangue".
"Non
rimanerne così sorpresa, Granger. Non è stato intenzionale. Non sono nemmeno
sicuro di essere tornato ad Hogwarts cambiato. Non sono una specie di errore.
Sono certo di essere rimasto un idiota. Lasciò sia Potter ad avere certi
complessi di grandezza".
Hermione
sorrise. Ormai le sembrava di conoscerlo e riusciva a capirlo. In quel momento
era imbarazzato ed insicuro sull'argomento di cui stavano discutendo, quindi
cercava di ritornare in zona franca facendo commenti maligni sui suoi amici.
Sembrava quasi avesse paura che lei capisse che aveva un lato molto più profondo
e volesse nascondersi dietro ad un muro. In realtà Hermione aveva già scorto la
sua personalità più sensibile ed era proprio il motivo per cui era così
ossessionata da lui. Era il Malfoy che aveva visto in sala grande con gli occhi
affamati e che l'aveva aspettata fuori dalla sua sala comune per controllare
che stesse bene.
Hermione
si lasciò cadere sul divano e gli batté una mano sulla sua. "Non
preoccuparti, non permetterò a nessuno di scoprire il tuo lato più bello".
Draco
imprecò. Sapeva che andare lì si sarebbe dimostrato un errore ma non era
riuscito a resistere. Nonostante l'avesse ignorata nei giorni passati, non
avrebbe potuto farlo anche quella sera. L'aveva vista per tutto il giorno
affiancata da Potter e Weasley e, durante il pranzo, l'aveva notata
punzecchiare il cibo senza fame, con uno sguardo più ombroso del solito. Ormai
era abituato alla sua sicurezza mentre camminava tra le mura di Hogwarts, non a
quella specie di fiorellino tremante. Non gli piaceva insicura e silenziosa.
Dopo
cena, era tornato nei sotterranei e si era preparato per andare a dormire
presto. Non sarebbe riuscito a combinare altro con la testa piena di pensieri
su ciò che era successo l'anno prima al Manor in quell'esatto giorno. Era
rimasto sdraiato a fissare il soffitto e si era addormentato ma incubi orrendi
l'avevano fattura risvegliare. Aveva sognato di essere sesto lui a torturare la
Granger e di averla uccisa alla fine. Si era ritrovato con il cuore che batteva
all'impazzata e coperto di sudore, con le gambe attorcigliate nelle lenzuola.
Aveva poi provato l'irresistibile desiderio di cercarla, cosa che lo aveva
quindi portato ad aspettarla fuori dalla porta, rivivendo l'incubo.
Draco
lanciò uno sguardo a quella strega riccioluta. Avrebbe dovuto essere lui a
confortarla, invece fino a quel momento era stato l'opposto. Non capiva come
potesse perdonarlo e la sua compassione lo metteva a disagio. Era cresciuto circondato
da persone che portavano rancore e non perdonavano né dimenticavano nulla,
invece la Granger era l’esatto opposto. Potter e Weasley li comprendeva meglio,
perché perseguivano la vendetta e la ottenevano quando potevano. Lei però era
diversa. Quell’anno, le sue azioni con lui e gli altri Serpeverde glie l’avevano
fatta vedere come se fosse stata la prima volta. Era difficile credere che una
persona così minuta possedesse così tanto potere ed invece lei avrebbe potuto sconfiggere
qualsiasi mago. Non c’entravano altezza o forza, ma solo l’abilità con la
magia. Draco rise, ricordando l’idiozia per cui i Babbani avrebbero rubato le
loro capacità. Se fosse stato vero, la Granger avrebbe dovuto viaggiare nel
tempo e rubare la magia a Merlino in persona. Era davvero potente.
“Smettila.
Non sono un vetrino da mettere sotto al microscopio”, obiettò la Granger.
“Allora
non dovresti essere così interessante”.
Hermione sbuffò. “Sono
noiosa, ricordi? Il solito topo da biblioteca di Grifondoro”.
“Dubito
tu sia mai stata noiosa in tutta la tua vita”, replicò Draco. Ripensò all’Amorentia
che aveva preparato qualche giorno prima, che sapeva da cannella, pioggia caduta
sull’erba appena tagliata che gli ricordava il campo da Quidditch e da
biblioteca di Malfoy Manor. La cosa lo aveva fatto uscire di testa per qualche
momento. Si era aspettato due dei soliti profumi, ma non credeva vi avrebbe
trovato anche il profumo della Granger.
La
strega alzò gli occhi al cielo. “Tutta Hogwarts pensa io passi tutto il mio
tempo libero in biblioteca. In effetti, penso sia stato tu a farlo credere”.
Fu
il turno di Malfoy di fare una smorfia. “Hogwarts non ha buon gusto e ti ho già
detto di essere stato un idiota incredibilmente geloso del tuo cervello. Comunque,
penso tu abbia guadagnato punti dopo le avventure dello scorso anno”.
Hermione
piegò le labbra. Avrebbe preferito essere considerata noiosa piuttosto che rivivere
l’anno precedente.
“Quindi
stai bene?”, chiese Malfoy.
Le
ci volle un minuto per capire a che cosa si riferisse. Era riuscito a distrarla
molto bene e la cosa era strana, perché di solito erano Harry e Ron ad essere
bravi in quello. “Sì, credo di sì”, rispose sorpresa.
Lui
le sorrise, facendole un vero sorriso, uno di quelli che le facevano stringere
lo stomaco. “Ottimo, sono contento”.
“Allora,
sei davvero venuto fin qui per vedere come stessi?”.
“Sorprendentemente, sì”.
“Non credevo fossì così”.
“Beh,
non parlarne troppo in giro. Devo mantenere la mia reputazione da Mangiamorte
senza cuore”.
“Passeranno,
lo sai?”, commento Hermione.
“Che
cosa?”.
“I
problemi che stai affrontando adesso. Il tempo scorrerà e le persone
dimenticheranno”.
“Forse,
o forse no. Non credo che il nome dei Malfoy avrà di nuovo lo stesso potere che
aveva una volta”.
“Magari
è una cosa buona”.
Malfoy
scrollò le spalle. “Forse, ma non me ne preoccupo. Mi interessa di più sapere
cosa fare della mia vita”.
“Che
cosa vorresti fare?”.
“Non
lo so. Però ho pensato a quello che mi hai detto”.
“E
cosa ti ho detto?”, gli chiese confusa.
“Di
non fare come mio padre ed impegnarmi nel trovare un lavoro perché sono
intelligente”.
“Ah,
sì?”, disse scioccata Hermione. “Non pensavo mi avessi ascoltata quella sera”.
Draco
ghignò. “Beh, non potevo farti sapere quanto in realtà ci avessi pensato”.
Lei
gli diede un buffetto sul braccio. “Idiota”.
“Come
ho detto, ho una reputazione da difendere”.
Hermione
scosse la testa. “Quindi che vuoi fare?”.
“Mi
piacerebbe diventare Guaritore”.
“Davvero?”,
rispose lei, non riuscendo a nascondere il tono sorpreso.
“Sì.
Metterei a frutto la mia abilità in pozioni e potrei riscattarmi”.
“Pagando
il tuo debito con la società?”.
“Qualcosa
del genere”.
“Wow,
questa sera sta davvero venendo fuori il tuo lato più tenero”.
“Non
importa, succede solo con te. Prima di tutto, tu non andrai a dirlo in giro di tua
spontanea volontà e, secondo, chi ti crederebbe mai?”.
Lei annuì. Aveva
ragione. Non che si vergognasse di lui ma in quel momento non sarebbe stata in
grado di gestire il caos che avrebbero generato i suoi amici e nessuno comunque
ci avrebbe creduto. Avrebbero accettato la sua versione se avesse detto che era
andato a vedere come stesse, ma che si fosse scusato per non averla aiutata l’anno
prima ed avesse ammesso di non credere più alla supremazia dei Purosangue, raccontandole
poi delle sue ambizioni? certo che no. “Buon per te, Malfoy. Credo saresti un ottimo Guaritore, anche se dovresti
lavorare un po’ sulle buone maniere”.
Malfoy rise. “Io
invece pensò andrei bene anche così ma comunque è solo un sogno”.
“Perchè?”.
“Perchè
il San Mungo non accetterebbe mai nemmeno per un praticantato. Riesci ad
immaginarti qualcuno che vorrebbe essere curato dal famoso Draco Malfoy? Dovrei
rimanere a casa o lavorare da qualche parte tipo Magie Sinister, dove il mio
passato non verrebbe calcolato”.
Hermione
abbassò depressa lo sguardo. Era vero anche quello, la società non era pronta
per accettare che Malfoy fosse cambiato. Bastava guardare i professori di
Hogwarts che lo ignoravano, nonostante fosse ovvio avesse dei problemi, perché ancora
accecati dall’odio per il ragazzo che era stato solo uno strumento per uccidere
Silente. Sospirò.
“Non
deprimerti, Granger. È la vita. Ho voluto la bicicletta, adesso devo pedalare”.
“Immagino
di sì, ma la tua strada era stata già scritta praticamente”.
“Che intendi?”.
“Beh,
chi di noi non sarebbe diventato come te se fosse cresciuto allo stesso modo? Dubito
che saremmo stati diversi e non è che ti venissero date molte opzioni quando si
trattava di diventare Mangiamorte”.
Malfoy
scrollò le spalle e distolse lo sguardo. Hermione lo riconobbe come il segnale
del “sono imbarazzato e mi piacerebbe cambiare discorso”.
La
McGranitt le aveva parlato all’inizio dell’anno di come diventare Guaritrice. Si
poteva entrare solo tramite lettera di raccomandazione da parte del Preside
della propria scuola, assieme a dei voti stellari. Malfoy non sarebbe mai
andato a parlarle ed Hermione pensò che la McGranitt gli avrebbe comunque riso
in faccia. Beh, magari non riso perché non era nel suo stile, ma probabilmente
avrebbe liquidato le sue ambizioni. Avrebbe potuto andarci lei. Malfoy l’avrebbe
uccisa per essersi intromessa ma, adesso che si era aperto, voleva che avesse l’opportunità
che desiderava. E poi, pensò, gli farebbe bene avere qualcosa su cui concentrarsi.
Malfoy
si alzò per andarsene. “Farei meglio ad andare. È tardi e Gazza continua a fare
il palo nei sotterranei”.
Hermione
annuì. “Grazie per essere passato, Malfoy. Non ti dirò che è stato carino da
parte tua, perché lo odieresti, ma lo penserò comunque”.
Lui
grugnì. “Togliti dalla testa che io sia carino, Granger. Pensieri del genere ti
causeranno solo problemi”.
Hermione
pensò di esserci già in mezzo da un pezzo. “Sì, sì, lo so. Sei un Malfoy, il
che significa tu sia obbligato da contratto ad essere malvagio e crudele”.
Malfoy
ghignò. “Ricordatelo”.
Hermione
lo guardò uscire dalla sua sala comune e si sedette per qualche secondo ad osservare
il fuoco. La stanza sembrava fredda e vuota senza di lui e le tornarono in
mente tutti i pensieri relativi all’anno precedente che lui era stato così bravo
a cancellare. Non voleva rimanere sola e pensò di poter andare a chiedere a Ginny
di rimanere con lei, ma in realtà non voleva. Le erano piaciute le domande
brevi che le aveva posto Malfoy. Sembrava sapesse quanto amasse avere qualcuno
al suo fianco che non pretendesse racconti dettagliati. Ragionò brevemente se
andare o meno a chiamarlo, prima di alzarsi di scatto e corrergli dietro.
Malfoy
era ormai arrivato a metà strada. Hermione, conscia del fatto che Gazza e Miss
Purr avrebbero potuto essere nei dintorni, gli arrivò alle spalle il più
silenziosamente possibile. Malfoy si voltò quando gli era ormai giunta a
qualche passo di distanza, con la bacchetta alzata. “Granger?”, le chiese
sorpreso.
Hermione
riprese fiato. Non era una persona atletica, nonostante fosse rimasta in fuga
per un anno intero. “Malfoy, io… ehm… io…”, iniziò a dire, prima di bloccarsi. Non
era nemmeno sicura di come chiedergli una cosa del genere e diventò rossa.
“Parla e basta, Granger”.
“Rimarresti
con me questa notte?”, mormorò guardandosi i piedi.
Lui
rimase in silenzio così fu costretta ad alzare lo sguardo. Malfoy la fissava
con un cipiglio. “Per favore”, continuò, “Non credo davvero di riuscire a stare
sola”.
Malfoy
annuì e non le chiese perché non si fosse rivolta ad uno dei suoi amici. Il legame
che si stava creando tra loro non richiedeva tali domande. Tornò indietro e la
affiancò fino alla sala comune in silenzio. Hermione ebbe l’istinto di prendergli
la mano, ma si rese conto avrebbe tentato troppo la sorte. Dopotutto, si trattava
pur sempre di Draco Malfoy.
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Capitolo 18 *** La Verità Fa Male ***
Cap 18
La verità fa male
Ad Hermione ci volle qualche minuto per rendersi conto di
non trovarsi a Malfoy Manor, alla mercé di Bellatrix, quando si svegliò. Fuori era
buio pesto e si sedette sul letto, cercando di calmare i battiti furiosi del suo
cuore. Si guardò attorno, cercando la familiare e calda presenza di Grattastinchi
che di solito le dormiva sui piedi, ma non lo trovò. La porta leggermente
aperta le fece capire se ne fosse andato dopo che lei si era ritirata in
camera.
Afferrò il bicchiere d’acqua che aveva posizionato sul
comodino e bevve qualche sorso per liberarsi del rospo alla gola che le era
salito, prima di ciabattare verso la sala comune. Ormai non sarebbe più
riuscita a dormire dato che aveva sognato Bellatrix con la bacchetta alzata e l’avrebbe
sicuramente rivista appena dopo aver richiuso gli occhi. Avrebbe potuto andare
a vedere se Malfoy fosse ancora sveglio.
Uscì dalla camera e lo trovò seduto di fronte alla finestra,
che osservava il mondo addormentato. Grattastinchi gli si era acciambellato di
fianco ed il biondo gli stava distrattamente accarezzando la schiena. Poteva udire
solo le sue fusa. Si avvicinò a loro e Malfoy alzò lo sguardo.
“Non riesci a dormire?”, gli chiese.
Lui scosse
la testa e la guardò interrogative.
“Nemmeno io.
Ho fatto un incubo”, spiegò.
“Vuoi che ti lanci l’incantesimo che
hai trovato per me?”.
“Non serve, ho solo bisogni di
scacciare quelle immagini dalla mia mente”.
“Ne vuoi parlare?”.
“Non
proprio. Ho sognato di essere al Manor con
Bellatrix”.
“Immagino sia comprensibile che il
tuo subconscio ti riporti a quella notte, oggi”.
Hermione rabbrividì.
“Sì, ma vorrei non fosse così”.
Lui le sorrise appena. Hermione guardò
fuori dalla finestra e rabbrividì nuovamente quando notò il meteo. Tirava vento
e la pioggia cadeva a dirotto. “Beh, il tempo sembra rispecchi il mio umore”,
mormorò.
Rimasero in silenzio per un po’
prima che Hermione si rendesse conto di avere freddo e la pelle d’oca, così si
sfregò le braccia nel tentativo di riscaldarsi. “Dovresti tornare a letto”, le fece
notare Malfoy.
Hermione non voleva tornarci da sola.
Non sapeva perché ma la presenza di Malfoy la confortava e si morse un labbro
quando un pensiero le passò per la testa. Quella sera stava davvero minando le
sue difese personali, ma non riusciva a farne a meno. “Vorresti…” iniziò a
dire, bloccandosi poi incapace di continuare.
Malfoy la guardò. “Vorrei cosa?”.
Hermione prese un respiro profondo. “Vorresti
rimanere con me?”.
Lui la guardò incredulo. “Vuoi che
venga nel letto con te?”.
Beh, messa in quel modo suonava
peggio che nella sua mente. Arrossì un po’. “Non importa, era un’idea stupida”.
“Non andare sulla difensiva. Ero solo
sorpreso mi avresti permesso di starti così vicino mentre dormi”.
Lei sbuffò, sentendosi ridicola. Come
poteva dimenticarsi sempre di star parlando con Malfoy? Quella sera era stato
così carino che non le era neanche venuto in mente quanto potesse diventare
sarcastico. Si voltò per tornare nella sua stanza, sentendosi stupida, quando
lo sentì alzarsi.
“Fammi strada, Granger, a meno che
non mi stessi prendendo in giro facendomi anelare un letto comodo invece che un
divano sformato”.
Hermione si bloccò e lui dovette prenderla
per mano per farla tornare in camera. Molto più che in imbarazzo, Hermione si
sistemò sotto le coperte, lasciandogli abbastanza spazio perché si sistemasse
di fianco a lei. Che cosa aveva pensato? Era pazza. Poi però le tornò in mente
la disperazione che aveva provato durante l’incubo e ricacciò indietro il
pensiero di quanto stupida fosse stata la sua idea. Aveva bisogno di un po’ di
calore umano che scacciasse la sua paura.
Lui si tolse la maglietta e rimase
con i pantaloni del pigiama che lei gli aveva appositamente trasfigurato quella
sera. Ora Hermione si sentiva molto più sveglia, ma per un motivo diverso. Con solo
quello addosso, Malfoy era davvero molto sexy.
Il biondo si sistemò più volte il
cuscino, prima di infilarsi sotto le coperte. “Smettila di pensare, Granger. Posso
anche essere stato un Mangiamorte ma non approfitterò di te”.
Hermione rise e si sentì ancora più
stupida. “Lo so, altrimenti non saresti qui”.
“Allora dormi”. Hermione,
sorprendentemente, lo fece.
Draco osservò quella strana ragazza
dormire. Ancora non aveva capito cosa stesse succedendo tra di loro e si
sentiva sempre più affascinato da quell’intelligente Grifondoro, nonostante
facesse del suo meglio per non esserlo. Abbassò lo sguardo verso il Marchio
Nero. Era stata un’ottima cosa che la Granger non lo avesse visto prima di
addormentarsi, altrimenti avrebbe avuto incubi ancora peggiori di quello che l’aveva
portata a risvegliarsi.
Alzò gli occhi al soffitto. Perché tutto
lo confondeva? Perché non riusciva a stare lontano dalla Granger? Si era ritrovato
a fare cose per lei che non avrebbe fatto per nessun altro. Il modo in cui lei
lo aveva guardato con quegli enormi occhi marroni, come se lo stesse pregando, gli
aveva fatto stringere il cuore. Aveva scoperto quanto gli importasse che lei
non riuscisse a dormire ed avrebbe fatto qualsiasi cosa per confortarla ed
assicurarsi non facesse incubi.
Con la mente ritornò alla volta
precedente in cui avevano dormito assieme. Quella notte sarebbe stata un’ottima
occasione per verificare se lei potesse essere la cura per i suoi, di incubi. Piegò
la bocca in un sorriso amaro. Sarebbe stato un disastro, se così fosse stato. Non
avrebbe potuto di certo rimanere lì ogni sera. Magari avrebbe potuto però
rubare qualcosa di suo e stringerlo durante la notte.
Draco sbuffò. Un buon sonno doveva
davvero mancargli, viso le ridicole idee che gli passavano per la testa. In ogni
caso, era il momento giusto per testare la sua teoria. Prima di rendersene
conto, si avvicinò alla Granger e se la strinse addosso, respirandone il
profumo familiare.
Hermione si risvegliò con la pioggia
che batteva forte contro gli scuri della sua camera. Adorava raggomitolarsi
sotto le coperte mentre all’esterno il meteo peggiorava. Era cresciuta a sud
est dell’Inghilterra, dove i temporali di rado si trasformavano in burrasca. La
Scozia, al contrario, le aveva dato l’opportunità di rilassarsi ed indugiare
nel suo letto molto più spesso. Iniziò a stringere il cuscino ma si rese conto
che questo non si afflosciava. E poi era caldo e si muoveva leggero.
Aprì un occhio a metà e vide un pezzo
di pelle pallida, così spostò la testa ed alzò lo sguardo, trovandosi di fronte
il viso addormentato di Draco Malfoy. Era ancora perso nel sonno ed i capelli
gli cadevano sulla fronte. Chi avrebbe mai immaginato che avrebbe avuto un’espressione
così angelica mentre dormiva?
Probabilmente avrebbe dovuto
sentirsi in imbarazzo nel ritrovarsi nello stesso letto con lui, però riusciva
solamente a pensare a quanto incredibilmente incoraggiante fosse stato con lei
la notte precedente e non solo quando gli era corsa dietro per chiedergli di
rimanere con lei ma anche quando non le aveva riso in faccia all’idea di dormire
nel suo letto. Hermione sapeva di aver già sperimentato il suo lato più tenero
ma ora le aveva dimostrato di avere anche un cuore, ed anche uno piuttosto
grande, a dire la verità. Aveva voluto persino assicurarsi che lei lo volesse
davvero a letto al suo fianco.
In ogni caso, la cosa la
preoccupava, visto che i suoi sentimenti erano già abbastanza ingarbugliati ed
al momento aveva le farfalle allo stomaco. Aveva un profumo buonissimo ed il
petto nudo la invitava a riempirlo di baci. Hermione rise immaginandosi lo shock
di Malfoy se avesse assecondato quell’impulso. Quel ragazzo le stava rivoltando
la vita. Magari era stato quella stessa strana sensazione che aveva spinto Harry
e Ron a fare la proposta di matrimonio alle loro fidanzate prima di aver
completato i M.A.G.O. Hermione sospirò. L’unica differenza era che i suoi amici
erano innamorati. Significava che anche lei fosse innamorata del Serpeverde?
Oppure era solo lussuria? E poi l’intera faccenda era complicata. Almeno lui
provava le sue stesse emozioni? E lei lo voleva? Avrebbe voluto sbattere la
testa contro qualcosa, ma la cosa più vicina era il petto di Draco, così decise
di non farlo. Di certo lo avrebbe svegliato e lui avrebbe pensato fosse ancora
più strana di quanto già non credesse. Piuttosto, decise di stringersi
maggiormente a lui. Non poteva sapere cosa il futuro le avrebbe riservato, ma nel
frattempo avrebbe almeno potuto divertirsi.
Draco si risvegliò un paio d’ore più
tardi. Gli sembrava di non essersi mosso per ore e, a giudicare dalla luce che
penetrava dalla finestra, era ormai mattino inoltrato. Voltò la testa dall’altro
lato del letto per cercare la Granger, ma trovò solo un pezzo di pergamena.
Malfoy,
sono andata a fare colazione. Ti porterò
qualcosa da mangiare.
Hermione.
Draco scoprì che l’esperimento aveva
funzionato. Non era sicuro che il risultato fosse ciò che voleva o persino desiderava
ma di certo la Granger sembrava essere la cura per i suoi incubi. Magari era solo
per via della sensazione di avere un corpo caldo di fianco a lui, ma molto più
probabilmente centrava qualcosa la sua personalità avvolgente. Lei lo accettava
sul serio, come non molte altre persone avrebbero fatto. Aveva visto oltre la
maschera che gli piaceva portare e, invece che lasciarlo perdere considerandolo
senza speranza, si era intestardita per aiutarlo ad uscire dal casino che era
la sua vita. Gli ci era voluta una persona esterna al suo cerchio di amici per
farlo e, parlando di amici, Pansy sarebbe stata insopportabile. Sicuramente non
sarebbe riuscito nuovamente ad evitare di spiegarle la sua assenza di quella
notte.
La porta si aprì e la Granger apparve.
“Sei sveglio”, disse. “Vieni in sala comune, ho portato un po’ di cibo”.
Sparì ancora prima che Draco riuscisse
a dire qualcosa. Non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima volta in cui aveva
dormito così tanto. Si sentì deliziosamente affamato. Si stiracchiò i muscoli e
scese dal letto in cerca della sua maglietta. La trovò sopra una sedia e la indossò
prima di entrare nella sala comune, dove un piatto con del cibo impilato e del
caffè lo attendevano. Di fianco c’era anche la tazza della Granger, ma di lei nessuna
traccia. Si guardò attorno e la vide rannicchiata sulla poltrona vicino alla finestra
ed un’altra tazza in mano.
“Grazie, Granger”, disse Draco prima
di prendere un sorso di caffè e schiarirsi la voce.
Stava morendo di fame e non vedeva l’ora
di ingurgitare quell’abbondante colazione che lei gli aveva portato. Hermione sembrò
comprendere il suo umore e la sua fame, per cui rimase in silenzio a
contemplare dalla finestra.
“Pansy mi ha chiesto se ti avessi
visto”, commentò quando vide che aveva quasi terminato.
“Che le hai detto?”.
“Niente, perché è arrivata Ginny, ma
probabilmente più tardi lo chiederà a te”.
“Lo fa sempre”.
“Che cosa le dirai?”.
Draco sospirò e si passò una mano
tra i capelli. Non era sicuro che mentire avrebbe soddisfatto la sua petulante
amica. “Se non ti dispiace, la verità. Sa perfettamente che non potrei essere stato
in molti posti”.
“Va bene, ma non penserà sia strano
che tu… sai… abbia dormito nel mio letto?”. La voce le si abbassò a metà frase,
tanto che alla fine sembrò sussurrare ed arrossì.
Draco capiva il suo imbarazzo. Se si
fosse trovato nella medesima situazione, non avrebbe voluto che nessuno
pensasse avessero fatto chissà cosa, però sarebbe sicuramente stata la
conclusione a cui sarebbero giunti tutti, anche se non era vero. “Non le darò i
dettagli, solo che ho dormito di nuovo sul to divano. Sa che è già successo”.
La Granger emise un sospiro di
sollievo. “Scusa, è solo che non voglio qualcuno pensi che…”, e si interruppe,
troppo in imbarazzo per continuare.
Draco le fece un sorriso
rassicurante. “Non preoccuparti, capisco. La gente pensa sempre male e non
capiscono che a volte si può anche dormire a letto”.
La Granger si allontanò dalla
finestra e si sedette al suo fianco, mettendogli una mano sul braccio. “Non mi
vergogno della nostra amicizia, o qualsiasi cosa sia, Draco”, lo rassicurò.
Lui ghignò. “Vorrei ben vedere,
Principessa. Non molti possono dire di essere amici del grande Draco Malfoy”.
Hermione alzò gli occhi al cielo
vedendo tornare la sua arroganza. “Quindi siamo amici?”.
Draco le sorrise. “Immagino di sì,
anche se sembra un po’ melenso”.
“Beh, sono felice sia così e non
voglio tu pensi io cerchi di nasconderti o qualcosa del genere”, insistette con
un’espressione esasperata.
Draco non era bravo con i sentimenti,
invece la Granger continuava a portarlo lì. Ormai lo irritava volerla sempre
rassicurare. In passato gli piaceva far sentire più a disagio ed in imbarazzo
possibile le ragazza, invece ora si ritrovava sempre a tranquillizzarla. “Quindi
intendi dirlo a Sfregiato e la Donnola?”.
“Che ti ho detto riguardo al chiamarli
con i loro nomi, di fronte a me?”.
“Non succederà, facci l’abitudine”.
“Sei impossibile!”, dichiarò lei.
“E la cosa ti sorprende?”.
“Immagino di no e che ci siano cose in
cui non puoi cambiare. E no, non ho pensato di dirlo ad Harry e Ron. Forse prima
dovremmo abituarci noi a questo cambiamento. Tu vuoi che glie lo racconti?”,
gli chiese preoccupata.
“In realtà mi piacerebbe vivere
almeno fino ai miei diciannove anni e non credo che andare a dirlo al Ragazzo
delle Meraviglie e Pel di Carota mi aiuterebbe in questo”, disse.
“Draco!”, protestò la Granger. “È
così difficile chiamarli Potter e Weasley?”.
“Vuoi davvero che ti risponda?”, le
disse Draco e le baciò una guancia ancora prima di rendersene conto. La Granger
arrossì nuovamente. Avrebbe dovuto andarsene immediatamente, prima di dare
qualcosa di stupido come baciarla ancora. “Comunque, grazie per il letto e la
dormita senza incubi. Mi lancio un incantesimo di disillusione e mi tolgo dai
piedi”.
Hermione lo guardò divertita mentre
schizzava via oltre la porta e si portò una mano alla guancia. Le sue azioni la
confondevano e non le piaceva sentirsi così. Per la barba di Merlino, era Hermione
Granger! Avrebbe dovuto sempre sapere cosa stesse succedendo anche se, nonostante
la sua disperazione per l’incapacità di Harry e Ron di comprendere le emozioni
complesse, nemmeno lei era molto brava a decifrare i ragazzi. Il che era
ridicolo, davvero, considerando che i suoi due migliori amici facevano parte di
quella categoria, anche se non erano mai stati molto complicati come persone e
non avevano nemmeno quei mille strati che sembravano invece caratterizzare Draco
Malfoy. Proprio quando lei credeva di averlo compreso, lui faceva qualcosa come
andarla a trovare per assicurarsi non fosse nel mezzo di un crollo emotivo e da
sola, per poi dormire abbracciato a lei tutta la notte. Di certo non si sarebbe
mai immaginata che Malfoy potesse fare cose del genere né le sembrava molto il
tipo da coccole, visto che sembrava sempre così freddo.
Pensare alle abitudini di Malfoy, Hermione
iniziò a riflettere sulle parole che le aveva detto prima di darsela a gambe. Aveva
davvero dormito senza fare incubi? Pensandoci, entrambi le volte che avevano
dormito assieme lei non era stata disturbata né da urli né da scatti improvvisi
e, parlando con Pansy e Blasie, sapeva che Malfoy faceva entrambe le cose perché
un giorno si era dimenticato di silenziare il letto nel dormitorio ed aveva svegliato
Blasie.
Hermione non voleva che la sua mente
prendesse quei sentieri che invece stava seguendo e di certo non voleva pensare
che dormire di fianco a lei in qualche modo scacciasse i demoni di Malfoy.
Quando Draco tornò nella propria
stanza, ringraziò chiunque avesse creato l’incantesimo di Disillusione. Nella sua
fretta di fuggire dalle stanze della Granger prima di fare qualcosa di enormemente
stupido, tipo baciarla fino a farle perdere i sensi, si era dimenticato di ritrasfigurarsi
i vestiti nello stato in cui si trovavano prima di andare a dormire e qualcuno
si sarebbe fatto qualche domanda se lo avesse visto girovagare per Hogwarts in
pigiama.
Mise fine all’incantesimo e si
lanciò sul letto. Probabilmente avrebbe dovuto farsi una doccia e cercare di combinare
qualcosa, ma si sentiva troppo pigro e la sua mente stava già iniziando a
vagare. Non sapeva se avrebbe dovuto andare nel panico oppure innamorarsi della
Granger. Niente di buono sarebbe accaduto se fosse successo, sarebbe stato un
disastro.
Sospirò quando la porta si aprì di
scatto e grugnì quando vide Blasie entrare marciando con Pansy alle calcagna.
“Eccoti qui”, disse Pansy. “Per favore
la smetti di sparire la notte? Mi preoccupo tu sia stato portato davanti alla McGranitt
e cacciato a casa”.
“Penso che Blasie lo noterebbe se mancassero
le mie cose”.
“In ogni caso passo le notti insonni”.
“Sì, signora. Ti piacerebbe
lanciarmi un incantesimo tracciante? Così potresti sapere sempre dove sono.
Pansy alzò gli occhi al cielo e si
sedette ai piedi del suo letto. “Quindi mi vuoi dire dove sei stato?”.
“Continuerai a perseguitarmi finché non
lo farò?”.
“Ovvio, ora vuota il sacco”.
“Ok, ma solo se ti levi di torno. Ero
dalla Granger”.
Pansy sorrise trionfante a Blasie. “Oh,
davvero? Per tutta la notte?”.
Draco alzò gli occhi al cielo. “Puoi
anche fermare i tuoi pensieri. Ho dormito sul divano”.
Pansy fece una piccola smorfia. “Oh”,
disse delusa.
“Perchè sei andato lì?”, chiese Blasie.
Draco gli lanciò uno sguardo irritato.
Aveva risposto alla domanda di Pansy solo perché era cresciuto con lei ed erano
amici da molto tempo. Non voleva che anche Blasie fosse coinvolto, però Pansy piegò
la testa con interesse così decise di dare a quei due ciò che volevano. “Sono
andato a vedere se stava bene”.
“Perchè?”,
chiese confusa Pansy.
“Ieri era l’anniversario del suo
soggiorno a Malfoy Manor”.
Pansy
impallidì. “Oh! Non avevo capito”.
“Ed ha voluto vedere la tua faccia?”,
commentò Blasie.
Draco trattenne il commento sarcastico
che gli stava per uscire di bocca. Non avrebbe aiutato che lui e Blasie si
fossero messi a litigare e Pansy si sarebbe messa a piangere. “Beh, non mi ha
cacciato”.
“Stava bene?”, chiese preoccupata Pansy.
“Stranamente sì, ma non voleva rimanere
da sola e mi ha chiesto se potessi dormire sul divano”.
“Sono sicuro sia stato tremendo”, si
intromise sarcastico Blasie.
Draco lo ignorò. Aveva risposto già
a troppe domande. “Comunque, ora che sapete dove sono stato, potete lasciarmi
in pace. Se non vi dispiace, andrei a fare una doccia”.
Pansy rimase ad osservare il suo
amico che spariva il più in fretta possibile nel bagno adiacente.
“Delusa, amore?”.
Pansy guardò il suo ragazzo. “Forse
un po’. Ma hai notato quanto Draco sia più felice, di recente?”.
Blasie constatò che aveva ragione. “Litiga
di meno, te lo concedo”.
“Mi piacerebbe però che ci fosse
qualcos’altro tra quei due. Starebbero così bene insieme”.
“Non
ricominciare. Pensavo avessimo già parlato nel tuo
bisogno ossessivo di impicciarti in affari che non ti riguardano. Comunque, vorresti
davvero partecipare al disastro se quei due si mettessero insieme?”.
Pansy sospirò. “Immagino di no. Non sarebbe
semplice nemmeno per loro”.
“Né per Hogwarts. Le litigate che
quei due farebbero scoppiare sarebbero troppo dolorose solo da pensare”.
“Sì, forse. Dovrei smetterla di covare
qualche speranza, se voglio vivere semplicemente”.
Blasie si sedette al suo fianco e le
mise un braccio attorno alle spalle. “So che vuoi che Draco abbia qualcosa di
positivo nella sua vita, ma credi davvero che quello sarebbe un bene per lui?”.
“Lei ha fatto miracoli. Non l’ho mai
visto così rilassato”.
“Ok, quindi gli fa bene, ma non
pensi che nessuno potrebbe pensare lui sia adatto a lei? Pansy, rifletti. Lei dovrebbe
andare contro tutti i suoi amici, la gente inizierebbe a spettegolare e ne otterrebbe
in cambio la reputazione rovinata”.
Pansy si massaggiò il collo. “Hai
ragione. So che ce l’hai, però è ingiusto. È ovvio si piacciano, sono settimane
che li osservo e li uccide stare separati. E poi l’hai sentito, ieri è andato a
trovarla per vedere come stesse ed assicurarsi andasse tutto bene. Da quando Draco
fa cose del genere per qualcun altro?”.
“Oltre a te e per sua madre, sì, non
lo farebbe mai ma la sta condannando a combattere un’altra battaglia. Davvero non
penso che il mondo sia pronto per una simile coppia”.
Pansy appoggiò la testa sulle sue
spalle e si asciugò una lacrima. “Però dovrebbe”.
Draco diede le spalle alla porta del
bagno e ci si appoggiò contro con la testa rivolta verso il soffitto. Pansy e Blasie
non avevano niente di diverso da ciò che lui già pensava, ma sentirlo ad alta voce
faceva un altro effetto. Per quando gli sarebbe piaciuto scoprire dove lui e la
Granger avrebbero potuto arrivare, sarebbe stata davvero una pessima idea ed
avrebbe causato un sacco di astio tra gli studenti di Hogwarts. Conoscendo un
po’ la Granger, a lei non sarebbe importato perché non credeva fossero affari
di nessuno oltre che suoi e magari avrebbe dato un po’ di peso all’opinione dei
suoi amici ma, alla fine, si sarebbe aspettata si fidassero di lei.
Lui, invece, si trovò a pensare di
non volere che la Granger litigasse con gli amici per lui o che iniziasse ad
essere seguita dalle malelingue. Lui ormai ci era abituato, sin da quando
qualcuno aveva scoperto fosse diventato un Mangiamorte, ma sapeva quanto fosse
difficile quando la gente ti guardava con rabbia e non si fidava di te. Ovviamente
le cose erano peggiorate da quando Voldemort era stato sconfitto. Ora veniva
disprezzato apertamente e nessuno avrebbe capito il desiderio della Granger di
aiutare un ex Mangiamorte.
Draco sorrise amaro quando si rese
conto che la bolla che lo aveva avvolto da quando si era alzato quella mattina
ormai era scoppiata. Era pazzo a credere di poter avere qualcosa in comune con
gli eroi e lei era sicuramente troppo in alto per lui e l’avrebbe fatta colare
a picco. Non voleva che iniziassero a sparlare né la pubblicassero in prima
pagina sulla Gazzetta del Profeta, dove probabilmente sarebbe stata etichettata
come sgualdrina. Chi non la conosceva avrebbe giudicato le sue decisioni,
dimenticando le sue azioni ed i suoi valori.
Sapeva che la Granger stava
iniziando a provare qualcosa per lui, non aveva mai avuto problemi a capire le
ragazze. Poteva anche non essere stato esattamente un Casanova ma ne aveva
avute abbastanza da comprendere quando una di loro aveva una cotta e la Granger
presentava i classici sintomi, essendo anche abbastanza testarda da perseverare
nel suo intento nonostante le opinioni altrui. Sarebbe toccato a lui mettere un
freno alla cosa ma sentì il cuore farsi pesante al pensiero del doverla ferire.
Non sapeva quando lei gli fosse entrata dentro, però lo aveva fatto. La sua personalità
accogliente e la sua natura compassionevole erano state come un balsamo per la
sua anima ferita e, se gli importava qualcosa di lei, avrebbe dovuto ignorarla
e voltare le spalle ai propri sentimenti.
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Capitolo 19 *** Il Pericolo Di Frequentare I Grifondoro ***
Cap 19
Il Pericolo
di Frequentare I Grifondoro
Hermione si
ritrovò a passeggiare nervosa di fronte all’ufficio della Professoressa McGranitt.
Era davvero indecisa su cosa fare. Quattro giorni prima, quando lei e Malfoy si
erano confidati a vicenda nella sua sala comune, aveva deciso di andare a
riferire alla Preside l’ambizione di Draco di diventare Guaritore. Dopo, però,
lui aveva iniziato a comportarsi freddamente e lei aveva iniziato a chiedersi
se avesse fatto qualcosa di sbagliato. Nelle sue stanze sembrava fosse andato
tutto bene. Ok, magari era praticamente fuggito alla fine, ma di certo era
successo per via di quel bacio sulla guancia che le aveva dato. Non riusciva
proprio ad immaginarselo a scambiare gesti affettuosi, nemmeno con la propria
madre. Ora comunque la stava evitando, in un modo persino diverso che in precedenza.
Era tornato ad essere il ghiacciolo degli anni precedenti. Non faceva più
commenti o battutine cattive, ma si comportava come se lei non esistesse e
questo la feriva. Aveva persino versato un paio di lacrime per questo.
Ad ogni
modo, Hermione non aveva però dimenticato la loro conversazione durante la
quale lui l’aveva messa a parte dei suoi desideri e lei voleva aiutarlo a
realizzarli. Non avrebbe permesso diventasse come suo padre, una sottospecie di
guscio d’uomo. Era solo una persona un po’ introversa, che aveva bisogno di
essere coccolata. Sospirò ancora una volta. Voleva davvero essere lei a
sostenerlo, ma ormai non era più sicura che lui l’avrebbe accettato, data la
distanza che aveva iniziato a mettere tra loro.
Per lo meno,
non aveva ricominciato a bere. In effetti, era ancora lei ad avere il controllo
della scorta di Firewhiskey. Non era ancora tornato a chiederle la bottiglia e
Noktok non glie ne consegnava nemmeno più di nuove dalla cucina. Malfoy aveva ritrovato
l’autocontrollo, anche se Hermione quasi sperava non fosse successo. Il vecchio
Draco aveva bisogno di e lei e l’aveva anche aiutata.
Non sapeva
davvero cosa fare. Ci aveva pensato tutta la settimana e si era ritrovata a
camminare avanti e indietro diverse volte davanti all’ufficio della McGranitt. Quel
giorno era tornata.
Sussultò,
quando il gargoyle si spostò di lato e la Professoressa apparve. “Hermione, è
la terza volta in due giorni che vieni qui. Qualcosa non
va?”.
Hermione non
si era resa conto che la Preside avrebbe saputo se qualcuno avesse cercato di
entrare nel suo ufficio, anche se immaginava avesse senso. Sembrava inoltre che
la sua indecisione sul fatto di parlarle o meno di Draco fosse stata risolta. Raddrizzò
le spalle e prese un respiro profondo. Si stava per impicciare, anche se con
buone intenzioni, il che doveva pur fare la differenza. “Potrei parlarle di una
cosa?”.
La McGranitt
annuì e le fece cenno di seguirla all’interno dell’ufficio. Una volta dentro, Hermione
sorrise al ritratto di Silente che le faceva l’occhiolino. Ancora non si era
abituata a non vederlo dietro la solita scrivania. Adocchiò brevemente anche il
quadro di Severus Piton di fianco a lui, ma il suo vecchio Professore la ignorò.
“Allora, va
tutto bene?”, chiese la Preside.
“Volevo
parlarle di Draco Malfoy”.
La McGranitt
sbattè le carte sulla scrivania. “Sapevo che permettergli di tornare era
sbagliato ma il Ministero mi ha costretta”, mormorò tra sé.
“No, ha
capito male, Professoressa. Non ha fatto nulla”.
La McGranitt
alzò curiosa lo sguardo. “Se non ti sta dando problemi, allora di che si
tratta?”.
Hermione si
morse nervosamente il labbro. Non sapeva davvero come spiegarglielo,
soprattutto perché non voleva mettere nei guai né lui né Pansy. Non poteva rivelarle
nulla riguardo alla sua dipendenza dall’alcool né riguardo le gite notturne, tantomeno
dei piani di Pansy per aiutarlo. Magari avrebbe dovuto rimanere sul vago e dirle
solo che avevano iniziato a parlare. “Abbiamo chiacchierato qualche volta”.
La Preside la
guardò confusa. “Draco Malfoy ti parla?”.
Hermione cercò
di fare del suo meglio per non arrossire. Suonava proprio strano dirlo ad alta
voce. “Sì, per quanto sia difficile da credere”.
“E di cosa?”.
“Molte cose,
in realtà. Ha molti sentimenti repressi”.
La McGranitt
sbattè le palpebre sorpresa ed Hermione le sorrise. Era vero: a vederlo da
distante, non sembrava per niente una persona profonda. Se qualcuno fosse
andato da lei a gennaio, in simili circostanze, non ci avrebbe creduto. In effetti,
aveva fatto proprio questo con Pansy.
