L'inverno di maggio

di Samurai Riku
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1: ARRIVO AD AWEN ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2: TELA BIANCA, SPARTITO MUTO ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3: SIPARIO CREMISI, PALCO NIVEO ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4: TEMPO DI MITI E DI LEGGENDE ***
Capitolo 6: *** CPITOLO 5: L'INTRUSO ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6: LE RUNE INDICANO LA VIA ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7: IN TRAPPOLA ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 8: L'ULTIMA PROTEZIONE ***
Capitolo 10: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


La Laytonmobile attraversava la florida campagna inglese macinando sentieri sterrati immersi nel verde delle colline. Qualche macchia più scura si stagliava qui e là, ora vicino ora all'orizzonte, sfrecciando veloce oltre la visuale dei finestrini, segnalando la presenza di alberi solitari e radi boschetti che fornivano temporaneo riparo dalla forte luce solare di quella atipica giornata di tarda primavera inglese. Il ritmico ronzio del motore accompagnava i pensieri del giovane apprendista Luke Triton, ben seduto al posto del passeggero, sulla sinistra. Cintura di sicurezza allacciata, l'inseparabile tracolla posata sulle gambe che a stento raggiungevano il tappetino, lo sguardo quasi perso in quel paesaggio quieto ed eterno. Una mano sorreggeva il viso del bambino, come se si fosse fatto pesante, cullato dall'andatura della vettura. In un attimo si destò, sbattendo un paio di volte le palpebre e ricomponendosi rivolse lo sguardo al guidatore seduto alla sua destra «Professore, siamo in viaggio da un po', ma ancora non mi ha detto esattamente dove stiamo andando.»
L'archeologo abbassò per un breve istante lo sguardo sul giovane, tornando immediatamente a concentrarsi sulla strada che si dipanava davanti a lui. Una lieve buca scosse leggermente l'automobile e la mano sinistra andò a pizzicare la tesa della tuba in un movimento automatico, assicurandola al proprio posto sul capo del gentiluomo. «Hai ragione Luke, scusami se non ti ho dato subito delle chiare spiegazioni.» La stessa mano si infilò nella tasca della giacca per emergere subito dopo stringendo una busta bianca «Ecco, leggi pure. Ti saranno più chiare le ragioni e la meta del nostro viaggio.»
Luke prese la busta ed estrasse la missiva custodita al suo interno «Dunque, vediamo...» gli occhietti scorsero veloci sulle righe di bella grafia che si susseguivano riempiendo il foglio.
 
«Caro zio Hershel,
come stai?
Ti scrivo questa lettera perchè ho bisogno del tuo aiuto.
Ad essere sincera, il villaggio ne ha bisogno.
Vedi, di recente sono accaduti dei fatti davvero strani e singolari
che qui nessuno sa spiegare,
e francamente nemmeno io so come scriverlo senza sembrare ammattita.
Per farla breve ad Awen è tornato l'inverno...
Penso che non si tratti solo del clima impazzito
e per far luce su questo singolare mistero chi chiamare se non te?
Spero che tu e il tuo giovane apprendista possiate venire presto a farci visita.
 
Tracey»
 
«Aspetti un attimo, professore!» esclamò Luke una volta terminata la lettura, sgranando gli occhi scuri colto dallo stupore «Ha una nipote!?»
«Oh Luke, è questa la cosa che più ti ha colpito della lettera?»
«No, ma non lo sapevo, mi ha colto di sorpresa! Non me ne ha mai parlato, invece questa Tracey sembra sapere chi sono!»
Hershel Layton sorrise «Sì, in una mia precedente lettera le ho parlato di te, Luke, spero non ti dispiaccia.»
Il piccolo allievo si inorgoglì sentendosi tanto importante per il suo stimato mentore da essere citato in una lettera personale e l'iniziale stupore venne dimenticato a breve «Mh! Nessun problema, Professore! Comunque non capisco... cosa vorrebbe dire che è tornato l'inverno? Degli sbalzi climatici sono comuni, ma che avvengano solo in un villaggio, è davvero strano.»
Annuì serio in volto «Sì, è una situazione molto singolare. Tracey non ha scritto molti dettagli, immagino che per avere un'idea più chiara dovremmo vedere la situazione con i nostri occhi.»
«Giusto!»
«Comunque Luke, non hai finito di leggere la lettera. Manca ancora una parte.»
Il bambino rigirò il foglio tra le mani «Una parte, dice? Ah sì, sul retro c'è un post scriptum!»
 
«P.S: zio Hershel, questa parte è per Luke! Voglio assicurarmi che sia davvero il bravo apprendista che mi hai descritto! Quando arriverete dovrà darmi la risposta a questo enigma:
In un lago c'è una macchia che ogni giorno raddoppia la propria grandezza. Se ha impiegato 50 giorni per ricoprire tutta la superficie del lago, quanti giorni avrà impiegato per ricoprirne la metà?
Buona fortuna, giovane apprendista!
»
 
Le guanciotte di Luke si tinsero di un lieve rossore nel leggere i velati complimenti che il Professor Layton gli ha riservato nello scambio epistolare con la nipote, ma non volendo farsi vedere cercò di darsi un tono schiarendosi la voce e sistemandosi meglio sul sedile «Questa è una sfida! Non mi tiro certo indietro!»
Lo sguardo sveglio di Layton si posò per un altro breve istante sulla sinistra; sorrise nel vedere l'entusiasmo con cui Luke raccolse la prova proposta dalla sua cara nipote «Sono certo che puoi risolverlo senza problemi.»
«Sicuro!» mise da parte la lettera e aprì la tracolla, armandosi di penna e taccuino, come era solito fare quando analizzava una particolare situazione. Scrivere e scarabocchiare lo aiutava a riflettere. Abbozzò lo schizzo di un laghetto, colorando con l'inchiostro della penna nera la parte centrale, facendola via via sempre più grande «Una macchia ha impiegato cinquanta giorni per coprire tutto il lago... e raddoppia la sua dimensione ogni giorno. Se la raddoppia, può voler dire che... Ah! Credo di aver capito, Professore!»
«Ottimo, a che conclusione sei arrivato?»
«No, non glielo dico! Lo dirò a sua nipote appena la vedremo!» esclamò, incrociando le braccia al petto con fare orgoglioso.
L'atteggiamento quasi buffo del bambino strappò un altro sorriso all'archeologo «Ahah, come vuoi, Luke. Sai, non è un caso se Tracey ha scelto di proporti questo enigma avente un lago come protagonista.»
Luke sollevò lo sguardo verso il professore «Davvero?»
Annuì «Vedi Luke, Awen, il borgo dove vive Tracey, sorge in un antico lago ormai prosciugato. È molto caratteristico, uno di quegli antichi villaggi medievali. È interessante anche da un punto di vista storico, colgo sempre l'occasione per documentarmi un po' sulla sua storia quando mi capita di recarmi lì.»
Questa volta fu Luke a sorridere «Ma come, invece che far visita alla sua famiglia va in giro a cercare reperti antichi!»
«Ahah, ovviamente quello occupa solo una piccola parte delle mie visite. Ma non preoccuparti, lo vedrai da te. Ormai non manca molto.»
«Mh! Sono curioso! E di certo questa sarà un'altra grande avventura!»
«Molto probabile, Luke. Molto probabile.»

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1: ARRIVO AD AWEN ***


Finalmente l'intrepida Laytonmobile raggiunse il pittoresco borgo di Awen. Come aveva anticipato Layton all'apprendista, sorgeva nei confini di un grande lago ormai privo di acqua. La prima cosa che spiccava alla vista era una rupe rocciosa che troneggia imponente nella zona nord-ovest del borgo, sulla cui sommità sorgeva un imponente castello di pietra con vari stendardi svolazzanti al vento.
Seguendo la strada la vettura scese lungo i pendii dell'ex bacino idrico, avventurandosi lungo una serie di vie e stradine più o meno strette. Ai lati di queste si susseguivano abitazioni ed edifici dalla tipica fattezza britannica, abbastanza moderni, conservando comunque lo spirito tipico degli insediamenti rurali.
«Ooh... com'è bello!» Luke osservava il panorama estasiato dal finestrino.
«Le zone più esterne come questa sono state costruite relativamente di recente, il vero borgo medievale si trova più verso il centro. Lì purtroppo non ci si può muovere con l'automobile, le vie sono troppo strette ed inoltre si rovinerebbe l'atmosfera.»
«Capisco. E sua nipote abita in centro o in periferia?»
«La casa si trova in periferia, possiamo raggiungerla senza problemi in auto. Poi da lì ci dovremo spostare a piedi.»
Luke annuì «Va bene!»
Dopo una serie imprecisata di svolte la Laytonmobile finalmente giunse a destinazione e si fermò ben posteggiata accanto ad una staccionata bianca. Luke scese, facendo qualche passo in avanti, verso il piccolo cancelletto che conduceva alla proprietà ed esaltato come suo solito per tutto ciò che vedeva di nuovo, rimase ad osservare la villetta tipicamente inglese che si trovò di fronte.
Un breve lastricato di pietre attraversava il piccolo e tipico giardino all'inglese conducendo all'ingresso del cottage di due piani. Le pietre bianche che lo componevano brillavano alla luce del sole di maggio e le tegole scure del tetto spiovente creavano un bel contrasto. Sul lato sinistro della facciata si arrampicava uno splendido glicine, i cui rami affusolati si intrecciavano lungo la muratura esterna, fino a sopra la porta di ingresso, creando quasi un piccolo tettuccio naturale. L'esplosione di viola e lilla dei fiorellini raccolti in infiniti grappoli donava vivacità all'austerità classica della casetta e il dolce profumo invitava chi si fosse soffermato sulla soglia ad entrare.
Layton affiancò Luke dopo aver preso la propria valigia e quella del bambino dal bagagliaio dell'automobile «Forza, vieni Luke.» gli porse il bagaglio liberando una mano con la quale andò ad aprire il cancelletto e si incamminò lungo il viale seguito dall'apprendista. Giunto davanti alla porta suonò il campanello con non troppa insistenza. Luke si sistemò al suo fianco, saettando con lo sguardo per il giardino, osservando con curiosità ogni particolare ben curato dell'appezzamento. La sua attenzione venne attirata però da alcuni passi veloci provenienti dall'altro lato della porta di ingresso. La serratura scattò un paio di volte e si aprì. Si ritrovarono di fronte una giovane ragazza dai grandi occhi neri, i capelli castani raccolti in due bassi codini le contornavano il volto dolce. Un ciuffo ribelle le cadeva sul lato destro, fermato da una piccola mollettina, come se bastasse a tenerlo in ordine. L'esile figura della giovane era avvolta da una candida camicetta bianca dalle maniche risvoltate ai gomiti. Un delicato laccetto colorato decorava il colletto, ricadendo leggero sul petto. Eleganti ma pratici pantaloni neri cascavano morbidi sulle gambe. Un sorriso radioso le illuminò il viso «Zio Hershel!»
L'archeologo rispose con un accenno di saluto educato, portando una mano alla tesa della tuba «Ciao Tracey, mi fa piacere rivederti. Oh...!» in barba all'eleganza distinta del gentiluomo la giovane lo abbracciò. «Sei venuto, meno male!»
Le posò una mano sulla spalla, un gesto semplice, ma pieno di affetto «Certamente, non avrei mai potuto dire di no ad una tua lettera.»
Tracey annuì convinta, sapendo bene cosa aspettarsi dallo zio. Successivamente spostò lo sguardo sul bambino «Tu devi essere Luke! Mi fa piacere poterti conoscere, sono Tracey Lay...»
La giovane non fece in tempo a terminate la propria presentazione che l'apprendista gentiluomo la interruppe puntandole contro l'indice ed esclamando a gran voce «Quarantanove!»
«Mh?» L'espressione inizialmente stupita di lei si mutò in un sorrisetto spavaldo «Hai trovato la risposta al mio enigma, ma siamo sicuri che zio Hershel non ti abbia aiutato?»
«Il Professore non mi ha aiutato, ho ragionato da solo!»
Layton annuì «Confermo.»
Tracey parve soppesare per un breve istante le parole sentite, infine fece un cenno con il capo «Va bene, ci credo. Mi complimento con te, Luke! Ora forza, accomodatevi pure!» Fece loro strada all'interno dell'abitazione.
«Mh! Grazie!» il piccolo Triton prese il suo bagaglio e seguì la ragazza. Hershel Layton entrò per ultimo richiudendo la porta alle sue spalle.
I due ospiti londinesi vennero accolti dalla calda atmosfera della casa; il parquet di ciliegio, con i suoi toni rossicci, rivestiva l'ingresso, allargandosi verso il soggiorno presente sulla destra. Di fronte troneggiava una scalinata di legno bianca dalle delicate rifiniture che conduceva al piano superiore. Sulla sinistra una porta semiaperta lasciava intravedere la cucina dai colori tenui ed eleganti.
Tracey fece strada nel soggiorno, invitando gli ospiti a prendere posto sul divanetto, lei si sedette sulla poltrona posta frontalmente. Il tenue color crema dei sofà si intonavano alla perfezione con il resto dell'arredamento della stanza. Un piccolo tavolino rotondo sorgeva fiero tra divano e poltrona, dello stesso legno del grande tavolo da pranzo posto vicino alle finestre, ben illuminato dalla luce che attraversava i vetri e le delicate tende. Un piccolo scrittoio in legno scuro faceva la sua figura accanto a due alte librerie colme di volumi dalle copertine più o meno integre. Il camino, attualmente spento, dava un tocco di solennità alla stanza, e sulla mensola sopra di esso erano state sistemate con cura varie fotografie di famiglia. Infine, una porta scorrevole in vetro opaco dalle rifiniture in legno scuro separava il soggiorno da un'altra stanza.
«Nella lettera hai scritto che è tornato l'inverno ad Awen, ma arrivando qui non abbiamo notato nulla di insolito.» fu Layton ad intavolare la conversazione.
Lei annuì «Questa parte dl borgo non è ancora stata colpita e se non si va nei quartieri precisi non si nota alcuna differenza, è vero. Ma è così zio Hershel, due quartieri antichi sono completamente innevati.»
Luke, che si era già messo a prendere appunti sul suo quaderno, sollevò lo sguardo sull'interlocutrice «Hai detto innevati? Cioè, sono proprio coperti di neve?»
«Sì, esatto Luke. E non parlo di qualche fiocco, ma proprio come se ci fosse stata una forte nevicata e in quelle zone anche le temperature sono scese, chi vive nel quartiere della Pittura e della Musica esce completamente coperto da cappotti, sciarpe e guanti, credetemi!»
«Mmh...» Hershel Layton chiuse gli occhi riflettendo.
«Non capisco, è così strano... cosa potrebbe mai causare un fenomeno simile?»
«Non saprei... anche perchè nessuno ha visto le nevicate. Pare che sia accaduto di notte, prima nel quartiere della Pittura, poi in quello della Musica.»
L'archeologo tornò a guardare la nipote «Hai detto prima in un quartiere e poi nell'altro? È accaduto nella stessa notte?»
Tracey scosse leggermente il capo, incupendosi «No... La prima neve è comparsa circa due settimane fa, mentre la seconda circa una settimana fa, poco dopo che ti scrivessi la lettera. I due quartieri non sono nemmeno confinanti, Il primo si trova nella zona settentrionale, il secondo verso sud-est, vicino al quartiere in cui siamo noi.»
Luke si grattò la testa con l'estremità della penna «Sono sempre più confuso.»
«Sono certo che ci chiariremo le idee una volta visitati i due quartieri. Vuoi farci da guida, Tracey? Conosci senz'altro Awen meglio di me.»
«Oh, con tutti i giri che hai fatto per il centro storico ho i miei dubbi, ma lo faccio con piacere!»
Hershel Layton le rivolse un piccolo sorriso imbarazzato, come se volesse scusarsi per le sue scampagnate archeologiche «Prima di andare però vorrei salutare i tuoi genitori.»
«Papà è via per lavoro da qualche parte nella Cornovaglia, mi pare! La mamma però dovrebbe rientrare tra qualche minuto, possiamo aspettarla se volete.»
«Nessun problema per me!» disse Luke riponendo i propri appunti.
«Mi farebbe piacere, sì.»
Tracey si alzò dalla poltrona «Benone! Allora nell'attesa vi preparo un buon tè! Con permesso!» e senza dar tempo di ribattere andò svelta in cucina.
L'archeologo si irrigidì improvvisamente sul divano ed un'espressione crucciata si dipinse sul suo viso. Luke notò il repentino cambiamento nel suo mentore, generalmente sempre ben lieto di poter bere una buona tazza di tè «Professore, qualcosa non va?»
«Come? Oh no, non è niente, Luke.» rispose cercando di non dargli preoccupazione, ma la tensione era più che palpabile nella sua voce.
Il bambino si accigliò iniziando seriamente a preoccuparsi per la sua salute «È sicuro? Si sente bene? Vedrà che il tè la tirerà su!»
«È proprio questo il problema.» abbassò leggermente la tesa della tuba sul volto, cercando di celare l'espressione greve che aveva assunto «Il tè.»
Un sopracciglio di Luke si inarcò incuriosito e confuso «Come... il tè?»
«Vedi Luke, come gentiluomo e come zio sostengo Tracey in ogni cosa che decide di fare, ma... come dire.» sembrava in crisi come non mai «La mia cara nipote ha qualche difficoltà nel preparare la nostra bevanda nazionale.»
Il giovane allievo ascoltò con attenzione le parole che con fatica vennero pronunciate, una fatica dettata probabilmente più dall'affetto di uno zio che dall'orgoglio britannico ferito di un gentiluomo. Un lieve sospiro sfuggì dalle labbra del bambino «Tutto qui? E io che mi stavo preoccupando seriamente! Magari il tè di Tracey non sarà il più buono d'Inghilterra, ma non sarà poi così terribile!»
Hershel Layton non rispose, celandosi in un rigoroso silenzio.
Nel giro di pochi minuti la ragazza fece ritorno in soggiorno con un vassoio di metallo e un grazioso servizio da tè «Eccomi, scusate l'attesa!» posò tutto sul tavolino e versò nelle tre tazze prima un goccio di latte e poi un'abbondante dose di tè, come si confà alla tradizione «Servitevi pure!» prese la propria tazza e si risedette sulla poltrona.
«Grazie, Tracey!» Luke afferrò una tazzina senza tanti complimenti.
Layton prese l'ultima rimasta osservando assorto il proprio riflesso nel liquido scuro... forse troppo scuro. «Tracey, questa volta...?»
Intuendo cosa stesse per chiederle lo rassicurò con un vacuo gesto della mano «Tranquillo zio Hershel, sono migliorata!»
«Mh...» volendo dare fiducia alla nipote e per cortesia portò la tazzina alle labbra sorseggiando la bevanda.
Luke bevve fiducioso e certo che il sapore non sarebbe stato tanto atroce come sembrava dipingerlo il suo mentore, ma dopo un paio di sorsi allontanò la tazzina storcendo il viso in una smorfia di disgusto profondo «Ugh... Ma cos'è questa roba!?»
Hershel Layton non si scompose. Il sapore amaro dal retrogusto acido lo sentì tutto, ma da vero gentiluomo inglese si contenne, limitandosi a posare la tazzina sul vassoio, in silenzio.
Tracey osservò le due reazioni a bocca aperta, esterrefatta. Questa volta era davvero convinta di aver azzeccato tutto e ad aver realizzato per lo meno un tè decente. Abbassò lo sguardo sulla propria tazza stretta tra le mani e decise di assaggiare la sua creazione.
Sbiancò, strizzò forte gli occhi e a fatica mandò giù «È terribile!»
«Tracey, non si può fare un tè dal gusto simile! Non si può fare niente che abbia un gusto simile!»
«Temo che tu abbia inventato una bevanda che avrebbe dovuto restare sconosciuta, cara.» commentò amaramente Layton.
La poverina si avvilì chinando il capo «Non è possibile... ero sicura! Forse il latte è andato a male...»
«Cooosa!? Sei davvero un caso disperato come ha detto il Professore!»
Punta nell'orgoglio la ragazza sollevò lo sguardo allibito prima sul bambino e poi sull'uomo «Zio Hershel!!»
Cercò di nascondersi sotto il cappello «Non mi sono affatto espresso in questo modo, credimi.»
La porta di ingresso scattò di nuovo e si richiuse poco dopo. La voce di una donna raggiunse i tre dall'ingresso «Tracey, ma quella parcheggiata qui fuori non è l'auto di Hershel?»
«Ah, sì mamma!» rispose prontamente la ragazza «Siamo in soggiorno!»
Fece il suo ingresso una bella donna dai lunghi capelli neri raccolti in una grossa treccia cascante sulla spalla destra. Due grandi occhi scuri, molto simili a quelli della figlia, osservarono gli ospiti da dietro un paio sottili lenti da vista elegantemente portate con una delicata montatura. Una blusa leggera dalla tonalità del mare la vestiva abilmente cadendo morbida sul busto, rimborsata in una lunga gonna bianca leggera. Un delicato paio di guanti di raso celesti coprivano le mani. Il ticchettio degli stivaletti la precedette nel soggiorno. Un'espressione sorpresa si dipinse sul viso dai lineamenti dolci «Oh, Hershel... cosa ci fai qui?»
L'archeologo si mise in piedi all'arrivo della donna, imitato da Luke che balzò dal divano «Amelia, sono lieto di vederti.»
«Salve signora Layton!»
Amelia Layton spostò lo sguardo dal cognato al bambino al suo fianco.
«Sono Luke Triton, apprendista del Professor Layton.» si presentò lui.
«Mamma, non ricordi che ti avevo detto che se le cose in paese non fossero migliorate avrei scritto allo zio?» intervenne Tracey per rispondere alla domanda della donna lasciata in sospeso.
Le parole della figlia sembravano aver sortito il giusto effetto sulla memoria di Amelia «Oh, ma certo, che sbadata! Scusatemi, ultimamente ho così tanto per la testa...!» abbozzò un sorriso imbarazzato.
Il professore scosse leggermente il capo per toglierla da quell'empasse «Non preoccuparti, anzi sono io a scusarmi per l'improvvisata.»
«Ma no, sei il benvenuto, Hershel! E anche tu Luke, ovviamente.»
Ringraziarono cortesemente. «Stai bene, Amelia? Tracey ci ha raccontato cosa sta succedendo, è una situazione molto singolare.»
La donna annuì «Sì, è tutto così insolito. La scuola per fortuna non è stata colpita, ma ormai regna il caos anche lì, sia tra gli studenti che tra il personale.» spiegò con un sospiro carico di preoccupazione.
«Oh, è un'insegnante anche lei, signora Layton?» domandò incuriosito il piccolo Triton.
Amelia gli sorrise gentile «Sì, insegno storia presso l'istituto di Awen.»
Tracey allargò le braccia con fare melodrammatico «Sono perseguitata da appassionati di anticaglie!»
«Oh, ma le anticaglie sono affascinanti.» ribatté lo zio.
«Mai stata più d'accordo, Hershel!» l'insegnante si avvicinò poi al basso tavolino notando il servizio da tè ben disposto su di esso «Tracey, hai preparato il tè? Prenderei volentieri una tazza.» allungò una mano verso la tazzina della figlia, ma questa la fermò afferrando veloce il vassoio e scattando verso la cucina «Meglio di no, mamma! Fidati!»
«Oh... ehm, ma che scortesia, avete ancora qui i bagagli. Venite, vi mostro la camera degli ospiti, così potrete sistemarvi.»
Hershel Layton prese la propria valigia da terra, dove l'aveva posata «Non disturbarti, ormai so bene dove si trova, posso pensarci io.»
«Certamente, che sciocca!»
«Vieni Luke, seguimi.»
«Sì, Professore!»
Salirono le scale giungendo al piano superiore. Un corridoio rivestito dello stesso parquet di ciliegio conduceva alle camere da letto e al bagno di quel piano. Layton aggirò il corrimano e andò sicuro verso la prima porta sulla destra, aprendola. La stanza ben decorata conteneva due letti provvisti di coperte ricamate, cuscini, e accompagnati ai lati da un comodino ciascuno con una pratica lampada da lettura. Vi era inoltre un armadio spazioso, una cassettiera e uno specchio. La finestra illuminava a dovere l'ambiente e un paio di quadretti decoravano le pareti chiare. Luke e Layton sistemarono in breve i propri bagagli e scesero al piano terra.
Trovarono Tracey pronta ad aspettarli, calzò le scarpe e tolse dall'attaccapanni presente all'ingresso un berretto nero e una giacchetta color granata indossando il tutto con gesti rapidi e sicuri «Se siete pronti possiamo andare, c'è molto da vedere!» prese dal mobiletto posto sull'altro lato una borsa di cuoio abilmente cucita a mano e la mise a tracolla sulla spalla sinistra.
«Siamo pronti!» Luke la raggiunse correndo.
Il Professor Layton aprì la porta di ingresso lasciando prima passare la nipote e poi l'allievo. Infine si rivolse alla padrona di casa «A più tardi.»
«A dopo, buone indagini! Cercate di non cacciarvi nei guai!» salutò alzando appena una mano.
«Non ti promettiamo niente, mamma!»  e con queste parole uscirono, avventurandosi per le viuzze sempre più strette della pittoresca Awen.
Amelia sospirò, posando una mano guantata sul cuore «Speriamo in bene.»
 

Luke camminava affiancando la ragazza, ora studiando i propri appunti, ora osservando il paesaggio circostante «Qual è il primo quartiere che visitiamo? Uno dei due dovrebbe essere qui vicino se ho capito bene.»
Tracey annuì «Sì, il quartiere della Musica. Procedendo lungo questa via raggiungeremo le antiche mura del borgo, da lì ci sposteremo nel quartiere accanto.»
«Vedrai Luke, resterai senza parole!» asserì Hershel Layton camminando appena dietro di loro.
L'apprendista volse lo sguardo alle sue spalle sollevando il capo «Le piace davvero un sacco questo posto! Però mi chiedevo...» tornò a guardare Tracey «I quartieri hanno dei nomi particolari, come mai?»
«Fa parte della nostra storia.» più camminavano e più le strutture attorno a loro cambiavano. Le abitazioni, i negozi, la strada stessa iniziò ad assumere man mano un aspetto antico, vissuto ma ben tenuto, accompagnando i nuovi visitatori in un viaggio nel passato leggendario di quelle terre. Mattoni e calce iniziarono a lasciar posto a pietra e legno, l'architettura stessa sembrava essersi fermata secoli fa, in un'eterna era magica «Awen è un borgo di artisti e i cinque quartieri in cui è suddiviso rappresentano un'arte.» riprese a spiegare Tracey «Pittura, Musica, Teatro, Scultura e Letteratura.»
Il giovane apprendista ascoltava interessato «Caspita... quindi ci sono solo artisti in questo villaggio?»
«Per la maggior parte. Ovviamente ci sono attività commerciali, alberghi e ristoranti, abbiamo il sindaco, forze di polizia e una bellissima scuola con ottimi insegnanti. Ma sì, la maggior parte degli abitanti ha intrapreso una carriera artistica.»
«È un posto unico in cui vivere.» commentò il Professore «Al momento ci troviamo nel quartiere della Letteratura.»
«Esatto, è perfetto per noi, mio padre è un famoso reporter freelance, sai?»
«Ooh.» Luke spostò lo sguardo curioso di informazioni da una all'altro, pieno di domande e interesse. Si rese conto che sapeva veramente poco del suo stimato mentore, ciò lo fece risentire un po' «Lo saprei se il Professore mi parlasse un po' della sua famiglia!» concluse incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo dai compagni.
«Ti chiedo scusa, Luke. Non era mia intenzione tenerti all'oscuro.»
La giovane cercò di rallegrarlo con un sorriso, posando la mano destra sopra al berretto azzurro di lui «Non averla a male, zio Hershel è sempre stato un tipo riservato.»
Luke cercò per orgoglio di mantenere il broncio, ma riflettendo sulle parole di Tracey pensò che non aveva poi tutti i torti. Il Professore di certo non voleva offenderlo, non avrebbe mai agito in modo da ferirlo, di questo era assolutamente sicuro. Sciolse le braccia, tornando a rivolgersi ad entrambi «Va bene, ho capito! Dopotutto non sono piccolo!»
L'archeologo sorrise di rimando.
«Ah no?»
«Certo che no!»
A pochi passi dal gruppetto si stagliò un alto muro di pietra dalle tipiche fattezze medievali. Le parti che lo componevano si fondevano alla perfezione con le costruzioni che lo precedevano e la luce calda ed intensa del sole ne faceva brillare ogni parte. Un'apertura ad arco accolse la strada divenuta sterrata su cui camminavano Tracey, Luke e il Professor Layton. In cima all'arco troneggiava in un altorilievo un cerchio perfetto dal contorno ricamato recante all'interno tre strisce verticali poste rispettivamente sotto tre cerchi più piccoli.
Attraversato lo spesso arco di pietra fu come essere catapultati indietro nel tempo. Il borgo prese le classiche fattezze medievali, le abitazioni si susseguivano vicine e compatte, una torre svettava poco oltre l'altezza delle mura, un tempo posto di guardia, ora abitazione di una famiglia con i panni stesi fuori dalle finestrelle. Qualche antica statua pretendeva ancora il suo spazio agli angoli delle stradine o al centro di una piccola piazzetta attorniata da fiori colorati e panchine. Bandierine colorate di rosso, azzurro, verde, giallo e rosa svolazzavano alla leggera brezza decorando il cielo limpido sopra Awen, appese ai comignoli e ai muri esterni delle costruzioni. Il simbolo circolare sembrava ripetersi all'infinito sui pittoreschi stendardi e sulle mura, in alcuni punti ben definito, in altri consumato dal tempo trascorso. I paesani si muovevano festosi per le vie, il vociare dei bottegai si diffondeva nell'aria, mescolando il proprio richiamo verso i clienti con lodi e versi decantati da poeti più o meno improvvisati per strada.
«Benvenuti nel quartiere antico della Letteratura!» annunciò Tracey allargando le braccia verso quel mondo.
Bocca aperta ed occhi sgranati, Luke Triton fece qualche incerto passo davanti a sé, girando su se stesso, non sapendo più dove posare lo sguardo «Ma è... wow!»
Layton ricordava bene il clima del borgo, e non si sbalordì più di tanto essendovi già avvezzo, ma l'espressione di meraviglia segnò anche il suo volto «Fa sempre questo effetto la prima volta.»
«Eh già!» concordò la nipote.
«Tracey, è incredibile!» il bambino corse da lei «E nelle mura è tutto così!?»
«Sì, be'... con gli ultimi strani avvenimenti non tutti hanno propriamente voglia di festeggiare...»
«Oh...giusto.»
«È il periodo della celebrazione storica, esatto?» domandò Layton, indicando la miriade di bandierine affisse.
«Quale celebrazione storica?» fece eco Luke.
Tracey annuì «Vedi Luke, gli abitanti di Awen tengono molto alle antiche tradizioni e alle leggende che sono cresciute con il borgo. Ed ogni anno in questo periodo si organizzano eventi e manifestazioni in onore delle belle arti tanto amate.»
«Capisco... e l'insolita neve sta rovinando questa festa! Non è giusto!»
Il Professor Layton posò una mano sulla testa di Luke e una sulla spalla di Tracey «Coraggio adesso. Se vogliamo capire cosa ha causato questo stravolgimento climatico ci conviene raggiungere il quartiere della Musica e quello della Pittura.»
«Ben detto, Professore!» Luke prese il via correndo davanti a tutti.
«Caspita, è davvero entusiasta!»
«Oh sì, parecchio!»
 
 
Dipanandosi nella matassa di viuzze raggiunsero un altro arco aperto in un muro laterale, meno spesso ed imponente, ma altrettanto ad effetto. Tracey si fermò davanti ai due, poco prima di avventurarsi sotto la volta.
«Oltre questo varco c'è il quartiere della Musica... vi avverto, sentirete parecchio freddo e, be... vedrete con i vostri occhi.»
Hershel Layton conosceva bene la nipote, tanto da capire quanto condurli finalmente nel cuore di quel mistero la toccasse profondamente. Lo sguardo indurito, la postura rigida erano tutti palesi segnali di quanto fosse agitata e dei timori che covava profondi nel cuore. Si era fatta carico di trovare qualcuno per aiutare il villaggio, quella che considerava la persona migliore a cui chiedere, l'unica persona. A sua volta l'archeologo non voleva deludere le sue aspettative «Tracey.» la prese per le spalle in una stretta confortante, rivolgendole uno sguardo colmo di sicurezza «Andiamo. Va bene?»
«...mh.» annuì appena.
Lo zio la prese per mano ed oltrepassò la piccola volta insieme a lei, seguiti passo passo dall'instancabile apprendista.
Le scarpe affondarono nel soffice manto bianco scricchiolando. Un tremito scosse le membra dell'archeologo, proveniente non solo dalla neve in cui i piedi furono immersi, ma anche dall'aria fattasi improvvisamente pungente. Portò di istinto una mano a schermare il viso dalla sferzata gelida, socchiudendo appena gli occhi abbagliati dal riverbero dell'intensa luce del sole su quel bianco invadente. Ci vollero pochi attimi ad abituarsi ed Hershel Layton non riuscì a credere a ciò che vide. Tutto ciò che da quel punto riuscì a scorgere, strade, tetti, vegetazione, tutto era coperto dal manto nevoso. Gli abitanti, i pochi presenti all'aperto, si muovevano imbacuccati come fossero in pieno inverno, infreddoliti e stanchi.
«Ma cosa...?»
Tracey si strinse nella giacchetta senza lasciare la mano dello zio.
«Assurdo! Brr...!» Luke cercò di scrollare la neve dalle proprie scarpe, strofinando con forza le mani lungo le braccia per scaldarsi.
Hershel Layton sollevò lo sguardo verso il cielo terso illuminato dal sole, portando una mano alla tesa della tuba «Nessun calore...e la neve non si è sciolta. Com'è possibile?»

