Storie di Samurai

di rosy03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Momento [Kin'nemon & O-Tsuru] ***
Capitolo 2: *** Demone [Denjiro] ***
Capitolo 3: *** Quel Nome [Momonosuke Kozuki] ***



Capitolo 1
*** Un Momento [Kin'nemon & O-Tsuru] ***



Un Momento
 





Ovunque vada quel piccolo maiale, i suoi genitori lo seguiranno. È stato quel ragazzino dal kimono rattoppato a dirglielo.
Kin’nemon non può crederci: mentre cerca di rimettere quel prezioso suino nella sacca da cui cerca disperatamente di uscire, il dubbio di essere il responsabile della catastrofe che sta per consumarsi gli annebbia la vista.
Per un attimo, un momento, sembra non capire più nulla.
Una divinità della montagna è scesa da quelle alture e sta cercando suo figlio. Il piccolo maiale bianco che tiene tra le mani, che grugnisce e scalcia.
Il tempo pare fermarsi, poi la sente. Forte e chiara, una voce qualsiasi urlare quelle parole tanto crudeli, parole che si tramutano in spade acuminate che gli trafiggono il petto.


 
Tu, il rapitore di cinghiali!

Sei tu che l’hai rubato a noi!
 
I miei compagni sono stati mangiati dalla divinità della montagna perché avevano l’odore del piccolo addosso!

L’abbiamo presa in ostaggio ma mentre scendevamo la montagna...
 
Anche la tua amica O-Tsuru è stata coinvolta in questo casino!


 
No, questo non può accettarlo. Non Tsuru, non lei.

 

 
Sono stati tutti mangiati!
 
È tutta colpa tua!


 
Ed è strano come in quel momento riesca a vederla chiaramente nella propria mente. La linea sottile del collo, gli occhi tondi, il sorriso smaliziato. Kin’nemon si sente male, sbianca e lascia la presa sul maiale bianco, brandisce la spada.
Un passo dopo l’altro; è di fronte alla divinità della montagna che grugnisce selvaggiamente contro di lui, l’unico essere umano che finora ha trovato il coraggio di affrontarlo. Il pelo bianco del gigantesco suino sembra neve, d’avorio ha le zanne che spezzano tutto ciò che incontra nel suo cammino.
Sguaina la katana, digrigna i denti.
Il mostro annusa l’aria; Kin’nemon stringe la presa sull’elsa.


 
Hai rubato di nuovo dal mio portafoglio? Che disgraziato!
 
Ahia! Perché mi hai lanciato un sasso?

Trovati un vero lavoro, Kin’nemon! Se resti nella yakuza... alla fine morirai di sicuro!

 

È davvero strano.
Non gli ha mai dimostrato null’altro che infinita pazienza, Tsuru. Il loro legame non ha un nome definito ma è di un rosso brillante, come il sangue, come il colore del cielo quando il sole tramonta.
Kin’nemon si scaglia con rabbia contro il feroce animale, la spada alta e il dolore non tarda ad arrivare. Altro dolore, diverso da quello che ha provato fino ad ora. Gli pare persino più blando, più sopportabile.
La pelle del mostro è dura, non riesce a scalfirla. E grida, Kin’nemon.
Ridammi O-Tsuru.
Ridammi O-Tsuru.
Ridammi O-Tsuru.
Va avanti così all’infinito, nella sua testa è la sola forza della sua voce a risuonare. Non ne può più di sentire quella sofferenza, gli sembra troppo, il sapere di essere stato la causa della sua... morte, lo rende spaventosamente vuoto.
Lo scaraventa via, la bestia è fin troppo potente. Ma Kin’nemon si rialza, grondante di sangue e con la spada stretta tra le dita. Si rialza e ignora i muscoli sofferenti, le ossa spezzate; quel dolore non è niente in confronto a quanto gli faccia male il cuore.
E gli occhi, che trattengono le lacrime. Gli aprirà la pancia in due se serve a riportare Tsuru lì con lui, lo farà. Eccome se lo farà, è l’unica cosa che può fare.
Ma non è forte abbastanza.
Non ce la fa. Tsuru è ancora morta. E il cuore si spezza. Il castello di illusioni crolla.
Kin’nemon è sconfitto, nel mezzo delle case distrutte dove la polvere impregna l’aria che sta respirando e ripensa alla sua colpa in tutta questa storia.

Se O-Tsuru muore per colpa mia...