“Quindi …. ehm…
il Signor Malfoy si è aperto con te?”.
“Sì, ma
volevo parlarle di una cosa in particolare”.
“Vai avanti”.
“Riguarda una
sua ambizione in relazione alla carriera”.
“Vuole fare carriera?”.
Hermione annuì.
“Sì, vorrebbe mettere a frutto usare le sue capacità piuttosto che fare la
bella vita a casa a contare i soldi”.
“E che tipo
di carriera gli piacerebbe?”.
“Vorrebbe
diventare Guaritore”.
La McGranitt
sembrò presa in contropiede. Hermione immaginò si aspettasse che Draco volesse
diventare un personaggio più popolare, qualcosa come un giocatore di Quidditch
professionista o simili e lei non poteva di certo biasimarla per questo. Se le
avessero chiesto la stessa cosa prima della loro conversazione, avrebbe pensato
lo stesso. A Draco piaceva essere al centro dell’attenzione e diventare un
Guaritore era molto meno popolare e richiedeva un duro impegno.
“Guaritore?”.
“Sì,
Professoressa”.
La McGranitt
si appoggiò allo schienale della poltrona. “Non me lo sarei aspettato da lui”.
Hermione sorrise.
“No, non credo sia una carriera che qualcuno si sarebbe immaginato. Per cominciare,
richiede del tatto ed è di Draco che stiamo parlando”
La McGranitt
la fissò e lei arrossì quando si rese conto di averle appena rivelato quanto intimi
fossero diventati. Poi scrollò le spalle. L’intera conversazione avrebbe
dimostrato quanto si fossero avvicinati, ma era comunque necessaria per aiutarlo
a raggiungere il suo sogno. “Ma, come sa, ha bisogno di una lettera di raccomandazione
da lei, perché lo accettino al programma di addestramento al San Mungo”.
“È per
questo che ti ha mandato a parlare con me?”.
“Oh no, Draco
non sa che sono qui. Sono venuta perché sapevo lui non lo avrebbe mai fatto”.
“Perché non dovrebbe
venire a parlarmi?”.
Hermione si
accigliò, capendo di dover usare tutta la diplomazia di cui era capace. La
metteva in imbarazzo doverlo far notare alla Preside, qualcuno che rispettava sin
da quando aveva messo per la prima volta piede ad Hogwarts. “Credo pensi non
sarebbe il benvenuto in questo ufficio”.
La McGranitt
sospirò e si massaggiò le tempie. “Immagino abbia ragione. Ho difficoltà nel
lasciarmi alle spalle le sue azioni da studente in questa scuola, ma non significa
che non farei il mio dovere come Preside. Se questo è veramente ciò che vuole,
allor ovviamente lo aiuterò”.
Hermione sorrise
nuovamente. Sapeva quanto la Professoressa, nonostante fosse severa, fosse
molto giusta nelle sue decisioni. Prendeva il ruolo da Preside molto seriamente
ed avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutare i propri studenti. “Dovrà migliorare
notevolmente i suoi voti. Non ho mancato di notare quanto siano calati”.
Hermione annuì.
“Lo sa già e credo che, se gli verrà data speranza, si metterà d’impegno e
studierà molto. Al momento non gli importa perché non crede gli sarà permesso
di sfruttare la sua educazione”.
“Beh, puoi
dire al Signor Malfoy che può venire da me”.
Hermione si
morse ancora una volta il labbro. “Ehm.. davvero non sa che sono qui. Ovviamente,
quando verrà a parlarle, sarà ovvio chi abbia fatto la spia, ma se potesse
chiedergli lei stessa di presentarsi qui, penso sarebbe meglio”.
La McGranitt
le sorrise. “Va bene, vedrò di chiamarlo. Grazie per essere venuta a parlarmene.
Sono sicura non sia stato facile”.
“Grazie a
lei, Professoressa”, disse Hermione prima di guadagnare la porta.
Fuori dall’ufficio,
si appoggiò al muro. Era felice di aver procurato a Draco l’aiuto di cui aveva
bisogno ma si sentiva anche un po’ in colpa perché aveva tradito la sua fiducia.
Non le piaceva impicciarsi e lo faceva solo se strettamente necessario, anche se
la propria coscienza la faceva sentire comunque a disagio. Malfoy non ne
sarebbe di certo stato concento, appena avesse capito ciò che aveva combinato.
Draco sedeva
nella sala comune dei Serpeverde circondato da libri di Incantesimi, nel
tentativo di concentrarsi sul tema piuttosto che sul dolore che traspariva
dagli occhi della Granger ogni volta che lo vedeva. Sapeva che ignorarla sarebbe
stato difficile ma era anche consapevole sarebbe stata la scelta migliore. Aver
origliato la conversazione tra Pansy e Blasie aveva rinforzato la sua idea di
che fardello sarebbe stato per lei se avesse incoraggiato quella amicizia. Che avesse
voluto essergli solo amica o avesse voluto qualcosa di più, lui non andava bene
per lei. Era troppo amaro, problematico ed incasinato, per non parlare di ciò che
la comunità magica pensava di lui.
Sospirò e
lanciò lo sguardo quando Harper, il Capitano di Quidditch del sesto anno, lo
chiamò. Doveva smetterla di pensarla ossessivamente.
“Amico, la McGranitt
mi ha chiesto di darti questo”, gli disse Harper, lasciandogli cadere in mano
un foglio piegato in due.
Draco annuì
in ringraziamento e lo lasciò cadere senza interesse sulla pila di libri. Non era
mai una buona idea dare l’impressione di essere molto interessati ad un avviso
di qualche professore, attorno agli altri Serpeverde. Raccolse la piuma e si preparò
a cercare di finire quel dannato tema.
“Senti, hai
più pensato a ciò che ti ho detto?”, gli chiese a disagio Harper.
Draco si
accigliò, provando a ricordare l’ultima volta in cui si erano parlati. Poi si illuminò.
Harper lo aveva avvicinato durante le prime settimane in cui era tornato ad
Hogwarts e gli aveva chiesto se gli sarebbe piaciuto tornare in squadra. Ad essere
onesti, lo aveva praticamente implorato e, quando aveva finalmente potuto assistere
alla partita contro i Tassorosso, aveva capito perché. La squadra faceva schifo
ed era formata da giocatori troppo giovani.
“Mi
dispiace, non credo porterei alcun vantaggio alla squadra se tornassi”.
Harper
scosse frustrato la testa. “Pensaci, Draco. Dobbiamo battere i Corvonero, se
non vogliamo finire ultimi. È da duecento anni che Serpeverde non arriva così
in basso e non voglio esserne io il Capitano responsabile”.
“Hai provato
con Blasie e Theo?”.
“Sì, nessuno
dei due è interessato. Se riuscissi a convincerli, lo appresserei. Dobbiamo davvero
vincere la prossima partita”.
Draco annuì.
Gli dispiaceva per lui. Quell’anno non era di certo stato semplice mettere
assieme una squadra, visto anche ciò che pensava di loro il resto della scuola.
Aspettò che Harper
tornasse dagli amici, prima di aprire il foglio della McGranitt.
Caro Signor Malfoy,
gradirei
passasse nel mio ufficio domani alle tre. Vorrei discutere con lei di una cosa
importante.
La parola d’ordine
è Api Frizzole.
Professoressa McGranitt.
Draco si
accigliò. Essere convocato dalla McGranitt non presagiva nulla di buono ed era
anche sospettoso sul motivo. Da quando la Granger e Pansy gli stavano dietro,
si era abbastanza calmato. Era riuscito a liberarsi del problema dell’alcool ed
al momento si stava anche impegnando in classe e portava i compiti. Aveva inoltre
smesso di vagare per il castello la notte, anche se a volte iniziava a pensare
che sarebbe diventato matto rinchiuso nei sotterranei. Probabilmente era colpa
della Granger.
Draco si
ritrovò a dirigersi in trepidante attesa verso l’ufficio della McGranitt, il
pomeriggio seguente. Non era sicuro di cosa aspettarsi, dato che lei non aveva
mai nascosto il disagio che provava nei suoi confronti. Era una vera Grifondoro
ed adorava Potter, Weasley e la Granger. Lui, invece, era il classico Serpeverde
e, come tale, non le sarebbe mai piaciuto particolarmente. Pronunciò la parola
d’ordine e salì le scale a spirale. Prese un paio di respiri profondi prima di
irrigidire il viso, per non mostrare l’ansia che provava, e bussare alla porta.
“Avanti”,
rispose la voce severa della McGranitt.
Aprì la
porta ed entrò nell’ufficio.
“Ah, Signor Malfoy,
prego, si sieda”, disse la Preside.
Draco si
sedette, ignorando lo sguardo del vecchio Preside appeso al muro. Non aveva davvero
voglia divedere quegli occhi azzurri che lo fissavano con comprensione.
“Signor Malfoy,
probabilmente è un po’ confuso sul perché io l’abbia fatta venire qui”.
Lui annuì. Da
vero Serpeverde, non voleva dimostrare troppo interesse né fare domande. La McGranitt
sembrò comprenderlo e continuò. “È stato portato alla mia attenzione che lei necessiti
del mio aiuto per poter proseguire gli studi dopo Hogwarts”.
Draco imprecò
mentalmente, rendendosi conto del perché si trovasse lì. Avrebbe dovuto sapere
che quella dannata Grifondoro non sarebbe riuscita a rimanere fuori dai suoi affari.
Perché aveva pensato di confidarsi con lei, non l’avrebbe mai capito. Era di
certo il tipo che agiva, lei, che lui lo volesse o meno.
“Non sono
sicuro di capire a cosa si riferisca, Professoressa”, disse contrariato.
La McGranitt
sospirò nella sua direzione. Quell’espressione insolente non gli spariva mai
dal viso di fronte a qualsiasi insegnante, tranne che con Severus Piton. “Signor
Malfoy, possiamo giocare oppure accordarci così che io possa scrivere la
lettera di raccomandazione che le serve. A certe
condizioni”.
“Non posso dire
essere contento che la Caposcuola sia venuta a parlarle, ma si tratta della Granger
quindi avrei dovuto aspettarmelo. Sentiamo cosa propone”.
La McGranitt
decise di ignorare il suo tono scortese. Se lo avesse ripreso avrebbero iniziato
a litigare e Malfoy avrebbe lasciato il castello per sempre, il che lo avrebbe
fatto tornare ad Azkaban. Anche se lei aveva fatto del suo meglio per non
prestargli alcuna attenzione da quando era tornato, voleva comunque che i suoi
studenti avessero il meglio, Serpeverde o meno.
“Voglio mi
assicuri che migliorerà i suoi voti. Al momento, non verrebbe accettato al San
Mungo. So che può migliorare e che è sempre stato uno dei più bravi della
classe ma, se spedirò quella lettera per lei ed i suoi voti non si alzeranno,
la mia reputazione come Preside sarà macchiata ed il San Mungo ci penserà due
volte prima di accettare qualsiasi mia altra lettera di raccomandazione per
qualche altro studente”.
Draco non
era stupido. La Granger era riuscita a convincere la McGranitt a fare una cosa
che non avrebbe mai voluto e lui avrebbe preferito tagliarsi il naso piuttosto
che rifiutare quell’opportunità. Essere raccomandato dalla McGranitt, un’eroina
di guerra ed uno dei membri originali dell’Ordine della Fenice, gli avrebbe
dato qualche possibilità in più ed anche un po’ di credibilità.
Annuì. “Ho
già iniziato a studiare di più e non la deluderò, se farà questo per me”.
La McGranitt
strinse le labbra. “Sarà meglio, Signor Malfoy. È già riuscito a deludere
parecchie persone nel corso degli anni. Sarebbe carino,
per una volta, se riuscisse a sorprendermi”.
Draco contrasse
la mascella. Odiava essere messo sotto esame dai Grifondoro. Mandò giù la
rabbia ed uscì dall’ufficio prima di esplodere, grazie anche all’aiuto dello
sguardo che Severus Piton gli aveva lanciato dal ritratto. Durante gli anni,
anche lui aveva dovuto sopportare molti commenti cattivi e, se Piton ci era
riuscito, lo avrebbe fatto anche lui, ma non significava avrebbe perdonato la
Granger per essersi messa in mezzo. Non sarebbe stato difficile trovarla, dato
che aveva passato gran parte delle vacanze di Pasqua in biblioteca. Ci si avviò
senza nemmeno pensarci.
“Hermione, cosa
c’è che non va in te?”, le chiese esasperato Ron. “Continui a giocare con le
dita e guardi di continuo l’orologio”.
Harry sorrise.
“Di solito siamo ti comporti così a causa nostra”, disse, indicando sé stesso e
Ron.
Gli occhi di
Ron si illuminarono. “Perché non ci prendiamo il resto del pomeriggio libero?”.
Hermione strinse
le labbra e guardò il suo amico con disapprovazione. “Andiamo, Hermione”, si
lamentò lui. “Siamo qui a ore e guarda, ho finito due temi interi”.
Hermione notò
con la coda dell’occhio dei capelli biondi oltre la spalla di Ron ed il viso
incavolato di Draco Malfoy apparve. Sapeva si sarebbe arrabbiato ma non credeva
sarebbe andato diretto da lei dopo l’incontro. Il giorno prima, la McGranitt le
aveva mandato un appunto per informarla di aver preso appuntamento con lui e
che lo avrebbe visto alle tre. Probabilmente aveva creduto un avvertimento
avrebbe potuto servirle.
“Sai cosa? Hai
ragione, Ron. Abbiamo studiato molto. Credo possiamo sul serio prenderci il
pomeriggio libero. Perché non andiamo da Hagrid?”, suggerì.
I due
ragazzi iniziarono a guardarla in silenzio per qualche secondo per poi scattare
in piedi e raccogliere le borse prima che lei cambiasse idea e gli facesse
iniziare anche il tema di Incantesimi. Hermione si assicurò di rimanere in
mezzo a loro quando uscirono dalla biblioteca. Con la coda dell’occhio notò lo
sguardo arrabbiato che Draco le lanciò. Sì, si stava comportando da codarda e
stava scappando, nella speranza che non fosse più così irritato quando
finalmente sarebbe riuscito ad acciuffarla. Prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo.
Hermione sospirò
di sollievo quando mise il naso fuori dalla torre di Grifondoro e non vide
traccia del biondo. Aveva passato il resto del pomeriggio alla capanna di
Hagrid prima di correre a cena in Sala Granger con Harry e Ron, dove si era
seduta dando le spalle al tavolo di Serpeverde, non volendo incrociare lo
sguardo di Draco. Sapeva quanto fosse ancora irritato e non voleva
incoraggiarlo a cercarla più tardi. Era poi andata alla torre ma, dato che si
stava facendo tardi, voleva tornare nelle proprie stanze.
Pronunciò la
parola d’ordine ed oltrepassò la porta, prima di sentire qualcuno spingerla all’interno.
Estrasse la bacchetta e si voltò, trovandosi davanti Draco che interrompeva l’incantesimo
di disillusione. Imprecò silenziosamente. Era stata un’idiota. Era ovvio che l’avrebbe
aspettata, si era solo disilluso. Tutti i Serpeverde lo facevano.
Draco rimase
a guardarla minaccioso, prima di strapparle di mano la bacchetta e lanciarla
per la stanza. La fissò per qualche secondo e lei percepì un brivido scorrerle
lungo la schiena. Sembrava fosse pericolosamente fuori controllo e le era
mancato quello sguardo. Negli ultimi giorni aveva solo visto il ghiaccio prorompere
da lui.
“Che cosa ti
dà il diritto di impicciarti nei miei affari?”, sibilò.
“Qualcuno
doveva farlo. Non saresti mai andato a parlare con la McGranitt”.
“Non
spettava a te farlo!”, sputò lui.
Hermione sbuffò
e si mise le mani sui fianchi. “Senti, Draco Malfoy. Prima mi ignori per giorni
e poi, quando faccio qualcosa di carino per te, vieni ad abbaiare nella mia
sala comune ed urlarmi addosso”.
“No, ascolta
tu, irritante e cespugliosa Grifondoro. Non devi andare dalla Preside alle mie
spalle e parlarle di me”.
“Tu non l’avresti
mai fatto, quindi non capisco la rabbia nei miei confronti!”, urlò Hermione.
“Perché spettava
a me la decisione, non a te!”, urlò di rimando Draco.
Hermione si
morse un labbro e si guardò i piedi. La rabbia sciamò di colpo, quando si rese
conto che aveva ragione. Non aveva il diritto di intromettersi e forzargli la
mano anche se, nel profondo, sapeva che lo avrebbe fatto comunque.
“Hai ragione,
ho sbagliato. Non dovevo essere io ad andare a parlare con la McGranitt”.
Draco la guardò
sorpreso. Hermione immaginò si aspettasse di litigare ancora. Annuì brevemente
e si voltò per uscire dalla stanza.
“Draco,
aspetta!”, lo richiamò lei quando ormai aveva raggiunto la porta.
Lui si
voltò, ma piantò lo sguardo alle sue spalle mentre lei gli si avvicinò. “Perché
ti comporti così?”, gli chiese.
“Così come?”.
Hermione gesticolò
impaziente. “Sai che intendo. Sei venuto a controllare che stessi bene, ci
siamo confidati, abbiamo dormito nello stesso letto e adesso ti comporti come
se non mi conoscessi”.
Draco si
spostò e la guardò. “È stata una serata casuale, in cui ci siamo confortati,
Granger, ecco tutto”, ringhiò.
Hermione lo fissò
in silenzio. Le sue parole l’avevano ferita più di quanto volesse ammettere, ma
avrebbe insistito. “E come mi spieghi le altre notti che hai passato in questa
stanza?”.
“Non è stato
nulla di importante, Granger, passaci sopra. Avevi le mie scorte di alcool, ero
annoiato e tu eri divertente con quella tua patetica auto-commiserazione”, le disse
crudele.
Hermione fece
un passo in dietro, come se l’avesse schiaffeggiata. Le sembrava di essere
tornata indietro nel tempo e di trovarsi di fronte al Malfoy che la bullizzava.
Si strinse nelle spalle e si voltò, mentre una lacrima le sfuggiva. Le sarebbe servito da lezione per aver pensato
di poter significare qualcosa per lui. Il dolore le stava aprendo un buco nel
petto ma l’orgoglio non le permetteva di perdere la dignità.
“Fuori!”,
gli urlò.
Sentì i suoi
piedi raggiungere la porta e la maniglia abbassarsi e non riuscì a controllare
il singhiozzo che le sfuggì dalla gola. Quando se ne accorse, era circondata
dalle sue braccia con il viso premuto al petto. “Non volevo”, le mormorò lui.
“Ma l’hai
detto”.
“Sono un
idiota, lo sai”.
“Perché fai
così? Non riesco a gestire questi cambi d’umore. Se non mi vuoi nella tua vita,
vai e basta. Per favore, Draco”.
Draco sospirò
ed Hermione ne percepì il fiato sui capelli. “Non voglio rovinarti la vita”, le
disse alla fine.
“Perché dovresti
rovinarmela?”.
Draco la
lasciò andare a si passò una mano tra i capelli, mentre Hermione cercò un
fazzoletto nelle tasche.
“”Senti, non
so che sta succedendo tra di noi e mi confonde. Quando sono con te provo delle
cose che non ho mai provato prima. Ti parlo di cose che non sa nemmeno Pansy. Cioè,
ti ho persino raccontato di ciò che voglio fare nella vita e nessuno lo sa. Ciliegina
sulla torta, tu sei così aperta e gentile, mi hai perdonato e la cosa mi destabilizza.
Dovresti odiarmi e lanciarmi sguardi assassini come i tuoi amici, ma non lo fai.
Mi inviti nelle tue stanze e mi aiuti ed io non so come mi sento a riguardo”.
Hermione gli
fece un piccolo sorriso. Praticamente stava descrivendo come si sentiva anche
lei ed era contenta di non essere l’unica ad essere confusa.
“Perché sorridi?
Dovresti cacciarmi e dirmi di andare a quel paese”, urlò frustrato Draco.
“Ma non
voglio cacciarti, mi piace stare con te”.
“Non dovresti”,
la avvertì. “Non vado bene per te. Sono un mostriciattolo incasinato con una
reputazione pessima ed un passato ancora peggiore”.
Hermione alzò
gli occhi al cielo. “Sono grande, Draco. Penso di poter decidere da sola chi siano
i miei amici”.
“Non ci hai
pensato bene. La gente parlerà e non saranno cose carine. Inizieranno a dire
che ti sto usando per il tuo status”.
“E cosa ci
sarebbe di nuovo? Ci sono già passata. In effetti, se ricordo bene, sei stato tu
ad aizzare quella piccola biscia, Rita Skeeter, perché spargesse bugie sul mio
conto”.
“È proprio
questo di cui parlo, Granger. Non è normale. Questa amicizia, o qualsiasi cosa
sia, tra di noi non è giusta”.
“Cosa c’è di
sbagliato?”.
“Io sono un
ex Mangiamorte e tu una Nata Babbana. Non ti pare strano?”.
Hermione scrollò
le spalle. “E quindi? Eri un bambino, ti hanno allevato a pensarla così. Poi sei
cresciuto ed hai capito che le cose non erano proprio come te le avevano
raccontate”.
“Sei deliberatamente ottusa”.
“Che cosa
vuoi che ti dica, Draco? Sì, riconosco la verità in tutto ciò che dici ma non
me ne preoccupo. Ho passato tutta la mia vita nel mondo magico ad essere poco
convenzionale e additata perché diversa, ma non mi interessa ciò che gli altri
possono pensare se siamo amici. Non li riguarda”.
“E che mi
dici dei tuoi, di amici? Non è nemmeno affar loro?”.
Hermione si
accigliò. Harry e Ron sarebbero stati un problema. Sarebbero stati iper
protettivi e non si fidavano per niente di Draco, il che significava che non
avrebbero accettato la sua amicizia con il Serpeverde. Avrebbero creduto che l’avesse
in qualche modo plagiata, ma era anche sicura di poterli gestire. Avrebbero potuto
abbaiare un po’, ma alla fine avrebbero capito.
“Non
preoccuparti per Harry e Ron. Gli parlerò quando sarà il momento”.
“Se potessi
farlo una volta che avremmo finito Hogwarts, lo apprezzerei. Già una volta sono
quasi stato ucciso da Potter, non mi va di dargli la possibilità di finirmi”.
“Ok, facciamo
un patto. Non dirò loro nulla finché non ti sentirai a tuo agio, ma la
smetterai di ignorarmi solo perché sei troppo preoccupato di ciò che le persone
potrebbero dire”.
“Non ho smesso
perché sono preoccupato. L’ho fatto perché non ti trovassi al centro di
commenti ed occhiate cattive”.
Hermione scoppiò
a ridere. “Oh Merlino, cerchi di fare il cavaliere proprio quando non dovresti”.
Draco
ringhiò. “Non faccio il cavaliere, troppo da Grifondoro”, soffiò.
Lei gli batté
una mano sulla spalla e sorrise. “Certo che no”.
“E smettila
di prendermi in giro”.
Hermione lo ignorò.
“Allora, accetti?”.
“Cos’avete
voi Grifondoro con i patti?”, mormorò, ma alzò la mano e glie la strinse
comunque.
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Capitolo 20 *** Balbettii ***
Cap 20
Balbettii
Hermione
sorrise e si sedette di fronte a Draco, iniziando a sistemare i libri sul
tavolo. Sospirò di sollievo per essersi liberata di quel peso. La maggior parte
dei tomi della biblioteca di Hogwarts erano enormi e pesantissimi.
“Non stai
rischiando un po’ troppo a sederti qui?”, le chiese Draco, alzando la testa
dalla pergamena sulla quale stava scrivendo.
“I
Grifondoro sono ad allenarsi per il Quidditch e chi altro ci potrebbe trovare,
qui dietro?”.
Lui annuì e
tornò a sfogliare il suo libro. Rimasero in silenzio per una decina di minuti
prima che Draco lo chiudesse di scatto e si rilassasse sulla sedia,
interrompendolo.
Hermione lo
guardò curiosa. “Che cosa c’è?”, gli chiese notando la sua smorfia.
“Questa
stupida Babbanologia. Devo frequentare il corso speciale per dimostrare di
interagire con la cultura babbana, fa parte dell’accordo per il mio rilascio”.
Hermione rise.
“Sono contento tu lo trovi divertente”, le rispose amaro.
“Beh, devi
ammettere che ha il suo lato simpatico”.
“Draco si
accigliò prima di sorridere di rimando ed a lei mancò il respiro. Si sarebbe
mai abituata a quegli abbaglianti sorrisi che era in grado di farle? Abbassò la
testa e si schiarì la gola. Non c’era alcun bisogno di fargli sapere quanto stesse
peggiorando la sua cotta. “Allora, che cosa ti blocca?”, gli chiese.
“Il capitolo
su Internet. Devo fare un tema su che impatto abbia avuto sulla vita dei Babbani,
ma non sono nemmeno sicuro di aver capito che cosa sia”.
Hermione rise
nuovamente. “Ad essere onesta, non so se posso aiutarti. Negli ultimi anni non ho
passato molto tempo a casa quindi la rivoluzione di internet me la sono un po’
persa. Quando alla fine ho contattato qualche amico che avevo alle elementari
tutti mi chiedevano l’e-mail e mi invitavano ad unirmi a qualcosa che si chiamava
Chat”.
Draco grugnì.
“Speravo saresti riuscita a farmici capire qualcosa”.
Hermione alzò
una mano. “Dammi il libro e la traccia del tema. Gli darò un’occhiata e vedrò
se posso fare qualcosa”.
“Grazie,
Principessa. Mi salveresti la vita”.
“Non
ricominciare. Pensavo avessi deciso di smetterla con quello stupido soprannome”.
Lui ghignò e
lei alzò gli occhi al cielo prima di seppellire il viso nel libro di Babbanologia.
“Wow, è
davvero interessante”, disse Hermione un’ora dopo.
Draco aveva ormai
già iniziato a fare i compiti di Antiche Rune. “Cosa?”.
“Internet. È
affascinante”.
“Se lo dici
tu”.
“Devo
mettere le mani su un computer. Mi chiedo se sia possibile installare un modem
in un edificio magico. Mmm… no, ricordo distintamente che in Storia di Hogwarts
spiegano il perché la tecnologia babbana non può funzionare nel castello”,
mormorò distrattamente.
“Granger, se
hai finto di sproloquiare riguardo cose assurde, ti dispiacerebbe spiegarmi lo
scopo di internet? Così potrei finire quel dannato tema”.
Lei sorrise ed
iniziò a spiegargli ciò che aveva capito. Presto, grazie al suo aiuto, il
compito venne completato.
“Beh, non
era così difficile, no?”, gli chiese.
“Per te.
Odio dover fare compiti in più. Tra l’altro, mi fa odiare ancora di più i
Babbani”.
Qualche mese
prima, Hermione avrebbe preso quel commento sul personale mentre in quel
momento lo comprese per ciò che era: Draco cercava solo di mettere a parole la
propria irritazione nel dover essere costretto a fare qualcosa per cui non era
molto bravo.
“Non era
così male, mi hai persino fatto domande sui Babbani che non centravano nulla”,
gli fece notare.
Lui la guardò
un po’ imbarazzato. “Solo perché mi hai aiutato, immagino. Almeno hai reso la
cosa interessante”.
“Draco!”, chiamò
Pansy, spuntando da dietro l’angolo. “Allora è qui che anche tu ti nascondi”.
“Cia, Pansy”,
disse Hermione. “Comunque, farei meglio ad andare. L’allenamento di Quidditch
finirà presto ed Harry e Ron vorranno annoiarmi con tutte le tattiche che hanno
preparato”.
Pansy rise. “In
bocca al lupo. Fortunatamente per me, non devo più averci nulla a che fare”.
Hermione grugnì.
“Ti invidio. Ancora qualche mese e poi finalmente sarà finita, anche se
continueranno a giocare. Fammi sapere se c’è qualcos’altro per cui hai bisogno,
Draco”, gli disse prima di afferrare la borsa e sparire.
Gli occhi di
Draco la seguirono involontariamente finché non svanì dietro gli scaffali. Alzò
poi la testa verso la sua amica, che era rimasta stranamente in silenzio. Pansy
stava sorridendo sfavillante.
“Allora tu
ed Hermione siete di nuovo amici, eh?”, gli disse, inarcando le sopracciglia.
Lui grugnì. “Mi
ha aiutato con un tema sui Babbani”.
“Ti ha
chiamato Draco”, gli disse con voce cantilenante.
“È la
Granger. Se le parli per più di tre secondi inizia già a pensare siate migliori
amici”.
Pansy si
lasciò cadere sulla sedia che la Granger aveva lasciato libera. “Non mi freghi
neanche un po’, Draco Malfoy. Hai persino sorriso. Hai rinunciato a starle
distante?”.
“Credo
inizierò a stare lontano da te, nel prossimo futuro”, mormorò lui.
“Sì, sì, Draco.
Smettila e racconta tutto a zia Pansy”.
Draco alzò
gli occhi al cielo. Pansy diventava insopportabile a volte. Lo avrebbe
tormentato e preso in giro finché non avesse ottenuto ciò che voleva. “Ok,
abbiamo deciso di smettere di evitarci”.
“Più che
altro sei tu che hai deciso di smetterla di sbatterci il naso per salvarti la faccia”,
mormorò lei.
“Vuoi sentire
il resto o no?”.
“Ok, ok. Non
diventare isterico”.
“Allora
smettila di interrompermi”.
Pansy fece il
gesto di cucirsi la bocca e lanciare via la chiave.
“È andata
dalla McGranitt a parlarle di una cosa che le ho raccontato in confidenza. L’ho
rintracciata, ci siamo urlati contro e l’ho fatta piangere. Poi ho capito che
dovevo smetterla di fare l’idiota”, riassunse Draco.
“Wow, Hermione
fa miracoli. Ti ha persino fatto ammettere di essere un idiota!”.
“Molto divertente,
Pansy”.
“Allora, ora
voi due siete amici?”.
“Immagino di
sì. Di certo non inizieremo ad andare a braccetto per la Sala Grande o qualcosa
del genere. Cioè, ho ancora voglia di vivere e quei due stupidi dei suoi amici
probabilmente penserebbero io abbia usato l’Imperio. Mi ucciderebbero, se lo
scoprissero”.
Pansy sorrise.
“Sono felice per te. Mi piace Hermione, è una brava ragazza”.
Draco strinse
gli occhi. “Perché sei felice per me? Non è che io stia per sposarla”.
“Non mi
freghi, Dracuccio. Lei ti piace”.
“Chiamami di
nuovo così e rischierò di passare la vita ad Azkaban. Oh, e a me
non piace la Granger”.
Pansy si
allungò sul tavolo e gli accarezzò una guancia. “Certo che no”, gli disse con
accondiscendenza.
Draco borbottò.
Odiava quando diventava così. Certo che gli piaceva Hermione, ma non avrebbe
fatto nulla, anche perché lei meritava di meglio. “Studiamo assieme e basta”.
“Con Blasie è
iniziata così”.
“No, non è
vero”, obiettò lui. “Se ricordo bene, hai messo gli occhi su di lui al sesto
anno. In effetti, se ricordo bene, hai detto una cosa come “Blasie va bene,
credo che per me possa andare”. Sei stata molto eloquente”.
“Beh, ma ho
iniziato a studiare con lui ed una cosa ha tirato l’altra”, si difese.
“Povero ragazzo”.
Pansy si
lanciò i capelli alle spalle. “Concorderai che è lui quello fortunato”.
Draco le
sorrise. Blasie era più fortunato di quanto immaginasse. Di ragazze come lei ce
n’erano una su un milione.
“Comunque,
credo tu abbia festeggiato un po’ troppo presto per il Quidditch”, le disse.
Lei si accigliò.
“Che intendi?”.
“Ieri Blasie
e Theo hanno parlato con Harper riguardo ad un possibile loro aiuto per l’ultima
partita dei Serpeverde della stagione”.
Pansy grugnì
e sbattè la testa sul tavolo. “No! Pensavo di aver bandito il Quidditch dalla
mia vita per sempre”.
“Andiamo, Pansy.
Non vuoi farci finire ultimi, no?”.
“Harper ha
persuaso anche te alla fine?”.
“No. Dubito
potrei aiutare ad ottenere qualcosa, a parte dare carica in più agli avversari”.
Pansy fece
una smorfia. La infastidiva che Draco fosse odiato in quel modo dal resto di
Hogwarts, era ingiusto. Era stato solo un bambino un po’ problematico,
trascinato dalla sua famiglia ad avere a che fare con il Signore Oscuro. Quanti
di loro si sarebbero rifiutati, se si fossero trovati di fronte a Voldemort che
gli diceva che i genitori sarebbero stati uccisi se non avessero portato a termine
la missione? Tra l’altro, molti degli stessi studenti erano stati più che
felici di prendere in giro anche Potter, soprattutto durante il quinto anno
quando il Ministero aveva portato avanti quella campagna denigratoria contro di
lui. L’ipocrisia che mostravano ora per Draco ed i Serpeverde la faceva infuriare.
Sospirò. Non importa quanto potesse lamentarsi per ciò che era successo negli
ultimi anni, non sarebbe cambiato nulla. Poteva solo
sperare che il futuro fosse clemente.
Più tardi
quella sera, Hermione sedeva contenta in sala comune dei Grifondoro, sorridendo
al pensiero del suo incontro con Draco. Si sentiva molto più leggera, ora che
erano tornati ad essere amici. Non che lo fossero mai stati prima, avevano solo
iniziato a parlarsi invece che ignorarsi, ma dalla conversazione nelle sue
stanze ormai sentiva un legame d’amicizia. Era una cosa che avevano voluto ed
accettavano entrambi, anche se non l’avrebbero detto troppo in giro.
La mente le
tornò a ricordare i suoi amici. Avrebbero mai capito una cosa del genere? Sperò
di sì. Prima o poi avrebbe dovuto dirglielo. Non voleva avere dei segreti con
loro, non ne era nemmeno da lei, e non aveva combattuto una guerra perché non
lo facessero. Tra l’altro, era lei a dover combattere anche secoli di vecchi
pregiudizi e non avrebbe accettato che quelli dei suoi amici nei confronti di Draco.
Non voleva iniziassero a frequentarsi o qualcosa di simile, ma si aspettava che
almeno la capissero e non cercassero di farla desistere.
“Terra chiama
Hermione”, le disse Ron, sventolandole una mano di fronte al viso.
“Scusa, mi
sono persa via”, replicò lei.
“Ma va? Sono
secoli che cerco di attirare la tua attenzione”.
“Beh, se
iniziate a parlare di Quidditch io mi dissocio”.
“Abbiamo
smesso da ore”, obiettò Ron.
“Ma se fino
a cinque minuti da stavate chiacchierando di qualcosa tipo la Formazione di non
so che”.
“Noioso?
Noioso?”, esclamò scandalizzato Ron.
Hermione
sorrise a mo’ di scuse. “Mi dispiace, per me lo è. Non mi interessa niente della
Finta Wonky o della Formazione Zampe di Corvo”.
“La Finta Wonky! Harry, come
ha fatto ad essere nostra amica per otto anni?”, si disperò Ron.
“È la Finta
Wronski, Hermione”, la corresse Harry.
Hermione sorrise
malevola. “Lo so. Viktor ne parla in ogni lettera”.
“Oh, allora
quanto Viktor ti parla di Quidditch te lo ricordi ma quando il piccolo Harry oppure
io lo facciamo non è così importante”, sbuffò Ron.
“Ce l’hai ancora
su con Viktor? Pensavo ti fosse bassata dopo il matrimonio di Bill e Fleur”, gli
disse lei.
“Penso sia
inquietante. Cioè, quando mai un diciottenne chiede di uscire ad una di quattordici
anni? È da schifo”.
Hermione sospirò
e Ginny alzò gli occhi al cielo. Ron era ancora incredibilmente geloso di
Viktor. Non capiva perché si sentisse ancora così minacciato da lui. Non provava
alcun sentimento recondito per lei, anche perché ci avevano provato e non era
andata bene e, comunque, ormai era troppo innamorato di Hannah.
“Ron, avevo
quindici anni. Non erano poi così tanti anni di differenza e non abbiamo
nemmeno fatto nulla a parte darci un unico bacio”.
Ron si coprì
le orecchie con le mani. “La la la! Non voglio sapere niente”.
Harry rise. “Ron,
davvero, sei un po’ ridicolo. E poi perché la stai snervando con questa storia?”.
Il rosso
grugnì. “È solo che non capisco perché sia ancora in contatto con quello”.
“Siamo amici,
è normale. E non è inquietante, è un bravo ragazzo”.
“È stato a
Durmstrang”.
Hermione alzò
le mani. “Sei impossibile. E allora, anche se ha frequentato Durmstrang?”.
“Non mi fido
di loro. Sono tutti fissati con le arti oscure e cose del genere”.
Hermione lo
guardò seria. “Devi smetterla con questi pregiudizi. È solo un pettegolezzo che
Viktor nemmeno si merita. Ha molto più che dimostrato di non averci nulla a che
fare”:
“Sì,
andiamo, Ron. Non parliamo mica di Malfoy”, gli fece notare Harry.
Lo stomaco
di Hermione si contrasse e lei lanciò un’occhiata involontaria a Ginny, che la
guardava fissa. Arrossì leggermente. In che casino si stava cacciando? Harry e Ron
non avrebbero mai rinunciato alla loro ostilità e non avrebbero mai accettato
la sua amicizia con Draco. Ron non riusciva nemmeno a dire qualcosa di carino
su Viktor e non si vedevano da anni.
“Non capisco
perché Hermione non riesca ad interessarsi ad un ragazzo di Grifondoro”, si
lamentò Ron, facendole riportare l’attenzione sulla conversazione. “Cos’hanno
che non va Dean o Seamus?”.
Hermione iniziò
a battere il piede per terra, irritata. “Sono ancora qui, non parlare di me
come se non ci fossi”.
Ron le si
avvicinò. “Perché non chiedi a Seamus di uscire? È un bel ragazzo”.
Hermione si
surriscaldò. Odiava quando Ron iniziava a fare così, non aveva tatto e la
mandava fuori di testa. Aveva la sensibilità di un bulldozer e sembrava sempre pestare
i suoi sentimenti. “Perché non mi piace Seamus. Perché non mi lasci prendere da
sola le mie decisioni?”.
“Le tue
decisioni fanno schifo. Guarda con Viktor”.
“Concordo
con te su una cosa: le mie scelte hanno fatto schifo quando ho deciso di
provarci con te!”, gli urlò prima di uscire dalla sala comune come una furia.
Ron guardò
sconvolto sua sorella ed il suo migliore amico. “Che ho detto?”.
Harry grugnì
e Ginny si diede una mano in fronte. “Non hai mai capito come parlare ad Hermione”,
gli fece notare.
“Non è colpa
mia se se la prende per qualsiasi cosa”.
“Ron,
praticamente l’hai attaccata per la sua amicizia con Viktor che, voglio
aggiungere, è un ragazzo davvero carino. Poi ti sei comportato come se lei avesse
una passione per i maghi oscuri”, gli disse Harry.
Il rosso
continuò a mantenere un’espressione confusa. “Spiegaglielo tu!”, ordinò Ginny al
suo fidanzato. “Io vado a controllare che Hermione non stia pianificando la sua
vendetta”.
Hermione sbattè
la porta della sua sala comune ed anche quella della camera, per poi lanciare
per la stanza il cuscino. Ron la faceva infuriare, a volte. Non la capiva, ecco
perché la loro relazione non aveva funzionato. Lui era una persona semplice,
così come lo era la sua vita, per cui non aveva mai capito che non tutti potevano
essere come lui. Era irritante. Si lanciò sul letto, grugnì per la frustrazione e pestò
i piedi sul materasso. Dopo qualche minuto, si sentì
meglio.
Quando la rabbia
le passò, diventò triste. Quando Ron aveva menzionato Seamus come possibile
fidanzato, le era apparsa alla mente l’immagine del Serpeverde torturato. Si prese
il viso tra le mani. Aveva sperato che l’attrazione che provava per Draco avesse
iniziato a scomparire, mentre in realtà diventava solo più forte. Le si
prospettavano nient’altro che problemi, ma era l’unico che le interessava sul
serio.
Qualcuno bussò
alla porta. “Avanti”, disse Hermione, pregando che non fosse Ron, altrimenti
avrebbe perso completamente il controllo. Una familiare testa rossa si infilò
dalla porta, ma riconobbe sollevata che si trattava di Ginny.
“Non so
proprio come faccia ad essere mio fratello”, iniziò a dire lei.
“Mi fa
uscire di testa. Gli piace troppo giudicare”.
“Secondo me
è colpa di mamma, che lo ha chiamato Bilius come secondo nome. Tutti gli altri
hanno il nome di qualche zio, tranne Bill che ha quello di papà. Quando è nato Ron,
era rimasto solo zio Bilius e, sfortunatamente, ha ereditato qualche sua caratteristica,
come l’incapacità di chiudere la bocca od avere un po’ di tatto”.
Hermione le
sorrise debolmente. Sapeva che Ginny stava cercando di farla sentire meglio. “Dopo
otto anni, crederesti che almeno abbia capito come parlarmi”.
Ginny fece
una smorfia. “Conosce me da diciassette ed ancora non ci è riuscito. Che Merlino
lo benedica, non imparerà mai”.
“Non so perché
gli permetto di farmi arrabbiare così”.
“Perché a
volte può essere una pigna”.
Hermione rise
e si sedette. Ginny aveva un sacco di pregi, tra cui farla rallegrare quando Ron
le faceva invece perdere le staffe.
Rimasero a
chiacchierare sotto la coperta e passarono un paio d’ore prima che Ginny riportasse
a galla l’argomento che Hermione temeva. “Allora, che succede tra te e Malfoy?”.
Hermione la
fissò, sentendo il bisogno di parlare con almeno una dei suoi amici. Ci pensava
da un po’ e le era venuta l’ansia. Voleva esplorare la sua amicizia con Draco ma
era anche preoccupata dei potenziali problemi che sarebbero scaturiti con gli
altri. Odiava sentirsi divisa a metà. Voleva solo passare un ultimo anno
tranquillo ad Hogwarts, non litigare di continuo. Ginny le pizzicò un braccio e
lei si voltò, notando l’amica poggiare la testa sulla mano, in attesa.
“Allora?”,
le chiese ancora Ginny.
Hermione sospirò.
“Non so cosa dire”.
“Gli parli
ancora? Di recente non vi ho visti scambiarvi sguardi e sì, vi ho guardati”.
Hermione prese
un respiro profondo e decise di raccontarle tutto. Quale sarebbe stata la cosa
peggiore che Ginny avrebbe potuto fare? Andare a spifferare la cosa ad Harry
e Ron, le disse la vocina nella mente, ma la ignorò. Doveva iniziare da
qualcuno, se aveva davvero intenzione di portare avanti un’amicizia con Draco e
Ginny era la meno propensa a lasciarsi andare all’ira.