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2: TELA BIANCA, SPARTITO MUTO ***


Ripresisi dall'iniziale choc il gruppetto si incamminò in quelle vie innevate. Il manto candido avrebbe potuto rendere quello scorcio di Awen ancora più romantico agli occhi di visitatori estranei se non fosse stato per il fatto che fosse pieno maggio.
«Venite, facciamo qualche domanda in giro.» Hershel Layton si guardò attorno cercando qualche volto abbastanza incline al dialogo.
«Stai bene, Luke?» si premurò Tracey vedendo il piccolo tremare tra un passo e l'altro.
«S-sì! Camminare nella neve con i pantaloncini non è stata l'idea migliore!» rispose lui rivolgendole un sorriso leggero.
«Temo tu abbia ragione! Tornati a casa ci scalderemo, vedrai!»
«Non vedo l'ora! Mh?» un leggero tintinnio attirò l'attenzione del bambino e lo sguardo vagò alla ricerca della fonte di quel delicato e ritmico suono «Professore, guardi lì! Potremmo chiedere a quel signore!» indicò al mentore un uomo seduto su una panca di pietra grezza ai margini della strada. Il singolare individuo dalla folta barba rossiccia ostentava il tipico abito maschile scozzese, e con tutto l'orgoglio che possa esistere suonava un triangolo metallico.
«Oh... sembra non preoccuparsi delle basse temperature.» commentò assorto l'archeologo.
«Che coraggio!» esclamò Tracey.
Si avvicinarono all'uomo in kilt scricchiolando nella neve «Buon pomeriggio, signore.» salutò cortesemente Layton rivolgendo un cenno del capo tenendo la tesa della tuba.
«Buongiorno a voi, signori miei! E buongiorno anche a lei, signorina!» rispose con voce tonante, facendo poi tintinnare il triangolo.
«Salve!»
«Lor signori hanno bisogno di qualcosa? Vi siete forse persi per queste labirintiche vie?» e tintinnò.
«Non ci siamo smarriti, non si preoccupi. Mi chiamo Hershel Layton e sto facendo qualche indagine sugli insoliti fatti che hanno colpito il suo quartiere.»
Il musicista rizzò per bene la schiena puntando gli occhietti azzurri verso l'interlocutore «Signor Layton, io sono Ulric Loch! Lieto di fare la vostra conoscenza! State indagando, eh? Questa è una faccenda oscura, credete a me! Molto oscura!» tintinnò tre volte.
«Oscura, dice? Come mai?»
«Ehm... scusi la domanda, signor Loch.» si intromise Luke «Ma non sente freddo?»
Le iridi di ghiaccio saettarono all'altezza dell'apprendista e una sonora risata accompagnò un tremolante tintinnio «Ahahah! Noi scozzesi siamo di tempra forte! E non sarà questa maledetta neve a farmi smettere di rendere onore alle mie tradizioni!» tintinnò il triangolo suonando un inno glorioso.
«Quindi lei non è originario di Awen, signor Loch.» riprese Hershel Layton. 
«Nato e cresciuto qui, signor mio! Ma nella mia famiglia si sono sempre tramandate le nostre origini scozzesi! Porto il kilt anche in inverno, io!»
«Vedo...che ha molto a cuore il paese natio della sua famiglia.»
Tracey puntò i pugni sui fianchi rivolgendo uno sguardo irriverente ad Ulric «Ma se è così orgoglioso di essere scozzese non dovrebbe suonare la cornamusa!?»
Lo zio cercò subito di mettere un freno alla spregiudicata domanda della nipote «Tracey, non essere scortese.»
«È una domanda legittima!» ribatté.
Ulric eruppe in un'altra fragorosa risata «Ohohoh! Qualsiasi scozzese saprebbe emozionare con una cornamusa, ma solo un vero artista di talento può far venire i brividi con il triangolo! È uno strumento sottovalutato, credete a me amici miei!» e il ritmico tintinnio si diffuse incessante.
«Tornando alla nostra indagine, ha detto che è una faccenda oscura.»
Urlic Loch annuì con fermezza «Assolutamente! Mi ci gioco il kilt, questa è neve maledetta! Maledetta, vi dico!»
Luke e Tracey si scambiarono uno sguardo confuso.
«Ora scusatemi, ma la mia arte non può essere accantonata per queste quisquilie!» E senza aspettare risposta dal terzetto riprese a intonare note con tutto l'orgoglio che un triangolista scozzese possa avere.
Il professor Layton si congedò gentilmente e si allontanò di qualche passo con i ragazzi.
«Non abbiamo raccolto molte informazioni utili.»
«Siamo solo all'inizio, Tracey. Non preoccuparti.» la rincuorò lo zio.
«Esatto! Qual è la prossima mossa, professore?»
«Mmh...» chiuse appena gli occhi riflettendo sul da farsi quando si sentì battere sulla spalla.
«Perdoni l'intromissione, vi ho sentiti parlare con Ulric, dico bene?»
Hershel Layton si voltò ritrovandosi faccia a faccia con un signorotto ben vestito ed imbottito, dai capelli bianchi, lisci e lunghi fino alle spalle e un importante naso adunco «Sì, stiamo facendo qualche domanda per capire cos'è successo.»
«Aah, capisco! Mi presento, sono Roger Swan, musico, compositore, creatore delle più celebri melodie di Awen e campanaro della torre!»
«Campanaro?»
«Proprio così ragazzo mio, vedi la torre in fondo a quella via?» indicò la costruzione in pietra al piccolo Triton «È la torre dell'orologio ed io suono orgogliosamente le sue splendide campane ogni ora!»
«Oh, è un compito molto importante!»
«Assolutamente, molti gentiluomini sottovalutano il vitale significato del mio lavoro! E soprattutto la bellezza delle campane!»
«Ha qualche informazione per noi, signor Swan?» incalzò Tracey. Cominciava a pensare che i suoi compaesani avessero il vizio di divagare e perder tempo, o forse erano solo i bardi di quel quartiere inclini a chiacchierare.
«Oh, ciò che posso dirvi è di non andare in giro a fare troppe domande su questa storia! Credetemi, potreste fare la fine del c-c-coniglio!» esclamò Roger assottigliando gli occhi e muovendo un passo verso i ragazzi, come a volerli intimidire.
«Uh... cosa vorrebbe dire con questo, signore?!» Luke non si fece certo spaventare e fu pronto a ribattere fronteggiandolo coraggiosamente.
«Fate tesoro delle mie parole.» continuò rivolgendosi poi al professore «Lei mi sembra un gentiluomo sveglio, non vorrà mettere in pericolo questi giovani immischiandosi in qualcosa che va oltre l'umana comprensione!»
«Certo che no.» si limitò a dire Layton.
«Questa è una buona risposta! Ora scusatemi, manca poco allo scoccare dell'ora, devo subito andare alla torre!» si avviò a passo svelto muovendosi su due racchette da neve «E mi raccomando... state in campana!»
«In... campana...»
«Personaggio singolare.»
«Con un pessimo senso dell'umorismo!»
Layton incitò i ragazzi a proseguire nel loro cammino posando le mani sulle loro schiene «Forza, vediamo se spostandoci verso il quartiere della Pittura scopriamo altro.»
«Mh, da questa parte, passeremo per la piazza principale e da lì raggiungeremo subito il quartiere.» Tracey fece nuovamente strada.
Superarono il quartiere ponendo qualche altra domanda ai passanti, ma purtroppo le spiegazioni date furono molto vaghe e sbrigative. Inconcludenti per Tracey, ma Hershel Layton pareva riflettere attentamente su ogni virgola che venne detta.
Attraverso un altro arco nella pietra raggiunsero la piazza principale di Awen, per la loro gioia priva di neve e con una temperatura adatta alla stagione corrente. I sampietrini che componevano il colorato mosaico della pavimentazione si susseguivano in un movimento a spirale che trovava la propria origine al centro esatto del piazzale dove si ergeva in tutto il suo splendore la statua marmorea di una bellissima donna in abiti medievali.
Da buon archeologo Layton si fermò davanti alla scultura ad osservarla affascinato «È splendida. Guarda Luke, si vede che chi l'ha scolpita, secoli fa, deve essere stato un artista di straordinaria bravura.»
«Immagino lei abbia ragione!»
«Dà l'impressione che con il suo sguardo vigile ma amorevole vegli su tutta Awen... oh!»
Tracey lo prese senza troppa grazia per le spalle nel tentativo di spingerlo avanti «La ammiri tutte le volte che passi di qui, lo so, è bellissima, ora andiamo!»
Il povero professore non poté fare altro che seguire la spinta della nipote, reggendo la tuba per non farla cadere accidentalmente e con passi incerti si allontanò dal monumento «Ho capito, con calma...»
Luke si soffermò un altro po' ad osservare il piedistallo squadrato che reggeva l'austera figura «Professore, ci sono delle scritte qui! Almeno penso che siano scritte.»
Sentendo l'interesse scaturito nell'apprendista Layton si fermò puntando i piedi, facendo quasi cadere Tracey in avanti tanto era concentrata nella spinta «Ohoh, hai notato anche tu le rune, ragazzo mio!»
«Aaah...! Insomma!»
«Rune? È un'antica lingua?»
«Antichissima, Luke. Si dice venissero usate dai popoli celtici ancor prima che le religioni moderne si diffondessero sul territorio della Gran Bretagna. E anche successivamente alcune persone continuarono ad usarle per riti e predizioni.»
«Oh, credo di aver capito! E sa che cosa indicano quelle rune?»
«Purtroppo non ho ancora avuto modo di studiarle come si deve, anche se questa volta...» lasciò la frase a metà, notando lo sguardo poco paziente che la nipote gli stava rivolgendo, accompagnato dal ritmico battere sui sampietrini del piede destro che scandiva la melodia del suo attuale nervosismo «Ecco... temo che nemmeno questa volta avrò modo di dedicarmi allo studio di questi scritti, purtroppo.»
«In marcia!» Tracey riprese a camminare attraversando la piazza.
Layton si sistemò alla meglio la tuba, pizzicando appena la tesa con la mano destra «Ricorda, Luke... mai far aspettare una fanciulla. Soprattutto se questa fanciulla è tua nipote.»
Il ragazzino sorrise di rimando, divertito dall'imbarazzo nato nel suo stimato mentore «Me ne ricorderò, professore!»
 

Il quartiere della Pittura, situato nella parte nord dell'antico borgo verteva nelle stesse condizioni di quello della Musica. La distesa di neve lo vestiva come una tela bianca, senza colore, e il terzetto vi si ritrovò al suo interno ad osservare l'innaturale spettacolo come un pittore svuotato di ogni idea che non sa più dove puntare il pennello.
Raggiunsero con non poca difficoltà un piccolo negozietto aperto dove una donna di bassa statura era intenta a riporre con estrema cura la merce artistica esposta. 
«Buon pomeriggio, madame.» salutò cortese come sempre il Professor Layton rivolgendole un educato cenno del capo.
Lei sollevò lo sguardo verso i nuovi arrivati, proprio mentre stava riportando all'interno della piccola bottega scatole colme di pennelli «Oh, buon pomeriggio a lei buon uomo! O meglio, buonasera! Ormai il vecchio Roger deve aver suonato le campane delle cinque!» con fare gioviale si spolverò le mani, come se bastasse quello a ripulirle da polvere di pittura e colori vari «Ma ditemi, non avete freddo voi tre ad andarvene in giro così?»
«In effetti, signora...» ammise Luke con un filo di voce.
«Chiamatemi Millicent, senza problemi! Oh, un momento...» un dito sottile andò a muoversi veloce davanti al viso della ragazza «Ti conosco, tu sei Tracey, la figlia di quel giornalista girovago!»
«Ehm, sì, Tracey Layton, signora Millicent... ma come fa a conoscermi?»
«Io ricordo tutti i miei clienti, signorina! Eri venuta con tuo padre a comprare la tua prima scatola di pastelli, sì sì! Ne sono sicura!» annuì convinta puntando le mani sui fianchi.
«Caspita... avrò avuto quattro anni, che memoria!» bastò a sbalordire la giovane «Signora Millicent, questo è mio zio Hershel Layton e lui è Luke Triton. Ho chiesto loro di aiutarci a capire cosa possa essere successo in questo quartiere e nel quartiere della Musica.»
«Mmh, per l'improvviso inverno, dici? Brutta storia, ragazza mia! E tuo zio spera di poter capire cosa ci ha colpiti?» spostò lo sguardo sveglio da Tracey al gentiluomo.
«Lo spero, madame. Può dirci qualcosa al riguardo?»
Una mano sottile accarezzò il mento della bottegaia «Che dire... è successo all'improvviso, quattordici giorni fa! Giorno più, giorno meno! Per meglio dire, quattordici notti fa! Chiusi il negozio come ogni sera ed era tutto normale, la solita allegria, i soliti artisti passionali che discutevano e pitturavano per le strade! Ma quando mi svegliai il mattino dopo... neve ovunque! Ovunque, le dico! E il freddo, mai sentito un freddo così nemmeno sotto Natale!»
«Nessuno ha visto la nevicata, quindi.» rifletté Layton.
«Proprio così! E quando ancora cercavamo di capire che cosa fare, una settimana dopo ecco che ricapita nel quartiere musicale! Da allora il solo suono che si sente provenire da lì sono le campane di Roger...» sospirò amareggiata chinando leggermente il capo.
«Sembra molto triste...» commentò Luke.
«Di certo è stato un evento che ha influenzato molto la vita degli abitanti.»
Millicent annuì convinta «Alcuni dicono che sia una maledizione, sa?»
«Anche nel quartiere della Musica ci hanno detto così, ma non siamo riusciti a comprendere di più.»
«Aah, la gente qui non parla di queste cose! Non fraintendete, di solito siamo tutti gioviali chiacchieroni, ma... alcuni argomenti è meglio lasciarli stare!»
«Capisco, ma...»
Una voce dall'alto interruppe il dire dell'archeologo «Millicent!! Non starai raccontando della Maledizione, spero!!»
Sollevando lo sguardo videro un'anziana signora sporgersi da un piccolo balconcino posto un paio di piani sopra la bottega.
La donna sospirò, alzando la voce per farsi sentire dall'anziana «Nonna, non preoccuparti! Sono brave persone!»
«Non importa, sai che non parliamo di quelle cose!» ribatté l'anziana infervorata.
Luke attirò l'attenzione di Tracey tirandole appena un lembo della giacca «Tu hai idea di che cosa stanno discutendo?»
«Giuro che ne so quanto voi.»
«Ma vivi qui, sembrano tutti sapere cosa sia questa maledizione!»
«Probabilmente è una diceria diffusa nel borgo storico, io sono in periferia, è tutto più moderno e alcune voci devono essersi perse!»
La squillante voce dell'anziana travolse Tracey come un secchio d'acqua gelata «Giovanotta, non chiamarle dicerie!! Mica sono favole per bambini, è tutto vero, potete vederlo con i vostri occhi! È la Maledizione della Fata, stolta gioventù!!»
«Ugh... m-mi scusi!» si nascose dietro lo zio.
«La Maledizione della Fata, ha detto?» quelle parole sembravano aver risvegliato l'attenzione del professore.
Millicent sospirò «Perdonate i modi poco gentili di mia nonna. Scusatemi ora, ma devo chiudere il negozio.»
«Nessun problema. Lei non sa a che cosa sua nonna si riferisce con questa Maledizione della Fata?»
«È un'antica leggenda, signor Layton! Qui ne girano molte, Awen ha origini molto antiche. C'è chi dice che queste terre siano state maledette, per questo il lago si prosciugò! Onestamente vi sono tante di quelle leggende che negli anni molte sono state storpiate e modificate, è quasi impossibile risalire alle storie originali! E comunque...» abbassò la voce per non farsi sentire dalla nonna «Penso che sua nipote abbia centrato la faccenda, sono solo dicerie!» infine si congedò tornando ai propri compiti.
Luke infilò nella tracolla quadernino e penna dopo aver finito di segnarsi tutto quello che riteneva importante «Questa storia si fa sempre più strana, Professore.»
«Hai ragione, Luke. Stanno emergendo elementi interessanti, ma purtroppo abbiamo ancora poche informazioni.» lo sguardo dell'archeologo vagò lungo le strade e le case innevate «Potremmo fare qualche altro giro nei paraggi, ma dubito che troveremo qualcuno disposto a darci maggiori indicazioni. Questo quartiere così come l'altro è quasi deserto...»
Tracey annuì inforcando le mani nelle tasche della giacca nel vano tentativo di scaldarsele «Nessuno ha molta voglia di stare in giro con questo freddo... e fare arte.»
«Si sta anche rabbuiando. Per oggi può andar bene così, ci conviene scaldarci e mettere qualcosa sotto i denti.»
«Sono d'accordo, Professore!»
«Anche io!»
 
 
Un delizioso profumo accolse Tracey, Luke ed il Professor Layton al loro rientro. Il sole stava lentamente tramontando, regalando un ultimo spettacolo di colori caldi e brillanti sui tetti di Awen. I raggi che si riflettevano sul candore della neve nel quartiere della Pittura e in quello della Musica facevano splendere quelle zone come gioielli preziosi.
Ancora con il freddo nelle ossa i tre investigatori varcarono la soglia.
«Siamo tornati!» annunciò Tracey appendendo giacca e cappello all'attaccapanni.
«Finalmente...» sospirò Luke «Oh, che buon profumo! È... stufato!»
«Ahah, credo tu non ti sia sbagliato, Luke.» Layton si affacciò alla cucina dove trovò Amelia, con tanto di grembiule e guanti da forno, intenta ad impiattare tre abbondanti porzioni di uno spezzatino dall'aspetto squisito «Ci siamo attardati per le strade, siamo ancora in tempo per la cena?»
«Non preoccuparti Hershel, ho lasciato tutto in caldo apposta per voi sapendo sareste andati in quelle zone innevate! La tavola in soggiorno è apparecchiata, andate pure a sedervi.»
«Grazie, Amelia.»
«Non me lo faccio ripetere due volte!» Luke saettò verso il salotto, ma venne bloccato da Tracey che con abilità e forza lo trattenne per la giacchetta azzurra.
«Dove pensi di andare, prima ci si lava le mani! Che razza di gentiluomo sei!»
«Iih... Hai ragione, scusa!»
Tempo pochi minuti in cui tutti si furono adeguatamente rinfrescati e puliti e la cena venne servita. Il grande tavolo di legno era ben apparecchiato per tre persone, un posto a capotavola e due laterali. Amelia portò i piatti aiutandosi con i guanti da forno «Fate attenzione, scottano!» si premurò.
«Oooh...» Luke non aveva occhi che per la propria cena.
Hershel Layton sorrise osservando l'espressione di meraviglia del bambino seduto alla sua sinistra «Credo che Luke abbia trovato un nuovo piatto preferito.»
«Ma non lo ha ancora assaggiato! Spero vi piaccia!»
«Senz'altro, Amelia.»
Senza esitazione ed in barba alla temperatura lavica della carne Tracey addentò il primo boccone «Squisito! Mamma, lo stufato non ti è mai uscito così tenero!»
«Davvero? Ah, non potevo di certo sfigurare con i nostri ospiti.»
Il cognato si trovò pienamente d'accordo «È davvero ottimo, grazie ancora per la cena. Tu non mangi con noi?»
«Oh no, mi spiace Hershel, ma devo scappare a scuola per un consiglio straordinario. Comunque ho cenato prima, non preoccuparti.»
«Certo, capisco bene.»
«Ora è meglio che vada!» slegò il grembiule da dietro la schiena ripiegandolo con cura sul braccio e si diresse a passo svelto verso la cucina, ma a metà strada tornò indietro «Oh, Tracey!»
«Mmmh??» fu la risposta a bocca piena della ragazza.
Amelia raggiunse il camino prese alcuni opuscoli dalla mensola e li portò al tavolo «Ricordi che nel quartiere del Teatro questa sera c'è la rappresentazione che ha recensito tuo padre?»
«Mh! Mhmh!!» buttò giù il boccone «Sì, è vero!»
«Una rappresentazione teatrale?» interessato, Layton sfogliò un opuscolo.
«Suo marito non era un giornalista?» domandò Luke.
Amelia annuì «Sì, Matthew è un reporter, ma di tanto in tanto si occupa anche di scrivere qualche recensione o saggio. È molto richiesto! In ogni caso se non siete troppo stanchi vi consiglio di assistere, l'ingresso è libero essendo in atto per la celebrazione del villaggio.»
«Dopo questo stufato potrei affrontare un leone!»
«Ahahah, lo prendo per un sì, Luke! Sta bene anche a me, tu che dici zio Hershel?»
L'uomo annuì «Perchè no, sarà interessante. E un po' di svago potrà farci solo bene.»
Amelia sorrise «Giusto. Ora vado davvero...!» corse in cucina posando grembiule e guanti e come un fulmine raggiunse l'ingresso afferrando il cappotto e la borsa da insegnante «Buona serata!»
«Buon lavoro, mamma!»
«Arrivederci, signora Layton!»

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3: SIPARIO CREMISI, PALCO NIVEO ***


Il Round Table Theater sorgeva nel mezzo dell’eccentrico quartiere del Teatro. La recitazione la fa da padrona tra le antiche vie, e tra gli abitanti di questa parte di Awen si annoverano attori, sceneggiatori, registi e molte altre professioni legate all’affascinante mondo dello spettacolo. L’antica costruzione circolare si stagliava imponente sul lato nord della piazza principale del quartiere e come un’arena accoglieva a porte aperte gli ospiti, illuminato a festa, pronto a strabiliare tutti con la rappresentazione della serata.
Gli addobbi sparsi per l’intero borgo avevano invaso anche le mura interne del teatro, portando al suo interno i colori e l’allegria tipici della festività ricorrente, nella speranza di riscaldare l’animo e il cuore di chi è stato vittima della misteriosa maledizione.
Il giovane Luke Triton si guardava attorno estasiato, ammaliato da questo nuovo scenario «È bellissimo!»
«Se non fosse per l’illuminazione elettrica e le comodità moderne sembrerebbe di essere tornati davvero all’epoca dei cavalieri della tavola rotonda, come richiama il nome del teatro.» l’archeologo non poté che trovarsi d’accordo con l’apprendista, e si soffermò ad osservare meglio lo scheletro interno dell’edificio, interamente costruito in pietra e legno. «Sai Luke, la costruzione è originale, nel tempo sono state apportate solo alcune modifiche e accortezze per mantenerlo in funzione, ma le mura risalgo sicuramente al…» prima che la spiegazione storica potesse andare avanti, il professore venne spinto per la seconda volta nell’arco della giornata dalla nipote, impaziente di raggiungere i posti a loro assegnati.
«Andiamo zio, lo sappiamo che è tutto molto bello e antico, ma ora dobbiamo prender posto!»
«Oh…!» sorresse la tuba con una mano assecondando il volere di Tracey, anche se con un po’ di dispiacere nel cuore «Ragazza mia, dovresti apprezzare di più il gioiello archeologico in cui vivi.»
«E tu dovresti apprezzare di più la scadenza di orari e appuntamenti!» ribatté di tutto tono lei.
«Touché.» Hershel Layton, con l’imbarazzo a colorirgli le guance, non poté far altro che riconoscere la veridicità di quelle parole. Tracey sapeva bene quanto fosse facile per lui perdersi via nei suoi studi, scordandosi addirittura di impegni importanti.
Luke li seguì lungo il corridoio che portava alla sala vera e propria «Eheh, hai colpito un tasto dolente, Tracey!»
«Lo ben so, caro Luke!» sorrise lei, ammiccando al bambino.
Presero posto nella sesta fila dal palco, più o meno verso il centro di essa. Ottimi posti per godersi a pieno lo spettacolo che sarebbe iniziato di lì a poco. Le comode poltrone erano imbottite e foderate di un’elegante stoffa blu scuro, creando un piacevole contrasto con i tendaggi rossi del palco. Luke si adagiò per bene, tra Tracey e il professore, sistemando la propria tracolla sotto al sedile, di modo che non fosse d’impiccio a nessuno. Volse lo sguardo alla nuova amica «Tracey, di che cosa tratta questo spettacolo?»
Lei si tolse il berretto nero posandolo sulle gambe «Una rivisitazione in chiave moderna della nascita di Camelot e di Re Artù. Perfettamente a tema con la festa di Awen, anche se per come stanno andando le cose non so per quanto durerà.» spiegò e concluse con un tono di amarezza nella voce. Quella serata era stata pensata come distrazione dalle singolari e preoccupanti vicende che stavano vedendo il pittoresco borgo protagonista, ma per la giovane non sarebbe bastata certo una serata a teatro per cancellare l’angoscia e le perplessità che la neve portava con sé.
Anche il volto del bambino si rabbuiò «Vero…»
«Almeno questo quartiere sembra essersi salvato dai bizzarri eventi, è un fattore positivo.» disse Layton, abbozzando un sorriso sereno verso di loro cercando di trasmettere un po’ di conforto. «Prima di uscire mi sono permesso di dare una lettura alla recensione scritta da Matthew e devo dire che mi ha davvero invogliato ed incuriosito.»
La nipote restituì il sorriso «Sì, papà è sempre stato un appassionato di spettacoli, ha dato il massimo per render giustizia ad un eccellente lavoro, come lo ha definito lui!»
«Oh sì, ha sempre avuto una dote naturale per la teatralità.» commentò Hershel con una risata, perdendo per un istante la compostezza del perfetto gentiluomo inglese.
Luke spostò lo sguardo dall’una all’altro, cogliendo in quel momento il profondo legame che univa zio e nipote. Raramente aveva visto il professore lasciarsi andare con così tanta confidenza e se da un lato se ne sentiva rallegrato, dall’altro una piccola nota aspra si fece largo nel suo animo, facendolo sentire quasi escluso da quel duo. Desiderava davvero conoscere meglio il suo stimato mentore.
Una volta che tutti ebbero preso posto, e non una sola poltrona venne lasciata libera, le luci si affievolirono fino a spegnersi, lasciando così che fossero i riflettori puntati sul palco i soli a splendere.
Il sipario si levò dando il via al primo atto di un’avvincente storia, mai troppo vecchia per passare di moda.
«Matthew non era nel torto, ottimi costumi, ben sceneggiato, una scenografia splendida e le voci del coro rievocano i miti cavallereschi di un tempo.» commentò a bassa voce Hershel Layton, seguendo la rappresentazione senza perdersi una battuta.
«Quindi… il borgo di Awen è legato a Re Artù e alle sue leggende?» domandò Luke spinto dalla curiosità, senza rendersi conto di aver usato un tono di voce poco adatto all’occasione e venne ripreso da uno spettatore qualche fila più indietro «Uh.. chiedo scusa…!» aggiunge risentito a bassa voce.
Tracey annuì con un lieve cenno del capo «Sì, come ho detto il borgo è molto antico e ci sono molte leggende che allacciano a questo posto i miti di Re Artù.» si sporse maggiormente verso il bambino di modo da potergli parlare senza disturbare gli altri astanti «Anche il nome della nostra scuola si rifà a queste storie, sai? Inis witrin. Sai cosa significa, piccolo apprendista?» lo stuzzicò conscia di aver acceso la miccia della sua curiosità.
In men che non si dica Luke afferrò la tracolla da sotto la seduta ed estrasse il suo quaderno e una penna, intenzionato a riportare le nuove nozioni nonostante il buio della sala «Inis witrin, non ho idea di che cosa significhi!» esclamò, mantenendo questa volta un tono di voce adeguato.
«Isola di vetro.» intervenne Hershel «È un altro nome per chiamare la leggendaria Avalon.»
Luke scrisse tutto «Avalon… e perché la scuola ha questo nome?» domandò ingordo di risposte, ma un brivido improvviso lo scosse e sentendo un soffio freddo su tutto il corpo si strinse nelle spalle, strofinando le braccia con le mani per scacciare la pelle d’oca «Brr… lo sentite anche voi questo improvviso freddo?» volse lo sguardo prima al professore e poi alla ragazza, vendendola rabbrividire a sua volta mentre premeva il berretto sulla testa nel vano tentativo di coprirsi.
«Ho la netta sensazione che non abbiano sbagliato a regolare l’aria condizionata… che dici, zio Hersh?»
«Dico che hai ragione, ragazza mia.» allungò la mano dinnanzi a sé, con il palmo rivolto verso l’alto e un candido e delicato fiocco di neve vi si adagiò, sciogliendosi all’istante al calore della pelle. Sollevò lo sguardo verso l’ampio e decorato soffitto a volta, forse aspettandosi di vedere nuvole rigonfie di cristalli, ma questi venivano a crearsi spontaneamente nell’aria, e danzavano verso il basso, sempre più velocemente e creandosene sempre di più ad ogni istante che passava.
Luke sgranò gli occhi balzando dalla poltrona «Ne... Nevica!?»
Anche Tracey ne rimase sbalordita come chiunque altro presente in teatro, spettatori e cast compresi. Un gran vociare confuso, meravigliato e stupito iniziò a levarsi man mano che la coltre bianca andava a ricoprire il pavimento, i tappeti, il palco, le poltrone ed ogni orpello decorativo.
Dal palco si levò il grido di un attore «La Maledizione ha colpito anche noi!»
Hershel posò una mano sulla spalla di Luke, parlando con tono greve «Presto, usciamo prima che si scateni il panico.»
«Sì!»
Superarono gli astanti della fila di poltrone e si diressero a passo svelto verso la porta più vicina custodita da una Maschera.
«Con permesso, signore!» irruppe Tracey per richiamare l’attenzione del giovane uomo in uniforme dai lineamenti asiatici «Dobbiamo capire che cosa stia succedendo, apra la porta!»
«Sarebbe consigliabile permettere al pubblico e al cast della rappresentazione di lasciare il teatro, con ordine ovviamente.» aggiunse Hershel Layton, parlando con gentilezza e fermezza, senza perdere il controllo della situazione.
La Maschera spostò lo sguardo stranito dai fiocchi di neve che continuavano a scendere lenti ed inesorabili alle tre persone che si erano piazzate dinnanzi a lui. Parve cercare una risposta nei loro visi, ma per quanto nemmeno loro sembrassero avere idea di che cosa potesse mai causare un evento tanto insolito, le espressioni sicure e determinate che vide gli restituì un minimo di compostezza «Certo…scusatemi, avete ragione.» si voltò alla ricerca di qualche collega, sbracciandosi e facendo cenno di aprire le porte che separavano la sala delle rappresentazioni dal resto della struttura. Infine aprì la porta che egli stesso custodiva «Prego, ma fate attenzione!» si premurò, lasciando passare il terzetto, accompagnando con una mano guantata l’uscita della fanciulla.
«Certo, grazie!»
Il Professor Layton, Tracey e Luke si ritrovarono a percorrere il lungo corridoio che conduceva all’ingresso principale. Il morbido tappeto ricamato era ormai rivestito a sua volta da un candido manto bianco che scricchiola sotto la suola delle scarpe ad oggi passo. Anche lì la neve continuava a scendere, posandosi su tutto ciò che toccava e tingendo tutto con il suo candore invernale.
In breve tempo anche le altre persone iniziarono a riversarsi fuori dalla sala, dapprima con calma, ma poi con sempre maggiore fretta, come se temessero di restare sepolti sotto quella coltre. Come un fiume in piena si riversarono nel lungo passaggio, in uno sciabordio di grida e passi concitati, finendo con il travolgere chi procedeva con calma.
«Attenti!» Hershel Layton afferrò Luke per una mano, cercando di proteggerlo dall’irruenza della folla «Signori, non serve correre…!» cercò di farsi ascoltare da chi gli passava vicino, ma sembrava che fosse tutto vano.
«Aaaah!» Luke si strinse al braccio del professore con tutto se stesso «Tracey!? Ci sei!?» chiamò la nuova amica cercando di scrutare tra abiti e cappotti che gli sfrecciano accanto da ogni dove.
«Sì! Sono qui!» rispose lei a gran voce, riuscendo con uno slancio ad aggrapparsi alla giacca dello zio. In quel momento qualcuno la spintonò facendola incespicare in avanti. Sbatté la faccia contro la schiena di Hershel, il quale a sua volta venne sbilanciato.
«Piano…!» posò male un piede e finì caproni a terra, trascinando nella neve anche apprendista e nipote. Sospirò, portando una mano alla tesa della tuba, assicurandosi che fosse ancora al suo posto «State bene?»
«Sì, siamo ancora tutti interi!» rispose Tracey.
«Bene… Mh? Ma…» qualcosa catturò l’attenzione dell’archeologo. Sotto il palmo della mano che istintivamente posò a terra per proteggersi dalla caduta avvertì una superficie differente, come se sotto alla neve calpestata vi fosse qualcosa. Mosse la mano portando l’oggetto alla luce come un antico reperto. Un guanto di raso. Lo mise velocemente nella tasca destra della giacca, andando poi a prendere per mano i ragazzi «Siete pronti? Alziamoci ed usciamo, ormai il più della gente sembra essersene andata.»
Riuscirono a raggiungere il portone principale senza ulteriori difficoltà, uscendo assieme agli ultimi astanti. Per fortuna pareva che il panico non avesse fatto vittime, nessuno era rimasto ferito dalla folla in corsa, almeno non gravemente.
Lo spettacolo che li accolse non fu tanto diverso da ciò che si erano appena lasciati alle spalle. La piazza del quartiere del Teatro era completamente innevata, il lastricato, le panchine, le statue e i tetti delle abitazioni erano coperti di neve, l’aria si era fatta gelida. Alzando lo sguardo verso il cielo si poteva ammirare una stellata brillante, con la luna che sorrideva mostrando un quarto del suo volto.
«Nemmeno una nuvola…» commentò tra sé e sé Hershel Layton «Quale mai potrebbe essere la causa di tutto questo?»
 
