Apple Pie

di CedroContento
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***




Apple Pie

La Tana, 1977

Nonostante l’ora tarda in quella notte di fine autunno la cucina della Tana, riscaldata da un fuoco scoppiettante nel caminetto, cominciò ad essere pervasa dall’avvolgente profumo di torta di mele; la preferita di Arthur.
Molly Prewett Weasley si chinò davanti al forno a legna per sbirciare a che punto fosse la sua famosissima Apple Pie.
La ricetta di quel dolce era gelosamente custodita in un rifornito ricettario che le era stato tramandato da sua madre, che l’aveva ereditato a sua volta da sua nonna, che l’aveva ricevuto dalla sua bisnonna e così via a ritroso per innumerevoli generazioni di Prewett.
Il giorno in cui Molly avrebbe avuto una figlia sarebbe toccato anche a lei proseguire la tradizione, passando il testimone, ma ancora il cielo non l’aveva benedetta con una femminuccia. Al momento, alla giovane età di 28 anni, era madre di tre piccoli criminali, ma magari questa sarebbe stata la volta buona pensò, passandosi delicatamente una mano sul ventre che andava accentuandosi ogni giorno un po’ di più.
“Ma che...?!” Molly si morse un pugno per non imprecare ad alta voce.
Le piccole pesti dormivano, se si fossero svegliate le avrebbero rubato anche quel poco di tempo che cercava di ritagliare per sé stessa, per perdersi in silenzio nei suoi pensieri, ne andava della sua sanità mentale.
Abbassò lo sguardo cercando cosa le avesse pizzicato la caviglia. Si chinò afferrando stizzita per la coda con un piccolo Lungocorno Rumeno, uno dei dannati giocattoli di Charlie.
Il piccolo rettile le sibilò infastidito dinnanzi al viso prima di ritornare, gettato malamente, nel baule dei giocattoli da cui era riuscito ad evadere.
Molly sospirò e accarezzò l’idea di abbandonarsi sulla poltrona fino all’alba, quando Arthur sarebbe rientrato dal turno di notte; di andare a letto non se ne parlava, non sarebbe riuscita a chiudere occhio finché non avrebbe saputo suo marito al sicuro, erano tempi oscuri, inoltre toccava a lei vegliare sui bambini, non avrebbe mai abbassato la guardia così stupidamente.
Un leggero bussare alla porta la fece trasalire, cogliendola proprio nel mezzo di quei pensieri cupi.
“Molly siamo noi” la voce di suo fratello Gideon arrivò ovattata dall’esterno.
Molly non aprì subito, non capitava spesso che Arthur si impuntasse sulle cose, ma riguardo quello era inflessibile.
“La parola d’ordine?” chiese Molly a tradimento, sapendo benissimo che non ne esisteva nessuna.
“Quando avevi tredici anni ho pensato che ti sarebbe piaciuto sperimentare un nuovo colore di capelli, ti ricordi come ti stava bene quel viola? E poi era una tinta di qualità, proprio resistente. Quanti lavaggi ci ha messo a venire via?” una cosa che solo lui avrebbe potuto sapere, era quello il modo in cui provavano la propria identità.
L’inconfondibile risata di Fabian si unì allo sghignazzare di Gideon.
“Fin troppo preciso” brontolò Molly alzando gli occhi al cielo, senza però riuscire a reprimere un sorriso d’affetto. Era sempre stata la vittima preferita degli scherzi dei suoi fratelli, amava comunque profondamente quei due.
Il sorriso le morì sulle labbra quando aprì la solida porta di legno, Fabian e Gideon non erano soli.
Sorretto tra gemelli (1) penzolava un corpo inanimato, anche senza distinguerne il viso sotto i lunghi capelli scuri e spettinati, Molly capì che quel ragazzo doveva essere appena poco più che maggiorenne.
“Perdonami Molly, non avremmo dovuto venire qui, ma non mi è venuto in mente un altro posto sicuro” si scusò Gideon improvvisamente serio.
“Non essere sciocco, avete fatto bene, presto entrate!” fece Molly, scostandosi per farli entrare.
“Cosa è successo?” chiese poi affrettandosi a fare posto sul divano di seconda mano, consunto ma tutto sommato confortevole.
“Un’imboscata mentre eravamo di guardia, il ragazzo si è preso due schiantesimi e ha battuto la testa” spiegò Fabian, sistemando il giovane tra i morbidi cuscini, passandosi poi nervoso una mano tra la chioma rossa, scompigliandola.
“Voi state bene?” chiese Molly esaminando i corpi dei fratelli alla ricerca di ferite; con sollievo non ne individuò.
Gideon annuì “Stiamo bene” disse, regalandole un sorriso colmo d’affetto, prima di posare un bacio sulla fronte della sua sorellina.
“Cos’è questa puzza?” chiese Fabian tutt’a un tratto, aggrottando le sopracciglia sopra lo sguardo acceso e furbo.
“La torta!” esclamò Molly fiondandosi verso il forno che si agitava, infastidito dalla densa fumera che aveva cominciato ad uscire dai lati dello sportello.
Molly sospirò guardando il suo dolce abbrustolito, per fortuna il ricettario conteneva anche diversi incantesimi per rimediare a quel pasticcio.
“Molly noi dobbiamo andare. So che hai tanto da fare e non te lo chiederei...” comincio Gideon
“Smettila” lo interruppe la sorella con un gesto secco della mano. “Promettimi solo che starete attenti” si raccomandò Molly abbracciando frettolosamente Fabian prima che i due si avviassero all’uscita.
Appoggiata alla porta semichiusa Molly, con il cuore pesante per l’apprensione, osservò i gemelli, fieri membri di quel nuovo “Ordine della Fenice”, smaterializzarsi nella notte silenziosa. Quel piccolo esercito era stato appena fondato per combattere l’ascesa al potere di Colui che non deve essere nominato e i suoi fratelli non avevano esitato ad unirsi alle file della resistenza; ogni giorno rischiavano le loro vite per la causa, lasciando Molly ad assistere alla lotta impotente, ma lei ed Arthur avevano deciso di comune accordo che loro, finché non fosse stato strettamente necessario, avrebbero dato priorità ai bambini. Non era stato facile far desistere Arthur, ma quando Molly aveva detto che se lui si fosse unito all’Ordine lo avrebbe fatto anche lei, per equità, lui aveva dovuto cedere. E così ora sostenevano quella lotta aiutando nel loro piccolo come potevano, mantenendo una certa discrezione, in modo da salvaguardare l’incolumità dei piccini.