“Per un po’
mi ha ignorata”, le disse alla fine.
Ginny grugnì.
“Che intendi dire? Non dovrebbe essere il contrario?”.
“Ginny, per
favore, non rendermela ancora più difficile”.
La rossa rimase
in silenzio ed Hermione lo prese come un segnale di incoraggiamento per
continuare. “È venuto da me la note dell’anniversario di Malfoy Manor”, le
disse.
Ginny sembrava
voler intervenire, ma lei alzò una mano. “Per favore, fammi finire prima di
dire qualcosa. Voleva controllare che stessi bene ed abbiamo passato la notte a
parlare”.
“La notte? È
rimasto qui?”, squittì sconvolta Ginny.
“Non subito.
Se n’è andato dopo un po’, gli sono corsa dietro io e gli ho chiesto di tornare
e rimanere”.
Ginny imprecò
e si premette il viso contro il cuscino. “Hermione, non ti riconosco più. Che cosa
stavi pensando? Non avresti dovuto mandarlo via a calci appena si è presentato?
Cioè, è rimasto li a guardarti torturare”.
Hermione si
infiammò. “È venuto a scusarsi e vedere se stessi bene. e comunque, che cosa
avrebbe dovuto fare quel giorno al Manor? Non era nella posizione di aiutarmi”.
Ginny la
guardò scioccata. “Perché lo difendi così veementemente?”.
“Perché sei
ingiusta. Perché dovrei condannarlo senza nemmeno ascoltarlo? È venuto a dirmi
che gli dispiaceva ed io lo rispetto per questo. Non deve essere stato facile
per lui”.
“Povero piccolo
Malfoy, la vittima di tutto questo”, disse sarcastica Ginny.
Hermione si
sedette e le lanciò un’occhiataccia. “Perché mi prendo la briga di
raccontartelo? Mi stai giudicando”.
“Hermione, stai
perdendo la testa. È Malfoy, di certo non è un innocente che è rimasto
invischiato in questa storia”.
Hermione saltò
giù dal letto ed iniziò a camminare furiosamente avanti ed indietro per la
stanza. “Ecco dove sbagli. In un certo senso è innocente. Non voleva diventare
Mangiamorte. Beh, almeno non quando ha capito ciò che avrebbe significato, ma
non si trovava in una posizione semplice. Che cosa avresti fatto tu, se Voldemort
avesse minacciato di uccidere la tua famiglia se non avessi fatto ciò che
voleva?”.
“Avrei
combattuto. Mi sarei rifiutata di inchinarmi ai voleri di una persona malvagia”.
Lei guardò
scettica la sua amica. “Ne sei sicura? Anche se fossi stata cresciuta credendo
che i Nati Babbani fossero inferiori e che Voldemort fosse nel giusto?”.
“Sì!”.
“Ti stai
illudendo. Se ti fossi trovata al posto di Draco, scommetto che avresti fatto
la stessa cosa”, sbuffò.
Il volto di Ginny
diventò rosso come quello di Ron quando si arrabbiava. “Penso tu sia diventata
matta. Lo so che credi di dover dare una seconda possibilità alle persone, ma stai
sbagliando questa volta. Stai lasciando che i tuoi sentimenti per lui offuschino
il tuo giudizio”, le disse Ginny prima di uscire dalla stanza.
Hermione seguì
l’amica nella sala comune. Ormai era arrabbiata anche con lei e la cosa si
stava trasformando in una brutta litigata. “Oh, ma per favore, solo perché non
vedo le cose come te credi sia diventata irrazionale. Sono la persona più
logica che tu conosca!”, le urlò dietro.
“Sei anche sensibile
e ti garantisco che Malfoy lo sa, motivo per cui ti sta usando a suo vantaggio”.
Hermione urlò
per la frustrazione. “Parli tanto di Ron ma sei come lui. Hai la mente
ristretta e non sei capace di guardare oltre e capire che il mondo non è solo
bianco e nero!”.
“Perché non
vai a piangere sulla spalla dei tuoi nuovi amici Serpeverde? Così vedrai quanto
benevoli sono appena non avranno più bisogno della tua reputazione!”, le urlò
di rimando Ginny.
La porta si
aprì con un click e le due ragazze si bloccarono. Hermione si sentiva il petto
pesante per tutta la rabbia accumulata e chiuse gli occhi alla vista della
figura di Draco Malfoy che entrava con in mano la borsa dei libri. Il ragazzo si
fermò quando le notò in sala comune ed alzò un sopracciglio.
Quello fu
tutto ciò di cui Ginny aveva bisogno per ricominciare. “Oh, guarda, ecco che
arriva il tuo Mangiamorte a salvarti!”.
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Capitolo 21 *** Discussioni ***
Cap 21
Discussioni
Draco fece
una smorfia alla strega più giovane. “Ti ha morso qualche tarantola, piccola
Weasley?”.
“Vaffanculo,
Malfoy. Perché non te ne torni sotto il sasso da cui sei strisciato fuori e
lasci in pace Hermione?”.
“Vedo che
frequentare San Potter ti ha passato la mania di grandezza. Chi sei tu per
darmi ordini? Non sei altro che una Weasley presuntuosa”.
“E tu nient’altro
che un Mangiamorte fallito, troppo codardo per esserlo come si deve”.
Draco diventò
rigido per la rabbia e strinse la mascella. Odiava quando le persone lo
chiamavano codardo. Come se qualcuno dei Grifondoro avrebbe potuto capire ciò
che aveva passato negli ultimi due anni. No, erano troppo occupati a giudicare
dal loro piedistallo.
Allungò le
dita sulla bacchetta, pronto a lanciarle la fattura che aveva sulla punta della
lingua, ma poi catturò lo sguardo della Granger. Era pallida come un lenzuolo e
sembrava stesse per svenire per lo stress. La cosa lo fece riflettere e la
rabbia svanì leggermente. Non meritava di dover assistere ad un litigio tra lui
e la sua migliore amica nella sua sala comune. Fu solo quello, il pensiero che
lo trattenne.
Piuttosto,
arricciò le labbra e si avvicinò di un passo a quella stronza dai capelli
rossi. “Io so cose che tu nemmeno riusciresti a comprendere, ragazzina. Ti suggerisco
di tornare dal Ragazzo delle Meraviglie e continuare a fare a finta che il
mondo sia bianco e nero”.
La giovane
Grifondoro si infiammò di rabbia. “Credi che ti lascerò qui da solo con Hermione?
Credi male! Stai lontano da lei!”.
Draco allontanò
la bacchetta che la Weasley gli sventolava sotto al naso. Tremava così forte
che riusciva a malapena a tenerla in mano.
La Granger
decise in quel momento che ne aveva abbastanza. Si mise tra i due e mise loro
una mano sul petto. “Smettetela, per favore! Basta! Non lo sopporto più!”.
Draco incrociò
le braccia e continuò a lanciare occhiate alla più giovane dei Weasley. Lei distolse
gli occhi da lui e li puntò sulla Granger. “Digli di andarsene, così possiamo
parlarne. Ti farò capire che non è una persona per bene”.
La Granger
assunse l’espressione testarda che le veniva sempre quando le dicevano cosa
fare. “Non capisci, Ginny. Non spetta a te decidere chi può essere mio amico e
chi no. Se non volessi Draco qui non saprebbe la parola d’ordine per entrare”.
La Weasley
la fissò incredula. Non si era nemmeno resa conto che era entrato da solo.
“Che cos’hai
che non va, Hermione? Lui porta sfortuna, perché non lo capisci?”.
“Spetta a me
decidere. Non tocca a te dirmi cosa fare o meno”.
Draco ghignò.
“Penso sia il tuo turno di sparire, Weasley. Devo parlare con la Granger ed i
tuoi germi da Weasley mi avvelenano l’atmosfera”.
“È così
affascinante, Hermione. Capisco perché tu lo metta prima dei tuoi veri amici. Sai,
quelli che sono rimasti al tuo fianco mentre lui ti augurava la morte”.
La Granger
sussultò, come se la Weasley l’avesse colpita. La rossa la guardò seria un’ultima
volta prima di girare i tacchi e marciare fuori con le spalle rigide.
Appena la
porta sbattè, la Granger ondeggiò come se stesse svenendo. Draco le si avvicinò
e la fece arrivare al divano. Si sedette al suo fianco e lei nascose il viso contro
il suo petto, con le spalle che tremavano per il pianto. Lui le accarezzò i
capelli mentre continuava a singhiozzare senza freno. Dopo cinque minuti, la camicia
gli si stava inzuppando troppo così decise di farla finita. “Andiamo, Granger. Non
si merita le tue lacrime”.
“Non
cominciare”, mormorò la Granger contro il suo petto. “Vorrei che le persone la
smettessero di dirmi con chi dovrei fare amicizia”.
“Non sono
così stupido da dirti di rompere con lei, hai sempre avuto una passione per le
cause perse. Fare amicizia con gli elfi domestici, i Weasley, l’eterno martire
di quel Potter ed un ex Mangiamorte seriamente incasinato. Solo tu ci riesci”.
Questo riuscì
a farla ridere. Alla fine, alzò la testa e si asciugò le lacrime con la mano. Draco
alzò gli occhi al cielo, prima di allungarsi e prendere un fazzoletto dalla
scatola sopra il tavolino da caffè. Glie lo passò, così che potesse pulirsi il
viso.
“Se mi hai
lasciato qualche caccola addosso, Granger, ti affatturo”, le disse,
controllandosi la camicia bagnata tirandola con tue dita.
“Ti starebbe
bene”, gli disse lei.
“Sei
fortunata. Anche se mi sembra di avere qualche strisciata di trucco. Fantastico”,
la prese in giro.
Hermione si
alzò. “Dove vai?”, le chiese.
“Torno tra
un attimo. Devo lavarmi la faccia e ti porto qualcosa di asciutto da mettere”.
Draco rimase
sul divano per qualche minuto, chiedendosi che Merlino stesse facendo la
ragazza. Creare problemi tra lei e la sua amica non era nei suoi piani. Poteva anche
odiare quegli stupidi Grifondoro ma non gli piaceva vederla così sconvolta a
causa loro. Quella stronza della Weasley era un’altra storia. Non la riguarda
ciò che facciamo io e la Granger, pensò indignato, dimenticandosi
completamente di aver passato parte delle vacanze di Pasqua ad ignorare Hermione
proprio perché non voleva essere il motivo per cui dovesse litigare con i suoi
amici.
Hermione cercò
di riguadagnare un po’ di sanità mentale. Si era guardata con orrore allo
specchio ed aveva constatato in che stato fosse. Non solo si era messa in imbarazzo
piangendo sul petto di Draco ma aveva anche il viso a chiazze rosse. L’acqua
fredda non aveva migliorato la situazione così si lanciò un incantesimo
calmante, che almeno le fece sparire il rossore ma gli occhi gonfi rimasero. Si
legò i capelli in una coda veloce e respirò profondamente, poi iniziò a cercare
nell’armadio qualcosa di decente da dare a Draco. Trovò solamente una delle
vecchie magliette da Quidditch appartenente ad Harry, che glie l’aveva prestata
quell’inverno quando si era completamente inzuppata durante una battaglia a balle
di neve. Se la mise sulla spalla e corse di nuovo alla sala comune. Draco era
ancora seduto lì e fissava fuori dalla finestra.
“Te la sei
presa comoda”, commentò quando riapparve.
“Scusa.
Tieni”, gli disse, lanciandogli la maglietta. “È l’unica cosa che ho trovato”.
Draco la
raccolse ma la lanciò subito sdegnato sul tavolino da caffè. “Hai perso la
testa, Granger?”.
“Cosa? È asciutta
e della taglia giusta”.
“Preferirei
andare in giro con i tuoi vestiti addosso piuttosto che con qualcosa con scritto
Potter sulla schiena”.
“È l’unica
cosa che ho che ti può entrare”.
“Allora passo,
grazie”.
“Che stai
facendo?”, squittì Hermione quando Draco si alzò ed iniziò a sbottonarsi la
camicia.
“Mi tolgo la
camicia bagnata”.
“Ma non ha
nient’altro da mettere”.
“Non me la
terrò addosso. Non posso certo ammalarmi quando manca così poco ai M.A.G.O.”.
“Ti
ammalerai se rimarrai senza vestiti”, rispose iperventilando Hermione.
Draco alzò
gli occhi al cielo. “Non sono mica nudo! E comunque, c’è il camino. Possiamo accenderlo, così la camicia si asciugherà velocemente”.
Hermione distolse
lo sguardo mentre lui rimase a petto nudo. Ovviamente non indossa nulla
sotto, pensò amaramente Hermione, sarebbe stato troppo semplice. Non sarebbe
mai riuscita a controllarsi di fronte al suo petto. L’ultima volta si era
trattenuta a stento. Udì appena il fischio del caminetto che si accendeva e le
fiamme resero immediatamente un po’ più calda la sala comune. Percepì poi Draco
che si sedeva sul divano di fianco a lei e sperò fortemente che Ginny non sentisse
il bisogno di tornare a controllare che stesse bene, perché la scena di un
Serpeverde mezzo nudo lì con lei non l’avrebbe vista di buon occhio.
Iniziò a
pensare a qualcosa da dire, prima che una cosa importante le tornasse alla
mente. “Come hai fatto a scoprire la mia parola d’ordine?”.
“L’ho
origliata quando ti ho aspettata l’altro giorno”.
“Ed hai pensato
di iniziare ad usarla senza il mio permesso?”.
Draco rise. “Non
posso continuare a gironzolare di fronte alla tua porta. Prima o poi un
Grifondoro mi beccherebbe, la cosa potrebbe sembrare troppo strana e finirei di
nuovo in infermeria”.
“Certo, ma
sarebbe stato carino se me lo avessi chiesto prima di entrare da solo e causare
il disastro con la tua presenza”.
“Scusa,
Principessa”, disse Draco, senza la minima traccia di dispiacere.
Hermione ci
rinunciò. “Che cosa volevi?”.
Draco si
piegò, afferrò la borsa dei libri e la posò sul tavolino. “Ripassare l’ultimo progetto
di Artimanzia con te”.
“E non
potevi aspettare fino a domani?”.
“Granger,
sono scioccato! Pensavo saresti stata pronta per studiare a qualsiasi ora”.
Hermione alzò
gli occhi. Come si aspettava, il ghigno arrogante era tornato, anche se non la
faceva più infuriare, forse perché ormai aveva capito cosa celasse. Precedentemente,
quando lo sfoggiava nei suoi confronti, era maligno e cattivo. Ora invece arrivava
assieme ad una scintilla divertita negli occhi ed un leggerissimo sorriso.
“Idiota”, disse
Hermione, sorridendogli e dandogli un buffetto sul petto. La sua mano entrò in
contatto con un rilievo innaturale così abbassò lo sguardo e boccheggiò quando
vide una cicatrice frastagliata. Non capì come aveva fatto a non accorgersene
la settimana prima, a letto. “Draco, da dove viene quella?”, gli chiese con gli
occhi ancora incollati nello stesso punto.
Il silenzio
che ne seguì le fece alzare il viso. Lui fissava il fuoco, con la mascella
contratta, così fece due più due. “Harry”, constatò. “Quando ha usato il
Sectumsempra su di te?”.
Draco ancora
non la guardò ma annuì e le dita di Hermione la accarezzarono. “Si è sentito
davvero in colpa per quello”, gli disse.
Draco si
scansò ma la fissò negli occhi. “Oh, povero Potter! Scommetto che ha
singhiozzato per il rimorso dopo avermi aperto in due”, sibilò.
Hermione abbassò
la testa verso le mani, ormai posate in grembo. Harry era un punto dolente per Draco
e sospettava lo sarebbe stato per sempre. “Draco...” iniziò.
“No, Granger.
Non sono interessato. Non me ne frega niente dei pensieri di Potter. Non è il
piccolo innocente e santo che lo dipingi. Ha lanciato quella maledizione per
farmi male”.
Hermione percepì
per l’ennesima volta la rabbia tornare in superficie. “E tu lo avresti colpito
con una delle Senza Perdono, quindi non scaldarti per quello che ti ha fatto
lui”.
“Sì, beh, ti
ho già detto che non devi scambiarmi per una brava persona, no?”. Come per
voler dimostrare la verità delle sue parole, allungò il braccio per afferrare
la camicia ed Hermione notò con il Marchio con la coda dell’occhio. Non l’aveva
ancora mai visto da così vicino e rabbrividì appena.
Draco se ne
accorse e si rimise rapidamente la camicia. “Non confondermi con qualcuno di
dolce e carino, Granger. C’è un lato di me che non capirai mai”, ruggì prima di
afferrare la borsa ed andarsene.
Hermione rimase
sul divano, con la mente bloccata su quel repentino cambio di personalità. Un minuto
prima la prendeva in giro per le sue abitudini di studio e quello dopo si
arrabbiava e le ringhiava. Nonostante avesse voluto ricordarle di come fosse
cresciuto in modo diverso da lei ed i suoi amici ed avesse voluto farle capire
l’avvertimento, non era servito. Per quanto ci provasse a riferirsi al ragazzo
che era stato prima della guerra, lei sapeva che era cambiato, lo dimostrava il
suo desiderio di continuare a volerla cercare. Il vecchio Draco avrebbe preferito
morire piuttosto che rimanere in compagnia di una Sanguesporco. Abbassò gli
occhi ed intravide un lampo di verde sul pavimento. Si abbassò e raccolse la
cravatta che aveva dimenticato, iniziando a stringerla tra le mani pensando all’uomo
che era diventato.
Ginny fissava
seria il punto del tavolo dove Hermione stava smangiucchiando un toast. Aveva
notato l’aspetto dell’amica e sembrava che nessuna di loro avesse dormito molto
la notte precedente. Si chiese se fosse stato, ancora una volta, a causa di
Malfoy. Percepì un moto di rabbia al pensiero, prima di rendersi conto che Hermione
era triste. Lanciò uno sguardo verso il tavolo dei Serpeverde. Non aveva
mancato di osservare che Hermione si era seduta dando loro le spalle né lo
sguardo tetro di Malfoy, che ogni tanto lanciava un’occhiata alla sua amica. Stava
anche ignorando la Parkinson, che invece gli chiacchierava nelle orecchie e
cercava di ficcargli in bocca del cibo. Arrossì e distolse l’attenzione non
appena lui se ne accorse e le ghignò.
Riportò gli
occhi su Hermione quando lei rimise sul piatto il toast ed afferrò la borsa per
andarsene. Ovviamente aveva fatto a finta di mangiare. Ginny guardò nuovamente
in direzione di Malfoy, che fissava la sua amica con espressione dilaniata.
Pizzicò velocemente
la guancia di Harry. “Devo scappare, amore. Mi sono dimenticata il libro di
pozioni in camera”.
Si affrettò
ad uscire dalla Sala Grange e corse per raggiungere Hermione. La afferrò per un
braccio proprio sulle scale ed Hermione sussultò. Ginny non riuscì a reprimere
l’irritazione notando la sua espressione delusa quando si era resa conto di chi
si trattasse. Di certo sperava fosse Malfoy.
Hermione alzò
un sopracciglio, copiando inconsciamente quello che il ragazzo aveva fatto
quando era entrato nella sua sala comune ed aveva dato inizio al litigio, e Ginny
represse il commento amaro che stava per fare. “Volevo scusarmi per ieri sera”,
le disse.
Le dispiaceva
sul serio. Era ritornata nella sala comune dei Grifondoro così arrabbiata che
era arrivata ormai a metà scalinata verso il dormitorio di Harry e Ron, prima
di fermarsi a pensare. Voleva svegliare i due e fargli cacciare a calci il
furetto dalla stanza di Hermione, ma si era resa conto che sarebbe stato il
colpo di grazia alla sua amicizia con la ragazza ed avrebbe generato un litigio
ancora più grande. Probabilmente non si sarebbero nemmeno più parlate e,
nonostante la sera precedente, teneva di gran conto la loro amicizia.
“Perchè?”, chiese gelida Hermione.
Ginny si
morse un labbro. Non poteva incolparla se voleva renderle la cosa più
difficile. “Ho sbagliato ad esplodere in quel modo e non sta a me dirti cosa
fare”.
Hermione sospirò
a fondo e la abbracciò, iniziando poi a piangere sulla sua spalla. “Hermione,
per favore, non piangere”.
“Mi dispiace.
Sono così confusa al momento”.
“Hai litigato
con Malfoy, vero?”.
Hermione la
guardò sconvolta. “Come lo sai?”.
“Perché sembra
tu abbia dormito tanto quanto me, ovvero niente, e lui è circondato da una
nuvola nera”.
La
Caposcuola annuì. “Ne vuoi parlare? Prometto di controllarmi e di non dare voce
alle mie opinioni su Malfoy”, le disse Ginny.
Hermione le
sorrise. “Vieni da me a pranzo? Ci farò portare dei panini dalle cucine. Ho davvero
bisogno di parlare con qualcuno, sono stanca di sopportare tutto da sola”.
Ginny la
strinse forte. “Ma certo. Nonostante ieri sera non sia sembrato, ti voglio bene”.
Hermione la
strinse ancora di più e scoppiò a ridere, asciugandosi un’altra lacrima. “Sto diventando
un annaffiatoio!”.
“Sfortunatamente,
hai ragione”.
Con un ultimo
sorriso, le due amiche si voltarono e si avviarono alle rispettive classi.
Per ora di pranzo
Hermione era finalmente riuscita a mettere sotto controllo le proprie emozioni,
o quantomeno le lacrime. Si sentiva ancora un po’ vulnerabile, ma due liti in
una sola notte avrebbero steso chiunque. Quantomeno, aveva smesso di piangere
prima della lezione di Antiche Rune, il che era stata un’ottima cosa considerato
che Malfoy si sarebbe trovato nella stessa aula. Si era seduta in prima fila ed
aveva tenuto la testa bassa. Forse per la prima volta, non aveva nemmeno
cercato di rispondere alle domande dell’insegnante.
Finite le
lezioni, si era quindi diretta alle cucine a prendere dei panini, della frutta
e del succo, facendoli poi levitare di fronte a lei fino alla sua stanza. Finì di
sistemare il tutto proprio quando qualcuno bussò alla porta. La aprì e si trovò
di fronte a Ginny.
“Perché non sei
entrata? Conosci la parola d’ordine”, le chiese.
“Non credevo
fosse il momento per farlo”.
“Sarai
sempre la benvenuta”.
Ginny si
sedette sul divano ed Hermione la guardò. Era rimasta sorpresa che fosse stata
così veloce a scusarsi quella mattina, dato che le aveva dimostrato con
veemenza il suo disappunto. Era da lei, comunque: si arrabbiava facilmente ma
altrettanto perdonava, anche se lei non si era ancora mai trovata ad avere a
che fare con il suo caratterino.
“Che imbarazzante”,
disse ridendo Ginny.
“Non so
davvero da dove iniziare”, le disse.
“Perché non
dal principio? Prometto che non mi arrabbierò”.
“Potresti”,
la avvertì Hermione, prima di iniziare a raccontarle tutto ciò che era
successo, inclusi gli eventi che aveva tralasciato la volta precedente in cui
avevano parlato di Draco.
Alla fine
del discorso, Ginny rimase seduta con la bocca aperta. “Non riesco a credere
che ti abbia davvero baciata”.
“Perché tutti
si fissano su quel punto?”.
“Forse perché
è Malfoy e ha volontariamente messo le sue labbra su quelle di una Nata Babbana
e non una volta, ma due”.
“Non posso
contare la prima. Mi ha praticamente assalito il collo ed era completamente
andato”.
“E che intendevi
nel dire che tutti ci si sono fissati? Chi altro sa?”.
“Solo Andromeda,
anche lei sembra piuttosto ossessionata dal bacio. Oh, e probabilmente Pansy,
ma io non glie l’ho mai detto e lei non me ne ha parlato”.
“Non riesco a
credere tu non me l’abbia raccontato la volta scorsa”.
Hermione arrossì.
“Mi serviva tempo per digerire tutto ed averti seduta di fronte a me quando mi
sono svegliata non mi ha aiutata ad analizzare quello che era successo come
volevo, incluso il bacio”.
“Immagino tu
abbia ragione. Non sono nemmeno stata di conforto”.
“No, per
niente, ma forse serviva la litigata di ieri per arrivare a questo punto”.
“È solo che
si tratta di Malfoy. È strano pensare sia cambiato”.
“Credo che
Azkaban abbia avuto un grande impatto su di lui”.
“E anche tu
che lo hai minacciato di affatturare se ti avesse chiamata ancora Sanguesporco”,
disse contenta Ginny.
Hermione le
sorrise. Era buffo pensare ai loro primi incontri e confrontarli a quei
momenti. Ormai era portata a credere che, anche a febbraio quando ancora la
chiamava Sanguesporco, Draco lo facesse più per abitudine che perché ci credesse
veramente.
“Hermione,
quando lo dirai ad Harry e Ron?”.
Hermione si
prese il viso tra le mani. “Non lo so. Cioè, la tua reazione è già stata
abbastanza brutta e non lo odi nemmeno tanto quanto loro”.
“Non puoi nasconderglielo
per sempre, soprattutto se tu e Malfoy andrete oltre”.
Lei sorrise. “Non pensò inizieremo
a frequentarci romanticamente. Ti immagini che strano sarebbe?”.
“Di certo
sarebbe uno sviluppo insolito”, disse Ginny ed Hermione la guardò incredula,
cosa che la fece ridere. “Ok, sarebbe assolutamente spaventoso”.
“Dubito
smetteremo mai di litigare abbastanza da arrivare fino a quel punto”.
“Per che
cosa avete litigato?”.
“Harry”.
Ginny annuì
ed Hermione non rimase sorpresa dalla mancanza di ulteriori domande. Harry era
sempre stato la spina nel fianco di Draco. Quando erano più piccoli era stato
geloso ed arrabbiato che non fossero diventati amici. Per qualcuno cresciuto credendo
di essere il migliore, ricevere un rifiuto ad una stretta di mano in favore di
un Weasley non poteva essere nemmeno pensabile. Quando poi erano cresciuti si
erano trovati su fronti diversi. Harry si era direttamente posto contro suo
padre e l’aveva mandato in carcere, cosa che aveva messo Draco nella linea di fuoco
di Voldemort. Le circostanze li avevano resi rivali da sempre e le intense
emozioni che ne erano scaturite non sarebbero scomparse in una sola notte.
“È davvero
un peccato, hanno molto più in comune di quanto si rendano conto”, fece notare Hermione.
Ginny alzò
un sopracciglio.
“Cosa? È vero!
Entrambi hanno dovuto sopportare le aspettative di tutti sin da quando erano
piccoli ed hanno capito tardi come va il mondo. Ok, Malfoy era un ragazzino
viziato, ma tu avresti mai voluto avere un padre come il suo?”.
“Immagino di
no, è solo strano pensarla in questo modo. Hanno anche avuto madri che
avrebbero fatto qualsiasi cosa per loro”.
“Già, grazie
a Merlino Narcissa ama Draco tanto quanto Lily amava Harry, altrimenti l’intera
faccenda nella Foresta Proibita avrebbe potuto andare male”, commentò Hermione ed
entrambe le ragazze rimasero in silenzio a ragionare.
La tranquillità
venne interrotta dal suono della campana che segnava la fine del pranzo.
“Grazie per
avermi ascoltata e non aver urlato”, le disse Hermione.
“Grazie per
avermi perdonata per essere stata una pessima amica la scorsa notte”.
“Non sei stata
pessima”, ammise Hermione. “Avrei reagito così anche io se fossi stata in te. Comunque,
è bello non avere più questo fardello sulle spalle. Stava diventando troppo
pesante”.
Ginny le
mise un braccio sulle spalle. “amiche
per sempre?”.
Hermione fece
una smorfia ironica ma annuì. Ne avevano passate troppe assieme perché finisse
così.
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Capitolo 22 *** Compleanni E Sorprese ***
Cap 22
Compleanni e
Sorprese
Dopo cena, Draco
tornò nei sotterranei. Era rimasto sorpreso che la Granger e la piccola Weasley
si comportassero normalmente, dopo la litigata che avevano avuto il giorno
prima. Aveva notato che entrambe non erano scese a pranzo ed aveva pensato, per
qualche minuto, di andare a cercare la Granger, prima di ricordarsi che di
certo non avrebbe voluto parlare con lui dopo la loro discussione. Però sembrava
che le due Grifondoro avessero fatto pace, piuttosto che litigare ancora. Si erano
sorrise ed avevano parlato per tutta la cena, uscendo poi a braccetto, cosa che
lo aveva reso ansioso. Magari la Weasley l’aveva convinta che fosse lui non valesse
le sue attenzioni né meritasse il suo tempo. Iniziò a sentire la rabbia montare
al pensiero capendo che, se fosse stato vero, non avrebbe più potuto andare da
lei a chiacchierare la notte. Ormai si era abituato e la cosa gli piaceva,
anche se finiva sempre per andarsene infuriato.
Sospirò ed
abbassò la testa per entrare in sala comune. Non era preparto alle due piccole
mani che sbucarono dal nulla e lo trascinarono in una classe in disuso. La porta
venne sbattuta alle sue spalle e chiusa con un incantesimo. Draco si voltò
sconvolto ed incontrò gli occhi marroni di Ginny Weasley.
“Potter sa
che di aggiri di notte nei sotterranei per rapire degli ignari Serpeverde? Anzi
aspetta, non mi sorprende. Lo Sfregiato probabilmente non è in grado di soddisfarti”.
La Weasley
lo guardò confusa per qualche minuto, prima di sfoggiare un’espressione
disgustata ed avvicinarsi a lui di qualche passo. “Per favore, Malfoy..”,
iniziò a dire sdegnata.
Draco allungò
le braccia come per metterla in guardia e si godette il rossore che le si
diffuse sul viso. “Puoi pregarmi quanto di pare, ma non mi abbasserò a toccarti”.
Poteva esserci
qualcosa di più divertente che far arrabbiare la Weasley? Non credeva fosse
possibile. Aspettò l’inevitabile sfogo ma lei sembrò riprendere il controllo ed
alzò gli occhi al cielo, cosa alquanto deludente.
“Forse perché
preferisci baciare una Grifondoro diversa”, gli disse con un sorrisetto
tronfio.
Rimase sorpreso
che la Granger le avesse raccontato dell’episodio, soprattutto dato che il
giorno prima avevano litigato proprio per la sua presenza nella sua vita.
Sospettoso come
ogni buon Serpeverde, decise di fare il finto tonto. “Non ho idea di cosa tu
intenda”.
“Hermione mi
ha detto tutto. So che l’hai baciata nella sua sala comune e poi l’hai evitata
per giorni”.
Draco si ispezionò
le unghie con nonchalance. “E cosa vorresti insinuare?”.
“So che
avete litigato la notte scorsa”.
“Quindi
praticamente mi trascini qui e mi elenchi la lunga lista di litigi che abbiamo
avuto io e la Granger? Notizia bomba: lo abbiamo sempre fatto”.
“No, l’hai sempre
presa in giro perché sei un piccolo idiota malvagio”.
“Oh, piccola
Weasley, anche io ti voglio bene”, biascicò sarcastico.
“Non so perché
hai deciso di esserle amico, ma Hermione si fida di te. Voglio solo dirti che
se le farai del male in qualche modo, ti ucciderò”, sibilò Ginny
Draco sbadigliò.
“Capisco perché tu e Potter stiate così bene insieme. Fate tutti e due le
stesse noiose minacce”.
Ginny strinse
minacciosamente gli occhi. “Credo di ricordarmi bene qualche fattura e sai che
io mantengo sempre le promesse”.
Draco smise
di fare il finto tonto e permise alla tensione che percepiva di affiorare,
notando con piacere come la piccola Weasley si ritrasse leggermente. “Te l’ho
detto la scorsa notte e tu sei ancora più stupida di quanto pensassi se hai
deciso di ignorarmi, ma io non sono un ragazzino che puoi impaurire con le tue fatture
da poppante”.
Lei fece una
smorfia. “Malfoy, sei sempre stato bravo a dare fiato alla bocca piuttosto che
agire”.
Draco rise
ironicamente. “Vivere nella stessa casa del Signore Oscuro e dei suoi stretti
seguaci ti cambia. Dovresti dimenticare ciò che sono stato al quinto anno e
capire che sono diventato infinitamente più pericoloso”.
Vide un bravissimo
lampo di paura passarle negli occhi, ma la sua natura Grifondoro le venne in
aiuto perché la ragazza raddrizzò le spalle e tenne la testa alta. “Non mi fai
paura. Ho combattuto tuo padre e tua zia a quattordici anni”.
“Certo che
no, ecco perché respiri velocemente e stai rigida con la bacchetta così stretta
tra le mani che rischia di spezzarsi. Prima o poi questa tua stupidissima
fortuna si esaurirà e chi lo sa quale magia oscura può avermi insegnato mia zia
Bella”, la minacciò.
“Forse
dovrei dire ad Hermione che mi hai minacciata. Dubito ne sarebbe felice. In effetti,
sono piuttosto sicura capirebbe che non vali il suo tempo”.
Draco non
riuscì a non stringere la mascella e far trasparire quanto quella frase l’avesse
colpito. Fu il turno della piccola Weasley di ghignare. “Oh, questo ti dà
fastidio, vero?”.
Lui non
disse nulla ma iniziò ad osservare la classe polverosa, mentre la Weasley fece
un respiro profondo.
“Senti, che
tu ci creda o meno, non sono venuta qui per litigare. Volevo dirti di smetterla
di fare l’idiota. Per qualche strano motivo, ad Hermione piaci ed è davvero
sconvolta per la vostra litigata di ieri. Se ti piace anche lei, vai a fare
pace. Personalmente, spero tu non lo faccia visto che vorrei stessi un milione
di chilometri lontano da lei”.
“Allora perché
mi stai dicendo questo?”.
“Perché a
lei importa di te ed a me di lei”.
“Non mi è
sembrato, la notte scorsa”.
“Se proprio vogliamo,
nemmeno tu ti sei esattamente coperto di gloria. Sembra importarti più di Harry
che di Hermione ma, come sappiamo entrambi, l’apparenza inganna”.
Draco non ebbe
nulla da ridire e la rossa gli lanciò un’occhiata saccente.
“Non so davvero
perché te lo stia dicendo, ma Hermione potrebbe essere l’unica cosa buona della
tua vita quindi non buttarla via, Malfoy. Smettila di fare il codardo ed
affronta i tuoi sentimenti”. Con quelle parole, la Weasley uscì dalla stanza.
Draco rimase
in quella classe fredda e vuota per una ventina di minuti, ripensando a ciò che
la ragazza gli aveva detto.
Quel sabato
sarebbe stato il primo compleanno di Teddy. In realtà, il giorno esatto era
stato la settimana prima ma Andromeda aveva voluto festeggiarlo la settimana
successiva così che potessero partecipare tutti i Weasley, Harry ed Hermione. Si
radunarono tutti nell’ufficio della McGranitt, in attesa di poter usare la Metropolvere
per arrivare in casa di Andromeda. Erano tutti contenti e felici, finché a
porta non si aprì ed entrò Draco Malfoy. La tensione divenne immediatamente
palpabile. Harry lanciò uno sguardo al Serpeverde mentre Hermione si morse un labbro
e guardò il camino. Quella situazione era appena diventata troppo stressante.
“Che ci fa
lui qui?”, sibilò Ron a lei ed Harry.
Harry scrollò
le spalle. “Fa il carino con Andromeda. Magari ha capito che lei è l’unico membro
decente della sua famiglia”.
“Harry!”,
obiettò Hermione. “Non hai dimenticato che Narcissa ti ha salvato la vita? Di certo
questo la rende molto più che decente”.
Harry sembrò
vergognarsi un po’. “Non ho dimenticato, Hermione, ma crede ancora fermamente in
quella schifezza della supremazia dei Purosangue. Non dimenticare tu, come ci
ha parlato da Madama McClan appena prima dell’inizio del sesto anno”.
“Suo marito era
stato mandato ad Azkaban per colpa nostra. Non credo ci avrebbe steso il
tappeto rosso”, protestò Hermione.
“Mi fai
preoccupare, Hermione. Prima difendi Malfoy e adesso anche la sua mammina”,
disse Ron guardandola come se fosse pazza. “E comunque è Malfoy! Probabilmente ha
capito che Andromeda potrebbe essergli utile per dare l’idea che si sia ravveduto”.
“Vi sento, sapete?
Per essere tre ragazzi che sono andati in giro a caccia di Horcrux, siete
pessimi a bisbigliare”, biascicò Draco.
Hermione arrossì
mentre Ron iniziò a fumare. “Chi ti ha detto che stessimo cercando di non farci
sentire? Devi capire che solo perché hai convinto Andromeda di essere una povera
anima incompresa non significa tu possa fare lo stesso con noi”.
A Draco ci
volle tutto il proprio autocontrollo per non saltare addosso a Ron ed attaccarlo
fisicamente. Il vecchio sé stesso lo avrebbe fatto di certo. Alla fine,
comunque, apparve anche la McGranitt.
“Bene, siete
tutti qui. Iniziamo, Signor Weasley. Prenda un po’ di Polvere Volante, prego”.
Harry spinse
Hermione verso il caminetto, non volendo lasciarla da sola nella stanza con Draco
nemmeno alla presenza della McGranitt. “Signor Potter, se potesse andare per
primo, dovrei parlare un minuto con la Signorina Granger”, disse la McGranitt.
Lui le
lanciò uno sguardo sfiduciato ma annuì. Imprecò contro Draco, prima di voltarsi
e prendere una manciata di polvere, infilandosi nel camino e pronunciando l’indirizzo
di Andromeda.
La McGranitt
si voltò verso i due studenti rimasti. “Allora, mi ci è voluto l’aiuto di Andromeda
per ottenere il permesso dal Ministero per il Signor Malfoy di lasciare
Hogwarts in questa occasione. Andromeda sarà incredibilmente occupata quindi
lei, Signorina Granger, come Caposcuola, sarà responsabile del Signor Malfoy
per tutto il tempo che starete via”.
Draco si
accigliò. “Non sono un bambino, so badare a me stesso”.
“Avrei da
ridire, Signor Malfoy”.
Hermione notò
la tensione di Draco. Aveva la mascella contratta e la mano sinistra chiusa a
pugno, così intervenne prima che potesse dire qualcosa che lo avrebbe fatto
rispedire nei sotterranei. Sapeva quando trovasse irritante sentirsi rinchiuso
e che sollievo sarebbe stato per lui potersi sentire libero a casa della zia. “Non
si preoccupi, Professoressa. Credo di potercela fare”.
“Certo che
puoi, sei la Granger, la Super Caposcuola”, mormorò amaro Draco.
“Basta così,
Signor Malfoy. Chiederò alla Signorina Granger un resoconto, quindi spero
voglia comportarsi bene”.
Draco alzò
gli occhi al cielo ma rimase in silenzio. Hermione si avvicinò al camino e
lanciò un po’ di polvere nella grata, scandendo l’indirizzo di Andromeda. Come aveva
sospettato, Harry era ancora lì in sua attesa.
“Che cosa è
successo?”, le chiese.
“La McGranitt
voleva assegnarmi un compito come Caposcuola”.
“Ed ha
scelto di farlo con Malfoy presente?”.
Hermione scrollò
le spalle. Di certo non avrebbe raccontato ad Harry di dover fare la babysitter
a Draco. Non solo avrebbe totalmente umiliato il biondo, ma Harry lo avrebbe di
certo detto a Ron e lui avrebbe così fatto del suo meglio per iniziare a
litigare per far sì che Draco finisse nei guai con il Ministero.
Le fiamme ruggirono
nuovamente e ne uscì Draco, che si spazzolò via la cenere. Hermione non riuscì
a non guardarlo con la coda dell’occhio. Era ingiusto quanto lui sembrasse
attraente anche con addosso un semplice vestito nero. Lui ricambiò l’occhiata e
guardò Harry prima di uscire dalla stanza che Andromeda aveva adibito a connessione
alla Metropolvere. Sospirò. Perché doveva essere sempre tutto così difficile
con lui? Odiava litigarci. Era diventato importante in così poco tempo.
Lei ed Harry
si diressero al soggiorno ed Hermione sorrise, contenta di essere tornata in
quella casa. Anche se le faceva ricordare un periodo difficile della sua vita,
le faceva tornare alla mente anche le serate in cui lei ed Andromeda erano
rimaste a parlare di qualsiasi cosa. Avevano pianto ed erano guarite assieme e
si erano divise le cure di Teddy in orari assurdi. Non si era nemmeno resa
conto di quanto quei giorni le mancassero. Strinse Andromeda in un forte
abbraccio.
“Mi è
mancato questo posto”, le sussurrò.
“E tu sei
mancata qui. È bello tu sia tornata, anche se solo per un pomeriggio”, le
rispose Andromeda.
Hermione finalmente
si guardò attorno e notò gli altri presenti, cercando di non scoppiare a
ridere. I Weasley si trovavano da un lato della stanza mentre Narcissa e Draco dall’altra.
Draco si era ritirato nuovamente dietro alla maschera di freddezza e stava facendo
delle smorfie mentre Narcissa sorrideva, poco a suo agio, ma almeno ci provava.
Hermione, Andromeda ed Harry si trovavano in mezzo, mentre Harry baciava
Andromeda e reggeva Teddy.
Andromeda li
condusse verso i Malfoy. “Hermione, ricordi mia sorella, Cissy”.
Hermione non
riuscì a non sorridere, come se qualcuno avesse potuto dimenticare Narcissa
Malfoy anche senza averla incontrata in episodi poco piacevoli come era
successo a lei. “Sì, buongiorno Signor Malfoy, è bello rivederla”, le disse con
grazia.
Il sorriso
di Narcissa si allargò. “Spero stia bene, Signorina Granger, e che mio figlio
non le stia dando troppi problemi come Caposcuola”.
Hermione arrossì
e cercò di posare lo sguardo da un’altra parte. Adocchiò brevemente Harry,
confuso, prima di spostare gli occhi su Draco, che fissava sua madre. Andromeda
si intromise. “Cissy, non ti chiedo nemmeno se ricordi Harry”.
Narcissa allungò
la mano verso di lui, che arrossì e sembrò incerto se stringerla o meno. Hermione
gli tirò una gomitata e così la strinse velocemente. “Signora Malfoy”, disse
tra i denti.
“Signor
Potter, è un piacere rivederla”.
Harry mormorò
qualcosa di indistinto prima di attraversare la stanza verso i Weasley. Hermione
invece pensò sarebbe stato troppo scortese fare la stessa cosa, così salutò da
lontano e rimase ferma. Andromeda le fece l’occhiolino e le sorrise felice.
“Allora,
Signorina Granger, è pronta per i M.A.G.O.?”, le chiese Narcissa.
“Oh, mi
chiami Hermione, per favore. E sì, sto studiando molto”.
“Mamma, è la
Granger. Vive in biblioteca praticamente”.
“Draco!”,
obiettò Narcissa. “Non essere scortese”.
“Non lo
trova scortese, vero, Granger? Lo vede come un orgoglio”.