Kin’nemon è sicuro di ciò. Non merita di essere chiamato samurai. Lui, ormai, non ha più il diritto di rimanere in vita, se è stato per causa sua.
Tsuru non meritava certo di morire.
Lei è sempre così vivace, così diligente, così buona.
E lui è uno stupido, il più stupido tra gli stupidi.



 
• • • • • • • • • • • 
 


Non mi interessa! E poi a nessuno importerebbe se morissi. Glielo ha detto un giorno come un altro, quello zuccone.
Quante bugie. Quante sciocchezze: a lei importa.
Importa eccome. Le sarebbe importato per sempre.
E l’unica cosa che riesce a sentire, Tsuru, è il sollievo. Lo vede in mezzo alla folla, sconvolto, pallido e sanguinante, rotto. Gli corre incontro e gli avvolge le braccia esili attorno al busto, accorgendosi per la prima volta di quanto sia alto e forte, il suo Kin.
È quasi morto dal dolore. È quasi morto.
Piange di gioia, piange per la paura che ha avuto e piange incurante di stare inzuppando il kimono già sporco di polvere e sangue di Kin’nemon. E si lascia stringere, perché non c’è niente di più bello di sentire il suo calore. È stato un momento: si è accorta di amarlo.


Sono passati anni da allora e Tsuru gestisce una propria locanda; tutto sommato non se la passa male. Eppure, non ha dimenticato quella stupida frase, non riesce a non odiare Kin’nemon per aver detto quella stupidaggine.
Sa che è stata detta in un periodo non propriamente felice della sua vita ma sente il cuore incrinarsi ogni volta che ci pensa. Le è importato quando Kin’nemon ha scelto di seguire Oden.
Le è importato quando ha deciso di indirizzare tutte le sue energie per diventare un samurai degno della fiducia e della stima del grande uomo che aveva scelto di servire. Le è importato di lui e della sua reputazione quando è stato imprigionato assieme agli altri Foderi. Le è importato quando Kin’nemon era stato condannato a morte.
E poi... le è importato, immensamente, quando non ha avuto più sue notizie per giorni. Per mesi. Per anni. La speranza di rivederlo è sempre stata in una profezia.
Le parole di Toki risuonano nella sua testa come una promessa.
La promessa che il suo amato Kin sarebbe tornato assieme agli altri samurai e che, insieme, avrebbero restituito il paese di Wano al legittimo erede. A lei importa di Kin’nemon, le è sempre importato anche se glielo lasciava capire a fatica.
Tutti quei consigli, quei rimproveri... servivano solo a indirizzarlo verso una via che avrebbe potuto renderlo felice.
E passati quei lunghi ed estenuanti vent’anni... lo rivedrà.

Aspetterò ancora un po', Kin... ormai manca davvero poco.








#Rosy:
Ho deciso di revisionare la storia, aggiustarla in alcuni punti ma senza stravolgerla. Il protagonista è sempre Kin'nemon, il mio Fodero preferito e, in generale, quello per cui ho più paura al momento... NON MORIRE KIIIIIN!
Alla prossima con, Denjiro! *^*

 

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Capitolo 2
*** Demone [Denjiro] ***



Demone

 


La rabbia che prova Denjiro è indescrivibile.
Grida e piange senza controllo; la pelle è rossa, i nervi in tensione, i polmoni lottano per tra loro per avere un po’ di ossigeno in più. È difficile superare una perdita, è ancora più difficile superare la perdita del proprio benefattore.
L’uomo più grande che abbia mai conosciuto, questo è Oden.

Questo era Oden.