Molly non perse ulteriormente tempo, non era il tipo di persona da cincischiare troppo a lungo con le mani in mano. Si diresse con decisione verso la credenza, in cui custodiva ordinatamente uno dei kit di primo soccorso che teneva sparsi un po’ovunque per casa; con tre maschietti esuberanti non si era mai abbastanza preparati.
Con delicatezza Molly prese subito a medicare la ferita alla testa del ragazzo. Scostando con attenzione i capelli incrostati di sangue constatò che fortunatamente non sembrava essere grave. Una volta che ebbe lavato e medicato quello che si rivelò essere niente di più grave di un profondo graffio, e sinceratasi che non ci fossero altre lesioni, si prese un momento per osservare quel giovane volto.
Mentre ne osservava i bei lineamenti, lui cominciò ad aprire cautamente gli occhi. Sbatté più volte le palpebre per abituarsi alla luce, lasciando vagare lo sguardo attorno a sé, fermandosi infine sulla giovane donna al suo capezzale.
Molly non avrebbe saputo quantificare quanto tempo passò a sondarla silenzioso, ma di certo non avrebbe mai dimenticato la prima volta che lei e Sirius Black si erano guardati negli occhi. Anche in futuro quegli occhi avrebbero raccontato a Molly molto più di quanto lui stesso non intendesse; gioie, tormenti, paure, amore, sarebbe sempre stata in grado di leggere tutto negli occhi malinconici del Malandrino.
Improvvisamente la giovane mamma si sentì fin troppo consapevole del suo aspetto trasandato, della bellezza appassita troppo presto. I lunghi capelli fulvi raccolti in una treccia disordinata, le lentiggini che avevano lasciato posto a due profonde occhiaie ad incorniciare gli occhi verdi e il grembiule sporco di impasto e farina che indossava.
Ma il giovane Black parve non fare caso a tutto questo, la bocca gli si increspò in un sorriso seducente.
“Ciao, sono Sirius” disse semplicemente.
“Fermo non alzarti!” si riscosse Molly al tentativo del ragazzo di mettersi a sedere.
“Aspetta ancora un momento” aggiunse più dolcemente assicurandosi che la benda alla sua testa non si fosse spostata.
Il sorriso di Sirius si aprì ancora di più a quel gesto. Molly ancora china su di lui ne incrociò lo sguardo e, improvvisamente in imbarazzo, si ritrasse, quasi si fosse scottata. Sentì il volto in fiamme, cosa le stava succedendo? Era un ragazzino...
“Chi sei?” le chiese lui gli occhi accesi, sinceramente incuriosito.
“Molly. Sono Molly Weasley, la sorella di Gideon e Fabian” spiegò lei, fingendo di sistemare delle garze già perfettamente ripiegate nella cassetta, giusto per fare qualcosa.
“Sì, ha senso” concesse Sirius, portandosi una mano alla testa con una smorfia. “Però non gli somigli per fortuna, sei molto più bella di loro”.
“Come?!” Molly sgranò gli occhi interdetta. “Questo è decisamente fuori luogo...” aggiunse sicura di avere il volto rosso quanto i capelli. Con il pretesto di affaccendarsi in cucina si alzò, decisa a sottrarsi alle occhiate impertinenti di quel ragazzino.
“Capisco, sei impegnata. Non è un problema per me” scherzò lui con un’alzata di spalle.
“Oh io sono molto più che impegnata te lo posso assicurare...”
“Veramente? E come?” la sfidò lui di rimando divertito.
“Con tre figli ecco come!”
“Tre figli! Non sei troppo giovane per avere tre figli?!” Sirius sgranò gli occhi colpito, mettendosi a sedere, questa volta Molly non lo fermò.
“Questi non sono affari che ti riguardano mi risulta!” ribatté sistemandosi istintivamente il grembiule, sperando che ad occhio inesperto sfuggisse il suo stato interessante. Si bloccò con le mani a mezz’aria sentendosi sciocca, cosa le importava in fondo dell’opinione di quel ragazzetto?
“Hai ragione forse non sono affari miei” ammise Sirius, Molly poté avvertirne lo sguardo indagatore sulla schiena che ostinatamente continuava a dargli.
“Grazie comunque” aggiunse lui conciliante alle sue spalle, indicandosi la benda.
Molly annuì impercettibilmente e fece per rispondere, ma da una mensola una piccola radio entrò in funzione grattando, offrendole una scusa perfetta per togliersi da quell’imbarazzo; il piccolo Percy si era svegliato e aveva cominciato a cercare la mamma.
“Torno appena posso, fai come se fossi a casa tua” si congedò frettolosamente prima di sparire al piano superiore.
Non ci impiegò molto per tranquillizzare e far riaddormentare il suo bimbo ancora assonnato, ma liberarsi dal suo abbraccio senza svegliarlo richiese più tempo e cautela.
Quel contatto con uno dei suoi piccini le aveva fatto bene però, le aveva ricordato chi era e qual era il suo compito. Molly Weasley era una madre affettuosa, che amava i suoi figli, la sua famiglia era tutto per lei, e soprattutto amava Arthur, quanto era successo poco prima in cucina con quel ragazzo era stato uno stupido abbaglio.
Sì, Molly amava suo marito anche se in quel periodo la loro vita di coppia era messa a dura prova. Una piccola crisi coniugale che presto, Molly ne era certa, si sarebbe risolta, era il prezzo da pagare per la famiglia numerosa che lui aveva sempre desiderato, che anzi desideravano entrambi, ricordò a sé stessa.
Fu persa in questi pensieri che senza saperne bene il motivo indugiò allo specchio del bagno, prima di tornare di sotto.
Era ancora bella o anche la sua bellezza era stato un prezzo da pagare?
Studiò il proprio corpo riflesso, non più tonico come un tempo, ma ancora formoso, con le curve nei punti giusti. Sovrappensiero si sistemò i capelli e mise un filo di fard sulle guance, non c’era niente di male in fin dei conti a voler apparire in ordine, o magari ad apparire ancora desiderabile, confessò a tradimento una parte di lei; perché era così che quell’affascinante ragazzo al piano inferiore l’aveva fatta sentire dopo tanti anni, forse troppi.
Sirius Black aveva risvegliato in lei una sensazione inebriante, quella di sentirsi attraente agli occhi di qualcuno. Molly non era solo una mamma, era prima di tutto una donna, aveva ancora bisogno di sentirsi così.