 

Il trio non perse tempo, ormai quello spettacolo stava diventando fin troppo famigliare. Fecero un rapido giro di domande nella piazza, scoprendo in breve che la situazione era la stessa in tutto il quartiere. Mentre Luke e Tracey raccoglievano informazioni all’esterno, il professor Layton rientrò a teatro, ripercorrendo il tragitto per raggiungere la sala, ispezionò il palco e il dietro le quinte, fermandosi a rivolgere qualche cortese domanda al personale tornato per dare una ripulita e assicurarsi che la strumentazione è gli attrezzi di scena non fossero stati compromessi dal freddo e dalla neve.
Alla biglietteria vicino all’ingresso trovò la Maschera che li fece uscire «Salve, grazie per l’aiuto.»
«Oh, si figuri. Mi dispiace per il caos che si è creato, abbiamo cercato di far procedere tutti con calma, ma non c’è stato verso…» il giovane sembrava sinceramente dispiaciuto per non essere riuscito ad adempiere al meglio al proprio dovere, anche in una situazione come questa.
Layton scosse appena il capo «Non si preoccupi. Se posso vorrei farle una domanda, signor…?»
«Kabuki.» si presentò lui con un inchino «Ginza Kabuki. Mi dica pure! Lieto di servirla.» rispose celere, lasciando trasparire sempre più uno spiccato accento orientale.
«Dunque, mi chiedevo se lei o i suoi colleghi abbiate lasciato uscire qualche spettatore dalla sala prima che iniziasse a nevicare.»
Il signor kabuki parve soppesare la domanda «Non mi sembra, signore. Io non ho aperto la porta a nessuno, se non a lei e ai ragazzi che la accompagnavano e per quanto ho potuto vedere nessun altro spettatore si è alzato prima che… iniziasse a nevicare. Comunque per sicurezza posso chiedere ai miei colleghi.»
«Gliene sarei molto grato, la ringrazio.»
Ginza Kabuki si congedò con un rispettoso inchino.
Hershel Layton chiuse gli occhi, portando una mano sotto al mento, come era solito fare quando rifletteva su un complesso enigma. Ciò che lo impensieriva più di tutto era il piccolo indumento che aveva trovato nascosto dalla neve. Per non parlare della neve; come si è formata dal nulla, cosa ne ha causato la comparsa e come la temperatura mite e piacevole di maggio sia arrivata ad abbassarsi tanto da far tremare le ginocchia e battere i denti?
Una voce improvvisa ruppe il flusso dei suoi pensieri, attirando tonante la sua attenzione.
«Lei, laggiù! Messere con la tuba!»
Incuriosito, l’archeologo si voltò verso l’ingresso spalancato del teatro, da cui si stava facendo strada a grandi passi quello che a prima vista pareva essere un cavaliere in armatura scintillante, con tanto di elmo sottobraccio.
«Dice a me?»
«Esatto, proprio a lei! Senza alcun indugio!» il cavaliere si fermò di fronte a Layton, battendo i piedi a terra in una sorta di posa militare. Osservandolo così da vicino fu subito chiaro che quella che indossava non fosse un’armatura, ma un’uniforme. Giacca a pantaloni blu scuro coperti da placche metalliche decorate e adorne di stellette e medaglie, come ad indicare in grado del possessore. L’elmo mostrò una visiera protettiva tipica dei caschi da motocicletta e recava incisa all’altezza della fronte la sigla “A.P.D”. L’uomo in uniforme era piuttosto alto e imponente, con un fisico da vero cavaliere; puntò i suoi profondi occhi azzurri sul volto dell’accademico. Al primo turista per caso poteva sembrare un attore con un costume di scena, o un appassionato di rievocazioni storiche, cosa piuttosto comune in quel borgo, ma Layton aveva già visto in giro per quelle vie uniformi simili, indossate da uomini e donne vigili e pronti a tutto per mantenere alta la calma e la sicurezza del villaggio.
«Oh, un agente della polizia di Awen. Un ispettore, se non erro.»
«Dice bene, messere. Ispettore Otto, Lancil Otto.» si presentò tutto impettito.
«Lieto di conoscerla, sono il professor Hershel Layton, e…» la cortese risposta dell’archeologo venne fermata dalla mano alzata dell’ispettore.
«Sì, so bene chi è lei, messere. I miei fidati araldi mi hanno riferito averla vista bazzicare in giro per le vie della nostra amata Awen a fare domande ai cittadini.»
«Sto cercando di farmi un’idea di quanto sta accadendo. Spero non sia un problema, lungi da me interferire con il lavoro delle forze di polizia.»
Otto lo scrutò da capo a piedi, soppesando le parole udite «Auspico che la sua presenza non sia un danno per la comunità e soprattutto che non ci nasconda delle prove.»
«Oh no, mi creda. Cerco solo di aiutare la mia famiglia, mia nipote mi ha chiesto aiuto.» spiegò, incrociando le braccia al petto «Anzi, spero che ci possa essere una buona collaborazione, così da venire a capo di questo mistero.»
«Mh, mh.» annuì l’ispettore Otto. Aprì bocca per aggiungere altro, ma questa volta fu lui ad essere interrotto da una voce alle sue spalle.
«Ispettore Lancil! Abbiamo fermato due piccoli lestofanti che importunavano i civili con puerili questioni!»
Lancil Otto si voltò, mentre Layton osservò da oltre le sue spalle corazzate. Si avvicinarono due agenti in uniforme scintillante, un uomo dai corti capelli vermigli a spazzola e una donna, dalla folta chioma bionda raccolta in un articolato groviglio di trecce. Il primo teneva Luke a mo’ di sacco di patate sottobraccio, mentre la seconda faceva camminare Tracey tenendola per la collottola della giacca granada.
«Mettimi giù!»
«Lestofante a chi, cavaliere da giostra!» inveì la ragazza dimenandosi, e quello che aveva detto, dalla reazione degli agenti, doveva trattarsi di un insulto pesante.
«Tracey.» la riprese con cipiglio severo l’archeologo.
«Scusa zio Hershel, ma non stavamo facendo niente di male!»
«Solo qualche domanda, come ci aveva chiesto lei, professore!»
«Dicono il vero, messer Layton?» intervenne Otto.
Annuì «Sì, ci siamo divisi i compiti in questa piccola indagine. Sono mia nipote e il mio giovane assistente, ragazzi innocui, credetemi.»
Otto mosse una mano verso i due agenti «E sia, mi fido delle sue parole, messere! Parcifal, Ginevra, lasciate pure questi giovani!»
L’ordine venne eseguito. Tracey si riassettò la giacca, affiancando lo zio assieme a Luke, il quale fu solo sollevato per essere scampato all’ennesimo guaio.
«L’ispettore Lancil Otto sta indagando come noi su questi eventi misteriosi, quindi siamo tutti sulla stessa barca, ragazzi. Ci stavamo giusto confrontando su quanto scoperto fino ad ora.» illustrò Layton ai nuovi arrivati.
Il piccolo Luke osservò la figura statuaria dell’ispettore, alzando un sopracciglio con fare perplesso «Lancil… Otto?»
«Senza indugio, giovane scudiero!» si protrasse in un cavalleresco inchino «Dunque ditemi, messer Layton, avete scoperto qualcosa?»
Luke si rivolse a Tracey «Ma come parla? È rimasto davvero ai tempi di Re Artù!»
«Probabile, ma tutti gli agenti di polizia sono così… secondo me glielo insegnano in accademia!» commentò a bassa voce per farsi sentire solo da lui, strappando una risata al bambino.
«Purtroppo non molto, ispettore. Eravamo qui a teatro quando ha iniziato a nevicare sopra le nostre teste. Dapprima abbiamo sentito l’aria farsi fredda e a poco a poco i fiocchi di neve hanno iniziato a scendere, formandosi a mezz’aria.»
«Abbiamo raccolto qualche testimonianza sia tra gli altri spettatori che tra gli attori e confermano la nostra stessa versione.»
«Sì, inoltre parlando con chi invece era fuori dal teatro abbiamo scoperto che il freddo e la neve sono arrivati poco dopo, ma si è manifestato tutto molto velocemente nel quartiere.» aggiunsero Tracey e Luke.
L’agente Ginevra fece un passo avanti, facendo tintinnare i rinforzi di metallo della propria uniforme «Se posso permettermi, ispettore.»
«Prego, pronunziati pure!»
«Parsifal ed io abbiamo raccolto le stesse nozioni di cui favellano i giovani, ma sembra che la precipitazione sia avvenuta solo all’interno del Round Table Theater.»
«All’interno di nessun’altra abitazione ha nevicato.» concluse il laconico Parsifal.
Lancil Otto agitò un pugno all’aria con fare contrito «Che io sia dannato, ci mancava anche questa!»
«Tracey, negli altri due quartieri nessun’abitazione è stata colpita, è esatto?» interloquì Hershel Layton, portando la mano destra sotto al mento.
La ragazza annuì «Esatto, non che io sappia, almeno… ma se avesse nevicato in qualche edificio la voce si sarebbe sparsa senza dubbio.»
«E noi del corpo di polizia più impavido di Awen l’avremmo certamente saputo! Non abbiamo tralasciato nulla durante le nostre impervie ricerche!»
«Non lo nego, ispettore…» il professore si chiuse per qualche istante in un profondo silenzio. Avevano raccolto ogni elemento possibile per quella serata e né polizia né i cittadini avrebbero potuto offrire più di quanto già non fosse sul fuoco di quello strano ed enigmatico calderone.
«Scusate l’interruzione.» Ginza Kabuki si avvicinò al gruppo, porgendo un rispettoso inchino «Ho chiesto ai miei colleghi, come le avevo detto, e da quanto si ricordano nessuno di loro ha fatto uscire dalla sala alcun ospite durante la rappresentazione teatrale.» spiegò rivolto principalmente al Professor Layton.
Ringraziò con un cenno del capo «Grazie per l’aiuto, signor Kabuki.» si rivolse poi agli altri «Temo che anche per stasera non ci sia altro che possiamo fare, torniamo a casa, ragazzi.»
«Sì, zio…»
«Come vuole, Professore.»
«Vi congedo senza indugio!» proruppe Otto «Prestate attenzione nel vostro viaggio di rientro.»
«Certamente, Ispettore. Buon lavoro.»

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4: TEMPO DI MITI E DI LEGGENDE ***


La mattinata seguente iniziò presto per il professor Layton, alzatosi di buon’ora pronto ad intraprendere un solitario viaggio verso Londra.
Poco dopo esser rincasato all’abitazione del fratello aveva deciso di tornare brevemente in città per svolgere qualche indagine aiutandosi con i mezzi forniti dall’università e chiedendo anche la fondamentale collaborazione della sua assistente ufficiale, Emmy Altava. Concordando con Tracey e Luke, tenendo conto dei fatti, bisognava capire come fosse possibile la formazione atipica delle precipitazioni nevose localizzate, e mentre lui si sarebbe occupato di cercare una spiegazione scientifica, Luke e Tracey avrebbero vagliato le ipotesi soprannaturali, partendo proprio dalla Maledizione tanto acclamata dagli artisti di Awen.
Dopo aver salutato il professore i due ragazzi fecero il punto della situazione.
Tracey ciondolava le gambe seduta sulla ringhiera di legno del portico che dava sul giardino posteriore della villetta; in quella zona del borgo il clima era ancora clemente, per fortuna.
Luke invece stava seduto su una sedia a dondolo, alla quale aveva avvicinato un tavolino coordinato, usandolo come base di appoggio per il suo quaderno pieno di appunti e informazioni.
«Facciamo anche noi la nostra parte, Luke! A questo punto voglio capire di che cosa tratta la Maledizione della Fata di cui sembra aver paura metà villaggio.»
«Se non sbaglio è stata nominata anche ieri sera da uno degli attori, proprio quando ha iniziato a nevicare.»
«Esatto, esatto. Forse non c’entra nulla e sono solo vecchie dicerie, ma non si può mai dire! Inoltre bisogna sempre vagliare ogni ipotesi, anche se sembrano assurde o impossibili!»
Luke Triton annuì «È proprio quello che direbbe il Professore! Ma da dove possiamo cominciare le nostre ricerche?»
«Me lo sono chiesta anche io stanotte e mi sono data della stupida per non aver pensato alla persona più ovvia a cui chiedere!» esclamò dandosi una manata sulla fronte enfatizzando quanto detto.
«E cioè?»
«Mia madre, ovvio! È una professoressa di storia, vuoi che non conosca vecchie vicende e miti del paese!?»
«Oh, non ci avevo pensato! Hai ragione! Andiamo subito a parlarle!» Luke chiuse il suo quaderno infilandolo nella tracolla, scendendo poi con un saltello dalla sedia a dondolo, facendola ondeggiare con lo spostamento del proprio peso «Non mi sembra di averla vista in casa, sarà uscita presto anche lei…»
«Sì, deve essere a scuola. Ultimamente è più impegnata del solito, passa al lavoro buona parte delle giornate.» Tracey balzò dalla staccionata.
«Tu invece passi il tempo a bighellonare con noi, ma non dovresti essere anche tu a lezione?» la punzecchiò Luke rivolgendo un sorrisetto sardonico.
«Potrei farti la stessa domanda, mio caro! Sappi che in questi giorni non ho corsi da seguire, e mia madre ha spiegato agli altri insegnanti il mio fondamentale contributo alla risoluzione di questo mistero!» rispose di tutto tono lei, puntando i pugni sui fianchi e sporgendo il busto verso il bambino.
«Ah! Non perdiamo altro tempo allora, andiamo dalla signora Layton!» Luke preferì chiudere lì la discussione che gli si era ritorta contro.
Tracey sorrise vittoriosa e precedette il piccolo rientrando in casa. Si poteva accedere al portico sia da una porta dal corridoio che affiancava la rampa di scale, sia da un’ampia porta finestra dello studio del padre di Tracey, e fu proprio in questa stanza che la ragazza entrò, andando a recuperare la propria giacca poggiata sulla scrivania del giornalista «Portiamoci anche qualcosa di pesante, per raggiungere la scuola dovremo passare per il quartiere del Teatro.»
«Giusto, non voglio congelarmi ancora le gambe e il naso! Oh, ma… esattamente dove si trova la scuola, Tracey?»
«Oh, lo vedrai!» sorrise lei di rimando «Eccome se lo vedrai!»
 
 

Vestiti di tutto punto Luke e Tracey si avventurano per le vie del borgo, diretti all’istituto Inis Witrin. Lasciarono il soleggiato e ancora vivace quartiere della Letteratura inoltrandosi nella bianca coltre che ormai rivestiva quello del Teatro. Come le due precedenti zone colpite anche questo pareva aver perso la magia che lo caratterizzava. Per le sue strade e tra i palazzi che lo popolavano ormai vi era rappresentata solo una triste tragedia. Facendosi largo tra neve e scoraggiati attori incupiti, Tracey guidò Luke fino alla grande piazza recante la statua da cui suo zio rimane sempre affascinato.
«Oh, siamo tornati qui…»
«Sì, da questo punto si snodano le vie principali che attraversano Awen, è la strada migliore e anche quella con meno neve e ghiaccio… Ormai non manca molto, anche se adesso la strada sarà in salita!»
«In salita?» Luke si guardò attorno, seguendo poi con lo sguardo il punto indicato dalla ragazza. Prendendo la via a nord ovest si vedeva che la strada lastricata si inclinava man mano sempre più e continuando verso quella direzione, oltre i tetti più alti delle varie costruzioni si potevano intravedere le imponenti torri dell’antico castello di pietra.
«Quella sarebbe la scuola!?»
«Sì, non lo avevi notato il castello che svetta e troneggia sopra tutta Awen!?»
«N-non ci avevo fatto caso…! Intravedevo solo le torri e pensavo fosse qualcosa del villaggio, come la torre delle campane del signor Roger! E poi ero più concentrato sulla neve e il freddo!» cercò di giustificarsi il piccolo apprendista.
Tracey scosse la testa sospirando «Cosa direbbe zio Hershel! Forza, muovi quelle gambette!» lo spinse lungo la via.
«Aaah…! Fa piano, Tracey!»
 

 
Parcheggiata l’automobile, Hershel Layton entrò nell’edificio principale della Gressenheller University, percorrendo a passo sicuro la strada che lo separava dal proprio ufficio.
Il viaggio era durato un paio d’ore, ma nonostante le poche ore di sonno e la guida non sentiva minimamente la stanchezza. Questo mistero lo teneva più vigile che mai e aveva la sua completa attenzione; tant’è che mentre camminava quasi non badò alla strada o a chi gli si potesse parare di fronte. Era completamente immerso nel suo ragionamento, e stimati colleghi e caparbi studenti dovettero scansarsi al suo passaggio prima di finire tutti faccia a terra.
Se non fosse stato per questi ostacoli imprevisti avrebbe potuto raggiungere l’ufficio anche ad occhi chiusi; Hershel Layton conosceva quell’università come le sue tasche, se non di più. Probabilmente passava più tempo lì che nella propria abitazione, finendo spesso con l’addormentarsi in ufficio.
Aprì la porta e l’ambiente famigliare lo accolse, così come lo aveva lasciato un paio di giorni prima. Forse era un po’ più in ordine. Ricordava di aver lasciato una pila di scartoffie sul tavolino, e un altro ai piedi della scrivania vicino alla finestra, fermati rispettivamente dal fossile di un’ammonite e da una rosa del deserto, per evitare che il vento li facesse volare via.
Perché fare ordine quando si hanno a disposizione antichi reperti da usare come fermacarte?
«Professor Layton, non la spettavo! È già tornato dal suo viaggio?» lo accolse Emmy sorpresa ma anche rallegrata di rivedere il suo datore di lavoro.
«Buongiorno Emmy. Scusa per l’improvvisata, ma sono partito molto presto e telefonare a quell’ora mi sembrava davvero scortese.» le rivolse un pacato sorriso e un saluto abbassando appena il capo e pizzicando con la mano sinistra la tesa della tuba «Mi fa piacere trovarti qui, mi fermerò solo per poco e poi dovrò tornare da mia nipote e da Luke. Intanto, se non ti dispiace, avrei bisogno del tuo aiuto.» posò la valigia sul divano, facendo scattare il meccanismo di apertura.
La giovane assistente lo affiancò «Sono a sua disposizione, Professore! Di cosa ha bisogno?»
Le porse un piccolo contenitore termico «Avrei bisogno che facessi analizzare questa neve.»
Emmy prese in custodia l’oggetto «Neve, ha detto?» non era a conoscenza degli insoliti fatti che hanno spinto la nipote del professore a chiedere il suo aiuto e si sarebbe aspettata di tutto conoscendo la reputazione dell’archeologo risolvitore di enigmi, ma non della comune neve.
«Awen, il borgo dove vivono mia nipote e la sua famiglia, è soggetto ad insoliti fenomeni climatici da circa due settimane ormai. Succede sempre di notte o di sera, in un solo quartiere per volta il quale viene coperto dalla coltre bianca di una nevicata apparsa apparentemente dal nulla. Ho assistito in prima persona al fenomeno proprio ieri, e non so davvero darmi una spiegazione.»
«Le credo, è davvero bizzarro.» Emmy ascoltò con attenzione e parve riflettere «Come può nevicare in pieno maggio? E la neve è ancora presente anche a distanza di settimane?»
Hershel Layton annuì «Questo e il fatto che il fenomeno è sempre circoscritto mi fa supporre che ci sia un fattore specifico a causarlo, ed ovviamente non naturale. Anche se ancora non saprei dare una risposta a tutto questo. Inoltre…» si zittì, inforcando la mano destra nella tasca della giacca.
«Qualcosa non va, Professore?»
Chiuse gli occhi, scuotendo appena la testa «Sono solo impensierito, non preoccuparti Emmy. Per favore, porta quel campione ad analizzare, ho bisogno di capire se si tratta effettivamente di un prodotto naturale o meno. E se ti è possibile potresti svolgere qualche ricerca su questo fenomeno? Non si sa mai cosa potrebbe emergere.»
L’assistente alzò un pugno con fare energico «Conti pure su di me, Professore! Bisogna sempre vagliare ogni possibilità e non è ancora arrivato il mistero che non può risolvere!»
Sorrise al suo entusiasmo «Te ne sono molto grato, Emmy.»
Lei si diresse alla porta, ma si fermò poco prima di oltrepassare la soglia, volgendosi un’ultima volta all’archeologo «Ah, Professore! La prossima volta che parte per qualche incarico o spedizione e lascia l’ufficio nel suo solito disordine non sarò tanto gentile da mettere tutto a posto, la avverto!» lo riprese con cipiglio severo, ma salutandolo con un piccolo sorriso «Avrà mie notizie!»
La predica colpì nel segno, lasciando di stucco ed in imbarazzo l’accademico, anche se ora sapeva che fine avessero fatto le sue pile di scartoffie, l’ammonite e la rosa del deserto.
Il suo ordine era incompreso.
Richiuse la porta e andò a sedersi alla scrivania, lasciando che lo sguardo vagasse oltre i confini della finestra, verso il prato perfettamente curato e la rigogliosa vegetazione del campus. Una buona tazza di tè non gli sarebbe affatto dispiaciuta in quel momento. Accantonò il pensiero, avrebbe rimediato una volta fatto ritorno ad Awen; per ora si concesse di posare la tuba sul ripiano, stiracchiando la schiena. Prese dalla tasca il guanto che aveva raccolto la sera precedente a teatro, quel delicato guanto che tanto gli dava da pensare. Per rischiarare la mente poteva fare solo una cosa e con un profondo respiro prese un grosso e malconcio elenco telefonico e sollevò la cornetta del telefono a disco che avvicinò a sé.
Scorse svariate pagine, cercando una località precisa e facendo alcuni tentativi. Dopo qualche chiamata a vuoto ebbe fortuna e la receptionist di un albergo a tre stelle di un pittoresco paesino della Cornovaglia passò la telefonata al diretto interessato.
«Pronto, Matthew? Che piacere sentirti, anche se temo che la circostanza per cui ti sto chiamando potrebbe non essere altrettanto piacevole.»
 
 

L’istituto Inis Witrin sorgeva in tutta la sua medievale imponenza in cima ad un isolotto roccioso che un tempo emergeva dal lago ora occupato dal borgo; in antichità il castello era più che fortificato e protetto, essendo circondato interamente dalla profonda acqua del bacino. Resisteva al passare del tempo, riadattato ad un uso moderno e funzionale per la società, mantenendo quel caratteristico fascino ricco di mistero e magia.
Luke non poté fare a meno di meravigliarsi, osservando quelle alte mura, le torri massicce e gli stendardi con i colori e il simbolo della scuola troneggiare in tutto il loro splendore. Ora più che mai la sua Londra gli sembrò ordinaria e monotona.
Il salone spazioso lì accolse, tra antiche armature restaurate, bacheche con affissi avvisi e risultati di test ed esami, e teche trasparenti colme di coppe, premi, gagliardetti e medaglie di ogni tipo, vinte nel corso degli anni dai numerosi studenti che si sono succeduti. L’aspetto austero nell’interno era addolcito da qualche aggiunta moderna e le alte pareti in pietra e legno risultavano solo più caratteristiche e ben più accoglienti di quanto non dovessero essere state in passato. Una robusta scala a chiocciola si dipanava permettendo di raggiungere due piani superiori, dove le varie sale e stanze furono convertite in funzionali aule scolastiche.
«Wow…!»
«Lo so, fa sempre questo effetto anche la scuola. E non ha solo una struttura spettacolare, ma il livello di istruzione è ottimo e non lo dico solo perché mia madre insegna qui!»
«Ti credo, Tracey…» lo sguardo acuto di Luke saettava da una parte all’altra, finché non richiamò l’attenzione della ragazza su un dettaglio «Tracey, quello cos’è?» indicò un’incisione nella pietra della parete ovest, sopra alle teche dei premi e dei successi.
«Quello è il motto dell’istituto, Luke.» si schiarì la gola, portando un pugno chiuso al petto, all’altezza del cuore, ed assumendo una posa carica d’orgoglio, pronta a recitarne a memoria le parole «Che il soffio dell’ispirazione vi spinga alla ricerca della conoscenza, vi innalzi in cerca della verità e vi sostenga come l’ideale più puro!»
«Sono parole davvero importanti… anche se non sono certo di averne colto il significato.» commentò amaramente il piccolo Triton.
«Ah, non importa! Seguimi, troviamo mia madre!» tagliò corto Tracey e si diresse alle bacheche consultando gli orari dei vari insegnanti. Fortunatamente la professoressa di storia Amelia Layton non aveva lezione in quel momento e Tracey pensava di sapere dove trovarla.
Guidò Luke verso l’ala est del castello, al piano terra, raggiungendo un grande portone tenuto sempre aperto che introduceva alla sala comune; un tempo probabilmente sala del trono, ora ritrovo di insegnanti e studenti, sia per i momenti di ristoro che di studio. Tre lunghi tavoli di legno occupavano lo spazio, assieme a sedie e panche. Sulla parete in fondo, sul lato corto, uno splendido arazzo dallo sfondo verde smeraldo la rivestiva quasi interamente, recante il simbolo ricamato anche sugli stendardi: uno splendido albero bianco dalle radici e dai rami floridi intrecciati, che andavano a formare una perfetta cornice circolare in cui veniva racchiuso. Ai lati due armature con tanto di lancia corta in metallo svettavano come a difesa di quell’albero.
Lo sguardo dei due ragazzi vagò per la sala cercando di individuare la donna.
«Mmh… ah, eccola!» esclamò Tracey vedendola seduta su una panca intenta a scrivere su alcuni fogli. «Mamma!» la raggiunse a grandi passi seguita da Luke.
Amelia sollevò lo sguardo, sistemando gli occhialetti per bene sul naso fine. Spostò con un fugace gesto la treccia nera dalla spalla destra sulla quale era ricaduta alla schiena, sistemando poi un ciuffo ribelle dietro l’orecchio «Oh, Tracey! Luke!» ripose l’incartamento all’interno di una cartelletta rigida «Come mai siete qui? Hershel non è con voi?»
I due si sedettero sulla panca di fronte a lei.
«Salve signora Layton!»
«Zio Hershel è tornato a Londra per controllare alcune cose, dovrebbe comunque ritornare qui in serata. Volevamo chiederti se per caso conoscessi la Maledizione della Fata.» Tracey arrivò dritta al punto.
«La Maledizione di cui molti parlano da qualche settimana, eh… immagino sia per le vostre ricerche su questi fatti misteriosi.»
«Sì, in molti l’hanno nominata, ma sembra che nessuno voglia parlarne…»
«Come se ne avessero paura!»
«È più che comprensibile, Luke.» posò un gomito sul tavolo, sorreggendo il viso sul palmo della mano, spostando le iridi scure da uno all’altra «Anche se viviamo in un’epoca sempre più moderna questo borgo è abbastanza isolato dal mondo esterno e chi è nato e cresciuto qui è ancora molto legato alle storie e alle leggende che si tramandano di generazione in generazione. Noi veniamo da fuori e anche se viviamo qui da molto abbiamo sempre mantenuto una mentalità aperta, quindi affrontiamo queste storie con più leggerezza!»
Tracey annuì in accordo «Sarebbe stato impossibile non crescere con una mente aperta tra te, papà e zio Hershel!»
Amelia sorrise «Concordo pienamente. Dunque, qualcosa posso dirvi, ma la storia potrebbe essere più ingarbugliata del previsto e…» controlla l’orologio, sollevando appena il lembo del guanto che le copriva il polso «Tra dieci minuti ho una lezione!»
«Coooosa!? Non può lasciarci così, però!» si lamentò Luke, spalmandosi sul tavolo avvilito.
«Oh su, mettiti seduto composto, Luke. Un gentiluomo ha sempre un comportamento rispettabile, non è così che dice sempre Hershel?» lo riprese bonariamente ma con fermezza l’insegnante.
Il bambino si sistemò ben composto sulla sua seduta, arrossendo lievemente per l’imbarazzo «E lei come fa a saperlo!?»
«Che domande, conosco bene mio cognato!»
«Che domande, Luke!» lo imbeccò Tracey.
«Eheh, è vero, che sciocco!» sorrise ancora più in imbarazzo.
Amelia si alzò, raccogliendo il suo materiale «State tranquilli, non vi lascio a bocca asciutta. Sono certa che nella nostra fornita biblioteca troverete di certo degli ottimi spunti e… posso dirvi che questa Maledizione, come la chiamano in molti, fa riferimento alla Fata Morgana. Sapete di chi sto parlando, vero?» domandò infine, come se stesse interrogando i suoi alunni.
Luke non perse tempo ed estrasse quaderno e penna dalla borsa a tracolla appuntandosi quel nome «La Fata Morgana? Non era… la sorella di Re Artù secondo alcune leggende?»
«Sentendo il nome Morgana mi viene in mente solo lei, ma…cosa c’entra con Awen? Insomma… sono solo storie quelle che si sentono in paese, Artù è un mito…»
«Date un’occhiata alla sezione dedicata al Ciclo Arturiano, penso che lì potreste trovare qualche risposta.» ammiccò Amelia, conscia di aver acceso la miccia della loro curiosità.
 
