Once in December

di queenjane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Tree ***
Capitolo 2: *** Summer Intermezzo ***
Capitolo 3: *** Alexander ***
Capitolo 4: *** It's over ***



Capitolo 1
*** The Tree ***


 A partire dal 1904, la famiglia dello zar Nicola II usava passare il Natale a Tsarskoe Selo. Era meno “lussuoso” rispetto alle grandi celebrazioni della Pasqua, ma era una grande occasione di festa al Palazzo di Alessandro, dimora della famiglia imperiale, che usava scambiarsi regali e decorare un abete, al pari di ogni famiglia in Russia. In particolare, la zarina Alessandra usava decorare i vari abeti del palazzo e scegliere i doni per ogni membro dell’entourage.

Le principesse imperiali usavano creare regali per i loro parenti con le proprie mani, in genere lavoretti di cucito.  
La più grande era Olga, Nicoleevna, nata nel 1895, a distanza di due anni ciascuna, erano giunte le sue sorelle, Tatiana, Marie e Anastasia, nel 1904, in agosto, infine, Alexey, l’erede della dinastia.
Una volta, la piccola granduchessa Olga fece una presina per suo padre, con ricamato un piccolo bollitore che cantava sul fuoco, circondato da una cornice ricamata in azzurro, la ragazzina era decisamente entusiasta della sua creazione. E glielo consegnò dicendogli “ La Tata temeva che non ti sarebbe stato di grande utilità, ma puoi sempre metterlo sul tavolo e usarlo come tovaglietta o appenderlo al muro come un quadretto, guarda che cornice graziosa ha intorno”         
 Ancora bambina, Olga paragonò, una volta, sua madre a un albero di Natale, suntuoso e bellissimo, tanto era splendida, adorna di gemme, pronta per un ballo.
 A lovely Christmas’s tree.

Quando Alexei, lo zarevic, crebbe la sua malattia, l’emofilia, divenne subito evidente. Ogni urto poteva essere fatale. E il morbo era trasmesso dalla madre al figlio maschio, la zarina viveva sotto il peso costante della colpa e dell’ansia, si spezzava le ossa e il cuore in quella odissea. In silenzio, la ricordo alle volte, esclamava “Non sto bene”, il viso leggiadro atteggiato in una smorfia di dolore, il collo ornato di perle, poteva essere splendida, ieratica ed era l’immagine dello smarrimento.. Prima di sposare lo zar si chiamava Alice ma non aveva vissuto in nessun paese delle Meraviglie.

Il Natale del 1913 fu splendido, l’ultimo, in tempo di pace, meno male che gli dei non avevano concesso il dono della preveggenza.
Bacche di agrifoglio ornavano le composizioni che la granduchessa Olga faceva quell’anno, candele di cera d’api, di varie grandezze scalate, munite di quella pianta e nastri e foglie di elleboro.
L’albero di Natale nel salone principale, era magnifico, alto e decorato in modo stupendo, profumava di resina, dei biscotti appesi, come le arance e i mandarini, di non minore bellezza quelli più piccoli per i bambini.
 E la neve cadeva abbondante, era stupendo anche solo passeggiare, nelle pause,  mentre i rami degli alberi spogli del parco imperiale si stagliavano contro il cielo come braccia di ballerini pronti a un giro di danza, mentre il sole tramontava, il cielo che assumeva le tinte delle rose sul punto di fiorire.
La messa solenne, i pasti, lo scambio dei doni, una mano stretta, ero bello magnifico, facemmo pupazzi e battaglie con la neve, sorvegliata speciale Anastasia, che una volta in una palla di neve aveva messo un sasso, colpendo Tatiana.
Voleva essere uno scherzo, per poco non terminò in tragedia, che la prese in testa.
Azzurro, calore, senso di appartenenza, che torna solo nel rombo del tempo passato.
Tears in heaven.


E vennero quindi gli anni della guerra, dal 1914 in avanti, vennero proibiti gli alberi di Natale, che l’usanza era troppo tedesca e non era d’uopo, considerato che la Germania era il nemico.
Nel 1917 i Romanov erano in esilio a Tolbosk, dopo l’abdicazione dello zar in marzo e cinque mesi agli arresti domiciliari al Palazzo di Alessandro, Tolbosk in Siberia a partire da quel mese di agosto.