“Hai mangiato metà della torta, ma era bruciata!” constatò stupita Molly una volta tornata in cucina.
“Sei una cuoca eccezionale lasciatelo dire” rispose Sirius con la bocca ancora piena.
Molly scosse la testa sorridendo, suo malgrado lusingata, mentre si affrettava a versargli del succo di zucca, se sua madre avesse saputo che era stata così distratta con un ospite, per quanto inatteso, l’avrebbe di certo rimproverata.
“Mi spiace averti giudicata prima” disse Sirius osservandola serio mentre prendeva posto di fronte a lui e, imitandolo, si serviva a sua volta con una forchetta direttamente dalla teglia, per una volta poteva anche dimenticarsi delle buone maniere pensò.
“Non importa, in realtà non hai del tutto torto. Però è andata così, non mi sono fermata troppo a pensarci” ammise Molly. “Ad ogni modo tu non sei un po’ troppo giovane per far parte dell’Ordine?” lo punzecchiò poi.
“È complicato. E poi sono uno dei fondatori dell’Ordine” precisò strizzandole l’occhiolino.
“Ma non mi dire. Sono colpita” rispose Molly sarcastica.
“Davvero non hai mai sentito parlare di me? L’intrepido, affascinante, umile Sirius Black?”
Ovviamente Molly aveva sentito nominare Sirius, così come il suo inseparabile amico James Potter, ma mai avrebbe dato al quel giovanotto arrogante quella soddisfazione, così si limitò ad alzare un sopracciglio. “Mi dispiace” mentì facendo vagamente spallucce.
“E io che credevo che essere ripudiato dalla mia rispettabilissima famiglia purosangue alla tenera età di 16 anni mi avrebbe garantito un po’ di notorietà...” fece Sirius, incrociando teatralmente le braccia dietro la testa.
“Non è divertente” fece Molly seria. La sua famiglia era sempre stata molto unita, la sola idea di quanto difficile dovesse essere crescere in una senza amore la riempiva di tristezza, non osava immaginare quanto lei si sarebbe sentita smarrita al posto di Sirius, o quanto doveva sentirsi solo lui invece.
“Beh non è che andassimo proprio d’amore e d’accordo, a quest’ora mia madre mi avrà già estirpato dall’albero genealogico adorabile com’è, se non mi avessero cacciato sarei scappato comunque”.
“Sì conosco i Black, non mi stupisce tu abbia avuto voglia di fuggire” disse Molly sovrappensiero giocherellando con una mela cotta. Per un attimo lasciò vagare la mente sui ricordi dei tempi della scuola.
“E tu non ce l’hai mai?” indagò Sirius, facendola tornare bruscamente al presente.
“Con tre figli?” rise Molly “più o meno ogni cinque minuti!”
“Allora perché non farlo? Ti porto via con me!” le propose illuminandosi.
“Ah sì? E dove andremmo?” chiese assecondando divertita quella fantasticheria, senza riuscire a resistere a quegli occhi appassionati.
“Ovunque vorrai! Nel sud della Francia, nelle più belle città d’arte in Italia, perfino in oriente se vuoi! In Messico ci sono spiagge di sabbia bianchissima, potremmo stare lì per un po’, staremmo tutto il giorno a non fare niente” propose Sirius sempre più entusiasta.
“Non mi tentare potrei correre a fare le valigie in questo istante” rise Molly cristallina.
“Perché no?” disse Sirius fissando gli occhi ardenti in quelli di lei, fu allora che lei si rese conto che Sirius non poteva essere più serio.
Molly avrebbe avuto almeno un centinaio di motivazioni valide per spiegare il perché non fosse affatto una buona idea, ma in quel momento non riuscì a formularne neanche mezza.
Era tutto così giusto e tutto così sbagliato. Erano sbagliati gli sguardi che si scambiavano, eppure era meravigliosamente giusto che Sirius si allungasse verso di lei in quel momento, che cercasse le sue labbra, tuffasse le mani in mezzo alla morbida chioma rossa attirandola a sé, per rubarle quel bacio prima dell’alba. L’alba, quando i primi raggi del sole avrebbero rischiarato l’orizzonte e riportato a casa Arthur, ma dopotutto, per quel breve istante tutto loro, il cielo era ancora trapuntato di stelle.
  1. Non è precisato né smentito da nessuna parte che Gideon e Fabian fossero gemelli, ma visto che i nomi Fred e George sono un chiaro omaggio a questi due ho pensato che Molly li abbia in qualche modo rivisti nei propri figli, che finiscono per somigliare agli zii anche caratterialmente. (su)