“Alcuni di
noi dovrebbero frequentare la biblioteca un po’ più spesso”, disse piccata Hermione.
“I miei voti
vanno bene, grazie”.
“Come te la
sei cavata con quel tema su internet?”, gli chiese ironica.
Lui strinse
gli occhi. “L’ho superato”.
“Per fortuna
che quel giorno mi trovavo in biblioteca”.
“Se ricordo
bene sei stata tu ad invadere il mio spazio personale, non il contrario”.
“Ma avevi
comunque bisogno del mio aiuto perché te lo spiegassi”, ribatté Hermione prima
di fargli una linguaccia. Arrossì poi violentemente, notando l’espressione divertita
di Narcissa. Draco osservò sua madre e spostò il peso sui piedi, ricordandosi
all’improvviso della sua presenza.
“Allora, Hermione,
cosa ti piacerebbe fare dopo Hogwarts?”, chiese Narcissa.
“Ho fatto
domanda per una posizione nel Dipartimento per il Controllo e la Regolazione
delle Creature Magiche”, le disse entusiasta.
“Oh”,
rispose insicura Narcissa.
“La Granger
ama gli elfi domestici, mamma. Come si chiamava quell’associazione che avevi
creato? C.R.E.P.A.?”.
“Eh, cos’è C.R.E.P.A.?”,
chiese Narcissa. Sembrava confusa persino di dover fare quella domanda.
Hermione guardò
Draco. “Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti, C.R.E.P.A.
è l’acronimo. L’ho fondato al quarto anno ad Hogwarts per far valere i diritti
degli elfi domestici”.
Draco le
fece una smorfia.
“Draco,
smettila di prendere in giro Hermione”, ordinò Narcissa. “Credo sia bello che abbia
una passione così forte. Almeno sa ciò che le piacerebbe fare dopo la scuola,
il che è molto più di quanto si possa dire di te”.
Hermione stava
per aprire la bocca quando adocchiò l’espressione di ammonimento di Draco. Perché
non voleva raccontare alla madre del suo sogno di diventare Guaritore? All’improvviso
si rese conto che potrebbe non essere stata una grande carriera per un Malfoy,
anche se fosse comunque rispettabile. O forse era proprio quello il problema.
Prima che
Narcissa potesse cambiare nuovamente argomento di discussione, Andromeda la
richiamò, lasciando Hermione a fianco a Draco. “Perché non hai detto a tua
mamma di voler diventare Guaritore?”, gli chiese.
“Perché non
ti fai gli affari tuoi?”.
“Andiamo, Draco,
rispondi alla domanda”.
“Perché non
ce n’è motivo. Si ecciterebbe e poi si rattristerebbe quando non verrò
accettato al programma di addestramento”.
“Oh, allora
non è perché non è una buona professione?”.
Lui la guardò
prima di sospirare. “No, andrebbe bene e comunque mia madre non ha gli stessi
pregiudizi di mio padre. Di certo non sarebbe rimasta invischiata con il
Signore Oscuro se non fosse stato per lui”.
“Sembra
molto diversa dalle altre volte che l’ho incontrata”, commentò timidamente lei.
Sapeva quanto fosse incredibilmente protettivo Draco con sua madre.
Lui le
lanciò uno sguardo indagatore, come per saggiare le sue intenzioni, ma sembrò
concludere lei non volesse ficcare troppo il naso. “È molto più felice senza
mio padre. Lo amava e lo ama ancora, ma riconosce i danni che ha fatto a questa
famiglia”.
Hermione non
osò chiedere se intendesse alla reputazione od alla loro salute mentale. Non
pensava si sarebbe sbilanciato così tanto, soprattutto vista la presenza dei
Weasley che li fissavano. Con il peggior tempismo possibile, Harry la richiamò
dall’altra parte della stanza. Non riuscì a non ripensare al litigio che aveva
avuto con Draco proprio riguardo il suo migliore amico.
“Vai, non
vorrai far aspettare il tuo prezioso Potter”.
“Non fare
così, Draco. Smettila di allontanarmi”.
Lui si voltò
ed andò in cucina, raggiungendo sua mamma e sua zia. Hermione sospirò e si unì
ai Weasley. Odiava sentirsi così divisa a metà.
“Che hai fatto
lì per tutto quel tempo?”, le chiese Ron.
“Ero gentile, Ronald”.
“Ma parlavi
con i Malfoy”.
“Grazie per
aver sottolineato l’ovvio”.
“Ma è
strano. Perché dovresti parlargli?”.
“Perché anche
loro sono ospiti di questa festa”.
“Però a loro
tu non piaci”.
“La Signor
Malfoy è stata assolutamente gentile. Mi stava chiedendo di cosa volessi fare
dopo la scuola. Non sarò io quella scortese”.
“Ma…”,
iniziò lui.
“Lascia in
pace Hermione, Ron. Può parlare con chiunque voglia”, lo interruppe Molly.
“Ma mamma, è
Malfoy”.
“Sì, ma Andromeda
è chiaro li voglia qui”.
“In ogni
caso, ho ricevuto una lettera dalle Holyhead Harpies”, disse Ginny introducendo
un discorso che avrebbe sicuramente distratto Ron. Hermione le lanciò uno
sguardo grato.
“Cosa?”,
esclamò Harry. “Quando?”.
“Questa
mattina. Volevano invitarmi al loro addestramento estivo. Sanno che tornerò ad
Hogwarts il prossimo anno ma sembra possano essere interessati a mettermi sotto
contratto appena finiti i M.A.G.O.”.
“È super
eccitante!”, squittì Ron.
Molly invece
sembrò molto meno entusiasta. Aveva sempre cercato, senza successo, di tenere i
propri figli lontano dal pericolo e diventare giocatrice professionista di
Quidditch non poteva di certo essere annoverata tra le professioni più sicure.
Draco trascinò
i piedi in cucina. Di certo non sarebbe rimasto da solo in quella stanza come
una specie di mostriciattolo che dava spettacolo per i Weasley. Percepì la
propria irritazione per Potter affiorare ancora una volta. Era sempre Harry dannato
Potter a mettersi in mezzo.
Trovò sua
madre e sua zia che ridevano e finivano di decorare la torta di compleanno di
Teddy. Non aveva nemmeno capito sua madre sapesse a che cosa serviva una
cucina, figuriamoci saper glassare una torta.
“Draco caro,
che ci fai qui?”, gli chiese.
“Beh, mi hai
lasciato solo e non sarei di certo rimasto lì come un palo”.
“Ti ho
lasciato con Hermione”.
“Beh, Potter
l’ha richiamata”, le disse strisciando i piedi per terra e facendo la figura
inconscia di un bambino di cinque anni. Narcissa adocchiò
la sorella ed entrambe soppressero un sorriso.
“Metto
questa sul tavolo”, disse Andromeda portando fuori la torta finita.
“Cosa c’è
che non va, caro?”, chiese Narcissa.
“Niente. Perché
dovrebbe esserci qualcosa che non va?”.
“Perché te
ne stai qui in cucina ad imprecare”.
“Odio fare
la figura del pagliaccio di fronte ai Weasley. Perché abbiamo dovuto
partecipare a questa cosa stupida?”.
“La lingua, Draco!
Tua zia ci ha invitati, significa molto per lei averci qui”.
“Non capisco
perchè. È ovvio che abbia già abbastanza persone che possano sopperire”,
obiettò lui.
“Ma nessuno
di loro è sua sorella o suo nipote. Smettila di piagnucolare e non rovinare la
giornata, fallo per me”.
Draco la
guardò e vide l’espressione preoccupata di sua madre, così cercò di mettere
sotto controllo la rabbia. Narcissa stava disperatamente cercando di restaurare
una relazione con la sorella e lui non voleva mettersi in mezzo. Le mise un
braccio sulle spalle. “Scusa, mamma. È che non mi piace essere fissato. È difficile
andare avanti”.
Lei gli
diede un bacio sulla guancia. “Lo so, ma stai facendo un lavoro egregio. Hai un
aspetto decisamente migliore dell’ultima volta che ti ho visto”.
“Mamma,
quando mi hai visto l’ultima volta ero appena uscito da Azkaban. Dubito che
qualcuno riuscirebbe ad apparire in forma dopo sei mesi lì dentro”.
“Non
intendevo allora, tesoro. Intendevo quando ti ho visto ad Hogsmeade. Non ho
mancato di notare che avevi iniziato a bere prima di tornare ad Hogwarts e, da
come ti ho trovato, stavi continuando a farlo anche a scuola. Ora, invece, vedo
che hai smesso e sembra tu abbia ricominciato a mangiare meglio”.
Draco provò
una fitta allo stomaco. Aveva sperato che sua madre non avesse notato il casino
che aveva combinato. Avrebbe dovuto darle maggior credito, visto che non era
affatto stupida.
Quando aprì
la bocca, sua madre lo fermò. “Non devi dire niente. Vedo che hai trovato
qualcosa di buono, ormai”.
Lui si accigliò.
“Che intendi?”.
“Hermione Granger”.
“Cosa?”,
sputò lui.
Narcissa gli
lanciò uno sguardo perspicace. “Draco, sei mio figlio e ti ho visto crescere. Non
importa quanto tu sia bravo in Occlumanzia, ci sono cose che non sei mai stato
capace di nascondermi. È ovvio che tu ed Hermione abbiate un qualche tipo di
relazione. Siete amici?”.
“Circa”,
mormorò Draco.
“Lo
immaginavo. La prendi in giro ma in modo buono e di solito lo fai con quelli
che ti piacciono. Presumo che i suoi amici non lo sappiano?”.
“Dubito
altamente che sarei vito, se lo sapessero”.
Lei sorrise
triste. “Mi dispiace”.
“Perché?”.
“Perché sono
stata un fallimento come genitore. Ho permesso che tuo padre ti riempisse il
cuore di odio ed era sbagliato. Ti ho incoraggiato a pensare di essere migliore
degli altri per via del tuo sangue e del tuo nome ed ho ottenuto solo di farti
quasi ammazzare e spedirti in prigione”.
Draco le
strinse le spalle. “Mamma, non…”.
“Non posso
farne a meno. Quando ripenso a che disastro ho combinato, mi arrabbio con me
stessa, ma non so spiegarti quanto io sia felice di vederti cambiare. Stai diventando
un uomo di cui sono fiera e, se Hermione Granger ha qualcosa a che fare con
questo, sono contenta faccia parte della tua vita”, gli disse asciugandosi una
lacrima. “Ho fatto un’unica cosa buona nella mia, fingere che Harry Potter
fosse morto, e l’ho fatto per te, Draco. Non avrei mai potuto convivere con me
stessa se fossi morto in quella battaglia”.
“Beh, non lo
sono e non vado da nessuna parte”.
“Bene. Promettimi
una cosa”.
“Quello che
vuoi”.
“Fai ciò che
ti rende felice. Non preoccuparti di ciò che le persone potrebbero pensare o a
ciò che il tuo cognome potrebbe comportare. La guerra mi ha insegnato che il
sangue e la reputazione non significano nulla a lungo termine. Non lasciare che
questo ti trattenga”.
Draco ormai
aveva capito a cosa si riferisse, ma volle assicurarsene. “Che intendi?”.
“Se provi
qualcosa di più per Hermione Granger, non sopprimere i tuoi sentimenti. Sii
felice, Draco”.
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Capitolo 23 *** Alla Fine ***
Cap 23
Alla fine
Hermione sospirò
quando si lasciò cadere sul divano ed alzò le gambe. Era contenta che la festa
per il compleanno di Teddy fosse finita, non credeva di aver mai partecipato a
nient’altro di così teso. Non aveva più avuto occasione di parlare con Draco o
sua madre, dato che Harry e Ron le si erano appiccicati, quasi come se avessero
capito che voleva andare a parlare con loro, isolati dall’altra parte della stanza.
Si sentiva piuttosto intrigata da Narcissa Malfoy, visto anche che la donna
sembrava soffrire di un miracoloso cambiamento di opinioni per quanto
riguardava i Nati Babbani. Era stata molto cortese con lei, quando avevano
parlato e, per quando riguardava il figlio, chi avrebbe mai pensato che avrebbe
iniziato un’amicizia con Hermione Granger?
Grugnì quando
qualcuno bussò alla sua porta. Tutti i suoi amici sapevano la parola d’ordine,
il che significava si trattasse di qualcuno che la cercava come Caposcuola. Si trascinò
verso la porta e mise fuori la testa, ma non vide nessuno. Grugnì. Qualche stupido
del secondo anno stava giocando di nuovo a bussare e scappare. Continuavano a
farlo da inizio anno, pensando fosse divertente.
Poi notò
Demelza Robins camminare verso la sala comune dei Grifondoro. “Demelza!”, le
chiamò. “Dì a quelli del secondo anno di smetterla di bussare alla mia porta”.
“Certo, Hermione”,
le rispose Demelza.
Vi voltò per
tornare dentro quando sentì qualcuno spingerla appena, cosa che la fece emettere
un singulto. “Hermione?”, la richiamò Demelza.
Hermione sentì
qualcuno passarle oltre e percepì il familiare profumo di bergamotto. Draco.
tipico, pensò, un altro incantesimo di disillusione per farmi uscire di testa. Alzò
lo sguardo verso il corridoio. “Non preoccuparti, Demelza. Ho sbattuto il piede
contro la porta”.
Ignorò il sorriso
di Demelza, chiuse la porta e tornò in sala comune. Draco era già lì, con le
mani nelle tasche.
“Che diavolo
stai cercando di fare?”, sbottò.
“Volevo
vederti e non potevo esattamente venire a bussare senza che i Grifondoro che
passavano mi vedessero ed andassero a raccontarlo ai tuoi amici”.
“Conosci la
parola d’ordine, perché non la usi?”, disse trascinando i piedi oltre il ragazzo
e tornando ad accasciarsi sul divano.
“Non ero
sicuro di essere il benvenuto”, le disse, continuando ad avvicinarsi alla porta.
“Beh, ti siedi
o cosa?”.
“Wow, che
graziosa offerta, Granger”.
“Prendere o
lasciare”, gli rispose scrollando le spalle. Alzò la testa e vide Draco sorriderle.
“Quindi lo
devo prendere come un invito a restare?”.
“Non ti sto
cacciando, no?”.
“Sei proprio
allegra oggi”, commentò sarcastico.
“Sono stanca.
Oggi è stato..”, iniziò Hermione.
“Imbarazzante”,
finì Draco per lei.
“Assolutamente.
Chi poteva immaginare che una festa di compleanno fosse così impegnativa?”.
“Con la
presenza dei Weasley e dei Malfoy di sicuro”.
“Sono solo
felice sia finita”.
“Anche io”,
disse lui. “Mio padre avrebbe preso un colpo se avesse dovuto passare il
pomeriggio nella stessa stanza dei Weasley”.
Hermione rise
e presto si ritrovò raggomitolata sul divano a ridere così forte da non
riuscire quasi più a respirare. Draco la guardò come se fosse pazza. “Mi
dispiace. Mi sto immaginando Lucius seduto di fianco ai Weasley a cantare il
buon compleanno a Teddy ed aiutarlo a spegnere le candeline”.
“La torta è per
i Sanguesporco ed i Traditori del proprio Sangue”, sibilò Draco in una perfetta
imitazione. “Noi Malfoy non ci abbassiamo a tali volgarità”.
“Smettila”,
gli disse lei, asciugandosi le lacrime.
“Mi rifiuto
di festeggiare il compleanno di un ibrido”.
Hermione si
accasciò contro lo schienale. “Per favore, Draco, mi fa male lo stomaco”.
“Che cosa?
La Granger non respira e sta male? Delizioso”.
Hermione gli
piantò le unghie nel braccio e Draco rise. Le ci vollero dieci minuti per
riuscire a respirare normalmente, anche se continuava ad avere qualche
ricaduta. “Sei cattivo”, lo accusò.
“Sarebbe
stata una fine ignobile per un’eroina così famosa: morte per le troppe risate”.
“Sarei
tornata a perseguitarti”.
“Proprio ciò
di cui il mondo ha bisogno, un’altra Mirtilla Malcontenta”.
“Io mi
dissocio!”, esclamò lei, iniziando a tirargli dei buffetti con la mano.
Lui la
afferrò e la strinse, accarezzandola con il pollice. “Grazie per essere stata
così gentile con mia madre”.
Draco quella
sera era di luna buona, quindi avrebbe parlato, pensò. Magari avrebbe
finalmente potuto capire cosa ne pensasse di lei. “Non c’è di che”.
“No, è
significato molto per entrambi”.
Hermione gli
strinse la mano. “Non ho fatto troppa fatica. È stata carina anche lei”.
“Le piaci”.
“Davvero?”,
chiese scettica.
“Sì. Mia
madre è grata a Potter perché ha ucciso Voldemort, ma non le piace. Con te ha
cercato di fare conversazione. Significa che le piaci”.
Hermione percepì
un moto di felicità, anche se non sapeva perché. Non avrebbe dovuto farle
alcuna differenza che la gelida matriarca Malfoy fosse interessata a lei.
“Sono
contenta stia cercando di riallacciare i rapporti con sua sorella. I Weasley
hanno accolto Andromeda tra loro ma non è la stessa cosa che avere una sorella
con la quale sei cresciuta”.
“Sì, è un
bene anche per mia madre. Anche lei non ha davvero più nessuno”.
“Ha te”.
“Ma io sono
qui, non è la stessa cosa”.
“Mi ricordi
lei”.
“Dicono tutti
che sono l’immagine sputata di mio padre”, disse amaro Draco.
“Puoi somigliare
a tuo padre ma ha il carattere di tua madre”.
Lui fece una
smorfia. “Sul serio!”, insistette Hermione. “Porti sempre una maschera con chi
non ti conosce ma, una volta abbassata, esce il vero te”.
Hermione sorrise
vedendogli le guance che si arrossavano. Le piaceva poterlo mettere in
imbarazzo con la sua capacità di leggere le persone.
“Pansy me lo
ha detto quando è venuta a cercarmi la prima volta, anche se ovviamente non le
ho creduto”, aggiunse.
“Non dovresti
credere a ciò che Pansy ti racconta di me. Quella ragazza diventa cieca quando
si tratta dei suoi amici”.
“Mi ha detto
di guardare oltre il tuo comportamento ed aveva ragione. Sei una persona molto
diversa”.
“Se non la
smetti di parlare di questo, me ne vado”.
“Ok, la
smetto. Ma sono contenta di aver guardato oltre Malfoy ed aver trovato Draco. Lui
mi piace molto”, gli disse prima di allungarsi e dargli un bacio sulla guancia.
Si ritrasse
ma si bloccò quando vide la scintilla nei suoi occhi, che le fece battere forte
il cuore. Lui alzò una mano e le accarezzò la guancia con le notte, facendola
arrossire. Il respiro le si spezzò e non riuscì a non avvicinarsi nuovamente.
Gli occhi di
lui continuarono a scenderle sul viso e si bloccarono sulle labbra, dove si
fermò anche la sua mano. Alzò nuovamente la testa per guardarla negli occhi ed
alzò un sopracciglio, come a domandarle il permesso. Il cuore di Hermione si
fermò per un secondo, quando capì cosa le stava chiedendo. Lo voleva? Sarebbe stato
diverso dalla prima volta che l’aveva baciata, non più per impulso e di certo
avrebbe significato qualcosa. Sarebbe stato premeditato ed avrebbe portato un
cambiamento nella loro relazione. Esitò per qualche secondo, combattuta, prima
di decidere ed annuire.
Lui abbassò
la testa e lei sospirò quando le labbra calarono sulle sue. Alzò le mani fino a
posarle sulle sue spalle e morse scherzosamente un labbro, facendo sì che lei ancorasse
le dita ai suoi capelli. Draco ruggì ed il bacio dolce sparì per trasformarsi
in qualcosa di estremamente più passionale.
Dopo parecchi
minuti, Draco alzò la testa e poggiò la fronte sulla sua. Ad Hermione sembrò di
affiorare da un sogno incredibilmente piacevole, uno di quelli che faceva
venire la pelle d’oca. “Perché ti sei fermato?”, sussurrò, come se dirlo ad alta
voce avesse potuto spezzare l’atmosfera.
“Sicura sia
questo ciò che vuoi?”.
“Draco!”, si
lamentò lei. “La smetti di mettere tutto in dubbio? Se non volessi voluto che
mi baciassi avrei detto di no, ti avrei spinto via e cacciato fuori. Il fatto
che ti abbia afferrato, risposto al bacio ed ora mi stia lamentando dell’interruzione
ti dimostra chiaramente che voglio tu continui”.
Lui le prese
il volto tra le mani e le accarezzò le guance con i pollici. Hermione rabbrividì.
“Vuoi solo stuzzicarmi?”, gli chiese.
Draco sembrò
confuso per un momento, prima di ghignare. “Quindi ne vuoi ancora?”.
“Sta zitto e
baciami”, gli ringhiò Hermione, sorridendo poi quando lui la accontentò.
Molto tempo
dopo, Hermione si accoccolò al fianco di Draco, il braccio di lui attorno alle
sue spalle e la mano appoggiata al petto. “Che cosa ti ha spinto a farlo?”.
“Cosa?”, le
chiese.
“Che cosa ti
ha fatto abbandonare la reticenza e baciarmi?”.
Lui rise. “Ginny
Weasley e mia madre”.
Hermione alzò
lo sguardo verso il suo viso. “Come?”, boccheggiò.
“Beh, mia
madre è comprensibile. Ha immaginato provassi qualcosa di più di quello che
lasciavo intendere nei tuoi confronti e mi ha detto di provarci”.
Hermione arrossì.
“Provi qualcosa per me?”.
Draco alzò
gli occhi al cielo. “No, ma sei l’unica che mi sbaciucchierebbe quindi mi sono
buttato”.
“Beh è vero,
circa”.
“Pensavo ci
fossimo ormai liberati della carenza di autostima, Granger”.
“Ma non capisco
perché potrei piacerti”.
Draco grugnì
per la frustrazione e le prese il viso tra le mani. “Smettila di fare l’idiota”,
le disse, dandole un bacio ad ogni parola. “Sei fantastica, sai che lo penso”.
Hermione si alzò
e cercò di stringersi maggiormente, ma lui fece resistenza. “Niente baci finché
non accetterai sia io il fortunato ad averti”, le disse.
Lei iniziò
allora a dargli dei baci sul collo, cercando di tentarlo.
“No, strega
testarda, voglio sentirtelo dire. Tu, Hermione Granger, sei fantastica ed io, Draco
Malfoy, sono fortunato tu ti sia degnata anche solo di guardarmi”.
Hermione mise
il broncio, non volendo arrendersi, ma lui le passò una mano lungo il fianco e dovette
inarcare la schiena. “Io, Hermione Granger, sono fantastica e tu, Draco Malfoy,
sei una terribile tentazione e morirei per i tuoi baci”.
Draco ghignò.
“Quasi, ma non mi arrendo”, le disse prima di abbassarsi e reclamare nuovamente
le sue labbra.
Solo più
tardi Hermione si ricordò del ruolo che Ginny sembrava aver avuto nello
spingerlo a baciarla. Si erano accoccolati sul divano, lei sopra di lui, con le
mani sotto la maglietta che le faceva scorrere le dita lungo la spina dorsale
in un modo ipnotizzante. Ora capiva perché a Grattastinchi piacesse tanto. Se avesse
potuto, anche lei si sarebbe messa a fare le fusa. Alzò la testa e guardò Draco,
che aveva gli occhi chiusi ed un’espressione pacifica come mai prima di allora.
“Draco?”,
gli chiese.
“Mmm?”,
replicò lui, aprendo appena gli occhi.
“Hai detto
che Ginny ha avuto qualcosa a che fare con il tuo ravvedimento”.
“Mi piace il
risultato che ha portato questa mia decisione. Che cosa fermava te dal baciarmi?”.
“Smettila di
divagare e dimmi cos’ha avuto Ginny a che fare”.
“Mi ha
rapito”.
“Che cosa?”,
squittì Hermione.
“Mi ha
trascinato in una vecchia classe nei sotterranei e, dopo avermi riempito di
insulti, mi ha rimproverato per essere un codardo”.
“Davvero?”.
“Sì”.
“Ma non approva
nemmeno tutto questo”.
“Lo so, me lo
ha detto, ma ha anche aggiunto che vuole vederti felice”.
Draco la
osservò sfoggiare subito un sorriso melenso. Alzò mentalmente gli occhi al
cielo ma rimase in silenzio, non volendo rovinare il momento. Lei era felice ed
era contento di esserne la causa. Ora chi è il melenso?, si disse.
“L’ha fatto
per me?”.
“Già, ben
fatto, Granger. Hai trovato un’amica che guarda oltre ed a cui importa ciò che
vuoi tu. A differenza di quegli inutili sacchi di pul..”.
La Granger
si ritrasse e gli mise una mano sulla bocca, soffocandogli le parole. “Non dirlo!
Non voglio litigare questa sera ma succederà se continuerai così”.
Quando non diede
segno di voler togliere la mano, Draco glie la morse piano. “Ahia!”, urlò lei. “Stai
attento!”.
“Non è una
buona idea soffocare il tuo ragazzo la prima sera dopo averlo ottenuto”, la
prese in giro.
Hermione diventò
seria ed il suo sorriso svanì. “Cosa?”, le chiese.
“Che cosa
faremo?”.
“Riguardo a
cosa?”.
“A questo”,
gli disse, indicando prima sé stessa e poi lui.
Draco si
confuse. “E che cosa centra?”.
“Beh, domani
non è che possiamo iniziare ad andare in giro tenendoci per mano. Scoppierebbe
la rivoluzione”.
Draco percepì
la delusione cocente schiacciarlo. Gli stava dicendo che non potevano stare
insieme a causa di ciò che gli altri avrebbero pensato? Proprio adesso che lui
era riuscito ad abituarsi ai propri sentimenti e fare qualcosa a riguardo, lei
avrebbe stroncato ogni possibilità. La spinse via e si sedette.
Anche Hermione
si sedette e lo guardò divertita. “Perché lo hai fatto?”.
“Se vuoi
lasciarmi andare solo a causa di ciò che gli altri pensano allora preferirei
non lo facessi standomi addosso”, le rispose freddo.
“Chi ha
detto che voglio lasciarti?”.
“Oh, non lo
so, il fatto che tu sia diventata tutta seria ed abbia iniziato a farti domande
su di noi”.
“Ma non lo
stavo facendo!”, obiettò lei. “Mi chiedevo come potremmo gestire la cosa in pubblico”.
“Granger, io
mi sono appena abituato all’idea ci sia un noi. Credi davvero abbia già pensato
a cosa fare fuori da questa stanza?”.
“Lo so che non
l’hai fatto e nemmeno io. Ecco perché ti ho fatto questa domanda”.
“Beh, l’unica
persona a cui so importerebbe nella maniera sbagliata rimarrà ad Azkaban per
tutta la vita, quindi di lui non dobbiamo preoccuparci. A Serpeverde io non
sono ben visto, quindi dubito di ricevere maggiore ostilità e mia madre, mia
zia e la mia migliore amica decantano le tue lodi da settimane”.
La Granger
si guardò le mani. “I miei amici non capiranno”, disse triste.
Draco alzò
gli occhi al cielo. “Lo so. Mi hanno già fatto il discorsetto di starti lontano,
soprattutto il tuo cane da guardia”.
La Granger
si raddrizzò. “Chi?”, gli chiese irritata.
“Chi credi? Potter
Perfetto, ovviamente”.
Rimase
soddisfatto nel vedere la rabbia passarle negli occhi. “Quando?”.
“A Pozioni,
quando continuavi a lanciarmi quegli sguardi ansiosi”.
“Avete
parlato di questo? Che gli hai detto?”, gli chiese nervosa.
“Niente. Non
rispondo di nulla a San Potter, non l’ho mai fatto e mai lo farò”.
“Oh”, le
rispose lei, un po’ presa in contropiede.
“Non so perché
tu sia sorpresa. È lo Sfregiato, è perso se non si mette a proteggere qualcuno
dal male”.
La Granger
non si scaldò nemmeno a quel brutto appellativo, per cui significava non lo
stesse ascoltando e non era sicuro la cosa gli piacesse. Era un Malfoy e si
aspettava di essere sempre al centro dell’attenzione, per cui la pizzicò.
“Ehi, e
questo perché?”, gli chiese lei.
“Non mi
piace essere ignorato”.
La Granger
alzò gli occhi al cielo. “Ovviamente”.
“A che
pensi?”.
“Mi chiedevo
cosa uscirà all’esame di incantesimi…. Davvero, a che cosa credi stia pensando?”.
“Il sarcasmo
non ti dona. Troppo da Serpeverde”.
Hermione gli
lanciò un cuscino e lui ghignò. Era adorabile quando si distraeva da ciò che
voleva fare, anche se non voleva tirare troppo la corda. Le sue fatture
facevano male. Appoggiò la schiena contro lo schienale del divano e la guardò
mentre si mordeva un labbro. Ormai era rosso a causa dei suoi baci ed aveva i
capelli più aggrovigliati del solito grazie alle sue mani, la camicia sgualcita
ed un succhiotto sul collo. Il tutto la rendeva ancora più attraente. Ormai la
Granger tutta d’un pezzo era sparita. Sorrise al pensiero dei mesi precedenti
ed ai guai che aveva causato quando le aveva lasciato i primi succhiotti. Se lo
avesse saputo prima, la sua vita non era più stata la stessa dal giorno dell’armadio
delle scope.
Venne riscosso
dai ricordi quando la Granger si voltò verso di lui e gli prese una mano. “Ok,
ho pensato ad una soluzione ma non voglio che rimani deluso”.
“Non sono un
bambino, Granger. Dubito di mettermi a piangere”.
“È
opinabile. Basta vedere cosa è successo l’ultima volta che sei stato qui”.
“Beh, a meno
che non inizi ad inventare scuse per i tuoi amici patetici, dovrebbe andare”.
“Non li
stavo scusando, ti spiegavo”.
“Vuoi
davvero continuare il discorso oppure mi dirai cos’hai pensato durante gli ultimi
venti minuti?”.
La Granger
lo guardò. “Non voglio che ti arrabbi né pensi di essere una specie di segreto
sporco, ma credo che al momento non dovremmo mostrarci in pubblico. In questo
modo potrei preparare Harry e Ron per dire loro la verità”.
Draco se lo era
già immaginato. Non si aspettava certo che la Granger svolazzasse di fronte
agli amici e lo baciasse. In effetti,
non era nemmeno sicuro di voler lui stesso avere a che fare con il disastro che
si sarebbe scatenato a causa della loro relazione. Hogwarts era come una vasca
dei pesci e sarebbero stati sempre tenuti d’occhio. Sapeva in ogni caso che lei
si sentiva in colpa. Probabilmente aveva pensato che si sarebbe arrabbiato ed
avesse pensato lo volesse nascondere, mentre in realtà lui non era mai stato il
tipo da voler mettere in piazza i dettagli della sua vita. Una cosa era vantarsi
dei possedimenti materiali, un’altra sbandierare i propri sentimenti.
Quando puntò
nuovamente gli occhi su di lei, trovò Hermione a fissarlo in ansia, così la
rispinse contro di lui. “Non preoccuparti, Principessa. Mi piace fare la parte
del tuo segreto oscuro, ha i suoi vantaggi”.
Hermione inclinò
la testa, così da poterlo baciare. “Sei sicuro?”.
“Granger, ti
pare io abbia mai sbandierato ai quattro venti i miei affari? Ciò che accade
tra noi due non riguarda nessun altro”.
La ragazza
sembrava ancora preoccupata lui potesse arrabbiarsi, così decise di agire
invece che parlare. Le prese la testa tra le mani ed iniziò a baciarla, finché Hermione
non riuscì più nemmeno a pensare.
Draco iniziò
ad accarezzarle i capelli mentre lei sonnecchiava sul suo petto. Sembrava distrutta.
Quella giornata era stata emotivamente stressante e la festa di compleanno era
stata la peggiore a cui lui avesse mai dovuto partecipare, a parte gli incontri
con i Mangiamorte, ovviamente. Almeno quel giorno nessuno era stato torturato
od ucciso di fronte ai suoi occhi.
Abbassò lo
sguardo verso la strega e decise fosse arrivato il momento di portarla a letto.
“Principessa?”,
le disse, scuotendola gentilmente.
Hermione squittì
e tornò ed immerse maggiormente il viso nel suo maglione. “Granger, devi
svegliarti. È ora di andare a letto”.
La ragazza
continuò a mormorare irritata e lui sorrise. Si sedette, tenendole una mano
dietro la schiena per assicurarsi che non cadesse, ed iniziò a baciarla. Hermione
rispose ma non si decise a svegliarsi, così Draco ci rinunciò e decise di
portarla in camera. Per fortuna si era già messa il pigiama appena tornata da
casa di Andromeda, così non dovette nemmeno chiedersi se avesse dovuto cercare
di spogliarla o meno. Sarebbe stato troppo imbarazzante. Le staccò le mani dal
collo e la sistemò sotto le coperte.
“Draco”, mormorò
assonnata Hermione quando ormai lui aveva raggiunto la porta. “Dove vai?”.
“È tardi,
torno al dormitorio”.
Hermione sbattè
le palpebre. “Non andare, rimani qui”.
Draco sapeva
che probabilmente non avrebbe dovuto cedere ma ciò che gli stava offrendo era irrifiutabile
se comparato ad una notte passata tra incubi orribili e Theo Nott che russava. Molto
meglio accoccolarsi a lei e svegliarsi con qualche bacio. Non fu una decisione
difficile. Si tolse i pantaloni ed il maglione e si infilò a letto, prendendo la
Granger tra le braccia. Hermione emise un suono soddisfatto e gli strofinò la
guancia contro la spalla.
“Buona
notte, Principessa”, le mormorò lui tra i capelli.
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Capitolo 24 *** Mancati Per Un Soffio ***
Cap 24
Mancati per un soffio
Pansy non si
diede nemmeno la pena di bussare alla porta del dormitorio dei ragazzi del settimo
anno. La spalancò semplicemente e vi entrò, facendo urlare Theo che si infilò
velocemente i boxer che stava cambiando. “Per la barba di Merlino, Pansy.
Perchè non bussi?”.
“Perchè
dovrei? Non hai nulla che io vogli vedere”, ribatté Pansy, guardandolo
dall’alto in basso con disprezzo.
Blasie uscì
dal bagno adiacente con un asciugamano legato in vita. Le si avvicinò e le
diede un bacio. “Buongiorno, tesoro”.
Pansy lanciò
uno sguardo significativo al letto vuoto di Draco e Blasie scosse la testa impercettibilmente.
Sfortunatamente
Theo, che si stava abbottonando la camicia, non si perse quei movimenti.
“Allora, Pansy, sei venuta a rintracciare il tuo amico vagabondo?”, le chiese
indicando saccentemente il letto.
“Sono venuta
a trovare il mio ragazzo”, sottolineò.
“Certo,
certo, ti credo. Come se non avessi passato gli ultimi otto anni a correre
dietro a Draco”.
Pansy gli
lanciò un’occhiataccia e tornò a voltarsi verso Blasie. “Sai dov’è?”.
“No, dev’essersi
alzato presto ed essere già andato a fare colazione”, le disse Blasie,
segnalandole invece una cosa diversa con lo sguardo, che Pansy decifrò come
segnale che Draco non aveva dormito nel suo letto.
Theo fece
una smorfia dietro di loro. “Non è tornato per tutto il fine settimana e potete
anche smetterla di parlare in codice. Non sono stupido, ha già dormito fuori
altre notti. Immagino abbia convinto qualche poteva ragazza ad avere pietà di lui
e soddisfare i suoi bisogni. Speriamo non abbia usato l’Imperio su di lei. Ha già
trascinato abbastanza nel fango il nome della casa di Serpeverde”.
Pansy si piazzò
arrabbiata di fronte a lui. “Sta zitto, Theo! Inizia a mettere in giro la voce
che Draco abbia usato l’Imperio su qualcuno e ti affatturerò le palle flaccide
che ti ritrovi”.
Theo rise. “Ti
prego, dimmi che la tua reazione di rabbia non significhi ciò che ho detto sia
vero”.
“Certo che no”,
sbottò sulla difensiva Pansy.
Theo la guardò
divertito. “Non riesco a credere sia riuscito a trovarsi una ragazza. Probabilmente
è una povera Tassorosso che ha terrorizzato per scoparsi”.
Pansy strinse
minacciosamente gli occhi. “Vattene, Theo, dico sul serio. Se sento qualcosa
riguardo le notti passate fuori di Draco mi assicurerò che la famiglia Nott
termini con te”.
Theo guardò Blasie.
“Mettile il guinzaglio, Blasie. È una dannata minaccia per la società”.
Blasie si
ispezionò le unghie con nonchalance. “Se senti il bisogno di nasconderti dietro
di me, Theo, chiederò a Pansy di fare la brava e lasciarti in pace”.
Theo arrossì.
“Non ho paura di lei”; biascicò.
“Certo che
no”, replicò Blasie, chiaramente divertito.
“Non ho paura.
Sono solo stanco di provare ad aprire la porta della mia stanza e trovarla
chiusa perché tu vuoi scopartela. Per Salazar, se anche Draco inizierà a fare
così mi rivolgerò a Lumacorno e gli racconterò tutto di voi due”.
“Smettila di
essere acido solo perché non riesci a trovarti una ragazza”, gli disse Pansy, “E
ora smamma, Theo. Gli adulti devono parlare”.
Theo le
lanciò un’occhiata cattiva ma uscì dalla stanza sbattendo la porta. “È sempre
un piacere, Theo!”, gli urlò dietro Pansy con tono fintamente dolce. Il mormorio
dall’esterno le fece capire di essere stata sentita.
“Quindi non
è tornato per tutto il fine settimana?”, chiese Pansy, riportando l’attenzione
su Blasie.
Lui si mise
i pantaloni. “No”, le rispose, afferrando poi la camicia e facendosela
scivolare addosso. “Nemmeno per cambiarsi i vestiti”.
“Non hai visto
la Granger, vero? Nemmeno ai pasti?”.
“No e l’ho
anche cercata”.
Pansy sorrise.
Blasie di solito si rifiutava di guardare i Grifondoro, dichiarando non
valessero abbastanza per il suo tempo. “Mi chiedo se si siano finalmente confessati
i sentimenti che provano”; mormorò.
Blasie alzò
gli occhi al cielo. “Immagino lo scopriremo presto. Se sono così idioti da
uscire allo scoperto, il caos che ne uscirà sarà così enorme da arrivare
persino in Australia”.
Pansy scrollò
le spalle. “Potter e Weasley non mi sono sembrati molto sconvolti. Di certo Hermione
non gli darebbe questa notizia senza prima prepararli”.
“Allora
credo siano ancora alla fase “mi piaci ma ho troppa paura di fare qualcosa a
riguardo” oppure si stiano frequentando segretamente. Comunque sia, sono noiosi”.
Lei gli fece
una linguaccia. “Non sono noiosi. Se fosse vero che si stanno frequentando
sarei felicissima per Draco”.
Blasie grugnì,
si controllò allo specchio un’ultima volta, afferrò la borsa e la mano di Pansy
e la trascinò fuori dalla stanza. “Andiamo a soddisfare la tua enorme curiosità”.
Hermione
venne svegliata da qualcuno che bussava fortissimo alla sua porta. “Hermione!”,
urlò Ron.
Imprecò
quando il braccio che le circondava la vita si strinse maggiormente in risposta
a quel rumore. Si sedette cercando di svegliare Draco ma il biondo grugnì e
seppellì il viso sotto il cuscino. Hermione controllò l’orologio ed imprecò
nuovamente, rendendosi conto di aver dormito troppo. Aveva un vago ricordo
della sveglia che suonava e di Draco che la spegneva prima di baciarla ancora pieno
di sonno. Sicuramente non era una persona mattiniera.
In ogni
caso, l’ultima cosa che voleva era che qualcuno entrasse nella stanza. Scese dal
letto, si mise addosso i primi vestiti che trovò a portata di mano ed uscì di
corsa dalla camera strofinandosi gli occhi, stando attenda a chiudere bene la
porta dietro di sé. Si bloccò in sala comune, trovando Harry e Ron accomodati
sul divano.
“Wow, Hermione,
non pensavo ti avrei mai trovata impreparata per il primo giorno di scuola dopo
le vacanze”, disse ridacchiando Ron.
“Veloce Hermione,
potresti perderti qualche minuto vitale di ripasso”, la prese in giro Harry.
“Bel
maglione. A chi appartiene? È di Hagrid?”, continuò ridendo Ron. Hermione abbassò
lo sguardo e si rese conto di aver indossato per sbaglio il maglione di Draco,
che le stava enorme.
“Oh,
smettetela. La sveglia non ha suonato”, mentì, evitando di menzionare di
essersi riaddormentata grazie al biondo Serpeverde che ancora dormiva nel suo
letto.
“Perché non
lasciamo che Hermione si faccia una doccia mentre voi andate a mangiare?”,
suggerì Ginny.
Hermione non
l’aveva nemmeno notata, seduta tranquilla nella poltrona, e le lanciò un
sorriso grato.
“Visto che
ci metterà un secolo a diventare presentabile in pubblico, credo sia un’ottima
idea. Sto morendo di fame”, disse Ron.
Sia lui che Harry
si alzarono e si avviarono verso la porta. “Vieni, Ginny?”, la chiamò Harry quando
si accorse che era rimasta seduta.
“No, aspetto
Hermione”, rispose lei.
Hermione la
guardò con un’espressione strana ma la sua amica aspettò che i ragazzi se ne
andassero. “Non ti vedo dal giorno della festa di Teddy”, commentò Ginny.
“Sì, ho
ripassato molto”, rispose vaga Hermione.
“Mmm… con
Malfoy, a quanto pare”, disse Ginny, alzandosi e rivelando sotto di lei il
mantello del biondo. “Per fortuna sono arrivata prima di quei due. Se rimane
con te o cambi la parola d’ordine così che non possano coglierti di sorpresa oppure
assicurati di non lasciare niente di suo in giro”.
Hermione arrossì
imbarazzata ma diventò di un rosso brillante quando Draco aprì la porta della
camera e ne uscì con solo i pantaloni addosso. “Granger, se mi vuoi rubare i vestiti
almeno abbi la cortesia di avvisarmi prima”.
Alzò lo
sguardo pieno di vergogna verso Ginny, che fissava incredula il biondo. “Ehm…
scura, è la prima cosa che ho trovato”.
“Riesci a trasfigurarmi
una camicia di Serpeverde? Non ho l’uniforme qui e non ho tempo di passare in
dormitorio prima dell’inizio delle lezioni”.
“Certo”,
squittì Hermione, conscia dello sguardo indagatore dell’amica.
Il biondo
sparì nel bagno e preso il suono della doccia riempì la stanza.
“Dormi con
lui?”, chiese con disapprovazione Ginny.
“No!”, squittì
ancora lei. “Beh, sì, ci dormo assieme, ma non facciamo sesso”.
Ginny si
passò una mano sulla fronte in segno di sollievo ed Hermione tornò in sé. “Non riesco
a credere tu me l’abbia chiesto!”.