Il freddo, il gelo, la temperature giunse a 56 gradi sotto zero, la casa del Governatore, loro dimora, era una perenne ghiacciaia. Brividi su brividi, il salotto, che era la stanza più calda della magione, superava di rado i sette gradi, le correnti penetravano dagli spifferi delle finestre. La zarina aveva le dita così rigide che appena riusciva a muoverle, le toccò togliersi gli anelli che ostacolavano la circolazione, compresa la fede e l’anello matrimoniale, con la perla rosa che portava da quasi un quarto di secolo. Cercava di lavorare a maglia, calze per la famiglia o di rammendare i vestiti, erano pieni di buchi.
Lo zar portava dei pantaloni rattoppati e le sorelle Romanov si arrangiavano con la loro biancheria logora, pur se i loro mantelli di lana grigia e i berretti d’angora rossi e neri erano all’ultima moda.
 
E la vita era monotona,dura il tedio infinito abitava i giorni invernali, Alessandra insegnava il tedesco alle sue figlie, portava gli occhiali, leggendo i suoi libri di preghiere, la Bibbia e le orecchie erano sempre buone, la chiamavano la “Nemka Bliad”, la puttana tedesca, un epiteto di imperitura memoria.
A novembre 1917, in via teorica vi sarebbero dovute essere delle elezioni, invece il Governo Provvisorio venne rovesciato, i bolscevichi presero il potere  per una combinazione di circostanze favorevoli. Il 7 di quel mese, appunto, Kerensky aveva lasciato il Palazzo d’Inverno (sede del suo potere, come, ai tempi, per gli zar) e si diresse verso il fronte, cercando di raccogliere truppe fedeli. I ministri rimasti erano protetti da un gruppo di cadetti e un battaglione di donne soldato. Al di là della Neva, l’incrociatore Aurora issò le bandiere rosse e puntò i cannoni contro il Palazzo. I bolscevichi, molto per caso, occuparono le stazioni, le banche, l’ufficio postale, i ponti e la centrale dei telefoni. L’8 novembre i ministri rimasti si arresero, il governo provvisorio cadde, ecco la seconda rivoluzione.
L’evento di cui sopra non produsse cambiamenti de facto nella vita dei Romanov, se non molti mesi dopo.
Da una lettera di Olga Romanov alla principessa Fuentes, sua amica, del 18 novembre 1917 “ e l’ombra di Patroclo appare accanto ad Achille, ti suona famigliare? Ho ripreso Iliade, Odissea e compagnia, leggo molto, e, intanto scrivo le scene da imparare, sai che mettiamo su delle commedie, teatro russo e repertorio edoardiano. Marie, Anastasia e Aleksey ne sono entusiasti. (..) Ogni tanto ad Aleksey si gonfia il braccio, la gamba, ma non ha dolori (..) Spesso il brutto tempo  impedisce di fare passeggiate, una grande privazione (..) Ti invio il menu del mio compleanno..Un abbraccio Cat, sempre Tua Olga ps sono viva e tremo..PPS prepareremo l’albero di Natale in un angolo della sala da ballo, ma non abbiamo molte decorazioni.. 
 
Quegli occhi azzurri spenti, abitati dal buio e dalla paura, un mare in burrasca, aveva paura e continuava a sognare, senza rimedio.
 
Lezioni, preghiere, giochi a carte e la sera commedie, per passare il tempo e sovrastare la noia..Una sera, a Tolbosk, Anastasia era il protagonista maschile di una commedia edoardiana, dal brillante tono, "Fare i bagagli", alla fine doveva voltate la schiena al pubblico, aprire la vestaglia e dire che, avendo già messo i pantaloni in valigia, non poteva andare.. Voltandosi, sollevò per sbaglio il lembo della vestaglia fino alla vita, mostrando  cosce e fondoschiena ben paffuti coperti dai mutandoni di lana di suo padre... Risero tutti, di cuore, zarina  compresa, Anastasia arrossì come una fragola scarlatta e matura.