Ma Denjiro è troppo arrabbiato, il Demone non lo lascia andare, lo avvolge tra le sue spire e stringe, stringe, stringe fino a fargli scoppiare il cuore. È quello che sente.
Il sangue ribolle. Stringe le nocche fino a farle sbiancare, si morde le labbra, piega le sopracciglia ed è... stanco di digrignare i denti senza poter urlare in faccia a quei bastardi cosa sta pensando.
Denjiro sa che non può farlo. Non può morire. Non ancora.
Perché il sogno di Oden deve essere realizzato, il Loro sogno si realizzerà costi quel che costi e non importa se Lui è morto, il suo ricordo vivrà per sempre. La sua ambizione continuerà a vivere.
Il suo Potere. La sua Forza.
Se sarà lui, Kin o Lord Momonosuke non sa dirlo. È ancora troppo presto. Dovranno passare venti lunghissimi anni prima che il destino si compia. Per tale ragione non può permettere che il Demone lo mangi, lo divori, non può venire sconfitto da un mostro del genere; lui che è uno dei Foderi di Lord Oden non può morire per mano della Rabbia.
Ed è così che passano le ore, i giorni... piangendo e gridando, lottando e pregando. Il Demone che lo ha preso in ostaggio è potente, infido e striscia sottopelle, è sempre lì anche mentre dorme.
Appare nei suoi sogni e lo fa urlare, gli ricorda i bei momenti andati. Dovrà aspettare ancora vent’anni.
Appare quando è sveglio e gli fa lacrimare gli occhi senza sosta, gli stringe la gola fino a farlo annaspare. Dovrà aspettare ancora vent’anni.
Si aggrappa alla speranza, si aggrappa alle parole di Lady Toki con le unghie e con i denti per evitare il precipizio dove il Demone continua a spingerlo. Si aggrappa alla speranza e alla fiducia che ripone in Kin’nemon, nell’eredità che il piccolo Lord Momonosuke si porta sulle sue piccole spalle come un grosso macigno, un dovere troppo pesante per un bambino.
Ed è allora che il Demone viene placato. Il suo è un allenamento continuo.
Una battaglia continua.

Giorno e notte.
Notte e giorno.

Poi il Demone comincia a sanguinare mentre le sue ferite si rimarginano.
Il Demone perde la presa mentre lui si rialza.
E ancora, il Demone viene cacciato mentre un altro uomo attraversa il portone d’ingresso alla Capitale dei Fiori. Vestito di cenci, lo sguardo assente, assonnato, stanco per la dura lotta. Stanco di restare in disparte.
L’uomo passeggia per le strade, ha i capelli candidi ma sporchi di fuliggine e fango; si è liberato del Demone e ora sembra l’ombra di se stesso. Il dolore alle ossa è scomparso, è scomparso il tremore, così come sono scomparse le lacrime che hanno solcato per settimane quel viso diventato scavato.
Viene rispettato, adesso. Tutti nella Capitale parlano di lui.
L’uomo che è sopravvissuto alla presa ruggente del Demone, nascosto agli occhi e alle orecchie di tutti. Si inginocchia e abbassa il capo, non ha più niente da temere: il Demone non può tornare a tormentarlo perché per vent’anni sarà un’altra persona.
Gli viene chiesto il suo nome. È serio, parla piano ma con fermezza.
Gli viene chiesto di giurare fedeltà. È iracondo ma nasconde il viso tra il pavimento e le sue ginocchia. Lo nasconde, nasconde il ghigno, il nervo scoperto e un pensiero che può tradirlo.
Adesso basta. Da questo momento in poi basta.
Niente Rabbia. Niente Demone. Solo lui e il piano orchestrato, per venti lunghi anni.

Solo lui, Kyoshiro.

Da solo.
Attendendo con ansia che la profezia di Lady Toki possa finalmente compiersi.
 










#Rosy:
Ciiiaao *^* poche parole su Denjiro: il poveri Denjiro T.T la cui reale identità è stata spoilerata dalla sigla "Over The Top"... è una cosa che accumuna anche "Dreamin' On" dove addirittura compare Oden che finora non è mai stato visto se non in silhouette.
Coooomunque, non vedo l'ora che l'anime arrivi al flashback di Oden, sarà sicuramente strepitoso! Immaginatevi quella scena con la musica in sottofondo... gi piango!!
Il prossimo capitolo vedrà come protagonista il nostro carissimo Momonosuke! *^*

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Capitolo 3
*** Quel Nome [Momonosuke Kozuki] ***


 
Quel Nome


 

Ha paura, Momo. Davvero tanta paura.
E non è la solita paura dell’altezza, no. Quella che prova è molto più radicata, più violenta, lo imprigiona e lo trattiene dal gridare.
In tutta la sua vita non ha mai avuto tanta paura. Ed è quell’uomo a fargli provare un simile terrore: l’imperatore Kaido si erge al suo fianco fiero, imponente, come se si fosse dimenticato di avere appena decapitato lo Shogun di Wano.
Ha paura, Momo. Perché è certo che lui farà la sua stessa fine: Orochi gli fa una grande pena. Si è affidato a un pirata ed ecco quel che ne ha ricavato, pensa. Eppure, c’è sempre la speranza, per Momonosuke, che Rufy arrivi e lo salvi da quell’incubo in forma umana.
Perché ha fiducia in lui, dopotutto.
Rufy non è come Kaido. È un idiota ma è anche un pirata buono, è stato l’unico che fino a quel momento è stato capace di vedere un uomo, un samurai in lui.
– Ho sempre avuto il dubbio che tu non fossi veramente il figlio di Kozuki Oden. Un piccoletto come te... Se ricordo bene vent’anni fa, nel castello in fiamme, non hai risposto alla mia domanda.