“È uscito
dalla tua camera mezzo nudo, come potevo non farlo?”.
“Beh, è
comunque imbarazzante parlarne”.
“Che amica
sarei se non lo chiedessi?”.
“Una meno
impicciona!”.
“Mi impiccio
perché ci tengo. Anche se non riesco a credere di aver appena visto Draco Malfoy
senza camicia”.
Hermione rise.
“È attraente, vero?”.
Ginny provò
ad assumere un’espressione disgustata ma non ci riuscì. “Va contro tutto ciò
che credo ma sì, è un Malfoy attraente”.
“Molla l’osso,
piccola Weasley. Te l’ho già detto l’altro giorno, non c’è niente che io possa
fare che il Prescelto non ti soddisfa”.
Ginny grugnì
e si rifiutò di arrossire per essere stata beccata a fargli un complimento. Hermione,
d’altro canto, avrebbe preferito che il pavimento si aprisse e la inghiottisse.
Non era pronta al suo intervento in quella conversazione.
“Principessa,
se vuoi arrivare in orario a Pozioni devi muovere le chiappe”.
Hermione guardò
nuovamente l’orologio sopra il camino e squittì. Era davvero in ritardo ed
avrebbe saltato la colazione. Non sarebbe mai riuscita a prepararsi e mangiare,
anche perché doveva ancora svegliarsi completamente.
Trasfigurò un’uniforme
Serpeverde per Draco, che si lamentò di come il serpente sulla camicia non
fosse abbastanza dritto ma lo zittì dicendogli che avrebbe dovuto provarci lui,
se fosse stato più bravo.
Alla fine
sorrise quando la baciò profondamente di fronte a Ginny, prima di lanciarsi l’incantesimo
di Disillusione e sparire dalla stanza.
“Adora farmi
stare male, vero?”.
Hermione guardò
indagatrice Ginny. “Sai, il fatto che ti abbia conquistata e se ne vanti. Ti ha
appena baciato esageratamente proprio di fronte a me”.
“Per noi è
ancora una cosa nuova”.
Ginny la
guardò divertita. “E poi parliamo di Draco Malfoy. L’hai mai visto evitare di
vantarsi?”.
“Dovremmo
andare”, disse Hermione guardando ancora l’orologio e volenterosa di terminare
la conversazione.
Draco ghignò
osservando la sua ragazza, ancora scompigliata, entrare di corsa dalla porta
della classe e sbattere la borsa sul banco di fianco ai suoi amici imbecilli.
“Pansy è
arrabbiata con te”, disse la voce piatta di Blasie di fianco a lui.
Draco distolse
gli occhi dalla Granger e si voltò verso il compagno. “Perché?”.
“Forse perché
sei sparito per tutto il fine settimana e sai quanto odia perderti di vista”.
“Puoi
assicurarle che non sono finito a faccia in giù dento qualche voragine della
Foresta Proibita”.
“Oh, non è
stato difficile immaginare dove fossi”.
Lui strinse
gli occhi. “Allora perché non mi dici dove sono stato, se lo sai già?”.
Blasie tossì.
“Per favore, Draco, è praticamente ovvio a chiunque abbia un cervello che tu sia
stato messo nel sacco dalla nostra stimata Caposcuola. Il fatto che entrambi
abbiate saltato i pasti e lo sfoggio di quei due occhi da cucciolo che hai
appena fatto verso di lei non rendono per nulla difficile immaginarlo”.
Draco grugnì.
“Se sono così prevedibile allora perché Pansy è arrabbiata?”.
“È Pansy. Odia
non sapere per prima i pettegolezzi”.
“Le
permetterò di interrogarmi a pranzo”.
“Oh,
permettimi un avvertimento. Anche Theo ha notato la tua assenza ed ha
immaginato fosse per una ragazza. Ha anche un’affascinante teoria su come tu le
abbia lanciato un Imperio, ma guardando la ragazza in questione è certamente
possibile”.
“Vaffanculo!”.
Blasie ghignò.
“Devi ammettere che siete una coppia piuttosto improbabile”.
Draco si
limitò a fissare il compagno.
“Credo Theo pensi
tu stia con una Tassorosso”, continuò lui.
“Come se
potessi posare un dito su una di loro”, biascicò Draco.
“Ricordo
quando hai detto la stessa cosa sulle Nate Babbane, non tanto tempo fa”.
Draco non era
mai stato così contento per l’inizio della lezione di Lumacorno. Non voleva
affatto ricordare tutto ciò che aveva detto nei confronti della Granger in
passato, non lo faceva sentire bene con sé stesso. Sembrava che il proposito di
Blasie, per quell’anno, fosse elencargli tutti i motivi per cui avrebbe dovuto
starle molto lontano. Voltò la testa ancora una volta per guardarla e non
riuscì a smettere. Al momento lei era l’unica cosa positiva della sua vita. Le cose
avevano iniziato ad andare meglio quando lei aveva iniziato a ficcare il naso
nei suoi affari e lui era stato troppo egoista per volerla allontanare.
Sorrise vedendola
scribacchiare furiosamente sulla pergamena. I capelli le stavano iniziando a
sfuggire dalla coda a formarle una nuvola intorno al viso, come facevano sempre
durante Pozioni.
Venne distratto
dai propri pensieri dal rumore di sedie che graffiavano il pavimento. Alzò lo
sguardo verso la lavagna e notò che quel giorno avrebbero dovuto preparare il
Distillato della Morte Vivente, cosa ottima visto che erano ormai passati due
anni dall’ultima volta.
Si alzò
lentamente e si avvicinò alla dispensa, ghignando apertamente quando si rese
conto di chi si trovava davanti a lui. Le si avvicinò e rise quando iniziò a
passarle le dita lungo la spina dorsale e lei si irrigidì. Draco approfittò
della spinta che gli arrivò da dietro per premersi contro di lei e metterle le
mani sui fianchi. Hermione iniziò a respirare velocemente e lui decise di farla
surriscaldare maggiormente. Fece a finta di cadere ed abbassò la testa, riuscendo
così a baciarle il collo e mordicchiarla leggermente prima di leccarle il
succhiotto che le aveva lasciato. Le così rigida che ormai pensò si sarebbe spezzata.
“Draco!
Smettila”, gli sibilò.
Draco strinse
maggiormente le mani sui suoi fianchi e provò un moto di orgoglio quando la
sentì rabbrividire. “Sai benissimo che non è quello che vuoi”, le sussurrò all’orecchio.
“Qualcuno
potrebbe vederci!”.
Prima che
lui riuscisse a rispondere, una voce ostile si intromise. “Allontanati da lei,
pervertito!”.
Draco alzò
lo sguardo oltre i capelli della Granger e vide Weasley con la bacchetta in
mano, puntata contro di lui.
“Geloso,
Donnola?”.
“Toglile
subito di dosso le tue disgustose mani da Mangiamorte”, urlò Weasley.
Draco sapeva
non fosse il momento per una lunga discussione ed anche che la Granger si
sarebbe arrabbiata se avesse fatto infuriare ancora di più il suo amico. Tolse molto
lentamente le mani sai suoi fianchi, facendo in modo di metterci più tempo del
dovuto. Quando finalmente si staccò dalla ragazza, il viso del Re delle Donnole
era ormai diventato violaceo.
Si spazzolò
la veste prima di abbassarsi maliziosamente verso la strega. “Fammi sapere
quando deciderai di giocare con gli adulti, Principessa”, le disse facendole l’occhiolino.
Si avvicinò
poi alle mensole e raccolse gli ingredienti di cui aveva bisogno. Weasley e la
Granger non si mossero, rimanendo a fissarlo. Le fece nuovamente l’occhiolino e
le soffiò un bacio, prima di trascinare i piedi verso il proprio banco.
Hermione rimase
scioccata. Non riusciva a credere che Draco avesse fatto una cosa del genere di
fronte a Ron. Gli piaceva troppo rischiare. E se Ron l’avesse visto baciarle il
collo? Di certo non avrebbe creduto che non stesse succedendo nulla tra di
loro. Si morse un labbro. Era arrivato il momento di raccontare al suo amico
del suo ragazzo? Aveva pianificato di farlo nel modo più calmo possibile,
magari nelle sue stanze un giorno di quelli, non nel bel mezzo di una lezione
di Pozioni, durante la quale tutti avrebbero ascoltato.
“Ucciderò
quel tizio”, mormorò Ron.
Hermione alzò
la testa verso di lui, rosso di rabbia. “Non è niente, Ron”.
“Sì, invece.
Come ha osato molestarti?”.
Hermione doveva
pensare velocemente a qualcosa per limitare i danni. Prima o poi avrebbe dovuto
vuotare il sacco e non avrebbe di certo aiutato se i suoi amici avessero pensato
che Draco fosse una specie di pervertito che la molestava sessualmente. “Voleva
farti arrabbiare. Lo hanno spinto da dietro e mi è caduto addosso. Sarei caduta
anche io se non mi avesse presa”.
Ron si fermò
e ci pensò un attimo, mentre Hermione si compiaceva per la risposta plausibile
che le era venuta in mente su due piedi. Tra l’altro, non si trattava nemmeno
di una bugia completa.
“Non c’era
bisogno che ti toccasse così intimamente”.
“È Malfoy. Appena
hai iniziato ad urlare ha dovuto fare qualcosa di oltraggioso”.
Ron si accigliò.
“Immagino di sì”.
“Per favore,
non farne una questione di stato. Non voglio litigare ancora quest’anno”.
Ron annuì e
si spostarono dalla dispensa. Non sembrava felice però ed imprecò contro Draco mentre
tornavano ai propri posti.
“Che è successo?
Siete rimasti via un sacco di tempo”, disse Harry.
“Malfoy ha fatto
l’idiota”, grugnì Ron.
“Come?”.
“Aveva le
braccia attorno ad Hermione e faceva il viscido”.
Hermione alzò
gli occhi al cielo. “Harry, ignoralo, è solo melodrammatico. Malfoy mi ha
afferrata per non farmi cadere”.
Harry strinse
gli occhi e lei grugnì mentalmente. Allora era ancora sospettoso riguardo ai
fini di Draco. Anche se aveva ragione, sperava però che si fidasse di lei. Se non
avesse voluto che il Serpeverde la toccasse, sarebbe stata lei stessa a non permetterglielo.
Lo avrebbe di certo affatturato, altrimenti. Harry era sempre troppo iper protettivo
e spesso dimenticava che anche lei era stata al suo fianco per tutta la guerra
e sarebbe stata facilmente in grado di fronteggiare un Mangiamorte fallito.
“Smettila, Harry.
Sia tu che Ron dovete ricordare che sono più che in grado di cavarmela. Non mi
servono due guardie del corpo”.
Il suo
migliore amico ebbe la decenza di arrossire. “Lo so. Mi preoccupo solo che qualcuno
possa approfittare di te. Potrebbe facilmente sopraffarti”.
“Nel bel
mezzo di una lezione di Pozioni?”.
“Stai
attenta durante le ronde, ok?”.
“Sempre, Harry”.
“L’ha anche
chiamata principessa”, si intromise Ron, proprio quando Hermione aveva iniziato
a pensare di poter chiudere la discussione.
Harry lanciò
uno sguardo prima a Draco e poi di nuovo a Ron. “Credo gli piaccia Hermione”.
Lei si
irrigidì leggermente. A volte Harry aveva un dannato sesto senso.
Per fortuna,
non era il caso di Ron. “Ha!”, rise. “Bella questa, Harry. È Malfoy! Come se
potesse mai provare qualcosa per una Nata Babbana”.
Hermione si
unì alla risata di Ron ma si accorse che Harry non sembrava per nulla convinto.
Qualche ora
dopo, Hermione mise Draco all’angolo. Non le era piaciuto per niente il suo
comportamento.
“Che diavolo
volevi fare prima?”.
Lui ghignò. “Qualcosa
non va, Principessa?”.
Lei gli
prese il braccio. “Ron ti ha quasi beccato a baciarmi il collo. Dolevi davvero
dare scandalo di fronte all’intera classe di Pozioni?”.
Hermione notò
compiaciuta che il ghignò era svanito, così decise di enfatizzare la cosa. “Harry
è già abbastanza sospettoso riguardo le tue intenzioni e di certo non aiuta che
Ron torni al banco straparlando di come mi hai molestata”.
Draco grugnì.
“Come se io ne vessi bisogno! È solo perché quello è l’unico modo in cui la
Donnola potrebbe riuscire a trovarsi una ragazza”.
Hermione sbuffò
e si mise le mani sui fianchi. “È solo questo che hai capito del mio discorso?”.
Lui alzò gli
occhi al cielo. “Ok, ok, ho capito. Terrò lontano le mani in pubblico, così al
cervellino atrofizzato di Potter l’idiota non verrà l’ansia”.
Hermione grugnì.
“Voi tre mi farete morire. È troppo chiederti di provare ad essere civile con i
miei amici?”.
“Come
chiedere se Merlino fosse un mago”.
Hermione sospirò.
Ecco cosa si otteneva a decidere di frequentare Draco Malfoy.
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Capitolo 25 *** In Memoria ***
Cap 25
In Memoria
Hermione notò
entrare in Sala Grange i Malfoy oltre la spalla di Harry. Andromeda li aveva invitati
alla cerimonia di commemorazione ed aveva chiesto consiglio a lei se farlo o
meno. Hermione le aveva quindi risposto che pochi avevano perso quanto tanto la
sua famiglia e, se avesse voluto invitare la sorella ed il nipote, nessuno
avrebbe dovuto metterci il becco.
Sorrise contenta
rendendosi conto che avrebbero partecipato. Draco non le aveva detto nulla a
riguardo e lei non aveva voluto indagare troppo. Doveva essere stato molto difficile
decidere di presentarsi, sapendo che la maggior parte degli altri spettatori li
avrebbe considerati nemici. Tra l’altro, la cosa era stata abbastanza
spiacevole anche al compleanno di Teddy, cui avevano partecipato solo i
Weasley.
“Che ci
fanno qui loro?”, sibilò Ron, notando Draco e sua madre.
“Andromeda
li ha invitati per avere un po’ di sostegno morale”, replicò lei.
Ron aprì la
bocca un paio di volte, somigliando ad un pesce fuor d’acqua. “Beh, non sono i benvenuti.
Non dovrebbero essere qui”.
“Perché no?”,
chiese calma.
“Perché sono
dei dannati Mangiamorte, ecco perché”, sputò lui.
“Sono anche
la famiglia di Andromeda”, gli fece notare.
“Dovrebbe
sapere che non dovrebbe invitarli dove non sono benaccetti”.
“Chi sei tu
per decidere chi può partecipare o meno?”, chiese freddamente Hermione.
“Mio fratello
è morto! Dovrei poter dire la mia a riguardo! Dirò ad Andromeda di dire loro di
andarsene”.
Hermione lo prese
per un braccio appena cercò di allontanarsi. “Andromeda ha perso praticamente
tutta la sua famiglia, Ronald. Non osare andare da lei e renderle questa giornata
ancora più difficile”.
Ron guardò
esasperato Harry. “Parlale tu, amico. È pazza”.
Hermione percepì
la rabbia montare alle parole di Ron così prese qualche respiro profondo,
determinata a non trasformare la giornata in una lotta a chi urlava più forte
con il suo amico rosso. Era strano pensare che, l’anno precedente, aveva
pensato di poter essere innamorata di lui.
Harry sembrò
indeciso. Odiava i Malfoy ed avrebbe preferito non fossero presenti ma
ricordava le parole di Andromeda riguardo al dover accettare che la sua famiglia
facesse nuovamente parte della sua vita. Alla fine, scrollò le spalle e
distolse lo sguardo, non volendo rimanere invischiato in un altro litigio tra i
due amici.
Ron balbettò
un paio di volte prima di sedersi e lanciare occhiate in direzione dei Malfoy. Il
cuore di Hermione perse qualche battito. Non aveva idea di come avrebbe detto ad
Harry e Ron che Draco era, a tutti gli effetti, il suo ragazzo. Non riuscivano
nemmeno ad accettare facesse parte della vita di Andromeda e quello doveva
essere molto più accettabile.
Notò la
strega mora in mezzo alla stanza, così batté una mano sulla spalla di Harry. “Vado
a parlare con Andromeda”.
Lui annuì ma
Ron si rifiutò di guardarla. Ottimo! Se voleva mettere il muso solo perché non
era d’accordo con lei, che lo facesse pure. Non le sarebbe importato.
Si rallegrò
non appena si avvicinò ad Andromeda.
“Ciao!”, la
salutò la strega. “Mi stavo giusto chiedendo quando avresti lasciato da soli i
tuoi amici e saresti venuta da me”.
Hermione la
strinse forte. “Dov’è Teddy?”.
“Ho assunto
una babysitter. Una delle amiche di Nymphadora è stata più che felice di tenerlo
per la notte”.
“Immagino
sia troppo piccolo per queste cose, ma mi manca”.
“Gli manchi
anche tu. Continua a trasformarsi i capelli ed a farli diventare ricci e biondi”,
le disse allegra Andromeda.
Hermione arrossì
e lei la strinse per un altro abbraccio. “Sono davvero felice per te e mio
nipote”, le sussurrò all’orecchio.
Anche se era
stata lei stessa a scriverle e raccontarle la notizia, sentirselo dire faccia a
faccia era molto più imbarazzante. “Grazie”, mormorò, ignorando la sua
espressione divertita.
Si guardò attorno
per la Sala Grange, ancora incapace di credere si trattasse dello stesso posto
dell’anno precedente. “Sembra così diversa”, disse sospirando.
Il sorriso
di Andromeda si spense, quando anche lei iniziò a guardarsi attorno. “Una parte
di me ancora si incolpa per non aver preso il posto di Nymphadora. So che era
un Auror ed era stata preparata per questo, ma non credo che Bella sarebbe
stata capace di uccidere me”.
“Sbagli. Non
di vedeva più come una sorella e si sarebbe divertita molto ad ucciderti”,
rispose una voce fredda da dietro di loro.
Entrambe le
donne si voltarono e videro Narcissa di fronte a loro.
“Cissy!”,
esclamò Andromeda. “Sei venuta!”.
“Solo una
toccata e fuga. C’è anche Draco, da qualche parte. Senza dubbio starà piagnucolando
dietro l’angolo”.
“Grazie. Significa
molto per me avervi qui”.
Narcissa sorrise
appena. “Penso di doverti qualcosa, dopo tutti questi anni”.
Andromeda le
mise un braccio attorno alle spalle ed Hermione notò gli sguardi che i
partecipanti continuavano a lanciare a Narcissa. Pensò a Draco, che avrebbe di
certo ricevuto un trattamento peggiore, ma non riuscì a trovarlo scandagliando
la folla.
“Mi fa
piacere avere accanto la mia unica sorella. Ancora non riesco a credere che Bella
abbia ucciso Nymphadora”.
Narcissa fece
una smorfia. “Avrebbe ucciso entrambe se avesse significato compiacere Voldemort,
figurati una nipote”.
Andromeda si
accigliò ed abbassò lo sguardo. “Nel profondo lo sapevo, ma ancora non riesco a
non pensare a Bella come a quella ragazzina di dodici anni che ci spruzzava l’acqua
addosso in spiaggia”.
“Non era più
quella persona da molto tempo, Meda. Era davvero troppo diversa. I nostri figli
non significavano nulla per lei”.
“Ma sicuramente
andava d’accordo con Draco, no?”, chiese Andromeda.
“Era terribile
con lui. Lo ha incoraggiato a prendere il Marchio e lo ha punito orribilmente
quando non riusciva a soddisfare le aspettative”.
Hermione rimase
in silenzio. Era l’occasione più unica che rara di avere qualche notizia sulla
vita di Draco. Sembrava quasi che le due sorelle si fossero dimenticate della
sua presenza.
“Ma non lo
avrebbe ucciso, vero?”.
“Ha detto al
Signore Oscuro di farlo”.
“No!”, disse
boccheggiando Andromeda.
“Quando è
tornato la notte della morte di Silente, era disgustata da lui. È stato solo
grazie a Severus che Draco si è salvato”.
Hermione rimase
sconvolta al pensiero di come dovesse essersi sentito pietrificato ad aver
sentito la zia chiedere la sua morte.
“Pensavo Draco
fosse il suo punto debole”, commentò Andromeda.
Narcissa
diede un colpo di tosse. “Aveva un debole solo per il Signore Oscuro, se si può
chiamare persona”.
Andromeda scosse
tristemente la testa. “Viene da chiedersi quando tutto abbia iniziato ad andare
a scatafascio”.
“Abbiamo
seguito i nostri genitori, permesso che i pregiudizi oscurassero le nostre
opinioni ed incoraggiato i nostri figli a fare lo stesso. Per fortuna, alcuni
di noi sono stati abbastanza intelligenti da guardare oltre ed uscirne in tempo”,
disse Narcissa, stringendo la mano della sorella.
Gli occhi di
Andromeda si riempirono di lacrime. “Non hai idea di quanto felice mi renda
sentirtelo dire, Cissy”.
“Mi ci è voluto
un po’. Ho dovuto quasi perdere mio figlio per capire quanto io abbia sbagliato”.
“La cosa
importante è che l’hai fatto e lui c’è ancora”.
“L’ho
praticamente rovinato”, disse triste Narcissa.
“Ma non l’hai
fatto. Ora è cambiato”.
“Non grazie
a me”, disse la bionda, voltandosi verso Hermione e sorridendole leggermente. “Non
posso prendermi il merito per la salute mentale di Draco”.
Hermione arrossì
e Narcissa le mise una mano sul braccio. “Voglio ringraziarti per aver guardato
oltre la maschera che Draco indossa ed aver cercato la sua vera personalità”.
Hermione non
seppe cosa dire, soprattutto trovandosi di fronte il viso emozionato di
Narcissa Malfoy. Quella donna era sempre apparsa molto controllata in pubblico
ed aveva sempre disdegnato lei e le sue origini Babbane, in passato. Ora,
invece, si compiaceva che lei frequentasse suo figlio. Dopo aver ascoltato quella
conversazione tra le due sorelle, era molto a cui pensare. Andromeda intervenne
in suo soccorso.
“Andiamo,
Cissy, stai sopraffacendo la povera Hermione. Si è appena abituata al fatto che
anche i Malfoy provino emozioni”.
Narcissa
rise. “Mi dispiace, Hermione. Mi sono trovata io stessa a subire diversi
cambiamenti tanto da dimenticare quanto strano debba tutto ciò sembrare agli estranei”.
“Mi ricorda
così tanto Draco che la cosa non mi stupisce poi molto”, rispose Hermione, un
po’ intimidita.
“Davvero?”,
esclamò Narcissa. “La maggior parte delle persone crede Draco sia l’immagine
sputata di suo padre”.
“Solo perché
guardano solo l’aspetto fisico. Io credo invece abbia preso molto da lei”.
Narcissa le
sorrise caldamente. “Grazie. È l’ennesima prova di che buona influenza sei nella
vita di mio figlio, se già non l’avessi saputo”.
Ginny affiancò
Harry, che stava attentamente fissando un punto in mezzo alla stanza. “Cosa
guardi così serio?”, gli chiese.
“Hermione”,
rispose sospirando lui.
Ginny osservò
la Sala Grande finché notò la loro amica. “Oh!”, disse, rendendosi conto che Hermione
stava parlando con la signora Malfoy.
“È tutto
quello che hai da dire?”.
“Beh, che
vuoi che dica?”.
“Tra tutte
le persone, sta chiacchierando, sorridendo e ridendo con Narcissa Malfoy. Di
certo sarà uno shock per te”.
Ginny scrollò
le spalle. Non poteva dire molto senza tradire la fiducia che Hermione aveva
riposto in lei. “Probabilmente sta facendo un favore ad Andromeda. Cioè, qui
non ci sono molte altre persone che vogliano parlarle”.
“Non lo so”,
rispose lui. “Qualcosa mi puzza. Perché dovrebbe toccare sempre a lei?”.
“Perché è amica
di Andromeda”, gli rispose piatta. Oh, e frequenta Draco Malfoy.
“Forse”,
replicò stanco Harry.
Ginny gli
prese il volto tra le mani e lo fece voltare verso di lei. “A che cosa pensi?”.
“Sta
succedendo qualcosa con Hermione e non riesco a non pensare Malfoy sia in
qualche modo coinvolto. Continua a spuntare su e, nonostante le deboli spiegazioni
di Hermione riguardo al soprannome e le dubbie azioni di lui nei suoi confronti,
sono sicuro ci sia sotto qualcosa. Mi sta nascondendo delle informazioni e
vorrei non lo facesse”.
Ginny sospirò
mentalmente. A volte Harry era troppo perspicace per il suo stesso bene. Molti
venivano tratti in inganno vedendolo generalmente un po’ troppo sulle nuvole,
ma riusciva a sniffare il problema a chilometri di distanza, forse perché aveva
dovuto passare gli ultimi anni a leggere tra le righe. Era stato al centro dell’intera
lotta contro Voldemort ma non aveva mai saputo come stessero davvero le cose. Sperò
davvero che Hermione gli raccontasse presto di Malfoy, perché sarebbe andata
solo peggio se lo avesse scoperto da solo.
“Devi fidarti
di lei”.
“Lo faccio!”,
protestò Harry. “Le affiderei la vita”.
“Sì, ti fidi
se dovesse affiancarti e combattere con te, ma adesso non lo stai facendo
abbastanza”.
“Non posso
farne a meno. Sento che mi sta mentendo e non lo fa mai con noi”:
“Beh, se così
fosse, sono sicura abbia i suoi motivi. Non ti mentirebbe per divertimento”,
disse diplomatica Ginny.
Harry si
passò una mano tra i capelli già spettinati. “Immagino tu
abbia ragione”.
“Immagini e
basta?”, lo prese in giro, riuscendo a strappargli un sorriso.
“Ok, so che
hai ragione ma comunque non posso farne a meno. Hermione, nonostante il
cervello che si ritrova, si fida delle persone e qualcuno senza scrupoli
potrebbe approfittarne”.
“Non è così
infantile come tu e Ron la fate passare”.
“Non ha
molta esperienza con i ragazzi”, continuò testardo lui.
Ginny fece una
smorfia. “Perché tu invece ne hai molta con le ragazze. Senti, io sono la più
giovane tra di noi ma ho avuto molta più esperienza con le persone”. Dovette interrompersi perché Harry le fece una linguaccia. “Andiamo, sai
che è vero. Tu, Hermione
e Ron eravate sempre di corsa per cercare di salvare il mondo. Non avevate di
certo molto tempo per socializzare”.
“Me la cavo
bene!”, soffiò lui.
“Sì, con le
persone con cui condividi la sala comune ma, eccetto Luna, hai davvero passato
del tempo con quelli di altre case?”.
“Con Ernie,
Justin, Hannah, Michael…”, iniziò ad elencare Harry.
“Sì, e li
hai allenati in Difesa Contro le Arti Oscure, ma non ti sei mai seduto con loro
a chiacchierare ad eccezione dei momenti assieme a causa dell’Esercito di Silente”.
Harry rimase
in silenzio e lei lo interpretò come un segnale per continuare. “Comunque, come
dicevo, Hermione è grande e se la caverà e, anche se così non fosse, deve
sbagliare da sola per poter imparare”.
“No, con
Malfoy non deve”, disse testardo lui.
Ginny ci
rinunciò, gli stava già mentendo abbastanza ed Harry sarebbe stato estremamente
arrabbiato con lei quando l’avrebbe finalmente scoperto. Gli mise una mano sul
braccio e lo condusse verso le gemelle Patil. “Fidati di lei, Harry”.
Hermione rimase
a parlare con Andromeda e Narcissa finché la breve cerimonia non cominciò.
Durante la commemorazione il Ministero della Magia volle donare anche alcune medaglie.
Diversi Auror e Membri dell’Ordine vennero insigniti dell’Ordine di Merlino,
assieme a lei, Harry e Ron, nonché Severus Piton. Secondo lei il tutto era
stato assolutamente non necessario, ma immaginò dovesse far parte del processo
di guarigione.
Sul palco,
stringendo forte il premio, scandagliò la Sala alla ricerca di Draco. Non lo
vedeva da quando l’aveva notato entrare di sfuggita assieme a Narcissa. Alla fine,
lo trovò appoggiato alla porta. Non riuscì a vedere che espressione avesse ma
sorrise comunque nella sua direzione.
Finalmente la
cerimonia finì ed Hermione riuscì a sfuggire agli occhi che la fissavano. Si diresse
alle porte, dove Draco la stava aspettando. Appena lui la vide arrivare, scivolò
via. Lei lo seguì su per un paio di rampe di scale, dove non ci sarebbe stato
sicuramente nessuno a guardarli. Tra l’altro, era anche orario di coprifuoco
per cui gli studenti sarebbero stati molto distanti.
Quando lo
raggiunse, Draco era già appoggiato al muro con un’espressione seria. Gli si
mise di fronte e con una mano gli accarezzò una guancia. “Ehi”, sussurrò.
Lui le
sorrise ma con il dolore e la rabbia negli occhi. “Cosa c’è che non va?”, gli
chiese.
Draco scosse
la testa. “Draco, non fare così. Se vogliamo che questa relazione funzioni
dobbiamo essere onesti l’uno con l’altra”.
Lui tossì. “Siamo
pazzi a credere che possa durare per più di qualche settimana. Questa sera mi
ha ricordato perché non possiamo stare assieme”.
Hermione percepì
la rabbia affiorare e lo colpì al petto. “Non osare fare il pessimista! Nessuno
mi ordinerà chi io debba frequentare!”.
“Granger, almeno
hai notato le occhiate che hanno lanciato a me e mia madre?”.
“Le ho
viste!”, sbottò lei. “Non capisco perché siano importanti”.
Lui le prese
il polso. “Tu sei la piccola Miss Perfezione, la ragazza che è rimasta accanto
ad Harry Potter e lo ha aiutato a sconfiggere il Signore Oscuro. Io sono l’opposto.
Ho preso il Marchio Nero a sedici anni, per la barba di Merlino!”.
“Non capisco
perché dobbiamo parlarne di nuovo”, rispose soffiando Hermione.
“Perché è
importante. Fuori, nel mondo reale, lontano dalla sicurezza della tua sala
comune, importa chi sei”.
Hermione si
divincolò dalla presa e si mise le mani sui fianchi. “Non mi importa! Non mi è
mai importato ciò che pensa la gente. Ciò che mi interessa è che ti amo, Draco”.
Lui si
bloccò e rimase di sasso, così come lei. Non aveva neanche mai ripetuto quelle
parole nella mente, ma non si pentiva di averle pronunciate. Appena avevano
lasciato le sue labbra, aveva capito fossero la verità. Lo amava davvero. Si era
fatto strada verso il suo affetto ed il suo cuore. Era un idiota impossibile, burbero
e che entrava sempre sulla difensiva ma poteva anche diventare sensibile e dolce
e, per di più, stava male. Le aveva permesso di capirlo e lei si era innamorata
di quella persona, mentre ora cercava di portargliela via. Beh, lei non ci
sarebbe stata.
Draco si
voltò. “Non puoi amarmi”, grugnì.
“Beh, invece
lo faccio”, insistette testarda lei.
Lui la prese
per le spalle. “Hermione, tu non hai sentito le cose che stavano dicendo quando
parlavi con mia madre, le parole denigratorie che si riferivano a te ed a lei. Immagina
cosa potrebbero dire quando scopriranno di noi”.
Hermione lo
guardò candidamente. “Mi confondi con una persona a cui importa qualcosa di ciò
che dicono gli idioti. Loro non ti conoscono e non permetterò che degli insulsi
pettegolezzi definiscano ciò che abbiamo”.
La tensione arrivò
alle stelle. Draco si abbassò ed appoggiò la fronte contro la sua. “Sono egoista.
Dovrei andare via invece che farti passare tutto questo, ma non posso”.
Lei gli
sorrise teneramente. “E credi che accetterei di fare la parte della piccola e
debole martire che ti permetterebbe di fare così? Io combatterei. Non sono un fiorellino,
Draco”.
“No, sei una
fiera leonessa Grifondoro”, la prese in giro.
Hermione gli
tirò giocosamente un pugno. “E allora non dimenticarlo!”.
Draco si avvicinò
ancora di quei pochi centimetri per poterla baciare. Ci mise tutte le sue
emozioni ed Hermione le percepì una ad una. Probabilmente non lo avrebbe mai
ammesso ma anche lui provava le stesse cose per lei.
Sciogliendosi
nel suo abbraccio, Hermione mancò di notare il rumore di una scarpa che sbatteva
contro il muro.
Neville si
tolse il Mantello dell’Invisibilità appena tornato in dormitorio e si sedette
sul letto ripensando alla scena a cui aveva appena assistito. Avrebbe dovuto rimanere
in Sala Grange ma non ne aveva avuto il coraggio. Aveva presenziato per qualche
minuto ma si era dileguato appena prima della cerimonia delle medaglie grazie
al mantello di Harry, che aveva preso in prestito per poter requisire un libro
dalla sezione proibita della biblioteca, e di certo non sarebbe tornato ora. Si
sentiva troppo a disagio.
Passandosi le
mani sul viso, cercò di digerire ciò che aveva visto. Si era già sentito in colpa
per aver permesso che Hermione entrasse in confidenza con i Serpeverde ed ora,
dopo averla beccata con Malfoy, si colpevolizzava ancora di più per non essere
intervenuto. Harry aveva già qualche sospetto su una loro possibile relazione e
ne aveva parlato molto. Sembrava che, alla fine, avesse ragione.
Ora doveva
decidere cosa fare. Quando Hermione gli aveva confessato il proprio
coinvolgimento con il biondo le aveva detto che, se si fosse spinta troppo oltre
con Malfoy, l’avrebbe aiutata. Nonostante le sue rassicurazioni che non sarebbe
stato necessario, ormai era successo ed ora era in dubbio. Raccontarlo ad Harry
avrebbe di certo causato una lite, ma non credeva fosse un bene che Hermione stesse
nascondendo la cosa. Se fosse andato tutto bene tra quei due di certo l’avrebbe
già raccontato ad i suoi amici.
Neville appallottolò
il mantello e lo rimise nel baule del compagno. Non c’era motivo di aspettarlo
lassù. Non voleva che anche Dean e Seamus sentissero e non era nemmeno sicuro
di dovergli parlare di fronte a Ron. Il temperamento del rosso era così volubile
che avrebbe fatto più danni che altro, ma sarebbe stato difficile separarlo da Harry.
Avrebbe dovuto solo sperare che lui lo tenesse sotto controllo. Si avviò
nuovamente verso la sala comune, praticamente vuota, e scelse una comoda poltrona
all’angolo su cui sedersi, aprendo il libro di Erbologia in attesa dell’amico.
Harry entrò
in sala comune un paio d’ore dopo, un po’ sciupato, cosa che fece desistere
Neville per qualche secondo. Sarebbe stata una buona idea aggiungere preoccupazioni
a quelle che sembrava avere già? Però era sicuro avrebbe voluto saperlo,
piuttosto che rimanere nell’ignoranza.
“Harry!”, lo chiamò Neville. “Posso parlarti un attimo?”.
Harry si
voltò e lo notò seduto nell’ombra. “Sì, certo”. Poi vide la sua espressione. “Va
tutto bene?”.
Il ragazzo
sorrise appena. “Non proprio, ma non so come dirtelo”.
L’istinto di
Harry si risvegliò. Neville non era uno che si preoccupava se non fosse stato
davvero necessario e di certo non gli avrebbe parlato se non fosse stato
importante, così aspetto. Sapeva che sarebbe arrivato al punto.
Neville si
passò una mano tra i capelli. “Davvero non so come iniziare, ma riguarda Hermione.
L’ho vista con Malfoy questa sera e … ehm… si stavano baciando”.
Ci volle
qualche secondo perché Harry digerisse l’informazione. Il primo istinto fu
quello di ridere e dire al compagno di raccontarne un’altra. L’espressione seria
di Neville, però, la diceva lunga e non lo avrebbe mai preso in giro con una
cosa del genere.
Si lasciò
cadere pesantemente sulla sedia. “Che cosa?”, rispose debolmente.
“Ho visto Hermione
con Malfoy. Penso si frequentino”.
“No!”,
mormorò Harry.
Draco camminava
su e giù per la piccola sala comune della Caposcuola di Grifondoro. Era tornato
velocemente in Sala Grande per accompagnare la madre alla connessione
Metropolvere, che era stata preparata specificamente per permettere il passaggio
degli ospiti dentro e fuori Hogwarts, ed aveva notato la Granger assieme alla
famiglia Weasley, dove sembrava felice e contenta.
Lui, d’altro
canto, si sentiva confuso. Non riusciva a credere gli avesse detto di amarlo e
non era sicuro di cosa fare. Si era appena abituato all’idea di pensare a loro
due come una coppia ed ora lei aveva tirato in ballo la parola con la A. Da una
parte si era sentito voluto ed eccitato al pensiero che una strega così
brillante fosse innamorata, mentre l’altra gli urlava che stava succedendo
tutto troppo in fretta. Anche lui provava delle emozioni profonde nei confronti
della Grifondoro e non aveva mai pensato di poter provare così tanto
attaccamento verso qualcuno ma, in ogni caso, non si sentiva ancora pronto ad
ammettere qualcosa di così drastico.
La porta si
aprì ed entrò la Granger, che si bloccò e gli sorrise. “Non ero sicura saresti
stato qui”.
Lui scrollò
le spalle. “Non c’è altro posto nel castello dove vorrei essere”.
Lei sorrise apertamente
e gli si avvicinò. “Nemmeno io”.
Gli si
fiondò tra le braccia e sospirò, affondando la testa nel suo collo. “Volevo
farlo anche in Sala Grande”.
“Cosa? E
dare inizio ad una rivoluzione?”.
Draco la
sentì ridere contro la sua clavicola. “Magari dovremmo fuggire?”, suggerì
speranzosa.
“Ottimo”, disse
sarcastico. “Così potranno incolparmi di rapimento ed omicidio”.
“Odio tutto
questo nascondersi e dileguarsi”, mormorò. “Magari potresti salvarmi da una
situazione pericolosa, così tutti ti adorerebbero”.
Draco fece
una smorfia. “E adesso mi suggerirai di usare la Polisucco per trasformarmi in Potter
e sbaciucchiarmi nei corridoi”.
Hermione alzò
la testa e gli fece una linguaccia. “Non la stai prendendo seriamente”.
Lui ghignò
divertito. “Perché tu sì”?.
La ragazza
rise leggermente. “Ok, ammetto di star facendo la stupida”.
“Hermione Granger
ci riesce? Veloce, devo avvisare la McGranitt e Madama Pince!”.
Hermione lo
guardò. “Non è divertente”.
“Sai che ti
saresti trasformata in una di quelle vecchie acide, se non fosse stato per me?”.
Hermione si
spostò e si mise le mani sui fianchi. “Certo che no!”, rispose sorridendo
malignamente, per poi inclinare la testa e guardarlo dall’alto in basso. “E
comunque, la McGranitt ha avuto una storia d’amore alla nostra età”.
“Qualcuno si
è innamorato di quella?”, chiese incredulo lui.
“Draco!”,
obiettò Hermione. “La McGranitt è una strega potente, intelligente, gentile e
dolce. Perché qualcuno non vorrebbe innamorarsi di lei?”.
“Forse perché
ha una faccia che potrebbe far cagliare il latte”.
“Sei così
insulso! Per te tutto ruota attorno all’aspetto fisico”.
“No, invece.
Ha anche un carattere identico alla faccia”.
La Granger
sbuffò, chiaramente poco divertita, così lui decise di rallegrarla. “Allora,
chi era questo amante maledetto?”.
“Un fattore babbano”.
“Ti pareva”,
mormorò Draco.
Hermione lo
ignorò e lo guardò seria, continuando a parlare. “Ma la mamma della McGranitt aveva
dovuto rinunciare alla magia per sposare suo padre, mentre lei non avrebbe mai
potuto nascondere quel suo lato ed aveva visto il dolore che ciò aveva causato
a sua madre”.
“Come fai a
saperlo?”, le chiese affascinato.
“Me lo ha
detto lei”.
“Pensavo avesse
la bocca cucita come Piton”.
“Le piaccio.
Sono la sua preferita”, disse la Granger con un enorme sorriso.
Lui le mise
un braccio attorno alle spalle e la condusse in camera. “Non lo farebbe, se scoprisse
che mi frequenti. Penserebbe tu sia pazza”.
“O quello oppure
che hai usato un Imperio su di me”.
Draco rise
cupo e la Granger lo guardò sorpresa. “Cosa?”, gli chiese.
“Mi hai appena
ricordato il modo in cui Theo crede io sia riuscito a trovare una ragazza. O quello,
o che abbia terrorizzato una Tassorosso per scoparla”.
“Nott sa che
hai una ragazza?”.
“Credo sia
un po’ difficile spiegare altrimenti le mie continue assenze”.
“Gli hai
detto che sono io?”.
“Per caso lo
sa tutta Hogwarts?”.
“Lo prendo come
un no”.
“Intelligente”,
le disse congratulandosi.
Di norma
quella frase gli avrebbe fatto guadagnare una sberla dalla Granger ma in quel
momento lei non gli stava prestando molta attenzione. Piuttosto, fissava il letto.
Draco iniziò a battere il piede a terra, impaziente perché tornasse a
concentrarsi su di lui. Le ci vollero circa trenta secondi, cosa che non gli
piacque. Finalmente tornò ad alzare la testa e lui si bloccò alla vista della scintilla
che aveva negli occhi. La Granger diventava sempre pericolosa, in quei casi. L’aveva
notata per la prima volta quando gli aveva tirato quel pugno al terzo anno e di
nuovo al quinto quando aveva mentito alla Umbridge, nonché durante la battaglia
finale. Di solito significava stesse macchinando qualcosa o che fosse troppo
concentrata. Non osò pensare cosa potesse volere in quel momento.
Non dovette
comunque aspettare molto, perché lei gli saltò letteralmente addosso,
prendendolo alla sprovvista con il suo peso e facendolo cadere sul letto. Finirono
aggrovigliati, ma la Granger non si allontanò e presto lo bloccò con la schiena
sul materasso. Gli sorrise tronfia e si abbassò per baciarlo. Di norma era lui
che prendeva l’iniziativa, ma questo gli piaceva. La ragazza sembrava determinata
ad assumere il controllo, quella sera, così si rilassò contento e le permise di
fare ciò che voleva.
Fu solo quando
la sentì togliergli la camicia e la vide iniziare a svestirsi che decide di
provare a farla rallentare. La situazione stava diventando troppo bollente e
non era sicuro sarebbe riuscito a fermarsi se avesse continuato. Non pensava nemmeno
fosse pronta per quel passo.
“Credo
dovremmo fermarci, ora”, la pregò.
Hermione non
rispose nemmeno ed iniziò a baciargli il petto. “Ehm… Hermione, devi fermarti”,
insistette lui.
“Perché?”, gli
chiese, finalmente prestando attenzione alle sue parole.