Dalle lettere, ancora “Mia cara, grazie..E’ difficile non vedersi, certo ci incontreremo di nuovo in tempi migliori. .. Viviamo in quiete, senza troppa tensione, i giorni passano veloci, le lezioni  e le passeggiate, il pranzo al piano terra, in genere Alessio mangia con Mamma, loro due soli (..) Lezioni e tea time... ti bacio teneramente, ti voglio bene T.” 
” Aleksey cresce di statura da un mese all’altro, Cat, gioca con l’arco e le frecce che gli ha costruito tuo marito Andres, io e Tata siamo  sempre più magre, Anastasia si lamenta di essere diventata un elefante, la vita larga e le gambe grasse, come era Marie, che ora sta diventando una vera e quieta studiosa. Mia madre esce poco, per il maltempo, il cuore le causa dei problemi,ancora, le sue solite palpitazioni,  ormai ha tutti i capelli grigi.. Trova conforto nel leggere la Bibbia e i libri di devozione, papa ci legge spesso, la sera, a voce alta. Sempre Tua Olga Ps scrive il tuo viziato principino, Cat, ogni giorno prego di rivederti, Aleksey alias il tuo piccolo principe”
Un Natale in esilio, una costante umiliazione, i Romanov alla gogna.
Segnalibri fatti con nastri di seta, acquerelli, guanti, sciarpe, cappelli e  quaderni rilegati furono i regali, uno, in particolare,  rilegato di seta rosa con la dedica “Alla mia cara mamma”, fatto dalla figlia Tatiana fu l’ultimo diario della zarina. La mattina di Natale i Romanov, scortati da due file di soldati, giunsero alla chiesa alla fine della strada, una messa speciale, alla fine della liturgia il sacerdote  pregò usando i loro titoli imperiali, stralciarti dalla liturgia ortodossa, in luogo dei nomi di battesimo, un omaggio traslato che gli impedì di recarsi ancora in chiesa. L’incidente ne amareggiò la prigionia, il confino divenne ancora più stretto, gli occhi di Olga diventarono blu, immobili, come dei sassi.


Nel 1918 nulla che erano tra i morti.

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Capitolo 2
*** Summer Intermezzo ***


Quando cambiano le stagioni, vivo nuovi giorni, ricordo, un rimpianto struggente, affrontando le ore e le sfide, in un silenzio che cerco, una quiete che bramo. . Ero nata nel 1895,  lo stesso anno della venuta al mondo di Olga Romanov, prima figlia dello zar Nicola II,  io di gennaio, lei di novembre. Avevamo spartito giochi, risate, un’amicizia incomparabile, perpetuando una sorta di tradizione, mio zio, mio padre e il futuro zar erano coetanei, figli di nobili, altolocate famiglie, best friends, in sintesi.

Il mio nome era ed è Catherine, Olga mi chiamava Cat o principessa cantastorie, Sherazade, tale era la mia fantasia nell’inventare giochi di parole e nuvole, eravamo, ripeto, amiche davvero e sul serio...le.fate nostre madrine ce lo avevano concesso.
Spesso, durante la stagione invernale, capitava che dormissi a Carskoe Selo, nel palazzo di Alessandro, la giovane zarina preferiva quella cittadina a venti chilometri circa dalla capitale e il palazzo di cui sopra, più tranquillo e raccolto rispetto ai fasti ufficiali del proprio rango.
Anche io partecipavo al programma di studi, mi alzavo presto, come loro, dividevamo i pasti, le lezioni, ci tenevamo occupate con i ricami e le lezioni di pianoforte.. Tranne che in queste due ultime attività ero negata, senza rimedio,  le mie performances musicali un disastro, Olga mi metteva un libro in mano, raccomandandomi di non cantare, per non spaccare i vetri e i timpani. Ne ridevamo sopra, lei invece era bravissima, meno male che avevo senso del ritmo, ballavo bene, le lezioni di danza mi divertivano. Tata era superlativa, aggraziata, si muoveva come una farfalla, io me la cavavo.. A cavallo, senza falsa modestia, ero superlativa io. Una sorta di compensazione, senza invidia, mi divertivo più con loro che a stare sempre da sola, in senso lato, con precettori e tata. Unico tratto privilegiato era che avessi una stanza per me, invece le ragazze dormivano due a due, Olga con Tata, Marie con Anastasia.
E tutte e cinque adoravamo Aleksey, l’erede al trono giunto durante un glorioso giorno di agosto, correva il 1904.