 

Seguendo il consiglio della donna i due impavidi investigatori si recarono alla biblioteca. Nuovamente Tracey guidò Luke, questa volta salendo la scala a chiocciola di pietra vista al loro arrivo nel castello. Raggiunsero il primo piano e superate un paio di robuste porte in legno la ragazza indicò al bambino la loro destinazione.
La porta recava una targa con scritto ‘Biblioteca’ in elaborati caratteri gotici. L’interno era vasto ma ben organizzato; lo spazio era diviso equamente tra tavoli di lavoro e studio e alti scaffali colmi di libri di ogni genere divisi per argomento. Una cattedra posta vicino all’ingresso ospitava la bibliotecaria, una signora di un’età indefinita, la quale a detta di Tracey rivestiva quel ruolo anche quando il castello ancora veniva usato come abitazione e fortezza.
La secolare anziana indicò con mano tremante dove poter trovare la sezione di loro interesse e a passo svelto ma silenzioso vi si fiondarono, pronti ad immergersi in quel mitico e oscuro passato.
Tracey prese dalla libreria una mezza dozzina di volumi portandoli al tavolo dove Luke si era sistemato. Se li divisero in iniziarono la lettura.
«Certo che ce ne sono parecchi di miti su Artù e Camelot…» commentò Luke girando l’ennesima pagina ingiallita.
«Per non parlare di tutte le storie sui Cavalieri della Tavola Rotonda, le loro imprese e ricerche.» concordò Tracey «Da quanto siamo qui a leggere, ormai? Non chiedo molto, solo qualcosa su questa Morgana!» chiuse con violenza un librone, facendo rimbombare il suono per tutta la sala, ricevendo in risposta un coro di ‘Sssh!’ dagli astanti studiosi.
«Mmmh… oh? Tracey, forse ho trovato qualcosa!» Luke le picchiettò su un braccio per richiamare la sua attenzione.
«Vediamo.» lei lo affiancò.
«Qui si associa la figura di Morgana alla Dama del Lago che diede la spada Excalibur in dono a Re Artù.» spiegò seguendo il testo «Ma Excalibur non era stata estratta da una roccia?»
La ragazza si passò una mano dietro la nuca, come ad accarezzare un pensiero sfuggente «Sì e no, aspetta che… mi pare di aver letto qualcosa al riguardo.» avvicinò il pesante libro chiuso poco prima in malo modo sfogliando velocemente le pagine fino a giungere al punto di suo interesse «Ecco qui! Erroneamente si crede che Excalibur sia la spada che Artù estrasse dalla roccia, ma analizzando con accortezza gli antichi scritti risulta chiaro come le spade magiche in possesso di Artù fossero almeno due.» lesse.
«Due!?»
«Mh, la prima si chiamava Clarent ed andò distrutta… fu allora che la Dama del Lago gli donò la seconda spada magica, Excalibur, chiamata originariamente Caliburn, ovvero ‘in grado di tagliare l’acciaio’.»
Il piccolo Triton si appuntò tutto «Quindi la leggendaria spada fu un dono della Dama del Lago che si suppone essere la stessa Morgana definita Fata e sorella di Artù. Ho capito bene?»
«Sì, mi sembra sia corretto, Luke… anche se questo ancora non ci aiuta a capire cosa possa centrare Morgana con Awen e con ciò che sta accadendo.»
Luke riprese il testo scorrendo velocemente l’indice sulle parole alla ricerca di altri possibili indizi e riferimenti «Non trovo nulla su una maledizione della fata…»
«Probabilmente perché sono solo storie inventate!» apostrofo amaramente Tracey.
In quel momento lo sguardo del piccolo brillò, soffermandosi su una parola che aveva già sentito «Avalon…?»
«Come?»
Lesse con maggior attenzione «Qui parla di Avalon, Tracey! Non era l’altro nome di Inis witrin
«Sì, esatto. Che cosa dice?» lo incalzò la giovane.
«Secondo un mito Re Artù, dopo la sua morte, venne condotto ad Avalon dalla Fata Morgana, lì venne sepolto e paia giaccia tuttora in attesa di fare ritorno al mondo quando questo ne sarà degno. Si ipotizza anche che Morgana abbia usato la sua potente magia per proteggere il riposo di Artù.»
Tracey spostò lo sguardo dal libro a Luke «A parte la parentesi inquietante che rende Artù una sorta di zombie… questo mito è interessante. Questo castello ha preso il nome di Inis witrin, nome con il quale nelle leggende era conosciuta la mitica Avalon, un’isola, e questo castello sorge su un’isola in un lago ormai prosciugato, e…»
«Morgana viene considerata la Dama del Lago.» concluse Luke, seguendo il filo logico dei pensieri dell’amica.
Un sorriso nervoso le deformò il viso «Ma sono solo leggende, no? Artù non è esistito veramente, non ci sono prove certe o reperti che ne confermino l’esistenza! Per non parlare della magia, poi!»
«Ma nemmeno che la smentiscano!» obiettò Luke.
«Assurdo, fa vedere che altro dice!» Tracey avvicinò a sé il libro rileggendo quanto appena detto da Luke in cerca di altri elementi, di una smentita o una conferma certa. Tutte quelle supposizioni campate per aria la irritavano, era assurdo proprio come la situazione che il suo villaggio stava vivendo e leggende e magie non avrebbero potuto di certo aiutarla a scoprire la verità e a fermare tutto. Voltò pagina senza trovare elementi utili e lì si bloccò quando vide un foglio mancante, strappato in malo modo «Ma che…»
«Qualcuno deve aver strappato la pagina, ma perché? Non si trattano così i libri, soprattutto se sono a disposizione di tutti!»
Tracey restò un istante in silenzio, come se finalmente avesse trovato ciò che stava cercando. Una prova concreta.
«Hai ragione e sai che cosa vuol dire? Che qualcun altro ha consultato questo libro come noi e che si è portato via questa pagina. Il perché ancora non lo so, forse la riteneva importante o non voleva farla vedere ad altri che… potessero mettersi a svolgere le stesse ricerche.» parlò concitata, come se il flusso di parole faticasse a star dietro a quello dei pensieri «Luke, significa che probabilmente se ciò che abbiamo appena letto è in qualche modo vero qualcuno ne è il responsabile!»
Lui parve rifletterci con attenzione «Qualcuno, dici… e come fa a far nevicare in quel modo?»
Tracey tornò nel suo silenzio. Spostò lo sguardo in basso a destra, portando una mano sotto al mento e reggendo il braccio con l’altra, un po’ come era solito fare suo zio quando si arrovellava su un enigma insidioso «Ipotizziamo che queste leggende siano vere o che abbiano almeno un fondo di verità. Diamo per scontato che Artù, Morgana, Excalibur e tutto il resto siano esistiti davvero nel passato, al contrario di quanto ho detto poco fa.»
Luke la guardò, concentrandosi a sua volta sul problema spinoso «Va bene, cosa deduciamo da questo? Che quest’isola potrebbe trattarsi davvero di Avalon e che Artù potrebbe essere stato davvero sepolto qui.»
«Esatto, esatto!» Tracey iniziò a passeggiare avanti e indietro mantenendo la sua posa riflessiva «Ma una cosa sappiamo sia certa… la magia non esiste. Non di certo come viene descritta in questi testi e come veniva considerata all’epoca dei cavalieri. Ciò che si riteneva magia altro non era che scienza, solo che la maggior parte delle persone non sapeva darle una spiegazione logica.»
«Mh, quindi Morgana non ha usato la magia per proteggere la tomba del fratello, ma… la scienza.»
«Possibile, non so ancora che tipo di meccanismo ci sia dietro, ma… queste nevicate associate dai cittadini alla Maledizione della Fata potrebbero essere frutto sì della protezione messa da Morgana all’estremo riposo di Artù, ma originate da una fonte più concreta di quanto il mito non ci faccia credere.»
«E qualcuno adesso ha attivato la Maledizione, ovvero ha… attivato il processo scientifico ancora ignoto che causa questo gelo innaturale!»
«Proprio così, Luke! E quel qualcuno ha consultato questo libro portandosene via un pezzo, ma… deve aver lasciato anche qualcosa di suo.»
Il piccolo apprendista inclinò la testa di lato «In che senso? Cosa?»
«La biblioteca ha regole molto ferree sul prestito e il consulto dei libri, proprio perché ha volumi anche molto antichi. E non tutti i libri si possono portare via, come questo ad esempio.» chiuse il libro tenendo però un dito in corrispondenza della pagina strappata per non perdere il segno. Indicò un bollino nero piazzato in un angolo della costa «Vedi? Nero vuol dire che lo si può solo consultare qui, per questo il nostro sospetto misterioso ha strappato la pagina, perché non poteva portarsi via il libro.»
«Giusto! Ma… questo come ci porta al sospetto misterioso?»
La ragazza sorrise spavalda «Ogni volta che si consulta un libro bisogna registrarsi all’ingresso, così si sa chi ha preso o letto cosa. Ora, se il nostro sospetto misterioso è stupido avrà usato il proprio nome, ma anche se avesse usato un nome falso si può chiedere alla polizia di svolgere qualche indagine in merito, no?»
Il ragionamento filava perfettamente. Avere davanti agli occhi così tante prove dava un senso di sicurezza anche a Luke Triton, che si sentiva sempre più vicino alla soluzione di quel mistero. Avrebbe reso orgoglioso il Professor Layton al suo ritorno da Londra.
Scattò come una molla giù dalla sedia «Non perdiamo altro tempo, vado a registrarmi anche io, così sbircio chi altro ha letto il libro!»
«Ottima mossa, Luke!» si complimentò Tracey.
Raggiunse di corsa la cattedra posta all’ingresso, sporgendosi appena sulle punte per poter vedere e farsi vedere meglio «Mi scusi?» richiamò l’attenzione della bibliotecaria «La mia amica ed io abbiamo quasi finito di consultare i libri che ci interessavano, devo segnarlo da qualche parte, vero?»
L’anziana incartapecorita volse verso il bambino gli occhi resi enormi dalle spesse lenti da vista che portava «Oh, proprio così giovanotto…!» disse con voce tremante e con un gesto altrettanto incerto spinse verso di lui un foglio e una penna stilografica «Spero che vi sia servito!»
«Diciamo di sì…» sorrise lui di rimando, poi prese carta e penna inserendo i titoli dei libri presi e apponendo la sua firma.
Come da sua idea, scorse con lo sguardo gli altri nomi incasellati nell’elenco, per individuare il loro sospetto. Nel corso delle precedenti settimane quello stesso volume era stato consultato da Amelia Layton e subito dopo di lei da un’altra persona, ma purtroppo il nome risultava così illeggibile da non riuscire a dargli un senso; fece fatica anche a distinguere correttamente il titolo del libro segnato, ma gli parve molto simile a ciò che aveva appena finito di scrivere.
Il giovane Triton rimase un po’ ad osservare quel groviglio di segni che forse in qualche antica lingua morta avrebbero rappresentato delle lettere, senza però riuscire a darvi un senso.
«Non si capisce niente! Mmh… però per qualche ragione mi sembra qualcosa di famigliare…»
«Hai fatto, giovanotto?» intervenne la secolare custode dei libri riprendendo carta e penna.
«Ah! S-sì, fatto…!»
Nel frattempo Tracey tornò alla pagina strappata, cercando di capire cosa ci potesse essere impresso su quel foglio di tanto importante. Scorse con le dita il bordo frastagliato dell’unico lembo rimasto saldamente ancorato alla rilegatura, sforzandosi di dare un senso ai segni mezzi distrutti che riusciva ad intravedere.
Una lampadina si accese nella sua mente, un pensiero si fece largo sempre più nel suo essere man mano che l’immagine di quella grafia si imprimeva nella sua memoria.
«Eppure… credo di averli già visti da qualche parte.» chiuse gli occhi riflettendo, pensando e sforzandosi di ricordare, andando ad aprire cassetti mnemonici che nemmeno sapeva di avere. Trovò quello giusto «Ma certo!» chiuse il libro e corse all’ingresso raggiungendo Luke, che proprio in quel momento aveva terminato la compilazione del foglio di registro. Lo afferrò per un braccio senza rallentare la corsa trascinandolo con sé «Andiamo, Luke!»
«Aah! Dove!? Che succede, Tracey!?»
«So cosa c’era su quella pagina strappata, e so dove trovarne una copia!»
 
 

Tracey spalancò la porta di casa, appoggiandosi per un breve istante allo stipite per riprendere fiato.
Luke si sorresse tenendo le mani sulle ginocchia, cercando anche lui di riprendersi dalla frenetica corsa fatta dal castello a lì.
«Vuoi dirmi… cosa hai capito?»
La ragazza si levò il berretto nero gettandolo su un mobiletto presente all’ingresso e si passò una mano sulla fronte madida di sudore «Ora lo vedrai…» entrò a grandi passi diretta allo studio di suo padre.
Il bambino prese un bel respiro e impose alle sue gambe un ultimo sforzo, corricchiando dietro alla ragazza.
Tracey vi irruppe con forza, spalancano le porte scorrevoli di vetro opaco che separavano la stanza dal salotto e si lanciò ai piedi della scrivania di mogano, scansando la sedia ergonomica sulla quale il giornalista era solito stare quando lavorava ad un articolo.
Aprì uno scomparto laterale tirando fuori vecchie riviste, giornali e incartamenti vari, posando tutto alla buona sul morbido tappeto ricamato che copriva quel punto del parquet «Deve essere qui, avanti! Ah-ah!» esultò infine prendendo una scatola di legno intagliato.
Luke si avvicinò, usando la sedia come supporto per poter osservare meglio l’oggetto messo sulla scrivania dalla ragazza. Un bel cofanetto di legno di ciliegio, profondo circa cinque centimetri, e dalla larghezza e lunghezza di venti e quindici centimetri. Il coperchio, agganciato al resto della struttura da due eleganti perni argento, era finemente intagliato e rappresentava con dovizia di dettagli e quello stile tipico di un tempo ciò che sembrava essere una mappa del borgo di Awen; il castello sulla sommità dell’isola rocciosa sul lato nord ovest, le strade che si dipanavano suddividendo il bacino nei cinque quartieri conosciuti, e alcuni edifici rilevanti del borgo.
«Mia madre regalò questo cofanetto a papà lo scorso anniversario, quando si era messo in testa di scrivere un libro su Awen, così avrebbe potuto conservare al suo interno il materiale che avrebbe raccolto, lasciando che il soffio dell’ispirazione di Awen lo aiutasse nella sua opera, ma quel progetto è ancora lontano! Però guarda qui, Luke.» la ragazza indicò un’iscrizione posta vicino al bordo in alto a sinistra «Questi segni erano sulla pagina strappata di quel libro, o almeno parte di essi! Ne sono certa, sono la stessa cosa!»
«Questa sì che è fortuna!»
«Ne serve un po’ anche a noi, no!?» recuperò un foglio della giusta grandezza e prese una matita dal portapenne a forma di tazza con la bandiera britannica «Ed ora rendiamo pratica questa mappa.» posò il foglio sulla superficie e ricalcò gli intagli creando una perfetta copia.
«Fantastico, Tracey! Ma quella scritta…?»
«Non ho la più pallida idea di che cosa voglia dire!» ammise con una sincerità disarmante.
Luke sospirò «Pretendevo troppo.»
«Ehi, siamo venuti a capo di un bel po’ di cose! Non posso mica avere tutte le risposte in tasca, quello di solito è zio Hershel! Quando sarà tornato gli mostreremo tutto!»
 
 

Hershel Layton tornò nel tardo pomeriggio. Lo accolse la calda atmosfera dell’abitazione, resa ancora più amorevole da Amelia intenta a preparare la cena.
I due intrepidi investigatori del mistero avevano approfittato del tempo rimasto per riposarsi e rinfrescarsi con un bel bagno. Si incontrarono con il professore nella camera degli ospiti per fare il punto della situazione dopo che Amelia portò a tutti una buona tazza di tè ristoratrice.
«Emmy ci farà sapere appena avrà i risultati del campione che le ho portato.» spiegò il professore, sorseggiando la tanto agognata tazza di buon tè seduto sul bordo del proprio letto.
«Ottimo, Professore!»
La nipote preferì sedersi direttamente sul pavimento, osservando perplessa la propria tazzina chiedendosi come fosse possibile che a lei il tè non venisse così bene «E chi è questa Emmy, zio?»
«La mia assistente universitaria, il Rettore Stone pensava ne avessi bisogno.»
«E aveva ragione, magri così il tuo studio sarà più in ordine!»
«Oh, be…»
«Non contarci troppo, Tracey!» imbeccò Luke posando la propria tazza sul comodino.
«Ma ditemi, com’è stata la vostra giornata? Proficua?» domandò Hershel, deviando magistralmente la conversazione.
«Super proficua, abbiamo svolto qualche indagine sulla Maledizione della Fata e abbiamo capito che si tratta…» prima che la ragazza potesse terminare il discorso Layton la interruppe.
«Di Morgana, maga e sorella di Re Artù che secondo alcuni antichi scritti condusse la salma del Re ad Avalon per il suo riposo eterno.»
Luke e Tracey si guardarono.
«Non vale! Come faceva a saperlo!?»
«Perdonatemi, mentre ero in Università ho condotto qualche ricerca. Non che non mi fidassi di voi, questo mai. Ho pensato che avere alcune informazioni da confrontare sarebbe stato meglio.»
«Ha senso…» ammise Luke «Quindi sa anche che Morgana è considerata la Dama del Lago?»
Layton annuì «Che diede ad Artù Excalibur dopo che la sua prima spada andò distrutta.»
La nipote lo guardò di sottecchi «Sa pure che Artù aveva due spade!»
«Ad essere precisi si presume che abbia avuto tre spade.» spiegò sorseggiando il tè con classe.
«Maddai, come le sai queste cose!?»
«Ragazza mia, ti dimentichi che sono pur sempre uno stimato archeologo.» aggiunse con la classe tipica del gentiluomo inglese.
Di tutta risposta Tracey decise di lanciargli una provocazione «Scommetto che non sai che Artù è un non-morto che attende di tornare per conquistare nuovamente il suo regno!»
Luke Triton la guardò con biasimo «Questa è una tua interpretazione, Tracey.»
«Oh, non risulta dai miei studi. Interessante.» si limitò a commentare serafico Hershel, ben sapendo di rigirare la provocazione alla nipote stessa.
La ragazza mise il broncio, incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo. Avrebbe dovuto aspettarsi una risposta simile, suo zio non perdeva mai la calma, figurarsi per una burla come quella. Le riusciva comunque difficile restare arrabbiata con lui, e alla fine non ve ne era davvero ragione. Volse appena le iridi nere sulla sua figura composta e vide che le sorrise.
«Uff… be’, comunque Luke ed io abbiamo ricavato un indizio che di sicuro tu non hai!»
«Oh, di cosa si tratta?» chiese incuriosito.
Gli mostrarono la mappa ricavata dal bassorilievo del cofanetto, spiegando come erano arrivati alla pagina strappata e a dedurre che il responsabile di quell’inverno di maggio avesse a sua volta consultato quegli stessi scritti.
Il Professor Layton ascoltò con attenzione, osservando la mappa attentamente «Capisco. Ottimo lavoro, ragazzi. Davvero un ottimo lavoro.»
«Sarebbe stato perfetto scoprire anche di chi si tratti.» commentò amaramente Tracey.
«Non ti crucciare, avete fatto molto.»
«Purtroppo non sappiamo cosa possano voler dire queste lettere, Professore. Lei ne capisce qualcosa?»
Hershel Layton osservò con attenzione la scritta indicata dall’apprendista, corrugando appena le sopracciglia «Penso che… ma certo!»
«Cosa? Cos’hai capito, zio Hershel!?»
Amelia bussò allo stipite della porta in quell’esatto momento, richiamando l’attenzione di tutti «Venite, la cena è pronta! Non lasciate che si freddi!»
Layton ripiegò la mappa infilandola in una tasca interna della giacca «Arriviamo subito, Amelia.» poi si rivolse ai ragazzi impazienti «Coraggio, dopo questa ricca giornata un buon pasto caldo è proprio ciò che ci vuole. Penseremo domani mattina a risolvere questo mistero.» e detto ciò si avviò fuori dalla camera.
Nuovamente Luke e Tracey si scambiarono uno sguardo perplesso
«Risolveremo?»
«Significa che hai capito tutto? Zio Hershel? Non puoi fare così! Zio Hersh!» ma ogni rimprovero fu vano.

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Capitolo 6
*** CPITOLO 5: L'INTRUSO ***


Tracey si alzò più stanca di quanto non fosse prima di addormentarsi. Si era coricata abbastanza presto, sentendo addosso tutta la fatica accumulata durante la giornata, ma sembrava non fosse abbastanza per assopirsi. Di certo non aiutarono la tensione e l’emozione delle scoperte fatte e il sentire la soluzione del mistero così vicina, ma al contempo ancora lontana, come un delicato foulard di seta che sospinto da una leggera brezza scivola via dalle dita. Tutto ciò contribuiva a tenere la sua mente attiva anche a tarda notte, rigirandosi nel letto tra mille domande senza risposta. L’abbraccio di Morfeo giunse ormai che era quasi l’alba e poche ore dopo il trillo incessante della sveglia la fece rizzare di scatto, quasi spaventata da quel suono che con precisione e potenza infranse la fragile bolla dei suoi sogni.
Non ricordava cosa avesse sognato.
Si chiese se anche Hershel e Luke avessero passato una nottataccia come la sua.
Dopo essersi lavata e vestita scese le scale, dirigendosi nel soggiorno e trovando i due ospiti seduti al tavolo da pranzo illuminato dalla calda luce del sole che si faceva largo dalle finestre.
«Buongiorno!» salutò finendo di annodare i suoi capelli castani nei codini bassi che era solita portare «Vi siete svegliati di buon’ora, eh… e mamma?» chiese mentre prese posto sul lato delle finestre, frontalmente a Luke, mentre l’archeologo era ben accomodato a capotavola, vestito di tutto punto, tuba inclusa ovviamente.
«Buongiorno, Tracey! Certo che siamo già in piedi, io non riuscivo a dormire stanotte!» Luke addentò una fetta di pane tostato guarnita di marmellata come se fosse il suo ultimo pasto su questa terra.
«Gli ultimi sviluppi hanno lasciato una bella scarica di adrenalina a tutti.» Il professore porse un piatto alla nipote «Serviti pure, prego. Tua madre è nello studio ed è al telefono da un po’, ormai. Così per non disturbarla ho preparato la colazione.»
La ragazza gli lanciò dapprima un’occhiataccia «E ceto che l’adrenalina ci tiene svegli, fin quando ti ostini a fare il misterioso, zio Hershel!» ma il dolce profumo della colazione aprì non solo il suo stomaco, ma anche il suo cuore, addolcendole l’animo e lo sguardo «Ooh, la tua colazione! Grazie!» si servì senza troppi complimenti prendendo due fette di pane con marmellata «Mamma è al telefono? Forse con papà… spero non sia successo qualcosa.»
«Non penso si tratti di Matthew, da quanto ho potuto sentire.» rispose pacatamente Layton.
«Zio Hershel, hai origliato!?» lo guardò esterrefatta la nipote.
«Oh no, non mi permetterei mai, è stato un caso. Mi ero affacciato allo studio per chiederle se volesse mangiare qualcosa. Un gentiluomo non oserebbe mai tanto, soprattutto nei riguardi di una signora.» come sempre Hershel Layton uscì da quell’impasse con la calma e la classe tipica di un gentiluomo inglese. Sorseggiò il tè e posando la tazzina riprese il discorso «Anche io non ho dormito molto, così mi sono messo al lavoro per decifrare le scritture sulla mappa che avete ricavato.» dalla tasca della giacca prese un piccolo quadernetto dalla copertina semirigida, sfogliandolo per raggiungere le pagine interessate. Era fitto di appunti presi di proprio pugno, di articoli ritagliati e piegati tra le pagine e disegni di qualche antico reperto abbozzati magistralmente.
«E quello da dove arriva?»
«Caspita, prende più appunti di me, Professore!»
L’uomo si rivolse prima all’apprendista e poi alla nipote «È un’ottima abitudine segnarsi ciò che ci interessa e incuriosisce per studiarlo meglio, non dimenticarlo mai, Luke. E per rispondere alla tua domanda Tracey, arriva dal mio ufficio. Quando ho capito che nella nostra vicenda potevano rientrare i miti su Re Artù e la Fata Morgana ho pensato che i miei vecchi appunti sull’antico linguaggio celtico delle rune ci avrebbero fatto comodo.»
«Arguto… quindi quelle sulla mappa sono rune?»
Layton annuì «Esattamente. Ho riportato la scritta che dovrebbe leggersi così.» si schiarì la voce leggendo quei tratti spigolosi di un tempo passato «Bidh na runes a ‘sealltainn na slighe
«C-cosa, Professore!?»
«Sì, detta così non è che si capisca molto!»
«Avete ragione, perdonatemi. Tradotto nel corrente inglese dovrebbe essere ‘Le rune indicano la via’
Seguendo il consiglio appena ricevuto, Luke appuntò quanto detto dal suo stimato mentore «Le rune… come quelle incise alla base della statua nella piazza centrale di Awen?»
Hershel sorrise «Te ne sei ricordato, eccellente! E se non ricordo male si tratta proprio di questa stessa frase.»
Tracey aggrottò la fronte «Cioè questa frase è scritta in… celtico sul piedistallo della statua della donna?»
«Proprio così, Tracey. Potremmo anche supporre che quella statua sia una rappresentazione di Morgana, non trovate?»
«E ci ha lasciato un enigma.» la ragazza sospirò «Potevo rivolgermi solo a te, non c’è dubbio!»
Luke pese un’altra fetta tostata «Professore, che altro ha scoperto ieri, ce lo vuole dire?»
«Oh, be’…» l’archeologo sembrò indeciso su come rispondere al bambino. Per un fugace istante spostò lo sguardo verso le porte chiuse dello studio, tradendo un’espressione preoccupata, serrando le labbra e corrugando le sopracciglia.
Tracey seguì il suo sguardo, non capendo cosa potesse angosciarlo così tanto.
C’era solo sua madre nello studio.
Forse non voleva darle troppe preoccupazioni con questa vicenda.
«Tutto bene, zio Hersh?» posò una mano sul braccio sinistro dell’uomo in un gesto di conforto.
Lui si destò dai suoi pensieri, sussultando appena «Oh, chiedo scusa. Va tutto bene Tracey, ero solo sovrappensiero. Prima di continuare perché non controlli se Amelia ha bisogno di qualcosa?»
«Ah, sì… va bene.» le sembrò una richiesta un po’ insolita, fatta così all’improvviso, ma non se la sentiva di obiettare. Dopotutto anche lei cominciava ad impensierirsi per la madre e a domandarsi chi e cosa la tenesse al telefono così a lungo.
Si alzò da tavola, andando alle porte dello studio e battendo appena un pugno sullo stipite di legno scuro che incorniciava il resistente vetro opaco «Mamma? È tutto ok?»
Luke si imbronciò, posando un gomito sul tavolo per sorreggere la testa con la mano, schiacciando la guancia contro al palmo «Non sapremo mai che cosa ha capito…»
«Pazienta Luke, pazienta.» lo ammansì Layton.
Non ottenendo risposta Tracey aprì le porte, trovandosi di fronte la madre, che sussultò colta di sorpresa nel vedere lì la ragazza.
«Oh, cielo! Mi hai spaventata, Tracey!» esclamò stringendo le mani al petto.
«Scusa, ma non rispondevi. Va tutto bene? Chi era al telefono?» indietreggiò per farle spazio nel soggiorno.
«Hilda, una mia collega. Le è successa una cosa davvero terribile!»
«La professoressa Wagner?»
«Cos’è successo, signora Layton?» incalzò Luke.
La donna si sedette sul divano posando uno sguardo greve sui presenti «È incredibile quanto si possa essere sfortunati, povera Hilda. Innanzitutto mi ha detto che quando si è svegliata questa mattina C’era neve dappertutto, ma proprio dappertutto, sia fuori che dentro casa, con il freddo che ne consegue.»
«Neve? Dove abita questa collega, Amelia?» intervenne Layton.
«Nel quartiere della Scultura, Hershel… pare che solo la nostra zona sia stata risparmiata, almeno per ora… per quanto ne sappiamo.»
Tracey strinse i pugni lungo i fianchi «Dannazione, è successo di nuovo stanotte.»
«E ha nevicato anche all’interno della sua abitazione, proprio come è successo al Round Table Theater, professore!»
«Non sa come sia stato possibile, ma ha pensato fosse dovuto al fatto di aver trovato la porta di casa aperta, pensa sia entrato qualcuno nottetempo. Il suo soggiorno è stato messo a soqquadro, così mi ha detto. Tutto ciò l’ha preoccupata molto, puoi immaginare, Hershel.»
Assentì con il capo «Come biasimarla.» poi restò in silenzio, con lo sguardo fisso sui suoi appunti.
«Dobbiamo andare a vedere com’è la situazione! Forse c’è qualche indizio utile!»
«Tracey, potrebbe essere rischioso… ammiro il tuo coraggio, ma non si sta arrivando a capo di niente e non sappiamo cosa causi tutto questo e perché.» la madre le parlò con apprensione e fermezza.
«Ci siamo quasi, mamma! Me lo sento!» rispose lei di tutto tono.
«Bado io a Tracey, non preoccuparti.» Hershel si alzò dal tavolo, riponendo il proprio libricino in tasca «Ed è vero, ormai ci siamo quasi. Sono certo che presto arriveremo a capire tutto e a fermare questo caos.»
«Ben detto, Professore!»
Amelia non poté fare altro che annuire alle parole del cognato, anche se il suo sguardo tradiva un velo di preoccupazione.
«Ragazzi, non perdiamo altro tempo. Dirigiamoci al quartiere della Scultura.» incitò Layton.
«Subito, prendo il cappello!» Tracey corse all’ingresso senza farselo ripetere due volte.
«E anche guanti e sciarpa!» Luke la seguì a ruota.
Hershel si avvicinò al sofà, posando una mano sulla spalla della cognata «Andrà tutto bene, Amelia. Dimmi, oggi resterai a casa?»
Lei sussultò appena al tocco, sollevando lo sguardo «Oh sì, la scuola è chiusa, non ci sono lezioni.»
«Forse è meglio così, questo sembra un posto sicuro.» raggiunse Luke e Tracey ed insieme si incamminarono verso l’ultimo quartiere tinto di bianco nel silenzio della notte.
 