“Perché fra
un minuto perderò il controllo”.
Lei gli sorrise
maliziosa. “Era questo l’intento”.
“Non hai
capito, Principessa. Se continui il mio corpo si aspetta di arrivare fino in
fondo”.
“E allora? Se
fosse questo ciò che voglio?”.
Draco la
fissò. “Cosa?”.
Hermione alzò
gli occhi al cielo. “E se volessi che arrivassimo fino in fondo?”.
Draco non
riusciva a capire ciò che stava dicendo e si sentiva un po’ confuso, come se
non se lo fosse aspettato. Non avrebbe mentito dicendo che non ci aveva pensato,
perché non era vero. Trovava incredibilmente attraente la Granger ed il suo corpo
lo tradiva ogni volta che le si avvicinava. In ogni caso, non gli piaceva il
ghigno divertito che le era rimasto impresso sulle labbra mentre lui continuava
a fissarla. Hermione si tolse da sopra di lui.
“Beh, se non
vuoi fare sesso, Draco, devi solo dirlo”.
Lui la prese
per i fianchi e la fermò. “Non è questo. Certo che voglio, ma non credo tu l’abbia
mai fatto prima”.
“Infatti”,
replicò lei.
“E sei
sicura di volerlo fare adesso?”.
Hermione ringhiò.
“Draco, perché devi sempre mettere tutto in discussione?”.
“Perché, di
solito, perdere la verginità è una cosa importante”.
“Non è che
io abbia scelto un estraneo a caso in qualche discoteca ed abbia deciso di
buttarmi. Sei il mio ragazzo, penso dovremmo farlo prima o poi”.
“Ma non ci
vediamo da molto”, le fece notare.
“No, ma ti
amo e ti conosco da molto tempo”.
Draco fece
una smorfia. “Non sono mai stato carino con te”.
Hermione gli
pizzicò la fronte. “Perché lo rendi così difficile? La maggior parte dei
ragazzi a quest’ora mi starebbero togliendo le mutande e, comunque, abbiamo
passato gli ultimi mesi a conoscerci piuttosto bene”.
“Non voglio
tu poi te ne penta”.
“Dammi un po’
di fiducia. Non sono una stupida ragazzina che prende delle decisioni troppo
grandi per lei. Ho diciannove anni”.
“E vuoi
davvero farlo?”.
“Sì!”,
esclamò esasperata lei.
Draco la
guardò negli occhi e notò la sua determinazione. Per qualche motivo, questo gli
fece cambiare idea. La scintilla era tornata e significava che, ance se magari
stava per fare qualcosa di irrazionale, lo voleva davvero. Ci provò un’ultima
volta.
“Sicura non sia
perché ti ho detto che Theo pensa io mi stia facendo una Tassorosso?”.
Hermione imprecò.
“Potrei aver preso l’idea da l’, ma non sono così mentalmente malleabile da
sentirmi minacciata e, comunque, avresti difficoltà a trovare una Tassorosso
che voglia dormire con te”.
Lui sbuffò,
sentendosi insultato. “E questo cosa dovrebbe significare?”.
“Che non sei
esattamente un grande acchiappo tra di loro”, gli rispose con un sorriso.
“Dovrebbero
sentirsi fortunate a baciare un Malfoy”, biascicò Draco.
Hermione rise.
“Dobbiamo davvero litigare su questo quando potremmo invece fare qualcosa di
molto più piacevole?”.
Draco le
fece una linguaccia e lei rise. “Sei adorabile quando ti lamenti”, lo prese in
giro prima di abbassarsi e baciarlo di nuovo.
Draco la
spinse via leggermente. “Io non mi lamento!”, obiettò.
“Certo che
no”, lo rassicurò Hermione. “Ora sta zitto e baciami”.
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Capitolo 26 *** Rivelazioni ***
Cap 26
Rivelazioni
Harry si
prese il viso tra le mani e si fissò i piedi. C’era qualcosa che non andava in
Hermione da ormai qualche mese e gli sarebbe piaciuto ignorare il tutto ma
aveva avuto la sensazione che le sue deboli spiegazioni non fossero vere ed ora
sapeva perché. Hermione e Malfoy! Non sembrava possibile. “Come? Quando?”,
chiese a Neville.
Neville lo
guardò comprensivo. “Non lo so”, replicò onestamente. “Li ho visti questa sera
mentre tornavo dalla biblioteca”.
Harry chiuse
gli occhi. Non voleva sul serio dare voce alla seguente frase ma non riuscì a
trattenersi. “Raccontami esattamente ciò che stavano facendo”.
Neville non
lo guardò con l’espressione di compassione che si sarebbe meritato. “All’inizio
sembrava stessero litigando. Hermione penso lo stesse pregando di fare
qualcosa, poi si è arrabbiata e Malfoy si è girato. Alla fine, comunque, per
qualsiasi cosa stessero discutendo devono averla risolta. Si sono abbracciati e
poi baciati”, gli spiegò.
Harry provò
un conato di vomito alla descrizione dell’immagine che le parole di Neville gli
avevano marchiato nel cervello. Riusciva a malapena a digerire il pensiero di
Hermione in intimità con qualcuno ma Malfoy? Era troppo da sopportare, anche se
spiegava alcune cose che erano successe nei mesi precedenti e che lo avevano
fatto sentire a disagio. Per prima cosa, perché Malfoy era stato ben felice di
allungarle la borsa di alcool quando invece avrebbe voluto affatturare lì e
Ron? E poi c’era anche il fatto che la chiamava Principessa con tono scherzoso,
oltre che l’intero incidente durante la lezione di Pozioni della settimana
prima. Ron aveva insistito che Malfoy stesse molestando Hermione, ma lei aveva
velocemente chiuso la questione.
Neville
interruppe il suo fiume di pensieri. “Non è tutto, Harry”.
“Aspetta,
c’è altro?”.
Il compagno
annuì. “All’inizio di marzo, ho beccato Malfoy che usciva dalla stanza di
Hermione. Lei mi ha giurato che non fosse niente, che lo aveva trovato a vagare
per i corridoi e lo aveva portato in camera sua perché era ubriaco”.
Harry
ripensò a quel giorno e grugnì. Ricordava quella mattina di marzo, quando erano
andati a prendere Hermione per fare colazione. C’erano delle coperte sul divano
e la fiaschetta di Malfoy sul tavolino da caffè.
“È successo
prima o dopo che siamo andati a fare colazione?”, gli chiese.
Neville si
accigliò. “È passato molto tempo, Harry, come faccio a ricordarmelo?”.
“Provaci”.
Il mago ci
pensò qualche minuto, mentre Harry aspettava impaziente.
“Penso foste
già andati giù. La sala comune era deserta ed io mi ero svegliato tardi mentre
il dormitorio era vuoto”.
Harry annuì,
avendo la conferma dei suoi sospetti. Malfoy era lì quando loro erano entrati.
Hermione doveva averlo nascosto nella sua camera. Gli era anche sembrata un po’
sfuggente, quel giorno, ed ora sapeva il motivo.
“Perché non
me lo hai detto prima?”.
Neville
assunse un’espressione colpevole. “Ne ho parlato con Hermione, mi ha assicurato
che non ne sarebbe rimasta troppo coinvolta”.
Harry
sbuffò. “Non riesco a credere tu le abbia permesso di rassicurarti. Avresti
dovuto venire dritto da me”.
“Dammi
tregua, amico. È adulta ed ho scelto di credere che non avrebbe voluto
avvicinarsi così tanto a Malfoy. E comunque può anche provare molta compassione
ma non è così debole”.
Harry emise
un suono di frustrazione. “Beh, certo che lo è se ha permesso che Malfoy le
facesse quattro moine e la intrappolasse in una relazione”.
Prima che
Neville potesse replicare, il ritratto si aprì ed entrò Ginny, che parlava
concentrata con Demelza Robbins. Vide Harry e Neville e li salutò con la mano.
“Ehi”,
iniziò a dire, ma si rese conto della tensione sul viso di Harry. “Che c’è che
non va?”.
Harry
continuò a fissare il vuoto della sala. Stava facendo fatica a digerire il
tutto e, anche se aveva sentito la domanda di Ginny, non aveva né le parole né
la forza di risponderle in quel momento.
Neville si
intromise prima che il silenzio si prolungasse e Ginny si arrabbiasse per
essere stata ignorata.
“Ho visto
Hermione con Malfoy questa sera”, disse Neville.
Se lui od
Harry le avessero prestato attenzione, avrebbero notato la brevissima
espressione colpevole che Ginny si affrettò a nascondere, mascherandola dietro
alla preoccupazione. “Che intendi?”, gli chiese.
Neville
sembrò incerto se continuare o meno ma Harry gli fece cenno di proseguire. Non
avrebbe potuto nascondere la cosa a Ginny e probabilmente gli sarebbe servita
la sua opinione. Sarebbe stato difficile dirlo a Ron, però, e quel pensiero lo
stressò parecchio. Ron era il tipo di persona che agiva prima di pensare e non
era mai riuscito a controllarsi quando si era trattato della vita amorosa di
Hermione. La nausea tornò a farsi vita, al pensiero di Hermione, Malfoy e vita
amorosa nella stessa frase.
“Ehm.. ho
visto Hermione baciare Malfoy”.
Ginny
boccheggiò. “Cosa? Quando? Come?”, improvvisò.
“Al terzo
piano. Stavo tornando dalla biblioteca e li ho visti in un corridoio”.
“Hai capito
quello che stavano dicendo?”, gli chiese.
Neville
arrossì. “Non sono una spia! E comune di certo mi avrebbero sentito se avessi
cercato di avvicinarmi”.
Harry non
prestò attenzione al discorso. Stava giusto cercando di superare lo shock per
la rivelazione di Neville e si stava arrabbiando. Non aveva mai pesato di poter
provare così tanta rabbia nei suoi confronti, eppure stava accadendo. Era
infuriato che lei glie lo avesse nascosto ed irritato che si fosse messa in
quella situazione con Malfoy. Che cosa aveva pensato? Era un bigotto
Purosangue. Una persona orribile che le aveva reso la vita un inferno. Quante
volte l’aveva insultata crudelmente per il suo aspetto ed il suo sangue? Eppure,
eccola lì a baciarlo, e non aveva nemmeno tenuto in considerazione che Malfoy
fosse un Mangiamorte appena uscito da Azkaban.
All’improvviso
si alzò, allarmando sia Neville che Ginny. “Vado da lei”, decise.
Neville
annuì concorde, come se se lo fosse aspettato. Ginny, invece, gli si mise
davanti. “Credi davvero sia una buona idea, adesso?”.
“Devo sapere
che diavolo pensa”.
“Harry, è
molto tardi e non credo che arrivare abbaiando in camera sua, al momento, ti
farà ottenere risposte”.
“Non mi
interessa. Devo sapere ciò che sta succedendo”, rispose testardo.
Tentò di
girarle attorno, ma Ginny lo prese per un braccio. “Non penso sia un’idea
saggia. Sei sconvolto, arrabbiato e finirai per urlarle addosso, il che metterà
la vostra amicizia in pericolo”.
“Ginny,
toglimi le mani di dosso e lasciami andare”.
“No”,
replicò la sua fidanzata. “Adesso non vai da nessuna parte. Aspetterai e le
parlerai domani mattina”.
“NON VOGLIO
ASPETTARE FINO A DOMANI!”, urlò lui, perdendo la pazienza.
Ginny lo
guardò come faceva Molly Weasley e lanciò un Muffliato attorno a loro. “Harry,
non serve svegliare l’intera torre e, tra l’altro, hai appena dimostrato ciò
che stavo dicendo”, constatò.
Harry si
passò irritato una mano tra i capelli. “Che intendi?”.
“Andrai ad
urlare e gridarle addosso. Che cosa credi di poter ottenere, così”.
“Mi sentirò
meglio per tutta questa fottuta situazione”, grugnì lui.
“Precisamente.
Ti toglierai la soddisfazione di distruggerla, ma non otterrai risposte e
creerai una voragine tra te e lei. È questo ciò che vuoi?”.
Harry iniziò
a camminare avanti e indietro. “No! Voglio solo metterle un po’ di sale in
zucca!”.
Ginny gli
sorrise. “Per farlo, dovrei esserle molto amico, molto più di quanto potresti
essere se andrai da lei adesso”.
“Ginny ha
ragione, Harry”, si intromise Neville. “Hermione è testarda come te. Se
qualcuno venisse da te nel bel mezzo della notte ad urlarti addosso, come
reagiresti?”.
Harry sbuffò
e si accasciò sul divano, prendendosi la testa tra le mani. “Ok, ho capito.
Aspetterò che mi passi la rabbia e poi le parlerò, prima di rendere la
situazione peggiore”.
“E non vuoi
nemmeno correre il rischio che ti affatturi”, aggiunse Neville. “Non ho ancora
dimenticato il Pietrificus che mi ha lanciato al primo anno”.
Harry non
riuscì a non sorridere ricordando quei momenti più semplici. Almeno, semplici
nel senso che non c’era pericolo di beccare Hermione e Malfoy sbaciucchiarsi.
All’epoca i buoni erano tali ed i cattivi idem, ed Hermione lo detestava nel
profondo.
La
frustrazione, però, rimase. Non era mai stato una persona paziente e preferiva
agire piuttosto che stare seduto a pensarci. Era sempre stata Hermione
l’addetta ai piani ed alle ricerche. Non era semplice, per lui, rimanere senza
fare nulla nell’attesa.
Neville
sembrò capire che avrebbe passato la notte sul divano. “Buona notte”, mormorò
ad Harry e Ginny.
Harry annuì
in risposta, ancora irritato che il ragazzo non si fosse rivolto a lui mesi
prima. Avrebbe potuto sniffare il coinvolgimento di Hermione già all’epoca, prima
che le ne rimanesse invischiata.
“Abbiamo
fatto qualcosa di sbagliato?”, chiese a Ginny. Erano rimasti seduti in silenzio
per almeno quaranta minuto.
“Mmm?”,
rispose assonnata lei.
“Abbiamo
fatto qualcosa per spingere Hermione tra le braccia di Malfoy?”, ripeté Harry.
Ginny si
sedette. “No!”, esclamò. “Non credo Hermione si sentisse isolata e poco amata”.
“Sicura?
Cioè, noi abbiamo passato la maggior parte del tempo a giocare a Quidditch
quest’anno, una cosa per cui lei non prova alcun interesse”.
Ginny
ripensò alla sera in cui Ron aveva fatto la proposta di matrimonio ad Hannah ed
a ciò cui aveva presenziato la mattina dopo. La prima risposta che le venne in
mente fu che non avessero dimenticato la loro amica, ma poi ricordò quella
notte. Hermione non sapeva nemmeno cosa volesse fare Ron. “Immagino di sì, un
po’. Cioè, non sapeva nemmeno che Ron volesse fare quella proposta ad Hannah”.
Harry
sospirò. “Non ho nemmeno pensato di dirglielo. Non mi è neanche passato per la
mente che lei non lo sapesse”.
“Ma poi io
le ho parlato. Credo fosse ferita ma non provava rancore”.
“Però forse
è il motivo per cui ha iniziato ad avere dei segreti”.
Ginny era
piuttosto sicura avesse invece iniziato perché sapeva quanto male sarebbe stata
presa la sua decisione di aiutare Malfoy in qualsiasi forma o modo, da parte
dei suoi amici. Dopotutto, la sua stessa reazione non era stata egregia.
Ecco perché
aveva fatto del suo meglio per fermare Harry. Niente di tutto ciò che lei le
aveva detto nella foga del momento sarebbe stato comparabile a quanto ferita si
sarebbe sentita se fosse stato Harry a fare la stessa cosa. Se si fossero
irrimediabilmente separati, ne sarebbero rimasti distrutti. Erano amici da
troppi anni ed erano rimasti l’uno al fianco dell’altra a combattere.
Ginny
comunque non poteva rivelargli tutto questo, almeno non senza raccontargli che
lei già sapeva della relazione. Quella sera, di certo, non aveva bisogno di
saperlo. Lo avrebbe solo fatto infuriare di più e reso ancora più incline ad
andare direttamente dalla Caposcuola.
“Non puoi
decidere chi ti piace”, replicò semplicemente.
“Ma è
Malfoy. Perché dovrebbe anche solo piacere ad Hermione?”.
“Non lo so,
Harry. Dovrai chiederglielo”.
“Penso abbia
perso la testa”.
“Ti
suggerisco di non dirle questo. La farai solo arrabbiare di più”.
“Non sono
Ron! Io ho un po’ di tatto”, esclamò Harry.
Oh, Merlino!
Ron! “Dov’è Ron?”.
“Con
Hannah”.
“Dove?”,
chiese confusa Ginny.
“La Stanza
delle Necessità, ovviamente”.
Ginny scosse la testa. Lo stress di dover trattenere Harry dal presentarsi come una furia da Hermione
e probabilmente anche da Malfoy la faceva pensare più lentamente! Nonostante la
Stanza delle Necessità fosse stata distrutta dall’Ardemonio di Tiger, era
comunque rimasta intatta, continuando ad essere frequentata dalle coppiette
soprattutto se appartenenti a case diverse. Ron ed Hannah di solito ci andavano
durante i fine settimana.
“Grazie a Merlino”, mormorò.
“Sì,
immagino siamo fortunati non sia qui. Puoi anche riuscire a calmare me, ma
dubito Ron ti ascolterebbe”, le disse lui, rimettendole a posto una ciocca di
capelli.
Ginny sospirò
di sollievo al tentativo di Harry di prenderla in giro, significava stesse
sbollendo. Non pensò nemmeno per un secondo che stessa iniziando ad accettare
la relazione di Hermione con Malfoy ma, perlomeno, non le avrebbe urlato in
faccia appena l’avesse vista.
“Che cazzo???”.
Hermione si
svegliò di soprassalto ed aprì gli occhi, trovandosi di fronte Harry infuriato.
Essendo andata a dormire molto tardi, le ci volle un attimo per far funzionare
il cervello ma presto la realtà della situazione le piombò addosso quando si
rese conto di un corpo caldo addossato a lei. Oh, Merino, il suo segreto era
stato scoperto nel peggior modo possibile.
Il braccio
le venne afferrato con forza e venne trascinata lontano da Draco. Hermione squittì
ed afferrò di scatto il lenzuolo, non volendo traumatizzare uno dei suoi
migliori amici. Sfortunatamente, quel gesto fece scivolare via il tessuto anche
da Draco, che rimase sdraiato a letto con indosso solo le mutande. L’aria fredda
e la mancanza di Hermione lo svegliarono e lui si sedette sull’attenti.
Comprese la
situazione piuttosto velocemente. “Vai a quel paese, Potter”, biascicò.
Harry osservò
il biondo mezzo nudo sul letto mentre Hermione non sapeva dove posare lo
sguardo. Non voleva incontrare gli occhi di Harry, troppo imbarazzata per
essere stata beccata in quella situazione.
La porta si
spalancò ed entrò anche Ginny. La rossa rabbrividì alla vista di Draco e si
mise una mano sugli occhi.
“Oh!”,
esclamò. “Scusa, Hermione, ho provato a fermarlo”.
Harry si
voltò verso la sua fidanzata. “Tu lo sapevi?”.
“Se intendi
il fatto che Hermione abbia perso completamente la testa e stia frequentando Malfoy,
allora sì”.
“Come hai
potuto tenermelo nascosto? Siamo rimasti in sala comune tutta la notte a
parlarne e non hai pensato di dirmelo?”.
“Non
spettava a me farlo, sono affari di Hermione”.
“Credi che questo”, urlò lui, indicando Malfoy, “sia qualcosa che
non mi riguarda?”.
“Come potevo sapere che li avresti trovati a letto? E se te lo avessi
detto, saresti sicuramente arrivato qui come una furia, cosa che non avrebbe di
certo aiutato”, si difese Ginny.
“Non riesco a credere tu me l’abbia nascosto!”.
Ginny arrossì di rabbia. “Perché urli addosso a me? Non dovresti farlo con Hermione?”.
Hermione alzò lo sguardo dal pavimento. “Grazie, Ginny”, le disse asciutta.
“Scusa, Hermione. Posso anche aver taciuto per te, ma non significa sia contenta
di prendermi le sgridate”.
Harry guardò deluso entrambe le ragazze. “Tu sei la mia fidanzata e tu la
mia migliore amica… non posso credere che entrambe abbiate tenuto nascosto lui”.
Hermione strinse i denti quando Draco decise fosse arrivato il momento più opportuno
per parlare.
“Odio interrompere la vostra lite, Potter, ma apprezzerei se te ne andassi a
fanculo e portassi la Weasley con te. Alcuni di noi non pensano sia un
privilegio vedere come prima cosa appena svegli la tua faccia”, biascicò ancora
a letto, seduto con la schiena contro il poggiatesta e le braccia incrociate,
completamente a suo agio nonostante fosse ancora in mutande.
Harry gli lanciò un’occhiata prima di riprendere il controllo. “Hermione,
vestiti. Ti aspetto in sala comune”. Guardò un’ultima
volta Draco ed uscì.
Hermione si afflosciò sul letto e si prese la testa tra le mani. “Oh, che
devo fare?”.
“Dovresti accettare il consiglio di San Potter e vestirti”.
“Non posso credere ci abbia trovati così”.
“È normale per lui entrare in quel modo nelle camere delle ragazze?”.
Hermione non era dell’umore per farsi distrarre. “Per favore, Draco, non è
il momento”.
Draco le si avvicinò e la strinse. “Hermione, per quando io detesti Potter e
la Donnola, non voglio mettermi tra te ed i tuoi amici”.
Hermione tirò su col naso e gli diede un buffetto sulla spalla. “Dopo
questa notte, dovresti combattere per me”.
“Affronterei un migliaio di Potter per te, ma non voglio tu ne sia ferita”,
le disse melodrammatico, prima di rendersi conto di ciò che aveva appena
pronunciato. “Fanculo! Mi sto trasformando in un Tassorosso sdolcinato. Sicura
di non avermi lanciato un Imperio?”.
Quella frase ebbe l’effetto desiderato. Hermione si rilassò leggermente e
rise. “Non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrei
sentito Draco Malfoy affermare che combatterebbe per me”.
Lui le sorrise. “Non abituarti. È una dichiarazione unica, solo perché i
tuoi amici hanno scoperto tutto”.
Hermione si accigliò nuovamente. “Che devo
fare?”.
“Vuoi che venga con te?”.
“Ti ho chiesto un consiglio, non di rendere la cosa cento volte peggiore”.
Draco alzò gli occhi al cielo. “Ricorda solo che sono stato di supporto e
mi sono offerto di tenerti la mano”.
“Sì, ottimo. Grazie mille”, sbottò lei.
“Non diventare acida con me, Granger. Risparmialo per San Potter”.
Hermione grugnì. “Perché a me? E perché adesso?”.
“Io ho cercato di avvisarti che Potter è un idiota, ma tu hai insistito per
diventargli amica”.
Hermione lo guardò confusa. “Quando?”.
“Ho chiaramente espresso i miei sentimenti per il Ragazzo che è
Sopravvissuto sin da quando abbiamo iniziato la scuola. Non è colpa mia se a
nessuno è fregato qualcosa di ascoltarmi”.
Lei gli lanciò un’occhiataccia. “Non mi sei di aiuto”, lo rimproverò.
Hermione si alzò e si mosse per la stanza per radunare i propri indumenti. Probabilmente
avrebbe dovuto sentirsi imbarazzata a camminare nuda di fronte a Draco ma in
quel momento la sua mente era occupata da altri problemi, ad esempio come
riconciliare i suoi migliori amici con il suo ragazzo.
Grugnì guardandosi allo specchio. “Ottimo! Ho i capelli che sono un
disastro”. Poi vide il riflesso di Draco. “Perché sei così divertito?”.
“Per i tuoi capelli, Principessa. Sembrano sempre un nido di Doxi”.
Hermione gli lanciò la spazzola. “Sei il peggior ragazzo di sempre! Adesso dovresti
ricordarmi perché dovrei litigare con i miei amici per te”.
Draco si alzò languidamente dal letto e ciabattò verso di lei,
accarezzandole poi le braccia finché non la vide rabbrividire e la baciò. Hermione
si alzò sulle punte ed approfondì il bacio, premendosi contro di lui. Quello
era di certo il miglior motivo che avesse potuto darle.
Permise a sé stessa di baciarlo ancora per qualche minuto, prima di
ritrarsi riluttante. “Non credo che ripetere la scorsa notte sia saggio, adesso”.
Draco ghignò. “Potremmo insegnare qualcosa a Potter e la Weasley”.
Hermione alzò gli occhi al cielo, ma quel bacio le aveva appena fatto
guadagnare risolutezza. Draco poteva anche non essere una persona semplice, ma
era lui che voleva ed i suoi amici avrebbero dovuto accettarlo.
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Capitolo 27 *** Confronti ***
Cap 27
Confronti
Hermione chiuse
silenziosamente la porta della camera dietro di sé, non facendosi illusioni sul
fatto che Draco avrebbe comunque premuto le orecchie contro il legno, ascoltando
ogni parola. Tra l’altro, dato il carattere di Harry ed il tono della sua voce,
probabilmente non avrebbe neanche dovuto spiarli per sentire ciò che si
sarebbero detti.
Si voltò e
vide il suo amico seduto sul divano, che la fissava attonito. Ginny si trovava
di fianco a lui ma, cosa strana, Harry non la guardava e cercava di starle il
più lontano possibile. Hermione prese un respiro profondo. Sarebbe stato
terribile.
Rimasero in
silenzio per qualche imbarazzante minuto e, alla fine, Hermione, cedette. Si mise
le mani in tasca e disse. “Ehi”.
Harry imprecò.
“È tutto qui quello che hai da dire?”.
“Che cosa
vuoi che ti dica?”.
“Per cominciare
dimmi perché mi hai mentito”.
“Non ti ho
esattamente mentito, ho solo omesso”, rispose secca. Si pentì di ciò che aveva
detto appena aprì la bocca. Sapeva che il suo amico si sarebbe infuriato ancora
di più.
Gli occhi di
Harry lampeggiarono per la rabbia. “Omesso? Hai avuto la faccia tosta di
mentirmi in faccia per tutto questo tempo ed ora cerchi di scherzarci sopra?”.
“Non
intendevo questo. È solo …. Complicato”, finì in tono lamentoso.
Harry imprecò
ancora. “Giusto! Complicato! Ora sì che va meglio!”.
“Che cosa
vuoi che dica, Harry?”.
“Voglio sapere
perché non ci hai detto niente! Perché ci hai continuato a mentire riguardo al
ruolo di Malfoy nella tua vita?”.
“Ti comporti
come se andasse avanti da secoli”.
“Ho parlato con Neville. So che questa… questa cosa va avanti da un po’”.
Hermione si
accigliò. Harry aveva scoperto tutto per caso?
“Come lo hai
saputo?”, gli chiese.
“Neville ha
visto te e Malfoy ieri sera. Mi ha riferito tutto, anche di come ha mentito per
te”.
Merda!, pensò lei. Neville aveva messo in
atto la sua promessa di intervenire quando si fosse reso conto che lei si fosse
immischiata troppo con Malfoy. Non le piaceva come Harry la stava facendo
sentire, manco fosse stata una ragazzina che giocava con il proibito.
Si mise le
mani sui fianchi. “Se hai parlato con Neville allora sai che non è esattamente
così. Stai rivoltando la cosa e fai sembrare io abbia frequentato Draco pre
tutto questo tempo e non è vero”.
“Ma lo hai
aiutato”.
Hermione allargò
le braccia, ammettendo drammaticamente la sua colpa. “Sì. In gennaio mi sono
imbattuta in Pansy e Zabini che cercavano di riportarlo in sala comune. Era ubriaco.
Pansy è venuta da me e mi ha chiesto aiuto”.
“Lo sapevo!”,
mormorò Harry tra sé. “Sapevo ci fosse qualcosa di strano tra te e la Parkinson”.
“Non è un
crimine, Harry!”.
“È Malfoy!”.
“E allora?”,
chiese lei.
“Che intendi
con “e allora”? TI ha reso la vita un inferno. È diventato Mangiamorte, ha
permesso che gli altri entrassero nel castello ed ha cercato di uccidere Silente!”.
“Lo so, Harry. C’ero anche io”.
“Allora come
fai a stare lì e comportarti come se dormire con lui fosse normale?”.
Hermione arrossì.
Odiava che li avessero scoperti proprio quella mattina. Si stava appena abituando
lei stessa a quel cambiamento nel loro rapporto e non si pentiva della notte
passata, ma sentir dire da Harry quanto fosse sordida la cosa la faceva stare
male.
“Tu non
capisci”, mormorò.
“ALLORA
SPIEGAMI!”, ruggì lui.
“Non posso,
non finché fai così”, mormorò lei, con le lacrime agli occhi. Non voleva
sembrare debole o poco decisa, ma quello non era il modo che aveva immaginato
per raccontare al suo migliore amico del suo ragazzo. Non aveva nemmeno pensato
a cosa gli avrebbe detto, ma credeva sarebbe stata in grado di spiegare tutto
mentre lui e Ron si trovavano in stato di shock. Purtroppo, però di fronte a
lei c’era Harry, arrabbiato, che sembrava voler far apparire la sua relazione
con Draco oscura e sporca.
“Bene,
immagino che non abbiamo nulla da dirci fino ad allora”, rispose freddo Harry.
“Harry,
smettila. Dalle l’opportunità di spiegarti”, si intromise Ginny.
Lui si voltò verso la fidanzata, sventolando una
mano verso Hermione. “Lo sto facendo, ma sembra incapace di dire qualcosa”.
“No, stai
giudicando e sei rude, ecco perché non ti dice niente. Non ti ha tradito,
quindi smettila di comportarti come se lo avesse fatto”, disse Ginny.
“No! Non
osare! Mi avete mentito! Tu ti sei rimasta con me tutta la notte mentre io mi chiedevo
cosa avessi fatto perché Hermione si comportasse così ed hai fatto a finta di
non sapere nulla. Per quanto mi riguarda, mi avete tradito entrambe. E per
cosa, poi? Un bigotto purosangue buono a nulla!”.
Harry uscì
dalla stanza, rifiutando di guardarle. Le lacrime iniziarono a sgorgare dagli
occhi di Hermione e le scivolarono lungo le guance. Ginny sembrava invece
incredula della situazione.
“Mi dispiace
molto”, singhiozzò Hermione. “Non volevo se la prendesse anche con te”.
Ginny cercò di
sorridere, ma fu uno sforzo immane. “Parliamo di Harry, sai com’è fatto. Si arrabbia,
abbaia e poi si calma”.
Nessuna delle
due volle ammettere che però non si era mai rivolto a loro in quel modo, in
passato. La sua rabbia era sempre stata rivolta verso avvenimenti che non aveva
potuto controllare, come la porte di Sirius od il fatto di essere sempre tenuto
all’oscuro della reale situazione.
La porta
dietro di Hermione si aprì e le streghe si voltarono mentre Draco, ormai vestito,
la attraversò. “Immagino tu abbia sentito”, disse pacata Hermione.
“Credo
sarebbe stato impossibile non farlo”.
Le si
avvicinò e le alzò il viso, asciugandole le lacrime con le dita e dandole un
bacio sulla fronte. La preoccupazione che Hermione notò nei suoi occhi fu il balsamo
che le serviva. Gli mise le mani attorno alla vita e lo strinse forte.
Harry arrivò
nell’atrio della scuola prima che la rabbia si placasse e si rendesse conto di
dove si trovava. Non sapeva cosa fare e doveva trovare Ron. Il profumo della
colazione che proveniva dalla Sala Grande gli riempì il naso. Per beccare il
suo amico, avrebbe solo dovuto seguire la scia del cibo.
Entrò e trovò
Ron lì, seduto al tavolo dei Grifondoro, che si rimpinzava. Almeno lui non era
mai cambiato. Non rimase contento di vederlo assieme a Neville, Seamus e Dean. Doveva
parlargli da solo.
Si sedette
di fianco a lui, indossando una maschera di perfetta calma, ed iniziò a
mangiare una ciotola di cereali ed un paio di toast con il miele, bevendo un po’
di caffè. Aspettò finché Seamus e Dean se ne andarono, indifferente alla
presenza di Neville visto che già sapeva di Hermione e Malfoy.
“Ok, amico, sputa
il rospo”, gli disse Ron appena gli altri due furono abbastanza lontani.
Neville lo
guardò. “Immagino non sia andata molto bene”, disse.
Harry scosse
la testa. “È stato orribile. Penso abbia perso la testa”.
“Ok,
qualcuno mi dice di che diavolo state parlando?”, chiese Ron.
“Hermione va
a letto con Malfoy”, disse Harry senza tentare di addolcire la pillola.
“Che cosa?”,
urlò Ron, facendo calare il silenzio in Sala Grande.
Dozzine di
occhi si voltarono verso di loro, aspettandosi qualche dramma. Dal modo in cui Ron
schiumava dalla bocca, sicuramente avrebbero passato una domenica mattina molto
divertente.
Harry e Neville
zittirono Ron e lasciarono che i compagni ricominciassero a chiacchierare prima
che Neville si intromettesse. “Si stavano solo baciando, Harry”.
“Quello era
ieri. Questa mattina ho trovato Malfoy nel suo letto”.
Neville si
accigliò mentre Ron sembrò confuso. “Che diavolo? Qualcuno me lo spiega?”,
chiese.
Harry gli
delineò brevemente la situazione e Ron, nonostante fosse diventato rosso come l’Espresso
per Hogwarts, riuscì a mantenere un contegno. Il fatto che la maggior parte
degli studenti presenti in Sala Grande continuasse a tenere d’occhio loro tre
aveva aiutato.
“Non riesco
a credere mi abbia mentito così spudoratamente l’altro giorno a Pozioni. Lui le
aveva messo le mani addosso e lei l’ha fatto passare per un tentativo di
irritarmi. Ora capisco perché volesse che quelle viscide mani la toccassero. Ugh…
era così tronfio, quell’idiota! Penso mi venga da vomitare”, blaterò Ron.
“Almeno non
li hai visti questa mattina. Che diavolo stava pensando?”.
“Non credo
lo abbia fatto”, grugnì Ron.
“Magari in
lui vede qualcosa che noi non possiamo”, disse franco Neville.
“Ma è
Malfoy! Non dirmi che in realtà nasconde una personalità sensibile e carina dietro
quella facciata da coglione”, lo prese in giro Ron.
“Ma Hermione
non è stupida”, insistette Neville.
“Non credo
stia pensando con la sua testa”, disse secco Harry. “Almeno, non dopo ciò che
ho visto questa mattina”.
Ron rabbrividì
per il disgusto prima di irrigidirsi. Strinse i pugni ed Harry lo guardò
preoccupato. “Cosa?”, gli chiese.
“Quel bastardo
è appena entrato come se niente fosse”, replicò Ron con una smorfia.
Gli occhi di
Harry scattarono alla porta dove si trovava Malfoy, che si comportava in modo
indifferente sotto le occhiate omicide che Ron gli stava lanciando. Harry notò
che si era cambiato, cosa che lo fece arrabbiare ancora di più. Non avrebbe
dovuto essere così calmo da riuscire a fare una cosa del genere. Non si era
nemmeno preoccupato di guardare nella loro direzione prima di dirigersi al tavolo
Serpeverde. Harry mise una mano sulla spalla di Ron, che si era alzato come se
avesse voluto andare a prenderlo a pugni.
“Siediti!
Non qui!”, gli ordinò. “Non c’è bisogno che tutta Hogwarts sappia dell’errore
di Hermione”.
“E gli
permetti di starsene lì seduto senza fare niente?”, chiese oltraggiato Ron.
“Per adesso”,
grugnì Harry.
Neville rimase
lì indeciso, domandandosi se avesse fatto bene a parlare con Harry prima che lo
facesse Hermione.
Draco lasciò
Hermione e la Weasley in stato di shock ed ordinò a Kreacher di portare loro
del tè e la colazione, sapendo che altrimenti si sarebbero dimenticate di
mangiare. Voleva trovare Potter e prenderlo a pugni per come aveva ferito la
sua ragazza, ma sapeva che la cosa l’avrebbe fatta solo soffrire di più. Si diresse
allora nei sotterranei. Gli sarebbe servita una doccia e doveva cambiarsi, nonché
palare con Pansy.
Sfortunatamente,
la prima persona che incontrò fu Theo, che aveva passato gli ultimi giorni a tampinarlo
per sapere chi fosse la sua misteriosa ragazza.
“Allora, sei
ancora vivo?”, chiese sarcastico Theo.
“Per ora”,
mormorò Draco, ripensando a quanto arrabbiato era ancora Potter.
“E quindi
chi è la ragazza?”.
“Non ti
riguarda”.
“Dimmi che
non è una Tassorosso che hai terrorizzato per scoparti”.
Draco non si
diede nemmeno la pena di rispondere. Gli lanciò solo uno sguardo irritato prima
di notare l’assenza di Blasie. Probabilmente si trovava già con Pansy a fare
colazione.
Notò con
piacere di aver avuto ragione, fermandosi un attimo all’entrata della Sala
Grange. Il posto davanti a loro era vuoto e ci si sedette contento.
“Ciao”,
disse.
Pansy alzò lo
guardo dal toast che stava smangiucchiando e lo fissò. “Eccoti qui!”, esclamò.
“Ancora non
mi hanno cacciato”, replicò sarcastico.
Lei lo
ignorò. “Come è andata la cerimonia?”, gli chiese preoccupata.
“Uno schifo,
ma che ti aspettavi? Che mi accogliessero a braccia aperte?”.
“Andromeda
deve averlo apprezzato”.
“Infatti,
anche mia madre”.
Pansy stava
per fare altre domande, quando Blasie la interruppe. “Che hai fatto perché Potter
e Weasley ti guardino come se volessero lanciarti un Avada Kedavra seduta
stante?”, gli chiese.
Draco non si
voltò nemmeno per capire cosa intendesse Blasie. Dopo aver sentito Potter
urlare contro la Granger quella mattina, non gli sembrava più una brutta idea
lanciare una delle maledizioni proibite contro il Ragazzo che è Sopravvissuto. “È
proprio quello di cui volevo parlarvi”, rispose.
“Lo sanno!”,
boccheggiò Pansy.
Una delle
qualità di Pansy era che non c’era mai bisogno di spiegarle le cose per filo e
per segno. Il suo carattere curiosamente infernale le permetteva di capire al
volo la situazione.
“Potter ci ha
beccati questa mattina”.
Lei lo
guardò sconvolta per qualche minuto, prima di sbattere le palpebre. “Hermione sta
bene?”.
“Si è comportato
malissimo. Hermione è di sopra che piange con Ginny Weasley che la assiste”.
“Posso fare
qualcosa?”, gli chiese.
“Procurale
un po’ di sostegno morale. Ha paura di perdere gli amici”.
Pansy annuì.
“Posso farlo. Dov’è la sua sala comune?”.
Draco le
diede l’indicazione e la parola d’ordine, nel caso Hermione non avesse aperto. La
Serpeverde si alzò, lanciò un breve sguardo al tavolo dei Grifondoro, ed uscì
dalla Sala Grande.
Blasie alzò
un sopracciglio. “Sai, non ci ho creduto quando Pansy me lo ha detto”.
“Detto cosa?”,
chiese impaziente Draco.
“Che la
Granger sarebbe stata perfetta per te”.
“E cosa
intendi dire?”.
“Che, come
al solito, Pansy aveva ragione. Non ti stai comportando come il solito stronzo
egoista”.
“Sarei un
coglione se non me importasse nulla mentre la Granger mi difende con quei due
deficienti”.
Blasie ghignò.
“Ma è esattamente ciò che eri”.
Draco fece
per ribattere ma si rese conto che non sarebbe servito perché Blasie aveva ragione.
Solo qualche mese prima non glie ne sarebbe fregato nulla, bastava pensare al
dramma che aveva causato con l’incidente nell’armadio delle scope. In ogni
caso, lo sguardo tronfio del Serpeverde non gli piacque, così scrollò le spalle
ed iniziò a fissare il bicchiere di succo di zucca.
“Allora, non
vai a spaccare la faccia a Potter”, lo punzecchiò Blasie.
“Sono ancora lì?”.
“Sì, ti pugnalano
con gli occhi”.
“Alla
Granger non piacerebbe. Ha sempre voluto cavarsela da sola e lo rispetto”.
“Probabilmente
farebbe loro più male di quanto potresti fargliene tu”.
Draco si offese
ma non rispose. La Granger era davvero più potente di lui. In effetti, lo era
più di chiunque altro in quella scuola, inclusi i professori.
Ghignò al
pensiero di cosa avrebbe potuto fare a Potter. “Oh, spero davvero che lo Sfregiato
la faccia abbastanza incazzare da farsi maledire”.
I due
Serpeverde ghignarono malignamente all’idea.
Pansy si
guardò attorno nella torre dei Grifondoro. Era strano pensare di aver passato
otto anni ad Hogwarts e che quella sarebbe stata la prima volta in cui sarebbe
entrata nella tana dei rivali. Forse, se andare a trovare i compagni di case
diverse fosse stato incoraggiato, non sarebbero stati tutti così ostili.
Bussò al
ritratto che Draco le aveva spiegato essere l’entrata della stanza di Hermione ed
aspettò con ansia per qualche minuto, ma nessuno rispose.
“Chi sei?”,
chiese il ritratto dal naso adunco.
“Un’amica di
Hermione”, replicò Pansy.
Il ritratto strinse
gli occhi. “Non ti ho mai vista prima”.
Pansy alzò
gli occhi al cielo ed indicò il proprio stemma Serpeverde della camicia. “Non
sono Grifondoro”.
“Mmm.. immagino
tu sia amica di quell’altro, il ragazzo che arriva sempre ad ore strane. La Caposcuola si diverte”.
Le venne
risparmiato di dover continuare quella conversazione dalla porta che si aprì. Pansy
si trovò a fissare gli occhi marroni di Ginny Weasley.
“Che cosa vuoi?”,
chiese la Grifondoro.
“C’è Hermione?”.
“Sì”,
rispose laconica la Weasley.
“Draco mi ha
detto cos’è successo. Vorrei entrare”, disse con calma Pansy. Ad Hermione non sarebbe
servito se le sue due amiche, venute per aiutarla, avessero iniziato a
litigare.
“Hermione!”,
urlò la Weasley. “La Parkinson può entrare?”.
Ci fu un
rumore soffuso ed Hermione apparve. Aveva gli occhi gonfi e rossi ed i capelli
sembrava non fossero mai stati pettinati.
“Pansy?”, gracchiò Hermione.
Pansy le
sorrise. “Ciao. Come ti senti?”.
“Uno schifo”,
replicò lei. “Entra”.
La Weasley
si spostò per farla entrare e richiuse la porta. Pansy invece abbracciò Hermione.
“Stai bene?”.
La Grifondoro
la tenne stretta. “Per niente”, mormorò piano.