Nel corso dell’estate del 1907 rimasi presso la famiglia dello zar, venni invitata alla crociera di fine estate, evento non occasionale, che mia madre voleva finire in pace la sua gravidanza, concentrandosi sul parto imminente, finalmente mi dava un fratello o una sorella, sarebbe finito il mio regno di figlia unica. E merito soprattutto dello zarevic, che quando aveva saputo del viaggio ne era stato ben contento, salvo fare una bizza colossale ( ..della serie urla a gola spiegata oltre che buttarsi per terra...il viso arrossato, rimanendo senza fiato da quando urlava, per paura che sbattesse da qualche parte aveva ottenuto una pronta concessione) apprendendo che io probabilmente sarei stata a Pietroburgo. Preciso che non ero presente, né gli avevo fatto accenni, era comunque pauroso come era viziato. Già, tranne che allora non conoscevo il suo segreto, dell’emofilia. Ovvero IL SEGRETO.., però avevo ben notato che la sua camera era piena di piumini e sacre icone,  (i primi per evitargli urti, le seconde come misura protettiva) che era monitorato a vista da tutti, che gliele davano vinte quasi tutte per tema che tirasse un calcio. E se si faceva male doveva stare a letto, la zarina era in ansia costante, come se fosse un bambino di neve, di fumo, che si sarebbe dileguato alla prima occasione, il dolore ormai la circondava come una ineludibile corazza. E lui era intelligente, lo aveva ben capito anche quando era davvero piccolo, che poteva fare come voleva e avrebbe avuto tutto.. Tranne la salute. E la malattia passava dalla madre al figlio maschio, la zarina viveva sotto il peso costante della tragedia.

“Ciao Catherine” Osservavo che era viziato, tranne che era irresistibile, quando sorrideva dovevi essere senza cuore per non sorridere a tua volta. “Salve zarevic, come state?” il solito gesto, mi tese le braccia e me lo accostai vicino, raccolto sul fianco, lui mi aveva posato la guancia sulla spalla. “Trottola”che brandiva, lo posai e fece vedere quanto era bravo.
Vestivamo alla marinara, correndo su e giù dal ponte, un girotondo dietro un altro.  Vi sono delle riprese e delle foto che mostrano i fratelli imperiali in questo gioco, ridono e saltano, i visi pieni di gioia di vivere, il vento porta le loro risate. Lo so, che diverse ne ho fatte io, così avevo la scusa per non essere inquadrata, la mia ritrosia per le foto et similia era leggendaria, venivo decente giusto se non ero avvisata, ora come allora.
 E coglievamo fiori e osservavamo le acque e le farfalle, ridendo per tutto e nulla.  
E passeggiavamo su bordo mare, i piedi nudi e le gonne tirate su i polpacci magri e abbronzati, cercando di prendere un pesce con un retino
Raccoglievo i capelli in una treccia voluminosa che mi pioveva sulla schiena, quando Aleksej non era nei paraggi, si divertiva a sciogliermela e poi a giocare con le ciocche..e ripassavo le sillabe di greco, inutile dire che avevo preso in mano l’Odissea.
Olga, of course, preferiva l’Iliade e Achille era tema di discussione e confronto. Era la più dotata e precoce tra i figli dello zar, avida di sapere e cultura, la sua intelligenza era un dono da sviluppare.
“Era il guerriero più forte, il terrore dei nemici”
“Era un irruento, agiva in preda all’ira e poi si pentiva. A me piace il re Ulisse, astuto e saggio”
“Che fa vincere con l’inganno”
“ Ma  viaggia e torna a casa sua”
“Achille fece una scelta, una vita breve ma gloriosa rispetto a una lunga e nell’oscurità” Scrisse quel nome sulla sabbia.
ACHILLES.
“E il mondo ancora lo ricorda e parla di lui”
“Sì, ma quando Ulisse lo trova come ombra nel regno dei morti, Achille rifiuta le sue lodi.. Afferma  "Vorrei da bracciante servire un altro uomo,senza podere e non con molta roba,piuttosto che dominare tra i defunti!"...
Sorrise e non rispose, uno sguardo tenero.

Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine”.. quante cose che ricordo.  Quelle mattine che odoravano di onde salate e caprifoglio, di promesse e risate, per non tacere degli sguardi teneri che lanciavi alle colazioni, frutta fresca e panna, appena una tazza di the, altri gusti condivisi, io e te, o te e io.. che dire, eravamo in sincronia pure su quello. Prima di tornare a casa, verso una vita che non ci bastava più...”
Un pomeriggio ero su una sdraia, mezza appisolata, quando mi misero lo zarevic in braccio, mi tesi in avanti per stringerlo “Che c’è?” “La nuova lagna..”chiosò Tanik, alle sue spalle colsi la tata che roteava gli occhi “Deve fare un riposino e nulla” si stropicciava gli occhi, i capelli, era in modalità piagnisteo che snervava e logorava, lui in primis “Vojo Catherine “ mi batteva la spalla, il sonno mi era andato via“ E ora dove siete, zarevic” si rannicchiò contro di me, il pollice in bocca “Sonno no..”la lamentela  “Chiudi le palpebre, se il sonno non c’è mica viene a comando” “NO.. comando io” “Prova, se non lo hai mica viene, io comunque dormo, rischi di rimanere bloccato qui” “Bene..” mi cacciò la testa sulla spalla, gli massaggiai la schiena. “Sonno no..” Anche sì, gli tolsi il pollice di bocca dopo un poco, dormiva, guarda caso, il palmo contro la sua spalla, ruotando il busto per metterlo più comodo.

 

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Capitolo 3
*** Alexander ***


Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine”… tra poco avresti avuto anche tu un fratello od una sorella, con Aleksey facevi un lungo ed intensivo apprendistato. Te lo mettesti contro il busto, il mento sopra i suoi capelli, serrandolo con le braccia, senza dare retta alla sua lagna costante, come aveva detto Tata, comunque ti facemmo  una bella foto.. A presa di giro, lo detestavi, essere fotografata“Si è addormentato e io sono bloccata” brontolasti sottovoce “..questo monello” e tanto lo pensavi, anche senza dirlo, che era l’imperatore dei viziati, come lo chiamavi”ridendo delle sue risa, trionfante dei suoi trionfi, infelice quando lo era, il mio piccolino, lo appellavi..”.
Il mio Alexei.
Che andava in giro, sfrecciando a destra e manca, salutava gli ufficiali dando la manina, salvo poi scappare dietro a uno degli animali di bordo dello yacht, ovvero.. the cats, i gatti. Se diceva “Cat”, in inglese, mi voltavo, era sia il mio nomignolo che un modo per indicare le dette bestioline, si buttava per terra, l’urto reso minimo dall’imbottitura del pannolino su cui atterrava “Bimbo comodo” annotava, furbo, prendendo il micetto. “Bimbo simpatico” sussurravo e lo prendevo in braccio dandogli un bacio al volo, affettuosa e possessiva, anni dopo Alessio sosteneva che le mie braccia erano tra i posti che più amava al mondo.

E sempre in  quelle stagioni Anna Vyribova, nata Taneev, la figlia di un funzionario di corte, aveva iniziato a frequentare la zarina. Si erano già trovate a casa della granduchessa Ella, sorella di Alix, che poi fece visita alla ragazza quando si ammalò di tifo. Una volta guarita, Anna  fu invitata al palazzo di Alessandro per il tè, Alix scoprì che sapeva suonare il pianoforte e tra loro si creò una certa sintonia, nonostante i 12 anni di differenza. Fin dal primo incontro, riferì il ministro Vitte, Anna osservava rapita la zarina, sospirando “Oh, oh” tutto il tempo
Era pingue e poco intelligente, scura di occhi e capelli, vestita con ornamenti di poco prezzo, dozzinale, era poi reduce da un matrimonio sfortunato, non consumato, l’imperatrice la teneva presso di lei e ne venne ricambiata con canina fedeltà. Arrivò a frequentare costantemente la reggia e se non era invitata metteva il broncio.
Mio fratello Alexander nacque il 5 settembre 1907, Alexander come nostro zio, l’amato fratello di mia madre, il principe Rostov-Raulov, detto R-R, per praticità.
Il principe Pietr Raulov ordinò fuochi d’artificio e solenni messe private. 
Quando entrai nostra madre lo cullava tra le braccia, un candido fagotto, i capelli raccolti in una scura treccia e il viso sorridente. “Viens, ma fille.”
Era bella come uno dei quadri di Monet che amava collezionare, quelli del giardino giapponese, delle ninfee, di Givenchy, era tutta aria e luce mentre stringeva mio fratello tra i suoi palmi sottili e. delicati.