Angolino dell’autrice:
Bentrovati! Cosa dite, vi ha convinti la mia coppia crack?
Non sono solita utilizzare prestavolto, anzi in realtà non li adoro, ma in questo caso per la prima volta ho ritenuto opportuno metterli, non tanto per Sirius (sempre così affascinante in ogni sua versione) ma più per la voglia di redimere l’immagine di Molly. Volevo essere certa che vi lasciaste alle spalle l’immagine dell’amorevole, severa, mamma/strega di mezza età sovrappeso che però ha il sex appeal di una melanzana, per carità è comunque fighissima quando fa fuori Bellatrix Lestrange. Il mio obiettivo in questa fic è portare una ventata di freschezza a questo personaggio, regalargli qualche sfaccettatura in più magari.
La mia Molly è giovane, ha i suoi piccoli momenti di crisi, le sue insicurezze, la voglia di evadere e dopo le gravidanze fatica a riconoscere la propria immagine allo specchio (le mamme in ascolto sanno quanto è difficile fare pace con il proprio corpo anche solo dopo una) e essere mamma di una banda di ragazzi non dev’essere certo la cosa più facile del mondo. Anche i rapporti con Arthur non possono sempre essere stati i più rosei, anche i matrimoni più belli hanno momenti di alti e bassi.
Ditemi che ne pensate al riguardo se vi va 😉