“Vieni,
siediti”, disse Pansy guidandola versoi il divano. Sorrise appena alla vista
della montagna di fazzoletti sparpagliati, prima di spazzarli via con un incantesimo
evanescente e sedersi. Hermione non la seguì, rimanendo in mezzo alla stanza
con lo sguardo perso. “Voi Grifondoro davvero private
delle emozioni forti”.
Hermione
rise piano prima di gracchiare. “Mi dispiace”, replicò. “Al momento sono un po’
messa male”.
“Credo sia
il motivo per cui Draco mi ha mandata su. So com’è quando si trova intorno delle
ragazze che piangono, non hai idea di cosa fare”.
Invece che
ridere con lei, Hermione guardò il pavimento. “Ho paura voglia rompere con me”,
mormorò.
“Perché pensi
una cosa del genere?”.
“Perché l’altra
sera ci ha provato. Non voleva litigare con i miei amici per me e adesso che è
successo lo farà”.
Pansy si
rialzò, le si avvicinò e le prese le mani. “Non devi preoccuparti, è troppo egoista.
E comunque, stravede per te”.
“Ma e se
decidesse che non valgo tutto questo caos? Al momento non è esattamente questo
che gli serve”.
Pansy si
scambiò uno sguardo con la Weasley, prima di trascinare Hermione sul divano di
fianco a lei. “Credimi Hermione, per Draco vali molto di più. Sei tu il motivo
per cui ha smesso di bere. Non rinuncerebbe mai a te”.
Pansy passò
l’ora seguente cercando di spazzare via le paure della Caposcuola. Alla fine, Hermione
si addormentò con la testa sulle sue gambe. “Crede davvero che Draco la lascerà?”,
chiese Pansy alla rossa che, da quando lei era arrivata, non aveva più parlato.
“Sì”,
rispose la Weasley. “Hermione non ha molta autostima quando si parla di ragazzi”.
“Credi che
lo farà?”.
La Weasley
scrollò le spalle. “Non posso dire niente perché non lo conosco abbastanza, ma
diciamo che non mi è mai sembrato uno dei maghi più coraggiosi”.
Pansy si
prese un momento per calmare la rabbia che spuntava sempre quando qualcuno
parlava male di Draco. Non le sarebbe servito a niente iniziare ad urlare con
la Grifondoro. La Weasley non poteva sapere quanto il ragazzo fosse leale con
quelli che amava e di certo amava Hermione.
“Non lo farà”,
replicò assolutamente sicura.
La Weasley
la guardò fredda. “Sarà meglio. Hermione ne rimarrebbe distrutta. Ha messo in pericolo
l’amicizia per lui e, se dovesse lasciarla, dovrà vedersela con me”.
“Non lo farà”,
ripeté ancora Pansy.
La Weasley
annuì ed entrambe rimasero in silenzio, perse nei propri pensieri su come
aiutare la ragazza che le univa.
Ginny non
ritornò in sala comune dei Grifondoro che dopo cena. Kreacher e Winky avevano portato
il cibo da Hermione, così che non dovessero andare in Sala Grange e la ragazza
si era svegliata dopo un paio d’ore. Non piangeva più ma era ancora
emotivamente fragile e la Parkinson se n’era andata appena prima di lei. Ginny si
era offerta di rimanere ma Hermione aveva messo in chiaro che avrebbe dovuto
andare a cercare Harry e sistemare le cose con lui. Non se ne sarebbe mai
andata, se non avesse saputo che, di lì a poco, sarebbe arrivato Draco.
Adocchiò la
sala comune alla ricerca di Harry, ma trovò solo Ron che discuteva furiosamente
con Neville. Non aveva bisogno di saper leggere il labiale per sapere di cosa
stessero parlando, ma Harry non era lì ed il suo cuore perse un battito. La stava
evitando? Si era così focalizzata sui problemi di Hermione che non aveva
nemmeno pensato a cosa sarebbe successo se Harry si fosse sentito talmente
tradito da volerla lasciare.
Una pacca
sulla spalla la fece voltare e si trovò di fronte Harry con lo sguardo serio. “Vieni
nel mio dormitorio. I ragazzi non ci saranno per un po’”.
Ginny annuì.
Dovevano sicuramente parlare. Non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima volta
in cui si era sentita così nervosa e seguì Harry di sopra con il cuore che
batteva all’impazzata. Non era sicura di cosa avrebbe fatto se avessero rotto. Harry
si fermò alla porta per farla entrare e la chiuse dietro di loro, silenziando
la stanza. Ginny perse un po’ di sicurezza.
Si sedette
esitante sul bordo del letto di Ron, mentre Harry rimase fermo sulla porta.
“Perché?”,
le chiese alla fine.
Non le sembrò
il caso di fare a finta di non capire. “Non spettava a me dirtelo”.
“Sei la mia
fidanzata”, constatò lui.
“Ed Hermione
una mia amica”.
“Avresti
comunque dovuto venire da me”.
“Che cosa
sarebbe successo se lo avessi fatto?”.
“Avrei potuto
darci un taglio. Non avrei permesso che questa ridicola relazione iniziasse”.
“Credi che
io non ci abbia provato? Credi che lo abbia scoperto ed immediatamente
accettato?”.
“Adesso lo accetti?”.
Ginny ci pensò
un attimo. All’inizio era rimasta sconvolta quando era andata da Hermione ed
aveva trovato Malfoy addormentato sul divano, tutte quelle settimane prima. Poi
si era arrabbiata quando la ragazza le aveva finalmente raccontato ciò che era
successo tra lei ed il Serpeverde ed alla fine aveva capito quanto fosse ormai
troppo innamorata per ascoltarli.
“Sì, è così”.
La sua
risposta sembrò dare ad Harry un motivo per muoversi ed iniziò ad andare su e
giù per il dormitorio. “Sei pazza? È Malfoy”.
“Senti, ci
sono passata anche io. Ho litigato ed urlato con Hermione e non ho ottenuto
nulla. Lei lo ama, Harry, e non ci puoi fare niente”.
“Non lo ama,
prova solo lussuria”, la contraddisse lui.
“Se davvero
pensi questo allora non conosci affatto Hermione”.
Harry si
passò una mano tra i capelli. “Non può amarlo”, rispose calmo, come se stesse
cercando di convincersi.
“Non avrebbe
passato tutto questo né lo farebbe passare a noi se così non fosse”.
“E quindi?
credi dovrei semplicemente accettarlo e fare a finta che gli ultimi otto anni
non siano esistiti?”.
Ginny scrollò
le spalle. “Non vedo cos’altro tu possa fare. Non lo lascerà solo perché le
dirai di farlo, ma non significa tu debba diventare suo amico”.
Harry si
afflosciò sul letto, guardando il pavimento e stringendosi nelle spalle. “Non penso
di poterlo sopportare”.
Ginny lo
guardò comprensiva. “Non hai molta scelta”.
“E se non ci
riuscissi?”, mormorò Harry.
Lei non osò
rispondere. Harry avrebbe perso Hermione se non avesse accettato le sue scelte.
Così rimasero lì, a digerire ciò che si erano appena detti. Non avevano nemmeno
ancora parlato dei propri problemi, anche se sembrava non essere più arrabbiato
con lei.
Finalmente Harry
smise di pensare e si sedette di fianco a lei. Le prese la mano sinistra ed
iniziò a giocare con l’anello di fidanzamento che le aveva dato. “Non posso
credere tu mi abbia mentito”.
“Non volevo,
ma pensa al mio punto di vista. Sarebbe stato un’enorme tradimento della
fiducia di Hermione se te lo avessi raccontato”.
“Ma avresti
comunque dovuto”.
“No, non è
vero. Ti amo ma non significa possa ignorare ciò che Hermione si aspetta dalla
nostra amicizia. Anche io le ho raccontato fatti personali in passato e lei non
è mai andata a spifferare tutto a Ron”.
“Ma lei non
è la mia fidanzata”.
“No, è
praticamente tua sorella. È rimasta con te anche in quelle volte in cui non mi
volevi vicina”.
“Solo perché
cercavo di proteggerti”.
“E lo
apprezzo. Non sono arrabbiata con te, ma non hai mai sentito il bisogno di
proteggere Hermione ed ha potuto rimanerti accanto quando invece avrei voluto
farlo io”.
Harry si
passò una mano tra i capelli. “Non è così. Non avrei potuto sopportare ti
succedesse qualcosa”.
Ginny gli
sorrise. “Lo so, ecco perché non sono arrabbiata, ma hai comunque rischiato con
Hermione e Ron”.
“Non mi
hanno dato molta scelta”.
“Avresti
potuto andartene senza di loro ma ne avevi bisogno e va bene così. Sappiamo entrambi
che non ci saresti riuscito, altrimenti. Non credi che l’amicizia significhi
più del tuo odio per Malfoy?”.
Harry sembrò
combattuto e Ginny decide di spingere ancora un po’. “Hai messo a rischio la
tua amicizia con Ron per me. Sapevi che non sopportava vedermi con un ragazzo
ma non ci hai pensato quando mi hai baciata, hai pensato solo ai tuoi
sentimenti per me. Non credi che dovrebbe essere lo stesso per Hermione?”.
“Ma è Malfoy”,
insistette testardo lui.
Ginny sospirò.
Sapeva che in realtà aveva capito quanto lei avesse ragione, ma non lo avrebbe
mai ammesso. La rabbia per le bugie di Hermione gli bruciava troppo, così
decise di lasciar perdere. Alla fine si sarebbe calmato ed avrebbe pensato alle
sue parole. In quel momento avrebbe solo potuto continuare a sussurrargli le
cose all’orecchio.
“Sei ancora
arrabbiato con me?”.
Lui la
guardò. “Sono irritato che tu non me l’abbia detto quanto l’hai scoperto, ma
non posso tenerti il muso a lungo”.
Ginny sorrise
e gli diede un bacio. “Mi dispiace di aver mentito, soprattutto la scorsa notte”.
Un lampo di
dolore gli passò negli occhi. “Non sono sicuro comprenderò il perché, ma
capisco la tua lealtà verso Hermione. Anche se avrei preferito non lo avessi
fatto”.
Ginny sorrise
appena. “Credimi, sarebbe piaciuto anche a me. Non amo nasconderti delle cose”.
Lui la
strinse e seppellì il viso tra i suoi capelli, respirando a fondo. Rimasero in
quella posizione finché Ron non andò a cercarli.
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Capitolo 28 *** La Disfatta ***
Cap 29
La Disfatta
Ron osservò Malfoy
in Sala Grande. Era lunedì mattina e stava facendo colazione. I Serpeverde
sedevano lì come se non fosse successo nulla e la cosa lo faceva infuriare,
soprattutto perché Hermione non era uscita dalle sue stanze per tutta la domenica
e, quando aveva provato ad entrare, si era accorto che aveva cambiato la parola
d’ordine.
“Quando
facciamo qualcosa con quel coglione?”, chiese ad Harry.
Harry lo
guardò indeciso “Non lo so”.
“Beh, io non
rimarrò qui a fare a finta che non sia successo. Voglio far sapere la mia
opinione a quel bastardo e dirgli che Hermione è off-limits per lui”.
Ron alzò la
testa e vide Malfoy prendere la borsa e mettersela in spalla. Il biondo salutò
la Parkinson e Zabini ed uscì dalla Sala.
“Guarda, è
la nostra occasione, andiamo”.
Si alzò e
controllò che Harry lo seguisse, sentendo l’adrenalina scorrere. Fino a quel
momento si era sentito inutile ma litigare con Malfoy lo avrebbe sicuramente
fatto stare meglio.
“Malfoy!”,
gli urlò.
Vide il
biondo tendere le spalle, riconoscendo la sua voce ancora prima di voltarsi.
“Weasley”,
rispose guardandolo.
Ron gli si
avvicinò aggressivo. “Stai lontano da Hermione”, biascicò puntandogli contro la
bacchetta.
“Oppure? Mi
affatturerai?”.
“Sì”.
“Odio dovertelo
dire, Donnola, ma non mi hai mai fatto paura”.
Harry si
intromise ed i due Grifondoro lo spinsero al muro.
“Penso
riusciremo a farti qualcosa”, disse Harry.
“Sei davvero
l’epitoma del coraggio, vero, Potter?”.
“Sempre
meglio che un codardo come te”.
Ron sentì
una mano sulla spalla spingerlo via. Si voltò arrabbiato e trovò Zabini e la
Parkinson dietro di lui.
“Potter,
Weasley, crescete”, disse Zabini.
La Parkinson
gli riservò uno sguardo sdegnato prima di tirare su con il naso. “Sono sicura Hermione
sarà entusiasta di sapere come vi comportate”.
“Rimani
fuori, non ti riguarda”, sbottò Harry.
“È anche mia
amica e voi siete due idioti”, disse la mora.
“Le sei
amica quando ti fa comodo”, ruggì Ron.
“E cosa
dovrebbe significare?”, chiese la Parkinson.
“Sai esattamente
cosa intendo. Ora ti fa comodo esserle amica perché è un’eroina mentre voi nient’altro
che un branco di patetici sostenitori di Voldemort”.
La Parkinson
lo guardò dall’alto in basso. “Se credi che Hermione sia così stupida allora ti
meriti di perderla e credimi, succederà se continuerete così”.
Il suo
sguardo dardeggiò tra i due Grifondoro, poi afferrò la mano di Draco e lo
trascinò verso di lei e Zabini. “Lasciate in pace Hermione e Draco. Se vogliono
stare assieme sicuramente non hanno bisogno del vostro permesso”.
Ron strinse
gli occhi guardando i tre Serpeverde allontanarsi lungo il corridoio. “Odio
davvero quel coglione”.
Harry annuì.
“Concordo pienamente. Sono sicuro che Hermione capirà presto chi è”.
“Sarà
meglio!”.
Draco non era
una persona molto empatica. Non gli importava nulla se qualcuno intorno a lui
fosse sconvolto. In effetti, spesso aveva cercato di sfruttare tali occasioni,
vedendo certe emozioni come una debolezza. Gli sarebbe importato solo se
fossero state sua madre o Pansy ad avere problemi e forse suo padre, in certe
situazioni. Ora invece poteva sicuramente aggiungere anche la Granger alla
lista.
Quando si
sedette nella classe di Pozioni e vide l’espressione distrutta della sua
ragazza, non riuscì a non provare anche lui il medesimo dolore. Era così sola. Sarebbe
stato il primo giorno in cui sarebbero tornati a lezione dopo che i suoi
stupidi amici avevano scoperto la loro relazione e, nonostante lei si trovasse
allo stesso banco di Potter e Weasley, era ovvio ci fosse una barriera
invisibile a dividerli. I due Grifondoro la ignoravano completamente e lei stava
male. Draco sospirò, non sapendo come aiutarla.
“Non fai
qualcosa?”, chiese Blasie.
Draco si
voltò verso l’amico, che gesticolava in direzione della Granger.
“Che posso
fare?”.
“Rendi
pubblica la vostra relazione!”.
Un lampo di
irritazione gli passò in volto. “Se fosse per me andrei lì adesso, ma è la
Granger che vuole tenere la cosa segreta”.
“Oh!”, disse
Blasie. “Allora non sei tu?”.
Lui alzò gli
occhi al cielo. “Come se avessi un briciolo di reputazione rimasta perché mi
importi”.
Il Serpeverde
ghignò. “Vero”.
“Non serve
fare quella faccia tronfia”.
“Ha il suo
lato divertente”.
Draco mormorò
sottovoce. Nonostante andasse più d’accordo con Blasie da quando aveva smesso
di bere, il ragazzo di Pansy riusciva comunque ad irritarlo parecchie volte al
giorno. Sembrava fosse un orgoglio per lui e così era sempre stato.
Non si diede
la pena di rispondere e riportò l’attenzione sulla Granger. Sembrava così infelice
che la cosa stava iniziando a rodergli. Si alzò. “Fanculo”; disse, prima di
marciare verso di lei.
“Era ora”,
sentì borbottare Blasie mentre si allontanava.
Hermione non
riusciva a ricordare l’ultima volta in cui si era sentita così male. No, certo
che ci riusciva. Era stato al terzo anno, quando Ron ed Harry avevano deciso di
smettere di parlarle e, come all’ora, non averli sempre lì a chiacchierarle
nelle orecchie era come perdere un braccio. Il silenzio ed il rifiuto di
guardarla erano troppo da sopportare e non riusciva a concentrarsi su ciò che
Lumacorno stava spiegando. Era un’ottima cosa che quel giorno non dovessero
preparare nessuna pozione, perché avrebbe sicuramente fallito per la prima
volta.
Fu il mormorio
sconvolto che catturò la sua attenzione. Persino Lumacorno si era bloccato. Alzò
lo sguardo dagli appunti lo puntò verso il Professore, che stava balbettando
verso qualcosa alle sue spalle. Si voltò e vide Draco dietro di lei.
“Granger”,
la salutò.
“Draco!”, sibilò
lei. “Che stai facendo?”.
“Ti sposto”,
le disse, abbassandosi per prenderle la borsa e raccogliendo i suoi libri con
una mano.
“Che diavolo
credi di fare, Malfoy?”, chiese aggressivo Ron.
“Non credo
sia nulla che ti riguardi”, biascicò il biondo.
“Ridai ad Hermione
le sue cose”, ringhiò Ron.
“Perché? Così
che possiate continuare ad ignorarla? Credo starà meglio al mio banco”, disse Draco,
allungandole una mano.
Hermione lo
guardò confusa. Se avesse accettato la sua offerta sarebbe stata una dichiarazione
pubblica della loro relazione e non era sicura di sentirsi pronta. Guardò Harry
e Ron ma, come per tutte le altre lezioni, si rifiutavano di guardarla. Sarebbe
bastato che uno dei due la guardasse e le chiedesse di non farlo, perché
rimanesse. I due però non lo fecero.
Prese la
mano di Draco e lui la rassicurò stringendogliela. Inciampò nei propri piedi a causa
del nervosismo e lui la strinse maggiormente, conducendola al banco che
divideva con Zabini. Il ragazzo si era già spostato per farle spazio di fianco
a Draco. Si infilò nel posto vuoto e fissò vacua il legno, prima che i suoi
libri ed appunti le venissero posizionati di fronte. Alzò la testa ed incatenò
gli occhi con quello del suo ragazzo. Ne lesse la preoccupazione ed annuì
impercettibilmente. Si ricompose, impilò i libri come al solito ed estrasse la
pergamena, la piuma stretta in una mano per prendere appunti. Era stretta tra
due Serpeverde e, per qualche motivo, la cosa la confortava. Si sentì
nuovamente supportata, proprio come Harry e Ron l’avevano fatta sentire in
passato.
La classe
divenne silenziosa. Lumacorno continuò a fissare lei e Draco con la mascella
tesa. Non ebbe il coraggio di osservare le espressioni dei compagni e si
rifiutò di voltare la testa verso il banco dove si era trovata fino a poco
prima. Non avrebbe abbassato lo sguardo verso la pergamena, come se avesse
fatto qualcosa si sbagliato, così si voltò verso Zabini.
“Zabini”, lo
salutò.
“Granger”,
replicò lui con un piccolo ghigno. “È bello tu ti sia unita a noi”.
Hermione sorrise
notando il tono d’approvazione. Almeno qualcuno era pronto ad accettare lei e Draco.
Lumacorno sembrò
riacquistare il controllo. “Sì… bene… ehm… se siamo tutti a nostro agio, io
continuerei”.
La lezione
continuò come se nulla fosse successo. Hermione appariva calma e rilassata a
chiunque la guardasse mentre in realtà, sotto al banco, aveva continuato a
stringere la mano di Draco come se fosse stata un salvagente.
La giornata
continuò in quel modo. Era come se il pettegolezzo avesse avuto vita propria e
fosse riuscito a spargersi ancora prima che la lezione di pozioni finisse. Alla
fine, Hermione era uscita, mano nella mano con Draco, e si era buttata nella
bolgia infernale di Hogwarts.
Sfortunatamente
per lei, pozioni sarebbe stata l’unica lezione condivisa con Draco, quel
giorno. Lui la accompagnò a trasfigurazione, mentre gli studenti continuavano a
fissarli, e si fermò proprio davanti la porta, dove i Grifondoro erano in fila
in attesa della McGranitt.
“Starai bene?”,
le chiese.
Hermione sorrise.
“Penso di poter sopravvivere”.
Lui si passò
ansioso una mano tra i capelli. “E ti sta bene che siamo usciti allo scoperto? Non
riuscivo più a guardarti rimanere lì così a pozioni”.
Hermione gli
mise una mano sulla guancia. “È stato un po’ uno shock, ma sono felice tu l’abbia
fatto. Non mi vergogno di te, Draco”.
Draco si
abbassò e le diede un bacio sulle labbra.
“Per quando
la cosa sia affettuosa, Signor Malfoy, sono sicura lei abbia delle lezioni a
cui partecipare”, disse aspra la McGranitt da dietro di lui.
“Signorina Granger,
penso voglia darsi una mossa. Se non sarà dietro di me oltre quella porta, le
toglierò dei punti per il ritardo”.
“Ci vediamo
dopo”, disse frettolosamente a Draco. Si voltò ma lui la trattenne e la
ritrascinò verso di lui. “Ti aspetto in biblioteca”, le sussurrò all’orecchio
prima di darle un ultimo bacio veloce.
La fece
rivoltare verso la classe e la spinse in avanti. Hermione lo guardò accigliata.
Dagli sguardi che stava ricevendo da qualche Grifondoro, non era stata una grande
idea. Raddrizzò la schiena e si affrettò ad entrare in classe, prima che la McGranitt
tenesse fede alla sua promessa.
Draco arrivò
ad Incantesimi in ritardo di dieci minuti. “Grazie per essersi unito a noi,
Signor Malfoy”, disse irritato il Professor Vitious. “Cinque punti in meno a
Serpeverde”.
Lui scrollò le
spalle e si sedette nell’unico posto libero, tra Pansy e Blasie. Alzò gli occhi
verso il ragazzo, capendo perché lo spazio era rimasto vuoto: Pansy voleva
sapere tutti i dettagli di cosa fosse successo a pozioni. Rise quando la vide
battere le dita sul banco in attesa che il Professore finisse di leggere. Era ovvio
non avrebbe aspettato ancora molto prima di interrogarlo.
Vitious
concluse la lettura e Pansy emise un sospiro di sollievo. “Finalmente”, mormorò
prima di voltarsi verso Draco. “Sei davvero andato a reclamare Hermione di
fronte a tutta la classe?”.
“Non è una
cioccorana, Pansy”.
Pansy scosse
la testa irritata. “Sai cosa intendo!”.
“Se intendi
che sono andato a salvarla da Sfregiato e Lenticchia che la stavano ignorando ed
insultando, allora sì”.
“È così
romantico”, rispose sognante lei.
Draco si
voltò disgustato verso Blasie. “Ti ho detto di disdirle l’abbonamento al
Settimanale Strega. La fa diventare stupida”.
“Giuro che lo
riceve di nascosto”, si difese Blasie.
Pansy tirò uno
scappellotto ad entrambi. “Smettetela di
fare i guastafeste, non riesco a trattenermi. Non pensavo fossi così anche tu”.
“Data la sorpresa
della Granger, non penso lo sapesse neanche lei”, fece notare Blasie.
“Immagino tu
l’abbia accompagnata alla lezione successiva, no?”, chiese Pansy.
“Sì”,
rispose sofferente Draco.
“E gli altri
Grifondoro?”.
“Non lo so. Non
mi interessava guardare cosa stessero facendo”.
“Spero non
di daranno problemi”, disse preoccupata Pansy.
Draco non
rispose. Non voleva davvero preoccuparsi per altre cose che non avrebbe potuto cambiare.
Hermione si
affrettò a sedersi con la testa bassa, cercando di evitare le occhiate
accusatore che i compagni le stavano lanciando. Si sistemò al solito posto,
felice di non avere nessuno a fianco.
Ron si voltò
dal banco di fronte. “Che diavolo era quello?”, le sibilò.
“Oh, allora adesso
mi parli di nuovo?”.
“Rispondi
alla mia dannata domanda”.
Hermione iniziò
a surriscaldarsi. Non era più una bambina a cui potevano essere dati ordini. “Sai
cosa, Ronald? Non credo lo farò”, rispose piccata, alzando il naso per aria.
“Irritante
strega testarda”, lo sentì mormorare e, prima che potesse farle altre domande,
la McGranitt richiamò l’ordine.
Ad Hermione erano
sempre piaciute le sue lezioni ed era contenta che non avesse rinunciato alla
cattedra, dovendo anche sopperire ai doveri di Preside. Voleva avere il meglio
per l’ultimo anno ad Hogwarts e la Direttrice lo era sicuramente. Ciò significava
anche che il silenzio da lei richiesto in classe sarebbe stato totale, una
manna dal cielo per gli studenti studiosi ed in quel momento molto apprezzato. Almeno
non sarebbe stata snervata dai mormorii che era sicura l’avrebbero altrimenti
circondata. Quel giorno, la Preside li fece lavorare ancora più duramente,
avendo preso molto seriamente il ripasso per i M.A.G.O.
“Bene, per
oggi è tutto. Consegnare in ritardo i compiti quest’anno non è accettabile e
non ammetterò scuse, nemmeno per chi gioca a Quidditch”, disse la McGranitt ed Harry
e Ron grugnirono. “Raccogliete le vostre cose e dirigetevi alla prossima
lezione. Signorina Granger, le dispiacerebbe rimanere un momento? Vorrei scambiare
due parole”.
Il cuore di Hermione
iniziò a battere forte. Aveva già capito di cosa voleva parlarle e non era
sicura di che tattica avrebbe usato la preside. Raccolse i libri e si sedette
al banco della prima fila, aspettando che la classe si svuotasse. Come al solito,
alcuni cercarono di rimanere indietro curiosi, nel tentativo di origliare
qualcosa. Sia Harry che Ron la guardarono dalla porta e pensò quasi di averli
visti preoccupati.
Quando tutti
se ne andarono, la McGranitt le si avvicinò, sedendosi di fianco a lei. “Non voglio
farti la predica, Hermione, solo sapere se va tutto bene. La tensione tra te e
gli altri Grifondoro non mi è sfuggita e posso immaginare che la scena alla
quale ho assistito prima qui fuori centri qualcosa”.
Hermione arrossì
ed abbassò lo sguardo verso le sue mani.
“Da quanto
ho capito, tu e Malfoy vi frequentate”.
Lei annuì. “Sì,
ed oggi siamo usciti allo scoperto. Credo che i ragazzi siano sconvolti”.
“È dire
poco. Non spetta a me commentare la tua relazione o dirti chi dovresti
frequentare. Però ti dirò che gli amici sono importanti ed a volte questo si
dimentica all’inizio di una storia”.
Hermione osservò
la lavagna dove la Professoressa aveva incantato il gesso perché scrivesse le istruzioni
per quelli del terzo anno. Non riusciva davvero a guardarla in volto.
“Non voglio
perdere i miei amici”.
Con la coda
dell’occhio, vide la McGranitt annuire. “Come hanno preso la notizia il Signor
Potter ed il Signor Weasley?”.
Hermione fece
una smorfia. “Come c’era da aspettarsi. Non sono felici”.
“Dagli
tempo. Sono testardi ma ti vogliono bene”.
Hermione tornò
a guardare il banco, non volendole far notare le lacrime. “Spero sia così”, rispose.
La Professoressa
le batté una mano sulla spalla. “Non credo che il cambiamento del Signor Malfoy
sia sfuggito a qualcuno. Ho scritto la lettera di raccomandazione per il San
Mungo ieri e la spedirò questa sera”.
Hermione non
riuscì a sorridere. “Posso dirglielo?”.
“Certo. Ora,
immagino farei meglio a lasciarti andare alla prossima lezione”.
“Grazie,
Professoressa”.
“Quando vuoi”,
rispose la McGranitt.
Hermione si
alzò ed andò alla porta.
“Stai
attenta, Hermione. La strada che hai scelto non sarà facile e non avrai molti
sostenitori. Ti suggerisco di sistemare le cose con Harry e Ron più presto che
puoi”.
“Potrebbe
essere più facile a dirsi che a farsi”.
“Ho fiducia
in te”, fu l’unica risposta della Preside.
Theo beccò Draco
mentre usciva dalla lezione di Incantesimi e guardò il biondo dall’alto in
basso. “Non credevo fossi così”.
“E adesso di
che parli?”, chiese irritato Draco.
“Della Granger.
È stata davvero una sorpresa”.
“Solo perché
eri sicuro fosse una Tassorosso”.
Theo sbuffò.
“Ero certo si trattasse di Alathea Winslow”.
Draco fece
una smorfia a sentire quel nome. “Non sono così disperato!”.
“No, a
quanto pare no. Anche se, considerato si tratta della Granger, non ho escluso l’uso
dell’Imperio”.
Draco alzò
gli occhi al cielo. “Sorprendentemente, non sono caduto così in basso”.
“Ma spiega
tutte quelle notti in cui non c’eri. Ha delle stanze private quest’anno, no?”.
Lui annuì,
poco incline ad incoraggiarlo.
“Allora, com’è
a letto?”, chiese Theo con fare cospiratorio.
Draco si
voltò a guardarlo ed estrasse la bacchetta, puntandola contro il compagno. “Continua
così e mi assicurerò tu sostenga i M.A.G.O. dall’infermeria”.
Theo alzò le
mani in segno di resa. “Calma, amico! Stavo solo chiedendo. Non avevo capito
fossi così preso. Per quello che sapevo io, la stavi usando per il sesso e la reputazione.
Cioè, è una Sanguesporco”.
Il biondo
spinse Theo contro il muro, una mano sulla gola e la bacchetta premuta sulla
guancia. “Attento a quello che dici, Nott!”.
Pansy si
fece largo nel gruppo di Serpeverde che si era radunato attorno ai due. “Draco!
Mettilo giù prima di infilarti nei pasticci”.
Draco continuò
ad osservare Theo, come a sfidarlo ad aprire la bocca. Quando il ragazzo rimase
in silenzio, rendendosi conto che sarebbe stato poco saggio farlo arrabbiare
ancora di più, abbassò la bacchetta e gli lasciò il braccio, permettendogli di
spostarsi dal muro.
Pansy lo
afferrò e lo spostò da lì. “Che diavolo stavi facendo?”, lo rimproverò.
Draco imprecò
alla vista degli altri Serpeverde e si voltò verso di lei. “È andato troppo
oltre”.
“Quindi l’hai
messo al muro? Vuoi sostenere i M.A.G.O. oppure ritrovarti ad Azkaban?”.
“Ha chiamato
Sanguesporco la Granger”.
Pansy boccheggiò
ed adocchiò Theo, che adesso era affiancato da Blasie.
“Che diavolo
hai detto, adesso?”, chiese Blasie.
“Ho solo
fatto una battuta sui suoi programmi notturni. Come potevo sapere che fa sul
serio con quella ragazza?”, si lamentò Theo.
Blasie grugnì.
“Non impari mai, vero?”.
“Andiamo! Hai
mai sentito nulla di più ridicolo di Draco e la Granger?”.
Blasie riconobbe
che aveva ragione ma lo mise in guardia. “Stai attento a ciò che dici su di lei
quando c’è Draco”.
“Adesso lo so!”,
disse Theo prima di ridere. “La Granger! Ancora non riesco a crederci”.
Blasie rise
con lui. “Solo Pansy l’aveva capito”.
Quando
giunse l’ora di pranzo, Hermione era ormai esausta. Le stava venendo un feroce
mal di testa e non vedeva l’ora di andare da Draco in biblioteca. Stava giusto
attraversando il terzo piano quando un braccio le bloccò la strada e si trovò
di fronte la faccia sconvolta di Dean Thomas.
“Hai perso
la testa?”, le chiese.
Hermione si
massaggiò le tempie. “Dean, non sono davvero dell’umore”.
“Hai dimenticato
tutto? Tutti i nomignoli che ti ha dato in tutti questi anni?”.
“No”,
rispose secca.
“Allora come
fai a frequentarlo?”.
“Perché è
cambiato”.
Dean tossì. “Non
fare l’idiota, Hermione. A quanto pare non riesci a vedere ad un palmo dal
naso. Ti sta usando”.
“Ma certo. Vuoi
aggiungere altro?”, chiese sarcastica.
Lui strinse
le labbra per l’irritazione. “Attenta alle mie parole, appena non gli servirai
più ti butterà via”.
“Allora
immagino potrai dirmi che mi avevi avvisata. Nel frattempo, preferirei ti
impicciassi degli affari tuoi”, sbottò sarcastica prima di aggirarlo.
“Non ne vale
la pena”.
Hermione si
voltò nuovamente e gli premette un dito sul petto. “Non spetta a te dirmi ciò
che è o meno. Non lo conosci quindi sparisci, Dean. La cosa non ti riguarda”.
Hermione continuò
lungo il corridoio, la rabbia ancora in circolo. Perché la gente non riusciva a
darle il beneficio del dubbio? Non era stupida e ci aveva pensato a lungo. Alla
fine, raggiunse la biblioteca ed aprì la porta. Trovò subito Draco, appoggiato
contro uno scaffale che fissava la porta. Gli si affrettò incontro e gli si
lanciò tra le braccia.
“Cos’è
successo?”, le chiese, allarmato dalla sua espressione.
“Sono stanca
che tutti mi dicano cosa io debba o non debba fare”, mormorò sulla sua camicia.
“Lo prendo
come un lamento per la lezione”.
Hermione annuì.
“Dean mi ha appena bloccata in corridoio per rimproverarmi”.
“Cos’ha
fatto Thomas? Lo ucciderò”.
“Smettila,
ti prego, non farlo, Draco. Non penso di poter sopportare altri litigi, oggi”.
Lui la
guardò e gli occhi gli si addolcirono quando comprese il suo stato d’animo. “Andiamo
a pranzo”, le disse, trascinandola fuori.
“Non ce la
posso fare. Prenderò qualcosa dalle cucine”.
“Non ti servirà
nasconderti”.
“Lo so”,
sbottò irritata Hermione. “Ma sarà terribile stare in Sala Grande”.
“Lo affronteremo insieme”.
“Non pensare
possa sedermi al tavolo dei Serpeverde. Non riesco ad immaginare niente di
peggio”.
Lui ghignò. “Non
lo volevo suggerire”.
“E allora
cosa? Verrai con me a quello dei Grifondoro? Finirai trippa per gatti”.
Draco alzò
gli occhi al cielo. “Non intendevo nemmeno questo, ma ho chiamato rinforzi”, le
disse indicando il fondo delle scale.
Ginny la
stava aspettando.
“Sbrigati, Hermione,
ho fame”, si lamentò Ginny.
“Non vorrai
far aspettare la piccola Weasley. Probabilmente a casa non le danno da mangiare”.
Ginny gli
lanciò uno sguardo irritato ma Hermione rise. “Ovviamente non sai nulla di
Molly. Nessuno si affama a casa sua, nutrirebbe persino te se ti presentassi”.
“Potrebbe
essere tutto avvelenato, però”, aggiunse maligna Ginny.
Draco strinse
le labbra ma non rispose. Ormai avevano raggiunto l’entrata della Sala Grande. “Sei
pronta?”, le chiese.
Hermione annuì
e gli strinse la mano. “Andiamo e facciamola finita”.
L’insolito
trio oltrepassò la porta e nella Sala calò il silenzio. La maggior parte degli
studenti li guardò allibiti, chiedendosi se si trattasse di uno scherzo. Draco,
con la sua solita arroganza, ignorò tutti, le diede un bacio sulla guancia e le
lasciò la mano per dirigersi al proprio tavolo.
Hermione volle
quasi raggiungerlo ma sapeva che, se lo avesse fatto, i pettegolezzi avrebbero
raggiunto livelli mai visti. Così, seguì Ginny tra i Grifondoro non proprio
amichevoli.
“Ignorali”,
le sussurrò Ginny.
Hermione guardò
la sua amica e notò toccata la sua espressione fiera che sfidava tutti a dire
qualcosa. Si sedettero in fondo al tavolo, vicino alle porte.
“Sei
riuscita a fare pace con Harry?”, le chiese Hermione.
“Sì, ma non è
esattamente contento di me”, replicò Ginny, osservando il fidanzato.
“Mi dispiace”.
“Non è colpa
tua se è un asino”.
Hermione sorrise.
“Ma è colpa mia se avete litigato”.
“Senti, mi
piacerebbe non fossi innamorata di Malfoy ma lo sei e non te ne farò una colpa.
È un idiota ma se ti fidi di lui io mi fido del tuo giudizio”.
“Ma?”.
Ginny sorrise
maligna. “Se ti facesse del male, solo in caso, mi sono già messa in contatto
con George. Ho qualche idea apposta per lui”.
Hermione rise.
“Se dovesse ferirmi mi aggiungerei al gruppo”.
“Credimi, saremmo
molto più pericolose di qualsiasi cosa Harry e Ron potrebbero inventarsi e
scommetto che Malfoy lo sa”.
Hermione ripensò
all’inizio del semestre quando Malfoy l’aveva chiamata Sanguesporco finché lei
non lo aveva minacciato ed aveva smesso quasi subito. “Scommetto di sì”.
Ginny rimase
allegra per il resto del pranzo ed Hermione glie ne fu grata perché il resto
della giornata non le portò alcuna gioia. Harry e Ron continuarono a trattarla
come se non fosse esistita e gli altri Grifondoro non si trattennero dal dare
voce al proprio dispiacere. Quando le lezioni finirono, Hermione era ormai
prossima alle lacrime.
Draco stava aspettando
Hermione nella sua sala comune quando lei entrò malinconica a fine giornata. Lasciò
cadere la borsa dei libri sul divano e ci si afflosciò assieme a lui.
“Ehi”, disse
pacata.
Lui le mise
un braccio attorno alle spalle e se la portò più vicino. “Come ti senti?”.
“Bene”, rispose
prima che la voce le si spezzasse ed iniziasse a piangere.
Draco la
fece sedere sulle sue gambe. “Ti prego, Hermione, non farti questo”.
“Non riesco
a farne a meno”, singhiozzò. “Sono i miei migliori amici. Ne abbiamo passate
così tante assieme, eppure loro fanno i testoni”.
“Dagli
tempo. Lo accetteranno”.
Hermione scosse
la testa. “Non credo. Si comportano come se li avessi traditi”.
Draco cercò
di sorriderle prima di appoggiarsi a lei. Odiava vederla così distrutta a causa
dei litigi che stava affrontando e non aveva pensato a ciò che avrebbero fatto
quando i suoi amici l’avessero scoperto. Non aveva nemmeno creduto sarebbero
durati così tanto, insicuro se si fosse trattato di una cotta passeggera. In quel
momento, invece, reggeva la sua ragazza che piangeva sulla sua spalla e non
sapeva che fare, così decise di rimanere semplicemente lì e darle un po’ di
conforto. Tra l’altro, non era nemmeno bravo con le parole e non era certo di
potersi trattenere dall’insultare quei due, ben sapendo che lei non lo avrebbe
apprezzato.
Alla fine, la
Granger si calmò abbastanza da smettere di piangere. Osservò il suo petto, prima
di ridere. “Cos’ho che non va? Ti bagno sempre la camicia”.
“Almeno
questa volta non dovrai offrirmi nessun vecchio vestito di Potter”.
Hermione gli
sorrise. “No, ormai ti stai facendo un armadio consistente qui”.
“Ti rendi
conto che non torno in dormitorio da un sacco di tempo oltre che per cambiarmi?”.
Lei lo
spinse via. “Questa notte vuoi tornare? Non devi rimanere qui con me se non ti
va”.
Draco alzò
gli occhi al cielo. “Quante volte devo dirti che sei incredibilmente più
appetibile di Theo e Blasie?”.
“Sarà meglio”,
lo prese in giro lei.
Lui le prese
il mento e la baciò. “Certo. L’unico posto in cui voglio essere è con te”.
“Fammi
dimenticare i litigi, Draco”, gli mormorò contro le labbra.
Draco fece
esattamente ciò che gli era stato chiesto.
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Capitolo 29 *** Migliori Amici E Fidanzati ***
Cap 29
Migliori Amici e Fidanzati
Hermione vide
Harry e Ron dall’entrata della Sala Grande e si affrettò ad uscire. Non se la
sentiva di affrontarli in quel momento e negli ultimi giorni li aveva evitati,
cosa che li aveva fatti arrabbiare sempre di più. Sfortunatamente, quel giorno
la sua sorte non volle sorriderle perché riuscì a malapena ad attraversare il
giardino che qualcuno la afferrò e la fece voltare.
“Non puoi
continuare a scappare, Hermione. Alla fine, dovrai parlarci”, disse Ron.
“Non sapevo
di essere io quella che vi ignora”.
“Dobbiamo parlarle”.
“Volete
parlarmi oppure urlarmi addosso?”.
“Vogliamo
capire”.
Hermione guardò Harry. Non sembrava volesse capirle nulla.
“Sicuro? Forse
tu sì, Ron, ma non credo sia lo stesso per Harry”.
“Non penso
di poter capire”, replicò lui. “Ma voglio sapere perché”.
“I sentimenti
non sono semplici da spiegare. Non è che io mi sia svegliata una mattina ed
abbia pensato “sai che c’è? Penso oggi mi innamorerò di Draco Malfoy, così agiterò
un po’ le acque”. È semplicemente successo”.
“Come è
potuto accadere con uno come lui?”, chiese frustrato.
“Perché non
è la persona che credi. Ho passato del tempo con lui, l’ho conosciuto ed è
diverso dal borioso che è sempre stato”.
Harry fece
una smorfia. “Per favore, Hermione, davvero vuoi rifilarci la solita storia
smielata?”.
“Ma è vero!
Come puoi all’improvviso pensarla diversamente su Piton ma non riuscire a fare
la stessa cosa con Draco?”.
“Le azioni
di Piton ci hanno dimostrato la sua vera personalità”.
“E così
anche Draco! Noi sappiamo a che tipo di pressione è stato sottoposto. L’hai
detto tu steso che non è riuscito ad uccidere Silente, ha abbassato la bacchetta,
e non ha detto a Bellatrix chi fossimo a Malfoy Manor. La sua riluttanza ad
eseguire qualsiasi ordine gli fosse stato dato come Mangiamorte dimostra che
non era in grado di diventare una persona simile!”, urlò con passione.
“Stai
davvero cercando di far passare la codardia di Malfoy per una specie di
caratteristica che possa redimerlo?”, chiese incredulo Harry.
“Sì, è così.
Era un codardo nel senso che, nel profondo, sapeva quanto fosse sbagliato ciò
che stava facendo. Gli mancava la convinzione per diventare un vero
Mangiamorte. È davvero codardia, questa? O forse voleva fare la cosa giusta ma
non aveva idea di come?”.
“Merlino, Hermione.
Ti ha davvero rigirata se sei capace di dire tante sciocchezze”, sbottò Ron.
“Oh, certo, dev’essere
questo il motivo! Stupia Hermione, è troppo infantile per capire la differenza
da sola. O magari è perché le piacciono i maghi oscuri. Non è così, Ron?”, urlò
lei.
“Sei sempre
stata troppo compassionevole per il tuo stesso bene. Malfoy ti ha venduto una
storiella strappalacrime su quanto sia stato mal cresciuto e tu ti sei
abbassata le mutande”, rispose crudele Ron.