 
Raggiunsero il quartiere della Scultura.
Anche lì, oltrepassato l’arco di pietra dalle caratteristiche incisioni e bassorilievi, le scarpe affondarono nel soffice manto niveo che ricopriva il terreno lastricato, senza lasciare un solo punto scoperto. Anche i tetti delle abitazioni non vennero risparmiati e come loro le innumerevoli composizione artistiche che si potevano osservare a perdita d’occhio per le vie, le piccole piazze e i cortili e giardini delle abitazioni. Con tutto quel bianco molte statue di stampo classico quasi non si vedevano, altre, completamente avvolte dalla neve, vennero trasformate in simpatici pupazzi dai bambini della zona. E proprio questi ultimi la facevano da padroni, accanto a opere di marmo, metallo e bronzo, stavano già sorgendo sculture di neve e ghiaccio così elaborate e ben fatte che avrebbero potuto vincere un concorso senza nemmeno sforzarsi troppo.
Luke Triton si strinse nel cappotto che arrivava a coprirgli anche le gambe lasciate scoperte dai pantaloncini «Brr… ormai non mi stupisco più, per quanto Awen risulti sempre affascinante! Però è bello vedere che nonostante tutto la gente non si perda d’animo…!»
«Oh sì, se molti si lasciano spaventare dalla Maledizione della Fata, altri colgono l’occasione come una nuova opportunità per sfogare l’estro creativo.» commentò Tracey, spostando lo sguardo per la zona.
«È ammirevole, non c’è che dire. Ma non lasciamoci distrarre, abbiamo un luogo preciso da controllare.»
«Giusto. Venite, la Professoressa Wagner vive in fondo a questo vicolo.» La ragazza si incamminò, trascinando i piedi nella neve, facendo strada ai due ospiti.
Si addentrarono tra le alte mura di palazzetti e case singole accatastate quasi le une sulle altre, talmente vicine frontalmente che con un piccolo sforzo ci si poteva passare i panni da una finestra all’altra. Risultava più difficoltoso camminare per via della poca pulizia attuata nella stretta stradina e il piccolo apprendista gentiluomo rischiò di incespicare nei suoi stessi piedi più di una volta.
«Aah…! Tracey, che cosa insegna questa professoressa?» domandò, sollevando la gamba sinistra come un soldatino durante la marcia, aggrappandosi con entrambe le mani alla giacca del proprio mentore.
«Educazione artistica, ovviamente! Anche se penso che tre quarti degli abitanti di Awen abbiano le competenze per insegnare questa materia, non per togliere nulla alla Wagner!» rispose lei, rivolgendo un sorriso incerto ai due nel tentativo di addolcire il commento appena fatto.
«Sono certo sia un’eccellente insegnante.» aggiunge Hershel dando credito agli intenti della nipote «Anche se comprendo cosa vuoi dire. Lo spirito artistico è ben radicato.»
Lei sospirò sollevata, contenta di non essere stata fraintesa «Esattamente! Eccoci, la casa è quella!»
Il vicoletto risultò essere cieco, concludendo il proprio percorso davanti al cancello di Villa Wagner. Le inferiate finemente decorate erano aperte e lasciavano libero il passaggio ad un fervido andirivieni di Cavalieri in uniforme. Le mura di recinzione in pietra delimitavano il terreno e l’abitazione, una villetta a due piani interamente in pietra, ne occupava proprio il centro.
Davanti all’ingresso una robusta donna di media statura stava discutendo animatamente con l’Ispettore Lancil, cercando probabilmente di spiegare quanto fosse accaduto, tra un movimento agitato e l’altro. Ogni tanto stringeva di più la vestaglia da notte che la copriva, o andava a sistemare qualche bigodino ribelle che adornava la folta chioma biondo cenere.
Il Professor Layton, Luke e Tracey riuscirono ad avvicinarsi senza problemi alle due figure, presentandosi garbatamente e chiedendo qualche spiegazione.
«Buongiorno, professoressa Wagner.» salutò cordiale la ragazza «Mia madre ci ha informati di quanto è accaduto a casa sua questa notte, così siamo venuti a dare un’occhiata! Questo è mio zio, il professor Layton, e lui è Luke, il suo assistente.»
«Assistente numero uno, prego!» la corresse con orgoglio il ragazzino.
Hershel salutò con un cenno del capo, pizzicando la tesa della tuba in un gesto di riverenza verso la signora «Lieto di conoscerla, spero che la nostra presenza non sia un problema.» poi rivolse la propria attenzione all’imponente uomo in uniforme «Ispettore Lancil, lieto di rivedere anche lei, come procede l’indagine?»
L’insegnante d’arte rigirò le proprie ansie sui nuovi arrivati «Oh, signorina Layton! Immaginavo ti saresti fatta vedere, non perdi mai occasione di ficcanasare in giro, come tuo padre! Ma sono felice di vederti, qualsiasi aiuto è ben accetto!» esclamò, surclassando senza troppi problemi l’autorità dell’ispettore di polizia.
Tracey si passò una mano dietro la nuca con fare imbarazzato «Eheh, ficcanasare in giro è una dote della famiglia Layton, sa?»
Lancil Otto chiuse il suo taccuino, girandosi tutto impettito verso l’accademico londinese «Messer Layton, nuovamente tra noi. Se ho compreso bene siete stati informati del presunto furto che ha avuto luogo qui, nella fredda oscurità della notte, prima che un’oscurità ancora più fredda calasse sul quartiere.»
Hershel Layton annuì «Esatto, questa mattina la professoressa Wagner ha telefonato alla sua collega, la professoressa Layton.»
«Mia madre!» puntualizzò Tracey alzando una mano come se fosse interrogata durante una lezione.
«E la signora ha informato voi, messere. Noto con gaudio e giubilo che in molti ripongono piena fiducia nelle sue qualità investigative.» una leggera nota aspra arricchì il tono dell’ispettore.
Layton corse subito ai ripari, non avendo intenzione di surclassare o offendere nessuno «Oh, sono solo un archeologo con la passione per i rompicapi, niente di più, mi creda.» ammise modestamente «Ripongo sempre piena fiducia nel lavoro investigativo della polizia, non oserei mai sostituirmi a lei e ai suoi araldi.»
Il cavaliere parve soppesare con attenzione le parole e il tono dell’altro, cogliendo una sincera umiltà e bontà nelle sue intenzioni «Mh. E sia, dunque. Lieto di ricevere aiuto da un uomo così tanto stimato.» riaprì il taccuino, scorrendo gli appunti presi dalla confusionaria e agitata dichiarazione della donna «Ebbene, Lady Hildegard Wagner ha subìto un’effrazione nottetempo. Non siamo ancora certi se il responsabile abbia sottratto qualcosa di prezioso o importante, i miei uomini fidati stanno ancora ispezionando palmo a palmo ogni superficie dell’alloggio.»
Hershel seguì con attenzione l’esposizione di Otto, portando una mano sotto al mento, riflettendo «Capisco.»
«Quel mascalzone! Chiunque sia stato non solo ha frugato in casa mia, ma ha anche lasciato la porta di ingresso spalancata! Così tutta questa maledetta neve è entrata in casa!» inveì Wagner.
«Il cancello era chiuso, professoressa?»
«Sì, sì, signor Layton! Oh, chiedo scusa, Professor Layton!»
Anche Luke si mise in posizione riflessiva «Deve aver scavalcato le mura per entrare e uscire.»
«Possibile, Luke.» assentì il mentore.
«Ispettore Lancil, professoressa, vi dispiace se diamo anche noi un’occhiata all’interno?» propose Tracey «Non intralceremo il lavoro dei suoi validi araldi, lo giuro!»
«Il protocollo cavalleresco della polizia non prevede l’intromissione di cittadini sui luoghi ove si è compiuto un reato, ma… è anche vero che non abbiamo mai avuto a che fare con una simile e assurda circostanza e ritengo che ogni aiuto possa rivelarsi una manna.» l’Ispettore Lancil rivolse quindi il saluto militare del Corpo della Polizia di Awen a Tracey, battendo un pugno sul petto «Procedete pure!»
«Oh! Grazie, Ispettore!» la giovane rispose al saluto, imitata da Luke, un po’ più goffamente, ed entrambi attraversarono la porta d’ingresso.
«La ringrazio anche io, Ispettore.»
«Un momento, messer Layton.» lo fermò posando una mano guantata e ferrata sulla sua spalla «Ho una missiva per lei, da parte di una gentildonna rispondente al nome di Emmy Altava.»
«Oh, la mia assistente. Spero non sia stato un problema, le ho chiesto di contattare voi per riferirmi di eventuali sviluppi su una ricerca che stava svolgendo.»
«Per la polizia di Awen è un privilegio servire il popolo, nessun problema, messere.»
«Eccellente. Cosa ha detto la mia assistente?»
Mentre il Professor Layton disquisiva con l’Ispettore Lancil, Luke e Tracey iniziarono la loro personale ispezione di Villa Wagner. Alcuni poliziotti stavano controllando il mobilio, suppellettili varie, e salivano e scendevano dalle scale che portavano al primo piano, cercando di contaminare il meno possibile l’ambiente circostante.
«Mmh, la tua insegnante dice che la neve è entrata perché il furfante che si è introdotto in casa se ne è andato lasciando la porta aperta, ma noi sappiamo che non è la prima volta che nevichi all’interno di un edificio.»
«Esatto Luke, anche se ancora non siamo riusciti a darci una spiegazione sul come sia possibile.» le iridi onice di Tracey si spostarono da un lato all’altro del vasto salone.
Un grande tavolo da pranzo robusto sembrava essere stato spostato dalla sua abituale posizione, risultava davvero fuori posto messo in obliquo a lato della stanza. Le sedie che lo adornano subirono lo stesso destino e alcune erano cadute a terra. I soprammobili sul camino di pietra erano stati lanciati a terra, le lampade del soggiorno che adornavano la zona del divano e delle poltrone erano a terra, rotte e non più funzionanti. Alcune tele esposte sulle pareti erano state inclinate o tirate giù, rivelando la fredda roccia sulla quale si posavano. Anche il grande arazzo che troneggiava sulla parete sul lato destro del camino sembrava non essere stato risparmiato.
«È tutto a soqquadro, come se davvero chi sia entrato stesse cercando qualcosa. Eppure a quanto detto dall’Ispettore non manca nulla all’appello e poi sembra che il presunto ladro se ne sia andato in gran fretta, lasciando tutto aperto, come se fosse stato interrotto.» analizzò la ragazza.
«Forse lo ha fermato la nevicata e non ha fatto in tempo a rubare ciò che cercava!»
«Probabile…» ammise Tracey, anche se quella spiegazione non sembrava convincerla troppo.
«Secondo me stava cercando qualcosa dietro ai quadri, come una cassaforte. Altrimenti perché spostarli senza prenderli?» proseguì Luke «E nel mezzo della sua ricerca è stato interrotto dall’arrivo della neve, non voleva lasciare impronte per essere rintracciato e se l’è data a gambe a mani vuote prima che fosse troppo tardi.»
«Devo dire che spiegata così ha senso.» sospirò la giovane «Potrebbe trattarsi davvero di una sfortunata coincidenza, Luke.»
«Oppure ciò che cercava il nostro ladro ha causato la nevicata improvvisa.» propose l’archeologo affiancando i due ragazzi, che sussultarono colti di sorpresa.
«Zio Hershel! Ci hai spaventati!»
«Eravamo così concentrati sul problema che non ci siamo accorti di lei, Professore! Ma… in che senso ciò che cercava il ladro ha causato la nevicata?»
La nipote gli rivolse uno sguardo tagliente «Riguarda per caso ciò che hai scoperto e capito ieri e che ancora non ci hai voluto dire? Ammettilo che ti piace tenerci sulle spine, zio!» lo imbeccò picchiettando l’indice contro il suo petto.
«Oh no, Tracey. È solo che non c’è ancora stata la giusta occasione per parlarne come si deve.» si discolpò lui.
«Bugiardo.» tagliò corto la giovane.
«La supposizione di Luke ha senso e potrebbe esser corretta, ma se questa neve fosse arrivata dall’esterno non avrebbe ricoperto anche le scale e il pavimento del primo piano, non pensate?»
«Hai visto il primo piano?»
«Non di persona, l’ispettore Lancil mi ha riferito gli sviluppi delle indagini, confermando i miei sospetti.» superò i ragazzi, camminando cautamente fino a giungere alla parete spogliata dei suoi dipinti, osservando attentamente la superficie di pietra «Ricordate quando eravamo a teatro? La neve ha ricoperto tutto, su ogni piano, come se avesse proprio iniziato a nevicare all’interno, e solo dopo il fenomeno si è spinto all’esterno, per il quartiere. Anche dalle informazioni raccolte da voi risultava fosse andata così, è esatto?»
Luke sfogliò il proprio quaderno risalendo agli appunti presi quella notte, rileggendo velocemente le risposte fornite dalle persone interrogate da lui e da Tracey «Sì, è vero. Pensa sia successa la stessa cosa anche qui, quindi?» si grattò la nuca con la penna chiusa, sollevando lo sguardo verso un punto indistinto, riflettendo «Sono i soli casi in cui la neve è caduta anche in luoghi chiusi, in effetti.»
La ragazza raggiunse a grandi passi lo zio «Quindi qualcosa causa le nevicate, qualcosa che era in casa della professoressa e qualcosa che era dentro al Round Table Theater, ma cosa?»
L’archeologo le rivolse un sorriso, lieto della sete di conoscenza che mostrava «Una cosa che probabilmente nemmeno la tua insegnate sa di avere in casa. Cosa diceva la frase che ho tradotto stamattina?» domandò, continuando ad ispezionare la parete, alla ricerca di qualcosa che solo lui sapeva.
A Tracey fu improvvisamente chiaro cosa stesse facendo suo zio.
Non teneva le informazioni per sé apposta e non si divertiva di certo a vederli in difficoltà mentre lui sembrava essere a conoscenza della chiara soluzione al problema.
Hershel Layton in quel momento stava insegnando.
Lo osservava mentre esaminava il muro roccioso come se fosse una lavagna di ardesia alla ricerca del simbolo giusto, dell’antico crittogramma da analizzare assieme ai suoi studenti, mentre poneva domande per stimolare in loro la curiosità e guidarli verso la giusta esposizione dei fatti.
Rivelare subito le sue scoperte sarebbe stato più semplice e sbrigativo, ma probabilmente avrebbe lasciato un sapore amaro in lei e in Luke, consci così di essere non uno, ma dieci passi indietro rispetto all’archeologo. In questo modo invece ragionavano e con le loro forze sarebbero giunti alla medesima conclusione, capendo e magari sentendosi orgogliosi e realizzati per essere riusciti, seppur con un piccolo aiuto, a cogliere gli stessi elementi visti e studiati dal professore.
In quel momento, in quella casa, con i piedi gelati e il naso arrossato dal freddo, Tracey sentì crescere ancora di più l’ammirazione e l’affetto che provava per il suo caro zio.
«Le rune indicano la via!» disse Luke rileggendo la frase scritta durante la colazione.
Layton rivolse anche a lui un sorriso, sollevando l’indice come a sottolineare l’importanza dell’esposizione appena fatta «Esatto, ragazzo mio!»
«Stiamo quindi… cercando una runa?»
Hershel Layton scostò un angolo mezzo storto dell’arazzo, increspando di più il bel paesaggio che vi era dipinto sopra, rivelando un punto della parete di roccia ancora coperto «Le rune indicano la via… ma la ricerca riguarda qualcos’altro.» disse, facendo segno ai due giovani di avvicinarsi per poter osservare con i loro occhi.
Il punto scoperto rivelò un incavo del muro dalla forma imprecisa, grande più o meno come la mano di Layton. Solo un bordo sembrava essere ben delineato, tondeggiante, mentre il resto risultava frastagliato, come se fosse stato volutamente spezzato in malo modo. Accanto a questo frammento mancante, sempre nella roccia, vi era inciso un simbolo, una runa, che a vederla così sembrava un ‘1’ specchiato.
Luke e Tracey si scambiarono uno sguardo esterrefatto «Ma cosa…? Come…?»
Hershel Layton estrasse dalla tasca della giacca la sua agenda fitta di appunti, tornando alle pagine visionate qualche ora prima. Indicò l’incisione, leggendo le sue note «Questa è ‘Laguz’ e una delle sue traduzioni è ‘mente viva’.» spiegò infine.
Luke prese subito appunti «Laguz…»
Tracey allungò la mano, andando a passare le dita sulla runa incisa e sulla superfice sconnessa della parte mancante di roccia «Che cosa c’era qui, zio Hershel?»
«Non ne ho ancora l’assoluta sicurezza e prima di azzardare un’ipotesi vorrei esserne più che certo. Qualsiasi cosa fosse però, sono abbastanza sicuro che una volta estratto dalla parete abbia causato una reazione chimica che ha generato la precipitazione all’interno della casa, la quale si è poi diffusa all’esterno.»
«Una reazione chimica?» l’apprendista gli rivolse uno sguardo confuso.
Annuì «Emmy ha fatto analizzare il campione e oltre a mi ha assicurato che la sua composizione risulta essere leggermente alterata rispetto al normale. In sintesi, è il risultato di una reazione chimica che avviene a contatto con l’aria, in grado di provocare l’abbassamento della temperatura e la formazione della neve stessa.»
«È questa la Maledizione della Fata. Non era magia quella usata da Morgana, ma scienza, come abbiamo supposto! Sembrava qualcosa di magico anche a noi, qualcosa di incomprensibile, ma si tratta solo di scienza! È ciò che Morgana ha fatto per proteggere Artù nel suo riposo eterno!» eruppe Tracey, agitando le braccia come in preda ad un fervore incontenibile «Per cui… siamo davvero sulle tracce della tomba di Artù!»
Layton assentì «Proprio così.» dall’agenda prese la mappa, dispiegandola per bene e andando ad appoggiarsi sul robusto tavolo da pranzo «Osservate bene, ci è stata lasciata una pista da seguire, pista che anche chi si è introdotto qui e ha estratto quel frammento sta seguendo.»
«La stessa persona che ha strappato la pagina dal libro in biblioteca!» aggiunse Luke.
Tracey consultò attentamente la mappa «Ecco, siamo qui. Indica proprio… il punto dove sorge la casa della professoressa.» additò il disegno della villetta che spiccava più imponente delle altre costruzioni raffigurate. «E nel quartiere del Teatro spicca il Round Table!» spostò l’indice.
«Credo sia giunto il momento di un’ispezione in tutti i quartieri. Per arrivare a capo di questo mistero bisogna trovare le rune, ragazzi.» disse Layton, aggiungendo poi con un tono più greve «L’eminenza grigia contro cui stiamo andando è di molti passi avanti a noi, ma credo che ormai manchi davvero poco a sbrogliare questa intricata matassa.»
Luke ripose nella tracolla il suo quaderno «Cosa stiamo aspettando, iniziamo da dove suggerisce la mappa, la Statua di Morgana al centro del borgo!»
«Sì, non perdiamo altro tempo!» incitò a sua volta Tracey, determinata più che mai.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 6: LE RUNE INDICANO LA VIA ***


Fu così che la ricerca ebbe inizio.
Dal quartiere della Scultura raggiunsero lo stradone principale che congiungeva i sobborghi alla grande piazza al centro di Awen.
La splendida statua della donna in abiti medievali, che con il suo sguardo austero ed amorevole vegliava sul villaggio, si ergeva al centro del piazzale, esattamente dove il mosaico a spirale della pavimentazione convergeva. Il piedistallo squadrato innalzava la figura della dama di circa cinquanta centimetri da terra, rendendola se possibile ancora più imponente nella sua semplicità e bellezza.
Scrollatisi la neve di dosso il Professor Layton, Luke e Tracey si avvicinarono a quella rappresentazione dell’antica Morgana.
«Ecco l’iscrizione!» Tracey la confrontò con quella riportata sulla mappa ricalcata e come aveva ipotizzato suo zio combaciava alla perfezione. Girò attorno al piedistallo, osservandolo, assieme al pavimento lì vicino «Non mi sembra di vedere parti mancante come a casa della professoressa Wagner, però.»
«Probabilmente indica solo cosa cercare e da dove partire.» Layton osservò la mappa, seguendo con lo sguardo le strade che si dipanavano come intricati rami dalla piazza principale «Ma… potrebbe esserci un altro piccolo indizio anche qui. Cerchiamo bene.»
«Sì!» Luke si arrampicò sulla base della scultura per osservala meglio da vicino, scrutando le pieghe dell’abito, la linea delicata del viso, il velo che scendeva leggero sulle spalle, come se fosse stato posato lì dal vento, piuttosto che essere ricavato da un blocco di marmo dalle abili mani di un arcaico artista.
Dopo tanto attento scrutare un particolare attirò la sua attenzione vicino ai piedi di Morgana, rivestiti da un paio di calzature finemente decorate «Ah! Credo di aver trovato la runa!»
«Fa vedere!» Tracey balzò accanto a lui agilmente, accovacciandosi e aggrappandosi ad una gamba della statua.
Il Professor Layton si sporse con molto più garbo «Oh, ottimo lavoro, Luke!» confrontò l’incisione romboidale rinvenuta dall’apprendista con i suoi scritti «Inguz, la runa della protezione famigliare e dell’amore.» spiegò «Penso si addica pienamente a questa raffigurazione di Fata Morgana. Stiamo assistendo a tutti i suoi sforzi per proteggere il fratello anche dopo secoli dalla scomparsa di entrambi. Se non è amore questo non saprei cosa lo sia.»
La nipote lo osservò inarcando un sopracciglio «Come fai ad essere sempre così… di buon cuore e poetico? Me lo dovrai spiegare prima o poi…»
Luke la appuntò sul suo taccuino «Amore, Inguz. Non indica… un punto preciso dove andare, vero?»
«No, in questa ricerca non penso sia importante seguire un ordine specifico, Luke. Assecondiamo il susseguirsi degli eventi. Tracey, il primo quartiere colpito due settimane fa è stato quello della Pittura, esatto?»
La ragazza annuì balzando giù dal piedistallo «Sì. Sai zio, stavo giusto pensando a come sia intercorso sempre meno tempo tra una nevicata e l’altra. Due settimane fa la Pittura, una settimana fa la Musica, e poi due sere fa il Teatro, ieri sera la Scultura… Sembra che da quando siete qui si sia velocizzato tutto.»
«Abbiamo messo fretta al nostro nemico!» esclamò Luke seguendo a ruota la giovane, mentre con Layton si incamminarono verso la nuova meta della ricerca.
L’archeologo restò in silenzio, riflettendo sulle parole della nipote, come se queste avessero dato una definitiva spazzata alla nebbia che avvolge questo mistero «Mh… proseguiamo.»
 

 
Il panorama era immutato dalla loro ultima visita a quella zona del borgo, anche se pareva esserci più vita e movimento rispetto all’inizio. Anche qui gli abitanti avevano deciso di non lasciarsi scoraggiare dall’insolito clima, volendo continuare con la loro colorata e bizzarra vita, nel puro spirito della festività ricorrente. In molti punti la neve era stata dipinta, andando a creare quadri unici e vivaci, regalando un tocco di unicità a quella tela non più bianca.
«La nostra mappa ci porta… poco più avanti. Indica un punto tra alcuni edifici.»
Tracey sbirciò dalle spalle di Layton «Mi pare… ci sia un piccolo parco in quel punto.»
Superato un cancelletto che delimitava l’ingresso al parco, il terzetto iniziò a guardarsi attorno. Passarono in rassegna panchine, fioriere, tavolini di pietra, ma nulla sembrava emergere.
Dopo minuti e minuti di incessante ricerca Luke si sedette su una panca, sollevando i piedi dalla neve fredda «Non pensavo sarebbe stato tanto difficile…!»
«Non lamentarti, abbiamo ancora tante cose da controllare! Queste rune sono piccole, se saltassero agli occhi di tutti non servirebbe una mappa!» lo imbeccò Tracey per spronarlo.
«Ci resta solo un punto da controllare, ragazzi.» il Professor Layton volse verso di loro sguardo «La pavimentazione. Procuriamoci delle pale.» si alzò, andando con il suo solito garbo e fare da gentiluomo a chiedere se qualcuno avesse l’attrezzatura da prestargli.
Per l’ennesima volta i due ragazzi si scambiarono un’occhiata basita «Le pale!?»
«Zio Hershel, vuoi metterti a spalare la neve dal parco!? Questo è sfruttamento minorile!» obiettò la nipote.
Senza badare alle rimostranze, Hershel Layton si procurò il necessario, dando a ciascuno lo strumento adatto. Così, con molto olio di gomito e il pensiero che almeno si sarebbero scaldati in quell’aria gelida, si misero con pazienza a spalare la neve, liberando il lastricato che attraversava il parchetto, ammucchiando tutta la neve sui lati.
«Non mi lamenterò mai più di avere freddo, lo giuro!» sbottò Luke, muovendo l’ennesima spalata.
«Io mi lamento eccome, nonostante tutto ho ancora i piedi ghiacciati! Non è possibile!» si sfogò a sua volta Tracey, agitando per aria la vanga.
La voce del professore li raggiunse da poco distante, mettendo un freno alle lamentele «Ragazzi, credo che ci siamo.»
La ragazza si avviò seguita dal bambino «Lo spero per lui, o ce lo sommergo sotto questa neve!»
«Ahah, non è colpa del Professore se la runa è per terra, Tracey!»
Layton era inginocchiato a terra, in barba alla temperatura glaciale del lastricato, e con la cura tipica di uno scopritore di rovine finì di spostare la neve usando le mani, rivelando delicatamente un nuovo incavo impreciso nella pavimentazione, accompagnato anch’esso da una runa incisa poco distante. In questo caso il frammento mancante risultava un po’ più piccolo del precedente, sempre con un lato ben delineato e ricurvo e il resto frastagliato e impreciso. Luke Triton soffiò nelle mani unite a conca per scaldarle e una volta preso quaderno e penna si appuntò la runa somigliante alla lettera ‘Y’ e delineò i contorni del solco, come aveva fatto precedentemente nell’abitazione di Hilda Wagner.
«Questa che runa è, Professor Layton?»
«Se non erro si legge Nauthiz, e rappresenta la spiritualità.»
Tracey si passò una mano dietro la nuca «Mente, amore e spirito…»
«Sono certo che ogni runa voglia rappresentare qualcosa e riusciremo ad unire i pezzi del nostro puzzle alla fine della nostra ricerca. Proseguiamo!» Hershel si alzò, spolverandosi i vestiti e andò a restituire le vanghe ai legittimi proprietari.
«E questa volta non è un modo di dire, stiamo davvero completando un puzzle! Anche se sarebbe più corretto dire che completiamo l’ombra di un puzzle che qualcuno ha già riunito.»
«Tranne per un pezzo, Tracey! Il tuo quartiere non è ancora stato intaccato!»
«Per ora! Andiamo, raggiungiamo zio Hershel, prima che ci lasci indietro!»
 
 

La cartina di Tracey e Luke condusse alla torre delle campane del signor Roger Swan. Proprio fuori da essa trovarono l’arzillo campanaro intento a scaldarsi le mani sfregandole con vigore l’una contro l’altra.
«Buongiorno, signor Swan.»
«Ooh, buongiorno a lei Professor Layton e cari ragazzi!» Li salutò con slancio «Cosa vi porta nuovamente tra queste gelide strade dimenticate dagli Dei?»
«Come la fa drastica, signor Swan!» l’apostrofò Tracey «Siamo qui per far luce sul mistero dell’oscura Maledizione della Fata!»
«Con il suo permesso vorremmo esaminare le pareti della sua torre.»
Il canuto musicista sgranò i grandi occhi scuri spalancando la bocca, assumendo un’espressione preoccupata, ma che nel suo complesso risultava buffa agli occhi dei ragazzi, facendolo sembrare un aquilotto in procinto di urlare, con quel nasone adunco che si ritrovava «L-la Maledizione della Fata!? Voi!?»
«Mi creda, è una faccenda meno oscura di quanto non appaia una volta che si hanno le giuste chiavi di lettura.»
«E riuscirete a scacciare questo freddo barbino dalle nostre strade!?»
«Questo ancora non lo sappiamo, ma almeno faremo luce su quanto sta succedendo e perché. È un inizio, non le pare?» chiarì Layton.
L’uomo strinse con forza le mani dell’archeologo «Qualsiasi cosa per aiutarvi, qualsiasi cosa! Esaminate tutto quello che volete!»
«Oh, grazie…»
«Quanto trasporto!»
«Cosa state cercando, esattamente? Posso esservi di qualche aiuto? Conosco questa torre da cima a fondo!»
Luke si mise a studiare attentamente le pietre più basse che componevano il lato nord della costruzione «Una runa! E… un pezzo mancante, dalla forma imprecisa.»
Roger soppesò le parole, ondeggiando sul posto, come una vecchia campana mossa da una corda tesa «Runa, eh… non ci ho mai fatto caso. Ma queste mura sono molto vecchie, ci sono segni di ogni tipo e su ogni dove, per le più disparate ragioni!»
La giovane lo guardò perplessa «Quali… disparate ragioni?»  ma la domanda venne ignorata dal campanaro.
«E purtroppo non ho la minima idea di come siano le rune, non le ho mai studiate. Se si fosse trattato di note musicali, battute e chiavi di violino allora avrei anche potuto trovarle ad occhi chiusi!»
L’archeologo gli rivolse un sorriso accondiscendente «Non si preoccupi, ci occupiamo noi della ricerca.»
Anche quello fu un buon momento per insegnare qualcosa alle giovani menti, per Hershel Layton. Mostrò a Luke e Tracey come controllare con accortezza la superficie, esaminando centimetro per centimetro con pazienza, sia con lo sguardo che con il tocco, illustrando la composizione della pietra e le varie differenze tra un punto e l’altro.
Luke seguiva le indicazioni passo passo, facendo del suo meglio per applicarle, e così anche Tracey, cercando sia di assecondare questi nuovi insegnamenti, sia di procedere in maniera più indipendente, mettendoli in pratica per conto suo, anche se di tanto in tanto volgeva lo sguardo allo zio, provando a valutare se stesse agendo bene come lui.
Alla lunga tanta pazienza parve premiare la giovane «Zio Hersh! Luke! Venite a vedere!» vicino all’angolo tra parete nord e parete est pareva mancare parte della superficie di un blocco roccioso, questa volta con due dei bordi tondeggianti, e la parte superiore ed inferiore frammentata. Tracey indicò il punto e ciò che ad occhio poteva essere una runa «Cosa ne dici, zio?»
L’archeologo consultò il memorandum. L’incisione indicata da Tracey somigliava ad una ‘F’ dalle stanghette inclinate verso il basso e corrispondeva proprio ad una runa «Ben fatto, ragazza mia! Questa è Ansuz, e una delle sue rappresentazioni include la forza statica, rappresenta qualcosa di immutabile.»
Luke segnò tutto, ovviamente «Mente, amore, spirito e forza statica? Stona un po’ con i concetti che abbiamo trovato fino ad ora.» commentò storcendo appena il naso.
«Sì, mi sarei aspettata qualcosa di più diretto e concreto. Forse non è la runa giusta?»
«Non dubitare, Tracey. Gli elementi sono questi, hai trovato ciò che cercavamo. Considerate che a noi sono giunti per lo più interpretazioni, adattamenti e significati simbolici di ciò che le rune possano indicare. Parlare di forza statica potrebbe essere un modo per indirizzarci a qualcosa di concreto e… pratico.» suggerì l’archeologo, riprendendo a sfogliare i propri scritti «È possibile che Ansuz indichi in questo caso un corpo materiale, statico. Capisco che possa essere una spiegazione azzardata, ora come ora.»
«Mmh, me la farò andar bene, zio Hershel!» assentì Tracey, rincuorata di essere riuscita ad esser di aiuto.
Si avvicinò incuriosito anche il campanaro «Ce l’avete fatta? È quello sgorbietto lì la runa che cercavate? Non ci avevo mai fatto caso…»
«Sì, è la runa che cercavamo! Ora dobbiamo controllare nel quartiere del Teatro, con permesso signor Swan!»
«Oh, prego, prego! E grazie a voi, anzi! Spero abbiate successo!»
Il Professor Layton ringraziò con un cenno del capo «Lo speriamo anche noi. Arrivederci, buona giornata.»
«Almeno questa volta saremo al chiuso! Non congeleremo!»
«Non avevi detto che non ti saresti più lamentato del freddo dopo aver spalato la neve, Luke!?»
«Era una constatazione infatti, non una lamentela!»
 

 
«Grazie per averci permesso di entrare, signor Kabuki.»
«Nessun problema, signor Layton.» la Maschera fece un profondo inchino in direzione degli ospiti «Lieto di esservi utile, e non preoccupatevi per il teatro, momentaneamente prove e rappresentazioni sono sospese.»
«Un vero peccato, ma capisco. Vedo con piacere che siete riusciti a ripulire tutto.»
Ginza annuì «Sì, è stato un duro lavoro togliere e spalare la neve fuori dal teatro, ma anche grazie all’aiuto dei cittadini non ci abbiamo messo molto. È stato bello vedere come tutti tengano all’integrità della nostra casa dello spettacolo.»
«È proprio questo che fa capire quanto una comunità risulti essere unita.»
«Oh sì, Awen è un borgo splendidamente saldo, signor Layton.»
«Esatto, non posso che concordare!» asserì Tracey.
«Ma ditemi, come posso servirvi oggi? Cosa vi porta qui?» Ginza si prostrò in un altro piccolo inchino reverenziale.
Il Professor Layton spiegò brevemente la situazione «Siamo dell’idea che vi sia una runa particolare incisa sulle pareti del Round Table, ed è molto importante riuscire a trovarla.»
La Maschera parve riflettere con attenzione, puntando i piccoli occhi a mandorla sugli ospiti «Una runa? L’antico linguaggio dei popoli di queste terre?»
«Esattamente!» assicurò Luke.
«Mh, il teatro è molto grande, ma penso che la vostra ricerca possa ridursi al salone principale di ingresso e al corridoio che conduce alla sala delle rappresentazioni. Quest’ultima parte è stata ristrutturata abbastanza di recente, circa una decina di anni fa, se ci fossero state tracce del passaggio di antichi popoli non sarebbero state cancellate, mi può credere.» disse con determinazione.
«Le credo, signor Kabuki.» l’archeologo si rivolse poi ai ragazzi «Luke, Tracey, diamo un’occhiata al corridoio. Penso potremmo trovare qualcosa sulle pareti.»
«Quanta convinzione, zio Hersh!»
«Venite. Signor Kabuki, grazie ancora. Non si preoccupi, ce ne occupiamo noi.» e si avviò senza aggiungere altro.
Ripresero le ricerche, scrutando le due pareti opposte dello spazioso corridoio. Il morbido tappeto rosso rivestiva ancora il pavimento, ora ben pulito e spazzolato. Le pareti erano adornate da addobbi e bandierine che davano ancora più colore e risalto agli stemmi del teatro; delle bandiere triangolari dallo sfondo verde, recanti la raffigurazione delle classiche maschere attoriali dalla smorfia allegra e triste. L’asta delle bandiere erano inserite nei supporti di metallo che le reggevano alle pareti più o meno a metà della loro altezza.
Fu proprio mentre controllavano due di queste bandiere che Luke e Tracey attirarono l’attenzione di Layton a gran voce «Ho trovato qualcosa!» esclamarono all’unisono.
Il professore li raggiunse «Ditemi.»
«Guardi, qui c’è la runa! Mezza nascosta da questa bandiera!»
«E mezzo nascosto da quest’altra bandiera manca un pezzo!»
Hershel Layton parve osservare la posizione dei ritrovamenti, spostando lo sguardo verso un punto poco chiaro del corridoio, preservando un profondo silenzio. Accantonò da parte i pensieri che lo avevano momentaneamente allontanato dal presente e si concentrò sulle scoperte dei ragazzi «Ottimo, avete sviluppato una certa attenzione per i dettagli, ormai. Vediamo di cosa si tratta.» mentre lui si mise ad analizzare la runa, Luke non perse tempo disegnando il frammento mancante, anche questo da un bordo tondo e definito.
«Questa runa sembra una via di mezzo tra una ‘N’ e una ‘H’, non trovate?»
«Hai ragione, Tracey. E si legge Hagalaz, rappresenta la soluzione di un mistero, la saggezza che si applica.» spiegò Layton.
«Purtroppo temo che siamo ancora lontani dalla soluzione del mistero, ma apprezzo l’incoraggiamento.» commentò l’apprendista.
L’archeologo consultò la mappa «Ci resta solo il tuo sobborgo, Tracey. Dove nemmeno il nostro misterioso ladro ha ancora agito. A questo punto penso che toccherà a noi prendere il frammento del puzzle, il che significa che saremo noi la causa della nevicata improvvisa.»
«Ma se così facendo impediamo al responsabile di prenderselo mi sta bene, zio Hershel! Non perdiamo altro tempo, che punto indica la mappa?»
«Un ponte. Poco dopo aver raggiunto la zona più antica del quartiere si vede un piccolo corso d’acqua che lo attraversa e se inizio ad orientarmi con questa rappresentazione dovrei aver capito anche a quale ponte faccia riferimenti.»
«Perfetto, sbrighiamoci!»
 

 
Ripercorsero le strade che li avrebbe condotti al punto di partenza, ovvero il quartiere della Letteratura. Il Professor Layton procedeva a passo sostenuto, in testa al gruppo, consultando di tanto in tanto la piantina per esser certo di orientarsi al meglio e prendere la direzione giusta.
Luke seguiva il mentore, badando più ai propri appunti che alla strada «Amore, spirito, mente, saggezza, e possiamo definire come corpo fisico la runa della torre dell’orologio… cosa dovrebbero voler dire? L’ultima runa potrebbe essere la chiave per capire a cosa tutte queste parole facciano riferimento, spero!»
«Ah, lo spero bene… anche se oltre a capire tutto questo vorrei vedere in faccia chi si è messo sulla via delle rune prima di noi e soprattutto perché.»
«Direi per trovare il sepolcro di Re Artù, e ciò che possa essere stato sepolto assieme a lui.» rispose serafico Hershel Layton «Devo riconoscere che da un punto di vista storico e archeologico questa potrebbe essere una delle scoperte più importanti del secolo. Si è sempre dibattuto sulla reale esistenza del leggendario sovrano del regno, e ritrovare la sua tomba darebbe un’incredibile svolta a tutte le speculazioni fatte fino ad ora.» si fermò di colpo in mezzo alla strada, guardandosi attorno.
«Su questo ha perfettamente ragione, Professore! Oh!» Luke finì con lo sbattere il naso contro le gambe dell’archeologo, non avendo visto che si era fermato.
«Fa attenzione, Luke! Zio, per caso ti sei perso?»
Layton spostò lo sguardo dalla mappa alla realtà che lo circondava, girandosi verso i ragazzi «No, credo solo… sì, che la direzione migliore sia questa, dobbiamo tornare indietro per un pezzetto e svoltare più avanti.»
«Se lo dice lei, Professore.» il giovane apprendista si massaggiò il naso, spostando lo sguardo sulla cartina che Layton stringeva tra le mani, osservandola al rovescio «Mh…? Ehi, sembra anche a voi che le strade disegnate formano un grande albero?»
Anche Tracey si mise ad osservare «Oh, hai ragione… sembra che il tronco parta dalla piazza centrale, le strade che portano ai quartieri sono dei grandi rami e i sentieri che convergono al promontorio della scuola le radici. Mmh… un grande albero, eh.» quell’immagine le diede da pensare.
«Sono abbastanza certo che non sia un caso, ragazzi miei. Ma ci penseremo quando avremo con noi l’ultimo pezzo del puzzle.» riprese a camminare nella direzione giusta.
«Ha già capito che cosa dovrebbe comporre, Professore?»
«Credo di sì, e penso che l’ultima runa mi darà ragione.»
Dopo un paio di svolte la strada si allargò un po’, conducendo il terzetto all’agognato ponte. Realizzato in pietra e decorato con colorati mosaici lungo le arcate laterali, lasciava spazio sotto di sé allo scorrere incessante e frenetico di un fiumiciattolo, ultimo rimasuglio della gloria del vasto che un tempo fu il borgo di Awen.
«Eccolo, dev’essere questo il ponte. Controlliamo.»
«Sì!» Luke e Tracey ci si lanciarono di corsa, passando in rassegna la sua pavimentazione, le decorazioni, i bordi e sporgendosi come poterono per controllare la muratura esterna.
Tracey si sedette sul bordo, mettendosi a cavalcioni, in modo da potersi sporgere e reggere contemporaneamente, per rischiare il meno possibile di cadere del rapido torrente «Ah! Credo di aver trovato l’ultimo frammento! È incastonato sul lato esterno!»
Layton si sporse dall’altro lato «E qui abbiamo la runa. Riesci a vederla, Luke? Attento a non sporgerti troppo, però.»
Il bambino si mise sulle punte «Credo… di intravedere qualcosa!»
Senza indugio l’archeologo consultò la propria agenda «Jera, la runa della giustizia e della verità. Mh…» un piccolo sorriso si dipinse sul suo volto «Sì, credo che tutto torni.»
«Tutto cosa, Professore?»
«Vedrai, Luke. Tracey, cosa vedi sul frammento incastonato nella parete?» si voltò poi verso l’altro parapetto del ponte e il cuore saltò un battito vedendo la nipote così sporta nel tentativo di staccare il pezzo mancante «Tracey! Attenta!» In un passo fu da lei.
«Ci sono quasi, l’ho preso, devo solo fare un po’ di forza, e…» seguendone il contorno con le dita ed aiutandosi con entrambe le mani e un piccolo temperino riuscì a distaccare il frammento dal muro del ponte. Appena lo prese però, una lancinante fitta le trafisse la mano destra con lui lo stringeva, mentre uno spruzzo di aria gelida stava per investirla.
Hershel Layton la afferrò di peso, cingendola a sé e trascinandola sul lato giusto del ponte.
«Stai bene!?»
Lei lasciò cadere il reperto recuperato a terra, stringendo al petto la mano destra «Aah, che male! Brucia…!»
«Fammi vedere.» lo zio le prese delicatamente la mano che faticava a restare aperta man mano che la pelle si arrossava «Come temevo, è un’ustione da freddo. Una conseguenza della reazione chimica di cui vi ho parlato poco fa.»
«Ustione!? Perderò la mano!?» strepitò Tracey afferrando la spalla dello zio con la mano sana e rivolgendogli lo sguardo più disperato possibile.
«No, non è niente di così grave, ma è meglio medicarla subito.» Layton raccolse l’artefatto, che similmente agli altri non trovati presentava un bordo tondo e gli altri frastagliati e imprecisi. Potendo finalmente osservarlo si poteva notare come il bordo ricurvo presentasse come una cornice decorata, mentre all’interno era visibile una barra verticale, intagliata anch’essa con motivi geometrici armoniosi. Lo ripose nella tracolla della nipote «Torniamo a casa adesso, di questo parleremo dopo.»
«No, no, sto bene, parliamone adesso!»
«Non è il momento, prima la tua salute, Tracey.» il professore era irremovibile.
«Ha ragione, bisogna medicarti la mano.» fece eco Luke.
La ragazza non poté fare altro se non arrendersi al loro volere «D’accordo...»
Si incamminarono verso la villetta dei Layton mentre bianchi e delicati fiocchi di neve iniziarono a scendere danzando nel limpido cielo di maggio.
 