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


Seconda Parte
 
Grimmauld Place n.12, 1996
 
Dopo la morte di Sirius, Molly, non era riuscita a versare una lacrima. Non una lacrima riuscì a trovare la strada attraverso gli occhi, - che avevano dovuto vederne troppe, decisamente troppe quell’anno - lungo le guance, ormai solcate da numerose rughe. Neanche una.
Una sola domanda invece le vorticava insensatamente nella testa: aveva amato realmente Sirius Black?
Non c’era mai stato veramente un loro, non avevano mai potuto vivere quel sentimento, il sentimento che si erano azzardati a chiamare amore, non troppo tempo dopo il loro primo incontro. Amore, sbocciato in fretta nei loro cuori giovani e immaturi, ancora pieni di speranza nel futuro, e rimasto custodito nelle loro anime attraverso gli anni, anche quando erano lontani.  
“Molly!”
La voce di Sirius sembrò rimbombare, ancora e ancora, nello stretto e tetro corridoio della dimora che per generazioni era appartenuta ai Black.
Sola, in mezzo al salone semibuio, Molly immaginò, sperò, di vedere ancora una volta quella porta spalancarsi, Sirius fare capolino da dietro il legno consunto dagli anni.
Erano passati solo pochi mesi, erano stati lì solo pochi mesi prima, loro due. Che ora lui non ci fosse più non aveva alcun senso.
 