Hermione sussultò
come se l’avesse presa a schiaffi, ferita che avesse potuto dirle una cosa del
genere. “Pensi davvero una cosa simile di me?”, gli chiese con calma.
“Crediamo tu
non abbia esperienza con i ragazzi e sia sempre troppo incline a vedere il
meglio delle persone”, si intromise Harry.
“Non sono un’idiota.
Quando lo capirete?”.
“Quando inizierai
a prendere decisioni migliori”.
“Sono
rimasta al tuo fianco qualsiasi decisione tu abbia preso, Harry, anche se non l’approvavo.
Quando invece sono io a fare qualcosa, un’unica cosa, che a te non piace sei molto
veloce a giudicare”.
“Questo non
è un piccolo errore”, continuò lui.
“E non lo è
stato nemmeno il Reparto Misteri”.
Harry si
ritrasse, bianco come un lenzuolo, ed alzò un dito contro di lei. “Conosci le
circostanze”, sibilò. “Non è per niente comparabile con questo”.
Hermione si
morse un labbro. Si sentiva male per avergli detto una cosa simile ma era
stanca di essere sempre lei quella responsabile. “Senti, non te l’ho detto per
incolparti. Ti stavo solo facendo capire che non è sempre tutto bianco e nero
come credi”.
“Infatti è
più nero che bianco”, grugnì Ron.
Hermione si
strofinò gli occhi. “Sapete cosa? Voi potete anche continuare a vivere
felicemente in un mondo dove potete tenervi gli stessi pregiudizi che c’erano
prima della sconfitta di Voldemort, ma io non rimarrò lì con voi. Non mi farò fermare da qualche lamentela meschina”.
“Ciò che
proviamo per Malfoy non è per niente meschino”, la interruppe Harry.
“No, ma se
gli dessi una possibilità capiresti che non c’è bisogno di lamentarsi”.
“Che cosa? Mi
dirà che gli dispiace per tutte le porcherie che ha combinato in questi anni?”.
“Sì”,
replicò semplicemente lei.
“Ti prego, Hermione!
Alza la testa dalla sabbia”, sbottò Harry.
“Si è scusato
con me”.
“Sì, perché
sa riconoscere i punti deboli quando li vede”, la prese in giro Ron.
“Oh, certo! Perché
questo ha molto più senso rispetto al fatto che gli possa dispiacere sul serio”.
“È Malfoy! È
un coglione!”.
“Questa è la
tua risposta a tutto?”.
“Che altra
risposta ci potrebbe essere?”, insistette testardo Ron.
Hermione scosse
la testa triste e guardò i suoi amici. “Sapete, mi dispiace per voi. Avete la
vista ristretta e non riuscite a capire il lato buono delle persone”.
“Non di
quelle come Malfoy”.
“Non
andartene, Hermione!”, urlò Ron.
“Perché no? Ascoltereste
davvero ciò che ho da dire o mi chiederete solo di lasciarlo?”.
Harry e Ron la
fissarono. Gli diede il tempo di rispondere, ma rimasero in silenzio. “Come pensavo”,
disse prima di andarsene.
Aspettò di
allontanarsi abbastanza prima di appoggiarsi al muro più vicino. I litigi con Harry
e Ron l’avevano sempre scombussolata e fatta sentire vulnerabile e, quel
giorno, non avrebbe fatto eccezione. Cosa peggiore, tutta quella diatriba la
stava rallentando con il ripasso per i M.A.G.O.
Ginny li
guardò litigare dalle scale di Hogwarts. Il divario tra Harry, Ron ed Hermione si
stava allargando. Aveva pensato che Harry avrebbe iniziato a calmarsi dopo la
loro conversazione ma ormai erano passati giorni ed era ancora infuriato per quella
situazione. Ron sarebbe stato più semplice da calmare, se Harry non fosse stato
così certo che Hermione avesse perso la testa.
Ginny si era
ritrovata in mezzo, bloccata. Faceva del suo meglio per perorare la causa di Hermione
ma i ragazzi si rifiutavano di ascoltare, gran parte perché erano stati feriti
nell’orgoglio. Per qualche motivo, Harry si era convinto che Hermione non si
sarebbe messa con Malfoy se lui fosse intervenuto prima. In ogni caso, lei ne dubitava.
Hermione non avrebbe smesso di aiutarlo sulla base della sua sola richiesta,
proprio come adesso si rifiutava di smettere di frequentarlo solo perché Harry glie
lo ordinava.
Ginny sospirò
e scese lentamente le scale.
“Quando
inizierete ad accettarlo?”, chiese dietro di loro.
“Come
facciamo?”, chiese belligerante Ron.
“È ciò che
vuole. L’avresti ascoltata se ti avesse detto che non potevi stare con Hannah?”.
“È diverso. Hannah
non è un serpente strisciante che ci ha reso la vita un inferno”.
“Immagina
fosse la Parkinson, allora. Se ti fossi innamorato di lei come con Hannah, ci
avresti rinunciato se Hermione te lo avesse chiesto?”.
“Ginny! Hai
perso la testa? Preferirei immaginarmi con Fierobecco!”.
Ginny alzò gli
occhi al cielo e si voltò verso Harry. “Non stai facendo altro che spingerla
ancora di più tra le braccia di Malfoy. Non credevo saresti stato così testardo”.
Harry sembrò
insicuro. “Non so perché non ci riesco, ma è così”.
“Provaci!”, gli
ordinò. “Prima di perderla per sempre. Se non cambierete idea, succederà”.
Harry la
guardò e lei notò il conflitto nei suoi occhi. Era ovvio che le mancasse l’amica
ma la sua testarda incapacità di ascoltare ciò che Hermione gli voleva dire ed
il desiderio, giustificato o meno, di perpetrare l’odio verso Malfoy stavano distruggendo
qualsiasi possibilità di farlo ragionare. Almeno, però, non avrebbe completamente
dimenticato le sue parole.
“Ci proverò”,
disse annuendo.
Ron fece una
smorfia ma Ginny lo ignorò. Suo fratello era pieno di rabbia ma, se Harry avesse
abbassato la testa ed accettato a malincuore la situazione, l’avrebbe fatto
anche lui.
Ginny,
contenta di essere riuscita a far ragionare, Harry, tornò nel castello.
Hermione rimase
in giardino, nascosta dietro un muro, per il resto del pranzo. Non aveva
nemmeno fame e lo stomaco le si era stretto in un fascio di nervi. Si sedette
ed iniziò a pensare cosa avrebbe potuto fare se Harry e Ron non l’avessero
perdonata. Non avrebbe mai lasciato Draco solo perché glie lo ordinavano e,
comunque, permettere loro di avere un potere così grande su di lei non sarebbe
stata una grande idea. Avrebbero pensato di poter interferire con la sua vita
privata ogni qualvolta avessero voluto. Però non voleva nemmeno rinunciare alla
loro amicizia. Sì, erano testardi e la facevano infuriare e, francamente,
spesso degli idioti, ma sapeva anche che le volevano bene ed erano preoccupati
per lei. Ciò non scusava il loro comportamento ma non poteva odiarli per
questo, non avrebbe mai potuto.
Udì la
campanella suonare l’inizio delle lezioni pomeridiane e si alzò lentamente,
asciugandosi le mani sporche sulla veste. Avrebbe dovuto recarsi ad Artimanzia
e sarebbe almeno riuscita ad evitarli, manche se ci sarebbero comunque stati Dean
e Seamus. Non che quel giorno avesse intenzione di prestare loro attenzione. Non
avrebbe ascoltato né Harry, né Ron, né tantomeno quei due.
Quando svoltò
l’angolo della classe, trovò Draco ad aspettarla alla porta. La vide e perse l’espressione
tesa. “Eccoti!”, esclamò.
“Scusa, ho
passato il pranzo di fuori”.
Lui la
raggiunse e le strofinò le mani sulle braccia. “Ero preoccupato”.
“Ho incontrato
Harry e Ron e non me la sono sentita di rientrare a mangiare”.
Il volto gli
si oscurò. “Adesso che hanno detto?”.
“Niente di
nuovo. Penso stiano ancora sperando che mi liberi di te”.
Draco imprecò.
“Ehi”, gli disse. “Non succederà”.
“Vorrei che Potter
tirasse fuori la testa dalle chiappe”.
Hermione sorrise.
“Ti comporteresti diversamente se Pansy frequentasse Harry?”, gli chiese,
inconsciamente suonando come Ginny.
Lui strinse
la mascella. “Pansy non scollegherebbe mai il cervello”.
Hermione alzò
un sopracciglio. “E perché tra noi sarebbe diverso?”.
“Non sono un
idiota come Potter”.
“Questo è
discutibile”.
Draco si
passò una mano tra i capelli. “Ok, capisco che intendi”, le concesse
malvolentieri.
“Vedi? Non era troppo difficile”.
“Lo pensi tu”, mormorò.
“Vorrei sapere
quando lo accetterà”.
Draco le
mise un braccio attorno alle spalle e la fece entrare in classe. “Lo capirà. Probabilmente
quando vorrà passarti un tema da correggere”, le disse baciandole la tempia.
Hermione voleva
sperare fosse così semplice ma sapeva che non sarebbe successo. Almeno Draco stava
cercando di farla sentire meglio, piuttosto che arrabbiarsi ed aggiungerle preoccupazioni.
Probabilmente
avrebbe cambiato idea se avesse saputo ciò che gli stava passando per la testa.
Aveva notato quanto il problema con i suoi amici si fosse acuito e non era così
stupido da non capire che, se le cose non si fossero risolte con Potter e Weasley,
non sarebbero durati a lungo. La testardaggine ed il desiderio di non voler
essere comandati non li avrebbe portati lontano e la Granger non sarebbe stata
felice se non fosse riuscita a fare pace con quei due. La loro relazione ne
avrebbe risentito e presto si sarebbero lasciati.
Poteva anche
essergli voluto un po’ a capire quanto fosse innamorato di lei ma, appena accettata
la cosa, aveva capito di volere una cosa seria. Non avrebbe rinunciato a lei
senza combattere e, se avesse significato fare quello che aveva in mente, lo
avrebbe fatto. La sua felicità poteva valere un pezzo del suo orgoglio.
I mormorii e
le occhiate degli altri non avrebbero significato nulla per la Granger se
avesse avuto al suo fianco gli amici ma, se fossero rimasti arrabbiati con lei,
avrebbero iniziato ad abbatterla. Percepì la sua tensione quando entrarono
nella classe di Artimanzia, dove Finnegan e Thomas iniziarono a fissarla crudeli
e con il disgusto dipinto in faccia. Hermione sembrava a pezzi e sapeva quanto
avesse pianto durante la notte, visto che si era svegliato più di una vola con
lei che cercava di singhiozzare nel cuscino.
Non aveva
saputo cosa fare ma, fermo di una nuova convinzione, stava diventando più
positivo. Non avrebbe permesso a degli estranei di separarli. Aveva passato la
vita a seguire gli ordini degli altri e non lo avrebbe più accettato. Percepiva
ancora le occhiate di Thomas, così gli ghignò. Fanculo loro e qualsiasi altro
bastardo lì fuori.
Quella sera,
Draco aspettò finché Potter non tornò dall’allenamento di Quidditch. Si posizionò
di fronte alla porta ed intercettò il Ragazzo che è Sopravvissuto quando entrò
nell’atrio.
“Potter,
possiamo scambiare due parole?”. Non gli avrebbe mai chiesto per favore.
Il gruppetto
attorno a Potter si bloccò e tutti lo fissarono. Weasley aveva la bocca aperta
per lo stupore, non avrebbe mai capito come la Granger avesse potuto trovarlo
attraente, mentre gli altri si accigliarono.
“Con comodo,
Potter”, biascicò.
Il Capitano
dei Grifondoro fece cenno alla squadra di andare e preso Draco rimase solo con
lui e Weasley. “Speravo di poter parlare da soli”.
“Non andrò
da nessuna parte con te, Malfoy. L’ultima volta mi hai lanciato un Pietrificus
e mi hai picchiato”.
“Questa
volta è un invito e non stai andando in giro con il Mantello dell’invisibilità
ad origliare conversazioni che non ti riguardano”.
“Il tuo
ruolo di Mangiamorte mi riguardava, e dovrebbe riguardarmi anche Hermione”.
“Rimaniamo
qui a rispolverare il passato oppure vuoi sapere cosa ho da dirti?”.
“Non sono
sicuro di voler ascoltare”.
“Ottimo!
Beh, sarò più che contento di dire alla Granger che ci ho provato ma non hai
avuto alcun interesse”.
Il Prescelto
si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi. “Ok, spara allora”.
“Prima liberati
del compare”.
“Ehi”,
protestò Weasley.
“È tra te e
me, Potter, lo è sempre stato. Weasley è superfluo in questa conversazione”.
“Fanculo, Malfoy.
Ho lo stesso diritto di stare qui di Harry”.
Draco non lo
guardò nemmeno e tenne gli occhi puntanti su Potter, constatandone l’accettazione.
“Ron,
lasciami da solo con Malfoy”.
“Cosa? No! Dovrei
rimanere anche io!”.
Potter si
voltò verso di lui. “Lasciami ascoltare ciò che deve dire”.
“Non è
giusto! È anche mia amica!”.
“Lo so, ma
vuole parlare con me. Dubito mi dirà qualcosa di illuminante, ma forse dovrei
ascoltare”.
Draco ghignò
mentre Weasley sembrava prossimo a fare i capricci. Alla fine, li guardò
entrambi e se ne andò.
“Donnola poppante”,
gli urlò dietro Draco.
“Fanculo,
Malfoy”, grugnì Weasley..
“Mi stai già
facendo pentire di averti voluto ascoltare”, disse Potter.
“Nessuno dei
due sarebbe qui se non fosse per la Granger quindi risparmiati le cazzate da
martire per qualcuno che ci crederà”.
“Che cosa ci
veda, in te, è un mistero”.
“Potrei dire
esattamente la stessa cosa”.
“Allora
inizia”.
Draco si
prese un minuto per ricomporsi. Il ragazzo riusciva sempre a farlo
surriscaldare ma, per il bene della Granger, avrebbe ricacciato indietro l’istinto
di prenderlo a pugni.
“Che cosa
stai combinando con la Granger?”.
“Che intendi?”.
“Non fare il
finto tondo, non ti si addice”.
“Vuoi solo
insultarmi o hai sul serio qualcosa da dire?”.
Draco si passò
una mano tra i capelli. “Senti, per me non è facile. Non mi piaci, non mi sei mai
piaciuto. Tiri fuori il peggio di me ma sei il migliore amico di Hermione e per
lei significhi molto”.
“Grazie per
questo riassunto sconvolgente, Malfoy. Sono così felice di essermi fermato”, rispose
sarcastico Potter.
“Chiudi
quella cazzo di bocca e lasciami finire”, sbottò lui. Aspettò un attimo per
avere conferma di non essere più interrotto ed il Grifondoro annuì.
“È a pezzi. Questo
divario tra di voi la sta distruggendo. Non vuole la tua benedizione, sa già
che non glie la darai mai, vuole solo che provi a capirla e la smetti di metterle
addosso tutta questa pressione”.
“Perché non
è venuta a dirmelo lei stessa?”.
“Credi mi
abbia mandato a parlare lei? Metti in moto quel cervello che penso tu possieda.
Pensi davvero che non ci sia qualcuno di meglio da mandare per perorare la sua
causa?”.
“Allora perché
sei qui?”.
“Perché non
stai ascoltando. Non ho idea di ciò che la rossa bisbetica che chiamerai moglie
ti dica ma, qualsiasi cosa sia, ti rifiuti di capire”.
“E tu pensi
di avere qualche possibilità in più?”.
“Il fatto
che io sia qui dovrebbe dirti qualcosa”.
“E sarebbe?”,
chiese testardo Potter, non volendo rendergli la cosa più facile.
“Sei davvero
un mulo”, disse divertito Draco. Di norma si sarebbe irritato con il Prescelto
ma la Granger doveva averlo rammollito.
“Io posso
anche essere testardo ma non sono quello che ha passato anni a renderle la vita
un inferno”.
“Non ti racconterò
ciò che ho detto a lei, perché non ti riguarda, ma Hermione sa che mi pento del
mio precedente comportamento”.
“Lo spero
proprio, altrimenti sarei preoccupato per la sua salute mentale. Che poi sia
vero o meno, è un altro discorso”.
Draco percepì
la rabbia montare e lottò contro il desiderio di dire a quell’idiota di andare
a fanculo.
“Sono qui perché
mi importa di lei”.
“Ti importa?
Wow, che profondità”.
Gli ci volle
tutta la sua forza per ricacciare indietro la risposta che avrebbe voluto
dargli. Per il bene della sua ragazza, lasciò perdere il commento sarcastico. “Questa
relazione non è ciò che pensi”.
“E che cosa penso?”.
“Che io la
stia frequentando perché mi fa comodo”.
“E dovrei
prendere per buona la tua parola?”.
“NO, ma
dovresti fidarti di lei. Ha deciso di volerci dare una possibilità. Dovresti fidarti
del suo giudizio”.
“E se il suo
giudizio fosse offuscato?”.
“Da cosa?”.
“Dopo la
scena a cui ho assistito, dalla lussuria?”.
Draco imprecò.
“Se pensi una cosa del genere, non la conosci affatto. Pondera sempre tutto e
non avrebbe mai messo in pericolo la vostra amicizia per una cosa così banale”.
“Come faccio
a sapere che non la stai usando?”.
“Non puoi,
io posso solo dirti che non è così e che la amo. Ciò che vorrai fare con questa
informazione sta a te deciderlo”.
“La ami?”.
“Perché credi
sia qui ad ignorare il mio orgoglio e parlarti? Se non me ne importasse niente me
ne fregherei se non volessi più parlarle”.
Potter iniziò
a battere le dita sul manico della scopa, passandolo da una mano all’altra. “E
cosa dovrei fare con questa informazione?”, chiese confuso.
“Smettila di
fare l’idiota e fai pace con lei”.
“E poi cosa?”.
“Accetta il
mio ruolo nella sua vita come io faccio con te. Dubito diventeremo mai amici ma
lei non è felice senza di te. Magari dovresti capirlo”.
“Quando sei
diventato così maturo?”.
Draco sorrise
tetro. “Azkaban ha un modo tutto suo per questo”.
Il Grifondoro
lo fissò serio. “E se dovessi renderla infelice?”:
“Non riesco
a credere a ciò che sto per dire ma, se dovessi fare cazzate ti do il permesso
di picchiarmi. Me lo meriterei”.
Potter grugnì
prima di allungargli la mano. Draco esitò per un momento, ma alla fine glie la
strinse. Nessuno dei due mancò di notare il significato di quella stretta, dopo
tutto ciò che era successo.
“Rispetto il
fatto che tu sia venuto a parlarmi”, disse Potter accondiscendente.
Draco annuì,
rifiutandosi di essere grato per quelle parole del Prescelto. “Dì ai tuoi
compari Grifondoro di smetterla. Non voglio più sentire commenti né vedere
occhiatine, ed assicurati che Thomas non la affronti più”.
Potter si
accigliò. “Dean le ha parlato?”.
“Le ha
urlato addosso e le ha fatto passare dei brutti cinque minuti. Non apprezzo
arrivi da me sconvolta ed in lacrime”.
“Mi assicurerò
non ricapiti. Non se lo merita”.
“Non merita
nemmeno che i suoi due migliori amici la trattino da esclusa”, commentò Draco,
notando con soddisfazione il lampo di colpevolezza che passò negli occhi di
Potter.
“Le parlerò”,
mormorò il Grifondoro.
“No, farai
di più. Ti scuserai e farai pace con lei”.
Potter sembrò
volersi ribellare per un momento, ma preso assunse un’espressione rassegnata ed
annuì prima di dirigersi verso la torre dei Grifondoro.
Draco rilassò
le spalle, rilasciando la tensione che si era accumulata da quando aveva deciso
di dover parlare con l’amico della Granger, qualche ora prima. Non voleva nient’altro
che accoccolarsi con lei ma, conoscendo Potter, sapeva che sarebbe andato
subito dalla Grifondoro e dubitava avrebbero finito tanto presto. Riluttante,
si diresse nei sotterranei. Non ci dormiva da settimane.
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Capitolo 30 *** Riconciliazione ***
Cap 30
Riconciliazione
“Sicuro di
volerlo fare?”, chiese per la quinta volta Ron.
“No”, rispose Harry. “Odio ammetterlo
ma Malfoy ha ragione. Abbiamo trattato malissimo Hermione e dovremmo scusarci e
fare pace con lei”:
“Dannazione,
Harry, ti ha lanciato un Imperio mentre eravate soli?”.
Harry fece una smorfia. “Sto iniziando a chiedermelo anche io. Non riesco a credere di doverlo fare”.
“Non sono
sicuro di dovertelo permettere”.
Harry si
fermò ed afferrò Ron per un braccio. “Sei d’accordo che questa sia la cosa
giusta, no?”.
Ron sembrò
indeciso. “Non lo so. Cioè, le stiamo per dare la nostra benedizione e non mi
va giù ma non possiamo neanche continuare così”.
“Lo so e
anche io sono indeciso. Parliamo di Malfoy, dopotutto”.
“Sì, ma
anche di Hermione e non mi piace non esserle amico quindi facciamolo prima di
perdere la pazienza”.
I due ragazzi
si fermarono di fronte alla porta di Hermione, presero un respiro profondo e
bussarono.
Hermione era
sola. La stanza sembrava stana senza la presenza di Draco e, mentre una volta l’avrebbe
trovata piacevole e rilassante, adesso l’avvertiva silenziosa e fredda. Era così
abituata a coccolarsi con Draco a fine giornata. Di solito ripassavano assieme
prima che lui riuscisse a distrarla e la trascinasse a letto riempiendola di baci.
In quel momento, invece, era con la sola compagnia dei libri e la cosa non le
piaceva.
Sospirò,
conscia di essere ridicola. Non potevano passare assieme tutto il tempo. Anche lui
aveva degli amici e lei, beh, li aveva una volta. Ricacciò sul tavolo il libro
di Antiche Rune e si accasciò sui cuscini del divano. Ora che Draco non era lì
a tentarla, erano tornate anche tutte le sue paure riguardo alla sua amicizia con
Harry e Ron.
Ginny le
aveva assicurati di starci lavorando con Harry, ma ci stava mettendo troppo. E se
quei due non l’avessero mai perdonata e non le avessero più rivolto la parola? Non
credeva di poterlo sopportare e chi poteva essere sicuro che Draco ci sarebbe
sempre stato? Quante relazioni duravano per sempre? Si strofinò
gli occhi. Ecco perchè
non avrebbe dovuto lasciarla sola, diventava pazza, però non avrebbe potuto di
certo andare a cercarlo e pretendere che lasciasse qualsiasi cosa stesse
facendo con Blasie per rimanere con lei, anche se era davvero tentata.
Il rumore di
qualcuno che bussava la fece sussultare, dato che non aspettava nessuno. Se fosse
stata Ginny, sarebbe stata già dentro. Forse volevano qualcosa da lei come
Caposcuola. Al momento le sarebbe andata bene qualsiasi distrazione.
Scattò in piedi e raggiunse la porta, aprendola di
scatto. Si bloccò quando vide gli occhi verdi e quelli blu dei suoi due amici.
Draco si trascinò
alla sala comune dei Serpeverde, ignorando le occhiate che lo seguirono. Dopo la
sua scenata con Theo, qualche giorno prima, nessuno aveva più osato dire nulla
sulla Granger né provato a mormorare Sanguesporco vicino a lui. Avevano troppa
paura della sua possibile reazione. Poteva anche non essersi ricoperto di
gloria come Mangiamorte ma aveva dimostrato di essere imprevedibile se punzecchiato.
Aprì la
porta del dormitorio e grugnì quando lo trovò pieno. Sia Theo che Blasie erano
lì, assieme a Pansy.
“Draco!”,
esclamò Pansy. “Che ci fai qui?”.
“Finalmente
la Granger ha visto la luce ed ha scaricato le tue patetiche chiappe?”, chiese Theo.
Draco gli lanciò
un’occhiataccia ma lo ignorò e si lasciò cadere sul letto.
“È il mio
dormitorio, Pansy. Non ho il permesso di stare qui?”.
“Certo che s’,
pensavo solo saresti rimasto con Hermione”.
“Ogni tanto
possiamo anche separarci”.
“Sì, lo ha
sicuramente scaricato”, commentò Theo.
“Sta zitto, Theo!”,
urlò Pansy.
“Non
lasciare che ti faccia arrabbiare, Pansy. Le sue idee non contano nulla e,
comunque, non l’ho mai visto con una ragazza. Quanto tempo hai passato
attaccato alla gonna di Daphne? Ah già, ma lei ha gusti migliori”.
Theo lo fissò
e rimase in silenzio.
“Allora, dov’è
Hermione?”, chiese Pansy.
“Probabilmente
a fare pace con Potter e Weasley”.
“Cosa? Come
è successo?”.
“Potrei aver
fatto l’impensabile ed essere andato a parlare con il Prescelto Idiota”.
“Davvero?”,
chiese sorpreso Blasie.
“Ormai la
cosa era ridicola. A vedere il comportamento di Potter sembrava gli avesse annunciato
di aspettare un figlio da Voldemort”.
Blasie rise.
“Beh, sarebbe sicuramente uno scandalo”.
Pansy lo
ignorò. “Che ha detto lui?”.
“All’inizio
era aggressivo ma penso di avergli fatto capire qualcosa. Gli ho dato il permesso
di picchiarmi se mai dovessi spezzarle il cuore”.
Pansy si
sedette e gli si lanciò addosso, strangolandolo in un abbraccio. “Sono così
fiera di te”, risse singhiozzando.
“Pansy, non
riesco a respirare!”.
La ragazza
allentò la stretta ma continuò ad abbracciarlo. “Non è poi chissà che”, si
lamentò.
“Sì, invece.
Hai fatto qualcosa di incredibilmente altruista per Hermione”.
“Per Salazar,
siete diventati tutti troppo melensi”, si lamentò Theo dal suo letto.
Gli altri tre iniziarono a fissarlo. Theo sbuffò e si
mise un cuscino in faccia. “Chiederò a Lumacorno di cambiare stanza. Gli ormoni
qui dentro mi soffocano”.
“Ciao”, disse
esitante Hermione.
“Ciao”, dispose incerto Harry. “Possiamo entrare?”.
“Certo”,
rispose Hermione, facendosi da parte.
I tre si
guardarono nervosamente e la tensione riempì la stanza.
“Lo dirò
subito e basta”, iniziò Harry. “Abbiamo sbagliato a trattarti così negli ultimi
giorni. Può anche non piacerci Malfoy ma questo non scusa il modo in cui ci
siamo comportati”.
Hermione li
fissò con gli occhi spalancati. “Dici sul serio?”, chiese scioccata.
“Sì”,
replicò Ron.
“Che cosa vi
ha fatto cambiare idea?”.
Harry e Ron si
scambiarono un’occhiata prima di tornare a guardarla. “Malfoy è venuto da me”,
ammise Harry.
“Cosa?”.
“Malfoy è
venuto a cercarmi per parlare di questo”.
Hermione indietreggiò
fino a trovare il divano e si sedette lentamente, cercando di assimilare il tutto.
“Davvero?”.
“Per quando
mi dolga ammetterlo, sì”.
“Non prima
di mandarmi via come un bambino”, disse lamentandosi Ron.
Hermione rise
isterica. “Non sarebbe Draco se non provasse ad irritare almeno uno di voi”.
“Ci è voluto
un po’ rima che riuscissimo a decidere se mantenere un tono civile oppure
affatturarci a vicenda”, disse Harry.
“Come al
solito”.
“Senti”, continuò
lui. “Non sono sicuro sia la cosa giusta o meno, e neppure se ti interesserà,
ma hai la nostra benedizione”:
Hermione iniziò
a spostare lo sguardo tra i due. Ne avevano passate così tante insieme e la
distanza che si era creata nell’ultima settimana l’aveva distrutta, ma non era certa
le piacesse l’idea di ricevere la loro approvazione.
“E dovrei
esservi grata? Non ne ho certo bisogno”.
Il suo amico
con gli occhi verdi strisciò nervoso i piedi. “Lo capisco e so che siamo stati
pessimi a riguardo”.
Hermione incrociò
le braccia, poco impressionata. Non li avrebbe certo perdonati con quelle scuse
inconsistenti. Voleva sapessero quanto l’avevano ferita con la loro reazione.
“Non mi
aspettavo sareste stati felici e lo avrei accettato ma mi avete trattata come
se all’improvviso fossi diventata un’emarginata sociale”.
Harry si
passò una mano sul colletto della camicia, come se avesse voluto allentarlo. “È
stato uno shock”, si difese.
“Non è una
scusa valida”.
“Lo so. Penso
di averlo saputo da un pezzo ma avevo bisogno di tempo per accettarlo. Però ora
l’ho fatto, capisco che è una tua decisione e che non posso controllare i tuoi
sentimenti o che non puoi sopprimerli per far felici i tuoi amici”.
“Mmmm…”,
mormorò lei, stringendo le labbra e guardandolo seria prima di voltarsi verso Ron.
“E tu che dici? Sembra sia solo Harry a scusarsi, qui”.
“Non posso
dire che mi piaccia il fatto tu stia frequentando il furetto ma immagino sia
una decisione tua, alla fin dei conti”.
Non furono
le scuse più belle del mondo ma Hermione comprese, dalle loro espressioni
insicure, che erano costate molto. Probabilmente tanto quanto era costato a Draco
avvicinarsi ad Harry.
Si alzò di
scatto e attraversò la stanza per abbracciarli.
“Grazie”,
disse in lacrime.
Loro la
strinsero forte, prima di lasciarla andare. “Solo perché tu lo sappia, se farà
qualcosa per ferirti mi riservo il diritto di maledirlo”, la avvisò Harry.
Hermione rise. “Dovrai
aspettare il tuo turno”.
Ron le
scompigliò i capelli. “Ecco la mia ragazza. Non permettere a Malfoy di farti
del male”.
“Adesso quasi
mi dispiace per quel perdente”, aggiunse Harry.
Si strinsero
tutti e tre sul divano, con Hermione al centro. Sembrava che, adesso che
avevano fatto pace, fossero determinati a non permettere a nulla di mettersi tra
loro, nemmeno un cuscino.
“Non riesco
a credere che Draco sia venuto a parlarti”, disse incredula.
“Nemmeno io.
È stato strano quando mi si è avvicinato chiedendomi di fare due parole”.
“È andato
tutto bene, almeno?”, chiese preoccupata.
“Non ti
mentirò dicendoti che non ci siamo insultati o che adesso siamo amiconi o qualcosa
del genere, ma siamo riusciti a discutere senza violenza”.
“E ti sta
bene che stiamo insieme?”.
Ron fece una
smorfia. “Ad essere onesto, anche se vederlo toccarti mi fa venire da vomitare
e cercare la bacchetta, se è questo ciò che vuoi io mi adatto”.
“Almeno non
li hai beccati praticamente nudi”, disse Harry scrollando le spalle.
Hermione arrossì.
Quell’incidente l’aveva mortificata.
Lui la
guardò serio. “Non mentirci ancora, però”.
“Sì, papà”.
“Sono serio,
Hermione. Non sto dicendo che non avrei provato a tenerti lontana da Malfoy,
quindi capisco perché lo hai fatto, ma penso abbiamo tutti imparato qualcosa da
questo litigio”.
“Di uccidere
Malfoy alla prima possibilità?”, chiese speranzoso Ron.
Harry ed Hermione
alzarono gli occhi al cielo. “No, che dovremmo fidarci del giudizio reciproco”,
continuò Harry.
“Che noioso.
Mi piaceva di più l’opzione di ucciderlo”, li prese in giro Ron.
Hermione sorrise.
“Sono così felice che siamo di nuovo amici”.
Entrambi i
ragazzi le misero un braccio sulle spalle. “Ci sei mancata anche tu”, disse Harry.
“Comunque, le
occhiate della McGranitt avevano iniziato a spaventarmi”, disse Ron.
Hermione lo
osservò. “Vi guardava male?”.
“Sì, e
mormorava sottovoce quanto delusa fosse ogni volta che ci incontrava”.
Lei rise. “Almeno non
avete dovuto sopportare un’imbarazzante conversazione con lei riguardo alla
relazione con Malfoy”.
“Ti ha
trattenuta per farti domande?”, chiese Harry.
“Sì, è stato
mortificante”.
Ron sghignazzò.
“Ancora non riesco a credere che ti sbaciucchi il furetto”.
Hermione si
premette una mano contro le guance accaldate. “Almeno io non sono fidanzata!”.
Ron sbiancò.
“Non credi ti farà una proposta, vero?”.
Lei si
allarmò. “Spero di no! Sono troppo giovane per sposarmi”.
“Ma sei più
vecchia di noi”, protestò Harry.
“Sì, ma voi
siete pazzi!”.
“Ehi, io avrei
da ridire”, disse Ginny dalla porta. Si mise le mani sui fianchi e guardò seria
il fidanzato. “Era ora”.
Harry arrossì
ed Hermione soppresse un sorriso. Già si immaginava Ginny governare casa
Potter.
La rossa
sorrise e si avvicinò. “Sapevo che i miei continui discorsi alla fine avrebbero
funzionato”.
“Non sei
stata tu! Malfoy ci ha teso un’imboscata nell’atrio ed ha parlato con Harry”, gracchiò
Ron.
“Cosa?”,
chiese Ginny, gli occhi spalancati ed ancora più irritata di quanto sarebbe
stata se avesse dovuto scontare una punizione e saltare l’allenamento di Quidditch.
“Sì, si
nascondeva nell’ombra come l’inquietante Serpeverde che è”.
“Non riesco
a credere che Harry abbia ascoltato lui e non me”, disse indignata.
Harry ed Hermione si scambiarono uno sguardo divertito
mentre i fratelli continuavano a bisticciare. Si rilassarono contro i cuscini del
divano e rimasero ad ascoltarli.
Draco si
rigirò nel letto per quella che sembrava essere la centesima volta. Non stava
bene. Il letto non era comodo come quello della Granger, oppure non riusciva
più a dormire senza di lei. No, di certo si trattava del letto. Ci avrebbe scommesso
che Silente non li avrebbe mai arredati con dei suppellettili comodi come
quelli dei Grifondoro. Era sempre stato chiaro come fosse di parte.
“Per la
barba di Merlino, Draco, vai dalla tua strega se devi continuare così”, mormorò
Theo dall’altra parte della stanza.
“Per quanto
non mi piaccia concordare con l’arroganza di Theo, il tuo continuo rigirarti mi
sta dando sui nervi”, aggiunse assonnato Blasie.
“Ci manca solo
uno dei tuoi dannati incubi”, continuò Theo.
Draco si
sedette, si tolse le coperte e scese dal letto. “Bene!”, rispose oltraggiato.
Ecco perché non gli piaceva dormire con qualcuno oltre alla sua ragazza:
diventavano tutti umorali.
Ciabattò per
la stanza e raccattò i propri indumenti, prima di sbattersi dietro la porta.
“È proprio
delizioso”, disse sarcastico Theo.
Draco si
diresse veloce alla torre dei Grifondoro. L’unica volta che le dava un po’ di
tempo per fare pace con gli amici finiva per dover litigare con Theo.
Imprecò immobile
davanti alla porta quando udì delle risate, abbastanza forti da essere sentite
anche con il ritratto chiuso. Ottimo! Lui era lì che non riusciva a dormire
senza di lei e la Granger si stava divertendo con quegli stupidi. Se non avesse
dovuto riaffrontare Theo, sarebbe di certo ritornato nei sotterranei, ma quella
poteva essere l’opportunità per cacciare via quegli irritanti Grifondoro. Un sorriso
malvagio gli si formò in volto. Pronunciò la parola d’ordine
ed entrò.
All’interno,
trovò tutto sistemato in comodità. Zuccotti di zucca e Burrobirra circondavano
i quattro Grifondoro ed aleggiava un’atmosfera di festa. Il mostro verde tornò
in superficie quando vide Hermione rilassata contro Ron ma il suo sorriso
enorme quando lo vide preso lo scacciò via.
Si alzò e
gli corse incontro, saltandogli tra le braccia. Lui inciampò quando dovette
afferrarla. “Ciao”, gli disse dolce.
“Ciao a te. Vedo
che tutto va a meraviglia”, le disse indicando con un cenno i Grifondoro che li
fissavano.
Lei gli
diede un bacio veloce sulle labbra. “Sì, grazie a te, mio impiccione Serpeverde”.
Weasley
tossì, chiaramente a disagio per il benvenuto amorevole che gli stava dando. Draco
ghignò nella sua direzione e strinse maggiormente la presa sui suoi fianchi. Per
aumentare l’effetto, si abbassò e la baciò come si deve.
“Ok, ne ho
abbastanza. Smettetela. Solo perché ho detto che puoi frequentarlo non
significa io voglia vederti baciarlo”, grugnì Ron dal divano.
Hermione si
voltò tra le sue braccia e si accigliò. “Ron, dovrai abituarti a vedermi con Draco”.
“Non puoi
fare quelle cose quando non ci sono?”.
“Tu abbracci
e baci sempre Hannah!”.
“Penso intendessi
che la inala”, commentò maligno Draco.
La Granger
gli tirò una gomitata nelle costole, che fece sorridere la piccola Weasley. “Malfoy
ha ragione, Ron. Sembra davvero tu voglia mangiarla. Fa un po’ schifo, in realtà”.
“Almeno tu
non trovi tua sorella che si fa il tuo migliore amico nel dormitorio. Sei
fortunata che non abbia detto nulla a mamma”, la rimproverò lui.
“E almeno
voi non avete visto Malfoy in mutande nel letto di Hermione. Mi ha
traumatizzato”, commentò Potter con Weasley, che sghignazzò.
Draco osservò
la strega ancora tra le sue braccia. Era arrossita come previsto ma non aveva pensato
di cambiare la parola d’ordine dopo quel disastro.
“Potrei
anche aver traumatizzato te, Potter, ma alla piccola Weasley piace vedermi
mezzo nudo”, disse facendo l’occhiolino alla rossa.
“Beh, se hai
intenzione di andare in giro per le stanze di Hermione in quel modo, potrei
godermi lo spettacolo”, replicò noncurante Ginny.
Draco rise
mentre Potter e Weasley sembravano disturbati dal tono che stava prendendo la
conversazione. “Quante volte hai visto Malfoy mezzo nudo?”, chiese Potter.
“Solo due”,
disse tristemente lei, divertendosi a prenderlo in giro.
“E non dimenticare
di raccontargli quella volta che mi hai rapito nei sotterranei”, aggiunse Draco,
ghignando verso Potter.
“Devi per
caso dirmi qualcosa?”, chiese Potter incrociando le braccia e guadando la fidanzata.
La Weasley lanciò
a Draco uno sguardo divertito. “Adesso che non ti metti più ad urlare ogni
volta che pronuncio il nome di Malfoy, immagino di poterti dire tutti i
dettagli”.
“Sembra un’ottima
idea”, disse Draco prima di avvicinarsi alla porta e spalancarla. “Che ne dici
di raccontarglielo nella sala comune dei Grifondoro?”.
“Non puoi
cacciarci!”, protestò Weasley.
“Beh, a meno
che tu non voglia unirti al club di chi mi ha visto senza vestiti, ti
suggerisco di andare adesso”.
“Eww..
adesso mi sento davvero male”.
“Fai a finta
che leggano assieme Storia di Hogwarts. Io faccio così”.
“Grazie per
il suggerimento, Potter. Mi piace quando la Granger fa la secchiona”.
La Granger ringhiò.
“Draco!” obiettò, diventando tutta rossa.
Per tutta risposta,
arrossirono anche i suoi amici. L’unica persona che sembrava non soffrirne era
la piccola Weasley, semplicemente divertita.
“I tuoi
amici hanno già ricevuto abbastanza attenzioni. Ora è il mio turno”.
“Vai a fidarti
di Hermione e del suo viziato ragazzo”, borbottò Potter.
“Su, su,
Potter, devi imparare a condividere”.
“Ed io non
sono un oggetto per cui dovete litigare”, disse Hermione.
La Weasley
si alzò e si trascinò dietro il fidanzato. “Andiamo, Ron!”, ordinò. “È il
momento di lasciare un po’ di intimità ai due piccioncini”.
I tre
Grifondoro uscirono dalla stanza, mentre i ragazzi fissarono Draco per tutto il
tragitto. Lui ghignò, sapendo quanto gli sarebbe piaciuto rimanere e fare ad Hermione
da balia ma quanto fossero anche troppo impauriti per suggerire una cosa del
genere.
“Finalmente”,
mormorò lui. Afferrò Hermione, se la strinse addosso e la fece indietreggiare
fino alla camera.
“Non puoi
cacciare i miei amici”, iniziò a dire lei.
“Sì che
posso. Erano di troppo”, le disse prima di baciarla e farla stare zitta.
Hermione sospirò
accoccolandosi al suo fianco, la testa poggiata sulla sua spalla. I momenti di
tranquillità che condividevano a letto valevano tutti i problemi che avevano dovuto
superare per arrivarci.
“Pensi mai a
cosa sarebbe successo se avessi ignorato quel rumore nei sotterranei a gennaio
e non avessi trovato te, Blasie e Pansy?”.
Draco iniziò
a giocare con uno dei suoi ricci. “Avresti trovato un altro modo per
impicciarti. Non riesci a farne a meno”.
“Io non mi
impiccio”, obiettò lei.
“Hermione,
sei la donna più caparbia che io abbia mai incontrato, inclusa la McGranitt. Non
sei contenta finché non dici a qualcuno cosa deve fare”.
Hermione si
appoggiò su un gomito e lo osservò. “Non è vero”.
“Non mi sto
lamentando. Trovo che questa tua caratteristica abbia i suoi vantaggi”.
“Sei un maiale”.
“Ma tu lo
adori”, le disse facendole l’occhiolino.
Hermione sbuffò
ma sorrise e lo baciò. “Non ti ho ringraziato per oggi”.
“Pensavo l’avessi
appena fatto”.
Lei gli tirò
un buffetto sul petto. “Draco, perché rendi tutto così difficile?”.
Lui scrollò
le spalle. “Fa parte del mio fascino”.
“Fascino? Quale
fascino?”, disse ridendo. “Ma grazie per essere andato da Harry”.
Draco scrollò
nuovamente le spalle, come se non fosse stato un problema ma Hermione non ci
cascò. Non sarebbe andato da lui per una cosa qualsiasi. L’aveva fatto per lei
ed era una dichiarazione di cosa provasse davvero. Quando ripensava alle prime
settimane di inizio semestre, non avrebbe mai immaginato che l’anno sarebbe
terminato tra le sue braccia. Questo dimostrava quanto potesse essere appagante
dare una seconda possibilità a qualcuno, anche contro il parere degli altri.
“Ti amo”,
gli disse abbassandosi per baciarlo.
“Anche io, Principessa”,
mormorò lui sulle sue labbra.
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