 
Qual è il tuo nome?

 
Trema.
– Se tu non fossi il figlio di Kozuki Oden, metterò fine all’esecuzione – spiega con voce grossa, il grande imperatore. – E ti farò le mie scuse per averti accusato ingiustamente.
Tira su col naso, Momo. Sente la mazza chiodata venir trascinata, come un lugubre canto di morte.
– Quindi ti rifaccio la domanda... qual è il tuo nome?
E Momonosuke smette per un attimo di respirare.

 
– In ogni caso, il generale di quei forti samurai è soltanto un bambino codardo che ha paura dell’altezza! – sputa velenoso Kanjuro.

 
È vero: lui non ha abbastanza coraggio.
Momo non è come suo padre, lo sa. Lo sa meglio di chiunque altro! E questa cosa lo fa soffrire, lo fa piangere, lo rende disperato perché non può fare molto in una guerra come quella.
Si è fatto catturare. Sta per essere ucciso. Sta per perdere la fiducia di quei samurai che l’hanno seguito sin lì. E si sente così piccolo rispetto a quel nome.
Eppure lui...

 
Ricorda perfettamente il viso gentile di sua madre, i suoi occhi ricchi di orgoglio ogni volta che si posavano su di lui, di amore.
– Un giorno sarai tu...
E mai una volta si è mostrata incerta su questo.
– ... ad essere a capo di questo paese.

 

Vorrebbe piangere, Momo, ma non ne ha le forze.
Vorrebbe gridare di lasciarlo in pace ma qualcosa lo trattiene, qualcosa che gli fa tremare tutto il corpo; ma per la prima volta non c’è solo paura in quel tremolio.
 

– Cosa vorresti dire? Io sarò quello che diventerà il Re dei Pirati! Non m’importa di cosa pensa uno stupido moccioso!
 

Non può permettersi di essere debole. L’ha sempre saputo ma non è mai riuscito a mettere da parte la propria paura, la propria insicurezza per il bene del paese... lui non è come Oden, non è forte, non è carismatico.
Eppure lui... suo padre...
 

Suo padre era solito ridere. Rideva sempre, era sempre contento quando era con lui, quando era circondato dalla sua famiglia e dai suoi Samurai.
– Eh? L’origine del tuo nome?

 

Ingoia la paura.
– Il mio nome è...
Ingoia la paura.

“Momo” significa “il più forte del mondo”.

Dimentica la paura.
Tu non hai paura.

Tu sei... tu sei... io sono... Momo...
– Kozuki Momonosuke! E sono colui che diventerà... lo Shogun di Wano!!
È questione di un attimo.
La platea scoppia in una risata fragorosa mentre Momo scoppia in lacrime.
Eppure, nonostante la paura, Momonosuke è sicuro di aver fatto la scelta giusta. Nonostante sappia che la sua morte è imminente, per una volta, la prima volta, è determinato a seguire quella strada senza ripensamenti.
Ignora le risate dei pirati, cerca di trattenere le lacrime che gli rigano il volto tumefatto ma non è semplice. È soltanto un bambino, dopotutto.
Ha paura, Momo, non vuole morire.
Momonosuke non vuole morire ma non rinnegherà il suo nome, il nome dei suoi genitori, il nome di suo padre.
Kozuki Momonosuke.
Kozuki Momonosuke.
Io sono... Kozuki Momonosuke.









#Rosy:
Io ADORO Momonosuke... perché è piccolo, è debole, un piccolo bocciolo di pesca (capita? Momo in giapponese vuol dire "pesca") che porta sulle spalle l'enorme macigno del nome Kozuki e ADORO ancora di più il rapporto che c'è tra lui e Rufy.
Perché lui, nonostante si comporti sempre come un bambino mai cresciuto, è l'unico a parlargli da uomo a uomo. È l'unico a rimproverarlo quando sbaglia, quando ha paura, mentre tutti gli altri lo vedono come il piccolo Lord da proteggere. La loro scena a Zou è stata stupenda *__*
Spero che la storia vi sia piaciuta ^^
Nel prossimo capitolo avremo... Oden!

 

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