 

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Capitolo 4
*** It's over ***


E altri frammenti tornano quando si avvicina il Natale, preparo l’albero, i regali e gli addobbi insieme ai miei figli, torno bambina con loro, le guance arrossate dalle risate e da un bicchiere di vino, tipo bacche di agrifoglio come le composizioni che creava Olga.
 Bacche che ornavano le composizioni che Olga faceva quell’anno, il 1912, insieme a nastri e candele di cera d’api, di varie e  scalate grandezze, era il 1912, credo, che la felicità non conosce una precisa, nitida memoria, torna e la fa da padrona, perpetuandosi in echi infiniti.
L’albero di Natale nel salone principale, era magnifico, alto e decorato in modo stupendo, profumava di resina, dei biscotti appesi, come le arance e i mandarini, di non minore bellezza quelli più piccoli per i bambini.
E la neve cadeva abbondante, era stupendo anche solo passeggiare, nelle pause,  mentre i rami degli alberi spogli del parco imperiale si stagliavano contro il cielo come braccia di ballerini pronti a un giro di danza, tema cui mi soffermavo spesso.
“Ti ricordi, quando ero bambina avevo paragonato Mama a un albero di Natale, suntuoso e bellissimo, tanto era splendida, adorna di gemme, pronta per un ballo. A lovely Christmas’s tree.  “La voce soffusa di ombre e malinconie

“Sì. Era molto bella. “ Alessandra era invecchiata, rughe marcate e ciocche grigie, eredità dei giorni di Spala di quel tremendo autunno, Alexei era quasi morto per una crisi di emofilia, il morbo che lo affliggeva, ed era ancora debolissimo, convalescente, il logoramento fisico gli impediva di alzarsi dal letto o dal divano da solo.

Al momento Alix era sul suo divano,nella sua adorata mauve room,  oppressa dalla sciatalgia e dal mal di denti, al buio, depressa e scoraggiata, nemmeno i suoi amati fiori le recavano conforto, rifiutava di vedere persino le figlie, tanto era giù di tono, il logoramento mentale la lasciava buia ed avvilita.
Nel mezzo, il vuoto.

Glissai ogni commento. Mia madre era pimpante e ringiovanita, sempre in salute, correva dietro a mio fratello e non spendeva fortune in creme e lozioni per il corpo, invecchiava anche lei, ma senza strepito, aveva ben avuto ragione lo zar Alessandro II a pronosticarle avvenenza e amore, lei e Alix erano in contrasto, sempre, non in termini di rango, quanto di soddisfazioni..
Discorso troppo lungo e complicato, mia madre non era la buona della situazione e la zarina la strega piena di difetti, che sarebbe stato troppo facile, poniamo che è più semplice apprezzare una persona sempre allegra e non una tragica, e Alix aveva ragione a dolersi e preoccuparsi, a temere per il bambino, peccato che raggiungesse livelli ossessivi, tralasciando il resto. Per me, tanto più ero triste, maggiormente sorridevo ed ero arguta.
“E questo Natale sarà molto bello. Progetto di pattinare sul ghiaccio, costruire pupazzi di neve, fare epiche battaglie sempre con le palle di neve..
“Partecipare a qualche ballo.. Sia a dicembre che in gennaio “
“Come quello per i tuoi diciotto anni”Una celebrazione come un’altra.
“Già. “ Pensai a Luois. E percepii di arrossire.  
“Sei rossa come una bacca. Chi speri che ci sia?”
“Più di una persona.” Glissando tout court.
“Già sarà bello e divertente.. “ Tacqui, per certe cose era come una ragazzina, romantica e sognatrice, io avevo baciato un ragazzo, mi ero invaghita di un altro. Come lei, diciamo che la sincronia, pur mutando, era rimasta.



Un Natale splendido, quello del 1912, l’ultimo che avremmo trascorso insieme, in tempo di pace, meno male che gli dei non ci avevano concesso il dono della preveggenza.
 
Venne poi la guerra del 1914, la Grande Guerra, che fece terminare il mondo di ieri.
Per questo ricordo, i miei sono solo nel mio cuore.
E ancora non mi pare vero che io sia qui tra i vivi, con i miei figli, e loro tra  i defunti, torno a quel frammento .. a quando Ulisse ritrova Achille tra i morti, l’eroe rifiuta gli elogi, sancendo che avrebbe preferito vivere..
Nel 1918, erano tutti morti.
Ho finito la mia pace, posso solo cercare  di vivere, ANCORA LI RICORDO, MAI LI HO DIMeNTICATI

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