 
Appena giunti all’abitazione, Hershel Layton posò una mano sulla spalla della nipote e l’altra su quella dell’apprendista, rivolgendo loro uno sguardo serio.
«Tracey, Luke, c’è una cosa di cui devo parlarvi. Statemi vicino.»
Il tono greve dello zio non fece altro che preoccupare ancora di più la giovane, già in ansia per le sorti della propria mano «Cosa? Che vuol dire, zio Hershel?»
«Forza.» li condusse verso il bagno del piano terra, oltre la cucina.
«Ma… Professore!?»
Amelia, sentendoli rientrare, andò loro incontro «Tracey? Siete già tornati, com’è andata?»
«Tutto ok, mamma!» rispose lei, lasciandosi portare verso i servizi.
«Tracey si è fatta una piccola ferita, ma non preoccuparti, la medichiamo subito.» la rassicurò Layton poco prima di chiudere dietro di sé e i ragazzi la porta del bagno.
«Hershel, sei… sicuro?» ma alla domanda sospesa della donna non vi fu risposta.
Il professore fece sedere la nipote sul bordo della vasca da bagno, mentre aprì l’armadietto dei medicinali frugando tra di essi.
«Si può sapere che ti prende di punto in bianco?»
«Perdonami.» sospirò «Ma come ho detto devo parlarvi di una faccenda importante, soprattutto per te, Tracey.»
«Non ci tenga sulle spine, Professore. Ci stiamo davvero preoccupando.» insistette Luke, in piedi accanto all’amica.
Hershel Layton bagnò con dell’acqua calda un fazzoletto di stoffa, passandolo delicatamente sulla mano della ragazza, con cura e attenzione, e senza guardarla in faccia proferì poche e taglienti parole. «Ho dei sospetti su Amelia.»
«Come, scusa?»
Si aspettava una risposta incredula, e ciò rendeva ancora più difficile per lui affrontare l’argomento. Non aveva all’effettivo prove schiaccianti, ma il sospetto che si era fatto largo nella sua mente nei giorni scorsi non era diminuito nel tempo, ma anzi crebbe ogni giorno di più. Raccolse tutto il coraggio e la lucidità di cui disponeva per spiegare al meglio le sue ragioni e riprese il discorso.
«Rispondi ad una domanda, Tracey. Riflettici bene. Quanto spesso hai visto tua madre durante quest’ultima settimana?»
La giovane aggrottò la fronte, ancora perplessa che il tanto stimato e amato zio potesse sospettare di un diretto coinvolgimento della cognata in questa vicenda «Io… non so, non molto, in effetti.» scoprì suo malgrado che il dubbio si stava insinuando anche nella sua di mente, ma doveva sicuramente esserci una spiegazione valida e logica «Però… penso sia normale, hanno iniziato ad accadere questi strani fatti, e la scuola è sempre stata un punto di riferimento importante, immagino si sia trovata spesso con i colleghi per dare una mano, per… organizzare… qualcosa.»
«Hai notato che porta sempre i guanti? Ho chiesto anche a Matthew, e come temevo mi ha confermato che non è un’abitudine di Amelia.»
«Oh, andiamo, zio Hershel! Fa freddo un quartiere sì e l’altro pure, tutti indossano i guanti!»
«Anche in casa, Tracey? Anche abitando nell’unico quartiere che fino a pochi istanti fa non è stato nemmeno sfiorato dalla Maledizione della Fata?»
Le domande incalzanti dello zio la stavano mettendo alle strette. Lì per lì sembravano indizi sconclusionati, senza un filo logico, eppure non riusciva a negare fermamente tutto. Tracey chinò il capo, puntando gli occhi sulla mano che Layton le stava medicando. Proprio in quel momento prese un unguento, mettendone un po’ sul dorso e sul palmo della mano di Tracey «Spalmala delicatamente, proteggerà la pelle.» le disse, con un tono molto più dolce.
«Sì…» lei obbedì senza sollevare lo sguardo.
Terminata l’operazione, Hershel le bendò la mano con una garza «Ecco fatto, ti fa male?»
«No… no, non è quello a far male.»
Le posò una mano sulla spalla, in un gesto di conforto «Vorrei tanto sbagliarmi, credimi.»
«Magari ti sbagli!» sbottò lei «Non possiamo sapere se sia così, che prove abbiamo?»
Fu allora che le mostrò il guanto di raso azzurro che da giorni teneva nella tasca della giacca «Lo riconosci?»
La ragazza lo prese con la mano sinistra, lo osservò «Ce ne saranno milioni di guanti così, zio Hersh. Non prova nulla.»
«L’ho trovato la sera della rappresentazione teatrale, quando stavamo uscendo dal Round Table, sotto al manto nevoso che si era formato nel corridoio. Sai cosa vuol dire, Tracey?»
Lei non rispose, continuando ad osservare il guanto.
«Significa…» si azzardò Luke «Che era lì a terra prima che iniziasse a nevicare… che chi lo ha perso si trovava lì prima.»
Il professore annuì «Esatto. Come dice Tracey, potrebbe essere di chiunque, per questo ho fatto dei controlli mentre ero a Londra. Ho cercato Matthew per avere un suo parere e poi ho telefonato all’istituto Inis witrin, chiedendo se la sera precedente la professoressa Layton fosse stata vista lì. Purtroppo nessun collega è riuscito a darmi una risposta affermativa.» strinse la presa sulla spalla di Tracey nel tentativo di trasmetterle calore e conforto nonostante la dura verità che le parole esprimevano «Amelia non era a scuola come ci aveva detto.»
Anche Luke si incupì cercando di dare un senso a ciò che sentiva «Ma... com’è possibile? Perché?»
«Esatto, perché? Perché mamma dovrebbe mettersi a fare tutto questo? È una storica, ma non una… folle invasata!» inveì Tracey, fronteggiando questa volta lo sguardo dello zio. Anche se non avrebbe saputo dire se a tutte quelle domande avesse voluto ricevere una risposta sincera o meno.
Layton serrò le labbra, restituendo lo sguardo alla nipote «Queste domande aprono l’ipotesi che più temo, mia cara… Temo che quella persona non sia tua madre.»
Sia lo sguardo di Tracey che di Luke si puntò sbigottito sul volto del professore. Il bambino aprì bocca, ma non ne uscì nulla, troppo basito per formulare una frase di senso compiuto.
La ragazza non poté credere alle sue orecchie e un’ipotesi del genere spianò la pista solo ad un’altra terribile domanda.
«E se quella non è mia madre… allora lei dov’è? Cos’è successo, dove si trova?»
Layton la prese per le spalle, cercando di calmarla «Questo non lo so ancora, ma non penso sia in pericolo.»
«Basandoti su cosa, zio Hershel? Cosa… ma che diamine sta succedendo!» si strinse il cappello contro la testa, raggomitolandosi sulla vasca dov’era seduta, lasciando che lo zio la confortasse.
«Tracey…» anche Luke cercò di starle vicino, prendendole una mano «Vedrai che risolveremo tutto, andrà bene! Giusto, Professore!?»
Lui annuì «Certo, dobbiamo solo agire con calma, e…»
Per Tracey il tempo della calma era durato anche troppo. Tutto ciò che aveva detto Layton era incredibile e incomprensibile e aveva bisogno di vederci chiaro subito, all’istante. Non c’era tempo per la calma. Scostò i due e stringendo ancora il guanto di raso uscì dal bagno, cercando la diretta interessata.
«Ah, Tracey…! Aspetta!» l’uomo le andò dietro, seguito a ruota dall’apprendista.
«Mamma!» chiamò a gran voce la ragazza.
«Sono in cucina!» rispose Amelia.
A grandi passi raggiunse il locale, trovando la donna intenta a mettere sul fuoco il bollitore dell’acqua calda. Hershel Layton e Luke Triton la raggiunsero subito dopo.
«Mamma, questo guanto è tuo, vero?» le andò di fronte, mostrandole la prova recuperata da Layton.
«Come? Oh, può essere! Grazie per averlo ritrovato.» allungò la mano per prenderlo, ma Tracey si ritrasse, prendendole il polso con la mano destra, incurante del dolore per la salda stretta «Lo ha trovato zio Hershel, a teatro. La sera in cui siamo andati a vedere la Prima dello spettacolo recensito da papà, ricordi? La stessa sera in cui tu non sei potuta venire perché eri a scuola a lavorare.»
Il viso della donna si contrasse in una smorfia di dolore «Ah! Tracey, mi fai male, ma cosa ti prende?»
«Credo che tu lo abbia capito benissimo! Questo era a teatro prima che nevicasse, e tu non eri a scuola quella sera, nessuno ti ha vista! E Gli altri giorni e sere in cui facevi tardi andavi davvero a scuola per qualche Consiglio straordinario o erano tutte menzogne!?»
Amelia cercò di ritrarsi dalla presa della figlia «Mi stai spaventando, non so di cosa tu stia parlando…!»
«Basta così.» intervenne laconico Layton.
L’insegnante spostò lo sguardo da lui alla figlia, con espressione confusa e contrita «Io davvero non so cosa…»
«Parlo di questo!» con un rapido gesto Tracey le sfilò il guanto dalla mano destra, rivelando la stessa infiammazione manifesta sulla propria mano. La osservò, stando per un lungo istante in silenzio «Ho lo stesso sfogo cutaneo… è una bruciatura da freddo, me la sono appena procurata attivando una reazione chimica vecchia di secoli che ha fatto nevicare nel nostro quartiere.» infine sollevò lo sguardo sulla donna, fronteggiandola con tutta la determinazione e la rabbia che esplose come una fiammata dal profondo del suo animo «Chi diamine sei tu… e cosa hai fatto a mia madre?»
«Tsk…» un inquietante ghigno storpiò il viso di Amelia Layton, dopo che con un forte strattone si liberò della presa di Tracey, massaggiando poi il palmo contuso «Alla fine ci siete arrivati, ma che bravi.»
Hershel Layton avvicinò a sé la nipote, tenendo lo sguardo fisso sull’altra figura «Questa farsa è finita, ormai.»
«Temo tu abbia ragione, Layton.» con un’abile quanto inaspettata mossa la pacata professoressa di storia svanì, lasciando il posto a colui che si era celato per tutto quel tempo sotto le sue mentite spoglie. Dinnanzi al trio si palesò un uomo ben vestito con un completo grigio visibile sotto al mantello coordinato, adornato all’attaccatura da un boa di piume, una mascherina bianca ne celava lo sguardo e in testa troneggiava un elegante cappello tricorno.
Tracey lo guardò a bocca aperta, più perplessa che mai, cercando ancora di capire cosa fosse successo «E questo chi diamine è!?» chiese quindi, rivolta allo zio.
«Permettetemi di presentarmi come si deve alla fanciulla.» mimò un teatrale inchino «Mi chiamo Jean Descole e amo definirmi uno scienziato dalle grandi ambizioni.» poi fece qualche passo per la cucina, misurando lo spazio con calcolate e calme falcate, tenendo sempre d’occhio le tre persone dinnanzi a sé, come un predatore che studia la propria preda. «Immaginavo che presto o tardi mi avreste scoperto. Non potevo aspettarmi nulla di diverso da te, Layton.»
«Lo conosci!?»
«Ho già avuto a che farci, sì.»
Luke lo additò «Ecco perché in biblioteca quella scrittura incomprensibile mi sembrava famigliare, eri tu! Tu hai consultato quei libri prima di noi!»
L’accusa così diretta di avere una pessima grafia colpì in pieno lo scienziato «Tsk, Luke Triton… la tua lingua sa essere più tagliente di una spada.»
«Non voglio sapere come sai che questo attore invasato scriva male.»
«Ha preso il posto del mio maggiordomo una volta, proprio come ha fatto con tua madre!»
Tracey sospirò «Avrei preferito non saperlo.»
Hershel Layton interruppe l’inappropriato teatrino che si era venuto a creare «Dov’è Amelia, Descole?»
L’attenzione dell’uomo si rivolse all’archeologo «Tranquillo, la professoressa Amelia Marshall Layton sta bene. Non ne avrei ricavato nulla a farle del male e ne ho preso il posto per muovermi liberamente per questo villaggio e svolgere le mie ricerche in santa pace, almeno finché non siete arrivati voi.» commentò in un tono più aspro «Mi sono anche ritrovato nella spiacevole posizione di dovervi dare dei suggerimenti su come proseguire le vostre indagini, ma se non lo avessi fatto sarei risultato ancora più sospetto.»
«Se non vuoi che mi metta a sventare i tuoi piani dovresti cercare di non coinvolgere persone a me care, Descole.» consigliò saggiamente Layton.
«Credimi, eviterei con immenso piacere. Mi dispiace chiudere questa bella chiacchierata così bruscamente, ma ho un lavoro da portare a termine, e grazie a voi ho recuperato molto del tempo perso.»
«Non pensarci nemmeno, adesso mi dici dove si trova mia madre!» inveì prepotentemente Tracey facendo un passo verso di lui, per nulla intimidita o impressionata dalla sua figura e dal suo agito.
«Spiacente di doverti deludere, giovane Layton!» da sotto al mantello prese e gettò tre fumogeni, andando con l’altra mano a coprirsi la parte inferiore del volto con una maschera protettiva.
Il fumo si sparse velocemente per il locale, riversandosi pian piano per il piano terra dell’abitazione.
«Non respirate!»
Dietro suggerimento di Layton, Luke e Tracey si coprirono naso e bocca, aiutandosi con i vestiti.
«Usciamo…!» la ragazza prese il bambino per un braccio, spostandosi il più velocemente che poté fuori dalla cucina, nella speranza di raggiungere in tempo la porta o una finestra.
Hershel Layton, avvertendo già le forze che iniziavano ad abbandonarlo, tentò di fermare quell’uomo mascherato, azzerando la distanza che li separava con un’ampia falcata. Jean Descole non si mosse, conscio ormai che per l’archeologo non sarebbe rimasto molto tempo.
«Descole, tu…» la mano andò a stringersi al mantello, la presa era più lieve di quanto avesse voluto. Avvertì la stoffa scivolargli dalle dita, mentre le ultime forze lo abbandonavano. La vista si offuscò, fino a che le palpebre non calarono pesanti, accompagnando in un sonno indesiderato.
Cadde a terra con un tonfo sordo. La tuba rotolò appena sul pavimento.
Jean Descole osservò la figura di Hershel Layton inerme, poi si voltò uscendo dal locale, trovando Luke Triton e Tracey Layton privi di coscienza vicino all’ingresso.
«E con questo non mi intralcerete più.»

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 7: IN TRAPPOLA ***


Hershel Layton aprì a fatica gli occhi, riuscendo pian piano a mettere a fuoco ciò che lo circondava. Dapprima con fatica, sentendo ancora un’innaturale pesantezza sulle palpebre, aggravata da una sensazione di disorientamento generale, poi pian piano l’ambiente si fece sempre più nitido.
Poca luce entrava nella stanza, e l’aria era fredda e umida, così come la parete contro cui era poggiato. Cercò di muovere le braccia, ma non vi riuscì, trovando un qualche impedimento ancora non ben precisato che le bloccava dietro la schiena. Tornò a concentrarsi sulla vista, aguzzando lo sguardo, lasciando che le pupille si ambientassero a poco a poco. La stanza pareva abbastanza grande e ricca di arredi. Le pareti di muratura erano rivestite di scaffali più o meno ingombri di scatoloni, scartoffie, vecchi soprammobili e vasi. Una sedia a dondolo dall’aria vissuta se ne stava immobile, accanto ad un alto lume che ha visto tempi migliori. Lungo una parete vide un mobile portabottiglie contenente qualche bottiglia di liquore e lì accanto uno scrittoio mezzo sgangherato prendeva polvere assieme ad un paio di scatoloni recanti la scritta ‘Giocattoli’.
Doveva trattarsi della cantina di casa Layton.
Strizzò gli occhi sforzandosi di concentrarsi sul suo stato attuale, focalizzando l’attenzione sulle gambe ancora deboli, ma che provò ugualmente a muovere. Come per le braccia non ci riuscì, ma in questo caso fu subito evidente perché; le caviglie erano fermamente legate da una stretta corda.
La nebbia che offuscava la mente iniziava pian piano a diradarsi, lasciando riaffiorare i ricordi degli ultimi frenetici avvenimenti.
Jean Descole aveva preso il posto di Amelia.
Li aveva attaccati.
Aveva perso i sensi.
Un improvviso pensiero lo scosse, come un fulmine a ciel sereno squarciò il torpore che ancora ne avvolgeva membra e mente.
«Luke! Tracey!» sollevò di scatto il capo, spostando lo sguardo nella buia stanza, alla disperata ricerca delle due figure.
Non ottenne risposta, la preoccupazione crebbe nel suo animo. Poi un forte rumore attirò la sua attenzione verso la rampa di scale che portava alla soglia della cantina. Un tonfo sordo, come se qualcosa di pesante stesse sbattendo contro la porta di legno.
«Cosa…?» si spinse a fatica oltre l’angolo della parete contro cui si trovava «Tracey!?» chiamò a gran voce.
Un altro tonfo, poi un respiro affannoso «Sono quassù! Sto cercando… di aprire la porta!!» un altro tonfo.
«Fa attenzione! Sei riuscita a liberarti?»
«No! Ho rotolato fino alle scale e poi sono riuscita a saltellare sui gradini!» un altro tonfo ancora.
Lo zio non poté che ammirare la profonda forza di volontà della ragazza, nonostante la preoccupazione per la sua incolumità gli fece desiderare che desistesse dai suoi avventati buoni intenti.
Riuscendo a vedere meglio spostò nuovamente lo sguardo per la stanza nel tentativo di individuare l’apprendista che ancora non rispondeva. Qualcosa parve muoversi appena vicino allo scrittoio, nella zona più in ombra della cantina.
«Luke, stai bene? Luke?»
Il bambino mugugnò, rigirandosi su se stesso, cercando la provenienza della voce. Le corde bloccavano anche i suoi arti, rendendo difficile i movimenti «Professore…? Cos’è successo?»
Un sospiro di sollievo lasciò l’uomo, rincuorato nell’aver finalmente ricevuto una risposta dal giovane «Tranquillo, Luke. Cerco di liberarmi e vengo ad aiutarti.» detto ciò provò nuovamente a muovere le braccia, sentendo la stretta delle corde lungo i polsi segnargli la pelle.
«Ah!» Tracey ruzzolò giù dalle scale dopo l’ennesimo tentativo di buttar giù la porta. Si raggomitolò per proteggersi dalle ripetute collisioni con i gradini di legno e il pavimento, finendo vicino allo zio «Che male…» sbiascicò con la faccia incassata contro al petto.
«Stai bene?» si premurò Layton.
«Mh, sì… il contraccolpo mi ha fatto perdere l’equilibrio e sono caduta, ma ci posso riprovare!» non perse tempo e si risollevò sulle ginocchia, incurante della camicetta mezza scomposta e dei ciuffi di capelli scappati dai codini.
Lo zio tentò di farla rinunciare «Non servirà a niente, probabilmente Descole deve aver bloccato la porta da fuori. Finirai solo con il farti male.»
Lei gli rivolse uno sguardo avvilito, conscia dell’inutilità dei suoi tentativi «Hai ragione… cerchiamo di slegarci, allora! Avevo il temperino nella tasca della giacca, controlla! Se quell’arlecchino da quattro soldi non l’ha tolto puoi tagliare le corde!» si avvicinò a tentoni allo zio.
«Suppongo non sia il momento di chiederti perché dovresti avere un temperino in tasca.» anche se contrariato dal sapere che la nipote girasse armata, Layton acconsentì alla ricerca, voltandosi quel tanto che bastava per riuscire a tastare la giacca granata di Tracey con le mani legate dietro la schiena.
«Non devi proprio chiederlo visto che potrebbe essere la nostra salvezza!» rispose lei a tono «Papà dice sempre che può essere utile!»
L’archeologo sospirò, ma questa volta fu segno di frustrazione più che di sollievo «Dovrò parlare con Matthew di come ti sta educando una volta che saremo usciti da qui.»
Tracey lasciò perdere le rimostranze dello zio gentiluomo rivolgendosi al ragazzino «Luke, riesci a trascinarti fino a qui? Dobbiamo cercare di liberarci!»
«Ci sto provando…!» asserì lui, spingendosi con le gambe sul pavimento, riuscendo pian piano a mettersi in ginocchio, raggiungendo con piccoli movimenti i due «Dobbiamo assolutamente fermare Descole!»
«Certo, deve ridarmi mia madre! Se non lo fa gli darò un calcio così forte da fargli volare via tutte le piume!»
Un piccolo sorriso illuminò il volto di Luke, divertito dall’immagine appena descritta dalla collerica Tracey «Eheh… andresti davvero molto d’accordo con Emmy!»
«Finito tutto questo me la farete conoscere!» restituì il sorriso all’amico, rivolgendosi poi più seriamente a Layton «Hai trovato il temperino, zio Hershel?»
Lui scosse il capo «No, temo che Descole sia stato previdente.»
«Tsk… dannazione!»
«Proveremo alla vecchia maniera. Giratevi, fatemi vedere come siete legati.»
«Sì!» Luke si sedette sulle ginocchia, mostrando i polsi ben stretti dalla robusta fune.
«Vuoi slegare uno di noi così che possa slegare gli altri?»
«Purtroppo temo di avere poca mobilità per riuscire a fare tanto, ma supponendo che i nodi siano gli stessi per tutti, vedendoli potrei riuscire a capire come liberarmi…» con piccoli movimenti delle dita e dei polsi per allentare la stretta l’archeologo armeggiò nella speranza di riuscire a riconquistare la libertà.
«Ci può riuscire davvero, Professore?»
«Forse, Luke! Sapete, mi ricorda un enigma ed è come risolverlo ad occhi chiusi.» disse a denti stretti, concentrandosi sulla risoluzione di quel singolare rompicapo.
La nipote scosse il capo incredula «A te tutto ricorda un enigma, zio Hershel.»
Dopo qualche minuto di faticoso lavoro i nodi ai polsi di Layton si allentarono quel tanto che bastava a permettergli maggior mobilità, e con qualche ultimo tocco si liberò come i migliori illusionisti.
«Ecco fatto.» si massaggiò i polsi, passando poi a liberare le gambe.
«Grande! Dai, slegaci!» incitò Tracey.
Con pazienza si rimise all’opera per liberare nipote e apprendista, riuscendo con meno difficoltà e in minor tempo a render la libertà anche a loro.
Luke si sgranchì le gambe alzandosi e facendo qualche piegamento sulle ginocchia «Perfetto! Grazie, Professore!»
«Ora dobbiamo solo capire come uscire dalla cantina.» la ragazza si guardò attorno, analizzando l’ambiente ed andando ad accendere la fioca luce pigiando l’interruttore in cima alle scale. Provò nuovamente ad aprire la porta, impugnando la maniglia, cercando di girarla, tirando e spingendo, ma questa non si mosse «Niente da fare.»
«Se la porta è sigillata come usciamo!?»
«Ah, la cantina ha una piccola finestrella che dà sotto al portico! Però è davvero stretta…» Tracey ridiscese i gradini, andando dritta alla sedia a dondolo, spostandola contro una parete ed usandola come supporto salendoci sopra, rischiando di farla dondolare troppo e cascare, ma riuscì a mantenere un certo equilibrio. Poco sopra di lei una piccola finestrella ad apertura scorrevole lasciava entrare un filo di luce dall’esterno attraverso una fessura sottile tra la superficie di vetro e quella di legno della pesante asse che la bloccava da fuori «E Descole ha chiuso pure questa.» riconobbe con rammarico e frustrazione.
Hershel Layton parve riflettere sul da farsi, osservando quel piccolo spiraglio di salvezza nella sua classica posa da risolvitore di enigmi esperto «Anche se riuscissimo ad aprirla non so se poi riuscissimo ad utilizzarla per uscire.»
«Mmh…» Tracey incrociò le braccia al petto, soppesando le possibili opzioni che avevano. Una fugace e piccola idea le balenò in mente «Qualcuno di abbastanza piccolo potrebbe passarci.» abbassò lo sguardo verso il giovane Triton.
«Che? Io? Dici, Tracey…?» lui sembrò un po’ perplesso.
Lei sorrise convinta più che mai «Oh sì, ne sono certa!» saltò giù dalla sedia a dondolo «La sfondiamo, tu esci e vedi se riesci a rientrare in casa, andrai alla porta del sottoscala, è da lì che si accede alla cantina, e ci dirai che cosa la blocca! Poi… improvviseremo!»
Luke la guardò sollevando un sopracciglio decisamente poco convinto «Non mi sembra un piano ben congegnato.»
«È il solo che abbiamo!»
Layton assentì «Tracey ha ragione, te la potresti sentire, Luke?»
Il bambino spostò lo sguardo dall’una all’altro. Entrambi contavano su di lui e sembrava davvero non ci fossero altri modi per liberarsi dalla prigionia dello scienziato. Raccolse il suo coraggio, si sistemò sulla testa il berretto azzurro e impolverato e annuì convinto «E va bene!»
Layton sorrise «Va bene. Ora pensiamo a quella finestra. Tracey, sposta la sedia e sistema al suo posto lo scrittoio, per favore.»
«Oh, in effetti potrebbe essere più stabile.» la nipote obbedì, trascinando contro al muro la vecchia e sgangherata scrivania.
Nel frattempo Layton smontò la lunga asta del lume dalla base, togliendo poi il paralume rovinato e la lampadina ormai fulminata.
«Questo dovrebbe andare.» salì con cautela sullo scrittoio che cigolò sotto al suo peso «State indietro.» intimò ai ragazzi, onde evitare che qualche scheggia potesse colpirli. Aprì la finestrella, piantò bene i piedi e impugnando l’asta di metallo con entrambe le mani indirizzò con un colpo secco un’estremità contro l’asse di legno inchiodata. Questa non si mosse, così riprovò ancora, ancora e ancora, cercando di colpirla vicino ai lati di modo da far allentare i chiodi che la tenevano bloccata.
Tracey lo osservava con attenzione, poi scosse la testa incrociando le braccia al petto «Poi si lamenta dei miei metodi.»
Dopo una serie di colpi ben assestati finalmente l’asse di legno cedette ruzzolando sotto la veranda del giardino.
Un sorriso soddisfatto si dipinse sul volto dell’archeologo.
Una sferzata di aria gelida entrò dall’apertura, facendolo stringere appena nelle spalle.
«Ottimo, ora tocca a Luke!»
«Vieni, forza.» Layton si accovacciò allungando una mano vero Luke, aiutandolo a salire «Pronto?»
«Prontissimo!»
Lo prese in braccio avvicinandolo all’apertura, dandogli una piccola spinta verso la libertà.
Luke strisciò fuori dalla finestrella, attraverso la quale passava al pelo e proseguì con la stessa andatura sul terreno freddo sotto il portico di legno. Dopo qualche metro sbucò nel giardino della dimora, ormai completamente imbiancato dalla neve.
«Aah! Me ne ero scordato!» si tirò su, spolverandosi le ginocchia e senza perdere tempo raggiunse i tre scalini che permettevano l’accesso al portico dal giardino. Le scarpe scricchiolarono nella neve, lasciando piccole impronte al suo passaggio, portando qualche sbuffo candido sul pavimento ligneo e bianco del porticato. Corse alla porta che dava direttamente al corridoio del sottoscala sperando di trovarla aperta e per fortuna così fu. Abbassò la maniglia ed entrò in casa, fermandosi poi di fronte alla porta della cantina.
«Oh, cavolo!» un grosso lucchetto era agganciato attraverso una spessa catena al chiavistello che chiudeva la porta e alla ringhiera delle scale poco sopra di essa «Abbiamo un problema! Un grosso problema!»
La voce ovattata del Professore Layton gli arrivò da oltre la porta «Cosa succede, Luke?»
«È tutto chiuso con un lucchetto e dubito che Descole abbia lasciato in giro le chiavi! Ed è anche assicurato alla ringhiera con una grossa catena!»
«Ma che, scherziamo!?» questa volta fu Tracey a parlare «Va bene, Luke ascolta! Va in camera mia, controlla sotto al materasso, dovresti trovare un piccolo astuccio di cuoio, sempre se Descole non abbia perquisito ogni centimetro e si sia preso anche quello, ma dubito che sapesse cosa cercare.»
«Un astuccio?»
«Sì, ci sono i miei attrezzi da scasso, dovrai aprire il lucchetto; cercherò di guidarti da qui!»
«Che cosa!? Perché hai degli attrezzi da scasso, Tracey!?»
Lei batté un pugno contro la porta per dare più enfasi alle proprie parole «Meno domande e più azione, vai, vai, vai!»
Intimorito dal risvolto caratteriale dell’amica Luke decise che non fosse il caso di perdere altro tempo e corse su per le scale «Vado, vado!»
 

 
La ragazza sospirò, appoggiando la schiena contro la porta e lasciandosi scivolare sul pianerottolo «Speriamo che funzioni… mh?» poi sollevò lo sguardo sullo zio, in piedi accanto a lei, che la fissava con cipiglio di rimprovero «Lo so cosa stai pensando!» assunse la stessa espressione accigliata cercando di imitarne la voce «Tracey, per quale motivo hai degli attrezzi da scasso?»
Hershel Layton continuò a fissarla in silenzio.
«Perché possono tornare utili, proprio come adesso, zio Hershel!» riprese con il suo solito tono «E tu allora mi chiederai: Come hai imparato ad usarli? E io ti risponderò…»
«Matthew.» la precedette l’uomo.
Tracey schioccò le dita in segno assenso «Risposta esatta, un altro enigma risolto, zio Hersh!» e gli rivolse un brillante sorriso.
Lui ce la mise tutta per mantenere l’austera cera da rimprovero, ma quella scenetta improvvisata gli aveva strappato un sorriso che faticava a reprimere. Non riusciva a restare arrabbiato con la nipote, nonostante disapprovasse certi metodi, e soprattutto disapprovasse che fosse proprio il padre a farle da modello. Come negare però, che in quella situazione critica la passione per le effrazioni di Matt e Tracey si stesse rivelando ben più utile di quanto potesse immaginare.
«Promettimi che non andrai contro la legge e che userai queste… abilità con parsimonia.»
La ragazza si mise una mano sul cuore «Giuro! Papà non mi insegna ad essere una criminale, ma ad aprire le porte della verità!»
«Letteralmente.» commentò aspramente l’archeologo «Allora spero che Descole non abbia trovato i tuoi attrezzi prima di Luke.» intanto si sedette accanto a lei.
«Non penso…» Tracey si fece più seria «Ci ho riflettuto mentre cercavo di sfondare la porta, sai. Quel Jean Descole deve aver preso il posto della mamma circa una settimana fa, come hai suggerito tu… perché mamma sapeva che ti avevo scritto per venire in nostro aiuto, ma quando ti ha visto nel soggiorno la prima volta era stupita, e ora ho capito perché.»
Layton seguì il suo ragionamento «Perché mi hai scritto quando tua madre ancora non era stata presa da Descole e lui era all’oscuro di questo dettaglio.»
«Avrei potuto avvelenarlo con il mio tè.»
La serietà con cui la giovane pronunciò quelle parole sorprese a tal punto Hershel che proruppe in una piccola risata «Oh, sarebbe stato un ostacolo inaspettato!»
«Già! Comunque, mamma non voleva che papà mi insegnasse queste cose… così le dicemmo che non lo avrebbe fatto e nascosi tutto. Inutile dire che mi istruì di nascosto.»
«Amelia era convinta che avessi desistito e Descole non può aver appreso il contrario. Non deve aver nemmeno avuto il tempo di perlustrare questa casa da cima a fondo, tra il recitare la parte di Amelia e le ricerche. Avevo qualche dubbio già da un po’, per questo ad Emmy ho lasciato il contatto della polizia di Awen, invece che quello di casa.» poi posò una mano sulla testa della nipote, dandole una carezza colma di affetto «Sono certo che tua madre stia bene. Per quanto i metodi di Descole siano deplorevoli e abbia l’abitudine di servirsi delle persone e di ingannarle, non fa veramente del male agli altri. Non ferì nemmeno la madre di Luke e il loro maggiordomo, e non credo abbia cominciato ora a farlo.»
Il gesto dello zio e le sue parole parvero rincuorare un po’ la ragazza, che gli rivolse un sorriso fiducioso «Prima o poi questa storia me la dovrete raccontare.»
«Con molto piacere.»
 