“Molly!”
Quando la porta si spalancò il Malandrino rimase per un momento immobile sull’uscio, non passò molto prima che trovasse la presenza mentale per reagire. Un rapido colpo della bacchetta bastò per rispedire con qualche scintilla il molliccio al suo posto, nello scrittoio.
E finalmente il corpo esanime di Ginny, il volto esangue, la chioma scarlatta sparsa sul pavimento, gli occhi vitrei che fissavano il soffitto tappezzato di ragnatele, svanì, così com’era apparso.
“Molly, non è reale,” Sirius si affrettò a raggiungere il punto in cui Molly era crollata in ginocchio, e dove ora singhiozzava, nascondendo il viso tra le mani.
Il buon proposito di Sirius, da quando si erano ritrovati quella primavera, era stato quello di cercare di evitare ogni contatto con lei; lo doveva fare per sé stesso, per evitare ad entrambi di peggiorare quella dolce agonia: essere così vicini e non potersi avere.
Ma non riuscì a resistere alla vista della sua vulnerabilità, del suo dolore, la paura immobilizzante che la dominava. Doveva stringerla a sé, fare quanto in suo potere per scacciare quei sentimenti e, se mai fosse stato necessario, avrebbe dato la vita per scongiurare che la macabra visione di poco prima potesse mai trasformarsi in realtà.
“È solo un molliccio…” la rassicurò cullandola, scostandosi poi il tanto che bastava per poter catturare i suoi occhi verdi.
“Lo so, lo so… sono così stupida” sussurrò Molly, accettando il fazzoletto che lui le porgeva, costringendo però sé stessa a sottrarsi a quell’abbraccio. Quell’abbraccio meraviglioso, il primo dopo così tanti anni.
“E comunque ti avevo detto che con il molliccio me la sarei vista io,” la rimproverò bonariamente lui, addolcendo lo sguardo.
Riuscì a strappare almeno un sorriso a Molly con i suoi occhi, stanchi ma ancora accesi di furbizia, quella del Malandrino di un tempo.
Sirius si ritrovò ad accarezzare dolcemente la chioma scarlatta che tanto aveva amato fin dal primo instate. Ne arricciò una ciocca sfibrata attorno ad un dito. Erano invecchiati entrambi così tanto, così in fretta - Azkaban era stata decisamente inclemente con il suo fascino - ma dopo tutti quegli anni Molly riusciva ancora a fargli battere il cuore come fosse un ragazzino, quasi fossero ancora due giovani seduti in una notte d’autunno nella cucina della Tana, quando il resto del mondo non esisteva ancora.
“Non sai… che è meglio affrontare i mollicci con un po' di musica allegra in sottofondo?” disse Sirius, sollevandosi faticosamente da terra e cominciando ad armeggiare con un vecchio grammofono impolverato. Con sua grande disapprovazione, quando riuscì a farlo funzionare, dall’opaco altoparlante si levò gracchiando solo una musica lenta. Fece spallucce prima di tendere un braccio verso Molly, invitandola a danzare.  
“Ricordi quando abbiamo ballato l’ultima volta?” le chiese sorridendo nostalgico.
Cominciò a condurre, girando in tondo nell’ampio salone ingrigito dallo spesso strato di polvere che si era depositata, strato dopo strato, negli anni.
“Al matrimonio di James e Lily, quando mi hai chiesto di fuggire con te per la centesima volta!” rise Molly, facendosi accompagnare in una lenta piroetta.  
“E te lo chiederò sempre ancora Molly. Finché non accetterai non mi arrenderò” le promise, ritirandola a sé, avvicinando il viso al suo un po' di più, forse anche troppo.
“Ti saresti pentito un istante dopo essere partito,” Molly scosse la testa riccioluta sorridendo. “Non avresti mai abbandonato James e Remus, lo hai sempre saputo, e ora lo so anch’io. Sei troppo impulsivo, ecco qual è il tuo problema.”
Sirius non poté trovare nulla da controbattere, probabilmente Molly aveva ragione, come sempre.
“Vieni a stare qui,” le chiese invece dopo qualche istante, del tutto inaspettatamente. “Anche se ormai è chiaro che non scapperai con me non voglio ancora rinunciare ad averti vicina. Magari posso ancora farti cambiare idea” aggiunse ammiccando.
“Cominciamo ad essere troppo vecchi per queste sciocchezze Sirius” commentò Molly incupendosi, evitando di guardarlo direttamente.
“I miei sentimenti non sono cambiati in questi anni, non hanno ceduto mai, mai neanche ad Azkaban,” si dichiarò il Malandrino. “Ho pensato a te ogni giorno, ogni istante, solo per questo non sono impazzito”.
Ciò che Sirius non aveva mai osato chiederle però, e che Molly dal canto suo non gli disse mai, era se in tutti quegli anni lei avesse pensato a lui, se in tutti quegli anni lei lo avesse veramente ritenuto responsabile per il crimine per cui aveva scontato, e stava ancora scontando, quell’ingiusta pena. Forse non era nemmeno pronto a sostenere la risposta a quella domanda, la temeva.
“Molly? Vieni a stare qui” ripeté con più convinzione.
“È un’idea terribile” decise lei, arrestando bruscamente il loro ballo.
“Perché no? Tu e i ragazzi, sareste più al sicuro. Anche Arthur, se devo, sopporterò chiunque pur di averti qui” scherzò Sirius. “Ho bisogno di averti con me,” aggiunse più serio, agganciando una volta per tutte gli occhi della strega che amava, trattenendola delicatamente per il mento. “Ho voglia di sentire nell’aria il profumo della tua torta di mele ogni giorno, concedimi almeno questo” la implorò.
“No Sirius io…non ci riesco, non è affatto una buona idea, per niente.”
“Hai paura di non riuscire a resistermi?” le chiese accorciando ulteriormente la distanza tra loro. Sorrise trionfante quando Molly abbassò lo sguardo imbarazzata, aveva colto il punto senza averne affatto intenzione.
“È tardi per noi” rispose lei infine.
Sirius scosse la testa, non si sarebbe mai arreso con tanta facilità. “Vieni a stare qui”.
Quando Molly si decise ad alzare gli occhi limpidi, trovando i suoi, Sirius ebbe ogni risposta. Quanto ancora nonostante tutto lo desiderasse ancora, la tentazione mai spenta di cedere alle richieste di una fuga romantica, così allettante. Era disposta a precludersi anche questo, di passare un po’ di tempo con lui? Non era tardi per loro.
Ma veloce Molly scelse di divincolarsi dalle braccia del Malandrino, di fuggire da quello sguardo capace di leggerle nell’anima. Si diresse verso la porta, decisa a mettere più distanza possibile tra lei e l’uomo che da sempre la tentava, il suo frutto proibito.
“Ci penserai?” la sua voce la raggiunse prima che avesse tempo di varcare la soglia. Molly annuì impercettibilmente prima di uscire. La risposta sarebbe stata sì, lo sapevano entrambi.
 
Aveva amato veramente Sirius Black?
Molly conosceva la risposta a quella domanda. Sì, aveva amato Sirius. Nonostante sapessero entrambi che non avrebbe mai potuto essere, nonostante la lontananza, quel sentimento non era mai cambiato, né aveva mai ceduto.
Una parte del cuore di Molly era stato di Sirius fin dal primo sguardo, fin da quando lui aveva aperto gli occhi - quelli in cui mai più avrebbe potuto perdersi - sul loro vecchio divano; anche quello ora non c’era più, era stato consumato dal fuoco, assieme tutto il resto.
Non aveva versato lacrime Molly Weasley appena aveva saputo che Sirius era morto, non ne pianse per molti mesi, ma anche quelle con il tempo riuscirono a raggiungerla.
Trovò le lacrime per Sirius proprio nel luogo in cui si erano conosciuti, o meglio tra ciò che ne rimaneva, tra le ceneri della Tana. (1)
Molly rimase in piedi, immobile, in mezzo a ciò che rimaneva della sua casa distrutta un tempo indefinito. Il cielo plumbeo sopra di lei sembrava riflettere alla perfezione il suo stato d’animo, le raffiche di un vento gelido la colpivano ad intervalli, alzandole la gonna, insinuandosi sotto i vestiti, facendola rabbrividire. Aveva perso tutto. Il luogo che aveva per molti anni chiamato casa, in cui aveva cresciuto i suoi figli, in cui erano custoditi i suoi ricordi più preziosi, era sparito in poche ore.
Mosse alcuni passi incerti sulle macerie, scurite dalle fiamme, verso il punto in cui c’era stata la cucina, la sua cucina, il suo rifugio. Non ne rimaneva che qualche traccia.
Lasciò vagare mestamente lo sguardo attorno a sé.
Individuò il quadrante dell’orologio a pendolo, ingrigito e privo di lancette, che sbucava per metà dalle macerie; un calderone ammaccato; una parte del piano del lungo tavolo in legno massiccio che aveva dominato ingombrante il centro della stanza, ora giaceva su un fianco, carbonizzato. Una piccola scatolina rilegata attirò la sua attenzione tra i detriti. Il suo ricettario, aveva in parte resistito alla forza divoratrice del fuoco. Qualche ricetta si poteva ancora decifrare, qualcuna Molly la conosceva a memoria, non sarebbe stato difficile recuperarle.
Voltò cautamente le schede bruciacchiate una ad una, cercando conforto in quell’oggetto tanto familiare. Quando arrivò a quella della sua torta di mele, il cuore fu colpito da una fitta di dolore.
Con gli occhi offuscati dalle lacrime Molly strappò rabbiosamente quell’inutile cartoncino; ne lasciò cadere incurante i coriandoli in cui lo aveva ridotto, non guardò i suoi resti vorticare verso l’alto, trasportati dal vento. E il vento portò via con sé la ricetta dell’Apple Pie, il dolce che Molly non avrebbe mai più preparato, quello di cui non avrebbe mai più tollerato di sentire il profumo, il profumo del suo amore mai vissuto e perso per sempre. Aveva amato Sirius Black.
 
  1. Faccio riferimento all’incendio della Tana del sesto film, Il Principe Mezzosangue. (su)

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