 

Luke Triton si lanciò in scivolata nella camera da letto di Tracey. Non ci era ancora entrato da quando era arrivato ad Awen per soggiornare lì assieme al Professor Layton, ma ad una prima occhiata rispettava pienamente il carattere della proprietaria.
Era abbastanza spaziosa per una sola persona; frontalmente alla porta vi era una finestra adornata con tende semitrasparenti di un delicato rosso corallo che permettevano così alla luce di entrare, illuminando il parquet scuro, che infondeva all’ambiente un aspetto accogliente. Sotto la finestra una scrivania era ingombra di libri, fogli e una macchina da scrivere, mentre la sedia posta di fronte ad essa sembrava servire più come appendice dell’armadio, che come postazione per sedersi, piena di vestiti com’era. Forse l’ordine non era nemmeno il punto forte della nipote del Professore, nonostante lo rimproverasse spesso. Il letto da una piazza e mezza se ne stava contro la parete alla destra della porta; lo adornava una testiera di metallo con spirali e ghirigori, mentre lenzuola e coperte ben ordinate lo rivestivano.
Il giovane Triton non perse tempo e raggiunse il giaciglio, infilando le piccole mani sotto al pesante materasso, cercando di individuare con il tatto l’astuccio di cuoio tanto agognato.
«Dove sarà…!? Spero ci sia…!» salì sul letto, raggiungendo il lato protetto dal muro, continuando nella frenetica ricerca, finché qualcosa non finì tra le sue dita. Strinse salda la presa ed estrasse la mano dal nascondiglio, portando alla luce un piccolo fodero di cuoio conciato scuro «Ah-ah!» lo aprì per esser certo fosse l’oggetto giusto e trionfante ridiscese di corsa le scale per tornare alla porta del sottoscala.
«Tracey! Ho trovato i tuoi attrezzi!!» esclamò a gran voce per esser certo di essere sentito.
La ragazza si destò, voltandosi verso la porta chiusa «Ottimo, Luke! Ti spiego velocemente come funziona il meccanismo all’interno del lucchetto, così puoi farti un’idea di cosa bisogna fare.»
«Ti ascolto, spero di capire…»
«Tranquillo, non è niente di impossibile. Dunque, quando inserisci la chiave nella serratura questa gira leggermente anche senza imporre troppa forza, esatto? Quello che gira è un cilindro, ma non fa molta strada se la chiave inserita non è quella corretta.»
Luke annuì «Sì, giusto.»
«Questo perché i denti della chiave corretta vanno a spingere nella giusta posizione dei piccoli pistoni collegati al cilindro e quando questi sono nella posizione giusta allora il meccanismo si attiva, il cilindro è libero e permette alla chiave di girare, facendo scattare la serratura. È tutto chiaro?»
«Penso di sì… non sembra troppo difficile.»
Tracey abbozzò un sorriso «Il bello arriva adesso, ragazzo mio!» esclamò ricalcando l’espressione spesso usata da suo zio nei confronti del bambino «Prima di tutto dobbiamo capire che grimaldello usare e di che dimensione… hai detto che il lucchetto è grande? Grande quanto?»
«Ah, be…» si sentì armeggiare con la pesante catena «Un po’ più della mia mano, ecco. Il buco della serratura non è sottile, è piuttosto largo.»
«Servirà un grimaldello di media dimensione, suppongo.»
Tracey spostò lo sguardo verso Layton, stupita della sua intromissione «Zio Hershel?»
Lui le restituì uno sguardo complice «Matthew sarà anche tuo padre, ma prima di tutto è mio fratello, pensi che non conosca i suoi metodi? Provò ad istruire anche me.»
La ragazza sorrise «Oh-oh, mi dovrai raccontare anche questa!» poi tornò a comunicare attraverso la porta di legno «Vada per un grimaldello di medie dimensioni, Luke!»
«E via di mezzo sia… ma Tracey, questi cosi hanno punte diverse, quale uso?» chiese, mentre frugava nell’astuccio cercando di raccapezzarsi.
«Mmh… la punta seghettata potrebbe essere la soluzione più rapida, ma al contempo potrebbe anche complicarci le cose, finendo con lo spostare contemporaneamente più pistoni e nei punti sbagliati… andiamo sul semplice, prendi la punta ad uncino! Il grimaldello ricurvo!»
«Credo di averlo trovato! Certo che sei una vera esperta…»
«Ovvio! Le porte della verità mica si aprono da sole e quando non ti danno le chiavi bisogna arrangiarsi!» sentenziò citando chiaramente il dire di suo padre «Ora, prima di usare il grimaldello devi inserire il tensore. Come te lo descrivo… è una sorta di piccola leva metallica, piegata alle estremità. Capito?»
Luke si rimise a frugare tra gli attrezzi «Una leva metallica… l’unica senza una punta strana, credo di averla trovata!»
«Ottimo! Ora inseriscila nella serratura applicando una leggera pressione. Questo ci permetterà di lavorare con il grimaldello, ma ricorda, deve stare sempre in tensione, o i pistoni non si spostano.»
Al piccolo cominciarono a sudare le mani, più che nervoso «C-ci provo!» fece come detto dalla ragazza, cercando di mantenere la giusta pressione sul tensore «Adesso?»
«Ora devi avere pazienza, lavorare con calma e ascoltare la serratura. Inserisci il grimaldello e con la punta cerca di spingere i pistoni nella loro posizione… dovresti sentire un ‘clic’ quando questi sono incastrati, e potresti sentire anche una leggera vibrazione dello strumento, significa che stai andando bene. Ora, non so quanti pistoni ci possano essere in quel lucchetto, ma una volta incastrati tutti il meccanismo di apertura si attiverà!»
«Clic, va bene…» con mano tremante Luke inserì il grimaldello, cercando di seguire le istruzioni dell’esperta, muovendo pian piano la mano e restando in ascolto dei suoni meccanici del lucchetto.
Non gli sembrò più così facile come aveva detto. Si trattava di un lavoro di estrema precisione e cura, quasi quanto intagliare del legno, realizzare un dipinto, una scultura o comporre una sinfonia celestiale. A modo suo anche Tracey aveva messo mano al mondo artistico tipico di quel borgo, maturando un’arte tutta sua.
Il grimaldello cadde un paio di volte dalle dita di Luke e dovette ricominciare da capo. Fece un profondo respiro per mantenere i nervi saldi e l’animo calmo e si rimise all’opera.
«Luke?» lo chiamò Tracey dopo un po’.
«S-sì?»
«Non preoccuparti, fa con calma. Non è semplice, soprattutto se non hai mai provato prima, ma non pensare di agire in fretta per liberarci, piuttosto prenditi il tuo tempo e anche se non riesci al primo tentativo non demordere. Vedilo… come un enigma da risolvere! Alla fine una serratura non è altro che un rompicapo di cui normalmente abbiamo la soluzione in tasca.»
Le parole di incoraggiamento dell’amica colpirono il giovane Triton, lasciandolo per un istante in silenzio, in ascolto.
«Hai ragione, Tracey. Non l’avevo vista così, ma è proprio come dici… questo è un enigma da risolvere e non deluderò né te né il Professor Layton!» rinfrancato nello spirito e carico di grinta si rimise ad armeggiare, concentrandosi al massimo delle sue energie.
L’archeologo rivolse lo sguardo alla nipote «Credo tu l’abbia spronato al meglio, brava.»
Lei sorrise «Ho solo detto il vero!»
Un clic dopo l’altro, Luke fece scattare i vari pistoni, arrivando a contarne sette, e con l’ultimo, dopo tutti i suoi sforzi, il cilindro della serratura scattò e il lucchetto si aprì.
«Ah! Ce l’ho fatta…» osservò la sua impresa incredulo, poi velocemente tolse la catena dal lucchetto, aprendo la porta della cantina «Ci sono riuscito, ho scassinato una serratura!» esultò saltando sul posto appena rivide Tracey e Layton.
«Sei stato bravissimo, Luke!» si complimentò Tracey battendogli il cinque con la mano sinistra.
«Non è stato un atto proprio da gentiluomo, ma direi che viste le circostanze possiamo anche chiudere un occhio. Ottimo lavoro, Luke.»
«Eheh, grazie Professore!»
La ragazza raccolse i suoi strumenti, mettendo l’astuccio di cuoio nella tasca dei pantaloni.
Hershel Layton andò a raccogliere dal pavimento della cucina la tuba, le diede una spolverata e la rimise al suo posto, tornando ad essere l’elegante gentiluomo di sempre.
«Adesso andiamo a fermare Jean Descole!» proruppe Tracey, serrando con forza un pugno all’altezza del petto.
«Sì, ma dov’è andato Descole?» domandò giustamente Luke.
L’entusiasmo della ragazza venne smorzato sul nascere «Ah… n-non ne ho idea, Luke caro.» ammise, con un mezzo sorriso imbarazzato.
«È vero, non lo sappiamo. Ma abbiamo tutti gli elementi necessari per capirlo.» disse Layton, porgendo le rispettive borse ai due ragazzi, abbandonate anch’esse assieme alla tuba quando persero i sensi.
«Grazie, zio.» controllò subito se il frammento recuperato dal ponte fosse ancora lì, ma ovviamente era sparito assieme al farabutto mascherato.
«Intende le rune?»
L’archeologo annuì «Consultiamo i tuoi appunti, Luke. Sono certo che ci chiariranno le idee.»
«Oh, giusto!» prese subito il suo fidato quaderno, sfogliandolo velocemente fino alle pagine di loro interesse.
Tracey lanciò un’occhiataccia all’uomo, incrociando le braccia al petto «Ho nuovamente la sensazione che tu sappia qualcosa che noi non sappiamo, ma questo non è il momento di mettersi ad insegnare, zio Hersh!» lo riprese aspramente.
Lui non perse la calma «Non preoccuparti, ragazza mia. Sono certo che troverete la soluzione di questo mistero in un batter d’occhio.»
«Ecco le rune! Abbiamo amore, spirito, corpo, saggezza, mente e verità.»
«Splendide parole, ma non mi suggeriscono nulla.»
«Cosa pensate che si venga a comporre unendo i cinque frammenti?»
«Mmh…» Luke osservò attentamente i suoi schizzi «L’ultimo non ho fatto in tempo a disegnarlo, ed era l’unico che avevamo per le mani.»
«Me lo ricordo io, aveva solo una parte circolare, con il bordo decorato e si intravedeva una sorta di barra rettangolare, che…» Tracey si bloccò, sgranando gli occhi e restando a fissare un punto non ben definito a bocca aperta.
«Hai capito, vero?»
Lei prese lo zio per le spalle strattonandolo con forza «Ho capito cos’è!! So di cosa si tratta, zio Hershel!» esclamò preda di una febbrile eccitazione.
«Benone, ma calmati, su…!» Layton dovette sorreggere la tuba prima che i forti strattoni della nipote rischiassero di farla volare via dal suo capo.
«Spiegalo anche a me, Tracey!»
«Luke, è una cosa che abbiamo avuto sott’occhio per tutto il tempo!» gli prese di mano quaderno e penna senza troppi complimenti e appoggiandosi al tavolo da pranzo si mise a scarabocchiare su una pagina, poi mostrò ai due ciò che aveva realizzato.
Un cerchio dal bordo decorato, al cui interno vi erano tre punti, dai quali scaturivano tre scie rettangolari.
«Questo è Awen! Il simbolo di Awen, ma anche Awen stesso!»
Hershel annuì «Awen, il soffio dell’ispirazione all’animo dell’artista.»
Luke parve quasi incredulo «È davvero stato sotto ai nostri occhi per tutto il tempo, è ovunque nel borgo…»
«E due chiavi di lettura di questo simbolo ci riportano alle nostre rune. Il soffio dell’ispirazione infonde saggezza alla mente, amore al corpo, e verità allo spirito.» spiegò l’accademico.
«Tutto torna!» esclamò Tracey, soffermandosi poi a osservare il disegno «Ma… non ci dice dove sia andato Descole con questi frammenti di Awen!»
«Rifletti bene, Tracey. C’è qualcosa che fa riferimento al soffio dell’ispirazione di Awen e lo conosci molto bene.»
«Qualcosa, dici…» si accigliò riflettendo, cercando di raccogliere a sé ogni ricordo che potesse aiutarla.
«Il soffio dell’ispirazione.» il piccolo apprendista sfogliò qualche pagina andando indietro nella cronologia dei suoi appunti e delle giornate «Che il soffio dell’ispirazione vi immerga nella ricerca della conoscenza, vi innalzi in cerca della giustizia e…»
La ragazza continuò al posto suo «Vi sostenga come l’ideale più puro. Luke, ti sei appuntato il motto della mia scuola?»
«Ogni cosa può essere utile e nulla va escluso. Giusto, Professore?»
Layton sorrise «Esattamente, ragazzo mio. Ed è proprio il motto che ci offre un ulteriore indizio. Vedete… Awen, la sua rappresentazione simbolica e Inis witrin, sono collegate a doppio filo, e come ho già detto nulla in questa storia è lasciato al caso.» come ultimo punto prese dalla propria agenda la mappa ricalcata dai ragazzi e la mostrò loro capovolgendola «Avete detto che sembra un albero.»
«Sì, esatto… le strade sono i rami, la via principale che parte dalla piazza della statua di Morgana il tronco e le vie che portano al castello le radici…» Tracey sollevò lo sguardo dalla mappa allo zio, vedendo come questi le rivolse uno sguardo complice, come se la stesse invogliando a proseguire nel ragionamento, evidentemente arrivata ad un passo dalla soluzione. Tornò a concentrarsi sulla mappa capovolta, spostando le iridi onice sulla sua superficie, alla ricerca della comprensione del quadro generale che ancora le sfuggiva.
«A doppio filo, hai detto… Il motto fa riferimento ad Awen… le rune al simbolo di Awen, ma… la mappatura stradale del paese fa riferimento ad un albero, questo come si collega alla scuola?»
«Ti aiuto, Tracey.» intervenne Hershel «Awen ha una terza chiave di lettura. Questo simbolo racchiude in sé l’energia di tre elementi molto importanti nella cultura celtica. L’acqua, la terra ed il cielo.» concluse, indicando sulla mappa dapprima le strade che portavano al castello, poi quella maggiore che partiva dalla piazza, ed infine le vie che si dipanavano per il borgo.
La ragazza colse a cosa si stesse riferendo e con un lampo di realizzazione nello sguardo additò la mappa «L’albero…! Il motto non fa riferimento solo al soffio dell’ispirazione, ma anche all’albero della vita, altro simbolo celtico! Le radici prendono il sostentamento dall’acqua, il tronco si distacca dalla terra e i rami si innalzano nel cielo.»
Questa volta fu Luke a concludere il discorso di Tracey «E l’albero della vita è rappresentato dall’arazzo nella sala comune della scuola!»
I due si guardarono «Lì è andato Descole, al castello!»
Hershel Layton annuì «Ottima deduzione. Ora non ci resta che raggiungerlo.»
«Sì! Ma ci metteremo una vita ad arrivare al castello, ora che saremo lì Descole se ne sarà già andato…»
«Oh, non disperare Tracey. Prenderemo una scorciatoia.»
La sicurezza tanto ostentata dallo zio incoraggiarono la giovane, anche se non poté fare a meno di preoccuparsi, chiedendosi che cosa potesse avere in mente.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 8: L'ULTIMA PROTEZIONE ***


La Laytonmobile raggiunse dopo un abile manovra di drift il confine naturale del borgo di Awen, sbandando leggermente, ma riprendendo subito il controllo, lasciando che le ruote aderissero perfettamente al terreno inclinato che fa da cornice al bacino prosciugato.
Il professor Layton cambiò marcia, pigiò l’acceleratore aumentando la velocità della vettura; uno scossone fece sobbalzare appena l’abitacolo, ma senza scomporsi mantenne la direzione presa e sorresse anche la tuba.
Tracey, seduta sul sedile del passeggero, si aggrappò ad esso con tutte le sue forze, grata di aver allacciato la cintura di sicurezza. Lo sguardo terrorizzato fisso sulla strada inclinata.
«Questa non è una scorciatoia, zio Hershel!!»
«Punti di vista.» disse serafico «Spesso per risolvere un problema bisogna trovare una soluzione fuori dai comuni schemi logici.»
«Questo supera anche gli schemi stradali, Professore!» commentò Luke dal sedile posteriore.
«Se lo racconto a papà non ci crede…»
«Ricorda, cara nipote. Un gentiluomo fa sempre ciò che serve. Ora reggetevi!» sterzò il volante schivando magistralmente un masso incastonato nel terreno senza rallentare la corsa.
«Aaah!»
Il paesaggio sbilenco del borgo sfrecciava accanto a loro mentre l’automobile rossa macinava un metro dopo l’altro, seguendo quel circuito improvvisato. Il promontorio dove sorgeva il castello si stagliò all’orizzonte in tutta la sua maestosità, sormontando come un antico guardiano i tetti e le piazze del paese.
Per fortuna la neve sembrava non aver attecchito particolarmente lungo quel percorso, ma se così non fosse stato Tracey e Luke dubitavano che sarebbe bastato quel piccolo ostacolo a fermare la guida del Professor Layton.
«Zio Hershel…» intervenne Tracey.
«Sì?»
«Il promontorio non è attaccato al bordo del bacino, lo sai?»
«Vorrà dire che dovremo fare una piccola deviazione.»
Senza scomporsi e senza perdere il sangue freddo, l’archeologo guidò la propria vettura verso la base del pendio, pericolosamente vicino ad alcune abitazioni limitrofe di quella zona del villaggio.
«Zio Hershel, le case! Ci sono le case!» sbraitò Tracey colta dal panico.
«Lo so.» si limitò a rispondere lui, osservando attentamente il percorso. Sterzò lasciando che la Laytonmobile sobbalzasse prima di rimettere le ruote a terra, sul selciato innevato questa volta, e con un’abile sequenza di frizione, cambio, freno a mano e acceleratore riuscì ad imboccare una viuzza non troppo stretta evitando di slittare sulla neve, senza arrecare un solo graffio alla carrozzeria.
«I muri!!» istintivamente Luke si coprì il volto con le braccia.
Tracey non riusciva a staccare gli occhi dalla strada, come ipnotizzata dalle inaspettate prodezze da pilota dello zio.
Sfrecciarono lungo un vicolo costeggiato da ambo i lati da abitazioni e negozi, sbucando in una piazzetta che permise al professore di avere un’idea più chiara su quale direzione prendere per raggiungere l’isola rocciosa. Riprese la corsa, buttandosi nuovamente in un’altra via, tra paesani sconcertati che si scansavano al rombate passaggio dell’insolita automobile.
Dopo un altro paio di spericolate svolte si lasciarono alle spalle il centro abitato, mentre il bolide si lanciò in una sorta di impennata lungo il pendio scosceso del promontorio, arrancando ma senza cedere di un solo metro.
La concentrazione massima di Layton gli permise di superare anche quest’ultimo ostacolo senza eccessiva difficoltà, raggiungendo la cima in breve, sbucando vicino al lato del castello. Da lì fu semplice, come una scampagnata per le allegre campagne inglesi. Con un ultimo sprint raggiunse la facciata frontale del castello, fermando l’auto e spegnendo il motore.
«Arrivati.»
«È stato incredibile!» commentò Luke.
«Concordo… non so se sia un’esperienza che voglio ripetere!»
 
 

Entrarono di corsa nel castello, i passi concitati rimbombavano contro le fredde pareti di pietra mentre precedevano spediti verso la sala comune della scuola. Non vi era nessun’altro oltre a loro, né studenti né personale scolastico, e non sapendo contro cosa si sarebbero dovuti scontrare poteva essere solo un bene.
Superarono le grandi porte di legno della sala e subito fu visibile il passaggio di Jean Descole. Il grande arazzo verde smeraldo raffigurante l’albero bianco che troneggiava sulla parete corta era a terra, malamente piegato su se stesso, come un vecchio lenzuolo da buttare.
Layton, Luke e Tracey raggiunsero la parete, camminando tra le fila di tavoli e panche che ingombravano lo spazio della sala.
«Non c’è niente, nessun punto dove ricomporre il simbolo di Awen.» appurò Tracey osservando la fredda e nuda pietra.
«Siamo sicuri che il punto esatto sia questo?» domandò Luke perplesso.
«Sì, il punto è questo. Osservate qui.» Hershel Layton attirò l’attenzione dei ragazzi sul pavimento. Passò le dita su dei lievi solchi che ne avevano intaccato la superfice liscia, partendo da un punto della parete corta e terminando verso un altro, formando un perfetto semicerchio «Descole deve aver attivato un meccanismo che ha fatto ruotare parte di questo muro.» spiegò, indicando l’arco segnato a terra.
«Ho capito, c’è un passaggio segreto… ma se ora il meccanismo è dall’altra parte come facciamo ad attivarlo!?»
«Questa è una bella domanda, Luke.» l’archeologo spostò lo sguardo nella sala, osservando i vari elementi che la componevano, cercando qualche indizio che avrebbe potuto aiutarli.
«Zio Hershel.»
«Sì?» si volse verso la nipote che se ne stava in piedi davanti a lui, con il naso all’insù.
«Credo di avere la soluzione al nostro problema, ma non so se ti piacerà.»
Seguì la direzione del suo sguardo, e in alto, appeso al soffitto del salone da quattro grosse catene che lo agganciavano ad altrettanti rispettivi punti per sorreggerne l’imponente peso, pendeva un lampadario circolare di ferro battuto pieno di candele.
Hershel Layton capì in un’istante le intenzioni della nipote «Non vorrai…!»
«Usiamo il lampadario per sfondare il muro!»
Luke la guardò esterrefatto «Cosa vuoi fare!?»
«Non abbiamo molte altre alternative, o sbaglio? Se questo muro gira su se stesso significa che non dovrebbe essere troppo spesso, così da come si può vedere dai segni lasciati a terra. Il lampadario non è appeso troppo in alto dato che l’illuminazione delle candele non è potente come quella di lampadine elettriche, così è ad una media altezza e se riuscissimo a sganciarlo dalle catene più esterne cadrebbe retto solo dai ganci interni e oscillando sbatterebbe contro la parete, frantumandola, se siamo fortunati.»
Il ragionamento filava, eccome se filava. Layton ponderò la situazione, cercando di immaginarsi il piano esposto da Tracey, valutando cosa sarebbe potuto eventualmente andare storto. Sganciare le catene sarebbe già potuto essere di per sé un problema, il peso eccessivo del lampadario avrebbe potuto farlo cascare direttamente a terra prima che oscillasse abbastanza da colpire la parete. Sarebbero potuto cadere e ferirsi seriamente. Vale la pena correre questi rischi?
«Zio Hershel, possiamo farcela!» incitò lei, riportando al presente la mente dell’archeologo «Salendo sulla tavolata centrale e magari aiutandosi con una panca per essere più in alto possiamo cercare di legare degli stendardi al lampadario da usare come corde per arrampicarci. Prendiamo le lance di quelle armature e le usiamo come leve per spezzare la catena, ce la possiamo fare!»
«È molto rischioso, Tracey.»
«Lo so, ma si tratta di fermare quell’invasato e ritrovare poi mia madre e sono pronta a correre ogni rischio possibile!» sostenne senza alcun cedimento lo sguardo serio e preoccupato dello zio, restituendo una scintilla di determinazione mai vista prima.
Non l’avrebbe mai fatta desistere, lo sapeva. E dopotutto che alternative avevano?
Le posò una mano sulla spalla «D’accordo, Tracey. Facciamo a modo tuo, ma promettimi di fare attenzione.» spostò poi lo sguardo sul bambino «Anche tu, Luke.»
La ragazza annuì «Certo, te lo prometto.»
«Anche io, Professore! Non si preoccupi, siamo usciti da situazioni peggiori!»
«Mh. Mettiamoci al lavoro, allora.»
Il Professor Layton staccò dalla parete del corridoio tre lunghi stendardi decorativi legandoli assieme saldamente, in modo da ricavare una corda artigianale. Come suggerito da Tracey sfruttò sia un tavolo che una panca, spostandola sopra di esso, per avvicinarsi il più possibile al lampadario e lanciò oltre il bordo circolare la fune colorata, annodandola e assicurandosi che fosse stabile.
«Dovrebbe reggere.»
I ragazzi presero le picche dalle due armature sistemate ai lati dell’arazzo ormai abbandonato a se stesso e raggiunsero il professore.
Luke porse l’arma impropria al mentore «Ecco!»
«Grazie. Salite prima voi, io sarò subito dietro.»
«Va bene. Luke, te la senti di andare per primo? Una volta arrivato in cima raggiungi l’aggancio della catena a destra.»
«Capito!» agilmente iniziò ad arrampicarsi, mentre Layton per dare una maggior sicurezza teneva la fune ben tesa dal basso.
Tracey lo seguì poco dopo, tenendo in una mano la lancia, senza badare al dolore al palmo ferito e raggiunse a sua volta il lampadario. Lei e Luke si sedettero a cavalcioni sul bordo circolare, tenendosi con le mani in avanti, spostandosi pian piano fino a raggiungere un punto a cui era collegata la catena.
Layton salì a sua volta, andando a posizionarsi alla catena di sinistra rispetto a dove erano saliti. La parete da abbattere era proprio alle loro spalle.
«Pronti?»
«Pronti!»
Infilarono le aste delle armi tra due anelli della catena. Luke e Tracey avrebbero fatto forza assieme, mentre l’archeologo avrebbe dovuto contare solo sulle sue capacità.
«Ricordate di tenervi appena le catene saranno spezzate. Tre… due… uno… via!»
Al segnale di Layton fecero leva con tutte le loro forze esercitando tensione sugli anelli per spezzarli.
Le maglie delle catene erano robuste proprio come sembravano e non cedettero nemmeno di poco, mentre la fatica iniziava a farsi sentire nelle membra e sui volti di Layton, Luke e Tracey.
Riprovarono dopo un altro conto alla rovescia per essere il più coordinati possibile, ma ancora la resistenza imposta dal duro metallo rendeva vano ogni sforzo.
«Gggh…! Non mi sento più le braccia!»
«Non demordere, Luke! Ce la dobbiamo fare!» incitò Tracey a denti stretti, continuando ad esercitare pressione sulla leva.
«Ancora una volta, coraggio!» Hershel impugnò saldamente la lancia, cercando di non farla scivolare dai palmi sudati «Tre… due… uno…!»
Si sentì uno scricchiolio metallico e quasi contemporaneamente le due catene si spezzarono.
Il pesante lampadario si inclinò, lasciando che la gravità agisse sulla propria massa, infondendogli il moto oscillatorio tanto agognato da Tracey.
«Attenti!» Layton si aggrappò al bordo circolare per non essere sbalzato via dalla perdita di equilibrio e calcolando il momento giusto lasciò la presa, rotolando lungo il tavolo di legno.
Tracey ebbe i riflessi abbastanza veloci da afferrare Luke con una mano e la catena rimasta agganciata al soffitto con l’altra, lasciando cadere l’arma.
Il lampadario si schiantò contro la parete, abbattendo le pietre che la componevano, poco spesse e resistenti, proprio come aveva brillantemente dedotto la nipote del professore.
«Ha funzionato!» esultò Tracey, appesa al soffitto.
«Aaah! Come scendiamo!?» Luke le si era avvinghiato addosso per la paura di precipitare nel vuoto.
«Zio Hershel!! Al volo!!»
L’accademico sollevò il capo, vedendo i ragazzi così in alto che per un istante gli mancò il fiato «Ah! Aspetta…!»
La ragazza lasciò la presa sulla catena, lasciandosi cadere assieme al bambino.
Layton corse sotto di loro, allargando le braccia, riuscendo a prenderli attutendo la caduta.
«Aah! Professore!!» liberatosi di tutta l’adrenalina, la paura per il folle gesto prese il sopravvento sul piccolo Luke, che abbracciò di getto il proprio mentore cercando conforto.
Tracey, più fiduciosa dei suoi calcoli e della prontezza di spirito e riflessi dell’uomo, si limitò ad alzarsi spolverandosi gli abiti e aggiustando per bene il berretto in testa «Ottima presa, zio Hersh!»
Dal canto suo l’archeologo si sollevò, aggiustando la tuba e consolando Luke con un’amorevole pacca sulla schiena «Ragazza mia, non provarci mai più…»
«Questo non lo raccontiamo a mamma e papà, eh!»
«Decisamente no… andiamo, forza. Vieni Luke, sei sano e salvo, non preoccuparti.» lo rincuorò.
L’apprendista si passò una manica sul viso, asciugando le calde lacrime che erano spuntate agli angoli degli occhi «Sì, mi scusi… sono pronto per proseguire!»
«Sicuro?»
«Mh!» poi lanciò un’occhiataccia all’amica «Sei un pericolo pubblico, Tracey Layton!»
Lei puntò i pugni sui fianchi «Come sarebbe, ti ho salvato e protetto!»
«Mi hai spaventato!»
«Scusa!»
Mentre il battibecco tra i due andava avanti, Hershel Layton si avvicinò alla parete abbattuta, scavalcando qualche maceria e facendo attenzione a non sbattere la testa contro il lampadario penzolante. L’intercapedine larga circa un metro portava a una serie di gradini che proseguivano verso sinistra, sempre più in basso, andando così in profondità che era impossibile scorgerne la fine. Le pareti lisce accompagnavano verso la discesa e una serie di fiaccole posizionate ad intervalli regolari segnavano il percorso. Il primo supporto era vuoto, segnale che qualcuno aveva portato con sé la prima torcia come fonte di luce.
«Ragazzi. Proseguiamo.»
 
 

Dopo aver acceso una fiaccola con l’aiuto di alcuni fiammiferi, Layton, Luke e Tracey iniziarono la discesa verso l’ignoto, in quella zona oscura e misteriosa del castello.
Il Professore procedeva avanti, illuminando la via. Tracey, subito dietro di lui affiancata da Luke, decise di portarsi dietro una lancia, perché a suo dire non si poteva mai sapere cosa avrebbero trovato ed era meglio mostrarsi preparati a tutto.
Man mano che scendevano, facendo un paio di svolte, l’aria si faceva sempre più umida e fredda, e la pietra risultava essere meno lavorata, più grezza.
«Se continuiamo così raggiungiamo il centro della Terra!» esclamò Tracey.
«È un antro molto profondo, senza dubbio. Probabilmente va molto in profondità nell’isolotto, se non ancora più giù. Probabilmente abbiamo già superato le fondamenta del castello e le sue segrete.» spiegò Layton.
«Spero solo di non dover rifare tutti questi scalini al ritorno…» sospirò amaramente Luke.
Quel pensiero avvilì anche la ragazza «Oh no, sarebbe una fatica immensa…! Dopo tutto quello che abbiamo fatto, poi!»
La discesa proseguì per qualche altro minuto, o così almeno parve loro, senza avere segni evidenti dello scorrere del tempo non avrebbero saputo definire quanto ci misero a toccare finalmente l’ultimo gradino.
Il bagliore caldo e tenue della torcia rischiarò una sorta di anticamera ricavata nella roccia nuda, ove solo l’arco che introduceva alla sezione successiva sembrava essere passato sotto le mani esperte di maestri artigiani; era ben rifinito, la pietra intagliata finemente e in alto, nel suo punto più alto troneggiava nuovamente il simbolo di Awen, assieme ad una scritta runica.
«Cosa c’è scritto, Professore?»
L’archeologo studiò con attenzione le incisioni «Se ho tradotto bene, la scritta recita: ‘La resurrezione attende la fine dell’eterno riposo, quando il dono sarà restituito’
«Criptico…»
Attraversato l’arco si aprì dinnanzi a loro una vasta sala scavata anch’essa nella dura roccia, grezza e spigolosa. Le pareti erano adornate da antiche spade affisse su di esse, incrociate, ed altre fiaccole accese ad illuminarne la superficie, mentre quattro armature erano poste agli angoli, rivolte verso il centro, come silenziosi ed eterni guardiani del pregiato sarcofago che lì si ergeva. Imponente, interamente in granito ad una prima occhiata, intagliato con sapienza. Sul coperchio era stata ricavata la raffigurazione di un uomo in abiti medievali regali, in posizione di eterno riposo, con le mani giunte al petto. I lati del sepolcro invece raffiguravano seggi eleganti, rivolti verso una tavola rotonda, ognuno con una spada assicurata nella propria guaina agganciata allo schienale della seduta. Quattro di essi erano sui lati lunghi, mentre due su quelli corti. Il soffitto, alto circa tre metri, era anch’esso ruvido e lavorato grezzamente, come se chi ci mise mano non avesse voluto privare la natura della sua unica e semplice bellezza.
In piedi di spalle, accanto a quell’inviolata tomba, svettava l’enigmatica figura di Jean Descole.
Layton e i ragazzi fecero qualche passo all’interno della grotta.
«Zio Hersh, quella è…»
«Possibile.» osservò il sepolcro, spostando poi lo sguardo sull’uomo mascherato.
Questo parlò dando loro le spalle «Avrei dovuto immaginare che tutte le mie precauzioni non sarebbero bastate a ostacolarti, Layton.» si voltò verso i nuovi venuti «Speravo di poter concludere il mio lavoro con calma, ma devo aver sottovalutato le tue abilità e quelle dei tuoi aiutanti.»
«Qual è il tuo scopo questa volta, Descole?» lo interrogò Layton «Hai trovato il luogo dell’eterno riposo del leggendario Re Artù, ma per cosa?»
L’altro gli rivolse un ghigno sprezzante «Ah! Come sarebbe per cosa? Non puoi negare che questa sia una delle scoperte archeologiche più importanti della storia!»
«Non lo nego, ma a che prezzo? Hai gettato nel panico un intero villaggio. Probabilmente se il meccanismo di difesa della Fata Morgana fosse stato attivato tempo addietro avrebbe avuto un effetto ben più devastante rispetto a ciò che abbiamo visto. Mi chiedo comunque perché agire così nell’ombra, Descole? Perché prendere di mira Amelia?»
Lo scienziato strinse i pugni sotto al mantello dalle tinte cupe «Tsk, come agisco e perché non è affare che ti riguarda. Questo è il mio metodo e la cara Amelia era solo la persona giusta nel luogo giusto. Esperta storica si stava informando sulle leggende di questi luoghi e quale ruolo migliore per agire che nei panni di un’insegnante dal profilo più comune che esista.»
«Hai vissuto con me per due settimane e non mi sono accorta di nulla… è inquietante!»
«Non prendertela con me se hai scarso spirito di osservazione, ragazzina. Se avessi saputo che avevi già contattato Layton mi sarei occupato anche di questo.»
«Gh…!» il solo pensiero di finire tra le mani di quell’assurdo individuo fece rabbrividire Tracey, ed istintivamente strinse la mano di Layton.
«Hai considerato l’idea di lasciar perdere questa ricerca?» proseguì l’archeologo.
«E perché mai?»
«Forse un luogo protetto con così tanta arguzia e attenzione è meglio rimanga segreto e indisturbato.»
Il ghigno sfacciato di Descole proruppe in una risata «Ormai quel che è fatto è fatto e ci troviamo tutti qui! Pensaci, se non avessi affrontato io questa ricerca lo avrebbe potuto fare qualcun altro e magari anche con metodi peggiori dei miei!»
Hershel Layton si accigliò «Cosa intendi dire?»
«Niente che ti debba riguardare.» Descole lasciò cadere il discorso. Fece qualche passo verso il sarcofago, passando le dita lungo le rifiniture del coperchio «Come ho detto ormai siamo qui, non conta altro. Ma sappi che reclamerò mia questa scoperta, ne ho il diritto!» inveì contro l’accademico.
«Come vuoi.» il Professore non parve dar troppo peso a quale nome o pseudonimo mettere accanto al ritrovamento, la sua attenzione venne più che altro attirata sul sepolcro, notando un particolare che fino a quel momento gli era sfuggito. Le mani giunte della riproduzione granitica nel leggendario sovrano erano poste sull’elsa di una spada inguainata adagiata lungo la sua figura.
«Fatemi dunque la cortesia di sparire.»
«Prima dimmi dove si trova mia madre! E ti conviene rispondermi!» proruppe Tracey agitando la punta della lancia corta verso Descole.
«Attenta con quell’arma, potresti farti male, ragazzina. Abbassala, non serve minacciarmi. Tua madre sta dormendo in un ripostiglio in cima alla torre ovest del castello. Va pure a liberarla.» le fece segno con la mano di andarsene.
«È la verità?» non le parve possibile che fosse stato così facile ottenere quell’informazione.
«Non so quanto ci sia da fidarsi, Tracey!» la mise in guardia Luke, di suo molto prevenuto nei confronti dell’uomo mascherato.
«Certo che è la verità, così almeno mi libero di voi!» Jean Descole iniziava a perdere la pazienza, già abbastanza scarsa in partenza, ma le provocazioni dei ragazzi non lo aiutavano certo a mantenere la calma. Deciso a chiudere in fretta la faccenda allungò una mano verso la spada conservata sulla tomba «Per una volta non intralciatemi e lasciatemi prendere ciò che è mio di diritto!»
«Descole, aspetta!» lo ammonì Layton facendo un passo verso di lui «Non toccare quella spada.»
«E perché mai!?»
«Hai fatto tutto questo non solo per la scoperta in sé, esatto? Stavi cercando Excalibur, la leggendaria spada magica dalle proprietà curative.»
«Sì, hai indovinato anche questa volta, Layton.»
«E non ti sembra troppo facile? Ogni indizio per trovare questa cripta era ben nascosto e occultato… e la spada invece sarebbe stata lasciata in bella vista?» L’archeologo fece qualche passo attorno al sarcofago, portando una mano sotto al mento, riflettendo «Penso sia stato fatto il possibile per celare il luogo dell’eterno riposo del Sovrano, tanto che il solo modo per accedervi consiste nell’attivare le trappole piazzate apposta per far desistere chiunque dal provarci.» chiuse gli occhi, scuotendo appena la testa «No, non quadra.» tornò poi a guardare Descole «Temo possa trattarsi di un altro tranello.»
Tracey e Luke si scambiarono un’occhiata ansiosa. Possibile che il professore avesse ragione, oppure stava solo cercando di far desistere Descole dall’impossessarsi di un antico ed inestimabile reperto?
Celato dietro la mascherina bianca lo sguardo dello scienziato si fece tagliente, puntato dritto contro il famoso archeologo. Non poteva credere a quel patetico tentativo di ostacolarlo, non dopo tutta la fatica che aveva fatto, non di nuovo. Aveva fatto il possibile per giungere fino a lì e per tenere Layton fuori dai piedi, e nonostante ogni suo sforzo quella frustrante situazione continuava a ripetersi, volta dopo volta, scontro dopo scontro.
Adesso basta, era determinato a scrivere la parola fine a questa condizione.
Senza ulteriori indugi afferrò la guaina della spada «Non ho intenzione di starti ancora a sentire, Layton!» e sottrasse l’arma dal suo giaciglio, sfoderandola con un teatrale gesto.
«No, un momento…!» Layton non fece in tempo ad opporsi e prima di poter dire altro un lieve tremito scosse le pareti e il soffitto della cripta, facendo scendere sopra le teste dei presente microscopici granelli di terra e roccia.
«Cos’è stato!?» chiese Luke retoricamente.
Il professore si rivolse a loro «Tornate indietro, presto!»
«Ma…!»
«Vieni, Luke!» Tracey lo prese per mano e corse verso l’apertura ad arco della grotta, ma questa si chiuse davanti a loro appena una liscia parete di roccia scivolò fino a terra, sigillando l’entrata «Ah! Si è chiusa! Apriti, apriti, apriti!» la ragazza iniziò a battere la punta della lancia contro la roccia.
«Dubito che così tu possa tirarla giù, Tracey!»
«Questo non è un buon segno.» La calma serafica con cui Hershel Layton era solito esaminare ogni situazione non lo abbandonò neanche in questa circostanza, ma la sua riflessione venne interrotta da un movimento che percepì dietro di sé. Si voltò appena in tempo per vedere con la coda dell’occhio la figura di Jean Descole che si lanciò contro di lui a spada tratta, intenzionato a colpirlo con tutte le sue forze. Riuscì a scansarsi evitando il colpo, avvertendo però il repentino spostamento d’aria causato dal fendente vibrato con fervore. Slittò indietro di qualche passo per uscire dal raggio d’azione della lama «Calmati, Descole!»
L’altro parve non sentir ragioni, ormai preda di una furia cieca. Slacciò il mantello lasciandolo ricadere a terra e assicurando la guaina sulla sua schiena brandì la spada a due mani tornando all’attacco.
«Non è il momento di duellare…!» tentò di dire Layton, indietreggiando e sfuggendo ad un’altra serie di colpi, finendo però con la schiena contro una parete «Ah…» le mani toccarono la fredda roccia, mentre un lampo di angoscia gli attraversò l’animo.
«Zio Hershel!!» vedendolo in pericolo Tracey non ci pensò due volte a correre in suo aiuto, riuscendo a frapporsi con una scivolata tra i due, alzando l’asta della lancia e bloccando così il fendente mosso dallo scienziato, il quale non sembrava intenzionato ad arretrare.
Ripreso il controllo di sé, l’archeologo mosse una mano contro la parete rocciosa, stringendo tra le dita l’elsa di una delle spade appese come decorazione. Per lo meno sperava fossero solo decorative e che non scattasse l’ennesima trappola. Infilò la lama tra le due armi, permettendo così a Tracey di sfilare la propria senza rischiare di venir ferita. Respinse l’avversario.
 

 
Jean Descole indietreggiò stringendo con così tanta forza l’elsa tra le dita da sbiancare le nocche e sentire il furioso battere del proprio cuore. La rabbia cieca che lo permeava in quel momento aveva chiuso le porte all’ultimo briciolo di lucidità, sentiva solo l’irrefrenabile impulso di sfogare quell’ardore che bruciava dentro, logorandolo. Aveva risolto tutti gli enigmi, era giunto fino a lì, aveva per le mani Excalibur, eppure sentiva di aver fallito nuovamente, per una ragione che ancora non riusciva ad afferrare, troppo impegnato a stringere tra le mani quell’emozione esplosiva e devastante.
Saettò nuovamente all’attacco vibrando un fendente dopo aver sollevato la spada, ma mancò di poco il bersaglio scivolando sul pavimento della grotta. Non vi badò e girando su se stesso per dare maggior slancio al colpo successivo ci riprovò.
Hershel Layton parò ogni colpo, contrattaccando e avanzando per mettere l’altro alle strette e cercare di disarmarlo, più che per ferirlo. Da abile schermidore qual era riuscì a destreggiarsi abilmente, muovendo con sicurezza un piede avanti all’altro, costringendo l’avversario a rispondere seguendo il suo intercedere, in una sorta di danza mortale.
Le lame cozzarono in un clangore metallico, sprigionando qualche piccola scintilla generata dall’attrito. Le braccia di entrambi tremarono per lo sforzo di tenersi testa e non lasciar guadagnare terreno all’altro. L’attuale situazione di stallo permise a Layton di concentrarsi non solo sull’acceso duello, ma anche sulla situazione circostante. Con una rapida occhiata constatò che nipote e apprendista stavano bene, e fu allora che abbassò appena lo sguardo a terra, colto da una sensazione inaspettata cui fino ad allora non aveva badato, troppo concentrato a menar fendenti.
«Acqua?»
Il pavimento della cripta era completamente immerso nel liquido cristallino e freddo, tanto che copriva loro le caviglie e continuava inesorabilmente a salire.
Fu in quel momento di distrazione che Descole ne approfittò per reagire, imponendo più forza e spingendo indietro Layton, e rigirando la spada per colpirlo.
Incespicò scivolando, finendo di schiena contro un lato lungo del sepolcro. Usò la spada come supporto, piantando la lama a terra e sorreggendosi all’elsa evitò di cascare a terra, offrendo un facile bersaglio a duellante. Descole mosse un affondo mirando al torace, ma prontamente Layton riuscì a buttarsi di lato, questa volta lasciandosi scivolare a terra per evitare il colpo. La lama dello scienziato scheggiò la superfice dell’imperituro sepolcro.
Nonostante il pericolo mortale appena scampato, il Professor Layton reagì con la calma insita nel suo carattere, reggendo con una mano la tesa della tuba e con l’altra l’elsa della spada. Anche se in una posizione scomoda sotto svariati punti di vista, fu la prima volta che si trovò così vicino al sarcofago, tanto da poterne osservare anche se pur fugacemente i dettagli incisi sulla sua bianca superfice. Era un lavoro talmente ben fatto che si potevano notare i dettagli delle guaine e delle else delle spade in esse riposte, appese ad ogni singolo seggio. Eppure un piccolo dettaglio lo impensierì. Un unico seggio con la sua guaina allacciata alla cinghia ad esso sistemata, ma senza l’elsa.
«Possibile…?»
 

 
Mentre il duello imperversava nel momento e nella situazione meno opportuna di sempre, Luke e Tracey cercavano un modo per uscire da quella preoccupante situazione, mentre il livello dell’acqua aumentava sempre un po’ di più.
Il piccolo Triton stava tastando una parete rocciosa, alla ricerca di un indizio, un meccanismo, qualsiasi cosa che avrebbe potuto fermare quel flusso incessante «Hai trovato qualcosa, Tracey!?»
L’approccio della giovane era un po’ più brusco, dato che a tratti colpiva con la lancia un’altra parete e ribaltava le armature in una sua personale e disperata ricerca «No, nemmeno qui! Niente! Se la stanza si riempie siamo spacciati, Luke!»
«Lo so, non serve dirlo!» lo sguardo del bambino vagò per la stanza, alla ricerca della figura del mentore, ancora impegnato a duellare «Il professore saprebbe di sicuro cosa cercare…»
«Sì, ma zio Hersh è un po’ impegnato a non crepare al momento! Se la sa cavare benissimo con la spada, noi cerchiamo una via di uscita anche per lui… e per quell’invasato.»
Luke annuì stringendo i pugni e riprese la ricerca «Hai ragione… Tracey, da dove pensi che arrivi quest’acqua?»
«Non lo so, forse… una falda sotterranea, tutto ciò che potrebbe essere rimasto del lago che un tempo sorgeva qui. L’acqua è un elemento ricorrente, vuoi vedere che…» la ragazza corse come poté fin dall’amico, con quel liquido trasparente che le arrivava già alla vita «Luke! E se…»
«Se servisse la spada della Dama del Lago a fermarla!?» concluse lui, arrivato al suo stesso ragionamento.
Tracey annuì «Ma se Descole ha attivato la trappola prendendo una spada falsa, allora la vera Excalibur… dov’è?»
 

 
Jean Descole calò la punta della spada dritta su Layton, ancora steso a terra, concentrato sul piccolo rompicapo in cui si era imbattuto.
I riflessi dell’archeologo non lo tradirono nemmeno questa volta e accortosi della mossa avventata dell’altro, reagì con precisione per salvarsi la vita e porre fine a quello scontro. Mosse una gamba riuscendo a fare uno sgambetto allo scienziato, il quale perse l’equilibrio in acqua, cascando a terra malamente. Hershel allontanò con un calcio la spada brandita da questo, alzandosi velocemente e posando una mano sulla sua spalla, più con fare accondiscendente che con l’intento di minacciarlo o bloccarlo «Basta con questo duello insensato, Descole. La situazione è critica, te ne sei accorto? Se vogliamo uscire tutti da qui dobbiamo collaborare.»
L’uomo mascherato afferrò il braccio dell’archeologo con tutto l’intento di ribaltarlo a terra, ma qualcosa lo trattenne. Quella situazione di stallo in cui era anche stato disarmato gli fece riprendere fiato, permettendo all’aggressività di assopirsi in un angolo del suo animo, concedendo alla ragione di riacquistare il controllo della sua mente. Per la prima volta si rese conto di ciò che lo circondava e di essere quasi completamente immerso in quell’acqua gelida. Si rese conto dell’espressione contrita di Layton, chinato verso di lui a chiedergli di fare squadra per una volta, come se niente fosse, come se non avesse appena tentato di privarlo della vita.
Lo scansò rimettendosi in piedi, senza guardarlo negli occhi «E sia… solo per questa volta.»
Hershel Layton annuì «D’accordo. Come vedi prendere quella spada dal sarcofago ha fatto scattare una trappola, la grotta è stata sigillata e si sta riempiendo d’acqua, probabilmente raccolta da sottoterra, facendola filtrare attraverso il terreno.
«Ti prego, risparmiami il ‘Te l’avevo detto’.» tagliò corto Descole.
«Oh, non potrei mai dirlo.»
«Io sì! Te l’aveva detto!! Eccome se te l’aveva detto!!» lo additò Tracey raggiungendoli a fatica muovendosi nel liquido trasparente «Se avessi prestato ascolto non saremmo bloccati qui con l’acqua alla gola! Letteralmente!»
Lo sguardo furente di Descole fu percepibile anche se celato dalla mascherina «Senti, tu…»
Hershel Layton corse ai ripari prima che fosse nuovamente troppo tardi «Mettiamo da parte le divergenze e collaboriamo. Vale anche per te, Tracey.»
La ragazza rivolse un’occhiataccia allo scienziato, incrociando le braccia al petto «Tsk! D’accordo!»
«Professore!» Luke li raggiunse a nuoto «Tracey ed io abbiamo capito perché la stanza si sta allagando e come sarebbe possibile fermare l’acqua!»
«Anche se sul secondo punto ci stiamo ancora lavorando.» ammise Tracey.
«Ditemi, coraggio.» incalzò Layton.
«La spada presa da Descole non è Excalibur, ma una riproduzione di Clarent, probabilmente.»
«Considerando anche il parallelismo tra la spada estratta dalla roccia e la spada sottratta al sarcofago di granito.» sottolineò la ragazza «Quindi prendendo la spada sbagliata si è attivata l’ultima trappola di Morgana, ed è probabile che prendendo la spada giusta, la vera Excalibur, la spada donata dalla Dama del Lago, si possa placare tutto! Almeno è così che speriamo.»
«Ottima deduzione. Per nostra fortuna credo anche di sapere dove trovare Excalibur.»
«E dove, Layton? Avanti, parla.»
«Devo ringraziare te, Descole. Se non mi avessi spinto contro il sarcofago probabilmente non avrei mai notato nulla.» disse, mettendosi davanti al sepolcro quasi del tutto sommerso ormai.
«Cosa hai notato?»
Layton indicò il seggio sospetto «Questo. Dovrebbe vedersi anche se è immerso, qui manca la spada. Vedete? C’è la guaina, ma nessun’elsa. Dubito sia stato un errore nella realizzazione dell’opera.»
«Quindi, zio Hersh? Non c’è perché sarebbe il posto di Artù?»
Lui annuì, premendo il palmo della mano contro l’intaglio della seduta priva di spada. Questo scivolò all’interno senza problemi, un leggero tremito scosse il sepolcro, facendo sì che l’intero fianco si aprì, scorrendo verso il basso, andando ad incassarsi nel pavimento, rivelando uno scomparto segreto e anche se immerso, attraverso il liquido trasparente e puro, era ben visibile la leggendaria spada, dalla perfetta forgiatura e proprietà magiche uniche, almeno secondo gli antichi miti.
Rimasero tutti a bocca aperta, Descole compreso, anche se cercò di darsi un contegno. Anzi, spostò lo sguardo lungo tutta la grotta «Non mi sembra che questa scoperta abbia migliorato la nostra situazione.» «Qualcosa non va… e dobbiamo capire cosa in fretta…!» Luke si aggrappò al braccio di Layton per facilitarsi a restare con la testa oltre la superfice dell’acqua.
Il professore lo aiutò tenendolo vicino a sé.
«È evidente che manca una parte per risolvere questo enigma.» disse Descole «Layton, immagino tu abbia notato l’iscrizione all’entrata di questa sala.»
«L’iscrizione, dici?» Hershel ci rifletté su, cercando di dare un senso pratico alle parole riportate in cima all’arco di pietra «Ma certo, credo di aver capito. ‘Quando il dono sarà restituito’, significa che non basta solo trovare Excalibur, ma restituirla a colei che per prima la cedette ad Artù, ovvero la Dama del Lago.»
«E come, scusate!?» proruppe Tracey.
«Le rune ci hanno guidato fino a qui, è possibile quindi che Morgana abbia usato un’altra runa per indicare l’ultimo passaggio per porre fine alla sua maledizione.»
«Esattamente. Forza, mettiamoci all’opera.»
La ragazza spostò lo sguardo dallo zio allo scienziato mascherato «Com’è che ora voi due ve la intendete tanto!?»
«Sciocchezze.» tagliò corto Descole, iniziando la ricerca dell’ultima runa.
L’ispezione coinvolse tutti, tra una boccata d’aria e l’altra con il livello dell’acqua che saliva sempre di più verso il soffitto, si setacciò il pavimento, le pareti, cercando di coprire ogni angolo. Layton tenne con sé Excalibur prima che fosse troppo difficoltoso e rischioso andare a recuperarla dal suo scomparto segreto.
Tracey emerse, tenendo il berretto sulla testa per non perderlo «L’ho trovata! Credo… di averla trovata! Qui sotto!»
«Ne sei certa?»
«Abbastanza, sembra un simbolo troppo ben fatto e vicino pare ci sia una fessura sottile, ma non si vede molto bene sott’acqua.»
«Com’è questo simbolo?»
«Una ‘X’, se è una runa non l’abbiamo ancora vista in paese fino ad ora, zio Hershel.» spiegò lei.
Intervenne Descole «Gebo, fa riferimento ad un dono. È il simbolo giusto.»
«Bene, a questo punto sta a te.» Layton porse la spada a Descole.
Luke lo guardò sgranando gli occhi «Cosa fa, Professore!? Non siamo certi di poterci fidare di lui!»
«Non può scappare da nessuna parte, Luke. Descole, non so perché tu ci tenga tanto ad aggiudicarti questa scoperta, ma spero che dopo tutto questo tu capisca che è meglio che Excalibur resti qui, al suo posto… e penso sia giusto che sia tu a fermare la Maledizione che hai scatenato.»
Senza dire una parola lo scienziato prese la fodera, indossandola. Trattenne il fiato e si immerse raggiungendo il punto indicato da Tracey e come aveva detto, la runa Gebo indicava il punto esatto dove inserire la lama della spada.
Possibile che alla fine di tutto Layton avesse ragione. Proprio lui aveva scatenato quella concatenazione di eventi, coinvolgendo volente o nolente l’archeologo nei suoi piani. Per una volta non gli dispiaceva essere anche colui che avrebbe salvato la situazione.
Ma non avrebbe rinunciato alla spada tanto facilmente.
Sguainò Excalibur, infilandone la lama nella fessura incisa nel terreno, incastrandola perfettamente fino a metà, poi la spada si bloccò. Un rombo agitò le acque e nella parete alle spalle di Descole, ad un paio di metri da lui, si aprì un varco da cui iniziò a defluire tutta l’acqua accumulatasi nella grotta, quasi fino al soffitto.
Layton sospinse Tracey e Luke indietro, per non farli trascinar via dalla forte corrente che si era venuta a creare «Aggrappatevi al sarcofago! Non lasciatelo!» incitò.
«Aah…! Fosse facile!»
«Vieni, Luke!» con qualche poderosa bracciata e raccogliendo tutto il fiato nei polmoni Tracey si immerse, nuotando con tutte le sue forze controcorrente, portandosi dietro il bambino, aggrappandosi con lui all’austera figura di Artù, che ignara di tutto ha continuato a riposare nella sua granitica immobilità. Gli sguardi dei due vagarono per quel turbinio alla ricerca del Professor Layton.
Lui raggiunse Descole, aggrappato ad Excalibur, mentre cercava con forza di estrarla dalla sua locazione, pericolosamente vicino allo sbocco dell’acqua.
Il livello scese abbastanza da permettere di respirare liberamente; Layton riuscì a recuperare la lancia abbandonata precedentemente dalla nipote ed usarla come perno, piantando con forza la punta nel terreno, per resistere alla corrente.
«Dammi la mano, Descole!»
«Vattene, Layton!» ribatté lui per nulla intenzionato ad assecondarlo.
«Finirai travolto, avanti!» insistette.
L’altro non vi badò, continuando ad armeggiare con la spada leggendaria nel vano tentativo di impadronirsene. Nella foga del momento perse la presa, rischiando così di venir trascinato via.
Hershel Layton lo afferrò per un braccio, reagendo di istinto per aiutare quello strano nemico, lasciando la presa sul suo unico punto saldo.
La corrente trascinò anche lui, ma solo per un breve istante. Si sentì afferrare per un braccio e voltando appena lo sguardo vide Luke che lo tratteneva, mentre poco più dietro Tracey resisteva aggrappata a sepolcro, trattenendo anche il bambino.
«Non la lasciamo, Professore!»
L’archeologo si voltò verso Descole «Tieniti!» gli gridò serrando la presa al suo braccio.
Ecco di nuovo quella sensazione frustrante riemersa a galla ad opprimergli l’animo. Era giunto fino a lì, aveva trovato quell’antico tesoro, eppure sentiva di aver fallito di nuovo. Un fallimento personale, che non poteva di certo esternare con gli altri, con loro. Non avrebbero resistito a lungo alla pressione dell’acqua, avrebbe finito per trascinare tutti con sé e non poteva permetterlo.
Non andava bene, non sarebbe stato giusto.
Non sarebbe potuto scappare.
Allentò la presa sul braccio dell’archeologo, rivolgendogli un sorrisetto di sfida «Non finisce qui, Layton.» e si lasciò scivolare, sfuggendo alla sua stretta. Trattenne il fiato e svanì seguendo il corso di quello scrosciare impetuoso.
«Descole!» La mano di Layton si chiuse senza afferrare nulla. Nonostante finivano sempre per scontrarsi non poté sperare altro se non che si fosse salvato. Dal loro primo incontro hanno dimostrato di avere modi molto differenti di approcciarsi all’archeologia e alle persone, ma non ha mai desiderato arrecargli nessun danno. Non potendo fare altro per Descole si concentrò a proteggere Luke e Tracey, sforzandosi di raggiungerli e resistendo insieme fino a che il fluire dell’acqua non cessò, lasciandoli fradici e intirizziti.
L’arco si aprì nuovamente permettendo di lasciare la stanza, anche se al momento la sola cosa che il trio riuscì a fare fu sedersi a terra per riprendere fiato e recuperare le energie.
Si appoggiarono con la schiena contro il sarcofago, l’uno accanto all’altro.
«È finita…» sospirò Tracey.
«Sì, direi di sì. La Maledizione della Fata è stata sventata.»
«Ce la siamo cavata anche questa volta, eh Professore!»
«Egregiamente, direi.» lo sguardo di Hershel si posò sulla splendida forgia di Excalibur, ancora incastonata nel terreno, in un simbolico riferimento di ritorno agli antichi miti «Su una cosa Descole aveva ragione. Questa è una scoperta sensazionale.»
«Vuol dire che la vedremo ancora sulla prima pagina del London Times?»
«Solo se lasceranno l’articolo a mio padre, è un affare di famiglia!»
«Oh no, non questa volta ragazzi miei. Credo che la cosa migliore sia mantenere tutta questa vicenda per noi. Informando solo le autorità, ovviamente.»
«Dici…?»
Layton annuì «Sì, non disturbiamo ulteriormente l’antico riposo di Re Artù. Dopotutto era ciò che voleva Morgana, e siamo andati contro la sua volontà anche troppo. Sono certo che Awen tornerà ad essere il pacifico e vivace borgo di un tempo, una volta che l’effetto della Maledizione della Fata sarà passato.»
«E che il muro della sala comune sarà ricostruito!»
«Ben detto, Luke.»
«Spero non ci facciano pagare i danni…» sospirò Tracey «Penso comunque che tu abbia ragione, zio Hershel… sarà un segreto tra noi, la polizia ed Awen.»
«Mh, è la cosa migliore.»
Un pensiero improvviso scosse Tracey «Ah! Devo recuperare mia madre!» si voltò verso l’uscita, ma non si mosse, ricordando un altro importante dettaglio «Dobbiamo risalire fino alla sala comune! Ci saranno duecento scalini!»
«Ah! Me ne ero dimenticato! Non riuscirò mai a farli tutti, sono a pezzi…!» si avvilì Luke, afflosciandosi ancora di più contro il sostegno in pietra. Poi entrambi, come folgorati dalla stessa idea, si voltarono verso il professore.
«Mh? Cosa c’è?» chiese innocentemente lui.
«Portaci in braccio, zio Hersh!» esclamò con non poca prepotenza Tracey.
«Per favore?» cercò di essere più accomodante Luke.
L’archeologo colse al volo l’occasione per raggiungere la leggendaria spada «Credo proprio che mi soffermerò un po’ a studiare questo splendido reperto.»
«Non ci ignorare! Che razza di gentiluomo sei!?»

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Capitolo 10
*** EPILOGO ***


Riemersi dalle profondità dell’arido bacino il primo passo fu recuperare Amelia. Come aveva detto Descole la trovarono adagiata in uno stato di semi-incoscienza in una delle stanzette della torre ovest usata come magazzino. Stava bene, era solo un po’ intontita e confusa, con pochi e frammentati ricordi dell’ultima settimana.
Successivamente venne informata la polizia di quanto accaduto e l’Ispettore Lancil fu più che lieto di collaborare un’ultima volta con l’eminente archeologo per controllare le condizioni della cripta segreta e mettere in sicurezza il posto.
Una volta che tutto fu avviato verso la giusta risoluzione Il Professor Layton e Luke furono pronti per far ritorno a Londra, salutando la ragazza che li aveva coinvolti in quell’avventura al limite dell’arcano, e quel borgo suggestivo e unico, a metà tra storia e leggenda, tradizione e mistero, arte ed alchimia, già nel cuore dell’archeologo da tempo ed ora sarà un ricordo prezioso anche per il suo giovane apprendista gentiluomo.
 

 
Un paio di settimane dopo, in un soleggiato pomeriggio di fine maggio, Luke era intento a fare ordine nell’ufficio del professore, mentre questo proseguiva una lunga catalogazione di reperti. Una leggera brezza entrava dalla finestra, agitando le pagine dei libri aperti e i fogli di relazioni e ricerche tenute assieme da piccole graffette, facendo risuonare il loro melodioso frusciare per il locale illuminato dai caldi raggi del sole.
«Ecco fatto, ora sì che è tutto a posto!» Luke osservò soddisfatto il proprio operato.
«Te ne sono molto grato Luke, ma non eri obbligato.»
«Come suo allievo è mio dovere impegnarmi al massimo e almeno così evitiamo di inciampare nelle sue cianfrusaglie.» commentò con un tono più aspro di quanto un apprendista dovrebbe fare con il proprio mentore, ma l’amicizia che si era sviluppata tra i due permetteva molta più confidenza.
Hershel Layton abbozzò un sorriso mal celando un lieve imbarazzo «Colto in castagna.»
«Professor Layton, ha un po’ di posta!» Emmy irruppe nello studio sventolando un pacco di buste. Poi spostò lo sguardo per il locale «Oh, ben fatto Luke! Sei stato preciso e veloce, sento il mio ruolo di assistente numero uno davvero minacciato!»
«Ed è proprio così, Emmy! Vedrai se non ti batterò!»
Lei raggiunse il professore alla scrivania, porgendogli la posta ritirata, senza perdere l’occasione di stuzzicare il piccolo Triton «Se è una sfida la accetto!»
«Su, su, non ce n’è bisogno. Conservate l’energia per qualche compito davvero importante.» posò la piccola statuetta che stava esaminando e si mise a sfogliare le lettere, controllando il mittente di ognuna. Ne accantonò qualcuna soffermandosi su una missiva che attirò subito la sua attenzione «Oh, questa la manda Tracey.»
«Non mi dica che è successo altro ad Awen!» proruppe Luke già preoccupato per il contenuto della lettera.
«Lo scopriamo subito.» posò il resto della posta e prendendo un tagliacarte dal primo cassetto aprì la busta con cura, estraendone il contenuto.
La lettera era piegata in tre parti, scritta in una bella grafia.
 
«Caro zio Hershel,
spero che tu e Luke stiate bene.
Non è passato molto dal nostro ultimo incontro
ma volevo aggiornarti sulla situazione ad Awen.
La neve sta iniziando a sciogliersi, almeno nelle prime zone in cui è comparsa!
Le attività artistiche hanno ripreso a pieno ritmo e il clima festoso è tornato a scaldare il cuore di tutti!
L’ispettore Lancil ha preso molto seriamente la difesa e la custodia dei segreti di Awen e, dopo aver riparato il muro della scuola,
lui e un gruppo di araldi scelti (come adora definire la sua squadra)
si occupano giorno e notte della sorveglianza della cripta.
Hanno anche scoperto dove sbocca il canale attivato da Excalibur, ovvero in un’altra grotta sotterranea zeppa di cunicoli e rivoli d’acqua. Probabilmente è proprio da lì che l’acqua ha raggiunto la cripta, come avevamo ipotizzato!
Un altro mistero risolto, insomma!
Inoltre di quel Jean Descole non vi è nessuna traccia.

Le indagini sono andate avanti per un bel po’, ma pare sia svanito nel nulla, con la guaina di Excalibur per di più.
Spero solo che non riprovi a sottrarre la spada una seconda volta!
Oh, ti domanderai come faccia a sapere tutto questo, vero? Ma sono certa che ti sarai anche già dato una risposta.
… Esatto, papà!

È tornato a casa da poco e appena gli ho raccontato quanto è accaduto si è subito messo a interrogare persone e raccogliere prove, pronto a scrivere una storia eclatante da inserire nel suo libro su Awen.
Non preoccuparti, mamma ed io siamo riuscite a convincerlo ad accantonare questa idea, così da preservare il segreto.
Penso che questo sia tutto, sono felice che si sia risolto tutto per il meglio, grazie anche a te e a Luke! Oh, ovviamente anche alla tua assistente a Londra!
Spero di rivedervi presto e di conoscere anche lei!
Magari per le vacanze estive verrò a trovarvi, che ne dici?
Un abbraccio,

a presto!

Tracey»
 
Il resoconto tolse qualche dubbio all’archeologo, lieto nel sapere che tutto si era concluso per il meglio, che il borgo si stava riprendendo e che la sua famiglia stava bene. La nipote pareva aver mantenuto il suo spirito grintoso e con quelle parole era riuscita a trasmettere un positivo messaggio di ripresa e rinascita.
Che fosse proprio questo ciò a cui si riferiva l’ultimo messaggio lasciato in tempi passati? Nonostante gli eventi inaspettati e le peripezie Awen era rinata, infondendo il suo soffio ispiratore nell’animo dei suoi abitanti e come un tempo sorta dal fondo di un lago prosciugato, era nata nuovamente con una rinnovata vitalità.
Il tono scanzonato della missiva aveva strappato un sorriso a Layton, lieto più di ogni altra cosa, di constatare come Tracey e i suoi genitori sembravano star bene e aver ripreso la loro quotidianità.
In cuor suo sperava anche lui di rivederla presto.

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